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Italian Pages 372 [373] Year 2020
EETTERE FRAMMENTI E TESTIMONIANZE EPICURO
A CURA DI MARGHERITA
ERBI
BIBLIOTECA DI STUDI ANTICHI
PISA FABRIZIO
99.
- ROMA
SERRA MMXX
- EDITORE
BIBLIOTECA
DI STUDI
ANTICHI
Collana fondata da Graziano Arrighetti e diretta da Mauro Tulli Redazione: Maria Isabella Bertagna *
99.
LETTERE FRAMMENTI E TESTIMONIANZE EPICURO INTRODUZIONE, A
TESTO CURA
FABRIZIO
COMMENTO
DI
MARGHERITA
PISA
E
ERBI
- ROMA
SERRA MMXX
- EDITORE
A norma del codice civile italiano, è vietata la riproduzione, totale o parziale (compresi estratti, ecc.), di questa pubblicazione in qualsiasi forma e versione (comprese bozze, ecc.), originale o derivata,
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ISSN 1723-4433 ISBN
978-88-3315-226-4
(BROSSURA)
ISBN
978-88-3315-227-1
(RILBGATO)
ISBN
978-88-3315-228-8
(BLETTRONICO)
SOMMARIO -
[4]
Premessa
Mon
INTRODUZIONE 1. Frammenti 2. Destinatari
Il saggio
1.
L'EDUCAZIONE
-^
AAA:
1
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4.1.
1
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1 1.
TRADIZIONALB
L'IMPBGNO POLITICO IL CULTO DI EPICURO GBSTIONB
DELLA
B LA RELIGIONE
RICCHEZZA
PIACERE FAMA AMICIZIA
GIOVINEZZA B VECCHIAIA . MALATTIA, DOLORB, MORTE
App
. La scuola 1. LA PRASSI DIDATTICA 2.1.1. Lalode e il biasimo 2. 1. 2. Centralità dei testi 2. 1. 3. Il potere terapeutico delle parole 2. L'APOSTASIA
DI TIMOCRATB
BRR
3. DONNB NEL KEPos 4. IL SISTEMA DBLLB DONAZIONI 5. RAPPORTI CON LA SCUOLA D1 EUDOSSO 5. La funzione delle lettere nella produzione di Epicuro
5. 1. Personalizzazione e prospettiva universale
SUNN
5. 1. 1. STILE s. 1. 1. 1. La retorica dell'entusiasmo 5. 1. 1. 2. Lessico della realtà 5. 1. 1. 3. La ripresa dell'epica 5. 1. 2. GLI EXEMPLA 6. Il corpus delle lettere: formazione e fortuna 7. Per l'edizione 7. 1 . Avvertenze 2 . Sigle . 3. Le fonti 4 . Abbreviazioni 5
. Segni papirologici
ou
4. Contenuti
n0
3. Problemi di datazione
X
SOMMARIO
TzsTO Destinatari noti Singoli Multipli Gruppi Destinatari non identificabili COMMENTO Destinatari noti Singoli Multipli Gruppi Destinatari non identificabili Tavola sinottica
Bibliografia Concordanze INDICB
DBI NOMI
GRECI
INDICB
DBI NOMI
LATINI
INDICB
DBI TERMINI
GRECI
INDICE
DBI TERMINI
LATINI
PREMESSA I FRAMMENTI € le testimonianze della lettere inviate da Epicuro ai suoi φίλοι sono una fonte determinante per ricostruire gli aspetti della vita e del pensiero del Kepos. Già Hermann Usener, che nei suoi Epicurea per primo ne offrì una rassegna complessiva, coglieva l’utilità delle informazioni presenti nelle lettere nonché l'eleganza dell'espressione propria dello stile di Epicuro. L'imprescindibilità di questi testi è stata ribadita alla luce di un'altra prospettiva anche dalla più ampia selezione che nel 1973 proponeva Graziano Arrighetti, secondo il quale da ciò che resta delle lettere emerge il lato più interessante della personalità di Epicuro: garantire ai suoi scolari, anche a quelli privati della quotidiana cuvovcia, una presenza viva e vigilante nella realizzazione dell’ideale di vita da lui propugnato. Dall’edizione di Arrighetti ad oggi il numero di frammenti e testimonianze delle lettere di Epicuro si è accresciuto notevolmente. Questo è stato possibile soprattutto grazie alle accessioni giunte dai papiri ercolanesi che hanno rivelato passi a volte sconosciuti, certo migliorati con impegno militante tramite innovativi metodi di lettura. Da qui deriva l'esigenza di una nuova edizione delle lettere di Epicuro. Il non breve impegno ha permesso di indagare numerosi aspetti del Kepos: la gestione della scuola, il quotidiano rapporto del maestro con i φίλοι, la prassi didattica, la varietà e i contenuti degli insegnamenti. I frammenti e le testimonianze delle lettere di Epicuro consentono di comprendere le specificità di una comunità geograficamente sparsa nella quale il maestro ha garantito costantemente la trasmissione del sapere attraverso il genere che con Epicuro giunge ad una fase cruciale della sua funzione sia nella forma sia nella sostanza, come spero di mostrare nelle pagine che seguono. È per me motivo di gioia ricordare che ho avuto il privilegio di avviare questo lavoro sotto la guida pensosa e sapiente di Graziano Arrighetti alla cui idea di Epicuro quale maestro del Kepos queste mie pagine molto devono. È stato fondamentale lo studio dei papiri ercolanesi che ho potuto sviluppare presso il cıspg «Marcello Gigante» a Napoli dove sono stata accolta con generosità da Francesca Longo Auricchio e da Jurgen Hammerstaedt e dove ho ricevuto consigli, esortazioni e stimoli da Giuliana Leone, Gianluca Del Mastro e Giovanni Indelli: giunga loro un grazie per il supporto puntuale riservato al mio lavoro. Tiziano Dorandi ha contribuito, in maniera determinante, a migliorare queste pagine con autorevole institutio philologica. È nel segno della φιλία e della cuvovcia che si rinnova da sempre il legame con gli amici con i quali a Pisa condivido vita e ricerca. Fin dai miei primi anni universitari Giovanna Calvani si è mostrata una presenza amorevole. Devo a Isabella Bertagna un prezioso e affettuoso sostegno nonché l'instancabile aiuto nella revisione di queste pagine. A Mauro Tulli, al suo insegnamento, alla sua guida va un grazie incondizionato, lontano da ogni retorica, per aver rafforzato e reso sicuro, al di là delle belle distrazioni della mia vita, questo progetto, giorno dopo giorno.
INTRODUZIONE 1.
L
FRAMMBNTI
uniche lettere di Epicuro giunte a noi per intero sono quelle conserva-
te da Diogene Laerzio: l'Epistola a Erodoto, l'Epistola a Pitocle e l'Epistola a Meneceo. La conoscenza che Diogene aveva della produzione epistolare di
Epicuro, tuttavia, non doveva limitarsi alle tre lettere nelle quali Epicuro offre un compendio dell’intera sua dottrina, come provano i frammenti di lettere di Epicuro che Diogene cita, intrecciandoli con il racconto della vita di Epicuro.! Ma Diogene, come è ben noto, non è l’unica fonte che conserva i frammenti
dell’epistolario di Epicuro. Sono infatti ben 204 i frammenti e le testimonianze che è possibile ricondurre a 146 lettere inviate da Epicuro ai suoi plAor.? Si tratta di un numero di frammenti e testimonianze superiore a quello dei frammenti e delle testimonianze fino ad ora pubblicati.’ * Una distinzione tra lettere di Epicuro la offre già Luciano (Laps. 6, 3) che definisce le tre epitomi lettere più serie, σπουδαιότεραι ἐπιοτολαί, e le altre πρὸς τοὺς φιλτάτουο, inviate agli amici più cari. A questa seconda tipologia di lettere associate al genere ad familiares UsBNBR (1887), pp. LIv-Lv, riconduce anche molte delle massime di Epicuro conservate dalla tradizione. Distingue tra «epistole ordinarie» e «epistole quotidiane», quelle giunte in frammenti, e «epistole dottrinarie», quelle tradite da Diogene Laerzio, MILITBLLO (1997), pp. 67-68. Non senza richiamare alla cautela, offre una riflessione sulla distinzione tra epistole (litterae publicae) e lettere (litterae privatae) in relazione alla produzione di Epicuro SPINBLLI (2012), pp. 147-174, a partire dalle assai note pagine di DBISSMANN (1923*), pp. 116-118. A ragione HeßLer (2019), pp. 27-48, considera in termini problematici l'ipotesi di una distinzione tra «Privatbrief» e «Kunstbrief» per le lettere di Epicuro. Un tentativo di spiegare cosa è una lettera è di Gisson, MORRISON (2007), pp. 1-16. La funzione attribuita da Epicuro alle lettere nella comunicazione del sapere è indagata in 5. ? In alcuni casi passi che pur apparivano avere contatti tra loro e per i quali non si può escludere la provenienza da una stessa lettera, si è comunque preferito non riunirli sorto un unico numero, ma attribuirli a lettere diverse. La scelta è stata motivata dall'incertezza dei testi conservati o dalla loro frammentarietà. ? Sono 121 i passi che UsBNER (1887), pp. 131-164, stampa nella sezione Ἐπιοτολαί. Una traduzione italiana di questi passi è curata sia da Massa PosrrANO (1969), pp. 122-153, sia, più di recente, da RAMBLLI (2002), pp. 306-373. Al testo di Usener si rifà BiGNONE (1920), pp. 171-179, per i 39 frammenti delle lettere di Epicuro di cui offre la traduzione e il commento. I frammenti di lettere pubblicati da Diano (19462), pp. 65-70 e 49-151 sono 47: significative alcune novità rispetto alla selezione proposta da Usener. DIANO (1946b), pp. 7-43, inoltre, pubblica per la prima volta gli excerpta citati da Filodemo nelle Memorie epicuree. Sempre DIANO (1948), pp. 59-68, isola gli excerpta che leggiamo nello scritto Sulla ricchezza di Filodemo. Nella sua edizione di Epicuro ARRIGHETTI (1973), PP. 421-481, offre testo, trad e to di 97 frammenti di lettere. Al testo di Arrighetti si rifà IsNARDI PARENTE (1983°), pp. 123- 154, che dei frammenti pubblica una traduzione italiana con un apparato di note. Il testo dei frammenti stampato da Arrighetti è tradotto da RUSSBLLO (1994), PP. 158-194. Più recenti accessioni all'epistolario sono derivate dai papiri e registrate sia da ERLER (1994), pp. 103-118, sia da ECESTBIN (2004), pp. 137-163.
2
MARGHERITA
2.
ERBÌ
DESTINATARI
Per 91 delle 146 lettere è possibile individuare l'identità dei destinatari: 77 sono inviate a destinatari singoli (5 F-77 F), 5 a più destinatari, i nomi dei quali sono indicati singolarmente (78 F-82 T) e 9 a gruppi di destinatari che condividono una stessa condizione (83 T-91 F). Sono 20 i nomi dei destinatari che recuperiamo dai frammenti: tra questi i nomi dei φίλοι più cari. Si tratta in gran parte di nomi a noi noti: Aristobulo il fratello di Epicuro, i xa9vyeuóvec! Ermarco, Metrodoro e Polieno, gli ἐλλόγιμοι μαϑηταί, gli alunni prediletti Leonteo e sua moglie Temista, Idomeneo e Colote. Erodoto e Pitocle, gli stessi destinatari di due delle tre epitomi, il dissidente Timocrate, il siriaco Mitre, ministro delle finanze di Lisimaco, e un certo Diodoro, forse Diodoro figlio di Mitre, Firsone e suo padre Dositeo, la nota etera Leonzio, un certo Euriloco, probabilmente l'allievo di Pirrone. Poi, gli altrimenti sconosciuti Anassarco, Apelle, Apollonide, Arcefonte e Caridemo. Con buona plausibilità la madre di Epicuro, Cherestrate. I gruppi di persone destinatari di lettere sono: gli amici
di Lampsaco, i filosofi di Mitilene, i figli di Meneceo, gli amici d'Asia, forse gli amici d’Egitto, gli amici di Samo, i problematici μεγάλοι, e gli &cyoAot, gli impegnati. * Fin da subito appare evidente che l'eterogenità dei profili dei destinatari delle lettere di Epicuro e la presenza tra questi di donne ben si
accorda con il carattere ecumenico del suo messaggio filosofico. * ! Sul ruolo svolto nel Kepos da Epicuro, Ermarco, Metrodoro e Polieno, gli ἄνδρες responsabili di aver regolato l'impostazione della dottrina e aver creato i fondamenti del pensiero epicureo, cf. Lonco
AuaiccHio
(1978), pp. 21-37.
2 Non credo, invece, che le molte etere, alle quali, secondo la testimonianza di Diogene Laerzio (94 T) Epicuro avrebbe inviato lettere, siano da considerare un gruppo a cui Epicuro si rivolge collettivamente. Sui destinatari delle lettere di Epicuro è fondamentale EnrER (1994), pp. 103-118, che, secondo una consuetudine inaugurata da Usener (1887), pp. 131-154, ordina le lettere di cui possediamo frammenti e testimonianze in lettere inviate a destinatari noti e lettere inviate a destinatari ignoti. ? Nei frammenti appaiono rappresentate tutte le categorie delineate da Epicuro negli incipit dell’Epistola a Erodoto (35-37) e dell’Epistola a Pitocle (84-85). Una definizione delle diverse tipologie di destinatari a cui si rivolge Epicuro emerge dalle pagine di ΝΈΒΌΒ (2010), pp. 75-76, e DB SANCTIS (2012), pp. 95-109. Tra coloro che non possono seguire gli scritti sulla natura, né studiare per esteso i libri più lunghi di Epicuro perché impegnati nelle quotidiane occupazioni possiamo immaginare Mitre, Idomeneo durante gli anni dell'impegno politico, gli &cyoAot, forse Firsone, e i μεγάλοι. Il giovane Pitocle è da considerare tra i φίλοι intenti a gustare da poco lo studio genuino della natura. Ermarco, Erodoto, Temista, Idomeneo dopo l'allontanamento dalla politica, Colote, Leonteo, Metrodoro, Polieno, un maturo Pitocle, Timocrate prima dell’apostasia sono tra coloro che, dediti allo studio, si trovano ad un livello progredito di conoscenza dell'intera dottrina. Tra i profili dei destinatari delle lettere giunte in frammenti si possono anche riconoscere i destinatari dell’insegnamento di Epicuro secondo la classificazione che offre Seneca (Luc. 52, 3-4), il quale opera una distinzione tra quanti sono capaci di seguire Epicuro attingendo lo slancio da se stessi, quanti, invece, hanno bisogno di un sostegno esterno e, infine, quanti non solo devono essere spinti a seguire la retta via, ma hanno bisogno di qualcuno che li sostenga e li indirizzi alla meta con mano risoluta. Per una riflessione sull'ecumenicità del messaggio affidato da Epicuro alle lettere rimando a 5. 1.
INTRODUZIONE
3.
PROBLEMI
DI
3
DATAZIONB
Sono 26 i passi nei quali si legge il nome dell'arconte.! Sono 36 i frammenti per i quali è plausibile formulare un'ipotesi di datazione in base al loro contenuto.? Le lettere consentono di definire per Epicuro un'attività costante per tutta la vita fino agli ultimi giorni della sua malattia nel 271/270 sotto
l'arcontato di Pitarato. Le prime lettere che possiamo datare grazie all'indicazione dell'arconte sono quelle inviate sotto l'arcontato di Filippo nel 292/291: a Temista sulla lealtà e la disciplina di un altrimenti ignoto Lico (16 F), agli amici di Lampsaco a proposito dei cambiamenti di fortuna (85
Fı-F2), a Leonteo e a Polieno in rapporto agli Stoici (82 T).? Ad un periodo precedente è, tuttavia, da ricondurre, con un buon margine di certezza, una lettera il cui frammento, pur non conservando l'indicazione dell'arconte, siamo in grado di datare con agio: si tratta, vedremo, della lettera che risale al 306-301, inviata a Idomeneo negli anni in cui quest'ultimo prendeva parte attivamente alla vita politica (22 F1-F2).* Nello stesso arco di tempo dal 306 al 301 si consuma anche il conflitto tra Epicuro e Timocrate, il quale subito dopo lascerà la scuola, rinnegando la dottrina del maestro. Si tratta di un'indicazione cronologica preziosa che consente di datare non pochi frammenti.* Risalirebbe addirittura agli anni della giovinezza di Epicuro la lettera inviata alla madre preoccupata per l'assenza del figlio e a noi nota perché scolpita nella monumentale iscrizione di Enoanda (so Fı-F2). La gran parte delle
lettere che siamo in grado di datare sono da ricondurre ad un arco di tempo che va dal 290 al 270. E cosa ben nota che Epicuro inviò le sue ultime lettere a Idomeneo (29 F) e a Mitre (56 F1-F2) dal letto di morte l'ultimo giorno della vita.* ! Utili per stabilire la cronologia degli arconti citati nelle opere di Epicuro sono i contributi di DiNsMOOR (1939), pp. 26-64, DORANDI (1980), pp. 153-174, CLAY (1982, ora in 1998), pp. 40-54, DORANDI (1990), pp. 121-138, e OSBORNB (2009), pp. 83-88, con bibliografia. Sulle ipotesi avanzate dalla critica in merito alla presenza della data nelle lettere di Epicuro cf. 6. 2 Si tratta di frammenti in cui la data o non è stata indicata dalla fonte che li ha citati 0, pur se indicata, non è più conservata. Per alcuni di questi passi è possibile fissare una data circoscritta ad un arco di tempo, per altri si riescono a fissare solo i termini ante quem o post quem, o, per i casi più fortunati, entrambi. ? Secondo CLAY (2009), p. 19, una lettera ancora precedente, inviata da Epicuro sotto l'arcontato di Nicia nel 296/295, la richiama Filodemo (Epic. ti A 7 Barbieri). Ma la sequenza ]v ἐπὶ Νικίου, forse ἔγρα φεὴν ἐπὶ Nuxiov, potrebbe riferirsi piuttosto, come suggerisce TBPEDINO GUBRRA (1994), P. 17, a Nat. xxvii che, come è noto, Epicuro compose sotto l'arcontato di Nicia. Difficile è dire se 97 F sia da datare al 297/296 o al 279/278 o, ancora, al 277/276. * Sulla base di questa indicazione sono datati anche 23 F 24 F, 25 F1-F2, 26 Fı-F2.
* Cf. 14 E 22 E 47 E 73 E 74 F. * Da ricondurre ad una lettera scritta da Epicuro negli ultimi giorni di vita è, forse, anche 116 F.
4
MARGHERITA
4.
BRBÌ
CONTENUTI
Per mezzo delle lettere Epicuro soccorre i φίλοι che, privati della cuvoucta con il maestro, hanno bisogno di un sostegno nel tradurre in pratica i fondamenti dell'etica. Sono, infatti, di non poco conto le indicazioni che dai frammenti emergono in merito agli atteggiamenti che piü convengono al saggio sia in relazione ai principi della dottrina epicurea sia in relazione alla vita nella scuola. Ecco perché i frammenti di lettere sono una fonte preziosa per ricostruire il pensiero di Epicuro sull'opportunità della παιδεία tradizionale, sulla possibilità dell'impegno politico, sul rispetto verso i giuramenti e sulla convenienza di celebrare le feste in onore degli dei, sulla venerazione del maestro, sul giusto valore da attribuire a ricchezza e povertà, sulla frugalità e la parsimonia, sul piacere, sulla capacità di gestire la fama, sull'utilità dell'amicizia, sulla vecchiaia, sulla sopportazione del dolore e della malattia, e sulla morte. Ma dai frammenti ricaviamo anche dati imprescindibili sulla vita della scuola e sul rapporto del maestro con i φίλοι: notevoli i riferimenti di Epicuro alla sua prassi didattica, appassionate le notizie sull'apostasia di Timocrate, clamorose le prove della presenza delle donne nel Kepos, altrimenti ignote le informazioni sul sistema delle donazioni, scarsi, ma pur sempre utili, gli indizi sui contatti dei φίλοι di Lampsaco con la scuola di Eudosso a Cizico. 4. 1. Il saggio La guida che Epicuro offre ai φίλοι attraverso le sue lettere si rivela imprescindibile soprattutto per quegli aspetti dell'etica per i quali, sia nella prospettiva
di un suo impegno sociale sia nella prospettiva dell'impegno nella ricerca filosofica, era richiesto al saggio un atteggiamento sempre conveniente alla
propria διάϑεοις. Non è un caso che nei nostri frammenti più volte si richiama la διάϑεοιο del saggio, cioè quella intima disposizione che a lui consente di essere tale.! In 113 F leggiamo che la sapienza deriva ad Epicuro dall'aggregazione degli atomi presenti nel grembo della madre: palese è il contatto con ciò che è detto nel catechismo epicureo (Diog. Laert. x 117, 1381-1382) in rapporto alla costi-
tuzione fisica del saggio. Rivolgendosi alla madre Epicuro in 50 Fi (ıv 1-3) la conforta indicando nella quotidiana indagine sui fenomeni della natura la strada attraverso la quale il saggio, procedendo a piccoli passi, migliora la propria διάθεοιο, rendendola simile a quella degli dei.? In 136 Fabc, in contrasto con ' Un'analisi delle occorrenze e del valore di &t4ßecıc nella produzione di Epicuro è offerta da GRILLI (1983), pp. 93-109. Cf. anche UssnBR, GicANTB, SCHMID (1977), p. 175. Di norma διάϑεςις designa lo stato della ψυχή, come risulta dall'analisi di REGALI (2012), pp. 62-65. * Che la condizione di felicità della quale gode il saggio dipenda dalla sua διάθεοις si legge anche in Diogene di Enoanda (112 Smith). Sul passo cf. Ds WITT (1954), pp. 251-255, SMITH (1993), p. 542, € GoRDON (1996), pp. 20-21.
INTRODUZIONE
5
la disposizione del saggio, διάϑεοιο è riferita alla disposizione atomica comune ai πολλοί che ne determina anche il modo di pensare. Benché non sia esplicito
il riferimento alla öt&9ecıc, un'opposizione tra dtadecıc del saggio e διάϑεεις di chi non è saggio è il presupposto della riflessione di 26 F1-F2. Un’allusione alla διάϑεοις del saggio in una prospettiva etica è da scorgere anche in 143 F a proposito della possibilità di realizzare una vita felice: è per una disposizione
naturale, κατὰ τὸν pucıxöv | τρόπον (4-5), che il saggio non cede alla paura e al desiderio che derivano dalla vana opinione. Non stupisce, pertanto, che in 25 F2 (3) e in 73 F (6), con il termine ἦϑος Epicuro alluda all'indole del saggio determinata per natura. Purtroppo poco si può dire su 33 F (8) dove διάϑεοις
compare a proposito dell’attitudine del saggio al franco parlare. 4. 1. 1. L'educazione tradizionale
È cosa ben nota che per Epicuro la παιδεία tradizionale fondata sui μαϑήματα sia da rifiutare in quanto non consente il raggiungimento della conoscenza in-
dispensabile per la felicità. Secondo Epicuro i μαϑήματα, inadeguati ad esprimere le esigenze dell’uomo, non possono rappresentare un sistema educativo efficace per la ricerca del piacere.' Tuttavia, l'indicazione per il saggio epicureo di tenersi lontano dai μαϑήματα non è in nessun caso interpretabile come un divieto assoluto: le discipline che compongono la παιδεία tradizionale sono
vietate al saggio solo nella misura in cui appaiono inadeguate all'esposizione dottrinale e perché all’origine di false credenze, inganni e turbamenti. ? Dal! La filosofia, che ha come unico obiettivo l'etica del vivere, è utile alla felicità: la scienza della natura è la sola forma di sapere attraverso cui l'uomo può comprendere la realtà delle cose, liberarsi dai falsi timori, giungere, infine, alla felicità. Cf. ERLBR (2020), pp. 101-105. In che modo il sistema educativo di Epicuro rappresenti un'alternativa sia rispetto al curriculum tradizionale sia rispetto ad ogni altro tentativo di riforma, per esempio quello di Platone, lo spiega Asmıs (2001), pp. 209-216. Sulla critica di Epicuro alla ἐγκύκλιος παιδεία registrata da gran parte della tradizione è costruita l'accusa rivolta ad Epicuro e alla sua scuola di una scarsa cultura accademica se non di vera e propria ignoranza, come emerge chiaramente dalle testimonianze raccolte da UssnER (1887), pp. 170-173. Da tale accusa Filodemo tenterà con forza di liberare il maestro: cf. IsnARDI PARENTE (1966), pp. 380-410, ANGBLI (1985), pp. 70-78, ANGBLI (1988b), pp. 61-70. Riflette sulla difesa che Filodemo fece della posizione di Epicuro in relazione ai μαθήματα nel segno dell'Anpassung ERLER (1992), PP. 171-200. 2 È lo stesso Epicuro (Diog. Laert. x 121b, 1410-1411) ad ammettere solo per il sapiente la capacità di conversare correttamente di musica e poesia. Epicuro e gli Epicurei danno in più occasioni dimostrazione di saper parlare di poesia e musica oltre che realizzare discorsi retoricamente ben costruiti, nonostante i ripetuti moniti di Epicuro ad astenersi dalle discipline della παιδεία tradizionale. Si tratta di una contraddizione, come è noto, solo apparente. Infatti, nella dottrina epicurea altre scienze e attività possono pur sempre conquistare la loro legittimità, se governate dai principi dell'epicureisrno e se utili ad un vivere più piacevole, come la poesia e la musica. Il sapiente epicureo, proprio perché tale, sa, per esempio, ben individuare le falsità contenute nella poesia e evitare i pericoli che comporta un contatto con questa, fino al punto di essere in grado di coltivarla, se sciolta da ogni impegno programmatico e dottrinale, nel pieno rispetto delle indicazioni della scuola: cf. ARRIGHBTTI (2006), pp. 315-329. In modo analogo il sapiente epicureo conosce la retorica, sa che non è utile nella gestione politica ed è consapevole che non può essere uno strumento adatto a dare forma alla ricerca filosofica: può, dunque, evitare i rurbamenti e i pericoli che da questa dipendono.
6
MARGHERITA
BRBÌ
le nostre lettere acquisiamo elementi utili sia a ricostruire la riflessione di
Epicuro sulla παιδεία tradizionale, rifiutata ma tutt'altro che ignorata, sia a
definire il contesto filosofico-culturale che fece da sfondo alla formazione del suo pensiero. Fiera da parte di Epicuro (13 T, 88 Fı-F2, 88 F4, 88 F6-F7) la rivendicazione di una formazione da autodidatta sia in relazione al suo rapporto con Nausifane, sia in relazione alla παιδεία tradizionale.! Ma in 88 F6-7, benché
Epicuro prenda le distanze dal sistema educativo proposto da Nausifane, riconosce nella riflessione degli atomisti l'imprescindibile punto di avvio della sua ricerca filosofica. Si tratta di una tradizione che rappresentò per Epicuro anche un riferimento costante nell'indagine dedicata alla natura, come prova sia 124
F con il richiamo agli scritti migliori di Anassagora, sia 112 F con la richiesta di scritti di Democrito datata al 274/273, solo tre anni prima della sua morte. I frammenti, dunque, confermano senz'altro la polemica di Epicuro contro la παιδεία radicata sull'apprendimento dei μαϑήματα e, in particolare, della retorica, ma mettono in luce la piena padronanza che Epicuro aveva della pro-
duzione di coloro che al sistema di apprendimento tradizionale avevano ade-
rito, come suggerisce anche il contatto con la produzione di Antistene documentato da 125 F. Inoltre, il riferimento ad una selezione di testi di Aristippo, Speusippo e Aristotele in 126 F fa pensare ad una indagine sistematica sui testi che avevano condizionato il contemporaneo dibattito filosofico e culturale. In
linea con il percorso di formazione intrapreso da Epicuro, che non comporta un drastico rifiuto della tradizione ma un ragionato e consapevole distacco che poggia su di una profonda e continua conoscenza dei testi, sono da intendere le
parole che Epicuro rivolge sia ad Apelle (6 F) sia a Pitocle (70 Fabcd): Apelle è lodato per aver fuggito ogni forma di παιδεία, Pitocle & esortato a farlo a vele spiegate. In questa stessa prospettiva è da interpretare anche l'invito che Epicuro rivolge in 127 F2 ad un destinatario ignoto a non curarsi di ἱστορίαι e di
ἄλλαι copıctıxat, ma a rivolgersi alla filosofia, lasciando andare le altre cose. Sarà in grado, pertanto, anche di realizzare discorsi retoricamente ben costruiti. L'impegno di Epicuro nella ricerca stilistica e retorica finalizzato ad una sempre opportuna comunicazione del sapere emerge anche dai frammenti di lettere. Cf. 5. 1. Sul sistema culturale offerto da Epicuro nel quale i μαϑήματα sono recuperabili, non come discipline propedeutiche alla ricerca filosofica, bensi corne attività tecniche e scientifiche che svolgono una propria utilità, se il filosofo ne individua benefici e danni, cf. AncBLI (1988b), pp. 61-70. ! Nel rivendicare originalità al suo pensiero rispetto ai suoi predecessori e nel sottolineare con forza la creazione di una sua strada rinnovata di studio, Epicuro si inserisce in una tradizione radicata nella cultura greca più antica: già in Omero (Od. xxt! 347-348) Femio, l'aedo di Itaca, è il primo
effettivo pensatore αὐτοδίδακτος, che, pur ammettendo di aver ricevuto dal dio l'insegnamento di tutte le strade dei canti, dichiara di aver imparato da sé, αὐτοδίδακτος δ᾽ εἰμί. Decisivo per comprendere il pieno significato dell'esigenza di Epicuro di rivendicare una formazione da autodidatta è lo studio di ERLBR (2011), pp. 14-18.
INTRODUZIONB
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4. 1. 2. L'impegno politico I dati che dai frammenti ricaviamo in merito all'opportunità per il saggio di partecipare alla vita pubblica e di intrattenere rapporti con uomini impegnati in politica contribuiscono a restituire al pensiero di Epicuro la profonda complessità e le numerose sfumature che lo stringato λάϑε Bıucac, se interpretato in una prospettiva parziale, non può esprimere.' I numerosi excerpta delle lettere inviate da Epicuro a Idomeneo documentano un solido rapporto tra maestro e allievo fondato sul principio dell'utilità reciproca.? Costante fu la guida che offri a lui Epicuro fin dagli anni del suo impegno politico e, in seguito, dopo l'abbandono della politica per la filosofia. In 22 F1-F2 e in 23 F Epicuro dà a Idomeneo un sostegno concreto, adatto ad un ricco aristocrati-
co, ad un politico: nel segno del λάϑε βιώσας indica nella ricerca filosofica la strada per la gloria durevole, una valida alternativa al desiderio di fama, che non esclude perö il coinvolgimento attivo nella vita pubblica e il rispetto degli obblighi che questa impone. Epicuro si rivolge ad un uorno ancora attratto dai desideri umani e nel monito a fuggire la politica tiene conto del destinatario e della sua natura. Un intervento di Idomeneo presso la corte degli Antigonidi per smascherare le calunnie di Timocrate é sostenuto da Epicuro in 24 F. Lasciata la politica Idomeneo assunse un ruolo nel Kepos tutt'altro che marginale: esemplare fu il suo impegno nella ricerca filosofica. In 14 E 24 E 26 E 31 F e 35 F Epicuro manifesta un sincero entusiasmo per la buona disposizione di Idomeneo verso la filosofia: la scelta di Idomeneo di abbandonare la politica ! Coglieva già nel segno il tentativo di LoNc (1986, ora in 2006), pp. 176-201, che a partire dalla riflessione sviluppata da Epicuro su piacere, utilità sociale, giustizia e amicizia intendeva rimuovere l'errata convinzione sull’atteggiamento antipolitico tenuto da Epicuro e la sua scuola. A riguardo sono divenute fondamentali e imprescindibili le pagine di Rostam (20072), pp. 29-66, il quale dimostra che il pensiero di Epicuro sulla politica non coincide con un disinteresse per gli eventi pubblici, non prevede un rifiuto radicale della politica e non nega la possibilità di prenderne parte. ErLsR (2020), pp. 59-66, definisce l'impegno di Epicuro e degli Epicurei a indirizzare i cittadini ad una vita felice un'attività politica in sé che molto somiglia alla «true politics» di Socrate. Dalla produzione di Epicuro dedicata alla parenesi politica emerge che il saggio deve guidare il πολιτικὸς ἀνήρ a garanzia di equilibrio e stabilità per il sistema politico. Cf. Ds SANCTIS (2008), pp. 165-177. Dopo Epicuro non mancano nel Kepos esempi di Epicurei che hanno offerto un valido sostegno al potere con finalità protrettica. De SANCTIS (2009), pp. 107-118, descrive il profilo di Filonide maestro di Demetrio 1 Soter modello impeccabile di filosofo impegnato nella politica e nell'educazione di politici quale emerge dalle pagine del Bloc di Filonide, opera conservata in PHerc. 1044, PHerc. 1746, PHerc. 1715: a proposito cf. almeno GaLLO (1980, ora in 2002), pp. 59-202, ASSANTE (2010), pp. 51-64 e DEL MASTRO (2013), pp. 125-129. Definisce il rapporto di Filodemo con Pisone anche in relazione alla componente parenetica del suo lavoro di educatore DORANDI (1982b), pp. 22-47. Ritiene che la presa di distanza dalla politica attiva fosse per Epicuro un alibi per tutelare sé e i suoi φίλοι SILVESTRAB (1995), pp. 131-135, secondo la quale Epicuro non rinuncia a fare politica in circostanze nelle quali è più possibile limitare la dispettosa interferenza della τύχη. Riflette anche sul pensiero di Epicuro in relazione alla partecipazione politica del saggio tenendo conto del ‘carattere pratico’ della filosofia ellenistica ISNARDI
PARBNTE
(1987, ora in 1991), pp. 43-79.
* Sulla connessione che gli Epicurei stabiliscono tra φιλία e χρεία cf. 4. 1. 7.
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MARGHERITA
ERBÌ
e l'impegno dimostrato nella ricerca filosofica in una continua e consapevole tensione verso la saggezza lo hanno reso meritevole di una vita felice. Da una
prospettiva epicurea Idomeneo incarna il colto e ricco aristocratico che, dopo l'esperienza politica, sotto la costante e affettuosa guida del maestro, assecondando la sua naturale disposizione, si dedica alla ricerca filosofica con successo, fino a diventare divulgatore della dottrina della scuola.' Il legame che unì Idomeneo a Epicuro rappresenta una via possibile attraverso la quale realizzare un saldo rapporto di φιλία tra il politico e il sapiente. Non stupisce, infatti, che Idomeneo sia uno dei φίλοι a cui Epicuro (29 F) si rivolge nel suo ultimo giorno con la preghiera di continuare a sostenere il Kepos. Da 34 F sappiamo, infatti, che Idomeneo con piena generosità molto contribuì al benessere della comunità. Un rapporto nel segno della reciproca utilità è quello che legava Epicuro anche a Mitre, l'influente ministro di Lisimaco.? Ben 9 sono le lettere che documentano da parte di Epicuro un effettivo sforzo per liberare Mitre dalla prigionia e un sollecito conforto nel sostenerlo di fronte al cambiamento di
fortuna.* Dai frammenti nei quali Epicuro si rivolge a Mitre con richieste di donazioni per il Kepos ricaviamo che Mitre fu un premuroso e generoso sostenitore della scuola, pertanto, garante della salvezza della comunità. Non a caso anche a Mitre Epicuro invia una lettera (56 F1-F2) in punto di morte con la stessa richiesta rivolta a Idomeneo: provvedere ai figli di Metrodoro e
al sostentamento della scuola. Non c’è dubbio che la vicinanza di Mitre agli ambienti epicurei, quale risultato di una conquista alla filosofia di un uomo politico di gran peso che, in qualità di governatore, per conto di Lisimaco prima, poi presso Demetrio Poliorcete, aveva protetto il Kepos di Lampsaco e quello di Atene, costituiva senza dubbio un successo per l'Epicureismo.* La
vicenda della prigionia di Mitre fu un episodio che molto coinvolse il Kepos, a tal punto da rendere opportuno l'intervento di Epicuro e di altri φίλοι.“ L'entusiasmo di Epicuro per l'impegno di Metrodoro quale emerge da 110 T1-T2 ben si spiega: chi è abituato ad una vita lontana dall’attività politica è in grado di gustare le rare occasioni di partecipazione alle vicende politiche. Ne deriva che l’esperienza politica può contribuire al piacere di un Epicureo non solo a
lungo termine ma anche nel momento stesso dell'impegno, esattamente come per Epicuro (Men. 131) l'abitudine ad uno stile di vita sobrio consente all'uomo ' Cf. Easì (20152), pp. 79-85. 2 Il legame di Epicuro con Mitre, confermato anche dalle lettere a lui inviate dai capiscuola, coinvolse anche i suoi figli, dei quali uno è forse il destinatario di 120 F. Cf. MILITBLLO (1997), p. 251. * Cf. 15 Fi-F2, 32 T, 38 E, 54 E, 96 Fi-F2, 104 Ε 108 T, 109 Fi-F2, 110 Tı-T2. È un'ipotesi plausibile che Mitre sia anche destinatario della lettera Sugli impegni (92 T1ab-T2ab). * Da ciò deriva forse la scelta di Mitre quale destinatario di lettere programmatiche alle quali Epicuro affida le regole del sisterna delle donazioni. Cf. 4. 2. 4. * Cf. BBLOCH (1926), pp. 331-335, STECEBL (1968), col. 586, BIGNONB (1973°), 1, pp. 490-492, Ent (20152), pp. 85-87. Su Idomeneo e Mitre, paradigmi nei quali ben si concretizza il rapporto tra il saggio epicureo e il politico, cf. 5. 1. 2. * A riguardo cf. RoskAM (20072), pp. 55-56.
INTRODUZIONE
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di affrontare nelle giusta disposizione i momenti di maggiore abbondanza. I frammenti che testimoniano l'impegno di Epicuro per la liberazione di Mitre rivelano, dunque, il coinvolgimento dello stesso Epicuro nelle vicende della politica a lui contemporanea. ' Poco sappiamo di Firsone e del suo rapporto con Epicuro ma non trascurabili sono gli indizi che ci offrono i frammenti. Da 76 F ricaviamo la relazione
di Firsone con le celebrazioni religiose, alle quali, forse, contribuiva con un sostegno economico. ? Poco deriva da 75 F1-F2, ma non stupisce che Epicuro richiami lo scritto Agli impegnati (πρὸς τοὺς ἀοχόλουο), rivolgendosi a Firsone, non a caso un dicyo)oc impegnato nella vita pubblica della sua Colofone.* Purtroppo non ricostruiamo il contenuto della lettera destinata ai μεγάλοι (90 T), anche loro, forse, uomini impegnati in politica. 4. 1. 3. Il culto di Epicuro e la religione
Significative sono le indicazioni che Epicuro affida alle sue lettere a proposito della partecipazione del saggio a celebrazioni religiose sia pubbliche sia private. Da 76 F deriviamo un vero e proprio elenco di celebrazioni religiose sia pubbliche sia private alle quali sembra prendere parte lo stesso Epicuro: le feste dei Choes,* i misteri cittadini e il banchetto per la festività delle elxadec,
le feste del Kepos istituite dallo stesso Epicuro il ventesimo giorno di ogni mese in memoria sua e di Metrodoro.? Nelle lettere Epicuro definisce in relazione ' L'interesse di Epicuro per la presenza a Pella di Perseo di Cizio e di Filonide di Tebe presso la corte di Antigono emerge anche da 8 T. Considerazioni sugli Stoici e sul loro pensiero sono sviluppate da Epicuro anche in 82 T, 95 Fı-F3 e 138 F. ? Una prova giunge a noi dalla raccomandazione che Neocle, fratello di Epicuro e suo fedele seguace, rivolge a Firsone: distribuire in modo pio assistenza agli dei, εἶναι tav] ἀρ[γυ]]ρείου β[ο]ήderav (Seotc) | ὁςίως δέον [v}Xp[ew. Le parole di Neocle sono note da Filodemo (Piet. 33, 945-957 Obbink) che le considera in stretta connessione con quanto pensa lo stesso Epicuro. La sequenza tiv] ἀρ[γυ]]ρείον βίογήθειαν potrebbe riferirsi al denaro donato da Firsone a sostegno della vita del Kepos e forse destinato, almeno in parte, agli onori da rendere agli dei. È difficile dire se il denaro richiesto a Firsone per la celebrazione dei riti rientrasse nel sistema delle contribuzioni imposte, o si trattasse di un'offerta extra come sembra più plausibile. Cf. ER! (2016), p. 300. * L'ipotesi che lo scritto Agli impegnati coincida con la lettera Sugli impegni è discussa a 92 T1 ab-T2ab. * La partecipazione alle Antesterie, feste che prevedono anche la celebrazione dei Choes, è raccomandata da Epicuro anche in 64 F. * Cf. Ds Wirr (1954), p. 245. Filodemo (Piet. 26, 737-751 Obbink), poco prima di citare la lettera a Firsone sulle celebrazioni religiose (76 F), spiega che Epicuro era solito osservare con lealtà ogni forma di devozione e esortava i suoi φίλοι a fare lo stesso, non solo perché ciò è stabilito dalle leggi, ma anche perché sussistono cause naturali, pucıxal αἰτίαι. Un'ampia analisi del passo è offerta da OBBINE (1996), pp. 393-403. Se da una parte la pratica dei riti religiosi garantisce la difesa del costume, l'obbedienza alla legge e l'impegno nella vita sociale, secondo un criterio di opportunità, dall'altra l'ossequio e la venerazione verso esseri superiori, e dunque anche verso gli dei, devono essere pienamente conformi a natura. Per tutto ció la venerazione degli dei, rifiutata come forma di timore, è incoraggiata in quanto emulazione: la partecipazione religiosa è per gli Epicurei un dovere civile e un fatto naturale di efficacia morale, utile a rinsaldare una visione della divinità
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a tali feste modalità e tempi di partecipazione.' Il motivo dell'opportunità per il saggio di un coinvolgimento nelle celebrazioni religiose è indicato in 128 F: non un intento demagogico ma l’esigenza di mantenere viva la memoria di coloro che nel Kepos avevano rappresentato esempi di comportamento ai
quali uniformare l'esistenza.? Da qui la consuetudine nel Kepos a celebrare, in occasione delle εἰκάδες, il culto del maestro e dei primi Epicurei, sul modello dei culti eroici. * La convenienza di prendere parte alle celebrazioni religiose quale aspetto fondamentale della eùcéBera del saggio epicureo è presupposta da Epivera, benefica e libera da aspetti di ansia che le attribuisce la comune concezione. ERLER (2020), PP. 79-99, sintetizza il beneficio etico che per Epicuro deriva agli uomini dalle pratiche tradizionali, nella formula theologia medicans. Sul valore sia sociale sia filosofico della partecipazione degli Epicurei ai culti civili quale è possibile cogliere dalla complessiva trattazione sviluppata da Filoderno nel suo De pietate sono utili le pagine di OBBINE (1996), pp. 1-23. Nel Testamento Epicuro (Diog. Laert. x 18, 207-217) molto si raccomanda perché la comunità, anche dopo la sua morte, continui a rispettare il calendario delle celebrazioni di culti da lui istituito: tra le festività elencate, oltre al culto in sua memoria, quello per i suoi familiari, la celebrazione del compleanno il ventesimo giorno di Gamelione e il sinodo dei discepoli in onore di Epicuro e Metrodoro, celebrato il venti di ogni mese. Sulla data del compleanno di Epicuro decisive sono le considerazioni di ALPBRS (1968), PP- 48-51. Cf. anche Lars (1976), pp. 86-87. Le cinque festività che scandivano il calendario delle celebrazioni della scuola, pur con le loro peculiarità e differenze, rispondono all'esigenza di fondare e consolidare l'identità della comunità epicurea con vincoli familiari pur se tra non consanguinei. Canoniche sono in proposito le considerazioni sviluppate da CLAr (1986, ora in 1998), pp. 75-102. Forse un riferimento ai culti rituali che nel Kepos si tenevano in onore di Metrodoro ? addirittura da cogliere in 110 T1- T2. ' Origine, motivi, modi, tempi e significato delle εἰκάδες sono considerati in 76 F. * CLAY (1983, ora in 1998), pp. 62-74, stabilisce una stretta relazione tra i riti privati del Kepos e gli scritti commemorativi. È plausibile che in occasione di tali feste i φίλοι assistessero alla lettura collettiva di scritti biografici allo scopo di fissare nella memoria paradigmi di vita ai quali ispirarsi. È stato più di recente ribadito da Lonco AuriccHio (2014), p. 63, che questi scritti dedicati ai compagni morti fossero oggetto di lunghe e ripetute letture in occasione dei riti privati. Tale prassi è da considerare anche a fondamento della produzione commemorativa che, sviluppatasi nel Kepos dopo Epicuro, aveva lo scopo di consegnare all'immortalità gli exempla degli Epicurei che più si distinsero nella scuola. Cf. DB WITT (1954), pp. 113-115. Sulla funzione attribuita da Epicuro alla μνήμη nella ricerca del piacere cf. 6. Ma non c'è dubbio che dalla rievocazione dei compagni defunti, delle loro gesta e delle loro parole attraverso la lettura di tali scritti, giungesse anche un confortevole sollievo al vuoto della perdita. Sul piacere che deriva dal ricordo degli amici defunti cf. 4. 1. 9. A questa tipologia di scritti sono da ricondurre, con buona plausibilità, sia il Neocle, per il quale cf. 115 F, sia l’Egesianatte, a proposito del quale cf. 5. 1. Riconduce alla tradizione degli ἐπιτάφιοι λόγοι, gli scritti del Kepos dedicati alla commemorazione dei defunti, H8BLER (2015), PP. 95-109. Sul tema della consolatio nella produzione di Epicuro restano fondamentali le pagine di KassBL (1958), pp. 29-32. ? Fin da subito nel Kepos, già tra i discepoli di prima generazione la vita di Epicuro apparve senz'altro sovraurnana, degna della più alta riverenza. Cf. SCHMID (1961, ora in 1984), pp. 99-100. Un esame delle testimonianze che provano la devozione incondizionata rivolta dagli allievi a Epicuro in quanto ottimo, divino e salvatore è offerto da Lonco AurICCHIO (2014), pp. 41-46. Non c'è dubbio che l'aspetto cultuale che caratterizzava il rapporto tra Epicuro e i suoi seguaci contribuisse a imprimere un carattere fortemente religioso alla comunità epicurea. Cf. Capasso (1987), pp. 25-37. Pertanto, già all'indomani della morte di Epicuro, il culto del maestro divenne una consuetudine all’interno del Kepos.
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curo nell'invito a offrire sacrifici agli dei rivolto ad un destinatario ignoto in 129 F1-F2. Qui Epicuro raccomanda di onorare gli dei con sacrifici e partecipare alle festività pubbliche, senza turbamento e con la piena consapevolezza che gli dei, in quanto nature eccellenti, beate e incorruttibili, non hanno alcuna influenza sulle vicende degli uomini. La stessa consapevolezza sembra esprimerla in 128 F: il contesto non & facile da ricostruire, ma il riferimento a coloro che a causa di turbamenti sono angosciati dalle nozioni sulle nature ottime e beate rimanda anche in questo caso al fondamento della teologia epicurea condensato nelle Massime Capitali (1).' In 39 F Epicuro
raccomanda
a Colote di rispettare e considerare con serie-
tà i giuramenti e tutto ció che riguarda gli dei.? In questa prospettiva, ogni manifestazione di devozione verso gli dei e verso chi vive come un dio fra gli uomini ben si spiega come diretta manifestazione di una intima disposizione a
riconoscere nella beatitudine divina il modello a cui rivolgersi.? Dai frammenti emerge senz'altro il legame tra religiosità pubblica e religiosità privata, presupposto imprescindibile per realizzare in vita la beatitu-
dine divina. Il saggio, infatti, rende alla perfezione divina anche attraverso la ! Che per Epicuro gli dei siano nature eccellenti, beate, incorruttibili e degne di riverenza per il loro stesso statuto ernerge da Hdt. 76-78: l'occuparsi degli uomini o dell'universo provocherebbe negli dei debolezza e paura, dunque, la perdica delle prerogative divine, la beatitudine e la incorruttibilità. Sul passo cf. Vers (2010), pp. 221-222. La consapevolezza che la divinità è un essere ἄφθαρτον xai μακάριον, indistruttibile e beato, indifferente alla vita degli uomini e alle loro richieste, & infatti per Epicuro (Men. 123-124) presupposto necessario ad una vita felice. Non a caso Epicuro (RS 1) apre la tetrafarmaco con l'indicazione che l'essere beato e immortale non ha né procura altri affanni e, dunque, non può essere responsabile del turbamento nell'uomo. Cf. BoLLACE (1975), pp. 215-216. Sulla beatitudine degli dei sono puntuali le pagine di H8BLBR (2014), pp. 163-167. Cf. anche FasruGIBRB (1968*, trad. it. 2015), pp. 51-69, e WARREN (2009), pp. 238-242. Secondo Filodemo (Piet. 45, 1281-1283 Obbink) negli scritti di Epicuro e dei καϑηγεμόνες è spesso ribadito che l'essere divino sia il migliore e il più degno di venerazione. Cf. OBBINE (1996), pp. 502-503. Non stupisce l'enfasi con la quale Plutarco (Non posse 1091A 3-1092D 4), con termini propri del lessico di Epicuro, ironizza sugli Epicurei che si definivano ἄφϑαρτοι καὶ ἰοόϑεοι e indichi quale unico scopo del discorso di Epicuro sugli dei la liberazione dal timore delle loro reazioni. Cf. ZACHBR (1982), pp. 200-201. Una raccolta di testimonianze sulla riflessione di Epicuro sugli dei è in USENBR (1887), pp. 232-244. Per ricostruire il dibattito della critica sulla natura degli dei di Epicuro, composti atomici in possesso di proprietà che rispondono all'idea che gli uomini hanno di loro o proiezioni o costruzioni di pensiero elaborate dagli uomini, sono da tenere presenti almeno i contributi di MorEL (2009), pp. 88-100, SEDLEY (2011), pp. 29-52, KONSTAN (2011), pp. 53-71, ESsLBR (2011), pp. 344-353, €, di recente, PIBRGIACOMI (2017), pp. 49-115. Più in generale sulla teologia epicurea cf. SPINBLLI, VBRDE (2020), pp. 94-113. Sul valore che la preghiera agli dei assume per il Kepos in armonia ai principi della teologia di Epicuro cf. Hapzsirs (1908), pp. 73-88. L'abbondante uso di giuramenti da parte di Epicuro è documentato dalla tradizione. Cf. Capasso, DonANDI (1979), pp. 40-41. OBBINK (1996), pp. 425426, ritiene probabile che nella prospettiva degli Epicurei pronunciare un giuramento servissea manifestare una disposizione d'animo che tendesse alla divinità. Secondo Hırzsı (1902), p. 102 n. 3, l'uso dei giuramenti da parte degli Epicurei doveva avere lo stesso valore religioso che per i Romani avevano le espressioni hercle o mehercle. * Coerente con l'indicazione data a Colote sul rispetto dei giuramenti & da considerare l'impiego delle invocazioni agli dei in 25 F2, 47 F, so Fa, 59 F, 80 Fi-F2, 109 F2, 129 F2. Ma non sfugge che nei frammenti le invocazioni assumono anche una ben precisa funzione stilistica. Cf. s. 1. 1.
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devozione religiosa: nell'incarnare l'ideale epicureo della ὁμοΐωοις Yes, vive ed & celebrato come un dio fra gli uomini.' I] beneficio che deriva ai φίλοι dalla venerazione del saggio è rappresentato nel racconto del noto episodio della npocxüvmcec tributata da Colote a Epicuro (40 F1ab-F2). Colote ricono-
sce in Epicuro che indaga sulla natura la massima espressione della raggiunta felicità e a lui si rivolge come ad un dio. Il riconoscimento della sapienza del
maestro è, ad un tempo, segno del passaggio alla sapienza dello stesso Colote nel quale, in quanto saggio, Epicuro riconosce, a sua volta, la beatitudine divina. Immediato è il beneficio che Colote ricava dal venerare Epicuro. È plausibile che alle manifestazioni di riverenza per Epicuro, se non addirittura ai culti a lui dedicati, si riferiscono βρόμοι e ὀλολυγμοί di 5 F. Un'allusione al culto tributato dalla comunità a Epicuro è anche in 34 F dove ἀπαρχαί e ἱεροῦ cuopatoc ϑεραπεία rimandano ad un contesto religioso: nelle parole con le quali Epicuro chiede a Idorneneo un sostegno materiale per la scuola offre l'immagine di una comunità unita nella sacralità della devozione al maestro e al suo insegnamento. Non a caso le donazioni alla scuola, considerate vere e proprie manifestazioni di culto, onori tributati alla divinità, in 119 F sono definite τιμαί e in 121 F οὐρανομήκη σημεῖα, prove eccelse della benevolenza dei φίλοι nei confronti del maestro. 4. 1. 4. Gestione della ricchezza
Tramite il messaggio affidato alle lettere Epicuro sostiene i φίλοι a lui più cari nella non facile gestione della ricchezza, soprattutto in condizioni di diminu-
zione di fortuna o addirittura di povertà.? * La tensione del saggio alla μακαριότης, la condizione di beatitudine e imperturbabilitä nella quale vivono gli dei, emerge da 7 Ε so Fı-F2, 76 R 128 F. Partecipe della divinità degli dei salvatori, Epicuro nella propria persona realizza la vita divina. Il fine della vita del saggio epicureo è dichiarato in Men. 135: vivere come un dio fra gli uomini, ὡς ϑεὸς ἐν ἀνθρώποις, conseguendo la εὐδαιμονία propria degli dei. Nel presentare Epicuro con la sequenza deus ille fuit, Lucrezio (v 8) consacra il successo della filosofia epicurea. Cf. BAILBY (1947), pp. 1322-1323. Sulla deificazione di Epicuro in Lucrezio cf. GaACA (1989), pp. 31-50, GALE (1994), pp. 191-207, e anche GALB (2009). pp. 109-110. Se la imitatio dei porta Epicuro a raggiungere la condizione divina, l'imitazione di Epicuro deus mortalis condurrà i φίλοι alla realizzazione dell'ideale di vita indicato dal maestro. Un'esauriente analisi del concetto di ὁμοίωοις Bei epicureo che tiene conto anche della imprescindibile testimonianza di Lucrezio è offerta da ERLBR (2002), pp. 159-181, il quale prova per gli Epicurei la centralità di un concetto che, ben prima di Epicuro, rappresenta il τέλος dell'etica di Platone. Ritiene che si tratti di un mutamento radicale di stato d'animo e perciò anche fisico, quello che riguarda il saggio che raggiunge una condizione divina, PIBTTRE (1999), pp. 17-20. La posizione di Epicuro che, in quanto deus mortalis, è lui stesso garante della praticabilità della sua teoria filosofica è preannunciata da Socrate proto-filosofo, come dimostra ERLER (20108), pp. 279-282. È plausibile che alla condizione di beatitudine che si consegue con la ὁμοίωσις θεῷ si riferisca anche il testo conservato in POxy. 215 (11 1-8 Obbink) nell'afferrnare che la pratica dei sacrifici è di giovamento e di gratificazione, a tal punto da consentire il conseguimento del piacere fisico naturale. 2 Si tratta di un entusiasmo che traduce il piacere scaturito dalla conoscenza. Cf. Capasso (1987), PP. 28-30, e WARREN (20142), pp. 79-82. Sul potere salvifico della parola di Epicuro cf. 4. 2. 1. 3. * Il concetto di ricchezza ha per Epicuro un ruolo centrale nella dottrina suli'etica: cf. a riguardo
INTRODUZIONB
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Programmatiche sono le parole che Epicuro (26 Fı-F2) rivolge a Idomeneo:
saper padroneggiare la ricchezza distingue il saggio da chi saggio non è. Che gestire la ricchezza richieda un atteggiamento che tenga conto dei principi dell'etica epicurea ἃ implicito nell'invito che Epicuro in 36 Fab rivolge a Idomeneo: arricchire Pitocle diminuendo il desiderio. La vera ricchezza si raggiunge liberandosi da un desiderio non necessario e non naturale, affrancandosi da un desiderio vano che segue a vuote virtù e che procura turbamento.' Un'allusione all'opportunità per il saggio di evitare l'accumulo di beni per
perseguire la ricchezza secondo natura è da scorgere nella sequenza ἵν᾽ ἐμοὶ περιτ|τεύῃ di so F2 (11 6-7) e nella successiva dichiarazione (11 9-10) secondo la quale ? l'assenza di mancanze a garantire una vita nell'abbondanza. In 54 F e in 71 F, due lettere inviate rispettivamente a Mitre e a Pitocle, Epicuro esorta
i due φίλοι a non temere la diminuzione di ricchezza che derivi da un cam-
biamento di fortuna. Un conforto ad amici in difficoltà Epicuro lo offre anche in 85 F1-F2: in un momento buio nella storia dell'economia ateniese, il monito
rivolto alla comunità di Lampsaco a tollerare ogni difficoltà & da mettere in relazione a πενία e ἃ πλοῦτος. E, forse, una prospettiva teorica e non pratica quella nella quale Epicuro in 142 F sviluppa una riflessione sul Aóyoc filosofico utile per tollerare una condizione di indigenza.
Il tema della povertà & affrontato da Epicuro in una lettera a Pitocle (61 FıD’AuBLIO (1926), pp. 3-27, € CASTALDI (1928), pp. 287-308. Non a caso una produzione dedicata alla riflessione sulla ricchezza, forse da immaginare nel solco dell'attività del maestro, & ben documentata per il Kepos. Se ad Epicuro non & possibile attribuire con certezza la paternità di un trattato sulla ricchezza, un titolo Περὶ πλούτου compare nell'elenco delle opere di Metrodoro che offre Diogene Laerzio (x 24. 290): per una visione d’assierne delle testimonianze e dei frammenti cf. ERLBR (1994), p. 220. Il PHerc. 163 conserva quanto resta del primo libro dello scritto Sulla ricchezza di Filodemo come prova la subscriptio. Cf. TEPEDINO GUBRRA (1978), pp. 52-95, DEL MASTRO (2003), pp. 323-329, SCOGNAMIGLIO (2007), pp. 85-92, e più di recente DeL MastRO (2014), pp. 73-75. È probabile che frammenti di un libro dell’opera di Filodemo sulla ricchezza li preservi anche il PHerc. 1570, dove gli effetti della ricchezza e della povertà sono valutati nella prospettiva di un generale ammonimento a godere di una vita felice incurante dello status socio-economico: continuo è qui il richiamo all'autorità del maestro, forse proprio ad una sua produzione sulla ricchezza, come suggeriscono ARMSTRONG, PoNCZOCH (2011), pp. 98-99, i quali riconoscono nel testo del papiro un nuovo frammento di Epicuro. A proposito di ricchezza e povertà Filodemo scrisse anche Sull'economia domestica e Sulle scelte e i rifiuti. Sulla produzione di Filodemo dedicata alla ricchezza cf. Lonco AurIccHIO, INpBLLI, DBL MASTRO (2012), p. 356. Offrono un'analisi della riflessione di Filodemo sulla ricchezza inserendola nel più generale contesto della teoria economica epicurea LAURBNTI (1973), pp. 98-149, Asmis (2004), pp. 133-176, e TSOUNA (2007), pp. 163-194. ! La ricchezza secondo natura, che ha limiti ben precisi e beni facilmente procacciabili, è l'unica possibile per Epicuro (RS xv « GV 8). Secondo ARRIGHBTTI (1973°), p. 672, nelle parole di Epicuro risuonerebbe l’eco di Aristotele (RA. 1359b 28-30). Infatti, per Epicuro (GV 25), la ricchezza senza una misura, πλοῦτος δὲ μὴ ὁριζόμενος, corrisponde ad una condizione di grande povertà, μεγάλη πενία. La povertà commisurata al bene secondo natura è, invece, una grande ricchezza, μέγας πλοῦτος. In Men. 130-133 Epicuro definisce il presupposto della ricchezza secondo natura: è l'indipendenza dai desideri, indispensabile al saggio per godere del poco e gestire senza timore la sorte. Ne consegue che il vano desiderio di χρήματα che deriva da vuote virtù sia, pertanto, da eliminare perché foriero di turbamento.
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F3) probabilmente nel contesto di una riflessione piü ampia sull’impegno del saggio a condurre una vita frugale e moderata: lo suggerisce il vanto di Epicuro (61 T) di saper vivere con meno di un asse. La stretta corrispondenza tra
l'abitudine a un vitto frugale e la capacità del saggio di affrontare senza paura i cambiamenti, anche quelli piü terribili che la povertà puó determinare, pare proposta anche in 100 F. L'invito alla frugalità ricorre anche in 132 Fabc, 133 E, 134 F1-F2, 135 F quale presupposto per il raggiungimento della tranquillità
dell'anima che si ottiene eliminando la paura e il turbarnento che il lusso e la ricchezza possono provocare, se non gestiti con sobrietà.' In 146 F Epicuro nello stabilire un contatto tra un'esistenza sobria e l’aùtapxecra del saggio, cioè la condizione di autosufficienza che consente la corretta gestione delle difficoltà, non tralascia peró di precisare che il suo invito non coincide con un monito ad accontentarsi sempre del poco.? La concezione epicurea di αὐτάρκεια sembra essere al centro della critica che Epicuro muove a Stilpone in 95 Fı-F3, 95 T: solo il saggio, in quanto autosufficiente, puó godere del massimo potere e della massima ricchezza, qualora gli capitino in sorte. 4. 1. 5. Piacere
Ai principi su cui è fondata la teoria del piacere Epicuro allude nei frammen-
ti in cui insiste sull'opportunità di una equilibrata gestione delle ricchezze, sull’esercizio della sopportazione del dolore, sui benefici che derivano dal ricordo del passato e sul conforto procurato dalla memoria dei cari defunti.? Non sono conservate, invece, riflessioni sistematiche sulla teoria del piacere. Tuttavia, per almeno 5 F, 51 F 61 F1-F3, 61 T, 88 F3, 143 F 145 Fabc, è legittimo
* Un invito a condurre una vita sobria è forse da leggere anche in 72 F. * In una prospettiva epicurea 1 αὐτάρκεια che è prima di tutto indipendenza dai desideri e non rifiuto dei beni materiali è senz'altro un μέγα ἀγαϑόν, un gran bene: gode dell'abbondanza con maggiore dolcezza chi ha meno bisogno di questa e chi ha la consapevolezza che tutto ciò che natura richiede è facilmente raggiungibile. L’abitudine ad un'esistenza semplice, infatti, garantisce al saggio la forza con la quale affrontare i bisogni necessari e, dunque, realizzare la αὐτάρκεια: da qui giunge, secondo Epicuro (GV 77), la ἐλευϑερία. Cf. Capasso (1988), pp. 203-207, e ROSKAM (20072), pp. 46-47. Esplicito è poi l'invito di Epicuro (GV 67) a condividere le proprie ricchezze con il prossimo per ottenerne la benevolenza. Cf. BoLLACK (1975), pp. 293-295. Ma non manca nel catechismo (Diog. Laert. x 120a, 1404-1405) il monito al saggio a prendersi cura delle sostanze. L'esortazione di Epicuro ad una vita frugale, infatti, non corrisponde al rifiuto del lusso: se la ricchezza si presenta e può essere ottenuta senza dar adito a contrasti va assecondata. Cf. O’KBBPB (2010), p. 126. Da qui la serrata critica di Epicuro contro l'avidità di denaro condensata in GV 43: sottolinea il realismo di Epicuro nel rifiuto del φιλαργυρεῖν SPINELLI (1996), pp. 409-419. Secondo AVOTINOS (1977), pp. 214-217, la pratica della frugalità era esercitata nel Kepos in giorni fissi secondo un progetto paideutico al fine di conseguire e rafforzare l'autosufficienza. Alla frugalità capace di portare ricchezza allude Filodemo (27 Sider = AP 11. 44, 23) nell'invito che rivolge a Pisone di celebrare presso una modesta dimora un esiguo pasto in occasione della festa del ventesimo giorno. Cf. SipBR (1995), pp. 46-50. ? Sui principi dell'edonismo epicureo puntuale è la disamina offerta da HossswPBLDER (20067), PP. 27-109. Sulla ἡδονή quale criterio di verità cf. GosLinG, TAYLOR (1982), pp. 397-413.
INTRODUZIONB
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immaginare un'indagine sul piacere quale τέλος τοῦ βίου ben più ampia di quella che documentano i frammenti. L'invito di Epicuro ad Anassarco in 5 F a ricercare i piaceri continui e ad evitare le virtù che procurano vuote e perturbatrici speranze di una ricompensa presuppone la riflessione sulla tassonomia dei desideri argomentata nell’Epistola a Meneceo (127-132) e resa con uno schema nelle Massime Capitali (xx1xxxx).! Una valutazione sulla natura dei desideri è a fondamento della riflessio-
ne sviluppata in 143 F: è qui stabilita una relazione tra la vita felice del saggio e l'assenza di paura e desiderio. È in una prospettiva utilitaristica della virtù che Epicuro motiva lo sprezzante rifiuto del bello che non procura piacere in 145 Fabc. Il piacere della carne, edcapxta, inteso come assenza di dolore è considerato in 51 F insieme alla speranza e al grato ricordo del passato, quale presupposto dello stato di tranquillità dell'anima. È plausibile che il contesto di tale affermazione sia una più articolata riflessione sulla ἡδονή in merito al dolore e al ricordo del passato. ® La dichiarazione di riuscire a vivere con meno
di un asse e il richiamo al ragionamento, Xoytcpéc, in rapporto ai banchetti e alle unioni d'amore in ciò che resta di 61 F1, suggeriscono una valutazione della moderazione e dalla parsimonia in rapporto al piacere. Qui è, forse, da ipotizzare più di una stringata allusione al νήφων Aoyıcpöc, il sobrio calcolo che
guida il saggio nella corretta scelta dei piaceri.? Nella lettera inviata ai filosofi di Mitilene (88 F3 e 88 F5) sia l'indicazione delle spese per imbandire la tavola sia la presa di distanza dai Cirenaici rivelano una riflessione su] piacere che considerava almeno gli aspetti legati al soddisfacimento dei desideri necessari e quelli relativi alla possibilità di ammettere sia il piacere catastematico, sia quello in movimento. * Appare del tutto probabile che l'appellativo ‘mollusco’ che nella stessa lettera Epicuro (88 F4) attribuisce a Nausifane sia da mettere in stretto rapporto al piacere.
! Di tale schema offre una lucida spiegazione lo scolio a RS xxix: per Epicuro sono necessari e naturali i desideri che liberano dai dolori del corpo, naturali ma non necessari quelli che non sottraggono il dolore del corpo ma solo variano il piacere, né naturali né necessari quelli come il desiderio di corone o di statue in proprio onore. Lo stesso schema & offerto anche da Cicerone (Fin. 1 13, 45). Per un approfondimento sulla tassonomia dei desideri proposta da Epicuro cf. almeno Cooper (1998), PP- 485-514, ERLBR, SCHOPIBLD (1999), pp. 648-666, O'KEBPB (2010), pp. 117-127, VBRDB (20132), pp. 174-183, MORBL (2014), pp. 1115-1119. Sulla testimonianza di Cicerone cf. MORBL (2016), pp. 77-95, e, più in generale, sulle pagine di Cicerone (Fin. 1-11) dedicate ad una riflessione sul piacere epicureo cf. STOKBS (1995), pp. 145-179, e WARREN (2016), pp. 41-76. 2 Il valore che per gli Epicurei ha la memoria del passato è considerata in 4. 1. 9. > νήφων λογιομός, il sobrio calcolo che deriva dalla ppévr,cie, è quell'atteggiamento razionale e riflessivo che Epicuro (Men. 132, RS xız - SV 22) indica come condizione necessaria per un corretto raggiungimento del piacere, perché del piacere sa misurare i limiti. Il nesso νήφων Aoyccpóc esprime, dunque, una categoria fondamentale del pensiero epicureo, il cui contesto letterario e filosofico è ricostruito da ERLBR (2010b), pp. 23-29. Sul ruolo predominante della ppévnetc nel sistema etico epicureo cf. Ds SANCTIS (2010), pp. 75-86. * A proposito della distinzione tra piacere catasternatico e cinetico nella teoria epicurea cf. 88 Fs.
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4. 1. 6. Fama
In 111 F e in 136 Fabc Epicuro esprime, con tutta franchezza, il personale disinteresse per il plauso della folla. Si tratta di affermazioni ben in linea con la
preferenza di Epicuro (GV 29) per una vita appartata nel segno della ricerca e indifferente sia ai pregiudizi sia al consenso della moltitudine. In 111 F, una lettera scritta negli ultimi anni della sua vita, quando era oramai possibile fare un bilancio della propria esistenza, Epicuro ammette che né lui né Metrodoro soffrirono per l'indifferenza dimostrata dai Greci nei loro confronti. Qui Epicuro e Metrodoro appaiono quali esempi di una condotta
appartata nel segno della filosofia e distante da ogni desiderio di fama.? Il motivo per il quale Epicuro non abbia mai cercato il plauso della folla lo si ricava da 136 Fabc: il volgo non approva ció che piace ad Epicuro il quale, a sua volta, ignora quanto piace al volgo. Questo perché ciò che è gradito ai più
è ben lontano dalla διάϑεοιο del saggio.? Più che suscitare il consenso della folla Epicuro preferisce intrattenere conversazioni intime con quanti percorrono insieme a lui la strada della ricerca filosofica. Il rapporto privilegiato che Epicuro instaura con ciascuno dei suoi φίλοι è tradotto nell'immagine offerta
in 137 F: maestro e allievo costituiscono un teatro già abbastanza grande l'uno per l'altro perché ci siano le condizioni adatte alla comunicazione del sapere.* Per Epicuro (GV 64), infatti, al sapiente impegnato esclusivamente nella
salvezza dell'anima, il plauso della folla deve giungere solo se spontaneo, cioé quando questo segue una corretta comunicazione e trasmissione del sapere.
In 22 F1 Epicuro offre ad Idomeneo una piü generale riflessione sulla fama a proposito della δοξοκοπία, cioè la tensione degli uomini al consenso popolare
e alla gloria. È infatti la ricerca filosofica a garantire il raggiungimento della gloria durevole e non l'esercizio delle cariche politiche." Non sorprende che la δοξοκοπία in 80 Fi sia addirittura elencata insieme alla crudeltà, ὠμότης, e al furore, Aóccr, tra i mali che conducono all'insensibilità. 4. 1. 7. Amicizia
Benché nei frammenti non resti alcuna traccia di una riflessione sull’amicizia e compaia un'unica volta il termine φιλία, in più di un'occasione Epicuro si
! Spiega il paradosso che pa dalla sentenza BOLLACEK (1975), pp. 460-461. 2 Cf. RoskAM (20072),p. ? A riguardo rimando a 4. 1. * Indica 2 giusta resbettia dalla quale interpretare le parole di Epicuro in 137 P Roszam (20072),p. * Che I Fotoxonta, foriera di affanno e di turbamenti, sia inconciliabile con la ricerca filosofica ben risulta da GV 29. Cf. a tale proposito INDBLLI (1978), pp. 174-175. Sul valore che il termine δοξοκόπος assume in Filodemo cf. GIGANTE (1972), pp. 61-62, e LAURENTI (1973), pp. 157-158. Ma non solo la ricerca di gloria provoca turbamento: per Epicuro (RS vir), infatti, anche la raggiunta fama non è di per sé garanzia di sicurezza.
INTRODUZIONE
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appella all’aspetto utilitaristico dell'amicizia.' È la piena connessione tra φιλία e χρεία, che Epicuro definisce in sintesi nello Gnomologio Vaticano (23) e che nel Testamento (Diog. Laert. x 20, 236-241) esorta a preservare per garantire la quotidiana ricerca nel segno della condivisione, ad essere posta alla base del sistema di sostegno economico del Kepos che ricostruiamo dai frammenti. ἢ In una prospettiva utilitaristica è da intendere il rapporto di φιλία che le-
gava Cratero e sua madre Fila con Mitre, a cui Epicuro fa riferimento in 38 F. Allo stesso modo è per un vantaggio concreto che in 103 F Epicuro ammette di aver esortato ad un atteggiamento benevolo nei confronti di Mitre, come prova l'impiego del verbo φιλανϑρωπεύομαι (1-2). In 96 F2 (15) è Epicuro a definirsi χρήσιμος rivendicando il soccorso offerto a Mitre in un momento di
difficoltà. Una convinta visione utilitaristica dell'amicizia emerge anche da 95 F1-F3 e 95 T. Al di là dell’interpretazione parziale che dei frammenti offre Seneca (Luc. 9), le parole di Epicuro sembrano rivelare una critica all’ideale stoico di amicizia incarnato nella figura di Stilpone: contro di lui, che contava solo in se stesso e negava la necessità dell'amicizia, Epicuro afferma l'impor-
tanza dell’ausilio dei φίλοι nel raggiungimento del sommo bene. 4. 1. 8. Giovinezza e vecchiaia Nelle lettere Epicuro allude più o meno esplicitamente all’opportunitä di de-
dicarsi alla filosofia dalla giovinezza alla vecchiaia, in perfetta adesione all’e* Una messa a punto delle diverse posizioni sul breve ma controverso testo di GV 23 è in Evans (2004), pp. 307-424. Cf. anche CoNcHB (1987), p. 253. Il testo della sentenza è stato considerato anche da ARMSTRONG (2011), pp. 123-128, a proposito della riflessione sulla φιλανθρωπία sviluppata da Filodemo. Nega autenticità alla sentenza Brown (2002), pp. 68-80. Cf. anche Brown (2009), PP. 182-191. Lo stesso Testamento di Epicuro è, secondo BasscIA (1955), pp. 321-322, un atto utilitaristico indirizzato alla perpetuazione della φιλία. Nel Testamento (Diog. Laert. x 20, 236-241), per i φίλοι più vicini, che condivisero nel Kepos la quotidiana ricerca della felicità, Epicuro stabilisce una stretta relazione tra χρεία e οἰκειότης, tra utile e amicizia. Una relazione però possibile purché utile e amicizia si sostengano in un perfetto equilibrio. L'elemento utilitaristico nella pratica quotidiana della φιλία epicurea è ampiamente contemplato da Epicuro e trova una conferma in GV 39, il cui presupposto dottrinale è individuato da ARRIGHBTTI (19782), pp. 49-63, nel solido legame tra φιλία e φυοιολογία, indispensabile nel percorso verso la felicità. Per Epicuro (RS xxvin) la pıAla, come la φυειολογία, offre la necessaria sicurezza su cui l'uomo può contare nei momenti in cui si trova a dover affrontare il male. Ne deriva che l'amico è per il sapiente epicureo una figura di riferimento imprescindibile per il raggiungimento della felicità. L'amicizia, pertanto, che pure ha una sua origine nell'udlità, non può risolversi nella sola utilità e non deve compromettere l'indipendenza del saggio. Sulla questione interviene anche Cicerone (Fin. 1 66-70). A riguardo cf. EssLBR (2012), pp. 141-145. Per un quadro sintetico delle problematiche connesse all'attuazione della φιλία epicurea sono ancora utili le pagine di GBMBLLI (1978), pp. 59-72. In proposito resta fondamentale Rist (1980), pp. 121-129. Cf. anche l’agile contributo di KowsrAN (1996), pp. 390-391, e il più recente di Draco (2009), pp. 3-11. Un contributo alla definizione dell'importanza dell'altruismo nella concezione epicurea di amicizia giunge anche da Filodemo (Di 11 83 e 87): cf. EssLBR (2013), pp. 95-111. Giudica del tutto conciliabili le affermazioni di Epicuro sull'amicizia con l'egoismo e l'edonismo che emergono dalla sua riflessione sull'etica O'KBBFB (2001), pp. 269-305. Cf. anche Mirsis (1987), pp. 127-153. Sulle critiche mosse dagli interpreti antichi e moderni all'ideale epicureo di amicizia cf. O’ConnoR (1989), pp. 177-186. 3 Sulla prassi epicurea delle donazioni cf. 4. 2. 4.
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sortazione all'uomo di ogni età che offre nell’Epistola a Meneceo (122). L'invito di Epicuro a non rinunciare in nessuna stagione della vita all'esercizio della filosofia traspare sia dagli elogi rivolti ad Idomeneo in 29 F e in 35 E, per es-
sersi dimostrato fin da giovane devoto verso Epicuro e la sua filosofia, sia dalla lode che gli rivolge in 31 E, perché nel corso della sua vita, fino alla vecchiaia, è vissuto nella pratica della filosofia. In 6 T Epicuro riconosce la bontà del comportamento di Apelle, puro dal contatto con i μαϑήματα fin dall'inizio, ἐξ ἀρχῆο: è qui da scorgere un'allusione alla convenienza di un precoce impegno
nella ricerca filosofica. Un rinvio all'opportunità di continuare ad esercitare la filosofia nella vecchiaia si può cogliere anche nella sequenza χάρις τῶν Yeyoνότων di 51 E, non a caso la stessa che Epicuro (Men. 122) impiega per definire
la gioia che deriva dalle cose passate e che rende giovane di beni chi invecchia con la filosofia.' 4. 1. 9 Malattia, dolore, morte Nei frammenti non sono pochi i casi nei quali Epicuro indica ai φίλοι l'atteggiamento conveniente al saggio nel sopportare dolore e malattia, nonché nell'affrontare sia la propria morte sia la perdita dei cari. Epicuro (26 F1-F2), rivolgendosi a un Idomeneo ormai impegnato nel suo
percorso filosofico, ricorda che il modo in cui si sopporta la malattia, come il modo in cui si gestiscono le ricchezze, distingue il saggio da chi saggio non è. Non si può escludere che la capacità del saggio di sopportare il dolore fisico in una situazione di estremo pericolo fosse esaltata nel racconto del naufragio in
87 F. La disposizione più consona al saggio di fronte al dolore e alla malattia che conduce alla fine della vita emerge dalle celebri parole rivolte da Epicuro in punto di morte a Idomeneo (29 F): benché afflitto dai dolori intensi della malattia, prevale in lui il felice ricordo dei $caXoyicpoi del passato, ora gioio-
so sollievo.® Da 116 E, la parafrasi che dell'ultima lettera di Epicuro offre ! Per Epicuro (Men. 122, 126, GV 17 e 76) l'esercizio della filosofia a consentire al vecchio di sentirsi giovane di beni per il grato ricordo del passato e al giovane di affrontare il futuro con la maturità necessaria. Ma è soprattutto nella vecchiaia che si raggiunge la massima felicità: chi ha vissuto secondo le indicazioni del maestro giunge beato alla vecchiaia come ad un tranquillo porto, con il sicuro possesso del ricordo di tutti i beni. Cf. BOLLACK (1975), pp. 441-444, € H8BLBR (2014), PP- 150-160. A] contrario (GV 19), chi dimentica il passato è già vecchio. L'attitudine del saggio a vivere un'esistenza felice anche in vecchiaia alla ricerca del piacere è tra i temi sviluppati da Diogene di Enoanda nel trattato sulla vecchiaia (137-179 Smith) che corona la monumentale iscrizione. Cf. SMITH (1993), pp. 566-595. Benché il testo del trattato, nonostante le recenti acquisizioni, resti frammentario, si colgono i principi su cui si fondano le argomentazioni. Cf. HAMMBRSTAEDT (2015), pp. 199-211.
In una visione epicurea, come si ricava da Diogene
Laerzio (X 137, 1604-1606),
solo il corpo
è vincolato al presente, l’anima, invece, è libera di spaziare sia nel futuro sia nel passato. Alla luce dell’incipit dell'Epistola a Meneceo EnLBR (2000), pp. 286-294, offre una puntuale interpretazione del ritratto di Epicuro tra un giovane e un vecchio nella Scuola di Atene di Raffaello. Cf. ora anche ERLBR (2020), pp. 15-21. ? A proposito delle lettere scritte da Epicuro quando più difficile era la sopportazione della malattia cf. 6.
INTRODUZIONE
Marco Aurelio, ricaviamo che le conversazioni intrattenute sue ultime ore vertevano sull'imperturbabilità della carne continuare la vita bella e piacevole. Non 2, dunque, un caso F ammetta che, pur se afflitto dal dolore della malattia, non
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con i φίλοι nelle e sulla volontà di che Epicuro in 115 rinuncia ai convi-
vi, sostenuto dalla forza che a lui giunge dalla memoria delle parole del compianto fratello Neocle. Il dolore e la malattia sono, infatti, tra i mali rispetto ai quali Epicuro, in sı E, indica nel ricordo del passato un indispensabile conforto. La volontà di continuare a vivere una vita normale, pur nella sofferenza
dell'infermità, muove Epicuro nella bizzarra intenzione di raggiungere Temista anche rotolando piü volte, corne si legge in 17 F. Una riflessione dal sapore programmatico sulla morte è offerta in 50 F1-F2: alla madre, preoccupata per il figlio, Epicuro spiega che la morte non é niente, perché niente é perduto se con la morte viene meno la percezione di ció che si perde. La tranquillità
dell'anima raggiunta da Epicuro nella sofferenza che precede la morte quale emerge dalle lettere appare come la messa in pratica dei principi della sua filosofia. Nelle lettere Epicuro si descrive nell'affrontare il dolore della malattia come da lui indicato nello Gnomologio Vaticano (55): cura i mali presenti con il grato ricordo dei beni passati senza smettere di ricercare il piacere attraverso l'atarassia.' Alla imperturbata accettazione della morte, Epicuro sembra alludere con il proverbio che richiama in 28 F.? Il motivo per cui il saggio non deve temere la morte Epicuro lo spiega ancora nella lettera alla madre (50 F1-F2),
in linea con la riflessione sulla sensazione dell'Epistola a Meneceo (124-125): la condizione di mortale non rende inferiore il saggio epicureo che, perfettamen-
te in grado di godere durante la vita di una felicità pari a quella degli dei, nel momento della morte non proverà la sensazione della perdita.?
' Cf. Heßrer (2015), pp. 95-98. Il presupposto dell’atteggiamento di Epicuro è da ricercare nella convinzione espressa in RS 1v che il dolore della carne non dura ininterrottamente e che le malattie procurano più gioie che dolori. Ciò ben spiega perché nel catechismo Epicuro (Diog. Laert. x 119, 1402) auspichi addirittura che il saggio ceda al dolore. BOLLACK (1975), pp. 246-250. 2 Cf. ANGBLI (19812), p. 91. * Palese è la relazione con quanto è espresso in RS n. Cf. ERLBR (2020), pp. 46-49. L'impegno del saggio epicureo deve tendere non all’immortalitä ma a realizzare la felicità nell'arco della vita. Secondo Epicuro (RS zıx-xx) il piacere e la felicità non sono condizionati dal tempo. L'anima, pertanto, prendendo coscienza del bene della carne e del suo giusto limite, senza alcun timore per l'eternità, ordina la vita in maniera che essa sia perfetta senza avere bisogno di un infinito tempo: il piacere non può quindi svanire neanche quando si verificano le circostanze che portano alla morte. Cf. ARRICHBTTI (1973°), pp. 550-551, € BOLLACE (1975), pp. 308-309. Riflette su tempo e morte in Epicuro PuLica (1983), 235-260. La capacità di conseguire in vita un piacere illimitato nel tempo e di rendere indistruttibile la propria felicità rende il saggio epicureo immortale nonostante la sua natura mortale: sull'argomento sono le pagine di WanrEN (2000), pp. 248-249. Non a caso per Lucrezio (111 319-322) niente, neanche la morte, impedisce agli uomini di trascorre una vita degna degli dei. Cf. Brown (1997), pp. 131-132. A proposito della riflessione sulla sensazione sviluppata da Epicuro in Men. 124-125 sono fondamentali le pagine di HeßLer (2014), pp. 195-230. Il passo è il punto di partenza della riflessione sull'irrazionale paura della morte nella prospettiva epicurea offerta da FurLBY (1986), pp. 75-91. Molto insiste anche Filodemo nello scritto Sulla morte riguardo l'assenza di percezione che sopraggiunge con la morte: cf. GIGANTE (1983), pp. 163-234, € TSOUNA
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Non poco spazio nelle lettere Epicuro dedica alla funzione consolatoria del ricordo del passato anche in rapporto al dolore per la perdita di un proprio caro. L'invito che leggiamo in 144 F a considerare piacevole sotto ogni aspetto il ricordo di un caro estinto deriva dal presupposto che la memoria di chi non c'è più offra sollievo al dolore della mancanza.' In 115 F la memoria delle ultime parole del fratello Neocle allevia Epicuro dalla sofferenza del corpo provocata dall'ascite ma anche dal dolore dell'anima ferita dalla perdita del fratello. Tale piacere, tuttavia, per Epicuro, non esclude le lacrime. La possibilità di un pia-
cere generato dal ricordo del passato frammisto ad atteggiamenti di compassione è quella che Epicuro (80 F1) auspica per Firsone e Dositeo, addolorati per
la perdita del caro Egesianatte. È ancora dalla lettera alla madre (5o F1) che giungono a noi preziose informazioni sulla modalità con la quale il ricordo di chi non è presente viene alimentato dai simulacri e dalle visioni dei defunti. 2 4. 2. La scuola I frammenti confermano l’uso, forse sistematico, della lode e del biasimo nella prassi didattica di Epicuro. Degni di nota i riferimenti alla centralità e la circo-
lazione di testi nel Kepos. Costante il richiamo, anche attraverso precise scelte lessicali, al potere terapeutico del λόγος. La condivisione della quotidianità è prevista dallo stesso progetto didattico di Epicuro: alla beatitudine che deriva
al saggio dalla vita comunitaria con i φίλοι nel segno della ricerca filosofica alludono 17 Ε 29 Ε 40 Fıab, 40 F2, 47 E 69 T, 121 Ε Utili, se non imprescindibili, sono le informazioni che le lettere ci offrono su particolari aspetti della
vita della scuola. 4. 2. 1. La prassi didattica 4.
2.
1. 1. LA
LODB B
IL BIASIMO
Nelle lettere Epicuro interviene con parole di lode e biasimo per guidare gli (2007), pp. 248-249. Il venir meno della sensazione giustifica anche la descrizione della morte come quiete in Lucrezio (111 894-903; 912-930): cf. BRowN (1997), pp. 197-202. Ma Lucrezio non tralascia di presentare le paure e le angosce degli uomini di fronte alla morte e di riconoscere la loro realtà emozionale, senza, tuttavia, mai incoraggiarle e mantenendo su queste il fermo controllo della ragione. Un'analisi della morte in rapporto al timore della privazione in Epicuro è di WARREN (2004), PP. 17-23. ' Sul piacere che deriva dal ricordo dei φίλοι defunti cf. WARREN (20142), pp. 196-201. Non c'è dubbio che l'enfasi attribuita da Bpicuro al piacere del ricordo dei cari estinti sia il presupposto dottrinale delle prescrizioni date nel suo Testamento per la celebrazione dei culti in suo onore e in onore degli Epicurei fondatori del Kepos. Non a caso in occasione dei riti privati erano oggetto di letture ad alta voce scritti dedicati a compagni morti. Cf. 4. 1. 3. 3 Non si può escludere che Epicuro nelle sue lettere considerasse la questione dell'opportunità del saggio di occuparsi della propria sepoltura: lo suggerisce l'incerta sequenza πολυμερῇ ταφήν di 44 F (4).
INTRODUZIONB
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allievi lontani e indicare loro modelli di comportamento da imitare o evitare.' Non pochi sono i frammenti nei quali Epicuro ricorre al topos letterario della lode del maestro all'allievo.?
E Idomeneo il destinatario al quale Epicuro rivolge il maggior numero di
lodi: in 24 F lo loda per il successo politico, in 25 F1-F2, 29 F, 31 E, 35 F per l'inclinazione alla filosofia sempre alimentata da un costante impegno nella
ricerca sulla natura, in 34 F per la generosità con la quale ha sostenuto il Kepos e in 21 T (- 14 T - 74 T) per aver divulgato insieme a Erodoto e Timocrate le sue dottrine. A Timocrate Epicuro rivolge un elogio anche in 73 F per
essersi dimostrato utile e benevolo verso φίλοι bisognosi. Non ci sono dubbi che sia 73 E, sia 74 T precedono l'allontanamento di Timocrate dal Kepos. L'entusiasmo con il quale Epicuro si rivolge a Leonzio (47 F) e a Mitre (59 F), reso in entrambi i casi dall'invocazione Παιὰν ἄναξ, è forse da ricondurre alla riconoscenza nutrita da Epicuro per l'azione svolta da Leonzio e Mitre presso Demetrio Poliorcete. Mitre è destinatario di un elogio anche in 55 F per aver contribuito con premura al benessere della scuola. In ben tre (67 T, 68 E, 69 T) dei cinque passi di lettere inviate a Pitocle Epicuro loda il discepolo per essere
stato capace di realizzare l'ideale epicureo avvicinandosi ad una condizione divina. Ad Apelle, un φίλος non altrimenti conosciuto, Epicuro rivolge un μακαριομός (6 F) con il quale esalta la beatitudine che gli deriva dall’essersi de-
dicato alla filosofia libero da ogni forma di educazione. Destinatari della lode del maestro per essersi presi cura del sostentamento di Epicuro dando prove altissime di εὔνοια sono anche gli anonimi φίλοι di 121 F. Una riflessione di natura programmatica sulla funzione che svolge la lode nel suo insegnamento
Epicuro la offre in 141 F: il destinatario, nell'accogliere l'elogio nel modo corretto, deve continuare ad alimentare il motivo della lode. La presenza di tale riflessione in una lettera non stupisce: ogni comportamento elogiato diventa un comportamento esemplare, indispensabile strumento educativo nella prassi della comunicazione del sapere a distanza.? Non trascurabili sono i fram-
menti nei quali il destinatario dell'elogio non coincide con il destinatario della
* L'importanza della lode nella prassi didattica del Kepos emerge da Filodemo (Lib. dic. 68 Konstan): per mezzo di questa il sapiente insegna con efficacia al giovane ad agire in conformità a ció che è bene. È sull'elogio, infatti, che si innesta la ὑπόμνηεις, il rinvio alla memoria delle azioni giuste scaturite dalle buone qualità dei discepoli. Sempre da Filoderno (Lib. dic. 49 e Tab. 1v 1 Konstan) deriviamo che lo ἔπαινος del maestro segue la confessione degli ἁμαρτήματα da parte del discepolo e spesso giunge dopo un rimprovero. Sui passi KONSTAN (1998), pp. 13-14, € TSOUNA (2007), pp. 7879. Il significato che assume la tradizione filosofico-letteraria dell’elogio dell'amico nella produzione del Kepos è ben definito da Capasso (1988), pp. 37-53, e DE SANCTIS (2012), p. 96 n. 8. È a partire dall'importanza attribuita nel Kepos all'elogio dei φίλοι e, in particolare dei φίλοι defunti, che si sviluppa una ricca produzione encomiastica e celebrativa: cf. 4. 1. 9. Valuta tale produzione proprio in relazione al ruolo della memoria per Epicuro e l'Epicureismo Capasso (2019), pp. 339-353. * Il motivo della lode era a tal punto sfruttato nella prassi didattica di Epicuro da attirare ben presto la critica degli avversari. Non può essere un caso che da una tradizione ostile al Kepos, forse da far risalire
a Timocrate,
Diogene
Laerzio citi 14 T, 17 E29
Ε 47
E 59 Fe 68 Ε Cf. Gorpon
? Sulla funzione degli exempla nei nostri frammenti rimando a 5. 1. 2.
(2013), pp. 138-143.
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lettera. Purtroppo non sappiamo il motivo per cui Epicuro alluda alla lealtà e alla disciplina dell'altrimenti sconosciuto Lico in 16 F. Per l'imparzialità dimostrata nel riconciliare due contendenti, forse Metrodoro e Timocrate, Leonteo
& elogiato in 20 F. E plausibile che l'esemplare condotta tenuta da Leonteo durante lo scontro tra Timocrate e la scuola sia anche il motivo del plauso che Epicuro affida a 6o F. Forse Metrodoro è il φίλος defunto elogiato per la virtù
dimostrata nell'adesione ai principi della scuola in 27 F. A Metrodoro Epicuro in 110 T1-T2 riconosce un impegno meritevole di lode per aver portato alla risoluzione la vicenda di Mitre. Un tono elogiativo emerge anche dalle parole che Epicuro in 118 F1-F2 pronuncia a proposito del contributo dato da Cronio ai φίλοι bisognosi. È sempre in una prospettiva didattica che Epicuro nelle lettere si serve del biasimo per interventi correttivi. Diretto appare il rimprovero che Epicuro in 79 F rivolge a Arcefonte, Idomeneo e Leonteo per aver tenuto un atteggiamento troppo severo nei confronti di Apollonide. Forse si tratta dello stesso Apollonide oggetto di un monito esemplare da parte di Epicuro, probabilmente affidato ad una lettera, come si ricaverebbe da 7 T. Motivato dalla ne-
cessitä di limitare l’influenza della scuola di Eudosso sulla comunità epicurea di Lampsaco è in 45 T l'intervento di Epicuro contro Leonteo per aver troppo
indugiato nella ricerca sugli dei. Attraverso i rimproveri che affida alle sue lettere Epicuro realizza, pur in un rapporto educativo a distanza, l'esercizio del franco parlare, il fondamento della sua prassi didattica, metodo di correzione morale e strumento indispensabile al maestro per un'interazione proficua con i suoi allievi.' Non è un caso che sono ben due i frammenti nei quali Epicuro offre indicazioni per una pratica giusta e misurata del franco parlare. ? In 33 E nell’esortare ad una modulazione della libertà di parola, critica una nappncia πικρά. È, invece, l'assenza di παρρησία ad essere rimproverata in 96 Fa. 4. 2. 1. 2. CBNTRALITÀ
DEI TESTI
Nell'incipit dell'Epistola a Pitocle Epicuro offre un'importante testimonianza dello scambio di lettere e libri tra Epicuro e i φίλοι più lontani: con l'invio ! Per Epicuro (GV 29) la mapprcia è indispensabile nella conversazione filosofica per garantire la comunicazione di ciò che è utile agli uomini. Se l'origine del concetto di παρρηςία è da ricercare nella prassi politica, a partire da Platone con Socrate nella dimensione del simposio si avrà una convergenza tra mapprcia intesa come esercizio della schiettezza e mappncia concepita con intenzione pedagogica: in questa tradizione filosofica ERLER (20108), pp. 279-298, inserisce il concetto di παρρηςία che Epicuro pone al centro del suo insegnamento. Non è un caso che Filodemo al franco parlare dedichi un trattato: sulla struttura e i contenuti dello scritto Sulla libertà di parola sono utili le pagine di TsouNA (2007), pp. 91-118. In particolare indaga la disposizione del saggioeducatore ad applicare la libertà di parola come presupposto per la terapia dell'anima GicANTE
(1983*), pp. 55-113. * Il biasimo dipende dal franco parlare, sempre da modulare sul carattere e sulla personalità dei destinatari: la παρρηςέα può essere, oltre che aspra, πιχρά, moderata, μετρία o rigida, σκληρά. Cf. TsouNA
(2009),
pp. 252-253, e BBBn
(2009),
pp. 418-429.
INTRODUZIONE
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della lettera Epicuro dichiara che intende soddisfare la richiesta di un διαλογιομός giunta da Pitocle. Ma non si tratta di una testimonianza isolata. Non
sono pochi i dati che ricaviamo dai frammenti sulla circolazione nel Kepos di libri e lettere. Si tratta di una consuetudine del tutto funzionale alla prassi didattica di Epicuro, forse ben più consolidata e diffusa di quanto è possibile ricostruire.
Da 97 Fe 123 F, riportati in relazione al beneficio che deriva al saggio epi-
cureo dalla lettura dei libri del maestro, giunge la conferma che gli scritti di Epicuro circolavano anche tra i φίλοι più lontani. In 108 T troviamo la prova che i libri inviati da Epicuro ai suoi φίλοι potevano essere accompagnati da sue lettere: dal frammento veniamo a sapere che una lettera di accompagnamento era stata spedita insieme ad un διαλογιομός sul principio dell’analogia. Un invito ad inviare un proprio scritto a Leonteo perché lo trascrivesse e ne conservasse l’antigrafo per renderlo disponibile anche ad altri φίλοι Epicuro lo rivolge ai destinatari di 89 F. La ricostruzione di alcuni termini in una parte purtroppo assai lacunosa rende plausibile per questo frammento una riflessione sull’invio e la circolazione di scritti e lettere ben più ampia di quella che
riusciamo a recuperare. Dell’invio di uno scritto Agli impegnati Epicuro dà notizia a Firsone in 75 F1-F2. L'impegno di Epicuro a sostenere la formazione anche degli allievi più lontani attraverso i propri testi ben si spiega: i libri
del maestro e degli ἄνδρες erano indispensabili strumenti di trasmissione dei risultati della ricerca filosofica dai quali il saggio non poteva prescindere nel cammino verso il sommo bene.' Documentano, invece, la frequentazione di Epicuro con una produzione filosofica esterna al Kepos 88 F6-7, 112 E, 124 E, 125 E, 126 E.? In 125 F forse Epicuro darebbe addirittura disposizione circa un invio della produzione di Antistene sulla fisica. Una richiesta di libri di Democrito & da ipotizzare con buona plausibilità per 112 E. È forse da connettere alla circostanza di un invio di libri
anche il richiamo ad una selezione di scritti di Aristippo, Speusippo, Aristotele che leggiamo in 126 F. Più difficile dire se a proposito di una spedizione di libri Epicuro si riferisce ad Anassagora in 124 F. Ciò che si ricava è la conferma della circolazione nel Kepos di testi prodotti fuori dalla scuola, ma comunque indi' Un'indagine su Epicuro scrittore filosofico è offerta da Capasso (1988) pp. 83-108. Sull'importanza che per gli Epicurei aveva la frequentazione dei testi del maestro è ancora fondamentale ERLER (1993, trad. it. 1996), pp. 513-526, che, con la formula «ohne Texte keine Schule», definisce la centralità dei libri nella vita del Kepos. Cf. anche ARRIGHBTTI (2013), pp. 315-316. 2 Tali excerpta sono citati da Filodemo per dare conto della vasta padronanza che Epicuro aveva dei testi e del pensiero dei filosofi che lo avevano preceduto nello scritto contenuto nel PHerc. 1005/862. Il papiro conserva l’opera di Filodemo nota come Πρὸς τούς, Ad contubernales nell'edizione AnceLı (1988b), pp. 71-81, e il cui titolo Πρὸς τοὺς pacxoBufAcaxouc è stato ricostruito da Dsı Mastro (2014), pp. 184-187, che lo ha letto nella subscriptio di PHerc. 1485, un rotolo che conserva lo stesso testo contenuto in PHerc. 1005/862. Cf. anche DeL MasTRo (2015), pp. 85-96, € Der Mastro (2016), pp. 525- 533. Dubitano della plausibilità dell'hapax φαοκοβυβλιαχοί DogANDI (2015), e PUGLIA (2015), pp. 121-124. Sulla critica di Epicuro alla παιδεία tradizionale fondata sui μαϑήματα rimando a 4. 1. 1.
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spensabili per una riflessione ampia e consapevole dei problerni. Non si puö escludere che anche per questi testi Epicuro raccomandasse ai suoi di fare delle
copie disponibili per una consultazione, allo stesso modo in cui in 89 F esorta i destinatari a copiare e conservare i propri testi. Non sappiamo se l’opera di
altri filosofi fosse oggetto di un'indagine sistematica come i testi del maestro. Ma il riferimento in 126 F ad una selezione prova per Epicuro un concreto
impegno sulla produzione di Aristippo, Speusippo e Aristotele. Per la scuola & forse da postulare, se non un altrettanto concreto impegno sui testi, almeno
una frequentazione delle opere con le quali la riflessione di Epicuro entrava in contatto. Ne derivano dai frammenti dati preziosi sulla formazione culturale di Epicuro e degli Epicurei e sulla consistenza della biblioteca del Kepos. 4.
2.
1. 3.
IL POTERE
TERAPBUTICO
DBLLE
PAROLB
Pochi e purtroppo incerti, tuttavia meritevoli di nota, sono i riferimenti al
potere salvifico della parola di Epicuro che recuperiamo dai frammenti.! In 40
Fiab-F2 è il λόγος sulla natura pronunciato da Epicuro a suscitare la reazione di entusiasmo di Colote che riconosce nel maestro un dio capace di guidare alla felicità e, dunque, alla salvezza. E forse una prospettiva teorica e non pratica quella nella quale Epicuro in 142 F sviluppa una riflessione sulla possibilità che
il λόγος filosofico offra un sostegno per tollerare una condizione di indigenza. Purtroppo non ἃ facile ricostruire l'articolarsi delle considerazioni di Epicuro, ma sembra che Filodemo, attraverso le parole del maestro, intenda chiarire in che modo il λόγος possa curare ció che ferisce e, dunque, recare sollievo al saggio costretto ad affrontare una sopraggiunta condizione di povertà. In relazione al potere che il Aöyoc ha nella gestione di ricchezza e povertà Filodemo (Div. ıvı 1-16 Tepedino Guerra) cita 85 F2. Ad un λόγος filosofico affidato ai suoi scritti Epicuro si riferisce in 97 F nel momento in cui precisa il motivo dell'invio dei libri: la salute, ὑγίεια, di chi li riceve.? Nel termine medico
ὑγίεια è palese espressione del rapporto tra medicina e filosofia alla base della philosophia medicans di Epicuro.? Per Epicuro anche il ricordo del comune fi' Nelle parole di elogio che Leonteo rivolge al maestro, a noi note da PHerc. 176 (5 xi-xitt Angeli), Epicuro è definito κράτιοτος per la veridicità delle sue parole, ϑεῖος, perché gareggiava con gli dei in felicità, οωτήριος perché con la trasmissione del sapere realizzava la salvezza degli uomini.
Cf. ANGELI (1988), pp. 37-38. Sul potere salvifico della parola e dell'esperienza di Epicuro cf. Ds
SANCTIS (2013), pp. 63-71. ? Forse all'utilità degli scritti in vista della salvezza dell'anima Epicuro si riferisce anche in 122 Fe123F
* Forte e indissolubile è il contatto che Epicuro stabilisce tra medicina e filosofia, tra il buon medico e il buon filosofo: in Men. 122 è la salute dell’anima ad essere indicata come l’obiettivo a cui tende la ricerca filosofica. Cf. HsBLBR (2014), pp. 151-152. Da qui l'invito che Epicuro (GV 64) rivolge ai suoi ad occuparsi della salute, ἰατρεία, delle proprie anime. Cf. ARRIGHBTTI (1973°), p. 570. Per Epicuro (GV 54) è un corretto filosofare, φιλοςοφεῖν, a condurre ad un benessere reale e non apparente. Il sapiente, dunque, è medico dell'anima, e la filosofia, attraverso la θεραπεία e l’äckrcıc, è il mezzo con cui condurre l'anima alla salvezza. A tale proposito sono ancora
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losofare ha un potere taumaturgico: in 29 F la memoria dei διαλογιομοί offre sollievo a Epicuro anche nel sopportare i dolori provocati dalla stranguria e dalla dissenteria, in 115 F ἃ il ricordo delle ultime parole del fratello Neocle a procurare piacere. Un'allusione al potere salvifico del λόγος è probabile anche per 44 F: il tecnico ἀκέομαι, desunto anche in questi caso dal lessico medico, sembra impiegato da Epicuro per esortare Leonteo a farsi garante del benessere dell'anima degli amici attraverso l'esercizio della filosofia. In 34 F con ϑεραπεία, ancora un richiamo alla medicina, Epicuro si riferisce alla cura che i φίλοι attraverso le donazioni hanno del maestro e della scuola. Non si puó escludere che sull'esercizio della filosofia e sul ragionamento abbia contato
Epicuro per affrontare il naufragio del cui racconto resta traccia in 87 F. 4. 2. 2. L'apostasia di Timocrate
Piü volte nelle lettere Epicuro richiama la vicenda dello scontro con Timocrate che tanto condizionò la vita del Kepos e, soprattutto, della comunità epicurea di Lampsaco.' In un momento iniziale del dissidio Epicuro scrive a Idomeneo (21 F) sperando nell'intervento di Leonteo per risolvere il disaccordo tra Metrodoro e Timocrate e scongiurare la definitiva rottura.? La condotta di fondamentali le pagine di GIGANTE (1975), pp. 53-61. In che modo l'analogia medica assuma, con Epicuro, come mai prima nella tradizione filosofica, un ruolo pervasivo emerge dalla riflessione di NusssAUM (1986), pp. 31-74, e NussBAUM (2009°), pp. 58-113, che indaga il λόγος terapeutico di Epicuro in relazione all'analogia aristotelica. Cf. GIGANTE (1998), p. so. Sui modi attraverso i quali Epicuro e gli Epicurei intendono la filosofia come terapia dell'anima cf. TsouNA (2009), pp. 249-265, BEER (2009), pp. 430-442, € ERLER (2009), pp. 35-49. In questa prospettiva ben si spiega il ricorrere del lessico medico nella produzione di Epicuro. Cf. 5. 1. 1. 2. Non stupisce, inoltre, che nella ritrattistica di Epicuro il potere taumaturgico e salvifico della sua filosofia sia reso con i tratti iconografici propri delle rappresentazioni del dio Asclepio. Fondamentale, a riguardo, è l'indagine di FRISCHER (1982), pp. 231-240. ' Resta incerta la possibilità di scorgere un riferimento all’apostasia di Timocrate in 89 F e in 117 F. Epicuro sembra alludere alla vicenda anche nello scritto Contro Timocrate sulle opinioni relative ai πάϑη e nei tre libri del Timocrate che Diogene Laerzio (x 28, 355 e 365) elenca tra i βέλτιοτα ουγγράμματα. Cf. ERLBR (1994), pp. 91 e 94. Niente emerge invece circa il contenuto del secondo libro. Su Timocrate cf. infra, p. 189. 2 Al periodo immediatamente successivo alla partenza di Epicuro da Lampsaco, quindi ad un periodo nel quale Timocrate ancora diffondeva la dottrina della scuola insieme ad Erodoto e Idorneneo, ANGBLI (2013), p. 20 n. 9, riconduce l’excerptum di una lettera di Metrodoro (40-42 Körte) citato da Plutarco (Non posse 1098C 6-D 4) in relazione alla ἡδονή quale τέλος τοῦ βίου. L'appellativo ὦ φυςιολόγε con il quale Metrodoro si rivolge a Timocrate è considerato da MILITBLLO (1997), pp. 207-208, un indizio delle prime divergenze dottrinali sulla fisiologia. Cf. anche PHILIPPSON (1936), col. 1269. Ed è forse proprio da questa stessa lettera di Metrodoro (39 Körte) a Timocrate, ancora impegnato nello studio della φυοιολογία, che Ateneo (Deipn. vit 280A 1-4, x11 546F 2-4) richiama il monito che solo del ventre si occupa la ragione che procede per la via della natura. Al di là della deformazione a cui Ateneo o la sua fonte sottopone, in una prospettiva antiepicurea, il senso del frammento, Metrodoro qui appare impegnato nella difesa della ἡδονή quale τέλος τοῦ βίου garantita dall’intervento del sobrio calcolo e dalla ricerca sulla natura. Non è un caso che Cicerone (Nat. Deor. 1 93), pur non specificando il motivo del dissenso tra Epicuro e Timocrate, precisi (Nat. Deor. 1 40, 113) che Metrodoro accusava ripetutamente il fratello Timocrate di non ammettere il piacere del
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Leonteo nel ruolo di arbitro fu a tal punto esemplare da essere ancora oggetto di lode da parte di Epicuro in 60 F.' È da ricondurre ad un periodo successivo all’apostasia anche 24 F: qui Epicuro esorta Idomeneo ad intervenire presso la corte degli Antigonidi per smascherare le calunnie di Timocrate. Lasciata la scuola Timocrate, infatti, portò avanti una violenta azione diffamatoria ai danni di Epicuro e del suo pensiero a partire da una ripresa distorta e decontestualizzata delle parole di Epicuro sul piacere. * ventre quale misura per tutto ciò che riguarda la felicità della vita. Ne deriva che per Cicerone alla base dei contrasti tra Metrodoro e Timocrate ci furono divergenze dottrinali in merito alla dottrina della ἡδονή. Si tratta probabilmente delle stesse divergenze dottrinali che portarono allo scontro anche Timocrate e Epicuro. Cf. AwcBLI, CoLaizzo (1979), p. 52. Non si può infatti escludere che a Timocrate Epicuro (Men. 131) si riferisca quando accusa coloro che nell’interpretare scorrettamente la sua dottrina ritengono che il fine per gli Epicurei sia il piacere più dissoluto. Ma cf. anche HsBLBsr (2014), p. 274 n. 182. È Filodemo (Epic. 11, xxn Barbieri) a raccontare di un Timocrate ancora giovane, molto vicino ad alcuni cogrcrat, probabilmente filosofi estranei al Kepos e forse, da loro spinto a maturare dubbi dottrinali da cui sarebbe derivata la distanza dal maestro. Cf. Sepıer (1976b), p. 131, e ANGBLI (2013), p. 20. Non sono da escludere tra le cause dell'apostasia di Timocrate anche motivazioni di natura privata. Mancano, invece, testimonianze relative al coinvolgimento di Timocrate nell'attività politica. * Tutt'altro che semplice è ricostruire la cronologia dell'apostasia di Timocrate. È molto plausibile che la definitiva rottura tra Timocrate e la scuola segul ad un periodo che segnó nel profondo la vita del Kepos e nel quale Epicuro e gli Epicurei tentarono di risolvere i contrasti con Timocrate. Una sintesi delle diverse posizioni della critica a riguardo è offerta dall'ampia e ricca indagine di ANGBLI (1993). pp. 13-17, la quale data l'allontanamento di Timocrate dalla scuola subito dopo il viaggio di alcuni Epicurei in Asia per cacciare dalla βαειλικὴ αὐλή Timocrate che diffamava le dottrine del maestro. Tale viaggio, di cui dà notizia Plutarco (Adv. Col. 1126C 4-7), è datato da MomigLIANO (1935, ora in 1975), pp. 550-551, al 306, anno in cui Antigono Monoftalmo e il figlio Demetrio assunsero il titolo regio. Fondamentali per definire la cronologia dello scontro sono sia la richiesta di Epicuro (24 F) a Idomeneo di un suo intervento nella vicenda da datare tra il 306 e non oltre il 301, sia la notizia offerta da Filodemo (Epic. 11, xx11 Barbieri) dei contatti di Timocrate con alcuni sofisti, da immaginare intorno al 301. Cf. anche BiGnonE (1973). 1, p. 474. Ipotizza una datazione antecedente al ritorno di Epicuro ad Atene PHILIPPSON (1936), col. 1269. Colloca l'episodio nel 301 SBORDONE (1963), p. 30. Pensa ad un tempo più lungo LigBicH (1960), pp. 10-14, che fissa il momento della rottura in un arco di tempo compreso tra il 305 e il 281. Immagina un allontanamento dalla scuola quando Timocrate non era più giovanissimo SALVESTRONI (1952), p. 85. Data il distacco dal Kepos non molto prima del 290 SepLer (1976b), p. 152 n. 27. Lasciata la scuola Timocrate compose lo scritto Eöppavta, Delizie. Per la forma Εὐφραντά al neutro cf. SUSBMIHL (1891), p. 105. Preferisce il maschile Eùppavtoi PHILIPPSON (1936), col. 1267. Cf. anche USENBR (1887), p. 407. A di là delle informazioni che a noi offre Diogene Laerzio (x 6, 68-69), contenuto e forma dello scritto sono difficili da definire, ma è verosimile che ad una tale opera Timocrate possa aver affidato la sua critica ad Epicuro. ? Sull'azione diffamatoria intrapresa da Timocrate ai danni di Epicuro è utile la recente e ampia indagine di ANGBLI (2016), pp. 1215-1223. A partire da una ripresa distorta e decontestualizzata delle parole di Epicuro sul piacere Timocrate avrebbe, secondo SBEDLEY (1976b), pp. 127-132, costruito l'immagine di Epicuro ingordo e dedito ai piaceri della gola che tanta fortuna ebbe poi nella tradizione ostile ad Epicuro. Si tratta di un'immagine già divenuta un cliché nel in a.C.: Timone di Fliunte (7 Di Marco) in un ben noto esametro allude a Odissea (vit 216) e definisce Epicuro dedito a soddisfare il suo stomaco del quale niente era più impuro. Cf. Di Marco (1989), pp. 127-131. Da qui deriva la fama di ghiottone attribuita ad Epicuro. Il rapporto privilegiato con il cibo è uno dei tratti che contraddistingue anche la maschera di Epicuro sulla scena di Alessi (38 PCG), Egesippo (2 PCG), Batone (5 PCG) e Damosseno (2 PCG): in proposito cf. GALLO (1981), pp. 37-53, 69-140, e BBLARDI-
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4. 2. 3. Donne nel Kepos
I frammenti di lettere destinate a donne appaiono ben in armonia con la consuetudine di Epicuro ad accogliere anche le donne nella sua scuola.' Epicuro scrive, forse, a sua madre (so F1-F2), a Temista moglie di Leonteo (16 E, 17 E, 18 T, 19 T) e all'etera Leonzio (47 F, 48 E, 49 T). Quest'ultima, benché avesse un rapporto privilegiato con Epicuro, non era l'unica etera destinataria delle sue lettere, come ricaviamo da 94 T.? La premura con la quale Epicuro offre NELLI (2008), pp. 77-92. Su Alessi e l'epicureismo cf. anche VBRDB (20182), pp. 9-17. Una condotta di vita dissoluta tale da non distinguere alcun bene che non sia separato dai piaceri sensuali e indecenti è uno degli esiti a cui porterebbe la dottrina epicurea anche secondo Cicerone (Nat. Deor. 1 40, 111) e Plutarco (Adv. Col. 1124E-1127E, Non posse 1097D 4-1098D 4) la cui critica ad Epicuro, come emerge da WARREN (20142), pp. 86-95, è molto condizionata dai testi di Platone. Secondo Gorpon (2013), ΡΡ. 138-149, a questa tradizione antiepicurea che deriva da Timocrate vanno ricondotti 11 T, 13 T, 17 E, 28 F, 35 F, 47 E, 48 F 61 Fı-F3, 61 T, 66 F, 68 E 88 F3-4: si tratterebbe di frammenti fittizi prodotti allo scopo di diffarnare la condotta di Epicuro e la vita del Kepos. ' Sulla consistente presenza femminile nel Kepos cf. Carasso (1991), pp. 282-287, € ERLER (1994), PP. 287-288. Interpreta il ruolo attivo delle donne all'interno del Kepos alla luce dell'idea che Epicuro aveva di comunità filosofica Frischer (1982), pp. 61-63. Un'indagine sulle donne che partecipavano alla vita della comunità epicurea è offerta da McINTOSH SnrDBR (1989), pp. 101-105. Ha più di recente messo in evidenza la partecipazione delle donne alla vita filosofica del Kepos Di FaBIO (2017), PP. 19-36. ® I nomi delle etere che frequentavano il Kepos li ricaviamo da Filodemo (Adversus vi 11-20 Angeli), da Plutarco (Non posse 1097D 1) e da Diogene Laerzio (x 7, 80-81): Leonzio, Mammario, Nicidio, Demetra, Edea, Erozio e Boidio. Cf. GouLBT (20002), p. 169. Secondo Laxs (1976), p. 51, Edea, ‘Hèeta, Erozio, Ἐρώτιον e Nicidio, Νικίδιον sarebbero nomi parlanti: evocherebbero rispettivamente il piacere, l'amore e la seduzione vittoriosa. Nessuna delle tre fonti offre però un elenco completo: Leonzio e Nicidio sono gli unici nomi che compaiono in tutti e tre i passi; il nome di Mammario si legge in Filodemo e Diogene; quello di Edea in Plutarco e Diogene; Demetra € nominata solo in Filodemo; Boidio in Plutarco; Erozio in Diogene. 1 nomi di Leonzio e Edea sono richiamati ancora da Plutarco (Non posse 1089C 5, Lat. viv. 1129 B 3). Filodemo ci informa che Leonzio e un'altra etera erano menzionate negli scritti dottrinali e che Leonzio era amante di Metrodoro, Nicidio di Idomeneo, Mammario di Leonteo e Demetra di Ermarco. Cf. ZACHBR (1982), PP. 134-135, € ANGBLI (1988b), pp. 274-277. Non si può escludere che anche altre etere abbiano frequentato il Kepos. Benché i nomi di Mammario, Edea, Nicidio, Boidio coincidano con quelli di quattro omonime donne menzionate quali offerenti alle divinità della salute in alcune iscrizioni risalenti all'ultimo quarto del tv secolo e alla prima metà del 111, l'identificazione, pur plausibile, delle etere con le quattro donne resta problematica. Cf. CAsTNB& (1982), pp. 51-57, € ERLER (1994), Ρ. 287. Sull'autenticità dei nomi delle etere che frequentavano il Kepos cf. anche NusssAuM (1986), P. 38 n. 16. Le tre fonti, nel dare notizia dei nomi delle etere, provano di fatto che l'apertura del Kepos alle etere fosse una scelta assai criticata dai detrattori di Epicuro. Plutarco (Non posse 1097E 1), a proposito della eccessiva dedizione degli Epicurei al soddisfacimento dei piaceri del corpo, definisce le etere piccole bestie che si aggiravano nel Kepos. Cf. ALBINI (1993), p. 204. Anche Diogene Laerzio sembra connettere le informazioni sulla presenza di etere nel Kepos alla polemica di Timocrate contro Epicuro. Cf. SepLer (1976b), p. 131. La convinzione che i dati sulla presenza delle etere nel Kepos provengano, nella maggior parte dei casi, dalla tradizione antiepicurea guida l'ampia indagine di GORDON (2012), pp. 71-108. Certo la frequentazione del Kepos da parte di donne e etere è sfruttata dalla critica antiepicurea e associata, con palesi fini dissacratori, alla riflessione di Epicuro sul piacere. Cf. anche FLETCHBR (2012), pp. 77-80. Lo stesso Filodemo (Adversus vi 11-20 Angeli), nel criticare un ignoto Epicureo per non essere stato capace di cogliere il valore dei rapporti che
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alla madre, preoccupata per il benessere del figlio e spaventata dalle visioni,
una sintesi dei principi fondamentali del suo pensiero dalla fisica all’etica, il rapporto di familiarità, pur nel segno della ricerca filosofica, che emerge dalle parole rivolte a Temista e l'entusiastica riconoscenza dimostrata a Leonzio per
aver ricevuto una sua lettera provano per tutte e tre le donne un rapporto di confidenza e affetto con il maestro. Gli argomenti sviluppati nella lettera alla madre (5o F1-F2) e il probabile riferimento ad una parenesi per Temista in 18 T suggeriscono che le donne erano destinatarie dei suoi insegnamenti e
direttamente coinvolte nell'esperienza didattica del Kepos. L'invocazione con la quale Epicuro appella Leonzio (47 F), la stessa che rivolge anche a Mitre (59 F), stabilisce un contatto tra i due destinatari perché entrambi si impegnarono presso Dernetrio Poliorcete a favore di Epicuro e della scuola: Leonzio, come il potente Mitre, contribuiva a realizzare il benessere della comunità. 4. 2. 4. Il sistema delle donazioni
Le lettere giunte in frammenti sono una fonte preziosa ed unica, per ricostruire la prassi delle donazioni in uso nel Kepos a sostegno del maestro e dell'intera comunità. Dai frammenti ricaviamo, infatti, indicazioni normative sulla consistenza di tale donazioni, l'uniformità per tutti i φίλοι, l'imprescindibilità, i
tempi del pagamento, la gestione delle entrate, la ridistribuzione del denaro. Non di poco conto sono gli indizi sul senso filosofico della partecipazione dei φίλοι al sostentamento materiale del maestro e della comunità. I contributi versati dai φίλοι annualmente, e fissati per un limite massimo volutamente mantenuto basso, erano richiesti quali vere e proprie imposte, ουντάξεις, come si ricava da 56 F1-F2, 58 E 119 E 120 F.? Il denaro poteva essenel Kepos le etere intrattennero con alcuni dei φίλοι, prova che la presenza delle etere nel Kepos era messa in discussione persino dentro la scuola. * Per un'indagine sui frammenti di lettere che conservano indicazioni circa la prassi e il valore della consuetudine delle donazioni nel Kepos rimando a Ens! (2016), pp. 281-315. * Non è dunque un caso il ricorrere di termini che afferiscono alla sfera semantica di taccw in questi frammenti: npoctácco (119 F 2), cuvt&cco (119 F 5) e ούνταξις (120 F 3 e 58 F 2-3). Da Teopompo (FGrHist 115 F 98) citato da Arpocrazione (c 60 Keaney) sappiamo che il termine ούνταξις fu impiegato per la prima volta da Callistrato di Afidna nel iv secolo a.C. per indicare i contributi finanziari dovuti alla seconda Lega Artica: la scelta del nuovo termine avrebbe avuto come obiettivo quello di dissimulare l'obbligo del versamento. Cf. SHRIMPTON (1991), p. 56. Usato poi da Alessandro Magno per distinguere il denaro che proveniva dai Greci dell'Asia Minore dal φόρος che proveniva invece dai non Greci, in età ellenistica il termine arriva ad indicare tutti i tipi di tributo. Cf. Ruopss (2001), coll. 121-129. Per lo piü la critica ha negato l'imposizione di un contributo fisso, che pure sembra emergere dai frammenti: secondo BIGNONE (1920), p. 173, si trattava di contribuzioni versate sulla base di un principio di volontarietà. Un principio che per FARRINGTON (1967), pp. 146-147, l'ingiunzione di una tassa avrebbe invece annullato. Ma non è facile trovare un sostegno a questa ipotesi: non convince De WiTT (1937), p. 322, che cita Diogene Laerzio (x 11, 123-134) come prova della volontarietà del contributo e appare debole il tentativo di WasTMAN (1955), p. 226, di giustificare l'imposizione della cifra con la necessità per Epicuro di evitare una situazione di eccessiva disomogeneità tra le offerte. Cf. anche ANGELI (1988b), pp. 86-88. È difficile inoltre trovare nei frammenti
INTRODUZIONB
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re fatto recapitare a Epicuro da intermediari: lo prova il richiamo all'intervento di Cleone in so F2. Le indicazioni di Epicuro in 58 F, 73 Ε 118 F mostrano
che il denaro versato al Kepos poteva essere anche accumulato e ridistribuito tra i φίλοι più bisognosi. I frequenti invii di denaro da parte dei φίλοι a cui
Epicuro fa riferimento già nella lettera alla madre (50 F2) sembrano ricondurre l'origine del sistema delle contribuzioni ad un periodo antecedente alla
fondazione del Kepos: non & difficile credere che con l'istituzione della scuola Epicuro abbia solo regolarizzato una prassi già consueta tra i suoi φίλοι. Da 56 F1 e 58 F deriviamo che a tutti i φίλοι, anche a quelli piü abbienti, era richiesta la stessa somma di denaro. Ma è plausibile un margine di volontarietà per il quale, al di sotto di un tetto massimo, i φίλοι potessero decidere come contribuire. Forse & persino da ipotizzare che rientrasse nel sistema delle contribuzioni anche la possibilità di inviare direttamente del cibo, come sembra suggerire la richiesta di una formina di cacio in 133 F. Tale sisterna di sostegno, necessario per la solidità del Kepos, si rivela uno strumento per l'assistenza degli interessi pratici, che, nel tutelare il valore della φιλία, consente anche di
realizzare, in una prospettiva filosofica, la perfetta connessione tra amicizia, φιλία, e necessità, ypela.! Non è un caso che un'allusione alla teoria del piacere si colga in &cxacioc di 118 F1 (4). Non solo. In 121 F le offerte sono considerate
straordinarie prove di benevolenza capaci di tradurre il sentimento di devozione dei φίλοι per Epicuro. Il senso cultuale delle donazioni si coglie anche in 34 F nella richiesta di Epicuro a Idomeneo di ἀπαρχαί per la cura del corpo sacro,
ἱεροῦ cóuatoc ϑεραπεία, e in 119 F dove le donazioni sono definite τιμαί. I contributi in denaro offerti dai φίλοι ad Epicuro, dunque, arrivano ad assu-
mere una piena valenza religiosa: le ουντάξεις, nell'assicurare la soddisfazione dei bisogni del maestro, rappresentano un sostegno nel raggiungimento della felicità, garanzia della ὁμοίωοιο deg. Attraverso la consuetudine alle ουντάξεις i φίλοι dimostrano la loro gratitudine al maestro, rendendo concreto il loro οεβαομός che, in virtù del principio di reciprocità espresso da Epicuro nello Gnomologio Vaticano (32), non può che portare un gran vantaggio anche a chi lo tributa. È in questa prospettiva che per tutti i generosi contribuenti che un sostegno alla convinzione di SrBcEsL (1968), col. 587, che la cóvra&cc fosse ad esclusivo carico dei membri ricchi della scuola a beneficio di quelli bisognosi. L'esiguità del contributo tradirebbe piuttosto l'intenzione di Epicuro di renderlo alla portata di tutti. Cf. Diano (1946b), p. 38. Tanto più che dobbiamo immaginare i costi della vita nel Kepos non alti, in armonia con l'impegno di Epicuro a condurre un'esistenza moderata, una vita ricca per natura. Cf. 4. 1. 4. Ad Atene Epicuro viveva insieme ai suoi φίλοι in una dimora con annesso un giardino non molto grande, da immaginare al di fuori dalle mura. Cf. CLAv (2009), pp. 9-10. Colloca invece il Kepos all'interno della città WycHBRLBY (1959), pp. 73-77. Ma cf. anche CLAREB (1973), pp. 386-387. Ricostruisce il tenore di vita degli Epicurei nel contesto delle difficili condizioni economiche in cui allora versava il mondo greco Capasso (1988), pp. 30-33. ' Sul valore dell'udilità nella φιλία epicurea cf. 4. 1. 7. ? Secondo
Ds
Wirr
(1937), pp. 322-323,
le contribuzioni
versate ad Epicuro erano motivate
prin-
cipalmente da una profonda gratitudine. Il rapporto tra χάρις e φιλία è cema probabilmente indagato nello scritto Su doni e gratitudine, che compare nell'elenco delle opere di Epicuro restituitoci da
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provvedono al benessere del maestro deriva il più caro di tutti i benefici: la saggezza. In relazione alla prassi delle contribuzioni Epicuro (119 F) indica in Cronio un modello. Ma tutti i profili dei destinatari delle lettere con richieste di denaro diventano paradigmi di prodighi sostenitori del Kepos, esempi di φίλοι capaci di concretizzare nel loro rapporto con il maestro e la scuola il perfetto equilibrio tra φιλία e ypeta.' Il coinvolgimento diretto di Epicuro
nella richiesta dei contributi, nella gestione delle entrate, nella ridistribuzione del denaro e nella destinazione di alcune quote ai φίλοι più bisognosi prova la centralità di un sistema ben delineato all’interno del Kepos e fondamentale per la vita materiale e spirituale della scuola.* Non è un caso che anche in 29 Fe
56 Fı, due lettere inviate negli ultimi suoi giorni di vita, Epicuro raccomandi ai generosi Idomeneo e Mitre di continuare a prendersi cura della comunità. * 4. 2. 5. Rapporti con la scuola di Eudosso I frammenti rivelano che attraverso le lettere Epicuro si impegnava a contra-
stare l'influenza che sulla comunità epicurea di Lampsaco esercitava la vicina scuola di Cizico i] cui insegnamento si fondava principalmente sulla conoscen-
za della matematica, della geometria e dell'astrologia. * Diogene Laerzio (x 28, 363). Cf. EnLBR (1994), p. 88. Di χάρις e φιλία tra benefattore e beneficiario si occupa Filodemo nello scritto Sulla grazia. Cf. TerBDIno GUBRRA (1977), pp. 97-98. Che la venerazione del saggio sia di gran vantaggio per colui che gli rende onori come conviene ad un dio & provato dal famoso episodio della mpocxuvnete tributata al maestro da Colote dopo averne ascoltato le lezioni sulla natura corne si ricava da 40 F1ab-F2 e 40 F2. Cf. 4. 1. 3. * Valuta le richieste e i versamenti di tali contributi nella prospettiva della φιλία e della φιλανϑρωπία SCHMID (1961, ora in 1984), pp. 69-74. 3 Mancano invece elementi a sostegno dell'ipotesi di LAURENTI (1973), pp. 119-120, secondo il quale era compito di un amministratore occuparsi delle incombenze legate allo svolgimento di una vita serena. Dell'organizzazione e del funzionamento della scuola offre un quadro esauriente Ds Wirt1 6959). pP. 89-105. Cf. anche (eps one (2004), pP. 73-91. La prassi delle donazioni nel Kepos sopravvisse alla morte di Epicuro. Ancora Filodemo (Lib. dic 55 Konstan) difendeva il sistema delle τ τάξεις dagli attacchi degli avversari. Difficile è invece cogliere, su suggerimento di ANGBLI (1988b), p. 72, un'allusione a tale prassi nei versi di Timone di Fliunte (7 Di Marco). Cf. Di Marco (1989), pp. 127-131. * Cf. LiBBICH (1960), pp. 45-49. Fondata da Eudosso di Cnido, discepolo di Archita per la geometria e di Filistione per la medicina, la scuola di Cizico sopravvisse per almeno cinquant'anni, come si ricava da testimonianze di ambiente epicureo. L'insegnamento di Eudosso fu portato avanti dai suoi successori, con i quali entrò in contrasto Epicuro. Nel periodo del soggiorno di Epicuro, infatti, a Lampsaco la scuola di Eudosso fioriva a Cizico sotto la guida di Diotimo. Su Eudosso e la sua scuola cf. SCHNBIDER (2000), pp. 293-302. Dubita dell’esistenza di una scuola di Eudosso a Cizico PoDOLAK (2010), pp. 44-55. Sulla vita e produzione di Eudosso resta fondamentale LAssBRRB (1966), ΡΡ. 137-269. ΤΒΡΒΡΙΝΟ GUERRA, TORRACA (1996), pp. 127-154, ricostruiscono il contesto teoretico in cui si colloca l’aspra polemica di Epicuro contro la scuola di Cizico. Il focus della critica di Epicuro al pensiero di Eudosso, benché riguardi nello specifico la geometria e l'astronomia, deve essere inserito nel più ampio contesto del rifiuto della ἐγκύκλιος παιδεία come alternativa alla ricerca filosofica. Cf. CAMBIANO (1999), pp. 587-590, € ZHMUD (2006), pp. 286-287. In particolare sul rifiuto della geometria euclidea indaga WHITS (1989), pp. 297-311. Secondo AnGBLI, DORANDI (2008), pp. 1-9, la scuola epicurea era impegnata in un progetto di geometria antieuclidea sviluppato in parti-
INTRODUZIONE
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L'episodio di eterodossia che coinvolse Apollonide a cui sono da ricondurre sia 7 T sia 79 F prova senz'altro un contatto tra gli Epicurei di Lampsaco con la scuola di Eudosso a Cizico. L'intervento di Epicuro a proposito si sviluppa in due direzioni: Epicuro rimprovera Apollonide, probabilmente responsabile di una non ortodossa vicinanza alla scuola di Eudosso e, ad un tempo, critica quanti tra i φίλοι di Lampsaco hanno tenuto atteggiamenti troppo severi nel
correggerlo. Il dissenso nei confronti della scuola di Cizico & probabilmente argomento anche di 86 F: Epicuro si rivolge all'intera comunità di Lampsaco, forse a proposito di Leonteo. E qui da scorgere un'ulteriore conferma non solo del rapporto tra le due scuole, ma anche del sostegno che Epicuro attraverso le sue lettere offriva ai φίλοι di Lampsaco anche nei momenti di dubbio
dottrinale. Forse ad una lettera con una riflessione su Cizico e i rapporti dei Ciziceni con il circolo di Lampsaco è da ricondurre la definizione dei seguaci di Eudosso come ἐχϑροὶ τῆς ᾿Ἑλλάδος che leggiamo in 139 F. Più difficile è stabilire se anche 45 T sia da connettere con la critica di Epicuro alla scuola di Eudosso: non si può escludere però che si tratti di un ammonimento a Leonteo che, influenzato del pensiero di Eudosso, avrebbe troppo indugiato nella
ricerca sugli dei. 5.
