Sulla Madonna. Discorsi e scritti 1955-1963 8838235775

Dal punto di vista dottrinale la devozio­ne di Montini a Maria è sempre stata teocentrica e cristologi­ca (Maria è Media

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Italian Pages 225 [227] Year 1988

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Sulla Madonna. Discorsi e scritti 1955-1963
 8838235775

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Quando il 21 novembre 1964, proprio durante il Concilio, Paolo VI proclamò la Madonna «Madre della Chiesa» e il2 febbraio 1974 promulgò l'esor­ tazione apostolica Marialis cultus, per il retto ordi­ namento e sviluppo del culto della Beata Vergine Maria, aveva già alle spalle una personale lunga e approfondita riflessione sulla teologia, sulla litur­ gia, sulla pastorale, sulla spiritualità mariana, che trovano nel magistero episcopale del periodo mi­ lanese (1955-1963) una esplicitazione assai ricca e precisa. Questa raccolta di 41 testi, alcuni inediti, di G.B. Montini, arcivescovo di Milano, ne sono una significativa testimonianza, la più completa possibile, allo stato attuale delle fonti. La Vergine ha sempre avuto una grande importan­ za per G.B. Montini. Aveva imparato ad amarla profondamente in famiglia e frequentando il San­ tuario di Santa Maria delle Grazie in Brescia, vici­ no alla sua abitazione. E negli anni che seguirono si ispirò sempre nella sua riflessione alla tradizio­ ne della Chiesa e a quella popolare, senza alcun cedimento sentimentale, del resto del tutto con­ trario al suo carattere e al suo stile. Che ci dice questa raccolta di discorsi e scritti ma­ riani? Dal punto di vista dottrinale la sua devozio­ ne a Maria è sempre stata teocentrica e cristologi­ ca (Maria è Mediatrice, ma questo titolo è riferito all'unico Mediatore, Cristo) e in prospettiva eccle­ siale (con il suo predecessore S. Ambrogio rialfer­ ma che Maria è il modello della Chiesa). Sono tut­ ti aspetti clie il noto mariologo René Laurentin evidenzia con particolare efficacia e· puntualità nella introduzione alla raccolta, non meno che la preoccupazione"liturgica e cultuale del pastore. Così un altro aspetto della personalità di Montini emerge da questa raccolta: la sua sensibilità esteti­ ca. Infatti egli percepisce in tutta la sua pregnanza spirituale la bellezza di Maria, miracolo della crea­ zione. Le pagine del libro sono tra le più fini anche dal punto di vista letterario del futuro Paolo VI. Vi sono squarci di autentica poesia, che danno vita e cuore ad un tessuto di pensiero proprio per questo mai aridamente dottrinale. Montini, quasi stupito di fronte alla bellezza so­ vrumana di Maria, alla sua perfezione di creatura eletta, non manca, come osserva Laurentin, di col­ locarla «in un costante contrasto con questo mon­ do, del quale ammira la ricchezza culturale e scientifica ma del quale intravede gli impulsi de­ gradanti», tuttavia «mai con pessimismo né con disprezzo. È con la convinzione che in Maria ab­ biamo un meraviglioso segno di speranza, di glo­ ria e di vittoria». In copertina: Silvio Consadori, L'annunciazione, particolare. (Associazione Arte e Spiritualità. Centro Studi sull'Arte Mo· derna).

ISTITUTO PAOLO VI - BRESCIA

GIOVANNI BATTISTA MONTINI Arcivescovo di Milano

SULLA MADONNA Discorsi A

e

cura

scritti (1955-1963) di RENÉ l.AURENTIN

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QUADERNI DELL'ISTITUTO

EDIZIONI STUDIUM-ROMA liSBN 88-382-3577-5]

La traduzione dal francere dei terti di René Laurentin è di Cortanza Ferremi. © Copyright 1988 by Istituto Paolo VI - Brescia Edizioni Studium S.p.A. - Roma

Stampa: La Nuova Cartografica - Brescia

INTRODUZIONE

CHI È MARIA PER G.B. MONTINI, ARCIVESCOVO DI MILANO?

La Vergine Maria ha avuto grande importanza per G.B. Montini, occupava un posto privilegiato nel suo cuore, nel suo stile e nel suo pensiero, ma sempre in fondamentale rapporto col Cristo. La vedeva in un duplice contrasto, che può far pensare al Caravaggio: pienezza di gloria nell'umiltà, suprema bellezza che si rivolge alla miseria del mondo. Il primo contrasto si risolveva in una miste­ riosa armonia, in una profonda identità. Il secondo non era affatto un rifiuto e un rimprovero ma un richiamo alla speranza di una condivisione, perché la perfezione di Maria è il prototipo della perfezione che Dio vuole realizzare in tutti. Chi è dunque Maria per il figlio di Brescia che diventerà Paolo VI? Questo libro dà una risposta limitata, ma significativa. È una raccolta di suoi discorsi e scritti - già pubblicati - da arcivescovo di Milano, vale a dire durante un periodo di una prova austera e feconda, che segnò la sua vita: otto anni di episcopato, tra la sua carriera di primo piano nella Curia romana e i quindici anni di pontificato - che sarebbero stati sièuramente diciannove se, nel 1958, fosse già stato cardinale. Questa raccolta di 41 testi di G.B. Montini, arcivescovo di Milano, ha dei limiti per diverse ragioni: L Sono atti pubblici. La sua corrispondenza e i suoi appunti personali saran­ no oggetto di altre pubblicazioni. Il presente volume si riferisce alla sua attività pastorale: sono testi che Montini ha scritto per gli altri e non per se stesso.

2. Sono distribuiti tra il 22 maggio 1955 e il 30 aprile 1963. Non ci occupe­ remo quindi né degli anni precedenti, né di quelli del pontificato. Tuttavia ve­ dremo che questi anni sono il prolungamento di un passato e prefigurano l'avvenire. a) La Vergine Maria ha sempre avuto grande importanza per G.B. Mon­ tini. Aveva imparato ad amarla profondamente da sua madre, dalla sua famiglia e frequentando il Santuario di S. Maria delle Grazie, prossimo alla sua abitazio­ ne. Egli tiene sempre presente la fonte della sua ispirazione, attinta dalla tradi­ zione della Chiesa e da quella popolare italiana, e ad essa fa riferimento nei suoi discorsi. b) Gli atti dell'arcivescovo Montini rivelano già alcune idee portanti del pensiero del futuro Paolo VI, guida del Concilio e della Chiesa post-conciliare. Ma innanzitutto bisogna precisare:

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che cosa rappresenta questa raccolta di testi? quali orientamenti e quali tendenze la.ispirano? - prima di porre l'ultima domanda: «Chi è Maria per G_B_ Montini? >> , in quale misura le carte dell'arcivescovo di Milano illuminano l'argomento ? L (HE COSA RAPPRESENTA QUESTA RACCOLTA DI DISCORSI SULLA VERGINE?

I discorsi e le direttive pastorali di mons. G.R Montini sulla Vergine Maria sono testi occasionali e settoriali, tra centinaia e migliaia d'altri. Ma questi 41 tes ti si integrano in modo coerente nell'insieme del progetto pastorale dell'arci­ vescovo per riconciliare fede cristiana e mondo moderno in rapida trasforma­ zione. Si tratta di testi legati alla sua funzione pastorale. Egli stesso li colloca nella linea di Pio XII, il papa dell'Assunta - da lui assume le prospettive con rigore e sobrietà - e nel solco della grande tradizio­ ne degli arcivescovi di Milano. Fa riferimento più di una volta a sant'Ambrogio, a cui si deve la formula: «Maria, modello della Chiesa». Era consuetudine che l'arcivescovo di Milano celebrasse le grandi solennità della Vergine, particolarmente la festa dell'Assunta. Nonostante il vuoto delle vacanze dei milanesi, a cui era sensibile, egli si mostra assiduo: - 7 dei 41 testi (l su 6) sono dedicati all'Assunta durante i suoi otto anni a Milano; 3 omelie per la Natività di Maria (a cui è dedicato il Duomo); - 3 omelie per l'Immacolata Concezione; - l per l'A nnunciazione (n. 30). Di contro, nulla per le altre feste. Si limitava alle più tradizionali, e non ha predicato affatto per le più recenti, come la Visitazione, ignorata in Oriente e nata in Occidente nel XV secolo, e tuttavia predicata tanto spesso da Lutero. Tutto questo aiuta a capire perché Paolo VI non ebbe alcuna difficoltà a spos tare la tradizionale festa della Visitazione dal 2 luglio al 31 maggio, e a trasferire la festa del Cuore Immacolato al sabato della terza settimana dopo la Pentecoste, riducendola a memoria facoltativa. Queste feste non costituivano af­ fatto linee significative della sua pietà mariana. Un altro punto forte, sono le direttive per la celebrazione del mese di mag­ gio. Vi ritorna sovente quasi come per l'Assunta: 6 volte in otto anni di episco­ pato. La sua costante preoccupazione è di orientare questa devozione popolare, nella quale crebbe nella sua infanzia, in senso realistico e pratico. Paolo VI aveva un rapporto vivo con la Vergine Maria, senza essere «ma­ riano» nel senso particolaristico che assumeva allora questa parola. La sua grande preoccupazione era di situare Maria al suo posto autentico nella vita del­ la Chiesa, senza eccessi o negligenze, senza enfasi o minimizzazioni. 2. LE SCELTE E LE TENDENZE

Quali sono dunque le scelte e le tendenze caratteristiche dei discorsi dell'ar­ civescovo di Milano?

Introduzione

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Montini cita raramente le fonti della sua ispirazione e non ha uno stile an­ tologico. Nell'omelia sul significato e sulle conseguenze positive della definizio­ ne dogmatica dell'Assunta (n. 27) cita, con sant'Ambrogio e Louis Bouyer (Le trone de la Sagesse, p. 9) due autori meno noti (Ferdinando Maggioni e Joseph Huhn) e, non poteva mancare, la definizione dogmatica di Pio XII. Altrove non si trovano né citazioni, né riferimenti ad autore alcuno, salvo che a Mauri­ ce Zundel, nell'omelia precedente (n. 26). In questo autore sembra aver trovato quanto cercava da molto tempo: una forma d'espressione poetica della bellezza metafisica di Maria. Questa influenza è viva nelle omelie del 1959-1960 e oltre. Il fatto è ancor più significativo in quanto Montini non cita il nome di Zundel, sicuramente perché questo autore era allora in una posizione difficile nei con­ fronti di Roma. Per la stessa ragione non cita affatto Jean Guitton, del quale aveva apprezzato e difeso il libro 1, non senza ricevere qualche rimprovero da parte del Santo Uffizio d'allora. _ , Montini non è un mariologo. Non aderisce al trionfalismo del movimento mariano all'ultima moda. Non ne riprende le elaborazioni e i temi teologici: Mediatrice, Corredentrice. Li riprende una sola volta (n. 32) per ambientarli, per spiegarli e ricondurli a Cristo solo. In quegli anni, in cui la mariologia o il fer­ vore mariano non erano privi di eccessi o di esagerazioni, egli è preoccupato di ritornare alle origini, di ristabilire l'equilibrio, di trovare una più compiuta inte­ grazione della Vergine in Dio e nel Cristo, di trovare un linguaggio che la collo­ chi a pieno titolo nella cultura moderna. Tutto ciò spiega l'interesse per il sag­ gio di Jean Guitton e il duplice riferimento a Bouyer e a Zundel. Se il suo atteggiamento fondamentale verso la Vergine è di ammirazione affettuosa (usa più volte questo aggettivo), questo stesso affetto è attento a scorag­ giare eccessi, deviazioni e illusioni. Se da un lato sostiene la devozione popolare (n. 32), dall'altro se la prende con certi «spiritualisti, nutriti di freddezza speculativa» (n. 2, p. 30). Mette in guardia da una pietà interessata o utilitaristica che ridurrebbe la religione ad una istituzione di mutuo soccorso, ad una assicurazione contro la sfortuna. Mette pure in guardia da una pietà che tenderebbe a separare Maria da .Qio, presentandola come più buona o più misericordiosa di Dio (n. 32 p. 170). Talvolta si distinguono due punti focali in Paolo VI: - il,riferimento a Pio XII, che egli servì per lunghi anni in posizione di primo piano; - e la preoccupazione per la modernità, non estranea al suo «esilio» a Milano. Questa analisi non è senza fondamento, anzi richiama sfumature e corre­ zioni. Paolo VI è stato uno dei due collaboratori più vicini a Pio XII. Lo ha servito lealmente, nel momento della predilezione come in quello della disgra­ zia. Pio XII rimase per lui un modello paterno al quale aderì, nonostante le diversità, con intenti di solidarietà, di obbedienza; poi, quando gli succedette alla cattedra di Pietro, con intenti di continuità. La sua attività pastorale a Milano non si è mai orientata su una via diversa e contrastante. E poi Pio XII, di ven­ t'anni più vecchio di lui, era già, a modo suo, un uomo aperto alla modernità. ·

1 ]EAN GmrroN, La Vierge Marie, Aubier, Paris, 1954; traduz. italiana di Lorenzo Fenoglio, La Vergine Maria, Rusconi, Milano, 1 987.

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La coltivava ardentemente, benché in modo diverso, e ancora di più, forse, in campo storico e scientifico. Montini accoglieva la modernità culturale ed esi­ stenziale, che vedeva conquistare spazio nello spirito degli uomini. Tuttavia, nei riguardi di queste correnti nuove, conservava un atteggiamento critico, ben do­ cumentato da questa raccolta di discorsi. Si confrontò con le realtà moderne, con la preoccupazione di stabilire dei ponti tra i rinnovamenti culturali, filosofi­ ci, esistenziali, e la fede, nella quale coglieva con intensità una rispos ta al mon­ do moderno. Era preoccupato che la fede non fosse una cittadella chiusa, ma che offrisse al mondo moderno delle soluzioni, accettandone il linguaggio. I suoi discorsi danno ampio spazio alle inquietudini del mondo. Ritorneremo su que­ sto argomento.

3. I

GERMI DEL PONTIFICATO

Nelle omelie dell'arcivescovo Montini si trovano i principali elementi che caratterizzeranno il Concilio (1962-1965) e l'esortazione apostolica Marialis cul­ tus (1974), nella quale Paolo VI sintetizza gli elementi fondamentali della de­ vozione alla Vergine. Secondo la Marialis cultus, che sarà il documento mariano per eccellenza di papa Paolo VI, la pietà per Maria deve essere: - dal punto di vista dottrinale: trinitaria, cristologica, pneumatologica, ecclesiale; - dal punto di vista pastorale: biblica, liturgica, ecumenica, antropologica. La maggior parte di questi elementi caratterizzano l'omiletica dell'arcivesco­ vo di Milano.

Teocentrismo

La sua prospettiva è costantemente teocentrica. Maria è riferita a Dio. È riferita alla Trinità (per esempio, nella sua introduzione al tema dell'Annuncia­ zione, n. 30, p. 161): È la festa del più miracoloso avvenimento che sia mai accaduto nel corso dei secoli. Pensiamo: il Verbo di Dio, Dio lui stesso, espressione interiore e infinito concetto che Dio, il Padre, ha di se stesso, e col Padre, coprincipio dello Spirito Santo, l'amore infinito e sussistente, calato sopra la più innocente figlia di questa terra, viene a vivere da uomo, come uno di noi [ ... ].

Costante è il richiamo al cristocentrismo: [ ] non separate mai la Madonna da Cristo, perché se ella ha tanti e tanti privile­ gi, li ha da Gesù. [ ... ] tutte le grazie, le bellezze, la santità, la virtù, le ha perché è unita a Cristo come nessun'altra creatura: Cristo è la sorgente di tutte le bellezze e le grazie di cui rifulge Maria (n. 32, p. 170). ...

Introduzione

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Dal punto di vista formale usa il termine «cristocentrico» (preso da Bre­ mon? ). Rico �r � al titolo di Mediatrix una sola volta, con la preoccupazione pre­ . dommante dt nfenrlo all'Vnus Mediator, come farà poi il Concilio.

lA prospettiva ecclesiologica

L'arcivescovo di Milano non è ancora entrato nella prospettiva pneumato­ logica, anche se, in filigrana, si può tentare di coglierla. Ci vorrà il Concilio perché egli la evidenzi, sia pure insistendo sulla Chiesa. «Maria "est Ecclesiae typus"» dice con il suo predecessore sant'Ambrogio. «Maria è l'immagine idea­ le, l'archetipo, il modello della Chiesa>> (n. 27, p. 146). In questa ottica il card. Montini inviterà i Padri, riuniti nella Basilica di San Pietro, a porre al centro della riflessione conciliare la Chiesa, integrandovi Maria (intervento del 5 dicembre 1962) 2.

Mater Ecclesiae

Questo intervento invitava pure a fare in modo che l'integrazione di Maria nella Chiesa non fosse una limitazione. Senza alcun dubbio, per questo motivo, procedette controcorrente nella proclamazione di Maria Madre della Chiesa. Si sa come la Commissione dottrinale del Concilio evitasse di usare formalmençe questo titolo, sconsigliato per ragioni ecumeniche, con scarsi fondamenti nella tradizione e con ambiguità che costituivano difficoltà reali; si sa pure come Pao­ lo VI, sostenuto da una minoranza fervente, effettuò questa proclamazione pro­ prio durante il Concilio, il 21 novembre 1964. Ci si chiede: da quanto tempo Paolo VI usava questo titolo di Madre della Chiesa, sostenuto con tanta perseveranza durante il secondo e il terzo periodo del Concilio? Fu forse influenzato dal suo predecessore, Giovanni XXIII, che, a partire dal dicembre 1959, in un messaggio ai fedeli dell'Ecuador\ usò più vol­ te questo appellativo? Le omelie del card. Montini attestano che egli usò questo titolo preceden­ temente, fin dall'8 settembre 1959, nella sua omelia per la Natività di Maria. E lo userà nella riflessione finale sul Concilio, a chiusura della stessa omelia. Vi si trova già abbozzato, più di tre anni prima del suo intervento conciliare del 5 dicembre 1962, il nucleo del suo pensiero sulla struttura dell'organizzazione del Vaticano Il:

l. Mettere al centro del Concilio la Chiesa, integrandovi Maria. 2. Riconoscerla non soltanto come tipo della Chiesa (n. 27, p. 146), ma come Madre della Chiesa (n. 25, p. 135). 2 Cfr. Acta Synodalia Conci/ii S. Oecumenici Vaticani glottis Vaticanis MCMLXX, pars I, pp. 3 1 3-316. 2 Cfr. AAS, an. et .vol. LII ( 1960), pp. 52-53.

II,

vol. l, periodus prima, Typis Poli­

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Citiamo il testo in cui Montini ripete con forza la parola chiave: la Chiesa, come lo fece altre volte per imporre i temi. che gli sembravano fondamentali (l'uomo in uno dei suoi ultimi discorsi conciliari).

È stato annunciato un Concilio Ecumenico -conclude l'ultimo capoverso dell'ome­ lia sulla Natività: -vale a dire che la Chiesa si riunisce, la Chiesa vuoi prendere co­ scienza della sua cattolicità e della sua unità, la Chiesa che vuoi ribadire le sue leggi, i suoi propositi, la Chiesa che vuoi pregare insieme, la Chiesa che vuoi farsi vedere una volta di più in mezzo al mondo e farsi sentire come l'anima del mondo. Il Concilio si prospetta con questi grandi presagi. Ebbene, preghiamo e cerchiamo di essere vicini alla Madre della Chiesa che è Maria Santissima [ . ] 4. . .

Il legame tra queste due opzioni: integrazione di Maria nella Chiesa e pro­ mozione del titolo di Madre .della Chiesa, non è esplicito in questa omelia, ma quanto accadde in seguito consente di affermare che il legame era per lui orga­ nico, cioè necessario. Si trattava di una scelta opportuna, anche se successiva­ mente si potè pensare che questo ecclesiocentrismo di una Chiesa aperta al mondo (Ecclesia ad intra, Ecclesia ad extra, diceva il card. Suenens), mancava talvolta di cristocentrismo. Se il Vaticano Il, per così dire, è scivolato in qualche modo su questo pendìo, questo non accadde mai a G.B. Montini. Non appare ancora chiaro, per quanto riguarda le omelie, perché l'arcive­ scovo di Milano scelga il titolo di Madre della Chiesa (non usato da Pio XII, ma soltanto da Leone XIII), invece di quello di Typus Ecclesiae . Infatti nell'omelia successiva, dove il suo pensiero è più esplicito, meglio strutturato, usa solo que­ st'ultimo appellativo. Perché allora compare il titolo di Mater Ecclesiae che proporrà al Concilio con tanta insistenza? Qui non ne dice le ragioni; è chiaro che la sua duplice scelta deriva da una forte convinzione. Dove aveva trovato questo titolo insolito? La 'scelta del titolo - l'abbiamo spiegato in altra sede (Colloquio dell'Istitu­ to Paolo VI di Brescia, 21 settembre 1986) è motivata dalla preoccupazione di compensare l'integrazione di Maria nella Chiesa con un titolo glorioso che manifesti la sua superiorità sulla Chiesa. Ma non avrebbe osato avventurarsi in questa scelta, se non avesse trovato qualche fondamento nella tradizione, nel magistero e in qualche teologo degno di questo nome. . Qual è dunque la sua fonte? -

Fu grazie ad Henri de Lubac, oggi cardinale, le cui opere erano allora in sospetto, che il futuro Paolo VI conobbe questo titolo e i suoi sporadici fonda­ menti nella Tradizione. Il padr� de Lubac aveva scritto da poco (Paris, Aubier, 1953), la sua Médita­ tion sur l'Eglise: libro in cui alla censura puntigliosa, dalla quale era assediato, dava la prova che la sua teologia erudita e contemplativa era al di sopra di ogni sospetto e di ogni discussione. 4 Il titolo di Madre della Chiesa ritorna il 10 novembre 1 960 nell'invocazione finale di un discorso sulla Chiesa: « Firenze, città di Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa [ ]». V. GIOVANNI BATI1STA MoNTINI, Discorsi su la Chiesa (1957-1962), Discorsi de1l'Arcivescovo di Milano 3, Milano 1962 , p. 127. ...

Introduzione

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ini piaceva que sto libro, ricorda moos. Pasquale Macchi, uno . A� c�r�. Mo :�u _ quotidiana: da arcivescovo prima, e da papa det mtghon tesumom. de �la sua vtta _ pot, ne faceva oggetto dt lettura e di meditazione. Aveva due copie di questo volume. Spesso ho visto Paolo VI dedicare lunghe ore alla meditazione con il volume di de Lubac, in cappella, nei pomeriggi domenicali quando non aveva impegni (lettera del 18 aprile 1986).

In questo libro moos. Montini poté conoscere il titolo ignorato, poco prima riscoperto grazie alle ricerche di Henri Barré, che aveva ritrovato i primi due casi risalenti al Medioevo dell'uso del titolo dì Mater Ecclesiae (Berengaud, XII secolo, e le Distinctiones monasticae, XIII secolo. Etudes maria/es 9, pp. 59-144, citato da de Lubac, pp. 279, 285 ecc. dell'edizione 1954, cui in seguito si farà riferimento). Moos. Montini non si è ispirato a padre de Lubac per il progetto della pro­ clamazione, perché la sua Méditation sur l'Église tratta di questo appellativo solo di sfuggita: meno di una pagina in una lunga meditazione di 56 pagine. Il tema dominante nella riflessione del futuro cardinale è quello della somiglianza tra Maria e la Chiesa, della loro analogia come vergini e come madri, espressa dalla tradizione: - sia tipologicamente: Maria, immagine della Chiesa (typus Ecclesiae), - sia mediante l'identificazione, seguendo Clemente Alessandrino: «C'è una sola Vergine Madre e mi piace chiamarla Chiesa» (Pedagogo, l, 6 [PG 8, 300]; de Lubac, p. 392). Henri de Lubac presenta per transennam il titolo di Mater Ecclesiae, e lo presenta come uno dei modi per esprimere la «superiorità di Maria sulla Chie­ sa» (p. 289). Esprime bene la particolarità del tema, che deve essere compensa­ to da altri (complementari): Maria è Figlia, Madre e membro della Chiesa, se­ condo Berengaud. Paolo VI userà questi titoli compensatori e sottolineerà la grandezza di Maria, come membro, sulle orme di de Lubac, dicendo: Membro in senso così eminente, così unico, che si dirà pure altrettanto bene e for­ se anche a maggior ragione, che la Chiesa le appartiene (pp. 289-290).

Nella nota 68 (sempre a p. 289), de Lubac fa seguire il testo di Berengaud da due altri riferimenti: Cornelio a Lapide, esegeta del XVII secolo (In Apoc. 12), e Leone XIII (enciclica Adjutricem populi, 5 settembre 1895). Il fatto che in Leone XIII si trovasse questo titolo inusitato, costituirà un precedente e una garanzia preziosi per Paolo VI, anche se egli non prese in considerazione l'idea abbastanza singolare sulla quale Leone XIII si fondava: Maria ha insegnato ai pastori della Chiesa (gli Apostoli), ciò che lei «conserva­ va nel suo cuore»: l'infanzia di Gesù, secondo Le 2, 19 e 51. Maria è così loro precorritrice e loro madre nella fede, dunque Madre della Chiesa di cui essi so­ no i membri fondatori. Paolo VI ha imparato bene gli insegnamenti del cardinale de Lubac: vi sono precedenti che autorizzano questo titolo. Ma egli fa appello ad alcuni correttivi. Permette di esprimere la superiorità di Maria. Per questo Montini alla fine ha

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visto in questo titolo un mezzo eccellente per es yrimere la «superiorità di Ma­ ria sulla Chiesa» (H DE LuBAC, Méditation sur l'Eglise, p. 289). Nell'omelia dell'8 settembre 1959 manifesta già la sua spontanea attrattiva per questa espress ione, la più gloriosa tra quelle sui rapporti di Maria nei ri­ guardi della Chiesa. La Bibbia mariana di G.B. Montini

Nelle omelie di Montini, arcivescovo di Milano, si trovano le linee della devozione mariana, che egli raccomanderà più tardi. Queste omelie sono bibliche. Non che parli da esegeta, non affastella le cita­ zioni, non procede mai all'analisi esegetica dei testi. Ma - e questo è più impor­ tante - basa ciò che è essenziale nel suo pensiero su alcuni versetti della Sacra Scrittura, in numero assai limitato, citati per lo più senza referenza. Sono: il saluto a Maria come «piena di grazia >> , secondo la Volgata; il suo sì: «Ecco l'ancella del Signore»; il suo Magnificat dove rende grazie per le grandi cose che il Signore ha operato in lei; l'intercessione di Cana; e, infine, il richiamo all'Apocalisse, 12. La Bibbia mariana dell'arcivescovo Montini sembra, dunque, molto limitata. Egli non fa riecheggiare le recenti scoperte esegetiche che rivelano la profondità del Mistero dell'Annunciazione: Maria, Figlia di Sion in prospettiva escatologica, Arca dell'Alleanza. E benché riconosca Maria come Madre (senza insis tenza sentimenta­ listica né, si direbbe oggi, cedendo a forme di «mammismo» ), ci stupisce il fatto che non faccia riferimento al testamento di Cristo: «Ecco tua Madre» (Gv 19, 25-27); un disinteresse che egli singolarmente condivide con Grignion de Montfort. Come lui, egli ha fissato il centro del suo pensiero sul rapporto Maria-Incarnazione. Ciò che attinge dalla Sacra Scrittura - quasi esclusivamente in Le l è la scelta di Dio, la predestinazione espressa dall'Annunciazione, l'umiltà di Maria, riferendo a Dio tutto ciò che egli le ha donato. La grazia, che fece di lei il tabernacolo di Dio, non le ha tolto la sua umiltà, né la sua dimensione umana. -

La dimensione liturgica

Il ricorso alla liturgia è in Montini più evidente di quanto non lo sia quello alla Sacra Scrittura; ed è spesso tramite la liturgia che cita la Bibbia, in particolare il Tota pulchra es del Cantico dei Cantici, diventato antifona mariana. Ma, anche qui, non entra affatto nel dettaglio delle citazioni, fa una scelta molto limitata di tes ti, che sono per lui una pista di decollo per accedere alle ineffabili meraviglie di Maria. D'altra parte l'ispirazione liturgica si prolunga nella citazione delle Litanie lauretane. La dimensione ecumenica

La pietà mariana deve essere ecumenica, aggiungeva Paolo VI nella Maria/ii cultus, dopo il Concilio. Questo orientamento, formalmente, non appare ancora

Introduzione

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nelle omelie dell'arcivescovo. I due riferimenti a Lutero e al protestantesimo sono precisazioni misurate, senza esagerazioni, ma critiche. Per spiegare la cooperazione umana alla Redenzione sente la necessità di chiarire la differenziazione rispetto a Lutero:

. �·) il Cu.lto alla Madonna mette in sempre migliore evidenza uno dei principi ba­ stla!t dt tutta l'economia della religione cristiana; ed il principio è quello della coope­ razmne umana alla Redenzione. [... ] cooperazione che Dio stesso ha voluto, impe­ gnando immensamente il contributo umano. È stato Lutero che non l'ha voluto consi­ derare, quando ha affermato che la nostra giustificazione si produce «senza alcuna opera umana». Non è questo il pensiero di Dio. Dio ha voluto salvare il mondo me­ diante l'Incarnazione, cioè mediante il concorso della maternità di Maria; e più la no­ stra fede si illumina della certezza e della meraviglia della divinità di Cristo, e più la gioia e la pietà c'invade per colei che fu tabernacolo vivente di tanto prodigio. (n. 2, p. 3 1). Allo stesso modo, nell'omelia per l'Assunta del 1960, fa riferimento ai non cattolici chiamandoli ancora «dissidenti», secondo l'uso preconciliare: Ma è da sperare, per quanto riguarda l'ostacolo che i dissidenti incontrano nell'esal­ tazione che la Chiesa cattolica fa della Madonna, è da sperare, dico, che l'ostacolo si converta in punto di convergenza, quando anche presso di loro sia meglio rivendicato il principio della cooperazione umana alla Redenzione, e sia rimesso in luce il sorpren­ dente rapporto fra Maria e la Chiesa, rapporto tanto caro, con altri Padri, al nostro sant'Ambrogio che afferma: Maria « est Ecclesiae typus » (n. 27, p. 146).

