Sam Peckinpah


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Valerio Caprara

SaITI

Peckinpah

L'UNITÀ/

IL

CASTORO

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Valerio Caprara insegna Storia del cinema presso l'Istituto Universitario di Napoli. Dal 1979 è critico cinematografico del quotidiano «Il Mattino» e dal 1983 direttore artistico degli Incontri Internazionali del Cinema di Sorrento. Tra le sue pubblicazioni: Walerian Borowcz.yk e Samuel Fuller per la collana «Il Castoro Cinema», I film di A/fred Hitchcock, Dino Risi - Maestro per caso e numerosi saggi in volumi collettanei (le dive, I divi, Prima della rivoluzione, Napoletana - lmages of a City).

© EDITRICE IL CASTORO S.R.L. VIA PAISIELLO.

6 - 20131

MILANO

I libri pubblicati fanno parte della Collana «Il Castoro cinema» diretta da Femaldo Di Giammatteo

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SAM PECKINPAH

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IL DIZIONARIO DI PECKINPAH, L'ULTIMO WESTERNER AMERICA - Forse io mostro la vera essenza del sogno americano, del mito del successo. Il sogno americano è un qualcosa avvolto nella plastica, un bell'imballaggio con l'etichetta appiccicata sopra. Ma ora, per fortuna, categorie di persone come i giovani e i Neri hanno cuminciato a stracciare la plastica e a battersi contro i modelli di moralità t di vita della società americana: io spero che ce la facciano. (Cin.) Questo paese è pubblicità, è lavaggio del cervello, è merda. È un continuo spingere prodotti e persone senza fare alcuna distinzione fra i due. Siamo di nuovo nell'Era del Buio. Guarda la gente per chi vota - Nixon, Wallace - gorilla assassini appena usciti dalle caverne e tutti ben vestiti, che parlano e si muovono con la morte negli occhi. E qual è l'alternativa a questa gente, Humphrey e Muskie? Due tipi assolutamente senz'anima, senza nessuna idea di dove stare, fondamentalmente immorali ... Siamo orientati verso la televisione adesso. Con la televisione e le videocassette nessuno avrà più voglia di alzare il sedere neppure per andare all'angolo a vedere un film: è orribile. Uno dei grandi vantaggi d'andare al cinema o a teatro è quello di rendersi attivo, uscire di casa, comprare i biglietti, partecipare ad un'esperienza insieme a tante altre persone. L'ottanta per cento della gente che guarda la televisione invece, la vede in gruppi di tre persone o meno, e uno di loro è mezzo scimunito. Il piu della gente che ritorna a casa la sera, dopo il lavoro, beve un paio di aperitivi prima di cena e si piazza nel soggiorno-morte. Il modo in cui la nostra società si evolve è stato studiato molto attentamente, non è accidentale. Siamo tutti programmati e questo mi prostra terribilmente. ( Pia.)

ATTORI - Non ho mai creduto che gli attori fossero pasta da modellare. 2 O forse sì: all'esordio, quando ero insicuro ( ogni mattina vomitavo prima

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di raggiungere il set) perché gli attori avevano la pessima abitudine di farmi domande a cui non sapevo rispondere quasi mai. E allora li odiavo. Ma ormai ho cominciato ad apprezzare le loro domande, forse perché ora so dare qualche risposta. (C.d.C.) Lee Marvin è sempre ubriaco fradicio e attaccabrighe. Si presenta col preciso scopo di fare la pelle al regista e bisogna fargli capire subito chi è il capo. Richard Harris beve come una spugna, ma durante Sierra Charriba è restato stoicamente sobrio. Emilio Fernandez! Che razza d'energumeno è quello! Sapete certamente che - a suo tempo - ha ammazzato quattro persone ( tra cui un giornalista) a revolverate. In Messico mi ha ospitato, abbeverato, nutrito e non ha voluto esser pagato. Anzi voleva regalarmi una pistola. « In Messico » ripeteva « non si può uscire per strada senza una buona pistola». Me ne ha proposto quattro tipi diversi una volta dopo l'altra, ma alla fine gli ho raccontato di possedere un fucile e questo è sembrato bastargli. ( Pos.) Randolph Scott e loel Mc Crea sono due nobili figure appartenenti ad un'epoca passata, sono essi stessi una leggenda. In Sfida nell'Alta Sierra il soggetto suggeriva che i due ex-sceriffi si sentissero fuori posto in un West in piena trasformazione, dove le loro funzioni tradizionali non avevano più senso. Hanno perduto il loro universo, si rifugiano in impieghi che li degradano o li mettono alla berlina, eppure conservano la loro dignità. Scott e Mc Crea sono due uomini straordinari, che sono fiero d'aver conosciuto e che consegnano al film una dimensione eroica. (Pos.) Esigo che gli attori aggiungano qualcosa di proprio ai personaggi che ho crealo o di cui mi occupo. (L.a.)

BAMBINI - Per me il bambino è nello stesso tempo Dio e il Diavolo ed in lui sono mischiate la crudeltà e l'infinita bontà. Basta che i bambini siano testimoni di alcuni fatti perché diventino più velocemente degli adulti esseri vi1.iosi e cattivi. Il problema è che, essendo il nostro avvenire riposto in loro, un vecchio sistema di morale o d'educa1.ione ci impedisce di guard11re 3

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in faccia ad un sacco di verità, per esempio che esiste già nel ragazzino tutto il lato fosco dell'uomo, tutto un potenziale di violenza che non si cerca 'IJffatto d'esplorare - né, piu spesso ancora, di riconoscere - perché siamo impegnatissimi ad insegnare gentilezza e cortesia. (Cin.)

CANE DI PAGLIA - La casa che mi ha veramente entusiasmato è la quantità di soldi che mi hanno dato per farlo. Per Dio, Cane di Paglia è basato su un libro, The Siege of Trencher's Farm. Il libro è una schifezza che ha una sola buona sequenza di azione e di avventura, e cioè l'assedio stesso. Ora ti assumono per trarre un film da questo brutto libro. Ti danno un soggettista, David Goodman, un attore, Dustin Hoffman, e ti dicono di fare un film. Ti danno una storia e tu fai del tuo meglio, ecco tutto. Cos'è tutta questa merda, questo parlare di onestà e dire che il film nun è un'opera di grande intelligenza? Goodman ed io abbiamo cercato di trarre qua/,cosa di valido da quel libro: ci siamo riusciti e l'unica cosa che è rimasta è l'assedio. Guarda, se mi avessero dato da fare Guerra e Pace invece di Trencher's Farm, sono abbastanza sicuro che avrei fatto un film diverso. Se leggi quel maledetto libro, morirai soffocato nel tuo vomito ... t:.· totalmente sbagliato pensare che David Sumner, il personaggio principal,e, goda per la strage finale. C'è un punto, a metà circa dell'assedio in cui David si sente male tanto è nauseato e si dice: « Forza, premi il grilletto ». È inorridito di doverlo fare, di se stesso, della. violenza che scopre in se stesso. Mi sembra impossibile che non si sia compreso questo: ha appena usato una sbarra per uccidere un uomo che aveva cercato a sua volta di ucciderlo ... Guarda ciò che ha fatto con disperazione e o"ore total,i, in quel momento non gli importa nulla di vivere o morire. (Pia.)