LA
FUNZIONB
DELLE
LBTTERB
NBLLA
PRODUZIONE
DI
EPICURO
La lettera, il genere letterario che già con Platone, nel realizzare un equilibrio
tra aspetti biografici e riflessione sul sapere, ben soddisfaceva intenti protrettici e finalità didattiche, il genere letterario che poi con Aristotele nel Peripato, secondo la testimonianza di Demetrio (Sullo stile 223-225), assume accanto al dialogo una posizione privilegiata perché del dialogo la lettera era considerata una porzione, diventa per Epicuro lo spazio letterario per una programmatica comunicazione del sapere, l'indispensabile strumento che rende sempre possibile il concreto sostegno del maestro ai φίλοι, anche quando la distanza
colare da Demetrio Lacone e Zenone Sidonio. A tale progetto è anche da ricondurre la produzione matematico-geometrica di Polieno, Basilide, Filonide e Protarco di Bargilia. Proprio a matematici astronomi discepoli di Eudosso era rivolta la critica di Epicuro (Nat. x1) sull'impiego di strumenti meccanici per lo studio dei fenomeni naturali. Cf. ARRIGHETTI (19732), p. 597, € SEDLEY (19762), pp. 35-36. E non pochi sono i riferimenti alle conquiste matematiche e astronomiche in Pyth. 86-87, 93, 97: al paragrafo 93, non a caso, Epicuro definisce degni di schiavi gli artifici impiegati dagli studiosi di astronomia. Cf. ARRIGHBTTI (1975), pp. 39-44. Un'analisi della polemica sviluppata da Epicuro è in BARBIBRI (1959), pp. 73-88. PARISI (2014), pp. 50-53, offre una visione di insieme sulle forme del sapere astronomico in Epicuro anche in relazione al contrasto con i filosofi di Cizico. Sui rapporti di Polieno con la scuola di Eudosso e sul ruolo svolto all'interno del Kepos nello sviluppo di una riflessione sulle scienze matematiche cf. infra, pp. 175-176. * La definizione risale ad Artemone, l'editore delle lettere di Aristotele. Cf. TRAPP (2003), pp. 42-45, e HsBLBR (20182), p. 163. Sulla controversa identità di Artemone, si veda almeno CHiron (2001), pp. 362-366. In generale sulle fonti antiche che considerano il genere epistolare nel suo aspetto teorico cf. AvBZZÙ (1998), pp. 7-10.
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BRBÌ
impedisce il dialogo diretto.' In adesione alle leggi del codice Epicuro, nella forma della lettera, traduce il διαλογιομόο quotidiano tra i φίλοι, lo scambio
che nella scuola garantiva il procedere nella ricerca filosofica.? Allo stesso tempo inaugura all'interno del genere una nuova tipologia di lettera nella quale,
in una prospettiva protrettica, spiega e chiarisce i dettagli della sua filosofia.? 5. 1. Personalizzazione e prospettiva universale La lettera, che per le caratteristiche del genere prevede la necessità di definire destinatario e cronologia, consente sempre una comunicazione del sapere di volta in volta personalizzata.* Epicuro, con piena consapevolezza, sfrutta tale genere per veicolare un insegnamento ben adattato al singolo destinatario e alla particolare occasione, attraverso l'impiego misurato e sapiente di stili e forme sempre differenti. Ma & pur vero che la personalizzazione del messaggio contenuto nelle lettere, se da una parte conferisce maggiore efficacia ad
un insegnamento formalmente rivolto al singolo allievo, dall'altra attribuisce a quell'insegnamento una validità paradigmatica e, pertanto, universale. Le lettere, infatti, idonee ad offrire un conforto immediato e adatto alle necessità dell'allievo in una ben precisa circostanza, collimano anche con le esigenze di una divulgazione filosofica capillare in una prospettiva ecumenica. ἢ
Per l'Epistola a Erodoto, l'Epistola a Pitocle e l'Epistola a Meneceo, l'ampia validità e utilità del contenuto per chiunque intenda perseguire l'ideale di ' Nella prassi della trasmissione del sapere all'interno del Kepos la lettera diventa uno strumento educativo che supera le distanze tra il maestro e i circoli epicurei lontani da Atene, fino a garantire anche una diffusione oltre gli ideali confini della scuola. Secondo Campos Daroca, De La Paz LópBz MARTINBZ (2010), pp. 21-26, la comunicazione epistolare nel Kepos ben risponderebbe alle esigenze di una comunità geograficamente sparsa come quella epicurea. I frammenti di lettere confermano che Epicuro, anche dopo la fondazione del Kepos ad Atene, non interruppe i rapporti con i discepoli lontani dalla Grecia: lo provano gli eventi della vita di Epicuro. Cf. VERDE (20132), PP. 9-22. ? In 29 F con διαλογιομοί Epicuro rievoca le conversazioni filosofiche avute con Idomeneo. I διαλογιομοί, gli scambi tenuti all'interno della scuola fra il maestro e gli allievi, nei quali prende
forma la comune ricerca filosofica, sono fondamento del sistema educativo del Kepos. Cf. Asmis
(2001), p. 217 n. 36. Ma il διαλογιομός, capace di sviluppare un'effettiva dialettica tra ed allievo, nella forma chiusa di una comunicazione a distanza appare ben adatto alle dell'insegnamento di Epicuro sia quando il maestro è vicino all'allievo sia quando l'allievo frequentare la scuola. Non è un caso che in Pyth. 84-85 il διαλογιομός coincida di fatto con
maestro esigenze non può il risul-
tato del ragionamento dialettico nella forma di una trattazione sintetica. A riguardo cf. De Sancrıs
(2011),
pp.
218-221,
De
SANCTIS
(2012), pp.
104-106,
€ ora
anche
Hußısn
(20188),
PP.
162-164.
Con
il significato di ‘trattato’ διαλογιομός può essere, forse, ricostruito anche in 75 F1 (5). ? Cf. SvxurAIS (1931), col. 203, STOWBRS (1986), pp. 38-40, € l'ampia indagine di Mura (2009), pp. 137-144. Sull'epistola filosofica nell'antichità cf. SpiNBLLI (2012), pp. 152-163. * Alla lettera corne forma di comunicazione del sapere che garantisce un alto grado di personalizzazione del messaggio dedica pagine fondamentali ARRIGHBTTI (2013), pp. 315-338. Un elenco delle norme che regolano il codice del genere, quali emergono dai trattati della retorica antica, è messo a punto da Cucusr (1989), pp. 379-419. * Conseguenza del senso profondo dell’ecumenicitä del messaggio di Epicuro è la diffusione dei suoi ritratti, la funzione di proselitismo dei quali è ben spiegata da FaiscHBR (1982), pp. 87-128.
INTRODUZIONB
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vita da lui indicato è dichiarata programmaticamente dallo stesso Epicuro. Nell’incipit dell’Epistola a Erodoto (35-37), infatti, non poco spazio è dedicato
a definire forma, destinatari e finalità del suo messaggio. Lo scritto inviato a Erodoto è un compendio della dottrina sulla natura, utile sostegno alle memoria per tutti, indipendentemente dal grado di progressione nella ricerca fisiologica: per Epicuro le βραχεῖαι φωναί, in cui ha racchiuso l’intera dottrina sulla fisica, rappresentano un aiuto sempre disponibile per progredire con
serenità nella vita. Nell'Epistola a Pitocle (84-85) Epicuro offre un'esplicita dichiarazione dell'ampia validità dello scritto: il suo breve ScaXoyicpéc, agile supporto per tenere saldi nella memoria i ragionamenti sui fenomeni celesti, sarà utile al destinatario Pitocle, ma anche a molti altri, πολλοὶ καὶ ἄλλοι e,
soprattutto, a chi da poco si è avvicinato alla filosofia epicurea e agli &cyoXot, a quanti cioè, impegnati nelle occupazioni quotidiane, non possono dedicarsi all'esercizio della filosofia. Per entrambe le lettere, la solida struttura formale prevede un explicit nel quale Epicuro si rivolge direttamente al destinatario, riprende, pur in sintesi, le indicazioni su fruitori e funzioni dello scritto, già sviluppate con piü agio nell'incipit, rinsalda il suo rapporto con il φίλος nel segno della personalizzazione. Ne deriva una struttura che si chiude ad anello e nella quale Epicuro inserisce i principi della sua dottrina.? Nell'in! Le indicazioni di metodo di carattere propedeutico affidate da Epicuro ai cosiddetti «excursus metodologici» sono per LEONE (2000), pp. 27-28, uno dei momenti essenziali in cui si articola l'insegnamento di Epicuro. A proposito del ruolo che Epicuro affidò al genere letterario dei compendi nell'insegnamento e nella diffusione del sapere resta importante il contributo di ANGELI (1986), ΡΡ. 37-61. Alla prassi di Epicuro di una trasmissione del sapere nella forma breve dell’epitome dedica il suo contributo TuLLI (2000), pp. 109-117. La lettera è ben adatta a condensare il sapere e, dunque, a soddisfare le esigenze comunicative della filosofia di Epicuro. Cf. SPINBLLI (2010), pp. 9-20. Ne è una prova evidente senz'altro l'insieme di rapporti e corrispondenze che possiamo stabilire tra i temi considerati nell’Epistola ad Erodoto e nell’Epistola a Pitocle e la trattazione più diffusa di questi che ricostruiamo nello scritto Sulla natura. A riguardo cf. ARRIGHETTI (1975), pp. 39-51. In generale sulla lettera come genere della Kompendienliteratur è canonico UNTERsTBINBA (1980), pp. 87-92. Prova della stessa prassi è anche l'impegno di Epicuro a sintetizzare il suo pensiero in massime cf. GAGLIARDE (2011), pp. 69-87. Uno sguardo di insieme sulla produzione e fruizione di compendi nel Kepos lo offre DAMIANI (2016), pp. 259-260. Le tre lettere, pur presentando le caratteristiche proprie del genere epistolare, infatti, offrono contenuti dottrinali validi per tutti: utili al singolo e utili a molti come emerge dall’analisi sviluppata da Ds SANCTIS (2012), pp. 95-109. Per Epicuro le tre lettere, pur rivolte ciascuna ad un ben preciso destinatario, diventano lo spazio letterario al quale affidare un insegnamento che finisce per diventare universale per l'efficacia che gli conferisce proprio il codice dell'epitome. Riconosce nell’Epistola a Pitocle l'esito del grande impegno di Epicuro nel realizzare una prosa didattica di solido appoggio per la memorizzazione TULLI (2014), pp. 67-78. A partire da simili considerazioni DBLATTRE (2004), pp. 149-169, definisce l'Epistola a Erodoto «un modèle magistral d'écriture didactique». È cosa ben nota che per Epicuro la μνήμη sia strumento di salvezza fondamentale: la memorizzazione delle nozioni dottrinarie consente di poterne sempre usufruire con immediatezza e efficacia. Sulla centralità della memoria nel Kepos cf. ERLER (1993, ora in 1996), pp. 513-526, € SPINBLLI (2019), pp. 278-291. Funzionale ad una didatrica incentrata sulla memorizzazione è la riduzione a elementi e principi capitali. Cf. CLAY (19734, ora in 1998), pp. 3-31. Anche la struttura associativa alla base della sequenza delle χύριαι δόξαι ben descritta da Esser (2016), pp. 145-160, risponde alla stessa esigenza di una didattica breve. ? Per un'analisi degli explicit delle tre lettere è utile l'analisi di De SANCTIS (2015b), pp. 173-179.
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MARGHERITA
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cipit dell'Epistola a Meneceo con l'invito alla filosofia destinato all'uomo di ogni età Epicuro, nell'indicare le finalità della lettera, formula lo scopo della sua filosofia: salvare l'anima attraverso l'esercizio filosofico, in vista della felicità.! Le indicazioni di metodo affidate alle tre lettere rivelano la piena consapevolezza con la quale Epicuro fissa, nella forma del compendio e con palese finalità protrettica, quanto di essenziale ogni uomo deve conoscere e
memorizzare per realizzare una vita felice e giungere alla salvezza dell'ani-
ma.* Pertanto, a chiunque si dimostri disposto ad aderire alla sua filosofia, Epicuro offre la sua parola salvifica alla quale ricorrere ogni qual volta la necessità lo richieda. Ma autorevole e pensato per una diffusione ampia era anche l'insegnamento
che Epicuro affidava alle lettere giunte a noi in frammenti. Lo prova innanzitutto la sequenza [κ]οινῆς [κ]αὶ ἰδ[(ί)αι γέ[γ]ρα[φα due tipologie di lettere: le lettere collettive, κοινῇ, e le lettere individuali, ἰδίᾳ, inviate ad un singolo a proposito della vicenda di Timocrate, dichiara
di 24 F (2-3) che richiama inviate a gruppi di persone destinatario. Epicuro qui, di aver messo in atto per
mezzo delle lettere una comunicazione capillare tra i φίλοι. Non è dunque un caso che e il suo re il suo 29 E 56
ben piü di un frammento di lettera abbia come contenuto Timocrate allontanamento dalla scuola.? Con la stessa intenzione di propagaultimo messaggio, Epicuro, sul letto di morte, scrive piü lettere: Fi-F2, 116 Ε Si tratta di lettere uguali nella sostanza, ma ciascuna
personalizzata a seconda del destinario.* Forse lettere simili per contenuto, scritte κοινῇ xal ἰδίᾳ, sono anche 54 F inviata a Mitre, 71 F inviata a Pitocle e 85 Fı-F2 inviata agli amici di Lampsaco. In questo gruppo di lettere, non a caso citate da Filodemo (Div. xxxv-LvI) in uno stesso contesto, Epicuro si
rivolge a φίλοι in difficoltà e li sostiene nell'affrontare un cambiamento di
fortuna: palesi sono i contatti lessicali tra i frammenti. L'opportunità di una diffusione delle sue lettere oltre il destinatario spiegherebbe anche il motivo per il quale Epicuro, riferendosi probabilmente allo stesso scritto, lo citi sia come βιβλίον πρὸς τοὺς &cyóAouc (75 Fı-F2 = 92 T2ab), uno scritto Agli impegnati, sia come ἐπιοτολὴ περὶ τῶν ἀσχολιῶν (92 Tıab = 96 Fı-F2), una lettera Sugli impegni. E plausibile infatti che Epicuro abbia composto una lettera περὶ τῶν ἀσχολιῶν destinandola a un φίλος impegnato in politica, ma con l'intenzione di offrire un protrettico πρὸς τοὺς ἀοχόλους utile a tutti gli * Nella lettera, Epicuro, seguendo lo schema di RS ı-ıv, sviluppa la sua riflessione su dei, morte, piacere e desideri, ὁμοίωεις Hein: offre così il quadruplice rimedio imprescindibile per la terapia dell'anima. Sulla tetrapharmakos, perfetto modello di riduzione dell'etica ai minimi termini cf. ANGBLI (1988b), pp. 45-61. * L'impegno di Epicuro ad inserire il contenuto delle tre lettere nella cornice di una conversazione personale rivela l'intenzione di sottolineare l'importanza del suo messaggio e indicare l'obiettivo protrettico della sua comunicazione. A tal proposito rimando al recente contributo di HeBLBR (20182), PP. 161-170. In particolare sull’Epistola a Meneceo come protrettico cf. HeßLer (2014), pp. 40-99. , Cf. 4. 2. 2. * Sui modi in cui Epicuro personalizza il suo messaggio rimando a 5. 1. 1. 1.
INTRODUZIONB
35
&cyoAoc vicini al Kepos.! Anche per un altro scritto, l'Egesianatte, è da ipotizzare un'origine in forma di lettera alla quale ricondurre 80 Fı-F2. Forse lo scritto, concepito da Epicuro come una lettera per consolare Firsone e suo
padre Dositeo, avrebbe poi accolto anche riflessioni più ampie sul problema filosofico della morte e del ricordo dell'amico defunto e, dunque, sarebbe stato diffuso con il titolo Egesianatte.? Un'ulteriore prova dell'universalità del
messaggio di Epicuro giunge da 36 Fab. Per la sua vasta validità il monito con il quale Epicuro in 36 Fab esorta Idomeneo a rendere ricco Pitocle dimi-
nuendo in lui il desiderio & registrato nella tradizione successiva nella forma di una sentenza in antologie e gnomologi. Seneca, non a caso, lo definisce nobilis sententia. Anche la sequenza τὸ Ἐπικούρειον ἀκάτιον ἀραμένους di 70 Fc rivela che per Plutarco il μακαριομός tributato da Epicuro a Pitocle con
l'invito a fuggire lontano dalla παιδεία tradizionale, ormai del tutto autonomo rispetto al contesto nel quale era stato formulato, aveva il valore di un detto. Nelle lettere giunte a noi in frammenti Epicuro interviene a sostegno dei φίλοι privati della cuvoucia con il maestro nel tradurre in pratica i fondamenti dell'etica, soprattutto quelli per i quali era richiesta una coincidenza di teoria e prassi.? Palese é nei frammenti l'intenzione di Epicuro di offrire un conforto
al destinatario o ai destinatari e, ad un tempo, soddisfare l'esigenza di tutti coloro che, condividendo con il destinatario alcuni tratti della personalità o esperienze, intendevano uniformare le loro vite all'ideale epicureo. 5. 1. 1. Stile L'obiettivo di Epicuro in relazione allo stile era realizzare il rapporto diretto fra espressione parlata e realtà. Non a caso per Epicuro il sapiente deve ricorrere alla cura stilistica e agli strumenti della retorica ogni qual volta lo ritenga opportuno, purché nel rispetto delle indicazioni della scuola e al fine di realizzare la ςαφήνεια con una λέξιο κυρία κατὰ τῶν πραγμάτων, una prosa, come documenta Diogene Laerzio (X 13, 156-160), ben adatta alle cose e alle circostanze e capace di comunicare le vie seguite dalla ricerca.* E in questa prospettiva ' Ben diversi sono, invece, contenuti e finalità dello scritto Sulle occupazioni, περὶ τῶν ἐπιτηδευμάτων (93 Fiabcd-F2abc, 93 T). ? Secondo OBBINE (1996), pp. 412-414, lo scritto, in origine in forma di lettera con doppio destinatario, sarebbe stato in seguito citato con il nome alternativo di Egesianatte. È plausibile che l’Egesianatte, forse come il Neocle, appartenesse alla produzione commemorativa di Epicuro e contenesse anche le conversazioni intrattenute da Egesianatte con Epicuro e con altri φέλοι. Su tali scritti cf. 4. 1. 3. * Uno sguardo generale sui contenuti dei frammenti di lettere pervenuti è offerto in 4. * Già von WILAMOWITZ (1928, ora in 1969), p. 490, definiva lo stile di Epicuro singolare. Non a caso NORDBN (1918), trad. it. 1986), pp. 135-137, inserisce Epicuro nella tradizione della prosa d'arte greca, segnalando, soprattutto nelle epistole, uno stile caratterizzato da una sorprendente naturalezza, ricco di espressioni dalla delicata sensibilità e frasi di struttura ritmica. In contrasto con i giudizi tutt'altro che positivi di gran parte della tradizione, Usenga (1887), pp. xLI-XLII, riconosce a Epicuro una grande raffinatezza formale, indica l'Epistola a Meneceo come il piü alto risultato a cui giunse
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MARGHERITA
BRBÌ
che Epicuro si serve di generi differenti per una comunicazione del sapere che,
declinata in diverse forme, garantisse una più ampia diffusione del messaggio.' Per quanto riguarda le lettere, è attraverso precise scelte di stile e di lessico che Epicuro dà forma ad una comunicazione del sapere che, nel contesto di
uno scambio personale, si rivela adatta alle personalità dei destinatari, alla peculiarità del loro rapporto con Epicuro, alle circostanze che determinano l'invio, ai contenuti. Nella ricerca costante di una λέξις κυρία κατὰ τῶν πραγμάτων che realizzasse per le sue lettere una prosa nel segno della cuvtopia e della οαφήνεια, Epicuro non rinuncia ad innalzare lo stile, facendo ricorso alle forme e al lessico della poesia, ogni qual volta il contenuto abbia
a che fare con i fondamenti della sua dottrina. Attraverso raffinate soluzioni retoriche, inoltre, riesce a tradurre nel testo il suo entusiasmo nei confronti dei destinatari? 5. 1.
1. 1. LA
RBTORICA
DBLL’BNTUSIASMO
Perfino la scelta di servirsi di diverse formule re & da connettere alla necessità di variare lo ai contenuti. Epicuro avrebbe, dunque, usato zionale, nelle tre epistole maggiori che, per il
di saluto ad apertura delle lettestile adattandolo ai destinatari e χαίρειν, la formula piü convenloro carattere di compendi e per
la loro finalità didattica, miravano ad una diffusione la piü ampia possibile,
ma avrebbe aperto le sue lettere personali con altre formule ben piü adatte a scritti di contenuto etico che richiedevano una marcata personalizzazione: εὖ πράττειν (2 F), εὖ διάγειν (3 F), ὑγιαίνειν (4 F).* Con l'appello al destinatario Epicuro rivela un coinvolgimento affettivo e
contribuisce a meglio definire un contesto personale della comunicazione.* In l'impegno retorico di Epicuro e non trascura di sottolineare nella sua produzione la compresenza di stili differenti. La raffinata impalcatura retorica che sorregge la lettera è indagata da HzßLen (2014), pp. 71-86. Cf. anche SCHBNEBVBLD (1997), pp. 207-208. DB SANCTIS (20158), pp. 55-73, ha messo in luce che per Epicuro la ricerca stilistica ha a che fare con la necessità di definire con precisione una realtà vasta e variegata. A proposito del dibattito sviluppato dalla critica moderna sugli scritti di Epicuro cf. anche Capasso (1988), pp. 83-88. Sull'opportunità per il saggio epicureo di un costante impegno nella retorica, utile è il contributo di H8BLBR (2016), pp. 161-179. 1 La scelta di genere, stile e lessico era di volta in volta funzionale a proporre e descrivere lo sviluppo e i risultati della ricerca in modo fedele e realistico. A riguardo sono fondamentali i lavori di LBONE (2000), pp. 21-33, € ARRIGHBTTI (2013), pp. 315-338. * Già DisLs (1916, ora in 1969), p. 301, riconosceva a Epicuro la capacità di variare lo stile a seconda delle persone a cui indirizzava le lettere. Cf. anche ScHMID (1961, ora in 1984), pp. 48-57. ? Una prosa chiara e coerente, ma anche piacevole è richiesta da una comunicazione protrettica: cf. HsBLBR (20182), pp. 161-170. Nella prospettiva dell'insegnamento si spiegano per le lettere alcune scelte formali che caratterizzano anche lo scritto Sulla natura: stile colloquiale, tono affertuoso, espressioni tipiche del parlato e carattere dialogico. * Queste le considerazioni alle quali giunge ARRIGHETTI (2010), p. 21. Cf. anche Acosra MáxNpsz (1983), pp. 120-132. * Cf. 47 E, so Εἰ (m 1), so Fa (1 8-9), 51 F (6-7), 66 E 72 F (1-2), 80 F2 (2). Il diretto appello al destinatario consente ad Epicuro di inserire la breve ma esauriente sintesi dei principi della sua fi-
INTRODUZIONB
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questi casi la dimensione privata é ulteriormente amplificata. In 47 F lo slancio emotivo espresso da Epicuro con il vocativo si intreccia con la scelta dei diminutivi Λεοντάριον e ἐπιοτόλιον, per sottolineare una dimensione intima. La sequenza à μῆτερ [ϑάρρει con la quale Epicuro (so Fi 111 1) si rivolge alla
madre con intenzione consolatoria rivela il convolgimento affettivo. Esprime il sincero entusiasmo di Epicuro nei confronti del destinatario la presenza del vocativo anche in 66 F: qui il ritmo della prosa al quale & associata una fine ricerca lessicale e retorica realizza un tono solenne ed enfatico. Benché la
breve sequenza non consenta di capire il senso del messaggio, non sfugge che il tricolon, óc χαρῶ, ὡς τέρψωμαι, óc uoc μεγάλη χαρὰ γένηται, i cui elementi sono scanditi dall’anafora di óc e disposti in una successione crescente, sottolinea il senso dottrinale con al culmine il piacere. La ricerca di tono solenne ed
enfatico e la piacevolezza sono da immaginare finalizzati ad un insegnamento protrettico che esorta al raggiungimento della felicità attraverso il piacere. Un andamento ritmico è registrato da Elio Teone anche per 35 F: Epicuro esprime il suo pieno entusiasmo per l'atteggiamento di Idomeneo ben disposto fin da giovane verso di lui e la sua dottrina.
Una manifestazione di gioia per la vicinanza con i discepoli & palese anche in 89 F con la sequenza καλῶς xai ἡδέως καὶ μακαρίως (10-12): ancora un tricolon retoricamente costruito. Qui gli avverbi si succedono a formare una climax nella quale Epicuro condensa le tappe che portano alla beatitudine:
convenienza, piacere, beatitudine. Pare abbastanza plausibile che una manifestazione di entusiasmo per sottolineare la solennità dell'occasione Epicuro la esprima attraverso l'impiego di interiezioni nelle quali è invocato il nome di una divinità: sia le invocazioni a Zeus in 25 F2 (1-2), 50 F2 (11 2), 80 F1, 109 F2 (1), 129 F2 (7), sia l'invocazione ad Apollo in 47 F e 59 F, nonché l'unica rivolta a Dioniso in 80 F2 (4) ricorrono in contesti nei quali é possibile ipotizzare una allusione pià o meno palese all'intima tensione del saggio alla condizione divina ed esprimono, ad un tempo, lo stato emotivo di Epicuro.' La scelta di impiegare in 6 F e 70 F, due contesti simili, il motivo del paxapicpòc, per il quale le fonti stabiliscono, addirittura, un contatto con l'episodio delle Sirene di Odisseo, esprime l'aspetto dottrinale del monito e l'ampia validità dell'invito a fuggire la cultura tradizionale.? losofia nella cornice del quotidiano scambio personale tra rnaestro e allievo. Con il vocativo Epicuro si rivolge a Erodoto, Pitocle e Meneceo nelle lettere tradite da Diogene Laerzio. In tutti e tre i casi la funzione & stabilire un contatto diretto con il destinatario. Ma con il vocativo Epicuro si rivolge anche ai destinatari di scritti in forma di dialogo, come bene emerge dalle pagine di Ds Sancrıs (2011), pp. 217-230, che ricostruisce anche la consolidata tradizione letteraria alla quale guardano sia Epicuro sia la produzione epicurea successiva. * Sulla convenienza per il saggio di rivolgere invocazioni agli dei cf. 4. 1. 3. * [n merito alla critica che Epicuro sviluppa sulla παιδεία fondata sui μαϑήματα cf. 4. 1. 1.
38 5.
MARGHERITA 1. 1.
2.
LESSICO
DBLLA
BRBÌ
RBALTÀ
Concreto appare l'impegno di Epicuro nella ricerca di un lessico capace di
tradurre con efficacia e rigore il suo pensiero.' La volontà di Epicuro di realizzare nelle sue lettere una prosa chiara in relazione ai fatti appare ben evidente innanzitutto dalla scelta di un lessico sempre adatto al profilo dei suoi destinatari. In 29 F e 56 F1-F2, le due lettere che Epicuro invia dal letto di morte rispettivamente a Idomeneo e a Mitre, le scelte lessicali rispondono alla diversa
disposizione dei due φίλοι e alla peculiarità del rapporto instaurato da ciascuno di loro con il maestro. Non a caso Epicuro, nell'esortare entrambi i φίλοι a prendersi cura dei figli di Metrodoro, impiega ἐπιμελέομαι per Idomeneo
e διοικέω per Mitre: a Mitre richiede il sostentamento materiale nel segno di un rapporto di reciproca utilità, a Idomeneo un'attenzione affettiva e paideu-
tica in una decisa prospettiva filosofica.? Allo stesso modo, nelle lettere con
gli inviti a contribuire al sostentamento del Kepos, dipende dal ruolo politico di Mitre e dalla concretezza della relazione con Epicuro la scelta di un lessico che richiama gli aspetti più materiali del sistema delle contribuzioni: in 58 F
(1-4) preciso, se non addirittura tecnico, appare Epicuro nell’indicare il limite
della somma da versare. È, invece, da una prospettiva etica che Epicuro, rivolgendosi a Idomeneo (34 F), con Bepareta e con ἀπαρχαί e ἱερὸν cia pone
l'accento sul senso religioso e sulla funzione salvifica delle donazioni al Kepos, come abbiamo visto. Il lessico che invece caratterizza le parole di Epicuro (73 F) a Timocrate sottolinea ancora un'altra prospettiva: οὐλλαμβάνω (4), olxeröne (5), χορηγία (7), χρήσιμος (10), eüvooc (11), rimandano con insistenza all'a-
spetto utilitaristico della φιλία, al concetto di familiarità tra φίλοι e alla dona! Sullo stile di Epicuro offre un'indicazione importante Aristofane di Bisanzio (404 Slater) che in un frammento citato da Diogene Laerzio (x 13, 156-160) nel passo in cui definisce la λέξις di Epicuro κυρία, con l'unico obiettivo di conseguire la ςαφήνεια. Per un utile quadro dei giudizi espressi dagli antichi sulla prosa di Epicuro cf. Ancatı (19812), p. 82. La critica spesso ha letto nelle parole citate da Diogene Laerzio un'allusione ai modelli della tradizione ai quali Epicuro si oppone. Cf. MirangsE (1989), pp. 34-38. Ma è noto che certa prosa di Epicuro si può definire tutt'altro che ‘chiara’ nel senso più comune dell’aggettivo: come dimostra LBONB (2000), pp. 21-27, non facile è la prosa dello scritto Sulla natura, le cui scelte stilistiche dipendono dalla necessità di realizzare una chiarezza che mira non ad una generale comunicazione, bensì ad una corretta ricezione all'interno della scuola. Cf. anche Crar (2009), p. 21. L'invito di Epicuro alla capiveca sarà piuttosto da intendere in altro modo: con ςαφήνεια non si indica una virtù dello stile bensì il risultato che deriva dall'adeguamento della parola alla realtà designata: la λέξες di Epicuro realizza la οαφήνεια nella misura in cui riesce ad essere κυρία in relazione ai πράγματα ai quali si riferisce, come ha dimostrato ARRIGHETTI (2010), pp. 17-22. Cf. ErBì (2011), pp. 202-204. È plausibile che alla necessità di una prosa chiara in quanto adeguata alla realtà designata faccia riferimento la definizione di λαμπρὰ ἐπιοτολή con la quale nel Kepos doveva essere nota 45 T: dunque, una lettera splendida in quanto chiara nella misura in cui i suoi contenuti erano espressi in una prosa concreta in relazione ai fatti. * In questa prospettiva ben si spiega l'esigenza di lettere simili nella sostanza ma diversamente adattate alla personalità dei destinatari. Cf. 5. 1.
INTRODUZIONB
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zione come manifestazione di benevolenza. Tale prospettiva appare ben adatta al destinatario Timocrate che, prima dell'apostasia, aveva un ruolo centrale nel Kepos. Purtroppo non è noto il destinatario di 118 F1 dove Epicuro, nel definire &cracioc (4) il modo della donazione, sottolinea il pieno valore filosofico delle donazioni nel segno del vero piacere. Risponde sempre all'esigenza di uno stile efficace e concreto l'uso dei pro-
verbi o di espressioni gnomiche.' Il richiamo agli Iperborei in 119 F (3) traduce in un'immagine concreta l'imprescindibilità per i φίλοι di contribuire al sostentamento del Kepos. Sempre in merito alla prassi delle donazioni Epicuro allude alla proverbiale ricchezza di Tantalo in 96 F2 (10-11). Attraverso sequenze riprese dalla tradizione gnomica, sono recuperati dal mito comportamenti paradigmatici: la generosità degli Iperborei, l'eccesso di Tantalo.
Difficile & ricostruire il contesto nel quale compare l'espressione 'giochi Pitici e Delii' impiegata in 28 F: non appare improbabile che Epicuro abbia inteso alludere alla propria morte, conferendo vividezza all'immagine. In 132 Fbc e in 145 Fabc Epicuro impiega il verbo rpocrtüw, sputare, per
manifestare i] suo disprezzo per i piaceri del lusso e per il bello che genera piacere. In entrambi i casi il verbo con la sua palese onomatopea esprime con forza, intensità e vivacità un precetto etico di Epicuro. Funzionale a descrivere con efficacia rappresentativa e polemica aspetti significativi e vistosi del pensiero dei suoi avversari è la scelta in 88 F1-F2, 88 F4, 93 Fıabcd-F2abc, 139 F di un lessico dello ψόγος. All'esigenza di una λέξις κατὰ τῶν πραγμάτων rispondono i non pochi hapax presenti nelle lettere.? Τρικύλιοτοο di 17 F, un neologismo di non facile
resa, ben esprime in un'immagine l'affettuoso slancio di Epicuro a raggiungere la sua cara amica Temista. In 40 F1a e 128 F ἀφυοιολόγητον, termine raro, con buona plausibilità coniato dallo stesso Epicuro, assume il suo pieno valore in relazione al significato epicureo di φυοιολογία: ἀφυοιολόγητον è ciò
che non si puó spiegare attraverso un'indagine sulla natura. Con la creazione [u}upocopia Cf 4.1.2.
44
MARGHBRITA
ERBI
comunità, lascia la Scuola e ne diviene un violento avversario.' Epicuro sia in rapporto ad Apollonide sia in rapporto a Timocrate appare un maestro
esemplare. Con Timocrate si dimostra disposto fino all'ultimo a scongiurare il suo allontanamento dalla scuola contando anche sull'aiuto di altri φίλοι, come Leonteo. Con Apollonide calibra con metodo il suo franco parlare adattandolo alla circostanza.
Una dichiarazione in merito alla funzione dottrinale dell'exemplum è offerta da Epicuro in 134 Fı-F2: per Epicuro il monito ad una vita sobria coglie nel segno se chi lo impartisce sa anche tenere una condotta di vita parsimoniosa e priva di lusso. 6.
IL CORPUS
DBLLB
LETTERE:
RORMAZIONB
B FORTUNA
Contenuto, stile e funzione delle lettere provano che le lettere note dai frammenti, allo stesso modo che le lettere maggiori, già nelle intenzioni di Epicuro furono composte per una circolazione non esclusiva in rapporto ai destinatari. ? Da 22 F1 e 89 F giunge una conferma della piena consapevolezza che Epicuro aveva della diffusione delle sue lettere. In 22 F1 Epicuro, nell'assicurare
a Idomeneo che a renderlo famoso saranno le proprie lettere con sopra inciso il suo nome e non gli onori che derivano dall'impegno politico, appare pie-
namente consapevole che le sue lettere circolavano nel Kepos secondo una prassi abituale. Nell'invito rivolto da Epicuro all'anonimo destinatario di 89 F a copiare le lettere ricevute e a inviarle a sua volta ad altri φίλοι, ricaviamo indicazioni sui modi di diffusione delle lettere ben oltre il destinatario. Anche la consuetudine di Epicuro di citare le proprie lettere rivela la piena coscienza che, almeno nel Kepos, era ben nota la sua produzione epistolare.” Purtroppo
al di là degli indizi che offrono i frammenti, non siamo in grado di ricostru-
ire in che misura Epicuro abbia contribuito alla conservazione e alla raccolta delle sue lettere. Non si puó escludere peró che l'origine della raccolta sia da far risalire già ai desideri dello stesso Epicuro prima ancora che al concreto
impegno dei φίλοι. Le lettere di Epicuro, diversamente dalla consuetudine, presentavano la data, stabilita in base alla successione degli arconti: in vista della circolazione tra i φίλοι tale data avrebbe segnalato l'occasione per la quale la singola lettera
' Sui frammenti il contenuto dei quali riconduciamo alla vicenda dell'apostasia di Timocrate, rimando a 4. 2. 2. * La raccolta delle lettere di Epicuro è la prima per la quale è documentata un'ampia diffusione. Cf. TRAPP (2003), p. 12. * Come in Pyth. 82 Epicuro cita l'Epistola ad Erodoto, in 15 F1, 24 F, 75 F1, 96 Fı-F2 richiama altre sue lettere. In 61 F1 compare un riferimento al suo Simposio. Citare se stesso è prassi consueta di Epicuro. Ha di recente offerto una riflessione sulle forme e sulle tipologie dell'autocitazione nello scritto Sulla natura DAMIANI (2019), pp. 11-31.
INTRODUZIONB
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era stata composta.' Difficile & dire se si deve già allo stesso Epicuro l'indicazione della data. E, invece, cosa assai nota che dopo la morte del maestro nel
Kepos le sue lettere divennero oggetto di studio, di attenzione e di cure intese a conservarle, ordinarle ed epitomarle. Almeno dal τι secolo a.C. con Filonide
di Laodicea a mare era in uso epitomare le lettere dottrinarie perché fossero un agile sostegno per i νέοι &pyot, i giovani pigri.? Non stupisce che lettere di Epicuro e dei xaßnyeuövec, probabilmente ordinate in raccolte κατὰ γένος e κατ᾿ ἄνδρα, per argomento e per destinatario, circolassero tra i membri del Kepos alimentando il ricordo degli Epicurei della prima generazione e, ad un tempo, offrendo una solida testimonianza del periodo eroico.? L'esistenza di un corpus di lettere di Epicuro si può postulare solo a partire dal 11 secolo a.C.: ad un epistolario organizzato ἃ ricorso l'autore dell'opera sul Kepos di Lampsaco conservata nel PHerc. 176. Ad un epistolario attinge anche Filodemo il quale
ricorre all'autorità del maestro attraverso brani delle sue lettere non solo negli scritti biografici e commemorativi sul Kepos, Memorie epicuree e Su Epicuro, ma anche in opere dottrinali, negli scritti Sulla pietà, Sulla ricchezza, Sulla libertà di parola o in opere polemiche come il Πρὸς τοὺς pacxoßußAraxouc.* Abitudine
di Filodemo è citare gli excerpta delle lettere del maestro precisandone la data. Una raccolta organizzata per arconte è probabilmente anche quella dalla quale Seneca nel 1 secolo d.C. deriva i dati per ricostruire la biografia di Epicuro e ! Il nome degli arconti è conservato anche in tre subscriptiones di altrettanti papiri ercolanesi che conservano libri dell'opera Sulla natura a indicare l'anno in cui ciascuno dei libri venne scritto: cf. DoranDI (1990), pp. 122-123. CLAY (1982, ora in 1998), pp. 43-46, ritiene che la presenza della data nelle opere di Epicuro proverebbe il fatto che queste venivano conservate nel Metroon. Secondo SPINBLLI (2019), p. 283, l'eccezionale prassi di Epicuro di datare i suoi scritti, tra i quali anche le lettere, prova la volontà di Epicuro di conservare i suoi scritti in forma autoritaria e inalterabile, esattamente come decreti e leggi. CAVALLO (1984, ora in 2005), pp. 131-134, sostiene, invece, che i volumina sarebbero stati conservati nel Kepos e solo il Testamento di cui abbiamo notizia da Diogene Laerzio (x 16, 190- 19, 241) sarebbe stato depositato nel Metroon. 1 realizzato epitomi dall’epistolario di Epicuro e dei καϑηγεμόνεο iin adesione alla consuetudine del maestro di diffondere il sapere anche attraverso la forma breve del compendio. La sua attività & documentata da Filodemo (Vita Philod., PHerc. 1044, 14, 3-10 Gallo). Cf. TEPBDINO GuBRRA (2010), p. 39. USBNBR (1887), pp. LIV-LVI, colloca questo produzione di Filonide al principio del processo di selezione e organizzazione dell'epistolario di Epicuro. Sull'argomento rimando alle pagine di Ds SANcrIS (2016), pp. 83-92. * Benché la questione sull'ordinamento cronologico, già ipotizzato da BUcHELBR (1865, ora in 1915), p. 610, € GOMPBRZ (1871, ora in 1993), pp. 59-60, per l'epistolario di Epicuro di cui disponeva Filodemo sia ancora aperta, secondo MILITELLO (1997), pp. 37-38, è plausibile che le raccolte di lettere che circolavano nel Kepos, pur all'interno di un sistema κατὰ γένος o κατ᾿ ἄνδρα, fossero organizzate secondo un criterio cronologico: un indizio sarebbe l'ordine cronologico con cui gli excerpta di lettere compaiono nelle Memorie epicuree. * Cf. CLar (1986, ora in 1998), p. 83. Sull'abitudine di Filodemo di ricostruire la prassi etica di Epicuro attraverso le lettere cf. HENRICHS (1972), p. 67. Esamina la tecnica di Filoderno di intrecciare nelle sue opere excerpta dalle lettere del maestro MILITBLLO (1997), pp. 61-80. A questa tecnica è da ricondurre l'impiego di formule che raccordano brani tratti da una stessa lettera: καὶ πάλιν (25 F1-F2), καὶ ἐπιφέρει (26 Fi-F2) καὶ npoßac (56 F1-F2, 109 F1-F2, 118 F1-F2), καὶ πάλιν προβάς (88 F6-F7), καὶ ἔτι (129 F1-F2), ἔτι δέ (127 Fi-F2), anche solo καί (96 F1-F2).
46
MARGHERITA
BRBÌ
per indagare da più prospettive i molteplici aspetti della sua dottrina: in 61 T la sequenza in his epistulis ait quas scripsit Charino magistratu ad Polyaenum dimostrerebbe che Seneca conosceva un'edizione in cui le lettere erano ordinate per destinatario e cronologia, forse, addirittura, una fonte epicurea.' Da un set di lettere se non da un vero e proprio epistolario Elio Teone cita 35 F e 66 F: nella sequenza xai τῶν περιφερομένων δ᾽ óc ἐκείνου (ἡμεῖς δ᾽ οὐδέπω καὶ νῦν αὐτὰ εὑρίοκομεν ἐν τοῖς ουγγράμμαοιν αὐτοῦ) con la quale Elio Teone separa i due excerpta & da leggere un dato prezioso sulla circolazione tra 1 e 11 secolo
d.C. dell'epistolario di Epicuro. La raccolta di cui disponeva Elio Teone probabilmente non conteneva l'indicazione dell'arconte di cui non e data notizia per nessuno dei due excerpta citati. Le parole con le quali Plutarco chiosa 80 F1 fanno pensare che attingesse ad una raccolta di lettere: Évayyoc γὰρ κατὰ τύχην τὰς ἐπιοτολὰς διῆλθον αὐτοῦ. Anche Plutarco non doveva leggere nella raccolta a sua disposizione l'indicazione dell'arconte che non riporta né qui né per nessuno degli excerpta di lettere citati. Il POxy. 5077 che conserva 1 Ε 89 F e 131 F prova per un periodo tra la fine del primo secolo e il primo quarto del secondo secolo dopo Cristo la presenza in Egitto, ad Ossirinco, di una collezione di lettere. I frammenti di lettere che ricaviamo da questo papiro, il loro contenuto e lo stile suggeriscono senz'altro una raccolta di lettere nella quale le coronidi ancora visibili (1 11 10-13 e 3, 12-14) avrebbero la funzione di segnalare la fine di una lettera e l'inizio di quella successiva. Purtroppo resta difficile cogliere i dettagli dell'organizzazione del materiale all'interno di tale collezione.? Improbabile tuttavia appare la possibilità che fosse indicata la data delle lettere con il nome dell'arconte. L'esistenza di una collezione di lettere
di Epicuro in Egitto conforta l'ipotesi di leggere un frammento di lettera in 143 E ció che resta di PSI 851, e ben si accorda alla testimonianza di 83 T dalla quale si ricava l'esistenza in Egitto di un ambiente interessato alla dottrina di Epicuro, se non addirittura di un circolo epicureo con il quale il maestro potrebbe aver intrattenuto una corrispondenza.? ' Sulla tanto dibattuta questione della conoscenza che Seneca aveva delle lettere di Epicuro è utile l'indagine di SETAIOLI (1988), pp. 171-183 e spec. 179-180, secondo il quale Seneca non solo ebbe accesso diretto ad alcune delle lettere di Epicuro ma si sarebbe anche servito sia di raccolte simili a quelle che circolavano all'interno della scuola sia di gnomologi ricavati dagli epistolari dei capiscuola. Sul problema cf. anche UssNER (1887), pp. Liv-Lvit, MUTSCHMANN (1915), pp. 321-356, € Henuss (1951), pp. 81-85. In generale sulla forma della lettera in Seneca cf. InwooD (2007), pp. 133148. Una riflessione sulla relazione che nelle Lettere a Lucilio Seneca stabilisce con Epicuro è offerta da SCHIBSARO (2015), pp. 239-249. 2 LDAB 140281; MP3 364.11. Secondo i primi editori OBBINK, ScHORN (2011), pp. 37-40, le lettere contenute nel POxy. 5077 sarebbero da ricondurre alla collezione di lettere inviate da Epicuro e dagli Epicurei della prima generazione. DORANDI (2016), pp. 47-48, pur invitando alla cautela, esclude che il POxy. 5077 conservi un'epitome da una più ampia raccolta di lettere di Epicuro o un'antologia di vesti di Epicuro: l'incipit di una nuova lettera (1 F) sarebbe la prova di una collezione di lettere, forse non solo lettere di Epicuro, e la diversità degli argomenti trattati suggerirebbe per la raccolta una organizzazione diversa da quella κατὰ yévoc. * ] dati che possediamo sulla diffusione delle lettere di Epicuro in Egitto si conciliano con quanto
INTRODUZIONE
47
Non ci sono invece dubbi che ad una collezione di lettere di Epicuro si riferisca Diogene Laerzio (x 28, 372) con il titolo Lettere che chiude la lista delle opere di Epicuro, in palese corrispondenza con il titolo che apre l'elenco, Sulla natura.' Da questa collezione Diogene Laerzio, con buona plausibilità, cita le tre lettere maggiori ma anche 16 passi tra testimonianze e frammenti. Diogene Laerzio non offre mai in nessun caso per le lettere di Epicuro l'indicazione dell'arconte.? si ricava sia dalla tradizione, sia dai papiri restituitici dalle sabbie d'Egitto. Da Plutarco (Adv. Col. 1107E 1-2) sappiamo che Colote dedicò la sua opera Περὶ τοῦ ὅτι κατὰ τὰ τῶν ἄλλων φιλοςόφων δόγματα οὐδὲ ζῆν Ecrıv a Tolomeo τι. È offerta da KECHAGIA (2011), pp. 24-25 e 89-91, un'indagine sui motivi di tale dedica che, secondo DE SANCTIS (2011), p. 222 n. 36, è funzionale a garantire una tutela ufficiale dei cenacoli epicurei in Egitto. Più generica è invece la notizia offerta da Diogene Laerzio (x 25, 310-311) che ricorda tra gli allievi di Epicuro due Tolomei, il bianco e il nero, ὅ te μέλας καὶ ὁ λευκός, altrimenti sconosciuti. Cf. FRAsBR (1972), 1, p. 482. La presenza dell’epicureismo in Egitto è confermata dal ritrovamento di un numero, certo esiguo, ma non trascurabile, di papiri egiziani datati tra il 111 a.C. e il τι d.C., che provano la persistenza nella χώρα egiziana dell'interesse per le opere di Epicuro e dei suoi discepoli. Tra questi è certamente PGrenfell τι 7a (LDAB 861, ΜΡ 2575) del 111 a.C., un trattato etico di Epicuro del quale resta una riflessione sulla validità di argomenti addotti a difesa dell'48ovi. Cf. DoranDI (1992c), pp. 164-166. Il POxy. 215 (LDAB 849, MP" 2576) offre riflessioni importanti sulla religiosità degli Epicurei: la datazione del papiro al 1-1 secolo a.C. documenta una diffusione dei testi di Epicuro all'indomani della sua morte. Cf. Ossınz (1992), pp. 167-191. Di contenuto etico è anche lo scritto conservato in PHeid. 1740r (LDAB 4310, MP* 2577), un papiro del 1 sec. a.C., del quale l'attribuzione ad Epicuro è sostenuta in modo convincente da PHILIPPSON (1940), pp. 41-44. Cf. CavaLLO (1991, ora in 2005), p. 116, e la recente edizione di DonzANDI, VBRDB (20192), pp. 57-69. Probabilmente da una lettera di ambiente epicureo, come suggerisce il primo editore del papiro Capasso (2012), pp. 112-122, deriva anche il testo conservato da ΒΚΤ 10.14, un papiro proveniente da Hermoupolis e datato al 1-11 secolo d.C. Offre una lettura diversa del frammento VassaLLo (2016), pp. 343-349. Ma cf. CapAsso (2017), pp. 35-39. Con buona plausibilità è da riconoscere un contatto con l'epicureismo anche nelle considerazioni sulle scelte e sui rifiuti che leggiamo in PSI xv 1508 (LDAB 4661, MP? 2612.02), un testo datato al it d.C., a proposito del quale si veda PERNIGOTTI (2008), pp. 196-198. Cf. anche DoranDI, VBRDB (2019b), pp. 205-211. La presenza di massime di Epicuro già note attraverso la tradizione medievale si registra nei frammenti di raccolte di sentenze conservate sia in PBerol. 21312* PSchubart. 27 fr. a, 2-6 (LDAB 4984, MP! 1570) sia in PBerol. 16369 (LDAB 4563, MP? 2574), a proposito dei quali cf. DORANDI (2004), PP. 273-276, e MessERI (2004), pp. 356-361. In relazione a PBerol. 16369 cf. 61 F1, 132 Fc. Degno di nota è senz'altro PGettyMus. acc. 76.Al.57 (SB xiv 1, 1996, TM 24942), un papiro del 1-11 d.C. che restituisce una lettera di accompagnamento ad un libro di Epicuro e che documenta la circolazione di scritti di Epicuro: un'ampia disamina del testo è di MassBRI, PUGLIA (2008), pp. 25-31. Sul papiro è recente l'intervento di IanNACE (2018), pp. 73-78, che non legge nel testo il nome di Epicuro. Cf. anche OBBINE (1989), pp. 106-109, GIGANTE (1997), pp. 151-152, € PUGLIA (1997), pp. 42-44. Da POxy. 3643 (TM 26519) del i1 d.C., che conserva una lettera di raccomandazione, della quale il mittente è Valerio Diodoro, probabilmente lo studioso di oratoria del 11 d.C., emerge la notizia di un rapporto di amicizia tra Valerio Diodoro e un seguace dell'epicureismo. Cf. MANFRBDI (1992), pp. 151-152. Un quadro d’assieme dei papiri è offerto da ANGELI (2013), pp. 9-12. Cf. ora anche FLEISCHBR (2016), pp. 105-111. Più di recente ha considerato questi papiri, sullo sfondo di più ampia riflessione sulla fortuna dell'epicureismo in età antica e tardo antica, DL MASTRO (2016-2017), pp. 1-22. ' Per dichiarazione dello stesso Diogene Laerzio l'elenco delle opere di Epicuro è limitato ai soli BeArıcra ουγγράμματα. Indaga l'origine e la formazione delle liste di libri nelle Vite DogANDI (2013), pp. 107-126. 2 Diversamente da quanto accade per le tre lettere dottrinali citate integralmente, delle altre lettere di Epicuro Diogene Laerzio (x 4, 45-6, 67, € 13, 147-14, 160) offre solo stringati excerpta che
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MARGHBRITA
BRBÌ
Non si può escludere che la raccolta delle sue lettere fosse costruita da Epicuro come uno scritto in cui i φίλοι destinatari apparissero quasi intrecciare un dialogo a più voci con il maestro su aspetti del suo insegnamento tutt'altro che secondari per chiunque avesse voluto contribuire, pur con apporti differenti, al progetto di vita del Kepos. Ed è forse plausibile, come sembrano suggerire i frammenti, che dall'insieme delle lettere di Epicuro risultasse un affresco delle differenti individualità che formavano la comunità epicurea che, come membra di un unico corpo, pur con funzioni, modi e impegno differenti, contribui-
vano alla realizzazione di un progetto di vita condiviso, garanzia di salvezza.'
L'affresco di una comunità che, coesa sotto l'autorevole guida di Epicuro, dava
una prova concreta della realizzabilità dell'ideale di vita epicureo.? Il corpus delle lettere offriva un'immagine del Kepos emulazione che spingeva i φίλοι a volgere Da tale collezione di scritti già gli Epicurei dell'auctoritas del maestro, potevano trarre paradigmi di comportamento da imitare fare della propria vita un'esistenza divina. 7.
PBR
cui tendere con lo stesso spirito di lo sguardo ai ritratti del maestro. della prima generazione, nel segno sia la summa della sua dottrina sia e da commernorare per riuscire a
L'BDIZIONE
7. 1. Avvertenze
L'ordine dei frammenti e delle testimonianze fissato per destinatari noti e per destinatari non identificabili. Le lettere inviate a destinatari noti sono a loro volta organizzate in lettere inviate a destinatari singoli, lettere inviate a piü destinatari, lettere inviate a gruppi. Un'unica eccezione & rappresentata da 1 F-4 F: i motivi saranno al lettore immediatamente chiari. Per ciascuno
dei destinatari noti è offerta una breve biografia del destinatario che anticipa i frammenti. All'interno di ciascuna sezione le lettere sono ordinate cronologicamente: dapprima le lettere per le quali è possibile fissare una datazione piü o meno sicura, poi le lettere per le quali una datazione non e possibile. Fanno eccezione 92 T1ab-92 T2ab, 93 Fiabcd-F2abc, 93 T e 94 T che aprono la sezione dedicata ai destinatari non identificabili. Delle prime due lettere
conosciamo il titolo dal quale si ricavano indizi sul profilo dei destinatari. Per 94 T è possibile individuare la categoria di destinatari. La datazione è puntuale per quelle lettere per le quali abbiamo l'indicazione dell'arconte. In altri casi si può ricavare con un buon margine di certezza: non poche sono le lettere per
le quali si puó fissare un termine post o ante quem o addirittura entrambi. In intreccia con il racconto della vita. Cf. GIGANTE (1986), pp. 93-97. Secondo MILITBLLO (1997), p. 67, Diogene avrebbe avuto accesso a questa seconda tipologia di lettere solo attraverso antologie. ! Si deve a CLAv (1983, ora in 1998), pp. 67-73, la felice definizione degli affiliati al Kepos di Epicuro come «members of one body ». ? Che attraverso le sue lettere giunte in frammenti Epicuro intendesse oflrire l'immagine di una «Philosophengemeinschaft » lo ha di recente dimostrato HBÜLBR (2019), pp. 27-48.
INTRODUZIONB
49
altri casi è stato possibile solo indicare l'arco di tempo nel quale è plausibile che la lettera sia stata inviata. Il lettore non troverà nella raccolta una sezione dedicata ai frammenti incerti. Questo perché una sezione dedicata ai frammenti incerti avrebbe dovuto
al suo interno articolarsi in una distinzione tra frammenti di Epicuro sui quali esiste il dubbio che possano derivare da una lettera, frammenti di lettera per i
quali é difficile stabilire la paternità e, infine, frammenti per i quali coesistono i due dubbi. Ne deriva, come appare palese, l'impossibilità di una completezza. Una scelta, pertanto, si & resa necessaria. Tra tutti i frammenti incerti ho preferito selezionare solo i passi per i quali esistono contatti evidenti, per forma, contenuti e lessico, con altre lettere o per i quali la critica ha ipotizzato, con ragionevolezza ma non senza cautela, la provenienza dall'epistolario di Epicuro. Va da sé che di tali frammenti i destinatari non sono identificabili. I frammenti e le testimonianze sono organizzati con il numero della lettera alla quale appartengono. Dopo F o T i numeri distinguono testi diversi ma riconducibili alla stessa lettera indicata dal primo numero. Nel caso in cui gli stessi frammenti o testimonianze sono conservati da piü fonti é usata dopo F o T e, eventualmente, il numero, la sequenza alfabetica minuscola. Consideriamo frammenti quei passi dai quali é possibile recuperare parole di Epicuro, che il lettore troverà evidenziate in corpo maggiore. Inseriamo nella sequenza dei frammenti anche quei passi restituitici dai papiri ercolanesi nei quali, benché l'excerptum della lettera non si possa piü ricostruire perché o caduto in lacuna, o troppo incerto, restano le parole che introducono la citazione e talvolta anche l'indicazione dell'arconte sotto il quale è stata inviata la lettera. Per frammenti e testimonianze indichiamo la corrispondenza con
le precedenti edizioni complessive dei frammenti (Usener 1887, Arrighetti 1973”). È di seguito indicata la fonte che conserva il frammento o la testimonianza.
In rapporto ai testi conservati su papiro si è scelto di fare riferimento alle edizioni più recenti di ogni singolo papiro. È a queste edizioni che si rimanda,
sia per la costituzione del testo, sia per le informazioni relative alla sua critica. Benché le linee dei frammenti e le testimonianze che leggiamo nei papiri siano qui rinumerate, la corrispondenza indicata consente di risalire con immediatezza all’edizione di riferimento. Ogni testo conservato su papiro e qui proposto tiene conto di tutti gli interventi successivi, anche se pubblicati come
studi parziali, nonché dei progressi scaturiti da una nuova indagine. Ogni scelta testuale che si discosta dall'edizione di riferimento indicata è segnalata
in un apparato essenziale e discussa con più agio nel commento. All’edizione citata si fa affidamento per tutti quegli aspetti relativi alla lettura del papiro e
alla costituzione del testo per i quali è corretto prendere posizione solo se si ha piena contezza delle condizioni dell'intero volumen. In relazione ai frammenti e alle testimonianze di lettere che giungono dai papiri ercolanesi, l'esigenza di offrire testi il pià possibile uniformi nella loro veste editoriale ha determinato
so
MARGHBRITA
ERBÌ
la scelta di pubblicarli secondo un sistema di segni che, in linea con le piü
recenti edizioni, renda immediatamente palesi i problemi relativi alla costituzione del testo." La consapevolezza di avere a che fare con testi spesso difficili
da ricostruire e editi nel tempo con criteri editoriali diversi ha imposto un ragionevole limite alla ricerca di omogeneità là dove da ció derivasse un testo meno fruibile. Risponde al tentativo di uniformità anche la scelta di utilizzare
il sigma lunato per tutti i passi, sia per quelli di tradizione papiracea, sia per quelli di tradizione medievale. 7. 2. Sigle ANRW
BLGGA
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Belles Lettres,
1997 («Collection
des Uni-
N
versités de France. Ser. grecque»; CCCLXXIV).
delevit dubitanter omisit
supplevit suspicatus est
. 4. Abbreviazioni
7. 5. Segni papirologici littera dubia vel valde mutila littera ab editore suppleta littera ab editore expuncta littera ab editore addita littera ab editore emendata unius litterae spatium littera a librario expuncta littera supra lineam scripta littera deperdita in P, ez apographo littera suppleta alio teste conlato litterarum vestigia lacuna ubi litterarum deperditarum lacuna ubi litterarum deperditarum lacuna ubi litterarum deperditarum turari potest lacuna ubi litterarum deperditarum
suppleta numerus definiri potest numerus definiri non potest numerus plus minusve coniecnumerus incertus est
TESTO DESTINATARI
NOTI
Singoli ıF
Epic. Ep. (POxy. 5077) 3, 13-15 Ἐπίκο[υ]ρίος
χαίρίειν toy. .( .. Epicuro saluta ... 2F Ed. 95 Us. Diog. Laert. X 14, 159-160
Kal ἐν ταῖς ἐπιοτολαῖς ἀντὶ τοῦ χαίρειν, εὖ πράττειν xal ςπουδαίως ζῆν. E nelle lettere al posto di salve usava stai bene e abbi cura di te. 3F Diog.
Laert.
III 61, 664-665
Enıcroral τρειοκαίδεκα, ἠϑικαί - ἐν alc ἔγραφεν “εὖ πράττειν", Ἐπίκουρος δὲ εὖ
διάγειν. Le tredici lettere, etiche, nelle quali (Platone) scriveva “stai bene”, Epicuro invece (le iniziava) con vivi bene. 4F Ed. 95 Us., 40 Arr. Luc. Laps. 6, 1-6
Kal ti cor τοὺς παλαιοὺς λέγω, ὅπου καὶ Ἐπίκουρος ἀνὴρ πάνυ χαίρων τῷ χαίρειν, τὴν ἡδονὴν πρὸ ἁπάντων αἱρούμενος ἐν ταῖς ςπουδαιοτέραις ἐπιοτολαῖς (elci δὲ αὗται ὀλίγαι) καὶ ἐν ταῖς πρὸς τοὺς φιλτάτους μάλιοτα ὑγιαίνειν εὐϑὺς ἐν ἀρχῇ προςτάττει; Ma perché ti parlo degli antichi, quando anche Epicuro, un uomo che davvero era felice di godere, dato che poneva il piacere davanti a tutto, sia nelle lettere più importanti (ma queste sono poche) sia, soprattutto, in quelle dirette agli amici più cari mette subito all'inizio salute? Πρὸς ᾿Ανάξαρχον SF Ed. 116 Us., 42 Arr. Plut. Adv. Col. 1117A 2-11
58
MARGHERITA
BRBÌ
El τοίνυν ὁ περὶ (ωχράτους, ἀνδρὸς εἰς ἀρετὴν ϑεολήπτου γενομένον, χρησμὸς ἀνενεχϑεὶς ὡς copod φορτικὸς ἦν καὶ ςοφιοτικός, tivi npoceinwpev ἀξίως ὀνόματι τοὺς ὑμετέρους βρόμους καὶ ὀλολυγμοὺς καὶ κχροτοϑορύβους καὶ οεβάςεις καὶ ἐπιϑειάςεις, αἷς προοτρέπεοϑε καὶ καϑυμνεῖτε τὸν ἐπὶ ἡδονὰς παρακαλοῦντα cuveyeic xai πυκνάς; ὃς ἐν τῇ πρὸς ᾿Ανάξαρχον ἐπιοτολῇ ταυτὶ γέγραφεν ἐγὼ δ᾽ ἐφ᾽ ἡδονὰς cuveyeic παρακαλῶ καὶ οὐκ En’ ἀρετάς, κενὰς καὶ ματαίας καὶ ταραχώδεις ἐχούςας τῶν
καρπῶν τὰς ἐλπίδας. Se dunque l’oracolo riferito ἃ proposito di Socrate, uomo divinamente ispirato a ricercare la virtù, come sapiente, era rozzo e sofistico, come potremmo chiamare in modo degno i vostri strepiti, lamenti, applausi fragorosi, venerazioni, appelli agli dei, con i quali vi rivolgete e levate inni a colui che esorta a piaceri continui e frequenti? Lui che nella lettera ha scritto in questo modo ad Anassarco: io invito a piaceri continui e non a virtù che procurino vuote, folli, nonché perturbanti speranze di frutti. Πρὸς ᾿Απελλῆν 6Ὲ Ed. 117 Us., 43 Arr. Athen. Deipn. XIII s88A 5-Β 2
Kai πρῶτόν ye μνηοϑήοομαι τοῦ φιλαληϑεοτάτου Ἐπικούρου, ὃς τῆς ἐγκυκλίου παιδείας ἀμύητος àv ἐμακάριζε καὶ τοὺς ὁμοίως αὐτῷ ἐπὶ φιλοοοφίαν παρερχομένουο, τοιαὐτας φωνὰς προϊέμενος: μακαρίζω ce, ὦ ᾿Απελλῇ, ὅτι καϑαρὸς πάσης παιδείας ἐπὶ φιλοοοφίαν dippncac. ὦ ᾿Απελλῇ Usener (1887) : ὦ οὗτος ACE Olson (2019) ACE : αἰκίας Bignone (1920)
παιδείας Schweighäuser (1805) : αἰτίας
Ricorderò per cominciare Epicuro il sommo amante della verità: lui, che non era iniziato alla cultura tradizionale, esaltava anche coloro che come lui giungevano alla filosofia pronunciando queste parole: ti chiamo beato, o Apelle, perché, puro da
ogni formazione, ti sei rivolto alla filosofia. Plut. Non posse 1094D 8-E 1
᾿Απελλῆν δέ τινα ϑαυμάζοντες καὶ ὑπερασπαζόμενοι γὙράφουοιν ὅτι τῶν μαϑημάτων ἀποςχόμενος ἐξ ἀρχῆς καϑαρὸν ἑαυτὸν ἐτήρητε. Ammirando e amando oltre misura un certo Apelle, scrivono che costui, tenendosi lontano dalla cultura fin dall'inizio, si è mantenuto puro.
Πρὸς ᾿Απολλωνίδην ;T Ed. 118 Us. Philod. Lib. dic. 73, 1-9
[voude-
t&v, ἐπειδὴ [μετρίως διατίϑεται, καϑάπερ è Επίκου-
ρος Err[Lpo]pac v[c]v[ac) πρὸο $
᾿Αποϊλλ)ωνίδην Erröncev,
ὥςτε καὶ xor [a0c^] α[ἰ7τιὦμεῖνον, 2)&v [γ᾽ ἀλη)θινὸς
Xc, π[είϑειν), ἄζλλονο] δ᾽ οἰκει.Gat.
2 [u£xpLkoc proposui : [rpocnxövjrofe Olivieri (1914)
2-3 δια[τίϑεται legi : (δια) τίθεται Oli-
vieri (1914) — 6-7 afl}rılöue[vov supplevi : αἰτι]ώμείνος Usener (1887) : all}rı|öe[voc Olivieri (1914) 8 nleiderv), &DXouc) legi et interpunzi : πίείϑειν ἄλλονο)] Philippson (1916) 9 paragraphon vidi
... ammonire, dato che ha un atteggiamento misurato, allo stesso modo in cui Epicuro rivolse ad Apollonide alcuni rimproveri in modo che, anche accusando di tali cose, nel caso in cui sía veritiero, lo persuada, mentre altri riconoscano (questi) come propri. Πρὸς ᾿Αριοτόβουλον 8T Ed. 119 Us., 45 Arr. Diog.
Laert.
vi
9, 122-124
᾿Απέοτειλε δὲ TIepcatov xai Φιλωνίδην τὸν Θηβαῖον, ὧν ἀμφοτέρων Ἐπίκουρος μνημονεύει ὡς ουνόντων ᾿Αντιγόνῳ ἐν τῇ πρὸς ᾿Αριοτόβουλον τὸν ἀδελφὸν ἐπιοτολῇ. (Zenone) mandó dunque Perseo e Filonide di Tebe, che Epicuro nella lettera al fratello Aristobulo ricorda entrambi vivere insieme ad Antigono. F Ed. 119 Us., 44 Arr. Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 xv 12-15
xal πρὸς "Apıcτόβουλον δὲ τ[έ]ως πίερὶ] πολλῶν dLacapouvi” uv? ὀλί[γ]ον ἀ[φ]ίες$a. 1 πρὸς legi post (poc Angeli (1988a) ... € ad Aristobulo, invece (scrive che) finora riguardo a molti che mostrano chiaramente di tralasciare per un po’. Πρὸς Διόδωρον 10T Philod. Mem. Epic. 3 defg 5-8
60
MARGHERITA ἐπ᾿ ('Av]aEixpatove
BRBÌ
{δὲ}
δὲ [Δ)ιοδώρ[ω]- [π]ρο[γρ]άψας πα9o ..[..]. (- - - Ἐπικ)ούρ[ο]ν καὶ.
... sotto l'arcontato di Anassicrate (279/278), avendo prima scritto a Diodoro ... di Epicuro e
...
Πρὸς "Epuapxov iT Ed. 121 Us., 47 Arr. Athen. Deipn. Xttt 588B 4-9
Οὗτος οὖν ὁ Ἐπίκουρος οὐ Λεόντιον εἶχεν ἐρωμένην τὴν ἐπὶ ἑταιρείᾳ διαβόητον yevoμένην; ἡ δὲ οὐδ΄ ὅτε φιλοςοφεῖν ἤρξατο ἐπαύςατο ἑταιροῦςα πᾶεί τε τοῖς Ἐπικουρείοις ουνῆν ἐν τοῖς κήποις, Ἐπικούρῳ δὲ καὶ ἀναφανδόν" ὥςτ᾽ ἐκεῖνον πολλὴν φροντίδα ποιούμενον αὐτῆς τοῦτ᾽ ἐμφανίζειν διὰ τῶν πρὸς “Eppapyov ἐπιοτολῶν. Dunque lo stesso Epicuro non ebbe forse come amante Leonzio colei che famosa per essere un'etera? E costei non smise di essere un'etera nemmeno incominciò a filosofare, e anzi si unì con tutti gli Epicurei nel Giardino, e con anche pubblicamente, tanto che costui essendo molto preoccupato per lei lo nifesto nelle lettere ad Ermarco.
divenne quando Epicuro rese ma-
12 F Ed. 122 Us. Cic. Fin. 11 30, 96 Audi, ne longe abeam, moriens quid dicat Epicurus, ut intellegas facta eius cum dictis
discrepare: Epicurus Hermarcho salutem. Cum ageremus, inquit, vitae beatum et eundem supremum diem, scribebamus haec. Tanti autem aderant vesicae et torminum morbi, ut nihil ad eorum magnitudinem posset accedere. Miserum hominem! Si dolor summum malum est, dici aliter, non potest. Sed audiamus ipsum. Compensabatur, inquit, tamen cum his omnibus animi laetitia quam capiebam memoria rationum inventorumque nostrorum. Sed tu, ut dignum est tua erga me et philosophiam voluntate ab adulescentulo suscepta, fac ut Metrodori tueare liberos. Ascolta, ma non voglio allontanarmi dall'argomento, cosa dice Epicuro in punto di morte, perché tu capisca che le sue azioni sono discordanti dalle parole: Epicuro sa-
luta Ermarco. Mentre trascorro il giorno felice e, al contempo, l'ultimo della vita, dice, scrivo questa lettera. Di tale entità sono i mali della vescica e dell'in-
testino che niente si potrebbe aggiungere alla loro gravità. Uomo sventurato, se il dolore & il male supremo, non puó essere detto altrimenti. Ma ascoltiamolo. Tutto ciò però, dice, è compensato dalla gioia dell'anima, che provo al ricordo della
nostra dottrina e delle nostre ricerche. Ma tu, come è degno della tua buona disposizione, assunta fin dalla più giovane età verso di me e verso la filosofia, fa’ in modo di aver cura dei figli di Metrodoro.
TESTO
61
Πρὸς Εὐρύλοχον 13T Ed. 123 Us., 48 Arr. Diog. Laert. x 13, 148-150
Τοῦτον ᾿Απολλόδωρος ἐν Χρονικοῖς Naucupávouc dxoücal φηοι {καὶ MpaErpavovct: αὐτὸς δὲ οὔ φηοιν, ἀλλ᾽ ἑαυτοῦ, ἐν τῇ πρὸς Εὐρύλοχον ἐπιστολῇ. {καὶ Πραξιφάνους ἡ Dorandi (2013) : καὶ Πραξιφάνους Beghini (2019)
del. Jacoby (1902) : καὶ Πραξιφάνης
Apollodoro nelle Cronache afferma che lui (Epicuro) fu scolaro di Nausifane; Epicuro non lo dice, ma nell'epistola a Euriloco afferma di essere stato scolaro di se stesso.
Πρὸς Ἡρόδοτον Ed. 124 Us. Diog. Laert. X 5, 47-49
᾿Αλλὰ xai Ἰδομενέα xai Ἡρόδοτον xal Τιμοχράτην τοὺς ἔκπυοτα αὐτοῦ τὰ κρύφια ποιήοαντας ἐγκωμιάζειν καὶ κολακεύειν αὐτὸ τοῦτο. Ma lodava e adulava nello stesso modo
sia Idomeneo sia Erodoto sia Timocrate,
che avevano rivelato le componenti oscure della sua dottrina.
γράφων Ἡ)]ρ[ο)δότωι Ἐπίκουρος: πρότερον - [φηο]ῖ - Γἀπεςτάλῃη {0} φέρ[ωνν τὰ γράμματα ὑπηρέτης τις τῶν
erparnyav rap’ Ὀλυμπι[ο7 δώρου" 5
"do ϑείς," οὐ p[9&ca)c [εὑ]ρεῖν οὐδέτερον ὑμῶν πα[ρ᾽] ᾿Αντιπάτρωι, ἔφη τὴν ἐπιοτολὴν ᾿Αντ[ι)πάτρωι Bo va [t παρόν]τι. γινώρκεFre τ [ó μὲν] πρῶτον αὐτὸν ἐν
10.
Κορίνϑωι δεϑέντία dirò Κρατέ-
1.
ρου, νῦν δ᾽ ἐν Πε[ι]ραιεῖ τηρούμενοίν ὑπό τινος Λυο[ίο)ν [1]ept τὴν Γλύ (ccv καὶ κατ᾽ [ἐἹναντ[ίον οὐ ὄντος elxocı τάλαντα διωμολογημέ]νωι Κρατέρωι.
loro
62
MARGHBRITA
BRBÌ
... Epicuro scrivendo a Erodoto: in un primo tempo - dice - fu mandato a portare le lettere un attendente degli strateghi concesso da Olimpiodoro; ma non avendo trovato nessuno dei due presso Antipatro, disse di aver consegnato la lettera ad Antipatro che era li presente. Sappiate che lui & stato arrestato dapprima a Corinto da Cratero, ora invece & sorvegliato al Pireo da un certo Lisia, che, inoltre, riguardo al riscatto, non si oppone a Cratero che si & accordato
per la cifra di venti talenti. 15 F2 id. 49
.
Philod. Mem. Epic. xxxii 17-19 περὶ "co [0r jov"
Gccx)ep[o]v εἰπών- el τὸν ἄνϑρωπον Tür? τὸ π[λ]εζοτίον διδόντι [ . 1ο[... Riguardo a εἰὸ dice in seguito: se l'uomo a chi offre il massimo ... Πρὸς Θεμέοταν 16 F Ed. 127 Us., 50 Arr. Philod. Mem. Epic. x 8-9
Geulota«» δ᾽ ἐπὶ Φιλίππου: Λύxov φὴ[ο] πιοτ[ὸν] εὔτακτόγ [τ]: ... € sotto l'arcontato di Filippo (292/291) a Temista (scrive): dici che Lico è leale e ben disciplinato ... 17 F Ed. 125 Us., 51 Arr. Diog. Laert. x 5, 51-55
Πρὸς δὲ Θεμίεταν τὴν Λεοντέως γυναῖκα οἷός τε, φηείν, εἰμί, ἐὰν μὴ ὑμεῖς πρός με ἀφίκηοϑε, αὐτὸς τρικύλιοτος, ὅπου ἄν ὑμεῖς {καὶ Θεμίοτα) παρακαλῆτε, ὠϑεῖοϑαι. καὶ Θεμίοτα del. Dorandi (2013) : om. ® εἰ Suida
E a Temista moglie di Leonteo disse: io sono anche ben capace, se voi non venite
da me, di spingermi, addirittura rotolando piü volte, fin dove voi mi chiamate. 18 T Ed. 126 Us. Diog. Laert. X 5, 57-59
Kai πάλιν πρὸς Beulcrav γράφων, νομίζει Ταὐτῇ napaıveivt, καϑά prcı Θεόδωρος ἐν τῷ τετάρτῳ τῶν Πρὸς Ἐπίκουρον.
TBSTO
63
νομίζει Ταὐτῇ παραινεῖν! Dorandi (2013): νομίζει αὐτῇ παραινεῖν BPF : νομίζειν αὐτὴ -ν» περαινεῖν Frobeniana: γράφων, νομίζειν" αὐτῇ παραινεῖν Cobet (1878) : νομίζειν αὐτὴ «v» παροινεῖν Bignone (1933) : γράφειν νομίζει «v». «οὖν» αὐτῷ παροινεῖν Marcovich (1999-2002) : νόμιζε Ταὐτῇ παραινεῖν. Lapini (2011) E scrivendo ancora a Temista, ritiene, } ..., secondo quanto
dice Teodoro nel quarto
dei libri Contro Epicuro. 19 T Ed. p. 140, 18-19 Us. Diog. Laert. x 25, 304-305
Λεοντεύς te Λαμψακηνὸς ὁμοίως καὶ ἡ τούτου γυνὴ euícta, πρὸς ἣν καὶ γέγραφεν ὁ Ἐπίκουροο. Furono (suoi discepoli) allo stesso modo Leonteo di Lampsaco e sua moglie Temista, alla quale anche ha scritto Epicuro. Πρὸς Ἰδομενέα Ed. 70 Arr. Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 x 1-8
xavóv Yivac[x]e δίοκαιοο[ύν]ηι κοινῆι [π]ρὸς [ἀμφοτέρους, [ἄϊλλαϊ[ς ἐἸπιο[τολὰς δὴ] γράψαντα [πε]ρὶ τ[ούτων πΙλεῖον οὐ Yeylplaplevar οὐδενὶ αὐτῶγ [Λ]εον[τέ]α κ[αὶ αἰτιᾶ[οϑαι οὐ͵ϑέν᾽ α[ὐ]τ[ὧν
5
. riconosci che à adeguato per comune giustizia nei confronti di ambedue, che Leonteo, pur avendo scritto altre lettere su questi argornenti, non abbia scritto niente di più a nessuno di loro e non incolpi nessuno di loro ... 2*1 T -
14 T -
74 T
22 Fi Ed. 132 Us., 55 Arr. Luc.
21, 3-4
Cum Idomeneo scriberet εἰ illum a vita speciosa ad fidelem stabilemque gloriam revocaret, regiae tunc potentiae ministrum et magna tractantem, si gloria, inquit, tangeris, notiorem te epistulae meae facient quam omnia ista, quae colis et propter quae coleris. Numquid ergo mentitus est? Quis Idomenea nosset nisi Epicurus illum litteris suis incidisset? Omnes illos megistanas et satrapas et regem ipsum, ex quo Idomenei titulus petebatur, oblivio alta suppressit ... Quod Epicurus amico suo
64
MARGHERITA
BRBÌ
potuit promittere, hoc tibi promitto, Lucili: habebo apud posteros gratiam, possum mecum duratura nomina educare. (Epicuro) scrivendo ad Idomeneo e richiamandolo da una vita fastosa ad una gloria duratura e stabile, lui che allora era al servizio di un potere regale e impegnato in
affari di grande importanza, dice: se sarai attratto dalla gloria, ti renderanno piü famoso le mie lettere che non tutte queste cariche che tu hai in onore e per le quali vieni onorato. Forse egli menti? Chi avrebbe conosciuto Idomeneo, se Epicuro non avesse inciso il nome di lui nelle proprie lettere? Tutti quei magnati e satrapi e lo stesso re, da cui Idomeneo reclamava la carica, li eliminò un profondo oblio ... ciò che Epicuro potè promettere al suo amico io prometto a te, Lucilio: io avrò fama presso i posteri, posso innalzare con me nomi destinati a durare. 22 F2 Ed. 133 Us., 56 Arr. Sen. Luc. 22, 5-6
Epicuri epistulam ad hanc rem pertinentem lege, Idomeneo quae inscribitur, quem rogat, ut quantum potest fugiat et properet, antequam aliqua vis maior interveniat et auferat libertatem recedendi. Idem tamen subicit nihil esse temptandum, nisi cum apte poterit tempestiveque temptari: sed cum illud tempus captatum diu venerit, exiliendum ait. Dormitare de fuga cogitantem vetat et
sperat salutarem etiam ex difficillimis exitum, si nec properemus ante tempus nec cessemus in tempore. Leggi la lettera di Epicuro pertinente a questo neo, al quale chiede di affrettarsi a fuggire, forza maggiore intervenga e lo privi della aggiunge che non si deve tentare nulla se
argomento, che é indirizzata per quanto puó, prima che libertà di ritirarsi. Epicuro, non quando si potrà farlo
a Idomequalche tuttavia, in circo-
stanze adatte e opportune: ma, quando il momento a lungo atteso sarà giunto, egli afferma che si deve saltare via. Vieta a chi medita la fuga di sonnecchiare e spera in un esito vantaggioso anche a partire da una situazione molto difficile, purché non ci affrettiamo prima del tempo e non desistiamo dall'agire nel
momento opportuno.
23F Ed. 134 Us., 61 Arr. Plut. Adv. Col. 1127D 6-9
Πάλιν δ᾽ οἶμαι γράφων πρὸς Ἰδομενέα διακελεύεται μὴ νόμοις καὶ δόξαιο δουλεύοντα ζῆν, ἐφ᾽ 6cov &v μὴ τὴν διὰ τοῦ πέλας ἐκ πληγῆς ὄχληςιν παραοσκευάζωοιν. E di nuovo, credo, scrivendo a Idomeneo lo esorta a non vivere rendendosi schiavo delle leggi e delle opinioni fino al punto almeno in cui esse non procurino turbamento proveniente dalla punizione del vicino.
TBSTO
65
24 F Ed. $9 Arr. Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 xv 2-12
καϑάπ[ε]ρ κἀκείνΓοι"c καὶ [κ]οινῆι [κ]αὶ US (E Jac γέ[γ]ραqa. ἱκανὸς μὲν οὖν [x] at (cT εαυτὸν ἀποουνιςτὰς αὐτοῖς [eTL- πε-
s
ποίηκα δὲ κ[ἀ)γὼ διὰ τῶν ἐπιοτολῶν ἀ[π]όδηλ[ον] Acta cuxopa[v]crj[c Jac δέξαιτο. πάς[ηι:] γὰρ] τέχνηι κἀκείνοι[ς] διὰ
10
δι᾿οὗ μίάαὑτὸ ὡς &[Xn9o[c c[od] καὶ
coi δι’ ἐκείνων delt] τὸ ευμφέρον γείνεοϑαι.
1 xaxelv'orὋ legi : ἐκείνοις Vogliano (1928)
Come ho scritto anche ἃ costoro, sia pubblicamente sia privatamente: dunque, ne hai la capacitä dal momento che ti sei proposto a loro. Ho chiarito anch’io, tramite le mie lettere, per quale motivo avesse accettato ció, avendo soprattut-
to accusato ingiustamente. Infatti, realmente con ogni mezzo, & necessario che ne giunga vantaggio sia a loro grazie a te sia a te grazie a loro. 25 Εἰ Ed. 196 Us., 81 Arr. Philod. Mem. Epic. xxx11 2-5
γράίφων 'E]nixoup oc" "&yopata"(c μηϑὲ]ν [ἐνόμιο)ας τὰς [pdc εὐδίαίμον]α Btov [c]uvcecvoócac ἰδίέ]ας τοῦ .βίου. ... Epicuro scrivendo: non considerasti per nulla volgari le forme di vita che tendono ad una condotta di vita felice. 25 F2 Ed. 196 Us., 81 Arr.
Philod. Mem. Epic. xxxii 5-8 xal πάλιν: ἄξιος γὰρ νὴ τοὺς ϑεοὺς ἐνεφάνης ἡμῖν tel.) ὅλωι ἤϑει [e]lvar οὐ κατὰ νόμους ἐλευϑέ_pac βιοτῆο.
E ancora: infatti, per gli dei, sei apparso a noi degno in tutto il tuo carattere di una condotta libera, diversa da quella sancita dalle leggi.
66
MARGHERITA
ERBÌ
26 Fı Ed. 133 Arr. Did. Caecus, In Eccl. 1 13b-c, (PTura) 24, 8-9
ἐκεῖνος οὖν γράφίει πρὸς 'I5o]uevé£a ὅτι ἄλλως χρᾶται ὁ copòc τοῖς πράγμασιν καὶ ἄλλως ὁ μὴ copöc. Egli scrive dunque a Idomeneo: in un modo affronta la realtà il saggio, in un altro chi non é saggio. 26 F2 Ed. 133 Arr. Did. Caecus, In Eccl. 1 13b-c, (PTura) 24, 9-11
xai ἐ[πιφέρει" τ]ότε copóc οὐκ ἧς, νῦν δὲ ἐοσπούδαςας τοῦτο γενέοϑαι. ἀναπόληςον τοῦ προτέρου βί]ου καὶ τοῦ νῦν, εἰ οὕτως ἔφερες τότε vócov ὡς νῦν T; οὕτως ἐχράτεις πλ[ούτο]ν ὡς νῦν κρατεῖς. E aggiunge: allora non eri saggio, ma ora ti sei impegnato seriamente a diventarlo. Ripensa alla tua vita di prima e quella d'ora, se allora sopportavi come ora una malattia o dominavi le ricchezze cosi come le domini ora. 27 F Script.
Epic.
inc. (PHerc.
176) 5 xıv 7-16
τῷι
προπί[π]τειν λε. [. . .Jrov Γτ [SFv? ἀρετὴν αὐτοῦ ςημ[ει)]ωςόμε[9]α καὶ τῶι τὴν pülcıv ἡμῶν, av padicr’ οἰκείων τι[μ]ὰς ἀπολαμβάνεις, κινήςε[ι]ν ἐν[ε]ργοῦοαν ἐν τῆι κει[μένηι τιuf κατ[α]κολου[ϑ car {μ]ὲν [οὐx οἶδά τιν[α] ot(o]v ἡμῖν öplot-
5
10
ὡς αὐτῶι...... Jevovvcuv
... con il procedere oltre ... segnaleremo la sua virtù anche muovendo la nostra natura - da noi amici carissimi ricevi onori — capace di agire nella salda stima. Io non conosco alcuno in grado di seguire la nostra scuola come lui ... 28 F Ed. 136 Us. Phot.
Lex.
π
1515
Πύϑια καὶ Δήλια: paci Πολυκχράτην τὸν Cápou τύραννον Πύϑια καὶ Δήλια ποιήσαντα ἅμα ἐν Δήλῳ πέμψαι εἰς ϑεοῦ χρηςόμενον, el τὰ τῆς ϑυοίας ἄγει κατὰ τὸν ὡριομένον
TESTO
67
xpóvov: τὴν δὲ Πυϑίαν ἀνελεῖν, ταῦτά cor Πύϑια καὶ Arca βουλομένην δηλοῦν ὅτι Ecyara ner’ ὀλίγον γὰρ χρόνον αὐτὸν ἀπολέοϑαι cuvéBr: Ἐπίκουρος δὲ ἕν τινι τῶν πρὸς Ἰδομενέα ἐπιοτολῶν ταῦτα. Giochi Pitici e Delii: si dice che Policrate, il tiranno di Samo, volendo celebrare contemporaneamente a Delo i giochi Pitici e Delii, avesse mandato a interrogare il dio per sapere se compiere i riti sacri nel tempo stabilito; (si dice che) la Pizia rispose: queste cerimonie saranno per te sia Pitiche sia Delie, volendo dimostrare che sarebbero state per lui le ultime. Infatti dopo poco tempo accadde che mori. Epicuro (scrive) questo in una delle sue epistole ad Idomeneo. 9F Ed. 138 Us., 52 Arr. Diog.
Laert.
x 22, 254-262
Ἤδη δὲ τελευτῶν γράφει πρὸς Ἰδομενέα τήνδε ἐπιοτολήν. Τὴν μακαρίαν ἄγοντες καὶ ἅμα τελευταίαν ἡμέραν τοῦ βίου ἐγράφομεν ὑμῖν ταυτί. ςτραγγουρικά τε παρηκολουϑήκει καὶ Sucevtepixà πάϑη ὑπερβολὴν οὐκ ἀπολείποντα τοῦ ἐν ἑαυτοῖς μεγέϑους. ἀντιπαρετάττετο δὲ πᾶοι τούτοις τὸ κατὰ ψυχὴν χαῖρον ἐπὶ τῇ τῶν γεγονότων ἡμῖν διαλογιομῶν μνήμῃ. οὐ δὲ ἀξίως τῆς ἐκ μειρακίου Tapactacewe πρὸς ἐμὲ καὶ φιλοοοφίαν ἐπιμελοῦ τῶν παίδων Μητροδώρου. τελευταίαν Davies (1741) : τελευτῶντες BPF
In punto di morte scrive a Idomeneo questa lettera: in questo giorno beato che è insieme l'ultimo della mia vita, vi scrivo queste righe. I dolori derivanti dalla stranguria e dalla dissenteria mai diminuendo l'intensità della loro violenza non mi hanno abbandonato. Ma a tutti questi mali si contrappone la gioia dell'anima per il ricordo delle conversazioni trascorse fra noi. Occupati dei
figli di Metrodoro, in modo degno della generosa inclinazione che fin da giovinetto mostrasti verso me e la filosofia. 30 T Script.
Epic.
inc. (PHerc.
176) 5 ıv 31
πρὸς 'IBou[evéa ... a Idomeneo ... AF Philod. Mem. Epic. xx
4-10
. V ὀλιωρεῖς κ[αὶ πα]ντὸς ἡἠουχάζειν προαιρουμένοίυ τε] xat οὔτ᾽ ἐπ᾿ ἀρ-
χὴν οὐδέποτ[ε] ale] t "accáf vro'c 5
ἑξήκοντα καὶ Tpıc[iv] ἔτεσιν o[ö]r’ εἰς ἄλλην xe[t]ccv [οὐδ]εμίαν ἀλλ᾽ ἐν φιλοοοφία[ι] διατ[ρ]ίβοντος à cC".
68
MARGHERITA
BRBÌ
... non te ne curi sia perché scegli di vivere tranquillamente in ogni circostanza sia perché mai in sessantatré anni ti sei rivolto al potere né a nessun'altra questione, ma perché vivi sempre nella pratica della filosofia. 32T Ed. 137, 139 Us., 64 Arr. Philod. Mem. Epic. xxvii 10-11
xal "IBouevet δὲ παραπλήεια καΤὶ Kw o^cec: E a Idomeneo e a Colote (scrive) cose simili.
33 F
Ed. 129 Us. Philod. Lib. dic. 72, 1-10 διὸ καὶ Ἐπίκουρος πρὸς Ἶδο-
μενέα γράφει μέχρι τούτου ζῆν εὔ[χ]εοϑαι: καὶ παραδείξει πόοοι κακῶς &(r ))Aoycto παντὸς οτερό-
5
μενοι διὰ τὴν τοιαύτην διάϑεοιν τοῦ μετὰ παρρηcía(c] ὁμιλῆ[ςαὶ πικρῶς) καὶ πάντα δ’ ὅοα προί....... Jvrec
10
9-10 Angeli (19812) : 6j [cal ric.) xai πάντ) δ᾽ Sca προ[ςενεγκό)ντες Olivieri (1914)
... per questo anche Epicuro scrive a Idomeneo di pregare di vivere fino a questo punto. E indicherà quanti finirono malamente, privati di tutto, a causa di tale disposizione a parlare con franchezza in modo pungente e tutte quante le cose ... 34 F Ed. 130 Us., 54 Arr. Plut. Adv. Col. 1117D 9-E 2
Εἰ δὲ τοιαύταις, ὦ Κωλῶτα, Coxparouc φωναῖς περιέπεςες, οἵας Ἐπίκουρος γράφει πρὸς Ἰδομενέα: πέμπε οὖν ἀπαρχὰς ἡμῖν elc τὴν τοῦ ἱεροῦ copatoc ϑεραπείαν ὑπέρ τε αὑτοῦ καὶ τέκνων" οὕτω γάρ μοι λέγειν ἐπέρχεται. Se tu, o Colote, ti imbattessi in tali affermazioni di Socrate, quali Epicuro scrive ad Idomeneo: manda dunque a noi le offerte per la cura del corpo sacro da parte
tua e dei figli: cosi infatti a me viene da dire. 35 F
Ed. 131 Us., 57 Arr. Theon Progymn. 71, 7-13
Ἐπιμελητέον δὲ καὶ τῆς ουνθέςεως τῶν ὀνομάτων, πάντα διδάσκοντα ἐξ ὧν διαφεύξον-
TBSTO
69
ται τὸ xaxàc ουντιϑέναι, καὶ μάλιοτα δὲ τὴν ἔμμετρον καὶ ἔνρυϑμον λέξιν, ὡς τὰ πολλὰ τῶν 'Hynciou τοῦ ῥήτορος, καὶ τῶν 'Acıavav καλουμένων ῥητόρων, καί τινα τῶν Ἐπικούρου,
οἷά που καὶ πρὸς Ἰδομενέα γράφει:
ὦ πάντα
τἀμὰ
κινήματα
τερπνὰ
voulcac ἐκ νέου. Bisogna inoltre avere cura anche della combinazione delle parole, insegnando tutti i modi per mezzo dei quali eviteranno il brutto comporre, e soprattutto l'andamento metrico e ritmico dello stile, come nella maggior parte dei passi di Egesia il retore, e dei retori chiamati Asiani, e in alcuni passaggi di Epicuro, ad esempio quelli che
scrive a Idomeneo: o tu che fin da giovane hai ritenuto gradevoli tutti i miei moti. 36 Fa Ed. 135 Us., 53 Arr. Stob. 111 17, 23
Τοῦ αὐτοῦ’ el βούλει πλούοιον Πυϑοκλέα roLfcat, μὴ χρημάτων προςτίϑει, τῆς
δὲ ἐπιϑυμίας ἀφαίρει. Πυϑοκλέα Usener (1887) : τινα SMA
Di lui (Epicuro): se vuoi far ricco Pitocle non aumentarne le ricchezze, ma diminuiscine il desiderio. 36 Fb Sen. Luc. 21,7
Ne gratis Idomeneus in epistulam meam venerit, ipse eam de suo redimet. Ad hunc Epicurus illam nobilem sententiam scripsit, qua hortatur, ut Pythoclea locupletem non publica nec ancipiti via faciat. Si vis, inquit, Pythoclea divitem facere, non pecuniae adiciendum, sed cupiditati detrahendum est. Perché Idomeneo non sia entrato gratuitamente nella mia lettera egli stesso la riscatterà a sue spese. Epicuro gli scrisse quella celebre massima con la quale lo esorta a rendere ricco Pitocle, in modo né volgare né ambiguo: se vuoi far ricco Pitocle, dice,
non bisogna aggiungere denaro, ma diminuire il desiderio. Πρὸς Κωλώτην
37 F Ed. 62 Arr. Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 xxvun 2-4
περὶ] Metpoδῴ[ρου] ἐπὶ Δημοκλέους Κω]λώτει.
.. a proposito di Metrodoro (scrisse) a Colote sotto l’arcontato di Democle (278/277).
70
MARGHERITA
ERBI
38F Ed. 137, 139 Us., 64 Arr. Philod. Mem. Epic. xxvii 10-15
καὶ Ἰδομενεῖ δὲ napanıncıa nafı K'oX à cec: τούτωι δὲ ὅτι: καὶ ὑγπέρτερ '[o]v Γἐγένετο" (xpfncıulofe” ὁ Μ[ιϑ)ρῆ[ς] Φίλαι τε, τῆι μητρὶ τῆι Κρατέρ[ομν, καὶ [αἸὀτῶι Κρατέρωι, ὡς αὐ[τὸϊς ἀπολογίζεται Μιϑρῆς.
5
1-2 καὶ | [ὑγπέρτερ (o]v proposui ε[υἹνεγένετί[ο] Spina (1977)
: xal
(6)|"réptep ἴο]ν Diano
(1946b)
: (xJai[rep
(y]e
E a Idomeneo e a Colote (scrive) cose simili; e a costui (cioè a Colote, scrive): Mitre fu utile anche in misura maggiore sia a Fila, la madre di Cratero, sia allo stesso Cratero, come riferisce lo stesso Mitre. 39 F
Ed. 142 Us., 66 Arr. Philod. Piet. 29, 820-840 Obbink
5
μετ]ὰ ταῦτα τοίνυν ὅτι μ]ὲν ὅρκοιο καὶ ϑεῶν ἐπιρρήοσεοσιν ἐδοκίμαζον XpficBar γελοῖον ὑπομιμνήοκειν, ἀναμέςτου τῆς πραγματείας τῶν τοιούτων
10
οὔςηο"" προσῆκον δὲ λέγειν ὅτι παρήver tàc δι᾽ αὐτῶν καὶ τῶν ὁμοίων rrelic-
τεις φυλάττειν καὶ 15
parlıkra πάντων aùτῶι v(e] Aut] φυλάττειν
τόνδξ τ[ὸν] φανερὸν τρόπίον,] καὶ οὐ γράφων
ναὶ τ[ὦ] Sto(c) καὶ τί γάρ; 20
ἔμελε δὲ] xai. Κωλώτηι πάντων τε ὅρκων καὶ x&cnc] ϑε[[ν]]ολογίας.
Dopo queste cose, dunque, sarebbe ridicolo ricordare che loro (Epicuro e i suoi primi seguaci) ritenevano giusto far uso di giuramenti e epiteti degli dei, dal momento che i loro scritti filosofici ne sono pieni. Ma & corretto dire che egli (Epicuro) raccomandava loro di mantenere le promesse date attraverso queste stesse e simili, e soprattutto di mantenere quelle fatte proprio a Zeus in questo modo esplicito, e non scrivendo per i
TBSTO
71
due germogli e certamente? Inoltre anche a Colote importava di avere rispetto dei giuramenti e di tutto ciò che riguarda gli dei. 40 Fia Ed. 141 Us., 65 Arr. Plut. Adv. Col. 1117B 4-C 6
Κωλώτης δ᾽ αὐτὸς ἀκροώμενος Ἐπικούρου φυειολογοῦντος ἄφνω τοῖς yövacıy αὐτοῦ προςέπεςε, καὶ ταῦτα γράφει ceuvuvépevoc αὐτὸς Erixovpoc: ὡς cefouévo γάρ οοι τὰ τόϑ᾽ ὑφ’ ἡμῶν λεγόμενα npocenecev ἐπιϑύμημα ἀφυοιολόγητον τοῦ περιπλακῆναι ἡμῖν γονάτων ἐφαπτόμενον καὶ πάσης τῆς εἰϑιομένης ἐπιλήψεως γίνεοϑαι κατὰ τὰς ςεβάςεις ϑεῶν καὶ Accác: ἐποίεις οὖν, φηοί, καὶ ἡμᾶς ἀνϑιεροῦν cè αὐτὸν καὶ ἀντιςέβεοϑαι. ευγγνωοτὰ νὴ Δία τοῖς λέγουοιν ὡς παντὸς ἄν πρίαιντο τῆς ῥψεωὸ ἐκείνης εἰκόνα γεγραμμένην ϑεάοαοϑαι, τοῦ μὲν προοπίπτοντος εἰς γόνατα καὶ περιπλεκομένου τοῦ δ᾽ ἀντιλιτανεύοντος καὶ ἀντιπροοκυνοῦντοο. ϑεῶν Wyttenbach (1832) : τιμῶν ΕΒ : τινῶν Hirzel (1877) Pohlenz (1954)
Lo stesso Colote mentre ascoltava Epicuro parlare della filosofia della natura si gettó all'improvviso alle sue ginocchia e proprio Epicuro che era l'oggetto della venerazione scrive ciò che segue: come preso da venerazione per quello che allora dicevo ti
venne il desiderio, contrario alla nostra filosofia della natura, di toccarmi le ginocchia e di tutti gli atteggiamenti abituali che si tengono in occasione delle venerazioni degli dei e delle preghiere. E facevi sì, così dice, che anche noi a nostra volta ti venerassimo e ti onorassimo. Noi possiamo perdonare chi dice che pagherebbe ogni prezzo per vedere un dipinto di questa scena, di uno che si getta ai piedi dell'altro e abbraccia le ginocchia dell'altro che a sua volta lo supplica e lo venera.
Kai μὴν ἀπὸ δόξης yivechai τινας ἡδονὰς Ἐπίκουρος ὡμολόγει. ti δ᾽ οὐκ ἔμελλεν αὐτὸς οὕτως crapyüv περιμανῶς xal ςφαδάζων πρὸς δόξαν, ὥςτε μὴ μόνον ἀπολέγεοϑαι τοὺς καϑηγητὰς ... ἀλλὰ γράφειν ὡς Κωλώτης μὲν αὐτὸν φυοιολογοῦντα mpocxuwicere γονάτων ἁψάμενοο ... Epicuro ammetteva che alcuni piaceri derivano dalla fama. E come non poteva ammetterlo lui che era tanto pieno di passione e cosi desideroso di fama, a tal punto che non solo rifiutava i suoi maestri ... ma scriveva che Colote abbracciando le ginocchia
gli si era prostrato di fronte mentre parlava di questioni naturali ... 40 F2 Ed. 141 Us., 65 Arr. Plut. Adv. Col. 1117C 6-9
Οὐ μέντοι τὸ ϑεράπευμα τοῦτο, καίπερ εὖ τῷ Κωλώτῃ cuvteBtv, ἔοχε καρπὸν ἄξιον" οὐ γὰρ ἀνηγορεύϑη copde ἀλλὰ μόνον ἄφϑαρτός μοι περιπάτει, qnci, καὶ ἡμᾶς ἀφϑάρτους διανοοῦ.
72
MARGHERITA
BRBÌ
E questo atto di omaggio, per quanto ben compiuto da Colote, non ebbe il degno frutto. Infatti, non venne proclamato saggio, ma (Epicuro) dice solo cammina dunque verso di me come un immortale e considera immortale anche me. Πρὸς Acovrea 4T Ed. 102 Us., 68 Arr. Philod. Mem. Epic. xxxi 15-19
Uni
δ᾽ Οὐρίον Λεοντεῖ rpovpd! pae, &réccaAx' e δὲ καὶ Ἐπίκουρ[ος πρὸς Μιϑρῆν é[rt)et^ o Div [ὑ)πὲρ [τῶν
5 μερῶν τούτων nv[ ... sotto l’arcontato di Uria (281/280) avendo scritto prima a Leonteo, Epicuro ha inviato anche a Mitre una lettera su questi argomenti ... 42 T Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 1v 22-28 . + e ἦων ἐγὼ τοὺς al. .
... etc ἐπ[ε]μνήςϑηγ ὡς δὲ] τῶι Ae[o]vcet ypaφων (?) εὐμενῶς Erix[ouρος. . ουνπεπλί. . . .).c ...... 1 ἁπλοῖς καὶ Alap-
5
rpolic) rapan[Ancljuc xalì 3-4 γράφων
dubit. Angeli (19882) : y[pk&|[p . . Vogliano (1928) : γράφει
Philippson (1930, ora
in 1986
... io ... ricordai che Epicuro scrivendo (?) a Leonteo con benevolenza
plici e splendide in modo simile e ... 43 F Philod. Mem. Epic. vit 11-12
Λ[ε)ονteli δ]ὲ γί- - -Ἰτα[.]. [.ocıvacrı ... a Leonteo ...
44 F Philod. Adversus 38, 9-13
5
Λεοντεῖ δέ- κί. .Jou[. . . vet dere ταῦ[τ]α [πράττοντες ἅπαντ᾽ ἀκοῦντία]ι καὶ πολυμερῇ ταφὴν αὐτῶν μ[έμφονται.
4 πολυμερῇ legi post πολυμίερ)) Angeli (1988b)
... a cose sem-
TBSTO
73
... a Leonteo poi (scrive) ... così che facendo queste cose guariscono ogni cosa e li rimproverano di una sepoltura composita. 45T Ed. 152 Us., 69 Arr. Philod. Lib. dic. 6, 1-12
[τὸ
μὲν ἁμάρτημα, παρρη-
ctác[e)rac τῶιδε các] cıv[öτητας ἀποδιδόντι- διὸ 5
καὶ Ἐπίχουρος, Λε[οντ)]έως
διὰ Πυϑοκλέα πύοίτιν] ϑεὧ[ν] o9 παρέγτοί[ς), Πυϑοκλεῖ
10
μὲν [ἐπιτιμᾶι μετρίωο, πρὸς δὲ «ab» τὸν γράφει [τ]ὴν λαμπρὰν καλουμέγην ἐπις(τολ]ήν, λαβὼν ἀρχὴν ἀπὸ τοῦ) Ily$[oxA . ..
.
1-2 [τὸ] μὲν ἁμάρτηίμα Gigante apud Angeli (19812) : τῶι | μὲν ἁμαρτήίοαντι Olivieri (1914) 3-4 τῶιδε τὰ[ς] ccv(6)| τητας Angeli (19812) : τῶι δὲ καὶ {πιχργότητας Olivieri (1914) 6 πύο[τιν] Crönert (1901) : πίοίτιν) Olivieri (1914) 9-11 Olivieri (1914)
... (a chi ha commesso) l'errore, a questi che tiene comportamenti sbagliati (il saggio) parlerà francamente: perció anche Epicuro, a causa del fatto che Leonteo, per l'influenza di Pitocle, non aveva tralasciato la ricerca sugli dei, rimprovera moderatamente
Pitocle e a quello scrive la lettera detta splendida, prendendo spunto da Pitocle ... 46 T Script. Graec. inc. (PHerc. 1589) 1, 1-5
£2] τῆς Geuicrac +[+3 τῶν] γραφέντων ἐφ [Ἤγεμάϊ]χου πρὸς Λεονίτέα ὑép] τῶν με[ρ)ῶν w[+4 5
£2 ]xapev. ἃ τότ[ε
+4
... di Temista ... delle (lettere) scritte sotto l'arcontato di Egemaco a Leonteo riguardo agli argomenti ... i quali, allora ... Πρὸς Λεόντιον Ε Ed. 143 Us., 71 Arr. Diog. Laert. X 5, 50-52
"Ev τε ταῖς ἐπιοτολαῖς πρὸς μὲν Λεόντιον Παιὰν ἄναξ, φίλον Acovrapıov, οἵου χροτοϑορύβου ἡμᾶς ἐνέπλησεν ἀναγνόντας cou τὸ ἐπιοτόλιον. Nelle lettere a Leonzio (scriveva): per Apollo Salvatore, o cara piccola Leonzio, di quale esultante plauso ci hai riempito nel leggere la tua letterina.
74
MARGHBRITA
ERBI
48 F = 88 F3
49 T Diog. Laert. x 6, 59-60
Kal ἄλλαις δὲ πολλαῖς ἑταίραις γράφειν, xal μάλιοτα Λεοντίῳ. Scrisse a molte altre etere e soprattutto ἃ Leonzio. Πρὸς μητέρα 50 Fı Ed. 72 Arr. Diog. Oen. 125 1-1v
1
- - - δεῖ ce πε]ρὲ αὐτῶν
5
ἀκρειβῆῇ τε καὶ] πιοτὴν σκέψιν ποιεῖοϑαι]. αἱ μὲν γὰρ pavraclar] τῶν ἀπόντῶν ἀπὸ τῆς Spe hoc ἐπι-
οὔοαι τῇ ψυχῇ] τὸν μέ-
yıcrov τάραχον παρέ-
χουοιν. ἂν δὲ τὸ ὅλον πρᾶγμα ἀκρειβῶς διαϑε10
ἃ, μαϑήοει ὅτι ἄν)τικρυς
u
elcı τοιαῦται καὶ μὴ παρόντων οἷαι καὶ παρόντων." ἁπταὶ γὰρ οὐx ojcat, διανοηταὶ δέ, τὴγ αὐτήν, 6cov ἐφ᾽ ἑαυtalck, Exoucı δύναμιν πρὸς τοὺς «μὴ» παρόντας τῇ ὅτε καὶ παρόντων ἐκείγων ὑφειοτήκεοαν. “πρὸς οὖν ταῦτα,
5
10 ur
5
ᾧ μῆτερ, [dappet up) γὰρ ἐπιλ[ογίοῃ τ]ὰ φάζματα Aulav κακά]. τίϑει δ’ αὐτ[ὰ ὁρῶοα] κα9' ἡμέρα[ν ἀγαϑ]όν τι
ἡμᾶς n[pocx]rop£-
νους εἰς [τὸ μακρ]οτέ-
pw τῆς ε[ὑδαιμ]οο"νίας προβαίνίειν. o) γὰρ μει-
i0
κρὰ οὐδέν τ᾿ ἀνύτοντα
TBSTO
Iv
75
περιγείνεται ἡ[μ]εῖν τάδ᾽ οἷα τὴν διάϑεςιν ἡμῶν ἰοόϑεον ποιεῖ
καὶ οὐδὲ διὰ τὴν ϑνη5
τότητα τῆο ἀφϑάρτου καὶ μακαρίας φύςεως λειπομένους ἡμᾶς
δείκνυοιν." ὅτε μὲν 10
γὰρ ζῶμεν, ὁμοίως τοῖς ϑεοῖο χαίρομεν
117 «μὴ» suppl. Usener (1892), cf. Hammerstaedt (2006, ora in 2014) : τοὺς παρόντας Smith (1993)
... ἃ necessario che tu effettui una ricerca accurata e certa su di esse. Infatti
le visioni delle persone che sono lontane dalla vista presentandosi alla nostra mente procurano il piü grande turbamento. Ma se tu esamini l'intera
questione attentamente, ti renderai conto che le visioni di coloro che non sono presenti sono esattamente dello stesso tipo di quelle di coloro che sono presenti. Infatti, poiché non sono percettibili ai sensi, ma alla mente, per quanto sta in loro, nei confronti delle persone che non sono presenti hanno lo stesso potere di quando sussistono nello stesso momento in cui quelli sono
presenti. Riguardo a tali questioni,
o madre, fatti coraggio: non valutare
come malvage le visioni di noi. Quando le vedi pensa a noi che ogni giorno acquisendo qualcosa di buono avanziamo molto di piü verso la felicità. Infatti né piccoli né inutili sono per noi questi progressi che rendono la nostra
disposizione simile a quella degli dei e mostrano che nemmeno a causa della nostra condizione di mortali siamo inferiori alla natura immortale e beata.
Infatti quando noi viviamo godiamo di una felicità uguale a quella della quale godono gli dei ... so F2 Ed. 72 Arr. Diog. Oen. 126 ı-nı
1
5
10
λυ {{π]͵ήο[ετα]; τὴν Ten[v, ἄν [Y'] ἀντιλάβηται τῆς ἐλαττώςεως᾽ ἂν μὴ alcdavnrau δέ, πῶς ἐλαττοῦται;" μετὰ δὲ τοιούτων ἡμᾶς ἀγαϑῶν προοδόκα, μῆτερ, χαίροντας αἰεὶ καὶ ἔπαιρε ςεαυτὴν ἐφ᾽ οἷς πράττομεν." τῶν
76 u
5
MARGHERITA
BRBÌ
μίέν)τοι χορηγιῶν φείδου, πρὸς Διός, ὧν ουνεχῶς ἡμεῖν &roccéAAetc." οὐ γὰρ cot τι βούλομαι λείπειν, ἵν᾽ ἐμοὶ περιττεύῃ, λείπειν δ᾽ ἐpol μᾶλλον, ἵνα μὴ col, καίτοι γε ἀφϑό-
10 — vec κἀμοῦ διάγ[ονnr
5
τος ἐν πᾶοιν, διὰ τ[οὺς φίλους καὶ τὸ ουνεχῶ[ς τὸν πατέρα ἡμεῖν πέμπειν ἀργύριον," προοφάτως δὲ δὴ καὶ διὰ τοῦ Κλέwvoc τὰς ἐννέα μνᾶς ἀπεοταλκότοο. οὔκουν
ἑκάτερον ὑμῶν ἰδίᾳ δεῖ βαρεῖοϑαι δι’ ἡμᾶς, cuvχρῆσοϑαι δὲ τῷ ἑτέρῳ τὸν ἕτερον)
||
... proverà lo stesso dolore, qualora percepisse la perdita; ma se non ne ha la sensazione come può subire la perdita? Pensa, dunque, o madre, che noi viviamo sempre felici in mezzo a tali cose buone e mostra entusiasmo per quello che facciamo. Risparmia, per Zeus, i contributi che invii a noi di fre-
quente. Infatti non voglio che ti manchi qualcosa affinché io ne abbia piü del necessario, ma é meglio che manchi a me, piuttosto che a te, inoltre io vivo
in abbondanza senza privarmi di nulla grazie ai miei amici e a mio padre che spesso a noi inviano denaro e di recente mi hanno inviato nove mine attraverso Cleone. Nessuno di voi due deve darsi pensiero individualmente per noi ma piuttosto à necessario che siate utili l'uno all'altro ... Πρὸς Μητρόδωρον 51 F Ed. 73 Arr. Philod. Epic. t, 1t 10-17
ὡς γὰρ €
*
ἐλπίδος ὁ xarpölc ἐψιλώϑη καὶ τῆς κ[ατ]ὰ ca[pxa] ἡδονῆς 5
καὶ ἐπιμόνως] ἀ[π]ελείφϑη τῆ[ς τῶν Yeyovótjov χάριτος, ἀ[παϑὲς &v τη]ρήςσαιμι, ᾧ
TBSTO
77
Μητ[ρόδωρε, tor lov κατάςτημα ψυ[χῆς, μέχ]ρι μὲν Scou
.. dato che, infatti, la circostanza é stata spogliata di speranza e del piacere della carne e per sempre privata del grato ricordo del passato, come potrei conservare impassibile, o Metrodoro, una tale condizione d'anima, fino a che punto ... 52T Ed. 146 Us. Cic. Fin. 1 3,7 Nec est quod te pudeat sapienti adsentiri, qui se unus, quod sciam, sapientem profiteri
sit ausus. Nam Metrodorum non puto ipsum professum, sed cum appellaretur ab Bpicuro, repudiare tantum beneficium noluisse. Non c'é ragione per cui tu ti vergogni di essere in accordo con l'unico filosofo che, a quanto io sappia, osó professarsi saggio. Infatti Metrodoro non credo che si sia professato tale, ma, poiché fu chiamato così da Epicuro, non volle rifiutare un tanto grande privilegio. Πρὸς Μιϑρῆν 3T-4T 54 F Ed. 154 Us., 79 Arr. Philod. Div. xxxvi 9-17
καὶ πρὸς Μιϑρῆϊ[ν ἐπὶ Τηλοκλέους᾽ x[at}ror ἀ)ν[εκτέον τὸν τρό[π]ον᾿ οὐ γὰ] ἄξιον φόβου τὸ κατὰ μετάπτωοιν ἐνόχλημα, κἂν [διαέτης οὐ πάντα l3 }ro κατ᾽ ἔνδειαν .Je&ow[. . . . ἐξ)αι[ρ]ούμενον . Jac. . . . ϑηυμ[ὸν ἐπι
5
. € a Mitre sotto l'arcontato di Telocle (280/279): eppure bisogna sopportare
questo modo; infatti non & degna di timore la molestia che deriva da un cambiamento di fortuna, e anche se del regime di vita non tutto ... per necessità .. ciò che è sottratto ... vita ... 55 F Ed. 74 Arr. Philod. Mem. Epic. xxxv inferior pars 31-36
Eypaple ... Jve - - ὑπὸ Λυοι]μάχου [ - - - ] ἐπὶ δ᾽ ᾿Αριοτω-
78
MARGHBRITA
BRBÌ
νύμου Mfıdpei ' - - - Jy ἀπέδωκεν AWivdl---])--9.-.cou narey xjara τὰ [- - - πα]ρὰ c(o]Jó καὶ τὴν &[Aλ]ην ἐπιμέλειαν - - -] ἣν ἐποήοω
5
... scriveva ... da Lisimaco ... sotto l’arcontato di Aristonimo (277/276) a Mitre: ... ha dato a noi ... da parte tua e l'altra cura ... che mostrasti ... 56 F1 Ed. 177 Us., 78 Arr. Philod. Mem. Epic. xxx1 4-16
ὡς γὰρ ἐφώνησεν ἐκπνέων: ἑβδόμης» γὰρ ἡμέpat - φηείν - ὅτε ταῦτ᾽ ἔγραφον οὐχὶ [&noxex] op [nx] ev? κα[τὰ τὴν
5
odpncıv [EpJot οὐϑὲν καὶ ἀλγηδόvec évr[ca]v τῶν ἐπὶ τὴν ceAeucatav ἡμέραν dyoucav. οὐ οὖν, ἄν τι γένηται, τὰ παι-
δία τὰ Μητροδώρου διοίκηοον 10
τέτταρα ἣ πέντ᾽ ἔτη μηϑὲν
πλεῖον δαπανῶν ἧπερ νῦν elle ἐμὲ δαπανᾶει»ο κατ᾽ ἐνιαυτόν. Cost infatti disse spirando: sono infatti sei giorni, dice, quando ti scrivo queste
cose che é cessata l'attività della vescica e provo dei dolori di quelli che conducono all'ultimo giorno. Tu, dunque, se dovesse succedere qualcosa, provvedi ai figli di Metrodoro per quattro o cinque anni senza spendere niente di piü di quanto spendi ora annualmente per me. 56 F2 Ed. 177 Us., 78 Arr. Philod. Mem. Epic. xxx1 16-19
xal npoßdc- ὑπὲρ τῶν υἱῶν οἶδα καὶ Αἰγέα καὶ Διόδωpov καὶ τῆς cfjc φρενὸς ὄνταο [καὶ οὐx ἀρέοκευμα u[ó]vov xot. . .]ef. . . . ... € più avanti: so che sia Egeo sia Diodoro anche si trovano nel tuo stesso stato
d'animo nei confronti dei figli e non solo compiacenza ... 7F Philod. Mem. Epic. xxvii 16
Μιϑρεῶ: 8£- ἀνήγγελλέ μοι mul. Ja E a Mitre: mi riferi ...
TBSTO
79
58 F Bd. 151 Us., 76 Arr. Philod. Mem. Epic. xxx 13-19
Μιϑρεῖ dt: ὁ γὰρ ὅρος ὁ κατατεταγμένος τῆς ουντάBe oc ὃν" κατεῖχον ὥοτε ἀποφορὰς οἰκετῶν ε[ῖναι .Frevbi . ἡ τ᾽ ὅτι ha τὰ πρά[γμ]ατα οὐ ΜΝ t[ò] ἐπιδεχόμεν[ον ἐξῆν
5
μερίζειν ἀλλ’εἰ κα[ὶ Side vety .. € a Mitre: infatti il limite stabilito del contributo, che mantenni basso cosi che i tributi degli schiavi siano (superiori) ... poiché a causa degli avvenimenti non solo fu possibile dividere ció che era stato ricevuto ma se ... anche proprio accumulare ... 59 F
Ed. 148 Us. Diog. Laert. x 4, 45-47
Μιϑρῆν τε αἰοχρῶς κολακεύειν τὸν Λυοιμάχου διοικητήν, ἐν ταῖς ἐπιοτολαῖς Παιᾶνα καὶ Ἄνακτα καλοῦντα. (Dicono) che adulava vergognosamente Mitre, ministro delle finanze di Lisimaco, chiamandolo nelle lettere Salvatore e Signore. Πρὸς Πολύαινον 60 F Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 1x 1-14
τὸ Cal.
5
γαναχτεῖν αἱ..... 7πεpi τοὺς ἐνοψ[ομένους ἐν τοῖς xa8' ἡ[μᾶς ἁμαρ)τίωAavExoucı[....... 1. φύοιν, Edel τί...... Jar
k
tha τῆς C. NE «τος ) 10°.
J]o[. . .Je Ἰδομενε[ὑς ἑαυτόν, ὥοπερ εὖ οἷδε, τάδ᾽ ἐφίοτης" οὐ γὰρ ἥκιοτα $μῶν τῶν (có]v Λεοντεῖ κα-
WayleTh[ak [m]av ἢ ad...
80
MARGHBRITA
ERBI
... lo sdegnarsi ... riguardo a quelli che scorgeranno in chi ha una colpa verso di noi ... natura, ha ... affinché ... Idomeneo ... se stesso, come ben sa, sta-
bilisci le seguenti cose. Infatti non meno di noi che stiamo con Leonteo, egli à guida in tutto, oppure ... 61 F1 Ed. 84 Arr. Philod. Epic. 1 52, 1-12
εν (.) ἐπὶ δὲ ] Xapivou r(póc Πολύatv]ev [. . (.)}tov ενί- - -
5
. . . .
.] xtv Suvov? av[- - .] καὶ cuußor[ov - - Jat t (.]ec9ac tov.[- - .). . πότον ὀρεξί- - -
---laf--10
τοὺς πότουο xai tal- - - [.) u[t£)ecc &ppoSt[ctovc - - ὅλος ἀπὸ λογιομοῦ, (óc ἐν τῶι Ουμποείωι κατα[φανές᾽ οὐ
γὰρ Ἐπικούρωι.
[-
- -
... sotto l'arcontato di Carino (291/290?) a Polieno: ... pericolo
... e simbolo
...
le bevande ... le unioni d'amore ... tutto a partire da un un calcolo, come è chiaro nel Simposio. Infatti a Epicuro non ... 61 F2 Ed. 159 Us., 8s Arr. Philod. Div. xxxiv 14-17 κ]αὶ πρὸς [Πολ]ύαι[νον
- τ -Ἱεςτί - - - - -] τὴν πενίαν ἀδι[άφορον] Erix[oupoc - - ... e a Polieno ... che la povertà (è) indifferente ... Epicuro ... 61 F3 Ed. 98 Us., 109 Arr. Philod. Div. xxxv 4-7
- - - - - - πρὸς
nevliav καὶ τὴν nevjiav κακὸν ἐπὶ] Xapivou Πολύαιν]ον
4 Tepedino Guerra (1991) : (- - - ον Tepedino Guerra (1978)
... povertà e ... povertà ... male ... sotto l’arcontato di Carino (291/290?) ... a Polieno ...
TESTO
81
64T Ed. 158 Us., 83 Arr. Sen. Luc. 18,9
Certos habebat dies ille magister voluptatis Epicurus quibus maligne famem ezstingueret, visurus an aliquid deesset ex plena et consummata voluptate, vel quantum deesset, et an dignum quod quis magno labore pensaret. Hoc certe in iis epistulis ait quas scripsit Charino magistratu ad Polyaenum; et quidem gloriatur non toto asse «se» pasci, Metrodorum, qui nondum tantum profecerit, toto. Epicuro, quel maestro del piacere, aveva dei giorni stabiliti in cui spegnere con parsimonia la fame, per vedere se mancasse qualcosa al piacere pieno e completo, o quanto mancasse, e se valesse la pena di compensarlo al prezzo di una grande fatica. Certo questo dice in quelle lettere che scrisse sotto l’arcontato di Carino (291/290?) a Polieno; e infatti si vanta di saziarsi con meno di un asse, mentre a Metrodoro, che non aveva ancora raggiunto questo grado di perfezione, occorreva tutto intero. F
Philod. Piet. 33, 937-940 [καὶ
πρὸς τὸν αὐτὸν [ἐπὶ Xaplvov: Tit] φ[ιλί_at φίλων] αὐτῶν. . e ancora allo stesso (Polieno) sotto l'arconte Carino (291/290?) l'amicizia con loro che sono amici.
(scrive): per
63 F Ed. 100 Us., 107 Arr. Philod. Piet. 29, 840-30, 845 Ent || δὲ Xapi[vou καὶ ἐπὶ
5
Διοτίμίου παραινεῖ τὴν xa[9' ἱερᾶς τραπέζης [ουνϑήκην μὴ παραβαίϊνειν.
E sotto l'arcontato di Carino (291/290?) e sotto quello di Diotimo (285/284) consiglia di non violare l'accordo della sacra mensa. 64 F Ed. 157 Us., 86 Arr. Philod. Piet. 30, 865-870
ἀλλὰ κα[ὶ πρὸς Tloλύαινον [cuveoptactia κἀν[ϑεοτήριa καὶ "rap τῷ[ν ϑεῶν
82
MARGHBRITA
5
BRBÌ
ἐπιμνηοτέίον..... τον πολλῶν [. ....
Ma (scrivendo) anche ἃ Polieno che anche le Antesterie dovevano essere celebrate
insieme e che è infatti necessario ricordare gli dei ... di molti ... 65 F Ed. 99 Us., 115 Arr.
Philod. Piet. 33, 932-937 xai Illodvatvor καϑαρὰν τ[ὴν ζωὴν
διηχέναι κ[αὶ διά5
Eeıv οὖν αὐτ[ῶι Μάτρωνι, ϑε[ῶν eteov ὄντων.
E a Polieno: che aveva vissuto ς doveva continuare a vivere una vita pura insie-
me a Matrone stesso, dal momento che gli dei erano propizi. 66 F Ed. 105 Us., 87 Arr. Theon Progymn. 71, 16-17
Λέγε δή uoc, Πολύαινε, óc χαρῶ, ὡς τέρψωμαι, ὥς μοι μεγάλη χαρὰ γένηται. ὡς χαρῶ, ὡς τέρψωμαι, ὥς μοι ex Armeniaca lectione Patillon (1997): ουναπέριμεν (sic) LPM
Dimmi, o Polieno, come sarò felice, come sarò lieto, come sarà grande la gioia per me.
Πρὸς Πυϑοκλέα 6T Ed. 161 Us., 118 Arr. Plut. Adv. Col. 1124C 1-6
Προπέτειαν δὲ καὶ λαμυρίαν ἐμποιεῖ νέοις 6 περὶ Πυϑοκλέους οὕπω γεγονότος ὀκτωκαίδεκα ἔτη γράφων οὐκ εἶναι φύειν ἐν ὅλῃ τῇ Ἑλλάδι ἀμείνω καὶ τερατικῶς αὐτὸν εὖ ἀπαγγέλλειν, καὶ πάσχειν αὐτὸς τὸ τῶν γυναιχῶν, εὐχόμενος ἀνεμέσητα πάντα εἶναι καὶ ἀνεπίφϑονα τῆς ὑπερβολῆς τῷ veavlcxo. Ispira nei giovani precipitazione e audacia chi scrive di Pitocle, non ancora diciottenne, che non esiste in turta la Grecia un ingegno migliore, che parla di lui in termini straordinariamente elogiativi e che prova i sentimenti propri delle donne, quando prega per il ragazzo che tutte le doti eccezionali non vengano biasimate e non suscitino invidia. 68 F Ed. 165 Us., 88 Arr. Diog.
Laert.
x 5, 35-57
Πρὸς δὲ Πυϑοκλέα ὡραῖον ὄντα καϑεδοῦμαι, φηςί, npocdoxav τὴν ἱμερτὴν καὶ ἰοόϑεόν cou elcodov.
