Elementi finiti [Parte 3]


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Table of contents :
Indice
5. elementi isoparametrici
5.1 Sistema di riferimento locale e funzioni di forma
5.1.1 Elementi monodimensionali
5.1.2 Elementi triangolari
5.1.3 Elementi quadrangolari
5.1.4 Elementi solidi tetraedri
5.1.5 Elementi solidi parallelepipedi
5.2 Calcolo della matrice di rigidezza
5.3 Carichi nodali equivalenti
5.3.1 Carichi di linea
5.3.2 Carichi di volume
5.3.3 Effetti termici
5.4 Calcolo delle tensioni
5.5 Problemi relativi agli elementi isoparametrici
5.5.1 Scelta dell'ordine di integrazione
5.5.2 Distorsione degli elementi
5.5.3 Integrazione selettiva e modi incompatibili
5.5.4 Autovalori della matrice di rigidezza
5.5.5 Patch test
6. solidi assialsimmetrici
6.1 Introduzione
6.2 Carico assialsimmetrico
6.3 Carico non assialsimmetrico
7. piastre inflesse
7.1 Richiami della teoria delle piastre inflesse
7.1.1 Sistemi di riferimento
7.1.2 Tensioni e carichi per unità di lunghezza
7.2 Ipotesi di Kirchoff
7.2.1 Spostamenti e deformazioni
7.2.2 Relazioni tensioni-deformazioni
7.3 Ipotesi di Mindlin
7.3.1 Spostamenti e deformazioni
7.3.2 Relazioni tensioni-deformazioni
7.4 Formulazione di rigidezza nell’ipotesi di Kirchoff
7.5 La trave di Timoshenko
7.5.1 Elemento lineare
7.5.2 Elemento parabolico
7.6 Modelli discreti (legame discreto tra flessione e taglio)
7.7 L’elemento piastra di Mindlin
7.7.1 Matrice di rigidezza
7.7.2 Carico nodale equivalente a carico superficiale distribuito
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Elementi finiti Parte III A. Gugliotta

Politecnico di Torino, maggio 2002 Dipartimento di Meccanica

otto editore

ELEMENTI FINITI Parte III

A. GUGLIOTTA

P OLITECNICO DI TORINO WWW. POLITO . IT

INDICE – III

5.

ELEMENTI ISOPARAMETRICI ........................................135 5.1 SISTEMA DI RIFERIMENTO LOCALE E FUNZIONI DI FORMA .... 135 Elementi monodimensionali ...........................................................136 Elementi triangolari ........................................................................139 Elementi quadrangolari ...................................................................142 Elementi solidi tetraedri ..................................................................147 Elementi solidi parallelepipedi ........................................................ 149

5.2 CALCOLO DELLA MATRICE DI RIGIDEZZA ............................... 152 5.3 CARICHI NODALI EQUIVALENTI ............................................. 160 Carichi di linea ...............................................................................160 Carichi di volume ...........................................................................164 Effetti termici.................................................................................. 164

5.4 CALCOLO DELLE TENSIONI .................................................... 165 5.5 PROBLEMI RELATIVI AGLI ELEMENTI ISOPARAMETRICI ........... 169 Scelta dell'ordine di integrazione .....................................................169 Distorsione degli elementi............................................................... 171 Integrazione selettiva e modi incompatibili .....................................174 Autovalori della matrice di rigidezza ................................................180 Patch test ........................................................................................187

6.

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI ............................................189 6.1 INTRODUZIONE ..................................................................... 189 6.2 CARICO ASSIALSIMMETRICO ................................................... 190 6.3 CARICO NON ASSIALSIMMETRICO .......................................... 194 i

7.

PIASTRE INFLESSE ............................................................201 7.1 RICHIAMI DELLA TEORIA DELLE PIASTRE INFLESSE ................. 201 Sistemi di riferimento ......................................................................201 Tensioni e carichi per unità di lunghezza .........................................202

7.2 IPOTESI DI KIRCHOFF ............................................................. 203 Spostamenti e deformazioni ............................................................203 Relazioni tensioni-deformazioni ......................................................204

7.3 IPOTESI DI MINDLIN .............................................................. 205 Spostamenti e deformazioni ............................................................205 Relazioni tensioni-deformazioni ...................................................... 206

7.4 FORMULAZIONE DI RIGIDEZZA NELL’IPOTESI DI KIRCHOFF .. 207 7.5 LA TRAVE DI TIMOSHENKO .................................................... 209 Elemento lineare .............................................................................210 Elemento parabolico .......................................................................213

7.6 MODELLI DISCRETI (LEGAME DISCRETO TRA FLESSIONE E TAGLIO) ...................... 225 7.7 L’ELEMENTO PIASTRA DI MINDLIN ........................................ 229 Matrice di rigidezza......................................................................... 229 Carico nodale equivalente a carico superficiale distribuito ............... 231

ii

5. ELEMENTI ISOPARAMETRICI

5.1 SISTEMA DI RIFERIMENTO LOCALE E FUNZIONI DI FORMA Per semplificare la caratterizzazione di elementi di forma geometrica complessa si introduce il concetto di elemento di riferimento, di forma geometrica semplice, definito in uno spazio naturale e adimensionale. La formulazione si basa sul fatto di creare una corrispondenza biunivoca tra un elemento di forma qualsiasi nel sistema cartesiano (x , y , z ) e un elemento di forma semplice nel sistema naturale, o locale, ( x, , z ). Un generico elemento nel sistema fisico (x, y, z) viene cioè pensato come la trasformazione di un elemento di forma semplice, e sempre lo stesso, nel sistema locale (x, , z ); nei casi mono-, bi- e tri-dimensionale si hanno rispettivamente le seguenti relazioni: n

n

n

x =

x =

 ni (x )xi

i=1

 ni (x ,h)xi

i=1 n

y =

x =

y =

 ni (x ,h)yi

i=1

 ni (x ,h ,z )xi

i=1 n

 ni (x ,h ,z )yi

5.1

i=1 n

z =

 ni (x ,h ,z ) zi

i=1

dove xi , yi , zi (i = 1, n) sono le coordinate cartesiane degli n nodi dell'elemento, ni sono le funzioni di trasformazione o funzioni di forma definite nel sistema di coordinate naturale (x, , z ) dell'elemento. Le funzioni di forma ni sono in numero pari ai nodi dell'elemento e variano tra 0 e 1; esse assumono valore 1 in corrispondenza del nodo i di coordinate (xi , yi , zi ) e valore nullo in corrispondenza degli altri nodi dell'elemento.

135

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

5.1.1 Elementi monodimensionali Si consideri un elemento a due nodi di lunghezza l (fig. 5.1):

Fig. 5.1 – Elemento a 2 nodi: sistema di riferimento naturale.

la posizione di un punto P sul segmento può essere individuata dalla sua coordinata fisica xP oppure dalle misure dei segmenti l1 ed l2 o dalle loro misure adimensionali:

l L 1 = ---1 l

l L 2 = ---2 l

5.2

essendo naturalmente:

L1 + L2 = 1

5.3

In corrispondenza del nodo 1 si ha L1 = 1, L2 = 0, mentre nel nodo 2 è L1 = 0, L2 = 1; si può allora descrivere la coordinata x di un punto nella forma:

x = L1 x1 + L2 x2

5.4

Fig. 5.2 – Elemento a 2 nodi: sistema di riferimento naturale.

Volendo esprimere la coordinata fisica x in funzione di una sola coordinata naturale x, variabile tra 0 e 1 (fig. 5.2) si effettua il cambio di variabile:

L1 = 1 – x

136

L2 = x

5.5

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

e quindi:

x = ( 1 – x )x 1 + xx 2

5.6

È usuale riferire l'origine del sistema naturale nel baricentro geometrico dell'elemento (fig. 5.3), con la coordinata naturale x variabile tra –1 e 1. Si avrà allora:

1–x L 1 = ----------2

1+x L 2 = -----------2

5.7

Fig. 5.3 – Elemento a 2 nodi: sistema di riferimento naturale.

1+x 1–x x = -----------x 1 + ------------ x 2 2 2

5.8

x = n1 x1 + n2 x2

5.9

avendo definito le funzioni di forma n1 e n 2:

1–x n 1 = ----------2

1+x n 2 = -----------2

5.10

La figura 5.4 mostra l'andamento delle funzioni di forma n1 e n2.

Fig. 5.4 – Funzioni di forma per l'elemento monodimensionale a 2 nodi.

Per un elemento a tre nodi (fig. 5.5) la coordinata x è data da:

x = n1 x1 + n2 x2 + n3 x3

5.11

137

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Fig. 5.5 – Elemento monodimensionale a 3 nodi.

dove:

n 1 = L 1 ( 2L 1 – 1 )

n 2 = L 2 ( 2L 2 – 1 )

n 3 = 4L 1 L 2

5.12

e ponendo l'origine del sistema di riferimento naturale nel baricentro geometrico dell'elemento si ha:

1 n 1 = – --- x ( 1 – x ) 2

1 n 2 = --- x ( 1 + x ) 2

n3 = 1 – x 2

5.13

Fig. 5.6 – Funzioni di forma per l'elemento monodimensionale a 3 nodi.

La figura 5.6 mostra l'andamento delle funzioni di forma. Le tabelle 5.1 e 5.2 riassumono le funzioni di forma e le loro derivate rispettivamente per gli elementi monodimensionali a 2 nodi e a 3 nodi.

Tab. 5.1 – Funzioni di forma e loro derivate per l'elemento monodimensionale a 2 nodi

138

NODO

1

2

n

1 --- ( 1 – x ) 2

1 --- ( 1 + x ) 2

∂n § ∂x

1 – --2

1 --2

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Tab. 5.2 – Funzioni di forma e loro derivate per l'elemento monodimensionale a 3 nodi NODO

1

2

3

n

1 – --- x ( 1 – x ) 2

1 --- x ( 1 + x ) 2

( 1 – x )2

∂n § ∂x

1 – --- + x 2

1 --- + x 2

– 2x

5.1.2 Elementi triangolari Nel caso di elementi triangolari le funzioni interpolatrici sono definite in un sistema di riferimento naturale basato sulle coordinate d'area. La figura 5.7 illustra un generico elemento triangolare individuato dai tre nodi 1, 2, 3; i lati del triangolo sono individuati da numeri corrispondenti ai vertici opposti. Un punto P all'interno dell'elemento lo suddivide in tre triangoli di aree A1, A2, A3 e può quindi essere individuato, oltre che dalle coordinate cartesiane (x, y), anche dalle misure delle aree A1, A2, A3 o dai loro rapporti rispetto all'area totale del triangolo, A.

A L 1 = -----1A

A L 2 = -----2A

A L 3 = -----3A

5.14

Fig. 5.7 – Elemento triangolare a 3 nodi.

I tre rapporti L1, L2, L3 rappresentano le coordinate naturali o d'area per un triangolo (fig. 5.8). Chiaramente deve essere:

L1 + L2 + L3 = 1

5.15

139

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Fig. 5.8 – Elemento triangolare a 3 nodi: sistema di riferimento naturale.

Come già visto per il caso monodimensionale, le coordinate (x, y) di un punto P potranno essere descritte da:

x = L1 x1 + L2 x2 + L3 x3

5.16

y = L1 y1 + L2 y2 + L3 y3 Effettuando un cambio di variabile:

L1 = 1 – x – h

L2 = x

L3 = h

5.17

le coordinate x, y divengono:

x = ( 1 – x – h )x 1 + x x 2 + h x 3

5.18

y = ( 1 – x – h )y 1 + x y 2 + h y 3 x = n1 x1 + n2 x2 + n3 x3

5.19

y = n1 y1 + n2 y2 + n3 y3 avendo definito le funzioni di forma n1, n2 e n3:

n1 = 1 – x – h

n2 = x

n3 = h

La figura 5.9 mostra l'andamento della funzione di forma n1.

140

5.20

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Fig. 5.9 – Elemento triangolare a 3 nodi: funzione di forma n1.

Per un elemento triangolare a 6 nodi (fig. 5.10) si ricavano le seguenti funzioni: n 1 = L 1 ( 2L 1 – 1 ) = 1 – 3 ( x + h ) + 2 ( x + h ) 2

n 4 = 4L 1 L 2 = 4x ( 1 – x – h )

n 2 = L 2 ( 2L 2 – 1 ) = x ( 2x – 1 )

n 5 = 4L 2 L 3 = 4xh

n 3 = L 3 ( 2L 3 – 1 ) = h ( 2h – 1 )

n 6 = 4L 1 L 3 = 4h ( 1 – x – h )

5.21

Fig. 5.10 – Elemento triangolare a 6 nodi.

La figura 5.11 mostra l'andamento delle funzioni di forma relative rispettivamente ad un nodo d'angolo e ad un nodo intermedio per un elemento a sei nodi.

Fig. 5.11 – Elemento triangolare a 6 nodi: funzioni di forma n1e n5.

141

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Le tabelle 5.3 e 5.4 illustrano le funzioni di forma e le loro derivate rispettivamente per gli elementi triangolari a 3 nodi e a 6 nodi. Tab. 5.3 – Funzioni di forma e loro derivate per l'elemento triangolare a 3 nodi NODO

1

2

3

n

1–x–h

x

h

∂n § ∂x

–1

1

0

∂n § ∂h

–1

0

1

Tab. 5.4 – funzioni di forma e loro derivate per l'elemento triangolare a 6 nodi NODO

1

2

3

4

5

6

n

l ( 2l – 1 )

x ( 2x – 1 )

h ( 2h – 1 )

4xl

4xh

4hl

∂n § ∂x

1 – 4l

4x – 1

0

4(l – x)

4h

– 4h

∂n § ∂h

1 – 4l

0

4h – 1

– 4x

4x

4(l – h)

l = 1–x–h

5.1.3 Elementi quadrangolari La figura 5.12 mostra il sistema di coordinate naturali per un elemento quadrangolare. L'origine del sistema di riferimento naturale è nel baricentro geometrico dell'elemento, mentre gli assi locali x ed  intersecano i lati del quadrilatero nella loro mezzeria.

Fig. 5.12 – Elemento quadrangolare a 4 nodi.

142

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Le funzioni di forma per un elemento quadrangolare a quattro nodi sono date da:

1 n 1 = --- ( 1 – x ) ( 1 – h ) 4 1 n 3 = --- ( 1 + x ) ( 1 + h ) 4

1 n 2 = --- ( 1 + x ) ( 1 – h ) 4 1 n 4 = --- ( 1 – x ) ( 1 + h ) 4

5.22

Esse sono il risultato di una interpolazione bilineare, che si può descrivere come segue. Sul lato 1-2 la trasformazione lineare che fornisce l'ascissa x o l'ordinata y (o qualsiasi altra funzione f variabile linearmente al variare di x) è data dalla 5.8:

– x 1 + x Ï f1 ¸ f 12 = 1---------------------- Ì ý 2 2 Ó f2 þ

5.23

Sul lato 3-4, allo stesso modo:

+ x 1 – x Ï f3 ¸ f 34 = 1----------- ----------- Ì ý 2 Ó f4 þ 2

5.24

Considerando allora una data ascissa c , e interpolando linearmente la funzione f secondo l'ordinata h :

– h 1 + h Ï f 12 ¸ f = 1----------ý - ------------- Ì 2 Ó f 34 þ 2

5.25

Sostituendo le 5.23 e 5.24 nella 5.25 e definendo un unico vettore dei valori nodali fi , si ha:

1–x 1+x ----------- ------------ 0 0 2 2 –h 1+h f = 1----------- ------------2 2 1+x 1–x 0 0 ------------ ----------2 2

Ï Ô Ô Ì Ô Ô Ó

f1 ¸ Ô f2 Ô ý f3 Ô Ô f4 þ

Ï f1 ¸ Ô Ô Ô f2 Ô ( 1 + x ) ( 1 + h ) ( 1 – x ) ( 1 + h ) ( 1 – x ) ( 1 – h ) ( 1 + x ) ( 1 – h ) f = ---------------------------------- ----------------------------------- ----------------------------------- ----------------------------------- Ì ý 4 4 4 4 Ô f3 Ô Ôf Ô Ó 4þ

5.26

5.27

La figura 5.13 mostra l'andamento della funzione di forma n1.

143

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Fig. 5.13 – Elemento quadrangolare: funzione di forma n 1 .

Fig. 5.14 – Elementi quadrangolari parabolici.

La figura 5.14 illustra due elementi quadrangolari a lati curvi, entrambi con tre nodi per lato; il primo elemento è detto elemento Serendipity; il secondo, avente un nodo anche nel baricentro geometrico, è detto elemento Lagrange. Nel secondo caso si utilizza un polinomio completo di secondo grado, mentre nel primo viene a mancare il termine quadratico misto x 2 y 2. Le funzioni di forma dei due elementi possono essere ricavate mediante sovrapposizione delle singole componenti, come illustrato in figura 5.15. La funzione di forma relativa al nodo 5 (fig. 5.15b) può essere ottenuta come prodotto di una parte quadratica (1 – x2) nella direzione del lato e di una parte lineare (1 – )/2 nella direzione perpendicolare al lato:

1 n 5 = --- ( 1 – x 2 ) ( 1 – h ) 2

5.28

In modo analogo si ricava la funzione di forma n8 relativa al nodo 8 (fig. 5.15c):

1 n 6 = --- ( 1 – x ) ( 1 – h 2 ) 2

144

5.29

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Fig. 5.15 – Elementi quadrangolari parabolici: funzioni di forma.

La funzione di forma relativa al nodo 1 deve essere tale da avere valore nullo, oltre che nei punti 2, 3, 4, 6, 7, anche nei punti 5 e 8. Essa può quindi essere ottenuta sottraendo alla funzione bilineare (fig. 5.15a), che fornisce valori pari a 0.5 in corrispondenza dei nodi 5 e 8, metà delle funzioni relative ai nodi 5 e 8, avendosi: 1 1 1 1 n 1 = --- ( 1 – x ) ( 1 – h ) – --- n 5 – --- n 8 = --- [ ( 1 – x ) ( 1 – h ) ( – x – h – 1 ) ] 4 2 2 4

5.30

La figura 5.15d mostra la funzione di forma relativa al nodo 1 per un elemento a 8 nodi di tipo Serendipity. In modo analogo si ottengono le altre funzioni di forma relative ai nodi d'angolo. Questo modo di procedere suggerisce inoltre la possibilità di ottenere elementi con numero di nodi variabile per lato, come ad esempio indicato in figura 5.16.

Fig. 5.16 – Elemento quadrangolare con numero di nodi variabile.

