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Italian Pages 325 Year 2022
Nella collana Smdia H11111a11iort1 Orthotes Editrice pubblica esclusivamente testi scientifici valutati e approvati dal Comitato scientifico-editoriale. I volumi sono sottoposti a peer review.
Tutti i diritti riservati Copyright © 2022 Orrhotes Editrice Napoli-Salerno www.orrhotes.com ISBN 978-88-9314-345-5
All'im1ente ponderare, all'insolenza bonaria e avveduta, al rigore inflessibile nella burla e alla giocondità solenne nella dottrina, all'ostinazione cocciuta nel riguardo, alla contagir;sa prosecuzione del comunismo con m(Zzi diversi e inconsueti, a un obliato canovaccio e a ogni spettacolone, alla cagion per cui tergiverso nel dimettere la parola 'amico': ad Alberto.
Le temps est bon, le ciel est bleu / deu.x amis qui sont aussi mes amoureux / Le temps est bon, le ciel est bleu / Nous n'avons rien à tà.ire, rien que d'etre heureux.
J'ai
lsABELLE PIERRE
Dove mai sono esistite rovine più belle? FRIEDRICH NIETZSCHE
INTRODUZIONE
Allo scopo di concenere e contrastare la diffusione del virus sul territorio nazionale italiano, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri emanato il 26 aprile 2020 apportava modifiche sostanziali alle misure disposte in precedenza, dando cosl inizio alla cosiddetta "fase due" dell'emergenza sanitaria o - più propriamente - della sua gestione. Secondo la lettera a) dell'articolo 1, comma 1 del testo in questione, a partire dal 4 maggio dello stesso anno sono consentiti esclusivamente gli spostamenti «motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute», inoltre «si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie» 1• La dizione "congiunti", ammette sin da subito il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è «un po' ampia e generica», ma sta a significare - come chiariranno pochi giorni dopo le FAQ sul sito di palazzo Chigi - che dal novero delle persone cui è possibile far visita senza incorrere in sanzioni bisogna escludere amici e amiche, dacché non rientrano fra coloro «con cui ci sono rapporti di parentela o stabili relazioni affettive» 2 •
1
• COVID- I 9
1
DPCM del 26 aprile 2020, «Gazzeua Ufficiale» I 08 (27 aprile 2020), corsivo
mio. Cfr. https:// video.repubblica.i t/ dossier/ corona virus-wuhan- 20 20/ fusc-2-conre-sul-rebus-co ngi u nti-non-significa-fare-fesre-o-scam biarsi-pacche-su Ila-spalla-a-casa/359102/359656?. Secondo le FAQ, ormai aggiornate e pertanto non più reperibili direuamentc sul sito del governo, «l'ambito cui può riferirsi la dizione "congiunti" può indircrramente ricavarsi, sistematicamente, dalle norme sulla parentela e affinità, nonché dalla giurispruperché il matrimonio o l"unione devono diventare il fondamento in base al qu.ùe, ad esempio, vengono riconoscimi i diritti ali' assistenza sociosanitaria? Perché non dovrebbero esserci dei modi per regolare cali diritti in modo che tutti possano accedervi a prescindere dallo stato coniugale? Considerando il matrimonio come un modo per assicurarli, non si lega forse l'esercizio di un dirino fondamentale come quello all'assistenza sociosanitaria alla condizione matrimoniale? Quali conseguenze sortisce cale imponazione per la comunità dei non coniugati, dei single, dei divorziati, di coloro che non sono interessati al matrimonio, di coloro che non sono monogami? Che riduzione subirà la leggibilità della sfera scssua:e una volta che il matrimonio venga considerato la norma?» (ivi, p. 175). 182 M. FoucAULT, Michrl Fo11ca11lt, 1111111trrvist11: il srsso. il potrrr r la politica drl/1-
de111ità, cir., p. 299.
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presenta un'obiezione a questi movimenti e a queste situazioni», ma un monito a essere prudenti, a non abbassare mai la guardia, a non rimanere mai gli stessi e le stesse 18•1• Acquistapace segnala che nelle relazioni più codificate - vale a dire quelle relazioni che un nome ce l'hanno eccome - i rapporti e gli obblighi reciproci fra i partner della relazione sono definiti da alcune convenzioni sociali, e ciò comporta rutta una serie di conseguenze: in primo luogo, i soggetti coinvolti «incorporano e sentono come ovvi e scontati questi obblighi»; poi, è facile riscontrare come, nel caso in cui uno dei due dovesse venir meno a questi obblighi, l'altro «si sentirebbe in diritto di recriminare» e le persone dell'ambiente circostante darebbero «conferme al partner "trascurato" della legittimità delle sue recriminazioni, mentre svilupperebbero un giudizio negativo (più o meno pesante e più o meno esplicito) sul partner trascurante»; infine ed è l'aspetto sul quale insisterò maggiormente - chi circonda i partner della relazione, quando "riconosce" quest'ultima, tende a facilitare e a supportare l'adempimento dei doveri da essa derivanti 184. Questi atteggiamenti influenzano l'andamento e l'esistenza stessa di una relazione sia in negativo - sanzionando ciò che viene ritenuto scorretto-, che in positivo - promuovendo comportamenti ritenuti auspicabili e normali. Quando, in aggiunta, la relazione è riconosciuta da un punto di vista giuridico, «le sanzioni e le agevolazioni legali si sommano e al tempo stesso rafforzano circolarmente le sanzioni e le agevolazioni sociali» 185 • Quanto detto, afferma Acquistapace, implica che «l'esistenza di un riconoscimento sociale anche minimo ci aiuta a mantenere di fatto gli impegni che idealmente possiamo aver assunto e costruito in piena libertà nel privato di una telazione»m'. Il "soggetto" del riconoscimento - tute' altro che individuale, nella maggior parte dei casi - può situarsi a vari livelli fra loro comunicanti, da quello giuridico a quello dell'ambiente lavorativo o locale, da quello religioso a quello familiare e amicale. Riporto un esempio di questa dinamica e della sua distribu18 1 • //,idem. Quesro discorso, che Foucaulr cararrerizza in rermini di rarriche e srrategie, è da lui contrapposto al pensiero dialerrico di un certo marxismo rivoluzionario per cui mero ciò significherebbe riformismo e connivenza col nemico, dovendosi soppesare il valore dell'azione politica esclusivamente in rapporto alla morfologia rivoluzionaria. "' A.(L.) AcQUISTAl'ACE, Rtl11zioni senza nome, cit., pp. 165-166. 18
~ Ibidem. m, Ibidem.
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zione differenziale (secondo assi che tenterò di determinare nella terza
sezione): ogni qual volta un conoscente ((si predispone a un ascolto particolarmente attento e paziente quando sente che abbiamo litigato con la nostra "ragazza", [sta] implicitamente riconoscendo questa relazione, in modo più scontato di quanto non farebbe se dicessimo che abbiamo discusso con un'amica» 187 • Ora, nel caso delle coppie eterosessuali, anche al di fuori del legame matrimoniale, il riconoscimento è tutto sommato garantito su tutti i piani :fatta eccezione, a seconda dei casi, per quello prettamente giuridico); nel caso delle coppie omosessuali, il riconoscimento appare molto più frammentato e precario e, laddove presente, risulta in gran parte dipendere dal "modello" della coppia eterosessuale; infine, bisogna notare che il riconoscimento delle relazioni che abitualmente e a vario titolo siamo soliti chiamare d'amicizia risulta enormemente precario e contestuale 188 • Le osservazioni di Acquistapace dovrebbero indurre a riflettere su quanto dicevamo in partenza: «anche solo l'esistenza di una parola per definire il nostro rapporto con una persona può facilitare la pratica di una relazione. Un rapporto, anche se non riconosciuto, può essere più o meno riconoscibile e socialmente leggibile, e anche questo, in mancanza di altro, aiuta» 18''. Il riconoscimento sociale, tuttavia, non ha solo conseguenze positive: può, ad esempio, «renderci più difficile il compito di interromperla quando decidiamo che è ora di farlo» e può far sì che «gli altri ci proiettino addosso un'immagine in cui non ci riconosciamo, cosa che [è] anche veicolo di effetti concreti», dal momento che ciò implica il più delle volte doveri, paure, colpe, aspettative e impliciti che i partner della relazione possono aver rifiutato o problematizzato tramite un lavoro individuale e collettivo sempre provvisorio 190 • Le conclusioni di Acquistapace, a questo punto, risultano convincenti: «la dinamica fra effetti potenzianti e effetti depotenzianti del riconoscimento, o anche solo della leggibilità, delle nostre relazioni è insomma una questione aperta e forse, in parte, irriducibilmente ambigua» I9I • !,,i, p. 168. Cfr. ibidem. is? /,,;, p. 169. In questo conresco Acquistapace porca l'anenzione sulla genericità e ambiguità .. del termine "amico", che può indicare una persona visra rre volre al bar come un rapporto d'aftèrco venrennale». Sarà fra i temi portami dc:llc: due sezioni successive. ,?o lvi, p. 170, l?I /,1i, p. 172. 187
1 ••
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Bisogna tener presente l'insieme di queste tematiche e di questi
punti di indecisione - vale a dire di decisione politica - per cogliere la problematicità (carattere tutt'altro che negativo) delle affermazioni foucaul ciane: viviamo in un mondo legale, sociale, istituzionale, in cui le sole relazioni possibili sono estremamente rare, estremamente schematizzate, estremamente povere. Ci sono evidentemente la relazione matrimoniale e le relazioni famigliari, ma moire alrre relazioni dovrebbero poter esistere, poter trovare il proprio codice non all'interno delle istituzioni, ma in eventuali supporti; e questo non avviene affimo. [ ... ) La società e le istituzioni che ne costituiscono l'ossatura hanno limitato la possibilità di relazioni, perché un mondo relazionale ricco sarebbe estremamente complicato da gestire. Dobbiamo batterci contro questo impoverimento del tessuto relazionale. Dobbiamo ottenere il riconoscimento delle relazioni di coesistenza provvisoria, di adozione... [... ) Perché non potrei adottare un amico di dieci anni pii1 giovane di me? E anche di dieci anni più vecchio? Anziché far valere il fatto che gli individui hanno dei diritti fondamentali e naturali, dovremmo cercare di immaginare e di creare un nuovo diritto relazionale che consenta a tutti i possibili tipi di relazione di esistere e di non essere impediti, bloccati o annullati dalle istituzioni che, dal punto di vista relazionale, impoveriscono. 192
In quest'ottica ben si comprende il contenuto tutt'altro che apolitico o semplicemente scherzoso di questa boutade foucaultiana: «questi infelici eterosessuali, che in fondo non hanno altro che la moglie, l'amante o la prostituta ... »19:i. Ed è sempre sulla base di quanto detto che è possibile dare il giusto valore alle considerazioni di Foucault riguardo alle persone celibi: ••n M. FouCAULT, Il trio11fa socù1le del piacere sessuale, cit., pp. 166-167. Sull'adozione, David M. Halpcrin ha scritto: «una possibilità che intrigava Foucaulc - che egli ava111.ava come un esempio di come potremmo pluralizzare le specie attualmente disponibili di relazioni personali legalmente istiruzionalizzate, trovando nondimeno un aggiustamento, fino a un certo punto, con le istituzioni giuridiche affermate e la società moderna - era la possibilità di estendere la pratica dell'adozione legale. [... ] L'adozione potrebbe anche prevedere un meccanismo per formalizzare le differenze: di ricchezza, di età o di educazione fra gli amanti, riconoscendo una diseguaglianza informale: e prevedendo nello s1csso tempo una cornice di sostegno reciproco nella quale tale diseguaglianza, accompagnata da diricti e doveri chiaramente distinti, non si risolva nello sfruttamento e nella dominazione" (D.M. HALPERIN, Sa11 Fo11cault: Vt-rso un'agiografia gay, tr. it. F. Monceri, Firenze 2013, p. 113). ,.,_, M. FouCAu1:r, Il s,1prre gay, cit., p. 62.
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il celibe ha con gli altri un tipo di relazione del tutto diversa dalle relazioni di coppia, ad esempio. Si dice spesso che il celibe soffre di solitudine perché si sosperca che sia un marito mancato oppure respinto. [... ] Mentre in realtà la vita di solitudine a cui è condannato il celibe è spesso l'effotto dell'impoverimento delle possibilità relazionali all'interno della nostra società, in cui le istituzioni rendono esangui e necessariamente rare rurce le relazioni che si potrebbero avere con un altro e che potrebbero essere intense, ricche, anche se sono provvisorie, anche e soprattutto se non hanno posto tra i legami matrimoniali. 194
Si è detto, riguardo all'apparato concettuale appena analizzato, che l'amicizia come modo di vita è da considerarsi come un tipo di estetica dell'esistenza, dal momento che implica un'arte di vivere ed è imperniata su una trasformazione del sé. A differenza, però, delle
arti di vivere srndiate dal filosofo negli ultimi due volumi della Storia della sessualità, l'amicizia sembra implicare in misura costitutivamente maggiore la trasformazione degli altri «attraverso un processo collaborativo e negoziabile di costruzione delle relazioni» 195 • Per questo motivo, vale a dire ('!
lvi, pp. 98- 100.
!oo
Ibidem. Ibidem. Ibidem.
!ol !O!
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la mia impressione è che in fondo la pratica sodomitica, diciamo,
o omosessuale, venga accettata. In primo luogo, si tollera il piacere, ma non si accerra la felicità. Che la pratica sia accetrata è un facto constatabile. Perché la pratica sodomitica non è soltanto un fatto omosessuale, ma anche eterosessuale. [ ... ] I piaceri si tollerano. Lo dico perché mi chiedo se, nelle società come le nostre, non ci sia, perlomeno negli ultimi anni, una sorra di allargamento dell'economia del piacere. [ ... ) Resta tutravia una certa qualità di piacere, una certa somma di piaceri che in fondo è scandaloso mostrare. Tanto più che, in questa nuova economia del piacere, esso passa per qualcosa di quasi indispensabile, alla fine, ma solo parzialmente imporrante. Dopo tutto, il piacere passa, proprio come la giovinezza: se il loro piacere consiste in questo, che se lo prendano, tanto non li porterà lontano; sappiamo bene a quanta infelicità e dolori andranno incontro, e quanto pagheranno caro il piacere che si prendono, con la solitudine, le rotture, i licigi, l'odio, le gelosie ecc ... Sappiamo che è un piacere compensato, e che quindi non dà fastidio. Ma la felicità invece? La quale fa sì che il piacere non sia riscattato da qualcosa come un'infelicità fondamentale? Ecco cosa fa saltare il principio di questa economia compensata dei piaceri, e cosa risulta intollerabile. Se infatti non solo fanno alla luce del sole ciò che agli altri è proibito, non solo ne ricavano piacere, ma se per di più niente compensa questi piaceri e costituisce il contrappasso di queste pratiche proibite, allora tutto salta. [... ) Credo sia questa la ragione per cui, se si vedono due omosessuali, o meglio due ragazzi, che se ne vanno insieme a dormire nello stesso letto, in fondo li si tollera, ma se la mattina dopo si risvegliano col sorriso sulle labbra, si tengono per mano, si abbracciano teneramente, e affermano così la loro felicità, questo non glielo si perdona. Non è la prima mossa verso il piacere a essere insopportabile, ma il risveglio felice. !OJ
In Vent'anni e poi, Foucault aveva contrapposto due economie dei piaceri differenti, senza nulla dire della loro struttura. Nel passo appena citato si assiste a un tentativo di specificazione: l'economia dei piaceri eterosessuale prevede un contrappasso - «il piacere è ammesso, basta sapere che dietro c'è un po' di angoscia»-; l'economia dei piaceri drammatizzata dai due ragazzi sostituisce l'esperienza della pena e della colpa con quella della felicità, trasgredendo così non solo al codice morale eterosessuale, ma alla sua stessa logica di funzionamento, intaccando il modo in cui il soggetto si lega alla norma 204 • Ciò che m
M.
FouCAULT, // s,1pere gt1y, cit.,
.!O-\
/,,;,
p. 54.
pp. 52-53 .
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enrra in gioco, in questa rilerrura, è dunque l'etica intesa come orga-
nizzazione del rapporto di sé a sé distinguibile dal codice morale - nozione attorno cui ruoterà l'intero lavoro compiuto da Foucaulr negli anni Orcanta. Lobiertivo polemico è ancora una volca la modalità di soggettivazione psicanalicico-ermeneurica, per cui dietro all'ano sessuale non conforme dev'esserci «il fantasma che fonda il desiderio socco questa forma» 205 • Ma, si chiede Foucaulr, «cosa c'è dietro la felicità? Le nostre capacità esplicative non hanno più nulla da dire, ed è questo che non si collera. Dietro la felicità non c'è angoscia né fantasma» 206 • Questo schema e questa vicenda sono alla base di considerazioni analoghe presentare nel 1981 durante l'inrervisca su L'amicizia come
modo di vita: è una concessione che si fa agli altri quando presentiamo l'omosessualità esclusivamente sotto la forma di un piacere immediato, quello di due giovani ragazzi che si incontrano per strada, si seducono con uno sguardo, si mettono la mano sulle chiappe e si scopano per un quarto d'ora. Ne viene fuori, così, una ;pecie di immagine linda dell'omosessualità, che perde ogni virrualirà di inquietudine, per due ragioni; risponde al canone rassicurante della bellezza e annulla rutto ciò che ci può essere di inquietante nell'affetto, nella tenerezza, nell'amicizia, nella fedeltà, nel cameratismo, nello "spirito di corpo", rune cose alle quali una società un po' perbene non può fare spazio senza credere che non si formino alleanze, che non si annodino imprevedibili linee di forza. Penso che sia questo che renda "conturbante" l'omosessualità: non canto l'arto sessuale in sé, quanro il modo di vira omosessuale. Ciò che inquieta la gente non è immaginare un atto sessuale non conforme alla legge o alla natura, ma il fatto che degli individui comincino ad amarsi. Ecco dove sta il problema. L'istituzione è presa di contropiede. Intensità affettive la arrraversano: la tengono in piedi, ma al tempo stesso la perturbano.m
li discorso sulla felicità lascia il passo al lessico dell'amicizia - ciò che ci può essere di inquietante nel modo di vita omosessuale, ciò che prende di contropiede le istituzioni. A ben vedere, di quest'amicizia la felicità non era che il segno visibile, il volto manifesto di un'erica altra. È quanto emerge limpidamente dall'ultima occorrenza del riferimento in questione, presente nell'intervista del 1982 Choix sexue/, acte sexuel: !o; Ibidem. 201 • Ibidem. !o 7 Io., L'amicizia come modo di vitfl, cit., p. 113.
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Le pubblicazioni gay non dedicano forse lo spazio che vorrei alle
questioni d'amicizia tra gay e al significato delle relazioni laddove non vi sono codici e regole di condotta prestabiliti; ma ci sono sempre più gay che devono affrontare per se stessi cali questioni. E, come sa, io penso che quello che infastidisce maggiormente le persone non gay è lo stile di vira gay, non l'ateo sessuale in sé. Fa forse riferimento a cose
come le manifestazioni d'affetto e le carezze scambiate in pubblico dagli omosessuali, o al modo tZpptZriscente in mi si vestono [?] Tutto ciò non può che avere un effetto perturbante su certe persone. Ma facevo riferimento alla paura diffusa che i gay sviluppino relazioni che, pur non conformandosi affutto ai modelli relazionali propugnati dagli altri, appaiano nondimeno intense e soddisfacenti. È l'idea che i gay possano creare relazioni di cui non possiamo ancora prevedere nulla che molte persone ritengono insopportabile. 20R
Detto ciò, vale la pena ricordare che il termine parrhesia (1rappno1a) designa alcune forme di veridizione caratterizzate da ciò che Foucault chiama "parlar-franco", dal dire-tutto senza riserve o retorica, pronunciando ciò che effettivamente si ritiene vero e accettandone coraggiosamente i rischi. Tramite la parrhesia, colui che parla tenta di trasformare la propria soggettività e quella altrui. Ora, alcune forme di pan-lmia instaurano e richiedono una relazione peculiare tra soggettività e verità, una relazione attraverso cui la vita stessa, nella sua materialità, arriva a configurarsi come manifestazione del vero: il cinico, fra i protagonisti di questo tipo di veridizione, «vuole riformare rutto il genere umano attraverso il lavoro su sé stesso» facendo del proprio corpo un atto scandaloso di parrhesid-09 • In presenza del cinico, la vira ordinaria appare
«precisamente come vita alua rispetto a quella vera», sicché la sua stessa esistenza materiale si impone come una provocazione atta a sollecitare un cambiamento radicale: l'abbandono di ogni convenzione inessenziale e posticcia2 io. A lungo i commentatori e le commentatrici dell'ope108
109
Io., Choix sexuel, actt' sex11el, cit., pp. 1152-1153, tr. mia. M. loFRIDA - D. MELEGARI, Fo11m11/t, Roma 2017, p. 284.
21
" M. FouCAULT, li comggio della verità: Il governo di sé e degli altri li: Corso al Co/l(ge de Frante (1984), tr. it. M. Galzigna, Milano 201 I, p. 298. Quest'idea. formulata rigorosamente solo negli ultimi anni di vira, compare già in precedenza nel corpus
foucaultiano: «Dobbiamo smascherare i nostri ricuali per farli apparire per quello che sono: delle cose puramente arbitrarie, legate al nostro modo di vita borghese. E bene [... ] trascenderlo nelle furme del gioco, in modo ludico e ironico; è bene essere spcrco
e barbuto, portare i ~.ipdU lunghi, somigliare a una ragazza quando si è un ragazzo (e viceversa). Bisogna mettere "in gioco", esibire, trasformare e rovesciare i sistemi che pacificamente ci comandano. Per quel che mi riguarda è quel che cerco di furc nel mio lavoro (lo., Co11versazio11e con Miche/ Fo11m11/r, in Id., //filasofo militallle, cit., p. 48/.
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ra foucaultiana si sono interrogati sul significato politico da attribuire,
nell'attualità, alle incursioni ciniche di fine anni Ottanta. Al termine di questo paragrafo, è possibile affermare ragionevolmente che il corrispettivo contemporaneo del cinico, agli occhi di Foucault, dovesse essere impersonato meno da un'individualità che da una relazione ancora senza forma. Da un'amicizia che, con le sue carezze, avrebbe costituito l'esempio più recente di un'«intollerabile insolenza,.2 11 •
4. Storia della filosofia
I
l proposito di ricapitolare, in rapporto a Foucault, tutto quanto sia stato detto intorno all'amicizia dacché la filosofia ha avuto inizio sarebbe, in questa sede come in molte altre, semplicemente inattuabile. Più modestamente, in chiusura di questa sezione tenterò di mettere in luce la specificità della riflessione foucaultiana attraverso una breve esposizione delle prospettive filosofiche sul tema che, nel periodo più recente, mi sembra abbiano goduto di maggior fortuna. Coerentemente con l'impianto metodologico adottato per questo segmento di ricerca, cercherò di far emergere nell'analisi le problematiche soggiacenti a ciascun determinato pensiero - è solo su questo piano, d'altronde, che sarà possibile saggiare la pertinenza e le potenzialità di un dialogo tra filosofie tanto diverse. Nel 1978, interrogato su alcune delle sue amicizie più note, Foucault preferisce differire la risposta vera e propria imbastendo un preambolo piuttosto singolare: Forse appartengo a una generazione un po' all'antica per cui l'amicizia è qualcosa di fondamentale e al contempo misterioso. E confesso che ho ancora un po' di difficoltà a sovrapporre o a integrare le relazioni d'amicizia con qualsivoglia tipo di organizzazione o gruppo politico o scuola di pensiero o circolo accademico; per me l'amicizia è una specie di massoneria segreta. m
In queste parole risuona l'eco di due voci molti familiari alla "generazione un po' all'antica" cui Foucault riconosce d'appartenere: quelle di Georges Bataille e Maurice Blanchotm. Per il primo, «l'esistenza non 211
Io., // comggio della verità, cic., p. 163. m M. FouCAui:r, La sci-ne de In philosophie, in Dits et icrits Il. cic., pp. 588-589, cr. mia. 2 1.1 Cfr. C. SnvALE, 7/Je Folds of Friendship: Derridn, Dele11u, Fo11cn11/t, «Journal of thc Thcorccical Humanicics» 5 (2000), p. 4. Su questo punto, devo runo a Dilena Caimmi.
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si trova dove gli uomini si considerano isolatamente; essa comincia con
le conversazioni, il riso condiviso, l'amicizia», cioè «nel passaggio da/fono all'altro» 214 • È per questo motivo che, secondo lo studioso Federico Ferrari, «l'amicizia è il fulcro del pensiero di Bataille», che non può dispiegarsi se non nella forma di «una pratica dell'amicizia, intesa come un sottrarsi e un esporsi ai propri limiti per aprirsi all'altro», in un movimento di «sconfinamento del pensiero in ciò che ad esso si sottrae e viceversa» 21 5. Ad esempio, nel breve scritto su L'amicizia si legge: Odio l'idea di essere legato alla separacezza e rido del solitario che pretende di riflettere il mondo. Egli non può veramente rifletterlo perché divenendo lui stesso il centro della riflessione, cessa di essere un'immagine dei mondi che sfuggono in tutte le direzioni. Se invece vedo che i mondi non assomigliano a nessun essere separato e chiuso
su se stesso ma n quel che pnssn da 1111 essere nlf 'nitro quando noi ridiamo a crepapelle o noi ci amiamo, allora l'immensità di questi mondi mi si apre e io mi confondo col loro fuggire. 1 u'
[amicizia, per Bataille, coincide in maniera paradossale con il sentimento della solitudine e dell'impossibilità di una fusione con l'altro (il cui segreto permane); non rappresenta anzi nient'altro che l'esperienza di questa impossibilità: esperienza pur sempre condivisa e che travalica l'individuo, lo eccede, implicandolo in un'efferata trasgressione attraverso cui può «aprire gli occhi su un mondo in cui ciò che egli è può assumere senso solo ferendosi, lacerandosi, sacrificandosi»m. Sarà proprio in occasione della scomparsa di Bataille che Blanchot redigerà un testo su L'amicizia. Questa, per l'autore, richiede che s'accolgano coloro cui si è legati da qualcosa di essenziale «nel rapporto con l'ignoto in cui essi ci accolgono, anche noi, nella nostra distanza»: si tratta di un «rapporto senza dipendenza» che «passa attraverso il riconoscimento dcli' estraneità comune che non ci consente di parlare dei nostri amici, ma solamente di parlare loro» 218 • [amicizia è un movimento d'intesa in cui l'altro si mantiene in una «distanza infinita», indice di una «separazione fondamentale a partire dalla quale ciò che separa diviene rapporto»: rn G. m
F.
Lamicizùt, cur. F. Ferrari, Milano 1999. p. 36. Lilmicizia, il silenzio e la parola, in G. Bataillc, Lilmicizia, cit.,
BxrAILLE, FERRARI,
pp. 69-70. !l 6
BATAILLE, L'11111icizù1, cit., pp. 36-37. Ibidem. "" M. 81.ANCIIOT, Lamicizia, tr. it. R. Cuomo e M. Ghidoni, Genova-Milano 2010. p. 344. 110
G.
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la discrezione non è nel semplice rifiuto di prendere in considera-
zione le confidenze [... ], ma l'imervallo, il puro imervallo che, da me a quest'altro che è un amico, misura tutto ciò che è fra noi, l'interruzione d'essere che non mi autorizza mai a disporre di lui, né del mio sapere di lui (anche solo per lodarlo) e che, lungi dall'impedire ogni comunicazione, ci mette in relazione l'uno all'altro nella differenza e a volte nel silenzio della parola.1 19
Questa discrezione, avvisa Blanchot, può talvolta trasformarsi nell'«incrinatura della morte» 220 • Al giungere d'una simile evenienza, si direbbe quasi che nulla cambi in maniera sostanziale: in quel «segreto» costitutivo degli amici, «capace di prendere posto nella continuità del discorso, senza interromperlo», è già da sempre all'opera «la presenza imminente, sebbene tacita, della discrezione finale ed è
a partire da essa che si affermava con calma la prudenza delle parole d'amicizia» 221 • È in questo senso che, come ha notato il filosofo Bruno Moroncini, l'amicizia blanchottiana presuppone un'amicizia con la morte che, separando l'individuo da se stesso, assicuri la persistenza di uno iato tra gli amici, facendo sì che ciascuno costituisca «per l'altro un altro e non una variazione eidetica del me stesso, un semplice alter ego» 222 • Tuttavia, morto l'amico, si assiste non all'approfondimento della separazione, ma alla sua cancellazione - «non l'allargamento della cesura, ma il suo livellamento e la dissipazione di quel vuoto tra noi dove un tempo si sviluppava la franchezza di una relazione senza storia» 223 • Insieme all'amico, scompare infatti ciò che separa, vale a dire il fondamento autentico e impossibile della relazione d'amicizia. Ora, se per Blanchot gli amici rispettano l'irriducibilità dell'altro e mantengono le distanze, ciò significa che è la natura stessa del rapporto amicale a escludere il cameratismo e la fratellanza, dal momento che si pone quale ostacolo alla dedizione e alla vicinanza richieste da questi ultimi:
Ibidem. lvi, p. 345. w Ibidem.
!I'•
210
'" B. MoRONCINI, Gli 111nici 11011 si d1111110 del 11,, Napoli 2011. pp. 13-14. w M. 81.ANCHOT, L'amicizia, cir., p. 345.
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nel Comitato d'azione del Maggio 1968, e così durante le manifestazioni, non c'erano runici ma compagni che si davano del tu e non prendevano in considerazione né la differenza d'età né il riconoscimento di una notorietà pregressa [ ... ] Malgrado le nostre precauzioni, nel Comitato d'azione e altrove, continuiamo a suscitare riserve, poiché l'amicizia non lascia spazio al cameratismo. Davamo del ru ai compagni ma, in quanto amici, non ci davamo del tu.2!4
La concraddizione tra l'amicizia e il cameratismo, segnala Moroncini, poggia sulla differenza di natura tra il concetto classico del)' amicizia (la philia) e quello, ancora da delibarsi, di un'amicizia scaturita dal "disastro universale", espressione enigmatica con cui Blanchot sembra fare riferimento alla situazione globale ed epocale determinatasi con la seconda guerra mondiale e a partire dalla realtà dei campi di sterminiom. Il disastro non è per Blanchot un momento di rottura nella scoria, ma una rottura della storia con la storia, l'impraticabilità assoluta di ciò che è stato già fatto e la consapevolezza di una perdita irrimediabile del senso. Lamicizia greca - «scambio da Stesso a Stesso, mai apertura all'Altro, scoperta di Altri in quanco di lui responsabile, riconoscimento della sua supremazia, risveglio e disintossicazione per mezzo di quest'Altrui che non mi lascia mai tranquillo, godimento [... ]della sua Altezza, di ciò che lo rende sempre più vicino al Bene di quanto lo sia "io"»-non è più un'opzione2 26 • Ciononostante, non basta distinguere e tenere separate un'amicizia di reciprociC-:1. e uguaglianza, precedente al disastro, e un'amicizia fondata sulla distanza, a esso conseguente: bisogna al concrario «innestare il ramo nuovo del disastro sul vecchio tronco del cosmo ordinato di una volta, ritrovare neU' amicizia disastrosa l'eco della fraternità amica e in quest'ultima avvertire il lavoro silenzioso della morte» 227 • Moroncini chiarisce ulteriormente: m M. BLANCHOT, l'er !i1midzi11, cur. F. Fogliotti, Napoli 2021, pp. 35-36. B. MoRONCINI, Gli ,1mid non si dmmo del fil, cit., p. 19. iu, M. BLANCHOT, Per l'n111icizùt, cic., p. 39. 21 ~ B. MoRONCINJ, Gli a111id 11011 si danno del tu, cir., pp. 29-30. Dclcuzc e Guattari fanno ritèrimenro a questo asperro del pensiero blanchorriano laddove, in Che cos'è /;1 jilosoji11?, espongono la loro concezione dell'amicizia come vissuto trascendentale: «i Greci introducono gli "amict [... ] tra il filosofo e il saggio non ci sarc::>be soliamo una differen7.a di grado. come in una gerarchia: il furro è che il vecchio saggio [ ... ]pensa forse per Figure, mentre il filosofo inventa e pensa il Concerro. [... ]Amico designa una cerca intimità competeme, una sorra di gusto materiale e una potenzialità, come quella del falegname con il legno: il bravo f.ilegname è in potenza del 22 s
legno. è l'amico del legno? La domanda è imporcamc, poiché l'amico, quale appare con la filosofia, non designa più un personaggio estrinseco, un esempio o una circo-
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A
I.:amicizia dovrà essere insieme e indecidibilmente reciprocua
e asimmetria, uguaglianza e differenza, gli amici dovranno fare in modo che nel "tu" che si scambiano vicendevolmente irrompa il "lei" con cuna la sua forza distanziante, dovranno tranare l'altro cui danno del "cu" come se fosse per loro un "lei" sconosciuto e scostante, e insieme dovranno riconoscere nel "lei", nd'altro ignoto e estraneo, nell'altro pericolo e minacciante, la figura del "cu", la silhouette del prossimo, l'eidos del vicino. 228
Le prospettive sull'amicizia elaborate da Bataille e Blanchot non sono sovrapponibili. Tuttavia, è con buone ragioni che Diletta Caimmi ha potuto sostenere che si è alle prese con "due poli estremi e speculari di una stessa inquietudine,,: ciò che interessa a entrambi è l'amicizia come «possibilità del pensiero che esula dall'interazione puntuale di due soggettività, o meglio, ne feconda uno spazio infruibile, un segreto che può essere scoperto ma non afferrato» 229 • Certo, nel caso del primo quest'intangibilità ha a che vedere con l'orrore, la stanza empirica, ma una presenza intrinseca al pensiero, una condizione di possibilità del pensiero stesso, una categoria vivente, un vissuto trascendentale. [... ] Qualora l'amicizia si \'olgcsse verso l'essenza, i due amici sarebbero come il pretendente e il rivale (ma chi potrebbe distinguerli?). [... ]. Spetta all'amicizia conciliare l'integrità dell'essenza e la rivalità dei pretendenti. [ ... ] E quar:do oggi Maurice Blanchoc, uno dei rari pensatori che prendono in considerazione il senso della parola "amico" in filosofia, riprende questa domanda interna alle condizioni del pensiero come cale, non introduce ancora nuovi personaggi concettuali nel seno del più puro Pensiero? Personaggi poco greci, questa volta, venuti da altrove, che sembrano avere attraversato una catastrofe che li ha trascinaci verso nuove relazioni viventi promosse allo sram di
caràtteri a priori: una deviazione. una certa fatica. un certo sconforto tra amici die converte l'amicizia stessa nel pensiero del concetm come diffiden1.a e pazienza infinite» (G. DELEUZE - F. GUATIARI, Che cos'è la jìlosojìa?, dc .. pp. vm-1x). Ho ritenuto di non dover discutere nel corpo del cesto questa concezione per due motivi. In primo luogo, è sin troppo evidente lo scarto nella problematica rispetto alla concettualizzazione foucaultiana dell'amicizia, dacché rilevarlo sarebbe stato banale o superfluo. In secondo luogo, se un'elaborazione del problema dell'amicizia a partire da Deleuze e Guattari c'è stara, questa ha avuto a che vedere ben poco con la riflessione esplicita dei due aurori sul tema, traendo piurtosco ispira1jonc dal significato comples.~ivo della loro opera. Dicendo ciò, penso soprattutto al lavoro svolto in questa direzione da Gianluca Dc Fazio e che meriterebbe una discussione a parre, cfr. G. DE FAz10, Ecologia del possibile: Rnzio11alitn, estetica, amicizia, Verona 2021. m B. MoRONCINI, Gli ,1mici 11011 si da11110 del fl,, cit., p. 31. wi D. CAtMMI, Ma11rice Blanchor e le erranze dell'immaginario: Tra B11/f/ille e la pm1io11e de/l'impossibile, resi di laurea in Scienze Filosofiche presso l'Università di Bo-
logna, 2020, p. 120. corsivo mio.
Concetto
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trasgressione e la sovranità, con il dinamismo di una «comunicazione eccessiva era esseri scalzaci dalla propria frammentarietà e messi in contatto attraverso la ferita che ne squarcia i confini»; in quello del secondo, con un oblio costitutivo e con un'altrettanto costitutiva assenza2.io. Ma ciò non può far venir meno un'affinità complice - per quanto, se così si vuol dire, aporetica - nella problematica di fondo. È quest'ultima, in virci1 della sua estraneità indubbia alle preoccupazioni dell'amicizia foucaultiana, a garantire un valore non più che biografico alla risposta di Foucault citata all'inizio del presente paragrafo. Pubblicato nel 1994, il libro di Jacques Derrida sulle Politiche dell'amicizia cosciruisce senz'altro lo scritto dedicato al tema che ha conosciuto diffusione maggiore nell'ambito della filosofia contemporanea, contribuendo inoltre a rilanciare la questione dell'amicizia in aree disciplinari eterogenee. Il titolo coincide con quello dei seminari tenuti da Derrida dal 1988 al 1991 presso l'EHESS e che devono essere considerati parte di un progetto di ricerca coerente e pluriennale dal quale il filosofo era solito attingere per trarre spunti e contenuti di molte delle sue opere. Non è dunque privo d'importanza sottolineare il collocarsi del seminario sulle "Politiche dell'amicizia" tra, da una parte, il ciclo di lezioni su "La nazionalità e il nazionalismo filosofici" e, dall'altro, le "Questioni di responsabilità", che affronteranno il segreto, la testimonianza, l'ostilità e l'ospitalità, lo spergiuro e il perdono, la pena di morte e che sfoceranno, negli ultimi due anni dell'insegnamento derridiano, nel seminario su "La bestia e il sovrano", incentrato sui temi della sovranità e dell'animalità. Uno dei fili conduttori di questo percorso è rappresentato dalla decostruzione della "proprietà" e dell"'identità" o, per meglio dire, del "proprio". Tenendone conto, si comprende meglio l'esigenza posta alla base del libro, vale a dire la necessità di interrogarsi sulla possibilità di una politica «al di là del principio di fraternità», al di là della «configurazione familiare, Jraternalista, e quindi androcentrata» di un politico che «si annuncia raramente senza una qualche aderenza era Stato e famiglia», senza una «schematica della filiazione: la sorgente, il genere o la specie, il sangue, la nascita, la natura, la nazione» 2·n. È in questa prospettiva che l'amicizia viene interrogata nelle sue vesti - di origine classica, ma ancora appariscenti nel pensiero moderno - di fondamento del politico. Lintento esplicito è quello di 130
Ibidem.
1 11 ·
J. DERRI DA, Politiche de/l'amicizia, tr. ir. G. Chiurazzi, Milano
1995, p. 2.
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A pensare e vivere una politica, un'amicizia, una giustizia che i11comi11-
ciano rompendo con la loro naturalità o la loro omogeneità, con l'allegazione del loro luogo d'origine. Che incominciano dunque lì dove il cominciamento (si) divide e differisce. Ch~ cominciano col marcare un'eterogeneità "originaria" che è già venuta e che può solo venire, nell'avvenire, ad aprirle.m
Tuttavia, la posizione derridiana del problema non riguarda direccamence le forme concrete e storicamente individuabili dell'amicizia, bensì «la verità dell'amicizia» (che «sta lì, nell'oscurità», con «la verità del politico») nel suo rapporto essenziale con la temporalità, il possibile e l'evenco 233 • Commentando la questione, lo studioso David Webb ha sottolineato come il filosofo costruisca la sua argomentazione facendo leva su un linguaggio mutuato dalla fenomenologia e influen-
zato dalla filosofia di Emmanuel Lévinas: il mio amico è «colui che condivide il mondo determinato dagli orizzonti della mia esistenza e al tempo stesso lo trascende»; poiché «ciò che mi raggiunge da oltre questi orizzonti è del cucco indeterminato, il futuro introdotto dall'amico è assoluto, un infinito che irrompe nella mia esistenza finica»H4. Quest'alterità viene però addomesticata, se non soppressa, dallo schema della proprietà o della decisione che implica regolarmente l'istanza di un «un soggetto classico, libero e volontario, dunque di un soggetto al quale non accade mai nulla, neppure l'evento singolo di cui si crede, per esempio, in una situazione eccezionale, di prendere e mantenere l'iniziativa» 235 • È a questo punto che interviene la nozione di impossibile. Come ha evidenziato il filosofo Silvano Petrosino, non sarebbe affatto eccessivo leggere l'incera riflessione di Derrida come «un'incessante opera di riapertura e di rilancio del possibile nei confronti di concetti, ma soprattutto di strutture di concetti, che, una volta posti e definiti, tendono sempre a chiudere e a rinchiudersi in sé» 2.'I
/11i, p. 50. liii, pp. 58-59.
!, durante il corso della quale formulerà un'ipotesi sulla scoria di questa pratica, lo dice a chiare lettere: «Se c'è una cosa che mi interessa, oggi, è il problema dell'amicizia»·' 1• Si tratta di un'ipotesi che, come avremo modo di vedere, non è né la prima né la più lunga a venire formulata da Foucault·'~. In ogni modo, si tratta dell'ultima e della più ricca, nonostante le circostanze della sua esposizione - l'intervista è infatti gremita di ambiguità, suggestioni e digressioni. Se è possibile sgrovigliare alcuni dei suoi riferimenti impliciti tramite le resi e i documenti presentati da Foucaulc in libri, corsi e alcre pubblicazioni, non tutti i passaggi risultano verificabili o perfino comprensibili rimanendo nei confini del corpus foucaultiano·u. [ipotesi, una volta presa in esame, regge solo parzialmente alla prova della storia. In nome della posta in gioco, sarà nondimeno il caso di spacchettarla e svilupparla, con e contro le parole dello stesso Foucaulc. Ecco il passo in questione: Nei secoli successivi all'Amichità, l'amicizia ha costituito un rapporto sociale molto importante; un rapporto sociale all'interno del quale gli individui disponevano di una certa libertà, di un cerro tipo di scelta (limitata, certo) che permetteva loro di vivere anche rapporti affettivi molto intensi. L'amicizia aveva anche alcune implicazioni economiche e sociali - l'individuo doveva aiutare i suoi amici, ecc. Penso che, nei secoli XVI e XVII, questo genere di amicizie scompaia, almeno nella società maschile. E l'amicizia cominci a diventare un'altra cosa. A partire dal secolo XVI si trovano testi che criticano esplicitamente l'amicizia, che la considerano come qualcosa di pericoloso. L'esercito, la burocrazia, l'amministrazione, le università, le scuole, ecc. - nel senso arcuale di queste parole - non possono funzionare con delle amicizie così intense. Penso che in tutte le istituzioni si ;i M. FoucAui:r, Miche/ Fo11cn11lt, 1111111ter11istn: il sesso, il potere e In politica de/11dmtitìz, cit., p. 303. J! Cfr. § 3.2