TBSTO
83
E a Pitocle nel fiore degli anni: siederó, dice, in attesa del tuo gradito e divino ingresso. 69 T Ed. 162 Us. Alciphr. Ep. 17,3
Καὶ οωκρατίζειν καὶ ςτωμύλλεςϑαι Beier καὶ εἰρωνεύεοϑαι, καὶ ᾿Αλκιβιάδην τινὰ τὸν Πυϑοκλέα νομίζει. Vuole anche imitare Socrate, biade.
ciarlare, fingere ignoranza e considera
Pitocle un Alci-
70 Fa Ed. 163 Us., 89 Arr. Diog. Laert. x 6, 64-66
"Ev τε τῇ πρὸς Πυϑοκλέα ἐπιοτολῇ γράφειν παιδείαν δὲ nücav, μακάριε, φεῦγε τἀκάτιδον ἀράμενος. Nella lettera a Pitocle scrive: fuggi, o beato, a vele spiegate ogni genere di educazione. 70 Fb Ed. 163 Us. Plut. Non posse 1094C 3-8
Ταύτας μέντοι τὰς τηλικαύτας xal rocastac ἡδονὰς ὥςπερ τρέποντες οὗτοι καὶ ἀποςτρέφοντες οὐχ Lacu γεύεοϑαι τοὺς τοὺς μὲν ἐπαραμένονο τὰ ἀκάτια φεύγειν ἀπ᾿ αὐτῶν πάντες καὶ nica. δέονται δι’ Ἐπικούρου καὶ ἀντιβολοῦειν, ϑέριον καλουμένην παιδείαν. Questi (gli numerosi, ad alzare di Epicuro liberale.
devvdouc «ποταμοὺς» ἐχπληοιάςαντας αὐτοῖς, ἀλλὰ κελεύονοι. Πυϑοκλέους δὲ ὅπως οὐ ζηλώςει τὴν ἐλευ-
Epicurei) distogliendo e allontanando i loro seguaci dai piaceri cosi grandi e per cosi dire perpetui, non permettono loro di goderne, ma esortano alcuni le vele e a fuggire via lontano. Tutti e tutte pregano Pitocle per mezzo e lo scongiurano di non applicarsi nello studio della cosiddetta educazione
70 Fc Bd. 163 Us. Plut. Aud. poet. 15D 3-5
Πότερον οὖν τῶν νέων ὥςπερ τῶν Ἰθακηςίων σκληρῷ τινι τὰ ὦτα xal ἀτέγχτῳ κηρῷ xatanAdccovtec ἀναγκάζωμεν αὐτοὺς τὸ Ἐπιχούρειον ἀκάτιον ἀραμένους ποιητικὴν φεύγειν καὶ παρεξελαύνειν ... ; Forse imbottendo le orecchie dei giovani, come quelle degli Itacesi, di una cera dura e non ammollita, dovremmo costringerli, secondo il detto di Epicuro, alzata la vela, a
fuggire la poesia e navigare oltre ... ?
84
MARGHERITA
BRBÌ
70 Fd Ed. 163 Us. Quint.
Inst. or. X11 2, 23-24
Verum ex hoc alia mihi quaestio exoritur, quae secta conferre plurimum eloquentiae possit - quamquam ea non inter multas potest esse contentio; nam in primis nos Epicurus a se ipse dimittit, qui fugere omnem disciplinam navigatione quam velocissima iubet. Ma da qui nasce per me un'altra questione, quale scuola filosofica può recare i maggiori vantaggi all'eloquenza. A dir la verità la lotta non puó riguardare molte scuole; se cominciamo infatti da Epicuro è lui stesso ad allontanarci da sé, dal momento che ci comanda di fuggire da ogni tipo di dottrina con una navigazione più veloce possibile. 71 F Ed. 90 Arr. Philod. Div. xxxvi 2-9
, we Bel - - - Joxav τὸ δ᾽ al..... μὴ ἐνοχλήcecda rel... . ) μικρᾶς ἕνεκεν &Aa[vc)óc[e koc 5
πρὸς Πυϑ[οχκ]λέα [Aévecv:
ἂν [ἀνε]χώμεϑα [. . . .] τὴν μ[ετάπ]τως[(ν, οὐκ ἐνο[χ]λήοει. 8 paragraphon vidi
... di non farsi turbare ... per una piccola diminuzione dire a Pitocle: se sopportiamo ... il mutamento della fortuna, esso non ci molesterà. 72F Ed. 91 Arr.. Dem. Laco Op. inc. (PHerc. 1012) LXX 8-10
Ἡμεῖς 5[£), ὦ ΠυϑόxA[etc . . .7πη[. .] tocou(co]u Sé[ouev öcke καί. .)epo[. . . Noi invece, o Pitocle, siamo tanto lontani da ... che .. Πρὸς Τιμοκράτην 73 F
Ed. 197 Us., 92 Arr. Philod. Mem. Epic. x11 1-11
- - - καὶὶ T.o[oκράτει [8° ἰδὼν ὡς 1 ἡμεῖς [n&]vra
TBSTO
85
ταῦτα κ[ατὰ τ]ρόπον [.......... ϑα, ουλλάμβανε καὶ αὐτοῖο, οὐ μόvov διὰ τὴν οἰκειότητά [cou, ἀλλὰ
5
καὶ διὰ τὸ ἦϑος αὐτῶν ὅπίωο τῆς πάςης χορηγίαο τυγχάνως[ιν τῆς elle toltadra . ........ ] dpμοττούοης᾽ καὶ cò δὴ τοῖς ἄν ἐμπείρως cavröv χρήοιμ[όν τε] καὶ εὔνουν naplexoıc....
10
... € a Timocrate: avendo visto come noi tutte queste cose in modo ... aiuta anche loro, non solo per l'amicizia che nutri nei loro confronti, ma anche per la loro indole, affinché abbiano tutta l'assistenza ... adatta a tali circostanze. E tu certamente con esperienza potresti mostrarti a loro utile e benevolo ... 74T » 14 T
Πρὸς Φύροωνα 75 Fi Ed. 168 Us., 94 Art. Philod. Mem. Epic. xxiv 3-8
2... ] τὸ πρὸς τοὺς &cy[6AoT uc? auτῶι xal μνημονεύ[ει] κατὰ Ac6]τιμοίν] Ἐπίκουρος &p[xyo]vra τοῦ
βυβλ[ίου] Φύροωνι yo[Uv] γράφων: ἀπέςτειίλ)α ὃ [....... ) καὶ τὸ πρὸς τοὺὐ[ς ἀο]χ[όλους
5
... Epicuro (spedisce) a lui lo scritto Agli impegnati e menziona l'opera scrivendo ἃ Fir-
sone, sotto l’arcontato di Diotimo (285/284): spedii ... e lo scritto Agli impegnati ... 75 F2 Philod. Mem. Epic. xxiv 8-11
κ]αὶ κἄν 3j ]jvayxac-
5
τρό[πον] δεῖ. .) . nl: .]- Tel καὶ
τ[οῦτο]ν καὶ τοο[οὔτ])όν τε . . ‚me παί - - - nc [. -] ἐκεῖνος [ - - - Jeo Nuxav[o]p[. . . .. μι - - -
... € anche se costretto ... potresti arrivare a grandissimi mali ... questo modo e tanto grande ... se anche Nicanore ...
86
MARGHERITA
ERBl
76 F Ed. 169 Us., 93 Arr. Philod. Piet. 28, 797-29, 819 ἐπ᾿ "Aplıcro-
νύμου μὲγ γὰ[ρ] Püp-
5
10
15
οωνι περί τινος aùτοῦ πολείτου Beoδότου γράφων καὶ τῶν ἑορτῶν [φησι παροῶν ue[cecyrxéν[αι] x[. .Ἱμε[..... gel. . .}mal..... τοί.. .] τὴν τῶ[ν Xodiv ἑορτὴν [cuvεορτάζων καὶ [τὰ μνοτήρια ralcrıxà καὶ τὰς &A[Aac | ἐπὶ τὸν τε]θλιμμένον δεῖπνον, αὐτόν τε
δεῖν ταύτην ἄγειν τὴν ταῖς] εἰκάτοι διαφό-
20
ροιο εἰλ]απινα[ο]ταῖο, τῶν κατὰ) τὴν οἰκίαν ὅλως ὁςί]αν ἐπιλαμπρυvavıw)v, καὶ καλέςαντα πάντ]ας εὐωχῆσαι.
Sotto l'arcontato di Aristonimo (277/276) infatti scrivendo a Firsone a proposito di un suo concittadino, Teodoto, dice di aver preso parte a tutte le feste ... celebrando la festi-
vità dei Choes, e i misteri cittadini e le altre feste presso un frugale banchetto e (dice) che era necessario che lui celebrasse questo banchetto del ventesimo giorno per diverse categorie di convitati, mentre coloro che si trovavano nella
casa la decoravano con totale devozione, e che, fatti gli inviti, celebrasse la festa. Πρὸς Χαρίδημον 77Ε Ed. 153 Us., 117 Arr. Philod. Mem. Epic. x 3-6
τί... .] περὶ τῆς ᾿Αϑήνησιν adτοῦ παρουείας Χαρ[ιδή)μωι [γ]ρά9[ev]: x«ouca Aux[ou] - prciv - (ἥκει γὰρ πρὸο ἡμᾶο) ὅτι v[ea]vtexo[. . . ... riguardo alla sua presenza ad Atene scrive a Caridemo: sentii da Lico, dice, (infatti
giunto da noi) che giovane ...
TESTO
87
Multipli 78 F Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 xxv 31-36 ἐ-
Fat! [τρ]ίτου Διοκλέου[ς] ᾿Α-
γνᾳ {ξάρ)χωι καὶ "Apx[. . o. . . καὶ Λ]εοντίωι [Ypapkolv 5
re[........ kre, pretv, τῆς
>
vpal........ 1 xa9* ὁ[πόϊκοον 3 post τῆο signum vidi : τῆς γί. Vogliano (1928)
Sotto il terzo arcontato di Diocle (286/285) scrivendo ad Anassarco e a Arch[... e a Leonzio ... dice ... per quanto ...
79 F
Philod. Epic. 11, xx 1-11
re]||pi Κυζικηνοῦ τινος ἀςτρολογογ[ε]ωμέτρου παρίοnew [᾿ΑἹ]ρκεφῶντι καὶ τοῖς π[ερ]ὶ τὸν Ἰδομενέ5
19
a καὶ [Ale[o]vréa πορρω-
τέρωι προβαίνουρι πεet [τῆ k ἀναιρέσεως τῆς ᾿Απολῃλ]ων[{}δου.[.... ei... ]. . νοις [ὀκ νη "[ρ]οὺς φαί[ν]εται " Sucye"_platv[wh.
A proposito di un certo Ciziceno, un astronomo geometra, (Epicuro) fa presente ad Arcefonte, a Idomeneo, Leonteo e ai loro seguaci che si spingono troppo oltre a
proposito della confutazione di Apollonide ... egli appare infastidito per il loro esitare. 8o F1 Bd. 120 Us., 46 Arr. Plut. Non posse 1101A 3-B 5
Εἰ δὲ δεῖ npocdeivai τι τοῖς εἰρημένοις, ἐκεῖνό μοι δοκῶ λήψεοϑαι παρ᾽ αὐτῶν πρῶτον, ὅτι τοῖς ἀναιροῦει λύπας καὶ δάκρυα καὶ στεναγμοὺς ἐπὶ ταῖς τῶν φίλων τελευταῖς μάχονται καὶ λέγουσι τὴν εἰς τὸ ἀπαϑὲς καϑεοτῶοαν ἀλυπίαν ἀφ᾽ ἑτέρου κακοῦ μείζονος ὑπάρχειν, ὠμότητος ἢ δοξοκοπίας ἀκράτου καὶ Aócenc: διὸ πάοσχειν τι βέλτιον εἶναι καὶ λυπεῖοϑαι καὶ νὴ Δία λιπαίνειν τοὺς ὀφθαλμοὺς καὶ τήκεοϑαι, καὶ 6ca δὴ παϑαινομένοις γράφοντες ὑγροί τινες εἶναι καὶ φιλικοὶ δοκοῦσι. ταῦτα γὰρ ἐν ἄλλοις τε πολλοῖς Ἐπίκουρος εἴρηκε καὶ περὶ τῆς Ἡγηοσιάνακτος τελευτῆς πρὸς
88
MARGHERITA
BRBÌ
Aucideov τὸν πατέρα γράφων καὶ Πύροωνα τὸν ἀδελφὸν τοῦ τεϑνηχότος. ἔναγχος γὰρ κατὰ τύχην τὰς ἐπιοτολὰς διῆλθον αὐτοῦ. Auctdeov Usener (1887) : δοοίϑεον E : (ωοίϑεον gc Pohlenz (1959?)
Se bisogna, però aggiungere qualcosa a ciò che si è detto, credo che trarró da loro in primo luogo questo argomento, che combattono chi elimina dolori, lacrime e gemiti per la morte degli amici, e sostengono che l'assenza di dolore che riduce all'insensibilità dipenda da un altro male piü grave: crudeltà o insaziabile desiderio di gloria e follia; per questo è meglio soffrire e addolorarsi e, per Zeus, avere gli occhi bagnati e struggersi e tenere quegli atteggiamenti di compassione per i quali scrivendo a chi è turbato alcuni sembrano essere teneri e amorevoli. Questo, infatti, disse Epicuro in molte altre occasioni e anche quando scrive a proposito della morte di Egesianatte a Dositeo, suo padre, e al fratello Pirsone. Poco fa infatti mi è capitato di scorrere le sue lettere. 8o F2 Diog. Oen. 128 1 10-11 3
[- - - τί οὖν κέρδος πρόο] | ectıv, ὦ Δωοίίϑεε, τῇ ἐπιϑυ-
μίᾳ τῇδε τοῦ co[U υἱοῦ, νὴ τὸν Διόνυσον; . dunque quale beneficio, o Dositeo, & connesso al desiderio per tuo figlio, per Dioniso? 81T = 15 FA 82 T Ed. 156 Us., 67 Arr. Script.
Epic.
inc. (PHerc.
176) 5 XXIV
4-16
ὅλως δὲ τοιούτος Γἤἠ "ϑεοί τε καὶ πάϑεct καὶ ταῖς πρὸς ἕκαοτον ἐ-
πιδεξίοις ὁμιλίαις ἐκέχρη5
i10
to Πολύαινος ὥςτε καὶ
τοὺς ἀπὸ τῶν ἄλλων φιAocópov εὐμενεῖς κατεοκευΓα κέναι πρὸς ἑαυτὸν οὐ uóvo[v τ]οὺς ἀπὸ τῆς Ποικίλης Croäc, ὑπὲρ ὧν καὶ Ἐ.πίκουρος ἔγραψεν ἐπί γε Φιλίππου πρὸς αὐτὸγ [κ]αὶ Λεον[τέα
11 paragraphon vidi, επιτε P, ἐπέ γε scripsi : ἐπί [y]e Gomperz (1866b, ora in 1993) : ἐπέ γε Gigante (19812) : ἐπί τε dubit. Vogliano (1928)
... assolutamente inoltre Polieno si serviva di modi e tali atteggiamenti, e di conversazioni garbate con ciascuno così che si è procurato la benevolenza anche dei discepoli
TBSTO
89
degli altri filosofi, non solo di quelli provenienti dalla Stoa Pecile, sui quali scrisse anche Epicuro sotto l'arcontato di Filippo (292/291) a lui e a Leonteo ... Gruppi Πρὸς τοὺς ἐν Αἰγύπτῳ φίλους (ἢ) 83T=84T
Πρὸς τοὺς ἐν "Acta φίλους 84T Ed. 106-107 Us., 98 Art. Plut. Lat. viv. 1128F 1-1129A 3
Kal ceautiò πρῶτον, Ἐπίκχουρε, μὴ γράφε τοῖς ἐν "Acia φίλοις μηδὲ τοὺς dr’ Αἰγύπτου ξενολόγει μηδὲ τοὺς Λαμψακηνῶν ἐφήβους δορυφόρει᾽ μηδὲ διάπεμπε βίβλους, näcı καὶ nacacc ἐπιδεικνύμενος τὴν ςοφίαν, μηδὲ διατάοοου περὲ ταφῆς. Anche a te stesso prima di tutto (raccomandalo), Epicuro, non scrivere agli amici d’Asia, non reclutare seguaci in Egitto, non fare lo scudiero degli efebi di Lampsaco, non mandare libri, mostrando la tua sapienza a tutti e a tutte, non dare disposizioni sulla tua sepoltura. Πρὸς τοὺς tv Λαμψάκῳ φίλους ὃς Fı Bd. 108 Us., 96 Arr. Philod. Div. xxxv 33-42
4
(διὰ τὸ univ ὅλως ἀπεργάίζεοϑαι μένειν ἐπὶ χώρας ἐ&couev: τὸ μὲν δὴ πρὸς τοὺὐ[ς] ἐν Λαμψάκωι φίζλους ἐπὶ Φιλίππου καὶ πάν-
10
[τως ἀ)ποδεξόμεϑα᾽ καὶ γὰρ οὐδὲ τὴν πενίαν - εἶπε μόνον, ἀλλὰ τὰς è[pyaοἷας [κ]αὶ λατρείας
... per il non averlo completato del tutto, lasceremo che rimanga al suo posto; ma quello che (scrisse) piuttosto agli amici di Lampsaco sotto l'arcontato di Filippo (391/290) lo accoglieremo completamente; e infatti disse che non solo la povertà, ma le difficoltà e gli stati di schiavitù... 83 Rz Philod. Div. LvI 25-32
[- - - εἰς τὴν εὐδαι-} plobiav οἱ - - -
. «}ov ἀλλί - - ἐν τῆι πρὸς τοὺς Λαμίψα-
w^
90
MARGHERITA
BRBÌ
χηνοὺς φίλους ἑκατίέρου ἐπὶ toy ο[ο]φῶν ἰοτα[μένου λέγεται μετὰ τῆς αυ-
TEE ].8euc τοῦ δια... 4-5 πρὸς τοὺς Λαμ[ψα) κηνοὺς vidi et scripsi : nplöc τοὺς Λ]αμίψα) κηνοὺς Tepedino Guerra (1978) 5“ ἑκατ[έρου) legi et supplevi : exa[. . . .] Tepedino Guerra (1978) — 6-7 ἐπὶ tisy c(o)póv leva [u£)|vou λέγεται legi et supplevi : ἐπὶ τ. (.) ο[ογφῶν total. .]]|vou del. . .). Tepedino Guerra
(1978) .. per la felicità ... nella (lettera) agli amici di Lampsaco, ponendosi ciascuna delle due cose dinanzi ai sapienti, si dice con ... 86 F Ed. 109 Us., 97 Arr. Philod. Mem. Epic. vit 2-11
5
- - - kev κατὰ τὰ ἐν "Kult e Je.[. . (ως ἐπιμεληϑείς. in Εὐϑ[ίου]) δὲ περὶ τῆς alpéceoc αὐτοῦ διαςαφεῖ τοῖς ἐν Λαμψάxat φίλοίις ἐπι Κτέλλων- ἠκούςα-
10
π.[τ---}]..[..]9[..... ...}] ὥστε n([ ..... 1η.].α..νὴ μενα, ου[να͵χϑόμεϑα τῆι παρὰ τάἀνδρ[ὸς...... bl.
μεν γὰρ [ὅτι] δὴ Acovi[edc] πάντία .[....
.. riguardo ai fatti di Cizico preoccupandosi. Sotto l'arcontato di Eutio (283/282) illustra i motivi della scelta di Leonteo scrivendo agli amici di Lampsaco: sentimmo infatti che Leonteo ... tutto ... cosicché ci addoloriamo per ... da parte dell’uomo ... 87 F Ed. 189 Us. Plut. Non posse 1090E 5-9
ὍὌχλων δὲ ϑυμοὺς καὶ Ancrav ὠμότητας καὶ κληρονόμων ἀδικίας, ἔτι δὲ λοιμοὺς ἀέρων καὶ 9&Aaccav ἐριβρύχην, ὑφ᾽ ἧς "Enixoupoc ὀλίγον &Bérce καταποϑῆναι πλέων εἰς Λάμψακον, ὡς γράφει, ti &v λέγοι τις; ϑάλαοσοαν ἐριβρύχην Bignone (1973) : 8&Aaccav εὐβραγκήν Xgc : ϑάλαςοαν εὐβραγκήν a : ϑάAaccav εὐκράγκεν B? : 8dXaccav εὐράγκεν Bp : 6á&Aaccav | εὐβραγκήν Pohlenz (1959*) : 9άAaccav ἐρίβρυχον Reiske (1778) : ϑαλάςςης σήραγγας Usener (1887) : Aaccav Ba ἄμπωτιν Einarson, De Lacy (1967) ic B : alc Xagc Usener (1887)
Cosa direbbe qualcuno della collera delle folle, della ferocia dei ladri e dei soprusi degli eredi, ancora poi delle sciagure delle nebbie e del riflusso del mare dal quale Epicuro per poco non venne inghiottito, mentre navigava alla volta di Lampsaco, come scrive?
TESTO
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Πρὸς τοὺς ἐν Μυτιλήνῃ φιλοοόφους 88 Fı Ed. 114 Us., 103 Arr. Sext. Emp. Adv. Math. 1 4, 20-24
Qwci γοῦν ἐν τῇ πρὸς τοὺς ἐν Μυτιλήνῃ φιλοοόφους ἐπιοτολῇ οἶμαι δὲ ἔγωγε τοὺς Bapuctövouc xai μαϑητήν με δόξειν τοῦ πλεύμονος εἶναι, μετὰ μειρακίων τινῶν κραιπαλώντων ἀκούσαντα, νῦν πλεύμονα καλῶν τὸν Naucıpavnv ὡς ἀναίοϑητον. Dice infatti nella lettera Αἱ filosofi di Mitilene: io penso che questi che hanno la voce potente crederanno che io sia scolaro del mollusco, avendolo ascoltato in mezzo a dei giovinastri ebbri, ora appellando Nausifane mollusco in quanto privo di sensibilità. 88 F2 Ed. 114 Us., 103 Arr. Sext. Emp. Adv. Math. 1 4, 24-5, 6
Qnci γοῦν ἐν τῇ πρὸς τοὺς ἐν Μυτιλήνῃ φιλοςόφους ἐπιοτολῇ ... καὶ πάλιν προβὰς πολλά te κατειπὼν τἀνδρὸς ὑπεμφαίνει τὴν ἐν τοῖς μαϑήμαοιν αὐτοῦ προκοπὴν λέγων
καὶ γὰρ πονηρὸς ἄνθρωπος ἦν καὶ ἐπιτετηδευκὼς τοιαῦτα ἐξ ὧν οὐ δυνατὸν εἰς οοφίαν ἐλϑεῖν. Dice infatti nella lettera Ai filosofi di Mitilene ... e subito dopo, nel formulare contro l'uomo molte accuse, mette in evidenza la sua abilità negli studi liberali dicendo: Infatti era anche un uomo spregevole e dedito a quelle occupazioni a partire
dalle quali non & possibile raggiungere la saggezza. 88 F3 Ed. 145 Us., 101 Arr. Diog. Laert. x 6, 68-7, 79
Kal μὴν xai Τιμοκράτης ἐν τοῖς ἐπιγραφομένοις Εὐφραντοῖς ... φηςὶ ... μνᾶν τε ἀναλίοκειν Auepnciav εἰς τὴν τράπεζαν, ὡς αὐτὸς ἐν τῇ πρὸς Λεόντιον ἐπιοτολῇ γράφει καὶ ἐν ταῖς πρὸς τοὺς ἐν Μυτιλήνη φιλοςόφους. B Timocrate negli scritti (intitolati) Delizie ... dice ... che Epicuro spendeva una
mina al giorno per imbandire la tavola, come scrive lui stesso nella lettera a Leonglo e in quelle Ai filosofi di Mitilene. 88 F4 Ed. 113 Us. Diog. Laert. x 8, 87-91
Kal αὐτὸν Ἐπίκουρον ἐν ἐ λαῖς περὶ Ν λέγειν" ταῦτα ἤγαγεν αὐτὸν εἰς ἔκοταοιν τοιαύτην, dicte μοι λοιδορεῖοϑαι καὶ ἀποκαλεῖν διδάσκαλον. πλεύμονά τε αὐτὸν ἐκάλει καὶ ἀγράμματον καὶ ἀπατεῶνα καὶ πόρνην.
92
MARGHBRITA
BRBÌ
E lo stesso Epicuro di Nausifane nelle lettere diceva: ció lo portó a un tale stato
di agitazione da ingiuriarmi e da appellarmi maestro; e lo chiamava mollusco, illetterato, ingannatore e prostituta. 88 Fs Ed. 111 Us. Diog. Laert. x 136, 1590-1595
Διαφέρεται δὲ πρὸς τοὺς Κυρηναϊκοὺς περὶ τῆς ἡδονῆς ol μὲν γὰρ τὴν χαταοτηματικὴν οὐκ ἐγκρίνουοι, μόνην δὲ τὴν ἐν κινήςει" ὁ δὲ ἀμφότερα ψυχῆς καὶ οώματοο, ὥς φηςιν ἐν τῷ Περὶ αἱρέςεως καὶ φυγῆς καὶ ἐν τῷ Περὲ τέλους καὶ ἐν τῷ α΄ Περὶ βέων καὶ ἐν τῇ πρὸς τοὺς ἐν Μντιλήνῃ φίλους ἐπιοτολῇ. Riguardo al piacere (Epicuro) prende le distanze dai Cirenaici. Questi ultimi, infatti, non ammettono il Piacere catastematico, ma soltanto quello che consiste in un movi-
mento. Epicuro invece ammette entrambi i piaceri, sia dell'anima, sia del corpo, come afferma nell'opera Su ció che va scelto e ció che va evitato, nel trattato Sul fine e nel primo libro dello scritto Sui generi di vita e nella lettera Agli amici di Mitilene. 88 F6 Ed. 104 Arr. Philod. Adversus 116, 1-8 ἐ-
5
v] ταῖς ἡμερ[οκ]ωμίαι[ς ἐν Τέωι cucxöuevoc π[ερὲ τοῦ οοφιοτεύοα[ν)τος τάν[αExyöpou ἀναγι[ν)ῴοκονtoc καὶ Ἐμπεδο[κλ]έους καὶ περὶ ταῦτα t[e]pdpe[voμένου
xatatetapévol[c.
... io che ero occupato nei banchetti quotidiani a Teo intorno a costui (Nau-
sifane) che insegnava alla maniera dei sofisti leggendo i libri di Anassagora e di Empedocle e che si dava premura di fare uso su queste questioni di una stupefacente sottigliezza. 88 F7 Ed. 104 Arr. Philod. Adversus 116, 9-13
ἣ πάλιν" ὁ τοὺς Ἕρμοκοπίδας ἐν Temi» ου[ο]τήοας κατὰ Δ]ημόκριτον καὶ
Λεύκιπ)πον πραγματευ5
[ομένουο - - -
O ancora egli che radunó a Teo gli Ermocopidi che filosofavano secondo i precetti di Democrito e Leucippo ...
TBSTO
Πρὸς τοὺς ἐν (άμῳ φίλους 89 F Epic. Ep. (POxy. 5077) 1 1-11
_ c. 4].α [c. 13 οϑε, &énocréA[Ae]ce xai πρὸς Λεοντέα ἵνα x[&]xetvoc ἀπογράψηται, καὶ τὸ ἀντίγραφον κέλευε οώζει(ν) ἵνα καὶ οἱ λοιποὶ ἔχωμε(ν)
.χρῆοϑαι᾽ ἔτι δὲ γίνωοκε ὅτι τοῦ Ἐλαφηβολιῶνος ἀροῦμεν διὰ νήσων, ὥοτ᾽ ἀπαντᾶν ἐπὶ (άμου κα-
λῶς καὶ ἡδέως καὶ μακαρίως ὑπάρχει cot καὶ παν-
τὶ τῷ; εὐκαιροῦντι cóy 15
20
τὰ ὅλ[α δε]χομένων dua διαϑ[εω)ρεῖ[ν) τὰ [ἔκαοτα ὧν [cor ἀπαγγέλλω καὶ αὐτ[οῖς ἄ)δηλον ὡς ουλ_Aoyliloufer. Τὰ τ΄ δ’ ἐπιοτολὰς [.-.. τε προοί...7.1.. τε ἀ[πεοτ]αλμένη[. .....
.arl. . π]ρὸς u[
25
δω[.. .]... [αἱ tracal[. . .]αι πρὸς [ γράψῳ [tofic φίλοις [. . . ρον τ΄οι.[.. ..ταπωί τὸ βιβ[λίον.}.[.}.ἐν Ἱναιδοοί J.e rour.[ 1. xe
Ht
30
11 wracl xacel 35
Jpop.[ ..).at[ ex
.f
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94
10
MARGHBRITA
BRBÌ
[1
I 2 ἀποοτέλ[λε]τε Angeli (2013) : drroctei[Aa]}ce Obbink, Schorn (2011) 14 τὰ 6Ma Angeli (2013) : r&p[& Obbink, Schorn (2011) 15 διαθ[εω]ρεῖ[ν] τὰ Hammerstaedt apud Angeli (2013) : διαϑίεω)ρίοῦμτα Obbink, Schorn (2011) 16 [cot] Angeli (2013) : [ἐγὼ] Obbink, Schorn (2011) 17-18 ουλ[λαγ[ίζομ)ει proposui : cyAlAaylierja; Obbink, Schorn (2011) : Al dalyÀ Eerlar Angeli (2013) 18 τὰς΄ $’Angeli (2013) : ἃς [5'] Obbink, Schorn (2011) 19-25 pap. : [ἐλά]Bete πρόο(ϑε) ς΄, [τήν] | te ἀ[πεοτ)κλμένηϊν παρὰ) | ἐμίοῦ π)ρὸς Μ[ιϑρῆν, ἵν’ τ δωίοιν) καὶ ἐ[πὶ τὰς αἰ) τίας, äfc κα]ὶ πρὸς [NN] | γράψῳ [rofc φίλοις [Ete]]pév ‘c’ot.(. . .].uarw{ Obbink Schorn (2011) : πέμπ)ετε πρὸς α[ὐτ] δ΄ ν [ὥςτε ἀ(πεοτ]αλμένηίς λοιδορο]τάτίης x)Jeóc μίε καὶ Μητρό) δω[ρόν ru’ Ana &v μὴ αἰ) τιάςα[ςϑ)αι" πρὸς [τούτοις] | γράψῳ (τοῖς φίλοις [Ucte)ledév "c^oc.(. . .). .anw[... .) Angeli (2013)
.. mandate anche a Leonteo perché anche lui faccia una trascrizione e invitalo a conservare l'antigrafo affinché anche noi altri possiamo usarlo. Sappi, inoltre, che nel mese di Elafebolione salperemo viaggiando per le isole, così che a te e a ognuno che ne abbia l'opportunità, fra quelli che accolgono i principi generali della mia dottrina, sia possibile incontrarci a Samo in modo adatto,
con piacere e in beatitudine ed esaminare a fondo insieme ciascuna delle questioni che ti annuncio e per questi non è chiaro come le spiego. Le lettere poi ... a... inviata ... scriverò agli amici ... libro ... Πρὸς τοὺς μεγάλονς (?) 9o T Ed. 104 Us., 100 Arr. Philod. Piet. 37. 1066-1071 κἀγ ταῖς ἐ[πι]οτολα[]ς
5
μέντοι ταῖς πρὸς τοὺς μεγάλους óp[oλογεῖν ἔοικεν aù-
té .. e nelle lettere ai grandi sembra ammettere ciò ...
TBSTO
95
Τοῖς Μενοικέωο υἱοῖς 91F Philod. Adversus 114, 11-13
ἐπ᾽ Ἰοαΐου [δὲ tot) Μενοικέως vio[tc:
ουμφΊ]έρει νομιοαντί.... Sotto l'arcontato di Iseo (284/283) ai figli di Meneceo (scrive): conviene ... DESTINATARI 92 Tiab
NON IDENTIFICABILI
= 96 Fı (1)-96 F2 (6-7)
92 T2ab = 75 F1 (1-4)-75 F2 (5-6) 93 Fia Ed. 171 Us., 102 Arr. Athen. Deipn. VIII 354B 1-8
Καίτοι εἰδὼς καὶ Ἐπίκουρον τὸν piAaindecrarov ταῦτ᾽ εἰπόντα περὶ αὐτοῦ ἐν τῇ περὶ ἐπιτηδευμάτων ἐπιοτολῇ, ὅτι καταφαγὼν τὰ πατρῷα ἐπὶ crpatelav ὥρμησε καὶ ὅτι ἐν ταύτῃ κακῶς πράττων ἐπὶ τὸ φαρμακοπωλεῖν TA9ev: εἶτα ἀναπεπταμένου τοῦ Πλάτωνος περιπάτου πᾶοι παραβαλὼν ἑαυτὸν προςεκάϑιοε τοῖς λόγοις, οὐκ ὧν ἀφυής, καὶ κατὰ μικρὸν εἰς τὴν ϑεωρουμένην ἔξιν ἦλϑεν ... räcı Mulvany (1926) : φηοί ACE
Kaibel (1887)
ἕξιν ἦλϑεν Usener (1887) : ἐξῆλθεν A Kaibel
(1887) Certo sapendo che anche Epicuro, lui che fu amante del vero piü di ogni altro, disse queste cose a proposito di lui (Aristotele) nella lettera Sulle occupazioni: che dopo aver dissipato l'eredità paterna entró nell'esercito e poiché anche li se la passava male, si mise a vendere farmaci; poi quando Platone apri la sua scuola a tutti consacrandosi a quella si occupó di discorsi, non essendo un inetto, e a poco a poco assunse l'atteggiamento contemplativo ... 93 F1b Ed. 171 Us. Aristocl. F 2, 1 Chiesara
Πῶς γὰρ οἷόν re, xa8&nep puciv Ἐπέκουρος ἐν τῇ περὶ τῶν ἐπιτηδευμάτων ἐπιοτολῇ, νέον μὲν ὄντα καταφαγεῖν αὐτὸν τὴν πατρῴαν oùciav, ἔπειτα δὲ ἐπὶ τὸ οτρατεύεοϑαι ουνεῶοϑαι, κακῶς δὲ πράττοντα ἐν τούτοις ἐπὶ τὸ φαρμακοπωλεῖν ἐλϑεῖν, ἔπειτα ἀναπεπταμένου τοῦ Πλάτωνος περιπάτου nic. παραβαλεῖν αὑτόν; Com’? possibile che, secondo quanto afferma Epicuro nella lettera Sulle occupazioni, da giovane (Aristotele) abbia dissipato il patrimonio, poi si sia dedicato alla
vita militare, in seguito, poiché a lui andavano male le cose, si mise a vendere farmaci e, poi, quando Platone apri la sua scuola a tutti, vi abbia preso parte?
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MARGHERITA
BRBÌ
93 Fic Ed. 171 Us., 101 Arr. Diog. Laert. x 8, 87-94
Καὶ αὐτὸν Ἐπίκουρον ἐν Enıcrodatc ... ᾿Αριοτοτέλη dcwrov, καταφαγόντα τὴν πατρῴαν οὐςίαν οτρατεύεοϑαι καὶ φαρμακοπωλεῖν.
Ε Epicuro nelle epistole (chiamava) ... Aristotele dissoluto il quale, dopo aver divorato i beni paterni, passö a fare il soldato e a vendere farmaci. 93 Fıd Ael. Var. Hist. 5, 9
᾿Αριοτοτέλης dcwreucduevoc τὰ ἐκ τοῦ πατρὸς χρήματα ὥρμησεν ἐπὶ οτρατείav, εἶτα ἀπαλλάττων καχῶς ἐν τούτῳ, φαρμακοπώλης ἀνεφάνη. παρειςρυεὶς δὲ elc τὸν Περίπατον καὶ παρακούων τῶν λόγων, ἀμείνων πεφυκὼς πολλῶν εἶτα ἕξιν περιεβάλετο, ἣν μετὰ ταῦτα ἐκτήσατο. Aristotele dopo aver dissipato i beni avuti in eredità dal padre si arruoló nell'e-
sercito, poi, poiché andó a finire male in questa attività, si improvvisó venditore di farmaci. Infiltrandosi poi nel Peripato e ascoltando per caso i discorsi, essendo per natura migliore di molti, poi raggiunse quel livello intellettuale
che in seguito fu sempre suo. 93 F2a
Ed. 172 Us., 102 Arr. Athen. Deipn. vut 354C 4-10
... ἐν δὲ τῇ αὐτῇ ἐπιοτολῇ ὁ Ἐπίκουρος xai Πρωταγόραν φηςὶ τὸν coptctrjv ἐκ φορμοφόρον καὶ ξυλοφόρου πρῶτον μὲν γενέοϑαι γραφέα Δημοκρίτου. ϑαυ-
μαοϑέντα δ᾽ ὑπ᾽ ἐκείνου ἐπὶ ξύλων τινὶ ἰδίᾳ ουνϑέςει ἀπὸ ταύτης τῆς ἀρχῆο ἀναληφϑῆναι ὑπ᾽ αὐτοῦ καὶ διδάοκειν ἐν κώμῃ τινὶ γράμματα, dp’ ὧν ἐπὶ τὸ ςοφιοτεύειν ὁρμῆςαι.
... nella stessa epistola Epicuro dice che anche Protagora il sofista, dapprima facchino e portatore di legna, diventò segretario di Democrito; Protagora, ammirato da lui per il modo particolare di disporre i pezzi di legno, venne preso
con sé da quello e fu poi maestro di scuola in un villaggio e in seguito si diede alla sofistica. 93 Fab Ed. 172 Us., 101 Arr. Diog. Laert. x 8, 87-96
Kal αὐτὸν Ἐπίκουρον ἐν ἐπιοτολαῖς ... φορμοφόρον τε Πρωταγόραν xai γραφέα
Δημοκρίτου καὶ ἐν κώμαις γράμματα διδάοκειν. E Epicuro nelle lettere (chiamava) ... Protagora facchino e scribacchino di Demo-
crito e asseriva che era un maestro di scuola nei villaggi.
TBSTO
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Diog. Laert. ıx 53, 38-41
Καὶ πρῶτος τὴν καλουμένην τύλην, ἐφ᾽ ἧς τὰ φορτία factatouciv, εὖρεν, ὥς φηςιν ’AptetoteAne ἐν τῷ Περὶ παιδείας" φορμοφόρος γὰρ ἦν, ὡς καὶ Ἐπίκουρός πού φηει. Per primo inventó il cosiddetto cercine, che & l'oggetto su cui si portano i carichi, come
afferma Aristotele nel suo trattato Sull’educazione: infatti era un facchino come attesta anche Epicuro da qualche parte. T Ed. 173 Us. Anecd. Gr. Par. 1171, 31-172, 2.
Ὅτι ἐν τῷ ἐπιγραφομένῳ Μεγάλῳ λόγῳ ὁ Πρωταγόρας εἶπε, "póceoc xal ἀοκήςεως διδαςκαλία δεῖται" καὶ ἀπὸ νεότητος δὲ ἀρξαμένους δεῖ μανϑάνειν-" οὐκ ἂν δὲ ἔλεγε τοῦτο, εἰ αὐτὸς ὀψιμαϑὴς ἦν, ὡς ἐνόμιζε καὶ ἔλεγεν Ἐπίκουρος περὶ Πρωταγόρου. Poiché nell'opera intitolata Grande discorso Protagora disse: “l’istruzione necessita di doti naturali e di esercizio; bisogna inoltre imparare incominciando da giovani”. Dunque non avrebbe detto questo se egli stesso avesse ricevuto tardivamente la sua educazione, come riteneva e diceva Epicuro riguardo a Protagora. 94 T - 49 T 95 F1 Ed. 175 Us. Sen. Luc. 9, 8 Sapiens etiam si contentus est se, tamen habere amicum vult, si nihil aliud, ut exerceat
amicitiam, ne tam magna virtus iaceat, non ad hoc, quod dicebat Epicurus in hac ipsa epistula, ut habeat qui sibi aegro adsideat, succurrat in vincula coniecto vel inopi, sed ut habeat aliquem cui ipse aegro adsideat, quem ipse cirrumventum
hostili custodia liberet. Il saggio, infatti, anche se trova la gioia in se stesso, tuttavia vuol avere un amico, se non altro per godere dell'amicizia affinché una virtù così grande non resti inoperosa; e non per questo corne diceva Epicuro in questa stessa lettera, per avere chi lo assista quando è malato, chi lo aiuti quando è in prigione o in povertà, ma per avere lui
qualcuno da assistere quando è ammalato, per liberarlo quando è prigioniero.
Sen.
Luc.
9, 18
Nihilominus cum sit amicorum amantissimus, cum illos sibi comparet, saepe praeferat, omne intra se bonum terminabit et dicet quod Stilbon ille dixit, Stilbon quem Epicuri epistula insequitur. Hic enim capta patria, amissis liberis, amissa uxore, cum ex incendio publico solus et tamen beatus exiret, interroganti Demetrio,
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MARGHBRITA
BRBÌ
cui cognomen ab exitio urbium Poliorcetes fuit, num quid perdidisset, “omnia" inquit "bona mea mecum sunt". E tuttavia pur amando molto gli amici, che mette sul suo stesso piano, e che spesso antepone, il saggio delimiterà in sé ogni bene e ripeterà le parole di quel famoso Stilpone, di cui si occupa la lettera di Epicuro. Costui, infatti, dopo la caduta della sua città, persi figli e moglie, usci da solo, e tuttavia beato, dall'incendio comune; a Demetrio, il quale ebbe poi il soprannome di Poliorcete per le città da lui distrutte, che a lui chiedeva se avesse perso qualcosa, rispose "tutti i miei beni li ho con me."
95 F3 Sen. Luc. 9, 20
Ne existimes non solos generosa verba iactare: et ipse Stilbonis obiurgator Epicurus similem illi vocem emisit, quam tu boni consule, etiam si hunc diem iam expunzi. Si cui inquit sua non videntur amplissima, licet totius mundi dominus sit, tamen miser est. Non pensare che non solo noi pronunciamo nobili parole: e lo stesso Epicuro che pure criticó Stilpone espresse una dichiarazione simile e tu prendila per buona, anche se oggi ho già pagato il mio debito. Se pure è padrone del mondo intero, disse, è un infelice l'uomo che non giudica ingentissimi i propri beni. 95T Ed. 174 Us., 132 Arr. Sen. Luc. 9, 1
An merito reprehendat in quadam epistula Epicurus eos, qui dicunt sapientem se ipso esse contentum et propter hoc amico non indigere, desideras scire. Hoc obicitur Stilboni ab Epicuro et iis quibus summum bonum visum est animus inpatiens. Forse tu vorrai sapere se Epicuro ha ragione quando riprende in una sua lettera coloro che dicono che il saggio trova la gioia in se stesso e per questo non ha bisogno di amici. Ciò viene rimproverato da parte di Epicuro a Stilpone e a coloro i quali il sommo bene parve consistere nell'avere un'anima insensibile. 96 Pi Ed. p. 145 adn. Us., 119 Arr. Philod. Mem. Epic. xxv 2-3
.. 7 ἡ περὶ τῶν Γἀςχολιῶἵν τότ᾽ ἐ]γρά-
[pn] ... fu scritta allora la lettera Sugli impegni ... 96 F2 Ed. p. 145 adn. Us., 119 Arr. Philod. Mem. Epic. xxv 3-17
καὶ προο[ακή]κοΓα ᾧ ἴς cu x]€'tpcc ἥδειον ἂν E[E de Lay αὐτῶι
TBSTO
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γεγονότι τῆς πρότερον [ἐπι]φανείας τὴν φιλίαν ουνάψαι ul... 1α[.. .] χράω Sè a ἀνδρ[ϊ rp[ök ὃν ἡ nlept] τῶν ἀ[ο]χο[λ]ιῶν ἐκ γζάμου" ἐπιοτολὴ ἐγράφη [. . . . of à Y’ap τὰς τυχούοας ὑπὲ[ρ ἐμοῦ γφων "ὰς Κωλώτης ἀνήγγ[ε]λ[λεν ἀλλ’ ἀνταξίας ἥπερ εἰ τ[ὰ] Tavτάλου τ[άλαντα [τ]ὰ δῆ[9]ε vép[oνϑ’ ὑ[π]εδωρεῖτο. οὖν Γἑταίρ [oc λέγω ἄνουν, ἔγωγ᾽ αὐτῶι, μὴ [xappncracar μοι κατ᾽ ἄζλ]λας π[ράξεις
5
10
is — [xJenciuex γεν[ομένω]ι μηδῖ..... ... € ho sentito inoltre che tu cerchi più volentieri di stringere amicizia con lui che è diventato privato cittadino, lontano dallo splendore di prima ... ma io procuro all’uomo al quale fu scritta da Samo la lettera Sugli impegni ... infatti Colote riferì le (sue) parole su di me, che non erano parole qualsiasi, ma equivalenti come se avesse donato i talenti di Tantalo, proprio pieni. Voglio dire, io a lui, che non ha senso non parlare liberamente con un amico, con me che
gli sono stato utile per altre faccende ... 97 F Philod. Adversus 81, 9-12 . των’
ἐπ᾽ ’A[- - -
8é-] περὶ μέντοι γε [βυβλίων τάδ᾽ ἐς ὑγίε[ιαν] ἧκᾳ [δι᾿ ἐκείνω[ν]. Sotto l'arcontato di ... : riguardo dunque ai libri, questi ho inviato per la tua salute attraverso quelli. 98 F Ed. 99 Us., 115 Arr. Philod. Piet. 33, 929-932
κἂν πόλ[ε]μίος ἦι,
δεινὸν οὐκ Av Éxcecϑαι, ϑεῶν elAe[wv ὄν_των. ... se anche ci sarà una guerra, non si verificherà niente di terribile, se gli dei sono propizi. 99 F Ed. 101 Us., 105 Arr.
Philod. Mem. Epic. xiv 11-12
100
MARGHBRITA
ERB]
ἐπ’ Ὀλυμπιοδώρου(. ... t[...Jotte[.... Ja δὲ γράφων ... sotto Olimpiodoro (294/293?) ... scrivendo ... 100 F Ed. 97 Us., 108 Arr. Philod. Div. xxxiv 7-14
ἐπὶ δὲ Χαρίνου [... πάντία 8c... .7 γεοτί.ατί...
πενίαν μηδὲ [. -JLecato ul .k τὸ δὴ Xévous[v ..
s
εἰς με[τ]άϑεοιν ὅλην τῆς 6A[nc] ὑπ[άρξεως &_Eeı. ... sotto Carino (291/290?) ... tutto... povertà neppure... diciamo ... condurrà
verso un cambiamento completo dell'intera realtà. 101 Ε-
63 F
102 Ε Ed. 102 Us., 110 Arr. Philod. Mem. Epic. xxxit 14
ἐπὶ δ’ Ἰοαίου xal yéypagev.[. . ... Sotto l'arcontato di Iseo (284/283) ha scritto anche ... 103 F Ed. 149 Us., 116+ 80 Arr. Philod. Mem. Epic. xxvin 2-9
καὶ δεηϑέντος μου prda"v8 [p]loFre
[ec] Bar? δ[ιὰ παντὸς πρὸς Mlı]-
ϑρῆϊν]. ἡνίκα ἔζη [Λγνείμαχο[ο] χρή-
5
οἰμον οἰόμενο[ι} το 0^ 9^" ὑμῖν εἶν[αι] fi π[ροπ]επτώκαςι [.]. [- - - v τι... 1 δὲ καὶ τὰ [κα]τὰ τὴν E£o9e[v] palvkaciav ἐφ᾽ ὃ &v &vz[xF oc? tt καὶ τῶν τοιούτων πρὸς ἡμᾶο.
... e poiché io pregavo di comportarsi sempre con benevolenza nei confronti di Mitre. Finché fu vivo Lisimaco, credendo che questo vi fosse utile, o hanno agito sconsideratamente ... ma anche ciò che riguarda l'apparenza esteriore per questo, se anche qualcosa di tal genere possa riguardarci.
TBSTO
101
104 F Philod. Piet. 63, 1820-1821
ἐπὶ ᾽ναξικράτί[ους δέτὸν ἐπὶ τῆς οἰ[κίας E sotto l'arcontato di Anassicrate (279/278): presso la casa ... 105 T Philod. Stoici vı 13
el... .) εἴτ᾽ ἐ[π]Ί ᾿Αναξικ[ράτους ... sia sotto Anassicrate (279/278) ... 106 T - 10 T 107 F Ed. 75 Arr. Philod. Mem. Epic. XXIX 17-19
ἐπὶ] δὲ Δημοκλέουϊς αὐτῶι γράpuv: ὁ δ]ια[κε]χαριομέν[ος £]xácτωι - - -[να[- - -kov ... sotto l’arcontato di Democle (278/277) scrivendo a lui: colui che ha distribuito in dono a ciascuno ... 108 T Bd. 212 Us., 137 Arr. Philod. Mem. Epic. xxix 2-16 -..[.].L[..]"Mte8pîfjv
πονοῦ
[vea] ἢ
tile μνή]μης ὑ[- - tx ΓΠειρ Ἰα]ιέως
9
10
13
καὶ [- - -
ἀναγγελλοντί - - - nv
oW... hn he...
e
φέρων τὴν ἐπιοτολὴν παpà coU καὶ τὸν διαλογιομὸν ὃν ἐπεπόηοο περὶ τῶν ἀνθρώruv ὅς οἱ" μήτε τὴν ἀναλογίαν τὴν κατὰ τὰ φαινόμενα [ἐν] τοῖς ἀοράτοις o[Uca.]v ἠδύναντο ουνιδεῖν μήτε τὴν ουμφωνίαν τὴν ταῖο αἰοϑήσεοι ὑπάρχουςαν πρὸς τὰ ἀόρατα xal πάλιγ ἀντιμ[α)ροτυῦρ οῦζιν.
-.. Mitre che è in difficoltà ... del ricordo ... dal Pireo ... portando la tua lettera e il trattato che avevi composto su quegli uomini che non sono in grado di comprendere né l'analogia tra ciò che è oggetto di percezione e ciò che è invisibile, né la corrispondenza che si stabilisce tra i dati della sensazione e ciò che è invisibile, e a loro volta sono in contraddizione.
102
MARGHERITA
BRBI
109 Fı Ed. 60 Arr. Philod. Mem. Epic. xxvt 1-5
. Ja[ - - - ἂν ἐπέτεινε Yavfeiv αὐτὸν τὰ κ[ατὰ] τὴν Yevoue-
νὴν [ἐκ τῆο ἀρχῃῆς ἀποχώ[ρη5
ςιν καὶ τῶν ἁπάντων ἀποβολήν.
... avrebbero potuto portarlo alla morte le condizioni che derivarono dal suo avvenuto ritiro dal potere e dalla perdita di tutto. 109 F2 Ed. 6o Arr. Philod. Mem. Epic. xxvi 5-11
5
xai npofác: καὶ νὴ Δία ἔγωγ[ε], ἐς tiva ουνιδὼν ἀνατάττοντα ἐμα[υτ]ῦι Sal . . . του .]. καὶ Γἀποδημῆ ται μ[ὴ] ποϑῶν πρόοω, κεὶ ὠμὸν odcac [χα]ράς, ἔτι .
+ ] ἐμοὶ ἕν ἐπικουφ[κίουςι πάντες
E più avanti: e, per Zeus, io avendo consapevolezza circa quali cose che ordinano a me stesso ... e allontanarmi senza rimpianti, anche se & duro le gioie presenti, ancora ... tutti mi allevieranno in una sola cosa ... 110 T1 Ed. 194 Us. Plut. Non posse 1097A 9-B 4
Μικρῷ γὰρ ἔμπροοϑεν ἠκούομεν - ἔφη - τούτου λέγοντος, οἵας φωνὰς ἀφῆκεν Erixouρος, οἷα δὲ γράμματα τοῖς φίλοις ἔπεμψεν, ὑμνῶν καὶ μεγαλύνων Μητρόδωρον, ὡς εὖ τε καὶ νεανικῶς ἐξ äctewc ἅλαδε κατέβη Μιϑρῇ τῷ Cipu βοηϑήοων, καὶ ταῦτα πράξαντος οὐϑὲν τότε τοῦ Μητροδώρου. ἅλαδε κατέβη Wyttenbach (1832) : ἀλλὰ ευνέβη age : ἐπὶ 8dAaccav ἔβη Einarson, De Lacy (1967)
Poco prima - diceva -- lo sentivamo elencare quali espressioni pronunció Epicuro, quali lettere invió agli amici, inneggiando a Metrodoro ed esaltandolo, per come agi con nobiltà e coraggio quando scese dalla città verso il mare, per dare aiuto al siriaco Mitre mentre Metrodoro non aveva fatto nulla di simile. 110 T2 Ed. 194 Us. Plut. Adv. Col. 1126E 9-P 3
Καίτοι ὅτι Μητρόδωρος clc Πειραιᾶ κατέβη cradiouc veccapáxovra Μιϑρῷ τινι Cópo
TBSTO
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τῶν βαειλικῶν ουνειλημμένῳ Bon9fcov, πρὸς πάντας ἐγράφετο καὶ nacac ἐπιοτολαῖς, μεγαληγοροῦντος Ἐπικούρον καὶ ceuvuvovroc ἐκείνην τὴν ὁδόν.
Che Metrodoro sia disceso al Pireo per quaranta stadi per accorrere in aiuto di Mitre, un siriaco che faceva parte della cerchia del re, che era stato preso prigioniero, veniva comunicato per iscritto a tutti e a tutte per lettera, magnificando c celebrando Epicuro quel tragitto. t11 F Ed. 188 Us., 128 Arr. Sen.
Luc. 79, 15
Vides Epicurum quantopere non tantum eruditiores sed haec quoque inperitorum turba miretur: hic ignotus ipsis Athenis fuit, circa quas delituerat. Multis itaque iam annis Metrodoro suo superstes in quadam epistola, cum amicitiam suam et Metrodori grata
commemoratione
cecinisset,
hoc
novissime
adiecit,
nihil
sibi
et
Metrodoro
inter bona tanta nocuisse quod ipsos illa nobilis Graecia non ignotos solum habuisset sed paene inauditos. Tu vedi quanto ammirino Epicuro non soltanto i più colti, ma anche la folla di ignoranti: costui era sconosciuto perfino ad Atene, dove era rimasto nascosto. E cosi, sopra-
vissuto ormai da molti anni al suo Metrodoro, in una sua epistola, dopo aver esaltato con grato ricordo l'amicizia sua e di Metrodoro, aggiunse infine queste parole: che per niente aveva a lui e a Metrodoro recato danno fra tanto grandi beni che quella nobile Grecia non solo li avesse ignorati, ma quasi non avesse udito parlare di loro. 112 F Philod. Adversus 111, 12-15
ἐπὶ δ᾽ ΕὐβούMou: τὴν ἐπιοτολὴν προς S... trote καὶ τῶν An[μοκρί]τον τινά, οὐχ οἷον ... sotto l'arcontato di Eubulo (274/273): la lettera ... e alcuni dei libri di Democrito, non in quanto...
Plut. Non posse 1099F 7-1100B 1
Kat μὴν ἀπὸ δόξης Yivecdai τινας ἡδονὰς Ἐπίκουρος ὡμολόγει. τί δ᾽ οὐκ ἔμελλεν αὐτὸς οὕτως crapyóv περιμανῶς καὶ οφαδάζων πρὸς δόξαν ... ἀλλὰ γράφειν ὡς ... Νεοκλῆς δ᾽ ὁ ἀδελφὸς εὐϑὺς ἐκ παίδων ἀποφαίνοιτο μηδένα coputepov Ἐπικούρου γεγοvevar μηδ᾽ εἶναι, ἡ δὲ μήτηρ ἀτόμους Écyev ἐν ἑαυτῇ τοιαύτας, οἷαι ουνελϑοῦcat ςοφὸν ἄν ἐγέννησαν; Ma Epicuro ammetteva che alcuni piaceri derivavano dalla farna. E come non poteva ammetterlo lui che era tanto pieno di passione e cosi convulsamente desideroso di
104
MARGHERITA
ERBI
fama ... addirittura da scrivere che ... e che Neocle, suo fratello, dichiaró subito fin dalla fanciullezza che non c'era mai stato né c'era nessuno piü sapiente di
Epicuro e che la madre aveva in se stessa atomi tali da produrre un sapiente, una volta aggregatisi? 113 T1 Ed. 178 Us. Plut. Frat. am. 487D 1-6
Φαίνεται δὲ πολλὴ καὶ πρὸς Enixoupov αἰδὼς τῶν ἀδελφῶν δι᾽ εὔνοιαν αὐτοῦ καὶ κηδεμονίαν £c τε τἄλλα καὶ prdocopiav τὴν Exeivou ουνενθουοιώντων᾽ καὶ γὰρ εἰ διημάρτανον δόξης εὐϑὺς ἐκ παίδων πεπειομένοι καὶ λέγοντες ὡς οὐδεὶς γέγονεν Ἐπικούρου ςοφώτερος, ἄξιόν ἐςτι ϑαυμάζειν καὶ τοῦ διαϑέντος οὕτως καὶ τῶν διατεϑέντων. Appare evidente il grande sentimento di venerazione nutrito dai fratelli per Epicuro entusiasti per la sua benevolenza e per la cura dimostrata in ogni cosa e per la filosofia. Infatti anche se sbagliavano opinione, quando subito da bambini erano persuasi e affermavano che non esisteva nessuno piü sapiente di Epicuro, & giusto ammirare sia colui che si trovava in quella disposizione, sia coloro che erano stati disposti. 113 T2 Ed. 178 Us. Dion. Episc. Nat. (ap. Euseb. Praep. Evang. xiv 26, 2)
Tlöcac γὰρ ἀτόμους ὁ Ἐπικούρου πατὴρ xai ποταπὰς ἐξ ἑαυτοῦ προέχεεν, ὅτ᾽ áxecnépμαινεν Ἐπίκουρον; καὶ πῶς εἰς τὴν μητρῴαν αὐτοῦ καταχληοσϑεῖςαι γαστέρα cuverayncav, ἐσχηματίοϑηςαν, ἐμορφώϑηραν, ἐκινήϑηςαν, ηὐξήνθϑηςαν ...; Quanti atomi infatti e di che tipo effuse da se stesso il padre di Epicuro, quando seminó Epicuro? E una volta immessi nel grembo di sua madre, come si aggregarono, quale forma assunsero, quale figura, come si mossero, come si svilupparono ... ? 114 F Ed. 77 Arr. Philod. Mem. Epic. zab, 1-6 - xxx 1-5 - - -Juxal ἐπὶ,
5
ιΠυϑα [ράτου &pyovt)oc v [pt gov. ιώς τι. pearl. . . ποι)εῖς[ϑαι πρὸς ἑαυτ[ὸν] lenererct,[o] καί τινα τρ[όπον αὐτὸς ἀπ[ε]δέxer’ [αἸότόν.
... € sotto l'arcontato di Pitarato scrivendo ... era persuaso che era stato fatto a suo vantaggio e in un certo qual modo lui lo accettava. 115 F Ed. 186, 190 Us. Plut. Non posse 1097E 5-1097F 3
Τὸ δὲ t περὶ τοῦ πρὸς εὐπαϑείας ἐπαέρεοϑαι ναυτῶν δίκην ἀφροδίοια ἀγόντων xai μέγα φρονεῖν, ὅτι νοοῶν vócov ἀςκίτην τινὰς ἑοτιάςεις φίλων ουνῆγε καὶ οὐκ
TESTO
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ἐφϑόνει τῆς npocaywyfic τοῦ ὑγροῦ τῷ ὕδρωπι καὶ τῶν Ecxatwv Νεοκλέους λόγων μεμνημένος ἐτήκετο τῇ μετὰ δακρύων ἰδιοτρόπῳ ἡδονῇ, ταῦτ’ οὐδεὶς ἂν ὑγιαινόντων εὐφροούνας ἀληϑεῖς fj χαρὰς dvopacetev. τὸ δὲ περι «γενόμενον- ἐκ τοῦ «πλοῦ» susp. Pohlenz (1959?) : τὸ δὲ περιττῶς εὐπαϑείας Kronenberg (1941) : τὸ δὲ Ἐπικούρου Wyttenbach (1832) : τὸ δὲ ἐκ περιττοῦ
Einarson, De Lacy (1967)
Riguardo l'esaltarsi per i piaceri come i marinai che celebrano le feste di Afrodite e
il menare vanto perché pur soffrendo di ascite, invitava gli amici a radunarsi a banchetto e non vedeva di cattivo occhio l'aggiunta di liquidi all'idropico e ricordandosi delle ultime parole di Neocle si consumava nel singolare piacere accompagnato da lacrime, queste cose, nessuno che sia sano di mente le chiamerebbe vere felicità o gioie. 116 F Ed. 191 Us., 259 Arr. M. Aur. Ad se ipsum ıx 41
"O "Exixoupoc λέγει ὅτι" ἐν τῇ vóco οὐκ Yjc&v μοι αἱ ὁμιλίαι περὶ τῶν τοῦ cmpaτίου παϑῶν οὐδὲ πρὸς τοὺς εἰσιόντας τοιαῦτά τινα, prciv, ἐλάλουν" ἀλλὰ τὰ προηγούμενα φυοσιολογῶν διετέλουν καὶ πρὸς αὐτῷ τούτῳ div, πῶς ἡ διάνοια ουμμεταλαμβάνουκοα τῶν ἐν τῷ capxcBLo τοιούτων κινήςεων ἀταραχτεῖ τὸ ἴδιον ἀγαϑὸν τηροῦςα. Οὐδὲ τοῖς ἰατροῖς ἐμπαρεῖχον, prci, καταφρυάττεοϑαι ὥς τι roLoücıv, ἀλλὰ ὁ βίος ἤγετο εὖ καὶ καλῶς. -
,
Epicuro dice: durante la mia malattia le mie conversazioni non vertevano mai sulle sofferenze del corpo, né a coloro che venivano a trovarmi facevo parola di cose del genere, dice, ma continuavo a spiegare secondo i principi della natura i problemi piü importanti, e soprattutto di questo mi occupavo, come la mente, che partecipa di tali moti della carne, rimanga imperturbata preservando il suo proprio bene. Né permettevo, proseguc, ai medici di inorgoglirsi come se
facessero qualcosa, ma la mia vita proseguiva piacevole e bella. 117 F Philod. Mem. Epic. 11 1-9
5
TED Jnov ot. . ul .ἐx&[ct]o[r]e τὸν πρῶτον λί. ]. [. . ] pavleρὸν dv [φέ]ροιμίι -........ λήγεις τῆς μανίας" [ὁ]ρῶν γὰρ ἐν c[oli ἄλλο τι Acrei[ob Evulnalpyov, οὐκ &[v] βου[λοί]μ[ην c)é [νῦν παντα[χῶς] pleubekdaı [ἀπ]ὸ tolo μαν[ικ]οῦ κατὰ τὴν φύοιν καὶ πάγ[τα], καὶ μὴ μόνον καϑαρά
... ogni volta il primo ... evidente sopporterei ... tu desisti dalla follia; vedendo infatti io in te qualche altro elemento di raffinatezza persistente, non vorrei
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MARGHERITA
BRBl
che ora tu fuggissi completamente dalla follia secondo natura e ogni cosa e non
solo ció che & puro ... 118 F1
Ed. 185 Us., 120 Arr. Philod. Mem. Epic. xix 2-11
5
10
x[...... Jo Γπᾳρει Anpörı c&xetv[ou 85 óv lau] Kapvetexaco δεῖν τι, ölvroc to τούτου Κρονίου καὶ δόντος προ9[oóp.oc- καὶ pa] ἀοπαοίως ti "Apxeφ)ῶντι μίαν μὲν ἐξ ἐπαίνου «οὗ»οαν τὴν [ὑπ᾽ ἐμοῦ δοϑεῖοαν αὐτῶι πᾶcf ay δέ ἼδΊωκε παρ᾽ [ἑκατέρ[ους] οὐδὲ --]8° ἑλεῖν ἀλῃλὰ] καὶ προςτέ"ταχέ τιν[ι] Καλ[λιο]τρίάτωι πίέν)τε μνᾶς ἡμῖν δοῦναι.
.. e (a te) che hai ricevuto le sue ricchezze che bisogna dare qualcosa a Carneisco, dal momento che Cronio si comporta cosi e offre volentieri; ed ha offerto con molto piacere ad Arcefonte dietro mia approvazione una (mina), tutta intera, che era stata data da me a lui, per ... entrambi di prendere ma anche ha ordinato ad un certo Callistrato di donare a noi cinque mine.
Philod. Mem. Epic. xıx 11-15
5
προβάς: ὁ μὲν [δὴ] Karickparoc ε.[.. } τυπτί. Ἱκε μέχρι [γ]ε τοῦ πα[ρ])όντος (. ) . [. Jev[ . . ΠἸατρόκλ[ο]ν [ἤϑε]λον εἶναι
E piü oltre: Callistrato ... finora ... di Patroclo voleva essere ... 119 F Ed. 184 Us., 121 Arr. Philod. Mem. Epic. xxx 2-9
5
- τ τ Ja περὲ ἡμ[ῶν Led (gov: ἣν προκέταξα τιμὴν ἐμαυτῶι x&v ἐν Ὑπερβορείοις óςιν ἀποοτέλλ(ε)ιν, ταύτην xai ὑμῖν ουντάττω“ ἑκατὸν γὰρ wai eTxoci [δ]ρ[αχ]μά[ς uóvJac xaτ᾽ ἐνιαυτὸν βούλομαι rap’ Exaτέρου λαμβάνειν.
TBSTO
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... scrivendo su di noi: il contributo che ordinai di spedirmi anche se si fossero trovati tra gli Iperborei lo ordino anche a voi; da ognuno di voi due voglio ricevere soltanto centoventi dracme all'anno. 120 F Ed. 184 Us., 121 Arr. Philod. Mem. Epic. xxx 9-13
5
xai δι᾽ Ecéρας" Äveyxe μοι Κτήοιππος τὴν xa[x'] ἐγιαυτὸν οὐνταξγιῖν ἣν ἀπέοτειλας ὑπέρ τε τοῦ [π]ατρὸς καὶ ςεαυτοῦ.
Ed in un'altra (lettera): Ctesippo mi portó il contributo annuale che spedisti per tuo padre e per te. 121 F Ed. 183 Us., 99 Arr. Plut. Non posse 1097 C 9-11
Δαιμονίως τε καὶ μεγαλοπρεπῶς ἐπεμελήϑητε ἡμῶν τὰ περὶ τὴν τοῦ κομιδὴν καὶ οὐρανομήκη σημεῖα ἐνδέδειχϑε τῆς πρὸς ἐμὲ εὐνοίας.
citou
Abilmente e magnificamente vi prendeste cura di provvedere al mio vitto e avete fornito eccelse prove della vostra benevolenza nei miei confronti. 122 F Philod. Adversus 38, 1-8
J.. δὴ δῆλον .[..᾿. ἐπι)croAl...). ογί - - -
ceca[ - - - ne κ[αὶ) vo[tk ev - - 5
τατοί - - -
ὡς υπί- - - πε]ρὶ τετ[αγμένων λόγων τῶν cot ουμ[φερόντων. ... evidente ... lettera ... e ... riguardo a discorsi ordinati a te utili. 123 F Philod. Adversus 82, 10-11
καὶ ἔτι" γραφῆι δ᾽ ép.) coc π[α]ρειληφότι ... € ancora: a te che hai colto, grazie al mio scritto ...
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MARGHERITA
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124 F Philod. Adversus 109, 1-3 - - - ἸΧαρικλεί - - - - -) βελτιοίτ- - -
- - - ἀναξα]γόρου xa[- - ... Caricle ... migliori ... di Anassagora ... 125 F Philod. Adversus 110, 11-14
τοῦ ] γὰρ Ou[c.κοῦ τοῦ ᾿Αν)τιοϑένους [- - - προοεέτ]αξα ἀπόγρα[pov - - - ὑμῖν φέρει[ν ... infatti, della Fisica di Antistene ... ho disposto che ... una copia ... portassero a voi ... 126 F Ed. 127 Arr. Philod. Adversus 111, 1-12
- τ - rplocé[t]afa - - -Jov ὑμῖν ---)..xtal.. - - - Ἱπεριέοτα[ι 5
---].a.[..
10
.... τὸ περ] [Co]xpat{ovc τοῦ ᾿Αρ]ιςτίππου [x]at Creucinrou top Πλάτωνος ἐγκώμιον] καὶ ᾿Αριοτοτέλους τὰ] ᾿Αναλυτικὰ καὶ τὰ Περὶ] pucewc, ὅταπερ è[vexpiv]opev.
... ho disposto ... a voi ... supererà ... lo scritto di Aristippo Su Socrate e l’Encomio di Platone di Speusippo e gli Analitici ed i libri Sulla natura di Aristotele, quelli che appunto noi scegliemmo. 27 Fi Philod. Adversus 114, 1-6
---] &yeya[. . .. . γε]γραμμένοο δε ΝΞ Qukıxul- - ΝΕ Ἰπη[. . φ]ύοις
TBSTO
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.. + „ev ἔχων napa[9eopeic9]ar. ... SCritto ... natura ... avendo ... essere osservato. 127 F2 Philod. Adversus 114, 6-11
ἔτι Sé: ἀμέ[λε)ι - λίέγεῖται -- und’ ἱστοριῶν
μ]ηδ᾽ ἄλλων οοφιοτικ[ῶν φ]ωνῶν, ἀλλ᾽ ἀ[ρ]τί[ω]ς ἧκ[ε πρὸς 4μᾶς 4AJA' εὐθὺς πάντα ταῦτα ἀπ]ηχώο.
E ancora: non curarti, si dice, né delle indagini né delle altre chiacchiere sofistiche , ma ora vieni da noi, subito dopo aver lasciato andare tutte queste altre cose. 128 F Philod. Epic. 1, vii 1-20
ἅπαντα [:16]ρεπ|:5
20
F..v out '( £6]euv[ £6 ἀταράχους μ[α]ϑοῦοι τὰς πείρὲ τῶν ἀρίετων καὶ uax[a]otc! t (oτάτ]ων φύσεωϊ[ν] évvo[tac παραχ[α]λῶν εὐωχ[εἴς]ϑαι αὐτούς τε xafA}ic καὶ τ[οὐς] ἄλλους τούς τε Kara τὴν οἰκ[ίαν] ἅπαντας καὶ τ]ῶν ἔξωϑεν [μηδένα π]αραλείποντας ὅοοι t[ak [εὐνοίας [καὶ τὰς] ἑαυτοῦ [κα]ὶ tafc τ]ῶν ἑαυT]od φίλων Eyo verve” οὐ γὰρ δημαγωγήξειν τοῦτο πράττοντας τὴν κενὴν καὶ ἀφυοιολόγηίτ]ον δ[η]μαγ[ωγ]ίαν ἀλλ᾽ ἐν τοῖο τῆς pucew[c οἰ]κείοιο ἐνεργοῦντας μγη[οϑήεεοϑαι πάντων τῶν τὰο εὐν[οίας] ἡμῖν ἐχόν- * των," ὅπως ου[γκαϑ)αγίζωοιν τὰ ἐπὶ τῆι ἑαυτ[ῶν μα]καρίαι ..oc
ἃ coloro che hanno compreso le nozioni relative alle ottime e beatissime nature, invitando a celebrare con banchetti sia questi stessi in modo appropriato sia gli altri, sia quelli di casa, sia quelli di fuori, senza tralasciare nessuno,
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MARGHERITA
ERBÌ
quanti mostrano sentimenti di benevolenza verso lui e i suoi amici. Infatti, facendo ciò essi non si comporteranno come demagoghi esercitando una demagogia vana e non conforme a natura, ma, operando nell’ambito di ciò che è proprio della natura, si ricorderanno di tutti quelli che hanno sentimenti benevoli verso di noi, affinché compiano i riti per la propria beatitudine ... 129 ΕἸ Ed. 387 Us., 114 Arr. Philod. Piet. 31, 877-889
[iva δὲ μὴ ἐκτείνῳ [τὸν λόγον,
5
10
πάλιν" ἡμ[εϊο 9eotc ϑύωμέν φησιν [ὁείὡς καὶ καλῶς οὗ [καϑἥκει κα[ὶ κ]αλῶςο» πάνTa πράττωμεν [κατὰ τοὺς νόμους, u[nϑὲ[ν] ταῖς δόξαις α[ὑTode ἐν τοῖς περὲ τῶν dpictwv χ[αὶ cepvotatwy διαtapatrovr'e’[c.
... € perché non estenda la mia discussione, ancora, sacrifichiamo agli dei, dice, in modo devoto e appropriato nei giorni stabiliti, e in modo appropriato compia-
mo tutti gli atti della celebrazione secondo le leggi, senza turbare noi stessi con le opinioni sulle questioni circa gli esseri eccellenti e piü santi. 129 F2 Ed. 387 Us., 114 Arr. Philod. Piet. 31, 889-896 ἔτι
δὲ καὶ δίκαιο[ι ϑύωμεν dp’ ἧς ἔλείγον δόEnc: οὕτω γὰρ [ἐν-
5
δέχεται φύε[ιν ϑνητὴν ὁμοίωζο τῶι Ac vij(t) Ata «διά»γειν, [ὡς φαίνεται. .
E ancora sacrifichiamo in modo giusto in conformità all'opinione che ho indicato. Perché in questo modo é possibile alle nature mortali, per Zeus, vivere nello stesso modo in cui vive Zeus, come sembra.
TBSTO
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130 T Ed. 41 Us. 19.5 Arr. Script. Epic. inc. (PHerc. 1111) 44, 1-8
ἐπιοτολῆι κἀν [τῶι Περὶ ὁcromntfoc κἀν τῶι δωδεκάίτωι καὶ τῶι 5
τρειοκα[ιδεκάτωι
Περὲ qoce[oc κἀν τῶι πρώτωϊίι καὶ τρίτωι Τιμοκρίάτει. . nella lettera e nell’opera Sulla santitä e nel dodicesimo e nel tredicesimo libro dell'opera Sulla natura e nel primo libro e nel terzo libro del Timocrate. 131 F Epic. Ep. (POxy. 5077) 2 1-1
ὁ 11 +11 + 12
+ 8 5
10
ἑκαςτο .[ Da ἀκούω ἀἹ)ρετὴν
Je vae . [.Jeıde
+ 10 1 11 “11 14
Pew ed Ἱναναιμα ].... ου Ἰπροί. ‚kan. . εἰς
t4
1.....
[+ 9
1.2 ἀγ)νοοῦντίεο κ)αὶ μωpot + 11 Ἰοποτί 1..
n
5
10
περχί νατο.[
4 14 i 13
δικαιοουνη!
19
τὸ ἐπὶ τῶν οχ[ημάτων ἐνάργημα, Gcre[p λέγω, τοῦ δὲ τετραγώ)νον οχήίματος...... ... 7τι καὶ ἡ τοῦ [δι]κ[αΐου καὶ ἄλλ[α] Ecrı σχήματα ten] αὐτῆι [μ]ωροςσοφίαει», πό[τερον κατὰ ουνήϑειαν τ[ῆς φωνῆς αὐτῆς. ἂν μὲν e[tπη TLC τὸ τετρ[άγωνον οχῆ-
112
MARGHBRITA
BRBÌ
μα ἢ Coxparoluc + 8 15
-.[ 42]-(.].( + 11 τί:2 ἄϊλλοίυ σχήμ]ατος .[ +3
τετράγωνον + 2 ] de λευκο.
zo
25
30
35
+ 4]e.[ + 6 ]δ᾽ εἴπωμε(ν) + 10 οἰχήματι + 17 ko μ[:1 7]α[ + 8].v to[+ 3).to[+ 4 λε)υκὸς τί. πίε: 3a ἀλλ[: 6}ro ὃ. δι[τ 2]του ἄλλο νομιζο_p{+ 5 οἸὕτω λέγοντι τωῖί + 5] λευκὸν ἄλλα cuv[+ 5]...0°. ν΄ λ[έ]γειν αλroy[+ 2]της τῆς διαλέκτου + 12 ] ἀκολου8[ +10 Jrerpayoνον. [ +8 ] οχήματι .7]ω.[ + 7 λέγοντες .]..[ 210 }εν καὶ τὸ +12 1α εἶναι +11 σχή]ματι 416
+15
1.
xa
tu Pap. : δικαιοούνηί Obbink, Schorn (2011) : δικαιορούνηίς Angeli (2013) 4-5 óene[p λέγω, τοῦ δὲ te|tpayd)vov Angeli (2013) : ὥσπείρ ἐπὶ τοῦ τετραγώνου Obbink, Schorn (2011) 6-7 patoc ....|....}rt Angeli (2013) :cgAlparoc | [ἐς)τι Obbink, Schorn (2011) 13 Cuxparoluc Angeli (2013) : cáua . .[ Obbink, Schorn (2011) 15-16 pap. : τί... ἄϊλλοίυ σχήματος τε} }[τῥρα]yé[vov Obbink, Schorn (2011) : τίὸ ἣ Po; [cy xoc ἴίδιον) | retpatrw[vov Angeli (2013) 2: λευκὸς τί. Angeli (2013) : Ae]juxóc . Obbink, Schorn (2011) 23 δι. pap. : 8w[ Angeli (2013) : Su Obbink, Schorn (2011) 24 λέγοντι pap. Angeli (2013) : λέγοντοίς Obbink, Schorn (2011) 26-27 pap. :]. . o λίεϊγειν αλίγουί κ2]τηο Obbink, Schorn (2011) : τ]ούτον΄ λ[έ]γειν, di[Aa | ποι[κιλγτῆς
. ascolto ... virtù ... ignoranti e stolti ... giustizia ... l'evidenza delle forme come dico ... della forma del quadrato ... sia quella della giustizia sia altre sono forme per questa stolta sapienza, forse secondo la consuetudine linguistica della stessa voce, se uno dice forma del quadrato o di Socrate ... di altra forma ... quadrato... bianco ... ma diciamo a una forma ... bianco ... ma così a chi dice ... bianco ma ... dire ... del linguaggio ... quadrato ... a una forma ... coloro che dicono ... e ... essere ... a una forma ... 132 Fa Ed. 181 Us. Diog. Laert. x 11, 129-130
Αὐτός té φησιν ἐν ταῖς ἐπιοτολαῖς, ὕδατι μόνον ἀρκεῖοϑαι καὶ ἄρτῳ λιτῷ.
TBSTO
113
E lo stesso Epicuro nelle sue lettere afferma di accontentarsi soltanto di acqua e di pane semplice. 132 Fb Ed. 181 Us., 124 Arr. Stob. 111 17, 33
Ἐπικούρου. voc,
LI
xal
Bpudi 4
προοπτύω
τῷ -
ταῖς
κατὰ Ex
τὸ
οωμάτιον ,
πολυτελείας
ἡδεῖ, -
ἡδοναῖς
ὕδατι ,
οὐ
δι᾽
»,
καὶ 3
,
αὐτάς,
ἄρτῳ 3
ἀλλὰ
χρώμεx
διὰ
J
τὰ
BJ
ἐξακολουϑοῦντα αὐταῖς δυοχερῆ. Di Epicuro: trabocca il mio corpo di piacere vivendo ad acqua e pane e sputo sui piaceri del lusso, non per se stessi, ma per gli incomodi che li seguono. 132 Fc Script. Graec. inc. (PBerol. 16369) 11 13-15
Βρυάζω τῶι] κατὰ τὸ οωμάτιον ἡδεῖ ὕ[δατί τε καὶ ἄρτι Acc]. ἱπρος)χρ[ώμ]ενος καὶ πίροοπτύω ταῖς ἐκ πολυτελείας ἡδοναῖο]. Trabocco di piacere nel mio piccolo corpo quando ho acqua e pane semplice e sputo sui piaceri del lusso. 133 F Ed. 182 Us., 123 Arr. Diog.
Laert.
x 11, 129-131
Αὐτός τέ qnc ἐν ταῖς ἐπιοτολαῖς ... xat, πέμψον uot τυροῦ, prci, κυϑριδίον, ἵν᾽ ὅταν βούλωμαι πολυτελεύοαοϑαι δύνωμαι. Lo stesso Epicuro nelle sue lettere ... e, mandami
una formina
di cacio, dice, per-
ché possa, quando voglio, scialare un po”. 134 F1 Ed. 206 Us., 125 Arr. Sen.
Luc.
20, 9
Magnificentior, mihi crede, sermo tuus in grabatto videbitur et in panno, non enim dicentur tantum illa sed probabuntur. Piü splendido, credimi, apparirà il tuo parlare in umile giaciglio e fra i cenci, cosi le tue parole saranno non solo dette ma comprovate. 134 F2 Ed. 207 Us., 126 Arr. Porph. Marc. 29, 11-14
Kpeiccov δέ cor 9appetv ἐπὶ οτιβάδος κατακειμένῃ ἐχούσῃ κλίνην καὶ πολυτελῆ τράπεζαν.
ἢ ταράττεσϑαι
ypuctv
114
MARGHBRITA
ERBI
Meglio per te giacere senza paura su umile giaciglio che in preda a turbamento possedere un aureo letto e una suntuosa mensa. 135 F Ed. 181 Us. Sen.
Luc.
21, 10
Cum adieris eius hortulos fet inscriptum hortulist notaveris "hospes, hic bene mancbis, hic summum bonum voluptas est”, paratus erit istius domicilii custos hospiralis, humanus, et te polenta excipiet et aquam quoque large ministrabit et dicet, ecquid bene acceptus es? Non inritant, inquit, hi hortuli famem sed exstinguunt, nec maiorem ipsis potionibus sitim faciunt sed naturali et gratuito remedio sedant; in hac voluptate consenui. Una volta che tu sia entrato nei sui giardinetti e abbia notato (l'iscrizione) "ospite, qui ti troverai bene, qui il bene supremo è il piacere”, ti si presenterà li pronto il custode ospitale di questa residenza cortese e ti accoglierà con della polenta, e ti offrirà anche dell’acqua in abbondanza, e ti dirà: non sei stato accolto bene? Questi giardinetti, spiega, non stimolano la fame ma la estinguono, né aumentano la sete con queste bevande, bensì la spengono, con un rimedio naturale e gratuito; è in questo tipo di piacere che io sono invecchiato. 136 Fa Ed. 187 Us., 131 Arr. Gnomol. (Paris. Gr. 1168) 1 478
Οὐδέποτε ὠρέχϑην τοῖς πολλοῖς dpécxecv: ἃ μὲν γὰρ ἐκείνοις Äpecxev, οὐκ
ἔμαϑον, ἃ δ᾽ ἤδειν ἐγώ, μακρὰν ἦν τῆς ἐκείνων διαϑέοςεωο. διαϑέοεως Bignone (1973°) : διοϑέςεως P: αἰςϑήςεως Usener (1887)
Mai ho cercato di piacere αἱ piü, infatti le cose che piacevano a quelli io non le appresi, quelle invece che sapevo io erano ben lontane dalla loro disposizione. 136 Fb Ps.-Marx. Conf. Loc. Comm. 6, 86 Ihm
Οὐδέποτε ὠρέχϑην τοῖς πολλοῖς &pécxecv. ἃ μὲν γὰρ ἐκείνοις Tjpecxev, οὐκ ἔμαϑον΄ ἃ δὲ ἤδειν ἐγώ, μακρὰν ἦν τῆς ἐκείνων διαϑέςεως. Mai ho cercato di piacere ai più, infatti le cose che piacevano a quelli io non le
appresi, quelle invece che sapevo io erano ben lontane dalla loro disposizione. 156 Fc Sen. Luc. 29, 10
Numquam volui populo placere; nam quae ego scio non probat populus, quae probat populus ego scio. Non mai cercai di riuscire gradito al volgo: infatti il volgo non approva ció che
io so ed io ignoro ció che il volgo approva.
TBSTO
115
137 F Ed. 208 Us., 129 Arr. Sen.
Luc.
7, 11
Egregie hoc tertium Epicurus, cum uni ex consortibus studiorum quorum scriberet: haec, inquit, ego non multis, sed tibi; satis enim magnum alter alteri theatrum sumus. Ista, mi Lucili, condenda in animum sunt, ut contemnas voluptatem ex plurium adsensione venientem. Epicuro, scrivendo ad uno dei suoi compagni di studi, ha esposto questa terza sentenza egregiamente: queste cose io non le dico a molta gente bensi a te; siamo infatti
un teatro abbastanza grande l'uno per l'altro. Queste parole o mio Lucilio, vanno
riposte e conservate nell'animo, perché tu possa disprezzare il piacere che proviene dall'assenso dei piü. 138 F Ed. 198 Us. Diog. Laert. vil 5, 68-76
᾿Ανακάμπτων δὴ ἐν τῇ ποικίλῃ croä τῇ καὶ Πειοιαναχτίῳ καλουμένῃ, ἀπὸ δὲ τῆς γραφῆς τῆς Πολυγνώτου ποικίλῃ, διετίϑετο τοὺς λόγους, βουλόμενος καὶ τὸ χωρίον ἀπερίοτατον ποιῆσαι. ἐπὶ γὰρ τῶν τριάκοντα τῶν πολιτῶν πρὸς τοὺς χιλίους τετρακοοίouc ἀνήρηντο ἐν αὐτῷ. npocyecav δὴ λοιπὸν ἀκούοντες αὐτοῦ καὶ διὰ τοῦτο (τωικοὶ ἐκλήϑηςαν καὶ οἱ ἀπ’ αὐτοῦ ὁμοίως, πρότερον Ζηνώνειοι καλούμενοι, xad quce xat Ἐπίκουρος ἐν ἐπιοτολαῖς. (Zenone) passeggiando su e giü per il portico decorato, quello chiamato anche di Peisianatte, detto decorato per i dipinti di Polignoto, svolgeva i suoi ragionamenti, poiché voleva evitare che vi assistessero i profani. In questo luogo sotto la tirannide dei trenta era avvenuta la strage dei mille e quattrocento cittadini ateniesi. Quelli che convenivano ad ascoltarlo — ed erano in gran numero - furono per questo chiamati Stoici. Così furono chiamati anche i suoi seguaci che in un primo tempo erano detti Zenoniani, come dice nelle lettere anche Epicuro. 139 F Ed. 238 Us. Diog.
Laert. x 8, 87-99
Kai αὐτὸν Ἐπίκουρον ἐν ἐπιοτολαῖς ... τούς τε περὶ Πλάτωνα AvovucoxóAaxac καὶ αὐτὸν Πλάτωνα Xpucoüv, ... Ἡράκλειτόν te χυκητὴν καὶ Δημόκριτον Ληρόκριτον καὶ ᾿Αντίδωρον Cavvidwpov: τούς te Κυζικηνούς ἐχϑροὺς τῆς Ἑλλάδος καὶ τοὺς διαλεκτικοὺς πολυφϑόίφνελρους, Πύρρωνα δ’ ἀμαϑῆ καὶ ἀπαίδευτον. πολυφϑόρους Bake (1820) : πολυφϑονερούο ΒΡῈ Ph
Epicuro nelle lettere ... chiama i Platonici adulatori di Dioniso e lo stesso Platone dorato ... Eraclito mestatore e Democrito Lerocrito e Antidoro Sannidoro, i Ciziceni nemici dell'Ellade e i dialettici nocivi, Pirrone ignorante e privo di educazione.
116
MARGHERITA
ERBI
140 F Philod. Mem. Epic. iv 12-13
rap’ Ἐπικούρου κα[ὶ πρὸ)ς Μητρόδίωρον ... da parte di Epicuro anche a Metrodoro ... 141 F Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 1 1-13
καὶ τυγχάver τούτου ἐφ᾽ do λέγει" ἣν] μὴ αὐτοὶ οἱ ἐπαινούμενοι αὐτὸ δια-
5
tpléeuct 7j μὴ δε-
Ed]uev[or] ὀρϑῶς ἣ μὴ μν]ημονεύοαντες ἔτι τῶν καιρῶν T, ἄλλῳ[ι μ]είζονι πάϑει τῶν ἐκ
10
κενοδοξίας κατεχόνtw
αὐτοὺς διατρέψαν-
tec] αὐτόν, ὁ δὲ μὴ ἀρρη εν «Jre allktac παρεῖναι ... € Si trova in questa situazione in relazione alla quale (Epicuro) dice: se proprio
quelli che vengono lodati non continuano ad alimentare il motivo della lode o perché non sono stati capaci di accogliere la lode nel modo corretto o perché non si ricordano piü delle circostanze opportune o perché stanno alla larga
da quello per un'altra passione piü grande tra quelle che derivano dalla falsa opinione che li posseggono ... 142 F Ed. 44 Us. Philod. Div. xt 7-15
.xai ϑαρ[ρ]ούντως eI[m}e δὴ καί, καϑάπερ Épnce Πολύ-
αινος, ὅπερ Erpwce ϑεραπεύει [ὁ λό)γος καὶ το[ῦ]το
5
ποεῖ κ[αϑ]άπερ εἶπεν Ἐπίκουρος, [ὅτα]ν παρῆι ποτὲ πεοώϊν . . ὁ co]pòc εἰς πενίav, μόνον οὐ τρέπεται κα[ὶ τοῦroulev...... ] ἀδιάφ[ορ)ον
... € fiducioso disse, come riferì Polieno, che il discorso filosofico cura ciò che ferisce e
fa questo, come disse Epicuro, quando talvolta si trova a cadere ... in povertà il saggio, solo non si lascia travolgere ... e questo ... indifferente ...
TBSTO
117
143 F Script. Epic. inc. (PSI viu 8510) 1-11
ὑφ᾽ ἡμῶν ελί- - -
εἰς τὸν εὐδαίμονα βίον οὐ μήποτε ἀπόϑεοτος γένηι κατὰ τὸν φυοικὸν τρόπον τοῖς μηϑένα
5
παρὰ τὰς ματαίας δό-
Ιο
Eac μήτε φόβον ἔχ[ουςι μήτε πόϑον μη[ϑενὸς πράγματος ταῦτα [- - .-- Ἐς" μοχϑηρ.[- - . καὶ mpoceye. . .[- - -
... da parte nostra ... per una vita felice, che tu non sia mai stato disprezzato secondo quanto accade per natura a coloro che, a causa di opinioni vane, non hanno né una qualche paura, né il desiderio di alcuna cosa ... 144 F Ed. 213 Us., 258 Arr. Plut. Non posse 1105D 10-E 7
li τοίνυν ἡδὺ πανταχόϑεν ἡ φίλου μνήμη τεϑνηκότος, ὥςπερ Ἐπίκουρος εἶπε, καὶ ἤδη νοεῖν πάρεοτιν ἡλίκης ἑαυτοὺς χαρᾶς ἀποοτεροῦςι φάοματα καὶ εἴδωλα τεϑνηχότων ἑταίρων οἰόμενοι Bexechar καὶ ϑηρεύειν, οἷς οὔτε νοῦς ἐςτιν οὔτ᾽ αἴςϑησις, αὐτοῖς δὲ cuvececdar πάλιν ἀληϑῶς καὶ τὸν φίλον πατέρα καὶ τὴν φίλην μητέρα καί που γυναῖκα χρηςτὴν ὄψεοϑαι μὴ προςδοκῶντεο. Se, dunque, sotto ogni aspetto é una cosa piacevole il ricordo di un caro estinto, come disse Epicuro, si puó ben comprendere di che grande gioia si privino gli Epicurei, quando ritengono di percepire e ricercare i simulacri e le parvenze di compagni morti, che non hanno più né intelletto né percezione, e intanto si negano alla speranza di stare di nuovo in loro compagnia e di vedere il proprio caro padre, la cara madre c, magari, la brava moglie. 145 Fa Ed. 512 Us., 136 Arr. Athen. Deipn. xit 547A 1-3
Kay ἄλλοις δέ qct προοπτύω τῷ καλῷ x«i τοῖς κενῶς αὐτὸ Iauudloucıv ὅταν μηδεμίαν ἡδονὴν ποιῇ. li in altri scritti dice: sputo sul bello e su coloro che vanamente lo ammirano quando non procura alcun piacere. 145 Fb Plut. Adv. Col. 1124E 9-12 »
; ἜΝ , EPA . , , Ὅταν ἀναιρεϑῶοι μὲν ol νόμοι, μένωοι δ᾽ οἱ πρὸς ἡδονὴν παρακαλοῦντες λόγοι, πρόνοια
118
MARGHERITA
ERBI
δὲ ϑεῶν μὴ νομίζηται, σοφοὺς δ᾽ ἡγῶνται τοὺς τῷ καλῷ προοπτύοντας, ἂν ἡδονὴ
μὴ προςῇ. Quando le leggi sono travolte, ma sono rimasti i discorsi che invitano al piacere, non si crede nella provvidenza degli dei, considerano saggi coloro che sputano sul bello se non procura piacere. 145 Fc Plut. Lat. viv. 1129B 1-4
Πάνυ μὲν οὖν, dv pe9' Ἡδείας βιοῦν μέλλω τῆς ἑταίρας καὶ Λεοντίῳ ουγκαταζῆν xai τῷ καλῷ προςπτύειν καὶ τἀγαϑὸν ἐν capxi καὶ γαργαλιομοῖς τέίϑεοϑαι. Certo
(vivrö senza farmi
notare), se desidero vivere con l’etera
Edea
e finire i miei
giorni insieme a Leonzio, sputare sul bello morale e far consistere il piacere nella carne e nei titillamenti. 146 F Ed. 135a Us., 58 Arr. Stob. rtt 17, 13
᾿Απολλώνιος Eldouevn Ἐζηλώςαμεν τὴν αὐτάρκειαν οὐχ ὅπως τοῖς χρώμεϑα, ἀλλ’ ὅπως ϑαρρῶμεν πρὸς αὐτά.
Eebreiccı
xal
λιτοῖς
Apollonio a Idomene
πάντως
Abbiamo lodato il bastare a se stessi non perché si debba vivere sempre di
cose semplici e da poco, ma per essere forti nei confronti di queste.
COMMENTO DESTINATARI
NOTI
Singoli ıE2E3E4F DATI che possediamo sulle formule di saluto con le quali Epicuro apriva le sue lettere appaiono ad un primo sguardo in contraddizione tra loro. Nelle tre lettere tradite da Diogene Laerzio (Hdt. 34, Pyth. 83, Men. 121) Epicuro si rivolge al destinatario con χαίρειν.' Con χαίρειν Epicuro saluta anche il destinatario in 1 E, un frammento di lettera contenuta nella collezione di lettere conservata nel POxy. 5077 (3, 12-15).? Ma Diogene Laerzio (X 14, 159-160 = 2 F), subito dopo una riflessione sull'impegno del filosofo a realizzare uno stile
nel segno della capy;vera, aggiunge che nelle sue lettere Epicuro usava al posto di χαίρειν la formula εὖ πράττειν. Diogene Laerzio (111 61, 664-665 = 3 F), inoltre, ci informa che nelle lettere Epicuro scriveva anche εὖ διάγειν. Secondo Luciano (Laps. 6, 1-6 = 4 F), invece, Epicuro avrebbe preferito introdurre le
lettere più serie e quelle destinate agli amici con ὑγιαίνειν. E del tutto plausibile che le oscillazioni delle nostre fonti dipendano dall'abitudine di Epicuro di impiegare nelle sue lettere formule di saluto diverse tra di loro, perché di volta in volta adatte a destinatario, circostanze, contenuti.‘ Ad Anassarco Anassarco non è da confondere con il democriteo Anassarco di Abdera, maestro di Pirrone e autore di un'opera Sul regno (72 B 1-2 DK = 65-66 Dorandi).* ! Χαίρειν è senz'altro una formula convenzionale, in uso fin dall'epoca tolemaica come provano le lettere conservate su papiro e raccolte da ExLER (1923), pp. 24-34. Sull'impiego del saluto χαίρειν nella tradizione letteraria cf. Laxs (1976), p. 74. In generale, sulle diverse formule di apertura e chiusura delle lettere impiegate dalla tradizione antica cf. Cucusi (1989), pp. 384-386, e TRAPP (2003), pp. 34-38. 2 Per un'analisi papirologica del frammento rimando a Ossınk, SCHORN (2011), p. 50. Le caratteristiche della raccolta di lettere restituita da POxy. 5077, da cui ricaviamo anche 89 F e 131 F, sono considerate in 6. 3 A ὑγιαίνειν si riferisce Seneca (Luc. 15, 1) che attribuisce all'abitudine degli antichi l'uso di iniziare le lettere con si vale bene est, ego valeo. Cf. TEPBDINO GUBRRA (2010), pp. 40-41. A proposito della consuetudine di impiegare l'augurio ὑγιαίνειν nell’incipit delle lettere è ancora utile ExLBR (1923), pp. 107-110. Forse non è da escludere che Epicuro con ὑγιαίνειν intendesse alludere alla funzione curativa dell'esercizio della filosofia, a proposito della quale rimando a 4. 2. 1. 3. * Un tentativo di accordare le testimonianze è stato fatto da GIGANTE (1961), pp. 24-25, che per il testo di Diogene Laerzio (x 14, 159-160) ha proposto la trasposizione ἀντὶ τοῦ εὖ πράττειν χαίρειν. Cf. anche GIGANTE (1988), pp. 570-571. Stampa il testo tradito DORANDI (2013), p. 742. Una riflessione sulle scelte di stile che contribuiscono a rendere sempre personale il messaggio che Epicuro affida alle sue lettere è offerta in 5.1.1. ΤᾺ riguardo cf. UseNBR (1887), p. 400, DiELs, KRANZ (1951-1952°), 11, p. 239, GIGANTE, DORANDI (1980), pp. 479-497, €, soprattutto, DORANDI (2019), pp. 473-487, con relativa bibliografia.
120
MARGHERITA
ERBÌ
È, invece, probabile che sia lo stesso Anassarco destinatario, insieme a Leonzio e a un terzo personaggio altrimenti sconosciuto, di 78 F.' SF
L'invito che Epicuro rivolge ad Anassarco è esplicito: ricercare la virtù solo in relazione al piacere senza la speranza di una ricompensa procura turbamento e non conduce alla felicità.* Epicuro affida alla lettera una riflessione su una questione centrale nell’etica: la virtù è auspicabile solo in rapporto al piacere, ma da rifiutare se fine a se stessa. Simile è il monito che Epicuro affida allo scritto Sul fine ([22] 4 Arr. = 70 Us.): il bello, τὸ καλόν, c le virtù, ai ἀρεταί, sono da onorare solo se procurano il piacere. I piaceri a cui Epicuro invita Anassarco derivano dalla soddisfazione dei desideri naturali e necessari, dunque, da virtù utili che non minano la condizione di atarassia con la speranza di ricompense vane. Palese è il contatto tra la speranza di ricompense vane ς perturbatrici richiamate nel nostro frammento e i desideri né naturali né necessari nati dalla vana opinione i quali, secondo Epicuro (Men. 130), sono tutt'altro che facili da raggiungere. Nella lettera l'aggettivo ταραχώδης allude alla condizione che ostacola il piacere. * I piaceri prolungati a cui si riferisce qui Epicuro sono quelli che provengono non dai beni materiali, ma dalla ppovnete,
la virtü educatrice, indispensabile al profilo del saggio, dalla quale dipende il νήφων λογιομός, il sobrio calcolo che conduce alla corretta scelta dei piaceri.* Pertanto, le ἡδοναὶ cuvexeic xai πυκναΐ a cui esorta Epicuro indicano la continua condizione di piacere che il saggio sa procurarsi grazie a una condotta di vita nel segno dell’atarassia.° Degno di nota è il contesto della citazione. Plutarco (Adv. Col. 1117A 2-11) riporta il frammento della lettera come prova dell'esortazione a piaceri continui e frequenti rivolta da Epicuro ai suoi φίλοι. E polemico l'interrogativo che pone Plutarco: se l'oracolo di Delfi, che definiva Socrate uomo saggio, è stato ritenuto da Colote rozzo, φορτικός, e sofistico, οοφιοτικός, quale può mai essere un modo degno di chiamare gli strepiti, βρόμοι, le grida, ὀλολυγμοί, gli applausi fragorosi, κροτοϑόρυβοι, gli onori, ceßacerc, e gli appelli agli dei, ἐπιϑειάςεις, con i quali gli Epicurei mostrano la loro riverenza al maestro? E plausibile che qui Plutarco richiami il lessico di Epicuro: non è un caso che xporodöpußoc è termine che troviamo anche ' Cf. ERLBR (1994), p. 104. 2 CF. WESTMAN
(1955), pp. 183-184. Non
c’è ragione di ritenere con BIGNONE
(1973?), I, pp. 355-356,
che il testo del nosıro frammento sia in contraddizione con il principio epicureo secondo il quale la virtù è un
mezzo
per raggiungere
il piacere.
Cf. ARRIGHETTI
(1973),
p. 670.
* Non a caso dalla vana opinione dipende, secondo Epicuro (RS xv), la ricchezza non naturale. * Alla relazione tra ἀταραξία e piacere in Epicuro sono dedicate le pagine di HELD (2007), pp. 11-194. * Cf. WooLF (2009), pp. 158-178, e MBNSCHING (2012), pp. 71-81. Sul ruolo che Epicuro e gli Epicurei attribuiscono alla φρόνησις c al νήφων λογιομός nella ricerca del piacere rimando a 4. 1. 5. * Si tratta dei piaceri che Cicerone (Fin. 1 12, 40) definisce perpetui. Cf. MOREL (2009), pp. 184206.
COMMENTO
121
in 47 Ε Βρόμοι, ὀλολυγμοί, κροτοϑόρυβοι, ἐπιϑειάςεις e ceßaceıc sembrano rimandare ad una scena della stessa tipologia di quella descritta in 40 Fiab-F2:
forse alludono, addirittura, ai culti celebrati nel Kepos in onore di Epicuro e di altri Epicurei. ' Ad Apelle Apelle è un Epicureo noto solo da 6 F e 6 T.* 6F Epicuro rivolgendosi ad Apclle riconosce nel suo approccio alla filosofia, libero da ogni forma di educazione, la giusta distanza da tenere rispetto all’educazione tradizionale. * Apelle aderisce, dunque, a quell'atteggiamento comune nel Kepos di reazione alla specializzazione e al tecnicismo della cultura tradizionale ellenistica e di opposizione ad una παιδεία fondata sul principio della morvuadia.* Il uaxapıcuöc con il quale Epicuro elogia l'allievo assume una funzione complessa: nell’esprimere con clamore la correttezza di un atteggiamento che tende alla beatitudine divina, conferisce forza e validità universale al suo messaggio.* Non a caso un paxapıcuöc apre il noto invito a Pitocle a fuggire da tutte le discipline contenuto in 70 Fabcd. 6T Plutarco (Non posse 1094D 3-E 1), subito dopo 70 Fb, richiama Apelle, colui che ricevette l'ammirazione di tanti per essersi mantenuto puro da ogni contatto con la cultura tradizionale. Benché Plutarco non faccia riferimento né a Epicuro né ad una sua lettera, la fonte di questa affermazione potrebbe essere la lettera ad Apelle da cui Ateneo cita 6 F. Non di poco conto sono le corrispondenze tra i due testi. I participi ϑαυμάζοντες e ὑπεραοσπαζόμενοι, come anche il μακαριομός, alludono ad un contesto solenne. Apelle è definito ' Sul culto di Epicuro nel Kepos cf. 4. 1. 3. * Cf. GOULET (1989), pp. 262-263. ? Απελλῇ è correzione di Usenar (1887), p. 137, per οὗτος dei codici sulla base di 6 T. Conserva il testo tradito Orsow (2019), p. 144. ΠἸαιδείας, congettura di Schweighäuser accettata anche da Usener, è da preferire sia al tradito αἰτίας dci codici che non dà senso, sia a αἰκίας che BicNoNB (1920), p. 172, ritiene esito della ricerca di Epicuro di un linguaggio figurato per conferire forza al messaggio. Ma il nesso πάσης παιδείας trova un solido sostegno nel confronto con il nesso παιδείαν δὲ πᾶσαν di 70 Fa c realizza l'opposizione παιδεία (φιλοοοφία che è centrale nella riflessione di Epicuro sui μαϑήματα e alla quale allude Ateneo nell'introdurre le parole di Epicuro. * Per la critica alla παιδεία fondata sui μαϑήματα, alla quale Epicuro tanto spazio dedica anche nelle lettere, rimando alle considerazioni sviluppate in 4. 1. 1. * La μακαριότης è la condizione di beatitudine propria degli dei che anche il saggio raggiunge attraverso la ricerca filosofica: cf. 4. 1. 3. Epicuro (Men. 128 e 134) con l'avverbio μακαριοστῶς indica la modalità di vita a cui il saggio deve tendere e con l'aggettivo waxapıcröc (GV 17) definisce il vecchio che ha vissuto tutta una vita nel segno della ricerca filosofica. Il valore che μάχαρ e i termini che rientrano nel suo campo semantico assumono nella produzione arcaica e classica è indagato da pe H gen (1969), pp. 1-103. Sulla consuetudine di Epicuro di elogiare nelle lettere i φίλος a lui più cari cf. 4. 2. 1. 1. Il μακαριομός quale risultato di una scelta di stile è discusso in 5. 1. 1. 1.
122
MARGHERITA
BRBÌ
in entrambi i testi xadapöc. Per μαϑήματα è da stabilire un parallelo con παιSeta di 6 F. Degno di nota è ἐξ ἀρχῆς che sembra alludere all’opportunitä per il saggio epicureo di un contatto con la filosofia fin dalla prima formazione. Ad Apollonide Di Apollonide si sa ben poco. Con buona probabilità si tratta dello stesso Apollonide di cui si parla anche in 79 F e che è ricordato da Filodemo (Lib. dic. 49, 7-10 Konstan) per un atteggiamento negligente in relazione al quale Polieno sollecitò l'intervento di Epicuro. ἢ 7T
Filodemo (Lib. dic. 73, 1-9 Konstan) dà notizia di un rimprovero mosso con misura ad Apollonide da parte di Epicuro che in quell'occasione ammoni non solo il diretto destinatario ma tutti coloro che erano chiamati in causa da quegli stessi rimproveri. L'obiettivo della prassi della nappycix è qui stabilire una relazione tra l’utilità che il rimprovero del maestro ha per il singolo destinatario dell'intervento correttivo e il valore paradigmatico che quel monito può assumere per tutti coloro che sono capaci di riconoscervi un'indicazione valida
anche per i propri comportamenti.* Il moderato monito di Epicuro ad Apol-
lonide doveva essere ben noto nel Kepos: l'episodio, richiamato di nuovo da Filodemo (Lib. dic. 49, 7-10 Konstan), è considerato da Epicuro anche in 79 F.* Purtroppo la presenza a linea 6 del pronome neutro plurale per il quale manca il sostantivo di riferimento non consente di cogliere ulteriori dati sull’errore commesso da Apollonide: non si può escludere che Epicuro lo abbia richiamato per la sua vicinanza alla scuola di Eudosso a Cizico. Non sorprende che Epicuro possa aver affidato il rimprovero di Apollonide ad una lettera a lui destinata nell’intenzione di rendere il monito esemplare e valido per tutti gli ! Cf. 4.1.8. * Cf. TEPBDINO GUERRA (1991), p. 27, € BARBIBRI (2020), pp. 209-213. ? L'avverbio [uetpi]ec (2), ben più adatto di [προςηχόν)τω[ς di OLIVIBRI (1914), p. 34, sia per le dimensioni della lacuna sia per le tracce conservate, nonché per il senso che restituisce al testo, é il risultato di una nuova lettura del papiro. Allo stesso modo è stato possibile leggere δια[τίθεται (2-3) e la sequenza n[eiderv] ἀίλλους] (8) che confermano rispettivamente δια] τέϑεται di OLIVIERI (1914), p. 34, e n[eiderv ἄλλους] di ΡΗΙΣΊΡΡΒΟΝ (1916), col. 685. Non è facile ricostruire il testo alle linee 6-8, ma un utile suggerimento giunge dalla traduzione del testo che KONSTAN (1998), pp. 7677, offre in nota all'edizione: «provided he is (truth)ful, he (persuades), and (others) acknowledge {chem} as their own». L'accusativo all]rılöpe[vov (6-7) appare altrettanto compatibile con le tracce di inchiostro conservate nel papiro rispetto a aixc]|ópe(voc di USBNBR (1887), p. 138, c a(1]ec|ópe[voc proposto da Philippson. L'interpunzione dopo π[είϑεεν]) elimina la difficile presenza della particella δέ in terza posizione che compare nella sequenza n[eiderv ἄλλους] δ᾽ olxer[ücaı stampata da PurLIPPSON (1916), col. 685. * Con moderazione Epicuro rimprovera anche Pitocle per aver avuto una cattiva influenza su Leonteo, come emerge da 45 T dove μετρίως compare ancora con un palese valore tecnico in rapporto alla modulazione della παρρηςία. Ad una παρρηςία πικρά si riferisce Epicuro in 33 F. Sulla funzione che, nel segno del franco parlare, hanno lode e biasimo nei nostri frammenti cf. 4. 2. 1.
COMMBNTO
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Epicurei che a Lampsaco subivano il fascino del pensiero di Eudosso e degli studi che erano portati avanti nella vicina scuola di Cizico.' Ad Aristobulo Aristobulo, fratello e seguace di Epicuro, mori nel 276 per idropisia, la stessa malattia che colpi anche l'altro fratello Neocle.? Nel catalogo dei Beitıcra ουγγράμματα di Epicuro offerto da Diogene Laerzio (x 28, 360) compare il
titolo Aristobulo, forse uno scritto di lode per il fratello. Secondo Plutarco (Lat. viv. 1129A 3-4), ad Aristobulo, come a Metrodoro e a Caridemo, Epicuro dedicó una grande quantità di righi, tocaùtat μυριάδες ctiywv.? 8T Nella lettera di cui Diogene Laerzio (vit 9, 122-124) dà testimonianza, gli Stoici Perseo di Cizio e Filonide di Tebe sono detti presenti a Pella presso la corte di Antigono e li inviati dal loro maestro Zenone di Cizio che aveva declinato l'invito di Antigono Gonata a recarsi alla sua corte per provvedere
all'educazione del figlio.‘ È probabile che l'episodio dell'invio di Perseo e Filonide presso Antigono abbia offerto a Epicuro l'occasione per una riflessione più ampia sulla concezione stoica dello stato e sulla funzione del saggio nella gestione della πολιτεία." Il contenuto della lettera è prova dell'attenzione dedicata da Epicuro agli eventi politici a lui contemporanei.* I puntuali riferimenti storici che ricaviamo dalla lettera consentono di immaginarla scritta dopo il 274 e poco prima del 271/270 a.C. 9F
Nell'opera conservata in PHerc. 176 (5 xv 12-15 Angeli), subito dopo 24 F, la sequenza πρὸς ᾿Αριο[τόβουλον (1-2) con l'indicazione del destinatario suggeri-
δ La paragraphos visibile sotto la prima lettera di linea 9 potrebbe avere la funzione di delimitare l'excerptum. A proposito dei contatti che stabilirono gli Epicurei di Lampsaco con la scuola di Eudosso a Cizico cf. 4. 2. 5. ἃ Leggiamo la notizia dell'impegno dei fratelli di Epicuro nella ricerca filosofica da Diogene Laerzio (x 3, 5). I dati sulla malattia di Aristobulo li ricaviamo sia da Plutarco (Non posse 1089F 1-2) sia dal lessico Suida (e 2405 Adler). Cf. DORANDI (1989c), p. 378, € ERLER (1994), p. 104. Sulla forma ᾿Αγαϑόβουλος tradita dai codici di Plutarco cf. ZACHER (1982), p. 57. Sui componenti della famiglia di Epicuro cf. GOULAT (20003), p. 162. Prova del solido legame che univa Epicuro ai fratelli è l’averli nominati nel Testamento (Diog. Laert. x 18, 210) quali eredi di parte delle sue rendite annuali. La profondità di tale legame emerge anche da 113 E, 113 Ti- T2 e 115 F. * Cf. RosxAM (2007b), p. 198. Secondo VocLiANo (1928), p. 114, Aristobulo potrebbe essere il defunto lodato nello scritto restituito da PHerc. 176 (5 xx-xxı Angeli): ma cf. infra, pp. 166-167. * Dell'incontro di Zenone con i delegati di Antigono dà notizia anche Filodemo (Stoic. Hist. viri-ix Dorandi). Cf. DORANDI (19942), pp. 142-144. Per la presenza di Perseo e Filonide alla corte macedone
cf. STEINMETZ
(1994),
pp. 557-558.
? Lo suggerisce ANGBLI (1993), pp. 21-22. Richiami agli Stoici e al loro pensiero sono anche in 82 T, 95 F1-F3 e 138 T. 5 Cf. 4. 1. 2.
124
MARGHERITA
ERBÌ
sce la presenza di un altro estratto di lettera.' L'assenza di uno spatium vacuum prima del nome del destinatario non può essere un elemento utile per negare la citazione di un nuovo estratto.? Il mittente, non indicato, è plausibile sia ancora Epicuro, lo stesso mittente della lettera da cui è tratto 24 F.? Difficile è ricostruire il contenuto del frammento.* Purtroppo non è perspicua la sequenza πολλῶν | Sracamovvi”wv? (2-3). Problematico appare anche il nesso t[e)oc π[ερὶ] (2). Forse i πολλοὶ διαοαφοῦντες qui richiamati sono Epicurei che hanno esposto in modo chiaro l'opportunità, almeno per un po' di tempo, ὀλί[γ]ον &[p]iec|Bat (3-4), di abbandonare un atteggiamento sconveniente.* A Diodoro Poche e incerte sono le notizie che abbiamo su Diodoro. Probabilmente si tratta dello stesso Diodoro, figlio di Mitre, ricordato insieme a Egeo in 56 F2 per aver dimostrato benevolenza verso i figli di Metrodoro. Diodoro figlio di Mitre potrebbe essere tra i possibili destinatari anche di 120 F e il suo nome & forse da ricostruire in 55 F. 10 T Filodemo (Mem. Epic. 3 defg Militello) offre testimonianza di due lettere datate entrambe sotto Anassicrate, arconte nel 279/278: la prima inviata a Diodoro (10 T), la seconda inviata, in un secondo momento, ad un destinatario ignoto (106 T).* Purtroppo non siamo in grado di ricostruire il contenuto della lettera, ma non sfugge che i figli di Mitre siano richiamati per il loro impegno nel contribuire al sostentamento del Kepos anche in 56 F2 e in 120 E?
' Πρὸς conferma n[pJóc di ANcELI (19882), p. 39, che seguo anche per quelle parti di testo che oggi sono purtroppo poco visibili. Non interpreta πρὸς ᾿Αριο[τόβουλον (1-2) come l'incipit di un estratto di lettera VOGLIANO (1926-1927), pp. 415-416. * Passare da un brano di lettera ad un altro o addirittura ad altri contesti epistolari senza segnare tale passaggio con uno spatium vacuum rientra nelle modalità con le quali l’autore del testo conservato nel PHerc. 176 introduce gli excerpta di lettere. Cf. ANGELI (19892) PP- 39-40. ? Cf. ARRICHBTTI
(1973),
p. 423, € ΙΒΝΑΚΌΙ
PARENTE
(1983),
* Secondo PHILIPPSON (1928), p. 390, € JENSBN (1933), p. 55, si vratterebbe di una lettera su Idomeneo.
Cf. anche
VogLIANO
(19522),
pp. 45-51.
* Διαςαφέω è impiegato da Filodemo (Lib. dic. 25, 9-10 e viti b 9-10 Konstan) in relazione a riflessioni già sviluppate con chiarezza nel corso dell’argomentazione precedente. * Per primo CRÖNBRT (1901, trad. it. 1975), p. 118, individuò in queste linee l'introduzione ad un excerptum citato da una lettera inviata a Diodoro, il figlio di Mitre. Cf. anche MILITELLO (1997), PP- 308-309. È da escludere che qui si tratti dell'Anassicrate, arconte nel 307/306, sotto il quale, come ricorda Diogene Laerzio (x 2, 10-12), Epicuro fece ritorno ad Atene da Colofone. Cf. DogANDI (1990), p. 128. Sotto Anassicrate arconte nel 279/278 Epicuro invia anche la lettera da cui deriva 104 F c quella di cui dì testimonianza 105 T. Cf. anche 97 F. Su Anassicrate arconte nel 279/278 cf. OSBORNB (2009), . * Ad un'unica Pea a Diodoro inviata sotto Anassicrate OBBINE (1996), p. 558, riconduce anche 104
Fe
105 T.
COMMBNTO
125
A Ermarco
Ermarco di Mitilene, il successore di Epicuro alla guida del Kepos, fu uno dei quattro xaßnyeuövec.' incontro
di Ermarco
con
A Miltilene nel 310 è possibile far risalire il primo Epicuro.?
Forse
tra il 290
e il 270
Ermarco
si recö
insieme a Pitocle e Ctesippo presso la comunità epicurea di Lampsaco.? Filodemo (Adversus v1 17-18 Angeli), nel riportare le affermazioni di un Epicureo che avrebbe frainteso la natura dei rapporti tra i primi Epicurei e le donne che frequentavano il Kepos, offre la notizia che Ermarco fosse amante di una non altrimenti nota Demetria.* Filodemo (Mor. 1v 27, 5-7 Henry = 4 Longo Auricchio) ricorda che Ermarco ebbe il privilegio di assistere il maestro in punto di morte. Ermarco, dopo la morte di Epicuro, svolse un ruolo fondamentale nel Kepos, sia nell'amministrazione delle rendite ricavate dal patrimonio di Epicuro sia nell'organizzazione del culto di Epicuro, nonché nella cura dei figli di Metrodoro e Polieno.* Da Diogene Laerzio (X 25, 308)
apprendiamo che Ermarco mori di paralisi e che alla guida del Kepos gli succedette Polistrato. Ricca è la lista dei suoi βιβλία κάλλιοτα. ὁ 1 T
Ateneo (Deipn. x111 588B 4-9) dà notizia di più lettere inviate a Ermarco nelle quali Epicuro esprimeva preoccupazione per l'etera Leonzio.” Forse tale corrispondenza è da ricondurre ad un periodo compreso tra il 277, anno del! Cf. 2. 2 E plausibile che Ermarco facesse parte dei φίλοι di Mitilene ai quali Epicuro si rivolge in 88 F1l7. A proposito dell'interesse dimostrato da Ermarco per gli studi retorici che tanto caratterizzavano il contesto culturale di Mitilene alla fine del iv secolo cf. LonGo AuRICCHIO (1988), pp. 115-116, e liRLER (1994), pp. 227-230. ’ Lo si ricava dalla lettera inviata da Batide alla piccola Apia sulla quale cf. 65 F. Ricostruisce la cronologia del viaggio di Ermarco SEDLHY (19762), pp. 46-47. * Una ragionata raccolta dei dati che possediamo sull’etera Demetria la offre DorANDI (19948), p. 621. * Secondo le disposizioni date nel Testamento (Diog. Lacrt. x 16, 190-20, 241). Analizza il Testamento di Epicuro in una prospettiva giuridica DiMAEIS (1987), pp. 471-491. Considera il valore legale del documento nel più ampio contesto della realtà delle scuole filosofiche greche nel rn a.C. Marrı (2008), p. 124. Definisce l'aspetto storico e filosofico del Testamento senza trascurare le questioni legate all'interpretazione del testo DORANDI (1992d), pp. 55-62. Discute l'autenticità del Testamento e la volontà di Epicuro di preservare le sue ultime richieste con il deposito del documento nel Metroon WARREN (2001), pp. 25-27. Cf. a riguardo anche CavaLLo (1984, ora in 2005), pp. 131-134, c CLAY (1982, ora in 1998), pp. 43-46. Sul ruolo avuto nel Kepos dopo la morte di Epicuro da Ermarco, pur sc non ateniese, sono utili le considerazioni sviluppate da Leıwo, REMBS (1999), pp. 161-166. * Cf. ERLER (1994), pp. 231-233, € OBBINE (1988), pp. 428-435. Ricostruisce i termini della polemica antiempedoclea di Ermarco GALLO (1985), pp. 33-50. Cf. anche RısroLı (2007), pp. 241-269. Un'indagine completa sulla produzione attribuita ad Ermarco è in DORANDI (2000), pp. 633-636. ? Dubita dell’autenticitä di tali lettere GORDON (2013), p. 143, secondo la quale si tratterebbe piuttosto di una corrispondenza fittizia che sfrutta il motivo antiepicureo della presenza delle etere nel Kepos. In generale sul coinvolgimento delle donne nella vita della scuola cf. 4. 2. 3.
126
MARGHBRITA
BRBI
la morte di Metrodoro, al quale Leonzio era legata, e il 271/270, anno della morte di Epicuro.' Nell'attenzione che Epicuro chiede a Ermarco per l'etera si rileva il profondo legame che univa Epicuro a Leonzio.? Dura la critica di ignoranza che qui Ateneo muove ad Epicuro in relazione al suo rapporto con l'etera.? 12 F La lettera, citata da Cicerone (Fin. tt 30, 96) per provare l'incoerenza di Epicuro nell'affrontare il dolore negli ultimi giorni di vita, è da datare al 271-270, anno della morte di Epicuro.* Cicerone indica quale destinatario Ermarco, ma la lettera è di fatto la traduzione latina di 29 E.? Si tratta della più ampia citazione testuale che di Epicuro offre Cicerone. Degna di nota è la scelta di vesicae e torminum morbi che traduce con puntualità il valore tecnico della sequenza crpayyoupıxa τε παραχολουϑήκει καὶ δυςεντερικὰ πάϑη. L'endiadi rationum inventorumque nostrum risolve l'espressione τῶν γεγονότων ἡμῖν διαλογιομῶν con la quale Epicuro rende un aspetto fondamentale della ουζήτηοις del Kepos. L'aggiunta ciceroniana inventorum allude, forse, all’og-
getto e alle conclusioni di tali ragionamenti. Ab adulescentulo traduce il diminutivo ἐκ μειρακίου e fac ut tueare, formula colloquiale propria dello stile
epistolare latino, l'imperativo ἐπιμελοῦ. A Euriloco Euriloco é, con buona plausibilità, il μαϑητὴς ἐλλόγιμος di Pirrone di cui dà notizia Diogene Laerzio (1x 68, 93). Forse si tratta dello stesso Euriloco il cui nome dä il titolo ad uno scritto di Epicuro dedicato a Metrodoro.” Un contatto tra Epicuro e Euriloco lo suggerisce 13 T: Epicuro rivolgendosi ad un discepolo di Pirrone avrebbe colto l'occasione di chiarire il proprio rapporto con Nausifane, un altro discepolo di Pirrone.*
! Cf. PHILIPPSON (1923), col. 3, e Lonco AuniccHIO (1988), p. 163. 2 Leonzio & destinataria di 47 F, 48 F, e 49 T. ? A tal proposito cf. Capasso (1991), p. 297, e ECKSTBIN (2004), pp. 142-143. Per sottolineare l'ignoranza di Epicuro Ateneo (Deipn. xii 588A 5-B 2) cita anche 6 F. * Cf. DORANDI (1990), p. 129. * La correttezza del dato offerto da Cicerone a proposito del destinatario è discussa da ANGBLI (19812), pp.
91-92.
* Secondo TRAGLIA (1971), pp. 330-331, la traduzione del testo greco, «fedelissima fino alla pedanteria», rivela lo sforzo di Cicerone per realizzare la più efficace corrispondenza con il testo di Epicuro. ? Diogene Laerzio (x 28, 350) inserisce lo scritto tra i BeAtıcra cuyypippara. Cf. ERLBR (1994), . 89.
* L'identificazione del destinatario di 13 T con Euriloco allievo di Pirrone è proposta già da UssNER (1887), p. 407. Cf. GIGANTE (19812), pp. 79-81. Pensa invece ad un Euriloco allievo di Epicuro SusBMIHL (1891), p. 108 n. 503. Per l'ipotesi che si tratti di Euriloco scettico cf. BRunscHWIG (2000), PP. 349-351.
COMMBNTO
127
13 T
Subito dopo aver riferito da Apollodoro (FGrHist 244 F 41) la notizia che
Epicuro fu allievo di Nausifane, Diogene Laerzio richiama la lettera a Euriloco nella quale Epicuro rivendica una formazione da autodidatta. Diogene Laerzio sembra indagare una doppia linea di formazione paideutica: da una parte evoca il democriteo-pirroniano Nausifane e, forse, perfino il peripatetico Prassifane, ai quali aggiunge, poco dopo, Senocrate e ancora il platonico Panfilo di Samo, dall'altra sottolinea che Epicuro ha sostenuto la sua originalità di pensiero e l'indipendenza dai suoi predecessori.' Appare del tutto plausibile che Epicuro nella lettera, in relazione alla propria vicenda formativa, intendesse offrire di
sé l'immagine del fiero autodidatta. 2 Lo sforzo di Epicuro nel negare una relazione di discepolato con Nausifane è in armonia con la prospettiva dalla quale Epicuro sviluppa la sua critica ai μαϑήματα e, in particolare, alla retorica.’ Problematica è, invece, la presenza del nome di Prassifane nel testo di Dio-
gene Laerzio.* Una relazione di discepolato tra Prassifane e Epicuro mal si concilia con i dati biografici sui due filosofi e con l'ipotesi di un legame tra le loro dottrine.* Non c'è dubbio che l'assonanza dei nomi Nauctpavr e Πραξι" Come suggerisce De SANCTIS (20152), pp. 55-59. Un prospetto di tutti i maestri che la tradizione ha attribuito a Epicuro è offerto da VERDE (20132), pp. 11-14. * Cf. ERLBR (1994), p. 105. ' Epicuro rivendica una formazione autonoma anche in 88 Fi-F7. L'immagine di Epicuro allievo di Nausifane & resa anche nel lessico Suida (e 2402 Adler). Il rapporto di discepolato tra lipicuro e Nausifane registrato dalla tradizione è da far risalire ai primi anni della formazione di Epicuro, forse alla sua permanenza a Teo. Cf. LonGo AURICCHIO (1969), pp. 9-13, e GOULBT (2005a), pp. 585-586. Aristone di Ceo (24 Stork, Dorandi, Fortenbaugh, van Ophuijsen), citato da Diogene Laerzio (x 14, 161-163), stabilisce un contatto tra Epicuro e Nausifanc in termini di continuità dottrinale indicando il Tripode di Nausifane come fonte privilegiata per il Canone di lipicuro. Cf. GicANTB (1996), pp. 17-18. Pensa allo stoico Aristone di Chio loPPOLO (1980), pp. 315-316. Su Nausifane, discepolo di Pirrone di Elide e seguace di Democrito cf. GIGANTE (19812), PP-
37-49,
€ GÖRLER
(1994),
pp.
768-769.
WARREN
(2002),
pp.
14-188,
ricostruisce
il pensiero
di
Nausifane attraverso le scarse testimonianze conservate dalla tradizione. Cf. Lonco Auriccito, 'r'uPBD1xO GUERRA (1980), pp. 467-477. È noto, soprattutto dalle pagine della Retorica di Filodemo, che per Nausifane la scienza della natura, la φυοιολογία, fosse il presupposto della capacità politica. Fondamentale sulla retorica di Nausifane in rapporto alla fisiologia è PORTER (2002), pp. 137-186.
Cf.
BLANK
(2003),
PP.
73-88,
Erst
(2011),
pp.
189-205,
e più
di
recente
BLANK
(2018),
pp. 161-180. 1 motivi principali della critica di Epicuro alla παιδεία fondata sui μαϑήματα sono delineati in 4. 1. 1. * DonANDI (2013). p. 741, stampa il testo tra cruces, [καὶ lloxEcpávouc], mentre già Jaconv (1902), p. 354 n. 3, espungeva καὶ Πραξιφάνους in quanto esito di corruttela, poi presa per variante, segnata a margine, quindi rientrata nel testo. Cf. anche CRÖNERT (19068), pp. 21 € 175. Recente è l'intervento di BEGHINI (2019), pp. 195-200, che corregge Πραξιφάνους in Πραξιφάνης e indica Prassifane quale fonte per la notizia del discepolato di Epicuro presso Nausifane. * Li immagina coetanei BIGNONE (1973), I, pp. 420-421, che colloca il loro incontro a Mitilene. Ma sull’attendibilità di Apollodoro, fonte di Diogene Laerzio, cf. MATBLLI (20122), pp. 244-246. A proposito della cronologia di Prassifane è utile la ricostruzione proposta da MATBLLI (2012b), pp. 834-536. Un quadro delle varie posizioni assunte dalla critica a riguardo è offerto da CORRADI (2015?). Misura la distanza di Epicuro dal pensiero di Prassifane a partire dalle pagine di Carneisco (Phil.
128
MARGHERITA
BRBI
φάνη giustifica di per sé la genesi di un errore. Ma non si puö escludere che la notizia derivi da una costruzione dossografica storicamente infondata che trova la sua origine nel tentativo di considerare Epicuro, attraverso Prassifane, un epigono della scuola Peripatetica allo stesso modo in cui attraverso Nausifane era ritenuto epigono di Democrito. ' A Erodoto Erodoto è, con buona probabilità, lo stesso φίλος a cui Epicuro invia la prima delle tre lettere conservate da Diogene Laerzio (x 29-83).? 14 T
Subito dopo 59 F Diogene Laerzio riferisce che Epicuro lodava in modo esagerato anche Idomeneo, Erodoto e Timocrate, i tre discepoli che avevano svelato le componenti più occulte delle sue dottrine (xpóqta).? Diogene qui non fa esplicito riferimento alle lettere ma & plausibile che Epicuro lodasse, ἐγκωμιάζειν, e adulasse, κολακεύειν, Idomeneo, Erodoto e Timocrate allo
stesso modo in cui lodava e adulava Mitre, cioé rivolgendosi a lui nelle lettere con elogi senza misura.* La nostra testimonianza non puó che riferirsi ad un periodo in cui i rapporti tra Timocrate e Epicuro erano ancora buoni, dunque precedente alla vicenda dell'apostasia di Timocrate dalla scuola.* Non è facile conciliare gli elogi di Epicuro a Erodoto con le calunnie che quest'ultimo, secondo Diogene (X 4, 43-45), allo stesso modo di Timocrate, avrebbe lanciato contro il maestro per non essere un cittadino ateniese. E probabile che Epicuro abbia lodato Erodoto fino ad adularlo, perché riconoscente nei confronti del φίλος, che con devozione aveva divulgato le sue dottrine. A sua volta Erodo-
to nello scritto Sull'efebia di Epicuro avrebbe difeso il maestro dagli attacchi diffamatori mossi da Timocrate.*
xin-xiv Capasso) sull'amicizia tra forma e contenuto Capasso MANGONI (1993), pp. 47-52. Ha pensiero di Prassifanc DORANDI
e da quelle di Filodemo (Poem. v, xii-xiii Mangoni) sul rapporto (1984), pp. 392-407, sulla base di LAxs (1976), pp. 66-68. Cf. anche piü di recente riconsiderato i passi di Carneisco per ricostruire il (20122), pp. 445-461.
' All'origine della notizia & forse da postulare addirittura una tradizione ostile a Epicuro. Diogene Laerzio potrebbe aver recepito tale notizia, utile per la ricostruzione della formazione di Epicuro, da una fonte dossografica mediata da Apollodoro. Cf. Capasso (1988), pp. 56-59. In questo caso il nome di Prassifane nel testo di Diogene sarebbe il risultato dell'acquisizione da parte di Diogene di una notizia non esatta. * Per le poche notizie sulla sua vita cf. Goutgr (2000b), pp. 675-676. ? Traduce «dottrine esoteriche» GIGANTE (1988), p. 401. Con «esoteric doctrines» è reso il nesso tà κρύφια nella recente traduzione di MBNSCH (2018), p. 494. Crede che tà κρύφια sia da riferire ai fatti della vita privata di Epicuro von ARNIM (1912), col. 990. Cf. anche Lazs (1976), pp. 43-44. * Sul topos letterario della lode all'allievo in funzione didattica cf. 4. 2. 1. * Cf. ANGELI (19812), p. 73, ma anche SBDLEY (1976b), p. 154 n. 47. Non di poco conto sono i dati che a proposito della vicenda di Timocrate ricaviamo dai frammenti. Cf. 4. 2. 2. * Utili a riguardo giungono le considerazioni sviluppate da VERDE (2010), pp. 65-67, sulla scia di USsENBR
(1887),
p. 408.
COMMENTO
129
15 Fı
Filodemo (Mem. Epic. xxv-xxxıu Militello), a conclusione della sezione dedicata a Mitre, riporta, uno di seguito all'altro, 15 F1 e 15 F2.' Nel primo excerptum Epicuro informa Erodoto di aver inviato una lettera (81 T) tramite un attendente degli strateghi incaricato da Olimpiodoro e, subito dopo, aggiunge che l'attendente consegnó la lettera ad Antipatro, dal momento che non
trovò
nessuno
dei
due
destinatari.
Epicuro
racconta
poi
di
Mitre,
l'in-
fluente uomo politico, ministro delle finanze di Lisimaco, arrestato a Corinto da Cratero e trattenuto al Pireo sotto la sorveglianza di un certo Lisia il quale, rifiutati i dieci talenti offerti per il riscatto, ne richiede venti come pattuito con Cratero, il fratello di Antigono Gonata, governatore delegato a Corinto. Epicuro sembra qui offrire una sintesi del contenuto dello scritto, γράμματα (3), intercettato da Antipatro e mai giunto nelle mani dei due destinatari, uno dei quali certamente è Erodoto.? Tale scritto, poco dopo definito ἐπιοτολή (7), é probabile che contenesse una richiesta formale rivolta ad Antipatro in merito al caso di Mitre. La nostra lettera è una chiara testimonianza delle relazioni tessute da Epicuro in vista della liberazione di Mitre e dell'aiuto a lui offerto da Erodoto in questa circostanza. Benché non tutti i dati storici che rileviamo dal frammento siano per noi di facile comprensione, e sicuro che qui Epicuro
si riferisca all'episodio della prigionia di Mitre.? La vicenda dell’arresto di Mitre a Corinto da parte di Cratero, del suo successivo trasferimento ad Atene e della sua caduta in disgrazia è infatti anticipata poco prima da Filodemo (Mem. Epic. xxvri-xxvirm Militello). * Alla luce di ciò è probabile che la nostra lettera sia da ricondurre ad un periodo compreso tra il 281, anno della morte di Lisimaco, dopo la quale Mitre cadde in disgrazia e venne preso prigioniero, e il 277, anno della morte di Metrodoro, anche lui determinante per la liberazione di Mitre. * L'impegno di Metrodoro così apprezzato da Epicuro rende ragionevole l'ipotesi che Metrodoro e Erodoto siano i destinatari di 81 T, la lettera di Epicuro intercettata da Antipatro.‘
' Significativi progressi nella ricostruzione della colonna si devono a VoGLIANO (1926), pp. 312313, e 324. Cf. anche MıLıtsLLo (1997), pp. 80-81. 2 Con il significato di ‘lettere’ γράμματα ricorre anche in 110 T1. Non si tratta dell'unico caso in cui Epicuro in una lettera cita altre sue lettere. Cf. 6. ? A riguardo, ampia è l'analisi di Μικίτβιιιο (1997), pp. 298-301, che per ricostruire i fatti della vicenda tiene conto dei diversi tentativi della critica. Cf. anche infra, p. 170. * Filodemo (Mem. Epic. xxvır-xxvın e xxxiti Militello) è la fonte principale per la conoscenza dell'episodio, ma i dati che offre non sono sufficienti a chiarire lo sviluppo e la ricostruzione degli eventi. Poco si sa sulle dinamiche dell'arresto di Mitre e sulla sua permanenza presso il Pirco. Per definire il ruolo di Cratero nella vicenda cf. BApiAN (1999), col. 809. Incerti i motivi dell'ostilità degli Antigonidi per Mitre come mostra LANDUCCI GATTINONI (1992), p. 253. * Cf. ERLER (1994), p. 105. La notizia dell'impegno di Metrodoro nella vicenda di Mitre la si ricava da 110 T1- T2. Sul coinvolgimento del Kepos e persino dello stesso Epicuro nella liberazione di Mitre cf. 4. 1. 2.
*
Lo suggerisce,
a ragione,
MILITBLLO
(1997),
p. 297.
130
MARGHERITA
ERBÌ
15 F2
L'excerptum è tratto dalla stessa lettera inviata da Epicuro a Erodoto da cui Filodemo (Mem. Epic. xxx1n 1-17 Militello) cita subito prima 15 F1: una conferma sembra giungere dalla sequenza περὶ "to [oxov " | [ócx ]ep[o]v εἰπών (1-2). Del testo resta ben poco: è possibile, forse, scorgere in (] àv" τὸ n[A]etcr[ov
δι]δόντι (3) un riferimento al riscatto da pagare per la liberazione di Mitre. A Temista Diogene
Laerzio (x 25, 304-305) inserisce il nome
di Temista
accanto
a quello
di suo marito Leonteo nell'elenco dei discepoli di Epicuro a Lampsaco e indica la donna come destinataria privilegiata delle lettere del maestro, come si rica-
va da 19 T.' Temista godeva di una profonda stima da parte di Epicuro che a lei dedicó il Neocle.? Figura intellettuale non marginale nel circolo di Lampsaco, Temista fu lodata per la sua attività filosofica sia da Clemente Alessandrino (Str. 1v, xix 121, 4) sia da Lattanzio (Inst. 111 25, 15). Temista, come è noto,
non fu l'unica donna che frequentava il Kepos: insieme a lei Batide, sorella di Metrodoro, ed etere tra le quali la più nota è Leonzio.? 16 F L'excerptum, inserito da Filodemo (Mem. Epic. x 8-9 Militello) in una successione di estratti di lettere, deriva con buona probabilità da una lettera di Epicuro inviata a Temista sotto l'arcontato di Filippo (292/291).* Infatti, la
posizione del nome del destinatario posposto rispetto a δέ (1) suggerisce che la lettera da cui è ripreso il nostro frammento ha in comune il mittente con 77 F citato immediatamente prima: Epicuro. Un personaggio di nome Lico che qui Epicuro ricorda per la sua lealtà e disciplina non è altrimenti noto.* ' Su Leonteo cf. infra, p. 154, e sul circolo epicureo di Lampsaco infra, p. 201. 2 Cf. ANGELI (19882), p. 34 n. 54. Presente nel catalogo dei βέλτιετα cuyypaupara (Diog. Laert. x 28, 348), l'opera, in forma dialogica, aveva una natura commemorativa. Cf. Dg SANCTIS (2011), pp. 217-218. Forse un richiamo a questo scritto & da cogliere in 113 F. L'ampio spazio dedicato da Epicuro a Temista nella sua produzione è criticato da Cicerone (Fin. 11 21, 67-68). Cf. USENER (1887), p. 101, € ANNAS
(2001),
p. 49 n. 51
? Sulla presenza femminile del Kepos a partire dai dati che ricaviamo dai frammenti rimando a 4.2.3. * Cf. Diano (19466), p. 27, c ARRIGHBTTI (1973°), p. 426. È di MiLITBLLO (1997). p. 210, l'ipotesi dell'omissione di iota mutum nel dativo @epicra«» (1). ERLBR (1994), p. 105, in base a SBDLBY (1976a). pp. 44-45, riconduce l'excerptum ad una lettera di Temista ad Epicuro. Pensano, invece, che nella lacuna fosse caduto il nome di Pitocle sia DraNo (1946b), p. 27 n. 1, sia ARRIGHETTI (1973), P. 671. Non si puó neanche escludere a priori che il mittente della lettera sia l'ignoto personaggio al quale é dedicata la sezione dello scritto da cui Filodemo cita il frammento. Sull'arcontato di Filippo, sotto il quale Epicuro invia anche la lettera di cui é una testimonianza 82 T c la lettera da cui deriva 85 F1, cf. DORANDI (1990), p. 28, e OSBORNE (2009), p. 85. * La lettura del nome proprio Λύ[χον (1-2) si deve a SepLBrY (19762), p. 44, il quale lo restituisce anche in 77 F (3).
COMMENTO
Ma Epicuro qui sembra vo.!
131
sfruttare il topos dell’elogio del maestro
all’allie-
17 F
Epicuro si rivolge a Temista dichiarandosi capace di raggiungerla dovunque si trovi rotolando piü volte.? In questo modo Epicuro manifesta a Temista il desiderio di poterla incontrare quanto prima. Ma non di facile e immediata comprensione appare il senso dell'hapax τρικύλιοτοο. Cobet rende l'aggettivo con la sequenza multum ipse volutatus: Epicuro si dice disposto a rotolarsi piü volte.? Anche Kochalsky pensa ad un movimento rotatorio su se stesso e traduce «mich selbst dreimal um meine eigene Achse zu drehen».* Per Apelt,
invece, con τρικύλιοτος Epicuro indicherebbe la grande fretta, «in verdreifachter Eil», con la quale desidera raggiungere Temista.* Bailey traduce «I am capable of arriving with a hop, skip and jump» e sottolinea l'ironia dell'espressione.* In linea con Bailey è la prima proposta di Bignone: «in tre balzi»."
Ma, in seguito, in relazione alla notizia conservata da Diogene Laerzio (x 7, 73-76) di un Epicuro infermo e non in grado di alzarsi dalla portantina, Bignone traduce «facendomi molto rotolare sulle mie ruote».* Secondo Bignone con τρικύλιοτος Epicuro indicherebbe il rotolare delle ruote del lettuccio portatile: τρι- avrebbe un valore moltiplicativo ed enfatico e significherebbe ‘molte volte’. Anche per De Witt Epicuro si riferirebbe alla sua carrozzella di infermo sulla quale farsi spingere, ὠϑεῖοϑαι, dovunque Temista si trovasse.” Τρικύλιοτοο assumerebbe qui il significato tecnico di ‘sedia a tre ruote’. Ma per De Witt si tratterebbe di un veicolo del quale Epicuro, ormai gravemente malato, si sarebbe servito nel periodo in cui ad Atene veniva trasportato
dalla sua casa di Melite al Kepos. Nell'affermazione di Epicuro di essere capace di affrontare un viaggio De Witt scorge un accento ironico: la malattia difficilmente avrebbe permesso a Epicuro di sopportare lunghi percorsi. Sulla scia di De Witt si collocano la gran parte delle proposte successive. Okal pensa ad una piccola vettura a tre ruote e immagina addirittura la possibilità della costruzione di una tale macchina nell'antichità.'? Gigante traduce «girando sulla sedia a tre ruote» ma in nota aggiunge che l'aggettivo potrebbe assumere il senso scherzoso di «in tre capriole».'' Benché non facciano esplicito riferimento ad una sedia o ad un veicolo l'idea di un movimento su di un veicolo con ruote emerge dalle traduzioni di Arrighetti, «su tre ruote», di Laks, «sour ! Si tratta di un topos ampiamente sfruttato nelle lettere. Cf. * Cf. ERLBR (1994), p. 105, € ECESTBIN (2004), pp. 140-141. propone l'espunzione della sequenza xai Θεμίοτα, tradita sia da in parole destinate a Temista. La omettono sia ®, sia il lessico tpixvàcetoc, riporta il testo di Diogene Laerzio riadattato. * KocHALsEY
(1914), p. 2. Cf.
Hicks
(1925), p. 533.
* BAILBY (1926), p. 143. * BIGNONB (1973?), 1, p. 513 € 11, p. 287. !° OKAL
(1957),
pp. 37-45.
4. 2. 1. 1. A ragione DORANDI (2013), p. 736, B, sia da P, ma che appare superflua Suida (τ 986 Adler) che, alla voce ? CosBT (1878), p. 256. ’ APBLT
(1921), p. 191.
? BIGNONE (1920), p. 196. * Ds WITT (1940), pp. 183-185. !!
GIGANTE
(19882), p. 481.
132
MARGHERITA
BRBÌ
trois roues» e di Isnardi Parente, «con tre giri di ruote».' Attribuisce, invece, a τριχύλιοτος il significato di τρικυμία, «triplice ondata», Diano. Pur non indicando il precedente di Apelt, Balaudé individua in τρικύλιοτος il modo in cui Epicuro avrebbe inteso esprimere la velocità: l'aggettivo è tradotto con l’espressione «au triple galop» che renderebbe il significato letterale di τρικύλιςτος, ‘roulé à triple vitesse'.? Epicuro si dice disposto a fare qualcosa di straordinario: ὠθεῖοϑαι indica un movimento e τρικύλιοστος esprime un
dettaglio a proposito di tale movimento. Epicuro, dunque, rivolgendosi a Temista si dice disposto, pur di vederla, a qualcosa di paradossale, cioè a spingersi αὐτὸς τρικύλιοτοο. La presenza di αὐτός in posizione enfatica sottolinea che l'aggettivo è riferito ad Epicuro: forse per contrasto rispetto alla possibilità
reale di muoversi. L'aggettivo deriva da κυλίνδω e indica qualcosa adatto a rotolare, il prefisso τρι- nei composti assume il significato di tre volte, per lo più come rafforzativo con il senso di ‘tante volte, veramente’. Forse si può accostare il nostro ὅλ a λίνδ ἅτε volte rivoltato’.* Alla luce di queste considerazioni appaiono ‚ben plausibili per il senso di τρικύλιοτος le interpretazioni offerte sia da Cobet sia da Hicks. Servendosi di un'espressione per la quale non é improbabile un'origine proverbiale, Epicuro offre di sé un'immagine ironica: nonostante l'infermità della malattia gli impedisca di muoversi con normalità, si dice addirittura capace di raggiungere Temista, spingendosi fino a lei dopo aver rotolato a lungo.? Con l'hapax τρικύλιοτοο Epicuro esprime il rapporto di familiarità e di comunione che lo legava alla donna.* Si tratta di una preziosa testimonianza dell'atteggiamento affettuoso che Epicuro nutriva per suoi φίλοι. 18 T Poco dopo 17 F Diogene Laerzio (X 5, 57-59) richiama un'altra lettera di Epicuro a Temista della quale dà notizia Teodoro nel quarto libro dello scritto Contro Epicuro.” Purtroppo il testo tradito è oscuro.* La sequenza νομίζει αὐτῇ (sic) παραινεῖν ἃ lezione di tutti i codici (BPF), e già la Frobeniana stampava νομίζειν αὐτὴ «v» περαινεῖν." Cobet accetta νομίζειν, propone γράφων, νομίζειν" αὐτῇ παραινεῖν, e traduce scribens, sibi decretum esse "eam admonere.!° Accoglie integralmente il testo della Frobeniana Crónert il quale dà a * ? * * come * * ?
ARRIGIIBTTI (1973), p. 427, LAKS (1976), p. 44, ISNARDI PARENTB (1983), p. 126. DIANO (1946), p. 66. BALAUDÉ (1999), p. 1241. Cf. DELATTRE BIBNCOURT, MORBL (2010), p. 1083. Τρικυλίνδητος compare solo in Fozio (τ 451 Theodoridis) e in Etymol. Magn. (766, 22 Gaisford) glossa di τρικαλίνδητος. Cf. LoNGO AURICCHIO (2016), pp. 219-220. Sull'impiego che Epicuro fa degli hapax nelle lettere rimando a 5. 1. 1. Secondo STEckeL (1968), coll. 590-591, si tratterebbe di Teodoro l'Ateo. Pensa, invece, ad un
avversario
cirenaico IsnarDı
PARBNTB
(1983),
p. 103 n. 3.
* A riguardo rimando all'apparato di DORANDI (2013), p. 736. '^ CoBET (1878), p. 256.
* Cf.
ERLBR
(1994),
p. 105.
COMMENTO
133
περαινεῖν un significato osceno.! Riconosce validità a νομίζειν anche Bignone che traduce la sequenza «si pensa a giacersi con lei».? Ma ἃ lo stesso Bignone, pur sempre convinto che nella calunnia di Teodoro si celasse una grave oscenità, a correggere παραινεῖν in παροινεῖν accostando παροινεῖν a ὑβρίζειν sulla base di Filodemo (Ira xiv 23-25 Indelli) e di Alcifrone (1v 17, 2).? Segue la proposta di Bignone, νομίζειν αὐτὴν παροινεῖν, Gigante che intende il passo «egli scrive di essere solito abbandonarsi ad ogni follia con lei nel vino».* Accetta la correzione παροινεῖν di Bignone anche Isnardi Parente che traduce «sembra usare rivolgerle insulti da avvinazzato».* L'accusa di godere insieme dei piaceri del vino e della compagnia delle etere è tra i rimproveri che Plutarco (Non posse 1089C 5-7) muove agli Epicurei. Nella stessa direzione va la sequenza γράφειν νομίζει «ν» «οὖν» αὐτῇ παροινεῖν stampata da Marcovich secondo il quale Epicuro scrive di pensare di comportarsi sfrontatamente con lei.5 Altre proposte si allontanano dal testo tradito.” Bailey stampa tra croci il testo e traduce «he calls her « by a most flattering name» », pensando che Epicuro si rivolga a Temista con un nome adulatorio.* Propone la correzione νομίζει αὐτὴ rapaıveiv Hicks.” La lezione dei codici è, invece, accettata senza riserve da Laks che traduce «il juge bon de s'adresser à elle sur le mode de l'exhortatio» e che, dunque, rifiuta l'idea che nel testo si possa scorgere un tono ingiurioso o un significato osceno.!° Pone αὐτῇ παραινεῖν tra cruces Dorandi.'' Crede che la sequenza sia una citazione verbatim, la terza dopo 17 F e 68 F, Lapini, che propone νόμιζε [αὐτῇ naparveivt.'2 Il nostro frammento ἃ inserito da Diogene Laerzio tra le affermazioni che secondo una tradizione antiepicurea proverebbero la consuetudine di Epicuro di adulare i suoi φίλοι. '? Forse siamo di fronte alla testimonianza di una lettera nella quale Epicuro non si dimostrava ostile a Temista: da qui l'interpretazione di πρός con il significato di ‘verso’. Il verbo παραινεῖν sembra suggerire che le parole di Epicuro a Temista hanno a che fare con una parenesi. '* ' CRÖNBRT (1906b, trad. it. 1975), p. 213.
? BIGNONB (1920), p. 172.
* BIGNONE
*
GIGANTE
*
MARCOVICH
* ISxARDI
(1933), pp. 436-437. PARBNTE
(1983),
p. 103.
(1988),
p. 481.
(1999-2002),
t, p. 712.
? UsENBR (1887), pp. 140 € 361, emenda ὀνομάζει αὐτὴν ἑταίραν e in apparato non esclude ᾿ΑριάYvr, anziché ἑταίραν: Epicuro nella lettera si rivolgerebbe a Temista chiamandola 'etera' o ‘Arianna'. KOoCHALSEY (1914), p. 2, stampa νομίζει αὐγὴν παρενεῖν, intendendo «an Themista schreibend meinte er mit der Erinnerung an sie unvermerkt einen Sonnenstrahl bei sich eingelassen zu baben». Rifiuta sia il testo tradito sia quello della Frobeniana DIANO (1946), p. 48, che propone la sequenza γράφοντ᾽ ὁμίξαι αὐτῇ παραινεῖν. 'OutEac, forma rara e poetica per oopficar, espressione della conversazione comune, sarebbe usata con valore dispregiativo nel senso di ‘stropicciatene’, ‘fregatene’. l.a corrutela nel testo sarebbe nata, secondo Diano, dalla confusione della fine di γράφοντα con l'infinito aoristo ὀμέξαι, sostituito poi da νομίζει del quale la successione Zeı verrebbe da -Ear. * BAILEY
(1926), pp.
142-143.
'° Laxs (1976), pp. 45-46. ** LAPINI
?
Hicks
(1925), pp.
532-533.
" DORANDI (2013), p. 736.
(2011), p. 212.
1 Ma palese è il valore esemplare e, dunque, la funzione didattica che Epicuro attribuisce alla lode. Cf. 4. 2. 1. 1. " Cf. BALAUDÉ (1999), p. 1241. La forma παραινεῖ è ricostruita in 63 F (3).
134
MARGHERITA
BRBI
19T
Il testo offre l'asciutta testimonianza dell'invio di lettere a Temista da parte
di Epicuro. A Idomeneo Idomeneo nacque a Lampsaco probabilmente intorno al 325 in una ricca famiglia aristocratica, come documenta Strabone (xIt1 589-590).' L'incontro tra ldomeneo ed Epicuro risale al 310/309 quando quest'ultimo giunse a Lampsaco da Mitilene. Diogene Laerzio (x 25, 306-308) ricorda Idomeneo insieme a Leonteo, Temista e Colote tra gli ἐλλόγιμοι μαϑηταί di Epicuro. Benché non possa considerarsi un ἀνήρ nel senso stretto del termine, Idomeneo ebbe un ruolo non marginale nel Kepos, reso più saldo dal matrimonio con Batide la sorella di Metrodoro.? Negli anni successivi alla partenza di Epicuro da Lampsaco, tra il 306 e il 301, Idomeneo prese parte alla vita politica della sua città. * In questi anni solido fu il sostegno che a lui offrì Epicuro sotto la guida del quale, lasciata la politica, si dedicò alla filosofia fino a diventare una delle
figure di riferimento del Kepos di Lampsaco.* Idomeneo diede alla riflessione filosofica epicurea un contributo fondamentale: da Filodemo (Lib. dic. 6 Konstan) è noto che Idomeneo, allo stesso modo di Leonteo, Pitocle e Ermarco, era incline al franco parlare in adesione agli insegnamenti del maestro. Da qui
il suo coinvolgimento nella discussione interna al circolo di Lampsaco in relazione alla rivalità con la scuola di Eudosso a Cizico.* I numerosi excerpta delle lettere inviate da Epicuro a Idomeneo documentano lo stretto rapporto che legava il maestro all'allievo. Per Idomeneo dobbiamo immaginare una funzione nel Kepos a tal punto attiva da ricevere le lodi di Epicuro per averne divulgato le dottrine. Non è un caso che a Idomeneo Epicuro invii in punto di morte
29 F. Di Idomeneo sono giunti a noi alcuni frammenti dalla sua produzione filosofico-letteraria. Cinque frammenti fanno parte del trattato biografico Sui Socratici (FGrHist
338
F 16-20
-
24-28
Angeli)
di impostazione
polemica:
un
attacco a Socrate ben si inserisce in un filone polemico tipico della scuola.* Sedici frammenti (FGrHist 338 F 1-15, ai quali si deve aggiungere forse il frammento conservato nello scolio a Luc. Tim. 30 Rabe) è quanto, invece, rimane dell'opera Sui demagoghi ateniesi attribuita a Idomeneo.” ' Un βίος di Idomenco è conservato nelle colonne xiv-xvin dell'opera contenuta nel PHerc. 176. Cf. ANGBLI (19882), pp. 39-45. I dati che possediamo sulla sua vita e sulla sua produzione sono raccolti da ANGELI (2000), pp. 860-863: non poche le notizie su Idomeneo che desumiamo dalle lettere a lui inviate da Epicuro. chi anche ANGELI (19812), pp. 41-101. * Cf. ERLER (1994), pp. ’ Per la non facile ricostruzione della cronologia dell'attività politica di Idomenco cf. 22 Fı-F2 e 23 FE * Cf. CLAY (2009), p. 14 ' | frammenti di lettere che documentano un contatto tra gli Epicurei di Lampsaco e gli Eudossiani di Cizico sono considerati in 4. 2. 5. Cf. ANGELI (19812), pp. 56-57. ? Cf. JacoBY (1955), pp. 84-85. Tale opera, dedicata alle azioni scandalose sia pubbliche sia private
COMMENTO
135
20 F Nel frammento si dà conto dell'esemplare imparzialità tenuta da Leonteo che, dopo aver tentato una riconciliazione tra due contendenti, ai quali sono riferiti [ἀμφο] vépouc (3-4) e αὐτῶν (7), aveva dovuto desistere dallo scrivere oltre, senza formulare accuse contro nessuna delle parti.' E ormai opinione condivisa dalla critica attribuire il frammento a Epicuro e riconoscere in [ἀμφο]! vépouc (3-4) e αὐτῶν (7) Metrodoro e Timocrate. Non a caso il frammento é citato dall'anonimo autore del PHerc. 176 nella sezione su Leonteo a proposito dell'equilibrio da lui dimostrato nella gestione dell'apostasia di Timocrate. Il giudizio ancora moderato di Epicuro verso Timocrate dimostra che il nostro frammento proviene da una lettera che risale ad un momento che precede il definitivo allontanamento di Timocrate dalla scuola.? Possibile
€ senz'altro l'identificazione del destinatario con Idomeneo al quale Epicuro si rivolge in 24 F quando oramai i rapporti con Timocrate erano irrimediabilmente degenerati, per chiedere il suo intervento presso la corte di Antigono.? aT
Cf. 14 T 22 F1 Seneca (Luc. 21, 3-4) cita il frammento nel tentativo di persuadere Lucilio ad abbandonare l'impegno politico per raggiungere la felicità. Benché restino oscuri contesto storico, cronologia e occasione, é convincente l'ipotesi che questo frammento provenga dalla stessa lettera dalla quale Seneca cita anche 22
dei demagoghi ateniesi, contiene, di fatto, un attacco ai grandi politici ateniesi del passato. Cooper (1997). pp. 455-458, riconduce quest'opera alla produzione di pamphlets del v c del 1v secolo a cui appartiene anche l'excursus sui demagoghi di Atene contenuto nel decimo libro delle Filippiche di "Iceopompo. Cf. Connor (1986), pp. 19-76. Nega, invece, l'attribuzione dell'opera a Idomeneo AnceLt (1981b), pp. 5-16, perché ritiene estranee agli interessi degli Epicurei sia l'indagine su personaggi politici sia la ricerca storico-biografica. Ma a ragione FoWLER (1989, ora in 2007), pp. 401-402, sottolinea la dimensione filosofica di quest'opera, scorgendo nell'attacco a politici, il rifiuto di un'azione pubblica non guidata dalla filosofia. ' Aftxaco]|c{uv] (2-3) è proposta di VocLiano (1928), p. 36. Si tratta di una congettura ben adatta al senso del frammento. Va tuttavia segnalato che ne deriva una linea piü lunga delle altre. ! Sulle ripercussioni che ebbe tra i φίλοι la vicenda dall’apostasia di Timocrate cf. 4. 2. 2. A proposito del ruolo di arbitro avuto da Leonteo cf. anche 4. 2. 1 € 5. 1. 2. * Benché non sia da escludere, come suggerisce TBPBDINO GUBRRA (1991), p. 204, che il destinavario della lettera possa essere Polieno, va tenuto conto del fatto che il ruolo che costui ebbe nella vicenda di Timocrate fu senz'altro meno incisivo di quello avuto da Idomeneo. Pensa ad Ermarco quale destinatario della lettera VocLiANO (1926-1927), p. 411, seguito da AnRIGHBTTI (1973), pp. 674-675, che, tuttavia, limita la citazione alle linee 1-4. Crede, invece, che il destinatario della lettera sia Metrodoro PHILIPPSON (1930, ora in 1986), p. 213, secondo il quale Epicuro comunicherebbe la notizia del passaggio del compito di giudice da Leonteo a Polieno: tale ipotesi mal si accorda perö von il riferimento a Leonteo. Cf. ANGBLI (1993), pp. 13-14.
136
MARGHERITA
ERBI
F2.' Saranno le lettere di Epicuro a procurare a Idomeneo fama e una gloria durevole piuttosto che tutte le cariche politiche per le quali ἃ onorato. Per Seneca, se Epicuro non avesse 'inciso' il nome di Idomeneo nelle sue lettere, i soli incarichi politici non avrebbero garantito a lui una gloria tanto duratura. Ne € dimostrazione il profondo oblio nel quale caddero i magnati, i satrapi e perfino lo stesso re presso il quale Idomenco svolgeva il suo incarico. La sequenza si gloria tangeris sembra tradurre il termine greco δοξοκοπία impiegato di solito da Epicuro e dagli Epicurei per indicare la tensione degli uomini
alla fama, al consenso popolare e all'avidità di gloria.? La lettera dalla quale proviene l'excerptum fu inviata quando ancora Idomeneo era impegnato in politica, quindi in un momento compreso tra il 306 e il 301.? Alla base delle parole di Epicuro a Idomeneo è la sua riflessione sugli stili di vita: & un βίος ϑεωρητικός, che si realizza nella prassi della filosofia, a garantire il raggiungimento della gloria e non un βίος πολιτικός, mero esercizio delle attività che aspirano al favore popolare. * In una stessa prospettiva Seneca promette a Lucilio quanto Epicuro assicuró a Idorneneo, cioé innalzare il suo
nome e destinarlo a durare nel tempo.* 22 F2 Il frammento citato da Seneca (Luc. 22. 5-6) allo scopo di esortare Lucilio ad abbandonare le cattive occupazioni che hanno come fine unico l'apparenza, ' Dai frammenti giungono non trascurabili indizi per capire quale conoscenza Seneca aveva dell'epistolario di Epicuro. Cf. 6. * Sulla 8oEoxonía, che in 80 F1 è annoverata tra i mali che causano l'assenza di sensazioni cf. anche 4. 1. 6. * A riguardo cf. Roskam (20072), pp. 48-49. È probabile che l'attività politica di Idomeneo sia da collocare dopo la partenza di Epicuro da Lampsaco, in un periodo compreso tra il 306 e il 301, quando Idomeneo era ancora molto giovane. È noto che Idomeneo partecipò alla vita politica della sua città, ma non si conosce né il nome del monarca sotto il quale fu al servizio né il ruolo che ricopri: cf. ANGELI (19812), pp. 43-47. La gran parte della critica a partire da UspNER (1887), p. 408, tende a collocare l'attività politica di Idomenco al servizio di Lisimaco. Ritiene invece di per sé improbabile che Idomenco possa essere stato un alto dignitario alla corte di Lisimaco, dal momento che era già personaggio autorevole nel periodo del soggiorno di Epicuro a Lampsaco, dunque prima del 306, MOMIGLIANO
(1935,
ora
in 1975),
pp.
550-551. JACOBY
(1955),
p.
84, pensa
piuttosto
ad
una
tiranni-
de dello stesso Idorneneo. Crede opportuno parlare di un generale impegno politico ARRICHBTTI (1973), p. 673. Un quadro completo delle diverse ipotesi offerte dalla critica sul ruolo politico svolto da Idomenco è in ANGELI (2000), pp. 860-862. * Un esame delle modalità con quali Epicuro affronta il tema aristotelico delle Lebensformen è in LIBBICH (1960), pp. 104-118. Quale aspetto pratico ha per Epicuro il βίος ϑεωρητικός emerge dalle pagine di ERLER (2012a), pp. 41-55, che legge le indicazioni offerte da Epicuro sugli stili di vita alla luce della riflessione proposta dalla tradizione e, in particolare, da Platonc. L'antitesi tra vita teoretica e vita pratica nella stessa prospettiva in cui è resa nel nostro frammento è ben sfruttata, secondo ANGELI (1981a), p. 84, anche da Filodemo (Oec. xit 17-28 Tsouna) che, richiamando Metrodoro, attacca Gellio il Siceliota, Scopa il Tessalo c gli ateniesi Cimone e Nicia perché, non sorretti dall'uso della saggezza, si comportarono corne δοξοκόποι ἄνθρωποι. Cf. TsouNA (2012), pp. 98-99. * Anche Metrodoro (43 Körte) assicura una gloria certa a quanti vorranno seguire la strada indicata da Epicuro.
Cf.
FowrnR
(1989, ora
in 2007),
pp. 399-401,
e ROSEAM
(20072),
pp. 73-74.
COMMENTO
137
proviene con un buon margine di certezza, dalla stessa lettera da cui aveva citato anche 22 F1. Epicuro chiede a Idomeneo di affrettarsi a fuggire la politica, nella misura in cui gli é consentito e prima che forze maggiori limitino la sua libertà di decidere. Per Epicuro bisogna ritirarsi dall'attività politica solo in circostanze adatte e opportune: chi pensa alla fuga non deve indulgere nel sonno € chi si trovasse in una situazione molto difficile puó sempre sperare nella salvezza, purché non si affretti prima del tempo o temporeggi nel momento opportuno.' Benché per Epicuro la vita politica porti con sé rischi per la sicurezza dell'individuo e vada, pertanto, evitata, non bisogna allontanarsene precipitosamente. Colui che per natura aspira agli onori della vita pubblica, al punto che se ne é privato prova grandi turbamenti, deve seguire la sua naturale inclinazione e impegnarsi in politica. Per questo Epicuro esorta Idomeneo
a lasciare la sua attività pubblica, ma lo invita a fare ció solo quando non ne segua un turbamento. È palese che sia in 22 F1 sia in 22 F2 Epicuro richiami
Idomeneo al principio del A&9e Bcócac. Epicuro, però, offre un'alternativa al
desiderio di fama e indica ad Idomeneo l'unico percorso possibile per la salvezza dell'anima. Epicuro si rivolge ad un uomo ancora attratto dai desideri umani e adatta al suo destinatario e alla natura di questo il monito a fuggire gli impegni politici. Ecco perché non si serve di argomenti teoretici e speculativi, ma vuole dimostrare a Idomeneo come i suoi desideri di gloria possano trovare una migliore soddisfazione nella ricerca filosofica.? 23 F
Conosciamo il frammento da Plutarco (Adv. Col. 1127D 6-9) che lo cita subito dopo aver richiamato ancora una volta le parole di Epicuro (Dub. (12.1]
Arr.).? Plutarco coglie nell'invito di Epicuro a non rendersi schiavo delle leggi e delle opinioni una prova della sua ostilità verso la legalità.‘ Qui Epicuro rinnova l'esortazione già rivolta a Idomeneo in 22 Fı-F2 a evitare il turbamento che deriva dall'essere schiavi di leggi, νόμοι, e opinioni, δόξαι: è probabile che
la lettera dalla quale è tratto il nostro frammento sia stata inviata negli anni dell'impegno politico di Idomeneo, dunque, in un momento compreso tra il 306 e il 301.” Epicuro sprona Idomeneo a non seguire servilmente le leggi e le opinioni, spinto dal turbamento che si prova al pensiero della punizione che può derivare dal vicino. Per lo più la critica ha reso νόμοι con ‘leggi’, ma l'idea espressa dal sostantivo ὄχληςις, ovvero il turbamento a cui si va incontro
' Cf. ERLER (1994), p. 107. 2 Il frammento offre una preziosa testimonianza in merito al coinvolgimento del saggio cpicureo nella vita politica e sociale cf. 4. 1. 2. ? Cf. ERLER (1994), p. 86. * Per la comprensione del passo assai discusso dalla critica sono utili le riflessioni sviluppate da Roskam (2013), che non tralascia di considerare l'interpretazione polemica alla quale sono sottoposte da Plutarco le parole di Epicuro. * Secondo RoskAM (20072), pp. 48-49, il frammento proverrebbe dalla stessa lettera alla quale appartengono 22 Fı e 22 F2.
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quando si trasgrediscono norme generali e comunemente accettate, sembra richiamare anche le considerazioni sviluppate da Epicuro (RS xxxi, xxxiv
-
GV 6, xxxv) a proposito del rapporto tra il rispetto della giustizia e il timore della punizione.' Il monito ad evitare l'asservimento a δόξαι e νόμοι, che leggiamo nel nostro frammento, se interpretato nella prospettiva del rapporto di Idomeneo con δόξαι e νόμοι in relazione al suo impegno politico, appare ben in armonia con le riflessioni sintetizzate da Epicuro nelle massime.? Con δόξαι
Epicuro intenderebbe, dunque, le false opinioni e tra queste, in particolare, la gloria e il desiderio di fama: le stesse δόξαι in alternativa alle quali in 22 Εἰ Epicuro suggerisce a Idomeneo la ricerca filosofica. Con νόμοι sono forse indi-
cate tutte quelle norme e quelle consuetudini che regolano la partecipazione alla vita politica, delle quali si rendono inevitabilmente schiavi quanti, giorno dopo giorno, sono impegnati nel faticoso cammino per il conseguimento dei pubblici onori.? Violare tali norme e consuetudini ha tra le sue conseguenze, sia la sanzione giudiziaria, sia la sanzione pubblica, la paura delle quali procura turbamento all'uomo politico. Epicuro, dunque, esorta Idomeneo a non
rendersi schiavo delle false opinioni e di ogni norma la cui trasgressione abbia come conseguenza una qualche sanzione. Ma tale monito non nega in alcun modo il rispetto del principio del diritto naturale che & garanzia di sicurezza reciproca. * Nel nostro frammento non sembra esserci lo spazio per il disprez-
zo delle leggi. Qui come in 22 F1-F2 Epicuro offre a Idomeneo un sostegno concreto, adatto ad un ricco aristocratico, ad un politico: benché le parole di Epicuro richiamino Idomeneo al principio del λάϑε βιώσας, esortandolo a fuggire gli impegni pubblici, rivelano, ad un tempo, un margine di adattamento di tale principio che, nella sostanza, dipende dall'opportunità dovuta alle circostanze. * ' Cf. MILITBLLO (1997), pp. 294-296. Per Epicuro il diritto naturale consiste nel non ricevere e recare danno al prossimo, l'ingiustizia non & di per sé un male ma lo & unicamente per il timore che sorge dal sospetto di non poter sfuggire a coloro che sono preposti alla punizionc di tali azioni. Chi opera di nascosto rispetto ai patti stipulati per non fare e ricevere danno non puó avere la sicurezza di rimanere nascosto per sempre. La teoria epicurea del diritto è ricostruita da GOLDSCHMIDT (1977), PP. 25-250. Per una riflessione sui concetti di legge e giustizia in Epicuro considerati da varie prospettive cf. ALBBRTI
(1995), pp.
161-190,
ARMSTRONG
(1997),
pp. 324-334,
MORBL
(2000a),
pp. 393-411,
e
BRows (2009), pp. 191-196. Affrontano, in particolare, la controversa questione della possibilità per il saggio epicurco di trasgredire le leggi se sicuro di non essere scoperto VANDER WABRDT (1987), pp. 402-422,
€ ROSKAM
(2012), pp. 23-40.
* Νόμοι e δόξαι sono richiamate, invece, in opposizione tra loro in 129 Εἰ in una riflessione di natura tcologica c religiosa. * Traduce νόμοι con «Braüche» WESTMAN (1955), p. 190: il turbamento di cui parla Epicuro deriverebbe dalla paura della punizione che giunge dal vicino (διὰ τοῦ πέλας ἐκ πληγῆς), e non della punizione delle autorità. Non a caso esiste una relazione tra il nostro frammento e l'invito di Epicuro (GV 70) ad evitare le azioni che possono procurare paura per chi le compie nel caso in cui di ciò venga a conoscenza il prossimo. * Cf. GoLpscumiDT (1981), pp. 290-316. Una riflessione su natura e forma della giustizia è il contesto nel quale inserire 131 F. * Cf. 4. 1. 1. Sulla personalizzazione del messaggio affidato da Epicuro alle sue lettere cf. 5. 1.
COMMBNTO
139
24 F
Epicuro riconosce a Idomeneo la capacitä di smascherare presso gli αὐτοί (4), cioé presso la corte degli Antigonidi, le calunnie di Timocrate contro Epicuro c la scuola.! Per Epicuro è necessario che Idomeneo agisca per un reciproco
vantaggio: rivelare la natura delle diffamazioni di Timocrate e la verità dei
fatti, al fine di liberare sé e la scuola dall'infamia.? È noto da Plutarco (Adv. Col. 1126C 4-7) che Epicuro inviò suoi φίλοι in Asia per mettere in cattiva luce Timocrate affinché contribuissero a farlo allontanare dalla βασιλικὴ αὐλή: di questa delegazione faceva parte, con buona probabilità, anche Idomeneo, il
quale presso la corte degli Antigonidi era stato dignitario.? L'occasione della lettera da cui deriva il nostro excerptum sarebbe l'allontanamento di Timocrate da Epicuro: Idomeneo é invitato ad agire contro Timocrate presso il re, Lisimaco o, piuttosto, Antigono o, forse, Demetrio.* La lettera, dunque, & da collocare cronologicamente dopo 20 F. Epicuro allude qui al suo personale intervento nella vicenda attraverso l'invio di lettere.* La sequenza [κ]οινῆι [κ]αὶ ἱδ[(7χι yely)palpa (2-3) e il riferimento a proprie lettere (5-6) sono preziosi indizi per definire forma e funzione del suo epistolario. Epicuro richiama lettere dedicate ad uno stesso argomento: si tratta sia di lettere inviate [κ]οινῆι, cio lettere scritte per piü destinatari, se non addirittura gruppi, dunque, lettere collettive, sia lettere inviate a singoli, pertanto, ἰδ[(7αι. 5 Epicuro dichiara, inoltre, che le sue lettere consentivano un intervento mirato: offrire un chiarimento ai suoi destinatari. La sintassi della sequenza ἱκανὸς μὲν οὖν [xf ai^ (cY e au|rov ἀποουνιςτὰς αὐτοῖς [efl (3-4) è essenziale e non facile.” ᾿Λποουνίοτημι (4) ha qui il valore di ‘proporre’: è lo stesso Idomeneo ad essersi proposto presso gli αὐτοί impegnandosi contro Timocrate. Soggetto di δέξαιto (8) è Timocrate, come prova ουκοφα[ν]τή[ο]ας (7). Resta tuttavia oscuro il senso del periodo. 25 ΕἸ
Nella sezione dedicata a Mitre Filodemo (Mem. Epic. xxxn 2-5 Militello) riporta un excerptum dalla stessa lettera di Epicuro da cui subito dopo cita anche 25 F2. Epicuro elogia Idomeneo per aver tenuto una condotta di vita
finalizzata al raggiungimento della felicità e riconosce in lui l'allievo capace di ' Gli esiti dell'azione diffamatoria portata avanti da Timocrate contro Epicuro e la scuola sono considerati in 4. 2. 2. * È di PiriziPPsoN (1936), col. 1266, l'identificazione, accettata da gran parte della critica, del destinatario della lettera con Idomeneo. Cf. anche ANGHLI (19882), pp. 41-42, e ANGBLI (1993), pp. 14-15. ! C 4.1. 2. * Cf. MOMIGLIANO (1935, ora in 1975), pp. 550-551. * Käxeivorc (1) è frutto di una nuova lettura del papiro che migliora ἐκείνοις di VocLtiANO (1928), p. 41, e di ANGBLI (19882), p. 39. * A riguardo rimando alle considerazioni sviluppate in 6. ' Cf. ARRIGHETTI
(1973),
p. 673.
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MARGHBRITA
ERBÌ
individuare con sapienza l'atteggiamento, non comune, che consente al saggio di realizzare l'ideale di vita da lui indicato.' Palese è qui il ricorso da parte di
Epicuro al topos epistolare dell'éxatvoc del caposcuola all’allievo.? 25 F2
Dopo 25 F1 Filodemo cita dalla stessa lettera del maestro un secondo excerptum come suggeriscono sia la paragraphos sotto le prime lettere di 25 F1 (4) sia la formula xai πάλιν (1).? L'excerptum é aperto da un'invocazione agli dei, non insolita nelle lettere di Epicuro, che qui amplifica l'entusiasmo di Epicuro nei confronti della buona disposizione di Idomeneo per la ricerca filosofica.* Epicuro riconosce che le scelte compiute da Idomeneo lo hanno reso degno di una condotta di vita felice che deriva dall'esercizio della filosofia.* Significativa è l'opposizione che Epicuro offre tra un ἐλεύϑερος βίος degno del sapiente e un βίος κατὰ νόμους che il sapiente deve evitare. Tale opposizione richiama le considerazioni di Epicuro sull'opportunità del rispetto delle leggi, a proposito delle quali si esprime in 23 F: & plausibile che con una condotta κατὰ νόμους Epicuro intenda lo stile di vita dell'uomo politico, inevitabilmente stabilito e regolato da leggi e norme. Epicuro manifesterebbe in questo modo la sua piena approvazione per la rinuncia di Idomeneo alla carriera politica e per il suo ritorno alla scuola come suggeritogli in 22 Fı-F2. Per tutto ció la
data della lettera sarebbe da far risalire ad un periodo successivo agli anni della sua attività politica. 26 Fi
Didimo Cieco (In Eccl. 1 13b-c Binder, Liesenborghs), a proposito delle scelte e dei rifiuti, appena prima di 26 F2 cita dalla stessa lettera di Epicuro a Idome' Cf. ERLER (1994), p. 108. È di ANGELI (19812), p. 86, l'identificazione del destinatario con Idomeneo. La critica non ha però escluso l'ipotesi che qui Epicuro si rivolga a Mitre. Cf. anche ANGELI (1993), pp. 12-13. Sulla questione rimando alle pagine di MıLiteLLo (1997), pp. 291-292. Per una riflessione sulla 8u&8ectc del saggio epicureo cf. 4. 1. * Idomeneo è destinatario dell'elogio del maestro per il suo impegno nella ricerca filosofica anche in 21 T, 26 Fı-F2,
27
E 29 E 3ı
E 35 E. Cf. 4. 2.1.1.
? Sulla formula xai πάλιν che segna il passaggio tra due excerpta consecutivi citati da una stessa lettera rimando a 6. * Non di poco conto & l'impegno speso da Epicuro a realizzare per le sue lettere uno stile capace di rendere il sincero entusiasmo verso il suo destinatario. Il ricorso all’invocazione agli dei risponde a tale esigenza. Cf. 4. 1. 3 * La necessaria e costante tensione epicurea 4}} εὐδαμονία emerge soprattutto dall’Epistola a Meneceo cf. HEBLER (2014), p. 160. Il concetto di βίος εὐδαίμων è considerato da Filodemo (Mor. ıv 38, 14-25 Henry) a proposito dell'atteggiamento del saggio di fronte alla morte. Cf. 4. 1. 5. * Legge nelle parole di Epicuro un'opposizione tra βίος φιλόςοφος e il βίος πολιτικός LiBBICH (1960), pp. 88-90. Cf. a tale proposito anche ERLBA (20122), pp. 41-55. Riflettendo sul principio espresso da Epicuro (GV 77) per il quale il piü grande vantaggio che deriva dall'autosufficienza & la libertà, RoskaM (20072), p. 47, scorge nel nostro frammento una delle possibili interpretazioni del precetto del λάϑε βιώσας.
COMMENTO
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neo un primo excerptum.' Epicuro propone una distinzione tra il saggio e chi non lo è, in relazione a come ciascuno dei due affronta i πράγματα, ovvero il complesso di eventi nel quale l'uomo puó venirsi a trovare anche indipendentemente dalla sua volontà.? Le parole qui riprese da Filodemo introducono la successiva citazione di 26 Fa. 26 F2 Allo scopo di provare il successo dell'insegnamento di Epicuro, subito dopo 26 F1, Didimo Cieco (In Eccl. 1 13b-c Binder, Liesenborghs) cita dalla stessa lettera un secondo excerptum.? Qui Epicuro dapprima ricorda l'impegno con il quale il destinatario ha percorso la strada verso la saggezza, quindi lo esorta
a confrontare la vita passata con quella presente e a valutare quali vantaggi gli sono derivati dall'acquisizione della saggezza in relazione alla sopportazione della malattia o alla corretta gestione delle ricchezze. ᾿Αναπολέω (2) è costruito con il genitivo in analogia con i verbi che indicano l'azione di ricordare.‘ L'impegno di Idorneneo nella ricerca filosofica à lodato da Epicuro anche in 25 F1-F2: ciò suggerisce che anche la lettera da cui sono tratti sia il nostro
frammento sia 26 F1 va immaginata scritta da Epicuro a Idomeneo dopo il suo allontanamento dalla politica, dunque dopo il 306-301. Chiude l’excerptum xpatéw (3) con il quale è sottolineata la forza che richiede il non facile compito di gestire la ricchezza o l'assenza di ricchezza. Epicuro esorta a riflettere sulla validità dei rimedi che la saggezza offre in relazione alla gestione di due πράγματα: malattia e ricchezza.’ Probabilmente si tratta degli stessi πράγματα ai
quali Epicuro si riferisce in 26 Fı (2). ' L'identificazione del destinatario con Idomenco, già proposta da Binpsa, Könsn, LiBSBNBORGHS (1967), p. 34 n. 5, in base alla sequenza pevea (1), è confermata da BINDBR (1983), p. 94, € sostenuta con convinzione da ANGELI (1984), p. 147, che accosta il nostro frammento a 35 F e data la lettera ad un periodo successivo all'abbandono della carriera politica da parte di Idomeneo. Ritiene Idomeneo il certo destinatario della lettera anche DoraNDI (19922), p. 156. Inserisce, invece, il frammento nella sezione a destinatari ignoti ARRIGHETTI (1973), pp. 683-684, che suggerisce il nome di Mitre come probabile destinatario della lettera: Epicuro si rivolgerebbe qui a un personaggio in avanti con l'età, malato e passato tardi alla filosofia epicurea. 1 riferimenti alla malattia e alla ricchezza avrebbero in questo caso una funzione reale oltre che paradigmatica. Cf. anche IsnarDI PARENTB (1983), pp. 138-139, e ERLBR (1994), p. 108. 2 Cf. ARRIGHSTTI (1970), pp. 23-25. Solo il sapiente epicureo sa comportarsi nel modo più opportuno, se la sorte lo costringe ad affrontare circostanze non previste e foriere di turbamento. Lo dimostra Epicuro nell'affrontare e superare con successo la sciagura del naufragio alla quale allude in 87 E. Cf. anche 4. 2. 1. 3. Un’opposizione tra la vita beata del saggio epicureo e quella tormentata di chi non è saggio, è ben definita da Lucrezio (1 1-19). + A riguardo cf. BinpBr, KÓNEN, LIBSBNBORGHS (1967), pp. 39-44. * Cf. BinDer (1983), p. 95. ’ La filosofia per Epicuro (GV 45) è utile per la gestione dei πράγματα: il saggio conosce i limiti della vita e ciò che serve per eliminare il dolore, come ben emerge anche da RS xx-xx1. Saper gestire malattia e ricchezza significa, secondo Epicuro (Men. 129-130), commisurarne in modo opportuno vantaggi e svantaggi, perché i piaceri non sono tutti da scegliere e i dolori tutti da rifiutare. A proposito dell’atteggiamento del saggio nel sopportare il dolore cf. 4. 1. 9. Per una gestione delle ricchezze conveniente
al saggio cf. 4. 1. 4.
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27 F
Nell'opera conservata nel PHerc. 176, all'inizio del βίος di Idomeneo, dopo la nota caratteriologica perduta in lacuna, è conservato, con un buon margine di plausibilità, un excerptum da una lettera.* Il mittente esprime l'intenzione di rendere manifesta la virtü dimostrata nell'adesione ai principi della scuola da parte di un amico defunto. I] tono del frammento, le indicazioni che vengono impartite e l'uso della prima persona plurale suggeriscono che il mittente possa essere Epicuro. Προπίπτω (2) è da intendere con il valore di ‘procedere oltre la morte': la morte dell'amico sarà resa sopportabile dal suo ricordo al quale contribuisce l'onore che gli amici tributano a lui.? L'espressione τῶι τὴν φύ[οιν ἡ μῶν ... κινήςε[ι]ν (4-6), da riferire a Epicuro e ai suoi moti naturali, richiama τἀμὰ κινήματα τερπνά di 35 F. La proposizione relativa (4-6) prova che il desti-
natario, legato da un rapporto di solida familiarità con il mittente, da quest'ultimo riceve manifestazioni di onore. E οἰκεῖος chiunque sia legato ad una comunità da uno stretto rapporto di familiarità: sono οἰκεῖοι i φίλοι di Epicuro il legame dei quali con il Kepos & reso piü solido anche attraverso la partecipazione alla vita religiosa comunitaria. Forse nell'excerptum Epicuro allude alla morte di un personaggio di primo piano nella scuola, probabilmente Metrodoro: la lettera potrebbe essere stata inviata da Epicuro a Idomeneo nel 278/277, anno della morte di Metrodoro. ? Per Idomeneo, in gioventù distratto dalla politica, Metrodoro doveva aver rappresentato il paradigma al quale rivolgersi. 28 F Fozio (π 1515 Theodoridis), subito dopo aver spiegato il significato del proverbio Πύϑια καὶ Δήλια ricorda che anche Epicuro lo ha usato in una delle sue lettere a Idomeneo.* All'origine del proverbio è l'episodio che ha come protagonista Policrate, il tiranno di Samo: a costui, che voleva celebrare contemporaneamente i giochi Pitici e Delii, e che interrogó il dio se dovesse compiere i riti sacri nel tempo stabilito, la Pizia rispose che queste cerimonie sarebbero state per lui sia Pitiche sia Delie, intendendo che sarebbero state per lui le ultime. Infatti, dopo poco tempo, Policrate mori. La stessa spiegazione del proverbio si legge anche nel lessico Suida (x 3128 Adler). Il proverbio ricorre poi nelle raccolte dei paremiografi: in Zenobio v1 15 (1 165 CPG) che, oltre a registrarne la presenza in Menandro (84 PCG), offre una spiegazione più distesa dell’attıov, in Diogeniano vut 35 (1 311 CPG), in Apostolio xv 9 (11 ! Cf. VogLIANO (1928), p. 109. ? Sulla commemorazione dei φίλοι defunti attraverso la celebrazione di culti a loro dedicati volti ad alimentare il piacere della memoria del passato cf. 4. 1. 3 € 4. 1. 9. ? CF. AncBLI (19882), pp. 40-41. Su Metrodoro e il suo rapporto con il maestro cf. infra, pp. 166167.
* Per una riflessione sui proverbi e sulle espressioni gnomiche impiegate nei frammenti rimando a5.1.1.2.
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629 CPG) e in Arsenio xvı 17a (11 661 CPG).' Suggestiva è l'ipotesi che Epicuro ricorra a questo proverbio in relazione ad un'ultima azione della propria vita, alludendo alla morte imminente.? Il frammento, in questo caso, potrebbe derivare da una lettera da collocare nell'ultima fase della vita di Epicuro, forse addirittura al 271/270. 29 F
Diogene Laerzio (x 22, 254-262) chiude la sezione dedicata al testamento
di Epicuro con la lettera che Epicuro inviò a Idomeneo in punto di morte, dunque nel 271/270, sotto l'arcontato di Pitarato.? Nel suo ultimo giorno di vita Epicuro, rivolgendosi a Idomeneo, si dichiara sereno nell'anima:* benché i dolori che derivano dalla malattia siano intensi e violenti, ammette di trovare sollievo nella memoria dei colloqui del passato. * Epicuro non dimentica, inoltre, di raccomandare a Idomeneo i figli di Metrodoro, contando sulla generosa disposizione che il discepolo dimostrò fin da giovane verso di lui e la sua filosofia. Epicuro si descrive nel momento in cui traduce in pratica i principi della sua filosofia: dà prova di una totale tranquillità dell'anima nella sofferenza che precede la morte e offre una prova esemplare della possibilità di realizzare l’unità di teoria e prassi nella ricerca del piacere, raggiungendo la condizione divina nel suo giorno beato.‘ I disturbi di cui Epicuro soffre sono definiti con il lessico della trattatistica medica: ctpayyovpix& e Öucevrepixd.? ᾿Αντιπαρατάττω, verbo preso in prestito dal linguaggio militare, si riferisce ai mali come a disprezzabili accidenti.* Pur se afflitto dal dolore in Epicuro prevale il felice ricordo dei διαλογιομοί, i ragionamenti sviluppati nel segno della comune ricerca filosofica.” Non è immediata l'interpretazione del monito rivolto a ' Cf. Lonco AuriccHIO (2016), p. 218. 3 Nell’impiego del proverbio da parte di Epicuro ANGBLI (19812), p. 91, legge l'accettazione tranquilla della morte in modo coerente con la dottrina da lui professata. Resta pur sempre plausibile l'ipotesi che Epicuro abbia rifcrito il proverbio ad un episodio della vita di Idomeneo. ΣᾺ proposito di Pitarato cf. DORANDI (1990), pp. 129-130, € OSBORNE (2009), p. 88. * Tekeurziav per τελευτῶντες dei codici è correzione proposta sulla base della sequenza vitac beatum et eundem supremum diem di 12 F. Per una discussione sul problerna cf. almeno Mavic (1876), P. 305, Von DER MÜHLL (1955, ora in 1976), pp. 382-385, SETAIOLI (1988), pp. 239-240, € DORANDI (2013). p. 746.
* Riferimenti alla nostra lettera in relazione alle sofferenze patite da Epicuro negli ultimi giorni di vita e al sollievo giunto dal ricordo della pratica della filosofia sono presenti in Seneca (Luc. 66, 47 € 92, 25), Cicerone
(Fam.
vit 26, 1 e Tusc.
11 19, 45; V 9, 26; V 26,
74; v 31, 88),
Plutarco
(Non
posse
1089F 1-2; 1099D 6-E2) e Arriano (Epict. 11 23, 21). Cf. ZACHBR (1982), pp. 155-156. Secondo SETAIOLI (1988), pp. 233-240, la resa dei tecnicismi medici dimostra che a Seneca fosse nora, almeno in parte, l'ultima lettera scritta da Epicuro. Cf. anche TRAINA (1987*), pp. 118-120. * In proposito si veda BOLLANSÉB (1999), p. 556 n. 449. Cf. 4. 1. 3, 4. 1. 9€ 5. 1. 2. ? Non di poco conto nei frammenti è il ricorso ad un lessico medico: cf. 4. 2. 1. 3 e 5. 1. 1. 2. * Cf. ANGBLI (19812), p. 92. Secondo RoskAM (20072), p. 62, è alla forza dimostrata da Epicuro in questa circostanza che Plutarco (Nen posse 1099B 1-4) si riferisce con l'immagine dei gladiatori per descrivere, con fini polemici, la condotta del filosofo. ? Sul διαλογιομός, la forma che assume la conversazione tra maestro ed allievo cf. 5.
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Idomeneo a proposito dei figli di Metrodoro. Infatti è lo stesso Epicuro nel Testamento (Diog. Laert. x 19, 218-219) ad affidarli ad Aminomaco e Timocrate sotto la supervisione di Ermarco, in quanto guida spirituale dell’intero Kepos. Forse era nelle intenzioni di Epicuro che Aminomaco e Timocrate si occupassero dei figli di Metrodoro, da un punto di vista della gestione patrimoniale, e che Idomeneo se ne prendesse cura in quanto figli del fratello di sua moglie Batide (Diog. Laert. x 23, 270-271).' Epicuro chiude la lettera con un elogio a
Idomeneo per la sua inclinazione alla filosofia dimostrata fin dalla giovinezza. * Una traduzione latina del frammento è 12 F. Una lettera con argomento simile a quella inviata a Idomeneo Epicuro la scrisse anche a Mitre come provano 56 F1-F2.? Da una lettera scritta sul letto di morte inviata da Epicuro ad un destinatario non noto potrebbe derivare 114 F. Resta da spiegare la differenza di destinatario nelle testimonianze di Diogene e Cicerone, nonché la presenza
di altre lettere di argomento simile alla nostra inviate a Mitre e forse ad altri φίλοι.“ Benché il pronome ὑμῖν all'inizio del nostro frammento sembri sug-
gerire la presenza di più di un destinatario, il tono personale della lettera ben si adatta a Idomenco più che ad Ermarco.? Il pronome ὑμῖν all'inizio della lettera si spiega, invece, se la lettera inviata personalmente ad Idomeneo fosse destinata anche all’intera comunità epicurea di Lampsaco, della quale, dopo la morte di Leonteo, Idomeneo diventò la personalità più importante. Forse, rivolgendosi a Idomeneo, Epicuro potrebbe aver voluto congedarsi dall'intera comunità di Lampsaco, alla quale nel Testamento (Diog. Laert. x 16, 190-21,
252) non fa riferimento. Ma se é plausibile che Epicuro, attraverso Idomeneo, intendesse arrivare all'intera comunità di Lampsaco, & sicuro che la seconda ' Cf. ANGELI (19812), p. 9. 2 La precoce attitudine di Idomeneo alla ricerca della felicità & riconosciuta da Epicuro anche in 35 E. Cf. 4.1.86 4. 2. 1. 1. ? Per un confronto fra le due lettere rimando alle considerazioni sviluppate in ERBÌ (2015a), pp. 89-90. Cf. anche s. 1. 1. * Sulla scia di Ménage che ritiene ὑμῖν prova del fatto che la lettera venne inviata sia a Idorneneo sia ad Ermarco, UsENBR (1887), p. 139, pensa a diversi esemplari della stessa lettera: Epicuro sul letto di morte avrebbe scritto a Jdomeneo, ad Ermarco, a Mitre e forse anche ad altri. Kroıın (1921), p. 2, sulle orme di MapviG (1876), p. 305, pensa invece ad una Rundschreibung, una lettera circolare indirizzata ai discepoli più stretti. Cf. a riguardo anche FESTUGIÈRB (1968?, trad. it. 2015), p. 79 n. 17, € ZACIIBR (1982), p. 155 n. 24. Ma queste spiegazioni mal si accordano con il carattere personale che presentano le lettere. Gassendi, che pone il problema dell'autenticità della fonte di Cicerone, nega credibilità alla sua testimonianza c ritiene che la lettera sia stata inviata unicamente a Idomenco. * Epicuro riconosce a Idomeneo, con esplicito intento elogiativo, un’indole che fin dalla giovinezza si è mostrata incline alla filosofia anche in 25 Fı-F2 e 21 T. Negli ultimi giorni di vita di Epicuro Ermarco si trovava ad Atene, pertanto è difficile credere che possa aver ricevuto una lettera dal maestro. Ad Ermarco in quanto guida spirituale della scuola Epicuro aveva già affidato i figli di Metrodoro secondo le disposizioni date nel Testamento (Diog. Laert. x 19, 218-219). È improbabile, dunque, che Epicuro avesse inviato ad Ermarco una lettera con le stesse indicazioni. È invece plausibile che l'origine dell'identificazione del destinatario della lettera citata da Cicerone con Ermarco sia da ricondurre ad un errore forse di Cicerone o della sua fonte. Cf. ANGELI (19812), pp. 91-92. ° Cf. De Sanctis (2011), p. 218. Sulla prospettiva universale del messaggio affidato da Epicuro alle sue lettere cf. 5. 1.
COMMENTO
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parte della lettera assume un carattere decisamente piü personale come ben prova l'uso di οὐ. L'esistenza di lettere simili nella sostanza ma con non trascurabili differenze risponde all'esigenza di Epicuro di congedarsi in punto di morte dai φέλοι a lui più lontani con lettere per necessità di argomento simile ma personalizzate in base ai destinatari.'
3o T E ragionevole pensare che l'autore dello scritto conservato nel PHerc. 176 (s 1v 31 Angeli), dopo 42 T, con la sequenza πρὸς Ἰδομίενέα richiami o, addirittura, citi una lettera di Epicuro a Idomenco. Il contesto è assai lacunoso. Difficile é ricostruire il senso del testo. Non si puó escludere peró che 3o T sia richiamata insieme
a 42 T per affinità di contenuti.
AF
Alla fine della sezione dedicata a Cronio, Filodemo (Mem. Epic. xxii 4-10 Militello) cita un frammento da una lettera che la critica è per lo più concorde nell'attribuire ad Epicuro. Il frammento conserva quanto resta di un elogio funebre per un suo φίλοο. 2 La posizione enfatica del frammento alla fine della sezione dedicata a Cronio suggerisce che Cronio sia il soggetto elogiato, al quale Epicuro riconosce il merito di aver condotto una vita esemplare lontana dal potere e da altre occupazioni. Con xpicte (5), che ha qui il significato generico di ‘questione’, ‘disputa’, è indicata una circostanza dalla quale Cronio si sarebbe tenuto lontano in adesione all’imperativo del A&9e Btócac.? È probabile che attraverso l'elogio di Cronio per la sua condotta esemplare Epicuro intendesse esortare Idomeneo ad una vita retta fino alla vecchiaia.‘ Plausibile è l'identificazione del destinatario con Idomeneo. * ' Elementi di contatto sono anche tra il nostro frammento e 116 È Di argomento differente, ma probabilmente scritta negli ultimi giorni di vita, è anche 28 F. Secondo BiGNoNB (1973), 1, pp. 542-543, tutte le lettere scritte da Epicuro con riferimenti alle sue gravose condizioni fisiche sono da ricondurre ad un unico testo nel quale, in polemica con la scuola platonico-peripatetica, rivendica con fierezza la convinzione che le malattie non ostacolano il conseguimento della felicità. * Cf. LIEBICH (1960), pp. 65-70, € MILITBLLO (1997), pp. 244-245. Pensa ad una lettera di Cronio 4 Epicuro con un elogio per il maestro ANGELI (1990), pp. 62-63, sulla scia di SBORDONE (1963), p. 34. SPINA (1977), p. 74, esclude, invece, che sia un elogio funebre e lascia aperta la questione relativa ul mittente. Sulla produzione di Epicuro dedicata agli amici defunti cf. 4. 1. 3. * Lo suggerisce MILITELLO (1997), p. 246. Intende «ein Amt, etwa als Richter» LiBBicH (1960), |P. 64.
* Sugli clogi che Epicuro nei frammenii rivolge ai φίλοι cf. 4. 2. 1. 1. L'importanza che per Epivuro ha il continuo impegno nella ricerca, ernerge anche da 29 F. Cf. 4. 1. 8. * Il testo proposto a linea 1 è quello di SPINA (1977), p. 58, accolto anche da MILITELLO (1997). p. 132: ὀλιωρεῖς χ[αὶ ta ]vtóc ἠουχάζειν. Si tratta di una sequenza non facile con un verbo finito e due participi, dei quali il primo reggerebbe un infinito. 'OXcopetc per ὀλιγωρεῖς è sicuro, come risulta dà una nuova indagine sul papiro. Meno sicuro è ἠουχάζειν del quale oggi resta la sequenza ncuy.. e poche tracce di inchiostro per le quali & difficile anche dire a quante lettere corrispondano: le tracce «lupo x appaiono essere compatibili con una sequenza ta. Plausibile ncuxial[v, retto da xpoxcpoup£vti: ‘perché hai scelto la tranquillità'. Più difficile immaginare la forma ἠουχάζεις.
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32 T
Subito dopo 103 F Filodemo (Mem. Epic. xxvırı 10-12 Militello) dà notizia di una lettera di Epicuro a Idomeneo nella quale si tratta dello stesso argomento di 38 F citato immediatamente dopo.
33 F In relazione all'atteggiamento che piü conviene al saggio nei confronti dei suoi allievi Filodemo (Lib. dic. 72, 1-10 Konstan) riferisce un excerptum da una lettera di Epicuro a Idomeneo. E difficile capire cosa intenda qui Epicuro e soprattutto a cosa si riferisca l'espressione μέχρι roü|rou (3-4). Non si coglie la connessione tra il richiamo alla lettera e quanto segue.! Il cambio del tempo verbale dal presente al futuro sembra suggerire una cesura tra la citazione e le indicazioni che seguono sull'errato impiego della libertà di parola. Ma & plausibile che si tratti di indicazioni che Filodemo ricava dalla lettera di Epicuro citata poco prima. Il soggetto di παραδείξει (5) é con buona plausibilità il sapiente. Epicuro sembra mostrare, in opposizione a quella buona disposizione
che lo rende benevolo verso gli allievi e capace di saper parlare francamente, esempi di uomini la disposizione dei quali alla libertà di parola si è rivelata nociva.? La rapprcia qui messa sotto accusa è una rapprcia πικρά rivolta a studenti con un carattere forte.? 34 F Il frammento citato da Plutarco (Adv. Col. 1117D 9-E 2) a proposito della critica mossa da Colote a Socrate per non aver vissuto in conformità alle dottrine da lui predicate. Plutarco intende ribaltare la critica e mettere in evidenza la volgarità di Epicuro nella richiesta di denaro alla comunità.* Epicuro si rivolge a Idomeneo a vantaggio dell'intera comunità, come prova il plurale ἡμῖν, e chiede a lui primizie utili alla cura del corpo sacro.* La richiesta di Epicuro a Idomeneo si distingue per le scelte lessicali: ἀπαρχαί e τοῦ ἱεροῦ οώματος ϑεραπεία rimandano ad un contesto religioso. Non facile, tuttavia,
' Che anche il testo di linec 4-10 faccia parte del frammento lo suggerisce, a ragione, ANGBLI (19812), pp. 89-90. Il testo di linee 9-10 segue l'edizione di ANGBLI (1981a), p. 67, preferibile alla difficile sequenza ὁμιλῆίςαί tic] xai πάν [τ|α δ᾽ Sca προ[ςενεγκόγντες | {[με]τ[ἀ]γομεν, [κατ]α[φή)]cet, proposta da OLIVIERI (1914), p. 21, e accolta da ΚΟΝΘΤΑΝ (1998), p. 76. * A proposito del significato che διάϑεοις assume per Epicuro in relazione al saggio cf. 4. 1. ? La necessità per Epicuro di saper dosare la παρρηςία emerge anche da 33 F e 96 Fı-F2: cf. 4. 2. 1. 1. * Cf. WasTrMAN (1955), pp. 224-226, € ALBINI (1993) pp. 202-203. Discute la parzialità dell'interpretazione che Plutarco offre del pensiero e delle parole di Epicuro Roskam (2005), pp. 351-352.
* Il frammento rappresenta una delle preziose testimonianze a noi note sul sistema che regolava il versamento e la gestione delle offerte nel Kepos. Cf. 4. 2. 4.
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resta il senso del nesso ἱερὸν οῶμα, su cui tanto ha discusso la critica.' Forse è qui da scorgere un'allusione al corpo, in quanto portatore della sensazione del piacere e, pertanto, lepov.? Il sostantivo ϑεραπεία riferito a ἱερὸν οῶμα non puó che assumere, dunque, un'ampia valenza etica in relazione alla salvezza dell'anima, τέλος dell'etica epicurea.? Non è improbabile che con οῶμα Epicuro abbia voluto riferirsi a se stesso e alla sua condizione di sacralità.* E in questa prospettiva che i contributi in denaro offerti dai φίλοι ad Epicuro assumono una valenza religiosa: le ουντάξεις, infatti, nell'assicurare la soddisfazione dei bisogni del maestro, lo sostengono nel raggiungimento della felicità. Le ουντάξεις si rivelano essere, pertanto, concrete manifestazioni di culto, onori tributati alla divinità, τιμαί. La prospettiva religiosa che emerge
dal frammento e lo stile che lo caratterizza suggeriscono un collegamento con 119 F dove τιμή potrebbe indicare un contesto cultuale: come chi si trova nella felice e lontana terra degli Iperborei è tenuto a onorare Epicuro inviando a lui il contributo per la scuola, così a Idomeneo è richiesta l'offerta di ἀπαρxat con le quali rendere un divino omaggio al maestro.* Ma c'è di più. Se il corpo sacro è quello di Epicuro, assume una sua plausibilità leggere nel nesso ἱερὸν capua un riferimento all'intero Kepos come membra di un unico corpo, dove l'individuo si ritrova a cooperare con il resto della comunità al raggiungimento del fine filosofico. Da ciò deriva che contribuire al benessere di Epicuro diviene garanzia di salvezza per l’intera comunità, per ciascun membro del Kepos.* Come dal ςεβαομός al maestro, anche dalla prassi delle donazioni
deriva un reciproco vantaggio tra maestro e discepoli, tra sapiente e piXot.” ' Cf. ERLBR (1994). pp. 106-107. Un'ampia disamina delle varie esegesi proposte dalla critica sul passo è offerta da ANGBLI (1981a), pp. 86-87, che sulla scia di UsENBR, GIGANTB, SCHMIDT (1977), p. 339, considera ἱερὸν ςῶμα una iocosa iactantia e individua anche nella successiva sequenza οὕτω γάρ μοι λέγειν ἐπέρχεται un tono giocoso: in particolare crede che la scelta di ἱερὸν cüpa sia da legare all'improvvisazione del momento e che il carattere scherzoso della richiesta, accentuato dall'impiego dei sostantivi ἀπαρχή e ϑεραπεία, culmini nella chiusa ὑπέρ τε αὑτοῦ xai τέκνων. * Interpreta il nesso in una prospettiva etico-filosofica ScHMID (1961, ora in 1984), p. 67: sulla base di GV 33 ritiene ἱερὸν ςῶμα riferito al corpo, che è sacro in quanto portatore della pura condizione di piacere. Sulla sentenza cf. CoNciE (1987), p. 255. Vede nel nesso un'allusione alla ἡδονή, che costituisce la condizione predominante per l'acquisizione ἀε}]} εὐδαιμονία, WasrMAN (1955), pp. 226-227. C. σ᾽ F e 4. 1. 5. * Su Epicuro medico dell'anima cf. 4. 2. 1. 3. A proposito del sollievo che deriva dal ricordo del passato cf. 4. 1. 9. * Per PascaL (1906), p. 241, il nesso indicherebbe il corpo divinizzato del macstro, per BaiLBY (1926), p. 394, si riferirebbe nello specifico al ceBacuóc tributato ad Epicuro dagli allievi. Non poche le testimonianze che i frammenti di lettere ci conservano sugli onori tributati nel Kepos a Epicuro. Cf. 4.1. 3. * Anche da 121 F si ricava che le offerte versate al Kepos avevano un valore religioso. * Sulla cendenza della comunità epicurea a vedersi fin da subito «members of one body» cf. CLAY (1983, ora in 1998), pp. 67-73. Pur ammettendo che sia possibile scorgere un rimando alla scuola, IsnARDI PARBNTB (1983?), p. 128 n. 2, a ragione, ritiene non si possa attribuire al nesso un significato sociale e giuridico con un riferimento all’istituzione. ? Sul valore etico e filosofico del contributo in denaro offerto dai φίλοι per il sostentamento della scuola cf. 4. 2. 4.
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Alla luce di ciò ὑπέρ nella sequenza ὑπέρ te αὑτοῦ καὶ τέκνων andrà inteso ‘a favore di’: i contribuenti sono anche coloro che ne ricavano vantaggio. Nel segno del reciproco vantaggio è forse possibile attribuire il giusto valore anche all’oscillazione tra la prima persona plurale e la prima persona singolare del pronome ἐγώ: chi contribuisce al benessere di Epicuro e della comunità intera diventa beneficiario del denaro che lui stesso dona. ?
Il frammento è citato da Elio Teone come esempio di una prosa ad an-
damento ritmico e metrico. A proposito della corretta composizione delle parole, cövdecıc τῶν ὀνομάτων, Teone invita a evitare uno stile ritmico, una Eupetpoc καὶ ἔνρυϑμος λέξις, propria del gusto asiano.! Nel frammento Epicuro elogia Idomeneo per aver apprezzato fin dalla giovinezza i suoi moti dell’ingegno, i suoi κινήματα.“ Come in 29 Ε Epicuro riconosce a Idomeneo di
essersi dedicato alla ricerca filosofica fin dalla giovane età. * Il nostro frammento rappresenta un’importante
testimonianza dell’impegno
di Epicuro nella
cura stilistica delle sue lettere. Ma l'accostamento proposto da Teone della prosa di Epicuro a quella asiana appare, almeno a prima istanza, quanto meno sorprendente rispetto al giudizio espresso dalla gran parte della critica antica, che allo stile di Epicuro rimproverava piuttosto la trascurata eleganza formale, l'aritmia e soprattutto un pensiero che non conveniva all’oratoria. È probabile che la scelta di una prosa con andamento ritmico quale Elio Teone registra per il nostro frammento si spieghi con la necessità per Epicuro di conferire enfasi alle parole con le quali esaltava in Idomeneo un atteggiamento ben disposto verso lui e la sua dottrina.” ! Cf. WipMann (1935), p. 209. Con lo stesso valore la costruzione di ὑπέρ e genitivo si trova anche in 120 F (4-5). 2 All’alternanza tra prima persona singolare e prima persona plurale Epicuro ricorre altre quattro volte nei frammenti. Cf. 5. 1. 1. 2. ? In generale sullo stile asiano cf. almeno KENNEDY (1994), pp. 95-96. * L'impiego del sostantivo κίνημα è da connettere alla sequenza τῶι τὴν pülcıv ἡ)μῶν ... xevfjee[c]v di 27 F (4-6). Sul valore che assume qui κίνημα cf. ARRIGHBTTI (1973), p. 673, € ECKSTRIN (2004), P. 148.
* Non sfugge un contatto tra ἐκ νέου e &x μειρακίου di 29 F. È ben noto che Epicuro auspica l'impegno alla filosofia per l'uorno di ogni età. Cf. 4. 1. 8. * PATILLON (1997), p. 131, individua nelle parole di Epicuro citate da Teone la struttura ritmica di una sequenza giambica, con in seconda posizione la sostituzione di un anapesto alla dipodia giambica. ? Sullo stile del frammento cf. anche 5. 1. 1. 1. Lo stesso andamento ritmico Teone lo rileva anche in 66 F riportato subito dopo il nostro. Entrambi i frammenti citati da Teone deriverebbero, secondo GORDON (2013), pp. 144-145, da lettere attribuite a Epicuro, ma in realtà costruite ad arte dai sui detrattori per evidenziare un aspetto della sua prosa condannato dalla tradizione, già a partire dalla commedia di mezzo: l'assenza di semplicità. Nel rou del nostro frammento, forse indizio di una citazione a memoria, e nella sequenza con la quale Teone separa il nostro excerptum da 66 F, καὶ τῶν περιφερομένων δ᾽ ὡς ἐκείνου - ἡμεῖς δ᾽ οὐδέπω καὶ νῦν αὐτὰ ebpicxopev ἐν τοῖς cuyypdupaciv αὐτοῦ, Gordon scorgerebbe il dubbio dello stesso Teone sull’autenticità delle parole di Epicuro. Ma cf. 6.
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36 Fa
Stobeo (111 17, 23), che riporta queste parole nella sezione περὶ ἐγχρατείας, subito dopo il frammento di Epicuro 469 Us., non precisa quale sia lo scritto da cui deriva la citazione. Ma & del tutto plausibile che in origine questa massima comparisse in una lettera di Epicuro a Idomeneo, come suggerisce Seneca (Luc. 21, 7 = 36 Fb), che cita il frammento in traduzione latina.! Epicuro,
nell’esortare Idomeneo ad arricchire Pitocle in modo né volgare né ambiguo, indica, di fatto, la prassi per raggiungere la vera ricchezza, cioè una ricchezza conforme a natura.” 36 Fb Seneca (Luc. 21, 7) cita le parole di Epicuro poco dopo 22 Fı. Pur se resta plausibile l'ipotesi che Seneca abbia potuto derivare l'esortazione a Idomeneo di rendere ricco Pitocle dalla stessa lettera a Idomeneo dalla quale cita anche
22 Fı-F2, non si può tuttavia escludere che Seneca possa aver letto queste parole nello gnomologio da cui trae le sentenze che accompagnano le prime 29 lettere a Lucilio.? La definizione nobilis sententia, infatti, fa pensare ad un detto che, perso il contatto con il contesto di origine, una lettera a Idomeneo, circolava anche separatamente. Non è un caso che la versione greca di questa sentenza si trovi in Stobeo.* La chiarezza e l'universale validità della sentenza è sottolineata proprio da Seneca (Luc. 21, 8) che riconosce nelle parole di Epicuro un'efficacia in ogni campo di applicazione. A Colote Colote di Lampsaco, nissimo, del seguito fu poi tra coloro che probabilmente in un
nato probabilmente nel 320, fece parte, ancora giovadi Epicuro negli anni del suo soggiorno a Lampsaco e a Lampsaco si occuparono della direzione della scuola, periodo compreso tra il 285 e il 265.5 Diogene Laerzio (x
25, 306) inserisce il nome di Colote nell'elenco degli allievi ἐλλόγιμοι di Epicuro. Plutarco (Non posse 1086E 3-4), pur non apprezzandolo, riconosce in lui una benevolenza superiore a quella degli altri Epicurei. Benché Colote nella tradizione non sia ricordato come uno dei καϑηγεμόνες, è probabile che ebbe
' Cf. AncELI (19812), p. 67. * È sulla base di 36 Fb che Usener (1887), p. 142, corregge in Πυϑοκλέα il tradito τινα. Non sappiamo cosa nel concreto Epicuro chiedesse a Idomenco, ma non stupisce che Pitocle sia qui richiamato in relazione alla ricchezza. Nella produzione epistolare di Epicuro a noi nota Pitocle è infatti «lestinatario privilegiato di un insegnamento sulla ricchezza: lo suggeriscono in particolare 61 Fı-F3, οἱ T, 71 T. Sul sostegno offerto da Epicuro ai φίλοι attraverso le lettere nella non facile applicazione «ella teoria alla prassi nella gestione della ricchezza cf. 4. 1. 4. * Cf. SBTAIOLI (1988), p. 180. * La sentenza si legge anche in Arsenio vi 67e (11 383 CPG). * Cf. DoranpI (1994c), pp. 448-450.
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un ruolo di primo piano nel Kepos come promotore del pensiero del maestro.' A lui è attribuita una produzione che rivela una spiccata inclinazione alla polemica.? Non a caso Plutarco compone l'opera Contro Colote al fine di confutare le riflessioni sviluppate da Colore nello scritto in cui dimostra l'impossibilità di vivere secondo i dogmi delle scuole filosofiche diverse da quella epicurea.? Nel dare notizia dei diminutivi, con i quali Epicuro era solito rivolgersi a Colote, εἰώϑει Κωλωταρᾶν ὑποκορίζεοϑαι καὶ Κωλωτάριον, Plutarco (Adv. Col. 1107D 1) allude con malizia al rapporto tra i due. In realtà i diminutivi provano l'affetto che legava il maestro all'allievo e le lettere di Epicuro a Colote, attraverso le quali fu mantenuto vivo il contatto fra di loro anche negli anni successivi all'allontanamento di Epicuro da Lampsaco, confermano tale legame.* 37 F Epicuro scrive a Colote su Metrodoro nell'anno della morte di quest’ultimo: sotto l'arcontato di Democle (278/277).? Forse il frammento, interamente perso in lacuna, conteneva anche l’elogio del comportamento tenuto da Metrodoro nel sopportare la malattia.* Benché non sia possibile stabilire una relazione certa, è degno di nota che Epicuro in 38 F, scrivendo a Colote, richiami la liberazione di Mitre per la quale fu determinante l'intervento di Metrodoro. 38 F
Dopo 32 T e prima di 57 F Filodemo (Mem. Epic. xxvii
12-15 Militello)
cita un excerptum di una lettera a Colote: fu Mitre a riferire di essere stato utile a Cratero e a sua madre Fila.” Nelle parole rivolte da Epicuro a Colote si scorgono indizi di un rapporto tra Mitre, Cratero e Fila, da collocare cronolo! Una ricostruzione della biografia di Colote, del suo pensiero e del suo rapporto con il Kepos è offerta da CORTI (2014), pp. 61-136. * Cf. ERLER (1994), pp. 236-240, e Roskam (20072), pp. 80-81. * Utile è l'indagine dedicata da KschAcıa OvsBIKO (2014), pp. 108-118, alla produzione di Colote nel contesto di una più ampia riflessione sulla polemica di Colote contro l'Epicureismo. Cf. WasrMAN
(1955), pp. 40-93,
e CONCOLINO
* Cf. CaóNsnr (1906a), pp. del diminutivo nei frammenti * Allo stesso anno è datata BORNB (2009), p. 87. * Come è noto, tale elogio Cf.
VocLiANO
(1928),
p.
120.
MANCINI
(1976),
pp. 61-67.
15-16, DICEBY (1996), pp. 50-51, e KECHAGIA (2011), pp. 22-23. Sull'uso cf. s. 1. 1. 1. la lettera di cui resta 107 F. Cf. DORANDI (1990), pp. 128-129, e Osè affidato da Epicuro al primo dei cinque libri dello scritto Metrodoro. Sul
rapporto
di
Metrodoro
e Colote
cf.
CORTI
(2014),
pp.
73-74.
A
proposito della biografia di Metrodoro cf. infra, pp. 166-167. 7 Pensa che il destinatario della lettera sia Cratero Usener (1887), p. 144. La critica traduce ἀπολογίζεται (6) con 'dice in sua difesa', estendendo ad ἀπολογίζω il significato di ἀπολογέομαι e rappresentando così Mitre nel difendersi dalle accuse di Cratero. Ma secondo MILITELLO (1997), PP- 167-168, non c'è motivo di mettere in dubbio per ἀπολογίζω il significato di ‘rendere conto’, ‘dichiarare’, lo stesso attestato anche in Filodemo (Lib. dic. x b 12 Konstan).
COMMBNTO
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gicamente dopo la disfatta di Lisimaco a Corupedio, dunque negli anni della prigionia di Mitre (281-278/277): tale rapporto, non altrimenti documentato, potrebbe forse essere stato cercato da Mitre allo scopo di ottenere la libertà. A questo periodo è da ricondurre la datazione della nostra lettera.! Non sappiamo in cosa Mitre fu utile a Fila e Cratero, ma qui xp] ncır [oT c" (3) è da intendere nella prospettiva utilitaristica dell'amicizia epicurea.* Adatto al contesto appare 5] πέρτερ '[o]v (3), benché non sfugga che l'avverbio sia usato sempre in senso comparativo con un genitivo di paragone e unicamente in contesti poetici. ?
39 F Nell'ampia sezione dello scritto Sulla pietà (26, 723- 36, 1022 Obbink) dedi-
cata da Filodemo a descrivere la consuetudine degli Epicurei alle pratiche religiose, subito dopo 76 F, a proposito della presenza di giuramenti negli scritti degli Epicurei, & ricordata la raccomandazione di Epicuro di usare espressioni solenni e rivolgersi a Zeus evitando, peró, circonlocuzioni o sequenze ambigue, quali ναὶ τ[ὦ] óGo (t) ο xai τί γάρ (18). La presenza di γράφων (17) e il successivo richiamo al rispetto manifestato da Colote per i giuramenti e per ogni discorso sugli dei sembrano suggerire che Filodemo abbia qui presente uno scritto di Epicuro a Colote, probabilmente una lettera, della quale riferisce i contenuti generali, citando però verbatim le sequenze ναὶ τ[ὼ] GCo(t) e καὶ τί γάρ." Sul significato dell'espressione ναὶ τ[ὼ] ὄζω{ι} (18), forse un eufemistico riferimento ai ‘germogli gemelli’, dunque ai Dioscuri, è da scorgere il divieto per gli Epicurei di pronunciare i nomi degli dei in conformità alla teoria dell'origine naturale del linguaggio. *
! Cf. VocLiANO (1926), pp. 330-331. Sulla vicenda della prigionia di Mitre, spesso richiamata da {:picuro nelle sue lettere cf. 4. 1. 2. Al ruolo avuto da Cratero in tale vicenda Epicuro fa riferimento anche in 15 F1-F2. Su Fila che, divenuta vedova del padre di Cratero, sposò poi Demetrio Poliorcete dal quale generò Antigono Gonata cf. HoPrMANN (1938), coll. 2085-2088. ^ L'aggettivo χρήσιμος ricorre con lo stesso valore anche in 74 T, 96 Fı-F2, 103 F. Per l'aspetto utilitaristico della φιλία epicurea rimando a 4. 1. 8. ' Καὶ | [ὑγπέρτερ [oh (2-3) è esito di una nuova revisione del papiro che migliora καὶ lüll' πέρτερ To di Diano (1946b), p. 14, accettato anche da MILITBLLO (1997), p. 136. Un tentativo diverso di integrazione del testo è quello di Spina (1977), p. 61, che propone [x}ai|rep (ye c[v)veytver[o]. Cf. anche ANGBLI (19812), p. 88, e MILITBLLO (1997), pp. 268-269. * In relazione agli interessi di Colote, infatti, ben si addice una riflessione di Epicuro sull'uso dei piuramenti e sull'atteggiamento opportuno da tenere nei confronti degli dei e dei loro culti. Crede che il destinatario della lettera sia Colote anche INDELLI (2014), p. 84. Inseriscono il nostro excerptum wa i frammenti di lettera a destinatari ignoti BUCHBLBR (1865, ora in 1915), p. 608, DieLs (1916, ora In 1969), p. 296, € PHILIPPSON (1921), pp. 371-372. Nella stessa sezione dello scritto Sulla pietà, nella quale Filodemo richiama il nostro frammento, sono citati anche 64 F, 65 F, 101 F: é del tutto plausibile che Filodemo per comporre questa sezione dell'opera avesse tra le sue fonti una selezione delle lettere del maestro. Cf. 6. Non sono pochi nelle lettere i casi nei quali Epicuro invoca gli dei come exlto anche di una scelta di stile: cf. 4. 1. 3 € 5. 1. 1. 1. * [n proposito sono da tenere presenti le considerazioni di OsBINK (1996), pp. 428-429.
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In polemica con l'atteggiamento degli Epicurei che si rivolgono al maestro con grida, lamenti, applausi, onori e appelli agli dei, Plutarco (Adv. Col. 1117 B 3-C 2), poco dopo 5 F, richiama il famoso episodio della προοκύνηοις tributata da Colote a Epicuro e cita una lettera di Epicuro a Colote. Nell'estratto Epicuro racconta che Colote, rapito dalle sue lezioni sulla natura, si prostró cingen-
do le ginocchia del maestro e manifestando la sua devozione con gesti abituali per chi venera e supplica gli dei. Epicuro aggiunge poi che il comportamento di Colote fu tale da indurlo ad onorare a sua volta il discepolo. Il participio ceBopévw che apre la citazione di Epicuro permette di definire l'atteggiamento
di Colote nei confronti dell'insegnamento del maestro come un vero e proprio atto di venerazione in adesione al principio espresso da Epicuro (GV 32) per il quale venerare il saggio procura un gran bene per chi lo venera. Dal senso di riverenza verso il maestro divino e salvatore deriva a Colote il desiderio, definito ἀφυοιολόγητος, di venerare Epicuro. La sequenza περιπληκῆναι ἡμῖν γονάτων ἐφαπτόμενον descrive l'atto della xpocxóvrctc.! Nel testo ἐπέληψις sembra indicare, dunque, l'azione di chi, nel venerare gli dei, tocca le icone o, nel tributare onori agli uomini, ne afferra le braccia.? Qui con l'hapax &quctoAöymtov Epicuro potrebbe voler sottolineare l'entusiasmo del gesto di Colote, segno dell'avvenuta conversione e di una raggiunta condizione mistica.? Per* La προοκύνης!ς è uno degli atti di devozione agli dei inseriti da Filodemo (Piet. 29, 820-35, 945 Obbink) tra le manifestazioni religiose e i riti tradizionali attraverso i quali gli Epicurei c lo stesso Epicuro rendono onore alle divinità. Filodemo (Piet. 31, 897-898 Obbink), subito dopo aver citato 129 Fı-F2, ricorda che fu lo stesso Epicuro nello scritto Sui generi di vita ([10.3) Arr.) a esortare il sapiente a genuflettersi davanti agli dei. Cf. Ossınk (1996), pp. 441-443. L'abitudine degli Epicurei a manifestare la devozione al maestro con la προοχύνηρις è illustrata da Plutarco anche in Adv. Col. 1112C 7-8 e in Non posse 1102B 4-5. In un più ampio contesto in cui riflette sull'influenza che la tradizione ellenistica del culto del sovrano ha avuto sul culto di Epicuro nel Kepos, HeßLer (2018b), p 418, considera la palese relazione tra la scena della npocxivnete tributata a Epicuro e la consuetudine ellenistica di derivazione orientale di prostrarsi al sovrano in segno di devozione. 2 Si tratta di gesti che, secondo Festuciärsg (1968*, trad. it. 2015), pp. 49-50, sono ancora oggi compiuti verso immagini di divinità in manifestazioni religiose che hanno luogo in alcuni paesi del sud del mondo. L'attenzione dedicata dagli Epicurei alle rappresentazioni del macstro provano l'importanza che la ritrattistica di Epicuro aveva nel veicolare il suo insegnamento ai potenziali proseliti: l’immagine di Epicuro è una «sculpted word» in quanto picna rappresentazione plastica del suo messaggio salvifico. Cf. FRISCHER (2014), pp. 177-192. ? Con questo stesso significato ἀφυοιολόγητος ricorre anche in 128 F (14-15). Cf. 5. 1. 1. 2. A riguardo è l'indagine di PIETTRE (1998), pp. 190-192. WESTMAN (1955), pp. 27-31, mette in relazione l'aggettivo con il participio puctoAoyouvtoc che Plutarco poco sopra riferisce a Epicuro. interpretano il gesto di Colote nella prospettiva di Plutarco anche EtNARsON, Dz Lacr (1967), pp. 248-249, i quali ritengono Colote un pessimo alunno di Epicuro e il suo atteggiamento frutto della credenza che gli dei hanno potere sugli uomini: perciò Epicuro definirebbe ‘innaturale’ il desiderio di Colote di assimilarlo ad un dio. Ma il rapporto tra il participio pucLoAoyoüvroc e l'aggettivo ἀφυοιολόγητος non è nelle parole di Epicuro: è Plutarco che segnala una sfasatura tra il discorso di Epicuro sulla natura € l'atteggiamento di Colote. Pertanto, sarà anche da escludere l'ipotesi di Fasrucibge (1968*, trad. it. 2015), p. 49, il quale ritiene l'impiego dell'aggettivo da parte di Epicuro come un voluto gioco di
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tanto, il desiderio di Colote è ἀφυοιολόγητον, allo stesso modo in cui lo sono le manifestazioni con le quali gli uomini venerano gli dei nella speranza di una
ricompensa. In questa prospettiva appare ancora piü opportuna la correzione ϑεῶν che con una esplicita allusione all'Epistola a Meneceo (134-135) stabilisce un contatto tra l'azione di Colote e un atto di devozione per una divinità.' Il desiderio che spinge Colote, una volta appresa la dottrina di Epicuro, a rivolgersi al maestro come ad una divinità è il segno di una tensione alla felicità. Ma nello slancio di Colote c'é molto di piü: la forte componente emozionale alla base del suo gesto è da ricondurre al genuino entusiasmo che gli adepti
assumono verso il maestro οωτήρ degno della stessa riverenza che spetta agli dci.? Colote riconosce nel maestro la raggiunta felicità e a lui si rivolge come ad un dio, dando dimostrazione della sua acquisita sapienza. In lui, divenuto saggio, Epicuro vede, a sua volta, la beatitudine divina.? Per Epicuro l'uomo può raggiungere una condizione divina attraverso la ricerca sulla natura che per il saggio è la sola garanzia di beatitudine e incorruttibilità. Venerare gli dei e chi vive come un dio fra gli uomini garantisce la continua tensione alla perfezione divina.* Per tutto ció non stupisce che le parole di Epicuro con il racconto del gesto di Colote abbiano potuto attirare le fin troppo facili accuse di contraddizione e ipocrisia da parte di Plutarco su un aspetto della dottrina epicurea tanto complesso. 40 Fib Una versione ridotta di 40 F1a & citata da Plutarco (Non posse 1099F 7-1100A 7) a conferma che per Epicuro alcuni piaceri provengono dalla gloria e che il
parole e vede nella reazione di Epicuro all'atteggiamento di Colote un'indulgenza parernalistica e ironica. Se cosi fosse, infatti, Epicuro non risponderebbe al gesto di Colote venerandolo a sua volta e esortandolo ad incedere come un immortale. Ospınk (1996), p. 443, pensa ad un gesto di falsa modestia da parte di Epicuro e scorge nel passo una sfumatura ironica. ' Θεῶν è proposta di WYTTENBACH (1832), p. 478, accettata da ARRIGHETTI (1973), p. 433. Cf. CORTI (2014), p. 67 n. 29. I codici hanno τιμῶν inteso per lo più dalla critica come riferito agli atti di venerazione compiuti durante culti o onori per meglio definire il contesto nel quale tali atti avevano luogo. Ma che si tratti di onori religiosi è ben chiaro già nell'impiego dei sostantivi c&ßacıc e Acc; richiamati poco dopo a formare una struttura chiastica con la sequenza ἀνθιεροῦν cè αὐτὸν καὶ dvτιςέβεοϑαι: τιμῶν appare dunque una ripetizione. Τινῶν è la correzione proposta, non senza cautela, da HiRzEL (1877), p. 15, € accettata da UsBNBR (1887), p. 145, € POHLENZ (1959°), p. 194. EINARSON, Du Lacv (1986), p. 249 n. h., che intendono «he gods and deified monarchs in particular», ritengono che con τινῶν Epicuro si riferirebbe agli atti di venerazione che gli uomini abitualmente rivolgevano agli dei c, soprattutto, ai monarchi ellenistici divinizzati. * Il senso profondo delle manifestazioni della religiosità degli Epicurei nei confronti del maestro salvatore & indagato in 4. 1. 3. Cf. anche 4. 2. 1. 3. * Cf. ScHmiD (1961, ora in 1984), pp. 109-111. Legge nel gesto di Epicuro che, compiacendosi, ricambia l'atto di Colote, una valenza ironica e giocosa FEsrUGIBRE (1968*, trad. it. 2015), pp. 49-50. Ma Colote non & il solo tra gli allievi di Epicuro ad essere venerato dal maestro: tra tutti il caso piü significativo è quello di Pitocle, come emerge da 69 T. Cf. anche 4. 2. 1. 1. * Cf. PAscaL (1906), pp. 241-256.
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ERBI
gesto di Colote procurò piacere a Epicuro.' La sequenza αὐτὸν quctoAoyoüvca tpocxuwcece γονάτων ἁψάμενος è il risultato dell'adattamento a cui Plutarco sottopone le parole di Epicuro riportate per esteso in 40 F1a. 40 F2 Subito dopo 40 Fıa Plutarco cita un secondo estratto dalla stessa lettera. Al di là dell'intervento polemico di Plutarco, secondo il quale Epicuro riconoscerebbe a Colote l'immortalità, ma non la saggezza, le parole di Epicuro sono un chiaro riconoscimento della sapienza di Colote e della sua acquisita capacità di vivere come un dio fra gli uomini perché in possesso dei principi della ricerca filosofica.? Qui esplicita & l'allusione alla chiusa dell’Epistola a Meneceo (135). Colui che sa meditare sui precetti della filosofia epicurea vivrà come un dio e come tale sarà &p9aproc, incorruttibile.? L'episodio raccontato da Epicuro, al di là del contesto polemico in cui lo inserisce Plutarco, & un documento prezioso della riverenza religiosa tributata ad Epicuro da parte dei suoi allievi, già durante la vita. A Leonteo
Leonteo di Lampsaco é ricordato da Plutarco (Adv. Col. 1108E 4-5) tra i discepoli fedeli a Epicuro.* Marito di Temista, dalla quale, come testimonia Diogene Laerzio (x 26, 316-317), ebbe un figlio a cui diede il nome del maestro, rivestì un ruolo di primo piano nel circolo di Lampsaco.* Una lunga sezione dello scritto dedicato al Kepos di Lampsaco conservata nel PHerc. 176 è occupata dal βίος di Leonteo (5 ı-xı1ı Angeli) dal quale emergono sia la sua dedizione alla scuola sia l'impegno dimostrato in qualità di mediatore nella disputa tra Metrodoro e Timocrate. * I] coinvolgimento di Leonteo in tale vicenda è consi-
derato anche da Filodemo (Mem. Epic. vi1-xvri Militello) nello stesso contesto
in cui cita 43 F. I frammenti documentano una ricca corrispondenza epistolare attraverso la quale Epicuro, anche dopo aver lasciato Lampsaco, mantenne sempre vivo il suo rapporto con Leonteo.” ' Polemica è qui l'allusione di Plutarco ad un Epicuro interessato alla fama. Ma cf. 4. 1. 6. 2 Cf. WESTMAN (1955), pp. 29-30. ? L'aggettivo ἄφϑαρτος, impiegato da Epicuro in Hdt. 54 per descrivere l’indistrutribilità e immutabilità degli atomi, ricorre associato a μάκαρ per definire la condizione di immortalità e beatitudine nella quale vivono gli dei anche in Hdt. 78 e 81, Men. 123, RS 1 e in so F1-F2, 76 Ε 128 F. Sugli dei di Epicuro e il culto a lui tributato dai φίλοι cf. 4. 1. 3. * Cf. DoRANDI (20052), p. 92. * Su Temista cf. supra, p. 130. * Una sintesi dei momenti principali che scandirono il contrasto di Timocrate con la scuola & in 4.2. 2. ' Leonteo è destinatario di 41 T, 42 T, 43 E, 44 Ε 45 T, 46 T. A Leonteo Epicuro si rivolge anche nelle lettere inviate agli amici di Lampsaco: 85 F1-F2, 86 F. Non si può escludere che Leonteo sia il destinatario di 122 F e 141 F. Tracce della corrispondenza tra Epicuro e Leontco si scorgono anche in 79 F e 82 T. In un contesto assai lacunoso la ricostruzione della sequenza πρὸς Aleo)vrel[a ha suggerito a BAnBiBRI (2017), pp. 89-90, di individuare un excerptum di una lettera di Epicuro
COMMENTO
4
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T
Filodemo (Mem. Epic. xxxıı 15-19 Militello) dà notizia di una lettera inviata da Epicuro a Leonteo sotto l'arconte Uria (281/280) lo stesso anno nel quale scrisse sugli stessi argomenti anche a Mitre (53 T).' Benché non sia facile ricostruirne l'argomento, & plausibile che la lettera contenesse un elogio del maestro ad un allievo.? Purtroppo non sappiamo se ad essere elogiato sia lo stesso Leonteo, il destinatario della lettera, o un altro φίλος, forse Idomeneo, oggetto della lode del maestro anche in 25 F1-F2, due frammenti citati da Filodemo poco dopo il nostro. 42 T
La testimonianza si legge dopo una riflessione sulla διάϑεοις di un ἀνήρ altrimenti sconosciuto. ? Ἐπί[ε]μνήοσϑην (2) sembra provare che l'autore dello scritto conservato nel PHerc. 176 ha forse già menzionato altrove questa stessa lettera.‘ L'avverbio εὐμενῷςο (4) suggerisce che si tratta di una lettera dai toni benevoli e cortesi. E qui impossibile ricostruire il senso del discorso, ma la sequenza ἁπλοῖς καὶ Ajap|npo[ic (6-7) potrebbe alludere alla ‘splendida’ lettera, alla λαμπρὰ καλουμένη ἐπιοτολή inviata da Epicuro a Leonteo e della quale offre una testimonianza 45 T.? Le linee seguenti conservano solo poche lettere: forse qui è da immaginare il rinvio ad un estratto epistolare di Epicuro à Idomeneo, come si evince da 30 T. 43 F Subito dopo 86 F, ad apertura della sezione dedicata da Filodemo (Mem.
Epic. vıı-xvırı Militello) all'impegno di Leonteo nella vicenda di Timocrate, resta solo l'indicazione del destinatario di un excerptum da una lettera di cui sono conservate solo poche tracce di scrittura.‘ È probabile che in questo frammento di lettera Epicuro sviluppasse le stesse considerazioni affidate anche a 86 Ε΄
44 F Filodemo cita la lettera subito dopo 122 F. Il mittente si rivolge a Leon-
teo, forse in quanto responsabile della comunità di Lampsaco e lo invita ad à Leontco anche nel secondo libro dello scritto di Filodemo Su Epicuro (v 8). Cf. anche BarBIBRI (2020), pp. 191-192. Troppo incerto appare il contesto. * Sull'arcontato di Uria cf. DORANDI (1990), p. 128, e OSBORNE (2009), p. 87. 3 Cf. MILITBLLO (1997), pp. 293-294. Sulla consuetudine di Epicuro di affidare alle lettere elogi destinati ai φίλοι cf. 4. 2. 1. 1. " Cf. ANGBLI (19882), p. 36. * Certa una forma di γράφω (3-4): PHILIPPSON (1930, Ora in 1986), p. 211, propone ypa|[per, AnGBLI (19882), p. 33, in nota suggerisce γράφων. Cf. anche VOGLIANO (1928), p. 30. * Cf. ERLER (1994), p. 109. * Cf. ANGBLI (1990), pp. 65-69, e MILITELLO (1997), pp. 47-59. ? Cf. ANGBLI (19882), p. 54.
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MARGHERITA
BRBÌ
agire per garantire la salute degli amici. Benché il mittente non sia indicato, è probabile si tratti dello stesso mittente di 122 F. Il contenuto del testo e il lessico offrono ulteriori indizi per l’identificazione del mittente con Epicuro. ᾿Ακέω (3) è verbo tecnico del lessico medico-filosofico: l’esortazione rivolta qui a Leonteo è da intendere come un monito a farsi garante del benessere dell'anima degli amici raggiungibile attraverso l'esercizio della filosofia.' La sequenza πολυμερῇ ταφήν potrebbe essere messa in relazione con l'espressione πολυτελὴς ταφὴ con la quale Filodemo (Mor. 1v 30, 9 Henry) sembra indicare una sepoltura composita, dunque ricca.? Ma nel testo è sicuro solo ταφήν (4): non & possibile stabilire se il sostantivo richiami qui l'imperativo epicureo (Diog. Laert. x 118, 1390) che vieta al saggio di occuparsi della propria sepoltura o una più ampia discussione sull’opportunitä per il saggio di provvedere a questa.?
45 T Filodemo (Lib. dic. 6, 4-12 Konstan), a proposito dell'opportunità per il saggio di rivolgersi a chi sbaglia con parole aspre, richiama l'episodio in cui Epicuro rimproveró Pitocle in quanto responsabile dell'attenzione dedicata da Leonteo alla ricerca sugli dei, forse non convinto della validità delle indicazioni teologiche di Epicuro. In quella stessa occasione Epicuro invió a Leonteo la lettera detta splendida. * * Sull'uso che Epicuro fa del lessico medico cf. 4. 2. 1. 3 e s. 1. 1. 2. * La stratigrafia tanto complessa rende incerta la pur suggestiva ricostruzione di καὶ πολυμίερ)ῇ ταφὴν | αὐτῶν μ[έμφονται (4-5) proposta da ANGELI (1988b), p. 200, che legge qui un monito ad evitare una sepoltura lussuosa. La lettura πολυμερῇ (4) conferma l'integrazione di roAvp(ep]r, di Angeli. ? La questione relativa alla cura della sepoltura è, secondo UsBNBR (1887), p. 332, uno dei temi affrontati da Epicuro in relazione all’agire etico del sapiente nello scritto Casi dubbi come sembra provare Demetrio Lacone (PHerc. 1012 xLI Puglia). Cf. PUGLIA (1988), pp. 256-261. Epicuro nel Testamento (Diog. Laert. x 18, 207-210) dà disposizioni perché parte dei suoi proventi continuino ad essere destinati per le offerte funebri per il padre, la madre e i fratelli. Cf. CLAY (1986, ora in 1998), P. 95. Sarà da intendere in una prospettiva filosofica il divieto registrato nel catechismo (Diog. Laert. x 118, 1390) per il quale al saggio epicureo è impedito di occuparsi della sepoltura. Sull'opportunità per il sapiente di darsi pensiero della sepoltura discute ampiamente Filodemo (Mor. tv 30 € 32-33 Henry). Un frammento di lettera di Idomeneo a Epicuro conservato nello scritto restituitoci da PHerc. 176 (s xvii Angeli) prova che gli Epicurei non privavano i φίλοι delle cerimonie funebri: per volere di Pitocle fu splendida infatti la cerimonia per Apollodoro come previsto dalla tradizione per i cari che muoiono in giovane età. Cf. AxGBLI (19882), p. 45. Polemica è la prospettiva dalla quale Cicerone (Fin. τι 31, 101-102) coglie una contraddizione tra il divieto di non preoccuparsi della sepoltura e l'abitudine degli Epicurei a tributare onori funebri ai propri cari defunti. Sui culti privati dedicati nel Kepos ai φίλοι defunti cf. 4. 1. 3 € 4. 1. 9. * La sequenza τὸ | μὲν ἁμάρτημα (1-2) proposta da Gigante ap. ANGELI (19812), p. so, è da preferire, per ragioni di spazio, a τῶι | μὲν ἁμαρτή[οαντι di OLIVIBRI (1914), p. 5. Secondo AncELI (19812), pp. 50-51, soggetto di παρρη]ςιάς[ε͵]ται non sarebbe il saggio, ma il giovane responsabile dell'errore il quale si rivolge al saggio con franchezza per accogliere indicazioni relative alle imperfezioni del suo atteggiamento. Tlüc[tıv (6) è lettura di CRONBRT (1901, trad. it. 1975), p. 118, accolta anche da ARRIGHBTTI (1973), p. 436, e SEDLEY (19762), p. 46, da preferire al meno probabile ric[rıv]
COMMENTO
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Benché sia del tutto ragionevole che Epicuro, rivolgendosi a Leonteo, abbia sviluppato una riflessione sulla condizione degli dei a proposito della quale Pitocle e anche Leonteo potrebbero aver commesso degli errori, questo non
basta né per ammettere una diretta influenza della scuola cizicena su di loro, né per provare un atteggiamento eterodosso di Pitocle e di Leonteo all'interno del Kepos di Lampsaco o, addirittura, per pensare ad una vera e propria defezione a favore di Eudosso.' Al di là della circostanza per la quale la lettera
è stata scritta, il frammento prova il ruolo di responsabilità che Pitocle aveva nella scuola di Lampsaco.? L'episodio che coinvolse Pitocle e Leonteo esempli-
fica l'atteggiamento che il maestro deve assumere nei confronti dell’errore del discepolo.? L'avverbio μετρίωο ha qui un valore tecnico in relazione alla modulazione della παρρηςία da parte del saggio.‘ Come suggerisce ςιν[ό] τητας (3-4), in questo excerptum sembra essere affrontato il problema della formazio-
ne filosofica dei giovani in relazione alla necessità di un atteggiamento franco da parte del discepolo e moderato da parte del maestro.* La lettera che qui Filodemo richiama e la cosiddetta τ]ὴν | λαμπρὰν καλουμέγην | ἐπις[τολ]ήν (9-11): l'aggettivo λαμπρά per questa lettera sembra assumere la funzione di un vero e proprio titolo. Si tratta di una lettera ben nota e, come tale, famosa: non si puö escludere che venisse ritenuta illustre per la sua esemplarità o il suo carattere paradigmatico.* Ma è anche possibile che con λαμπρά Epicuro intendesse sottolineare la chiarezza e la lucidità dello stile.” Forse un riferimento alla λαμπρὰ ἐπιοτολή è da scorgere anche in 42 T: il testo è lacunoso ma la sequenza ἁπλοῖς xai A]au|rpolîc (6-7) può essere un riferimento ai toni proposto da Olivieri. [Tócvcc ha qui il valore di ‘indagine’, ‘ricerca’ sugli dei. Angeli intende il sostantivo con il significato 'ció che si apprende per sentito dire'. Non necessaria, secondo Sedley, la correzione - αὐ »τὸν (9) di Olivieri. Poco plausibile appare πρὸς «δ᾽ EO» SoEov di PuittiPPsON (1925), p. 479, il quale individua in Eudosso di Cnido il destinatario della lettera e considera il passo una testimonianza dell'influenza che la scuola di Cizico ebbe sulla scuola di Lampsaco in merito alla riflessione sugli dei. Cf. anche LIBBICH (1960), pp. 46-48, e ARRIGHETTI (1973), p. 674. Un quadro dei dati che i frammenti offrono per ricostruire i contatti tra il circolo di Lampsaco e la scuola di Eudosso è tracciato in 4. 2. 5. ! Cf.
SPINA
(1971), pp.
70-71, € ANGBLI
(1982),
pp.
420-424.
Non
mancano
nella tradizione
testi-
monianze della fedeltà dimostrata sia da Pitocle sia da Leonteo alla dottrina del maestro. In 61 F1, per esempio, Pitocle appare come fedele seguace dell'insegnamento epicureo. Cf. SEDLBY (19762), P. 46 n. 8o. 2 Che fosse centrale la posizione assunta da Pitocle nel Kepos di Lampsaco emerge anche da 68 F. Cf. Da SANCTIS (2012), p. 101. * Allo stesso modo paradigrnatico è il rimprovero rivolto ad Apollonide in 7 T. A riguardo cf. 5. 2. 1. * Cf. INDELLI (2014), pp. 72-73. L'impegno ad adattare il franco parlare alla personalità dei destinatari & raccomandato anche in 33 F. ! Cf. GIGANTE (1974), pp. 37-42. * Cf. LiBBICH (1960), p. 46, SBDLBY (19762), p. 46, e KONSTAN (1998), p. 30. 7. Aaunpóc, quando usato in relazione allo stile, ha il significato di brillante: per Aristofane (Av. 1388) sono λαμπρά le parti piü brillanti dei ditirambi, Aristotele (Po. 1460b 4) definisce con λέξις λαμπρά la parola brillante. Filodemo impiega ripetutamente l'aggettivo nella Poetica per indicare lo splendore delle sillabe, dei suoni delle lettere, delle parole: cf. JANKO (2000), p. 506. Sull'impegno di Epicuro a realizzare per le lettere uno stile chiaro in rapporto ai fatti cf. 5. 1. 1. 2.
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semplici, quindi non artificiosi, ma ad un tempo brillanti, che caratterizzano lo stile della lettera. ' 46 T Il passo offre una testimonianza di lettere inviate a Leonteo sotto l'arcontato di Egemaco (300/299).? Plausibile l'ipotesi che si tratti di lettere di Epicuro.? Il nesso τῶν ue[p)óv compare anche in 41 T (4-5). A Leonzio
Su Leonzio, la piü nota tra le etere che frequentarono il Kepos, non sono po-
che le informazioni che offre la tradizione.* Il suo nome compare in tutte le fonti che restituiscono il catalogo delle etere che ebbero contatti con il Kepos.* Diogene
Laerzio
(X 4, 41-42) poco prima
di citare 47 E tra le accuse
mosse
a
Epicuro dai suoi detrattori, richiama la sua convivenza con Leonzio, subito dopo (x 6, 60-61) associa il nome di Leonzio anche a quello di Metrodoro del quale l'etera fu amante, infine (x 23, 271-273) precisa che Metrodoro prese per
sé Leonzio, la tenne come concubina ed ebbe da lei due figli.* Epicuro in 11 T offre una conferma del profondo legame che lo univa a Leonzio.” È plausibile che Epicuro e Leonzio si siano incontrati per la prima volta ad Atene.*
Le fonti consentono di delineare per Leonzio il profilo di una nota e influente personalità del Kepos.? I frammenti di lettere a lei destinati provano il ' Identifica la λαμπρὰ EnıcroAn con 85 F1 Diano ERLBR
(1946b), p. 29. Cf. ANGELI (19882), p. 33, €
(1994), p. 109
2 Cf. DORANDI
(1990),
p. 123.
? Lo suggerisce Del MASTRO (2008), pp. 224-226. * Cf. DonaNDi (2005b), p. 93. » Cf. 4.2. 3. * Cf. Laxs (1976), p. 94. A Leonzio quale moglie di Metrodoro si riferiscono sia Seneca (45 Haase) sia Plutarco (Non posse 1098B 1-4). Cf. Körte
(1890), p. 566. Ma
Plutarco (Non posse 1089C 4-6 e Lat.
viv. 1129C 1-3 = 412 Us.) richiama anche la relazione tra Epicuro e Leonzio. Cf. RoskAM (2007b), p. 200. Di Lconzio ricorda i costumi dissoluti Ateneo (Deipn. xııı 588B 4-9) attraverso la testimonianza del grammatico Mirtilo, secondo il quale Leonzio si unl sia ad Epicuro sia a tutti gli Epicurei, non smettendo di essere un'etera neanche quando si accostò alla filosofia. Cf. GaMBATO (2001b), p. 1500. Ritiene che nel passo di Ateneo sia rappresentato l'edonismo di Epicuro e, ad un tempo, smascherata l'inconsistenza della sua filosofia McCLURE (2003), pp. 102-104. ? L'ascendenza che su di lui aveva l'etera emerge anche da un excerptum di lettera di Metrodoro a Cronio citato da Filodemo (Mem. Epic. xx 11-13 Militello) dove Leonzio è richiamata per aver sostenuto davanti ad Epicuro più volte e in termini benevoli Cronio, giunto all'epicureismo dopo la frequentazione della scuola di Eudosso a Cizico. Per il passo di Filodemo cf. MiLtTELLO (1997), pp. 235-239.
Su
Cronio cf. 5. 1. 2.
* Riflettono sulla condizione di Leonzio, cittadina ateniese, Larwo, REMzs (1999), p. 1 ? Cf. ERLER (1994), p. 104. La notizia offerta da Ateneo (Deipn. xii 593B 6-C 7) "he Danae, la figlia di Leonzio, fosse amante di Sofrone comandante di Efeso e amica di Laodice moglie di Antioco τι prova i contatti tra l'etera e personaggi politici di rilievo. Una valutazione della centralità del ruolo di Leonzio all'interno del Kepos che tiene conto di tutte le testimonianze sull'etera si deve a CAPASSO (1991), pp. 279-311. Non mancano nella tradizione testimonianze dell’impegno di Leonzio nella ricerca filosofica. Cicerone (Nat. deor. 1 33, 93) le attribuisce addirittura uno scritto contro Teofrasto. Sull'attendibilità della notizia cf. ANGBLI (1988b), pp. 274-275. Elio Teone (111, 33) ne apprezza la capacità di essersi sollevata da una condizione abbietta intraprendendo una carrie-
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ruolo tutt'altro che marginale che ebbe nella comunità epicurea: 47 F sembra suggerire per Leonzio, addirittura, un impegno politico a favore di Epicuro. Non è un caso se tra tutte le etere Leonzio è la destinataria privilegiata della corrispondenza di Epicuro, come emerge da 49 T. Del grande numero di lettere inviatele da Epicuro si lamenta la stessa Leonzio nella lettera fittizia che Alcifrone (1v 17) immagina scritta a Lamia, amata di Demetrio Poliorcete: pur
nella finzione di Alcifrone impegnato a dilettare il suo pubblico traspare la consapevolezza di dati reali e la conoscenza della tradizione ostile a Epicuro.' Niente si ricostruisce, invece, dell'argomento di 78 F. 47F
L'excerptum & citato da Diogene Laerzio (X 5, 50-52) a proposito dell'abitu-
dine di Epicuro di adulare i suoi discepoli.? Epicuro si rivolge a Leonzio con il doppio diminutivo Λεοντάριον: il suffisso —ov è applicato a un tema già ampliato dall'infisso «p.* Una spiegazione dell'uso del diminutivo nel passo la offre Prisciano (Instit. Gramm. vi 24, Gramm. Lat. τὶ 215-216 Keil): il diminutivo sarebbe una palese dimostrazione dell'affetto che lega Epicuro all’etera.* Anche il diminutivo ἐπιστόλιον connota il termine e evidenzia il carattere affettuoso della lettera ricevuta da Leonzio.* Kporo9öpußoc ricorre anche in 5 F per indicare i plausi con i quali i φίλοι si rivolgevano al maestro. Il sentimento di Epicuro verso Leonzio è amplificato dal vocativo e reso solenne dall’invocazione Παιὰν ἄναξ che apre la lettera. Con Παιὰν ἄναξ Epicuro si rivolge anche a Mitre in 59 F: è probabile che in questo modo Epicuro abbia espresso ad entrambi la propria riconoscenza per essere intervenuti presso Demetrio Poliorcete in relazione al contrasto con Timocrate.* Non è dunque ra filosofica. Cf. PATILLON (1997), p. 77. Plinio (Nat. Hist. xxxv 99 e 144) documenta per il in secolo a.C. l’esistenza di ritratti di Leonzio: in uno dei due casi Leonzio era raffigurata in meditazione. Sccondo FRISCHER (1982), pp. 88 c 268, l'esistenza di tali ritratti confermerebbe l'ipotesi della circolazione nel Kepos di immagini di Epicuro e di altri φίλοι in funzione propagandistica. Sulla diffusione di statue e ritratti di Epicuro e di alcuni Epicurei è fondamentale la raccolta proposta da RicHTER (1965), 11, pp. 194-207. ' Secondo UsENER (1887), p. 147, Alcifrone avrebbe avuto tra le sue fonti anche lettere di Epicuro a Leonzio. Sulla figura dell'etera nell'epistolario di Alcifrone cf. THORSTEN (2007), pp. 181-205. * Fonte di Diogene è probabilmente una tradizione ostile a Epicuro da far risalire a Timocrate cf. 4. 2. 2. * Cf. Capasso (1991), pp. 288-289. * Le critiche rivolte allo stile di questa lettera sono da ricondurre, secondo LA&s (1976), pp. 4445. a Dionigi di Alicarnasso. L'uso del diminutivo era assai frequente per i nomi delle etere come emerge dall'elenco che leggiamo in SCHNEIDER (1913), coll. 1362-1377. Cf. anche Dicker (1996), pp. 50-51, € ERLER (1994), p. 235. * GORDON (2013), p. 135, ritiene che ἐπιστόλιον segnalerebbe il carattere privato della lettera. * Secondo BicNoNE (1973?), I, pp. 489-501, sia Leonzio sia Mitre si occuparono della salvezza del maestro nella stessa occasione. Leonzio avrebbe agito attraverso Lamia la concubina di Demetrio.
Ma
cf. a riguardo
SepLer
(1976a),
pp.
131-132,
e ERLER
(1994),
pp.
109-110.
Il dato
storico
dell'amicizia tra le due donne è confermato da Alcifrone (1v 17 1 - 143 Us.). Vede nell'esclamazione di Epicuro una reazione di entusiasmo al ruolo da intermediario avuto da Leonzio per la sua salvezza MOMIGLIANO (1935, ora in 1975), p. 551. Cf. Avezzü, Lonco (1985), p. 201. Intende l'invocazione
160
MARGHERITA
BRBÌ
un caso che le scelte di stile che caratterizzano il frammento, verosimilmente proveniente dall’incipit della lettera, nel definire il tono personale e affettuoso del messaggio di Epicuro, ad un tempo, ne sottolineino la solennità, forse per evidenziare il comportamento esemplare di Leonzio.' Manca l'indicazione della data nella quale venne inviata la lettera, ma se si accetta l'ipotesi che l'invocazione esprima l'entusiasmo di Epicuro per l'impegno di Leonzio presso Demetrio Poliorcete, dobbiamo pensare ad una lettera inviata dopo l'apostasia di Timocrate dalla scuola, in una delle poche occasioni in cui Epicuro si allontanó da Atene.? Non si puó in ogni caso escludere che la lettera potrebbe essere stata inviata a Leonzio in un momento in cui era lei a trovarsi lontana da Atene. 48 F
Da Diogene Laerzio (x 7, 77-78) sappiamo che in una delle numerose lettere inviate a Leonzio, cosi come in quella Ai filosofi di Mitilene (88 F3), Epicuro affermava di spendere una mina al giorno per mangiare.’
49 T Diogene Laerzio offre una preziosa testimonianza della ricca corrispondenza di Epicuro con le etere che frequentavano il Kepos.* Tra queste, Leonzio ἃ indicata come la destinataria privilegiata delle lettere del maestro. Alla madre Da Diogene Laerzio (x 1, 1 e x 4, 38-39) sappiamo che la madre di Epicuro, Xaupectparm, era solita recarsi, insieme al figlio, presso le casupole a recitare
formule di purificazione. Si tratta con buona probabilità di una notizia che rientra nella topica dell'invettiva biografica e che una tradizione ostile a Epicuro avrebbe confezionato allo scopo di attaccare l'atteggiamento superstizioso della madre.* Non si può escludere, credo, che la notizia della superstizione della madre possa aver trovato il suo fondamento proprio nella lettera che Epicuro invia alla madre con parole di rassicurazione sulla natura dei pacuara che tanto turbamento le provocavano. ὅ come manifestazione di un genuino entusiasmo STECKEL (1968), col. 583, il quale pone l'accento sia sulla particolare emozione provata da Epicuro per la persona alla quale si rivolge, sia sul carattere privato dello scambio. ! La presenza nelle lettere di Epicuro di invocazioni agli dei è discussa in 4. 1. 3. Sulla ricerca di uno stile capace di esprimere il pieno entusiasmo verso i propri destinatari cf. 5. 1. 1. 1. 2 A proposito della vicenda dell'apostasia di Timocrate cf. 4. 2. 2. Per un'analisi del frammento rimando a 88 F3. * Cf. 4. 2. 3. * Cf.
ERLBR
(1994), p. 65,
e GOULET
(20003),
p. 162.
* Benché dalla prima edizione del testo pubblicata da Cousin (1892), p. 69, la critica abbia per lo più assegnato il frammento ad Epicuro, l'autenticità c, dunque, l’attribuzione della lettera sono ancora molto discussi. Cf. CHILTON (1971), pp. 106-108, CASANOVA (1984), pp. 376-283, ERLBR
COMMENTO
161
50 Fı
In 50 Fi, il cui testo è scolpito nella monumentale iscrizione di Enoanda (125 Smith), Epicuro si rivolge alla propria madre preoccupata per il benessere del figlio lontano e turbata dalle visioni che le appaiono. ' Epicuro (I 1- ΠΙ 9), prima di tutto, spiega alla madre in cosa consistono le visioni e la rassicura sulla propria sorte. Ma la prima colonna & in gran parte integrata ed &, dunque, indispensabile molta cautela nell'interpretazione del testo: la madre è esortata a valutare i fatti in modo accurato e ad esaminare con attenzione l'intera questione, allo scopo di eliminare ogni turbamento e preoccupazione. ? Appare plausibile che Epicuro (1 3-8) considerasse già a questo punto le pavractaı, cioè le visioni di coloro che sono lontani dalla vista e che provocano nell'animo di chi le percepisce il massimo turbamento.? Gli (1994), p. 110, e SMITH (2003), pp. 126-127. Sulla base della lingua e dello stile attribuisce la lettera a Diogene WILLIAM (1907), pp. xx-xxx. Ma convincenti sono le ragioni che portano ad escludere l'attribuzione della lettera a Diogene di Enoanda: la necessità di denaro e l'accenno ai sacrifici pecuniari dei genitori mal si addicono al figlio di una famiglia facoltosa come era Diogene. Cf. GRILLI (1997), p. 237. Il richiamo a nove mine offrirebbe, inoltre, un termine cronologico per ricondurre lo scritto ad un periodo precedente a quello nel quale visse Diogene. Cf. CLAY (1990), PP- 2541-2542. Per la biografia di Diogene cf. PugcH (1994), pp. 803-806. Poco plausibile è che Diogene, tanto devoto e fedele al maestro, possa aver falsificato uno scritto di Epicuro o citato una lettera fittizia. Sulla questione fondamentali sono le considerazioni sviluppate da SMITH (1993), pp. 550-560. Nega la paternità della lettera ad Epicuro HoPFMAN (1976), 11, p. 442, sulla base di considerazioni relative a stile e lessico. Cf. anche CRONBRT (1907), coll. 1604-1605. A comporre il testo della lettera, secondo GORDON (1996), pp. 66-93, sarebbe stato un Epicureo vissuto nel 1 0 11 secolo d.C., forse lo stesso Diogene, allo scopo di difendere il maestro da chi lo accusava di irriverenza verso i genitori e di dissolutezza per aver aperto il Kepos alle donne: la lettera riproporrebbe lo schema di lettere fittizie nelle quali i filosofi si rivolgono ai propri parenti per sintetizzare i temi della loro dottrina. Cf. anche FLETCHBR (2012), p. 71. Una valutazione sulla lettera alla madre in rapporto alla produzione di false lettere attribuite a Epicuro a scopo diffamatorio & offerta da GORDON
(2013),
pp.
147-148.
Ma
cf. CLar
(1980,
ora
in 1998),
p. 211.
A ragione
ECKSTBIN
(2004),
PP. 158-159, pensa che la lettera cosi confezionata difficilmente avrebbe potuto contrastare le accuse dei detrattori di Epicuro. * Un utile quadro d'assieme sulla comunità di Enoanda lo offre CrAv (1989, ora in 1998), pp. 232-255.
Cf. anche
Gorpon
(1996),
PP
8-40, € BACHMANN
(2017), pp.
1-28.
Riconosce in Diogene
di
Enoanda le caratteristiche di un «ep i ERLER (2020), pp. 68-73. Utile è il contributo di HAMMERSTABDT (2017), pp. 29-50, che descrive struttura, contenuto e contesto dell’epigrafe alla luce dei risultati a cui hanno portato le ultime indagini sui resti dell'iscrizione. ? All'inizio della colonna è ricostruito un invito al rigore scientifico ἀκριβῆ ve xai] πιοτὴν | lexeypıv (1 2-3). Si tratta di un invito, forse, ripetuto anche poco dopo (1 9-10). Sul valore di ‘sapere esatto’ che il gruppo semantico di ἀκρίβεια assume nella produzione di Epicuro fondamentale è il contributo di ANGELI (1985), pp. 63-71. Un'indagine sulla complessità del metodo scientifico di Epicuro
è offerta da Asmıs
(1984),
pp. 9-336.
? Il termine gavracia (t 4) ricostruito già da WILLIAM (1907), p. 101, ricorre anche in 103 F (7), ed è senz'altro da intendere nella prospettiva della fisica di Epicuro. La sequenza τὸν p£l[y:crov tapayo) (1 6-7), ricostruita da SMITH (1993), p. 312, si riferisce al grande turbamento provocato dalle visioni, che viene meno solo con un'attenta e rigorosa analisi del fenomeno. Allo stesso modo τὸν uéyterov τάραχον (Hdi. 77) e τάραχος ὁ χυριώτατοο (Hdt. 81) indicano il massimo turbamento
162
MARGHBRITA
ERBI
effetti di tali visioni sono oggetto della riflessione sviluppata nelle colonne successive. Due spatia vacua (11 3, 11 10) isolano la spiegazione sulla natura di tali visioni: le immagini degli assenti, unicamente percepibili alla mente, hanno su coloro ai quali appaiono lo stesso potere esercitato dalle immagini
delle persone presenti. Esiste un'esatta equivalenza tra le visioni di coloro che non sono presenti e le immagini che provengono da coloro che sono presenti.? Il potere di tali visioni è lo stesso che scaturisce dalle immagini percepite
attraverso la vista: da qui il turbamento. Si tratta di un turbamento che puó essere eliminato se il fenomeno & spiegato con rigore scientifico.? Segue la riflessione sull'etica. Epicuro (11 10-111 9) rinnova alla madre l'invito a farsi coraggio e a non valutare come malvage le visioni che sono piuttosto un segno dei progressi nel cammino verso la felicità.* Sono qui impiegati i toni della consolatio, come pare suggerire la sequenza ὦ μῆτερ, [ϑάρρει (11 1).* Il vocativo ὦ μῆτερ amplifica l'esortazione ed esprime l’affettuoso interesse del figlio dell'animo generato negli uornini dalle false opinioni che si hanno sulle cause dei fenomeni. Cf. VBRDB (2010), pp. 221-224. Sul concetto epicureo di atarassia cf. HELD (2007), pp. 113-185. ' Il fenomeno fisico delle visioni è a noi noto proprio da Diogene di Enoanda (9-10 e 43 Smith) che dell'interpretazione epicurea dei sogni come εἴδωλα offre una preziosa testimonianza. Per la costituzione del testo dei frammenti 9-10 cf. anche HAMMBRSTABDT (2006, ora in 2014), pp. 225-228. Sul passo di Diogene è ancora fondamentale CLAY (1980, ora in 1998), pp. 215-227, il quale, sulla base dello scherna del frammento 43 Smith, colloca il frammento 10 Smith prima di frammento 9 Smith. Per un'indagine sul dibattito filosofico alla base della polemica di Diogene contro gli Stoici e Democrito sulle visioni dei sogni cf. ora GURBMEN (2017), pp. 187-206. ? L'integrazione «μὴ» (11 7) si deve a USBNER (1892), p. 427, che pensa ad un'omissione dello scalpellino. Accolgono «un» nel testo sia DIANO (1948), p. 68, sia AnRIGHETTI (1973), p. 438. La lezione tradita è invece difesa da WILLIAM (1907), p. 101, € accettata da gran parte della critica. Cf. SMITH (1993), p. 312. Ma la validità della proposta di Usener è stata a ragione sostenuta di recente da HAMMERSTABDT (2006, ora in 2014), pp. 256-259, in quanto indispensabile per restituire coerenza e senso al testo. ? La circostanza per la quale i pacuata, o pavracuata, le immagini che appaiono in sogno di persone lontane o defunte, sembrano simili a quelle delle persone presenti ben si spiega alla luce della dottrina dei simulacri. Sull’esistenza, essenza, generazione e velocità delle immagini in rapporto alla teoria dei simulacri sono già canoniche le ricche pagine di LEONE (2012), pp. 68-165. A proposito del compendio che di tale teoria offre Epicuro (Hdt. 49-52) cf. VaRDE (2010), pp. 107-129. La dottrina dei pacata o pavracnata, dalla loro natura alla condizione che ne consente la presentazione alla mente fino alle reazioni suscitate nella mente stessa e al sorgere delle false opinioni in chi non valuti con esattezza scientifica i dati della propria percezione, è argomento trattato da Epicuro nello scritto Sulla natura (xxxiv). Cf. Leone (2002), pp. 7-135. Ma dei φάσματα Epicuro si occupa anche nei primi libri della sua opera principale, certo nel τι, molto probabilmente anche nel i1 c forse anche nel xiii a proposito della conoscenza degli dei. Cf. ARRIGHETTI (2013), pp. 326-327. Sulla formazione delle immagini c in particolare delle immagini che appaiono nei sogni insiste anche Lucrezio (1v 92-103, 722-993) che dedicata il suo iv libro all'esposizione della teoria dei simulacri. Sui passi cf. GopwiN (1986), pp. 146-151, e KLBvB (1978), p. 56. Sul contenuto del libro cf. SepLer (1998), pp. 148-152. Una riflessione sulla teoria epicurca dei simulacra quale emerge dalle pagine di Lucrezio e da Diogene di Enoanda è offerta da GIGANDET (2017), pp. 207-220. Ai φάσματα come εἴδωλα sembra alludere ancora Epicuro quando richiama il piacere provocato dalle visioni dei φίλοι defunti in 144 R. * Suggerisce di integrare a linea 3 κενά piuttosto che κακά Delattre in MORBL (2010), p. 1416. * Restituisce la sequenza USBNBR (1892), p. 427. Cf. DE SANCTIS (2012), p. 97. Toni consolatori si trovano anche in 27 F 31 F. Sul sollievo che procura il ricordo dei cari defunti cf. 4. 1. 9.
COMMBNTO
163
per il benessere della madre.' L'impegno quotidiano nella ricerca filosofica è lo stesso impegno continuo con il quale mettere in pratica l'esortazione di Epicuro (Men. 135) a meditare giorno e notte, ἡμέρας xai νυκτός sui principi della dottrina epicurea.? Subito dopo (111 9-1v 8) giunge una precisazione: i progressi conseguiti nella quotidiana indagine sui fenomeni della natura sono per noi tutt'altro che inutili in quanto consentono al saggio di rendere la
propria intima disposizione, διάϑεοις, simile e non inferiore a quella divina, icodeoc, che per sua natura è incorruttibile e beata, ἡ ἄφϑαρτος xai μακαρία φύοις. Con διάϑεοις si intende la disposizione fisica, cioè lo stato dei complessi atomici che consente al saggio di essere tale.” Non è un caso che il poetico Ic69eoc qui definisca la condizione del saggio epicureo che, alla stregua di un eroe epico, pur se mortale realizza in vita la grandiosità del divino.‘ Il senso della sequenza οὐδὲ διὰ τὴν Ivn|tömmra (ιν 4-5) assume il suo pieno significato alla luce dell'invito di Epicuro (Men. 124-125) ad abituarsi a pensare che niente è per noi la morte, premessa indispensabile per rendere gioiosa la vita.’ Degno di nota è &vó]covta (πι 10), termine non più presente nella κοινή, un indizio a favore dell'attribuzione della lettera ad Epicuro. Uno spatium vacuum (1v 8) segnala un nuovo punto di articolazione nella riflessione: è durante la vita che il saggio gode di una felicità pari a quella degli dei (ὅτε μὲν | γὰρ ζῶμεν, ὁμοίως | τοῖς 9eotc χαίρομεν). E ciò è possibile nella misura in cui per Epicuro (Men. 125) a rendere felice l'uomo non é una vita infinita, ma l'assenza del desiderio di immortalità.” 50 F2
Dopo 50 ΕἸ e prima di 50 F2 dobbiamo ipotizzare una lacuna di almeno una colonna della quale restano solo poche lettere.* È plausibile che nella lacuna Epicuro insistesse sul fatto che, pur consapevole della morte, l’uomo possa realizzare una vita felice. Del tutto in armonia con lo sviluppo successivo della riflessione è il riferimento al dolore provocato dalla perdita dei propri beni ricostruito da Smith in corrispondenza dell’inizio del frammento: Exacroc γὰρ crepndeic τῶν ayadav λύπην λυ] [π]ήο[ετα]. τὴν tcn[v.? La sequenza ἀντιλάβηται τῆς | ἐλαττώςεωο᾽ ἂν μὴ | αἰοϑάνηται δέ, πῶς | ἐλαττοῦται ' Inon pochi casi nei quali Epicuro nei frammenti impiega il vocativo del nome del destinatario per esprimere il suo coinvolgimento affettivo sono considerati in 5. 1. 1. 1. * Cf. anche 18 T. * Per il valore di ‘disposizione’ che qui assume διάϑεςις cf. 4. 1. * Cf. pe Jong (19912), col. 1126. Con lo stesso significato l'aggettivo Lcößeoc è riferito a Pitocle In 68 F. Cf. 5. 1. 1. 3. * Sulla condizione divina che al saggio è garantita dalla conoscenza cf. 4. 1. s. * Cf. SMITH (1993), p. 314 € GRILLI (1997), p. 237. ? Cf. 4.1.9. * La lacuna che si apre dopo il primo frammento rende dubbia l'ipotesi della contiguità dei frammenti sostenuta da BARIGAZZI (1977), pp. 108-109. Cf. SMITH (1993), p. 126. È ormai certo che il rammento 127 (Smith) non appartenga alla lettera. Cf. Lonco AuriccHio (2013), pp. 8-9. * SMITH (1993), p. 315.
164
MARGHERITA
BRBI
(1 2-5) descrive, subito dopo, la condizione per la quale, privati della sensazione, non si puö avvertire la perdita. Il riferimento & tutt'altro che generico: ἡ ἐλάττωοις è ciò che perde l'uomo con la morte.' Ma nella prospettiva di Epicuro niente é perduto se con la morte viene meno la percezione di ció che si perde.? Forte & il contatto tra il nostro testo e la riflessione sulla morte sviluppata da Epicuro nell'Epistola a Meneceo (124-125) e resa in sintesi anche
nelle Massime Capitali (11): ogni bene e ogni male sono nella sensazione, àv
αἰοϑήςει, che svanisce nel momento in cui si muore. Ne consegue che nulla è
per noi ciò che è dissolto e ciò che è insensibile. ? Isolata da due spatia vacua (1 561 10) € la sentita esortazione rivolta alla madre a gioire con entusiasmo per la vita del figlio condotta nel segno della felicità tra gli ἀγαϑά di cui gode. La sequenza μετὰ | δὴ τοιούτων ἡμᾶς &|va9àv npocdöxa, pî|tep, χαίροντας αἰεί (1 5-8) richiama la riflessione di 5o F1 (1v 8-10) sulla beatitudine che il saggio epicureo & in grado di realizzare durante la vita. Ancora una volta Epicuro si rivolge alla madre con il vocativo allo scopo di amplificare il tono personale della comunicazione.* Nella chiusa del periodo & enfatico l'impiego del poetico ἔπαιρε οςεαυτήν (I 9).? Un altro spatium vacuum (1 10) segna il passaggio ad un nuovo argomento. Epicuro ora (1 10-11 4) invita la madre a tenere per sé gli aiuti in denaro, xopnytaı, che è solita inviargli. Subito dopo (11 4-111 7) si preoccupa del fatto che lei possa privarsi del necessario pur di garantire a lui il superfluo. Infatti quanto riceve dal padre e dagli amici consente a lui di vivere in abbondanza. Epicuro richiama, a proposito, un recente invio di nove mine a lui recapitate da Cleone. Si tratta di un passaggio di non poco conto: preziosa testimonianza, forse addirittura la piü antica, per ricostruire la prassi delle donazioni nel Kepos.5 L'esortazione alla madre (1 7-8) e l'invocazione a Zeus (11 2) sottolineano l'affettuosa attenzione per la sua condizione economica.’ L'uso del concreto χορηγία (11 1) prova che il denaro inviato serviva per provvedere al soddisfacimento dei beni materiali." L'avverbio ουνεχῶς (11 3) indica la sistematicità e spontaneità delle donazioni sia quelle che provengono dalla madre sia quelle che provengono dai φίλοι e dal padre. Nella sequenza iv’ ἐμοὶ περιτ|τεύῃ (11 6-7) è forse da scorgere un'allusione alla necessità per il saggio di evitare l'accumulo di beni e perseguire la ricchezza secondo natura.” Un'esistenza agiata, cioè priva di mancanze, &q9ó|voc (11 9-10), è quella garantita non solo dall’aiuto che Epicuro riceve dal padre ma anche dalla ’ Cf. BARIGAZZI (1977), p. 109. 2 Cf. Mtrss (1996), pp. 805-812. ? Cf. 4.1.9. * Cf. so Fi (111 1). * Per il ricorrere del nesso ἔπαιρε ςεαυτήν in Euripide (Alc. 250, Her. 365, Andr. 717 e 1077, Ion 727) e in Aristofane (Ve. 996) cf. BiLBs, OLSON (2015), p. 375. Sulla funzione che nelle lettere ha la scelta di un lessico poetico cf. 5. 1. 1. 3. 5 Cf. 4. 2. 4. ? Ragioni di stile giustificano le invocazioni agli dei che Epicuro impiega nelle lettere cf. 5. 1.1. 1. * Il termine assume lo stesso significato anche in 73 Ε Non a caso in Men. 134 xopr,yeicdaı è impiegato con il significato di ‘provvedere’, ‘fornire’. Cf. HEDLER (2014). pp. 322-332. ? Non trascurabili sono i dati che ricaviamo dai frammenti pervenuti sulla gestione della ricchezza. Cf. 4. 1. 4.
COMMENTO
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generosità degli amici. Cuvey6[c] (111 2), da considerare in corrispondenza con cuvexöc di 11 3, suggerisce anche per i φίλοι una forma di contribuzione volontaria e non soggetta a scadenze stabilite. Il ricorrere del verbo ἀποοτέλλω (II 4 € mi 7) e il riferimento a Cleone, forse lo stesso Cleone a cui Epicuro affida l'Epistola a Pitocle (84), proverebbero che il sostegno economico giunge anche da persone lontane.' Degno di nota è l'uso di διά con genitivo per indicare la persona attraverso la quale si realizza un’azione, Cleone, e διά con accusativo per indicare i responsabili dell’azione, i φίλοι e il padre. Qui sembra marcata una differenza tra chi recapita il denaro e coloro che lo inviano. Intenzionale appare, dunque, il cambio della reggenza della preposizione διά. * Da segnalare è, inoltre, l'alternarsi della forma singolare (11 6) alle forme plurali (11 3, ni 3 e 9) del pronome di prima persona: è probabile che qui il plurale sia riferito anche ai compagni filosofi, anch'essi beneficiari del denaro inviato dalla madre.? Alla base dell’atteggiamento che spinge Epicuro a rifiutare il denaro che a lui offre la madre è la condizione di autosufficienza raggiunta dal saggio, ben capace di atti generosi anche nelle necessità della vita. Il nostro testo richiama la relazione stabilita da Epicuro (GV 44) tra autosufficienza e necessità: il saggio, che davanti alle difficoltà è disposto più a dare qualcosa che a ricevere da altri, acquisisce il tesoro dell'autosufficienza.* Infine Epicuro (111 7-10) si
rivolge ai genitori con l'affettuoso invito a non farsi carico delle sue necessità, ma a sostenersi l'un l'altro. Forte é qui il tono personale del messaggio nel quale è espresso il massimo riguardo per i genitori. Alla luce dell'analisi fin qui condotta appaiono opportune alcune considerazio-
ni circa la paternità della lettera. I non pochi contatti tra il testo della lettera c la produzione di Epicuro, sia in relazione al contenuto sia in relazione al
lessico, gli elementi che suggeriscono per la lettera una datazione alta, cioè il riferimento a Cleone e l'impiego del verbo ἀνύτω in 50 F1 (111 10), confortano l'ipotesi dell'attribuzione ad Epicuro. Un'ulteriore prova è la presenza di due casi di iato: in 50 F1 (1v 1) περιγείνεται ἡ[μ]εῖν e in so F2 (111 3) πατέρα ἡμεῖν. ᾽ Benché per la lettera non sia possibile stabilire una data precisa, è certo che risalga ad un periodo compreso tra il 322 e il 306, probabilmente prima del 311.5 La lettera sarebbe stata composta da Epicuro prima della maggior parte degli altri suoi scritti.” Epicuro rivolgendosi alla madre si descrive co! Su Cleone, lo sconosciuto messo del Kepos, cf. GouLBT (1994b), p. 440. Secondo BaıLer (1926), i. 276, il Cleone menzionato nell'incipit di Pyth. 84 sarebbe un personaggio fittizio. ! Come
crede WIDMANN
(1935), pp.
199-200.
* Cf. SMITH (1993), p. 558. Ritiene che il plurale si riferisca a Epicuro e ai suoi fratelli PHiLIPPSON (1931), col. 166. Ma cf. anche HorrMaN (1976), 11, p. 434. CH. 5. 1. 1. * Cf. BoLLACK (1975), pp. 492-493. Sulla αὐτάρκεια del saggio epicureo cf. 4. 1. 4. * A proposito della tendenza di Epicuro a non evitare lo iato importanti considerazioni sono state sviluppate da CRUNBRT (1901, trad. it. 1975), p. 107, € di recente da MCOSEBR (2017), p. 150 n. 23. * Cf. PHILIPPSON (1931), coll. 165-166, CHILTON (1971), p. 108, € ARRIGHBTTI (1973), p. 675. ' Lo stile di Epicuro in questa fase, ancora influenzato, forse, dall'insegnamento di Nausifane, potrebbe giustificare secondo SMITH (1993), p. 557, una prosa e un lessico diverso dalla produzione
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MARGHBRITA
BRBI
me un giovane che con consapevolezza percorre il cammino verso la felicità assumendo, giorno dopo giorno, progresso dopo progresso, una διάϑεοις ἰςόϑεος, garanzia di beatitudine e incorruttibilità. Il profilo del destinatario, una madre preoccupata per le sorti del figlio, il tono consolatorio, le accorate e sincere esortazioni a gioire per i suoi successi, l'affettuoso interesse per la condizione economica dei genitori contribuiscono a personalizzare il messag-
gio della lettera e, ad un tempo, a renderlo universale.! Nel rassicurare con tanto trasporto la madre sul fatto che il percorso di ricerca da lui porti ad un'esistenza senza turbamenti e, dunque, beata, nonostante rassicura con altrettanta cura chiunque, ancora ingannato da false nutra dubbi sulla realizzabilità della sua proposta, soprattutto in alla mortalità dell'uomo. Esplicito l'invito alla felicità attraverso
intrapreso la morte, credenze, relazione la ricerca,
palese il fine protrettico della lettera.? Le riflessioni affidate alla lettera si sviluppano dalla fisica all'etica, la prima premessa indispensabile per la seconda: dopo una puntuale spiegazione dedicata alle visioni delle persone lontane,
sono offerte riflessioni di natura etica, quindi in sintesi, uno di seguito all'altro, sono considerati i precetti fondamentali della filosofia epicurea, per poi tornare a problemi concreti e chiudere con l'affettuoso riferimento al denaro inviato a Epicuro sia dal padre sia dai φίλοι. A Metrodoro Metrodoro fu uno dei quattro καϑηγεμόνες, forse il prescelto a succedere al maestro nella guida della scuola, se non fosse morto prematuramente.? Metrodoro nacque nel 331/330 a Lampsaco dove all'età di zo anni conobbe Epicuro. Lasciata Lampsaco per seguire il maestro ad Atene, Metrodoro si allontanò da lui un'unica volta.* Ben noto è il rapporto di Metrodoro con
l'etera Leonzio dalla quale ebbe due figli.* Nello scontro interno alla scuola tra Epicuro e Timocrate, Metrodoro prese le difese del maestro: in relazione a quell'episodio Metrodoro compose lo scritto Contro Timocrate di cui dà notizia matura. Ma non poche sono le corrispondenze tra lo stile delle lettere giunte in frammenti e alcune scelte di stile e di lessico che caratterizzano la lettera alla madre. * Il tono personale della lettera e l'assenza del rnotivo del suo invio sono, secondo GRILLI (1997), p. 237, clementi a favore dell’autenticitä della lettera. Non dubita del fatto che il destinatario della lettera sia la madre di Epicuro SMITI1 (1993), pp. 555-560, il quale, però, non esclude né la genuinità della lettera, né l'ipotesi che questa possa essere il risultato di un adattamento di uno scritto di Epicuro. è Non a caso la lettera alla madre è inserita da Srowers (1986), pp. 114-116, nella sezione «protreptic letters (exhortation to a way of life)». Cf. anche HeßLer (20182), pp. 172-173. * Cf. VERDE (20132), pp. 214-215. * Metrodoro era fratello di Mentoride, come risulta da Filoderno (Ira xıı 29 Indelli = 30 Körte), di Timocrate e di Batide, la moglie di Idomeneo: cf. DogAND: (2005c), pp. 514-516. La continua convivenza di Metrodoro con Epicuro potrebbe giustificare la povera corrispondenza fra i due. Diogene Laerzio (X 22, 264-24, 292), che di Metrodoro offre una breve biografia, lo definisce uno dei piü famosi discepoli di Epicuro. ? Cf. supra, pp. 158-159.
COMMENTO
167
Diogene Laerzio (x 24, 283). Tutt'altro che marginale, come risulta dall'entusiasmo di Epicuro in 110 Tı-T2, fu l'impegno di Metrodoro per la liberazione
di Mitre.? Metrodoro mori nel 278/277. Fu per volontà dello stesso Epicuro (Diog. Laert. x 18, 212-215) che alla memoria di Metrodoro venne consacrata
la celebrazione delle εἰκάδες che si tenevano il ventesimo giorno di ogni mese.? Alla morte dell'amico Epicuro si prese cura dei suoi figli: lo si evince sia dal Testamento (Diog. Laert. x 19, 218-219) sia da 29 E, nonché da 56 Fı-F2. Metrodoro fu l'unico degli allievi che Epicuro defini cogóc: che la stima di Epicuro per il φίλος fu tale da considerarlo suo pari risulta anche da 52 T e 110 T1- T2. * Plutarco (Lat. viv. 1129a 3-4) ricorda Metrodoro insieme ai fratelli di Epicuro Aristobulo e Cheredemo quale destinatario di una enorme quantità di righi, τοςαῦται μυριάδες οτίχων.᾽ Gli scritti di Metrodoro provano una sostanziale fedeltà al pensiero del maestro: non a caso Cicerone (Fin. 11 28, 92) nel definire Metrodoro paene alter Epicurus offre una conferma, se pure da una prospettiva polemica, della forte adesione all'insegnamento di Epicuro. * sı F
Nel contesto di una più ampia riflessione sulla ἡδονή il cui presupposto è la edcapxta, il buono stato della carne, a proposito della grande capacità di Epicuro di aver saputo preordinare la sua vita e quella dei suoi discepoli se-
condo ciò che è utile alla natura, Filodemo (Epic. t, 11 10-16 Barbieri) riporta le parole che il maestro, sotto forma di interrogativa retorica, rivolge a Me' Si tratta probabilmente dello scritto richiamato da Diogene Lacrzio (x 136, 1596-1597) con il titolo Timocrate.
Cf.
KöRTB
(1890), pp.
554-555 € 558-559.
» Οὗ 4.1.3. * Non a caso Metrodoro è spesso richiamato come figura esemplare da Epicuro nei suoi scritti. Da Diogene Laerzio (x 23, 268-270) sappiamo che Epicuro nelle prefazioni dei suoi libri, in particolare nel terzo libro del Timocrate, ricordava l'eccellenza di Metrodoro e che nel primo libro del Metrodoro lodava il valore con il quale Metrodoro sopportò le sofferenze della malattia dando prova della sua piena condizione di sapiente (Diog. Laert. x 23, 272-273 = 1 Körte). Sulla malattia di Metrodoro cf. anche KörTB (1890), p. 560. Secondo ANGELI (19882), pp. 47-48, il defunto lodato nel PHerc. 176 (5 xx-xxt Angeli) potrebbe essere Metrodoro. È sicuro che Metrodoro sia l'interlocutore di Epicuro (Nat. xxviii 13, v sup. 2-3 Sedley) nella nota riflessione dedicata alla natura del linguaggio. Sul contributo offerto da Metrodoro alla formulazione della complessa teoria del linguaggio sono le pagine di TEPEDINO GUBRRA (1990), pp. 17-25. * Cf. ERLER (1994), p. 90, € ROSKAM (2007b), p. 198. Su Aristobulo cf. supra, p. 163, su Caridemo «f. GouLsT (19942), pp. 283-284. * [n linea con gli interessi del maestro fu la produzione di Metrodoro sulla poetica, sulla retorica e sulla ricchezza. Cf. TEPBDINO GUERRA (1993), pp. 313-320. Molto vicina alla posizione del maestro fu anche la riflessione sviluppata sul piacere: CLAY (1983, ora in 1998), pp. 55-74, descrive tale riflessione in termini di ripresa e imitazione delle parole del maestro in base ai principi di emulazione, imitazione e commemorazione. In quest'ottica si spiega perché la tradizione abbia tramandato sotto Epicuro cinque sentenze (GV 10
= 37 Körte; GV 30-31
- 53 Körte;
GV 47
- 49 Körte; GV
51) da auri-
buire a Metrodoro. Cf. VogLIANO (1936), p. 207. Secondo BLANCHARD (1991), pp. 395-409, sarebbe di Metrodoro anche GV 14. Sull'ampia produzione di Metrodoro, della quale Diogene Laerzio (x 24, 280-290) offre solo un elenco parziale, cf. DorANDI (2005c), pp. 514-516. Un'analisi delle caratteristiche stilistiche e contenutistiche di tali scritti è in ERLER (1994), pp. 218-221.
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MARGHERITA
ERBI
trodoro: senza il piacere fisico e il ricordo dei giorni passati non puó sussistere quello stato di tranquillità dell'anima che ? garanzia di felicità. Nel nostro excerptum Epicuro indica nell'assenza della speranza e nell'assenza del piacere della carne, oltre che nella privazione del grato ricordo del passato, le cause dell'impossibilità che sussista lo stato di tranquillità, condizione imprescindibile per la felicità della vita. Con ἐλπίς è indicata la fiduciosa aspettativa di preservare quella condizione di piacere indispensabile per evitare il turbamento che genera la paura della perdita del benessere.! La ἡδονὴ κατὰ capxa (3) è il piacere che deriva dalla soddisfazione dei desideri naturali e necessari.? La χάρις τῶν γεγονότων & la stessa indicata da Epicuro (Men. 122) quale mezzo
che consente a chi invecchia con la filosofia di essere giovane di beni.? La ri-
flessione presente nel nostro excerptum & sviluppata da Epicuro anche in un passo dello scritto Sul fine ((22.3) Arr.) noto da Plutarco (Non posse 1089D 4-5): τὸ γὰρ εὐοταϑὲς capxóc κατάοςτημα καὶ τὸ περὶ ταύτης πιοτὸν ἔλπιομα τὴν ἀκροτάτην χαρὰν καὶ βεβαιοτάτην ἔχειν τοῖς ἐπιλογίζεσοϑαι δυναμένοις. Per Epicuro e gli Epicurei la condizione della carne determinata dalla soddisfazione del piacere e la speranza relativa a questo sono indicate quali condizioni necessarie per raggiungere la gioia più alta e più solida.‘ Qui κατάστημα è riferito a οάρξ, dunque al benessere della carne liberata dal dolore, ma è pur vero che il piacere più alto e più solido si ha quando il corpo si trova in uno stato di buona salute: una condizione possibile solo per chi è capace di un equilibrato ragionamento. Nel nostro excerptum la condizione a cui Epicuro sembra riferirsi con κατάοτημα non è solo quella dell'anima, ma, più in generale, il benessere insieme di corpo e spirito quale garanzia di felicità.” Pertanto, la sequenza τοῖ]ον xatacmlua ψυ[χῆς (7-8) sarebbe da riferire alla condizione dell'anima raggiunta da quanti con senno e ragione distinguono e scelgono accuratamente i piaceri che possono condurre alla felicità.“ Nel frammento conservato da Plutarco manca ogni riferimento alla χάρις τῶν γεγονότων, la * Per Epicuro (GV 33) anche la sola speranza dell'assenza di fame c sete può garantire il piacere della carne e la felicità. Cf. ARRIGHBTTI (1973°), pp. 562-563. ? La sequenza è la stessa impiegata da Epicuro in RS (iv e xvin) dove il piacere è considerato in quanto assenza di dolore. Sul concetto di piacere come Schmerzfreiheit cf. almeno HossBNPBLDBR (2006), pp. 93-98, e ERLER (2012b), pp. 53-69. Epicuro presuppone il piacere della carne anche in 34 F. Cf. 4.1.5. ’ Cf. HeßLer (2014), pp. 155-160. Cf. 4. 1. 8. * Sul passo di Plutarco cf. ZacHBR (1982), pp. 143-148. Secondo ΒΙΟΝΟΝΒ (1915), pp. 531-534, il nostro frammento, come il passo citato da Plutarco, sarebbe da ricondurre alla ben nota polemica di Epicuro contro i Cirenaici i quali non ammettevano il piacere catastematico ma solo il piacere in moto. ? Per il significato che κατάοτημα assume in relazione allo stato fisico di benessere, condizione indispensabile, se unita alla χαρὰ τῆς ψυχῆς, al conseguimento della ἡδονή, & utile il contributo di NIKOLSEY (2001), pp. 445-450. Sulla concezione edonistica di Epicuro per il quale la felicità coincide con il simultaneo benessere di corpo e anima cf. Mirsis (1988, ora in 2019), pp. 51-95. * Dopo κατάςτημα (8) TEPEDINO GUERRA (1994), p. 33, integra ψυ[χῆς, là dove BIGNONE (1915), p. 531, leggeva c integrava φυ[οικόν. Il papiro in quel punto è lacunoso e le poche tracce di inchiostro superstiti non consentono una ricostruzione del testo. L'unica traccia certa è quella di una lettera sviluppata in verticale: probabilmente Ψ piuttosto che φ.
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quale é tuttavia richiamata da Plutarco (Non posse 1088C 7-D 1) poco prima, in una prospettiva polemica e sempre in relazione alla dottrina epicurea del piacere. Non si puó escludere che il nostro frammento possa derivare dall'o-
pera Sul fine, ma è plausibile che Epicuro, oltre che nello scritto Sul fine, possa aver riflettuto sul piacere della carne anche in una lettera.! Infatti, benché il vocativo Μητ[ρόδωρε (7) non provi di per sé che il frammento provenga da una lettera, non é improbabile pensare ad un excerptum epistolare: rivolgersi al destinatario con il vocativo del nome è, infatti, prassi frequente nelle lettere in cui si rileva un coinvolgimento personale di Epicuro." È ipotesi ragionevole che Epicuro proprio a Metrodoro, il φίλος a lui piü caro, abbia inviato una
lettera sul piacere, con l'intenzione di instaurare un dialogo su un argomento su cui é noto l'impegno di Metrodoro.? Nel veloce interrogativo rivolto a Metrodoro Epicuro condensa una riflessione sui presupposti della felicità epicurca: la forma, per la sua immediatezza, appare ben più adatta ad una lettera che ad un trattato. La raffinata scelta lessicale di ψιλόω (2) per indicare una privazione materiale e di ἀπολείπω (4) per indicare una privazione spirituale
risponde all'esigenza di uno stile efficace e contribuisce a rendere il messaggio puntuale e incisivo.‘ 52T
Cicerone (Fin. 11 3, 7), nell'esortare Torquato a non vergognarsi di trovarsi in accordo con Epicuro in relazione alla concezione del piacere, precisa che Epicuro fu l’unico filosofo a professarsi saggio e che Metrodoro, definito saggio dal
maestro, non rifiutò un tale privilegio. Che la fonte di Cicerone sia una lettera di Epicuro non è ipotesi remota. Infatti, forse in una lettera (113 E, T1- T2), Epicuro, riferendo le parole di Neocle, attribuisce la sua particolare condizione
di saggio ad una ben precisa disposizione di atomi. Non solo. In una lettera (110 T1-T2) Epicuro celebra Metrodoro per la sua saggezza come si conviene ad una divinità. Ancora ad una lettera (40 F1ab-F2) Epicuro affida il racconto della προοκύνησις tributata a lui da Colote al quale, a sua volta, riconosce la ' Di qui l'ipotesi di TEPBDINO GUBRRA (1994), p. 10, che riconduce il nostro frammento allo scritto Sul fine. Cf. anche BARBIBRI (2020), p. 96. Ma è proprio Plutarco (Nen posse 1091A 1-2) a precisare che Epicuro ha considerato il piacere della carne e la speranza del piacere non solo nello scritto Sul fine, ma anche in molte altre opere, Ev x’ ἄλλοις πολλοῖς. * Sull'impiego del vocativo del destinatario nelle lettere cf. 5. 1. 1. 1. Epicuro si rivolge a Metrodoro con il vocativo anche in Nat. xxvii (13, v sup. 2-3 Sedley), non a caso un libro che si distingue per la sua forma dialogata. Cf. VocLiANO (1928), p. 125. Inserisce il nostro excerptum tra i frammenti di lettera di Epicuro ARRIGHBTTI (1973), p. 675. Non dubita che si tratti di un frammento di lettera di Epicuro ERLER (1994), p. 110. ? Come
ben
prova
Metrodoro
(54
Körte).
Cf.
Crar
(1983,
ora
in
1998),
pp.
55-56,
e TEPBDINO
GUERRA (1993), p. 314. Molto Metrodoro si occupò dell'argomento. Non a caso sia Cicerone (Fin. " 28, 92, Tusc. tt 6, 17, v 27, Off. 111 33, 117) sia Plutarco (Non posse 1087D 3-5, Adv. Col. 1125B 1-4) riconducono a Metrodoro la definizione di piacere che la tradizione attribuisce a Epicuro. Sulla questione cf. TEPEDINO GUBRRA (1990), p. 20. * Cf. 5. 1. 1. 2. * Secondo Annas (2001), p. 28, intenzione di Cicerone è qui mettere in ridicolo Epicuro.
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condizione di immortalità che solo il saggio è in grado di raggiungere.' Appare plausibile, dunque, che in una lettera a Metrodoro Epicuro abbia dichiarato la propria condizione di sapiente, e, ad un tempo, la abbia individuata nel suo φίλος piü caro. A Mitre Il siriaco Mitre, ministro delle finanze di Lisimaco (Diog. Laert. x 4, 46 e 11 102, 447-448),
fu seguace
di Epicuro e
suo sostenitore.?
Il primo
incontro
di
Epicuro con Mitre è probabilmente da far risalire al 307/306.* Non è noto quando Mitre prese servizio presso Lisimaco: a proposito le fonti riportano informazioni vaghe e non consentono ricostruzioni sicure, ma è plausibile che Mitre rivestisse già la carica di διοικητής di Lisimaco quando entrò in contatto con la cerchia degli Epicurei. Dopo la morte di Lisimaco, avvenuta nella battaglia di Corupedio (281) e la morte di Metrodoro (278/277), Mitre cadde
in disgrazia, fu preso prigioniero da Antigono Gonata e, quindi, trasferito al Pireo.* I frammenti di lettere offrono la prova che l’episodio della prigionia di Mitre molto scosse l'intera comunità epicurea e che concreto fu l'impegno di Epicuro per la sua liberazione. * A Mitre Epicuro dedicò lo scritto Sulle malattie e «sulla morte>.* Forse Mitre era tra coloro che, secondo Plutarco (Adv. Col. 1126C 4-6), Epicuro inviò presso gli Antigonidi allo scopo di contrastare l'azione diffamatoria di Timocrate.”
53 T Filodemo (Mem. Epic. xxx11 15-19 Militello), subito dopo 25 Fı-F2 e 102 F, dà notizia che nel 281/280, sotto l'arcontato di Uria, Epicuro, dopo aver scritto a Leonteo 41 T, invió una lettera anche a Mitre.* L'espressione ὑπὲρ [τῶν] | μερῶν τούτων (4-5) indica l'argomento della lettera, forse lo stesso di 25 F1-F2.
' Sulla consuetudine di Epicuro di affidare alle lettere clogi rivolti ai suoi φίλοι cf. 4. 2. 1. 1. Ὁ Filodemo (Mem. Epic. xxıv-xxxvı Militello) ricostruisce la gran parte dei dati della vita di Mitre a partire da excerpta di lettere di Epicuro. Su Mitre cf. CAPBLLE (1932), coll. 215-217, DORANDI (2005d), p. 528, e MILITBLLO (1997), pp. 250-254. ? Se non
addirittura
* Cf. BeLoci
prima,
come
(1926), p. 332, DB
suggerisce SANCTIS
MOMIGLIANO
(1935, ora
(1927), pp. 491-495,
in 1975), pp.
e LANDUCCI
559-560.
GATTINONI
(1992), pp.
251-254. ^ CÉ 4.1.2. 41] titolo dello scritto, tramandato corrotto dalla tradizione, è stato ricostruito dalla critica moderma a partire dai dati offerti sia da Diogene Laerzio (x 28, 368) sia da Demetrio Lacone (Op. inc., PHerc. 1021 xxxvii 3-5 Puglia). Cf. PuGLIA (1988), pp. 241-242. Secondo BIGNONE (1973), 1, pp. 491-494, l'opera venne scritta da Epicuro durante il suo soggiorno a Lampsaco al fine di ottenere il sostegno di Mitre contro
i suoi avversari.
Cf.
ERLER
(1994),
p. 91.
? Sul contributo dato da Timocrate alla tradizione antiepicurea cf. 4. 2. 2. * Cf. DORANDI (1990), p. 128, c OSBORNE (2009), p. 87.
COMMENTO
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54 F A proposito dell'atteggiamento conveniente al saggio nei cambiamenti di fortuna, subito dopo 71 E, Filodemo (Div. xxxvi 9-17 Tepedino Guerra) cita un excerptum da una lettera inviata a Mitre sotto l'arcontato di Telocle (280/279).' Mitre, schiacciato dalla sorte e, forse, caduto in povertà, é esortato da Epicuro
a far fronte alle difficoltà senza temere ció che ne potrebbe derivare.? L'aggettivo verbale &]v[excéo]y (3) è stato proposto sulla base di &ve]yóue9a di 71
F (7).? Le condizioni del testo rendono difficile la comprensione ma i] nesso κατ᾽ ἔνδειαν (7), ‘per necessità’, è riconducibile al contesto di una riflessione sulla necessità di sopportare un cambiamento di fortuna e una diminuzione di ricchezze.* Il participio ἐξ]αι[ρ]ούμενον (8) è da riferire probabilmente a ciò che viene meno nella difficoltà, come fosse stato sottratto.*
55 F Le lacune del papiro e la semplice la ricostruzione del che qui sia citato un estratto probabilità Epicuro. Benché
presenza di sottoposti hanno reso tutt'altro che testo e la sua comprensione.* Ma non c'é dubbio di lettera. Il soggetto di Eypaple (1) è con buona appaia oscuro il riferimento a Lisimaco (2), è in
ogni caso da mettere in relazione alla vicenda personale di Mitre. Certo & alle linee 2-3 il nome dell'arconte Aristonimo (277/276).? Plausibile è la presenza del nome di Mitre (3) e del sostantivo ἐπιμέλεια (6).* Non siamo in grado, purtroppo, di recuperare il soggetto di ἀπέδωκεν (3), probabilmente colui che diede a Epicuro e al Kepos la somma del contributo da versare alla scuola, forse da parte di Mitre.? Incerta è la ricostruzione del nome di Diodoro (4).!° La ' Nel papiro il passaggio tra i due excerpta è segnalato da uno spatium vacuum combinato con una paragraphos (1). ? Il contenuto del frammento offre un sostegno alla datazione dell’arconte Telocle fissata da OsBORNE (2009), p. 87, al 280/279. Diversamente datavano la lettera sia DINsMOOR (1939), p. 27, sia DORANDI (1990), p. 125. ? Cf. TEPERDINO GUERRA (1978), p. 67. * Sulla capacità del saggio di gestire le proprie ricchezze, anche davanti a cambiamenti di fortuna cf. 4. 1. 4. Non è da escludere che Mitre, grazie alla guida del maestro, abbia saputo affrontare in modo esemplare il momento di difficoltà. Forse non è un caso che al paradigma di Mitre caduto in povertà, ma capace di non lasciarsi travolgere dalla sorte, secondo l'insegnamento di Epicuro, sembra riferirsi anche Polieno (54 Tepedino Guerra). Cf. TEPBDINO GUERRA (1991), pp. 199-201. * Questa l'ipotesi suggerita da USBNER (1887), p. 148. * La colonna è il risultato della sistemazione di cinque strisce di papiro. Cf. NARDELLI (1973), pp. 104-105,
e MiLITELLO
(1997), pp.
106 e 307.
? Per la datazione dell'arcontato di Aristonimo cf. OsBoRNE (2009), p. 88. Nello stesso anno fu inviata anche 76 F. * Oggi conservati solo parzialmente erano, forse, ancora leggibili al tempo in cui CRONBRT (1901, trad. it. 1975), p. 110 n. 8, pubblicò la colonna. ἢ Sul sistrema delle donazioni nel Kepos e sull'impegno di Mitre cf. 4. 2. 4. 1° Sulla plausibilità di integrare Ar[68w]pofe] (4) cf. VogLIANO (1928), pp. 117-118, Diano (1946b), P. 32, ARRIGHETTI (1973), p. 442, SPINA (1977), p. 68, ISNARDI PARENTE (1983°), p. 129. Potrebbe trattarsi dello stesso Diodoro nominato in 56 F2, forse il figlio di Mitre.
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sequenza κ]ατὰ τά (5) potrebbe indicare la circostanza in relazione alla quale è stato versato il contributo. Con ra]pa c[(oJó καὶ τὴν X[^|A]nv ἐπι[μέλειαν (5-6) Epicuro probabilmente si riferisce in generale alla nota generosità di Mitre verso Epicuro e il Kepos. Non è facile, invece, comprendere perché Filodemo citi il nostro excerptum a questo punto della sua opera dopo il flash back sulla vicenda dell'arresto di Mitre: forse il suo obiettivo è rievocare i meriti di Mitre nei confronti del Kepos per giustificare l'impegno dedicato da Epicuro e dagli Epicurei per la sua liberazione. 56 F1
Filodemo (Mem. Epic. xxxı 4-16 Militello), subito dopo 114 F e immediatamente prima di 56 F2, cita un excerptum da una lettera inviata da Epicuro negli ultimi giorni di vita, dunque nel 271/270.? La sequenza con la quale Filodemo introduce l'excerptum óc γὰρ ἐφώνησεν | ἐκπνέων (1-2) anticipa la solennità delle parole di Epicuro. Il destinatario della lettera è stato identificato sulla ba-
se di $toisncov (9), forse un'allusione alla condizione di Mitre quale διοικητής di Lisimaco.* Ma provano l'identificazione del destinatario con Mitre sia la posizione del frammento all'interno della sezione dell'opera a lui dedicata sia il richiamo all'annuale donazione che il destinatario della lettera spediva al
Kepos.* Il nostro frammento presenta significative similitudini con 29 F. Come in 29 F, qui Epicuro dapprima constata che non cessano i dolori dei quali ben conosce la causa, in seguito, dopo una forte cesura (cà δέ in 29 F, οὐ οὖν in 56 F1), affida al suo destinatario i figli di Metrodoro.? L'assenza in entrambe le lettere di un riferimento al figlio di Polieno del quale Epicuro si occupa invece nel Testamento (Diog. Laert. x 19, 219-220) si spiega, forse, con la probabile morte del giovane tra la stesura del Testamento e quella della lettera. * Rispetto a 29 F mancano qui la riflessione sulla beatitudine dell'ultimo giorno ed il richiamo al ricordo dei διαλογιομοί. È esito dell'adattamento della lettera al destinatario l'impiego di ἐπιμελέομαι per Idomeneo con il valore di 'avere a cuore’, ‘prendersi cura’, e διοικέω per Mitre con il solo significato di ‘provvedere al sostentamento’, senza alcuna implicazione affettiva o paideutica.”
' Cf. MILITELLO (1997), p. 307, € 4. 1. 2. * Cf. DORANDI (1990), pp. 129-130. Sul testo cf. MiLiTELLO (1997), pp. 287-288. > Fu Diano (1946b). p. 25, a identificare in Mitre il destinatario della lettera. Ma cf. anche VoGLIANO
(1928), p. 116.
* Cf. MILITELLO (1997), pp. 284-285. Sulla generosità di Mitre, uno dei più assidui sostenitori della scuola, rimando a 4. 2. 4. ' Il monito di provvedere ai figli di Metrodoro per quattro o cinque anni suggerì a GoMPBRZ (1871, ora in 1993), pp. 66-67, un'indicazione cronologica sull'età di Apia che al tempo della morte di Epicuro doveva avere circa quindici anni e non meno di quattro all'epoca della morte di Metrodoro. * Cf. VocLiANO (1928), p. 116 n. 1. * Cf. 5. 1. Ἐπιμελέομαι sempre con la stessa connotazione e nella forma dell'imperativo é impiegato altre quattro volte da Epicuro: ben tre volte nel Testamento (Diog. Laert. x 19-21) e una volta in 121 F. Cf. USsBNER, GiGANTB, SCHMID (1977), p. 283, © ANGELI (19812), p. 92.
COMMENTO
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56 F2 Con la sequenza xai npoßac (1) Filodemo raccorda 56 F1 ad un secondo excerptum proveniente dalla stessa lettera. Di questo excerptum è conservato solo un rapido riferimento a Egeo e Diodoro che nutrono per i figli di Metrodoro gli stessi sentimenti provati anche da Mitre. L'ipotesi che Egeo e Diodoro fossero i figli di Mitre è fondata sia sulla presunta presenza del nome di Diodoro anche in 55 F sia sull'indicazione offerta da un'iscrizione delfica del 111
sec. a.C. nella quale un Diodoro figlio di Mitre è tra i beneficiari di un decreto di prossenia degli abitanti di Delfi.? Apécxevpa (4) si riferisce alla riverenza di Mitre per Epicuro e la scuola, dimostrata anche attraverso la donazione di denaro. *
57 F Del testo del frammento l’unica sequenza che restituisce un senso è ἀνήγγελλέ μοι. Tuttavia, il contesto e il nome di Mitre che precede l'excerptum suggeriscono che si tratta di una citazione di una lettera di Epicuro a Mitre
relativa alla vicenda dell'arresto. Dunque una lettera forse da datare agli anni
successivi al 277.‘ 58 F
Dopo 119 F e 120 F Filodemo (Mem. Epic. xxx 13-19 Militello) cita un excerptum da una lettera di Epicuro a Mitre a proposito del sistema delle donazioni versate a scadenza annuale dai φίλοι alla scuola.” Epicuro dà a Mitre indica-
zione del limite massimo fissato per il contributo. Purtroppo il testo è corrotto c non è facile capire, ma è plausibile che qui Epicuro sfrutti il confronto tra l'ammontare della tassa richiesta dal Kepos e la ἀποφορά, cioè la percentuale sui guadagni consegnata al padrone dagli schiavi che lavoravano a salario presso un altro datore di lavoro.* Nel passo Epicuro impiega il sostantivo οἰκέτης (4) con il significato di δοῦλος e ἀνδράποδον.7 La rendita che derivava dagli ! Per il nesso καὶ προβάς cf. 6. 2 Cf. VoGLIANO
(1928), p. 117,
€ MiLITBLLO
(1997), pp.
278-279.
* Non stupisce, pertanto, che proprio i figli di Mitre Egeo e Diodoro possano essere i destinatari di 119 F e uno di loro il destinatario di 120 F. Cf. MiLITBLLO (1997), p. 290. * Cf. MiLITELLO (1997), p. 268. * Non a caso il nostro excerptum, come 119 F e 120 F, contiene indicazioni prescrittive sulle modalità e la forma delle contribuzioni. Ricostruiamo la prassi delle donazioni del Kepos alla quale diede un contributo tutt'altro che trascurabile Mitre a partire dai frammenti di lettere. A riguardo rimando a 4. 2. 4. * Per primo CrÖNBRT (1906b, trad. it. 1975), pp. 213-214, ha inteso ἀποφοράς come accusativo plurale. Pensa, invece, al genitivo singolare ἀποφορᾶς Diano (1946b), p. 28. Cf. MiLITBLLO (1997), pp. 282-283. A proposito della rendita che il lavoro degli schiavi procurava ai loro proprietari cf. GARLAN (1982, trad. it. 1984), pp. 54-55. ' Ma già nel 1v secolo il sostantivo non designava più uno schiavo dedito a compiti esclusivamente ılomestici. Cf. WRBNHAVBN (2012), pp. 9-21.
174
MARGHERITA
ERBÌ
schiavi era una somma assai modesta, ma probabilmente pur sempre superiore alla cövra&ıc chiesta da Epicuro. L'esiguità del contributo consentiva anche ai φίλοι meno abbienti di partecipare al benessere di Epicuro e del Kepos: per
ciascun Epicureo corrispondere alla comunità la οὐνταξις era garanzia di una piena integrazione nella vita del Kepos. L'indicazione di un limite stabilito, ὅρος | ὁ κατατεταγμένος (1-2), ha suggerito l'ipotesi che al di sotto di questa cifra l'ammontare del contributo fosse a discrezione del contribuente. Forse solo in questi terrnini è possibile immaginare per tale contributo un margine di volontarietà.' Benché appaiano poco perspicui i riferimenti ad avvenimenti, πρά[γματα (5), grazie ai quali Epicuro fu in grado di dividere quanto ricevuto, forse qui si puö persino scorgere il riferimento ad un periodo di benessere
per il Kepos.? L'esplicito riferimento all'uso di spartire fra gli amici ció che avanzava dei proventi corrisposti per il mantenimento della scuola conferma l'abitudine di Epicuro di aiutare gli amici bisognosi.* Nel frammento non compare alcun riferimento cronologico ma ἐ plausibile ricondurre la lettera ad un periodo successivo al 277, quando Mitre, tornato in libertà, poteva svolgere un ruolo attivo nella scuola. *
59 F Diogene Laerzio (x 4, 45-47), a proposito delle calunnie che circolavano sul conto di Epicuro, ricorda che era anche accusato di adulare vergognosamente Mitre perché nelle lettere lo chiamava Παιᾶνα, salvatore, e ἄνακτα, signore. Questi appellativi richiamano l'invocazione Παιὰν ἄναξ con la quale Epicuro nell'incipit di 47 F manifesta il suo entusiasmo per Leonzio.* E probabile che valgano qui le stesse considerazioni sviluppate in relazione a 47 F: Epicuro potrebbe aver appellato Mitre corne 'salvatore' e 'signore' in segno di stima e di riconoscimento per il sostegno dato da Mitre al Kepos per salvare la scuola minacciata dalle forti influenze politiche dei suoi avversari, in particolar modo di Timocrate.* Se così fosse, il momento dell'intercessione di Mitre presso la corte Macedone costituirebbe il terminus post quem per datare la lettera da cui deriva il frammento. Ma troppe sono le incertezze per fissare la cronologia della lettera. ' La volontà di Epicuro di mantenere bassa tale somma è resa esplicita anche in 119 F. Cf. 4. 2. 4. 2 Già Diano (1946b), p. 39, pensava che πράγματα si riferisse nello specifico alle particolari condizioni in cui si trovava allora la scuola. Cf. ARRIGHETTI (1973?), p. 676. ? La consuetudine di ridistribuire il denaro derivato dalle donazioni emerge anche da 118 F1-F2. Da Plutarco (Dem. 34 e Non posse 1097C 1-3) sappiamo che Epicuro sostenne gli amici in momenti di particolare necessità distribuendo a ciascuno di loro fave o inviando frumento e farina. Cf. VERDE (20132), pp. 18-20. * Cf. MiLITELLO (1997), pp. 279-280. * Laxs (1976), p. 43, ritiene che tali appellativi siano il risultato della scomposizione di Ilarav ἄναξ. CF. 5. 1. 1. 1. * E di BIGNONB (1973), I, pp. 489-501, l'ipotesi che Epicuro si sia rivolto con gli stessi appellativi sia a Leonzio sia a Mitre per essere intervenuti presso la corte di Antigono e di Demetrio Poliorcete. Cf. anche
MOMIGLIANO
(1935, ora in 1975),
p. 551,
€ ISNARDI
PARENTE
(1983°), p. 136 n. 1.
COMMENTO
175
A Polieno Polieno di Lampsaco fu, insieme a Epicuro, Metrodoro e Ermarco uno dei quattro xa9wyeuóvec della scuola.' Figlio di Atenodoro, nacque nel mese di Metagitnione in un anno per noi sconosciuto. Diogene Laerzio (X 24, 293-294), citando Filodemo, lo definisce ἐπιεικὴς καὶ φιλυκός, uomo probo e amorevole.? Quando incontró a Lampsaco Epicuro tra il 311/310 e il 307/306, Polieno si era già distinto negli studi matematici ai quali si era dedicato forse influenzato da-
gli interessi della vicina scuola di Cizico.* In seguito all'incontro con Epicuro, probabilmente guidato da Matrone, Polieno prese le distanze dall'impegno sulla
matematica e sull'astronomia in linea con le indicazioni del Kepos.* Polieno piegò, dunque, le sue ricerca filosofica, fino matematiche.* Forte partenza del maestro,
competenze matematiche e astrologiche al servizio della a diventare nella scuola portavoce della critica alle scienze fu il legame che uni Epicuro a Polieno, il quale, dopo la rimase a Lampsaco fino al 301/300: a questo periodo
da ricondurre l'episodio a cui si riferisce Epicuro in 60 E.* In quegli stessi anni ! Cf. 2. * Ricaviamo le prove della magnanimità di Polieno dagli scarsi dati che offre quanto resta della sezione a lui dedicata nell'opera conservata nel PHerc. 176 (s xxiv 4-xxv11 39 Angeli). Cf. DORANDI (2012c), pp. 1253-1254. * Cf. SEDLBY (19762), p. 139, € CAMBIANO (1999), p. 587. Sui contatti tra la scuola di Eudosso a Cizico e la comunità epicurea di Lampsaco cf. 4. 2. 5. * Il nome di Matrone compare in 65 F. * Recuperiamo l'informazione da Cicerone (Acad. Pr. 11 33). Cf. SBDLEY (19762), pp. 24-25 € 43-48, € TEPBDINO GUERRA (1991), pp. 28-29. La formazione scientifica di Polieno contribuì non poco allo sviluppo della riflessione sulle scienze matematiche all'interno del Kepos anche nci secoli successivi. Cl. TEPEDINO GUBRRA, TORRACA (1996), pp. 128-129. Descrivere l'atteggiamento di Epicuro e degli Epicurei nei riguardi della matematica e della geometria è impresa tutt'altro che facile: non c’è dubbio però che anche la critica alla matematica sia da intendere nella prospettiva ampia della critica cpicurea alla cultura tradizionale c alle scienze non utili al raggiungimento della felicità. Cf. 4. 1. 2. Vivace è il dibattito della critica moderna circa l'impegno epicureo sulla matematica non limitato a una finalità confutatoria: tra i contributi più recenti sono da considerare BéNATOUIL (2010), pp. 151-162,
NBTZ
(2015), pp. 283-316,
c VBRDE
(2016b), pp.
21-37.
Rimando a
4. 2. 5 per una
riflessione
sui termini della critica epicurea al pensiero di Eudosso in relazione alla geometria c alla astronomia. La tradizione attribuisce a Polieno un'opera intitolata Aporie in almeno cinque libri dedicata a questioni matematiche e geometriche, il cui contenuto deriviamo dalla sintesi che ci offre Demetrio Lacone nello scritto Sulle aporie di Polieno. Cf. CRÖNBRT (19062), pp. 109-111, DB FALCO (1923), pp. 99-100, e DEL MASTRO (2014), pp. 243-245, 303-305. Attraverso l’analisi delle tematiche affrontate da Demetrio ricostruisce i contenuti dell'opera di Polieno Verne (2013b), pp. 266-278, secondo il quale i bersagli di Polieno dovevano essere la geometria di Eudosso e l'impegno della scuola di Cizico, anche in relazione alla teoria dei minimi. Sul pensiero matematico di Demetrio Lacone cl. anche ANcBLI, DORANDI (1987), pp. 89-103, e Parısı (2014), pp. 52-53. È probabile che un trattato Sulla luna con un interesse per questioni astronomiche facesse parte della ricca produzione attribuita a Polieno, non menzionata da Diogene Laerzio, ma i cui titoli riusciamo a ricavare dalle testimonianze presenti nei papiri ercolanesi. Cf. ERLBR (1994), pp. 225-226. * La presenza di Polieno insieme a Idomeneo quale personaggio del Simposio di Epicuro prova un rapporto privilegiato tra lui e Epicuro. Cf. 61 F1. Non si può escludere che dopo la partenza di Epicuro da Lampsaco Polieno abbia assunto la direzione della scuola per poi affidarla alla guida
176
MARGHERITA
ERBI
Polieno, in qualità di naudaywyöc, ebbe sotto la sua tutela Pitocle, come risulta da Filodemo (Adversus v1 18-20 Angeli): si tratta di un rapporto da immaginare nel segno del comune interesse per la geometria e l'astronomia.' Forse per Polieno un rapporto di maestro discepolo & da postulare anche con Apollonide, il destinatario di 7 T, come sembra ricavarsi da 79 F. Dopo il 301 ma prima del 292/291 Polieno si trovó sicuramente ad Atene: a questo periodo risalgono i
legami di amicizia con seguaci di altre correnti filosofiche favoriti dall'indole mite di Polieno, come risulta da 82 T. Tornato a Lampsaco nel 292/291, li si trovava ancora nel 290/289.? Più incerta è invece la data del successivo ritorno di Polieno ad Atene, forse da fissare tra il 286 e il 284.? Dall'anonimo autore dello scritto conservato nel PHerc. 176 (s xxvii Angeli), sappiamo inoltre che Polieno nel mese di Metagitnione del 278/277, sotto l'arconte Democle, si trovava forse ancora ad Atene a causa di una malattia della quale dà notizia Plutarco (Non posse 1089E 7-F 2, 1103A 2-4).* Ad Atene è plausibile che Polieno si sia occupato insieme a Metrodoro della liberazione di Mitre." Da PHerc. 176 (5 xxvit 5-18 Vogliano) ricaviamo inoltre che Epicuro non solo celebró durante la vita il culto di Polieno ma diede poi disposizione (Diog. Laert. x 18, 216-217) che dopo la sua morte si continuasse a celebrarlo.* Plutarco (Non posse 1098B 1-3), pur in una prospettiva polemica, attribuisce a Polieno un legame con un'etera di Cizi-
co, forse Edea, probabilmente la madre di suo figlio. A Polieno ancora giovane scrive Batide (PHerc. 176, 5 xxı 34-xxi 5 Angeli) per consolarlo della morte del
padre. È ancora Batide nella lettera a suo padre Ateneo (PHerc. 176, 5 XX11 5-15 Angeli) a dare notizia della presenza del giovane Polieno ad Atene.” 60 F
Nell'excerptum, citato all'inizio della sezione dedicata a Leonteo dell'opera conservata nel PHerc. 176 (5 1x 1-14 Angeli), i nomi di Idomeneo e Leonteo compaiono in una riflessione sull'atteggiamento da tenere verso chi si schiera con i propri accusatori.* Il richiamo a Idomeneo in funzione di guida del Kepos implica che si sia ormai conclusa la sua esperienza politica presso la corte degli Antigonidi durata dal 306 al 301. Il senso del frammento non è facile da ricavare. Epicuro dapprima si riferisce a quanti presero le difese di chi commise una colpa verso la scuola e riconosce a Idomeneo la capacitä di essere guida in di Idomeneo e Leontco. A riguardo sono utili le considerazioni di Tergpıno GuBRRA (1991), pp. 29-30. ' Sull'attendibilità della notizia rimando alle pagine di ANGBLI (1988b), p. 277. Sui discepoli che la tradizione attribuisce a Polieno cf. TEPEDINO GUERRA (1991), pp. 27-28. * Come emerge dai frammenti di lettere (60 F, 61 F1-F3, 61 T, 62 E 63 E, 64 F) che provano la lontananza di Epicuro da Polieno. ? Cf. TEPBDINO GUBRRA (1991), pp. 30-31. * Sull'arcontato di Democle cf. 37 F. » Cf. 4.1.2. * Cf. Lonco AuriccHIO (2014), p. 52. Sulla prassi comune nel Kepos di celebrare annualmente la memoria dei φίλοι defunti cf. 4. 1. 3 e 4. 1. 9. ? Cf.
29-30.
ANGELI
(19882),
PP-
48-50,
c Campos
Daroca,
De
La
Paz
LOPEZ
ManríNEz
(2010),
pp.
* Cf. PuiLiPPsON (1930, ora in 1986), pp. 212-213.
COMMBNTO
ogni cosa. È plausibile che qui in cui Idomeneo era alla guida primo piano. Forse intenzione tenuta da Leonteo in relazione
177
Epicuro si rivolga a Polieno che, nel momento del Kepos di Lampsaco, ricopriva un ruolo di di Epicuro è qui lodare l'esemplare condotta all'apostasia di Timocrate. !
61 Εἰ Il genitivo Χαρίνου (1), verosimilmente quanto resta dell'indicazione dell’arconte, ἐπὶ δὲ] Xapivov, prova la presenza di un excerptum di lettera.? Il riferimento alle unioni d'amore (9), forse un richiamo ai desideri non necessari, ha suggerito alla critica di mettere in relazione questo frammento con 61 F1-F3 e con 61T.? Da qui l'integrazione del nome di Polieno (1).* Un'esegesi del nostro frammento possibile a partire dall'Epistola a Meneceo (131-132): qui, dopo aver rivolto al suo destinatario un invito ad abituarsi ad un vitto semplice, Epicuro precisa che i piaceri a cui il saggio deve tendere non sono quelli che derivano da lauti banchetti o da comportamenti dissoluti.* Del tutto plausibile, dunque, é immaginare una riflessione nella quale ? considerata l'opportunità per il saggio di condurre una vita frugale evitando comportamenti inopportuni. Il sostantivo κίνδυνος (3) sembra, non a caso, riferirsi alla situazione descritta nell'Epistola a Meneceo (131) nella quale si viene a trovare chi, abituato ad una vita suntuosa, non é capace di far fronte ai cambiamenti della sorte qualora questi lo costringano ad una condotta sobria. Per gli Epicurei, come si ricava da Diogene Laerzio (X 118, 1392-1391), anche l'atto d'amore può arrivare a nuocere: cuvoucin δέ pacıv ὥνηςε μὲν οὐδέποτε, ἀγαπητὸν δὲ ei μὴ ἔβλαψε. Subito dopo πότον (6) e τοὺς πότους (8) richiamano i simposi, probabilmente quei banchetti continui che, allo stesso modo degli incontri d'amore, secondo l'Epistola a Meneceo (132), non conducono alla felicità. Dalla
sequenza dell'Epistola a Meneceo, οὐδ᾽ ἀπολαύςειο παίδων καὶ γυναικῶν, riferita alla fruizione del piacere nell'amplesso amoroso, giunge anche un sostegno alla validità della lettura del nostro frammento ..[.] μ[{ξ]εἰις ἀφροδι[οίους (9).5 ' Pur se con cautela, ANGBLI (1993), pp. 15-16, considera l'excerptum utile per la datazione dell'apostasia di Timocrate. Cf. T&PBDiNO GUBRRA (1991), pp. 203-204. Alla funzione di arbitro avuta da Leonteo nella vicenda di Timocrate Epicuro allude anche in 20 F. Cf. 4. 2. 2. Sulla prassi didattica della lode rimando a 4. 2. 1. 1. Per una riflessione sulla funzione dell'exemplum cf. s. 1. 2. * Benché la critica abbia fissato la data dell'arconte Carino al 291/290, OsBoRNE (2009), pp. 85-86, ha dimostrato che non ci sono indicazioni per escludere che Carino sia stato in carica nel 290/289 0 nel 289/288. Cf. DORANDI (1990), p. 125, € CLAY (1973, ora in 1998), p. 52. * Cf. ARRIGHBTTI (1973), pp. 861-862. Appare plausibile che Epicuro sotto Carino abbia scritto a Polieno sul piacere quale risultato di una condotta di vita sobria, considerando, forse, anche la giusta misura da tenere nei banchetti e nei piaceri amorosi. Il testo del frammento tiene conto dell'edizione che della colonna ha offerto di recente BarBIBRI (2020), p. 61. Cf. anche BARBIBRI (2018), p. 94. * Cf. TEPBDINO
GUBRRA
(1978),
p. 81, BARBIBRI
(2018), p. 94 € BARBIERI
* Su Men. 131-132 è fondamentale l'ampia indagine di la stretta relazione del passo con Democrito (68 B 235 per il saggio di una vita frugale sono date da Epicuro in * Rispetto a ὀρέξ)εις di TEPBDINO GUBRRA (1978), p.
(2020),
p. 83.
Hußrur (2014), pp. 273-280, che sottolinea DK). Esplicite indicazioni sull'opportunità non pochi frammenti di lettere: cf. 4. 1. 4. 81, u[t£ ecc di BARBIERI (2018), p. 94, ben
178
MARGHERITA
BRBÌ
Nel nesso ἀπὸ AoytcuoU (10) è da scorgere un riferimento al λογιομὸς νήφων, all'atteggiamento razionale e riflessivo che per Epicuro é condizione necessaria per un corretto raggiungimento del piacere.! L'excerptum si chiude con la sequenza óc ἐν τῶι] | (υμποοίωι xata[pavéc (10-11).? Si tratta di un prezioso rinvio al Simposio, un'opera i cui contenuti sono del tutto in armonia con i termini recuperati nelle linee precedenti.? 61 F2 Un frammento di lettera di Epicuro a Polieno, probabilmente la stessa lettera a cui appartengono anche 61 Fı-F3, & citato da Filodemo (Div. xxxiv 14-17 Tepedino Guerra). Il passo é in gran parte lacunoso, ma l'indicazione piü adatto alle tracce di inchiostro conservate, evita la ripetizione del sostantivo ὄρεξις da integrare probabilmente a linea 6 e meglio descrive il momento dell'unione amorosa. Cf. anche BARBIBRI (2020), pp. 83-85. La presenza di μίξις in Nat. xiv (xxxiv 15 Leone), prova che il termine ha per Epicuro un valore tecnico di mescolanza. Cf. LEONE (1984), p. 88. ' Per il nesso νήφων Aoyıcuöc che esprime un principio fondante dell'etica di Epicuro rimando a 4. 1. 6. La stessa riflessione sviluppata nel nostro frammento si legge anche nella lettera di Metrodoro a Pitocle conservata nel PBerol. 16369 (11 1-12 Vogliano - GV 51): Metrodoro esorta Pitocle, troppo proclive ai piaceri di Afrodite, a lasciarsi andare secondo il proprio desiderio, ma senza violare le leggi e i buoni costumi, senza offendere il prossimo, senza emaciare la carne e senza profondere le sostanze, sempre con la consapevolezza che gli «ppoßicız, i piaceri della carne, difficilmente portano giovamento e, per lo più, nuocciono. Cf. BoLLACK (1975), pp. 505-509. In PBerol. 16369 leggiamo &ppodeicca al posto di cuvovcir, presente, invece, in GV 51, come è restituita dal manoscritto Vaticano Greco 1950. Secondo VOGLIANO (1936), pp. 277-278, Metrodoro nella lettera inviata a Pitocle avrebbe ripreso una sentenza di Epicuro variandola con &ppodeicra al posto di cuvovcin. È plausibile, come suggerisce Doranpi (2004), p. 275, che una δόξα originaria del maestro sia poi diventata di dominio comune nella scuola. Sul passo cf. anche Verne (2013b), p. 268. La valutazione dei piaceri amorosi in questa stessa prospettiva si coglie anche nella produzione epicurea successiva, come prova la massima scolpita nell’iscrizione di Diogene di Enoanda (NF 157) di cui offre un'analisi HAMMBRSTABDT (2012), pp. 125137. Per il testo della massima cf. SurrH, HAMMBRSTABDT (2006, ora in 2014), pp. 88-23. La condorta dissoluta per la ricerca dei piaceri d'amore è condannata dalla tradizione ostile a Epicuro. Cf. 115 F. * La ricostruzione del testo è suggerita a BARBIBRI (2020), pp. 61 e 86-88, da Hammerstaedt. * È sulla base di un confronto con Plutarco (Quaest. Conv. 653C 5-D 9) che la critica ha ricondotto il nostro excerptum al Simposio: come nel nostro excerptum, anche nella testimonianza sul Simposio offerta da Plutarco, Epicuro, a proposito della gestione dei piaceri, richiama la necessità del calcolo e l'ipotesi del pericolo. Cf. BicnonE (1920), p. 166 n. 2. Plutarco mette in bocca a Zopiro, un medico esperto delle opere di Epicuro, la spiegazione di come Epicuro nel Simposio si sia espresso sui piaceri della carne e in particolare sulla necessità che il λογιομός regoli la ricerca del momento opportuno perché l'incontro d'amore non costituisca un pericolo per l'anima e per il corpo, per esempio, se consumato in uno stato di eccessiva ebbrezza. Ricostruisce il pensiero di Epicuro sugli ἀφροδίοια a partire dal passo di Plutarco, CBRAsUOLO (1995), pp. 143-154. Il titolo Simposio compare in Diogene Laerzio (x 28, 349) tra i PeAtıcra ουγγράμματα di Epicuro. Cf. ARRIGHBTTI (1973), pp. 575-576, € ERLBR (1994), pp. 92-93. Riflerte sulle tematiche trattate nel dialogo evidenziando i rapporti polemici con il Simposio di Aristotele ΒΙΟΝΟΝΒ (1973), t1, pp. 210-217. Tra i temi considerati sono senz'altro quello della temperatura del vino affrontato, come documenta Plutarco (Adv. Colot. 1109E -1110B = 22 Tepedino), con uno scambio di battute tra i protagonisti del dialogo Polieno e Idomeneo, e quello degli ἀφροδίεια. Cf. DE SANCTIS (2007), p. 53, e CORTI (2014), p. 125 n. 294. Non si tratterebbe dell'unico caso in cui nelle lettere Epicuro richiama la propria produzione. Cf. 6. Non sfugge che il riferimento al Simposio nella nostra lettera rappresenta un indizio prezioso per fissare la data dell’opera ad un periodo antecedente al 291/290, data di invio della nostra lettera.
COMMENTO
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del destinatario (1) appare certa.* Manca l'indicazione dell'arconte che però compare in 100 E, un frammento da una lettera inviata sotto Carino e citato da Filodemo subito prima del nostro.? Il nostro frammento, separato da quello precedente dalla presenza di una paragraphos (1) e introdotto da κ]αὶ πρὸς ᾿Πολ]ύαι[νον (1), deriva dunque da una lettera inviata nello stesso anno in cui è stata inviata anche 100 F. Poco è conservato del testo dell’excerptum, ma la
sequenza τὴν πενίαν ἀδιζάϊφορον (3-4) suggerisce una riflessione sulla povertà quale indifferente del tutto in armonia con le parole sull'opportunità di un’esistenza sobria che si leggono 61 F1 e 61 F2 e ben coerente con i continui inviti ad un vitto semplice e frugale che Epicuro affida alle lettere.” La presenza qui del nesso τὴν πενίαν ddL[d|popov rivelerebbe una discussione sulla πενία in prospettiva antistoica e anticinica, contro l’immagine di un sapiente felice e mendicante.* Il nome di Epicuro che si ricostruisce a linea 4 non fa parte dell’excerptum: Filodemo a partire da qui sembra piuttosto offrire una sintesi o un'esegesi di quanto detto da Epicuro sia nel nostro excerptum sia in quello citato subito prima. 61 F3
Dopo 101 F e 61 F3 e subito prima di 85 Fı-F2 Filodemo (Div. xxxv 6-19
Tepedino Guerra) riporta un altro excerptum di lettera inviata a Polieno sotto
Carino. Benché lo stato di conservazione del testo sia disperato risulta plausibile la sequenza ἐπὶ] Xaptvou | [πρὸς Πολύαιν)ον (3-4).” Oscuri restano sia il contenuto sia il contesto della citazione. Il sostantivo πενία (1 e 2) e l'aggettivo κακός (2) sembrano suggerire, come per 61 F3, una riflessione sulla povertà
considerata un male. Il nostro excerptum sembrerebbe derivare dalla stessa lettera inviata a Polieno dalla quale provengono anche 61 T e 61 F1-F2.* 61T Seneca (Luc. 18, 9), a proposito dell'opportunità di partecipare a feste e celebrazioni, invita Lucilio ad osservare il digiuno e a tenere un atteggiamento sobrio a tavola, richiama gli esercizi di ascesi di Epicuro e dà notizia di lettere ! Congetturato già da UsBNER (1887), p. 149. 2 Sull'arconte Carino cf. 61 F1. ’ La sequenza τὴν πενίαν döLld|popov (3-4) è restituita da GoMPBRZ (1866b, ora in 1993). p. 29. Una valutazione complessiva dei frammenti di lettere con un monito ad una esistenza nel segno della sobrietà & in 4. 1. 4. * Cf. ANGELI (1993), pp. 26-27. ᾿Αδιάφορος è aggettivo proprio della terminologia stoica, generalmente detto di beni esterni come la ricchezza, che non deve condizionare il saggio impegnato nel perseguimento della virtù. Cf. TBPBDINO GUBRRA (1991), pp. 192-193. Pare provato da Filodemo (Div. LI 2-11 Tepedino Guerra) che per gli Epicurei la povertà non sia ἀδιάφορος. Cf. TEPBDINO GuBRRA (1978), p. 89. * Secondo la ricostruzione proposta da TErBDINO GUERRA (1991), p. 49. Cf. DORANDI (1990), p. 125. * Cf. TePBDINO GUERRA (1978), p. 82, ANGBLI (1993), p. 26, ERLER (1994), p. 116. Il tema della povertà è considerato anche in 85 F1-F2. Cf. 4. 1. 4
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inviate a Polieno sotto l'arcontato di Carino.! Non c’è dubbio che Seneca disponesse del testo di Epicuro o di una sua traduzione: qui magistratus traduce infatti ἄρχων e as l'originale ὀβολός. Benché sia difficile stabilire se Seneca si riferisse a una o a piü lettere, si puó dire che almeno in una lettera Epicuro ha ammesso di essere in grado di vivere con meno di un obolo al giorno grazie all'esercizio della filosofia. A Metrodoro, invece, non ancora progredito nell'esercizio filosofico, l'obolo giornaliero occorreva tutto. Il presupposto del vanto di Epicuro & da ricercare nell'impegno del saggio a condurre una vita frugale e ad accontentarsi del poco.? L'affermazione di Epicuro di vivere con meno di un obolo al giorno é solo in apparenza in contrasto con la dichiarazione di spendere una mina al giorno che leggiamo in 48 F e 88 F3. Alla lettera, o ad una delle lettere di cui qui dà notizia Seneca, sarebbero, dunque, da ricondurre anche 61 Fı-F3.* 62 F In relazione all’opportunitä di partecipare ai culti in onore degli dei, immediatamente dopo 65 E, Filodemo (Piet. 33, 937-940 Obbink) riporta un excerptum da una lettera inviata sotto Carino, come prova la sequenza ἐ][πὶ Xaptvou (2-3). Πρὸς τὸν αὐτόν (2), che richiama il dativo ΠΙολυαένωι di 65 F (1), prova che il destinatario del frammento di lettera qui citata é ancora Polieno. La presenza del nome dell'arconte, che manca invece per 65 E, sug-
gerisce che si tratta di due estratti provenienti da due lettere inviate nello stesso anno. Filodemo cita entrambi gli estratti in relazione al monito di Epicuro a celebrare gli dei nel segno dell'amicizia. Purtroppo il breve testo
conservato non aiuta a capire sc anche questo excerptum sia da ricondurre alla stessa lettera a Polieno inviata sotto Carino dalla quale deriviamo 61 Fı-F3 e 61 T. Non e da escludere che con la sequenza in his epistulis ait quas scripsit Charino magistratu ad Polyaenum di 61 T Seneca abbia inteso dare notizia di un gruppo di lettere inviate da Epicuro a Polieno sotto Carino.* I] nostro excerptum potrebbe appartenere ad una delle lettere inviate a Polieno sotto Carino, una lettera forse diversa da 61 Fı-F3 e 61 T. E ipotesi difficile da verificare, benché plausibile, che si tratti della stessa lettera alla quale si possono ricondurre 63 E, 64 F e 65 E? ' Per la data dell'arcontato di Carino cf. 61 Fi. 2 A proposito delle informazioni sull'epistolario di Epicuro che è possibile ricavare dalla sequenza in his epistulis ait quas scripsit Charino magistratu ad Polyaenum cf. 6. ? Cf. 4.1. 4. * Ben più incerta, benché non da escludere, è invece l'ipotesi, suggerita da OssiNE (1996), pp. 430-431, di ricondurre alla stessa lettera dalla quale derivano 61 F1-F3 anche 62 E 63 F, 64 FE, 65Fe 100 F. * Sull'arconte Carino cf. 61 F1. * Cf. SBTAIOLI (1988), p. 177. ? Crede che la lettera inviata da Epicuro a Polieno sotto Carino deve essere stata una sola OBBINE (1996), pp. 430-431, il quale riconduce a questa stessa lettera non solo 62 F ma anche 63 Ε 64 Fe 65 BR. Se cosi fosse, dovremmo pensare ad una lettera dal contenuto complesso e vario nella quale Epicuro ha considerato, in relazione alle spese da affrontare, vari aspetti della vita: la necessità di un'esistenza
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63 F
Secondo Filodemo (Piet. 29, 843-845 Obbink) Epicuro in ben due lettere, una inviata sotto Carino, 63 F, e l'altra inviata sotto Diotimo, 101 F, avrebbe prescritto di non violare la sacra mensa. Benché Filodemo non offra alcuna indicazione sui destinatari delle lettere, non si puó escludere che il destinatario della lettera inviata sotto Carino da cui Filodemo cita il nostro frammento sia Polieno: Filodemo qui richiamerebbe, infatti, per la prima volta una o piü lettere destinate a Polieno da cui potrebbe aver estratto 62 Ε 64 Fe 65 Ε' Nella sequenza xa(9' ἱερᾶς τρα][ πέζης [ουνϑήκην (4-5) κατά con il genitivo indica
l'oggetto del giuramento: l'accordo della mensa sacra.? La consuetudine a partecipare a mense, spesso associata alle celebrazioni in onore dei membri defunti della scuola e, specialmente, dei familiari di Epicuro, è documentata da
Plutarco (Lat. viv. 1129A 2), il quale considera il convenire di Epicuro e degli Hpicurei a κοιναὶ τράπεζαι in contraddizione con il monito λάϑε Brocac.? Tali mense avevano il loro precedente nei banchetti celebrati in Grecia in occasione dei culti degli eroi, benché la prassi epicurea si distinguesse da questi in quanto non prevedeva sacrifici animali e il consumo di vittime sacrificali.* I] sostantivo cuv97;x», accordo, è impiegato da Epicuro (RS xxxit- xxxii) per indicare
il patto sociale alla base del giusto vivere nella comunità civilizzata.* Non è da escludere l'ipotesi di integrare, al posto di ουνθήκη, il sostantivo κοινωνία, comunità, impiegato da Epicuro (RS xxxvi-xxxvirm) nell'espressione κοινωνία πρὸς ἀλλήλους per esprimere la comunione che si realizza nei rapporti di reciprocità.* sobria, l'atteggiamento da tenere nella povertà ma anche l'opportunità di una vita in comune con la henevolenza degli dei e il necessario impegno nella celebrazione dei culti religiosi. * CF. Opsınk (1996), p. 432. * Ka[9' ἱερᾶς τρα] πέζης [cuv9 xv,» è restituito da USENBR (1887), p. 133. Cf. OBBINE (1996), pp. 432-433. È πολυτελής la mensa, τράπεζα, rispetto alla quale Epicuro (134 F2) esorta a preferire un comportamento sobrio. Interpreta la sacra mensa come tiaso filosofico-religioso ISNARDI PARENTE (1983°), p. 138 n. 5. Cf. anche EnLBn (1994), p. 116, INDBLLI (2014), pp. 81-82, e HeBLer (2018b), pp. 413-414. Ma non si può escludere l'ipotesi di TEPBDINO GUERRA (1991), p. 193, che restituisce τὴν κα[ϑαρᾶς tpa]|neine [cuvBixny, sulla base della sequenza καϑαρὰν τ[ὴν ζωήν di 6s Ε (2). In generale, sul culto della mensa sacra, tavola imbandita di cibo e offerte dedicata agli dei, è utile l'indagine condotta a partire dalle testimonianze epigrafiche da Dow, GILL (1965), pp. 103-114. Sul passo di Plutarco sono utili le considerazioni sviluppate da RosKAW (2007b), p. 116, che sottolinea l'importanza esemplare e sociale di tali mense. A partire da Plutarco credo non si posssa escludere per le lince 4-5 xa[tà κοινῆς τρα] πέζης. 41] senso religioso dell'invito di Epicuro a partecipare alla mensa comunc è spiegato da Cray (1986, ora in 1998), pp. 90-95, attraverso l'analisi dei dati offerti dalla tradizione. Sui pasti comunitari del Kepos cf. 4. 1. 3. ς 76 E. * In 128 F (5) ουνϑήκη è restituito da USBNER (1887), Ρ. 133. “ Cf. OBBINE (1996), p. 433, € BOLLACK (1975), PP. 373-374. Filodemo impicga κοινωνία sia in relazione alla partecipazione ai Misteri di Atene (Piet. 20, 557 Obbink), sia insieme a ουνθήχη all'interno della lista di pratiche e istituzioni che prendono forma nel momento in cui è introdotta la giustizia nella storia culturale (Piet. 67B, 1938-1939 Obbink). Offre una definizione della scuola di Epicuro in una prospettiva legale, in relazione al suo «koinonia-status» HAAEB (2015), pp. 70-73.
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64 F
Da una lettera di Epicuro a Polieno Filodemo (Piet. 30, 865-870 Obbink) cita le parole del maestro a sostegno dell'indicazione epicurea dell'opportunità di celebrare gli dei. Benché non sia indicato il nome dell'arconte, con buona probabilità si tratta dello stesso arconte, sotto il quale & stata inviata anche 63 F.
Filodemo, a proposito delle celebrazioni in onore degli dei, potrebbe aver richiamato la stessa lettera indicandola la prima volta con il riferimento all'arconte, in
seguito con il nome del destinatario.! Nel frammento Epicuro invita Polieno a celebrare le Antesterie per ricordare gli dei.? Cuveoptac|rea (2-3) si riferisce alla partecipazione dell'intera comunità alle feste pubbliche.? Purtroppo il testo del nostro frammento è lacunoso e non è facile capire a cosa si riferisca πολλῶν (6).* 65 F
In relazione all'uso che Epicuro fa della preghiera, Filodemo (Piet. 33, 932937 Obbink) subito dopo 98 F e prima di 62 F cita un frammento di lettera a Polieno. 1] nome di Polieno indicherebbe dunque l'inizio di una nuova citazione, ben distinta dalla precedente con uno spatium vacuum prima di x«l Il(oXvatvoc (1), e isolata anche dalla successiva per mezzo dalla sequenza πρὸς τὸν αὐτόν di 62 F (2).” La sequenza [xai] | πρὸς τὸν αὐτὸν [£]|πὶ Xaptvou con cui Filodemo introduce 62 F (1-2) rivela che il nostro frammento sia stato inviato allo stesso destinatario di 62 F ma non sotto lo stesso arconte. Se cosi fosse stato, infatti, non ci sarebbe stata l'esigenza di specificare il nome dell'arconte. Per tutto ció & molto probabile che 62 F e 65 F siano estratti da due diverse lettere inviate entrambe allo stesso destinatario il cui nome era indicato una sola volta in 65 F (1).5 Nel nostro frammento Epicuro si rivolge a a Polieno, lo loda per una condotta esemplare e lo esorta a continuare a perse-
' A proposito delle linee 846-864, che in Filodemo separano 63 F da 64 F sono valide le considerazioni sviluppate su 101 F. * Delle Antesteric, le maggiori feste in onore di Dioniso, articolate in tre giorni a partire dall'undicesimo giorno del mese di Antesterione in corrispondenza dell'avvio della primavera, offre una puntuale descrizione PICcKARD CAMBRIDGB (1968', trad. it. 1996), pp. 1-34. Sulla ritualità di tali feste e sul rapporto con la figura di Dioniso cf. Simon (1983), pp. 92-99, e GUBTTEL COLE (2007), p. 336. Sulle Antesterie in Atene nel periodo di Epicuro cf. NiLssoN (1915), pp. 181-200. * Il verbo, ricostruito da USENBR (1887), p. 149, ricorre riferito alle Antesterie anche in 76 F (11-12). * Sulla convenienza per il saggio epicurco di partecipare alle feste religiose tradizionali sono chiare le indicazioni offerte da Epicuro in 129 F1-F2, due excerpta che, secondo OBBINE (1996), p. 17, potrebbero derivare dalla stessa lettera dalla quale è citato anche il nostro. Sull’ipotesi che anche 64 F sia da ricondurre ad una stessa lettera a Polieno inviata sotto Carino dalla quale potrebbero derivare anche 62 E, 63 E, 65 F ma non 61 T, 61 F1-F3, rimando al commento a 62 F. In generale sulla convenienza per il saggio di partecipare alle feste pubbliche cf. 4. 1. 3. ’ ΠΙολυαίνως (1), integrazione di TsPHDINO GUERRA (1991), p. 194, accolta da OBBINE (1996), p. 170, è preferibile a πίάλεν di Gomrerz (1871, ora in 1993), p. 67. Il disegno napoletano conserva ἢ. * Sembra plausibile, invece, che 98 F venne inviata da Epicuro ad un destinatario a noi sconosciuto. Cf. OsBiNx (1996), pp. 446-447.
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guire un'esistenza pura insieme a Matrone, con la benevolenza degli dei.' La sequenza xadapav τ[ὴν ζωήν (2) è un'espressione propria dei rituali di purifi-
cazione ma adattata qui ad un contesto filosofico: nella prospettiva di Epicuro è pura la vita priva di turbamento.? L'associazione di Matrone a Polieno nel nostro frammento ha suggerito alla critica la possibilità che Matrone fosse il vecchio παιδαγωγός di Polieno.? L'auspicio che Polieno viva una vita pura con Matrone e il riferimento alla benevolenza degli dei potrebbero alludere ad una
minaccia che incombeva sul legame tra Polieno e Matrone: Epicuro si riferi-
rebbe ad un periodo di separazione coinciso forse con gli anni nei quali Polieno tornò a Lampsaco, dunque prima del 292/291. È con il genitivo assoluto ϑε[ῶν ei )|Aeov ὄντων (5-6), che Epicuro si riferisce agli dei propizi.* 66 F Subito dopo aver riportato 35 F, a sostegno dell'accusa mossa ad Epicuro di servirsi di una prosa ad andamento ritmico e metrico con il risultato di espressioni sintatticamente mal composte, Elio Teone (Progymn. 71, 16-17)
cita un excerptum da una lettera di Epicuro a Polieno. L'incertezza della ricostruzione testuale non consente di individuare con precisione il ritmo del frammento che, a giudizio dello stesso Elio Teone, molto compromette la correttezza sintattica della sequenza.? Il passo è documento fondamentale per l’occasionale forma ritmica della prosa di Epicuro, espressione del gusto dei Greci per la εὐρυϑμία.“ L'impossibilità di ricostruire un contesto rende difficile comprendere il senso del frammento. Non c'é dubbio che al ritmo ' Marrone è il nome dell’accompagnatore della piccola Apia destinataria della ben nota lettera ili Batide conservata nel PHerc. 176 (5 xxii 9 Angeli - 176 Us., 216 Arr.). Ritenuta dalla critica, già 4 partire da GomPBRZ (1871, ora in 1993), pp. 61-68, opera di Epicuro, la lettera è stata attribuita a Hatide da ANGBLI (19882), pp. 49-50. Cf. anche Campos Daroca, De LA Paz Lórsz Martinez (2010), pp.
26-34, € TEPEDINO
GUERRA
(2010), pp.
52-53.
* Lo suggerisce FEstUGIBRB (1968*, trad. it. 2015), p. 52. Purus è l'animo di Epicuro che appare come
un dio in Lucrezio (v 5, 18, 43). Cf.
* [ntende οὖν αὐτ[ῶι] | Matpww GIBRB
(19682,
ERLER
(2002),
pp.
174-175.
(4-5) con il senso «dans la compagnie du seul Matrön» Festu-
trad. it. 2015), p. 52. Cf. OBBINE
(1996),
pp. 449-451.
* Sul valore sacrale della sequenza che ricorre anche in 98 F cf. NORDEN (1918, trad. it. 1986), |. 136. Benché secondo OBBINEK (1996), p. 446, non fosse pratica usuale per Filodemo citare Epicuro nel discorso diretto, non sarebbe il nostro un caso isolato. Ritiene la sequenza scherzosa e ironica BIGNONB (1973°), 11, pp. 285-286. Sull'uso che Epicuro faceva di espressioni rivolte agli dei cf. 4.1.3 € S. 1. 1. 1.
* La sequenza ὡς χαρῶ, ὡς τέρψωμαι, ὥς μοι è ricostruita da PATILLON (1997), p. 16, in base alla tradizione armena del testo di Teone. I codici conservano il difficile ςυναπέριμεν che già WaLz (1832-1836), p. 169, riteneva un monstrum e per il quale suggeriva in apparato la correzione cóv à nep àv ἡμῖν. USBNBR (1887), p. 135, corregge in ἔςτιν ἃ πρὶν μέν, CRÖNBRT (1906b, trad. it. 1975), p. 212, invece, nel tentativo di restituire l'andamento anapestico della sequenza, stampa γεγένηται per γένηται. Ma γένηται, come dimostra Patillon, è confermato da p'akesc'é nella tradizione armena. Cf. anche BicNnoNE (1920), p. 170. Sulla tradizione del testo di Teone è recente l'intervento di NiCOLARDI (2016), pp. 248-263. * Cf. NORDEN (1918), trad. it. 1986), p. 136. L'artificiosità dello stile è, secondo GORDON (2013), p. 144, prova della non autenticità della lettera.
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della prosa corrisponda una ricerca lessicale e retorica nella forma del messaggio di Epicuro. L'amplificazione che qui si realizza con l'iterazione di tre interrogative e la variatio resa con la scelta di τέρπω, che Epicuro riprende dal lessico poetico, conferiscono enfasi e solennità alle sue parole: la gioia più grande per Epicuro è il fine ultimo della quotidiana ricerca filosofica. Il vocativo del destinatario potrebbe tradurre, invece, un sentimento di sincero affetto per il φίλοο."' A Pitocle Sono poche le informazioni che possediamo sulla vita di Pitocle, il noto destinatario dell’epitome sui fenomeni celesti conservata da Diogene Laerzio (x 84-116). È comunque possibile tracciare un suo profilo sulla base dei dati che emergono dalle lettere di Epicuro e delle testimonianze offerte da Filodemo.? Nato intorno al 324, entró a far parte del circolo epicureo di Lampsaco quando era ancora molto giovane, probabilmente in un periodo compreso tra il 311/310 e il 307/306, dunque prima dei diciotto anni: a questo periodo
risalgono i suoi primi contatti con Epicuro e con Metrodoro.? Da Filodemo (Mer. 1v 12, 35-38 Henry) sappiamo che Metrodoro si compiaceva perché un ancora giovanissimo Pitocle era riuscito ad ottenere importanti successi se-
guendo le sue indicazioni. Dal monito di Metrodoro a Pitocle conservato nella lettera restituita da PBerol. 16369 (11 1-12 Vogliano) deriva una conferma del rapporto di maestro e allievo tra Metrodoro e Pitocle.* Quando nel 307/306 Metrodoro lasció Lampsaco seguendo Epicuro ad Atene fu Polieno, in qualità di παιδαγωγός, a prendersi cura dell'educazione di Pitocle.” Le numerose lettere inviate a lui da Epicuro suggeriscono, inoltre, che Pitocle visse gran parte della sua vita a Lampsaco. L'unica eccezione fu un soggiorno ad Atene da collocare nel 300: in quell'occasione Pitocle assunse l'incarico di precettore, ἐπιοτάτης, dei figli di Cronio, come documenta l'excerptum di una lettera di Metrodoro a Cronio citato da Filodemo (Mem. Epic. xx 10-17 Militello).5 Negli anni successivi al ritorno di Epicuro ad Atene & da collocare la stesura dell'Epistola a Pitocle.” A Pitocle impegnato nel suo cammino di formazione sono indirizzati 67 T, 68 F e 70 Fabcd, dai quali emerge la stima profonda che Epicuro nutriva per il giovane discepolo. A Pitocle nel pieno della maturità ! CF. 5.3. 1. 1. * Cf. DORANDI (2012d), pp. 1786-1787. * Fissa la data di nascita di Pitocle intorno al 324 a.C. SEDLEY (19768), pp. 43-46, al quale si deve la ricostruzione della cronologia di Pitocle, per lungo tempo condizionata dalla convinzione che mori nel 289 all'età di diciotto anni. Cf. LissicH (1960), pp. 38-41, ARRIGHBTTI (1975), pp. 49-50, MILITBLLO
(1997), pp. 235-236
* Cf. VOGLIANO
(1936), pp.
e 238-239. 272-276,
e DORANDI
(2004),
pp. 273-275.
* Cf. supra, pp. 175-176. * Si tratta dello stesso Cronio il cui nome compare in 118 Fı-F2 e al quale Epicuro si riferisce anche in 31 Ε Cf. 5. 1. 2. ? Per il carattere universale della lettera, ben adatta al profilo di Pitocle, si veda la riflessione offerta da DE SANCTIS (2012), pp. 99-109. Cf. anche 5. 2.
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si riferisce invece Idomeneo nella lettera inviata probabilmente a Epicuro e citata nello scritto conservato nel PHerc. 176 (5 xvii 1-7 Angeli): definito è ἄριοτος, è ricordato per aver fatto allestire decorosamente i funerali di suo fratello. A Pitocle molto attivo e influente nel circolo di Lampsaco e, forse, non più giovanissimo, è rivolto il rimprovero di Epicuro in 45 T. Da 71 F ricaviamo che era ancora vivo a Lampsaco nel 292/291 quando si trovö ad
affrontare un cambiamento di fortuna. Benché non reso esplicito, & probabile che Pitocle sia anche l'interlocutore privilegiato di 85 F1-F2 e di 86 F. La
sua morte è, forse, da collocare prima di quella di Metrodoro, in un periodo compreso tra il 290 e il 280.? 67 T
A proposito delle modalità con le quali Epicuro spingeva i giovani ad atteggiamenti audaci e baldanzosi Plutarco (Adv. Col. 1124C 1-6) ricorda che Epicuro elogiava Pitocle per il suo eccezionale ingegno, benché ancora diciottenne, e lo pregava di non suscitare biasimo e invidia.? Plutarco, non senza malizia, associa la stima che il maestro nutriva nei confronti dei suoi allievi alla passione che è propria delle donne. Le parole che Epicuro spendeva per Pitocle, al di là delle intenzioni polemiche con le quali Plutarco le riporta, erano una piena manifestazione dell’affetto del maestro per il giovane allievo.‘ Plutarco non indica esplicitamente il destinatario della lettera, ma la citazione di una lettera a Pitocle con un elogio delle sue straordinarie capacità appare ben adatta, nella prospettiva di Plutarco, a dimostrare che con atteggiamenti adulatori Epicuro spingeva i giovani a comportamenti spregiudicati. * 68 F L'excerptum è citato da Diogene Laerzio (x 5, 55-57) subito dopo 17 F e pri-
ma di 18 T.* Epicuro rivolgendosi a Pitocle afferma che lo attenderà come si aspetta un dio. Il poetico iueptòc esprime il sentimento di Epicuro nei con-
fronti di Pitocle: l'aggettivo, mai usato in relazione a persone, è riferito però al volto di figure femminili." Con icòdeoc, usato nell'epica per lo status degli ' Cf. ANGELI (19882), p. 45. * ? Pensano al motivo dello p9övoc ϑεῶν ErNARSON, DE Lacy (1967), p. φϑονα con «jealousy and resentment of PM Ma tale interpretazione concezione che Epicuro aveva degli dei.C * Sulla prassi didattica della lode, facile bersaglio delle critiche rivolte a cf. 4. 2. 1. * ARRIGHETTI
(1973),
p. 467,
€ ERLER
(1994),
p.
117,
inseriscono
Cf. HENRY (2009), p. 53. 293, che traducono dverié in contraddizione con la Epicuro dai suoi avversari,
l'excerptum
tra i frammenti
di
lettere a destinatario ignoto. WBsTMAN (1955), p. 228, esclude che il destinatario della lettera possa essere Picocle il quale si trovava probabilmente presso Epicuro. Ma cf. IsNARD1 PARENTE (1983), Γ. 140 n. 4. * Diogene Laerzio sembra citare il passo da una tradizione antiepicurea che nelle parole di Epicuro rintraccia la prova della sua inclinazione ad adulare i suoi allievi. ' Cf. oe Jong (1991b), col. 1195.
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eroi, Epicuro definisce la condizione divina di Pitocle in quanto capace di vivere come un dio fra gli uomini.' Pitocle si presenta desiderabile per la sua grazia e divino per aver eroicamente realizzato l'ideale epicureo. Riconosciuta
in lui la beatitudine, Epicuro lo attende con riverenza, nella posizione che si addice ad un supplice.? Diogene Laerzio, nel definire Pitocle ὡραῖος, offre un dato importante per la datazione della lettera dalla quale l'excerptum & tratto: Pitocle qui splende della bellezza propria di chi è nel fiore della vita. Epicuro, dunque, si rivolge a Pitocle ancora giovane, ma già impegnato nella ricerca fi-
losofica. L'immagine di Pitocle che emerge dal nostro frammento corrisponde a quella resa da Epicuro anche in 67 T, 69 T, 71 F. 69 T Alcifrone (11 17, 3), nel riportare le parole di Leonzio a Lamia, ricorda che Epicuro considerava Pitocle un Alcibiade. Al di là del palese sarcasmo che scaturisce dall'equazione per la quale Epicuro appare innamorato di Pitocle come
Socrate lo era di Alcibiade, emerge l'affetto che legava il maestro all'allievo.? Che Pitocle agli occhi di Epicuro fosse come Alcibiade, bello, desiderabile e simile ad un dio si ricava anche da 68 F. Appare del tutto plausibile che l'associazione di Pitocle ad Alcibiade derivi da una lettera destinata al giovane discepolo nella quale Epicuro abbia inteso stabilire un contatto tra il loro rapporto
e quello esemplare di Socrate con Alcibiade fissato nella tradizione letteraria.* Non si puó escludere che il nostro frammento derivi dalla stessa lettera dalla
quale Diogene Laerzio cita 68 F. All'eccezionalità delle doti di Pitocle e ad un sentimento di affetto nei suoi confronti si riferisce Epicuro anche in 67 T. 70 Fa
Il frammento, citato da Diogene Laerzio (x 6, 64-66), tramanda l'entusiastico μακαριομός tributato a Pitocle dal maestro: Epicuro saluta il φίλος come un giovane beato e lo esorta ad allontanarsi a vele spiegate dall'educazione tradizionale che ogni giovane greco riceveva.* Si tratta di un μακαριομός che molto somiglia a quello tributato ad Apelle in 6 F.* In entrambi i casi la beatitudine del discepolo & individuata nel rifiuto di ogni educazione, in quanto ' In so Fi (iv 2) l’aggettivo Lc69eoc è riferito a Su&9eccc. Cf. 4. 1. 2 Cf. Laxs (1976), p. 45, € ERLBR (1994), p. 112. Il conseguimento dell'ideale epicureo si concretizza soddisfacendo al principio della ὁμοίωεις Bes, come reso esplicito in 50 Fı-F2, e può assumere anche piena concretezza come si evince dalla scena della προσκύνησις raccontata in 40 Fiab-F2. * L'attrazione di Socrate verso Alcibiade delineata a più riprese da Platone nel Simposio è confermata da tutte le fonti: sulla ben nota bellezza di Alcibiade, che lo rendeva affascinante e seduttivo, c sul suo rapporto con Socrate sono canoniche le pagine di DE ROMILLY (1995, trad. it. 1997), pp. 13-15. La bellezza di Alcibiade, qualità che rendeva grande la sua pücıc, è motivo spesso enfatizzato nella tradizione letteraria. In proposito cf. GRIBBLE (1999), pp. 13-14, 39, 71, 218. Associata ad un giudizio morale la bellezza di Alcibiade è tema sfruttato per tutta l’antichicä anche nella produzione di aneddoti. Cf. HATZFELD (1951), pp. 60-61. * Cf. USENER (1887), p. 150. * Sulla critica di Epicuro alla παιδεία tradizionale cf. 4. 1. 1. * Rimando a 5. 1. 1. 1 per la scelta stilistica del uaxapıcuöc.
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insufficiente per offrire una chiave interpretativa della realtà. Apelle & già beato, Pitocle lo sarà solo se darà ascolto al monito di Epicuro e si impegnerà nella ricerca filosofica che sola guida alla vera sapienza. 70 Fb Il frammento & ripreso da Plutarco (Non posse 1094D 3-8) nell'attacco che muove alla consuetudine degli Epicurei di distogliere dalle varie discipline quanti se ne accostavano, nonostante grande fosse il piacere che da queste derivasse. La sequenza ἐπαραμένους τὰ ἀκάτια φεύγειν ἀπ᾿ αὐτῶν è l'esito di un adattamento di φεῦγε τἀκάτιδον ἀράμενος di 70 Fa. Il contatto con la lettera ἃ stabilito da Plutarco attraverso il richiamo alle preghiere che gli Epicurei per mezzo del maesıro rivolgevano a Pitocle nell’intenzione di esortarlo ad evitare l'educazione tradizionale.' Il verbo δέομαι allude al μακαριομός di Epicuro a Pitocle. 70 Fc Benché manchi un riferimento alla lettera e non compaia il nome di Pitocle, appare piü che plausibile che in questo caso Plutarco (Aud. poet. 15D 2-5) abbia in mente il nostro frammento. Lo suggerisce la fedele ripresa dei termini nella sequenza ἀκάτιον ἀραμένους ποιητικὴν φεύγειν. Plutarco paragona i
φίλοι ai compagni di Odisseo costretti ad imbottirsi le orecchie di cera per scampare al richiamo delle Sirene. E plausibile che già Epicuro alludesse all'episodio di Odisseo e le Sirene: il canto delle Sirene, infatti, distoglie Odissco dal raggiungimento della meta allo stesso modo in cui la poesia e i μαϑήματα
deviano il saggio dalla ricerca filosofica.* Come Odissco è stato capace di non cedere al richiamo delle Sirene, anche Pitocle deve navigare a vele spiegate per allontanarsi dai richiami della cultura tradizionale.? Ben si spiega da questa prospettiva l'attacco di Plutarco che impiega non poco vigore per demolire i presupposti e la ragione del monito rivolto a Pitocle. Il nesso τὸ 'Extxoüpetov prova che il naxapıcuöc rivolto da Epicuro a Pitocle aveva acquisito una va-
lidità ben pià ampia rispetto al contesto e al destinatario in relazione ai quali era stato formulato.* 70 Fd Anche Quintiliano (Inst. or. xıı 2, 23-24) sembra richiamare il μακαριομός di Epicuro a Pitocle quando rievoca il monito di Epicuro a fuggire ogni disci! Cf. ERLER (1994), p. 112. ? Nelle parole di Epicuro a Pitocle DB SANCTIS (2012), pp. 99-101, scorge ben più di un semplice invito ad abbandonare ogni forma di educazione. Cf. anche Asmis (1995, ora in 2006), pp. 238-242, € ARRIGHBTTI
(2006),
pp. 319-321.
* Nei frammenti di lettere non di poco conto sono le circostanze nelle quali è possibile stabilire un contatto tra il testo di Epicuro e quello di Omero. Cf. 5. 1. 1. 3. L'immagine della navigazione è sfruttata da Epicuro per rappresentare la vita anche in GV 17. Cf. 4. 1. 8. * Cf. 6.
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ERBI
plina, con spedita navigazione, per dimostrare che nel Kepos nessun impegno fu dedicato all'esercizio dell'eloquenza. Non sfugge, infatti, che il latino navigatione quam velocissima ben renda il greco φεῦγε τἀκάτιον ἀράμενος. AF
Il frammento è citato da Filodemo (Div. xxxvi 1-9 Tepedino Guerra) dopo 85 F1-F2 e subito prima di 54 F in relazione al monito di Epicuro a non temere le conseguenze che derivano dalla diminuzione di ricchezza.! Come per 54 F è plausibile che il mittente del nostro excerptum sia Epicuro. Il destinatario, Pitocle, il cui nome è in gran parte conservato (5), è invitato a sopportare la diminuzione di ricchezza allo stesso modo in cui in 54 F Mitre era esortato a non abbattersi per un cambiamento di fortuna. Non pochi sono i contatti lessicali fra i due excerpta: ἀνέχομαι (6), μετάπτωοις (7) e ἐνοχλέω (7-8) presenti nel nostro frammento ricorrono anche in 54 F. Epicuro ricorda a un giovane Pitocle che un improvviso cambiamento della fortuna può essere sopportato con il coraggio, benché molti siano i fastidi e le molestie che derivano dal passaggio da una condizione agiata alla povertà.? Epicuro potrebbe far qui riferimento ad un episodio preciso della vita di Pitocle: forse si tratta addirittura della stessa circostanza a proposito della quale Epicuro scrive a Idomeneo la lettera di cui è conservato 36 Fab. Benché sia certo che il motivo del nostro excerptum ricorra anche in 85 F1-F2 una diple obelismene, segnata sotto le prime lettere di linea 1, introduce il nostro frammento, segnando una pausa forte rispetto alla precedente citazione di 85 F1-F2.? È plausibile che Filodemo abbia dapprima
citato 85 F1-F2 dove il cambiamento di fortuna, forse in una prospettiva generale, è considerato in relazione sia ricchezze sia ad una condizione di schiavitù, quindi abbia riportato, uno di seguito all’altro, il nostro frammento e 54 F per illustrare episodi concreti di una perdita di ricchezza. 72F
Demetrio Lacone cita il frammento nel tentativo di difendere l'originalità di Epicuro contro quanti lo accusavano di aver ripreso dal maestro l'idea che il sommo bene consista nel solo godimento di cibo e di bevande. * La paragraphos all'inizio di linea 1 e lo spatium vacuum che precede ἡμεῖς (1) segnalano l'inizio del nostro excerptum.* Benché il vocativo Πυϑό[κλ[εις (1-2), congetturato da * È esito di una nuova analisi del papiro l'aver rilevato, sotto le tracce di x (9), una paragraphos ornata, che qui ha la funzionc di isolare il nostro excerptum dal successivo 54 F. Si tratta di una paragraphos dello stesso tipo di quella usata in Div. (xxxvi 11 Tepedino Guerra) per introdurre le parole di Metrodoro (17 Kórte). Cf. SCOGNAMIGLIO (2005), pp. 168-169. * Cf. SBDLBY (19762), p. 46 n. 64, € ERLBR (1994), p. 112. Sulla capacità del saggio di sostenere le conseguenze che derivano da un cambiamento di fortuna cf. 4. 1. 4. * La presenza della diple obelismene rende poco plausibile l'ipotesi che il nostro excerptum possa derivare dalla stessa lettera inviata agli amici di Lampsaco da cui sono tratti 85 Fı-F2. Cf. ScocnaMIGLIO (2005), pp. 170-171. * Cf. PucLiA (1988), pp. 305-309. * Cf. ERLBR (1994), p. 112.
COMMENTO
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Puglia, sia molto incerto, è tuttavia preferibile a Πυϑο[κλῇ di Crónert.' Ben poco è conservato del testo della lettera. Forse Epicuro, rivolgendosi a Pitocle,
riflette sul cibo e sulle bevande, nel segno della sobrietà. 2 A Timocrate
Timocrate, fratello maggiore di Metrodoro, nacque a Lampsaco, probabilmente prima del 330/329.? Filodemo (Ira xit 12 Indelli, Lib. dic. xx b3 Konstan) lo descrive incline all'ira e tormentato da contrastanti sentimenti di amore e di odio per il fratello. La fonte principale per ricostruire la sua biografia è Diogene Laerzio (x 4, 43-6, 73) che, dapprima, ricorda Timocrate insieme ad Erodoto per aver accusato Epicuro di non essere un cittadino ateniese, subito dopo, inserisce il nome di Timocrate tra gli allievi di Epicuro lodati e adulati dal maestro, infine racconta che Timocrate, abbandonata la scuola, nel suo scritto dal titolo Delizie accusava Epicuro di vomitare due volte al giorno per
i piaceri della mensa e dichiarava di essere fuggito da quella che definiva una specie di associazione misterica.* L'apostasia di Timocrate, uno degli allievi
più stimati da Epicuro, segnò nel profondo la vita del Kepos.*
F Nell'excerptum, che Filodemo (Mem. Epic. xıı 1-11 Militello) cita in un contesto non facile da ricostruire, Epicuro chiede a Timocrate di portare un aiuto concreto a sconosciuti beneficiari e si appella non solo alla amicizia di Timocrate verso di loro, ma anche alla loro stessa indole. L'excerptum & un documento della prassi delle donazioni nel Kepos e per questo da attribuire con buona probabilità a Epicuro. A Timocrate Epicuro avrebbe scritto in un periodo anteriore alla rottura, come suggerisce il giudizio ancora positivo su Timocrate espresso dall'avverbio ἐμπείρως (10). L'impiego del sostantivo ' La forma Πυϑόκλεις che si legge in Pyth. 116 conferma la validità dell'integrazione di PucLıa (1988), p. 184, contro CRÖNBRT (19062), p. 162. Sulla funzione del vocativo del nome del destinatario cf. 5. 1. 1. 1. 2 Non pochi sono nelle lettere i passaggi nei quali Epicuro esorta ad una vita sobria: cf. 4. 1. 4. Resta plausibile l'ipotesi di GIGANTE (1981a), p. 63, secondo il quale Epicuro qui svilupperebbe una riflessione sulla παιδεία. Per BIGNONE (1973°), t, pp. 282-283, il frammento deriverebbe da una lettera nella quale, in polemica contro la scuola di Aristotele a Mitilene, Epicuro invitava Pitocle ad allontanarsi dagli studi liberali. * Cf. PHiLipPson (1936), col. 1266. * Dettagliata è l'indagine sulla vita di Timocrate offerta da ANGBLI (2016), pp. 1207-1223. * Dai frammenti di lettere giungono importanti testimonianze dei tentativi fatti da Epicuro e dai suoi φίλοι per una riconciliazione con Timocrate. Per un quadro delle fasi che caratterizzarono la vicenda che portò Timocrate ad allontanarsi dalla scuola e a formulare una violenta critica contro il maestro rimando a 4. 2. 2. * Cf. 4. 2. 4. ? Se è sicura l'identificazione del mittente con Timocrate per la quale cf. Diano (1946b), p. 27, discussa è, invece, l'attribuzione della lettera a Epicuro. Pensa ad una lettera di Epicuro a Timocrate ΕἼΒΒΙΟΙ (1960), p. το, che data lo scritto ad un periodo compreso tra il 309/308 e il 306/305, più probabilmente dopo il 307/306, comunque ad un periodo antecedente alla rottura di Timocrate con la scuola. Ritiene che il destinatario della lettera sia, invece, Leonteo ANGBLI (1990), p. 66, che,
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οἰκειότης (5) con il significato di premura affettuosa tra i φίλοι si adatta ai rapporti tra gli appartenenti "αἱ Kepos.' Pertanto con αὐτοί (4) è probabile che Epicuro intenda richiamare i φίλοι destinatari dei doni. ? Xopnyta (7), termine presente anche in 50 F2 (11 1), prova che si tratta di un sostegno economico. La non facile sequenza τῆς e]ic το[ιαῦτα ........ ] apluottovene (8-9) sembra riferita all’opportunitä del contributo, cioè alla necessità che il sussidio sia
sempre conforme alle esigenze e mai eccessivo.? Il frammento si chiude con l’esplicita richiesta a Timocrate di mostrarsi agli altri utile, χρήσιμον (10) e ben disposto, εὔνουν (11).* 74T Cf. 14 T A Firsone
Pochi sono i dati noti sulla biografia di Firsone, sulla sua attività politica e sul suo rapporto con Epicuro.* Filodemo (Piet. 33, 945-957 Obbink) conserva la raccomandazione di Neocle a Firsone, di distribuire in modo pio assistenza
tenendo conto di PHerc. 176 (s xix 6-11 Angeli), identifica, sulla base di PHiLIPPSON (1936), col. 1266, negli αὐτοί i fratelli di Timocrate, Metrodoro e Batide, attribuendo a οἰκειότης il significato di ‘parentela’. Cf. anche ANGBLI (1993), pp. 13-14, € ora anche ANGBLI (2013), pp. 20-22. Condivisibile è la cautela con la quale MILITBLLO (1997), pp. 213-214, attribuisce il frammento ad Epicuro che qui esorterebbe Timocrate a sostenere alcuni compagni di dottrina. ' Cf. MILITELLO (1997), pp. 213-214. Qui come nel Testamento (Diog. Lacrt. x 22, 267) οἰκειότης indica il sentimento di benevolenza che lega il contribuente al destinatario della donazione, ma anche l’intimità che per Epicuro (GV 15) unisce coloro che vivono nella stessa comunità. Secondo Epicuro (RS xL) è la πληρεοτάτη οἰκειότης il presupposto di quella piena soliditas che consente ai membri del Kepos di vivere in sicurezza una vita dolcissima nel segno dell'insegnamento di Epicuro. Puntuale è l'analisi della sentenza offerta da BoLLAcK (1975), p. 405, che individua nel superlativo πληρεοτάτη la chiave per interpretare il passo: se l'amicizia è completa non può essere scalfita neanche dalla morte. In Nat. xit ((28] Arr.), un frammento noto da Filodemo (Piet. 39, 1050-1054, Obbink), Epicuro, nel descrivere le relazioni degli dei con gli uomini, oppone la οἰκειότης, l'affinità, alla ἀλλοτριότης, la disaffezione. Cf. OBBINE (1996), pp. 472-473. Non stupisce dunque che in Men. 124 οἰκειόω definisca coloro che si sono occupati dell'acquisizione della virtù personale: sul passo importanti sono le considerazioni di HEBLER (2014), pp. 190-191. Anche nello scritto conservato nel PHerc. 176 (5 xx1 7 Angeli) οἰκειότης non indica un rapporto di parentela ma la familiarità che caratterizza il legame degli amici nel Kepos. Come ‘rapporto di amicizia’ o ‘intimità' il sostantivo οἰκειότης compare nel trattato etico conservato nel PHerc. 346 (x11 4 Capasso). Cf. Capasso (1982), p. 143. 2 Secondo LissicH (1960), p. 14, Epicuro si riferirebbe, nello specifico, agli amici di Lampsaco. ? Già UsENBR (1887), p. 160, ipotizza una costruzione con una finale retta da ἁρμόττω e stampa εἰς τὸ [prAocopeiv. Diano (1946b), p. 7, seguito da SPINA (1977), p. 53, integra ε)ὶς τὸ [μηϑὲν ἐλλείπειν. Ma ἁρμόττω con elc e l'infinito non è mai attestato: pertanto MiLITELLO (1997), p. 215, stampa e]lc toftabta. * Che la donazione sia manifestazione di εὔνοια verso il maestro e la scuola Epicuro lo dichiara anche in 121 F. Sull’utilità quale presupposto imprescindibile della φιλία epicurea cf. 4. 1. 7. * Cf. DonANDI (2012b), pp. 614-615.
COMMENTO
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agli dei.' Da qui deriviamo che Firsone, originario di Colofone, non era un uomo qualunque, ma un ἀνήρ, secondo a nessuno nella gestione degli affari politici, τὰ πολιτικά. La richiesta di Neocle, forse un desiderio anche dello stesso Epicuro, sembra suggerire il coinvolgimento di Firsone nella vita del
Kepos come garante della celebrazione dei riti.? 75 F1-F2 e 76 F confermano l'esistenza di un rapporto personale tra Epicuro e Firsone, 80 F1-F2 documenta un'affettuosa vicinanza di Epicuro anche con la famiglia di Firsone.
75 ΕἸ A proposito dello scritto πρὸς τοὺς AcxöAouc Filodemo (Mem. Epic. xxiv 3-8 Militello) richiama la lettera inviata a Firsone sotto l'arcontato di Diotimo (285/284) nella quale Epicuro cita l'opera.* Dal nostro frammento giunge una conferma dell'abitudine di Epicuro a promuovere la circolazione dei suoi scritti tra i φίλοι. ᾽ Purtroppo si è persa in lacuna (5) l'indicazione di ciò che Epicuro dichiara di aver spedito insieme allo scritto πρὸς τοὺς &cyóAouc.* Non stupisce che rivolgendosi ad un &cxoAoc quale era Firsone, cioè un uomo impegnato in politica, Epicuro abbia considerato e citato lo scritto che aveva dedicato agli impegnati che, pur non potendo dedicare la loro vita alla filoso-
fia, da questa potevano trarre vantaggio. ! Su Neocle cf. 115 F. Firsone è certamente la stessa persona menzionata come [lópcov in 80 Εἰ. * Cf. OBBINK (1996), pp. 451-453. Firsone forse rivestiva in relazione alla scuola un ruolo non marginale nella sua Colofone, città con la quale la famiglia di Epicuro aveva intrattenuto un fitto rapporto fin da quando il padre di Epicuro, un cleruco ateniesc a Samo, a Colofone si era rifugiato dopo aver lasciato la sua patria nel 322/321. Cf. VERDE (20132), p. 12. È probabile che la famiglia di Epicuro dipendesse anche da Firsone per il pagamento di una retta annuale di 120 dracme che i membri esterni della scuola pagavano per il sostegno di Epicuro e dei suoi amici, come suggerisce Filodemo (Piet. 28, 800-801 Obbink). Sul passo cf. OBBINE (1996), pp. 414-416. * Cf. ERBÌ (2016), pp. 300-301. * Singolare è qui l'impiego di κατά (2) per introdurre il nome dell'arconte. Cf. DoRANDI (1990), P. 23, e MILITELLO (1997), pp. 250-256. Sulla datazione dell'arcontato di Diotimo cf. anche OssonNB (2009), p. 86. Nello stesso anno Epicuro invia la lettera di cui resta 101 F. * Buone ragioni csistono per identificare lo scritto πρὸς τοὺς ἀσχόλους con la lettera περὶ τῶν ἀοχολιῶν richiamata da Epicuro in 96 F1 (1 e 7). A riguardo rimando al commento di 92 Tiab-2ab. Il contatto tra i due scritti ha suggerito a Serna (1977), p. 58, di integrare la sequenza πρὸς τοὺς &cxóAouc nel nostro frammento ben due volte (1 e 5-6). A proposito della circolazione di libri nel Kepos cf. 4. 2. 1. 2. Sulla presenza di autocitazioni nei frammenti cf. 6. * Non si può escludere che Epicuro qui affermi di aver inviato insieme allo scritto πρὸς τοὺς &cyóXouc anche un διαλογιομός, un trattato. [ν᾽ (5) ben si adatta alle poche tracce conservate. Alla prassi dell'invio di διαλογισμοί ai φίλοι lontani sembra far riferimento lo stesso Epicuro in 108 T. Per il significato che διαλογιομός assume nella produzione di Epicuro cf. 5. ? Il termine ἀσχολία, benché non frequente in Epicuro, è parola a lui cara. Non a caso nell'incipit dell'Epistola a Pitocle impiega il termine ἀσχολία nell’espressione τοῖς elc ἀσχολίας βαϑυτέρας τῶν ἐγκυκλίων τινὸς ἐμπεπληγμένοις per indicare quanti sono costretti a stare lontani dalla scuola perché imbrigliati nelle maglie strette delle attività quotidiane. Una riflessione sul termine in relazione a Pyth. 85 è offerta da De SANCTIS (2012), pp. 107-108. In GV 14 ἀσχολία è il quotidiano affanno nel quale l’uomo che ha scelto un βίος πολιτικός trascorre il breve tempo che gli è concesso di vivere nel continuo procrastinare il raggiungimento della gioia. Cf. RoskAM (20078), pp. 36-54. Non c'è
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75 F2 Subito dopo 75 F1 con x]at (1) Filodemo introduce un secondo excerptum
dalla stessa lettera di Epicuro a Firsone.' Difficile capire il senso delle linee che seguono: sfugge a chi si riferisca il participio Alyayxac|uwev[oc (1-2), quali siano i μέγιοτα κακά (2-3) e, ancora, cosa si intenda con la sequenza τὸν | τρό[πον] τ[οῦτο]ν καὶ toc[odr]ov (3-4). Altrettanto difficile è delimitare la fine del frammento. Ma Νικανορί (7), nome del quale è impossibile determinare il caso, potrebbe essere lo stesso Nicanore citato nel Testamento (Diog. Laert. x 20, 236), la cura del quale Epicuro affida a Aminomaco e Timocrate.? Se così fosse, non è improbabile che il riferimento a Nicanore sia da considerare parte dell’excerptum. Le poche lettere che si recuperano nei righi seguenti non consentono purtroppo alcuna riflessione. * 76 F
In relazione all’opportunitä di celebrare i riti sacri e per documentare la partecipazione in prima persona dello stesso Epicuro a tutte le festività religiose e ai sacrifici pubblici, Filodemo (Piet. 28, 797-29, 819 Obbink) cita un lungo excerptum da una lettera di Epicuro a Firsone inviata sotto l’arcontato di Aristonimo (277/276).* Benché non sia facile comprendere fino in fondo il senso delle parole di Epicuro, il passo è una preziosa testimonianza della partecipa-
zione di Epicuro e della sua comunità alle celebrazioni religiose sia pubbliche sia private. * Epicuro scrive a Firsone a proposito del suo concittadino Teodoto:
dapprima (6-14) richiama il proprio coinvolgimento nelle festività e nei culti pubblici, quindi (15-23) esorta Teodoto a celebrare la festa del ventesimo e offre indicazioni importanti su alcuni aspetti nella prassi della celebrazione di tale dubbio, quindi, che la differenza tra σχολή e ἀσχολία, per Epicuro, abbia a che fare con l'opposizione tra Bioc πολιτικός e βίος φιλόσοφος. Cf. MILITELLO (1997), pp. 43-44. L'assenza di cxoAr, limita fino ad impedire la ricerca filosofica. In relazione ad Aristotele NATALI (1991), pp. 94-98, ha dimostrato che la σχολή, è la condizione necessaria per il pensiero. ! Per le formule impiegate da Filoderno per raccordare excerpta tratti da una stessa lettera cf. 6. 2 Secondo SPINA (1977), p. 59, si tratterebbe del dativo Nıxavfolpfe. Sull'identità di Nicanore cf. GOULBT (2005c), p. 664. ? OBBINK (1996), p. 432, non esclude che i due excerpta possano provenire dalla stessa lettera da cui deriva anche 101 F. Se cosi fosse bisognerebbe pensare ad una lettera nella quale si leggevano sia le indicazioni sulla necessità di non violare la sacra mensa sia il riferimento allo scritto Agli impegnati. * Nello stesso anno è stata inviata anche 55 F alla quale rimando per la datazione dell'arconte. Benché la critica sia per lo piü concorde nel limitare l'excerptum alle lince 1-5, come risulta anche da ERLBA (1994), p. 113, appaiono convincenti le considerazioni di OaBINX (1996), pp. 420-421, a sostegno dell'ipotesi di considerare parte dell'excerptum anche le linee 16-23. Sulla base di una suggestione di USENBR (1887), p. 151, OBBINK (1996), pp. 412-414, fa derivare il nostro frammento dalla stessa lettera dalla quale provengono anche 80 Fi-T2: Epicuro in uno stesso scritto in forma di lettera destinato a Firsone e a suo padre Dositeo, avrebbe considerato, in relazione a Teodoto, l'opportunità del coinvolgimento in celebrazioni religiose sia pubbliche sia private e, in relazione alla morte di Egesianatte, la convenienza dei riti funebri. * A tal proposito rimando a 4. 1. 3.
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festa. Epicuro fa un vero e proprio resoconto delle feste pubbliche a cui prende parte." Con τῶν ἑορτῶν [per] | nacav ue[cecyrxé|v[ac (6-8) si riferisce alle feste che ad Atene si celebravano in onore degli dei e sostiene l'opportunità per il saggio di prendere parte alle festività religiose qualunque esse siano.? Segue (10-14) un elenco con tali feste: i Xóec, i Misteri ed altre feste cittadine.? Il soggetto di [cuv]| εορτάζων (11-12) è lo stesso di γράφων (5), dunque Epicuro, che si riferisce a se stesso come uno dei tanti Ateniesi che prendono parte alle feste pubbliche e si offre quale paradigma per l'intera comunità epicurea.* E plausibile che [τὰ] | μυστήρια τά[οτι]κά (12-14) sia da riferire ai Misteri che si celebravano ad Atene in occasione delle Dionisie Urbane.* Per τὰς XA[Aac (14) € da sottintendere ἑορτάς. Subito dopo Epicuro offre alcune precisazioni sulle feste private del Kepos, le elxadec.* Αὐτόν (16), soggetto nel discorso indiretto retto da φησι (6), è da riferire a qualcuno diverso da Epicuro, con buona probabilità a Teodoto. La sequenza ἐπὶ τὸν τε]ϑλιμμένον | [deinvjov (15-16) € da intendere come un'estensione del discorso indiretto il cui verbo é
! Secondo
OBBINK
(1996),
pp.
420-421,
era
consuetudine
di
Epicuro
registrare
nci
suoi
scritti
attività e eventi a cui prendevano parte lui e la sua comunità. Tale prassi è criticata con asprezza da Plutarco (Non posse 1089C 5-7 - Us. 436). 2 A [qmcet] (6) integrato da BUcHELBR (1865, ora in 1915), p. 610, UsBNBR (1887), p. 34, preferisce [αὐτῷ], che riferisce a Firsone. Cf. ARRIGHBTTI (1973?), p. 453. ? In una porzione di testo non poco compromessa OBBINK (1996), p. 415, ricostruisce la sequenza κ[αὶ] με[τὰ φίλων] | με[τέχω]ν ralcav] | το[ύτων. Si tratterebbe di un'anticipazione di quanto espresso da ουνεορτάζω (11-12). Le festività dei Xöec erano celebrate il secondo giorno delle Antesterie,
secondo
un articolato
rituale.
Cf.
ROBBRTSON
(1993),
pp.
197-250,
e HAMILTON
(1992),
PP. 5-121. * Cf. FBsrUGIBRE (1968°, trad. it. 2015), p. 75, ma anche CASTNER (1982), p. 53. Spesso nelle lettere Epicuro ricorre all'esperienza della sua vita con intenzione protrettica. Cf. 5. 1. 2. La convenienza per i φίλοι di prendere parte alla celebrazione delle Antesterie & indicata da Epicuro anche in 64 F. * La sequenza è esito di una congettura di Opsink (1996), p. 416. Integra uvctiipra τὰ ["Artı)lxa BÜCHELER (1865, ora in 1915), p. 611, che legge qui un riferimento più generale ai riti che si celebravano in Attica. Cf. GoMPBRZ (1866a), p. 104. * Utile per comprendere la centralità della celebrazione delle εἰκάδες nell'assai ricco calendario delle feste dedicate al culto di Epicuro nel Kepos ἃ l'aggiornato contributo di Lonco Auniccuio (2014), pp. 39-64.
Non
c'è dubbio
che un carattere di un'associazione cultuale, dunque
un 8tacoc,
fu
impresso alla scuola epicurea fin dalla sua fondazione. Riflette sul carattere di Diacoc del Kepos già VON
WILAMOWITZ
(1881), pp.
263-291.
Cf.