145

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

La tabella 5.5 riassume le funzioni di forma per elementi con numero di nodi variabile tra 4 e 8. Le tabelle 5.6 e 5.7 riassumono le derivate delle funzioni di forma rispettivamente per gli elementi quadrangolari a 4 nodi e a 8 nodi. Tab. 5.5 – Funzioni di forma per elementi quadrangolari con numero di nodi variabile tra 4 e 8 N

FUNZIONE

+ (SE C'È 5)

1

1 --- ( 1 – x ) ( 1 – h ) 4

1 – --- n 5 2

2

1 --- ( 1 + x ) ( 1 – h ) 4

1 – --- n 5 2

3

1 --- ( 1 + x ) ( 1 + h ) 4

4

1 --- ( 1 – x ) ( 1 + h ) 4

+ (SE C'È 6)

+ (SE C'È 7)

+ (SE C'È 8) 1 – --- n 8 2

1 – --- n 6 2 1 – --- n 7 2

1 – --- n 6 2

1 – --- n 7 2

1 – --- n 8 2

1 --- ( 1 – x 2 ) ( 1 – h ) 4

5

1 --- ( 1 + x ) ( 1 – h 2 ) 4

6

1 --- ( 1 – x 2 ) ( 1 + h ) 4

7

1 --- ( 1 – x ) ( 1 – h 2 ) 4

8

Tab. 5.6 – Derivate delle funzioni di forma per l'elemento quadrangolare a 4 nodi NODO

1

2

3

4

∂n § ∂x

(1 – h) ----------------4

(1 – h) ----------------4

(1 + h) ----------------4

(1 + h) ----------------4

∂n § ∂h

(1 – x) ---------------4

(1 + x) ----------------4

(1 + x) ----------------4

(1 – x) ---------------4

146

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Tab. 5.7 – Derivate delle funzioni di forma per l'elemento quadrangolare a 8 nodi NODO

1

2

3

4

∂n § ∂x

( 1 – h ) ( 2x + h ) --------------------------------------4

( 1 – h ) ( 2x – h ) -------------------------------------4

( 1 + h ) ( 2x + h ) --------------------------------------4

( 1 + h ) ( 2x – h ) --------------------------------------4

∂n § ∂h

( 1 – x ) ( 2h + x ) -------------------------------------4

( 1 + x ) ( 2h – x ) -------------------------------------4

( 1 + x ) ( 2h + x ) -------------------------------------4

( 1 – x ) ( 2h – x ) ------------------------------------4

NODO

5

6

7

8

∂n § ∂x

– x (1 – h)

1 – h2 --------------2

–x ( 1 + h )

1 – h2 – --------------2

∂n § ∂h

1 – x2 – -------------2

–( 1 – x ) h

1 – x2 -------------2

–( 1 – x ) h

5.1.4 Elementi solidi tetraedri Il sistema di riferimento locale è descritto in termini di coordinate di volume L1, L2, L3, L4, in modo analogo al caso degli elementi triangolari piani:

V L 1 = -----1V

V L 2 = -----2V

V L 3 = -----3V

V L 4 = -----4V

5.31

Fig. 5.17 – Elemento tetraedro lineare.

Le funzioni di forma e le loro derivate per l'elemento tetraedro lineare a 4 nodi (fig. 5.17) sono riassunte in tabella 5.8.

147

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Tab. 5.8 – Funzioni di forma e loro derivate per l'elemento tetraedro a 4 nodi NODO

1

2

3

4

n

1–x–h–z

x

h

z

∂n § ∂x

–1

1

0

0

( ∂n ) § ( ∂h )

–1

0

1

0

∂n § ∂z

–1

0

0

1

La tabella 5.9 riassume le funzioni di forma e le loro derivate per l'elemento tetraedro quadratico a 10 nodi (fig. 5.18).

Tab. 5.9 – Funzioni di forma e loro derivate per l'elemento triangolare a 10 nodi NODO

n

∂n § ∂x

∂n § ∂h

∂h § ∂z

1

l ( 2l – 1 )

1 – 4l

1 – 4l

1 – 4l

2

x ( 2x – 1 )

4x – 1

0

0

3

h ( 2h – 1 )

0

4h – 1

0

4

z ( 2z – 1 )

0

0

4z – 1

5

4xl

4(l – x)

– 4x

– 4x

6

4xh

4h

4x

0

7

4hl

– 4h

4(l – h)

– 4h

8

4zl

– 4z

– 4z

4(l – z)

9

4xz

4z

0

4x

10

4hl

0

4z

4h

l = 1–x–h–z

148

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Fig. 5.18 – Elemento tetraedro parabolico.

5.1.5 Elementi solidi parallelepipedi Le funzioni di forma per gli elementi solidi parallelepipedi possono essere ricavate a partire da quelle per gli elementi quadrangolari piani aggiungendo la terza coordinata .

Fig. 5.19 – Elemento solido (brick).

In modo compatto le funzioni di forma e le loro derivate per l'elemento lineare a 8 nodi (fig. 5.19) possono essere scritte come:

149

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

1 n i = --- ( 1 + xx i ) ( 1 + hh i ) ( 1 + zz i ) 8 ∂n i 1 = --- x i ( 1 + hh i ) ( 1 + zz i ) 8 ∂x

5.32

∂n i 1 = --- h ( 1 + xx i ) ( 1 + zz i ) 8 i ∂h ∂n i 1 = --- z i ( 1 + xx i ) ( 1 + zz i ) 8 ∂z dove i valori di x i ,h i ,z i sono riportati in tabella (tab. 5.10). Tab. 5.10 – Valori di x i , h i , z i per i nodi d'angolo NODO

1

2

3

4

5

6

7

8

x

–1

1

1

–1

–1

1

1

–1

h

–1

–1

1

1

–1

–1

1

1

z

–1

–1

–1

–1

1

1

1

1

Fig. 5.20 – Elemento solido a 20 nodi.

Per l'elemento quadratico a 20 nodi (fig. 5.20) le funzioni di forma e le loro derivate sono: – per i nodi sui vertici dell'elemento (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8), (tab. 5.10):

150

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

1 n i = --- ( 1 + xx i ) ( 1 + hh i ) ( 1 + zz i ) ( – 2xx i + hh i + zz i ) 8 ∂n i 1 = --- x i ( 1 + hh i ) ( 1 + zz i ) ( – 1 + 2xx i + hh i + zz i ) 8 ∂x ∂n i 1 = --- h ( 1 + xx i ) ( 1 + zz i ) ( – 1 + xx i + 2hh i + zz i ) 8 i ∂h

5.33

∂n i 1 = --- z i ( 1 + xx i ) ( 1 + zz i ) ( – 1 + xx i + hh i + 2zz i ) 8 ∂z – per i nodi con x = 0 (9, 11, 13, 15): NODO

9

11

13

15

h

–1

1

–1

1

z

–1

–1

1

1

1 n i = --- ( 1 – x 2 ) ( 1 + hh i ) ( 1 + zz i ) 4 ∂n i 1 = – --- x ( 1 + hh i ) ( 1 + zz i ) 2 ∂x

5.34

∂n i 1 = --- h i ( 1 – x 2 ) ( 1 + zz i ) 4 ∂h ∂n i 1 = --- z i ( 1 – x 2 ) ( 1 + hh i ) 4 ∂z – per i nodi con  = 0 (10, 12, 14, 16): NODO

10

12

14

16

x

1

–1

1

–1

z

–1

–1

1

1

151

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

1 n i = --- ( 1 + xx i ) ( 1 – h 2 ) ( 1 + zz i ) 4 ∂n i 1 = --- x i ( 1 – h 2 ) ( 1 + zz i ) 4 ∂x

5.35

∂n i 1 = – --- h ( 1 + xx i ) ( 1 + zz i ) ∂h 2 ∂n i 1 = --- z i ( 1 + xx i ) ( 1 – h 2 ) 4 ∂z – per i nodi con  = 0 (17, 18, 19, 20): NODO

1

18

19

20

x

1

1

–1

–1

h

–1

1

1

–1

1 n i = --- ( 1 + xx i ) ( 1 + hh i ) ( 1 – z 2 ) 4 ∂n i 1 = --- x i ( 1 + hh i ) ( 1 – z 2 ) 4 ∂x ∂n i 1 = --- h i ( 1 + xx i ) ( 1 – z 2 ) 4 ∂h

5.36

∂n i 1 = – --- z ( 1 + xx i ) ( 1 + hh i ) ∂z 2

5.2 CALCOLO DELLA MATRICE DI RIGIDEZZA Le leggi dello spostamento sono definite, così come per le coordinate, nel sistema di riferimento naturale; nei casi mono-, bi- e tri-dimensionale si ha, rispettivamente:

152

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

m

m

u =

m

u =

 ni (x )ui

i=1

 ni (x ,h )ui

i=1 m

v =

u =

i=1 m

v =

 ni (x ,h )vi

i=1

 ni (x ,h ,z )ui  ni (x ,h ,z )vi

5.37

i=1 m

w =

 ni (x ,h ,z )wi

i=1

dove ui , vi , wi (i = 1,m) sono gli spostamenti nodali dell'elemento, ni sono le funzioni di forma definite nel sistema di coordinate naturali (, ,  ) dell'elemento. È da notare che le leggi per definire gli spostamenti possono essere diverse da quelle utilizzate per definire la geometria dell'elemento; nelle espressioni degli spostamenti la sommatoria è estesa all'indice m, mentre nelle espressioni della geometria la sommatoria è estesa all'indice n. È tuttavia utilizzata la formulazione isoparametrica, nella quale è utilizzato lo stesso numero di parametri (n = m) per definire sia la geometria sia gli spostamenti. Altri tipi di formulazione danno luogo a elementi subparametrici e superparametrici; nei primi la legge per definire la geometria ha un grado minore di quella utilizzata per definire gli spostamenti (n < m), nei secondi ha un grado maggiore (n > m). Riferendosi per semplicità al caso bidimensionale si avrà quindi: m

u =

 ni (x ,h )ui

i=1 m

v =

5.38

 ni (x ,h )vi

i=1

Per il calcolo della matrice di rigidezza [k] dell'elemento:

[k] =

ÚV [ b ]T [ E ] [ b ] dV = ÚA [ b ]T [ E ] [ b ]h dA

5.39

è necessario calcolare la matrice [b] che lega le deformazioni agli spostamenti:

{e} = [b]{s}

5.40

avendo definito il vettore {e} come:

{ e } T = { e xx e yy g xy }

5.41

153

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

con:

e xx =

∂u ∂x

e yy =

∂v ∂y

g xy =

∂u ∂v + ∂y ∂x

5.42

Sostituendo agli spostamenti u e v le espressioni delle funzioni di forma si ha: n

e xx =

i=1 n

e yy =

∂n i

 ∂ x ui ∂n i

 ∂ y vi

i=1 n

g xy =

∂n i

5.43

∂n i

 ÊË ∂ y ui + ∂ x viˆ¯

i=1

e in forma matriciale, esplicitando il solo termine i-esimo:

º

º

∂n i ∂x

{e} = º

º

0

∂n i ∂y

º

º

º

∂n i ∂y

∂n i ∂x

º

0

º

Ï Ô º Ô Ô Ô º Ì Ô Ô Ô º Ô Ó

¸ Ô Ô Ô Ô ý vi Ô Ô º Ô º Ôþ

º º ui

5.44

Sono quindi da calcolare le derivate delle funzioni di forma ni rispetto alle variabili x, y, mentre dette funzioni dipendono esplicitamente da x, . Per la generica funzione si può scrivere:

∂n i ∂x ∂n i ∂y ∂n i = + ∂x ∂x ∂y ∂x ∂x ∂n i ∂x ∂n i ∂y ∂n i = + ∂x ∂h ∂y ∂h ∂h e in forma matriciale:

154

5.45

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Ï Ô Ô Ì Ô Ô Ó

∂n i ¸ ∂x ∂y Ô ∂x Ô ∂x ∂x ý = ∂n i Ô ∂x ∂y Ô ∂h ∂h ∂h þ

Ï Ô Ô Ì Ô Ô Ó

Ï ∂n i ¸Ô Ô Ô ∂x Ô ý = [ J ]Ì Ô ∂n i Ô Ô Ô ∂h þ Ó

Ï Ô Ô Ì Ô Ô Ó

∂n i ¸ Ô ∂x Ô ý ∂n i Ô Ô ∂y þ

5.46

∂n i ¸Ô ∂x Ô ý ∂n i Ô Ô ∂y þ

5.47

dove [ J ] è detta matrice jacobiana e mette in relazione le derivate nelle coordinate naturali a quelle nel piano fisico:

∂x ∂y [ J ] = ∂x ∂x ∂x ∂y ∂h ∂h

5.48

e i coefficienti della matrice sono dati da:

∂x = ∂x ∂x = ∂h

n

Â

∂n i x ∂x i

Â

∂n i x ∂h i

i=1 n i=1

∂y = ∂x ∂y = ∂h

n

∂n i

 ∂x

i=1 n

Â

i=1

yi

∂n i y ∂h i

5.49

Ammesso che l'inversa della matrice jacobiana esista, cioè che si abbia una relazione biunivoca tra le coordinate naturali e quelle fisiche dell'elemento, si ha:

Ï Ô Ô Ì Ô Ô Ó

Ï ∂n i ¸ Ô Ô Ô ∂x Ô ý = [ J ] –1 Ì Ô ∂n i Ô Ô Ô ∂y þ Ó

∂n i ¸ Ô ∂x Ô ý ∂n i Ô Ô ∂h þ

5.50

155

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Ï Ô Ô Ì Ô Ô Ó

∂n i ¸ Ô ∂x Ô 1 ý = --------------det [ J ] ∂n i Ô Ô ∂y þ

Ï ∂y ∂y Ô ∂n i – -----∂ h ∂x Ô ∂ x Ì ∂x ∂x Ô ∂n i – -----Ô ∂h ∂ x Ó ∂ h

¸ Ô Ô ý Ô Ô þ

5.51

È così possibile valutare i vari coefficienti della matrice [b] e procedere quindi al calcolo della matrice di rigidezza [k], che non può, in generale, essere fatto utilizzando una integrazione analitica. Si deve quindi ricorrere ad uno schema di integrazione numerica. Prima però di eseguire l'integrazione bisogna esprimere anche il termine dA in funzione delle variabili naturali x, ; la figura 5.21 mostra un elemento di area dA, compreso tra le linee di coordinate x e x + dx e  e  + d. I lati del parallelogramma così individuato valgono:

Ï Ô Ô {a} = Ì Ô Ô Ó

¸ ∂x Ô ∂x Ô ýd x ∂y Ô ∂x Ô þ

Ï ∂x ¸ Ô Ô Ô ∂h Ô {b} = Ì ý dh ∂y Ô Ô Ô ∂h Ô Ó þ

5.52

Fig. 5.21 – Elemento di area dA.

L'area dA è data dal prodotto vettoriale di {a} per {b}:

∂x ∂y ∂y ∂x ˆ dA = { a } ∑ { b } = Ê – d xd h = det [ J ] d x d h 5.53 Ë ∂ x ∂ h ∂ x ∂ h¯ e la matrice di rigidezza [k]:

156

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

[k] =

ÚA

[ b ] T [ E ] [ b ]h dA =

1

1

Ú–1 Ú–1 [ b ]T [ E ] [ b ]det [ J ] d x d h

5.54

Uno degli schemi di integrazione numerica più utilizzati è il metodo di Gauss, secondo il quale si ha, supponendo costante lo spessore h dell'elemento: m

[k] =

m

  wi wj [ b ]ij [ E ] [ b ]ij det [ J ]ij h T

5.55

i = 1j = 1

dove m è l'ordine di integrazione, wi, wj sono i pesi di integrazione, [b]ij e det [ J ]ij sono calcolati nei punti di integrazione xi, j. ESEMPIO 5.1

Calcolare le matrici di rigidezza nel caso di elementi monodimensionali di tipo lineare e parabolico.

Elemento asta lineare Nel caso di un elemento asta isoparametrico a due nodi le espressioni della geometria e degli spostamenti sono date da: 1+x 1–x x = -----------x 1 + ------------ x 2 2 2 1+x 1–x u = -----------u 1 + ------------ u 2 2 2

5.56

La deformazione nell'elemento è data da: e xx =

dn 1 dn 2 Ï u 1 ¸ du = Ì ý = [b]{s} dx d x d x Ó u2 þ

5.57

e: dn i dx = dx dx

– 1 dn

i

dx

= [ J ] –1

dn i dx

5.58

dove [ J ] è la matrice jacobiana della trasformazione. Le derivate delle funzioni di forma rispetto a x sono: dn 1 1 = – --dx 2

dn 2 1 = --dx 2

5.59

essendo inoltre l = x 2 – x 1 la lunghezza dell'elemento si ha: dn 2 dn 1 1 1 dx l = x + x = – --- x 1 + --- x 2 = --dx 1 dx 2 2 2 dx 2

5.60

157

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

per cui: 2 [ J ] –1 = --l

l [ J ] = --2

l det [ J ] = --2

5.61

e la matrice [ b ] : [ b ] = – 1--l

1 --l

5.62

La matrice di rigidezza, considerando costanti l'area A ed il modulo elastico E è: l 1 l [ k ] = EA Ú [ b ] T [ b ] dx = EA Ú [ b ] T [ b ] --- d x 2 0 –1

5.63

EA 1 – 1 [ k ] = ------l –1 1

5.64

Elemento asta parabolico Lo spostamento u è espresso da: Ï u1 ¸ Ô Ô 1 1 2 u = – --- x ( 1 – x ) --- x ( 1 – x ) ( 1 – x ) Ì u 2 ý 2 2 Ôu Ô Ó 3þ

5.65

Le derivate delle funzioni di forma rispetto a x sono: dn 2 1 = --- + x dx 2

dn 1 1 = – --- + x 2 dx

dn 3 = – 2x dx

5.66

per cui la matrice jacobiana è: [ J ] = Ê – 1--- + xˆ Ë 2 ¯

Ï x1 ¸ Ô Ô Ê 1--- + xˆ – 2x Ì x ý 2 Ë2 ¯ Ô Ô x Ó 3þ

5.67

funzione lineare di c . Se il nodo centrale 3 è in mezzeria dell'elemento la matrice jacobiana è una costante e si ha: l [ J ] = --2

2 [ J ] –1 = --l

l det [ J ] = --2

5.68

per cui la matrice [ b ] è: 2 [ b ] = --- Ê – 1--- + xˆ l Ë 2 ¯

158

Ê 1--- + xˆ – 2x Ë2 ¯

5.69

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Supponendo costanti l'area A ed il modulo elastico E , si ha: 2 Ê x – 1---ˆ Ë ¯ 2

1 x 2 – --4

1 – 2x Ê x – ---ˆ Ë 2¯

1 x 2 – --4

2 Ê x + 1---ˆ Ë 2¯

1 – 2x Ê x + ---ˆ Ë 2¯

1 – 2x Ê x – ---ˆ Ë 2¯

1 – 2x Ê x + ---ˆ Ë 2¯

4x 2

1

2EA [ k ] = ---------- Ú l

–1

dx

5.70

che integrata analiticamente da: 7 --6 2EA 1 [ k ] = ---------- --l 6 4 – --3

1 4 --- – --6 3 7 4 --- – --6 3 4 8 --– --3 3

5.71

ESEMPIO 5.2

Calcolare la matrice di rigidezza per l'elemento piano a tre nodi in stato di tensione piano o deformazione piano. Gli spostamenti u e v sono dati da: u = ( 1 – x – h )u 1 + xu 2 + hu 3

5.72

v = ( 1 – x – h )v 1 + xu 2 + hv 3 le derivate delle funzioni di forma rispetto alle coordinate locali sono: ∂n 1 = –1 ∂x

∂n 2 = 1 ∂x

∂n 3 = 0 ∂x

∂n 1 = –1 ∂h

∂n 2 = 0 ∂h

∂n 3 = 1 ∂h

5.73

e gli elementi della matrice jacobiana: ∂x = ∂x ∂x = ∂h

[J] =

3

∂n i

 ∂ x xi

i=1 3

Â

i=1

= x2 – x1

∂n i x = x3 – x1 ∂h i

( x2 – x1 ) ( y2 – y1 ) ( x3 – x1 ) ( y3 – y1 )

∂y = ∂x ∂y = ∂h

3

∂n i

 ∂ x yi =

i=1 3

Â

i=1

y2 – y1

∂n i y = y3 – y1 ∂h i

5.74

5.75

159

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

e l'inversa: ( y3 – y1 ) –( y2 – y1 ) 1 [ J ] –1 = --------------det [ J ] – ( x – x ) ( x – x ) 3 1 2 1

5.76

dove: det [ J ] = ( x 2 – x 1 ) ( y 3 – y 1 ) – ( x 3 – x 1 ) ( y 2 – y 1 ) = 2A

5.77

essendo A l'area dell'elemento triangolare. Le derivate delle funzioni di forma rispetto alle coordinate fisiche sono quindi: Ï Ô Ô Ì Ô Ô Ó

∂n i ¸ Ô ∂x Ô 1 Ï yi + 1 – yi + 2 ¸ ý = -----Ì ý 2A ∂n i Ô Ó xi + 2 – xi + 1 þ Ô ∂y þ

i = 1, 2, 3

5.78

e infine la matrice [ b ] :

[b] =

1 -----2A

5.79

( y2 – y3 )

0

( y3 – y1 )

0

( y1 – y2 )

0

0

( x3 – x2 )

0

( x1 – x3 )

0

( x2 – x1 )

( x3 – x2 )

( y2 – y3 )

( x1 – x3 )

( y3 – y1 )

( x2 – x1 )

( y1 – y2 )

simile a quella ottenuta nell'esempio 4.6 mediante le coordinate generalizzate, tenendo conto del fatto che qui si è ordinato il vettore degli spostamenti nodali { s } nel seguente modo: { s } T = { u 1 v 1 u 2 v 2 u 3 v 3}

5.80

5.3 CARICHI NODALI EQUIVALENTI 5.3.1 Carichi di linea È qui ricavata l'espressione per il carico nodale equivalente a carichi distribuiti lungo un contorno nel caso di elementi piani isoparametrici. Si considerano lati aventi due o tre nodi, tipici di elementi a 3 o 4 nodi e 6 o 8 nodi rispettivamente. La figura 5.22 illustra i due tipi di contorno; i nodi 1 e 2 nel caso lineare e 1, 3, 2 nel caso parabolico individuano il contorno su cui agiscono i carichi per unità di lunghezza e stabiliscono il verso della coordinata naturale x sulla linea. In entrambi i casi illustrati in figura 5.22 sono definiti un carico distribuito tan160

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

genziale qt , positivo se diretto nel verso individuato dai nodi 1 e 2, e un carico distribuito normale qn , positivo se agisce nel senso che si ottiene ruotando in senso antiorario il vettore tangente alla linea.

