Elementi finiti [Parte 1]


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Indice
1. caratterizzazione degli elementi
1.1 Elementi e strutture
1.2 Analisi matriciale ed elementi finiti
1.3 Caratterizzazione dell'elemento trave
1.3.1 Elemento trave sollecitato assialmente (asta)
1.3.2 Elemento trave sollecitato a torsione (barra di torsione)
1.3.3 Elemento trave sollecitato a flessione (trave inflessa)
1.4 Formulazione di rigidezza
1.5 Significato fisico dei coefficienti della matrice di rigidezza
1.6 Sistemi di riferimento locale e globale
1.7 Elemento trave nel piano
1.8 Elemento trave per strutture a griglia
1.9 Elemento trave nello spazio
1.10 Carichi nodali equivalenti
1.10.1 Elemento asta: carico distribuito
1.10.2 Elemento asta: effetto termico
1.10.3 Elemento asta: montaggio con interferenza o gioco
1.10.4 Elemento asta: carico concentrato
1.10.5 Elemento trave inflessa: carico distribuito
1.10.6 Elemento trave inflessa: gradiente termico
1.10.7 Elemento trave inflessa: carichi concentrati
1.10.8 Trave nel piano; carichi nodali equivalenti
2. caratterizzazione della struttura
2.1 Variabili ed equazioni struttura
2.2 Assemblaggio delle equazioni struttura
2.3 Calcolo degli spostamenti incogniti
2.4 Vincoli cinematici
2.4.1 Approssimazione con molle
2.4.2 Modifica della mappa
2.4.3 Modifica della matrice di rigidezza
2.5 Problemi particolari relativi ai vincoli
2.5.1 Vincoli elastici
2.5.2 Strutture con cerniere interne
2.6 Calcolo delle tensioni
2.7 Schema di risoluzione
2.8 Problema dinamico: calcolo delle frequenze proprie
2.9 Soluzione del sistema di equazioni
2.9.1 Metodi di soluzione indiretti: metodo di Gauss-Seidel
2.9.2 Metodi di soluzione diretti: metodo di Gauss
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Elementi finiti [Parte 1]

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Elementi finiti Parte I

A. Gugliotta

Politecnico di Torino, maggio 2002 Dipartimento di Meccanica

otto editore

ELEMENTI FINITI Parte I

A. GUGLIOTTA

P OLITECNICO DI TORINO WWW. POLITO . IT

INDICE – I

1.

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI ......................1 1.1 ELEMENTI E STRUTTURE ............................................................ 1 1.2 ANALISI MATRICIALE ED ELEMENTI FINITI ................................. 3 1.3 CARATTERIZZAZIONE DELL'ELEMENTO TRAVE .......................... 4 Elemento trave sollecitato assialmente (asta) ........................................5 Elemento trave sollecitato a torsione (barra di torsione) ......................6 Elemento trave sollecitato a flessione (trave inflessa) ............................8

1.4 FORMULAZIONE DI RIGIDEZZA ................................................ 14 1.5 SIGNIFICATO FISICO DEI COEFFICIENTI DELLA MATRICE DI RIGIDEZZA ................................................................................ 16 1.6 SISTEMI DI RIFERIMENTO LOCALE E GLOBALE .......................... 18 1.7 ELEMENTO TRAVE NEL PIANO .................................................. 25 1.8 ELEMENTO TRAVE PER STRUTTURE A GRIGLIA ......................... 27 1.9 ELEMENTO TRAVE NELLO SPAZIO ............................................ 31 1.10 CARICHI NODALI EQUIVALENTI ............................................... 33 Elemento asta: carico distribuito .......................................................33 Elemento asta: effetto termico ...........................................................34 Elemento asta: montaggio con interferenza o gioco ........................... 34 Elemento asta: carico concentrato .....................................................35 Elemento trave inflessa: carico distribuito.......................................... 36 Elemento trave inflessa: gradiente termico......................................... 37 Elemento trave inflessa: carichi concentrati .......................................38 Trave nel piano; carichi nodali equivalenti .........................................38

i

2.

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA ................43 2.1 VARIABILI ED EQUAZIONI STRUTTURA ..................................... 43 2.2 ASSEMBLAGGIO DELLE EQUAZIONI STRUTTURA ....................... 46 2.3 CALCOLO DEGLI SPOSTAMENTI INCOGNITI ............................. 56 2.4 VINCOLI CINEMATICI ............................................................... 60 Approssimazione con molle............................................................... 60 Modifica della mappa ........................................................................61 Modifica della matrice di rigidezza ....................................................64

2.5 PROBLEMI PARTICOLARI RELATIVI AI VINCOLI ......................... 66 Vincoli elastici ...................................................................................66 Strutture con cerniere interne ............................................................68

2.6 CALCOLO DELLE TENSIONI ...................................................... 70 2.7 SCHEMA DI RISOLUZIONE ........................................................ 72 2.8 PROBLEMA DINAMICO: CALCOLO DELLE FREQUENZE PROPRIE .... 73 2.9 SOLUZIONE DEL SISTEMA DI EQUAZIONI ................................. 80 Metodi di soluzione indiretti: metodo di Gauss-Seidel ......................81 Metodi di soluzione diretti: metodo di Gauss.................................... 82

ii

1. CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

1.1 ELEMENTI E STRUTTURE Una struttura o un suo componente vengono normalmente studiati dal progettista scomponendoli in parti semplici delle quali sono note le proprietà, tenendo inoltre presenti come queste parti siano collegate per formare l'insieme totale. Questa suddivisione può essere effettuata in una maniera che si può definire naturale, come per esempio nel caso di una struttura di acciaio composta di travi unite mediante cerniere o ganasce serrate con bulloni; il fatto che la struttura (fig. 1.1) sia scomponibile nei suoi elementi trave (fig. 1.2) sembra ovvio e naturale perché all'operazione matematica del considerare la struttura divisibile ai fini del calcolo strutturale corrisponde la nostra conoscenza pratica del fatto che per arrivare alla struttura si uniscono assieme elementi trave, prodotti singolarmente ed immagazzinabili separatamente.

Fig. 1.1 – Struttura di travi.

Analogamente, un oleodotto o un metanodotto o una condotta idraulica in acciaio sono ottenuti saldando assieme più tubi, e risulta pertanto naturale pensare tale struttura come un insieme di elementi tubi. 1

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Fig. 1.2 – Elemento trave.

Quando però i singoli tubi sono uniti l'uno all'altro mediante una saldatura che ricostituisca completamente la continuità meccanica la suddivisione naturale in elementi perde senso: un tale sistema tubiero potrebbe venir diviso in elementi sia eseguendo idealmente tagli in corrispondenza delle saldature sia immaginando di tagliare in punti nei quali una giunzione in realtà non esiste. Nel secondo caso la divisione in elementi della struttura è meno naturale e più arbitraria, ed ha sostanzialmente un carattere o convenzionale o di convenienza. Le proprietà della struttura calcolata dopo la sua divisione in elementi sono comunque invarianti al variare del tipo di suddivisione. Avanzando nel livello di astrazione, si può immaginare di avere un organo meccanico di forma semplice, come un disco di turbina (fig. 1.3); anche un tale oggetto può, per il progettista, essere una struttura composta di elementi opportuni.

Fig. 1.3 – Disco di turbina.

È naturale forse considerare il mozzo estendentesi dal raggio ra al raggio r b e la corona estendentesi dal raggio rc al raggio rd come elementi distinti dal resto del disco a profilo conico (fig. 1.4). Ragionando però sulla parte a sezione conica, si ammetta di scoprire che le leggi matematiche che ne definiscono le proprietà siano troppo difficili (cioè praticamente indesiderabili) da scrivere; si immagini inoltre che tali leggi siano facili da scrivere, magari in maniera accettabilmente approssimata, per un elemento di estensione radiale opportuna r. Ne segue una suddivisione convenzionale ed arbitraria del disco conico in più elementi, come illustrato in figura 1.4c. 2

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Con opportune cautele l'insieme degli elementi così definiti può simulare in modo soddisfacente le proprietà della struttura originaria. A questo proposito è bene aver chiaro che si hanno due casi fondamentali: – la caratterizzazione dell'elemento è esatta – la caratterizzazione dell'elemento è approssimata

Fig. 1.4 – Elementi di un disco di turbina.

Nel primo caso qualunque sia la suddivisione della struttura in elementi, i risultati devono essere sempre gli stessi, rigorosamente; pertanto il tipo di suddivisione in elementi deve soddisfare solo esigenze di comodità. Nel secondo caso invece la scelta del tipo di suddivisione influenza i risultati, dato che la soluzione complessiva per l'intera struttura dipende dalle approssimazioni contenute nelle leggi che caratterizzano i singoli elementi: in questo caso il tipo di suddivisione deve essere esaminato anche alla luce della approssimazione dei risultati, in un compromesso ragionato con l'economia del calcolo.

1.2 ANALISI MATRICIALE ED ELEMENTI FINITI La sistematizzazione delle relazioni matematiche descriventi una struttura può essere eseguita in diversi modi; esempi classici sono il metodo delle differenze finite, il metodo di trasferimento, metodi variazionali come il metodo di Ritz. Sebbene il metodo degli elementi finiti abbia in comune alcune caratteristiche con i metodi precedentemente illustrati, esso è indubbiamente diventato uno dei più utilizzati dagli ingegneri. Lo sviluppo del metodo degli elementi finiti è coinciso essenzialmente con lo sviluppo dei calcolatori elettronici, anche se le sue basi matematiche si possono far risalire ad anni addietro (Courant, 1943); importanti contributi si possono trovare nei lavori di Turner, Clough, Martin e Topp (1956), Argyris (1960), ecc. 3

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Inizialmente il metodo fu sviluppato per l'analisi di problemi di meccanica strutturale; fu tuttavia ben presto scoperto che il metodo aveva una validità ben più generale ed è ad oggi applicato alla soluzione di una gran varietà di problemi. Tuttavia in questo testo ci si occuperà unicamente del calcolo dello stato di tensione in elementi e strutture, quali quelle che si trovano ordinariamente nel campo d'azione del costruttore di macchinari o del progettista strutturale. Una delle formulazioni più utilizzate nell'analisi strutturale è quella che si basa sugli spostamenti assegnati: essa può essere inizialmente vista come un'estensione dell'analisi matriciale delle strutture formate da barre e/o travi (analisi con il metodo degli spostamenti). Analogamente al metodo degli elementi finiti, l'analisi matriciale delle strutture sarà qui considerata nelle sue due fasi distinte: – la caratterizzazione degli elementi, cioè la descrizione matematica della loro climatica in relazione alle loro condizioni di equilibrio e di deformazione – la costruzione della struttura, cioè la formulazione matematica delle equazioni che esprimono l'appartenenza dell'elemento ad una data struttura, e la soluzione del sistema di equazioni Nelle pagine che seguono si adotterà la seguente convenzione: – tutte le variabili che servono a definire il comportamento del singolo elemento, indipendentemente dalla sua appartenenza ad una struttura, vengono indicate con lettere minuscole – tutte le variabili che servono a definire il comportamento dei punti (nodi) della struttura in cui gli elementi si uniscono, vengono indicate con lettere maiuscole

1.3 CARATTERIZZAZIONE DELL'ELEMENTO TRAVE Per elemento trave si intende un elemento, ad asse inizialmente rettilineo, individuato dai due estremi (nodi ) 1 e 2 attraverso i quali l'elemento scambia le azioni con l'esterno (fig. 1.5).

Fig. 1.5 – Elemento trave.

4

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

All'elemento trave è associato un sistema di riferimento locale ( x, y, z ) in cui l'asse x coincide con l'asse dell'elemento ed è diretto dal nodo 1 al nodo 2; gli assi y e sono perpendicolari all'asse x e coincidono con le direzioni principali d'inerzia della sezione retta della trave. L'elemento trave può comportarsi, in base ai carichi a cui è soggetto, come: 1. asta, o puntone-tirante, se sollecitato da soli carichi assiali 2. barra di torsione, se sollecitato dal solo momento torcente 3. trave inflessa, se sollecitato da soli sforzi di taglio e/o momenti flettenti Verranno qui ricavate le formulazioni di rigidezza dell'elemento trave, nelle sue possibili configurazioni di base, a partire dalle equazioni di equilibrio e di deformazione.

1.3.1 Elemento trave sollecitato assialmente (asta) Per analizzare il suo comportamento basterà studiare i soli spostamenti u secondo la direzione dell'asse x, dato che dopo deformazione l'asse rimane rettilineo (fig. 1.6).

Fig. 1.6 – Elemento asta.

Dette fu1 e fu2 le risultanti delle distribuzioni di forze che dall'esterno vengono applicate agli estremi dell'elemento e u1 e u2 gli spostamenti dei nodi, l'elemento asta è caratterizzato da una equazione di equilibrio:

f u1  f u2  0

1.1

e dall'equazione differenziale:

fu du -----  -----dx EA

1.2

avendo indicato con u lo spostamento assiale della trave, fu la forza assiale agente nella generica sezione della trave, E il modulo elastico longitudinale e con A l'area della sezione retta della trave. La 1.2, integrata sulla lunghezza l dell'elemento fornisce, supponendo costanti la forza assiale e l'area della sezione retta:

5

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

l u 2  u 1  ------- f u2 EA

1.3

Le equazioni 1.1 e 1.3 forniscono tutte le informazioni necessarie a definire il comportamento statico dell'elemento asta, dal punto di vista del suo contorno (cioè i nodi); queste equazioni possono essere riscritte in forma matriciale:

0 1

0 1

Ï u1 ¸ Ì ý  Ó u2 þ

1

1 Ï f u1 ¸ ý l Ì 0 ------- Ó f u2 þ EA

1.4

Moltiplicando la prima riga per -l/EA, sommando alla seconda e sostituendo al posto della prima:

1 1

l ------- 1  u EA 1 Ï f u1 ¸ 1 Ï ¸  Ì ý Ì ý f 1 Ó u2 þ l Ó u2 þ ------0 EA

1.5

da cui:

Ï f u1 ¸ EA 1  1 Ï u 1 ¸ ------ Ì ý l  1 1 ÌÓ u 2 ýþ Ó f u2 þ

1.6

ovvero:

[k]{s}  { f }

1.7

detta formulazione di rigidezza, dove:

EA [ k ]  ------- 1  1 l 1 1 {s}

T

 { u1 u2 }

T

{ f }  { f u1 f u2 }

1.8

1.9 1.10

1.3.2 Elemento trave sollecitato a torsione (barra di torsione) L'elemento barra di torsione è formalmente analogo all'elemento asta visto al paragrafo 1.3.1. 6

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Si tratta di un elemento ad asse rettilineo capace di resistere a soli momenti torcenti (fig. 1.7).

Fig. 1.7 – Elemento barra di torsione.

Detti mx1 e mx2 i momenti torcenti applicati ai nodi 1 e 2 dell'elemento e x1 e x2 gli angoli di rotazione delle sezioni di estremità, l'elemento barra di torsione è caratterizzato da una equazione di equilibrio:

m x1  m x2  0

1.11

e dall'equazione differenziale:

m d ------  -------xdx GJ x

1.12

avendo indicato con x la rotazione assiale della trave; mx il momento torcente agente nella generica sezione della trave; G il modulo elastico di taglio; Jx il momento d'inerzia polare rispetto all'asse della trave. La 1.12, integrata sulla lunghezza l della barra, fornisce, supponendo costanti il momento torcente e le caratteristiche geometriche della barra:

l  x2   x1  --------m x2 GJ x

1.13

Le 1.11 e 1.13 scritte in forma matriciale sono:

 0 0 Ï x1 ¸  Ì ý 1 1 Ó  x2 þ

1

1 l 0 -------GJ x

Ï m x1 ¸ Ì ý Ó m x2 þ

1.14

La formulazione di rigidezza, ottenuta con un procedimento analogo a quello utilizzato per l'elemento asta, è:

GJ x 1  1 Ï  x1 ¸ Ï m x1 ¸ ------- Ì ý l  1 1 ÌÓ  x2 ýþ Ó m x2 þ

1.15

7

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

1.3.3 Elemento trave sollecitato a flessione (trave inflessa) Si considerano solo carichi e vincoli agenti ortogonalmente alla linea d'asse (fig. 1.8) in modo che gli spostamenti dei punti della struttura avvengano in direzione ortogonale all'asse indeformato (entro i limiti di approssimazione della teoria delle travi inflesse); nella configurazione deformata la struttura resta quindi descrivibile in funzione della sola coordinata misurata sulla linea d'asse indeformata. Si trascureranno inoltre, almeno inizialmente, le deformazioni dovute al taglio.

Fig. 1.8 – Elemento trave inflessa.

Siano v1 e z1 la freccia e la rotazione misurate al nodo 1, v2 e z2 la freccia e la rotazione al nodo 2; siano inoltre f v1 e m z1 la forza ed il momento che dall'esterno vengono applicati all'elemento nel nodo 1, e fv2 e mz2 la forza ed il momento applicati dall'esterno al nodo 2. Le variabili da considerare sono ora le quattro variabili cinematiche (spostamenti e rotazioni) v1, z1, v2, z2 misurabili ai nodi, ed i quattro carichi fv1, mz1, fv2, mz2 che dall'esterno vengono applicati nei nodi dell'elemento. Le relazioni che legano fra di loro queste otto variabili sono quattro; due delle quattro relazioni cercate sono le equazioni di equilibrio. L'equazione di equilibrio alla traslazione è:

f v1  f v2  0

1.16

e quella di equilibrio alla rotazione rispetto ad un punto scelto, per semplicità, coincidente con il nodo 2:

 f v1 l  m z1  m z2  0

1.17

Le rimanenti due equazioni sono relazioni che esprimono spostamenti e rotazioni relative degli estremi in funzione di forze e momenti; esse vengono ricavate dall'equazione differenziale:

8

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

m d ------   -------zdx E Jz

1.18

avendo indicato con  z la rotazione della sezione retta della trave; m z il momento flettente nella generica sezione della trave; E il modulo elastico longitudinale; Jz il momento d'inerzia trasversale. Esprimendo mz , momento in una sezione generica, in funzione di fv1 e mz1, e integrando sulla lunghezza l dell'elemento si ottengono le relazioni:

l l2  z2   z1   -------- m z1  ----------- f v1 E Jz 2E Jz

1.19

l2 l3 v 2  v 1   z1 l   ------------ m z1  ------------ f v1 2E Jz 6E Jz

1.20

Le quattro equazioni formano perciò il seguente sistema:

0 0 0 0 0 1 1 l

0 0 0 1

0 0 1 0

Ï v1 ¸ Ô Ô Ô  z1 Ô Ì ý  Ô v2 Ô Ô Ô Ó  z2 þ

1 l

0 1

1 0

0 1

l2 ----------2E Jz

l  -------E Jz

0

0

l2 l3 -----------  ----------2E Jz 6E Jz

0

0

Ï f v1 ¸ Ô Ô Ô m z1 Ô Ì ý Ô f v2 Ô Ô Ô Ó m z2 þ

1.21

ovvero:

[a]{s}  [b]{ f }

1.22

dove {s} e { f } sono rispettivamente i vettori degli spostamenti e delle forze:

{ s } T  { v 1  z1 v 2  z2 }

1.23

{ f }T  { f v1 m z1 f v2 m z2 }

1.24

e [a] e [b] sono matrici di ordine 4x4 che premoltiplicano rispettivamente il vettore degli spostamenti ed il vettore delle forze. Si noti che la matrice [b] non è singolare, mentre la matrice [a] lo è due volte, cioè in un numero pari ai gradi di libertà di moto rigido dell'elemento; nelle 1.5 e 1.14 si verificava una situazione analoga, caratterizzata da una sola singolarità. La scrittura di rigidezza viene ricavata premoltiplicando ambo i membri della 1.22 per l'inversa della matrice [b]. A calcoli effettuati si ottiene:

9

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

6 ----2l

12  -----3l

6 ----2l

4 6 ----2--l E Jz l 6 12  -----3-  ----2l l

6  ----2l 12 -----3l

2 --l 6  ----2l

6  ----2l

4 --l

12 -----3l

6 ----2l

2 --l

Ï v1 ¸ Ï f v1 ¸ Ô Ô Ô Ô Ô  z1 Ô Ô m z1 Ô Ì ý  Ì ý Ô v2 Ô Ô f v2 Ô Ô Ô Ô Ô Ó  z2 þ Ó m z2 þ

1.25

Effetto del taglio

L'equazione della linea elastica 1.20 tiene conto soltanto della deformazione prodotta dal momento flettente e non di quella prodotta dallo sforzo di taglio; nel caso di travi snelle ciò non produce un errore sensibile, perché la seconda è molto piccola rispetto alla prima. Tuttavia nel caso di travi tozze, in cui il rapporto tra lunghezza e altezza della sezione è piccolo, l'effetto del taglio non risulta più trascurabile; nell'equazione differenziale della linea elastica bisognerà sommare al contributo del momento flettente quello dovuto allo sforzo di taglio. Lo spostamento di un punto della trave sarà dato dalla somma dello spostamento vm dovuto al momento flettente e dello spostamento vt dovuto al taglio (fig. 1.9):

Fig. 1.9 – Effetto del taglio sulla linea elastica.

10

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

v  vm  vt

1.26

Se y rappresenta la deformazione media dovuta al taglio, la relazione che lega la rotazione z della sezione e la pendenza v  x dell'asse neutro è:

dv -----     y z dx

1.27

e la deformazione y è data da:

f v2 f v1  y  y -------   y ------GA GA

1.28

dove cy è il fattore di taglio della sezione in direzione dell'asse y. La 1.19, scritta tra l'estremo 1 e la generica sezione all’ascissa x diviene allora:

 z   z1

2

x x   -------- m z1  ----------- f v1 E Jz 2E Jz

1.29

sostituendo per z la 1.27: 2 dv x x -----       -----------------f  m y z1 dx E Jz z1 2E Jz v1

1.30

e la 1.28 al posto di y e integrando sulla lunghezza l della trave, la 1.20 diviene:

y l l2 l3 v 2  v 1   z1 l   ----------- m z1  ----------- f v1  -------- f v1 2E Jz 6E Jz GA

1.31

Le equazioni risolutive 1.21 diventano quindi:

0 0 0 1

0 0 1 l

0 0 0 1

0 0 1 0

Ï v1 Ô Ô  z1 Ì Ô v2 Ô Ó  z2

1 ¸ l Ô l2 Ô -----------ý  2E Jz Ô Ô y l l3 þ ------------  -------6E Jz GA

0 1 l  -------E Jz l2  -----------2E Jz

1 0 0 0

0 1 Ï f v1 Ô m 0 ÔÌ z1 Ô f v2 Ô Ó m z2 0

¸ Ô Ô ý 1.32 Ô Ô þ

e la matrice di rigidezza:

11

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

12 -----l3 E Jz ---------------1  y

6 ----l2 12  -----3l 6 ----l2

6 ----l2 4  y ----------------l

12  -----3l

6  ----2l 2  y ----------------l

12 -----l3

6  ----2l

6  ----2l

6 ----l2 v Ï f v1 ¸ 2  y Ï 1 ¸ Ô Ô ----------------- Ô  Ô Ô z1 Ô Ô m z1 Ô l Ì ý  Ì ý Ô v2 Ô Ô f v2 Ô 6  ----2- Ô Ô Ô Ô l Ó  z2 þ Ó m z2 þ 4  y ----------------l

1.33

dove y vale:

12EJ z

 y -------------2GAl La tabella 1.1 riporta i valori dei fattori di taglio per i casi più frequenti.

12

1.34

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Tab. 1.1 – Fattori di taglio per alcune forme di sezione di travi inflesse, da Cowper G.R., The Shear Coefficient in Timoshenko's Beam Theory, Journ. of Appl. Mech., giugno 1966, p. 335-340 7  6  --------------------6(1  ) 7  6 ) ( 1  m ) 2  4m ( 5  3 )  (----------------------------------------------------------------------------------6( 1  )( 1  m2 )2 m  ba 12  11  -----------------------10 ( 1  ) 40  37  m ( 16  10 )  m 2  ---------------------------------------------------------------------------------12 ( 1  ) ( 3  m ) m  ba 4  3  --------------------2(1  ) 48  39  ------------------------20 ( 1  ) p  q  10n 2 [ m ( 3  )  3m 2 ]  -----------------------------------------------------------------------------------10 ( 1  ) ( 1  3m ) 2 n  bh m  b sb  h sa p  q  30n 2 m ( 1  m )  5 n 2 m ( 8  9m )  -------------------------------------------------------------------------------------------------------------10 ( 1  ) ( 1  3m ) 2 m  2b s b  h s a n  bh p  q  --------------------------------------------------10 ( 1  ) ( 1  3m ) 2

m  2 As  h s

p'  q'  30n 2 m ( 1  m )  10 n 2 m ( 4  5m  m 2 )  ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------10 ( 1  ) ( 1  3m ) 2 m  b sb  h sa n  bh p  12  72m  150m 2  90m 3

q  11  66m  135m 2  90m 3

p'  12  96m  276m 2  192m 3

q'  11  88m  248m 2  216m 3

13

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

1.4 FORMULAZIONE DI RIGIDEZZA Nei paragrafi precedenti si è visto che un elemento è caratterizzato da un numero n di equazioni pari al numero di gradi di libertà cinematici (numero degli spostamenti e/o rotazioni definiti ai nodi dell'elemento). Le n equazioni complessive, delle quali L sono di equilibrio, legano fra di loro 2n variabili: n forze generalizzate ed n spostamenti generalizzati; nelle L equazioni di equilibrio non compaiono ovviamente spostamenti generalizzati. Dette n equazioni che caratterizzano l'elemento possono essere ordinate in modi differenti; in particolare si può pensare di separare al primo membro tutti gli spostamenti generalizzati ed al secondo membro tutte le forze generalizzate. In notazione matriciale:

[a]{s}  [b]{ f }

1.35

Se l'elemento non è infinitamente rigido, nessuna delle equazioni è priva di forze generalizzate, e pertanto nessuna riga in [ b] è nulla. Inoltre, poiché le equazioni sono indipendenti, esiste l'inversa della matrice [ b ]; premoltiplicando ambo i membri della 1.35 per [b] –1:

[ b ] 1 [ a ] { s }  [ b ] 1 [ b ] { f }

1.36

e quindi per la definizione stessa di matrice inversa:

[ b ] 1 [ a ] { s }  [ I ] { f }

1.37

La 1.37 è una scrittura di rigidezza, in quanto le forze generalizzate compaiono isolate, ovvero sono espresse in funzione esplicita degli spostamenti. Posto:

[ k ]  [ b ] 1 [ a ]

1.38

la 1.37 si scrive:

[k]{s}  { f }

1.39

La matrice [k] è detta di rigidezza in quanto ad un aumento del valore dei suoi coefficienti corrisponde un aumento della rigidezza dell'elemento; infatti a parità spostamento {s } valori di [k] crescenti implicano forze { f } crescenti. Un'altra possibile scrittura delle equazioni 1.35 è quella detta di deformabilità. Se i gradi di libertà di moto rigido L sono zero, allora nessuna delle righe della matrice [a] è zero, e pertanto esiste l'inversa [a] –1; premoltiplicando per essa ambo i membri della 1.35, si ottiene:

{ s }  [ a ] 1 [ b ] { f }

1.40

[d ]  [ a ] 1 [ b ]

1.41

Posto:

14

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

la 1.40 diviene:

{ s }  [d ] { f }

1.42

La matrice [d ] è detta di deformabilità in quanto ad un aumento del valore dei suoi coefficienti corrisponde un aumento della deformabilità dell'elemento; infatti a parità di forza { f } valori di [d ] crescenti implicano spostamenti {s} crescenti. Nell'ambito del calcolo strutturale è sempre possibile ottenere la formulazione di rigidezza, ma non di ottenere quella di deformabilità, a parte il caso di alcuni elementi particolari nei quali sono già posti vincoli addizionali che eliminano i gradi di libertà di moto rigido. Può essere utile esaminare da un punto di vista fisico il caso degli elementi aventi gradi di libertà di moto rigido: – se esistesse la scrittura di deformabilità 1.42 si potrebbe pensare di inserire in { f } forze arbitrarie e quindi ottenere gli spostamenti; ciò sarebbe assurdo in quanto la 1.42 contiene le equazioni di equilibrio che legano fra di loro le forze generalizzate, le quali pertanto non possono essere assegnate arbitrariamente – ponendo eventualmente nella 1.42 dei carichi equilibrati, si otterrebbero come soluzione gli spostamenti; ciò è assurdo in quanto assegnati i carichi agli estremi, non esiste una ed una sola soluzione per i valori degli spostamenti bensì infinite e differenti fra di loro per una traslazione e/o rotazione rigida ESEMPIO 1.1

Nei casi dell'elemento trave sollecitato assialmente, sollecitato a torsione e sollecitato a flessione, la 1.35 è data rispettivamente dalle 1.4, 1.14 e 1.21. 0 1

0 1

0 1

0 1

0 0 0 0 0 1 1 l

1

1 l 0 ------EA

Ï u1 ¸ Ì ý  Ó u2 þ Ï  x1 ¸ Ì ý  Ó x2 þ

0 0 0 1

0 0 1 0

1

Ï f u1 ¸ Ìf ý Ó u2 þ

1 l 0 --------G Jx

1.43

Ï m x1 ¸ Ìm ý Ó x2 þ

1 0 Ï v1 ¸ l 1 Ô Ô Ô  z1 Ô l l2 -  -------Ì ý  ----------E Jz 2E Jz Ô v2 Ô Ô Ô l2 l3 Ó  z2 þ ------------  -----------6E Jz 2E Jz

1.44

1 0 f 0 1 Ï v1 ¸ Ô Ô Ô m z1 Ô 0 0 Ì ý Ô f v2 Ô Ô Ô m 0 0 Ó z2 þ

1.45

15

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Si nota che la matrice [ b ] non è mai singolare, mentre la matrice [ a ] è singolare 1 volta nei casi dell'elemento asta e dell'elemento barra di torsione e 2 volte nel caso dell'elemento trave inflessa. Infatti nei primi due casi l'elemento possiede un grado di libertà L di moto rigido (traslazione secondo l’asse x il primo, rotazione attorno l'asse x il secondo); nel terzo caso l'elemento possiede 2 gradi di libertà L di moto rigido (traslazione secondo l'asse y e rotazione attorno l'asse z ).

1.5 SIGNIFICATO FISICO DEI COEFFICIENTI DELLA MATRICE DI RIGIDEZZA Nel metodo di rigidezza le equazioni che caratterizzano l'elemento vengono combinate linearmente in modo da esplicitare i carichi. Si hanno così per l'elemento generico espressioni del tipo:

[k]{s}  { f }

1.46

dove [k] è la matrice di rigidezza dell'elemento; { s} il vettore degli spostamenti generalizzati dell'elemento; { f } il vettore dei carichi generalizzati dell'elemento. La matrice di rigidezza può essere determinata o direttamente mediante il principio dei lavori virtuali oppure mediante combinazioni lineari a partire dalle equazioni di equilibrio e deformazione. Per alcuni elementi si potrebbe anche pensare di determinare la matrice di rigidezza per via sperimentale. Riferendosi all'elemento trave inflessa si dimostrerà come, a partire dalle equazioni che esprimono spostamenti e rotazioni di una trave e dalle equazioni di equilibrio, sia possibile legare i quattro spostamenti e rotazioni misurabili all'estremo della trave stessa con le forze ed i momenti esercitati dall'esterno sulla trave in tali estremi, avendo misurato in particolare sia gli spostamenti e le rotazioni sia le forze ed i momenti secondo un unico sistema di riferimento opportunamente scelto. Nella scrittura di rigidezza della trave:

a b a b

Ï v1 ¸ Ï f v1 ¸ b a b Ô Ô Ô Ô c b d Ô  z1 Ô  Ô m z1 Ô Ì ý Ì ý b a b Ô v2 Ô Ô f v2 Ô Ô Ô d b c ÔÓ  z2 Ôþ Ó m z2 þ

1.47

le singole colonne godono di una interpretazione fisica. La prima colonna, ad esempio, fornisce, moltiplicata per v1, forze e momenti che dall'esterno devono essere esercitati affiancassi abbia il solo spostamento v1 e tutti gli altri nulli. La prima colonna cioè fornisce le reazioni vincolari nella configurazione della figura 1.10. Analogamente la seconda colonna, moltiplicata per z1, la terza moltiplicata per v2 e la quarta moltiplicata per z2 forniscono le reazioni vinco16

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

lari nelle configurazioni delle figure 1.11, 1.12, 1.13.

Fig. 1.10 – Prima colonna della matrice di rigidezza della trave inflessa.

Fig. 1.11 – Seconda colonna della matrice di rigidezza della trave inflessa.

Fig. 1.12 – Terza colonna della matrice di rigidezza della trave inflessa. 17

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Fig. 1.13 – Quarta colonna della matrice di rigidezza della trave inflessa.

Sovrapponendo i quattro stati di deformazione distinti definiti nelle figure da 1.10 a 1.13 si può ottenere uno stato di deformazione qualsiasi. Si può pensare quindi di ottenere la matrice di rigidezza colonna per colonna, cioè imponendo ad ogni variabile cinematica nodale una variazione unitaria e determinando forze e momenti nodali necessari a produrla. Queste considerazioni esemplificative, valide per travi inflesse, si estendono naturalmente a qualsiasi altro tipo di elemento.

1.6 SISTEMI DI RIFERIMENTO LOCALE E GLOBALE Nel definire le equazioni che legano tra loro le variabili cinematiche e statiche di un elemento può essere conveniente, per una maggior semplicità del calcolo, utilizzare un particolare sistema di riferimento. Questo particolare sistema di riferimento verrà detto locale in quanto è strettamente connesso all'elemento di cui si sono definite le proprietà. Pertanto le componenti delle variabili cinematiche generalizzate (spostamenti, rotazioni) e quelle delle variabili statiche generalizzate (forze e momenti) verranno espresse secondo gli assi di tale riferimento.

Fig. 1.14 – Elemento trave nel piano.

18

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Un esempio semplice di un siffatto sistema di riferimento si ha nel caso della trave nel piano; è noto che la forma delle equazioni che legano i carichi agli spostamenti risulta più semplice se si adotta un sistema di riferimento locale in cui l'asse x coincide con l'asse geometrico e l'asse y è ad esso ortogonale. Con riferimento alla figura 1.14, si indicano con u gli spostamenti secondo x, con v gli spostamenti secondo y e con z le rotazioni (dette rotazioni possono pensarsi come un vettore ortogonale al piano xy); analogamente si avranno forze fu , fv , mz . Quando poi si considera una struttura, in generale composta da più elementi variamente orientati nel piano o nello spazio, occorre esprimere tutti gli spostamenti generalizzati e tutte le forze generalizzate in un unico sistema di riferimento, altrimenti non si potrebbero scrivere le equazioni scalari che li legano.

Fig. 1.15 – Sistemi di riferimento locale e globale.

Occorre quindi effettuare un cambiamento di riferimento per passare dal sistema cartesiano locale x,y , z al sistema cartesiano globale X,Y,Z valido per tutta la struttura. Dato che un cambiamento di riferimento è una trasformazione lineare, l'insieme di tutti gli spostamenti generalizzati { s x } nel sistema locale x,y , z (fig. 1.15): T

{ s } x  { u x ,v x ,w x }

1.48

è legato all'insieme delle stesse variabili { sX } nel sistema globale X,Y,Z: T

{ s } X  { u X ,v X ,w X }

1.49

dalle relazioni lineari:

19

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

ux  l1 uX  m1 vX  n1 wX vx  l2 uX  m2 vX  n2 wX

1.50

wx  l3 uX  m3 vX  n3 wX dove (l1, m1, n1), (l2, m2, n2), (l3, m3, n3), sono rispettivamente i coseni direttori degli assi x,y,z rispetto agli assi del sistema di riferimento globale X,Y,Z. Valgono le relazioni:

l i2  m i2  n i2  1

( i  1, 2, 3 )

1.51

e:

li lj  mi mj  ni nj  0

Ï i  1, 2, 3 Ô Ì i j Ô Ó j  1, 2, 3

1.52

In notazione matriciale la 1.50 è:

{ s }x  [ R ] { s }X

1.53

e la matrice di rotazione [R] è data da:

l1 m1 n1 [R] 

l2 m2 n2

1.54

l3 m3 n3 Analoga trasformazione permette di legare il vettore dei carichi { f }x a { f }X. Ovviamente esiste anche la trasformazione inversa della 1.53:

{ s } X  [ R ] 1 { s } x

1.55 T

La matrice di rotazione [R] è una matrice ortogonale dato che [ R ] [ R ]   [ R ] [ R ] T  [ I ] ; ne segue che:

[ R ] 1  [ R ] T

1.56

per cui:

{ s }X  [ R ] T { s }x

1.57

Nel caso bidimensionale (strutture piane) si rendono necessarie le trasformazioni in un solo piano, generalmente coincidente con il piano x,y . In questo caso la matrice di rotazione assume la forma: 20

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

[R ] 

l1 m1 0 1.58

l2 m2 0 0

0

1

ESEMPIO 1.2

Con riferimento alla trave inflessa di figura 1.14 e riportata in una posizione generica nel sistema di riferimento globale X ,Y di figura 1.16, i coseni direttori ( l 1 ,m 1 ,n 1 ) , ( l 2 ,m 2 ,n 2 ) sono dati da: l 1  cos 

m 1  cos ( 90   )  sin 

l 2  cos ( 90   )   sin 

m 2  cos 

1.59

Fig. 1.16 – Sistemi di riferimento locale e globale. Il vettore degli spostamenti all'estremo 2 si trasforma secondo la legge: Ï u2 ¸ cos  sin  Ô Ô Ì v 2 ý   sin  cos  Ô Ô 0 0 Ó  z2 þx

0 0 1

Ï u2 ¸ Ô Ô Ì v2 ý Ô Ô Ó  z2 þX

1.60

Uguale relazione vale per u 1 ,v 1 ,a z1 all'altro estremo 1; considerando separatamente l'estremo 1 dall'estremo 2, si ha: { s1 }x  [ R1 ] { s1 }X

1.61

{ s2 }x  [ R2 ] { s2 }X [ R1 ] 0 Ï { s1 } ¸ Ì ý  { } s 0 [ R2 ] Ó 2 þx

Ï { s1 } ¸ Ì ý Ó { s 2 } þX

1.62

21

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

che sinteticamente può scriversi: { s }x  [ R ] { s }X

1.63

Esplicitando: Ï u1 ¸ cos  sin  Ô Ô Ô v1 Ô  sin  cos  Ô Ô Ô  z1 Ô 0 0 Ì ý  u 0 0 Ô 2Ô Ô Ô 0 0 Ô v2 Ô Ô Ô 0 0 Ó  z2 þx

0 0 1 0 0 0

0 0 0 0 0 0 cos  sin   sin  cos  0 0

0 0 0 0 0 1

Ï u1 ¸ Ô Ô Ô v1 Ô Ô Ô Ô  z1 Ô Ì ý Ô u2 Ô Ô Ô Ô v2 Ô Ô Ô Ó  z2 þX

1.64

Ï f u1 ¸ Ô Ô Ô f v1 Ô Ô Ô Ô m z1 Ô Ì ý Ô f u2 Ô Ô Ô Ô f v2 Ô Ô Ô Ó m z2 þX

1.65

Analogamente per le trasformazioni riguardanti i carichi: Ï f u1 ¸ cos  sin  Ô Ô Ô f v1 Ô  sin  cos  Ô Ô Ô m z1 Ô 0 0 Ì ý  f 0 0 Ô u2 Ô Ô Ô 0 0 f Ô v2 Ô Ô Ô 0 0 Ó m z2 þx

0 0 1 0 0 0

0 0 0 0 0 0 cos  sin   sin  cos  0 0

0 0 0 0 0 1

Sostituendo le variabili elemento espresse nel sistema globale nelle equazioni elemento, si caratterizza l'elemento ruotato in una posizione qualsiasi (fig. 1.16). Si noti che anche dopo la rotazione nel sistema di riferimento globale X ,Y ,Z sono state mantenute per spostamenti e forze le lettere minuscole; ciò allo scopo di ricordare che si tratta ancora di variabili elemento.

La matrice di rigidezza dell'elemento scritta nel sistema di riferimento globale viene quindi ottenuta a partire dalla scrittura di rigidezza per l'elemento nel sistema di riferimento locale associato all'elemento stesso:

[ k ] x { s } x  { f }x

1.66

e dalle relazioni che permettono di ottenere sia le componenti degli spostamenti generalizzati sia delle forze generalizzate nel sistema di riferimento locale note quelle nel sistema di riferimento globale:

{ s }x  [ R ] { s }X

1.67

{ f }x  [ R ] { f }X

1.68

Sostituendo le 1.67 e la 1.68 nella 1.66 si ha:

[ k ] x [ R ] { s } X  [ R ] { f }X 22

1.69

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

e, premoltiplicando ambo i membri per [R] –1:

[ R ] 1 [ k ] x [ R ] { s } X  { f }X

1.70

ovvero:

[ k ] X { s }X  { f }X

1.71

in cui [k]X, matrice di rigidezza riferita al sistema di riferimento globale X,Y, vale:

[ k ] X  [ R ] 1 [ k ] x [ R ]

1.72

ovvero, dalla 1.56:

[ k ]X  [ R ] T [ k ]x [ R ]

1.73

ESEMPIO 1.3

Ricavare, nel sistema di riferimento globale X ,Y , la matrice di rigidezza per l'elemento asta comunque orientato nel piano.

Fig. 1.17 – Elemento asta nel piano. L'elemento asta può resistere a soli sforzi assiali, ma nel caso piano esso può trasmettere, attraverso i nodi che si comportano da cerniere, forze aventi componenti secondo gli assi globali X e Y . Lo spostamento di ciascun nodo dell'elemento asta nel piano è quindi definito da una traslazione secondo l'asse X ed una secondo l'asse Y , ovvero, nel sistema di riferimento locale, da una traslazione assiale u e da una traslazione verticale v . Dal momento che l'elemento asta può essere sollecitato da soli sforzi assiali, diretti cioè secondo l'asse locale x , una traslazione verticale v non produrrà nessuna tensione nell'elemento e quindi il corrispondente termine della matrice di rigidezza dovrà essere uguale a zero.

23

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

La notazione di rigidezza 1.8 per l’asta diventa, sempre nel sistema di riferimento locale x , y : 1 EA 0 ------l 1 0

Ï u1 ¸ Ï f u1 ¸ 0 1 0 Ô Ô Ô Ô v f 0 0 0 Ô 1 Ô  Ô v1 Ô Ì ý Ì ý 0 1 0 Ô u2 Ô Ô f u2 Ô Ô Ô Ô Ô 0 0 0 Óv þ Ó f v2 þ 2

1.74

Le matrici di rotazione [ R 1 ] ,[ R 2 ] sono: [ R1 ]  [ R2 ] 

cos  sin   sin  cos 

1.75

e la matrice di rotazione [ R ] è: cos  sin  0 0  sin  cos  0 0 [R]  0 0 cos  sin  0 0  sin  cos 

1.76

Applicando la 1.73, la matrice di rigidezza dell'elemento asta nel sistema di riferimento globale X ,Y risulta: c2

cs

c 2

 cs

EA [ k ] X  ------- cs l c 2

s2

 cs

s 2

 cs

c2

cs

 cs

s 2

cs

s2

1.77

dove c  cos  , s  sin  e  è l'angolo di cui è ruotato il sistema di riferimento locale x ,y rispetto a quello globale X ,Y . ESEMPIO 1.4

Ricavare, nel sistema di riferimento globale X ,Y ,Z , la matrice di rigidezza per l'elemento asta comunque orientato nello spazio.

Fig. 1.18 – Elemento asta nello spazio. 24

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Il sistema di riferimento locale dell'elemento, definito dai nodi 1 e 2, è tale per cui l'asse x coincide con l'asse della asta ed è diretto da 1 verso 2; gli assi y e z , perpendicolari all'asse x , possono avere orientazione qualsiasi. Come nei casi monodimensionale e piano l'elemento asta può deformarsi solo in senso assiale, cioè lungo l'asse locale x , mentre sarà qui caratterizzato dalle tre componenti di spostamento e di forza ai nodi 1 e 2. Per gli stessi motivi visti nel caso dell'esempio 1.3, la notazione di rigidezza per l’asta nel sistema di riferimento locale x ,y ,z è: 1 0 EA 0 ------l 1 0 0

0 0 0 0 0 0

0 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0

Ï u1 ¸ Ï f u1 ¸ Ô Ô Ô Ô Ô v1 Ô Ô f v1 Ô Ô Ô Ô Ô Ô w1 Ô Ô f w1 Ô Ì ý  Ì ý Ô u2 Ô Ô f u2 Ô Ô Ô Ô Ô Ô v2 Ô Ô f v2 Ô Ô Ô Ô Ô Ó w2 þ Ó f w2 þ

1.78

Le matrici di rotazione [ R 1 ] ,[ R 2 ] sono espresse dalla 1.54, per cui la matrice di rigidezza [ k ] X , nel sistema di riferimento X ,Y ,Z risulta: l 12

l1 m1

l1 n1

 l 12

l1 m1

l1 n1

l1 m1

m 12

m1 n1

l1 m1

 m 12

m1 n1

m1 n1

n 12

l1 n1

m1 n1

 n 12

l1 m1

l1 n1

l 12

l1 m1

l1 n1

 m 12

m1 n1

l1 m1

m 12

m1 n1

m1 n1

 n 12

l1 n1

m1 n1

n 12

EA l n [ k ] x  ------- 1 1 l l 2 1 l1 m1 l1 n1

1.79

1.7 ELEMENTO TRAVE NEL PIANO Per trave nel piano si intende un elemento comunque orientato nel piano e che può essere sollecitato da carichi comunque giacenti nel piano della struttura ed aventi quindi componenti sia parallele sia ortogonali all'asse dell'elemento (fig. 1.19). Nell'ipotesi di linearità geometrica tale elemento può essere ottenuto come sovrapposizione dell'elemento asta e dell'elemento trave inflessa, caratterizzati rispettivamente dalle equazioni 1.8 e 1.25, se nella trave inflessa non si tiene conto dell'effetto del taglio sulle deformazioni.

25

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Fig. 1.19 – Elemento trave nel piano.

La notazione di rigidezza dell'elemento trave nel piano, riferita al sistema di riferimento locale x,y è quindi ottenuta combinando opportunamente le 1.8 e 1.25; ordinando il vettore degli spostamenti {s} come:

{ s } T  { u 1, v 1,  z1, u 2, v 2,  z2 }

1.80

e analogamente quello delle forze { f }:

{ f }T  { f u1, f v1, m z1, f u2, f v2, m z2 }

1.81

la matrice di rigidezza [k]x riferita al sistema locale x,y è:

[ k ]x 

EA ------l

0

0

EA  ------l

0

0

0

12E Jz --------------l3

6E J -----------zl2

0

12E Jz  -------------l3

6E Jz -----------l2

0

6E Jz -----------l2

4E J -----------zl

0

6E Jz  ----------l2

2E J -----------zl

0

EA ------l

0

0

0

12E Jz --------------l3

6E Jz  ----------l2

0

6E Jz  ----------l2

4E J -----------zl

EA  ------l 0 0

0

6E J 12E Jz -  -----------z -------------3 l l2 6E J -----------zl2

2E J -----------zl

1.82

La matrice di rigidezza [k ] X riferita al sistema di riferimento globale X,Y si ottiene come (vd. 1.73):

[ k ]X  [ R ] T [ k ]x [ R ]

26

1.83

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

dove la matrice di rotazione [R ] è quella ricavata nell'esempio 1.1 ed espressa dalla 1.17. Indicando con J l'angolo formato dall'asse della trave (asse x locale) con l'asse X ed esprimendo le funzioni seno e coseno di J in funzione delle coordinate dei nodi 1 e 2 della trave nel sistema di riferimento globale X,Y:

X2  X1 cos   ------------------l

Y2  Y1 sin   -----------------l

1.84

con l, lunghezza della trave, data da:

l 

( X2  X1 ) 2  ( Y2  Y1 ) 2

1.85

1.8 ELEMENTO TRAVE PER STRUTTURE A GRIGLIA Questo elemento è geometricamente analogo all'elemento trave nel piano descritto al paragrafo 1.7; la sola differenza è data dai carichi, che in tal caso sono perpendicolari al piano dell'elemento (fig. 1.20). Potrà quindi essere sollecitato, oltre che da taglio e da momento flettente, da un momento torcente mx anzichè da un carico assiale fu ; corrispondentemente la sua cinematica è definita, oltre che da uno spostamento w diretto secondo l’asse z e da una rotazione y intorno all'asse y, da una rotazione x attorno all'asse x anzichè da uno spostamento assiale u.

Fig. 1.20 – Elemento trave per strutture a griglia.

Analogamente a quanto fatto per la trave nel piano, la matrice di rigidezza di questo elemento può essere ottenuta come sovrapposizione dell'elemento trave sollecitato a torsione e dell'elemento trave inflessa, caratterizzati rispettivamente dalle eq. 1.15 e 1.25, se nella trave inflessa non si tiene conto dell'effetto del taglio sulle deformazioni. 27

28 6EJ z ----------- c l2

2EJ -----------z l

6EJ z -c  ---------l2

6EJ z ----------- s l2

EA 12EJ z - cs  -----l cs  ------------l3 12EJ EA - s 2  --------------z c 2  -----l l3

Eq. 1.86 – Matrice di rigidezza [k]X per l’elemento trave nel piano.

s  sin 

6EJ z -s  ---------l2

EA 12EJ z - cs  -----l cs  ------------l3

4EJ -----------z l

6EJ -----------z c l2

6EJ z -s  ---------l2

6EJ z ----------- c l2

EA 2 12EJ z 2 ------- s  -------------- c l l3

12EJ z EA ------- cs  ------------l 3 cs l 6EJ z -s  ---------l2 12EJ EA - 2 --------------z 2  -----l c  l3 s

c  cos 

[ k ]x 

12EJ z EA ------- cs  ------------l 3 cs l

EA 2 12EJ z 2 ------- c  -------------- s l l3

4EJ -----------z l

6EJ z  ---------l2 c

12EJ z EA ------- cs  ------------l 3 cs l 6EJ z ----------- s l2

6EJ z -c  ---------l2

EA 2 12EJ z 2 ------- s  -------------- c l l3

EA 2 12EJ z 2 ------- c  -------------- s l l3

6EJ -----------z s l2

2EJ -----------z l

6EJ z -c  ---------l2 12EJ z EA ------- cs  ------------l 3 cs l

6EJ z ----------- s l2

6EJ z ----------- c l2

6EJ z -s  ---------l2 12EJ EA - 2 --------------z 2  -----l s  l3 c

EA 12EJ z - cs  -----l cs  ------------l3

EA 12EJ z - cs  -----l cs  ------------l3

12EJ EA - c 2  --------------z s 2  -----l l3

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Ordinando il vettore degli spostamenti {s } e quello delle forze { f }come:

{ s } T  {  x1,  y1, w 1,  x2,  y2, w 2 }

1.87

{ f }T  { m x1, m y1, f w1, m x2, m y2, f w2 }

1.88

la matrice di rigidezza [k]x riferita al sistema locale x,y è:

[ k ]x 

GJ x -------l

0

0

0

4EJ y ----------l

0

6EJ y  ---------l2

6EJ y  ---------l2 12EJ y -------------l3

GJ x  -------l

0

0

0

2EJ y  ----------l

0

6EJ y ----------l2

6EJ y  ---------l2 12EJ y  -------------l

GJ x  -------l

0

0

2EJ y  ----------l

0

6EJ y  ---------l2

GJ x -------l

0

0

4EJ y ----------l

0

6EJ y ----------l2

0 6EJ y ----------l2 12EJ y  -------------l

1.89

0 6EJ y ----------l2 12EJ y -------------l3

La matrice di rigidezza [k]X nel sistema di riferimento globale X,Y si ottiene (vd. 1.73) come:

[ k ]X  [ R ] T [ k ]x [ R ]

1.90

e la matrice di rotazione [R] è quella espressa dalla 1.64, avendo ordinato il vettore degli spostamenti come in 1.87.

29

30 6EJ y ----------- c l2 2EJ y GJ x ---------- -------l cs  l cs GJ x 2EJ y 2 - c2  -------l s  ---------l 6EJ y ----------- c l2

6EJ y -s  ---------l2 GJ x 2EJ y 2 - s2  -------l c  ---------l 2EJ y GJ x ----------- cs  -------cs  l l 6EJ y -s  ---------l2

6EJ y -s  ---------l2

4EJ y GJ x --------cs  ---------l cs l

GJ x 4EJ --------c 2  -----------y s 2 l l

6EJ y ----------- s l2 6EJ y -c  ---------l2 12EJ y  ------------l3

6EJ y ----------- s l2

2EJ y GJ x ---------- -------l cs  l cs

GJ x 2EJ y 2 - s2  -------l c  ---------l

12EJ y -------------l3

6EJ -----------y c l2

6EJ y -s  ---------l2

Eq. 1.91 – Matrice di rigidezza [k]X per l'elemento trave in strutture a griglia.

s  sin 

GJ x 4EJ 2  -----------y c 2 --------s l l

4EJ y GJ x --------cs  ---------l cs l

c  cos 

[ k ]x 

4EJ y GJ x --------cs  ---------l cs l

GJ x 4EJ --------c 2  -----------y s 2 l l

6EJ y -c  ---------l2

GJ x 4EJ 2  -----------y c 2 --------s l l

6EJ y -c  ---------l2 4EJ y GJ x --------cs  ---------l cs l

GJ x 2EJ y 2 - c2  -------l s  ---------l

2EJ y GJ x ---------- -------l cs  l cs

12EJ y -------------l3

6EJ y -c  ---------l2

6EJ y -s  ---------l2

6EJ y ----------- c l2 12EJ y  ------------l3

6EJ y -s  ---------l2

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

1.9 ELEMENTO TRAVE NELLO SPAZIO Per trave nello spazio si intende un elemento comunque orientato nello spazio e che può essere sollecitato da carichi generalmente descrivibili in termini di forze assiali, forze perpendicolari al suo asse, momenti flettenti agenti secondo i due assi principali d'inerzia della sua sezione e momento torcente agente lungo il suo asse (fig. 1.21). Il sistema di riferimento locale dell'elemento, definito dai nodi 1 e 2, è tale per cui l'asse x coincide con l'asse della trave ed è diretto da 1 verso 2; gli assi y e z, perpendicolari all'asse x, coincidono con gli assi principali d'inerzia della sezione della trave. In tal modo le azioni di taglio e di momento flettente nei due piani xy e xz possono essere considerate indipendenti l'una dall'altra. Si ha così una notevole semplificazione nella formulazione della matrice di rigidezza dell'elemento che può essere ottenuta, nell'ipotesi di linearità geometrica, come sovrapposizione delle matrici dell'elemento trave sollecitato assialmente (asta), dell'elemento trave sollecitato a torsione (barra di torsione) e dell'elemento trave inflessa.

Fig. 1.21 – Trave nello spazio.

Se per quest'ultima non si tiene conto dell'effetto del taglio sulle deformazioni, la notazione di rigidezza 1.1 dell'elemento trave nello spazio, nel sistema di riferimento locale x,y,z è quindi ottenuta come opportuna combinazione delle 1.8, 1.15 e 1.25.

31

32 [ k ]x  0 0

0 0 6EJ -----------z l2 0 12EJ z  ------------l3 0 0 0 6EJ -----------z l2

0 0 0 EA  ------l 0 0 0

Eq. 1.92 – Matrice di rigidezza per l'elemento trave nello spazio. 0 0

0

6EJ y  ---------l2

0

12EJ y  ------------l3

0

6EJ y  ---------l2

0

0

GJ x  -------l

0

0

0

0

0

GJ --------x l

0

12EJ y -------------l3

0

0 0

0

0

12EJ --------------z l3

0

0

0

0

EA ------l

0

2EJ y ----------l

0

6EJ y ----------l2

0

0

0

4EJ y ----------l

0

6EJ y  ---------l2

0

0

1.1

2EJ z ----------l

0

0

0

6EJ z  ---------l2

0

4EJ z ----------l

0

0

0

6EJ z ----------l2

0

0

0

0 0

0 0

6EJ z  ---------l2

0

0

0

12EJ --------------z l3

0 0

EA ------l

6EJ z  ---------l2

0

0

0

0

12EJ z  ------------l3

0

0

0

EA  -----l

0

0

6EJ y ----------l2 0

0

GJ --------x l 0

0

4EJ y ----------l

6EJ y ----------l2 0

12EJ y -------------l3

0

0

0

2EJ y ----------l

0

6EJ y  ---------l2

0

0

0

0

0

0

GJ x  -------l

0

0

0

0

0

0

6EJ y ----------l2

0

12EJ y  ------------l3

0

0

4EJ -----------z l

0

0

0

6EJ z  ---------l2

0

2EJ -----------z l

0

0

0

6EJ z ----------l2

0

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

1.10 CARICHI NODALI EQUIVALENTI Verranno qui descritte le procedure per trattare sistemi di carico diversi da quelli costituiti da sole forze applicate ai nodi degli elementi, e che quindi non possono essere inseriti direttamente nelle equazioni che descrivono il comportamento dell'elemento; in tali sistemi di carico rientrano, per esempio i carichi distribuiti, gli effetti termici, ecc. Sistemi di carico non agenti direttamente ai nodi degli elementi verranno sostituiti da sistemi di carico equivalenti ma agenti nei nodi; il termine equivalenti significa che i due sistemi di carico producono gli stessi effetti nei nodi dell'elemento, ma non necessariamente al suo interno. In termini generali la notazione di rigidezza per l'elemento 1.39 viene ora riscritta come:

[ k ] { s }  { f } { f e }

1.93

dove { fe } rappresenta il vettore dei carichi nodali equivalenti ad un sistema di carico non applicato direttamente ai nodi.

1.10.1 Elemento asta: carico distribuito Su un elemento asta agisca un carico uniformemente distribuito qu , in direzione parallela all'asse dell'elemento e positivo se concorde al verso dell'asse locale x (fig. 1.22).

Fig. 1.22 – Carico distribuito assialmente.

L'equazione di equilibrio è:

f u1  f u2  qu l  0

1.94

e l'equazione di deformazione:

l2 l u 2  u 1  ------- f u2  ---------- q u EA 2EA

1.95

In forma di scrittura di rigidezza: 33

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Ï f u1 ¸ qu l Ï 1 ¸ EA 1  1 Ï u 1 ¸ ------ Ì ý  -----l  1 1 ÌÓ u 2 ýþ 2 ÌÓ 1 ýþ Ó f u2 þ

1.96

ed il vettore dei carichi nodali equivalenti ad un carico distribuito assialmente è:

Ï qu l { f e }T  Ì ------Ó 2

qu l ¸ -----2 ýþ

1.97

1.10.2 Elemento asta: effetto termico Se l'elemento barra è soggetto, in ogni sua sezione, ad un aumento di temperatura di valor medio Tm , misurato a partire da una temperatura di riferimento; si avrà un allungamento della barra pari a:

u 2  u 1   lT m

1.98

dove  è il coefficiente di dilatazione termica lineare. In forma di rigidezza si ottiene:

Ï f u1 ¸ Ï 1 ¸ EA 1  1 Ï u 1 ¸ ------ Ì ý   EAT m Ì Ì ý ý l 1 1 Ó u2 þ Ó f u2 þ Ó 1þ

1.99

e il vettore dei carichi nodali equivalente ad un aumento medio di temperatura è:

{ f e }T  {   EAT m

 EAT m }

1.100

1.10.3 Elemento asta: montaggio con interferenza o gioco Si supponga ora di sapere che un elemento, montato fra due punti di date coordinate, riesce ad essere montato fra tali punti solo allungandolo o accorciandolo sotto l'azione di forze assiali, inducendo uno stato di pretensione assiale. Per calcolare in:

[ k ] { s }  { f } { f e }

1.101

il vettore { fe } dei carichi nodali equivalenti ad uno stato di pretensione, un modo semplice di procedere è quello di considerare che in assenza di forze { f } applicate dall'esterno agli estremi, gli spostamenti saranno tali da riportare la lunghezza dell'elemento al valore che essa ha quando l'elemento stesso è scarico. Pertanto in: 34

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

Ï f u1 ¸ Ï f e1 ¸ EA 1  1 Ï u 1 ¸ ------ Ì ýÌ ý l  1 1 ÌÓ u 2 ýþ Ó f u2 þ Ó f e2 þ

1.102

quando fu1 = fu2 = 0 si deve avere:

u 1  l 1

u 2  l 2

1.103

Sostituendo in 1.102:

Ï 0 ¸ Ï f e1 ¸ EA 1  1 Ï l 1 ¸ ------ Ì ýÌ ý l  1 1 ÌÓ l 2 ýþ Ó 0 þ Ó f e2 þ

1.104

e risolvendo per fe1 e fe2 si ottiene:

Ï f e1 ¸ l Ï 1 ¸ Ì ý  EA ----l ÌÓ  1 ýþ Ó f e2 þ

1.105

funzione, come era da aspettarsi, del solo allungamento totale l = l1 – l2, con l definito positivo quando corrisponde ad un montaggio con allungamento.

1.10.4 Elemento asta: carico concentrato Anche un carico concentrato, applicato fra gli estremi dell'elemento può essere ridotto ad un vettore di carichi nodali equivalenti.

Fig. 1.23 – Carico concentrato intermedio.

Con riferimento alla figura 1.23 se la forza assiale fu è applicata all'ascissa x  , le equazioni risolutive 1.1 e 1.3 diventano:

f u1  f u2  f u  0 x l u 2  u 1  ------- f u2  ------- f u EA EA

1.106

35

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

ed il vettore dei carichi nodali equivalente risulta pertanto essere:

Ï l  x { f e }T  f u Ì --------------Ó l

x ¸ ----- ý l þ

1.107

1.10.5 Elemento trave inflessa: carico distribuito Si consideri un elemento trave rettilineo sul quale agisca un carico distribuito uniforme qv ed agente in senso normale all'asse della trave (fig. 1.24).

Fig. 1.24 – Carico uniformemente distribuito.

Le equazioni di equilibrio e di congruenza 1.21 diventano ora:

0  f v1  f v2  q v l qv l 2 0   f v1 l  --------2  m z1  m z2 qv l 3 l l2  z2   z1   -------- m z1  ----------- f v1  ---------6EJz E Jz 2E Jz

1.108

qv l 4 l2 l3 v 2  v 1   z1 l   ----------- m z1  ----------- f v1  ------------24EJz 2EJz 6EJz Elaborando le 1.108 come nel caso dell'elemento asta si ottiene l'espressione del carico nodale equivalente ad un carico uniformemente distribuito:

Ïl { f e }T  q v Ì --Ó2

36

l2 -----12

l --2

2

l ¸  ----12 ý þ

1.109

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

1.10.6 Elemento trave inflessa: gradiente termico Si consideri ora una trave sottoposta a temperature differenti su intradosso ed estradosso. In direzione normale all'asse della trave ci sarà pertanto una variazione di temperatura, con legge di variazione considerata lineare. Il valor medio di tale variazione di temperatura, rispetto ad un valore di riferimento, è responsabile dell'allungamento assiale della trave e di ciò si è tenuto conto in 1.98; la variazione rispetto al valor medio è invece responsabile dell'inflessione ed è questa variazione che verrà qui analizzata.

Fig. 1.25 – Trave inflessa sottoposta a gradiente termico.

Indicando con T la differenza di temperatura tra valore massimo e valore medio, positivo se la temperatura cresce nel verso delle y crescenti (fig. 1.25), con h l'altezza della trave e con  il coefficiente di dilatazione termica lineare, a causa dell'aumento differenziale di temperatura si ha:

x  z2   z1   2 T -h

1.110

e pertanto le equazioni di deformazione 1.19, 1.20 diventano:

l l2 l  z2   z1   ------- m z1  ----------- f v1  2 T -EJz 2EJz h l2 l3 l2 v 2  v 1   z1 l   ----------- m z1  ----------- f v1   T ----2EJz 6EJz h

1.111

queste, insieme alle equazioni di equilibrio 1.16 e 1.17 portano alla relazione matriciale di rigidezza 1.25 ed al vettore dei carichi nodali equivalente ad una distribuzione di temperatura:

{ fe

}T

Ï  Ì0 Ó

2 TEJ z -------------------------h

0

2 TEJ z ¸  -------------------------- ý 1.112 h þ

37

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

1.10.7 Elemento trave inflessa: carichi concentrati Il vettore dei carichi nodali equivalente a carichi concentrati fv e mz ad una ascissa x  dal nodo 1 è ricavato in modo analogo a quanto fatto per l'elemento asta. Elaborando le equazioni di equilibrio e di congruenza opportunamente scritte, si ottiene: 3  2x 3  3lx 2 6x ( l  x ) Ï l-------------------------------------------- f v  ---------------------------- m z ¸Ô Ô 3 3 l l Ô Ô Ô x 3  l 2 x  2lx 2 l 2  3x 2  4lx Ô Ô -----------------------------------------------f v  ------------------------------------------m z Ô l2 l2 Ô Ô { fe }  Ì ý 1.113 2x 3  3lx 2 6x ( l  x ) Ô Ô -------------------------------f v  ---------------------------- mz Ô Ô 3 3 l l Ô Ô Ô Ô x 3  lx 2 3x 2  2lx -------------------------f ----------------------------Ô Ô  m v z l2 l2 Ó þ

1.10.8 Trave nel piano; carichi nodali equivalenti I carichi nodali equivalenti possono essere ottenuti come opportuna sovrapposizione dei carichi nodali equivalenti per l'elemento barra e per l'elemento trave inflessa, analogamente a quanto fatto per la matrice di rigidezza. Ad esempio il carico nodale equivalente ad un carico uniformemente distribuito assiale qu e ad un carico uniformemente distribuito verticale q v (fig. 1.26).

Fig. 1.26 – Carico distribuito.

è dato, nel sistema di riferimento locale x,y da:

Ï l { f e }T  Ì qu --Ó 2

38

l q v --2

l2 q v -----12

l qu --2

l q v --2

l2¸  q v ------ ý 1.114 12 þ

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

mentre quello dovuto ad una distribuzione di temperatura con valor medio Tm e gradiente T (fig. 1.27) è dato da:

{ fe

}T

Ï Ô  Ì  Ô   EAT m Ó

0

2 EJz T -------------------------h

 EAT m

0

¸ 2 EJz T Ô  -------------------------- Ôý h þ

1.115

Fig. 1.27 – Effetto termico.

I vettori dei carichi nodali equivalenti nel sistema di riferimento globale X,Y possono essere ricavati ricordando le 1.68 e 1.56:

{ f e }X  [ R ] T { f e } x

1.116

In generale se:

{ f e }Tx  { f e1 f e2 f e3 f e4 f e5 f e6 }

1.117

Ï f e1 cos   f e2 sin  ¸ Ô Ô Ô f e1 cos   f e2 sin  Ô Ô Ô f e3 Ô Ô { fe }X  Ì ý Ô f e4 cos   f e5 sin  Ô Ô Ô Ô f e4 cos   f e5 sin  Ô Ô Ô f e6 Ó þ

1.118

si ha:

dove J rappresenta l'angolo formato tra l'asse x locale e l'asse X globale.

39

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

ELEMENTO ASTA - TABELLA SINOTTICA

Ï f u1 ¸ qu lÏ 1 ¸ EA 1  1 Ï u 1 ¸ ------ + Ì ý  -----2 ÌÓ 1 ýþ l  1 1 ÌÓ u 2 ýþ Ó f u2 þ Ï 1 ¸ l Ï 1 ¸ f u Ï l  x ¸  ---- Ì + EAT m Ì ý  EA ----l ÌÓ  1 ýþ l Ó x ýþ Ó 1þ con:

40

E A l

modulo elastico

l

variazione di lunghezza iniziale; positivo se gioco, negativo se interferenza

Tm

variazione di temperatura, uguale in ogni sezione

*

coefficiente di dilatazione termica lineare

qu

carico assiale per unità di lunghezza, costante

fu

carico assiale concentrato all'ascissa x 

area (costante) della sezione retta lunghezza dell'elemento

CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI

ELEMENTO TRAVE INFLESSA - TABELLA SINOTTICA

Ï l ¸ Ô --- Ô Ô 2 Ô v f 1 v1 Ô l2 Ô Ï ¸ Ï ¸ 6 2 6 4 - --- Ô Ô ------ Ô Ô Ô Ô ------  --2  m l 2 Ô 12 Ô Ô z1 Ô l Ô z1 Ô l EJ z l   q ý+ Ì ý Ì ý vÌ l Ô v f 12 6 12 6 Ô 2 Ô Ô Ô Ô v2 --- ----  l---2- Ô  ----Ô 2 Ô Ô Ô Ô l 3  l 2 ----l3 Ô Ô Ó  z2 þ Ó m z2 þ Ô l2Ô 6 4 ----6 2 Ô  12 Ô ------  --Ó þ l 2 --ll l2 12 -----l3

6 ---l2

12  ----l3

6 ---l2

l 3  2x  3  3lx 2 6x ( l  x ) Ï ¸ --------------------------------------------- f v  ----------------------------- m z Ô Ô 3 3 l l Ô Ô Ï 0 ¸ Ôx  3  l 2 x  2lx 2 l 2  3x 2  4lx Ô Ô Ô Ô ------------------------------------------------f v  -------------------------------------------m z Ô  TEJ z Ô 1 Ô Ô l2 l2 Ô + ----------------------- Ì Ì ý ý 3 2 h 0     2x  3lx 6x ( l  x ) Ô Ô Ô Ô --------------------------------f ---------------------------m  v z Ô 1 Ô Ô Ô l3 l3 Ó þ Ô Ô Ô Ô  3  lx 2  2  2lx x 3x Ô Ô -------------------------- f v  ------------------------------ m z 2 2 Ó þ l l

con:

E h Jz

modulo elastico altezza della sezione momento d'inerzia trasversale

l 2T * qv

lunghezza dell'elemento variazione di temperatura estradosso-intradosso coefficiente di dilatazione termica lineare carico assiale per unità di lunghezza, costante

fv

carico assiale concentrato all'ascissa x 

mz

momento concentrato all'ascissa x  41

2. CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

2.1 VARIABILI ED EQUAZIONI STRUTTURA Nel capitolo 1 sono stati ricavati la matrice di rigidezza ed i vettori dei carichi nodali equivalenti per gli elementi barra e trave a partire dalle equazioni di equilibrio e congruenza:

[ k ] { s } = { f }+ { fe }

2.1

Si descriverà ora come questi elementi vengono assemblati tra di loro per costruire una struttura. Quanto verrà illustrato in questo capitolo ha validità del tutto generale e non è legato al particolare elemento trave studiato nel capitolo 1. A titolo d'esempio si osservi la struttura di figura 2.1, che si può considerare composta da tre elementi barra, compresi rispettivamente tra i punti 1 e 2, 1 e 3, 2 e 3; i punti 1, 2, 3 sono detti nodi della struttura.

Fig. 2.1 – Struttura reticolare.

43

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Le proprietà elastiche di ciascun elemento sono definite, a prescindere dalla struttura, dalla 2.1 in cui i vettori degli spostamenti generalizzati { s } e delle forze generalizzate { f } relativi al generico elemento sono dati da:

{ s } T = { u1 v1 u2 v2 } { f }T = { f u1 f v1 f u2 f v2 }

2.2

Si è quindi in grado di costituire idealmente un magazzino degli elementi che compongono la struttura, costituito da: 1. l'elenco delle variabili-elemento { s }, { f } che servono a definire le proprietà di ogni singolo elemento presente nella struttura 2. l'insieme delle equazioni che legano tra di loro le variabili-elemento per ciascuno degli elementi Per descrivere matematicamente la struttura occorre ora definire: 1. l'elenco delle variabili-struttura 2. le equazioni che legano fra loro le variabili-struttura Nel caso della figura 2.1 le variabili struttura sono:

{ S } T = { U1 V1 U2 V2 U3 V3 } { F } T = { F u1 F v1 F u2 F v2 F u3 F v3 }

2.3

Analogamente a quanto fatto per il singolo elemento, anche per la struttura vengono quindi individuati due insiemi distinti di variabili: – N variabili cinematiche, cioè gli spostamenti generalizzati necessari a definire il campo di spostamento della struttura – N variabili statiche, cioè forze generalizzate che dall'esterno sono applicate nei punti nodali della struttura Il numero N di variabili struttura è dato dalla sommatoria, estesa a tutti i nodi della struttura, del numero di gradi di libertà cinematici di ciascun nodo. Nel caso della struttura di figura 2.1 (3 nodi e 2 gradi di libertà per nodo) il numero di gradi di libertà della struttura è pari a 6. Per poter caratterizzare matematicamente la struttura, si definiscono, per ciascun nodo, le seguenti relazioni tra le variabili struttura e le variabili elemento: – l'uguaglianza tra le variabili cinematiche struttura e quelle degli elementi che concorrono nel nodo – l'equilibrio tra le variabili statiche struttura e quelle degli elementi che concorrono nel nodo

44

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

ESEMPIO 2.1

Descrivere le relazioni tra variabili elemento e variabili struttura per il nodo 2 della struttura piana di figura 2.2. Nel nodo 2, ove concorrono l'elemento 2 e l'elemento 3, sono definite le variabili cinematiche struttura U 2 ,V 2 . Per ciascuno dei due elementi sono definite, negli estremi che confluiscono nel nodo 2 le variabili elemento ( u 2 , v 2 ) 2 per l'elemento 2, ( u 2 , v 2 ) 3 per l'elemento 3. È chiaro che l'insieme delle variabili, elemento e struttura, è riferito al sistema di riferimento globale X ,Y .

Fig. 2.2 – Struttura ed elementi. Per la congruenza degli spostamenti dovranno valere le seguenti uguaglianze: ( u2 )2 = U2

( v2 )2 = V2

( u2 )3 = U2

( v2 )3 = V2

2.4

Queste equazioni rappresentano matematicamente il fatto che i due elementi 2, 3 sono uniti nel nodo comune 2. In generale tutte le variabili cinematiche elemento vengono espresse in funzione delle variabili cinematiche struttura, mediante un numero di equazioni pari al numero di variabili elemento. Per quanto riguarda le variabili statiche, nel nodo 2 sono definiti, per la struttura, i carichi F u2 , F v2 e per i due elementi, negli estremi che confluiscono nel nodo 2, le variabili, sempre riferite al sistema di riferimento globale X ,Y ( f u2 , f v2 ) 2 per l'elemento 2, ( f u2 , f v2 ) 2 per l'elemento 3. Per l'equilibrio del nodo 2 si deve avere: ( f u2 ) 2 + ( f u2 ) 3 = F u2 ( f v2 ) 2 + ( f v2 ) 3 = F v2

2.5

Per quanto riguarda i carichi si hanno così tante equazioni quante le variabili struttura.

45

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

In generale quindi se alla struttura sono associate N variabili cinematiche ed N statiche e se la struttura è composta da elementi che complessivamente comportano n variabili cinematiche e n statiche, le equazioni che esprimono il collegamento degli elementi in una struttura saranno: – N equazioni di equilibrio – n equazioni di congruenza

2.2 ASSEMBLAGGIO DELLE EQUAZIONI STRUTTURA Nell'esempio precedente si è visto che per descrivere matematicamente come i vari elementi sono collegati per formare la struttura si scrivono N equazioni di equilibrio e n equazioni di congruenza. Tenendo conto che si hanno a disposizione n equazioni-elemento 2.1, si possono in totale ottenere N + 2n equazioni risolutive del problema strutturale. In tali equazioni compaiono sia le 2N variabili struttura sia le 2n variabili elemento. Si potrebbe pensare, a questo punto, di utilizzare le equazioni cos come sono state derivate e risolvere il problema in termini sia di variabili elemento sia di variabili struttura; è però più efficiente, dal punto di vista di organizzazione e sistematicità del calcolo, lavorare solo a livello di struttura e con sole variabili struttura. Le equazioni che esprimono le variabili elemento in termini di variabili struttura verranno quindi utilizzate per ottenere, a partire dalla scrittura di rigidezza dei singoli elementi, la notazione di rigidezza per la struttura:

[ K ] { S } = { F } + { Fe }

2.6

Indicato con E il numero degli elementi costituenti la struttura, le equazioni che caratterizzano il comportamento dell'elemento h-esimo sono definite da:

[ k ] h { s } h = { f }h + { f e } h

h = 1... E

2.7

e legano forze e spostamenti generalizzati ai nodi dell'elemento. Si immagini ora di costruire fisicamente la struttura a partire dagli elementi a disposizione in un magazzino. I nodi della struttura avranno una loro posizione ben determinata nello spazio e tra questi nodi dovranno essere inseriti gli elementi per formare la struttura. Dovrà quindi esserci una corrispondenza tra i nodi dei vari elementi ed i nodi della struttura: se il nodo i dell'elemento h-esimo dovrà coincidere col nodo k della struttura allora gli spostamenti-elemento del nodo i dovranno coincidere con gli spostamenti-struttura del nodo k, mentre le forze-elemento del nodo i contribuiranno all'equilibrio del nodo k.

46

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

ESEMPIO 2.2

Ricavare la matrice di rigidezza per la struttura rappresentata in figura 2.1. La struttura è composta da 3 elementi barra la cui matrice di rigidezza è data, nel sistema di riferimento globale X ,Y dalla 1.77. La corrispondenza tra nodi elementi e nodi struttura è data dalla tabella 2.1; le equazioni di congruenza tra gli spostamenti elemento e spostamenti struttura e le equazioni di equilibrio ai nodi sono riassunte rispettivamente nelle tabelle 2.2 e 2.3.

Tab. 2.1 – Connessione degli elementi per la struttura di figura 2.1 ELEMENTO

1

2

3

NODO

1

1

1

3

NODO

2

3

2

2

Tab. 2.2 – Equazioni di congruenza per gli spostamenti elemento e spostamenti struttura ELEMENTO

ELEMENTO

ELEMENTO

1

2

3

( u1 )1 = U1

( v1 )1 = V1

( u2 )1 = U3

( v2 )1 = V3

( u1 )2 = U1

( v1 )2 = V1

( u2 )2 = U2

( v2 )2 = V2

( u1 )3 = U3

( v1 )3 = V3

( u2 )3 = U2

( v2 )3 = V2

Tab. 2.3 – Equazioni di equilibrio ai nodi della struttura NODO

1

( f u1 ) 1 + ( f u1 ) 2 = F u1 ( f v1 ) 1 + ( f v1 ) 2 = F v1

NODO

2

( f u2 ) 2 + ( f u2 ) 3 = F u2 ( f v2 ) 2 + ( f v2 ) 3 = F v2

NODO

3

( f u2 ) 1 + ( f u1 ) 3 = F u3 ( f v2 ) 1 + ( f v1 ) 3 = F v3

47

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Sostituendo le equazioni di congruenza (tab. 2.2) nelle espressioni di rigidezza dei singoli elementi si ottiene, per l'elemento 1: a 11 a 12 a 13 a 14 Ï U 1 ¸ Ï f u1 ¸ Ô Ô Ô Ô a 21 a 22 a 23 a 24 Ô V 1 Ô Ô f v1 Ô Ì ý = Ì ý a 31 a 32 a 33 a 34 Ô U 3 Ô Ô f u2 Ô Ô Ô Ô Ô a 41 a 42 a 43 a 44 Ó V 3 þ Ó f v2 þ

2.8

per l'elemento 2: b 11 b 12 b 13 b 14 Ï U 1 ¸ Ï f u1 ¸ Ô Ô Ô Ô b 21 b 22 b 23 b 24 Ô V 1 Ô Ô f v1 Ô Ì ý = Ì ý b 31 b 32 b 33 b 34 Ô U 2 Ô Ô f u2 Ô Ô Ô Ô Ô b 41 b 42 b 43 b 44 Ó V 2 þ Ó f v2 þ

2.9

per l'elemento 3: c 11 c 12 c 13 c 14 Ï U 3 ¸ Ï f u1 ¸ Ô Ô Ô Ô c 21 c 22 c 23 c 24 Ô V 3 Ô Ô f v1 Ô Ì ý = Ì ý c 31 c 32 c 33 c 34 Ô U 2 Ô Ô f u2 Ô Ô Ô Ô Ô c 41 c 42 c 43 c 44 Ó V 2 þ Ó f v2 þ

2.10

Sostituendo nelle equazioni di equilibrio (tab. 2.3) le espressioni delle forze elemento date dalle 2.3, 2.4 e 2.5 si ottiene: F u1 = a 11 U 1 + a 12 V 1 + a 13 U 3 + a 14 V 3 + b 11 U 1 + b 12 V 1 + b 13 U 2 + b 14 V 2 F v1 = a 21 U 1 + a 22 V 1 + a 23 U 3 + a 24 V 3 + b 21 U 1 + b 22 V 1 + b 23 U 2 + b 24 V 2 F u2 = b 31 U 1 + b 32 V 1 + b 33 U 2 + b 34 V 2 + c 31 U 3 + c 32 V 3 + c 33 U 2 + c 34 V 2 F v2 = b 41 U 1 + b 42 V 1 + b 43 U 2 + b 44 V 2 + c 41 U 3 + c 42 V 3 + c 43 U 2 + c 44 V 2 F u3 = a 31 U 1 + a 32 V 1 + a 33 U 3 + a 34 V 3 + c 11 U 3 + c 12 V 3 + c 13 U 2 + c 14 V 2 F v3 = a 41 U 1 + a 42 V 1 + a 43 U 3 + a 44 V 3 + c 21 U 3 + c 22 V 3 + c 23 U 2 + c 24 V 2

2.11 Ï U1 ¸ Ï F u1 ¸ Ô Ô Ô Ô ( a 21 + b 21 ) ( a 22 + b 22 ) b 23 b 24 a 23 a 24 Ô V1 Ô Ô F v1 Ô Ô Ô Ô Ô b 31 b 32 ( b 33 + c 33 ) ( b 34 + c 34 ) c 31 c 32 Ô U2 Ô Ô F u2 Ô = Ì ý Ì ý b 41 b 42 ( b 43 + c 43 ) ( b 44 + c 44 ) c 41 c 42 Ô V2 Ô Ô F v2 Ô Ô Ô Ô Ô a 31 a 32 c 13 c 14 ( a 33 + c 11 ) ( a 34 + c 12 ) Ô U 3 Ô Ô F u3 Ô Ô Ô Ô Ô a 41 a 42 c 23 c 24 ( a 43 + c 21 ) ( a 44 + c 22 ) Ó V 3 þ Ó F v3 þ ( a 11 + b 11 ) ( a 12 + b 12 )

b 13

b 14

a 13

a 14

2.12 48

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Da notare che la matrice di rigidezza globale è ancora simmetrica e definita p o s i t i v a . A s s u m e n d o i s e g u e n t i v a l o r i E 1 = E 2 = E 3 = 1000 ; A 1 = A 2 = A 3 = 1 ; l 1 = l 2 = 1 , l 3 = 1.414 , dalla 1.77 si ottiene: per l'elemento 1 (J = 90˚; c = 0; s = 1): 0 0 [ k ] 1 = 0 1000 0 0 0 – 1000

0 0 0 – 1000 0 0 0 1000

2.13

per l'elemento 2 (J = 0˚; c = 1; s = 0): 1000 0 [ k ]2 = – 1000 0

0 – 1000 0 0 0 1000 0 0

0 0 0 0

2.14

per l'elemento 3 (J = – 45˚; c = 0.707; s = – 0.707): 354 – 354 [ k ]3 = – 354 354

– 354 354 354 – 354

– 354 354 354 – 354

354 – 354 – 354 354

2.15

e la matrice di rigidezza della struttura è: 1000 0 – 1000 0 0 1000 0 0 – 1000 0 1354 – 354 [k] = 0 0 – 354 354 0 0 – 354 354 0 – 1000 354 – 354

0 0 0 – 1000 – 354 354 354 – 354 354 – 354 – 354 1354

2.16

Nel precedente esempio si è illustrato come vengono ricavate le equazioni di equilibrio della struttura conoscendo: – la corrispondenza tra nodi elemento e nodi struttura – le matrici di rigidezza degli elementi Da notare che la posizione nella matrice di rigidezza della struttura del coefficiente kij della matrice di rigidezza dell'elemento h-esimo dipende esclusivamente dalla corrispondenza tra i nodi dell'elemento h-esimo ed i nodi della struttura. Si prenda ad esempio il coefficiente c 42 dell'elemento 3 della struttura di figura 2.1. Esso moltiplica lo spostamento v1 del nodo 1 elemento che coincide con lo spostamento V3 nodo 3 struttura; quindi il coefficiente c42 dovrà occupare una casella nella colonna 6 della matrice di rigidezza struttura, corrispondente allo spostamento V3.

49

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Inoltre il coefficiente c42 compare nell'equazione di equilibrio della forza fv2 del nodo 2 elemento; questa a sua volta contribuisce all'equilibrio della forza Fv2 del nodo 2 struttura. Quindi il coefficiente c42 dovrà occupare, sommandosi, una casella nella riga 4 della matrice di rigidezza della struttura, corrispondente all'equazione di equilibrio per la forza Fv2. Sono così determinate le coordinate della posizione dell'elemento c42 nella matrice di rigidezza della struttura: riga 4, colonna 6. Questo procedimento di assemblaggio può anche essere visto sotto un altro aspetto in modo da ottenere un algoritmo direttamente utilizzabile nei programmi di calcolo. A questo scopo risulta più conveniente identificare i gradi di libertà, siano essi associati all'elemento o alla struttura, con un numero invece che con una lettera come si è fatto sino ad ora. Si esamini ancora la struttura dell'esempio 2.1. I gradi di libertà dell'elemento hesimo associati al nodo 1 saranno ora indicati con 1 e 2 invece che u1 e v1, e quelli associati al nodo 2 con 3 e 4 invece che u2 e v2. Le equazioni elemento saranno a loro volta indicate con 1, 2, 3, 4 (fig. 2.3). I gradi di libertà struttura saranno invece: 1 e 2 per il nodo 1 invece che U1 e V1, 3 e 4 per il nodo 2 invece che U2 e V2, 5 e 6 per il nodo 3 invece che U3 e V3. Allo stesso modo le equazioni struttura saranno numerate come 1, 2, 3, 4, 5, 6.

Fig. 2.3 – Numerazione delle equazioni struttura ed elemento.

Questo modo di identificare i gradi di libertà fornisce inoltre direttamente le dimensioni dei sistemi di equazioni associati all'elemento o alla struttura; infatti per l'elemento si hanno 4 gradi di libertà e la matrice di rigidezza avrà dimensioni 4x4, per la struttura si hanno 6 gradi di libertà e la matrice di rigidezza della struttura avrà dimensioni 6x6.

50

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Per assemblare la matrice di rigidezza struttura si farà allora riferimento direttamente alla corrispondenza (mappa) tra i gradi di libertà elemento e i gradi di libertà struttura, e tra le equazioni elemento e le equazioni struttura. La mappa individua direttamente la corrispondenza tra la posizione del generico coefficiente della matrice di rigidezza elemento e la sua posizione nella matrice di rigidezza struttura. Nel caso della struttura di figura 2.3 la mappa tra gradi di libertà elemento e gradi di libertà struttura e tra equazioni elemento e equazioni struttura è data dalla tabella 2.4. Tab. 2.4 – Mappa per la corrispondenza dei gradi di libertà elemento e dei gradi di libertà struttura ELEMENTO

ELEMENTO

ELEMENTO

1

2

3

G.D.L. ELEMENTO

1

2

3

4

G.D.L. STRUTTURA

1

2

5

6

G.D.L. ELEMENTO

1

2

3

4

G.D.L. STRUTTURA

1

2

3

4

G.D.L. ELEMENTO

1

2

3

4

G.D.L. STRUTTURA

5

6

3

4

Per l'elemento h-esimo la relazione di rigidezza 2.7 si può scrivere come segue: nh

( fi )h =

 ( kij )h ( sj )h – ( fei )h

2.17

j=1

avendo indicato con nh il numero di gradi di libertà dell'elemento h-esimo. Ciascun grado di libertà cinematico ( j = 1, nh ) dell'elemento corrisponde biunivocamente, per un dato elemento h, con un grado di libertà cinematico della struttura, indicato con Ghj e leggibile nella colonna j-esima della mappa dell'elemento (tab. 2.5); un medesimo valore di Ghj può comparire una volta sola nella mappa dell'elemento perché un grado di libertà elemento corrisponde ad uno ed uno solo grado di libertà struttura.

51

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Tab. 2.5 – Mappa per la corrispondenza dei gradi di libertà dell'elemento h-esimo e dei gradi di libertà struttura ELEMENTO

h

G.D.L. ELEMENTO

...

j

...

i

G.D.L. STRUTTURA

...

G hj

...

G hi

Le equazioni di congruenza, di cui alla tabella (tab. 2.2), possono quindi essere scritte come:

( s j ) h = S Ghj

2.18

Analogamente ciascun grado di libertà statico (i = 1, nh ) dell'elemento corrisponderà biunivocamente con un grado di libertà statico della struttura, indicato con Ghi e leggibile in corrispondenza della colonna i-esima della mappa dell'elemento (tab. 2.5). La forza ( fi )h contribuirà quindi all'equilibrio della forza F G struttura, come hi nella tabella 2.3. Formalmente questo contributo all'equilibrio si può scrivere:

DF Ghi = ( f i ) h

2.19

avendo indicato con DF G la quota parte dell’equazione di equilibrio corrihi spondente al contributo di ( fi )h . Sostituendo la 2.17 nella 2.19 e tenendo conto della 2.18 si ha: nh

DF Ghi =

 ( kij )h SG

hj

– ( f ei ) h

2.20

j=1

ovvero: nh

DF Ghi =

 DKG

hi G hj

S Ghj – ( DF e ) G

2.21 hi

j=1

essendo DK G G l'incremento del coefficiente K G G dovuto al coefficiente hi hj hi hj (kij )h dell'elemento h:

DK Ghi Ghj = ( k ij ) h

2.22

e ( DF e ) G l'incremento della componente ( F e ) G del carico nodale equivahi hi lente dovuto al carico ( fei )h dell'elemento h:

( DF e ) G = ( fei )h hi

52

2.23

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Dalla 2.22 si nota immediatamente che il coefficiente di rigidezza (kij )h dell'elemento h, di coordinate i, j va ad occupare, sommandosi, una casella di coordinate Ghi , Ghj della matrice di rigidezza della struttura; un analogo trasferimento si ha per i carichi nodali equivalenti, come si può vedere dalla 2.23. La figura 2.4 illustra graficamente questo procedimento.

Fig. 2.4 – Schema di assemblaggio.

ESEMPIO 2.3

Esiste un caso in cui l'assemblaggio della matrice di rigidezza globale può essere effettuato in modo formalmente molto semplice.

Fig. 2.5 – Struttura in serie. È il caso di strutture in serie, composte cioè da elementi aventi due soli estremi e assemblati senza ramificazioni, come nel caso di figura 2.5. La matrice di rigidezza della struttura [ K ] si ottiene disponendo le singole matrici di rigidezza elemento [ k ] h lungo la diagonale principale di [ K ] e sovrapponendone i quadranti, dove la sovrapposizione corrisponde alla somma degli elementi corrispondenti; la figura 2.6 illustra graficamente lo schema di assemblaggio.

53

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Fig. 2.6 – Schema di assemblaggio per strutture in serie.

Una caratteristica tipica della matrice di rigidezza globale, oltre alla già vista simmetria, è quella di presentare una struttura a banda; cioè tutti i coefficienti diversi da zero sono raccolti intorno alla diagonale principale entro una fascia la cui ampiezza è indicata con 2B-1, essendo B la semiampiezza di banda, il cui valore è generalmente di gran lunga inferiore al numero N di equazioni del sistema. Queste caratteristiche, associate al fatto che, come si vedrà in seguito, nel processo di soluzione la simmetria della matrice viene mantenuta e che i coefficienti al di fuori della semiampiezza di banda non vengono alterati, permettono di avere tutte le informazioni riguardanti la matrice stessa nei NxB coefficienti della semibanda.

Fig. 2.7 – Rappresentazione rettangolare della matrice di rigidezza.

Si può utilizzare allora una rappresentazione rettangolare della matrice di rigidezza della struttura (fig. 2.7 ), ottenendo così un notevole risparmio della memoria necessaria per immagazzinare i coefficienti della matrice di rigidezza. 54

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

È quindi importante che la semiampiezza di banda sia la più piccola possibile, per ridurre al minimo lo spazio di memoria necessario. Il valore di B dipende dallo schema di numerazione dei nodi della struttura e, se tutti i nodi hanno lo stesso numero di gradi di libertà, è ricavabile da:

B = G(M + 1)

2.24

essendo G il numero di gradi di libertà per nodo e M la massima differenza nella numerazione tra i nodi struttura collegati tra di loro con un elemento. Per minimizzare la semiampiezza di banda bisogna quindi minimizzare la differenza nella numerazione tra i nodi struttura collegati tra di loro con un elemento. Una piccola ampiezza di banda è generalmente ottenuta numerando consecutivamente i nodi lungo la dimensione più piccola della struttura. ESEMPIO 2.4

Determinare la semiampiezza di banda per la struttura numerata secondo gli schemi di figura 2.8a e b.

Fig. 2.8 – Numerazione dei nodi ed am piezza di banda. Supponendo la struttura formata da elementi asta, il numero di gradi di libertà per nodo, G è pari a 2. Nel caso della figura 2.8a la massima differenza nella numerazione nodale è data da (5 – 1), ovvero dalla differenza nodale delle aste verticali, ed è pari a 4. La semiampiezza di banda risulta quindi: B a = 2 ( 4 + 1 ) = 10

2.25

Nel caso della figura 2.8b la massima differenza nella numerazione nodale è data da (3 – 1) ovvero dalla differenza nodale delle aste orizzontali, ed è pari a 2. La semiampiezza di banda risulta quindi: Bb = 2 ( 2 + 1 ) = 6

2.26

La memorizzazione della matrice nel formato a banda è semplice ma può a volte non risultare il metodo più efficiente, in special modo per matrici sparse. In tal caso si può utilizzare il metodo cosiddetto dello skyline, memorizzando la matrice di rigidezza [K ] sotto forma di una matrice unidimensionale [S ] for55

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

mata dai coefficienti delle colonne che giacciono sotto la skyline (fig. 2.9). Per conservare l'informazione riguardante la lunghezza effettiva di ciascuna colonna è però necessario costruire un secondo vettore [Diag ] in cui memorizzare la posizione nel vettore [S ], degli elementi che erano sulla diagonale principale della matrice di partenza.

Fig. 2.9 – Memorizzazione con il metodo dello skyline.

2.3 CALCOLO DEGLI SPOSTAMENTI INCOGNITI L'assemblaggio delle matrici di rigidezza e dei carichi nodali equivalenti degli elementi costituenti una struttura porta alla seguente notazione di rigidezza:

[ K ] { S } = { F } + { Fe }

2.27

La matrice di rigidezza nell'equazione 2.27 è singolare e non può essere invertita per risolvere il sistema in termini di spostamenti. La ragione fisica di ciò è dovuta al fatto che la struttura, di cui la 2.3 rappresenta la caratterizzazione matematica, possiede L gradi di libertà di moto rigido. Per poter risolvere il sistema 2.27 bisognerà imporre le condizioni al contorno ed in particolare: 1. introdurre le condizioni di vincolo cinematico (in un numero sufficiente a impedire il moto rigido della struttura); i corrispondenti termini di forze saranno incognite (reazioni vincolari) 2. introdurre le condizioni al contorno in termini di carichi; i termini corrispondenti di spostamento saranno incogniti È da notare che quando uno spostamento è noto la corrispondente forza è incognita e viceversa. 56

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Per illustrare formalmente la procedura di soluzione si immagini ora di riordinare le equazioni, scambiando opportunamente righe e colonne della matrice [K ] in modo tale che i termini di spostamento noto occupino le prime posizioni nel vettore degli spostamenti {S }. Dopo aver riordinato le equazioni si esegua una partizione di matrici:

K 11 K 21

K 12 Ï { S 1 } ¸ Ï { F 1 } ¸ Ï { F e1 } ¸ = Ì ý Ì ý+Ì ý Ó { S2 } þ Ó { F 2 } þ Ó { F e2 } þ K 22

2.28

avendo indicato con {S1 } gli spostamenti noti e con {S2 } quelli incogniti, con {F1} le forze incognite o reazioni vincolari e con {F2 } le forze note. Operando separatamente sulle singole sottomatrici il sistema 2.28 si può scrivere:

[ K 11 ] { S 1 } + [ K 12 ] { S 2 } = { F 1 } + { F e1 } [ K 21 ] { S 1 } + [ K 22 ] { S 2 } = { F 2 } + { F e2 }

2.29

Si hanno così due sottosistemi di equazioni; nel primo si hanno sia gli spostamenti che le forze come incognite; nel secondo le uniche incognite sono costituite dagli spostamenti. Dal secondo sottosistema verranno quindi ricavati gli spostamenti incogniti {S2 }:

{ S 2 } = [ K 22 ] –1 ( { F 2 } + { F e2 } – [ K 21 ] { S 1 } )

2.30

Noti infine gli spostamenti {S2 }, dal primo sottosistema vengono calcolate le reazioni vincolari:

{ F 1 } = [ K 11 ] { S 1 } + [ K 12 ] { S 2 } – { F e1 }

2.31

È da notare che le operazioni di riordino delle equazioni, con la conseguente partizione di matrici, e di inversione di matrice non sono effettivamente svolte nella pratica di calcolo; sono state qui utilizzati al solo scopo di illustrare in modo formale lo schema di soluzione.

57

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

ESEMPIO 2.5

Calcolare, per la struttura di figura 2.10, gli spostamenti e le reazioni vincolari quando sia applicata, nel nodo 2 una forza verticale pari a 1.

Fig. 2.10 – Struttura reticolare. La notazione di rigidezza per la struttura si ricava dalla 2.16: 1000 0 – 1000 0 0 1000 0 0 – 1000 0 1354 – 354 0 0 – 354 354 0 0 – 354 354 0 – 1000 354 – 354

0 0 0 – 1000 – 354 354 354 – 354 354 – 354 – 354 1354

Ï U1 ¸ Ï F u1 ¸ Ô Ô Ô Ô Ô V1 Ô Ô F v1 Ô Ô Ô Ô Ô Ô U2 Ô Ô F u2 Ô Ì ý = Ì ý Ô V2 Ô Ô F v2 Ô Ô Ô Ô Ô Ô U3 Ô Ô F u3 Ô Ô Ô Ô Ô Ó V3 þ Ó F v3 þ

2.32

Le condizioni al contorno sono: U1 = 0

V1 = 0

U3 = 0

F u2 = 0

V3 = 0

F v2 = – 1

2.33

I sottovettori degli spostamenti noti e delle reazioni vincolari sono quindi formati da: { S1 } T = { U1 { F1

}T

= { F u1

V1 F v1

U3 F u3

V3 } F v3 }

2.34

mentre i sottovettori degli spostamenti incogniti e delle forze note da:

58

{ S2 } T = { U2

V2 }

{ F 2 } T = { F u2

F v2 }

2.35

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Il sistema 2.32, dopo aver riordinato le equazioni, diventa: Ï U1 ¸ Ï F u1 ¸ 1000 0 0 0 – 1000 0 Ô Ô Ô Ô Ô V1 Ô Ô F v1 Ô 0 1000 0 – 1000 0 0 Ô Ô Ô Ô U F 0 0 354 – 354 – 354 354 Ô 3 Ô = Ô u3 Ô Ì ý Ì ý 0 – 1000 – 354 1354 354 – 354 Ô V 3 Ô Ô F v3 Ô Ô Ô – 1000 0 – 354 354 1354 – 354 ÔÔ U ÔÔ Ô F u2 Ô 2 Ô Ô 0 0 354 – 354 – 354 354 Ô Ô Ó V2 þ Ó F v2 þ

2.36

Il sistema risolutivo in termini di spostamento è: U 1354 – 354 Ï 2 ¸ = Ï 0 ¸ Ì ý Ì ý – 354 354 Ó V 2 þ Ó –1 þ

2.37

essendo nulli il vettore { S 1 } ed il vettore dei carichi nodali equivalenti { F e1 } . La soluzione del sistema 2.37 fornisce: U 2 = – 1 ¥ 10

–3

V 2 = – 3.82 ¥ 10

–3

2.38

Le reazioni vincolari sono date dal secondo sottosistema: Ï F u1 ¸ – 1000 0 Ô Ô U Ô F v1 Ô 0 0 Ï 2¸ Ì ý Ì ý = – 354 354 Ó V 2 þ Ô F u3 Ô Ô Ô 354 – 354 Ó F v3 þ

2.39

e sostituendo i valori: F u1 = 1

F v1 = 0

F u3 = – 1

F v3 = 1

2.40

La verifica all'equilibrio secondo X e Y porta a: F u1 + F u2 + F u3 = 1 + 0 – 1 = 0 F v1 + F v2 + F v3 = 0 – 1 + 1 = 0

2.41

La figura 2.11 mostra la deformata della struttura.

59

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Fig. 2.11 – Deformata della struttura di figura 2.10.

2.4 VINCOLI CINEMATICI Nel paragrafo precedente è stato illustrato il procedimento formale per la risoluzione del sistema di equazioni struttura. La suddivisione in sottomatrici della matrice di rigidezza non è tuttavia utilizzata per due motivi fondamentali: a. il riordino delle righe e delle colonne della matrice di rigidezza non è facilmente programmabile e comporta un elevato tempo di calcolo b. la natura a banda della matrice di rigidezza viene generalmente persa Verranno qui descritti alcuni metodi comunemente adottati per imporre le condizioni di vincolo senza alterare la natura della matrice di rigidezza globale [ K ].

Ï F ¸ K 11 K 12 º K 1i º K 1n ÏÔ S 1 ¸Ô Ô 1 Ô Ô Ô Ô F Ô K 21 K 22 º K 2i º K 2n S 2 Ô Ô Ô 2 Ô Ô Ô º º º º º º º = Ô º Ô Ì ý Ì ý K i1 K i2 º K ii º K in Ô S i Ô Ô Fi Ô Ô Ô Ô Ô º º º º º º Ô º Ô Ô º Ô Ô F Ô K n1 K n2 º K ni º K nn ÔÓ S n Ôþ Ó n þ

2.42

2.4.1 Approssimazione con molle Questo metodo permette di tener conto allo stesso modo di spostamenti nulli e di spostamenti noti; vengono conservati tutti i gradi di libertà cinematici ed i vincoli vengono approssimati con molle molto rigide (ad esempio 10 6 volte più rigide degli elementi strutturali). Si immagini che l'i-esimo grado di libertà cinematico S i sia noto e pari ad un valore prescritto S i*, generalmente diverso da zero. 60

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Sostituire il vincolo cinematico nella direzione di S i con una molla molto rigida equivale in termini matematici a sommare una rigidezza K * molto grande al coefficiente K ii sulla diagonale principale di [ K ] corrispondente al grado di libertà S i e modificare la componente i-esima del vettore dei carichi nodali in modo che la molla, sotto l'azione di tale componente, subisca uno spostamento S i* ; si ha così:

K ii = K ii + K* F i = K* S i*

2.43

La figura 2.12 illustra la configurazione corrispondente all'applicazione di questo metodo per la struttura di figura 2.1.

Fig. 2.12 – Approssimazione delle condizioni di vincolo con molle.

Dal momento che nel sistema sono stati conservati tutti i gradi di libertà della struttura, gli spostamenti noti, nulli e non nulli, vengono ricalcolati e le reazioni vincolari possono essere determinate senza difficoltà. 2.4.2 Modifica della mappa Questo metodo tiene conto in modo esatto dei soli vincoli con spostamento nullo (vincoli rigidi); i vincoli con spostamento noto devono essere trattati come carichi nodali equivalenti. Secondo questo procedimento le equazioni corrispondenti ai gradi di libertà vincolati non sono assemblate e si considera solo il secondo sottosistema di equazioni della 2.29:

[ K 22 ] { S 2 } = { F 2 } + { F e2 }

2.44

essendo {S1 } = {0}. 61

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Ciò equivale a numerare solo le equazioni struttura corrispondenti ai gradi di libertà non vincolati. Procedendo in tal modo vengono però perse le informazioni necessarie al calcolo delle reazioni vincolari; se è richiesto il calcolo di queste ultime bisognerà assemblare a parte le equazioni necessarie al calcolo.

ESEMPIO 2.6

Scrivere il sistema risolutivo della struttura di figura 2.13 utilizzando la modifica della mappa per l'applicazione dei vincoli cinematici.

Fig. 2.13 – Numerazione delle equazioni struttura. Le equazioni struttura sono numerate come illustrato in figura 2.13, e cioè l'equazione n. 1 corrisponderà al grado di libertà secondo X del nodo 2 e l'equazione n. 2 al grado di libertà del nodo 2 secondo Y ; le equazioni corrispondenti ai gradi di libertà dei nodi 1 e 3 non sono numerate in quanto gli spostamenti orizzontali e verticali dei nodi 1 e 3 sono impediti. La mappa, cioè la corrispondenza tra gradi di libertà elemento e gradi di libertà struttura e tra equazioni elemento e equazioni struttura è data dalla tabella 2.6.

62

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Tab. 2.6 – Mappa per la corrispondenza delle equazioni elemento e equazioni struttura ELEMENTO

ELEMENTO

ELEMENTO

1

2

3

G.D.L. ELEMENTO

1

2

3

4

G.D.L. STRUTTURA

0

0

0

0

G.D.L. ELEMENTO

1

2

3

4

G.D.L. STRUTTURA

0

0

1

2

G.D.L. ELEMENTO

1

2

3

4

G.D.L. STRUTTURA

0

0

1

2

Le equazioni dell'elemento n. 1 non corrispondono a nessuna equazione struttura in quanto i due nodi tra i quali è compreso l'elemento 1 sono entrambi vincolati. Contribuiscono alle equazioni struttura solo le equazioni 3 e 4 dell'elemento 2:

[ k ]2 =

1000 0 – 1000 0

0 – 1000 0 0 0 1000 0 0

0 0 0 0

2.45

e le equazioni 3 e 4 dell'elemento 3:

[ k ]3 =

354 – 354 – 354 354

– 354 354 354 – 354

– 354 354 354 – 354 354 – 354 – 354 354

2.46

per cui la matrice di rigidezza della struttura vincolata: [ K ] = 1000 + 354 0 – 354

0 – 354 0 + 354

2.47

che corrisponde alla 2.37.

63

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

2.4.3 Modifica della matrice di rigidezza Un terzo modo, che permette di descrivere anche spostamenti diversi da zero, consiste nel sostituire la condizione S i = S i* in tutte le equazioni del sistema, portare al secondo membro tutti i termini noti, annullare la riga e la colonna corrispondenti al grado di libertà i-esimo e sostituire al termine Kii il coefficiente 1, scrivendo così l'i-esima equazione banale S i = S i* . Anche in tal modo vengono però perse le informazioni necessarie al calcolo delle reazioni vincolari; se è necessario il calcolo di queste ultime bisognerà assemblare a parte le equazioni necessarie al calcolo.

S Ï F 1 – K 1i S i* ¸ K 11 K 12 º 0 º K 1n ÏÔ 1 ¸Ô Ô Ô *Ô S K S – F Ô Ô Ô 2 2 2i i K 21 K 22 º 0 º K 2n Ô Ô Ô Ô º º Ô Ô Ô Ô º º ººº º Ì ý = Ì ý S i* Ô Ô 0 0 º 1 º 0 Ô Si Ô Ô Ô Ô Ô º º º º º º Ôº Ô º Ô Ô Ô Ô K n1 K n2 º 0 º K nn Ô S n Ô Ó þ Ó F n – K ni S i* þ

2.48

ESEMPIO 2.7

Imporre le condizioni di vincolo per la struttura di figura 2.13 utilizzando la modifica della matrice di rigidezza. La notazione di rigidezza della struttura è data dalla 2.32; imponendo le condizioni al contorno: U 1 = U 1*

V 1 = V 1*

U 3 = U 3*

V 3 = V 3*

F u2 = 0

2.49

F v2 = – 1

il sistema risolutivo diventa:

1 0 0 0 0 0

64

0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 1354 – 354 0 0 0 – 354 354 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 1

Ï U 1* ¸ Ï U1 ¸ Ô Ô Ô Ô ÔV *Ô Ô V1 Ô Ô 1 Ô Ô Ô Ô *Ô Ô U2 Ô Ô F u2 Ô Ì ý = Ì ý Ô V2 Ô Ô F v2* Ô Ô Ô Ô Ô Ô U3 Ô Ô U 3* Ô Ô Ô Ô Ô Ó V3 þ ÔV *Ô 3 Ó þ

2.50

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

con: F u2* = 0 + 1000U 1* + 354U 3* – 354V 3* F v2* = – 1 – 354U 3* + 354V 3*

2.51

Volendo determinare le reazioni vincolari un procedimento possibile per il calcolo manuale è il seguente: si moltiplica la colonna della matrice di rigidezza relativa allo spostamento noto per tale termine e si porta il vettore così ottenuto a secondo membro del sistema di equazioni, lasciando al primo membro le sole incognite geometriche. Si ottiene così un sistema risolutivo in cui il vettore degli spostamenti ha, rispetto a quello iniziale, un numero di coefficienti minore; la differenza è data dal numero degli spostamenti noti e diversi da zero.

ESEMPIO 2.8

Calcolare, per la struttura di figura 2.14, gli spostamenti e le reazioni vincolari, dove l'appoggio di destra, indicato con il numero 2, ha subito un cedimento pari a d rispetto alla posizione indeformata.

Fig. 2.14 – Spostamenti imposti. Il sistema di equazioni associato alla struttura: 12 -----l3 6 ----2 EJ z l 12 – -----l3 6 ----l2

6 12 ----- – -----l2 l3 4 6 --- – ----l l2 6 12 – ----- -----3l2 l 2 6 --- – ----l l2

6 ----l2 Ï V1 ¸ Ï F1 ¸ 2 Ô Ô Ô Ô --Ô M1 Ô l Ô A1 Ô Ì ý = Ì ý 6 V Ô F2 Ô – ----- ÔÔ 2 ÔÔ Ô Ô 2 l ÓA þ Ó M2 þ 2 4 --l

2.52

Essendo V 2 noto si moltiplica la colonna della matrice di rigidezza relativa a tale spostamento, cioè la terza colonna, per il valore del cedimento d e si

65

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

porta il vettore così ottenuto a secondo membro: 12 -----l3 6 ----2 l E Jz 12 – -----l3 6 ----l2

Ï 12 ¸ 6 Ô – -----3- Ô ----Ô l Ô l2 F Ï 1¸ Ô 6Ô 2 Ï V1 ¸ Ô Ô Ô – ----- Ô --M Ô 1Ô Ô l 2Ô l Ô Ô A d E J = – Ì 1ý Ì ý ý z Ì 12 Ô 6 6 Ô F2 Ô Ô ----– ----- – ---- ÔÓ A Ôþ Ô Ô Ô l 3Ô 2 l 2 l2 Ó M2 þ Ô Ô Ô 6Ô 2 4 – ------ --Ô 2Ô l l Ó l þ 6 ----l2 4 --l

2.53

Imponendo le altre condizioni di vincolo V 1 = 0 , A 1 = 0 , si ricava: 3d A 2 = -----2l

2.54

Le reazioni vincolari vengono determinate da: 6 ¸ Ï ---Ï – 12 ------ ¸ Ô l 2- Ô Ô l 3Ô F Ô Ô Ô Ô Ï 1¸ Ô 2 Ô Ô 6Ô Ô Ô M – ----EJ EJ A = + Ì 1ý zÌ l ý 2 zd Ì 2ý Ô Ô Ô l Ô Ô Ô F Ô 6 Ô Ô 12 Ô Ó 2þ Ô– ----2- Ô Ô ------ Ô l Ó þ Ó l3 þ

2.55

da cui: 3EJz d F 1 = – ------------l3 3EJz d M 1 = – ------------l2 3EJz d F 2 = ------------l3

2.56

2.5 PROBLEMI PARTICOLARI RELATIVI AI VINCOLI 2.5.1 Vincoli elastici Le strutture illustrate in figura 2.15a e 2.15b sono caratterizzate da vincoli cinematici elastici. La prima presenta un appoggio elastico all'estremità destra, indicata con il numero 2; la seconda un vincolo alla rotazione elastico all'estremità sinistra, indicata con il numero 1.

66

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Fig. 2.15 – Vincoli elastici.

La reazione che esercita un vincolo elastico è proporzionale alla deformazione vincolare secondo il coefficiente di rigidezza proprio del vincolo stesso; nei casi della figura 2.15 si ha:

F2 = –Kv V2 M1 = –Kr A1

2.57

In generale il vincolo elastico agisce esercitando una reazione, ovvero un carico applicato dall'esterno, proporzionale al suo cedimento. In termini matriciali si ha:

[ K ] { S } = { F } + { Fe } + { –Ke S }

2.58

dove [ K ] è la matrice di rigidezza della struttura, {S } è il vettore degli spostamenti generalizzati, {F } è il vettore dei carichi nodali, {Fe } è il vettore dei carichi nodali equivalenti e {-KeS } è il vettore dei carichi ai nodi dovuti alle reazioni vincolari elastiche. Portando al primo membro i termini che contengono gli spostamenti ed al secondo membro tutti gli altri:

[ K ] { S } + { Ke S } = { F } + { Fe }

2.59

Il termine {KeS} può essere riscritto come:

{ Ke S } = [ Ke ] { S }

2.60

dove [Ke ] è una matrice diagonale, cioè una matrice in cui i soli coefficienti diversi da zero sono quelli della diagonale principale e rappresentano le rigidezze dei vincoli elastici. Raccogliendo {S} a fattor comune la 2.59 diventa:

[ [ K ] + [ Ke ] ] { S } = { F } + { Fe }

2.61

67

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

ESEMPIO 2.9

Ricavare per il sistema di figura 2.15a gli spostamenti dell'estremo destro quando sia applicato un carico verticale F al nodo 2. La 2.61 esplicitata è: 12 6 12 6 ------ ----- – ------ ----l3 l2 l3 l2 0 0 6 2 4 6 ----- --- – ----- --2 2 l l 0 0 l + EJ z l 0 0 12 6 12 6 – ------ – ----- -----3- – ----l3 l2 l l2 0 0 6 2 6 4 ----- --- – ----- --l l2 l l2

0 0 0 0 Kv 0 0 0

Ï V1 ¸ Ï F1 ¸ Ô Ô Ô Ô Ô A1 Ô Ô M1 Ô Ì ý = Ì ý Ô V2 Ô Ô F2 Ô Ô Ô Ô Ô Ó A2 þ Ó M2 þ

2.62

Imponendo le condizioni al contorno: V1 = 0

A1 = 0

F2 = F

M2 = 0

2.63

si ha: 12EJ --------------z + K v l3 6EJ – -----------z l2

6EJ – -----------z l2 4EJ z ----------l

Ï V2 ¸ ÏF ¸ Ì ý = Ì ý A Ó 2þ Ó0 þ

2.64

e, risolvendo il sistema: Fl 3 V 2 = ----------------------------3EJ z + K v l 3 3Fl 2 A 2 = -------------------------------6EJ z + 2K v l 3

2.65

2.5.2 Strutture con cerniere interne Si può verificare il caso di strutture in cui due elementi trave siano uniti tra di loro tramite una cerniera, come illustrato in figura 2.16; questo tipo di collegamento interrompe la continuità delle rotazioni.

Fig. 2.16 – Struttura con cerniere interne. 68

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

I due elementi in cui è stata suddivisa la struttura sono collegati nel nodo 2 tramite una cerniera, attraverso la quale non si trasmette il momento flettente; in questo punto sono diverse le rotazioni degli estremi degli elementi concorrenti nel nodo. Nel nodo 2 si introducono quindi tre gradi di libertà cinematici: lo spostamento V2 , la rotazione ( A 2 )' a sinistra della cerniera e la rotazione ( A 2 )'' a destra della cerniera. Verranno pertanto scritte tre equazioni di equilibrio nel nodo 2, una alla traslazione verticale e due alla rotazione:

( f2 )1 + ( f1 )2 = F2 ( m 2 ) 1 = ( M 2 )¢

2.66

( m 1 ) 2 = ( M 2 )≤ La struttura sarà quindi caratterizzata da sette gradi di libertà cinematici, ordinati come segue:

{ S } T = { V 1 A 1 V 2 ( A 2 )¢ ( A 2 )≤ V 3 A 3 }

2.67

e la numerazione delle equazioni struttura è quella indicata in figura 2.17.

Fig. 2.17 – Numerazione equazioni struttura.

La mappa delle equazioni elemento e equazioni struttura è indicata nella tabella 2.7. Tab. 2.7 – Mappa per la corrispondenza dei gradi di libertà elemento e dei gradi di libertà struttura per il sistema di figura 2.16 ELEMENTO

ELEMENTO

1

2

G.D.L. ELEMENTO

1

2

3

4

G.D.L. STRUTTURA

1

2

3

4

G.D.L. ELEMENTO

1

2

3

4

G.D.L. STRUTTURA

3

5

6

7

69

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

La matrice di rigidezza globale, scritta in forma simbolica, è: a 11

a 12

a 13

a 14

0

0

0

a 21

a 22

a 23

a 24

0

0

0

a 31

a 32

a 33 + b 11

a 34

b 12

a 41

a 42

a 43

a 44

0

0

0

0

0

b 21

0

b 22

b 23

b 24

0

0

b 31

0

b 32

b 33

b 34

0

0

b 41

0

b 42

b 43

b 44

b 13

b 14

Ï V1 ¸ Ï F1 ¸ Ô A Ô Ô M Ô 1 Ô Ô 1 Ô Ô Ô Ô Ô Ô V F Ô 2 Ô Ô 2 Ô Ô Ô Ô Ô Ì ( A 2 )¢ ý = Ì ( M 2 )¢ ý Ô Ô Ô Ô Ô ( A 2 )≤ Ô Ô ( M 2 )≤ Ô Ô Ô Ô Ô Ô V3 Ô Ô F3 Ô Ô Ô Ô Ô Ó A3 þ Ó M3 þ

2.68

avendo indicato rispettivamente con a ij e b ij i coefficienti della matrice di rigidezza del primo elemento e del secondo elemento

2.6 CALCOLO DELLE TENSIONI Determinati gli spostamenti {S } della struttura è possibile calcolare le forze elemento e le tensioni negli elementi costituenti la struttura facendo riferimento alla scrittura di rigidezza dell'elemento ed alle relazioni che legano deformazioni e tensioni agli spostamenti elemento. Noti infatti gli spostamenti della struttura { S } gli spostamenti dell'elemento h–esimo { s } h sono ricavabili dalla mappa di corrispondenza tra i gradi di libertà elemento e gradi di libertà struttura; dopo aver calcolato le componenti degli spostamenti { s } h nel sistema di riferimento locale tramite la 1.53, le forze elemento sono ricavabili dalla 1.93:

{ f }h = [ k ] h { s } h – { f e }h

2.69

Per gli elementi esaminati nel capitolo 1. le forze elemento rappresentano le caratteristiche delle sollecitazioni ed hanno quindi anche il significato di tensioni. Nel caso più generale le tensioni saranno calcolabili in funzione degli spostamenti elemento; ad esempio nel caso della barra sollecitata assialmente la deformazione è data da 1.2:

u2 – u1 e = ---------------l

2.70

e la tensione, nel caso in cui non siano presenti deformazioni o tensioni iniziali, da:

u2 – u1 s = Ee = E ---------------l

70

2.71

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

ESEMPIO 2.10

Calcolare le forze elemento per gli elementi 2 e 3 dell'esempio 2.5. Le matrici di rigidezza nel sistema di riferimento globale X ,Y degli elementi 2 e 3 sono date dalle 2.14 e 2.15, mentre gli spostamenti dei nodi struttura sono dati dalle 2.33 e 2.34: Ï ¸ –3 –3 { S } T = Ì0 0 – 1 ¥ 10 – 3.82 ¥ 10 0 0 ý Ó þ

2.72

Dalla mappa di corrispondenza dei gradi di libertà (tab. 2.4) si ricava che gli spostamenti dell'elemento 2 e quelli dell'elemento 3, rispetto al sistema di riferimento globale sono: Ï –3 –3 ¸ { S } T = { S 1 S 2 S 3 S 4 } = Ì0 0 – 1 ¥ 10 – 3.82 ¥ 10 ý Ó þ

2.73

Ï –3 –3 ¸ { S } T = { S 5 S 6 S 3 S 4 } = Ì0 0 – 1 ¥ 10 – 3.82 ¥ 10 ý Ó þ

2.74

Le forze elemento, espresse anche loro nel sistema di riferimento globale, risultano, per l'elemento 2: Ï f u1 ¸ 1000 Ô Ô Ô f v1 Ô 0 Ì ý = f – 1000 Ô u2 Ô Ô Ô 0 f Ó v2 þ2 T

{ f }2 = { 1

0 Ï ¸ 0 – 1000 0 Ô Ô 0 Ô 0 00 Ô Ì –3 ý 1 10 – ¥ 0 1000 0 Ô Ô 0 0 0 ÔÓ – 3.82 ¥ 10 –3 Ôþ 0

–1

0}

2.75

2.76

e, per l'elemento 3: Ï f u1 ¸ 354 – 354 – 354 354 Ô Ô Ô f v1 Ô – 354 354 354 – 354 Ì ý = f – 354 354 354 – 354 Ô u2 Ô Ô Ô 354 – 354 – 354 354 Ó f v2 þ3 T

{ f }3 = { – 1

1

1

0 Ï ¸ Ô Ô 0 Ô Ô Ì –3 ý 1 10 – ¥ Ô Ô Ô –3 Ô Ó – 3.82 ¥ 10 þ

–1 }

2.77

2.78

Il lettore potrà verificare l'equilibrio dei nodi 1, 2 e 3, essendo nulle le forze elemento per l'elemento 1. Nel sistema di riferimento locale le forze elemento sono espresse da: T

{ f }2 = { 1 T

{ f }3 = { – 1.414

0

–1 0

0} 1.414

2.79 0}

2.80

71

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Infatti per l'elemento 2 il sistema di riferimento locale coincide con quello globale, mentre il sistema di riferimento locale dell'elemento 3 forma un angolo di – 45˚ con il sistema di riferimento globale, per cui la matrice di rotazione [ R ] è: 0.707 – 0.707 0 0 – 0.707 0.707 0 0 [R] = 0 0 0.707 – 0.707 0 0 – 0.707 0.707

2.81

Si sarebbero potute ottenere le forze elemento direttamente nel sistema di riferimento locale utilizzando l'espressione di rigidezza scritta nel sistema di riferimento locale. Per l'elemento 3 il vettore degli spostamenti { s } X vale: { s }x = [ R ] { s }X

2.82

con [ R ] data dalla 2.81. Si ha quindi: { s }x = { 0

0

2 ¥ 10

–3

–3

– 2 ¥ 10 }

2.83

La matrice di rigidezza dell'elemento 3, nel sistema di riferimento locale è data da: 0.707 0 [ k ]x = – 0.707 0

0 – 0.707 0 0 0 0.707 0 0

0 0 0 0

2.84

Le forze elemento, nel sistema di riferimento locale, sono quindi date dalla 2.78.

2.7 SCHEMA DI RISOLUZIONE La procedura di calcolo di una struttura può essere sintetizzata nelle seguenti fasi: a. suddivisione della struttura in elementi e numerazione dei nodi struttura b. costruzione della mappa di corrispondenza tra equazioni elemento ed equazioni struttura c. per ciascun elemento: calcolo della matrice di rigidezza e del vettore dei carichi nodali equivalenti d. assemblaggio della matrice di rigidezza della struttura e del vettore dei carichi nodali equivalenti struttura e. imposizione delle condizioni di vincolo f. soluzione del sistema in termini di spostamenti generalizzati; nel calcolo manuale è conveniente seguire il procedimento indicato in 2.3 e 72

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

cioè suddividere il sistema in due sottosistemi: uno che ha come incognite i soli spostamenti, l'altro che contiene a secondo membro le reazioni vincolari g. calcolo delle reazioni vincolari h. per ciascun elemento estrarre dal vettore { S } gli spostamenti elemento e calcolare le forze elemento e le tensioni; i. per altri casi di carico ripetere i passi da f a h

2.8 PROBLEMA DINAMICO: CALCOLO DELLE FREQUENZE PROPRIE I problemi di analisi strutturale dinamica possono essere suddivisi in due classi: lo studio della risposta dinamica di una struttura soggetta a forze o spostamenti imposti variabili nel tempo ed il calcolo delle vibrazioni proprie e dei corrispondenti modi di vibrare. Entrambi i tipi di problemi richiedono tecniche di calcolo particolari, che verranno descritte in seguito, e che sono in gran parte indipendenti dal metodo degli elementi finiti. Infatti tali tecniche presumono la disponibilità delle matrici di rigidezza, delle masse e di smorzamento indipendentemente dal metodo con cui queste matrici sono state ottenute. Verrà qui illustrato, a titolo di introduzione ed utilizzando tecniche elementari, il calcolo delle vibrazioni proprie. Si rimanda a testi specialistici per lo studio dei metodi numerici adottati normalmente dai codici di calcolo. Si ricorda che l'equazione di equilibrio dinamico, nel caso di un sistema ad un grado di libertà è:

mu˙˙ + cu˙ + ku = f (t)

2.85

avendo indicato con m la massa del sistema, con c lo smorzamento e con k la sua rigidezza; f (t) rappresenta il carico, funzione del tempo. Nel caso di un sistema con più gradi di libertà la 2.85 viene scritta:

[ M ] { S˙˙} + [ C ] { S˙} + [ K ] { S } = { f (t)}

2.86

in tal caso [M ] rappresenta la matrice delle masse del sistema, [C ] la matrice degli smorzamenti e [K ] la matrice di rigidezza; { S˙˙} rappresenta il vettore delle accelerazioni, { S˙} il vettore delle velocità e {S } il vettore degli spostamenti. In assenza di dissipazioni la 2.86 si trasforma nella:

[ M ] { S˙˙} + [ K ] { S } = { f (t)}

2.87

mentre se non ci sono effetti d'inerzia e le forze sono costanti nel tempo si ricade nell'espressione 2.1 del caso statico, che può quindi essere visto come un caso 73

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

particolare della 2.86. In assenza di dissipazioni le vibrazioni proprie, cioè quelle che si instaurano nel sistema in mancanza di azioni forzanti esterne, sono caratterizzate dal fatto che tutti i punti della struttura vibrano in fase, cioè raggiungono la loro elongazione massima nello stesso istante. Essendo le oscillazioni in questo caso notoriamente sinusoidali è possibile esprimere la 2.87 in funzione dei valori massimi di accelerazione e spostamento e della frequenza di vibrazione:

{ S } = { S o } cos ( wt )

2.88

dove w rappresenta la pulsazione della vibrazione e {So } il vettore degli spostamenti massimi. Derivando due volte la 2.88 rispetto al tempo si ha:

{ S˙˙} = – w 2 { S o } cos ( wt )

2.89

La 2.87 si riscrive pertanto, in assenza di forzanti esterne:

– w 2 [ M ] { So } + [ K ] { So } = 0

2.90

( – w 2 [ M ] + [ K ] ) { So } = 0

2.91

Si ottiene un sistema omogeneo che ammette la soluzione banale {So} = 0, che corrisponde allo stato di quiete, a meno che si nullo il determinante dei coefficienti:

det ( [ K ] – w 2 [ M ] ) = 0

2.92

La 2.92 è una equazione algebrica in w2, le cui soluzioni forniscono gli autovalori del problema, che in questo caso hanno fisicamente il significato di valori della pulsazione della vibrazione. È da notare che, contrariamente al caso statico, non è necessario che la matrice di rigidezza [K ] sia definita positiva, cioè non è necessario che il sistema sia vincolato per poter risolvere la 2.92. In tal caso si otterranno degli autovalori nulli, che corrispondono ai gradi di libertà di moto rigido della struttura. Noti gli autovalori w i del sistema è possibile ricavare, sempre dalla 2.8, gli autovettori f i (o forme modali o modi di vibrare) corrispondenti a ciascun autovalore w i . Si ricorda, a tal proposito, che gli autovettori i sono determinati a meno di una costante; è possibile cioè ricavare la forma del modo di vibrare, ma non le ampiezze dell'oscillazione.

74

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

ESEMPIO 2.11

Calcolare le frequenze proprie di vibrazione di un sistema costituito da una barra, priva di massa, recante agli estremi due masse, rispettivamente m 1 e m 2 (fig. 2.18).

Fig. 2.18 – Sistema con due masse. Si può considerare la struttura composta di un solo elemento; la matrice di rigidezza globale è pertanto: EA EA ------- – ------l l [K] = EA EA – ------- ------l l

2.93

mentre la matrice delle masse vale: [M] =

m1 0

2.94

0 m2

Il sistema risolutivo è, non avendosi vincoli: EA ------- – w 2 m 1 l EA – ------l

EA – ------l EA ------- – w 2 m 2 l

Ï U1 ¸ Ï0 ¸ Ì ý = Ì ý Ó U2 þ Ó0 þ

2.95

Annullando il determinante dei coefficienti: m1 + m2 ( m 1 m 2 )w 4 – Ê EA --------------------ˆ w 2 = 0 Ë ¯ l

2.96

si ottengono le soluzioni: w 12 = 0 m1 + m2 w 22 = EA -------------------lm 1 m 2

2.97

75

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Il primo autovalore corrisponde ad uno stato di quiete, e compare in quanto il sistema è privo di vincoli. L'autovettore, o modo di vibrare, corrispondente al secondo autovalore si ottiene sostituendo w 2 indifferentemente nella prima o seconda equazione del sistema 2.95; si ha: m2 U 1 = ------ U 2 m1

2.98

Questo è un risultato ben noto della meccanica elementare, secondo il quale le ampiezze di oscillazione sono inversamente proporzionali alle masse, e quindi il baricentro del sistema resta fermo. ESEMPIO 2.12

Calcolare le frequenze di vibrazione assiali ed i corrispondenti modi di vibrare della struttura di figura 2.19.

Fig. 2.19 – Struttura con due masse. La struttura può essere considerata costituita da due elementi barra, in quanto sono richieste le frequenze di vibrazione assiale; le matrici di rigidezza e delle masse dell'elemento 1 sono: EA [ k ] 1 = ------- 1 – 1 l –1 1

[ m ]1 =

0 0 0 m2

2.99

[ m ]2 =

0 0 0 m3

2.100

e quelle dell'elemento 2: EA [ k ] 2 = ------- 1 – 1 l –1 1

Assemblando le matrici di rigidezza e delle masse, valendo per queste ultime le stesse regole delle prime, si ottiene: 0 0 0 1 –1 0 EA ------- – 1 2 1 – w 2 0 m 2 0 l 0 –1 1 0 0 m3

76

Ï U1 ¸ Ï F1 ¸ Ô Ô Ô Ô Ì U2 ý = Ì F2 ý Ô Ô Ô Ô Ó U3 þ Ó F3 þ

2.101

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Imponendo le condizioni di vincolo e separando le equazioni che non contengono le reazioni vincolari: m 0 Ï U2 ¸ Ï0 ¸ EA 2 1 ------– w2 2 Ì ý = Ì ý l –1 1 0 m3 Ó U3 þ Ó0 þ

2.102

Annullando il determinante dei coefficienti: EA 2 EA Ê 2 EA ------- – m 2 w 2ˆ Ê ------- – m 3 w 2ˆ – Ê -------ˆ = 0 Ë l ¯Ë l ¯ Ë l ¯

2.103

si ottengono i due autovalori: 1 2 EA 1 1 2 1 w 12,2 = ------- Ê ------ + ----------ˆ ± Ê ------ˆ + Ê ----------ˆ Ë m 2¯ Ë 2m 3¯ l Ë m 2 2m 3¯

2.104

Assumendo EA § l = 1 , m 2 = 1 , m 3 = 1 , si ha: w 12 = 0.382

2.105

w 22 = 2.618

Il primo modo di vibrare viene calcolato dalla 2.102 sostituendo ad w il valore di w 1 : m 0 Ï U2 ¸ Ï0 ¸ EA 2 1 ------– 0.382 2 Ì ý = Ì ý l –1 1 U 0 m3 Ó 3 þ Ó0 þ

2.106

Assumendo U 2 = 1 si ricava U 3 = 1.618 ; essendo U 1 = 0 , la forma corrispondente al primo modo di vibrare è data quindi da: { f } 1T = { 0

1

1.618 }

2.107

Il secondo modo di vibrare viene calcolato dalla 2.102 sostituendo ad w il valore di w 2 : m 0 Ï U2 ¸ Ï0 ¸ EA 2 1 ------– 2.618 2 Ì ý = Ì ý l –1 1 0 m3 Ó U3 þ Ó0 þ

2.108

Assumendo U 2 = 1 si ricava U 3 = – 0.618 ; essendo U 1 = 0 , la forma corrispondente al secondo modo di vibrare è data da: { f } 1T = { 0

1

– 0.618 }

2.109

77

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Le figure 2.20 e 2.21 illustrano i due modi di vibrare.

Fig. 2.20 – Primo modo di vibrazione della struttura dell’es. 2.12.

Fig. 2.21 – Secondo modo di vibrazione della struttura dell’es. 2.12. ESEMPIO 2.13

Calcolare le frequenze di vibrazione assiali ed i corrispondenti modi di vibrare della struttura di figura 2.22 quando siano concentrate ai nodi tre masse m 1 ,m 2 ,m 3 di valori unitari; si considerino gli elementi strutturali privi di massa.

Fig. 2.22 – Struttura reticolare con tre masse.

78

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

La matrice di rigidezza della struttura è data dalla 2.16; la matrice delle masse è: m1 0

[M] =

0

0

0

0

0 m1 0

0

0

0

0

0 m2 0

0

0

0

0

0 m2 0

0

0

0

0

0 m3 0

0

0

0

0

2.110

0 m3

Imponendo le condizioni di vincolo e separando le equazioni che non contengono le reazioni vincolari: U 1354 – 354 – w 2 1 0 Ï 2 ¸ = Ï 0 ¸ Ì ý Ì ý – 354 354 0 1 Ó V2 þ Ó0 þ

2.111

Annullando il determinante dei coefficienti: ( 1354 – w 2 ) ( 354 – w 2 ) – 354 2 = 0

2.112

si ottengono i due autovalori: w 12 = 241.37

2.113

w 22 = 1466.63

Il primo modo di vibrare si ottiene dalla 2.111 sostituendo ad w il valore di w 1 : U 1354 – 354 – 241.37 1 0 Ï 2 ¸ = Ï 0 ¸ Ì ý Ì ý – 354 354 0 1 Ó V2 þ Ó0 þ

2.114

Assumendo U 2 = 1 si ricava V 2 = 3.14 ; la forma corrispondente al primo modo di vibrare è data quindi da: { f } 1T = { 0

0

1

3.14

0}

0

2.115

Il secondo modo di vibrare si ottiene dalla 2.111 sostituendo ad w il valore di w 2 : U 1354 – 354 – 1466.63 1 0 Ï 2 ¸ = Ï 0 ¸ Ì ý Ì ý – 354 354 0 1 Ó V2 þ Ó0 þ

2.116

Assumendo U 2 = 1 si ricava V 2 = – 0.32 ; la forma corrispondente al secondo modo di vibrare è data quindi da: { f } 2T = { 0

0

1

– 0.32

0

0}

2.117

79

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Le figure 2.23a e 2.23b illustrano i due modi di vibrare.

Fig. 2.23 – Modi di vibrare per la struttura dell’es. 2.13.

2.9 SOLUZIONE DEL SISTEMA DI EQUAZIONI In 2.3 è stata illustrata formalmente la soluzione del sistema di equazioni:

[K]{S} = {F }

2.118

mediante l'operazione di inversione della matrice [K ]. Inoltre negli esempi svolti in precedenza la dimensione dei sistemi da risolvere ha permesso l'utilizzo di tecniche elementari; non è evidentemente questo il caso dei sistemi reali in cui la complessità del modello è di gran lunga superiore. L'efficienza dell'analisi agli elementi finiti dipende in gran parte dalle metodologie numeriche adottate per risolvere il sistema di equazioni, anche sfruttando le particolari caratteristiche della matrice di rigidezza, tra le quali la simmetria e la struttura a banda. I metodi risolutivi di un sistema di equazioni possono essere raggruppati in due classi: procedimenti iterativi o indiretti e tecniche di soluzione diretta. Il metodo iterativo consiste in una serie di successive correzioni ad una prima stima della soluzione finché il valore di tale correzione diventa nullo o comunque inferiore ad un errore prefissato. Ovviamente, data la natura iterativa del metodo, non è possibile predeterminare il numero di operazioni necessario alla risoluzione del sistema. Il metodo diretto è un procedimento in cui il sistema di equazioni è risolto in maniera esatta, nei limiti di approssimazione del calcolo, ed il numero di opera80

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

zioni da effettuare per la risoluzione del sistema è esattamente predeterminato. Entrambi i metodi di soluzione presentano vantaggi e svantaggi; tra i vantaggi dei metodi indiretti si hanno: la estrema facilità di programmazione, le poche iterazioni necessarie per determinare una soluzione approssimata. Svantaggi principali sono: impossibilità di predeterminare il tempo di soluzione, impossibilità di trattare rapidamente più casi di carico. Allo stato attuale i metodi diretti risultano più efficaci e sono quelli più adottati. Tuttavia i metodi indiretti possono risultare più convenienti nel caso di rianalisi di un problema in seguito a leggere modifiche della struttura e/o nell'analisi di problemi non lineari; infatti in questi casi generalmente si ha già a disposizione una ottima stima del vettore delle incognite e sono quindi necessarie solo poche iterazioni per la soluzione del problema. 2.9.1 Metodi di soluzione indiretti: metodo di Gauss-Seidel Il metodo iterativo di Gauss-Seidel è stato uno dei più utilizzati nei primi codici di calcolo agli elementi finiti. In generale l'i-esima equazione del sistema di n equazioni 2.118 può essere scritta come: i–1

n

 Kij Sj + Kii Si + Â

j=1

K ij S j = F i

2.119

j = i+1

ovvero:

1 Ê S i = ------ Á F i – K ii Ë

i–1

n

ˆ K ij S j˜ ¯ j = i+1

 Kij Sj – Â

j=1

2.120

In un processo iterativo è chiaramente necessario conoscere una stima iniziale {S }1 delle incognite, stima che può essere rappresentata da un vettore nullo se non si hanno a disposizione valori più rappresentativi. All'iterazione m-esima si avrà dunque:

S im

1 Ê = ------ Á F i – K ii Ë

i–1

Â

K ij S jm j=1

n



ˆ K ij S jm – 1˜ ¯ j = i+1

Â

2.121

Il ciclo di iterazioni continua finché:

{ S }m + 1 – { S }m < e

2.122

dove e è la tolleranza di convergenza. La velocità di convergenza può essere aumentata introducendo un fattore di sovrarilassamento b e modificando il valore stimato S im dalla 2.121 nel seguente 81

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

modo:

S im = S im – 1 + b ( S im – S im – 1 )

2.123

per cui la 2.4 diventa:

S im

b Ê = ------ Á F i – K ii Ë

i–1

Â

K ij S jm j=1

n



ˆ K ij S jm – 1˜ ¯ j = i+1

Â

2.124

Il fattore di sovrarilassamento b è generalmente compreso tra 1 e 2; il valore ottimale di b è una funzione del problema in esame, ma spesso si assume un valore di b = 1.6. Una interpretazione fisica dell'equazione iterativa 2.124 è che la quantità tra parentesi tonde rappresenta lo squilibrio tra il carico applicato F i e la risposta elastica della struttura. Il ciclo iterativo cerca lo spostamento S i che rende nullo questo squilibrio. 2.9.2 Metodi di soluzione diretti: metodo di Gauss Le tecniche di soluzione diretta comunemente adottate sono fondamentalmente applicazioni del metodo di eliminazione proposto da Gauss. Il metodo di Gauss può essere suddiviso in due fasi principali: la prima fase consiste nel triangolarizzare la matrice dei coefficienti [K ] in modo che tutti i termini della matrice al di sotto della diagonale principale siano nulli; il vettore dei termini noti {F } viene modificato conformemente. La seconda fase consiste nel calcolo delle incognite {S } procedendo a ritroso dall'ultima equazione alla prima. Per illustrare le due fasi del metodo di eliminazione di Gauss si esamini in dettaglio il sistema di equazioni:

K 11 º K 1i º K 1n Ï S 1 Ô º º º º º Ô º Ô K i1 º K ii º K in Ì S i Ô º º º º º Ô º K n1 º K ni º K nn ÔÓ S n

¸ Ï F ¸ Ô Ô 1 Ô Ô Ô º Ô Ô Ô Ô ý = Ì Fi ý Ô Ô Ô Ô Ô º Ô Ô Ô F Ô þ Ó n þ

2.125

Il primo passo del processo di triangolarizzazione viene effettuato come segue: dalla prima equazione si ricava simbolicamente S1 e si sostituisce nelle successive equazioni. In questo modo si rendono nulli tutti i termini della prima colonna, eccetto quello appartenente alla prima riga. Fisicamente questo corrisponde ad eliminare il grado di libertà S1 dalla struttura, come si vedrà in seguito. 82

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

L'eliminazione di S1 viene eseguita come segue; si sottrae la prima equazione moltiplicata per ( K i1 § K 11 ) dalla i-esima equazione, con i = 2,n: K 11 º

K 1i

º

º

º

º

º

0

º

º

º

0

º

K i1 K ii – K 1i -------K 11 º K n1 K ni – K 1i --------K 11

Ï F1 Ô Ï ¸ Ô S º º Ô 1 Ô Ô Ô K i1 Ô º Ô K i1 Ô Ô F – F 1 ------K in – K 1n -------- Ô K 11 Ì S i ý = Ì i K 11 Ô Ô Ô º º Ô º Ô Ô Ô K n1 ÔÓ S n Ôþ n1 Ô F –F K K nn – K 1n --------1 -------Ô n K 11 K 11 Ó K 1n

º º º

¸ Ô Ô Ô Ô Ô ý Ô Ô Ô Ô Ô þ

2.126

ovvero: K 11 º K 1i º K 1n Ï S 1 Ô º º º º º Ô º Ô 0 º K ii* º K in* Ì S i Ô º º º º º Ô º Ô 0 º K ni* º K nn* Ó S n

Ï F1 ¸ ¸ Ô Ô Ô Ô º Ô Ô Ô Ô Ô ý = Ì F i* ý Ô Ô Ô Ô º Ô Ô Ô * Ô Ô Ó Fn þ þ

2.127

Dalla seconda equazione si ricava ora S2 e si sostituisce nelle successive equazioni, con i = 3 , n. In questo modo si rendono nulli tutti i termini, eccetto i primi due, della seconda colonna. Fisicamente questo corrisponde ad eliminare il grado di libertà S2 dalla struttura. La stessa operazione di eliminazione viene ora applicata a tutte le restanti equazioni (i = 3,n). Ottenuta così la triangolarizzazione della matrice [K ], si procede alla seconda fase, in cui vengono calcolate le incognite { S }, risolvendo per l'ultima in modo diretto:

F n* S n = ---------K nn*

2.128

e quindi, con procedimento a ritroso, risolvendo per sostituzione per le rimanenti incognite:

1 Ê S i = --------- Á F i* – K ii* Ë

n

ˆ K ij* S j˜ ¯ j = i+1

Â

2.129

dove K ij* e F i* sono rispettivamente i termini della matrice [K ] triangolarizzata e del vettore dei termini noti modificato conformemente alla triangolarizzazione della matrice [K ].

83

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

ESEMPIO 2.14

Per illustrare formalmente le due fasi del metodo si supponga di eseguire una partizione del sistema 2.125 in modo da avere: [ K 11 ] [ K 12 ] Ï { S 1 } ¸ Ï { F1 } ¸ Ì ý = Ì ý [ K 21 ] [ K 22 ] Ó { S 2 } þ Ó { F2 } þ con: [K11] [K12 ] [K21 ] [K22 ] {S1 },{F1 } {S2 },{F2 }

2.130

matrice di ordine (1 x 1) matrice di ordine (1 x (n-1)) matrice di ordine ((n-1) x 1) matrice di ordine ((n-1) x (n-1)) vettori di ordine 1 vettori di ordine (n-1)

Il metodo di eliminazione di Gauss consiste nel ridurre il sistema 2.130 al seguente sistema, in modo da avere nulli tutti i termini, eccetto il primo della prima colonna: [ K 11 ] [ K 12 ] Ï { S 1 } ¸ Ï { F1 } ¸ Ì ý = Ì ý [ 0 ] [ K 1 ]* Ó { S 2 } þ Ó { F 1 }* þ

2.131

con: [ K 1 ]* = [ K 22 ] – [ K 21 ] [ K 11 ] –1 [ K 12 ]

2.132

{ F 1 }* = { F 2 } – [ K 21 ] [ K 11 ] –1 { F 1 }

2.133

La stessa operazione di eliminazione viene ora applicata alla matrice [ K 1 ]* del sistema ridotto: [ K 1 ]* { S 2 } = { F 1 }*

2.134

e viene ripetuta ( n-1) volte sino a che la matrice [ K 22 ] è ridotta ad una matrice di ordine (1 x 1).

Da notare che la matrice dei coefficienti del sistema ridotto 2.126 è ancora una matrice simmetrica, quindi tutti gli elementi al di sopra della diagonale principale, questa inclusa, forniscono gli elementi della matrice ad ogni passo della soluzione. Si vedrà anche che durante il processo di soluzione la semiampiezza di banda B viene conservata e che il processo di triangolarizzazione coinvolge solo gli elementi entro la banda della matrice. Si può trarre un notevole vantaggio da queste caratteristiche: se n è il numero di equazioni del sistema, il numero delle operazioni da eseguire per la soluzione del sistema si riduce da un fattore proporzionale a n3, nel caso si consideri la matrice completa, ad un fattore proporzionale a nB2/2, nel caso si tenga conto della simmetria e della struttura a banda della matrice. 84

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

È inoltre da notare la possibilità di trattare più casi di carico senza per questo ricorrere ad una nuova triangolarizzazione della matrice di rigidezza [K ], fase questa che è di gran lunga la più lunga e laboriosa della soluzione del sistema di equazioni. Dalla 2.126 si ha infatti che al primo passo di triangolarizzazione, la riduzione del vettore dei termini noti richiede la conoscenza del coefficiente sulla diagonale principale K11 e dei coefficienti della prima riga della matrice di rigidezza; al secondo passo di triangolarizzazione si richiede la conoscenza dei coefficienti, già modificati, della seconda riga della matrice di rigidezza; in modo simile si procede per i successivi passi di triangolarizzazione. Il vettore { F } può quindi essere ridotto a partire dai coefficienti della matrice [K ] ridotta. ESEMPIO 2.15

Calcolare gli spostamenti della struttura illustrata in figura 2.24, costituita da tre barre collegate in serie, caricata in corrispondenza del nodo 2 e vincolata in corrispondenza del nodo 1.

Fig. 2.24 – Struttura con tre elementi asta. Il sistema di equazioni associato alla struttura in esame, con i parametri indicati in figura 2.24, è il seguente: 1 –1 0 0

–1 2 –1 0

0 –1 2 –1

0 0 –1 1

Ï F1 ¸ Ï U1 ¸ Ô Ô Ô Ô U Ô1Ô Ô 2Ô = Ì ý Ì ý U Ô0Ô Ô 3Ô Ô Ô Ô Ô Ó0þ Ó U4 þ

2.135

L'unica condizione al contorno in termini cinematici è data da U 1 = 0 ; si considererà quindi solo il sistema di tre equazioni nelle tre incognite U 2 ,U 3 ,U 4 , ottenuto eliminando formalmente la prima riga e la prima colonna della matrice di rigidezza e la prima riga del vettore degli spostamenti e del vettore delle forze in 2.135: U Ï1 ¸ 2 – 1 0 ÏÔ 2 ¸Ô Ô Ô U –1 2 –1 Ì 3 ý = Ì 0 ý Ô Ô Ô Ô 0 –1 1 Ó U4 þ Ó0 þ

2.136

85

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Volendo utilizzare il metodo di Gauss si procede nel seguente modo: a. si sottrae –1/2 volte la prima riga dalla seconda: 1 2 –1 0 Ï U2 ¸ Ï ¸ Ô Ô Ô 1Ô 3 0 --- – 1 Ì U 3 ý = Ì --2- ý 2 Ô Ô Ô Ô U Ó0 þ 0 –1 1 Ó 4 þ

2.137

b. si sottrae –2/3 volte la seconda riga dalla terza: 2 0 0

–1 3 --2 0

Ï1 ¸ Ï U2 ¸ Ô1 Ô – 1 Ô U Ô = Ô --2- Ô Ì 3ý Ì ý Ô Ô Ô Ô 1 Ó U4 þ Ô 1--- Ô --Ó3 þ 3 0

2.138

Conclusa la fase di triangolarizzazione, si risolve per le incognite U 4 ,U 3 ,U 2 : 1§3 U 4 = ---------- = 1 1§3 U4 + 1 § 2 1+1§2 - = ------------------- = 1 U 3 = ---------------------3§2 3§2 U3 + 1 1+1 U 2 = ---------------- = ------------ = 1 2 2

2.139

È da osservare che, al passo i-esimo sia della fase di triangolarizzazione sia della fase di sostituzione, l'elemento sulla diagonale principale deve essere diverso da zero. La matrice di rigidezza di una struttura è in effetti definita positiva e lo rimane ad ogni passo i-esimo del processo di triangolarizzazione, perché ciò corrisponde a ricavare la matrice di rigidezza di una struttura in cui sia stato eliminato l'i-esimo grado di libertà. Se ciò non avviene vuol dire che la matrice di partenza non era definita positiva, cioè che non erano stati eliminati tutti i gradi di libertà di moto rigido.

86

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

ESEMPIO 2.16

Calcolare gli spostamenti della struttura di figura 2.25, identica a quella illustrata in figura 2.24, ma con un grado di libertà in meno, quello corrispondente al nodo 2.

Fig. 2.25 – Struttura con due elementi asta. La notazione di rigidezza della struttura è: 1 --2 1 – --2 0

1 – --2 3 --2 –1

Ï 1--- ¸ 0 Ï U1 ¸ Ô2 Ô Ô Ô Ô Ô U = Ì 3ý Ì 1--- ý –1 Ô Ô Ô2 Ô Ó U4 þ Ô Ô Ó0 þ 1

2.140

dopo aver imposto le condizioni al contorno ( U 1 = 0 ), il sistema risolutivo risulta: 3 --2 –1

Ï1 ¸ Ô --- Ô –1 Ï U3 ¸ Ì ý = Ì2 ý Ó U4 þ Ô0 Ô 1 Ó þ

2.141

coincidente con quello ottenuto dopo il primo passo di triangolarizzazione del sistema 2.137 associato alla struttura di figura 2.24. Calcolare, infine, gli spostamenti della struttura indicata in figura 2.26 in cui i nodi 2 e 3 sono stati soppressi, eliminando quindi i gradi di libertà U 2 e U 3 .

Fig. 2.26 – Struttura con un elemento asta.

87

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

La notazione di rigidezza per la struttura di figura 2.26 è: 1 --3 1 – --3

1 – --3 1 --3

Ï 2--- ¸ Ï U1 ¸ Ô3 Ô Ì ý = Ì ý U Ó 4þ Ô 1--- Ô Ó3 þ

2.142

Dopo aver imposto le condizioni di vincolo, si ha: 1 1 --- U 4 = --3 3

2.143

equazione che coincide con quella ottenuta dopo il secondo passo di triangolarizzazione del sistema 2.138 associato alla struttura di figura 2.24.

È ora possibile dimostrare perché, durante il processo di triangolarizzazione, tutti gli elementi sulla diagonale principale della matrice di rigidezza devono rimanere positivi. Il sistema di eliminazione di Gauss corrisponde quindi a sopprimere, al passo i-esimo, l'i-esimo grado di libertà della struttura ed a determinare la matrice di rigidezza ed il vettore dei carichi nodali relativi alla nuova configurazione della struttura, cioè con (n - i) gradi di libertà. L'i-esimo elemento sulla diagonale non è altro che il coefficiente di rigidezza relativo all'i-esimo grado di libertà quando i primi (i - 1) gradi di libertà sono stati soppressi, e tale coefficiente deve essere positivo. Se, durante il processo di eliminazione, uno dei coefficienti sulla diagonale principale risulta uguale a zero (o addirittura minore, a causa degli arrotondamenti numerici), ciò significa che la struttura è labile.

ESEMPIO 2.17

Calcolare gli spostamenti per la struttura illustrata in figura 2.27.

Fig. 2.27 – Struttura labile.

88

CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

La notazione di rigidezza, con i parametri indicati in figura 2.27 , è la seguente: 12 6 6 4 – 12 – 6 6 2

Ï F1 ¸ Ï V1 ¸ – 12 6 Ô Ô Ô Ô A –6 2 Ô 1 Ô = Ô 0 Ô Ì ý Ì ý 12 – 6 Ô V 2 Ô Ô0Ô Ô Ô – 6 4 ÔÓ A Ôþ Ó1þ 2

2.144

Applicando le condizioni di vincolo ( V 1 = 0 ), si ottiene: 4 –6 2 – 6 12 – 6 2 –6 4

Ï A1 ¸ Ï0 ¸ Ô Ô Ô Ô Ì V2 ý = Ì 0 ý Ô Ô Ô Ô Ó A2 þ Ó1 þ

2.145

Eseguendo il primo passo di triangolarizzazione si ottiene: A Ï0 ¸ 4 – 6 2 ÏÔ 1 ¸Ô Ô Ô V 0 3 –3 Ì 2 ý = Ì 0 ý Ô Ô Ô Ô 0 –3 3 Ó A2 þ Ó1 þ

2.146

ed al secondo passo: 4 –6 2 0 3 –3 0 0 0

Ï A1 ¸ Ï0 ¸ Ô Ô Ô Ô Ì V2 ý = Ì 0 ý Ô Ô Ô Ô Ó A2 þ Ó1 þ

2.147

Si è ottenuto un elemento nullo sulla diagonale principale in corrispondenza della terza equazione; ciò sta a significare che la struttura considerata è labile ed in particolare che non è stato vincolato il grado di libertà di moto rigido alla rotazione.

89