BovANcá
(1937), pp. 322-327,
SCHMID
(1961, ora in 1984),
PP. 101-102 e ANGELI, COLAIZZO (1979), p. 93 n. 301. Nella prospettiva di una comunità cultuale che assume il suo pieno valore con la celebrazione della festività delle εἰκάδες, CLav (1983, ora in 1998). pp. 70-74, nell'indagare i molteplici contatti del pasto rituale celebrato dagli Epicurei con i culti eroici privati e ancestrali connessi alla rappresentazione della morte eroica a banchetto, non trascura il contatto tra le celebrazioni mensili del Kepos e quelle per Apollo εἰκάδιος, senza tuttavia arrivare alle posizione di BicNoNB (1973), t, pp. 588-590, che coglieva nell'uso conviviale epicureo un carattere apollineo oltre che una matrice peripatetica. Il comune culto degli Epicurei presenterebbe, addirittura, significative affinità con i riti sacrificali in onore degli eroi celebrati dai membri delle società attiche degli ὀργεῶνες cf. CLAY (1983, ora in 1998), pp. 71-72. Il recente intervento di Heßrer (2018b), pp. 409-425, indaga l'aspetto cultuale della comunità sia in relazione al contesto delle associazioni ateniesi sia in relazione alla consuetudine ellenistica del culto del sovrano, senza trascurare l'influenza che sul culto degli Epicurei esercitarono i riti dedicati a Dioniso.
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ἄγειν (17).! È plausibile che qui Epicuro anticipi con ἐπὶ τὸν τε]ϑλιμμένον | [δεῖπνον la modalità della celebrazione delle feste a cui farà riferimento subito dopo con la sequenza τ] ύτην ἄγειν | [nv ταῖς] elx&«c»c (17-18).? Epicuro, rivolgendosi a Firsone, dichiara necessario per Teodoto partecipare alla nota festività delle εἰκάδες, celebrata dalla comunità epicurea il ventesimo giorno di ogni mese, per la quale erano previsti comuni pasti cultuali, libazioni di vino e attività simposiastiche. Τε]ϑλιμμένον | [deinv]ov (15-16) è da riferire al banchetto che veniva consumato in occasione delle elxadec. * Con dtapölfporc εἰλ]απινα[ο)ταῖς (18-19) Epicuro richiama due diverse tipologie di convitati: gli interni alla scuola e gli esterni.‘ Εἰλαπιναοτήο è termine omerico attraverso il quale è conferita solennità al ruolo che avevano i convitati nella celebrazione delle feste in onore di Epicuro. * Τῶν κατὰ] τὴν olxiav ὅ[[λως öct]' L'interpretazione del passo è ben argomentata da OBBINE (1996), p. 421. [ΔεῖπνἾον è integrazione di Diss (1916, ora in 1969), p. 296, a lui suggerita da καλεῖν c εὐωχεῖν (22-23). Cf. anche PHILIPPSON (1921), p. 371. Ma Diels ricostruiva la sequenza ἀλ]ηλιμμένον | [ἐπὶ δεῖπν)ον riferendo il participio, come il successivo αὐτόν (16), a Epicuro. Appare, tuttavia, poco convincente per questo contesto l'immagine di Epicuro che si ungeva di olio in preparazione di un bagno. Te ]9A«uu£vov (15), inoltre, ben si adegua alla sequenza di lettere kAtupevov registrata dall'apografo napoletano che invece ἀλ]ηλιμμένον costringe ad emendare. ? Qui τε͵ϑλιμμένον (15) appare ben adatto a definire la nota frugalità del pasto degli Epicurei. Ad una condotta di vita nel segno della frugalità Epicuro esorta in più di un'occasione i destinatari delle sue lettere: cf. 4. 1. 4. Θλίβω è verbo che ricorre nella produzione di Epicuro riferito a parti minime. Cf. UssNER, GIGANTE, SCHMID (1977), p. 334. In Hdt. 56 il verbo descrive l'azione di diminuzione per compressione della grandezza degli atomi. Cf. VERDE (2013b), pp. 33-46. In Pyth. 99 e 107 è impiegato per la compressione delle nubi. Al posto di δεῖπνίον (6) non si può escludere né la ricostruzione del nome Ἐπίκουρ)ον suggerita da VocLiANO (1928), p. 127, né l'integrazione Θεόδοτ]ον. Cf. Ossınk (1996), pp. 419-420. “Avec, con lo stesso significato, si legge sia nel Testamento di Epicuro (Diog. Laert. x 18, 211) sia nello scritto conservato nel PHerc. 176 (5 xxvii 14-17 Vogliano). Il supplemento eix& - c»t di DieLs (1916, ora in 1969), p. 296, sana una dimenticanza del copista responsabile anche di altre omissioni nel testo, solo in alcuni casi emendate dal correttore: la sequenza εἰ xai, infatti, non è sintatticamente plausibile per alcuna ipotesi di ricostruzione. ? Considera il Liebesmahl delle elxadec, un banchetto rituale comune, ‘un’eucarestia’ basata sulla φιλία epicurea che nel tempo ha acquisito una connotazione piü fortemente commemorativa ScHmip (1961, ora in 1984), p. 102. Sottolinea il carattere commemorativo di tali feste anche Plutarco (Lat. viv. 1129A 3). Cf. Roskam (2007b), pp. 197-198. Il loro aspetto commemorativo rende del tutto comprensibile il motivo per cui queste feste, istituite quando Epicuro era ancora in vita e alle quali lo stesso Epicuro prendeva parte anche nel periodo della malattia, come si ricava da 115 E continuassero ad essere celebrate dagli Epicurei delle generazioni successive, in linea con le disposizioni date dal maestro nel Testamento. Non è un caso che Filodemo (Epigr. 27 Sider - 33 Gigante = AP 11, 44) rivolga al suo amico Pisone il celebre invito a prendere parte nella sua modesta dimora al parco pranzo nell'incontro annuale che si teneva il giorno venti. Con δειπνίζων (3), che offre una conferma a deinv)ov (16) del nostro frammento, Filodemo richiama in modo esplicito l'occasione del banchetto. Cf. SibBR (1997), p. 156. Plinio il Vecchio (Nat. Hist. 35, 5), non senza una perplessità polemica, documenta che ancora al suo tempo gli Epicurei onoravano il maestro celebrando il ventesimo giorno di ogni mese con una festa denominata icadas. * Per il significato di διάφορος con il valore di ‘diverso’ in Epicuro cf. Usener, GIGANTE, SCHMID (1977), P. 190. Traduce διαφόξροις con «distinguished» OBBINK (1996), p. 422. * Cf. Dists (1916, ora in 1969), p. 296. Εἰλαπιναςτής è definito nell'Iliade (xvi1 577) il troiano Pode figlio di Eezione, molto onorato da Ettore, compagno di banchetti. Nell'Odissea (1v 621) il termine compare con lo stesso significato di δαιτυμών, per indicare l'invitato ai banchetti. Cf.
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av ἐπιλαμπρυ[νάντω]ν (20-22) è da mettere in relazione con la sequenza καὶ τ[οὐ]ς ἄλλους τούς τε [κ]ατὰ τὴν οἰ[κέαν] ἅπαντας di 128 F (7-8). Nelle due espressioni é forse possibile scorgere un indizio sul luogo della celebrazione delle εἰκάδες: probabilmente le case private di φίλοι epicurei.' Esplicito è il richiamo di Epicuro all'impegno con il quale i φίλοι decorano e abelliscono tali abitazioni. Il participio ἐπιλαμπρυ[[νάντω]ν (21-22), infatti, ha il significato tecnico di rendere splendido ció che viene decorato in maniera devota per un'occasione celebrativa.? Epicuro ribadisce, infine, la necessità per Teodoto di richiamare tutti coloro che insieme parteciperanno al banchetto (22-23). Difficile è dire se καλέω 0 παρακαλέω siano termini tecnici, ma degno di nota è il loro impiego per esprimere l'invito formale sia nel nostro frammento sia nella sequenza napa [καλῶν εὐωχ[εἴ]ςϑαι con la quale in 128 F (6) φίλοι sono esortati a partecipare alla festività delle elx&dec. In πάντας (23) appaiono compresi tutti i gruppi di convitati alle celebrazioni in onore di Epicuro dei quali
è offerto un elenco in 128 F (1-12). Il lessico tecnico impiegato nel frammento per descrivere i vari aspetti del culto nel Kepos, non a caso presente anche in 128 E è il segno di una consapevole conoscenza della liturgia e suggerisce il carattere tradizionalmente religioso di tali culti.? A Caridemo
Il destinatario Caridemo è altrimenti ignoto. 77 F Il mittente della lettera da cui Filodemo (Mem. Epic. x 3-7 Militello) trae l'excerptum è con buona probabilità Epicuro, lo stesso di 16 F, citato da Filodemo subito dopo il nostro. Epicuro si rivolge a Caridemo a proposito della presenza ad Atene di una personalità non nota, forse la stessa a cui SNELL (1984), col. 429. A proposito dell'impiego di un lessico epico-omerico nei frammenti cf. 5. 1.1.3. ' Non esistono prove che tali feste si tenessero all'interno del Kepos, ma l'ipotesi di CLAREB (1973), ΡΡ. 386-387, che il Kepos si trovasse al di fuori delle mura di Atene, rende plausibile la presenza del sepolcro di Epicuro e dei fondatori della scuola nelle vicinanze del Kepos: fuori dalle mura di Atene, sccondo Eliodoro (Aethiop. 1 16, 5), si trovava il giardino con il monumento di Epicuro. Benché appaia fantasiosa la notizia data da Eliano (42a Domingo-Forasté - 218 Us.) e nota dal lessico Suida (c 2405 Adler), che Epicuro prescrisse che sulla sua tomba venissero poste tavole di pietra come offerte votive, & pur vero che le τράπεζαι erano accessori importanti per il culto degli eroi in Grecia. Forse alle mense sacre usate in occasione dei banchetti celebrati per lc εἰκάδες potrebbe far riferimento Epicuro in 63 F. Sulla questione utili sono le considerazioni di CLAY (1986, ora in 1998), pp. 100-102, il quale non esclude che nel luogo in cui si celebrava il culto di Epicuro ci fossero statue con un'importante funzione commemorativa. 3 Lo stesso valore ἐπιλαμπρύνω lo assume in una lettera probabilmente inviata da Idorneneo (34 Angeli) a Epicuro a proposito dei funerali celebrati per la morte di Apollodoro c citata nello scritto conservato nel PHerc. 176 (s xvii 3-4 Angeli). * Non pochi sono i casi nei quali Epicuro nei frammenti ricorre a termini ripresi da lessici tecnici allo scopo di rappresentare con rigore la realtà. Cf. s. 1. 1. 2.
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Filodemo dedica la sezione della sua opera nella quale cita l'excerptum.' E tuttavia sicuro che nel frammento sono riferite le parole pronunciate da Lico, il cui nome si legge anche in 16 F. Quanto resta del testo non aiuta a capire il senso del periodo. Con πρὸς ἡμᾶς (4) Epicuro, secondo una consuetudine frequente nei suoi scritti, si riferisce a se stesso. Ma la difficoltà di ricostruire il contesto non consente di interpretare v[ea)vicxo[. . . (4).? Il soggetto di ἥκει (3) € Lico. Forse nella lettera dalla quale Filodemo cita il nostro estratto comparivano le parole pronunciate da Lico quando si trovava ad Atene
presso la scuola. Multipli 78 F
Nello scritto conservato nel PHerc. 176 (5 xxv 31-36 Vogliano), all’interno della sezione dedicata probabilmente a Polieno, è citato un excerptum da una lettera inviata sotto il terzo arcontato di Diocle (286/285) a tre diversi destinatari: Anassarco, probabilmente lo stesso Anassarco destinatario di 5 E un destinatario del cui nome sono certe solo le lettere iniziali 'Apy- (3) e l'etera Leonzio.? Il probabile verbo alla seconda persona plurale, come suggerisce la sequenza cte (5), prova che la lettera è stata inviata collettivamente ai tre.*
Plausibile & ricondurre a Epicuro la paternità della lettera. Difficile &, invece, individuarne l'argomento. Non aiutano a capire le linee che precedono l'excerptum: forse un frammento di lettera nella quale si racconta di qualcuno che, recatosi con Epicuro a Lampsaco, viene incalzato dal destinatario ad agire con xappncta.
79 F Per dar prova dell'attitudine di Epicuro a tenere un atteggiamento moderato verso avversari e calunniatori, Filodemo (Epic. 11, xx 1-11 Tepedino Guerra) cita un excerptum da una lettera inviata collettivamente ad Arcefonte, Idomeneo e Leonteo.* Il nome di Arcefonte (3) é restituito sulla base della presenza del nome sia in 118 F1 sia in un estratto di lettera di Metrodoro a Epicuro: si uatta di due passi citati entrambi da Filodemo (Mem. Epic. xix-xx Militello) nella sezione dedicata a Cronio, al quale probabilmente Arcefonte era legato
! La restituzione del nome si deve a Gigante in base alla lettura di SPINA (1977), p. 52, xapl... nur, che corregge Χαι[ρεδήέ)μωι di SBDLBY (19762), p. 45, Cheredemo, fratello di Epicuro. 2 Se riferito a Lico, è plausibile che la sua età fosse compresa tra ventuno e ventotto anni. Cf. SPINA (1977), p. 70, e MILITBLLO (1997), p. 210. * Cf.
DogANDI
(1990), P. 126, € OSBORNE
(2009),p.
* In corrispondenza della fine di linea 5 è Presente un un | segno di fine linea dopo τῆς. VogLIANO (1928) p. 50, leggeva, invece, τῆς γί. na descrizione della sezione dell’opera in cui è riportato il nostro excerptum è in TBPBDINO Gunnar
(1994),
ΡΡ.
11-17.
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da un rapporto di amicizia.' Nel nostro frammento Idomeneo e Leonteo sono indicati quali guide della comunità di Lampsaco: è probabile che con la sequenza τοῖς πίερ]: τὸν Ἰδομενέα καὶ [A]e[o]vtéa (4-5) Filodemo intendesse riferirsi all'intero Kepos di Lampsaco, non solo ai destinatari della lettera. ἢ È plausibile che Apollonide (8) di cui si parla nel frammento sia anche destinatario di 7 T.? Resta a noi ignota l'identità dell’äctpoAoyoyewp£rpoc (1-2), ma il termine, un hapax, appare ben adatto ad esprimere chi frequentava a Cizico la scuola di Eudosso, il cui insegnamento, non a caso, era per lo più dedicato alla matematica, alla geometria e all'astrologia.* Epicuro sembra ammonire gli Epicurei di Lampsaco che nel tentativo di correggere Apollonide si sarebbero comportati con eccessiva severità, oltre la giusta misura.? Purtroppo non è facile capire quale fu l'atteggiamento di Apollonide così tanto criticato all'interno del Kepos. Ma la relazione richiamata da Epicuro tra l'episodio di Apollonide e ᾿᾿ἀετρολογογεωμέτροο di Cizico sembra suggerire che l'errore di Apollonide sia consistito nell'essere entrato in contatto con la scuola di Eudosso, forse spinto da interessi per le scienze matematiche derivati a lui, con buona plausibilità, dal discepolato presso Polieno. E non è facile neanche ca-
pire quale ruolo ebbe nello specifico Arcefonte rispetto all'intera comunità di Lampsaco coinvolta nella vicenda. Forse Arcefonte ebbe rapporti con la scuola di Cizico tali da consentirgli una buona conoscenza del pensiero degli avversari
e, forse, addirittura, di rivestire un ruolo di vigilanza nel Kepos di Lampsaco. * 80 Εἰ In un'ampia riflessione dedicata al piacere che deriva agli uomini dal credere negli dei, Plutarco (Non posse 1101A 3-B 5), a proposito dell'atteggia' Cf. SEDLEY
(19762), pp. 26-31,
e MiLiTBLLO
(1997), p. 231. Su Arcefonte cf. DORANDI
(1989b), p.
326. Su Cronio, del quale nelle lettere Epicuro offre un profilo esemplare, cf. 5. 1. 2. ? Non esclude che l’espressione indichi, piuttosto, una fazione interna alla scuola SEDLBY (19762),
Ρ. 28.
* 'AnoX[ jov(i Bou (8) di BARBIBRI (2017), p. 94, è lettura migliore di ἀποδ[είξεως di νοσιῖανο (1928), p. 60, e di &xov[tac] integrato da SEDLEY (1976a), p. 28, secondo il quale Epicuro affronterebbe qui un problema di dissidenza e rimprovererebbe i φίλο: del circolo di Lampsaco per essere andati troppo in là nel rigettare il concetto di &xovía, influenzati dalle idee di un anonimo membro della vicina scuola di Cizico. Cf. TBPBDINO GUERRA, TORRACA (1996), pp. 127-135 € BARBIERI (2020), Pp. 206-213, alla quale si deve il tentativo di ricostruire il profilo di Apollonide. Non crede che all'interno del circolo di Lampsaco si siano verificati episodi di dissidenza influenzati dalla scuola di Cizico e respinge la lettura anov[iac ANGELI (19812), pp. 48-52, secondo la quale il passo sarebbe in contraddizione con il ruolo attribuito da Epicuro al dolore fisico. Sulla correttezza della lettura Κυζικηνοῦ (1) cf. Spina (1971), p. 69 n. 1. * Per i rapporti tra la scuola di Eudosso a Cizico e il circolo epicureo della vicina Lampsaco cf. 4. 2. 5. Sull'impiego da parte di Epicuro di hapax nelle lettere cf. 5. 1. 1. 2. * A proposito del significato di dvatpecıc come la κόλαςις destinata ai responsabili di errori irrimediabili cf. BARBIBRI (2017), pp. 97-98. * Ciò sembra suggerirlo l'excerptum di lettera di Metrodoro citato da Filodemo (Mem. Epic. xx 3-10 Militello) nel quale Arcefonte appare come testimone della discontinuità con la quale Eudosso si sarebbe dedicato alla filosofia. Cf. MiLiTBLLO (1997), pp. 233-235.
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mento degli Epicurei di fronte alla morte di una persona cara, richiama, per bocca di Aristodemo, una riflessione sviluppata da Epicuro quando scrisse della prematura scomparsa di Egesianatte al fratello di questo Firsone e al loro padre Dositeo.! Benché il nome di Dositeo non sia altrimenti noto, la congettura Auct9eov trova una conferma nel vocativo ὦ Δωρί[ϑεε di 80 F2
(2). Una diversa pronuncia del nome giustifica [Iópcova dei codici al posto di Qupcova.? Che si tratti di un frammento di lettera di Epicuro lo prova la sequenza ἔναγχος γὰρ κατὰ τύχην τὰς ἐπιοτολὰς διῆλθον αὐτοῦ con la quale Plutarco chiosa la citazione.* In polemica contro quanti soffocano, come fosse un male, l'emozione per un lutto importante e, inevitabilmente, soccombono a mali ancora piü grandi, la crudeltà, la sfrenata ambizione e
il furore, Epicuro esorta a soffrire, ad addolorarsi con gli occhi bagnati di lacrime e a manifestare apertamente il dolore. Il contenuto del frammento, il tono consolatorio nonché le concrete indicazioni su come affrontare il lutto hanno suggerito di ricondurre il nostro testo alla produzione dedicata da Epicuro agli amici defunti. 5 Qui l'invocazione a Zeus, νὴ Aia, è espressione del sentito coinvolgimento di Epicuro nella personale esperienza dei suoi destinatari." Purtroppo quasi niente sappiamo della vita di Egesianatte, ma è plausibile che questa lettera, inviata da Epicuro a Firsone e Dositeo, possa coincidere con l'opera dal titolo Egesianatte.*
* Sul contesto della citazione cf. ADAM (1974), pp. 48-52. 1 Nel testo di Plutarco Awci9eov è restituito da USBNER (1887), p. 138, mentre i codici hanno Cucideov (gc) o δοείϑεον (E) che secondo Einarson, Ds LACcY (1967), p. 110, si sarebbe generato da cociBeov. Su Dositeo cf. GOULET (1994c), pp. 898-899. * Come notava già GoMPERZ (18662), p. 157, si tratta dello stesso Firsone destinatario di 75 F1-F2 e 76 F.
* Plutarco qui offre una preziosa testimonianza a proposito dell'epistolario di Epicuro. Cf. 6. Sulla possibilità di datare la nostra lettera al 289/288 in base a un contatto tra il nostro testo e 76 P cf. supra, p. 192 n. 4. * Sul concetto di δοξοκοπία che, insieme alla crudeltà e al furore, è responsabile, secondo Epicuro, della mancanza di dolore che produce l'insensibilità cf. 4. 1. 6. Qui Epicuro intende forse colpire le scuole filosofiche che promuovono l'apatia di fronte alla morte di un proprio caro. Indizi di una polemica di Epicuro contro Stilpone, paradigma di un atteggiamento apatico nel segno della pià assoluta autosufficienza del saggio, sono in 95 Fı-F3, 95 T. Sull'opportunità per il saggio di cedere al dolore del lutto cf. 4. 1. 5. * Inserisce la lettera nella sezione «letters of consolatio» STOWBRS (1986), p. 143. Cf. KASSBL (1958), P. 30. Utili le considerazioni sviluppate a riguardo da HsBLBR (2015), pp. 95-98. Sulla produzione commemorativa di Epicuro rimando a 4. 1. 3. ? La funzione stilistica delle invocazioni nelle lettere di Epicuro è descritta in 5. 1. 1. * La lettera è inserita sia da USENBR (1887), p. 138, sia da ARRIGHETTI (1973), p. 424, nella sezione πρὸς Aucideov. Cf. anche ERLBR (1994), p. 104. Ma appare convincente l'ipotesi di OBBINE (1996), pp. 412-414, di un'unica lettera inviata a due destinatari, Dositeo e Firsone, in occasione della morte di Egesianatte. Anche SMITH (1993), pp. 560-561, sostiene che il nostro frammento provenga dalla stessa lettera da cui deriva 80 Fı. Sulla coincidenza della lettera con l’Egesianatte, opera che compare nel catalogo dei βέλτιοτα cuyypappara di Epicuro offerto da Diogene Laerzio (x 27, 345), cf. 6.
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80 F2 Ragioni di opportunitä hanno motivato la scelta di inserire questo fram-
mento nella sezione dedicata a lettere inviate a destinatari multipli e non ad un destinatario singolo, benché il vocativo ὦ Auct[9ee (2) suggerisca la provenienza del frammento da una lettera inviata ad un unico φίλος. Poco si sa di Dositeo, ma i soli dati che possediamo si ricavano da 80 F1, un frammento con il quale il nostro testo presenta più di un contatto. È verosimile, infatti, per non dire sicuro, che si tratti dello stesso Dositeo padre del piü noto Firsone entrambi destinatari di 80 F1. Il testo è in gran parte integrato, ma il riferimento al desiderio del figlio (2-3) suggerisce lo stesso contesto consolatorio di 80 F1. L'invocazione νὴ] | [τὸ]ν Διόνυσον (3-4) sembra poi richiamare vn Δία di 80 F1.' Non si può escludere che in occasione della morte di Egesianatte Epicuro abbia potuto scrivere sia una lettera a Dositeo e Firsone sia una al solo Dositeo. Ma a partire dalle informazioni a noi note appare anche plausibile che Epicuro
per consolare Firsone e la sua famiglia abbia inviato a lui e a suo padre un unico scritto nel quale per dimostrare il proprio coinvolgimento abbia impiegato almeno una volta il vocativo ὦ Awci[dee (2). 8T
Della lettera dà testimonianza lo stesso Epicuro in 15 F1. Epicuro si rivolge
ad almeno due destinatari, probabilmente entrambi coinvolti nella liberazione di Mitre: ad Erodoto, destinatario in 15 F1, e ad un secondo destinatario, probabilmente Metrodoro. 82 T
Subito dopo l'elogio a Polieno, la cui magnanimità a lui procuró perfino
la benevolenza dei filosofi di altre scuole, l'autore dello scritto conservato nel PHerc. 176 (s xxiv 4-16 Vogliano) cita una lettera inviata da Epicuro sotto l'arconte Filippo a Polieno e a Leonteo.? Benché la sequenza alle linee 11-13 suggerisca che si tratti di un'unica lettera inviata a due destinatari, l'impossibilità di ricostruire l'excerptum non consente di escludere l'ipotesi di due differenti lettere.? Purtroppo ignoriamo i contenuti: qui Epicuro sembra voler richiamare i buoni rapporti intrattenuti da Polieno con gli Stoici.* * Cf. SMITH (1993), p. 317, € SMITH (2003), p. 128. ? Nello stesso anno Epicuro scrive anche le lettere da cui derivano 16 F e 85 F1-F2. Sulla datazione dell’arcontato di Filippo cf. 16 F. Su Polieno cf. supra, pp. 175-176, e su Leonteo cf. supra, p. 154. * La sequenza entre (11) si legge con chiarezza nonostante una rottura verticale divida il papiro in corrispondenza di τ: ma è plausibile qui un errore dello scriba per ἐπέ ye. Cf. GomPBRZ (1866b, ora in 1993), p. 30, € GIGANTE (19812), p. 25 n. 2. La paragraphos (11) che ho letto sembra avere la funzione di segnalare la citazione della lettera. Interpunge dopo ἔγραψεν (11) PHILIPPSON (1928), p. 393. Cf.
ARRIGHBTTI
(1973'), p. 435, € ERLBR
(1994), p. 109.
* Per ricostruire i contatti di Polieno con gli Stoici cf. TEPEDINO GUBRRA (1991), pp. 51-55. Una riflessione sul passo alla luce delle testimonianze a noi giunte sulle relazioni tra Kepos e Stoa & offerta da ANGBLI (1993), pp. 17-19. Ai seguaci della scuola stoica Epicuro si riferisce anche in 8 T e in 138 T.
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Gruppi Agli amici d'Egitto (?) 83 T
Plutarco (Lat. viv. 11280E 10-1129A 3) subito dopo aver dato testimonianza dello scambio epistolare di Epicuro con gli amici d'Asia (84 T), richiama, non senza malizia, l'attività di Epicuro volta a diffondere la sua dottrina in Egitto. Benché sia necessaria molta cautela, non credo si possa escludere che qui Plutarco con la sequenza τοὺς ἀπ᾽ Αἰγύπτου ξενολόγει intenda riferirsi a lettere πρὸς τοὺς Ev Αἰγύπτῳ φίλους attraverso le quali Epicuro concretizzava il suo impegno nel proselitismo.' Agli amici d'Asia 84 T
Per Plutarco (Lat. viv. 11280E 10-1129A 3) la corrispondenza
di Epicuro
con gli amici d'Asia, la diffusione della sua dottrina in Egitto, l'invio di libri a uomini e donne con l'intenzione di dimostrare la propria saggezza e le indicazioni testamentarie sono atti che provano una partecipazione del filosofo alla vita pubblica, contro il suo stesso imperativo λάϑε βιώσας. Non senza un'intenzione polemica, che emerge anche dall'uso di ξενολογέω e δορυφορέω, termini propri del lessico militare, Plutarco, nel sottolineare la contraddizione del comportamento di Epicuro, offre una preziosa testimonianza di lettere inviate dal maestro agli Epicurei d'Asia. Tra gli amici d'Asia dobbiamo immaginare i φίλοι di Mitilene e i φίλοι di Lampsaco con i quali Epicuro da Atene mantenne sempre vivi i contatti, come documenta l'affettuosa corrispondenza che riusciamo a ricostruire, ma anche i φίλοι di Samo ai quali Epicuro invia 89 Εὖ Purtroppo non possiamo dire se con οἱ Ev 'Acta φίλοι Plutarco indi-
casse in generale gli Epicurei d'Asia o se facesse riferimento nello specifico ad una singolare raccolta di lettere, forse già a lui nota con questo titolo.? E non sappiamo neanche se con οἱ ἐν "Acta φίλοι Plutarco intendesse solo i φίλοι di Mitilene e Lampsaco o anche altre comunità di Epicurei presenti in Asia.* ' Era prassi della scuola epicurca reclutare nuovi membri al di fuori della comunità dei φέλοι: a riguardo sono canoniche le pagine di Frischer (1982), pp. 67-86. Sulla diffusione dcl pensiero di Epicuro in Egitto, preziosi indizi giungono dai papiri. Cf. 6. * Agli amici di Lampsaco Epicuro invia 85 Fı-F2, 86 F, 87 F. Ai filosofi di Mitilene invia 88 Fı-F7. Alla comunità di Mitilene apparteneva anche Ermarco destinatario di 11 F e 12 F. In generale sui destinatari delle lettere cf. 3. * Cf. Roskax (2007b), p. 196. * È plausibile che già al tempo di Epicuro fosse in atto un processo di diffusione e conseguente radicamento della dottrina epicurea in Asia, ben oltre i confini delle comunità di Mitilene e Lampsaco. Proprio tale processo avrebbe prodotto i contesti nci quali si sarebbero formati, cempo dopo, Filodemo e, in seguito, Diogene di Enoanda. Spiega il meccanismo di decentralizzazione della filosofia SEDLBY (2003), pp. 31-41. Sulla storia della diffusione dell’Epicureismo in Siria cf. SMITH (1996), pp. 122-125. Perfettamente in linea con lo spirito della filosofia epicurea, secondo RosxAm (2015), pp.
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Agli amici di Lampsaco La comunità epicurea di Lampsaco fu fondata da Epicuro nel 310/309. Non stupisce che Strabone (xit1 589-590) affermi che Epicuro fu in un certo qual modo un lampsaceno, avendo vissuto a lungo a Lampsaco e avendo per amici i migliori della città, gli uomini della cerchia di Idomeneo e Leonteo. La profondità del rapporto che legava Epicuro agli allievi di Lampsaco ben si coglie nell'invito che Plutarco (Lat. viv. 1129a 1), pur se in tono polemico, rivolge
a Epicuro di non comportarsi come lo scudiero degli efebi di Lampsaco.'
Quando Epicuro parte per Atene nel 306 i contatti tra il maestro e il circolo sono mantenuti vivi da una fitta corrispondenza epistolare della quale sono conservati non pochi frammenti. ? 85 F1
Dopo 101 F e 61 F2, ma prima di 71 Fe 54 F, Filodemo (Div. xxxv 34-42 Tepedino Guerra), per consolare quanti temono fastidi e molestie dal passaggio dalla povertà alla ricchezza, cita un excerptum dalla lettera inviata da
Epicuro agli amici di Lampsaco sotto l'arconte Filippo (291/290).? Il passo &
lacunoso, ma è plausibile che qui Epicuro, con una riflessione sulla povertà e sulla condizione di schiavitü, intenda offrire indicazioni relative alla necessità di tollerare ogni difficoltà, sia economica, sia relativa alla propria condizione umana.* Forse qui Epicuro aveva in mente anche il caso di Pitocle, destinatario in 71 F di un monito a gestire l'imprevedibilità della sorte.* Ma non sfugge un contatto con il contenuto di 85 F2, che rende plausibile la provenienza dei due frammenti da una stessa lettera. 85 F2 Forse una riflessione sulle condizioni di povertà e ricchezza & conservata nell'excerptum citato da Filodemo (Div. Lv1 25-32 Tepedino Guerra) in rela-
151-174, appare il messaggio che attraverso la monumentale iscrizione Diogene di Enoanda rivolge ad un pubblico ampio e variegato. * Cf. RoskAM (2007b), p. 196. * Tale corrispondenza si compone sia di lettere indirizzate a singoli appartenenti alla comunità: ‘Temista
(16 Ε 17 Ε
18 T, 19 T),
Idomeneo
(20
Ε 21 T, 22 F1-F2,
23 E, 24 E 25 F1-F2,
26 Fı-F2,
27 E
28 E 29 F, 30 T, 31 E, 32 T, 33 E 34 Ε 35 Ε 36 Fab), Colote (37 E, 38, 39 Ε 40 Fıab-F2), Leonteo (4: T, 42 T, 43 F 44 E 45 T, 46 T), Metrodoro (51 E 52 T), Polieno (60 E 61 Fi-F3, 61 T, 62 Ε 63 E, 64 E 65 E. 66 E), Pitocle (67 T, 68 E 69 T, 70 Fabcd, 7: F, 72 F), Timocrate (73 Ε 74 T), sia di lettere rivolte a più persone (79 E 82 T), ma anche di lettere inviate all'intera comunità (85 Fi-F2, 86 F 87 F). * Sotto l'arcontato di Filippo, Epicuro invia anche la lettera di cui resta 16 F e la lettera di cui 82 'T offre una testimonianza. Sull'importanza del (rammento per la ricostruzione della biografia di Pitocle cf. ERLER (1994), p. 106. * A proposito della capacità del saggio di sopportare i cambiamenti di fortuna rimando a 4. 1. 4. ’ Resta incerta l'ipotesi, sostenuta da una parte della critica, di ricondurre anche il nostro frammento alla stessa lettera da cui è tratto 71 F. Identifica tale lettera con la nota λαμπρὰ ἐπιοτολή, di cui 45 T offre una testimonianza, Diano (1946b), p. 29. Cf. anche Diano (1948), pp. 64-68. Ma rimando alle considerazioni sviluppate a proposito di 45 T.
202
MARGHERITA
ERBI
zione al sostegno che puó giungere dal λόγος filosofico. Da subito si coglie l'affinità tematica del contenuto con 85 F2. Filodemo, poco prima di citare il nostro frammento, non a caso dichiara che il λόγος deriva gli stessi piaceri sia dalla povertà sia dalla ricchezza, poi richiama il lusso, πολυτελεία, e la frugalità, λιτότης. Una nuova lettura del papiro mi ha consentito di recuperare alle linee 5-7 una porzione dell'excerptum: éxat[épov] | ἐπὶ τῶν ο[ο]φῶν ἱοτα[μέ]νου λέγεται μετὰ τῆς av|[. E probabile che Epicuro qui si riferisca al comportamento dei saggi quando si trovino ad affrontare ricchezza e povertà, forse in relazione alla felicità, come suggerisce εὐδαι] μ[ο]νίαν (1-2) di Filodemo.? Piü difficile capire il senso delle linee che seguono. Quanto resta del testo sembra suggerire τῆς aù|[tapxetac (7-8). Un riferimento alla αὐτάρxeta, in questo contesto, non apparirebbe fuori luogo: in una prospettiva epicurea e l'indipendenza dai desideri che consente al saggio di godere del poco e di gestire senza timore la sorte.? Non sfugge peró che la lunghezza dell'integrazione mal si accorda alle dimesioni della lacuna. 86 F
Filodemo (Mem. Epic. vit 2-11 Militello) cita un excerptum dalla lettera inviata da Epicuro agli amici di Lampsaco sotto l'arcontato di Eutio (283/282) come provano il nome dell'arconte, ἐπ᾿ Εὐϑ[ίου (3), e la sequenza τοῖς ἐν Λαμψάϊκωι φίλο[ις ἐπιἸετέλλων (4-5).* Benché la maggior parte della critica traduca aipecıc (3) con ‘scuola’ e interpreti il richiamo a Cizico come un’allusione all'interesse di Leonteo per Cizico o ad una rivalità fra le due scuole, è plausibile che qui aipecıc abbia il significato di 'scelta'.* Purtroppo resta difficile capire a quale scelta qui Epicuro si riferisca. La sequenza κατὰ τὰ ἐν "Ku Killxoı (1-2) restituita da Vogliano, benché appaia sintatticamente slegata dal nostro excerptum, sembra tuttavia suggerire un contesto: i contatti degli Epicurei di Lampsaco con la scuola di Eudosso.* Soggetto di ἐπιμεληϑείς (2) è con buona probabilità Epicuro, che si sarebbe occupato di Leonteo in relazione ai fatti di Cizico.” Resta difficile interpretare quanto resta dell'excerptum
! Cf. TEPBDINO GUBRRA (1978), p. 91. Emerge anche da 61 F2 una riflessione su povertà c ricchezza. Per Epicuro é funzione principale del λόγος la terapia dell'anima cf. 4. 2. 1. 3. * Il termine è ricostruito da TBrepıno GUBRRA (1978), p. 74. ? Che la αὐτάρκεια sia un presupposto indispensabile per una corretta gestione delle ricchezza è discusso in 4. 1. 4. * La lettura ἐπ᾿ Εὐϑ[ίου di SPINA (1977), p. 51, esclude la triplice relazione stabilita da Diano (1946b), p. 29, tra il nostro excerptum, 85 Fi e 45 T. Cf. ANGELI (1982), p. 425. Sulla datazione dell'arcontato di Eutio cf. OssorNE (2009), p. 87. * In proposito sono convincenti le considerazioni sviluppate da ANGELI (1982), p. 426. Cf. anche SPINA (1977), p. 51, € MILITBLLO (1997), pp. 202-203. * Cf. Diano (1946b), p. 29, e SPiNA (1971), pp. 69-72. Dubita, invece, della relazione tra quanto si legge nell'excerptum e i rapporti dei piXot con la scuola di Cizico SEDLEY (19762), p. 38 n. 32. In generale sui contatti tra gli Epicurei di Lampsaco e la vicina scuola di Cizico cf. 4. 2. 5. ? Plausibile, se si tiene conto delle tracce di inchiostro conservate sul papiro, restituire il nome di Leonteo (2), come proposto da ANGBLI (1982), p. 425. Ma cf. MILITELLO (1997), p. 204.
COMMENTO
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(5-6).' La paragraphos sotto le prime lettere della sequenza μενα (9) segna probabilmente la fine della citazione.? 87 F
Plutarco (Non posse 1090A 10-1091A 12), contro la convinzione di Epicuro di una possibile, fiduciosa e ferma attesa di vita in relazione al piacere del corpo,
intende dimostrare che per chi ricerca il benessere del corpo non & possibile procedere senza mai provare paura o turbamento. Sia la caducità della carne sia eventi della fortuna possono non garantire la giusta disposizione d'animo per la ricerca del piacere. Il corpo, dunque, appare come il mare sempre
soggetto ad uragani, tempeste e sconvolgimenti intensi. Alla luce di tutto ció appare chiara la prospettiva dalla quale Plutarco (Non posse 1090E 5-8) vede nella disavventura in mare che quasi costó la vita ad Epicuro una forte contraddizione rispetto al suo pensiero. Il nesso ὡς γράφει suggerisce che fu lo stesso Epicuro a descrivere quanto accadde mentre navigava alla volta di Lampsaco. * Il poetico ἐριβρύχης, impiegato da Esiodo (Th. 832) in riferimen-
to al toro, ben si addice a descrivere con solennità il mugghiare del mare in tempesta. * Ma ἐριβρύχης richiama anche Beßpuxev con cui Omero (Od. v 412)
' Non sfugge che nella sequenza ἠκούοα[μεν γὰρ [ὅτι] δὴ Acovr[eoc] r&vr[a la costruzione di ἀκούω con ὅτι suggerita da CRONBRT (1906b, trad. it. 1975), p. 212, appaia irregolare. * La sequenza che segue ουἱναἸχϑόμεϑα τῆι παρὰ | τἀνδρίός (9-10) non è da considerare parte dell'excerptum, a meno che la paragraphos non abbia qui la funzione di segnalare un passaggio degno di nota nelle parole di Epicuro. La proposta di Spina (1977), p. 51, μέν, ἃ ουϊνα]χϑόμεϑα, da intendere ‘cose di cui ci addoloriamo', non aiuta a risolvere le difficoltà del testo. Meglio leggere con MILITBLLO (1997), pp. 205-206, μενα, ου[ναἸ]χϑόμεϑα, restituire il valore transitivo al verbo c climinare il difficile μέν alla fine di una proposizione. * Non c’è dubbio, invece, che l'iacidente capitò durante uno dei due o tre brevi viaggi in Ionia che Diogene Lacrzio (x 10, 118-120) documenta per Epicuro. Forse è ad uno di questi viaggi che Epicuro si riferisce in 89 F. * CF. ScHmiDT (1991), col. 694. Il suffisso intensivo &pr- amplifica il senso del termine con una soluzione apofonica. Per il valore del suffisso &p.- cf. CHANTRAINE (1999?), pp. 370-371. La sequenza 8&Aaccav εὐβραγκὴν ὑφ᾽ alc, conservata dai codici, è certamente corrotta, sia per l'impossibile εὐβραγκὴν sia per ὕφ᾽ alc. Altrettanto impossibili sono εὐβραγκὴν di a, nonché εὐκράγχην € εὐράγκην registrate entrambe nell'Aldina (B? e B?*). La lezione εὐκράγκην è stata sostenuta da GIANGRANDE (1990), p. 82. 'Tp’ £c è invece la lezione del Parigino greco 1675 (B). PonLENZ (1959), p. 135, stampa ϑάλαςςαν t εὐβραγκὴν, ὑφ᾽ ἧς, ma in apparato propone, non senza cautela, ἐμβρόντητον. Poco convincente appare il tentativo di Post registrato da EINARSON, Ds LaAcv (1967), p. 44, che scova in εὐβραγκήν un riferimento geografico c propone Εὐβοικήν. La sequenza 9aA&ccnc chpayyac, ὑφ᾽ alc è invece esito dell'impegno di Usener (1887), p. 158, di sanare il testo. EiNARSON, DE Lacy (1967), p. 44, emendano il testo in 9aAaccrc ἄμπωτιν, ὑφ᾽ ἧς: è difficile giustificare però la corruttela di εὐβραγκήν in ἄμπωτιν. Secondo ALBINI (1993), p. 181, εὐβραγκήν potrebbe celare un termine il cui significato abbia a che fare con l'azione di ingoiare acqua nei polmoni, 94Aaccav ἐν Bpoyxiorc. La correzione più convincente, sia sul piano paleografico, sia per il senso che restituisce è ἐριβρύχην ὑφ᾽ ἧς di BIGNONE (1973?), 1, pp. 502-504, sulla scia di &pißpuxov, ὑπ᾽ ἧς proposto in nota da RBISKE (1778), p. 487. Cf. anche Massa Positano (1969), p. 151 n. 22. Un quadro csaustivo dei tentativi fatti dalla critica per sanare il testo è offerto da Zacher
(1982),
pp.
179-182.
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MARGHERITA
ERBi
descrive l’onda che si infrange con fragore sulle rocce emerse dalla superficie del mare. Beßpuxev è anche impiegato da Omero (Od. x11 242) per descrivere Cariddi intenta ἃ risucchiare l’acqua: intorno la roccia mugghiava, βέβρυχεν,
producendo un suono terrificante, colpita dalle onde.' 1] testo non oflre alcun indizio sulla forma del racconto, ma il successivo riferimento di Plutarco (Non posse 1101B 3) alla collezione di lettere di Epicuro rende plausibile che proprio ad una delle sue lettere Epicuro abbia affidato la descrizione di una tragica esperienza in mare, probabilmente un naufragio.? Un suggerimento per capire il senso del racconto di Epicuro giunge a noi dall'ampia narrazione del naufragio di Nicerato che fa Diogene di Enoanda.* Del tutto in linea con il pensiero di Epicuro espresso nelle Massime Capitali (xvi), con il naufragio e la salvezza di Nicerato Diogene prova che τὸ αὐτόματον, l'accidentale, l'evento che accade al di fuori del controllo umano, può essere benefico nella misura in cui rende buono ciò che è rite-
nuto conveniente alla natura.‘ Il naufragio, un evento che l'uomo non è in grado di controllare, ma pur sempre un evento che, nella prospettiva epicurea, si dà per natura, prova che anche in una circostanza tragica è possibile che la fortuna si riveli favorevole nel buon esito della vicenda. Non marginale però, nel sopravvivere al naufragio, è il comportamento del naufrago che, sopportando le avversità e i dolori, con saggezza e calcolo, attende il
! Cf. CLav
(1973b,
ora in 1998), pp.
192-193,
e HBUBBCE,
HOBESTRA
(1989), p. 131.
? Già Usener (1887), p. 158, inseriva il frammento nella sezione incertarum epistularum fragmenta. Difficile è che si tratti di un frammento della lettera Ai filosofi di Mitilene (88 F1-F7) come crede BIGNONE (1973°), 1, pp. 502-504. Sulla formazione dell’epistolario di Epicuro cf. 6. * La recente indagine di SMITH, HAMMBRSTABDT (2018), pp. 43-79, ha consentito di fare chiarezza sul testo dell'iscrizione (70-72 Smith) a partire dalla risistemazione dell'ordine dei frammenti e dall’integrazione di quanto si legge in un nuovo blocco di marmo (NF 214). Clamoroso è quanto il testo rivela. Del noto naufragio è protagonista Nicerato e non Epicuro: da ciò deriva anche che la lettera nella quale l'episodio è raccontato è da attribuire a Diogene e non a Epicuro come ha creduto per lungo tempo gran parte della critica a partire da CLav (1973b, ora in 1998), pp. 189-199, con la sola eccezione di HorrMAN (1976), 1, pp. 93-96, 11, pp. 280-286. Cf. anche BARIGAZZI (1975), pp. 99116, GRILLI
(1978), pp.
116-118,
Laxs,
MILLOT
(1976), pp. 322-326,
ARRICHBTTI
(1978b), pp.
163-165.
Per uno status quaestionis in relazione al dibattito della critica sul racconto del naufragio cf. Surr (1993),
p. 519, e SMITII
(2004), pp.
247-249.
* Scorge nel linguaggio della massima una risposta a Democrito CLAY (1972, ora in 1998), pp 3334. Per Diogene, in quanto epicureo, τὸ αὐτόματον e τύχη non possono che avere lo stesso significato come prova SMITH (1998), pp. 161-162. La τύχη, nella prospettiva etica di Epicuro (Men. 134-135), non ha il potere di condizionare né in bene né in male la vita dell'uomo ma dà solo inizio ai beni o ai mali. Cf. HsBLER (2014), pp. 317-324. La relazione che intercorre tra la τύχη e il Aoyıcuöc nel pensiero di Epicuro è indagata da VERDE (2013€), pp. 177-197. La stessa riflessione è sviluppata anche da Metrodoro (49 Körte - GV 47). Cf. BOLLACE (1975), pp. 498-500. Per Epicuro la fortuna riguarda una parte piccola della vira e può unicamente determinare l’inizio al bene o al male, l'uomo è in grado non solo di predeterminare con la saggezza e il calcolo le cose grandi e migliori, ma anche di renere il giusto atteggiamento nelle poche occasioni condizionate dalla sorte. Da qui deriva il monito che Epicuro rivolge sia a Mitre (54 F) sia a Pitocle (72 F), coinvolti in spiacevoli cambiamenti di fortuna, a sopportare la casualità degli eventi. Cf. anche 85 Fı.
COMMBNTO
205
momento opportuno per mettersi in salvo. nell'esperienza dcl naufragio nella misura favorevole che il buon Epicureo ha saputo ce e da li nuotare fino alla riva. Nicerato,
La fortuna, dunque, ha influito in cui ha creato una condizione sfruttare per raggiungere le roccome Odisseo, è stato capace di
sopravvivere ad un naufragio, non senza l'aiuto della sorte, ma soprattutto grazie alla capacità di sopportare dolore e fatica e di calcolare il movimento dei flutti per sfruttarlo a proprio vantaggio.' Epicuro, dunque, reduce dal naufragio, potrebbe aver scritto agli amici di Lampsaco che lo aspettavano e aver raccontato la vicenda e lo scampato pericolo. La lettera potrebbe essere diventata l'occasione per una riflessione più profonda sulla possibilità per l'uorno di raggiungere la salvezza, forse anche l'occasione per un'analisi sull'influenza della fortuna nella vita dell'uomo. Al di là della prospettiva polemica che si coglie dal contesto di Plutarco, per Epicuro l'esperienza del naufragio ben avrebbe potuto provare che l'uomo nella vita, pur attraversando momenti di turbamento, ha sempre la possibilità di salvezza almeno
fino alla morte. Infatti per Epicuro (Men. 128) l'immagine del mare in tempesta rappresenta con efficacia la vita in preda alle passioni: il racconto del suo naufragio ha forse offerto a Epicuro la possibilità di dare una prova concreta di come, senza cedere alle sofferenze e al curbamento, sia possibile uscire da ogni tempesta, dunque anche dalla tempesta dell'anima, ostacolo al piacere.? L'importanza del messaggio dà ragione anche della scelta di un lessico poetico come suggerisce ἐριβρύχης e forse della ripresa di Ornero.? Si puó perfino arrivare a ipotizzare che il racconto di Epicuro, al di là del breve resoconto che ci offre Plutarco, avesse una significativa rilevanza all'interno del suo epistolario a tal punto da inaugurare una tradizione di successo nella scuola nella quale si inserisce Diogene con il racconto del naufragio di Nicerato. * ' Si deve in ogni caso a CLAY (1973b, ora in 1998), p. 190, aver messo in luce che il lessico epico che caratterizza il racconto del naufragio scolpito nell’iscrizione di Enoanda molto deve ad Omero (Od. v 313-493, XII 235-244). Cf. SMITH, HAMMBRSTAEDT (2018), pp. 52-63. 1 Indaga il significato della metafora della tempesta in Epicuro e poi nella successiva produzione epicurca HsßLBr (2014), pp. 244-245. ? Sulla consuetudine di Epicuro nelle lettere di impiegare un lessico poetico adeguando lo stile al contenuto e al destinatario cf. s. 1. 1. 3. * Ad una tragica esperienza in mare, forse un naufragio, Plutarco (Non posse 1103D 1-E 6) sembra riferirsi più volte anche dopo aver citato il nostro frammento in un contesto di dura polemica contro l'atteggiamento tenuto da Epicuro e dagli Epicurei verso i mali. Cf. BARIGAZZI (1975), p. 103. Sia l’immagine della nave risucchiata in fondo al mare o infranta contro gli scogli (Non posse 1103D 1-3) sia il participio διαλυϑεῖοα che descrive la condizione della nave dalla quale è stato sbalzato fuori l'uomo in mare, sembrano suggerire che Plutarco nel passo si riferisca ad un naufragio. Ma cf. SMITH, HAMMBRSTABDT (2018), p. 53 n. 18.
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Ai filosofi di Mitilene 88 Fi Sesto Empirico (Adv. Math. 1 4, 20-24), nel contesto di un’ampia riflessione sul rapporto di discepolato tra Epicuro e Nausifane, a proposito dello sforzo di Epicuro di apparire come un filosofo autodidatta e originale, ὑπὲρ τοῦ δοκεῖν αὐτοδίδακτος εἶναι καὶ αὐτοφυὴς quAócogoc, ricorda che Epicuro negò con
forza di essere stato allievo di Nausifane, tentando di distruggerne la memoria e rifiutando con disprezzo i μαϑήματα, incapaci, secondo Epicuro, di condurre al sapere, ai quali, invece, Nausifane si dedicò con grande serietà. A sostegno di
tali affermazioni Sesto cita dalla lettera Ai filosofi di Mitilene un primo excerptum, 88 F1.' Epicuro, contro le affermazioni di βαρύοτονοι, sguaiati urlatori, rifiuta di essere definito discepolo di Nausifane, il mollusco, solo per averlo ascoltato in mezzo a giovinastri ebbri.? Epicuro, pur ammettendo di aver ascoltato Nausifane e di aver partecipato alle sue lezioni, prende le distanze dal suo insegnamento: nella scena dei giovani ebbri è forse da vedere l’esito dell'attività didattica di Nausifane. Purtroppo non è facile capire chi siano i βαρύοτονοι, chiamati in causa da Epicuro: βαρύοτονοι potrebbe indicare, non senza un tono polemico, chi tra i suoi contemporanei lo associava a Nausifane.? ! BIGNONE (1973), 1, pp. 409-571, sulla scia di CRÖNERT (19062), pp. 19-24, riconduceva a questa lettera anche gli excerpta tramandati come frammenti della lettera περὶ τῶν ἐπιτηδευμάτων (93 F1 abcd-F2abc, 93 T), pensando ad una lettera [Πρὸς τοὺς ἐν Μυτιλήνη͵ φιλοςόφους περὶ τῶν ἐπιτηδευμάτων. Cf. anche Stecker (1968), col. 601. Il primo ad opporsi alla comune tendenza della critica a ricondurre alla stessa lettera tutte le testimonianze dello ψόγος di Epicuro è stato SEDLBY (1976b), pp. 127-132, sulla base di Ussner (1887), pp. 136 e 152-153. Fa una distinzione tra le due lettere anche ERLBR (1994), pp. 114-115. Pensa ancora ad uno scritto [Πρὸς τοὺς ἐν Μυτιλήνῃ φιAocógouc περὶ τῶν ἐπιτηδευμάτων GOULBT (20002), p. 177. Cf. anche VERDE (20162), p. 37. Molto discussa dalla critica è stata l'autenticità della lettera già a partire da CRONERT (19062), p. 20, per il quale i toni irriverenti che la caratterizzano mal si addicono ad Epicuro. Cf. anche VogLiano (1948), p. 108. Per LURIA (1936), pp. 21-22, la presenza del nome di Leucippo in 88 F7 sarebbe la prova che la lettera non può che essere un falso. L'ipotesi della falsificazione è stata sostenuta anche da SALVBSTRONI (1952), pp. 80-86. Non crede che i toni polemici possano costituire un argomento sufficiente per negare autenticità alla lettera ARRIGHBTTI (1973°), p. 680. Per una più ampia riflessione sul dibattito della critica in merito al contenuto della lettera e alla sua autenticità rimando a ERBÌ (2019), pp. 5-7. ? L'immagine di Epicuro che ascolta Nausifane è resa anche dal lessico Suida (e 2402 Adler). Cf. 13 E Nella prospettiva di Epicuro l'interesse per i μαϑήματα non può che produrre esiti negativi per la formazione dei giovani. Per tutto ciò rivendica con forza la sua autonomia contro quanti lo associano a Nausifane. Cf. 4. 1. 2. 5} termine, che ha le suc prime attestazioni nella produzione tragica, in Eschilo (Eum. 794) e in Sofocle (OT 1233) per indicare i lamenti profondi, nel iv secolo è impiegato come appellativo per indicare i cattivi attori, come suggerisce sia l'uso che nc fa Demostene (Cor. 262) sia la definizione che ne offre Polluce (1v 114 Bethe). Cf. WANEBL (1976), pp. 1152-1153. Da Plutarco (Non posse 1086E 4-F 2) sappiamo che Bapüctovoc rientra in una lista di espressioni villane, alexıcra ῥήματα, usate da Epicuro c Metrodoro contro Aristotele, Socrate, Pitagora, Protagora, Teofrasto, Eraclide ς ad Ipparchia. Cf. ZacHBR (1982), p. 48. Non è necessario credere, come fanno Eınarson, DB Lacy (1967), p. 17, sulla base di considerazioni di natura cronologica, che con fapberovoc Epicuro
COMMENTO
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Non è facile neanche capire il senso dell'insulto πλεύμων, letteralmente ‘polmone marino”, riferito da Epicuro a Nausifane. Sesto, subito dopo la citazione, precisa che Epicuro chiama Nausifane πλεύμων in quanto privo di sensibilità, &vatc9vvov.' La spiegazione offerta da Sesto è sostenuta da Aristotele
(PA 681a 10-19) secondo il quale le specie come i molluschi hanno una percezione simile a quelle delle piante.? Ad un πλεύμων, già Platone (Phil. 20e-21d) paragona l'esistenza di chi, non possedendo un'opinione vera e privato della capacità di calcolo, non é in grado né di godere del piacere nel momento in
cui lo prova, né di calcolare il piacere futuro.* Forse con πλεύμων Epicuro ha voluto colpire la convinzione di Nausifane per il quale una buona conoscenza della fisiologia e degli elementari moti di piacere e di dolore è sufficiente per possedere un'infallibile abilità persuasiva. * 88 F2 Subito dopo 88 F1 Sesto Empirico (Adv. Math. 1 4, 24, 5-6) cita dalla lettera Ai filosofi di Mitilene un secondo excerptum consecutivo al primo, come prova il nesso καὶ πάλιν προβάς (1).* Epicuro definisce Nausifane, πονηρὸς ἄνϑρωποο, uomo spregevole, e dichiara, senza riserve, che il suo impegno per i μαϑήματα non guida alla saggezza.‘ 88 F3
Secondo le indicazioni di Diogene Laerzio (x 7, 76-77) nella nostra lettera Epicuro avrebbe dato notizia dell'accusa rivolta a lui da Timocrate sul denaro speso per imbandire la tavola: una mina al giorno.” Una mina è una cifra spropositata, ben diversa da quella che risulta da 61 T, dove Epicuro riconosce si riferisca solo a Teofrasto. Suggestiva anche se non sostenuta da prove certe è l'ipotesi di SspLBY (1976b), p. 156 n. 70, secondo il quale Epicuro avrebbe qui inteso esprimere disappunto sulla modalità con la quale lui stesso era rappresentato in scena. A proposito della maschera di Epicuro sulla scena cf. 4. 2. 2. * Epicuro, dunque, criticherebbe Nausifane perché non ricorreva all'atc8cic quale criterio utile e necessario per indagare la natura. Cf. 108 T. 2 Cf. LENNOX (2001), pp. 300-301. Indaga la prospettiva dalla quale Sesto Empirico cita Epicuro, BLANK (1998), pp. 71-80. * Cf. FREDB (1997), pp. 174-176. * Sulla questione cf. WARRBN (2002), pp. 191-192. * Lo stesso nesso raccorda anche 56 F1-F2, 109 Fi-F2, 118 Fı-F2. Cf. 6. * La netta presa di distanza di Epicuro da Nausifane è secondo Cicerone (Nat. deor. 1 27, 73 € 33. 93) manifestazione di ingratitudine nei confronti di colui dal quale aveva appreso non poco. Cf. WARREN (2002), pp. 174-176. La presenza del participio ἐπιτετηδευκώς secondo CRÖNBRT (19068), p. 20, confermerebbe l'ipotesi dell'identità tra la nostra lettera e quella Sulle occupazioni. Ma dall'analisi dei due testi emerge che l'impegno sui μαθήματα che occupava Nausifane è ben altra cosa dagli ἐπιτηδεύματα, le occupazioni di alcuni filosofi prima della vocazione alla filosofia a cui Epicuro si riferisce in 93 Frabcd-F2abc, 93 T. Cf. 4. 1. 1. * La stessa notizia Epicuro la offre anche in 48 F. Benché non si possa escludere che qui Diogene riporti una calunnia di Timocrate, è comunque possibile cogliere un indizio della presenza nella nostra lettera di un riferimento da parte di Epicuro alla modalità di gestione quotidiana della tavola, dunque, all’atteggiamento da tenere nei confronti dei bisogni necessari. Cf. 4. 1. 4.
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di vivere con meno di un obolo. Difficile & mettere in relazione i due dati: ı mina corrisponde, infatti, a 60 oboli. Ma la grossa somma indicata da Epicuro otrebbe essere stata quella destinata al sostentamento dell'intera comunità.' È probabile che Timocrate abbia di proposito ripreso questa cifra per riferirla
non al sostentamento dell'intera comunità ma alle sole necessità di Epicuro perché apparisse esagerata, a conferma di una condotta di vita dissoluta. 2 88 F4
Diogene Laerzio (x 136, 1590-1595) cita una seconda volta la nostra lettera
insieme all'opera Sulle scelte e i rifiuti, al trattato Sul fine e al primo libro Sui generi di vita tra i luoghi in cui Epicuro avrebbe preso le distanze dai Cirenaici, ammettendo sia il piacere catastematico, quello nell'anima, sia il piacere in movimento, quello nel corpo. * Benché qui appaia difficile isolare le parole di Epicuro tra quelle di Diogene, forse nella sequenza δὲ ἀμφότερα ψυχῆς καὶ οώματος è possibile scorgere una ripresa della riflessione di Epicuro in relazione a questo argomento. * 88 F5 Poche righe dopo aver citato 88 F3 Diogene Laerzio (x 8, 87-91), a proposito dell'accusa rivolta a Epicuro da Timocrate di essere in polemica con tutti, * Cf. BALAUDÉ (1999), p. 1242 n. 7. 1 È evidente che l'accusa rivolta a Epicuro di un'esistenza dissoluta è costruita da Timocrate e dai suoi oppositori sull’invito di Epicuro alla soddisfazione dei desideri necessari, tra cui anche le necessità del ventre, quale passaggio indispensabile per eliminare dolore dal corpo e turbamento dall'anima. Cf. 4. 1. 5. L'accusa di dissolutezza trova, come è noto, fondamento nella distorta interpretazione delle parole dello stesso Epicuro (Men. 130-132) a proposito dei piaceri che derivano dal cibo. Dall'azione diffamatoria intrapresa da Timocrate ai danni di Epicuro deriva la fama di ghiottone attribuita ad Epicuro. Cf. 4. 2. 2. ’ Per 88 Fsla tradizione compatta ha ἐν τῇ πρὸς τοὺς ἐν Μυτιλήνῃ φίλους, dunque plAouc anziché φιλοςόφους che leggiamo invece in 88 Fı-F3. Cf. DORANDI (2013), p. 813. Ma la correzione di φἔλους in φιλοςόφους, proposta da Gassendi e accolta da Usener (1887), p. 91, non è necessaria. Secondo MUTSCHMANN (1915), p. 339 n. 1, φίλους andrebbe sempre ripristinato in analogia con le sequenze ἐπιοτολαὶ πρὸς τοὺς ἐν Αἰγύπτῳ φίλους (83 T), ἐπιοτολαὶ πρὸς τοὺς ἐν "Acta φίλους (84 T) e ἐπιοτολαὶ πρὸς τοὺς ἐν Λαμψάκῳ φίλους (8s F1-F2, 86 F). Mantengono il testo tradito gli altri editori. * Non è necessario con BIGNONE (1920), p. 216 n. 2, integrare τὰ γένη dopo ἀμφότερα. Alla ἡδονὴ ἐν xtvrcec e alla ἡδονὴ xavactruactxy, in relazione al τέλος dell'etica epicurea dedica un'ampia indagine PURINTON (1993), pp. 281-320. In particolare sul piacere cinetico sono canoniche le pagine di GIANNANTONI (1984), pp. 25-49. Il valore che Epicuro attribuisce al piacere cinetico e al piacere catastematico è argornento molto discusso dalla critica: cf. almeno NixoLskY (2001), pp. 440465, WOLFSDORF (2009), pp. 221-257, KONSTAN (2012), pp. 1-22, € LIBBBRSOHN (2015), pp. 271-296. L'opposizione tra ἡδονὴ ἐν κινήςει e ἡδονὴ καταςτηματική è punto cruciale, ma non unico, della divergenza fra Circnaici e Epicurei: una valutazione della posizione di Cirenaici e Epicurei a riguardo & offerta da WoLFrspoRrF
(2012), pp. 144-181, WARREN
798. In generale, sulla riflessione (2014b), pp. 991-1002, € ZILIOLI utili le pagine di Tsouna (2016), background culturale alla base del
(2013), pp. 85-103, € LIBBBRSOHN
dei Cirenaici sul piacere cf. (2012), pp. 149-170. Per un pp. 113-149, che non poca contrasto tra le due scuole.
O'KEBPE (2002), approfondimento attenzione pone Cf. anche VERDE
(2018), pp. 777-
pp. 395-416, WARREN sulla questione sono alla ricostruzione del (2018b), pp. 205-230.
COMMENTO
209
riferisce il giudizio di Epicuro su Nausifane. Benché non dichiarato in modo esplicito, non credo ci siano dubbi sul fatto che la lettera Ai filosofi di Mitilene sia tra le ἐπιστολαί qui richiamate da Diogene. Epicuro nelle sue lettere definiva Nausifane mollusco, illetterato, truffatore e prostituta, lo ricordava in preda al delirio rivolgere a lui ingiurie e chiamarlo maestro. Non stupisce che l'essere definito διδάσκαλος sia una delle ingiurie che Epicuro lamenta di ricevere da Nausifane.' Diogene (x 2, 20-21), da Ermippo (FGrHist Continued 82), richiama la notizia che Epicuro, prima di entrare in contatto con la filosofia attraverso gli scritti di Democrito, era un γραμματοδιδάσκαλος, un maestro di scuola. Sono inoltre noti da Diogene (x 3, 24-25) due esametri di Timone di Fliunte (51 Di Marco) nei quali Epicuro è descritto come il più vile e il più
svergognato dei fisici, un maestro, γραμμοδιδαοκαλίδης, il più incolto degli esseri viventi, ἀναγωγότατος Caóvtov.? Non sappiamo se nella realtà Epicuro esercitó mai l'attività di maestro di scuola come fece suo padre. In ogni caso, sia γραμμοδιδαςκαλίδης di Timone, sia διδάσκαλος riportato da Diogene hanno una forte carica denigratoria: raffigurare Epicuro come un maestro di scuola dava corpo all'immagine di una personalità grossolana, dedita al guadagno attraverso l'insegnamento piü che alla propria formazione filosofica.? Per tutto ció non stupisce che anche Nausifane lo abbia ingiuriato con questo epiteto per sottolineare la sua umile provenienza e dunque la sua mancanza di cultura. A questa offesa e alle altre ingiurie che a lui muove Nausifane Epicuro risponde con un elenco di insulti dietro i quali é forse possibile scorgere alcuni degli aspetti della critica di Epicuro a Nausifane: πλεύμων, mollusco, ἀγράμματοο, illetterato, ἀπατεών, ingannatore, röpvr,, prostituta. Se πλεύμων
è da connettere alla critica di Epicuro al pensiero di Nausifane soprattutto in relazione alla sensazione, ἀγράμματος, illetterato, ἀπατεών, ingannatore, πόρvr,, prostituta, sono, invece, da ricondurre all'accusa mossa da Epicuro a Nau-
' Per il significato della sequenza ἀποκαλεῖν διδάσκαλον cl. LAKS (1976), p. 56, che, a ragione, nega che qui si possa intendere, forzando la sintassi, che Nausifane si proclamava suo maestro. Né è necessario con USBNER (1887), p. 136, correggere διδάσκαλον in δύσκολον. Cf. ERLER (1994), p. 115. ? Considera Ermippo dipendente dal testo di Timone BoLLANSÉB (1999), pp. 549-553. Sull'interpretazione di γραμμοδιδαοκαλίδης cf. BicNoNB (1920), p. 194 n. s, che lo associa ai nomi in τιδης, assai frequenti in commedia, che derivano da un'attività e sono usati come cpiteti, per lo più con
intenzione
canzonatoria.
Secondo
Di
Marco
(1989), pp. 230-232,
€ CLAYMAN
(2009),
pp. 90-91,
invece, il sostantivo, da connettere all'attività di maestro del padre di Epicuro, manterrebbe tutto il suo valore di patronimico: cf. De WITT (1954), p. 40. ? È cosa ben nota che per tutta l'antichità l'attività del maestro di scuola fosse tenuta in scarsa considerazione: professione umile e dagli scarsi guadagni non richiedeva una particolare qualificazione ed era rifiutata dagli uomini di cultura, che la praticavano solo in casi di estrema indigenza. Sulla condizione del maestro nell’antichità canonico resta MARROU (19659, trad. it. 1966"), pp. 199-201. Nella tradizione biografica antica non sono pochi i casi in cui la notizia dell’esercizio dell'attività di maestro di scuola spesso deriva da un’offesa: per esempio l’attività di insegnante del padre di Eschine era motivo di derisione da parte di Demostene (Cor. 258). Cf. WANKBL (1976), pp. 1310-1311. Allo stesso modo Epicuro definisce Protagora in 93 Fzab. Per GaisBR (1988), pp. 485-486, il riferimento a questo mestiere ha una connotazione negativa. Cf. CorrADI (2012), p. 20.
210
MARGHBRITA
ERBÌ
sifane per la sua dedizione ai μαϑήματα. Per Epicuro il sistema paideutico di Nausifane fondato sui μαϑήματα e privo di un corpo sistematico di conoscenze utili all'indagine sulla natura non poteva che apparire del tutto fittizio: pertanto Nausifane, per Epicuro, non poteva che essere ἀγράμματος, ignorante. ᾿Απατεών, ingannatore, è con buona plausibilità da collegare al ruolo attribuito da Nausifane all'impegno retorico e politico del filosofo all'interno del suo
sistema educativo. Per Epicuro Nausifane si comporta come un sofista che
attira intorno a sé molti giovani, li illude di acquisire la τέχνη ῥητορική utile a condizionare gli ascoltatori e, dunque, indispensabile nella vita politica. Qui Epicuro sembra riferirsi alla sua personale esperienza di allievo di Nausifane. Anche il sostantivo πόρνη sembra alludere ad un aspetto dell'attività di Nausifane. Suggestiva è l’ipotesi che con πόρνη Epicuro abbia inteso accusare Nausifane di essere servo della cultura tradizionale per aver prostituito l'atomismo democriteo proponendo un sistema del tutto privo di supporto. ? Ma appare ben più plausibile che Epicuro appellasse Nausifane πόρνη perché, come un
sofista, era solito assecondare i desideri e le opinioni di tutti quelli che lo ascoltavano. * Gli insulti che Epicuro e Nausifane si scambiano reciprocamente e l'impiego dei verbi λοιδορεῖοϑαι e ἀποκαλεῖν, che rivelano un'intenzione denigratoria, sembrano suggerire addirittura una scena con un dialogo, forse perfino immaginabile in un contesto comico. 88 F6 Da ricondurre alla lettera inviata ai filosofi di Mitilene è, con buona plausibilità, anche 88 F6 che Filodemo (Adversus 116, 1-8 Angeli) cita subito prima di 88 F7.* Epicuro qui rievoca, non senza pungente polemica, la sua frequentazione di Nausifane presso Teo.* Manca nel testo un esplicito riferimento alla lettera ma non pochi, come vedremo, sono i punti di contatto con 88 F1-F2 e con 88 Fs. Epicuro afferma di aver preso parte ai banchetti quotidiani che si svolgevano a Teo intorno a Nausifane che sofisticava, leggendo libri di Anassagora e Empedocle e si dava premura per questioni di stupefacente sottigliezza.* Ἡμερ[οκ]ωμέαι[ς (2) descrive i banchetti che quotidianamente si svolgevano ! Cf. 4. 1. 1. 2 Cf. ANGBLI (1988b), p. 249. Non credo, come suggerisce LAxs (1976), p. 58, che πόρνη sia da connettere solo all'interesse materiale che deriverebbe a Nausifane dalla sua attività di insegnante. ἢ Un atteggiamento ben diverso da quello indicato da Epicuro (Diog. Laert. x 120b, 1415-1416) secondo il quale il saggio può tenere una scuola, ma non per molti e non per il volgo: cf. 137 F. * Il testo dei due excerpta è conservato solo dagli apografi napoletani e oxoniensi: i diversi tentativi della critica di costituire e interpretare il difficile testo sono esposti da ANGBLI (1988), pp. 241-251. ? Fu per primo CRONERT (19062), pp. 18-19, ad attribuire i frammenti ad Epicuro e a riconoscere in Nausifane il personaggio discusso nel passo. Cf. anche Disls, Kranz (1951-19525), 11, p. 247. Benché tale attribuzione sia stata accolta per lo più con favore dalla critica, non mancano voci di dissenso.
Cf. VocLiano
(1952b), pp. 86-87,
€ SALVBSTRONI
(1952), pp. 86-87.
* Ritiene che Epicuro sia il soggetto di cucyépevoc MUTSCHMANN (1915), p. 342 n. 2. Secondo SBORDONE (1947), p. 128, Epicuro qui intende ricordare la partecipazione di qualcun altro ai banchetti di Nausifane.
COMMENTO
211
a Teo presso la scuola di Nausifane e riporta subito alla mente l’immagine di giovani ebbri in mezzo ai quali Epicuro avrebbe ascoltato le lezioni di Nausifane resa in 88 F1 dove τινῶν χραιπαλώντων dxovcavta sembra suggerire che le lezioni di Nausifane coincidessero con momenti conviviali.! In queste occasio-
ni Nausifane proponeva ai suoi discepoli gli scritti di Anassagora e di Empedocle. Non pochi problemi hanno posto alla critica la lettura e la comprensione del frammento.? Cogptetevca[v]toe (4), con buona plausibilità da connettere con i participi successivi, &vayıvackov|toc (5-6) e τ[ε]ρϑρε[υο] μένου (7-8), assume un valore del tutto negativo: per Epicuro, Nausifane leggeva Anassagora e Empedocle, come avrebbe fatto un sofista, un qualsiasi insegnante di retorica.? Copecrevca[v]roc richiama φωναὶ copuetixat, dicerie sofistiche, di 127 F2 (8). L'uso del verbo οοφιοτεύω suggerisce che l'obiettivo di Epicuro è colpire l'atteggiamento di Nausifane, il metodo del suo insegnamento più che la scelta degli autori sui quali formare i suoi allievi. Dunque, il modo in cui venivano proposte le letture dei testi di Anassagora e Empedocle piuttosto che le letture stesse.* Con la sequenza t[e]p9pe[lvo]|uevou κατατεταμένω[ς (7-8) Epicuro insiste sul metodo di Nausifane: usare estrema sottigliezza in modo eccessivamente premuroso su attività che non portano alla saggezza. Il ricorrere nella sequenza τ[ε]ρϑρείυο] μένου xatatetapévo[c degli stessi suoni, nel rendere la dizione difficile e lenta, amplifica, inoltre, il senso delle parole di Epicuro. Questa espressione è da mettere in relazione con 88 F2 nel quale Epicuro definisce Nausifane rovnpéc, spregevole, dedito a quelle occupazioni
che non conducono alla sapienza, ἐπιτετηδευκὼς τοιαῦτα ἐξ ὧν οὐ δυνατὸν εἰς οοφίαν ἐλϑεῖν. E tra queste occupazioni soprattutto la retorica, che offre gli strumenti per sottili riflessioni vuote di contenuti. 88 F7
Subito dopo 88 F6 Filodemo (Adversus 116, 9-13 Angeli) riporta un altro excerptum raccordandolo al primo con ἣ πάλιν (1) che suggerisce per i passi ' Cf. CRONBRT (1906), p. 174. La presenza di Epicuro a Teo tra il 327 e il 324 è documentata da Strabone (xiv 18, 638): è in questa occasione che Epicuro avrebbe frequentato Nausifane e la sua scuola. Secondo SBORDONE (1947), p. 129, con ἡμεροχωμίαι Epicuro avrebbe risposto all’accusa di Timocrate, nota da Diogene Laerzio (x 6, 71-72), di essere un assiduo frequentatore di banchetti notturni. = Περὶ] | τοῦ copicrevca[viroc (3-4) è lettura di AnGBLI (1988b), p. 169, preferibile sia a μετ΄ αὐτοῦ οοφιοτεῦςα[ι] di SsorDONE (1947), p. 78, difficilmente compatibile con lo spazio, sia a πρὸ τοῦ copıcteücalı) di Vogliano ap. DiBLs, KRANZ (1951-1952), II, p. 247: accolta da gran parte degli editori e difesa con forza da VocLIANO (1952b), pp. 86-87, è sintatticamente difficile da giustificare. Sulla questione cf. anche SALvVESTRONI (1952), pp. 80-86. In realtà oc di copreresca[v}roc è incompatibile con le tracce conservate negli apografi, che suggeriscono piuttosto copicteucafv]voy, ‘orse un errore generatosi per omoioteleuto dall'articolo του. ? Quale fosse l'attività dei sofisti è reso chiaro dallo stesso Epicuro (Rh. [20.4] Arr.): assai abili nell'arte della parola, i sofisti prendono denaro dagli allievi che, incantati, hanno solo l'illusione di apprendere competenze utili alla vita. Cf. ErBÌ (2011), pp. 194-197. * Difficile è però dire se, come sostiene CRÓNBRT (19068), p. 174, con avayi[vkicxov|toc (5-6) Epicuro intendesse alludere con tono ingiurioso ai plagi nausifanei.
212
MARGHERITA
ERBI
una consecutività.' Nausifane è ricordato come colui che a Teo aveva radunato intorno a sé i mutilatori di Erme seguaci di Democrito e Leucippo. Con Ermocopidi Epicuro si riferisce alla gioventü, abituata ad atteggiamenti scandalosi, spesso responsabile di azioni come la mutilazione delle erme: dunque giovani coinvolti nella vita politica. Qui Epicuro sembra focalizzare l'attenzione ancora una volta sui risultati dell'insegnamento di Nausifane.? Nel definire Ermocopidi, quindi capaci di atteggiamenti empi, gli allievi di Nausifane formati secondo i precetti di Democrito e Leucippo, Epicuro mette in discussione il principio di metodo secondo il quale la φυοιολογία e, in particolare, la formazione su base atomistica, sia indispensabile ai buoni oratori e ai buoni politici. La critica di Epicuro ben risponde a quanto si legge in sintesi nello Gnomologio Vaticano (45): lo studio della natura, la guctoAoyta, non forma né vanagloriosi
né artefici di chiacchiere, né ostentatori di quella cultura apprezzata dai più.* Contribuisce a rendere efficace la critica di Epicuro al metodo di Nausifane anche la scelta del sostantivo ἑρμοκοπίδαι, non a caso una neoformazione comica che si deve ad Aristofane (Lys. 1094).* Per Epicuro Nausifane avrebbe mal interpretato la tradizione e avrebbe illuso i giovani di poter diventare validi uomini politici. Appare evidente che l'impiego di copıcreiw è da immaginare riferito alle pratiche dei maestri di retorica, a quelle attività non utili alla conoscenza filosofica come intesa nella prospettiva di Epicuro. Certo Epicuro, pur non negando di aver assistito alle lezioni di Nausifane, prende le distanze dai suoi insegnamenti basati su una superficiale lettura della tradizione e, pertanto, incapaci di offrire una solida formazione. Ma nell’allontanarsi dal sistema educativo proposto da Nausifane, Epicuro dà esplicita indicazione dei presupposti dello sviluppo del suo pensiero: è attraverso Nausifane che Epicuro è entrato in contatto con Anassagora, Empedocle, ma anche con Democrito e Leucippo. Anassagora, Empedocle, Democrito, Leucippo rappresentano la tradizione all’interno della quale Epicuro inserisce la sua ricerca filosofica che, com'è noto, porterà a ben altri risultati. Nel giro di poche righe, dunque, Epicuro, ripercorrendo la sua formazione, traccia in sintesi la storia del pensiero atomistico: dalle teorie pluraliste di Anassagora e Empedocle alle dottrine piü mature sviluppate da Democrito e Leucippo.* Si tratta di una tradizione alla base della formazione di Epicuro e di ogni Epicureo. Non è un caso, dunque, ! CÉ. 25 Fi-F2. ? MUTSCHMANN (1915), pp. 344-345, arriva perfino a vedere negli Ermocopidi la gioventù che si riconosceva nell’ideologja cirenaicizzante di Nausifane. Cf. ERLBR (1994), p. 115. ? Non c'è dubbio, come suggerisce BOLLACE (1975), p. 495, che nella sentenza Epicuro, pur senza rifiutare l'impiego dell'arte della parola in quanto tale, intenda criticare l'eloquenza insegnata e esercitata nelle scuole di retorica. Cf. anche ARRIGHBTTI (1973), p. 565. * Il termine è formato a partire da un suffisso patronimico, che sottolinea l'appartenenza dei mutilatori delle erme ad un gruppo familiare: coglie nella terminazione -ıdaı un'allusione al ceto di appartenenza, l'aristocrazia, SOMMERSTBIN (1990), p. 211. Sul passo di Aristofane cf. anche HgNDERSON
(1987), p. 194.
? Canonici
restano a riguardo
BaiLBY
(1928), pp. 9-214, e BARNES
(1982), pp. 268-296.
COMMENTO
213
che i libri di Anassagora e Democrito circolassero nel Kepos e fossero al centro degli interessi di Epicuro e dei suoi φίλοι come provano 112 Fe 125 Ε'
Il richiamo a Democrito e Leucippo merita una riflessione che coinvolge la
stessa formazione di Epicuro. Non & un caso che Ermippo (FGrHist Continued 82) citato da Diogene Laerzio (x 3, 20-22) ricordi che furono le opere di Democrito a far desistere Epicuro dall'essere un maestro di scuola, avviandolo alla ricerca filosofica.* L'aneddoto, che trova il suo fondamento nell'innegabile debito che la dottrina di Epicuro ha con la riflessione di Democrito sugli atomi e sul vuoto, stabilisce una relazione diretta fra di loro.? Ben piü ' Da
Diogene
Lacrzio
(x
12, 143-144
-
59a
26 DK)
sappiamo
che
secondo
Diocle
Epicuro
era
un estimatore delle dottrine di Anassagora benché se ne distaccasse per alcuni aspetti. Vede ncl passo un riferimento esplicito ad alcuni scritti di Epicuro Las (1976), p. 65. Una critica estesa ad Anassagora è probabilmente presente in Nat. xv come suggerisce SBDLBY (1998), pp. 123-125, il quale riconosce in Nat. xiv-xv un'originale c sistematica critica delle teorie degli avversari sugli clementi, dalla quale dipenderebbe poi Lucrezio. Su Epicuro testimone di Anassagora cf. SiLvgSTRE (1989), pp. 121-123. Ma un debito con Anassagora e Empedocle, e non solo con Democrito, é per esempio da scorgere nella formulazione del principio di conservazione espresso in Hdt. 38-39. Cf. VERDE (2010), pp. 86-87. Il nostro passo non è l'unica prova di un contatto diretto tra Epicuro € l'opera di Empedocle: ampio spazio alla critica ad Empedocle cra dato da Epicuro in Nat. xiv. Ridimensiona l'intenzione polemica di Epicuro in Nat. xıv-xv MONTARESB (2012), pp. 58-146. Per un'esaustiva ricostruzione della polemica di Epicuro contro Empedocle utili sono le pagine di LEONE (2007), pp. 221-240, che ritiene il nostro frammento un documento fondamentale della conoscenza di prima mano da parte di Epicuro delle opere di Empedocle. Cf. anche LEONE (2019), pp. 299-332. A partire da Epicuro la polemica contro Empedocle verrà sviluppata nel Kepos: certamente da parte di Ermarco, come prova la sua opera Contro Empedocle, ma anche da parte di Metrodoro, come testimonia Cicerone (Nat. deor. 1 33, 93). La critica continuerà anche con Diogene di Enoanda (42 Smith): cf. GALLAVOTTI (1975-1977), pp. 243-249. In generale sulle teorie pluraliste di Empedocle ce Anassagora, fondamento delle dottrine atomistiche successive, cl. BAILEY (1928), pp. 27-63. 2 Cf. BoLLansfe (1999), pp. 550-551. Secondo LuniA (1970, ora in 2007), p. 947, gli scritti di Democrito costituivano per Epicuro una specie di «livre de chever», un indispensabile presupposto. Dunque Democrito, forse noto ad Epicuro tramite Nausifane, fornì a Epicuro la piattaforma atomistica su cui elaborò il suo pensiero, non privo tuttavia di elementi di dissenso. Da Filodemo (Lib. dic. 20 Konstan) sappiamo che Epicuro scrisse un’opera in più libri Πρὸς Λημόκριτον. L'opera, assente nell'elenco di Diogene Laerzio, secondo Usaner (1887), p. 97, poteva far parte dei libri Πρὸς τοὺς φυοικούς di cui Diogene (x 27, 335) registra un’epitome: cf. ERLBR (1994), p. 87. Uno scritto Πρὸς Anpöxpırov compare nell'elenco delle opere di Metrodoro (Diog. Laert. x 24, 291). Nella produzione di Epicuro, fatta eccezione per 112 F, il nome di Democrito compare una sola volta in Nat. xiv (xxx 4 Leone): qui Epicuro si rifà all'autorità di Democrito contro i φυσικοί. Nell'atteggiamento di Epicuro scorge la prova dell'ammirazione e del lcale riconoscimento scientifico per Democrito che prima di lui aveva indagato sulla natura e ne aveva scoperto i principi esatti LEONB (1984), pp. 84-85. Non di poco conto il debito che Epicuro ha con Democrito per esempio in relazione alla riflessione sulla cosmogonia e infinità dei mondi di Nat. 11. Cf. a riguardo LEONE (2012), pp. 55-69, e MonBL (2015), pp. 55-65. Là dove Epicuro critica il determinismo di Democrito, non lo fa mai né con toni offensivi né violenti: per esempio in Nat. ([34.53) Arr*). Pertanto, va ridimensionata, se non addirittura rinnegata, l'immagine di un Epicuro in aperta e decisa polemica contro Democrito della cui dottrina si sarebbe interamente appropriato. Cf. SspLer (1983), pp. 11-51. Sul soprannome Ληρόκριτος con il quale Epicuro appellava Democrito cf. 139 F. * Alla ricostruzione della polemica di Epicuro contro Democrito è dedicata l'indagine di SıLvsSTRE (1985), pp. 13-189. 1] sistema scientifico di Epicuro deve ai primi atomisti non solo la formulazione delle tcorie di base, ma anche, come prova Asmis (1984), pp. 337-350, più in generale il metodo
214
MARGHERITA
ERBI
problematica sembra la presenza del nome di Leucippo, ricostruito a linea 12 da Crónert.! I frammenti che abbiamo fin qui considerato permettono di ricostruire, se non il contenuto della lettera, almeno alcuni dei suoi nuclei argomentativi. Senz'altro Epicuro nella lettera rifletteva sul suo rapporto con Nausifane del quale criticava il modello educativo. L'indicazione delle spese per imbandire la tavola e la presa di distanza dai Cirenaici sembrano suggerire una riflessione sul piacere che considerasse almeno gli aspetti legati al soddisfacimento dei desideri necessari e quelli relativi alla possibilità di ammettere sia il piacere catastematico, sia quello in movimento. Appare del tutto plausibile, inoltre, che in relazione al piacere Epicuro possa aver considerato anche la dottrina di Nausifane e averlo definito, pertanto, mollusco. Epicuro, rivolgendosi agli Epicurei di Mitilene, città nella quale Epicuro fondó una scuola prima di recarsi a Lampsaco, considera, in relazione alla
sua formazione e al suo rapporto con Nausifane, sia il valore della παιδεία tradizionale sia la corretta definizione di piacere.? Con la lettera Epicuro sostiene la giovane comunità epicurea di Mitilene, delicato quale quello immediatamente successivo senza il maestro e deve affermarsi in un ambiente to dall'insegnamento di Aristotele, dalla παιδεία
che in un momento tanto alla sua costituzione rimane culturale molto condizionatradizionale e dall'impegno
sulla retorica.? Epicuro, rifiutata la formazione ricevuta e gli insegnamenti di Nausifane, si offre quale paradigma da seguire per giungere alla felicità.* Ma pur nel dichiararsi autodidatta Epicuro non rinuncia ad indicare il percorso
che lo ha condotto alla formulazione della sua nuova proposta educativa: lo di impiegare i fenomeni come segni di quanto non possiamo osservare. Sull'eredità di Democrito in Epicuro cf. MORBL (1996), pp. 249-395. In particolare a proposito dei principi generali della cosmologia svela l'accordo, solo apparente, tra Epicuro e gli Abderiti MoREL (2013), pp. 166-172. Sul rapporto di Epicuro con Democrito in relazione al determinismo cf. LoNc (1977, ora in 2006), pp. 157-177, e MORBL (2000b), pp. 11-92. ! CRÖNBRT
(19062),
p. 174 n. 16. Diogene
Laerzio
(X 13, 150-152),
infatti, subito dopo
aver citato
13 T, afferma che sia Epicuro sia Ermarco negavano che ci sia stato un filosofo Leucippo che secondo Apollodoro epicureo e altri sarebbe stato maestro di Democrito. Per il dibattito della critica sul passo a proposito dell'esistenza di Leucippo cf. ALFIBRI (1936), p. 8 n. 26, secondo il quale, non senza esitazione, Epicuro potrebbe aver reso rale dichiarazione nella stessa lettera a Euriloco. Per una difesa della storicità di Leucippo cf. DiBLs, KRANZ (1951-1952), 11, p. 247. Riconosce, invece, piena credibilità alla notizia conservata da Diogene (x 13, 150-152) LURIA (1936), pp. 19-22. Ma la dichiarazione di Epicuro è da connettere alla rivendicazione di una formazione autonoma e originale: è plausibile che Epicuro qui intendesse negare non l'esistenza di Leucippo ma la validità del suo pensiero. Cf. a riguardo ARRIGHETTI (1973), p. 488. Un pensiero che, secondo GIGANTE (19812), p. 61, è contestato in Pyth. 89-90. Sul passo cf. MoRBL (2013), pp. 166-172. * La notizia di una scuola epicurea a Mitilene fondata da Epicuro nel 310 è offerta da Diogene Laerzio
(x 15, 170-171).
* Ne è prova la stessa produzione retorica di Ermarco. Cf. Lonco AuRICCHIO (1988), pp. 150-160. * Su Epicuro paradigma del saggio capace di realizzare l'unità di teoria c prassi nella ricerca del piacere cf. 5. 1. 2.
COMMENTO
215
sviluppo del suo pensiero affonda le origini nelle dottrine di Empedocle, Anassagora, Democrito e Leucippo per giungere ad una conoscenza della natura su cui radica la sua teoria del piacere.! Non è da escludere che Epicuro abbia indagato anche altri aspetti della sua dottrina in maniera piü approfondita di quanto mostrino i frammenti. Ma non c'é dubbio che la lettera, inviata in un momento iniziale della vita del Kepos, si rivela uno scritto di carattere dottrinale, con funzione programmatica e di valore universale, nel quale Epicuro offre la sua esperienza come paradigma.? Agli Amici di Samo 89 F
Il frammento & conservato dal POxy. 5077, da cui derivano anche 1 F e 131 F.? Contenuto, stile e contesto di composizione della lettera permettono di individuare in Epicuro il mittente e negli Epicurei di Samo i suoi destinatari. Della prima linea della prima colonna è conservata traccia di sole due letterc, ma nell'interlinea tra linea 1 e linea 2 quanto resta di una paragraphos segnala la presenza di una pausa. Il testo e leggibile a partire da linea 2: Epicuro si rivolge ai destinatari e li esorta a inviare a Leonteo uno scritto affinché anche lui lo trascriva e ne conservi poi l'antigrafo (1 2-5). La paragraphos a 1 7 segna una cesura nell'argomentazione. A 1 3 x[&]xetvoc chiarisce che anche al desti-
natario, o ai destinatari, della nostra lettera Epicuro aveva chiesto di copiare l'antigrafo prima di inviarlo. Epicuro, dopo essersi rivolto con ἀποοτέλ[λε]τε (1 2) a più persone, con κέλευε (1 5) si rivolge ad un solo destinatario.* Non è facile capire quale fosse il testo, τὸ &v|tiypagov (1 4-5), che Epicuro esorta a copiare e conservare." Ma la valenza didattica che tale scritto aveva, come emerge dal contesto, rende plausibile l’ipotesi che si tratti di uno dei libri dell'opera principale di Epicuro.* L'antigrafo, dunque, sarebbe stato mandato prima a Samo, poi a Lampsaco da Leonteo per essere riconsegnato a Epicuro e essere ricollocato nella biblioteca del Kepos ad Atene.” Epicuro poi (1 7-18) in* Sottolinea il carattere apologetico della lettera ECKSTBIN (2004), p. 146. 2 Cf. 4.1. 26 5. 1. 2. > Il frammento conserva quanto resta di due colonne di scrittura: buone sono le condizioni di conservazione delle prime venti linee della prima colonna, della seconda sono leggibili solo poche lettere iniziali delle prime dieci lince. Per la ricostruzione della prima colonna che deriva dall’assemblaggio di sette diversi pezzi cf. OBBINK, SCHORN (2011), pp. 37-38, e ANGBLI (2013), p. 14. Sulla collezione di lettere contenuta nel papiro cf. 6. * 'ΑποοτέλξλεἾτε (1 2) di ANGELI (2013), p. 18, è preferibile a &nocret(Xa]ve proposto da OBBINE, Scnuonx (2011), p. 41, per la maggiore compatibilità con le tracce conservate. * Per OBBINE, SCHORN (2011), pp. 46-47, potrebbe trattarsi o di una lettera o di un «master example», cioè di una copia ufficiale di un testo di Epicuro conservato nel Kepos e messo a disposizione per la copia. * Che l'opera Sulla natura sia punto di partenza e, ad un tempo, documento della quotidiana prassi didattica nel Kepos emerge dalle pagine di Lsons (2000), pp. 21-27. ? Sull'esistenza nel Kepos di testi ufficiali e esemplari secondo il consueto uso delle scuole ellenistiche cf. CAVALLO (1984, ora in 2005), pp. 132-134. Pensa si tratti, invece, dell'antigrafo delle lettere
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MARGHERITA
ERBÌ
forma il suo interlocutore di un viaggio tra le isole durante il mese di Elafebolione: nel corso del viaggio era prevista anche una sosta nella sua città natale, Samo. In occasione di tale sosta Epicuro avrebbe incontrato sia il destinatario
della lettera sia quanti, tra coloro che seguivano il suo insegnamento, avessero avuto l'opportunità di un dialogo diretto con il maestro, per osservare insieme alcuni aspetti della sua dottrina. Il tricolon καλῶς καὶ ἡδέως καὶ μακαρίως (1 10-12) esprime l'incontenibile gioia che deriverà a Epicuro dallo stare insieme ai suoi discepoli. Secondo Epicuro (GV 52) & la φιλία che sprona a godere della felice beatitudine, τὸ μακαριομόν, che deriva dalla reciprocità. Gli avverbi in climax alludono alle condizioni necessarie perché il saggio epicureo realizzi, in adesione ai principi della dottrina del maestro, il τέλος τοῦ Btou.? Con la sequenza xav|vi τῶι εὐκαιροῦντι τῶν | τὰ 6A[a δε]χομένων (1 12-14) Epicuro individua tra coloro che hanno aderito ai principi della sua dottrina una categoria ben precisa di φίλοι: si tratta di φίλοι come Mitre, che, distratti dalle quotidiane attività, non avevano il tempo per la ricerca filosofica.* Nel
nostro testo è forse da scorgere addirittura l'annuncio del soggiorno a Samo in occasione del quale Epicuro scrisse 92 curo discuterà nell'incontro con i φίλοι a destinatario, forse in una parte precedente ancora oscuri come si ricava da 1 16-17.”
T1-T2.* Gli argomenti di cui EpiSamo sono quelli annunciati al suo della lettera, e quelli che risultano Si tratta cioè di temi per i quali si
rende necessario un dialogo diretto con il maestro. Il pronome coi integrato a I 16 stabilisce un parallelo con tra cor/aùtoîc e cor καὶ παντί stesso significato ricorre anche di Epicuro al suo destinatario
αὐτοῖς (1 17) (I 12-13). Il nell’Epistola in relazione
e determina una corrispondenza verbo ουλλογίζω (1 17-18) con lo a Pitocle (112). Dalle indicazioni all'incontro a Samo deriviamo il
a cui si fa riferimento poco dopo (1 18-19) ANGBLI (2013), pp. 16-17, che rifiuta con un'ampia argomentazione l'ipotesi che si tratti di un libro dello scritto Sulla natura. ! Ἐλαφηβολιών nel calendario Attico corrisponde al mese di marzo/aprile. Cf. SAMUBL (1972), pp. 57-58. Il progetto di un viaggio programmato per l'inizio della stagione estiva è, secondo OBBINK, SCHORN (2011), pp. 47-48, motivato dalla previdenza di Epicuro che intenderebbe così scongiurare il pericolo di naufragio, dopo essere uscito incolume da quello raccontato in 87 F. 2 Per il significato di xaAac, ‘opportunamente’, cf. 128 F (7) e 129 F1 (5-6). Epicuro allude alla beatitudine che deriva al saggio dalla vita comunitaria con i φίλοι nel segno della ricerca filosofica anche in 17 E, 29 Ε 40 Fiab-F2, 47 E 69 T, 121 F. Sulle scelte di stile che caratterizzano la sequenza cf. 5.1.1.1. ? OBBINK, SCHORN (2011), p. 48, non a caso, ricostruiscono il nome di Mitre sia in 1 (21), sia in 11 (2) e stabiliscono un parallelo con 92 Tıab-Tzab. ANGELI (2013), pp. 23-24, identifica i φίλοι che Epicuro incontrerà a Samo con gli ἀκροαταί di Pyth. 85 che, come è noto, corrispondono alla terza categoria di destinatari descritta in Hdt. 35. Cf. VERDE (2010), pp. 68-73. Τὰ ὅξλα (1 14) ricostruito da ANGBLI (2013), p. 18, ha lo stesso significato di ‘principi generali della dottrina’ che assume anche in Hdt. 35, 9; 82, 2; 82, 11. Stampano τἀμ[ἁ OBBINK, SCHORN (2011), p. 48. * Lo scopo dell'incontro sarebbe, secondo HBBLER (20182), p. 171, spiegare di persona ai φίλοι le parti dello scritto rimaste oscure. * Aradlewjpei[v] (1 15) suggerito già a OBBINE, ScHORN (2011), p. 48, da Hammerstaedt in alternativa a διαθ[εω]ρ[οὔ)ντα, è stampato da ANGBLI (2013). p. 18. Per le dimensioni dello spazio della lacuna di linea 16 è preferibile cor di ANGBLI (2013), p. 18, a ἐγώ di Ossınk, SCHORN (2011), p. 48.
COMMBNTO
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carattere didattico di tale incontro e la dimensione collettiva della ricerca filosofica. Non & da escludere che attraverso la nostra lettera Epicuro, nell'in-
formare i φίλοι di Samo del suo soggiorno presso di loro, intendesse anche fornire indicazioni sulle modalità dell'incontro.' Una paragraphos (1 18) segna il passaggio ad un altro periodo. Purtroppo lo stato di conservazione del papiro non & buono: poche sono le sequenze di lettere conservate.? Benché sia difficile ricostruire con certezza linee tanto lacunose, i termini che leggiamo nella parte inferiore della colonna proverebbero che qui Epicuro intendesse dare ai suoi destinatari indicazioni sull'invio e sulla circolazione di lettere: τὰτ΄ δ᾽ éntcvo|Aac (1 18-19), ἀ,πεοτ]αλμένη (1 20), π]ρός (1 21), πρός (1 23), γράψῳ [τοῖς φίλοις (1 24). Ancora una paragraphos (1 25) segna un'altra cesura
nell'argomentazione, ma τὸ βιβ[λίον (1 26) sembra indicare che prosegua qui una riflessione sull'antigrafo menzionato in precedenza (1 4-5).? E del tutto plausibile che il testo della lettera proseguisse anche per le prime 10 linee della seconda colonna come suggerisce la coronide dal ricco tratteggio conservata in corrispondenza di 11 11. Epicuro, dunque, scrisse da Atene una lettera indirizzata congiuntamente ad un sconosciuto φίλος di Samo e ai membri di questa comunità: l'alternanza della seconda persona singolare (1 5, 7, 12, 16, 25) con la seconda persona plurale (1 2, 19) sembra suggerire che il destinatario fosse allora alla guida del centro.* Ai grandi (?) Filodemo stenza che opere nelle tere inviate Epicuro. E
(Piet. 37, 1066-1071 Obbink), in relazione ai benefici e all'assipossono provenire agli umani dagli dei, conclude l'elenco delle quali Epicuro ha trattato questo argomento richiamando le letai μεγάλοι. Difficile è dire chi siano i μεγάλοι ai quali si rivolge probabile che si tratti di una raccolta di lettere inviate a uomini
' ANGBLI (2013), p. 18, che ricostruisce la sequenza xai | αὐτ[οϊς) δῆλον ὡς ευλ] λο[γὴ £ccas (1 16-18), crede, invece, che qui Epicuro annunci una silloge degli argomenti a cui si riferisce. * Ma tale condizione non ha impedito agli editori di ricostruire per le linee 18-26 un testo completo. Secondo OBBINE, ScHORN (2011), p. 41, Epicuro inviterebbe i φίλοι di Samo a mandare le lettere ricevute fra le quali anche quella che lo stesso Epicuro avrebbe inviato a Mitre per diffonderla. Per ANGBLI (2013), pp. 19-20, Epicuro qui esorterebbe ancora a mandarc a Leonteo le lettere e farcbbe riferimento ad una lettera oltraggiosissima inviata da Timocrate a Metrodoro: il testo sarebbe dunque da ricondurre al momento in cui Epicuro avrebbe comunicato ai discepoli di Samo di sospendere ogni tentativo di riconciliazione con Timocrate. L'urgenza di inviare le lettere a Leonteo deriverebbe dalla necessità di comunicare anche a lui, fino a quel momento arbitro imparziale del conflitto, la definitiva rottura con Timocrate. Sull'apostasia di Timocrate cf. 4. 2. 2. * Non escludono che τὸ βιβ[λίον sia l'antigrafo di cui si parla alle linee 4-5 OBBINE, ScHORN (2011), pp. 46-47. A proposito della circolazione di libri nel Kepos cf. 4. 2. 1. 2. * Cf. ANGELI (2015), p. 18, e DORANDI (2016), p. 42. L'alternanza della seconda persona singolare a quella plurale del pronome personale con l'intento di conferire al messaggio un'ampia validità & da registrare anche
per 29 F 34 E, 50 Fı-F2,
121 F. Cf. 5. 1. 1. 2.
*
9o T
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MARGHBRITA
ERBI
di fama: forse politici a lui contemporanei, probabilmente legati alla scuola.' Che nella sequenza ὁμ[ο] λογεῖν ἔοικεν αὐ[[τ])ό (4-6) sia da scorgere un'in-
dicazione dell'argomento trattato nella lettera lo suggerisce Filodemo (Piet. 37, 1063-1066 Obbink): la lettera ai μεγάλοι potrebbe aver contenuto la stessa riflessione sull'aiuto che agli uomini puó giungere dagli dei sviluppata anche
nello scritto Sul fato.? Ai figli di Meneceo 91 F
Filodemo cita il frammento subito dopo 127 F1-F2. Benché la situazione stratigrafica del PHerc. 1005 che conserva il testo sia molto compromessa, è sicuro che qui è citato un estratto da una lettera inviata sotto l’arcontato di Iseo (284/283).? Il passaggio da 127 F2 al nostro excerptum è confermato, infatti, dalla presenza dell'indicazione dell’arconte preceduta da uno spazio bianco.‘ L'assenza del nome del mittente suggerisce che a inviare la lettera
dalla quale è estratto l'excerptum sia Epicuro, lo stesso mittente di 127 FıF2. La lettera, per la quale è difficile individuare l'occasione, sarebbe stata inviata ai figli di Meneceo, probabilmente anche loro φίλοι e discepoli di Epicuro: se & plausibile l'ipotesi di un nesso tra l'invio della lettera e l'ingresso dei figli di Meneceo nel Kepos, non si puó escludere né che Epicuro si rivolga loro solo dopo la morte del padre, né, addirittura, che siano i figli di un altro Meneceo.? ' Cf. Οββινκ (1996), pp. 475-476. Secondo Usener (1887), p. 134, la collezione di lettere πρὸς μεγάλους conteneva sia lettere inviate da Epicuro ai grandi sia lettere di uomini famosi a Epicuro. Cf. 4. 1. 1. = Non c'è dubbio che Filodemo intenda qui ribadire la ferma coerenza di Epicuro nell'esposizione della sua dottrina pur attraverso una produzione varia c, di volta in volta, declinata, per offrire una comunicazione del sapere sempre personalizzata. Cf. 5. 1. » Cf. Doranpi (1990), p. 24, € OSBORNE (2009), p. 86. Nello stesso anno Epicuro invia anche la lettera di cui resta 102 F. * Cf. CRONBRT (1901, trad. it. 1975), p. 114. * Prudente, a ragione, è la ricostruzione di ANGELI (1988b), pp. 140-141 e 168, secondo la quale si tratterebbe dello stesso Meneceo destinatario della nota epitome. SBORDONE (1947), p. 78, che include il riferimento ai figli di Meneceo (2) nell'excerptum c crede che il destinatario della lettera sia lo stesso a cui era inviata anche 127 F1-E2, stampa todke Μενοικέως υἱο[ύς: la lettera proverebbe l'ingresso dei figli di Mencceo nel Kepos già in età adulta, documenterebbe per Mencceo la sua presenza nella scuola all'indomani della sua fondazione e suggerirebbe per l'Epistola a Meneceo una datazione di poco successiva al 307/306. Ma troppo precarie sono le condizioni del papiro per accettare questa interpretazione come ben dimostra HeßLer (2014), pp. 30-32. Cf. a riguardo anche HeBuer (2011), pp. 7-9, che valuta la notizia della lettera per formulare alcune ipotesi di datazione dell’Epistola a Meneceo.
COMMBNTO DBSTINATARI
NON
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IDENTIFICABILI
Sugli impegni 92 Tia
In 94Fı (1) Epicuro, cita una prima volta l’ErıcroAN περὶ τῶν ἀςχολιῶν, che richiamerà anche subito dopo in 96 F2 (6). 92 Tib Subito dopo 96 F1 (= 92 Tia), Epicuro cita per la seconda volta |᾿ἐπιοτολὴ περὶ τῶν ἀοχολιῶν. Si tratta di una lettera che Epicuro scrisse da Samo ad un ἄοχολος, che forse è da identificare con Mitre o con Idomeneo. 92 T2a
Filodemo (Mem. Epic. xxıv 3-6 Militello), nell'introdurre 75 F1 (1), richiama lo scritto πρὸς τοὺς &cy[óAoF uc", Agli impegnati. Filodemo, che definisce lo scritto βυβλίον (4), suggerisce per il πρὸς τοὺς &cyóAouc la forma di un trattato rivolto a tutti gli &cyoAot vicini al Kepos. Buone ragioni esistono per ritenere plausibile l'ipotesi di un'identificazione dello scritto con la lettera περὶ τῶν &cyoAcàv, Sugli impegni, che Epicuro stesso richiama in 95F1 (1) e in 96 F2 (6).' 92 Tob Una testimonianza dello scritto πρὸς τοὺς &cyóAouc la offre anche Epicuro che richiama la lettera in 75 Fi, un excerptum da una lettera inviata nel 285/284. Questa data rappresenta il terminus ante quem per datare lo scritto. Benché βυβλίον e ἐπιοτολή sembrino far riferimento a due forme letterarie differenti, non credo si debba rinunciare all'ipotesi di una identificazione del βιβλίον πρὸς τοὺς &cyóAouc con 1᾿ ἐπιοτολὴ περὶ τῶν ἀοχολιῶν." E plausibile, infatti, che Epicuro prima del 285/284 avesse composto una lettera περὶ τῶν ἀοςχολιῶν, Sugli impegni, destinandola a un φίλος ancora impegnato in politica, forse Mitre o, forse, Idomeneo, allo scopo di rivolgere un protrettico πρὸς τοὺς &cyóAovc a tutti agli altri XcyoAoc vicini al Kepos.” Come βιβλίον πρὸς τοὺς * Su βυϑλίον con il valore di ‘opera scritta' nella produzione degli Epicurei cf. Capasso (1987), pp. 52-54. In generale sull'impiego di βύβλος e βυβλίον usati per indicare uno scritto in forma cpistolare cf. RosBNMBYER (2001), p. 19. Un'ipotesi di identificazione dei due scritti è discussa a 5. 1. * Un collegamento fra lo scritto e la lettera sembra suggerirlo già MILITELLO (1997), p. 28. ? Già ARRIGHBTTI (1973), p. 682, traduceva nepi τῶν ἀσχολιῶν «Sugli impegni», pur rilevando la difficoltà di comprendere l'esatto significato. Intende ácyoXiac gli ostacoli che si trovano sulla strada verso la filosofia Stecker (1968), col. 601. Traducono «Sulle occupazioni» sia DIANO (1946b), PP. 34-35, sia ISNARDI PARENTE (1983?), p. 145, che intende ἀςχολίαι nel senso di «occupazioni che distraggono dalla filosofia». Cf. Spina (1977), p. 59. Per LIBBICH (1960), p. 91, ἀσχολίαι sono le «Abhaltungen von der Philosophie». In ogni caso la lettera περὶ τῶν ἀσχολιῶν non è da far coincidere con Ja lettera περὶ τῶν ἐπιτηδευμάτων (93 Fıabc-Fzabc), se pure un contatto tra le due lettere € da rilevare almeno nella forma del titolo. Ma cf. CRONERT (19062), p. 14.
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ἀςχόλους Epicuro lo avrebbe poi richiamato nel rivolgersi a Firsone. La doppia modalità con cui Epicuro potrebbe aver citato lo stesso scritto proverebbe che il messaggio che Epicuro affida alla lettera περὶ τῶν &cyoAcàv risultasse utile anche per tutti coloro che con il destinatario condividevano la scelta di un βίος
πολιτικός e l'impegno quotidiano nella gestione politica che non lasciava spazio alla ricerca filosofica. Purtoppo non siamo in grado di definire il contenuto della lettera, ma è ragionevole pensare che si trattasse di un protrettico πρὸς τοὺς &cyóAouc, pensato per un φίλοο attivo nella vita pubblica e bisognoso del sostegno del maestro per affrontare le impegnative occupazioni quotidiane e, ad un tempo, valido per tutti coloro che, pur impossibilitati a dedicarsi alla
ricerca filosofica, potessero comunque trarre beneficio dalla filosofia.' Forse &
perfino lecito pensare che Epicuro abbia affidato al suo scritto indicazioni utili anche a chi, non capace di realizzare il τέλος epicureo e pur non aspirando alla beatitudine del saggio, contasse sull'azione terapeutica della filosofia per vivere senza paure e turbamenti. Sulle occupazioni 93 Fia
In Ateneo (Deipn. vit 354A 10-354C 10)? Cinulco, a conclusione della lunga esposizione sulle ricerche naturalistiche condotte da Aristotele, lo definisce φαρμακοπώλης e cita quanto Epicuro scrisse su di lui ἐν τῇ περὶ ἐπιτηδευμάτων ἐπιοτολῇ, nella lettera Sulle occupazioni: Aristotele prima di giungere alla filosofia, dilapidati i beni paterni, καταφαγὼν tà πατρῷα, avrebbe inizialmente intrapreso la vita militare, ἐπὶ crpatetav ὥρμησε, si sarebbe poi dedicato al commercio dei farmaci, φαρμακοπωλεῖν, e solo quando Platone aprì la sua scuola si sarebbe impegnato nella vita contemplativa, dimostrando, perfino, un'attitudine naturale. Questo frammento è richiamato altre tre volte nella tradizione, come prova 93 Fıbc. In particolare è il confronto con 93 Fıb a sug-
gerire quale fonte per il nostro frammento il testo di Epicuro. Dalla stessa lettera Sulle occupazioni a cui riconduciamo 93 Fiabcd, derivano anche 93 F2abc.* 93 Fib Aristocle di Messene di difendere Aristotele: frequentare la scuola di sersi dedicato dapprima ! Cf.
LisBicH
(1960), PP.
(2, 1 Chiesara) cita sono false le notizie Platone solo dopo alla vita militare e,
93-94,
la lettera di Epicuro nel tentativo di un giovane Aristotele giunto a aver divorato il patrimonio, e esin seguito, alla vendita di farmaci.
104, 117.
2 Al posto di prci MuLvanr (1926), p. 161, sulla base del cesto di Aristocle (93 Fıb), propone räcı. Il nesso ἔξιν ἦλθεν per ἐξῆλϑεν che leggiamo nel Marciano (A) è congettura di Usener (1887), p. 152, accolta da DURING (1957), p. 376, e ARRIGHBTTI (1973*), p. 460. Cf. anche MARCHIORI (2001), p. 879 n. 2. Sul significato di ἕξις cf. GRILLI (1983), pp. 98-99. * Cf. ERLER (1994), p. 115. I dati a nostra disposizione sono sufficienti per negare la sovrapposizione della lettera con 88 Fı-7F e per distinguerla da 96 Fı-F2. Cf. 5. 1.
COMMBNTO
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L'affinità lessicale tra il testo di Ateneo e il testo di Aristocle suggerisce per entrambi l'accesso ad una stessa fonte, probabilmente proprio la stessa lettera di Epicuro. Infatti, la presenza sia in 93 Fia sia in 93 Fıb dell'espressione τοῦ Πλάτωνος περιπάτου proverebbe che il termine περίπατος con il significato
di ‘scuola’ sarebbe da far risalire già ad Epicuro.* 93 Fic
Diogene Laerzio (x 8, 87-94), in relazione all’ostilità dimostrata da Epicuro nelle sue lettere per i filosofi di altre scuole filosofiche, riporta la definizione di Aristotele data da Epicuro: depravato per aver dilapidato i beni paterni e per essersi dedicato, dapprima, alla vita militare e, poi, al commercio di farmaci. Il contesto in cui Diogene Laerzio richiama le parole di Epicuro su Aristotele, e l’omissione del giudizio positivo su Aristotele che leggiamo, invece, in 93 Fia, suggeriscono per Diogene una fonte diversa dalla lettera di Epicuro, una fonte nella quale leggeva le parole spese da Epicuro sui filosofi a lui precedenti raccolti insieme e giustapposti al solo scopo di far emergere la sua ostilità nei loro confronti.? 93 Fıd Le notizie sulle occupazioni che impegnarono Aristotele prima del suo coinvolgimento nella ricerca filosofica sono offerte anche da Eliano (VH 5, 9).
Benché Eliano non indichi la fonte, le notizie sono le stesse che offre Epicuro anche in 93 Fıabc. Le corrispondenze lessicali con le altre tre attestazioni del frammento provano un contatto diretto o mediato da una fonte intermedia con il testo di Epicuro. Non & un caso che anche qui περίπατος abbia il piü ge-
nerico significato di ‘scuola’. Resta il fatto che Eliano è l’unica fonte a raccontare che Aristotele, infiltratosi nel Peripato, si sarebbe imbattuto nei discorsi di Platone, distinguendosi nell'esercizio della filosofia. Forse Eliano leggeva queste notizie non da Epicuro come Ateneo e Aristocle e conosceva una fonte diversa da quella nota a Diogene Laerzio. 93 F2a
Poco dopo 93 F1a dalla stessa lettera di Epicuro, Ateneo, ancora per bocca di Cinulco, riferisce quanto leggeva su Protagora: dapprima facchino e portatore di legna, poi segretario di Democrito, il quale lo prese con sé perché colpito
dalla sua abilità nel legare la legna, il filosofo divenne poi maestro di scuola in * Cf. SEDLBY (1976b), pp. 125-126. * Cf. CuinsanA (2001), p. 70. Con il valore di ‘scuola’ περίπατος compare anche in Filodemo (Acad. Hist. v 11 Dorandi) che secondo DURING (1957), p. 404, lo deriverebbe da una più antica fonte epicurea. Per GOTTSCHALK (1987), p. 1163 n. 395, invece, τοῦ ΠΠλάτωνος περιπάτου, usato in riferimento ai commentatori Neoplatonici, proverebbe, contro MoRAUX (1984, trad. it. 2000), pp. 89-98, la datazione di Aristocle all'inizio del 1 secolo d.C. * Cf. CuiBsARA (2001), p. 69. Si tratta dello stesso contesto in cui leggiamo anche 139 F.
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un villaggio e, infine, si rivolse alla sofistica. Questo frammento è richiamato dalla tradizione tre volte, come provano 93 F2bc e 93 T. 93 F2b Diogene Laerzio (x 8, 94-96) subito dopo 93 Fic, a proposito di Protagora, dichiara che Epicuro nelle sue lettere lo definiva facchino, scribacchino di Democrito e maestro di scuola nei villaggi.' 93 F2c
Uno stringato richiamo all’impiego da parte di Epicuro dell’aneddoto con protagonista
Protagora
lo offre ancora
una
volta
Diogene
Laerzio
(ΙΧ 53, 38-
41). Il termine φορμοφόρος è probabilmente ripreso direttamente da Epicuro o attraverso una fonte intermedia come suggerisce la presenza del termine anche in 93 F2ab.
93 T Rapida e al solo scopo di negare validità alla notizia della istruzione tardiva del sofista è l'allusione a quanto Epicuro affermava su Protagora, che leggiamo nella raccolta parigina degli Aneddoti greci (1 171,31-172,2 Cramer).? Benché gli aneddoti con Protagora facchino e la notizia di un Aristotele dissoluto sono un palese esito di biografismo, Epicuro, con buona probabilità, li deriva da una tradizione consolidata e li riferisce nella sua lettera περὲ τῶν
ἐπιτηδευμάτων quali significativi esempi di filosofi che, pur se giunti tardi
alla vita contemplativa, dopo essersi dedicati ad altre attività, anche alle piü ignobili, si distinsero nella ricerca filosofica.? I] titolo stesso della lettera, infatti, suggerisce che Epicuro potrebbe aver trattato delle occupazioni che impegnarono alcuni filosofi prima della vocazione alla filosofia: l'aneddoto
su Protagora e l'aneddoto su Aristotele servivano da esortazione alla ricerca
per chiunque fosse impegnato in altre attività.‘ L'argomento della lettera è da immaginare, dunque, in sintonia con l'invito alla ricerca che Epicuro rivolge nell'incipit della Epistola a Meneceo (122) a tutti gli uomini, senza di-
! Convincenti sono le ragioni per le quali Laxs (1976), pp. 56-57, non crede sia necessario integrare con Hermann ὃν prima di καταφαγόντα. Cf. anche DORANDI (2013), p. 738. ? Non dipende, invece, da Epicuro Timeo (FrGrHist $66 F 156) che, nel ripercorrere da una prospettiva polemica le tappe della carriera di Aristotele, lo presenta come un sofista che si distinse per ὀψιμαϑία, per essere giunto tardi all'apprendimento. Benché i dati che Timeo ed Epicuro offrono su Aristotele sembrino coincidere nella sostanza, differenti sono le prospettive dalle quali i due autori giudicano le vicende. Cf. CoRRADI (2019), pp. 78-98. Gellio (Noct. Att. v 3), offre una versione ampia e rifinita dell'aneddoto di Protagora. ? Nessuna plausibilità storica è da attribuire all'aneddoto di un Protagora facchino c inventore del cercine prima dell'incontro con Democrito che lo avrebbe iniziato alla ricerca. Sull'origine e la fortuna dell'aneddoto offre un'ampia indagine CORRADI (2012), pp. 15-31. * Cf. STECKBL (1968), col. 601, e SEDLBY (1976b), p. 126.
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stinzione di età, di sesso, di livello sociale.' Si tratta di un invito con il quale Epicuro intende distanziarsi da posizioni peculiari di scuole concorrenti che
fissano rigidi limiti per accedere alla filosofia.? È del tutto lecito credere che la riflessione sull'opposizione tra ἐπιτηδεύματα e YLAocopia resa in sintesi nello Gnomologio Vaticano (27) sia uno dei presupposti dottrinali della lettera.? Considerati contenuti e obiettivi della lettera & difficile credere, come invece sembrano suggerire alcune delle fonti, che Epicuro, nel riportare gli aneddoti, abbia inteso screditare Protagora e Aristotele. Se, infatti, l'intenzione di Epicuro fosse stata denigratoria non avrebbe messo in evidenza che Aristotele, quando scopri la filosofia, tornó ad essere assennato e in questa si distinse, come emerge dalle testimonianze di Ateneo e Eliano. E invece plausibile che la lettera fosse percepita come denigratoria a partire dalla malevola interpretazione di Timocrate. * Etere
94 T Diogene Laerzio (X 6, 59-60) dà testimonianza di una ricca corrispondenza di Epicuro con molte etere e, soprattutto, con l'etera prediletta Leonzio, alla quale invia 47 F, 48 E, 49 T.* Purtroppo il dato che Diogene offre sulle lettere
inviate alle etere & generico: impossibile & definire l'identità delle destinatarie della corrispondenza.$
95 F1 Poco dopo 95 T, in relazione alla breve riflessione sulla comune posizione di Epicurei e Stoici sulla volontà del saggio, benché autosufficiente, di procurarsi degli amici, Seneca (Luc. 9, 8) cita 95 F1 allo scopo di criticare la concezione utilitaristica e opportunistica della φιλία epicurea: il saggio desidera avere un amico perché abbia qualcuno che lo assista quando é malato, perché lo liberi dai nemici quando, circondato, viene catturato.” Seneca ricava queste parole ' Sul passo puntuale è l'analisi di HeßLer (2014), pp. 148-160. 2 C(. ERLER (2010b), p. 23. ? Per Epicuro le occupazioni consentono di raggiungere il frutto dell'impegno solo una volta compiute, la ricerca filosofica permette, invece, di ottenere sempre la gioia coniugata al piacere nel momento stesso dell’apprendimento. Cf. ARRIGHBTTI (1973), p. 561. * Cf. SBDLBY (1976b), pp. 127-132. A proposito del giudizio di Epicuro sulla dottrina e sulla produzione di Aristotele cf. 126 F. * Nota e ben documentata dalla tradizione è la frequentazione del Kepos da parte di donne con le quali Epicuro intrattenne uno scambio epistolare non trascurabile. Cf. 4. 2. 3. * Con 94 T si chiude all'interno della sezione "destinatari non identificabili” l'insieme di frammenti e testimonianze ricondotti a lettere, per i destinatari delle quali, pur se non identificabili, è possibile definire il profilo: cf. 7. 1. ? Palese è che qui Epicuro offra una definizione di amicizia sottolineando il suo aspetto utilitaristico. Cf. 4. 1. 8.
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dalla lettera di Epicuro su Stilpone che richiama nell’incipit dell’Epistola a Lucilio 9, 1 (= 95 T) e dalla quale, subito dopo, cita anche 95 F2 e 95 F3.' 95 F2 Seneca (Luc. 9, 18) nel far sua la concezione del saggio incarnata da Stilpone secondo la quale il sapiente sa delimitare in sé ogni bene, pur amando molto gli amici e anteponendo addirittura il loro bene al proprio, riferisce il noto
aneddoto con protagonista Stilpone: perduti moglie e figli durante la distruzione della sua città natale, Stilpone, rivolgendosi a Demetrio, il distruttore della sua città, che gli chiedeva se avesse perso qualcosa, rispose che tutto ció di cui aveva bisogno lo aveva con sé. E plausibile che Seneca abbia tratto anche il racconto dell'aneddoto, che ben traduce in un'immagine la posizione estrema di Stilpone, dalla lettera di Epicuro citata poco prima (Luc. 9, 1 - 95 T) e dalla quale riporta anche 95 F1 e 95 F3.? 5 F3 Alla fine dell'Epistola a Lucilio (9, 20), Seneca accusa Epicuro, perché, assai critico nei confronti della posizione estrema di Stilpone e degli Stoici in relazione all'autosufficienza del saggio, si sarebbe contraddetto nell'affermare che miserabile è chi non si ritiene compiutamente felice, anche se domina il mondo intero. Seneca riporta quindi le parole di Epicuro nella forma di una massima che, è plausibile, derivasse dalla stessa lettera di Epicuro su Stilpone più volte richiamata e citata (95 F1-F2, 95 T).? Al di là dell'interpretazione che ne offre Seneca, il senso delle parole di Epicuro ben si spiega nella prospettiva epicurea dell’aurapxeıa del saggio: per Epicuro è miserabile chi, benché si trovi nella condizione di possedere il massimo potere e, dunque, sterminate ricchezze, non si ritiene compiutamente felice. Si tratta di una condizione ben superiore a quella minima richiesta da Epicuro per essere felice, cioè il soddisfacimento dei desideri necessari attraverso beni procurabili in natura
con facilità: il saggio, in virtù dell'aùtapxera, sa accontentarsi del poco non perché sempre di cose semplici bisogna vivere ma perché di fronte alle cose semplici si sappia essere forti.* È possibile che Epicuro nella lettera su Stilpone ' Sulla biografia e sul pensiero di Stilpone utile è DóniNG (1998), pp. 230-234. Per il nome di Stilpone, Seneca ha la grafia Stilbon, la stessa che compare anche nei papiri di Ercolano. Cf. UsenBR (1887), p. 418, e CRÖNBRT (19062), p. 19. ® Cf. MuTSCHMANN (1915), pp. 336-337. Sostiene invece che l'aneddoto non derivi di necessità da Epicuro SBTAIOLI (1988), p. 173 n. 735. Sulla tradizione dell'aneddoto cf. Dónin« (1972), p. 141. ? Secondo SgrAiOLI (1988), p. 177, la massima non può essere ricondotta alla stessa lettera di Epicuro su Stilpone fin qui citata da Seneca, ma è da ritenere una graziosa aggiunta alla sentenza di Ecatone con la quale Seneca pagherebbe il consueto debito a Lucilio: Seneca infatti deriverebbe sia la sentenza di Ecatone sia la massima di Epicuro dalla stessa rubrica sulla ricchezza presente nello gnomologio da lui impiegato. Secondo HBRMES (1951), p. 62, invece, Seneca leggerebbe la massima in una lettera di Epicuro diversa da quella richiamata da Seneca nell'incipit di Luc. 9. * Cf. 4. 1. 4.
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abbia opposto all’auräpxeıa cinica, condizione di totale indipendenza raggiungibile attraverso un'esistenza nel segno dell’ ἀπάϑεια, ᾿᾿ αὐτάρκεια epicurea, che prima di tutto & indipendenza dai desideri. L'immagine del padrone del mondo che, pur in possesso di quanto sia possibile avere, considera tutt'altro che ingenti i propri beni, prova il fallimento di chi, incapace di raggiungere la condizione di autosufficienza, vive infelice. La citazione della massima da parte di Seneca sarebbe, dunque, un omaggio cortese a Lucilio e non il pegno del debito. Forse Seneca estrapola la frase dalla lettera, la cita in modo errato e ne coglie la contraddizione. 95 T Seneca già nell'incipit di Epistola 9 dichiara che sua intenzione è rispondere all'interrogativo di Lucilio sulla correttezza dell'idea epicurea dell'autosufficienza del saggio e della sua capacità di vivere senza amici: in questa prospettiva sviluppa una profonda riflessione sull'ideale stoico di ami-
cizia in un puntuale confronto con la definizione che di φιλία ha offerto Epicuro.' A tal proposito Seneca (Luc. 9, 1) fin da subito richiama una lettera di Epicuro nella quale Stilpone e quanti credono che il sommo bene consista nell'avere un'anima insensibile sono rimproverati perché sostengono che il saggio trovi la gioia in se stesso e non abbia bisogno di amici.? Si tratta della lettera dalla quale Seneca cita in seguito anche 95 Fı-F3. La lettera di Epicuro su Stilpone richiamata a più riprese da Seneca non è purtroppo nota da altra fonte. I dati che possediamo non consentono di individuare il destinatario. Ma è possibile fissare il termine post quem di composizione della lettera: la distruzione di Megara del 307 raccontata nell’aneddoto di Stilpone. Epicuro, dunque, scrisse una lettera nella quale criticava quanti ponevano il sommo bene nell’aradeca e sostenevano una radicale αὐτάρκεια del saggio. La polemica di Epicuro ricadeva probabilmente su Stilpone sostenitore dell’idea che
il vero saggio, impassibile a passioni, dolori e desideri, è in grado anche di bastare a se stesso e non ha bisogno di amici. * È plausibile che contro Stilpone, il quale ricercava il sommo bene unicamente in se stesso e negava la necessità dell'amicizia, Epicuro abbia affermato l’importanza dell'ausilio dei φίλοι nel raggiungimento del fine della vita, il piacere. 96 Fı
Filodemo (Mem. Epic. xxv 2-3 Militello), subito dopo 75 F1-F2, riporta un primo excerptum (1-2) da un lettera di Epicuro dalla quale riporterà di seguito anche 96 F2. Il frammento conserva solo un rapido riferimento alla lettera ! Cf. SCHOTTLABNDER
(1955),
pp.
136-137, € SCARPAT
(1975), pp.
191-196.
* Cf. ERLER (1994), p. 118. Secondo MUTSCHMANN (1915), pp. 334-337, Seneca conosceva la lettera di Epicuro per intero e non attraverso uno gnomologio. Cf. HERMES (1951), pp. 61-63. Cf. 6. ’ Per la possibilità di attribuire a Stilpone una riflessione sull'amicizia in relazione all'aùrapuera del saggio in un discorso 5}}} ἀπάϑεια cf. GIANNANTONI (1985), pp. 94-95.
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περὲ τῶν ἀ[ο]χολιῶ[ν: Epicuro cita sé stesso e offre una preziosa testimonianza
dello scritto.' 96 F2
Filodemo (Mem. Epic. xxv 3-17 Militello) cita un lungo excerptum dalla stessa lettera da cui ha tratto poco prima 96 F1: lo proverebbe xat (1) che raccorda i due excerpta. Che questi righi contengano una citazione e non le parole di Filodemo pare suggerirlo la presenza di due forti iati nella sequenza ἐκ | "Cauou? ἐπιοτολὴ ἐγράφη, (6-7).* Epicuro si rivolge ad un destinatario impegnato nel tentativo di stringere amicizia con un personaggio che, da poco ritiratosi a vita privata, si è allontanato dallo splendore nel quale viveva:? Epicuro richiama, dapprima, il destinatario della lettera περὶ τῶν ἀσχολιῶν scritta da Samo, subito dopo ricorda che da Colote é venuto a conoscenza del giudizio espresso su di lui da un ἰδιώτης (2) che Epicuro rimprovera per una mancanza di παρρησία.“ Plausibile è l'identificazione 4611 ἰδιώτης con l'&vzjp (5) destinatario della lettera περὶ τῶν ἀςχολιῶν. Più complicato è, invece, definirne l'identità. Difficile la costruzione sintattica del passo. * Il non facile χράω (5) potrebbe esprimere un'azione compiuta da Epicuro a favore dell’iösisnc. L'espressione τ[ὰ] Tav|v&Aou τ[άλα)ντα (10-11), gioca sull'allitterazione τανταλ-ταλαντ, ricorda i proverbiali averi di Tantalo, re di Sipilo in Frigia, e allude ad una ricchezza eccessiva.$ Esito di una scelta di stile è anche l'hapax ὑ[π]εδωρεῖτο (12).” Gran parte della critica ritiene che il ritiro ad una esistenza da privato cittadino dopo un pe' Non di poco peso sono i casi nei quali nelle lettere Epicuro cita se stesso. Cf. 6. * Come già notava CRÖNERT (19063), p. 14. Sulla presenza dello iato nella produzione di Epicuro rimando alle considerazioni sviluppate a proposito di so Fı-F2. ? L'identificazione del mittente con Epicuro è proposta per la prima volta da Diano (1946b), pp. 34-35. Cf. anche LiBBICH (1960), p. 92, ARRIGHBTTI (1973*), p. 682, e ERLER (1994), p. 117. Il nostro excerptum offre una preziosa testimonianza della presenza di Epicuro a Samo in età adulta. Per DiaNO (1946b), pp. 34-35, il viaggio a Samo è uno dei pochi viaggi in Ionia che Epicuro fece nella sua vita € di cui dà notizia Diogene Laerzio (X 10, 119-120). Forse si tratta dello stesso viaggio a cui si riferisce Epicuro in 89 F. Sulla lettera περὶ τῶν ἀσχολιῶν, Sugli impegni cf. anche 92 Tiab-2ab e 4. 2. 1. 2. * Secondo Diano (1946b), pp. 34-35, Filodemo avrebbe qui citato una lettera di Epicuro ad Antipatro Etesia scritta nell'interesse di Mitre e in accordo con il partito popolare ateniese. La considera, invece, una lettera di Epicuro ad un allievo di Lampsaco sugli elogi fatti a lui da Mitre ANGBLI (1990), p. 63. Non esclude che il destinatario possa essere Metrodoro la cui amicizia con Mitre è testimoniata dall'impegno per la sua liberazione MILITELLO (1997), p. 258. Cf. 4. 1. 2. * Per fjbetov (2) invece di ἥδιον cf. CRONBRT (1903), p. 28. * Si deve a Spina (1977), p. 5, la ricostruzione della sequenza x[a] Ταν[τάλου [43a ta (10-12), preferibile a Τιτάν, τὰ cx[öTn πάντα proposta in apparato da USBNER (1887), p. 145, ma già respinta da CRONERT (1906), p. 14 n. 58. Cf. anche Diano (1946b), p. 35, e GicANTB (1981b), pp. 97-101. Sulle attestazioni del proverbio nella tradizione letteraria e sui significati delle sue varianti cf. ScHBUBR (1916-1924), col. 83, c BONANNO (1972), pp. 389-394. Per il significato che il proverbio assume nel nostro passo utile è l'indagine di Lonco AurICCHIO (2016), pp. 218-219. ? Il ricorso all'espressione proverbiale e al ricercato hapax rispondono all’esigenza di Epicuro di uno stile adeguato a descrivere la realtà. Cf. 5. 2. 1.
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riodo di successi potrebbe coincidere con il cambiamento di fortuna a cui fu costretto Mitre dopo la sua esperienza in politica.! Da Colote Epicuro sarebbe venuto a sapere che Mitre rivendicava il suo ben noto passato benefico a favore del Kepos.? Epicuro avrebbe quindi criticato la mancata παρρησία di Mitre, il solido fondamento di un equilibrato rapporto di φιλία. Con l'impiego di ἑταῖρος (12) Epicuro avrebbe indicato Mitre quale membro della comunità epicurea.* Non va inoltre trascurato che il nostro frammento sarebbe l'unica testimonianza di un dissidio tra Epicuro e Mitre non altrimenti attestato. Sarebbe questo anche l'unico caso nel quale Epicuro considererebbe il passaggio alla condizione di privato cittadino senza alcun riferimento alla disgrazia della prigionia e al cambiamento di fortuna.* Per tutto ció non é da escludere che qui Epicuro si riferisca non a Mitre ma ad un altro personaggio influente del Kepos, un ἀνήρ che fosse ad un tempo anche ἑταῖρος, il quale, dopo un periodo di successi, si sarebbe ritirato dalla scena pubblica. A proposito di tale personaggio Epicuro offre altre due informazioni: la vicinanza a Colote e la
proverbiale attitudine a sostenere economicamente i] Kepos. Tale profilo ben coinciderebbe anche con Idomeneo.* E difficile, peró, anche in questo caso, stabilire i] motivo in relazione al quale Epicuro pretenda da lui un franco parlare. Sfuggono, inoltre, le circostanze alle quali Epicuro si riferisce con la sequenza κατ᾽ á[AJAac x[pa&ec]e | [χ]ρησίμωι Yev[ouévo] (14-15), a meno di non pensare al sostegno dato da Epicuro a Idomeneo nella delicata fase di transizione dall'attività politica all'impegno nella ricerca filosofica, documentato da 22 Fı-F2. Va da sé che, se si identifica 1᾿ἰδιώτης con Idomeneo, la lettera da cui deriva l'excerptum ha come terminus post quem il 301, cioè il momento in cui Idomeneo lascia la vita pubblica per dedicarsi alla ricerca filosofica, se, invece, si pensa a Mitre, il terminus post quem & da far corrispondere al momento della liberazione dalla prigionia, cioè un anno compreso tra il 281 e il 278/277. Il richiamo da parte di Filodemo di un frammento di lettera nel quale Epicuro si riferisce a Idomeneo in apertura della sezione dedicata a Mitre non deve stupire: una relazione tra l'esperienza di vita di Mitre e quella di Idomeneo ' L'impegno di Mitre per il sostentamento della comunità risulta da 55 Fe da 58 F. Cf. 4. 2. 4. 2 Secondo CORTI (2014), pp. 72-73, il coinvolgimento di Colote in qualità di intermediario è una conferma del non trascurabile peso avuto da Colote nel Kepos e del suo legame privilegiato con il maestro. * Il verbo παρρησιάζω nel nostro testo è ricostruito. Si tratta di una delle poche attestazioni in Epicuro di termini che rientrano nel campo semantico di nappriciz. Non può essere un caso che il dativo παρρηςίᾳ, apra, in posizione enfatica, GV 29. Una riflessione di Epicuro sul franco parlare è da postulare ben prima di quella di Filodemo che per il suo scritto Sulla libertà di parola molto deve al maestro Zenone Sidonio. Affronta il problema della dipendenza dello scritto di Filoderno da materiale che definisce «genuinamente epicureo» GIGANTE (1985), pp. 55-62. Sulla mapprcia, metodo di correzione morale, strumento indispensabile al maestro per un'interazione proficua con i suoi allievi, cf. 4. 2. 1. 1. * Sostenitore del Kepos Mitre ha instaurato con il maestro un rapporto in cui φιλία e ypeia realizzano un equilibrio perfetto nel segno della reciproca utilità. Cf. 4. 1. 8. Riferisce, invece, ἑταῖρος (3) a Lisimaco, Diano (1946b), p. 35. * Cf. 4.1.26 4. 1. 4. * Cf. supra, p. 134.
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è stabilita dallo stesso Filodemo (Mem. Epic. xxxıı 30 Militello) nella parte finale della sezione dedicata a Mitre.
Nell’ampio contesto della polemica contro il suo avversario criticato per come sviluppa i suoi discorsi, Filodemo (Adversus 81, 9-12 Angeli) sottolinea l’importanza della conoscenza della natura e cita il nostro frammento a dimostrazione della necessità di apprendere l'intera dottrina del maestro.' Ἐπ’ Ἂ (1) è quanto resta del nome dell’arconte: Antifate (297/296) o Anassicrate (279/278) o Aristonimo (277/276).* Benché il nome del mittente non sia indicato, né sembri integrabile in quanto resta, è plausibile, per non dire certo, che si tratti di Epicuro. * Il genitivo βυβλίων (2) è ricostruito, ma è molto
probabile che nell’excerputm si faccia riferimento all’invio di libri. Nel nesso ἐς ὑγίε[ιαν (3) è sintetizzato il motivo dell’invio: i libri serviranno al destinatario per la salute dell'anima.‘ Le parole di Filodemo che seguono l'excerptum
consentono di capire più a fondo il motivo della citazione: diversamente dalle discussioni, nelle quali i saggi espongono l’insieme dei principi, nei loro libri, invece, devono insistere dapprima solo su alcuni di questi, per offrire una visione fondamentale della loro dottrina solo in un secondo momento. I libri ben strutturati che Epicuro inviava ai suoi φίλοι lontani, nel consentire un
autentico filosofare, forniscono un solido sostegno nel percorso verso la salvez-
za dell'anima pur in assenza del maestro. Il senso delle parole di Epicuro qui citate apparirebbe più chiaro se fossimo in grado di individuare il destinatario della lettera, probabilmente uno dei φίλοι dei cenacoli epicurei d’Asia che, pur lontano dal maestro, si impegnava nella quotidiana ricerca filosofica proprio grazie alla lettura dei suoi scritti. Nel nesso [δι᾿ E]|xeivo[v (3-4) sono forse da
scorgere coloro che si sono fatti tramite del recapito dei libri.* * Il frammento si trova nel terzo pezzo della cornice 2 a destra di frammento 78 e sottoposto al frammento 86: la complessa situazione stratigrafica del pezzo rende impossibile una ricollocazione certa. Utile è la descrizione della stratigrafia offerta da ANGBLI (1988b), pp. 216-217. 2 La lettera andrebbe datata sotto Antifate (297/296) 0 Anassicrate (279/278), quando inviò anche 10 "I, 104 E 105 E 106 T o, ancora sotto Aristonimo (277/276), quando Epicuro inviò anche 76 F e 80
F1-F2.
Cf.
SAMUBL
(1972),
p.
213,
MBRITT
(1977),
pp.
172-173,
DORANDI
(1990),
pp.
123-128,
€
OsBORNB (2009), pp. 84-88. * Lo suggeriscono anche gli altri excerpta (122 F, 123 F, 124 E 125 E, 126 E 127 F1- F2) che Filodemo cita nello stesso contesto in cui richiama anche il nostro frammento in relazione agli scritti che circolavano nel Kepos. Cf. 4. 2. 1. 2. * Per la forma ἐς cf. CRÖNBRT (1903), p. 112. Qui Epicuro impiega la voce medica ὑγίεια in riferimento al benessere delll’anima a cui conduce solo l'esercizio della filosofia. Cf. 4. 2. 1. 3. Sull'uso che Epicuro fa del lessico medico cf. s. 1. 1. 2. * È plausibile che nel Kepos i libri venissero recapitati attraverso messi, probabilmente gli stessi ai quali era affidata la consegna sia della corrispondenza sia del denaro proveniente dalle donazioni alla scuola. In particolare è probabile che anche nel Kepos, secondo una prassi consueta nell’antichità, la corrispondenza fosse recapitata da amici e conoscenti che viaggiavano. Cf. TaPBDINO GUBRRA (2010), pp. 43-44. Il nome di uno di loro, Cleone, lo ha reso noto Epicuro nell’incipit di Pyth. 84: si tratta dello stesso Cleone ricordato in 50 F2 (111 5-6) per essersi fatto tramite in uno scambio di
COMMBNTO
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98 F
Il frammento é citato subito prima di 65 F (1) a proposito dell'opportunità di rivolgersi agli dei con preghiere e con espressioni sacre. La presenza della sequenza xai Π[ολυαίνωι che introduce 65 F sembra provare che il nostro
frammento provenga da una lettera ad un destinatario diverso da Polieno.' Poiché è difficile ricostruire data e destinatario della lettera da cui è tratto il nostro excerptum, non si può stabilire se κἂν πόλ[ζε]μίος ἧι (1) si riferisca ad un episodio specifico o ad ogni guerra.? Epicuro potrebbe aver avuto in mente un episodio in particolare: forse l'assedio di Atene da parte di Demetrio del 294, in occasione del quale le condizioni dei φίλοι di Epicuro furono a tal punto drammatiche che, secondo Plutarco (Dem. 34), Epicuro offri ai suoi associati delle fave.? Il genitivo assoluto ϑεῶν εἵλείων ὄν των (3-4), espressione dal tono sacrale con la quale Epicuro riconosce il potere degli dei, ricorre anche in 65 F (s-6). La riflessione sulla possibilità che la benevolenza degli dei possa rendere meno orribili le conseguenze della guerra, mal si concilia con i principi della teologia di Epicuro. Ma Epicuro avrebbe potuto pronunciare questa espressione, esattamente con le stesse motivazioni per le quali giura sugli dei e si rivolge a loro con invocazioni.*
99 F In un contesto per noi assai problematico da decifrare, nel quale e forse svi-
luppata una riflessione su Timocrate, Filodemo richiama una lettera inviata in uno dei due anni in cui fu arconte Olimpiodoro (294/293 0 293/292).? Niente possiamo dire sul mittente: ma & plausibile che qui Filodemo citi una lettera di Epicuro a proposito di Timocrate e del suo comportamento. 100 F Subito prima di 61 F2, Filodemo (Div. xxxiv 7-14 Tepedino Guerra) cita un frammento di lettera inviata sotto Carino (291/290 0 290/289 0 289/288). L'assenza del nome del mittente suggerisce che si tratti di Epicuro, lo stesso
denaro. Per la corrispondenza ufficiale, invece, Epicuro potrebbe essersi servito di corrieri ufficiali, come sembra provare 15 F1 (2-4). Cf. ERLER (1994), p. 119. ? A meno di non accettare πίάλιν di GomPBRZ (1871, ora in 1993), p. 67. C. ERLER (1994), p. 116. * Prima dell'excerptum il testo conservato è molto incerto: OBBINE (1996), p. 446, stampa οαληί. Ma non si può escludere che la sequenza oa, registrata nell'apografo napoletano, contenga un'informazione importante per capire il nostro testo. PHILIPPSON (1921), p. 384, crede piü plausibile per ragioni di spazio Μηίτροδώρωι. » Cf. OBBINE (1996), p. 445, ma anche FEsrucibnB (1968', trad. it. 2015), p. 52. * Cf. 4.1. 2. * Cf. MILITBLLO (1997), pp. 216-217. Sull'arconte cf. DORANDI (1990), p. 45, € we (2009), . 85.
? Per la discussa datazione dell’arcontato di Carino rimando a 61 Εἰ.
. 2. 2.
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mittente di 61 F2-3 e di 85 F1-F2, citate da Filodemo poco dopo.' Il destinatario è ignoto, ma non si può escludere che il suo nome sia da rintracciare nella sequenza nyect[.jat[ . . . (3), forse quanto resta del nome ‘Hyectpatne.? Il sostantivo πενία (4) e il riferimento a un cambiamento complessivo, εἰς με[τ]άϑεοιν An’ [τῆς ὅλ[ης] ὑπ[άρξεως ἀ] ξει (6-8), appaiono indicare che Filodemo citi Epicuro in relazione ad una riflessione sui mali generati dalla povertà o, piü in generale, da un cambiamento di fortuna.? La lettera da cui
deriva il nostro frammento é forse da ricondurre alla ricca corrispondenza che Epicuro mantenne tra il 292/291 e il 289/288 con gli amici di Lampsaco in relazione a πενία e πλοῦτος sullo sfondo di un periodo assai difficile per la storia dell'economia ateniese. * 101 F La lettera è richiamata da Filodemo (Piet. 29, 840-30, 845 Obbink) insieme a 63 F a proposito dell'opportunità di non violare la sacra mensa. Nel 285/284, anno dell'arcontato di Diotimo, a sei anni di distanza dall'invio della lettera a Polieno da cui ricaviamo 63 F Epicuro affida ancora una volta ad una lettera indicazioni circa la partecipazione alla mensa sacra. * Purtroppo non sappiamo cosa conservino le linee che seguono il frammento: le poche parole di senso compiuto ricostruite dall'editore non aiutano a capire. Non si può escludere che subito dopo aver rapidamente richiamato il monito che leggeva sia a 63 F sia a 101 F Filodemo abbia anche citato le due lettere. 102 F Il frammento, citato da Filodemo (Mem. Epic. xxxii 14 Militello) subito prima di 41 T e 53 T, deriva probabilmente da una lettera inviata da Epicuro sotto l'arcontato di Iseo (284/283).° Il testo dell'excerptum è caduto in lacuna. È plausibile che Filodemo citasse qui la lettera inviata da Epicuro sotto Iseo in relazione agli stessi argomenti per i quali poco prima aveva richiamato anche 53 1.7
! Si tratta però di un frammento da una lettera diversa da quella inviata a Polieno da cui è tratto 61 F2. Cf. ERLER (1994), p. 116. Sulla scia di UsBNER (1887), p. 149, pensa ad una lettera a Polieno TEPBDINO
GUBRRA
(1978), pp. 80-81.
Ma
cf. anche TEPEDINO
GUBRRA
(1991), PP.
192-193,
€ OBBINE
(1996), PP- 430-431. * Si tratta di un nome che non risulta però tra i φίλοι di Epicuro a noi noti. ? Cf. 85 F1-F2 Sul valore morale del sostantivo μετάϑεεις, che indica il cambiamento a cui vanno incontro i giovani sotto la guida del sapiente educatore, è utile la riflessione di GIGANTE (1974), p. 41. * Cf. ANGELI (1993), pp. 27-28. * Il nome dell'arconte Diotimo risulta da una congettura di UsgNBR (1887), p. 133, accettata da ARRIGHBTTI
(1973°),
p. 463.
Ma
cf. anche
TePBDINO
GUBRRA
(1991), P. 193. Sotto
Diotimo
Epicuro
invia anche la lettera di cui restano 75 F1-F2: plausibile, ma difficile da provare, è l'ipotesi secondo la quale si tratterebbe della stessa lettera da cui deriva anche il nostro frammento. Cf. OBBINE (1996), P. 432. * Cf. DoRANDI (1990), p. 125. ? Cf. MiLITELLO (1997), p. 293.
COMMENTO
231
103 F
A proposito della vicenda dell’arresto di Mitre, Filodemo (Mem. Epic. xxviii 2-9 Militello), poco prima di 38 F e 57 F, riporta un excerptum di let-
tera, con buona plausibilità da attribuire ad Epicuro.' La sequenza ἡνίκα ἔζη (A]uctuaxo[c] (3) consente di fissare il terminus post quem per la dazione della
lettera al 281, anno della morte di Lisimaco. Epicuro ricorda di aver pregato perché con benevolenza si intervenisse in favore di Mitre. E probabile che qui
Epicuro si rivolga agli stessi φίλοι dei quali subito dopo ricorda l'atteggiamento sconsiderato tenuto finché fu vivo Lisimaco con la convinzione che il loro atteggiamento poteva risultare utile. Il verbo φιλανϑρωπεύω (1-2) richiama senz'altro l'agire più conveniente ai φίλοι. Palese è l'esortazione di Epicuro ad un atteggiamento benevolo verso il prossimo.* Incerto è il significato
di προπίπτω (5) al quale forse è da attribuire il valore di inconsiderate ago.* Resta da stabilire a cosa si riferisca nello specifico la sequenza τὴν ἔξω[ϑε[ν] palvjraciav (6-7): forse pavtacia ha qui il valore di Nelle parole che chiudono l'excerptum & da scorgere prospettiva morale, contro l'esteriorità sopravvalutata sconsideratamente. E difficile sulla base del contenuto della lettera da cui il nostro excerptum ἃ tratto.
apparenza esteriore.* una polemica, in una da quanti hanno agito risalire al destinatario
104 F
Il frammento, citato da Filodemo (Piet. 63, 1820-1821 Obbink) nella sezione dell'opera dedicata alle teorie sull'origine dell'ateismo e della giustizia, deriva da una lettera inviata sotto l'arconte Anassicrate (279/278).5 Filodemo in questa sezione dell'opera sembra riportare uno di seguito all'altro una serie di excerpta da lettere di Epicuro a sostegno di una riflessione sulla preghiera, con il risultato di un vero e proprio elenco di excerpta.? La sola sequenza conservata, τὸν ἐπὶ τῆς ol[xtac (2), sembra richiamare κατὰ] τὴν οἰκίαν di 76 F
"Ἢ testo risulta dalla ricostruzione proposta da MILITBLLO (1997), pp. 136-137. Stampa il testo della colonna come due frammenti provenienti da due diverse lettere ARRIGHBTTI (1973), pp. 446 € 466. Cf. ERLBR (1994), pp. 112 e 116. * Sull'utilità della φιλία epicurea cf. 4. 1. 7. * Cf. IsSnARDI PARENTE (1983), p. 148 n. 5. * Cf. Vooirjs,
van
KRBVELEN
(1941), p. 72, € MILITBLLO
(1997), p. 267.
* Cf. ERLER (1994), p. 111. Pavracia è il termine con il quale Epicuro indica la rappresentazione che scaturisce dal contatto tra l'organo sensoriale e l'oggetto attraverso la mediazione del simulacro, come emerge sia da Hdt. 50-52 sia da più di un passo di Nat. xiv (xxix, xxv-xxvit Leone). Cf. Long (1987), pp. 82-94, € VERDE (2010), pp. 133-140. Pavraciar ricostruito a so F1 (1 4) indica le immagini delle persone defunte che appaiono nei sogni. * Per Anassicrate arconte nel 279/278 rimando a 10 T. Sono da datare allo stesso anno 10 T, 104 F e 105 T.
? Si deve a CRSNERT (1901, trad. it. 1975), pp. 118-119, l'attribuzione dell'excerptum ad Epicuro. Cf. PHILIPPSON (1921), p. 409.
232
MARGHERITA
ERBÌ
(20-21). È probabile che qui, come in 76 F, l'argomento trattato sia connesso
all'opportunità della preghiera domestica. '
105 T
Una lettera inviata da Epicuro sotto Anassicrate (279/278) forse richiamata da Filodemo (Stoici vt 13 Dorandi) in relazione a fatti che riguardano Antigono
Gonata e il suo rapporto con esponenti della scuola stoica.?
106 T Niente si ricava del contenuto di questa lettera. Da Filodemo (Mem. Epic. 3 defg Militello), che la richiama insieme a 10 T, una lettera per Diodoro, sappiamo solo che venne inviata nel 279/278 sotto l'arcontato di Anassicrate.
Non si puó tuttavia escludere che ad una stessa lettera inviata sotto Anassicrate siano da ricondurre anche 104 F e 105 T. 107 F
Subito dopo 108 T, Filodemo (Mem. Epic. xxix 17-19 Militello) cita un excerptum da una lettera inviata sotto l'arcontato di Democle (278/277).? L'assenza del nome del mittente e il dativo a0)càc (1) suggeriscono che mittente e destinatario siano gli stessi della lettera di cui con 108 T Filodemo conserva
una testimonianza.* Dunque, mittente e destinatario del nostro frammento sarebbero rispettivamente Epicuro e Mitre, quest'ultimo destinatario sia del διαλογιομός, sia della lettera di accompagnamento, come risulta da 108 T.* Difficile è capire il senso di quanto resta dell'excerptum: ὁ δγια[κε]χαριομέν[ος ἑἸκάο[τωι (2-3) è, forse, riferito ad una generosa donazione.5 Διαχαρίζομαι è ' Utile è l'analisi del passo offerta da OBBINE (1998), p. 558, che riconduce anche questo excerptum alla lettera inviata a Diodoro di cui 10 T offre una testimonianza. Ma è anche plausibile che si tratti invece della stessa lettera inviata sotto Anassicrate a cui riconduciamo 106 T. Sull’opportunitä della preghiera domestica rimando a 4. 1. 3. * Secondo AnGELI (19812), p. 44, le parole di Epicuro sarebbero da connettere all'avversione per Antigono Gonata. Epicuro si riferisce ai filosofi stoici anche in 8 T, 82 T, 138 T. Secondo OssiNE (1996), p. 558, anche questo frammento deriverebbe dalla stessa lettera di cui 10 T è una testimonianza. Ma anche in questo caso, come per 104 F, non si puó escludere che si tratti di una testimonianza da ricondurre alla lettera di cui 106 T offre ancora una testimonianza. Secondo DORANDI (19822), p. 112, si tratterebbe, invece, di un estratto epistolare di Zenone di Cizio, che sarebbe anche il rnittente della lettera citata da Filodemo (Stoici v1 9 Dorandi) poco prima e inviata sotto Eutino: i due excerpta di Zenone ben si integrerebbero nel contesto della descrizione di fatti storici relativi ad Antigono Gonata e al suo rapporto con Zenone. Cf. anche DORANDI (1990), p. 127. » Cf. DORANDI (1990), pp. 128-129, € OSBORNB (2009), p. 87. Risale al 278/277 anche la lettera da cui é tratto 37 F. * Cf. Drano (1946), p. 38. A proposito della prassi di Filodemo di omettere mittente e destinatario per quegli excerpta in cui mittente e destinatario sono gli stessi dell'excerptum precedente, utili sono le considerazioni sviluppate da MILITELLO (1997), p. 31. * Inserisce l'excerptum tra i frammenti di lettere inviate a Mitre già ARRIGUETTI (1973), p. 443, intendendo αὐτῶι «a Mitre». * Cf. Spina (1977), p. 62, e MILITELLO (1997), pp. 264-275. Per la divisione in sillabe del gruppo cx di&pac|twı cf. CRONBRT (1903), p. 11.
COMMENTO
233
attestato solo in Diodoro Siculo (xix 20,4) con il significato di 'distribuire in dono’. Non è improbabile che qui Epicuro richiami l'atteggiamento magnanimo di Mitre nei confronti del Kepos.' 108 T Nella sezione dedicata all'episodio della prigionia di Mitre, Filodemo (Mem.
Epic. xxix 2-16 Militello) cita un excerptum di lettera nel quale & data testimonianza di una lettera e di un διαλογιομόος composti dal destinatario e inviati ad un personaggio altrimenti ignoto. Purtroppo la piena comprensione del contesto è compromessa dalla difficoltà di ricostruire le linee 1-5: è solo un'ipotesi che fino a linea 5 possa essere contenuta l'introduzione di Filodemo all'excerptum. L'estratto epistolare doveva iniziare almeno a linea 6, come sug-
geriscono sia la lunga sequenza contenuta alle linee 6-15, che deve dipendere da un verbo di modo infinito, sia il segno vergato in corrispondenza della linea 6, che potrebbe indicare l’inizio dell'excerptum.? Nell'accusativo ΓΜιϑρῆν (1)
e nel nesso ἐκ "Tleıp "[x]téoc (3) è forse un riferimento alla vicenda della prigionia di Mitre.? Il mittente offre una sintesi del contenuto del διαλογιομόο: lo scritto considera le opinioni di coloro che, incapaci di una distinzione tra ciò che è oggetto di percezione e ciò che non lo è, nonché di stabilire una corrispondenza tra i dati della sensazione e ció che non & percepito dai sensi, sono in contraddizione.‘ A linea 6 ἐπιοτολή è senz'altro una lettera della stessa
tipologia delle lettere che accompagnavano l'invio di libri." Con διαλογιομός (7) si intende uno scritto in forma di trattato. 5 La necessità di una spiegazione analogica per i fenomeni che non cadono sotto i nostri sensi, cioé il cuore del problema affrontato nel διαλογιομός, & uno degli aspetti fondanti la riflessione di Epicuro sulla conoscenza.” Infatti, ἀναλογία (9), τὰ φαινόμενα (10), τὰ ἀόpata (11 e 14), ουμφωνία (12-13), αἴοϑησις (13) sono termini propri del lessico ! Cf. 4. 2. 4. * Si tratta di un che possa trattarsi ’ I due termini, Diano (1946b), p.
φ caudato, registrato anche dal disegno ozoniense. Esclude, con buone ragioni, di un'indicazione sticometrica MILITELLO (1997), pp. 100-101 e 271. non più leggibili nel papiro, sono recuperati sulla base del disegno oxoniense. Cf. 37, e MILITELLO (1997), p. 138. * Cf. ERLER (1994), p. 119.
. 122 E.
* Come già suggeriva Diano (1946b), p. 38. Sul διαλογιομός quale forma letteraria che assume il risultato della fertile dialettica tra maestro e allievo restano valide le considerazioni sviluppate in 5. ' Diogene Laerzio (x 32, 407-419) spiega che per Epicuro la conoscenza delle cose che non siamo in grado di percepire con i sensi deriva dai fenomeni attraverso l'induzione che si serve anche dell'analogia per arrivare dalle sensazioni alle nozioni. L'imprescindibilità dell'analisi dei fenomeni per giungere con un processo analogico alla conoscenza di ciò che non è evidente è in più occasioni ribadita da Epicuro (Hdt. 38-39, 58-59, Pyth. 88, 104 e Nat. xxvii 11 Sedley). Sulla questione cf. almeno SBDLEY (1973), p. 59, ASMIS (2009), pp. 91-104, VERDE (2010), pp. 80-93, € VERDE (20132), PP. 58-87. Uno studio sull’analogia in Lucrezio è offerto da Schrijvers (2007), pp. 255-288. In particolare sull'impiego della metafora tra gli argomenti analogici con i quali Lucrezio rappresenta la filosofia atomistica cf. CLAY (1996, ora in 1998), pp. 161-173. Ma si deve già ad Epicuro, come ha dimostrato LEONE (2014), pp. 5-18, l'impiego di un ricco bagaglio di immagini e di tecniche retoriche di sostegno al metodo argomentativo scientifico e didattico.
234
MARGHERITA
BRBÌ
impiegato da Epicuro per esprimere i risultati dell'indagine sulla natura.! Qui ἀντιμαρτυρέω è riferito a coloro che smentiscono una conoscenza basata sull’a-
nalogia tra i fenomeni e realtà invisibile.? Degna di nota è la presenza di 'Y segnato sul margine sinistro in corrispondenza di linea 11, lì posto probabilmente per richiamare l’attenzione su ἀόρατα, un termine centrale nella sintesi e che ritorna a linea 14 del frammento. * Benché uno scritto dedicato all’analogia tra il visibile e l'invisibile sia assente nel catalogo delle opere di Epicuro conservato in Diogene Laerzio (x 27, 332-28, 372), le considerazioni fin qui sviluppate suggeriscono che il διαλογιομός e la sua lettera di accompagnamento citati nel nostro excerptum siano da attribuire ad Epicuro. * Dunque se Epicuro è l'autore del διαλογιομός e della lettera che lo accompagna, Epicuro non può che essere il destinatario della lettera dalla quale Filodemo trae l’excerptum. Il mittente di questa lettera che coinciderebbe con il destinatario della lettera di Epicuro citata nel frammento non è noto. Ma il nome di Mitre (1) e il riferimento al Pireo (3) suggeriscono almeno due possibilità: potrebbe trattarsi o dello stesso Mitre o di Metrodoro che molto si spese per la liberazione di Mitre. 109 ΕἸ
Dopo 96 F2 Filodemo (Mem. Epic. xxvı 1-11 Militello) cita da una lettera un primo excerptum al quale, immediatamente dopo, ne segue un secondo (109 F2). Purtroppo una lacuna tra 96 F2 e 109 F2 è troppo ampia perché una relazione possa essere stabilita tra i testi: non si può tuttavia non rilevare il comune interesse per la vicenda di Mitre. Le conseguenze scaturite dalla perdita del potere e del patrimonio, a cui si fa riferimento, suggeriscono un richiamo alla prigionia di Mitre e, più in generale, al suo ritiro dall’attività politica avvenuto dopo la liberazione dalla prigionia, in un momento compreso tra il 281 ' Utile è la puntuale analisi offerta da MiLITBLLO (1997), pp. 273-274. In particolare sulla nozione di sensazione, atc9rkıc, primo criterio di verità della canonica di Epicuro, rimando al recente contributo di Verne (2018c), pp. 79-104, e alla ricca bibliografia indicata. * Per ἀντιμαρτυρέω impiegato da Epicuro per esprimere un criterio del falso cf. almeno Asmis (1984), pp.
142-145.
* Come per il segno posto a margine di linea 6, anche in questo caso è da escludere che si tratti di una nota sticometrica. Questo stesso segno è vergato nel papiro (PHerc. 1418) che conserva le Memorie epicuree anche a colonna xx (6), in corrispondenza di un riferimento alla ricerca filosofica sviluppata nel Kepos * Secondo Strecker (1968), col. 617, il διαλογιομός doveva avere un contenuto gnoseologico e cosmologico,
se non addirittura coincidere con il Pronostico citato da Diogene
Laerzio (x 28, 356). Per
STRIKER (1974, ora in 1996), pp. 45-46. in questo trattato erano approfonditi in tutta la loro casistica i concetti di éntpaprüpncuc e οὐκ ἀντιμαρτύρηοις. MILITELLO (1997), p. 270, ritiene plausibile che questo διαλογιομός fosse alla base dello scritto Sui segni di Filodemo. A partire dalle argomentazioni sviluppate da Filodemo sappiamo che la validità del metodo basato sull'analogia era sostenuta contro quella del metodo basato sull'antitesi proposto dagli Stoici. Cf. De Lacy. DB Lacv (1978), pp. 206222. Non è da escludere che nel διαλογιομός Epicuro si riferisse agli Stoici come uomini incapaci di conoscere l'invisibile a partire da ciò che vediamo. * CF. Diano (1946b), p. 37, LiBBICH (1960), p. 96, e SPINA (1977), p. 77. ISNARDI PARENTE (1983?), PP. 145-146 n. 2, pensa, invece, ad una lettera di Metrodoro a Epicuro.
COMMENTO
e il 278/277. lettera ad un mittente con Problematico
235
Questi dati offrono, dunque, un terminus post quem per datare la periodo successivo al 278/277.' Plausibile è l'identificazione del Epicuro. Incerta resta l’identità del destinatario della lettera.? ἐπέτεινε (1).?
109 F2
Subito dopo 109 F1 Filodemo (Mem. Epic. xxvı 5-11 Militello) cita un secondo excerptum.* Il nesso νὴ Ata (1) che apre la citazione offre un ulteriore sostegno a favore dell’attribuzione della lettera a Epicuro." È probabile che qui Epicuro riferisca al suo destinatario del conforto offerto a Mitre in seguito
alla vicenda della sua prigionia.* Difficile & stabilire il valore di ἀνατάττω
(2-3). Poco chiaro appare il senso di ἐπικουφίζω (7), non frequente in simili contesti.” 110 Ti Plutarco (Non posse 1097A 9-B 4), a proposito della concezione epicurea della politica in relazione alle ricadute negative, offre una preziosa testimonianza di lettere inviate da Epicuro a tutti i suoi ptAoı per rendere noto l'impegno di Metrodoro nella liberazione di Mitre, per lodare il suo retto comportamento e celebrare il coraggio da lui dimostrato nella discesa al Pireo.* Polemico è
Plutarco nel sottolineare la convinzione epicurea per la quale fare del bene procura piü piacere che riceverlo.? Non sfugge neanche che Plutarco nega l'impegno di Metrodoro nella vicenda di Mitre per cui è lodato da Epicuro. '? ' 3 ? ferire
Cf. supra, p. 170. ANGBLI (19812), p. 98, pur con incertezza, inserisce il frammento tra le lettere a Idomenco. Ἐπέτει)νε di ANGELI (19812), p. 98, accolto da MILITELLO (1997), p. 134, è comunque da prea rapicta be di Diano (1946b),p. Il nesso καὶ προβάς (s) che raccorda s109 Fı-F2 prova che i due excerpta provengono dalla stessa letera CI. 6. * Cf. ANGELI (1990), p. 63. Sull'uso da parte di Epicuro di invocazioni agli dei nelle sue lettere cf. 5. 1. 1. DiANO (1946), p. 35, basandosi su una ricostruzione del testo non sostenuta dalle successive autopsie del papiro c diversa da quella stabilita prima da SPINA (1977), pp. 59-60, e poi da MILITBLLO (1997), pp. 134-135, ha identificato il mittente della lettera con Epicuro e il destinatario in
Idomenco
PARBNTE
o
(1983°),
Leonteo.
Accolgono
il testo
di
Diano
sia
ARRIGHBTTI
(1973),
p. 432,
sia
ISNARDI
p. 123.
* Secondo SPINA (1977), p. 76, Epicuro potrebbe qui paragonare l'avversa sorte di Mitre ad un un momento difficile della scuola. Ma sono del tutto condivisibili i dubbi espressi a riguardo da MILITELLO (1997), p. 261, secondo la quale la scuola non attraversò mai un periodo a tal punto buio da giustificare un confronto con l’esperienza di Mitre. ' Cf. MiLiTBLLO (1997), pp. 261-262. * Sul passo cf. RosKaM (2013), p. 36. La sequenza ἅλαδε κατέβη proposta in nota da WrrTBNBACH (1832), pp. 406-407, e accolta da POHLENZ (1959*), p. 149, corregge, a partire da 110 T2, l'improbabile ἀλλὰ cuvéfiy, della gran parte dei codici. Einarson, DE Lacy (1967), p. 84, stampano ἐπὶ 94Aaccav ἤβη. GIANGRANDE (1990), p. 68, preservando il testo stampa ἄλλος᾽ ἐνέβη e intende «s'inoltra altrove». Cf. ALBINI (1993), pp. 201-202. * Cf. WESTMAN (1955), p. 227. '* VOGLIANO (1926), p. 330, ritiene che gli sforzi fatti da Metrodoro non ottennero probabilmente il successo sperato e che solo l'intervento di Epicuro e di Erodoto fu risolutivo.
236
MARGHBRITA
ERBI
Le lettere di cui dà qui testimonianza Plutarco sono senz'altro successive alla liberazione di Mitre dalla prigionia.' La sequenza ὑμνῶν xai μεγαλύνων Μητρόδωρον sembra alludere ad una dimensione religiosa, se non addirittura proprio alle celebrazioni dei riti cultuali che si tenevano nel Kepos.? L'entusiasmo di Epicuro per l'impegno di Metrodoro ben si spiega: un Epicureo, abituato ad una vita lontana dall'attività politica, è in grado di gustare le rare occasioni di partecipazione alle vicende politiche.? 110 T2 In Adv. Col. (1126E 9-F 3) Plutarco richiama le lettere che Epicuro invió per comunicare ai suoi φίλοι l'impegno di Metrodoro nella liberazione di Mitre. Rispetto a 110 T1 Plutarco offre alcuni dettagli in piü sul percorso fatto da Metrodoro per soccorrere Mitre. Dalla testimonianza ricaviamo anche che le lettere di Epicuro sull'argomento vennero inviate sia a uomini sia a donne. I participi μεγαληγοροῦντος e ceuvivovtoc, corrispondono a ὑμνῶν καὶ μεγαλύνων di 110 T1: non si puó escludere che Plutarco riprenda questi termini direttamente da Epicuro. 111 F Seneca (Luc. 79, 15), a proposito dell'ammirazione che ancora ai suoi tempi suscitava Epicuro, ricorda che il filosofo greco, per la consuetudine a vivere nascosto, era sconosciuto perfino ad Atene. A dimostrazione di ció Seneca cita una lettera nella quale Epicuro, dopo aver ricordato con piacere l'amicizia che lo aveva legato a Metrodoro, affermava che nessuno di loro due soffrì per l'indifferenza dimostrata nei loro confronti dai Greci.* La sequenza nihil sibi et Metrodoro inter bona tanta nocuisse, quod ipsos illa nobilis Graecia non ignotos solum habuisset, sed paene inauditos è, dunque, la resa latina delle parole di Epicuro. Impossibile identificare il destinatario della lettera per la quale possiamo però fissare il terminus post quem di composizione: il 278/277, data della morte di Metrodoro.* È difficile credere che Epicuro, al tempo a cui risale la lettera,
' Che l'episodio di Mitre molto coinvolse Epicuro e l'intero Kepos, lo dimostrano i numerosi frammenti di lettere (15 F1-F2, 32 T, 38 E 55 E 108 T, 109 Fi-F2, 110 Ti- T2, 111 F 114 E, 129 F1-F2) inviate da Epicuro tra il 281, anno della morte di Lisimaco, e il 278/277, anno della morte di Metrodoro. Qui Plutarco, come Filodemo per 15 Fı-F2, definisce le lettere scritte da Epicuro a proposito dell'episodio della prigionia c liberazione di Mitre γράμματα. Su Mitre e la vicenda che lo coinvolse cf. supra, p. 170. * Sulla consuetudine di Epicuro, molto criticata dagli avversari, di elogiare e adulare i suoi φίλοι nelle lettere cf. 4. 2. 1. 1. ? Cf. RoskAM (20072), pp. 55-56. Il coinvolgimento di Epicuro nella vicenda di Mitre e l'entusiasmo dimostrato nci confronti dell'operato di Metrodoro è considerato in relazione alla riflessione cpicurea sull'opportunità dell’impegno in politica in 4. 1. 2. * Sul piacere che il ricordo degli amici defunti suscita rimando a 4. * Una data plausibile per l'invio della lettera è secondo ERLER tota P. 118, il 274/273. Per la cronologia di Metrodoro cf. supra, pp. 166-167.
COMMENTO
237
non fosse noto ad Atene.' Qui l'interesse di Epicuro non è per il dato biografico: Epicuro potrebbe essersi voluto riferire alla diffusione dei propri scritti ad Atene e, forse, al contesto in cui venne formulato il monito λάϑε Brócac.
Ma non si può escludere che Epicuro con lo sguardo rivolto alla tradizione intendesse lamentarsi, come Democrito (DK 68B 116), di non essere noto ad Atene.? L'immagine della Grecia del tutto ignara dell'esistenza e dell'attività di Epicuro e dei suoi é qui idealizzata per dimostrare che la felicità deriva unicamente dal vivere nascosti, come suggerisce Seneca sia con il nesso circa quas delituerat sia con le parole di Metrodoro (43 Kórte) citate immediatamente dopo il nostro frammento. Per Seneca le parole di Epicuro ben si prestavano a persuadere il proprio destinatario a tralasciare il vano desiderio di fama per
raggiungere la felicità con una condotta appartata nel segno della filosofia.’
112 F Il frammento è citato da Filodemo (Adversus 111, 12-15 Angeli) subito dopo 126 F. La presenza del nome di Eubulo (1-2) arconte nel 274/273 sembra
provare che 112 F e 126 F non provengano dalla stessa lettera.‘ Il contesto, lo stesso in cui sono
citate anche
122
Ε 123 E, 124
F
125 E, 126 Ε suggerisce
che
si tratta di un excerptum di lettera di Epicuro. Filodemo, attraverso le parole del maestro, difende la scuola dall'accusa di ignoranza dovuta al rifiuto della παιδεία tradizionale e, ad un tempo, documenta un’ampia circolazione di libri tra i φίλοι. ᾽ Purtroppo è impossibile sia ricostruire il contenuto della lettera
richiamata da Epicuro sia stabilire i titoli degli scritti di Democrito a cui qui si
fa riferimento.* Le linee che nel papiro seguono il nostro frammento sono irrimediabilmente corrotte. Difficile & capire cosa si nasconda dietro la sequenza npoc|8(. . . .}yotc (2-3): forte è la tentazione di ricostruire nella lacuna un riferimento ai destinatari della lettera richiamata da Epicuro, ma non poche sono le evidenti difficoltà per procedere in questa direzione.” I diversi tentativi di ' Non c'é dubbio che la vicenda dell'apostasia di Timocrate ebbe un'immediata risonanza pubblica. La presenza di Epicuro corne personaggio sulla scena cornica prova, tra l'altro, la notorietà di Epicuro già tra i suoi contemporanei. Cf. 4. 2. 2. 2 Preziose testimonianze del continuo rapporto di Epicuro con la produzione di Democrito giungono a noi anche dai frammenti di lettere: cf. 88 Fr e 112 F. * A proposito della riflessione sulla fama offerta da Epicuro nelle lettere cf. 4. 1. 7. * La sequenza Εὐβούλ(ου" τὴν (1-2) è la prima proposta di integrazione di CRONBRT (1901, trad. it. 1975), p. 114, che resta preferibile a Εὐβούλίου ypoo]v, ricostruzione stampata in un secondo momento ma troppo lunga rispetto allo spazio disponibile. Cf. DORANDI (1990), p. 129. Sulla datazione dell'arcontato di Eubulo cf. anche OssonNs (2009), p. 88. * Sull'aspetto utilitaristico dell'arnicizia epicurea cf. 4. 1. 8. * Che la prassi di scambio di lettere e scritti tra i φίλοι dovesse essere ben consolidata lo provano anche 122 Ε 123 Ε 124 E 125 F 126 E. Cf. 4. 2. 1. 2. ? CRÖNERT (19068), p. 174, seguito dagli editori successivi, integra mpoc[a[v&m]totc, ANGBLI (1988b), p. 167, in apparato, non senza incertezza, suggerisce πρὸς | δ΄ [zv &y]otc. Cf. anche SsonDONE (1947), p. 75. In ogni caso permangono dubbi sulla possibilità che δ, come a che si trova subito sopra e che precede la lacuna, sia sullo stesso strato della sequenza yotc o τοις che, invece, si trova certamente sullo stesso strato del xac che segue. Forse è da riconsiderare npoc[a[v&án]xocc di Crönert rinunciando a un riferimento ai destinatari della lettera.
238
MARGHBRITA
ERBÌ
ricostruzione degli editori concordano per lo più su un testo nel quale Epicuro giustifica la richiesta di opere di Democrito con la necessità di conoscere tutti i dogmi filosofici.' 113 F
Per dimostrare che Epicuro ammetteva che alcuni piaceri possano derivare dalla fama, δόξα, Plutarco (Non posse 1099F 7-1100B 1), immediata-
mente dopo 40 F2, ricorda che Epicuro scrisse di suo fratello Neocle, che fin dall'infanzia ebbe consapevolezza della sapienza di Epicuro e di sua madre che aveva in sé atomi tali da produrre, aggregandosi, un sapiente. Per Plutarco, il rilievo dato da Epicuro nei suoi scritti alle parole di Neocle & prova di un atteggiamento degno di biasimo. Che la notizia dell'elogio di Neocle al fratello fosse argomento di una lettera di Epicuro lo suggerisce qui γράφειν che la introduce. Legittimo è chiedersi se il racconto della npocxuvncte di Colote e la notizia della lode di Neocle Epicuro le considerasse insieme in una stessa lettera. Non ci sono indizi che vanno in questa direzione: l'articolazione delle due consecutive con μέν e δέ potrebbe piuttosto essere indizio del fatto che Plutarco o la sua fonte leggessero i due episodi in due lettere differenti.? Il frammento, come suggerisce 113 T1, è da mettere in relazione a quanto si legge nel catechismo (Diog. Laert. x 117, 1378-1380) a proposito della διάϑεοιο del saggio: il saggio non può nascere da ogni costituzione fisica, per questo il saggio non potrà assumere una διάϑεοις contraria.’ Nell’elogio di Neocle a Epicuro è da cogliere una marcata prospettiva dottrinale. Neocle, il più grande dei fratelli di Epicuro, aveva riconosciuto sin da piccolo in Epicuro ancora bambino, colui che per natura, κατὰ pücıv, si sarebbe distinto tra tutti per la sua sapienza: la condizione di beatitudine massima propria di Epicuro sarebbe derivata a lui dagli atomi che lo componevano. La lettera da cui sarebbe stato estratto il nostro frammento è da fissare dopo la morte di Neocle, una data purtroppo assai difficile da
determinare.‘ Nel racconto che Epicuro offre nella sua lettera, Neocle appare quale paradigma del discepolo che, colto il senso più profondo della dottrina del maestro, riconosce in lui la condizione di sapienza che lo rende simile alla divinità. La lode di Neocle è manifestazione di devozione, nella stessa misura in cui lo è l’atto di genuflessione di Colote. Per Epicuro ! Cf. CRONERT
(19062),
p. 174.
2 Sul passo cf. ALBINI
(1993),
p. 214.
* Palese & qui l'allusione al principio della formazione dei corpi a partire dall'aggregazione degli atomi che leggiamo in Epicuro (Hdt. 40). Cf. VaRDE (20132), pp. 90-91. Sulla διάϑεοις del sapiente epicureo cf. 4. 1. * Di tutti i fratelli di Epicuro & probabile che Neocle fosse il maggiore: lo proverebbe il fatto che porta lo stesso nome del padre e che nel lessico Suida (e 2404 Adler) è menzionato prima degli altri. Da Plutarco (Non posse 1089F 1-3) deriviamo che Neocle morì di idropisia come Aristobulo. Diogene Laerzio (x 3, 26-28) ricava dal decimo libro della Rassegna dei filosofi di Filodemo (T 7 Sider) che Neocle, insieme agli altri due fratelli, Cheredemo e Aristobulo, si occupò di filosofia. A proposito di Neocle cf. GOULET (2005b), p. 654. Su Aristobulo cf. supra, p. 123.
COMMBNTO
239
Neocle, come Colote, nel rendere onore al maestro dimostra con pienezza la sua condizione di sapiente. ' 113 T1
Appare del tutto plausibile che l'elogio rivolto ad Epicuro copwrepoc dai fratelli a cui lui stesso farebbe riferimento in 113 F sia richiamato da Plutarco anche nello scritto Sull'amore fraterno (487D 2-6), quale esempio di amore tra
fratelli che si traduce in vera e propria venerazione.? Il participio di διατίϑημι che ricorre in relazione sia alla sapienza di Epicuro sia alla disposizione dei
suoi fratelli suggerisce per il nostro passo un contatto con quanto espresso in 113 F circa l'aggregazione degli atomi che determinano la διάϑεοις di Epicuro. 113 T2
Nessun richiamo alla lettera di Epicuro quale fonte della lode di Neocle si trova in Dionisio di Alessandria (ap. Euseb. Praep. Evang. xiv 26, 2). Ma è palese qui l'allusione alle parole di Neocle pronunciate a proposito dell'aggregazione di atomi dalla quale nacque Epicuro. Non é un caso cbe Dionisio ricordi ciò a proposito della natura dell'uomo.? 114 F
L'excerptum, che Filodemo (Mem. Epic. 2 ab 1-6 - xxx1 1-5 Militello) cita subito prima di 56 Fı-F2, è tratto da una lettera di Epicuro inviata ad un destinatario ignoto sotto l'arcontato di Pitarato (271/270). * Le lacune rendono difficile capire il senso delle parole di Epicuro. Innanzitutto non è facile interpretare αὐτόν (6) da riferire, con tutta probabilità, al soggetto di ποιεῖοϑαι (3).* La sequenza am[e]|deyet' [α)ὐτόν (5-6) rende probabile l'ipotesi che qui Epicuro dichiari di essere pronto ad accogliere la morte. Il contenuto dell’excerptum, ‘ Che per Epicuro fosse abitudine proclamare nelle lettere la propria condizione divina a cui ha avuto accesso attraverso la saggezza emerge anche da 40 Fiab-F2 e da 52 T. Cf. 4. 1. 3. * ADAM (1974), p. 47 n. 55, mette in luce la diversa prospettiva nella quale nei due passi di Plutarco è richiamato l'elogio a Neocle. * Per il contesto nel quale Dionisio di Alessandria riporta la testimonianza rimando a FLBISCHBR (2016), pp. 349-351, il quale tiene conto anche della produzione del Kepos sulla procreazione. Non si può escludere che da tale racconto sulla generazione di Epicuro derivi la notizia offerta, non senza polemica, da Cicerone (Fin. 11 3, 7) che Epicuro fu l'unico ad aver osato dichiararsi sapiente. * Il testo è presente nei due i papiri (PHerc. 310 € PHerc. 1418) che conservano il testo delle Memorie epicuree di Filoderno. Il testo del frammento deriva dalla collazione dei due esemplari. Cf. MILITELLO (1997), pp. 97-114. Diano (1946b), p. 17, integra il nome di Mitre (2) con il quale identifica il destinatario. Cf. anche ARRIGHETTI (1973), p. 444, € ERLER (1994), p. 111. Ma la proposta di CRONBRT (1906b, trad. it. 1975), p. 214, accolta da Militello, che restituisce ,Ilu8a [p&vou &pyov]“.9c, (2) appare più plausibile per spazio e compatibilità con le tracce di inchiostro conservate. Sull'arcontato di Pitarato in carica l'anno della morte di Epicuro cf. DORANDI (1990), pp. 129-130, € OSBORNE (2009), p. 88. * Cf. MILITELLO (1997), p. 289. VOGLIANO (1928), p. 118, lo riferisce a Mitre, DiaNO (1946b), p. 17, interpreta, invece, αὐτόν come ϑάνατον.
249
MARGHBRITA
ERBI
nel quale è forse da scorgere un riferimento all'atteggiamento consapevole di Epicuro di fronte alla morte, & del tutto in armonia con le ultime parole che Epicuro rivolge a Idomeneo in 29 F e a Mitre in 56 Fı-F2. 115 F
Contro l’insano atteggiamento di Epicuro che si lasciava consumare nella
singolare commistione di piacere e dolore Plutarco (Non posse 1097E 5-1097F 3) offre a noi l'immagine di un Epicuro intento a vantarsi di poter partecipare, nonostante la malattia, ai piaceri dei banchetti, memore delle parole pronunciate dal fratello Neocle in fin di vita. Per Plutarco l'esaltazione di Epicuro per i godimenti & accostabile alla felicità che provano i marinai che celebrano le feste in onore di Afrodite.! La citazione che Plutarco fa delle pa-
role di Epicuro, qui certo adattate al contesto, rende difficile capire se si tratta di uno o piü frammenti.? E plausibile che la lettera da cui Plutarco cita qui Epicuro sia stata scritta negli anni della malattia di Epicuro, dopo la morte di Neocle: Epicuro pur nel peggiorare delle sue condizioni di salute e ricercando il piacere nel ricordo delle parole del compianto fratello Neocle, anche lui morto eroicamente dopo aver sofferto di idropisia, invita il suo destinatario a partecipare a banchetti.? Non pochi sono i punti di contatto del nostro testo con 29 Ε 56 Fı-F2, 116 E, lettere inviate da Epicuro negli ultimi giorni di vita, quando piü difficile era la sopportazione del dolore. Come in 29 F e in 56 F1-F2 anche nel nostro testo è puntuale l'impiego del lessico tecnico medico nella descrizione dei sintomi del male. Con l'accusativo interno della sequenza vocóv vócov ἀοκίτην è posta molta enfasi sulle condizioni di salute di Epicuro.*
' Benché il senso del passo sia chiaro, la sequenza τὸ δὲ περὶ τοῦ πρὸς εὐπαϑείας ἐπαίρεοϑαι appare esito di una corruttela. PoHLENZ (1959?), p. 150, stampa τὸ δὲ { περὶ τοῦ per segnalare la difficoltà del testo e in apparato propone περι - γενόμενον» ἐκ τοῦ «mAod- sulla base di 88 Ε Un intervento sul testo di non poco peso. Suggestiva è la proposta di WvrTBNBACH (1832), p. 409, che in nota propone Ἐπικούρον. Più rispettose del testo tradito sono le proposte di KRONBNBERG (1941), p. 44, che stampa τὸ δὲ περιττῶς omettendo peró πρὸς e la sequenza τὸ δὲ ἐκ περιττοῦ di EINARSON, Ds
Lacy
(1967), p. 88, accolta anche da BARIGAZZI
(1978), pp. 142-143, € sostenuta da ALBINI
(1993),
. 205. ? Usener (1887), pp. 157-158, individuava nel passo ben due frammenti di lettere: nel primo Epicuro inviterebbe gli amici a partecipare ai banchetti, nel secondo ricorderebbe il fratello Neocle. Artribuisce a Metrodoro il primo excerptum sulla base di Celso (Med. 111 21), KURTE (1890), p. 560. Sulla paternità del frammento cf. CLav (1983, ora in 1998), pp. 65-66. Stampa ὅτι vocàv ... ἰδιοτρόrw ἡδονῇ come se fosse un unico frammento, PoHLBNZ (1959), p. 150. ? Su Neocle cf. 113 ‘T1-2. Non è da escludere, con Crar (1986, ora in 1998), p. 87, che qui sia richiamata una scena da un banchetto celebrato in occasione della festa delle εἰκάδες durante la quale, secondo la prassi comune nel Kepos, era letto a voce alta uno scritto nel quale si rievocava la vita esemplare di Neocle. Cf. ERLBR (1994), pp. 90-91. Forse si tratta dello scritto Neocle dedicato a Temista che compare nel catalogo delle opere di Epicuro offerto da Diogene Lacrzio (x 28, 348). In tale scritto dovevano essere contenute le ultime parole pronunciate da Neocle alle quali Epicuro potrebbe riferirsi con la sequenza τῶν ἐσχάτων NeoxAéovc λόγων. Sulla prassi della lettura collettiva di scritti commemorativi in occasione delle feste religiose cf. 4. 1. 3. * Per l’impiego del lessico medico cf. 4. 2. 1. 3 € 5. 1. 1. 2.
COMMENTO
241
Tali condizioni non limitano tuttavia il piacere della convivialità al quale Epicuro invita i φίλοι. Come in 29 F motivo di sollievo, se non di vera gioia, e il ricordo delle conversazioni passate. Nella lettera degli ultimi giorni il piacere derivava dalle conversazioni filosofiche, qui dalle ultime parole del fratello. Le lacrime frammiste a piacere che Epicuro versa per Neocle richiamano il pianto che bagna gli occhi per la morte degli amici al quale, secondo quanto afferma Epicuro in 80 F1, non bisogna rinunciare per non soccombere a un male piü grande.' Nel confronto con il comportamento dei marinai alle feste per Afrodite & possibile cogliere la pungente polemica di Plutarco che gioca, non senza malizia, con la doppia accezione di &ppoßtcıa, festa sacra e piaceri.? E sempre da una prospettiva critica che Plutarco rinvia al ruolo attribuito alla φρόνηοις da Epicuro con la sequenza μέγα φρονεῖν. 116 F Marco Aurelio nei Ricordi (1x 41) riporta le parole di Epicuro sui giorni della sua malattia durante i quali ha continuato ad occuparsi di filosofia imperturbato nell'anima, proseguendo nella sua vita piacevole e beata. Per Marco Aurelio Epicuro é un paradigma a cui guardare perché nel dolore della malattia non ha abbandonato la ricerca filosofica.? Palese & la vicinanza di contenuto del nostro frammento con 29 E, 56 F1-F2 e 115 F, le lettere inviate da Epicuro
negli ultimi giorni di vita: in tutti e tre i passi sono presenti il motivo del sollievo, dato dalle conversazioni filosofiche e dal ricordo di queste durante la malattia, e il riferimento al benessere dell'anima contrapposto alla sofferenza del corpo.* Non facile è l'interpretazione di προηγούμενος, termine stoico e non attestato altrove nella produzione di Epicuro.* Da ricondurre al piü tardo vocabolario stoico sono anche καταφρυάττεοϑαι e capxidtov. Altri elementi di novità rispetto alle lettere scritte sul letto di morte, quali il disprezzo per i medici e le loro cure, rendono difficile stabilire se la citazione di Marco Au' Il ricordo del passato procura sollievo sia per chi affronta la morte sia per chi sopravvive ai cari defunti: cf. 4. 1. 9. ? Sulle Afrodisie, feste nelle quali, come sappiamo anche da Senofonte (Hell. v 4, 4), era prevista la partecipazione di donne avvenenti cf. DBUBNER (1932), pp. 215-216. Indaga il rapporto tra sessualità e sacralità nelle pratiche religiose greche, in particolare in relazione alle celebrazioni in onore di Afrodite, PıREnng DBLFORGE (2007), pp. 311-323. Contrariamente all'indicazione che qui dà Plutarco, Epicuro
invita ad una vita sobria
e moderata
cf. 4. 1. 4.
? Sulla vicinanza del pensiero di Marco Aurelio a Epicuro cf. PESCE (1959), pp. 39-74. * Cf. 4. 1. 5. Già USENBR (1887), p. 158, riteneva che il frammento provenisse da una lettera di Epicuro. Secondo BicNoNs (1973°), 1, pp. 520-525, si tratterebbe di un frammento della lettera Ai filosofi di Mitilene: la chiusa del frammento ἀλλὰ ὁ βίος Ayero εὖ xai καλῶς lo porrebbe in rapporto alla polemica contro i Platonici dell'Accademia. * Traccia un'ampia storia di προηγούμενος GRILLI (1969), 11, pp. 490-492, il quale si sofferma sul significato che il termine assume nel nostro passo. Cf. IsNARDI PARBNTE (1971), pp. 120-128. A proposito della ἀοχληςία, nel polemizzare contro i suoi avversari, Epicuro potrebbe aver recuperato un termine a loro caro, conferendo a questo una sfumatura di significato in armonia con la propria riflessione, come
suggerisce GIUSTA
(1960-1961),
pp. 265-171. Τὰ προηγούμενα
con il significato di τὰ κυριώτατα. Cf. FARQUHARSON (1944), 11, p. 816.
è, infatti, da intendere
242
MARGHERITA
BRBÌ
relio sia una parafrasi della lettera scritta da Epicuro sul letto di morte o se si tratti della traduzione di un frammento proveniente da un’altra lettera non
altrimenti nota. In ogni caso, non si può escludere che Marco Aurelio abbia riformulato le parole di Epicuro, come suggerisce la presenza di un lessico
fortemente connotato da un vocabolario stoico.! 117 F
Le troppo lacunose condizioni del papiro non consentono di ricostruire il
contesto nel quale Filodemo (Mem. Epic. τι 1-9 Militello) cita l'excerptum.* Dopo il monito a desistere dalla pavia (4), è riconosciuto al destinatario un qualche elemento di raffinatezza (5-7). Segue quindi una precisazione: il destinatario è invitato a non desistere del rutto dalla pavia secondo natura (7-9).* Il verbo ἐνυπάρχω nell’Epistola a Erodoto (55 e 65) è riferito a ciò che è persisten-
te al cambiamento.‘ L'aggettivo pavixòc ricorre nell’Epistola a Pitocle (113). È plausibile che il mittente sia Epicuro, come suggeriscono sia il tono della lettera sia la marcata presenza di iati.? Forse qui Epicuro si rivolge all’ignoto
personaggio di cui trattava questa sezione delle Memorie epicuree.° Nel testo si fa riferimento a due forme di μανία, una delle quali, per il suo essere κατὰ φύοιν, non è negativa in sé e, dunque,
non condannabile.”
18Fi
Filodemo, ad apertura della sezione delle Memorie epicuree (xıx 2-11 Militello) dedicata a Cronio, per provarne l'indole liberale, cita un excerptum dalla
' Cf.
IsnarDı
PARENTE
(1983),
p.
153,
e ERLBR
(1994),
p.
106.
Non
senza
cautela
ARRIGHBTTI
(1973), p. 672, suggerisce che il nostro frammento sarebbe una parafrasi della lettera scritta da Epicuro sul letto di morte. Cf. 4. 1. 9. 2 Cf. MILITELLO (1997), pp. 192-196. ? Per la costruzione di Anyw con genitivo in Filodemo cf. VootJs, van KREVELBN (1941), p. 3. * Cf. VERDE (2010), pp. 148-150. * Sulla tendenza dello stile di Epicuro a non evitare lo iato cf. 50 Fı-F2. Il testo delle linee che seguono il frammento è irrimediabilmente corrotto. Cf. MILITELLO (1997), p. 100. * SPINA (1977), p. 69, ipotizza, non senza cautela, che qui Epicuro si rivolga ad uno scolaro, forse da identificare con Timocrate, distintosi per un comportamento folle. È ben noto infatti che Filodemo (Epic. 11, xx 4-5 Barbieri) attribuiva a Timocrate un'innata follia, cippuroc napaxorn,. Secondo MILITBLLO (1997). p. 194, non può trattarsi di Timocrate: l'indicativo (4) suggerirebbe piuttosto che il destinatario non è preso da pavia e la valutazione positiva sarebbe inammissibile per Timocrate. Cf. 4. 2. 2. ? Non e da escludere che Epicuro qui distingua tra una pavia naturale e una pavia da evitare, secondo lo stesso schema della distinzione tra due forme dello stesso πάϑος applicato ai desideri sia in Men.
127 sia in RS xxix.
Cf. HBSLER
(2014), pp. 231-237, € ANNAS
(1989), pp. 147-161. Questo
stes-
so schema è sfruttato anche da Filodemo (Ira xxxvii Indelli) a proposito dell'esistenza di una ὀργὴ φυεοική e una ὀργὴ κενή. Cf. INDBLLI (1988), pp. 23-24. La differenza tra ϑυμός, il furore irrazionale, € ὀργὴ φυοική, l'ira razionale che conviene al sapiente, è spiegata ancora da Filodemo (Ira xrin-xrvi Indelli) non senza aver prima chiarito (Ira xvi 34-40 Indelli) che viene talvolta chiamata ὀργή quella che in realtà andrebbe definita μανία. Cf. TsouNA (2007), pp. 195-204. Forse Filodemo offriva una riflessione sulle due forme di pavia anche nello scritto Περὶ μανίας conservato, secondo CRONERT (19062),
p. 108 n. 507, in PHerc.
57 e in PHerc.
533. Cf.
ERLBR
(1994), p. 325.
COMMBNTO
243
stessa lettera dalla quale poco dopo riporta anche 118 F2. E il contenuto stesso del frammento a suggerire che il mittente della lettera sia Epicuro.' Sono infatti qui offerte precise indicazioni per una ridistribuzione tra i φίλοι piü bisognosi dei contributi donati a Epicuro e al Kepos.? In particolare, nell'esortare il suo anonimo destinatario a rendere partecipe Carneisco dell'eredità
ricevuta, & lodata l'esemplare generosità dimostrata da Cronio in almeno due occasioni.? Una prima volta Cronio si distinse per aver lasciato che fosse Ar-
cefonte a beneficiare interamente della mina assegnata a lui da Epicuro, cioé di una somma corrispondente a poco meno dell'annuale donazione prevista, 120 dracme, come si ricava da 119 F.* Una seconda volta Cronio dimostró la sua magnanimità ordinando ad un certo Callistrato, forse un suo creditore, di
consegnare la somma di cinque mine alla comunità. Benché sia poco chiaro il riferimento a Callistrato (9-10), forse un personaggio estraneo alla cerchia epi-
curea, come suggerisce l'uso dell'indefinito τινι, emerge l'impegno di Cronio per il benessere della comunità.* 'Acracioc (4), avverbio che in poesia ἃ riferito ad un'azione che procura piacere, amplificato qui da μά]λα (4), definisce il più generico προ[ϑ[ύμως (3-4): per Cronio versare il contributo a Epicuro, perché ne tragga beneficio l'intera comunità, é fonte di piacere. Nella produzione epica, fin da Omero äcracıoc indica il piacere pieno, spesso legato alla
sfera amorosa.* L'avverbio conferisce al gesto una piena valenza filosofica. La prassi delle donazioni, nel realizzare un rapporto di reciproco vantaggio tra il benefattore e il beneficiario, non può che essere a fondamento del rapporto di φιλία tra i membri del Kepos. Contribuire alla solidità del Kepos per un Epicureo diviene pertanto occasione di grande piacere. 118 F2 Con xai | προβάο (1-2) Filodemo (Mem. Epic. xix 11-12 Militello) introduce un nuovo excerptum tratto dalla stessa lettera dalla quale subito prima aveva ' Cf. LiBBICH (1960), p. 29, € ERLER (1994), p. 117. * Cf. 4. 2. 4. * Epicuro si rivolge ad un abbiente destinatario invitandolo a seguire l'esempio di Cronio. Per la sequenza κί...... jo Γπ'αρειληφότι (1) appare opportuna per il senso l'integrazione xafi cor τῶι
proposta
da
LiBbicit
(1960),
p. 26, e accettata
da ARRIGHETTI
(1973*),
p. 469.
Si tratta
tuttavia
di una proposta che non soddisfa in relazione allo spazio, troppo ampio rispetto a quello occupato dalle lettere integrate. Il frammento è una delle poche fonti che offrono informazioni su Carneisco, l'Epicureo della prima generazione, probabilmente coetaneo di Epicuro, noto anche per i frammenti del suo Filista conservati nel PHerc. 1027. Cf. DORANDI (1994b), pp. 227-228. Forse non è un caso che l’autore del Filista, un'opera dedicata alla concezione epicurea dell'amicizia, sperimentò in prima persona la solidarietà di Epicuro e dell'intera scuola. Traccia il profilo di Carneisco Capasso (1988), PP. 29-36 e 129-131. Cf. anche ERLBR (1994), pp. 241-243. Sulla figura di Cronio quale emerge dai frammenti di lettere cf. 5. 2. 1. * Il rapporto di Cronio con Arcefonte al quale si fa riferimento in questo frammento è uno degli scarsi dati noti sulla biografia di Arcefonte, destinatario, quest'ultimo, insieme ad altri membri del circolo di Lampsaco, anche di 79 Κ΄ Cf. 4. 2. 5. * Cf. LIBBICH (1960), p. 30. * Emblematico è il ricongiungimento di Odisseo e Penelope narrato da Omero (Od. xxii 296) nel segno della gioia, ἀςπάοιοι λέχτροιο παλαιοῦ Becpòv ἵκοντο. Cf. NORDHEIDER (1979), coll. 14181420. Cf. 5. 1. 1. 3.
244
MARGHERITA
BRBÌ
citato 118 F1. Purtroppo le condizioni del testo non aiutano a comprenderne il senso.! Non si può dire a chi si riferisca il nome Patroclo (4). 119 F
Filodemo, nella sezione delle Memorie epicuree (xxx 2-9 Militello) dedicata a Mitre, prima di 120 F e di 58 F cita un excerptum di lettera nel quale Epicuro si rivolge a due destinatari e ordina loro di inviargli lo stesso contributo richiesto anche ad altri φίλοι. Benché non siano qui indicati i nomi dei destinatari è plausibile che si tratti di due persone legate a Mitre, forse i suoi figli: a costoro si riferirebbe sia ὑμῖν (5) sia il nesso παρ᾽ éxa|tépov (7-8).? Subito dopo, Epicuro quantifica il contributo: centoventi dracme da versare κα [τ΄ ἐνιαυτόν (6-7). Una cifra tutt'altro che esosa come prova [μόν]ας (6).? Ilpoctaccw (2) e cuvracco (5) pongono l'accento sulla tassatività della prescrizione per i φίλοι di sostenere Epicuro e la scuola con un contributo annuo.* L'iperbole x&v ἐν Ὑπερβορείοις à|ctv (3-4) sottolinea la necessità del versamento anche da parte di chi si trovi lontano. Epicuro sfrutta qui uno degli aspetti che piü caratterizzava il mitico popolo degli Iperborei, beato, immune da malattie e affanno: la sua collocazione ai margini del mondo, in un Nord indefinito e fluttuante. Come gli Iperborei fanno giungere periodicamente a Delo i doni in segno di devozione ad Apollo attraverso un lungo itinerario, cosi i φίλοι, anche i piü
lontani, esortati da Epicuro, invieranno le loro offerte al Kepos.? La ricercatezza formale del passo, che qui tradisce l'impiego di schemi retorici, non stupisce: il
richiamo agli Iperborei pare un raffinato tentativo di Epicuro di ricercare nella tradizione letteraria, e ancor tivo τιμή, (2), impiegato da denaro', potrebbe conferire agli onori che la comunità
prima nel mito, un modello per i φίλοι.“ Il sostanEpicuro solo qui con il significato di ‘contributo in al gesto una connotazione religiosa, assimilandolo era tenuta a tributare periodicamente al maestro.
120 F
Subito dopo 119 F e prima di 58 F Filodemo cita da Epicuro un altro excerptum di lettera sulle donazioni alla scuola.” Il nesso xai δι᾽ ἑτέρας (1-2) suggerisce che si tratta senz'altro di una lettera differente da quella da cui deriva 119
! Sulle formule con le quali Filodemo collega excerpta citati da una stessa lettera cf. 6. 2 Cf. MILITELLO (1997), pp. 275-282. ? Al tempo di Epicuro due oboli al giorno non erano neanche sufficienti per procurarsi una zuppa: il dato è presente in Menandro (Epit. 140). Cf. GoMME, SANDBACH (1983?), pp. 298-299. * Cf. 4. 2. 4. * La presenza nel frammento di 'Trepßöperor con il dittongo attesta l'antichità della forma che nella tradizione convive con ‘Trepfibpeor. Cf. CHANTRAINB (1999), pp. 1157-1158. Sugli Iperborei restano fondamentali DABBRITZ (1914), coll. 258-273, € WERHAHN (1993), coll. 967-986. Cf. Moscati CASTELNUOVO (2005), pp. 133-149. Accosta gli Iperborei citati qui da Epicuro al pacse della cuccagna Diano
(1968), p. 85.
* Cf. Lonco AuriccHIO (2016), pp. 218-219. Sul rinvio agli Iperborei cf. anche s. 1. 1. 3. ? Cf. 4.2.4.
COMMENTO
245
E benché l'argomento dei due excerpta sia il medesimo. Nel nostro excerptum Epicuro dichiara di aver ricevuto da Ctesippo il contributo che l'ignoto destinatario della lettera da cui & estratto il frammento aveva spedito da parte sua e di suo padre. Filodemo potrebbe aver ripreso le parole di Epicuro da una lettera inviata ad uno dei figli di Mitre: nella sequenza ὑπέρ τε τοῦ [π]ατρὸς | καὶ ςεαυτοῦ (4-5) è possibile forse scorgere un richiamo al padre Mitre.' Ctesippo è probabilmente lo stesso Ctesippo menzionato nel frammento di lettera inviato alla piccola Apia, figlia di Metrodoro, e citato dall'anonimo autore del testo conservato nel PHerc. 176 (5 xxi 1-14 Angeli).? Come Cleone, anche
Ctesippo si sarebbe fatto tramite tra il maestro e i suoi φίλοι." Ἐνιαυτόν (3) si riferisce alla scadenza annuale del contributo tassativo, cövra&ıc, che tutti i membri provvedevano a far recapitare alla scuola. ᾿Απέςστειλας (4), come ἀποοτέλλω di 119 F (5), richiama la consuetudine da parte dei φίλοι lontani di inviare i loro contributi. Non é un caso che coloro che versano il denaro sono espressi con il nesso ὑπέρ piü genitivo (4), in quanto anche beneficiari del generale benessere della scuola. * 121 F Nell'accusarlo di ἀτοπία, Plutarco (Non posse 1097C 10-D2) cita da una lettera di Epicuro parole di gratitudine rivolte ad alcuni φίλοι per aver provveduto al suo vitto.* Rivolgendosi probabilmente a piü destinatari, come suggerisce la seconda persona plurale ἐπεμελήϑητε, Epicuro esalta quanti hanno contribuito al sostentamento materiale della scuola, e, dunque si sono comportati in modo straordinario e grandioso.* A tal punto grandioso da riconoscere nelle loro generosc azioni segni eccelsi di benevolenza verso di lui." Come in 34 Fe in 50 F1-F2, anche qui l'alternanza del plurale ἡμῶν, con cui è designato il destinatario della cura, al singolare ἐμέ, rafforza sul piano del lessico il rapporto di reciproco vantaggio che si instaura tra il discepolo che dona e la scuola che riceve.* L'accumulo della sequenza δαιμονίως te καὶ μεγαλοπρεπῶς c del raro e poetico οὐρανομήκης, nel segnalare con forza l’eccezionalitä del comportamento di questi φίλοι, sembra alludere ad un vero e proprio gesto motivato da una gratitudine che assume i connotati di un'azione mossa da un sentimento di devozione religiosa e, dunque, carica di un profondo significato filosofico.? * Secondo WasrMaN (1955), p. 225, la parole di Epicuro qui suonano come «eine Quittung». ? Su Ctesippo cf. DonANDI (1994c), p. 532. Sulla lettera alla piccola Apia cf. 65 F. ? Il nostro frammento, come 50 F2, documenta per il Kepos la consuetudine di inviare denaro tramite messi.
Cf.
MILITBLLO
(1997), p. 298.
* Cf. a riguardo WipMANN (1935), p. 209, € ERBl (2016), p. 300. * Cf. sul passo ALBINI (1993), pp. 202-203. Discute la parzialità dell'interpretazione che Plutarco offre del pensiero e delle parole di Epicuro ROSKAM (2005), pp. 351-352. * Cf. ERLER (1994), p. 114. ” Sull'uso di οὐρανομήκης nella produzione poetica antica cf. SCHMIDT (2004), col. 867. * Cf. 5.1. 1. 2. * Per una riflessione sulle scelte stilistiche che caratterizzano il frammento rimando a 5. 1. 1. 2€ 5.1.1.3.
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MARGHERITA
BRBÌ
122 F Il termine ErıcroAn, da ricostruire con buona probabilità nella sequenza ere]|ctoA[ (1-2), suggerisce che si tratta di un un excerptum di lettera.! Ben-
ché il testo del frammento citato da Filodemo (Adversus 38, 1-8 Angeli) sia in gran parte parte integrato, si scorge qui un richiamo ai λόγοι che procurano beneficio per il destinatario. La comprensione del testo è molto compromessa, ma non è da escludere che Epicuro con τεταγμένοι λόγοι (7-8) intendesse ri-
ferirsi ai discorsi ordinati in quanto ben strutturati nel loro impianto formale e retorico, pertanto di efficacia e utilità nel comunicare il sapere e guidare il lettore alla salvezza. ? 123 F
L'excerptum è richiamato da Filodemo (Adversus 82, 10-11 Angeli) in relazione al beneficio che deriva al saggio epicureo dalla lettura dei libri del maestro, nello stesso contesto in cui è richiamato anche 97 F. È plausibile che prima
del nostro excerptum fosse riportato in sintesi un elenco dei meriti scientifici e morali di Epicuro: gli stessi meriti attribuiti al conservato nel PHerc. 346 (x 1-11 Capasso).? Del il mittente riconosce nel destinatario un avvenuto grazie alla lettura dello scritto inviatogli. Benché
maestro anche nello scritto frammento resta ben poco: progresso nella conoscenza il contesto sia tutt'altro che
chiaro, è plausibile che Filodemo abbia richiamato il nostro frammento, dal quale si evince un progresso derivato proprio dalla lettura di un libro di Epicuro, per dimostrare che è dagli scritti dei maestri che il saggio epicureo può trarre un valido sostegno alla ricerca del sommo bene.‘ 124 F Il contesto, lo stesso nel quale Filodemo cita anche 88 F6-7, 112 Ε 125 E 126 F, 127 F1-F2 per documentare la vasta padronanza che Epicuro aveva dei testi e del pensiero dei filosofi che lo hanno preceduto, in polemica con quanti interpretavano in maniera errata la critica di Epicuro alla παιδεία tradizionale fondata sui μαϑήματα, sembra provare cha anche il nostro frammento conservi un excerptum di lettera di Epicuro.* Nella sequenza XapexAe[ (1) è, È plausibile, secondo ANGBLI (1988b), Ρ. 199, che il nostro frammento preceda immediatamente 44 F e provenga, dunque, da una lettera di Epicuro con indicazioni dottrinali. Ὁ Epicuro definisce la sua Epistola a Erodoto un λόγος che se imparato con esattezza reca al destinatario giovamento, sicurezza e tranquillità. Allo stesso modo un giovamento per Epicuro lo offre anche l’Epistola a Pitocle, un διαλογιομός utile non solo al destinatario ma a tutti coloro che sono impediti nelle faticose occupazioni della vita quotidiana. Sul significato che dtaAoyıcuöc assume nella produzione di Epicuro cf. 5. 1. 1. Per la funzione salvifica del messaggio di Epicuro cf. 4. 2. 1. 3. ! Cf. ANGELI (1988b), pp. 219-220. * CÉ. 4. 2. 1. 2. ’ 1 frammenti 112 E 125 E, 126 E 127 F1-F2 si trovano tutti su di un unico pezzo: il quarto della cornice 3. Assai complessa è la definizione della stratigrafia del pezzo, incerta, pertanto, la successione dei frammenti. Lacunose, spesso irrimediabilmente, le parti di testo conservate. Puntuale la
COMMENTO
247
forse, da vedere parte del nome Χαρικλῆς o XapixAeidnc.! Appare, invece, sicura la ricostruzione del nome di Anassagora (3). Βελτιοί (2), quanto resta di una forma del superlativo, & forse da riferirsi a βιβλία: forse si tratta degli scritti migliori della produzione di Anassagora, ritenuti importanti anche per la formazione del saggio epicureo.? 125 F Anche
in 125
F come
in 112 E, 124 Ε 126
E, 127 F1-F2
Epicuro
comunica
al
destinatario o, piuttosto, ai destinatari, come sembra suggerire ὑμῖν (4), di aver dato disposizioni di far recapitare loro scritti. In questo caso si tratta degli scritti di Antistene sulla fisica.? IIpocét]aÉa (3) è ricostruito sulla base del più certo πρ]οςέ[τ]αξα di 126 F (1). I contesti sono in entrambi i casi lacunosi, ma non si puó escludere che il verbo abbia per Epicuro un valore tecnico nella prassi delle richieste o degli invii di libri. 126 F Il nostro frammento & citato da Filodemo prima di 112 F. Il contesto, lo stesso di 88 F6-7, 124 F e 125 F, 127 F1-F2, suggerisce, anche in questo caso, che si tratta di un excerptum di lettera di Epicuro. Impossibile & peró ricostruire
il nome del destinatario. L'interpretazione del testo é tutt'altro che facile. Le prime linee sono irrimediabilmente perse in lacuna, ma una corrispondenza è da stabilire tra npJoce[t]a&a (1) e ὑμῖν (2) con npocerja&a e o]utv di 125 F (4). E plausibile che il frammento inizi ben prima di linea 6 a partire dalla descrizione che della disposizione dei frammenti nel pezzo offre ANGELI (1988b), p. 110. 88 F6-7 è conservato solo sugli apografi napoletani che suggeriscono una contiguità con i frammenti conservati nell’originale. Si tratta di contiguità confermata anche dal contenuto. ! SBORDONE (1947), p. 125, pensa al nome dell’arconte in carica l'anno in cui è inviata anche la lettera da cui deriva 123 Ε Ma abbiamo notizia solo di un XapixAeidxc per il 363/362 e di un Χαρικλῆς in carica per il 196/195: cf. SAMUBL (1972), pp. 209 € 217, e MBRITT (1977), p. 180. 2 Che il pensiero di Anassagora sia stato alla base della formazione della dottrina epicurea è lo stesso Epicuro a dichiararlo in 88 F6-7. Non stupisce, pertanto, che Epicuro abbia favorito la circolazione dei libri di Anassagora tra suoi φίλοι. Cf. 4. 2. 1. 2. * Si tratta dell'unica testimonianza diretta di un rapporto tra Epicuro e Antistene. Ma che nel Kepos il pensiero di Antistene fosse ben noto è provato da Filodemo che richiama Antistene sia nello scritto sugli Stoici (x111 1-5 Dorandi - v B 126 Giannantoni), in quanto anello di congiunzione tra Socrate e gli Stoici, sia nella Retorica (11 223, 9-20 Sudhaus » VA 69 Giannantoni - 106 Decleva Caizzi) a proposito della concezione etica individualistica della ὁμόνοια ἑαυτῷ, nonché nello scritto Sulla pietà (19, 536-537 Obbink) dove la Fisica (39 Decleva Caizzi = v A 179 Giannantoni) di Antistene è citata a proposito dell'antitesi κατὰ φύειν κατὰ νόμον in relazione agli dei. Questo passo della Fisica di Antistene è richiamato anche da Cicerone (Nat. deor. 1 13, 32) in relazione ad Epicuro. Cf. Acosta M&npez, ANGBLI (1992), pp. 269-272. Sul valore attribuito alle parole di Antistene in una prospettiva epicurea cf. OBBINE (1996), p. 360. Offre un profilo di Epicuro lettore di Antistene GicANTE (1993), pp. 188-191. Con Φυοικός (1-2) Epicuro potrebbe aver voluto riferirsi sia ai due libri Sulla natura sia ai due libri dello scritto Quesiti sulla natura, entrambi registrati per Antistene da Diogene Laerzio (v1 17, 205-206): cf. GIANNANTONI (1990), pp. 251-252. Pensa ad un λόγος o διάλογος περὶ qucewc GIGANTE (1993), p. 189.
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MARGHERITA
ERBI
quale riusciamo a ricostruire il testo, pur non senza difficoltà. Non sembrano peró ormai piü esserci dubbi sul fatto che qui Epicuro con la sequenza τὸ rep]i [(ω]κράτ[ους] | τοῦ "Apkerinzou [κ]αὶ (πευ[ςἔππου top) Πλάτωνος | [ἐγκώμιον (6-9) richiami dapprima l’opera di Aristippo su Socrate, di cui
abbiamo notizia dai cataloghi di Sozione e Panezio a cui fa riferimento Diogene Laerzio (11 85, 255), quindi l'Encomio di Platone di Speusippo nella forma Πλάτωνος ἐγκώμιον, come attestato anche in Diogene Laerzio (1v 5, 67), e non nella variante Πλάτωνος Περίδειπνον con cui lo scritto é attestato sia in Diogene Laerzio (111 2, 9-10) sia in Filodemo (Acad. Hist. VI 10-12 Dorandi).' Infine (8-12) sono richiamati gli Analitici e gli scritti Sulla natura di Aristotele.? A] di là della possibilità di raggiungere certezze sul contenuto degli scritti τὰ περὶ φύσεως, il nostro frammento sembra documentare per Epicuro, o per la sua generazione, una familiarità con questa produzione di Aristotele.? In relazione ad Aristotele, non sfugge che l'interesse di Epicuro riguardasse anche gli scritti di logica e non si limitasse alla produzione sulla natura. Epicuro, rivolgendosi ad un destinatario che, purtroppo, non siamo in grado di identificare, richiama l'opera Su Socrate di Aristippo, l'Encomio a Platone di Speusippo, infine, gli Analitici e agli scritti Sulla natura di Aristotele quali risultati di una selezione, come prova öcarep é[vexptv]ouev (11-12) ! Cf. ANGELI (198Bb), pp. 166-167. Fu CRÖNBRT (19062), p. 174, il primo ad aver integrato il nome di Socrate (1). Crönert, tuttavia, pensava all'attività filologica c letteraria di Aristippo sull'Apologia di Socrate di Platone c leggeva un riferimento alle Diatribe di Aristippo su alcuni dialoghi di Platone. Tale ricostruzione, accettata anche dagli editori successivi, ha acceso una vivace discussione soprattutto sull'attendibilità della notizia conservata da Diogene Lacrzio (11 84, 241-241) che Speusippo negava ad Aristippo la paternità dei libri delle Diatribe. Ricostruisce i termini di tale dibattito AnGBLI (1988b), pp. 238-240. Sull'argomento dello scritto di Speusippo cf. sia ISSARDI PARBNTE (1980), PP: 384-386, sia TARÀN (1981), pp. 228-235, che considerano entrambi anche i problemi legati alla duplice forma del titolo. 3 BIGNONE (1973), 1, pp. 465-467, convinto che a Epicuro fossero note le sole opere dialogiche di Aristotele, ritiene che Epicuro, solo pochi anni prima della sua morte, non essendo ancora entrato in contatto con la produzione esoterica di Aristotele, non più reperibile già dopo la morte di Teofrasto (288/287), chiederebbe al suo destinatario di fargli avere gli Analitici e i libri Sulla natura di Aristotele: tà περὶ] pucewc (11) non sarebbe necessariamente da riferirsi alla Fisica, ma potrebbe riferirsi all'opera De caelo. Cf. SANDBACH (1985), pp. 5-6. ? SEDLEY (1998), p. 183 n. 54, benché ritenga che si tratti senz'altro di una lettera scritta da uno dei primi Epicurei, non crede che sia da attribuire necessariamente a Epicuro. Resta indiscutibile, comunque, che il nostro frammento offra una prova della circolazione e dell'interesse per queste opere nel Kepos. Cf. anche MONTARBSB (2012), pp. 139-141. Il nostro excerptum, secondo MORAUX (1973, trad. it. 2000), pp. 19-21, offrirebbe un sostegno all'ipotesi di una diffusione fuori da Atene di alcuni scritti di Aristotele già con la prima generazione di discepoli. Sul destino delle opere di Aristotele rimando a ConRADI (2018), che ricostruisce anche il dibattito della critica sull'argomento. Non c'è dubbio che la circolazione delle opere di Aristotele nel Kepos trovi una conferma anche nell'influenza che il pensiero di Aristotele ha avuto su Epicuro. Sui contatti tra Epicuro e Aristotele, dunque, anche tra Kepos e Peripatos, sono imprescindibili a tutt'oggi le riflessioni sviluppare da GIGANTE (1999), pp. 17-143, secondo il quale «nella scuola di Epicuro si realizza una fase dell'aristotelismo antico fuori dal Peripato». Un contatto diretto di Epicuro con gli scritti di Aristotele sulla retorica lo suggerisce Filodemo. Cf. ErBÌ (2015b), pp. 48-56. Un'ampia analisi dell'influenza di Aristotele sulla dottrina di Epicuro è offerta da VERDE (20162), pp. 35-51.
COMMENTO
249
che chiude l’excerptum.' Purtroppo sfuggono sia il motivo di tale selezione sia la prospettiva dalla quale questi scritti sono stati giudicati. Mancano elementi per affermare se qui Epicuro si riferisca a testi inviati o ad una richie-
sta di libri.? Resta il fatto che tali testi, ben noti a Epicuro, probabilmente facevano parte della biblioteca del Kepos e circolavano tra i φίλοι, anche tra quelli piü lontani.? 127 FA
Filodemo (Adversus 114, 1-6 Angeli) cita un primo excerptum di Epicuro tratto dalla stessa lettera da cui subito dopo deriva anche 127 F2. Il contesto della citazione & lo stesso di 88 F6-7, 112 Ε 124 F, 125 E 126 F, richiamati immediatamente prima. Purtroppo il testo è lacunoso ed è difficile capire. Il certo yelypaupevoc (2), l'incerta sequenza pukıxw (3) e ancora φ]ύοις (4) suggeriscono una riflessione sulla natura, forse in relazione ad uno scritto. Non sappiamo chi sia il soggetto a cui & riferito ἔχων (5) e sfugge anche il senso del passivo παρα[ϑεω[ρεῖοϑ]αι (5-6), un verbo il cui significato ha non poco peso nella produzione di Epicuro sull'indagine sulla natura. * 127 F2
Subito dopo 127 F1 Filodemo (Adversus 114, 6-11 Angeli) cita un secondo excerptum, probabilmente consecutivo al primo, con il quale & raccordato dal nesso ἔτι δέ (1). ᾽ Epicuro invita il suo destinatario a non curarsi di indagini, ἱστορίαι (2), e di altre chiacchiere sofistiche, ἄλλαι copuetixai φωναί (3-4), e a rivolgersi alla comunità epicurea subito dopo aver lasciato andare tutte quelle cose. Appare evidente che il motivo per cui Filoderno cita qui questa lettera potrebbe essere lo stesso per cui poco dopo citerà 88 F6-7: dimostrare l'inutilità della formazione offerta dai sofisti e incentrata sulla retorica. Non c'è dubbio che ictopiar e cop.ctıxai φωναί abbiano qui un valore negativo. Se, infatti, Epicuro (Hdt. 79) con ἱστορία indica l'indagine rigorosa sulla natura che conduce all'identificazione delle cause dei fenomeni, qui con lo stesso termine definisce, per contrasto, la ricerca vana, un impegno probabilmente anche in questo caso rigoroso, ma che non è capace di portare conoscenza.‘ Si tratta esattamente dello stesso impegno che si dedica ai μαϑήματα, i cui risultati non possono che essere le chiacchiere alla maniera dei sofisti, opposte ai detti, φωναί, della retta filosofia, che Epicuro (GV 41) esorta a non smettere ! "E[vexpiv]ouev di AnGBLI (1988b), p. 167, è preferibile per ragioni di spazio sia a ἐϊγκρίν)ομεν ricostruito da CRÖNERT (19062), p. 174 n. 16, sia a ἐξγγράφ)ομεν di BiGNONB (1973), I, p. 467 n. 181, ma anche a é[pevp]opev di Vogliano apud Diano (19462), p. 69, c a £(xXév Jourv di SBORDONE (1947), P. 75. 2 Pensava ad una richiesta di libri BIGnons (1973?), I, p. 467-468. * Sulla centralità dei libri nel Kepos cf. 4. 2. 1. 2. * Discute la ricorrenza di ϑεωρέω in Epicuro, che spesso impiega il verbo in sequenze nelle quali compare anche il termine pücıc, FARBSB (2001), pp. 427-430. * Sulle formule impiegate da Filodemo per collegare tra loro piü estratti di una stessa lettera rimando a 6. * Cf. VERDE (2010), pp. 224-225.
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MARGHERITA
BRBI
mai di proclamare.' Forte è il contatto delle linee 2-3 con la sequenza n[ept] | τοῦ οοφιοτεύσα[ν]τος ravfa]|Exyöpou ἀναγι[ν]ῴοκον τος καὶ Ἐμπεδο[ζκλ]έους di 88 F6-7 (3-6): le lezioni di Nausifane, che si comporta come un sofista, incentrate sulla lettura delle opere di Anassagora e Ernpedocle, sono nella prospettiva di Epicuro ςοφιοτικαὶ puvat. Le ἱοτορίαι di cui parla qui Epicuro sono, dunque, occupazioni, dalle quali non è possibile giungere alla conoscenza.? L'invito che nel nostro excerptum Epicuro rivolge al suo destinatario di non curarsi di ἱοτορίαι e copretixai φωναί è da accostare sia all'esortazione che Epicuro indirizza a Pitocle in 70 Fabcd di fuggire il più lontano possibile dall’educazione tradizionale sia all’elogio che rivolge ad Apelle in 6 F perché nel suo approccio alla filosofia, libero da ogni forma di educazione, ha mantenuto la giusta distanza nei confronti della cultura tradizionale. * Purtroppo la comprensione del testo che segue è compromessa da un pessimo stato di conservazione del papiro. La sequenza ἀλλ᾽ ἀ[ρ]τί[ω]ς ἧκ[ε πρὸς ἡμᾶς ἄλ]λ’ εὐϑὺς πάντα ταῦτα ἀπ]ηχώς (4-6), benché incerta, appare tuttavia plausibile sia rispetto alle tracce di inchiostro che ancora si leggono nel papiro sia rispetto al senso della riflessione sviluppata da Epicuro che esorta il suo destinatario a volgersi subito verso di lui e la scuola, ma solo dopo aver abbandonato tutte le altre occupazioni, tra le quali le vane ἱστορίαι e le copretixai φωναί.“ Qui ἀπάγω assume lo stesso significato che ha φεύγειν in 70 Fabc. 128 F Poco dopo 61 F Filodemo (Epic. t, viti 1-20 Barbieri) riporta un passo con indicazioni assai preziose sulle modalità di partecipazione alle celebrazioni
dei riti privati del Kepos e, ad un tempo, sul piü profondo senso filosofico di questi festeggiamenti.* Benché non sia facile definire il contesto, il lessico del passo e le corrispondenze con 129 F1 suggeriscono che Filodemo dopo 61 F, secondo la consuetudine di servirsi di estratti del maestro in base al metodo di composizione per compilazione, sia ricorso, a proposito di una riflessione sui culti del Kepos, al sostegno delle parole del maestro, tratte, probabilmente da una lettera.* Benché non sia una citazione verbatim, come prova ἑαυτοῦ (11), non credo, come
vedremo
dai contatti con altri frammenti,
che possano
esserci dubbi che si tratta delle parole di Epicuro, senz'altro adattate alla sintassi. ! Cf. ARRIGHBTTI (1973”), pp. 564-565. Sulla consuetudine di Epicuro di criticare i suoi avversari per l'uso di sofismi e vuote chiacchiere sono utili le riflessioni sviluppate da LEONE (1996), pp. 254255, in merito al lessico impiegato da Epicuro in contesti polemici. 2 Cf. 88 F2. ! Cf 4. 1. 2. 41 testo è così ricostruito da ANGEL! (1988b), p. 168. * Insieme a 76 E il nostro frammento è un imprescindibile documento per comprendere la religiosicä dei culti privati nel Kepos: cf. 4. 1. 3. Non a caso già VOGLIANO (1928), p. 126, cogliendo nel passo una viva testimonianza della religiosità epicurea, definiva la colonna «regina columnarum in papyris Herculanensibus adservatarum ». * Cf. CLAY (1986, ora in 1998), p. 83. Per tale prassi di Filodemo cf. 6. Delle festività del Kepos Filodemo inizia a parlare già nella colonna precedente per la quale cf. BARBIBRI (2018), pp. 89-94.
COMMENTO
251
Significative corrispondenze di lessico e di contenuto sono da segnalare con la sequenza μ[η] ϑὲ[ν] ταῖς δόξαις α[ὑ] τοὺς ἐν τοῖς περὶ | τῶν ἀρίστων κ[αὶ] | ceuvor&tov δια [ταράττοντ᾽ Ἑ΄[ο᾽ di 129 F1 (8-13) che conserva la raccomandazione ad evitare il turbamento provocato dalle opinioni che si hanno sugli dei.' Come in 129 F1 (11-12) con τῶν ἀρίστων κ[αὶ] | σεμνοτάτων anche qui (4-5) con τῶν Apicrav καὶ naxlalpıcrlolta]twv φύςεῳ[ν Epicuro si riferisce agli dei. Con i superlativi Epicuro sottolinea la condizione privilegiata di cui godono per natura le divinità.? Forse non è un caso che évvota (5) sia termine frequente in Epicuro.? Purtroppo la lacuna iniziale non rende possibile capire con chi Epicuro identifichi coloro che sono turbati a causa di questioni che riguardano gli dei.* Subito dopo Epicuro esorta ad una larga partecipazione ai banchetti rituali. Palese è il contatto tra il nostro passo e la raccomandazione a Teodoto in 76 F di celebrare le eix&dec. La sequenza παρα] [κα͵]λῶν edwy[et]οϑαι (5-6) richiama xaAécav|va πάντας edwyficat di 76 F (23-24). Tlaga]| [xa]λῶν, il cui soggetto è senz'altro Epicuro, meglio si adatta alle tracce del papiro e alla sintassi rispetto a λέγει δὲ | [κα]λεῖν di Tepedino Guerra.” Παρακαλῶ ricorre anche in 5 F. Forse anche l’azione stessa dell’invito al banchetto rappresentava un momento rituale della celebrazione delle elxadec. Assai precise sono le indicazioni che Epicuro offre sui destinatari di tali inviti (6-12). Aùtovc (6) è da riferire a qualcuno di cui si è già parlato.* Ka[A]àc (7) precisa l'adeguatezza e l’opportunitä della celebrazione dei riti.” Epicuro chiede poi di rivolgere l’invito anche ad altri, ἄλλους (7): sia a tutti coloro che appartenevano alla comunità
epicurea, sia agli altri cittadini e a quanti, pur non partecipando alla vita del
' ]l confronto tra il nostro testo e 129 Fı (10-11) sembra confermare τὰς π[ε]ρί (3-4) di BicnonE (1915), p. 538. Cf. CLAY (1986, ora in 1998), pp. 83-84. ἃ Possibile parallelo è con τὸ navapıcrov con il quale è indicata la divinità anche nello scritto epicureo sulla religione conservato nel POxy. 215 (1 19-20 Obbink), l'attribuzionc del quale a Epicuro € discussa da OBBINE (1992), pp. 188-191. Sulla condizione di beatitudine di cui godono gli dei e alla quale può aspirare chi si impegna nel quotidiano esercizio della filosofia cf. 4. 1. 3. ’ Integrazione
di Tarepıno
GUERRA
(1994),
p.
27.
Cf.
UsBNER,
GIGANTE,
ScHMID
(1977),
pp.
257-258.
* Forse si tratta di coloro che, non iniziati alla filosofia epicurea, vivono lontani dall'insegnamento del maestro. Cf. TBPEDINO GUERRA (1994), p. 36. * Per l'integrazione παρα] [κα]λῶν cf. BARBIBRI (2020), p. 120. Secondo TEPEDINO GUBRRA (1994), p. 27, Filodemo introdurrebbe solo ora l'excerptum del maestro. Pensa a δεῖ come verbo reggente perso in lacuna SCHMID (1961, ora in 1984), p. 103, integra invece ἔπειες (2) PHILIPPSON (1930, ora in 1986), p. 220. * Secondo CLay (1986, ora in 1998), p. 82, potrebbe trattarsi del gruppo di Epicurei rimproverati dal maestro nella notizia offerta da PHerc. 176 (s xxvit 5-19 Vogliano). Intende, invece, αὐτούς soggetto di tutte le infinitive e i participi che seguono ΒΙΟΝΟΝΒ (1973?), 1, p. 560. ’ In relazione all'adeguatezza e all'opportunità delle celebrazioni religiose l'avverbio compare anche in 129 Fi-F2 (5 e 6). Nel nostro passo xa[A}&c di BARBIBRI (2020), p. 68, e già καλῶς stampato da TEPEDINO GUBRRA (1994), p. 37, sono ben adatti alle tracce di inchiostro. Propone xa(9 ac CLAY (1986,
ora
in 1998),
p.
85.
Legge
c integra
γε[λ)ανῶς
BIGNONE
(1915),
p.
538
n. 319,
che
lo ritiene
una prova dell'appartenenza del passo alla polemica contro Timocrate sviluppata da Epicuro nella lettera Ai filosofi di Mitilene. Cf. anche ScHMID (1961, ora in 1984), p. 102.
252
MARGHBRITA
BRBÌ
Kepos, hanno dimostrato sentimenti di benevolenza verso lo stesso Epicuro e gli altri φίλοι. Con ol[xiav (8) Epicuro intende l'intero Kepos, la comunità di
persone legate dall’oixerörnc, la familiarità che unisce gli appartenenti ad una stessa comunità.' Nella sequenza [κ]ατὰ τὴν οἰκ[ίαν] &ravrac (8) è forse da
scorgere anche un'allusione alla consuetudine interna alla scuola per la quale i φίλοι mettevano a disposizione le loro abitazioni per celebrare i banchetti, come risulta da 76 F (20-22). Tra gli οἱ ἔξωϑεν (9), quelli che non fanno parte del Kepos, sono coloro che, pur se estranei alla comunità, hanno dimostrato per il maestro e i suoi grande benevolenza.? Solo l'eóvota, un sentimento di affetto e cura verso la comunità, ἃ richiesta da Epicuro (10-12) a quanti chiama a partecipare ai riti privati del Kepos.? I gruppi a cui qui ἃ rivolto l'invito a partecipare alle εἰκάδες & possibile che siano gli stessi ai quali Epicuro in 76 F (23) si riferisce con xavcac. Nel nostro excerptum Epicuro non offre il nome delle feste di cui parla: é tuttavia plausibile che come in 76 E si riferisca ai banchetti che la comunità dei φίλοι celebrava in occasione delle etx4dec.* Subito dopo Epicuro sviluppa una
riflessione sul senso della religiosità del Kepos e sulle sue funzioni nella vita comunitaria: i culti pubblici e privati non sono celebrati dagli Epicurei per demagogia al fine di compiacere il popolo, ma perché sono per natura convenienti al saggio. * Non stupisce che δ[η])μαγ[ωγ]ΐα (15) sia qui definita ‘vana’ e ‘non conforme a natura’, κενή (14) e ἀφυοιολόγητος (14-15): per Epicuro (Diog. Laert. X 119, 1404), infatti, il parlare alle assemblee per riceverne favore é tra le azioni che un filosofo deve evitare perché inutili alla ricerca. 5 La sequenza μγη[ςϑ 7ή' Sull'impiego del termine οἰχειότης in Epicuro cf. 73 F. * [ndaga sul significato del nesso ol ἔξωϑεν BARBIBRI (2018), pp. 91-92. Sulla prospettiva ecumenica del messaggio di Epicuro, rimando alle considerazioni sviluppate in 5. 1. Non facile è capire a chi riferire πἸαραλείποντας (9-10) a tal punto che BARBIERI (2020), p. 120, non esclude un errore dello scriba per παραλείπων. Ma credo che non si debba neache rinunciare all'ipotesi che Epicuro intendesse indicare ai suoi φίλοι di invitare a loro volta anche altri che non facevano parte della comunità cpicurca con la raccomandazione di non tralasciare nessuno di coloro che si erano dimostrati benevoli verso il Kepos. ? In 73 F (11) l'edvota, manifestandosi in azioni concrete e garantendo così la sopravvivenza della scuola, è il fondamento su cui si radica il legame tra i φίλοι e il maestro. Non è un caso che Epicuro (GV 67) affermi che il distribuire con misura le proprie ricchezze, facendone parte anche la comunità, porta ad acquistare la benevolenza del prossimo. La εὔνοια verso la comunità è senz'altro uno dei principi sui quali si fonda la prassi delle donazioni nel Kepos, come prova 121 Ε Cf. 4. 2. 4. * Con il plurale &vepyaüvrac (17) Epicuro sembra riferirsi alla festività delle elxädec piuttosto che al culto in onore di un singolo individuo. * Ciò risulta senza dubbio anche dalla sequenza γίγ[ε k[9)ac ὅταν ye καϑ[ή]χῃ | [τ]ὸ τῆς φύσεως del testo conservato in POxy. 215 (1 3-4 Obbink). * Con lo stesso significato ἀφυοσιολόγητος ricorre anche in 40 Fıab-Fz. Sull'opportunità che il saggio pronunci discorsi pubblici cf. 4. 1. 1. Pur senza arrivare alla posizione di BIGNONE (1973), t, PP- 562-565, che riconduce il nostro passo alla lettera Ai filosofi di Mitilene, dunque, alla polernica contro Timocrate, TEPBDINO GUBRRA (1994). p. 37, non esclude che qui Epicuro intenda giustificare la conformità alla natura del culto privato del Kepos, negare una contraddizione con l'invito ad una esistenza secondo il principio del λάϑε βιώσας c allontanare da sé l'accusa di un atteggiamento
COMMENTO
253
cecdar πάντων | τῶν τὰς eóv[otac] ἡμῖν ἐχόντων (17-19) richiama, in opposizione a 3[n]u« [ey Xa, la reale funzione commemorativa delle eindöec.' Cuvyxadayilo (19) offre una conferma: Epicuro si riferisce ad un culto in onore
di amici defunti e non ad un culto dedicato agli dei.? A quanti celebrano i culti privati del Kepos deriva un vantaggio per la loro stessa beatitudine: questo e forse quello che intende Epicuro con la sequenza ἐπὶ τῆι ἑαυτ[ῶν μα]καρίαι (20). Non è tuttavia da escludere sulla base dell'incipit di 29 E, τὴν μακαρίαν ἄγοντες xai ἅμα τελευταίαν ἡμέραν τοῦ βίου, la possibilità di considerare uaκαρία aggettivo di ἡμέρα immaginando una celebrazione dei culti in un giorno beato per chi li celebra: entrambe le interpretazioni della sequenza prevedono, per quanti si impegnano nella celebrazione delle eixädec, la possibilità di partecipare di una condizione di beatitudine. ? 129 F1
Nell'ampia sezione dello scritto Sulla pietà Filodemo
(26-36 Obbink),
a
proposito dell'opportunità per il saggio di partecipare alle celebrazioni sacre, subito prima di 129 F2, cita un excerptum da una lettera di Epicuro. Il passaggio dal discorso indiretto ad una citazione diretta è segnalato dalla sequenza ἵνα δὲ μὴ] | ἐκτείνω [τὸν λόγον (1-2) che introduce immediatamente al cuore del discorso. Πάλιν (3) suggerisce che questo excerptum & successivo ad un altro perso in lacuna.* Con il congiuntivo ϑύωμεν (4), lo stesso che ricorre anche in 129 F2 (2-3), Epicuro esorta alla celebrazione di sacrifici in demagogico. Infatti ben presto l'abitudine a celebrare con banchetti le feste del Kepos divenne bersaglio degli oppositori di Epicuro, i quali condannavano la pratica dei banchetti commemorativi perché incoerente sia rispetto al monito del λάϑε Bcócac sia rispetto alla teoria dell'immortalità dell'anima. Al cinico Mcnippo di Gadara, contemporanco di Epicuro, secondo Diogene Laerzio (v1 101, 32-33) si deve un pamphlet sulla nascita di Epicuro c sulle onoranze che a lui rendevano gli Epicurei il venti di ogni mese. Plutarco (Non posse 1089C 3-6 - 436 Us.) ricorda che lo scettico Carneade parodiava l'abitudine di Epicuro di calcolare con precisione gli incontri con le etere e i convivi delle eixadec, non senza mettere in cattiva luce il carattere suntuoso di rali banchetti. Dalla consuetudine di celebrare nel Kepos riti conviviali deriva la caricatura di Epicuro sulla scena comica: cf. 4. 2. 2. Richiama con pungente ironia tale abitudine anche Ateneo (Deipn. vi 298D 4), quando impiega l'espressione Ἐπικούρειος δέ τις eixadıcräc per definire un Epicureo osservante. ' Coglie nella opposizione μνήμη,δημαγωγία la prova che la produzione di Epicuro per gli amici defunti si inserisce nella tradizione della precedente Enıräproc-Literatur, pur se con una consapevole presa di distanza, HeßLer (2015), pp. 107-109. Sulla funzione commemorativa delle eixäßec cf. 76 E. Sugli scritti di Epicuro letti in occasione dei culti privati nel Kepos per alimentare il piacere del ricordo cf. 4. 1. 3. * Evidenziò per primo il giusto contatto tra xadayilw e tà ἐναγίοματα, le offerte funebri a cui Epicuro si riferisce nel Testamento (Diog. Lacrt. x 18, 210-211), BIGNONE (1973°), I, pp. 561-562, che nota la presenza del verbo in Damosseno (2, 5 PCG) e lo interpreta come una risposta alla polemica di Epicuro contro Timocrate. Cf. 4. 2. 2. * Sull'argomento rimando a 4. 1. 3. * OBBINK (1996), p. 167, non esclude che il nostro excerptum derivi dalla stessa lettera dalla quale Filodemo trae anche 65 E. Sull'impiego che di πάλιν fa Filodemo per collegare gli excerpta tratti dalle lettere del maestro cf. 6.
254
MARGHBRITA
ERBÌ
onore degli dei.' Subito dopo, il filosofo sottolinea la necessità di avvicinarsi ai sacrifici con devozione, öciwc (4-5), nel pieno rispetto della religiosità.? Quindi Epicuro esorta a sacrificare in modo opportuno e nei tempi stabiliti, secondo le indicazioni delle leggi. L'avverbio καλῶς (s e 7) è usato con lo stesso significato in relazione alla celebrazione dei culti anche in 128 F (7). La sequenza καλῶς οὗ [xaY]|nxeı (5-6) è seguita da x]aXó«c» πάντα πράττωμεν [κα]]τὰ τοὺς νόμους (6-8): palese è la volontà di Epicuro di insistere sugli aspetti di convenienza in relazione alle celebrazioni.* Subito dopo (8-9) è
espresso il principio su cui si basa la teologia epicurea: & necessario rendere sacrifici agli dei e partecipare alle festività pubbliche, ma senza turbamento e con la piena consapevolezza che gli dei, in quanto nature eccellenti, beate e incorruttibili, non hanno alcuna influenza sulle vicende degli uomini.* Sulla base di quanto si legge in Filodemo (Piet. 27, 758-761 Obbink) è del tutto plausibile che con δόξαι (9-10) Epicuro intenda le opinioni comuni espresse sugli dei dagli uomini.* Il riflessivo α[ὑ]} τούς (9-10) ha il valore di ἡμᾶς αὐτούς. È evidente la corrispondenza di μ[η]ϑὲ[ν] ταῖς δόξαις α[ὑ] τοὺς ἐν τοῖς περὶ | τῶν ἀρίοτων κ[αὶ] | ςεμνοτάτων δια{ταράττοντ ε΄ [c (8-13) con [ἀ]ταράχους μ[α]ϑοῦοι τὰς π[ε]ρὶ | τῶν ἀρίοτων καὶ μακ[α]ριςΓ x "[o)| [cxx ov φύςεῳϊί[ν] ἐγνο[ίας di 128 F (3-5).*
' Sul coinvolgimento di Epicuro nella partecipazione alle manifestazioni pubbliche religiose cf. 4. 1. 3. La presenza del composto καταϑύειν in POxy. 215 (1 9-10 c i11 2 Obbink) sembra confermare che ϑύω sia da riferire alla pratica dei sacrifici in onore degli dei in occasione delle festività religiose e non ai riti che si tenevano durante i culti privati. 2 Per Filodemo (Piet. 40, 1138-1155 Obbink) è devoto, 6ccoc, chi mostra interesse per l'immortalità e la compiuta beatitudine degli dei nella piena consapevolezza di quale sia la loro vera natura. * Sul significato di νόμος cf. 23 F. Benché CasrNBR (1982), p. 53, riferisca où [καϑ] ec (5-6) al luogo in cui è in uso celebrare i sacrifici, nel nesso è forse da scorgere piuttosto un richiamo al tempo, cioè al rispetto di un calendario religioso. * Si tratta di un parallelo che, secondo OsBINE (1996), p. 437, proverebbe qui l’omissione di una ripetizione: καί potrebbe essere il segnale della sintesi del testo della lettera di Epicuro qui proposta da Filodemo. L'opportunità di partecipare al culto tradizionale per compiacere alle leggi emerge quale aspetto non secondario della regliosità epicurea anche in POxy. 215 (11 6-8 Obbink). Con il significato di in modo opportuno’ καλῶς ricorre anche in 89 F (10-11). * Cf. 40 Fiab-F2 e 128 F. La riflessione sviluppata in questi righi da Epicuro trova senz'altro un parallelo con le indicazioni offerte in POxy. 215 (1 1-16 Obbink) sull'opportunità di evitare la concezione popolare della religiosità e aderire ai culti con la piena consapevolezza di cosa è migliore tra ciò che esiste. Sulla natura beata e incorruttibile degli dei di Epicuro rimando alle considerazioni sviluppate in 4. 1. 3. * Cf. Οββινκ (1996), pp. 437-438. È in un'altra prospettiva che Epicuro in 23 F oppone νόμοι a δόξαι. ? A[6]]todc è proposta di USBNER (1887), p. 258, accettata anche da Dies (1916, ora in 1969), p. 298, e da OBBINK (1996), pp. 438-439. Stampa a[ù]]toic BUCHELER (1865, ora in 1915), p. 610. Cf. anche Fagsrucibng (1968*, trad. it. 2015), pp. 60-61, e CAsTNBR (1982), p. 53. * Il composto dratapäccu compare anche in Men. 135.
COMMENTO
255
129 F2
Con [ἔτι] | δὲ καί (1-2) Filodemo introduce un nuovo excerptum dalla stessa lettera da cui subito prima aveva citato 129 Ετ. L'imperfetto £Ae[yov (3) è
probabilmente da considerare parte integrante della citazione.? Epicuro (4-8) conclude la sua riflessione con l'esortazione a celebrare i sacrifici per un senso di correttezza assoluta che non si esaurisca con il solo rispetto della legalità e che tenga conto del rispetto delle indicazioni utili a evitare il turbamento che
deriva dalle false credenze sugli dei.? Non sfugge una relazione tra la sequenza οὕτω γὰρ [ἐν] δέχεται puc[uv ϑνη] τὴν ópote[c τῶι Art) | νὴ (n) Ata «διά »γειν (4-7) e l'invito a vivere come un dio tra gli uomini con il quale Epicuro chiude l'Epistola a Meneceo (135): forse anche la lettera da cui deriva il nostro excerp-
tum nella parte finale richiamava il principio epicureo della óuotectc 9eà.* L'invocazione del nome di Zeus, νὴ {L} Ata (7), è associabile all'esortazione a non evitare suppliche e preghiere a Zeus che Epicuro rivolge a Colote in 39 E.* Ha forse un valore limitativo ὡς φαίνεται (7-8).5 130 T
Il papiro conserva la testimonianza di una lettera nella quale Epicuro avrebbe considerato lo stesso argomento piü volte affrontato nella sua produzione
dedicata all'indagine sulla divinità.” Il lungo elenco di opere del maestro qui citate ha suggerito di ricondurre il frammento allo scritto Sulla pietà: come consuetudine per quest'opera Filodemo avrebbe difeso la concezione di Epicuro, Metrodoro, Ermarco sugli dei citando a proposito le loro opere.* Purtroppo le lacune nel testo non consentono di capire quale fosse il problema * Il nesso è impiegato da Filodemo anche nell'introdurre 123 Fi-F2 e 127 Fi-F2. Al troppo breve &)|uev (2-3) di Usenur (1887), p. 258, è preferibile ϑύω] μεν di OBBINE (1996), p. 439-440. La sequenza ἀφ᾽ ἧς ἔλείγον δό] ξης (3-4), così restaurata da Usener, è stampata da Obbink, che tuttavia non tralascia di notare che δό]) ξης è troppo lungo in una colonna dove lo scriba tende a rispettare il margine. * Pensa ad un'autocitazione di Epicuro DisLs (1916, ora in 1969), p. 300, e suggerisce che si tratti di un richiamo dello stesso Epicuro ad un evento concreto. Cf. OBBINE (1996), p. 440, e INDBLLI (2014), pp. 84-86. * È plausibile che qui δίκαιος (2) abbia il semplice significato di ‘corretto’ e non quello di ‘giusto’ secondo la legge. Secondo OBBINE (1996), p. 439, il valore che qui assume δίκαιος sarebbe da connettere con il valore che pietas assume nella tradizione filosofica. * Epicuro chiude l'excerptum indicando quale modello di vita ideale per gli uomini quello offerto da Zeus. Forse lo stesso invito a competere con Zeus in felicità & da leggere anche in GV 33. Ma cf. anche BoLLac (1975), p. 469. Sulla ὁμοίωςις ϑεῷ nella prassi epicurea cf. 4. 1. 3. * Nij{t} Ata è restituito da OBBINE (1996), p. 166, che pensa ad un errore di aplografia. Sulla forma e la funzione dell'invocazione a Zeus nelle lettere cf. 5. 1. 1. * Cf. OnsINE (1996), p. 441. ' Il papiro oggi consta di una scorza ma sono conservati 45 apografi napoletani pubblicati in ΝῊ" X 185-201: il frammento 44, registrato solo negli apografi, è l'unico non falsificato, come hanno dimostrato De GiANNI, NAPOLITANO (2016), pp. 152-159. Cf. ANGBLI (1993), pp. 16-17. * Cf. OBBINE (1996), pp. 300-301, e JANKO (2008), p. 52.
256
MARGHERITA
ERBI
specifico che accomunava la lettera di cui si fa menzione con gli altri scritti di Epicuro che compongono il catalogo. ' 13i F
Il frammento proviene dalla collezione di lettere di Epicuro conservate nel POxy. 5077 dalla quale ricaviamo anche 1 F e 89 F. Le condizioni del testo sono lacunose ma quanto resta offre importanti indizi per ricostruire almeno il senso generale del contenuto. I primi editori hanno scorto nel frammento
una critica alla matematica e all'applicazione di figure geometriche alla virtà: obiettivo dell'attacco di Epicuro sarebbero le teorie matematiche dei pitagorici e la teoria degli elementi sviluppata da Platone nel Timeo.* Ma gli editori non escludono, tuttavia, che qui i termini matematici possano ricorrere in relazione ai principi della canonica epicurea, ad esempio per dimostrare l'inadeguatezza del linguaggio ad esprimere le percezioni sensoriali e la realtà. Epicuro qui procederebbe con l'assumere il punto di vista degli avversari per poi smantellare la dimostrazione della loro tesi chiamando in causa la con-
suetudine linguistica.? Poche sono le lettere conservate nella prima colonna: é plausibile un richiamo alla virtù con &]pewnv (1 3) e un riferimento a persone ignoranti e sciocche con la sequenza + 2 &yJvooüvrlec x]at pol[pot (1 10-11).
In questa colonna bisogna far iniziare la riflessione che prosegue poi nella colonna successiva. Sulla base del valore tecnico che per Epicuro ha il sostantivo ἐνάρ] γημαὰ (11 4-5), Angeli fonda la ricostruzione di 11 1-7: qui Epicuro
offrirebbe una definizione di giustizia in conformità all'immediata evidenza delle forme nelle quali si struttura e si concretizza. * Il nostro frammento è da considerare in relazione alle Massime Capitali (xxx1it) nelle quali, in polemica con Platone, Epicuro afferma che la giustizia non é un qualcosa che esiste di per sé, ma solo nei rapporti reciproci e sempre a seconda dei luoghi dove si stringe l'accordo di non recare né di ricevere danno. * Benché il testo di queste ! Ἐπιοτο]λῆι di CRÓNBRT (19062), p. 24 n. 136, è preferibile a κἀν ZA]|Anı stampato anche da USBNER (1887), p. 108, il quale in apparato considera plausibile anche ἐπιοτο)λῆι. 2 Cf.
OBBINE,
SCHORN
(2011),
pp.
49-50.
Secondo
ANGELI
(2015),
pp.
24-30,
la dottrina
contestata
qui da Epicuro connetterebbe la forma del quadrato, la natura del giusto e altre forme di virtù, sulla base della cisoluzione geometrico-matematica elaborata sia dal pitagorismo, che identificava la giustizia con una determinata quantità di numeri, sia da Platone che nel Timeo, in particolare in 318-348, 53b-56c, spiega l'Universo e il Tutto su base matematico-geometrica e stercometrica. Per le questioni legate al ruolo della matematica nella riflessione filosofica dei Pitagorici rimando a ZHMUuD (1989), pp. 270-292, e CENTRONE (1996"), pp. 104-139. Sull'importanza che per Platone ha la formazione matematica quale preludio alla dialettica e, dunque, alla conoscenza del bene, puntuale è l'indagine di BurnYBAT (2000), pp. 1-81. In particolare sui passi del Timeo cf. FRoNTBROTTA (2003), pp. 188-196 c 278-293. ? Per uno sguardo d’assieme sulla riflessione di Epicuro e degli Epicurei sul linguaggio si vedano almeno
ATHERTON
(2009),
pp.
197-215, e VERDB
(2013a),
pp.
136-145.
* ANGELI (2013), p. 28, integra el γὰρ ἡ φύςις] | δικαιοούνηίς ux, ctt κατὰ] | τὸ ἐπὶ τῶν οχίημάτων ἐνάρΊ Y nua, ὥσπείρ λέγω (2-5) e stabilisce una connessione tra il testo e la definizione di giustizia che offre Epicuro in RS xxxı-xxxvın. Ἐνάργημα con il significato di ‘evidenza delle sensazioni’ ricorre anche in Hdt. 72 e in Pyth. 91, 93 e 96. Pcr una definizione di giustizia in Epicuro cf. 23 F. * Cf. BorLack (1975), pp. 364-367.
COMMENTO
257
prime linee sia molto lacunoso e le integrazioni incerte, il concetto dell’evidenza delle forme espressa dalla sequenza ἐπὶ τῶν ο[χημάτων ἐνάρ] γημα (1 4-5) sembra richiamato qui da Epicuro quale criterio per la definizione della giustizia sulla base del processo di conoscenza che porta dalla molteplicità
delle forme della giustizia empiricamente verificate fino al rifiuto dell'idea di giustizia. Lo stato del papiro & molto lacunoso, difficile tentare una ricostruzione del testo, ma credo che sia corretto pensare che qui Epicuro con ὥοπε[ρ λέγω (t1 5) riferisca il proprio pensiero.' Impossibile stabilire se τε[[τῥραγώ]νου σχήματος (11 5-6) abbia nel contesto il valore di un genitivo nominale o se sia da collegare ad un aggettivo perduto con funzione di predicato. La lacuna tra 16e17 impedisce la ricostruzione della sintassi.? Ma la sequenza ἡ τοῦ [δι]x[atov (11 7) richiama senz'altro δικαιοούνη (1 1). L'hapax [u jepocogta«o (11 9) & un ossimoro che indica la sapienza vana di quanti sono il bersaglio della critica di Epicuro. Con «[7j). | αὐτῆι (u]epocogta«» (11 8-9) Epicuro si riferisce alla dottrina che poco dopo confuterà: forse si tratta delle teorie che si basano sulla riflessione matematica sviluppata in relazione alla realtà sia da Pitagora sia da Platone nel Timeo.? Le condizioni del testo impogono cautela ma è plausibile che qui Epicuro, per l'appunto in relazione alla giustizia, richiami il principio epicureo dell'evidenza e critichi la sciocca sapienza che stabilisce una connessione tra la forma del quadrato, lo schema della giustizia e altre forme. A r1 9-10 sono conservate le parole con le quali Epicuro confuta la posizione degli avversari: se si riconosce validità alla sciocca sapienza, pwpocopia, allora, sulla base della consuetudine linguistica, κατὰ cuvnderav τ[ῆς] | φωνῆς αὐτῆς. (11 10-11), bisognerà ammettere che le espressioni ‘forma del quadrato’, τὸ tetplaywvov cxällu« (11 12-13), e ‘forma di Socrate’, Coxpato[ve (11 13), si equivalgono sul piano del significato. * Epicuro forse intende qui descrivere la polisemia di οχῆμα che assume un significato di ‘forma’ a proposito del quadrato e di ‘atteggiamento’ in relazione alle movenze del corpo. Per esemplificare questo secondo significato Epicuro avrebbe richiamato Socrate. Il testo che segue è molto compromesso.* Quanto è ricostruibile con certezza a 11 15' Cf. ANGELI (2013), p. 28. 2 OBBINE, SCHORN (2011), p. 43, offrono un testo troppo breve rispetto allo spazio a disposizione: τετραγώνου cy [nacóc | Echt, xai ἡ τοῦ (δι]κίαίου (11 5-7). Secondo AncBLI (2013), p. 27, l'articolo 1, sarebbe da riferire a pücıc da integrare a 11 3. ? Cf. OsBiNE, SCHORN (2011), p. 50, ANGELI (2013), pp. 27-28. * La sequenza ἢ Coxp&co[uc,
lettura ben compatibile
con le tracce del papiro, è di ANGBLI
(2013),
PP- 28-29. * Sulla fisicità di Socrate e l'atteggiamento che esprimeva attraverso la forma del suo corpo cf. SASSI (2015), pp. 15-25. Canonica sull'iconografia di Socrate resta la monografia di ZANKER (1995, trad. it. 1997), pp. 3-381. Nuova attenzione alla questione é stata data di recente da CAPRA (2016), PP. 437-442. In armonia con il contenuto di queste linee è il testo integrato da ANGELI (2013), p. 28, ταύτηι qu|vr«» [x)e[fok[xyopeóot ἄν ταὐ] τ[ὸ ἢ ἄλλο (11 13-15), in un contesto assai lacunoso. * Secondo ANGELI (2013), p. 28, che restituisce [ςχήμἢατος Τίδιον | τετράἸγῳΐνον οὐ)δὲ λευκόγ | [£c SJplißecdar, àv] δ᾽ εἴπωμε(ν) (11 15-17), Epicuro, tenendo ancora conto della convenzione linguistica c dell'ambiguità della lingua, riflettercbbe sull'impossibilità di definire le figure per colo-
258
MARGHERITA
BRBI
36 suggerisce solo che Epicuro prosegua nella sua argomentazione sulle figure, sulla forma e sul loro colore, forse ancora in relazione alla inadeguatezza del
linguaggio. Purtroppo & impossibile capire la funzione della paragraphos che si vede all'inizio di 1 24. Il contenuto del frammento & di carattere puramente dottrinale e ha a che fare con una riflessione sulla canonica. Nessuna indicazione nel testo consente di capire a chi questa lettera fosse destinata. 132 Fa
Diogene Laerzio (x 11, 129-130) dopo aver riferito dal Sommario di Diocle che Epicuro e i suoi φίλοι vivevano in modo assai semplice e frugale, accontentandosi di un quartino di vinello e dissetandosi per lo piü con l'acqua, riprende dalle lettere di Epicuro la sequenza ὕδατι μόνον ἀρκεῖοϑαι xai ἄρτῳ λιτῷ. La tradizione conserva il frammento altre due volte, entrambe in una forma piü estesa: 132 Fb e 132 Fc.'
132 Fb Una citazione più estesa di 132 Fa la offre Stobeo (111 17, 34) tra le sentenze della sua antologia. Stobeo attribuisce il frammento a Epicuro, benché senza alcun richiamo alle lettere. Epicuro ammette di provare un sommo piacere vivendo a pane e acqua e, ad un tempo, trascurando quei piaceri che derivano da una condotta lussuosa, da condannare non per se stessi ma perché responsabili di conseguenze negative. Forte è il senso di προοπτύω, lo stesso verbo che, non a caso, ricorre anche in 145 Fabc. L'immagine di Epicuro che, pur vivendo a pane e acqua, trabocca di piacere nel corpo, e l'esito di una condotta nel segno delle indicazioni offerte nell'Epistola a Meneceo (130-131)
nella quale Epicuro riflette sull'opportunità di una vita semplice in relazione all'indipendenza del saggio dai desideri, "αὐτάρκεια, per la quale i cibi frugali danno lo stesso piacere delle mense suntuose, πολυτελεῖς δίαιται, e pane e acqua garantiscono un piacere sommo per colui che ha fame.? Il piacere di cui Epicuro nel nostro frammento ammette di essere colmo é lo stesso piacere che deriva da quci cibi prelibati, perché i piaceri del lusso
re e per forma. Seguendo la stessa idea Angeli stampa οὕτω λέγοντι [τω[ϑάζειν) λευκὸν ἄλλα | cuv[Soxet τ)ούτον΄ λ[έ]γειν, ἀλλὰ) | ποι[κιλ]τῆς τῆς διαλέκτου (11 24-27): Epicuro richiamerebbe il caso di chi sbeffeggia un individuo chiamandolo λευκός pensando di dire altro rispetto ἃ quello che afferma. La ripresa dell'aggettivo λευκός in τωζϑάζειν)] λευκόν svelerebbe un secondo livello semantico di λευκός, ‘molle’, afferente all'ambito psichico. Non sfugge che a tt 26-27 sia la ricostruzione di Obbink, Schorn, Af&}yeıv αλίγουί ε2)της τῆς διαλέκτον, sia quella di Angeli Merrew dia] | πορίκιλ)τής τῆς διαλέχτου sono incompatibili con le tracce rimaste, λ[έγειν aAlnoyli 2]της τῆς διαλέκτου. Inoltre la difficile sequenza aA|moy (26-27) che ne deriva pone, addirittura, dubbi sulla ricomposizione dei pezzi del papiro proposta dagli editori. ! Cf. DoRANDI (2004), pp. 275-276. 2 Che in Men. 130-131 non sia da scorgere un invito all’ascetismo, ma piuttosto alla frugalità lo dimostra HeßLer (2014), pp. 265-267.
COMMENTO
259
portano dietro di sé incomodi, Sucyeprj.' Nella stessa prospettiva in 134 F2 Epicuro esorta il suo destinatario a rinunciare ad una πολυτελὴς τράπεζα, una suntuosa mensa. 132 Fc
Il frammento che leggiamo nello gnomologio epicureo conservato nel PBerol. 16369 (11 13-15 Dorandi) é lo stesso di 132 Fa e 132 Fb.? Il testo del papiro, lacunoso in più parti, infatti, è stato ricostruito anche grazie a 132 Fb. Benché qui manchi ogni riferimento a Epicuro e alle sue lettere, la presenza di questo passo in una raccolta di sentenze di Epicurei non lascia spazio a dubbi che si tratti di parole del maestro.? 133 F
Diogene Laerzio (X 11, 129-130) cita il nostro frammento subito dopo 132 Fa, a ulteriore conferma del fatto che nelle lettere Epicuro dichiarava di
accontentarsi di pane e acqua. Epicuro avanza l'eccezionale richiesta di una formina di cacio che avrebbe permesso un pasto lussuoso rispetto al consueto. Il raro πολυτελεύω, attestato qui per la prima volta, é da interpretare alla luce della sequenza πολυτελεῖς δίαιται dell'Epistola ad Erodoto (130-131) e di πολυτέλειαι ἡδοναί di 132 Fbc. Nel nostro frammento con πολυτελεύω Epicuro descrive la condizione di abbondanza in cui si trova chi ha bisogno di poco e chi si accontenta di cibi frugali: il piacere che deriva da una formina di cacio & lo stesso che procurano i banchetti del lusso.* Appare plausibile l'ipotesi che questo excerptum derivi dalla stessa lettera dalla quale tratto 132 Fabc. Ma non si puó escludere che considerazioni sulla parsimonia e
sull'opportunità di una vita sobria Epicuro le abbia affrontate in piü di una lettera.* ! Non pochi i passi delle lettere nelle quali Epicuro raccomanda al saggio epicureo una vita parsimoniosa e sobria: cf. 4. 1. 4. * Non tutte le difficoltà testuali del papiro appaiono completamente superate: ὕϊδατί | te xai àpvwl (2), congettura di DORANDI (1992b), p. 158, è ben più adatta all'estensione della lacuna rispetto a ü[Batt | xai ἄρτως Acc). di VOGLIANO (1936), p. 269. Sulla base del testo di 132 Fb appare probabile che προς (2) sia un errore dello scriba il quale, forse condizionato dal successivo rpocnrüw, scrive προσχρώμενος anziché χρώμενος. Le poche tracce di inchiostro conservate sotto καί (2) non sono decifrabili. Benché sia del tutto plausibile, come propone VocLiANo (1936), pp. 278-279, che 132 Fb sia una versione piü estesa del frammento, non si puó tuttavia escludere l'ipotesi di un testo in parte modificato. Il nostro frammento potrebbe derivare dalla stessa lettera dalla quale Diogene Laerzio cita subito dopo anche 133 F. Indimostrabile è l'ipotesi di BIGNONE (1973?), 1, pp. 419-420, secondo il quale il frammento proverrebbe dalla lettere da cui sono citati 88 F1-F7 e sarebbe da intendere come una risposta a quanti accusavano Epicuro di condurre una vita dispendiosa e dedita ai piaceri. Sullo gnomologio conservato nel PBerol. 16369 cf. supra, p. 46 n. 3. ? Il successo nella tradizione di un Epicuro che si sostenta volentieri soltanto di acqua e di pane e rifiuta i banchetti colmi di ghiottonerie è provato anche dai frammenti 181 e 182a (Usener). * Cf. Lars (1976), p. 64, € ERLBR (1994), p. 117. * Cf. 4. 1. 4. La richiesta di cibo presente in questo excerptum sembra suggerire che fosse ben
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MARGHERITA
BRBÌ
134 F1
Con un’esaltazione della povertà Seneca (Luc. 20, 9) esorta Lucilio a ridursi ad una condizione modesta dalla quale non poter cadere. A proposito richiama le parole di Epicuro: il linguaggio è più splendido e la parola più incisiva se chi la pronuncia conduce una vita frugale a tal punto da riposare su un giaciglio e indossare vesti umili e cenciose.! Dunque, per Epicuro, l'exemplum è fondamentale nella prassi didattica: il monito ad una vita sobria coglie nel segno se chi lo impartisce dà il buon esempio con un condotta parsimoniosa e priva di
lusso. Magnificentior sermo sottolinea la necessità di un impiego da parte del filosofo di uno stile splendido nell'intenzione di essere persuasivo.? Un'esaltazione della povertà in armonia con le parole del nostro frammento é anche in 134 F2: forse si tratta di un frammento citato dalla stessa lettera dalla quale possiamo presumere che Seneca abbia derivato anche il nostro.? 134 F2
Un'esaltazione della povertà non molto diversa da quella che si legge in 134
F1 è offerta da Porfirio (Marcell. rito dal riferimento in entrambi manda di giacere senza paura su su di un letto d'oro e avendo a
29, 11-13).* Il contatto tra i due passi è suggei testi all"urnile giaciglio’. Qui Epicuro raccodi un giaciglio di paglia piuttosto che agitarsi disposizione una tavola suntuosa. L'invito ad
una vita semplice & legato al raggiungimento della tranquillità dell'anima che si ottiene eliminando la paura e il turbamento che il lusso e la ricchezza possono provocare, se non gestiti con sobrietà.” Degno di nota è anche il fatto che in 134 F2 compaiano termini molto cari ad Epicuro e spesso presenti nelle sue lettere con un monito alla sobrietà: non & un caso che la mensa lussuosa sia qualificata con l'aggettivo roAuveAc, che con 9appéo si incoraggi con affetto il destinatario e che qui compaia il verbo tapaccw. * Per tutto ciò le parole di Epicuro richiamate da Porfirio e tradotte da Seneca appaiono ben adatte ad una lettera con un'esortazione ad una vita semplice.” accettata,
se non
addirittura
prevista,
la possibilità di inviare
direttamente
del cibo anziché
denaro
per sostenere la scuola. Cf. ERBÌ (2016), p. 301. * Seneca, secondo il consueto schema, offre le parole di Epicuro a Lucilio come pegno. * Prova eccellente di stile splendido Epicuro potrebbe averla data con la scrittura di 45 T, la così detta λαμπρὰ ἐπιοτολή. Cf. s. 1. ? Sulla funzione didattica che Epicuro attribuisce all'esempio nella comunicazione del sapere attraverso le lettere cf. 5. 2. 1. * Cf. PórscHBR (1969), pp. 97-98, e Das PLACES (1982), p. 123. * Cf. ERLER (1994), p. 117. * Oappéo ricorre anche in 50 F1 (itt 1) e 146 E tapaccw in 5 Fe 129 Fi (13), πολυτελής in 132 Fbc e in 133 F. A proposito della riflessione che Epicuro nelle lettere sviluppa sull'opportunità di una vita sobria cf. 4. 1. 4. ? USBNBR
(1887),
p. 163, € ARRIGHETTI
(1973),
p.
572,
inseriscono
134
Fı-Fz
tra
i frammenti
di
lettere di Epicuro. Pensa, invece, che Seneca abbia tratto la sentenza da uno gnomologio SETAIOLI (1988), p. 218.
COMMENTO
261
135 F
Il frammento è citato da Seneca (Luc. 21, 10) nella stessa lettera in cui riporta sia 22 F1 sia 36 Fb. Epicuro dapprima riferisce il contenuto dell'iscrizione di fronte alla quale si trova chi entra nel Kepos, di seguito le parole con le quali il custode del giardino accoglie gli ospiti mentre offre loro acqua e polenta in abbondanza. Nell’iscrizione si legge che il bene supremo è il piacere; il custode spiega che i giardinetti non stimolano la fame ma la estinguono, né aumentano la sete, bensì la spengono con un rimedio naturale e gratuito, un piacere nel quale invecchiare.' Palesi i richiami ai fondamenti dell’etica epicurea: il piacere quale bene supremo, l’invito ad una mensa sobria e a cibi semplici, il monito a soddisfare i desideri necessari e naturali per eliminare il dolore del corpo e raggiungere il vero piacere. ? A tali argomenti Epicuro dedica non poco spazio nelle sue lettere. Plausibile appare, pertanto, che Seneca abbia tratto questo frammento dall’epistolario di Epicuro o da una selezione di lettere, la stessa selezione da cui poco prima ha richiamato 22 F1 e 36 Fb.’ Da segnalare è inoltre un’affinitä tematica con 134 Fı, un frammento di Epicuro richiamato
da Seneca nella lettera che precede. 136 Fa
La massima è registrata nello gnomologio conservato nel codice Parisinus Graecus 1168 (1 478 Searby) tra le γνῶμαι Ἐπικόυρου. Διαϑέςεως è correzione
del tradito διοϑέςεως sulla base del testo di 136 Fbc.* Ara9ecıc indica qui la disposizione atomica intima comune ai πολλοί dei quali determina anche il modo di pensare, ben diverso da quello del sapiente.” Epicuro, consapevole di non conoscere cosa é gradito ai piü, ma profondamente convinto che il sapere da lui acquisito molto si allontana dalla loro disposizione, dichiara di non aver mai voluto piacere alla moltitudine.° Il sapere a cui allude Epicuro nel no-
stro frammento é l'insieme delle conoscenze che derivano dall'indagine della natura, ben adatte alla öı&9ecıc del saggio ma lontane dalla διάϑεοις dei più, il consenso dei quali, pertanto, non deve preoccupare il saggio. La massirna, nella quale Epicuro parla di sé in prima persona, deriva forse da una lettera.” * Sulla collocazione del Kepos rispetto alla casa di Epicuro, sono canonici i lavori di CLARKE (1973), pp. 386-387, c WiciteRLBY (1959), pp. 73-77. 2 Cf. 4.1. 4.-4. 1. 7. ? UsBNER (1887), p. 157, riconduce il nostro frammento alla stessa lettera dalla quale deriva 132 Fabc. * Aradeceuc è da preferire, come suggerisce BIGNONE (1973), t, p. 570, alla correzione aic8rceoc, proposta di Usener (1887), p. 157, e accettata dalla maggior parte della critica. * Per indicare la disposizione atomica dalla quale dipende la condizione del saggio epicureo, il sostantivo
ricorre anche
in so Fı-F2 e 113 T1-T2.
Cf. 4. 1.
* Sul disinteresse mostrato da Epicuro per il plauso dei più cf. 4. 1. 7. ? Riconduce il frammento alla lettera Ai filosofi di Mitilene BIGNONE (1973°), 1, pp. 570-571, secondo il quale Epicuro qui, in relazione all'atteggiamento ostile che la folla di Mitilene dimostrò contro di lui e in risposta all'accusa di ignoranza mossa a lui dai nemici, affermerebbe che la sua conoscenza non corrisponde solo a ciò che piace alla folla. Anche GRILLI (1953), pp. 51-53, scorge nel passo tracce
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MARGHBRITA
BRBÌ
136 Fb Il testo di 136 Fa compare anche tra le massime nello gnomologio dello pseudo Massimo il Confessore che ne attribuisce la paternità ad Epicuro.' 136 Fc
Un'elegante e puntuale resa latina di 136 Fab & offerta da Seneca (Luc. 29, 10).? Qui διαϑέςεως di 136 Fa e 136 Fb & tradotto con quae probat populus. 137 F
Seneca (Luc. 7, 11) per esortare Lucilio, ancora incapace di entrare in contatto con la folla senza pericolo, a disprezzare il piacere che viene dall'approvazione dei piü, richiama le parole con le quali Epicuro, rivolgendosi a coloro che procedevano con lui nella ricerca della verità, dichiarava di avere con questi un rapporto privilegiato per la comunicazione del sapere. Quanto Epicuro comunicava ai φίλοι non lo rendeva noto ai piü: lui e ciascuno dei suoi interlocutori eletti rappresentavano un teatro di conversazione abbastanza grande l'uno per l'altro, senza la necessità di altri spettatori. Epicuro, dunque, sembra preferire conversazioni intime piuttosto che il contatto con la moltitudine.
Ciò che realmente importa al saggio è la ricerca della felicità che consente la
salvezza dell'anima: un'interazione con i più, che hanno una διάϑεοις diversa
da quella del saggio, rappresenta, infatti, un ostacolo nel percorso verso il piacere.? Secondo l'indicazione offerta da Seneca, il destinatario delle parole di Epicuro sarebbe uno di coloro che condivisero con lui la ricerca sulla natura, unus ex consortibus. Si tratterebbe, dunque, di uno dei ουμφιλοοοφοῦντες con i quali Epicuro condivideva nel Kepos la vita nel segno della ricerca del piacere.* 138 F
Diogene Laerzio (vit 5, 68-76), nel dare indicazioni sul portico decorato nel quale Zenone di Cizio teneva le sue lezioni, non tralascia di precisare che i numerosi discepoli che li venivano ad ascoltarlo erano detti Stoici in quanto di una dolorosa esperienza politica. Secondo STECKEL (1968), coll. 591-592, il nostro frammento offrirebbe una testimonianza della volontà di Epicuro di preservare la vita privata come reazione alla precarietà della situazione politica definitasi dopo la morte di Lisimaco. Ma un'interpretazione del nostro testo in relazione alla realtà politica limita il senso della riflessione di Epicuro che qui
definisce la distanza del saggio dalla moltitudine in termini di conoscenza e di διάϑεοσιο. Tra i fram-
menti di lettere incerte inseriscono il passo sia USBNBR (1887), p. 157, sia ARRIGHBTTI (1973°), p. 475. τ Cf. IHM (2001), p. 146. * Cf.
SBARBY
(2007),
p. 282, TRAINA
(1987*), pp.
67-68,
e SBTAIOLI
(1988), pp. 221-223.
> Cf. 4.1.7. * E probabile che si tratti di uno dei φίλοι destinatari dell’ opera Sulla natura. Cf. L&oNs (2000), PP. 24-33. Per gli Epicurei, l'esercizio della filosofia deve avere un carattere privato nella misura in cui la ricerca filosofica ἃ una priorità per la salvezza da condividere con chi ha la stessa disposizione naturale a realizzarla. Cf. ERLBR (1994), p. 118. Sulla funzione terapeutica della filosofia rimando a 4. 2.1.3.
COMMENTO
263
frequentatori della οτοὰ ποικίλη. A questo proposito Diogene ricava dalle lettere di Epicuro il nome con il quale erano appellati i primi seguaci di Zeno-
ne: Znvovetot.? Mancano dettagli utili per definire l'identità del destinatario o dei destinatari di Epicuro. Né & possibile capire il contenuto della lettera o delle lettere dalle quali Diogene trae questa informazione. 139 F
Diogene Laerzio (x 8, 87-99) cita uno di seguito all'altro gli epiteti con i quali Epicuro nelle lettere appellava i filosofi di altre scuole. Se & possibile
ricondurre la definizione di Nausifane alla lettera Ai filosofi di Mitilene (88 F1 e 88 F4) e gli epiteti di Aristotele e Protagora alla lettera Sulle occupazioni (93 F1 abcd-Faabc), resta difficile, inoltre, definire in quali e in quante lettere Diogene o la sua fonte avesse scovato i soprannomi con i quali Epicuro appellava Platone, Eraclito, Democrito, Antidoro, i Ciziceni, i Dialettici e Pirrone. E plausibile che la lettera Ai filosofi di Mitilene (88 F1-F7) non possa essere stata l'unica fonte della sequela troppo eterogenea di epiteti: si tratterebbe piuttosto
di materiale assemblato da piü fonti, forse messo insieme da una tradizione ostile a Epicuro da far risalire a Timocrate, che se ne sarebbe servito per provare l'ostilità di Epicuro verso gli altri filosofi.? Epicuro definiva i Platonici 'adulatori di Dioniso’, AcovucoxóAaxec, e Platone xpucoüc, ‘dorato’. Ato-
vucoxóAaxec ἃ da ricondurre ai rapporti di Platone con la corte di Dionigi di Siracusa, per i quali spesso gli allievi di Platone erano derisi. Secondo Aristotele (Rh. 111 1405a 22-27) con AcovucoxóAaxec erano designati con discredito gli attori: l'epiteto deriverebbe dalla devozione degli attori per Dioniso patrono dell'arte teatrale. Teopompo di Chio (FGrHist 115 F 281), citato da Ateneo (Deipn. v1 254B 5-9), annovera gli adulatori di Dioniso, insieme a marinai, ladruncoli, falsi testimoni, sicofanti, spergiuri, tra coloro che introdussero ad Atene tutte le forme di adulazione.* In Ateneo (Deipn. x11 538F 4-7) con il termine ÁtovucoxóAaxec si rinvia anche ai cortigiani di Alessandro tanto servili da guadagnarsi il titolo di adulatori di Dioniso.* Ma in Ateneo (Deipn. vi 249E 10-F2) l'epiteto assume anche il significato di 'adulatori di Dionigi’ riferito ai cortigiani di Dionigi τι di Siracusa. * Meno chiaro appare, invece, il significato da attribuire all'epiteto ypucoüc." L'epiteto è forse da connettere con ' Cf. GouLBT (1999), p. 793. 2 Epicuro richiama gli Stoici anche in 8 T e forse in 106 T. * Cf. SEDLBr (1976b), pp. 124-134, e CAPASSO (1987), p. 64. * Cf. GAUGBR, GAUGBR (2010), p. 233. * Fonte di Ateneo è qui Carete di Mitilene (FGrHist 125 F4). Cf. JacoBY (1927), p. 434. * Secondo GAMBATO (20012), p. 1345 n. 5, AtovucoxóAaxec, da ricondurre ad un detto proverbiale, doveva apparire ben adatto a definire il rapporto dei seguaci di Platone con il tiranno di Siracusa: palese il gioco che scaturisce dalla sovrapposizione tra il norne del dio e il nome del tiranno. Ateneo (Deipn. x 435E 4-8), non a caso, impiega anche la forma adattata AcovuctoxóAaxec. ? Non soddisfa l'interpretazione di BicNoNB (1920), p. 199 n. 3, che, sulla base di Luciano (Laps. 1, 5), intende χρυσοῦς nel senso di «ingenuo», pensando agli uomini dell'età dell'oro, e co-
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MARGHERITA
ERBÌ
la distinzione introdotta da Platone (Resp. 111 415a1-c7) tra la generazione di coloro che sono in grado di comandare, plasmati dal dio con oro, la generazione delle guardie, gli ἐπίκουροι, plasmati con argento, e quella dei contadini e degli altri artigiani, plasmati con ferro e bronzo.' Xpucoüc potrebbe, in una prospettiva epicurea, arrivare perfino ad indicare una concezione riservata e elitaria della filosofia.? Non è inoltre da escludere che xpucoüc, come AcovucoxóAaxsc, sia impiegato in relazione all'accusa rivolta a Platone di un rapporto privilegiato con la corte di Siracusa: Platone è ypucoüc per aver accettato il denaro dei tiranni di Siracusa.? Forse non & un caso che, sulla scena comica del iv secolo a.C., i frequentatori dell'Accademia sono rappresentati come giovani eleganti, molto curati nell'aspetto, adulatori vanesi dei loro maestri e impegnati a diventare retori a pagamento. * Diogene Laerzio documenta che i due epiteti vennero impiegati da Epicuro in una lettera. Pochi sono gli clementi per individuare con precisione il contesto nel quale Epicuro puó averli utilizzati. Ma se è ragionevole pensare che sia Διονυοοκόλακες sia xpucoüc possono essere messi in relazione all'esperienza politica di Platone in Sicilia e, perfino, alla concezione di Platone sulla necessità dell'impegno del filosofo nella gestione del potere, è plausibile che il contesto di Epicuro fosse una riflessione sulla politica e sul ruolo del filosofo nel sostegno all'attività di governo. * Kuxntic, ‘mestatore’, ‘rimescolatore’, era il nomignolo con il quale Epicuro si riferiva a Eraclito.° L'interpretazione dell'epiteto appare ancora
oggi quanto mai controversa e varie sono state le interpretazioni date dalla critica.” È noto che Eraclito (DK 22 B 125) sfrutta l'immagine del ciceone, xuxewv, bevanda miscelata, per spiegare come il movimento e il divenire a esso connesso vadano intesi come la modalità concreta attraverso la quale si realizza l'unità di tutte le cose a partire dall'opposizione e dalla tensione reciproca fra termini distinti che, pur rimanendo tali, di per sé si lasciano ricom-
glie nell'epiteto un accenno ironico sia all'abitudine di Platone di narrare miti sia alla sua teoria dell'immortalità dell'anima. ' Cf. ARRIGHBTTI (1973), p. 681. Sul mito dei metalli nel passo di Platone cf. CALABI (1998), pp. 445-457,
SCHOFIBLD
(2007), pp.
138-164, e ora anche
CENTRONB
(2020),
pp. 89-100.
* Secondo Lars (1976), pp. 58-59, l'epiteto potrebbe indicare, non senza ironia, qualcuno di superiore e delicato: il nomignolo, attribuito a Platone, si riferirebbe, dunque, alla sua convinzione che i
filosofi, gli uomini d'oro, avessero superiori capacità politiche. ' Cf. Swırt
Rıcınos
(1976),
pp.
70-71
€ n. 7.
* Indaga la presenza di Platone c dell’Accademia sulla scena IMPERIO (1998), pp. 127-129. Cf. anche FARMER (2017), pp. 4-11. * Sul ruolo politico che Epicuro non nega al saggio, pur se nella prospettiva del λάϑε 8cocac, cf. 4. 1. f. * Cf. GIGANTE (1988), p. 483. ? Cf. Capasso (1987), pp. 65-67. Traducono «confusionario» sia BIGNONE (1920), p. 199 n. 5, sia ARRIGHETTI (1973), p. 459, cogliendo un'allusione allo stile oscuro di Eraclito. SBDLBY (1976b), p. 133, invece, sulla scia di USBNER, GIGANTE, SCHMID (1977), p. 396, stabilisce una relazione tra χυχητής e la metafora del κυχεών di Eraclito (DK 22 B 125), traduce «the Stirrer», 'agitatore' e scorge un richiamo alla dottrina eraclitea del flusso eterno.
COMMENTO
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porre nella superiore unità del tutto.' Ma non va trascurato il contatto tra κυχητής e la definizione che Epicuro (Nat. xiv 40, 4 Leone) offre di ὁ xux?jcac: «colui che mescoló alla rinfusa con dottrine non appropriate una dottrina corretta ».? Dunque, xuxn;tnc appare un appellativo carico di significati sia in relazione alla dottrina di Eraclito sia in una prospettiva epicurea. Forse è da scorgere nell'impiego di κυκητήο l'intenzione di giocare con il duplice valore
che il termine assume per Epicuro: Eraclito, che nell'immagine di una bevanda miscelata ha tradotto un principio cardine della sua dottrina, è, di fatto, lui
stesso un miscelatore di dottrine. Con κυκητής Epicuro potrebbe aver espresso il principio della dottrina di Eraclito e, ad un tempo, il motivo della critica a lui mossa, non senza un'intenzione ironica. Probabilmente privo di alcun
fine offensivo è da intendere anche il nomignolo Ληρόκριτος, ‘giudice di sciocchezze', con il quale secondo Diogene Laerzio (x 8, 97) Epicuro soprannominava Democrito.? Nell'appellativo Ληρόκριτος è da scorgere il tentativo di Epicuro di definire icasticamente, ma non senza ironia, un aspetto significativo e vistoso della dottrina di Democrito: la convinzione che nella realtà nulla esiste oltre gli atomi e il vuoto.‘ Pertanto, nella prospettiva di Epicuro, Democrito quando formulava un giudizio sulla realtà convenzionale si trovava a formulare giudizi, κρίνειν, su convenzioni, cioè su vacuità, λῆροι. Ἶ Il soprannome Cavvidwpoc con il quale Epicuro appellava ᾿Αντίδωρος appare costruito sul nome con la sostituzione della prima parte, secondo uno schema che sembra caratterizzare anche la costruzione di Anpöxpıroc da Δημόκριτος.“ Purtroppo non è facile attribuire il giusto senso a Cavvidwpoc né definirne l'identità di Antidoro.” Uno scritto in due libri intitolato ’Avtidupoc è inserito da Diogene Laerzio (x 28, 367) nel catalogo delle opere di Epicuro e un certo Antidoro è ricordato da Plutarco (Adv. Col. 1126A 1-2). È probabile che si tratti dello stesso Antidoro epicureo richiamato ancora da Diogene Laerzio (v 92, 112-113) per aver confutato il trattato di Eraclide Pontico sulla giustizia.* Pro-
' Sul frammento di Eraclito migliorato dall'integrazione di μή congetturata da Bernays cf. FronTBROTTA (2013), pp. 93-94, ma anche BOLLACK, WISMANN (1972), pp. 340-341. A proposito del ciceone, bevanda composta di acqua e farina d'orzo e usata probabilmente nell'ambito dei misteri di Eleusi cf. Diano, SERRA (1980), pp. 125-126, e BATTEGAZZORE (1979), pp. 9-25, che scorge nel κυχητής di Epicuro un tono sarcastico. 2 Cf. Leone (1984), pp. 101-102. * Oscura appare la spiegazione che di Anpöxpıroc offre HuBv (1978), p. 83, secondo la quale i nomi Anpöxpıroc e Anuòxpitoc, che differiscono tra loro per le prime lettere, distinte solo dal trattino orizzontale che trasforma A in A, e per la seconda sillaba, potrebbero essere stati usati da Epicuro per illustrare l'affinità di atomi in un composto o l'esposizione di una teoria linguistica. * Cf. ARRIGHBTTI (1979), pp. 9-10. ’ Rileva nel nomignolo un tono offensivo SEDLEY (1976b), p. 135, che crede sia espressione dei momentanei disappunti di Epicuro per Democrito. Sul debito di Epicuro con Democrito cf. 88 F7. Interpreta Cavviöapoc sul modello dei nomi theophores LA&s (1976), p. 57. ? Una connessione tra l'osceno appellativo Cavvidwpoc e i termini derivati dal radicale cav, impiegati in commedia con riferimento al sesso maschile per indicare l'idiota e il buffone, 2 stabilita da CRUNBRT (19062), pp. 24-26, il quale intende Cavvidwpoc a partire da significato di ςαίνω, ‘adulare’. Cf. CHANTRAINE
(1990°), p. 984.
* Cf. DORANDI
(19892),
p. 208.
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MARGHERITA
BRBI
babilmente Antidoro, rinnegato da Epicuro come Timocrate, si era avvicinato alla scuola megarica.' Epicuro definiva, inoltre, i Ciziceni, ἐχϑροὶ τῆς 'EA-
\&doc, nemici dell'Ellade.? Non si può escludere che in una delle lettere dalle quali provengono i frammenti con una discussione su Cizico e i rapporti dei ciziceni con il circolo di Lampsaco Epicuro possa aver impiegato il nesso éx9poi τῆς ‘EMmadoc. Dei Dialettici Epicuro diceva fossero πολυφϑόροι.᾽ Il poetico πολυφϑόροο, impiegato in lirica e in tragedia per indicare ció che por-
ta rovina e morte, conferisce al giudizio di Epicuro sui Dialettici, sulla loro dottrina e sul loro metodo un tono alto. 1] contesto nel quale venne utilizzato questo epiteto potrebbe essere un appassionato invito rivolto ai φίλοι a evitare ogni contatto con i Dialettici, perché funesti. Un tale invito sarebbe ben in linea con il monito di Epicuro (Diog. Laert. x 31, 397) a respingere la dialettica in quanto superflua. Epicuro potrebbe aver impiegato πολυφϑόροι in relazione a] megarico Diodoro e al suo circolo: il termine, appropriato per chi era appassionato di argomenti distruttivi, era del tutto adatto anche per Diodoro che aveva un argomento per dimostrare che la distruzione era impossibile.* Epicuro definisce, inoltre, Pirrone ἀμαϑὴς xai ἀπαίδευτος, ignorante e incolto. Forse qui Epicuro potrebbe aver voluto lodare Pirrone per un aspetto condiviso della sua dottrina: il rifiuto dell'educazione tradizionale.* Non va trascurato peró che anche Nausifane, allievo di Pirrone, fermo sostenitore dell'educazione liberale, è definito da Epicuro ἀγράμματος in 88 F2.5 140 F E plausibile che un estratto di lettera di Epicuro a Metrodoro segua la sequenza rap’ Ἐπικούρου κα[ὶ πρὸ)ς Μητρό δίωρον che leggiamo in Filodemo * È di SpinsLuı (1986), pp. 34-36, l'ipotesi che Antidoro si sarebbe legato alla cerchia dei dialettici: ciò giustificherebbe la presenza del suo nome nello scritto Contro i dialettici di Metrodoro. Cf. SEDLBY (1976b), pp. 124-125. * Cf. SepLer (1976b), pp. 137-144. Sulla correttezza di Kufexrvouc, la lezione dei codici, cf. GIGANTE (1992), pp. 29-30. Sui contatti della scuola di Cizico con il circolo epicureo di Lampsaco cf. 4. 2. 5. * Πολυφθόρους è correzione di ΒΑΚΒ (1820), p. 434, proposta sulla base di Plutarco (Non posse 1086E 8) e preferita da gran parte della critica a πολυφϑονερούς, la lezione dci codici difesa da Laxs (1976), p. 57, che traduce «rongés d'envie», per non essere in grado di professare una dottrina. Stampa πολυφϑόν {e}pouc DORANDI (2013), p. 739. * Da Diogene Laerzio (11 106, 2-4) sappiamo che Epicuro quando si riferiva ai Dialettici intendeva soprattutto i Megarici contro i quali scrisse un'opera Contro i Megarici. Cf. ERLER (1994), P- 9o. Sempre i Megarici sono forse l'oggetto della polemica di Metrodoro nello scritto Contro i dialettici. CF. SPINELLI (1986), pp. 29-43. Sull’ostilità generale verso l'indirizzo e sulle posizioni specifiche contro singoli rappresentanti della scuola megarica cf. GIGANTE (19812), pp. 93-94. Per l'opposizione personale di Epicuro a Stilpone cf. 95 F1-F3, 95 T. Cf. anche SspLer (1976b), pp. 144-146.
* Cf. LAES (1976), p. 59, € SEDLRY (1976b), pp. 126-137. Sulla critica di Epicuro nei confronti della παιδεία tradizionale cf. 4. 1. 2. * Su Epicuro e Pirrone cf. GiGANTE (1981a), pp. 37-49, sui rapporti tra Epicuro e i Pirroniani cf. DscLBvA CAIZZI (1981), p. 186.
COMMENTO
267
(Mem. Epic. 1v 12-13 Militello). La lacuna che si apre dopo Mntpé|d[wpov rende impossibile recuperare il testo.' 141 F
Nella sezione dedicata a Leonteo dell’opera conservata nel PHerc. 176 (5 1 1-13 Angeli), ma in un contesto tutt'altro che facile da definire, λέγει (2) sembra introdurre un frammento di lettera in cui sono considerati casi di giovani che, pur lodati dal maestro, ἐπαινούμενοι (3-4), hanno assunto atteggiamenti sbagliati.? La prospettiva paideutica del frammento appare evidente: per Epicuro l'elogio ha una piena funzione didattica. ? Il successo dell'azione paideutica risiede nel rendere consapevoli dei motivi della lode quanti ne sono destinatari. Qui Epicuro pare esporre le condizioni necessarie perché la lode sia efficace, cioè fare in modo che i destinatari della lode continuino ad alimentare il motivo della lode stessa. Questo puó accadere purché la lode sia accolta nel modo corretto o si abbia sempre memoria delle circostanze che hanno determinato il motivo dell'elogio.* Tutt'altro che facile & l'esegesi di quanto segue, di cui é tuttavia possibile cogliere il senso generale: Epicuro chiama in causa coloro che non sono stati in grado si accogliere la lode perché distratti da una passione addirittura maggiore di quelle che derivano dalla xevodoEta, dalla inclinazione alla falsa opinione, della quale sono ostaggio. Nel nostro frammento è possibile scorgere un'iperbole: il πάϑος a cui fa riferimen-
to Epicuro è maggiore delle passioni che derivano dalle false opinioni. Resta tuttavia difficile capire a cosa si riferisca αὐτόν (12): forse a ἔπαινος, sostantivo che però non compare nelle linee conservate. Intenzione di Epicuro potrebbe essere stata quella di indicare al maestro il comportamento opportuno da tenere di fronte ad allievi incapaci di cogliere il senso degli elogi perché solo in apparenza impegnati a realizzare l'ideale di vita epicureo.*
' Per MILITBLLO (1997), p. 197, non può trattarsi di una lettera: il nesso παρά più genitivo non è infatti mai impiegato da Filodemo per indicare il mittente di una lettera. Nessun elemento può essere trovato a sostegno dell'ipotesi di Se1NA (1977), p. 69, per il quale Epicuro e Metrodoro sarebbero qui menzionati in relazione a Timocrate. 2 Lo suggerisce, a ragione, ANGELI (19882), p. 18. Secondo CRÖNBRT (19062), p. 177 n. 136, il passo conterrebbe una difesa di Epicuro dalle accuse mosse da Timocrate, incluso tra gli αὐτοί (11), e dalle critiche che giungevano dagli Stoici. VOGLIANO (1928), p. 109, crede che si tratti di un generico riferimento agli avversari. Pensa, invece, ad una contesa tra Epicuro c i suoi alunni di Lampsaco PitiLIPPSON
(1930, Ora in 1986),
p. 208.
? Per la funzione didattica attribuita da Epicuro all'elogio cf. 4. 2. 1. 1. * Sulla centralità della memoria nella prassi didattica di Epicuro rimando a 5. 1. ’ Per Epicuro (RS xxx) la χενοδοξία, la falsa opinione, impedisce di dissipare quei desideri in cui é piü intensa la passione ma che, in quanto non necessari, se non soddisfatti, non comportano comunque dolore corporeo. Cf. PURINTON (1993), pp. 309-310, NUSSBAUM (2009?), pp. 153-154, e le considerazioni sviluppate a proposito di s * Secondo ANGBLI (19882), p. 35, si tratta di un frammento di lettera a Leonteo, il personaggio al quale é dedicata la sezione dell'opera in cui é citato l'excerptum: con queste parole Epicuro potrebbe aver sostenuto il suo discepolo in un momento della sua attività paideutica.
268
MARGHERITA
ERBI
142 F
Filodemo (Div. xL 7-15 Tepedino Guerra), subito dopo aver riportato da Polieno le parole (1-4) sul potere del Aóyoc capace di guarire il male che ferisce, ricorda che Epicuro (5-9) raccomandò al saggio di non farsi travolgere da una sopravvenuta situazione di indigenza.' L'opportunità dell'atteggiamento del saggio nell'affrontare la povertà é tema probabilmente sviluppato anche in 61 F2-3, due excerpta citati da Filodemo poco prima del nostro. E un'ipotesi plausibile che Filodemo leggesse anche il nostro frammento in una lettera.? Purtroppo non é facile ricostruire il contesto della citazione: forse Filodemo, con le parole di Epicuro, intendeva chiarire in che modo il Aöyoc filosofico possa recare sollievo al saggio costretto ad affrontare una sopraggiunta condizione di povertà.? Oscuro resta il senso di ἀδιάφ[ορ]ον (9), probabilmente riferito a πενία come in 61 F2 (3-4). Difficile è capire chi sia il soggetto di el[r]e (1), cioè chi pronunciò le parole riferite da Polieno.* Purtroppo pochi sono gli elementi che ci aiutano a capire: forse qui Filodemo richiama ancora il caso di Mitre sul quale potrebbe essere intervenuto anche Polieno. Non si può escludere che le
parole di Epicuro provengano dalla stessa lettera dalla quale deriva anche 54 F citato da Filodemo solo quattro colonne prima del nostro frammento. 143 F
Subito dopo un riferimento alla vita felice, nel testo ci si rivolge a qualcuno ἀπόϑεοτος (3), mai disprezzato da chi, non influenzato da coloro che sono liberi dalle opinioni vane.* I nessi pucıxöv τρόπον (4-5) e ματαίας δόξας (6-7), nonché i contatti del contenuto del frammento con la riflessione sui desideri offerta da Epicuro nelle Massime Capitali (xxix-xxx) hanno suggerito a Gronewald di immaginare per il nostro frammento un contesto epicureo e pensare ad un excerptum di lettera di Epicuro.* Il richiamo ad un'esistenza felice, εὐδαίμων βίος (2), benché difficile da contestualizzare, ben si addice ad
una riflessione di natura epicurea.? Palese è la relazione tra il nostro fram' Il motivo della capacità del saggio di non farsi travolgere dai cambiamenti di fortuna ritorna piü volte nelle lettere: cf. 4. t. 4. 2 Le lettere del maestro sono per Filodemo la fonte privilegiata da cui trarre indicazioni a sostegno della riflessione su ricchezza e povertà che sviluppa nello scritto Sulla ricchezza, come provano 54 E 61 F2-3, 71 E, 85 Fı-F2, 99 Fe 142 F. * Per la funzione terapeutica del ragionamento filosofico cf. 4. 2. 1. 3. + Secondo Terepıno GuBRRA (1991), p. 199, il verbo è da riferire a Mitre al quale in 54 F Epicuro si rivolge per invitarlo a non abbattersi per la diminuzione delle sue ricchezze. ? Il testo, conservato in PSI 851b (LDAB 5022, MP? 2599), un papiro egiziano di provenienza ignota, è datato tra la fine del τι e l'inizio del 111 secolo d.C. Cf. supra, p. 46 n. 3. Fu edito per la prima volta da COPPOLA (1925), p. 159, con il titolo «frammento di disquisizioni etiche». Cf. KÓnTE (1927), PP- 266-267. * GRONBWALD (1979), pp. 51-52. Cf. ERLER (1994), p. 119. A proposito della teoria epicurea dei desideri cf. 4. 1. 6. ? Sul concetto epicureo di εὐδαίμων βίος, l'esistenza felice alla quale si giunge attraverso la filo-
COMMENTO
269
mento e l'invito dell'Epistola a Meneceo (124) ad allontanare le false opinioni che il volgo ha sugli dei. Tale relazione & suggellata dalla presenza nei due testi del sostantivo πόϑος per indicare un desiderio irrealizzabile: le uniche due occorrenze del termine in Epicuro.' In rapporto al valore di nödoc è da interpretare il poetico &xó9eccoc (3). In Omero (Od. xvit 296) ἀπόϑεοτος è riferito al cane di Odisseo, Argo, che giaceva in disparte sul molto letame di
muli e buoi ammucchiato davanti alle porte: privato della relazione con il suo padrone Odisseo, Argo vive in solitudine, in quanto indesiderato, &xó9eccoc. Il valore poetico del termine é comprovato dalla presenza di ἀπόϑεοτος anche in Callimaco (Hec. 131 Hollis - 325 Pfeiffer).? Ma se Argo & indesiderato e vive in una condizione di miseria, una volta privato della guida del padrone, il destinatario di Epicuro, grazie al saldo rapporto con il maestro che lo guida nella strada per la felicità, non si trova mai nella condizione di essere indesiderato, οὐ μήποτε anodecroc (3). Anzi, viene accolto tra quanti, privi di desideri e paure,
vivono
nella beatitudine
epicurea.
In tale contesto
appare
ben
adatta
alle dimensioni della lacuna e al tono poetico del passo, l'integrazione di Kórte ἐλ[ευϑερωϑείο (1), suggestivo richiamo al potere salvifico dell'insegnamento di Epicuro. Il destinatario, salvato dalla filosofia di Epicuro, mai sarà ἀπόϑεοτοο: vivrà tra coloro che, in adesione alla dottrina, si dimostreranno liberi da false opinioni. 144 F
In merito ad una riflessione sull'immortalità dell'anima, Plutarco (Non posse 1105D 10-E 7) cita l'invito di Epicuro a considerare come cosa piacevole il ricordo di un caro estinto per sottolineare, subito dopo, la clamorosa contraddizione in cui cadono gli Epicurei nell'ammettere di accogliere con piacere i simulacri e le parvenze dei compagni morti e negare, ad un tempo, l'immortalità dell'anima.* Ma per Epicuro εἴδωλα e φάσματα sono visioni dello stesso tipo delle immagini che si hanno in sogno e delle visioni che si hanno delle persone lontane. Tali visioni, sulle quali Epicuro rassicura la madre in 50 F1-F2, ben spiegabili secondo i principi della fisica epicurea, provocano sì un grande turbamento ma, ad una indagine piü attenta, procurano piacere. Non si puó escludere che qui Plutarco citi le parole di Epicuro da una lettera
nella quale, come in 50 F1-F2, la riflessione sul piacere del ricordo degli amici defunti si intrecciava ad una spiegazione del fenomeno dei simulacri e delle sofia e che permette al saggio di vivere nella stessa condizione di beatitudine nella quale vivono gli dei, rimando a 4. 1. 3. ' Cf.
Haßrer
(2014), pp.
199-201.
* Cf. DRÓGBMÓOLLBR (1979), coll. 1091-1092. Discute il significato di ἀπόϑεοτος HOLLIS (2009), pp. 310-311. Cf. 5. 1. 1. 2. * Sul potere salvifico della filosofia epicurea cf. 4. 1. 4. * Sul valore di ‘percepire’ che assume qui ϑηρεύειν cf. BARIGAZZI (1978), pp. 150-151. Palese è qui l'attacco che Plutarco muove a Epicuro: cf. ALBINI (1993), p. 323. Sul piacere provocato dal ricordo dei φίλοι defunti rimando a 4. 1. 9.
270
MARGHBRITA
ERBI
visioni che tale ricordo alimentavano.' Forse Epicuro attraverso le sue lettere intendeva sostenere i φίλοι anche nella comprensione di un fenomeno che, se non supportato da una profonda conoscenza della fisica epicurea, appariva contraddire le affermazioni sull'immortalità dell'anima e generare turbamento.* 145 Fa Ateneo (Deipn. ΧΙ 547A 1-3) nell'accusare Epicuro per aver fatto principio e
fine di ogni bene il piacere e, in particolare, il piacere del ventre, critica l'invito di Epicuro (Fin. [22.4] Arrighetti) ad onorare il bello e le virtù e ricorda che in piü di un suo scritto avrebbe affermato di sputare sopra il bello e sopra quanti
lo ammirano, quando questo non procura nessun piacere: tpocrtuo τῷ καλῷ xai τοῖς κενῶς αὐτὸ Iauudloucıv, ὅταν μηδεμίαν ἡδονὴν ποιῇ. La ricerca del
bello commisurata al raggiungimento del piacere alla quale qui esorta Epicuro è in linea con l'aspetto utilitaristico del pensiero come teorizzato nell’Epistola
a Meneceo (129): anche la tensione al bello deve contribuire al raggiungimento del piacere.? In questa prospettiva la ricerca del bello &, ad un tempo, premessa e fine di una vita felice come emerge dalle Massime Capitali (v - GV 5). Palese è il contatto tra il nostro frammento e la sequenza προοπτύω ταῖς Ex
πολυτελείας ἡδοναῖς di 132 Fbc: il bello, allo stesso modo dei piaceri del lusso, è da disprezzare perché può provocare turbamento. Il verbo προοσπτύω, un verbo caro a Epicuro, è impiegato anche da Metrodoro (49 Körte - GV 47) per descrivere il disprezzo dei beni materiali, incapaci di procurare piacere. * Esito di una ricerca di stile, l'immagine qui definita dall'impiego del verbo rpocπτύω traduce in modo plastico e immediato il senso del principio etico espresso da Epicuro.* La corrispondenza con 132 Fbc e lo stile rendono plausibile l'ipotesi che tra gli scritti nei quali Ateneo dichiara di leggere il nostro frammento ci fossero anche una o più lettere. La fortuna di questo frammento in contesti polemici contro Epicuro prova che ben si prestava ad essere interpretato in una prospettiva antiepicurea. ' Inserisce il passo tra i frammenti di lettere di sede incerta USBNER (1887), p. 164. Ma cf. ARRIGHETTI
(1973),
p. 671.
3 Una contraddizione che cercherà di spiegare ancora nel 1 secolo a.C. a Roma l'epicureo Cassio, come sappiamo da Plutarco (Brut. 37, 2-6): per un esame del passo cf. Brenx (1998), pp. 118-127. * Cf. BRUNSCHWIG (1986), pp. 115-117, € ANNAS (1993), p. 189. La prospettiva utilitaristica della virtù emerge anche in 5 F: un parallelo è possibile tra coloro che ammirano in modo vano il bello senza riceverne piacere e quanti inseguono le virtù che producono speranze vane. Cf. 4. 1. 5. * Cf. ZACHER (1982), p. 97. * Secondo BIGNONE (1973), 1, p. 357, che riconduce anche questo frammento alla lettera Ai filosofi di Mitilene, προςπτύω conferirebbe un carattere esasperato all'immagine resa qui da Epicuro per esprimere l'asprezza della polemica contro la critica della scuola platonico-peripatetica all'edonismo e al carattere utilitaristico della virtù. Cf. ARRIGUBTTI (1973), p. 685, e ERLBR (1994), pp. 118-119. Sulla prosa delle lettere che tende a rendere il messaggio immediato, anche attraverso immagini che restituiscono concretezza ai pensieri cf. 5. 1. 2. 2. * Riconduce il nostro frammento allo scritto Sul fine RoskAM (2007b), p. 200.
COMMENTO
271
145 Fb Le parole di Epicuro di 145 Fa risuonano anche nella sequenza τῷ καλῷ προςπτύοντας, ἂν ἡδονὴ μὴ προςᾷῇ che Plutarco (Adv. Col. 1124E 9-12) richiama per documentare gli errori compiuti da Epicuro e dai suoi seguaci in quanto fautori di una vita bestiale. 145 Fc Da connettere a 145 Fa e 145 Fb è anche l'espressione τῷ καλῷ προοπτύειν con la quale Plutarco (Lat. viv. 1129B 1-4) allude alla dissoluta condotta di vita di Epicuro.' 146 F
Se questa testimonianza contenga un'affermazione di Epicuro indirizzata a Idomeneo non è sicuro. Certo problematica appare la sequenza ᾿Απολλώνιοο Εἰδομένη. Per primo Usener ha attribuito la sequenza a Epicuro: ElSouévy, sarebbe un errore per Ἰδομενεῖ e il nome di Apollonio derivato dalla ecloga successiva.? Ma, se plausibile, e persino ovvia, appare la corruttela di Ἰδομενεῖ in Εἰδομένη, più difficile è giustificare la presenza in Stobeo del nome di Apollonio al posto di Epicuro, a meno di non supporre macchinosi accidenti.? Indubbio è, tuttavia, il contatto del nostro testo con l'invito ad un'esistenza sobria quale presupposto dell'aóxápxeca che Epicuro affida, oltre che all’Epistola a Meneceo (130), a non pochi frammenti di lettere. * I] contenuto della sentenza, nella quale & ribadita la necessità per il saggio di raggiungere attraverso una vita sobria la condizione di autosufficienza indispensabile per gestire con forza e senza turbamento ogni situazione di indigenza e povertà, & sopratutto in armonia con l'esortazione che Epicuro rivolge a Idomenco in 36 Fab. ' Non è possibile, invece, stabilire un contatto lessicale tra il nostro testo e Plutarco (Non posse 1095F 3-4) che si riferisce agli Epicurei come disposti a combattere contro il bello se questo non si accompagna
al piacere.
Cf.
ERLER
(1994), pp. 118-119, e ALBINI
(1993), p. 173.
? UsENBR (1887), p. 345. Inseriscono il frammento tra le lettere a Idomeneo BicNoxs (1920), p. 173, ARRIGHETTI (1973), p. 673, e ISNARDI PARENTE (1983), p. 123. Cf. ANGELI (19812), p. 98. A una maggiore
cautela
invita
ERLER
(1994), p. 107.
? Difficile da sostenere è anche l'ipotesi di HgNss (1894), p. 492, per il quale Stobeo avrebbe derivato da un testo di Apollonio o dello pseudo-Apollonio le parole di Epicuro che, una volta confluite nella raccolte gnomologiche, avrebbero perduto la relazione con il contesto di origine. * Cf. 4. 1. 4.
TAVOLA Destinatario
Data
SINOTTICA Fonte
Epic. Ep. (POxy. 5077) 3, 13-15 Diog. Laert. x 14, 159-160 Diog. Laert. uni 61, 664-665 Luc. Laps. 6, 1-6
Ἀνάξαρχος
Plut. Adv. Col. 1117A 2-11
Ἀπελλῆκ
Ath. Deipn.
xui 588A 5-B2
Plut. Non posse 1094D 8-E 1 Ἀπολλωνίδης Ἀρικτόβουλος
Philod. Lib. dic. 73, 1-9 — post 274 sed ante 271/270
Diog. Laert. vi 9, 122-124
Ἀριςτόβουλος
-
Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 xv 12-15
Διόδωρος ΓἝρμαρχος Ἕρμαρχος
Ἀναξικράτης (279/278) 277-270 271/270
Ath. Deipn. xii 588B 4-9
Εὐρύλοχος
-
Diog. Laert. x 13, 148-150
Ἡρόδοτος
ante 306-301
Diog.
Ἡρόδοτος
281-277
Philod. Mem. Epic. axxtıı 3-17 Philod. Mem.
Epic. xxxii
θεμίετα
Φίλιππος (292/291)
Philod. Mem.
Epic. x 8-9
Θεμίοτα
-
Diog. Laert. x 5, 51-55
Θεμίετα
-
Diog.
Lacrt. x 5, 57-59
Diog.
Laert. X 25, 304-305
Θεμίετα
Philod. Mem.
Epic. 3 defg 5-8
Cic. Fin. 11 30, 96
Laert. x 5, 47-49
17-19
Ἰδομενεύς
ante 306-301
Script. Epic.
Ἰδομενεύς
ante 306-301
Ἰδομενεύς
306-301
Diog. Laert. x 5, 47-49 Sen. Luc. 21, 3-4
Ἰδομενεύς
306-301
Plut. Adv.
Ἰδομενεύς
306-301
Ἰδομενεύς
post 306-301
Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 xv 2-12 Philod. Mem. Epic. xxxi 2-5 Philod. Mem. Epic. xxxu 5-8
Ἰδομενεύς
post 306-301
Did.
Sen. Luc.
inc. (PHerc.
22, 5-6 Col. 1127D 6-9
Caccus,
In Eccl. 1 13b-c, (PTura) 24, 8-9
Did. Caecus, Ἰδομενεύς
278-277 (?)
Script.
176) 5 x 1-8
Epic.
In Eccl. 1 13b-c, inc. (PHerc.
Ἰδομενεύς
271/270
Phot.
Lex. t 1515
Ἴδομενεύς
271/270
Diog.
Lacrt.
Ἰδομενεύς
-
Script,
Epic.
Ἰδομενεύς
-
x 22, 254-262 inc. (PHerc.
176) 5 ıv 31
Ἰδομενεύς
-
Philod. Mem. Epic. xxt1t 4-10 Philod. Mem. Epic. xxviu 10-11
Ἰδομενεύς
-
Philod. Lib. dic. 72, 1-10
Ἰδομενεύς
-
Plut. Adv. Col. 1117D 9-E 2
Ἰδομενεύς
-
Theon Progymn.
Ἰδομενεύς
-
(PTura) 24, 9-11
176) 5 xiv 7-16
Stob. 111 17, 23 Sen. Luc. 21,7
71, 7-13
MARGHERITA
BRBÌ
δημοκλῇς (278/277)
Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 xxvitt 2-4
post 281-277
Philod. Mem. Epic. xxvii 10-15 Philod. Piet. 28, 820-840 Plut. Adv. Col. 1117B 4-C 6 Plut. Nen posse 1099F 7-1100A 7 Plut. Adv. Col. 1117C 6-9
Οὐρίας (281/280)
Philod. Mem.
Epic. xxxi
15-19
Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 1v 22-28 Philod. Mem. Epic. vtt 11-12 Philod. Adversus 38, 9-13
Philod. Lib. dic. 6, 1-12 Script. Graec. inc. (PHerc. 1589) 1, 1-5 Diog. Laert. x 5, 50-52 Diog. Laert. x 6, 68-7, 79 Diog. Laert. x 6, 59-60 Diog. Oen.
125 ı-ıv
Diog. Oen. 126 1-ti1 Philod. Epic. 1, n 10-17 Cic. Fin. un 3,7 Οὐρίας (281/280)
Philod. Mem.
Τηλοκλῇῆς (280/279) Apurovupoc (277/276)
Philod. Div. xxzv1 9-17 . Mem. Epic. xxxv inferior pars 31-36 . Mem. Epic. Xxxi 4-16
271/270
. Mem.
post 277 post 277 Μιϑρῆς
Epic. xxxi
15-19
Epic. XXXI 16-19
. Mem. Epic. zavılı 16 . Mem. Epic. xxx 13-19 Diog. Laert. x 4, 45-47
Πολύαινος
post 306/301
Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 1X 1-14
Πολύαινος
Χαρῖνος (291/290 aut 290/289 aut 289/288)
Philod. Epic. 1 52 1-12 Philod. Div. xxx1v 14-17 Philod. Div. xxxv 4-7
Sen. Luc. 18, 9 Πολύαινος
Χαρῖνος (291/290 aut 290/289 aut 289/288)
Philod. Piet. 33, 937-940
Πολύαινος
Xapivoc (291/290 aut 290/289 aut 289/288)
Philod. Piet. 29, 840-30, 845
Πολύαινος
Xapivoc (291/290 aut 290/289 aut 289/288)
Πολύαινος Πολύαινος
Philod. Piet. 30, 865-870
Philod. Piet. 33, 932-937 Theon Progymn. 71, 16-17
Nudo
Plut. Adv. Col. 1124C 1-6
Πυϑοκλῆκ Πυϑοκλῆς
Diog. Laert. x 5, 55-57 Alciphr. Ep. 17, 3
Πυϑοκλὴκ
Diog. Laert. x 6, 64-66 Plut. Non pesse 1094D 3-8 Plut. Aud. poetis 15D 3-5 Quint. Inst. or. xi1 2, 23-24
Πυϑοκλῆς
Philod. Div. xxxvi 2-9
Πυϑοκλῆς
Dem.
Τιμοκράτης
Philod. Mem. Epic. xit 1-11
Laco Op. inc. (PHerc. 1012) Lxx 8-10
TAVOLA
SINOTTICA
275
Τιμοκράτης
306-301
Diog. Laert. x 5, 47-49
Φύρεων
Διότιμος (285/284)
Philod. Mem. Epic. xxiv 3-8
O0pcov
Ἀριςτώνυμος (277/276)
Χαριδήμος Ἀνάξαρχος, Αρχί, Λεόντιον
Philod. Mem. Epic. xxiv 8-11 Philod. Piet. 28, 797- 29, 819 Philod. Mem. Epic. x 3-6
Διοκλῆς (286/285)
Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 xxv 31-36
'Apxtpóv, Ἰδομενεύς, Acovrtüc
Philod. Epic. it, xx 1-11
Aux (B coc, Φύρτων
Plut. Non posse, 1101A 3-B 5
Diog. Oen. 128 ı 10-11 3
Ἡρόδοτος, Μητρόδωρος (Ὁ) Λεοντεύς, Πολύαινος
Philod. Mem. Φίλιππος (292/291)
οἱ ἐν Αἰγύπτῳ φίλοι ()
Epic. zxxxiu 3-17
Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 xxiv 4-16 Plut. Lat. Viv. 1128F 1-1129A 3 Plut. Lat. Viv. 1128F 1-1129A 3
οἱ ἐν Ἀείᾳ φίλοι οἱ ἐν Λαμψάκῳ φίλοι
Φίλιππος (292/291)
οἱ ἐν Λαμψάκῳ φίλοι
Εὔϑιος (283/282)
Philod. Div. xxxv 33-42 Philod. Div. ıvı 25-32
Philod. Mem. Epic. vu 2-11
οἱ ἐν Λαμψάκῳ φίλοι
Plut. Non posse 1090E 5-9
οἱ ἐν Μυτιλήνῃ φιλόζοφοι
Sext. Emp. Adv. Math. 1 4, 20-24 Sext. Emp. Adv. Math. 1 4, 24-5, 6 Diog. Laert. x 6, 68-7, 79 Diog. Laert. x 8, 87-91 Diog. Laert. x 136, 1590-1595
Philod. Adversus 116, 1-8 Philod. Adversus 116, 9-13
Epic. Ep. (POxy. 5077) 1 1-11
οἱ ἐν (άμῳ φίλοι
οἱ μεγάλοι (1) 9
F
91 Tıa
οἱ Μενοικέως υἱοί
Philod. Piet. 37, 1066-1071
Ἰκαῖος (284/283)
Philod. Adversus 114, 11-13
ante 285
Philod. Mem. Epic. xxv 2-3
92 Tıb
Philod. Mem.
92 T2a
92 Tab
Philod. Mem. Epic. xxiv 3-6 Philod. Mem. Epic. xxtv 8-11
93 Fıa
Ath. Deipn. viri 354B 1-8
93 Fıb 93 Fic
Aristocl. F 2, 1 Diog. Laert. x 8, 87-94
93 Fıd
Ael. Var. Hist. 5, 9
93 F2a
Ath. Deipn. vini 354C 4-10
93 Fab
Diog. Laert. x 8, 87-96
93 Fac 93T 94 T 95 F1
Diog. Laert. 1x 53, 38-41 Anecd.
Gr. Par. 1 171, 31-172, 2
Diog. Laert. x 6, 59-60
post 307
Sen. Luc. 9, 8
95 F2
Sen. Luc. 9, 18
95 F3 95 T
Sen. Luc. 9,1
96 F1 96 F2
Epic. xxv 3-17
Sen. Luc. 9, 20
post 301 aut 281-278/277
Philod. Mem. Epic. xxv 2-3 Philod. Mem.
Epic. xxv 3-17
MARGHERITA
BRBÌ
297/296 aut 279/278 (?)
Philod. Adversus 81, 9-12
post 294 (?) Ὀλυμπιόδωρος (294/293 aut 293/292)
Philod. Piet. 33, 929-932
Xagivac (291/290 aut 290/289 aut 289/288)
Philod. Div. xxxiv 7-14
Διότιμος (285/284) Ἰκαῖος (384/283)
Philod. Mem. Epic. xxxii 14
post 281
Philod. Mem.
Ἀναξικράτης (279/278) Ἀναξικράτης (279/278) Ἀναξιχράτης (279/278) AnpoxXî (278/277) 281-278/277 (?)
Philod. Piet. 63, 1820-1821
post 278/277
post 278/77
Philod. Mem. Epic. xiv 11-12 Philod. Piet. 29, 840- 30, 845
Epic. xxviii 2-9
Philod. Stoici vi 13 Philod. Mem.
Epic. 3 defg 5-8
Philod. Mem.
Epic. xxix 17-19
Philod. Mem. Epic. xxix 2-16 Philod. Mem. Epic. xxvi 1-5 Philod. Mem. Epic. xxvi 5-11 Plur. Non posse 1097A 9-B4 Plut. Adv. Col. 1126E 9-F 3
post 278/77 Εὔβουλος (274 /273)
Sen. Luc. 79, 15
ante 271/270
Plut. Non posse 1099F 7-1100B 1
ante 271/270
Plut. Frat. am. 487D 2-6
ante 271/270
Dion
Πυϑάρατος (271/270)
Philod. Mem. Epic. aab 1-6 - xxx: 1-5
271/270
Plut. Non posse 1097E 5-1097F 3
271-270
M. Aur. Ad se ipsum ix 41 Philod. Mem. Epic. 1 1-9
Philod. Adversus 111, 12-15
Episc. Nat. (ap. Pr. Ev. xiv 26, 2)
Philod. Mem.
Epic. xix 2-11
Philod. Mem. Epic. xix 11-15 Philod. Mem.
Epic. xxx 2-9
Philod. Mem.
Epic. xxx 9-13
Plut. Non posse 1097C 9-11 Philod. Adversus 38, 1-8
Philod. Adversus 82, 10-11 Philod. Adversus 109, 1-3 Philod. Adversus 110, 11-14 Philod. Adversus 111, 1-12 Philod. Adversus 114, 1-6 Philod. Adversus 114, 6-11
Philod. Epic. 1, vut 1-21 Philod. Piet. 31, 877-889 Philod. Piet. 31, 889-896
Scrip. Epic. inc. (PHerc. 1111) 44, 1-8 Epic. Ep. (POxy. $077) 2 1-11 Diog. Laert. x 11, 129-130 Stob. 111 17, 34 Script. Graec. inc. (PBerol. 16369) 11 13-15 Diog.
Laert. x 11, 129-131
Sen. Luc. 30, 9 Proph. Marc. 29, 11-14
TAVOLA
SINOTTICA
277
135 F
Sen. Luc. 21, 10
136 Fa
Gnomol. (Paris Gr. 1168) 1 478
136 Fb
Ps.-Max. Conf. Loc. Comm. 6, 86
136 Fc
Sen. Luc. 29, 10
137 F
Sen. Luc. 7, 1
136 F
Diog. Laert. vit 5, 68-76
139 F
Diog.
140 F
Philod. Mem. Epic. iv 12-13
1410 F
Script. Epic. inc. (PHerc. 176) 5 1 1-13
Laert. x 8, 87-99
142 F
Philod. Div. xL 7-15
143 F 144 F
Script. Epic. inc. (PSI viti 851b) 1-11 Plut. Non posse 1105D 10-E 7
145 Fa
Ath. Deipn. xu 547A 1-3
145 Fb
Plut. Adv. Col, 1124E 9-12
145 Fc
Plut. Lat. Viv. 1129B 1-4
146 F
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'd339 33^
$'''gX3'38PR8'2XN3Y'Z£
“ >
3%
Us.
p- 145 adn. p. 145 adn. 108
MARGHERITA
BRBÌ Arr.
4 p. 145 adn.
319
CONCORDANZB
63 F, 101 F 99 F 411,53 T 102 F 9o T
3
1,38Ὁ
40 Fıa, 40 Ε2 Γ
83 T, 84T 121. F 9o T 48 F, 88 F5, 93 Fic, 93 Fzb 93 Fia, 93 F2a 88
5
88 F6-F7 99? 63 F, 101 F
MARGHERITA Εὐοὶ 93 Fiabe
DII Ρ. 140, 18-19 Ρ. 145 adn.
92 Tasb, οὐ Pı-Fa
BRBÌ
INDICE
DEI
NOMI
GRECI
Αἰγεύς
Ἀλχιβιάδης Ἀναξαγόρας Ἀνάξαρχος Ἀναξικράτης
5E 78F
Ἀπολλόδωρος Ἀπολλώνιος 8T,9F 93 Fic, 93 Fid, 93 F2c, 126 F
55 E 76 F 79 E 118 F
37 E 107 F 88 F7, 93 F2a, 93 Fab, 112 F 139 F 10 T, 56 F2, 106 T 788 80 Ε2 63 E, 75 F1, 92 T2a 80 F1, 80 F2
Εἰδομένη
Ἐμπεδοκλῆς Ἐπίκουρος
1E3EAR6E77T,87T, 10 T, 11 T, 15 F1, 19 T, 25 P1, 28 E 33 E, 34 E, 35 F 40 Fia, 40 Fib, 41 T, 42 T, 45 T, 53 T, 61 F1, 61 F2, 70 Fb, 75 ΕἸ, 80 F1, 81 T, 82
T, 83 T, 84 T, 87 E, 88 F4, 92 T2a, 93 Fıa, 93 Fıb, 93 Εις, 93 F2a, 93 F2b, 93 Fac, 93 T, 106 T, 110 T1, 110 ΤΊ, 113 E 113 ΤΊ, 113 T2, 116 E 132 Pb, 138 E, 139 E, 140 E 142 E, 144 F
"Epuapyoc Εὔβουλος Εὔϑιος Εὐρύλοχος Ζεύς
39 E 40 Fia, so F2, 80 F1, 109 F2, 129 F2
Ἡγέμαχος
46 T
322
MARGHERITA
BRBÌ
Hymıdvak
80 Fı
Ἡγηκίας Ἡδεῖα Ἡράκλειτος Ἡρόδοτος
35 F 145 Fc 139 F 14 T, 15 Εἰ, 21 T, 741, 8 T
Θεμίετα Θεόδοτος
16 E 17 F 18 T, 19 T, 46 T 76 F
Θεόδωρος
18 T
Ἰδομενεύς
14 T, 21 T, 23 E, 26 F1, 28 E, 29 E, 301, 32 T, 33 E, 34 E 35 B. 38 E 60 E, 74 T, 79 F
']catoc
91 E 102 F
Καλλίςτρατος Kapvelcxoc Κλέων Κράτερος Κρόνιος Κτήκειππος Κωλώτης
118 Fı, 118 Ε2 118 Fı so F2 15 Fı, 33 E. 81 T 118 Εἰ 120 Ε 32 T, 34 F 37 F 38 E 39 Ε 40 Fia, 40 Fıb, 40 F2, 92 Tib, 96 F2
Λεοντάριον
47Ὲ
Λεοντεύς Λεόντιον
17 E, 19 T, 20 E, 41 T, 42 T, 43 E, 44 E, 45 T, 46 T, 53 T, 60 Ε 79 Ε 82 1, 86 E 89 F 11 T, 47 E, 48 Ε 49 T, 78 F, 88 F3, 94 T, 145 Fc
Λεύκιππος Ληρόκριτος Λύκος Avclac
88 F7 139 F 16E 77 F 15 Fı, 81 T
Avclpayoc
55 E 59 E 103 F
Μάτρων Mtvotxeóc Μητρόδωρος
65 F 91F 29 E 37 E, 51 F 56 F1, 110 T1, 110 T2, 140 F
Μιϑρῆς
38 E, 41 T, 53 T, 54 F 55 Ε 57 E, 58 E, 59 E, 89 Ε 103 E 108 T, 110 Ti, 110 T2
Νανειφάνης Νεοκλῆς Νικάνωρ
13 T, 88 Fı, 88 F4 113 E, 115 F 75 F2, 92 Tab
Ὀλυμπιόδωρος
15 ΕἸ, 81 T, 99 Ε
Οὐρίας
4 T, s3 T
Παιάν
47 E 59 F
Πάτροκλος
118 F2
INDICB
DEI
NOMI
GRECI
323
Tlepcatoc Πλάτων Πολύαινος Πολύγνωτος Πολυκράτης Πραξιφάνης
8T 93 Fia, 93 Fıb, 139 F 61 Fı, 61 F2, 61 F3, 64 E, 65 E 66 E, 82 T, 142 Ε 138 F 28Ε 13 T
Πρωταγόρας
93 F2a, 93 Fab, 93 T
Πυϑάρατος Mida
114 FE 28 F
Πυϑοκλῆς
36 Fa, 45 T, 67 T, 68 E 69 T, 70 Fa, 70 Fb, γι F 72
Πύρρων
F 139 P
Tlópcov
v. Φύρεων
Cavvidwpov (πεύειππος ζωκράτης
139 F 126 F 5Ε 248
Τάνταλος
92 Tıb, 96 F2
Τηλοκλῆς Τιμοκράτης
54 14 T, 21 T, 48 F. 73 E, 74 T, 88 F3
Φίλα Φίλιππος
38 F 16 E 82 T, 85 Fı
121 F
Φιλωνίδης
8T
Φύρεων
75 F1, 76 E 80 F1, 92 T2a
Χαρίδημος
7F
Xapivoc Χαρικλῆς
61 Fı, 61 F3, 62 E 63 E 100 F 124 F
᾿᾿Αϑῆναι Αἴγυπτος Acla Δῆλος
77F 83 T, 84 T 83 T, 84 T 28 F
Ἑλλάς
67 T, 139 F
Κόρινϑος Κύζικος
15 F1, 81 T 86 F
Λάμψακος
85 F1, 86
Πειραιεύς Chpoc Τέως
15 Εἰ, 81 T, 108 T, 110 T2 28 E, 89 E 92 Tib, 96 F2 88 F6, 88 F7
E 87 F
INDICE
DEI
NOMI
LATINI
Charinus
6&1T
Demetrius
95 F2
Epicurus
12 Ε 22 F1, 22 F2, 36 Fb, 52 T, 61 T, 70 Fd, 95 F1,
95 F2, 95 F3, 95 T, 111 Ε 137 F Hermarchus
12 F
Idomeneus
22 F1, 22 F2, 36 Fb
Lucilius
22 F1, 137 F
Metrodorus
12 Ε 52 T, 61 T, 1n F
Poliorceres
Polyaenus Pythocles Stilbon
95 Fı, 95 F2, 95 F3, 95 T
Athenae Graecia
111 F 111 F
INDICE
DEI
TERMINI
GRECI
ἀγαϑός ἀγανακτέω ἀγνοέω ἀγοραῖος ἀγράμματος ἄγω ἀδελφός
50 F1, 50 F2, 116 E, 145 Fc 60Ε 131 F 25 Εἰ 88 Ε4 28 Ε 29 Ε 56 F1, 76 Ε 88 F4, 100 E, 115 E, 116 F 8 T, 80 F1, 113 E, 112 Ti
ἄδηλος ἀδιάφορος
89Ε 61 F2, 142 F
ἀδικία ἀεί ἀξνναος
87 F 31 E, 50 F2 70 Fb
ἀὴρ
87 F
αἰδώς alel alpecıc alptw αἴρω αἰεϑάνομαι alcdncıc
113 ΤΊ ν. del 86 F 4E 118 Εἰ 89Ε 50 Ε2 108 T, 144 F
alcypüc
59 F
αἰτία αἰτιάομαι ἀχατίδιον ἀκάτιον ἀχέομαι ἀκούω
141 F 71,208 89F 7o Fa 70 Fb, 70 Fc 44 F 13 T, 77 E 86 E 88 F1, 110 T1, 131 F, 138 F
ἄχρατος
80 Fı
ἀκριβής ἀκροάομαι ἄλαδε ἀλγηδών
50 40 110 56
ἀληϑῆς
24 F (-üc), 115 E 144 F (-&x)
Fı, so F1 (-öc) Fıa Tı Εἰ
ἀληϑινός
7Τ
ἄλλος
7 T, 20 E, 26 F1 (-ox), 31 E, 49 T, 55 F, 76 E, 80 F1,
ἀλυπία
82 T, 92 Tib, 94 T, 96 F2, 113 ΤΙ, 117 E 127 F2, 128 F, 131 E 141 E 145 Fa 80 Fı
ἅμα ἀμαϑῆς
28E 29 E35 E 89 F 139 F
Sono registrati i termini greci dei frammenti e delle testimonianza ad eccezione di ἀλλά, γε, δέ, δή, xal, μέν, unv, οὐ, οὐχ, οὐχ, τε e dell'articolo.
MARGHERITA
BRBÌ
45T 60 F
67 T, 93 Fid 127 F2 6F 8 T, 20 Ε 88 Ες 17 E 23 E 40 Fıa, so ΕἸ, 50 F2, 51 E 54 E 56 F1, 71
E 73 F, 75 F2, 87 E, 92 Tib, 92 T2b, 93 T, 96 F2, 98 E 103 F, 109 F1, 113 F, 115 E, 117 F, 119 F, 131 E, 145 Fb, 145 Fc 57 E 92 Tıb, 96 F2, 108 T
47 Ἐ 88 F6 70 Fc, 75 F2, 92 Tab 40 F2
79 F 28 Ε 80 F1, 138 E 145 Fb 88 Fi
47 E 59 F ἀναπετάννυμι
ἀναπολέω &vaTácco ἀναφαίνω
ἀναφανδόν ἀναφέρω ἀνεκτέος ἀνεμέςητος ἀνεπίφϑονος ἀνέχω 4 E, s E, 86 F, 88 F2, 92 Tib, 96 F2 64 T 40 F1a 15 F2, 88 F2, 108 T 92 Tib, 96 F2 92 Tib, 96 F2
ἀντιλιτανεύω ἀντιμαρτυρέω ἀντιπαρατάοοω
INDICE
DEI
TERMINI
GRECI
329
dvrınpockuveo ἀντιςέβομαι ἀνύτω ἄξιος döpatoc ἀπαγγέλλω ἀπάγω ἀπαϑής ἀπαίδευτος ἀπαλλάοοω ἀπαντάω
40 Fıa 40 Fıa 50 Fı 5 F (-lac), 29 F (-lwc), 25 F2, 40 F2, 54 E, 113 Ti 108 T 67 T, 89 F 127 ΕἸ $1 E 80 F1 139 F 93 F1d 89Ε
ἀπαρχή
34 F
ἅπας ἀπατεών ἄπειμι ἀπεργάζομαι ἀπερίοτατος ἀπέχω ἁπλόος ἀπό ἀποβολή ἀπόγραφος
4 E 44 E, 109 F1, 1288 88 F4 50 ΕἸ 85 F1 138 Ε 6 T, 127 F2 42T 40 Fab, 45 T, so ΕἸ, 61 Fı, 70 Fb, 80 F1, 82 T, 83 T, 84 T, 93 F2a, 93 T, 113 E 117 BE 129 F2, 138 F 109 Fi 125 F
ἀπογράφω
89 F
ἀποδέχομαι ἀπόδηλος
8s F1, 114 F 24Ε
ἀποδημέω
109 F2
ἀποδίδωμι
45 T, 55Ε
ἀπόϑεςτος ἀποκαλέω ἀπολαμβάνω ἀπολέγω ἀπολείπω ἀπόλλυμε
143 88 27 40 29 28
ἀπολογίζομαι
38 F
ἀποοπερμαίνω ἀποςοτέλλω
113 T2 8 T, 15 Fi, so F2, 75 F1, 81 T, 89 E, 92 T2a, 119 E 120 F
ἀποοτερέω ἀποςτρέφω
144 F 70 Fb
ἀποουνίοτημι
24Ε
ἀποφαίνω
113 F
ἀποφορά ἀποχωρέω ántóc ἅπτω ἀράομαι
58 56 50 40 70
ἀργύριον
so F2
F F4 F Fıb Β51Ε E 33 P
Ε F1, 109 F1 F1 Fıb Fa, 70 Fc
330 &p£cxeuua
MARGHERITA
BRBÌ
56 F2 136 Fa, 136 Fb
5F 27
131 Ε
128 B, 129 ΕἸ
127 Ε2 132 Fa, 132 Fb, 132 Fc
4 E 6 T, 31 E, 45 T, 93 Fza, 109 F1 11T, 93 T 75 F1, 92 T2a, 114 F äcxncec ἀοκίτης &craciac ἀςτεῖος ἀςτικός
3s F 93 T 115 118 117 76
E F1 F F
ἀςτρολογογεωμέτρης
79 F
äctu
110 93 93 116 128 70 113
äcwreiw ἄςωτος ἀταρακτέω ἀτάραχος ἄτεγκτος ἄτομος αὐξάνω αὐτάρκεια
αὐτός
Ti Fid Fic F F Fc E 113 T2
6F11T,13T,14 Τὶ, 15 Fı, 17 E18T, 20 E 21 T, 24
E, 27 E, 38 E, 36 Fa, 38 E, 39 E, 40 Fia, 40 Fib, 44 E, 45 T, 48 E, 5o F1, 60 Ε 62 Ε 65 E 67 T, 70 Fb, 70 Fc, 73 F, 74 T, 75 F1, 76 E 77 E, 80 F1, 81 T, 82 T, 86 F, 88 F2, 88 F3, 88 F4, 89 F, 90 T, 92 T2a, 92 Tib,
93 Fia, 93 Fib, 93 Fic, 93 F2a, 93 Fab, 93 T, 96 F2,
ἀφαιρέω ἄφϑαρτος ἀφϑόνως
ἀφέημι ἀφικνέομαι
ἀφυοιολόγητος
βαρέω
βαρύοτονος βαοιλικός
107 E 109 F1, 113 F, 113 T1, 113 T2, 114 E 116 F, 118 F1, 128 Ε 129 Fi, 132 Fa, 132 Fb, 133 E 138 E, 139 F, 141 E 144 E 145 Fa, 146 F 36 Fa 40 F2, so F1 50 F2 9 E, 110 T1 17 F 40 F1a 61 F1, 115 F 93 F1a 40 Fıa, 128 F 50 F2 88 F1 110 T2
INDICE
DEI
TERMINI
GRECI
331
βαετάζω
93 F2c
βέλτιοτος βελτίων βιάω
124 F 80 Εἰ 145 Ες
βιβλίον βίβλος
75 F1, 89 F, 92 T2a, 97 F 83 T, 84 T
βίος βιοτή βοηϑέω
25 F1, 26 F2, 29 E 116 E, 143 F 25 Ε2 110 Tı, 110 T2
βούλομαι βρόμος βρυάζω
28 Ε 36 Fa, 50 F2, 117 E 119 F, 133 E, 138 F SF 132 Fb, 132 Fc
βυβλίον
ν. βιβλίον
γάρ
24 E, 25 F2, 28 E, 34 Ε 39 E, 40 Fia, 40 F2, 50 Fi,
γαργαλιομόο γαςτήρ γείνομαι γελοῖος
so F2, 51 E 77 F, 80 Fi, F2c, 96 F2, F, 128 F, 129 145 Ες 113 ΤΖ 24 F 39 F
54 E 56 F1, 58 Ε 60 E 61 F1, 64 E, 76 F. 85 Fi, 88 F2, 88 F5, 92 Tib, 93 Fıb, 93 110 T1, 113 T1, 113 T2, 117 E 119 E, 125 F2, 136 Fa, 136 Fb, 138 F
γέμω
92 Tıb, 96 F2
γεννάω γεύω γίγνομαι
γιγνώσκω γόνν γοῦν γράμμα
113 70 SE F1, 113 15 40 75 15
γραφεύς
93 Fza, 93 Fab
γραφή
122 Ε 128 Ε
γράφω
3ESE 6T, 15 F1, 18 T, 19 T, 20 E 23 F, 24 E, 25 F1, 26
Fb 11 T, 26 F2, 29 E, 38 E, 40 Fıa, 40 Fib, 51 Ε 56 66 F, 67 T, 92 Tib, 93 F2a, 96 F2, 109 F1, 113 E, T1, 143 F Fı, 20 Ε 81 T, 89 Ε Fıa, 40 Fıb F1, 88 F1, 88 F2, 92 T2a Εἰ, 81 T, 93 F2a, 93 F2b, 110 Ti
F1, 29 F, 33 E, 34 E, 35 E, 39 E, 40 Fia, 40 Fıb, 42 T (?), 45 T, 46 T, 48 E 49 T, 55 F, 56 F1, 67 T, 70 Fa, 75 ΕἸ, 76 E 77 E, 78 E, 80 Εἰ, 81 T, 82 T, 83 T, 84 T, 87 E, 88 F3, 89 E 92 Tia, 92 12a, 92 Tib, 94 T, 96 F1, 96 F2, 99 E 102E 107 Ε 110 T2, 113E, 114 E, 119 E, 127 Fı
γυνή
17 E 19 T, 67 T, 144 F
δαιμονίως
121 F
δάκρνον δαπανάω
80 F1, 115 F 56 Εἰ
δείκνυμι
50 Fı
δεινός δεῖπνον
98 F 76 F
332
MARGHBRITA
ERBI
δέχομαι δέω
24R89 E, 141 F, 144 F 15 F1, 24 E 50 F1, so F2, 70 Fb, 72 E 76 Ε 80 F1, 81
δῆϑε Δήλια δῆλος δηλόω
T, 87 E, 93 T, 103 E 118 F1 58 F 92 F2 28 F 122 Ε 28 F
δημαγωγέω
128 F
δημαγωγία διά
128 F 11 T, 23 F, 24 F 33 E, 39 Ε 45 T, so Fı, 50 F2, 58 F, 70 Fb, 73 E, 85 F1, 89 E, 97 Ε 103 Ε 113 T1, 120 E 132 Eb, 136 E 138 F
διαβόητος
11 T
διάγω διαϑεάομαι διάϑεεις
3 E, so E2, 65 E 129 F2 so F1 33 E, 50 F1, 136 Fa, 136 Fb
διαϑεωρέω
89 F
δίαιτα διακελεύω διαλεχτικός
54Ε 23 F 139 F
διάλεκτος
131 F
διαλογιομός
29 E 108 T
διαμαρτάνω
113 Tı
διανοέω
40 F2
διανοητός
50 Εἰ
διάνοια διαπέμπω Buacagéo
116 F 83 T, 84 T 9R86F
Suxxapácco
129 F1
Suaxácco διατελέω διατίϑημι
83 T, 84 T 116 F 7 T, 113 ΤΙ, 138 Ε
διατρέφω διατρίβω
141 F AF
διαφέρω
88 Fs
διαφεύγω διάφορος διαχαρίζομαι
35 F 76 F 107 F
διδαοκαλέα διδάσκαλος διδάσκω δίδωμι
93T 88 Ε4 35 E, 93 F2a, 93 F2b 15 F1, 15 F2, 81 T, 118 F1
διέρχομαι
80 Εἰ
δίκαιος δικαιοούνη
129 F2, 131 F 20Ε 131 F
δίκη
115 F
διό διοικέω
33 E 45 T, 80 F1 56 Fı
INDICB
διοικητῆς διομολογέω Διονυοοκόλακες
DBI
TERMINI
GRECI
333
59 F 15 F1, 81 T 139 F 80 F1, 88 F1
39 F 23 EF, 40 Fab, 113 E, 113 ΤΙ, 129 F1, 129 F2, 143 F 80 F1
83 T, 84 T
δυςεντερικός Sucyepalvo δυσχερής δωδέκατος ἐάν ἑαυτοῦ
kan ἕβδομος
23 F 119 F 108 T, 133 F 50 Fi 88 F2 29 F
79 F 132 Fb 130 T
71,172 141 Ε 6 T, 13 T, 29 Ε 34 E, 50 F1, 60 Ε 82 T, 93 Fıa, 113 E, 113 T2, 114 E 128 E 144 F 70 Fb, 85 F1
ἐγχρίνω ἐγκύκλιος
ἐγκωμιάζω ἐγώ
14 1,21 T, 74 T 5 E, 17 E, 24 E, 29 E, 34 F 40 F2, 42 T, 56 F1, 50 P2, 56 F1, 57 F, 66 E 80 F1, 88 F1, 88 F4, 92 Tib, 96 103 E 109 F2, 116 E 118 F1, 120 E, 121 E, 133 E, Fa, 136 Fb, 118 F2 SE 15 F2, 26 F2, 28 F, 34 E 36 Fa, 58 E, 75 F2, F1, 92 T2b, 92 Tıb, 93 T, 96 F2, 109 F2, 113 144 F 27 E 56 F2, 60 F 73 E 93 Fia, 136 Fa, 136 Fb
εἰλαπιναοτής εἰμί
εἶπον
εἴρω
F2, 136
80 T1,
15 F1, 81 T, 119 F 40 F1a 76 PR
4R5EGE7T, 15 Fi, 17 E, 24 E, 25 F2, 26 F2, 39 E, 50 F1, 88 P1, 88 E, 108 T, 119 Ε 131 15 F2, 85 80 Pi
56 F2, F2, 93 109 F2, E 136 F1, 93
58 Ε 65 E, 67 T, 68 Fıa, 93 Fıb, 93 Fac, 113 E 113 T1, 116 F, Fa, 136 Fb, 144 F Fia, 93 T, 131 E 142
E 80 F1, 81 T, 93 T, 98 Ε 103 118 F1, 118 F2, E 144 F
334 εἰρωνεύομαι εἰς
elc εἴοειμι εἴςοδος εἶτα ἐκ
Éxaccoc ἑκάστοτε ἑκάτερος ἑκατόν ἐκεῖνος
ἐχπνέω ἔχπυοτος ἔχοταοις ἐχτείνω
MARGHERITA
ERBÌ
69T
5 E 28 E, 31 E, 34 E, 48 E, so F1, 56 Fı, 73 E, 75 F2, 80 F1, 85 F2, 87 E, 88 F2, 88 F3, 88 F4, 92 Tab, 93 Fia, 93 Fid, 97 F, 100 Ε 109 F2, 110 T2, 113 T1, 113 T2, 142 F, 143 F 109 F2, 118 F1 116 R 68 P 93 Fia, 93 Fid, 105 T
6 T, 23 Ε 29 E, 35 F, 88 F2, 92 Tib, 93 Fid, 93 F2a, 96 F2, 108 T, 109 F1, 110 T1, 113 E 113 T1, 118 F1, 113 T2, 132 Fb, 132 Fc, 141 F 82 T, 89 E 107 F 117 F so F2, 85 F2, 118 F1, 119 F 119 F 11 T, 24 F 26 F1, 40 Fia, so F1, 75 F2, 80 F1, 89 E 92 T2b, 93 F2a, 97 E 110 T2, 113 T1, 118 F1, 136 Fa, 136 Fb 56 F1
14 T, 21 T, 74 T
sBsıF 109 F2, 119 F
35 F 35 B 123 F 116 F ἐμπίμπλημι ἐμποιέω
ἔμπροοϑεν ἐμφαίνω ἐμφανίζω ev
73 F 47F 67T 110 Tı 25 F2 1T
2E3EA4ESEST, 1 T, 13 T, 15 F1,18 T, 27 E 28 E, 29 E, 31 E, 47 E, 48 E, 50 F2, 59 E, 60 E, 61 F1, 67 T, 70 Fa, 80 F1, 81 T, 83 T, 84 T, 85 F1, 85 F2, 86 E 88 Fi, 88 F2, 88 F3, 88 F4, 88 Fs, 88 F6, 88
F7, 90 T, 93 Pia, 93 Fib, 93 Fic, 93 Fid, 93 F2a, 93 Fab, 93 F2c, 93 T, 108 T, 113 Ε 116 E 117 F 119 E 128 E, 129 P1, 130 T, 132 Fa, 133 F 138 E, 139 E, 145 Fa, 145 Fc
INDICB
DBI
TERMINI
ἔναγχος ἐναντίος ἐνάργημα ἔνδεια
80 15 131 54
ἐνδείκνυμι
121 F
ἐνδέχομαι ἕνειμι Evexe(v)
129 Ε2 56 Εἰ AF
GRECI
Εἰ Fı, 81 T F F
bvepyéo
27 Ε 1288
ἐνιαυτός ἐννέα ἔννοια
S6 F1, 119 E 120 F so F2 128 F
ἐνοράω ἐνοχλέω
60 F AF
ἐνόχλημα
54 F
ἔνρυϑμος
35 F
ἐξαιρέω ἐξακολουθέω eus ἑξήκοντα
54 F 132 Fb 58 Ε 3E
ἕξις
93 Fıa, 93 Fıd
EEude(v) ἔοικα
92 Tib, 96 F2, 103 E, 128 F 9o T
ἐνυπάρχω
117 F
ἑορτή
76 F
ἐπαινέω ἔπαινος ἐπαίρω ἐπειδή ἔπειμι ἔπειτα ἐπέρχομαι
141 118 so 7 so 93 34
ἐπί
335
F Fı F2, 70 Fb, 115 F Fı Fıb F
5E6E10T,1311,16 E23 E29 E31 E 37 E 41 T, 46 T, so F1, 50 F2, 53 T, 54 E ss E, 56 F1, 61 F1,61 F3, 62 E 63 F, 76 E, 78 Ε 80 F1, 82 T, 85 F1, 85 F2,
86 F, 89 E 91 F, 93 Fia, 93 Fib, 93 Fid, 93 Faa, 93 F2c, 93 T 97 E, 99 E 100 E 101 E 102 E 103 E, 104 E 105 T, 106 T, 107 Ε 112 F, 114 F 128 E 151 P, 134 F2, 138 E 141 F
ἐπιγράφω
48 Ε 88 F5, 93 T
ἐπιδείκνυμι ἐπιδέξιος ἐπιδέχομαι
83 T, 84 T 82Τ 98 F
inıdelacıc
SF
ἐπιϑύμημα ἐπιθυμία Ἐπικούρειος ἐπικουφίζω
40 Fıa 36 Fa, 80 F2 11 T, zo Fc 109 F2
336
MARGHBRITA
BRBÌ
ἐπιλαμπρύνω
76 F
ἐπίληψις ἐπιλογίζομαι
40 Fıa 50 F1
ἐπιμέλεια ἐπιμελέομαι ἐπιμελητέον ἐπιμιμνήοσκομαι ἐπιμνηοτέον ἐπιμόνως
55 F 29 E 86 35 F 42T 64 F 518
ἐπίρρηοις
39 F
ἐπιοτέλλω
41 Τ, 531, 86 E.
ἐπιοτολή
2E3EA4ES5EST, 1 T, 13 T, 15 Fi, 20 E, 24 Ε 28 E 29 Ε 41 T, 45 T, 47 E, 48 Ε 53 T, 59 Ε 70 Fa, 80 F1, 81 T, 88 F1, 88 F2, 88 F5, 88 F4, 88 F5, 89 E, 9o T, 92
ızı F
ἐπιοτόλιον ἐπιτείνω
Tib, 93 Fia, 93 Fıb, 93 Fic, 93 F2a, 93 F2b, 96 F2, 108 T, 110 T2, 112 F 130 T, 132 Fa, 133 E, 138 E 139 F 47E 109 Fı
ἐπιτηδεύω
88 Ε2
ἐπιτιμάω ἐπιφάνεια
4S T 92 Tıb, 96 F2
ἐπιφέρω
26 Ε2
ἐπιφορά ἐράω tpyacia
7T 11T 85 Fı
ἐριβρύχης ἑρμοκοπίδης
87 F 88 F7
ἔρχομαι &etlacıc Ecyatoc
88 F2, 93 Fia, 93 Fıb 115 F 28 E 115 F
ἑταίρα
49 T, 94 T, 145 Fc
ἑταιρεία ἑταιρέω ἑταῖρος ἕτερος ἔτι ἔτος εὖ εὐδαιμονία εὐδαίμων εὐθύς εὐκαιρέω εὐμενής εὔνοια εὔνοος εὐπάϑεια εὑρίεκω εὔτακτος
ii T 11 T 92 Tıb, 96 F2, 144 F so F2, 80 F1, 120 F 51 E, 87 E 89 F 109 F2, 123 E, 127 F2, 129 F2, 141 F 31 E 56 F1, 67T 2F3F 40 F2, 60 Ε 67 T, 110 T1, 116 F 50 Fı, 85 F2 25 F1, 143 F 4Ε 113 E, 113 T1, 127 F2 89 R 42 T (-&sc), 82 T 113 T1, 121 E, 128 F 73 F 115 F 15 F1, 81 T, 93 Fac 16 R
INDICB
DEI
TERMINI
GRECI
εὐτελής εὐφρόεουνος εὔχομαι εὐωχέω ἐφάπτω
146 Ε 115 F 33E 67T 76 E 128 F 40 Fıa
ἔφηβος
83 T, 84 T
ἐφίοτημι ἐχϑρός ἔχω
60 F 139 F 5Ε 11 T, 40 F2, 50 F1, 60
337
BR 89 E 113 E, 127 Pi, 128
E, 134 F2, 143 F Tan
2 E, 23 E 33 E, 50 F1, 103 F
ζηλόω Ζηνώνειος
70 Fb, 146 F 138 F 65 F
3 Fykopaı
26 F2, 56 F1, 60 Ε 80 F1, 88 F7, 103 E 108 T, 1315 E 131 E, 134 F2, 141 F 145 Fb
ἤδη
29 Ε 144 F
ἡδονή
4 F, 5 F, 40 Fib, 51 Ε 70 Fb, 88 F5, 113 E, 115 E, 132 Fb, 132 Fc, 145 Fa, 145 Fb 89 E, 92 Tib, 96 F2, 132 Fb, 132 Fc, 144 F 3F 25F2,73R82T 60 F 75 F2, 77 E 92 T2b, 127 F2 144 F
ἡδύς Adıxöc doc ἥκιοτα fixo ἡλύτος
ἡμεῖς
25 F2, 27 E, 29 E, 34 E, 40 Fıa, 40 F2, 47 E, 50 Fı, so F2, 55 E 60 E, 72 E, 73 E, 77 E 103 Ε 118 F1, 119
ἡμέρα
E, 121 Ε 127 F2, 128 F 129 F1, 143 F 29 E 50 F1, 56 Εἰ
ἡμερήρσιος
48 E, 88 F3
ἡμεροκωμέα ἡνίκα ἧπερ
88 F6 103 F 56 F1, 92 Tib, 96 F2
ἡευχάζω
31 F
ϑάλαςςα ϑαρρέω Seppobvtoc θαυμάζω ϑεάομαι ϑέλω ϑεόληπτος ϑεολογέα
87F 50 Fı, 134 F2, 146 F 142 F 6 T, 93 F2a, 113 ΤΊ, 145 Fa 40 Fıa 69 T SF 39 R
ϑεός
25 Fz, 28 E, 39 F, 40 Fia, 45 T, so Fı, 64 E 65 E, 98 F, 129 F1, 145 Fb
338
MARGHERITA
BRBI
depanela ϑεράπευμα
129 Fı, 129 F2 ἰατρός ἰδέα ἴδιος
ἰδιότροπος
116 25 24 115 92 34
F F1 F, 50 F2, 93 F2a, 116 F F Tıb, 96 F2 E 63 E 101 F
97 F 70 Fc 20 FE 24 F
65 E 98 F
Terme
68 F so F2, 60 F 89 E 129 Ft, 133 F so Fı, 68 F so F2 8s F2 127 F2 18 T, 138 F
7 T, 24 E, 93 Fıb, 142 F 6E6T 65E 117 R
68 F
51 F 141 F 50 F2, 54 E 93 Fia, 110 T2 33 F (-öc), 35 F (-àc), so F1, 61 F3, 75 F2, 80 F1, 92 Tab, 93 Fia (-öc), 93 Fıb (-öc), 93 Fid (-ic)
35 E, 45 T, 59 E 70 Fb, 76 F, 88 F1, 88 F4, 93 F2c, 138 F 89 E (-Sc), 116 F (-öc), 128 F Fa, 145 Fb, 145 Fc
(-üc), 129 F (-üc), 145
INDICE καρπός κατά
καταβαίνω χατάκειμαι κατακλείω καταχολουϑέω καταπίνω xataxAácco καταοκευάζω κατάστημα καταοτηματικός xatatácco χατατείνω καταφανής xatagpudecopat κατεῖπον xatecOto
DEI
TERMINI
GRECI
5Ε 40 F2 15 F1, 25 F2, 28 E, 29 Ε 40 Fia, 50 ΕἸ, 51 E, 54 E 55 P, 56 Εἰ, 60 E, 63 E, 73 E 75 F1, 76 E, 78 E 80 F1, 81 T, 86 F, 88 F7, 93 F1a, 92 T2a, 92 Tib, 96 F2, 103 E 101 E 108 T, 109 ΕἸ, 117 E 119 F 120 F 128 F, 129 ΕΣ, 131 Ε 132 Fb, 132 Fc, 143 F 110 T1, 110 T2 134 F2 113 T2 27 F 87 F 70 Fc 82T 51 F 88 F5 58 F 88 F6 61 Fi 116 F 88 F2 93 Fia, 93 Fıb, 93 Fic 58 EF 141 F
xépSoc κηδεμονία κῆπος κηρός
xlvBuvoc κινέω
27 B, 113 T2
κίνημα
35 88 87 134 20
κίνησις κληρονόμος κλίνη κοινός
Fs, 116 F F F2 E 24F
14 T, 21 T, 59 E 74 T 121 F
5E47F 93 Fid
Κυζικηνός κυϑρίδιον
339
340
κυκητής κυνιχός Kupnvatxóc
κώμη
MARGHERITA 139 139 88 93
BRBÌ
F F Ες F2a, 93 F2b
λαλέω λαμβάνω λαμπρός λαμυρία
116 F 80 Fı, 45 T, 119 F
Λαμψακηνός
19 T, 83 T, 84 T, 85 P2
λατρεία λέγω
4 E, 34 E, 39 E 40 Fia, 66 E 71 E, 80 F1, 85 F2, 87
42 T, 45 T 67 T 8s F1 E 88 F2, 88 F4, 92 Tib, 93 T, 96 F2, 100 F 110 T1, 113 T1, 116 E, 127 F2, 129 F2, 131 E 141 F
λείπω λέξις λευκός λήγω λῃστής λιπαίνω λιτή λιτός λογιομός A6yoc
λοιδορέω
40 F1a 132 Fa, 132 Fc, 146 F 61 F1 93 Fıa, 93 Fıd, 115 F, 122 E 129 F1, 138 E 142 E 145 Fb 88 F4 87 R 89 F, 138 F so F2, 80 F1 80 Pi 15 F1, 81T 80 F1 6 T, 88 F2 50 F1 88 F1 29 Ε so F1, 128 F 6F 70 Fa, 89 F (-Luc) 128 F 50 ΕἸ, 136 Fa, 136 Fb
4 E 24 E 27 E, 35 E, 39 F. 49 T, 50 F2, 94 T 118 F1 93 T, 128 E, 136 Fa, 136 Fb 117 F 117R
5E 143 F 80 Fı 110 T2
INDICE
DEI
TERMINI
GRECI
341
μεγαλοπρεπῶς μεγαλύνω μέγας μέγεϑος μεϑίοτημι μειράκιον μέλλω
121 F 110 Tı 50 F1, 66 Ε 75 F2, 80 F1, 90 T, 92 T2b, 115 29 F 3ı F 29 Ε 88 Fı 40 Fıb, 113 Ε 145 Fc
μέλω
39 F
μέντοι μένω
40 F2, 50 F2, 70 Fb, 90 T, 97 F ὃς F1, 145 Fb
μερίζω μέρος
58 F 41 T, 46 T,53 T
μετά μετάϑεοις μετάπτωεις μετέχω
28 E, 33 F, 39 E 50 F2, 85 F2, 88 F1, 93 Fid, 115 E, 145 Fc 100 F 54EZF 76 F
μετρίως μέχρι
71,45Τ 33 E 51 E, 118 F2
μή
17 E 23 E, 26 Fı, 36 Fa, 40 Fıb, 50 F2, 50 F2, 63 E, 71 E 83 T, 84 T, 92 Tib, 96 F2, 101 F, 109 F2, 114 E, 117 E 129 ΕἸ, 141 Ε 144 E, 145 Fb
μηδέ
83 T, 84 T, 100 E, 113 Ε 117 Ε 127 F2,
μηδείς
25 F1, 56 F1, 85 F1, 113 E 128 Ε 129 F1, 143 E, 145 Fa
μηϑείς
ν. μηδείς
μήποτε μήτε
143 Ε 108 T, 142 Ε
μήτηρ
38 E so Fi, 50 F2, 113 FE, 144 F
μητρῴος μικρός utuvcxo μίξις μνᾶ
113 50 6E 61 48
μέμφομαι
E 141 F
44 F
T2 F1, 71 Ε 93 Fıa, 110 T1 115 E, 128 F F1 F, so F2, 88 F3, 118 F1
μνήμη
29 E 108 T, 144 F
μνημονεύω μόνος uoppóo μνοτήρια
8 T, 75 F1, 92 T2a, 141 F 40 Fıb, 40 F2, 56 F2, 58 E 73 E, 82 T, 85 F1, 88 Fs, 117 E 119 E 132 Fa, 142 F 113 T2 76 F
μωρός
131 F
μωροςοφία
131 F
vai ναύτης νεανικῶς veavlexoc
39 115 110 67
F F Tı 1,77 Ε
342
MARGHBRITA
BRBÌ
νέος νεότης νέω vi, vîjcoc νοέω
35 E 67 T, 70 Fc, 93 Fib 93 58 F 25 F2, 40 Fia, 80 Fı, 80 F2, 109 F2, 129 F2 89 F 144Ε
νομίζω
18 T, 25 F1, 35 Ε 69 T, 91 E, 93 T, 131 E 145 Fb
νόμος νόσος νουϑετέω νοῦς νῦν
23 E 25 F2, 129 ΕἸ, 145 Fb 26 F2, 115 E 116 F, 7Τ 144 F 15 Εἰ, 26 F2, 56 Εἰ, 81 T, 88 Fı, 117 Ε
ξενολογέω ξύλον ξυλοφόρος
83 T, 84 T 93 F2a 93 F2a
ὅδε ὁδός oc οἰκεῖος οἰκειότης οἰκειόω οἰκέτης οἰκία οἴομαι οἷος
29 E 39 E45 T, 110 T2 9 F 27 E 1288 73 F 7T 58Ε 76 R 104 E 128 23 E 88 F1, 103 17E27E 34 E F, 113 F
ὀκνηρός
79 F
50 F1, 60 E 80 F2, 97 Ε
F E, 144 F 35 E, 47 E 50 Fi, 93 Fıb, 110 T1, 112
ὀκτωκαίδεκα
6T
ὀλίγος
4R9E28E87F
ὀλι(γχωρέω ὀλολυγμός ὅλος ὁμιλέω ὁμιλία
AF SF 25 F2, so F1, 61 Fı, 67 T, 76 F (-àc), 82 T (-öc), 85 F1 (-à), 89 Ε 100 F 33 F 82 T, 116 F
ὅμοιος
6Ὲ
ὁμολογέω
129 F2 (-luc), 138 F (-&c) 40 Fib, 90 T, 113 F
(-luc), 19 T (-ἰως), 27 F (-luc), 39 E, 50 F1 (-luc),
ὄνομα
5E35F
ὀνομάζω ὁπόοος ὅπου ὅπως ὁράω
115 F 78 P 4E17F . 70 Fb, 73 E, 128 E, 146 F 50 Fı, 117 E, 144 F
ὀρέγω
136 Fa, 136 Fb
ὀρϑῶς ὁρίζω
141 F 28 F
INDICB
DBI
TBRMINI
GRECI
343
Bpxoc ὁρμάω ὅρος
39 F 6 F, 93 Fıa, 93 Fıd, 93 F2a 58 Ε
ὅς
3E5E6E8T το T, 24 E 27 E, 35 Ε 46 T, 50 F2, 55 E, 58 E, 82 T, 87 E, 88 F2, 89 E 93 Fid, 93 F2a, 93
6ccoc 6coc 6cocnep 6cnep ὅταν ὅτε
Fac, 92 Tib, 96 F2, 103 E 108 T, 119 F 120 E 129 F1, 129 F2, 136 Fa, 136 Fb, 141 E, 144 F 76 E, 129 F1 (-iwc) 23 E 33 E so F1, 51 E, 80 F1, 108 T, 128 F 126 F 142 F 133 E, 142 E, 145 Fa, 145 Fb 11 T, 15 F1, 50 F1, 56 F1, 81 T, 112 T2
ὅτι
6 F, 6 T, 26 F1, 28 E, 38 Ε 39 Ε 50 Εἰ, 58 E 77 E 80
οὐδέ οὐδείς οὐδέποτε οὐδέτερος οὐϑείς οὕκουν οὖν οὕπω o0pa vou. fponc οὔρηςις οὖς οὐςία οὔτε οὗτος
F1, 86 Ε 89 F 93 Fia, 93 T, 110 11 T, 50 F1, 85 F1, 116 Ε 118 F1 20 E 31 E so F1, 56 Fi, 110 ΤΊ, 31 E. 136 Fa, 136 Fb 15 Fı, 81 T, ν. οὐδείς so F2 11 T, 24 Ε 26 Fı, 34 Ε 40 Fia, 8o F2, 145 Fc 67 121F 56 F1 70 Ες 93 Fıb, 93 Fıc 31 E 144 F 4R5E 17, 13 T, 14 T, 15 F2,
T2, 115 E 116 F 113 ΤΊ, 115 F
50 F1, 56 F1, 70 Fc,
19 T, 20 E, 21 T, 26
F2, 28 Ε 29 F, 33 E, 38 È 39 Ε 40 F2, 40 Fia, 41 T, 44 E 50 F1, 53 T, 56 F1 70 Fb, 73 Ε 74 T, 75 F2, 76
οὕτως ὀφϑαλμός 6yXnctc ὄχλος
ὀψιμαϑής ὄψις
E, 80 F1, 88 Fid, 93 F2a, 127 F2, 128 26 F2, 34 E, 8ο Εἰ 23F 87 F
F4, 88 F6, 92 Tab, 93 Fia, 93 Fıb, 93 93 T, 103 Ε 110 T1, 115 E, 116 E 119 E, F 138 F 141 E, 142 E, 143 F 40 Fıb, 113 Ε 113 ΤΊ, 129 F2, 131 Ε
9x
Ζ 40 Fa) so Εἰ Lo
ra9alvo πάϑος παιδεία παιδίον παῖς παλαιός
8o F1 29 E 82 T, 116 E 141 F 6E 70 Fa, 70 Fb 56 Εἰ 29 E 113 E 113 Tı 4Ε
344
MARGHBRITA
BRBÌ
πάλιν πανταχόϑεν πανταχῶς πάνυ
4 E 145 Fc
παραβαίνω παραβάλλω
15 F1, 55 E 80 F1, 81 T, 86 F, 108 T, 118 F1, 119 R 140 E 143 F 63 E 101 F 93 Fıa, 93 Fıb
παρά
18 T, 23 E 25 F2, 88 F2, 88 F7, 108 T, 129 F1, 144 F 144 F 117 F
παραδείκνυμι παραϑεωρέω
33 F
παραινέω παρακαλέω παρακολουϑέω
5 E 17 Ε 128 F 145 Fb
παραπλήσιος παραοκευάζω rapkcracıc πάρειμι παρειορέω
127 Fı 18T,39E 63 E ı01 F 29 93 118 128
F Fıd F1, 123 F F
32 T, 38 E, 42 T (-twc) 23 F 29F 15 F1, 50 Fı, 81 T, 118 F2, 141 E, 142 F, 144 F
παρεξελαύνω παρέρχομαι παρέχω
παρίημε παρίοτημι παρουεοία
45 T
Tappy;cia
33 F
παρρηκειάζω πᾶς
πάσχω
πατήρ πατρῷος παύω πείϑω πειράω πειοιανάκτειος πέλας πέμπω πενία πέντε περί
45 T, 92 Tib, 96 F2
6E 11T,24 E 29 E, 31 E, 33 F, 35 E, 39 Ε 40 Fia, 50 F2, 54 E, 60 F, 67 T, 70 Fa, 70 Fb, 73 E, 76 F, 83 T, 84 T, 85 F1 (-wc), 86 E 89 F 93 Fia, 93 Fıb, 100 E, 103 F, 109 F2, 110 T2, 117 E, 118 F1, 127 F2, 128 Ε 129 F1, 146 F (-wc) 67 T, 80 Fi so F2, 80 Fı, 93 Fid, 113 T2, 120 E 144 F 93 Fia, 93 Fıb, 93 Fic 1T 7 T, 113 T1, 114 F 92 Tıb, 96 F2 138 F 23 F 28 E 34 F 50 F2, 110 T1, 133F 61 F2, 61 F3, 85 F1, 100 F 142 F 56 Fı, 118 Εἰ
5E9F15F1,15F2, 20F 37 E 50 F1, 67T, 76 E 77 R 79 E 80 F1, 81 T, 83 T, 84 T, 86 Ε 88 F4, 88 P5, 88 F6, 93 Fia, 93 T, 97 Ε 108 T, 115 E, 116 E, 119 F, 121 Ε 122 Ε 126 F, 128 Ε 129 F1, 139 F
INDICB περιβάλλω περιγίγνομαι περίειμι περιμανῶς περιπατέω Περίπατος περιπίπτω περιπλέχω
DEI
TERMINI
GRECI
345
40 Fıb, 113 F 40 F2 93 Fıa, 93 Fıb, 93 Fıd
143 F 7T, 11 T, 14 T, 21 T, 24 Ε 28 E, 36 Fa, 40 Fia, so Εἰ,
74 T, ss E, 108 T, 114 Ε 116 F, 138 Ε 142 Ε 145 Fa ποιητικός ποικίλος πόλεμος πολίτης πολυμερής πολύς πολυτέλεια πολυτελεύομαι πολυτελής πολυφϑόρος πονέω
πονηρός πόρνη πόσος ποταμός
ποταπός ποτε πότερος πότος
που πρᾶγμα πραγματεία πραγματεύομαι
πρᾶξις
70 Fc
44 9 E, 11 T, 15 F2, 16 E 35 E 49 T, 56 F1, 80 Εἰ, 88 F2, 93 Fid, 94 T, 113 T1, 136 Fa, 136 Fb 132 Fb, 132 Fc 133 F 134 F2 139 F 108 T 88 F2 88 F4
33 E 113 T2 7o Fb 113 T2 142 F 70 Fc, 131 F 61 Fı
35 E, 93 Fzc, 144 F 26 F1, 50 F1, 58 E, 143 F 39 F 88 F7 92 Tıb, 96 F2
MARGHBRITA
ERBÌ
2 F. 3 E, 44 E, 50 F2, 93 Fıa, 93 Fab, 110 T1, 128 E, 129 F1
AF 50 F1, 56 F2, 79 Ε 88 F2, 109 F2, 118 F2
10 T, 41 T, 53 T, 106 T
27 E 103 F
4RsE7T8T, 9EnT 13T 17E19T,20E 23 E, 25 F1, 26 F1, 28 E, 29 E, 30 T, 33 Ε 34 Ε 35 E, 40 Fib, 41 T, 45 T, 46 T, 47 F, 48 F, 50 F1, so F2, 53 T,
προςαγωγή προςακούω προςδοκάω recent προσεῖπον προσήκω
54 E 61 F1, 61 F2, 61 F5, 62 E, 64 F, 68 E, 70 Fa, 71 E, 77 Ε 80 F1, 82 T, 85 F1, 85 F2, 88 F2, 88 F3, 88 Fs, 89 FE 92 Tib, 92 T2a, 96 F2, 103 E, 108 T, 110 T2, 113 E, 113 T1, 114 E 115 E 116E, 121 E, 127 F2, 138 F, 140 E, 145 Fb, 146 F 115 F 92 Tıb, 96 F2 so F2, 68 E 144 F 80 F2, 138 Ε 145 Fb
προοκαϑίζω προσκτάομαι npocxuvéo προςπίπτω προοπτύω Tpoctácco
προοτίϑημι
40 Fıa 132 Fb, 132 Fc, 145 Fa, 145 Fb, 145 Fc 4 E, 118 F1, 119 E 125 E, 126 F 36 Fa, 80 F1
προοτρέπω πρόοφατος
προοχράομαι npóco
πρότερος πρῶτος Πύϑια πυκνός πύςτις πῶς
ῥήτωρ
79 E, 109 F2 15 F1, 26 F2, 81 T, 92 Tib, 96 F2, 138 F 6 F, 15 F1, 80 ΕἸ, 81 T, 83 T, 84 T, 93 F2a, 93 F2c, 117 F 130 T 28 F sr
45T so F2, 93 Fıb, 113 T2, 116 F
35 F
INDICE
capxidLov οἀρξ
DEI
TERMINI
GRECI
116 F 51 Ε 145 Fc
24 E, 50 F2, 73 E, 83 T, 84 T, 120 F s E, 40 Fia 40 Fıa 129 F1 40 Fıa, 110 T2 121 F 27 F
45T 121 50 70 56 83 88
F Εἰ Fc F2 T, 84 T, 88 F2 F6, 93 F2a
οοφιοτικός ςοφός
5 E, 26 F1, 26 F2, 40 F2, 85 F2, 113 E, 113 T1, 142 F,
enapydu cnousdlw
145 40 Fib, 113 F 26 F2
croudatoc «ςτάδιον crevayuéc οτέρομαι οτιβάς Croa erpayyoupıxdc crparela ctpartedo στρατηγός οτωικός rapid οὐ
ςυγγνωςτός ουγκαϑαγίζω ουγκαταζάω ευγχράομαι ουκοφαντέω ευλλαμβάνω
ουλλογίζομαι
2 F (-luc), 4 F 109 T2, 110 T2 8o F1
93 F1a, 93 Fıd 93 Fıb, 93 Fıc 15 ΕἸ, 81 T,
4E 6 F 24 E, 28 E, 29 E 40 Fia, 47 F, 50 F1, 50 F2, 55 E 56 F1, 68 E 73 Ε 80 F2, 89 Ε 92 Tib, 96 F2, 108 T, 117 Ε 122 E 123 E 134 F2 40 Fia 128 F
348
ουμπήγνυμι ευμφέρω
ςυμφωνία οὖν ουνάγω ουνάπτω
cuvaydopaı cuveidov εύνειμι ουνενϑουοιάω ουνεορτάζω ουνεορταοτής
ςυνέρχομαι
MARGHBRITA
BRBI
113 T2 24E 91 E, 122 F 108 T 60 E 65 F, 92 Tib, 96 F2 115 F 92 Tıb, 96 F2 86 F 108 T, 109 F2 8 T, 11 T, 144 F 113 T1 76 F 64 F 113 F
5 Ε 50 F2 (-&c) 88 F6 131 F
35 Ἐ 93 F2a 63 93 88 58 119 25
E 101 F Fib F7 E, 120 F F Fı
35 E, 40 F2 110 40 13 113 89 69
οωμάτιον τάλαντον Tapdccw τάραχος
ταραχώδης tácco ταφὴ τέχνον τελευταῖος τελευτάω τελευτὴ τερατιχῶς τερϑρεύομαι τερπνός τέρπω TECCAPAKOVTE
T1, 110 T2 Fib, 113 F F T2 F T
34 E, 88 F5 116 E 132 Fb, 132 Fc 15 F1, 81 T, 92 Tib, 96 F2
122 F
44 E, 83 T, 84 T 34 F 29 E 56 F1
INDICB
DBI
TERMINI
GRECI
349
Teccapec τέταρτος τετράγωνος τετρακόσιοι τέχνη τέως típuo τηλικοῦτος τηρέω τίθημι
56 Εἰ 18 T 131 F 138 F 24 F 9F 80 F1, 115 F 7ο 6 T, 15 F1, 51 50 Fı, 145 Ες
τιμή
27 E t19 P
τίς τις
4E5E 39 E 40 Fıb, 80 F2, 87 F 109 F2, 113 R 6 T, 7 T, 15 F1, 27 E, 28 E, 35 E, 40 Fıb, 50 F1, so F2, 56 F1, 69 T, 70 Fc, 76 E, 79 Ε 80 F1, 81 T, 88 F1, 93 F2a, 103 E, 110 T2, 112 Ε 113 E, 114 E 115 E, 116 FE, 117 E, 118 F1, 131 F 142 F S E 39 E 144 F s1 F 6 E, 7 T, 33 E 34 E 39 E, so F1, 50 F2, 73 Ε 82 T, 88 F2, 88 F4, 103 E 113 E, 116 Ε 118 F1 70 Fb, 72 E 75 F2, 92 T2b 26 F2, 40 Fia, 46 T, 92 Tia, 96 F1, 110 T1 48 E 63 E, 88 F3, 101 E 134 F2 AF 3F
tUCpocxo τοίνυν τοῖος τοιοῦτος tocoltoc τότε τράπεζα τρεῖς τρειοκαίδεκα
τρειοκαιδέκατος
130 T
τρέπω τριάκοντα τρικύλιοτος τρίτος
142 F 138 F 17 F 78 E 130 T
E 8 T, 116 F
τρόπος
39 E 54 E, 73 E, 75 F2, 92 T2b, 114 E 143 F
ζυγχάνω τύλη τύραννος τυρός
73 93 28 133
tom
80 Fı
ὑγιαίνω ὑγίεια ὑγρός ὕδρωψ
4EnsF 97 F 80 Εἰ, 115 Ε 115 F
ὕδωρ υἱός ὑμεῖς
132 Fa, 132 Fb, 122 Ἐς 56 F2, 80 F2, 91 F 15 F1, 17 E, 29 E 50 F2, 81 T, 103 Ε 119 E 125 Ε 126 F SP 110 T1
ὑμέτερος Üuvéo
E 92 Tib, 96 F2, 141 F Ε2ς F F
350 ὕπαρξις
MARGHBRITA
BRBÌ
ὑπεμφαίνω
100 Ε Bo F1, 89 E, 108 T 88 F2
ὑπέρ
34 E, 41 T, 46 T, 53 T, 56 F2, 82 T, 92 Tib, 96 F2,
ὑπάρχω
ὑπεραοπάζομαι
Ὑπερβόρε(ι)οι
ὑπερβολή
15 Fı, 8ı T 15 F1, 40 Fia, 55 E 81 T, 87 Ε 93 F2a, 118 F1, 143 F 92 Tib, 96 F2
39 F 15 F2 50 Fi v. φάομα 79 E 108 T, 113 T1, 129 F2
39 E 11 50 F1( 103 F 93 Fia) 1b, 93 Fic
15 F1, 26 F2, 81 T, 108 T, 117 F 120 E, 125 70 Fa, 70 Fb, 70 Fc, 117 F 13 T, 15 F1, 16 E, 17 18 T, 28 Ε 40 Fia, E, 56 F1, 68 F, 76 Β 77 E, 78 E, 81 T, 88 F1, Fs, 88 Es, 93 Fıb, 93 F2a, 93 F2c, 110 ΤΙ,
F 40 F2, 48 88 F2, 88 116 F 129
F1, 132 Fa, 133 E, 138 E 142 F 145 Fa φϑάνω φϑονέω φιλαλήϑης
φιλανθρωπεύω φιλία φιλικός
φίλος
15 Fi 81 T 115 E 6 F 93 Fia 103 F 62 Ε 92 Tıb, 96 F2 80 F1 4 E 47 E 50 F2, 62 E 80 Fi, 83 T, 84 T, 85 F1, 85 F2, 86 E 89 E, 110 ΤΊ, 115 F 128 E, 144 F 1T 6E29F 31 E, 113 T1 82 T
54 E 143 F 93 F2a, 93 Fab, 93 F2c 5ER
93 F2c S6 F2 15F 1T
INDICB
DEI
TERMINI
GRECI
351
quA&cco
39 F
qucuxóc
143 F
quccoAovéo
40 Fıa, 40 Fıb, 116 F
pücıc pin φωνέω φωνή
27 E so F1, 60 E 67 T, 93 T, 117 E, 127 F1, 128 F 129 F2 93 Fid 56 Fı 6 F, 34 F 92 Tib, 96 F2, 110 ΤΊ, 127 F2, 131 F
χαίρω χαρά χάρις χίλιοι Χόαι xopnyia χράομαι χράω
ıE2E4E29E 50 Fı, 50 F2, 66 F 66 E 109 F2, 115 E, 144 F 51 F 138 F 76F 50 F2, 73 F 26 F1, 39 E 82 T, 89 E 132 Fb, 146 F 28 Ε 92 Τιῦ, 96 F2
χρῆμα
36 Fa, 93 Fıd
xprhctpoc
38 E 73 E, 92 Tib, 96 F2, 103 F
Xencuóc xpnctöc
SF 144 F
χρόνος χρύσεος χώρα χωρίον
28 134 85 138
QU 6o ψυχή
51 F 29 E 50 Fı, 51 Ε 88 Ες
F F2, 139 F Fi F
ὦ
34 E, 35 E, so F1, 51 E, 72 Βὶ 80 F2
ὠϑέω ὠμός ὠμότης ὡραϊος
17 F 109 F2 8ο Fı, 87 F 68 F
ὡς
5 E, 8 T, 24 E, 26 F2, 35 B, 38 F, 40 Fia, 40 Fıb, 42
ὥσπερ Gere
T, 48B, 51 E 56 F1, 61 F1, F3, 88 F5, 89 E 92 Tib, 93 113 Ε 113 T1, 114 E 116 E, 60 Ε 70 Fb, 70 Fc 7T, 11 T, 40 Fıb, 44 E 58 89 F
66 ΒΕ 73 E 87 88 F1, 88 Fac, 93 T, 96 F2, 110 T1, 129 F2, 131 E, 144 F F, 72 E 82 T, 86 E, 88 F4,
INDICE
DEI
TERMINI
LATINI
a abeo accedo accipio ad adeo adicio adsensio adsentio adsideo adsum adulescentulus aeger ago aio aliquis aliter alius alter altus amans amicitia amicus amitto amplus an
12 E 22 F1, 70 Fd, 52 T, 95 F2, 95 T 12 F 12 F 135 F 12 E 22 Fi, 22 F2, 36 Fa, 61 T, 95 F1 135 F 36 Fb, 111 F 137 F 52T 95 Fı 12 F 12 F 95 F1 12 F 22 F2, 61T 22 F2, 61 T, 95 F1 12 F 70 Fd, 95 Fı 137 F 22 Fı 95 F2 95 F1, 111 F 22 F1, 95 F1, 95 F2, 95 T 95 F2 95 F3 61 T, 95 T
anceps
36 Fb
animus annus ante
12 E 95 T, 137 F 111 F 22 F2
antequam appello
22 F2 52T
apte
22 F2
apud
22 Fı
aqua as audeo audio aufero autem
135 F & T 52 1 128 22 F2 12 Ε
Sono registrati i termini latini dei frammenti e delle testimonianza ad eccezione di et, nec, non, sed e tam.
354
MARGHERITA
BRBÌ
beatus bene beneficium bonus
12 Ε 95 F2 135 F 52T 95 F2, 95 F3, 95 T, 111 E 135 F
Cano capio
111 F 12 E 95 F2
capto
22 F2
certus cesso circa circumvenio
61 22 111 95
T, 61 T (-e) F2 F Εἰ
cogito
22 P2
cognomen colo commemoratio comparo compenso condo confero conicio consenesco consors consulo consummo contemno contentio contentus credo cum
95 Fi 22 Fı 111 F 95 F2 12 F 137 F 70 Fd 95 Fı 135 F 137 F 95 F3 64T 137 F 70 Fd 95 F1, 95 T 134 F1 12 F, 22 ΕἸ, 22 F2, 52 T, 95 F2, 111 E, 135 E, 137 F
cupiditas
36 Fb
custodia custos
95 F1 135 F
de delitesco desidero desum detraho dico dies difficilis dignus dimitto disciplina
22 F2, 36 Fb 111 95 T 61T 36 Fb 12 E 95 F1, 95 F2, 95 T, 134 F1, 135 F 12 Ε 6&1 T, 95 F3 22 F2 12E 61T 70 Fd 70 Fd
discrepo
12 F
diu
22 F2
INDICB
DBI
dolor domicilium dominus dormito duro
12 135 95 22 22
TERMINI
LATINI
355
F F F3 F2 Fı
Ecqui
135 F
edüco ego
22 Fı 12 Ε 7o Fd, 95 F2, 134 F1, 136 Fc, 137 F
egregie eloquentia
137 F 70 Fd
emitto enim epistula erga
95 95 22 12
ergo
22 Fı
eruditus etiam er excipio exeo exerceo exilio existimo exitium exitum exorior expungo exstinguo
111 22 22 135 95 95 22 95 95 22 70 95 61
F3 F2, 134 Fı, 137 F Fı, 22 F2, 36 Fb, 61 T, 95 Fı, 95 F2, 95 T, 111 F F F F2, 95 F1, 95 F3, F1, 22 F2, 61 T, 70 Fd, 95 F2, 137 F F F2 F1 F F3 F2 F2 Fd F3 T, 135 F
facio
12 E 22 F1, 36 Fb, 135 F
fames
61 T, 135 F
fidelis
22 Fi
fuga
22 F2
fugio
22 F2, 70 Fd
generosus
95 F3
gloria glorior grabat(t)us gratia gratis
22 Fi 6T 134 F1 22 P1 36 Fb
gratuitus
135 F
gratus
111 F
habeo hic
22 ΕἸ, 61 T, 95 Fı, 111 F 12 F, 22 ΕἸ, 22 F2 , 36 Fb, 61 T, 70 Fd, 95 F1, 95 F2,
95 F3, 95 T, 111 E 135 Ε 137 F
MARGHERITA 12 36 135 135 135
BRBÌ
F Fb F F F
95 F1 135 F
95 ΕἸ 95 F3 95 F3, 111 F 12E 22 F2 111 F 22 F1, 22 F2, 36 Fb, 61 T, 95 F2, 95 F3, 111 E, 134 F1
impatiens
95 T
imperitus
111 F 22 F2, 36 Fb, 61 T, 70 Fd, 95 F1, 95 T, 111 E 134 F1,
in
135 E 137 F inaudirus incendium incido
111 F
indigeo inops inquam
95 T 95 F1
inscribo
95 F2 22 Εἰ
12 F, 22 Fi, 36 Fb, 95 F2, 95 F3, 135 E, 137 F 22 F2, 135 F
insequor intellego inter
interrogo
95 F2
intervenio intra inventor
ipse
large lego liberi libero libertas licet littera
12 111 135 12 22
F, 22 ΕἸ, 36 Fb, 52 T, 70 Fd, 95 F1, 95 F3, 95 T, E, 135 F F E, 61 T, 70 Fd, 36 Fb, 95 T, 135 F F1, 135 Ε 137 F F 70 Fd
INDICB
DBI
TBRMINI
LATINI
locuples longe
36 Fb 12 F
Magister
6T 64T 134 Fı 12 F 22 F1, 22 F2, 61 T, 95 ΕἸ, 135, 137 F 61T 12 F 135 F 22 Fı, 95 F2 12 Ε 22 Εἰ
magistratus
magnificus magnitudo magnus maligne malus maneo megistanes
memoria
95 T 22 22 135 111
F1, 36 Fb, 95 F2, 137 F Εἰ F F
12 E, 95 F3 12 F 12 F 70 Fd, 111 E 137 F mundus
95 F3
Nam naturalis
52 T, 70 Fd, 136 Fc 135 F 70 fd
navigatio ne nihil nihilominus
12 E 36 Fb, 95 ΕἸ, 95 F3 12 Ε 22 F2, 95 ΕἸ, 111 F
95 F2 22 F1, 22 F2 36 Pb, 111 F 111 F
novissime num numquam
numquid Obicio obiurgator
357
MARGHBRITA
ERBI
22 F1 12 F, 22 F1, 70 Fd, 95 F2 111 F 134 Εἰ 135 F 61T
95 F2 36 Fb
peto philosophia placeo plenus plus polenta populus possum posterus potentia potio
70 135 136 12 22 22 135
Fd, 137 F F Fc E 22 ΕἸ, 22 F2, 70 Fd Εἰ Εἰ F
praefero primus probo proficio profiteor promitto propero propter publicus pudeo puto
95 F2
Quaestio quam quamquam quantopere
70 70 70 111 22 12
quantum qui
70 Fd 134 F1, 136 Fc &T 52T 22 Fı 22 F2 22 F1, 95 T 36 Fb, 95 F2 52 T 52T Fd Fd Fd F F2, 61T E 22 Fı, 22 F2, 36 Fb, 52 T, 61 T, 70 Fd, 95 Fı,
95 F2, 95 F3, 95 T, 111 E 136 Fc, 137 F 95 T, 111 F 6T 12E 22 F1, 61 T, 70 Fd, 95 F2 111 E, 135 F Tatio recedo
128 22 F2
INDICB
DEI
TERMINI
redimo regius remedium reprehendo repudio res revoco rex rogo
36 Fb 22 F1 135 F
Saepe
95 F2
salus salutaris sapiens satis
12 F 22 F2
LATINI
359
95 T 52T 22 F2 22 F1 22 Fi 22 F2
52 T, 95 F1, 95 T 137 F 22 Fi
52 T, 95 T, 136 Fc 12 E, 22 F1, 36 Fb, 61 T, 137 F 70 Fd sententia sermo si similis sitis solus
speciosus spero stabilis studium subicio succurro sui sum
summus superstes supprimo supremus suscipio suus tamen tango tantum tantus tempestive tempto tempus
134 FA 12 Ε 22 Fi, 22 F2, 36 Fb, 95 F1, 95 F3
95 F3 135 95 22 22 22 137 22
F F2, 95 F5, 111 F Fi F2 Fi F F2
95 52 12 111 12
Fı T, E, E E
111 22 12 12 22
F Εἰ F F Fı, 36 Fb, 95 F3, 111 F
61 T, 70 Fd, 95 F1, 95 F2, 95 F2, 95 T, 111 F 22 F1, 52 T, 70 Fd, 95 F1, 95 F2, 95 F3, 95 T, 135 E 137 F 95 T, 135 F
12 F, 22 F2, 95 F1, 95 F2, 95 F3 22 Εἰ 111 E 61 T, 134 F1 12E 52T,111E 22 F2 22 F2 22 F2
MARGHERITA
ERBÌ
95 F2 137 F 22 Fı 12 F
61 T, 95 F3 22 Fı
22 ΕἸ, 52 T, 95 F3, 135 E 137 F 12 22 111 12
F Fı F E 134 F1
52 I, 137 F 95 F2 12 E, 22 F2, 36 Fb, 95 F1, 137 F 95 F2 61 T, 95 Εἰ 70 Fd 22 F2, 36 Fb, 70 Fd, 137 F
95 F3 70 12 22 36 61 vinculum virtus vis vita volo voluntas
voluptas VOX
Fd F F2 Fb T, 111 F
95 F3, 95 T, 134 Fı 95 ΕἸ 95 ΕἸ 22 12 95 12
F2, 36 Fb E 22 Fi Εἰ, 136 Fc F
61 T, 135 E 137 95 F3
COMPOSTO
IN CARATTERE
PABRIZIO
SBRRA
STAMPATO TIPOGRAFIA
SERRA
SUPER
EDITORE,
PISA
E RILBGATO
DI AGNANO,
MANUNZIO
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DALLA
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NBLLA PISANO
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