Fig. 5.22 – Carichi di linea per elementi lineari e parabolici.

Le coordinate di un punto qualsiasi sulla linea sono definite da: n

x =

n

 ni xi

y =

i=1

 ni yi

5.81

i=1

dove n è il numero di nodi lungo la linea e le ni sono le funzioni di forma definite che per un contorno definito da due nodi sono:

1–x n 1 = ----------2

1+x n 2 = -----------2

5.82

mentre per un lato definito da tre nodi:

1 n 1 = – --- x ( 1 – x ) 2

1 n 2 = --- x ( 1 + x ) 2

n3 = 1 – x 2

5.83

I carichi distribuiti tangenziale e normale al contorno possono essere espressi in funzione dei valori che tali carichi assumono in corrispondenza dei nodi, in un modo del tutto analogo alla definizione della geometria o della cinematica: n

qt =

 ni qt

i=1

n

i

qn =

 ni qn

i

5.84

i=1

Si nota che per lati definiti da due nodi è possibile considerare al massimo carichi distribuiti variabili linearmente, mentre per contorni definiti da tre nodi si potrà avere al massimo una legge parabolica. Il vettore del carico nodale equivalente è: 161

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

{ fe }q =

Úl [ n ]T { q } dl = Úl [ n ]T { dq }

5.85

dove {dq}, vettore delle forze elementari agenti secondo gli assi coordinati x e y, è dato da:

{ dq } T = { dq x

dq y }

5.86

Le componenti dqx, dqy possono essere ricavate considerando un tratto dl di linea (fig. 5.23):

dq x = qt dl cos a – qn dl sin a dq y = qt dl sin a + qn dl cos a

5.87

Fig. 5.23 – Componenti del carico di linea.

Osservando che:

dl cos a = dx

dl sin a = dy

5.88

si ottiene:

dq x = qt dx – qn dy

5.89

dq y = qt dy + qn dx I termini dx, dy in funzione della coordinata naturale x sono:

dx = per cui si ha: 162

∂x dx ∂x

dy =

∂y dx ∂x

5.90

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

∂x ∂y dq x = Ê q t – q n ˆ d x Ë ∂x ∂x¯

5.91

∂y ∂x dq y = Ê q t + q n ˆ d x Ë ∂x ∂x¯

Le componenti f x , f y del carico nodale equivalente al nodo i (i = 1,2 o i i i = 1,2,3) sono quindi calcolate come: 1

f xi = f yi =

∂x

- – qn Ú–1 ni ÊË qt -------∂x

∂y ------ ˆ d x ∂x ¯

5.92

∂y ∂x n i Ê q t ------ + q n ------ ˆ d x Ë ∂x ∂x ¯ –1

Ú

1

dove l'integrale, esteso alla lunghezza del contorno, è generalmente valutato numericamente. Nel caso di un contorno definito da due nodi è possibile determinare in modo abbastanza semplice le componenti del vettore del carico nodale equivalente in forma esplicita; a titolo di esempio si determinerà la componente f x : 1

f x1 =

∂x ∂y n 1 Ê q t ------ – q n ------ ˆ d x Ë ∂x ∂x ¯ –1

Ú

1

5.93

dove:

1 n 1 = --- ( 1 – x ) 2

5.94

1 1 q t = --- ( 1 – x )q t1 + --- ( 1 + x )q t2 2 2 1 1 q n = --- ( 1 – x )q n1 + --- ( 1 + x )q n2 2 2

5.95

∂n 2 ∂n 1 x2 – x1 ∂x = x1 + x 2 = --------------∂x ∂x 2 ∂x ∂n 1 ∂n 2 y2 – y1 ∂y = y1 + y 2 = -------------∂x ∂x ∂x 2

5.96

Sostituendo ed integrando per x da –1 a +1, si ha:

1 1 1 1 f x1 = ( x 2 – x 1 ) Ê --- q t1 + --- q t2ˆ + ( y 2 – y 1 ) Ê --- q n1 + --- q n2ˆ Ë3 Ë3 6 ¯ 6 ¯

5.97

163

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

5.3.2 Carichi di volume Il carico nodale equivalente a carichi di volume è dato da:

{ fe }f =

ÚV [ n ]T { f } dV

5.98

dove {} nel caso piano è:

{ f } T = { fx

fy }

5.99

e dV = h det [ J ] d x d . Inoltre nel caso di peso proprio con l'asse Y orientato nel senso della gravità si ha:

fx = 0

f y = rg

5.100

Il calcolo del vettore dei carichi nodali equivalenti segue le stesse procedure viste per il calcolo delle matrici di rigidezza; ad esempio nel caso piano è calcolabile come: m

{ fe }f =

m

  wi wj [ n ]ijT { f }det [ J ]ij h

5.101

i = 1j = 1

5.3.3 Effetti termici Il carico nodale equivalente ad effetti termici viene calcolato come:

{ fe }e = 0

ÚV [ b ]T [ E ] { e0 } d V

5.102

dove { e 0 } nel caso di stato di tensione piano è:

{ e 0 } T = a* ( T – T 0 ) { 1

1

0}

5.103

e, nel caso di stato di deformazione piano:

{ e 0 } T = a* ( T – T 0 ) { 1 + n

1+n

0}

5.104

in cui a* è il coefficiente di dilatazione termica del materiale, T 0 è la temperatura di riferimento e T è la temperatura in un punto generico, che può essere espressa come: n

T =

 ni Ti

5.105

i=1

dove n è il numero di nodi dell'elemento, n i sono le funzioni di forma associate all'elemento e T i è il valore della temperatura al nodo i dell'elemento. 164

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Si ha quindi: m

{ fe }e = 0

m

  wi wj

[ b ] ijT [ E ] { e 0 } ij det [ J ] ij h

5.106

i = 1j = 1

5.4 CALCOLO DELLE TENSIONI Noto il vettore degli spostamenti { S } della struttura gli spostamenti { s } h relativi ai singoli elementi possono essere ricavati con una operazione inversa a quella utilizzata per assemblare gli elementi. Le deformazioni nell'elemento sono quindi date da:

{e} = [b]{s}

5.107

e le tensioni:

{ s } = [ E ] ( [ b ] { s } – { e0 } ) + { s0 }

5.108

Lo stato di tensione dipende dal punto che si considera all'interno dell'elemento perché in generale la matrice [ b ] è funzione delle coordinate; questa deve quindi essere calcolata nel punto dove si vuole conoscere lo stato di tensione. I punti nei quali si desidererebbe conoscere lo stato di tensione sono i nodi dell’elemento, perché è nota la loro posizione geometrica nella struttura e quindi è abbastanza semplice associare uno stato di tensione ad un punto della struttura. Sfortunatamente i nodi sono i punti nei quali lo stato di tensione risulta meno preciso, anzi sono i punti nei quali lo scarto tra valore calcolato e valore esatto è il più alto all'interno dell'elemento. Generalmente si ha un errore minore se lo stato di tensione viene calcolato in determinati punti interni dell'elemento; questi punti possono essere utilizzati per caratterizzare il campo di tensione che poi potrà essere estrapolato per valutare le tensioni nei nodi dell'elemento. La determinazione dei punti ottimali per il calcolo delle tensioni può essere fatta secondo quanto suggerito da Barlow1; l’obiettivo è quello di determinare i punti nei quali le tensioni sono calcolate con lo stesso grado di precisione con il quale sono calcolati gli spostamenti nodali. Si assume per il dato elemento un campo di spostamenti { u' } di un ordine superiore a quello comunemente utilizzato { u } e si cercano i punti nei quali lo stato di tensione calcolato a partire dai due campi di spostamento è uguale { s ' } = { s } . In questi punti lo stato di tensione { s } avrà lo stesso grado di 1.Barlow, J., Optimal stress location in finite element models, International Journal for Numerical Methods In Engineering, 1976, vol. 10, p. 243-251. 165

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

precisione dello spostamento { s } ; detti punti coincidono con i punti di Gauss di sottointegrazione e sono talvolta chiamati punti di Barlow. Nel caso monodimensionale della trave inflessa il procedimento seguito da Barlow per la determinazione dei punti ottimali può essere cos riassunto. Il campo di spostamenti può essere espresso come:

va = 1 x x 2 x 3 { a }

5.109

dove x è una coordinata adimensionale misurata dal centro della trave e variabile da –1 a 1 e {a} è il vettore delle coordinate generalizzate. Gli spostamenti nodali { s a } sono dati da:

{ sa } = [ A ] { a }

5.110

Assumendo una funzione di ordine superiore, lo spostamento della trave sarà dato da:

vb = 1 x x 2 x 3 x 4 { b }

5.111

e gli spostamenti nodali { s b } sono dati da:

{ sb } = [ B ] { b }

5.112

Se l’elemento è capace di rappresentare correttamente il campo di spostamenti nei due casi considerati, allora gli spostamenti nodali ottenuti nei due casi saranno approssimativamente uguali:

[A]{a} ª [B]{b}

5.113

{ a } = [ A ] –1 [ B ] { b }

5.114

con:

[ A ] –1 [ B ] =

1 0 0 0

0 1 0 0

0 0 1 0

0 0 0 1

–1 0 2 0

5.115

Le deformazioni flessionali e quindi le tensioni flessionali saranno uguali nei due casi quando: 2

2

∂ va ∂x2 166

=

∂ vb ∂x2

5.116

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

ovvero quando:

[ 0 0 2 6 x ] { a } = 0 0 2 6 x 12 x2 { b }

5.117

e sostituendo in termini di {b}:

0 0 2 6 x 4 { b } = 0 0 2 6x 12x 2 { b }

5.118

Questa uguaglianza è soddisfatta per tutti i valori di { b} solo se:

1 x = ± ------3

5.119

La stessa tecnica può essere applicata all'elemento piano isoparametrico a quattro nodi; si trova che i punti ottimali per il calcolo delle tensioni sono:

x = 0

h = 0

5.120

mentre per l'elemento piano isoparametrico a otto nodi si ha:

1 x = ± ------3

1 h = ± ------3

5.121

Le tensioni ai nodi dell'elemento possono quindi essere ottenute estrapolando i valori calcolati nei punti di Gauss (altrimenti detti di Barlow). Nel caso monodimensionale (trave inflessa o elemento asta a tre nodi) si ottiene:

1+ 3 ---------------Ï s1 ¸ 2 Ì ý = Ó s2 þ 1– 3 ---------------2

1– 3 ---------------- Ï s ¸ I 2 Ì ý 1 + 3 Ó s II þ ---------------2

5.122

mentre nel caso bidimensionale (elemento piano isoparametrico a 8 nodi) si ottiene: 3 1 + ------2

Ï s1 ¸ 1 Ô Ô – --Ô s2 Ô 2 Ì ý = s Ô 3Ô 3 1 – ------Ô Ô 2 Ó s4 þ 1 – --2

1 – --2

3 1 – ------2

1 – --2

3 1 + ------2

1 – --2

3 1 – ------2

1 – --2

3 1 + ------2

1 – --2

3 1 – ------2

1 – --2

3 1 + ------2

Ï sI ¸ Ô Ô Ô s II Ô Ì ý Ô s III Ô Ô Ô Ó s IV þ

5.123

e nel caso tridimensionale (elemento solido isoparametrico a 20 nodi) si ottiene: 167

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Ï s1 ¸ a3 Ô Ô Ô s2 Ô a2b Ô Ô Ô s3 Ô ab 2 Ô Ô Ô s4 Ô a2b Ì ý = Ô s5 Ô a2b Ô Ô ab 2 Ô s6 Ô Ô Ô b3 Ô s7 Ô Ô Ô ab 2 Ó s8 þ a = 1+ 3

a2b

ab 2

a2b

a2b

ab 2

b3

a3

a2b

ab 2

ab 2

a2b

ab 2

a2b

a3

a2b

b3

ab 2

a2b

ab 2

a2b

a3

ab 2

b3

ab 2

ab 2

b3

ab 2

a3

a2b

ab 2

a2b

ab 2

b3

a2b

a3

a2b

ab 2

a2b

ab 2

ab 2

a2b

a3

b3

ab 2

a2b

a2b

ab 2

a2b

Ï s ¸ ab 2 Ô I Ô Ô s Ô b 3 Ô II Ô ab 2 ÔÔ s III ÔÔ a 2 b Ô s IV Ô Ì ý a 2 b Ô sV Ô Ô Ô ab 2 Ô s VI Ô Ô Ô a 2 b Ô s VII Ô Ô a 3 ÔÓ s VIII þ

5.124

b = 1– 3

Nella tabella 5.11 sono indicati i punti ottimali per alcuni elementi.

Tab. 5.11 – No di punti e coordinate per il calcolo ottimale delle tensioni ELEMENTO

TRAVE INFLESSA

NO PUNTI

COORDINATE NATURALI

2

x = ±a

ISOPARAMETRICO PIANO A

4 NODI

1

x = 0;

ISOPARAMETRICO PIANO A

8 NODI

2¥2

x = ± a; x = 0;

ISOPARAMETRICO SOLIDO A

8 NODI

1

ISOPARAMETRICO SOLIDO A

20 NODI

2¥2¥2

h = 0 h = ±a h = 0

x = ± a; h = ± a; z = ± a

a = ±1 § 3

Le tensioni così calcolate ai nodi di un elemento saranno in generale diverse dalle tensioni calcolate negli stessi nodi appartenenti però ad elementi adiacenti; ciò risulta dal fatto che le tensioni ai nodi dipendono dagli spostamenti di tutti i nodi dell'elemento. Ciò deriva anche dal fatto che nell’equazione dei lavori virtuali è garantito l’equilibrio globale (equilibrio delle forze nodali), ma non quello locale punto per punto (equilibrio delle tensioni). Ad un nodo allora sono attribuiti diversi valori di tensione, ciascuno derivante dai vari elementi che concorrono in quel nodo; è usuale calcolare, a partire da dati valori, una tensione media nodale ed attribuire al nodo quest'unico valore di tensione media, valore che sarà probabilmente più esatto dei singoli valori calcolabili. 168

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

5.5 PROBLEMI RELATIVI AGLI ELEMENTI ISOPARAMETRICI 5.5.1 Scelta dell'ordine di integrazione La scelta dell'ordine di integrazione m dipende dal grado della funzione integranda; nel caso della matrice di rigidezza di un elemento piano l'ordine di integrazione si può valutare determinando il grado massimo della funzione:

f = [ b ] T [ E ] [ b ]det [ J ]h

5.125

tenendo conto che un polinomio di grado 2m – 1 è integrato esattamente da m punti di Gauss. Per elementi di forma regolare è abbastanza semplice determinare il grado della funzione integranda, perché det [ J ] è costante; non altrettanto si può dire per elementi di forma complessa, dove il determinante della matrice jacobiana varia in modo irregolare. Di conseguenza l’ordine di integrazione viene anche stabilito in base a verifiche numeriche sull'elemento. Una integrazione esatta della matrice di rigidezza, in special modo per elementi di grado elevato, può portare ad avere lunghi tempi di calcolo, per cui è a volte preferibile una integrazione ridotta o sottointegrazione; si utilizzano cioè meno punti di campionamento di quelli necessari per integrare esattamente la funzione integranda. A tal proposito si ricorda ora che con la formulazione degli elementi finiti a spostamenti assegnati si ha sempre una stima in eccesso della rigidezza del sistema (avendo limitato la cinematica del sistema a quella espressa dalle funzioni di forma). Quindi sottointegrare, cioè sottovalutare la rigidezza dell'elemento, può, di fatto, portare a risultati migliori a patto che l'errore nell'integrazione numerica compensi la sovrastima della rigidezza strutturale dovuta al tipo di formulazione. Esiste però un limite alla sottointegrazione perché è necessario poter calcolare esattamente il volume dell’elemento. Questa condizione deriva dal fatto che al limite, per suddivisioni molto fitte, nell'elemento si verifica uno stato di deformazione costante (cosa che l'elemento deve in ogni caso essere in grado di rappresentare) e quindi l'energia di deformazione può, in tali condizioni assumere la forma, limitandosi al caso piano:

U µ [ k* ]

ÚVh det [ J ] d x d h

5.126

Quindi si deve integrare esattamente il prodotto det [ J ] h; nel caso di spessore costante e di elemento lineare a quattro nodi la funzione integranda è una funzione lineare in x e  e quindi è necessario un solo punto di campionamento; nel caso di elemento a otto nodi a spessore costante si ha invece una dipendenza cubica da x e  e quindi è necessario uno schema di integrazione 2 x 2. 169

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

In pratica però una sottointegrazione troppo spinta può portare a matrici singolari quando in tutti i punti di campionamento l'energia di deformazione è nulla. Si hanno in tal caso nell'elemento modi spuri o meccanismi nascosti, ovvero modi di deformazione con energia di deformazione nulla. Per un singolo elemento il numero di meccanismi può essere calcolato mediante la seguente relazione:

M = GN – L – rn

5.127

dove G è il numero di gradi di libertà per nodo, N il numero di nodi dell'elemento, L il numero di gradi di libertà di moto rigido, r il rango della matrice di elasticità [E ] e n il numero di punti di campionamento. Se M   non si hanno meccanismi. Si può pensare infatti di intendere l'integrazione numerica nel seguente modo: Integrare numericamente significa campionare la funzione integranda in alcuni punti nel dominio dell'elemento. Nel nostro caso significa valutare la rigidezza dell'elemento in alcuni punti ed attribuire questa alla rigidezza reale. Ciò equivale, fisicamente, a sostituire una rigidezza distribuita sull'elemento con delle molle spia concentrate nei punti di integrazione. Il numero delle molle da considerare per ogni punto dipende dal numero delle componenti del vettore deformazione (o tensione) e cioè dal rango della matrice [E ] (ad esempio nel caso piano si può considerare una rigidezza associata alla componente e xx , una alla e yy ed una terza associata alla g xy . Affinché la matrice di rigidezza [k], depurata dai moti rigidi, non sia singolare, è necessario che il numero di molle spia sia maggiore del numero di gradi di libertà di deformazione dell'elemento, cioè:

rn ≥ GN – L

5.128

Ad esempio nel caso di problemi bidimensionali in stato di tensione piano o deformazione piano il numero di gradi di libertà per nodo è G = 2, il rango della matrice [E] è r = 3, ed il numero di gradi di libertà di moto rigido è L = 3 per cui si ha:

M = 2N – 3 – 3n

5.129

Per un elemento a 4 nodi, bilineare, sottointegrato con un punto di campionamento (n = 1) si hanno due meccanismi:

M = 2◊4–3–3◊1 = 2

5.130

mentre nel caso di un elemento parabolico a otto nodi (Serendipity) con una sottointegrazione con quattro punti di campionamento (2 x 2) si ha un meccanismo nascosto. In quest’ultimo caso però se si hanno più elementi adiacenti il meccanismo non 170

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

si propaga perché gli spostamenti corrispondenti ad energia nulla in un elemento sono incompatibili con gli spostamenti di elementi adiacenti per cui un insieme di elementi può non avere modi di deformazione ad energia nulla, anche se questi sono presenti in un elemento, così che una integrazione 2 x 2 può essere utilizzata efficacemente. La tabella 5.12 riassume gli ordini di integrazione per elementi piani, distinguendo tra ordini di integrazione massimi e ordini di integrazione ridotti.

Tab. 5.12 – Ordine di integrazione per elementi quadrangolari ELEMENTO

ORDINE DI INTEGRAZIONE MASSIMO

ORDINE DI INTEGRAZIONE RIDOTTO

4 NODI RETTANGOLO

2¥2

2¥2

4 NODI DISTORTO

2¥2

2¥2

8 NODI RETTANGOLO

3¥3

2¥2

8 NODI DISTORTO

3¥3

3¥3

Tuttavia nel caso di sottointegrazione è consigliabile effettuare verifiche numeriche dell'elemento, quali il calcolo degli autovalori della matrice di rigidezza ed il patch test. 5.5.2 Distorsione degli elementi Gli elementi forniscono i risultati migliori quando la loro forma geometrica coincide con quella dell'elemento di riferimento, come triangoli equilateri e quadrati nel piano, o cubi nello spazio. In pratica comunque è quasi impossibile che tutti gli elementi abbiano una forma geometrica ideale; si parla allora di elementi distorti (rispetto alla forma di riferimento). Un limitato valore di distorsione può essere comunque accettato. Oltre un determinato limite di distorsione, però, la rigidezza dell'elemento viene valutata con scarsa precisione; oltre un limite critico diventa addirittura impossibile calcolare la matrice di rigidezza (la matrice jacobiana diventa singolare). È difficile determinare quello che costituisce il limite accettabile di distorsione; oltretutto il comportamento è diverso da elemento a elemento. I tipi di distorsione di un elemento possono essere classificati in tre categorie fondamentali: il rapporto lunghezza altezza, il rapporto di forma e la distorsione

171

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

angolare (fig. 5.24). Non esiste un modo generale per analizzare questi tipi di distorsioni; è necessario verificare numericamente l'elemento in diverse condizioni di distorsione e di carichi.

Fig. 5.24 – Distorsione di un elemento.

Con riguardo al primo tipo di distorsione (fig. 5.24a) si può accettare un rapporto 1:2 per elementi situati in zone dove si vuole conoscere lo stato di tensione e di 1:10 per elementi lontani da zone critiche. Nel caso della figura 5.24b un rapporto accettabile è di 1:4 in zone critiche e di 1:10 in zone non critiche. Per ciò che riguarda la distorsione angolare (fig. 5.24c) è in genere consigliabile non avere angoli interni minori di 45˚ per elementi quadrangolari e minori di 15˚ per elementi triangolari. Una verifica della distorsione può essere fatta anche mediante il calcolo della matrice jacobiana e del suo determinante. Il determinante della matrice jacobiana è infatti costante se l’elemento è un parallelepipedo con i nodi sui lati equamente spaziati, ma varia se esiste altro tipo di distorsione. Esso può al limite diventare nullo o negativo nelle vicinanze di una zona ad eccessiva distorsione, con la conseguenza di impedire il calcolo della matrice di rigidezza dell'elemento. Causa di ciò è la mancanza di corrispondenza biunivoca con conseguente non invertibilità della matrice jacobiana. Ad esempio nel caso dell’elemento asta parabolico a tre nodi la matrice jacobiana è data da:

[ J ] = Ê – 1--- + xˆ Ë 2 ¯

172

Ï x1 ¸ Ô Ô 1 Ê --- + xˆ ( – 2x ) Ì x ý 2 Ë2 ¯ Ô Ô Ó x3 þ

5.131

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Fig. 5.25 – Distorsione di un elemento asta a 3 nodi.

Se il nodo centrale non è in mezzeria dell’elemento, supponendo x1 = 0, x2 = l con x3 compresa tra 0 e l (fig. 5.25) il determinante dello jacobiano è:

1 J = Ê --- + xˆ l – 2xx 3 Ë2 ¯

5.132

La posizione x3 del nodo centrale che rende singolare la matrice jacobiana può essere calcolata annullando il determinante dello jacobiano e tenendo presente che – 1 £ x £ 1 . Per x = – 1 si ha x3 = l/4 mentre per x = 1 si ha x3 = 3l/4. I valori ammissibili di x3 per i quali [ J ] non è singolare sono quindi:

3l l --- £ x 3 £ ---4 4

5.133

Fig. 5.26 – Distorsione di un elemento quadrangolare.

Nel caso di elementi quadrangolari a quattro e otto nodi Zienkiewicz ha proposto, per non avere una matrice jacobiana singolare, che gli angoli interni siano minori di 180 gradi e per gli elementi parabolici i nodi sui lati debbano essere compresi nella terza parte centrale (fig. 5.26). Cook ha proposto il calcolo di un fattore di distorsione DP, dato rispettivamente per elementi quadrangolari e elementi solidi:

173

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

minJ DP = 4 Ê -----------ˆ Ë Area ¯

minJ DP = 8 Ê ------------------ˆ Ë Volume¯

5.134

parallelepipedo; se DP £ 0.2 si ha una distorsione eccessiva. È da notare che nei casi della figura 5.24 il fattore di distorsione è sempre 1, cioè il determinante della matrice jacobiana è costante e quindi non può essere preso in considerazione quale misura di quel tipo di distorsione. 5.5.3 Integrazione selettiva e modi incompatibili L’elemento isoparametrico lineare (piano a 4 nodi e solido a 8 nodi) non è in grado di rappresentare correttamente uno stato di tensione con presenza di gradienti. Ad esempio nel caso di sollecitazione a flessione pura l’elemento presenta un comportamento molto più rigido della realtà e questo può essere imputato all'effetto del taglio, che teoricamente deve essere nullo. Nel caso di integrazione esatta (n = 2 x 2) infatti si ha, a causa dei vincoli cinematici imposti dalle funzioni di forma adottate, una deformazione a taglio nei punti di campionamento utilizzati (fig. 5.27a). Se invece si procede con una sottointegrazione (n = 1) si nota che nel punto di campionamento (punto centrale) non si ha deformazione ha taglio e quindi l'energia di deformazione a taglio è calcolata in modo esatto (fig. 5.27b).

Fig. 5.27 – Punti di integrazione per elemento a 4 nodi.

Il campo di spostamenti all'interno dell’elemento è definito da:

u = u* xh ed essendo:

174

v = 0

5.135

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

2x x = ----l

2y h = ----h

5.136

si ha:

4 u = ----u* xy lh

v = 0

5.137

Il campo corretto di spostamenti invece prevede:

4 u = ----u* xy lh

lu* hu* Ê 4x 2ˆ 4y 2 --------- 1 – --------ˆ v = ------- Ê 1 – ------+ n 2h Ë 2l Ë l2 ¯ h2 ¯

5.138

Nel caso di sollecitazione derivante da momento flettente puro si deve avere che la deformazione a taglio xy sia nulla dovunque; ciò è verificato dal campo di spostamenti corretto:

g xy =

4 4 ∂u ∂v + = ----u* x – ----u* x = 0 lh lh ∂y ∂x

5.139

ma non da quello associato all'elemento quadrangolare:

g xy =

4 ∂u ∂v + = ----u* x lh ∂y ∂x

5.140

La stessa cosa si ottiene considerando un momento flettente applicato lungo i lati di lunghezza l; il campo di spostamenti approssimato risulterà:

4 v = ----v* xy lh

5.141

Si può notare che i due modi flessionali forniscono uno stato di deformazione esatto solo nel punto centrale dell'elemento x = 0;  = 0; questo suggerisce quindi la possibilità di ridurre la sovrastima di rigidezza effettuando una integrazione selettiva in cui le deformazioni normali sono integrate esattamente mediante una griglia 2 x 2, mentre i termini corrispondenti alla deformazione dovuta al taglio sono sottointegrati, calcolati cioè nel punto centrale dell'elemento. Un modo per ottenere risultati più soddisfacenti è quello di ricorrere ad elementi quadratici (piano a 8 nodi e solido a 20 nodi); questo modo di procedere se può essere accettabile nel caso bidimensionale (si passa da 8 a 16 gradi di libertà per elemento) è però molto gravoso nel caso tridimensionale, dove si passa da 24 a 60 gradi di libertà, quasi triplicando l'ordine delle matrici in esame. È quindi di grande importanza riuscire a migliorare il comportamento flessionale degli elementi lineari; tra i diversi procedimenti proposti si hanno il metodo dell'integrazione selettiva o quello dell'aggiunta di modi incompatibili. 175

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Integrazione selettiva

Nell’integrazione selettiva si utilizzano ordini di integrazione diversi per le diverse forme di energia di deformazione (flessionale e di taglio). Si ha infatti, da:

[k] =

ÚA [ b ]T [ E ] [ b ]h dA

5.142

separando la deformazione dovuta al taglio dalla deformazione normale:

[b] =

[E] =

[ b1 ]

5.143

[ b2 ] [ E 11 ] [ E 12 ]

5.144

[ E 21 ] [ E 22 ]

essendo, ad esempio nel caso di stato di tensione piano: E [ E 11 ] = --------------2 1 n 1–n n 1

[ E 22 ] = [ G ]

[ E 12 ] = [ E 21 ] T = 0 0

5.145

La matrice di rigidezza dell’elemento può allora essere scritta come somma del contributo dovuto alle deformazioni normali e di quello dovuto alle deformazioni di taglio:

[k] = =

ÚV { e }T { s } dV + ÚV { g }T { t } dV=

ÚA [ b1 ] [ E11 ] [ b1 ]h dA + ÚA [ b2 ] [ E22 ] [ b2 ]h dA

5.146

Modi incompatibili

Un altro modo per migliorare la risposta dell’elemento lineare è quello di correggere le funzioni di forma considerando i termini flessionali mancanti (1 – x2), (1 – 2). Questo tipo di formulazione è stato presentato inizialmente da Wilson (1973) (elemento Q6 ); successivamente (Taylor, 1976) propose uno schema di integrazione diverso per l'elemento Q6, formulando quindi l’elemento QM6. La differenza tra i due elementi è che il secondo supera il patch test per qualsiasi configurazione geometrica, mentre il primo solo se di forma rettangolare. Nel caso bidimensionale si ha: 176

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

4

u =

 ni (x ,h )ui + ( 1 – x 2 )a1 + ( 1 – h 2 )a2

i=1 4

v =

5.147

 ni (x ,h )vi + ( 1 – x 2 )a3 + ( 1 – h 2 )a4

i=1

mentre nel caso tridimensionale: 8

u =

 ni (x ,h ,z)ui + ( 1 – x 2 )a1 + ( 1 – h 2 )a2 + ( 1 – z 2 )a3

i=1 8

v =

 ni (x ,h ,z)vi + ( 1 – x 2 )a4 + ( 1 – h 2 )a5 + ( 1 – z 2 )a6

5.148

i=1 8

w =

 ni (x ,h ,z)wi + ( 1 – x 2 )a7 + ( 1 – h 2 )a8 + ( 1 – z 2 )a9

i=1

dove i coefficienti ai sono definiti come spostamenti generalizzati e possono essere pensati come gradi di libertà interni dell'elemento; è da notare che un elemento così definito è incompatibile essendo gli ai definiti univocamente per ciascun elemento. In generale si ha:

Ï {s} ¸ { u } = [ ns ] [ na ] Ì ý Ó {a} þ

5.149

Ï {s} ¸ [ b ] = [ bs ] [ ba ] Ì ý Ó{ a } þ

5.150

e:

Mentre per l’elemento lineare compatibile la matrice [b] ha dimensioni 3 x 8, per l’elemento incompatibile si hanno 4 colonne in più, dovute ai termini ai:

177

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

ºº

∂n i ∂n 1 ∂n 2 0 ºº 0 ∂x ∂x ∂x

[ b ] = º º 0 ∂n i º º 0 ∂y ºº

0

∂n 1 ∂n 2 0 ∂y ∂y

∂n i ∂n i ∂n 1 ∂n 2 ∂n 1 ∂n 2 ºº ∂y ∂x ∂y ∂y ∂x ∂x

Ï Ô Ô Ô Ô Ô Ô Ô Ì Ô Ô Ô Ô Ô Ô Ô Ó

º º ui vi º º a1 a2 a3 a4

¸ Ô Ô Ô Ô Ô Ô Ô ý Ô Ô Ô Ô Ô Ô Ô þ

5.151

La matrice di rigidezza avrà ordine 12 x 12 e può essere scritta separando le varie sottomatrici, come:

[k] =

[ k ss ] [ k sa ] [ k as ] [ k aa ]

5.152

Poche i gradi di libertà ai sono interni a ciascun elemento essi possono essere eliminati o condensati a livello elemento; questo procedimento, noto come condensazione statica, porta ad ottenere una matrice di rigidezza condensata di dimensioni 8 x 8. Dalle equazioni elemento si ha:

[ k ss ] [ k sa ] Ï { s } ¸ Ï{ f }¸ = Ì ý Ì ý [ k as ] [ k aa ] Ó{ a }þ Ó{ 0 }þ

5.153

non essendoci forze corrispondenti ai gradi di libertà aggiuntivi. Dal secondo sottosistema si ricava:

[ k as ] { s } + [ k aa ] { a } = { 0 }

5.154

da cui, essendo [kaa ] non singolare:

{ a } = – [ k aa ] –1 [ k as ] { s }

5.155

dal primo sottosistema si può quindi ottenere la matrice di rigidezza condensata dell'elemento incompatibile:

[ k ] = [ k ss ] – [ k sa ] [ k aa ] –1 [ k as ]

178

5.156

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

L’elemento così definito è l'elemento incompatibile a 4 nodi Q6 introdotto da Wilson2. I risultati ottenuti con questo elemento sono nettamente migliori di quelli ottenuti con il semplice elemento a 4 nodi; fu tuttavia notato che nel caso di elementi distorti (non rettangolari) i risultati erano insoddisfacenti. Fu anche notato che questo elemento superava il patch test nel caso di geometria rettangolare, ma non nel caso di geometria qualsiasi. Successivamente Taylor3 modificò la formulazione dell'elemento in modo che il patch test fosse superato per qualsiasi configurazione geometrica; questo risultato fu ottenuto semplicemente calcolando il contributo dei modi incompatibili all'integrale dell'operatore [B] nel centro dell'elemento. L’elemento così formulato, detto QM6, supera il patch test ed è quello generalmente utilizzato, in quanto fornisce risultati migliori anche dell'elemento con integrazione selettiva. L’idea di Taylor fu la seguente: affinché l’elemento passi il patch test (cioè si comporti come un elemento compatibile) il termini vettore {a } deve essere nullo quando { s } corrisponde ad un moto rigido o ad uno stato di deformazione costante { s } = { s 0 } . Dovrà cioè essere:

{ a } = – [ k aa ] –1 [ k as ] { s 0 } = 0

5.157

ed essendo [kaa ] definita positiva:

[ k as ] { s } = 0

5.158

ÚV [ ba ]T [ E ] [ bs ] { s0 } dV = ÚV [ ba ]T { s0 } dV = 0

5.159

cioè:

dove { s 0 } è il vettore delle tensioni calcolato in base ai soli spostamenti { s 0 } e, rappresentando questi un moto rigido, è una costante. Condizione necessaria per il superamento del patch test è quindi:

ÚV [ ba ] dV = 0

5.160

2. Wilson E. L., Taylor R. L., Doherty W. P., Ghaboussi J., Incompatible displacement models, in Numerical and Computer Method in Structural Mechanics, 1973, Academic Press, New York, p. 43. 3. Taylor R. L., Beresford P. J., Wilson E. L., A non conforming element for stress analysis, International Journal for Numerical Methods in Engineering, 1976, vol 10, p. 12111219. 179

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

In generale questa condizione non è soddisfatta, a meno che l’elemento non sia un parallelogramma. Si può forzare questa condizione valutando numericamente l’integrale nel centro dell'elemento (x = 0;  = 0). 5.5.4 Autovalori della matrice di rigidezza Gli autovalori della matrice di rigidezza sono proporzionali all’energia potenziale elastica corrispondente ai vari modi di deformazione e quindi possono rappresentare una spia del numero di moti rigidi associati all'elemento. L’energia di deformazione di un elemento può essere espressa come:

1 U = --- { s } T [ k ] { s } 2

5.161

Si può pensare di scrivere le equazioni di rigidezza riferendole ad un sistema definito dagli autovettori della matrice [k] antiche allo spazio fisico degli spostamenti {s}. Nel sistema:

[k]{s} = { f }

5.162

il vettore degli spostamenti { s } può essere espresso come combinazione lineare degli autovettori della matrice di rigidezza [k]: m

{s} =

 ai { f }i

= [F]{a}

5.163

i=1

dove m è il numero di gradi di libertà dell'elemento, {} è il vettore delle coordinate modali o dei fattori di partecipazione modali e [ ] è la matrice le cui colonne rappresentano gli autovettori della matrice [k]:

[k]{f} = l{f}

5.164

Se gli autovettori {} sono normalizzati in modo che:

{ f } iT { f } i = 1

5.165

dalla equazione precedente, scritta per l'autovalore i-esimo, si ha:

{ f } iT [ k ] { f } i = l i { f } iT { f } i

5.166

{ f } iT [ k ] { f } i = l i

5.167

e inoltre essendo gli autovettori ortogonali:

[ F ]T[ k ][ F ] = [ L ] dove [ L ] è una matrice diagonale contenente gli autovalori l i . 180

5.168

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Il sistema risolutivo può allora essere scritto come:

[k][F]{a} = { f }

5.169

e premoltiplicando per [ ]T ambo i membri:

[ F ]T[ k ][ F ]{ a } = [ F ]T{ f }

5.170

[ L ]{ a } = [ F ]T{ f }

5.171

cioè:

ed essendo la matrice [ ] diagonale il sistema può essere scomposto in m equazioni disaccoppiate:

l i a i = { f } iT { f }

5.172

dalle quali si calcolano direttamente gli m fattori di partecipazione modali:

{ f } iT { f } a i = ----------------------li

5.173

e quindi gli spostamenti nodali {s}. Gli autovettori { f } i possono quindi essere identificati come i modi di deformazione principali dell'elemento e gli autovalori l i come rigidezze modali relative a tali modi di deformazione. Essi sono inoltre proporzionali all'energia potenziale elastica U i relativa all'i-esimo modo di deformazione:

{ f } iT [ k ] { f } i = 2U i = l i

5.174

Si ricorda che il sistema di equazioni di rigidezza comprende le equazioni di equilibrio del sistema, equazioni a cui corrispondono i gradi di libertà di moto rigido. In queste condizioni l'energia potenziale elastica assorbita dal sistema è nulla e quindi il corrispondente autovalore sarà nullo e l'autovettore ad esso associato rappresenterà uno dei moti rigidi del sistema. Se il numero di autovalori nulli è minore del numero di gradi di libertà di moto rigido del sistema allora il campo di spostamenti assunto non è adeguato alla rappresentazione della cinematica del sistema. Se invece il numero di autovalori nulli è maggiore del numero di gradi di libertà di moto rigido del sistema allora sono presenti dei moti rigidi spuri o meccanismi nascosti, cioè modi di deformazione associati ad una energia di deformazione nulla. Se inoltre gli autovalori non variano al variare dell'orientamento dell'elemento rispetto al sistema di riferimento globale, il campo degli spostamenti assunto è invariante. Infine modi simili di deformazione devono corrispondere ad autovalori multipli. 181

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

ESEMPIO 5.3

Calcolare gli autovalori della matrice di rigidezza dell'elemento asta a due nodi. Assumendo EA § l = 1 la matrice di rigidezza è data da: [k] =

1 –1 –1 1

5.175

e gli autovalori della matrice di rigidezza si ricavano da: det

1 –1 – l 0 –1 1 0 l

5.176

= 0

Il polinomio caratteristico è: l 2 – 2l = 0

5.177

e gli autovalori: l1 = 0

l2 = 2

5.178

ed i corrispondenti autovettori normalizzati sono: 1 { f } 1T = ------- { 1 2

1}

1 { f } 2T = ------- { 1 2

– 1}

5.179

L'elemento asta possiede un grado di libertà di moto rigido, lo spostamento assiale; di conseguenza c'è un autovalore nullo a cui corrisponde un autovettore che rappresenta appunto un moto rigido. Il secondo autovettore rappresenta invece il modo di deformazione proprio di questo elemento (allungamento/accorciamento) (fig. 5.28).