DONNE - (Sulla recensione della Kael, il piu noto critico cinematografico americano, che lo accusa di « maschismo » antifemminista) Amy, il 4 personaggio interpretato da Susan George nel film, è una ragazza giovane,

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ignorante, bisbetica, dal sangue caldo: essa ha anche molte qualità ma non è ancora arrivata alla maturità. Questa è la parte. lo non ho cercato, per Dio, non ho cercato di affermare niente di generale sulle donne ... Possibile che Pauline Kael non sappia niente del sesso? Dominare ed essere dominati, l'immagine di essere presi con la forza è certamente uno dei modi in cui si fa l'amore. Ci sono innumerevoli fantasticherie nelramore, questa è una di esse. Questa Kael mi piace, è una brava ragazza e mi piace bere con lei - cosa che ho fatto qualche volta - , ma quando dice queste cose è come se schiacciasse noci col culo. ( Pla.) Ci sono due tipi di donne: quelle in grado di seguirti anche se ti allontani da te stesso e le gattine. ( Pla.) Il basilare atto maschile, secondo la sua vera natura, comincia con un atto di aggressione fisica, non importa quanto amore ci sia eventualmente espresso, e per la donna inizia con un atto di passività e sottomissione. È un fatto fisico: di questo a una qualsiasi del Movimento di Liberazione della donna e lei giurerà che sei un porco maschio sciovinista. ( Plt1.) Qualsiasi buona puttana sa molto di piu sul sesso di Betty Friedan. I o sono stato con tutte le puttane - americane, cinesi, inglesi, messicane, di tutte le nazionalità - e con un dieci per cento di esse ho intrecciato una specie di calda relazione personale: ho vissuto con qualche buona puttana. O mi hanno portato a casa loro o ero io a portarle con me, siamo stati esseri umani insieme e non ho mai pensato a queste donne come oggetti da usare. Ho messo molto delle relazioni che ho avuto con queste donne nella storia d'amore di Cable Hogue e la sua puttana Hildy. Hanno una relazione più vera e più dolce di quella che c'è fra molti mariti e mogli. Il fatto che fosse una puttana che andava a letto con uomini per soldi, non cambia niente: molte donne sposate lo fanno per la stessa ragione. Mi piace una donna onesta, una donna che sia onesta con se stessa e con le persone a cui tiene. Non di rado, in un modo o nell'altro diventa una prostituta. (Pia.) 5

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FASCISMO - Cosi, se sono fascista solo perché penso che gli uomini non sono stati creati uguali, d'accordo: sono fascista. Ma detesto il termine e detesto quella specie di ragionamento che etichetta questa opinione come fascismo. Non sono un anti-intellettuale, ma sono contro gli pseudo intellettuali che rotolano come cani nella propria diarrea verbale chiamandola scopo e identità. Un intellettuale che trasforma il suo intelletto in azione, quello è un essere umano perfetto. (Pla.) In Italia la tematica di Cane di paglia è considerata da molti il simbolo dell'ala nixoniana degli USA? Considero la cosa platealmente ridicola, dal momento che ho condotto una campagna anti-Nixon fin da quando costui è entrato in politica. ( L.a.)

GUSTI CINEMATOGRAFICI - Non so proprio in quale rapporto io sia col '> può cancellare ad una ad una tutte le nobili illusioni dell'America preistorica celebrata da Walt Whitman. Il mito della ferrovia civilizzatrice è bruttato dalle manovre dei suoi loschi funzionari, il sogno del « Mexico lindo » è sbugiardato dall'odio mortale che vi divampa, le ragioni patriottiche dell'indipendenza sta80 tunitense sono irrise dall'endemica conflittualità interna, gli eroici soldati

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sono diventati prosaiche reclute orfane di leggendari comandanti, gli stessi banditi mostrano il volto amorale ed egoista della vecchiaia. Il film è dunque negazione assoluta dell'America del ventesimo secolo e al tempo stesso canto d'amore alla primigenia purezza del suo popolo: l'America come paradiso perduto. La brutalità del presente ha inciso profondamente lo spirito del passato, il flusso del tempo ha folgorato ogni fiducia progressista illuminando la disperante finitezza fisica dei « nostri eroi »: la memoria e la nostalgia si palesano così come impossibilità a recuperare il tempo della gloria, come specchio segreto del freddo rancore e della mancanza di scrupoli. Quest'angoscia esiziale ingloba la stanchezza di Pike e lo schifo di Thornton, i loro occhi che si cercano tracciano su tutto lo sviluppo del film il segno dell'autocoscienza astratta, impotente a liberarsi realmente. Lo stesso desolante dato di fatto può cogliersi nei volti di Pike e Dutch, quando i due - coricati nella hacienda, la notte seguente il massacro di San Rafael - ripresi con un impietoso primo piano a turno, sanno pensare al futuro solo nei termini precari ed enfatici dell' « ultimo grande colpo ». Quello che affascina ne li mucchio selvaggio è il controllo costante mantenuto dal regista su tutta la sequenza; il plastico senso figurativo - sensibile addirittura agli spezzoni « messicani » del film incompiuto di Ejzenstejn - non impedisce che ogni im1nagine sprigioni un cospicuo potenziale significante, per cui il cosiddetto significato prossimo delle singole inquadrature può permettere senza eccessive forzature uno studio autonomo particolareggiato ( cfr. O. De Fornari, Prigionieri del passato, « Cinema & Film », n. 10). La riuscita visivo-formale di un ritmo concitato ( il montaggio di tipo classico si alterna ai sintagmi filmici piu complessi Ballard risolve i problemi tecnici di illuminazione con gen_ialità) secerne cosi - senza sovraccarichi - un grumo ideologico strutturale. Pessimismo radicale, dimostrativo, protervo, si è detto; ma ancora si dovrebbe parlare di una logica follemente anarchica, noncurante del senso morale, spregiudicata sino al fanatismo primitivistico. Piu che la conclamata e accidentale lettura dell'acritico antropologo 81

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Ardrey ( cfr. L'istinto di uccidere, Feltrinelli, 1968), lodatore di ogni atto aggressivo dell'uomo e della guerra « di evoluzione», epigono mediocre ed esibizionista della interessante scuola etologica di Lorenz e di Tinbergen, in questo film agisce su Peckinpah la suggestione letteraria protonovecentesca della scuola realistica ed antiteologica dei Garland, Norris, Dreiser e soprattutto Jack London. Non si tratta beninteso di un'equazione indissolubile, di un giochetto di ricalchi; ma di una nuova conferma che un regista sottile nella sua pura forza d'invenzione, può trovare nelle strutture dell'ethos americano la linea critica germinale su cui stratificare il discorso evolutivo della macchina da presa e dei suoi movimenti. Tutti gli sforzi del regista di girare qualcosa d'onesto, di « dire finalmente la verità» sui banditi del Mucchio e sul loro esatto comportamento, rimandano precisamente a quel determinismo biologico che si radicò nel pensiero americano per l'influsso di Darwin, orientato e volgarizzato da Herbert Spencer. Infatti, ecco alcune annotazioni di Vernon Louis Parrington sul naturalismo nella narrativa americana: « Una tendenza al pessimismo nella scelta dei particolari. Reazione al concetto romantico di volontà provvidenziale. L'avventura nasce dalle aspirazioni di una volontà frustrata e contrariata, creando un mondo dei nostri sogni dove trovare rifugio. Ma il naturalista non tollera rifugi del genere. Egli vuole affrontare la verità, e la verità che vede è che l'individuo è impotente di fronte alle cose. Quindi è come la vittima, l'individuo sconfitto dal mondo, e sardonicamente beffato, che il naturalista vuole rappresentare l'uomo. Quella concezione si insinua sempre. Si vede e si sente in tutto il tessuto narrativo - un destino che cova sullo sfondo ed è visibile al lettore - e in qualche momento drammatico la vittima ne ha la convinzione, cristallizzata in amare parole strappate alla sua volontà frustrata. Il compito del narratore è quello di guidarlo a questa cristallizzazione » ( Storia della cultura americana, Einaudi, 1969). Sono concetti che si possono applicare benissimo a Il mucchio selvaggio, che respinge l'idealizzazione morale-politica de I professionisti ( T he Professionals, 1966) di Richard Brooks, in 82 cui i banditi dal passato rivoluzionario si vendono ai padroni, ma poi tor-

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mentati dal rimorso ritornano in braccio agli oppressi. Nel caso del Mucchio il rovello esistenziale è facilmente rapportabile alla sosta nel villaggio messicano, a quello che essa simbolizza: la pace, il rapporto da uomo a uomo, il paesaggio rasserenato in nome dell'amore e della fiducia ... Viene da pensare proprio ai finali del romanzo londoniano, La valle della luna ( 1913 ) per esempio, o magari Radiosa aurora ( 191 O), in cui si prospetta - come ultima ancora di salvezza nell'inferno sovrappopolato dai mostri sociali - il ritorno all'isolamento e alla semplicità di un'incontaminata natura ( cfr. a questo proposito la bella Presentazione di Sergio Perosa a Martin Eden, Milano, Mursia, 1966). L'unico futuro garantito ai fuorilegge di Bishop è la morte: la rivoluzione non li riguarda, in quanto problema di un mondo in gestazione che li ha esclusi a priori; e il passaggio finale di Sykes e Thornton alla guerriglia, è quanto di piu liricamente ambiguo ci si possa aspettare. Scelta a favore delle ragioni dell'indifeso, del povero, o unico ritorno possibile all'azione? Certo i più deboli di tutti sembrano gli abitanti di Agua Verde che abbandonano ridotti a larve nella tormenta di sabbia - il luogo di un massacro che li ha coinvolti per forza, mentre combattere ancora sembra essere per i superstiti il modo migliore di vendicare l'olocausto dei compagni, o meglio di placare quel desiderio di autodistruzione che incalza sempre più da vicino. Ma il senso di cupa fatalità che trasuda dalle immagini opalescenti dell'epilogo non giustifica una sua interpretazione in chiave trionfalistica, del tipo « vincono il popolo e i suoi fucili ». Di fronte alla ferocia legale dell'ordine costituito, l'ultima alterità possibile è quella di aggregarsi alla forza più ricca di fermenti vitalistici che gli si oppone: ora certamente sono i peones spossessati, ma la lotta furiosa per la sopravvivenza ( il cannibalismo tra formiche e scorpioni ) non escluderà nel futuro occasioni opposte di contaminazione. Non si può certo pretendere un'uscita placidamente « positiva » da un film che ha fatto di tutto per corrodere la comoda pigrizia ideologica dello spettatore; piuttosto vogliamo accreditare al finale una vampata di convulso romanticismo, come omaggio al combattente coraggioso in bilico - ancora come un personaggio di Jack 83

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London - tra democraticità spontanea ed avventurismo superomistico. Le splendide sintesi fordiane ( specie quelle del primo, arcaico Ford) sono improponibili, disseccate, ma non è il caso di sostituirle con pamphlets meno rigorosi e meno commoventi; il gusto del regista californiano rifugge inoltre dall'elegia consolatoria e ambisce per contro a riflettere una superficie estetica quanto più tagliente e ampia possibile: solo in quest'ottica è possibile e legittimo estrapolare ciò che più ci convince o ci riguarda. E sarà la precisione documentaria ( ricostruzione esatta delle battaglie, utilizzazione dei luoghi autentici degli avvenimenti storici, impiego - al posto delle comparse professioniste - di veri soldati e di uomini del posto), o la tecnica della crudeltà ( studio delle reazioni di un uomo di fronte al dolore e al pericolo) o anche la presa di posizione politica ( denuncia del militarismo reazionario, anticamera del fascismo, laddove una specie di terzo mondo preme alle porte della storia ufficiale) , oppure la ricerca sociologica ( descrizione dei fattori alienanti: la costrizione dello (( spirito di frontiera >> individualista nei codici obbligati di gruppo e di massa), ma sempre senza alcun cedimento del periodare epico. Ecco come un epitaffio sul West può restituire energie vitali ad un cinema del West. Frantumare la leggenda per cogliere la realtà, cancellare la figura dell'eroe per rintracciare l'uomo; poi riscoprire l'una e l'altro così lacerati dai dubbi, dalle angosce e dalla decadenza, da rifondare perfettamente quella natura epico-tragica che è l'afflato del western, per di più tenendosi all'interno di una sensibilità e di una cultura così fisiologicamente americane, da far attecchire tutta l'amarezza barbarica sul terreno - discutibile certo, ma solido - del rispetto del passato. Il virus della precisione didascalica è coltivato nel culto per la forma: nulla ne Il mucchio selvaggio smentisce quest'opposizione parallela che è la forza essenziale del suo spigoloso sincronismo. La frase emblematica di Pike « Bisogna ragionare col cervello, le pistole non bastano piu » metaforizza il senso dell'operazione compiuta dal regista ( non a caso « Pike » può essere l'anagramma della prima metà del cognome Peckinpah): se le strutture 84 classiche e monocentriche sono isterilite, bisogna diversificare il western

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moltiplicando le norme estetiche della sua narratività filmica e ancorandosi il piu robustamente possibile alla dinamicità d'insieme delle fonti. Questa forma dialettica di realismo ha permesso la condensazione di una fantasia ipertesa nel cuore di un collaudato congegno cinematografico ( in questo senso vanno « lette » le continue citazioni, non soltanto ideologiche ma figurative, da Il tesoro della Sierra Madre). Tutto deve essere smitizzato perché si possa sngnare ancora piu avidamente il mito st.esso. Il mucchio selvaggio è un successo. Il nome di Peckinpah comincia ad essere annoverato, accanto a quelli di Arthur Penn e Stanley Kubrick, nell'élite del cinema americano dei tardi anni '60: per quanto riguarda il primo ( nato nel 1922), Gangster Story è del 1967 e Piccolo grande uomo del 1970, mentre 2001 Odissea nello spai.io del secondo (nato nel 1928) è uscito nel 1968. I dirigenti della Warner Feldman e Hyman sono entusiasti di Sam ed egli di loro: il montaggio, le scelte di distribuzione, l'esame della censura sono stati momenti quasi idilliaci, anche se la versione americana del film è meno completa di quella riservata all'Europa per i soliti, immancabili tagli, considerati però dall'autore ( almeno in quel momento) utili e giustificati. Ne segue un avvenimento sorprendente: Peckinpah - per la prima volta nella sua carriera - realizza subito un altro film con gli stessi managers « creativi ». II suo nuovo lavoro, La ballata di Cable Hogue ( The Ballad of Cab/e Hogue, 1970), è addirittura l'unico film ch'egli abbia mai scelto personalmente di fare: « Si tratta di una nuova versione de Le mosche, di Sartre, con un po' di Keystone Cops. E' la storia di un uomo che sfida gli dèi, e quando si sfidano gli dèi se ne sopportano le conseguenze. Dato che si svolge nel deserto, posso riassumere il film dicendo che si tratta di una storia di dèi, d'amore e d'acqua. E' certamente un western, ed è anche ambientato nello stesso periodo storico de Il mucchio selvaggio, ma finisce con l'esserne il perfetto contrario: una commedia e una storia d'amore» ( « Cahiers du Cinéma » n. 159, inter. cit.). Il film è stato realizzato avendo come base logistica un solitario al- 85

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bergo sulle rive del Lago Mead in Nevada, a cinquantatré miglia da Echo Bay. Il luogo esatto delle riprese era ubicato a ventisette miglia dall'albergo nella Valley of Fire, un lembo di deserto assai suggestivo ma scomodissimo per le necessità tecniche. Inoltre Peckinpah non è andato per il sottile nei rapporti con la troupe: dopo i primi dieci giorni di lavoro aveva licenziato una quindicina di uomini addetti alle piu svariate mansioni, perché non partecipavano con l'entusiasmo giusto allo sforzo collettivo. Per varie settimane impone orari continuati, massacranti, riscrive quasi per intero la sceneggiatura e tormenta con un perfezionismo nevrotico la segretaria Linda Rosenbaum; del resto egli stesso è diventato produttore del film, sebbene circondato da uno stuolo di « padrini »: Feldman ( produttore esecutivo per la Warner), William Faralla ( coproduttore) e Gordon Dawson ( produttore associato). Il solito amico-scrittore Max Evans ( un texano del 1925 che vive ad Albuquerque) è stato inserito nel cast: alla fine delle riprese dirà con pertinente ironia che ha partecipato a La «battaglia» di Cable flogue. Tutte queste fatiche - spesso inasprite dalla pioggia e dal freddo del deserto - sono parzialmente vanificate dalla revisione finale compiuta dalla Warner. Nonostante Feldman - che sembrava addirittura il primo fan di Peckinpah in tutti gli States - , si pensò che il film potesse aspirare a incassi mediocri e dopo qualche taglio lo si abbandonò al circuito di seconda visione, quasi senza pubblicità. Anzi, nonostante le lodi cli molti critici, la pellicola in America è praticamente scomparsa dalla circolazione, come ha commentato il fedele Evans: « Il film morì proprio come Cable Hogue muore nella storia, ma Sam non poté partecipare in nessun modo al suo funerale ►>. Per fortuna questo capolavoro è stato messo subito al centro dell'attenzione critica in Europa. Nello stesso 1970 infatti, fu presentato dapprima al festival di San Sebastiano ( giuria presieduta da Fritz Lang), dove la conferenza stampa del regista fu affollatissima, polemica, stimolante; e poi, in Italia, all'Incontro con il cinema americano di Sorrento ( VIII edizione degli Incontri internazionali del cinema, 20-27 86 settembre), accanto ad opere diseguali, ma tutte utilizzabili per un 'inda-