Qui, nonostante la parola «dissidente», il tono e la trattazione dello stesso tema progrediscono sulle vie dell'erumenismo. L'asse stesso della riflessione del futuro Paolo VI su Maria e sulla Chiesa si colloca su una linea aperta e favore­ vole all'erumenismo. Riflette su Maria in funzione della Chiesa. E la sua rifles­ sione si concentra nella formula patristica di sant'Ambrogio: «Modello della Chiesa», accettabile per i protestanti, scelta da Max Thurian come titolo del suo libro sulla Vergine Maria 5• Se la preocrupazione per i cristiani separati non emerge negli altri discorsi di Paolo VI sulla Vergine, ciò è dovuto al fatto che l'erumenismo, problema numero uno nei paesi anglosassoni, dove cattolici e protestanti vivono a porta a porta, importante in Francia, ma dove la riforma ha avuto minor peso, non si pone affatto in Italia, dove i protestanti rappresentano solo una piccola mino­ ranza. È come papa, che Paolo VI si fa carico, con coraggio e non senza audacia sorprendente, nei suoi incontri con il patriarca Atenagora, o con il Primate an­ glicano, della grande preocrupazione di Giovanni XXIII e del Concilio. Se ne colgono i germi nella sua riflessione sulla Chiesa. 5 Cfr. MAx THuRIAN, Maria Madre del Signore immagine della Chiesa, prefazione di Giulio Bevilacqua, La Morcelliana, Brescia, 1964.

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La dimensione antropologica

Nelle omelie dell'arcivescovo di Milano non si trovano i germi specifici di quell'antropologia femminile, che valse una così buona accoglienza alla Marialis cultus, a partire dalla stampa americana. In effetti il paragrafo antropologico, che tentava di accogliere quanto era accettabile nelle rivendicazioni femministe alle soglie dell'Anno della donna, non era affatto un'idea personale di Paolo VI. Il tema era stato elaborato in seno alla Commissione formata nell'ambito della Congregazione per il Culto divino e il ruolo di Paolo VI fu quello di far proprio il testo predisposto dagli esperti sensibili al problema. Si trova già nell'arcivescovo Montini non soltanto un umanesimo cristiano ma quello che egli stesso chiama una «esaltazione dell'antropologia cristiana»_ È il punto chiave che occupa più di un terzo dell'omelia per l'Assunta del 1956. Nelle sue varie omelie per questa festa ripete ins tancabilmente che Maria rias­ sume in sé ogni dottrina sulla vita umana, perché, la sua umiltà senza peccato e la sua glorificazione ne fanno il modello compiuto dell'umanità: «umanissima», dirà (n. 29, p. 152). Di fronte allo spettacolo desolante della nostra umanità corrotta, invita a contemplare questa umanità in Dio perfetta. È uno dei temi più costanti del suo insegnamento: Splendore dell'umanità in Maria, intitolerà (Ibidem, P- 151) la prima parte dell'omelia 29, interamente imperniata su questo tema. Il contrasto con la miseria del mondo (nn. 20, 24, 25, 28, 37) non è in lui pessimista e deprimente, perché la perfezione che Dio ha dato a Maria è fatta per essere condivisa, e noi ne riceviamo il germe nel battesimo. Il contrasto tra la perfezione ideale di Maria e la miseria del mondo peccatore è dunque essen­ zialmente uno stimolo per raggiungere la perfezione di Maria, là dove Dio ci chiama con lei. Insomma, le opzioni di Montini, arcivescovo di Milano, annunciano già le linee del Vaticano Il. L'eredità di Pio XII

Si sono talvolta contrapposte in Paolo VI l'eredità di Giovanni XXIII (il Concilio) e l'eredità di Pio XII. È forse diviso tra l'uno e l'altro ? No. Se è vero che si può avvertire in lui una certa tensione, non bisogna né esagerarla né drammatizzarla. La preoccupazione di cogliere tutti gli aspetti di un problema, di una questione, di un progetto, è una delle costanti, una delle grandezze di Paolo VI; una esigenza del suo realismo più che una lacerazione. Non è dibattendosi tra perplessità e interiori contrasti che Paolo VI cerca di conformarsi a Pio XII, ma con la preoccupazione di recepire la pienezza dell'ec­ clesialità che supera i limiti di ogni cristiano. Sulle orme di Pio XII, Paolo VI ha proclamato durante il Concilio' ma al di fuori del Concilio (in Concilio, extra Concilium, si è detto) un titolo di Maria. Pio XII l'aveva proclamata Regina nel 1954. Paolo VI l'ha proclamata «Madre della Chiesa >> nel 1964. E senza dubbio è stato contento di mostrarsi ' in questo ' il continuatore di Pio XII.

Introduzione

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Nella linea di Pio XII egli rinnoverà la consacrazione al Cuore Immacolato, nella s �ess � sessione p �bblica del Concilio (12 novembre 1964) in cui promulgò la Costttuz10ne del VatiCano II sulla Chiesa. Questo atto, come d'altronde la proclamazione di «Maria Madre della Chie­ sa», è segnato dalla moderazione e dalla circospezione. La sua proclamazione fu meno lirica di quella di Pio XII e il suo ricordo delle consacrazioni di Pio XII al Cuore Immacolato fu così discreto, così al di qua di un rinnovamento formale propriamente detto, che la veggente di Fatima non la considerò un progresso nella realizzazione del desiderio della Vergine (ancora insoddisfatto pensava). In Paolo VI questa consacrazione non è un moto spontaneo, come in Pio XII o in Giovanni Paolo II (in continuità con la sua esperienza polacca). Nel messaggio alla diocesi del 7 ottobre 1960, senza lirismo e non esplici­ tamente, invita a pregare con i vescovi portoghesi per l'anniversario dell'ultima apparizione di Fatima, 13 ottobre 1917, giorno del miracolo del sole. Ma lo fa con la preoccupazione di ricondurre lo slancio del fervore a fondamenti dottri­ nali incontestabili. In questa occasione richiama, a ragione, due verità, espresse con forza da Grignion de Montfort, ma sempre trascurate:

l. Non c'è consacrazione se non a Dio: ci si consacra mediante Maria e non a Maria in quanto tale. 2. L'unica consacrazione cristiana propriamente detta è il battesimo; le altre consacrazioni (voti religiosi, ecc.) ne sono soltanto l'attuazione. In definitiva, colloca la consacrazione proclamata da Pio XII nel quadro di una riflessione rigorosa. Senza diffondersi in spiegazioni, invita a celebrare con i vescovi portoghesi l'anniversario di Fatima, il 13 ottobre 1960, nell'ora in cui si aspettava la rivelazione del famoso segreto di cui egli non fa parola. La stessa sobrietà adotta in occasione del pellegrinaggio diocesano a Lourdes (nn. 9, 13, 16), nella ricorrenza del centenario delle apparizioni. Ne fa un tem­ po forte dell'anno di rinnovamento diocesano, ma i suoi tre scritti e discorsi su Lourdes sono molto discreti sul fatto stesso delle apparizioni. Predominante è la sua preoccupazione di ricondurre tutto all'essenziale. Riassumendo, nel suo amore a Maria è sempre preoccupato di una adeguata integrazione ecclesiologica di essa e di prevenire tendenze superficiali o idolatri­ che, e colloca la consacrazione dell'Italia alla Vergine nel quadro di una riflessione realistica sulla storia. L'Italia è nata da una spinta politica e laica, da una lotta aperta con la Santa Sede. La consacrazione a Maria è dunque per l'Italia un avvenimento: un atto di nascita religioso, una specie di battesimo (n. 25). Questa consacrazione, ricorda, è solo un'attuazione del battesimo. Si rivolge a Dio. E Maria non ne è il termine ultimo. Il cristocentrismo e il teocentrismo di Paolo VI sono sullo stesso piano della totale disponibilità di Maria solo verso Dio. 4. CHI È MARIA PER L'AROVESCOVO DI MILANO?

Al termine di questa introduzione che commenta la raccolta delle omelie occasionali di Montini arcivescovo di Milano, individuandone le caratteristiche,

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le tendenze, le anticipazioni rispetto al Concilio e i legami del suo pont� ficato alla tradizione, è forse troppo ambizioso porre la domanda: chi è Marta per l'arcivescovo di Milano ? Certo, la risposta fondamentale è che Maria è quale l'eternità in se stessa la trasforma, la Vergine del Vangelo, celebrata dalla tradizione cristiana. Montini ne parla secondo le feste liturgiche, in riferimento alla devozione del popolo cristiano, formatosi nella pia pratica del Mese di Maggio. Egli ne custodisce la devozione e celebra Maria come arcivescovo di questo popolo e come servitore fedele della tradizione vivente.

Una omiletica occasiona/e

È assai chiaro che Montini aderisce a tutto il dogma cristiano. Tuttavia lo richiama secondo istanze liturgiche o di altra natura. Parla poco di verginità, e insiste soprattutto sul momento iniziale e su quello finale di Maria: la sua pre­ destinazione, che prepara l'Immacolata Concezione e si conclude nell'Assunzio­ ne. Tra i due termini, si trovano relativamente pochi sviluppi sulla maternità divina. o sulla cooperazione di Maria alla Redenzione. G.B. Montini non di­ sprezza affatto questi temi, tuttavia non gli ispirano sviluppi originali né co­ stanti. Eviteremo qui il metodo inveterato delle monografie mariologiche, fatte di tanti capitoli, quanti sono i dogmi e i temi conosciuti, riempiti come cassetti, di testi faticosamente tratti dall'autore esaminato, per dimostrare che la sua ma­ riologia è «completa». L'arcivescovo di Milano aderiva intimamente al dogma nella sua totalità, ma i suoi discorsi non presentano una esposizione sistematica o organica. Sa­ rebbe artificioso costruirne una del genere su queste basi occasionali. Sarà più illuminante specificare il modo con cui egli presenta Maria. ll modo è sicuramente selettivo, senza che egli ci confidi le scelte e le espe­ rienze intime che lo ispirano (infatti Maria lo ispira, ed egli cerca una ispira­ zione degna di questo nome). Una esperienza importante

Tuttavia, dell'Assunta, confidenza è collaboratore

in occasione del decimo anniversario della definizione del dogma il futuro Paolo VI ci confida un'esperienza del 1950. Questa unica prova di una presa di coscienza importante per lui: quella di un di Pio XII nella elaborazione di tale definizione.

Chi vi parla ha avuto la rara fortuna (condivisa con un solo altro prelato [Tardini] ) di assistere il Santo Padre Pio XII, nella sua biblioteca, nel momento i n cui egli firmò la bolla della definizione del dogma dell'Assunzione di Maria, ed ha provato l'emozione singolare di assistere, sia pure a infimo livello, a quell'atto, formidabile nella sua sem­ plicità, perché collegato con la rivelazione di Dio, con la gloria della Madonna, con le cose del cielo e la storia evangelica, con la vita della Chiesa e con la fede delle anime (n. 27, p. 145 ) .

Introduzione

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Questo lo porta a rispondere alla domanda: perché questa definizione? [...] a me pare che l'intenzione ispiratrice del grande atto pontificio sia stata [...] la speranza di dare alla Chiesa, anzi al mondo intero, una particolare, immensa consola­ ziOne. �a proclamazione del mistero della gloria di Maria ha avuto [ ... ) lo scopo subal­ _ terno d1 portare al suo grado mass1mo la virtù consolatrice propria dei misteri della Madonna (Ibidem, p. 147).

In apertura aveva ricordato: [La] limpida e radiosa mattinata di novembre, a Roma, nella piazza San Pietro, gremita di fedeli, con l'intervento di centinaia di vescovi, alla presenza dei rappresen­ tanti di molte nazioni [... ) commovente pienezza d'un'esperienza soprasensibile. Chi ha assistito non potrà dimenticare. Certamente quella fu l'ora più grande di quel lungo, travagliato e glorioso pontificato; fu il giorno più bello di tutto l'Anno Santo; fu l'avve­ nimento religioso più rilevante del nostro tempo (Ibidem., p. 14 3).

Ritroviamo ancora una volta l'adesione profonda di Montini al papa che egli servì, con una nota lirica e poetica, che ci aiuta a cogliere l'ispirazione fon­ damentale dei suoi discorsi sulla Vergine.

Via pulchritudinis

Egli percepisce in misura dominante la bellezza di Maria (in particolare i 19, 20, 23, 26, 29, 38, ma questa elencazione non è esauriente). L'omelia dell'8 dicembre 1959 (n. 26), comincia con questo titolo preso dal­ la liturgia: Tota pulchra es Maria. Più volte G.B. Montini, paragona Maria alla Beatrice di Dante, simbolo d'integrale bellezza (n. 20, p. 106 e n. 27, p. 147). Era già nella prospettiva secondo la quale il 16 maggio 1975 avrebbe rac­ comandato ai mariologi dei Congressi Mariologico e Mariano di Roma: la via della verità non faccia dimenticare la via della bellezza (via pulchritudinis)6, ri­ peteva con insistenza Paolo VI. Era il suo ultimo messaggio mariano prima della· morte. Una specie di te­ s tamento destinato ai mariologi. Lo proponeva, non senza un certo humor; in­ fatti la «mariologia scientifica» ha perso spesso il senso della bellezza, della poesia, dal cui impulso è nata questa disciplina specialistica. Non si tratta affat­ to di idealizzazione superficiale né di estetismo. Montini precisa bene di quale bellezza si tratta: nn.

La bellezza e la purità sono due cose che in questo mondo vanno così poco d'accor­ do; quante volte proclamiamo la bellezza là dove c'è il vizio. Invece in Maria troviamo trionfante questa innocenza che ricompagina la volontà e la bellezza, l'innocenza e la purità. 6 Cfr. Insegnamenti di Paolo VI, XIII (1975), Tipografia Poliglotta Vaticana, 1976, p. 528. Testo latino dell'allocuzione in AAS, an. et vol. LXVII (1975), pp. 334-339.

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E allora? Allora godiamo a contemplare Maria, a conosce.rla, a ve?e� la, e lasciam? che i raggi di questa visione piovano in noi e allora [... ) sennremo, d1 nverbero quasi, pensieri buoni nascere in noi (n. 20, p. 107).

La bellezza suscita l'amore e apre al futuro. Paolo VI non esita a usare la parola amoroso per indicare i nostri sentimenti verso di lei. Ma, ancora una volta, a livello di agape e non di eros. E se celebra questo amore per una ma­ dre, lo fa senza insistenze sentimentalistiche. Ciò che si trova in Montini, dunque, non è affatto l'idealizzazione dell'eter­ no femminino che si attribuisce facilmente ai letterati. È una «qualità trascen­ dentale», precisa (p. 137). Maria ha realizzato per eccellenza quella bellezza che Maritain concepiva come proprietà trascendentale dell'essere. Nella Vergine vi è la pura somiglianza a Dio di un essere umano, «come uno specchio d'acqua candido e puro rispecchia il cielo» (lvi).

Poetica e drammatica

È una bellezza divina, non perché Maria sia una divinità, ma perché questa bellezza è data da Dio: bellezza del suo essere, ma anche di ciò che lei compie per vocazione: una bellezza drammatica, perché la storia di Maria «si distende in dramma» (p. 138) in questo mondo di peccato. Nella prospettiva drammatica, come pure in quella estetica, G.B. Montini ha punti di contatto con von Balthasar. La bellezza di Maria per Montini non è estetismo, ma si colloca nella storia della salvezza, uno dei riferimenti più ricor­ renti nei discorsi successivi. E la storia della salvezza è pure un dramma: il dramma del peccato. Montini lo coglie con tratti vivi e moderni, come un con­ strasto tra il nostro mondo pretenzioso, quanto ansioso, e la bellezza perfetta di Maria che lo trascende e lo stimola verso i fini più essenziali (nn. 24, 29, 34, 37, 40). Per esprimere questa bellezza, che egli concepisce in modo intellettuale, da filosofo e da mistico, va alla ricerca di mezzi espressivi poetici. Cita il poeta inglese Keats: «Una visione di bellezza è una gioia per sempre» (p. 107). La sua vena poetica personale è storica e geografica. Questo caratterizzerà perfino la progra�mazione dei suoi viaggi e i loro contrasti: Gerusalemme, l'O­ riente, sorgente di ogni luce, la prima Roma; poi Costantinopoli che divenne la seconda Roma; l'India misteriosa con la sua povertà e la sua cultura. Volle con­ tinuare la drammatica dei suoi viaggi con il contrasto tra Fatima (1967) e Var­ savia, il Portogallo di Salazar e l'Europa dell'Est. Ma la cortina di ferro gli resi­ stette, e l'equilibrio del suo poema Viaggiare ne fu intaccato nella realizzazione. Poi fu la volta dei viaggi di fondazione delle Conferenze episcopali di ogni con­ tinente: America Latina, Africa, Asia e Oceania, in una prospettiva ecclesiale e mondiale, dopo la prospettiva ecumenica che ispirò i primi viaggi. I suoi discorsi da arcivescovo si limitano alla poesia d'Europa: si veda l'ere­ zione di una statua col titolo di Nostra Signora d'Europa su una cima delle Alpi (nn. 15 e 19); poi quella d'Italia, in occasione della consacrazione a Maria. In questi segni egli vede il battesimo di un paese, nato da un'azione politica pura-

Introduzione

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mente lai �a (perfin? anticlericale). La sua poetica era essenzialmente geografica. Ma CIO che egh provava per la bellezza di Maria lo metteva alla ricerca di una poetica più inaccessibile, più metafisica nella sua essenza, perché, sottolinea egli stesso, Maria non solo è come al di là del linguaggio, ma al di là di ciò che noi ne possiamo comprendere. Sembra aver trovato l'ispirazione e l'afflato che cercava, leggendo il libro di Maurice Zundel: Marie, Notre-Dame de la Sagesse, Cerf, Paris, 1950 (uno dei tre libri ch'egli cita di preferenza). Partendo da qui, senza citazione né plagio né facile mimetismo, egli trova un autentico lirismo per esprimere la bellezza. Estetica e drammatica si intrecciano nel discorso n. 26, in cui si riferisce a Zundel: [ ... ] Non temere, Maria [ ... ] se è vero che la Madonna è in uno stato di meraviglia e quasi di stupore, di difesa davanti a questa stupenda visione dell'Angelo che le è ap­ parso, è anche vero che la Madonna non è una esitante, non è una debole. La Madonna ci apparirà subito nel suo canto del Magnificai come una regina, come una profetessa, come un essere da cui emanano immense energie spirituali; e le espressioni che nasco­ no su queste labbra femminili così dolci e così candide, sono espressioni di una forza formidabile (p. 139).

Estetica e drammatica costitUiscono il poema che lei ci ha lasciato: l'inno della Rivelazione di Dio stesso che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili. Il seguito rende esplicita la dimensione storica del Mistero di Maria: « Fecit potentiam in brachio suo, dispersit superbos mente cordis sui». Chi ha mai la forza di pronunciare parole simili e di chiudere in queste parole il gesto divino che conduce la storia? È questa Vergine [ ... ] che si presenta sulla scena del mondo e decla­ ma i destini dell'umanità, li interpreta, ed ha appunto in se stessa la forza di leggerli e di pronunciarli [ ...] . È Maria che apre l a storia dei miracoli d i Cristo [... ] Quanta forza! [. . . ] «Terribilis ut castrorum acies ordinata »; questa figura di dolcezza e di bellezza procede davanti e cammina sulle onde della storia come un esercito forte, come una schiera armata, schie­ rata in campo (pp. 139-140).

Gli piace in lei quel qualcosa di vittorioso e di invincibile. « Cunctas haereses sola interemisti in universo mundo »; tu hai avuto la forza di abbattere tutti gli ostacoli, tutte le eresie nel mondo universo, nella storia, all'idea, al concetto, al dogma dell'Immacolata Concezione (p. 140).

Se, per un attimo, il linguaggio di G.B. Montini si lascia trasportare dall'i­ dealizzazione ' resta sempre chiaro in lui che Maria non è un'immagine ideale, e ancor meno una divinità. È per lui una persona umana, inserita nella storia degli uomini, nella storia della salvezza. Vi insiste: La bellezza di Maria si iden­ tifica con la sua umiltà, trasfigurata da Dio; questa percezio _ne fondamentale evita nei suoi sviluppi ogni magniloquenza o extrapolazione. E il germe dell'e­ cumenismo che egli accoglierà con convinzione, perfino là dove altri aspetti del­ la tradizione l'hanno costretto a fare i conti con la delicatezza dei rapporti ecumentct.

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Nell'omelia n. 12 per l'Assunta (1957), sviluppa questa identità tra l'umiltà di Maria e la sua gloria, tra la pochezza che a sé att [ibuisce e l'altezza a cui Dio la eleva. Altezza e grandezza sono in lei correlate. E il tema che sviluppa nella seconda parte dell'omelia intitolata: La grandezza della sua umiltà. L'umanità di Maria non corrisponde a un demerito, ma ad una valutazione di un merito; e il merito è solo di Dio. Ella ha il senso dell'essere creato, che tanto più è debitore alla causa prima, quanto più ne ha ricevuto di grandezza e di potenza (p. 62).

Se Montini colloca Maria in un costante contrasto con questo mondo, del quale ammira la ricchezza culturale e scientifica ma del quale intravede gli im­ pulsi degradanti, non è mai con pessimismo né con disprezzo. È con la convin­ zione che in Maria abbiamo un meraviglioso segno di speranza, di gloria e di vittoria: parola che ritorna spesso. Maria è vittoria e « causa nostrae laetitiae» (p. 40), perché in lei è «il silenzio profondo dell'anima perfetta e aperta all'in­ finito» (p. 147). Maria è l'antidoto di un mondo in perdizione che precipita spensieratamen­ te «verso l'assurdo, verso la disperazione, verso la rovina» (p. 148). A questo mondo, la Chiesa presenta Maria «luminosa ormai di tutto il suo splendore ce­ leste [ .. ]. A maggiori tenebre, maggior luce» (lvi). Questi discorsi sono un invito all'ascolto di Maria nella speranza. .

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NoTA REDAZIONALE

l. Le fonti da rui sono tratti i testi sono le seguenti: a) Rivista Diocesana Milanese (RDM), ufficiale per gli atti arcivescovili; b) Discorsi dell'Arcivescovo di Milano, vol. 5, Su la Madonna e sui Santi (Discorsi 5), a rura dell'Ufficio Studi Arcivescovile di Milano, Milano 1965. c) L'Archivio dell'Istituto Paolo VI per cinque testi (nn. 7, 8, 15, 17 e 28), probabilmente inediti, di rui in quella sede è conservata fotocopia dell'auto­ grafo.

2. I testi sono ordinati in successione cronologica. 3. Sono stati trasferiti in nota i riferimenti biblici e bibliografici contenuti nel testo; sono stati completati, ove necessario, e, per quanto è stato possibile, aggiunti quelli mancanti.

4. Sono state anche introdotte note della redazione (n.d.r.), ritenute opportune per una migliore comprensione dei testi, soprattutto per quanto attiene l'i­ dentificazione di circostanze, luoghi e personaggi. S. I titoli dei vari dorumenti sono per lo più del ruratore. Quelli che si trovano nella fonte sono dati di volta in volta nella citazione della medesima.

6. Consultando le agende dell'arcivescovo Montini risulta che assai più numero­ se di quelle qui menzionate furono le circostanze in rui egli parlò o scrisse sulla Madonna. I testi qui riprodotti sono quelli che le fonti, ad oggi disponi­ bili, offrono.

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MARIA ILLUMINA IL PROBLEMA FONDAMENTALE DELLA VITA UMANA Discorso ad un'assemblea di giovani tenuto a Monza nella notte del 22 maggio 1955 1

Il futuro Paolo VI è da poco arrivato a Milano. Davanti all'altare della Ma­ donna, nel mese di maggio, egli si rivolge ad una assemblea di giovani. Richia­ ma i gravi problemi della gioventù del dopoguerra. Maria dà ad essi una rispo­ sta profonda che troveremo imitando il suo meditare, riscoprendo l'esigenza del raccoglimento interiore. L'itinerario mistico di Maria ci richiama un problema fondamentale della vita umana, particolarmente urgente e indeclinabile per la gioventù: il problema della vita spirituale. Qui si trova la chiave per la soluzio ­ ne di tutti i problemi.

Giovani carissimi, La nostra grande adunata avviene nel cuore della notte, sotto il cielo di maggio, davanti all'altare della Madonna. Questo dice come il silenzio è la parola che conviene in questo mo­ mento alle nostre anime. Gli stessi canti che lanciamo al cielo svegliano emozioni che amiamo piuttosto meditare che esprimere. La pace di que­ st' ora sottratta al sonno vuoi essere gustata nella profondità interiore e popolarsi degli echi che non vengono dai rumori profani della vita sen­ sibile: gli spazi ci attraggono verso sconfinati pensieri; l'oscurità ci riem­ pie di riverenza e di mistero. Nel silenzio immenso una sola voce vor­ remmo ascoltare, dolcissima e purissima, quella di Maria, il cui culto qua ci riunisce, la cui immagine qui ci illumina, la cui bontà ci apre l'anima a supreme confidenze. E la voce di Maria parla appunto agli spiriti attenti senza violare l'incantesimo di questo beato silenzio, e suscitando da ignorate regioni interiori cadenze, umili accenti, note brevi e sapienti. La Madonna innanzi tutto ci parla di sé; lei, la pensosa che « cogitat Dal 1947 la Gioventù di Azione Cattolica milanese aveva istituito la «Notte Santa », vale a dire un incontro notturno di preghiera dei giovani in occasione delle devozioni mariane. La sede dell'incontro cambiava ogni anno (n.d.r.).

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bat qualis esset ista salutatio » 2, pensava al misterioso linguaggio dell'An­ gelo, chi sa per quale ineffabile rivelazione a lei annunciatosi - pensava, rifletteva quale saluto fosse mai quello. Lei, la meditativa, che « �onserv� ­ bat omnia verba haec conferens in corde suo » 3, conservava ogm cosa VI­ sta e udita nella mirabile notte del natale di Gesù, suo Figliolo; e ancora lei la contemplativa , che « conservabat omnia verba haec in corde suo » . Oh, la vita interiore della Madonna che si arricchiva d'ogni fatto esteriore e rielaborava dentro di sé l'incomparabile esperienza della vita di Cristo! Maria, che nel santuario ardente e raccolto del suo ineffabile amore di Dio, ha generato in carne il Verbo eterno, e poi in pensiero lo rigene­ ra o con sé lo rivive, a noi insegna come chi cerca di far propria la vita di Dio e la . vita di Dio tradurre in azioni ed opere nostre e viventi debba dal proprio cuore attenderlo, col cuore cercarlo, nel cuore fargli stanza e custodirlo, nel cuore venire a colloquio con lui, nel cuore riportare le esteriori esperienze per rigenerarle, per dare ad esse un significato e un valore superiore e divino. La mistica voce di Maria richiama cioè la nostra anima ad un pro­ blema fondamentale della vita umana, ed ora specialmente, per la gio­ ventù urgente e indeclinabile: il problema della vita spirituale. È il problema umano per eccellenza: l'uomo è di natura sua orientato a questa forma superiore di vita; la gerarchia delle sue facoltà quando è rispettata e messa in azione per arrivare al suo termine, porta al godi­ mento del pensiero e della contemplazione. È il problema moderno per eccellenza: l'uomo ha immensamente moltiplicato la sua capacità di conquista della natura che lo circonda; la scienza, la tecnica, il lavoro lo rendono di giorno in giorno sempre di più padrone del mondo; ma questa padronanza tende per forza di cose alla soddisfazione dei bisogni dell'uomo; ed i bisogni supremi dell'uomo sono ancora quelli della sua mente, del suo cuore, del suo spirito, in una parola. È il problema giovanile per eccellenza: l'uomo nella giovane età è attratto dalla sconfinata varietà delle esperienze possibili che lo circonda­ no; le esperienze più facili sono quelle dei sensi e dell'azione; occhi e muscoli sono i suoi più facili strumenti di esperienza; egli si attarda e si inebria di questo esercizio; cinema e sport sono il campo preferito della sua vita. Ma questo contatto con il mondo esteriore altro non vuole rag­ giungere che una vitalità personale di chi gode di tale contatto; è ancora l'uomo in se stesso l'oggetto di questa esperienza; e cioè è ancora la vita personale e interiore il termine a cui vorrebbe dirigersi questa inebbrian­ te esperienza esteriore. '

2 Le 1,29 (n.d.r.). l Le 2,19.

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Maria illumina il problema fondamentale della vita umana

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Ma se ciò è nella natura delle cose, noi sappiamo che non è pur tro l?po . ne � le in �enz io J? i co �u � i deg � i uom ini, e non è pur troppo nelle , L'esperienza umana, moder­ aspiraziOni cosCienti_ di moltissima gioventu. na e giovanile preferisce soffermarsi nel mondo esterno, che non concen­ trare in quello interiore i tesori della vita. La vita odierna è massima­ mente tentata di esteriorità, di superficialità, di sensualità. Il livello dei valori umani si abbassa da quelli superiori del pensiero a quelli più facili della fantasia e della sensibilità. La vita animale, la vita economica e ma­ terialistica, la vita fisica prevale su quella propriamente umana e spiritua­ le, su quella religiosa e morale. E così anche il mondo morale: priva la coscienza delle interiori e su­ preme esperienze dell'obbligazione morale, ch'è la voce di Dio pronun­ ciata nel nostro foro interiore, essa cerca indarno dei punti fermi intorno a cui gravitare; diventa opportunista e ipocrita; diventa facile agli ossequi di massa e alla moda imperante; il carattere, che vive di idee più grandi dell'uomo, non si forma più; la retorica dell'azione trionfa; la morale del riuscire e del sopraffare è preferita a quella del pensare, del soffrire e del servire; da un lato la forza guida la politica umana, dall'altro il godimen­ to è fatto termine del lavoro e della fatica, fino a scaricare e lavoro e fatica su le spalle altrui e a fare del privilegio, del divertimento e dell'o­ zio il grado supremo di una vita compiuta. Per chi, come voi, giovani carissimi, attende alla vita cristiana questo capovolgimento di valori e questo smarrimento dei veri sentieri della vi­ ta sono risparmiati. La vita cristiana conserva saldo e provvido il disegno del nostro cammino: esso parte, sì, dall'esperienza umile e bella del mondo sensibile; sale attraverso quello dell'onesto lavoro, conquistatore delle risorse che la Provvidenza ha distribuito e nascosto d'intorno a noi; e ancora sale sopra il panorama del mondo sensibile per arrivare a quel­ lo del mondo intellegibile, dove le cose hanno un significato, e dove co­ minciano a mostrarsi gravide di leggi, di un pensiero cioè che le ha ge­ nerate e plasmate, e si palesano effetti parlanti d'un pensiero divino; e allora un'interrogazione comincia nell'anima che si apre al mistero e ne cerca i segreti superiori; prima un gemito, poi un'invocazione, una pre­ ghiera, un colloquio, una beatitudine: Dio è presente! Un'adorazione, un silenzio! Un'ebbrezza, un abbandono, un amore! Dio è presente! Lo so, carissimi giovani, che abituati a questa invincibile e suprema filosofia, e favoriti dal sommo dono della fede e della grazia, voi possede­ te questa vita interiore, voi sapete pregare, voi sapete riflettere e medita­ re. La vostra presenza a questa nostra arante e meditante riunione lo dice. Ma è questa stessa presenza, davanti all'immagine di Maria Santis­ sima, tabernacolo del Verbo divino, sede della Sapienza, che voi rinno­ vandone la consolante esperienza volete riconfermare i propositi della vi­ ta personale ed interiore.