Fig. 5.28 – Modi di deformazione dell’elemento asta a 2 nodi.

182

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

ESEMPIO 5.4

Calcolare gli autovalori della matrice di rigidezza dell'elemento asta a tre nodi. Assumendo EA § l = 1 , la matrice di rigidezza, è data da:

[k] =

1

Ú–1

2 Ê x – 1---ˆ Ë 2¯

Ê x 2 – 1---ˆ – 2x Ê x – 1---ˆ Ë Ë 4¯ 2¯

Ê x 2 – 1---ˆ Ë 4¯

2 Ê x + 1---ˆ – 2x Ê x + 1---ˆ d x Ë ¯ Ë 2 2¯

1 1 – 2x Ê x – ---ˆ – 2x Ê x + ---ˆ Ë Ë 2¯ 2¯

5.180

4x 2

che integrata analiticamente o numericamente in modo completo con il metodo di Gauss con due punti di campionamento (si ha infatti 2m – 1 = 2 ; m = 3 § 2 Þ 2 ) da:

[k] =

7 --3 1 --3 8 – --3

1 --3 7 --3 8 – --3

8 – --3 8 – --3 16 -----3

5.181

mentre sottointegrata, con un punto di campionamento, da: 1 –1 0 [ k ] = –1 1 0 0 0 0

5.182

Nel caso di integrazione analitica o numerica completa il polinomio caratteristico della matrice di rigidezza è: l ( l 2 – 10l + 16 ) = 0

5.183

gli autovalori risultano quindi: l1 = 0 l2 = 2

5.184

l3 = 8 ed i corrispondenti autovettori normalizzati sono: 1 { f } 1T = ------- { 1 1 1} 3 1 { f } 2T = ------- { 1 – 1 0} 2 1 { f } 3T = ------- { 1 1 – 2} 6

5.185

183

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Nel caso di sottointegrazione numerica il polinomio caratteristico della matrice di rigidezza è: l 3 – 2l 2 = 0

5.186

gli autovalori risultano quindi: l1 = 0

l2 = 0

l3 = 2

5.187

i primi due autovettori, corrispondenti agli autovalori nulli, hanno la terza componente, corrispondente al nodo centrale, indeterminata, mentre le due componenti, corrispondenti ai nodi di estremità, sono uguali; il terzo autovettore normalizzato è: 1 { f } 3T = ------- { 1 – 1 0} 2

5.188

Si nota che nel caso di integrazione esatta si ha un solo autovettore nullo, corrispondente all'effettivo grado di libertà di moto rigido dell'elemento. Nel caso della sottointegrazione, avendo valutato in modo errato l'energia di deformazione dell'elemento, si calcola invece un secondo autovettore nullo, corrispondente ad un moto rigido spurio. La figura 5.29 illustra i modi di deformazione relativi all'elemento asta a tre nodi, in cui la matrice di rigidezza è integrata esattamente:

Fig. 5.29 – Modi di deformazione dell’elemento asta a 3 nodi.

La figura 5.30 illustra i modi di deformazione relativi ad un elemento trave inflessa, calcolato con integrazione esatta; si notano i due modi relativi ai gradi di libertà di moto rigido ed i due modi di deformazione, uno di flessione ed uno di taglio. La figura 5.31 illustra i modi di deformazione relativi ad un elemento isoparametrico a quattro nodi in condizioni di stato di deformazione piano, in cui la matrice di rigidezza è stata calcolata con integrazione esatta utilizzando 2 x 2 punti campione; si notano i tre modi relativi ai gradi di libertà di moto rigido ed i cinque modi di deformazione, due di flessione, uno di taglio, uno di estensione/compressione ed uno di estensione uniforme.

184

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Fig. 5.30 – Modi di deformazione dell’elemento trave inflessa.

Fig. 5.31 – Modi di deformazione dell’elemento a 4 nodi (integrazione esatta).

La figura 5.32 illustra invece i modi di deformazione relativi ad un elemento isoparametrico a quattro nodi in condizioni di stato di deformazione piano, in cui la matrice di rigidezza è stata calcolata con sottointegrazione utilizzando 1 punto campione; si notano i tre modi relativi ai gradi di libertà di moto rigido, due modi spuri e tre modi di deformazione, uno di taglio, uno di estensione/compressione ed uno di estensione uniforme. 185

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

Fig. 5.32 – Modi di deformazione dell’elemento a 4 nodi (sottointegrazione).

La figura 5.33 illustra i modi di deformazione relativi ad un elemento isoparametrico a quattro nodi in condizioni di stato di deformazione piano, in cui la matrice di rigidezza è stata calcolata con integrazione selettiva utilizzando 2 punti campione per le componenti normali della deformazione ed 1 punto campione per la componente di taglio.

Fig. 5.33 – Modi di deformazione dell’elemento a 4 nodi (integrazione selettiva).

186

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

5.5.5 Patch test Il patch test, ideato da Irons, è un metodo per verificare se nell'elemento, o meglio in un insieme di elementi di forma qualsiasi e comunque assemblati, sono rispettate le condizioni di moto rigido e di stato di deformazione costante. Questa verifica consiste nel assemblare diversi elementi, di forma qualsiasi, in modo tale che almeno un nodo sia compreso all'interno della struttura così formata come ad esempio nella figura 5.34. Se un elemento supera il patch test è garantita la convergenza al risultato esatto all'aumentare della suddivisione in elementi. Nella regione così definita si assuma un campo di spostamenti tale da produrre uno stato di deformazione costante. Il problema così definito viene ora risolto numericamente applicando su tutti i nodi esterni spostamenti congruenti con il campo imposto. Se il risultato del calcolo fornisce, nella regione definita, uno stato di tensione costante ed uguale a quello teorico allora l'elemento in questione ha superato il patch test.

Fig. 5.34 – Patch test.

È da notare che il superare o meno il patch test può dipendere fortemente dalla geometria dell'elemento utilizzata; ad esempio l'elemento a quattro nodi con modi incompatibili supera il patch test se ha forma di un parallelogramma, mentre non lo supera con forme diverse. Di conseguenza un solo patch test non è sufficiente per garantire la convergenza dell'analisi.

187

ELEMENTI ISOPARAMETRICI

ESEMPIO 5.5

Nel caso della figura 5.34 sia definito il seguente campo di spostamenti: 1 y u = ------ Ê x + ---ˆ 10 Ë 2¯

5.189

1 x v = ------ Ê --- + yˆ 10 Ë 2 ¯ e le coordinate dei nodi siano: NODO

1

2

3

4

5

6

7

8

X

0

40

40

0

10

30

25

12

Y

0

0

40

40

10

15

30

28

siano inoltre E = 100.000 , n = 0.3 e h = 1 . Gli spostamenti teorici dei nodi interni sono: NODO

5

6

7

8

U

1.50

3.75

4.00

2.60

V

1.50

3.00

4.25

3.40

e le deformazioni teoriche: e xx = e yy = g xy = 0.1

5.190

Le condizioni al contorno per la soluzione numerica sono ricavate dalla legge degli spostamenti definita ed applicate ai nodi 1, 2, 3, 4:

188

NODO

1

2

3

4

U

0.00

4.00

6.00

2.00

V

0.00

2.00

6.00

4.00

6. SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

6.1 INTRODUZIONE Un solido di rivoluzione è un corpo tridimensionale generato per rotazione di una sezione piana attorno ad un asse (fig. 6.1). Un solido di rivoluzione è assialsimmetrico se le proprietà geometriche e del materiale sono indipendenti dalla anomalia J . Se il carico è anch’esso assialsimmetrico il problema si riduce al caso bidimensionale; ogni punto della sezione è caratterizzato dagli spostamenti u (radiale) e w (assiale); l’analisi è essenzialmente coincidente con quella del problema piano con una variazione, dovuta alla presenza delle componenti circonferenziali della deformazione e della tensione.

Fig. 6.1 – Solido assialsimmetrico. 189

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

Nel caso di carico non assialsimmetrico, il problema può ancora essere ricondotto ad un caso bidimensionale, scomponendo il carico in serie di Fourier. Data l’ortogonalità della serie di Fourier il problema è risolto ricorrendo al principio di sovrapposizione degli effetti, sommando le n soluzioni ottenute applicando le componenti simmetriche e antisimmetriche del carico, corrispondenti agli n termini dell’espressione in serie di Fourier del carico. Un tipico elemento finito che descrive un solido di rivoluzione è caratterizzato da circonferenze nodali, piuttosto che da punti nodali.

6.2 CARICO ASSIALSIMMETRICO

Fig. 6.2 – Elemento triangolare assialsimmetrico.

La figura 6.2 illustra un elemento triangolare assialsimmetrico. Nel caso di materiale e carico assialsimmetrico le uniche componenti del vettore spostamento { u } in un punto generico P sono quella radiale, u e quella assiale, w, essendo la componente circonferenziale, v, nulla per simmetria:

{ u }T = { u w }

6.1

Il vettore spostamento {u } è espresso in funzione degli spostamenti nodali come:

n1 n2 n3 0 0 0 Ïu¸ {s} Ì ý = 0 0 0 n1 n2 n3 Óvþ

190

6.2

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

dove le funzioni di forma dell’elemento triangolare, funzione delle coordinate nodali dell’elemento sono date dalla 4.111:

1 n 1 = ------ [ ( x 2 y 3 – x 3 y 2 ) + ( y 2 – y 3 )x + ( x 3 – x 2 )y ] 2A 1 n 2 = ------ [ ( x 3 y 1 – x 1 y 3 ) + ( y 3 – y 1 )x + ( x 1 – x 3 )y ] 2A 1 n 3 = ------ [ ( x 1 y 2 – x 2 y 1 ) + ( y 1 – y 2 )x + ( x 2 – x 1 )y ] 2A

6.3

Le deformazioni dell'elemento sono definite dalla 3.94:

{ e } T = { e rr

e zz

e JJ

g rz }

6.4

con:

e rr = e zz =

u 2p ( r + u ) – 2pr e JJ = -------------------------------------- = -r 2pr

∂u ∂r ∂w ∂z

g rz

∂u ∂w = + ∂z ∂r

6.5

e in forma matriciale:

∂ ∂r {e} =

0 1 --r ∂ ∂z

0 ∂ ----∂z { u } = [ ∂ ] [ n ] { s }

6.6

0 ∂ ----∂r

e derivando:

{e} = [b]{s}

6.7

Il vettore delle tensioni è:

{ s } T = { s rr

s zz

s JJ

t rz }

6.8

e la relazione tensioni deformazioni:

191

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

1 –n Ï s rr ¸ Ô Ô n Ô s zz Ô E - n Ì ý = (------------------------------------1 + n ) ( 1 – 2n ) Ô s JJ Ô Ô Ô 0 Ó t rz þ

n n 1–n n n 1–n 0

0

0 0 0 1 – 2n --------------2

Ï e rr ¸ Ô Ô Ô e zz Ô Ì ý Ô e JJ Ô Ô Ô Ó g rz þ

6.9

La matrice di rigidezza è data da:

[k] =

ÚV [ b ]T [ E ] [ b ] dV

6.10

l'elemento di volume dV è espresso da: dV = r dr dJ dz = r dr dA. Si ha:

[k] =

2p

ÚA Ú0

[ b ] T [ E ] [ b ]r dJ dA = 2p

ÚA [ b ]T [ E ] [ b ]r dA

6.11

dove A è l’area della sezione retta dell’elemento assialsimmetrico. L’integrale è di solito valutato numericamente in quanto i termini di [b] sono funzioni logaritmiche. Nel caso di elementi isoparametrici la matrice di rigidezza si ricava in modo analogo a quanto visto in 5.2. Ad esempio per elementi quadrangolari assialsimmetrici (fig. 6.3).

Fig. 6.3 – Elemento assialsimmetrico a 4 nodi.

gli spostamenti u e w e le funzioni di forma ni sono date dalle eq. 5.38 e 5.22: 192

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

4

 ni (x ,h )ui

u =

i=1 4

6.12

 ni (x ,h )wi

w =

i=1

1 n 1 = --- ( 1 – x ) ( 1 – h ) 4 1 n 3 = --- ( 1 + x ) ( 1 + h ) 4

1 n 2 = --- ( 1 + x ) ( 1 – h ) 4 1 n 4 = --- ( 1 – x ) ( 1 + h ) 4

6.13

Le deformazioni 6.5, sostituendo agli spostamenti u e v le espressioni delle funzioni di forma, sono espresse come: n

e rr =

Â

∂n i u ∂r i

Â

∂n i w ∂z i

i=1 n

e zz =

i=1

n

e JJ =

Â

ni ---- u i r

Â

Ê ∂n i u + ∂n i w ˆ Ë ∂ z i ∂ r i¯

i=1 n

g rz =

i=1

6.14

e in forma matriciale, esplicitando il solo termine i-esimo:

{e} =

º

º

∂n i ∂r

º

º

0

º

º

ni ---r

º

º

∂n i ∂z

0 ºº Ï Ô Ô ∂n i Ô ºº Ô ∂z Ì Ô 0 ºº Ô Ô Ô ∂n i Ó ºº ∂r

¸ Ô Ô Ô Ô ý wi Ô Ô º Ô º Ôþ

º º ui

6.15

e la matrice di rigidezza [k]:

[k] =

1

1

p

1

1

Ú–1 Ú–1 Ú–p [ b ]T [ E ] [ b ]r dJ det [ J ] dx dh

= 2p

6.16

Ú–1 Ú–1 [ b ]T [ E ] [ b ]r det [ J ] d x d h 193

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

Adottando lo schema di integrazione numerica di Gauss: m

[ k ] = 2p Â

m

 wi wj [ b ]ij [ E ] [ b ]ij rij det [ J ]ij T

6.17

i = 1j = 1

dove m è l'ordine di integrazione, wi, wj sono i pesi di integrazione, [b]ij, rij e det [ J ]ij sono calcolati nei punti di integrazione xi , hj. Alcuni termini sotto integrale sono funzione diretta di 1/ r. Nel caso di integrazione numerica con il metodo di Gauss questi termini rimangono finiti poiché i punti di integrazione non comprendono il caso r = 0. Tuttavia si può avere una forma indeterminata nel calcolo delle deformazioni circonferenziali e JJ = u § r e delle tensioni per punti giacenti sull’asse z dove r = 0. Un modo di ovviare a questo inconveniente è quello di estrapolare i valori calcolati nei punti di integrazione di Gauss. Un’altra opzione, che deriva dal fatto che per r = 0 e rr = e JJ , è quella di sostituire, per il calcolo dei valori di tensione per punti giacenti sull’asse z, la riga corrispondente a e JJ con quella corrispondente a err nella matrice [b].

6.3 CARICO NON ASSIALSIMMETRICO In presenza di solidi assialsimmetrici soggetti a carichi non assialsimmetrici è ancora possibile risolvere il problema in modo quasi-bidimensionale scomponendo i carichi e gli spostamenti nodali in serie di Fourier lungo la circonferenza. Nel caso di carico non assialsimmetrico la componente tangenziale dello spostamento, v non può più essere considerata nulla, per cui:

{ u }T = { u w v }

6.18

Le componenti radiale circonferenziale e assiale del carico, F, sono:

{ f } T = { fr fz fc }

6.19

Queste possono essere espresse in serie di Fourier come: m

fr =

s

 ( fz

s

 ( fc

s

h=0 m

fz =

h=0 m

fc =

h=0

194

m

 ( fr

)h cos ( hJ ) +

 ( fr

h=0 m

)h cos ( hJ ) +

 ( fz

h=0 m

)h sin ( hJ ) +

A

 ( fc

h=0

) h sin ( hJ )

A

A

)h sin ( hJ )

)h cos ( hJ )

6.20

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

Fig. 6.4 – Componenti simmetriche e antisimmetriche.

dove ciascun termine della serie è anche chiamata armonica ed h è l’ordine di ciascuna armonica. L’esponente s ed A denotano le componenti simmetriche ed antisimmetriche del carico (fig. 6.4), dove simmetria e antisimmetria sono riferite rispetto ad un piano di riferimento J = 0 . La sommatoria è estesa agli m termini necessari per descrivere correttamente la distribuzione di carico. In modo analogo gli spostamenti sono espressi in serie di Fourier: m

u ( r, z, J ) =

Â

h=0 m

w ( r, z, J ) = v ( r, z, J ) =

m

u hs cos ( hJ )

+

 u hA sin ( hJ )

h=0 m

 whs cos ( hJ ) +  whA sin ( hJ )

h=0 m

h=0 m

h=0

h=0

6.21

 vhs sin ( hJ ) +  v hA cos ( hJ ) 195

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

dove u hs , u hA, w hs , w hA, v hs e v hA sono i coefficienti di Fourier per l’armonica di ordine h. In forma matriciale la 6.21 è: m

{u} =

Â

m

[ q hs ] { u hs }

+

h=0

 [ q hA ] { u hA}

6.22

s Ï { u h } ¸ˆ Ì A ý˜ Ó { u h } þ¯

6.23

h=0

ovvero: m

Ê { u } = Â Á [ q hs ] h = 0Ë

[ q hA ]

con: s s s { u hs } T = { u h w h v h }

{ u hA} T = { u hA w hA v hA}

6.24

e:

[ q hs ] =

[ q hA ] =

cos ( hJ ) 0 0 0 cos ( hJ ) 0 0 0 sin ( hJ )

6.25

sin ( hJ ) 0 0 0 sin ( hJ ) 0 0 0 cos ( hJ )

Per l’armonica h-esima gli spostamenti di un punto dell’elemento sono espressi in funzione degli spostamenti nodali attraverso le funzioni di forma [n]:

{ u hs } = [ n ] { s hs }

{ u hA } = [ n ] {s hA}

6.26

e gli spostamenti complessivi: m

{u} =

Â

h=0

m

[ q hs ] [ n ] { s hs }

+

 [ q A ] [ n ] {s hA }

6.27

h=0

ovvero: m

Ê { u } = Â Á [ q hs ] [ n ] [ q hA ] [ n ] h = 0Ë 196

Ï {s h } ¸ˆ Ì A ý˜ Ó{s h }þ¯ s

6.28

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

Le deformazioni dell'elemento sono definite da: e rr =

∂u ∂r

u e JJ = -r

1 ∂u ∂v g rJ = --- Ê – vˆ + r Ë ∂J ¯ ∂r

g zJ =

∂v 1 ∂w + --∂z r ∂J

e zz =

∂w ∂z

g rz =

∂u ∂w + ∂z ∂r

6.29

e in forma matriciale:

∂ ----∂r 1 --r {e} =

0

0

0

1∂ --- ------r ∂J

∂ ----∂z

0 1∂ --- ------r ∂J

0

0 1∂ --- ------r ∂J ∂ ----∂r

0 ∂ ----∂z

{u} = [∂]{u}

∂ 1 ----- – --∂r r ∂ ----∂z

6.30

0

con:

{ e } T = { e rr

e JJ

e zz

g rJ

g zJ

g rz }

6.31

 [ ∂ ] [ qhA ] [ n ] {s hA }

6.32

e, sostituendo la 6.27: m

{e} =

Â

m

[ ∂ ] [ q hs

] [ n ] {s hs }

h=0

+

h=0

ovvero: m

{e} =

Â

m

[ b hs

] { s hs }

h=0

+

 [ bhA ] { s hA }

h=0

s Ê Ï { s h } ¸ˆ s A { e } =  Á [ b h ] [ b h ] Ì A ý˜ = Ó{ s h }þ¯ h = 0Ë m

6.33

m

 [ b h ]{ s h }

6.34

h=0

Il vettore delle tensioni è:

197

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

{ s } T = { s rr

s JJ

s zz

t rJ

t zJ

t rz }

6.35

e la relazione tensioni deformazioni: Ï s rr ¸ Ô Ô Ô s JJ Ô Ô Ô Ô s zz Ô E Ì ý = ------------------------------------( 1 + n ) ( 1 – 2n ) Ô t rJ Ô Ô Ô Ô t zJ Ô Ô Ô Ó t rz þ

1 –n n n

n n 1–n n n 1–n

0 0 0 1 – 2n --------------2

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0 0 0

0 0 0

Ï e rr ¸ Ô Ô Ô e JJ Ô Ô Ô e 0 0 ÔÌ zz Ôý Ô e rJ Ô 1 – 2n --------------- 0 ÔÔ e ÔÔ zJ 2 Ô Ô 1 – 2n g 0 --------------- Ó rz þ 2

6.36

e, sostituendo per {e} la 6.33: m

m

Ê ˆ { s } = [ E ] Á Â [ b hs ] { s hs } + Â [ b hA ] { s hA } ˜ Ëh=0 ¯ h=0

6.37

ovvero: m s Ê Ï { s n } ¸ˆ s A { s } = [ E ]  Á [ b h ] [ b h ] Ì A ý˜ = [ E ]  [ b h ]{ s h } Ó{ s n }þ¯ h = 0Ë h=0 m

6.38

La matrice di rigidezza è data da: m

[k] =

m

  [ khl ]

6.39

h = 0l = 0

avendo indicato con [ k hl ] il contributo alla rigidezza delle armoniche di ordine h e l:

[ k hl ] = [ k hl ] =

ÚV [ bh ]T [ E ] [ bl ] d V ÚV

[ b hs ]T [ b hA ]T

[ E ] [ b ls ] [ b lA ] d V

l'elemento di volume dV è espresso da: dV = r dr dJ dz = r dr dA. Si ha:

198

6.40

6.41

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

[ k hl ] =

2p

ÚA Ú0

[ b hs ] T [ b hA ] T

s A [ E ] [ bl ] [ bl ] r d J d A

6.42

dove A è l’area della sezione retta dell’elemento assialsimmetrico. La 6.42 si può elaborare come:

[ k hl ] =

2p

ÚA Ú0

[ b hs ]T [ E ] [ b ls ] [ b hs ] T [ E ] [ b lA ] [ b hA ]T [ E ] [ b ls ]

[ b hA ] T [ E ]

[ b lA ]

rdJdA

6.43

rdJdA

6.44

La matrice [k] è quindi:

[k] =

2p m

m

[ b hs ]T [ E ] [ b ls ] [ b hs ] T [ E ] [ b lA]

ÚA Ú0 hÂ= 0 lÂ= 0 [ bhA ]T [ E ] [ bls ]

[ b hA ] T [ E ] [ b lA]

Sono quindi da calcolare i seguenti integrali: 2p m

m

s ÚA Ú0 hÂ= 0 lÂ= 0 [ bh ]T [ E ] [ bls ] r d J d A 2p m

m

2p m

m

2p m

m

6.45

A A ÚA Ú0 hÂ= 0 lÂ= 0 [ b h ]T [ E ] [ b l ] r d J d A A ÚA Ú0 hÂ= 0 lÂ= 0 [ bhs ]T [ E ] [ bl ] r d J d A

6.46

s A ÚA Ú0 hÂ= 0 lÂ= 0 [ b h ]T [ E ] [ bl ] r d J d A

Tutti i termini delle matrici in 6.46 contengono i seguenti integrali, il cui risultato è sempre nullo quando integrato tra 0 e 2p: 2p

Ú0

sin ( hJ ) cos ( hJ ) dJ = 0

h, l = 0, 1, 2, º, m

6.47

I termini simmetrici e antisimmetrici dell’espressione in serie sono quindi disaccoppiati, come d’altronde era chiaro visto che le serie di Fourier sono ortogonali. In modo analogo si può constatare che gli integrali in 6.45 sono riconducibili a due tipi:

199

SOLIDI ASSIALSIMMETRICI

2p

Ú0

2p

Ú0

Ï0 Ô cos ( hJ ) cos ( hJ ) dJ = Ì p Ô Ó 2p

hπl l = nπ0 l = n = 0 6.48

Ï0 Ô sin ( hJ ) sin ( ( hJ ) dJ ) = Ì p Ô Ó 2p

hπl l = nπ0 l = n = 0

La matrice [k] sarà quindi composta solo da sottomatrici sulla diagonale principale. Le singole armoniche possono quindi essere analizzate separatamente ed il risultato finale può essere ottenuto sovrapponendo i risultati relativi alle m armoniche, come indicato in 6.27, 6.33, 6.37.

[k] =

ss ] [ k 00

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

ss ] [ k 11

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

º

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0 [ k iiss ] 0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

º

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

ss ] 0 [ k mm

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

AA ] [ k 00

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

AA ] 0 [ k 11

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

º

0

0

0

0

0

º

0

0

AA ] [ k mm

0

0

0

0

0

0

0

0

0

[ k iiAA ]

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

200

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

6.49

7. PIASTRE INFLESSE

7.1 RICHIAMI DELLA TEORIA DELLE PIASTRE INFLESSE Questo capitolo si riferisce solamente alle piastre piane in campo lineare caricate perpendicolarmente alla loro superficie media; se si suppone (fig. 7.1) che il piano medio coincide con il piano di riferimento xy si avrà:

s xx = s yy = t xy = 0

per

z=0

7.1

Verranno inoltre considerate solo piastre sottili (una delle due dimensioni è trascurabile rispetto alle altre due) e quindi è possibile fare le seguenti ipotesi: 1. La componente di tensione szz normale al piano medio può essere trascurata rispetto alle altre componenti sxx, syy, txy (stato di tensione piano) 2. Lo spostamento trasversale w non varia lungo lo spessore. (questa ipotesi è in contrasto con la prima) 3. Si ipotizza altresì, così come fatto per la teoria delle travi inflesse, che sezioni piane perpendicolari al piano medio restino piane dopo deformazione. Nell’ipotesi di Kirchoff si ammette inoltre che il contributo del taglio trasversale tyz , tzx sia nullo ed allora segmenti inizialmente perpendicolari alla superficie media restano tali dopo la deformazione. Nell’ipotesi di Mindlin si considera invece il contributo del taglio trasversale e quindi segmenti inizialmente perpendicolari alla superficie media in generale non restano tali dopo deformazione 7.1.1 Sistemi di riferimento L’elemento piastra è caratterizzato, nel suo piano medio, da uno spostamento verticale w, e da due rotazioni ax , ay. È possibile definire spostamenti e rotazioni secondo due sistemi di riferimento, il primo di tipo convenzionale ed il secondo più utile per la caratterizzazione dell’elemento piastra (fig. 7.1a e fig. 7.1b). Si ha:

a x = – aˆ y

a y = aˆ x

7.2 201

PIASTRE INFLESSE

Fig. 7.1 – Sistemi di riferimento.

7.1.2 Tensioni e carichi per unità di lunghezza È conveniente, così come per le travi, usare i carichi ed i momenti per unità di lunghezza al posto delle tensioni, utilizzare cioè le caratteristiche delle sollecitazioni (in tal modo si effettua una preintegrazione lungo lo spessore della piastra).

Fig. 7.2 – Tensioni e carichi per unità di lunghezza.

Detto h lo spessore della piastra (fig. 7.2) si ha:

Mx = Fx =

202

h§2

Ú–h § 2 h§2

sx z dz

Ú–h § 2 txz dz

My = Fx =

h§2

Ú–h § 2 h§2

s y z dz M xy =

Ú–h § 2 tyz dz

h§2

Ú–h § 2 txy z dz

7.3

PIASTRE INFLESSE

Le tensioni espresse in funzione dei carichi per unità di lunghezza sono:

12M y -z s y = -----------h3

12M x -z s x = -----------h3

12M xy -z t xy = -------------h3

7.4

ed i valori massimi, in corrispondenza delle superficie di intradosso ed estradosso, valgono in valore assoluto:

6M x s x = --------h2

6M y s y = --------h2

6M xy t xy = ----------h2

7.5

Normalmente gli sforzi di taglio txz e tyz sono trascurabili; essi raggiungono il valor massimo per z = 0:

Fx t xz = 1.5 ----h

Fy t yz = 1.5 ----h

7.6

7.2 IPOTESI DI KIRCHOFF 7.2.1 Spostamenti e deformazioni Nell’ipotesi di Kirchoff le sezioni inizialmente perpendicolari alla superficie media restano tali dopo deformazione (fig. 7.3). Utilizzando il sistema di riferimento illustrato in figura 7.1b, si ha:

ax =

∂w ∂x

u = –z

ay =

∂w = – za x ∂x

∂w ∂y

7.7

v = –z

∂w = – za y ∂y

7.8

Fig. 7.3 – Spostamenti e rotazioni: ipotesi di Kirchoff.

203

PIASTRE INFLESSE

Le deformazioni sono espresse da:

e xx

2 ∂a x ∂w ∂u = = –z = –z 2 = –z kx ∂x ∂x ∂x

e yy

2 ∂a y ∂w ∂v = = –z = –z 2 = –z ky ∂y ∂y ∂y

g xy =

7.9

2 ∂a ∂a ∂w ∂u ∂v = – z Ê x + yˆ = – z 2 = – z k xy + Ë∂y ∂ xy ∂y ∂x ∂x ¯

avendo definito le curvature kx , ky , kxy come: kx =

2 ∂a x ∂w = ∂x ∂x 2

ky =

2 ∂a y ∂w = ∂y ∂y 2

2 ∂a ∂a ∂w k xy = Ê ---------x + yˆ = 2 Ë ∂y ∂ x ¯ ∂ xy

7.10

7.2.2 Relazioni tensioni-deformazioni Per una piastra isotropa si ha, nell’ipotesi di Kirchoff:

Ï s xx ¸ Ô Ô E Ì s yy ý = -------------21–n Ô Ô t Ó xy þ

1 n

n 1

0

0

0 0 1–n -----------2

Ê Ï e xx ¸ Ï a x* T ¸ˆ ÁÔ Ô Ô Ô˜ Á Ì e yy ý – Ì a * T ý˜ Á Ô Ô Ô y Ô˜ Ë Ó g xy þ Ó 0 þ¯

7.11

in funzione delle curvature e dei carichi per unità di lunghezza si ha:

Ï e xx ¸ Ï c xx ¸ Ô Ô Ô Ô Ì e yy ý = – z Ì c yy ý Ô Ô Ô Ô Ó g xy þ Ó c xy þ

Ï s xx ¸ Ï Mx ¸ Ô Ô Ô 12z Ô M Ì s yy ý = ------Ì ý h 3 Ô xy Ô Ô Ô Ó t xy þ Ó M xy þ

e per il termine della temperatura:

2z T = -----T 0 h

Fig. 7.4 – Gradiente di temperatura. 204

7.12

PIASTRE INFLESSE

Ï a x* T ¸ Ï a* ¸ Ï k xo ¸ 2zT 0Ô x Ô Ô Ô Ô Ô -Ì a * ý = – z Ì k yo ý Ì a y* T ý = – ----------h Ô yÔ Ô Ô Ô Ô Ó 0 þ Ó 0þ Ó 0 þ

2T 0 k xo = a x* --------h 2T 0 k yo = a y* --------h

7.13

Si ha quindi:

Ï Mx ¸ Ô Ô Eh 3 Ì M y ý = ------------------------12 ( 1 – n 2 ) Ô Ô Ó M xy þ

1 n

n 1

0

0

0 0 1–n -----------2

Ê Ï k x ¸ Ï k xo ¸ˆ ÁÔ Ô˜ Ô Ô Á Ì k y ý – Ì k yo ý˜ 7.14 ÁÔ Ô˜ Ô Ô Ë Ó k xy þ Ó 0 þ¯

7.3 IPOTESI DI MINDLIN 7.3.1 Spostamenti e deformazioni Nell’ipotesi di Mindlin si ammette che la deformazione a taglio non sia più trascurabile per cui una sezione piana perpendicolare alla superficie media prima della deformazione rimane piana ma non più perpendicolare alla superficie media (fig. 7.5). Utilizzando il sistema di riferimento illustrato in figura 7.1b, si ha:

ax =

∂w – g zx ∂x

ay =

∂w – g zy ∂y

7.15

Fig. 7.5 – Spostamenti e rotazioni: ipotesi di Mindlin. 205

PIASTRE INFLESSE

u = – za x

v = – za y

7.16

Le deformazioni sono espresse da:

e xx = e yy =

∂a ∂a g xy = – z Ê x + yˆ = – zk xy Ë∂y ∂x ¯

∂a x ∂u = –z = – zk x ∂x ∂x ∂a y ∂v = –z = – zk y ∂y ∂y

g yz =

∂w – a y = – k yz ∂y

g zx =

∂w – a x = – k zx ∂x

7.17

avendo definito le curvature kx , ky , kxy , kyz, kzx come:

kx = k xy

∂a x ∂x

ky =

∂a ∂a = Ê x + yˆ Ë ∂y ∂x ¯

k yz =

∂a y ∂y

7.18

∂w – ay ∂y

k zx =

∂w – ax ∂x

7.3.2 Relazioni tensioni-deformazioni Per una piastra isotropa si ha, nell’ipotesi di Mindlin:

Ï s xx ¸ Ô Ô E Ì s yy ý = -------------21–n Ô Ô t Ó xy þ

1 n

n 1

0

0

0 0 1–n -----------2

Ê Ï e xx ¸ Ï a x* T ¸ˆ ÁÔ Ô Ô Ô˜ Á Ì e yy ý – Ì a * T ý˜ Á Ô Ô Ô y Ô˜ Ë Ó g xy þ Ó 0 þ¯

7.19

in funzione delle curvature e dei carichi per unità di lunghezza si ha:

Ï e xx ¸ Ï kx ¸ Ô Ô Ô Ô Ì e yy ý = – z Ì k y ý Ô Ô Ô Ô Ó g xy þ Ó k xy þ

Ï s xx ¸ Ï Mx ¸ Ô Ô Ô 12z Ô - Ì My ý Ì s yy ý = ------3 h Ô Ô Ô Ô t Ó xy þ Ó M xy þ

Ï g yz ¸ Ï k yz ¸ Ì ý = Ì ý Ó g zx þ Ó k zx þ

Ï t yz ¸ 1.5 Ï F y ¸ Ì ý = -----h ÌÓ F ýþ Ó t zx þ x

Si ha quindi: 206

7.20

PIASTRE INFLESSE

1 n 0 0 0 Ï Mx ¸ n 1 0 0 0 Ô Ô 1–n Ô My Ô 0 0 -----------0 0 Ô Ô Eh 3 2 Ì M xy ý = ------------------------12 ( 1 – n 2 ) 6(1 – n) Ô Ô 0 0 0 0 ------------------Ô Fy Ô h2 c Ô Ô Ó Fx þ 6(1 – n) -------------------0 0 0 0 h2 c

Ê Ï k x ¸ Ï k ¸ˆ Á Ô Ô Ô xoÔ˜ Á Ô k y Ô Ô k Ô˜ Á Ô Ô Ô yo Ô˜ Á Ì k xyý – Ì 0 ý˜ Á Ô Ô Ô Ô˜ Á Ô k yz Ô Ô 0 Ô˜ Á Ô Ô Ô Ô˜ Ë Ó k þ Ó 0 þ¯

7.21

zx

7.4 FORMULAZIONE DI RIGIDEZZA NELL’IPOTESI DI KIRCHOFF Nell’ipotesi in cui si trascura il contributo del taglio alla deformazione (ipotesi di Kirchoff ), appare chiaro che se viene assegnato il campo degli spostamenti w, è necessario calcolarne le derivate seconde per ricavare le deformazioni, e che inoltre si dovrà formulare un elemento in classe C1, ovvero con continuità sulle derivate prime dello spostamento, dovendo assicurare la congruenza (anche lungo lo spessore dell’elemento). La cosa non è impossibile, ma diventa immediatamente piuttosto complicata. Sia ammetta a tale scopo di avere un elemento a quattro nodi rappresentato in figura 7.6 nello spazio naturale x, h.

Fig. 7.6 – Elemento piastra quadrangolare.

Dovendo interpolare in classe C1 una funzione f (x, h) si definirà innanzitutto una funzione interpolatrice sul lato 1-2:

f 12 = G 1 ( x ) f 1 + G 2 ( x )

∂f 1 ∂f 2 + G3 ( x ) f2 + G4 ( x ) ∂x ∂x

7.22

207

PIASTRE INFLESSE

essendo Gi ( x ) le funzioni di forma cubiche già viste per le travi inflesse, fi i valori della funzione f nel nodo i ed ∂f i § ∂h il valore che la derivata di f secondo la variabile h assume nel nodo i. Sul lato 1-2 occorre anche definire indipendentemente la derivata rispetto a h: 2

2

∂f 1 ∂ f1 ∂f 2 ∂ f2 ∂f 12 = G1 ( x ) + G2 ( x ) + G3 ( x ) + G4 ( x ) ∂h ∂ x ∂h ∂h ∂ x ∂h ∂h

7.23

Analogamente sul lato opposto, 4-3 si ha:

f 43 = G 1 ( x )f 4 + G 2 ( x )

∂f 4 ∂f 3 + G 3 ( x )f 3 + G 4 ( x ) ∂x ∂x 2

7.24 2

∂f 4 ∂f 3 ∂ f4 ∂ f3 ∂f 43 = G1 ( x ) + G2 ( x ) + G3 ( x ) + G4 ( x ) 7.25 ∂h ∂h ∂ x ∂h ∂ x ∂h ∂h Interpolando secondo h:

f ( x, h ) = G 1 ( h ) f 12 + G 2 ( h )

∂f 12 ∂f 43 + G 3 ( h ) f 43 + G 4 ( h ) ∂h ∂h

7.26

Sostituendo le 7.22, 7.23, 7.24, 7.25 nella 7.26 si ottiene la funzione di interpolazione bicubica nella quale appaiono come coefficienti i valori, calcolati nei nodi, della funzione, di tutte le sue derivate prime e delle derivate seconde miste; in totale 16 coefficienti. Per il calcolo delle rotazioni si ha:

ax =

∂w ∂x ∂w ∂h ∂w ◊ + ------- ◊ -----= ∂ x ∂ x ∂h ∂x ∂x

∂w ∂x ∂w ∂h ∂w = ◊ + ------- ◊ -----ay = ∂ x ∂ y ∂h ∂y ∂y

7.27

I valori delle derivate di x, h rispetto a x e y si possono ricavare numericamente invertendo lo jacobiano, così come si è già visto nel caso degli elementi isoparametrici membranali. Le deformazioni si ricavano dalla 7.10:

208

PIASTRE INFLESSE

2

2

2

2

2

2

2

2

2

2

2

2

cx =

∂ w ∂x ∂h ∂w ∂ h ∂ w Ê ∂hˆ 2 ∂ w Ê ∂xˆ 2 ∂w ∂ x ------ ------ + ------2 + + + ∂x ∂x 2 ∂ x∂h ∂x ∂x ∂h ∂ x 2 ∂ h 2 Ë ∂ x ¯ ∂ x 2 Ë ∂ x¯

cy =

∂ w ∂x ∂h ∂w ∂ h ∂ w Ê ∂hˆ 2 ∂ w Ê ∂xˆ 2 ∂w ∂ x ------ ------ + ------2 + + + ∂x ∂y 2 ∂ x∂h ∂y ∂y ∂h ∂ y 2 ∂ h 2 Ë ∂ y ¯ ∂ x 2 Ë ∂ y¯

c xy =

2

2

7.28 2

∂ w Ê ∂x ∂h ∂x ∂hˆ ∂w ∂ h ∂ w ∂x ∂x ∂w ∂ x ∂ w ∂h∂h ------ ------ + -------------+ +2 + ------+ ∂ x ∂h Ë ∂ x ∂ y ∂ y ∂ x ¯ ∂h ∂ x∂y ∂ h 2 ∂x∂y ∂ x 2 ∂x ∂y ∂ x ∂ x∂y

Si intuisce, senza procedere oltre, che le cose si complicano assai rapidamente: infatti questa non è una strada effettivamente seguita. Continuità degli spostamenti implica congruenza di w e∂w § ∂n (derivata direzionale); questo rende difficile costruire funzioni di forma congruenti. Se si usano come gradi di libertàw, ∂w § ∂x, ∂w § ∂y, vi sarà discontinuità di ∂ 2 w § ∂x∂y . Si escogitano allora elementi con sottocampi aventi differenti funzioni di forma. Una delle soluzioni possibili si ottiene rinunciando a lavorare in classe C 1; si possono definire funzioni interpolatrici indipendenti per lo spostamento e per le rotazioni, lavorando così in classe C0. Occorre però che rotazioni e spostamento siano effettivamente indipendenti; bisogna quindi abbandonare l’ipotesi di Kirchoff e questo può essere fatto tenendo conto dell’effetto del taglio sulla deformata della piastra. Nei paragrafi seguenti si tratterà prima il problema, più semplice, relativo alla trave per estendere successivamente il tutto al caso bidimensionale.

7.5 LA TRAVE DI TIMOSHENKO Nella letteratura anglosassone si chiama trave di Timoshenko la trave inflessa nella quale la rotazione della sezione è svincolata da quella della normale all’asse neutro. Si ha:

e xx = g xy =

∂a z ∂u = –y ∂x ∂x ∂v – az ∂x

7.29

Lo spostamento v e la rotazione az sono interpolati indipendentemente così l’elemento può rappresentare la deformazione dovuta al taglio. È tuttavia da notare che questo elemento, se lineare, può simulare un momento costante ma non uno variabile linearmente.

209

PIASTRE INFLESSE

Fig. 7.7 – Effetto del taglio sulla rotazione della sezione.

7.5.1 Elemento lineare La figura 7.8 rappresenta l’elemento trave di Timoshenko lineare.

Fig. 7.8 – Elemento trave a 2 nodi.

Lo spostamento v e la rotazione az sono interpolati indipendentemente come:

Ïv ¸ v = n1 n2 Ì 1 ý Ó v2 þ Ïa ¸ a z = n 1 n 2 Ì z1 ý Ó a z2 þ con

210

7.30

PIASTRE INFLESSE

x n1 = 1 – l

x n2 = l

7.31

Definendo il vettore degli spostamenti come:

{ s } T = { v 1 a z1 v 2 a z2 }

7.32

le deformazioni exx e gxy sono espresse come:

e xx = – y

∂a z ∂n 2 ∂n 1 = –y 0 { s } = [ bF ] { s } 0 ∂x ∂x ∂x

7.33

con

∂n 2 1 = --∂x l

∂n 1 1 = – --l ∂x

7.34

La matrice di rigidezza dell’elemento può essere calcolata come somma di una parte flessionale [kF ] ed una di taglio [kT ], essendo i due fenomeni disaccoppiati.

[ k ] = [ kF ] + [ kT ]

7.35

con:

[ kF ] = [ kT ] =

ÚV [ bF ]T [ E ] [ bF ] dV ÚV [ bT

]T[ E ][ b

7.36

T ]dV

Si ha:

[ kF ] = E Jz

Úl

0

0

0

0

Ê ∂n 1ˆ Ë∂x ¯

0

0

0

0

∂n 1 ∂n 2 ◊ ∂x ∂x

0

2

0

0 ∂n 1 ∂n 2 ◊ ∂ x ∂ x dx 0 Ê ∂n 1ˆ Ë∂x ¯

7.37

2

211

PIASTRE INFLESSE

e:

Ê ∂n 1ˆ Ë∂x ¯ GA [ k T ] = -------c

Úl

2

– n1

Ê ∂n 1ˆ Ë∂x ¯

∂n 1 –n1 ∂x ∂n 1 ∂n 2 ◊ ∂x ∂x –n2

∂n 1 ∂x

∂n 1 ∂x

–n1

∂n 1 ∂n 2 ◊ ∂x ∂x

2

∂n 2 ∂x

∂n 1 ∂n 2 ◊ ∂x ∂x

–n1

∂n 2 ∂x

Ê ∂n 2ˆ Ë∂x ¯ –n2

–n2

∂n 1 ∂x

n1 n2

2

–n2

∂n 2 ∂x

∂n 2 ∂x

Ê ∂n 2ˆ Ë∂x ¯

dx

7.38

2

Integrando analiticamente (o numericamente con due punti di Gauss) si ha:

E Jz [ kF ] = -------l

GA [ k T ] = -------cl

0 0 0 1 0 0 0 –1

0 0 0 0

1

l --2

l --2 –1 l --2

0 –1 0 1

7.39

–1

l2 ---3 l – --2

l – --2

l2 ---6

l – --2

1

l --2 l2 ---6 l – --2

7.40

l2 ---3

Se si sottostima la componente di rigidezza dovuta al taglio, sottointegrando la matrice di rigidezza [kT ] con un solo punto di Gauss si ottiene:

212

PIASTRE INFLESSE

1

l --2

l --GA 2 [ kT ] = -------cl –1

l2 ---4 l – --2

l – --2

l --2

l2 ---4

l – --2

–1

1

l --2 l2 ---4 l – --2

7.41

l2 ---4

I vettori dei carichi nodali equivalenti ad un carico distribuito qv e quello dovuto ad una differenza di temperatura 2DT fra intradosso ed estradosso sono rispettivamente:

Ïl l ¸ { f e } qT = q v Ì --- 0 --- 0 ý 2 2 Ó þ T { f e } DT

7.42

2E Jz a* DT = --------------------------- { 0 1 0 – 1} h

7.5.2 Elemento parabolico La figura 7.9 rappresenta l’elemento trave di Timoshenko parabolico. Le leggi dello spostamento v e della rotazione az sono in tal caso date da funzioni di secondo grado, così come nel caso dell’elemento asta parabolico visto nel cap. 5, eq. 5.65 e 5.66:

Ï v1 ¸ Ô Ô v = n1 n2 n3 Ì v2 ý Ô Ô Ó v3 þ

7.43

con:

1 n 1 = – --- x ( 1 – x ) 2 ∂n 1 1 = – --- + x 2 ∂x

1 n 2 = --- x ( 1 – x ) 2 ∂n 2 1 = --- + x ∂x 2

n3 = 1 – x 2 ∂n 3 = – 2x ∂x

7.44

213

PIASTRE INFLESSE

Fig. 7.9 – Elemento trave a 3 nodi.

Supponendo il nodo centrale in mezzeria ( x3 = (x1 + x2)/2), lo Jacobiano ed il suo determinante valgono, eq. 5.68:

l [ J ] = --2

2 [ J ] –1 = --l

l det [ J ] = --2

7.45

Ordinando il vettore degli spostamenti come:

{ s } T = { v 1 a z1 v 2 a z2 v 3 a z3 }

7.46

le deformazioni exx e gxy sono date da: e xx = – y

∂n 1 ∂n 2 ∂n 3 ∂a 0 0 = –y 0 {s} ∂x ∂x ∂x ∂x

∂n 1 ∂n 2 ∂n 3 2 = – y --- 0 ∂ x 0 ∂ x 0 ∂ x { s } l

7.47

2 = – y --- 0 Ê – 1--- + xˆ 0 Ê 1--- + xˆ 0 ( – 2x ) { s } l Ë 2 ¯ Ë2 ¯ = [ bF ] { s }

g xy =

∂v –a = ∂x

= 2--- Ê – 1--- + xˆ ¯ lË 2 = [ bT ] { s }

214

∂n 1 ∂n 2 ∂n 3 –n1 –n2 –n3 { s } ∂x ∂x ∂x 1 2 1 1 4 --- x ( 1 – x ) --- Ê --- + xˆ – --- x ( 1 + x ) – --- x – ( 1 – x 2 ) { s } ¯ 2 l Ë2 2 l

7.48

PIASTRE INFLESSE

La matrice di rigidezza si calcola come somma dei due contributi flessionale e di taglio così come per l’elemento lineare:

[ k ] = [ kF ] + [ kT ] [ kF ] = [ kT ] =

ÚV [ bF ]T [ E ] [ bF ] ( dA ) dx

7.49

ÚV [ bT ]T [ E ] [ bT ] ( dA ) dx

Integrando analiticamente i due termini si ottiene per la parte flessionale (stessi termini dell’elemento asta parabolica 5.71):

0 0 7 0 --6 2E Jz 0 0 [ k F ] = -----------1 l 0 --6 0 0 4 0 – --3

0 0 1 0 --6 0 0 7 0 --6 0 0 4 0 – --3

0 0 4 0 – --3 0 0 4 0 – --3 0 0 8 0 --3

7.50

e per il contributo dovuto al taglio:

14 -------3l 2 1 --l 2 -------GAl 3 l 2 [ kT ] = --------2c 1 – ---3l 16 – -------3l 2 4 ---3l

1 --l 4 -----15 1 ---3l 1 – -----15 4 – ---3l 2 -----15

2 -------23l 1 ---3l 14 -------3l 2 1 – --l 16 – -------23l 4 – ---3l

1 – ---3l 1 – -----15 1 – --l 4 -----15 4 ---3l 2 -----15

16 – -------23l 4 – ---3l 16 – -------3l 2 4 ---3l 32 -------23l 0

4 ---3l 2 -----15 4 – ---3l 2 -----15

7.51

0 16 -----15

mentre una sottointegrazione (con due punti di Gauss) fornisce:

215

PIASTRE INFLESSE

1 2 14 16 4 1 -------2- --- -------2- – ---- – -------- ---3 l 3l 2 3 l l 3l 3l 2 1 2 1 4 1 ---- – --- – ---- ------3l 9 l 3l 9 9 2 1 14 4 1 16 -------- ---- -------- – --- – -------- – ---2 GAl 3l 2 3 l 3l 2 3 l l 3l [ kT ] = --------2c 2 4 2 1 1 1 -------– ---- – --- – --9 3l 9 3l 9 l 32 16 4 16 4 – -------2- – ---- – -------2- ---- -------2- 0 3 3 l 3l l 3l 3l 2 8 2 4 4 ----- – ---- -----0 9 9 3l 3l 9

7.52

I vettori dei carichi nodali equivalenti ad un carico uniformemente distribuito qv e ad una distribuzione di temperatura 2 DT tra intradosso ed estradosso sono rispettivamente:

qv l Ï 1 1 4 ¸ { f e } qT = ------ Ì --- 0 --- 0 --- 0 ý 2Ó 3 3 3 þ 2E Jz a* DT T = -------------------------- { 0 1 0 –1 0 0 } { f e } DT h

ESEMPIO 7.1

Calcolare lo spostamento dell’estremo libero della mensola illustrata in figura 7.10, modellando la trave sia con un solo elemento lineare che con un solo elemento parabolico.

Fig. 7.10 – Mensola.

216

7.53

PIASTRE INFLESSE

La soluzione esatta fornisce per la freccia v* e la rotazione a* dell’estremo libero: Pl Pl 3 v* = – ------------ – c -------GA 3E Jz

Pl 2 a* = – -----------2E Jz

7.54

La formulazione di rigidezza nel caso dell’elemento lineare è: l l 1 --- – 1 --2 2 EJ -------zl

0 0 0 0

0 1 0 –1

0 0 0 0

0 – 1 + GA -------cl 0 1

Ï F v1 ¸ l l 2 l l 2 ÏV ¸ --- ----- – --- ----- Ô 1 Ô Ô Ô 2 3 2 6 ÔA Ô Ô A z1 Ô 1 = Ì ý l l Ì ý Ô F v2 Ô – 1 – --- 1 – --- Ô V 2 Ô 2 2 Ô Ô Ô Ô Ó A2 þ Ó A z2 þ l l2 l l2 --- ----- – --- ----2 6 2 3

7.55

e, imponendo le condizioni al contorno V 1 = 0 ; A z1 = 0 ; F v2 = – P ; M z2 = 0 si ha: E J 0 0 GA 1 -------z+ -------l 01 cl l – --2

l – --2 l2 ----3

Ï V 2¸ Ï –P ¸ Ì ý = Ì ý Ó A 2þ Ó0þ

7.56

Risolvendo il sistema si ricava: 4Pl c 3E Jz c + l 2 GA V 2 = – ------------ ◊ -------------------------------------GA 12E Jz c + l 2 GA A z2

3E Jz c + l 2 GA ˆ 2P c Ê -˜ = ---------- Á 1 – 4 --------------------------------------GA Ë 12E Jz c + l 2 GA¯

7.57

2

Ponendo J z = r A , con r raggio giratore d’inerzia della sezione, si ha: 4Pl c 3E c ( r § l ) 2 + G V 2 = – ------------- ----------------------------------------GA 12E c ( r § l ) 2 + G 3E c ( r § l ) 2 + G ˆ 2P c A z2 = ---------- Ê 1 – 4 ----------------------------------------GA Ë 12E c ( r § l ) 2 + G¯

7.58

e nel caso di una trave snella r § l « 1 si ha: 4Pl c V 2 = – -----------GA

6Pl c A z2 = – -----------GA

7.59

Si nota che lo spostamento è dovuto esclusivamente al contributo del taglio, mancando completamente quello flessionale; il modello della trave è più rigido della realtà e si ha il fenomeno noto come locking. 217

PIASTRE INFLESSE

D’altronde in un caso del genere, essendo v e a z espressi da una legge lineare, ed essendo il taglio costante su tutta la lunghezza della trave, si ha che: g xy =

∂v – a z = cost ∂x

7.60

ma se lo spostamento v è lineare allora

∂v = cost e allora anche a z = cost ; ∂x

ma a z = 0 all’estremo sinistro, quindi a z = 0 dovunque. La componente dovuta al taglio prevale quindi su quella flessionale; se si sottostima il contributo alla rigidezza dovuto al taglio, utilizzando la matrice di rigidezza [ k T ] sottointegrata, il sistema risolutivo 7.56 diventa: E J 0 0 GA 1 --------z + -------cl l 01 l – --2

l – --2 2

l ----4

Ï –P ¸ Ï V2 ¸ Ì ý = Ì ý Ó0þ Ó A2 þ

7.61

Si ricava: Pl 3 Pl c V 2 = – ------------ – ---------4E Jz GA

Pl 2 A z2 = – -----------2E Jz

7.62

risposta che approssima meglio il risultato esatto della trave incastrata, fornendo anzi per ciò che riguarda la rotazione il risultato esatto; con la sottointegrazione della parte di matrice di rigidezza dovuta al taglio (integrazione selettiva) si evita, almeno in questo caso, il fenomeno del locking. Utilizzando un solo elemento parabolico e imponendo le condizioni al contorno ( V 1 = 0 ; A z1 = 0 ; F v2 = – P ; M z2 = 0 ) la formulazione di rigidezza con la matrice dovuta al taglio integrata esattamente da:

0 0 7 0 --2E Jz 6 -----------l 0 0 4 0 – --3

14 1 16 -------- – --- – -------0 0 l 3l 2 3l 2 4 4 4 1 0 – --- ---3 GAl – --l- ----15 3l + --------0 0 2c 32 16 4 – -------- ---- --------2 2 3l 8 3l 3l -0 3 2 4 – ---- -----0 3l 15

4 – ---3l 2 -----15 0 16 -----15

Ï ¸ Ï V2 ¸ Ô –P Ô Ô Ô Ô0Ô Ô A z2Ô Ì ý = Ì ý 7.63 V Ô0Ô Ô 3Ô Ô0Ô Ô Ô Ó þ Ó A z3þ

Risolvendo il sistema si ricava: 2 2 2 2 4 2 2 Pl 240E Jz c + 84l GAE Jz c + l A G V 2 = – ----------- --------------------------------------------------------------------------------------------4GA E Jz ( 60E Jz c + l 2 GA )

A z2

218

Pl 2 = – -----------2E Jz

7.64

PIASTRE INFLESSE

2

Ponendo J z = r A dove r è il raggio giratore d’inerzia della sezione, si ha: Pl 240E 2( r § l ) 4 c 2 + 84l 2GAE ( r § l ) 2 c + l 4 A 2 G 2 V 2 = – ----------- ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------4GA E ( r § l ) 2 ( 60E ( r § l ) 2 c + l 2 GA ) A z2

Pl 2 = – ----------2E Jz

7.65

Se si sottostima la componente di rigidezza dovuta al taglio il sistema risolutivo 7.2 diventa:

0 0 7 0 --2E Jz 6 -----------l 0 0 4 0 – --3

14 -------0 0 3l 2 4 1 0 – --3 GAl – --l+ --------0 0 2c 16 – -------2 8 3l 0 --3 4 – ---3l

1 16 4 – --- – -------- – ---l 3l 2 3l 2 4 2 -------9 3l 9 4 32 ---- -------- 0 3l 3l 2 2 8 ----0 9 9

Ï ¸ Ï V2 ¸ Ô –P Ô Ô Ô Ô0Ô Ô A z2Ô Ì ý = Ì ý 7.66 V Ô0Ô Ô 3Ô Ô0Ô Ô Ô Ó þ Ó A z3þ

Si ricava: Pl 3 Pl c V 2 = – ------------ – --------3E Jz GA

Pl 2 A z2 = – -----------2E Jz

7.67

risposta che coincide con il risultato esatto della trave incastrata. Utilizzando i seguenti dati: 4 2 2 4 E = 210000 N/mm , n = 0.3 , G = 80770 N/mm , J = 8.3 ¥ 10 mm , P = 100 , l = 1000 mm , A = 100 mm2, e facendo variare il rapporto l § h tra la lunghezza l e l’altezza h della trave tra 1 e 10, si ottengono (mantenendo costante il valore dell’area A ) i risultati illustrati nella figura 7.11 sia per l’elemento lineare che per quello parabolico.

219

PIASTRE INFLESSE

Fig. 7.11 – Trave incastrata con carico concentrato. ESEMPIO 7.2

Calcolare lo spostamento dell’estremo libero della mensola illustrata in figura 7.12, modellando la trave sia con un solo elemento lineare che con un solo elemento parabolico.

Fig. 7.12 – Mensola. La soluzione esatta fornisce per la freccia v* e la rotazione a* dell’estremo libero: Ml 2 v* = -----------2E Jz

220

Ml a* = -------E Jz

7.68

PIASTRE INFLESSE

Utilizzando un solo elemento lineare integrato esattamente e risolvendo il sistema si ricava: 6Ml 2 c V 2 = --------------------------------------12E Jz c + GAl 2

12Ml c A z2 = --------------------------------------12E Jz c + GAl 2

7.69

mentre un solo elemento lineare con integrazione selettiva fornisce, al pari di un solo elemento parabolico integrato sia esattamente sia in modo selettivo: Ml 2 V 2 = ------------2E Jz

Ml A z2 = --------E Jz

7.70

Utilizzando i dati dell’esempio 7.1 si ottengono i risultati illustrati nella figura 7.13.

Fig. 7.13 – Trave incastrata con momento.

ESEMPIO 7.3

Calcolare lo spostamento dell’estremo libero della mensola illustrata in figura 7.14, modellando la trave sia con un solo elemento lineare che con un solo elemento parabolico.

Fig. 7.14 – Mensola con carico distribuito.

221

PIASTRE INFLESSE

La soluzione esatta fornisce per la freccia v* e la rotazione a* dell’estremo libero: ql 2 ql 4 v* = ------------ + ----------- c 8E Jz 2GA

ql 3 a* = -----------6E Jz

7.71

Utilizzando un solo elemento lineare integrato esattamente e risolvendo il sistema si ricava: 2ql 2 c 3E Jz c + GAl 2 V 2 = --------------- ◊ --------------------------------------2GA 12E Jz c + GAl

7.72

ql 3 q GAl 5 A z2 = ------------ – -------------------------------------------------------4E Jz 4E Jz ( 12E Jz c + GAl 2 ) mentre un solo elemento lineare con integrazione selettiva fornisce: ql 2 ql 4 V 2 = ------------ + ----------- c 8E Jz 2GA

ql 3 A z2 = -----------4E Jz

7.73

Utilizzando un solo elemento parabolico integrato esattamente e risolvendo il sistema si ricava: 360 ( E Jz c ) 2 + 96E Jz GAl 2 c + ( GAl 2 ) 2 V 2 = ql 2 ----------------------------------------------------------------------------------------------12E Jz GA ( 60E Jz c + GAl 2 )

ql 3 A z2 = -----------6E Jz

7.74

mentre un solo elemento parabolico con integrazione selettiva fornisce: ql 2 ql 4 V 2 = ------------ + ----------- c 8E Jz 2GA

ql 3 A z 2 = -----------6E Jz

7.75

Utilizzando i dati dell’esempio 7.1 si ottengono i risultati illustrati nella figura 7.15.

222

PIASTRE INFLESSE

Fig. 7.15 – Trave incastrata con carico distribuito.

ESEMPIO 7.4

Si consideri ora il seguente esempio, illustrato in figura 7.16, e relativo al problema iperstatico di una trave caricata in mezzeria e incastrata agli estremi. Calcolare lo spostamento del punto centrale modellando la trave sia con elementi lineari che con elementi parabolici.

Fig. 7.16 – Trave incastrata con carico in mezzeria.

223

PIASTRE INFLESSE

La soluzione esatta fornisce per la freccia v* e la rotazione a* dell’estremo libero: Pl 3 Pl v* = – --------------- – ----------- c 24E Jz 2GA

a* = 0

7.76

Utilizzando due elementi lineari con integrazione esatta o selettiva e risolvendo il sistema si ricava: Pl V 2 = – ----------- c 2GA

A z2 = 0

7.77

mentre un solo elemento parabolico (a parità quindi di gradi di libertà rispetto alla soluzione precedente) con integrazione esatta o selettiva fornisce: 3 Pl V 2 = – ------ ◊ -------- c 16 GA

Az2 = 0

7.78

Si nota che manca totalmente la parte dovuta alla flessione pura. Nel caso di una trave a sezione rettangolare di altezza h e larghezza b si hanno i seguenti rapporti rispetto alla soluzione esatta, rispettivamente per gli elementi lineari e parabolici: G l 2 v* ------ = 1 + ------- Ê -- ˆ V2 E c Ë h¯

7.79

8 G l 2 v* ------ = --- Ê 1 + ------c- Ê -- ˆ ˆ E Ë h¯ ¯ 3Ë V2

7.80

e si ha quindi il risultato esatto solo nel caso trave a snellezza nulla e di due elementi lineari. Utilizzando i dati dell’esempio 7.1 si ottengono i risultati illustrati nella figura 7.17.

Fig. 7.17 – Trave incastrata con carico concentrato in mezzeria.

224

PIASTRE INFLESSE

La figura 7.18 illustra i risultati nel caso di 4 elementi TLE o TLS e 2 elementi TPE o TPS.

Fig. 7.18 – Trave incastrata con carico concentrato in mezzeria.

7.6 MODELLI DISCRETI (LEGAME DISCRETO TRA FLESSIONE E TAGLIO) Si è visto negli esempi precedenti che nel caso di travi sottili, dove l’effetto del taglio può essere trascurato rispetto al fenomeno flessionale, l’elemento a tre nodi, con ordine di interpolazione parabolico, fornisce risultati migliori dell’elemento lineare, a meno che non si adottino tecniche particolari nel caso di questi ultimi (ad esempio l’integrazione selettiva). Una spiegazione di ciò può essere ottenuta considerando l’energia potenziale elastica della trave nella sua formulazione di trave di Timoshenko; separando la parte flessionale da quella a taglio si ha, dalle 7.35 e 7.36 o 7.49:

E Jz P = -------2

2 Ê ∂a zˆ dx + GmA -----------Ë ¯ 2c 0 ∂x

Ú

l

2

Ê ∂v – a ˆ dx z¯ Ë 0 ∂x

Ú

l

7.81

e dividendo per 1/2EJz:

225

PIASTRE INFLESSE

P =

GA Ê ∂a zˆ dx + ----------Ë ¯ E Jz c 0 ∂x

Ú

l

2

2

Ê ∂v – a ˆ dx z¯ Ë 0 ∂x

Ú

l

7.82

Il termine GA/EJz che moltiplica la quota parte di energia potenziale dovuta al taglio assume valori molto grandi nel caso di una trave snella ( l § h Þ • ) può essere interpretato come un fattore di penalty. È quindi importante che il modello utilizzato (il tipo di elemento e le funzioni di forma scelte) sia in grado di simulare piccole deformazioni a taglio per grandi valori di GA/EJz in modo da annullare il contributo di energia elastica dovuto al taglio. Se invece, il secondo integrale a secondo membro non è piccolo, allora nasce il problema del locking, perché il termine GA/EJz funziona da moltiplicatore dell’energia di taglio. Questo è quello che succede nel caso dell’elemento lineare a due nodi integrato esattamente che quindi non può e non deve essere usato nel caso di travi snelle. Queste conclusioni sono applicabili anche alle piastre inflesse. Un modo di superare questo inconveniente è quello di sottointegrare la energia dovuta al taglio, rendendo così singolare la matrice di rigidezza al taglio. Esiste un ulteriore metodo, detto Kirchoff discreto, per superare questo problema. Questo metodo consiste nell’imporre l’uguaglianza della rotazione totale della sezione e derivata dello spostamento in un numero discreto di punti. Si consideri la trave illustrata in figura 7.19.

Fig. 7.19 – Elemento trave a 3 nodi.

Le funzioni di interpolazione siano le 7.44. Si possono eliminare le due variabili v3 e a3 relative al nodo centrale e imporre quindi due condizioni di Kirchoff. Scelti due punti x = ± q si impone in essi che:

Ï v1 ¸ 2 ∂n 1 ∂n 2 ∂n 3 Ô Ô ∂v = --- -------- ◊ -------- ◊ -------- Ì v 2 ý l ∂x ∂x ∂x Ô Ô ∂x Ó v3 þ sia uguale a: 226

7.83

PIASTRE INFLESSE

Ï a1 ¸ Ô Ô a = n1 n2 n3 Ì a2 ý Ô Ô Ó a3 þ

7.84

Scrivendo le due equazioni e separando le variabili v3 e a3, si ottiene:

∂n 1 l ∂n 3 l ∂n --- n 1 2 – --- n 3 ∂x 2 ∂x 2 Ï v3 ¸ ∂x Ì ý = ∂n 3 l ∂n 1 l ∂n 2 Ó a3 þ – --- n 3 -n 1 2 ∂x ∂x 2 ∂x

Ï v1 ¸ l --- n 2 Ô Ô 2 Ô a1 Ô Ì ý Ô v2 Ô l --- n 2 Ô Ô 2 Ó a2 þ

7.85

ovvero:

Ï v1 ¸ Ô Ô Ôa Ô Ï v3 ¸ [a]Ì ý = [b]Ì 1 ý Ô v2 Ô Ó a3 þ Ô Ô Ó a2 þ

7.86

Se la matrice [a] è invertibile:

Ï v1 ¸ Ô Ô Ô a1 Ô Ï v3 ¸ Ì ý = [ a ] –1 [ b ] Ì ý Ô v2 Ô Ó a3 þ Ô Ô Ó a2 þ

7.87

e, mediante la 7.87 si potrà definire una matrice [t ] che permette di eseguire la trasformazione:

{ v1 a1 v2 a2 v3 a3 } T = [ t ] { v1 a1 v2 a2 } T

7.88

ovvero:

{ s } = [ t ] { sr }

7.89

dove { s r } è il vettore delle variabili ridotto. L’equazione dei lavori virtuali diventa allora:

{ ds r } [ t ]T [ k F ] [ t ] { s r } = { ds r } [ t ] T { f }

7.90

227

PIASTRE INFLESSE

Calcolando la 7.85 in x = ± q : 1 --- – q 2 1 --- + q 2

l – 2q – --- ( 1 – q 2 ) Ï v ¸ 2 3 Ì ý = a l 2q – --- ( 1 – q 2 ) Ó 3 þ 2

l 1 --- ( q 2 – q ) – q – --4 2 l 2 1 --- ( q + q ) q – --4 2

l --- ( q 2 + q ) 4 l --- ( q 2 – q ) 4

Ï v1 ¸ Ô Ô Ô a1 Ô Ì ý Ô v2 Ô Ô Ô Ó a2 þ

7.91

che produce: Ï v3 ¸ Ì ý = Ó a3 þ

Ï v1 ¸ Ô Ô Ô a1 Ô Ì ý 1 1 q2 q2 - – ---------------------- Ô v 2 Ô – --------------------- – ---------------------- -------------------l( 1 – q2 ) 2( 1 – q2 ) l( 1 – q2 ) 2( 1 – q2 ) Ô Ô Ó a2 þ 1 --2

l --8

1 --2

l – --8

7.92

la matrice [t ] diventa:

[t] =

1 0 1 --2

0 1 l --8

0 0 1 --2

0 0 l – --8

1 1 q2 q2 - – ---------------------– --------------------- – ---------------------- -------------------2 2 2 l( 1 – q ) 2( 1 – q ) l( 1 – q ) 2( 1 – q2 ) 0 0 1 0 0 0 0 1

7.93

e la matrice [kF ] è la 7.50. La matrice di rigidezza [k] coniugata al vettore ridotto delle variabili nodali è:

[ k ] = [ t ] T [ kF ] [ t ]

7.94

Il coefficiente k11 della matrice [k ] è:

16EJ k 11 = ----------------------------3 2l ( 1 – q 2 ) 2

7.95

mentre quello della matrice di rigidezza dell’elemento hermitiano (a due nodi):

12EJ k 11 = ----------l3

7.96

Questi due coefficienti sono uguali se:

36 ( 1 – q 2 ) 2 = 16 che comporta:

228

7.97

PIASTRE INFLESSE

1 q = ± ------3

7.98

È un fatto notevole che questi siano proprio i valori delle ascisse dei punti di integrazione di Gauss. Si può verificare che in tali ascisse anche tutti gli altri coefficienti, e non solo l’elemento k11, coincidono con quelli della matrice hermitiana. Se ne deduce che, accettando di trascurare gli effetti del taglio, i risultati migliori si ottengono imponendo le condizioni di Kirchoff proprio nei due punti di integrazione di Gauss.

7.7 L’ELEMENTO PIASTRA DI MINDLIN 7.7.1 Matrice di rigidezza Analogamente a quanto visto per la trave di Timoshenko, la teoria di Mindlin considera la rotazione del piano medio separata dalla rotazione della sezione. Si hanno le relazioni viste in 7.3.1:

e xx

∂a x ∂u = = –z = – zk x ∂x ∂x

e yy

∂a y ∂v = = –z = – zk y ∂y ∂y

∂a ∂a g xy = – z Ê x + yˆ = – zk xy Ë ∂y ∂x ¯ g yz =

∂w – a y = – k yz ∂y

g zx =

∂w – a x = – k zx ∂x

7.99

Lo spostamento w e le rotazioni ax e ay sono descritti indipendentemente come: n

n

w =

Â

n i ( x, h )w i

i=1

ax =

Â

i=1

n

n i ( x, h )a x

i

ay =

 ni ( x, h )ay

i

7.100

i=1

ovvero:

{u} = [n]{s}

7.101

La matrice di rigidezza [k ] si può ottenere come somma della parte flessionale e di quella dovuta al taglio, poiché i due fenomeni sono disaccoppiati: [ k ] = [ kF ] + [ kT ] =

ÚV [ bF ]T [ EF ] [ bF ] dV + ÚV [ bT ] T [ ET ] [ bT ] dV

7.102

È conveniente riferirsi a momenti per unità di lunghezza e curvature, cioè alle caratteristiche di sollecitazione (momenti flettenti e forze di taglio). Le deformazioni sono espresse da:

229

PIASTRE INFLESSE

∂a x kx = = ∂x ky = k xy

∂a y = ∂y

n

Â

i=1 n

∂n i a ∂ x xi ∂n i

 ∂ y ay

∂a x ∂a y = + = ∂y ∂x

k yz = k zx =

i

i=1

∂w + ay = ∂y ∂w + ax = ∂x

n

∂n i

∂n i

 ÊË ∂ y ax + ∂ x ay ˆ¯ i

7.103

i

i=1 n

∂n i

 ÊË ∂ y wi + ni ay ˆ¯ i

i=1 n

∂n i

 ÊË ∂ x wi + ni ax ˆ¯ i

i=1

e in forma matriciale:

Ï Ô Ô Ô Ì Ô Ô Ô Ó

kx ¸ Ô ky Ô Ô k xy ý = Ô k yz Ô Ô k zx þ

∂n i ∂x

0

0

0

º

0

º

º

º

º

º

º

∂n i ∂y

º

º

∂n i ∂y

∂n i ∂x

º

º

∂n i ∂y

0

–ni

º

º

∂n i ∂x

–ni

0

º

º

º

º

0

º

º

º

Ï Ô Ô Ô Ô Ô Ì Ô Ô Ô Ô Ô Ó

¸ Ô Ô Ô Ô Ô a xi ý Ô a yi Ô Ô ºÔ º Ôþ º º wi

7.104

Ï º ¸ Ô º Ô º º [ k F, i ] º º Ô [ bF ] Ô Ï {k} ¸ {s} Ì { si } ý = Ì ý = [ bT ] º º [ k T, i ] º º Ô Ô Ó {g } þ Ô º Ô Ó º þ

230

7.105

PIASTRE INFLESSE

e le derivate

∂n i ∂n i , si calcolano come in 5.51. ∂x ∂y

La relazione carichi curvature è:

Eh 3

[ E F ] = -----------------------12 ( 1 – n 2 )

1 n

n 1

0

1 – n2 0 -------------2

0 0 7.106

Eh [ E T ] = ------------------------ 1 0 2(1 + n) c 0 1 e le matrici di rigidezza sono normalmente calcolate mediante integrazione numerica: m

[ kF ] =

m

  wi wj [ bF ]Tij [ EF ] [ bF ]ij hij det [ J ]ij

i = 1j = 1 m m

[ kT ] =

7.107

  wi wj [ bT ]ijT [ ET ] [ bT ]ij hij det [ J ]ij

i = 1j = 1

7.7.2 Carico nodale equivalente a carico superficiale distribuito Sia qv il carico per unità di superficie agente perpendicolarmente alla superficie media dell’elemento piastra. Il vettore del carico nodale equivalente è:

{ fe }q =

ÚA [ n ]T { q } dA

7.108

con:

{ f e } qT = { F z M x M y } i i i { q }T = { q

0

7.109

0}

e [n] è la matrice delle funzioni di forma dell’elemento 7.101. Il calcolo del carico nodale equivalente si esegue numericamente come: m

{ fe }q =

m

  [ nij ] { qij }wi wj

det [ J ] ij

7.110

i = 1j = 1

231

PIASTRE INFLESSE

ESEMPIO 7.5

È data una piastra circolare non forata, incastrata al bordo esterno, di raggio esterno R = 50 mm e spessore costante h = 2mm . La piastra realizzata in 2 acciaio, con modulo elastico E = 200000 N/mm e coefficiente di Poisson n = 0.3 , è soggetta ad un carico uniformemente distribuito pari a 2 p = 1 N/mm . Calcolare la deformata ed i momenti flettenti radiale e circonferenziale. La soluzione classica del problema fornisce i seguenti risultati:

4h 2 12 ( 1 – n 2 )p 2 – r 2 ) 2 + ---------------- ( R2 – r2 ) w = ---------------------------( R (1 – n) 64Eh 3 p m r = ------ [ R 2 ( 1 + n ) – r 2 ( 3 + n ) ] 16 p m c = ------ [ R 2 ( 1 + n ) – r 2 ( 1 + 3n ) ] 16

7.111

rispettivamente per la freccia, il momento radiale e quello circonferenziale. Data la simmetria del problema è stato analizzato solo un quarto di piastra. È stato utilizzato l’elemento piastra di Mindlin a 8 nodi e sono state esaminate due suddivisioni, rispettivamente con 5 e 9 elementi e 72 e 120 gradi di libertà (fig. 7.20)

Fig. 7.20 – Schematizzazione di piastra circolare: a. 5 elementi, b. 9 elementi. La tabella 7.1 riassume i risultati ottenuti dal calcolo numerico confrontati con quelli analitici.

Tab. 7.1 – Valori massimi della freccia e dei momenti flettenti

232

soluzione

w

mr ( mc )

ANALITICO

0.669

203.1

FEM

5 EL.

0.659

205.8

FEM

9 EL.

0.667

203.4

PIASTRE INFLESSE

La figura 7.21 illustra la deformata calcolata con le due suddivisioni, mentre in figura 7.22 è rappresentato l’andamento dei momenti flettenti.

Fig. 7.21 – Deformata (esempio 7.1).

Fig. 7.22 – Momento radiale e circonferenziale (esempio 7.1). Per la stessa piastra è stata infine esaminata l’influenza del rapporto h § R sulla precisione del calcolo; la figura 7.23 riporta i risultati ottenuti per h § R variabile da 0.01 a 0.4.

Fig. 7.23 – Andamento della freccia in funzione del rapporto h/R. 233