Vattimo o del nichilismo. Provocazione alla filosofia 8860819172, 9788860819178

Con piglio irriverente e spregiudicato, ma allo stesso tempo rigoroso, questo testo cerca di "provocare" la fi

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Italian Pages 144 Year 2012

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Vattimo o del nichilismo. Provocazione alla filosofia
 8860819172, 9788860819178

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SCAFFALE APERTO FILOSOFIA

Tommaso Franci

VATTIMO O DEL NICHILISMO Provocazione alla filosofia

ARMANDO EDITORE

FRANCI, Tommaso Vattimo o del nichilismo. Provocazione alla filosofia ; Roma :Armando, © 2011 144 p. ; 20 cm. (Scaffale Aperto -Filosofia) ISBN: 978-88-6081-917-8

l. Filosofia di Gianni Vattimo 2. Nichilismo 3. Ermeneutica

CDD 100

Immagine di c opertina: Camille Rose Garcia, The Deconstructionist Army (2004)

© 2011 Armando Armando s.r.l. Viale Trastevere, 236 - 00153 Roma Direzione - Ufficio Stampa 06/5894525 Direzione editoriale e Redazione 06/5817245 Amministrazione - Ufficio Abbonamenti 06/5806420 Fax 06/5818564 Internet: http://www.armando . it E-Mail : redazione@armando . it; segreteria@armando. it 21-07-101 I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), in lingua italiana, sono riservati per tutti i Paesi. F otocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall ' art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall'ac cordo stipulato tra SIAE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOM­ MERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni a uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume/fascicolo, solo a seguito di speci­ fica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02 809506, e-mail aidro@iol. it

Sommario

Questione di stile

Continentale Analitico Filosofico Vade retro, Heidegger!

e Hegel ... e Den·ida . . ... ma m szmpa t".za.' . . .

Ermeneutica come nichilismo e nichilismo come ermeneutica

Biblioteca della Pléiade www.liberliber. it Il soggetto e la maschera ovvero nientepopodimenoché Nietzsche e il problema della liberazione Alla ricerca d'una pars construens

My My Hey Hey Nichilismo attivo La scuola o del canone e del! 'utopia Tecnica e tecnologia

Tecnica Tecnologia Didero t?! D 'Ho/bach ?! La Mettrie?! Chi erano costoro ? Cristo, Pasolini!

Cristo Pasolini Esotico è bello ?

7 9 11 13 18 20 22 25 28 31 33 39 41 46 49 52 55 57 59 62 66 71 74 77

Allora meglio Parmenide

O una fenomenologia senza Husserl O Rorty senza Derrida O Severino senza Severino E la scienza? A curarti vai in ospedale, no?

L 'ignoranza postmoderna del moderno Meglio cretini che credenti E poi la scienza è ermeneutica! O se un pensiero un po forte fa bene anche al deboluccio L'ecologia o dell'ignoranza patentata

Del! 'ignoranza patentata dei politici e/o imprenditori (showman compresi) Dell 'ignoranza patentata dei professori Dell 'ignoranza patentata dei borghesi, dei giornalisti e mia

80 82 85 94 102 l 04 108 111 117 119 122 127

Qualche ismo pel prossimo -spero tuo! -libro (Oops, volevo dire e-book ...)

Materialismo neoparmenideo! Postnichilismo ecofenomenologico!! Postnichilismo! Ecofenomenologico!! Materialista!!! Neoparmenideo!!!!

131 133 136 139

Questione di stile

Se tu venissi a scuola da me, cioè se tu mi dessi l ' opportunità di par­ larti per qualche ora o fossi costretto ad ascoltarmi per qualche ora, e io non avessi né fame né freddo , e nemmeno tu, e non ci fosse la guerra, ti direi, attendendomi attraverso il tuo comportamento futuro qualche cosa in cambio - non per me ma per il mondo: Il filosofo italiano più popolare degl 'ultimi decenni? Beh, conside­ rando Eco popolare come semiologo e romanziere . . . Galimberti come psicologo . . . Cacciari come politico . . . direi senz ' altro Vattimo . . . Vattimo e Severino . . . ma più Vattimo, se valgono l' apparizioni in TV, radio, Google, You Tube, gl' articoli di giornale, l ' edizione dell ' opere complete, i mandati da europarlamentare . . . Vattimo ! B isogna partire da Vattimo per filosofare oggi in Italia. E si filosofa proprio perché ci s ' azzarda a giudi­ care anche una simile autorità. TV, radio, Google, You Tube, gl' articoli di giornale, l ' edizione dell ' opere complete, i mandati da europarlamen­ tare fanno l ' autorità. Noi facciamo filosofia se mettiamo in discussione quest' autorità. E inizio subito decidendo di chiamartelo Vattimo, d' ora in poi, col suo nome di battesimo (e già col "decidere" e col "chiama­ re" troverebbe sfogo ogni filosofia possibile . . . ) : Gianni. Perché? Perché Gianni mi ricorda Gian Burrasca di Vamba, e Giannettino di Collodi, e poi il leggendario Prete Gianni e, ancora, il duo Gianni e Pinotto, e quindi "Gianna Gianna Gianna" di Rino Gaetano ; infine, Gianni, il canetto im­ petuosissimo d'una coppia di miei conoscenti. Ecco: ogni volta che d' ora in poi troverai "Gianni", sappi che "Gianni" è riferito sì al pro f. Vattimo ma che si porta dietro tutti quest' altri riferimenti ! Cosa, questa, non solo co(s)mica ma filosofica (in che misura se li porta dietro ecc.) e d'una filo­ sofia di tipo assai prossimo a quella di Vattimo, oops, Gianni . Se io ti faccio scuola - ti parlo, provoco, t ' offro esempi comportamen­ tali - senza filosofia, m' aggiungo a TV, radio, Google, You Tube, nello 7

stabilire l' autorità. Invece con la messa in discussione - senza bisogno di sentirsi migliori di quanto si mette in discussione - mi ci discosto da TV, radio, Google, You Tube, e dopo essermici discostato posso decidere se rimanere in questa nuova posizione o tornare a quella di TV, radio ecc. Se ti faccio scuola in ossequio all ' autorità, ossequiando quella mi presento a te come autorità. Se invece la critico l ' autorità, tu capisci che qualora io mi comporti da autorità, hai il diritto, e prenditelo ! , di mettermi in discus­ sione, di sottopormi a filosofia! Filosofia, che cos ' è filosofia? Beh, citando un Diego Abatantuono d' annata: "S arò breve e circonciso". Da una parte filosofia è Gianni , quel­ lo che lui dice, siccome la società in cui viviamo lo considera filosofia; dall ' altra, ti propongo di ritenere filosofia ciò che la società non ha ancora pensato e detto a proposito delle cose che ha pensato e detto, fra le quali si trova Gianni filosofo autorevole. Gianni stesso, in quanto filosofo in questa seconda accezione, ha pensato e detto cose che la società non ave­ va pensato e detto prima. E fra le cose pensate e dette dal la società, sulle quali s ' è poi pronunciato Gianni, ci sono quelle pensate e dette da altri filosofi che a loro volta hanno compiuto il percorso di Gianni . Chi sono quest' altri filosofi? La risposta più corretta, anche se tauto­ logica, sarebbe : tutti gli uomini, filosofi o no, che hanno pensato e det­ to cose sulle quali poi - sapendolo o meno - Gianni ha filosofato. E in quanto parte della società, fra costoro, in una qualche misura e volente o nolente, ci sarai anche tu. Ma delimitando , come si dice, il campo, i nomi più ricorrenti nei libri di Gianni mi risultano : Pareyson (con cui si laureò a Torino nel ' 59 - tesi: Il concetto di fare in Aristotele), Lowith, Gadamer (coi quali s ' è specializzato ad Heidelberg, in Germania, tradu­ cendo del secondo l ' opera di riferimento, Verità e metodo), il loro maestro Heidegger (al quale, dal ' 6 3 , l ' anno della beatlesmania, ha dedicato vari saggi), Nietzsche (con monografie dal ' 67, l ' anno di Velvet Underground & Nico), Derrida (insieme hanno curato negl ' anni Novanta una mono­ grafia sulla religione e una sul diritto) e Rorty (un paio di dialoghi nei primi anni Duemila su religione e laicismo ) . Altri nomi che ricorrono - cui dovremmo aggiungere quelli di Marx, Ernst Bloch, Marcuse, Apel - sono Hegel, Adorno, Habermas. Tutti tedeschi anche questi (Derrida era francese, Rorty americano, Pareyson made in ltaly) : il primo vissuto tra Sette e Ottocento , il secondo tra il Cavaliere azzun·o di Kandinskij e l ' allunaggio, il terzo vivente (nel 20 1 0 - il 5770, secondo il calendario ebraico che conta gl ' anni dalla data della Creazione desunta dalla Bibbia - ha 8 1 anni, 7 più di Gianni). 8

Cosa ci dice quest'elenco? Che le cose pensate e dette da Gianni a par­ tire dalle cose pensate e dette da altri, si riferiscono a suoi contemporanei e compatrioti. Eccetto - oltre Aristotele - Hegel e Nietzsche, dell'Otto­ cento, pel resto si tratta d'autori del Novecento . Con patria comune, poi, intendo il cosiddetto Occidente . Di questo, Gianni, intrattenendo rapporti con autori tedeschi (prevalentemente), francesi e americani, conosce tutte le lingue maggiori. Per quanto riguarda i temi di Gianni, dai titoli dell'opere risultano ali' incirca: fare, essere, storia, linguaggio, poesia o estetica, interpreta­ zione o ermeneutica, antologia, differenza, soggetto, pensiero debole, modernità, postmodemità, società, etica, presente, credere, tecnica, esi­ stenza, cristianità, nichilismo, religione. Che ne dici? T'è venuto già a noia? Ti domandi perché tutto questo invece d'un'ora di sesso un colpo alle tempie e stop? Se te lo domandi - a differenza, suppongo, del povero Cumenda, "l'archetipo cinematografico del ricco imprenditore lombar­ do", te lo ricordi?, morto per l'appunto d'un ictus cerebrale fulminante, la cui inventiva semantica e sintattica era fra l'altro superiore al vincitore medio del Premio Strega - se te lo domandi fai già filosofia!

Continentale L'Occidente - l'insieme dei Paesi più potenti del mondo: più potenti perché con più armi e tecnologia; con più armi e tecnologia perché più ricchi e viceversa - s'è diviso nel Novecento, stando alla mia istruzione, in due aree, se non culturali, filosofiche : e dato che la filosofia, nel No­ vecento, e ancora, è riconosciuta esser quella che si fa nell'università, questa divisione può anche venir intesa come divisione tra politiche uni­ versitarie differenti; universitarie ed editoriali - gli editori avvalendosi, per la saggistica specialistica, dei professori universitari e questi neces­ sitando di quelli per conquistare il pubblico e con esso il potere, il potere che possono. La prima area, detta "analitica", riguarda i Paesi di lingua inglese (Gran Bretagna e USA). La seconda, detta "continentale", i Paesi dell'Europa, appunto, continentale e, con perfetta proporzione, quelli più ricchi e po­ polosi: Germania ( 1 ), Francia (2), Italia (3) . Così l'Italia, male che vada, è oggi al 5° posto nella classifica dei Paesi dove - secondo i parametri occidentali - si filosofa. E Gianni - se è il più rappresentativo filosofo italiano e se ogni Paese fosse chiamato a esprimere un solo filosofo - sa­ rebbe, male che vada, il 5° nella classifica mondiale dei filosofi viventi. 9

Bravo ! - o borghese? . . . Mi chiedi poi degli altri papabili rappresentanti? Beh, diciamo che ad oggi gli USA, che c 'hanno i meglio filosofi e anche il maggior numero . . . gli USA, il Paese, non si sa ancora per quanto, più ricco . . . gli USA . . . e getta ! , dato il loro inveterato consumismo . . . , potreb­ bero mandare a rappresentarli Putnam . . . uno che ha l ' età di mio nonno . . . Gl ' inglesi, invece, diciamo Michael Dumm ett . . . un logico, più vecchio di mio nonno, convertitosi al cattolicesimo . . . La Germania ha sempre il suo Jiirgen (Habermas), amico del Papa tedesco, e gotico nell' esprimersi più di questo . . . Infine la France . . . ah, la France . . . vanta ancora meno vivaio filosofico e se possibile più bizantino o gotico di UK e Deutschland . . . Che dire? . . . Temo manderebbero il derridaiano Jean-Luc Nancy . . . Ma torniamo a Gianni ! Da buon continentale, Gianni ha pensato e detto cose principalmente a partire da quelle pensate e dette da altri con­ tinentali. Poteva scegliere italiani , francesi e tedeschi : s ' è concentrato sui tedeschi e sul tedesco . Perché? Perché dal Settecento - con Kant - la filosofia continentale ha parlato in prevalenza tedesco: università ed edi­ tori hanno deciso così ; la ricchezza e la popolosità della Germania sono stati causa ed effetto di questa decisione ; e Gianni - professore a 28 anni, mentre i Kinks martellavano You Really Got Me - non ha voluto o potuto invertire la tendenza. Ti domando : in questo suo seguire università ed editori, ricchezza e popolosità; in questo suo trascorrere anni ad imparare il tedesco, potrebbe esserci qualcosa di gravemente non filosofico? Seguire l ' autorità è filoso­ fico nella misura in cui lo stabilisce l ' autorità che cos'è filosofico; assu­ mendo però, come abbiam fatto, che alla filosofia deve spettare anche un ambito ulteriore, esterno all ' autorità, al già pensato e detto, quanto l'ha misconosciuto il, male che vada, 5° filosofo del mondo, tale ambito? A sua difesa potresti rispondere che Gianni ha imparato il tedesco - ha ac­ cettato la filosofia proposta dall ' autorità - per poi, con questo strumento, andar oltre, pensare e dire altro. Rispondendo così però fai un ' assunzione forte : assumi che filosofia, nel secondo senso, quello di critica all ' autorità come ciò che troviamo già trionfante nel mondo, è possibile solo dopo aver fatto filosofia nel primo senso , quello dettato dall ' autorità, dalla tra­ dizione . . . Comunque sia, potrebbe apparire corretto - prima di pensare e dire qualcosa in proprio muovendo dal pensare e dire di Gianni - occuparci , se il pensare e dire di Gianni è pensare e dire che muove da un pensare e dire altrui, di quest'ultimo pensare e dire. Del pensare e dire - della filosofia - dei maestri, degli autori di riferimento di Gianni: Pareyson, Gadamer, 10

Heidegger, Nietzsche . . . Così fanno nei corsi di laurea in filosofia. Qui però non siamo all 'università. Siamo a scuola ! E siccome non risultando "Chiar.mi" nessun editore ci verrà a richieder saggi specialistici, siccome siamo al di qua della conquista del pubblico e con esso del potere, con tutta la semplicità possibile abbiamo modo di chiederci s ' è proprio neces­ sario, per pensare e dire qualcosa muovendo da Gianni, rifarsi anche agli autori , all ' autorità, a cui s ' è rifatto lui . Poi noi già ce l ' abbiamo un ' autori­ tà, una tradizione, un mondo, un vocabolario: è Gianni stesso ! Nondimeno , m ' obietterai, che se Gianni fa tutti quei nomi, per capirlo sarebbe bene dar loro significato . . . Ti rispondo di no : ci basta attribuire a Gianni ciò che Gianni attribuisce ad altri - del resto quest' altri nella misura in cui Gianni riconosciutane l ' autorità li ha assunti nella sua for­ mazione, costituiscono Gianni stesso, come Gianni costituirà noi se noi muoviamo da lui ! E poi: se per eseguire un mio comando non hai bisogno di capire tutte le parole del comando, allo stesso modo per muovere da Gianni non sarà necessario dominare tutte le parole di Gianni . . . C ' è infi­ ne un altro aspetto, denunciato dagli analitici : che i continentali, gl' autori di Gianni, è una tortura leggerli ! - è trobar clus il loro . E perché torturar­ si? Forse non ci sono filosofi che scrivono senza col loro stile torturare il lettore? Che dici, l' abbiamo fatta finora un minimo di filosofia? Se sì, non mi sembra che questo abbia richiesto grandi torture espressive . E allora perché quelli debbono torturarci? Perché , risponderai, fanno una filosofia più complessa e notevole della nostra. Io cercherò di mostrarti che fan­ no religione. Re-ligano, legano, invischiano anche quando dicono di non distinguere tra Apparenza e Realtà, Senso e Spirito, Natura e Metafisica, Male e Verità. .

.

Analitico Un ' allieva di Gianni, diversi anni fa, nel 1 997 - la gente ballava la Macarena - pubblicò presso un autorevole, nel senso che dà autorità, edi­ tore italiano, Cortina, 5 5 3 pp . sul tema Analitici e continentali. La stes­ sa - F. D' Agostini - tre anni dopo produsse, per un altro autorevolissi­ mo, sempre nello stesso senso , editore (Laterza), Logica del nichilismo. Dialettica, differenza, ricorsività. Alla p. non ricordo più quale delle 482 (devi sapere, a mo ' di spia della massima importanza, che i continentali scrivono tanto, fiumi d' inchiostro, perché per loro filosofia è scriver libri; mentre gli analitici scrivono pochissimo e stringato, perché per loro un abstract è sufficiente per la verità o quello che è . . . ), alla pagina x chiusi il 11

libro . Reputai troppo, scrivere che "una forma d' ironia incoativa coeren­ tizza per vie paradossali la dispersione umoristica del mondo senza ulte­ riorità". O siamo l 'Abatantuono di Eccezzziunale ... veramente o sennò . . . tu che ci capisci? Io nulla e se ci capissi qualcosa me ne vergognerei ! Che diamine ! La filosofia dovrebbe stimolare la meditazione, non impedirla con uno stile smorfioso e tanto fine a se stesso che o s ' assume in blocco - lo stile e quanto esprime, con questo che però finisce per annullarsi in quello - oppure, offesi, lo si rigetta offendendolo . La filosofia dovrebbe criticare il linguaggio mondano - il linguaggio che i non filosofi, scienzia­ ti compresi , utilizzano - col linguaggio mondano; il mondo col mondo . Non partire per la tangente e, fantasticando d' altri mondi - e se possibile in altri mondi - pretendere di dire qualcosa sul mondo di tutti i gior­ ni. Eccolo il grave problema comune alla tradizione continentale quanto all 'analitica; ovvero - e per questo il problema è gravissimo - a tutta, se una simile distinzione fosse totalizzante, la filosofia del Novecento ! È come se nel Novecento - il che non esclude che per altri secoli non valga lo stesso ! - si sia perlopiù riconosciuto filosofico ciò che, per opposti motivi, e da qui le due tradizioni e stili, risulta al non filosofo, al non pro­ fessore, che quindi soltanto per ciò si qualifica come tale, tecnicamente incomprensibile . Lo stile continentale risulta intrattabile perché religione: da preghiera, dogma, rito, pretende di venir assunto, imporsi, stabilirsi, senza minima­ mente giustificarsi né predisporre un qualche percorso educativo che fac­ cia capire il perché si dica quello che si dice con lo stile - il più possibile erudito, presuntuoso e distante da quello vigente in società - con cui lo si dice . Hegel non se ne rammaricava, anzi : "Vero è che la filosofia ha i suoi oggetti in comune con la religione perché oggetto di entrambe è la verità, e nel senso altissimo della parola". Lo stile analitico, invece, risulta intrattabile perché logica: il cinese si può leggere solo se si conosce il cinese; gli analitici si possono leggere solo se si conosce quella tecnica che va sotto il nome di logica, la quale vanta una storia millenaria, che ha prodotto tante logiche, e un linguaggio comunque inaccessibile al parlante ordinario. Lo stile analitico risulta in­ somma troppo anale, troppo incanalato a forza. Per approcciarli, un continentale o un analitico , ci vogliono tecniche apposite - saper di logica, conoscere il tedesco, il francese e, conside­ rando la fantafilologia che imbastiscono i continentali, il latino, il greco antico, magari l ' ebraico, e dei glossari, anche, ci vogliono , giacché ogni continentale rivendica una propria sacrosanta spocchiosa originalità. Tu 12

quindi - e ti ci vogliono anni - ti studi dapprima le tecniche, poi i glossari, infine, mantenuto dal la società assistenzialistica borghese e/o dall'uni­ versità di cui riconosci l ' autorità, armato di pazienza sconfinata, procedi stracauto e ipersnervato alla lettura, tenendo sempre l ' attenzione desta contemporaneamente su tre fronti: il glossario - il significato della parola o del procedimento logico dell' autore in questione; il testo - come tale significato s ' articola e magari contraddice ; e, se ce la fai, infine, il vissuto quotidiano - lo scarto tra il mondo (anche solo linguistico ! ) dell ' autore e quello da te esperito . E tutto questo solo per idiosincrasie stilistiche ! Se analitici e conti­ nentali s ' esprimessero in un linguaggio più o meno comune, i primi due fronti potrebbero venir chiusi (ci sarebbe poi da chiedersi se con essi lo sarebbero anche i dipartimenti di filosofia, almeno nella maniera in cui sono retti ancor oggi . . . ) e tutta l' attenzione potrebbe riversarsi sul terzo di fronte; e tu intanto, senza il bisogno di dedicarti allo studio di tecniche utili solo per apprezzare un certo autoreferenzialissimo stile, potresti far esperienza del mondo al di fuori dei dipartimenti di filosofia, foss ' anche quello d' altri dipartimenti ! M. Ferraris, il più importante (potente) - a giudicare da pubblicazioni, giornali ecc. - allievo di Gianni, a differenza dell' autrice di Logica del nichilismo, ha seguito Gianni anche nella chiarezza dello stile. Gianni esprime in termini comprensibili ciò che ritiene abbia detto il suo maestro putativo Heidegger - Maurizio (Ferraris) esprime in termini comprensibi­ li ciò che ritiene abbia detto il suo maestro putativo Derrida. Ecco, questo stile che noi uomini della strada si capisce abbastanza e di cui t'ho dato due riferimenti - Gianni e Maurizio - t' inviterei a chiamarlo filosofico .

Filosofico Se filosofia è criticare il linguaggio mondano - il linguaggio che i non filosofi, scienziati compresi, utilizzano - col linguaggio mondano , risulta che chi utilizza il linguaggio continentale o religioso, come chi utilizza quello analitico o logico, non fa filosofia. Risulta che - se la distinzione analitico/continentale comprendesse tutti i filosofi del Novecento - i filo­ sofi del Novecento - il che, ancora, non esclude che per altri secoli non sia valso lo stesso - non sono filosofi ! Fortunatamente, per la filosofia, abbiamo autori novecenteschi che s ' esprimono in maniera comprensibile anche dai non logici, non religiosi o non poliglotti. Fra costoro - Gianni . Ma prova ! Leggi un suo libro ! 13

Potrai non capire questo o quel tennine, di certo però capirai molte più cose rispetto ai libri di qualsiasi rappresentante dello stile analitico o con­ tinentale. Gianni è di cultura continentale epperò non s ' esprime come i continentali. L'avesse fatto, non t' avrei proposto di far filosofia a partire da lui. In scala decrescente, sarei andato alla ricerca del più importante (potente) filosofo italiano comprensibile. Non n'avessi trovato uno tra i vivi, sarei risalito a ritroso tra i morti ! Per leggere Gianni, basta conoscere l ' italiano e avere, come si dice, una cultura liceale o - se vuoi proprio cogliere certi riferimenti - univer­ sitaria. Nessun bisogno di sottostare a tecniche aggiuntive - sottostare alle quali dovrebbe costituire già di per sé una spinosissima questione filosofica - tipo la logica e l ' apprendimento d'una o più lingue straniere; né c ' è bisogno d' abbandonarsi come fanno i religiosi coi loro testi sacri. Lo stile continentale richiede quest' abbandono - il che, ripeto, è tutto da dimostrare che sia filosoficamente ammissibile ! Gianni no; lo leggi più o meno come leggi un quotidiano. Presenta una lingua e uno stile che i più capiscono . E già qui c ' è molta filosofia. C ' è l ' assunzione d'un campo relativamente neutro - quello costituito dal linguaggio dell ' ita­ liano medio - e l ' assunzione che filosofia consista nel discutere a partire da questo campo condiviso . Chi se ne discosta - tramite logiche, lingue straniere, stili artificiosi - raddoppia il compito filosofico . Infatti si man­ terrà in ogni caso la sua lingua o il suo mondo di partenza, mettiamo il linguaggio dell' italiano medio, e poi andrà ad operare filosoficamente ad un livello ulteriore, sia esso quello della logica o d'una lingua straniera, oppure quello - se lo si vuoi chiamar così - d'un Cacciari che, mentre in TV s ' esprime in termini comprensibilissimi anche se odiosi (propone un bizzoso cattocomunismo all ' italiana), col suo volume Della cosa ultima , 554 p p . stampate nel 2004, l ' anno di Kesto dei Pan Sonic, d a Adelphi, il più esclusivo, nell ' impaginazione antiecologica e lussuosa, editore italia­ no insieme a Boringhieri, costringe un lettore a commentare su www.ibs. it, il più importante multi-store on-line nel campo dell ' offerta culturale in Italia: "Questo libro contiene la frase seguente : 'Nell ' ambito del pos­ sibile è necessario sia possibile anche il possibile con ciò che è possibile in opposizione all ' imposizione dell' impossibile ' . Rabelais a confronto è un bambino: ' Omnis clocha clochabilis in clocherio clochando clochative clochare facit clochabiliter clochantes ' . Questo tipo di filosofia, contro cui si sono battuti umanisti e illuministi, si chiama oggi postmodema o, più giudiziosamente secondo me, cialtronesca". Io sono corrotto, lo so. La scuola e l 'università m'hanno costretto ad 14

avere a che fare coi filosofi riconosciuti tali dall' autorità. Sono riuscito però a non imparare logica né lingue straniere ! Ritengo così d' essermi conservato uno spazio filosofico : e in questo spazio vorrei accoglierti. Ciò nel tentativo di non farti corrompere. Attenzione però ! Non dico che non dovrai mai imparare logiche o lingue straniere; ma che, prima, dovresti saper filosofare e poi, in base ai risultati ottenuti, valutare quale tecnica apprendere, considerarne costi e benefit. Gianni, usato in un certo modo, ci offre questa possibilità. Lo stile con­ tinentale - no. Le logiche - nemmeno . Le logiche, prima di trattarle filo­ soficamente, vanno apprese e per apprenderle ci vogliono anni e in questi anni, occupandoti di logiche, avrai difficoltà ad occuparti di filosofia, la tua filosofia sarà incentrata sulle logiche che stai apprendendo . Lo stesso col tedesco : prima di filosofarci su, devi conoscerlo e per conoscerlo ci vogliono anni; invece l ' italiano lo conosci già, è la tua costrizione natura­ le e puoi, quindi, subito filosofarci. Perché perder tempo lasciandosi con­ dizionare da usi e costumi dei quali possiamo fare a meno? Del tedesco e della logiche analitiche in Italia puoi fare a meno, dell' italiano no. In ogni grande filosofo poi, grande perché ha scritto parecchio e con tecnica, ci ritrovi, difese o attaccate, le principali posizioni di tutti gli altri - anche se non la posizione di uno solo di questi. Per ciò, a prescindere dal messaggio finale, la chiarezza espositiva è condizione discriminante per leggere un filosofo od un altro. Giovanni Gentile - il prof. e gerarca fa­ scista responsabile della Riforma scolastica del ' 23 che ha imposto lo stu­ dio della Storia assieme a quello della Filosofia siccome questa dovrebbe spiegare quella, che sarebbe storia dello Spirito . . . - risulta comunicativo, si legge bene. Giacché, in quanto gran filosofo, presenta tutte le principali posizioni filosofiche, il fatto che io non condivida nemmeno una delle sue conclusioni, viene dopo, per scegliere Gentile, della sua leggibilità. Pertanto io leggo Gentile più d'un filosofo, magari straniero, magari che la pensa più similmente a me - ma che non capisco , per il suo stile, la sua lingua, le sue formule. Quindi : qualunque sia o sarà la tua filosofia - cioè : la squadra da te allenata per cui fai o farai il tifo - posso già dirti, per l ' accessibilità che lo contraddistingue, di leggere, ad esempio, Gentile. Gentile, e il suo nemicoamico, hai presente Red e Toby? , Benedetto Cro­ ce. Anche se, come Gentile ha impedito nella Scuola, neutralizzandola l 'una con l ' altra, lo studio della storia e della filosofia - l ' avesse fatta, la riforma, Geymonat, il primo a tenere una cattedra di filosofia della scien­ za in Italia, quanto diversa e probabilmente migliore sarebbe stata la vita del misero Bel Paese ! - Croce ha impedito nell 'Università, via Cecchi 15

Longhi Contini - e fino a un Francesco Orlando t 22/6/20 1 0 che con la sua "teoria freudiana della letteratura" non dice niente di filosofico quanto non dicono niente di filosofico i critici testé citati ufficialmente crociani - uno studio non sterile dell ' arte, avvantaggiando con ciò gli artisti più sterili; perché Croce sosteneva che l' arte non ha nulla a che vedere con la filosofia . . . Ma avevano questi due apripista, Gentile e Croce, quell ' onestà espressiva, quel coraggio e quell 'ampiezza di trattazione troppo grave­ mente mancanti ai filosofi italiani successivi che fanno il peggio del peg­ gio : per metà pubblicano testi specialistici che nessuno legge e nessuno capisce ; per metà si svendono al mercato con divulgazioni che loro per primi trattano snobisticamente ! Aggiungo pure che si potrebbe fornire una lettura di Gianni recepen­ dolo come l 'ultimo degli italiani o l ' ennesimo dei filosofi italiani, dei cultori d'una prassi filosofica, più meridionale o addirittura napoletana che italiana, iniziatasi nel Settecento con Vico e giunta, tramite Pietro Giannone, Vincenzo Cuoco e altri, a dominare con Gentile e Croce ( en­ trambi esordirono con studi vichiani) . Se questa è la nota che distingue la filosofia italiana, in che consiste tale filosofia? Data l' identificazione della filosofia continentale con la metafisica e l ' appartenenza, perfino osten­ tata, dell' Italia filosofica al Continente, forse la risposta ti risulterà un p o ' strana. Si tratta infatti d'un qualcosa di per sé antimetafisico come lo "storicismo". Che cos ' è questo ismo in cui rientra anche Gianni? Beh, per dirla col suo padre putativo riconosciuto tale anche all' estero, Vico : rite­ nere che "natura di cose altro non è che nascimento di esse in certi tempi". Mentre per un "positi vista" - o fan sfegatato della scienza che non fa trop­ pa autocritica - del Cinquecento come Niccolò Tartaglia, la scienza o "il sapere non è altro, che intendere per demostratione", per uno storicista, la "nuova scienza", come recita il titolo dell' opera principe di Vico, è "arte critica" verso tutto ciò passibile di critica intesa quale storicizzazione o relativizzazione a un certo spaziotempo umano (Rorty parla di "finitezza del proprio tempo e luogo"); a una certa condizione antropologica, causa ed effetto del fenomeno sotto analisi. Scienza, "nuova" perché ancora non adeguatamente svolta, sarebbe riportare ogni cosa ritenuta Cosa (ente me­ tafisica o immutabile) alla "storia dell'umane idee" . Da Vico si giungerà, con Gianni - o meglio : con Nietzsche e, prima, col sempre troppo poco considerato Hume - a passare al vaglio di questa scienza anche quanto precedentemente ritenuto inamovibile (ma pure un Croce chiosava: "E che cos ' è l' individualità contrassegnata dal nome se non un accozzo di sillabe?") : il Soggetto, la Verità ecc. e s ' avranno, per conseguenza, pub16

blicazioni che vanno da A. Moro, Breve storia del verbo essere a R. Mu­ chembled, L 'orgasmo e l 'Occidente. Storia del piacere dal Rinascimento a oggi, a J.-C. Kaufmann, Corpi di donna, sguardi d 'uomo. Sociologia del seno nudo , passando per le storie dei "giovani", della "morte", del "paesaggio", del "gusto" (i Neanderthal sentivano molto l ' amaro . . . ), del­ la "bugia", della "paura", dell ' "idea di Europa", della "matematica", delle "relazioni internazionali", delle "epidemie", del "duello", delle "immagi­ ni", della "famiglia", del ''tè", del "paradiso", dell"'opinione pubblica", del "mal di vivere", della "follia", della "prigione", del "Mediterraneo", del "diavolo", dell ' "avvenire", della "luce", del "nulla" . . . oltre che, natu­ ralmente, della "storia". Viceversa, ritenere ogni cosa Cosa è restar fermi - e ciechi - in quella che Vico chiama polemicamente "boria". Filosofia, insomma, consiste­ rebbe nello smontare (e con che cosa però se non con una qualche "de­ mostratione" che così, in certa misura, ci riporta alla definizione di Tarta­ glia?) questa universale, in ogni cultura e individuo ad essa appartenente, boria. "I vocaboli sono mortali quanto gli uomini", scriverà Rorty. Così si sarebbe a posto e l ' Italia - con lo storicismo - libera da ogni metafisica. Invece no . Vico, oltre alla storicista, mantiene anche una per­ centuale pesante di metafisica. È quella ch'oggi si considera, pensando ad Hegel a Marx o a Cristo, "filosofia della storia". Per Hegel, Marx e Cristo la storia - la vicenda umana a cui questi antropocentrici riducono anche la planetaria ! - avrebbe un percorso segnato, sia esso quello dello Spirito, del Comunismo o della Resurrezione dei vivi e dei morti. Vico parlava di "storia ideai eterna sopra la quale corron in tempo le storie di tutte le na­ zioni ne ' loro sorgimenti, progressi, stati, decadenze e fini". Gli hegeliani Gentile e Croce (che pur non vuole, chissà perché, forse perché condu­ ceva anche l ' attività di storico . . . non vuoi esser considerato un "filosofo della storia", anzi . . . ) ci obnubilavano col loro Spirito o , per lor signori faceva lo stesso, con la loro Logica (che "Spirito" fosse anche il cognome d'un famoso, ai tempi, spiritualista gentiliano - di nome Ugo come poi il ragionier Fantozzi - sarà per la notoria ironia della sorte . . . ). Così, l ' Italia invece di sviluppare antimetafisicamente lo storicismo di Vico, è rimasta con Gentile e Croce alla filosofia come "scienza prima" di aristotelica me­ moria. L' Italia che avrebbe avuto, quale tradizione antimetafisica, anche la galileiana, presagita dalla leonardesca . . . E proprio nel giustificazionismo, provvidenzialismo o filosofia o lo­ gica della storia di Gentile e Croce sta, vedremo , buona parte del torto di Gianni . 17

A scanso d ' equivoci nei confronti di quelle che Gadamer chiamava "pre-comprensioni" e tre o quattro secoli prima Francis Bacon, in latino , idola ossia pregiudizi - voglio precisarti che con "filosofia della storia" a giro per il mondo s ' intende grosso modo : l) quello che intenderemo noi qui, e cioè la fede in un fine, uno scopo, un ordine complessivo del tutto; ma anche e più alla lettera: 2) una riflessione filosofica sulla storia o divenire a prescindere da ogni credenza in scopi, ordinamenti ecc. Mi raccomando : non facciamo diatribe inutili quando si tratta solo d' inten­ dersi tra queste due opposte accezioni ! Noi conveniamo d' attenerci alla prima. Ok?

Vade retro, Heidegger!

Mettere in ridicolo Heidegger -l ' intellettuale la cui diagnosi del No­ vecento trova paragoni solo nei pronostici col pendolino del povero Mau­ rizio Mosca t 3/4/20 1 0 - è più facile, ma anche più amaro, di quanto lo fu per Schopenhauer - uno dei pochi continentali che è possibile leggere - mettere, ad inizio Ottocento , in ridicolo Hegel. Più amaro perché Hei­ degger, oltre a scrivere in uno stile religioso, dogmatico, incomprensibile - verificalo ! prendi uno per strada e fagli leggere qualcosa (tradotto) di Heidegger e qualcosa di Gianni e poi prendine un altro e un altro . . . vedrai se la stragrande maggioranza non capisce più Gianni che Heidegger! - ha anche adottato un comportamento fanatico, aderendo al nazismo . Tra i filosofi del Novecento che università ed editori hanno voluto importanti, non ne conosco uno condannabile quanto Heidegger. Se tutto ciò che può un uomo è fare e dire e Heidegger va condannato sia per quello che ha detto - avendo detto cose incomprensibili - sia per quello che ha fatto - avendo aderito al nazismo (oltre che al cristianesimo) - Heidegger va condannato completamente. Va ignorato . Non c ' è un motivo pel quale dovremmo occuparcene diverso dal perpetuare una tradizione impostaci. Ho citato Heidegger perché Gianni se ne occupa molto, troppo, e noi ci occupiamo, un poco, di Gianni; ma ce ne occupiamo per introdurci alla filosofia, non per altro ; quindi possiamo prescindere da ciò di cui s' è occupato lui. Possiamo e dobbiamo ; perché così abbiamo più tempo e un ' attenzione meno distolta. Inoltre, Heidegger scrive in tedesco e ancora nessuno ci ha fornito una giustificazione filosoficamente accettabile per la quale dovremmo studiare il tedesco prima della filosofia. Gianni stesso, del resto, ci autorizza a questo atteggiamento . In uno dei 18

suoi agili e densi libri - La fine della modernità, del l 9 8 5 , l ' anno di End on End dei Rites of Spring - scrive (l ' editore di riferimento per Gianni è Garzanti, che nel ' 3 9 acquistò Treves, il più importante editore italiano tra Otto e Novecento, costretto a chiudere dalle leggi razziali fasciste; e che nel 2005 , col mondo ancora in preda alla New economy, confluì nel Grup­ po editoriale Mauri Spagnol , di cui fa parte Messaggerie Italiane S .p.A., proprietaria di IB S): "il post-modemo si caratterizza come dissoluzione della categoria del nuovo, come esperienza di 'fine della storia' , piuttosto che come presentarsi di uno stadio diverso , più progredito o regredito, non importa, della storia stessa". Che cosa significhi "post-modemo" per ora non ci interessa - nella vita quotidiana siamo abituati a fare come se zone d' ombra non ci fossero quando invece sappiamo bene che ci sono eccome; bisogna abituarcisi in certa misura anche in filosofia. Concentriamoci sul resto . Gianni ci sta suggerendo, quale filosofia, che lui considererà "postmodema", una concezione per cui la "categoria del nuovo" non conta. Ci sta dicendo : la diversità non importa, perché è soltanto diversità; ogni cosa può essere, al massimo, diversa da ogni altra; ma con ciò ogni cosa è uguale ad ogni altra nel senso che provoca lo stesso effetto di ogni altra: al massimo, diversità. Le cose risultano dunque interscambiabili. E la storia finisce perché ciò che la costituisce - le cose - non è distinguibile, qualificabile, quantificabile se non come distinzione, qualità e quantità fine a se stesse; cioè, per quanto riguarda la storia o l ' insieme delle cose che si danno, se ciò che la costituisce è indifferente, anch ' essa non avrà identità alcuna. Ebbene, aggiungo io, se finisce la storia nel senso che il nuovo non fa più effetto, ciò varrà anche pel vecchio e il vecchio sarà interscambiabile col nuovo, una cosa varrà l ' altra. Ma Heidegger è vecchio, è tradizione, tanto che è stato il maestro putativo di Gianni, tradizione a sua volta, per noi; e considerare Heidegger un filosofo e un grande filosofo, anche questo è tradizione; e imparare il tedesco per poi filosofare è pure tradizione. Quindi noi, liberi dalla storia grazie alla storia, liberi da ogni connessione presunta naturale tra le cose, siamo liberi di scegliere una cosa qualunque - anche se non siamo liberi di non scegliere nessuna cosa e siccome le cose si trovano nella storia, in ciò che è dato indipendentemente da noi e che possiamo casomai far dipendere da noi solo dopo aver dipeso da lui, non siamo liberi dalla storia e la storia non è finita. Libero, dunque, io faccio la scelta di non scegliere Heidegger. Per di più l 'ho giustificata questa scelta - benché la "fine della storia" non lo richiederebbe. E, inve­ ce del tedesco, invece d'Heidegger, scelgo l ' italiano - che mi s ' è imposto 19

essendo nato in Italia; e Gianni scelgo - che mi s ' è imposto filosofando in Italia oggi . _ _ _

e Hegel

Kant - secondo l ' educazione impartitami il filosofo più importante della tradizione occidentale subentrata alla greco-romana - Kant rispetto ai filosofi che l 'hanno preceduto, dei quali ti cito quelli con l ' opere che si smerciano in edicola - Descartes, Hobbes, Pascal, Locke, Leibniz, Hume, Rousseau - Kant adottò uno stile strapesante da leggersi (ho dovuto fame esperienza in traduzione, a questo non ce l ' ho fatta a ribellarmi . . . ), con annesso idiosincratico vocabolario. Anche per un tedesco, ci scommetto, Kant parla in una maniera troppo autistica. Al confronto, Descartes per un francese o Hume per uno scozzese saranno dei novellieri. Ma allora, se lo scopo è far filosofia, perché, se si può far filosofia con Descartes e Hume, perché leggere Kant? Perché il più difficile è sintomo del più importante? Fosse pure così, per noi si tratta di far filosofia e con Descartes e Hume lo raggiungiamo in ogni caso quest' obiettivo - col vantaggio di non dover imparare vocabolari stravaganti e ingarbugliarsi in ragionamenti contorti. Inoltre, essendoci noi mossi da Gianni e dalla "fine della storia", Kant non può, a priori, dire qualche cosa più importante di Descartes e Hume. Può , al massimo, dire qualche cosa di diverso ; ma riducendosi al diverso , l 'una cosa vale l ' altra. Ti sconsiglio allora pure Kant? Non perentoriamente come Heidegger. Anche per lo stile vale quanto dimostrato da Darwin : la gradualità. Kant ti farà sudare ma qualche cosa ci capirai e n'otterrai. Da escludere sono quei recordmen dello stile incomprensibile che dall ' Ot­ tocento in poi hanno gareggiato con Kant, superandolo ampiamente in questa antisociale e irresponsabile pratica che non poco avrà contribuito ali ' odierna antisociale e irresponsabile società: almeno quella dei diparti­ menti di filosofia . . . Il maggiore di costoro - giustiziato da Schopenhauer, però censurato o non seguito dal sistema università/editori - è Hegel. He­ gel, non Kant, è il padre dello stile continentale . In Kant qualcosa ancora ci si capisce, qualche scrupolo pedagogico rimane, e quindi i continentali, privi d' ogni scrupolo del genere, non possono essersi generati diretta­ mente da lui. Nel grembo d'Hegel - di uno che considerava la Logica, la scienza dell 'Idea in sé e per sé; la Filosofia della Natura, come la scien­ za dell 'Idea nel suo alienarsi da sé; la Filosofia dello Spirito, come la scienza del/ 'Idea, che dal suo alienamento ritorna in sé - si ha integrale lo spazio per tutta la figliolanza dei continentali , si dichiarino essi pure 20

antihegeliani e s ' azzuffino pure l'un l ' altro . Heidegger è il principale he­ geliano ; no, forse è Derrida; bella lotta ! L' establishment quando discute se sia filosofo maggiore Heidegger o Derrida, discute se la palma dello stile hegeliano più incorreggibile spetti al primo o al secondo. E gli altri maestri di Gianni? Adorno, Habermas . . . Hanno detto qualcosa di diverso l 'uno dall' altro? Boh. Io non ho capito né che cosa ha detto l 'uno né che cosa ha detto l ' altro . C ' è differenza tra borborigmi? Mi chiedessero la dif­ ferenza tra Heidegger e Derrida risponderei che per Heidegger: wxzuytp­ pddh:augh; invece per Derrida: non solo wxzuytppddh:augh, ma anche, sviluppo della massima importanza! , tpqwllllswsnbvc . In molti - non in Italia, comandando il buon Gianni, il buon Mauri­ zio . . . - hanno fatto delle critiche del genere ad Hegel, Heidegger, Der­ rida; solo che per reazione, nel tentativo d ' ottenere l ' opposto, hanno ot­ tenuto lo stesso. Si tratta, l 'hai capito, degli analitici. Degli analitici, se non conosci la logica, e siccome anche di queste ce ne sono tante, la specifica logica che ciascuno di loro usa e se, prima d' occuparti di logica, passi degli anni a filosofare su questo o su quello - degli analitici non potrai legger niente. Ti sdegnerai quando Carnap - ancora un tedesco? Sì perché pure lo stile analitico ha radici austro-tedesche, per quanto avvi­ vatesi dapprima e sviluppatesi poi in ambiente anglosassone - all' inizio di Significato e necessità (opera tradotta, decenni dopo la sua uscita negli USA a metà Novecento , per interessamento di A Pasquinelli, fra i pochi a promuovere in Italia la cosiddetta ''filosofia della scienza", spesso iden­ tificatasi purtroppo con lo stile analitico) t' annuncia: "In questo capitolo verrà sviluppato un metodo di analisi semantica del significato; esso verrà applicato a quelle espressioni del sistema semantico S cui diamo il nome di designatori, intendendo , con tale termine, proposizioni (dichiarative), espressioni individuali (sia costanti individuali, sia descrizioni individua­ li) e predicatori (costanti predicative o espressioni predicative composte, incluse le espressioni astratte)". Ti ci sdegni qui perché tu vorresti far filo­ sofia e invece Carnap , d ' accordo con Euclide, ti chiede d' accettare troppo passivamente troppe regole di sua invenzione basandoti sulle quali poi forse un giorno . . . "Assumiamo ! " - così inizia ogni discorso matematico . E se per una ragione o per l ' altra, o senza ragioni del tutto, non voglio "assumere"? E se però quelli che "assumono", e che assumono certe cose anziché altre o che assumono in un certo modo anziché in un altro, se poi quelli mi fanno un mazzo così perché con la matematica le bombe le medicine . . . ecc. ? 21

... e Derrida Come Gianni esprime in termini comprensibili ciò che lui ritiene ab­ bia detto il suo maestro putativo Heidegger, così Maurizio esprime in termini comprensibili ciò che lui ritiene abbia detto il suo maestro puta­ tivo Derrida. E far l ' interprete d'Heidegger o Derrida è come far la don­ na delle pulizie in un set di Kusturica! Ora: volessi entrare nell' ambito di quello che ha detto Derrida, leggerò Maurizio e non Derrida. Perché Maurizio è leggibile e Derrida no (potremmo addirittura sostenere che Derrida ha ispirato Maurizio a dir certe cose ma che non è stato lui a dirle o pensarle ! ) . Ancora - fai la prova in strada! Ma poi, perché interessarsi a Derrida? Solo perché la società attuale lo ritiene un gran filosofo? Do­ vremmo interessarcene se fosse impossibile far filosofia altrimenti; anche se forse in questo caso potremmo tutto sommato disinteressarci della fi­ losofia . . . Oppure se dovessimo prendere una certa laurea o insegnare in certe università. Per il resto, è possibile far filosofia partendo, ad esempio, da Maurizio, e allora io ti segnalo questa seconda via che ti fa risparmiare tempo e fatiche inutili - all ' interno delle quali dico io rientra pure, se lo scopo è filosofare, impicciarsi di logiche e lingue straniere. Mi faccio la vita facile? M ' accusi di farmi la vita facile? No, dai ! Come se vivere non fosse abbastanza difficile anche senza filosofia ! Come se le difficoltà poste anche da Maurizio non fossero abbastanza difficili ! Inoltre, Gianni ha edito nel 2009 - presso Meltemi, che dal 2007 pubblica le sue opere complete - un volumetto intitolato (titolo dejà-vu nell' Ottocento , ma la­ sciamo andare . ) A ddio alla verità, intendendo, con ciò, che al mondo non si danno mai cose, situazioni, stati assoluti, definitivi, stragarantiti, ma che tutto può e deve venir inteso secondo vastissimi, tendenti all ' in­ finito, spettri di prospettive, gamme di modalità, bazar di convenzioni. E dopo aver inteso qualcosa in un certo modo, bisogna pure star pronti a che questo modo - e con esso il qualcosa che esprime - cambi, riveli altri aspetti, presenti ulteriori dimensioni, usi, significati; e noi con esso ! Questo io non te l ' argomento; non ci filosofo, per ora; ti dico solo che s ' è sforzato di promuover! o Gianni. E a partire da un simile promuo­ vere, filosofo io - concludendo che se Gianni è autorizzato a dire addio alla verità, noi siamo autorizzarti a dire addio a Derrida quale filosofo imprescindibile. Se non lo fossimo, questa sarebbe una verità, qualcosa d' incontrovertibile, una prigione . Ah: nel 2009 niente di che; il rock, esauritosi ad inizio anni Novanta, non ha avuto ancora rimpiazzo . . . Io non mi ci sono dedicato a questa missione perché - e te la sconsiglio per .

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lo stesso motivo - non considero la musica popolare arte come invece, ad esempio, di Giovanni Fattori, Soldati .francesi del '59... Se non si smette di leggere Derrida, nelle librerie si continua a trovare Derrida; e filosofia risulta, in uno dei due sensi del termine, l ' altro è il suo opposto , ciò che si trova negli scaffali di librerie e biblioteche sotto il nome di filosofia. Se i miei libri non ci si trovano io non sono un filosofo o lo sono unicamente nell' altro senso del termine per cui filosofo risulta chi contesta da esterno i filosofi socialmente riconosciuti . . . Se non si smette di cliccare Derrida, su Internet si continua a trovare Derrida. Ora però, siccome Derrida è illeggibile e se fosse leggibile comunque non direbbe, per sua stessa ammissione, voglio augurargli, niente - la gente non com­ pra Derrida per leggerlo. Lo compra e lo clicca per dire d' averlo comprato e cliccato . Perché s ' è ingenerata questa prassi qui . Lo stesso d' altronde vale anche per chi illeggibile non è ma è classico: i borghesi comprano, (e lo sanno ! ) e ci sono - con che faccia tosta ! , ma è questo la borghesia: faccia tosta - articoli di giornale in proposito, comprano i borghesi i libri non per leggerli ma per dire d' averli comprati e collezionarli, i libri che inquinano e occupano spazio e cadono su teste e piedi. Il borghese non legge - non ha tempo né silenzio e non gli serve a nulla, tanto comunque vada sempre borghese, sempre tutelato resterà; il borghese, si ripete da secoli , compra. E compra quello che altri - ancora borghesi: professori, editori, giornalisti - gli dicono di comprare. In quanto illeggibili e insigni­ ficanti, e quindi inutili, Derrida e simili - fra cui un autentico fuoriclasse che risponde al nome di monsieur Emmanuel Lévinas - sono il non plus ultra della borghesia. Non servono a niente e se ne vantano. Hanno la fun­ zione di quei libri finti, bianchi dentro, che i ricconi , si dice, voglion nei loro salotti . Servono alla rappresentanza di chi è di rappresentanza - e che pure non è ologramm atico sennò non creerebbe così tanto inquinamento . Derrida servirebbe per dire che anche noi nel Duemila abbiamo in Europa un gran filosofo - 70 volumi e passa. Il problema, vedi, è tutto qui - Gianni lo chiama, con una sfilza di predecessori, "retorica" . Io certo non sono (riconosciuto essere) nessuno . Non ho abbastanza potere, popolarità ecc. per convincerti a non leggere Derrida. E Gianni ritiene - mi pare, o comunque : metti lo ritenga - che non c ' è altro all ' infuori del potere e del convincere per far assumere a una persona un atteggiamento, un essere o il contrario; così come per far essere un atteggiamento o atteggiare un essere non c ' è altro . . . E questo ­ l ' auctoritas, non veritas facit legem del vecchio Hobbes il quale però da qualche parte la Verità ce la metteva - vale anche in filosofia dove pure ci 23

sono dei potenti - ogni filosofo riconosciuto tale lo è - fra cui, oggi, Der­ rida. Ma come son diventati potenti? Convincendo o imponendosi per tut­ ta una serie di situazioni non filosofiche. Ad esempio, siccome al tempo x nel luogo y non c ' erano - o non si voleva che ci fossero - differenti libri da leggere, allora bisognava leggere quelli di coloro che in questo modo diventavano via via potenti. Per la vita vale quanto certi trattati del Sei­ cento citati da N. Elias nella sua famosa omonima opera, attribuivano alle "buone maniere": non esistono regole assolute - ci vorrebbe, per queste, il fondamento d'una realtà assoluta- e tutto dipende soltanto dal consen­ so d'un certo numero di persone educate in un certo modo le cui orecchie sono assuefatte a certi modi di parlare, a preferirli ad altri; così, il modo in cui gli uomini motivano il perché questo comportamento o uso a tavola sia migliore d'un altro non si distingue in pratica né soprattutto, aggiunge Gianni, in teoria, dal modo in cui motivano il perché questa espressione linguistica, questo concetto filosofia scienza atto Stato stato [sic] sia mi­ gliore di quella. Maleducazione ci vuole quindi per cambiare, se si vuole, un poco l' educazione ! E sarò maleducato ! Bestemmierò ! Derrida, tecnico tecnico com'è, né bestemmia né può esser maleducato, perché sennò non sarebbe tecnico tecnico com'è . . . E qui risiede un problema non da poco . Il problema, anzi , è tutto qui . . . Senza bisogno di lasciarsi convincere, per ripicca, da chi potente non è - nemmeno Gianni lo vuole un simile eccesso "relativistico", come lo considera - ti propongo, a mo' di bestemmia, maleducazione, o di quella che il vip Foucault chiamava "controcondotta", di filosofare, pur parten­ do da qualcheduno (il nostro Gianni . . . ), senza farci convincere, persua­ dere ecc . da chicchessia, Gianni in primis, coi sui consigli su auctoritas, classici ecc. Affare dei classici o dei libri da leggere che ci porta in pieno filosofare ermeneutico. Io dico - sì lo so, Vieni avanti cretino è un film dell ' 82 con Lino Banfi - che Heidegger, Hegel, Derrida posseggono , al massimo, una sbalorditiva abilità, ma fine a se stessa quanto quella di cer­ ti polifonisti fiamminghi quattrocenteschi ipertecnici del contrappunto . Gianni faccio finta che m ' obietti : ma altro non c ' è ! Non risulta ! Se non sbalorditive abilità fine a se stesse o qualcosa di simile ! Cercherò allora di proporti delle ragioni per scale valoriali che non abbiano né il difetto essenzialistico ( credere a essenze immutabili) della metafisica tradi­ zionale che aveva per pendant biologico il fissismo ; né quello scettico o nichilistico di un' ermeneutica come la giannettiana che non consente di muovere un passo oltre l ' interpretazione, la retorica e il potere della tradizione, tanto riconosciuto quale storico e relativo, quanto assunto e =

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accettato in mancanza d' alternative a loro volta non radicalmente stori­ che e relative (non però troppo relative, desidera si precisi Gianni : per­ ché almeno una storia, un potere, una retorica si danno . . . ). Mi spingo anche oltre, e ti dico : che importa, poi, se un giorno venisse qualcuno a dimostrarmi che io ho cercato di dir cose le quali, senza che io me ne sia accorto , ha già detto a suo tempo e più estesamente un Derrida? Sarebbe uguale a dire che siccome tutti viviamo, allora non importa la maniera in CUI Sl VIVe . . . .

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t' ' ma zn szmpa,za,

Leggere una pagina di Hegel, Heidegger o Derrida è peggio che pi­ gliarsi in testa una secchiata di . . . merda, direbbe Dante; o peggio che ascoltare un album di Captain Beefheart t 17/12/2010 . . . Hai voglia poi a rappresentarteli tipo Armata Brancaleone - Heidegger nei panni di Ca­ therine Spaak: Heidegger nei panni di Catherine Spaak anche quando canta e balla L 'esercito del surf'. E canta e balla L 'esercito del swfmentre pronuncia, da neorettore dell 'Università di Friburgo, il discorsone filo­ nazista L 'autoaffelmazione del! 'università tedesca . . . O tipo A mici miei! Impossibile non rilasciare a Derrida il copyright della "supercàzzola" . . . E questo giusto per ricordare Monicelli t 2911112010 . . . Che io mi dia del simpatico da solo, ti risulterà antipatico; dovresti ca­ somai essere tu a darmelo. Ma io e tu sono categorie che vanno e vengono a seconda della storia e del linguaggio d'un popolo e allora posso far quel che mi pare, tanto da questa storia e da questo linguaggio o da una storia e un linguaggio non scappo ! Potrei risponderti così. Sarebbe una risposta alla Gianni. Ma a parte questo, per "simpatia" qui intendo: l) approcciare la filosofia in maniera giocosa, viva, amara; ché l'amarezza, il gioco e la vita se la portano sempre dietro ; 2) indicare, in accordo con l ' etimologia greca del termine, una partecipazione esistenziale alla tombola filosofica - non render filosofica la vita (ch'è quello che pretendono i filosofi della storia, col rischio di due eccessi opposti derivanti da l la presunta coinci­ denza di reale e ideale : il fanatismo o il menefreghismo politico) ma viva la filosofia; 3) far riferimento ali ' effetto dell ' inchiostro simpatico il quale appare e scompare: il mio discorso dovrebbe svanire quando il nichilismo di Gianni serve per controbattere il fondamentalismo di turno e riapparire quando questo stesso nichilismo, rimasto da solo in campo, finisce per sterilizzarsi o approdare a qualche tentativo perverso di suo superamento - o, siccome Gianni per motivi legati alla postmoderna e postmetafisica 25

"fine della storia" non vuole "superare" e "oltrepassare", diciamo pure "qualificazione". Siamo di nuovo insomma al noto ada g io, di genia ellenistica se non socratica, del Tractatus di Wittgenstein - la risposta analitica ad Heideg­ ger nel gotha dei filosofi novecenteschi, tanto che per i continentali il primo filosofo del Novecento è Heidegger, per gli analitici Wittgenstein, e per gruppi intermedi questi due messi insieme che direbbero (Gianni con Apel è di tale avviso) ognuno a suo modo le stesse cose ! - per cui "la filosofia non è una dottrina bensì un ' attività". E in quegli stessi anni, fra i Dieci e i Venti, sembra averlo sostenuto questo , nel suo neohegelismo, anche Gentile, l ' intellettuale le cui decisioni oggi in Italia sono più in­ versamente proporzionali alla nulla conoscenza che se ne conserva: "Lo spirito non è più intelletto, ma volontà"; l "'idea", di contro a Platone, non è mai fatto - a cui, come "già pensato" e quindi non "attività pen­ sante", viene ricondotta la povera Natura rispetto all ' attivo Spirito - ma atto (Hegel aveva parlato di processo). L"'Essere" sbarrato di Heidegger (''Essere") equivale al gentiliano "Spirito" come "negazione dell ' Essere" e cioè "farsi , in quanto pensare" - con un rivolgimento rispetto a millenni di platonismo o filosofia intesa quale "contemplazione". Va anche detto che questo antiplatonismo o attualismo o pragmatismo o come vuoi chia­ marlo , mentre di Wittgenstein ha fatto un giardiniere e un architetto, di Gentile e Heidegger ha fatto un fascista e un nazista. Inoltre, lo dico in simpatia "Vade retro Heidegger, Hegel, Derrida ! " perché spero di sbagliarmi. Che lo stile d'Heidegger, Hegel, Derrida da una parte e dei logici dall' altra sia comprensibilissimo, spero, e che lo stu­ pido sia io, e che tutti costoro propongano , ciascuno a suo modo, dell' ef­ fettive filosofie dalle quali il mondo trarrà tutto il vantaggio possibile. Viceversa, se ho ragione, il mondo, almeno il filosofico (ma con quante conseguenze per tutto il resto ! ) ha perso due secoli di tempo, s ' è smarrito per due secoli in canti liturgici e vocalizzi alleluiatici, innodie, salmodie, scambiando la filosofia con Heidegger, Hegel , Derrida e i logici . Ma chi lo decide se ho ragione o torto? Tu, ad esempio - e la tua esperienza di vita. Se affrontando Heidegger, Hegel, Derrida e i logici ti troverai male e non riuscirai a filosofare, o anche ad ottenere una qualche soddisfazione nella vita, potrai supporre che avevo ragione io . Se invece farai l' espe­ rienza contraria, se la tua vita a causa del mio metodo non sarà un gran­ ché, rimpiangerai Heidegger, Hegel, Derrida e i logici. Inoltre, i posteri - il giudice Santi Licheri di Forum essendo deceduto in data 4/4/20 l O - lo decideranno se ho ragione o torto . Per farglielo decidere però a questi, 26

bisogna mi faccia sentire da loro, bisogna sia già un poco loro - e come faccio se comandano Heidegger, Hegel, Derrida e i logici? Beh, inizian­ do da te. Questo , la scuola, è ciò che posso - finché non mi rinchiudono censurano o simili. Tu ascoltando me, non ascolti , finché m ' ascolti e per quel che so iso/armi, liberarmi ecc. , Heidegger, Hegel , Derrida e i logici. È già qualcosa. È già un farsi d'un mio spazio . Ma attenzione ! Achtung! Warning! Canti liturgici e vocalizzi alleluiatici, innodie, salmodie ecc. Gianni propone che siano tutto ciò che possiamo dire e fare della e nella vita: immaginati il responsorio; il sacerdote recita la preghiera e la massa dei fedeli ripete le sole parole di chiusura. Ogni cosa sarebbe soltanto un Credo, un atto di fede a cui, da una parte, per la convivenza civile e per avere anche un mondo da cui muovere per filosofare, non possiamo non aderire e dall ' altra, però, quando si fa filosofia esponendoci nel se­ condo senso che s ' è detto , non si può troppo a babbo morto aderire ! È il noto "circolo ermeneutico" heidegger-gadameriano consistente nell'esser noi, e tutti, per metà "gettati" in un mondo nostro malgrado e per metà "progetto", costitutiva alterazione, interpretazione dell ' iniziale inevitabi­ le "gettatezza" o, diciamo meglio, storicità, fisiologia, contingenza quale unica necessità ecc. Quello che t'ho detto "in simpatia" per la filosofia, potrei dirtelo an­ che per la poesia, la prosa, la pittura . . . Nella poesia italiana novecentesca ci sono hegelohaideggerderridaiani : religiosi che non val la pena leggere perché tanto non ci si capisce niente e non ci si capisce niente perché non hanno nulla da dire; gente che casca sui suoi stessi passi e prova a far cadere anche te . Purtroppo sono, manco a dirlo, la maggior parte dei poeti dell 'ultimo secolo . I loro capofila? Ungaretti e Luzi . Ci sono anche quel­ li considerabili più propriamente poeti, che scrivono versi perché hanno qualcosa d' importante da dire e lo dicono facendosi intendere. Il maestro di costoro sarebbe Montale . . . Dico sarebbe perché non so se posso usare il plurale, non so se, almeno tra i più sponsorizzati e reperibili in biblio­ teche ecc . , oltre a Montale ci sia qualchedun altro . . . Sbarbaro è venuto prima di Montale . . . Comunque non mi lamento. In un secolo un poeta come Montale (e specie in letteratura t' invito a leggere esclusivamente autori della tua lingua madre, ond' evitare il problemaccio filosofico della traduzione, sia tu o siano altri a eseguirla; e nel tentativo di differenziarti dal pecorume dei traduttori fai-da-te che quando sanno una lingua extra sembra abbiano raggiunto solo per questo la comprensione d' ogni cosa espressa a mezzo di quella lingua. . . e dal pecorume, soprattutto, di let­ tori di traduzioni . . . attività borghese irresponsabile e italiana quant' altre 27

mai . . . ) un poeta come Montale, dicevo , forse basta; molt' altri secoli non ce l 'hanno mica avuto . . . Ma ecco , dimenticavo, un ' altra battuta, sem­ pre in simpatia, si capisce . . . Se H egei, Heidegger e Derrida mangiavano come parlavano, non avrei voluto esser loro vicino di posto ! . . . Chissà che rutti scaracchi e flatulenze ! Non fa ridere granché? . . . Pazienza . . . Basta tu faccia attenzione, A chtung! Che quando dico H egei, Heidegger, Derrida o anche Gianni o qualunque nome proprio riporti qui, non intendo persone fisiche, giuridiche, biografiche. Per me son bandiere che sventolo o stral­ cio, calpesto - non altro, eh, mi raccomando ! Così come bandiera d'una considerazione o affare filosofico e solo come bandiera, devi intendere ogni fenomeno storico che cito e magari insulto : non insulto la storia, che nei particolari non m' interessa, e i nomi sono dei fenomeni sempre parti­ colari, ma il concetto , la filosofia che ci vedo ! Hai capito? Te lo ricorderai? Riuscirai a non fame una questione personale cioè penale? Poi non dire che non t ' avevo avvertito e sopratutto non dire, please, che l' "io" di cui mi servo sia un io biografico ! . . . Sennò, scusa, sei stolto per davvero . . .

Ermeneutic a come nichilismo e nichilismo come ermeneutica

Devo confessarti d ' aver letto Nietzsche. D ' aver letto Nietzsche in tra­ duzione. Parlo utilizzando l ' io non perché m ' affidi troppo al condizio­ namento della biografia sul pensiero , o tantomeno perché m' affidi all ' i o come categoria, m a per esprimere l a posizione che attribuisco a Gianni e per la quale se - perlopiù mi permetto d' aggiungere - non ci sono fatti ma solo interpretazioni o, per dirla con ! "'attualismo" gentiliano, non "fatti" ma "farsi" 1 , allora a filosofare abbiamo individui quali interpreti di cul­ ture e ogni filosofia è come un individuo che interpreta la propria cultura mentre gli altri la subiscono e basta. Insomma: se non si mette in evidenza l ' io, si potrebbe dar l ' impressione di ricercare una inesistente meta-indi­ vidualità, meta-storicità, meta-contingenzialità o meta-culturalità; hai ca­ pito no? Ho letto, dicevo, Nietzsche in traduzione quando gli altri filosofi che la mia tradizionaccia mi presentava, mi risultavano illeggibili per un motivo o per l ' altro ; perché non filosofi, perché religiosi, perché logici. E 1

Gianni, nell ' annuario per Laterza Filosofia '8 7, pubblicò - non so quanto memore

di Gentile dato che il riferimento primo risulta Foucault, quello storicista che ha cercato di mettere in pratica, portando degli esempi in cui consistono i suoi farraginosi libroni, il nicciano filosofare genealogico - un testo intitolato Verso un 'antologia dell 'attuali­ tà.

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l 'ho letto con rabbia: sia perché si trattava d'una traduzione e quindi d'un sovraccarico di tradizione; sia perché si trattava per me dell 'unico rifu­ gio - una forma letteraria con deciso contenuto filosofico : questo scatena il mio leggere e interpretare; sia infine perché Nietzsche è gettonatissi­ mo : e il pubblico svilisce, sovraccarica quella tradizione che comunque a un qualche grado è per ognuno ineliminabile. Avendo letto Nietzsche - anche grazie al fine colore giallo paglierino delle edizioni Adelphi, con quelle pagine in carta sugosa e lo scritto grande - Gianni non m'ha detto nulla di nuovo. Se leggi Nietzsche in maniera simile a come l 'ho letto io - senza leggere cioè le sue opere più famose e anche per questo equi­ voche, troppo cariche di condizionamenti, della gentaglia che nel tempo l ' ha lette : La nascita della tragedia, Così parlò Zarathustra e La volontà di potenza - dico che Gianni praticamente, per la tua esistenza nella prassi filosofica, non ti sorprenderà punto, riservandoti qualcosa solo per ciò che pratico non è (l ' erudizione, magari). Gianni ha però il vantaggio decisivo di potersi leggere in originale. Disinteressandoci di Nietzsche, si può tirar fuori tutta una filosofia dal suo Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961 -2000 (Garzanti, 2000, l ' anno di Yesterday Was Dramatic Today Is Ok dei Mum, robetta). Purtroppo però ho letto Nietzsche e allora, anche se l'ho letto in traduzione, Gianni mi risulta falso o , come si diceva ai tempi del rock, de­ rivativo. Tu non commettere il mio errore. Non leggere Nietzsche. Leggi direttamente Gianni, cassa Nietzsche e avrai una filosofia viva e vegeta con cui subito confrontarti, discutere ecc . Ermeneutica come nichilismo si può pure intender così. Vivere la storia dimenticandosi d'ogni storia, d' ogni precedente, presente e con­ seguente e attenersi solo all ' interpretazione di quanto non si può far a meno d' interpretare, non potendo far a meno di rapportarcisi . Nel nostro caso questo qualcosa è Gianni. Per far filosofia oggi, tolte le lingue non italiane, tolti gli stili analitico e continentale, non resta che Gianni o un altro autore italiano che consente partendo da lui un discorso filosofico sufficientemente ampio . E nichilismo è ermeneutica perché si applica, nel caso della filosofia, ai testi della tradizione negandoli - negando la priorità valoriale dell'uno sull' altro . Basta partire dall 'ultimo testo con­ siderabile filosofico che c ' è - per aver poi lo spazio o il pre-testo d' enu­ cleare tutta la filosofia possibile; o meglio, tutto il significato o il valore filosofico possibile il quale, essendo nichilisticamente assente o attivo solo come interpretazione, si dà in ogni filosofia pur che sia e che anzi risulta esser tale nella misura in cui esprime simile indifferenza e inter­ scambiabilità. 29

Il limite che però subito emerge da questo discorso - se questo è il discorso di Gianni - è che delle filosofie chiuse, come direbbe Popper in ciò stimato da Gianni, impedirebbero l ' indifferenza e l ' interscambiabilità dei discorsi filosofici arroccandosi nel proprio discorso e non ascoltando gli altri o non dando loro possibilità d'esprimersi. Quindi, per lo stesso nichilismo ermeneutico, se lo si vuol mantenere, bisogna preferire alle chiuse delle filosofie aperte. Bisogna andar oltre - cosa che non vuol far Gianni temendo di ricader nella metafisica o verità o credenza in un asso­ luto astorico e immodificabile che funge da fondamento per tutto il resto l ' indifferenza e l ' interscambiabilità; il gioco - termine caro nel Novecen­ to a tutta una tradizione: da Wittgenstein a Fink, da Huizinga a Caillois, per far nomi diffusi . . . B isogna andar oltre, dico , la paura di quella che gli analitici, in ciò vicini a Gianni, considerano, scambiandola per metafisica, "un' evidenza che non ha carattere proposizionale - un' evidenza che non consiste in qualche genere di credenza". Ed oltre, anche, il ridurre tutto a gioco . Gioco nel senso di Wittgenstein: ridurre tutto a "seguire una rego­ la, fare una comunicazione, dare un ordine, giocare una partita a scacchi". Ridurre tutto a "costumi, usi , istituzioni" - magari richiamandosi, come fanno Gianni e Rorty, al "divenire" e all ' idea come "processo" di Hegel ­ così che, aggiungo io, tra la Metafisica di Aristotele e il Galateo di Della Casa non si danno soluzioni di continuità . . . Ma attento, Wittgenstein ! - e un richiamo del genere potrebbe valere addirittura per Marx. Attento ! Se tu dici che uno ha una certa metafisica perché ha certi costumi , non puoi negare in toto a priori che, in una percentuale antropologicamente da quantificare, questo qui non abbia pure certi costumi perché con addosso, o nel biberon, una certa metafisica o ideologia - a prescindere poi che questa gli sia stata trasmessa a mezzo costumi, biberon ecc . Ed ora un primo esempiuccio di "limite" all ' interpretazione . Una delle "più belle", si diceva una volta - io preferisco qui : più ariose e al contem­ po intime e collettive - canzoni pop fu El Condor Pasa : peruviana, delle Ande, di prima della Grande Guerra, messa per iscritto da Daniel Alomia Robles nel l 9 1 3 (immaginati il Perù, nel l 9 1 3 . . . ). The Sound of Silence di Paul Simon, cinquant' anni dopo, a New York (immaginati New York, nel l 964 . . . ), fece lo stesso . Ma con addosso più magone metropolitano e meno respiro verde . Poi Simon & Gurfunkel dettero una loro versione di El Condor Pasa, unendo il magone e il verde. Non l ' annullarono però El Condor Pasa - come non l ' annullarono ben peggiori interpreti, per­ ché meno "concilianti", quali Gigliola Cinquetti o Claudio Villa. Né El Condor Pasa annullò il metropolitano di Simon & Gurfunkel o il "non30

conciliante" di Cinquetti e Villa. Corrado quando introdusse nella Canzo­ nissima del l 970 (quella, anno più anno meno, dell ' ombelico della Carrà e del relativo Tuca Tuca con Sordi) la ventitreenne Gigliola, non disse nulla del Perù, e Il condor, così fu mozzicato il brano, la gente, distratta e ignorante, l' avrà creduto provenire dall ' ispirazione di qualche rimatore borghese. E in un certo senso . . . ossia, ermeneuticamente . . . come quando si legge una cosa e si dice : ecco, l'ho sempre pensato, pur ' io, anche se non l'ho detto . . . Però , attenzione ! L'un fattore non esclude l ' altro : per aver libertà ermeneutica - per sentire proprie, ad esempio, cose scritte da altri - non è necessario un nichilismo oltranzista, ovvero abolire ogni distinzione antologica (anche se magari molte sì . . . ) . Anzi ! Se Corrado m ' avesse informato sul Perù, io avrei incrementato le mie possibilità er­ meneutiche o interpretative o d' immedesimazione o di fantasia. Perù + Borghesia. 1 9 1 3 + 1 970 ecc . Così invece ho solo borghesia, ho solo 1 970 . Fra l' altro Corrado, o chi gli scrisse la parte, non fece parola nemmeno di Simon & Gurfunkel, intermediari fra la Cinquetti e l' altrimenti, specie dall ' Italia d' allora, incommensurabile Perù.

Biblioteca della Pléiade I più grandi storici della storia? - genitivo soggettivo, oggettivo, in­ somma in tutti i sensi. Lorenzo Valla e Charles Darwin. Il primo perché ha dimostrato che, ripeteranno secoli dopo i Litfiba in El Diablo, "tutta la storia è una grassa bugia". Il secondo perché ha dimostrato che anche la bugia - se è - è una storia. La storia è una bugia perché, a prescindere da ogni fondamento o quasi - e a questo "quasi" riducendosi il fondamento disconosciuto dall' ermeneutica nichilista - vince chi la dice più grossa, divenendo fra l ' altro più grosso grazie a un simil dire. Poi, anche questa è una storia perché - esistenza a parte - esistono soltanto storie: ogni cosa - se è - è una storia: prima o là non era qual risulta adesso o qui e poi o altrove non risulterà qual risultava prima o là e risulta adesso o qui. I rimandi più recenti su tali temi? C . De Duve, Come evolve la vita. Dalle molecole alla mente simbolica ; M. Corballis, Dalla mano alla bocca. Le origini de/ linguaggio . Certo, tutto ciò implica la categoria di "tempo" ­ giustificarne l'utilizzo ecc . ; oltre che quella di "cosa" . . . ma insomma . . . (Dimenticavo: quando dico "ogni cosa" intendo ogni cosa : nell'universo ci sono anche non-cose : ad es., ed è forse l'unico esempio, la materia uni­ versale, quella terraccia o quel numero che dir si voglia, il quale riempie e costituisce tutto . Ebbene questa, almeno pel suo riempire e costituire, 31

non ha storia, non diviene, non cambia : divengono e cambiano le mo­ dalità del divenire e costituire . . . Ne riparleremo, lo so che non sei tanto convinto . . . ) . Forti dei più grandi storici della storia, l i utilizziamo per tutto quello che ci si para davanti - compreso il "davanti" stesso. Che cos ' è "davan­ ti"? Beh, se abbiamo davanti la Lessicografia della Crusca in rete, è una parola usata in un certo contesto da alcuni autori considerati dall 'Acca­ demia della Crusca - a sua volta considerata tale - autorevoli. Fra que­ sti, un frate domenicano fiorentino del Trecento (Jacopo Passavanti), un cappellano e poeta aretino del Trecento (Francesco Petrarca), un letterato certaldese suo amico, figlio di mercanti e allievo del bibliotecario e mito­ lago Paolo da Perugia e dell'astronomo Andalò del Negro (dico Giovanni Boccaccio). "Davanti", in conclusione, se abbiamo davanti la Lessicogra­ jia della Crusca in rete, è un utensile sociale toscano d' almeno settecento anni fa. E fin qui ha ragione Wittgenstein. E Gianni. Che cos ' è "davanti"? E che cos ' è la "poesia"? Beh eccoti una sorpresa - non però tale se ricordi quant ' abbiamo detto sul "gettato" da una parte e il "progetto" dal l ' altra faccia della stessa medaglia. Ti mostro come le cose non sono unicamente quello che troviamo nella storia ma anche quello che modifichiamo della storia - sennò questa sarebbe bell ' e finita ! E avrebbe ragione Gianni. Potremmo estendere, ad es. , a tutta la poesia ciò che De Sanctis riservava alla poesia siciliana di Pier delle Vigne : "La poesia non è una prepotente effusione dell' anima, ma una distrazione, un sollazzo , un diporto , una moda, una galanteria. È un passatempo", la poe­ sia. Ma anche la filosofia, aggiungo; e di questo passo, qualunque cosa si faccia nella vita dico che la si fa per passatempo: guerra e lavoro compre­ si. Ho citato dal la Storia della letteratura italiana in un'edizione su carta india rilegata in pelle con impressioni in oro, quella della "Biblioteca del­ la Pléiade" (nota la preziosità dell' accento), trasposizione italica della più prestigiosa collana editoriale francese, edita da Gallimard (600 volumi, dal l 93 1 ad oggi, che arrivano a costare, l ' uno, quanto 60 Kg di pane) e già emulata dai "Meridiani" Mondadori. La "Biblioteca della Pléiade" ha pubblicato dal l 992 una quarantina di titoli, anche con classici italiani che non si trovano da Gallimard, fino a concludersi in un binario morto, nel 2008 - quasi che il mondo non potesse proprio reggerlo cotanto lusso e sperpero. De Sanctis era del l 8 1 7 : quattro anni più vecchio di Baudelaire, Flaubert, Dostoevskij . Pubblicò la Storia nel ' 7 0 e anche qui è filosofica­ mente interessante ciò che è filologicamente interessante. Quest' anno di pubblicazione è approssimativo, l ' opera esce, come forse tutte le opere, in 32

più volte : in due volumi certo, il secondo nel ' 7 1 , ma in chissà quant' altri ritocchi per arrivare fino a noi; e chissà quando iniziò a scriverla De San­ ctis quest' opera, che quindi è da considerarsi del ' 70 in un senso molto, troppo approssimativo anche non considerando che ogni cosa che è, è il prodotto, sempre, di tutta la storia del mondo , di tutto il tempo . . . L' edi­ zione della Pléiade, a cura di Niccolò Gallo e con Introduzione di Gior­ gio Ficara data 1 996. Ancora: il fatto che quest' opera sia curata ed abbia un' introduzione - dopo oltre un secolo da quello che si considera il suo primo apparire - ti dice già molto sull ' opera. Tanto che - per quanto, er­ meneuticamente, l'essere d'un' opera si riduce alla sua ricezione - se leg­ go l ' introduzione e le note dei curatori potrei - lo fanno in molti ma per altri, opposti, motivi : di conformismo, non di nichilismo ermeneutico ­ potrei pure non leggerla l ' opera. Se poi conosco Niccolò Gallo e Giorgio Ficara anche questo mi dice tanto sul testo da loro promosso . Altrimenti, Niccolò Gallo e Giorgio Ficara, da una parte, pubblicando la Storia di De Sanctis, mi fanno citare loro che non avrei mai citato ; dall' altra, la loro mi risulta un ' autorità tutta assorbita dalla Storia di De Sanctis ch'è l'unica a trame beneficio, ad aumentar la propria autorità. Cosa che non hanno po­ tuto, ad es., le Lezioni di letteratura italiana del Settembrini . Pubblicate negli stessi anni della Storia di De Sanctis, che non abbiano avuto simili riedizioni curatele ecc . e quindi non siano presentate alla mia lettura e vita allo stesso modo, mi dice molto su di me lettore, sulla mia, imposta­ mi dalla società, storia, vita. Ecco perché, mentre un Foucault parla di a priori storico, tutto questo mio parlare d'editoria, letteratura, carta india, non è di certo andar fuori tema ma anzi, ci introduce al tema ermeneutico più pretto: quello politico, quello pedagogico, quello del canone.

www. liberliber. it T' asfissio di nomi nomignoli nomi propri maiuscole patronimici luo­ ghi date riferimenti numeri di pagina titoli. Lo so. Ma lo faccio perché, a differenza degli analitici i quali si pongono domande del tipo: "L' ano è un predicato?", "Ci possono essere ani vaghi?", "Un ano può precedere la sua causa?", e poi iniziano a piantarti freccette e variabili logiche, XYZ, dappertutto - l 'ho sperimentato io andando e patendo a scuola, penso so­ prattutto a quella di guida! , senza che nessuno me lo dicesse e per questo voglio dirtelo almeno a te, per non farti patire ecc . , che nomi nomignoli nomi propri maiuscole patronimici luoghi date riferimenti numeri di pa­ gina titoli ecc. , sono tutto ciò (o quasi) in cui consistono i concetti; sono 33

tutto ciò (o quasi : il resto è materia: la materia del cosmo) che producono e da cui sono prodotti i concetti, le filosofie, le speculazioni, i discorsi, i cervelli, io, tu, qui, adesso. Tanto che se tutto, più o meno , è - in una cultura: in quanto questa è fatta da uomini in carne ed ossa - nome pro­ prio, i nomi propri e i luoghi ecc. non dovrebbero avercela la maiuscola. La maiuscola svia. Fa credere che ci siano da una parte nomi propri e dali ' altra altro, invece che solo nomi propri. Andrebbe scritto tutto quanto in minuscolo - o maiuscolo, come mi dicono che fanno i tedeschi, anche se il maiuscolo sa troppo d' essenza, sostanza, Dio, personalità ecc. ; sa troppo di vecchie irriproponibili storielle. Esistenza, identità, persistenza, modalità, proprietà, causalità. Tutta roba di George, Gilbert, Hilary, Rudolf, David. E se tu non sei George, Gilbert, Hilary, hai il diritto, non sacrosanto ma da difendere, di fregarte­ ne d' esistenza, identità, persistenza. Occupati d' altro - se non sei George, Gilbert, Hilary - se non vuoi ridurti a George, Gilbert, Hilary - se non vuoi vivere d' accatto la vita di George, Gilbert, Hilary. "Dentro i colpevo­ li e fuori i nomi ! " inveiva Pelù in Dimmi il nome - il riferimento nel 1 993 era ai politici ma ciò vale anche per l ' epistemologia, la disciplina che s ' occupa d' esistenza, identità, persistenza, modalità in quanto causa ed effetto di politica, ovvero di ciò che accade e si dice in città. Il Vocabola­ rio della lingua italiana è riducibile al Dizionario biografico degli italia­ ni - con naturalmente un effetto di ritorno su questo pei nati dopo la prima stesura di quello. Se io ti presento un massacro di nomi propri è perché ogni parola, concetto, significato, ogni nome comune è presentato da, e presenta un massacro di, nomi propri . Il proprio costituisce - almeno , Gianni io l ' intendo così - il comune. E lo costituisce, aggiungiamo pure, sottoforma di massacro - Foucault avrebbe detto "archivio". "Essere" : una bibliografia rapida rapida d' almeno un centinaio di nomi di filosofi politici scienziati storici ci vorrebbe, ogni volta, per presentarlo con una qualche onestà o consapevolezza e non in maniera omertosa come acca­ de nella maggior parte delle scuole (vocabolari e grammatiche almeno , rifacendosi ad esempi della letteratura, esplicitano la situazione . . . ) : dal­ le nautiche alle giornalistiche alle culinarie . . . dove mentre sbatti l 'uovo sbatti, se non lo sai, l "'essere" di Tizio , Caio ecc. Ora, ti ricordi del discorso ch ' abbiam fatto prima sulla storia? Ebbene, se vuoi cambiarla la storia devi intervenire su quanto propostoti da Geor­ ge, Gilbert, Hilary. Altrimenti accettare quanto deciso da George, Gilbert, Hilary e così però confonderti con loro. Certo, dovrai in qualche misura tener presente quello che hai trovato al mondo (George, Gilbert, Hilary) 34

ma poi procedere oltre sennò la storia stagna. Lo stesso per la filosofia. Gianni è la filosofia oggi qui? Parti da Gianni ma poi procedi oltre sennò la filosofia stagna e se stagna può anche non considerarsi più filosofia; come se stagna la storia può anche non considerarsi più storia - ma meta­ fisica, religione. Infatti - lo ricorda lo psichiatra Vittorino Andreoli nella sua Lettera a un insegnante tentando di fornire un paradigma opposto a quello di troppi insegnanti tuttora accoccolati in astratte gabbiette di sterile e derivativo nozionismo - "solo chi pensa di avere la verità può staccarsi dalla storia" . Un primo modo per procedere oltre rispetto a quello che hai trovato e, ancor prima di creare, per così dire, qualche cosa per conto tuo - un utensile, un significato inedito ecc . - un primo modo consiste nello sce­ gliere, tra quello che c ' è già, quello che gli altri scelgon di meno. In tal senso - è la lezione del punk - fare il Bastian contrario può esser un va­ lore di per sé. Se la tua è una cultura libraria, inizia col non comprar libri. La prima regola per far filosofia (o storia), nel secondo senso che t'ho suggerito, è non subir troppo quella degli altri. E ogni libro comprato è un libro - cultura, filosofia, storia - imposto. Imposto dagli altri. Da non filosofi quali sono gli editori o, sempre nel secondo senso del termine filo­ sofia, i professori universitari. Riducendo cultura, filosofia e storia a libri e parlandoci solo di questi vorrebbero importi come necessaria quella che è invece solo la loro cultura, filosofia e storia - una cultura, filosofia e storia. Considerando i libri nient' altro che libri, abbiamo la possibilità d' abbandonare cultura, filosofia e storia libraria a vantaggio d'un' altra, magari migliore, magari ecologica. Su www. liberliber.it trovi testi - e già qui il passaggio da libro a testo è interessante e, direbbe un medievale, sostanziale . . . - coi diritti d ' au­ tore scaduti; testi che perlopiù nessuno legge perché passati di moda . perché ridotti appunto a testi in una cultura che rimane libresca o legata agl ' oggetti in modo feticistico (che poi l ' odierno feticismo degli ogget­ ti sia consumistico, è un altro discorso . . . ). Leggili tu ! Sarai in grado di fare una nuova moda o comunque di fare a meno delle mode ! Heidegger, Derrida, Hegel li leggono/mentovano tutti? Il francese, l ' inglese, il tede­ sco son lingue che tutti parlano? Tu distinguiti ! Parla solo italiano, leggi Ludovico Antonio Muratori, Carlo Cattaneo, Giuseppe Ferrari, Erminio Juvalta, Antonio Labriola, Bertrando Spaventa, Giovanni Vailati, Roberto Ardigò ! E poi provaci ad andartene a N ew York, a Hong Kong e a veder che succede - se sei più vecchio tu col tuo Ottocento provinciale o loro col loro Duemila International! Potresti non ripercorrere le orme di Nino 35

d'Angelo nel kitsch-cult-movie, Uno scugnizzo a New York. Perché avrai una cultura tua e non una doppiamente derivativa - dalla partenopea e dali ' americana. Ebbe intelligenza in questo senso Ermanno Olmi quando , per film "impegnati", s ' avvalse d' attori "non-impegnati": Bud Spencer in Cantando dietro i paraventi; Raz Degan in Centochiodi. Dopo quei filosofi che nessuno legge, cerca - ed è la cosa più difficile ma anche più interessante - di trarre filosofia - qual è quella che ti trovi di fronte e che critiche puoi muoverle - da testi considerati non filosofici. Ci troverai - in Bandella, Sannazaro , Pietro Giordani - tutte dell ' antro­ pologie che si posson formalizzare filosoficamente e poi superare con altre antropologie, altre filosofie. In questo consiste l ' ermeneutica come nichilismo e il nichilismo come ermeneutica. Mentre comprar libri di car­ ta inquina due volte : una la mente - perché sono espressione dell ' establi­ shment; un' altra l' ambiente. Comprar libri di carta inquina tutto. E i proff. nelle scuole ci basano il loro insegnamento su manuali che in quanto cose su cui ci si basa impediscono, anche solo per questo , ogni processo er­ meneutico ! Manuali che poi in quanto libri costituiscono inquinamento totale ! Alla pollution s ' intitolava una vecchia, deleteria quanto tutte le loro, canzonaccia degl ' AC/DC, oltre che una anche più vecchia di Bat­ tiato e un' altra più nuova dei Limp Bizkit; meglio di tutte queste però, quella degli sconosciuti Ed Hall, da Austin, Texas . E !asciami aggiungere che questo inquinare due volte dei libri, è parallelo e ci s' interseca, in una combinazione esiziale, all ' inquinare due volte - la mente e la natura, per richiamarti Bateson e la sua concezione d'un"'unità necessaria" tra quest' ambiti - all ' inquinare due volte costituito da un' altra prassi tipica borghese. Il turismo. Di massa, internazionale, mordi e fuggi, fast minute, low-cost, backpacking e religioso sessuale cineturismo ecc. Di carattere ecosostenibile e indipendente sarebbe invece : l) legger testi che si trovan gratis su Internet, meglio se nella propria lingua, così sviscerata; 2) non spostarsi, specie "per vacanza", ma, prima di farlo e se non vi sono cause di forza maggiore tipo guerre ecc . , aumentar la conoscenza e lo sfrutta­ mento (non invasivo ! - "ricreativo" ! ) del proprio territorio, secondo il principio d' ottenere il più possibile col meno possibile. Resterebbe da fare tutto un discorso su architettura ed edilizia: non costruire nuovi edi­ fici o occupare nuovi spazi, senza prima aver restaurato e utilizzato tutti i preesistenti . . . Questo laddove - come in Italia - il preesistente merita d'esser conservato ; altrimenti si potrà abbattere, ma solo se l' edificio che si costruirà sopra al vecchio sarà in grado di recuperare l ' inquinamento prodotto dalla distruzione di questo (oltre che essere, ovviamente, più 36

ecologico di questo; magari secondo certe indicazioni dell"'architettura organica" di Frank Lloyd Wright, il quale, essendo vissuto in piena Mo­ dernità, sfata così un importante mito su di questa . . . nel 1 97 1 arriverà anche la prima pop-song di denuncia ambientale, Mercy Mercy Me di Marvin Gaye, anticipata d'un quinquennio da Il ragazzo della via Gluck di Celentano . . . che è meglio, direbbe Puffo Quattrocchi) . . . Una logica architettonica del conservare, restaurare ecc . porterà a compiere interes­ santissime riflessioni su idee, usi , costumi, teorie ecc . Se è giusto eco­ logicamente restaurare un edificio, vale lo stesso anche per un'idea? (E già questo confuta il nichilismo di Gianni che, di per sé, non consente di distinguere ad alcun livello - non distinguendo del resto livelli - edifici ed idee). Si tratta, direbbe Nietzsche, dell "'utilità e del danno della storia per la vita". Si tratta di porre in un dialogo che non scada mai in mono­ logo questi due recenti titoli di Guido Viale: Un mondo usa e getta. La civiltà dei rifiuti e i rifiuti della civiltà e La civiltà del rhtso. Riparare, ri­ utilizzare, ridurre. Nello spronarti ad una filosofia che muova dag li studi di Leonardo Benevolo, Renato De Fusco, Vittorio Gregotti, Bruno Zevi, t ' anticipo qui che il principio ecologico del riutilizzo è tanto più interes­ sante quanto - stimolandoti la fantasia - una cosa che utilizzi per una cosa te la fa utilizzare, esauritosi il suo utilizzo presunto originario, per un ' altra cosa. Questo distrugge l ' aristotelismo e l'essenzialismo; il fissi­ smo per cui una cosa è quello che è, coi suoi fini intrinseci e per sempre. Questo dimostra che una cosa è una cosa ma anche altro . Dimostra che nessuna cosa è una cosa e basta. Dimostra che nello Stesso o Identità, se vuoi delle belle sciocche lettere maiuscole, c ' è l 'Altro o Differenza. E che i fini posson esser cambiati non dandosi, e quella ecologica ne sarebbe la prova anche emp irica, finalismi o teleologie. A un bambino di cinque anni tutto ciò, che costituisce la più radicale alternativa e messa in discussione di millenni d' aristotelismo e metafisica, lo si può insegnare insegnandogli la raccolta differenziata, il riutilizzo, la riconversione - non insegnando­ gli le qual cose invece lo si lascia, e per sempre, al consumismo, tutt 'uno così con la metafisica. A qualcosa del genere c ' aveva pensato, negl' anni Settanta, ali ' epoca della prima, inascoltata, ondata ecologica, R. Pirsig scrivendo Lo zen e l 'arte della manutenzione della bicicletta. Per tutto il Novecento e anche nel Duemila lo si è invece lasciato a se stesso il bam­ bino di cinque anni e ai ventenni si è fatto leggere di Hegel che bofonchia dell "'idea" quale "eterno intuire di se stessa in altro" e dell "'errore co­ mune della riflessione" consistente nel "prendere l ' essenza come il mero interno". Bofonchiamento che, non essendo stato in grado di spingere alla 37

raccolta differenziata e al riutilizzo, non è stato nemmeno in grado di far superare o ignorare la metafisica aristotelica ad adulti che, senza Hegel e con una diversa educazione, avrebbero potuto conseguire questi due decisivi risultati da bambini, ancor prima d' iniziare gli studi. Alternativamente, rispetto a www.liberliber.it, perché non ti leggi Per­ cezione e rappresentazione. Alcune ipotesi tra Gombrich e Arnheim di Ti­ ziana Andina nella serie "Aesthetica Preprint" - un centinaio di testi gra­ tuiti su web di studiosi autorevoli e da cui puoi partire, al posto di Platone e qualsiasi altro classico , per "fare filosofia oggi" in autonomia? L' impor­ tante, se tu vuoi avere una filosofia nuova e potente o comunque scomoda - è che tu legga solo i testi di "Aesthetica Preprint", se scegli questa via; oppure, solo, almeno per un periodo utile ad elaborare un primo contribu­ to filosofico, quelli del Dipartimento di Filosofia dell 'Università di Mila­ no; oppure solo La .filosofia di RudolfCarnap e La storia del materialismo di Lange. Perché? Perché una simile coazione dandoti limiti e limitazioni ti darà anche un' identità, un corpo con cui combattere, con cui importi. Inoltre è molto meno coazione di quel che sembra. Perché tu, confinandoti in un percorso d'un sito o anche, se vai in biblioteca, nella collana d'una casa editrice, lasci al caso la scelta dei testi che leggi e non ti costringi, come fanno i bravi ricercatori, a seguire un percorso "d' interesse". Non ti autocensuri. Sicché la tua filosofia quanto più rigorosamente ristretta ad una collana o a un sito web , tanto più sarà originale, arguta e acuta, interdisciplinare, imprevista e ti lascerà un debito spazio d' invenzione, fantasia, intervento . Eempio . Cercando, per quello che puoi, di astrarti da tutto quanto hai letto in precedenza, concentrati, oggi, nel 2 0 1 1 , solo ed esclusivamente sui voll. della Universale Economica Feltrinelli elen­ cati, in 6 pp. , una ventina di titoli per p., nell'appendice all' ed. del 1 973 dell'Introduzione allo studio della medicina sperimentale di Bernard: e passa, in progressione numerica, con un estremo ordine e metodo che potrà suscitarti fecondissimo disordine, da un argomento e titolo all ' altro, senza distinzioni, senza soluzioni di continuità, senza spendere un euro o tagliare un albero ma prendendo questi vecchi e declassati libri al prestito bibliotecario. E poi, dopo qualche mese o anno, fai un bel consuntivo de­ gl ' appunti che intanto ti sei preso . . . Sarà - potrà essere - una filosofia più originale eccentrica potente di tutte o quasi quelle accademiche italiane . . . Avrai il 1 973 che prende di contropiede il 20 1 0; sarai demodé e perciò in grado forse di produrre nuove mode; passerai dalla musica elettronica a Lenin a ricette culinarie . . . Io mi ci butterei a capofitto in un lavoro così coatto e così liberatorio, se non fossi già troppo corrotto ! Molto sempli38

cemente - e perciò duramente : l) leggi quei testi che ti dicono qualche cosa e con cui sei in grado , almeno un minimo, di dialogare; 2) appunta­ ti quanto massimamente approvi e disapprovi; 3) spiega perché approvi questo e disapprovi quello (una qualche ( di)spiegazione è necessaria onde consentire ad altri di riprendere il tuo che sennò non è un discorso); 4) la­ scia lievitare per 3 O . . . giorni o mesi e . . . 5) voi là una e tua nuova filosofia. Buon appetito ! - non ti resta che augurare agli altri . . . Il s oggetto e la maschera ovvero nientepopodimenoché Nietzsche e il problema della liberazione

Non ho letto Il soggetto e la maschera. Nietzsche e il problema della liberazione, 1 974, n. ed. 2003 , Tascabili Bompiani, 3 75 pagine, 9 euro, economico e logorroico quanto un bestseller. Ti dico però, così, al buio, che potremmo filosofarci su per tutta una vita. E te lo dico non perché si possa filosofare tutta una vita su ogni cosa - è ovvio che si può. Oppure perché Gianni sia un filosofo sufficientemente di peso - è ovvio che lo è. Ma perché si tratta d'un libro di filosofia e i libri di filosofia, anche un manuale di liceo, sono quelli dov ' è esplicita la possibilità di filosofarci su per tutta una vita. È inoltre un libro di filosofia pubblicato da una casa editrice fra le più riconosciute in società e queste, eh, pubblicano solo libri consoni alla tradizione, sia nello stile che nei contenuti. Libri ca­ paci di fare a loro volta tradizione - anche se non fanno altro , questo lo fanno . . . - capaci d' occupar vite d'uomini che vivono di tradizioni, siano pure tradizioni filosofiche e sia pure la filosofia critica della tradizione : basta la critichi rispettosamente . . . Anche i Blue Oyster Cult nel ' 74 po­ terono incidere Secret Treaties con la Columbia, la più vecchia etichetta discografica ancora in commercio, fondata nel 1 8 88 , perché seguirono tradizioni e tramandarono - a questo , prima ancora che ai soldi, anche se non lo sanno , sono interessate, e i soldi stessi sono tradizione, le case discografiche, come del resto gli spacciatori di droga (basti il concetto di "dipendenza") - tramandarono tradizioni tramandarono . Tuttavia con Secret Tre aties ali ' infuori d 'un po ' di sesso mentale ci si fa ben poco . Si fa più filosofia con una seggiola o una nuvola. Perché la seggiola e la nuvola non hanno pretese espressive e pongono i problemi filosofici che pon­ gono gli oggetti. Secret Treaties invece ha pretese espressive e dato che in quello che esprime di filosofico c ' è ben poco, o lo si tratta non come espressione ma come oggetto, oppure, se vogliamo passare il tempo a filosofare, abbiamo un passatempo corto corto . Per questo, per un fattore 39

quantitativo, la musica pop e il cinema non sono arte. Perché a dispiegar­ le in quanto forme espressive ci si mette troppo poco tempo (o spazio, se ci dedichiamo a raffigurar schemi). In quanto oggetti, un' immagine, un suono, ci vuole il tempo, quello d'una vita e di mille, che ci vuole per ogni oggetto . In quanto forma espressiva, l ' immagine del cinema, il suono pop, risulta passatempo filosofico o di ricerca o di fantasia - fan­ tasia nel senso di : proposta alternativa rispetto a quelle finora dali 'uomo presentate - troppo breve, scarno, povero. Un Van Gogh, un Beethoven, sono invece interminabili. Ci puoi passar su tutta la vita - a filosofare, in­ terrogarti, fantasticare su ciò che di proposito esprimono; e lasciando pure perdere ogni supporto : magari ricordandotela a libro chiuso l ' immagine di Van Gogh e a stereo spento il suono di B eethoven. "Il filo conduttore di questa lettura di Nietzsche è il concetto di ma­ schera. Il termine non ricorre nell ' opera nietzscheana così spesso come altri, ma ad esso si possono riportare molti altri concetti, come quelli di finzione, illusione, verità divenuta favola, che vengono adoperati in ge­ nerale per definire e discutere il problema del rapporto dell 'uomo con il mondo dei simboli". Questo l ' inizio del libro di Gianni. Certo non esal­ tante; non "Apri! is the cruellest month . . . " - sì lo so mostro incoerenza a far citazioni da lingue straniere, però t'ho detto che son corrotto, che quel minimo d' inglese ecc . non ho potuto evitarlo . . . - non esaltante ma filo­ sofia, ossia esplicitazione di problematiche, tentativo di metter alle strette ciò che si può metter alle strette, gesto di libertà, anche se dentro e per una tradizione. "Il filo conduttore" : c ' è da chiedersi che cosa s' intenda con tale espressione e se ci sia bisogno di "filo conduttore" - e cosa ciò com­ porti - per una "lettura di Nietzsche" . Trascuriamo "Nietzsche", nome proprio , riferimento storico, e occupiamoci invece degl ' ambiti filosofici che smuove Gianni . Il "concetto di maschera" : un romanziere avrebbe scritto "maschera" e via. Invece il filosofo pone la questione della liceità, del valore, del ruolo, della collocazione di qualsiasi termine, o pezzo, o (presunta) unità, e adesso è la volta di "maschera". Già qui potremmo trascorrerei pomeriggi, giorni, notti, di continuo - anche se io scommetto da subito che la morale del libro sarà ridurre la categoria di "soggetto" a quella di "maschera" . . . - fino a morir di sonno, sete, noia . . . e prima dell ' esalazione ultima, la questione filosofica se e in che cosa, morire di sonno, sete, noia, io te, incontrati a caso, e deciso così, differisce da tutto il resto e se c'è un resto ecc . Che palle ! , dirai, eppure mentre lo dici "molti altri concetti, come quelli di finzione, illusione, verità divenuta favola" oltre che, naturalmente, la categoria stessa di "concetto" - sarebbero da 40

questionarsi . . . Siamo solo al terzo rigo del libro; un lavoro del genere andrebbe fatto per 365 pp. L' avessimo fatto, questionar così, dal 1 97 4 al 2003 , nel 2003 You Are Free di Cat Power ci suonerebbe diverso, ogni suo tintinnio ed ansimo; ma questo perché saremmo noi ad aver raggiunto la filosofia, non Cat Power che non ci riesce a fare della "liberazione" un problema come invece fa Gianni pur chiamando in causa Nietzsche. Nata nel ' 72 in Atlanta, GA, Cat Power, il suo miglior album, dove cioè si può trascorrere più tempo o vita, What Would the Community Think, è del ' 9 6 , aveva 24 anni - ed è perché ci si può trascorrere comunque poca vita che le migliori cose gl' autori pop le fanno da giovani e gl' artisti invece bisogna maturino; è perché non ci riescono a fare, ad esempio della "libe­ razione", un problema davvero radicale che gl' interpreti pop non posso­ no, hai voglia a droghe e masturbazioni ! , divenir ribelli e anticonformisti quanto gl 'artisti e i filosofi che pure portano o portavano la cravatta e vanno o andavano a letto presto . . .

Alla ricerca d'una pars construens

Un filosofo a scuola, e l ' avrai capito ormai che con "scuola" non in­ tendo di certo solo il luogo istituzionale, non può nulla: la sua filosofia non può insegnarla né uno scienziato la sua scienza se prima, a casa per esempio, i genitori non hanno dato ai figli degli sculaccioni in modo da mandarceli a scuola e farceli stare q. b . zitti e attenti. Poi, prima d' arri­ vare alla filosofia - o d' ascoltare fermi fermi uno scienziato - ci vorrà l ' esempio dei coetanei, la noia o la mancanza di fantasia o di coraggio nel non trovar altro da fare, se per vivere bisogna fare, se vivere è passare il tempo ecc. dal la polizia alla Costituzione dagl' assistenti sociali alla TV: prima della filosofia e della scienza, prima di parlare e d'ascoltare, ci vuole tutto questo . Ci vuole un mondo . Prima di me ci vuole un mondo e per di più sociale, se io faccio opera sociale. E mi sconforto per gli scu­ laccioni che t'hanno dato, me ne sento causa ed effetto . . . Continuo : se la filosofia e la scienza vanno fatte e se, se non si fanno , non sono filosofia e scienza - ma sassi, nuvole o fili d' erba che si trovan già così come sono quando si viene al mondo - allora c ' è qualcosa di condizionante per la filosofia e la scienza: la pancia piena, la salute, un clima mite, la pace. Il mondo habitat - e il mondo habitat in un certo stato . Il problema però è che senza filosofia e scienza, pancia piena, salute, clima mite, pace, il mondo stesso potrebbero non venir identificati, riconosciuti . Questo se 41

filosofia e scienza si considerano la cultura di chi, ad esempio, scrive un vocabolario. Viceversa si potrebbe dire che può darsi cultura senza filo­ sofia e scienza e che siamo noi, che abbiamo filosofia e scienza, ad attri­ buire retrospettivamente ad una cultura, ad esempio religiosa (religione che però, pure, abbiamo noi ! ), filosofia e scienza d'un qualche tipo. Ed è quest 'ultimo dilemma la filosofia di Gianni. Che noi non possiamo non attribuire noi stessi agli altri. Che gli altri non possono in qualche misura non esser noi - per risultare poi in qualche misura a noi . Il radicalmente altro o diverso non si dà - perché non risulterebbe, sarebbe irriconosci­ bile. Per questo anche il Gianni che t ' offro sono in realtà io . Per questo qualunque cosa dica su Gianni, Gianni non può esser d'accordo . Perché questo qualcosa non posso dirlo se non dal mio punto di vista. Perché Gianni se deve esser per me non può che esser me. Significherà questo il detto crociano per cui "ogni vera storia è storia contemporanea" - dove noi potremmo aggiungere : anche ogni "falsa" storia lo è? E se Gianni non ci sta e dice che l' interpreto male, non dovrebbe dirlo - perché è lui a dir che io non posso interpretarlo che male, che tramite me (la cosa poi qui è complicata dalla condizione d'occidentale che accomuna me e Gianni e per cui ancor prima che Gianni sia me, Gianni, più vecchio di me, son io). Quando io dico che è lui a dirlo, naturalmente son sempre io a dirlo e potrei risponder a Gianni che mi dice che l ' interpreto male che è lui a interpretare a sua volta male la mia interpretazione ! E così via all ' infinito . Un infinito che serve all 'uomo per trascorrere il tempo in attesa del cataclisma che lo farà estinguere. Attendendo e interpretando­ ci l 'un l ' altro, non potremmo però posporre quantomeno il cataclisma? Certo, anche il cataclisma sarà un ' interpretazione, quanto l ' estinguerci, e come interpretazione varrà al pari d' ogni altra, partendo da quelle op­ poste. Nondimeno - e questo per la definizione dei termini - se non ci estinguiamo possiamo continuare a interpretare; se ci estinguiamo invece no . O ancora: il nichilismo qual negazione del tutto è assurdo perché per negare deve inevitabilmente esserci qualcosa da e qualcosa che. Fintanto che c ' è negazione c ' è pure qualcosa. Fintanto che c ' è qualcosa il nichi­ lismo come negazione del tutto è falso o irreale . Falso o irreale perché vero e presente. Vero e presente qui, sottoforma di frase, e proprio la sua presenza, la materialità della frase, scritta o detta, lo rende falso e irreale, lo nega, lo confuta, ne marca l ' assurdità. A partire da un nichilismo che può esser solo relativo e non assoluto, Gianni avrebbe dovuto svolgere la sua pars construens. Non l'ha fatto . H a fallito nella pars construens perché troppo attaccato ad un nichilismo 42

assoluto (antologico : poi ti spiego) e incredulo circa l ' inevitabilità della materia, la dimostrazione che per quanto possa dire che tutto è nulla, per quanto possa presentare segni privi di grammatica e di simboli, se posso far a meno dei simboli non posso far a meno dei segni, se posso far a meno dei segni non posso far a meno della loro materia! Ad occhi chiusi, il buio - ma lo stesso varrebbe pel sogno - è pur sempre qualcosa e non solo per quei cerchi ora concentrici ora no che vi si scorgono e che ci scor­ gono . Certo, poi per dirlo che è qualche cosa, o anche per accorgermene, devo disporre d'un apparato cognitivo ; ma se ai limiti della conoscenza trovo ancora la materia posso ben supporre che sia questa ad esserci al di qua o al di là della conoscenza, o no? Nichilismo assoluto, antologico: contraddizione in termini, sembra, per chi voglia emanciparsi dalla metafisica, laddove metafisica è asso­ luto . Gianni allora cercherà di distinguere, diciamo pure, tra metafisica e antologia e di riassumer così il suo "pensiero debole" (etichetta con cui viene identificato dopo l' omonima, ma più citata che letta, antologia feltrinelliana uscita nel 1 98 3 insieme all' alvarovitaliano Pau/o Rober­ to Cotechino, centravanti di sfondamento): "pensiero debole, significa, non tanto, o non principalmente, un ' idea del pensiero più consapevole dei suoi limiti, che abbandona le pretese delle grandi visioni metafisiche globali ecc . ; ma soprattutto una teoria dell ' indebolimento come caratte­ re costitutivo dell'essere nell ' epoca della fine della metafisica. Se infatti non si può proseguire la critica alla metafisica oggettivistica sostituendo a questa una concezione più adeguata dell ' essere (ancora pensato, dunque, come oggetto), bisogna riuscire a pensare l ' essere come non identificato, in nessun senso, con la presenza caratteristica dell' oggetto" (p. 2 5 di Cre­ dere di credere, resumé e testo di svolta di Gianni, Garzanti, 1 996, l ' anno di Mill ions Now Living Will Never Die dei Tortoise). " . . . pensare l ' essere come non identificato" . . è quello che cerco im­ modestamente di far io, ora che ti parlo, e che ritengo non riesca a Gianni, che oscilla tra un' antologia troppo debole e una troppo forte; una nichili­ sta e una che lo riconduce a qualche filosofia della storia. Perché ti criti­ cherò la prima antologia - quella troppo debole, nichilista, che s ' annichi­ la da sé? Perché con essa l ' ermeneutica di Gianni - che così potremmo chiamare i per-ermeneutica - finisce paradossalmente per non risultare più un ' ermeneutica: eliminando infatti il che cosa interpretare e sostituendo­ lo a sua volta con un' interpretazione, nel ritenere che s ' interpretino solo interpretazioni Gianni annichilisce l ' interpretazione stessa. Del pari, una vista che vedesse solo la vista non vedrebbe niente. Beninteso: io son .

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d' accordo con Gianni nel dire - se lo dice - che l ' interpretazione non può che interpretare altre interpretazioni. E però a questo ci dev'esser un limite. Quel limite che fisserò nell ' inevitabilità del "riverbero mate­ rico", poi mi spiego, tranquillo ! , e a partire da l quale, gradualmente, fis­ serò altri limiti, su su fino alla morale del non-uccidere. Non potendo ovviare all' inevitabile - essendo assurdo o inesistente, ne riparleremo, tranquillo ! , il nichilismo come nulla - uccidere, e questo a suo modo lo sostiene, vedremo, anche Severino, uccidere o in genere distruggere (e l ' inquinamento è distruzione), risulta, prima ancora che immorale : imbe­ cille o quantomeno non filosofico, schiavo delle più immotivate e perciò più tenaci tradizioni . Con ciò dunque non ci sono veti, ma anzi incentivi, pensa al campo educativo, per una morale, si diceva una volta, intellettua­ listica o, se vuoi un ' espressione più tecnica, epistemologicamente conno­ tata, fondata, giustificata. L' ontologia di Gianni, ti dicevo - ontologia che a rigori, lo ridiremo con Rorty, in un nichilista ermeneuta non dovrebbe esserci - è contraddit­ toria perché o troppo debole o troppo forte. Il troppo debole, ma in qual­ che modo più coerente per un nichilismo ad oltranza, l ' abbiamo visto . Di "troppo forte" invece ti parlo - rivediti mentalmente intanto l ' omonimo film di Verdone, che nella sua prima settimana al botteghino incassò più di Ram bo II: la vendetta - perché in Gianni rinvengo anche - come nei suoi prozii Vico, Gentile, Croce, e a prescindere dalle dichiarazioni di tutti costoro : per non parlare di quel Gran Metafisico Mistico ecc . d'Hei­ degger ! - una filosofia della storia. Eccola - cito sempre da Credere di credere: "La storia dell ' essere è guidata dal filo conduttore della riduzione delle strutture forti"; il che porterebbe ad "un ' etica della nonviolenza", possibile solo dopo l "'oltre­ passamento" della metafisica - dove rientrano, in certa misura e almeno finché sono troppo "positivistiche", anche la scienza e la tecnica - in quanto base di violenza. Filosofia della storia, te la considero questa, no­ nostante il proposito di Gianni di non voler "legittimare ' oggettivamente ' certe massime d' azione in base al fatto che l ' essere è strutturato in un cer­ to modo"; Gianni aggiunge : "non faccio che riformulare in modo diverso un appello, una chiamata che mi parla dalla tradizione [la cristiana] entro la quale mi trovo collocato e di cui, appunto, l ' ontologia debole è (solo) una rischiosa interpretazione". Te la chiamo filosofia della storia anche perché Gianni - almeno nel prosieguo del suo discorso, che a mio avviso costituisce un ' antitesi delle premesse iniziali senza raggiungere alcuna sintesi - non storicizza tutto. Bensì ci propone una "ontologia degli even44

ti", pretendendo cioè che vi siano eventi non storici (contingenti) ma an­ tologici (necessari). Eventi che, è ovvio - o meglio : necessario; così che la necessità ontologica si basa su una contingenza o soggettività storica, autonegandosi . . . - che è solo lui, Gianni, a scegliere . . . Al pari dei clas­ sici della filosofia della storia: da Heidegger che antologizzava l ' evento nazismo, a Hegel col suo Napoleone, "lo spirito del mondo , seduto a cavallo che lo domina e lo sormonta" . . . C ' avessero poi mai azzeccato 'sti filosofi della storia ! (e Gianni col suo cristianesimo revival scom­ metto proprio non c ' azzeccherà! ) . . . e si fossero mai scusati delle loro minchionerie ! Anzi, ribadiva Croce: il filosofo non sbaglia se gli eventi smentiscono la sua teoria; è solo il volgo che vede la smentita, perché il filosofo sa che alla fine, quando non ci sarà nessuno per registrar! o ! , le cose andranno come dice lui ! . . . Perché lo Spirito è lo Spirito e la Logica non fa una piega ! A quanto detto aggiungi che per Gianni , programmaticamente, pen­ so valga, per la sua ermeneutica, quel che vale, del pari programmatica­ mente, per quel che Rorty chiama "pragmatismo" in riferimento ai padri della filosofia statunitense William James (fratello maggiore del celebre romanziere Henry) e John Dewey. E cioè, cito dalla traduzione feltrinel­ liana di Consequences ofPragmatism ( 1 982, l ' anno del no-global 1 ante­ litteram Banana Joe, con Bud Spencer e Miss Germania ' 7 5 ) : "Quando propongono [i pragmatisti] che non si facciano più domande sulla natura della Verità e del Bene, essi non invocano una teoria sulla natura della realtà o della conoscenza o dell 'uomo che affermi 'non esiste qualcosa' come la Verità o il Bene. E neppure sostengono una teoria 'relativistica' o ' soggettivistica' della Verità o del B ene. Intendono molto semplicemente cambiare argomento". Avvertitoti di questo, t' anticipo anche di non ri­ tenere che Gianni e Rorty siano riusciti in un simile programma: di non ritenere che un filosofo, volente o nolente, possa non pronunciarsi sul mondo o sul tutto (gli scienziati ci riescono; sennò non sarebbero tali; sennò sarebbero degli irresponsabili; sennò avrebbero già fatto fare ca­ stronerie che, indipendentemente dal loro uso politico, c' avrebbero por­ tato all ' estinzione anziché sulla Luna) . Ritengo che di fatto, pur negando i "fatti", Gianni e Rorty o neghino Verità e Bene o adottino nei loro con­ fronti atteggiamenti relativistici, soggettivistici. Questo, almeno quando sono chiamati a rispondeme . Pel resto, lo sostengo anch ' io che in un mi­ lieu dove nessuno s ' impicci di pseudo-enti quali Verità e Bene, si possa 1 "Think global, a et loca! l ".

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benissimo non impicciarsene . . . Ma quando Rorty, seguito da Gianni, per non venir accusato di "relativismo" - "la concezione che ogni credenza su un dato argomento , o forse su qualsiasi argomento, è buona quanto ogni altra" - risponde che : "Nessuno sostiene una tale concezione . A eccezio­ ne di qualche matricola acquiescente, non si troverà nessuno disposto a dire che due opinioni incompatibili su di un importante argomento siano egualmente buone. I filosofi che vengono chiamati 'relativisti ' sono quelli che affermano che i criteri di scelta fra opinioni del genere sono meno algoritmici di quanto si pensasse" - Rorty riduce il suo pragmatismo, e Gianni la sua ermeneutica, a ben poco; a qualcosa che riguarda - ce ne fosse bisogno dopo mezzo secolo d' antropologia post-strutturalista ! La­ scia perdere e scusami lo sfogo . . . - i dipartimenti di filosofia, e che è già attuato da l la prassi scientifica !

My My Hey Hey Uno, metti marziano, si convince, leggendo Alfieri, Tozzi , Sbarbaro, Moravia, guardando le opere di Munch, Schiele, Modigliani, ascoltando hardcore, punk, grunge, che i giovani tra Otto e Novecento rigettino la storia perché rigettano la natura, rigettino la società in cui si trovano a vi­ vere perché rigettano la vita, da cui si sentono rigettati. O che in ogni caso ci provino . Ne deduce, il marziano, che nel Duemila i giovani, alcuni, ab­ biano mantenuto se non il rigetto nichilista quantomeno un atteggiamento critico nei confronti del vivere prima e del vivere sociale poi. Al di là della casistica sul tasso di suicidio adolescenziale, potrebbe rimaneme deluso , il marziano. Potrebbe, nel Duemila, ritrovarsi in un va­ gone ferroviario con accanto dei giovani che sbadigliano - da bestie e non per noia esistenziale, spleen ; che sciupano i vestiti e quant'hanno addos­ so, telefoni, braccialetti, walkman - non per disapprovazione ma incuria e perché son abituati che le cose gliele ricomprano o che comunque basta comprarle ; che, quando si parlano tra loro, fanno, per questo o quello, problemi di soldi e basta, senza chiedersi se questo o quello , compierlo, abbia valore, sia interessante, sostenibile ecc. ; che s ' affrettano a divenire al più presto emuli de' loro vecchi proseguendo magari oltre i limiti dello stradello da questi battuto e senza, dello stradello, chiedersi nulla, se sia bello, buono, nuovo, unico . . . Bellezza bontà novità unicità che, ennesima d'una lunga serie iniziata quand' iniziò la filosofia, son tutte categorie da Gianni criticate, annichilate. Gianni il nichilista filosofo che raggiunge lo stesso risultato di teenager viziati e coartati i quali, ermeneuticamente, 46

non hanno mai interpretato niente in vita loro ! Ma bellezza, bontà, novità, unicità, i giovani del treno e i loro genitori non le negano nichili sticamen­ te; con mediocrità e semplicità, da borghesi che sono , non le considerano ; e stop. Se qualcuno è in grado d' imporle l ' imponga pure ! Loro non muo­ veranno un dito, un pensiero, né pro né contro ! Gli piacciono a Gianni questi giovani? Desidera i futuri uomini così? (Un futuro che sarebbe poi molto meno divertente del già passato e morto insieme al divertimento , descritto da Tondelli, morto pure lui, in Weekend postmoderno, che avendo fatto epoca nessuno più legge e per cui tu . . . ) O ritiene d'avere un modo migliore, diverso, opposto a questo - per far a meno della metafisica di bellezza, bontà, novità, unicità? Capirai ! La sua originalissima proposta sarebbe un ritorno al cristianesimo ! C ' aveva­ no vagamente già pensato Lutero e i milioni di riformatori prima di lui, Saul compreso . . . Aveva ribadito la cosa anche Croce, la cui "identità di filosofia e storia" trapassa purtroppo a quella di storia e filosofia del "non possiamo non dirci cristiani". Il neocristianesimo di Gianni - "la nostra cultura in generale è diventata ciò che è anche e soprattutto perché inti­ mamente "lavorata" e forgiata dal messaggio cristiano" - risiede in que­ sto storicismo giustificazionista che coincide con una mancanza di fan­ tasia convenzionale o storica e risulta privo, con ciò, di pars construens. Pensa ! Gli "idealisti" e gli storicisti , quelli insomma che insistono sulla creazione a qualche livello da parte dell 'uomo della realtà, bloccano la fantasia e la creatività umana perché la soggiogano - questa realtà al­ trimenti sì creata dall'uomo - a filosofie della storia e religioni ! Invece, gl' anti-idealisti, i realisti, quelli che ritengono che la realtà sia indipen­ dente dali 'uomo, danno ali 'uomo la possibilità della massima fantasia se realisti senza filosofia della storia e senza religione (si può far filosofia della storia senza religione ma non viceversa) come il Russell di Why I A m Not a Christian ( 1 927), il Dawkins di The God Delusion (2006) e il nostro Odifreddi, un matematico doverosamente "impertinente", autore nel 2007 del bestseller Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici). E poi: ogni filosofia della storia, nel senso che abbiamo convenuto, ha una forte contraddizione . Pone la storia a suo principio e però la fa principiare e finire e ordinare da un qualche cosa di astorico ! il fondamento, la metafisica, un dio, una legge . . . o ! ' "indebolimento" di Gianni. Non t ' ho persuaso? Preferisci te lo dica Severino? - d' altronde per Gianni, dopo millenni di filosofia, non essendoci Verità, quello che conta è solo l ' auctorit as . . . : "sia il cristianesimo, sia il marxismo credo­ no nella storia, ma si sono fermati a metà strada - credono cioè anche 47

in qualcosa che rende impossibile la storia"; il Principio, la Logica, lo Spirito ecc. Tornando ali ' esempio dei giovani in treno che solo per ignoranza e insensibilità mettono tra parentesi bellezza (il discuterne) ecc. - il nichi­ lismo, la negazione e contestazione di ciò che ti si para di fronte o che ti ritrovi fra i piedi o che ti piena le orecchie, oggi potrebbe risultare del tutto demodé o al massimo una tra le tante tradizioni disponibili, e standard, per recitare, se si vuole, un certo ruolo o mettersi addosso, per un giorno o un ' ora, certi vestiti . . . Eppure, ancora nel 1 9 79 - in Italia avevamo il tormentone di Pippo Franco : Mi scappa la pipì, papà - Neil Young in My My Hey Hey poteva cantare: "lt 's better to burn aut than to fade away", e venir citato quindici anni dopo da Cobain nella lettera in cui giustificava così il suo suicidio. Certo, non siamo in ambito artistico ma di cultura popolare - e infatti un Folco di Calabria lo scriveva 7-800 anni prima: "Perzò meglio varria/Morir in tutto in tutto ,/Ch'usar la vita mia/In pena ed in corrutto,/Come uomo languente" (ma il concetto sarà di sicuro già stato del mondo greco latino - possiamo assumere eh ' ogni con­ cetto o quasi sia già stato del mondo greco-latino, data fra l ' altro la per­ centuale enorme d' opere perse di quello spaziotempo, per di più ancora ampiamente orale; possiamo però, per motivi antropologici o di comodità classificatoria, assumere dal medioevo in poi il darsi d'una sorta di reset o d' altro mondo). Tuttavia, dal l 979 ad oggi, per (alcuni aspetti del)la cul­ tura in cui viviamo, sono passati tantissimi anni. E sarà anche per questo che il rock è morto - perché è morto il nichilismo, son finite la negazione e la contestazione persino a livello popolare, dopo che da secoli o decenni erano finite a livello artistico e/o della cultura più dotta. Gianni, nel richiedere il nichilismo, richiede pel Duemila qualcosa d' inattuale quanto sono inattuali pei giovani d' oggi My My Hey Hey e il suicidio di Cobain (va precisato che il nichilismo di Gianni non è esi­ stenziale ma filosofico; anche se con ciò ce ne facciamo poco perché il romantico Kleist giunse al primo attraverso il secondo, addirittura attra­ verso Kant, e per motivi filosofici si suicidò ! ) . Per questi giovani sono più attuali i loro genitori che magari hanno attraversato l ' epoca pop del nichi­ lismo senz ' accorgersene, senza Young, oggi Old su tutti i fronti, e senza Cobain; senza gioventù insomma - se gioventù è una qualche distinzione da chi c'ha generato . Se n ' accorge Gianni dell' inattualità/inapplicabilità del nichilismo nel Duemila? A parte la boiata neocristiana inizialmente sottaciuta, Gianni predica le stesse cose su ermeneutica come nichilismo e viceversa da 48

Poesia e antologia (leggi pure "poesia è ontologia"; così come l 'heideg­ geriano Essere e tempo, assieme a tant 'altri titoli che con un'unica "e", abbiamo visto il caso de Il soggetto e la maschera , vorrebbero giustificare sibilline dialettiche dualistiche soltanto da iniziati comprensibili riduzio­ nisticamente, va letto, anche secondo Gianni, "essere è tempo"). Poesia e antologia che data 1 968, quando si scrivevano testi più spregiudicati, impegnati, vitali d' oggi. Oggi, e potrebbe anche valere da messa in pratica della filosofia di Gianni intesa in un certo modo, si scrive tanto per scrive­ re; la scrittura è fine a se stessa; un mondo a sé parallelo e futile. Si scrive per campare nel sistema vigente senza contestarlo, e ciò lo si fa o perché pagati tramite le vendite o, i più (e per lo stesso borghesissimo motivo che porta alle strenne natalizie la cui preziosità di malloppo è inversamente proporzionale alla loro leggibilità; tanto che nessuno le legge le strenne, non servendo del resto a questo, ma al malloppo, al soprammobile . . . ), i più pagando per pubblicare e così trovando un qualche pseudo-appaga­ mento (nella borghesia il pagare appaga . . . ) che consente di tirar avanti mantenendo tutto tutto com'è, senza rotture, senza strappi o anche solo un tappo, nemmeno un tappo, nemmeno un tappetto ! Ma del resto il 1 968 era anche l' anno di Zum Zum Zum. La canzone che mi passa per la testa . . . Nichilismo attivo Gianni non vuole o non riesce ad andare "oltre l ' interpretazione", come pure suona il titolo del testo del 1 994 - l ' anno del suicidio di Co­ bain che simbolizza la fine del rock - che lui stesso considera il suo ca­ polavoro inserendolo fra l ' opere più importanti della storia del pensiero nell' enciclopedia di filosofia, la più diffusa in Italia, da lui curata per Gar­ zanti. Gianni non riesce ad andar oltre il nichilismo, o se ci va, ci va in una maniera tale che sarebbe stato meglio non ci fosse stata. Col cristianesimo Gianni, per parlare educatamente, si sputtana. Non solo perché il cristia­ nesimo risulta, in quanto tradizione sottoforma di religione, una conven­ zione filosoficamente ** * (e qui aggiungi pure un termine spregiativo a tua scelta), ma anche perché aderendovi Gianni contribuisce a confondere la presunta validità del cristianesimo col potere - da Gianni per primo condannato ! - che ancora questo detiene fra masse e istituzioni . Gianni si schiera dalla parte del potere e senza superare il nichilismo annichilisce l ' interpretazione ! Si dirà ch ' io offendo i cristiani ! Mi si denuncerà ! Condannerà! Mi si costringerà a rimpiangere un eroe: sia pure il Mario Merola de Il mam49

masantissima. Ma i cristiani, nella misura almeno in cui li rappresenta la Chiesa romana, non m ' offendono e non mi condannano assai più di quan­ to possa mai e poi mai io, meschino , ostacolando con tutti i mezzi quella ricerca scientifica di cui poi (vedi gli ospedali) sono i primi a servirsi? - e inoltre non pagando le tasse (tanto che l'Unione Europea ha in corso a questo proposito un procedimento contro l ' Italia), non facendosi proces­ sare (i preti pedofili . . . ), forzando i giovani, lo Stato, la politica (la que­ stione, anche questa oggetto di verifica europea, dei crocifissi nelle scuole e nei luoghi pubblici; i partiti che si dichiarano integralisti cattolici e sono diretti da divorziati; il papa che si scaglia contro l ' educazione sessuale; il papa che calza Prada; i vescovi che indossano croci pettorali in metal­ lo prezioso . . . ), promuovendo per decenni campagne contro i profilattici contribuendo con ciò a diffondere in terre già martoriate una morte che si trasmette anche di madre in figlio . Infine, è ecologicamente irresponsa­ bile, nonché illogico, istigare in un mondo finito la crescita esponenziale degli uomini . . . E dimenticavo ! Non è forse la Bibbia ad offendermi per prima - se questa è un ' offesa e s ' a me m ' importasse qualcosa dell' offese ! - quando tuonò che solo lo stolto non crede? E poi: se Gianni riduce ogni argomentazione, sia essa filosofica o scientifica, a retorica - non mi autorizza al vilipendio qual unica risorsa? Che può un poveruomo come me se non offendere e bestemmiare il mon­ do in cui vive e che non l ' ascolta? Quell' offesa e quella bestemmia che un tempo, quand' ancora c ' era qualche estremo margine d ' ascolto, consi­ stevano nel far parte d'una rock 'n' roll band - "But what ca n a poor boy do Except to sing for a rock 'n ' roll band 'Cause in sleepy London town there sjust no placefor streetfighting man !", cantavano gli Stones . . . Perché se me la prendo col pelagianesimo o coi manichei nessuno mi denuncia? Solo perché i cristiani (dove, insegnerebbe Gianni, esser cristiani significa anzitutto dichiararlo, scriverlo su un protocollo, su tanti protocolli, su una targa, su tante targhe, e non esserlo) risultano la maggioranza? Certo - difficile trovar altri motivi oltre quello della mag­ gioranza e della forza. . . Specie se la realtà è una chiosa, una postilla e tutto quel che possiamo farci è aggiungervi, sovraincidervi chiose, postil­ le. Specie se si può solo aprire e chiudere parentesi senz' aver mai nulla, nemmeno noi stessi, da mettervi dentro . Ricorda: per Gianni - ma pure per la tradizione cui fa capo Sesto Empirico e che così liquidò le "idee" di Platone, le essenze di cui saremmo il riflesso . . . - "il pensiero non può più considerarsi come rispecchiamento di strutture oggettive ma solo come rischiosa interpretazione di eredità, appelli, provenienze". 50

Se il nichilismo attivo - la pars construens di Gianni risulta in un qualsiasi senso del termine il cristianesimo ; se il nichilismo attivo di Gianni è una cosa che è già stata e per di più ha riscosso un successo planetario, il nichilismo di Gianni non è attivo e progressista ma passivo e reazionario . Se tutto il nichilismo di Gianni è servito per sgomberare il campo al cristianesimo - che, secondo Nietzsche, risulta, perché religio­ ne, quanto di più negatore dell' opera umana e quanto di più negatore del mondo naturale - Gianni passa dalla negazione dell ' affermazione all ' af­ fermazione della negazione ! Dal negare ciò che gli altri affermano - ad es. il cristianesimo, o anche, dopo Nietzsche, il nichilismo - ad affermare quanto subito prima negato - il cristianesimo , che è come dire la metafi­ sica e/o tradizione da esso costituita. Il Trattato di Frate Ieronimo da Ferrara dell 'Ordine de ' Predicato­ ri circa el reggimento e governo della città di Firenze risulta più gian­ nettiano di Gianni; "il nostro Salvatore" lo è, quando "nello Evangelio" : "Niuno cuce il panno nuovo al vecchio, altrimenti si romperia il vecchio e fariasi maggiore scissura; e niuno mette il vino nelli utri vecchi, altri­ menti si romperiano li utri e spargeriasi il vino" . Quindi, come l' Aristo­ tele dell' amicus Plato sed magis amica veritas avrebbe voluto aristotelici che lo superassero, il Cristo di Savonarola avrebbe voluto cristiani senza Cristo e non come Gianni che ci ritornano a Cristo, a Plato ! Non si tratta d'usa-e-getta. Si tratta di non usare Cristo, Plato, Aristotele perché già usati fino al punto in cui, se si usano ancora, verranno scambiati per real­ tà assolute anziché interpretazioni storiche. È come l ' olio delle macchi­ ne, che quello esausto inquina di più d'uno nuovo. Risulta più ecologico (economico) rifarsi daccapo anziché a Cristo, Plato, Aristotele - se già usati: "Niuno cuce il panno nuovo al vecchio, altrimenti si romperia il vecchio e fariasi maggiore scissura; e niuno mette il vino nelli utri vec­ chi, altrimenti si romperiano li utri e spargeriasi il vino" . È più ecologico (economico). Il nichilismo di Gianni non lo è ecologico, economico e per questo non ha una pars construens e per questo - non disfacendosi del disfacibile - non è neanche stringi stringi da considerarsi nichilismo, se non, come il cristianesimo per Nietzsche, negativo . . . Insomma: Gianni è troppo poco nichilista laddove dovrebb ' esser nichilista e troppo nichilista laddove dovrebb ' esser postnichilista. Va da sé infine che ha ragione Gianni quando, con gli "storicisti" ita­ lici da una parte e il loro derivato Gadamer dall' altra, ricorda che ognu­ no, necessariamente, entro un certo tot "cuce il panno nuovo al vecchio" e che ognuno, necessariamente, entro un certo tot "mette il vino nelli -

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utri vecchi", non dandosi, specie dopo Darwin, tabulae rasae, purezze ecc. A tal proposito potresti consultare, superando Gianni a sinistra, cioè dalla parte della scienza e di Darwin, E. Bellone, Molte nature. Saggio sul! 'evoluzione culturale.

La scuola o del canone e dell 'utopia Io ti posso far scuola solo perché tu stai zitto e mi lasci dire. Prova ad agitarti, a non ascoltarmi ecc . Non potremmo far scuola. Non potremmo far filosofia. Tu sei già in qualche modo scuola. Tu sei già in qualche modo filosofia. Se ti disponi alla scuola. Se ti disponi alla filosofia. Se stai zitto e fermo. Se m' ascolti. Se mi lasci dire. Certo, zitto e fermo ci stai in un certo grado , non proprio del tutto, che è impossibile - e con ciò è impossibile anche una scuola totale e una filosofia totale, che del resto annullando l ' individuo a vantaggio della comunità, annullerebbero anche questa in quanto comunità d' individui. Ma insomma ci stai. Perché ci stai? Non potresti null' altro di meglio o di diverso? T ' è più comodo così? Sei abituato così? O ti blocca il fatto che siccome non sai se un ' alternativa è migliore, allora tanto vale prendere e accettare quello che c'è proposto? Pensa - e anche per pensare devi star fermo e zitto, devi predisporlo il pensare ! - rifiutandoti di star fermo e zitto, rifiutandoti alla scuola, rifiu­ tandoti alla filosofia, applicheresti la filosofia di Gianni. Facendo qualco­ sa di diverso, d' alternativo, eviteresti il rischiaccio di considerare scuola e filosofia qualcosa di dato una volta per sempre, qualcosa d' inevitabile, immutabile, qualcosa di roccioso e non di storico (quanto parlo male! Scusami ! Darwin avviò la sua storicizzazione del tutto, proprio dalla sto­ ricizzazione delle rocce ! Dalla geologia! ). Viceversa, se nessuno faces­ se scuola e filosofia allora tu sarebbe bene te n ' occupassi, le inventassi scuola e filosofia! Non per far qualcosa di "nuovo" e considerare questo un valore - Gianni te l ' impedisce, ti dice che è un' illusione - bensì per evitare di considerare il vecchio, il già dato, un valore, un x sempre, un 4ever, un' immutabilità o immunità. Tu continui a !asciarmi dire. A consentirmi fisicamente di dire. Perché sei dentro un canone, che paghi, ti facciano o non ti facciano vedere i film di Éric Rohmer t 1 11 1 /20 1 0 e di Claude Chabrol t 1 2/9/20 1 0, che magari non ti fanno vedere perché ci sono delle best emmi e e nell ' Italia cattolica non si può bestemmiare E sta tutto in questo canone - secondo Gian­ ni, e secondo quei filosofi analitici che parlano di "circostanze", "ruolo", "sfondo di credenze", "disposizioni a comportarsi in certi modi". Il dire, .

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l ' io, il tu, le cose. È perché prima c ' è un canone di io, tu cose, che poi tu - all' interno di questo canone - puoi !asciarmi dire. Ripeto : potresti non farlo . Non farmi far scuola, non farmi far filosofia - e non fare scuola e filosofia tu. Ma anche così - facendo altro - non ti libereresti del cano­ ne, secondo Gianni per come lo leggo io. Finché io, tu, cose - non te ne libereresti. E anche dopo, al massimo, avresti, secondo Gianni per come lo leggo io, un altro canone. E nemmeno nuovo : perché uguale al primo in quanto canone e comunque non certo migliore o peggiore ("al di là del bene e del male" diceva Nietzsche ) . Per questo , la "contraddizione dei Promessi sposi: libro per un pubblico universale, ma di cui è precostituita la spiritualità religiosa", denunciata da Spinazzola nel suo noto saggio del 1 9 83 disponibile gratis su LiberLiber, non è una contraddizione che ri­ guarda solo Manzoni ma ogni autore in quanto tale; ogni autore in quanto, direbbe Gentile, "individualità concreta, storica" ; in quanto prospettiva storico-sociale e convenzionale; anche nel senso che dall' insieme delle prospettive storico-sociali e convenzionali operanti nel suo mondo, deve sceglieme una per comunicare con altre prospettive storico-sociali e con­ venzionali cui la comunicazione arriverà nella misura in cui queste si collocheranno su d'una approssimabile - ma non identica, sennò sarebbe, avvertivano gli antichi Greci, comunicazione del già saputo e quindi non­ comunicazione - prospettiva. Canone qui è un cànone nel senso del letterario (Classici BUR, Oscar Mondadori . . . ), oltre che nel senso del televisivo : quello della RAI; ed anche un canone però, ed un cannone pure, intendilo pure così. La scuo­ la - il dire e l ' ascoltare - è un cànone perché è un classico : qualcosa che abbiamo trovato e accettato in mancanza o in impossibilità d' altro . La scuola è un canone perché ci mangia tutti, ci abbaia, ci fa la guardia ecc. Ma potresti anch' eluderla, quando dorme - o ucciderla con una polpetta avvelenata ! No : perché fa la guardia pure per conto nostro, abbaia pure per conto nostro e mangia gli altri in nostra difesa. È un cannone poi per­ ché spara e noi a seconda dei casi ci troviamo tra quelli che sparano , quel­ li che sono sparati e quelli che ricevono il colpo e che non è detto abbiano a loro volta un cannone o un cannone altrettanto potente. Certo, queste del cànone del canone o del cannone sono mere immagini del cacchio ( cac­ chio : la prima parola pronunziata all ' età di l anno da Bart S impson). Ma tanto, per Gianni, l 'uomo non può che produrre immagini o suggestioni o qualcosa del genere (ologrammi ecc.) e queste non posson essere altro che del cavolo, del cacchio ecc. Poi - è il titolo d'uno dei libri preferiti di Gianni, lo cita spesso, ma 53

non si risolve di dargli ragione - c ' è lo "spirito dell 'utopia" (il libro è di Emst Bloch, del 1 9 1 8 , quando a New York: j azz). Insomma: si vive per qualcosa che non c ' è , per un futuro, per un progetto che anche se inde­ terminato non può - almeno in quanto futuro, speranza, aspettativa - non esser presente. Gianni non si risolve ad assentire a Bloch perché per lui - qui la metto così, può darsi che in altre circostanze m ' esprima diver­ samente : ma anche questo a Gianni non dovrebbe importare ! - per lui futuro passato o presente è uguale; anche senza progetti, sempre cànoni, canoni , cannoni. Io invece dico di no . Che è necessaria una scuola intesa come garanzia al divenire di cànoni, canoni, cannoni - se siamo costretti comunque a cà­ noni, canoni, cannoni. E che le migliori son quelle scuole che favoriscono questo divenire in cui consiste ciò che Gianni chiama ermeneutica; e peg­ giori quelle che l'ostacolano e che anche volendo magari non riescono ad impedire del tutto. Gianni insistendo troppo sul non far differenze rischia di far perdere la libertà, il divenire storico delle convenzioni, laddove "se la filosofia non trionfa, saranno l ' imperatore e il papa, Cesare e Cristo che trionferanno sotto le antiche forme o sotto peggiori"; e un Giuseppe Ferrari, per dir delle cose extra cànoni canoni e cannoni, dovrà rifugiarsi, se ci sarà, in una Londra tipo quella che, nel 1 85 1 , al milanese nato qua­ rant' anni prima consentì la pubblicazione della troppo poco letta e ristam­ pata Filosofia della rivoluzione. Possa la tecnologia e-book ovviare anche a simili carenze - cioè: rigide ideologizzazioni - del cartaceo ! Cartaceo che, anche per questo, siccome verrebbe meno il potere di chi detiene la carta, il potere di chi inquina, non lo vuole, maledetto, cedere il passo ali ' e-book! . . . Dovrà: non per motivi di filosofia della storia ma per cause ecologiche di forza maggiore. C ' è quindi scuola e scuola, canone e canone, utopia e utopia. Idealisti e postmodemi, seguiti da tanti antropologi e sociologi che così facendo credono d' aumentare il peso delle proprie discipline, non considerano quanto ricordava un big della sociologia come Luhmann - che pure inti­ tolò un suo testo, in sintonia con quel "postmodemo" in campo analitico che fu N. Goodman, conoscenza come costruzione. E cioè che vi è una "presenza", ancorché "aspecifica" (e aggiungo io : proprio perché aspeci­ fica o parzialmente informe) di "meccanismi simbolici" - io direi fisiolo­ gici - indispensabili e non eliminabili per qualsiasi "processo costitutivo di senso" - intendi: per qualsiasi simbolizzazione o convenzione. In altri termini - con cui s ' ammette di sicuro una componente, importante, idea­ listica o postmodema o, se vuoi, relativistica: ma non la si assolutizza 54

- "all' interno dell ' apparato percettivo organico sono precostituite deter­ minate limitazioni, non invece i contenuti [i significati] della percezione". E cco perché, a proposito dell ' apprendimento, il neoilluminista Gardner parla di ''vincoli e possibilità". Che Gianni non faccia simili considera­ zioni va di pari passo col suo non interessarsi alla scienza; col suo cedere a derive d' integralismo tipo quelle degl ' annuari laterziani di filosofia da lui curati dove s ' imbrodano , con rispetto parlando per il brodo, le varie star filosofiche strapaesane - dinanzi alle quali quant' è meglio leggersi un Topolino, se lo fanno ancora, che ti suscita senz ' altro molte più tematiche filosofiche e in termini molto più gestibili !

Tecnica e tecnologia

Nel1 ' 8 9 - i Rapeman l ' anno prima avevano registrato live Budd, sum­ ma rock assieme a If It Kills You dei Drive Like Jehu - Rosenberg & Sellier, la storica elitaria, perché per professori d'università, casa editrice torinese, pubblica di Gianni, nella collana "Ermeneutica" da lui diretta, Etica del! 'interpretazione, dove a p . 3 1 ci viene chiesto, retoricamente : "Ma si può davvero abbandonare la metafisica, l ' eredità della filosofia del passato , e anche dunque l ' ideale della fondazione, come un' opinione a cui non si crede più? Non dovremmo nei confronti degli ' errori ' della morale, della metafisica, dell' arte del passato, che hanno reso colorito e interes­ sante il mondo", cioè che hanno consentito in una maniera o nell ' altra a certa gente di passare il tempo e di sopravvivere, "continuare a celebrare ' feste della memoria' ?". Tanto che in queste - in una sorta di storia delle tradizioni filosofiche - ci viene detto consistere il pensiero . In altri ter­ mini, Gianni fa due cose. Primo : argomenta che la filosofia tradizionale intesa come metafisica, cioè come disciplina che asserisce l ' esistenza alla base di tutte le cose d'una cosa che solo la filosofia perciò metafisica può conoscere, ha fallito perché ogni metafisica risulta nella sua ostina­ zione totalizzante interscambiabile con ogni altra, non fondando con ciò nient' altro che se stessa, che da fondazione dunque diventa interpretazio­ ne e però deficitaria d ' autoconsapevolezza. Secondo : nonostante il venir meno delle sue pretese, la filosofia come metafisica ce l'ha un senso, lo gioca un ruolo, perché da una parte, metafisica o no, ogni filosofia e ogni conoscenza saranno criticate, relativizzate ecc . , e dall ' altra la filosofia come metafisica - e con essa il cristianesimo - è stata in grado di proporre una tradizione grazie alla quale gli uomini hanno potuto vivere filosofan55

do. Quindi non resta che prendere la metafisica, la ricerca della cosa che starebbe alla base di tutte le cose, dalle artistiche alle morali, come una salubre tradizione da bonificare unicamente laddove impedisca - magari attraverso il potere politico - all' ermeneutica d' interpretarla, cioè di con­ siderarla tradizione anziché verità o roba , direbbe un milanese, massiccia, definitiva, universale. In questa storia delle tradizioni filosofiche consi­ sterebbe anche il ridimensionamento da parte di Gianni del nichilismo : negare la metafisica - e arte e morale metafisiche - come assoluto non nuoce, anzi giova perché consente d' affermare la metafisica come tradi­ zione e così salvaguardarla da ogni presunta confutazione con conseguen­ te sua sostituzione in nome d'un Vero non metafisica. Sostituzione che ad esempio la scienza, la fisica, la chimica - potrebbe ritener di compiere. Detto questo, vediamo se ci riesce di sciupar la festa a Gianni ! Giusto per far un po ' di filosofia ! Dostoevskij , in una frase da tanti cretini - me compreso? Non ricordo . . . - ripetuta fino al voltastomaco : "Dio non esiste e quindi tutto è permesso", è molto indietro rispetto a Gianni; è filosofi­ camente più sprovveduto, perché fermo al palo del nichilismo, quando Gianni (Dio fondamento metafisica, assoluto morale ecc. ) procede oltre negando, ad esempio, che sia filosoficamente permesso far a meno della storia della filosofia e quindi della metafisica che la caratterizza. Dopo, con Nietzsche, il "crepuscolo degli idoli" o quella che Severino chiama "la caduta degli immutabili", dopo aver visto come "il mondo vero finì per diventare favola", "la demitizzazione si è alla fine rivolta contro se stessa, riconoscendo come mito anche l ' ideale della liquidazione del mito" (p . 1 8 di Credere di credere). Proprio perché la storia a mo ' di progressione verso un qualcosa di stabile e risolutivo è finita, dobbiamo vivere storica­ mente, riprendendo , con solo un atteggiamento diverso, magari giocoso (nel senso pure della serietà del gioco, del gioco come darsi e rispettare regole convenzionali), quanto già storicamente proposto da metafisici, re­ ligiosi, visionari ecc. Se non facessimo così, Dio non sarebbe morto, o assente ; sarebbe qui, sottoforma dell'Assoluto o della Verità incontestabile di turno . Ancora: solo credendo in Dio, siccome credere è giocare, darsi regole, compor­ tamenti convenzionali, storici, dimostro l ' inesistenza o inconsistenza di Dio, Verità ecc . Solo giocando con la metafisica dimostro e considero la metafisica un gioco. Altrimenti, la ghettizzassi, condannassi ecc . , sembre­ rei considerarla una gran cosa, una realtà effettiva e, insomma, Dio - o la divinità di quella che Gianni denomina "religione naturale" e che è fatta di "onnipotenza, assolutezza, eternità e 'trascendenza' rispetto all'uomo". =

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Però, però . Perché non utilizzare il nichilismo altrimenti? In direzione del futuro, ad esempio, invece del passato . Ossia del non ancora granché visto o esperimentato o diffuso, anziché del già abbondantemente visto , esperimentato, diffuso ; tanto abbondantemente che, basti la Chiesa roma­ na, è diventato istituzione ! Avremmo anzitutto un vantaggio grammatica­ le: parole e strutture nuove. Una fantasia relativamente inedita: anziché la milionesima variazione sul tema. Una tabula quasi rasa che proprio perché rasa dà modo alle linee o ai punti di venir tracciati, per quello eh ' è possibile, senza troppi condizionamenti di solchi e mezze cancellature preesistenti. Insomma: feste della smemoratezza ci vorrebbero ! E non della memoria che, specie se simbolica, non va certo difesa in un mondo di tracce registrate quale quello di iPad iPod iPhone. Per questo le Sacre Scritture, dopo cinque secoli di luteranesimo, sono la peggio lettura contraddittoriamente condotta da Gianni e difesa da tutto l ' establishment postmoderno - che tu possa fare : l ) perché sono "sacre" e nessuno scritto dev'esser considerato tale per venir interpretato ermeneuticamente (erme­ neutica che pure dicono esser nata per l ' interpretazione, ma dall 'interno, di testi sacri e giuridici); 2) perché, e di conseguenza, le Sacre Scritture sono classiche, sono sulla bocca o, meglio, sulla scrivania o nel cassetto di tutti. A partire dagli alberghi . . . Un passo verso una nuova direzione, dopo quelli che t'ho già sugge­ rito con le letture alternative e i supporti alternativi - e l ' e-book potrebbe opporsi al medium tradizionale, il libro, che funge da organo dei poteri tradizionali . . . - ti propongo di compierlo con la distinzione fra tecnica e tecnologia.

Tecnica I continentali, Gianni compreso, non distinguono la tecnica dalla tec­ nologia. Questionano a vario titolo - perlopiù negativo o, se positivo , non si capisce perché positivo, dopo quello che n'hanno detto, e cioè che la tecnologia fa male, è pericolosa, siccome, al pari della scienza con cui anche è confusa, non la fanno i filosofi - questionano, dicevo, sulla tecnologia, tacendo però del tutto , almeno in quel poco o tanto che ho leggiucchiato, tacendo sulla tecnica. Quasi che questo non costituisse un problema! Invece quello della tecnica, mi permetto di dire io che sono senza stile (c ' era anche una canzonetta hip-hop dedicata allo stile . . . ), possiamo considerarlo il principale problema filosofico riguardante il comportamento dell'uomo in società. Quello della tecnica è il problema 57

di, per esempio : imparo o non imparo - e ci vuole un training di anni - il tedesco? Imparo o non imparo - e ci vuole un training di anni e qualcuno che te l ' insegni - le logiche? Accetto un ennesimo che m' insegni dopo tutti quelli che in sfilza per ogni cosa m'hanno, sapendolo o no, volendolo o no, insegnato fin dalla nascita e, secondo gli ultimi, si fa per dire, studi, da quando m'hanno concepito, 60-70 giorni dopo che, di(s)grazia loro, direbbe Heidegger sentendosi figo, m'hanno concepito? Quello della tec­ nica è il problema che io non ho mai trovato - nei continentali direi no di sicuro e forse nemmeno negli analitic i . . . in Wittgenstein, magari, a suo modo, ma l'ho letto a stento, e perché c ' era la traduzione di mezzo e per­ ché Nietzsche si legge meglio di Wittgenstein e allora ho letto Nietzsche, col dubbio, ovvio, d' esser un po' stupido perché non capivo abbastanza, non m' appassionava abbastanza, m' annoiava abbastanza Wittgenstein, un inconcludente inconcludente, più pars destruens che altro . . . Gianni non fa questione se sia giusto o meno, filosoficamente, ma an­ che - e qual è poi la differenza? E a che serve sennò la filosofia? - peda ­ gogicamente, didatticamente, se sia giusto o meno, studiare il tedesco o l ' inglese o le logiche. Eppure questo studio, quest' applicarsi, com' ogni studio e applicarsi che passa attraverso un metodo codificato o ha poi un riconoscimento codificato, che cos ' è se non una tecnica? Che cos ' è se non subire la codificazione altrui per poi a nostra volta trasmetterla ad al­ tri facendoli così subire? Gianni fa subire a cuor leggero perché pensa che la questione stia altrove, ad esempio in quella che più perspicacemente andrebbe chiamata tecnologia. Se ponesse la questione della tecnica, ov­ vero dell' apprendimento suppletivo rispetto ai comuni indispensabili per sopravvivere in società, Gianni avrebbe grosse difficoltà a giustificare, ad esempio, lo studio del tedesco e con esso quello di Hegel, Heidegger o Derrida - che scrive in francese ma con un francese così francese che per un monolingue francese, leggerlo scommetto sia uguale a leggere in tedesco . Gianni prima ci dice che l ' ermeneutica è il nichilismo nel senso della distruzione o messa in sicurezza, rendendola innocua - Innocent and vain s ' intitolava una composizione di Nico - della metafisica, della verità, dell ' assoluto eterno e incontrovertibile e definitivo, conosciuto o ritenuto esistente. Poi non ponendo la questione della tecnica, imparando il tedesco, l ' inglese, il greco antico, divenendo professore universitario, padroneggiando gli autori classici, filosofando istituzionalmente - e que­ ste sono tutte tute [sic] tecniche - viene meno all ' ermeneutica e al nichi­ lismo di partenza ché in tutti questi, fondamentali nel senso di costitutivi per lui, campi, non pone questione, non s ' interroga e non interroga; pub58

blicamente almeno. Perché criticare la credenza in un fondamento assolu­ to - accettabile solo per gioco o tradizione o passatempo ; e con la consa­ pevolezza che non ci sia altro che gioco, tradizione, passatempo - se poi si lascia intatto o quasi il cànone di Aristotele, Hegel, Heidegger, Derrida e ci si fa mangiare o al massimo si tiene al guinzaglio, ma senza muoversi di lì, il canone della cattedra universitaria, dei soggiorni all' estero, dei laboratori linguistici, delle riviste specializzate? L' ermeneutica nichilistica dovrebbe incentivare la libertà - filosofica pedagogica sociale - non porre la questione della tecnica, che Nietzsche qua e là penso ponga, lascia uno spazio troppo grande ali ' occlusione, al calcare, al non interpretato, non passato al setaccio, non discusso , non considerato, non storicizzato, non relativizzato , non messo in gioco, non condiviso chiedendo : continuiamo così? Che ve ne pare? Facciamo come i nostri nonni? Che ve ne pare? Ministri dell' istruzione, di questo dovre­ ste occuparvi ! - magari coadiuvati da qualcuno che a differenza di Gianni si ponga la questione della tecnica che ho detto . . . Chi però? Se nemmeno un filosofo se ne occupa . . .

Tecnologia Io non è che voglia parlarti di "tecnologia" perché mi ci diverta op­ pure condivida chissà quanto un simile modo d' esprimersi . Te ne parlo perché l'ho trovata, la parola, la boria, l ' affare "tecnologia", in quello che volente o no lente debbo considerare, qui ed ora, il (mio) mondo . È perché la respiro la tecnologia che debbo poi riespellertela addosso . Ho letto in Apel, il quale attribuisce una posizione simile anche a Wittgenstein e alla sua negazione della possibilità d'un linguaggio "privato", che Heidegger attaccherebbe "l' approccio solip sistico della ' gnoseologia' tradizionale attraverso il concetto di ' essere con altri ' " . E poi, in termini fin troppo da laicizzare, naturalizzare, ricondurre a ordini trattabili ecologicamente o etologicamente : "mentre la filosofia che muove dal soggetto della cono­ scenza crede di dover costituire l ' essere degli altri allo stesso modo che l ' essere delle cose del mondo esterno come oggetto della 'mia coscienza' , Heidegger fa valere il punto di vista fenomenologico-ermeneutico secon­ do cui l " io' , il 'tu' e gli ' altri ' si costituiscono 'cooriginariamente ' come dati pensabili significativamente a partire dali ' ' essere con altri ' del nostro essere-nel-mondo". Ciò detto, ti propongo, pei motivi che sai, di distinguere tecnica da tecnologia e d' intendere questa come la realizzazione tramite una o più 59

tecniche - e anche respirare è una tecnica ! E Bearzot t 2 1 1 1 2/20 1 0 fu il commissario tecnico della Nazionale italiana Campione del mondo al Campionato di calcio del 1 982 di oggetti o di qualche cosa che l 'uomo, in linea di principio ogni uomo, può utilizzare e che non si troverebbe, senza di lui, al mondo. L' oggetto tecnologico implica tecniche sia per la sua realizzazione che per la sua utilizzazione. Gli oggetti artistici - che implicano tecniche sia per la loro realizzazione sia per quella loro utiliz­ zazione che è l ' interpretazione - possiamo distinguerli dai tecnologici in quanto a differenza di questi non interpretano il mondo per usarlo ma usano il mondo, se così si può dire, per interpretarlo . E s . O ano da morte de Ricardo Reis di José Saramago t 1 8/6/20 1 0 . Convenzioni, quelle che t ' ho sinora proposto circa l a tecnologia? Se vuoi considerarle tali, fa' pure ! Considera anche però che qualsiasi cosa tu mi proponga circa la tecnologia o altro, io potrò a mia volta ricondurla a delle convenzioni, a delle scelte che potevano risultar diverse ! L' impor­ tante, per continuare a filosofare, è che le mie convenzioni non blocchino le tue, e viceversa: ti bloccassi, rischierei di bloccare me, rischierei di stopparmi nel filosofare: rischierei di considerarmi a posto, arrivato, con delle convenzioni tanto giuste e valide da non esser più convenzioni ma realtà assolute, da non esser più interpretazioni ma oggetti immodificabi­ li, sassi contro cui ci si spacca il capo, tutti i capi ! Ma vediamo quali sono , su questi temi, le convenzioni di Gianni. In Nichilismo ed emancipazione. Etica, politica, diritto, Garzanti, 2003, trovo, nel primo capitolo, intito­ lato Post-moderno, tecnologia, antologia, che grosso modo la tecnolo­ gia dovrebb ' esser per un heideggeriano quello che, il paragone è mio, la borghesia era per Marx. La borghesia - cercati nel vocabolario, o in un capitolo di Etica e politica di Croce o nel vecchio libro di Sombart o nel Manifesto del partito comunista , il significato di questa parola - non era, per Marx come lo capisco io, qualcosa di totalmente negativo, anzi. Marx riteneva che la storia umana dovesse approdare all' abolizione delle classi: nobili , borghesi, proletari. Ebbene, la borghesia ha un importante, un ne­ cessario ruolo in questo. È stata la borghesia - il soldo del capitalista - a rimuovere la nobiltà e a rendere inattuale l ' ordinamento medievale. Sarà la borghesia - con quello che fa e con la sua stessa presenza - a chiedere, a render necessaria la sua stessa rimozione da parte del proletariato. Dopo che questo sarà giunto al potere, senza nobiltà e senza borghesia non ci saranno più classi. Del pari, più o meno , nel Gianni che si cela dietro lo sventolio della bandiera Heidegger, la tecnologia - che Gianni non distin­ gue dalla tecnica e che associa in un gran marasma alla scienza - non è -

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quel diavolo che s ' impossesserebbe dell'anima, del cuore, dell ' essenza dell 'uomo "alienandolo" (cercati questa parolaccia nel vocabolario o in Marx o nel Concetto di alienazione da Rousseau a Sartre di Camporesi o in F. Rossi-Landi, l/ linguaggio come lavoro e come mercato. Una teoria della produzione e dell 'alienazione linguistiche); è invece il tramite che segna il passaggio da epoche meta:fisiche - in cui si crede che vi siano "cose" e che queste abbiano fondamenti o principi primi - a epoche in cui la metafisica - una credenza come la suddetta e che ha tutta una serie di conseguenze politico-sociali, in particolare l ' intolleranza e la violenza - risulta una tradizione o maniera fra tante di raccontare il mondo . E lo segnerebbe la tecnologia questo passaggio perché col suo produrre ogget­ ti ultraefficaci darebbe all 'uomo l ' illusione di possedere tutto il mondo , magari secondo una lettura faziosa di Francis Bacon che invece sosteneva che alla natura si comanda solo obbedendole, e di possederlo, il mondo , secondo quella che lui ritiene essere la propria immagine : a sua immagi­ ne e somiglianza cioè. Detto altrimenti: con la tecnologia, la metafisica, raggiunto il suo apice - come in Marx l ' ingiustizia o insostenibilità eco­ nomica con la borghesia capitalistica e industriale - non può che regredire rivelandosi finalmente quale convenzione o mera strategia per ottenere consenso, convincere popoli ecc. Da qui, col venir meno della metafisi­ ca grazie alla sua estremizzazione tecnologica, "una drastica" e positi­ va, secondo Gianni, "riduzione del senso della realtà", una "dissoluzione dei tratti realistici dell ' esperienza", una "antologia dell ' indebolimento dell ' essere" - positiva perché operando antimeta:fisicamente fornirebbe "ragioni filosofiche per preferire una società democratica, tollerante, libe­ rale invece che un società autoritaria e totalitaria". Ancora - e cito, integrando, da Credere di credere - l ' inimicizia della filosofia d' origine esistenzialistica - mossasi dall 'Heidegger d'Essere e tempo ma risalente, ho letto Le Goff, almeno al Medioevo, nella misura in cui, ad esempio, sacrilego si considerava il "tempo del mercante" che si sostituiva, anche in virtù della rivoluzione tecnologica operata dali ' oro­ logio, a quello della "Chiesa" - verso il mondo tecno-scientifico, risulta ispirata, al pari degli antologicamente discutibili, in quanto "Uomo" è antologicamente (e scientificamente) discutibile, "diritti dell 'Uomo", ri­ sulta ispirata da un' idea dell'essenza umana da difendere, essenzialistica dunque, e che non può più valere una volta riconosciuta, proprio in nome della libertà e della storicità dell ' esistenza, la necessità d'uscire dal la me­ tafisica! Ebbene, in tutto questo, mentre molto pensiero critico novecen­ tesco resta legato a una visione demonizzante della società tecnologica, il 61

secondo Heidegger, l 'Heidegger della svolta post-esistenzialistica (che, a detta di Gianni, avrebbe rimosso ogni residuo essenzialistico, soprattutto circa la considerazione dell 'uomo), riconoscerebbe, e al postmodemo non resterebbe che continuare sulla stessa strada, che proprio anche attraverso la dissoluzione del soggetto che si ha nella nostra società di massa, della comunicazione generalizzata ecc . , è possibile si prepari l'uscita dal la me­ tafisica. Insomma, come il disastroso ispettore Clouseau ne La pantera rosa di Blake Edwards t 1 5/ 1 2/20 1 0 ottiene dei successi suo malgrado, così farebbe l ' altrimenti disastrosa tecno-scienza, disastrosa perché da Gianni riportata, col suo presunto oggettivismo, alla "mentalità" ossia "violenza" metafisica.

Diderot? ! D 'Ho/bach ? ! La Mettrie ? ! Chi erano costoro ? Non lo so nemmeno io chi erano Diderot, d' Holbach, La Mettrie, o Moritz Schlick, Otto Neurath, Carl Gustav Hempel. Eppure, e in parte proprio per questo ! , faccio il tifo per loro . Sventolo la loro bandiera. Te la sventolo sul muso. Perché? Perché - stando ai libri che ho dovuto leggere, le scuole, la gente che ho dovuto frequentare ecc. - sembra abbiano fatto a gara per nascondermeli, impedirmi un qualsiasi rapporto con Diderot, d'Holbach, La Mettrie. I quali - te lo dico per quel minimo che n'ho fatto esperienza dribblando Derrida, le logiche e le lingue straniere, e tieni con­ to che il francese di Diderot, d'Holbach ecc . è più o meno italiano e poi ci saranno pure degl ' illuministi italiani ! - scrivono onesto, schietto, si capi­ scono, evitano il più possibile equivoci. Ed è per questo che non vogliono farteli leggere ! Per, come si dice - ed è un pensiero di Diderot, d 'Holbach, Nietzsche - tramite gl ' equivoci o le capziosità, comandarti, impedirti, appesantirti ! Va da sé poi che le "idee chiare e distinte" su cui edificava il suo sistema Descartes non hanno nulla a che fare con la chiarezza che si ricerca qui e che apprezzava Einstein; né la tecnica matematica ha a che fare con questa chiarezza . . . Se la vita - la tecnologia non dandoci ancora millenni di vita - è li­ mitata ad un tot d' anni e non possiamo legger più di tanto, perché, con Heidegger e Derrida che non si fanno leggere, non passare a Diderot, d'Holbach, La Mettrie che si leggono eccome? Pensa a quante cose ci sa­ rebbero da cambiare nei manuali scolastici, nell 'università, nell' editoria! Forse è perché non son preparati a tanto cambiamento che non vogliono farci passare a Diderot ecc. Eppure sarebbe uno svecchiarsi che - anche solo in quanto svecchiarsi ! - avvalorerebbe la filosofia di Gianni. E in62

tradurrebbe alla filosofia che ti propongo a mo ' di correzione di quella di Gianni. Ad una filosofia per cui svecchiare per svecchiare - cambiare per cambiare - non basta, anche se in mancanza d' altro è comunque un bene di per sé, perché sennò l' alternativa rischia d' esser l ' assoluto o le lettere maiuscole . . . La mia filosofia vuoi mostrarti che - partendo da uno svecchiamento che consiste nel modificare una cultura dove sono assenti Diderot, d'Holbach, La Mettrie - è meglio passare a Diderot, d'Holbach, La Mettrie che, per esempio, a tre santoni orientali . . . Dovendo parlarti di Gianni pei motivi che t'ho detto, anche questo do­ vere m' impedisce di leggere Diderot, d'Holbach, La Mettrie. Ho il dove­ re, per parlarti di Gianni, di risultare almeno un tot assiduo alla sua lettera, di leggere le sue opere, i capitoli d' opere che pure fin dal titolo mi storna­ carro : Credere di credere, Dopo la cristianità, del 2002, l ' anno dell 'ulti­ mo tour dei Fugazi . . . Benché sarebbe giannettiano o a Gianni riportabile un quesito del genere: in che misura - fatto fuori il principio d' identità, pompato a dovere quello ermeneutico - Diderot, d'Holbach, La Mettrie sono (portatori di) Gianni e viceversa? Con ogni cosa portatrice d' ogni al­ tra e viceversa . . . Molto giannettiano, ma ecologico soprattutto . Versione ecologica, ce però Gianni non ci fornisce e che bisognerebbe farci da soli, dopo aver, e qui sta il problema, trovato un ' autorizzazione per non legger Gianni o la filosofia riconosciuta e imbarcarci , più o meno da soli (altra questione: quanto da soli? Quanta solitudine è possibile se "non esiste una cosa come una credenza isolata"?), in un mare che unicamente a seconda di come andrà l ' attraversata - se compiuta, sponsorizzata ecc . - potrà ca­ somai dirsi filosofico e d'una filosofia alternativa a quella di Gianni. Don Abbondio non sapeva di Carneade solo perché la sua cultura e/o società preferiva Aristotele oppure perché Aristotele sarebbe, società o non società, effettivamente più di Carneade? Ecco la questione centrale in ogni educazione che si basi su una tradizione - e quale educazione non ci si basa? Questione che vale sia pei personaggi illustri di questa tradizione che per i suoi concetti, usi, costumi ecc . Io dico che anche solo perché non mi sono stati insegnati, anche solo per questo, Diderot, d' Holbach, La Mettrie hanno qualcosa da insegnar­ mi: aleggiano sulla mia cultura/società ma non vi sono ammessi a pieno . Non varrebbe il discorso , tu prendessi tre beneamati sconosciuti di tre lingue a loro volta sconosciute alla mia cultura/società . . . Questo sarebbe quel relativismo consistente nel dire che il mondo è perché è vario e al di là della varietà non si dà nulla; o, anche, quel relativismo consistente nel dire che il mio panettiere potrebbe, filosoficamente, spuntarla su Aristo63

tele . . . Invece, te l'ho già detto, fra la musica classica e la pop - sia pure quella complessa dei Type O Negative di Peter Steele t 1 4/4/20 1 0 - c ' è l a sua differenza perché dalla prima c i si cava (ed ermeneuticamente ! ) di più di quanto ci si cava dal la seconda . . . E ora una storiella. L' altro giorno salivo in macchia - bestemmian­ do , per motivi che vanno dall ' ecologico allo gnoseologico, perché "io"; bestemmiando, sempre per gli stessi motivi, perché "macchina" ecc. - e che ti trovo sotto il tergicristallo? Un foglietto, ancora! , con la pubblicità d'un mago, ancora ! Basterebbe la disamina di questo foglietto per una dotta tesi di laurea in scienze della comunicazione ecc. Ma metti da parte, con queste "scienze", anche la chimica e pure la filosofia del linguag­ gio - difficile perché s ' occupa di cose o borie implicite - e fatti bastare questa nota abbastanza facile perché resta all' esplicito, non abbisogna cioè di grandi tecniche escavatrici. Leggo nel volantino : "Quando una persona dice 'non credo ' lo dice perché crede già qualcosa: ' crede' di non credere. Non esiste la mancanza di fede. La fede è uno stato mentale co­ stantemente in funzione : in positivo o in negativo, ma sempre si crede". Non so se l ' interessato lo sa - se l ' ha copiata chissà dove ecc . - ma que­ sta frase del mago, opportunamente spogliata da ogni occultismo, rende appieno la teoria della conoscenza e dell' argomentazione di Gianni. Per Gianni - che a sua volta, non so se lo sa o se gli faccia piacere, sarebbe su questo facilmente riconducibile a certi testi d' etologia umana - non si danno "ragioni", a nessun livello, in nessun ambito : matematico compre­ so, ma "atti di fede" socialmente o storicamente indotti. Ognuno è filo­ sofo ermeneutico se alla domanda: "Perché lo fai?" risponde, in qualsiasi circostanza: "Perché sì "' (ed ecco perché non si tratta di surrealismo ma d' ermeneutica Vengo anch 'io. No, tu no di Jannacci ! ). Chi s ' affida a delle ragioni extrasociali - anche per quanto riguarda lo status dei numeri o degli atomi - ricade nella metafisica. (Tralascio qui la "fede" o il "credo" che Gianni estende dall ' ambito di teoria della conoscenza e dell ' argo­ mentazione a quello religioso nel tentativo di ricondurre il "credo" e la "fede" propri di questo a quelli - sinonimi di convenzione - degli altri filosofici ambiti). Da quello che io, per capirsi, chiamo "ragione", Gianni passa però al "torto" per lo stesso motivo per cui ci passa il mago . Il mago dopo aver ostentato le sue arti divinatorie corre a fornire gli estremi dell' in­ dirizzo dove tutti - finanza compresa - potranno raggiungerlo . Avesse le arti che vanta, non avrebbe bisogno di risiedere in un edificio accanto al supermarket tal de ' tali, non avrebbe bisogno di contattare il prossimo 64

infilandogli un foglietto nel tergicristallo dell' automobile o tramite il cel­ lulare il cui numero è ben in evidenza nel volantino ! Gianni del pari non avrebbe bisogno del dottore e la medicina non avrebbe su di lui gli effetti che ha, a prescindere dalla discussione su quali essi siano, se valesse ef­ fettivamente la sua antologia nichilistica; ossia se non si desse antologia, essere, materia - a prescindere, ancora, dalle loro qualifiche. Io dico: se gli scienziati da una parte e i metafisici dall' altra son poco filosofi quando troppo spicciativamente qualificano questa materia, altrimenti detta real­ tà, Gianni non lo è quando la nega. Ciò, fra l ' altro, lo porta a concludere che allora tanto vale credere cristianamente ecc. E aggiungo che siccome la realtà - ciò che c ' è - viene dalla scienza in linea di massima considera­ ta materiale neutro, o comunque riduzionisticamente, ogni qualifica data dalla scienza alla realtà sarà meno peregrina delle qualifiche metafisiche di Spirito, Essere ecc. Potremmo infine appellarci a qualcosa tipo la "coerenza" (termine fin troppo rarefatto ma che essendo laico o neutro, e venendo meno ogni distinzione astratto/concreto e simili, ha riscosso, al pari d' altri del gene­ re, un certo successo nella tradizione analitica) qual sintomo di "realtà". Come l ' occulto ecc . risulta decisamente incoerente rispetto alla vita com­ plessiva del mago, che infatti s ' appella a telefonini, indicazioni stradali ecc . - allo stesso modo lo è, per la vita di Gianni, tra ospedali, computer automobili ecc. , il suo nichilismo antologico ossia negazione, o almeno radicale epochè, sospensione del giudizio, circa l'esistenza, la sussisten­ za, la consistenza d'una qualche materia. Un materialismo non ulterior­ mente qualificato, che non si pronuncia in un senso o in un altro sulla materia o su ciò che inevitabilmente sussiste, non risulta invece incoe­ rente con ospedali e telefonini perché, se sussiste inevitabilmente qualco­ sa, questi , qualunque cosa siano, hanno almeno la condizione necessaria per sussistere. Tale materialismo non sarà né nichilista né metafisica . E "meta-fisica" significa occultismo in quanto si rifugia in qualche al di là - spesso caratterizzato come aldilà - e ciò perché non radicalmente immanente, non ecologica. Qui non ho modo di spiegarti, ma posizioni che si dichiarano immanenti, la hegeliana ecc. , le considero metafisiche, e in senso negativo , perché non ammettono la materia o perché qualificano spiritualmente, e quindi contraddicendola con l ' obbligare il suo neutro a una simile coatta qualifica, quella che ritengono essere l'unica materia. Inoltre qualunque cosa abbiano detto Hegel e simili, l 'hanno detta in ma­ niera incomprensibile e quindi non vale; è come non l' avessero detta . . . La "coerenza" potrebb ' esser usata anche da Gianni come sviluppo di 65

quella posizione di certi analitici per cui "forse, il meglio che possiamo fare per giustificare una credenza è fare appello ad altre credenze". A Gianni basterebbe togliere il "forse" assieme ad ogni carattere psicologi­ co, per una "credenza" da intendere solo come prassi sociale . Ne risulte­ rebbe all' incirca questo scenario : do, più o meno, retta alla mamma che mi dice : non mangiare la minestra, brucia ! - perché questo, più o meno , funziona (contribuisce alla sopravvivenza) e allora anche quando la mam­ ma mi dice, ad esempio, dell ' "anima" le do, aspettandomi che funzioni, le do più o meno retta. Poi coi libri ecc . tolgo "anima", che non funziona più, e lascio il monito d' aspettare, siccome funziona sempre, che la mi­ nestra si raffreddi . . . E così via, dove lo snodo è dato dallo strappare a un insieme di credenze intese come prassi sociali o convenzioni con funzione biologica, es. "minestra bollente", un insieme, es. "anima", tramite un altro, es. "neurofisiologia" .

Cristo, Pasolini!

Premetto che non avrei voluto mai e poi mai occuparmi di simili "bo­ rie", sempre in senso vichiano - della religione, del cristianesimo ecc. Però mi tocca. Perché mi ci porta Gianni. Gianni, Gianni . . . Su Wikipedia la voce "Cristo" rimanda a quella "Gesù di Nazaret", precisando che "il termine è utilizzato come titolo di Gesù, che i cristiani riconoscono come il messia inviato da Dio per la realizzazione del Regno dei Cieli". "Il significato di questo titolo onorifico" - di Cristo, "traduzio­ ne greca" d'un "termine ebraico" che significa ''unto" e "dal quale deriva l ' italiano messia" - "deriva dal fatto che nell ' antico Medioriente re, sa­ cerdoti e profeti venivano solitamente scelti e consacrati tramite l'un­ zione con oli aromatici". Insomma, quella di Cristo è una faccenda che riguarda l ' antico Medioriente, il greco, l ' ebraico, oli aromatici . . . Perché dovrebbe riguardare noi? Perché il cristianesimo, derivato da Cristo, è la religione attualmente più diffusa nel mondo con "2, 1 miliardi di fedeli". Ah. Eppure anche Hegel, Heidegger e Derrida sono i filosofi più diffu­ si nel mondo della vecchia Europa - e noi abbiamo visto che possiamo filosofare senza di loro ! Quindi se lo scopo fosse la religione - perché il cristianesimo secondo Wikipedia è una religione - potremmo far re­ ligione anche senza scegliere la più diffusa del mondo , inventandocela magari una noi ; pur, inevitabilmente e naturalmente, prendendo spunto dal mondo, dal preesistente . 66

Ma perché la religione? "Una religione è un complesso di creden­ ze, comportamenti, atti rituali e culturali, mediante cui un gruppo umano esprime un rapporto con il sacro". Ah. "Sacro è un termine storico reli­ gioso e antropologico che indica una categoria di attributi e realtà che si aggiungono o significano ulteriormente il reale ordinariamente percepito e indicato come profano" . Ah. Quindi se io accetto Cristo accetto anche il sacro. Ma perché accettare il sacro? Perché un ''ulteriormente" rispetto all ' "ordinario"? Tutto dovrebbe risultare ordinario secondo Gianni, se, come scrive nella Presentazione al Volume introduttivo delle sue Opere complete, "non c ' è un essere che sta da qualche parte con le sue caratteri­ stiche metafisiche, eterne"; perché tutto ciò che si dà, si dà ermeneutica­ mente, si dà in quanto disponibile ad un illimitato numero di modi in cui venire inteso, valutato, manipolato - ogni essere o darsi , consiste proprio in questo illimitato numero di modi d' intendere, valutare, manipolare e venir intesi, valutati, manipolati. Eppure Gianni scrive opere quali Credere di credere, Dopo la cristia­ nità . . . Gianni sbaglia anche solo a interessarcisi a qualcosa come la reli­ gione. Mica è un sociologo o uno storico che, gli piaccia o no, deve oc­ cuparsi dei fenomeni che rileva ! C ' è ancora la religione al mondo? Tanto peggio pel mondo ! Noi filosofando c ' occupiamo di come il mondo possa essere altrimenti da come risulta ai più; e invece Gianni, interessandosi di religione, riracconta al mondo ciò che il mondo sa già ed ha già. Fa quindi un lavoro inutile ! Esprime un pensiero inutile ! Anzi nocivo . Perché riba­ disce i pensieri già esistenti, per di più quelli fra i maggiormente sponso­ rizzati. Fa l' opposto che opera ermeneutica. Fa l ' opposto che arte (ogni artista, ogni opera, anche volendo, non può essere religiosa, non può non proporre una nuova ermeneutica, un altro mondo. Ne sono esempio tutto lo stuolo di artisti credenti da Chagall a Liszt). "Credenza"; secondo il Vocabolario etimologico della lingua italiana d' Ottorino Pianigiani datato 1 907 : "dal lat. credere prestar fede e quin­ di affidare, confidare, consegnare, depositare . . . Fede religiosa; opinione certa; il dare ad altri sulla fede, senza pagamento, che pur dicesi "Dare a fido" - Chiamasi così anche una specie di armadio da riporvi dentro e a suo tempo disporvi sopra le cose da mangiare o le suppellettili più minu­ te per uso della mensa, ed altresì la stanza dove si ripongono le cose da mangiare, che più comunemente dicesi dispensa". Un filosofo, soprattutto ermeneutico, non può avvicinare filosofia e credenza, né nel primo né nel secondo senso, senza ricadere nella meta­ fisica. "Credere": Gianni se fa ermeneutica non può "credere" - neanche 67

credere di credere . Non può abbandonarsi a qualcosa, per di più usata a mo ' "d' armadio per riporvi dentro e disporvi sopra" ! , detta a lui da altri o che gli provenga da un qualche esterno . Non può accettare una convenzione che non è lui a creare; e la filosofia, con l ' arte, è creazione di convenzioni, di interpretazioni . I filosofi, cioè, le loro filosofie, tanto che dove inizia la credenza finisce la filosofia, non credono - creano . Gli artisti, cioè, le loro opere, non credono - creano . Il "cristianesimo" di Gianni - anche se "non religioso", anche se limitato all ' insegnamento etico o comportamentale di Cristo - risulta comunque un qualcosa di ma­ ledettamente sbagliato in quanto cristianesimo, in quanto ismo; in quanto cosa, interpretazione e politica già risultata, che ha già avuto storicamente il suo spazio. Anche solo pel fatto che noi contiamo gli anni a partire da Cristo, tu Gianni non dovresti prendere in considerazione Cristo se vuoi proporre un ' alternativa per dimostrare che il mondo cristiano è solamente un mondo tra i tanti possibili. Schierandoti pure tu col cristianesimo, in­ vece di fondare ad esempio un giannettianesimo (che sarebbe comunque male in quanto religione, perché la religione di per sé lega e impedisce in linea di principio altre fondaz ioni o interpretazioni extra, essa non con­ siderandosi interpretazione ma verità), porti a supporre che l ' alternativa cristiana sia la vera e quindi che non sia un' alternativa. Asservendoti alla tradizione - e per di più a quella in certi ambiti largamente maggioritaria - continui a servire la verità e la metafisica, oltre che il potere. E uccidi la fantasia, cioè la libertà. Detto altrimenti - e con tante scuse, mi sento Mimmo in Bianco, rosso e Verdone, ma lo faccio per Gianni ! - e allora turiamoci il naso e citia­ mo, partano gli squilli di tromba, Martin, non il pescatore ma Heidegger. Martin che ci riferisce un ' ovvietà colossale (Heidegger, nonostante tutte le sue pirotecnie, risulta, tra i famosi, il pensatore meno originale, ripren­ dendo senza riguardi da questo e da quello . . . ) e che però Gianni - proprio Gianni che saprà a memoria tutto Heidegger di cui si considera un impor­ tante prosecutore ! - e che però Gianni non considera. Cito Heidegger; non ce la faccio a citarlo direttamente; lo cito da Severino: "In Introduzio­ ne alla metafisica" - e si noti : Heidegger, e Gianni gli crede ! , si proclama non-metafisico ma poi scrive un'Introduzione alla metafisica ! Sì, certo, di per sé è possibile : io posso dichiararmi vergine e poi scrivere un manuale per attori pomo, però . . . - "Heidegger afferma che una 'filosofia cristiana' è un ' circolo quadrato ' . . . Filosofare è infatti ' interrogare fino in fondo ' , mentre i l credente possiede già l a risposta essenziale . . . Per ' interroga­ re fino in fondo ' è necessario ' cessare di essere un credente "'. Quindi 68

Gianni - nonostante c ' assicuri di continuo che i filosofi più emblematici del Novecento, Wittgenstein e Heidegger, siano stati religiosissimi se non cristianissimi - o sei cristiano o sei heideggeriano ! Chi preferisci? Cristo o Heidegger? Salvo ammettere che Heidegger si contraddica . . . E capirai ! parlare di coerenza con Heidegger è come parlare di grande recitazione con . . . Non posso far nomi sennò mi denunciano : anche se sbagliereb­ bero, ermeneuticamente . Infatti se nemmeno fra nomi propri e comuni si danno differenze sostanziali - non dandosi , senza sostanze o cose che stanno sotto, differenze sostanziali - che io dica "Il cielo è stupido" o "Mario è stupido" dovrebbe far lo stesso, cari giudici . . . Ti stupisci, "occhio alla penna" - e che in un ' istantanea tu ti riveda intero il vecchio film di Bud Spencer così intitolato - perché mi trovo d' accordo, su un punto, con Heidegger? Beh, non dovresti. Io e Heideg­ ger facciamo, mio malgrado, suo malgrado, parte d'una stessa banda o tradizione. E quindi - mio malgrado, suo malgrado - saranno più le cose o storie o molecole che - loro malgrado - c 'uniscono di quelle che ci separano. E le "leggi scientifiche" non son altro che una caratterizzazione rigorosa di questi reciproci "malgrado" . Anche fra te ed Hitler lo stesso . Se a te Hitler avesse detto : piove; tu, acerrimo nemico del nazismo, avre­ sti dovuto convenirne. Nazismo o non nazismo : sul piove, sulla fame ecc. devi convenirne. Per questo non si danno mostri ma solo natura; sennò il male non sarebbe possibile. Se uno stupratore fosse di tutt' altra pasta rispetto alla sua vittima, vivesse in un altro mondo , com ' a volte si dice, stupri non ci sarebbero, vittime non ci sarebbero ! Fin qui anche Gianni l ' immagino più o meno d' accordo con noi. E fin qui abbiam detto che facciamo tutti parte, io, Heidegger, Hitler e te, di quelli che il chimico Tiezzi t 2 5/6/20 1 0 chiamava ''tempi storici" . Quanto invece mi trova in disaccordo con Gianni è che per Gianni si danno solo "tempi storici" : Gianni resta nel nicciano "umano, troppo umano" ; ignora il Nietzsche fisiologo. Per me e per te, se ti persuado, e per Tiezzi o diciamo pure per la scienza attuale, si danno pure "tempi biologici". È per questo che Gian­ ni non ritiene, o non può ritenere dalla sua posizione oltranzista, che tu, Napoleone, una gazzella e un aborigeno viviate nello stesso mondo, siate materia dello stesso mondo. Gianni riduce il mondo a modo. Io, il modo al mondo. Gianni - e cantatelo, dai , il ritornello "Gianna Gianna Gian­ na" ! - non ammette l ' esistenza d'un unico mondo , bensì propone che i mondi inevitabilmente cambino con, l ' altrettanto inevitabili per tutto ciò che si dà, interpretazioni. E qui si pone il problema: siccome sono inter­ pretazioni anche le individuali, il mondo cambia ad ogni individualità od 69

unicamente ad ogni svolta socio-storica che proprio per questo diventa di rilievo? Io di contro dico che le interpretazioni sono importanti - ma relativamente, non assolutamente. Anzi : i tempi biologici contano di più degli storici . Senza quanto noi consideriamo mondo - a prescindere dal suo esser considerato "mondo" e per Gianni però non si può prescindere da simili considerazioni - non si dà uomo, non si dà storia umana, né interpretazione umana. Perché non si dà quella che chiamo "materia". E parlo di "mondo" o materia più o meno nel senso in cui Kant parla della x tanto indipendente da ciò che appare quanto suo costituente . Gianni non concependo, nei termini del vecchio dualismo soggetto/oggetto che lui ri­ fiuta (e anch'io ! - ma debbo pur farmi intendere, da te e da me stesso, che ancora purtroppo utilizziamo questo dualismo ! ), non concependo Gianni un mondo o oggetto indipendente dal soggetto o società, non può poi concepire né giustificare un pensiero ecologico . E siccome questo risulta, secondo il ragionamento che t'ho proposto e secondo pure la mia vita, l 'unica maniera, concreta e teorica, per superare il nichilismo, Gianni si preclude, diciamo a priori, ogni possibilità di superarlo il nichilismo . In­ fatti ricade nel nichilistico - nichilistico e perché non ecologico e perché blocca il conflitto, la negoziazione, il divenire, l ' invenzione, specie auto­ critica, delle interpretazioni - cristianesimo . Detto altrimenti. Quest ' affare del cristianesimo : non è accettabile filo­ soficamente - per motivi di fantasia e libertà derivanti da una condizione postmetafisica - nemmeno un Ezio Poppa Pedretti t 28/9/20 1 0 o un Bru­ no Munari; figuriamoci un credente con la sua dispensa ! Dove la diver­ sità tra, da una parte, Foppa Pedretti l 'A lbem delle Idee, i libri di Bruno Munari Da cosa nasce cosa. Appunti per una metodologia progettuale ( 1 6 ed. ), Fantasia. Invenzione, creatività e immaginazione nelle comuni­ cazioni visive (22 ed.) - e, dall' altra, le idee, con la lettera minuscola, e la fantasia, con la lettera minuscola, del filosofo ermeneutico, risiede nel discutere autoreferenzialmente; nel discutere, remember Kant ! , con idee e fantasia, delle idee e della fantasia. Mentre Poppa Pedretti e Munari, non filosofi, assumono l ' esistenza e le qualifiche delle idee, della fantasia, delle cose. Poppa Pedretti e Munari progettano, vivono, pensano, fanno pensare, fanno vivere a partire da un mondo assunto ; da un mondo che quindi cambiano, casomai, solo dopo averlo accettato in massima parte. Hanno presunzioni eccessive, per quanto sempre meno del credente le cui presunzioni gli impediscono logicamente di far filosofia; e il credente che fa filosofia quando filosofa non è credente e viceversa; stesso dicasi dell ' artista con l ' arte . . . Il filosofo invece opera discutendo d' assunzioni 70

e accettazioni e arrestandosi unicamente laddove non può non assumere, accettare, presumere. Per tali motivi d' assunzione, accettazione, presun­ zione, ti posso proporre di non considerare un Munari, designer, un arti­ sta; né l ' arte "come un mestiere", il mestiere implicando proprio ciò che l ' arte, definita così equivocamente con la filosofia, si sforza di metter in discussione. Modestia (il sapere di non sapere socratico) vs. presunzione : se vuoi mettila pure così . . . L' Ordine al merito del lavoro - che fece Ezio Foppa Pedretti Cavaliere del lavoro e che nel 20 1 0 ha fatto Cavalieri fra gl' altri il sig. Auricchio e il sig. Balocco - è un' istituzione e la filosofia, specie ermeneutica ! , non può esser istituzionale . . . Il sig. Auricchio, il sig. Balocco, il sig. Foppa Pedretti . . . Questo è interessante ! Nomi diventati di dominio pubblico, comuni ecc. vanno fatti risalire - nichilismo ermeneu­ tico a parte - a persone in carne ed ossa . . . Dal Vocabolario della lingua italiana al Dizionario biografico degli italiani abbiam detto . . .

Cristo O si fa ermeneutica o si fa religione - anche se l ' ermeneutica, mi di­ cono, è nata quale disciplina per l ' interpretazione di testi religiosi . O si fa filosofia o si fa religione. O si fa arte o si fa religione. Filosofia, reli­ gione, arte e scienza ognuna a suo modo presentano dei mondi - dell' in­ terpretazioni dell'unico mondo o universo. Solo che mentre filosofia, arte e scienza sono discipline ermeneutiche, discipline che danno la libertà, discipline che dicono, ognuna a suo modo - Ecco quest ' interpretazione ! Che te ne pare? Sapresti far di meglio? La religione opprime perché bloc­ ca l' interpretazione, perché dice, se ne sono accorti in tanti e dovrei anche solo per questo pensarla diversamente o escogitare qualche nuova idea in proposito - le cose stanno così perché un Dio tramite un messia, quando non s ' è fatto, come pretendeva Cristo, lui stesso messia, ha detto che le cose stanno così. È perché la categoria di Dio non prevede, al contrario di quella di atomo, d'essere confutata, che la categoria di Dio, di per sé una categoria o convenzione come le altre, è cattiva. Cattiva quanto quella di verità nella misura in cui questa a sua volta si deifica; altrimenti nemme­ no la verità dà troppa noia al divenire delle interpretazioni o dei giochi. Il giustamente famoso Popper ci scrisse su questo, in epoca nazifascista, un ' opera in più volumi : La società aperta e i suoi nemici. Gianni nell ' auspicare un "futuro" per la religione, auspica la fine dell ' ermeneutica: se ogni uomo ave sse una religione sua, nessun uomo parlerebbe con un altro ; con l ' ermeneutica finisce pure il dialogo. Propo71

nendo quale futuro il passato, invece di collocarsi nella ''fine della storia" che dovrebbe dare la stura alla molteplicità delle storie le più varie e li­ bere, Gianni appesantisce la storia maggiormente di quanto farebbe chi auspicasse la fine di tutte le religioni. Questa, non essendoci mai stata, sarebbe una gran novità; sarebbe la fine della storia come s ' è conosciuta finora: It 's The End Of The World As We Know It A nd I Feel Fine cantic­ chiavano i R.E.M. Come se non bastasse, Gianni fra le religioni ha scelto per un erme­ neuta la peggiore : quella di casa sua - sì lo so che io t' invito per motivi ecologici a startene a casa tua e nella lingua tua; ma questo è un altro di­ scorso . . . Bello sforzo ! Bella alternativa - e che fantasia! Al limite avreb­ be dovuto - ripeto e pur essendo autocontraddittorio per un ermeneuta, in quanto la religione pone fine, per definizione ! , ali' ermeneutica - inven­ tarsela da sé una religione o un ismo. Infatti, a voler esser benevoli, pos­ siamo considerare che da una parte l' ermeneutica ci dice che ognuno non è altro che un messia o il portatore d'una novella - e però che in quanto questa novella, magari con valenza di progetto antropologico o sociale, non sarà la Verità ma soltanto interpretazione (il che non è poco: perché per strutturarla un' interpretazione ci vuoi tutta una vita in società . . . ), non resta eh' esser a nostra volta messia e portare altre novelle ecc. Ma Gianni, col cristianesimo . . con l 'altrui messianesimo e poi di qual A ltrui! No Gianni, questo non dovevi farlo ! C ' hai fatto cader le braccia come dopo la lettura d'un articolo di Sergio Romano sul "Corriere della Sera" ! Scendendo o scadendo in qualche particolare. L' espressione : "realiz­ zazione del Regno dei Cieli", è qualcosa che, appunto, non sta né in cielo né in terra (da Galileo, del resto, la stessa cosa), quanto quella: "l'uni­ verso è il tutto, però, sai, ci sono due universi". Ogni espressione avanzi un piano oltre quello della natura o del cosmo o dell'universo che dir si voglia, è insostenibile perché autocontraddittoria e tu abbracciandola e autocontraddicendoti sei maggiormente in balia di chi - "re, sacerdoti e profeti" - usando quell ' espressione autocontraddittoria, ma poi nella vita o natura non potendo si così tanto contraddirsi (separarsi cioè da cose e animali, organico e inorganico), sfrutta il tuo imbarazzo per vivere, tra cose e animali, organico e inorganico , meglio lui di te, caro ! Tu guardi per aria e lui, dopo averti detto : Mira ! Mira l'uccellino ! , ti frega il boccone sotto ai denti. Sarebbe stato meglio per l ' ermeneutica se Gianni , faccio un esempio, invece d ' occuparsi di "realtà che si aggiungono" alla realtà - come se al tutto potesse aggiungersi qualche cosa ! Come se quello che non c ' è .

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s ' aggiungesse a quello che c ' è ! - avrebbe fatto meglio a occuparsi , nel 2002 , 2005 e 2006 - considerando pure che di "realtà che si aggiungono" alla realtà, di cristi e madonne se n ' occupano ancora in tanti e se ne son già occupati tantissimi - avrebbe fatto meglio ad occuparsi, se non d' eco­ logia, almeno di Songs Far The Deaf dei Queens Of The Stone Age, e di La Foret degli Xiu Xiu, e di You In Reverse dei Built To Spill. Avrebbe così avuto modo d' affinare le proprie opinioni in campo estetico e di dire qualcosa di meglio di quanto dice alla fine di Un 'etica per laici di Rorty dove sostiene che "Quando uno mi dice 'preferisco i Beatles a Beetho­ ven' , che cosa posso fare? Posso solo provare a convincerlo : 'Ascolta con me questo, senti com' è banale questo accordo ' ecc . Di più non posso fare" . Ah no? Intanto informati maggiormente sulla musica pop ! I Beatles sono stati fra i peggiori. I Built To Spill fra i migliori. Perché? Perché er­ meneuticamente una canzonetta dei Beatles s ' esaurisce in un tot; una dei Built To Spill in un tot che è quantomeno il doppio . Inoltre, prova ad ar­ gomentare che B eethoven è arte e i Built To Spill no. E questo perché er­ meneuticamente - o a chiacchiere o a forza di romanzi ecc. - coi Built To Spill ci si vive un tot; con Beethoven un tot ch ' è il doppio . . . Infine prova a trasportare tutto questo nella scuola. Della scuola - come dell' ecologia - i potenti se ne dimenticano : perché sennò scuola ed ecologia li mette­ rebbero di fronte all ' insostenibilità e assurdità, all ' impotenza della loro potenza. E son due tautologie - scuola e ecologia - tanto vi dipende tutto il resto . L'uomo senza educazione non è uomo, biologicamente. Nessuna cosa senz ' ambiente si dà, biologicamente, fisicamente e direi anche ma­ tematicamente: ogni numero sta fra due altri. Epistemologicamente poi, con la credenza, e quanto ora ti dico chiamarsi "olismo", questo l ' abbiam già visto . . . Ma Gianni non ci sta. E mi rimbrotta: l' incarnazione ! L' incarnazione ! Cristo sta al Dio trascendente come l' antologia debole a quella metafisi­ ca. La morte del Dio metafisica è la nascita del Cristo quale Dio-uomo, immanente, storico ! Vuoi uno schema? Eccolo : antologia debole � etica della non-violenza (non essendoci qualcosa su cui basarsi per rivendica­ re un diritto alla violenza e/o intolleranza) � cristianesimo; metafisica � violenza � religione "naturale" (di contro alla "storica" di Cristo), scienza ecc . Pertanto , caro mio, conclude Gianni : "Oggi non ci sono più plausibili ragioni filosofiche forti per essere atei, o comunque per rifiutare la religione". Respondeo : a) Per Gianni, se filosofica, ossia ermeneutica, nessuna "ragione" dovrebbe esser "forte", nel senso di chiusa, non negoziabile 73

ecc. ; e quindi perché richiederne una proprio in questa circostanza? b) Se credere o non credere dipende dall"'oggi" o dal domani, e quindi Dio - e un cristiano dovrà pur accettare che Cristo è Dio - va e viene coi "corsi e ricorsi" storici, Dio, eterno per definizione, per quanto incarnato ecc. , non è più Dio, o Cristo non è Dio; e s e Cristo non è Dio a che pro parlare di religione? c) Ho, più sopra, presentato delle ragioni "forti", tenden­ zialmente astoriche, per quanto anche la logica sia storica . . . a cui ne ho aggiunte altre più "deboli" o storiche, per sostenere che una filosofia con una qualsivoglia attenzione pel religioso, il divino ecc. rinnega se stessa in quanto assume ciò che deve dimostrare o non discute ciò di cui - e solo ad essa, specie se ermeneutica come quella di Gianni, spetterebbe tal compito - dovrebbe discutere: principi o non-principi e quali (Dio mede­ simo invece, a prescinder dal modo d' intenderlo, non può, da un religioso, perciò "legato", venir messo in discussione) . Las t but non least: quando Gianni sottotitola una sua opera: "per un cristianesimo non religioso", o fa tipo quegl' atei privi di fantasia e ostentatamente tolleranti i quali, non bastandogli Socrate, fanno di Cristo un Socrate, ma così non pare che sia per Gianni, oppure non si capisce chi voglia prendere in giro dato che nel­ la quarta di copertina di Dopo la cristianità campeggia: "Il mio intento è quello di mostrare come il pluralismo post-moderno permette di ritrovare la fede cristiana". Ora: se non ha a che vedere la fede con la religione, dico io . . . Mentre, vocabolario alla mano, sembra un po' più problemati­ co, integralismi a parte, conciliare "fede" e "pluralismo". Per quel che so della storia del cristianesimo, i cristiani non son mai stati contentissimi delle altre fedi; né i credenti degli atei. I cristiani han sempre cercato di "convertire" i non-cristiani e i credenti gli atei. O no? All ' ateismo invece non ci si può convertire; altrimenti fra il passare da una prigione ali ' altra e lo starsene fuori in libertà non vi sarebbe alcuna differenza. E a chi lo sostiene che non v'è nessuna differenza, dopo aver accettato la plausibi­ lità filosofico-ermeneutica dell' agente storico-convenzionale "chi", dico, con quel tono con cui, a inizio Novecento, i recensori signorilmente si rivolgevano al lettore : provi !

Pasolini In Salò o le centoventi giornate di Sodoma , Pasolini prima di venir ucciso - dallo Stato? Ogni delitto è delitto di Stato nella misura un cui, come riteneva, la sparo là, se non Hobbes qualcheduno del genere, lo Stato non riesce a difender gli esseri che lo compongono ; dimenticandosi 74

poi d' aggiungere, Hobbes o chi per lui: da se stesso ! - Pasolini espresse, in un ' opera non artistica - un film - quanto secoli prima espresso artisti­ camente, o quasi, da Sade : il potere - professori, ecclesiastici, magistrati, politici - incula, tortura, alimenta forzatamente a merda, uccide ogni sin­ golo ad esso sottoposto ; i sottoposti poi, non proponendo un' alternativa, non provandoci nemmeno perché annichiliti fin dall' inizio col nascere nella società in cui nascono , non riescono a loro volta a dimostrare che questo (torture, merda , morte) sia un male, questo che la natura, del resto, rende fisicamente, naturalmente appunto, possibile . Ora: nessuno si ricorda della denuncia di Sade ma ci si ricorda di Sade solo per le sozzerie. Viceversa: nessuno si ricorda delle sozzerie di Paso­ lini ma ci si ricorda di Pasolini solo per la denuncia. Denuncia in ritardo di due secoli rispetto alla sadiana. Si dirà: se la società è restata la stessa, Pasolini ha fatto bene . Rispondo : forse. Ma aggiungo : facciamo male noi a rifarci a Pasolini come Gianni fa male a rifarsi a Cristo. Perché? Perché Cristo ha avuto già i cristiani e Pasolini i pasoliniani. Si tratta, con Cristo e Pasolini, di gente famosa - classica - e pertanto non più utilizzabile se, giannettianamente, non si desidera, ipostatizzare si direbbe in gergo ma intendi: tirar su, piazzare, imbastire; se non si desidera, perché lo si repu­ ta filosoficamente sterile e insostenibile : fissare, congelare ecc. le nostre credenze, opinioni, interpretazioni , convenzioni. Boicottaggio invece ci vuole ! Boicottaggio e sfiducia - il "sospetto" nicciano nei confronti di quella che Gadamer chiamava Wirkungsgeschichte, "storia degli effet­ ti". È , gandhianamente, l'unica violenza non violenta, di noi comunque di necessità violentati da questa "storia", e consente di dare una ragione epistemologica o di teoria della conoscenza a temi quali quelli legati al WTO (no, non sto parlando della Organizzazione Mondiale della Toilet - World Toilet Organization ; né della Organizzazione Mondiale del Turi­ smo - World Tourism Organization ; ma della Organizzazione Mondiale del Commercio - World Trade Organization). A prescindere - e questo "prescindere" è quanto di più importante o filosofico c ' è nel mio discorso ! - da ogni altro fattore, Pasolini e Cristo vanno lasciati perdere anche solo perché Pasolini e Cristo : perché famosi o con largo seguito. Strategie alternative, signori miei ! Pena: il feticcio, la verità, la stupidità, la noia, Dio. E Gianni se si rifà a Cristo ricade in Dio, nella verità, nella noia - per di più intollerante, saccente, illusa e illusoria ecc. Chi non ha sentito parlare di Pasolini fra noi i tali ani d' oggi? Parliamo d' altro ! Anche solo per non illuderci dell ' oggi e ritenerlo eternità quando risulta storia ! Non posso dar retta a Pasolini o a Cristo o a Dante (Dante 75

reazionario : l'unico libro di Sanguineti t 1 8/5/20 1 0 che non si trova . . . ) in quanto non mi risultano buoni o utilizzabili per il domani. È , questo delle convenzioni quali strategie o organizzazioni cognitive/interpretati­ ve, l 'unico usa e getta che non inquina e che anzi rende possibile - im­ pedendolo invece Cristo e Pasolini perché d'un mondo , una cultura non ecologici - di pensare ecologicamente, il che fra l ' altro risulta una novità, a giudicare da quanto gira ancora pel mondo oggi (Cristo, Pasolini . . . ). Ho detto che il cinema non è arte un po ' perché di solito non si dice - e non è una ragione da poco ! Se si legge Gianni esasperandolo quel tanto che basta, si potrebbe asserire che questa è l 'unica effettiva ragione; da qui, fra l ' altro, ma Gianni in materia non è ferrato a causa dei paraocchi professorali, l ' importanza del dir di no per partito preso ossia del punk anni Settanta . . . Inoltre ho detto che il cinema non è arte per dir qualcosa sull ' arte. Gianni ha iniziato da prof. d'estetica, nel senso, pure, di ridur­ re l' ontologia, o il teorizzare su ciò che fondamentalmente esiste, a ciò ch ' appare, all' estetica quale interpretazione delle varie opere, oltre che quale creazione d' opere altrimenti inesistenti , impossibili, inconcepibili; opere che non hanno altra esistenza, possibilità e concepibilità se non quella di venir realizzate in una storia, in una società ecc. - e per Gianni pure i fiori o i sassi esisterebbero a tale livello, in quanto la convenzione stessa d'esistenza si colloca a tale livello, s ' apprende a scuola nei giornali ecc. Con ciò siamo agli antipodi di Leonardo, della cultura millenaria che questi rappresenta e per la quale ci sarebbe da una parte la "natura" e dall ' altra l ' arte o l'uomo, suo "specchio"; e più lo specchio risulta fedele e meglio è. Gianni, con Rorty, sostiene che non c'è nulla da specchiare, che non ci sono specchi, che non ci sono parti, che spetta a chi asserisce simili cose - per prima dunque la filosofia estrapolabile dal senso co­ mune - dimostrarle, apportare i distinguo e gli steccati e le soluzioni di continuità del caso, quelle, nel linguaggio di Tartaglia, fra "speculatione, & operatione, ouer Theorica, & Pratica" . La natura stessa è arte o uomo e - questo però l ' aggiungo io, più che Gianni ! - l ' arte o uomo è natura. Insomma: si dà solo una cosa e questa è l ' insieme delle convenzioni ­ usi, costumi, parole ecc. - che s ' apprendono e veicolano in scuole, cit­ tà, famiglie . . . Eccola la fine che fa il monito idealistico gentiliano : "che l ' oggetto si risolva nel soggetto" ! Di un Gentile che parlando di "processo costruttivo dell ' oggetto in quanto processo costruttivo dello stesso sog­ getto", avanza così un costruzionismo - ancora operante nel 2006 quando si ristampa la raccolta anni Ottanta di P. Watzlawick, La realtà inventata. Contributi al costruttivismo - per cui "nel mondo dello spirito, nessuno 76

e nulla è per natura; ma è tutto quello che diviene per opera sua propria. Niente è già fatto, e perciò è, ma tutto è da fare sempre". Questo mi serve, oltre che per occuparmi d' arte, anche per attaccare il cinema e con esso la borghesia, in un attacco che vorrebbe funger da stimolo critico: siccome il cinema "riprende", per ciò stesso fida in un dualismo cinepresa/realtà e per ciò stesso resta fermo alla concezione leo­ nardesca, non artistica, non estetica nel senso giannettiano . . .

Esotico è bello ? Per capire la filosofia di Gianni fai così. Vai in Internet su Nonciclope­ dia. Nonciclopedia è la versione italiana di Uncyclopedia, "l' enciclopedia priva di qualsivoglia contenuto" che, dal 2005, parodia Wikipedia - l ' en­ ciclopedia che in meno di dieci anni è diventata la più grande, consulta­ ta, libera, aggiornata, democratica ed economica enciclopedia di tutti i tempi. Ebbene, per Gianni oltre a Nonciclopedia anche Wikipedia con le sue 35 milioni e passa di pagine, le sue 1 80 lingue, i suoi 60 milioni d'ac­ cessi al giorno, risulta priva di qualsivoglia contenuto: quelle 60 milioni di persone s ' occuperebbero ogni giorno del vuoto. E ciò perché l ' uomo, la sua conoscenza, le sue convenzioni e il mondo stesso son vuoti, privi di contenuto . Ancora: Gianni non trova filosoficamente corretto segnare uno scarto - in cui consisterebbe il "contenuto" - tra Nonciclopedia e Wikipedia, tra presunto irreale e presunto reale, tra presunto falso e pre­ sunto vero. Irreale, reale, falso, vero sono presunzioni. E se non si danno che presunzioni, quelle di falso e di vero , di reale e irreale sarebbero pre­ sunzioni , o categorie, convenzioni, che provocano più problemi di quan­ ti risolvano . Fortuna, continua Gianni, che a partire dall ' Ottocento con Nietzsche e soprattutto nel corso del Novecento, fino a giungere a Gianni stesso, questo s ' è capito e le presunzioni-convenzioni-categorie di reale, irreale, vero, falso stanno sloggiando ! Ma facciamo un esempio. "Amore". In Nonciclopedia alla voce "amo­ re" si legge : "Per ' amore ' intendiamo qui quella cosa che ha a che fare con i talk show di Maria De Filippi" . Invece in Wikipedia: "L' amore è un sen­ timento intenso e profondo, di affetto, simpatia ed adesione, rivolto verso una persona, un animale, un oggetto, o verso un concetto, un ideale". Ecco, fai filosofia a partire da questi parametri, da questi input ! Potresti passarci una vita e non basterebbe. Intanto senti questo . Per Nonciclope­ dia "amore" risulta una "cosa" e questa cosa "ha a che fare con i talk show di Maria De Filippi". Ora, la prima obiezione - a parte l ' accettazione 77

acritica della convenzione-categoria di "cosa" - che tu moverai sarà: non tutti conoscono i "talk show di Maria De Filippi", quindi Noncicl opedia, s ' esprima con ragione o meno, comunque si riferisce ad una cerchia, ad un gruppo ristretto . Sbagliato ! - facciamo finta Gianni risponda così. Par­ lare dei ''talk show di Maria De Filippi" risulta, nome proprio compreso , tanto oscuro e tanto chiaro, tanto comprensibile e tanto significante, tanto storico e tanto valido quanto - a prescindere da ogni ragione - parlare, nomi comuni compresi, di "sentimento", "intensità", "profondità", "per­ sona", "animale", "oggetto". Nei secoli, secondo il Gianni che ti presento , i filosofi han discusso - e i re guerreggiato - per voler distinguere l ' indi­ stinguibile. "Maria De Filippi" ha la medesima estensione, forza, domi­ nio, valenza, o non estensione, non forza, non dominio, non valenza, di "concetto", "oggetto", "animale". Vi sfido, penso aggiungerebbe Gianni, a provar il contrario, a stabilire un ferreo distinguo , una soluzione di con­ tinuità, un diaframma identitaria - capace cioè, scusa i termini pomposi, d' attribuire un ' identità, una riconoscibilità, una distinguibilità a "Maria De Filippi" da una parte e a "concetto", "oggetto" ecc. dall ' altra. Certo - altra facile obiezione - Nonciclopedia condivide tantissimo del mondo di Wikipedia. Ad esempio, dirai, la grammatica o il principio di non contraddizione, The three classic laws of thought - quella roba per cui Una proposici6n y su negaci6n no pueden ser ambas verdaderas al mismo tiempo y en el mismo sentido. Epperò, questo, perché Nonci­ clopedia, i suoi autori, ha avuto l ' educazione che ha avuto : e il contesto antropologico era quello di Wikipedia; reale irreale vero falso . . . Ma per il resto, sovvertire hanno sovvertito quel che hanno potuto, i nonciclope­ diani ! Ancora: come per esprimere la condanna del libro in cartaceo devo pubblicare un libro in cartaceo perché i destinatari del messaggio richie­ dono quale mezzo di trasmissione o d' imposizione libri in cartaceo; allo stesso modo per sospettare, comunicandolo a te che ne fai uso, dell ' Io o delle strutture grammaticali, niccianamente sintomo di metafisiche, deb­ bo continuare ad avvalermi di quanto sospetto ! Per quest'esigenza Dante - un altro da rinnegarsi ! - scrisse, senza paradosso, in latino un ' opera, il De vulgari eloquentia, che promuoveva il volgare. T' ho sbafato un po ' d' inglese e di spagnolo per riconfermare Gianni quando sostiene - se lo sostiene, sennò pazienza - che una lingua vale un ' altra e se capisci - in termini di contenuti, verità ecc. - fa lo stesso (per la serie : tanto, morire o nascere si muore e nasce tutti ! ) che se non capisci; non potendo capire o conoscere contenuti che, secondo Gianni, comunque non ci sono. E sarà per ciò, perché non gli importa del capire, 78

per motivi filosofici dunque ! , che Gianni legge così tanto Heidegger! E forse, sempre per questo, Heidegger - ci scommetto : il primo a non capir­ ci in quel che blatera - scrive come scrive ! Perché dico questo? Per dire che se esotico è bello, se anticonvenzio­ nale è sinonimo di consapevolezza ermeneutica, Pasolini, Il fiore delle mille e una notte, filmaccio, non perché accia ma perché film ! , non bello perché non esotico , casalingo troppo casalingo, troppo a favore della di­ stinzione Nonciclopedia/Wikipedia. Così come, Vangelo secondo Matteo a parte, Pasolini è troppo addentro alla tradizione in particolare cristiana (sicché non guardarli i suoi film, i suoi film e i film in genere, sennò an­ che tu troppo tradizione, e in particolare cristiana . . . Per sconfiggere la borghesia e con essa il cristianesimo basterebbe non guardar film . . . ), così come Pasolini è troppo addentro alla tradizione in particolare cristiana, e da antropologo ha studiato una vita per non starei tanto addentro, così ci finisce Gianni, passando dalla ragione - Nonciclopedia or Wikipedia ? That is the question - al torto - il "cristianesimo non religioso" ecc. , quando i l cristianesimo andrebbe (giannettianamente ! ) cassato anche solo perché, dopo millenni : "Che noia, che barba, che barba, che noia ! ", per citare di Sandra Mondaini t 2 1 19/20 l O in Casa Via nello il borghesis­ simo nichilismo che non si sa s ' è borghese perché nichilista o nichilista perché borghese e che comunque è quello stesso che ha i risvolti luttuosi delle croniche oramai morti per overdose - da mancanza di cultura forte e indipendente - fra gl' esponenti del mondo pop : musicisti, modelle ecc . con, per ultimi esempi, Paul Gray t 24/5/20 1 0, bassista degli Slipknot, e Jennifer Lyn Jackson t 22/ 1 120 1 0, incantevole, negl ' anni ' 80, Playboy Playmate. Capiscilo il mio "a prescindere" ! Quello che t'ho detto vale a pre­ scindere dal mio accordo con Pasolini o Cristo su certe questioni. Ad es. ho scritto senza saperlo un non-romanzo, La prima volta, che dice quanto Pasolini diceva nel trafiletto Troppa libertà sessuale : la verginità può divenire un valore se vissuta anticonformisticamente di contro alla verginità conformista delle suore e alla "prima volta" del pari conformista e conventuale delle liceali borghesi. Solo che, mentre per Cristo si tratta di tornare a Dio e per Pasolini, o i Rousseau (il pedagogista e il pittore), al preistorico/tribale - io , di contro a questi essenzialisti che non riesco­ no a vivere storicamente, ad esser "artefici del proprio destino", dico, di contro anche a Gianni se pasoliniano e cristiano, d' andar avanti verso una società in cui la più sofisticata tecnologia sia sofisticata perché unita alla maggior consapevolezza critica. Perché filosofica. Perché ecologica. 79

E chiamo "reazionario" chi non ha una pars construens; e chi propone modelli passati, di un passato più o meno congetturale.

Allora meglio Parmenide

"Una Volpe, chi dice di Guascogna, e chi di Normandia, morta affa­ mata, andando per la via, in un bel tralcio d'uva s ' incontrò, così matura e bella in apparenza, che damigella subito pensò di farsene suo pro . Ma dopo qualche salto, visto che troppo era la vite in alto , pensò di fame sen­ za. E disse: - È un'uva acerba, un pasto buono per ghiri e per scoiattoli -. Ciò che non posso aver, ecco ti dono" . Così Emilio De Marchi rendeva nell' Ottocento la versione di La Fontaine della proverbiale favola esopica e così tu potresti ribattere a me che non m'intendo di lingue straniere né di logiche. Giannettianamente però non c'è altro che la retorica della Volpe. Non c ' è un'uva "matura e bella", se io la posso - o qualcheduno la può ­ decidere "acerba". Non c ' è altro che questa decisione - condizionata, cer­ to, dalla scuola e dalla storia, anche bio-geologica, in cui e di cui si vive. Al massimo, possiamo contrapporre ad essa un ' altra retorica o decisione. Al massimo, la logica e le lingue straniere, e Hegel e Derrida, esprimono una retorica o umanità diversa da quella ch' esprimiamo noi qui; ma pur sempre retorica o umanità e in nessun senso - se non retorico, retorico nell' accezione d'ars oratoria, nell'accezione di Cicerone e Quintiliano ­ in nessun senso superiore o migliore. All ' interno del retorico, comunque sia, un meglio o dei criteri di scel­ ta, preferenza ecc. possiamo e dobbiamo, io dico, continuare a distin­ guerli . "Bisogna ideologizzare, bisogna deontologizzare" - ecco la mia bandiera (che tolgo di mano a Pasolini). Come si fa? Ad es. così: dovevo - per ottenere un foglio, un certificato, un ' autorizzazione, una licenza, un riconoscimento, un imprimatur - dovevo preparare un esamaccio di storia della filosofia, or sono quattro o cinque primavere, nel quale mi si richiedeva, da 2 500 anni fa ad oggi (a l 00 anni fa: e un anno è un ano : un canale: un tratto, l'ultimo, d'un intestino che digerisce, espelle, digerisce), mi si richiedeva il succo - riconosciuto come tale - dei più grandi filosofi riconosciuti come tali. B isognava passassi l ' esame - ed è questo l ' aspetto più filosofico d'un esame del genere - perché altro nella vita, considerando come, quando, dove son nato, altro nella vita, far altro mi risultava troppo tragico (in senso greco antico), troppo schiavo, trop­ po condizionato dal come, quando , dove son nato . Perché , ti cito James, 80

"l' ambiente", sia il naturale che lo storico, "ci uccide allo stesso modo in cui ci mantiene in vita". E qui il dilemma: schiavo per un periodo - preparo l ' esame come vogliono - e poi, per quello ch ' è possibile : libero o meno schiavo possi­ bile . . . Ma intanto, nel preparar l'esame, schiavo ! E non ce la facevo e mi dispiaceva e mi sembrava troppo tragico, lancinante irrisolvibile dilem­ ma. Ricorsi ai ripari. Ordinai - non avevo ancora la connessione Internet veloce, non c' erano ancora su Internet tutti i testi che iniziano a esserci nel 20 1 0 : e dico questo perché è filosofico ! E dico questo perché è causa ed effetto filosofico ! - ordinai la cosa più improbabile ad una libreria d' antiquariato mentre i miei colleghi concorrenti l ' edizione più aggior­ nata dei manuali, carta sbiancata a go-go, più in voga - ordinai di A. Guzzo pro f. nella regia università di Torino, Breve storia della filosofia ad uso dei licei classici, Loffredo, Napoli, 1 9 3 7, XV dell'Era fascista, 2690 a.U. c . , 3 73 d. G. (dopo Galileo), 58 d.E. (dopo Einstein), 44 a.M. (avanti Me), e quieto , quiete abbastanza nichilista, in un pomeriggio estivo , men­ tre mi domandavo per quanto ancora ci possa essere un po' di penombra e un po ' di silenzio (tutte cose presto non più naturali ma fabbricate e a caro prezzo), lessi, già letto +l- a scuola anni prima, lessi il semplice delle parole : "L' essere", era il paragrafo su Parmenide, "non nasce né perisce; non può essere diviso in più parti; non è qua più denso , là più raro; è im­ mobile; e per la perfetta eguaglianza di tutti i suoi punti, somiglia a una sfera ben rotonda, definita, eguale tutt ' intorno. Se l' essere è eterno, conti­ nuo, eguale, non sono che puri nomi il nascere e il perire, il cambiamento di luogo o di colore". Se il mio scopo è filosofare, mi dissi, perché tutto il cursus curriculum iter ecc . del filologo che si va a riprendere il frammento-brandello in gre­ co arcaico ecc. ? Che m' importa se queste cose le dice Parmenide d'Elea o un prof. della Regia Università di Torino che giura fedeltà al Fascismo e febbricitante detta a sua moglie, nella Torino degl 'anni Venti, lui napole­ tano allievo d'un hegeliano e poi maestro di Pareyson a sua volta maestro di Gianni, una monografia su Spinoza? "L' essere non nasce né perisce" . . . : mi basta riflettere su questo che, per come, dove, quando sono nato, capisco senza ulteriori addottrinamen­ ti, stage, master ecc . E riflettendoci ti dico : qualunque cosa tu faccia, pen­ si, dica ecc . riesci a eliminare tutto tutto, oppure qualcosa, qualunque essa sia, anche indistinta incolore insignificante ecc. , rimane inevitabilmente? Se sì - e a me risulta che sì, anche a occhi chiusi, quei riverberi, quei cer­ chi concentrici tutta materia . . . - se sì, allora si può rendere la risultante 81

anche nei termini, vecchi e da migliorare, laicizzare, semplificare, nei termini: "L' essere non nasce né perisce" . . . Termini che non mi richie­ dono troppo studio, compromissione ecc. e mi lasciano onestamente a tu per tu con loro - me e il mio come, quando , dove son nato -, tanto che se poi non mi vanno più bene, se un giorno riuscirò ad eliminare, annichilire anch ' essi ed andar oltre l' attuale inevitabilità ecc. , posso sempre cambia­ re. Del resto, il proverbio "Dire per disdire, megli'è a non dire", risulta nichilismo massimamente negativo per Gianni, in quanto sia la scienza che la filosofia, a differenza di quanto dai più ritenuto, operano e non possono non operare - pena l ' ossidarsi che ammazza l ' ermeneutica - in un permanente "dire per disdire". O una fen omenologia senza Husserl

'O sole mio sta nfi"onte a te! . . . "Giovanni Capurro, giornalista e re­ dattore delle pagine culturali del quotidiano "Roma" di Napoli, nel l 89 8 scrisse i versi della canzone affidandone l a musica a Eduardo D i Capua. In quel tempo Di C apua si trovava a Odessa, in Ucraina, con suo padre, violinista in un' orchestra" . . . Ora: io vorrei che tu t ' immaginassi Odessa, in Ucraina nel 1 898 e tu trent' anni, napoletano, a seguito di tuo padre violinista in un' orchestra . . . "Capurro, come fu per l ' altro autore della canzone, morì poverissimo a Città del Messico nel 1 920" . . . Ora: io vor­ rei che tu t ' immaginassi a più non posso a Città del Messico poverissimo nel l 920 . . . Cose queste tutte - l ' immaginarsi a più non posso ecc . - che non ha fatto Husserl ; non n' aveva il tempo, era professore universitario, e poi esisteva in quegl'anni, li vedeva non aveva bisogno né possibilità d' immaginarseli . . . Sarà anche per questo che Husserl ha scritto quello che ha scritto e che io dunque ti chiedo quelle cose - l ' immaginare a più non posso ecc . - di modo che tu non scriva, e nemmeno legga, quello che ha scritto Husserl . . . Ma che ha scritto Husserl? Non lo so. Non ci si capisce niente. È quasi come Hegel. E come Hegel è un classico. Lo mentovano tutti. I suoi libri sono costosi . Sono molti. E su Internet di cose - senza inquinare senza stampare - ce ne sarebbero anche troppe che più o meno direttamente vengono da Husserl. E che nessuno legge perché su Internet e Internet ancora nel 20 1 0 , pur dichiarato dalle Nazioni Unite Anno Internazionale della Biodiversità ! , non ha - non vogliono ­ l ' autorevolezza del libro con la stampa che buca l ' ozono e abbatte gli al­ beri . . . C ' è ad esempio su www.lettere.unimi.it insieme a molti altri scritti di suoi allievi, l'Archivio di Giovanni Piana, un prof. , uno autorizzato 82

dallo Stato - dal mondo - a pro-fe-ssa-re, ritiratosi a vita privata. C ' è, di Paolo Bozzi, Unità Identità Causalità. Una introduzione allo studio del­ la percezione, 427 pp . pubblicate nel l 968 - e non si leggono più i libri del passato prossimo, ricordatelo, e leggili per prendere in contropiede il presente, che proprio non se l ' aspetta, tutto teso com'è, in un senso o in un altro, a scrutare il lontano senza accorgersi del vicino ! - pubblicate da uno di quegli editori, in questo caso Cappelli di B ologna, di tendenza, per un periodo , e che poi, assieme alle idee promosse, spariscono. C ' è, di Carlo Sini - non un nome di questi resterà: lo so ; e lo sanno anche loro ; eppure i problemi che trattano e gli anni di studio ecc . , gli stessi di quelli coi nomi che restano . . - Scrivere ilfenomeno. Fenomenologia e pratica del sapere, gratis, ed erano, nel l 999, 223 pp . presso l ' editore Morano di Napoli . C ' è, di Roberta De Monticelli, La fenomenologia come metodo di ricerca filosofica e la sua attualità, agili paginette pel "Servizio Web Italiano per la Filosofia" che in pochi anni, siccome offriva un servizio sociale d 'una qualche utilità, è stato chiuso . . . Raccattando, a differenza di Pollicino, le briciole di pane prima che se le mangino gli uccelli (pagine web chiuse, che dramm a ! , bisogna salvare tutto su iPad! ; passato prossi­ mo inaccessibile, Bozzi , Piana . . . ) , dico che Husserl, cioè la fenomenolo­ gia che va sotto tal nome, non è quello che fa per noi. A parte, e non è cosa né dappoco né separata, a parte lo stile, "talora anche con pieno disprezzo delle categorie sintattiche del discorso", ammette Piana che l 'ha studiato una vita, Husserl è sbagliato perché questa parola, "fenomenologia", la usa in relazione alle parolacce "idee" o "essenze" e "pura" (il titolo, già tutto un rebus ! , della sua opera, in 3 volumi ! , era Idee per una fenomeno­ logia pura e per una filosofia fenomenologica) - così come Hegel usava "fenomenologia" in relazione alla parolaccia "spirito". Sarebbe sbagliata una "fenomenologia" che s ' occupasse di "idee", "essenze" e "purezza" anche solo per irridere e sventrare queste cose qui - annichilirle ! Infatti, come Dio ecc . , nemmeno atei bisogna essere; proprio non bisogna usare simili termini ! Damnatio memoriae! Ma Husserl, peggio, intende per "fe­ nomenologia" di "idee", "essenze" e "purezza" una loro considerazione, descrizione libera da tutto il resto dell'universo, così giudicato inferiore. Insomma: esisterebbero "idee", "essenze" e "purezza" ; sarebbero anzi le cose più alte e la "fenomenologia" sarebbe la loro scienza, la disciplina che se n ' occupa analizzandole, onoran dole. Noi però abbiamo detto, con Gianni, di non voler analizzare e tanto meno onorare nulla del genere. Ciò infatti equivarrebbe a considerare qualche cosa non prodotto stori­ co-culturale ma, appunto, idea, essenza, purezza - assoluto metafisica, .

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insomma; trascendenza, eternità. E Darwin e Valla e Nietzsche, non a caso, come Valla, filologo - la disciplina storico-genealogica, se non più in generale la scienza moderna, nasce filologicamente ! - sarebbero stati inutili . Piana, nello sforzo di render conto d'una qualche elucubrazione di Husserl - che accusava l ' allievo Heidegger di "oscuro misticismo" ! ­ parla di "soggettività trascendentale concreta". Ora: tu, sul serio, pensi di trascorrere la vita tentando di dare un qualche significato condivisibile al sintagma "soggettività trascendentale concreta"? Questi tre termini non solo il nefasto "trascendentale" - è fin troppo dubbio che abbiano un significato accettabile da soli (soggettività e concretezza implicano il dualismo : e richiedono oggettività il primo e astrattezza e il secondo) : figuriamoci in comunella ! E poi per elaborare una filosofia comprensiva di etica basta ricordarsi quello che ci ricorda lo scienziato Boncinelli scriverlo a una trave di casa come faceva Montaigne : le differenze tra fisica chimica e biologia si posson ridurre a differenze di "temperatura". Non c ' è bisogno d' altri termini diversi da questi che ogni uomo di strada capisce. Heidegger andava a pigliarsi il tedesco medievale o non so cosa. E Husserl la "psicologia" d'un Brentano , il quale poi a sua volta non c a­ piva l 'utilizzo che ne faceva l ' allievo 'O sole mio sta nfronte a te! Husserl è sbagliato - proprio come 'O sole mio - non fos s ' altro perché c 'è: ogni cosa che c ' è stata, è stata scelta, ogni cosa che c ' è , è scelta, ed è sbagliata, per un futuro che voglia esser alternativo ond' evitare, ripetendo, di far considerare, innanzitutto a se stesso, ciò che si ripete, parola di Dio o simili. "Fenomenologia" l 'useremo a damnatio memoria e di Husserl - o di Hegel, il cui fenome­ nologicare, o come si dirà, è così reso da Gentile che vanta una filosofia derivata dall 'hegeliana: ''Noi non conosciamo nessuno spirito che sia di là dalle sue manifestazioni; e consideriamo queste manifestazioni come la sua stessa interiore ed essenziale realizzazione". "Fenomenologia" l'use­ remo, a damnatio memoriae di Husserl , come espressione per indicare il metodo del "togliere tutto ciò che è possibile". Vale a dire: tu sei a scuola da me? Ebbene, proviamo, ferme restanti le parole, a considerare il più possibile ogni cosa espressa in parole come imposta gratuitamente e quin­ di spezzettabile, scaricabile, rinnegabile, pur continuando a sussistere e a filosofare. Togliendo il maggior numero possibile di cose/parole - e togliendole perché convenzioni - quale sarà il minimo indispensabile di cose/parole per sussistere e filosofare? Già questo, considerando l ' indi­ spensabilità di un "minimo", escluderà la pretesa - fra l' altro ecologica­ mente o etologicamente assurda - di un Hegel - ma lo stesso varrà per .

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Husserl - dedito alla "completa mancanza di presupposti", al "pensare puramente", alla "pura astrazione" . O Rorty senza Derrida Nel Medioevo almanaccavano di "forme sostanziali" e "qualità oc­ culte". Heidegger e Derrida non capisco come possano distinguersi dai medievali, se non perché risultano meno onesti di loro nell' imbastire i tragicomici arrampicamenti sugli specchi che imbastiscono. Richard Ror­ ty (n. 1 93 1 ) deve aver avuto un gran cuore a dedicare tanto tempo della sua vita prematuramente (avrebbe dovuto arrivare almeno agli 80, mentre "la maggior parte dei bimbi nati nel 2000 arriveranno a spegnere l 00 can­ deline sulla torta") prematuramente sopraffatta da un cancro al pancreas nonostante, scusami la battuta - la faccio perché non più possibile fino al prossimo millennio o a un cambiamento di calendario ! - nonostante l ' anno, lo ' 007 , da agente indistruttibile . . . deve aver avuto un gran cuore Rorty a dedicare tanto tempo a Heidegger, a Derrida. Era suo coetaneo Derrida e Rorty lo considerava un maestro, uno più grande di lui, fino a restarne quasi lusingato quando seppe che sarebbe morto del suo stesso male ! Almeno nella morte sarebbero stati, con rispetto parlando e per ci­ tare una dimenticabile pellicola della coppia Pozzetto/Montesano, "culo e camicia" ! Rorty lo considerava un maestro Derrida; Rorty che è fra pochi filosofi del Novecento che si leggono e che se proprio devi leggere una traduzione o una lingua straniera - Rorty, l 'unico prosecutore di Nietz­ sche, e in parte di Hume, degno del nome, è fra i pochi che ti consiglio . Rorty lo considerava un maestro Derrida che è invece fra i tanti, troppi che nel Novecento , per ammi ssione, a volte capita, di loro stessi (Hei­ degger in persona dovette confessare, mi pare, che se qualcuno lo reputa illeggibile non è del tutto ingiustificato . . . ), proprio non si leggono . . . Ma perché faceva così Rorty? Per modestia? Per adeguamento ali ' establi­ shment accademico? Eppure Rorty per metter in pratica, condividendola, quanto t ' ho detto dell 'estetica di Gianni, della riduzione a questa della vecchia antologia, passò dai dipartimenti filosofici a quelli di letteratura; siccome a letteratura si ridurrebbe la filosofia e anche la scienza a narra­ zioni più o meno convincenti, più o meno con appeal. Oppure, s ' è con­ tenuto come s ' è contenuto Rorty perché a dei casinisti quali Heidegger e Derrida si può far dir tutto e il contrario di tutto? O perché, alla maniera in cui Gianni non se l ' è sentita di far a meno - un i tali ano poi . . . - deli' au­ torità riconosciuta di Cristo, Rorty non se l ' è sentita di sbeffeggiare H. & 85

D . ? O, infine, perché H . & D. , in USA, e dagli analitici in genere, sono sbeffeggiati sufficientemente, cosicché dovendo Rorty, per filosofare da ermeneutico o interpretando, riducendo tutto a interpretazione, dovendo Rorty far il Bastian contrario per partito preso . . . Comunque sia, certe beghe a noi non c' interessano. L' abbiamo sperimentato con Gianni : si può leggere Rorty facendo del tutto astrazione da H. & D. e attribuendo a Rorty i concetti e le proposte che lui attribuisce a H. & D. & H(egel). Siccome ci serve per ribadire un pensiero caratteristico di Gianni, pren­ diamo dunque in considerazione il titolo dell' opera più conosciuta di Ror­ ty - e che ahinoi è la sua peggiore: abbastanza confusa, logorroica, equi­ voca mi parve quando la lessi anni fa, ora non saprei . . . mentre pel resto, garantito al limone ! , puoi legger qualsiasi cosa di Rorty . . . Quest' opera, del ' 79 , l ' anno del walkman e del cd e di Chrome, Pere Ubu, Public Ima­ ge Ltd. , This Heat, Contortions, London Calling, Pop Group . . . , s ' intitola La filosofia e lo specchio della natura, titolo che sta a significare, com' al solito quando c ' è una "e", che la filosofia, o meglio: la filosofia è lo spec­ chio della natura. Secondo Rorty la filosofia durante la sua fallimentare storia ha cercato di volta in volta di costituire una sorta di "specchio della natura". La natura da una parte - la filosofia e l 'uomo dall ' altra con la fun­ zione e il desiderio, l 'uomo, di rispecchiare la prima nell ' elaborazioni o elucubrazioni della seconda per, così, capirla e magari comandarla. Rorty elimina, al pari di Gianni, e contro Leonardo e l ' antropologia o modello d'umanità che Leonardo incarna, ogni dualismo soggetto/oggetto interno/ esterno sogno/realtà vero/falso - e lascia l' onere ai dualisti di dimostrare come, e quando e quanto, da una parte vi sia la natura e dall ' altra l'uomo filosofo ; come, e quando e quanto, si possa distinguere ragionevolmen­ te tra interno/esterno sogno/realtà vero/falso. L'unica cosa che conserva, Rorty al pari di Gianni, è la possibilità di scrivere un libro come La filoso­ fia e lo specchio della natura e di controbattere a Leonardo . Finché ciò è possibile, "anything goes" diceva Feyerabend, controverso e celebre filo­ sofo della scienza del Novecento - aggiungendo, bada ! altrimenti ci ar­ rabbiamo !, che "anything goes", ben traducibile con: "a ' o cazzo, ' o culo e 'a fessa fanne felice 'o stesso", "non è un principio ma l ' esclamazione terrorizzata di un razionalista che osserva la storia con attenzione". Per l ' ermeneutica, in cui è arruolabile Rorty col suo "pragmatismo", non vale ciò che possiamo dire aver valso per la filosofia tradizionale intesa come metafisica: il paragone (che non c ' entra niente con quanto s ' è detto più su a proposito di questo stesso tema) con l ' architettura, col fabbricare, l ' erigere - che a sua volta può esser detto corrispondere al pa. . .

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ragone della natura come quel qualcosa che la filosofia, e più in generale la conoscenza, dovrebbe rispecchiare. Il sistema d'un metafisica procede­ va sul modello del "fabricar" di Palladio : "Devesi auanti che à fabricar si cominci, diligentemente considerare ciascuna parte della pianta, & impie­ di della fabrica che si ha da fare. Tre cose in ciascuna fabrica (come dice Vitruuio) deono considerarsi, senza lequali niuno edificio meriterà esser lodato; & queste sono, l 'vtile, ò commodità, la perpetuità, & la bellezza: percioche non si potrebbe chiamare perfetta quell' opera, che vtile fus­ se, ma per poco tempo ; ouero che per molto non fusse commoda; ouero c 'hauendo amendue queste ; niuna gratia poi in se contenesse". L' erme­ neutica non è né utile o comoda, né perpetua, né bella - né ha fondamenta. L' ermeneutica sospetta delle categorie stesse di utile (i "luoghi propri" di cui parla a tal proposito, riferendosi a logge, sale, stanze, cantine, granai, Palladio, ricordano troppo quelli "naturali" aristotelici del cielo delle stel­ le fisse); di perpetuo (che è l ' opposto del genealogico e dello storico); di bello (cui a riprova della sua relatività storica, ha dedicato, alla bellezza e alla bruttezza, due facili "storie" U. Eco; inoltre l ' ermeneutica toglie ogni soluzione di continuità al dualismo forma/materia col quale concentran­ dosi sul primo termine si tentava, classicamente, di circoscrivere l ' ogget­ to del bello se non il bello stesso); di fondamenta (sinonimo addirittura di metafisica ovvero d' antiermeneutica). Ma bisogna che ti dica qualcosina di più su Rorty. Perché : l ) te n'ho parlato tanto bene essendo fra i pochi filosofi d' oggi che si leggono ; 2) esprime posizioni, non di kamasutra ! , a grandi linee condivise da Gianni; 3) ci consente così, criticandolo, di criticare anche Gianni - ma con parole e storie diverse da quelle usate da Gianni (le parole e la storia di Gianni ri­ mandano all ' ermeneutica e alla filosofia europea, a partire dagli idealisti/ teologi d' inizio Ottocento Schleiermacher e Schelling, a parlarti dei quali proprio non ce l ' ho fatta . . . ; le parole e la storia di Rorty, per concludere quello che grosso modo conclude Gianni, rimontano alla filosofia statu­ nitense, posteriore d'un secolo, di tradizione pragmatista) . Ecco dunque una breve antologia, con commento e interpolazioni, del Rorty-pensiero, a nostro uso e consumo, tratta perlopiù da quel libro della Feltrinelli che t ' ho già citato e che dopo 1 ' 86, l ' anno successivo alla "grande nevicata", non è stato, purtroppo, riedito. È un libro ch'esprime con forza le posi­ zioni di Rorty per tutto il ventennio successivo - e te lo cito per questo e perché Feltrinelli, magari privilegiando libri peggiori, non l'ha ristampa­ to. Te lo cito per far un po ' di controcultura, il mio modo d' interpretare fattivamente, o di vivere, la filosofia di Rorty e di Gianni . . . 87

Rorty attacca questionando su che cosa si debba intendere per filoso­ fia. Pretendendo non di dirci, come pretende quella che chiama "Filoso­ fia", questo o quello sul mondo, la conoscenza ecc . - ma di questionare soltanto su che cosa intendere per filosofia; e in tal questionare consiste­ rebbe più o meno la "filosofia" . . . Si deve quindi per prima cosa passare dalla "Filosofia" alla "filosofia", ad un "futuro post-Filosofico" (Gianni parlerebbe, per citare uno degl ' astrusi sabba di Habermas, di "pensiero post-metafisico" - dove Habermas, a quel che si dice, fornisce un "pen­ siero post-metafisico" assai diverso a quello di Gianni o Rorty . . . ). Per questo in italiano fu tradotto con "la filosofia dopo la filosofia" - sarebbe stato meglio però scriverla con la maiuscola quest'ultima occorrenza l ' esemplare, per limpidezza e pregnanza, Contingency, Irony, and Solida­ rity; dove queste tre parole puoi anche considerarle le parole manifesto di Rorty e nel senso di: "dalla contingenza alla solidarietà, attraverso l' iro­ nia" . Ma ascoltiamolo Richard - si chiamava così il povero Rorty su cui in USA sono uscite al minimo una quarantina di monografie mentre in Italia meno che per la in ogni caso meritevole Moana: "È opinione cor­ rente che il punto cruciale della cosiddetta "svolta linguistica" nella filo­ sofia contemporanea sia che mentre un tempo pensavamo, con Aristotele, che la necessità proviene dalle cose, e in seguito, con Kant, che proviene dalla struttura della nostra mente, ora sappiamo che proviene dal linguag­ gio" (p. 59). Ma un simile "interesse novecentesco per il linguaggio altro non è che la filosofia kantiana in extremis, un ultimo disperato tentativo di fare su scala pateticamente più ristretta quel che Kant (e prima di lui Pla­ tone) tentarono di fare su larga scala: mostrare come la verità atemporale può essere contenuta in un veicolo spaziotemporale, regolare il rapporto fra l'uomo e l ' oggetto storico delle reinterpretazioni successive esibendo la struttura di ogni possibile interpretazione" (p. 1 1 0). E perché questo è sbagliato? Perché è sbagliata quella che Gianni chiama metafisica o pen­ siero non-ermeneutico. E perché è sbagliata? Perché "i tentativi di rianda­ re al di qua del linguaggio verso qualcosa che lo "fonda", o che esso "esprime", o cui possa sperare di essere "adeguato", sono falliti : "il re­ gresso dell' interpretazione non può essere arr e stato"; "imponendo una battuta d' arresto a quel regresso, vorrebbe sottrarci alla contingenza e alla convenzione consegnandoci alla Verità" (pp. 1 7- 1 8). "I pragmatisti - e Richard con loro - sostengono che la più grande aspirazione della filoso­ fia è quella di non praticare la Filosofia. Non ritengono che pensare alla Verità serva a dire qualcosa di vero, né che pensare al Bene serva ad agire nel migliore dei modi , né che pensare alla Razionalità serva ad essere ra88

zionali" (p. 1 3). Come, secondo Rorty, avrebbe testimoniato Derrida, e in termini suoi propri Heidegger, e in suoi propri, coll' abbandono totale del­ la nozione di "antologia", il Wittgenstein delle Ricerche: "la scrittura por­ ta sempre ad altra scrittura, e altra, e altra ancora: proprio come la storia non porta alla Conoscenza Assoluta o alla Lotta Finale, ma ad altra storia, e altra, e altra ancora". (Niente di nuovo , per noi, con simile "testualismo" derridaiano, noi darwiniani abituati allo storicismo e alle genealogie di Nietzsche, di Vico . . . ) . "Derrida non vuole comprendere i libri di Hegel, egli vuole giocare con Hegel. Non vuole scrivere un libro sulla natura del linguaggio, vuole giocare con i testi che altri pensavano di aver scritto sul linguaggio". "Così, quando Derrida dice: "il n y a pas de hors-texte", non sta proponendo una concezione antologica; sta cercando di ridimensiona­ re la filosofia kantiana in generale" (pp . 1 1 1 - 1 3) . Mentre "i filosofi kantia­ ni", a cui Rorty riconduce la filosofia statunitense neopositivista prima e del linguaggio poi, "vorrebbero non scrivere, ma solo mostrare. Essi vor­ rebbero che le parole che usano fossero tanto semplici da essere prive di presupposti. Alcuni di essi amano pensare che anche la fisica non sia un genere di scrittura" (p. 1 20). Invece, siccome "da un punto di vista piena­ mente pragmatista", o, in termini di Gianni, ermeneutico-nichilista, "non c ' è alcuna interessante differenza fra tavoli e testi, fra protoni e poesie" e "per un pragmatista, queste sono tutte soltanto permanenti possibilità d' impiego, e quindi di ridescrizione, reinterpretazione, manipolazione" (p . 1 6 1 ) - "l' attuale vocabolario scientifico è un vocabolario fra gli altri, e non c ' è alcun bisogno di assegnargli un primato, né di ridurre a esso altri vocabolari" (p. 1 52). Lasciata "interamente cadere la nozione di ve­ rità in quanto corrispondenza con la realtà", "la scienza moderna non ci mette in condizione di p adroneggiare la realtà per mezzo della corrispon­ denza, ma di padroneggiarla e basta" (p. 1 4 ). Dopo essere andati oltre le "cose" e oltre la "mente" nel tentativo di rinvenire una "necessità" - un fondamento al tutto - bisogna adesso andare "oltre il linguaggio" (Pensa, e te ne riparlerò : come Severino critica al pari di Gianni e Rorty la scien­ za, ma con scopi diversi, così Severino, al pari di Gianni e Rorty, vuol collocarsi "oltre il linguaggio", e ha intitolato a questo modo, nel ' 92, un suo libro : non però perché il linguaggio sia l'ultimo residuo metafisica o fantasma dell'Essere Assoluto, bensì perché, al contrario, impedisce, col suo, diciamo pure nichilismo, il conseguimento d'un simil Essere ! ) . Si tratta insomma di contrapporre il "linguaggio della Realtà stessa", pro­ prio della Filosofia, al "vocabolario di un dato tempo e luogo", proprio della nuova filosofia - la pragmatica di Rorty e l' ermeneutica di Gianni 89

- che consisterebbe, e Rorty la fa non so come risalire allo "storicista" Hegel, in "un nuovo genere letterario, un genere che evidenzia la relativi­ tà di significato della scelta di un vocabolario, la stupefacente varietà di vocabolari fra i quali scegliere e l ' intrinseca instabilità di ciascuno" (p . 1 5 7). Si tratta, ancora, della "scelta fra trattare il linguaggio come imma­ gine" - considerando la verità in termini di "corrispondenza alla realtà" - "o come gioco" (p. 1 24). E a Rorty risulta "bizzarro" che "sia possibile avere una teoria delle rappresentazioni mentali o linguistiche che non sia una teoria del gioco - secondo la quale cioè le rappresentazioni avrebbero una relazione 'naturale ' e non meramente convenzionale con gli oggetti rappresentati" (p . 1 45 ) . "Non vi è niente di profondo in noi se non quello che noi stessi vi abbiamo messo, nessun criterio che non sia stato creato da noi nel corso di una pratica, nessun canone di razionalità che non si richiami a un tale criterio, nessuna argomentazione rigorosa che non sia l ' osservanza rigorosa delle nostre stesse convenzioni" (p. 3 7). Ergo : "quel che si può volere da un filosofo è che riunisca in una più ampia sintesi il romanzo, la poesia, la storia e la sociologia del suo tempo. Ma sintesi del genere, in realtà, ci sono offerte da ogni parte, in ogni disciplina. Essere un intellettuale, anziché semplicemente ' fare ricerca' , significa precisa­ mente raggiungere un tale livello di sintesi. Su nient' altro se non sul mito che ci sia qualcosa di speciale chiamato 'filosofia' che fornisce il paradig­ ma di una disciplina sintetica, e una figura chiamata ' il filosofo' che è il paradigma di un intellettuale, si regge l ' ipotesi che l ' attività professionale del filosofo sia incompleta se non ha stilato un elenco dei ' caratteri gene­ rali di ogni esistenza' o scoperto 'i fondamentali tipi di interazione "' (p . 97). Per riassumere quanto detto, Rorty sembra far proprio un pezzo, cir­ ca metà, la parte descrittiva, diciamo, del discorso di John Searle, filosofo che ti rimentoverò . Rorty dice : "La polemica di Austin contro i dati sen­ soriali e quella di Wittgenstein contro la 'teoria rappresentativa' del lin­ guaggio costituiscono il retro terra della concezione di Austin e Searle per cui la filosofia del linguaggio deve incentrarsi intorno alla nozione di ' atto linguistico ' . La loro strategia consiste nel ritenere che sia il linguaggio che il comportamento sono governati da convenzioni, come il gioco, e di considerare il 'riferimento ' in termini di convenzioni che devono essere osservate se si vuole fare una mossa riuscita nel gioco. Non solo l ' empi­ rismo dei dati sensoriali", per cui vi sarebbero degli atomi di materia o delle percezioni-base che metterebbero in comune il soggetto col mondo , "ma l ' epistemologia stessa è decisamente accantonata" . Infine: "S earle procede nel fornire una propria teoria dei nomi propri. Egli sostiene che 90

essi non selezionano gli oggetti senza tener conto delle descrizioni, né sono delle descrizioni abbreviate, quanto piuttosto evocano descrizioni identificanti sia nel parlante sia nell' ascoltatore, sebbene non necessaria­ mente le stesse descrizioni, né necessariamente descrizioni adeguate" (pp . 1 28-29). Che ne penso? Applaudo , e nota come dal pensare possa scaturire l ' applaudire e viceversa forse . . . , applaudo la radicalità e chiarezza stra­ ordinarie, rispetto ad un ordinario loro opposto, dell ' esposizione di Rorty. E ti dico la mia, abbi pazienza, su sei o sette punti: l . La campagna di Rorty contro una filosofia dei fondamenti ultimi - che verrebbero non espressi a parole ma "mostrati" - e l'identifi­ cazione di questa con la metafisica, si sconfigge da sola col negare, da una parte e giustamente, in chiave antimetafisica, Verità Bene e Razionalità, ma con l ' ammettere, poi, "qualcosa di vero", un "agire nel migliore dei modi" ed un "essere razionali". Io ammetto ancor meno di Rorty - tolgo tutte queste qualifiche e lascio, perché ine­ vitabile, solo il "qualcosa", nel senso più neutro possibile. Ebbene, questa stessa neutralità m' impedisce di confinarmi al testo o alla parola, che anche senza darne una filosofia od ordinamento, Rorty e Derrida finiscono, loro malgrado, per ipostatizzare, nonostante Rorty garantisca che secondo lui "la tesi [antologica] che il mondo non è altro che testi, è una stravaganza paragonabile a quella della tesi che esso non è altro che materia in movimento, o una perma­ nente possibilità di sensazione" (p . 1 62). Infatti, se il testo non è (antologia), comunque appare o risulta o conta o serve o significa. E siccome questo apparire o risultare o contare o significare non può darsi se non in un mondo o insieme o con-testo, sia pure di più testi, Rorty, che pur vorrebbe negare ogni "mondo" in quanto tale, è costretto: o ad ammettere altro oltre il testo, o a ridurre al testo anche il contesto. La seconda tesi lo riporta a quella che lui considera "stravaganza"; la prima lo condurrebbe a quella che io considero, in senso non-metafisica perché radicalmente immanen­ te e senza qualifiche, materia neutra o qualche cosa del genere (il segno, ad esempio, oltre l' ortografia e la semantica della parola e in comunione materiale - sempre stoffa è - col suono, il gusto, il sogno) . 2 . Con ciò, "la concezione di Dewey del linguaggio in quanto stru­ mento e non immagine", cara a Rorty, riceve una sua consistenza. A partire dal neutro qualcosa io potrò fare qualcosa. Rorty - ma lo 91

stesso vale per Gianni - che non vuoi partire da niente (ed è quindi anche lui a non ammetter "presupposti" ! Non solo i fondazionalisti e fondamentalisti metafisici), non si capisce che possa fare o riven­ dicare; come possa dirsi pragmatista in una pars che non sia solo destruens. 3 . Non a caso Rorty non distingue lo "strumento" scienza dagli altri. La scienza sarà anche "un genere letterario" - ma il più importante, dico io . Sarà anche uno "strumento", ma il più potente. Quando Rorty afferma, integrando il vecchio Bacon, che "la scienza mo­ derna non ci mette in condizione di padroneggiare la realtà per mezzo della corrispondenza, ma di padroneggiarla e basta" - io gli chiedo : Mondo cane, ti sembra poco? Se la scienza fosse stata più progredita, tu Rorty saresti ancora vivo, nuovi tuoi scritti gire­ rebbero ecc . ; mentre nessun romanzo, o altra qualsivoglia attività umana, può di per sé consentire ad un ammalato di restare in vita, di continuare a discutere sull "'ammalato", sulla "vita" ecc. Insom­ ma: noi non possiamo far altro che interpretare e però non siamo o non interpretiamo solo interpretazione : ci vogliono delle condi­ zioni minime. E la scienza è l ' interpretazione o attività che ce ne fornisce più di altre. 4. Così, per quanto riguarda "una cultura in cui la distinzione scienza/ letteratura non abbia più importanza" auspicata da Rorty, io son d' accordo, ma per motivi opposti. Rorty la vuole perché la scienza lui la considera letteratura, e alla vita dà, con Dewey, un valore estetico più che cognitivo ; io, perché la letteratura o l ' arte pro­ pongo di considerarle, almeno entro l ' ambito epistemologico, che quindi in certa misura riabilito, entro la medesima famiglia della scienza, per cui estetica e cognizione per me fa, in linea di princi­ pio, lo stesso. 5. Mentre Rorty intitola un suo saggio Il mondo finalmente perduto, io ti riabilito l ' apparenza - ciò che appare socialmente, storicamen­ te, biologicamente - perché ti riabilito la natura; dico che non v ' è dualismo mondo/rappresentazione o natura/soggetto ; bensì che il mondo è quello che appare al soggetto ; o meglio : al soggetto ap­ pare quello che il mondo è; o meglio: il soggetto è il mondo (o an­ che : ciò che appare al soggetto è il soggetto che appare al mondo). Sennò non (si) potrebbe essere - ed ogni essere risulta naturale, risultando l'universo per definizione tutto. Pertanto sbagliano sia i "realisti" che pongono un dualismo soggetto/mondo col relativo 92

conflitto tragico fra sapere e non-sapere; sia i convenzionalisti che non nobilitano l ' apparenza, pur lasciando solo questa, perché an­ nullano il mondo. 6 . Sostengo, contro Rorty, la posizione di Donald Davidson, un filo­ sofo che ti rinominerò e che Rorty, per altri aspetti, fa suo maestro . Secondo Davidson dobbiamo essere automaticamente "in contatto col mondo"; o anche : è necessario "avere sempre in larga misura credenze vere". Sennò, potremmo dire per definizione, non si vive in un mondo e non vedo come Rorty, col suo agnosticismo ad ol­ tranza a proposito della "conoscenza", possa negare la categoria di "mondo" pur ammettendo quella concezione che va sotto il nome di "olismo" per cui dalle parole ai significati non si darebbero cose o atti o eventi senza interconnessioni. Eccone la prova antropo­ logica, empirica, che l ' anti-empirista Rorty dovrebbe accettare di buon grado in quanto non si rifà ad essenze, come non ci si rifà Rorty quando ricorda che "sebbene la filosofia non abbia essenza, essa ha una storia" : una "minima porzione delle nostre credenze" è "mutata col mutare dei paradigmi della fisica, o della poesia, o della morale", segno che "poco esse possano mutare"; "il numero di credenze che hanno subito un mutamento nell' ambito dei ceti colti d'Europa fra i secoli XIII e XIX è ridicolmente basso se para­ gonato al numero di credenze rimaste intatte". 7. Infine non mi capacito, ripeto, come Rorty si estasi con HHD (Hegel, Heidegger, Derrida) - invece d' arrabbiarcisi, schifarcisi. Derrida vuole una filosofia "più impura, meno professionistica, più divertente, allusiva, sexy, e soprattutto, più scritta"? Allora la que­ stione dello stile sarà centrale. E allora perché Rorty non la pone? Derrida scrive Gli stili di Nietzsche, ma lasciamo perdere . . . Lo stile di Derrida è il contrario - prova ! - del divertimento, del sexy, della scrittura , nel senso in cui Manzoni è uno scrittore, Calvino è uno scrittore . . . Spero di non avertelo trattato troppo Rorty come veniva trattata Edwi­ ge Fenech in film quali Giovannona Coscia/unga disonorata con onore Ho solo cercato di dirti dove Rorty passa dalla ragione al torto . E con lui Gianni. Se però alle mie preferisci le parole - abbastanza recenti, risal­ gono a conferenze del 2003 tradotte per Laterza da M. Carpitella - del socio lo go Ralf Dahrendorf, eccole : sia pur quello di tendere alle "massi­ me chances di vita per il massimo numero di persone" - senza ulteriori qualifiche - ma "le possibilità di scelta debbono avere un senso". E "ciò .

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avviene soltanto quando esse siano inserite in un certo quadro di valori che fornisce loro dei criteri di valutazione . Qui sta la grande e minac­ ciosa debolezza di un atteggiamento postmoderno, quello dell' anything goes, vale a dire della sostanziale indifferenza di qualunque opzione. Se non ha importanza quel che scegliamo - quale partito politico, quale comportamento morale, quale teoria della conoscenza, ma anche quali beni di consumo - se dovunque nulla fa differenza, allora tutto diventa indifferente, non solo, ma insorge anche una generale assenza di dire­ zione e di orientamento". Gianni stesso, del resto, confuta le sue teorie, scegliendo eccome. Ad es. l 'unico partito schieratosi, per quel nonnulla che ha potuto, contro il "regime Berlusconi" - l ' espressione non è mia ma dell ' astrofisica M. Hack, del romanziere A. Camilleri, del filosofo P. Flores d' Arcais, del parroco A. Gallo , oltre che di Gianni stesso - l ' IDV di Di Pietro . O Severino senza Severino A differenza di Gianni, leggibile se scrive un saggio specialistico quanto se scrive un articolo di giornale, Severino ha spezzato la sua pode­ rosa, secolare opera (dal l 9 5 8 ca. 2 1 .000 pp. , senza gli articoli di giorna­ le, le prefazioni ecc .) in due tronchi : uno - come il titolo d'un pretestuoso album dei Marlene Kuntz - con tanti, tanti tomi di 5 00 pp. e passa presso l ' orgasmi ca, come definirla? , collana filosofica adelphiana (che rilegature ! Che preziosità! Che perfezione d' impaginazione ! Che odore ! Ogni tomo un campo da calcio d' alberi amazzonici . . . ) - e qui Severino ha scritto in stilaccio continentale, con anche pretese d' originalità in cotanto morbo . L' altro tronco o bronco - tanti, tanti volumi di 3 00 pp. e passa presso l ' orgasmi ca, va a ruba, è pane, ne pigli un volume al posto del resto delle sigarette (fumi, piccolo o grande, perché te l'hanno detto, perché l'hai visto fare da altri piccoli o grandi, e solo per questo, e la domanda è: ogni altra cosa, pure, solo per questo?), collana di "Saggi" della BUR, di quelli che s ' aprono manco una fisarmonica e il borghese, tu, li legge in treno metà per curiosaggine e senz ' impegno, mi raccomando ! , metà perché fa molto borghese, prepara adeguatamente per un bel CdA nel pomeriggio e poi via a casa dal la mogliettina, dal maritino o, se presidente del consiglio d' amministrazione, a letto dalla escort - ebbene, qui Severino c 'ha ten­ tato di scrivere divulgativo, e in effetti ci si capisce abbastanza, solo che l ' ostenta Severino che si tratta di roba per non iniziati, roba essoterica, per la marmaglia, ' sta roba, l'unica leggibile da lui scritta, e nonostante il 94

divulgativo Severino ha comunque infarcito il tutto d'uno snobistico tono supponente pletorico e aristocraticheggiante, magari vantandosi d'un cer­ to qual passatismo che lo porta al ridicolo d' avviare la sua "storia della filosofia contemporanea" con Schopenhauer ! Uno nato nel l 7 8 8 ! Quando ci sarebbe da discutere non poco se mio nonno, ch'ha l ' età di Severino, possa considerarsi mio "contemporaneo" ! Io, ovvio, prenderò in considerazione soltanto il Severino di treni ed escort e non quello esoterico per l ' oligarchia continentale. In libri con titoli sobri, a volte stile "Harmony", a volte "Dylan Dog", quali La filoso­ fia futura, Gli abitatori del tempo, Il destino della tecnica, Immortalità e destino, Severino prende il toro per le coma, espressione proverbiale che come tutte l'espressioni proverbiali sarebbe sincera solo nel cotesto stori­ co che la genera e che però non la considera tale . . . Severino dico prende il toro per le coma e grandi filosofi o no , tradizioni o no, ci dà, almeno lui ! , e a differenza di troppi suoi colleghi che proprio non si capisce che scrivano a fare, ci dà la sua, diciamo pure coraggiosa e dotta e coerente "o filosofi o credenti", il suo giusto motto - versione dello statuto ultimo delle cose: "cose" che quindi, per Severino, ci sono e hanno uno statuto ultimo . Sostiene, Severino, ch' è logicamente razionalmente filosoficamente inconcepibile il non-essere, il nulla, il divenire e che l 'unica cosa che in realtà conta è l ' essere lo stare, il fatto che ci sia un minimo comun deno­ minatore immutabile eterno universalissimo . A volte si dimentica d' ag­ giungere che questa fu la filosofia di quel già citato campano vissuto due millenni e mezzo fa e che - al pari di tutti allora in Campania - s ' esprime­ va in greco : Parmenide . Anzi ! Parmenide per Severino andrebbe depurato da se stesso e il vero Parmenide sarebbe lui, Severino ! Perché Parmenide, senz'accorgersene, avrebbe introdotto la metafisica occidentale - e con ciò segnato la storia dell' Occidente - la quale consisterebbe non, come ritengono gl' antimetafisici d'ogni epoca e Gianni con loro, nel porre a fondamento del tutto un Essere, appunto, fondamentale, ma nel pensa­ re, comportandosi di conseguenza (da qui la tecnologia), che in aggiunta ali ' essere ci sia il nulla e che l ' esistenza delle cose scaturisca dal rapporto tra essere e nulla. Le cose o esseri apparirebbero, scomparirebbero, sa­ rebbero creati e l 'uomo o il dio sarebbero i decisori del da r si o non darsi delle cose e quindi dell' essere. Severino un simile uomo e un simile dio li chiama "abitatori del tempo" perché a questo sacrificherebbero l ' essere, o meglio: ci si proverebbero ! E siccome la moderna "distruzione della me­ tafisica" opera a mezzo del divenire (storicismo, relativismo, scientismo) 95

- questa, quella di Gianni ad esempio, non sarà distruzione della metafi­ sica ma sua celebrazione, identificandosi per l ' appunto la metafisica, fin da Parmenide, non con l'Essere ma col Divenire, con la dialettica essere/ non-essere che ha per termini medi il creare e il distruggere. La storia e la cultura occidentale sono per Severino completamente sbagliate, anzi : "Follia", in quanto muovono da una metafisica completa­ mente sbagliata, anzi "folle". La tecnologia - che da continentale Seve­ rino s'ostina a confondere con la tecnica - si sforzerebbe di modificare l ' immodificabile, di dare un tempo al senza tempo, uno spazio al senza spazio, e d' annichilire, pure, l ' ineliminabile. Infine, questa tecnica - che da continentale Severino s ' o stina ad associare senza distinguo alla scien­ za - avrebbe come inseparabile compagno, nell' illusione del divenire, il capitalismo consumistico (hai presente quando compri senza sete una lat­ tina di Coca-Cola la bevi mezza e getti il resto nel primo cestino, o meglio per terra e lo fai perché c'hai soldi e facendolo arricchisci gente con più soldi di te? Ecco, questo è capitalismo consumistico). La pars construens consisterebbe d' andare, a tutti i livelli ma a partire dal metafisico - me­ tafisica che va quindi rifondata in senso opposto a quello finora presente anche nei suoi detrattori - "oltre il dominio del divenire", da Severino qualificato anche come "caso"; cioè oltre la tessitura: Divenire +-+ Tempo +-+ Tecnica +-+ Nichilismo +-+ Alienazione +-+ Occidente. O meglio : più che andarci, in questo "oltre", si tratta di rendersi conto che ci siamo già da sempre e comunque e inevitabilmente. E più che noi uomini - l'univer­ so, il Tutto c ' è. A tal proposito Severino parla, pacatamente, di "destino della necessità", come da titolo d'una sua opera di 600 pp. del 1 9 80. Vuoi concentrare in una sola paroletta Severino e Gianni? Severino : Essere. Gianni : Interpretazione. Severino: Metafisica. Gianni: Storia: Se­ verino : Sapere assoluto . Gianni: Interpretazione (scusami se mi ripeto ma per Gianni dandosi esclusivamente storia umana non si dà distinguo Sa­ pere/Essere . . . ) . Severino : Scienza = Divenire. Gianni: Scienza = Essere; per cui entrambi attaccano sì la scienza, ch' associano alla tecnica, ma per motivi opposti, motivi legati alla loro opposta concezione della metafisi­ ca: Severino perché la scienza derivando da una metafisica del Divenire gli risulta sperimentale, ipotetica, imprevedibile; Gianni perché la scienza - pure occasionalmente rivalutata in un' accezione tutta postmoderna o debole - derivandogli da una metafisica dell'Essere gli pare troppo asto­ rica, assoluta, ingenua, intollerante. Gianni non è nichilista perché sostiene che non esiste nulla o che esi­ ste solo il nulla; ma perché sostiene che si danno solo interpretazioni e 96

sull ' esistenza - l'esistenza d' alcunché - lui non si pronuncia. Volendo si potrebbe anche ricondurre questa posizione a quella che, in Reale e virtuale, Tomas Maldonado ci ricorda essere "la teoria della ' semiosi il­ limitata' , la infinite regression del pragmatista e semiologo Charles S . Peirce, nella quale i segni vengono rimandati sempre ad altri segni fino ali ' infinito, e nella quale, fino all ' infinito, viene rimandata la possibilità di individuare un re ferente materiale" . Com'ha mostrato la vicenda di Nietzsche, sua ricezione compresa, quella di nichilismo risulta categoria relativa. Per ciascuno è nichilismo la negazione di ciò che lui invece afferma. Gianni non affermando l 'Essere risulta, a Severino, affermare il Nulla o il Divenire: perché per Severino, che vanta non solo una metafisica ma a suo dire la metafisica più metafi­ sica di tutte, per Severino a questo si riduce l ' interpretazione o ermeneu­ tica, che pure non vuoi esser metafisica, nemmeno nichilista, e vuoi met­ ter questa fra parentesi o considerarla interpretazione fra interpretazioni. Severino dà quale formula sintetica per la sua filosofia: "tutto è eterno"; di contro a quella per Heidegger, a cui possiamo qui associare Gianni, che sarebbe : "tutto è eventuale" . E noi? Beh noi ci serviremo di Gianni e Severino come se fossero, rispettivamente, l 'Eraclito e il Parmenide dei manuali scolastici più terra terra - non degli studiosi specialisti ecc. E, com' è ricorrente in simili circostanze di sintesi , cercheremo di proporre qualche cosa che vada oltre una semplice sommatoria. Correggeremo Se­ verino con Gianni e Gianni con Severino . Ma iniziamo col citare da un testo dei primi anni Settanta (Joplin, Hendrix, Morrison - già morti), raccolto in Gli abitatori del tempo, e che mette in parole povere, cioè comprensibili, quanto altrimenti già proposto da Severino nella sua opera campale, L 'essenza del nichilismo, del 1 972 , l ' anno di Quel gran pezzo dell 'Ubalda . Fai un bel respirone e : "Per la civiltà europea la cosa [cioè ogni ' ente ' in quanto tale] è ciò che esce e che ritorna nel niente. L' essere e il niente stabiliscono il senso della na­ scita e della morte, della produzione e distruzione delle cose. L' evidenza suprema, per la nostra civiltà, è che vi sia un tempo, il passato, in cui le cose sono diventate niente, e un tempo, il futuro, in cui le cose [cioè in quanto ' enti ' o qualcosa l ' opposto del 'niente ' o nulla] saranno dac capo niente: l ' essere è nel tempo, da cui è divorato". Ma ciò è assurdo - in un ' assurdità logica che diventa esistenziale, sociale ecc. "Se ci dicessero che il passato e il futuro sono il tempo in cui il circolo è quadrato, noi saremmo ben pronti a ribattere che non può esserci alcun tempo in cui si realizzi questa assurda identificazione del circolo e del quadrato. Ma que97

sta sensibilità all ' assurdo - che appunto ci fa rifiutare un tempo in cui il circolo sia quadrato - questa sensibilità non ci impedisce di pensare inve­ ce un tempo in cui la cosa, ossia ciò che non è un niente, sia niente e non ci impedisce di vivere e agire conformemente [in particolare con quella che Severino chiama la tecnica - "il trionfo della tecnica è il trionfo del nichilismo" - ma, dovremmo aggiungere, anche col far figli o uccidere il prossimo; illusioni entrambe . . . ] a questo pensiero". Per ciò "l ' essenza della civiltà europea è il nichilismo, poiché il senso fondamentale del ni­ chilismo è il render niente le cose, la persuasione che l ' ente sia un niente" - e "la metafisica greca", in quanto in Parmenide stesso non parmenidea, "è l ' espressione originaria e decisiva del nichilismo". Pertanto "la storia dell ' Occidente è storia del nichilismo in un senso abissalmente diverso da quello denunciato da Nietzsche", per cui nichilismo sarebbe la "morte di Dio" o il venir meno di valori assoluti (ma anche, e forse Severino non lo considera, l ' imperare, precedente il loro crepuscolo, di questi stessi valori ! ) "e Heidegger", per il quale, in Essere e tempo (da cui prenderà le mosse il nichilismo degli esistenzialisti), quello che Severino chiama il ''tramonto del senso dell ' essere", sarebbe l ' Essere come Tempo mentre per Severino, e questo è da mezzo secolo il suo unico pensiero ! , vale esattamente l' opposto : l ' Essere è stato finora considerato alla stregua del Tempo ; bisogna adesso tornare a considerarlo, o meglio : iniziare, sicco­ me neanche Parmenide è stato in grado di far ciò fino in fondo, bisogna considerarlo indipendente e estraneo a ogni temporalizzazione, relativiz­ zazione, manipolabilità ecc . E questo mentre "la civiltà occidentale cresce all ' interno della persuasione che l ' ente sia nel tempo e cioè che l ' ente sia niente". Ciò detto, siccome nientificare l ' ente risulta impossibile, ''tentan­ do l ' impossibile, l ' Occidente è inevitabilmente destinato all' angoscia più radicale". Tanto più che "il nichilismo non è rimasto un modo di pensare, bensì è divenuto la vita concreta dei popoli, le loro istituzioni e i loro va­ lori. Perché il nichilismo tramonti non è cioè sufficiente che il pensiero, denunciando l 'alienazione essenziale dell' Occidente, testimoni la verità dell ' essere" (una critica simile aveva fatto, in tema di religione, Marx a Feuerbach) - "anche se questa testimonianza è il primo fondamentale passo della salvezza dell ' Occidente. Perché il nichilismo tramonti è ne­ cessario che tramontino le opere del nichilismo". Ci s ' aspetterebbe a 'sto punto l ' importanza d'una ''filosofia della pras­ si", cui Severino in qualche misura si dedica fin dal 1 962 ; intendendo la in senso rigorosamente quanto paradossalmente non pragmatistico, il prag­ matismo sembrandogli "conseguenza inevitabile della speculazione me98

tafisica, ossia della persuasione che le cose sono niente". E però Severino avverte, oracolarmente - per la serie : "Ho visto cose che voi umani . . . " : " I miei scritti, ormai, non s i rivolgono più ali ' 'uomo "' - Nooo ! Gli struzzi hanno imparato a leggere ! Non lo sapevo . . . - "non gli prescrivono un compito, non gli assegnano una meta, non gli dicono che cosa debba fare, non gli suggeriscono una norma di vita o un ideale, non sono uno strumen­ to teorico per guidare e illuminare la prassi: il proponimento di far tutto questo è legato alla volontà di separare la terra dal destino e di fame l ' og­ getto del dominio". (Severino a ogni piè sospinto ripete la formula niccia­ na, nicciana per modo di dire dato che l ' infelice musicista se ne serve solo negl'ultimi tempi . . . , la formula nicciana più popolaresca: "volontà di po­ tenza"; con la quale intende una sorta d' intrinseca componente dell'uomo occidentale che condurrebbe questi alla pseudo-metafisica del Divenire da cui poi la Scienza e la Tecnica, interessanti solo per chi ritiene il Tutto a lui soggiogabile in quanto non Eterno ma Tempo. Componente autodi­ struttiva - per la cultura che così non a caso si chiamerebbe occidentale, cioè tramontante - siccome il vero e reale non è il Tempo ma l 'Eterno). "Anche la convinzione che i miei scritti siano 'miei ' , opera 'mia' e 'ope­ ra' è convinzione legata a questa volontà. Ma il loro accadere appartiene, come l ' accadere di ogni cosa" - compresa la nostra esposizione qui del pensiero di Severino - "al destino dell ' ac cadimento della terra". Eccoc i ! Rullo di tamburi e : "Il destino, nel suo significato originario, è l ' apparire dell ' impossibilità che gli enti siano niente, cioè l ' apparire dell ' impossi­ bilità che gli enti siano ' storia' , ' divenire' , 'tempo ' ; cioè l ' apparire della necessità che ogni ente (anche il più irrilevante e anche la persuasione più lontana dalla verità dell ' ente) sia eterno" . (Considera, in appendice, che il senso in cui Severino intende il "pragmatismo" è diversissimo a quello di Rorty. Rorty e Gianni sono nemici di Severino quanto il Divenire lo è dell 'Essere; e però, sulla filosofia che non prescrive compiti, mete ecc . , l ' antipragmatismo di Severino coincide col pragmatismo di Rorty. Per Rorty infatti i "pragmatisti" Heidegger e Derrida "sono figure emblema­ tiche di pensatori che non solo non risolvono problemi, ma non hanno neppure argomenti o tesi da proporre") . E ora correggeremo - insomma: ci si prova . . . - Severino con Gianni e Gianni con Severino. Pel momento concentrandoci sulla prima corre­ zione; nel prosieguo , essendo questo dedicato a Gianni, arriverà più di­ stesamente anche la seconda; ma posso già anticiparti che far me cioè per quella risultante geo-bio-storico-sociale che va sotto il nome di m e , Severino sbaglia: l) qualificando troppo ingiustificatamente il suo Ine99

vitabile conseguito col solo ragionare e 2) derivando da ciò una filosofia della storia, comprensiva di critica a scienza e tecnica, tutta a suo uso e consumo . Gianni invece sbaglia: l) non ammettendo limiti all' Interpre­ tazione e come se non bastasse questo nichilismo afasico e attonito; 2) rimangiandosi il tutto con l ' approdare ad un più o meno vieto, più o meno religioso cristianesimo. Senz ' entrare in dettagli - e perché poi? E in che cosa consisterebbe­ ro? Come distinguo il dettaglio dal non-dettaglio? Tutte domande reto­ riche tipiche della filosofia novecentesca . . . - il Severino-Parmenide e il Severino critico del capitalismo consumistico vanno purgati da altri due Severino. Uno (il solo pezzo che si salva collocandosi al livello dei primi album dei Marlene, un tempo il meglio del rock italiano, sarà 111 ) : quello delle lettere maiuscole, delle Entità - hai presente gli dèi d' Omero o le star d' Hollywood?, stesso dicasi della Parola dell 'Apparato dell'Eternità della Follia del Tutto della Gioia della Necessità ecc. di Severino che, se Entità, se assunti come esistenti e come prioritari rispetto ad altro (quello con le iniziali minuscole), impediscono - ecco come utilizzo Gianni per criticarlo - la loro messa in discussione e critica e eliminazione : impe­ discono la filosofia (per di più ogni "entità" di Severino avrebbe al suo centro, come le Idee di Platone e com ' era norma nel Medioevo? , una "essenza"; dove non si capisce come possa darsi qualcosa tipo l ' essen­ za: infatti se quest' essenza è difforme rispetto all' entità allora non è la notazione distintiva di quell ' entità ma pure di altro; se invece è identica all ' entità allora non ci dice niente di più di quanto già sapevamo a mezzo solo dell ' entità . . . ). Filosofia che, per lo stesso motivo di queste maiu­ scole, si declina in Severino, al pari di Marx che pur l' intende in senso diverso , come filosofia della storia (e filosofia della storia - in un senso opposto, a suo dire, a quello da noi espresso - insegna Galimberti, allievo del neo-Parmenide o Parmenide-bis), Severino parlando, l ' abbiamo senti­ to, di "destino", "struttura dell ' Occidente", "età della tecnica", "orizzonte essenziale", "tendenza fondamentale", "significato unitario della civiltà europea" (la "vocazione europea al dominio tecnologico dell 'universo" risalente "alla metafisica greca") e ritenendo che importanti non siano cose quali i "fatti di carattere sociologico" ma gli "eventi inevitabili" ! No ! L' Inevitabile si dà; ma Severino sbaglia a caratterizzarlo "destinalmen­ te" ; per una sorta d' antropocentrismo di ritorno, scusa l ' espressione, non si può cavare dall ' Inevitabile la solita zolfa d'una filosofia della storia ! Qui, direbbe Nietzsche e Gianni con lui, non è più il ragionamento che sorregge Severino ma - a prescindere poi da che quello sia fatto di questi, 100

si tratta di proporzioni e proporzioni ! - moralismi, preferenze, condizio­ namenti personali troppo personali . . . Il secondo Severino da purgare è il Severino della barbosa ingenerosa ipocrita - dura in Italia da un secolo e passa: già Tommaseo e Croce se ne vantavano . . . - critica alla tecnologia e alla scienza, rozzamente e in­ distintamente affratellate. Critica compiuta mentre dagli ospedali ai treni ali 'ultime speculazioni degli scienziati tutti si vive - Severino compreso - di tecnologia e scienza e grazie alla tecnologia e alla scienza. Inoltre, dico, se possono darsi scienza e tecnologia senza capitalismo consumi­ stico - senza Coca-Cola - non può darsi questo senza quelle, che quin­ di ne sono indipendenti; insomma: possiamo disfarcene senza disfarci ( buttar via il bambino con l ' acqua sporca) di scienza e tecnica. Con un coltello che uccide è legittimo tagliarci il pane. Infine, scagliandosi Severino contro la presunzione, che attribuisce alla metafisica prima e alla tecno-scienza poi (e che si dovrebbe attribuire anche ad ogni cre­ azionismo in quanto implica passaggi dal nulla ali' essere), riguardante "l' assoluta e infinita dominabilità di tutte le cose", Severino non discute la plausibilità del darsi di "cose" e ne assume, scolasticamente (in senso medievale), essenza ed esistenza. Se Severino - o meglio : Parmenide riesce a dimostrare logicamente (bisognerebbe aggiungervi a mio avvi­ so una dimostrazione anche empirica . . . ) l ' insostenibilità del nichilismo , d'un nichilismo assoluto, poi però sbaglia pretendendo a partire dall ' esi­ stenza ineliminabile di qualcosa di qualificare e identificare, per di più in termini medievali, tale qualcosa. Invece a questo punto , mentre per la prima parte del discorso do ragione a Severino, bisogna far intervenire un po ' d' idealismo o quella sua versione à la Gianni che va sotto il nome di nichilismo e per cui bisogna "prender atto esplicitamente che l ' essere e la realtà" - secondo Gianni tout court; secondo me "kantiani" ovvero , ed entro certi limiti, umanizzati , elaborati dall' uomo, soprattutto socia­ le - "sono posizione, prodotto, del soggetto", dove "soggetto" indica la cultura ecc. Resterebbe ora da discutere su: one) come conciliare Parmenide con la scienza e la tecnologia, dimostrando così, two) che un Severino sbaglia a contrapporli; e, fatto questo, resterebbe da vedere, three) perché il ca­ pitalismo consumistico sia nefasto, ingiusto, cattivo, stupido, noioso e . . . inserisci pure qui tutti gli aggettivi, i peggiori che hai; sfogati, forza ! =

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E la scienz a? A curarti vai in ospedale, no?

"Incomincia il libro dell ' arte, fatto e composto da Cennino da Colle, a riverenza di Dio, e della Vergine Maria, e di Santo Eustachio, e di Santo Francesco, e di San Giovanni B attista, e di Santo Antonio da Padova, e di tutti i Santi e Sante di Dio, e a riverenza di Giotto, di Taddeo, e di Agno­ lo maestro di Cennino, e a outilità e bene e guadagno di chi alla detta arte vorrà pervenire". Hai mai sentito 'sta roba? Che ti dice? Risale a sei secoli fa. Te l ' interpreto alla Gianni . "Dio", "Vergine Maria", "Santo Eu­ stachio", "Santo Francesco", "San Giovanni Battista", "Santo Antonio da Padova" ecc. valgono quanto la "Sostanza" di Aristotele o lo "Spirito" di Hegel o le formule della chimica o i numeri della matematica; ricoprono la medesima funzione, stesse cause, stessi effetti e spetta a chi sostiene il contrario dimostrarlo , riuscirei. Non solo. Non importa sapere che quella frase risale a seicento anni fa né chi è l ' autore; e "Incomincia il libro dell ' arte ecc." sarà da intendersi valere oltre che per il testo da cui è stato estrapolato questo pezzo, anche per noi qui che lo riproponiamo . Da noi, qui, nel mezzo ai nostri discorsi, incomincia, anche, fra l' altro, il libro dell ' arte ecc. Non c'è una differenza tra il testo e contesto originali e il nostro testo e contesto . Non c ' è spazio non c ' è tempo. Non c ' è una diffe­ renza tra l ' intero libro dell ' arte e quanto riportato da noi qui. La risultante sarà la medesima. Non c ' è una differenza tra il virgolettato e il non vir­ golettato. Né tra Cennino Cennini autore del libro d'arte e noi lettori. Chi sostiene che c ' è una differenza si provi a stabilire con certezza e fermezza e precisione dove finisce Cennino l ' autore e dove s ' inizia noi lettori. E an­ cora: dove finisce il libro d'arte e dove iniziano il nostro occhio e cervello che leggono . Per questo - soltanto una facile provocazione attribuire ad un valdelsano del Tre-Quattrocento simili idee o, storicamente, antropo­ logicamente, per un medievale poteva proprio esser così? - per questo Cennino fa "riverenza" tanto a Dio e ai Santi quanto, e senza soluzione di continuità, a pittori anche suoi contemporanei : Giotto, Taddeo e Agnolo Gaddi. Giotto o Dio fa lo stesso. Anything goes. Basta qualcosa riverire; basta qualcosa accettare. Giotto o Agnolo Gaddi - lo stesso; anche se noi consideriamo Giotto il pittore per eccellenza e i Gaddi gli imbianchini per eccellenza. I medievali - chiedo : ma tanto se "anything goes", una rispo­ sta o l' altra . . . - sono più postmodemi dei contemporanei perché vanno oltre l ' estetica del bello e il distinguo reale/irreale, artificiale/naturale, celeste/terrestre, aldiquàlaldilà, astratto/concreto, simbolico/materico? Per questo il postmodemo U. Eco s ' interessa ai medievali? Eppure, no102

nostante tutto il suo postmodemo medievale - e nonostante noi si possa non distinguerci da lui - Cennino l ' ammette un distinguo, parla di utilità, bene, guadagno. In altri termini, in other words; l ' obiezione al nichilismo di Gianni (nichilismo nel senso di negazione di differenza tra una cosa e l ' altra fino a negare con ciò la categoria stessa di cosa o esistenza) : puoi negare questo o quello ma se esci in strada e una macchina ti schiaccia esci in strada e una macchina ti schiaccia. Risposta: come fai per dirlo? Devi comunque partire dal presupposto di acconsentire filosoficamente a tutta una serie di categorie o distinguo: quella di "io", quella di "macchi­ na", quella di "strada", di "schiacciamento", di "morte" ecc . Eppure an­ che Gianni - continuerai - se gli metto la mano sul fuoco, qualunque cosa ciò significhi, la ritrae qualunque cosa ciò significhi. Sì, però, ribatterebbe Gianni, mettere la mano sul fuoco, l'hai detto tu stesso, può significare qualsiasi cosa e pure il ritrarla: siamo quindi ancora al nichilismo, alla differenza che non fa differenza, allo anything goes. T ' abbia convinto o meno , per Gianni la scienza, in quanto è qualcosa, risulta l' opposto che a Leonardo per cui "scienza è detto quel discorso mentale il quale ha origine da' suoi ultimi principi". Le cose sono cose - sono possibili, formulabili comprensibili socializzabili - in quanto non hanno "ultimi principi" ma in quanto sono convenzioni socio-storiche; anche la categoria di "ultimi principi" lo è. Si hanno solo, secondo Gian­ ni, discorsi mentali, o meglio, discorsi e basta siccome la mente stessa come categoria/scelta/convenzione/discorso va e viene con lo storica­ mente. Ma, domandagli a Gianni (il padre degli idealisti, Berkeley, già se lo domandò rispondendo in maniera coerente col suo idealismo . . . ), prima dell'uomo non c ' era il mondo? O c ' erano le convenzioni (il punto di vista sulle cose - con "cose'" che fa parte di uno di questi punti di vista possibili) degli animali? Con quanto detto tuttavia cadono le due principali motivazioni per le quali, secondo il buon Niccolò Tartaglia che si rifaceva ai "saui antiqui", le "discipline mathematice" sarebbero "la prima cosa" che si dovrebbe "far imparare a tutti quelli" che si dedicano "alla sapienza" . È sbagliato ritenere che "si come la bontà de l ' oro uien conosciuta, & approbata con il fuoco, cosi l' ingegno dell 'huomo uien conosciuto & approvato con le Discipline Mathematice" perché queste, l ' avranno detto in chissà quanti, senza un qualche grado di filosofia non esplicano sufficiente ermeneutica in quanto abbisognano di "definizioni" o convenzioni da accettare in quanto tali. Punti di partenza inevitabili e d'una inevitabilità fortemente determinata, qualificata. Avessero applica­ to maggiormente l ' ermeneutica, i matematici , le geometrie non-euclidee 103

sarebbero state ammesse in linea di principio da Euclide stesso e proprio perché lui aveva elaborato una sua geometria. Se io so che la mia è un' in­ terpretazione - già solo per questo ne ammetto un' altra, complementare o anche opposta. Invece ci son voluti più di duemila anni per relativizzare, storicizzare Euclide, riportandolo, anche lui, alla condizione di umano , troppo umano. Non saranno stati millenni vani ma una libertà ermeneuti­ ca iniziale e di principio, avrebbe prevedibilmente incrementato, con un conflitto delle interpretazioni più radicale o a più ampio raggio, la (cono) sctenza umana. "La seconda c ausa, perche li nostri antiqui uoleuano che le Mathe­ matice discipline fusseno le prime imparate, è quella, perche alla intelli­ gentia di quelle non ui occorre alcuna altra scientia. La causa è che per le medesime si sostentano , per le medesime si uerificano, per le medesime si approuano, & non per auttorità, ouer opinone de huomini, come fanno le altre sci enti e, ma per demostratione". Ebbene, anche su questo punto, i medievali con le loro auctoritates sembrerebbero esser stati maggior­ mente ermeneuti o postmoderni - con la notevole differenza che mentre per i medievali le auctoritates e non la "demostratione" danno ciò che per Tartaglia e la sua civiltà dava questa: la verità; mentre per gli ermeneuti postmodemi siccome l'unica "demostratione" è il potere delle auctorita­ tes, verità non si dà se non, appunto , come auctoritas, ma questa volta, a differenza che nel medieovo , riconosciuta fine a se stessa. Se pel medioe­ vo la verità è l ' autorità e l' autorità è verità, pel postmodemo la verità, se è, è l' autorità ma questa, proprio perché autorità e basta, non è verità. L 'ignoranza postmoderna

del moderno

Non ho comprato il libro di Paolo Rossi, il filosofo e storico della scienza, non il giurista e uomo politico già presidente della Corte costitu­ zionale, non lo studente ucciso durante gli scontri all 'Università di Roma nel 1 966, non il giocatore e allenatore di pallacanestro , non l ' attore sati­ rico teatrale cinematografico e televisivo , non il calciatore nato nel 1 8 79 , non il c alciatore campione del mondo nel 1 982, non il politico senatore dal 2006, non l ' allenatore di pallavolo - o sì?, filosoficamente e forse an­ che fisicamente parlando . . . - non ho comprato il libro di Paolo Rossi Pa­ ragone degli ingegni moderni e postmoderni edito da Il Mulino nel 2009 perché : l ) costa diciannove euro e alla metà del prezzo si possono avere oggi così tanti libri in italiano, compresi alcuni dello stesso P. Rossi, che non basterebbero vite e vite a, non dico leggerli, ma registrarli; 2) perché 104

diciannove euro per me spenderle è un problema; è un problema econo­ mico (vivo n eli ' epoca del rinculo della borghesia per cui si prospetta, ed è già iniziato, un forte regresso nella capacità d' acquisto da parte di larghe fasce di essa), ed è un problema morale (è morale acquistare in genere?), ed è un problema morale perché è un problema ecologico (acquistare = consumare) . Inoltre "life is short", urlavano i Cramps in un concerto ad Amsterdam nel l 98 1 (io c ' ero? In che senso si può dire che io c ' ero?), e se la vita è corta, se si può morire da un momento ali ' altro, perché leggere invece di scrivere o pensare o guardare o . . . ? Ti parlerò quindi - e così faccio e per gli stessi motivi per molti altri temi e per tutti i libri che proprio non riesco, per noia depressione solitu­ dine, a non leggere - del rapporto moderno/postmoderno a modo mio ("A modo mio" da non confondere con Amado mio: modello di macchine da caffè Lavazza, oltre che "gruppo musicale promotore delle antiche tradi­ zioni della fascia costiera del medio e basso Tirreno", e ritornello della famosa c anzone di L . Dalla Piazza Grande ( 1 972), e loffio latin-rock dei Negrita e, infine, nome di troppi troppi bar, ristoranti, club), ti parlerò del rapporto moderno/postmoderno a modo mio ovvero alla c azzo di c ane. Sti­ le, quello à la cazzo di cane, che inoltre dovrebbe corrispondere a quello feyerabendiano-giannettiano, nella misura in cui Gianni F eyerabend (ha scritto fra l' altro F eyerabend un libro da l titolo parecchio simile a quello d'uno, molto successivo e già citato, di Gianni : Addio alla ragione) . . . Io dico che il termine "postmoderno" - almeno in filosofia - andrebbe eliminato perché fa casino e basta. Dico che Gianni chiama "postmoder­ ni" tanti aspetti che sono già ampiamente presenti in quella che sempre lui chiama "modernità" (la cultura dominante che andrebbe dal Seicento agli anni Settanta del Novecento , quando verrebbe meno l'ultima forma della modernità: lo Strutturalismo). Dico insomma che Gianni è un cattivo sto­ rico - lui che "italicamente" dovrebbe risolvere la filosofia nella storia ! - e propone una storia da quell' ottica che non trovo punto condivisibile e che consiste nel criticare ingenerosamente la scienza. E allora preghiamo ancora insieme: No Gianni , questo non dovevi farlo ! C ' hai fatto cader le braccia come dopo la lettura d'un articolo di Ernesto Galli Della Loggia sul "Corriere della Sera" ! Secondo Gianni - cito da un' intervista del ' 9 3 per l'Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche ; non occorrono di Gianni o d' altri i libri, il succo sta colando su Internet, dove c ' è anche troppo per riflette­ re . . . - secondo Gianni caratterizzerebbe la postmodernità : l ) l ' oltrepas­ samento della metafisica (non si dà un essere "stabilmente oggettivo lì di =

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fronte a noi mentre noi ci muoviamo intorno ad esso come se facessimo la danza intorno a un grande elefante immobile"); 2) il nichilismo (non nel senso di "essere come nulla", che sarebbe ancora metafisica, ma nel senso di situazione storica che svaluta l' essere metafisica e che non pretende in questa svalutazione di costituire un altro assoluto metafisica - quello del nulla o dell' interpretazione - ma continua a porsi soltanto come interpre­ tazione, storicamente a sua volta smentibile e superabile); 3 ) i fatti come interpretazioni ovvero la retorica (e il non poter noi umani proporre altro di diverso da interpretazioni o retoriche - compreso quanto appena detto, che ha un valore solo retorico-interpretativo); 4) la fine della storia come processo ordinato, con degli scopi ecc . ; 5) la fine della scienza come Ve­ rità o sapere assoluto, oggettivo, reale. Ebbene, tutte queste cosucce che Gianni attribuisce al postmoderno a sé - tu le ritroverai nel moderno, o anche prima. Qualche cenno punto su punto : l ) Hume, Kant; 2) Leopardi, Dostoevskij (nel senso, non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo: d' alcuni suoi personaggi . . . ); 3 ) non mi viene in mente - a parte Pirandello - nessun nome grosso quanto gli altri ma sicuramente se ci studi un po ' ne troverai a bizzeffe, ad es. a partire dai (sunti presenti in Internet dei) libri di M.L. Chiesara, Storia dello scetticismo greco, di RH. Popkin, Storia dello scetticismo, di P. Hazard, La crisi della coscienza europea; 4) Darwin; 5) Poincaré, Duhem. E non t ' ho citato il ventitreenne goriziano Carlo Michelstaedter che nel 1 9 1 0 - quando John Lomax pubblica Cowboy Songs and Other Frontier Bal­ lads - compie, fra i più celebri, il secondo esplicito suicidio filosofico per motivi nichilistici dopo, un secolo dopo, Kleist. Carlo Michelstaedter che alla sua tesi di laurea, La persuasione e la rettorica, gli puoi, forzandola un p o ' , far dire più o meno tutte quelle cose che Gianni attribuisce al postmoderno e invece si trovano già nel moderno, caratterizzandolo . An­ cora: moderna sarebbe una concezione, tipo la metafisica, la religiosa o la scientista (il considerare fanaticamente e non scientificamente la scienza), la quale si distingue per quello che Nietzsche chiamava lo "spirito di gra­ vità" o qualcosa del genere (Severino ha da poco intitolato un libro così); cioè per un approccio al mondo e alla conoscenza statico, stitico, a com­ parti stagni, definitivo , assolutizzante ecc . Prendi Le déjeuner sur l 'herbe ( 1 863 ) È ancora un ' opera con un certo spirito di gravità. E quindi moder­ na nel senso di Gianni. Perché? Perché se la capovolgi, prova con una sua riproduzione ! , non ti torna più nulla; quel mondo che lì è rappresentato ti risulta tutto, è proprio il caso di dirlo, a soqquadro . Segno che la filosofia dell ' autore è metafisica: greve, grave, bloccata. Prendi ora una delle 250 .

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ca. versioni di ninfee che Monet, l 'impressionista, ha dipinto negli ultimi trent' anni della sua vita. Fa' lo stesso servizio . Vedrai venir meno quel senso di prospettiva (interpretazione, ermeneutica, filosofia) monolitica e perentoria, con dei "fondamenti", con un alto e un basso , un prima e un dopo, un soggetto e un paesaggio, un background e unforeground . . . Ep­ pure Monet muore nel 1 926, quando, e a proposito di cui, nessuno parla ancora di postmodemo . Le fotografie non sono arte per questo . Perché non puoi capovolgerle. E non a seconda dell ' epoca in cui sono state fatte (Manet è arte quanto Monet) ma in linea di principio o costitutivamente. Questo limite le co­ stringe a non risultare arte. L' artistica è una qualità possibile per la quan­ tità delle interpretazioni che fornisce, stimola, giustifica, supporta ecc. Interpretazioni che da Manet a Monet aumentano - con la possibilità di, o l ' aggiunta di significato nel, capovolgere il quadro (termine che si può così intendere anche in senso metaforico). Altri esempi di diverso stile? Precisando che lo stesso esperimento puoi farlo anche in architettura e scultura per decidere dei vari passaggi da classico a moderno - confronta, capovolti, un Hayez con un Modigliani. O un Botticelli con un Dalì. O Giotto con Boccioni . . . Stesso dicasi per la letteratura: The Sound and the Fury esce tre anni dopo la morte di Monet; fin dall ' indice si può notare come ogni linearità, distinzione, categorizzazione, identificazione venga meno col venir meno d'una qualche ratio nella scansione temporale (prima un 7 aprile 1 92 8 , p o i un 2 giugno 1 9 1 0 , p o i un 6 aprile 1 92 8 , poi un 8 aprile 1 928); leg­ gendo è più che difficile errato stabilire Who is Who . Per quanto riguarda la musica, in questi anni, quelli della piena modernità, del Razionalismo e del Funzionalismo in architettura, della fisiologia di Pavlov ecc . , sup­ pongo che con la dodecafonia (corrispondente dello stream of consciou­ sness - da intendere in senso non cartesiano o egologico ma ecologic o ! - j oyceiano?) ecc. , suppongo accada qualcosa di speculare : qualcosa che concettualmente corrisponde a quanto Gianni intende con postmoderno ! (Ho detto suppongo perché per motivi legati alla scuola, all' educazione impartitami, non ho ancora fatto esperienza adeguata della musica nove­ centesca, nella mia risalita son più o meno al Romanticismo ; tuttavia, se il passaggio da l la metafisica, dal mondo netto e squadrato, all ' ermeneutica, all ' indeterminazione ecc. , avviene nella breve e fraintesa storia del rock, col passaggio dallo schema strofa-ritornello ai bailamme di Velvet Under­ ground prima e di Royal Trux poi; figuriamoci se ciò non è avvenuto in largo anticipo nella musica vera e propria, la classica ! ) . 107

Tutto questo per sostenere che ciò che Gianni chiama postmoderno, e quindi Gianni stesso nella misura in cui con questo s'identifica, è soltanto la formalizzazione di quanto detto già dal moderno - dai secoli XVII, XVIII, XIX - o prima. Ci sarebbero i dimenticati Sofisti - e i Cinici ! i Cinici ! - poi Montaigne, Rabelais, gli Impressionisti, l ' abbiam detto, e, son sicuro , i tanti , nei secoli, italiani - a cominciare da Torquato Accetto? - che non conosco, e che nemmeno tu, purtroppo, se vieni a scuola da me conoscerai, perché vivo in una società che non me li fa conoscere ! Infine, comunque sia, Kant o non Kant, Gianni annovera tra i postmo­ derni un Nietzsche che vive in piena "era positivista" - Gianni ! Che da una parte critica il moderno positivismo con la sua, attribuitagli, metafi­ sica della scienza e dall' altra assicura che noi non siamo nient ' altro che figli di contesti socio-storici (questa consapevolezza è l ' interpretazione, per Gianni) e, al massimo, padri di contesti socio-storici. Eppure il positi­ vismo ha partorito Nietzsche, la sua presunta contraddizione; e il moder­ no, mettiamo anche vadano le cose come dice Gianni, avrebbe partorito la sua presunta contraddizione : il postmoderno ! - Benché i due ambiti in Gianni siano strettamente legati, potrà essere un bene per Gianni aver sbagliato in sede di giudizio storico anziché in quella teorica del "non sia­ mo nient' altro che figli e padri di contesti (io aggiungo alla storia sociale anche la biologica e geologica) ecc. ". Infatti, lo sbandieramento ostentato da parte di Gianni del nicciano non-ci-sono-fatti-ma-solo-interpretazioni­ e-anche-questa-è-un ' interpretazione non risulta tanto antistorico e rivolu­ zionario, nella seconda metà dell ' Ottocento, quanto si vuole far credere in chiave anti-positivista o anti-scientista che dir si voglia. Un positivista e scientista per antonomasia quale Claude Bernard, dedicava nella sua Introduzione allo studio della medicina sperimentale del 1 865 , in Ita­ lia, "porca vacca", tradotta con cent' anni di ritardo e non riedita da qua­ rant' anni, dedicava un intero paragrafo al precetto socraticissimo prima ed ermeneuticissimo poi, col quale, fra Valla e Galilei, è sorta la scienza moderna, secondo cui : "Lo sperimentatore deve dubitare, non ostinarsi su un ' idea, e conservare sempre la propria libertà di pensiero".

Meglio cretini che creden ti Un antropologo - mi sfugge la differenza con lo storico , e viceversa - un antropologo potrebbe studiare la seguente questione : se prima del Sette-Ottocento fossero - logicamente? antropologicamente? socialmen­ te? insomma, ad un qualche livello . . . - fossero possibili persone non dico 108

che, come giustamente voleva Schopenhauer, nemmeno se lo ponessero il problema di Dio, ma, posto si il problema dell ' esistenza di Dio, rispondes­ sero negativamente : se fossero possibili degli atei, insomma. A giudicare dal volume di G. Minois, Storia dell 'ateismo, Editori Riuniti, 2003, sem­ brerebbe che atei ci siano sempre stati, sennò Minois non avrebbe scritto 670 pp. fitte . . . Io che ho comprato il volume - costava poco: 1 5 euro x ca. 700 pp . è un buon prezzo - non l'ho letto. L'ho comprato e non l'ho letto . Tipico comportamento borghese : avere, impossessarsi, accumulare - e consumo è anche se non soprattutto questo . Prima, l ' ho comprato perché ancora, nel 2003 - Raimondo Vianello t 1 5/4/20 1 0 faceva l ' opinionista a Pressing Champions League - non avevo sviluppato una teoria, con conseguente strategia comportamentale, ecologica e la borghesia, con­ sumando per consumare e/o accumulare, è antiecologica; poi, non l'ho letto non perché appagato, come un buon borghese, d'averlo comprato (pagare, ripeto, appaga il borghese), ma per protesta, tentativo postumo di protesta verso il borghese che compra e, se professore universitario, leggiucchia. Non potevo, senza almeno mezza concezione ecologica, non essere borghese e allora ho comprato il libro/mattone. Non volevo fare il professore universitario e allora - la borghesia, purché il mio risulti un nulla di fatto, mi lascia tutte le libertà - non ho letto il libro che ho comprato. Il che è come non mangiare il frutto staccato dal ramo o non abitare nella casa costruita: tutte cose pure queste tipicamente borghesi, e possibili quando c ' è, anche se per poco , sovrabbondanza. Minois o non Minois, ateismo prima o dopo il Sette-Ottocento - e la divagazione precedente non è fuori tema: per Gianni non si va mai fuori tema, è tutto collegato: astratto, concreto , qui, lì, dentro, fuori, economia, arte ecc . - di credenti intelligenti sembra traboccare la storia nostra. Gian­ ni intanto - che, rispetto a chi ha fede, crede soltanto di credere - ma poi, praticamente, tutti o quasi gli intellettuali, artisti, esploratori, scienziati ecc. dal Seicento a.C. al Seicento d.C. Ciò detto, sostengo, Gianni alla mano , che è meglio essere cretini 1 che credenti. Perché? Perché se anche moltissimi - forse la maggior parte - de1

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il nome che si dà a ognuna di quelle misere creature, di piccola statura, mal

conformate, con gran gozzo e affatto stupide le quali si trovano specialmente nelle valli delle Alpi Occidentali: per alcuni dal lat. Christianus, perché c otali individui erano considerati come persone semplici ed innocenti, ovvero perché, stupidi ed insensati quali sono, sembrano quasi assorti nella contemplazione delle cose celesti; e di fatti nelle Prealpi lombarde dicesi addirittura '" Cristian ' un cretino

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(il vecchio Piani-

giani).

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gli intelligenti sono stati credenti, è meglio essere cretini-non-credenti che intelligenti-credenti : se l'unica cosa che conta, come dice Gianni e come si può far dire a molti filosofi del Novecento, se l'unica cosa che conta non è "essere", che non si sa nemmeno cosa voglia dire, significhi ecc. ma "fare", ovvero costituire una società, una storia, una convenzione, anziché un' altra. Qualche citazione assortita? How to Do Things with Words del morigeratissimo filosofo oxoniense, morto prematuramente mezzo secolo fa, John Austin (il suo allievo Searle ne proseguì l ' opera in Speech Acts) - e l ' attualismo di Gentile, per cui lo Spirito o l ' Io non è più "sostanza" ma "atto", non ''un essere o uno stato, ma un processo costruttivo". Infine Vico, per cui "vero è quel che si fa" - questo però non, come in Gianni, e nel medioevo quando col venir meno delle strade la strada era da dove si passava; questo, dicevo, non in senso relativistico o convenzionalistico bensì nel senso, da filosofia della storia, per cui quel che si fa è il vero e non si può fare che il vero . . . Ora, muovendo da Gianni ma rifiutando le sue conclusioni, sostengo che una società senza credenti consente meglio questo "fare" rispetto ad una società di credenti i quali non tanto perché credono, inevitabilmente, in qualcosa (''Credo d' aver bucato . . . " ) ma per­ ché credono in qualcosa di superiore , altro, vincolante ecc. ripropongono il vecchio binomio o trinomio - stigmatizzato da tanti fra cui anche Gianni - Verità-Metafisica-Dittatura. Chi non ha qualcosa a cui costringere, sarà più difficile che costringa chicchessia, recita questo vecchio argomento. Non si capisce quindi, dopo che è giunto a tal punto, perché Gianni trovi nel credere un vantaggio rispetto al non-credere in direzione del diveni­ re storico delle convenzioni, dei wittgensteiniani giochi. Ancora: Gianni critica chi crede in una sedia come sostanza o essenza - e in generale chi crede in sostanze o essenze - e poi va a credere di credere ! A credere di credere in qualcosa non sostanza, non essenza, ma riconducibile all ' ambi­ to religioso , sacrale o simili ! Gianni ! In questo accomunato agl ' altri due famosi omosessuali italiani : Pasolini e, oggi, Vendola, il presidente della regione Puglia. Tutti e tre si collocano a sinistra eppure, nemmeno tramite la loro omosessualità riescono a farla progredire, 'sta sinistra! Anzi, l ' an­ gustiano in dubbie reazionarie quali il credere e per di più cristiano - che è come dire borghese avendo la Chiesa romana fatto del cristianesimo la religione più borghese di tutte e più connivente col potere. Un cretino non-credente è meglio d'un intelligente credente perché se non c'è "essere" ("credenza . . . chiamasi così anche una specie di armadio da riporvi dentro e a suo tempo disporvi sopra le cose") ma si dà solo "fare" (e qui ti suggerirei pure di riprendere l ' asteggiatissimo in Italia 110

scienziato e filosofo austriaco Emst Mach), non resta che valutar questo . E questo si può valutare solo in base a quanti ulteriori "fare" consente. È dunque un discorso quantitativo . I credenti consentiranno meno "fare" dei non-credenti. Pensa - almeno in linea di principio ! - alla RAI di quan­ do c ' era il solo Programma Nazionale e alla RAI dopo la Riforma del 1 975 Tu farai di più se vivrai di più e vivere di più ci fanno la scienza e la tecnologia e queste - nel loro farsi - non ammettono credenze reli­ giose: Hypotheses non .fingo (più o meno); o anche (più o meno) : Amicus P lato sed magis . . . Inoltre sono la scienza e la tecnologia che hanno reso possibili così tanti esseri umani con, in linea di principio e a prescindere dalla globalizzazione/omologazione da una parte e dal sovraffollamento dall ' altra, relativamente nuove possibilità di "fare" . E devo aggiungere, poi, l ' argomento già presentato che credere in poteri superiori o alterità radicali blocca, contraddice il divenire convenzionale e che quindi, con ciò, Gianni, più che autoconfutarsi, rinnega tutta la sua filosofia ermeneu­ tica e blocca l' ermeneutica? Preghiamo : No Gianni, questo non dovevi farlo ! C 'hai fatto cader le braccia come dopo la lettura d'un articolo di Claudio Magris nel «Corriere della Sera» ! .

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E poi la s cienza è enneneutica ! O s e un pensiero un po 'forte fa bene anche al deboluccio L' ermeneutica consiste nel mettere in relazione, a partire da l la nostra cultura o antropologia, tutti i suoi più disparati aspetti con, ad esempio, la notazione storica per cui "negli anni Novanta del Cinquecento, in Perù operava un gruppo di petrarchisti che fondò a Lima l' Academia Antarti­ ca". S ' apprezza subito, nell ' accostamento Petrarca-Perù o Lima-Cinque­ cento, un notevole grado d' ermeneutica consistente nella manipolabilità o trattabilità, a tutti i livelli possibili, anche di cose che quando non s ' opera ermeneuticamente risultano, per la nostra cultura-antropologia, troppo esotiche per pensarci. È troppo esotico, per pensarci da parte nostra, un pianeta lontano e diverso anni luce rispetto ad un ' isola oceanica, a con­ fronto moderatamente lontana e diversa. L' ermeneutica fornisce questa esoticità superiore a quella d'un ' isola oceanica e rapportabile a quella d' anni luce o, come anche potremmo dire, d' anni impensati; impensati ma non impensabili ! Ecco , la ricerca scientifica con le sue scoperte e stra­ vaganze e contraddizioni - col suo linguaggio che quindi è, in certa misu­ ra, un linguaggio di scoperte, stravaganze, contraddizioni : un linguaggio ermeneutico - fa qualche cosa di simile . . . 111

Altro esempio. Secondo Gianni, tra il leone descritto nel duecente­ sco Bestiario moralizzato di Gubbio e quello descritto da un etologo del Duemila non si dà, suppongo , differenza: nella misura in cui si tratta, in entrambi i casi, d' interpretazioni in cui il primo aspetto a venir interpreta­ to risulta lo status antologico, l ' esistenza o meno del fenomeno che poi si interpreterà. Mentre, ad esempio, l ' etologo moverà la sua interpretazione da un ' interpretazione generica dello status antologico del leone per cui il leone risulta quella cosa che posso indicare; il medievale potrebbe am­ pliarla di molto l ' interpretazione generica dello status antologico del suo oggetto e più che considerarlo un oggetto, una cosa indicabile, lo conside­ rerà, il leone ad esempio, simbolo, figura ecc . entro un discorso simbolico, una teoria (nel senso di sfilata) o un sogno . . . E dico questo a prescindere dalla riconosciuta, da parte di certi filosofi analitici, impossibilità di ''una cosa come una credenza isolata" ; riconoscimento che vale naturalmente anche per il caso ostensivo dell' etologo . . . Ma il potere dell' ermeneutica, anche la scientifica, non è assoluto. Il suo limite è la scienza che Kuhn chiama "normale" contrapponendola alla "rivoluzionaria". Scienza però intesa anche come consapevolezza per cui, ad esempio, e per citare anco­ ra quanto Elias trattava nel contesto della "civiltà delle buone maniere" - "anche i governi più assolutistici sono impotenti di fronte ai dinamismi dello sviluppo sociale e delle calamità, della confusione palese, della mi­ seria e delle difficoltà provocate da misure governative arbitrarie, ' contra­ rie alla natura' e ' irrazionali ' " . Detto i n altri termini, sia l a società che l a conoscenza hanno u n fon­ damento biologico o un limite oggettuale (dico oggettuale, non oggetti­ vo ! ), non foss' altro perché, uso delle parole di Leonardo da cui dovresti trarre conclusioni in ambiti che vanno dall' ecologico al comunicazionale, "cercando ogni uomo particulare il proprio bene, se qualcuno non avessi cura del ben commune, non poteria stare la conversazione umana e tutto el mondo anderia in confusione". Leonardo che poi forse sbaglia o esa­ gera quando sostiene, ad esempio, che "i nomi" non sarebbero ''univer­ sali come le forme" - e da qui quella priorità leonardesca, ingenuamente realistica, della pittura/vista sulla scrittura/udito che Gianni, con piccolo sforzo ermeneutico e annichilendo una simile soluzione di continuità che fa il paio con quella natura/ artificio, può smontare facilmente. I "limiti" dell ' ermeneutica o "dell' interpretazione", cui il postmoderno moderato U. Eco dedicò uno studio di contro ai postmoderni immoderati à la Gian­ ni - non sono tali limiti quelli che dice Eco (qualunque cosa poi dica Eco; noiosissimo leggere Eco, l ' autore italiano vivente più letto nel mondo , 112

con tutti quegli schemi e sotto-sotto-sotto paragrafi ; manco nei romanzoni storici li risparmia . . . Eco che, capziosamente o egoisticamente essendo bibliofilo di fama e fame internazionale, sostiene l ' immortalità del libro, invenzione eterna e benemerita secondo lui al pari della ruota Non spe­ rate di liberarvi dei libri tuonò da reazionario, lui sedicente progressista, nel 2009 in un libro prontamente messo in vendita in versione e-book . . . tuonò Eco, mentre Amazon, il principale centro al mondo di smercio di libri, dichiarava che il suo articolo più venduto per l ' anno 2009 risultava, guarda un po' , il lettore di libri elettronici ! ). I limiti dell' interpretazione sono , qualunque cosa ciò significhi e anche rispetto al rapporto concepito dalla tradizione come quello tra un soggetto e un oggetto, quelli costituiti dall ' Op . 5 3 n. 6, la polacca "Eroica", di Chopin, da una parte nell ' esecu­ zione di Rubinstein, dall' altra in quella di Pollini , dove non si dà Chopin senza esecuzione e non si dà esecuzione senza Chopin. Quando Rubin­ stein, classe 1 88 7 , dice di Pollini , classe 1 942: "questo giovane suona meglio di tutti noi", ci consente d'esprimere tutte le principali opzioni filosofiche, che nel nostro discorso si riducono a due. Per i non-ermeneu­ tici, il "meglio" del giudizio di Rubinstein - amme sso che questo sia un giudizio corretto - è oggettivo e definitivo e quindi quello di Rubinstein non è un giudizio ma realtà esplicitata. Per gli ermeneutici, il "meglio" di Rubinstein risulta meramente di Rubinstein e non si danno giudizi cor­ retti in misura tale da passare dal lo status di giudizio a quello di realtà. Qui finisce, ahimè, il nostro accordo con Gianni . Perché Gianni esagera arrivando a negare, col suo nichilismo senza rimedio, una realtà ester­ na o indipendente dal giudizio. Arrivando a negare, nel nostro esempio, Chopin quale materiale per le manipolazioni (il piano si suona con le mani . . . ) di Rubinstein e Pollini. Ci sarebbero solo queste, per Gianni, e il "meglio" tra Rubinstein e Pollini sarebbe decretato esclusivamente dai rapporti di forza (politici, massmediatici ecc . ) all' interno della società. Invece, ripeto, un ' oggettualità si dà; un toc-toc da parte di ciò rispetto a cui discorsi pensieri ecc. non possono niente, si dà. Eccitandomi con una musica o con una droga posso compiere azioni che mai compirei ma non posso, in nessun caso, per un limite oggettuale, imparare a memoria in un minuto e in russo I fratelli Karamazov. Gianni può obiettarmi che la questione (l' ermeneutica, l ' interpretazione, la filosofia, il nichilismo) sta proprio qui : nello stabilire, se mai è stabilibile, in che cosa consista, se mai qualcosa consista, "imparare a memoria ecc.". Ma con ciò, come suo l dirsi, e mi dispiace ripeterlo, si gioca con la parole e non si fa con esse filosofia, anche se questa risulta un certo tipo di gioco . . . Infatti, esempi .

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di limiti oggettuali possiamo sancirli a partire da ogni linguaggio che in quanto tale abbia una semantica e una sintassi ; semantica e sintassi che implicano di per sé quei limiti, non importa se non rigorosi, che in loro sono le famigerate regole . . . E le altrettanto famigerate leggi scientifiche non andrebbero intese se non come un certo tipo di - non importa se non rigorosi o assoluti ma anzi . . . saranno scientifici proprio per questo ! - li­ miti. Ce l ' insegna anche Fantozzi : "Per arrivare a timbrare il cartellino d' entrata alle 0 8 : 3 0 precise, Fantozzi , 1 6 anni fa, cominciò col mettere la sveglia alle 06: 1 5 . Oggi, a forza di esperimenti e perfezionamenti conti­ nui, è arrivato a metterla alle 0 7 : 5 1 . . . vale a dire al limite delle possibilità umane". Un altro limite dell ' ermeneutica o dell ' interpretazione, potremmo caratterizzarlo come esistenziale. Quanto t'ho appena detto sui limiti dell ' interpretazione, potrebbe venir attaccato, al pari di qualsiasi altro "dire", dagli esistenzialisti - i più rinomati? Il primo Heidegger, Sartre, Camus . . . - i quali assumono , senza dimostrare, l ' esistenza dell 'uomo, della persona, in una situazione storica, affettiva ecc. e dicono o dicevano , quando scrivevano, nella prima metà del Novecento, che è questo da esa­ minare filosoficamente; non altro : non l ' epistemologia, la gnoseologia, l ' antologia . . . Gli esistenzialisti - la cui epochè epistemologica, antologi­ ca ecc. li portava a esprimersi in modi narrativi, con romanzi, o teatrali, o aforistici ecc . - attecchirono e poi spopolarono , dopo morti o da vecchi, in Francia dove - in un gran pot-pourri che ha dato i natali a maftres à penser quali, ed è davvero una Corrida peggio di quella di Corrado e del maestro Pregadio t 1 5/+ 1 1 /20 1 0, quali Bataille, che s ' occupa non a caso anche di tauromachia [sic] , Blanchot, Klossowski da cui poi i Deleuze, i Derrida . . . - si mischiarono anche negli anni Sessanta, almeno alcuni e almeno in una certa misura, con quelli che avrebbero dovuto essere il loro opposto: gli strutturalisti, i quali (non si capisce ancora chi ne facesse parte, visto che c'è chi è considerato farne parte mentr ' egli dichiara di non averne fatto parte e viceversa . . . ), i quali, a partire dal linguaggio, ritenevano di poter ridurre ad astratti schemi più o meno aprioristici ma sempre noiosissimi e petulanti e supponenti , oltre che rigorosamente in­ significanti e sterili, tutto: un film, una poesia, una cultura, una pemac­ chia. Insomma: evita questa masnada - e scusami per il magma! - che ho dovuto evocarti solo in riferimento al termine "esistenziale" . E prendi, quale esempio di limite esistenziale dell' interpretazione, e quindi stop ad ogni emorragia nichilistica dell ' ermeneutica, una pop band: gli Sparkle­ horse - giusto perché il leader di questa one-man band, Mark Linkous, 114

s ' è sui ci dato (oggi il suicidio ha mero significato statistico, anche se le popstar purtroppo non lo sanno . . . ) il 6 marzo 20 l O. Ebbene, io, esistenza, per quanto abbia tifato e simpatizzato per gli Sparklehorse, il ritmo arioso e scandito, la voce impube e sofferta di Mark non sono bastati - e da qui, forse ! , il suicidio di Mark -, non sono riusciti a consegnarmi una canzone piena, pur in ambito non artistico ma d'espressione popolare; una can­ zone che mi riempisse esistenzialmente. Una canzone come Smells Like Teen Spirit - la miglior canzone, per questo motivo, mai trasmessa dalla radio (Rapeman, Fugazi, Shellac, Drive Like Jehu non essendo trasmessi dalla radio . . . E Cobain, pur capace di questa pienezza, si sarà invece sui­ cidato anche perché sentiva di non essere un artista e non aver raggiunto quella pienezza o soddisfazione di Michelangelo, Picasso ). Avesse ragio­ ne Gianni e l ' interpretazione non avesse limiti - nemmeno esistenziali ­ simpatia ecc. avrebbero dovuto bastarmi per ottenere dagli Sparklehorse quello che invece riesco ad ottenere solo da i Nirvana. Ancora. Se conta soltanto l' interpretazione e/o la (im)posizione del simbolico, dei simboli - potremmo concludere che è l ' abito a fare il mo­ naco . Ed effettivamente l ' abito ha un suo peso sempre. Nella vita non­ professionale quant' è determinante l ' abito e il modo di portarlo ! Anche solo per, in un negozio, esser accolti con educazione o meno. Neli ' eser­ cizio della professione però non può l ' abito sostituire in ogni caso la pro­ fessionalità, quella che a mio avviso andrebbe chiamata tecnica. Ad es. se t ' investono (appunto : ti vestono, danno addosso una veste . . . ) del ruolo di politico, giornalista o psicologo, mettiamo, potresti relativamente barca­ menartela (ci sono e ci sono stati politici senza, a parte le negative, alcuna qualifica se non l ' investitura - eppure, sebbene pessimi e pestilenziali, rispetto alle condizioni di partenza e a forza d' abiti, istituzioni , rituali, una qualche autorevolezza in più, loro malgrado, l'hanno, purtroppo pei cittadini pei quali sarebbe forse meglio ci fosse il male assoluto ! , dimo­ strata . . . ) E però, abito o non abito, non puoi in nessun modo improvvi­ sarti pilota d' aereo o neurochirurgo o flautista ! Il limite che la scienza pone ali' ermeneutica, ed a se stessa come er­ meneutica, non le impedisce, riprendiamo il nostro discorso dopo varie parentesi (parentesi che sono da parte mia segno d' onestà quanto lo spi­ cinio di nomi nomignoli ecc . , perché come questi fanno la storia sociale e le cose sociali sono fatte di storia e di nomi, allo stesso modo, ecologica­ mente, e logicamente pure, non si danno sequenze discrete o digitali ma interdipendenze, interrelazioni ecc.), non le impedisce di procedere come questa; d ' aver molto in comune con questa: tanto da potersi considerare, .

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la scienza, un ' ermeneutic a responsabile o matura o costruttiva. O anche la pars construens d 'un ' operazione culturale in cui l ' ermeneutic a filoso­ fica svolge il ruolo di pars destruens. Addirittura Severino scrive, da qualche parte, che Heidegger - e con lui la filosofia continentale - "non tiene presente l ' opposizione di fon­ do tra l ' epistéme [traduci pure con: conoscenza assoluta] metafisica e la scienza moderna: l ' opposizione tra l ' incontrovertibilità, che l ' episteme intende esibire, e l ' ipoteticità della conoscenza scientifica che sta alla base dell ' agire tecnologico". Questa "ipoteticità" non è altro che ermeneutica! Tanto che è troppo facile mettere in relazione la conoscenza ritenuta tale da uno scienziato, con quella prodotta ad esempio da un archeologo, con le sue - direbbe Popper - "congetture e confutazioni", il suo passare una vita per rinvenire un presunto brandello , lembo, microframmento di tuni­ ca che andrà, forse ! , ad aggiungersi a quello rinvenuto in un ' altra vita di ricerche da un altro archeologo ; e dopo vite e vite di archeologi e archeo­ logi e congetture e congetture e confutazioni e confutazioni, lo storico che sintetizza questi pezzi e bocconcini-ini-ini, può concludere, ad esempio, con R. Delort - La vita quotidiana nel Medioevo, trad. M. Garin - che gli abiti occidentali prima del Tre-Quattrocento son fatti da "materiali spessi, poco morbidi, che cadono fino ai piedi"; e concludere, pure, che vestono "allo stesso modo uomini e donne, sacerdoti o re, tutti confusi nella me­ desima uniforme di una famiglia universale". Ma che differenza c ' è tra la produzione di conoscenza, consapevo­ lezza o come la vuoi chiamare di simili archeologi e scienziati e quella del filologo o dell ' ermeneuta à la Gianni? No: Gadamer sbagliava una cifra - e per motivi differenti da quelli espressi dal Feyerabend di Contro il metodo - ad attribuire ai primi il Metodo e ai secondi la Verità, poi da Gianni ricondotta alla lettera minuscola e con ciò fatta sparire. Gian­ ni che Verità di stampo metafisica attribuisce, sbagliando a sua volta, se questa risulta ermeneutica (e per di più - fino a che, come avverte Kuhn, non si normalizza o conforma troppo - buona, vitale ermeneutic a), alla scienza la quale, a differenza del cristianesimo, funziona meglio d'ogni altra attività o concezione in, almeno, tutta una serie di campi, attività, concezioni. Non c ' è invece un campo, un' attività, una concezione che, tautologicamente, non sia suo proprio specifico e in cui il cristianesimo (o una qualsiasi altra religione, attività, concezione ecc.) funzioni meglio di qualsiasi altra religione, attività, concezione. Ad esempio : "volare". L a volontà di volare o d' andar sulla Luna o di raggiungere i 3 0 0 km/h, che non è di per sé scienza, chi la realizza meglio se non la scienza tramite, 116

specie quando li scopre o inventa, ermeneuticissimi (e di questo Gianni non s ' accorge o non vuole ! , magari per motivi accademici o d'ossequi a una tradizione . . . ) calcoli e macchine e razzi . Forse, ma dico forse perché erano una banda allo sbando; forse ad accorgersi dell ' importanza decisiva dell ' aspetto ermeneutico della scienza, ed a viverci dentro per quello che poterono - sono stati, furono i vecchi Futuristi e basta.

L'ecologia o dell'ignoranza p atentata

Quando mangi fuori e c 'hai quella noia ai denti perché non puoi lavar­ teli con lo spazzolino - è, anacoluto manzoniano , diversi anni che trovi, al bar e dappertutto, quei chewing-gum integratori di fluoro i quali oltre a toglierti il fastidio aiutano , dicono, a contrastare l ' insorgenza della carie. Altro che i chewing-gum zuccherosissimi e con coloranti degl ' anni Ses­ santa-Settanta-Ottanta ! Tuttavia, da tempo si sa che l' aspartame (inventa­ to in laboratorio da un chimico nel ' 6 5 e per Gianni ogni cosa è grosso modo inventata in laboratorio; prodotto e venduto in tutto il mondo dal la statunitense NutraSweet Company - e per Gianni ogni cosa grosso modo è prodotta a venduta . . . e non c ' è modo che non sia grosso . . . ) può risulta­ re, l ' aspartame, cancerogeno (certezza non c ' è per lo stesso consumistico motivo per cui non c ' è quella sulla nocività dei telefonini e per un periodo troppo lungo non c ' è stata quella sulla nicotina fumata). Ora - lo sai se hai letto qualche volta il pacchetto dei chewing-gum e non l ' hai buttato consumisticamente 1 via in fretta e furia come hai sempre visto fare da chi, al pari di te, conosce per così dire tutto tranne il mondo immediatamente concreto e concretamente immediato che lo circonda - i chewing-gum integratori di fluoro venduti nei bar sono sistematicamente dolcificati con l ' aspartame. E trovi sempre le stesse marche. E non una senza aspartame. E non una quindi che non faccia la ricchezza diretta o indiretta della com­ pany statunitense. Eppure ci sarebbero, sai, chewing-gum col fruttosio il quale siamo sicuri non fa male! Ma non li trovi ! In certe farmacie, forse - non al bar, ai supermercati , non, direbbe Heidegger, a portata di mano ! -

1 Questa parola - pallosissima dopo l ' abuso che ne hanno fatto i moralisti negli ultimi cinquant' anni - assume oggi un nuovo, radicale e preciso significato . Che mette in secondo piano il moralismo e il marxismo e riporta al significato originario del ter­ mine : consumare, sfinire; e con ciò all ' ambito fisico-ecologico. Stesso dicasi per l ' altro must: "alienazione" . Oggi è (o domani sarà) "alienato" chi non ha consapevolezza e comportamento ecologico . . .

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Perché? Perché si vuole ancora la ricchezza degli USA? Perché si vuole ancora la ricchezza di chi è stato ricco fino ad oggi - così da non disabi­ tuarsi? Perché si vuole ancora che c ' ammazzi chi c ' ha ammazzato sino ad oggi? - non potendo consumisticamente esser ricchi senza ammazzare il prossimo. A proposito di ricchezza: ecco la domanda dal classico ma ormai piuttosto modesto milione di dollari : la gente prende chewing-gum all ' aspartame perché li vuole o perché non ne trova altri? Stesso dicasi della ricchezza americana: s ' impone o c ' è un tacito consenso su di essa? E di Heidegger, Hegel: letti perché importanti o importanti perché letti e letti perché sugli scaffali delle librerie lo spazio l ' occupano loro? . . . Andare in farmacia ogni volta per un chewing-gum o scansare Hegel ogni volta dallo scaffale e frugarci in fondo allo scaffale - richiede fatica lo so e non garantisce di per sé niente di chissà cosa. Epperò, se non lo si fa, è come, l ' immediatamente concreto e il concretamente immediato, non considerarli. Non sviluppa minimamente una riflessione (né una vita) filosofica in merito, Severino, ma da qualche parte - incidentale - del suo corpus scrive: "La decisione più semplice - ad esempio la decisione di prendere in mano un oggetto - presuppone, in chi decide, la convinzione che l ' oggetto della decisione sia isolato dal resto del mondo , cioè che non sia unito al mondo da un legame indissolubile . . . In questa considerazione, che intende come isolato il campo su cui si opera, consiste il fondamento della ' specializzazione ' , cioè dell ' accumulazione di conoscenze pratico­ teoriche intorno al campo specifico che è stato isolato . L' agire umano è specialistico in quanto esso è agire : per essere specialistico non ha biso­ gno di attendere la specializzazione scientifica". Ebbene, tu se butti via il pacchetto di chewing-gum, se non hai mai considerato seriamente il pac­ chetto di chewing-gum e l 'hai gettato via a imitazione di milioni d' altre scimmie - puoi anche fare il fisico nucleare ma lo fai serrato nei carceri più reconditi delle convenzioni sociali e non concepisci il mondo nella sua interezza che pure, volenti o nolenti, c ' è . Ci sono l ' arricchimento del­ la Company americana, l ' aspartame che agisce su di te ecc . E comunque, anche se non ci sono queste cose perché magari tu filosoficamente non accetti simili categorie, c ' è, comunque, un qualcosa che tu nella misura in cui - se pensi - pensi ad altro, trascuri; nella misura in cui ignori la dimen­ sione ecologica dell ' essere; il fatto, anche logico e matematico, che non si dà un questo senza un quello , una parte senza (il concorso di) un tutto ; o, ancora, un anello senza catena (ancorché spezzata ecc.). Si dice che per vivere bisogna ogni volta ignorare o dimenticare un tot, un notevole tot - sennò non si vive tenendo tutto tutto sempre presente. 118

Ciò ci paralizzerebbe. Paralizzerebbe la vita. Il vivo, avendo a disposi­ zione un tot troppo grande, non potrebbe scegliere e quindi agire e quindi vivere . Ma questo vale solo dal punto di vista del vivo - ad esempio di chi, in mancanza d' altro, si ritrova, con la noia dei denti dopo pranzo, a comprare un pacchetto pur che sia di chewing-gum. Per la vita-catena, invece, a prescindere dalla tua particolarità d'anello, se compri un pac­ chetto di chewing-gum all' aspartame metti in corpo aspartame e arricchi­ sci - ridescrizione di simili fenomeni a parte - la company statunitense. Solo che a furia di pensare al vivo - all ' aspartame e alla company, magari da un punto di vista chimico, economico ecc. - perché così passi a scuola e ottieni la promozione in ufficio, a furia di pensare al vivo non pensi alla vita, all ' aspartame e alla company nel pacchetto di chewing-gum di oggi dopo pranzo e a ciò che inneschi, globalmente e non particolarmente, an­ che con un solo pacchetto di chewing-gum, anche solo oggi, anche solo in un dopo pranzo. Non rispondi alle due domande filosofiche : Che differenza c ' è (se c ' è) tra sapere che piove guardando fuor di finestra oppure in un sito web ? Che differenza c ' è (se c ' è) tra tu adesso qui, e poi o là non più tu? (frase, ed esperimento - esperimenta ! Così si fa arte! Così si poeta ! - che riassume ogni problematica: dall' epistemologica all ' esisten­ ziale).

Dell 'ignoranza paten tata dei politici e/o imprenditori (showman compresi) "Accade che sempre dove manca la ragione suppliscono le grida, la qual cosa non accade nelle cose certe", dichiarava Leonardo . Ma siccome si dà ermeneutica, non si danno per Gianni "cose certe". Altrimenti l ' in­ terpretare e l ' interpretante verrebbero bloccati e il gioco, intendi pure la storia umana che da interpretazioni sarebbe fatta, finirebbe. Per Gianni, che negl ' anni Ottanta, seguito il famoso libro di Lowith del l 949 Signifi­ cato e fine della storia. I presupposti teologici della filosofia della storia, anticipò il poi famoso libro del l 992 di Francis Fukuyama La fine della storia e l 'ultimo uomo, per Gianni è finita (nel senso forse anche che non è mai iniziata per quanto si sia creduto il contrario . . . ) per Gianni è fini­ ta la storia come ricerca della "ragione" - ragione, vale a dire "verità", "certezza", "esperienza", tutti sinonimi secondo Leonardo il cui organo per esperire è la ragione e per ragionare l ' esperienza (un secolo dopo lo seguirà, in questo, Galilei e tre secoli dopo ca. Kant). Sta invece la storia 119

umana al punto in cui sta e starà sempre non in quanto ricerca della ragio­ ne ma in quanto ermeneutica - e pure la ricerca della ragione sarà, se è, una delle tante possibili interpretazioni per vivere la storia. Eccolo allora il motivo per cui lo storicismo di Gianni , a differenza di quello di Vico, è depurato da ogni filosofia della storia: Vico ci parla dei "primi uomini, stupidi, insensati ed orribili bestioni", quando per Gianni simili giudizi non hanno alcun fondamento storico, antropologico o filosofico - non essendoci alcun fondamento in genere ! Georges Duby scrivendo libri non più ''veri" de La navigazione di San Brandano ! Mentre per Leonardo la ragione si basa sull'esperienza e questa su quella, per Gianni la ragione, se c'è, si basa sulle "grida" - sulla retorica nel senso anche del potere mi­ cidiale che ad essa attribuiva Gorgia nel suo Encomio di Elena - e queste su altre grida. Grida pure nel senso manzoniano . A grida o circolari affisse o a quello che Michelstaedter chiamava "rettori ca", si ridurrebbero non solo le leggi ma le stesse giustizia e morale. Io ti propongo di correggere Gianni aggiungendo una pars construens alla sua troppo sterilmente - troppo perché inaridisce lo stesso processo ermeneutico ! - destruens e basta. E dico che la ragione si basa sulle grida e la retorica - la forza della comunicazione, la comunicazione della forza ecc. - solo perché queste si basano su quella, si attengono a dei principi norme limiti, interni/esterni non importa. Altrimenti grida e basta - "ri­ voluzioni" e basta, direbbe Kuhn - non ci stanno in piedi, non lo rendono possibile l ' esistere. In quanti l 'hanno ripetuto che pure i malavitosi, se non i malavitosi per primi ! , debbono darsi regolamenti, etiche, norme comportamentali? Ed è a partire da questo limite condizionante che noi, io e te, possia­ mo fabbricarci scalette di valori e muovere delle critiche. Gianni - pars destruens e basta - non ha nessun punto di partenza e se ne vanta pure ! , ritenendo che ogni punto di partenza sia metafisica, sia ideologia. Il no­ stro però non lo è - metafisica - perché non è al di qua (mèta) bensì risulta immanente, immanente al massimo, estremo grado . Poi, per quanto ri­ guarda l 'ideologia, lo è ideologico quanto lo è la scienza fisica: ideologica non nelle cause no ma negli effetti o usi che da essa possono scaturire (es. bomba atomica, consumismo ecc . ) . "Bisogna ideologizzare, bisogna deontologizzare" . . . A proposito degli "effetti ed usi", ti presento ora una critica a politici imprenditori e showman che tiene fermo il limite condizionante ecologi­ co . L' alternativa: persistere, con Gianni, a ripetere quanto, in sociologia, antropologia ecc . , già stabilito a grandi linee dai classici - che, come tutti 120

i classici, tutti, me compreso , citano comprano ricomprano e nessuno legge discute rilegge - E . Goffman, La vita quotidiana come rappresen­ tazione ( 1 959), T. Luckmann, La realtà come costruzione sociale ( 1 966), C. Geertz, Interpretazione di culture ( 1 987) ecc . (Ah i classici ! I classi­ ci sono pericolosissimi : sono atemporali, infatti vengono ristampati in continuazione e non si sa più, essendoci sempre, quando siano apparsi. C lassico è il ristampato in continuazione e per ciò risulta atemporale e per ciò sembra esserci stato da sempre, non aver mai dovuto apparire, costituisce un sempre . . . ) . Fatto questo, non ti resterebbe poi, per filoso­ fare a mo ' di Gianni, che specializzarti nei 226 "manuali Laterza", con trattazioni che vanno dall' archeologia alla pedagogia al diritto, e fra cui potrai compitare di Priulla Graziella I caratteri elementari della comuni­ cazione e di Bianchi Claudia Pragmatica cognitiva. I meccanismi della comunicazione. Ma tutta questa è ignoranza. Ignoranza ecologica. Sola pars destruens. Politici imprenditori e showman non hanno nemmeno questa, certo nemmeno pars destruens; perché establishment. Tuttavia all' ecologia con Gianni non potranno mai arrivarci . Gianni non offre loro un' alternativa construens, un po ' come quei critici dell' economia che non propongono modelli alternativi d' economia ma criticano i presenti, capitalistici e con­ sumistici e da criticare d' accordo, ma . . . E fra ordine costituito e disordine fine a se stesso preferiranno, politici imprenditori ecc. , il primo. "Da naturale inclinatione guidato mi diedi nei miei primi anni allo stu­ dio dell 'Architettura" : così Palladio iniziava nel 1 570 i suoi Quattro libri dell 'architettura . Palladio non era filosofo o non faceva filosofia in senso ermeneutico, in senso giannettiano, scii. nicciano (va da sé che non essen­ do ermeneuta non era filosofo nemmeno il Filosofo , Aristotele, il quale, seguito poi dalla civiltà di Niccolò Tartaglia, sosteneva che "tutti gli huo­ mini naturalmente desiderano di sapere" ; di questo passo, non essendo ermeneutica, non è filosofia, non è socratica, nemmeno la filosofia prima, la Methaphisica, che su simili assunzioni si basa e che, a prescindere dal tipo di assunzione, pretende comunque delle basi). Altrimenti avrebbe subito sospettato di categorie tipo quella di "naturale inclinatione". Sia a livello semantico che sintattico, "naturale inclinatione" risulta prodot­ to storico e l ' ermeneutica giannettiana, che deriva dalle "genealogie" di Nietzsche (evoluzione, da una parte, del dialogo socratico con cui più o meno nasce la filosofia e, dall' altra, della vichiana "scienza nuova"), servirebbe a ricordarcelo. Politici, imprenditori, showman si rapportano dinanzi a ogni aspetto 121

di quella che considerano la Realtà - e che invece andrebbe rivisitata te­ nendo presente tutta una tradizione critica che giunge fino al nuovo studio di Searle, in certa misura a Gianni riportabile, dal titolo Creare il mondo sociale si rapportano come Palladio dinanzi alla categoria di "naturale inclinatione". Fanno leggi, fanno palazzi, fanno trasmissioni - politici, imprenditori, showman - ma invero sono fatti, lo sosteneva sul lato esi­ stenziale anche Michelstaedter, da leggi, palazzi, trasmissioni : categorie loro preesistenti. Gianni, al più, insegna e incunea un simile sospetto in politici, imprenditori, showman. Poi però li lascia così, da soli. Con leggi palazzi, trasmissioni, da una parte e politici imprenditori showman che non sanno più se fanno - non facessero non inquinerebbero ! - o sono fatti - architettassero originalmente non seguirebbero prassi inveterate ! Noi con l ' ecologia partiamo ancora dallo status ermeneutico, ovvero uno status che è tutto da decidere, di politici, imprenditori, showman così come di leggi, palazzi , trasmissioni; però non annichiliamo né gli uni né gli altri, sostenendo di poter fornire di essi soltanto descrizioni o co­ struzioni differenti. Essi restano, restano qualcosa, non importa se senza soluzione di continuità e se senz ' identità particolari. E su questo qualco­ sa, inevitabile - politici, imprenditori, showman s ' accorgessero almeno dell ' inevitabilità di questo qualcosa ! Andare a scuola servisse almeno a questo ! - possiamo derivare i valori le scelte le strategie che danno la possibilità a politici, imprenditori, showman d'esprimersi oppure ad altre ermeneutiche, in quanto tali non routinarie, di sostituirli . Con, invece, Gianni da una parte e dall ' altra l ' ignoranza ecologica (ed epistemologica! Se è epistemologia ecologica, ricordare che "non esiste una cosa come una credenza isolata") di politici, imprenditori, showman, si rischia di non aver politici, imprenditori , showman ma di non aver nemmeno altro: o per artificio (Gianni) o per natura (inquinamento, cor­ ruzione, teledipendenza), dove si rivendica a quest'ultima - qualunque cosa s ' intenda con essa - una priorità e indispensabilità che Gianni non riconosce in quanto tutto, troppo preso, più medievale dei medievali e un secolo in ritardo rispetto a Nietzsche (due millenni rispetto agli scettici greci), a ridurre il quadrivium di aritmetica-geometria-astronomia-musica al trivium di grammatica-retorica-dialettica. -

Dell 'ignoranza paten tata dei professori Se abbiamo davanti la prefazione di Sergio Levi al volume, da lui tradotto, di Donald Davidson, Soggettivo, intersoggettivo, oggettivo, pri122

ma ancora d' iniziare a leggere possiamo compiere la seguente considera­ zione ; ermeneutica puoi chiamarla. "Sergio Levi" non resterà. Un nome che non resterà, che non farà storia, come si dice. Eppure ha tradotto un importante testo d'un importante filosofo per un importante editore. Se ti proponevi tu, 99/ 1 00 t' avrebbero preso, e senza rispetto, a calci in culo ! Ma "Sergio Levi" non resterà - o la sua è una probabilità bassissi­ ma. (Figurati io ! Che qual merito da esibire per restare ho quello di dire d' altri che non resteranno e al massimo il perché ! Figurati, però, anche tu . . . ). "Sergio Levi" non resterà - o la sua probabilità è bassissima perché sennò il mondo di chi resta, il mondo della storia, scoppierebbe, non ci s ' entrerebbe più. È quindi anche questa una questione ecologica . . . Da­ vidson stesso , checché ne dica Rorty, tra un secolo è dura venga letto - in Italia è dura anche oggi . . . E Gianni già oggi non è letto in Madagascar, immagino . In Madagascar invece ci sarà di sicuro almeno un qualche vo­ lume di Proust. Perché sennò - coi volumi di Gianni ecc. - il Madagascar scoppierebbe. Eppure, l'ho già detto altrove ma tanto nessuno m' avrà ascoltato, a giudicare dal mondo che continua a circondarmi, eppure Ser­ gio Levi, per non parlare di Davidson e anche di Gianni, studiare hanno studiato, bravi sono bravi, seri filosofi, come si dice, sono seri filosofi e oggi e qui in Occidente anche abbastanza ben (ri)conosciuti ! Ma presto o anche solo là - nulla (o quasi; nulla assoluto non dandosi nemmeno in storia o in quella famiglia di tracce che, insieme all ' ecologica, Maurizio s ' è dimenticato d' inserire adeguatamente nel suo recente libro-summa Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce). Che caterva di nomi ! di professori che pubblicano , con Laterza, Cortina, Carocci . . . - esamina­ no laureandi, dottorandi . . . - sono chiamati Chiar.mi e che presto o anche solo un po' più in là discosto nada ! Nisba ! Questo, dicevo, perché sennò non ci s ' entra - e la storia, la memoria, la biosfera ha un budget, un limite, com'ogni banca dati; e anche l ' attribuzione di valore : se tutti fossero me­ morabili, se non ci fossero estinzioni . . . Darwin ha insegnato quindi oltre e insieme alla storia anche l ' oblio . . . la storia stessa incorpora oblio e da questo è resa possibile . . . Sergio Levi non lo rimembreranno. Me - non mi. Te - non ti. Tutti quei proff. che ti cito perché oggi la filosofia della comunicazione, la semiotica ecc . la fanno loro - non li rimembreranno perlopiù; già nem­ meno la generazione a loro successiva o il Paese, Stato accanto al loro . . . Quindi tutta 'sta caterva se per essere bastasse apparire, risultare, lasciar traccia (su un documento) - se per essere bastasse l ' ermeneutica come l ' intendono Gianni e co . , senza cioè materia, allora tutta 'sta caterva non 123

esisterebbe, domani o là, proprio per niente. Non risulterebbe - per quan­ to la "mente" sia una "società" (anche nel senso dell ' omonimo volume dello scienziato cognitivo M. Minsky) in "evoluzione" (cfr. a tal proposi­ to lo studio di M. Donald uscito da Garzanti) cioè con una storia fatta da tanti tanti anonimi . . . E invece esiste e risulta tutta 'sta caterva. Impronta ecologica ! Impron­ ta ecologica! ' Sta caterva se lascerà, come sta facendo con ogni sforzo, e ciecamente ! , un' impronta ecologica eccessiva - tutta 'sta caterva impedi­ rà, togliendogli la terra e l ' aria, ad altre caterve di combattere per lasciar tracce documentali o, detto altrimenti, divenir famosi a scapito d' altri, imporre ermeneutiche a scapito d' altre e così via, com' è già accaduto per l ' attuale caterva che noi siamo . Notoriamente, il celebre etologo , biologo e divulgatore scientifico bri­ tannico Richard Dawkins in The Seljish Gene, 1 976 (l' anno di A narchy In The UK, promossa dal manager e stylist dei Sex Pistols Malcolm McLa­ ren t 8/4/20 1 0), suggeriva la categoria di "meme" quale corrispondente, in riferimento ai fenomeni culturali e alla loro tradizione/promozione, di quella di "gene". Ebbene, mentre per Gianni i geni si ridurrebbero a memi - per me e te, se ti convinco , anche se sono i memi a chiamare "geni" i geni e i geni si risolvono nei memi per quanto riguarda la loro identità, tuttavia un piano corrispondente più o meno alla x kantiana deve darsi, per me e te se ti convinco o persuado, perché sennò, fra l ' altro, non si spiegherebbe il perché chi non lascerà traccia nella storia come me te o Sergio Levi, la lasci, in una misura proporzionata, nell'habitat. A la­ sciar tracce in questo, positivamente o negativamente, è inevitabile che si contribuisca tutti. I proff. occupandosi dell 'habitat, quando se n'occupa­ no, soltanto stori(ogra:fi)camente o umanamente (antropocentricamente), celebrano i Chiar.mi della storia, ambendo presuntuosi a inserirsi fra di essi o, più spesso, impedendo a chicchessia ogni ambizione in proposito, perché il Gotha resta il Gotha inviolabile ! ; e nella vita, nell ' alzarsi andar a letto mangiare ecc . , ignorano i proff. totalmente o quasi quanto, ancorché didatticamente (in una didattica che quindi è perciò stesso pessima), pos­ sano aver appreso sull'habitat. Per questo i proff. non celebrano la traccia suo malgrado positiva dell' altrimenti ignoto uomo qualunque che, igno­ rante d' ecologia, attento solo al risparmio, non cambia tutte le stagioni il giaccone o la macchina e mangia la carne una volta in meno la settimana (o meglio: la giornata), nell ' anno, il 20 l O, pur proclamato dal Parlamento Europeo : Anno della lotta alla povertà e all 'esclusione sociale. Ma i proff. fanno anche peggio. Una volta, imbattutomi in un prof. di 124

pedagogia che con goffaggine riprendeva la stranota dottrina delle "in­ telligenze multiple" di Howard Gardner (devi sapere che da oltre cin­ quant' anni se i migliori filosofi sono americani, lo sono anche i migliori pedagogisti : Dewey, Bruner, Gardner; e devi sapere che quello che abbiam detto su Gianni ecc. andrebbe tradotto in più espliciti termini pedagogici; Rorty aveva iniziato, rifacendosi a Dewey e di fatto riducendo , tramite Wittgenstein, la filosofia ad educazione; educazione che è anzitutto una pratica; e Nietzsche, padre di tutti i nostri discorsi, con Schopenhauer come educatore si presentava primariamente quale educatore . . . ) - e gli dissi a quel prof. : perché non aggiunge alle sue "intelligenze" pedagogi­ che, andando oltre Gardner, anche !"'intelligenza ecologica"? Mi rispose con un sorrisetto di compatimento. Poco dopo Rizzoli traduceva di Daniel Goleman - psicologo, collega ad Harvard di Gardner, autore di Intelligen­ za emotiva, bestseller sfruttato da tutti i peda g ogisti del mondo - Intelli­ genza ecologica . Avesse ascoltato un povero disgraziato non-prof. come me, quel sig. prof. nostrano sarebbe stato più vicino, non dico ad avere una cattedra ad Harvard, ma almeno ad esser al passo coi tempi e non, nemmeno ce l ' obbligasse il suo "ruolo sociale", sistematicamente e con­ formisticamente dietro dietro il loro groppone . . . Pierre Hadot t 24/4/ 1 O , un philosophe, historien etphilologuefrançais, spécialiste de l 'antiquité, dovrebbe vedersi tradotta la propria concezione di filosofia antica come "stile di vita" e di saggezza come "saper vive­ re", in termini ecologici ! Ma i proff. leggono Hadot, prof. anch' egli, solo perché prof. , solo tanto per leggerlo. E lo disattendono apposta - anche quando leggono Ricordati di vivere non vivono ma leggono e basta. Fin­ ché sta in loro, sennò non sarebbero proff. - e li pagano per questo ! Per non applicare dopo essersi applicati . . . - quel che leggono leggono, quel che dicono dicono, tanto poi si comportano indipendentemente, si com­ portano da borghesi. (Siccome religiosa, non fa qui testo l ' "ecosofia" del "filosofo, teologo, sacerdote cattolico e scrittore spagnolo, di cultura in­ diana e catalana, autore di più di sessanta libri e di diverse centinaia d' ar­ ticoli su religioni comparate e dialogo interreligioso" Raimon Panikkar t 26/8/ 1 0). E chi li fa i borghesi, la loro società, chiamata tanto tempo fa - forse all ' epoca d'un ' altra società - da Riesman quella della "folla solitaria", da Packard quella dei "persuasori occulti" e da Debord quella dello "spet­ tacolo"? I proff. , alcuni; quei pochi - Riesman, Packard, Debord - che riescono nel celebre, nell' w·bi et orbi, nella star, nel diffondere i propri memi. Gli altri, poi, pur celebrando questi super, di seguirli non se ne ren125

dono conto - si rendono conto al massimo di seguire le mode promulgate dai giornalisti che per quello che possono diffondono, senz ' accorgersene, i diktat dei proff. (pure scienziati e tecnologi), quei pochi celebri, loro o le loro opere, quei pochi urbi et orbi . . . Da buoni borghesi, come i giornalisti credono di esperire arte andan­ do al cinema o a un concerto pop, così i proff. si ritengono moralmente integri quando hanno svolto istituzionalmente e limitatamente all ' istitu­ zione di pertinenza, la loro di ricerca a partire da ricerche avviate da altri, sempre proff. , o di quando in quando partendo da intuizioni di non-proff. accettate in qualità d' eccezioni - e perché remote nello spazio e/o nel tempo - e usate per scoraggiare con la loro presunta irripetibilità qualun­ que non-prof. tenti una medesima presunta eccezionale via intuitiva. Ma restiamo all ' argomento. I proff. e i libri; i libri e il potere; il potere e la tra­ dizione. Per mediocrità, ignavia, codardia, più che per cattiveria o volon­ tà, si conserva - sia da parte dei sudditi che di chi comanda - il potere (s ' è ricordato Machiavelli d' inserire nel Principe il termine, coniato del resto nel l 9 1 8 , che riassume tutti quelli che ho appena usato: conformismo?). Così come la borghesia è refrattaria all ' ecologia perché non ammette il cambiamento delle sue abitudini più minime, quotidiane (rubinetti, inter­ ruttori, coperchi ecc .) - allo stesso modo, sparissero i libri di carta (im­ mane problema ecologico proprio pel motivo dell' abitudini minime . . . ), e se gli e-book venissero pubblicati a certi prezzi (bassi) e con certi criteri ( ' liberali'), crollerebbe un pezzo non trascurabile del potere che da secoli controlla il mondo (non solo umano ! S iccome ogni cosa nel mondo è ecologicamente interconnessa . . . ) . Via le librerie ! Via le stamperie ! Via i mobilifici ! - quelli che fanno scaffali per libri. Via i corrieri ! - che por­ tano libri. Via imballaggi ! Plastiche ! Cellophan ! Via agenzie ! - che di­ stribuiscono libri. Stesso processo, ovvio, per CD e DVD e . . . le edicole ! I quotidiani ! I quotidiani, usa-e-getta in tutt' i sensi - e per quest'usa-e­ getta s ' abbattono foreste e ghiacciai si liquefanno, che è perdita perpetua! Tipica prassi o irresponsabilità borghese. Il borghese, che ha inventato il tempo libero perché ha inventato il tempo del lavoro intensivo, il bor­ ghese s ' arrabatta per guadagnar tempo ma una volta guadagnato utilizza 'sto guadagno - come fa il capitalista di Marx col plusvalore - per altro guadagno e non per spenderlo spanderlo il tempo. Così, in mancanza oggi d' altro, il borghese non vuole la fine dell ' edicole e delle code per compra­ re il quotidiano . Il borghese non ha ancora qualcosa di sostitutivo da fare - visto che pel singolo è dura, dura se non impossibile inventarsi qualco­ sa d ' autonomo - al posto delle code, al posto del quotidiano. Senza più 126

edicole e con sole gazzette elettroniche pel borghese attuale ci sarebbero problemi di tempo soverchio . . . In attesa che chi fra i borghesi decida (se c ' è qualcuno che decide, se la decisione non è un ' emulsione ch' emerge dalla massa montata . . . ) imponga una prassi sostitutiva . . . A far fronte a tutto questo dovrebbe rispondere la prassi filosofic a ! . . . La nostra mente, fatta d' abitudini, ha paura d' abituarsi a qualsiasi vuoto d' abitudinacce consolidate - con le quali poi s ' identifica e ricono­ sce (con lo spreco, col possesso) la borghesia stessa. Inoltre nel trapasso i potenti temono scosse e più d'uno teme di caderci disotto dallo scanno . Allora s' alleano con le menti più e più abitudinarie della società. S ' al­ leano i potenti, proff. compresi, con l ' ignoranza. - Il libro è bello ! Se per questa (appena appena discutibile . . . ) bellezza viene giù la foresta amazzonica, chi se ne frega? . . . E via di 'sto passo. Eppure, potere ed abitudine non possono tutto . Sennò cambiamenti non ci sarebbero mai stati. E la tecnologia imponendo oggetti, ricerche ecc . impone a potere e abitudine l ' assurdità dell 'idealismo, cioè che l ' idealismo (si chiamava così nel Sette-Ottocento . . . ) è assurdo , non sta in piedi . . . Idealismo a cui può riportarsi l ' antropocentrismo dell 'ignoranza ecologica e idealismo come può considerarsi di Gianni il nichilismo maggiormente cocciuto . . . "Idealismo" che significa, per dirla con uno che se n ' intendeva, il no­ stro Gentile, che "la realtà non è pensabile se non in relazione all' attività pensante per cui è pensabile"; e intendi pure il primo "pensabile" con "esistente" . . .

Dell 'ignoranza paten tata dei borghesi, dei giornalisti e mia A Mosca, nel Quattrocento, di chi erano appannaggio l ' alfabetizza­ zione e la cultura? E tutti gl ' altri - la stragrande maggioranza - che face­ vano? Reiteravano riti. Sorridevano e piangevano per quello con quello e di quello per cui con cui e di cui da millenni sorridevano e piangevano . E continuavano così, tra il fermi per il freddo e il (al massimo) moto a groppa calda (le viscere sotto) d'un cavallo. Un giornalista del Duemila è impotente - in alfabetizzazione e cultura - quanto un moscovita del Quattrocento. Reitera il giornalista - categoria di cui non farà parte un Michael Albert, promotore, "oltre il capitalismo", d'una "economia par­ tecipativa" - e per quanto sta in lui, a prescindere anche dalla sua volontà, perpetuamente: lo stesso sorriso lo stesso pianto le stesse cose. Non ce la fa - il giornalista, il borghese di cui è emblema, col regista - ad uno scar­ to. Il suo inno? Finché la barca va . . . Abbisogna di scuola - il giornalista, 127

il borghese, anti-Ulisse per eccellenza - soprattutto laddove e allorquando ufficialmente non c ' è scuola. Abbisogna di controllo reiterazione stereo­ tipia e impotenza inconsapevolezza caserma ospedale manicomio ecc. soprattutto laddove e allorquando ufficialmente non c ' è scuola. Avessero deciso , in ambito culturale/alfabetico, dell' importanza di consapevolezza e prassi ecologiche, il giornalista e il borghese si sarebbero dati, è pro­ prio il caso di dirlo, anima e corpo, senza pensarci, a pensare e praticare, predicare - soprattutto dove e quando non visti - ecologia. Avrebbero reiterato questa e riso e pianto di questa. Ma così non è - culturalizzatori e alfabetizzatori non avendolo fatto essere. E chi sono i culturalizzatori e gli alfabetizzatori per poter far essere? È noto, "evidente" direbbe il privo d' ermeneutica Descartes - per Gian­ ni invece le nozioni si producono ; l' evidenze sono nozioni o produzioni non riconosciute tali; e qualunque "evidenza" tu invochi sarai ricondu­ cibile al titolo del lungometraggio d'esordio della coppia Calà/Smaila: Un ufficiale non si arrende mai nemmeno di fronte all 'evidenza, firmato Colonnello Buttiglione, dove quello che conta è il "non arrendersi" o il "firmare" e non !"'evidenza" - è noto che in borghesia le guerre, le crisi politiche, economiche, il successo ecc. tutte 'ste cose, e lo stesso Mon­ do Borghesia insomma, le fanno i giornalisti , l' informazione (che non dà forma, come l ' alfabeto/cultura, ma pubblicizza soltanto) giornalistica. Però per fare (essere) non basta del tutto - sennò avrebbe troppa ragione Gianni - dire. Bisogna quantomeno saper dire. E i giornalisti non sanno dire. Sono, direbbero H. & H . , Heidegger ed Hegel, saputi dal dire. E chi è a produrre 'sto dire al cui interno i giornalisti poi, tra un quaquaraquà e l ' altro, scatenano guerre spettri e gossip? Sono ancora - non so quanto Gianni mi darebbe ragione, non mi rileggo il suo, del 2000, Vocazione e responsabilità del filosofo - i detentori di cultura e alfabeto (essendo la nostra 'na cultura - e un cervello - ancora alfabetica o di parole nono­ stante qualcuno scriva, appunto ! , di "homo videns") che sono, ancora, i filosofi intesi come i provocatori e i portavoce infedeli ribelli inaffidabili, vili banali e delatori, degli scienziati. I giornalisti decidono le sorti di Mondo Borghesia, non gli strumenti, che non sono capaci di costruirsi da sé e spesso nemmeno ad usare; glieli danno questi - siano parole o pistole - ancora i filosofi e gli scienziati e, piccolo piccolo filosofo o scienziato che sia, l ' insegnante di scuola. Il borghese, il giornalista non vive, non pensa, non vota ecologico? Segno che filosofia e scienza, alfabeto e cultura, non ci sono ancora arrivate a trasmettergli, imporgli questo - il giornalista, il borghese procede per 128

imposizioni e impone ciò che di alfabeto e cultura gli è stato, senza che se ne sia accorto, imposto. Se ci si ferma a Gianni, a un simile stato eco­ logico non ci s' arriverà mai. Non in grado di proporre e imporre novità bastevoli, si sarà risucchiati, anche se filosofi e scienziati, nel gorgo (nel gergo) giornalistico borghese. E alla domenica e alla sera - nel tempo libero , quando più dovrebbero contare e venir contate filosofia e scienza, ci si comporterà da perfetti borghesi, ovvero entità hic et nunc, in attesa di promozione, certificazione, standardizzazione giornalistica. Detto questo : segui il primo prof. che ti capita. Ci scommetto che l ' ecologia a lui - l ' insegni anche all 'università - gli è estranea del tutto, nel comportamento quotidiano . Come se, e già questo dualismo è antie­ cologico ! , il mondo dell' aula universitaria fosse una cosa - e lì allora casomai ti parla d' ecologia - e il mondo fuori invece fossa [sic] de' gior­ nalisti resi, mantenuti ignoranti . Lui il prof. si comporta come se tutto questo l ' accontentasse anche. Percepisce uno stipendio, ciò gli impedisce di percepire altro?, stipendio che i giornalisti : o sono loro che glielo dan­ no o sono loro che glielo pigliano ; stipendio che comunque riguarda più loro di lui , il prof. ; stipendio che anzi fa del prof., quando con lo stipendio compra ad es. il giornale o il biglietto per il cinema, un giornalista. È del resto un borghese il prof., e i borghesi non considerano il valore filosofico della coerenza: nessuno di loro ucciderebbe un vitellino ma tutti ne mangiano a settimana più volte le carni pagando sicari per la macel­ lazione e per non vedere e non saper niente. Stesso dicasi per il Terzo Mondo, appellativo che dimostra un ' ignoranza ecologica e geopolitica oramai insostenibile. I borghesi proff. : l ) è secoli che predicano l "'alienazione dell 'uomo moderno" e poi non hanno mai, ci mancherebbe altro ! , un minuto da dedicare a ragazzi di vent' anni (i loro studenti; per non parlare dei fi­ gli . . . ); 2) è secoli che predicano l"'omologazione dell'uomo moderno" e poi bandiscono dottorati dove l 'unica cosa che conta, raccomandazioni a parte, risulta non lo slancio o l' attitudine per la propria disciplina ma "la conoscenza di almeno due delle principali lingue europee" oltre alla natale : come se già avere una lingua natale fosse problema filosofico da poco ! I borghesi politicanti di destra, facciamo quest' altro esempio, per programma tutti Chiesa e Famiglia, poi, regolarmente e sfacciatamente, divorziano , vanno a puttane (con rispetto parlando, per le puttane, s' in­ tende ; e ti cito il Sepulveda del Diario di un killer sentimentale: "Mi ripromisi di trattare più dignitosamente le professioniste dell 'amore e di 129

non chiamare mai più figlio di puttana chi non lo meritava. Figlio di Allah mi pareva un insulto molto più grave") . I borghesi giornalisti, non rinven­ gono quest' incoerenza clamorosa dei borghesi politicanti di destra, che riprendono sì pettegolando su questo o quell'episodio senza mai interve­ nire nella questione non dico dei principi ma se non altro della coerenza che qui significa sincerità, affidab ilità ecc . ! Stesso dicasi per la Chiesa, la cui incoerenza di base e macroscopica i giornalisti - che pensano a episodi, pur gravi come quelli legati alla pedofilia - non rinvengono per niente, non avendo del resto, i giornalisti in quanto tali, una forma mentis più propria di filosofi . . . : la povertà di Cristo e le limousine dei vescovi; il sostegno cristiano ai bisognosi e le collane d' oro del papa; l ' attacco alla scienza che, prima, viene accettata sottobanco quando , solo lei ! , mantie­ ne artificialmente in vita un essere umano in stato vegetativo, poi viene condannata se dà la possibilità, non essendoci ulteriori soluzioni, di porre fine a un simile artifizio . . . Senza dire che mentre la Chiesa si spinge ad avversare l ' educazione sessuale nelle scuole [sic e sigh] , poi - secondo il principio per cui i poteri si sostengono sempre e comunque a vicenda appoggia governi che, seppur di destra, sono, ti dicevo, costituiti da gente che tiene un comportamento, anche in pubblico, tutt ' altro che cattolico : non bastano i divorziati (da anni in Italia i principali rappresentanti della destra son quasi tutti divorziati) - ma abbiamo anche, s ' è detto, puttanie­ ri . . . E quest' altra, infine, ti sembra piccina? ! . . . Quei politici e showman e proff. sedicenti "di sinistra" che pubblicano con case editrici monopoliste, proprietà di reazionari ali ' acqua di . . . opportunismo e dal comportamento, a dire di quegli stessi che ci pubblicano, spregevole ! E non c ' è di certo la stessa necessità di pubblicare con quest ' editori come c ' è d'utilizzare, ad esempio, la struttura linguistica, per c apirci fra noi qui ora, soggetto/pre­ dicato; oppure, e in parte, come c'è, per raggiungere, in questo medioevo, un qualche pubblico, la necessità di pubblicar libri di carta per parlar male dei libri di carta ! . . . Considerassero, i borghesi proff. , i borghesi politican­ ti, i borghesi giornalisti - i borghesi programm atori di computer! Un pro­ gramma di computer dev ' esser coerente un tot, sennò non gira . . . Anch'io comunque l ' amm etto e lo ripeto, fin qui t'ho mio malgrado espresso - ad es. attraverso un osteoporotico linguaggio soggetto/oggetto - una certa ignoranza ecologica. Ignoranza che continuo ad esprimere (sogg./ogg.) nel momento stesso che te la denuncio . . .

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Qualche ismo pel prossimo - spero tuo! - libro (Oops, volevo dire e-book . . . )

Se da una parte filosofia risulta Gianni, quello che lui dice, siccome la società in cui viviamo lo considera tale - e dal i ' altra, invece, ciò che la so­ cietà non ha ancora pensato e detto a proposito delle cose che ha pensato e detto, fra le quali si trova: Gianni filosofo autorevole, possiamo scegliere, per filosofare, o di rimanere n eli ' alveo di Gianni oppure di metterei entro la seconda, più inedita, e perché più inedita, proprio nel senso editoriale del termine, strategia. La prima alternativa va per la maggiore - anche perché sennò Gianni non sarebbe filosofo autorevole e anche perché ci fossero solo e sistema­ ticamente novità non vi sarebbe modo d' apprezzarle e risulterebbe no­ vità non innovare; o, per dirla ancora col famoso e caro a Rorty, Kuhn : "rivoluzioni" senza una qualche stabilità o "normalità" non si reggono . Quando l ' antropologo F. Remotti e il costituzionalista G. Zagrebelsky scrivono, rispettivamente, Contro l 'identità e Contro l 'etica della verità, non fanno ch' applicare ai loro settori di pertinenza la filosofia ermeneu­ tica di Gianni o, a scelta, quella decostruzionista di Derrida. Lo stesso passando per il Nichilismo giuridico di N. Irti - fa chi, come M. Perniola, si scaglia, ignorando contributi tipo quello di M. Tomasello, su Le origini della comunicazione umana, Contro la comunicazione, ritenendo che per realizzare una filosofia alternativa a quella di Gianni per cui "a 'o cazzo , ' o culo e ' a fessa fanne felice ' o stesso", basta asserire il contrario o giù di lì. E allora la "comunicazione massmediatica" non sarà, come per Gianni, la prova provata della realtà del postmoderno, dell' ermeneutica, del fatto che "a 'o cazzo, 'o culo e ' a fessa fanne felice ' o stesso" - non sarà la deregulation di cultura politica e arte ma, reazionariamente?, pasolinia­ namente?, la loro violentazione, diciamo così. Potremmo quindi dedicarci ad una seriosa ricerca che, come si dice, sviluppi, pur in ossequio al Ma­ estro, tematiche solo in nuce da questi affrontate . Potremmo chiamarci "Gianni 2" e passare senz ' altro, oltre la logica analitica e la metafisica continentale, alla sociologia e/o alle - le chiamano così - "scienze della comunicazione", in cui potremmo risolvere, se questa è ermeneutica e ciò piaccia o no al Maestro, la filosofia. Leggeremmo allora, dopo le Lezioni di filosofia della comunicazione di U. Volli e di R. Ronchi e gli "studi superiori" Linguaggio, persuasione e verità. La retorica del Novecento di F. Piazza e Il potere del discorso. Retorica e pragmatica linguistica di F. Venier, l ' opera omnia di A. Abruzzese (50 voli. ca.), di V. Codeluppi, G. 131

Fabris (20 voll. ca. l 'uno), M . Livolsi (3 0 voli.) - tutti pro:ff. di "sociologia dei processi culturali e comunicativi", "sociologia dei consumi e comu­ nicazione pubblicitaria" e simili. Poi, traducendo l ' "etica ermeneutica" di Gianni in termini di "etica della comunicazione", studieremmo - dopo es­ ser passati per la Retorica d'Aristotele e il Trattato del! 'argomentazione di Perelman - i contributi di K.O. Apel, G. Bettetini, R. Pititto, A. Fabris, F. Bellino . . . (McLuhan, già in un film di Allen, non abbisogna di citazio­ ni). Diverremmo esperti - almeno a parole ! , ma tanto, per Gianni, le paro­ le prima di tutto ! E senza nemmeno il rimasuglio irriducibile postulato da Kant che lo chiamava non essendo appunto riducibile a parole x (perciò Rorty fin dal ' 6 7 parlava, per riassumere la filosofia sia continentale che analitica del Novecento , di "svolta linguistica" . . . ) - diverremmo esperti di "realtà multiple" e "società di massa", "forme estetiche" e "biocapita­ lismo", "videopolitica" e "industria culturale", "pomosofia" e "post-cre­ scita". Al massimo potremmo - per fare un ulteriore dispetto a Gianni che vorrebbe conservare alla filosofia un suo ambito, a differenza di quanto più coerentemente concluso da Rorty - riportare la filosofia oltre che alla sociologia, alla psicologia e ridescrivere con questa quanto già altrimenti rilevato . Si leggerà allora H. Gardner, Cambiare idee. L 'arte e la scienza della persuasione, M. Gazzaniga, L 'intetprete. Come il cervello decodifi­ ca il mondo . . . Senza dimenticarsi della pedagogia o - le chiaman così ­ "scienze dell ' educazione" da una parte (perché tutto , giannettianamente, anche a queste può venir ridotto) e delle teorie sul "potere" dali' altra (del­ la serie : chi comanda chi e perché, e non c ' è nessuno che non è coman­ dato - compreso il comando), con i classici, N. Elias, N. Luhmann, M. Foucault ecc . Fatto ciò, potremmo concludere o reazionariamente, stile Pasolini, stile Pemiola (stile chi tu pensi gli sia attribuibile una posizione del genere, se la mia chiamata in causa dei suddetti è dissennata, troppo dissennata) - o inclusivamente, stile Gianni (che poi è reazionario per la questione del cristianesimo), stile chi tu pensi gli sia attribuibile una posizione del genere. Così però esprimerebbe nella maniera più raffinata la più recente filosofia ermeneutica, la starlet dell 'ultimo reality che va a fare la ragazza immagine nelle serate delle discoteche più centrali o più periferiche a seconda delle sue quotazioni del momento . . . Le manche­ rebbe solo la consapevolezza, perché per il resto fa quanto un Rorty un Gianni un Derrida non sono in grado - difettando di pars construens - di giudicare negativamente consigliandole magari di far altro, d' esprimere altro . . . Anzi, lei qualche meme lo diffonde, essendo famosa, ricevendo , ci sta, lauree honoris causa in scienze della comunicazione . . . Rorty e 132

Gianni : che non vanno (con Wittgenstein?) oltre il descrittivo "consenso operativo" di Goffman per cui, raggiunto questo "in un determinato am­ bito interazionistico", esso "sarà, nel suo contenuto, completamente di­ verso da l consenso che si stabilisce in un ambito diverso", ma non meno "consenso" e non meno "operativo". Se sveglio aggiungerai poi alla lista dei post-metafisici o post-fondamento quel filone che in Italia dall' inizio del postmodemo (anni Settanta) alla sua fine (anni Novanta), invece che a Gianni e al continentalese s ' è rifatto alla tradizione scientifica e analitica e compirai il breve percorso che da Il sapere senza fondamenti di A. G. Gargani ( 1 974) giunge a Conoscenza e realtà ( 1 995) di P. Parrini (il cui significato sta nel sottotitolo d'un volume parriniano successivo : Per una filosofia e un 'oggettività senza fondamenti) passando per la non suffi­ cientemente considerata Evoluzione senza fondamenti (ancora 1 995) di M . Ceruti. Dati però tutti i giannettiani e i postmodemi anche reazionari che ci sono noi potremmo metterei all' argilla e plasmare - se non c'è altro che argilla e plasmare e la pioggia che spazza poi via tutto - più nuove ine­ dite spregiudicate categorie, accozzaglie filosofiche ecc. Giusto per viver filosoficamente - giannettianamente ! E far ciò nella seconda accezione di filosofia. Non filosofia = Gianni ma filosofia = ciò che la società non ha ancora pensato e detto e diffuso e promulgato a proposito delle cose che ha pensato e detto e diffuso e promulgato E gli ismi contro cui da tempo si schiamazza accusandoli d'ideologia, metafisica ecc . son proprio il con­ trario d' ideologia metafisica ecc . quando per primi si riconoscono come ismi e cioè come "borie" che vanno e vengono, si dilatano e ristringono. -

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Materialismo neoparmenideo ! Avresti dovuto esserci la sera del l 5 luglio 1 9 9 1 al CBGB 's di New York! In cartellone le Hole di Courtney Love. Il secondo pezzo in scaletta - il loro migliore - Garbage Ma n. 26enne la Love, un abito succinto tutto paillette, si dimena - poco seno, gambe lunghe - forte d'una voce sempre intonata su una bella considerazione della sofferenza e della rabbia o su una sofferente e rabbiosa considerazione della bellezza. Quell ' intonazio­ ne, quella voce che io, stonatissimo, cornacchia! , non potrò mai avere, nonostante tutta la mia - eventuale - rabbia sofferenza e bellezza. Intanto i tre strumenti - chitarra e basso elettrici, batteria - percuotono e sferra­ gliano catarticamente, con una tecnica ridotta al minimo, un' ingenuità caparbia e il programma di viver l'ultimo momento sfrontatamente, pro133

sciugando tutto, prosciugandosi tutti, così che poi, se anche interviene, la fine non troverà niente, non troverà che un lacerto, un ' eco, una mandibola indolenzita per il troppo urlare. Avresti dovuto esserci quella sera ! Se il massimo che puoi è quello. Se non sei un artista. L' arte interpreta il mondo, e l' interpretazione in esso, in una maniera così radicale e complessa da dar la stura ad un numero potenzialmente infinito d'ulteriori interpretazioni, ipotesi, fantasie, esperimenti. La non­ arte, che pure è espressione ! , non raggiunge simili quantitativi, potenzia­ lità. Per questo la sua qualità risulta più scadente. Gm·bage Man non è arte. A differenza d'una composizione a tua scelta di Schubert, o voglia­ mo prendere un ritratto del Pontormo? S ' esaurisce molto prima, prova ! , che vite e vite possano riempirsi - a partire da questo che pure è il miglior pezzo delle Ho le perché stimola maggiormente - d' interpretazioni ipotesi fantasie esperimenti. Eppure anche se non arte, Garbage Man , l ' esecu­ zione delle Hole nel l 9 9 1 al CBGB 's, esprime, almeno sotto un profilo, il massimo esprimibile da un ' espressione artistica quale tu vuoi, a tua scelta, e pure da una cosa una persona una condizione quale tu vuoi, a tua scelta. Questo profilo è quel che chiamo "materialismo neoparmenideo" e consiste nell' inevitabilità ineliminabilità insopprimibilità della materia, d'un qualche cosa pur che sia, d'uno stato, un darsi, un restare, sussiste­ re, consistere, insistere, porsi, imporsi. Sei al CBGB 's il l 5 luglio 1 99 1 ? Quel baccano quel buio quel suono quello spacco nella gonna di chi ti sta davanti, che vedi, e la gonna stessa il faretto delle luci un capello della Love la chitarra ogni suo frammento - tutto questo è la materia di cui parlo. E risulta inevitabile (o neoparmenidea: cioè che si rifà a Parmenide nella misura in cui Parmenide sosteneva questo) perché, fossi tu in coma, quanto esperisci respiri senti in coma è anche questo la materia cui faccio riferimento e con cui accomuno ogni cosa. Attenzione però ! Non dico che bisogna arrestarsi a o basarsi sull'ultima più elementare semplice sensa­ zione dell ' Io o attività della Coscienza. No ! Altrimenti sarei superfluo, basterebbe Descartes o Husserl. No . L a materia della chitarra, del suono , il sudore, la percezione comatosa ecc. non autorizzano per nulla, di per sé, a parlare di Io, Coscienza ecc . - pur, per motivi storici, dovendo noi ren­ dere almeno in parte simili fenomeni con un linguaggio e una mente fatti (popolati) di Io, Coscienza, p .n. c. (principio di non contraddizione) ecc . Materialismo neoparmenideo ! Il fatto che una materia - qual essa sia - debba darsi, sussistere inevitabilmente e che questa inevitabilità acco­ muni ogni cosa - eliminando sotto 'sto profilo ogni differenza tra le cose - ciò te lo dice, te lo dimostra, non solo ogni cosa, percezione, esperienza, 1 34

ma anche ogni forma espressiva: tanto che, sotto questo profilo, arte o non arte, Courtney Love o Schubert fa lo stesso; per questo l ' artista Schubert muore delle stesse cose di cui muore la non-artista Courtney Love e si medica con le stesse cose e si ciba o s ' avvelena delle stesse cose . . . La sera del 1 5 luglio 1 9 9 1 al CBGB 's di New York ! Ma bastano per un Parmenide materialista i pixel del video di You Tube che registra quella sera. Ma basta per un Parmenide materialista il computer spento ! E basta la sua chiazza di colore o quel che è! Basta il riverbero di quando stringi forte le palpebre e ci sono quegl' anelli che non fanno in tempo a emergere e subito vengon risucchiati. Per il materialismo d'un Parmenide è inutile e l ' arte e l 'uomo e la vista ecc. Ma, attenzione ! , non è inutile l ' inutilità. Perché per il materialismo di un Pann enide un qualcosa - qual esso sia - deve comunque e inevitabilmente darsi, sia pure l ' inutilità. Posso rac­ contarti questa zolfa anche così: "La materia (diceva Berkeley ripreso da Croce) è un astratto; la ma­ teria o la natura è un concetto empirico (diciamo noi); e chi sa che cosa siano i concetti astratti ed empirici non pretenderà che la materia e la natura esistano, sol perché se ne parla" . Epperò questo "sol perché se ne parla" dovrebbe indurre l ' ermeneutico Gianni ad ammettere l ' esistenza della materia ! Ad ammetterla - come quella di Dio, se se ne parla, o di Paperino, finché se ne parla - non metafisicamente ma storicamente, so­ cialmente, convenzionalmente. Materia Dio e Paperino dovrebbero avere per Gianni lo stesso status : convenzioni sociali decise negli scontri di potere che si sono avuti nel corso della storia. Tuttavia Gianni nega la materia (comun denominatore delle convenzioni/interpretazioni) per as­ serire l ' esistenza (o l' agire) unica d 'un "conflitto delle interpretazioni" che sarebbe la moda l ità giannettiana di tradurre senza metafisica lo Spiri­ to di Croce decurtandolo d' ogni finalismo, d'ogni filosofia della storia . . . Dalla ragione Gianni passa al torto quando non ammette la neutralità che unica consente il "conflitto delle interpretazioni" di cui inoltre stabilisce i limiti . E il limite primo, da cui poi gradualmente tutti gli altri, risulta appunto la confutazione del nichilismo ontologico. Confutazione chi è un ' autoconfutazione. Mentre Cartesio sbaglia, non si spinge sufficiente­ mente oltre, quando sostiene che l ' esistenza dell 'Io è dimostrata dal la circostanza che si può dubitare di tutto ma non del fatto che si dubita e quindi ch' esiste un agente del dubbio (perché un agente? Perché un io? E perché, che significa il dubbio?) - noi possiamo dire che tramite l ' auto­ confutazione del nichilismo (in qualunque maniera questo venga espres­ so, l'espressione esige una sussistenza, qualunque essa sia - sussistenza 135

che io chiamo "materia" intendendo quanto di più universalmente neutro possibile), abbiamo trovato il limite (logico, empirico ecc. ) solamente nel rispetto del quale dire e interpretare risulta. Questo limite - se coincide con una neutra e universale materia - fa dell ' ermeneutica giannettiana la sola pars destruens d'una filosofia che avrà tutta una seconda parte - la construens - da esprimere. L' ecologia, quanto di più prossimo all'uni­ versalità e all ' inevitabilità, disciplinerà tale pars construens fin nei suoi aspetti etici.

Postnich ilismo ecofenomenologico !! L' altra sera, buio, alle cinque, freddo , dicembre, studiare non ci riu­ scivo e non è ch' avessi studiato chissà quanto durante la settimana - ma stupido mi risultava troppo stupido studiare, troppo stupida l ' intelligenza: tutte quelle letterine in fila, tutti quei numerini in fila, tutti quei pensieri logici, d'una logica imparata a scuola . . . Uscire o avere un amico, anche questo mi risultava stupido, insoddisfacente : con tutte le disamine di fisi­ ca chimica storia ecc. che non so e che - non fosse per quelle letteracce e quei numeracci ! - dovrei . . . Allora, la sera dovendo comunque trascorrer­ la, scaricai da Internet una conferenza dove dei proff. di filosofia, politica, arte ecc. parlavano di temi, come si dice, d' attualità - ed erano proff. rinomati, con un buono stipendio, che pubblicano ecc . Ma niente ! Men­ tr ' ero lì che ascoltavo: o quella propostami non era intelligenza o l' intel­ ligenza è troppo stupida, delude troppo ed è noiosa ! Parlavano ed ogni parola peggio che morta. Sull ' orecchio mi ci si posavano delle polveri paralizzanti. La sala, dove questi signori avevano tenuto la conferenza anni prima, mi paralizzava. L' assenso di tutti quelli in ascolto. L' assen­ so dei conferenzieri a quelli in ascolto e dell' architettura della sala alle teste di quelli disotto che non ha seppellito, forse perché già seppelliti dall ' assenso altrui e dall ' assentire loro . . . Lo schermo del computer se ne stava nero perché la conferenza prevedeva solo audio . Non sapevo dov' entrare dove rifugiarmi dove collocarmi - la categoria di "lo" per prima mi risultava indotta, troppo indotta, arbitraria, convenzionale . E la critica a 'sta categoria, avendone già letto. Che bibliografie ci sono o saranno a proposito ! Se vuoi, accomodati ! Inizia con, ultimi in ordine di tempo, T. Metzinger, Il tunnel del/ 'io. Scienza della mente e mito del soggetto ; E . Boncinelli, M. Di Francesco, Che .fine ha fatto l 'io? . . . Allora - continuo ad utilizzare la grammatica, la boria di "Io" perché questa è la mia lingua, la mia cultura e una cultura è una cosa di cui dali ' interno a 136

partire da essa non puoi distruggerne parti se non mantenendone altre allora mi concentrai sui pixel del nero del monitor, sui corpuscoli che ci s ' erano depositati, piegai il monitor, piegai il collo per veder meglio e ti dirò che, pei pixel, pei corpuscoli, faceva lo stesso - sempre pixel, sempre corpuscoli. Sempre materia; anche se distoglievo lo sguardo dal monitor. La materia, il suo permanere, era ciò che non mi faceva distinguere il monitor dal resto - me compreso - e il resto - me compreso - dal mo­ nitor. Quest' esperienza, questo stato, quest' inevitabile oltre i professori, oltre l ' intelligenza, oltre la stupidità, la grammatica ecc. - questo lo chia­ mo, senza bisogno di ricorrere a manuali di filosofia della percezione tipo quelli di A. Paternoster, P. Spinicci, C. Calabi, lo chiamo "postnichilismo ecofenomenologico" . Espressione ampollosa, ma la più sintetica che ho trovato - e non heideggeriana, perché te la spiego . Con "postnichilismo "' intendo che tolte le scuole, le grammatiche, le conferenze, le persone ecc . - non s'è tolto tutto, non c ' è rimasto nulla: sia nel senso di nulla d ' esistenza o sussistenza che nel senso di nulla con un qualche valore. Restano, sussistono i pixel, i corpuscoli, la materia. E già questo basta per un mondo . E se il nostro è un mondo e se professori, intelligenza, stupidità, grammatica ecc. sono storici, vanno e vengono , e i pixel, i corpuscoli, la materia no - perché un minimo d' inevitabile per un mondo ci vuole - allora professori, intelligenza, grammatica ecc. saranno o riducibili o riportabili o non più importanti (ai fini di un mondo, di un essere, di un darsi, di uno stare) di pixel, corpuscoli, materia. Con "ecofenomenologia" intendo poi un ' esperienza o stato ecc . tipo quello che t'ho descritto. Dove non c ' è un io o un soggetto al centro e tutto il resto - quando c ' è - che conta di meno . C ' è invece un tutto, un mondo , un universo e le cose che distinguiamo si distinguono sempre partendo e tornando da questo tutto che è un tutto-insieme. "Ecologia" in questo sen­ so ; "fenomenologia", invece, nel senso che a questa consapevolezza eco­ logica non ci si arriva e non ci si sta, in essa, tramite grammatiche scuole addottrinamenti ecc . ma tramite esperienze istintive fisiologiche che se ne fregano della cultura (Gianni pensa che non possiamo fregarcene della cultura eppure a qualunque cultura tu appartenga, per quanto il ''tu" sia categoria culturale, se ti tengo chiusa la testa in un sacchetto di nylon per l O minuti t' ammazzo - o altererò il tuo stato a prescindere dalla descrizio­ ne che do di esso prima e dopo il cambiamento). Per apprezzare Picasso o un vino ci vuole una cultura. Per, con un dito, seguire le linee d'una figura di Picasso o , con un manipolo di neuroni, la gradazione alcolica - no. A prescindere, questo, dal significato che si dà a "figura" e ad "alcol". 137

"Postnichilismo ecofenomenologico" non indica, allora, nessuna me­ tafisica perché questa implica il trascendere, un salto, un cambiamento di livello - quello invece si dichiara e agisce nel tutt'uno dell' immanente, del concreto, del quotidiano, del sensibilissimo (una parete tutta tappez­ zata e non si può togliere la tappezzeria anche se ne basta una qualsiasi). Non postula e non ricerca nessuna distinzione, irriducibilità "antologica" si dice(va) in filosofia, ovvero riguardante "ciò che esiste". Con l ' ecologia da una parte e Parmenide dall ' altra, i problemi must e eu/t della "corrispondenza" e di soggetto/oggetto, linguaggio/mondo , mente/mondo ecc . risultano falsi problemi. La categoria stessa di "corri­ spondenza" va eliminata. E per motivi diversi, opposti rispetto a Gianni. Più che inutile chiedersi se o come si dia corrispondenza - risulta errato , nocivo : perché dualistico . Non vi sono delle componenti o individualità da una parte e il mondo o universo dali ' altra; ma quelle, essendo, son già mondo, universo . (In questo vi s ' è diffuso con un vieto esistenzialismo da purgare, Edgar Morin, vecchio tuttologo colpevolmente lasciato fuori della cultura più teoricamente combattuta). Quindi : sbagliano i "realisti" nel palesare un ' esigenza di "corrispondenza" fra "proposizioni scientifi­ che" e "modo in cui le cose stanno" - le proposizioni scientifiche, se si danno, stanno , al pari d' ogni altra cosa e con ogni altra cosa, nel tutto e col tutto e questo a priori. Sbagliano Rorty col suo pragmatismo, Gianni con la sua ermeneutica, perché da una parte predicano "olismo" (il fatto che non si possa uscire, e non abbia manco senso, dal proprio linguaggio o cultura intesi come un tutto interconnesso) e dall' altra però non appli­ cano tale concezione all ' ambito più importante, che loro volontariamente e polemicamente ignorano : quello - antologico, fisico - d' ogni essere o stato che non può darsi se non con e dentro il tutto, a cui quindi non ha bi­ sogno di corrispondere o rispondere perché, se si dà, gli corrisponde ine­ vitabilmente già da sempre, rispondendo di forza a quei requisiti minimi indispensabili per darsi; i quali, nella nostra concettualizzazione, vanno sotto il nome di leggi fisiche da una parte e dall' altra sotto quello , da me usato, dell ' inevitabilità materico-parmenidea o ecofenomenologica. Si tratta anche qui d' operare un gradualismo del tipo: Gianni e Rorty negano le "realizzazioni" della scienza in quanto non ci metterebbero in contatto con una realtà più reale ; e comunque non sarebbero in grado di spiegarcela; e se lo fossero, questa spiegazione non ci farebbe guadagnare nulla. Io dico : e sia. Oppure : e chi l'ha preteso? Poi faccio questo esempio : Gianni ammetterà che un suo testo risulta un' interpretazione o un insieme di. Ora, mettiamo avvenga quella che secondo le convenzioni vigenti si 138

descrive come "morte di Gianni". Nuovi testi - eccetto postumi e apocrifi - a nome di Gianni non ce ne saranno più. Quindi la cosiddetta morte di Gianni, pur se interpretazione, ha un peso maggiore - ed ermeneutica­ mente parlando ! - rispetto ad altre interpretazioni . Che Gianni mangi una pizza risulta un ' interpretazione . Si tratta d' interpretare il "pizza" ecc . Ma ciò non pregiudica il divenire d'ulteriori nuove interpretazioni da parte di Gianni. La cosiddetta morte di Gianni sì . Perché? Perché non è tutto uguale ! O meglio : a partire dall ' inevitabilità materica, che rende a priori tutto uguale, anzi lo stesso, si danno maggiori o minori concentrazioni di materia, ad es. secondo quei processi che vengono attualmente descritti come entropici; o comunque differenziazioni di essa. Essa che può diffe­ renziarsi perché la sua inevitabilità a priori glielo consente; non consen­ tendole, perché non può consentirlo a sé ! , di non darsi ma consentendole, consentendosi, di darsi in un modo o in un altro.

Postnich ihsmo ! Ecofenomenologico !! Materialista !!! Neoparmenideo !!!! Live! Tonight! So/d Out!! è la messa in video da parte di Cobain dell ' attività dei Nirvana. Sandinista !, col punto esclamativo, s ' intitolava il triplo album che nel 1 980 inaugurò il periodo commerciale dei Clash. Molto prima i Neu ! Si chiamavano Neu ! Col punto esclamativo. Molto dopo ci si chiameranno col punto esclamativo i boring Godspeed You! Black Emperor. . . Aveva più ragione Descartes di quanta n'abbia Gianni - se Descartes affermava che la filosofia serve per porre tutto in discus­ sione ma, dopo aver posto tutto in discussione, ammettere, a settanta, ottant' anni, che le cose vanno, certo non proprio bene, ma vanno : e indi­ pendentemente da ogni filosofare. Ed è l ' ecologia o il sistema-universo a farle andare; a far sì che perché uomo si dia, quest ' esseraccio non debba sbagliarsi più di tanto nel suo star al mondo; altrimenti non sopravvivreb­ be; non si sarebbe mai dato . Se quello che l'uomo descrive perlopiù come un "sasso" avesse le proprietà di quello che l'uomo descrive perlopiù come "fuoco", e l 'uomo ogni volta trattasse il sasso da fuoco e il fuoco da sasso, l 'uomo Kaputt! A prescindere dali' ovvietà che anche questa del Kaputt ! è un' interpretazione, Gianni sbaglia nel ritenere che possa darsi interpretazione senza qualcosa da interpretare - mentre i non-ermeneutici sbagliano nel ritenere di saperlo solo loro che cos ' è questo qualcosa e un Kant, infine, sbaglia nel ritenere di saperle solo lui quali sono le con­ dizioni per l ' interpretazione. Per far ermeneutica ci vuole un testo - un 139

"libro" diceva Galilei nella sua ermeneutica che era la fisica; ermeneutica insufficiente, poi, la galileiana, nella misura in cui ammetteva un rigido dualismo soggetto/oggetto . "Tu sei qui" . Facilissimo smontare - "decostruire" direbbe nel suo gergo Derrida; fame la "genealogia" diceva un secolo prima Nietzsche; e "scienza nuova" un secolo prima ancora Vico - facilissimo smontare ogni pezzo di questa frase, farla a pezzi questa frase. E non solo questa frase - queste parole - ma questa logica, quest' argomentazione . E non solo questa logica ma questo significato , questi significati. Frasi, parole, logiche, significati san cose storiche - come, del resto, tutte le cose e la categoria stessa di "cosa". Sono perché prima non c ' erano e poi non ci saranno - almeno non nelle modalità attuali. "Essere è tempo" in tal senso, a volerei comportare generosamente con Heidegger; e ''vedere è costruire il mondo", per parafrasare, con la solita traduzione dell "'e" in "è", un titolo dell' analitico N. Goodman. Ma certa robetta te la dice ogni manuale di filosofia. Quello che non ti dice è che tolta ogni parola logica e significato a ''tu sei qui", non si rimane col nulla. Il ''tu" (parola-signi­ ficato-logica) sarà storico, il "sei" (parola-significato-logica) sarà storico, il "qui" (parola-significato-logica) sarà storico. Storico : in divenire, di­ scutibile ecc . Tolti tutti i simboli però resta il segno , il grafo, la materia (voce, scritto, bit) del "tu sei qui". E io ti propongo di rifletter su questo . Su questa rimanenza. Su questa materia. Non importa poi che un simile segno al di qua d' ogni simbolo tu continui a esprimerlo (viverlo) simboli­ camente; segno al di qua di simbolo come natura al di qua di storia. Prima di riflettere considera pure che parte della filosofia analitica, tramite Rorty riportabile all' alveo di Gianni, e mi riferisco a Davidson, ritiene che dopo aver abbandonato "la distinzione tra enunciati osservativi e non" a favore del "non" - cioè della considerazione che non possiamo aver un contatto col mondo se non attraverso, direbbero Gentile e Fichte, l ' idealista che l ' ha preceduto d'un secolo, se non attraverso l ' Io o, diremmo noi, attra­ verso una qualche convenzione - bisogna senz ' altro "abbandonare l' idea che il significato o la conoscenza siano fondati su qualcosa che vale come fonte ultima di evidenza"; perché "è assurdo cercare un fondamento che giustifichi la totalità delle nostre conoscenze". Considera anche però che la posizione di Davidson non la trovo - in quanto antimetafisica - incon­ ciliabile con la mia. "Io" ha una storia. La categoria di "Io" ha una storia e così il suo sin­ golo utilizzo ; e difficile è stabilire se si tratti della stessa storia o se una storia viene prima dell' altra . . . "lo" non ci fu, non ci sarà e c ' è perché non 1 40

ci fu e non ci sarà. La materia del suo segno - vocale, scritto - comune a "Io" quanto alla "nuvola" - non scritta ma vista - risulta più difficile che abbia una storia. Sennò non sarebbe in comune ! La storia è quanto ogni cosa che può esser evitata non può evitare. Potevamo far a meno di "lo" o di qualunque cosa ti venga in mente. Secondo le teorie correnti qualche miliardo d' anni fa nel nostro sistema solare - nessun Io, nessuna cosa in grado di venire in nessuna mente. Tuttavia anche allora - e proprio per­ ché allora, e proprio perché qualcosa ancorché informe - anche allora la materia; quella che io chiamo materia, quella che io chiamo comunanza (inevitabile) tra un Io e, mettiamo, una nuvola; tra un virgolettato e un non-virgolettato, tra me e te, tra te e il nulla (che quindi non esiste se non come qualcosa o inevitabilità materica). Ancora: tra software e hardware, informazione ed energia, "reale" e "virtuale" - distinzione che così, mate­ rialisticamente, perde di senso (ma ogni distinzione materialisticamente e in un certo senso perde di senso; col senso che può farsi plurale solo a par­ tire da un nonsenso di fondo . . . ). Anche i numeri a me è sempre risultato ovvio che se sono , se hanno una consistenza, se agiscono , sono materia . . . Philip N. Johnson-Laird, uno che internazionalmente se n ' intende e an­ che un insospettabile, perché docente d'un "Department of Psychology" e non ad esempio "of Chemistry", in un libro anni Ottanta, di quelli che si traducono per deontologia professionale e anche in ottime edizioni e che poi però più o meno invenduti non si rieditano e la polvere gli ci casca sopra e . . . Philip N. asseriva - e io leggendo mi dissi: arrivano i nostri ! -: "non c ' è nulla di immateriale in un programma di computer". Difatti se pigli un virus il computer ti salta, ti si spenge, ti si blocca ecc. Con questo, delle due l'una: o chi sostiene l ' immaterialità del software e/o dei numeri sostiene anche che con "la forza del pensiero" (ammesso e non per niente concesso che questo sia immateriale . . . ) io posso ad esempio spostare una sedia - oppure come sostenere che un' immaterialità quale quella presunta di software e numeri possa bloccarmi il computer, spengermi il monitor ecc. ? Mettiamo che ora ti disperi per quanto t 'ho detto sull ' Io e concluda: se l ' Io, la persona non ha rilevanza, tanto vale il suicidio, la distruzione ecc. No, sbagliatissimo ! Il nichilismo dell 'uccidersi e distruggere è sba­ gliatissimo perché è sbagliatissimo (assurdo) il nichilismo della materia. La materia non può venir meno perché quel meno sarà sempre materia o considerabile tale o non non-considerabile tale. T'ho fatto l ' esempio del mondo miliardi d'anni fa. Facciamo l ' esempio di te analfabeta, demente, sordo , cieco, muto ecc . Analfabeta, demente, sordo , cieco, muto ecc . sare141

sti portatore ed espressione dell ' inevitabile al pari di Mozart. La materia a cui faccio riferimento è quella che accomuna l ' esperienza e, soprattutto , il mondo d'un analfabeta demente, sordo, cieco, muto ecc. all ' esperienza che un Mozart non poteva non fare del mondo indipendentemente dalla storia di questo e dalla sua storia in questa. E dico il mondo, o meglio, l 'universo più che l ' esperienza perché questa presuppone soggetto , ogget­ to ecc. Presuppone una distinzione discutibile. L' indistinto invece riman­ da al tutt'uno, alla non soluzione di continuità. E questo è ecologia e un domani l ' appoggio filosofico per una "ecofisica" compiuta. È l ' interpreta­ zione ecologica, fisiologica di quanto s ' attribuisce/rom a logica/ point of view a Parmenide (from a logica l point of view: inascoltabile hit calypso anni ' 50 di Robert Mitchum ripreso, nel titolo , da una famigerata antolo­ gia di W.V. O. Quine, il top degl ' analitici nella seconda metà del Novecen­ to, che se lo capisci, l' analitichese, ci ritroverai praticamente tutto quanto detto in continentalese easy listening da Gianni : "rifiuto della distinzione analitico-sintetico", "indeterminatezza della traduzione", "olismo della conferma", "relatività ontologica" 1 ). Anche Severino, cui mancano, per­ ché non le vuole o non c ' ha pensato . . . un' ecologia e una fenomenologia, giunge, pur senza sviluppare adeguatamente l ' argomento, a qualcosa del genere, quando , col suo linguaggio e la sua metafisica, ci assicura: "il principio fondamentale dei miei scritti, che tutte le cose sono eterne e che quindi non esistono ' Signori' o 'Padroni ' delle cose, implica certamente il 'rispetto delle cose' , cioè l ' apparire del loro essere già da sempre sottratte ad ogni forma di dominio". Come insegna Bud Spencer - il quale fornisce una tal lezione a troppi proff. ignoranti e irresponsabili, da meritarsi una statua ad Oxford ! - il rispetto per l 'uomo passa attraverso quello per gli animali e questo attraverso quello per la natura ovvero il sussistente . Se non rispetto e considero un sasso non potrò mai rispettare e considerare un uomo ! Tale rispetto sarà poi causa ed effetto d'una concezione natura1 "Quine es conocido por su afirmacion de que el modo en que el individuo usa el lenguaj e determina qué clase de cosas esci comprometido a decir que existen. Ademas, la justificacion para hablar de una manera en lugar de o tra, al igual que la justificacion de adoptar un sistema conceptual y no otro, es para Quine una manifestacion absoluta­ mente pragmatica. También es c onocido por su critica a ciertas doctrinas del empirismo logico y la distmcion tradicional entre afrrmaciones smtéticas (proposiciones empiricas o basadas en hechos) y afirmaciones analiticas (proposiciones necesariamente verdade­ ras ), al poner en duda la distmcion analitico-smtético, propone un holismo semantic o e n el cual las proposiciones tienen significado e n conjunto y n o p o r separado cada una . Qume realizo sus principales contribuciones a la teoria de conjuntos, una rama de la logica matematica que tiene que ver con la relacion entre los conjuntos " .

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listica per la quale tutto ciò che è o si dà deve accomunarsi o rispondere, in certa misura (e la scienza s ' occupa di compiere questa misurazione), ad un minimo comun denominatore universale (cosmico, astrofisico), ad ogni altra cosa che è o si dà. Da qui i due capolavori di Bud Spencer, filo­ soficamente parlando vertici del cinema mondiale : l ' animalista Io sto con gli ippopotami ed il sublimemente riduzioni sta Anche gli angeli mangia­ no fagioli. Per apprezzare l ' enorme, a tutti i livelli, importanza d'un titolo quale Anche gli angeli mangiano fagioli, si consideri che esso costituisce la miglior sintesi semantica dell' opera del pittore per antonomasia: Cara­ vaggio . Alla domanda: qual è il significato d'un dipinto di Caravaggio? Dobbiamo rispondere, dopo attenti e difficili studi : che anche gli angeli mangiano fagioli. Caravaggio ci dice esattamente questo: che anche gli angeli mangiano fagioli. Sennò non potrebbero esistere ! - se ciò ch' esi­ ste deve di necessità esistere naturalmente, ed esistendo solo l 'universo, che per definizione s ' identifica col tutto, e questo significando il termine "natura". Per certi aspetti, dico: per certi aspetti, Anche gli angeli mangia­ no fagioli potrebbe risultar addirittura superiore alla Crocifissione di San Pietro ! Grazie a quell' ironia assente , forse suo malgrado, in Caravaggio il quale, pur continuando a (mis)credere in Dio, è sì il (primo?) pittore del riduzionismo naturalistico, ma vive questo - e la natura in genere tragicamente (residuo del "credere"?). A nche gli angeli mangiano fagioli ci consente invece, e in linea di principio, un approccio alla natura più sereno, scientifico, postnichilista ! "Postnichilismo ecofenomenologico materialista neoparmenideo": la bandiera, bandierona o cucitura di più bandiere, con cui sventolare tutto questo . E forse fra uomini non si può far altro che sventolare . . . Anche adesso devo sventolar la mano per dirti: ciao !

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