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Voi qui, alla scuola di Maria, riconfermate il vostro programma religioso e spirituale _ . Voi farete della vostra vita religiosa non soltanto una pratiCa esterna, un'osservanza abituale e passiva, ma ne cercherete la verità oggettiva immensa, infinita, divina - e la convertirete in ricchezza vostra, interio­ re, meditata, personale, profonda. Giovani, imparate a meditare. Fate che la vostra religione sia spirito e vita. Pregate col cuore, più ancora che con le labbra. A voi è dischiusa la ricchezza interiore del cristianesimo vivo_ Giovani, createvi una cella interiore: per soppesare il valore autentico delle cose. Diventerete realisti e non sarete ingannati dal troppo orpello ch'è offerto dal facile mercato del mondo. Per dare un nome alle cose e farle interiormente vostre. Diventerete intelligenti, e saprete domani dire qualche sicura parola agli altri. Per incontrarvi con Dio: il vostro cuore può essere tempio per questo ineffabile incontro. Per rivivere davvero Cristo, nella fede, nell'amore, nella grazia_ Troverete in questa austera, ma beata disciplina dello spirito delle energie straordinarie: non vi sarà più difficile conservarvi casti e forti; non vi sarà più difficile essere franchi e sinceri e servire la causa della verità e della giustizia, non vi sarà più difficile aiutare in umiltà e fedeltà ogni opera buona; non vi sarà più difficile amare, amare molto, amare con dono di sé, amare senza flessioni egoistiche e inferiori. Davanti a Maria invocate e promettete la preghiera interiore. Ecco. Cominciamo subito, e preghiamo insieme così: O Maria, che nel cenacolo hai presieduta la prima assemblea della Chiesa nascente, presiedi materna anche la nostra riunione, affinché sia­ mo fedeli alla Chiesa, siamo compaginati nella carità e siamo apostoli della rinnovatrice socialità cristiana. O Maria, benedici questa Gioventù riunita nell'amicizia e nella carità. O Maria, che hai raccolto nell'umiltà, nella fede, nel silenzio, nella contemplazione interiore la Parola del cielo, guarda questa nostra Gio­ ventù vegliante e ottieni a noi i doni dello Spirito Santo, la resistenza nella vigilanza su i pericoli e l'accidia della vita mondana, la letizia di camminare portando sempre accesa la lampada del nostro battesimo. O Maria, che hai conosciuto più d'ogni altra creatura i dolori del cuo­ re umano, vedi nel cuore di questa Gioventù paziente, che generata nelle guerre e nelle lotte del tempo presente, porta nel cuore segrete sofferen­ ze, delusioni e stanchezze ancor prima d'averne conosciute le cause, guarda ai nostri disagi, alla nostra incipiente fatica, guarda alla nostra debolezza, e infondi nel nostro cuore, con la tua dolcezza, la speranza, la fortezza, l'eroismo cristiano.

l

Maria illumina il problema fondamentale della vita umana

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O Maria, maestra della preghiera, insegna anche a noi, Gioventù arante, a pregare, cantando, come tu hai cantato magnificando Iddio; meditando, come tu hai meditato portando e rivivendo in te il Verbo divino. O Maria, che hai dato Cristo al mondo e hai assistito gli apostoli nella loro missione di dare Cristo al mondo, dà anche a noi, Gioventù operante, il desiderio e la grazia d'un umile e sincero apostolato; e tu che sei stata forte fino ad assistere al supplizio del tuo Figliolo rimanendo diritta sotto la croce, fa che nessuno di noi abbandoni Gesù nel giorno della sconfitta terrena, che nessuno di noi arrossisca di confessarlo, che nessuno di noi sia vile e dimentico delle nostre promesse; ma fa che tutti siamo degni di dare a lui franca testimonianza di pensiero e di opera. O Maria Vergine; o Maria Madre; o Maria Regina, proteggi e salva la Gioventù cattolica. (RDM, anno XUV [195 5 ] , n. 6, pp. 173-177: Discorso di Sua Ecc. Mons. Arcivescovo nella notte del 22 maggio 1 955 a Monza)

2 MARIA E L'UMANESIMO Discorso tenuto in Duomo per la festa dell'Assunta il 15 agosto 1955

In relazione agli ultimi successi del movimento mariano (definizione del dogma dell'Assunta nel 1950, anno mariano 1954) l'arcivescovo di Milano ap­ profondisce le motivazioni di una vera devozione a Maria. Egli invita alla gioia. Difende il culto di Maria contro quelli che lo ritengono nocivo al culto del Cri­ sto. Esalta le due definizioni dogmatiche di Pio IX e di Pio XII: frutto di un dialogo tra Ecclesia discens e Ecclesia docens. Chiarisce il significato di questa evoluzione e mette in evidenza la cooperazio ne umana alla redenzione in e­ splicita contrapposizione a Lutero. Conclude con un tema antropologico ch e è uno dei Leitmotive dei suoi discorsi fondamentali: l'attuale sviluppo del culto di Maria è legato a quello di un umanesimo, di cui lei è il vertice. Questa antropo­ logia è intelligenza del disegno di Dio nell'Incarnazione.

Dilettissimi figli, parlare di Maria è dolce e difficile insieme. Così è dei misteri cristia­ ni: tanto invadono la nostra anima, che la riempiono di gaudio e pare le facciano nascere dentro amore e poesia; e tanto la superano, che quasi la privano di parola e di senso. LoDE A MARIA SANTISSIMA AssuNTA Oggi così è per la festa che la Chiesa ci fa celebrare: gode la nostra pietà della gloria della Madre di Cristo, e vorrebbe cantarla; e così alta e remota dalla nostra esperienza essa è, che la lingua non trova espressioni adeguate. Ed a ciò s'aggiunge che oggi la Chiesa ci ha palesato l'assoluta certezza dell'Assunzione di Maria Santissima; e dà perciò nuovo vigore, nuovo fuoco alla pietà, alla pietà che ne insegue con più sicuro volo il celeste cammino. E s'aggiunge anche che la devozione alla Madonna è fatta oggi così ricca di voci e di canti che meglio ci piacerebbe di tacere, ascoltare e fare eco, che inserire nel grande coro il nostro debolissimo accento. Fortunatamente la nostra pietà, invitata a far sua la festa dell' Assun­ zione di Maria Santissima, già conosce quali sono i sentimenti atti a ce-

2 Maria e l'umanerimo

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lebrare con gli angeli l'entrata trionfale di lei nell'eterna beatitudine; di lei, che nell'integrità perfetta del suo essere, se pur questo fu tocco dalla morte, della morte non conobbe triste rovina; e subito dopo la placida dormitio, ricomposta nella sua meravigliosa unità, d'anima e di corpo, fu assunta in quello stato di pienezza e di felicità, in quel regno di gloria che chiamiamo Paradiso; e là vive beatissima nella visione di Dio, di quel Dio Padre, che fece di lei alta creatura, quel Dio Verbo, che volle da lei essere generato uomo ed averla sua madre, di quel Dio Spirito Santo che in lei compì la concezione umana del Salvatore. Sentimenti di esultanza. Voi avete un istante fa udito e assecondato il canto dell'ingressa di questa Messa che si sta celebrando: « Laetemur om­ nes in Domino » t, rallegriamoci tutti nel Signore celebrando la festa in onore della beata Vergine Maria, per la cui Assunzione godono gli angeli e inneggiano al Figlio di Dio. A voi ritornano certamente le acclamazioni di sant'Ambrogio: « Quae pompa illa, quanta angelorum laetitia plauden­ tium, quod habitare mereatur in coelo, quae coelesti vita vixit in saecu­ lo!» 2. Quale festa, quale letizia di angeli plaudenti, per il fatto che abbia meritato di abitare nel cielo colei che vita di cielo visse nel tempo! Sentimenti di meraviglia scaturiscono dall'umiltà della storia di Ma­ ria; e il suo grande cantico li pone sulle nostre labbra: « quia respexit humilitatem ancillae suae, ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes» 3. Perché Iddio guardò all'umiltà della sua serva, ecco che mi proclameranno beata tutte le generazioni. Sentimenti di tenerezza e di devozione. La stupenda antifona, che fa parte ormai della preghiera comune, sembra concepita per questa solen­ nità: « Salve Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza no­ stra! » per scoppiare, alla fine, nel grido di san Bernardo: « 0 clemente, o pia, o dolce Vergine Maria! ». Sentimenti di fiducia e di preghiera. La voce del Petrarca risuona nel­ la sua concitata invocazione: « soccorri alla mia guerra, l Bench'io sia ter­ ra, l Oh, Tu del ciel Regina» 4. E non sarebbe finita la dolce litania che intreccia le sue lodi ai nostri sospiri, le sue fortune alle nostre sventure, la sua pienezza alla nostra miseria. Nessuna creatura al mondo, nessun soggetto ha mai dato sor­ gente più ricca, più umana, più fresca, più bella alla poesia e all'arte che Maria Santissima. Oggi quest'onda di grazia sale nelle nostre anime e le riempie di esuberanti dolcezze, di alate invocazioni, di sognate armonie: Maria, la purissima, Maria, la dolcissima, Maria, la bellissima; la forte 1 Cfr. Mirrale Ambrorianum, Mediolani MCMLVI, p. 538 (ingressa in Pesto Assumptionis B.M.V.) (n.d.r. ). 2 De Virginibur Il, 17 (PL XVI, 2 1 1 ) .

3 Le 4 Dalla famosa canzone di Francesco Petrarca

l, 48.

CCCLXVII,

vv.

1 1 - 1 3 ) (n.d.r. ) .

Vergine bella, che di rol vertita (Le Rime,

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Sulla Madonna (1955-1 963)

come schiera in campo; Maria, la pensosa; Maria, la povera; Maria, la dolorosa; Maria, la vergine; Maria, la madre; umanissima, come Eva, più di Eva; divina nella sua grazia, nei suoi privilegi, nei suoi misteri, nella sua missione, oggi nella sua gloria. . . Tanta letizia non ci proibisce però di pensare, anzi a pensare Cl mvl­ ta la fioritura crescente della devozione alla Vergine, devozione che questi stessi nostri anni, segnati da tanta profanità, da tanto laicis �o, da tanta irreligiosità, anzi da tanta empietà, hanno veduto espanders1 e ar­ ricchirsi di nuove luci e di nuovi fervori. .

IL CULTO A MARIA

Uno dei fatti religiosi, infatti, del nostro tempo, è l'incremento del culto a Maria. La Chiesa cattolica è sola ad avvertirlo ed a viverlo; ma come potrebbe essere celebrata la festa della madre dei cristiani fuori del­ la casa della famiglia cristiana? Anzi, fuori di questa famiglia, che è la Chiesa cattolica, si è guardato con malumore allo sviluppo preso dal culto mariano; ancora si è sussurrato che il culto a Maria detrae da quello di Dio e di Cristo. E la crescente attenzione che il magistero ecclesiastico ha dato alla dottrina su la Madonna, come il fervore sempre più vivo, sia popolare che liturgico, che il culto cattolico ha dedicato alla Vergine, sono parsi a certi spiritualisti, nutriti di freddezza speculativa più che del realismo evangelico, come a certi cristiani denutriti dalle correnti vive della pietà, quasi snervanti e indiscreti. A noi invece sia la dottrina che la pietà mariana, quali la Chiesa col­ tiva con scrupoloso studio della verità e con sempre vigile nobiltà di forme, sono apparse logiche manifestazioni della coerente e feconda vita­ lità della nostra religione. Nessuna novità è stata introdotta nella fede e nel culto ; solo dalla fede e dal culto sono state cavate nuove ricchezze. È stupendo osservare come un dialogo sia stato impegnato, quasi un rito storico, in questa età tra la Chiesa docente e la Chiesa discente; tra la sapienza del magistero ecclesiastico e la spontaneità della devozione po­ polare; il dialogo era su la Madonna; e procedeva dal comune tesoro del­ la rivelazione meditata e vissuta. Abbiamo così avuto due definizioni dogmatiche, una su l'origine della Vergine, l'Immacolata Concezione, l'al­ tra su la fine temporale di lei, l'Assunzione; e fra questi due misteri, ini­ ziale e finale, la ghirlanda delle feste mariane, incentrata sempre nel mi­ stero sommo della sua divina maternità, s'è ingemmata di fiori sempre freschi, sempre profumati di autentiche virtù cristiane. Davanti a fenomeno tanto meraviglioso, la nostra curiosità si do­ manda che cosa tutto questo significhi, e quale linea rappresenti nel grande quadro della teologia cattolica.

2

Maria e l'umanesimo

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La risposta esigerebbe svolgimenti amplissimi. Ma a noi basti osser­ vare oggi questo: il culto alla Madonna mette in sempre migliore evi­ denza uno dei principi basilari di tutta l'economia della religione cristia­ na; ed il principio è quello della cooperazione umana alla Redenzione. Una cooperazione subordinata, che nulla toglie alla unicità dell'azione salvatrice di Dio, né alla gratuità del dono della nostra salvezza; ma co­ operazione che Dio stesso ha voluto, impegnando immensamente il con­ tributo umano. È stato Lutero che non l'ha voluto considerare, quando ha affermato che la nostra giustificazione si produce « senza alcuna opera umana » . Non è questo il pensiero di Dio. Dio ha voluto salvare il mon­ do mediante l'Incarnazione, cioè mediante il concorso della maternità di Maria; e più la nostra fede si illumina della certezza e della meraviglia della divinità di Cristo, e più la gioia e la pietà c'invade per colei che fu tabernacolo vivente di tanto prodigio. Così che una volta ancora la devozione a Maria viene a sollevare la nostra stima per l'umanità, per la nostra povera umanità. L'Incarnazione non è soltanto Dio che discende infinitamente per farsi uomo; è anche l'uomo che sale, immensamente; ed il vertice di questa ascesa è Maria Santissima. A mano a mano che l'umanità ha coscienza e culto di sé, comprende questa teologia; e non può restare insensibile alle fortune di Maria, nelle quali ravvisa le sue. Si può forse per questo motivo com­ prendere perché la devozione alla Vergine Santissima abbia in questo tempo tanto sviluppo; perché oggi l'umanesimo è nella coscienza di tutti; e chi ne cerca le espressioni più genuine e più alte, non può non godere di trovare in Maria la sommità del più alto umanesimo. Il popolo cri­ stiano ha l'intuito di ciò, e non a torto sente in Maria esaltato il suo ideale di vita umana: « [ ... ] in Te s'aduna / Quantunque in creatura è di bontade » 5 • Né si dica che questo è antropomorfismo religioso, no, è compren­ sione del disegno di Dio, che poteva a noi rivelarsi in tanti modi; ed in tanti infatti ha parlato all'umanità: « multifariam multisque modis olim Deus loquens patribus in prophetis novis simis diebus istis locutus est no bis in Filio » 6; Dio che nei modi più vari parlò un tempo ai profeti, in questi giorni nostri ci ha parlato mediante il suo Figliolo; mediante il fatto prodigioso dell'Incarnazione. Dio per comunicarsi all'uomo ha volu­ to seguire il sentiero della generazione virginale di Maria. Maria è stata il tramite vivente delle venute di Dio tra noi : « Verbum caro factum est » 7. Maria è la finestra del cielo, janua coeli; è lo specchio della luce divina, speculum justitiae; è il tabernacolo dell'alleanza tra Dio e gli uomini, foederis arca. Il prodigio non è soltanto misterioso; è dolcissimo. 5 DANTE AuGHIERI, La Eb l, 1 Gv l , (n.d.r. ) .

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1-2. 14

Divina Commedia, Paradiso, XXXIII, vv. 20-2 1 .

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Esso ci autorizza ad impiegare nell'impervio colloquio con la divinità l'umile e a noi notissimo linguaggio degli affetti umani: in Maria, la Vergine per eccellenza, la Madre per eccellenza, la gamma dei nostri sentimenti più cordiali e più elementari può essere impiegata per la teo­ logia più alta e più vera ; per la preghiera più squisita e più efficace; per il contatto con la vita divina. E allora perché non gioire che la spirituali­ tà moderna si alimenti della devozione mariana? Perché non comprende­ re che le verità a noi più chiaramente ed autorevolmente proposte dal magistero della Chiesa intorno a Maria Santissima, sono sorgenti inesau­ ribili di ricchezze spirituali ? Quando mai la bellezza, la purezza, l'inno­ cenza, l'amore, la speranza hanno avuto argomento più alto e più valido per la loro celebrazione artistica, per la loro imitazione morale, per la loro contemplazione interiore, se non allora che la Chiesa ha proclamato Maria Immacolata, Maria Assunta? Sono fontane di beatitudine questi dogmi soavissimi. Se non li ap­ prezzassimo per ciò che sono in se stessi, dovremmo almeno apprezzarli per ciò che sono a conforto e ad onore dell'umanità. Ma sì; noi lo apprezziamo nella sua oggettiva realtà, questo dell' As­ sunzione, quest'oggi. Semplice e formidabile: Maria vive. Maria è risusci­ tata. Maria è nella gloria di Cristo, con la sua umanità benedetta, in ani­ ma e corpo. Maria è assunta nella vita eterna, nella perfezione completa e trasfigurata della nostra natura umana. Perciò lasciamo che le nostre anime volino dietro a lei, quasi stac­ candosi da questa terra; comprendiamo che la vita terrena non è fine a se stessa, che va condotta con purità generosa e spiritualizzata con l'anti­ cipato possesso, a noi possibile, della vita eterna, la fede e la grazia, con la contemplazione bramosa dei beni eterni. Lasciamo che salgano dietro il suo radioso cammino, trasportate da una speranza che il mondo non ha, quella della vita futura, della risurrezione della carne qui castigata dal­ la austerità, dalla mortificazione, dalla sofferenza e infine dalla morte; ma destinata come l'anima e con l'anima alla beatitudine celeste. Così ci conforti dal cielo la Madre pietosa; e per le sue vie, della pu­ rezza e della speranza, ci conduca un giorno all'incontro beato con lei e con il suo clivio Figliuolo, il nostro Salvatore Gesù Cristo. Così sia. (Discorsi 5, pp. 1 1 - 19: Motivi della devozione a Maria)

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CIÒ CHE MARIA PORTA NELLA BABELE MODERNA Discorso ai giovani di Azione Cattolica tenuto a Busto Arsizio il 1 3 maggio 1956

Ad una gioventù generosa ma incerta nella Babele moderna, Maria reca il conforto della saggezza e della verità, la forza e il senso della missione cristiana in un mondo drammaticamente agitato: col tuo aiuto, Maria, parleremo al mo ndo d'amore.

Carissimi giovani, Questo è un momento prezioso, perché è un momento di preghiera. La preghiera che ora vogliamo fare dev'essere semplice, ma solenne. De­ ve riassumere i desideri del nostro spirito vivace, inquieto, multiforme. Deve esprimere cose vere ed importanti, deve salire dal profondo del cuore. Deve dire cose degne di chi ci ascolta, degne della Madonna, che siamo qua accorsi per onorare e per invocare. Ebbene, quale sarà questa notte, tanto propizia alla luce interiore quanto prodiga di raccoglimento per la sua oscurità esteriore? Triplice sarà la nostra preghiera. La prima: noi chiederemo a Maria Santissima la grazia della sapien­ za. Vogliamo comprendere. Abbiamo bisogno di luce interiore. Abbiamo bisogno di verità. Abbiamo bisogno di principi. Abbiamo bisogno di certezza. È la vostra età che vi dà questa sete. Voi aprite adesso gli occhi alla vita. La vita è varia, è ricca, è misteriosa. Il mondo è grande, è bello, invitante. Questo srupendo fenomeno del vedere, del conoscere, del giudicare è incan­ tatore. L'anima conquista il mondo e lo ricrea dentro di sé. Tanto si possiede quanto si conosce. Ma questo è un fenomeno mutevole, incerto, difficile. Tante volte lascia insoddisfatti; più dà di desiderio, che di conquista. Tante volte genera illusioni: ci piace far presto; ci piace la chiarezza, la concretez­ za; e allora scambiamo per verità delle impressioni superficiali. Tante volte sbagliamo; crediamo di conoscere, e siamo in errore. Abbiamo allora paura della nostra intelligenza, e non ci crediamo più; perdiamo la fiducia nella verità. Preferiamo l'istinto; e andiamo avanti istintivamente, alla cieca; la passione ci guida. La giovinezza sembra piuttosto l'età degli sbandamenti e degli errori, che non l'età della luce e della sapienza. Sant'Agostino, il grande giovane, dice di sé e dice per noi: «Avevo le

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spalle volte alla luce e la faccia volta alle cose da e � sa illuminate; �osì, _ proprio la mia faccia, con cui vedevo le cose lllummate, non era tllu­ minata» 1 • Ma volgendosi a te, o Maria, sede della Sapienza, anche il nostro vol­ to può essere illuminato. Ed è questo che chiediamo. Vogliamo com­ prendere Cristo, tuo Figlio, come nostro Maestro. Maestro di verità; Maestro unico. Ciò che egli ci ha insegnato e che la Chiesa Madre e Maestra, saviamente ci ripete e ci spiega, dev'essere per noi definitivo. Deve essere sicuro; e perciò deve essere fondamento del nostro edificio di pensiero e di vita. Vogliamo imparare a confrontare le nostre impres­ sioni e i nostri pensieri con le sue parole; queste devono essere la nostra luce e la nostra guida. Oggi sentiamo d'intorno a noi la confusione delle lingue. La Babele dei cento maestri ci stordisce e ci tenta di scetticismo; ci scoraggia. Ci fa credere che è più saggio dubitare, che affermare; ci fa indifferenti alle verità supreme; ci fa capaci di ogni utopia e di ogni opportunismo. Oggi sentiamo d'intorno a noi l'affermazione dogmatica di maestri stranieri; vediamo tanti nostri compagni seguire dottrine materialiste, che danno solo l'energia dell'odio e della negazione; vediamo nel nostro mondo il bisogno di idee sicure, umane, rinnovatrici. Maria, dà a noi il conforto della verità. Maria, dà a noi la difesa dal­ l'errore. Maria rendi limpida la nostra anima, affinché possiamo com­ prendere; rendi puri i nostri occhi, affinché possiamo vedere. Dà a noi il dono e la gioia della sapienza. Insegnaci ad ammirare; insegnaci a ben pensare; insegnaci a meditare. Vogliamo essere una gioventù che porta nel cuore la lampada della verità cristiana. E poi abbiamo una seconda preghiera da fare. Noi ti chiediamo la grazia della fortezza. Anche di questa è grande discorso oggi nel mondo, e di questa è pu­ re grande desiderio nella gioventù. Sappiamo che è parola pericolosa, perché nasconde tanti significati. Il significato che fosse sinonimo di forza, cioè di potenza, fisica, ma­ teriale, o bellica, ·come la fanciullezza di ieri ha visto scatenata nel furore della guerra e nella violenza di uomini contro uomini, non è il dono che noi invochiamo. La forza, che debba decidere dei rapporti fra i popoli, fra le classi, fra gli uomini, non è nei nostri desideri; perché non ci piace la prepotenza, la sopraffazione, l'ingiustizia dei forti sui deboli; ed amia­ mo la pace, la concordia, la fratellanza. E non ci basta la forza dei muscoli e la forza dell'ingegno; questi so­ no �oni buoni, che desideriamo volentieri, per le nostre gare sportive, per tl nostro lavoro, per i nostri studi. Anche di questi bei doni naturali, 1

Confessioni, IV,

16

(PL XXXII, 705 ) .

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Ciò

che Maria porta nella Babele moderna

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per una giovinezza sana e intelligente, faremo preghiera ed avremo cura; ma non si ferma ad essi soltanto la nostra aspirazione. Vogliamo una fortezza d'animo che ci renda capaci di propositi fran­ chi, di virile carattere, di idee militanti, di amore generoso. Vogliamo una fortezza che ci risparmi dalle viltà del rispetto umano, dalle debolezze degli interessi personali preferiti al puro servizio della buona causa, dall'opportunismo del successo, della moda, della comodità. Vogliamo una fortezza capace di sostenere difficili responsabilità, di mantenere la parola data, di difendere i deboli, di rischiare beni inferiori al bene superiore dell'onore cristiano, della difesa della nostra fede. Vo­ gliamo la fortezza di chi è stato confermato soldato di Cristo. La tua fortezza vogliamo, o Maria, dolce e mite, ed insieme libera ed intrepida, a fianco del tuo Figliolo, anche nel giorno supremo della croce. Ed ascolta allora, o Maria, anche la nostra terza preghiera. Fa' che noi siamo degni della missione di giovani cattolici nell'ora presente. Un mondo vecchio e deluso, dopo le catastrofi che hanno colpito la nostra generazione, attende l'afflusso di una gioventù nuova. Un mondo in fermento per tanto sviluppo di scienza e di tecnica attende giovani capaci di guidarlo e di idealizzarlo. Un mondo agitato da tanti contrasti sociali attende giovani che credono nella viva e fraterna socialità che sca­ turisce dal Vangelo. Noi non vogliamo rifiutarci alla vocazione che il mondo lancia verso di noi. Che cosa porteremo al mondo che ci aspetta? Porteremo innanzi tutto l'amore a questo nostro tempo, in cui la Provvidenza ci ha chiamato a vivere. È tempo drammatico e decisivo; noi non deprecheremo la sorte che ce lo ha destinato, ma lo affronteremo con serena simpatia; scopriremo il bene ch'esso contiene; scopriremo il male; quello seguiremo; questo cureremo. Porteremo un nuovo senso morale; una nuova virtù; se occorre, un nuovo eroismo cristiano. Porteremo il vigore morale della nostra logica giovanile, semplice, diritta, conclusiva. La sincerità della parola. La fedeltà alla promessa. La coerenza fra il pensiero e la vita. Il disinteresse, il co­ raggio, la bontà, la letizia, la speranza. Col tuo aiuto, Maria, porteremo l'amore. Saremo amici. La nostra associazione sarà salda di questo cemento. La Gioventù Cattolica sarà, come è stata nei suoi anni primi e migliori, una schiera di amici. Saremo cittadini. Perché vogliamo amare il nostro paese, le sue isti­ tuzioni, le sue autorità, la sua bandiera: lo vogliamo cristiano e purificato dalle infiltrazioni sovversive e laiciste. Saremo cattolici. Perché alla Chiesa crediamo fortemente; vogliamo amare, ascoltare, seguire il suo capo visibile, il papa, con fedeltà filiale e cordiale; vogliamo meditare e servire la missione della Chiesa, e trarre da essa la fede e la grazia necessaria alla nostra giovinezza.

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Sulla Madonna (1 9.5.5- 1 963)

Ascolta, o Maria, la nostra preghiera; e tu che ce la metti nel cuore, ottieni che sia esaudita. (ROM, anno XLV [1 956], n. 6, pp. 244-247: Discorso di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Mon­ tini ai Giovani di Azione Cattolica tenuto il 13 maggio a Busto A rsizio)

4 I DOVERI DELL'ORA Riferimenti terreni per preparare la festa dell'Assunta Messaggio all'archidiocesi, 9 agosto 1956 ·

Sei gio rn_i f ri� della festa dell'1 ssunta, l'arcivescovo di Milano propone . quattro puntt dt rifenmento ad aspettt terreni per preparare questa festa celeste nella preghiera e nell'azione. l. La grave congiuntura politica e la pace. 2. Un richiamo alla sensibilità morale e alla vigilanza civile nella rilassatez­ za del Ferragosto. 3. Le feste marxiste dell'estate e la propaganda politica. 4. Le Chiese del silenzio perseguitate parlano: «totalitarismo poliziesco » del comunismo.

Al Clero ed ai Fedeli dell'Archidiocesi Tra pochi giorni è l'Assunta, una festa antica e popolare, cara alla pietà dei santi e degli artisti, che il sommo magistero della Chiesa, sei anni or sono, ha pienamente convalidato, dichiarandone il suo indiscuti­ bile fondamento dogmatico 1 • Una festa, perciò, che s'illumina di beata certezza e di rinnovato fer­ vore, deve trovarci particolarmente disposti a degna celebrazione e pron­ ti a filiali preghiere. Non ci distragga da un particolare omaggio di devo­ zione filiale e di cristiana letizia la coincidenza col Ferragosto: questa fu­ ga stagionale, dalle consuete abitazioni e dalle solite occupazioni, può essere propizia a schietti ed originali sentimenti religiosi, se l'ossequio al santo giorno ci raccoglie in doverosa presenza alla santa messa e ci offre ore di familiare e composto riposo. La grande cornice della natura, che circonda i villeggianti, intenti tutti a placare la stanchezza dell'annuale fatica nella sua inebbriante contemplazione, può dare voci nuove alla preghiera ed ali nuove allo spirito; e la pausa poi, che quasi tutti per un giorno rallenta nella corsa della quotidiana attività, può bene giovare a qualche interiore esercizio dello spirito. L'invito scende dall'alto: è Maria Santissima, che, trionfante in cielo, chiama a pensare ed a pregare. Ed il mistero della sua prodigiosa assunt Cfr. Acta Aportolicae Sedir (AAS), an. et vol. XXXXII ( 1 950), pp. 753-77 1 . Costituzione apostolica Munificentiuimur Deur (n.d.r.).

Sulla Madonna (1955- 1963)

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zione proietta sul quadro della nostra vita raggi preziosi di luce, che danno gaudio a cantare quella gloria e sapienza a ripensare i nostri destini ed i nostri doveri. Esortiamo perciò tutti, sacerdoti e fedeli, a preparare la festa dell'As­ sunta con qualche speciale devozione, e a celebrarla poi con pia solennità, dando alle anime il ristoro dell'assistenza al santo sacrificio, e, se possibi­ le, dei sacramenti della Confessione e della Comunione. L'obbligo del di­ giuno, per coloro che dimorano nella regione ecclesiastica lombarda, non è più imposto per la vigilia dell'Assunta (come altrove 2 è spiegato), ed è spostato alla preparazione della festa dell'Immacolata, in dicembre. * * *

Ma ci pare doveroso prospettare alcuni argomenti, che la buona coscienza cristiana non deve dimenticare in questa ricorrenza, e nel periodo che la circonda e non deve lasciare senza il tributo di particolari orazioni. La luce stessa di Maria Santissima mette in evidenza alcune macchie, che vorremmo dalla sua stessa materna assistenza cancellate dal quadro pre­ sente della nostra vita. l . Il primo argomento è la gravità del momento politico. Non tocca a noi definirla; ma tocca anche a noi avvertirla. E non già per far correre negli animi, non ancora del tutto calmati dalle terrificanti emozioni della guerra passata, un brivido di spavento; ma per ricordare come la pace sia un bene fragile e supremo, non fatto per godere spensieratamente la vi­ ta, ma da conquistare e da conservare con la costante ed energica profes­ sione della giustizia e della carità; virtù che solo la religione può piena­ mente ed efficacemente generare; e come perciò il ricorso a Dio, nella rinnovata promessa di sottomettere al suo vivificante governo le nostre coscienze e le nostre azioni, e nella sincera invocazione del suo miseri­ cordioso aiuto, sia in questo momento assai opportuno. Raccomandiamo pertanto, specialmente nella prossima festa, di pre­ gare per la pace del mondo, per quella del nostro paese e delle nostre famiglie. Bisogna pregare affinché la ragione e la giustizia abbiano a ri­ solvere le vertenze fra i popoli, non le armi, non l'instabile equilibrio della paura o della prepotenza. Un'invocazione alla Regina della pace, in tale giorno di pace celeste e terrestre, sarà quanto mai armonizzata con la liturgia della Chiesa e con la trepidazione del mondo.

2. Un secondo, e punto gradito, argomento ci è dato dal dovere di richiamare la sensibilità morale e la vigilanza civile del nostro vivere so­ ciale su la decadente procacità ed insultante licenziosità del malcostume, che in tanti luoghi ed in tante forme vanno dilagando. Superfluo descrivere, perché un po' dappertutto s'incontrano segni di 2 Cfr. RDM, anno XLV ( 1 956), n. 4, p. 1 5 2 (n.d.r. ) .

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I doveri dell'ora

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morbosa rilassatezza morale, che sembra trovare indulgenza, complicità e provocazione in tante manifestazioni della vita moderna. Una mancanza di educata serietà e di vera eleganza, un'indecente e ridicola semplifica­ zione di abiti, una diffusa e volgare promiscuità fra uomini e donne, una smania di spettacoli inverecondi e di equivoca varietà, una licenziosa in­ dulgenza a balli indecorosi, uno sfacciato nudismo di spiaggia e una clan­ destina, ma ripugnante immoralità nei campi e nei boschi, uno spudorato lenocinio che trova complici dove meno si penserebbe, una crescente in­ differenza a tutto questo, come se fosse il portato naturale della vita mo­ derna, indicano quanto siano oggi compromessi i valori del vivere one­ sto. Scandali e peccati, che il mondo non chiama più nemm�no offese alla buona educazione e alla buona società, restano tali davanti a Dio; e rovinano le anime, infiacchiscono le energie spirituali, di cui un'età come la nostra, che vede il popolo salire ai gradini della cultura e della prospe­ rità, avrebbe massimamente bisogno. Duole vedere come moda, turismo, igiene, letter;;�.tura, spettacolo con­ tribuiscano spesso a questo infiacchimento di vigore morale. Duole os­ servare come talora l'esempio deplorevole scenda dall'alto verso le classi popolari, che credono così d'elevarsi rovinando col vizio il meraviglioso patrimonio di costumi sani e cristiani che ancora posseggono. Confidiamo che la buona coscienza del nostro popolo saprà difender­ si da questa demolitrice immoralità. Autorità, clero, genitori, educatori, medici e magistrati vorranno ancora pensare essere loro dovere corrobo­ rare, nella fragile e inferma umanità, un giusto e forte senso morale. E facciamo fiducia alla nostra gioventù, quella che sogna un mondo più giusto e più sano, quella che vorrebbe un cristianesimo non fiacco e non farisaico a guida della nuova generazione, per una sua reazione in fortez­ za e in bellezza, in libertà di spirito e in grazia interiore. 3. Altro argomento, che ha qualche relazione col precedente e che esige un nostro allarmante richiamo, sono le feste popolari organizzate sotto l'insegna di giornali politici, che professano il bolscévismo e il marxismo 3 • Sotto l'ostentata innocuità dell'allegria popolare, che chiama tutti a lieta distensione ed a comune divertimento, è troppo palese lo scopo di propaganda politica, di idee e di costumi, a cui, la Chiesa, i buoni cattolici e bravi cittadini devono opporre la loro disapprovazione. 4. Un altro triste pensiero, infine, vuole essere risolto in preghiera e nella celebrazione della vittoriosa Regina del cielo; ed è il ricordo delle ingiuste sofferenze inflitte ai nostri fratelli di fede in interi Paesi, dove impera con totalitarismo poliziesco il comunismo. l Chiaro riferimento alle feste de « L'Unità» (n.d.r. ) .

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Triste pensiero, che facil �ente allontaniamo, come di spettacolo lon­ tano, o molesto, o sospettato di esagerata pittura propagandistica. Triste pensiero, che non ricordiamo abbastanza, come di condizione fatale di cose a cui non possiamo portare rimedio. Triste pensiero, che siamo qua­ si soli a richiamare a doverosa memoria della coscienza civile, della stampa onesta, degli osservatori obbiettivi. Dolorosa insensibilità che non si accorge quali beni sommi la per­ secuzione religiosa offende e conculca: l'onore di Dio, la libertà di co­ scienza, il progresso morale, la sincerità sociale, la vita spirituale ... E non vede di quali armi ignobili deve servirsi: la prepotenza e l'intimi­ dazione, la falsificazione della verità e la manipolazione della giustizia, l'oppressione dei deboli, lo spionaggio più vile, il soffocamento dell'opi­ nione pubblica, l'arbitrio dei potenti, la crudeltà dei castighi. E non si accorge come simili misfatti diventano sistema politico, diventano arte di governo, diventano gloria di capi, diventano scuola di inumanità e di anarchia morale. E non si avvede come la minaccia di tali malanni urga alle nostre porte! Occorre la parola del papa a richiamarci alla visione di questa infelice realtà: in una sua recente lettera apostolica, intitolata Dum maerenti animo 3, egli ci ha fatto considerare « le gravissime condizioni, in cui la Chiesa soffre in non poche regioni del mondo a causa del materialismo ateo ivi imperante». Ascoltiamola con quel senso di fraternità e di solidarietà, che è proprio dei cattolici, per i quali il prossimo non finisce al proprio tetto o al pro­ prio paese, ma si estende all'orizzonte del mondo. Ascoltiamola e ripetia­ mola, a salvaguardia delle nostre libere e civili istituzioni. Ascoltiamola e facciamole eco di confidenti preghiere, che appunto la Vergine Maria ispi­ ra, raccoglie e ripete al cospetto di Dio provvido e onnipotente. * * *

Non sarà turbata da così gravi pensieri la serenità della festa immi­ nente, ma sarà p �uttosto sgombrata da un soffio di verace pietà dalle nu­ bi infauste che la oscurano. Sarà abbellita e santificata dal culto filiale di Maria, causa nostrae laetitiae. Milano, 9 agosto 1956.

t Grov. BATTISTA MoNTINr A rcivescovo (RDM, 3

anno

XLV [1956],

AAS, an.

n.

9, pp. 3 1 7-32 1 : I doveri dell'ora)

et vol. XXXXVIII

(1956), pp. 549-554 (n.d.r.).

5 L'UMANESIMO ALLA LUCE DELL'ASSUNTA Discorso tenuto in Duomo per la festa dell'Assunta il 1 5 agosto 1956 ·

Mons. Montini sviluppa il tema antropologico della sua teologia mariana: la Madonna è ispiratrice di un vero umanesimo. Qual è l'interesse, per l'antropo­ logia e per l'esperienza umana, di questo mistero di un « mondo divino, tanto . dtstante dalla nostra esperienza»? L'Assunzione apr� orizzonti insospettabili al­ l'uomo, questo sconosciuto, compreso il suo corpo. E importante comprenderne bene il ruolo di « ministro naturale » dell'anima, tra un disprezzo che non sa­ rebbe cristiano e l'esaltazione licenziosa che trionfa oggi. L'Assunzione irradia sull'umanesimo un'esperienza divina, mediante la quale i nostri corpi peccatori sono chiamati alla stessa glorificazione. Essa ci invita, secondo l'apostolo Paolo (l Cor 4,20) a glorificare e a portare Dio nel nostro corpo.

I MISTERI DI MARIA A ben considerare ciò che la Chiesa propone alle nostre anime, per­ ché abbiano a « far festa», cioè a prestare un particolare culto a Dio e ai suoi santi e a riempire le menti di pensieri e di sentimenti corrisponden­ ti, non si può negare che essa ci trasporta in un mondo singolare, quello delle verità religiose, che sembra apparentemente remoto ed estraneo al­ la nostra quotidiana ed assillante esperienza. Oggi, ad esempio, vuole la Chiesa che celebriamo la festa dell'Assun­ zione al cielo della Madonna Santissima, fatto questo avvenuto dopo al­ cuni anni dall'Ascensione di Cristo, in circostanze storicamente non bene conosciute; e fatto unico, che riguarda esclusivamente colei che ha avuto altri singolarissimi privilegi, quello di nascere senza alcuna lesione e con­ taminazione di peccato originale, e quello di generare verginalmente il Figlio di Dio, che in lei si fece uomo. Meravigliosa ed esclusiva ricchezza di grazia, che proprio per la sua grandezza e per la sua singolarità si distanzia da noi senza misura, e propone alla nostra attonita venerazione una condizione di vita, di cui non abbiamo alcuna esperienza, o piuttosto abbiamo quella contraria, come il malato comprende che cosa è la salute quando questa gli manca. Inoltre le verità che la religione ci propone sono anche per altra ra­ gione fuori della nostra esperienza, non solo cioè perché a noi apparen­ temente estranee, ma anche perché a noi naturalmente ignote tanto che

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a volerle propriamente definire, le chiamiamo « misteri », nel senso dupli­ ce di questo termine, di verità nascoste . alla ragione naturale per la . loro trascendente realtà, e di verità difficilmente esplorabili anche dopo la lo­ ro rivelazione. Così è per il tema della festa odierna, l'Assunzione, la cui considera­ zione ci obbliga a pensare a cose superiori alla nostra intelligenza e ci distacca dalla vivacità e dalla attrazione della scena, che queste giornate di estate, tutte occupate a disoccuparci dalle solite faccende e tutte rivolte ad un momento di riposo e di svago, offrono con immediata e quasi av­ vincente percezione. Ma se vogliamo, anche per breve momento, riflettere a quanto la Chiesa ci presenta nelle sue feste - e fermiamoci a quella gloriosa e inneggiante dell'Assunzione -, vediamo subito che esse includono verità che non solo toccano il mondo divino, tanto distante dalla nostra espe­ rienza, ma toccan9 anche il mondo umano, tanto vicino, se non alla no­ stra immediata esperienza, ai nostri vitali interessi. È così. Il Signore ha voluto collegare la rivelazione di qualche cosa di sé con l'annuncio dei nostri destini; e la Chiesa, celebrando la gloria di Dio, a cui oggi Maria Santissima è trionfalmente associata, illustra a noi la storia dell'uomo. San Bernardo inizia il suo quarto sermone sulla festa dell'Assunzione appunto con queste parole: «Questo è il momento di parlare a tutta l'u­ manità quando è introdotta in cielo la Madre del Verbo incarnato » 1. I misteri di Maria non hanno attinenza alla sola persona di lei, ma inte­ ressano, sotto determinati aspetti, la sorte del genere umano, la sorte no­ stra, perché inseriti nel piano delle nostre azioni con Dio e della nostra salvezza da lui. ESALTAZIONE DELL"ANTROPOLOGIA CRISTIANA E ciò pone e risolve una quantità di problemi, che difficilmente po­ tremmo fuori di ·questa luce risolvere; voglio proprio dire i problemi re­ lativi all'uomo, alla sua definizione, alla sua natura, alla sua condotta, alla sua sorte finale . L'Assunzione infatti, quasi a nostra insaputa, fissa ed esalta l'antropologia cristiana, cioè la scienza dell'uomo, nei termini più chiari e più consolanti . Questa festività ci parla del punto finale della vita di Maria, e ci pre­ senta questa eccezionale, ma umana creatura, nell'aspetto definitivo, che per la nostra meraviglia e per la nostra fortuna, è il più completo, il più perfetto, il più simile a Cristo, il più vicino a Dio. Soliti come siamo a ricordare i personaggi storici, anche i più celebri, nei frammenti della lo1

Sermo IV, De quatriduo lazari et praeconio Virgini.r (PL CLXXXIII, 425) (n.d.r.).

5 L'umanesimo alta luce de/l'Assunta

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ro vita a noi rimasti - le loro opere, le loro ceneri, i loro nomi, cose tutte impallidite ed esangui, che vanno perdendo, anche per la memoria che ne conserva qualche superstite traccia, gradatamente di valore -, restiamo stupiti di dover ricordare Maria nella sua piena e vitale integri­ tà, un'integrità che, all'infuori del suo dìvin Figliolo, nessuno, mentre du­ rano i secoli della scena presente, può vantare, anche in cielo, uguale. Perché celebrando l'Assunta, ci riferiamo al santissimo corpo di Maria, ricongiunto con quella sua santissima anima, da cui mai nessuna colpa, nessun peccato - cioè nessun motivo di morte: è il peccato la causa del­ la morte, «per peccatum mors » 2 - l'aveva disgiunta. E non ci accorgiamo che celebrando la glorificazione del beato corpo di Maria, noi poniamo e insieme risolviamo una serie di questioni capita­ li, relative alla vita umana? Noi ricapitoliamo, nel glorioso epilogo della vita di Maria, tutta la dottrina sulla vita umana, noi celebriamo una festa che si riferisce allo stato della vita oltre il tempo, alla vita futura; l'ultimo articolo del Credo trova qui una sua gloriosa affermazione; verità questa a cui sempre meno pensa il mondo moderno che costruisce tutto l'edificio dei suoi pensieri, della sua morale, della sua attività, sul nastro fuggente del tempo presente, e manca perciò di riferimenti stabili ed assoluti che diano alle cose del tempo un loro valore sicuro. Noi celebriamo una festa che ci parla della gloria dell'anima e del corpo della Beata Vergine; affermiamo con ciò stesso questa fondamenta­ le concezione della nostra vita, che l'uomo sia un essere composto di anima e di corpo; verità altrettanto elementare, quanto più discussa e contraddetta da quanti - e sono legioni - negano l'esistenza dell'anima come realtà avente capacità di esistenza a sé stante, e spiegano con dottrine materialistiche, in ogni modo nominate, i fatti spirituali della nostra vita. « L'uomo, questo sconosciuto » 3 , si pone come un'impenetrabile sfinge al pensiero dell'uomo stesso, che tenta in ogni modo di definirsi, di e­ splorarsi, di sapere chi egli veramente sia. Dal « Conosci te stesso » di el­ lenica memoria, vertice quasi dell'antica sapienza, all'incessante conato dei moderni di dare dell'uomo una definizione adeguata, è un continuo fa­ ticare per conoscere la vera natura dell'uomo, che sembra così semplice all'idealista essere l'uomo solo pensiero, al materialista solo materia. Se il problema fosse soltanto teorico, minor male sarebbe la molteplicità con­ tradditoria delle sue soluzioni; ma è anche massimamente pratico: · dal giudizio che ci si fa dell'uomo, parte la cognizione dei suoi bisogni, dei suoi diritti, e di qui derivano non solo le scienze, ma tutte le attività rela2 Rm 5, 3 Evidente riferimento all'opera di grande successo, dal medesimo tirolo, dello scrittore e

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medico francese Alexis Carre! ( 1873-1944). Fu membro della Pontificia Accademia delle Scienze. L'opera, il cui titolo originale è Man, the Unknown, apparve in traduzione italiana nel 1936 pres­ so l'editore Bompiani (n.d.r. ) .

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tive alla vita; le più varie come la scuola, la medicina, il divertiment o, la sociologia, la politica e così via. E fra gli aspetti diversi dell'antropologia, canonizzati dalla festa del­ l'Assunzione, uno vi è che sembra fermare l'attenzione, quello della glo­ rificazione della purissima carne di Maria, donde Cristo trasse la sua. E la festa, che si distingue perciò da quelle dei Santi, di cui celebriamo la sola glorificazione delle beate anime loro, ci riassume la storia, ci definisce la funzione, ci prescrive la legge, ci indica il pericolo, ci difende la dignità, ci annuncia il destino di questo nostro corpo, in cui viviamo, e che sap­ piamo così poco definire e governare senza l'insegnamento cristiano, og­ gi luminosamente proclamato nella gloria dell'Assunzione corporea di Maria Santissima. CoNCEZIONE CRISTIANA DELL'UMANITA NOSTRA

Come ci appare oggi la Madonna? Ci appare viva e vera, nell'integri­ tà del suo essere stupendo e innocente, nella bellezza spirituale e corpo­ rea di tutta la sua immacolata umanità; nel trionfo vitale ed estetico pro­ prio della risurrezione della più pura, della più gentile, della più ideale e più reale donna, che la terra abbia mai generata e che il cielo per sempre custodirà. Santi, oratori, artisti, poeti hanno avuto l'intuito di questa figu­ ra, e ce ne hanno dato immagini d'inarrivabile lirismo: nessuna civiltà, io credo, possiede, come la nostra, una galleria di espression,i di così subli­ me bellezza, dovute queste alla contemplazione della celeste Regina. Po­ tremmo fare un panegirico della Madonna componendo un mosaico di tante tessere quante sono le espressioni artistiche lanciate verso di lei dal genio cristiano. Ma a questa visione celestiale corrisponde poi la concezione che l'in­ segnamento cristiano dà a noi comunemente sulla nostra terrestre uma­ nità? Sembra infatti che l'insegnamento cristiano tanto esalti l'umanità in Maria quanto la deprima in chi non gode dei suoi privilegi. Questo specialmente a riguardo della nostra vita corporea, su cui tante parole dure e minacciose sono pronunciate. Il cristianesimo sembra nemico del corpo. Componente materiale del nostro essere, il corpo è messo a confronto, per la sua umiliazione, con l'anima principio spirituale della nostra vita; quello è disprezzato, perché fisico, perché mortale, questa è la sola esaltata, perché di natura più nobi­ le, principio della vita, tratta il corpo come un cattivo subalterno. Di più, corpo ed anima sono, nella concezione ascetica cristiana, in conflitto perpetuo, il corpo è colpevole delle tentazioni più pericolose, e della cor­ ruziOne più facile e più fatale, mentre l'anima è sede della virtù, sacra a . Dto, sola degna e santa. Il corpo perciò dovrà portare il peso della morti-

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fic �zi� ne e del dolore; l'anima il conforto della sapienza e della grazia, e COSl Vla.

Questa, voi lo sapete, non è visione esatta, né completa che il cristia­ no ha del corpo e dell'anima. Il corpo non è, per sé, la prigione dell'ani­ ma, ma il ministro naturale della sua operazione; non è più colpevole dell'anima rispetto al male morale, anche se disgraziatamente dopo il peccato originale, estremamente incline al disordine, e se debba essere governato con severa vigilanza e castigato con la penitenza; ma il bene e il male specificatamente sono dell'anima e solo come stimolo e come ri­ flesso del corpo; né questo è, di per sé, cattivo e detestabile, come certe sette eretiche, i manichei, ad esempio, hanno sostenuto; ma, come socio dell'anima, partecipa alla sua dignità e alla sua grazia; e se oggi con la mortificazione lo si fa docile alle esigenze superiori dell'anima, partecipe­ rà domani alla fortuna dell'anima stessa, con la gloriosa risurrezione. An­ che il corpo è sacro: la sua sorte merita ogni rispetto e ogni cura, la sua attività è indispensabile e degna di cibo, di educazione, di difesa, di intangibilità. Tutto questo sappiamo, e solo ricordiamo qui per lasciare che la luce della festa odierna venga a illuminare e rallegrare la nostra vita, anche nel suo aspetto fisico, proprio quando il mondo in cui viviamo tiene così poco conto ormai della concezione cristiana su la vera natura dell'uomo. Vedrete come il mondo moderno, primo, si affatichi disperatamente di crearsi una definizione dell'uomo e come non arrivi che a formulazioni parziali e instabili, mediante le quali per esaltare un aspetto della vita umana, trascuri o rinneghi gli altri. Poi, vedrete che la considerazione moderna sull'uomo, in teoria, si dirige verso un prevalente culto della vita fisica, come quella che condiziona e, per alcuni, genera la vita dello spirito; e mentre questo, lo spirito, nelle sue manifestazioni più coscienti e caratteristiche, naviga verso la sfiducia di sé, verso il pessimismo su la validità della sua esistenza e delle sue conquiste (anche lo spiritualismo oggi affetta nevrosi esistenzialiste e si pasce delle illogicità più eccentri­ che - pensate alle mostre d'arte modernissima) , la estimazione della vi­ ta fisica è in pieno rigoglio; il corpo prende il primo posto nella conce­ zione della vita e detta legge, anteponendo a tutte le esigenze quelle del­ l' igiene, dell'assistenza sanitaria, delle cure fisiche e climatiche, della ginnastica e dello sport, del nutrimento ricercato e della prestanza fisica, per fare dell'eleganza, dell'esibizione estetica, del « divismo » una delle manifestazioni salienti della cultura mondana. Prevale il corpo; e con es­ so il piacere; e col piacere la sensualità e l'immoralità, e con l'immoralità nasce l'insidia, quando non sia addirittura l'attentato e il delitto contro la stessa vita corporea, se questa manca di sufficiente difesa, e se, privata del suo carattere sacro, non trova bastante pietà e umana affezione che la protegga e la curi; l'assalto delittuoso alla vita prenatale trova oggi un'e-

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stensione spaventosa, e trova uomini di scienza pronti e compi �centi .a controllare il numero e la qualità delle nascite, che spesso vuoi dire ucci­ dere innocenti ed immature creature umane per spietati calcoli sanitari, demografici ed economici. E guai se questo criterio di unilaterale culto della vita corporea prevale! L'ordine morale ne risulta, sia individualmen­ te, sia socialmente, sovvertito. Abbiamo visto a quali criminali eccessi è arrivato il razzismo, a quali spietate soppressioni di infermi e di vecchi, a quali pianificati tentativi di genocidio. Mancando la cognizione della vera natura dell'uomo, la cura della vita umana può degenerare in forme di allevamento selezionato di neopagani gaudenti. «GLORIFICATE ET PORTATE DEUM IN CORPORE VESTRO »

Il dogma dell'Assunzione ci richiama a ben diversa concezione del­ l'umanesimo. La visione di Maria nella gloria e nella pienezza della vita, mentre riempie l'anima di gaudio e di preghiera, riflette sul nostro mon­ do la sapienza che deve presiedere alla vita, e l'assunzione corporea della madre di Cristo c'insegna quale dev'essere il concetto che i cristiani de­ vono avere della vita corporea. Ben diversa la condizione delle nostre povere membra mortali da quella dell'immacolata carne di Maria e ben diversa la nostra dalla sua sorte, non è diverso il finale destino, che in lei è stato subito compiuto e anticipato sul giorno del finale gaudio, nel qua­ le la morte sarà vinta e la carne umana risorgerà. Risorgerà simile a quella della Madre celeste, se la purità che durante la vita terrena fu sua per grazia, sarà nostra per virtù, che vuoi dire per laboriosa difesa, per difficile conquista, per perseverante orazione. La pu­ rità, che dà al corpo la dignità dello spirito, e che meritò a Maria di portare in sé Cristo Gesù, sarà quella che meriterà a noi di realizzare la raccomandazione di san Paolo: « Glorificate et portate Deum in corpo re vestro » 4. La purità, parola e virtù, che il mondo va ogni giorno più ignorando e profanando e che non indarno richiama alla mente il regno degli angeli. Furono gli angeli che portarono in cielo Maria Santissima; saranno i puri che la raggiungeranno lassù. (Discorsi 5, pp. 21 -30: L'umanesimo alla luce dell'Assunta)

4 l Cor

6, 20.

6 ALLA PRESENZA DI MARIA Discorso tenuto al santuario della Madonna dei Miracoli a Saronno il 30 settembre 1956. Direttive agli Uomini di Azione Cattolica in occasione del loro raduno diocesano

Agli Uomini di Azione Cattolica riuniti nel santuario della Madonna dei Miracoli, a Saronno, l'arcivescovo propone, alla presenza di Maria, alcune diret­ tive precise per la loro formazione cristiana, la loro azione e soprattutto per il rapporto con i sacerdoti, la cui «assistenza ecclesiastica )) costituiva il problema nevralgico del momento. L'autonomia legittima dei laici non deve cadere nella tentazione di un laicato che tende al laicismo.

A conclusione di questa bella giornata riprendiamo i motivi che l'hanno promossa e suggerita e che hanno riempito di alti pensieri le ore benedette trascorse a Saronno, terra quant'altre mai degna di accogliere le vostre schiere e di comunicare loro, con gli esempi di vita cristiana e civile che la illustrano, il fervore della più ferma fedeltà e della più gene­ rosa avanguardia. Tre sono stati i motivi che qui hanno raccolto la vostra riunione e che hanno dato alimenti ai vostri discorsi ed ai vostri propositi. Il primo è quello piissimo e filiale di rendere omaggio alla Madç mna Santissima, in uno dei santuari più venerati della nostra diocesi 1 . E un santuario che riporta il nostro pensiero alle tradizioni religiose del nostro popolo, al culto che san Carlo stesso instaurò nel bell'edificio, ricco di opere d'arte dei nostri migliori artisti, trasportandovi la sacra immagine della Vergine nel 1 5 8 1 , e consacrato poi, nel 193 1 , dal mio veneratissimo predecessore. È il santuario della Madonna dei Miracoli, che ci dice quanI Il santuario della Madonna dei Miracoli di Saronno (Varese) sorge nel luogo in cui fin dall'antichità esisteva un piccolo sacello con una statuetta raffigurante la Madonna. In seguito ad una guarigione miracolosa, nel 1460 si edificò una chiesetta, che però rovinò tre volte. Allora si pensò ad un tempio più grande e solido e nel 1483 iniziarono i lavori per la sua elevazione; essi durarono quasi un secolo, per mancanza di fondi, e furono ultimati grazie ai voti dei superstiti della peste del 1 576-77. Il nome dell'architetto originario è sconosciuto; in seguito intervennero Pellegrino Tibaldi ed altri. Il santuario è in stile bramantesco e conserva al suo interno pregevoli affreschi di Bernardino Luini; la cupola è stata decorata da Gaudenzio Ferrari, mentre Andrea Da Milano è l'intagliatore delle statue !ignee poste nella chiesta. Nel 1931 il santuario è stato elevato alla dignità di basilica minore romana (n.d.r. ).

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ta preghiera sia qui affluita, quante grazie siano da qui profuse a con � forto dei sofferenti e degli afflitti, e quanta speranza debba sostenere t nostri spiriti mentre ci stringiamo intorno a Maria, e presentiamo a lei i bisogni delle nostre anime, quelli delle nostre famiglie, e quelli anche della vostra Unione di Uomini Cattolici, quelli infine di tutto il nostro paese, quelli di tutta la Chiesa. Venuti per ringraziare, siamo subito in­ dotti a domandare, a pregare: ma così sta bene ché una delle forme per esprimere la riconoscenza è anche quella di manifestare la propria fidu­ cia; e la nostra fiducia in Maria Santissima ha da essere piena e cordiale. Così congiungiamo il primo col secondo motivo della nostra assem­ blea a Saronno: il ringraziamento. Anche questo è sentimento che bene si addice allo spirito cristiano, perché parte dall'avvertenza dei beni che abbiamo ricevuto; ed il cristiano è il più informato sulla quantità e la qualità dei beni di cui sovrabbonda la vita. Ogni cosa è bene; ogni cosa è dono; ogni cosa è feconda, a sa perla usare come si deve, d'altro bene e d'altro dono. Per noi cristiani poi anche le deficienze di bene, e cioè i mali ed i dolori di questa vita, possono tramutarsi in bene superiore e farci entrare in un'economia soprannaturale di fortuna inestimabile, tan­ to da mutare sulle nostre labbra il lamento in ringraziamento. Il ringra­ ziamento è l'espressione dell'ottimismo e della saggezza cristiana: è il so­ spiro che purifica l'anima dall'egoismo e dalla cecità sul nostro stato di dipendenza; è il sentimento che indica l'avvertenza della comunione di beni e di destini con quanti ci sono cari; è l'eco della carità. Non per nulla san Paolo ammonisce i seguaci di Gesù Cristo di perseverare nel ringraziamento per ogni cosa «gratias agentes semper pro omnibus » 2• Il ringraziamento è il segno della sensibilità dello spirito alla circolazione dei benefici, che da ogni parte sostengono la nostra vita. Salga perciò oggi il nostro ringraziamento al Signore, datore di ogni bene, Padre amoroso e provvidente, per la bontà che ci ha prodigato tan­ to nell'ordine naturale che in quello soprannaturale, e per le promesse con le quali co9forta la nostra vita a sperare, e perciò a camminare, a soffrire, ad agire. Il vostro ringraziamento sceglie poi quest'oggi una direzione partico­ lare; si vuole rivolgere, con tanta nobiltà di cuore, verso i vostri assistenti ecclesiastici, nei quali vi piace riconoscere dei benefattori a cui dovete l'omaggio affettuoso e unanime della vostra gratitudine. Di quest'omag­ gio io stesso dovrei ricambiarvi grazie, perché rivolto ai miei sacerdoti, a me carissimi e ben degni di questo tributo di riconoscenza; anzi io stesso vol � ntieri a questo tributo � i associo, perché meritato dall'opera saggia ed mdefessa con la quale, ctascuno al momento suo, ha cercato il bene, 2 Ef 5,

20.

6 Alla presenza di Maria

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l'incremento, l'efficacia della vostra Unione di Uomini di Azione Cat­ tolica. Questo terzo motivo della grande adunata di Saronno, la festa della riconoscenza, rivolta principalmente ai sacerdoti che hanno fra di voi ri­ vestito la carica di assistenti ecclesiastici, apre lo sguardo su alcuni pro­ blemi concernenti la vostra Unione, ai quali diamo un istante la nostra attenzione. Il primo problema è quello dei rapporti della vostra Associazione con i vostri assistenti. La manifestazione pubblica di riconoscenza, che voi lo­ ro tributate, e che vuol essere estesa da quelli del centro diocesano agli assistenti singoli delle varie Associazioni parrocchiali, già dimostra la na­ tura e l'efficienza di tali rapporti: sono rapporti filiali, sono rapporti cor­ diali, sono rapporti amati e desiderati, resi facili e stretti dal dovere, da un lato, di prodigare ai soci delle vostre Unioni quanto più è possibile i tesori della nostra dottrina e della Grazia di Cristo, lo spirito di fratellan­ za e di concordia, l'amore per la Chiesa e per il papa, il desiderio e la capacità di un'azione apostolica a vantaggio delle vostre rispettive parro­ chie e della società in generale; e dall'altro dal desiderio e dal proposito di cortese docilità, di adesione costante, di fedeltà generosa, di collabora­ zione effettiva all'apostolato gerarchico. Del resto gli statuti dell'Azione Cattolica parlano chiaro; l'assistente ecclesiastico è il rappresentante dell'autorità della Chiesa in seno alle As­ sociazioni; a lui non spetta propriamente dirigere, ma gli è riservata la direzione di quanto in esse riguarda l'attività di formazione e di apo­ stolato 3. Da questo risulta che i rapporti fra clero che assiste gli Uomini di Azione Cattolica ed i soci della stessa Azione Cattolica devono essere quanto mai profondi, continui ed operanti, sono i rapporti che interce­ dono fra i membri di uno stesso corpo, solidali, complementari, interdi­ pendenti, nel senso che la presidenza e lo svolgimento dell'attività del­ l'Associazione non spetta al sacerdote; l'Associazione intera però ha fun­ zione subordinata ed esecutiva rispetto all'autorità della Chiesa, ne fa suo l'insegnamento, la missione, gli interessi, i desideri; ed accetta, desidera anzi dall'assistente che all'Associazione sia dato il meglio del suo mini­ stero, che le sia impressa con opera libera ed assidua la più completa formazione religiosa, morale, e che da lui le siano indicati i fini da per­ seguire ed i mezzi per raggiungerli. E cioè : se da un lato la Chiesa accorda ai laici che in questa forma accolgono la sua assistenza, dall'altra condivide la responsabilità della lol L'art. 60 dello Statuto dell'Azione Cattolica, in vigore a quel tempo, diceva al secondo comma: « Interviene alle adunanze del Consiglio [parrochiale di ciascuna Associazione] il rispetti­ vo Assistente ecclesiastico, a cui è riservata l'approvazione delle deliberazioni riguardanti attività di formazione e di aposolato» (n.d.r.) .

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ro azione in quanto associati. È perciò di somma importanza eh � ! :assi­ stente ecclesiastico faccia tutt'uno con l'Associazione che con questi vmco­ li statutari a lui è confidata. Da questa comunione di spiriti e da questa coordinazione di attività non pensi alcuno che sia intralciato il ministero del sacerdote, obbligato a deferire a collaboratori laici gran parte dell'at­ tività dell'Associazione, e nemmeno che sia impedita questa attività dalla debita soggezione all'assistente: l'uno e l'altro sono invece agevolati ed accresciuti, quasi facenti parte di un sistema che ne accomuna i pensieri e le volontà e li conforta a mutua fiducia; sistema ben conosciuto da voi, come quello che fa forti, operanti e serene le vostre associazioni. Questa fusione della vostra attività con quella dell'assistente ecclesia­ stico comporta alcune conseguenze, che giova anche qui ricordare. La prima si è che questa vostra aderenza alla Chiesa ed ai suoi ministri vi distingue da altre associazioni, che, pur avendo ispirazioni cristiane, si propongono scopi meno prossimi alla finalità religiosa, e perciò se sono tenute a non deflettere dalla rettitudine dei principi cristiani, non godono della stessa aderenza all'autorità ecclesiastica e di tanto divengono re­ sponsabili del proprio agire, di quanto la loro attività è sottratta alla competenza del sacerdote. La vostra dipendenza invece vi porta ad una certa corresponsabilità col sacerdote, vi mette al primo posto delle tante formazioni organizzate che nascono nel campo dell'idea cristiana, vi con­ ferisce la dignità ed il merito di primi collaboratori laici della gerarchia fondata da Cristo per dirigere e santificare la sua Chiesa. E come tali, carissimi Uomini di Azione Cattolica, io qui vi saluto e vi professo la mia stima e fiducia. Una seconda conseguenza deriva da questa vostra compagine con la gerarchia della Chiesa e con la sua azione apostolica; voi dovete rag­ giungere una formazione cattolica completa e, starei per dire, specializ­ zata. A voi non deve bastare la formazione comune del buon parroc­ chiano, spesso ridotta ai termini essenziali dell'istruzione e della pratica religiosa. Voi dovete essere un gruppo di fervorosi intorno al vostro parroco: un gruppo di uomini per cui conoscere la dottrina cattolica, ancor più che dovere, diventa bisogno. La strana apatia del mondo ma­ schile per le questioni religiose deve essere scossa tra voi da un deside­ rio di studio e di discussione, di interesse personale e di fervore interio­ re; la fecondità del pensiero cattolico moderno deve trovare in voi il campo di cultura e di sviluppo. Il libro nostro, il giornale nostro, il film nostro, il conferenziere nostro, non devono !asciarvi indifferenti, ma devono incontrare in voi i clienti spirituali più pronti a conoscere, ad osservare, ad imparare. Diventate così il gruppo scelto e rappresentati­ vo della saggezza cattolica intorno al parroco, come lui diventate il « sa­ le » della parrocchia, l'elemento intelligente ed attivo in mezzo ad una società tanto meno atta a pensare, quanto più è soggetta a sentire l'in-

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flusso delle correnti di massa e delle eccitazioni sensibili del divertimen­ to o del movimento tecnico moderno. Se così perfezionerete i vostri rapporti con l'assistente ecclesiastico assumendo in pieno su voi stessi l'onore e l'onere del nome cattolico, voi darete alle vostre parrocchie un aiuto provvidenziale; non vi sarà inizia­ tiva che non vi abbia promotori, sostenitori, benefattori, spettatori. Voi sarete gli strumenti che renderanno larga ed efficace l'azione delle mani del parroco e dell'assistente; voi solleverete i sacerdoti da tanti uffici amministrativi, burocratici, esecutivi nei quali non sono necessari i ca­ rismi del sacerdozio, ma sono necessarie le vostre virtù di onestà, di esperienza, di abnegazione, di abilità. E diventati così il nucleo attivo e praticante della parrocchia voi sen­ tirete farsi d'intorno a voi tre categorie di persone, diversamente qualifi­ cate, quasi tre cerchi sociali, con i quali voi dovrete avere determinati rapporti, ed ai quali dovrete, con diversa forma e misura, la carità del vostro apostolato. Il primo cerchio è quello degli amici occupati in attività aventi scopi buoni, ma non propriamente religiosi e morali, come i vostri, ma traenti tuttavia dalla nostra dottrina la loro ispirazione e la loro guida, come so­ no le A.C.L.I. , la Democrazia Cristiana, gli Enti di assistenza, ed anche i Sindacati liberi, e così via. A questo primo cerchio voi dovrete almeno come singoli, il vostro appoggio volonteroso e leale, condizionato al mantenimento dei principi ed esigente nel conseguimento dei fini che giustificano tale appogio e che a noi sono cari. Dobbiamo anche pensare che tale rettitudine di marcia spesso dipende proprio dalla vostra presen­ za e dalla vostra collaborazione, e che sarà tanto più facilmente conserva­ ta, quanto più il vostro concorso sarà numeroso ed operoso. Vi è un secondo cerchio di persone che circonderà la vostra militante professione di uomini cattolici, ed è quello di coloro che si dicono laici. Il termine è di moda; ma è equivoco. Se laico significa distinto dal sacerdo­ zio, anche voi siete laici, ma quanto vicini, quanto partecipi dei tesori sacri del popolo cristiano! Se laico significa distinto e diverso da ciò che è sacro, ed afferma una linea di confine fra le competenze rispettive del sacro e del profano, dello spirituale e del temporale, dell'ecclesiastico e del civile, anche in questo senso può ammettersi; e saremo noi i primi a servirei di questa distinzione per mantenere ai due campi, sacro e profa­ no, ovvero religioso e laico, le loro proprie attribuzioni, senza confusioni e senza indebite appropriazioni da una parte o dall'altra. Ma se laico, come suona oggi per i più, vuoi significare negazione di ogni presenza religiosa nella vita pubblica, vuoi significare abbandono di ogni tradizione cristiana, vuoi significare rifiuto di considerare legittima la gloria del po­ polo italiano di chiamarsi cattolico, allora merita da parte vostra una for­ te vigilanza, ed occorre un'intelligente difesa del vostro patrimonio spiri-

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tuale e morale, che con tale termine di laico sotto lo specioso pretesto di rivendicare allo Stato diritti di sovranità e di indipendenza, che nessuno contesta, minaccia d'essere estromesso dalla vita civile. Voi, Uomini Cattoli­ ci, dovrete dimostrare con la vostra saggezza, con la vostra onestà, con la vostra abnegazione nel professare la vostra fede e nel servire il bene comu­ ne, come il nome che portate non solo non reca menomazione alcuna all'ordine civile, ma ne vuol essere presidio e magnifico incremento. Ed infine il cerchio degli avversari, degli anticlericali, che purtroppo non vedono come sia antistorica ed anticivile tale loro posizione. Merite­ rebbe l'argomento lungo discorso, ma non trova qui né il posto né il tempo conveniente, come non è possibile a me chiarire il vostro conte­ gno verso di essi, perché vario e complesso; occorre conoscenza, occorre difesa, occorre talvolta polemica, occorre rivendicare il buon diritto no­ stro e di Dio. Ma sia qui sufficiente raccomandarvi di pensare anche a chi ci è contrario e ci vuol essere nemico; pensare con animo nobile, con sentimento di moderazione e di rispetto, con fermezza di idee e di sen­ timenti, con umana e cristiana pietà di voti e di preghiere. Volete essere apostoli anche voi; l'apostolato è l'arte di attrarre le coscienze degli uomini: trattate con i vostri avversari sempre con tanta fedeltà ai vostri principi, con tanta bontà presso le altrui persone, con tanto desiderio di servire e di amare, di ispirare in loro se non potete le vostre idee, la stima almeno verso le vostre persone. Dio farà il resto. Queste considerazioni vi dicano, o Uomini Cattolici carissimi, quale importanza noi diamo alla vostra presenza nelle nostre comunità parroc­ chiali, ed in genere nella nostra società moderna. Sapendovi così vicini alla nostra fatica pastorale, così solleciti a so­ stenere l'opera del nostro clero, così affezionati ai vostri assistenti, il cuo­ re ci si riempie di speranza. Quel clero, che è decoro e forza della diocesi ambrosiana e che anche nel vicino Convitto dell'Immacolata in Saronno 4 veniamo preparando per la nostra gioventù, per voi e per il popolo nostro, vi darà volentieri il suo ministero,_ vi accorderà la sua fiducia, accoglierà la vostra collabora­ zione e sotto lo sguardo protettore di Maria Santissima la terra di Am­ brogio e di Carlo continuerà a fiorire e rifiorire di cristiana virtù. (ROM, anno XLV [ 1 9 5 6] n. 1 1 , pp. 4 1 3 -4 1 8 : Per il raduno Diocesano degli uomini di A.C. [Saronno, 30 settembre 1 956 ] ) ,

4 I l Convitto Ecclesiastico d i Saronno - poi denominato Istituto sacerdotale Maria Immaco­ lata - fu una delle ultime opere promosse dal card. Ildefonso Schuster; esso venne ultimato nel _ 1( 5 � e mau �urato ne ! 195 � dall'a �civ�s�ovo Montini. L'ISMI offre ai novelli sacerdoti la possibili­ ta d1 perfeziOnare gli_ studi eccles iastiCI attraverso dei corsi in discipline non soltanto teologiche ma anche filosofiche e sociali (n.d.r. ) .

7 VERA DEVOZIONE E DEVIAZIONI Discorso tenuto a Busto Arsizio per il decimo anniversario del Congresso Mariano 1 il 7 aprile 1957 ·

G.B. Montini contrappone vigorosamente le caratteristiche di una vera de­ vozione alle deviazioni che, di lì a poco, in modo analogo anche Giovanni XXIII e il Concilio respingeranno: fantasia e superficialità, utilitarismo e super­ stizione, individualismo e sentimentalismo. lA vera devozione deve essere litur­ gica; Maria non è il termine ultimo della devozione, che trova compimento solo in Cristo e in Dio.

Ricordare è rivivere. Ricordare un avvenimento pieno di fede, di fervore, di propositi vuoi dire rievocare tali sentimenti e darvi nuova espressione spirituale. Questo è bene specialmente per l'avvenimento, che dieci anni or so­ no fece di Busto Arsizio una stazione trionfale del culto a Maria Santis­ sima. Fu allora chiaro ciò che nella esperienza religiosa della Chiesa du­ rante i tormentati anni del dopoguerra si è in tanti modi ripetuto, con­ fermato, illustrato, essere cioè il culto alla Madonna particolarmente importante, non solo per la posizione ch'esso occupa, sia sotto l'aspetto dottrinale che liturgico, nella vita cattolica, ma per l'efficacia altresì ch'es­ so esercita sulle anime del nostro tempo, spesso tanto incerte ed inerti davanti al richiamo dei doveri religiosi, ed invece ancora salutarmente sensibili al soave e misterioso invito che Maria offre per il ritorno a Cristo. Dev'essere questo un segreto della Provvidenza, che la sapienza e l'autorità della Chiesa è andata interpretando e svelando ai fedeli, duran­ te questo pontificato: la devozione a Maria risveglia nelle anime il senso religioso e lo riabilita all'incontro con Cristo. Maria ha una sua voce mi­ steriosa per i lontani, che ancora volgono lo sguardo verso l'incantevole t La sera del 25 maggio 1957 l'arcivescovo pronunciò un discorso nella basilica di Busto Arsizio nell'ambito delle manifestazioni per il decennio del I Congresso Mariano dell'archidiocesi, svoltosi sempre in quella città nel maggio 1947 per riprendere il culto a Maria nella diocesi di Milano dopo l'esperienza della guerra. Le manifestazioni per il decennale compresero, a partire dal 30 aprile, diverse funzioni religiose e conferenze di personalità quali l'on. Oscar Luigi Scalfa­ ro, il prof. Agostino Stocchetti e il prof. Giuseppe Lazzati; l'ultima fu quella dell'arcivescovo Montini. Il 26 ci fu la consacrazione di Busto Arsizio a Maria Santissima (n.d.r.).

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figura della bellissima, della purissima·, della dolcissima donna, Mad �e della Vita, consolatrice pietosa, avvocata misericordiosa. Una voce Mana ha per i deboli, i tiepidi, i mediocri, i consuetudinari, gli invecchiati, i delusi, che non possono resistere ad un certo accento di novità stimolan­ te, di bontà commovente, di fiducia confortante, che emana dalla perfet­ tissima e semplicissima ancella del Signore. Così altra voce Maria riserva ai buoni, ai fedeli, ai votati che non possono non sentire in lei la loro carissima maestra, la virginea assistente, la tenerissima madre. E a tutti Maria tanto di sé parla quanto di Cristo fa comprendere: per Mariam ad ]esum. Ora questo è estremamente importante. Il ritorno a Cristo, sentito come bisogno, intravisto come speranza, iniziato come sintomo, tentato come esperimento, oggi è ancora incerto ed incompleto nella società nostra; in alcuni ceti sociali è ancora da susci­ tare con positivi risultati. Perciò il ricorso a Maria è tuttora auspicabile, anche come mezzo provvidenziale per il ricupero del mondo moderno al Vangelo ed alla Chiesa di Cristo. Una riflessione s'impone a questo punto: la devozione a Maria, concepita come mezzo apostolico, deve essere sollevata a forme purissi­ me, tanto per ciò che riguarda i principi dottrinali che lo informano, quanto per ciò che tocca la forma e la misura, con cui si manifesta. Popo­ lare, gentile la devozione a Maria, non deve mai diventare fantastica e puramente esteriore; piena di cordialità e di spontaneità, non deve mai affermarsi come utilitaria e superstiziosa; ricca di contenuto personale e sentimentale, non deve mai staccarsi dalla norma sicura della preghiera collettiva e liturgica; piena di sincerità e di abbandono spirituale, non de­ ve mai porsi come a sé stante e termine ultimo della pietà e della pre­ ghiera, che da Maria devono rivolgersi a Cristo e da Cristo a Dio. Perciò la celebrazione del decennio del trionfo mariano a Busto Arsi­ zio rinnova il fervore del pio e grande avvenimento, richiama i motivi spirituali di quel fervido omaggio, risuscita nei cuori i sentimenti di os­ sequio, di amore, di confidenza nella Madonna Santissima , e le offre la ripetuta e rinascente promessa d'accogliere Cristo dalle sue braccia materne e di portarlo, Salvatore Maestro, al nostro mondo che ha tanto bi­ sogno di lui. .

(Autografo conservato nell'Archivio dell'Istituto Paolo VI)

8 PRESENZA DI MARIA Preghiera per il cinquantesimo della Federazione giovanile cattolica milanese l ( 18 maggio 1957)

L'arcivescovo di Milano invita a porsi dinanzi a Maria, che presenta Gesù alla nostra imitazione: preghiera, sacrificio, impegno, senza dimenticare il ruolo di Maria, protettrice, guida e consolazione.

O Maria, cinquant'anni camminò la schiera della nostra Federazione giovanile cattolica; invecchiarono e scomparvero i primi, altri vennero, crebbero e passarono, poi noi siamo arrivati, ma la schiera rimase sempre giovane; cambiarono i suoi soci, ma non cambiò il suo passo; mutarono i tempi, ma non mutò il suo cuore. R. O Maria, benedici la nostra Federazione. O Maria, ora le nostre file sostano davanti a te, Madre di Cristo, che l'hai sempre protetta, guidata e confortata; o Maria, per ricordare. Ricordiamo i fratelli defunti, che ci hanno preceduto nella fede, in questa vita, e nella pace, in quella eterna; ricordiamo i generosi d'un tempo, che ci aprirono la strada faticosa e gloriosa della nostra milizia cattolica; ricordiamo i buoni che diedero l'esempio e pagarono di persona; coloro che tanto amarono questa nostra gioventù, che non volevano invecchiare per non doverla lasciare; coloro che ci insegnarono la fraternità e la letizia cri­ stiana; coloro che ci beneficarono; e coloro che ci tracciarono sapienti programmi e ci mostrarono l'orizzonte immenso della conquista cattolica. R. O Maria, benedici tutti i nostri ricordi. 1 A Milano, il primo nucleo organizzato di giovani si formò nell'ambito dell'Opera dei Con­ gressi e dei Comitati Cattolici nel 1888, per iniziativa di Filippo Meda, come semplice Sezione Giovani. Nel 1907, durante la ricostiruzione del movimento cattolico italiano secondo le direttive di Pio X, i giovani si organizzarono col nome di Unione Giovani Cattolici Milanesi e due anni dopo fondarono il loro periodico « L'Azione giovanile». Dopo i nuovi staruti nazionali dell'Azione Cattolica del 1946, si iniziò a parlare di Gioventù Italiana di Azione Cattolica (GIAC) anziché di Società della Gioventù Cattolica, secondo l'antica denominazione: ma il riferimento era alla mede­ sima realtà. Anche a Milano per un certo periodo si parlò indifferentemente di GIAC o di Gio­ ventù Cattolica, finché prevalse la prima dizione (nd.r.).

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O Maria, oggi la nostra associazione viene davanti a te, o Madre nostra imma­ colata, che sempre le sei specchio ideale di bellezza e di bontà, per ripen­ sare. Ripensiamo alla nostra fortuna d'essere giovani e d'essere cattolici; ripensiamo alla inquietudine propria della nostra età; ripensiamo alla stanchezza, che la guerra passata ha lasciato nelle ossa della nostra gene­ razione; ripensiamo ai miraggi d'un'era nuova, alle speranze vere ed alle utopie fallaci d'una società nuova; ripensiamo ai rivolgimenti delle idee e delle istituzioni, all'ansia dei nostri sogni giovanili ed alla mortificante prosa del vivere quotidiano; ripensiamo ai nostri compagni che cercano lavoro e non l'hanno, o che già lavorano e soffrono, o che faticano sui libri e si preparano al domani, o che malati hanno in cuore il grido d'una giovinezza triste e compressa; ripensiamo all'amore, che vogliamo lim­ pido e sereno e sacro, e vediamo intorbidato e profanato dai mille fan­ tasmi impudichi del mondo moderno; ripensiamo a questa nostra attività cattolica, che ha lasciato alcune delle sue trombe e delle sue armature, ma non il coraggio e l'idea, non la passione per Cristo e per la sua Chiesa, e che vogliamo vera e salda, capace di resistere e di amare, di discutere e di conquistare. R. O Maria, benedici tutti i nostri pensieri. O Maria, ecco viene a te la nostra fila di seniori e di aspiranti 2, a te, Madre di Gesù, di cui essa vuoi essere amica e seguace; a te, che dal tuo grembo gentile ce lo presenti, perché lo imitiamo, lo serviamo e lo amiamo, per rinnovare le nostre promesse. Promessa di preghiera, o Maria, Promessa di azione, o Maria, Promessa di sacrificio, o Maria. Antico triplice impegno, che ci apre l'avvenire, che ci moltiplica le energie, che ci dà la speranza, che ci insegna la soluzione dei problemi insolubili, che d fa degni di chi ci ha preceduti e maestri di quelli che verranno, che ci vincola alla fratellanza fra noi ed alla solidarietà con chi crede e con chi soffre, che ci fa figli sinceri della Chiesa e del papa. R. O Maria, benedici tutti i nostri propositi. (Autografo conservato nell'Archivio dell'Istituto Paolo VI)

2 Settori in rui era ripartita la Gioventù Italiana di Azione Cattolica a seconda dell'età dei soct. Per l'esattezza, tra gli «aspiranti » e i « seniores », vi erano gli «juniores» (n.d.r.). •

9 LUCE DI MARIA Annuncio del pellegrinaggio a Lourdes in ringraziamento per la Missione cittadina 1 ( 1 0 agosto 1957)

Luce di Maria sulla nostra «precaria composizione psicosomatica »: ispirerà Maria una reazione contro le licenziose mode estive degradanti o ridicole? L'ar­ civescovo le affida la Missione cittadina di novembre che terminerà con un pel­ legrinaggio di ringraziamento a Lourdes nel 1 958.

Al clero e ai fedeli dell'archidiocesi ambrosiana. Vogliamo sentirei vicini al nostro clero e ai nostri fedeli nella pros­ sima celebrazione della festa dell'Assunzione di Maria Santissima. Il 1 5 agosto è infatti festa religiosa; piissima. Raccomandiamo al clero vivamente di renderla grata e solenne con belle cerimonie religiose, e ai fedeli con la partecipazione ai santi sacra­ menti e l'assistenza alla santa messa, e con la letizia serena e composta delle riunioni familiari. Tanta profanità invece, e turistica e mondana, ora ricopre la santa giornata, fino a mutarle il suo volto autentico, ch'è di pietà e di santità. Maria Santissima rifulge nella sacra ricorrenza, e la illumina d'una luce doppiamente abbagliante, dando chiarore alla realtà di questa nostra vita presente, precaria composizione psicosomatica, che alla morte si di­ rige e con la morte si dissolve, e alla realtà di quella vita celeste di lei, ave la ricomposizione dell'essere umano è già avvenuta in una felicità, per noi ancora senza concetto e senza nome adeguato. Questa luce mariana, proiettata così sulla nostra umanità, ne scopre e ne denuncia spietatamente ogni deformità, e ne fa risplendere ogni armonia.

LA DIGNITA DEL COSTIJME Così che non possiamo ancora una volta tacere il nostro lamento su t Dal 4 al 24 novembre 1957 l'arcivescovo Montini indisse a Milano una grande Missione cittadina, avvenimento di grandissima rilevanza religiosa, che Montini stesso definl «uno sforzo pastorale per richiamare alla vita religiosa, sincera e autentica, un'intera città ». Tema della Missione fu « Dio Padre». Cfr. La Missione di Milano. Atti e documenti, Arcivescovado di Milano, 1959 (n.d.r.).

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la licenza dilagante del costume, che da interiore diventa, in questa sta­ gione estiva, esteriore, e fa dell'esibizione corporale per �ida estetica, e dell'abito indecente miserabile scandalo. Duole parlare d1 questo argo­ mento, quasi fosse luogo obbligato del moralismo convenzionale, mentre argomenti più grandi e più gravi impegnano chiunque è nostro ma�stro del ben vivere; ma non lo si può tralasciare, quando la degenerazione della moda estiva non è più frenata né dalla coscienza della propria di­ gnità umana e cristiana, né dal timore del ridicolo, né dal rispetto alla convivenza sociale, né purtroppo dal ricordo delle tremende divine mi­ nacce agli operatori di scandali 2. Riflettano i buoni (e vorremmo associare fra questi i cultori del « buon gusto », della «buona società », del « buon umore », del «buon costume » ) , riflettano, alla luce limpidissima d i Maria, quanta bellezza, quanta finezza, quanta spiritualità sia anche nella figura corporea dell'uomo, quando questo rispecchia le leggi superiori dello spirito e della grazia. E vogliano tutti, nel ricordo della « Tota pulchra » e della « Gratia piena », rivendicare a sé, promuovere intorno a sé e, per quanto è dato dalla norma pubblica, esigere negli altri l'onestà del vestito, una virtù questa altrettanto severa, che elegante; altrettanto morale, che estetica. Dall'abito questa educazione passi al divertimento, al turismo, alla cura termale e balneare, al costume, in una parola. LA MISSIONE OTTADINA Questo richiamo non ci fa dimenticare pensieri migliori, di cui vor­ remmo discorrere con i nostri figli nel giorno glorioso della Madonna. Diremo di due. Il primo si è che la Missione cittadina è vicina; novembre non è lontano. L'esito: quale sarà? Sarà proporzionato alla preparazione nelle singole parrocchie e per le singole categorie. Appena il caldo declina e la vita rientra nel corso normale, bisogna dare alla preparazione locale e particolare tutto il fervore possibile. Quella remota e generale, avviata da oltre un anno, è a buon punto; ma a poco varrebbe l'aver predisposto l'organizzazione della Missione se i singoli Comitati parrocchiali non avessero a profittarne e a funzionare col massimo impegno. La voce della Missione è pronta; bisogna che siano pronti coloro che la devono ascoltare. Ma ogni cosa riesce, specialmente in questo ordine di avvenimenti che riguardano l'azione di Dio e il libero orientamento delle anime, se l'aiuto divino soccorre. Bisogna implorarlo. Bisogna pregare. Il buon successo della Missione, in ultima analisi, dipende dalla preghiera. Ripetiamo : bisogna pregare. E far pregare. Ricorriamo alla Madonna . 2 Cfr. Mt 18, 7 (n.d.r.).

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IL PEllEGRINAGGIO A LOURDES Ed è questo il secondo pensiero: vogliamo ricorrere, con tutto il cuore, all'intercessione della Madonna Santissima per il buon esito della Missione cit�adina. A lei promettiamo di fare, nel prossimo anno, un grande pellegri­ naggio cittadino a Lourdes, per ringraziarla del bene ottenuto con la Missione e per portarle le nostre promesse di rinnovamento cristiano. E a lei, durante queste settimane, particolari preghiere. Una potrebbe essere questa:

ORAZIONE ALLA MADONNA PER LA MISSIONE OTIADINA O Madre di Cristo e Madre nostra, per il buon esito della Missione cittadina, noi ti preghiamo, o Maria; per la santificazione del nome di Dio nostro Padre nella nostra città, noi ti preghiamo, o Maria; per i suoi sacerdoti e i suoi religiosi, noi ti preghiamo, o Maria; per i suoi magistrati e i suoi soldati, noi ti preghiamo, o Maria; per i suoi cittadini e i suoi ospiti, noi ti preghiamo, o Maria; per i suoi fanciulli e i suoi giovani, noi ti preghiamo, o Maria; per i suoi uomini di pensiero e di lavoro, noi ti preghiamo, o Maria; per i suoi so/ferenti e i suoi poveri, noi ti preghiamo, o Maria; per i suoi figli credenti e generosi, noi ti preghiamo, o Maria; per i suoi abitanti indifferenti e increduli, noi ti preghiamo, o Maria; per tutti i suoi focolari, i suoi uffici, le sue officine, i suoi negozi, le sue scuole, i suoi ospedali, le sue istituzioni, le sue parrocchie, noi ti preghiamo, o Maria; affinché Dio perdoni alla città ogni suo fallo, noi ti preghiamo, o Maria; affinché si conservi e si ravvivi in Milano la fede, noi ti preghiamo, o Maria; affinché risplenda il suo carattere cristiano, noi ti preghiamo, o Maria; affinché fiorisca la sua pace e la sua prosperità, noi ti preghiamo, o Maria; O Madonna Santissima, la cui effigie, pia e gentile, domina, quasi celeste emblema, la nostra città, mantieni per sempre su di essa la tua materna protezione. E così sia.

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A tutti, del nostro clero e del nostro popolo fedele, dopo aver chiesto la sua a Maria, mandiamo la nostra pastorale benedizione. 10 agosto 1957

t GIOVANNI BATTISTA MONTINI A rcivescovo (ROM, anno XLVI [ 1957], n. 9, pp. 372-37 5 : In ringraziamento della Missione l'Arci­ vescovo annuncia un grandioso Pellegrinaggio a Lourdes)

10 IL VERTICE DELL'AMORE DIVINO E DELLA BELLEZZA Messaggio radiofonico per preparare la festa dell'Assunta pronunciato l'l l agosto 1957 su invito dell'Opera della Regalità di Cristo

Dio innamorato della più bella delle sue creature dal momento in cui la creò, raggiunge il culmine del suo amore con l'Assunzione. Maria è il capolavo­ ro della creazione, dell'umanesimo, che trovò compimento in Dio e per mezzo di Dio. Il culto trascende la poesia e l'arte che la celebrano. G.B. Montini trat­ teggia ciò che, al Congresso mariano nel 1 975, chiamerà via pulchritudinis. Ma in Maria vede pure e soprattutto una sorgente ispiratrice di vita spirituale, di rigenerazione.

Siamo alla festa dell'Assunta, la grande festa della gloria di Maria Santissima, che il regnante pontefice, proclamando verità di fede la sua assunzione in anima e corpo alla vita eterna, ha voluto onorare ed invo­ care con una preghiera da lui stesso composta 1 • 1 Cfr. AAS, an. e t vol. XXXXII ( 1 950), pp. 780-78 1 . Questo i l testo della preghiera: «0 Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre degli uomini. l. Noi crediamo con tutto il fervore della nostra fede nella vostra assunzione trionfale in anima e in corpo al cielo, ove siete acclamata Regina da tutti i cori degli Angeli e da tutte le schiere dei Santi; e noi ad essi ci uniamo per lodare e benedire il Signore, che vi ha esaltata sopra tutte le altre pure creature, e per offrirvi l'anelito della nostra devozione e del nostro amore. 2. Noi sappiamo che il vostro sguardo, che maternamente accarezzava l'umanità umile e sofferente di Gesù in terra, si sazia in cielo alla vista della umanità gloriosa della Sapienza increa­ ta, e che la letizia dell'anima vostra nel contemplare faccia a faccia l'adorabile Trinità fa sussultare il vostro cuore di beatificante tenerezza; e noi, poveri peccatori, noi a cui il corpo appesantisce il volo dell'anima, vi supplichiamo di purificare i nostri sensi, affinché apprendiamo, fin da quaggiù, a gustare Iddio, Iddio solo, nell'in­ canto delle creature. 3. Noi confidiamo che le vostre pupille misericordiose si abbassino sulle nostre miserie e sulle nostre angoscie, sulle nostre lotte e sulle nostre debolezze; che le vostre labbta sorridano alle nostre gioie e alle nostre vittorie; che voi sentiate la voce di Gesù dirvi di ognuno di noi, come già del suo discepolo amato: Ecco il tuo figlio; e noi, che vi invochiamo nostra Madre, noi vi prendiamo, come Giovanni, per guida, forza e consolazione della nostra vita mortale. 4. Noi abbiamo la vivificante certezza che i vostri occhi, i quali hanno pianto sulla terra irrigata dal sangue di Gesù, si volgono ancora verso questo mondo in preda alle guerre, alle per­ secuzioni, alla oppressione dei giusti e dei deboli; e noi, fra le tenebre di questa valle di lacrime, attendiamo dal vostro celeste lume e dalla vostra dolce pietà sollievo alle pene dei nostri cuori, alle prove della Chiesa e della nostra patna. 5. Noi crediamo infine che nella gloria, ove voi regnate, vestita di sole e coronata di stelle, voi siete, dopo Gesù, la gioia e la letizia di tutti gli Angeli e di tutti i Santi;

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Invitiamo i buoni, invitiamo quanti hanno senso per le cose divi ?e a noi da Dio rivelate e dalla Chiesa insegnate, invitiamo specialmente 1 so­ ci e gli amici dell'Opera della Regalità di Cri s to 2, promotrice di questo annuncio radiofonico, a recitare, nel prossimo santo giorno festivo, quella fine e meditata preghiera. Essa avrà certamente l'effetto, oltre che quello primario di propiziare su di noi la bontà della Madre gloriosa e pietosa, di far scaturire dentro di noi sentimenti degni di lei, ristoratori della no­ stra ancora bassa e fiacca vita di pellegrini della terra. Perché dal giorno che ella apparve, Maria, «venuta da cielo in terra a miracol mostrare » 3, ed era la nuova Eva, la purissima, la tutta bella, così bella che innamorò di sé chi l'aveva creata, e ancor più dal giorno in cui ella disparve, e fu assunta al Cielo, l'umanità, e siamo ancora noi, ebbe un desiderio, una passione, quella di poterla vedere, di poterla contem­ plare, di poter finalmente fissare lo sguardo nell'immagine della donna perfetta, non alterata da alcuna ombra, sembianza corporea fatta per raf­ figurare la realtà dello spirito, specchio tersissimo d'un'anima immacola­ ta, riflesso, a sua volta, dell'ineffabile volto di Dio. Le parole non bastano ad enunciare questo singolarissimo fatto della forma sensibile e corporea, di cui fu rivestita la creatura più rispondente al suo tipo primigenio, quale la mente, l'amore anzi di Dio concepì ed espresse, in umana natura, nella profondità, nell'equilibrio, nel fulgore di tutte le perfezioni. Questo fatto ha nome Maria; e sappiamo che da quando il mondo lo poté annoverare fra quelli della sua storia travagliata, esso costituì un centro, un polo, a cui gli spiriti, avidi di scoprire non soltanto la vera bellezza, ma la bellezza come principio e termine delle sorti umane, cor­ sero instancabili, chi con l'omaggio della pietà, chi con lo sguardo della contemplazione, chi con la predilezione dell'arte, chi con il grido della preghiera. Non fu fantasia mitica, non fu estetismo formale, non fu poesia re­ torica ; fu un culto vitale rivolto alla creatura apparsa al centro dell'ordi­ ne, dell'armonia, della salvezza. Mistero e luce irradiarono dal placido volto regale; bontà e bellezza si presentarono finalmente fuse in un'in­ dentica immagine, sovra ogni altra, umana ed angelica ; poesia e realtà ebbero finalmente il loro incontro compiuto. e noi, da questa terra, ove passiamo pellegrini, confortati dalla fede nella futura risurrezione guardiamo verso di voi, nostra vita, nostra dolcezza, nostra speranza; attraeteci con la soavit � della vostra voce, per mostrarci un giorno, dopo il nostro esilio, Gesù, frutto benedetto del vostro seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria ». 2 L :� pera del � a Regalità di Cristo è un istituto secolare di diritto diocesano, comprendente un sodaltzw maschile ed uno femminile, fondato dall'Università cattolica del Sacro Cuore di Mi­ lano nel 1929 per onorare il culto di Cristo Re (la cui festa liturgica era stata istituita da Pio XI nel 1?25). L'Opera ha � l compito di diffondere lo studio, l'approfondimento spirituale e le prati­ che dJ culto sulla devozione al sacerdozio regale di Cristo (n.d.r. ) . 1 DANTE AuGHIERI , La vita nova, XXVI, X V sonetto, v. 8 (n.d.r.).

lO

Il vertice

dell'amore divino e della bellezza

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Liturgia, teologia, poesia, arte, ci danno innumerevoli voci per cele­ brare il mistero così umano, così sovrumano di Maria, e con tale abbon­ danza, che essa non ci consente, in questo momento, nemmeno la scelta di quelle più note e più squillanti; ma ci invita a pensare come la Ma­ donna possa esercitare, e in realtà eserciti, nella Chiesa cattolica, ove essa continua a trovare crescente culto d'amore, una funzione meravigliosa, quella di suscitare inesauribilmente immagini di vera e non mai paga bellezza. Per il fatto che ella è in tanta pienezza di forma realmente esistita, e ch'ella è in realtà tuttora vivente nell'integrità sfolgorante della vita eter­ na, e ch'ella, ancora, è sottratta al nostro avido sguardo filiale, un partico­ lare processo spirituale viene a prodursi in seno all'umanità fedele, e cioè lo sforzo di vederla; e siccome questo ai nostri sensi ancora non è dato, durante il nostro pellegrinaggio terreno, l'ansia crea l'immagine; ogni devoto pensa a Maria secondo la sua duplice capacità, d'idealizzare l'esse­ re e di rappresentarne la figura; ed avviene così che il pensiero di Maria diventa fontana sempre zampillante di acque purissime nella spiritualità che la circonda di venerazione e di studio. Il culto della Madonna genera infatti il sempre nuovo e sempre am­ mirabile tentativo di esprimere la bellezza nel suo grado sublime di bon­ tà morale. Questa, tra l'altro, pare a me la sorgente dell'inesausta vena artistica del nostro migliore patrimonio iconografico. « Per tradurre l'im­ magine di Maria, scrive un critico d'arte contemporaneo, l'artista sarà sempre obbligato ad interrogare se stesso; dovrà affondare la sua ansiosa ricerca nell'humus della propria sensibilità e della propria cultura. A se­ conda della maggiore o minore ricchezza di questa, la "sua" Madonna sa­ rà in grado di commuovere, di entusiasmare, di far piangere» 4. Così che se noi, in questa festa dell'Assunzione di Maria Santissima, innalziamo gli occhi verso di lei, e ancora non godiamo della sua visione beata, ci sentiamo tuttavia salire nell'anima le immagini, e voglio dire i concetti, i pensieri, i sentimenti più belli, più puri, più atti a dare a noi qualche insoddisfatta ma generosa idea della Vergine Madre di Dio, e ci sentiamo così non solo estasiati da dolci e inebbrianti fantasmi spirituali, ma come rigenerati ad un modo di pensare, di sentire e di vivere, di cui il nostro mondo profano certo non ci sa fare esperienza. Anzi questa rigenerazione spirituale è il beneficio di cui ci fa dono il culto a Maria di cui possiamo, nella festa del suo trionfo celeste, mag­ giormente godere, e di cui forse abbiamo maggiore bisogno. Mentre l' ar­ te sembra aver smarrito la molla delle sue forze espressive, mentre l'e­ stetica umana degenera nella sensibilità e nella passionalità, che la fanno sempre più egoista e corrotta, mentre ogni nostra attività si impegna in ·

4

Enciclopedia Mariana Theotocor, a cura di Raimondo Spiazzi e Cassiano da Langasco, Mi­

lano 19582, p. 732.

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64

(1955-1 963)

una crescente pesantezza prosaica e materialista, l'anelito verso colei che in sé raduna «quantunque in creatura è di bontade » 5, ristora la nostra capacità a scoprire gli scopi e le forme ideali della vita, stimola il nostro scetticismo morale a sperare e ad osare, rimette su le nostre labbra la dolce, la pia, la familiare nostra preghiera: A ve Maria. E con questa pre­ ghiera su le labbra e nel cuore, davvero si può camminare, senza inciam­ pi, su le vie terrestri verso quelle celesti. (ROM, anno XLVI [ 1 957], n. 8, pp. 339-34 1 : Messaggio per Maria Santissima Assunta [ 1 1 Agosto 1 95 7, alla Radio, Notiziario Cattolico] )



DANTE AuGHIERI ,

La Divina

Commedia, Paradiso, XXXIII, v.

2 1 (n.d.r. ).

11 SEDE DELLA SAPIENZA Discorso tenuto in Duomo per la festa dell'Assunta il 1 5 agosto 1957

Umiltà di Maria nella gloria: lei è sempre nostra sorella. È questa stessa umiltà che Dio ha esaltato. Una umiltà legata alla sua grandezza, perché l'umil­ tà non è negazione dell'essere ma riconoscimento della sorgente divina. L'umil­ tà è la vera conoscenza della relazione delle cose con il Creatore. È saggezza fondamentale della religione. Maria, sede della sapienza, ce lo insegna.

L' UMILTA DI MARIA Potremmo celebrare la festa dell'Assunzione di Maria Santissima con i sentimenti, che sono propri alla contemplazione del trionfo e della glo­ ria, che hanno coronato la vita terrena della beatissima donna; trionfo su la morte, per l'associazione del suo corpo immacolato alla sua santissima anima nella pienezza della vita eterna; gloria incomparabile quale è tri­ butata a colei che, predisposta da unici e ineffabili favori, ebbe l'indescri­ vibile sorte di generare nella carne umana il Verbo generato eternamen­ te, infinitamente, nel seno di Dio, e di assurgere così al grado di Regina del cielo e della terra. E sentimenti propri sarebbero quelli di estasiata ammirazione, che consuma la forza del suo sguardo e della sua lirica esaltazione nel contemplare incommensurabili profondità di cielo, e che tenta confondere l'esile e timida nostra voce terrena con l'inno pieno e potente degli angeli godenti e benedicenti Iddio, nella prodigiosa ed ecce­ zionale manifestazione, in questa sua singolarissima creatura, della sua bellezza, della sua santità, del suo amore. E potremmo aggiungere senti­ menti di letizia e di speranza per saperci chiamati a partecipare, non so­ lo con questa ancor pallida e incompleta visione alla medesima sorte del­ la celeste trionfatrice, ma con analoga fortuna, un giorno, con simile pie­ nezza, alla sorte felicissima della Madre di Cristo e madre nostra. E la celebriamo, difatti, nostre facendo le voci che la liturgia della Chiesa, con la sua inesausta vena di poesia e di canto, mette oggi su le nostre labbra. Aprendo la parte propria della messa odierna, abbiamo vo­ lentieri sentito scorrere nelle nostre anime il soffio di quei festivi senti­ menti: «Esultiamo tutti nel Signore, celebrando la festa dell'esaltazione della beatissima Vergine Maria, per la cui Assunzione gioiscono gli An­ geli e dànno lode in coro al Figlio di Dio » 1• 1 Cfr. Missale B.M.V.) (n.d.r.).

Ambrosianum, Mediolani MCMXLVI, p .

538 (ingressa i n Pesto Assumptionis

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Ma senza rinunciare a questa inebriante letizia, un altro aspetto ci sorprende di questo mistero dell'Assunzione della Madonna, e ci fa inte­ riormente pensosi. È quasi una lezione che deriva a noi dal suo stato glorioso e che ci ricorda la via per la quale esso è stato raggiunto; è l'a­ spetto dell'umiltà di Maria. La sua gloria ci riempie l'anima di meraviglia e di letizia, ma sembra porre un'immensa distanza tra lei e noi, e tanto la innalza da mettere a prova la nostra speranza di poterla un giorno raggiungere; mentre la sua umiltà a noi la avvicina, e quasi la rende so­ rella della nostra umana condizione; prerogativa e virtù la sua, miseria la nostra; ma condizione propizia affinché noi la possiamo avvicinare, comprendere, imitare. Così l'umiltà di Maria non è oggi ricordata fuor di proposito. Essa ci indica l'inizio della sua fortuna spirituale, come l'Assunzione ce ne indica il termine. Essa ci fa comprendere, da un lato, il disegno di Dio che dal nulla crea, sceglie, accresce, innalza, santifica, glorifica; dall'altro l'animo di Maria, fisso a due poli opposti, la sua bassezza, la sua altez­ za. La nuova liturgia romana della festa dell'Assunzione si vale appunto di questo fecondissimo motivo. Perché Maria stessa, svelandoci nel suo incomparabile cantico, la propria coscienza del mistero dell'Incarnazione, operatosi in lei dopo l'annuncio dell'arcangelo Gabriele, e dischiudendoci la visione profetica della grandezza ch'ella veniva ad occupare nel mon­ do, Maria stessa, dico, confessa e proclama tale sua umiltà: « Quia re­ spexit humilitatem ancitlae suae, ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes », perché Iddio ha guardato alla umiltà della sua serva, ecco che da questo momento beata mi chiameranno tutte le ge­ nerazioni 2. Serva, si era già detta Maria davanti all'arcangelo: « Ecce an­ cilla Domini» 3 ; serva, ancora una volta, definisce se stessa Maria, quasi si rifugiasse in questo inglorioso termine la sua dolcissima, femminile psicologia, e quasi esso fosse il migliore per esprimere la relazione fra l'essere suo, investito da così prodigiosi destini, e l'essere sovrano di Dio. Perciò poss.iamo trovare in questa professione d'umiltà, caratteristica della Madonna Santissima, molti utili motivi per celebrare il suo trionfo finale; e la pietà cristiana li va coltivando con consolanti ed edificanti risultati. Accenno ad uno, per conforto della nostra devozione. La veste di gloria, di cui il giorno eterno copre la Madonna, la sottrae al nostro �guardo ora; beate le a � ime, che nelle apparizioni mariane hanno potuto mtravedere qualcosa d1 tanto sovrumano splendore. La veste di umiltà invece, di cui fu ammantata Maria nella sua giornata terrena, la rende a

2 Le l, 48. l Le l, 38.

11

Sede de/la sapienza

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noi contemplabile, e visibile quasi. È cotesta umiltà che la pone nella sel­ va evangelica quale più modesta, più accessibile, più nostra non potrebbe e � s �re. E cotesta umiltà che la fa socia di noi mortali, la fa apparire dol­ osstmamente umana, sempre unica, sempre immacolata, sempre privile­ _ giata, ma nostra. Come noi, ella ha avuto bisogno della redenzione di Cristo, a lui è tributaria della sua salvezza, anche se noi la riconosciamo « sublimiore modo redemptam » , redenta in modo ben più sublime del nostro, come insegna il pontefice Pio IX nella Bolla che proclama il dogma della Immacolata Concezione (Ineffabilis Deus) 4. LA GRANDEZZA DEll.A SUA UMILTÀ

Noi non pretendiamo ora di fare una meditazione sulla umiltà di Maria, né una lezione su questa virtù. Per recare il nostro tributo d'amo­ re e d'onore alla Madonna Assunta ci limitiamo ad osservare come il sentimento dell'umiltà in Maria sia in rapporto con i doni ch'ella ha rice­ vuto da Dio, ultimo quello della sua glorificazione. Stupisce infatti notare che l'umiltà di Maria è correlativa al ricono­ scimento della sua grandezza. L'umiltà, di solito, indica una deficienza: si umilia chi non ha, si umilia chi è povero, chi è peccatore, chi è debole; si umilia chi è vinto, chi è castigato, chi è disperato. L'umiltà impone un riconoscimento dei limiti, frena la fantasia e l'orgoglio, tempera una so­ verchia estimazione di sé. È questa l'umiltà intesa come virtù derivata dalla temperanza. San Tommaso dirà che « l'umiltà in quanto virtù, com­ porta, nel suo stesso concetto, un certo lodevole abbassamento alle cose inferiori » 5. In Maria invece l'umiltà assume un significato diverso e più profondo; prima ancora d'essere una virtù, in lei è un sentimento, è una cognizione. E questa cognizione, non solo non nega la propria grandezza, ma la confessa; ma è cognizione tale che penetra nell'intima natura delle cose, e vede che dovunque è un valore, iv i è un dono, un'opera di Dio. Maria ha l'avvertenza, che potremmo dire metafisica e teologica, della totale e unilaterale causalità di Dio rispetto ad ogni essere e ad ogni sua manifestazione che si possa dire buona. Quel che Cristo dirà un giorno nel Vangelo, nientemeno che di sé: « Perché mi dici buono? Nessuno è buono, tranne Dio solo » 6. Maria lo ha intuito per sé; e tanto più confes­ sa la sua umiltà, quanto più proclama: « quia fecit mihi magna qui potens est » , ha fatto a me grandi cose colui che è potente 7• 4

« Pii IX Pontificis Maximi Acta », l ( 1 854), p. 616. « [ ... ] humilitas, secundum quod est virtus, in sui ratione importar quamdam laudabilem deiecrionem in ima » (Summa Theo/ogica, II, Il, 161, l, ad 2). 6 Mc 10, 18. 7 Le l , 49. �

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L'umiltà di Maria non corrisponde a un demerito, ma ad una valu­ tazione di merito; ma il merito è solo di Dio. Ella ha il senso dell'esse­ re creato, che tanto più è debitore alla causa prima, quanto più ne ha ricevuto di grandezza e di potenza. Un maestro francescano 8, caro a san­ ta Teresa, ci esibisce la formula esatta: « Qua maior est creatura, eo amplius eget Deo » 8, quanto più grande è la creatura, tanto più ha bi­ sogno di Dio. L'umiltà perciò non è la negazione dell'essere; è l' attribu­ zione dell'essere alla sua unica fonte. Non è depressiva, e tanto meno ipocrita; è fiduciosa e sincera. Essa riconosce l'unilateralità d'origine del­ l'essere e della grazia; ma gode dell'essere e della grazia, perché doni preziosi del Sommo Amore. Sotto questo aspetto l'umiltà più che una virtù specifica, moderatrice dell'opione esagerata di sé, è la saggezza fondamentale da cui dipende la stessa religione, è la condizione previa a tutte le altre virtù 9. Non per nulla sant'Agostino ha potuto dire che quasi tutta la disciplina cristiana si fonda su l'umiltà 10. Anche, per san Tommaso, che classifica l'umiltà, in quanto toglie l'ostacolo della super­ bia, che contrappone l'io a Dio, e impedisce il contatto della sua grazia, «primum locum tenet », sta al primo posto di tutto il sistema religioso u _ LA GRANDEZZA DI MARIA E LA NOSTRA POCHEZZA Ora questo pare a me assai importante per rieducare la nostra men­ talità di esseri creati, che non vogliono ricordarsi di questa fondamentale loro condizione: la dipendenza da Dio. La nostra mentalità è rivolta alla considerazione di ciò che siamo, di ciò che abbiamo, di ciò che possiamo; e su questa considerazione positiva e spesso confortante del nostro essere costruiamo il castello della nostra concezione di vita, che è un castello di potenza, di sufficienza, d'orgoglio, fondato sul nulla radicale del nostro principio. Noi dimentichiamo di essere creature e ragioniamo di noi stes­ si come se noi fossimo la causa del nostro essere. Perciò vien meno in noi la saggezza elementare del pensiero e della valutazione delle cose. Crediamo d'essere sapienti, perché esploriamo l'a­ spetto materiale e formale delle cose e della vita, e dimentichiamo l'a­ spetto originario e finale dell'essere. La considerazione delle cause effi­ ciente e finale della nostra vita e del mondo in generale sfugge al nostro 8 Probabile riferimento a s. Pietro d'Aldmtara ( 1499- 1 562) (n.d.r. ) .

9 Cfr.

Dictionnaire de théologie catholique, tome VIII•-!, Paris 1927, p . 327. Può e� sere interessante rilevar� che nella copia dell'opera appartenuta a G.B. Montini que­ _ a margine (n.d.r.) . sto passo s1a segnato con un tratto d1 matita 1 0 De Virginitate, 3 1 (PL XL, 412-4 1 3 ) . 1 1 Summa Theologica, Il, Il, 1 6 1 , 5 ad 2 ) .

11

Sede della sapienza

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interesse, e �i contentiamo di studiare questa nostra vita e questo nostro mondo quah sono, contenti di trovarli immensamente ricchi senza voler accorgerci ch'essi non hanno in se stessi la ragione suffici� nte del loro essere, e che postulano un duplice ordine di cause, efficiente e finale, estrinseche all'essere stesso, e perciò ad esso anteriori e superiori. Non abbiamo cioè la sapienza - e si chiama umiltà - di chiamarci creature. Perciò manchiamo di senso religioso e morale, di timor di Dio, di pre­ ghiera. Manchiamo della visione suprema dell'ordine e della realtà; man­ chiamo di capacità e spesso di volontà di riconoscere la trascendenza di­ vina, che darebbe a tutto il nostro pensiero la visione delle proporzioni, dei valori, dei fini, la fiducia nell'ordine universale, la voglia di adorare e di sperare, la gioia vera di vivere. Noi parliamo di noi stessi, come se fossimo padroni della nostra vita, e non soltanto responsabili del suo impiego. Parliamo del mondo, come se fosse nostro, e non avesse altri rapporti interessanti che quelli che noi creiamo con la nostra conoscenza di esso e la conquista che ne facciamo. Ci chiudiamo nell'ambito della nostra esperienza specifica, professionale, domestica, sociale, politica, ... e così via, senza avvertire che tutto il nostro vivere ha e deve avere relazione con la causalità universale. Il senso che abbiamo di noi stessi ci appaga, anche se è privo del senso dei rapporti con l'universo, con il tutto, con Dio. Siamo egoisti, e perciò orgogliosi e presuntuosi. Se avessimo il senso delle proporzioni vere e totali dell'esse­ re, avremmo maggiore entusiasmo di ciò che siamo realmente, ma sa­ remmo insieme meravigliati di tutto dovere al datore di ogni bene. La piccolezza nostra e la grandezza sua formerebbero i poli del nostro pen­ siero, e sospesi fra il nulla della nostra origine ed il tutto del nostro fine comprenderemmo qualche cosa del grande e drammatico poema della nostra vita.

MARIA È LA NOSTRA MAESTRA Come Maria. Ella è la Sedes Sapientiae. Non soltanto perché ha avu­ to nel suo seno la Sapienza, il Verbo di Dio, che ha preso in lei carne umana, ma anche perché in lei la Sapienza divina s'è riflessa con magni­ fica chiarezza di pensiero : ella ha conosciuto, come davvero tutti do­ vremmo conoscere, che Dio è il principio e la fine, che Dio è la sola sorgente dell'essere e del pensiero, che Dio solo è grande e buono, che Dio solo domina gli eventi dell'universo creato e della storia umana. Questo è il significato del suo cantico, il Magnificat, che bene appli­ chiamo alla celebrazione della gloria finale di Maria; e questo è l' inse­ gnamento che noi dobbiamo trarre dalla sua festa odierna. Utile e doverosa sempre questa lezione di sapienza e di umiltà, sem-

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(19.5.5- 1963)

bra esserlo ancor di più nella vicinanza della Missione cittadina 12, che nel prossimo novembre chiamerà Milano a riflettere appunto su questo fon­ damentale ordine di pensieri. Essa deve rimettere nei nostri animi la va­ lutazione esatta del nostro essere in rapporto con l'Essere supremo, deve ridare alla concezione religiosa della vita la sua funzione illuminante e dirigente, deve ristabilire nel gaudio e nella grazia i rapporti filiali che Dio rivelandosi nostro Padre, per Cristo e nello Spirito Santo, ha voluto stabilire con noi. Potrà sembrare tema alto e difficile, potrà sembrare su­ perfluo e non pratico: è invece, a noi pare, tema indispensabile e per tutti fecondo di rigenerazione spirituale e pratica: esso pone le basi del pensiero religioso e morale; esso ci riporta alle radici essenziali della no­ stra fede; esso ci riapre il senso centrale del Vangelo e della vita cristia­ na; esso supera e risolve le concezioni filosofiche errate di cui è intossica­ to il nostro comune modo di pensare e di agire; esso ripone le virtù e le forme di vita imprescindibili per la nostra salvezza, come sono l'umiltà e la fede, la preghiera e l'amore, il senso delle verità essenziali e delle forme genetiche della vita spirituale. Il nostro tempo, cristiano o no che si voglia considerare, ha bisogno di questa Sapienza, di quella profonda e grande che Maria ci insegna_ Da lei impariamola; a lei domandiamola in questa sua festa, che appunto ci fa godere del suo trionfo e ce ne insegna la via nella sua umiltà. (Discorsi 5, pp. 3 1 -40: Una lezione di sapienza)

1 2 V. p. 57, n. l (n.d.r.).

12 RICAPITOLAZIONE DEL DESTINO DI MARIA NELLA SUA NATIVITÀ Discorso tenuto in Duomo per la festa della Natività di Maria Santissima 1'8 settembre 1957

« La nascita di Maria è stata una fortuna per il mondo ». È l'alba della sal­ vezza e_ di o_gni speranza. Maria, tabernacolo dell'incarnazione, non «produce » la grazta. Dw solo è l'autore della grazia e il Cristo è l'unico mediatore. In che senso Maria può essere detta mediatrice? Come strumento di Dio. Ma è uno strumento libero. Non passivo, bensì attivo. L'arcivescovo espone qui tutta la sua teologia mariana, ricapitolando il ruolo della Vergine dalla nascita terrestre alla nascita in cielo, e alla sua attuale intercessione. Ci invita a incontrar/a nella Comunione dei Santi, da dove lei continua a ripeterei efficacemente, come a Cana: « Fate tutto ciò che egli vi dirà » (Gv 2, 4).

MOTIVO DI GAUDIO PER L"UMANITÀ INTERA

Quest'oggi noi vogliamo invitarvi a ricorrere all'intercessione della Madonna Santissima. Intendiamo così di bene celebrare la festa della sua natività, festa principale per questo Duomo, che appunto è dedicato a Maria nascente, e che perciò deve riempirsi di fedeli desiderosi di dare a questa ricorrenza il miglior tributo di devozione e di onore, e di trarne il maggior frutto di edificazione e di grazia. La nascita di Maria è stata una fortuna per il mondo. Essa segna il principio del compimento del più grande disegno di Dio a nostro riguardo: l'Incarnazione e la Redenzione; essa determina il momento e indica il luogo, e cioè marca il dominio divino su la storia e su la terra; essa inaugura un'era felice, quella della rigenerazione umana, e regala alla rovinata stirpe di Adamo una figlia miracolosamente perfet­ ta, stupore e fortuna nostra, ammirazione e gaudio degli angeli, nella quale l'immagine di Dio si riflette nello splendore e nella profondità ch'egli aveva concepito, al termine della creazione, evocando con supre­ mo amore un essere, l'uomo, che compendiasse in sé l'universo, e, quasi sintesi di esso, potesse venire a colloquio con il suo Creatore. Il prodigio di questo rispecchiamento di Dio nella creatura razionale si riproduce, e Maria, nascendo al mondo, nasce a Dio in quella primitiva innocenza che doveva ripagarlo della sua creatrice bontà. Dice la Sacra Scrittura che Id-

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dio si compiacque della visione dell'universo uscito dalla sua sapienza e dalla sua potenza, raccolse la gloria e la gioia che gli veniva dalla sua creazione: «E vide Dio tutte le opere sue, ed erano assai buone » 1 . Pensiamo che tale compiacenza ebbe Iddio alla nascita di Maria, la creatura immacolata, tutta bella e innocente, destinata a ineffabile paren­ tela con lui. È a questa fatidica rispondenza fra Dio e Maria, fin dal suo primo apparire nel regno della vita, che corre oggi il nostro pensiero, sembran­ do a voi legittimo il credere che in essa possiamo trovare un grande mo­ tivo di fiducia. Se Maria raccoglie le compiacenze divine, ella può essere tramite di favori che dal Signore discendono a noi, e delle nostre invoca­ zioni che salgono a lui. Per questo la liturgia odierna ci fa esprimere l'annuncio della natività di Maria come un motivo di gaudio per tutto il mondo. Dice l'antifona in coro dei Vespri: « Rallegratevi, cieli, insieme con lui (col Signore), e lo adorino tutti gli Angeli di Dio » 2• A cui fa eco quella della liturgia romana: « La tua natività, o Vergine genitrice di Dio, fu un annuncio di gaudio al mondo intero » 3. I rapporti fra Dio e l'umanità, interrotti nella loro felice pienezza dal peccato originale, sono oggi ripresi; e la salvezza che Cristo porterà sulla terra trova ora il suo canale. No n senza ragione il grande storico della vita monastica, il Mabillon 4 applica il celebre discorso di san Bernardo su l'ufficio di Maria Santissima nella distribuzione delle grazie divine, di­ scorso detto appunto dell' « acquedotto », cioè del canale che difonde la salvezza di cui Cristo è sorgente, alla natività della Madonna. «Chi è dunque il fonte della vita, se non Cristo Signore? [ ... ] Il fonte è stato derivato fino a noi [ ... ] Descendit per aquaeductum vena illa cae­ lestis. Quel ruscello celeste ha avuto un canale [ ... ] Voi avete già indovi­ nato [ ... ] di quale canale io voglio parlare, di quello che attingendo alla pienezza del fonte stesso dal cuore del Padre, a noi lo recò [ ... ] Voi sape­ te infatti a chi fu detto: "Ave, o piena di grazia" ». MARIA CAUSA STRUMENTALE DELLA REDENZIONE

Tanta è l'armonia di questi concetti, che subito una questione può a noi presentarsi, quella che riguarda la natura della mediazione della Ma­ donna al confronto con quella di Gesù Cristo, al quale sembra solo con­ venire questo geloso termine di mediatore, suffragato dall'esplicita di1 Gn l, 3 1 . 2 Cfr. Brevi ri m Ambrorianum, pars aestiva II, Mediolani MCMLVII, p . 702 (n.d.r. ) . � � 3 Cfr. Brev1anum Romanum, (antiphona a d Magnificat in I I Vesperis in Nativitate B.M.V.) (n.d. r.). 4 Jean Mabillon, benedettino francese della Congregazione di Saint-Maur ( 1632 - 1 707) . È il celebre curatore dell'opera omnia di s. Bernardo (n.d.r. ) .

12 Ricapito/azione del destino di Maria nella sua natività

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chiarazione di san Paolo: « Unus [ .. ] mediator Dei et hominum homo Ch �stus Jesus � , uno � olo è il mediatore fra Dio e gli uomini, e �uesti è _ 5 . E quesuone che molto interessa la teologia moderna, molti Gesu Cnsto distinti cultori della quale vorrebbero che la Chiesa arrivasse ad una defi­ nizione dogmatica per proclamare Maria Santissima corredentrice del gene re umano e mediatrice di tutte le grazie. , E dottrina questa che trova il suo fondamento nella prerogativa unica ed inestimabile, che la divina Provvidenza concesse alla Madonna, quella d'esse­ re la madre di Cristo, dalla quale risulta una particolare missione di lei verso il genere umano. La sua elezione infatti a Madre del Verbo incarnato, la sua accettazione del piano divino che non senza di lei si sarebbe svolto, la sua partecipazione alla vita e alla passione di Cristo, la sua posizione nel Vangelo e nella Chiesa apostolica, ed infine la sua glorificazione comportano una tale posizione nell'economia della nostra salvezza, che non si può considerare completamente passiva in se stessa, e neutra rispetto agli uomini, ma si deve considerare partecipe ed attiva nel grande disegno di Dio, che pone Gesù, alla sua nascita, e Gesù, alla sua morte, cioè nei due centrali misteri di Cristo, l'Incarnazione e la Redenzione, nelle braccia di Maria. Leone XIII, in una delle sue encicliche sul Rosario dice che: « [ . ] si può in verità e propriamente affermare che per divina disposizione nulla ci è comunicato dall'immenso tesoro della grazia di Cristo [ .. ] se non per mezzo di Maria» 6, e san Pio X spiega che: « Maria [ .. ], come ben nota san Bernardo, è l'acquedotto, oppure il collo mediante il guale il corpo è unito al capo, e questo trasmette la sua forza e la sua virtù [ ... ] È pertanto chiaro che non intendiamo affatto attribuire alla Madre di Dio il potere di produrre la grazia soprannaturale, potere che compete a Dio solo » 7• E questo spiega come quando parliamo di mediazione della Madon­ na, usiamo questO termine non in senso univoco, ma analogico, diverso cioè, rispetto alla mediazione di Cristo. Cristo è causa principale, e per­ tanto indipendente, della mediazione fra Dio e gli uomini; agisce cioè per virtù propria; egli è fonte della grazia. Maria invece è piuttostO causa strumentale, opera cioè per virtù a lei derivata dal suo divin Figliolo e da Dio, che elevò a funzione trascendente la sua naturale capacità, com'ella stessa proclama: « Fecit mihi magna qui potens est », ha fatto a me cose grandi colui che è potente 8. Non è peraltro da dimenticare che, anche consideratO in questa sua vera luce, che mostra quanto gelosamente si debba sempre esaltare la so­ vranità efficiente della mediazione di Cristo, Maria non fu mero stru­ mento passivo; Maria aderì liberamente all'invito divino e partecipò con .

..

.

.

5 l Tm 2, 5.

6 1

Cfr. enciclica Cfr. enciclica

8 Le l,

49.

Octobri mense, «leonis XIII Pontificis Maximi Acta », XI ( 1891), p . 299 e ss. Ad diem illum, « Pii X Pontificis Maximi Acta>>, I (1904), p. 147 e ss.

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dedizione totale e perfezione santissima all'azione divina su di lei e « per­ ciò rimane, per quanto infinitamente piccola possa apparire, l'azione per­ sonale di Maria a confronto dell'atto dell'amore divino, un filo umano nella trama di salvezza tessuta dall'amore divino: il fiat di Maria » 9. Anzi, san Tommaso, il teologo della precisione, fa dipendere anche da questo filo il piano dell'umana redenzione, asserendo che da quel « fiat» di b­ bedienza, ma libero e personale, « si aspettava il consenso della Vergme in rappresentanza di tutta l'umana natura» 1 0 • E tale cooperazione di Maria alla salvezza nostra non mancherà mai in tutto il corso della storia evangelica: ricordate il suo intervento per affrettare il primo miracolo di Cristo alle nozze di Cana, ricordate la sua partecipazione alla passione redentrice di Gesù; come non mancherà in seguito: Maria, nel cenacolo, in attesa della Pentecoste, prega con la Chiesa nascente e per la Chiesa nascente; e in cielo, vicina ormai al Cri­ sto glorioso, che lassù continua il suo sacerdotale ufficio di mediatore «semper vivens ad interpellandum pro nobis», vivo sempre per interce­ dere in nostro favore 1 1 , certamente continua la sua materna opera di ausiliatrice di tutti i cristiani. CoME RICORRERE ALL"INTERCESSIONE DELLA MADONNA Tutto questo ci porterebbe a parlare della bontà di Maria: di quella non solo ricevuta per grazia, ma esercitata per virtù, starei per dire per temperamento, quasi che in tale espressione della sua unica e soavissima personalità si possa immaginare la mirabile fusione del dono traboccante di grazia, «gratia plena », e dell'uso che Maria ne fece, della coscienza ch'ella ne ebbe, delle forme gentilissime e potenti, con cui lo seppe vive­ re ed esprimere. Bontà di Maria, gioia di Dio; bontà di Maria, gioia del genere uma­ no. E a noi piace pensarla e celebrarla in questa festività, che annuncia al mondo l'apparizione di bontà, perché ne sentiamo il bisogno. Maria, Madre indulgente, compatirà se noi riduciamo a questa interessata consi­ derazione il ricordo della sua bontà. Deboli come siamo, e sempre rivolti a valutazioni soggettive, a causa del nostro egoismo e dell'educazione uti­ litaria moderna, siamo subito portati a pensare Maria buona per noi, mentre tanto meriterebbe d'essere prima meditata come buona in sé, e buona per Dio e per Cristo; ma non è da biasimarsi un ricorso a chi può salvare da chi ha bisogno d'essere salvato. È la nostra maniera consueta d'onorare la bontà quella d'invocarla a nostro favore. 9 KARL AoAM,

10

...

III, 30, l ) . 11

L'euenza dei cattolicesimo, Morcelliana, Brescia,

19383, p. 173.

«[ ] expectabatur consensus Virginis loco totius humanae naturae»

Eh 7, 2 5 ; Rm 8, 34.

(Summa Theoiogica'

12

Ricapito/azione del dertino di Maria nella rua natività

75

E a � lora, invece �i diffonderci su la bontà di Maria, ci piace sof­ fermaro sul modo dt renderla a noi propizia. Come si fa ad usufruire di questa bontà? Come si fa efficace ricorso alla intercessione di Maria? Sembrerebbe superfluo insegnarlo, tanto siamo comunemente abitua­ ti a far rico rso alle raccomandazioni. La raccomandazione è così invalsa nel nostro funzionamento sociale, che ben sappiamo la psicologia e l'arte, che occorre usare per avere una raccomandazione. Da questo abusato ri­ corso all'intercessione di chi si pensa buono e valente presso altri a no­ stro vantaggio potremmo trarre elementi utili per guadagnare a noi l'in­ tercessione della Madonna; la nostra preghiera potrebbe sembrare non molto dissimile da quella che usiamo per captare la benevolenza delle persone influenti di questo mondo: riconoscimento del merito e della funzione di tali persone, esposizione e motivazione quanto più persuasi­ va e possibile dello scopo raccomandato, insistenza spesso spinta oltre i limiti della discrezione, e così via. Ma il ricorso all'intercessione della Madonna e dei santi non ammette certi vizi, propri della petulante solle­ citazione delle raccomandazioni umane. Il ricorso, dico, all'intercessione della Madonna e dei santi non am­ mette certamente questi deplorevoli lenocini; impossibile perfino pensar­ li. Esige piuttosto altre condizioni, che sarà bene ricordare, se davvero ci è ambito e prezioso il soccorso dei celesti patroni. Esige ch è ci rendiamo grati a Maria ed ai santi, che cerchiamo la loro amicizia ancor prima dei loro favori, che offriamo l'omaggio di cuori puri e retti, prima ancora di quello dei nostri ceri o delle nostre orazioni. Se vogliamo godere del grande beneficio della Comunione dei Santi, dobbiamo cercare di appar­ tenere alla Comunione dei Santi. Se chiamiamo Maria nostra madre, bi­ sogna davvero professarci suoi figli e che ci mettiamo nella condizione voluta per il familiare colloquio della preghiera. Bisogna entrare nella circolazione dellà grazia, o che aspiriamo almeno ad entrarvi, per goder­ ne i benefici; e bisogna che le nostre-volontà diventino docili e arrende­ voli a quel volere divino, che non solo è condizione, ma causa della no­ stra salvezza. Fu questa la condizione che Maria stessa prescrisse per rendere valido il suo intervento presso Gesù, per ottenere cioè da lui il primo suo miracolo, alle nozze di Cana: « Quodcumque dixerit vobis, /aci­ te », fate tutto quello che egli vi dirà 12, Maria ci ammonisce. E poi, sì, bisognerà pregare. E mentre, da un lato, la preghiera cri­ stiana non si deve svolgere in abbondanza di parole artificiose o retori­ che 13, quasi che suo scopo fosse notificare a Dio ciò ch'egli già sa, dall'al­ tro esige d'essere prolungata: « Sine intermis.rione arate », pregate senza 1 2 Gv 2, 5. 1 3 Cfr. Mt 6, 7-8.

Sulla Madonna

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smettere mai, dice san Paolo 14; e ripetuta: « Pulsate, et aperie�ur vobin� , picchiate e vi sarà aperto t s , e pare sia lecito il farlo fino all'tmportum­ tà 16; e tutto ciò per rendere noi meno indegni del celeste soccorso. La preghiera, allora assume un carattere ascetico e penitenziale, ramo che a� ottenere grazie, grazie speciali, Gesù la unisce alla penitenza. Certi_ favon divini non si possono ottenere che « in oratione et in jeiunio », coll'ora­ zione e col digiuno 17. Tutto questo ha conferma in quanto ci dicono di Maria le sue varie, recenti apparizioni: Maria desidera, per scongiurare i mali che minacciano l'umanità, che molto si preghi e si faccia penitenza. E infine diremo che per ottenere il patrocinio della Madonna biso­ gna in lei confidare. La fiducia è l'espressione e la prova della nostra fede, condizione prima per comunicare col regno di Dio. Non è la fiducia una debolezza di spirito, non è la rinuncia fatalista all'impiego dei mezzi possibili, non è un'evasione illusoria d �l cerchio delle cose positive a quello delle cose desiderate e sognate. E un esperimento di fede e di amore di chi si abbandona ad una bontà presente e potente; è oggi per noi un atto di amore filiale che vuoi onorare l'amore materno di Maria. E vi invito a compiere quest'atto di filiale abbandono nel soccorrevo­ le e pietoso patrocinio di Maria. Ciascuno per sé. Ma tutti, lo chiedo, con un'intenzione particolare, che ha a me sugge­ rito di parlarvi oggi dell'intercessione di Maria: quella di raccomandare a lei l'esito della nostra prossima Missione cittadina 18. È questo un avve­ nimento importante, non tanto per la sua esteriore organizzazione, o per la rarità del suo verificarsi, quanto piuttosto perché riguarda la sorte di tante anime, le nostre e quelle dei nostri concittadini, come riguarda, in generale, l'orientamento spirituale di questa storica, cristiana, laboriosa metropoli lombarda. L'esito di tutto ciò che tocca gli spiriti è, rispetto a noi, estremamente problematico: che valgono i nostri argomenti e i no­ stri sforzi per convincere le anime? Anime liJ?ere, anime non adescate dal comunissimo motivo dell'interesse temporale, né intimorite dall'ope­ rante minaccia di svantaggi immediati? Che possiamo fare noi, anche nella sfera religiosa, per dare agli altri la fede e la grazia, quando di que­ sti doni supremi decide, in fondo, e la libertà sempre misteriosa del cuo­ re umano, e la libertà sovrana e insondabile della saggezza divina? Alla libertà del cuore umano andremo incontro con invito cordiale forte e fraterno; ma alla libertà provvidenziale di Dio dobbiamo ricorrer� con la preghiera. E dobbiamo anche pregare per ottenere l'intercessione della Madonna Santissima, la celeste patrona di questa città, l'eletta tito1 4 l Ts 5 , 1 7 .

15 Mt 7, 7.

1 6 Cfr. Le 1 1 , 9. 17 Mc 9, 28. 1 8 V. p. 57 n. l (n.d.r.) .

12

Ricapito/azione del destino di Maria nella sua natività

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lare di questo Duomo. Invocatela tutti, invocatela sempre, specialmente in questo periodo di preparazione alla Missione. Voi, suore, che a Maria Bambina 19 tributate l'omaggio di tutta la vostra famiglia religiosa, voi, cuori pii e cristiani, che conoscete le risorse dell'orazione; voi, fedeli tutti di Milano, che amate Maria e che amate questa città: l'ora è propizia, l'ora è urgente, perché la materna tutela della Madonna sia provvida, sia efficace per le spirituali fortune del nostro popolo. nativitatem diremo con la liturgia odierna « Cum jucunditate beatae Mariae celebremus, ut ipsa pro nob is intercedat ad Dominum ]e­ sum Christum ». Con gaudio celebriamo la natività della beata Vergine Maria, affinché ella interceda per noi presso nostro Signore Gesù Cristo 20• E così sia. -

-

(Discorsi 5, pp. 1 1 5 - 1 2 5 : Natività di Maria Santissima)

L'Istituto delle Suore delle S.S. Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa, dette di Maria fu fondato a lovere (Bergamo) nel 1832 dalla Capitanio e ricono�ciuto ufficialmente dalla Chiesa nel 1 840. La fondatrice morl nel 1833 e la sua opera venne contmu�ta dalla Gerosa. L'Istituto tributa una particolare devozione a Maria Bam�ina in seguito. ad un miracolo avve �uto ad nel 1884 quando una novizia gravemente malata fu guanta dalle preghiere delle suore davant� un simul�cro della Vergine. La casa generalizia dell'Istituto è a Milano dal 1 842 ; essa era particolarmente frequentata dall'arcivescovo Montini (n.d.r.). . . 20 Breviarium Romanum, In Nativitate B.M.V., ant1phona V m I Vespens (n.d.r.). t9

Bambina,

.

13 CENTENARIO DELLE APPARIZIONI A LOURDES. COME CELEBRARLO? Messaggio all'archidiocesi, 8 febbraio 1958

Milano andrà in pellegrinaggio a Lourdes alla fine di giugn_ o. Il centena�o rinnoverà una vera conoscenza di Maria nella fede e nella preghtera del Rasano.

La ricorrenza centenaria delle apparizioni della Beata Vergine Imma­ colata a santa Bernardetta Soubirous, nella città di Lourdes, commuove in questi giorni tutto il mondo cattolico, che mediante cospicue rappresen­ tanze si appresta a pellegrinare al sacro speco di Massabielle, per rimedi­ rare il pio messaggio di Maria, per ritrovare il desiderio e l'ardore della preg_hiera, per dissetarsi a quella fonte di speranza e di misericordia. E questa la risposta viva dei fedeli alla recente enciclica Le pèterinage del Santo Padre Pio XII, rivolta all'episcopato di Francia, ma di natura sua allargata a tutto l' orbe cattolico 1. Anche Milano muoverà pellegrina a Lourdes, alla fine di giugno per recare alla Vergine Santa i propositi della Missione cittadina e per impe­ trare da lei le grazie necessarie per metterli in pratica. Ma oltre questo pellegrinaggio della città, altri precederanno o seguiranno provenienti dall'archidiocesi ambrosiana; e noi saremmo ben lieti che da ogni parroc­ chia un rappresentante almeno potesse portare a Lourdes l'omaggio d'o­ gni singola comunità parrocchiale. Ma desideriamo intanto che in ogni parrocchia, cittadina o foranea, proprio in occasione di queste feste centenarie, abbia a fiorire una viva e seria devozione· mariana specialmente col ritorno alle pie abitudini della recita del santo Rosario in famiglia, di carità, di austerità, di frequenza ai santi sacramenti, secondo i desideri stessi della Madonna, come li cono­ sciamo dalle parole alla sua confidente. Sarebbe ingenuità la nostra se chiedessimo a Maria di poterla fin d'o­ ra noi stessi vedere! Ma non è ingenuo chiedere di conoscere meglio « la dolce Vergine Maria », nella sua essenziale grandezza di Madre di Dio, nei suoi privilegi, nelle sue ricchezze interiori, nella sua potenza interce­ ditrice; chiederle di sentirei affascinati dalla sua luce, e non accecati da tante false luci, che ci investono da ogni direzione. 1 Cfr. AAS,

ann. et

vol. XXXXIX ( 1957), pp. 605 -619.

13

Centenario delle apparizione a Lourdes. Come celebrarlo?

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Impetrare tali doni sarebbe, a nostro avviso, il miglior frutto di que­ st' anno di Lourdes. Lasciamo all'iniziativa e allo zelo dei pastori di anime di celebrare convenientemente sia l'imminente data del giorno 1 1 febbraio 2, che non è festa di precetto festivo, ma essendo anche festa civile, si presta per essere solenriizzata con qualche degna cerimonia religiosa, a cui tutti i fedeli siano convocati, sia le altre diverse date dell'anno lourdiano. Non sarà vano ricordare che il giorno 1 1 febbraio è anche il 29° anniversario del grande avvenimento della Conciliazione: sarà tanto più consona, in quel giorno, una preghiera speciale a Maria Santissima per la Chiesa e per l'Italia, affinché la pace religiosa restituita al nostro Paese non sia compromessa dall'insorgenza di strane inimicizie a tale pace, ed affinché l'equilibrio di poteri ch'essa ha introdotto in Italia possa davvero giovare a conservarle la sua fede cattolica ed a promuovere la sua crescente prosperità. Milano, 8 febbraio 1958

t GIOVANNI BATIISTA MoNTINI Arcivescovo (RDM, anno XLVII [ 1958], Madonna a Lourdes)

n.

3, pp. 138- 1 39: Per il Centenario delle apparizioni della

2 In quel medesimo giorno, infatti, si celebrava l'anniversario della firma dei Patti Latera­ nensi del 1929 tra Santa Sede e Italia (n.d.r.).

14 PREGHIERA E POLITICA Esortazione all'archidiocesi per il mese di maggio, 27 aprile 1958

Che it fatto politico dette elezioni diventi, grazte atta preghiera, u n fatto spirituale.

Il mese di maggio, che sta per incominciare, è pieno di voci, per il nostro Paese, pieno di pensamenti, pieno di programmi, di calcoli, di an­ sie e di speranze. Il fatto politico delle elezioni 1 diventa fatto spirituale, e sotto questo aspetto qui ora noi lo consideriamo: il popolo tutto vi parte­ cipa, le sue tradizioni vi sono impegnate, le sue idee vi sono professate, i suoi contrasti vi sono agitati, i suoi partiti vi sono misurati, i suoi destini vi sono decisi. Gli animi si commuovono, i principi si personificano, le idee si moltiplicano e sembrano uscire, come fantasmi giganteschi, su la scena della vita nazionale, in lotta fra loro. Dove vige la libertà, come oggi in Italia, questo tremendo torneo è possibile ed è reale; la libertà ammette il rischio, comporta il pericolo; ed è ciò che fa vigilante il citta­ dino onesto, il cristiano cosciente. Questo aspetto civile e spirituale del prossimo maggio viene per i fedeli a fondersi con l'altro aspetto tradizionale del mese della primavera trionfante e della liturgia esultante. È un mese particolarmente ricco di splendidi motivi religiosi: a cominciare dal primo giorno, il calendimag­ gio, festa del lavoro, dall'umile e giusto operaio di Nazareth, san Giusep­ pe, elevata a più alta dignità umana e cristiana; poi la festa del trionfo di Cristo, la sua Ascensione, seguita da una novena, modello di tutte le pre­ parazioni spirituali, che ci porta all'ineffabile festa della Pentecoste, per terminare, all'ultimo giorno del mese, con l'ossequio a Maria Regina. E veramente questo ossequio avrà accompagnato tutti i giorni del mese di maggio, facendoci devoti alla Madonna, specialmente in occasione del centenario delle sue apparizioni a Lourdes, con i fiori in mano, come i fanciulli, e con i canti del popolo pio sulle labbra e i pensieri buoni e semplici nel cuore. 1 Il 25 maggio 1958 si svolsero in Italia le elezioni politiche. Ne risultarono rafforzati i partiti della Democrazia Cristiana, Comunista, Socialista e Liberale; la destra arretrò. Venne for­ mato .un governo di coalizione democristiano e socialdemocratico con l'appoggio del partito re­ pubbhcano, sotto la presidenza del democristiano on. Amintore Fanfani (n.d.r.).

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Preghiera e politica

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Tutta questa fioritura di pietà non deve essere, quest'anno, per noi soffocata dagli avvenimenti e dalle emozioni della vita civile; sì bene de­ ve, proprio per questa coincidenza, avere negli animi dei fedeli, più pro­ fond_a radice e più fervorosa effusione. E un mese grave di avvenimenti importanti; deve essere per l'anima religiosa del nostro popolo un mese di più raccolta e intensa preghiera. La preghiera accompagna la vita; se la vita versa in condizioni critiche e interessanti il bene comune, la preghiera deve farsi più vigile ed amorosa. La preghiera chiama l'aiuto di Dio nelle nostre vicende umane; se queste vicende sono difficili e delicate, il bisogno dell'aiuto di Dio si fa più largo e più urgente. Dovremo perciò pregare bene, pregare molto durante il mese di magg10: Clero e fedeli, Il clero voglia bene predisporre le solennità religiose sopra accennate, specialmente l'Ascensione e la Pentecoste, e la pia pratica del Mese di Maggio in onore di Maria Santissima. In pratica raccomandiamo: l . di santificare la festa del lavoro cristiano, il primo maggio, con una appropriata funzione religiosa, invitando ad essa specialmente i lavoratori;

2. dalla festa dell'Ascensione alla Pentecoste si promuova qualche particolare preghiera in onore ed in attesa dello Spirito Santo; il canto del Veni Creator può esprimere l'intenzione di invocare la divina assi­ stenza sul nostro Paese;

3. sia curata con speciale premura la pia pratica del mese di maggio, con breve e ben preparata predicazione, con invito ai fedeli ed in partico­ lar modo ai fanciulli perché vogliano cordialmente parteciparvi; 4. durante tale cerimonia (o anche in altro momento opportuno) si reciti la preghiera, composta dal Santo Padre, in occasione dell'anno lourdiano 2, anche per predisporre gli animi al nostro prossimo pellegri­ naggio (26 giugno l 0 luglio). -

2 Cfr. testo francese i n Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIX, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1958, p. 89 1. Testo italiano: « Docili all'invito della tua materna voce, o Vergine Immacolata di Lourdes, accorriamo ai tuoi piedi presso l'umile grotta, ove ti degnasti di apparire, per indicare ai traviati il cammino della preghiera e della penitenza, e dispensare ai languenti le grazie e i prodigi della tua sovrana bontà. Accogli, o pietosa Regina, le lodi e le preci, che popoli e nazioni, stretti da amare angustie, fidenti levano a Te. O Candida Visione di Paradiso, fuga dalle menti le tenebre dell'errore con la luce della Fede!

Sulla Madonna

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I fedeli vogliano corrispondere con premura a questi inviti all'orazio­ ne. La carità di patria deve infondere in essa un'intenzione pressante e fiduciosa, affinché il nostro popolo sia benedetto e sempre meglio indi­ rizzato sui sentieri del vivere civile, cristiano e moderno. L'esortazione va a tutti: ai parroci in modo speciale, ai sacerdoti ed ai religiosi, alle istituzioni ed associazioni cattoliche, agli infermi, che alla preghiera conferiscono la speciale virtù del dolore, ai fanciulli, che sono forti della loro innocenza, al popolo che crede e che lavora, a quanti hanno fame e sete di giustizia 3. E nella fiducia di sentire vicina alla nostra la preghiera di tutta la diocesi, di cuore benediciamo ai suoi figli ed alle loro civili e cristiane fortune. Milano, 27 aprile 1958

(RDM,

anno

XLVII [1958],

t GIOVANNI BATIISTA MoNTINI A rcivescovo n.

5, pp. 241-243 : Per il Mese di Maggio)

O mi� tico Roseto, solleva !e ani�e a �frant� col eleste r fumo della Speranza! O sorgente . �? � . mesausta dt acqua salutare, ravvtva glt andt ruon con l onda dtvma della Carità! Fa' che noi, tuoi figli, da Te confortati nelle pene protetti nei pericoli sostenuti nelle lotte a� �amo e serviamo il tuo dolce Gesù, in guisa da mer i tare i gaudi eterni p�esso il tuo trono ne i oelt. Cosi sia. » ( �ell�grini a Lourder, Pellegrinaggio milanese a Lourdes 26 giugno-l luglio 1958 Arcivescovado ' dt Mtlano, 1958, p. 27) (n.d.r.). ; Cfr. Mt 5, 6 (n.d.r.).

15 ALTEZZA DELL'UMILTÀ La Madonna d'Europa sulle vette alpine (20 maggio 1958)

L'opera Casa Alpina di Motta 1 innalzerà una statua della Madonna d'Eu­ ropa su una cima delle Alpi. È il simbolo dell'altezza che dobbiamo riconoscere all'umiltà della Madonna. Si esprime qui la poetica storica e geografica di Mon­ tini. Nel silenzio delle nevi e nel canto dei venti, possa Maria suscitare un'Eu­ ropa di pace, al di là delle interminabili e sanguinose guerre dalle quali è sorta.

La Madonna in alto: questa è stata l'idea di Dio, che « fece per lei grandi cose » 2, e tanto la colmò di doni, tanto la inserì nel piano della salvezza del mondo, tanto la associò a Cristo, al «Solo altissimo », da me­ ritade il titolo di « alta più che creatura» 3 . Innalzare perciò l a sua effigie benedetta sopra i l nostro panorama terreno esprime materialmente un sommo disegno spirituale. È questo un gesto che la pietà cattolica ha non poche volte ripetuto; a Milano poi, su la guglia più alta del Duomo, s'è appunto voluto che si librasse, quasi volando, quasi cantando in ebbrezza di cielo, fatto limpido e propizio alla città e alla pianura, l'immagine d'oro di lei. Questo gesto ora lo ripete l'Opera Casa Alpina di Motta, portando una grande statua di Maria su la vetta della vicina montagna, donde la visione delle Alpi, dei laghi, delle valli e dei piani si allarga in orizzonte, che pare trascendere ogni ristretto perimetro e offrire l'aspetto vario e vasto d'un mondo senza confine: è realtà? è sogno? è desiderio dell'occhio che vuole abbracciare in unità l'immenso cerchio di regioni e di popoli, che si distendo­ no ai piedi della montagna, fatta piedestallo alla Vergine? Il promotore 4 di questa impresa ha il cuore grande, e ha chiamato questa visione: Europa! 1 L"Opera Casa Alpina di Motta, all"Aipe Motta presso Campodolcino (Sondrio), fu fondata da don Luigi Re, coadiutore della parrocchia milanese di s. Francesca Romana. Egli organizzò nel 1923 all"Aipe un campeggio estivo per i ragazzi orfani del suo quartiere e in seguito promosse la costru­ zione della Casa, destinata ai soggiorni formativi dei giovani nelle vacanze, sotto il motto «Per i monti a Dio». La casa venne poi regalata dallo stesso don Re alla Diocesi di Milano l' l l febbraio 1958 e l'arcivescovo Montini decise di destinarla anche ad incontri di carattere culturale e formativo organizzati dall"Azione Cattolica (Cfr. RDM, XLVII ( 1958), pp. 142, 271-273) (n.d.r.). 2 Cfr. Le l , 49 (n.d.r.). l DANTI AuGHIERI, lA Divi·na Commedia, Paradiso, XXXIII, v. 2 (n.d.r.). 4 Don Luigi Re, come detto (n.d.r.).

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Nome superbo, ma ben degno della Regina del cielo e della terra. Nome solenne, carico di secoli, che hanno lentamente depositato un manto di storia, dovunque esso si stende, e si chiama civiltà, degno per� ciò della Regina della pace. Nome antico, ma che oggi risuona come fos­ se ora scoperto, e che ben si addice a colei che fu portatrice nel tempo del Dio eterno. Nome nostro, nome caro, nome benedetto, dalle cento favelle, dalle mille città, dalle infinite strade: nome di questo suolo fatidi­ co, arato senza fine per un pane che ora vogliamo comune; conteso da interminabili guerre, perché finalmente riposasse placato dal sangue d'o­ gni nazione; cosparso da sterminate officine, ora non più frementi di ostile invidia, ma pulsanti al ritmo di fraterna fatica; ornato di innume­ revoli templi che tutti si dicono cristiani e attendono di ricomporre una medesima, indefettibile Chiesa cattolica; tutto disseminato delle nostre case e dei nostri cimiteri: nome sacro, Europa, nome della madre terra, risplende congiunto a quello della Madre di Cristo, della nostra Madre celeste. È un'idea; è un segno, un simbolo; e che sia posto al vertice dei monti, nel silenzio delle nevi e al canto dei venti, sotto le stelle e sopra le valli, è bello; e sembra pieno di poesia e di preghiera ; di ricordi del passato e di speranze dell'avvenire. (Autografo conservato nell'Archivio dell'Istituto Paolo VI)

16 PER UN RINNOVAMENTO DELLA FEDE Discorso tenuto nella basilica di S. Pio X a Lourdes in occasione del pellegrinaggio di ringraziamento per la Missione cittadina, il 29 giugno 1958 1

LA Missione cittadina di Milano rinnova la vera religione in un mondo moderno che se ne allontana. Possa colei che a Lourdes intervenne nel dramma del mondo, scongiurare la nostra attuale crisi di dubbio e di incertezza, e rinno­ vare la fede. Il suo messaggio di preghiera e di penitenza è vivificato dal suo esempio, dalla sua presenza e dalla sua intercessione a Lourdes.

Venerabili confratelli e figli carissimi, qui termina, come sapete, la sacra Missione cittadina, che abbiamo celebrata a Milano lo scorso novembre; e qui dovrebbero riconfermarsi i principi della sua spirituale continuazione. Qui, ai piedi della Madonna, con molte intenzioni nei nostri cuori: ciascuno le proprie; e tutti insieme quella di onorare la Vergine Santis­ sima nell'anno centenario delle sue prodigiose e misteriose apparizioni, in unione con la fervorosa pietà del mondo cattolico, che, auspice il Ro­ mano Pontefice, volge a Lourdes i passi, gli sguardi, le speranze. Altra nostra intenzione, che qua ci ha guidati è quella di protrarre la tensione spirituale della sacra Missione e di darle, con un pellegrinaggio rappre­ sentativo di tutta la città, una sua definitiva espressione, la quale unisca alla singolarità e alla solennità della forma la semplicità e la spontaneità dei sentimenti; e suggelli con la devozione candida e popolare verso la Madre di Cristo la concreta autenticità religiosa della nostra Missione, e riassuma l'itinerario a Dio nostro Padre nei cieli, conducendoci a Maria, Madre a noi qui in terra, a Maria, ]anua caeli, porta del cielo, speranza nostra. E così questo pellegrinaggio ci invita, ci obbliga quasi, a fiassare in promessa il coronamento della nostra Missione, a esprimerlo in preghie­ ra, perché abbia ricordo e garanzia nella materna e potente protezione di Maria. Veniamo qua in molti, veniamo da lontano, o Maria, veniamo ret Il pellegrinaggio della diocesi ambrosiana a Lourdes si svolse dal 26 giugno al l 0 luglio 1958; vi parteciparono 4500 fedeli accompagnati dall'arcivescovo. Il 29 giugno egli celebrò il so­

lenne pontificate in rito ambrosiano nella basilica della cittadina francese (n.d.r.).

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cando le insegne gloriose ed amate della nostra città e della nostra pro­ vincia, insieme a quelle della nostra Università cattolica, delle nostre par­ rocchie e delle nostre associazioni, affinché sia più chiaro il nostro pro­ posito, più implorante la nostra preghiera. Veniamo con i nostri sacerdoti, col Capitolo della nostra cattedrale e con la direzione e la rappresentanza dei nostri seminari; veniamo con i nostri eccellenti magistrati cittadini e provinciali; con i nostri fanciulli ed i nostri lavoratori, con le donne pie e forti delle nostre famiglie; veniamo con i nostri fratelli ammalati, specialmente, realtà e simbolo del nostro bisogno di soccor­ so celeste e di spirituale conforto; veniamo così, affinché l'anima di tutto il nostro popolo sia qui presente, cosciente e parlante. Veniamo, o Maria, da una città che tu conosci, dove Ambrogio, no­ stro patriarca e maestro, fu tra i primi nella Chiesa di Dio a illustrare la tua gloria ed a divulgare la tua devozione; da una città, che ha una storia lunga e grande nella civiltà cristiana, e altra ne prepara per le genti d'Europa, e perciò ha maggior bisogno di luce e di guida dall'alto; da una città, che in sé sperimenta il travaglio della vita moderna, tentata d'infe­ deltà al nome cristiano, ma pur sempre convinta che in esso è solamente salute; da una città tesa alla conquista della terra, mediante il suo sapere e il suo lavoro, ma risoluta a creare una società che viva di sapienza e di giustizia e di amore, avida perciò d'avere in dono questi tesori dello spi­ rito; da una città veniamo, o Maria, su la quale tu voli Regina, e che ha eretto ai tuoi piedi il suo Duomo, il suo vanto, il suo cuore, perché, an­ che se fosse triste ed immemore, tua sempre vuol essere e vivere... La Missione cittadina, voi lo ricordate, ha cercato di riaffermare il rapporto religioso, essenziale e reale, che intercede fra noi, uomini e cri­ stiani, e Dio, il Dio a noi rivelato da Cristo e da noi conosciuto e avvici­ nato mediante il magistero ed il ministero della Chiesa. La religione, la religione vera, è stato l'argomento della nostra Missione; la religione che ci autorizza a rivolgerei al Dio infinito e ineffabile, come al Padre fra tutti il più padre, cioè colui al quale tutti dobbiamo l'essere, la vita, ogni cosa, e lo dobb.iamo per via di amore, che a noi lo fa provvido ed amico, vicino e nostro, non solo testimonio e giudice del nostro operare, ma Padre e datore d'ogni bene e intento ai nostri bisogni e alle nostre voci, solo desideroso d'essere da noi conosciuto ed amato; Padre paziente e misericordioso; come a creature minime e capricciose e maliziose, che sono invece chiamate ad essere e ad agire da figli, da figli rigenerati di Dio, candidati ad un eterno, dispiegato e beatificante colloquio. . Abbia �o riconosciuto e riconfermato questo felicissimo rapporto con D10, propno come gente del nostro tempo, gente tormentata dal dubbio e dalla negazione, sopraffatta dalla profanità e dall'impegno terrestre, lo­ gorata dalle cento crisi dello spirito moderno, e tentata dal seducente in­ ganno della nostra sufficienza, o avvilita dalla deprimente esperienza del-

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Per un rinnovamento dei/a fede

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l � nostra a r;tgosciat� miseria. Abbiamo rifatto uno sforzo di chiarezza spi­ ntuale e di energta morale, ed abbiamo confessato la nostra fedeltà a questa insostituibile e necessaria religione cristiana, abbiamo ripreso co­ scienza del vincolo beatissimo che ci fa figli di Dio; abbiamo ridato senso e calore alla nostra fondamentale preghiera : « Padre nostro, che stai nei cieli ... » ; abbiamo riscoperto la fratellanza meravigliosa che da ciò deriva, e fonda la società visibile e spirituale insieme, che è la Chiesa; abbiamo risentito, nei suoi molteplici impegni, nei suoi interiori impulsi, nella sua incomparabile dignità, nella sua inesausta epifania di bontà e di bel­ lezza la nostra semplice e sublime vocazione cristiana. Questa vocazione cristiana, vogliamo qui riconfermare. Siamo infatti qua venuti per deporre dinanzi alla Madonna, a Maria, che con le sue apparizioni interviene nel dramma spirituale dei nostri tempi, una duplice promessa. Milano cattolica fa sacramento di mantenere, sempre, intatta e forte la sua fede, e di ravvivare, sempre onesto e generoso, il suo costume cristiano. E la promessa si fa preghiera: deboli come siamo per rendere vera­ mente efficaci e costanti i nostri propositi, imploriamo che questi due sommi beni - la fede vera ed il costume buono - ci siano conservati ed accresciuti, nella coerenza alla migliore nostra tradizione spirituale e mo­ rale, non vanificati, ma fortificati dai contrasti del vivere moderno, così fecondi e vivi da generare per noi una nuova esperienza di vita cristiana. Potrà apparire questo impegno programmatico - fede e costume cristiano - astratto, e niente pratico; ma io non saprei in quali termini più reali e positivi riassumere, e qui approvare e incoraggiare il lavoro vario e complesso che l'apostolato cattolico va svolgendo, per opera del clero e del laicato militante, con mirabile zelo e con sagace intuito dei presenti bisogni. Qui, questo sforzo apostolico vogliamo confermare risolutamente, con un solenne atto di fede e di energia morale. Vogliamo infatti che la nostra fede emerga sulle tante tempeste idea­ li e si affranchi dalle crisi perpetue del pensiero contemporaneo non gui­ dato da principi di perenne sapienza; abbiamo dubitato troppo; ci siamo abituati a intristire nella incertezza; ci siamo divertiti a cominciare col pensiero ogni giorno da capo; abbiamo mancato a doveri verso la verità acquisita. Non vogliamo più, credenti come siamo, peccare contro la luce. E di tanta luce disponiamo da esprimere, in termini moderni, una concezione grande, progrediente della vita, sempre misteriosa e sempre insoddisfatta, ma tracciata con linea sicura, verso quel Dio, che già ora inizialmente e velatamente noi possediamo. Così vogliamo che la nostra fede ci conservi, o fors'anche ci restituisca la capacità di pregare e di spe­ rare, vogliamo che ci alimenti nei cuori l'ottimismo e la gioia di chi ha

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trovato la chiave per risolvere le contrarietà dell'esperienza umana. Una fede nuova nel senso che risulta dall'accettazione dell'eterno e sempre identico da �o divino in anime, come le nostre, lavorate dall'esperienza moderna, e idonee perciò a darvi espressione vitale propria, e, in certo senso, originale. Vogliamo una fede che riempia di realtà religiosa l'adesione pura­ mente tradizionale e formale di tanta gente a un cristianesimo non com­ preso e mal praticato, e ci richiami all'affermazione cosciente e all'adora­ zione convinta di Dio trascendente, vivente, avente relazione determinata con noi, nel disegno obbligante di Cristo. Vogliamo una fede cioè che alimenti in noi una religione piena dell'infinito pensiero di Dio, una fede in cui il mistero centrale di Cristo, per noi nascente e per noi morente, grandeggi assorbendo ogni meschina religiosità e suscitando autentica e feconda spiritualità. Vogliamo una fede, che così si immedesimi nella no­ stra vita, da non farci temere gli sviluppi della scienza, della tecnica, del­ l'organizzazione sociale, ma tale da darci la capacità di tutto conoscere ed usare e riportare alla gloria di Dio ed ai fini sommi della nostra sorte umana. E con la fede un costume coerente. Qui il discorso si fa esitante. Mentre ragioniamo speditamente circa le nostre dolorose esperienze in­ tellettuali, preferiamo spesso sottacere quelle morali, che sono quasi sempre le conseguenze delle prime, e talora le cause. Ma qui, davanti alla purissima, non possiamo dimenticare il nostro grave bisogno di un rin­ novamento morale. Abbiamo quasi smarrito il criterio del bene e del ma­ le. Bisogna che ricuperiamo il senso del peccato. Bisogna che sappiamo curvare la fronte ed accusarci colpevoli. Il nostro tradizionale costume cristiano è spesso corroso dalla man­ canza di principi morali indiscutibili. Il pensiero stesso d'una sanzione eterna, l'inferno, non ci è presente con quella terribilità che conferisce carattere assoluto all'obbligazione morale. La possibilità assai cresciuta di godimenti esteriori e sensibili snerva l'austerità dei nostri costumi, e l'e­ donismo si diffonde dappertutto come misura della pienezza della vita, mentre le valutazioni economiche e materialiste prevalgono su quella dei beni dello spirito. Noi stessi che ci professiamo seguaci del Vangelo, non siamo sempre né così leali ed amorosi testimoni della verità, né così di­ sinteressati servitori del prossimo, né così solerti diffusori di carità, né così rigorosi osservanti della giustizia, né così esigenti cultori della pu­ rezza, né così pronti soldati dell'idea e del sacrificio, come l'impegno cri­ stiano reclamerebbe. Ebbene: daremo a questo nostro pellegrinaggio il significato peniten­ ziale che pur gli conviene, e lo riassumeremo, a ricordo di quest'ora di luce e di grazia, in un energico proposito di austerità morale e di forza cristiana.

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Contro l'invadente amoralismo moderno riaffermeremo la nostra vo­ lontà di vivere sempre in istato di grazia, con fedele aderenza ai canoni non solo negativi, ma altresì positivi della legge di Dio. E tutto questo effondiamo qui, dove la presenza di Maria Santissima ci sembra vicina, quasi anche da noi raggiungibile; perché siamo persuasi che così la nostra promessa e la nostra preghiera sono più sincere, sono più efficaci. Davanti a lei, la Madre, siamo anche noi più umani, diven­ tiamo più buoni. Davanti a lei, l'immacolata, cioè la perfetta, la bellissi­ ma, l'innocente, la purissima, il nostro idealismo, sconfitto da tante cadu­ te, minato da tante debolezze, ostacolato da tante difficoltà, si risolleva, diventa speranza, diventa programma. Davanti a lei ricordiamo le sue principali raccomandazioni: la preghiera, la penitenza; alla preghiera, che è contatto con Dio, vuoi corrispondere la nostra promessa di fede; alla penitenza, ch'è riparazione del peccato, vuoi corrispondere la nostra promessa di onestà morale. A lei, « beata, quae credidisti» 2, beata perché ha creduto, colleghiamo la nostra fede riconfermata; a lei, l'immacolata, la santissima, colleghiamo il nostro costume rinnovato. Davanti a lei portiamo i frutti, maturi o acerbi che siano, della nostra sacra Missione, affinché sotto la sua protezione abbiano a conservarsi, ad accrescersi, a diventare seme di un rinnovamento religioso e morale della nostra amatissima città. Davanti a lei, « Madre de' Santi immagine/Della città superna » 3, co­ me la Chiesa, portiamo l'omaggio della nostra Chiesa ambrosiana, e la invochiamo per quanti a questa Chiesa sono fedeli ed ancor più per quanti fedeli - ahimè! - non lo sono. La invochiamo altresì, oggi, festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, per tutta la Chiesa cattolica, per il Pontefice Romano, per tutta la im­ mensa e tormentata famiglia di Cristo. E fatti più buoni e più forti, con le sante emozioni di queste fervoro­ se giornate nell'animo, con la sua immagine candida, quasi balenante an­ che nei nostri occhi, torneremo alle case e alle cose consuete; ma la paro­ la di s. Ambrogio ci sarà luce nei cuori: « Eius unius vita omnium sit disciplina » 4. La vita di lei sola sia per tutti una scuola. (RDM, a n no XLVII [ 1 958], n. 8, pp. 3 19-32 3 : Discorso pronunciato dall'A rcivescovo nella Basilica Pio X a Lourdes, in occasione del pellegrinaggio milanese, 29 giugno 1 958).

2 Le 1 ,45. l

4

ALEssANDRo MANzoNJ, La

De Virginibur 11,1 5

Pentecorte, vv.

(PL XVI, 2 10).

1 -2 (n.d.r.).

17 PRESENTAZIONE DI MILANO A NOSTRA SIGNORA DI LOURDES Preghiera del pellegrinaggio diocesano nel centenario delle apparizioni (29 giugno 1958)

L'insegnamento dell'arcivescovo (n. 1 6) si apre alla preghiera: che questa città innamorata della scienza riconosca la fede come guida.

O Maria, Madre di Cristo e Madre nostra, accogli l'omaggio di devo­ Zione e di fedeltà, che a te presentano i figli pellegrini della città di Milano. Così sia. Essi intendono conchiudere davanti a te, o piena di grazia, la sacra Missione che sopra la città di Milano ha dischiuso il ricordo dell'ineffabi­ le, felicissimo messaggio evangelico: Dio Padre Nostro. Così sia. Essi vogliono così confermare davanti a te, o beatissima, la loro fede, confortare la loro speranza, riaccendere la loro carità. Così sia. Offrono a te, o Vergine potente e fedele, il loro rinnovato impegno di vita cristiana autentica nel pensiero, coerente nel costume, operosa nel bene. Così sia. Conserva, o Madonna dolcissima, la Tua protezione su la nostra città: sui suoi sacerdoti, sui suoi magistrati, su la sua gioventù, su tutti i suoi cittadini. Così sia. La nostra, o sede della Sapienza, è una città studiosa: fa' che essa sia sempre amorosa della scienza e della verità, e che riconosca nella fede la guida ai sentieri supremi della vita. Così sia. La nostra, o ancella del Signore, è una città laboriosa: fa' che essa nella ricerca dei beni temporali non smarrisca gli eterni; e fa' che la giu­ stizia cristiana infonda prosperità e concordia al mondo del nostro lavoro. Così sia.

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Presentazione di Milano a Nostra Signora di Lourdes

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La nostra, o Regina della pace, è una città che si gloria d'essere ita­ liana e che vuol essere amica di quante altre la civiltà cristiana ha gene­ rate: benedici in Milano la nostra patria e accresci in essa la fraternità della nuova Europa. Così sia. Milano, o Maria, è sempre stata cattolica; difendi per essa questa romana fortuna; alimenta in essa il senso ed il gusto dell'unità sovrana; fa' che nella fedeltà alla Chiesa di Cristo essa fitrovi sempre la fonte mi­ gliore delle sue spirituali energie. Così sia. Risveglia, infine, o gloria del popolo cristiano, nella nostra gente le virtù umane e cristiane, che lo fanno sincero, onesto, forte e sereno. Così sia. Dona a noi, o benedetta, la grazia di Cristo. Così sia. E chiama noi, o madre di misericordia, all'ultimo giorno, con i nostri defunti, alla pace eterna. Così sia. Così sia. (Autografo conservato nell'Archivio dell'Istituto Paolo VI)

18 RISVEGLIO SPIRITUALE A MILANO Invito a preparare la festa dell'Assunta (26 luglio 1958)

La celebrazione della gloria di Maria non deve essere trascurata in questo tempo di vacanza e di dispersione. L'arcivescovo la attualizza con un �upli�e riferimento: all'enciclica Meminisse iuvat di Pio XII e al recente pelle�rmaggto diocesano milanese a Lourdes: risveglio della grande città a concluswne della Missione cittadina.

Non possiamo appressarci alla festa dell'Assunzione di Maria senza chiamare a spirituale contatto la nostra diocesi, che nella tregua estiva può sentire opportuno e benefico questo ormai abituale incontro di ani­ mi intorno alla celebrazione della gloria della nostra madre celeste. Il ri­ poso fisico e la sospensione del consueto ritmo di abitudini e di occupa­ zioni pos s ono essere propizi ad un momento d'interiore raccoglimento e di particolare fervore. Sacerdoti, che vedete quasi deserte le vostre chiese dalla folla ordina­ ria, o le vedete stipate da un concorso straordinario di villeggianti, non passi inosservata la prossima festività mariana. Qualche fervore partico­ lare la distingua, qualche appropriata preparazione la preceda. E voi, fedeli, che al mare, ai monti, nelle colonie estive, nelle villeg­ giature, negli alberghi o nelle modeste abitazioni rurali ed alpine, o su le strade turistiche o nello svago dei viaggi cercate riposo all'assillante fatica quotidiana e respiro alla monotona successione delle sempre eguali gior­ nate lavorative; pensate un istante al vostro spirito, trovate un momento d'interiore ricupero dei vostri sentimenti, gustate una pausa di silenzio spirituale e ascoltate un poco la voce orientatrice della preghiera. Anche per voi la festa, che segna il punto centrale delle ferie estive, non sia profanata da follia di divertimento mondano, ma sia ora di sereni incon­ tri familiari, di inebbriante contatto col quadro sempre stupendo della natura, e di rifornimento di buoni e spirituali pensieri: ricordatevi della Madonna. Due motivi particolari abbiamo quest'anno per invitare i nostri am­ brosiani a questo disperso, ma cordialmente compatto incontro spirituale. Il primo motivo ci è dato da una recente, solenne parola del papa. Il fragore di notizie paurose l'ha quasi sommersa e soffocata. Anche molti

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di noi hanno lasciato passare inosservat a l'ultima enciclica di Pio XII, la quale, dalle parole con cui si apre, s'intitola Meminisse iuvat t giova ' ricordare. E . il ricor�o � l quale l'esortazione pontificia ci richiama, è duplice: uno nguarda . 11 ncorso alla Madonna nei passati momenti di pericolo; l'altro ci fa riflettere alle incivili e spesso inumane condizioni a cui sono ridotti, in vari paesi, i nostri fratelli di fede, proprio per la loro fede cattolica, la nostra stessa fede, che per noi, qui, può essere fonte di gau­ dio, per loro, là, è invece fonte di timori, di vessazioni, di pene; e che per noi e per loro dovrebbe essere vincolo di sincera e strettissima solidarietà. « Ci sembra opportuno ricordare che, quando nuovi pericoli minac­ ciano il popolo cristiano e la Chiesa [ ... ] Noi, come nei secoli scorsi già i Nostri Predecessori avevano fatto, ci rivolgemmo supplichevoli alla Ver­ gine Maria, nostra amorevolissima Madre, ed invitammo tutto il gregge affidatoCi ad abbandonarsi fiduciosamente alla sua protezione. E mentre il mondo era funestato da una guerra spaventosa, abbiamo fatto di tutto per esortare alla pace [ ... ] invocammo l'aiuto celeste mediante la potente intercessione della gran Madre di Dio, al cui Cuore immacolato consa­ crammo con Noi tutta l'umana famiglia ». «[ ... ] vediamo con sommo dolore del Nostro cuore di Padre, che la Chiesa cattolica, di rito sia latino che orientale è, in non poche Nazioni, oppressa da grave vessazioni [ ... ] desideriamo che a tutti coloro, i quali nelle regioni dell'Europa e dell'Asia Orientale così a lungo sono provati da una condizione di cose a loro avversa e penosa, non vengano a man­ care gli aiuti e i conforti divini, implorati da fratelli [ ... ] esprimiamo ar­ denti voti, perché in ogni regione della terra i cattolici, durante la nove­ na che suole precedere la festa dell'augusta Madre di Dio Assunta al Cie­ lo, innalzino pubbliche preghiere, in modo particolare per la Chiesa [ ... ] vessata ed afflitta » 2. Il papa perciò ci impegna tutti a prepararci bene alla festa dell'As­ sunta con la novena che la precede, a celebrare fervorosamente questa grande solennità mariana, a fare oggetto speciale delle nostre preghiere « la Chiesa del silenzio », che vuoi dire la Chiesa della sofferenza. Il richiamo è grave e triste, e ci apre gli occhi sulle condizioni presenti dell'umanità, tanto minacciata nella sua pace, e di tante popo­ lazioni per le quali la libertà di coscienza e di azione è nome vano, ma ci lascia l'abbandono cioè della fede in Dio, fulcro d'ogni vera giustizia e d'ogni vero ordine sociale. I Testo latino dall'enciclica in AAS, an. et vol. L ( 1958), n. 10, pp. 449-459. L'enciclica reca la data del 14 luglio 1958 (n.d.r.). 2 Testo italiano in « L'Osservatore Romano », 16 luglio 1958 (n.d.r.).

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Ma è richiamo benefico: alla realtà, alla solidarietà , all'austeri tà, alla preghiera soprattutto e alla speranza. . La festa di Maria Assunta sarà da noi celebrata con questa mtenstta di sentimenti e con questo fervore di orazioni. L'altro motivo, che a noi serve per convocare a spirituale conve� no i nostri figli disseminati nelle ferie estive, è il nostro recente pellegnnag­ gio a Lourdes. Reduci da questa magnifica manifestazione di pietà collettiva, sen­ tiamo il bisogno di comunicare ai fedeli cittadini milanesi e alla intera diocesi un saluto speciale, quello che la Madonna ci ha messo nel cuore, quando l'abbiamo invocata per la dilettissima nostra grande famiglia dio­ cesana, rappresentata ai suoi piedi dalle più alte autorità religiose e civili, da un cospicuo numero di sacerdoti e di fedeli, e da tanti nostri ammala­ ti, e quando abbiamo implorato il suo celeste e materno patrocinio su gli immensi e innumerevoli bisogni della Chiesa ambrosiana e della terra milanese. Questo saluto non può avere diverso significato che quello di nuovo risveglio cristiano. Lourdes ha infatti tale significato: è un richiamo, uno stimolo, un ri­ sveglio. Lo ebbe per le sue misteriose apparizioni, per le parole della Madonna apparsa, per i miracoli che ne seguirono, per il culto inebbrian­ te che, dopo un secolo dura e cresce tuttora. Maria ha chiamato gli uomini alla penitenza, cioè alla moderazione, alla liberazione rispetto alle cose di questo mondo; e alla preghiera, cioè all' aspirazione e all'adesione rispetto alle cose soprannaturali. Non restiamo insensibili a questo superiore richiamo. Abbiamo tutti bisogno di un vero risveglio religioso: nel pensiero, nella pratica stessa religiosa, nel costume, nell'azione. In questo periodo storico, estremamente fervido e complesso, e per tanti lati punto favore­ vole alla vita cristiana, occorre da noi una vigilanza molto più avveduta e cosciente; occorre un'operosità più rapida e generosa; occorre una più co­ erente e coraggiosa interpretazione pratica del Vangelo; occorre un ricor­ so più meditato e più penetrante alle fonti della grazia. Abbiamo bisogno di sapienza più illuminata, di vigore più combattivo, di testimonianza più fedele ed eloquente, se vogliamo che la crisi dell'ora presente non si con­ verta in rovina della tradizione cristiana, ma si traduca piuttosto in suo più genuino rinnovamento. L'allarme è nei fatti, e percuote, prima di tutti, quanti sono respon­ sabili del bene spirituale altrui, e poi tutti indistintamente i buoni cri­ stiani. Bisogna che usciamo da quella forma di assuefazione alle cose re­ ligiose, che ci rende calmi ed indifferenti al loro fortunato e tranquillo possesso. L'abitudine ci addormenta e ci rende insensibili ai pericoli cir­ costanti. La consuetudine ci dà l' illusione della sicurezza. L'osservanza .

.

,

18

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della norma esteriore non ci lascia spesso avvertire il vuoto progressi­ vo della sostanza interiore. L'apparenza delle forme ci nasconde il de­ perimento del contenuto essenziale. Il pretesto che ieri non c'era biso­ gno di nuovi ripari c'inganna di poter fronteggiare, rimanendo immo­ bili, le incalzanti necessità di oggi. Bisogna persuadersi che una vita cristiana mediocre non resiste alle prove a cui la sottopone l'assalto della profanità moderna, e che, isolata, consuetudinaria non basta a di­ fendere il regno Dio, assediato da ogni lato da chi lo ignora e da chi lo osteggia. La Missione cittadina, che ha avuto il suo felice epilogo nel pellegri­ naggio a Lourdes, deve segnare questa accelerazione di vita spirituale e di azione apostolica. Noi confidiamo veramente che il nostro clero ed i no­ stri fedeli sapranno comprendere, come dice il Vangelo, questi « segni dei tempi» 3, e che non vorranno sottrarsi alla vocazione propria di questa ora, forse decisiva, per le sorti della fede nella nostra città, e conseguen­ temente nella nostra diocesi. La nostra celebrazione mariana a Lourdes suona pertanto impegno comune a vigorosa ripresa di vita cristiana e d'attività apostolica, nelle forme che le mutate ed avverse condizioni presenti sembrano reclamare. Ed il ricordo di questo impegno associato alla festa dell'Assunta, indica appunto che l'impegno stesso comincia ad essere mantenuto: nel silenzio e nel riposo estivo, nel rifacimento delle forze, e dei propositi proprio delle vacanze, nell'attesa della nuova stagione lavorativa, come seme che mette radici, e sempre nel culto e nella fiducia della Madre di Cristo. Disponiamo, perciò: l. Sia fatta la novena in preparazione della festa dell'Assunzione di Maria, con inizio da mercoledì 6 agosto, in tutte le chiese ove si conserva il Santissimo Sacramento, tanto se officiare dal clero diocesano che da religiosi. Questa disposizione dev'essere attuata con speciale cura dalle parroc­ chie e dai Santuari mariani della città di Milano e dell'intera diocesi 4.

2. Raccomandiamo che siano recitate particolari preghiere per la « Chiesa del silenzio » e che siano possibilmente illustrati ai fedeli, con brevi e pacate parole, i concetti dell'enciclica pontificia s. l

Mt 16,4 (n.d.r. ). Cfr. La Diocesi di Milano. Guida ufficiale del clero per l'anno 1958, Milano 1958, pp. 482-484. 5 Vedi i testi su « l'Osservatore Romano» del 16 luglio e su «L'Italia» dello stesso 16 luglio 1958. I sacerdoti possono servirsi anche del Libro roJJo della Chiesa perseguitata di ALBERTO GAL· TER, Ed. Ancona, Milano 1956. 4

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Preghiere speciali stano pure recitate per la nostra Chiesa ambro­ siana 6. 3. Nelle chiese dove questa novena fosse compiuta con solennità e con numeroso concorso di popolo concediamo che sia celebrata ogni sera, a giudizio dei rispettivi parroci o rettori, una santa messa vespertina, secondo le relative norme vigenti. Un particolare ricordo alla «Chiesa del silenzio » accompagnerà que­ sta Messa, quasi fosse celebrata a favore e in sostituzione di quanti, sa­ cerdoti e laici di quella Chiesa sono privi di tanto beneficio. 4. Nello spirito dell'enciclica e della passata Missione cittadina, rac­ comandiamo ai fedeli volonterosi, ma soprattutto al clero ed ai religiosi, che in un giorno della novena vogliano osservare l'astinenza e il digiuno. 5 . Per la festa dell'Assunta esortiamo poi zione di giorno di tanta pietà. Fiduciosi di essere compresi e assecondati di pregustare l'annunciato incontro spirituale, di prosperità e di speranza cristiana, la nostra Milano, nella festa di S. Anna 26 luglio 1958

t

tutti a particolare santifica­ dal clero e dai fedeli e lieti a tutti mandiamo, con voti benedizione pastorale.

GIOVANNI B ATTISTA MONTINI

A rcivescovo (ROM,

anno

XLVII [1958],

n.

8, pp. 369-373 : Esortazione per la festa dell'Assunta)

6 Cfr. RDM, anno XLVI ( 1 957), n. 9, p. 374; nel libretto Pellegrini a Lourdes, [Arcivesco­ vado di Milano, 1958] p. 27: preghiera di SS. Pio XII; p. 163, Atto di consacrazione; ecc. Ecco il testo dell'Atto di consacrazione dei pellegrini milanesi riportato nella pubblicazione citata dall'arcivescovo Montini: