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Italian Pages 155 [164] Year 2019
COLLANA DI STUDI SUL SIONISMO
VIII
VINCENZO
PINTO
(A CURA DI)
EGEMONIA NAZIONALE
Gramsci, Medem e la questione ebraica nel Novecento
FT VORYTM SATEST
LIVORNO
Salomone Belforte& C. Editori Librai dal 1805
COLLANA DI STUDI SUL SIONISMO
VIII
VINCENZO PINTO
(A CURA DI)
EGEMONIA NAZIONALE
Gramsci, Medem e la questione ebraica nel Novecento
IT VOD/TA
SATEST
LIVORNO
Salomone Belforte& C Editori Librai dal 1805
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UISI
In copertina
L'immagine è tratta dal "Progetto Maghen David" di Roberto Rambaldini.
Direttore di Collana Vincenzo Pinto
Comitato Scientifico Furio Biagini, Paolo Di Motoli, Niram Ferretti, Guido Franzinetti, Giuliana Iurlano, Vittorio Robiati Bendaud, Emanuel Segre Amar
Progetto editoriale Guido Guastalla
Impaginazione Claudio Lenzi
Stampa
Tipografia Monteserra, Vicopisano (PI)
BELFORTE editori libral dal 1805
O Salomone Belforte Sas di Ettore Guastalla & C., 2019 Via Roma, 43-57126 Livorno Tel. 0586.403135 - Cell. 335.6481099 www.salomonebelforte.com
[email protected]
UISI- Unione Imprese Storiche Italiane ISBN 978-88-7467-150-2
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma, come mezzo elettronico, meccanico o altro, senza l'autorizzazione scritta dell'editore. Per le riproduzioni fotografiche, l'Editore è a disposizione degli aventi diritto che non si sono potuti reperire. Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi.
Ad Alessandra Rivka.
INDICE
9
INTRODUZIONE...
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA Vladimir Medem 1. .41
2.
3. Risoluzione sulla questione nazionale
approvata al VI Congresso del "Bund”
71
VLADIMIR MEDEM, LA VITA E L'OPERA .75
Giuliana Castellari.
87
Bibliografia.........
QUALE AUTONOMIA? GRAMSCI E LA QUESTIONE NAZIONALE EBRAICA .89
Vincenzo Pinto.
.89
Premessa....
1.
Il dibattito della Seconda internazionale sull'autonomia ebraica......95
2. Gramsci e la questione della lingua: Bartoli, Ascoli e Lenin..........104 3.
Gramsci e la questione nazionale ebraica: Marx, Lenin e Borochov.... 112
4. Gramsci e il problema dello Stato 5.
.127
*************
.131
Conclusione. Quale autonomia?.
APPENDICE
L'UOVO DI GALINA 135
Chiara Osta.
1. Giovane donna russa trovata suicida all'hotel NH Collection........ 136 2.
Caso Tekilova: incastrato l'assassino...
........
.154
INTRODUZIONE
Questa raccolta offre al pubblico italiano un saggio sulla figura di Antonio Gramsci e la prima traduzione italiana dello scrit to di Vladimir Medem sulla questione nazionale. La scelta di
raccogliere due opere apparentemente così eterogenee si deve all'esigenza di riflettere sui limiti della proposta socialista e socialdemocratica sulla questione nazionale ebraica nel seco lo scorso. Come il lettore avrà modo di constatare, Gramsci
non ha offerto sostanzialmente alcun contributo originale alla
questione ebraica, ma la sua filosofia della prassi (se adeguata
mente interpretata) conteneva (e contiene) alcuni spiragli di
nazionalismo ebraico in senso progressista e nazionalpopola re. Il saggio di Medem, tradotto da Sigrid Sohn e commenta
to da Giuliana Castellari, è in larga parte un'apologia ebraica
dell'autonomia culturale (e nazionale) interpretata in chiave socialdemocratica: il particolarismo diventa una tappa fon damentale nella gloriosa storia del movimento operaio, il cui
destino può e deve essere (come avrebbe detto Kant) l'abbatti mento delle barriere nazionali.
Che cos'hanno da spartire Gramsci e Medem? L'uno è stato il principale filosofo marxista italiano del secolo passato
e ha vissuto in prima persona le convulse vicende interbelliche. Il secondo (al quale è intitolato un noto centro dell'ebraismo laico e socialdemocratico a Parigi) è stato attivo negli anni
precedenti la Prima guerra mondiale (soprattutto in Europa 9
EGEMONIA NAZIONALE
orientale). Sappiamo anche quanto fossero diverse le condi
zioni degli ebrei a Est e a Ovest prima (e dopo) la conflagrazio ne bellica. E tuttavia vi sono alcuni aspetti che rendono questi due personaggi molto importanti per comprendere le sorti dell'ebraismo novecentesco. Entrambi gli intellettuali sono concentrati sul tema
della nazione, cioè sull'utilizzo (a loro giudizio) strumentale
del nazionalismo da parte della borghesia e sulle sue "degenera zioni" (alle quali ebbe modo di assistere soprattutto Gramsci). Entrambi hanno compreso come, anche in ambito operaio, il nazionalismo fosse una realtà ineludibile e che non bastassero
dei semplici slogan a eliminarlo (o anche solo a ridimensio narlo). Entrambi hanno anche capito che le nazioni più forti
tendono a prendere il sopravvento su quelle più piccole, anche
se guidate da tutte le buone intenzioni dell'internazionalismo operaio. La lingua diventa quindi una priorità per la salvaguar
dia delle nazioni più piccole (come nel caso ebraico orientale), per la formazione di una nuova cultura alta e nazionalpopola re (come sostiene Gramsci) e per l'acquisizione di un'egemo
nia culturale (premessa alla conquista del potere nei paesi più
"evoluti"). Tutto sta a capire che tipo di lingua e, soprattutto, se essa sia dotata di un valore intrinseco. Proprio il tema dell'egemonia, che traspare in senso molto lato dal nostro contributo su Gramsci e dal problema sollevato da Medem circa la superiorità del nazionalismo bor
ghese, merita forse alcune considerazioni più specifiche. Alla luce di quanto si è visto nel secolo passato, l'eliminazione delle
barriere nazionali non ha determinato il conseguimento di una società senza classi e, nella realtà, ha finito semplicemente per favorire la nazione più forte. Si può discutere quanto si vuole sulle degenerazioni del socialismo reale, sul caso sovietico, sul
10
INTRODUZIONE
leninismo, sul maoismo ecc. Come pure sulla differenza tra fa
scismo reale o immaginario (distinguo che manca del tutto nel dibattito pubblico e pubblicistico). Resta tuttavia un fatto che la realizzazione del socialismo ha spesso significato uno Stato
autoritario a sovrastruttura ideologica proletaria. È questo che avrebbero voluto Medem e Gramsci?
Certo che no, quantomeno il primo, animato da un
personalismo etico che non avrebbe potuto tollerare le costri zioni pedagogiche di un comunismo "rozzo". Su Gramsci e il superamento della dittatura del proletariato è stato scritto molto ed è inutile soffermarsi in queste pagine introduttive.
Quello su cui vogliamo attirare l'attenzione del lettore è il problema dell'egemonia culturale e nazionale. In altre paro
le, come può (e potrebbe) il socialismo ottenere un consenso che non sia coatto e trasformare una società "borghese" (o re azionaria) in una società autenticamente emancipata? Qui si misurano i limiti delle risposte fornite dai due teorici del so cialismo, quantomeno per il caso ebraico. Perché, posta l'esistenza di una nazione ebraica, biso gna stabilire come essa possa sopravvivere alle temperie dei
conflitti interclassisti e interetnici. Medem assume una posi zione ambigua: da una parte osserva l'esigenza di dare tempo allo sviluppo capitalistico, ma dall'altro non appare così certo che il crogiolo socialista avrebbe eliminato illo tempore i con
flitti tra i gruppi (e le persone). Gramsci si concentra sulla co struzione di una nazione socialista, ma anch'egli non ha le idee molto chiare sulla fine della cultura nazionale: sarebbe scom
parsa, si sarebbe evoluta socialisticamente oppure cos'altro? Ciò che manca ai due teorici del socialismo (oltre che
la sfera di cristallo) è un'elaborazione coerente e convincente del
peso esercitato dall'egemonia culturale nella costruzione
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EGEMONIA NAZIONALE
di una nazione. E il motivo è piuttosto semplice: il socialismo novecentesco (nella variante marxista russa o austro-marxista) non è stato in grado di concepire la positività della nazione, ri
tenendola un frutto storico destinato ad appassire o a scompa rire con l'avanzamento dei tempi. La nazione è un'invenzione più o meno riuscita e utile da parte della storia (o di una classe
egemone). Nulla di più. Così facendo si perde naturalmente di vista il problema di come salvaguardare la diversità e, nel caso specifico, consentire alla nazione ebraica di sopravvivere e
prosperare. Anche e soprattutto a livello popolare. La ricetta sionista ha saputo meglio delle altre rispon
dere ai bisogni delle masse ebraiche, vuoi per il crinale totali tario novecentesco, vuoi per il forte legame col passato, vuoi per il tentativo di attualizzare quello che è un sentimento di
appartenenza di un gruppo etnico. Il sionismo ha dato un territorio, una lingua e uno scopo agli ebrei: permette loro
di preservare la tradizione e, al tempo stesso, di costruirvi al suo interno tutti i possibili scenari di sviluppo. E l'egemonia
non è altro che lo stretto legame secolare fra aspirazione alla salvezza fisica e conservazione della propria cultura (religiosa o meno). La storia ci dirà se l'ebraismo rabbinico sopravvivrà
ancora a lungo nel nuovo Stato di Israele o finirà per estinguer si, lasciando il posto a una nuova cultura ebraica, meno legata
all'ortoprassia e, forse, più canonicamente legata all'ortodos sia. Se, in altre parole, si creeranno le condizioni per l'erezione di un Terzo Tempio.
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA VLADIMIR MEDEM
1.
Sulla questione nazionale la socialdemocrazia è stata meno at
tenta rispetto ad altri importanti problemi politici. Mentre gli studiosi borghesi, i politici e i giornalisti hanno prodotto sul tema un'immensa letteratura che viene continuamente aggior
nata e che approfondisce e divulga i punti di vista della stessa
borghesia, la stampa socialdemocratica non si dedica in misura minore alla questione, ma il numero di opere che cercano di
affrontarla seriamente e approfonditamente si riduce a pochi
testi che non hanno avuto l'ultima parola in questa aggrovi gliata e difficile controversia.
Spesso ci imbattiamo sia su aspetti particolari di politica quotidiana, sia su teorie di carattere generale, che costituiscono i punti di partenza della questione, e che non sono stati ancora
Questa traduzione si basa sull'opuscolo di Medem Di natsionale frage un di sotsialdemokratie (Vilna, Bikher verlag "di welt", drukerai fun witwe un gebrider Rom, 1906). L'esemplare utilizzato si trova nella biblioteca
dell'"Arbeter Ring" di Tel Aviv. La traduzione dallo yiddish è stata con dotta da Sigrid Sohn, la prima revisione è merito Giulia Castellari. Sono grato e riconoscente a entrambe le studiose per aver permesso la pubblica zione della prima edizione italiana di questo importante documento del mondo politico e culturale ebraico orientale di inizio Novecento.
13
VLADIMIR MEDEM
elaborati dal punto di vista socialdemocratico. È spiacevole sen tire come nella letteratura socialdemocratica si trovi un'eco di
quei concetti e sentimenti che dominano nel mondo borghese e
che attecchiscono sulla moltitudine del proletariato, malgrado il loro debole fondamento teorico; un'eco che si trova a volte,
innanzitutto, nei canti nazionalistici, a volte in comportamenti assimilazionisti e che d'altronde compare anche nella termi nologia e nelle parole d'ordine d'impronta borghese. E tali opinioni, che vanno ritenute inesattezze concet
tuali, derivano dal fatto che la socialdemocrazia non ha ancora rimosso la vecchia zavorra borghese dalle proprie visioni e dal le proprie simpatie, come sarebbe stato necessario fare; zavorra che va riesaminata dal proletariato. Le imprecisioni teoriche non derivano dalla complessi tà e dalla nebulosità della questione in sé: rendono solamente difficile trovare una risposta concreta, ma non ne inficiano la
formulazione corretta, se conforme al nostro punto di vista generale.
Ciò dovrebbe essere molto semplice, in quanto la po sizione generale fornisce in una certa misura la risposta alla domanda.
Si può dire che questa imprecisione non scaturisce dal
la complessità, ma dal fatto che la maggior parte della socialde
mocrazia ha dato poca importanza al problema. L'odierna questione nazionale è stata sollevata dalla
borghesia - che l'ha tuttora in pugno - e i cui interessi econo mici la spingono a metterla in primo piano. Marchiandola in
profondità, essa l'ha legata strettamente a futilità, sentimenti, opinioni e simpatie che sono in contrasto sostanziale con la
pura e chiara ideologia del proletariato e che sono dannose per la socialdemocrazia. La lotta nazionale viene condotta dalle
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
classi più abbienti che su questo tema sono protagoniste e che devono mettere d'accordo gli interessi finanziari; il che spiega
psicologicamente perché la maggior parte dei socialdemocrati ci ha compreso solo di recente come svincolarsi dall'imbroglio nazionalistico-borghese che tutto toglie al proletariato offren dogli solo sentimenti sciovinistici. Moltissimi socialdemocra
tici erano indotti a pensare che la questione nazionale fosse solo una questione tra diversi gruppi nazionali borghesi che litigano "uno contro l'altro", alla quale il proletariato, come
terza parte estranea, non sia per nulla interessato, né possa prendervi parte in alcun modo. Questo chiarisce fino a un certo punto perché gli am
bienti socialdemocratici si siano interessati così poco alla que stione nazionale; lo chiarisce, ma non fornisce una risposta
definitiva, e il fatto persiste: la questione non è stata trattata dal punto di vista socialdemocratico, la concezione borghese
è dominante. Come in passato, il pensiero borghese risponde alla domanda con la sua posizione reazionaria - un riflesso del
le aspirazioni di classe di questi o quegli strati che appartengo no alle classi elevate. Tentiamo di caratterizzare questo grande mole di idee in base alla sua base classista.
Nella politica nazionale della borghesia, a una prima analisi, abbiamo due diverse visioni che spesso - e curiosamen te
sono mescolate tra loro: ambizione di assimilazione, da
una parte, e nazionalismo, dall'altra.
Il nazionalismo ha contagiato tutti i popoli; l'ambizio ne assimilazionista è invece uno strano frutto. In nessun luogo
essa è fiorita così bene come sul terreno ebraico e proprio da lì vogliamo iniziare a esaminarla. Il grande cambiamento industriale ha liquidato l'ordi
ne economico medievale e ha inaugurato una nuova epoca per 15
VLADIMIR MEDEM
l'economia capitalistica; al posto della vecchia e irrigidita for ma economica legata alla servitù della gleba, che voleva compri mere i rapporti appena sorti nel vecchio ordine tradizionale, la nascente borghesia ha creato un nuovo mondo. Ha abbattuto
le recinzioni, ha eliminato le mura delle città, ha strappato i
lacci che disturbavano il suo libero sviluppo e ha proclamato il principio di immaginarsi la libertà necessaria per lo sviluppo di
nuove forze economiche. La nuova industria è forte e ha prete so per sé il via libera. Ha protestato contro ogni sorta di limita
zione e ha affrontato con ardore ogni ineguaglianza giuridica, ogni privilegio di posizione, religione o nazione. Il suo ideale
è la libera concorrenza di liberi proprietari, senza qualsivoglia limitazione giuridica. Ha bisogno di una vera lotta economica che non sia disturbata da elementi estranei.
Chi "è fatto per questo mondo" dovrà avere successo;
chi è debole fallirà. La nuova industria ha immaginato una moltitudine di singoli individui per questa società, senza alcun riferimento al ceto sociale, alla comunità, alla nazione e alla
razza. "Il borghese e l'uomo" sono stati la sua base dell'organi smo sociale.
Anche l'ebraismo tradizionale, percependo l'aria della primavera borghese, ha alzato la testa e ha gettato uno sguardo fuori del suo perenne ghetto. La continua voglia di "risparmia re" e di guadagnare ha destato nei pionieri ebrei dell'economia
capitalistica il desiderio di aria fresca borghese. Il nuovo mon do capitalistico ha dato loro il benvenuto. Assieme alle mura
della Bastiglia sono cadute anche quelle del ghetto. Gli ebrei liberati si sono avventurati nel selvaggio tumulto capitalisti co che elimina le vecchie differenze, mobilita la lotta di "tutti
contro tutti", scioglie i vecchi raggruppamenti sociali e crea nuovi legami.
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
In un sistema che non fa differenze tra ceto sociale, reli
gione e credo, in cui tutti gli uomini sono semplicemente citta dini, l'ebreo poteva trovare modo di alzare la testa; al di là della sua religione e della sua nazionalità, anche l'ebreo è cittadino del mondo come lo sono il tedesco e il francese. Inoltre, l'e
breo è diventato anche "kosher"¹: può quindi essere parte della famiglia delle nuove autorità universali e che praticamente vi vono secondo lo slogan che più tardi Guizot² avrebbe espresso col motto: "Arricchitevi!".
Sono crollate le mura del ghetto, i confini sociali hanno iniziato a mostrare le prime crepe, solo che l'eco dell'antica psi cologia risuonava ancora potente nel cuore di tutti gi ebrei; il
secolare e tremendo sospetto è ancora presente, troppo profon damente è radicata la sfiducia verso coloro che prima li avevano perseguitati e cacciati. A volte possiamo scorgere brutti presa
gi: accanto alla filantropia cosmopolita che vedeva nell'ebreo
un cittadino del mondo e un suo pari, qui e là appariva l'odio millenario contro gli ebrei con tutti i comportamenti abituali.
L'odio che, a volte, ha portato ai pogrom. Sebbene gli ebrei si
ano diventati uguali agli altri popoli in senso economico, non avevano ricevuto dappertutto gli stessi diritti giuridici dei loro vicini. La borghesia, entusiasta della rivoluzione e felice delle
sue vittorie, per equità ha regalato agli ebrei tutti i diritti. Ma i
diritti risultarono col tempo insicuri: non sono stati conquista ti, sono stati concessi come premio, non sono stati conseguiti con una vittoria, ma formalmente in nome del vuoto princi
pio dell'uguaglianza. Nell'aria primaverile dell'emancipazione ¹ In senso generale, rispettoso delle prescrizioni rabbiniche sui cibi per
messi. Nello specifico, buono, permesso. 2 François Guizot (1787-1874), politico e storico liberale francese.
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VLADIMIR MEDEM
l'ebreo aveva ancora i brividi del duro inverno passato. Procu randosi lo stesso boccone alla ricca cena festiva del capitalismo, egli - il vecchio scettico sentiva che differenza c'è tra lui, lo
straniero, e gli indigeni. L'indigeno, il natio, sente la sua forza, alza orgoglioso la testa; si è preso i "suoi" diritti come cittadino
del mondo, li ha sfruttati, usati ed è rimasto comunque france
se o tedesco; l'ebreo tremante e percosso, abituato agli sputi in faccia, ha così iniziato a sputare sulla sua stessa nazione. Non ha
trovato altro modo per tutelare i suoi diritti se non separandosi dalle sue peculiarità nazionali; per diventare cittadino del mon do doveva diventare un francese, un tedesco e così via. La situazione ha iniziato a diventare ambivalente. Da
una parte il fossato sociale tra ebrei e cristiani non era più così profondo come nel Medioevo; il nuovo ordine economico
aveva eretto migliaia di ponti. Il furore e l'odio contro i per
secutori, che avevano spinto gli ebrei ad allontanarsi da tutto ciò che non stava dalla loro parte del fosso e a ritirarsi tra le
quattro mura del loro ghetto - ebbene quei sentimenti erano diventati meno forti. Era diventato possibile mescolarsi con i
popoli circostanti. Dall'altra parte, i popoli circostanti li attiravano. Lì c'e
ra quel mercato terribilmente grande e ricco, che ammiccava
loro, che faceva brillare gli occhi al millenario ladro-borghese. Lì potevano assicurarsi un pezzo del "Leviatano"3 e occupa re un posto al mercato. Solo che bisogna mescolarsi un po', bisogna assimilarsi. Non basta solo abbattere le recinzioni:
3 Il Leviatano (Lewiossen in yiddish) è, secondo una saga talmudica, un pesce, un coccodrillo oppure un mostro marino, la cui carne i giusti man geranno alla fine dei tempi in paradiso. Qui il termine è inteso nel senso
di "arrosto" di cui si vuole garantire una parte. 18
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
non deve restare traccia alcuna di tutte le differenze, si deve dimenticare tutto ciò che, sotto la patina borghese, può tradire
l'ebreo. Si deve far sparire tutto ciò che potrebbe dare fasti dio all'indigeno borghese risvegliatosi dalla sua nebbia liberale. Dare fastidio per non avergli lasciato prendere parte alla cena
del Leviatano. La psicologia di questo debole borghese avido di denaro ha creato il motto: "Assimilatevi!".
"Assimilatevi!" significa strappare tutte le radici dalle
quali si potrebbe riconoscere nel "cittadino del mondo" il noc ciolo ebraico. "Assimilatevi!" significa disfarsi di tutto e prova
re con tutte le forze a gettar via tutto ciò che vi distingue dai concittadini delle altre nazionalità. Una di queste differenze è
la religione. Abbasso la Torah di Mosè, viva il cristianesimo! La lingua è una differenza tra ebrei e non ebrei - abbasso la lingua, dev'essere messa al bando! Le usanze, l'abbigliamento, il comportamento testimoniano le origini - bisogna cercare in
tutti i modi di disfarsi di queste specificità, adottare costumi stranieri e vestirsi come i vicini che ci stanno attorno.
"Assimilatevi!", confrontatavi con gli altri! Negate le vostre origini, ridete di tutto ciò che porta il marchio ebraico,
sputate tre volte quando sentite parlare quello "sporco" gergo¹, gridate dappertutto, battetevi sul cuore come a "al chet!"5 che
non esista una nazione ebraica, che gli ebrei non siano una na
zione, che siano solo una congregazione religiosa. "Assimilatevi!", perché solo in questo modo riuscirete ad assicurarvi la stessa parte grassa come i cittadini dei "din torni". E perciò - abbasso i propri usi e costumi, evviva tutto quello che è straniero!
4 Riferimento dispregiativo alla lingua yiddish. 5 Inizio di una preghiera penitenziale a Yom Kippur, il giorno dell'espiazione.
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VLADIMIR MEDEM
La scala di valori abituale della cultura e delle conquiste politiche, la bilancia finora valida per pesare cosa sia bene e cosa sia male per la società, non sono più valide: tutto va riva lutato e per questo abbiamo scale assimilatorie nuove di zecca.
Tutto ciò che appartiene all'altro è buono in quanto tale, il proprio può andare in malora perché è proprio. Lo stesso sviluppo capitalistico che ha creato la tenden
za assimilatrice ha dato origine a un orientamento in un certo senso contrario: il nazionalismo.
I rapporti creati dallo sviluppo capitalistico, tuttora in
continua evoluzione, hanno concepito nuovi organismi socia li. La vita sociale, la politica e la cultura si sono democratizzate e si è creato uno stretto legame fra tutte le parti della società
odierna. Queste parti perdono la loro autonomia, il loro isola
mento e hanno iniziato a svilupparsi in un proprio corpo orga nico. Così è nata la nazionalità come la s'intende oggi.
Le particolarità dei popoli, che si esprimono nei loro usi, costumi e lingue, sono rimaste finora nascoste negli stra ti più bassi della popolazione, coperte dall'uniforme mantello delle classi governanti europee, tutte simili fra loro. Queste,
adattandosi sempre più e innalzando il proprio prestigio, han no finito per affermarsi, apponendo il loro sigillo sul "mantel
lo" statale e sulla cultura. Finora le particolarità erano simili, ma ora hanno assunto un colore e un'individualità politica na zionali. La comparsa di organismi nazionali sul palcoscenico della vita politica non poteva naturalmente avvenire senza di
vergenze e contrasti. Diverse nazionalità sono state compres
se in un'unica unità politica da forze esterne, guerre, dissidi o imbrogli. Altre nazioni sono state fatte a pezzi, alcune di esse 6 Talith (mantello rituale).
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
vivono una vita indipendente, altre sono state costituite con popoli diversi. L'unione forzata ha causato repressione e sotto
missione, ma la violenza ha anche acceso lo spirito di ribellio ne. Non per nulla il XIX secolo è stato chiamato il secolo delle nazionalità. La lotta nazionale è scritta sulle pagine della sua
storia. Inizia un lungo periodo di contrasti e di guerre.
La borghesia prende in mano la lotta nazionale, con ducendola all'insegna del nazionalismo. In suo nome, infatti, lottano entrambe le parti, sia quella che ha messo nel mirino una nazione straniera, sia quella che difende solamente la pro pria indipendenza.
Ripetiamolo: in nome del nazionalismo è stata condot ta la battaglia da entrambe le parti, sia quella che sottometteva,
sia quella sottomessa sono state pervase di nazionalismo. Ma cos'era, in fondo, il nazionalismo? Già per il solo fatto che controlli entrambi i campi ne
mici si può constatare quale grande errore commettano coloro che gettano nella stessa calderone nazionalismo e lotta per la liberazione nazionale. Il nazionalismo può assumere due for me: la forma della sottomissione e la forma della lotta di libe
razione. Tra le due varianti vi è una grande differenza. Ma le due forme hanno degli aspetti in comune di nostro interesse: entrambe sono una specie di nazionalismo. Si capisce che, se si
vuole definire il nocciolo della questione, non dobbiamo capi re ciò che le differenzia, ma ciò che le unisce. Si capisce, quindi, che nella sola ricerca per la libertà non vi è ancora il naziona lismo, perché, da un lato, si può essere un nazionalista oppres
sore, dall'altro si può lottare per la liberazione nazionale senza
nulla voler sapere di nazionalismo. Si comprende, dunque, che non nella rivendicazione politica in sé si dovranno cercare le
caratteristiche di fondo del nazionalismo, perché diverse na 21
VLADIMIR MEDEM
zioni, persino quelle che sono nemiche tra loro, possono avere le stesse esigenze politiche. È chiaro, quindi, che se vogliamo determinare che cosa sia il nazionalismo, dovremo considerare
quelle caratteristiche che valgono per tutte le forme di questo termine. La risposta va cercata in ciò che la borghesia esclude da questa domanda. Un articolo apparso su "Der yidisher arbeiter" scrisse che la radice di questa lotta [nazionale] nella forma caratteristi
ca per l'ordine capitalistico sta nel fatto che la borghesia del
la nazione dominante aspira a monopolizzare il mercato del suo paese a proprio favore. Per raggiungere questo scopo non è sufficiente tenere lontani dal mercato gli 'stranieri' solo for malmente attraverso limitazioni legali e amministrative; biso gnerà anche costringerli con la forza a mescolarsi con la nazio
ne dominate. Bisognerà distruggere tutto ciò che forma la loro
fisionomia nazionale, innanzitutto le diversità linguistiche che ostacolano in moltissimi modi la libera circolazione delle merci
nel paese, come i dazi doganali tra i diversi Stati.8 La borghesia lotta per i mercati, il mercato si trova (nel
la maggior parte dei casi) all'interno delle frontiere nazionali, la lotta per il mercato viene così trasformata in una lotta per la
nazionalità. La nazione governante, che aspira a tenere per sé
le vendite di merci con i clienti di altre nazioni, prova con tutte le forze a mescolare gli uni con gli altri e a dotarli di un comune colore nazionale usando strumenti statali. La borghesia della Vedi Nazionalità e assimilazione in "Der yidisher arbeter", 15 [nota di
Medem]. "Der yidisher arbeter" (Il lavoratore ebreo) fu un periodico pub blicato a Vilna dal 1896, che tre anni dopo divenne l'organo ufficiale del Bund (la socialdemocrazia ebraica). 8 Sottolineatura di Medem.
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
nazione sottomessa non ha la forza di contrastare quest'enor
me potere, non ha modo di attaccare, si deve accontentare di difendersi. Senza speranza di entrare in un mercato straniero con successo per assicurarsene una parte, si dovrà accontentare
di proteggere e curare il proprio mercato. Questo vuol dire – tradotto nella lingua della lotta nazionale - rafforzare le carat teristiche nazionali della propria nazione. Entrambe, sia la na zione dominante sia quella sottomessa, tentano di aumentare il più possibile il numero dei clienti e il numero degli abitanti
della propria nazione; una – quella più forte attraverso l'al largamento delle frontiere nazionali a spese dell'altra, l'altra – quella più debole - preoccupandosi affinché non diminuisca il numero degli abitanti della propria nazione. 1
La differenza tra di loro è puramente esteriore: cambia solamente la forza di una o dell'altra nazione, cambiano la po litica e il ruolo della borghesia.
In quelle regioni dell'Austria in cui il numero dei tede schi supera quello dei cèchi, i primi cercano di sconfiggere i se condi, cercando di fare dei secondi dei "veri tedeschi". I cèchi si
difendono, tentando di evitare che i tedeschi si portino via una
parte della loro nazione. Sia i tedeschi sia i cechi conducono una lotta nazionale: i primi in nome della sottomissione, i secondi
per la propria liberazione. In quelle regioni in cui i cèchi sono la
maggioranza della popolazione, i ruoli sono esattamente inverti ti. Lì i cèchi lottano contro i tedeschi con l'intenzione di slaviz
zare i tedeschi della regione, lì i tedeschi si difendono solamente.
Nel 1849 i magiari si sono ribellati agli austriaci. Al lora i magiari erano una nazione sottomessa e combattevano contro i loro oppressori. Solo che, allo stesso tempo, sottomet
tevano a casa loro i serbi, i croati e i rumeni soggetti alla loro autorità.
23
VLADIMIR MEDEM
Per tutto il tempo in cui lo Schleswig-Holstein ha fat
to parte del Regno di Danimarca, i tedeschi si opponevano al giogo danese in nome dell'idea nazionale tedesca. Quando
poi, assieme alla terra abitata da tedeschi, anche una parte del territorio abitato da danesi è passata alla Germania, gli stessi tedeschi hanno iniziato a sottomettere i danesi in nome della medesima "idea nazionale".
Come il nostro lettore può notare, è davvero impos sibile trovare una differenza tra le due forme di politica na zionale. La differenza sta solo nel potere dell'una o dell'altra nazione.
La stessa ideologia propugnata da nazionalisti tra loro
diversi è determinata dallo specifico carattere dei loro inte ressi. L'interesse del nazionalista consiste nel difendere il suo
mercato e i suoi clienti e nel trovarsi un'occupazione. Il ruolo
decisivo lo gioca il commercio, sia che si parli di semplice mer ce materiale, sia che si parli di prodotti spirituali. Il numero di
clienti dipende dalla diffusione e dalla forza dello spirito na zionale. Il trionfo di quest'ultimo: ecco l'ideale del nazionali
sta. E come la peculiarità della nazione si esprime nella lingua e nella cultura, così la disputa e la ricerca di mercati diventa
no una lotta per il carattere nazionale della cultura. La lotta per la vendita delle merci si ammanta' di un ideale elevato:
la difesa dell'idea nazionale. L'interesse del mercato costrin ge a promuovere tutto, a difendere tutto e a coltivare tutto
ciò che reca l'impronta della nazione. Si sviluppa l'esigenza di fortificare e di curare tutto ciò che esprime le caratteristiche nazionali. In questo modo si difende il mercato e si evita che singoli o interi gruppi di clienti vadano perduti; questo rende
Nel testo si parla di un "talith" cioè uno sociale di preghiera.
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
il mercato più sicuro e difende dalla concorrenza degli “altri”. Le differenze nazionali giocano lo stesso ruolo dei dazi doga nali alle frontiere. Il nazionalista rafforza queste differenze e divide le frontiere culturali tra le diverse nazioni. Il suo scopo è
quello di creare attorno alla sua nazione una solida recinzione e un proprio Stato con uno speciale apparato di funzionari e un esercito. Diventa un accesissimo fanatico della indipenden
za politica che, ai suoi occhi, significa il più grande vantaggio. Nell'aspirazione delle diverse nazioni a superarsi l'una l'altra egli vede la quintessenza della storia dell'umanità. La lotta per lo "spirito" nazionale rappresenta per lui l'impegno sociale più
elevato. Di fronte a questo principio basilare della storia ven
gono occultate tutte le altre lotte sociali, vengono annebbiati oppure spariscono del tutto i contrasti sociali. L'intero quadro mondiale diventa per il nazionalista un piccolo palcoscenico
su cui si combatte la lotta per le "autodeterminazioni" nazio nali, che si fanno la concorrenza l'una con l'altra per il domi nio culturale. L'esistenza nazionale - questo è il primo e il più
importante compito dell'essere umano. Il più grande dovere storico di un tedesco è quello di
combattere per il germanesimo contro lo spirito di altre nazio ni: contro lo slavismo, l'ebraismo, il polacchismo... Il russo si trova a confrontarsi con il grande e solenne impegno di difen dere il "vero spirito russo", che attraversa come un filo rosso
tutta la sua storia, contro un gran numero di invasori (ebrei, polacchi, armeni, finlandesi). Egli vede davanti a sé il grande dovere storico di immergere tutti questi "invasori" nell'acqua
pura di un mikveh¹0 russo... L'ebreo tenta di innestare nuova
vita nel suo "spirito" nazionale sul "territorio storico", fanta 10 Mikveh (bagno rituale).
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VLADIMIR MEDEM
stica persino di un governo ebraico. Questa parola "yiddish"
ha per lui un suono così bello, così spettacolare, che sempli cemente piange di entusiasmo quando pronuncia la parola "ebraismo". Questo proprio a causa dei diversi segni caratteri stici elaborati nel corso della storia ebraica.
La somma degli aspetti caratteristici, particolari della sua cultura, che lo distingue dalle altre nazioni, ciò che lo ren de una vera figura russa diversa da un tedesco o una vera figura
tedesca distinta dal russo - ecco la cosa più importante e più
cara al mondo per il nazionalista borghese. È per lui una cosa così cara che va custodita come la pupilla dei suoi occhi. Pro prio in questo mette tutta la sua energia sociale, questa è per lui la vita vera. I contrasti sociali, invece, perdono ogni significato. Nazioni di diverso tipo creano ideologie di diverso
tipo. Il nazionalismo di una nazione dominate e forte che si appoggia su un esercito e su una flotta potenti alza forte la sua voce insolente e grida a gran voce frasi imperialistiche senza
senso. Con la spada nel pugno corazzato urla della "grande idea" dell'impegno nazionale storico del suo popolo, che ha
una cultura nuova per tutto il mondo. Il timoroso nazionali smo del piccolo borghese prende un'altra forma; lui è debole e abbattuto e si rompe mani e piedi sul ghiaccio dei nuovi rap porti sociali. Gettato via dal grande capitale che lo avvolge da
tutte le parti, perde ogni fondamento sotto i piedi; ciondola, si butta da tutte le parti e si aggrappa alla prima cosa che gli capita a tiro. Vivendo degli ideali del passato, non ha la forza di riportarli indietro e, privato della speranza in un futuro che non riesce a comprendere, si attacca a ogni avventuriero e a ogni mascalzone. Si lascia sedurre dai sogni nazionalistici che
lo aiutano a chiudere gli occhi davanti ai veri rapporti sociali che sono per lui così terribili e inquietanti; viene preso se
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non è un ebreo dalla corrente dell'antisemitismo e condu -
ce così la sua battaglia verso il grande capitale nella lingua del nazionalismo, che non ha la forza di combattere apertamente.
Se è ebreo, aggiunge la speciale caratteristica della mentalità di schiavo del ghetto alla scaltrezza e alla malignità dell'uomo economicamente debole. Nasconde il suo interesse di classe
sotto il velo di richieste nazionali, non ha nemmeno la forza
di lottare per tali richieste, riesce solamente a fantasticare su di esse. Guardare la realtà dritta negli occhi non gli riesce. È debole, sopraffatto dal lavoro, timoroso, ha paura della vita,
sogna. Sogna di indipendenza e libertà, sogna di un territorio proprio dove avrà la sua propria cultura... il suo proprio mer cato. Annebbia la mente con il fumo di frasi nazionalistiche mascherando così con belle parole vuote e altosonanti la pro
pria debolezza e il proprio fallimento. Basta. Le coloriture sono diverse, il nocciolo resta lo
stesso. Questo nocciolo, l'essenziale, è l'inchinarsi e il pro
strarsi davanti alla propria nazionalità; “la mia” è il “tempio"¹¹, l'"estraneo" (la nazione straniera) non vale niente. Lavorare a
favore di questo "tempio" farebbe di un borghese il signore del mondo; l'interesse nazionale e le particolarità nazionali - ecco
i fondamenti di tutto l'edificio politico-sociale Questo è il tratto comune di tutto il nazionalismo, che è presente in tutte le sue varianti: è comune in Bismarck e Dubnov, in Rochefort e
Achad Haam ¹2.
¹¹ Il "Beit hamigdash" nell'originale è il tempio di Gerusalemme. 12 Simon Dubnov (1860-1941), storico ebreo. Henri Rochefort (1830
1913), scrittore, giornalista, politico e antisemita. Achad Haam (1856 1927), pseudonimo di Ascher Hirsch Ginsberg, fondatore del sionismo culturale.
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Sottolineiamo l'ultima riga. Immaginiamoci l'umanità in diversi luoghi della ter ra (certamente non in senso geografico) colorata con diverse
tonalità nazionali e coi gruppi a stretto contatto gli uni con gli altri. Sotto l'influenza dello sviluppo interno e dei conflitti esterni, essi cambiano la loro posizione e l'intensità del colore.
Gli uni diventano di un colore più intenso e aumentano la pro pria estensione, prendendo certe parti che si sono separate da altre. Gli altri si comportano in modo assolutamente opposto.
Prendete i responsabili politici dei due diversi orienta menti di cui abbiamo parlato sopra, che solo al primo sguardo sarebbero in contrasto l'uno con l'altro. Prendete un nazio
nalista e un assimilazionista e paragonateli, guardate come si
comportano con il destino del loro "luogo". Il nazionalista cerca di ingrandire quanto più possibile il proprio territorio per fare brillare meglio il suo colore. L'assimilazionista trova il suo "angolo" troppo angusto e scomodo. Questo da solo è troppo piccolo per un mercato e
pretende dunque che sia fuso con un altro. Il nazionalista rafforza e ingrandisce il proprio posto. L'assimilazionista invece, va a occuparne un altro e lo consoli da. Al nazionalista è caro tutto ciò che è proprio, perché lo se para
da ciò che è estraneo. All'assimilazionista è caro tutto ciò
che è estraneo, perché nasconde le sue origini. Il nazionalista
pone, dov'è possibile, il suo marchio nazionale affinché non lo si scambi per l'estraneo. L'assimilazionista s'impegna a sradica
re, a favore di una nazione straniera, tutte le proprie radici na
zionali. L'uno e l'altro sono fortemente preoccupati della sorte della fisionomia nazionale: entrambi cercano di influenzare le
caratteristiche della nazione. L'uno e l'altro s'impegnano per la nazione, per lo "spirito" nazionale. Le risposte che danno alla 28
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
domanda posta sono diverse; ma la domanda in sé la pongono allo stesso modo. Seguono una politica diversa, ma i punti di
partenza sono uguali. Conducono entrambi le stesse analisi, hanno le stesse idee, lo stesso metro per valutare gli interessi politici e sociali. La base di questo metro è: la differenza tra il mio e l'altrui. Ecco perché l'ebreo che si vuole assimilare può essere allo stesso tempo un nazionalista russo. La corrente dell'assimilazionismo è davvero lo stesso
nazionalismo, solamente vista dall'altra parte. Colui che si vuole assimilare è lo stesso nazionalista, solo rovesciato. Nella lettera di Dubnov Del vecchio e del nuovo ebrai
smo abbiamo un'analisi simile: "Gli Chassidim ¹3 e gli Ellenisti (che si sentivano attirati dalla cultura greca) - in altre parole 13
i nazionalisti e gli assimilazionisti - ai tempi delle guerre dei Maccabei si differenziarono dagli altri sulla questione del mo tivo dell'esistenza degli ebrei. Gli Chassidim pensavano che l'e
braismo non dovesse essere inghiottito dai popoli del mondo, bensì che esistesse come un'unità culturale e nazionale stretta
mente separata. Gli Ellenisti credevano che il popolo ebraico si sarebbe adattato alla cultura greca - era l'ideale del mondo di
allora - anche se ciò avrebbe potuto rappresentare una perdita per la loro particolare fisionomia spirituale... Erano dispute in merito alla domanda se gli ebrei abbiano diritto all'esistenza
come nazione autonoma oppure no - l'eterna lotta tra assimi lazionisti e nazionalisti"¹4.
13 Gli Chassidim (plurale di Chassid) sono una setta di ebrei ortodossi. 14 Vedi S. Dubnov, I libricini di Woschod, 1901, p. 5 [nota di Medem]. "Woschod" è stata una rivista russo-ebraica edita a San Pietroburgo dal
1881 al 1906, dove Dubnov pubblicò le sue Lettere sul vecchio e nuovo ebraismo (1897-1902).
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Si vede allora con che cosa gli assimilazionisti e i nazionali sti si rompono la testa quando litigano: "Per quale ragione esisto no gli ebrei", qual è, insomma, il compito della nazione ebraica? Si
vede quanto siano profondi gli ideali borghesi nel nazionalismo,
al punto che agli ideologi borghesi non vieni minimamente in mente l'idea dei contrasti tra le nazioni, di una lotta che li divide
in due posizioni nemiche. In primo luogo viene messo l'interesse nazionale, e con questo sparisce e si cela l'interesse di classe. La
chiamata alla lotta di classe viene sopraffatta dai discorsi di unità di tutto il popolo di fronte all'impegno che riguarda tutti. "L'idea di tutto il popolo", dice Gradowski, "presuppo
ne la completa solidarietà¹5 fra tutti gli strati della società, dal più alto al più basso"16, "La nazione è dunque una grande comunità solidale”,
dice Renan, "costituita dal sentimento dei sacrifici compiuti e da quelli che si è ancora disposti a compiere insieme... Ave
re glorie comuni nel passato, mète comuni nel presente, aver
compiuto grandi cose insieme, volerne fare ancora. Queste sono le condizioni essenziali per essere un popolo"¹7 (p. 16).
Questa esposizione altisonante e vuota dimostra chia
ramente il carattere borghese della teoria che difende. Dove si sente parlare di amore di tutto il popolo e di fraternità, lì si nascondono certamente gli interessi della borghesia che dis
simula continuamente il proprio vantaggio sotto la maschera
del bene generale. 15 Sottolineato dall'autore. 16
Alexander D. Gradowski, La questione nazionale, Opera completa, XI, p. 240 [nota di Medem]. Alexander D. Gradowski (1841-1889) fu un pubbli cista liberale e docente di diritto pubblico all'Università di San Pietroburgo. 17
E. Renan, Che cos'è una nazione (discorso tenuto alla Sorbona l'11 mar
zo 1882).
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
Le chiacchiere sulla solidarietà di tutto il popolo signifi
cano rinunciare alla lotta di classe, significano pace tra proletaria
to e borghesia, significano anche lo spirituale e materiale asser vimento del proletariato. Anche qui si nasconde, sotto le vuote chiacchiere ideologiche, l'interesse dell'avida e falsa borghesia. Abbiamo accennato alle caratteristiche della politica borghese che si trovano sia nella corrente dell'assimilazionismo sia nel nazionalismo. Il destino della nazione nella sua totalità:
questa è innanzitutto la loro preoccupazione. L'interesse del la nazione come unità indivisibile e solidale determina la loro
politica. Sperano che la caratteristica nazionale si preserverà anche nel futuro oppure, al contrario, che la nazione perderà la sua fisionomia; in tutto questo si concentrano le loro premure.
Questa è la posizione della borghesia sulla questione nazionale. Questa è la sua ideologia che una volta si esprime in
forma completa e autentica, un'altra si mischia a piccole gocce
con punti di vista veramente avanzati avvelenandoli con il suo contenuto reazionario.
Quale dev'essere dunque la posizione della socialdemo crazia?
Abbiamo già detto che la socialdemocrazia avanza l'u
nica risposta giusta e avanzata sulla questione nazionale. Tutto il suo sistema ideologico, tutte le sue attività, la sua teoria e la
sua prassi, partono dal principio basilare della lotta di classe proletaria. Questa non è solo la base di tutto il nostro lavo ro: è l'unica base, è quella che abbiamo. È l'unico fondamento del nostro pensiero politico-sociale, è una delle più importanti
condizioni che portano al successo il partito proletario. La lot ta di classe proletaria e l'interesse verso il suo ampio sviluppo sono il metro fondamentale con cui misurare tutte le mani
festazioni della vita politica e sociale, tutti gli impegni che la
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VLADIMIR MEDEM
vita ci pone, tutti i problemi che vanno risolti. Questo criterio
principale vale per tutte le domande, vale per tutto e su di esso si misura tutto; assegniamo a tutte le domande il giusto peso nel sistema marxista generale e nella politica socialdemocrati
ca. Ed esso vale anche per la questione nazionale e gliela sotto mettiamo. La integriamo come punto nodale nell'insieme di tutto il nostro sistema.
Il nazionalista strettamente legato agli interessi del mer cato fa del nazionalismo un principio dotato di valore assoluto. L'assimilazionista guarda con diffidenza ai mercati stranieri e
tenta di nascondere l'immagine nazionale. Noi, che non voglia
mo saperne di questo e non partecipiamo alla lotta concorren ziale tra i gruppi borghesi per i mercati, siamo ben lontani dalla lotta
per "l'influenza sui paesi stranieri", non ci abbassiamo da
vanti al falso dio del nazionalismo. Non facciamo delle caratte
ristiche nazionali una religione, ma nemmeno ci inchiniamo da vanti all'assimilazione. Non intendiamo conservare con "mano
forte" le caratteristiche nazionali e non vogliamo nemmeno sra dicare lo "spirito" nazionale. I nostri interessi e i nostri impegni
riguardano un ambito completamente diverso. Non abbiamo
paura di attraversare il ponte delle correnti nazionaliste e assi milazioniste finché restiamo fedeli ai nostri principi.
Quali sono gli impegni e le mète di una nazione? In quale direzione bisognerebbe guidare lo sviluppo nazionale?
Queste domande non esistono certo per noi. Proprio come non esistono quegli interessi di classe che le hanno poste. I no stri impegni si rivolgono a tutt'altro ambiente: le domande cui
noi rispondiamo vengono poste in tutt'altro modo. Cerchiamo di capire la faccenda in modo giusto: che cos'è
la cultura nazionale, qual è il principio nazionale, l'idolo dell'ide ologia borghese? Dov'è nascosto il mistico spirito nazionale?
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
Una cultura nazionale come entità indipendente, come cerchio chiuso con un caratteristico contenuto, non è mai esi
stita. La nazione è la particolare forma nella quale si esprime
il contenuto umano universale. L'essenza della vita culturale,
che è dappertutto e sempre la stessa, assume coloriture e forme nazionali differenti nella misura in cui se ne appropriano grup
pi diversi tra i quali si sono stabilite relazioni sociali specifiche.
Queste relazioni, il contesto in cui nascono le lotte sociali e si
sviluppano correnti intellettuali e spirituali, conferiscono alla cultura un carattere nazionale. Nel momento in cui il flusso
della vita e della lotta sociale entra in un gruppo che ha un
particolare colore nazionale assume quel determinato colore. La vita si sviluppa, i rapporti cambiamo, diverse idee urtano una contro l'altra e in questo processo multiplo e aggrovigliato
si nasconde il nocciolo dello sviluppo sociale; per essere più precisi la sua spinta: la lotta di classe. Colleghiamo le nostre forze a quella spinta e utilizzia mola a nostro favore; le forze nemiche la spingono in un'altra direzione. Ci scontriamo secondo il principio basilare della
lotta, si raggruppano ai due lati tutti quegli elementi che cre scono su quel fondamento; vengono prodotti certe leggi, re gole e meccanismi, sorgono determinati correnti spirituali,
vengono a galla diversi tipi psicologici, in breve si sviluppa la vita nelle sue ricche e diverse forme ed aspetti. Prendiamo la
vita così com'è fiorita nei diversi gruppi nazionali e la parago niamo fra di essi. Constatiamo che, in certi casi, sono simili e
in altri sono diversi. La lingua non è la stessa, la psicologia è un'altra, i rapporti tra le forze sociali sono differenti, le leggi
pure. Il corpo è lo stesso, il primo strato della pelle è diversa. Che significato hanno per noi le differenze di pelle? Possiamo
quindi dire che le differenze devono persistere, che questo o 33
VLADIMIR MEDEM
quel corpo deve rimanere nella propria forma così per sempre? Dovremmo essere preoccupati se queste differenze si rafforze
ranno e continueranno a esistere per sempre? Certo che no. Non siamo mica nazionalisti.
Guardiamo questa differenze con occhi malvagi? Do
vremmo desiderare - e poi, insomma, è importante per noi - che i corpi siano tutti avvolti dalla stessa pelle? Dobbiamo quindi prov vedere affinché i diversi corpi nazionali assumano la stessa forma? Certo che no, non siamo mica come gli assimilazionisti.
Conduciamo la lotta di classe, ne osserviamo la motiva zione principale e diamo al suo orientamento una certa dire zione. Questo è il nostro compito, questo è il nostro obiettivo.
Eliminiamo tutto ciò che ci impedisce di seguire i nostri inte ressi e la nostra causa. Da questo punto di vista giudichiamo tutte le azioni.
Nel suo sviluppo la lotta di classe assume diverse for
me nazionali, si avvolge di un particolare velo, assume questa o quella coloritura nazionale. Ma questo è già oltre le nostre preoccupazioni. Ecco il risultato di un processo cieco sul quale
non abbiamo alcun potere. L'errore dei nazionalisti e degli assimilazionisti è che pensano che questi risultati siano l'obiettivo. Potrebbe anch'essere che la storia abbia voluto che gli
ebrei si assimilassero agli altri popoli. Noi da parte nostra non faremo alcuno sforzo per rallentare o fermare questo processo. Non ci immischiamo mica; siamo neutrali. È vero, siamo con
tro coloro che aspirano all'assimilazione. Noi ci discostiamo da
loro non perché abbiamo paura dell'assimilazione, ma solo per ché non può essere presa in considerazione come impegno. Può
essere solo il risultato dello sviluppo sociale. Non siamo contro l'assimilazione, siamo contro lo sforzo per l'assimilazione. 34
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
Potrebbe darsi che alla storia piaccia che gli ebrei man
tengano la propria cultura, noi non tenteremo di fermare que
sto processo; né saremo preoccupati per il suo successo. Non ci immischiamo, restiamo neutrali. Siamo decisamente contro i nazionalisti che non hanno altro obiettivo che mantenere la
cultura yiddish. Non siamo contro di loro perché siamo con tro una coloritura nazionale della cultura, ma perché siamo dell'opinione che non sia un obiettivo creare una tale colori tura. Non siamo contro il carattere nazionale della cultura, ma
siamo contro la politica nazionalista. Noi siamo neutrali rispetto a queste domande che sono in
questo o in quell'ambito tipiche della borghesia. In questa forma neghiamo l'esistenza della questione nazionale, che non ci interessa. Ma la riproponiamo in un altro modo. In un altro sen so il tema non ci è indifferente, interferiamo nel corso della vita con la massima energia e caparbietà. E, comunque, in che senso esiste per noi la questione nazionale? Quale corso non
deve assumere la storia, quali speranze non deve suscitare lo
sviluppo storico della nazione, se può continuare a esistere op pure se può rinforzare il suo specifico profilo nazionale: questo
processo va fatto apertamente e senza influenza alcuna. Ogni coercizione, ogni sottomissione diretta o indiretta va elimina ta. Solamente le esigenze che appartengono alla vita del popolo
hanno diritto di esercitare un ruolo nel processo in cui vengo no elaborate le forme culturali. Solo tali esigenze hanno diritto
di alzare la voce e di mediare tra le forme "proprie" e quelle "estranee" della vita nazionale. La disputa circa le forme cul turali deve svilupparsi senza impedimenti; quelle meno adatte
al popolo devono perire e lasciare posto a quelle che più gli si addicono. Il popolo deve poter decidere la sua sorte libero da ogni pressione esterna.
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VLADIMIR MEDEM
Sarebbe stato un errore grossolano non separare il gra no dal loglio, cioè negare in toto la questione nazionale. Perché poi? Perché non possiamo essere d'accordo con il modo in cui la borghesia pone la questione. Sarebbe stato un errore gros
solano se la critica delle parti avverse ci avesse accecato tan
to da non farci più vedere la possibilità di porre la questione correttamente e dal nostro punto di vista di classe proletaria. Sarebbe stato un errore grossolano pretendere semplicemen
te che la ignorassimo invece di provare a porre la domanda in
modo corretto, in un'altra forma, in un altro ambito. In un al tro modo e per un altro compito la questione nazionale esiste anche per noi.
La lotta per la libertà nazionale non significa ancora na
zionalismo - l'abbiamo già detto prima. Diventa nazionalisti ca solo nel momento in cui la borghesia appone al movimento
nazionale il proprio specifico marchio nei modi che abbiamo indicato. Solo la lotta contro la sottomissione nazionale può essere libera da qualsiasi influenza borghese e solo questa sarà una lotta liberatoria veramente progressiva. Questa lotta non
solo può, ma deve anche essere condotta in questa forma ori ginale, scevra da qualsiasi elemento reazionario. Il proletariato
la deve integrare nella sua lotta di liberazione. Non basta che il proletariato si scrolli di dosso la concezione nazionalistica bor
ghese, deve prenderla nelle proprie mani, condurla alla propria
maniera, perché questo esige il suo interesse di classe nella sua forma autentica.
La sottomissione nazionale, pur indirizzandosi anche
contro le classi abbienti e intellettuali, pone tutta la sua forza sulla classe operaia che è il gradino più basso della scala sociale
e che avverte sulla propria schiena i colpi più forti rispetto agli altri.
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
La sottomissione nazionale soffoca la vita culturale. Gli
ostacoli con i quali si devono confrontare la madrelingua e la letteratura agiscono nella maniera peggiore direttamente sugli interessi del lavoratore; egli non parla alcuna lingua straniera,
non legge giornali stranieri; la sua lingua e la letteratura sot tomessa sono l'unica finestra attraverso cui partecipa alla vita culturale, sviluppa le sue conoscenze e s'informa; questa fine
stra gli viene preclusa. Il proletario è tagliato fuori dalla vita culturale, il governo che lo sottomette non riconosce la sua
madrelingua, promulga leggi, stampa ordinanze e conduce i processi in una lingua a lui sconosciuta. Il lavoratore è tagliato fuori dalla vita del governo, non prende parte alla vita borghe
se e politica. La macchina del governo lo soffoca e lo strozza
senza pietà, e lui non ha la forza per difendersi. La sottomissione nazionale provoca disprezzo nei con
fronti dei sottomessi, li rende miseri, proprio come se apparte
nessero all'ultimo gradino della scala sociale. Inculca loro una mentalità da schiavi - un terribile colpo per lo sviluppo di una
vera psicologia di classe del proletariato cosciente di se stesso. La sottomissione nazionale - e questo è uno dei suoi er
rori più grandi - fonde insieme tutte le parti della nazione sot tomessa. Esse si assemblano nel comune odio contro la nazione straniera che le hanno sottomesse, nell'odio che cresce sul ter
reno della sottomissione. Il legame fanatico con tutto ciò che è
"proprio" e molto caro fa dimenticare le discussioni interne. Il nemico "esterno" allontana quello "interno". I contrasti nazio nali nascondono i contrasti di classe, le discussioni sull'unità na zionale in nome di una lotta comune contro il nemico comune
coprono la chiamata alla "guerra civile" della classe espropriata che si alza contro la classe degli espropriatori. Così crescono for ti e profondi i sentimenti nazionalistici e sciovinisti, avvelenano
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VLADIMIR MEDEM
l'aria spirituale e la riempiono di sentimenti e istinti reazionari. Il proletariato soffoca in quest'aria avvelenata. Sorgono condizioni
sfavorevoli per lo sviluppo di una coscienza di classe. Dobbiamo però ricordare l'effetto dannoso che la sottomissione nazionale esercita sulla nazione dominante, anche per gli strati proletari,
se vogliamo avere un quadro completo delle conseguenze che la sottomissione nazionale comporta per la classe operaia.
Non appena sorge un problema bisogna fronteggiarlo. Non appena la sottomissione si manifesta, bisogna trovare i mezzi
per eliminarla. È tempo di liberare la questione nazionale dall'am bito ristretto nella quale viene discussa in certi ambienti social
democratici. Non ha proprio senso guardarla in modo diffidente, non è ragionevole che la si affronti con così scarso zelo. Si capisce
che noi non percorriamo la strada dei diversi nazionaldemocratici che perdono la propria ampia prospettiva e mettono la questione nazionale al centro del loro programma. Non bisogna dimentica
re che questo non è il problema principale, ma solo uno dei tanti che la sottomissione propone. Perciò essa deve prendere posto a fianco degli altri. Il suo ruolo nel programma socialdemocratico non deve essere più importante delle altre importanti questioni.
Non di più, ma nemmeno di meno! È nocivo pronun ciarla troppo forte, ma non è meno nocivo se le si conferisce
meno significato e se la si ignora del tutto. Sentite un po' cosa ci dicono alcuni socialdemocratici che, ovviamente, non hanno ritenuto necessario liberarsi della concezione assimilazionista:
In Russia i socialdemocratici non devono avere fretta di elabo
rare una dichiarazione circa la questione nazionale, possono accontentarsi della dettagliata dichiarazione contenuta nel ma nifesto del partito russo, che afferma di riconoscere il diritto
all'autodeterminazione di tutte le nazioni. Questa dichiarazio
ne determina in modo sufficientemente chiaro e preciso quale
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
sia il tipo di rapporto da tenere verso tutte le nazioni nella Rus 18
sia. Questo è abbastanza, per il momento. ¹8
Che cosa l'autore intenda con la parole "dettagliata" di chiarazione lo si capisce dal fatto che lì (nell'articolo citato) si po lemizza contro la risoluzione del quarto congresso del "Bund" che ha confermato il principio della autonomia nazionale". Colui che parla così pedantemente del "puro" programma socialdemocrati co ritiene questo comune principio troppo "dettagliato"; per lui è sufficiente il punto sull'autodeterminazione. Pensa che si possa
"aspettare con calma". E cosa significa che la dichiarazione sull'au todeterminazione "è sufficientemente chiara e precisa"? A tale pro
posito leggiamo su "Iskra" quanto segue (numero 33, Del partito): L'esigenza di riconoscere il diritto all'autodeterminazione di ogni nazione significa solo che noi, il partito del proletariato, dobbiamo essere continuamente e assolutamente contro ogni
tentativo di agire dall'esterno con forza e ingiustizia sull'auto determinazione del popolo.20
Molto bene. Questo è tutto il programma dell'"Iskra"
a proposito della questione nazionale. Noi siamo sempre con trari a ogni tentativo di agire con forza o ingiustizia sulla na
zione. Questo è senza dubbio chiaro e preciso, a noi dispiace
solo che questa formulazione chiara e precisa annegherà in un 18 Sul movimento dei lavoratori ebrei in Russia, in "Zarja”, n. 4 [nota di
Medem]. Zarja (Alba) era un periodico politico e teorico del marxismo russo edito a Stoccarda dagli editori di Iskra (1901-1902).
19 Aprile 1906 (Il Bund rientrò nel POSDR col sostegno dell'ala menscevica). 20 “Iskra” (La scintilla) era il periodico politico dei socialisti russi emigrati
e organo ufficiale del POSDR, edito inizialmente a Lipsia (Germania) dal dicembre 1900.
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VLADIMIR MEDEM
mare di sentimenti assimilatori. Non vogliamo annotare solo
questo. L'articolo non è corretto. Noi, il partito del proleta riato, non dobbiamo permettere alcun attacco contro la na
zione - questo è un punto del programma? Questa è già una
risposta del programma alla questione? Non è chiaro che, con
questo luogo comune, è stata posta solo la domanda, cioè che con altre parole è solo stato ripetuto il presupposto per rispon derle? Il presupposto è chiaro e preciso: la sottomissione esiste,
la dobbiamo combattere. Ma da un programma non esigiamo solo la pura formulazione della domanda – questa può avere nel migliore dei casi un posto nell'introduzione generica - dai
punti del programma ci aspettiamo una risposta, esigiamo che affronti la questione. Ma invece di una risposta e di una solu
zione esso ripropone nuovamente il quesito. Poniamo al pro
gramma l'interrogativo: cosa deve fare la socialdemocrazia per eliminare la sottomissione? Riceviamo come risposta: "Noi, il partito del proletariato, dobbiamo continuamente e assoluta mente combattere la sottomissione nazionale...". Allora buo
na fortuna!
Ci sarebbe piaciuto sapere cosa avrebbero detto quegli
stessi compagni se in un programma qualsiasi, nei punti che parlano di garanzie contro la sottomissione politica, ci fossero
state delle dichiarazioni così belle: noi, il partito del proletaria to, siamo sempre e assolutamente contro la violenza politica e, al posto del programma economico, ci fosse scritto: noi, il
partito del proletariato, siamo sempre e assolutamente contro la sottomissione economica.
Se si fosse osato proporre tali soluzioni a proposito di altre questioni, forse si sarebbe iniziato a dubitare che lo scrit
tore avesse le idee chiare. Ma qui un'affermazione del genere passa senza obiezioni e addirittura nessuno se ne meraviglia. 40
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
Ma il fatto che le esigenze da noi poste siano superflue in un tale
programma non è poi così banale. O bisogna tralasciare
del tutto questo punto oppure va chiarita l'esposizione che nella "Iskra" si fa a questo proposito. Chiaro è comunque che il modo in cui si discute della questione nazionale deve finire. La questione esige una risposta e, senza approfondire i
singoli dettagli, bisogna dare innanzitutto una risposta a tale questione assieme a tutti gli altri punti e, in ogni caso, non po sticiparla sino alla venuta del Messia.
La questione si pone così: nella misura in cui la sotto missione nazionale influisce negativamente sulla situazione
del proletariato, essa ostacola il suo sviluppo e disturba la sua lotta di classe; bisogna - per quanto ciò sia possibile nell'ordi ne capitalistico - difendere ogni nazione da questa sottomis
sione. Bisogna creare garanzie che diano la possibilità di una completa libertà di sviluppo culturale a ogni nazione e che eli minino tutto ciò che la limitano e la danneggiano. In che cosa consiste questa garanzia? Quali leggi e quali
istituzioni dobbiamo cercare di allestire per raggiungere que sto scopo? In altre parole, che cosa chiede il nostro programma
a proposito della questione nazionale?
2.
Nel capitolo precedente abbiamo cercato di chiarire i prin cipali presupposti senza i quali, a nostro avviso, è comunque
impossibile formulare correttamente la questione nazionale in modo che possa essere in sintonia con il resto del programma socialdemocratico.
Ora intendiamo passare alla soluzione della questione
e occuparci della critica degli argomenti comuni, detto più 41
VLADIMIR MEDEM
chiaramente di quelle direttive che si danno come risposta alla questione nazionale. Innanzitutto, però, è necessario fare
un'osservazione. Di seguito parleremo spesso di mezzi che di
fenderebbero lo sviluppo culturale di una nazione dalla sot tomissione, di garanzie contro la sottomissione nazionale ecc.
Si deve però chiarire una volta per tutte che espressioni come garanzie e simili vanno intese in un senso del tutto particolare.
Sappiamo molto bene che nell'ordine capitalistico non pos
sono esistere garanzie assolute che possano difendere questa o quella categoria di borghesi in modo assoluto da ogni sot
tomissione. La questione nazionale del nostro tempo è, come tutte le altre questioni, legata organicamente alla base dell'eco nomia capitalistica stessa. Fino a quando non verrà eliminata
la concorrenza capitalistica, che fa sorgere continuamente di
spute nazionali, non saranno eliminate le aspirazioni politiche e spirituali della società borghese, fino ad allora niente al mon do potrà fungere da rimedio assoluto ai conflitti nazionali e
alla violenza. Persino la più completa legislazione è impotente contro quelle forme di conflitto nazionale come, per esempio, il boicottaggio che, a causa del suo carattere, è capace di evitare
la rete delle ordinanze governative e trova ovunque il suo ri flesso nelle relazioni sociali e personali. Garanzie assolute contro la sottomissione nazionale
non possono esistere nel mondo borghese, proprio come di questi tempi non possiamo avere garanzie contro tutti gli al tri problemi sociali e politici. Questi potranno essere eliminati
solo una volta che avremo lasciato l'ordine economico capita
listico dietro di noi. Proprio per questo, però, le esigenze che riguardano la questione nazionale appartengono al nostro pro
gramma minimale, cioè a quella parte del nostro programma nella quale vengono esposte quelle richieste che noi vorremmo 42
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
fossero soddisfatte già nel mondo borghese. Le soluzioni, però,
possono essere solo soluzioni temporanee, che rendono le con dizioni di esistenza del proletariato per il momento più facili e
che sgombrano la via per la rivoluzione sociale. Perciò, quando si parla di assicurazioni contro la sot tomissione nazionale, bisogna sapere che cosa si intenda con tutto ciò - anche se non lo si spiega espressamente e quali
garanzie siano comunque possibili all'interno dell'ordine ca pitalistico. Per questo non si può pretendere che il nostro pro gramma nazionale sia un toccasana, una specie di filtro magico che ha il potere di eliminare tutte le controversie e tutti i con flitti dal mondo. Finché esisterà il capitalismo possiamo solo
indebolire la lotta nazionale, e ciò ha un significato enorme da non sottovalutare; lo possiamo contenere in modo che il suo dominio non superi gli ambiti sui quali il nostro lavoro
politico non ha influenza, e possiamo limitare la sua forza e
importanza. Abbiamo la forza e di questo possiamo essere comunque certi in condizioni particolarmente favorevoli - di ridurre il suo effetto nocivo qui e là fino al minimo grado di efficienza; farci garanti dell'eliminazione della lotta nazionale
in tutto e per tutto, però, rappresenterebbe da parte nostra lo stesso imbroglio politico dell'affermazione fatta dai riformato
ri sociali di poter raggiungere la pace sociale senza eliminare il modo di produzione capitalistico. A questo bisogna pensare, ma non è meno importante evitare un altro errore che porta a risultati ancora più perico losi. Così alcuni si domandano se dovremmo comunque oc cuparci di tali stupidaggini oppure, piuttosto, porre ulteriori richieste considerato che il programma nazionale è solo una soluzione temporanea. Perché, così si dice allora, non si può
svuotare il mare con un cucchiaio. Manca solo che si affermi
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VLADIMIR MEDEM
che una tale politica sia nociva. Il nostro programma pratico
è minimo rispetto alla grandezza della rivoluzione sociale alla quale pensa la socialdemocrazia, come lo è se paragonato alla società socialista; ma in riferimento alla società borghese deve
essere senza dubbio massimo. Deve chiedere possibilmente tutto quello che può essere raggiunto nella società borghese. Senza farci illusioni su quanto la società borghese ci possa ve
nire incontro, senza illuderci su quanto duratura sia l'esistenza delle nostre conquiste, non dobbiamo per questo limitarci alla buona volontà e porre timidamente piccole richieste e con solarci con il fatto che le nostre richieste non siano comun
que soddisfatte nella loro totalità. E proprio perché l'ordine
borghese stesso avrà cura di limitarci, noi eviteremo di dargli ascolto; dobbiamo fare di tutto per raggiungere il massimo ri
sultato all'interno dell'ordine capitalistico.
Dopo queste considerazioni generiche, possiamo ora passare alla cosa in sé. La questione nazionale si pone in due modi ed è proprio
questo doppio carattere, spesso dimenticato, che bisogna con siderare prima di tutto. La sua prima forma è quella dell'indi
pendenza politica, del governo nazionale autonomo. Uno Stato che prima esisteva come organismo politico autonomo e che si
sottomette a un altro governo più forte, sebbene venga influen
zato in maniera puramente meccanica dalla costrizione della forza fisica, mantiene purtuttavia, forse in una forma deformata
e sottomessa, la propria vita sociopolitica e tende a liberarsi dai suoi oppressori. Conduce una lotta per la propria autonomia.
Il risultato è che se la lotta ha successo - la carta geo-politica viene arricchita di un altro Stato. Questa è una forma. La secondo forma ha un aspetto completamente di verso. Sul territorio di un unico Stato esiste un certo nume
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
ro di nazioni che hanno perso le ultime tracce della propria statualità; nazioni che sono intrecciate una con l'altra nella
vita economica e politica, che vivono insieme in un territorio e che hanno nel frattempo smesso del tutto di pensare all'in
dipendenza politica. Questo è uno Stato di nazionalità. Ecco che là si pone la seguente questione: come si possa ottenere che diverse nazioni vivano assieme in pace nello stesso Stato.
Come si possa assicurare che tra di loro non sorgano tensioni
nazionali, che la nazione forte non soffochi quella più debole. Ciò costituisce, in verità, la questione nazionale nel
vero senso della parola, cioè quella che riguarda la relazione tra diverse nazioni che vivono in uno Stato. L'indipendenza poli
tica può dare una risposta alla questione nazionale solamente se il territorio che vuole l'autonomia sarà abitato da un'unica
nazione. Ma se così non è, e alle condizioni attuali non può esserlo affatto, accadrà che persino se anche si raggiunge l'in
dipendenza nazionale, il nuovo Stato sarà e rimarrà uno Stato di nazionalità su scala minore. I politici tenteranno di trovare,
come prima, tutti i mezzi per regolare i rapporti tra le diverse nazioni che vivono nel nuovo Stato. L'indipendenza politica
determina la liberazione nazionale solo per quella nazione che nel territorio liberato occupa il primo posto. Per le altre nazio
ni si sostituirà solamente la vecchia repressione con la nuova.
Strano però. Sebbene il separatismo politico sia la for ma più imperfetta per risolvere la questione nazionale (per li
berare uno Stato oppresso sarà sempre il mezzo più adatto), esso viene comunque fortemente sostenuto tra le fila dei so cialdemocratici che per questo dimenticano l'altra forma – la soluzione della questione nazionale all'interno di uno stesso
Stato, il problema di come si debba organizzare uno Stato di nazionalità. E poiché la questione nella sua prima forma – l'in
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VLADIMIR MEDEM
dipendenza politica - è comparsa in precedenza nella storia, la si collega al concetto di "liberazione nazionale" secondo certe tradizioni del pensiero borghese che si sono fortemente radi
cate laddove, in verità, per loro non vi dovrebbe essere posto. E, a causa di quest'idea, le convinzioni sulla questione nazionale si basano dappertutto su concetti storti e insicuri. Quindi le due forme della questione, che in effetti sono del
tutto diverse una dall'altra, vengono mescolate. Si spiegano così in gran parte i molti errori compiuti dai nostri avversari.
Pur ammettendo, anche se è difficile farlo, che qui vengono mescolate due faccende diverse, ovviamente esistono modi di
pensare che si basano su false tradizioni ormai superate. Per esempio, l'autore dell'articolo sopracitato, che vuole dimostra re che l'autonomia nazionale per gli ebrei non sia possibile né
necessaria, nel numero 4 di "Zarja" adduce a dimostrazione della sua affermazione che presso gli ebrei manca la "tradizione
di uno Stato di diritto autonomo". Ecco un errore palesemen te grossolano. La tradizione di uno Stato di diritto autonomo
ovvero, detto diversamente, i relitti di un'esistenza political autonoma, hanno significato solo laddove si parla di indipen denza politica, mentre non hanno importanza se ci chiediamo
quale tipo di organizzazione debba essere introdotta in uno Stato con riferimento a determinate funzioni - nel nostro
caso con riferimento alle questioni culturali. La domanda è se
a tale scopo si dovrebbero creare speciali istituzioni naziona
li oppure se queste funzioni dovrebbero rimanere in mano a
istituzioni statali. Contro l'autonomia culturale vengono esi bite argomentazioni che mai si addurrebbero se si distinguesse chiaramente tra la questione nazionale che deve essere risolta all'interno di uno Stato e quella la cui soluzione sta al di fuori
dell'ambito di competenze di uno Stato.
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
E perciò sottolineiamo ancora che si deve scegliere una tra le due questioni.
La lotta per l'indipendenza politica è una lotta per ri
disegnare la mappa geografica degli Stati. Oltrepassa di gran lunga i confini della vita interna di uno Stato. Il suo successo
e, persino, la sua opportunità dipenderanno spesso dalla si tuazione internazionale, da questa o quella situazione politi
ca - spesso puramente casuale che non possiamo prevedere. Tempo e luogo vi giocano un ruolo enorme, a volte persino decisivo. Fare di una tale esigenza un punto programmatico è una cosa enorme.
Il tema dell'indipendenza politica deve essere per sua
stessa natura indeterminato, dipendente da tutta una serie di
cause proprio come ogni altro quesito che dipenda dalle rela zioni tra diversi Stati. Sarebbe comunque un errore grossolano
trasferire questa indeterminazione e dipendenza alla domanda su come vadano regolate le relazioni nazionali all'interno di uno Stato. Questa è una questione - come ogni altra di poli
tica interna - alla quale la socialdemocrazia è fortemente in
teressata. Essa richiede, anzi esige - anche da un programma di partito una risposta chiara e definita, proprio come ogni -
altro quesito che ha questa o quella soluzione. Se noi enucleiamo la vera questione nazionale nella sua forma essenziale, incontriamo sin dall'inizio una opinione molto diffusa tra i socialdemocratici. Anche se siamo già riusci
ti ad allontanare dall'immaginario del separatismo, dall'indi pendenza nazionale, dall'esistenza politica autonoma ecc. una
persona interessata alla questione nazionale e a condurla nella sfera della vita nazionale, non si è ancora raggiunta la mèta:
essa ha appena messo piede nelle questioni politiche naziona li, ma conserva il suo originale arsenale politico e, invece dei 47
VLADIMIR MEDEM
diversi mezzi di lotta contro la sottomissione nazionale, evi
denzia l'unica soluzione che, a suo avviso, è la risposta a tutta la questione nazionale: l'uguaglianza borghese. Per le relazioni
nazionali all'interno di uno Stato l'uguaglianza è tutto, essa è uno strumento magico che, innanzitutto, è sufficiente per ri solvere la questione nazionale e, in secondo luogo, è l'unico
mezzo che può essere accettato dal punto di vista socialdemo cratico per porre fine alle lotte nazionali. Per prima cosa l'uguaglianza è sufficiente. Per quale motivo? Tutto il contenuto della sottomissione nazionale
così ci dicono - consiste nel fatto che i responsabili della na
zione dominante, quelli che hanno in mano il potere, limitano i diritti civili ai membri della nazione sottomessa, riducono i
diritti dei suoi abitanti e li considerano una sorta di borghesi di seconda classe, costretti a limitazioni e a molteplici soprusi. Non sono equiparati nei diritti, quindi date loro gli stessi di
ritti, emanate leggi che non facciano differenza tra un "goi"2¹ e un ebreo, che non distinguano in base al sesso, alla lingua e alla razza ed eliminerete la sottomissione nazionale.
In secondo luogo, sarebbe l'unica soluzione che potreb be essere accettata come requisito principale. A prima vista ciò
sembra chiaro e corrispondente al senso di giustizia, e dunque è indiscutibile. Quali sono gli obblighi della socialdemocratica relativamente alla questione nazionale? Ha per caso intenzio ne di sviluppare una cultura nazionale, riempire la vita nazio
nale con contenuti o, forse, vuole impegnarsi positivamente su questo argomento? No. Vuole solamente eliminare la sop
pressione nazionale, e quindi il suo impegno è esclusivamente negativo. Il suo impegno è quello di eliminare gli ostacoli, di
21 Goi in yiddish vuol dire "non ebreo".
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
ridurre le separazioni ed eliminare tutto ciò che mette un cit tadino in una situazione giuridica negativa. Il suo impegno è
- così dicono - quello di lottare contro la privazione dei diritti
ed eliminarla, non creare speciali istituzioni nazionali. Occu parsi all'interno della società borghese di costruire una qual che sorta di azione positiva non fa per loro; sarebbe un peccato
contro i principi socialdemocratici. Lasciateci ora esaminare la seconda ipotesi. E doman diamoci se l'impegno della socialdemocrazia sulla questione nazionale sia davvero puramente negativo. È negativo nella misura in cui - e di questo abbiamo parlato dettagliatamente nel capitolo precedente – non si pone come impegno quello
di conservare la particolarità nazionale, ma solo di eliminare la sottomissione nazionale. Questo è assolutamente giusto. Ma che altro? Volendo combattere contro la sottomissione
nazionale dobbiamo chiederci come si possa fare. Quali cam biamenti a tal fine vanno adottati nella vita dello Stato? Cosa
bisogna esigere? Noi rispondiamo: dobbiamo impegnarci per
questa o quella esigenza, operare questo o quel cambiamento nella società, adottare questa o quella misura in merito all'or dinamento della vita dello Stato e conquistare l'una o l'altra
norma costituzionale. Così inizia già un impegno politico con
creto e positivo, e qui ci poniamo un'unica domanda - come si
possano cambiare le condizioni dello Stato nella maniera più opportuna. E allora lottiamo pro contro le leggi, lottiamo affinché vengano eliminate determinate istituzioni, mentre altre vengano cambiate e ne vangano create di nuove. E non
c'è dubbio che tutti questi interventi, che si differenziano uno
l'altro per la loro forma giuridica, sono equivalenti in linea di principio e rispetto alla domanda. Assolvono - per quanto guarda la questione nazionale - al loro impegno puramente
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VLADIMIR MEDEM
negativo di combattere la sottomissione. In tal senso possiamo utilizzare gli strumenti politici più disparati e, nello sceglierli,
dobbiamo considerare una sola cosa, cioè se valga per noi la pena e se sia opportuno. Ogni mezzo che si dimostri adatto a eliminare la sottomissione lo inseriamo nel nostro arsenale.
Come può esserlo l'eliminazione della Tscherta22 oppure l'e manazione di una nuova legge che proclami l'uguaglianza di tutti i cittadini. Può anche giovare l'eliminazione di tutte le vecchie istituzioni, come i "rabbini generici"2³ oppure i “di ritti privilegiati"24, ma anche la creazione di nuove istituzioni, come un parlamento ebraico autonomo per l'amministrazio ne della cultura e dell'istruzione. La sottomissione non viene
eliminata con l'eliminazione di istituzioni statali ingiuste, ma attraverso la concessione di determinate garanzie sotto forma
di leggi e istituzioni. Queste saranno le diverse misure positive
attraverso cui verrà assolto il proprio impegno negativo - la lotta contro la sottomissione.
Senza violare il proprio punto di vista, quindi, la social
democrazia può chiudere con la coscienza pulita l'argomento 22 Tscherta (Zona di residenza obbligatoria per gli ebrei nella parte euro pea dell'impero russo), creata nel 1795 da Caterina II e in vigore sino alla Prima guerra mondiale.
23 "Rabbini generici" o "rabbini della corona" furono nominati per decre to a inizio XIX secolo. Uno di questi decreti richiedeva che un tale rabbi no parlasse russo, tedesco o polacco e producesse registrazioni di nascite e
morti nella comunità in tali lingue. Un altro decreto esigeva un giuramen to di fedeltà alla Russia e alle sue leggi. Questa pratica fece in modo che nel XIX secolo esistessero contemporaneamente due rabbinati: uno statale e
uno religioso, la cui guida spirituale era riconosciuta dai fedeli. 24 C'erano ebrei benestanti che comprarono il diritto di vivere al di fuori
della Zona di residenza, come per esempio a Mosca o a San Pietroburgo.
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
della rivendicazione della parità dei diritti dei cittadini e passa re alla rivendicazione di particolari regolamenti ed istituzioni.
Chiediamoci però se lo si possa fare veramente. Non è forse un inutile lusso? Un lusso che dimostra un sentimento
malato di sfiducia nazionalistica verso le forme democratiche?
Proprio questo è un punto fondamentale della questio ne. Qui bisogna soffermarsi un po' più a lungo. Per chi è fermo sulla posizione pura e rigorosa del li beralismo non c'è da meravigliarsi se crede con tutto se stesso
alla forza onnipotente della parità dei diritti borghesi e alla co mune costituzione democratica, subordinandovi tutto il resto.
Il vero e coerente liberale, che parte dagli interessi del giovane e forte capitalismo pieno di speranze, crede che nella società umana succeda tutto nel migliore dei modi, crede che vi regni una completa armonia. Questa armonia va raggiunta attraver
so una libera e sregolata soluzione dei conflitti fra i singoli in dividui, tra ogni cellula di cui si compone l'organismo sociale.
Dalla libera concorrenza degli interessi umani, dalla lotta non
regolamentata delle parti sociali che concorrono tra loro risul ta normalmente un organismo omogeneo, stabile e molto ben
formato, dal quale si sviluppa il benessere della comunità. Alle singole parti bisogna dare completa libertà nelle loro attività. In queste e solo in queste attività - si verifica il progresso. Com pito del governo è quello di avere il ruolo di guardiano che deve controllare che la lotta degli interessi privati si mantenga in una cornice legale, ha l'obbligo di punire gli individui che violano il quadro dei diritti e le "libertà" di altri individui e garantire così
a ogni membro della società quella quantità di diritti umani e
civili "inalienabili" che costituiscono tutto l'abbici del progresso umano. Da qui nasce il significato tradizionale, comunemente condiviso, della parità dei diritti civili (e naturalmente anche 51
VLADIMIR MEDEM
della parità dei diritti politici). Essa assicura a ogni cittadino una maggiore quantità di diritti individuali. Attraverso la parità dei diritti, che garantisce sommamente la possibilità di sviluppare le forze della vita privata e sociale, egli conserva nelle proprie mani
anche una certa parte di quel potere governativo che protegge e garantisce la sua indipendenza personale contro ogni ostacolo e contro coloro i quali disturbano le sue iniziative e potrebbero limitare la sua libertà.
L'individuo e i sui diritti - questo è il punto centrale di tutto il sistema politico liberale. Molto è cambiato dai tempi in cui fioriva il liberalismo.
I tempi d'oro della borghesia liberale sono spariti per sempre, le sue forze politiche e creative si sono consumate e con esse il suo prodotto più brillante (il liberalismo di Manchester) ha perso il suo splendore. Sotto la duplice pressione della lot
ta proletaria e delle nuove condizioni di vita della borghesia stessa, la teoria della neutralità del governo è appassita e im
pallidita. La stessa borghesia che, alla sua prima apparizione sulla scena politica, ha guardato con sfiducia al governo, una sfiducia provocata dal feudalismo - la stessa borghesia che in gioventù aveva gridato a viva voce al governo: "Vattene! Libera
il posto!" - ora è diventata vecchia e si è abituata a scaldare le
sue vecchie ossa al caldo fuoco del potere del governo. Ha ini ziato ad annoiare il governo sempre di più con le sue continue richieste di immischiarsi, di difendere e di aiutare. Dietro di essa, o meglio contro di essa avanza la classe operaia, reclama il
potere di governare per se stessa e da essa esige di poter interfe rire nella libera concorrenza degli interessi.
La tendenza che voleva vedere nel governo solo un guar diano dovette uscire di scena. Il governo deve assumere un nuo vo ruolo, il ruolo di un'organizzazione politica che prenda essa 52
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
stessa le iniziative di un immenso e collettivo portatore di cultu
ra per tutto il paese - che tipo di cultura sia è un'altra questione. Non solo gli viene imposto il dovere di proteggere i diritti invio labili di ogni cittadino, ma, in quanto massimo rappresentante
dell'interesse comune, il governo è tenuto a servire il benessere
comune e, a suo favore, penetrare persino nella cerchia protetti va
dei sacri diritti "inviolabili" dell'individuo di cui è circondata
ogni cellula della società umana. Esso strappa con mano forte dalle mani deboli dell'individuo tutta una serie di funzioni che
superano le forze del cittadino isolato e che possono essere ese guite solamente dal potente e complicato apparato di governo.
Si tratta di tutta la cosiddetta politica sociale, la protezione del lavoro, l'assicurazione sociale, le istituzioni di benessere ecc. Si tratta dell'istruzione del popolo nel senso stretto del termine e
dei mezzi per alzare il livello culturale. In verità, tutta "l'iniziativa attiva” del governo moder no viene svolta sotto il controllo della borghesia, sotto la sua
pressione, e in modo da assolvere ai suoi interessi - tralascian do quelle concessioni che il proletariato ha conquistato con la forza. Qui però esse non contano. Qui è importante constata
re che il quadro di un moderno governo non è così semplice come lo si suole immaginare sulla base dell'insegnamento libe
rale. Il quadro è il seguente: noi abbiamo un grande numero di cittadini, singoli individui che tutti insieme formano la società
umana. Ogni cittadino si muove liberalmente nell'ambito dei propri interessi borghesi. Ogni cittadino tiene in mano una
parte di potere del governo che protegge la sua inviolabilità. Questi sono i diritti borghesi e politici nel senso liberale del termine. Sopra la sfera della autonoma libertà d'azione per sonale e dell'iniziativa privata si trova uno spazio d'azione di
livello superiore. Questo spazio lo riempie il governo che si oc
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VLADIMIR MEDEM
cupa delle "faccende sociali". A fianco dei diritti individuali di
libertà e inalienabilità, a fianco del diritto individuale di pren
der parte alla legislazione, emerge un altro tipo di diritto: quel
lo di utilizzare una certa parte del prodotto dell'attività per il "benessere comune" di cui si occupa il governo. Oltre al fatto che bisogna tutelare la personale libertà di azione, bisogna an che garantire la possibilità di godere dei frutti che l'attività di
governo produce. Come esempio del primo tipo di diritti si può intendere la libertà di istruzione, il diritto di ogni cittadi no di istruire i propri figli e i figli degli altri. Come esempio del secondo, la possibilità di ricevere un'istruzione e di frequenta re istituti creati dal governo. Il primo tipo di diritti garantisce
la non intromissione nella vita privata dei cittadini, il secondo fornisce il diritto a usufruire di una parte dei risultati prodotti dall'attività del governo. Nel primo caso basta che il governo
non interferisca, nel secondo caso deve dare qualcosa.
Proprio questa dettagliata descrizione delle differen ze tra le due tipologie di diritti è necessaria per permetterci
di capire esattamente la seguente, importantissima differenza: le richieste che indirizziamo al governo per ottenere il primo tipo di diritti e quelle di difesa del secondo sono effettivamen te, conformemente al loro carattere giuridico, del tutto diver
se tra di loro. Se si parla del primo tipo, cioè della conquista di determinate libertà individuali, esigiamo dal governo che non interferisca, esigiamo cioè l'abrogazione delle leggi (e delle
norme amministrative) che proibiscono questo o quello, che minacciano con punizioni questa o quella azione. Eliminiamo dal codice certe proibizioni e le sostituiamo con norme che, da un lato, portino a un insieme di libertà e, dall'altro, sanzionino
ciò che è di ostacolo al loro esercizio. Ciò è sufficiente. Questo
è un modo semplice di eliminare norme oppressive. 54
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
Del tutto diversa è la questione se si tratta d'assicurare i diritti del secondo tipo. Là è troppo poco proclamare il di
ritto di ogni cittadino a usare questa o quella libertà politica.
Questo diritto rimarrà una parola vuota fintanto che non si provvederà alla realizzazione di questa libertà. Che valore ha, per esempio, se la Costituzione dichiara mille volte il diritto di difendere il lavoro, e poi non si introducono ispettori nelle fabbriche? È chiaro, la cosa più importante qui non è il rico noscimento del diritto, bensì la creazione di una possibilità di esercitarlo. Non dall'eliminazione di certe norme, ma solo
dall'utile organizzazione di determinati compiti, non dall'eli minazione dei divieti, ma dalla creazione di istituzioni che si
occupino del corrispondente ramo del "lavoro utile per
la so
cietà" dipende la vera realizzazione dei diritti sulla carta. I diritti individuali hanno bisogno di una cosa sola: non bisogna limitarli. In ciò il ruolo del governo è passivo.
Le funzioni collettive del governo hanno bisogno di altro - devono essere realizzate concretamente. Questo ruolo
del governo è attivo; e qui la realizzazione dei diritti dipende da come le questioni vengono trattate, come le funzioni ven gono assolte e su quale base vengono fondate. In parole pove re, con quali meccanismi vengono ripartite. La proclamazione
della parità dei diritti da sola è troppo poco. Ecco in cosa con siste l'impegno principale delle istituzioni di governo, le quali sole possono realizzare il diritto nella vita reale. La questione
del singolo individuo e dei suoi diritti viene delegata a questi organi collettivi. Proprio a questa categoria appartengono anche quegli
avvenimenti della vita "nazionale" che non vengono coperti dalla costituzione, problemi che provocano dispute nazionali e sottomissione nazionale.
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VLADIMIR MEDEM
L'esistenza della sfera giuridica individuale non elimi na ancora la sottomissione nazionale. Dopo l'abolizione delle
forme elementari di sottomissione per mano di questi diritti, persiste un'ampia gamma di diritti della seconda categoria. Per
dimostrare ciò ecco un concreto esempio: le scuole popolari²5. Scegliamo il problema delle scuole popolari non solo perché è un buon esempio, ma perché i nostri avversari contestano categoricamente il senso di questa richiesta.
Siamo tutti d'accordo che le scuole popolari non posso no essere inquadrate nelle "questioni private" come accade con
l'appartenenza religiosa, la vita familiare ecc., questioni che sono e devono essere nelle mani dei singoli individui e dipendono
dalla loro libera volontà e dalla loro iniziativa. Nel programma del POSDR26 il diritto all'istruzione gratuita generale e profes
sionale è stato legato all'obbligo scolastico fino ai 16 anni per ambo i sessi. È chiaro che se l'istruzione è gratuita e obbligatoria
per tutti, non si può fare affidamento sulla libera buona volontà del singolo individuo o addirittura di gruppi interi di individui
che dovrebbero prendersi cura dell'organizzazione della scuola. La scuola deve essere in mano a un determinato potere che può anche agire con determinazione. E se sarà così, si dovranno fare i conti con gli inevitabili
risultati. Abbiamo un problema con la Russia, con il suo go verno che domina su diverse nazioni le quali appartengono a un unico sistema statale. Il governo deve fornire a tutte queste nazioni istituti per l'istruzione, deve fare in modo che la mag gioranza non abbia privilegi rispetto alle minoranze, che una
nazione non sottometta le altre, che non venga fatta una poli 25 Volksschule in tedesco significa "Scuola elementare". 26 POSDR (Partito socialdemocratico russo dei lavoratori).
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
tica di assimilazione forzata oppure provocata artificialmente.
In altre parole, ciò significa che l'istruzione del popolo deve essere diversa per le diverse nazioni e che deve abbandonare il suo carattere russo. Deve prendere forme diverse a seconda delle particolarità delle varie nazioni. Deve adattarsi alle diverse nazioni che non hanno perso
le proprie caratteristiche senza riferirsi ai popoli vicini alla loro lingua, alla letteratura, all'arte, agli specifici modi di vita, alle tradizioni e alle rispettive mentalità - deve prestare attenzione all'intera fisionomia culturale che si esprime nelle diverse esi
genze, nei diversi fabbisogni che devono essere assolutamente presi in considerazione. Chiediamoci quindi se un governo organizzato e unito
possa assolvere tutti questi compiti persino in una Russia asso lutamente libera. Può adattare gli istituti d'istruzione alle esi
genze della vita culturale russa e alle esigenze dei polacchi che si ritrovano a un livello di sviluppo completamente diverso e
procedono a una velocità diversa? Può allo stesso tempo pren dere in considerazione gli interessi della popolazione lituana, che a sua volta ha bisogno di un altro tipo di istruzione? Può allo stesso tempo organizzare gli istituti di istruzione adatti ai lituani, agli ebrei, ai georgiani, agli armeni e alle altre nazioni? Se questo è impossibile persino per un governo neutrale, tanto più sembra esserlo in uno Stato come la Russia, nel quale la popolazione russa prevale nettamente sulle popolazioni delle
altre nazioni. Sarebbe sbagliato e ingenuo pensare ai rapporti sociali in una futura Russia come se si trattasse esclusivamente
di una lotta di classe tra eserciti di proletari delle diverse nazio ni in Russia, da un lato, e dell'esercito dell'Armata “interna
zionale" dell'intera borghesia in Russia, dall'altro, senza alcun
crimine a margine. Se già per il suo carattere classista il proleta
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VLADIMIR MEDEM
riato ha la tendenza a raccogliersi in associazioni, proprio per il suo specifico carattere classista la borghesia è capace di riunirsi
in un "blocco nazionale generale" solo in casi eccezionali e sot to la pressione di grande necessità. In condizioni normali essa
è frantumata in componenti nazionali che litigano e si fanno concorrenza tra di loro. La borghesia è continuamente lacera
ta, lotta continuamente tra le diverse componenti nazionali. E quella parte della borghesia che si trova in una situazione più favorevole, perché supera le altre per numero o per altri motivi, posa permanentemente la sua pesante mano su tutta
l'organizzazione statale. Proprio come oggi, anche in una "li bera" Russia la borghesia russa detterà sempre le sue condizio ni. Porrà il suo marchio sul governo come fosse il padrone di casa. I dirigenti e i funzionari statali saranno reclutati soprat
tutto tra la borghesia russa che dominerà anche le attività cul turali del governo e le farà corrispondere ai propri interessi.
Farà in modo - e con successo di portare l'apparato statale sotto la propria influenza e userà tutti i vantaggi della propria
posizione apicale per assimilare le culture nazionali "nemiche" e soffocare le loro particolarità al fine di renderle tutte uguali. Chi verificherà allora il diritto dei popoli alle scuole nazionali?
Chi sarà padrone dell'apparato per "l'istruzione"?
Proclamare il diritto all'istruzione nazionale delle pic cole nazioni e lasciare allo stesso tempo la sua realizzazione
nelle mani della borghesia dominante significa promettere montagne d'oro e non dare un fico secco.
Proprio questo errore si trova nel famoso paragrafo 8
del programma del POSDR che, a giudizio di altri, è la panacea
di tutti i problemi dell'autonomia nazionale. Questo paragra fo chiede "il diritto della popolazione di ricevere l'istruzione nella propria madrelingua, che viene garantito mettendo a di
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
sposizione gli istituti necessari a spese del governo e gli organi di amministrazione autonoma". Desiderio encomiabile27, un
grande progresso, perché nelle precedenti bozze del program ma mancava del tutto un tale punto - non per niente i rappre sentanti del "Bund" si sono impegnati così tanto in tal senso
nel II Congresso di partito²8; in verità, però, è solo un mezzo passo in avanti. Che senso ha la richiesta programmatica di al lestire scuole nelle quali si insegni nella propria madrelingua,
se si lasciano le questioni dell'istruzione nelle mani di coloro
dai quali non possiamo aspettarci l'apertura delle scuole "ne cessarie". Qual è il risultato di questo "sacrosanto desiderio",
se persiste quell'ordine in cui il desiderio resta una parola vuo ta? Parlare solo del "diritto" della popolazione alla soddisfazio
ne del diritto all'istruzione nella propria madrelingua è troppo
poco. È necessario creare gli istituti necessari che faranno di questo "diritto" una realtà. È estremamente illuminante confrontare questo punto del programma con il successivo paragrafo, molto simile persi no
nella sua formulazione:
In regioni in cui abitano diverse nazioni gli istituti di istruzio ne pubblici devono essere tali che nessuna di queste nazioni sia
costretta a imparare una seconda lingua, ma che a tutti vengano messi a disposizione i mezzi necessari per ricevere l'istruzione nella propria lingua.
Questa citazione corrisponde a un articolo della costi
tuzione [austriaca] del 21 dicembre 1867, nella quale ancor 27 Sebbene troppo piccolo, perché con la lingua da sola non si può assicu rare un'esistenza [nota di Medem].
28 Bruxelles e Londra (luglio-agosto 1903). 59
VLADIMIR MEDEM
oggi esiste un paragrafo corrispondente. In quella stessa Au
stria dove, nonostante le belle assicurazioni di principio, re gnano un aspro conflitto delle nazionalità e una sottomissio
ne spietata della cultura e dell'istruzione nazionale. E, più in generale, se diamo un'occhiata generale alla storia della que
stione nazionale si vede immediatamente che, non appena la questione emerge, i politici borghesi si sono in qualche modo
preoccupati di ciò che loro dichiarano come sacro: le parità di diritti delle nazioni, il diritto inviolabile di ogni nazione alla
propria madrelingua, ad avere scuole nazionali ecc. E queste sacre assicurazioni sono sempre rimaste chiacchiere vuote.
Mentre i paragrafi ben rifiniti hanno proclamato il diritto del
le nazioni, essi non hanno creato le organizzazioni giuridiche capaci di realizzare questi diritti. La comparsa dei partiti dei lavoratori sulla scena stori
ca non ha cambiato assolutamente nulla nella vita parlamenta re. Anche la più decisa ostinazione della socialdemocrazia non può essere di aiuto per realizzare il "sacrosanto desiderio" nella
vita reale, se il governo non dispone degli organi necessari per farlo. La lotta più aspra del partito dei lavoratori per la rea
lizzazione del paragrafo 8 del programma non può consentire alla forza di governo di porsi al disopra dei conflitti nazionali nella società civile.
Finora abbiamo parlato di istruzione popolare pensan do così agli organi centrali dell'organizzazione statale, anzi, nella sua denominazione ufficiale, al Ministero dell'istruzio
ne. Avevamo in mente dunque la capitale. Passiamo ora alla provincia. Immaginiamoci la situazione più favorevole: nien te più burocrazia, esiste un'estesa amministrazione locale au
tonoma e territoriale (come richiesta dal terzo paragrafo del programma del partito socialdemocratico russo), la maggior 60
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
parte degli affari dell'istruzione passa all'amministrazione au tonoma. Cosa ne ricaviamo? La stessa cosa che abbiamo già visto con l'attività culturale" delle istituzioni centrali, solo in misura leggermente inferiore. Come in quelle regioni russe
che non fanno parte della Russia centrale e che non formano
un territorio abitato da una popolazione nazionale unitaria, anche qui abbiamo nuovamente a che fare con molte province in cui vivono mescolate assieme due o tre nazioni che conti
nuano a mescolarsi sempre di più. Anche se non si tratta delle amministrazioni autonome di Vilna o Baku, ci troviamo nella
medesima situazione del ministero di San Pietroburgo. Anche
l'amministrazione autonoma provinciale sarebbe costretta ad
adattarsi alle esigenze di masse diverse che appartengono a popoli diversi. Là, presso le istituzioni centrali, la popolazio ne maggioritaria trasformerà in minoranza le altre nazioni e,
nell'amministrazione autonoma provinciale, la nazione mag gioritaria trasformerà a sua volta in minoranza le altre. Qui come anche lì il "diritto all'istruzione nella madrelingua" ri
marrà null'altro che un pezzo di carta. Questo è assolutamente chiaro, come lo è che nessuna
socialdemocrazia possa eliminare la sottomissione delle mino
ranze da parte della maggioranza (la maggioranza borghese!)
senza prima eliminare quella forma di governo che provoca la sottomissione. Sotto una tale forma di governo si trovano le istituzioni culturali "generali nazionali" che, sulla carta, sono
in mano a tutta la popolazione centrale e "senza differenza di nazione", ma che in realtà sono in mano alla nazione domi nante.
Pertanto, nelle istituzioni centrali e anche in quelle lo
cali, se interessano diverse popolazioni e qualora siano com petenti per le questioni in cui si esprime in modo evidente la 61
VLADIMIR MEDEM
base nazionale, si giocherà una continua lotta di nazionalità, e
vi sarà sempre una sottomissione nazionale. Siffatte istituzioni
costituiranno sempre la migliore "garanzia" affinché il "dirit
to" promesso alla nazione debole sia continuamente calpesta La vita culturale di un popolo che non suona il primo vio to.
lino nel governo o non possiede nemmeno un territorio origi
nario si troverà sotto la pressione di una cultura straniera che assimilerà gli elementi "estranei" non perché questa cultura sia
superiore, ma perché si troverà in una posizione egemone. Già
solo questa circostanza avrebbe dovuto far capire alla socialde mocrazia che solamente la libera concorrenza della cultura è
ammissibile e che la politica di assimilazione forzata delle mi noranze alla maggioranza è molto nociva. Di conseguenza, essa
deve affermare che i compiti culturali degli istituti "generali
nazionali" devono passare a quelle istituzioni che ogni nazione crea da sé.
Dobbiamo però considerare un altro aspetto, un altro
importante argomento. Abbiamo già detto che, a causa della loro struttura nazionale, gli istituti "generali nazionali", gli istituti centrali come pure quelli locali e regionali provocano conflitti nazionali. Già l'inevitabilità dei conflitti nazionali
- per non parlare della sottomissione che provocano - è una seria ragione per cui abolire queste istituzioni che, con la sola
loro esistenza, permettono che continui a esistere un elemen to reazionario pericoloso per il movimento proletario. Quale
conseguenza dei nostri principi generali e di quelli relativi in particolare alla questione nazionale, siamo perciò tenuti a eli minare quegli istituti.
La questione nazionale, così come ogni altra questione accolta nel programma minimo socialdemocratico, ci interessa
più di qualsiasi altro problema che grava sulla schiena del pro 62
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
letariato. Il punto di vista socialdemocratico ci costringe anche a osservare la questione da un altro punto di vista, quello più
importante di tutti. Ovvero, la creazione di condizioni favore voli per lo sviluppo della lotta di classe e della coscienza prole
taria di classe. E se osserviamo le modalità con cui il governo
nazionale borghese realizza i propri interessi da questo punto
di vista, vediamo come la questione nazionale vada risolta così
come da noi proposto, per non parlare degli altri motivi che abbiamo elencato più sopra.
Siamo arrivati ora alla questione di quale significato
avrà la lotta tra le nazioni in una futura Russia costituzionale.
Se nell'odierna Russia la causa principale della lotta tra le na zioni è l'attuale regime, che permette l'odio nazionale e lo istiga (quel tanto che gli è utile), che lega a entrambe le parti nemiche mani e piedi e che le spinge, contro la loro volontà, nel campo di coloro che lottano contro la Russia dispotica - ebbene in una Russia libera il quadro cambierà. Questa futura democrazia,
che promette un terreno fertile per il fiorire di tutte le tendenze dell'ordine capitalistico, dalla più buia alla più chiara, offre un ampio campo su cui i diversi gruppi di concorrenti capitalistici potranno affrontarsi liberamente; qui si accenderà, ora più che mai, anche la lotta delle nazioni una contro l'altra, che è un fe
nomeno concomitante dello sviluppo capitalistico. E proprio perché sarà una lotta nazionale che si svilupperà nel quadro di uno Stato costituzionale democratico, essa si differenzierà in
realtà dai conflitti nazionali che avvengono nell'odierna Russia schiavizzata. Le forme elementari della sottomissione, che costi
tuiscono le radici dell'attuale questione nazionale - limitazione dei diritti, divieti amministrativi, leggi speciali ecc.- non esi steranno più. Ma proprio queste sono, per il governo che segue
la volontà della borghesia dominante, l'unico mezzo per sot 63
VLADIMIR MEDEM
tomettere le nazioni "straniere" relativamente a quei rapporti politici e sociali che stanno al di fuori degli "interessi” nazionali
veri e propri. In quegli aspetti della vita in cui l'ebreo non co pare come ebreo - cioè non come membro di un determinato
gruppo culturale - bensì come produttore oppure acquirente, come cittadino che esercita una determinata professione ecc., il
governo democratico - nella misura in cui rimane democratico - non ha il potere di trattarlo diversamente dagli altri. In quan to democrazia, esso non può introdurre trattamenti particolari
per lui o limitazioni e leggi speciali. Combatterlo legalmente
non può condurre alla mèta, poiché se le leggi riguardano deter
minate professioni o classi e non determinate forme della vita nazionale, il loro effetto ricadrà non solo sulle spalle della na
zione sottomessa, ma anche su quella di altri popoli. Perseguire
un ebreo per usura significa perseguire tutti quelli che praticano l'usura; limitare i diritti dei mediatori ebrei significa fare leggi
speciali per tutti i mediatori. In questo modo la disputa passa dal livello nazionale a un livello di classe.
Solo nella sfera della vita politica nelle quali compare come ebreo lo si potrà perseguitare, dunque laddove si tratti di questioni culturali. Là le esigenze della popolazione ebraica
non vengono influenzate solo dal fatto di abitare in una de terminata regione, di occuparsi di determinate questioni, di
appartenere a una determinata classe: lì vengono influenzate anche dal fatto che questa popolazione appartiene a una de terminata nazione. Qui si può perseguitare l'ebreo senza in
frangere il codice di comportamento29 democratico e senza
29
Nell'originale "Shulchan aruch", cioè tavola apparecchiata. Un codice cinquecentesco di Josef Karo (Safed) che contiene le norme religiose per tutti i giorni, usato tutt'ora nell'ortodossia.
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
toccare gli interessi della borghesia che appartiene a un'altra nazione. Là, ma anche in un contesto di boicottaggio sociale che in maniera non ufficiale persegue quello da cui il governo
deve ufficialmente prendere le distanze.
E là, nell'ambito delle questioni culturali - dalla scuola primaria sino agli altri istituti di istruzione che riguardano lin gua, scienza e arte si svilupperà tutta l'energia dell'arrogan te nazionalismo. In questi ambienti avranno principalmente luogo i contrasti nazionali. Là verrà riversato tutto l'odio per la nazione "straniera" generato dalle forze reazionarie, che non
può articolarsi in altri ambienti della vita statale e che, quindi,
si concentra laddove hanno luogo i conflitti "nazionali". Là si aprirà la strada per fornire alle tendenze assimilazioniste le armi con cui diverranno reali i piani sciovinistici di soffocare la nazione "straniera" in nome della maggioranza.
Non appena una parte attaccherà, l'altra inizierà a di fendersi. Verrà mobilitata una specie di autodifesa nazionale. Ora, quale sarà il risultato di tutto ciò? Gli istituti "generali
nazionali" diventeranno il campo di battaglia sul quale si svol geranno le guerre nazionali più ostinate. Ogni questione posta
all'ordine del giorno di quegli istituti, ogni nuova scuola, ogni
posto vacante, ogni cambiamento del piano di studi, ogni nuo va spesa a carico del bilancio porteranno al conflitto che rom pe ogni mediazione che si occupa di quelle richieste in uno o
più campi in base alle origini nazionali dei partecipanti. La socialdemocrazia non sarà in grado d'intraprendere
alcunché nei confronti della continua guerra tra i rappresentanti delle diverse nazioni. Tuttavia, sebbene questa battaglia giunga dalla borghesia, sebbene venga condotta dai gruppi borghesi di diverse nazioni, la socialdemocrazia non può comunque tener sene alla larga. Il proletariato non può demandare alla borghe
65
VLADIMIR MEDEM
sia la difesa delle sue scuole; i suoi interessi più scottanti e le sue esigenze culturali lo spingono necessariamente ad adoperarsi per
ottenere i mezzi necessari allo sviluppo culturale e a impegnarsi nella lotta contro le forze nemiche reazionarie che, sotto il velo dell'assimilazione, vogliono tenerlo lontano dall'istruzione. Si
coinvolgerà nella lotta contro la borghesia della nazione "stranie ra" e dovrà confrontarsi permanentemente con essa. Non gli re sterà altro che andare mano nella mano con la borghesia della sua stessa nazione per difendersi contro le aggressioni della borghesia
della nazione straniera. Sarà costretto a impegnarsi per la pro
pria lingua, per le proprie scuole e per la propria cultura, in modo da difenderle dal nemico straniero. Questa battaglia preparerà il campo al fanatismo e al separatismo nazionalistico. Su questo
terreno può facilmente fiorire l'odio contro tutto ciò che non è proprio, ma appartiene a una nazione straniera. Inoltre, questo conflitto spingerà i lavoratori a unirsi con la “propria” borghesia
come naturale alleato in questa battaglia. Porterà a una coalizione delle diverse classi in un "blocco" nazionale, dividerà la coscienza
dei lavoratori e, a fianco del pensiero di classe, accentuerà l'odio nazionale e sostituirà la battaglia contro gli ex proprietari con la
battaglia contro il giogo "straniero". Il perenne conflitto nazio nale collocherà permanentemente il cittadino e il lavoratore in un fronte comune contro i nemici della nazione, creando una complicità tra le due classi sociali nemiche che cancella l'istin to di classe e istiga al nazionalismo. E anche se non avrà la forza
di eliminare completamente la coscienza di classe, tale rappor to sarà comunque un enorme ostacolo al riconoscimento certo,
chiaro e senza complicazioni degli interessi di classe.
È forse ancora necessario spiegare quanto sia nociva una tale situazione per la socialdemocrazia? Quale aria appestata cir conderà i proletari dotati di una coscienza di classe, che in ogni 66
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
momento saranno costretti ad affermarsi contro un ambiente sciovinistico? Debbono sempre combattere contro il pericolo della corruzione nazionalistica che incontrano nella loro attività
pratica e politica. Non bisogna dimenticare quale importante fat tore sia la coscienza della solidarietà proletaria e non si deve sot tovalutare che questa coscienza non è una cosa finita e data, per
sempre e invariabile. Il nostro compito consiste proprio nel fatto di dover sviluppare e rinforzare questa coscienza. E a questo com
pito si frappone l'enorme ostacolo di cui abbiamo appena parlato.
È chiaro quanto sia importante dal punto di vista so cialdemocratico una lotta decisa e duratura contro quelle for
me politiche che, sotto l'attuale ordine, ostacolano la forma zione di una chiara e serena coscienza proletaria - da questo
punto di vista sarebbe un grosso peccato ignorare detti ostacoli e non tentare di spazzarli via. Il problema principale delle istituzioni culturali "gene rali nazionali" consiste nel fatto che alimentano l'esaltazione nazionalista.
Quest'ultima non può ovviamente essere rimossa me diante ciò che irrita costantemente l'arto ammalato. L'arto o
viene curato o viene amputato. Non deve in ogni caso causare
ulteriori malattie. Lasciare le cose come sono non si può. Né il governo, né l'autogoverno e neppure tutti quegli
istituti formati da rappresentanti di diverse nazioni possono occuparsi di questi compiti "ammalati". Questo ramo della vita. sociale deve essere tolto dalle loro mani. Siccome questi compi ti non possono essere lasciati alla libera iniziativa, essi devono essere messi in mano alla nazione. In questo modo le nazioni si separano l'una dall'altra. Ognuna regola autonomamente le proprie questioni culturali senza l'influenza altrui. Così si po tranno eliminare i conflitti nazionali e le sottomissioni. Si apre
67
VLADIMIR MEDEM
così un ampio spazio per la lotta di classe nell'ambito degli orga nismi nazionali. Una lotta che non verrà complicata e offuscata dalla necessità di partecipare ai conflitti nazionali e di lottare per i propri interessi nazionali. La lotta di classe ne viene depurata
e perciò semplificata. Per regolare le proprie questioni culturali
- e solo per questo scopo - ogni nazione forma un'unità giu ridica collettiva. Gli organi necessari affinché la "persona giuri dica" possa funzionare verranno eletti su base democratica con elezioni generali. E questi organi eserciteranno presso il governo
la propria influenza a favore delle questioni culturali della ri spettiva nazione. Ove esistano esigenze culturali che riguardano
tutto il paese e il cui soddisfacimento oltrepassi le forze delle sin gole nazioni, esse verranno soddisfatte da una lega federativa del parlamento nazionale. Questa unione forma allo stesso tempo il fondamento su cui i proletari delle diverse nazioni possono uni
re le loro forze, persino in quelle questioni nelle quali le nazioni normalmente sono divise una dall'altra.
Ecco l'essenza dell'autonomia nazional-culturale nel
la forma autentica. L'autonomia è, per dirlo con altre parole,
l'amministrazione autonoma nazionale. Qui la nazione ha au torità solamente sulle questioni che riguardano la vita nazio nale di per sé, cioè sull'ambito culturale. La sua competenza è limitata a questo, per tutte le altre questioni e gli altri compiti generali non esiste una siffatta "associazione nazionale". Peral tro i rappresentanti di questi affari generali non agiscono in
qualità di rappresentanti della propria nazione, ma solamente come abitanti di questa o quella unità amministrativa, come elettori di questa o quella amministrazione autonoma territo
riale. Questi sono i compiti dell'amministrazione delle istitu zioni generali, i primi sono affidati alle mani delle istituzioni nazionali autonome.
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
Riteniamo impossibile per ora, su tale questione, an
dare oltre queste direttive generali. L'elaborazione dei dettagli appartiene a quel futuro nel quale, sulla base del nostro pro
gramma, verranno elaborate le proposte di legge concrete il cui contenuto principale - è importante chiarirlo sin d'ora - può essere espresso in due parole: autonomia nazionale. Siamo di questa opinione innanzitutto in virtù del principio dell'amministrazione autonoma; vogliamo sotto lineare che la libertà individuale, la libertà dell'individuo, è
troppo poco e che la proclamazione dei diritti ancora non pro tegge la libertà. Devono essere creati i necessari organi collet
tivi; solo questi possono garantire - fino a un certo livello - la vera uguaglianza.
In secondo luogo, l'amministrazione autonoma è per noi importante proprio come amministrazione autonoma na
zionale; con ciò vogliamo mettere in evidenza che l'unità col lettiva, che noi vediamo come garanzia per una pacifica risolu
zione di questa questione, non deve essere quella territoriale, bensì soltanto quella nazionale. Non vi partecipano gli abitan ti di una determinata regione, bensì i membri di una determi nate nazione, non importa in quale territorio vivano. Noi non siamo avversari dell'autonomia amministrativa
territoriale. In un paese immensamente grande come la Russia
la diversità regionale deve naturalmente portare a un certo de centramento, che è utile e necessario. Diciamo solo che la que stione nazionale non viene risolta attraverso l'autonomia am
ministrativa. Non viene risolta semplicemente perché i concetti
di "nazione" e "popolazione di un determinato territorio" non hanno lo stesso significato. Abbiamo già accennato al fatto che,
nel migliore dei casi, l'autonomia amministrativa territoriale può liberare la nazione dalla sottomissione nazionale che domina in
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VLADIMIR MEDEM
quella provincia. Per il resto delle altre nazioni che vivono laggiù,
essa non risponde alla questione nazionale. Vogliamo persino
ammettere che i membri della nazione maggioritaria rimangono liberi finché restano entro le frontiere della "loro" provincia. Se varcano queste frontiere non sono più liberi, ma sottostanno alla sovranità della nazione maggioritaria su quel territorio.
Purtroppo, però, finora l'autonomia territoriale è stata,
come risposta alla questione nazionale, più popolare dell'auto nomia nazionale. Le false tradizioni del territorialismo, che si sono trasferite
nell'ambito della questione nazionale, hanno portato a quest'i dea30. Dobbiamo congedarci da queste tradizioni. Qualsiasi po
sizione si prenda nella discussione teorica se un certo gruppo di persone senza territorio debba essere visto o meno come nazione,
nella politica concreta bisogna in ogni caso tenere conto del fatto indiscusso che nessuna nazione (in ogni caso tra le nazioni mino ritarie), la cui maggioranza non vive in un determinato territorio, può occupare tutto il territorio senza lasciare posto a un'altra. Questo è l'esito dello sviluppo storico della nazione e ogni socialdemocratico nella politica quotidiana deve fare i con ti con questa tendenza. Anche se il capitalismo non porta alla dispersione e allo scioglimento delle nazioni su tutto il territo rio di uno Stato (come crede questo o quel "marxista"), elimina però quei territori indipendenti e separati che hanno una po polazione nazionale omogenea. Esso mobilita la popolazione, la rende mobile, spinge masse di esseri umani da una città all'altra, distrugge il legame della popolazione con la terra e in ogni terri 30
Movimento politico che reclamava la creazione di un territorio (o di
territori) sufficientemente grande, non necessariamente nella Terra di Israele (come i sionisti) e non necessariamente pienamente autonomo.
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LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
torio più o meno importante scomparirà per sempre l'univocal coloritura nazionale. A causa di questa tendenza la questione nazionale e territoriale assumerà direzioni sempre più diver
genti due questioni strettamente legate tra loro solamente nel -
caso in cui un territorio sia di un unico colore nazionale. L'autonomia amministrativa territoriale ha un suo signi ficato e un suo valore e soddisfa una serie di esigenze di carattere
territoriale. La questione nazionale, però, non è minimamente le
gata a questo e ha bisogno di una soluzione specifica. Affinché la generica formula della "amministrazione autonoma" possa dare
una risposta anche a questa richiesta bisogna sostituire il vecchio e inutile concetto di territorio con un altro concetto, che tenga
conto della tendenza dell'attuale ordine capitalistico. E questo altro concetto è la nazione - quale somma di tutti gli individui
che appartengono a un determinato gruppo storico-culturale in dipendentemente dal fatto che vivano su diversi territori.
Solo l'autonomia nazionale fornisce la risposta corretta alla questione nazionale.
Questa esigenza costituisce insieme alle altre nostre esigenze in questo ambito - uguaglianza civile per gli ebrei e
piena uguaglianza per la lingua yiddish - il nostro programma sulla questione nazionale.
3. Risoluzione sulla questione nazionale approvata al VI Congresso del "Bund”31
Considerato che ogni forma di sottomissione nazionale oscura la coscienza del proletariato e influisce nel modo più deleterio
sugli interessi della lotta per la libertà di tutto il proletariato 31
A Zurigo dal 13 ottobre 1905.
71
VLADIMIR MEDEM
nello Stato, che grava con tutto il suo peso sulla classe operaia
della nazione sottomessa ostacolandone lo sviluppo in tutti i settori della vita e distoglie la sua lotta di classe dalla giusta via, è dunque obbligo della socialdemocrazia combattere qualsiasi sottomissione diretta o indiretta.
Riconoscendo che solo il socialismo, che elimina alla
radice ogni forma di dominio di classe, comporta anche la completa eliminazione di ogni sottomissione nazionale, all’in
terno dei confini dell'ordine capitalistico la socialdemocrazia deve mirare a conquistare il massimo di sicurezza possibile contro i conflitti nazionali nella società civile.
Considerando inoltre che tale sicurezza indipendente 1
mente dalla generale democratizzazione dell'ordine statale e dalle
normali garanzie dell'uguaglianza dei diritti politici e civili e dell'u guaglianza della lingua - può servire solamente alla creazione di istituzioni di diritto costituzionale che permettano a ogni nazione
uno sviluppo culturale libero, e poiché la Russia è abitata da diver si popoli che, conformemente alla tendenza dell'attuale mercato capitalistico, tendono viepiù a mescolarsi, è impossibile tenerli territorialmente separati, sicché le summenzionate istituzioni di
diritto costituzionale possono svilupparsi solo in una forma extra territoriale, sotto forma di autonomia culturale nazionale. Tutto ciò considerato, il VI Congresso del "Bund" di
chiara con i seguenti punti di essere sostanzialmente concorde con la posizione sulla quale si era accordato il IV Congresso
con una risoluzione su tale questione, e con il programma del "Bund" relativamente alla questione nazionale ebraica: 1.
piena uguaglianza politica e civile per tutti gli ebrei;
2.
la possibilità garantita dalla legge per la popolazione ebraica di usare la propria lingua in tribunale, nelle istituzioni governative, territoriali e comunali;
72
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA SOCIALDEMOCRAZIA
3.
autonomia culturale nazionale: dalle responsabi
lità del governo e dell'autonomia amministrativa territoriale vanno esclusi i compiti legati alle que stioni della cultura (istruzione popolare e simili);
questi sono da delegare alla nazione stessa sotto forma di speciali istituzioni locali e centrali, che saranno elette da tutti i membri in elezioni uguali, dirette e segrete; 4.
annotazione: L'autonomia culturale nazionale non
toglie al potere legislativo centrale il diritto di pre scrivere determinate norme obbligatorie per tutti e che trattano questioni che hanno importanza per tutte le nazioni che vivono in Russia, come, per esempio, che tutti devono ricevere un'istruzione scolastica primaria, che i contenuti scolastici devo
no avere un carattere puramente secolare ecc., non
ché il diritto di controllare il rispetto delle norme.
73
VLADIMIR MEDEM, LA VITA E L'OPERA GIULIANA CASTELLARI
Vladimir Medem nasce a Liepaja (Lettonia) nel luglio del
1879 in una famiglia ebraica russa assimilata. Viene battezzato secondo il rito ortodosso per evitargli, come ricorda nell'au tobiografia, di “dover portare il fardello dell'appartenenza al giudaismo”. È una famiglia, la sua, benestante, fedele allo zar, inserita nella vita cittadina e negli ambienti dello stato (il pa
dre è un apprezzato medico-militare, il fratello maggiore un ufficiale) dove la musica e i classici della letteratura sono di
casa ed è molto unita tanto che, negli anni della futura mili tanza politica in clandestinità, Medem potrà contare sulla sua solidarietà e il suo aiuto. Frequenta il liceo a Minsk e nel 1897 entra alla facoltà di legge di Kiev. Inizia a leggere testi marxisti,
studia economia politica e si avvicina agli ambienti socialisti: avevo prima considerato i socialisti una banda di sognatori ide
alisti che architettavano piani fantasiosi che volevano provocare disordine con bombe e attentati. Cominciai a capire che esisteva un tipo di socialismo tutto diverso né fantasioso né sognatore,
ma necessario, conseguenza ineluttabile dello sviluppo umano.
A causa della sua partecipazione a uno sciopero studentesco vie ne espulso dall'università e torna a Minsk. Qui prosegue il suo
cammino politico. Entra in contatto con i circoli operai del Bund
(l'Unione generale degli operai ebrei di Russia, Polonia e Lituania 75
GIULIANA CASTELLARI
nata a Vilnius nel settembre del 1897) e ne diviene un militante. Questo incontro determinerà tutta la sua vita futura. A contatto
con il proletariato ebraico dell'impero russo lentamente riscopre la propria ebraicità che sente come un ritorno a casa: io non posso definire esattamente e concretamente in che modo
si esprimeva l'influenza dell'ambiente operaio ebraico, questa in fluenza è cresciuta lentamente sotto l'effetto della vita quotidia na. Ëuesta vita mi era vicina e cara, era ebraica e io ne facevo parte. Nel 1901 viene arrestato, ma riesce a fuggire in Svizzera dove entra nella comunità dei fuoriusciti russi che, oltre ai bun
disti, vede tra gli altri la presenza di Lenin, Trotsky e Plekha nov. Diviene segretario del nuovo Comitato estero del Bund
con il quale intraprende un'intensa attività di raccolta fondi e di divulgazione della stampa clandestina. Parallelamente al suo instancabile impegno politico, che lo porta a spostarsi in ogni città nella quale sia richiesta la sua presenza, inizia per Me dem anche quell'attività di giornalista e saggista che lo accom
pagnerà per il resto della vita. Il 1903 è un anno di svolta. Al II Congresso del Partito operaio socialdemocratico russo, nel
quale Medem è uno dei rappresentati del Bund, si consuma lo scontro con l'ala bolscevica. Il Bund rivendica la propria unicità
come rappresentante del proletariato ebraico e la propria visio ne di un partito socialdemocratico federale e non centralistico. Al termine di una accesa discussione le richieste del Bund ven
gono rifiutate e i suoi rappresentanti per salvaguardarne l'esi
stenza decidono, con grande sofferenza, di lasciare il Partito so
cialdemocratico russo. Ma il confronto e lo scontro ideologico e politico non si interromperà tanto che il Bund parteciperà al congresso del Partito socialdemocratico del 1906.
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VLADIMIR MEDEM, LA VITA E L'OPERA
Medem studia e approfondisce le problematiche legate
alla specificità delle comunità ebraiche dell'impero, alla loro particolarità economica, culturale, linguistica. Decide d'impa
rare quella lingua - lo yiddish - che bambino aveva sentito parlare per la prima volta da sua madre; sa che per comunica re con le masse ebraiche con cui e per cui lotta questo è indi
spensabile. Nel 1904 Medem scrive per il periodico "Vestnik Bunda" (Notizie Bundiste) due lunghi articoli poi uniti e pub blicati nel 1906 in brochure sia in russo che in yiddish con il
titolo La socialdemocrazia e la questione nazionale, testo che
all'epoca, come lui ricorda, fu considerato il credo del Bund ed è l'opera più importante comparsa sino ad allora su que sto tema nel mondo del pensiero marxista. Negli anni Medem approfondirà ulteriormente il tema dell'autonomia nazionale e culturale definendone i contenuti quale obbiettivo centrale
del progetto politico del Bund. Nel 1913 Medem viene arrestato a Kovno e interna
to nella fortezza di Varsavia. È condannato a quattro anni e alla privazione dei diritti civili, ma un anno dopo, a seguito dell'offensiva dell'esercito tedesco, Varsavia viene evacuata e
i prigionieri politici vengono liberati. Dopo la liberazione il comitato centrale del Bund gli chiede di dirigere "Lebnsfra
gn" (Questioni vitali), un settimanale che nel 1918 diviene un quotidiano. Medem rimane in Polonia e prosegue la sua
lotta per il riconoscimento della lingua yiddish come lingua
nazionale ebraica, promuove scuole a tempo pieno e case per l'infanzia esperienza che porterà nel 1921 alla fondazione del CISHO - organizzazione centrale delle scuole yiddish grazie
alla quale fino al 1939 saranno scolarizzati circa 80.000 bam bini. Allo scoppio della Rivoluzione russa, Medem, fedele al
proprio percorso ideale e politico e come aveva fatto in tante 77
GIULIANA CASTELLARI
occasioni di confronto aspro con i bolscevichi rifiuta l'idea di un socialismo "della minoranza”.
Il socialismo è l'espressione vera non fittizia della maggioranza la quale sola può prendere il suo destino nelle proprie mani. Un socialismo basato sulla volontà di una minoranza è inumano, è assurdo.
Per anni aveva denunciato le pratiche totalitarie di Le nin e giunge a definire, il nuovo ordine come una società creata da un avventuriero di talento, un misto di
oligarchia e assolutismo illuminato.
Dopo il 1917 inizia l'epurazione di tutti gli avversari e movimenti politici non comunisti. Dopo il 1921 il Bund spari sce dalla scena politica in Unione sovietica. Nell'aprile del 1920
si tiene a Cracovia la IV Conferenza del Bund polacco nella qua le si realizza la rottura tra Medem e il partito a cui aveva dedicato
la vita. La sconfitta della sua linea di opposizione all'appoggio della Rivoluzione del 1917 e all'affiliazione al Komintern lo
portano a dimettersi da ogni carica. Nel 1921 parte per gli Stati
Uniti dove a New York diviene giornalista del quotidiano yid dish "Forverst" (In avanti) continuando la sua attività politica nei circoli socialisti ebraici. Il 17 gennaio 1923, a causa del riacu
tizzarsi di una malattia renale che lo aveva perseguitato per anni, "l'anima del Bund", come lo chiamano gli amici, muore all'età di
quarantatré anni e, come ha scritto Henri Minczeles, con lui il Bund perde uno dei suoi migliori difensori. Il contesto nel quale matura la riflessione teorica di Me
dem sul nodo delle nazionalità e del suo rapporto con lo Sta to ha i suoi riferimenti principali nelle riflessioni che in quegli 78
VLADIMIR MEDEM, LA VITA E L'OPERA
anni portano avanti alcuni intellettuali austro-marxisti sotto la spinta della complessità delle relazioni e dei conflitti tra le diverse etnie all'interno dell'impero austro ungarico. Nel 1899
esce l'opuscolo Stato e nazione di Karl Renner, marxista austria co di formazione giuridica, nel quale si afferma che la nazione non è legata al territorio, ma piuttosto si configura come un'as sociazione di persone che
pensano nello stesso modo e parlano nello stesso modo, una co munità culturale di gruppi di contemporanei non legata alla terra.
Renner affermando il principio dell'autonomia perso nale apre la strada a un nuovo tipo di società politica basata sulla
separazione del binomio Stato-Nazione: lo Stato delle naziona lità ponendo quindi la necessità di un adattamento della que stione nazionale ai diversi contesti e mettendo in discussione il
dogma che voleva che all'interno della futura società socialista le differenze nazionali si sarebbero via via annullate. Sempre nel 1899 a Brno si tiene il congresso della socialdemocrazia austria
ca che ha come primo punto all'ordine del giorno quello delle
nazionalità e nel quale se pure il punto di vista teorico di Ren
ner emerga parzialmente ci si pronuncia per la trasformazione dell'Austria in "uno stato federale delle nazionalità". Nel 1907
(dunque tre anni dopo il testo di Medem) il socialdemocratico austriaco Otto Bauer pubblica La questione nazionale, testo nel
quale la nazione si configura come la totalità degli uomini legati in una comunità di carattere nata da una comunanza di destino, cioè da una plurisecolare sorte storica condivisa dalla totalità dei membri della società civile
che si è impressa sulla loro coscienza attraverso un'azione re
ciproca e costante tra individui e in questi rapporti il patrimo
79
per
GIULIANA CASTELLARI
nio naturale si intreccia con la produzione di determinati beni culturali e la loro trasmissione ai discendenti mediante l'edu cazione, il costume, il diritto e la dinamica delle interrelazioni umane.
E:
ogni nazione deve liberamente soddisfare da sé e con le proprie forze i suoi bisogni culturali nazionali essa deve autogovernarsi; lo Stato deve limitarsi a garantire gli interessi nazionalmente indifferenti cioè comuni a tutte le nazioni.
Benché Medem ritrovasse all'interno dell'opera di
Bauer le sue posizioni di principio questi non riconobbe mai
agli ebrei dell'Europa orientale quell'autonomia nazionale riconosciuta ad altri popoli vedendo per loro un'unica possi
bilità quella dell'assimilazione. Accanto a questi elementi di riferimento teorico è necessario sottolineare altri due fattori
rilevanti: la condizione del Bund di rappresentanza unica del
le masse ebraiche dell'impero russo e dunque la necessità per Medem di elaborare un programma sull'autonomia nazionale culturale degli ebrei dell'impero che divenga patrimonio con
diviso del movimento e la sua esigenza di dettagliare i temi del dissenso nei confronti di quei socialdemocratici che si ricono scevano nelle parole d'ordine dell'Iskra. Lo sviluppo della teoria sull'autonomia culturale na zionale si snoda anche nel dibattito che avviene in tre congres si del Bund: il IV del 1901 nel quale, dopo un acceso confron to, si conviene che in una realtà come quella russa è necessario
stabilire una federazione di nazionalità con piena autonomia reciproca indipendentemente dal territorio se pure risulta prematuro parlare di autonomia nazionale. Il V Congresso del
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VLADIMIR MEDEM, LA VITA E L'OPERA
1903, che è il primo a cui partecipa Medem, nel quale lui stesso espone il tema della questione nazionale che si rivela essere un
nodo ancora troppo divisivo all'interno del Bund fra tenden ze nazionaliste e assimilazioniste e viene cancellato dall'ordine
del giorno e il VI del 1905 nel quale, sulla questione nazionale anche sull'onda, degli avvenimenti politici che investono l'im
pero russo vi è la necessità di prendere una posizione più fermal e decisa che si concretizza nella decisione finale di individuare
la questione dell'autonomia culturale nazionale quale scelta strategica del programma politico del movimento. "Questione nazionale e socialdemocrazia" si apre con un richiamo forte che sottolinea l'urgenza che sente Medem di
trovare un punto di vista concreto in un'ottica che sia auten ticamente socialista su di un problema così vasto e complesso A proposito della questione nazionale [...] è semplicemente
spiacevole sentire come nella letteratura socialdemocratica si trovi un'eco di quei concetti e sentimenti che dominano nel mondo borghese e che attecchiscono sulla moltitudine del pro letariato nonostante il loro debole fondamento teorico [...] la
questione non è stata trattata dal punto di vista socialdemocra tico, la concezione borghese la domina come prima.
Medem individua due modi attraverso cui si esprime la politica nazionale della nuova borghesia che reputa due facce della medesima medaglia: il nazionalismo e il desiderio di assimilazio ne. Mentre il primo, ha coinvolto tutte le nazioni la seconda: è un frutto che In nessun luogo è fiorito bene come sul terreno
ebraico. [...] Nel nuovo ordine borghese l'ebreo può rialzare la testa ma per farne parte deve rinnegare le proprie origini deve ri
nunciare alla propria lingua, alla propria cultura, deve assimilarsi.
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GIULIANA CASTELLARI
E:
l'assimilazione tra gli ebrei è il risultato dell'avidità della bor ghesia ebraica... che cerca freneticamente di sbarazzarsi del suo passato religione costumi riti - per essere accettata come par
te integrante della borghesia in generale.
L'assimilazione, in definitiva, è un processo che porta alla cancellazione delle minoranze nazionali e, dunque, è un naziona lismo "mascherato" E lo stesso sviluppo capitalistico che ha cre ato la tendenza assimilatrice ha dato origine a un orientamento
in un certo senso contrario: il nazionalismo che è oppressione di
una nazione sull'altra e all'insegna del quale si occulta la lotta di liberazione del proletariato e in polemica con Renan afferma che le chiacchiere sulla solidarietà di tutto il popolo significano rinun
ciare alla lotta di classe, significano pace tra proletariato e borghesia,
significano anche lo spirituale e materiale asservimento del proleta
riato [...] La chiamata alla lotta di classe viene sopraffatta dai discorsi di unità di tutto il popolo di fronte all'impegno che riguarda tutti.
Le logiche distorsive del mercato determinano nel mondo capitalistico sia le concezioni assimilazionistiche che quelle nazionalistiche e dunque vi è la necessità di porsi do mande, di capire, di entrare nel merito che cos'è la cultura nazionale, cos'è il principio nazionale, l'idolo dell'ideologia borghese? Dov'è nascosto il mistico spirito nazionale?
Medem precisa il suo pensiero in merito alla nazione
che non può essere definita solo sulla base di relazioni econo miche (come già per Renner e poi per Bauer) perché
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VLADIMIR MEDEM, LA VITA E L'OPERA
la nazione è la particolare forma nella quale si esprime il contenuto umano universale. L'essenza della vita culturale, che è dappertutto
e sempre la stessa, prende colorazioni e forme nazionali differenti nella misura in cui gruppi diversi tra i quali si sono stabilite relazio
ni sociali specifiche se ne appropriano. Ëueste relazioni, il contesto in cui nascono le lotte sociali, e si sviluppano correnti intellettuali e spirituali, proprio esse, conferiscono alla cultura un carattere na zionale. Nel momento in cui il flusso della vita e della lotta sociale
entra in un gruppo che ha un particolare colore nazionale, prende questo determinato colore. La vita si sviluppa, i rapporti cambia mo, diverse idee urtano una contro l'altra e in questo processo
multiplo e aggrovigliato si nasconde il nocciolo dello sviluppo so ciale, per essere più precisi la sua spinta, la lotta di classe. Ed è alla luce di questa definizione che vede la società
come un organismo in evoluzione e dunque non predetermi nato che Medem reinterpreta assimilazione e nazionalismo proponendo una terza via che lui definisce neutrale e che non è intermedia tra l'uno e l'altro ma si pone a un altro livello, a un diverso livello sociale di pensiero e di coscienza.
Essere neutrali significa opporsi a ogni forzatura, ogni obbligo e non determinare quella che potrebbe essere la tra
sformazione della comunità ebraica significa che ogni gruppo dato può risolvere il problema nazionale seguendo una propria via [...]. Non siamo contro l'assimilazione, siamo con
tro lo sforzo per l'assimilazione. [...] Non siamo contro il carattere
nazionale della cultura, ma siamo contro la politica nazionalista. Essere neutrali non significa fatalismo o inazione, ma en trare nella complessità dei temi e cercare di costruire una risposta
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GIULIANA CASTELLARI
che si fondi su di una visione socialista. Ed è soprattutto sulla di stinzione tra nazionalismo e carattere nazionale della cultura che
si concentra l'analisi di Medem. Il rifiuto del primo è totale (in cluso il nazionalismo ebraico) e la lotta contro di esso deve trovare un connubio con la lotta che il movimento operaio conduce per
la propria liberazione. Lotta contro il nazionalismo che attraverso la sottomissione soffoca la vita culturale delle piccole nazioni. La questione nazionale, il rapporto tra le nazionalità che nella Russia dispotica viene alimentato ad arte e va affron tato - per Medem e il Bund - non con un generico richiamo
all'autodeterminazione dei popoli e alla parità dei diritti, come
fanno i socialdemocratici russi dell'Iskra perché questo non è sufficiente. È indispensabile battersi per l'affermazione del di ritto inalienabile alla libertà individuale ma è fondamentale
che la socialdemocrazia faccia un ulteriore passaggio: battersi per quegli istituti e per un'organizzazione dello Stato che ren da possibile la salvaguardia della lingua, la letteratura, le tra dizioni quella insomma che lui definisce "l'intera fisionomia
culturale" delle piccole nazioni e soprattutto lottare per la rea lizzazione di un sistema scolastico che garantisca un'istruzione
nella propria madre lingua. Medem ha la consapevolezza che la
rivendicazione del carattere nazionale della cultura poggia per
gli ebrei su tutta una serie di elementi che la sostengono e la confermano prima di tutto tradizioni millenarie condivise che sono religiose ma anche di organizzazione sociale (esperienza
dei kehilot) e una lingua lo yiddish lingua madre parlata da mi lioni di ebrei nell'impero russo che ne definisce l'identità e sul
la cui diffusione come lingua nazionale il Bund si è impegnato sin dalla sua nascita assumendola come propria per tutto ciò che concerne la vita del movimento, lingua con la quale tra Ot tocento e Novecento comincia a esprimersi anche una nuova 84
VLADIMIR MEDEM, LA VITA E L'OPERA
letteratura che nella "lingua del popolo" saprà produrre grandi opere
che avranno la forza di travalicare gli anni per giunge
re sino ai giorni nostri. E non si può dimenticare l'impegno del Bund nella creazione di scuole laiche e biblioteche operaie
clandestine in paesi e città come luoghi di lettura, iniziative e dibattiti volti a sostenere lo sviluppo di una coscienza di classe tra i lavoratori ebrei.
Il richiamo di Medem alla salvaguardia della cultura del le nazioni non si limita alla situazione della Russia zarista, ma si
pone anche nei confronti di una futura Russia costituzionale. Nel nuovo scenario la borghesia comunque alimenterà il conflit to tra le nazioni che per Medem è "un fenomeno concomitante
con lo sviluppo capitalistico" che stringe in un mortale abbraccio nazionalistico anche il proletariato e ne annebbia gli interessi. E sarà soprattutto "nell'ambito delle questioni culturali - dalla scuola primaria fino agli altri istituti di istruzione che riguardano
lingua, scienza e arte - [che] si svilupperà tutta l'energia dell'ar rogante nazionalismo". È necessario quindi intervenire rompen do il fronte interclassista che offusca quella che Medem chiama "la coscienza della solidarietà proletaria" e la distoglie da quelli che sono i suoi reali interessi. E all'unico scopo di regolare tali
questioni ogni nazionalità formerà un'unità giuridica collettiva (torna il principio di personalità giuridica di Karl Renner) e gli organi necessari affinché la persona giuridica' possa funzio nare verranno eletti su base democratica con elezioni generali. E questi organi eserciteranno presso il governo la propria in fluenza a favore delle questioni culturali della rispettiva nazio ne. Ove esistano esigenze culturali che riguardano tutto il paese
e il cui soddisfacimento oltrepassi le forze delle singole nazioni,
esse verranno soddisfatte da una lega federativa del parlamento nazionale. Ëuesta lega forma allo stesso tempo il fondamento
85
GIULIANA CASTELLARI
sul quale i proletari delle diverse nazioni possono unire le loro forze, persino in quelle questioni nelle quali le nazioni normal mente sono divise una dall'altra.
(Questa ultima precisazione sembra voler sottolineare
l'anima internazionalista del Bund messa spesso in discussione dai suoi avversari se pure la vasta letteratura bundista testimo
ni il costante tentativo di collaborare cercando un terreno po litico comune con gruppi proletari di altre nazioni). Medem sente la necessità di specificare anche la differen
za sostanziale tra nazione e autogoverno territoriale, consapevo le del fatto che questo viene in genere utilizzato come risoluzio ne alla questione nazionale, e afferma che con l'autogoverno si
rischierà il prevalere di quella nazione la cui popolazione è mag
gioranza in quel determinato territorio e inoltre i movimenti delle popolazioni portano sempre più a una crescente separazio
ne tra la nazione e il territorio quindi la questione nazionale ne
cessita di una risposta nuova che per Medem significa sostituire al concetto di territorio quello di nazione. L'autonomia amministrativa territoriale ha un suo significato e valore, e soddisfa una serie di esigenze che hanno carattere
territoriale. La questione nazionale, però, non è minimamente
collegata a ciò e ha bisogno di una soluzione specifica.
Negli anni Medem approfondirà e dettaglierà ulte
riormente il suo pensiero e nel 1916 sul settimanale del Bund "Lebnsfragn", scriverà: Prendiamo il caso di un paese composto da parecchie nazionalità, per esempio: Polacchi, Lituani ed Ebrei. Ciascuna di queste na zionalità dovrebbe creare un movimento distinto. Tutti i cittadi
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VLADIMIR MEDEM, LA VITA E L'OPERA
ni appartenenti a una data nazionalità dovrebbero associarsi a una organizzazione speciale che organizzerebbe delle assemblee cul turali in ciascuna regione e una assemblea culturale generale per
l'insieme del paese. Le assemblee speciali dovrebbero essere dotate
di poteri finanziari particolari, avendo ogni nazionalità il diritto di riscuotere tasse sui suoi membri oppure distribuendo lo Stato, dai suoi fondi generali, una parte proporzionale del suo bilancio a ciascuna delle nazionalità. Ogni cittadino del paese apparterrebbe
a uno di questi gruppi nazionali, ma l'interrogativo a quale movi mento nazionale sarà affiliato dipenderebbe dalla sua scelta per sonale, e non sussisterebbe il benché minimo controllo sulla sua decisione. Ëuesti movimenti autonomi evolverebbero nel quadro
delle leggi generali formulate dal Parlamento del paese; ma, nelle sfere di loro competenza, essi sarebbero autonomi, e nessuno di essi avrebbe il diritto di immischiarsi negli affari degli altri.
Che risuona tanto simile al pensiero di Renner: La ripartizione delle nazionalità all'interno dovrebbe basarsi natu ralmente sulla densità di popolazione: i connazionali di una diocesi locale o di una circoscrizione formerebbero una comunità nazio
nale, vale a dire una corporazione di diritto pubblico e privato, con
il diritto di emettere decreti e applicare imposte, e disponendo di fondi specifici. Un certo numero di comunità legate dal territorio e dalla cultura formerebbero un distretto nazionale con gli stessi di ritti associativi. La totalità dei distretti formerebbero una nazione.
Anch'essa sarebbe soggetto di diritto pubblico e privato.
Bibliografia Medem Vladimir, Ma vie, Paris 1999.
Bauer Otto, La questione nazionale, Roma 1999. Renner Karl Staat und Nation. Zur österreichischen Nationalitätenfrage, Vienna 1899.
87
GIULIANA CASTELLARI
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88
QUALE AUTONOMIA?
GRAMSCI E LA QUESTIONE NAZIONALE EBRAICA VINCENZO PINTO
Premessa
La questione nazionale ha rappresentato uno dei temi più di scussi della storiografia marxista, in particolare durante la guer
ra fredda. Declinare l'internazionalismo operaio in termini di "barriere" statali ed etniche significava discutere l'apparato fi
losofico, economico e politico del marxismo stesso, conferen do spazio, dignità e priorità alle "nazioni oppresse"¹. Come conciliare il materialismo storico, l'internazionalismo, con le
appartenenze territoriali? Parliamo non solo dell'esistenza (e resilienza) degli Stati, ma anche e soprattutto della persisten za delle nazioni, delle diverse declinazioni del "nazionalismo
operaio" (o dei lavoratori)². Il nostro contributo affronterà il *Dedico questo saggio alla memoria di mia moglie Alessandra, studiosa e traduttrice di lingua yiddish, nonché appassionata sostenitrice della causa
gramsciana sarda. 1 Cfr. The Cambride History of Communism, a cura di N. Naimark, S.
Pons e S. Quinn-Judge, vol. 2: The Socialist Camp and World Power (1941-1960s), Cambridge, Cambridge University Press, 2017, pp. 291 ss. 2 Cfr. C.C. Herod, The Nation in the History of Marxian Thought: The
Concept ofNations with History and Nations without History, The Hague, Marinus Nijhoff, 1976; R. Gallissot, Nazione e nazionalità nei dibattiti
del movimento operaio, in Storia del marxismo, vol. 2: Il marxismo nell'età
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VINCENZO PINTO
tema della questione nazionale marxista da un punto di vista particolare. La questione (nazionale) ebraica si lega indissolu
bilmente all'emersione dell'antisemitismo, fenomeno politico, culturale e linguistico affrontato di recente dallo storico fran cese Michel Dreyfus nel suo lavoro sulla sinistra francese³.
Come detto, non pochi storici e politologi si sono inte ressati al rapporto fra marxismo, socialismo "reale" e questio ne nazionale. Fra loro segnaliamo Enzo Traverso, che adottò
una curvatura ebraica. Lo storico alessandrino ha spiegato i limiti interpretativi del marxismo in questi termini:
1.
la specificità ebraica e la sua permanenza storica sono state ridotte alla funzione socioeconomica de
gli ebrei dall'antichità alle origini del capitalismo; 2.
l'antisemitismo è stato considerato inizialmente
un fenomeno tipico dell'arretratezza sociale, poi un'arma di propaganda della classe dominante per
sostenere l'anticapitalismo delle masse lavoratrici e della piccola borghesia;
della Seconda Internazionale, Torino, Einaudi, 1979, pp. 787-864; R. Monteleone, Marxismo, internazionalismo e questione nazionale, Torino,
Loescher, 1982; M. Cattaruzza (ed.), La nazione in rosso. Socialismo, Co
munismo e "Questione nazionale" (1889-1953), Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 2005.
³ Cfr. M. Dreyfus, L'antisemitismo a sinistra. Storia di un paradosso (1830
2016), a cura di V. Pinto, Torino, Free Ebrei, 2017. Sul tema in generale
(piuttosto politicizzato e ideologizzato) si veda il recente lavoro di R. Fine e P. Spencer, Antisemitism and the Left. On the Return ofthe Jewish Quest ion, Manchester, Manchester University Press, 2017. 4 Citiamo anche il saggio di E. Nimni, Marxism and Nationalism. Theoretical
Origins ofa Political Crisis, Londra, Pluto Press, 1991, che si occupa anche
di Gramsci (pp. 96-118) e su cui torneremo nel corso del nostro intervento. 90
QUALE AUTONOMIA? GRAMSCI E LA QUESTIONE NAZIONALE EBRAICA
3.
l'antisemitismo avrebbe dovuto scomparire in una società economicamente avanzata, così come le al tre forme d'oscurantismo feudale, e la casta com
merciale ebraica avrebbe dovuto dissolversi e, pri vandola del sostrato materiale, sarebbe scomparsa l'alterità culturale ebraica;
4.
5.
l'emancipazione ebraica occidentale (specie quella francese) è stata presa a modello e trasformata nel paradigma storico (l'assimilazione sarebbe stata una tappa obbligata nell'evoluzione di ogni società civile); in Europa orientale l'ineluttabilità storica dell'as similazione privava la questione ebraica del suo carattere nazionale (era considerata in termini pu ramente economici e politici oppure come un pro blema nazionale "residuale");
6.
il sionismo era percepito come una reazione nazio
nalista ebraica all'antisemitismo e denunciato per
l'effetto dannoso sul proletariato ebraico (l'inse diamento in Palestina significava la rinuncia alla
lotta anticapitalistica). Traverso non manca di sottolineare l'esistenza di alcu
ne differenze di vedute, in particolar modo nell'Europa orien tale (dove alcuni teorici come Medem e Borochov rivendica
rono il carattere non "reazionario" della nazione ebraica). I ' Cfr. E. Traverso, Les Marxistes et la Question Juive. Histoire d'un débat
(1843-1943), prefazione di P. Vidal-Naquet, Montreuil La Brèche-PEC,
1990, pp. 245 ss. È in corso di pubblicazione presso Brill una seconda edi zione riveduta e ampliata al secondo dopoguerra, intitolata The Jewish
Question: History ofa Marxist Debate. 6 Cfr. ivi, pp.
111 ss.
91
VINCENZO PINTO
limiti dei marxisti "classici" derivano - a suo avviso - dall'inca
pacità di concepire l'importanza del fenomeno religioso nella
storia umana (fenomeno letto spesso in chiave sovrastruttural
mente strumentale e/o residuale), nella difficoltà di concepire la nazione come un'entità storica socialmente "neutra" oppure
nella distinzione poco chiara fra nazione oppressa e nazione oppressiva. Non si tratta solo di analisi carenti, ma di difficol
tà nel considerare la dimensione soggettiva della nazione (che spiega, peraltro, il ritardo del marxismo sui temi del razzismo e del sessismo), nel dissociare e problematizzare nazione e na zionalismo e nella scarsa comprensione dei fenomeni cultura
li e popolari. Come vedremo, tutto questo ha determinato la sottovalutazione dell'identità ebraica (specie quella orientale)
da parte del marxismo russo di inizio Novecento, che ammet teva dicotomicamente o l'assimilazione al mondo circostante
oppure - dopo l'avvento dell'URSS - l'erezione di "barriere" territoriali per "governare" il pluralismo etnico-linguistico.
La scarsa comprensione dell'antisemitismo (come dimostra la visione estremistica del bordighismo)7, l'avvento dello Stato di Israele (con la "delusione-illusione" post 1967) e la teoria
dell'inevitabile assimilazione (quantomeno sino alla scoperta di Auschwitz) hanno ostacolato una generale riflessione mar xista sulla nazione ebraica in quanto tales.
Cfr. F. Germinario, Negazionismo a sinistra. Paradigmi dell'uso e dell'a buso dell'ideologia, Trieste, Asterios, 2017.
Mancano, per esempio, lavori sociologici di ampio respiro sul nesso fra intellighenzia e idee politiche. Rimandiamo al caso ebraico ai lavori di R.J.
Brym, Jewish Intelligentsia and Russian Marxism. A Sociological Study of
Intellectual Radicalism and Ideological Divergence, Londra, Macmillan, 1978; P. Mendes, Jews and the Left. The Rise and Fall ofa Political Allian
92
QUALE AUTONOMIA? GRAMSCI E LA QUESTIONE NAZIONALE EBRAICA
E Antonio Gramsci? Qual è il suo ruolo all'interno del
la "grande" falla gnoseologica marxista? Ha anch'egli sposato
una rigida posizione “assimilazionistica"? Si è limitato a essere
un epigono dei "maggiori" teorici (Marx, Kautsky, Luxemburg, Lenin)? È figlio della "seconda" o della "terza" internazionale? L'obiettivo del nostro saggio è quello di analizzare i riferimen ti alla questione ebraica presenti nell'opera gramsciana (scritti giornalisti, Quaderni, lettere), prendendo spunto dalla nota
polemica epistolare innescata della cognata Tatiana (Tania) nell'autunno 1931. Il tema dei "due mondi", già affrontato nel saggio di Francesca Izzo², va ripensato alla luce dell'approfon
dita ricerca glottopolitica condotta da Alessandro Carlucci sul "periodo sovietico"10 e dagli studi di Roni Gechtman sul Bund (la socialdemocrazia ebraica orientale), che meglio ci permet
tono di comprendere quale fosse la misura dello iato esistente fra le diverse posizioni socialiste e marxiste sul tema ebraico nel mondo zarista¹¹. Il breve passo citato della lettera di Nino a Tania certifica, da una parte, una certa rigidità “ideologica" ce, Londra, Palgrave Macmillan, 2004; E. Traverso, Lafine della moderni tà ebraica. Dalla critica al potere, Milano, Feltrinelli, 2013. 9 Cfr. F. Izzo, "I due mondi": Tatiana Schucht, Antonio Gramsci e Pietro
Sraffa sulla questione ebraica, in "Studi Storici", 34, 2-3, 1993, pp. 657
685. Il saggio è stato ripubblicato in A. Di Meo (cur.), Cultura ebraica e cultura scientifica in Italia, Roma, Editori Riuniti, 1994, pp. 173-209. Noi faremo uso di questa seconda ristampa. 10 Cfr. A. Carlucci, Gramsci and Languages. Unification, Diversity, Hege
mony, Leiden-Boston, Brill, 2013. 11 Cfr. R. Gechtman, The Debates on the National and Jewish Question
in the Second International and the Jewish Labor Bund, 1889-1914, in A.
Grabski (ed.), Rebels Against Zion. Studies on the Jewish Left Anti-Zioni sm, Varsavia, Institute ofJewish History, 2011, PP.
11-46.
93
VINCENZO PINTO
nell'ammettere un'identità nazionale ebraica, ma, dall'altro, la
forza e, forse, la superiorità dialettica dello storicismo gram sciano, pronto a riconoscere l'esistenza di un'autonomia na
zionale, culturale (e forse anche territoriale) ebraica fuori dagli schemi dell'ortodossia leninista e del progetto federale sovieti co avviato negli anni Venti, volto a "limitare” la nazione ebrai ca e la sua lingua in un recinto geografico ben definito ¹2.
La prima parte del nostro intervento delineerà il dibatti to marxista sulla questione ebraica durante la Seconda Interna
zionale, confrontando in particolare la posizione austro-marxi sta e quella leninista (il problema della lingua nella definizione culturale e territoriale della nazionalità) ¹3. Affronteremo poi il
problema della lingua e del linguaggio nel pensiero (e nella pras si) di Antonio Gramsci (alla luce dei recenti lavori condotti sul
12 Cfr. R. Pipes, The Formation of the Soviet Union. Communism and Na
tionalism, 1917-1923, Cambridge (MA), Harvard University Press, 1954; Z. Gitelman, Jewish Nationality and Soviet Politics. The Jewish Sections of the CPU, 1917-1930, Princeton (NJ), Princeton University Press, 1972; J. Smith, The Bolsheviks and the National Question, 1917-23, Londra, Palgrave
Macmillan, 1999, pp. 108 ss.; T. Martin (ed.), A State ofNations. Empire and Nation-Making in the Age of Lenin and Stalin, Oxford, Oxford University Press, 2001; Id. e Y. Roi (ed.), Revolution, Repression and Revival: The Soviet
Jewish Experience, Lanham (MD), Rowman and Littlefield Publishers, 2007. 13 La nostra scelta di concentrare l'analisi sul dibattito nella Seconda (e non Terza) Internazionale deriva dal fatto che i problemi più rilevanti in relazione alla "sintesi" fra marxismo e questione nazionale furono sollevati a cavallo del
nuovo secolo negli imperi multietnici (Russia e Austria-Ungheria). Nel caso specifico, malgrado i cambiamenti di prospettiva postbellici (in special modo
sul "caso" nazionale ebraico), le linee di fondo delle posizioni rimasero quelle formulate dagli austro-marxisti e dai marxisti russi: soluzione extraterritoriale e
soluzione territoriale. Sull'austro-marxismo in generale si veda M.E. Blum, W.
Smaldone (ed.), Austro-Marxism: The Ideology of Unity, Leiden, Brill, 2015.
94
QUALE AUTONOMIA? GRAMSCI E LA QUESTIONE NAZIONALE EBRAICA
periodo sovietico). Ci soffermeremo sulla trattazione gramscia na della questione ebraica (e del sionismo), partendo dalla di scussione con Tania e dalla traduzione della Questione ebraica di Marx. Tratteremo poi brevemente il problema dello Stato
nell'opera gramsciana, confrontandola con le principali tesi in ambito ebraico. Tireremo infine le fila del nostro discorso, ten tando di capire se lo storicismo gramsciano contenesse aperture
(tattiche, strategiche?) verso il "principio della personalità" au stro-marxista, verso il "principio territoriale" leninista oppure
verso il "principio palestinese" sionista.
1. Il dibattito della Seconda internazionale sull'autonomia ebraica
L'ampio dibattito sulla questione ebraica all'interno della Secon da internazionale è legato all'emersione del fenomeno politico del nazionalismo e dell'antisemitismo¹4. Mentre la discussione
sulla "questione ebraica" ottocentesca verteva innanzitutto sulle "interdizioni" giuridiche, religiose ed economiche (vedi il lavoro di Carlo Cattaneo)¹5 che, negli scritti di Marx, erano ricondu
cibili al problema del superamento generale del capitalismo¹6, il mutamento storico, politico ed economico prodotto dall'impe rialismo europeo e l'insorgenza dei nazionalismi produssero un 14 Cfr. G.L. Mosse, Il razzismo in Europa: dalle origini all'olocausto, Roma, Laterza, 1992; L. Poliakov, Storia dell'antisemitismo, vol. 4: L'Europa sui cida (1870-1933), Firenze, La Nuova Italia, 1997; H. Arendt, Le origini del totalitarismo, introduzione di A. Martinelli, con un saggio di S. Forti,
Torino, Einaudi, 2015.
15 Cfr. C. Cattaneo, Interdizioni israelitiche, introduzione di E. Albinati, note di C. Bersani, Roma, Fazi, 1995.
16 Cfr. D.K. Fischman, Political Discourse in Exile: Karl Marx and the
Jewish Question, Amherst (MA), University ofMassachusetts Press, 1991. 95
VINCENZO PINTO
ripensamento della "questione ebraica" in seno al marxismo. Ma
non basta il mero passaggio dall'epoca delle nazioni a quella dei
nazionalismi. Bisogna anche e soprattutto distinguere il mondo europeo occidentale da quello orientale. In altre parole, per ri prendere la famosa espressione di Renan, la diversa trattazione
della questione ebraica dipende anche dal diverso grado di svilup po sociale, politico e culturale delle realtà politiche coinvolte. Se
è lecito parlare di "marxisti", lo è altrettanto parlare di "questioni ebraiche", ancorché a partire dal comune sostrato teorico del ma terialismo storico. Il dibattito di nostro interesse è quello avviato nel mondo orientale tra la fine dell'Ottocento e lo scoppio della Prima guerra mondiale negli imperi multinazionali. Protagonisti
del dibattito sono stati, da una parte, i teorici dell'austro-mar xismo e, dall'altra, i teorici del leninismo. Ci concentreremo
soprattutto su queste due posizioni (escludendo le tesi "assimi lazionistiche" classiche à la Luxemburg)¹7, perché furono loro a concepire in prima persona il problema della "nazione" ebraica e le due realtà politiche più rilevanti: il sionismo e il Bund.
La classica posizione marxista sulla questione ebraica è stata esposta dallo stesso Karl Marx e poi dai suoi successori più insigni (Kautsky, Bauer e Lenin). Il filosofo tedesco, interessato soprattutto al problema dell'emancipazione umana, se n'è occu
pato solo in alcuni scritti giovanili (a dimostrazione, forse, dello
scarso legame con le proprie origini familiari e dello scarso peso rivestito dalla minoranza ebraica nell'arena politica e giuridica 17 Cfr. J. Jacobs, On Socialists and "the Jewish Question" after Marx, New York
& London, New York University Press, 1992, pp. 44 ss.; N. Ito, Is the Na tional Questiona an Aporia for Humanity? How to Read Rosa Luxemburg's "The National Question and Autonomy", in P. Zarembka (ed.), The National
Question and the Question ofCrisis, Bingley (UK), Emerald, 2010, PP. 6-68. 96
QUALE AUTONOMIA? GRAMSCI E LA QUESTIONE NAZIONALE EBRAICA
tedesca). Polemizzando con Bruno Bauer nel 1843, Marx sostie
ne che l'emancipazione politica degli ebrei "alla francese" sareb be un mero specchietto per le allodole: distrarrebbe l'autentico riformatore da quello che deve essere il suo vero compito. Par
lare di emancipazione ebraica significa infatti parlare di emanci pazione umana dallo "spirito ebraico", cioè dal ruolo economico degli ebrei che si è "universalizzato" grazie all'avvento del cristia nesimo. Il superamento storico della struttura capitalistico-bor ghese determinerà anche quello dell'affiliazione religiosa degli ebrei (e le forme di "interdizioni" giuridiche ai loro danni): Appena la società perverrà a sopprimere l'essenza empirica del giudaismo, il traffico e i suoi presupposti, l'ebreo diventa impos
sibile, perché la sua coscienza non ha più oggetto, perché la base soggettiva del giudaismo, il bisogno pratico, si umanizza, per ché il conflitto tra l'esistenza sensibile individuale e l'esistenza
generica dell'uomo viene eliminato. L'emancipazione sociale dell'ebreo è l'emancipazione della società dal giudaismo.¹8
Il testo di Marx, noto ai posteri soprattutto quale espressione di "antisemitismo" economico (se non cultural-re
ligioso)¹9, non menziona affatto l'idea di una nazione ebraica²0.
18 K. Marx, Sulla questione ebraica, introduzione, traduzione, note e appa rati di D. Fusaro, Milano, Bompiani, 2007, pp. 177, 179. 19 Cfr. D. Fischman, Political Discourse in Exile. Karl Marx and the Jewish
Question, Amherst (MA), University of Massachusetts Press, 1991. 20 Cfr. Traverso, op. cit., pp. 37 ss.; Il marxismo e la questione ebraica, testi
scelti, presentati e annotati da M. Massara, Milano, Edizioni del Calenda rio, 1972, pp. 177 ss.; K.B. Anderson, Marx at the Margins. On Nationa lism, Ethnicity, and Non-Western Society, seconda edizione, Chicago, The University of Chicago Press, 2016.
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VINCENZO PINTO
La questione ebraica diventa anche nazionale solo alcu
ni decenni dopo. Come abbiamo detto prima, questo passaggio politico e teorico avviene in concomitanza con determinati feno
meni storici: gli sviluppi politici ed economici dell'imperialismo, i conflitti etnico-nazionali nell'Europa orientale, l'emersione dell'antisemitismo quale arma politica, la nascita di una forma
zione socialista ebraica russa e il progetto sionista. Se Marx aveva sostenuto che la questione ebraica fosse una questione politica e
morale di tutta l'umanità (la proprietà, la speculazione e l'egoi smo si erano "universalizzati" nel mondo capitalistico-borghese), come giustificare la persistenza storica degli ebrei? Si trattava di una semplice "variabile" dell'equazione borghese che sarebbe sta
ta risolta con la fine del capitalismo? Di una "casta"? Oppure di qualcosa di diverso? I principali contributi marxisti sulla questio ne nazionale ebraica sorsero a cavallo tra la fine dell'Ottocento
e l'inizio del Novecento, non a caso negli imperi multinaziona li europei (quello austro-ungarico e quello russo). La questione
nazionale ebraica è dunque una questione politica più generale, che investe la riflessione marxista dell'epoca sul nazionalismo e sui modi in cui "governarlo" e interpretarlo alla luce del mate rialismo storico. Il socialismo internazionalista avrebbe dovuto
sostenere la disgregazione degli imperi multinazionali oppure no? Nel secondo caso, quale forma politica e giuridica avrebbe dovuto assumere la nuova entità politica? I principali attori del dibattito furono gli austro-marxisti Renner e Bauer, i marxisti russi Lenin (e Stalin), il bundista Medem e il sionista Borochov.
Nel 1899 Karl Renner pubblicò il libretto Stato e na zione (1899)2¹, dove discute i problemi della "soggettività giu 21 Il testo è stato pubblicato in R. Monteleone (ed.), Classe operaia e movi menti nazionali, Torino, Giappichelli, 1981.
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ridica" dei gruppi nazionali e della loro appartenenza indivi duale. La lingua è sì l'elemento manifesto dell'appartenenza di
un singolo individuo a un gruppo "nazionale", ma non è quel lo fondamentale (come avrebbero sostenuto pochi anni dopo
i teorici del Bund ebraico). Il principio di nazionalità, anche
se è la base comprensibile di uno Stato moderno, finisce per alimentare l'autodeterminazione territoriale dei singoli nazio nalismi. La convivenza fra diverse comunità culturali è imma
ginabile solo da parte di corpi politici che riconoscano l'esi stenza di "corporazioni" extraterritoriali su base individuale²2. Pochi anni dopo (1907), Otto Bauer diede alle stampe la sua tesi dottorale Questione di nazionalità e socialdemocrazia23. A differenza di Renner, più interessato alla soluzione giuridica dei conflitti etnici, Bauer tenta di integrare il piano politico
con quello storico-filosofico marxista. La nazione è definita come