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g1nc significativa sulla Hollywood in fase di trasformazione-critica-rinnovamento. Agli inizi del secolo la grande avventura del West sta per terminare. Ma tre disperati ed illusi personaggi si spingono nel deserto di Gila, in Arizona, alla ricerca dell'oro, tra dune desolate e montagne rocciose popolate da rettili preistorici e da conigli. Hanno fame e soprattutto hanno sete. Sparano a grandi lucertoloni, ma l'acqua a disposizione è tutta raccolta in un'unica borraccia; per risolvere il problema due dei compari - Bowen e Taggart - rapinano il terzo, il maturo Cable Hogue e spietatamente lo abbandonano ad una terribile fine. Cable è solo, derubato di tutto; si mette in marcia imprecando e dial~ gando ad alta voce con Dio, a cui chiede perentoriamente la propria salvezza. Dopo quattro giorni di sofferenze, quando è ormai allo stremo delle forze, viene colto da una tempesta ... crolla a terra rassegnato, agonizzante, ma si scopre la punta della scarpa impastata di un fango rossiccio. Scava con le unghie una buchetta e l'acqua affiora a rivoli nella terra argillosa: è salvo. In questa zona una sorgente sotterranea è ancora più preziosa di un filone d'oro: accortosi che quell'acqua può diventare fonte di guadagno, Cable decide di restare nel deserto e di sfruttarla. Quando incrocia una diligenza che può salvarlo, si guarda bene dal montarci su; ed allora i due postiglioni - con uno stratagemma - lasciano cadere nella sabbia qualche valigia dei loro passeggeri, per dare delle chances in più di sopravvivenza a quell'uomo singolare. Cable Hogue può cosl costntlrsi intorno alla polla una specie di baracca; vive cacciando gli animali del deserto e riscuote - fucile alla mano - un pedaggio dai viaggiatori di transito che vogliono dissetarsi. Fa amicizia con Joshua, un bizzarro predicatore vagabondo, imbroglione, sempre a caccia di donne, fondatore di una fantomatica 4< Chiesa del viandante sperduto ,._ Si reca nella vicina cittadina di Deaddog per comprare un ettaro di terreno: è quanto gli serve per installarsi sul pezzetto di deserto che gli ha salvato la vita. La società delle diligenze lo caccia via, respingendo le sue proposte di iniziativa comune, mentre la banca ha fiducia - nonostante il suo aspetto orsino - e gli presta cento dollari per creare una stazione di posta. Intanto conosce Hildy, una biondissima prostituta che lavora nel saloon del paese e se ne innamora alla sua n1aniera, con una rozzezza ingenua e travolgente; la prima visita al bordello (Cable deve essere persino lavato) finisce C?n l'uomo in fuga precipitosa e la ragazza che gli getta dietro tutto quello che s1 trova sottomano, la seconda va molto meglio: i due si ,piacciono « senza principi ,._ Joshua, in giro per Deaddog, conosce una giovane moglie e, con la scusa delle preghiere, inizia a casa sua un tenero petting... fino all'arrivo 87

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del marito che viene ingannato dalla diabolica furberia del «pastore ►>. Comincia per Cable e Joshua un periodo sereno: l'acqua si trova solo a « Cable Springs » e la società delle diligenze ha dovuto formalizzare in un contratto l'esclusiva del rifornimento sulla pista Gila-Deaddog; i due vanno a caccia, cucinano per i passeggeri in sosta, parlano di donne al cospetto dei colori violenti del deserto. Come titolare della stazione - la bandiera nazionale sventola sul posto Cable Hogue è un uomo felice, se si esclude il pensiero della vendetta sui due ex soci che cova costantemente nel suo cervello. Un bel giorno arriva anche Hiidy che è stata cacciata dal paese e che medita di andarsene a San Francisco per accalappiare un marito straricco. Per ben tre settimane si ferma dal suo Cable e sono giornate di stupenda felicità naturista: l'uomo lavora, poi chiacchierano, Hildy fa il bagno in tinozza, la notte fanno l'amore. Purtroppo un giorno la donna parte ed anche Joshua scompare, dopo che Cable lo ha salvato dal solito marito « disonorato ». Cable è di nuovo solo, i mesi passano, la stazione prospera e s'ingrandisce. Un bel giorno càpitano da quelle parti proprio Bowen e Taggart, che dopo tre anni e mezzo tentano di derubarlo di nuovo; ma questa volta Cable è pronto, li attira in un tranello, li cattura buttandogli addosso serpenti a sonagli vivi e ammazza il più aggressivo, Taggart. Ma ecco arrivare Hildy, vestita da vera signora, seduta su di una lussuosa automobile guidata da un autista negro: « Non muoio più di fame e vado a New Orleans». Cable decide di abbandonare per sempre il deserto e di andarsene con lei, ma - per un banale incidente e cercando di salvare il tremebondo Boweo - viene investito dall'automobile e schiacciato sotto le sue grandi ruote bianche. Egli agonizza su di un enorme letto di ottone che è stato trasportato all'aperto ed in molti piangono la sua fine: Hildy, Bowen, i conducenti della diligenza ed anche Joshua che è arrivato cavalcando una bizzarra motocicletta con side-car. Le ultime parole dell'intraprendente avventuriero sono: « Nessun problema, sto morendo... Seppellitemi dove la sabbia è soffice e scavare non fa fatica». Joshua recita il sermone funebre, accanto ad Hildy, davanti alla tomba addossata ad una collina del deserto e all'amen tutti partono per sempre: l'automobile assassina incrocia una corriera che avanza traballando sulla strada sterrata. La bandiera è ammainata, gli animali selvatici riprendono possesso del piccolo territorio di « Cable Springs ». ,Protagonista essenziale del film è la dedizione assoluta del regista al segno spaziale del deserto e dell'uomo, alla pulsazione segreta di un ritmo 88 vitale. Cosi sin dall'inizio, nello schermo suddiviso in una serie di quadri

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con la tecnica dello split-screen, la storia di Cable Hogue entra in rapporto con le luci azzurrine e le strida degli uccelli dell'altrove mitico assegnato all'ultimo avventuriero, che ha osato sfidare gli dèi quando il destino del West sembra implacabilmente concluso. A un « Dio » Cable Hogue chiede la salvezza, ma appena l'acqua terrosa si raccoglie nelle sue mani è a se stesso che l'uomo rivolge un inno devoto ed esaltante: « lo! lo! Cable Hogue! ». Osserva a questo proposito Nigel Andrews che lo stesso nome « Cable » può spiegare il sacrilegio: la metà di Hogue senza Dio uccide l'altra metà credente, ovvero i nomi di « Cain >► e « Abel » si elidono in uno ( « Sight and Sound », Spring 197 3). Come Robinson Crusoe egli trasforma l'isolamento obbligato in occasione di furiosa intraprendenza, rifiuta il possibile ritorno nel mondo civilizzato scoprendo a poco a poco la prepotente giustizia dell'etica primordiale e si identifica nel1' « homo faber » artefice della propria fortuna. In un soliloquio sintetizza curiosamente - lui uomo incolto ed istintivo - proprio quel « mito del movimento » riprodotto nella letteratura americana dal Rip Van Winkle dello Sketch Book di Washington lrving sino al celeberrimo On the Road di Jack Kerouac: ma intanto accorgersi di tanta gente che viaggia senza sosta lo convince ancora di piu a restare nel suo eremo, sfruttando da fermo il frenetico attivismo degli altri. Come tutti gli eroi peckinpahiani, Cable Hogue possiede un amico antitetico-complementare: Joshua Duncan Sloane « predicatore dell'Est Nevada e Nord Arizona », un giovane religioso senza fissa dimora che porta con sé le fotografie delle sue pecorelle - nudi femminili ovviamente per serbarne un perpetuo ricordo. Svolazzante come una cornacchia, Joshua reinventa la figura del pastore ambulante « di frontiera», tessendo un'accorata apologia del libertinaggio, rovesciamento diretto del furioso puritanesimo da cui presumibilmente dovevano essere ossessionati simili personaggi. Joshua introduce in Cable l'idea che il progresso deve andare a braccetto con la codificazione legale e Cable - che ha già cominciato con l'uccidere. un cowboy che non voleva pagare dopo essersi dissetato - 89

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comprende e confessa: « Il prossimo mi fa schifo, ma tu mi hai indicato la via della salvezza e della proprietà ». Attivato dall'acqua, questa mitica « origine del tutto », l'itinerario di Cable Hogue vive di acquisizioni progressive ( la prima è proprio la conoscenza di se stesso), si scontra con i problemi posti dalla dura determinazione di sopravvivere, si plasma nell'infinita varietà degli effetti pittorici del deserto. Il teleobiettivo segue la sua entrata in Deaddog: quale sarà l'impatto con la città di un westerner brizzolato, assediato dalla rabbia e dalla sfiducia? :È la visione di Hildy che investe la sua ingenuità, gli occhi sbrigliati dell'uomo si posano sui seni della ragazza che premono nella camicetta rosa: proprio ( e forse solo ) cosl può nascere una tenera e tempestosa storia d'amore, fatta di abbandoni e di attese, di accordi e di divergenze, di certezze e di dubbi... Per il resto, quella comunità di formicuzze non fa che offrire a Cable atteggiamenti concitati e ripugnanti propagandati come simboli di civiltà. Con Hogue si modifica il dualismo classico del western, il conflitto fra Deserto e Giardino: è lo stato selvaggio a favorire nel suo caso sviluppo e crescita economica individuali, mentre la società è - al contrario - una specie di circo in cui si tenta di comprare o affossare ogni iniziativa anticonformista. Hildy sarà espulsa dal paese dalle « persone perbene », ma Cable sa efficacemente precisare: « Persone perbene in quel paese? Non ne conosco nessuna tranne te! ». La macchina da presa riscopre in questo paesaccio un saloon-bordello simile a quello di Sfida nell'Alta Sierra e un'adunata di bigotti al « Big Tent Revival » che ricorda la Lega contro l'alcoolismo de Il mucchio selvaggio; ma l'occhio di Peckinpah è depurato dalle passioni faziose, il suo sguardo non lascia scorie polemiche e humour o tragedia giocano le loro risorse soltanto nell'estrema mobilità delle immagini, il ritmo sincopato delle quali si propone complessivamente in una sorprendente fusione sinfonica. Lo stesso desiderio di vendetta appare, nel comportamento di Cable, una semplice scommessa con un futuro non facilmente pronosticabile. Ed ancora, quando la bandiera nazionale arriva in un pacchetto, 90 viene sciorinata e poi issata nella brezza del crepuscolo su di un palo sot-

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tile, non c'è uno scatto di retorica ma la spontanea commozione che dà un rito enfatico eseguito nella solitudine. L'essenza delle giornate di felicità di Cable ed Hildy si dìstende direttamente nel plein air raggelante e remoto carezzato dai filtri di Ballard, contrappuntato dalle incisioni grafiche delle frasi: « E' triste vivere senza amore», « In paese non sarei nessuno e non mi piace » per Cable; « Ci vuole la citt_à per me, ma non questa sera », « Tu mi hai trattato come una vera signora » per la sua donna. Aprono e chiudono questo periodo di pienezza due scene in cui l'erotismo allegro, da fiaba, si accumula negli attimi turbati e tesi che precedono l'amplesso: la prima sera, quando i biondi capelli di Hildy luccicano nella penombra della baracca e Cable entra trasognato, e l'ultima notte, quando Cable dorme all'aperto accanto a Joshua. Hildy, che ha litigato con loro e li ha cacciati di casa, si alza, esce nel tenue chiarore azzurrino, capelli sciolti, camicia da notte candida e soffice, piedi nudi, sveglia con un piccolo tocco l'uomo coricato sulla sabbia e lo conduce con sé. È davvero importante considerare un simile spunto. Tutta la tradizione western aveva confermato sin qui l'intuizione critica del Fiedler in campo letterario: « ... dove la donna è sentita come un altro da sé temuto e proibito, il solo amore legittimo è quello per se stessi» ( cfr. Amore e morte nel romanzo americano, Milano, Longanesi, 1963). Basta riflettere del resto allo spessore psicologico della donna nel mondo di Ford; essa è soprattutto una madre, oppure ( quando è la compagna àell'uomo) possiede solo le caratteristiche esteriori e convenzionali della femminilità: ragazza di saloon o maestrina. In questo film Peckinpah - per dirla ancora in termini fiedleriani - ribalta tutta questa austera tradizione puritana e introduce nel grande tema della fuga dalla società civile l'incontro tra i sessi, la scoperta dell'Eros. Non piu super-io, non piu coscienza, la donna del westerner può finalmente realizzarsi in una storia fisica d'amore, in libido. Non conta che Hildy sia in realtà una prostituta, dal momento che il suo rapporto con Hogue trascende i limiti del commercio per sublimarsi in incontro « peccaminoso », completo e gioioso. Nessuna figura femminile dei suoi film precedenti si era manifestata con 91

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simili connotazioni, né Kit ( « la forza morale ,. ) , né Elsa ( « la purezza ingenua ,. ) , né Teresa ( « il cinico realismo »): e per di piu Peckinpah ha avuto in questa occasione la fortuna di dirigere una Stel\a 'Stevens di prodigiosa bravura. Un altro aspetto inedito del film è l'andamento « da commedia >► di molti passaggi. Come ha dichiarato lo stesso regista c'è un riferimento ai « Keystone Cops ,. creati da Mack Sennett e al loro spirito farsesco-surreale: l'accelerazione vertiginosa di alcune fughe, in particolare, realizza un effetto inverso alla violenza rallentata de Il mucchio selvaggio: trasferisce il principio motore dell'azione in un gusto del grottesco fine in sé, integrando il gioco, il nonsenso, la parodia nelle circostanze possibili di una situazione. Ma si potrebbero ricordare anche i bambini del paese che danzano e ridono attorno a Cable per il suo aspetto ferino, il costume di Hildy che ha un cuore sul pube, il pitale lanciato dalla ragazza contro Cable in fuga, un volto di indiano effigiato sul dollaro che si anima, sorride ed ammicca. Ed è, in definitiva, questa libertà di sorridere che prevale nella misura antropologica di Cable, dei suoi amici, della sua storia; mt:ntre proprio l'inquadratura iniziale ( l'iguana colpita da una fucilata esplode in primo piano), escogitando un ralenti sanguinoso, aveva introdotto il pensiero di un proseguimento tematico: e si trattava invece di un'efficace sutura tra due film, in vista di una mutata prospettiva. La nuova solitudine di Cable Hogue dopo la partenza degli amici ( « Eccomi qui tutto solo. Sono qui ad aspettare » ... e le sue attività, appena accennate in una serie di dissolvenze, danno il senso di questo passar del tempo) serve a sottolineare la sua rabbia, la sua malinconia, perché neppure la difensiva autosufficienza morale può salvarlo da un'acre nostalgia, malattia mortale di cui soffrono tutti gli eroi di Peckinpah. Con l'uso dell'acqua egli è emerso dal caos esistenziale, ma ha pure imboccato la strada verso la morte biologica, perché quell'elemento contiene simbolicamente il principio della nascita e della morte, il battesimo e il diluvio. Quando vede un'automobile vuol commentare: « Cammina senza ca92 valli, non mi dà affidamento», ma se poi aggiunge: « Beh, se le godranno

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le nuove generazioni » non fa altro che scaricare sui posteri il peso del suo proverbiale spirito d'iniziativa. E al posto di una locanda per diligenze, potrà sorgere a « Cable Springs » una bella stazione di servizio fornita di preziosa benzina. L'originalità dell'isolamento è la condanna alla sua distruzione e la fallibilità della completa integrazione affaristica di Cable s'intuisce nel rapporto che egli conserva con gli animali del deserto: meglio catturare i crotali con le mani e tendere lacci ai conigli che avere a che fare coi falsi amici o irretirsi nelle compromissioni burocratiche Jel villaggio. Hogue sa certo lottare: lo dice il volto barbuto che il « tele » sfuma tra gli arbusti, quando sorveglia i due compari che cercano i suoi soldi in una buca, lo dice il colpo a bruciapelo con cui fredda seccamente Taggarc. ,Ma sa anche perdonare: a Bowen, che chiede pietà ridicolizzato sino all'abiezione, offre addirittura la proprietà della stazione di posta che si accinge ad abbandonare. Lo svolgimento delle emozioni sembra nel finale farsi scontato. Al culmine del suo equilibrio Cable Hogue, smagliante· e beffardo come non mai, vede tornare la sua Hildy, il cui arrivo è puramente filmato: il verde brillante del sontuoso vestito della ex prostituta piu che la speranza ( il futuro da signora) riflette un entusiasmo giovanile ( stare per sempre insieme); l'automobile, il cui lezzo fa imbizzarrire i cavalli della diligenza, invade l'orizzonte con una sgradevolezza tangibile nell'aspetto dell'autista, terribilmente invaghito del suo ruolo. Ma il passaggio all'avvenimento parlato comporta il precipitare della situazione: Hildy è diretta a New Orleans e cioè sta compiendo un itinerario in direzione Sud-Est, quindi antiwesterniano per eccellenza. E Hogue, col volerla seguire, ha già spezzato delicatamente il filo del proprio destino. Pertanto la sua morte sarà quasi buffa, ridicola: né la pallottola di una Colt né una freccia indiana lo costringono a mordere la polvere, ma un mucchio di ferraglie e di lamiere. Steve Judd in Sfida nell'Alta Sierra, ripreso di spalle, guardava le montagne e poi, rivolgendosi alla macchina da presa, si abbatteva, morendo dignitosamente; Cable ( anche se indossa un'identica calzamaglia da vecchio) teme la morte ancor meno di quel personaggio. In lui la primor- 93

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diale identità tra Dioniso e Ade, tra vita e morte, sembra perfettamente accettata; spira nel suo letto, dibattendo la sostanza del sermone funebre con Joshua e con un pensiero prosaico, antieroico, non scolpito nel marmo come quello di un gunman d'altri tempi: « Non è morire che dà fastidio, ma quello che diranno di te ... ». Il volto dell'attore Jason Robards prospetta esattamente quello che su Hogue dice il predicatore: « Era un uomo almeno, né buono né cattivo ». A questo punto la ballata svolge le strofe finali con dolente distacco e lo stile del regista ossigena il respiro di ogni movimento della macchina da presa perché possano corrispondere miniatura figurativa e disposizione razionale. La scena è dominata da una gestualità teatrale, le parole di Joshua volano sul gruppetto assorto e malinconico: « Non c'era un animale del deserto che non lo conoscesse. Sotto un certo aspetto era una tua immagine, Signore: egli ha fatto del deserto la sua cattedrale ». Certo, nessuno come Lucien Ballard sa fotografare la fine simultanea di una giornata all'aperto e di un uomo selvatico: una serie di rapidissimi stacchi successivi elimina tutti i partecipanti alla cerimonia, che scompaiono ad uno ad uno bruscamente. Alla fine Hildy appare tutta vestita di nero, il suo sguardo è infinitamente triste, il suo volto cosi aperto ai baci e all'amore è sfumato dietro una veletta. Insieme all'ispirato Joshua ella sosta accanto alla rozza croce piantata tra i sassi: « CABLE HOGUE - he found this water - where it wasn't - R.I.P. ». Sta ritta, immobile ed una panoramica dall'alto fissa la stazione di posta nelle luci del crepuscolo. L'ultimo a restare è Joshua, incredibilmente ammutolito anche lui. Poi la pista s'intasa delle squallide e rumorose macchine a motore. Nessuno ci fa piu caso, il tramonto. è ineluttabile: c'è ancora un campo lunghissimo sulle baracche abbandonate, dove qualcosa si muove facendo scattare la curiosità del teleobiettivo. È un minuscolo coyote che si aggira spaurito, fiutando l'odore dell'uomo ... e le rocce sullo sfondo si fanno sempre piu brune. Tutta la sequenza è un esempio rivelatore di assoluta maestria prospettica. I modelli a cui si richiama sono analoghe sepolture ne I cavalieri 94 del Nord Ovest e ne Il cavaliere della valle solitaria. Soprattutto il fune-

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rale di Torrey, nel secondo film, contiene dettagli paragonabili a quelli che abbiamo descritto: un semicerchio di officianti, le alte montagne all'intorno, le solenni parole d'addio. Ma lo spirito è ancora vidoriano, smisurato e magniloquente, mentre l'orchestrazione delle inquadrature nella morte di Cable rifiuta il semplice artificio emotivo a favore di una meditata riflessione sulla morte e quindi sulla nostalgia del concreto, dell'oggettivo, del vissuto. Si deve notare infatti che, mentre nel primo film la scena culminante si svolge in campo lungo su di una pianura ( nullità cosmica del morto), nel film di Peckinpah i vari piani ravvicinati sulla tomba sono leggermente angolati dal basso ( importanza del morto rivendicata alla natura). Che tipo di protagonista ci consegna allora Peckinpah? Se anche un sopravvissuto accetta le nuove « regole del gioco » sino a morirne, l'autunno del western è degenerato in pieno, gelido inverno. Ma in realtà nessuna contraddizione- storica o personale - è definitivamente risolta in Cable Hogue: la sua moralità interna è sempre in contrasto con l'invasamento del progresso. A nostro parere un picaro libertario come Hogue - cosl fedele alle proprie valenze individuali - non può seccamente costituire il « prototipo del capitalista americano >►; piuttosto la sua tragedia è che non si rende conto di aver spianato la strada a tutto ciò che odia e di soccombere ad un futuro che egli stesso ha messo in moto. Cable è ancora interprete di un perdente dissenso nei confronti dell'ordine mercantile che si sta instaurando nel paese. Non scompare - come è stato detto - soltanto perchè incapace di adeguarsi « tecnicamente ,. al progresso ma anche perché è un outsider, il cui pragmatismo indisciplinato non vuole ridursi « a una dimensione »: se non fosse morto, se ne sarebbe andato alla ricerca di una nuova avventura. Egli non è mai in pieno accordo coi tempi ( anche quando sembra esserlo) e dopo la sua sepoltura, i superstiti se ne vanno senza far storie verso il proprio destino, mostrando di essere completamente rassegnati mentre lui, il protagonista, ha risolto il decisivo confronto con la Storia facendosene uccidere. Joshua, sebbene non edifichi nulla e sia un girovago sradicato da qualsiasi 95

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ambiente, è paradossalmente piu integrato di Hogue: dato che le regole della lotta naturale si evolvono, allora anche l'astuzia, l'inganno, l'opportunismo divengono buoni, sempre che si accetti la logica pervertita della realtà contingente. La traslucida concentrazione espressiva dei temi del film fa si che ne risulti una poesia forte e diretta, piena di coraggio quanto priva di illusioni. La ballata di Cable Hogue riduce l'enfasi danzante dell'impressionismo naturista con l'inoculazione progressiva di un atteggiamento epicureo. La crudeltà dell'esistenza si palesa proprio quando il suo corso viene liberato dalle pastoie dei doveri societari ed opposto al divino: l'esaltazione dell'istinto è anche consapevolezza del suo fatale esaurimento. Allora, dall'alba azzurra dell'inizio alle oscurità della sera nel finale, c'è esattamente il tempo per comprendere che l'uomo - anche il piu libero sarà sempre costretto a lasciare, nei paradisi e negli inferni che ha abitato, nient'altro che un'ombra, un'impressione, un ricordo.

6. L'IPERBOLE DELLA VIOLENZA - Dopo La ballata di Cable Hogue e nonostante la sua scarsa presa « di massa», Peckinpah entra a gonfie vele nel grande giro dello show-business di Hollywood, abbandonando definitivamente la televisione. L'ultimo suo impegno per il piccolo schermo è un telefilm della serie Theatre of The Stars, realizzato su misura della protagonista femminile, la ormai quarantenne Jean Simmons: The Lady is My Wife ( in Italia Angeli caduti, serie Palcoscenico). Un ex colonnello sudista (Adam Bannister), rovinato dalla guerra di Secessione, giunge accompagnato dalla sua bella moglie ► del cinema - ci saranno tanti attriti da metterne in serio pericolo la realizzazione. Invece tra i due nasce una consistente simpatia, 104 ed il film viene girato in ·quaranta giorni precisi a Prescott in Arizona.

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Peckinpah ne è soddisfattissimo ( di McQueen e del film) e dichiarerà in seguito che si tratta del suo lavoro preferito in senso assoluto. Per un westerner non c'è nulla di piu scontato del tema del rodeo. Eppure non c'è film piu intenso di questo, dedicato ad un campione di rodeo. La possibilità - tra le piu prestigiose consentite ad un autore di cinema - di rigenerare gli archetipi della propria formazione in illuminazione espressiva, torna ad essere solida caratteristica peckinpahiana, come ai tempi di Sfida nell'Alta Sierra. Junior Bonner è un campione di rodeo. La sua storia si svolge ai tempi d'oggi: scapolo, non più giovanissimo, ma ancora abbastanza in gamba, Junior viaggia da una città all'altra, partecipando a tutti i rodei organizzati nei vari Stati per concorrere alle prove che garantiscono un premio in denaro. Non è piu fortissimo come un tempo: durante i titoli di testa lo vediamo farsi ferire dalla cornata di un toro che stava montando e poi, sempre da solo, curarsi e ripartire. Ha una vecchia automobile con un piccolo furgone-rimorchio nel quale trasporta il suo cavallo « da gara ». Il prossimo rodeo è in programma proprio nella sua città natale. Prima di arrivarci (si tratta di Prescott in Arizona), Junior assiste alla demolizione del vecchio ranch dove è nato, che il bizzarro padre Ace Bonner è stato costretto a cedere ad un altro figlio; e quando arriva a casa, tocca con mano i contrasti insanabili che minano la sua famiglia. Il vecchio Ace, ex campione di rodeo anche lui, si è separato dalla moglie ed ha dilapidato tutti i suoi soldi in una folle ricerca d'oro nelle montagne. Nuovo proprietario dell'appezzamento spianato dai bulldozers e di metà regione è appunto Curly, fratello minore di Junior, un arrivista senza scrupoli, avido di guadagno e ossessionato dalle imprese speculative. Egli è in piena azione per lottizzare la zona ed affittarla alle roulottes dei ricchi pensionati. Junior si scontra violentemente col fratello, poi provoca una gigantesca rissa in un bar per aver corteggiato una bellissima straniera venuta in città per il rodeo. Ed ecco cominciare il famoso rodeo di Prescott, preceduto da una grottesca sfilata pubblicitaria. Junior si prende la rivincita sul terribile toro Sunshine, restandogli in groppa per tutti gli otto secondi stabiliti: vince un grosso premio in denaro e lo regala al padre, che vuole andare alla ricerca dell'oro nientemeno che in Australia. Entrambi partono: il giovane - senza una lira - riprende il suo precario « mestiere,. ed il vecchio tenta un'ultima utopica evasione. La storia del West è terminata da un pezzo, ma negli Stati del deserto 105

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( Arizona, Nuovo Messico, Nevada) vivono ancora uom1n1 cresciuti in quel passato, e da quel passato segnati. In un paesaggio immutato, protetto per tanti anni dalla sua immensità, un uomo come Ace Bonner, ormai sessantenne, può conservarsi irrequieto e baldanzoso nonostante i continui fallimenti materiali. In rapporto a questo personaggio-faro, che sogna ancora l'avventura e il filone d'oro mentre il mondo si fa sempre piu palesemente prosaico, si caratterizzano i due fratelli Bonner, con tutto il bagaglio delle loro ragioni e delle loro fedi. Il nodo del film - abbastanza breve e privo di vera e propria azione - è tutto qui: nel legame usurato ma indistruttibile che collega la concezione del mondo del padre Ace e del figlio Junior e nella barriera insormontabile che separa le due ideologie da quella del figlio-fratello Curly. E' indiscutibile che lo straordinario Steve McQueen-Junior Bonner incarni la figura piu tipica dell'universo peckinpahiano; sino a far pensare ad un vero e proprio processo di identificazione. Egli perfeziona la malattia del padre, l'utopismo monomaniaco e inconcludente, in un'attività che moltiplica i viaggi ed offre la possibilità di successi senza futuro: sballottato da una città all'altra, Junior vede trascorrere la sua giovinezza ma non ha tempo di fermarsi a pensare. Per vivere bisogna lottare nell'arena contro tori imbestialiti e cavalli selvaggi: se si vince ci sono i soldi, altrirnenti le ferite bisogna curarsele da sé. Un uomo dell'età di Junior ha la testa piena di ricordi e sente il rimpianto doloroso dell'infanzia perduta, della famiglia ancora unita: ma un enorme bulldozer giallo stritola sotto i suoi occhi la casa natale e con essa l'idea stessa della giovinezza ( la foto del primo rodeo di Bonner jr.). Il ralenti fa ancora paura, come se invece della demolizione di fatiscenti baracche sottolineasse la morte di un uomo; ed ai posti di comando delle ruspe gli operai, il volto coperto da una futuribile celata, hanno la fredda crudeltà dei killer d'antan. L'America si autodivora. Junior non si ribella ma non accetterà mai questo dato di fatto: « Il suo problema è il ventesimo secolo )>. Un contrasto cosl estremo col « moderno » lo provavano anche le figure brancolanti nei celebri 106 Solo sotto le stelle ( Lonely Are the Brave, 1962) di David Miller e Gli

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spostati ( T he Misfits, 1961 ) di John Huston, ma la pervicace letterarietà delle sceneggiature di Dalton Trumbo ed Arthur Miller costringeva l'interpretazione negli steccati di un classico freudismo. Invece i gesti tranquilli e semplici di Junior Bonner dispiegano la malinconica contro-leggenda di Peckinpah; il figlio dell'Ovest è divenuto simbolo di uomo « antico », il suo mestiere errabondo assume sempre piu caratteristiche da circo, il rapporto con la società industriale non può che avvelenare la libertà di vivere e di agire: senza laceranti rotture, ma cosf, quasi volontariamente, il vecchio vitalismo individualista perde ogni possibile edonismo. Al grido di negazione de Il mucchio selvaggio è seguito il rassegnato mutismo dell'ultimo cowboy. Il ritorno a casa di Junior mette in moto le correnti che attraversano la sua famiglia, squassandola inguaribilmente. Mamma Bonner ( quella Ida Lupino il cui nome « è un po' la madeleine proustiana di tutt.i i cinéphiles che ebbero vent'anni negli anni 50 », cfr. Trente ans de cinéma américain, cit.) è umiliata quotidianamente dal figlio Curly e dalla nuora, ma non può ribellarsi alla legge del denaro. Ha perso l'appoggio di Ace che, per inseguire imprese strampalate, risse e gonnelle, si è allontanato dall'insopportabile ► di Billy). All'inizio del '74 Peckinpah si incontra con lo scrittore Ray Bradbury e discute il progetto di trarre un film dal suo racconto Something Wicked This Way Comes. Si tratterebbe per Sam di un interessante retour en arrière, alle remote esperienze nei film di fantascienza con Don Siegel, e c'è già chi definisce la coppia « i gemelli della polvere d'oro ». Sfortunatamente il finanziamento non si trova e tutto finisce con l'impegno di rincontrarsi, qualora il film si possa fare. Un progetto piu concreto riguarda un soggetto che Peckinpah ha steso insieme a Frank Kowalski, realizzabile - piu degli altri suoi film - soltanto in un'ambientazione messicana. Con la collaborazione del produttore Martin Baum, riesce a impiantarsi una coproduzione U.S.A.~Messico e Peckinpah può scritturare uno dei suoi attori preferiti, Warren Oates, insieme alla piu nota star messicana, la ex cantante di night club Isela Vega. Peckinpah e Baum, quando si tratta di scegliere il quartiere generale, insistono su Città del Messico, scartando le località piu ovvie, tipo Durango o Acapulco. Le riprese sono 127

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effettuate in luoghi praticamente sconosciuti alla macchina da presa come Oxtotipac, Parres, La Cima, Huitzilac, Chalco, Plaza Garibaldi, tenendo dietro alle « folgorazioni » del regista, sempre piu innamorato del suo paese d'elezione. Nonostante un'imprevista settimana di piogge, il film è terminato e distribuito, con l'opposizione delle corporazioni sindacali hollywoodiane che gli rimproverano l'utilizzazione di attori e tecnici stranieri. Si chiama Voglio la testa di Garcia ( Bring Me the Head of Alfredo Garcia). Ai gio1ni nostri. Un ricco ed onnipotente fazendero messicano, El Jefe, scopre che la giovane figlia è stata messa incinta da un suo ex dipendente, Alfredo Garcia. Sconvolto dalla rabbia dà ordine ai suoi uomini di cercare Garda dappertutto e di spiccargli letteralmente la testa dal collo. Per questa caccia si costituisce una vera e propria organizzazione criminale che pianifica « scientificamente » la ricerca di Garcia, allo scopo di incassare il milione di pesos promesso in cambio della sua testa. Due dei killer sguinzagliati a setacciare il fatiscente suburbio messicano, dove si presume bazzichi il ricercato, incontrano Bennie, miserabile pianista di un night di terz'ordine. Avido dei diecimila dollari che gli vengono promessi, Bennie assicura il suo interessamento nella faccenda: gli risulta che la donna con cui vive, la prostituta indigena Elita, è andata a letto non molto tempo addietro proprio con il rubacuori Garda. Elita gli rivela che Garcia è morto in un incidente stradale e che è stato seppellito nel !IUO paesetto d'origine. Bennie vede finalmente a portata di mano la grande occasione della sua vita e, insieme alla donna, parte per il piccolo centro disperso all'interno del Messico. Durante il viaggio Bennie fantastica del proprio futuro con Elita: vuole trasformare - grazie ai soldi - il loro squallido ménage in una piena e pulita storia d'amore. Vincendo la ripugnanza ed il senso del sacrilegio la ragazza lo accompagna al cimitero dove è sepolto il corpo di Alfredo; e la macabra decapitazione sta per essere eseguita con un badile e un machete, quando i due vengono colpiti alle spalle. Si risveglia solo Bennie e si accorge disperato che la sua dolce compagna è morta. Gli aggressori, due cacciatori della tagli.a messa in palio dal fazcndero, li hanno pedinati e derubati della testa di Garcia. Bennie scatta in automobile al loro inseguimento e, dopo aver fatto fuori sulla strada i due assassini ed aver assistito alla strage degli inferociti parenti di Garcia da parte di due killer dell'organizzazione, uccide anche questi. Non basta. In un montare irresistibile di collera e di sanguinaria 128 esaltazione, Bennie fa strage dei mandanti dell'operazione e si reca, portandosi

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dietro il maleodorante trofeo, all'hacienda messicana da dove è panica la carena di delicci, per riscuotere - invece dei diecimila dollari - l'incera caglia. Iscigaco dalla fìglia stessa ammazza il crudele signorocco e buona parte delle sue guardie del corpo, tentando di fuggire con i soldi. Ma gli uomini superstiti del boss assassinato lo crivellano di colpi mentre ha già guadagnato la strada aperta.

E' impossibile articolare un'analisi di questo film particolarmente crudo ed eccentrico senza soffermarsi a considerare la spirale autodistruttiva in cui era ormai precipitata la vita del regista. L'insuccesso commerciale di Pat Garrett e Billy Kid, la cui versione definitiva aveva senz'altro risentito dei soprusi della MGM in sede di montaggio (dopo le prime proiezioni riservate, gli executive decisero di procedere ad una radicale revisione "interna", cagliando fuori Peckinpah e i montatori Spottiswoode e Craven), lo fiaccò moralmente e la causa per danni, con relativa richiesta di risarcimento alla major di 2 milioni di dollari, non ebbe alcun seguito concreto. Max Evans ha raccontato in un celebre articolo dell'85 quali fossero le condizioni dell'amico immediatamente prima delle riprese di Voglio la testa di Garcia: «Dopo diversi divorzi e tempestose storie d'amore, Sam comprò una roulotte (la chian1ava casa rimorchio) a Paradise Cave, Malibu. Era una roulotte non comune. Molti party, accordi e altre attività avevano luogo lì. Da tutto il mondo, come in pellegrinaggio, transitavano lì attori, sceneggiatori, giornalisti, musicisti, cowboy e vagabondi. Era piena di libri preziosi, quadri, persino un paio di Picasso originali. Alloggiai lì diverse volte. In una di queste occasioni, Sam aveva problemi di salute ... Non riusciva a mangiare. Dimagriva e la mente gli si offuscava. Katy Haber, la sua capacissima segretaria esecutiva ed io dovevamo guidarlo, quasi trasportarlo in bagno. Trascorreva i giorni a letto rifiutando o tirando all'aria qualunque cibo Katy gli portasse. Sopravviveva bevendo vodka e ingoiando delle piccole pillole rosse eccitanti ... Diventò così debole che per spostarlo dovevamo sollevarlo di peso ... Era diventato grigio e delicato come il fumo di una pigna che brucia. Katy sedette al suo capezzale notte e giorno imboccandolo ... Gli tolse la vodka, nascose le pillole e fece fronte ad un'ira che era disu- 129

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mana perfino per lui. Sì, Katy lo mise di nuovo in sesto, salvandogli la vita». (S.P. L'ultimo buscadero, a cura di Pike Borsa, pubblicazione edita in occasione della rassegna SpoletoCinema '93). Successivamente, le riprese del film si svolsero in un clima idillico e, per la prima volta, Sam ottenne il controllo totale dell'edizione(« Buono o cattivo, bello o brutto, l'importante è che sia mio al 100% »). Ma, durante il montaggio, ricominciarono ad agitarsi i fantasmi mentali che periodicamente gli stravolgevano la percezione del mondo e lo trasformavano nel pericolo pubblico n. 1 agli occhi delle produzioni: in occasione di una solenne cerimonia in onore di James Cagney all'American Film lnstitute, prima fu coinvolto in una scazzottata per strada e poi, nel bel mezzo del discorso ufficiale, urlò all'oratore Jack Lemmon di star zitto e sedersi. In pratica, le recensioni americane di Voglio la testa di Garcia risultano in qualche modo influenzate dal fatto che Peckinpah è un professionista ormai definitivamente al bando, l'irrecuperabile profeta di un sadismo ed una violenza inaccettabili. In realcà, la struttura del film è talmente grintosa, aggressiva ed intonata ad un estremo lirismo nero, da negarsi alla stragrande maggioranza dei pubblici e, contemporaneamente, a qualsiasi benevolo recupero cineclubiscico. O' alcra parte, come è quasi sempre accaduto (e pervicacemente ignorato), soltanto un compianto outsider della critica come Giuseppe Turroni seppe mettere un punto fermo nel desolante panorama nostrano di incomprensioni e reticenze: