Psicologia del gioco d'azzardo e della scommessa. Prevenzione, diagnosi, metodi di lavoro nei servizi 8874662602, 9788874662609

È sempre crescente la disponibilità di giochi d'azzardo. Oltre a quelli ormai noti e datati - ma sempre attraenti -

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Psicologia del gioco d'azzardo e della scommessa. Prevenzione, diagnosi, metodi di lavoro nei servizi
 8874662602, 9788874662609

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Professione psicologo 112

l l etto ri c h e des ide ra n o i n fo rmaz i o n i s u i vo l u m i p u b b l i cati da l la casa edit r i ce p o sso n o rivo l gersi di retta m en te a: Ca rocci edito re via Sardegna 50, 00187 Ro ma, te lefo n o o6 42 81 84 17, fax 06 42 74 79 31

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Gioacchino Lavanco, Loredana Varveri

Psicologia del gioco d'azzardo e della scommessa Prevenzione, diagnosi, metodi di lavoro nei servizi

Carocci Faber

la edizi o n e, marzo 2006

© co pyri g ht 2006 by Carocci edito re S . p .A., Roma Editi n g e i m pagi naz i o ne Fregi e Maju sco le, Tori n o Fi n ito d i stam pare n e l marzo 2006 da Eu ro l it, Roma ISBN 88-7466-260-2 R i p rodu z i o n e vietata ai sens i di legge (art. 171 del la legge 22 aprile 1941, n . 633) Sen za regolare auto rizzaz i o ne,

è vietato ri p rodu rre q u esto vo l u me anche parzial mente e co n q ualsiasi mezzo, co m p resa la fotocop ia, anche per uso i nterno o didatti co.

Indice

11 Prefazione di Cesare Guerreschi

Pa rte prim a. Co nsiderazioni i ntrod uttive e i nquad ramento del fenomeno 1

1.1. 1.2. 2

Per u na defi n izione d i gioco e d i gioco d 'azza rdo 21 G ioco d'azzardo : fenomeno culturale e bisogno sociale 26 G ioco d'azzardo : piaga sociale e patologia

2.1 . 2.2. 2.3. 2.4.

T i pologie d i giocato ri : socia l i , problematici o patologici? Azione o fuga 33 Le donne e la scommessa 35 Gli adolescenti e l'azzardo 37 Anziani: categoria a rischio ? 41

3 3.1. 3 . 2. 3·3· 3·4· 3·5· 3.6.

Mod e l l i teo rico-i nterpretativi del gioco d 'azza rdo Il modello psicoanalitico 45 Il modello cognitivista 47 Il modello comportamentista 48 Il modello psicosociale 49 51 Il modello evolutivo di Custer Sull'azzardo e sul rischio 54

4

Il

5

Ezio patogenesi del gioco d 'azza rd o problematico: i fatto ri pred ittivi 57 La comorbilità 59

5.1.

GAP

e i criteri d iagnostici

24

31

45

55

7

PS I CO LO G I A DEL G I O CO D ' AZZAR D O E DELLA S CO M M ESSA

5.2. 5·3· 5 ·4· 5. 5.

I fattori sociodemografìci 61 Le caratteristiche di personalità 63 64 I fattori cognitivi 67 I fattori genetici e neurobiologici

6

L'assessment dei live l l i di gioco: gli stru menti

1

Bingo! To m bola moderna o casinò di qua rtiere? 79 La storia e la normativa 80 82 Le " regole" del gioco La ricerca psicologica sul Bingo 85 7.3.1. Il focus sui benefici del Bingo 7.3.2. Senza dimenticare i rischi Conclusioni 93

69

Parte seconda. Forme di scommessa nella società post-moderna

7 .1. 7.2. 7· 3· 7·4· 8

8.1. 8 . 2. 8.3. 8 .4. 8.5. 9

9.1. 9 . 2. 9·3· 9·4·

Dispositivi elettronici: o n n i presenti macchinette d i gioco d 'azza rd o 95 La normativa d i riferimento 96 La ricerca psicologica sui dispositivi elettronici di gioco d'azzardo: uno sguardo alla comunità 99 Il focus sulla persona e la macchina 102 Identikit del videopokerista: una ricerca in Sicilia 105 Conclusioni 107 Azza rd o on l i ne: il perico lo i nvisi bi le 109 I giochi sul Web e la normativa 111 114 La ricerca sull'azzardo on line Minori o n line: scommesse senza limiti d'età Conclusioni 118

117

Parte terza. Gioca rsi i pu nti d i vista 10.

D i pendenza da gioco d 'azza rdo. Quale sistema di servizi in Ita l ia? 123 di Daniela Capitanucci

10.1.

Il gioco d'azzardo tra complessità e ambivalenza

8

123

I N D I CE 10.2. 10 .3.

Nuove dipendenze, vecchie dipendenze, legislazione sanitaria e serv1z1 126 Esperienze di trattamento: il privato si muove 130 10.3.1.

Esperienze di trattamento: la situazione del servizio pubblico

10.3.2.

Esperienze integrate: il territorio, "risorsa" tra psico-socio-sanitario

e istituzionale

136

10.4.

Conclusioni: l'isola che non c'è ?

11

È possi bi le preven i re o rid u rre i d a n n i d e l gioco d 'azzardo? di Mauro Croce

11.1. 11.2. 11.3. 11.4.

139

Dalle dipendenze da sostanze alle dipendenze non da sostanze. 139 Il primo paradosso della prevenzione e . . . dell'astinenza Il gioco d'azzardo in una politica di promozione della salute 144 146 Ma è possibile una politica di gioco responsabile ? Approcci educativi vs approcci strutturali ? 149 Bibliografia Gli a uto ri

153 167

9

Prefazione di Cesare Guerreschi

Il nuovo libro di Gioacchino Lavanco e Loredana Varveri è un interessan­ te, utile ed esaustivo testo su un tema di grande attualità: il gioco d'azzardo. I principali pregi di questo testo sono la chiarezza, la schematicità e l'accuratezza bibliografica che rendono questo scritto di facile lettura e comprensione anche per coloro i quali si accostano per la prima volta alla materia. Allo stesso tempo rappresenta un valido strumento di approfon­ dimento e di riflessione per coloro che hanno già una formazione di base sulla problematica del gioco d'azzardo. La prima domanda che si pone chi non gioca d'azzardo, è: «Perché si gioca ?». Si gioca per " piacere", per " l'illusione di un facile guadagno ", per " sfida" con se stessi e la società. Il gioco è vissuto dalla maggior parte delle persone come una vera e propria fuga dalla realtà, uno spazio per " affogare " le solitudini e i pro­ blemi, per dimenticarli sospendendoli momentaneamente. Il gioco è un'attività determinante per l'evoluzione fisica e ps ichica dell'essere umano . Durante l'infanzia concorre allo sviluppo di una personalità sana, mentre nell'età adulta continua a mantenere un importante ruolo compensatorio, di scarico delle tensioni e dell'aggresSlVlta. Quando però l'attività Iudica varca le soglie del " gioco d'azzardo " il confine tra normalità e patologia si fa improvvisamente labile. Presente da sempre nella società umana, a volte represso, a volte tol­ lerato, il gioco d'azzardo ha occupato un posto importante in tutte le cul­ ture, società e classi sociali delle diverse epoche. Mai come oggi, però, esso ha assunto una tale varietà di forme, diventando, oltre che un'im­ portante fonte di svago per chi lo pratica, anche una notevole garanzia di redditività economica per chi lo gestisce. Vi sono persone che sviluppano un atteggiamento morboso riguardo al gioco d'azzardo, arrivando a instaurare con esso una vera e propria .

.

'

11

PS I CO LO G I A DEL G I O CO D ' AZZAR D O E DELLA SCO M M ESSA

dipendenza. Tale condizione patologica si manifesta progressivamente; è difficile accorgersi di quanto sta accadendo, fino a quando, purtroppo, il gioco si è ormai trasformato nell' irresistibile impulso a scommettersi tutto, superando di molto le proprie possibilità. Un altro aspetto fondamentale contenuto in questo volume riguarda le tipologie dei giocatori, una descrizione che è un continuum dal gioca­ re per divertirsi al giocare spinti da un impulso che non si riesce a con­ trollare. Per collocare un soggetto all'interno di questo continuum è necessaria un'analisi approfondita della personalità del giocatore. Con il termine " personalità" si vuole esprimere l'insieme dei modi in cui l'indi­ viduo umano agisce e reagisce, vive e si comporta nelle varie situazioni e nei vari momenti della sua vita. Diversi studi hanno portato alla luce l'esistenza di un nucleo di personalità dipendente caratterizzato da depressione, impulsività e ricerca di sensazioni forti, che sembra essere la base per lo sviluppo della patologia. Esistono confini tra quelle che vengono definite " dipendenza utile" e " dipendenza patologica" . La dipendenza utile è tipica dei rapporti affet­ tivi e di quelli che stabiliamo con la società accettando i valori che essa ci propone. La dipendenza patologica invece si riferisce a uno squilibrio tra l'indipendenza e lo stabilirsi di particolari legami con altri o con l'altro, ossia la dipendenza da personalità dominanti, dal gruppo, da comporta­ menti patologici, da sostanze o la dipendenza da quelle sensazioni forti e dei comportamenti rituali imposti dalla condizione stessa di dipendenza. Le dimensioni di personalità che ricorrono maggiormente nel gioca­ tore patologico sono: • l'illusione del controllo; • la ricerca di sensazioni forti; • un basso livello di autostima; • alta competitività, energia e irrequietezza; • sintomi depressivi; • comportamenti antisociali. Di notevole interesse risulta anche il capitolo relativo alla descrizione dei diversi strumenti che possono essere utilizzati per una valutazione scru­ polosa del soggetto e della sua situazione. L'uso incrociato di test di diversa natura, da quelli specifici per lo screening del gioco d'azzardo tra cui il più conosciuto è il S O G S (Lesieur, Blume, 1987, cit. in Lavanco, 2001) - a quelli aspecifici come l'MM PI-2 o il Rorschach, testimoniano la dimensione multifattoriale del gioco d'azzardo e la conseguente necessi12

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tà di indagare altri fattori correlati a questa problematica (caratteristiche di personalità, aspetti motivazionali, aspetti relazionali ecc. ) . Nella seconda parte del libro segue una descrizione precisa ed esem­ plificata dei diversi tipi di giochi attualmente presenti nella società, con particolare attenzione al Bingo, ai dispositivi elettronici, ai giochi d'az­ zardo on line e alle norme giuridiche che regolano il funzionamento di questi ultimi. Le norme attive per il Responsible Gaming sono relative all'ambiente di gioco e al danno potenziale. Le norme relative all'ambiente di gioco sono: 1 . regole di gioco visualizzare sullo schermo degli apparecchi; 2. definizione di un numero massimo di apparecchi per tipologie di esercizio: • tutela dei minori: - separazione fisica degli apparecchi moneta da quelli di altra tipologia; - divieto di installazione in pertinenze di scuole e istituti scolastici; • rispetto di particolari dimensioni sociali: - divieto di installazione all'interno delle pertinenze di luoghi di cura e di culto; • selezione e qualificazione punti vendita (progetto " Bollino NewSlot") . Le norme relative al danno potenziale sono: divieto di " accumulo " di vincite (erogazione diretta al termine della partita: unico caso internazionale) ; 2. premio massimo erogabile di 50 euro in ragione di un gioco con signi­ ficativa componente di intrattenimento.

1.

È presente anche una parte (cfr. cap. 4) dedicata alla possibilità di inqua­ drare a livello scientifico il gioco d'azzardo patologico, dato il suo inseri­ mento nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM IV­ T R ) all'interno dei " Disturbi di controllo degli impulsi non classificati altrove" come «comportamento persistente, ricorrente e maladattivo di gioco d'azzardo» . Questo passo è assolutamente decisivo per cercare di combattere l'idea, ancora oggi radicata nella popolazione, che il gioco d'azzardo sia solo un passatempo o al massimo un "vizio " . Una presa di coscienza che speriamo possa aiutare i soggetti a rendersi conto in tempi brevi di essere persone malate e bisognose di aiuto, prima di cadere nella rovina economica e nella disperazione. Di rilievo è la parte conclusiva dell'opera in cui gli autori dedicano molta attenzione a numerose ricerche condotte sul gioco d'azzardo o n 13

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line, evidenziando la pericolosità di questa tipologia di gioco, non con­ trollata da una normativa chiara e rigida in materia tanto che, come risul­ ta da diversi studi, anche i minori possono accedere ai giochi d'azzardo on line utilizzando semplicemente una carta di credito. Infatti l'uso di Internet, anche in Italia, non è più una pratica a cui accedono pochi spe­ cialisti o appassionati, ma coinvolge persone di tutte le età e di tutte le condizioni sociali, culturali ed economiche. Di conseguenza, appare fon­ damentale costruire un intervento di informazione e prevenzione che operi su tutto il territorio nazionale senza distinzione di fasce di età o di condizioni sociali e culturali. Nel caso del gioco d'azzardo patologico, così come in tutte le forme di dipendenze, quello sulla guarigione è un discorso alquanto arduo ai fini della terapia. Dopo un percorso terapeutico, il giocatore d'azzardo può riuscire a ritrovare quella libertà, quegli affetti che prima, schiavo della compulsione, aveva perso. Ma basta un solo incontro con la sostan­ za o, nel caso del gioco d'azzardo, con il gioco, a far ricadere il soggetto nel vortice della dipendenza. Si è già detto che il gioco d'azzardo patologico è una malattia cronica e progressiva. Per far capire questo concetto ai giocatori d'azzardo pato­ logici e ai loro familiari spesso paragono il giocatore al diabetico: come il secondo potrà avere una vita tutto sommato normale seguendo precise regole alimentari, il giocatore che non gioca più potrà raggiungere lo stesso obiettivo a patto di perseverare nell'astinenza. L'incremento esponenziale dei casi e un' indagine sociodemografica eseguita sul territorio italiano ci hanno indotto a creare una rete territo­ riale per avere una modalità di intervento unitaria e una filosofia di base comune. Possiamo affermare che in Italia attualmente esistono circa centoventi strutture che operano nel campo del GAP (gioco d'azzardo patologico) a vari livelli, nel campo del volontariato, nel privato e nel pubblico . La fase della mappatura, già da noi eseguita nell'anno 2004-2005, è stata e sarà determinante per la conoscenza degli ambienti dove si andrà a operare e delle zone più adatte per " scendere in campo " ; una sorta di grande fotografia che permette agli operatori di comprendere qual è lo scenario e dove intervenire. Questo lavoro ci ha permesso di raggiunge­ re le cosiddette categorie a rischio, adolescenti, anziani e coloro che pre­ sentano già altre forme di dipendenza. Per raggiungere tali fasce della popolazione vengono individuati, come luoghi di intervento di prevenzione primaria, le scuole, i centri 14

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anziani e i servizi operanti sul territorio che si occupano di altre dipen­ denze (alcolismo, tossicodipendenza, disturbi alimentari) . In base all'esperienza di prevenzione dei nostri sportelli, con gli ado­ lescenti va posta particolare attenzione alla formazione degli insegnanti. L'individuazione di adolescenti ad alto rischio consentirà di estendere l'azione di prevenzione secondaria agli studenti stessi, offrendo un servi­ zio di counseling psicologico. Nei centri anziani è stata fatta un'azione prevalentemente informati­ va attraverso la divulgazione di brochure. Nei servizi territoriali che si occupano di altre dipendenze si è proce­ duto all'elaborazione e alla distribuzione di materiale informativo, speci­ ficamente rivolto all'utenza di tali servizi. Un ulteriore intervento di prevenzione nell'ambito del gioco d' azzar­ do è " l'unità mobile " . S i fa urgente il desiderio d i recuperare u n dialogo con questo mondo sommerso che possa avvenire al di fuori dei classici perimetri degli istitu­ ti, per incontrare le persone là dove vivono, dove giocano e trascorrono il loro tempo libero. In altre parole, si tratta di privilegiare un contesto informale con possibilità e forme di aiuto più incoraggianti sia per la per­ sona che vive una situazione di problematicità con il gioco, sia per tutti quei soggetti che vogliono semplicemente saperne di più e conoscere il fenomeno da vicino. Gli interventi di un lavoro di strada si inquadrano di conseguenza in: • universali primari a-specifici, rivolti a tutta la popolazione; • selettivi secondari specifici, rivolti a fasce della popolazione in situa­ zioni di disagio e problematicità. Spesso ci domandiamo perché e come le figure di professionisti e non professionisti possano inserirsi in un discorso di prevenzione del gioco d'azzardo eccessivo e in una promozione di occasioni di gioco responsa­ bili. È di comune condivisione che una delle motivazioni fondamentali è la percezione, via via più evidente, che il fenomeno del gioco d'azzardo problematico rientra sempre di più nella sfera del " disagio sommerso " . Tali considerazioni spingono a una riflessione: s e è cambiato il contesto di fruizione del gioco e se sono mutati gli stessi meccanismi che lo gover­ nano, perché rimanere ancorati a forme di intervento legate a una situa­ zione ormai superata ? È più proficuo muoversi in una nuova direzione, non più o non solo aspettando che sia la persona a presentarsi al servizio, 15

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ma andandole incontro. Questa la filosofia che pervade il lavoro di stra­ da, attenta nell'offrire la disponibilità a un incontro, l'apertura a una relazione e sensib ile alla reciprocità dell'ascolto. Purtroppo, ancora oggi in Italia non esiste un'esperienza in merito. Dunque si è verificato un abbassamento della soglia d'accesso ai ser­ vizi: un target costituito non più da personaggi appartenenti a famiglie ricche e benestanti, ma da persone semplici e normalissime. Le ricerche hanno dimostrato che il gioco è vissuto dalla maggior parte delle persone come una vera e propria " fuga" dalla realtà, uno spa­ zio per " affogare " solitudini e problemi. Succede spesso, però, che questi problemi iniziali non vengano risolti; anzi, se ne aggiungono degli altri che scaturiscono dai " circoli viziosi" creatisi proprio giocando. Il gioco è investito di un grande valore simbo­ lico da parte delle persone che vivono situazioni familiari conflittuali, pro­ blemi e disagi sociali, ma anche in quei casi che non presentano queste caratteristiche può essere una sorta di strumento per dimostrare la propria abilità, un angolo dove far affiorare e vivere aspetti del proprio Sé, di soli­ to nascosti nella vita ordinaria. È stato interessante scoprire fino a che punto le persone che giocano si vedono e si considerano come giocatori, come questa loro rappresentazione possa essere influenzata socialmente. Sarà nostro impegno lavorare, come già stiamo facendo, sul versante relativo alla prevenzione, cercando di promuovere iniziative valide sul territorio, capaci di stimolare l'attenzione e la partecipazione di profes­ sionisti in un progetto ad ampio respiro. Il tema del gioco d'azzardo sta vivendo in questi ultimi anni un momento di diffusione e crescita note­ vole, sia in termini di interessamento da parte di studiosi e ricercatori, sia per quanto riguarda l'attenzione pubblica. È il gioco responsabile l' ele­ mento chiave nella filosofia del gioco sociopolitico accettabile. Esso rispetta la responsabilità delle persone e delle loro azioni, ma riconosce anche una responsabilità al ruolo delle istituzioni pubbliche. Le proposte che a noi sembrano accettabili a livello sociopolitico per il gioco d'azzardo sono: • controllo sugli aiuti da parte dello Stato (sarebbe auspicabile che lo Stato quanto prima attivasse la politica degli aiuti verso le istituzioni pubbliche o private/ sociali che già da tempo si impegnano in forma mas­ siccia nella ludopatia) ; • gioco responsabile; • vendite giuste in rete; • aiuti adeguati; 16

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proposte di vendita responsabili; • limitazioni e servizi rigidi; • controllo sul livello del gioco d'azzardo; • supervisione accurata degli operatori; • trasparenza sulla proprietà del gioco e sui pagamenti delle vincite in denaro; • evitare che i giocatori siano incoraggiati a infrangere la legge, spinti dalla pubblicità illegale via satellite, Internet ecc.; • evitare la pubblicità e le comunicazioni eccessive sul gioco. •

Il fine ultimo è mettere le persone che giocano in condizione di prendere decisioni mirate sulla loro partecipazione al gioco e, nel caso incontrassero problemi, metterle in contatto con i servizi di assistenza specializzati. E a questo proposito, specie nell'ottica della prevenzione, Daniela Capitanucci e Mauro Croce si sono " giocati i loro punti di vista" nella terza parte di questo volume, offrendo riflessioni, proponendo interroga­ tivi e scommettendo su ipotesi di intervento.

17

Parte prima Considerazioni introduttive e inquadramento del fenomeno

Il gioco d'azzardo è un'attività che coinvolge milioni di persone: sembra che 1'8o0/o degli italiani, almeno una volta nella vita, abbia giocato d'az­ zardo e che, tra questi, circa il 30°/o lo pratichi con assiduità. È un dato di fatto, insomma, che oltre 30 milioni di italiani tentano abitualmente la fortuna attraverso le varie categorie di giochi proposte. Un tale numero di scommettitori ha determinato, da alcuni anni a que­ sta parte, un aumento vertiginoso della quantità di denaro investito : pare che nel 1995 gli italiani spendessero circa 18 mila miliardi delle vecchie lire, mentre i dati relativi al 1999 parlano di un importo superiore ai 34 mila miliardi di lire. Tuttavia, negli ultimi anni le cifre sono diventate ancora più alte e drammatiche; cifre che rappresentano circa un decimo della spesa planetaria destinata al gioco: l'Italia, infatti, è il primo paese al mondo per il denaro speso nelle scommesse (secondo solo agli Stati Uniti per denaro effettivamente investito, ma primo se si considera il rapporto spesa/abitanti) (Ciociola, 2003) . È sempre crescente la disponibilità di giochi d'azzardo: a quelli ormai noti e datati - ma sempre attraenti - se ne sono aggiunti dei nuovi, sem­ pre più tecnologici e allettanti. Lotto, SuperEnalotto, Gratta e Vinci, casinò, Bingo, videopoker, azzardo on line e altri giochi legalizzati cono­ scono, ormai da qualche anno, una florida stagione. La maggior parte di coloro che si dedicano al gioco d'azzardo lo pra­ tica come forma di passatempo e divertimento: rappresenta il momento e lo spazio per uscire temporaneamente dal mondo " reale " - fatto di lavoro, fatiche, monotonia, ma anche di disillusione e staticità - ed entrare nel mondo del gioco, fatto di onnipotenza, fantasia, sogni, desi­ deri e speranze. Si tratta di un vero e proprio bisogno sociale e, quindi, di un fenome­ no culturale di così ampia portata da non poter essere certo demonizzato. Tuttavia, alcuni giocatori arrivano a sviluppare forme problematiche 19

PA RTE P RI M A . CO N S I D E RA ZI O N I I NTRO D U TTIVE E I N Q U A D RA M E N TO

di gioco o, peggio, patologiche: si perde, ci s'indebita, si mente a fami­ liari e amici, si precipita in un baratro a causa delle gravi conseguenze personali, lavorative e sociali. Il gioco d'azzardo, da bisogno, si trasforma così in un vero e proprio danno sociale, universalmente riconosciuto; un problema di massa, che la nostra società deve riconoscere e affrontare. Si stima che ben il 3°/o della popolazione sia interessato al fenomeno nella sua forma patologica ( Capitanucci, 2002, p. 42 ) . Parallelamente le istituzioni politiche e socio-sanitarie sembrano però sottosti­ mare l'impatto del "gioco d'azzardo eccessivo ", nonostante esso abbia tutte le premesse per configurarsi come uno dei più gravi problemi psico-socio-sanitari che la nostra comunità potrebbe trovarsi a fronteggiare tra breve.

La preoccupazione principale, a tale proposito, è rappresentata dalle nuove forme di gioco d'azzardo (videopoker, slot machine, Bingo, gio­ chi d'azzardo on line ecc.) in cui il rischio di perdere il controllo del con­ fine si fa più forte. I nuovi giochi d'azzardo, infatti, definiscono un nuovo modo di giocare: solitario, decontestualizzato (a ogni ora e in ogni luogo), globalizzato, con regole semplici e universalmente valide e per­ tanto ad alta soglia di accesso ( Croce, 2001) . Inoltre si rivolgono a un pubblico generalmente lontano dai luoghi " culto " dell'azzardo: adole­ scenti, casalinghe, pensionati, bambini e interi nuclei familiari, che popolano le sale gioco infestate da slot machine e videopoker o le affol­ late sale di B ingo. Pertanto, il presente volume vuole essere soprattutto una riflessione centrata intorno a quei giochi d'azzardo " figli" della rivoluzione tecnolo­ gica degli ultimi anni e di quella cultura della globalizzazione che non poteva non investire anche il gioco. Un viaggio alla scoperta dell'homo ludens delle sale Bingo, dei bar e delle sale gioco piene di videopoker, delle connessioni a Internet per accedere ai numerosi siti di azzardo on line. Riflessioni sulle caratteristiche ludico-strutturali di queste nuove forme d'azzardo e sulle ricerche psicosociali fino a oggi realizzate.

20

1

Per una definizione di gioco e di gioco d'azzardo

Riferendoci a Johann Huizinga (1938 ) , possiamo definire il gioco come un'attività libera e volontaria, fonte di gioia e divertimento; un'occupa­ zione separata, scrupolosamente isolata dal resto dell'esistenza e svolta in generale entro precisi limiti di tempo e di luogo. C'è uno spazio del gioco: a seconda dei casi ci sono i confini segnati a terra, la scacchiera per gli scacchi e la dama, i riquadri, i cerchi, i rettangoli, le linee, insomma, l'area che definisce lo spazio del gioco. Quanto avviene al di fuori non ha a che fare con la sfera magica del gioco e non è da prendere in conside­ razione ( Callois, 1958) . Lo stesso dicasi per il tempo: il gioco ha un inizio e una fine che sono " regolarmente" definiti, a volte prestabiliti entrambi, ma in ogni caso anch'essi segnati e conosciuti (ibid. ) . Si gioca solo se si vuole, quando si vuole, per il tempo che si vuole. Il gioco, inoltre, è un'attività incerta, poiché il dubbio sulla sua conclusio­ ne sussiste fino alla fine; improduttiva, perché non crea né beni, né ric­ chezza, né alcun altro elemento nuovo; è sottoposta a convenzioni che sospendono le leggi ordinarie e instaurano momentaneamente una legi­ slazione nuova che è la sola a contare. Il gioco, insomma, è un'occupazione frivola e libera dai vincoli della vita reale, che pone tutti i giocatori sullo stesso piano. Per tali peculiari­ tà, l'esperienza Iudica diviene un momento indispensabile della vita umana traducendosi in una dimensione capace di rapire, di elargire gioia e di liberare l'uomo dalla ripetitività dell'esistenza. Al gioco, dunque, deve essere riconosciuto un ruolo fondamentale per lo sviluppo e la sopravvivenza dell'uomo e della civiltà (Huizinga, 1 938) : esso, infatti, è una vera e propria forma di cultura, come l'arte; anzi, la stessa cultura nelle sue fasi originarie - secondo Huizinga - possiede il carattere di un gioco. Questa importanza antologica del gioco nel nostro secolo è sostenuta 21

PA RTE P RI M A . CO N S I D E RA ZI O N I I NTRO D U TTIVE E I N Q U A D RA M E N TO

e formalizzata in particolare da Eugen Fink, nel saggio Oasi della gioia del 1957. Il gioco, a detta dell'autore, somiglia a un'oasi di gioia: ci rapisce e mentre giochiamo siamo per un po' liberati dall'ingranaggio della vita, quasi trasferiti in un altro mondo dove la vita appare più leggera e più felice (ibid. ) . N ello spazio e nel tempo del gioco, il nostro desiderio di onnipoten­ za si libera temporaneamente da quella enorme quantità di fattori incon­ trollabili con cui di solito deve fare i conti: entriamo in un"' isola di per­ fezione" in cui è possibile prendersi una pausa, sognare, interrompere le azioni di routine per provare altre sensazioni. Il gioco si configura, quindi, come fenomeno culturale e come bisogno sociale indiscusso; e questo vale per tutte le tipologie di gioco annoverate. A tale proposito Roger Callois (1958) arricchisce l'opera del maestro Huizinga distinguendo i giochi in alcune categorie principali e includen­ do tra queste anche il gioco d'azzardo. Nello specifico, l'autore parla di due modalità con cui i giochi possono manifestarsi e di quattro tipologie di gioco che si collocano tra le due polarità; con queste ultime fa riferi­ mento sia ai giochi di paida, vale a dire ai giochi spontanei, non struttu­ rati (tant'è che il termine richiama il bambino piccolo) sia ai giochi di ludus, ossia i giochi strutturati, con regole istituzionalizzate, la cui azione è orientata a un fine raggiungibile attraverso specifiche strategie. Tra le categorie di gioco, invece, annovera i giochi di competizione (agon) , di travestimento (mimicry) , di vertigine (ilinx) , e giochi di alea (dalla paro­ la latina che indica il gioco dei dadi) . Il termine agon indica la presenza della competizione, intesa come rivalità che si esercita entro limiti ben definiti, senza alcun intervento esterno, e in modo che il vincitore appaia il migliore a partire dalle mede­ sime condizioni di partenza. N e i giochi di mimicry il soggetto gioca a cre­ dere, a farsi credere o a far credere agli altri di essere un altro: sono i gio­ chi del " come se ", i giochi di ruolo, le drammatizzazioni, i travestimenti ecc.; mimicry, infatti, richiama il mimetismo, la maschera, il simulacro. Alla categoria dei giochi di ilinx, appartengono quei giochi che si basano sulla ricerca della vertigine e del capogiro: ilinx è il gorgo. Il girotondo, l'altalena, i giochi estremi, sono alcuni degli esempi possibili di giochi che hanno implicito il piacere dello stordimento. I giochi di alea, infine, sono quelli in cui la vincita o la perdita non sono attribuibili tanto a maggiore o minore capacità del giocatore, ma al caso. Come nei giochi di agon, c'è una parità nelle condizioni di parten­ za per tutti i giocatori; in questo caso, tuttavia, per vincere la partita il 22

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giocatore fa affidamento sulla fortuna piuttosto che sulle proprie abilità. Il gioco d'azzardo, nello specifico, rientra nella categoria dei giochi di alea. Una precisa definizione di questa categoria si legge sul codice penale: giochi d'azzardo sono quelli «nei quali si rincorre il fine di lucro e la vinci­ ta o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria» (art. 721 ) . Questo significa che l'elemento del denaro è ciò che contraddistingue i giochi d'azzardo dalle altre tipologie di gioco e che essi non sono altro che una scommessa su ogni tipo di evento a esito incerto dove il caso, in grado variabile, determina l'esito stesso ( Bolen, Boyd, 1968 ) . Il grado variabile di determinazione del caso ha a che fare con il fatto che nei giochi d'azzardo coesistono aspetti di ago n e di alea: pensiamo al poker, gioco in cui è possibile rintracciare le quattro dimensioni descrit­ te da Callois. Così come è evidente che giochi tipicamente di agon pos­ sano divenire di alea per il semplice fatto che si scommetta sul risultato degli stessi ( in molte gare, infatti, il risultato dell' ago n è necessariamente incerto e si può avvicinare, paradossalmente all'effetto del puro caso) . Per queste sue peculiarità, il gioco d'azzardo - come forma di gioco e come tipologia specifica in sé è un " rifugio della mente" (Steiner, 1993) : è un'occasione per costruire una realtà parallela e alternativa alla realtà quotidiana; un luogo mentale, ma anche un luogo dalle precise dimensioni spazio-temporali, in cui rifugiarsi per sentirsi libero dai vin­ coli della vita quotidiana, dalle fatiche, dai principi di realtà, per convi­ vere meglio, poi, con tutto questo. La scommessa è un " rifugio della mente": in essa è contenuta la possibi­ lità di inventare il proprio futuro, di immaginarlo diverso, più ricco, più felice; è lo spazio immaginario in cui poter creare il mondo che si desidera. Un ricorso transitorio al rifugio consente di " medicare" l'Io, di rin­ forzarlo, nutrirlo e farlo liberamente fantasticare; permette di neutraliz­ zare i disagi della vita quotidiana, controllarli ed elaborarli. Tuttavia, l'esperienza Iudica è a volte talmente coinvolgente e totalizzante da tra­ sformare uno spazio e un tempo definiti e ridotti in dimensioni che vio­ lentemente irrompono nella quotidianità, invadendo la sfera e il benes­ sere personale, lavorativo, familiare e sociale. Il gioco d'azzardo trova, così, la propria metafora oltre che in un"' oasi di gioia", anche in un baratro dove si precipita, perché da magico può diventare " demoniaco ", con preoccupanti costi individuali e sociali. Pas­ sione e dolore, artificio e delirio, creatività e sogno, socialità e aggressivi­ tà, vita e morte, convivono nella dimensione dell'azzardo: hanno confini sfumati, per lungo tempo impercettibili, che rendono più complicato il -

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riconoscimento del pericolo e il rischio di sviluppare una vera e propria dipendenza; sfumati come i confini tra gioco occasionale, gioco abituale, gioco problematico e gioco patologico. Perdere di vista questi confini e, quindi perdersi, sembra la cosa più facile. Analizzare il fenomeno del gioco d'azzardo comporta, dunque, il dovere di tenere presenti entrambe le dimensioni che lo caratterizzano: fenomeno fantastico in quanto magico, ma rischioso perché potenzial­ mente demoniaco. 1.1.

Gioco d 'azza rd o: fenomeno cultu ra le e bisogno sociale

Pensiamo alla vecchia e cara tombola natalizia giocata in famiglia; alla schedina compilata saltuariamente con amici e colleghi; a quei numeri giocati sporadicamente, magari suggeriti dai sogni della notte preceden­ te; alla partita di poker o allo chamin delle atmosfere amicali riscaldate da un camino acceso; all'emozione provata una sera al casinò, circonda­ ti da giochi allettanti e gente che scommette. Situazioni comunemente cercate da tutti e vissute da tutti: basti pensare che nel nostro paese 1'8oo/o della popolazione ha giocato almeno una volta d'azzardo. La maggior parte delle persone, infatti, scommette saltuariamente e, in genere, insieme ad amici, familiari o colleghi di lavoro; il gioco, in questi casi, semb ra rispondere più a innocui bisogni di socializzazione che non a vera attrazione per il gioco. Ormai datato, ma interessante per le conclusioni cui è giunto, citiamo uno studio del 1964: per i soggetti osservati la scommessa non rappresenta un'azione inutile e disfunzionale, ma un'attività " sana"; infatti, pur non costituendo fonte di guadagni, essa sembra essere percepita come modo, socialmente accettato, per incanalare molte delle frustrazioni che nella vita quotidiana sarebbero potute diventare distruttive. Inoltre, la scommessa è vissuta non solo come spazio-tempo entro i quali condividere le mete di successo e i valori di una classe media, altrimenti irraggiungibili, ma anche come momento condiviso all'interno di un gruppo - sentito come conte­ nitore rassicurante - per accettare i fallimenti e le perdite che erano attri­ buiti a elementi fortuiti e circoscritti o per festeggiare le vittorie. In conclusione, scommettere non significa fuggire la realtà, ma darsi la possibilità di svolgere un ruolo e l'impressione di vivere una dimensio­ ne collettiva di avventura. Innegabile, dunque, la funzione sociale del gioco d'azzardo. Zola (1964, cit. in Croce, 2002a) evidenzia come lo scommettere, pur 24

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non producendo né svago né guadagno di denaro, non per questo costi­ tuisca un'attività sterile o addirittura disfunzionale. Al contrario, l'auto­ re americano ritiene che il gioco rappresenti un modo di incanalare molte delle frustrazioni che altrimenti potrebbero essere distruttive. Ne emerge, quindi, una visione del gioco quale luogo simbolico e compen­ sativo di accettazione di un'esistenza che non si può o non si riesce a cambiare. Imbucci ( 1997) aggiunge a tali assunzioni l'ipotesi che il gioco d'az­ zardo svolga la funzione simbolica di abolire le differenze e le ingiustizie sociali; infatti, a partire dalla constatazione che il volume di gioco nel­ l' area mediterranea si dispone secondo una gerarchia che riproduce una linea di sottosviluppo, ipotizza come esso possa rappresentare una com­ pensazione della realtà. L'illusione offerta dal gioco svolge, insomma, una funzione vicaria, biologicamente centrale; sperare è un meccanismo indispensabile per assicurare l'integrità dell'Io. Infatti, il ricorso al gioco rappresenterebbe, secondo Imbucci, un " succedaneo di speranza" e un funzionale " espediente compensativo " (ibid ) . Di recente, Robert Prus ( 2004) ha trattato il gioco d'azzardo come una pura e semplice attività umana; il suo intento è quello non solo di ripulir­ lo da quell'aurea mistica e deviante che solitamente lo ricopre, ma anche di esaminarlo come un processo subculturale anziché individuale. Il gioco d'azzardo può e deve essere considerato, secondo l'autore, un esempio di attività contestuale, affascinante e persistente: trattare il gioco d'azzardo come una " normale" attività umana - per sua natura caratterizzata da spe­ ranze, vittorie e fallimenti - non significa sminuire gli studi sul gioco come fenomeno " deviante", ma ricorda ai ricercatori l'importanza di non rima­ nere intrappolati in giudizi moralistici. D'altra parte, una maggiore com­ prensione della devianza può essere raggiunta solo attraverso una dettaglia­ ta comprensione delle iniziative che conducono una comunità alla devianza (Prus, Grills, 2003) . Perciò qui l'accento è sui modi in cui le per­ sone intraprendono attività come quella del gioco d'azzardo. Quando sostiene che il gioco d'azzardo è un'attività " contestuale", l'autore non fa riferimento solo ai settings specifici che precedono e accompagnano la gio­ cata (il luogo dove si gioca, l'atmosfera che si respira, la sequenza degli eventi ecc.) , ma si riferisce al fatto che anche chi è completamente coinvol­ to nell'attività del gioco d'azzardo è ancora legato al resto della comunità (il contesto) per svariati motivi: soldi, uso dei servizi, amicizia, desiderio di stima. Gli esseri umani sono in grado di sostenere specifici set comporta­ mentali in contesti diversi anche per molto tempo; l'attenzione dei ricerca25

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tori deve andare, allora, al significato profondo che i giocatori assegnano a questa sorta di " legami di copertura" con il contesto. Se il gioco d'azzardo è un'attività che nasce in un contesto, se ne può concludere che sono semplicistici quegli studi che si preoccupano solo di distinguere chi è e chi non è un giocatore d'azzardo: il punto è come e quando lo si diventa. Secondo l'autore, il giocatore d'azzardo assume un ruolo all'interno del suo contesto e, come per altri ruoli (studente, geni­ tore, figlio, moglie, lavoratore ecc.) , ha semplicemente imparato a esser­ lo. Una cosa è fare una scommessa su qualcosa, un'altra è imparare delle tecniche per darsi una possibilità in più di vincita, un'altra ancora è gesti­ re una vita determinata dai giri della sorte. Mentre infatti alcuni posso­ no essere attratti dalla prospettiva di denaro " presto e facile " o da altre sensazioni associabili alla vittoria, la maggiore attrattiva dei giocatori d'azzardo sembra essere quella di lasciarsi andare a un insieme di attività per le quali essi sembrano sempre più " portati" . 1.2.

Gioco d 'azza rdo: piaga sociale e pato logia

Cifre che crescono all'impazzata e un'offerta di giochi in evoluzione: il gioco d'azzardo sembra essere diventato un diversivo attraente e accatti­ vante per tutti, promosso e pubblicizzato in ogni occasione e attraverso i vari mezzi di comunicazione come fonte di vincite facili, divertimento e socializzazione. Ce n'è per tutti i gusti e per tutti i giorni della settimana: nelle tabac­ cherie, oltre alla classica schedina del Totocalcio ormai modificata anch'es­ sa per attirare sempre più scommettitori, si può giocare al Lotto e SuperE­ nalotto, al Totip, Totip più e Corsa tris, al Totobingol, Totogol, Totosei e alla Formula 101, o si possono acquistare i biglietti delle innumerevoli lot­ terie o i diversi e colorati Gratta e Vinci appesi e ridenti dietro i banconi. Anche le edicole offrono un'editoria specializzata sul gioco d'azzardo: " Il giornale del lotto ", " Superlotto" e " Fantalotto", e ancora libri che ti sug­ geriscono le strategie su come scommettere per vincere. Centri Snai, sale Bingo, bar e sale giochi con videopoker e slot machi­ ne: aperti ogni giorno e per molte ore. E a casa la situazione non cambia: TV e radio che informano puntualmente l'utenza sui numeri estratti e sulle vincite miliardarie da distribuire o già intascate; T G e quotidiani che non mancano di aggiornarci circa l'ammontare del jackpot raggiunto dal SuperEnalotto; Internet, che con più di mille siti offre la possibilità di giocare ventiquattro ore al giorno comodamente seduti nella propria 26

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postazione di " navigazione " . Discorso a parte per le occasioni di gioco d'azzardo clandestino che va a so m marsi alle offerte incentivate dallo Stato e socialmente accettate (cfr. Bisagno, 2003) . Insomma, il rischio di dedicare sempre più tempo al gioco e di sperpera­ re sempre più denaro per le scommesse si fa alto e preoccupante. Il gioco d'azzardo, da un lato socialmente innocuo, rischia, così come si è più volte dimostrato, di trasformarsi in piaga sociale, tristemente tollerata e sottovalu­ tata. Al pari dell'alcol e del fumo, il gioco d'azzardo, dunque, da occasiona­ le può trasformarsi in una vera e propria forma di schiavitù, fino all'insor­ genza di quegli aspetti che sono tipici della dipendenza: la tolleranza, l'astinenza e la perdita di controllo (cfr. sito ce.s.Te.P., http://www.cestep.it). In quanto forma di schiavitù, il gioco d'azzardo determina la compar­ sa di sintomi specifici sugli individui che lo vivono; si tratta - come fanno notare Michele Sforza e Stefano Oliva - di sintomi psichici, fisici e sociali, elencati nella scheda 1.1. Scheda 1.1. Si nto m i psich i ci, fisici e soci a l i d ete rm i nati d a l gioco d'azza rd o

patologico SINTO M I PSICHICI



senso di o n n i pote nza, pre s u n zione;



ne rvosis m o , i rrita b i l ità , ansia;



a lterazioni d e l tono d e l l' u m o re;



SINTO M I FISICI

persecutori età;



senso di co l pa , a lterazio n i d e l l'a utosti ma;



ten d e n za a l l a s u pe rstizi o n e;



a u m ento d e l l'i m p u ls ività;



d i sto rsi o n e d e l l a rea ltà ( m ini m izza re, enfatizza re) .

• •

SINTO M I SOCIA LI

ossess ione d e l gioco;



a lterazioni d e l l'a l i m entazi one; cefa l ea;



con s e g u enze fi s i ch e d e l l'uti l i zzo d i sostanze stu pefa centi o a l col;



.



sinto m i fis i ci d e l l'a nsia (tre m o ri , s u d o ra zione, pa l pitazioni ecc.).



danni econo m i ci , m o ra l i , soci a l i , fa m i l ia ri e l avo rativi;



d iffi ci l e gesti one d e l d ena ro (spese i m pu l s ive);



iso l a m ento soci a l e.

m so n n 1a; .

Fonte: s ito ce.s.Te. P.

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Rimandando la riflessione sul gioco d'azzardo patologico - quale specifi­ ca categoria diagnostica indicata nel D S M al capitolo 4, ci preme qui sottolineare l'impatto sociale di tale forma di schiavitù e le riflessioni di quanti hanno guardato a tale aspetto del fenomeno. Secondo Politzer e Marrow (1980, cit. in Starace, Casale, 2001) un giocatore influisce negativamente su almeno dieci persone che ricoprono un ruolo significativo nella sua vita. L'effetto negativo del gioco d' azzar­ do eccessivo si ripercuote in particolare sulla famiglia, sugli amici e sul­ l' ambiente lavorativo. Per valutare i costi sociali che si originano dal gioco d'azzardo patolo­ gico, Politzer e colleghi (1981, cit. in Starace, Casale, 2001) hanno adot­ tato i parametri utilizzati nel caso dell'alcolismo. Con la collaborazione di un gruppo di pazienti che iniziava un programma di consultazione alla J ohns Hopkins U niversity, gli autori hanno definito quattro circostanze principali per calcolare i costi generali legati al gioco eccessivo: • la minore produttività; • i costi connessi al rispetto e all'applicazione della legge; • i costi per la detenzione in carcere del giocatore illegale; • lo spreco di denaro stimato considerando il denaro giocato e sottrat­ to ai fini essenziali e produttivi. -

A tutto questo si aggiunge la spesa sanitaria, considerato che i giocatori d'azzardo che cercano aiuto entrano in contatto con i medici, assumono farmaci per malesseri legati al gioco d'azzardo, contattano assistenti sociali, psicologi e spesso vengono ricoverati in ospedale. Valleur (1987, cit. in Lavanco, 2001 ) , a proposito del gioco d'azzardo patologico e di ogni altra forma di dipendenza, parla di patologie che col­ piscono prevalentemente i soggetti più deboli, ma anche di veri e propri problemi di massa che la nostra società deve immediatamente riconosce­ re per poterli affrontare. L'autore francese suggerisce, pertanto, non solo di intervenire sul giocatore/paziente, ma anche sul contesto in cui questo vive, sull'ambiente sociale, riducendo la disponibilità di gioco d'azzardo (specie dei dispositivi elettronici di gioco che, sebbene in Francia siano proibiti, in realtà si trovano ovunque) . Fiasco ( 2001a) definisce il gioco d'azzardo come una tassa sulla pover­ tà, perché a ben guardare i maggiori contribuenti appartengono agli stra­ ti sociali a più basso reddito: i " senza lavoro " o i lavoratori saltuari che possono imbattersi nella miriade di occasioni di gioco nel corso di tutta la giornata. Gli introiti dell'azzardo consentono allo Stato di limitare il 28

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prelievo tributario diretto e indiretto, per compensarlo con il versamen­ to volontario dei cittadini attraverso il gioco. Ancora Fiasco ( 2002a, pp. 339-40), rimarca la forte relazione tra individuo e società e la dimen­ sione " demoniaca" del gioco d'azzardo, sottolineando come in una con­ dizione di depressione sociale che «schiaccia interi strati di popolazione nella costante autosvalutazione delle opportunità che potrebbero offrirsi nella vita quotidiana» nasce e si sviluppa la dipendenza, a discapito del­ l' azione, dell'ottimismo e della socialità. Per dimostrare quanto detto, Fiasco si sofferma sui dati relativi al rapporto tra l'entità delle giocate e la ricchezza del territorio: gli abitanti delle regioni meridionali - zona in cui la produzione di ricchezza è bassa - impegnano il 2, 5o/o delle loro entra­ te, valore notevolmente superiore a quello investito nello stesso modo dagli abitanti delle regioni settentrionali. L'economia dei giochi è inver­ samente proporzionale al benessere economico del territorio; nel momento in cui l'economia si riprende, l'alea subisce uno scacco. Riguardo gli aspetti più strettamente sociali ed economici associati al gioco d'azzardo, lmbucci, nel suo studio sul mercato del gioco in Italia (1999 ) , individua tre funzioni essenziali alle quali il gioco risponderebbe o avrebbe storicamente risposto: • la funzione Iudica si verificherebbe solo nei momenti di diffuso benessere economico; • la funzione compensativa, o esistenziale, si verifica soprattutto nei periodi in cui diminuisce il benessere economico; • la funzione regressiva si verificherebbe in relazione a una crescita vor­ ticosa e non omogenea del volume di gioco in presenza di crisi economi­ che e sociali (con prevalenza di giochi di alea sui giochi di abilità) e infi­ ne in connessione a un disincanto verso il mondo, in particolare quello della politica, associato ad astensionismo e a un'accentuata incertezza per il futuro. o

Ancora, secondo un'indagine condotta dalla Doxa ( 2001, cit. in Fiasco, 2001a) , a spendere i loro soldi giocando sono il 56o/o degli strati sociali medio bassi, il 47o/o degli strati più poveri e il 66o/o dei disoccupati; per­ tanto, sembra che le "vittime dell'azzardo di massa " siano i più poveri, famiglie numerose e spesso già indebitate, i lavoratori del settore som­ merso, persone che vivono nei quartieri più svantaggiati (ibid ) . Inoltre, «per effetto della globalizzazione, il mondo intero diventa un tavolo verde o una slot machine)) (Galimberti, 2002) . La " mondializzazione dei processi" di cui parla Galimberti (ad esem29

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pio, gli effetti immediati e globali determinati dal crollo delle Twin Towers a New York o dal crollo delle Borse in Estremo Oriente) sembra indurre uno stato di passività negli individui, spiegab ile con la sensazio­ ne di non potere esercitare il minimo controllo su eventi di cui poi risen­ tono le conseguenze. Uno stato di passività che richiama l' atteggiamen­ to «di chi si dispone semplicemente a subire una sorte» (ibid ) , atteggiamento tipico del giocatore d'azzardo. La sensazione di non avere alcuna incidenza su eventi i cui effetti si ripercuotono su tutta la comunità globale sembra attraversare oggi l'in­ tero pianeta, costituendo il sintomo evidente non solo dei giocatori d'az­ zardo riconosciuti patologici, ma di un'intera società che percepisce le proprie azioni come non determinanti il gioco globale in corso. Insomma, si globalizza il gioco e la dimensione d'azzardo che questo porta con sé: tutto è probabile - compreso un attacco terroristico dietro l'angolo - ma su tale probabilità poco posso incidere e mi affido, così, al caso, alla sorte.

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2

Tipologie di giocatori: sociali, problematici o patologici?

Parlare del " giocatore d'azzardo " comporta la necessità di discutere dei diversi livelli di gioco, in termini di intensità e gravità dello stesso, della presenza o meno di problemi " azzardo-correlati", della sua dimensione sociale, problematica o patologica. Le tipologie di giocatori d'azzardo - l ungi dal rappresentare categorie a sé stanti, ma punti di un unico continuum a tappe " non obbligate " sono tre, ulteriormente distinguibili in altre sottocategorie. • Giocatori non problematici o non-problem gamblers è la tipologia che comprende i " non giocatori" e i " giocatori sociali". Questi ultimi, cono­ sciuti anche con il nome di social gamblers (Dickerson, 1984) , sono colo­ ro che giocano solo per divertirsi, per rilassarsi e come passatempo . Si tratta di giocatori che, spinti dal desiderio di vincere e attratti dal rischio, sono in grado di smettere di giocare in qualunque momento; infatti, con­ siderano il gioco sia come sollievo dallo stress e dalla routine della vita quotidiana, sia come fonte potenziale di danni economici (Lavanco, Var­ veri, 2001 ) mantenendo, così, un controllo cosciente della loro attività di gioco. Alcuni autori ( Powell et al., 1999; Walters, Glenn, 1999) defini­ scono " giocatori sociali " quei soggetti che non presentano nessuno dei cri teri che il D s M - IV elenca per la diagnosi di gioco d'azzardo patologico ( GAP ) (cfr. cap. 4) . Questa tipologia di giocatore può essere ulteriormen­ te distinta in " giocatori occasionali" e " giocatori abituali", a seconda del tempo dedicato al gioco. • Giocatori problematici o problem gamblers sono quelli che non hanno il pieno controllo sul gioco e, perciò, giocano in un modo che inizia a danneggiare il proprio benessere personale, e il benessere dell'intero ambito familiare, lavorativo e sociale. P resentano da uno a quattro dei criteri del G A P , ma non giungono alla fase della disperazione ( Custer, 1 9 84; cfr. cap . 4 ) , grazie a quel minimo di controllo sul gioco che rie-

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scono a mantenere . Tuttavia, i giocatori problematici sono fortemen­ te a rischio di diventare giocatori patologici. • Giocatori patologici o pathological gamblers sono coloro per i qual i il gioco d'azzardo rappresenta una vera e propria dipendenza con preoc­ cupanti costi individuali e sociali. P resentano almeno cinque dei sin­ tomi descritti nel D S M - I V a proposito della diagnosi di gioco patologi­ co; per loro il gioco d'azzardo è una vera e propria malattia che conduce alla disperazione e, a volte, anche al suicidio . Ricerche epide­ miologiche condotte negli U SA , ma anche nel nostro paese, dimostra­ no che a sviluppare la patologia è una percentuale di circa il 3o/o della popolazione.

È estremamente difficile stabilire una netta demarcazione tra giocatore patologico, problematico e sociale; non dimentichiamo, infatti, che si tratta di un continuum, di un processo che può condurre - anche se non necessariamente - un giocatore occasionale o abituale a sviluppare una vera e propria forma di addiction1 dal gioco d'azzardo. A tale proposito, Custer (1984; cfr. cap. 4) ha elaborato un modello evolutivo che ci aiuta a comprendere la " carriera" di un giocatore, inquadrando le diverse fasi di sviluppo e considerando il gioco patologico " tappa" finale di una lunga evoluzione in cui entrano in gioco innumerevoli fattori, e tappa iniziale di un processo verso la guarigione. Lo schema che segue (fig. 2.1) , vuole essere una sintesi delle dimen­ sioni principali di gioco sopra descritte, con le rispettive " risposte socia­ li " . Da un lato, il gioco d'azzardo come forma sociale sembra essere incentivata ed esaltata, dall'altro quello problematico è scarsamente con­ siderato e, infine, quello patologico sembra essere demonizzato e perce­ pito come fenomeno raro e lontano dalla propria esperienza. Le frecce circolari al centro della figura vogliono ribadire il carattere dinamico di un fenomeno così complesso: da un approccio inoffensivo al gioco è pos­ sibile sviluppare un comportamento problematico o, addirittura, patolo­ gico; allo stesso tempo, il giocatore d'azzardo patologico, se trattato con un intervento terapeutico strutturato, può dapprima raggiungere una condizione di astinenza dal comportamento e acquisire poi sempre mag­ giore forza per evitare possibili ricadute. 1. Termine inglese che indica "schiavitù ricercata" (Bergeret, Fain, Bardelier, 1981, cit. in Margaron, Pini, 2001), utilizzato tradizionalmente per definire i tossicomani, oggi si riferisce a forme di schiavitù da sostanze e no.

32

2.

TI PO LO G IE D I G I O CATO R I : S O C IA L I, P RO B LEMAT I C I O PATO LOG I C I ?

Figura 2.1. Le d i m e ns i o n i d e l g ioco d ' azza rd o

GIOCO P ROB LEMATICO

GIOCO SOC IALE

(occasionale o abituale)

ignorato seppur

incentivato e approvato

i n preoccupa nte crescita

G IOCO PATOLO GICO

demonizzato

In una ricerca, McNeilly e Burke ( 2ooo) analizzano i profili di due diver­ si gruppi: il primo composto da adulti ( n 91) che frequentavano abi­ tualmente le sale Bingo e i casinò; il secondo composto da frequentatori non ab ituali (n 224) . La ricerca ha mostrato caratteristiche differenti nei due gruppi: quel­ li che giocavano abitualmente erano anche fumatori, facevano meno di due pasti al giorno e del volontariato occasionale. Al contrario, l'altro gruppo dedicava più tempo ad attività come la lettura. Sembra, quindi, che i giocatori abituali siano anche persone in generale più " attive" dei giocatori non abituali. McN eilly e Burke hanno ulteriormente comparato i gruppi tramite il South Oaks Gambling Screen-Revised (soGs-R) . L'analisi dei dati mostra che i giocatori abituali partecipano con più frequenza anche ad altri tipi di attività di gioco (lotterie, carte, gioco dei dadi e altro) rispet­ to ai giocatori non abituali (che ancora una volta sembravano impegna­ ti in attività più " passive") . Nonostante i numerosi limiti, il lavoro di McNeilly e B urke rima­ ne pur sempre un contributo nello studio dei diversi livelli di gioco d'azzardo . =

=

2.1.

Azione o fu ga

A tali tipologie, definite in funzione dei diversi livelli di gioco, aggiun­ giamo la distinzione tra " giocatori d'azione" e " giocatori per fuga" (cfr. 33

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Guerreschi, 2000), relativa alle motivazioni che sottostanno al ricorso al gioco d'azzardo. I primi sembrano cercare nel gioco e con il gioco una forte attivazione di sensazioni, mentre i secondi giocano d'azzardo per fuggire da una realtà deprimente e mortificante. I giocatori d'azione sono attratti dal brivido, sono generalmente dominanti, manipolativi, controllanti, persuasivi e assertivi; hanno un QI superiore a 1 20; si percepiscono socievoli e amichevoli; tuttavia, molti di loro hanno una bassa autostima. Iniziano a giocare in giovane età, spes­ so durante l'adolescenza, giocando a carte con amici o parenti. Tra i tipi di giochi preferiti quelli che richiedono un certo grado di abilità, i giochi " di testa", come il poker o altri giochi con le carte, le corse dei cavalli e dei cani, i dadi, le scommesse su eventi sportivi. Giocano per competere con altre persone e spesso credono di poter sviluppare un sistema per rag­ giungere al meglio tale obiettivo. I giocatori per fuga, invece, scelgono di giocare per ragioni disforiche: giocano per fuggire ai problemi della vita quotidiana, tant'è che durante il gioco si sentono liberi dai dolori fisici ed emotivi di solito percepiti. Hanno iniziato a giocare più in là con gli anni, generalmente dopo i 30; preferiscono giochi di fortuna come le slot machine, i videopoker, il Bingo, le lotterie. N o n amano il confronto e sono spesso vittime di abuso; in genere chiedono aiuto per il loro gioco compulsivo tra i sei mesi e i tre anni di " attività d'azzardo " . Questa ulteriore precisazione ci consente di introdurre il paragrafo successivo, in considerazione del fatto che essere giocatori d'azione o gio­ catori per fuga, cioè " cercatori d'azione" o " cercatori di fughe", semb ra legato all'identità sessuale dello scommettitore: soprattutto uomini nel primo caso e donne nel secondo. Prima di discutere di questo, tuttavia, ricordiamo che nella letteratu­ ra più recente compaiono altre classificazioni. Blaszczynski ( 2ooo) , ad esempio, distingue i giocatori patologici in tre categorie: " normali", emotivamente disturbati e quelli che presentano disfunzioni neurologi­ che, neurochimiche e deficit di attenzione. Ancora, Guerreschi ( 2ooo) definisce sei tipologie di giocatori. • Giocatori d'azione con sindrome da dipendenza: il gioco d'azzardo sem­ bra essere la cosa più importante nella loro vita; permette loro di sentir­ si in azione, ma nello stesso tempo influenza negativamente la loro sfera familiare, lavorativa e sociale. • Giocatori perfuga con sindrome da dipendenza: il gioco d'azzardo ha su questi soggetti un effetto analgesico piuttosto che euforico; giocano d'az34

2.

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zardo per fuggire da situazioni critiche e da sensazioni spiacevoli quali l'ansia, la noia, la rabbia, la depressione e la solitudine. • Giocatori sociali costanti: il gioco d'azzardo rappresenta, semplicemen­ te, la fonte principale di relax e divertimento; nonostante l'assiduità delle giocate, questi giocatori continuano a mantenere un lucido controllo del loro gioco. • Giocatori sociali adeguati: il gioco d'azzardo è un piacevole passatem­ po e una fonte di divertimento e socializzazione. A questa categoria appartiene la maggioranza della popolazione adulta. • Giocatori antisociali: il gioco d'azzardo è una fonte di guadagni illeciti. • Giocatori projèssionisti non patologici: il gioco d'azzardo è la loro pro­ fessione e giocano, dunque, per mantenersi. 2.2.

le d o n ne e la scom m essa

La problematica del gioco d'azzardo ha cominciato ad allargarsi a mac­ chia d'olio anche tra le donne; sempre crescente, infatti, è il numero di presenze femminili nel mondo dell'azzardo con conseguente incremento di donne giocatrici patologiche. È stato calcolato che circa un terzo dei soggetti con GAP è costituito da donne, che nella maggior parte dei casi usano il gioco d'azzardo come via di fuga, e si stima che tale numero sia destinato a crescere a vista d'occhio. Si riscontrano differenze sostanziali tra le giocatrici e i giocatori d'az­ zardo: fuggire da sentimenti e situazioni deprimenti, ansiogene e noiose semb ra essere uno dei fattori principali che spinge le donne a giocare d'azzardo. Generalmente si tratta di problemi coniugali e finanziari, ma che possono anche avere a che fare con eventi traumatici vissuti durante l'infanzia. Le donne sembrano privilegiare giochi nei quali è minore l'interazio­ ne e la competizione ( Bingo, slot machine, videopoker, lotto e lotterie, gratta e vinci) , a differenza degli uomini che sembrano attribuire molta importanza al confronto e all'azione del gruppo che rassicura, incita a giocare sempre più forte, a non cedere, spinge ad aumentare la posta in gioco e a dimostrare di non avere paura di sfidare la sorte. Si tratta inol­ tre di donne in genere single, separate o divorziate, aspetto meno fre­ quente nel caso degli uomini. Lo sviluppo della dipendenza da gioco inoltre è molto più veloce tra i giocatori per fuga, rispetto ai giocatori d'azione. Paradossalmente, una volta definitasi la schiavitù dal gioco, la " giocatrice per fuga" dovrà con35

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tinuare a scommettere per non pensare a un nuovo disagio: il gioco stesso. Raggiunta la cosiddetta fase della disperazione (cfr. cap. 4) - solitamente dopo due o tre anni di gioco - le donne provano un profondo senso di colpa e di vergogna e, nella maggior parte dei casi, sembrano avere una con­ sapevolezza più elevata rispetto agli uomini del proprio comportamento legato al gioco eccessivo. Le giocatrici patologiche, infatti, richiedono aiuto molto prima e assai più frequentemente dei " colleghi" uomini. Il primo contatto con il gioco, per la donna, è spesso una visita occa­ sionale a un casinò in compagnia di amici o dei familiari, vissuta - come del resto le visite immediatamente successive - come un evento sociale, un momento per " rifugiarsi" in un mondo altro che offre l'opportunità di spezzare la monotonia della routine quotidiana e di non pensare, per un certo arco temporale, ai problemi e alle emozioni negative spesso vis­ suti. La donna resta incantata davanti a quelle macchinette che la eccita­ no, la divertono, le richiedono concentrazione e non danno spazio ad altri pensieri, la rapiscono in una sorta di trance ipnotica che dà sollievo e che facilmente la aggancia senza altra via di " fuga". Uno studio condotto in Nova Scotia (Canada) nel 2004, da Aston, Comeau e Ross, ha utilizzato un approccio qualitativo basato sull'analisi delle narrazioni fornite da tre donne giocatrici d'azzardo. Le donne, nello specifico, sono state clienti del Servizio di Addiction dei tre Distretti sanitari dove le autrici hanno chiesto di poter realizzare le interviste semi­ strutturate. Le tre interviste in profondità hanno rintracciato temi comuni e con­ gruenti con quelli di altre due ricerche: il Nova Scotia Gambling Preva­ lence Study del 2003 e il recente studio australiano intitolato Playingfor Time. Tutte e tre le donne hanno raccontato che il loro gioco era inizia­ to come attività piacevole e divertente, un modo per avere più contatti sociali, per trascorrere il tempo e per sentirsi più indipendenti. Avverti­ vano che il gioco d'azzardo fosse un comportamento socialmente accet­ tato nella loro comunità, prima che diventasse problematico; solo allora iniziarono a sentirsi giudicate dagli altri. Le donne intervistate potevano accedere alle opportunità di gioco in diversi luoghi della provincia, dalle prime ore del mattino fino alla tarda serata e alla notte. Nella loro espe­ rienza di vita c'è un trauma passato e la tendenza ad associarlo con lo svi­ luppo dei loro problemi di gioco. Questo è congruente con quanto emer­ so dallo studio dell'anno precedente, secondo cui ben il 71 o/o di coloro che erano passati da un gioco moderato a un approccio problematico al gioco avevano avuto serie difficoltà personali nell'anno precedente.

2.

TI PO LO G IE D I G I O CATO R I : S O C I A L I, P RO B LEMAT I C I O PATO LOG I C I ?

Due delle tre donne hanno avuto in passato problemi con l'alcol, men­ tre una racconta che durante il gioco tendeva a fumare smodatamente. La ricerca in questione, inoltre, conduce ad alcune importanti consi­ derazioni: una volta dimostrato che l'abilità di auto-osservazione viene meno quando la persona sviluppa un gioco problematico, si rende neces­ sario un metodo per monitorare la gente che trascorre molto tempo a giocare, spendendo parecchio denaro. A tale proposito, una delle tre donne suggerisce che questa funzione potrebbe essere svolta dal persona­ le del bar che, una volta formato, sarebbe tenuto a bloccare l'escalation del giocatore come si fa con la persona che beve troppo. Tutte e tre le intervistate evidenziano la necessità di una maggiore circolazione di informazioni circa il gioco d'azzardo e circa i servizi che si occupano di questo fenomeno. Suggeriscono, così, interventi di sensibilizzazione a livello di comunità e la diffusione di informazioni in luoghi specifici: studi medici, luoghi della scommessa, farmacie ecc. Il restringimento dell'accesso alle opportunità di gioco è fortemente raccomandato: se fosse minore il numero di ore in cui per una persona è possibile giocare, dicono, si ridurrebbe il problema. Con forza raccomandano, anche, la creazione di forme alternative di intrattenimento e di luoghi per trascor­ rere il tempo libero e socializzare con altra gente. La riflessione circa la presenza frequente di traumi infantili, infine, sug­ gerisce interventi di prevenzione di abusi e maltrattamenti ai minori, non­ ché un lavoro di promozione di un solido e positivo supporto familiare. 2.3.

Gli adolescenti e l 'azzardo

«Uno dei più preoccupanti aspetti del gioco d'azzardo problematico e patologico è la sua prevalenza tra giovani e adolescenti)) (N ational Gam­ bling lmpact Study Commission, 1 999 ) . Una ricerca realizzata i n Gran Bretagna (Fischer, 2ooo) s u u n cam­ pione di 10 .000 studenti adolescenti, ha evidenziato come ben il s,6°/o dei ragazzi possa essere definito " giocatore problematico "; Derevensky e Gupta ( 2ooo) stimano che i giovani " a rischio " di gioco problematico si aggirino tra una percentuale del 9 e del 14 o/o . Ancora più allarmanti i dati di un altro studio condotto in Louisiana nel 1997: l'University Medicai School Researchers dello Stato della Louisiana ha stimato che su 12.000 studenti ben 1'86°/o aveva già giocato d'azzardo, circa il 6°/o incontrava i criteri diagnostici del GAP, mentre il 16°/o poteva essere considerato un giocatore problematico (Westphal, Rush, Stevens, 1997) . 37

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Gli adolescenti giocatori patologici, come gli adulti nelle stesse con­ dizioni, aumentano sempre più il gioco e l'intensità dell'inseguimento al punto da essere così assorti che durante il tempo delle scommesse hanno la sensazione che scompaiano tutti i loro problemi ( Gupta, Derevensky, 1998a, 2000) . La loro prima intenzione diventa quella di recuperare quanto perso e continuano il gioco nonostante il desiderio di fermarsi e a dispetto delle conseguenze negative associate al loro comportamento di . . gtoco eccessivo. L'Alberta Alcohol and Drug Abuse Commission ( AADAC ) ha defini­ to i fattori di rischio e i fattori protettivi associati ad " adolescenti e forme di addiction " (cfr. scheda 2.1 e cap. 5 ) . A questi possiamo aggiungere diverse considerazioni: tra i giovani giocatori patologici sembra esserci un'alta ideazione suicida, nonché un elevato numero di tentati suicidi (Nower, Gupta, Derevensky, 2003) ; è elevato il numero di adolescenti giocatori patologici con problemi di salute mentale e comportamentale (Hardoon, Gupta, Derevensky, 2003) ; hanno un livello di autostima più basso se paragonati agli altri adolescenti, una maggiore sintomatologia depressiva rispetto ai cosiddetti giocatori sociali e punteggi più alti alle scale sulla dissociazione (Gupta, Derevensky, 1998a, 1998b; Kaufman, Derevensky, Gupta, 2002) ; sono carenti di abilità di coping (Marget, Gupta, Derevensky, 1999; Derevensky, Gupta, 2001 ; Nower, Gupta, Derevensky, 2003) e riportano uno scarso sostegno sociale percepito. I tratti di personalità rivelano che gli adolescenti giocatori d'azzardo sono più eccitabili, estroversi e ansiosi, tant'è che riportano punteggi più alti negli strumenti di misura dell'ansia (Ste-Marie, Gupta, Derevensky, 2002) e nel livello di impulsività (Vitaro et al., 1998) . Quanto riportato, costituisce un prezioso spunto di riflessione per la progettazione di pos­ sibili interventi di prevenzione. Naturalmente, non bisogna dimenticare che il comportamento individuale si comprende, oltre che in funzione di stimoli, pressioni ambientali, deficit sociali e personali, attraverso il modo in cui il soggetto elabora il significato degli eventi. Esiste un con­ siderevole supporto empirico all'affermazione che il gioco d'azzardo è il risultato di una complessa e dinamica interazione tra componenti ecolo­ giche, psicologiche, fisiologiche, di sviluppo, cognitive e comportamen­ tali. Anche per tale ragione, rispetto alle caratteristiche degli adolescenti giocatori patologici rimangono non poche controversie (Derevensky, Gupta, Winters, 2003) , così come riguardo agli strumenti di screening usati per l' identificazione degli adolescenti con problemi d'azzardo (Lesieur, 2003) . 38

2.

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Scheda 2.1. Fattori d i rischio e fatto ri p rotettivi n e l l e fo rm e d i a d d ictio n i n fase a d o l esce nzia l e L E PIÙ IM PO RTANTI

FATTO RI DI RISC H I O

FATTO RI P ROTETTIVI





SF E R E D E LLA VITA INDIVID U O

FAMIG LIA

defi cit del le a b i l ità soci a l i

a b i l ità soci a l i



p redis posizione genetica



atteggia mento pos itivo ci rca



l ' u s o del l ' i m p u ls ività





osti l ità e a gg ress ività



a b i l ità di p ro b lem s o lvi n g



a l ie n a z i o n e



fless i b i l ità



ri be l l i o n e



resilience



difficoltà d i a p p rendi mento



p ro b le m i di co m po rta mento



tem pera m e nto



tra u m i fisici



età p recoce di i n i z i o





e res po n s a b i l ità

a b uso d i a l co l , droga e/o g i oco



d'azza rdo da p a rte dei gen ito ri



a b ita re i n u n a fa m i g l i a

sta b i l ità em otiva p os itivo sen so di sé

rel a z i o n i pos itive s u p po rto em otivo e assenza di c ritiche severe

o p p ri m ente, a b u s a nte



senso di fidu cia

o co n fl itt u a le



a lte as pettative gen itoria l i



sca rso s u p p o rto fa m i l i a re



ru o l i e as pettative c h i a ri



sca rso m o n itora gg i o fa m i l ia re



m o n i to ra ggio fa m i l i a re



sca rsa o rga n izza z i o n e fa m i l i a re, disci p l i n a e p ro b lem s o lvi n g



atteggia mento favo revole ve rso a l co l , u s o di a ltre dro g h e e g i oco d'azza rdo

• •

m a l attie menta l i dei gen itori i n efficaci a bi l ità ge n itoria l i , s pecie per ba m b i n i con p ro b le m i di a p p rendi me nto o p ro b le m i d i co m po rta m e nto

SCU O LA



fa l l i m ento sco l a stico



c l i m a sco l astico n egativo,



s regol ato e i ns i c u ro •

basse a s pettative deg l i



assenza di c h i a re l i nee di

• •

a lte as pettative deg l i i n seg n a nti



condotta ris petto a l l ' uso di droga

a m b iente sco l a stico s u p po rtivo



i n seg n a nti

m ode l l i e ru o l i c h i a ri per u n co m po rta mento a p p ro p riato



pa rtec i p a zi one,

assenza di i m peg n o a s c u o l a

coi nvo l g i mento

atteggia mento i n c l asse

e res po n s a b i l ità nei com p iti

a gg ress ivo/di riti ro

e n e l l e decis i o n i sco l astiche

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LE P I Ù I M PO RTANTI

FATTO RI DI R I S C H I O

FATTO RI PROTETTIVI





co i n vo l g i m e nto in attività



com pete nze soci a l i q u a l i

S FE R E D E LLA VITA G R U PPO D E l PAR I

l e ga m i con pa ri c h e u s a n o

e n o r m e con u n g ru p po

e h a n n o u n atte g gi a m e nto

d i p a ri positivo

favo revo l e ve rso a l c o l , d ro g h e e g i oco d ' azza rd o •

p ro b l e m i co m po rta m e nta l i

a b i l ità d i d ecis i o n m a ki n g,



rifi uto d e i pa ri

a b i l ità asse rtive



sca rse a b i l ità socia l i



n o r m e com u n ita rie c h e

e d i com u n icazi o n e i nte rpe rso n a l e

co M U N ITÀ



p ro m u ovo n o o p e rm etto n o l ' us o •

d i sosta n ze e i l g ioco d ' a zza rd o



a b ita re i n q u a rtie ri pove ri



m e d i a istruzi o n e

ca ratte rizzati d a u n a lto tasso



sca m b i o d i i nfo rm a z i o n i

d i c ri m i n a l it à , a l i e n a z i o n e



com u n ità ga ra nte

e m o b i l ità

Fon te:

com u n ità i nte ressata e s u p p o rtiva a lte a s pettative s u i giova n i

d e l l e attività

B ro u n stei n , Zwei g (1999, pp. 7- 9 tra d uzio n e nostra ) .

Sembra interessante e promettente l'approccio di Nower e Blaszczynski (2003) al trattamento dei giovani giocatori. Il Pathways Model è compo­ sto da tre percorsi tra loro distinti, relativi a sottogruppi di giocatori diffe­ renti sia per diagnosi sia per il possibile trattamento: un primo sottogrup­ po è costituito da soggetti il cui comportamento viene fortemente condizionato da stimoli esterni (quali il risultato del gioco, il rinforzo intermittente e la probabilità di successo) ; un secondo sottogruppo è carat­ terizzato da vulnerabilità emozionale, presenta, cioè, alti livelli di depres­ sione e/o ansia, bassa autostima e una storia di scarso sostegno sociale ed emotivo; il terzo è simile al secondo, ma più impulsivo, antisociale e spes­ so presenta altre forme di addiction. Identificare l'appartenenza al giusto pathway significherebbe miglio­ rare l'efficacia degli interventi terapeutici. Mentre alcuni progressi sono stati realizzati nella comprensione della cura degli adolescenti con problemi di gioco d'azzardo, rimane scarsa la conoscenza empirica circa la prevenzione del gioco d'azzardo (Derevensky et al. , 2002) . Sebbene esistano alcune valide iniziative di prevenzione spe­ cifiche per il gioco d'azzardo, l'esteso incremento dell'approccio di ridu­ zione del danno su campi come l'alcolismo e l'abuso di sostanze può esse­ re utilizzato anche per prevenire il gioco d'azzardo problematico. 40

2.

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Del resto, l'esame dei fattori di rischio per il gioco d'azzardo proble­ matico suggerisce la similitudine di tali fattori tra le diverse forme di addiction (abuso di sostanze, guida pericolosa, attività sessuale a rischio ecc. ) . Il gioco d'azzardo problematico tra gli adolescenti, infatti, è parte di un'ampia costellazione di problemi associati con i comportamenti a rischio in adolescenza; non dimentichiamo - e per questo ci teniamo a ribadir! o - che l'adolescenza è la fase in cui i comportamenti a rischio svolgono una funzione centrale rispetto all'accettazione nel gruppo di coetanei, al sentirsi più adulto, libero dal controllo dei genitori, in grado di fronteggiare l'ansia e la frustrazione, di definire la propria identità. Elementi di non poca importanza, se si interviene - con la cura e/o con la prevenzione - per arginare fenomeni di grave entità come quelli che stiamo trattando. Citiamo due esperienze condotte all'estero, quale possibile spunto per interventi di prevenzione: il Centro internazionale per giovani affet­ ti da gioco d'azzardo problematico e comportamenti a rischio in Que­ bec tra le altre iniziative ha lanciato il primo concorso poster sulla pre­ venzione del gioco d'azzardo. Scopo della competizione è incrementare la consapevolezza fra i giovani e l' intera popolazione dei rischi associati al gioco d'azzardo ( i poster vincitori saranno pubblicati sul sito del cen­ tro http ://www.yo uthga m b l i n g.co m e distribuiti nelle scuole secondarie del Quebec) . Una seconda iniziativa degna di nota è l'allestimento del sito sull'educa­ zione al gioco d'azzardo per giovani. Il sito web ( http://www.Youth Bet. net) è stato realizzato da un gruppo di adolescenti dell'Ontario (Canada) , che hanno lavorato con David Korn e il suo staff (il dipartimento di Scienze e salute pubblica dell'Università di Toronto) , con l'obiettivo di educare i coe­ tanei a un uso non problematico del gioco d'azzardo, usando un linguaggio a loro familiare. 2.4.

Anzia ni: catego ria a rischio?

Una pubblicazione di Hope e Havir ( 2002) esprime una certa preoccu­ pazione riguardo alla possibilità che la credenza sociale di una particola­ re vulnerabilità degli anziani al problema del gioco d'azzardo possa inu­ tilmente portare a una autopercezione di reale vulnerabilità in questo segmento di popolazione, con il risultato di un evitamento di esperienze di gioco potenzialmente benefiche da un punto di vista sociale (cfr. par. 7·3-1 ) . Dal loro studio condotto nel Minnesota, i due ricercatori hanno 41

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suggerito che indicare quella degli anziani come una categoria a rischio può essere un errore; circa il 94o/o del campione osservato dichiara di gio­ care per motivazioni che gli autori non ritengono problematiche. Que­ sto studio ha, però, presentato una serie di importanti limitazioni, tra cui: l' autoselezione dei partecipanti, il campione ristretto, la bassissima risposta da parte del campione contattato, i poco convenzionali metodi di accertamento di gioco problematico. Inoltre, il campione era in larga maggioranza femminile, non potendo così rappresentare efficacemente l'intero segmento di popolazione indagato. In molte realtà territoriali si teme che gli anziani possano andare incontro sempre di più ai rischi dell'azzardo. Per tale ragione, ad esem­ pio, il Consiglio della terza età delle contee di Windsor ed Essex ( Cana­ da) ha richiesto la collaborazione del gruppo di ricerca sul gioco d' azzar­ do problematico dell'Università di Windsor; l'obiettivo è stato quello di valutare l'impatto del gioco d'azzardo sulla popolazione anziana della città di Windsor, nonché di ridurre il problema del gioco d'azzardo tra gli anziani e di sviluppare programmi di prevenzione secondo un approc­ cio di psicologia di comunità (Frisch, Govoni, Johnson, 2001) . La preoc­ cupazione di fondo era che gli anziani potessero essere seriamente colpi­ ti da ciò che di negativo l'azzardo può portare in sé, essendo questa categoria particolarmente a rischio per fattori vari quali la noia, la solitu­ dine, l' isolamento, la perdita del lavoro, la perdita di persone care, e disponendo, la stessa categoria, di risorse economiche più precarie. Era importante, quindi, intanto conoscere bene la diffusione del fenomeno del gioco d'azzardo tra gli anzian e poi produrre dal confron­ to con la comunità (e quindi dalla comunità stessa) soluzioni che fosse­ ro operativamente applicabili. È ritenuto importante che sia la comuni­ tà (o una sua rappresentanza) a suggerire le soluzioni di un problema che la riguarda, per via del fatto che ogni intervento prodotto e diretto dal­ l' esterno ottiene risultati minimi, di breve durata o addirittura nulli. È stata quindi utilizzata una specifica metodologia di ricerca, la ricer­ ca-azione-partecipata, che a differenza dei modelli di ricerca precedenti (che vedevano affidate esclusivamente a un esperto le fasi di definizione del problema, di scelta dei metodi di indagine e di valutazione dei dati raccolti) , prevede di gestire le suddette fasi in collaborazione con mem­ bri della comunità interessata dalla ricerca. La prima fase della ricerca è consistita nella raccolta di informazioni sulla popolazione anziana della comunità e sulle sue abitudini riguardo al gioco d'azzardo (tramite interviste telefoniche e focus group) ; quindi ve n42

2.

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tiquattro membri della comunità, tra cui anziani, anziani con problemi di gioco d'azzardo, fornitori di servizi per gli anziani, ufficiali governati­ vi e rappresentanti di agenzie di credito, hanno partecipato, insieme per un giorno e mezzo, a un incontro di Syntegration per proporre racco­ mandazioni e soluzioni in vista di una concreta prevenzione nei confron­ ti dei problemi legati al gioco d'azzardo nella comunità di Windsor. L'indagine ha rilevato un'effettiva presenza di gioco problematico tra gli anziani: i due terzi degli anziani giocano d'azzardo, mentre 1'1,7°/o dichiara di avere subito in passato pesanti perdite economiche a causa del gioco; perdite, poi, che non si limitano a colpire solo la dimensione eco­ nomica ma anche quelle della salute, dell'autostima e delle relazioni interpersonali. La metà degli istituti di credito contattati afferma di avere spesso clienti con problemi di gioco d'azzardo e alcune formano addirit­ tura uno specifico reparto per gestire questi problemi. Gli anziani nei focus group hanno posto l'accento sull'importanza di una maggiore informazione su come, magari, giocare in sicurezza (più che riguardo ai problemi veri e propri derivanti dal gioco d'azzardo) , mediante la produzione di materiale informativo che, in vario formato e tramite diversi media, potrebbe venir reso disponib ile alla comunità per informarne i più diversi segmenti della popolazione. Hanno evidenziato anche come il problema scaturisse da una serie di contingenze quali, ad esempio, la noia, la solitudine ecc., suggerendo che i programmi che intendessero affrontare questi problemi avrebbero dovuto contemplare anche il gioco d'azzardo e viceversa. Per tradurre le informazioni raccolte nelle indagini svolte in program­ mi di concreta attuazione, il gruppo di ricerca ha scelto un procedimen­ to relativamente nuovo chiamato Syntegration, nel quale viene raccolto un certo numero di persone provenienti da una gran varietà di realtà per discutere di un argomento generico (nel caso specifico era: " Come pos­ siamo prevenire problemi con il gioco d'azzardo tra gli anziani nella comunità di Windsor ?") e, in un breve periodo di tempo, proporre solu­ zioni concrete. Dalle centinaia di prime idee suggerite sono state raccol­ te le sei principali: • politica e legislazione locale riguardo al gioco; • prevenzione pnmana; • raggiungere gli anziani; • gioco d'azzardo a basso rischio; • danno alla comunità; • diversità culturale . .

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Nel giro di tre incontri i partecipanti alla discussione hanno definito que­ sti punti e suggerito quali dovessero esserne le attuazioni operative. La ricerca ha dimostrato, tra l'altro, come il coinvolgimento della comunità possa rivelarsi realmente efficace anche nell'affrontare pro­ blemi nuovi rispetto a quelli ( come l'abuso di sostanze e l'alcolismo) in cui è stato solitamente adottato finora, e come l'adozione della Synte­ gration ( come parte finale della ricerca-azione-partecipata) consenta un'efficace traduzione delle idee raccolte in programmi di lavoro con­ cretamente realizzabili.

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3 M odell i teorico- interpretativi

del gioco d'azzardo

Le prime n viste scientifiche contenenti riflessioni sul gioco d'azzardo risalgono all'inizio di questo secolo, ma presentano un confuso intreccio tra gli aspetti meramente psichiatrici e le letture squisitamente psicoana­ litiche del fenomeno. Ancora oggi, la lettura del comportamento di gioco, delle motivazio­ ni e dei meccanismi psicologici sottostanti delinea un quadro eterogeneo di approcci teorici che interpretano il fenomeno chiamando in causa spiegazioni tra loro differenti. Tra gli approcci più ricchi e più consolidati nel tempo (cfr. infra) vanno annoverati quello psicoanalitico, quello comportamentista, l' ap­ proccio cognitivista, ma anche la lettura psicodinamica e psicosociale del gioco d'azzardo. L'approccio psicoanalitico raccoglie le riflessioni di vari autori che tendono a ricercare le cause del gioco nella sessualità, in termini di pul­ sioni sessuali, di masochismo o di coazione onanistica. L'altro importan­ te modello di lettura del gioco d'azzardo, quello cognitivista, chiaramen­ te ha chiamato e chiama in causa gli aspetti connessi allo sviluppo del pensiero e specifici meccanismi cognitivi. Ancora, il modello comportamentista, prendendo spunto dalla teoria skinneriana e dalle riflessioni sullo stimolo intermittente, spiega l' insi­ stenza al gioco in fase di perdita finanziaria attraverso il meccanismo di stimolo-risposta-rinforzo. 3.1.

I l modello psicoan a l itico

Von Hattingberg (1914) è stato il primo a dare l'avvio alle riflessioni psi­ coanalitiche sul giocatore d'azzardo, fornendo una spiegazione di natura sessuale alla paura e alla tensione intrinseche al gioco - elementi che riflettono tendenze masochistiche di origine pregenitale, comparse durante l'infanzia, per il senso di colpa legato alla gratificazione anale. Simmel (1920, cit. in Gherardi, 1991) rimarca i tratti pregenitali che 45

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caratterizzano la personalità del giocatore ed evidenzia come il gioco rap­ presenti un mezzo per il soddisfacimento di piaceri erotici. È nella monografia Dostoevskij e ilparricidio (1928) che, invece, leggia­ mo le interpretazioni di Sigmund Freud del gioco d'azzardo e del compor­ tamento di gioco, proprio a partire dalla vita del letterato russo Fedor Dostoevskij . Il padre della psicoanalisi interpreta la coazione al gioco d'az­ zardo come una forma di autopunizione: domina il bisogno di perdere, che servirebbe a espiare i sensi di colpa innescati dal complesso edipico. Pare, infatti, che alle fantasie masturbatorie infantili dell'autore russo si intrec­ ciassero i desideri incestuosi e parricidi di prendere il posto del padre. Secondo Freud, dunque, nel gioco d'azzardo l'individuo trova una sorta di sollievo masochistico, dimostrato dal fatto che il giocatore tenderebbe a giocare soprattutto in fase di perdita, per bilanciare il senso di colpa gene­ rato dal desiderio di eliminare il padre. Inoltre, il gioco sarebbe una trasfor­ mazione simbolica del "vizio" masturbatorio infantile. Vengono chiamate in causa le pulsioni sessuali: è come se alla base del gioco vi fossero delle forti tensioni sessuali che inizialmente spingono a giocare, e che successivamente intrappolano il giocatore in un circolo vizioso; il gioco, da innocuo passatempo, diviene così un problema di vita o di morte. Fenichel (1945) ripropone lo stretto legame tra gioco d'azzardo e masturbazione; secondo l'autore, infatti, il gioco svolge la funzione psico­ logica di liberare l'individuo dalle forti tensioni mediante la ripetizione o l'anticipazione attiva delle stesse in un modo e in un tempo scelto. Allo stesso modo, secondo Greenson (1947) , l'eccitazione di chi gioca, la ten­ sione sempre crescente e la quiete finale sono forme di regressioni derivan­ ti da pulsioni parziali infantili. Certi atteggiamenti quali il dividere e siste­ mare ossessivamente le fiches, i numerosi rituali superstiziosi, il fumare smodatamente che spesso si accompagna al gioco, segnalano la presenza di pulsioni orali e derivati sadico-anali, di elementi fallici e omosessuali. Il masochismo, invece, ritorna ad essere il concetto centrale della let­ tura che Bergler (1957) realizza del gioco d'azzardo patologico. Con il ter­ mine " masochismo ", lo ricordiamo, si fa riferimento a quell'attitudine tipica delle persone che cercano inconsciamente la sconfitta, l'umiliazio­ ne e il rifiuto; in linguaggio più tecnico, è quel meccanismo difensivo cui fa ricorso il bambino per fronteggiare l'aggressività e i sensi di colpa suscitati dalle limitazioni dei genitori e dall'imposizione che loro attuano del principio di realtà su quello di piacere. Rivolgere tali sentimenti verso i genitori sarebbe insopportabile alla coscienza del bambino; da qui, allo46

3 . M O DELLI TEO R I CO - I NTERP RETATIVI DEL G I O CO D ' AZZA R D O

ra, il meccanismo attraverso il quale il bambino rivolge verso se stesso tale aggressività, sotto forma di un " bisogno di autopuninirsi" e traendone piacere dal farlo. In riferimento al giocatore d'azzardo patologico, Bergler parla di un " desiderio inconscio di perdere ": è continuando a giocare, fino a perdere, che il giocatore può trarre la sua autopunizione e può mantenere, così, il suo equilibrio psichico. Anche questo autore spiega tale meccanismo come messa in atto della punizione per aver desiderato la propria onnipotenza e/o la morte del padre. Inoltre, dice Bergler, è l'incertezza penosa che cerca il giocatore d'az­ zardo (ibid. ) . Quest' ultimo attende con ansia il risultato della sua scom­ messa, godendo della tensione che accompagna quest'attesa. Alcuni autori psicoanalitici (cfr. Galdston, 1960; Matussek, 1953; Ashton, 1 979) hanno fornito una lettura del gioco d'azzardo facendo attenzione agli elementi femminili e materni insiti in esso e nei suoi mec­ canismi tipici. Ad esempio, la Fortuna viene considerata il simbolo di una " madre cattiva" che il giocatore sfida continuamente. Tra i contributi più recenti dell'orientamento psicoanalitico, invece, quello di Rosenthal (1987) parte dal presupposto secondo cui il compor­ tamento dei giocatori patologici è spiegato dalla presenza di un disturbo narcisistico di personalità. Per difendersi da un profondo senso di debo­ lezza, certi individui sembrano dover provare a loro stessi il proprio valo­ re, la propria forza e le proprie capacità, ricorrendo a primitivi meccani­ smi di difesa quali la scissione, la negazione, la proiezione e ricostruendosi continuamente l'illusione di onnipotenza. Una messa in atto di quanto affermato sopra è rappresentato, a detta di Rosenthal (1992) , dalla tenden­ za a giocare per controllare l'incontrollabile; tant'è che l'aspetto del gioco che più attrae i giocatori è l'imprevedibilità del risultato. Inoltre, secondo Rosenthal (ibid. ) il gioco di per sé si configura come una sorta di processo simbolico in cui il giocatore usa la scommessa come un'opportunità per interagire con le divinità. Imbucci (1997) , invece, ritorna a parlare di masochismo, nel senso di " divieto interiore di vincere" : esso consentirebbe di scaricare su un " altro fuori di sé" il meccanismo di " autoamputazione " tipico del giocatore d'azzardo. 3.2 .

I l modello cognivitista

Stein (1989) ritiene che lo sviluppo di un gioco d'azzardo patologico sia riconducibile a un ritardo dello sviluppo cognitivo, connesso alla fase di 47

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transizione dall'adolescenza all'età adulta: i giocatori, a detta dell'autore, rimarrebbero fissati allo " stadio delle operazioni concrete ", che li porte­ rebbe a pensare ogni giocata come " quella buona" e, quindi, quella sulla quale scommettere al di là di quanto accaduto nelle giocate precedenti; questi giocatori, inoltre, si credono imbattibili, esperti, capaci e potenti; credono di possedere abilità innate o qualche dono sovrumano. Accedere allo stadio successivo delle " operazioni formali" e, quin­ di, maturare un nuovo modo di pensare, significherebbe per il gioca­ tore d'azzardo far luce su quella che è la vera natura del gioco: l'esito delle scommesse ha carattere essenzialmente aleatorio e il gioco rischia anche di diventare fonte di gravi perdite finanziarie e di sofferenze emozionali . Successivamente, altri studi (Ladouceur et al. , 2000) hanno conferma­ to che i fattori cognitivi svolgono un ruolo determinante nello sviluppo e nel mantenimento dei problemi di gioco: ci riferiamo, in particolare, ad aspetti quali l'illusione di controllo, la fallacia di Montecarlo, la scarsa conoscenza delle leggi della statistica, ma anche a quei fattori cognitivi che rientrano in specifiche dimensioni di personalità - quali il focus of control - o in specifiche strategie di pensiero e d'azione - come le strate­ gie di coping (cfr. par. 5 .4) . 3.3.

I l modello com porta mentista

Gran parte degli psicologi di orientamento comportamentista ritiene che il comportamento di gioco patologico sarebbe il risultato di un rapporto variabile ( Rv ) tra una serie di rinforzi (stimoli) , rappresentati da vincite rare e casuali che tengono vivo il desiderio di giocare fino a far perdere il controllo del gioco. Il giocatore, insomma, se rinforzato da vincite " casuali" e saltuarie, sarebbe spinto a ritentare, poiché più tentativi signi­ ficano più possibilità di vincita. Recentemente l'attenzione è rivolta anche a ciò che accade nel momen­ to che separa la puntata da quello in cui giunge il risultato della scommes­ sa (Dickerson, 1984) . Oltre al denaro, infatti, sembra fungere da rinforzo anche l'eccitazione che il giocatore prova nei momenti di attesa del risul­ tato, negli attimi in cui i dadi rotolano prima di trovare la loro staticità, quando lentamente una carta viene girata fino a mostrare la sua faccia, quando le ruote delle slot machine girano con frenesia. E a molti giocato­ ri piace così tanto questa sensazione da amplificarla attraverso due mecca­ nismo piuttosto semplici: scommettere all'ultimo minuto in modo tale da 48

3 . M O DELLI TEO R I CO - I NTERP RETATIVI DEL G I O CO D ' AZZA R D O

concentrare l'eccitazione in un arco di tempo più breve ma più intenso, ovvero scommettere su più tavoli, su più giochi, contemporaneamente. Anderson e Brown (1987) ch iariscono quanto detto in precedenza attraverso una variante della teoria sull'attivazione; nello specifico, gli autori descrivono due momenti di attivazione: il telic state - momento in cui un individuo gioca per fare soldi - e il paratelic state - il giocatore, in questo caso, scommette per l'eccitamento che ne deriva. Durante il gioco entrambi questi stati possono essere presenti, ma in tempi diversi. Sem­ bra che, in genere, siano più attratti dal gioco coloro che abitualmente si trovano in un paratelic state; il passaggio verso un telic state, invece, sem­ bra essere associato alla perdita. 3.4.

I l modello psicosociale

Per una lettura psicosociale del gioco d'azzardo diventa interessante ripor­ tare il contributo di Goffman (1969) . Nel saggio Where the Action is, l'au­ tore parla di ricerca di azione, di passione o di avventura da parte del gio­ catore, spiegabile come tentativo di riempire o evadere i momenti di noia, l' insoddisfazione, la depressione, la mancanza di senso, ma anche come bisogno di pensiero magico, di comportamenti rituali e scaramantici, in contrapposizione a una quotidianità governata dalla razionalità e dal calco­ lo. Goffman considera il gioco d'azzardo un'attività che soddisfa le neces­ sità emotive del soggetto, offrendogli l'opportunità di entrare in " azione" - nonostante l'entrare in "azione" implichi sempre, a sua volta, il rischio suscettibile di conseguenze problematiche (cfr. par. 3.5) . Kusyzsyn (1984) , invece, intende il gioco d'azzardo come un'attività Iudica funzionale che provvede a soddisfare alcuni bisogni basilari dell'uo­ mo: in particolare, il bisogno di confermare la propria esistenza e quello di affermare il proprio valore. Il bisogno di confermare la propria esisten­ za viene soddisfatto, durante il gioco, dai numerosi stimoli cognitivi, emozionali e fisici che pervadono il giocatore; i sentimenti d'efficacia pro­ vati da chi gioca e la consapevolezza di essere impegnato in un compito rischioso soddisfano, invece, l'affermazione del valore individuale. La dimensione Iudica attiva, dunque, secondo Kusyzsyn, tre esperienze psicologiche dell'individuo: quella cognitiva, perché è necessario prendere decisioni; quella interazionale, che si esplica nell'atto dello scommettere; quella affettiva, che si manifesta nelle emozioni che il giocatore prova, come la speranza di vincere e la paura di perdere. A procurare stimolazioni cogni­ tive, emozionali e fisiche sono, soprattutto, l"' incertezza dell'esito" e il 49

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" rischio". Tali stimolazioni, insieme alla sensazione che la situazione è sotto controllo, lasciano il giocatore in uno stato d'animo molto confortevole detto di " beatitudine artificiosa"; il piacere psicologico del giocatore, infat­ ti, è il sentirsi in uno stato d'animo aperto alla fantasia e libero di agire, sen­ tire, pensare senza il controllo del Super-lo e senza difese psicologiche. È con la partecipazione attiva al gioco, insomma, che i giocatori provano a loro stessi di essere emozionalmente vivi. L'lo psicosociologico, come lo chia­ ma Kusyzsyn, è incompleto e, per tale ragione, sempre alla ricerca della pro­ pria realizzazione: il gioco, con la libertà di scelta che in lui è implicita, con­ sente, così, all'individuo di sentirsi responsabile delle proprie azioni e, perciò, "esistente" e conduce a sensazioni d'efficienza, di controllo e di merito. È assiomatico, del resto, che i giocatori si assumano le responsabilità delle vin­ cite e delle perdite. Nel gioco d'azzardo, dice ancora Kusyzsyn (1984) , sono ripetuti alcuni valori che svolgono un ruolo rilevante nella nostra società: il valore della competitività, dell'audacia, di assumersi dei rischi e la capacità di approfittare delle situazioni. Ma una cosa sembrerebbe differenziarli: l'irrazio­ nalità, tipica dei giocatori e non degli attori sociali. Tra gli autori che indagano l'intreccio tra fattori ambientali e costitu­ zionali nella genesi e nel decorso della dipendenza da gioco, spicca Moran (1975 ) , il quale considera il gioco patologico una sindrome etero­ genea il cui sviluppo è determinato da fattori costituzionali (quali la per­ sonalità insicura, immatura, inadeguata e psicopatica) e fattori ambien­ tali (ad esempio, la disponibilità di denaro o l'accettazione da parte dei gruppi sociali) . Da tale intreccio, secondo Moran, derivano cinque varie­ tà cliniche, che non si escludono reciprocamente: • il " gioco subculturale", connesso alle origini familiari e sociali dell' in­ dividuo; • il " gioco nevrotico " (o " reattivo "), in reazione a situazioni stressanti o a problemi emozionali; • il " gioco impulsivo ", caratterizzato dalla perdita del controllo e da evidenti danni sociali ed economici; • il " gioco psicopatico ", che costituisce un aspetto del disturbo psico­ patico della personalità; • il " gioco sintomatico ", che si manifesta nel contesto di una malattia mentale (ad esempio, i disturbi affettivi e la depressione) . Anche Glatt (1979) evidenzia come un ruolo determinante nel formarsi della dipendenza da gioco d'azzardo spetti all'ambiente. L' influenza ambientale sembra assumere, secondo l'autore, un peso maggiore rispet50

3 . M O DELLI TEO R I CO - I NTERP RETATIVI DEL G I O CO D ' AZZA R D O

to al fattore personalità soprattutto in quei gruppi sociali o professionali in cui il gioco d'azzardo è accettato e nelle zone in cui esistono molte pos­ sibilità di accedervi. Più di recente, le ricerche sociali hanno riconosciuto l'importanza di alcuni fattori ecologici (caratteristiche del vicinato, numero dei giochi legali, distanza fisica dai luoghi di gioco ecc.) nel determinare il compor­ tamento di gioco. Così come diverse ricerche hanno evidenziato la forte influenza del vici­ nato sui comportamenti problematici come gli atti criminali e l'abuso di sostanze (cfr. Boardman et al., 2001) , allo stesso modo ci sono ottime ragioni per credere che le caratteristiche del vicinato possano essere corre­ late al gioco d'azzardo problematico e patologico. L'avere evidenziato che i giocatori d'azzardo sono soprattutto poveri offre un'ottima ragione per sospettare l'influenza del vicinato, giacché le persone appartenenti a ceti sociali più bassi abitano spesso negli stessi quartieri (Welte et al., 2001) . Clotfelter e Cook ( 1 991) hanno espresso la loro preoccupazione circa l'alta densità di luoghi per l'azzardo poco fuori dai quartieri più poveri. Nurco e collaboratori (1996) , inoltre, hanno dimostrato che le persone che osservano giocare d'azzardo illegalmente durante la loro infanzia incominciano con maggiore probabilità a fare uso di droga. Accanto al modello ecologico, un'altra prospettiva per la comprensio­ ne dei comportamenti di addiction è il modello della salute pubblica. Il N ational Council o n Problem Gambling ha adottato tale prospettiva e ha evidenziato come il gioco d'azzardo sia presente specie lì dove mag­ giormente disponib ile (1993 ) . Lo stesso Volberg (1994) ha più volte affer­ mato che nelle zone in cui cresce la disponibilità dei giochi, cresce anche il consumo. La correlazione tra la disponibilità ed il numero di giocato­ ri problematici e patologici, infatti, sembra ormai accreditata (Lester, 1 994; Volberg, 2002) . Un piccolo numero di ricerche, inoltre, ha sottolineato come le con­ seguenze negative dell'azzardo abbiano una relazione con la distanza geo­ grafica dalle opportunità di gioco e con la possibilità di accesso al gioco ( N ORC, 1999; Room, 1 999) . 3.5.

I l modello evol utivo d i Custer

Nel 1984 Custer ha definito un modello di lettura del gioco d'azzardo che, al di là delle specificità che contraddistinguono anche gli altri modelli di lettura prima esposti, ne aggiunge un'altra di non poca impor51

PA RTE P RI M A . CO N S I D E RA ZI O N I I NTRO D U TTIVE E I N Q U A D RA M E N TO

tanza: è pensato tenendo conto degli aspetti dinamici del comportamen­ to di gioco d'azzardo, visto come processo e non più come fenomeno sta­ tico. Cosa fa sì che un giocatore possa approcciarsi al gioco d'azzardo " tanto per provare", per sognare e divertirsi, e ritrovarsi poi a non poter­ ne farne a meno, indebitato fino al collo e in preda alla disperazione ? Il modello evolutivo di Custer offre interessanti e utili elementi di comprensione, sia sul piano descrittivo sia su quello clinico, del percor­ so che un giocatore d'azzardo può compiere: da una fase iniziale e inno­ cua di gioco a una fase di " perdita di controllo " e di atroce sofferenza, fino alla " ricostruzione" e alla crescita (cfr. scheda 3 . 1 ) . La prima di queste è caratterizzata dall'approccio al gioco ed è defini­ ta fase vincente: il gioco, visto come passatempo e fonte di divertimento, è occasionale e lo si pratica prevalentemente in compagnia di amici e familiari. La fase in questione dura generalmente dai tre ai cinque anni, periodo durante il quale ai giocatori capita spesso di vincere e, talvolta, di stravincere: è la " grossa vincita" , soprattutto, a rinforzare in questa fase nel giocatore la convinzione di essere più abile degli altri, un vero " gio­ catore professionista" . Le fantasie di vittoria, l'illusione di poter controllare il gioco e di poter­ ne evitare le conseguenze negative, i rinforzi ricevuti dalle vincite e il pia­ cere connesso al gioco, conducono il giocatore a investire sempre più tempo e denaro nella scommessa ed entrare così nella cosiddetta fase per­ dente; questo secondo passaggio, della durata di oltre cinque anni, è segna­ to da perdite al gioco e dal conseguente " inseguimento della perdita": il giocatore, convinto che sia solo un momento sfortunato, torna a scommet­ tere nel tentativo di recuperare il denaro perduto in precedenza. Le scommesse incalzano e svuotano le tasche, tanto da costringere il giocatore a ch iedere prestiti a familiari e amici, spesso mentendo sui reali motivi della richiesta. Questo meccanismo perverso è quello che condu­ ce alla perdita del controllo di sé e della situazione e segna la fine della fase perdente e l'inizio della fase della disperazione. Il bisogno di giocare si fa sempre più forte, accompagnato dalla totale perdita di controllo dello stesso; compaiono, in questa fase, anche attività illegali e momenti di panico che fanno intravedere solo quattro vie di uscita: il suicidio, la fuga, la carcerazione o la richiesta d'aiuto. Una volta " toccato il fondo ", il giocatore cerca di uscirne fuori con l'aiuto di persone esterne e compe­ tenti e attraversa le tre fasi della possibile guarigione: la fase critica, la fase della riedificazione e, infine, la fase della crescita. La fase critica inizia quando il giocatore patologico decide di chiedere 52

3 . M O D E LL I TEO R I CO - I NTE R P R ETATIVI D E L G I O CO D ' AZZA R D O

aiuto per uscire dalla drammatica situazione che lo vede protagonista; la fase della ricostruzione è quella segnata dai tentativi di riparare ai danni relazionali ed economici causati dal gioco patologico; la fase della cresci­ ta, infine, è l'ultimo stadio del percorso verso la guarigione, caratterizza­ to da una migliore introspezione e dalla ormai diminuita preoccupazio­ ne per il gioco. Al modello per fasi di Custer, Rosenthal (1987) ha aggiunto la cosid­ detta fase senza speranza o resa, per sottolineare il percorso di quanti non riescono a proseguire verso le fasi che conducono a un superamento della condotta di gioco patologico. Scheda 3.1. I l m od e l l o evo l utivo d i Custe r E NTRATA

U S C ITA

l LA FAS E D E LLA V I N CITA

IV LA FAS E CRITI CA



I l g i oco è a n co ra occas i o n a l e .





Le v i n cite s o n o freq u e nti.





Sa l e l ' eccita z i o n e l egata al gi oco.



I l g i oco d ive nta p i ù freq u e nte.



A u m e nta l ' a m m o nta re d e l l e sco m m esse.



Fi n a l m e nte vie n e u n a v i n cita i m p o rta nte.

La s p e ra nza di ca m b i a re . U n d e s i d e rio rea l i stico d i s m ett e re e d i ess e re a i utato.



C o n s a pevo l ezza d e g l i avve n i m e nti , p resa di d ecis i o n i e riso l u z i o n e di p ro b l e m i .



P ro g ra m m a d i ri m bo rso d e g l i eve ntu a l i d e b iti.

I l LA FAS E D E LLA P E R D ITA

V LA FAS E D E LLA RI E D I F I CAZ I O N E



I l g i ocatore te n d e a gioca re d a s o l o .



M i g l i o ra m e nto d e i ra p po rti fa m i l i a ri .



S u b isce e p isod i p ro l u n gati i n c u i p e rd e .



Rito r n o d e l ris p etto d i sé.



O rm a i p e n s a s o l o a l gi oco.



P rogetta z i o n e di n u ove m ete.



Deve rico rre re a sotte rfu gi e m e nzog n e .



M a g g i o r te m po t ra scorso con l a fa m i g l i a .



N o n riesce a s m ette re d i g i oca re .



M i n o re i m p a z i e nza .



A p p a i o n o i rrita b i l ità , a g itazi o n e ,



M a gg i o re s e re n ità .

iso l a m e nto soci a l e . •

L a s u a vita d ive nta i n fe l ice.



Co ntra e fo rti p restiti .



È

i n ca p a ce d i risa rc i re i d e b iti contratti .

1 1 1 LA FAS E D E LLA D I S P E RAZI O N E

VI LA FAS E D E LLA C R E S C ITA





D i m i n u isce l a p reocc u pazio n e l e gata

Estra n i a m e nto d a g l i a m ici e d a l l a



Sa fa re u n ' i ntros pezi o n e m ig l i o re.

fa m i g l i a .



M a gg i o re co m p re n s i o n e p e r gli a ltri .



M o m e nti d i pa n i co.



Affetto p e r g l i a ltri .



Azi o n i i l l ecite.

Au m e nto d e l te m po e d e l d e n a ro

al g i oco.

p e r i l g i oco. •

53

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3.6.

Sull 'azzardo e sul rischio

In alcune delle riflessioni teoriche sopra esposte, emerge un elemento - che sarà oggetto di ulteriore approfondimento nel paragrafo 5·3 - strettamente " imparentato " con l'azzardo e la scommessa: il rischio. Il gioco d'azzardo, infatti, può essere annoverato tra le attività rischiose e, come tale, rappresen­ ta un'opportunità per dimostrare la propria personalità al mondo esterno. Secondo Dallago e Rovatti il gioco d'azzardo non solo è socialmente legittimato, ma esprime una pulsione individuale e patologica che è sopi­ ta nella nostra memoria culturale ed è pronta a svegliarsi da un momen­ to all'altro (1993, cit. in Lavanco, 2001 ) . Gli autori ritengono che tale fenomeno sia non solo un gioco che ha proprie regole e che è separato dalla vita normale, ma soprattutto un'attività " densa" in cui, attraverso il denaro, si mette in gioco, rischiando/a, la propria persona. Il rischio, infatti, è spesso " mortale", tant'è che Valleur (1987, cit. in Lavanco, 2001) , disquisendo di tossicomania, ha utilizzato il concetto di " condotta ordalica", intesa come la ripetizione di una prova che porta con sé un rischio di morte. In questa prospettiva va inoltre citato il con­ tributo di Le Breton (1991, cit. in Lavanco, 2001 ) , il quale vede il ricorso al gioco d'azzardo come un comportamento ordalico. L' ordalia è un rito dell'Alto Medioevo, un rito giudiziario che consiste nella sollecitazione di una potenza tutelare al fine di costringerla a pronunciarsi senza equi­ voci sulla consapevolezza o l'innocenza di un uomo sospettato di un reato. Il presunto colpevole veniva, perciò, sottoposto a prove di soprav­ vivenza ad altissimo rischio mortale; sopravvivere alla prova rappresenta­ va la dimostrazione della sua innocenza. L' ordalia diviene simbolo di rin­ novata energia nello svolgimento della vita, di conquista di un significato più colmo della propria avventura personale che si lascia alle spalle inde­ cisioni, incertezze, paure e dubbi. Una passione per il rischio che cresce sempre più forte nell'individuo e nella nostra società e che sembra poter spiegare, in parte, la tendenza al gioco d'azzardo.

54

4 I l G A P e i criteri diagnosti ci

Il riconoscimento di una vera e propria patologia legata al gioco d' azzar­ do come un'entità clinica a se stante, da parte della psichiatria contem­ poranea, è piuttosto recente. Infatti, l'American Psychiatric Association (APA ) ha introdotto nella terza edizione del DSM (APA, 1980) il Disturbo da gioco d'azzardo, inquadrandolo come una nuova categoria diagnosti­ ca e, quindi, come disturbo psichiatrico ben distinto . Viene così ricono­ sciuto ufficialmente il pathological gambling e classificato all' interno della sezione comprendente i " Disturbi del controllo degli impulsi non classi­ ficati altrove"; un'inclusione simile si è avuta nell'1c n-1o, che lo ha inse­ rito tra i disturbi delle abitudini e degli impulsi. Secondo i criteri del DSM- 1 1 1 un giocatore si può definire patologico quando è cronicamente e progressivamente incapace di resistere all'im­ pulso di giocare (Criterio A) e quando il gioco compromette o danneg­ gia le aspirazioni familiari, personali e attitudinali (Criterio B) . I criteri diagnostici hanno subito alcune modifiche, nel 1 987 ( D S M - 1 1 1 - R) e, suc­ cessivamente, nel 1994 con la quarta edizione del DSM. La versione più recente di tale manuale, il DSM-IV (1 994) , definisce il gioco d'azzardo patologico come un «comportamento persistente, ricorrente e maladatti­ vo di gioco che compromette le attività personali, familiari o lavorative» (Criterio A) (APA, 1996, p. 674) , distinguendo, tuttavia, se tale compor­ tamento è attribuibile a un episodio maniacale (Criterio B) e precisando che problemi di gioco d'azzardo possono manifestarsi in soggetti con disturbo antisociale di personalità. La nuova entità clinica viene colloca­ ta tra i " Disturbi del controllo degli impulsi non classificati altrove" assieme alla cleptomania, alla piromania e al disturbo esplosivo intermit­ tente (presenti fin dalla versione del 1980) : solo la tricotillomania com­ pare nella versione del DSM-11 1-R, mentre il disturbo esplosivo isolato (presente solo nel DSM-111) si perde e successivamente non sarà più recu­ perato (Milesi, Clerici, 2001) . Nell'ultima edizione, inoltre, vengono 55

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indicati dieci sottocriteri comportamentali (scheda 5 . 1 ) per la diagnosi di gioco d'azzardo patologico ( GAP ) . È la presenza di almeno cinque di questi sintomi nello stesso sogget­ to, che conduce alla diagnosi di gioco d'azzardo patologico e alla defini­ zione del soggetto come " giocatore patologico ", o pathological gambler. Il quadro che viene delineato nel D S M - IV è, evidentemente, quello di una perdita di controllo nel comportamento di gioco che conduce a una serie di perdite continue e a una progressiva pervasività del gioco d' azzar­ do nella vita del soggetto. Nonostante i giocatori patologici riconoscano che il loro comportamento comprometta e danneggi se stessi, le loro rela­ zioni, la loro vita professionale e sociale, continuano a giocare - aumen­ tando la frequenza, i tempi di gioco e il denaro investito - perché inca­ paci di resistere a tale impulso, alimentando il circolo vizioso della

dipendenza. Non a caso parliamo di dipendenza, introducendo così il dibattito che in questi anni ha interessato la classificazione nosografica del gioco d'azzardo patologico. Moran, già nel 1970, aveva ipotizzato che il gioco d'azzardo potesse essere causato da una " dipendenza psicologica di tipo morboso " ; Custer, nel 1982, aveva rimarcato la somiglianza tra i giocatori d'azzardo e i sog­ getti dediti all'uso di droga. Più di recente, Cancrini ( 2002) ha afferma­ to che per il giocatore d'azzardo ciò che conta realmente è l'azione, uno stato di euforia e di eccitazione paragonabile a quello indotto dalla cocai­ na e dalle altre droghe. N egli ultimi anni, dicevamo, in molti hanno criticato la collocazione dei giocatori d'azzardo patologici nella categoria " Disturbi del controllo degli impulsi non classificati altrove", piuttosto che tra i comportamenti di addiction (Croce, 2oo2b). Il dibattito è iniziato proprio nel momento in cui si sono evidenziate le evidenti interconnessioni tra gioco d'azzardo patologico - ma anche abuso di Internet, dipendenza da lavoro, sexual addiction - e abuso di sostanze. A rinforzare tale ipotesi, la presenza di vere e proprie crisi di astinenza nei giocatori d'azzardo patologici.

56

5 Eziopatogenesi del gioco d'azzardo

problematico: i fattori predittivi

N ello studio relativo all'eziopatogenesi del gioco d'azzardo problematico e patologico, il concetto di comorbilità1 costituisce un fattore centrale di analisi e di indagine del fenomeno, nonché fonte di complicazioni e di ulteriore complessità. Il comportamento di gioco d'azzardo, infatti, pre­ senta alti livelli di comorbilità con varie problematiche psicologiche, la cui presenza - in qualche modo - presagisce il rischio di un comporta­ mento distruttivo di gioco. In particolare, in letteratura è stata finora osservata la condizione di comorbilità tra il gioco d'azzardo patologico e disturbi come: • la dipendenza da sostanze e i disordini legati all'uso di alcol; • i disturbi dell'umore; • i disturbi di personalità; • gli altri disturbi di controllo degli impulsi. La comorbilità - nonostante le sue numerose possibilità di combinazio­ ne - rappresenta solo uno dei tanti correlati del gioco d'azzardo proble­ matico e patologico che, fino a oggi, la ricerca è riuscita a individuare senza, tuttavia, effettuare inferenze specifiche circa le cause di tale disor­ dine comportamentale. Del resto, la complessa eziopatogenesi del gioco problematico può essere, tutt'al più, sintetizzata attraverso due grandi categorie di fattori che ne sono implicati: i fattori individuali e i fattori socioambientali. Le cause dell'abitudine al gioco d'azzardo, insomma, hanno a che fare, da un lato, con la storia personale del soggetto, con le sue caratteristiche di personalità, con le esperienze di vita che hanno contribuito a definire la sua soggettività, con le modalità cognitive ed emotive che gli sono pro1 . I l termine indica la presenza di più di un disordine psicologico diagnosticabile in uno stesso individuo e nello stesso momento.

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prie, con la percezione che la persona ha del gioco, con le sue competen­ ze, con le sue caratteristiche genetiche e neurobiologiche ecc. ; dall'altro, con i fattori sociali e, in particolare, le caratteristiche del contesto fami­ liare, le abitudini del gruppo dei pari, le reti e il sostegno sociale, il più vasto ambiente culturale in cui un individuo vive. Scheda 5.1. l d i eci sottocrite ri co m po rta me nta l i p e r la d ia g n osi d i GAP È eccessiva m ente coi nvolto nel gi oco d'azza rdo (ad esem pio, i l soggetto è continua ­

1.

m ente i ntento a rivive re esperienze trascorse d i gioco, a va l uta re o pianifi ca re la prossi­ m a i m presa d i gioco, a d escogita re i modi per procu ra rs i il dena ro con cui giocare). 2.

H a bisogno d i gioca re som m e d i d ena ro s e m p re m a ggiori p e r ra ggi u n gere l o stato

di eccita zio n e desi d e rato. 3 - Te nta ri p etuta m e nte e s enza s u ccesso d i co ntro l l a re, ri d u rre o interro m pe re il gi oco d'a zza rd o. 4.

N e l tentativo d i ri d u rre o i nterro m pere il gioco d'a zza rd o, il soggetto ris u lta m o lto

i rre q u i eto o i rrita b i l e. 5.

I l soggetto rico rre a l gioco co m e fu ga d a pro b l e m i o co m e co nfo rto a l l' u m o re d i sfo ­

rico (ad esem pio, s enso d i d is p e ra zione, d i co l pa , a n si a , d e p ressione). 6.

Qu a n d o p e rd e, i l soggetto rito rna s pesso a gioca re p e r rifa rsi (" i n s e g u i m e nto" d e l l e

p e rd ite). 7.

M ente in fa m i gl i a e con g l i a ltri p e r nas cond e re il g ra d o d i coi nvo l g i m ento ne l gioco

d'a zza rd o. 8.

M ette a risch io o perd e una re l a z i o n e i m po rta nte, un l avoro, un'o p p o rt u n ità d i fo r­

m a zi o n e o d i ca rri e ra a ca usa del gioco. H a co m m esso a zio n i i l l e ga l i co m e fa l s ifi ca zione, frode, fu rto , o a pp ro p riazione

g.

i n d e bita p e r fina n zi a re i l gioco d'a zza rdo. 10. Confid a n eg l i a ltri p e rc h é g l i fo rn isca n o il d ena ro n ecessa ri o a fa r fronte a una situazione eco n o m i ca d i s pe rata, ca u sata d a l gi oco. Fon te:

APA

(1996, p p . 674-7) .

Si tratta, in tutti i casi, di fattori predittivP che è necessario analizzare e considerare per progettare interventi nell'ottica della prevenzione. Di seguito analizzeremo con maggiore dettaglio ognuno degli aspetti . qu1 ant1c1pat1. .

Condizioni predisponenti che indicano il rischio più o meno forte di sviluppa­ re un comportamento disfunzionale e distruttivo.

2.

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5 . EZ I O PATO G E N ES I D E L G I O CO D ' AZZA R D O P RO B LE M ATI CO

s.t.

la como rbi lità

Il gioco patologico e il gioco problematico, come abbiamo detto, mani­ festano alti livelli di comorbilità con altri disturbi psicologici: l'alcolismo, l'uso di sostanze stupefacenti, i disturbi dell'umore, i disturbi d'ansia, alcuni disturbi di personalità, gli altri " Disturbi del controllo degli impulsi non classificati altrove", le condotte suicidarie. Marino ( 2002) ribadisce come la presenza di specifiche condizioni psicopatologiche sia un fattore predisponente rispetto al comportamen­ to di gioco patologico; in particolare, si riferisce a: • disturbi dell'asse 1 , come disturbi dell'umore, di deficit d'attenzione con iperattività o correlati a sostanze (ad esempio, abuso di alcol o di eroina) ; • disturbi dell'asse 1 1 , come il disturbo antisociale di personalità, il disturbo narcisistico e il disturbo borderline di personalità. La dipendenza da alcol e da altre sostanze, nello specifico, viene stabilita su criteri diagnostici del tutto simili a quelli per la diagnosi di gioco d'az­ zardo patologico. Numerose le ricerche che indicano una maggiore pre­ valenza di giocatori d'azzardo tra gli alcolisti e i tossicomani rispetto alla popolazione generale; altri studi indicano, inoltre, sovrapposizioni tra i vari tipi di dipendenze. Lesieur, Blume e Zoppa (1986) , in uno studio condotto su 458 adul­ ti ricoverati per alcolismo e altre dipendenze al South Oaks Hospital di Amityville, hanno riscontrato che spesso il bere e l'assunzione di droghe si accompagnavano al gioco d'azzardo: il 44 °/o degli intervistati ha dichia­ rato di aver fatto uso di droghe e/o alcol tutte o quasi tutte le volte che giocava ed il 34 °/o ha affermato di giocare a volte quando beveva, somma­ to a un 5°/o di soggetti che giocava tutte o quasi tutte le volte che beveva. Tra gli alcolisti, il 5°/o era giocatore d'azzardo patologico e il 1o0/o presen­ tava problemi connessi a questa attività. Tra i dipendenti da alcol com­ binato con altre sostanze i giocatori d'azzardo patologici rappresentava­ no il 1 2°/o, mentre il 10°/o presentava problemi causati dal gioco. Da un'indagine su 1 .700 soggetti adulti (Jacobs, Elia, Goldstein, 1991) trat­ tati per problemi di alcol e droga, è emerso che una percentuale del 14 °/o presentava i sintomi del giocatore patologico e il 1 6°/o era giocatore pro­ blematico. In un più recente studio condotto da Lejoyeux e collaborato­ ri (1999) su un discreto numero di soggetti ricoverati per dipendenza da alcol, è emerso che ben il 9°/o di questi manifestava pure i sintomi carat59

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teristici del GA P , mentre il 1 0°/o quelli del gioco problematico. Ancora, Thurber e Dahmes (1999) hanno ribadito come tra gli adolescenti con GAP i problemi legati all'abuso di alcol e di sostanze siano drammatica­ mente frequenti. Rosenthal ( 1994) è giunto perfino a considerare gioco d'azzardo pato­ logico e alcolismo come due forme diverse di un unico disturbo, ipotesi rinforzata dal tasso piuttosto alto di presenza delle due patologie nella stessa persona in tempi diversi (dipendenza crociata) o nello stesso tempo (dipendenza multipla) . Anche in Italia alcune ricerche hanno confermato l'incidenza partico­ larmente elevata di giocatori patologici e problematici tra alcolisti e tos­ sicomani: tra i primi, ben 1'8°/o sembra accusare problemi di comporta­ mento di gioco d'azzardo; lo stesso vale per il 9°/o dei tossicomani (Spazzapan, 2001) . Ben più alte le percentuali rilevate da altri studi: il 32, 5°/o del campione di politossicodipendenti intervistati presso il SerT di Gallarate ( Capitanucci, Biganzoli, 2000) è risultato essere " giocatore pro­ blematico ", mentre il 20, 2°/o di 998 soggetti eroinomani in trattamento presso diciassette SerT della Lombardia mostra i sintomi di un gioco d'azzardo patologico (Capelli et al. , 2004) . Accanto alle analogie, tuttavia, è doveroso sottolineare anche gli ele­ menti di forte differenza e di specificità tra queste forme di addiction: mentre nelle tossicodipendenze la persona cerca un ottundimento e un ripiegamento su se stessa, al contrario il gioco d'azzardo sembra teso all' ottenimento di un nuovo senso di sé più forte, esaltato, vittorioso, più potente. Ciò che sembra essere in gioco è la ricerca ossessiva di un'imma­ gine di sé migliore e trionfante, sebbene questa venga perseguita, in alcu­ ni casi, per fronteggiare una svalutazione di sé (Rigliano, Croce, 2001 ) . Inoltre, nel gioco d'azzardo patologico non siamo in presenza di una sostanza esterna, la "droga" è interna. Il comportamento di gioco, infatti, crea quelle situazioni che attivano la produzione di certe sostanze nel nostro organismo: esso è, dunque, un modo per "drogarsi" con sostanze interne. Nonostante molti autori abbiano parlato di " personalità dipendente ", attribuendo al gioco d'azzardo e alle sostanze stupefacenti il ruolo di equivalenti funzionali, sembra che la relazione tra queste diverse forme di dipendenza sia, piuttosto, il risultato di fattori interni ed esterni all'indi­ viduo: dalla predisposizione genetica alle caratteristiche di personalità, dagli atteggiamenti alle competenze, dall'ambiente alle pressioni sociali e ai fattori socioculturali. Uno studio americano su studenti di college ha trovato, inoltre, correlazioni significative tra diverse forme di addiction: 60

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gioco d'azzardo, uso di videogame, uso di Internet e televisione (Green­ berg, Lewis, Dodd, 1 999) . La comorbilità, come dicevamo, interessa anche altre tipologie di disturbo: in uno studio epidemiologico condotto da Cunningham­ Williams e collaboratori (1998) la depressione è risultata essere una fre­ quente condizione di comorbilità con il GAP . A conferma di ciò, una ricerca di Black e Moyer (1998) su un ampio campione di giocatori pato­ logici, ha rintracciato nei disordini dell'umore uno dei tre disturbi più comuni di comorbilità con il GA P . I criteri diagnostici per il GAP , infatti, includono un sintomo che sta­ bilisce questo legame: «Il soggetto ricorre al gioco come fuga da proble­ mi o come conforto all'umore disforico (ad esempio, senso di disperazio­ ne, di colpa, ansia, depressione) » ( APA, 1996, p. 674) . La conferma evidente di quanto detto ci arriva dai cosiddetti giocato­ ri per fuga ( Guerreschi, 2000) , che giocano spinti dal bisogno di fuggire da una realtà deprimente e mortificante, da una vita noiosa e piena di situazioni insoddisfacenti: essi, dunque, ricorrono al gioco per ragioni disforiche. Molti studi, inoltre, hanno sottolineato un legame tra GA P , pensieri suicidari e suicidi ( Hollander, Wong, 1995 e Specker et al., 1995, cit. in Lavanco, 2001 ) , nonché tra GAP e gli altri Disturbi del controllo degli impulsi ( Black, Moyer, 1998; Greenberg, Lewis, Dodd, 1999) . Black e Moyer (1998) hanno inoltre trovato che 1'87°/o dei giocatori patologici da loro presi in esame incontra i criteri diagnostici di un Disturbo di Personalità. Altre ricerche, infine, hanno documentato una connessione tra GAP e Disturbi d'ansia e in particolare, con il Disturbo Ossessivo-Compulsivo ( Black, Moyer, 1998; Blaszczynski, 1999; Koran, 1999; Raghunathan, Tuan Pham, 1 999) . 5 .2.

l fattori sociodemografici

Secondo i risultati di diverse ricerche, i fattori sociodemografici hanno un'influenza determinante nell' insorgenza o meno del gioco problemati­ co e/ o patologico. Il GAP sembra colpire prevalentemente, e più precocemente, le perso­ ne di sesso maschile: numerose ricerche, infatti, hanno dimostrato che la possibilità di diventare un giocatore patologico è due volte maggiore per gli uomini; inoltre, la probabilità di GAP sembra essere inversamente pro61

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porzionale al livello d'istruzione/formazione, mentre la sua distribuzione è equa in tutte le categorie sociali. Ancora, le variabili sesso, età e livello di istruzione sembrano influire su altri elementi, quali la tipologia di gioco preferito, la quantità di dena­ ro investita, il tempo dedicato al gioco, la frequenza delle giocate. Una ricerca effettuata dall'Eurispes nel luglio del 2000, su un cam­ pione di mille soggetti, ha fornito dati piuttosto interessanti al propo­ sito: il 53o/o dei giocatori sembra essere costituito da donne; il motivo per il quale si gioca sembra variare fortemente in funzione della varia­ bile " sesso " , infatti, il guadagno è risultata la motivazione più forte per le donne (37, 2°/o contro il 28 , 5 o/o degli uomini) , mentre più alta è la percentuale degli uomini rispetto a quella delle donne che sceglie di giocare per " divertimento " ( 24, 2o/o contro il 21 , 2°/o ) . La riflessione rela­ tiva al rapporto tra gioco e livello di istruzione conduce a un quadro che comprende praticamente tutti i livelli di scolarità presenti sul terri­ torio . Il " guadagno " è la motivazione forte che accomuna praticamen­ te tutte le fasce della popolazione, indipendentemente dal livello di sco­ larizzazione posseduto. Solo una piccola percentuale di laureati mette in secondo piano il fattore " guadagno " rispetto a quello " divertimen­ to " . Il " divertimento ", inoltre, inizia ad avere un certo peso anche per i soggetti diplomati. L"' abitudine " è l'elemento che influisce maggior­ mente sul co mportamento di gioco delle fasce meno scolarizzate della popolazione. Tra le variabili sociodemografiche possiamo farci rientrare alcuni importanti fattori predittivi, quali: la presenza di un genitore o, peggio, di entrambi con problemi di gioco d'azzardo; la perdita dei genitori per morte, la loro separazione o divorzio, l'abbandono prima che il figlio abbia compiuto 1 5 anni; l' iniziazione al gioco d'azzardo in età adolescen­ ziale; un' insufficiente valorizzazione del risparmio da parte della famiglia di appartenenza e un'eccessiva importanza attribuita ai simboli materiali o finanziari ( Gherardi, 1991) . Ancora, un ruolo determinante è quello del gruppo di appartenenza: appartenere e frequentare un gruppo di giocatori aumenta il rischio di sviluppare comportamenti di gioco problematico. A queste, aggiungiamo variabili che, se correttamente osservate e monitorate, consentono di far presagire la possibilità d'insorgenza di un gioco problematico: la .freq uen­ za delle giocate; il tempo dedicato all'attività di gioco; la scelta di scom­ mettere da soli o in compagnia (nel primo caso, infatti, il rischio sembra essere maggiore) ; la somma di denaro investita nelle scommesse. 62

5 . EZ I O PATO G E N ES I D E L G I O CO D ' AZZA R D O P RO B LE M ATI CO 5 .3.

Le ca ratteristiche d i person a l ità

La ricerca ha dimostrato che alcune dimensioni di personalità sono for­ temente correlate al comportamento di gioco d'azzardo: ci stiamo rife­ rendo, in particolare, alle caratteristiche della sensation-seeking, di risk­ taking, del locus ofcontro!, della brama di successo, dell'autostima. Il sensation-seeking, cioè la " ricerca di forti sensazioni", sembra essere correlato positivamente ai problemi di gioco d'azzardo (Breen, Zucker­ man, 1 999) : spinte dall'amore per il rischio e per il brivido e dalla voglia di fare nuove esperienze e di provare forti eccitazioni, certe persone ricor­ rono al gioco quale spazio che permette loro tutto questo. In particolare, Zuckerman afferma che agli individui piace il rischio di perdere, poiché produce in loro forti eccitazioni, sia durante la suspence per l'attesa del risultato, sia in seguito alla stimolazione per la vincita. Tuttavia, come l'autore stesso ha dichiarato (Zuckerman, 1983), non tutti i giocatori d'azzardo sono " cercatori di sensazioni" e non tutti i giochi rispondono allo stesso modo a tale caratteristica. Sembra, infatti, che giochi come il Bingo o le slot machine non diano lo stesso livello di eccitazione di gio­ chi come il poker o le corse di cavalli che vengono scelti, per tale ragio­ ne, dai " giocatori d'azione " . U n altro processo psicologico implicato nei meccanismi complessi del gioco d'azzardo è l'atteggiamento verso il rischio. Il comportamento di risk-taking (" assunzione di rischio") crescerebbe con l'aumentare della familiarità degli individui con il gioco. Il gioco, dunque, non è rischioso in sé, ma in quanto supporto a una dimensione debole della formazione dell'identità e della relazione con l'altro. Due ulteriori costrutti si ritengono utili per spiegare il comportamento dei giocatori: la brama di successo e il focus of contro!. Il primo deriva dalla teoria della personalità di Murray (1938, cit. in Lavanco, 2001) , e si collo­ ca tra le motivazioni che lo stesso autore definisce " secondarie" (quali il gioco, il successo e il dominio) . Sembra che i soggetti con un forte bisogno di successo preferiscano scommesse dall'esito più incerto o forme di gioco d'azzardo che coinvolgano il fattore abilità (Dickerson, 1984) . Il focus ofcontro! è stato definito da Rotter ( 1960) come una variabile che comprende un sistema di aspettative generalizzate in base alle quali l'individuo percepisce la propria azione - finalizzata al conseguimento dei propri scopi - come determinante o come non significativa. Possia­ mo, dunque, distinguere soggetti con un focus of contro! " interno " o " esterno " . I primi credono di avere la capacità di poter controllare o

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influenzare ciò che avviene, grazie ai propri sforzi o alle proprie abilità. I secondi, invece, pensano di essere in balia del destino e sono convinti che sia il caso o la fortuna a dirigere la loro vita. Alcune ricerche (cfr. Carro li, Huxley, 1994) hanno trovato una forte correlazione tra focus of contro! " interno " e GA P : i giocatori patologici, secondo questi risultati, sembra­ no essere soprattutto individui che fanno affidamento sulle loro capacità e abilità piuttosto che rimettersi passivamente alla fortuna. In realtà, altre ricerche giungono a differenti conclusioni: i soggetti con focus of contro! interno sembrano maggiormente determinati nell'evitare di sviluppare un comportamento disfunzionale di gioco, mentre i soggetti con focus of control " esterno " sono più a rischio di diventare giocatori patologici (cfr. Lester, 1980) . Una possibile spiegazione a conclusioni così divergenti chiama in causa le diverse tipologie di gioco d'azzardo: i giochi di fortu­ na attirerebbero gli " esterni", mentre i giochi " di testa" sembrerebbero avere maggiore successo tra gli " interni " . Infine, il livello d i autostima sembrerebbe avere un ruolo determinante sul comportamento di gioco (Roy et al., 198 8 ) . La depressione e gli stati ansiosi, infatti - spesso associati, come abbiamo visto, ai comportamen­ ti di gioco problematici e patologici - sembrano contribuire a impoveri­ re non solo il meccanismo dell'autoregolazione e dell'utilizzo di abilità di coping funzionali, ma anche della stima in se stessi. In realtà, per quan­ to sia evidente la relazione tra autostima e gioco d'azzardo, non è stato ancora chiarito se la bassa autostima sia causa della dipendenza dal gioco o conseguenza di tale dipendenza e delle ingenti perdite in campo eco­ nomico, personale e sociale. 5.4.

l fattori cognitivi

Tra i meccanismi cognitivi e motivazionali utili a spiegare le dinamiche psicologiche che sottostanno al comportamento problematico e patolo­ gico del giocatore d'azzardo vi sono di certo le distorsioni cognitive, quali l'illusione di controllo e la fallacia del giocatore. L'illusione di controllo (Langer, 1975) è una distorsione cognitiva che si presenta nel momento in cui le persone trattano gli eventi di tipo alea­ torio come se fossero sotto il loro controllo. Il gioco d'azzardo, proprio perché dipendente dalla volontà individuale, viene percepito non come gioco d'alea ma d'abilità; si va contro, così, alla conoscenza delle leggi che regolano il caso e che permeano l'azzardo. Un esempio: immaginiamo di aver lanciato per dieci volte una mone64

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ta e che per dieci volte sia uscita testa; saremmo tentati di inferire il risul­ tato del lancio successivo studiando la sequenza dei risultati ottenuti in precedenza e di scommettere, perciò, sull'uscita di croce. Questa previ­ sione risulta essere del tutto fuorviante: analizzare le uscite precedenti non fornisce alcun suggerimento circa l'uscita successiva, perché le pro­ babilità che esca croce restano sempre una su due. Ogni partita, infatti, è un evento a se stante, non legato ai precedenti. Al contrario, la tenden­ za a stabilire legami tra eventi che sono indipendenti tra loro è una delle percezioni erronee più rilevanti tra i giocatori d'azzardo. Ladouceur e collaboratori ( 2002) hanno condotto alcune ricerche per osservare queste distorsioni cognitive, analizzando le verbalizzazioni di centinaia di persone di età e sesso differente durante il gioco. I dati emer­ si mostrano che 1'8oo/o dei pensieri espressi durante il gioco sono erronei. L'elemento accomunante è che gli individui osservati cercavano di predire il risultato e nell'85o/o dei casi facevano ciò collegando tra loro eventi indipendenti. Langer stesso (1975) ci fornisce alcuni esempi in relazione al meccani­ smo specifico dell'illusione di controllo: sembra che un giocatore scom­ metta somme di denaro maggiori se si confronta con un concorrente agi­ tato, e inferiori se il concorrente appare sicuro di sé; allo stesso modo, acquisterebbe biglietti della lotteria se scelti di propria mano, piuttosto che assegnatigli da altri. L' illusione di controllo si presenta soprattutto quando c'è un elevato grado di coinvolgimento del soggetto, una mag­ giore familiarità con il gioco e un più alto livello di competizione ( Grif­ fìth, 1990) ; la convinzione che il caso possa essere controllato, nelle sue forme estreme, può differenziare il giocatore patologico dal giocatore sociale. La tendenza a credere di poter controllare il caso è, probabilmente, associata a un alto bisogno di conquista. Tale meccanismo è stato ben spiegato da diversi studi, come quello di Henslin ( 1967, cit. in Croce, Zerbetto, 2001) , nel quale è stato osservato che i giocatori di dadi lancia­ no i dadi con più forza quando vogliono ottenere un numero alto e con minor forza quando, invece, sperano in un numero più basso. Inoltre, tale tendenza ha a che fare con un desiderio che, evidentemente, va al di là della logica, rientrando nel cosiddetto pensiero magico. Concorre ad alimentare il pensiero magico anche l'idea che avvenimen­ ti tra loro indipendenti siano invece legati. Questo meccanismo consen­ te di spiegare !"' aspettativa dei numeri ritardatari ", fondata sull' idea ( magica) che i numeri o il caso abbiano una memoria che li distribuisca 65

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equamente. Tale elemento è riscontrabile nei giocatori di video poker e di slot machine, i quali ritengono che una macchina che non paghi da diver­ so tempo alla fine dovrà pagare (Croce, 2001) . Si pensi, ancora, anche al fenomeno della " quasi vincita", come ulteriore dimostrazione dell'attiva­ zione di pensiero magico; si tratta di quel fenomeno per cui anche in caso di perdita si può avere la percezione di essere vicini alla vittoria. Questa variabile si riscontra nei giocatori di Bingo quando pensano che, se a vin­ cere è stata la persona seduta accanto o se a loro stessi mancava un solo numero per fare Bingo, insistendo si arriverà alla vittoria. Infine, la perdita di controllo nel giocatore, ossia il fenomeno dello chasing!, può essere associata a un'altra modalità di pensiero magico che si fonda sull'idea che quanto più uno si sacrifica, soffre e rischia, tanto più sara ncompensato. Tutto ciò ha a che fare con quel concetto complesso che il senso comune definisce " superstizione": quello strumento che consente a molti di governare un'incertezza che fa paura, di controllare eventi che agitano e mettono ans1a. La seconda distorsione cognitiva cui si accennava in apertura per illu­ strare l'irrazionalità del pensiero e delle decisioni del giocatore è la falla­ cia del giocatore, detta anche " fallacia di Montecarlo " ( Cohen, 1972, cit. in Dickerson, 1984) . Si verifica quando il giocatore tende a sopravvaluta­ re la propria probab ilità di successo in seguito a una sequenza di previ­ sioni inesatte o di scommesse perse. Il giocatore, insomma, stima bassa la propria probabilità di vincere in seguito a una scommessa vinta. È interessante, a questo punto, citare uno studio di Ladouceur e col­ laboratori (1988) che ha indagato la differenza tra giocatori patologici e normali rispetto alle percezioni erronee. A tutti i giocatori è stato richiesto di verbalizzare ad alta voce i pen­ sieri e le percezioni durante la fase di gioco. Gli autori hanno individua­ to tre possibili tipi di pensieri: adeguati, erronei e neutri. Dai risultati è emerso che la percentuale dei pensieri erronei dei gio­ catori d'azzardo patologici è pari all'8o0/o, mentre quella dei giocatori non patologici è uguale al 70°/o ; tale differenza non risulta rilevante. Rispetto alle percezioni i giocatori patologici si concentrano maggior­ mente sul gioco rispetto ai non patologici. Infine, i giocatori patologici hanno un grado di convincimento decisamente più alto rispetto all'esito '

.

3· Il termine indica la rincorsa alle perdite, nel tentativo di recuperare il denaro perso, che porta spesso a pericolose escalation.

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della giocata che non i giocatori non patologici; si è visto, inoltre, come questi pensieri si rafforzino nel corso della giocata: più perdono più si convincono che il momento della vincita si sta avvicinando. È interessan­ te sottolineare che, sebbene i pensieri erronei fossero presenti in entram­ be le categorie, con il trascorrere del tempo i giocatori non patologici assumevano un atteggiamento critico e consapevole rispetto a tali con­ vinzioni, mentre i giocatori patologici erano sempre più convinti della validità delle loro percezioni erronee. Un'altra differenza tra i giocatori eccessivi e i giocatori sociali riguar­ da l'atteggiamento nei confronti dell'attesa di vincita negativa. Partendo dal presupposto che tutti i giochi d'azzardo siano contraddistinti da que­ sto processo - secondo cui la quota che viene restituita ai giocatori sotto forma di vincite è sempre " negativa" nei giochi d'azzardo - i giocatori eccessivi non sembrano considerarlo, insistendo al contrario a giocare con l'idea di recuperare o di vincere del denaro. La ragione di questo semb ra risiedere nel fatto che mentre ci dedichiamo a tali giochi, quasi tutti dimentichiamo, neghiamo o non ci accorgiamo che essi si fondano sulla nozione di azzardo ( Capitanucci, Ladouceur, 2003) . Ci interessa altresì argomentare come il ricorso a strategie di coping centrate sul problema - come insieme di strategie cognitive e comporta­ mentali che mirano a ridurre il rischio di probabili danni indotti da even­ ti stressanti - sia il modo più funzionale e sicuro per evitare di incorrere nell'assunzione di comportamenti " disturbati" . Al contrario, il ricorso a strategie centrate sulle emozioni o sull"' evitamento ", sembra corrispon­ dere a una maggiore probabilità di giocare d'azzardo e sviluppare com­ portamenti problematici. Una volta dimostrato che le strategie di coping svolgono un ruolo centrale nella genesi e nella perpetrazione di una dipendenza (Shiffman, Wills, 198 5; Ravenna, Zani, 1996) , alcune ricer­ che hanno confermato il legame tra coping e gioco d'azzardo: (Ligthsey, Hulsey, 2002; Sheperd, Dickerson, 2002) . Incapaci di gestire le proprie emozioni con strategie basate sul problema - finalizzate, cioè, a modifi­ care la situazione a partire dalla fonte di stress - queste persone farebbe­ ro affidamento su un comportamento esterno perché li aiuti a farli sen­ tire in grado di controllarsi. s.s.

l fattori genetici e neuro bio logici

Tra i fattori più strettamente individuali che consentono di spiegare la diagnosi di gioco d'azzardo patologico compare quello relativo ai fattori 67

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genetici e neurobiologici che entrano in campo nel determinare i com­ portamenti delle persone. Anche il comportamento di gioco d'azzardo patologico viene correlato a questioni di vulnerab ilità genetica. Sembra, infatti, che i giocatori d'azzardo patologici manifestino alterazioni del sistema genetico di codifica a carico dei recettori dopaminergici D2 del­ l' area mesolimbica e mesocorticale; ciò vuol dire che rischiano di " ammalarsi" d'azzardo gli individui che presentano un " deficit del siste­ ma di gratificazione cerebrale" e che, pertanto, ricorrerebbero a stimoli esogeni prodotti da sostanze e non, per " correggere" il proprio deficit. Altre ricerche hanno evidenziato che la specializzazione emisferica nei giocatori d'azzardo è più bassa rispetto ai non giocatori. Le stesse eviden­ ze sono state raccolte da ricerche condotte su bambini con deficit di attenzione e basso controllo degli impulsi; non a caso il gioco d'azzardo patologico è stato classificato, come abbiamo detto in precedenza, tra i Disturbi del controllo degli impulsi. Significative alterazioni sono state riscontrate anche a carico dei siste­ mi neurotrasmettitoriali: in particolare, dei sistemi noradrenergico, sero­ toninergico e dopaminergico. Rispettivamente, la noradrenalina è coin­ volta nella vulnerab ilità cognitiva e fisiologica del giocatore d'azzardo; la serotonina ha un ruolo fondamentale nell'iniziazione e nella disinibizio­ ne comportamentale; infine, la dopamina è coinvolta nell'aumento del livello di attivazione, di attenzione e di arousal, di risveglio di eccitamen­ to e gioca un ruolo fondamentale nella gratificazione e nel rinforzo (Guelfi, 2002) . Non ultima la possib ilità che il gioco d'azzardo patologico possa esse­ re determinato da compromissioni neurologiche prevalentemente a danno del lobo frontale.

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6 l' assessment dei livel li di gioco:

gli strumenti

Sono numerosi gli strumenti per la valutazione del gioco patologico: alcuni abbastanza noti e utilizzati frequentemente in ambito sia diagno­ stico sia di ricerca; di altri non se ne possiede ancora la versione in lingua italiana. Inoltre, questi strumenti di valutazione possono essere distinti in specifici e aspecifici: i primi vengono appositamente utilizzati per la valu­ tazione del livello di gravità del comportamento di gioco, mentre quelli aspecifici (alcuni test di personalità e le scale per la valutazione di ansia e depressione) vengono utilizzati insieme ai primi per aggiungere informa­ zioni preziose sulle caratteristiche di personalità del soggetto e sull' even­ tuale presenza di altri disturbi. Lo strumento più conosciuto per lo screening generale dei disturbi da gioco d'azzardo è il South Oaks Gambling Screen ( s o G s ) , che Lesieur e Blume hanno elaborato nel 1987 (cfr. Lavanco, 2001) . Si tratta di un que­ stionario di autovalutazione che nella forma " classica" ( ne esistono, infatti, varie versioni) risulta composto da venti domande alle quali rispondere in forma affermativa o negativa e che ruotano intorno agli atteggiamenti e alle esperienze relative al gioco e al denaro. Viene ampia­ mente utilizzato nell'ambito della ricerca, ma anche per effettuare una valutazione iniziale o per confermare un'ipotesi diagnostica; fornisce, infatti, molte informazioni che riguardano sia il giocatore sia il suo ambiente relazionale e sociale. I risultati al S O G S vengono correlati alle diagnosi del D S M - rv; il valo­ re massimo che si può ottenere è di venti punti, ma già un punteggio di cinque è significativo per fare una diagnosi di gioco patologico. Tuttavia, è stato evidenziato come il S O G S tenda a produrre " falsi positivi ", cioè a sovrastimare il numero di giocatori compulsivi (cfr. Ladouceur et al., 2000) . Inoltre, si può affermare che tale strumento fornisca soltanto delle stime, poiché si basa sulle capacità mnestiche del giocatore rispetto ai dettagli della sua attività di gioco. 69

PA RTE P RI M A . CO N S I D E RA ZI O N I I NTRO D U TTIVE E I N Q U A D RA M E N TO

Un altro strumento per misurare la problematicità o la patologia del gioco d'azzardo è il Diagnostic lnterview Schedule ( n 1 s ) , derivato da quanto affermato all' interno del DSM-IV (Robins et al. , 1996) . Il D I S con­ tiene tredici item che ruotano intorno ai dieci criteri di diagnosi del GAP (cfr. par. 5 ) . In presenza di cinque o più criteri si considera gioco d'az­ zardo patologico, mentre tra i tre e i 5 criteri si valuta come gioco d'az­ zardo problematico. Ancora, il Massachussetts Gambling Screen (MAGS) , elaborato dai ricer­ catori dell'Università di Harvard (Shaffer et al. , 1994, cit. in Lavanco, 2001) , può essere somministrato sia a soggetti adulti sia agli adolescenti, anche se viene più spesso utilizzato con questi ultimi; ci fornisce un indi­ ce di " gioco patologico " ( P LG) e uno di " gioco non patologico " ( N P LG) e mostra un'alta attendibilità test-retest. Per quanto riguarda i ragazzi più grandi, lo strumento utilizzato in America è il College Student Gambling Inventory, messo a punto da McCown, nel 1 997. È stato utilizzato in varie ricerche, soprattutto in Louisiana, e sembra avere un'adeguata validità concorrente e predittiva; ha un'alta coerenza interna (a 0,89) e un'alta attendibilità test-retest (0,85 per tre mesi) . Il Pathological Gambling- Yale Brown Obsessive-Compulsive Scale ( P G ­ YB ocs), ancora, è u n questionario elaborato da Hollander e collaborato­ ri, nel 1998 (cit. in Lavanco, 2001), con l'intento di valutare la presenza e la severità di un gioco d'azzardo patologico sia in una fase iniziale sia al follow-up. Il P G-YB O C S consente di operare un confronto tra due aree: quella che potremmo definire " dell' intenzione" - che ha a che fare con l'impulso a giocare e con i pensieri - e quella " dell'azione ", relativa al comportamento di gioco. Queste due sezioni possono essere valutate separatamente, e quanti più punti si acquisiscono tanto più è severa la . . situazione. Una delle misure meglio note non è un inventario psicometrico tra­ dizionale: le venti domande della Gamblers Anonymous. Rispondere affer­ mativamente almeno a sette domande indica un comportamento proble­ matico di gioco. Tra le critiche che gli vengono mosse, il fatto che le domande non siano egualmente ponderate. Una diagnosi precoce, molto veloce, ma che funge da semplice scree­ ning iniziale, può essere effettuata con l'utilizzo di un mini-questionario: il LIEI B ET (Johnson, Hamer, 1998 ) . I n varie ricerche epidemiologiche, invece, viene usato il Fischer DSM­ I V Screen, basato sui dieci criteri diagnostici individuati dall'Associazione =

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6. L ' ASSESS M E NT D E l LIVELLI D I G I O CO: G LI STRU M E NT I

americana di psichiatria (APA) ; sembra, infatti, particolarmente indicato per formulare diagnosi di gioco patologico. Lo strumento in questione propone, per ciascuno dei dieci criteri, due sistemi di valutazione: uno bipolare (presenza/assenza del criterio) , l'altro graduato su una scala Likert a quatto punti (mai, una o due volte, qualche volta, spesso) . Una critica che viene mossa al Fischer DSM-IV Screen è relativa all'arbitrarietà di attribuzione dei punteggi. Ladouceur, insieme ai suoi collaboratori ( 2000), ha costruito un' inter­ vista diagnostica allo scopo di approfondire differenti aspetti legati alla storia e all'evoluzione del problema del gioco. È un'intervista semistrut­ turata composta da ventisei domande: alcune di esse hanno a che fare con i dieci criteri diagnostici dell' AP A, altre hanno la funzione di doman­ de supplementari che facilitano la valutazione. Un recente lavoro del Centro per la ricerca sul gioco d'azzardo del­ l'Università nazionale australiana, ha misurato l'attendibilità e la validità di un nuovo strumento, il Victorian Gambling Screen (vGs) , specifica­ mente definito per il contesto australiano. La validazione di questo stru­ mento è avvenuta attraverso la somministrazione dello stesso a un vasto campione della popolazione, cui sono stati somministrati anche il Cana­ dian Problem Gambling !ndex e il South Oaks Gambling Screen s+ (soGS5+ ) . Chow, Leung e Chan ( 2004) hanno proposto, invece, un nuovo strumento di screening che consente di classificare i giocatori in quattro tipologie: sociali, regolari, transizionali e problematici. Questo strumento sembra non solo definire tale classificazione in funzione di ciò che il giocatore attualmente rappresenta, ma pare anche fornire una pre­ visione della tipologia di giocatore che un soggetto è " in potenza", in funzione di cinque variabili (ad esempio, la prima esperienza di gioco) . La presenza e l'utilizzo di strumenti aspecifici, ci confermano la dimensione multifattoriale del gioco d'azzardo e la conseguente necessi­ tà di indagare altri aspetti correlati a questa problematica (caratteristiche di personalità, aspetti motivazionali, aspetti relazionali ecc. ) . Il Questionario di motivazione al cambiamento, versione gioco ( MACG ), ad esempio, serve a riflettere sulla fase che il soggetto sta attraversando nel suo percorso di uscita dalla dipendenza e sull'adeguatezza o meno di uno stile di intervento in relazione alla specifica fase che sta attraversando. Tale strumento si basa sul modello teorico del processo di cambiamento propo­ sto da Prochaska e collaboratori (1988, cit. in Capitanucci, Biganzoli, Car­ levaro, 2001) , che si fonda su tre concetti fondamentali: gli stati del cam­ biamento, il processo del cambiamento e i livelli del cambiamento. 71

PA RTE P RI M A . CO N S I D E RA ZI O N I I NTRO D U TTIVE E I N Q U A D RA M E N TO

Tra i test di personalità utilizzati per la diagnosi di gioco d'azzardo patologico - somministrati, naturalmente, insieme agli strumenti specifici per questo scopo - si annoverano l'MM P I (Minnesota Multiphasic Persona­ lity lnventory) e la sua recente versione, l'MMPI-2 (Meyer, Deitsch, 1996) , il Rorschach e il t6 PF. Il primo di questi consente di distinguere due grup­ pi di giocatori d'azzardo problematici cronici: il primo gruppo è caratteriz­ zato da individui che ottengono alti punteggi nelle scale 1, 2 e 3 (rispetti­ vamente lpocondria, Depressione e Isteria) e punteggi medio-bassi o "depressi" nella scala 9 (Ipomania) . Il secondo tipo di profilo implica un alto punteggio nelle scale 9 e 4 (Deviazione psicopatica) e un basso pun­ teggio nella scala introversione sociale. N el primo caso ci troviamo di fronte a soggetti che giocano d' azzar­ do per distrarsi dal loro infelice stato interiore; le donne e i videopokeri­ sti sono la maggioranza. Il secondo gruppo di soggetti è quello del " serio giocatore da tavolo ", troppo sofisticato per credere di avere un problema. Un terzo gruppo sembra potersi aggiungere ai precedenti: mostra pun­ teggi elevati nelle Scale 6 ( Paranoia) , 7 (Psicastenia) e 8 (Schizofrenia) . La patologia di fondo, in questo caso, sembra essere correlata a una con­ cezione errata della realtà e a un fallimento a comprendere le leggi della probabilità. L'M M P I-2, dunque, si rivela utile per spiegare i problemi dei soggetti cui è stata confermata la diagnosi di disturbo da gioco d'azzardo; non è, perciò, uno strumento diagnostico. Inoltre, produce troppi " falsi positi­ vi " . Sebbene non possa essere usato da solo come strumento diagnostico, è utile nella pianificazione del trattamento. Anche il Rorschach consente di individuare due gruppi di giocatori d'azzardo problematici: un gruppo con basso arousal, che gioca per " ricercare la sensazione ", e un altro con alto livello di arousal, che ricor­ re al gioco d'azzardo per trovare una distrazione dalla disforia interna. Il t6 P F, ancora - inventario di personalità che fornisce punteggi rispet­ to a tratti quali la " riservatezza" in contrapposizione a " cordialità", la " timidezza" in contrapposizione ad "avventurosità", la "fiducia" in con­ trapposizione a "sospettosità" - evidenzia come i giocatori d'azzardo "da tavolo ", tendono ad avere alti punteggi nelle scale A (cordialità l riserva­ tezza) , F (vivacità l serietà) e H (audacia l timidezza) e bassi punteggi nelle scale N (implicito l esplicito) e Q2 (indipendente l dipendente) . A queste scale possiamo aggiungere il più recente Clinica/ Multiaxial lnventory ( MCMI ) costituito da un questionario autosomministrato, composto di centosettantacinque domande (Millon et al., 1994, cit. in 72

6. L ' ASSESS M E NT D E l LIVELLI D I G I O CO: G LI STRU M E NT I

Capitanucci, Biganzoli, Carlevaro, 2001), che permette di diagnosticare i vari disturbi di personalità secondo i criteri del D S M - IV . Utili, ancora, le scale per la valutazione di ansia e depressione come la Hamilton rating scale per la depressione o l'ansia, o il Cut, Annoy, Guilty, Eye Opener ( CAG E ) di Mayfìeld e colleghi ( 1974, cit. in Capitanucci, Biganzoli, Car­ levaro, 2001) per indagare l'eventuale abuso di sostanze alcoliche Infine, in considerazione del fatto che l'ambiente familiare influisce sul comportamento di gioco d'azzardo, possono essere somministrati anche questionari specifici ai familiari del soggetto interessato. Uno stru­ mento di valutazione impiegato con le famiglie è il South Oaks Leisure Screen ( s o LAS ) , di Lesieur e Blume (1987) . Più popolare, invece, è il Gamblers Anonymous Questionnaire, attraverso il quale, ad esempio, si chiede a un membro della famiglia: "Vivi con un giocatore d'azzardo compulsivo ? " . Questo questionario non pretende di possedere qualità psicometriche sofisticate: non è stato proposto, infatti, per il livello di attendibilità e di validità che lo caratterizza, ma perché utile nel ridurre il rifiuto dei familiari rispetto al nucleo problematico. Lo strumento con­ sente una sorta di autoriflessione intorno ai comportamenti degli altri significativi del giocatore d'azzardo, riconoscendo come la condizione familiare sia strettamente correlata al comportamento di gioco d'azzardo. Mentre gli strumenti finora descritti consentono di rilevare o meno la presenza di gioco patologico, altri vengono impiegati durante le fasi ini­ ziali del trattamento. Tra questi l'Addiction Severity Index ( As i ) : un'inter­ vista semistrutturata che fornisce informazioni riguardo la vita del paziente e presenta indicazioni di gravità utili per orientare la cura in modo efficace (McLellan et al., 1980, cit. in Capitanucci, Biganzoli, Car­ levaro, 2001) . Un assessment così ampio non fa che ribadire la complessità del lavo­ ro diagnostico e terapeutico con i giocatori d'azzardo; per tale ragione, l'uso di un solo strumento non è mai esaustivo e risulta necessario ado­ perarne più di uno contemporaneamente.

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Parte seconda Forme di scommessa nella società post- moderna

In questa seconda parte del volume la nostra attenzione si rivolge, in particolare, a tre delle più attuali tendenze dell'azzardo: il Bingo, le " macchinette" e il gioco d'azzardo o n line. Discuteremo della storia dei giochi in questione, delle loro peculiarità ludico-strutturali, degli aspetti normativi connessi alla loro diffusione, delle ricerche realizzate in letteratura aventi come oggetto di riferimento proprio l'utilizzo di questi giochi. Si tratta, nello specifico, di tre giochi molto diversi tra loro - sia per le loro caratteristiche in termini di regole, strumenti e oggetti utilizzati, sia per il tipo di " ambientazione" circostante - ma accomunati da una serie di elementi che ne fanno i giochi più in voga del momento: si può giocare a ogni ora e in ogni luogo, da soli, seguendo regole semplici e universalmente valide, lasciandosi rapire dalla velocità delle giocate, dalle schermare colorate e lampeggianti, dalla possibilità di riscuotere imme­ diatamente la vincita. In una società altamente tecnologica e fortemente votata al consumo, il gioco d'azzardo che attrae maggiormente non può che rispondere alle medesime caratteristiche: le forme di scommessa che più attraggono i nuovi giocatori d'azzardo sono, infatti, accessibili a tutti, globalizzati, tecnologici, votati al consumo, solitari, decontestualizzati ed estrema­ mente semplici (Croce, 2001 ) . Propongono un nuovo modo di giocare: non più un gioco differito nel tempo (pensiamo alle due giocate infrasettimanali del Lotto e del SuperEnalotto o alla schedina del Totocalcio) , ma praticabile a ogni ora e tutti i giorni; non più un gioco rituale, definito da regole complesse e circoscritto a determinate situazioni, ma un gioco veloce, immediato, lontano dal " rito " e dai complessi meccanismi relazionali dei giochi tra­ dizionali (pensiamo al poker, ad esempio) . Le caratteristiche dei più attuali giochi d'azzardo sono : 75

PA RTE S E CO N DA. FO RM E D I S CO M M ESSA

• • • •

accessibilità alle macchine; velocità delle partite; possib ilità di riscossa immediata; alienazione dalla realtà.

In sintesi, il passaggio dai giochi di un tempo a quelli di oggi è segnato da un cambiamento radicale: prima i giochi erano lenti, avevano un'alta soglia di accesso, una certa ritualità, ed erano tendenzialmente di grup­ po. Adesso i giochi sono velocissimi, solitari, molto semplici e globaliz­ zati, nel senso che non corrispondono alle culture locali, ai contesti, ma sono uguali per tutti (Croce, 2001) . Per queste loro caratteristiche, i giochi odierni possono essere di certo considerati giochi hard, cioè ad alto rischio di addiction; infatti, l'Home Ojfice, ministero dell'Interno della Gran Bretagna, ha distinto i giochi d'azzardo tra hard e soft, in funzione della maggiore o minore potenzialità nel produrre rischi di addiction. Certo è che il rischio entra in relazione con un insieme di elementi che riguardano non solo le caratteristiche del gioco, ma anche la sfera dell'individuo, il contesto di gioco e il momento particolare nel quale il soggetto gioca. È vero anche che più alta è la fre­ quenza dell'evento, maggiore sarà la probabilità che l'attività possa deter­ minare problemi di gioco. Le diverse forme di dipendenze, infatti, si strut­ turano intorno alle gratificazioni e alla velocità delle gratificazioni. «Pertanto, più ci sono potenziali gratificazioni, maggiore diventa la proba­ bilità che tale attività crei dipendenza» (Croce, 2001, pp. 162-3) . Il progresso tecnologico ha portato con sé forme d'azzardo che assi­ curano il fenomeno della " ri-giocata rapida"; la base dei giochi " pesan­ ti", infatti, è la possibilità di rifarsi rapidamente; l'attività di gioco, insomma, è continuativa e le persone hanno la possibilità di giocare e rigiocare quando vogliono. L'aspetto della continuità/discontinuità è, dunque, un altro importante elemento di differenziazione tra giochi hard e giochi soft. Si crea, così, un circolo vizioso tra persona e gioco. Anche l'aspetto della " solitudine " di chi gioca assume un posto centrale nella pericolosi­ tà delle forme d'azzardo: i giochi solitari sfuggono al controllo del grup­ po e sono perciò più pericolosi. G razie (o a causa ?) di tali specifiche caratteristiche, inoltre, le forme " post-moderne" di gioco d'azzardo attraggono un pubblico generalmen­ te lontano dai luoghi " culto " della scommessa: famiglie e bambini, ado­ lescenti, casalinghe e pensionati. 76

PARTE S E CO N DA. F O R M E D I S CO M M ESSA

Alonso-Fernandez (1999) , inoltre, aveva già evidenziato come le nuove forme di dipendenza senza sostanza (il gioco d'azzardo, il lavoro, il sesso, lo shopping ecc.) fossero agevolate dalla nuova cultura post­ moderna e dall'innovazione tecnologica: da un lato la " frammentazione" e l'incertezza tipiche dell'attuale identità culturale generano stress, vuoto, noia e insoddisfazione, e dall'altro stimolano la tendenza all'immediata gratificazione. L'avanzare del progresso tecnologico ha modificato, non solo le abi­ tudini delle persone, ma anche il loro modo di esprimersi in situazioni problematiche e patologiche. Tutto ciò in un contesto culturale governato dall'immediatezza, dal qui e ora senza progettualità, dall'avere piuttosto che dall'essere. Un con­ testo culturale in cui emerge una nuova forma di personalità: una perso­ nalità " sognante " e " desiderante" che rincorre sogni di vincita e non più di divertimento condiviso.

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7

Bingo! Tombola moderna o casinò di quartiere?

Il gioco del Bingo viene da molti percepito e descritto come la moderna versione della tradizionale tombola, il più familiare dei giochi natalizi. Numeri estratti, cartelle, caselle da annerire e da guardare speranzosi che " quel " numero venga fuori. Si dice, ancora, che chi gioca al Bingo socializza: tanta gente in una stessa sala, tante persone con cui potenzialmente chiacchierare, divertir­ si, condividere le emozioni del gioco, proprio come accade con parenti e amici durante le giocate a tombola. Un gioco sociale, si direbbe, per le sue origini, per le sue caratteristi­ che, per l'atmosfera che si respira nelle sale appositamente adibite; un gioco finalizzato alla socializzazione, se pensiamo alle sue evidenti simili­ tudini con il gioco della tombola, a quei tavoli rotondi e numerosi che accolgono uomini e donne di tutte le età, coppie, gruppi di amici e inte­ ri nuclei familiari. Tuttavia, a ben guardare, è un gioco d'azzardo ripeti­ rivo e ipnotico come il gioco elettronico, con un ritmo serrato d' estrazio­ ne dei numeri che non permette di comunicare nemmeno con le persone sedute accanto, talmente veloce e spersonalizzante da creare un effetto di intontimento. Non una tombola, dunque, considerato che una partita dura in media cinque minuti e la fase di distribuzione delle cartelle e l' in­ tervallo fra una partita e l'altra non superano i tre minuti. Ben diverso dalle lunghe e " chiassose" tombole natalizie, dove " a causa" della socia­ lizzazione a stento si riesce a sentire il numero estratto. La posta impegnata per ogni partita, esigua solo in apparenza, si mol­ tiplica per la serie di partite giornaliere e rischia di portare al tracollo psi­ cologico ed economico il frequentatore assiduo. Il ritmo serrato delle gio­ cate non permette ai giocatori di realizzare la frustrazione della perdita e di fermarsi a riflettere: questo meccanismo li induce a intensificare il gioco nella speranza di rifarsi. Per queste sue peculiarità, il Bingo è stato definito un " casinò di quar79

PA RTE S E CO N DA. FO RM E D I S CO M M ESSA

tiere per poveri" con un altissimo potenziale attrattivo per casalinghe, disoccupati, pensionati e intere famiglie con minorenni al seguito. Aumentano, così, i giocatori a rischio. 7.1 .

La storia e la normativa

Le origini del gioco del Bingo risalgono agli antichi romani e, precisa­ mente, ai Saturnalia romani, la ricorrenza più festosa dell'anno che si svolgeva dal 17 al 24 dicembre; in essi echeggiava il rituale magico di asso­ ciazioni di numeri alle forme della vita e del creato. Il gioco della tom­ bola deriva, infatti, dal grande gioco di Saturno con il quale anticamen­ te si esercitava una vera e propria forma di divinazione. In giro per il mondo il Bingo ha una storia antica: sembra che con i proventi del Keno - gioco che, come il Bingo, è molto simile alla nostra tombola - si sia riusciti a finanziare parte della costruzione della mura­ glia cinese. La denominazione attuale del gioco, invece, nasce in America negli anni venti: fu Edwin Lowe, un venditore di giocattoli di New York, a dargli erroneamente questo nome; vincendo una partita di " Beano " - un gioco con cartelle e numeri segnati - si entusiasmò a tal punto che anzi­ ché gridare Beano disse " Bingo " . La diffusione di questo gioco ebbe ini­ zio intorno agli anni quaranta, fino ad approdare in Europa negli anni sessanta, prima nel Regno Unito e poi in Spagna. Oggi il Bingo è diffu­ so quasi omogeneamente in tutto il mondo; recentemente è stato intro­ dotto anche in Russia e nei paesi dell'Est. In Italia il Bingo appare per la prima volta al Festival dell'Unità del 1999 (Roma, Antico mattatoio, luglio-settembre) : fu proprio in quell' oc­ casione che venne allestito uno stand con circa un centinaio di posti dove, giocando a Bingo, si rincorreva il sogno di vincere un'automobile. L'iniziativa ebbe un successo talmente clamoroso da suggerire l'idea di importare il Bingo anche nel nostro paese: fu subito chiaro, infatti, il grosso business che ne sarebbe derivato. Vennero decise subito le direttive: il Bingo doveva essere giocato in apposite sale approvate dal ministero delle Finanze; sulla base di una gara europea, tramite concorso pubblico, sarebbero state attribuite ottocento concessioni per la loro gestione: quattrocentoventi da assegnare subito dopo l'espletamento della gara, mentre le rimanenti trecentottanta entro due anni dall'avvio del gioco ( nel caso in cui l'analisi su base territoriale del volume complessivo delle giocate facesse ritenere conveniente un Bo

7. B I N G O ! TO M B O LA M O D E R NA O CAS I N Ò D I Q U A RTI E R E?

ampliamento della rete) . Nacque così la Bingo Italia S.p.A. , la prima società italiana per la gestione delle sale Bingo, il cui scopo era quello di unire le forze, per poter partecipare al bando di gara con una struttura più solida e credibile1 • A questa hanno fatto seguito altre società, come la Snai, la Cirsa, la Formula Bingo, la Bingogest ecc. L'autorizzazione al gioco del Bingo è arrivata con il D.M. 31 gennaio 2000, n. 29 . La competenza sui giochi appartiene, infatti, al ministero delle Finanze che tramite il suddetto decreto ha stabilito il regolamento recante le norme per l' istituzione del gioco del Bingo, ai sensi dell'art. 1 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133. Tale regolamento comprende ben undici articoli che disciplinano diversi aspetti del gioco. • L'art. 1 stabilisce che: «l'esercizio del gioco del Bingo è riservato al ministero delle Finanze; la gestione del gioco, da svolgersi in sale non dedicate all'esercizio di altri giochi, è attribuita a concessionari con gare da espletare secondo la normativa comunitaria; infine, l'espletamento delle gare e il controllo centralizzato del gioco, dei relativi flussi finanzia­ ri, nonché la stampa delle cartelle e ogni altro servizio non richiesto ai singoli concessionari sono affidati, sulla base di una apposita convenzio­ ne, a un soggetto estraneo all'amministrazione». • L'art. 2 comprende le norme inerenti le concessioni per la gestione del gtoco . • L'art. 3 si occupa, invece, della decadenza e revoca delle concessioni. • L'art. 4 disciplina l'esercizio del gioco. • Gli artt. 5, 6, 7, 8, stabiliscono la ripartizione delle entrate relative alla vendita delle cartelle in questa misura: il 2oo/o viene assegnato all'erario, il 50°/o al premio del Bingo, 1'8°/o a quello della cinquina, fino a un mas­ simo del 3,8°/o all'ente di controllo centralizzato del gioco, la parte restan­ te al concessionario. • L'art. 9 riguarda le cauzioni e la dichiarazione di inizio attività. • L'art. 10 stabilisce che sia il concessionario sia l'affidatario del control­ lo centralizzato del gioco sono soggetti a controlli da parte dell' ammini­ strazione finanziaria. • L'art. 11, infine, afferma che tale regolamento deve essere pubblica­ mente esposto presso ciascuna sala Bingo. o

Nei mesi successivi sempre il ministero delle Finanze ha emanato la 1.

I dati di cui discutiamo sono stati tratti dal sito

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PA RTE S E CO N DA. FO RM E D I S CO M M ESSA

direttiva 12 settembre 2000, per regolamentare il controllo centralizzato del gioco affidandolo all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato; successivamente, con D.M. 21 novemb re 2000, è stata approvata la convenzione tipo per l'affidamento in concessione della gestione del gtoco . Ancora, con il decreto direttoriale 1 6 novembre 2000, emanato dal Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, viene approvato il regolamento relativo alle modalità e agli ele­ menti del gioco, alla stampa, alla distribuzione, alla vendita e all'uso delle cartelle, alle apparecchiature per l'estrazione delle palline, al prezzo di vendita delle cartelle, ai premi, alle regole e allo svolgimento delle parti­ te e a ogni altra disposizione necessaria al buon andamento del gioco. È prevista, inoltre, l'adozione da parte dei concessionari di strumenti informatici conformi alle specifiche tecniche. In conclusione, sempre il suddetto decreto approva il piano di distribuzione territoriale delle quat­ trocentoventi sale destinate al gioco del Bingo. Infine, con il D.M. 6 luglio 2001 viene approvato il piano di distribu­ zione territoriale relativo alle ulteriori trecentottanta sale destinate al gioco del Bingo, di cui all'art. 3, comma 2°, della direttiva ministeriale 12 settembre 2000. Lo Stato, dunque, per la prima volta cambia ruolo: mentre per i tra­ dizionali giochi d'azzardo (lotto, lotterie e concorsi in generale) si tratta di una " concessione ", dove però tutte le operazioni vengono svolte dal­ l'intendenza di Finanza, nel caso del Bingo lo Stato dà in concessione al gestore tutta la promozione e tutto lo svolgimento dell'attività. Sono nate, così, vere e proprie " sale da gioco di quartiere ", casinò di quartiere che attraggono un target molto più ampio e variegato di persone, rispet­ to ai tradizionali e quasi desueti casinò. .

7. 2.

Le .. regole" del gioco

Il gioco del Bingo è una " tombola post-moderna" giocata su novanta numeri; l'estrazione dei numeri ha un andamento monotono, ma un ritmo incalzante. Il Bingo si gioca in apposite sale regolarmente autoriz­ zate dallo Stato e aperte tutti i giorni, compresi i festivi, per almeno otto ore. La prima è stata aperta il 3 dicembre del 2001 a Cesenatico e in pochi giorni ne sono state inaugurate molte altre in tutta la penisola. Il gioco ha inizio con la vendita delle cartelle da parte del personale addetto; una volta completata questa fase, il direttore di sala comunica il numero delle 82

7. B I N G O ! TO M B O LA M O D E R NA O CAS I N Ò D I Q U A RTI E R E?

cartelle vendute e l'ammontare delle possibili vincite; i numeri annuncia­ ti sono immediatamente segnati su monitor e tabelloni lampeggianti. Le unità di gioco, perciò, sono le cartelle, formate da ventisette casel­ le, con quindici numeri distinti distribuiti su tre linee orizzontali e su nove colonne verticali, incolonnati per decine, secondo uno schema che garantisce almeno un numero per colonna. Queste sono stampate a cura dei Monopoli di Stato e sono rese disponibili attraverso le proprie strut­ ture periferiche; ogni cartella è valida per una sola partita e reca ben visi­ bile il numero di identificazione e il prezzo di vendita. Il loro costo è di 1 , 50 euro, ma il concessionario, per ciascuna giornata, ha facoltà di effet­ tuare, previo annuncio, fino a un massimo di dodici partite speciali in cui sono vendute cartelle del costo di 3 euro cadauna. Si vince con la cinquina (cioè, quando sono stati estratti tutti i nume­ ri di una linea qualsiasi delle tre che formano una cartella) e successiva­ mente con il Bingo (quando sono stati estratti i quindici numeri che for­ mano una cartella) ; il tutto dura circa sei minuti per un totale di 10 partite l'ora. La cinquina vince 1'8°/o delle giocate, il B ingo il 50 o/o . Il 58 °/o della vendita delle cartelle della sala è destinato ai premi da distribuire e il Monopolio di Stato riceve il 3,8°/o degli incassi. Le vincite devono esse­ re subito dichiarate, sia nel primo sia nel secondo caso. La riscossione del premio è immediata ed è associata alla consegna di un appariscente trofeo, che alimenta i sogni di vittoria dei giocatori e invita i perdenti a rimettere mano al portafogli, per l'acquisto di nuove cartelle che i venditori ricominciano subito a distribuire. Questa dinami­ ca costituisce un vero e proprio rinforzo che spinge a continuare a gioca­ re e a sfidare la sorte. I giocatori, inoltre, possono acquistare un numero illimitato di cartelle, poiché alcuni tavoli posti lateralmente nella sala sono dotati di particolari monitor, mediante i quali il giocatore può acquistare delle cartelle "virtuali" . I principali componenti del gioco, dunque, oltre alle cartelle, sono le palline e gli estrattori automatici. Le palline di ciascuna serie sono numerate da uno a novanta e devono riportare, in maniera ben visibile, l'indicazione del numero. All'inizio e alla fine di ogni giornata tutte quante vengono estratte dal concessionario in presenza del pubblico per verificarne la numerazione e il loro perfetto stato. La serie completa di palline deve essere sostituita dal concessionario almeno ogni mille partite. Le apparecchiature per la loro estrazione infi­ ne devono essere dotate di adeguate tecnologie atte a garantire l'assoluta casualità e la trasparenza delle operazioni di estrazione. 83

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L'estrazione di ogni pallina è riprodotta, a mezzo di specifico impian­ to televisivo a circuito chiuso, sui vari monitor distribuiti nella sala in quantità sufficiente ad assicurare la perfetta visibilità a tutti i giocatori presenti. N ella sala sono installati in posizione ben visibile schermi o pannelli luminosi in numero adeguato a consentire ai giocatori una chiara e costante visione dello svolgimento del gioco. La sala inoltre è dotata di un sistema di amplificazione che garantisce l'ascolto dello svolgimento della partita da parte dei giocatori. Per poter cominciare a giocare bisogna raggiungere il numero mini­ mo di tredici giocatori, necessario per recuperare con la cinquina alme­ no il costo della cartella. Gli addetti alla cassa procedono alla vendita delle cartelle e i venditori le distribuiscono tra i tavoli; una volta comple­ tata questa fase, il direttore della sala comunica il numero delle cartelle vendute e l'ammontare delle vincite. Fatto questo, inizia subito l'estrazione dei numeri. Dal 2002 sono stati introdotti i premi speciali: hanno un importo più elevato del Bingo e della cinquina e vanno ai giocatori che realiz­ zano la cinquina o il Bi ngo con un determinato ammontare di nume­ ri estratti. Si vince la Supercinquina se la si realizza con cinque nume­ ri estratti e il Superbingo con un massimo di quaranta numeri estratti. Sono previste, come abb iamo detto, le partite speciali, una per ogni ora di apertura della sala, durante le quali vengono assegnati i premi B ingo oro, B ingo argento e Bingo bronzo ai giocatori che realizzano il Bingo, con una serie di numeri estratti compresi rispettivamente tra 41 -43 , 4446, 47-56. Quando il gioco si svolge con l'erogazione dei premi specia­ li, il montepremi del 58o/o viene così assegnato: il 48o/o al B ingo, il 6o/o alla cinquina e il 4 °/o al fo ndo per i premi speciali. Se un giocatore rea­ lizza la cinquina o il B ingo con il numero di palline estratte soprain­ dicate, al fortunato vincitore, viene assegnato - oltre al premio ordi­ nario - anche il superpremio che è pari al 50°/o del fondo se si realizza il Superbingo, al 2°/o del fondo se si realizza la Supercinquina e al 1 5o/o, 5o/o , 2 °/o se si realizzano rispettivamente il Bingo oro, il Bingo argento e il Bingo bronzo . Secondo la legge, le sale apposite devono rimanere aperte sei giorni la settimana e comunque tutti i festivi, per almeno otto ore al giorno. Sono previste sessantaquattro estrazioni giornaliere. Possono accedere i mino­ ri, se accompagnati, e all'interno delle stesse sono previsti servizi di risto­ razione e baby parking. 84

7. B I N G O ! TO M B O LA M O D E R NA O CAS I N Ò D I Q U A RTI E R E? 7.3.

la ricerca psico logica sul Bingo

Studi compiuti all'estero, in particolare negli Stati Un iti, in Canada, in Inghilterra e in Spagna, indicano che i giocatori abituali di Bingo sono per il 70°/o casalinghe e anziani; si tratta di una fascia della popolazione ancora poco coinvolta in altri giochi d'azzardo e che con questo gioco diventa protagonista anch'essa dell'azzardo. Accanto a queste osservazio­ ni, non si può fare a meno di notare come le sale del Bingo siano anche piene di nuclei familiari, di bambini che assistono, controllano i nume­ ri, iniziano a sentire familiare l'ambiente del gioco. L'Ageing Society (cfr. http://www.soci a l i nfo. it/eve nti/Co m u n i catiSta m ­ pa/2001) , l'osservatorio interdisciplinare che studia i mutamenti della società, sottolinea i rischi della passione degli italiani nei confronti del Bingo; la minaccia maggiore sembra riguardare proprio gli anziani che, in assenza di altri luoghi di aggregazione sociale dove trascorrere il loro tempo libero, guardano al Bingo non solo come a un gioco con cui ten­ tare facili guadagni, ma anche come a uno spazio ricreativo in cui atte­ nuare la sensazione di solitudine. Chapple e Nafziger ( 2ooo) hanno condotto una ricerca presso le sale Bingo, le parrocchie e i casinò del sud-ovest degli Stati Uniti. Sono emer­ si due fondamentali bisogni: la vincita del denaro e il senso di soddisfa­ zione e accrescimento del proprio status all' interno della comunità. L'analisi dei dati ha suggerito che la vincita di denaro, comunque spesso citata, non è di certo l'unica ragione che spinge al gioco e forse neanche la più importante, anche se dato l'esiguo numero di soggetti coinvolti (n 13), non è possibile trarre conclusioni significative. Oltre a essere un'at­ tività da cui poter trarre del denaro, il Bingo sarebbe soprattutto un modo per trascorrere il tempo libero ed eliminare la noia. Sono maggior­ mente le donne ad affermare questo. Una delle intervistate racconta di giocare insieme a un'altra persona fino a dividersi le vincite, proprio per­ ché ciò che interessa loro è divertirsi, non il denaro in sé (ibid. ) . Questa indagine preliminare - come considerata dalle stesse autrici consente di guardare al gioco del Bingo come a un'attività multidimen­ sionale, in cui le motivazioni risultano essere diverse e lontane tra loro. Un'altra ricerca, dal taglio completamente diverso da quella descritta, è stata realizzata in Inghilterra, nel dicembre del 2001, da J ulie Winstone (cfr. http://www. l e n u oveta . it/a d nattua l ità) : la ricercatrice ha valutato la funzionalità cognitiva di alcuni giocatori di Bingo, coinvolgendo cento­ dodici soggetti di età compresa tra i 18 e gli 82 anni. I partecipanti in que=

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stione sono stati suddivisi in due gruppi: il primo costituito da persone di età compresa tra i 18 e i 40 anni e il secondo di età compresa tra i 6o e gli 82 anni. In entrambi i gruppi la metà dei partecipanti gioca al Bingo, l'altra metà no. Winstone ( 2001) partiva dall'ipotesi secondo cui l'esercizio mentale prolungato, così come è richiesto nel gioco del Bingo, può ritardare il declino delle facoltà cognitive, soprattutto rispetto alla velocità, alla precisione nell'elaborazione degli stimoli e al loro riconosci­ mento. Questo studio ha voluto pertanto valutare le abilità cognitive coinvolte durante il gioco del Bingo. Dai risultati emerge che, nel complesso, tutti i giocatori di Bingo sono più veloci e più precisi rispetto ai non giocatori; in particolare, sono i giocatori più anziani a raggiungere migliori risultati rispetto ai non gio­ catori anziani. L'autrice riferisce che quanto emerso è in linea con un corpo crescente di ricerche che suggerisce come il prendere parte ad atti­ vità che richiedono elevate prestazioni mentali aiuti a mantenere una certa funzionalità cognitiva in età avanzata. I giocatori di Bingo, giovani e anziani, raggiungono lo stesso livello di performance; le loro conoscenze e abilità sono uguali. Più specificamen­ te i giovani sono più veloci, mentre gli anziani sono maggiormente accu­ rati nei test. L'autrice ha sottoposto ai soggetti della ricerca una griglia di numeri dapprima a una cifra, poi a due e poi a tre, perché il compito richiesto dal gioco era proprio la scansione di numeri. I giocatori anzia­ ni sono più veloci e fanno meno errori dei coetanei non giocatori e com­ mettono addirittura meno errori dei giocatori più giovani. Questa ricerca fa da prologo al sottoparagrafo successivo, dedicato a tutti quegli studi che, in un modo o nell'altro, non mancano di evidenziare gli aspetti positivi del Bingo, in particolare, e del gioco d'azzardo, in generale. 7.3 .1.

Il

focus s u i

b enefici d el Bingo

Se prima si è accennato al maggiore rischio corso dalle persone anziane di sviluppare una forma di dipendenza dal Bingo, ora ci sembra utile citare una ricerca realizzata in Canada presso il centro per la ricerca sul gioco d'azzardo Alberta Gaming Research lnstitute. L'attenzione degli autori - Sandra O'Brien Cousins, Chad Witcher e J udith Moodie ( 2002) è andata al significato dell'esperienza del B ingo e della sua interfaccia con i modelli di attività fisica, benessere e qualità della vita nei soggetti in età avanzata. In una ricerca precedente (O'Brien Cousins, 2000) , era emerso che questo gioco è tipicamente associato alla vita sedentaria e a

-

86

7. B I N G O ! TO M B O LA M O D E R NA O CAS I N Ò D I Q U A RTI E R E?

uno stile di vita non salutare (ambienti in cui si fuma, una dieta iperca­ lorica basata su pasti veloci ecc. ) ; gli autori si sono ulteriormente propo­ sti, perciò, i seguenti obiettivi di ricerca: • individuare le caratteristiche sociali e gli aspetti connessi alla salute delle persone anziane che giocano al Bingo (dimensione del benessere) ; • comprendere lo stile di vita dei giocatori abituali in età avanzata (dimensione sociale e relazionale) ; • cogliere il significato personale riguardo le motivazioni, le esperienze del Bingo e il suo contributo nel favorire una terza età serena in termini di salute, benessere e qualità della vita (dimensione personale-interpreta­ riva) (scheda 7. 1) . Scheda 7.1. D i m e ns i o n i osse rvate p e r ciasc u n a d e l l e tre a ree a n a l izzate n e l l a n

ce rca

DIM ENSIONE SOCIA L E • • • • • • •

Ti pologia d e l giocato re (gene re, età , istru zio n e, stato civi l e, p rofessione). Qua n d o e co m e si è iniziato a gioca re. Fre q u enza e d u rata d e l gioco. Qua l i sono l e strategie d i gioco. A q ua l i attività d i l avoro e tem po l i b e ro i soggetti si d e d i cano.

C h e ti po d i attività fisi ca svo l go n o i giocatori d i Bingo. Co m e i soggetti va l utano l a p ro p ria s a l ute e s e q u esta coi n ci d e co n i re lativi ind i ci

( n u m e ro d i vis ite ri c h i este, ri coveri i n osped a l e) . DIM ENSIONE P E RSONA L E- l NTE R P R ETATIVA • • •

I n d ivi d u a re i l s i g n ifi cato ess e n zia l e ri g u a rd o i l gioco d e l B i n go. I l co ntri buto d e l Bingo in term ini d i ben esse re e q ua l ità d e l la vita . C h e cosa è i m po rtante e ch e cosa n o n lo è ne l gioco d e l Bingo.

DIM ENSIONE D E L B EN ESSE R E • •

Co m e vi ene o rganizzata l a s etti m ana d i u n giocato re d i B i n go. I n ch e m o d o i l B i n go co ntri bu isce o i nte rfe ris ce con uno sti l e d i vita sano e attivo.

Fon te:

O' B ri en Co u s i n s , Witch er, Moodie ( 2 002, p. 12) (tra d uzio n e nostra ) .

L'impianto teorico della ricerca ha sullo sfondo i contributi della Teoria degli stili di vita e della Teoria dell'apprendimento sociale. 87

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Nel primo caso, il gioco viene spiegato come comportamento acqui­ sito attraverso schemi di rinforzo secondo il condizionamento classico di Pavlov (1927, cit. in O'Brien Cousins, Witcher, Moodie, 2002) e il mode/lamento sociale. Questa teoria suggerisce che gli individui imparino a giocare attraverso l'esperienza appresa in famiglia e con gli amici; non a caso, il Bingo è uno dei primi giochi d'azzardo a cui i bambini sono esposti. Il gioco sembra rappresentare una ricompensa a sentimenti inna­ ti di ansia, incapacità, inadeguatezza e insicurezza. La Teoria dell'apprendimento sociale, che riconosce in Albert Bandu­ ra (1997, cit. in O'Brien Cousins, Witcher, Moodie, 2002) il suo massi­ mo esponente, sostiene che un comportamento come il gioco del Bingo, sia motivato da alcuni fattori: • il supporto sociale, l'amicizia e l'incoraggiamento per il comporta­ mento attuato; • il credere di ricevere benefici che compensino i rischi assunti e il dena­ ro speso; • la convinzione di possedere le capacità di base necessarie per il gioco; • considerare il gioco un modo per trascorrere il tempo libero. Dopo alcune esperienze pilota di osservazione-partecipante, nei mesi di maggio e giugno del 2001 è stata condotta un'indagine telefonica estesa a 1 .400 abitanti di Alberta con lo scopo di ottenere, infine, un campione di quattrocento soggetti di età superiore ai 65 anni. Il campione è stato costituito estraendo cento soggetti presso la città di Edmonton, cento presso la città di Calgary e i rimanenti duecento nella provincia. L'inda­ gine telefonica ha fornito informazioni demografiche, sulla salute, sullo stile di vita e sul gioco per i due gruppi: giocatori e non giocatori. Sono state somministrate interviste scritte a giocatori di Bingo della zona, le quali hanno arricchito il materiale di base aggiungendo i dati di più giocatori, per un totale di novantacinque soggetti. Sono state acqui­ site otto registrazioni audioregistrate di altrettante donne che giocano a Bingo con frequenza settimanale (quattro o più volte la settimana) , le quali hanno fornito ricche descrizioni di vita. Infine, è stato costituito un focus group di dieci giocatori di età compresa tra 76 e i 91 anni; il focus group ha permesso di incrementare l'aspetto personale-interpretativo della ricerca. È stata usata la tabulazione incrociata fra i giocatori di Bingo e i non giocatori sia per quanto riguarda variabili di tipo sociali, sia per quelle legate alla dimensione del benessere. 88

7. B I N G O ! TO M B O LA M O D E R NA O CAS I N Ò D I Q U A RTI E R E?

Rispetto alle variabili di tipo sociale riassumiamo brevemente quanto è emerso: i giocatori e i non giocatori si differenziano lievemente per l'età (per i primi l'età media è di 74, 8, mentre per i secondi è di 73,8 anni) ; alla ricerca hanno partecipato 224 donne e 176 uomini ( n = 400 ) , rappre­ sentando rispettivamente il 56o/o e il 44 °/o . All' interno del gruppo dei gio­ catori le donne sono in assoluta maggioranza, 1'82o/o, mentre in quello dei non giocatori rappresentano il 59, 7°/o . Questi dati suggeriscono che siano in maggioranza le donne oltre i 65 anni a giocare a Bingo rispetto ai coe­ tanei uomini. Infatti, è stata riscontrata a questo gioco una significativa differenza fra i generi. La percentuale di giocatori rimasti vedovi è particolarmente elevata, rispetto a quella dei non giocatori; tant'è che anche in questo caso la dif­ ferenza fra i due gruppi risulta fortemente significativa. I giocatori di Bingo presentano livelli di istruzione più bassi; sembrano distribuirsi equamente fra i centri urbani e rurali, mentre i non giocatori sono mag­ giormente concentrati nelle aree urbane. La proporzione dei giocatori che vive in condomini o case di città è inferiore al gruppo dei non gioca­ tori. Questi sono alcuni dei dati che lasciano supporre come i giocatori di Bingo vivano in condizioni economiche meno agiate rispetto ai non g1ocaton. Un'analisi più approfondita, infatti, rivela che i giocatori di Bingo rientrano in fasce di reddito significativamente inferiori. Infine, una pro­ porzione limitata di giocatori ha valutato la propria salute eccellente, molto buona e sufficiente, mentre una proporzione più ampia dello stes­ so gruppo riporta condizioni buone e precarie in rapporto al gruppo dei non giocatori. I giocatori di Bingo sembrano soffrire maggiormente di disturbi di salute, rispetto ai non giocatori. Il campione, in generale, dichiara di avere molto tempo libero ogni giorno, ma tra i giocatori c'è un proporzione di poco maggiore che dichiara di non avere tempo libe­ ro oppure di averne solo poche volte. Mentre la variabile tabagismo non è particolarmente discriminante fra i due gruppi, c'è una tendenza fra i giocatori di Bingo a fare un mino­ re uso di alcol; la differenza fra i giocatori e i non giocatori è, infatti, significativa. Una proporzione di poco più numerosa di giocatori dichiara di man­ giare qualsiasi cosa in qualsiasi momento, in accordo con le risposte sui modelli di alimentazione abituali; tendono a essere fisicamente meno attivi rispetto ai non giocatori. Tuttavia, molti giocatori dichiarano di dedicarsi all'esercizio fisico tre volte la settimana. o

o

Bg

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Gli autori della ricerca spiegano questi risultati ipotizzando che per i giocatori l'esercizio fisico coinciderebbe con i giorni in cui i soggetti si recano a giocare a Bingo, per cui incrementano le loro camminate e le attività fisiche in genere. Risulta inoltre significativa la differenza di tempo dedicato alle attivi­ tà di gioco: i giocatori di Bingo trascorrono in sala 10,32 ore in media al mese, mentre i non giocatori solo 3,11 ore al mese. I giocatori di Bingo hanno dichiarato di scommettere cifre che vanno da un minimo di 1 dollaro a un massimo di 45 dollari al mese, con una media di 20,96 dollari. Questo gioco, infine, sembra avere una rilevante componente sociale: la maggioranza dei giocatori gioca insieme a due o più persone (si tratta del 48 o/o dei casi, mentre solo il 14°/o dichiara di gio­ care da solo e il 38°/o dichiara di giocare con un'altra persona) . Quanto emerso dai dati ha condotto gli autori della ricerca a trarre alcune conclusioni: l'identikit del giocatore di Bingo sembra essere una donna, oltre i 65 anni di età, con basso livello di istruzione e basso red­ dito; fa scarso o nessun uso di bevande alcoliche, non si dedica regolar­ mente a qualche forma di esercizio fisico, presenta maggiori problemi di salute e trascorre più tempo in forme passive di ricreazione come legge­ re, guardare la televisione e dedicarsi ad altre forme di gioco d'azzardo. In conclusione, contrariamente all'immagine sociale negativa che il Bingo possiede, O'Brien Cousins, Witcher e Moodie (2002) affermano che esso rappresenta un importante contributo al benessere dei soggetti anziani. Sebbene vi siano alcuni elementi negativi connessi al denaro, all'alimentazione e alla scarsa attività fisica dei giocatori, gli autori annove­ rano una serie di benefici sociali non trascurabili: è un gioco che facilita la socializzazione, fornisce alle persone anziane la sensazione di essere attive in un ambiente dinamico e di essere utili alla comunità in quanto parte degli introiti delle giocate sono destinate ad associazioni non projìt. Nello specifico, dalla ricerca emergono le seguenti riflessioni. • Il gioco del Bingo rappresenta un'occasione per uscire da casa, un pia­ cevole passatempo, specie per le signore anziane. • Il Bingo è un'attività che riduce la noia, l'isolamento degli anziani che hanno poche amicizie e poche cose da fare una volta in pensione. Molti giocatori hanno dichiarato che se non ci fossero le sale Bingo, rimarreb­ bero a casa leggendo, guardando la televisione o comunque svolgendo attività sedentarie. • Il gioco procura eccitazione, scariche di adrenalina che aumentano nei momenti finali che procedono la possibile vincita. go

7. B I N G O ! TO M B O LA M O D E R NA O CAS I N Ò D I Q U A RTI E R E?

Il Bingo consente l' interazione tra persone anziane e giovani, favoren­ do la formazione di comunità intergenerazionali, difficili a trovarsi nella società odierna; inoltre, semb ra essere una fonte di senso di controllo e di autonomia. • A detta delle persone anziane che hanno problemi di salute, il Bingo li fa sentire uguali agli altri: un dato rilevante per i modelli più recenti di promozione della salute. • I giocatori abituali dichiarano di esercitare un certo controllo sul gioco rispettando i limiti del proprio budget mensile. •

Un'analisi di quanto emerso consente di evidenziare come il Bingo abbia rilevanza per cinque dei nove obiettivi della guida per la promozione della salute pubblicata dal ministro della Salute del Canada, nel 1986 ( O'Brien Cousins, Witcher, Moodie, 2002 ) : ridurre le in eguaglianze, aumentare le strategie di coping, avere cura di sé, favorire il mutuo aiuto e la partecipazione pubblica. Con alcune innovazioni, a detta degli autori, il Bingo potrebbe a buon diritto convivere con la cultura del benessere. Bisognerebbe, ad esempio, sostituire i pasti veloci e ipercalorici con alcuni più bilanciati e salutari; favorire l'attività fisica durante gli intervalli; convertire i premi in denaro in speciali buoni da usare presso centri del benessere, oppure in abbigliamento sportivo, o ancora in attrezzi ginnici. 7.3 . 2 . Senza dim enticare i rischi

La cattedra di Psicologia di comunità dell' V niversità degli Studi di Paler­ mo ha realizzato una ricerca empirico-descrittiva con l'intento di fornire un contributo all'analisi e comprensione del complesso fenomeno del gioco del Bingo. L'indagine è stata condotta in due diverse fasi: in un primo momento è stato svolto un lavoro di osservazione e successiva­ mente si è proceduto alla somministrazione del protocollo di ricerca presso le due sale gioco di Agrigento e Villaseta (AG ) . Il protocollo di ricerca era composto dagli strumenti indicati di seguito. • La Scala di Controllo I-E di Rotter (nella versione italiana elaborata da Giovanna Nigro, del 1983), finalizzata a misurare quanto il soggetto crede che gli eventi della sua vita siano determinati da se stesso o, al con­ trario, dal caso e dalla fortuna. • La Poker-Machine Gambling Scale ( PGS) , per verificare il livello di problematicità del comportamento di gioco (scheda 7.2 ) . 91

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Un questionario psico-sociale appositamente realizzato, composto da ventinove item, miranti a evidenziare le abitudini di gioco (in termini di tempo, di frequenza delle giocate, di denaro scommesso, di motivazione ecc. ) ; le caratteristiche del gioco e l'atteggiamento del giocatore nei con­ fronti di queste; la percezione e le credenze sul gioco; le caratteristiche del giocatore. • Una scheda anamnestica per la raccolta di informazioni socioanagrafi­ che come sesso, età, luogo di residenza, stato civile e professione. •

Il gruppo coinvolto nell'indagine è composto da 8o soggetti, di cui 44 maschi ( 5 5°/o) e 36 femmine (45o/o), selezionati casualmente tra i frequen­ tatori abituali e occasionali delle sale. A conferma di quanto affermato finora in letteratura, il Bingo è un gioco che piace molto alle donne. Dalla nostra ricerca emerge che il numero di giocatrici non supera ancora quello degli uomini - come acca­ de in altri paesi in cui il Bingo è presente sul territorio da più tempo ma i dati raccolti hanno fatto suonare rispetto a tale questione un cam­ panello d'allarme. Il Bingo, infatti, è riuscito a catturare una fetta di indi­ vidui che non aveva mai giocato prima: si tratta soprattutto di donne, che risultano non soltanto le più attratte dal nuovo gioco, ma anche tra le più assidue frequentatrici della sala. Le donne, inoltre, manifestano un maggiore impulso a giocare e ten­ dono maggiormente a rincorrere la perdita ritrovandosi, talora, a giocare più a lungo di quanto inizialmente stabilito e a provare un certo senso di colpa per il gioco eccessivo. Aspetti, questi, che preannunciano compor­ tamenti problematici di gioco, anche in un territorio - come quello sici­ liano - in cui forse le donne anziane non giocano per questioni puramen­ te culturali. I dati confermano che il Bingo è vissuto come un passatempo diver­ tente e socializzante, un modo per evadere dalla routine quotidiana e pas­ sare un'ora in compagnia di amici e familiari o soltanto per ritrovarsi cir­ condati da un po' di gente. Piace per la sua facilità e per le sue caratteristiche assimilabili alla tombola, mentre non è gradita la velocità delle partite. Tuttavia, è bene evidenziare che dei soggetti coinvolti, uno su tre è un giocatore abituale: frequenta la sala B ingo almeno tre volte la settimana e dichiara di comprare un numero di cartelle maggiore di quanto faccia un giocatore occasionale. Significativa è la differenza tra occasionali e abituali rispetto al tempo trascorso in sala: i primi vi restano al massimo 92

7. B I N G O ! TO M B O LA M O DERNA O CAS I N Ò D I Q U A RTIERE?

due ore; gli abituali, invece, sembrano trattenersi in sala generalmente per più di tre ore. Un'altra differenza significativa si registra per i tempi minimi di gioco: esigua la percentuale degli abituali che gioca per meno di trenta minuti, mentre di gran lunga più alta è la percentuale degli occasionali che preferisce giocare per così poco tempo. Scheda 7.2. La Poke r- Ma ch i ne G a m b l i n g Sca l e ( PG S ) L a Poker- M a ch ine G a m b l i n g Sca l e è u n a ri e l a bo ra zi one ita l i a n a d e l q u esti o n a ri o a m e­ rica n o College Studen t Gam bling lnventory ( M c Cown, 1997, cit. i n Lava n co, 2001), c u ra ­ t a d a Lava n co e Va rve ri, ch e attua l m e nte è i n fas e d i sta n d a rd i zzazione. Si tratta di una s ca l a co m posta d a 22 affermazi o n i re lative a d ive rs e a re e di i nteresse: l a q u a ntità di te m po e d en a ro s peso n e l gioco; le m otivazi oni che s pi n go n o al gi oco; la pres enza o m en o d i un fo rte i m p u ls o a gioca re e di re lativi s ensi di co l pa ; il l ive l l o di g ratifi cazi one l e gato al gioco; i nfine, l a pe rcezi o n e che il giocato re h a del g i u d izio d i a m i ci e fa m i l i a ri . I l soggetto inte rvistato è ch i a m ato a s e g n a re i l p ro p ri o g ra d o d i a cco rd o p e r ogni affe r­ m a zione su una sca l a Li ke rt da zero a s e i .

Come tutti i giocatori, anche i soggetti da noi intervistati credono nella fortuna, cimentandosi in rituali scaramantici per entrare nelle grazie della dea bendata. Sono principalmente le donne che si affidano a essa e sono anche quelle che presentano un focus of contro/ maggiormente orientato verso l'esterno. Nonostante i soggetti intervistati rientrino mediamente ben al disot­ to della soglia di problematicità, è presente una non trascurabile percen­ tuale di giocatori che può essere considerata a rischio. Tra questi, soprat­ tutto, giocatori abituali che preferiscono recarsi da soli in sala. Aspetti, questi, che preannunciano comportamenti problematici e patologici di gioco. 7.4.

Concl usioni

È possibile affermare che non esiste una singola ragione capace di spie­ gare il coinvolgimento nelle attività di gioco nel Bingo: un'ipotesi mul­ timotivazionale suggerisce che i benefici sociali del gioco hanno maggior peso dei benefici monetari. I dati delle ricerche di Chapple e Nofziger, ad esempio, confermano ulteriormente che gli aspetti sociali del gioco 93

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possono essere più influenti dei soldi nel motivare i giocatori a continua­ re a giocare. Infatti le somme che è possibile vincere giocando al Bingo non sono altissime e le probabilità di vincita non sono superiori ad altri tipi di gioco di abilità e fortuna; mentre gli aspetti sociali sono ripetibili e costanti. Molti soggetti intervistati dalle autrici rispondevano che erano attrat­ ti dal gioco del Bingo sia per la potenziale possibilità di vincere, sia per i benifici a livello sociale derivati dal gioco. Essi, soprattutto donne di mezz'età, consideravano il gioco una cura per la noia e la solitudine, quindi non solo un'attività in cui è possibile vincere soldi. Queste donne partecipavano al gioco anche per stare con le amiche, mangiare e bere insieme, raccontarsi delle storie, costruire delle interazioni sociali positi­ ve e per fare beneficenza per scuole, chiese e altre istituzioni locali. Se le donne giocatrici di Bingo - o, più in generale, le persone più in là negli anni - enfatizzano maggiormente i benefici sociali del gioco rispetto a quelli monetari, possono sviluppare un problema di gioco patologico come definito dal DSM-Iv ? Oppure, possiamo classificare questi soggetti come giocatori problematici se perdono più soldi di quan­ to possono permettersi, anche se il Bingo è un gioco socialmente accet­ tato ? Ancora, se li classifichiamo come giocatori problematici, è il distur­ bo il risultato dell'isolamento sociale spesso associato all'età avanzata, o invece il risultato di un irrefrenabile e patologico impulso a giocare ? Sono questioni complesse con molte implicazioni complicate. Le ricerche future devono pertanto iniziare a considerare il ruolo multidi­ mensionale del gioco d'azzardo.

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Dispositi vi elettronici: onnipresenti macch inette di gioco d'azzardo

Tra 400 e 8oo mila macchinette. Tra 23 e 40 mila miliardi di giro d'affa­ ri. Almeno 20 mila persone in cura. Ecco i numeri del gioco delle " mac­ chinette " in Italia. È generalmente riconosciuto che le macchine da gioco elettroniche sono tra le forme di gioco d'azzardo che creano maggiore dipendenza (Dowling, Smith, Trang, 2005 ) . Tra queste, il videopoker ha attratto uomini e donne di tutte le età; riproduce solo parzialmente il poker giocato con le carte e differisce da esso perché non c'è nessun avversario da sconfiggere, quindi non richiede nes­ suna interazione con altri. Il punteggio assegnato è di 10 punti per la cop­ pia, 20 punti per la doppia coppia e fino a 100 punti per la scala reale. Di questo gioco esistono varie versioni: poker all'italiana, poker all'americana e caribben poker, tutte giocate con cinquantadue carte virtuali. Il video poker è considerato un gioco d'azzardo per vari motivi: preva­ le la componente dell'alea sulla componente dell'abilità del giocatore; si introduce direttamente denaro contante; c'è una riscossione effettiva di denaro; in più, inquieta l'automatismo del gioco che aumenta la proba­ bilità di sviluppare forme di addiction. Dal l o maggio 2004, " per fortuna", i videopoker sono scomparsi dai bar del nostro paese. Se non ce ne siamo accorti - ci suggerisce Bisagno ( 2004) - forse è solo perché hanno cambiato forma: adesso ci sono le slot machine. Cambiano le vincite (se di cambiamento si può parlare) : non più buoni per le consumazioni, ma soldi. Cambiano le regole: con le slot machine le partite non costeranno più di 50 centesimi; una partita durerà tra i sette e i tredici secondi; la vincita non sarà mai superiore ai 50 euro. Accanto al videopoker, nella classifica dei giochi più diffusi non a caso troviamo le slot machine e le fruit machine che attraggono soprattutto i " giocatori per fuga" ( Guerreschi, 2000) ; soggetti che attraverso il gioco 95

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fuggono da una realtà che non li soddisfa, uomini e donne che non cer­ cano emozioni particolari, ma che rischiano di rifugiarsi nella trance ipnotica della macchinetta solo per sottrarsi a una quotidianità che non sempre vogliono vivere lucidamente. È stato dimostrato che la dipendenza dalle macchinette ha un decor­ so estremamente rapido - meno di tre anni - rispetto alla dipendenza da altri tipi di giochi - dieci/ quindici anni. Tale dipendenza è determinata, oltre che dagli aspetti appena evidenziati, anche dall'esigua entità della scommessa che si esaurisce in pochi secondi e che, in molti casi, viene ripetuta per diverse volte, in un arco di tempo abbastanza ampio, fino a diventare una cifra di notevole portata. 8.1.

La normativa d i riferimento

Riguardo i dispositivi elettronici di gioco d'azzardo, da mesi è un conti­ nuo susseguirsi di leggi, decreti, circolari e regolamenti che complicano il quadro delle scommesse e necessitano di chiarimenti. Del resto, sulle macchinette come i video poker è sempre andata l' at­ tenzione delle autorità a causa dei rischi di dipendenza che questi giochi d'azzardo comportano. I videopoker sono stati messi al bando, mentre è stata introdotta una nuova categoria di apparecchi che consente, a certe condizioni, vincite in denaro. Altre due tipologie di apparecchi consentono, invece, vincite con premi diversi dal denaro o senza premi. Per maggiore chiarezza espositiva, esaminiamo l'art. 110 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) , e i vari commi che lo compongono1• 1 . Comma 7°, lettera b: apparecchi automatici, semiautomatici ed elettro­ nici da trattenimento o da gioco di abilità o cosiddetto videopoker. Dal 1 maggio 2004 non possono assolutamente essere utilizzati, quindi sono fuori legge, ed entro il 31 maggio 2004 devono essere rimossi e demoliti o venduti all'estero o dove è possibile convertirli secondo le nuove rego­ le. Gli esercenti che hanno mantenuto in funzione questi tipi di apparec­ chi sono soggetti alla sanzione amministrativa da 1.000 a 5 .o o o euro, oltre alla confisca delle macchinette. Inoltre è prevista l'ammenda da 4.000 a 40.000 euro e la sospensione da uno a sei mesi della licenza che, in caso di recidiva, può essere revocata. A chi non ottempera alla demolizione, cessioo

1.

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Dal sito

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testo a cura di Angelo Luni.

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ne all'estero ecc., non potranno essere rilasciati per un periodo di cinque anni " nullaosta per la messa in esercizio" di apparecchi da divertimento. 2. Comma 6°: nuovi apparecchi con premi in denaro tipo slot machine. I nuovi apparecchi devono essere certificati e dotati di dispositivi che ne rendono immodificabili le caratteristiche di funzionamento e ne impedi­ scono l'accesso alla memoria. Il costo di una singola partita non può esse­ re superiore a 50 centesimi di euro; la partita deve durare tra i sette e i tredici secondi; la vincita non può essere superiore a 50 euro; le vincite, su di un ciclo di 14.000 partite, non devono risultare inferiori al 75°/o delle somme giocate. L'utilizzo degli apparecchi è espressamente vietato ai minori di 18 anni. Accanto alle slot machine è obbligatoria la presen­ za di almeno un altro apparecchio da gioco anche meccanico o elettro­ meccanico (ad esempio, biliardini) . Dal 31 ottobre 2004 ogni apparec­ chio di gioco con vincite in denaro deve essere collegato in rete telematica, attraverso concessionari, ai Monopoli di Stato. Le nuove macchinette AWP (Amusement With Price, letteralmente " divertimento con premio") verranno monito rate dai Monopoli di Stato, grazie a un codice identificativo univoco dell'apparecchio rilasciato dalla stessa Azienda dei Monopoli. Questi apparecchi possono essere installati esclu­ sivamente presso gli esercizi dotati di autorizzazione ai sensi degli artt. 86 e 88 del T U L P S , vale a dire presso esercizi pubblici, alberghi, circoli pri­ vati dotati di licenza di somministrazione, sale giochi e agenzie di scom­ messe. Non possono essere installati all'esterno dei locali. Prima dell'in­ stallazione nel locale occorre il nullaosta di " messa in esercizio ", il versamento dell'acconto del prelievo unico erariale e la denuncia al Comune con allegata documentazione. Con D.M. 27 ottobre 2003, è stato inoltre determinato il numero massimo degli apparecchi o conge­ gni di cui all'art. no, comma 6°, del T U LP S , installabili nei pubblici eser­ cizi (e circoli privati) : • bar: n. 1 gioco ogni 15 mq di superficie di somministrazione; n. 2 giochi da 30 mq a 50 mq; n. 3 giochi ulteriori 50 mq; n. 4 giochi, massimo consentito, ulteriori 50 mq; • nstorantl: n. 1 gioco ogni 30 mq. di superficie di somministrazione; n. 2 giochi da 6o a 100 mq; n. 3 giochi ulteriori 100 mq; n. 4 giochi, massimo consentito, ulteriori 100 mq; .

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alberghi: - n. 1 gioco ogni 20 camere; - n. 4 giochi, massimo consentito, fino a 100 camere. 3· Comma 7°, lettera a: apparecchi che distribuiscono premi. Ci si rife­ risce a giochi tipo " ruspa", " gru", " pesche verticali", " pesca orologi " ecc. Si attivano con l'introduzione di una moneta metallica che non può superare il valore di 1 euro; l'abilità del giocatore è prevalente su ogni altro elemento. I premi distribuiti direttamente e immediatamente dopo la partita sono piccola oggettistica, (pupazzi, orologi, portachiavi) , non convertibile in denaro o con premi di qualunque altra specie. Il valore complessivo di ogni premio non può essere superiore a 20 volte il costo della partita (ciascuno) . Per l'installazione occorre il nullaosta dei Mono­ poli, il pagamento I S I e la denuncia al Comune di inizio attività. 4· Comma 7°, lettera c: apparecchi che non distribuiscono premi. Ci si riferisce ad apparecchi dotati di monitor quale strumento di visualizza­ zione interattiva del gioco . Sono basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica del giocatore. Il costo della singola partita non può supera­ re i 50 centesimi di euro. La durata della partita può variare in relazio­ ne all'abilità del giocatore. Anche questi apparecchi, prodotti o impor­ tati dal 1 gennaio 2003, devono essere dotati di dispositivi che ne rendono immodificabili le caratteristiche di funzionamento e ne impe­ discono l'accesso alla memoria. Per l'installazione occorre il nullaosta dei Monopoli, il versamento dell' 1 s 1 e la denuncia al Comune di inizio attlvlta. •

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Una nuova ulteriore categoria di giochi sono gli apparecchi meccanici tipo biliardi, biliardini, freccette, calcetto, calcio balilla, flipper e attrazio­ ni per bambini: l' installazione di questi giochi non è soggetta ad autoriz­ zazione dei Monopoli, ma a semplice denuncia di utilizzo in pubblico esercizio da presentare al Comune. Infine, ferme restando le sanzioni penali connesse al gioco d'azzardo, l' installazione o l'uso in pubblici esercizi di apparecchi per giochi d'azzar­ do o, comunque, non conformi alle caratteristiche definite dall'art. no T U L P S (esclusi gli apparecchi meccanici) è punito con l'ammenda da 4.000 a 40 .000 euro e la confisca degli apparecchi. L'esercente che con­ sente a minorenni l'uso degli apparecchi che consentono vincite in dena­ ro (comma 6°) , sono puniti con l'ammenda da 500 a 1 .000 euro. L'installazione e l'uso di apparecchi privi del nullaosta dell'Ammini­ strazione dei Monopoli sono puniti con sanzione amministrativa da 98

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1 .000 a 5 . o o o euro, a seconda della natura degli apparecchi, più l ' eventua­ le confisca degli apparecchi stessi. 8.2. la ricerca psicologica sui d ispositivi elettronici di gioco d 'azza rd o: u no sguardo alla com u nità

Numerose sono le ricerche condotte in Australia per analizzare l'impatto delle macchinette da gioco (EGMs) nell'ambito economico e sociale del territorio. Decidiamo, in questa sede, di sceglierne un paio abbastanza " rappresentative" per la metodologia utilizzata, per i dati che hanno rac­ colto e/ o per le riflessioni cui sono giunte. Il Victorian Casino e la Gaming Authority, nel 1997, hanno richiesto a Hames Sharley di realizzare un progetto di ricerca finalizzato all'anali­ si dell'impatto che i dispositivi elettronici del gioco d'azzardo hanno avuto su tre piccole comunità rurali: Wannon (incluse le piccole città di Balmoral e Coleraine) , Camperdown e Sale con i dintorni. Obiettivo della ricerca è stato quello di verificare se dopo l'introduzione delle mac­ chinette (1992) si sono verificati cambiamenti sociali ed economici nelle aree studiate. Sono stati inizialmente contattati gli amministratori delle tre diverse aree per un primo contatto con le autorità; poi è stata realizzata una ricer­ ca della letteratura esistente riguardo le aree di riferimento; ancora, sono state realizzate interviste a organizzazioni e soggetti attivi all'interno delle tre aree; e infine, la comunità è stata coinvolta in alcuni workshop orga­ nizzati per l'occasione. Il profilo di comunità relativo alle caratteristiche sociali ed economiche delle aree rurali di riferimento è stato realizzato per ognuna delle comunità prima e dopo l'introduzione dei dispositivi elet­ tronici di gioco. In termini economici, il ruolo delle macchinette è stato minimo se confrontato a tutti gli altri livelli delle attività economiche e allo svilup­ po delle strutture in ognuna delle regioni. È interessante, tuttavia, considerare la percezione della gente del luogo. In tutte e tre le aree c'erano persone favorevoli e contrarie all'in­ troduzione delle macchinette. Nell'area di Wannon c'era la percezione che le città di Balmoral e Coleraine fossero piccole per sostenere il gioco d'azzardo e c'era anche un ridotto interesse verso la loro introduzione. Per la maggior parte dei fornitori in Wannon, le macchinette non rappresen­ tavano la più grave preoccupazione perché i luoghi di ritrovo più vicini erano posizionati a una considerevole distanza dalle città principali. 99

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A Camperdown una considerevole preoccupazione fu espressa a pro­ posito dell'impatto del gioco d'azzardo sui centri rurali e le loro comuni­ tà intorno. All' interno di Sale, ci fu un complesso range di risposte alle Interviste somministrate. N e i workshop condotti a Camperdown e a Sale, gli abitanti mostra­ rono accordo circa l'opinione che le macchinette avessero cambiato gli stili di vita di una consistente sezione della comunità, specie riguardo ai cambiamenti subiti dalle caratteristiche del divertimento attribuibili pro­ prio all' introduzione dei dispositivi elettronici. I partecipanti indicarono anche alcuni mutamenti nei comportamen­ ti, i cui effetti si potevano osservare sulle attività sociali, sportive e cultu­ rali della gente. Venne evidenziato, così, l'impatto negativo sulle forme alternative di intrattenimento. Ancora, le interviste telefoniche - per un totale di novecento intervi­ ste complete nelle tre aree - hanno permesso di evidenziare qualche dato: il 37°/o degli intervistati dichiara di avere giocato alle macchinette. Il livel­ lo più basso di partecipazione si è registrato a Wannon, mentre il più alto nell'area di Sale; questo dato è dovuto al fatto che i residenti della prima area erano costretti a viaggiare per giocare, a differenza dei residenti nelle altre due aree. La maggioranza degli intervistati ha affermato che l'introduzione delle EGMs ha portato con sé un aumento dell'occupazione; ancora, la maggior parte delle persone contattate concorda nel dire che le macchinette hanno rappresentato fonte di grande pubblicità per club e pub; i luoghi della scommessa venivano percepiti come spazi di intrattenimento enormemen­ te accessibili; la maggioranza degli intervistati, tuttavia, non li percepiva come spazi in cui incontrare nuovi amici. Emerge anche una generale per­ cezione che il denaro ricavato dal gioco uscisse fuori dalle loro comunità; gli intervistati, inoltre, hanno affermato di non percepire i dispositivi di gioco elettronico come attrazione per i turisti nel loro territorio. Infine, le persone intervistate hanno dichiarato che l'introduzione delle macchinette ha aumentato il numero dei fallimenti e delle banca­ rotte; ha drammaticamente fatto salire il numero dei giocatori problema­ tici; il 78o/o degli intervistati ha indicato che i tradizionali luoghi per il tempo libero hanno subito un arresto a causa dell'introduzione delle macchinette; in molti hanno percepito anche un incremento dei fenome­ ni di microcriminalità. Da un lato, gli intervistati guardano alle macchine da gioco come forma di in trattenimento accessibile a tutti e " non discriminatoria" . Tuttavia, .

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credono che l'aumentata disponibilità delle diverse tipologie di gioco d'az­ zardo sia causa dell'aumento del numero di giocatori problematici. In conclusione, i risultati delle indagini telefoniche nelle tre regioni hanno dimostrato l'esistenza di una dura percezione sui benefici delle macchinette nelle comunità. Tanto i risultati della ricerca quantitativa, quanto quelli della ricerca qualitativa, indicano un significativo grado di preoccupazione circa l' impatto sociale ed economico delle macchinette. Un'altra iniziativa è stata condotta dall'Australian lnstitute of Gam­ bling Research ( University of Western Sydney) e il Workplace Studies Ce ntre (Victoria University) , nello specifico da McMillen e Doughney2• Uno dei primi passi è stato quello di includere, in un incontro del LGWGOG (Local Government Working Group on Gambling) , un work­ shop sui problemi nella misurazione dell'impatto delle EGMs sulla comu­ nità. Il workshop ha previsto anche discussioni sulle fonti di informazio­ ne che si sarebbero poi potute utilizzare per avanzare proposte al VCGA (Victorian Casino and Gaming Authority) . È stato evidenziato come sia importante utilizzare dati qualitativi nel determinare il suddetto impatto sociale. Si è rilevato, inoltre, che mentre le indagini finora utilizzate erano adatte a rilevare le attitudini, non lo erano altrettanto a misurare i diversi livelli di attività di gioco d'azzardo . Sono pure stati discussi altri punti in base ai dati disponibili: • c'è bisogno di maggiori informazioni riguardo ai luoghi in cui si gioca d'azzardo (ad esempio, se gli utenti sono locali o vengono da fuori) ; • è necessario che i governi locali aggiornino annualmente i profili eco­ nomici e di comunità. Il Breakeven, un servizio pubblico di supporto ai giocatori problematici, manca di troppi dati anche perché molti giocatori problematici si rivol­ gono ad altri centri e non si riesce a raccogliere insieme i dati che forni­ scono, mentre sarebbe importante poterli comparare tutti, almeno a livello locale. Alla luce delle riflessioni effettuate, la metodologia di valutazione del­ l' impatto può essere migliorata attraverso: • fonti informative locali (come gruppi di consultazione e avvisi per i giocatori) ; 2. La ricerca in questione viene citata nella quinta edizione del " Gambling Research N EWS LETTER " (2001) del "Victorian Local Governance Association" . 101

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mappe con le distribuzioni geografiche del problema (comprese carat­ teristiche di comunità, servizi disponibili ecc. ) ; • uno studio più attento e una raccolta dei dati più precisa da parte del •

VCGA.

Nello stesso numero del " Gambling Research N EWS LETT E R " leggiamo di un altro studio condotto da Doughney e Sinclair ( 2001 ) , con il quale si è dimostrato che le macchinette di videopoker erano sproporzionata­ mente distribuite nel territorio, collocandosi in massima parte nelle aree di più basso livello socioeconomico. 8.3.

Il focus s u l la persona e la macchina

Crawford e Finnigan (2005) hanno realizzato uno studio comparativo fra l'attivazione fisiologica ( aro usa[) dei giocatori regolari, dei giocatori non regolari e dei non giocatori quando usano le fruit machine. Il disegno sperimentale ha previsto l'impiego di tre gruppi: due grup­ pi sperimentali (giocatori regolari e non regolari) e uno di controllo ( non giocatori) . La ricerca ha avuto luogo a Glasgow e ha coinvolto sessanta­ tre partecipanti ( ventuno per ognuno dei tre gruppi) . Per misurare il livello di attivazione è stato usato un regolare apparec­ chio di misurazione dei battiti cardiaci. Ai partecipanti è stato anche somministrato il S O G S . Dai risultati emerge che i giocatori regolari mostrano livelli significa­ tivamente più alti di attivazione fisiologica rispetto ai giocatori non rego­ lari e ai non giocatori. Inoltre, i livelli di attivazione dei primi continua­ no ad aumentare anche dopo il gioco a dispetto di ciò che accade negli altri due gruppi. Un risultato particolarmente interessante, poi, riguarda il fatto che speciali caratteristiche proprio delle fruit machine (come i bonus, i movimenti del gomito e caratteristiche meccaniche) sembrano essere attivanti quanto le vittorie. Lo studio conclude che il livello di attivazione che queste particolari macchine comportano è proprio uno dei fattori che maggiormente moti­ va il loro uso problematico. Tali risultati ( i primi in questo specifico campo) suggeriscono un alto rischio potenziale di dipendenza proprio da queste attuali fruit machine britanniche. N o n a caso, in generale tutti i dispositivi elettronici di gioco d' azzar­ do vengono chiamati il crack e la cocaina del mondo del gioco d' azzar­ do. In linea con l'idea che il gioco d'azzardo elettronico crea un poten102

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ziale di dipendenza maggiore di tutte le altre forme di gioco d'azzardo, Dowling, Smith e Trang ( 2005) hanno tentato di identificare le caratte­ ristiche delle macchine da gioco che possono essere associate ai compor­ tamenti di gioco problematico. Nonostante l 'evidenza schiacciante del fatto che le macchine da gioco siano associate a un più alto livello di gioco d'azzardo problema­ tico, la letteratura - al di là di sporadici esempi come quello in prece­ denza citato - non mostra risultati significativi a supporto dell'analogia con il crack e la cocaina. Si richiede pertanto una valutazione più rigo­ rosa e sistematica della più alta dipendenza che le macchine da gioco elettroniche sono in grado di generare e studi scientifici più rigorosi su quelle caratteristiche delle macchine che influiscono non solo sulla genesi ma anche sul mantenimento di comportamenti di gioco proble­ matico . Un'altra ricerca precedente a queste ( O'Connor, Dickerson, 2003) ha, invece, messo a confronto i giocatori di macchinette e gli scommettitori alle corse in funzione della " perdita del senso di controllo " . Obiettivo di questa ricerca, insomma, era esplorare l a perdita di con­ trollo soggettivamente percepita in due forme di gioco d'azzardo: le corse di cani e/o cavalli e le macchine da gioco elettroniche. In quest'ultima forma di gioco d'azzardo sono state anche oggetto di studio le differenze di genere. La ricerca ha coinvolto 84 giocatori delle corse - tutti maschi - e 137 giocatori delle macchine elettroniche (73 femmine e 64 maschi) , recluta­ ti presso luoghi da gioco del sud dell'Australia. I criteri di inclusione sono stati: giocare almeno settimanalmente e avere un'età al di sopra dei 18 anni (le donne giocatrici delle corse non sono state contattate dato il loro numero esiguo) . Da una ricerca pilota è stato ricavato un questionario sul grado di coinvolgimento generale nel gioco, mentre la perdita del senso di con­ trollo è stata misurata usando una versione ridotta della Scala delle scel­ te di gioco ( The Scale of Gambling Choices) . I risultati mostrano che la perdita del senso di controllo sembra esse­ re un processo generale che attraversa trasversalmente queste due forme di gioco d'azzardo ed entrambi i sessi. A tale proposito, citiamo un altro lavoro che nasce da due studi pilo­ ta volti a investigare i fattori psicologici predittivi del deficitario senso di controllo nel gioco d'azzardo. I partecipanti allo studio ( reclutati in una sala da gioco di Sydney) hanno dapprima compilato un questionario di 103

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autovalutazione circa le caratteristiche del loro gioco d'azzardo, i livelli di controllo e i problemi associati al gioco. Quindi, sono stati contattati telefonicamente cinque volte in un periodo di venticinque settimane. Le interviste telefoniche si sono focalizzate soprattutto sui deficit nella capa­ cità di controllarsi durante il gioco e sui danni provocati dall'attività di gioco. Alcuni dei partecipanti furono anche contattati per ulteriori inter­ viste alla fine delle venticinque settimane. Complessivamente hanno partecipato alla ricerca 360 giocatori rego­ lari (che giocano cioè almeno due volte alla settimana) di macchinette da gioco elettroniche; ma questo numero si è ridotto a 21 2 all'ultimo step della ricerca. Gli strumenti usati sono stati la Scala di scelte di gioco (Scale ofGambling Choices) , il s o G s , la Scala per la depressione, l'ansia e lo stress (Depression Anxiety Stress Scale) , la N EO - F F I , il Questionario sui comportamenti di supporto sociale (Inventory ofSocially Supportive Beha­ viours) , il Test di identificazione di disturbo da abuso di alcol (Alcohol Use Disorder Identification Test) , la Scala sul coping per adulti ( Coping Scale for Adults) e alcune misure del grado di coinvolgimento e delle emozioni provate nelle situazioni di gioco. I risultati indicano che la depressione è un fattore predittivo sia della presente incapacità di controllo sul gioco d'azzardo sia dei futuri com­ portamenti di controllo deficitario. Tuttavia, non è stata trovata correla­ zione fra il supporto sociale e il deficitario controllo esercitato sulle con­ dotte di gioco. Uno stile di coping non adeguato, però, è stato riscontrato in quei partecipanti con bassi livelli di controllo mentre uno stile di coping " centrato sul problema" è risultato essere una caratteristi­ ca di coloro che mantengono un gran senso di controllo sulle loro con­ dotte di gioco. Molti di questi giocatori più " controllati" hanno afferma­ to di utilizzare una vasta gamma di strategie per mantenere il controllo, strategie che vanno dall'evitare i luoghi di gioco all'autoimporsi limiti di tempo e di denaro. I giocatori meno " controllati ", invece, hanno espres­ so sentimenti di autocondanna e rabbia e hanno dichiarato di utilizzare gli amici e i parenti per tentare di essere aiutati nel difficile compito di mantenere il controllo sul gioco d'azzardo. I risultati hanno anche indicato l'impulsività, la depressione e gli stili di coping inadeguati come gli unici predittori significativi della perdita del senso di controllo. Tali variabili psicologiche sono infatti in grado di spiegare la significativa variabilità fra i giocatori con perdita del senso di controllo. Le conseguenze di questi risultati sono state discusse in termini di 104

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politiche di gioco responsabile e trattamenti per giocatori problematici. In entrambi i casi è stato sottolineato il ruolo delle emozioni come com­ ponente ch iave del gioco. Sono state inoltre fornite raccomandazioni per una ridefinizione di gioco responsabile come importante fattore protet­ tivo dal gioco d'azzardo problematico, come componente positiva del­ l' attività ricreativa di tutti gli uomini e come punto di arrivo di ogni trat­ tamento sul controllo del gioco d'azzardo. 8.4.

Identi kit del videopokerista: u na ricerca in Sicilia

La cattedra di Psicologia di comunità dell' Università di Palermo ha pro­ mosso una ricerca empirico-descrittiva al fine di riflettere sulle diverse sfaccettature del rapporto " comunità-giocatore-videopoker" ; a tale scopo, sono stati messi in rilievo gli aspetti cognitivi, emotivi e compor­ tamentali del giocatore, rispetto alla macchinetta, al suo stile di gioco, agli effetti che ne derivano, alla relazione con l'ambiente circostante e con gli altri significativi. La ricerca, insomma, ha voluto offrire una panoramica della dimen­ sione psicosociale del videopoker. Il protocollo di ricerca è stato somministrato a un gruppo di 1 20 sog­ getti, uomini e giocatori di videopoker. Anche in questo caso gli stru­ menti di ricerca compresi nel protocollo sono stati: una scheda socioana­ grafica, la Scala I - E di Rotter, la P G S (cfr. par. 7.3.2) , e un questionario psicosociale composto da venti domande a risposta multipla, relative alle caratteristiche del luogo fisico di gioco e del contesto di gioco, alle pecu­ liarità strutturali del videopoker, agli aspetti dinamico-interazionali del rapporto persona-dispositivo elettronico, alla tipologia di rapporti socia­ li e di relazioni familiari, alla situazione economica. I partecipanti sono stati contattati casualmente presso le sale gioco di diversi quartieri di Palermo, al fine di arrivare a formare un gruppo di riferimento eterogeneo rispetto al luogo di gioco. Il profilo socioanagrafico del videopokerista che è emerso dalla nostra ricerca è il seguente: maschio, età media di 28 anni, celibe e vive ancora con i genitori, in possesso di diploma di licenza media superio­ re, tmptegato. Rispetto alle modalità (o tipologie) di gioco, è emerso che il nostro giocatore gioca al videopoker da più di due anni, con una frequenza da una a tre volte la settimana. Rispetto alla frequenza di gioco, infatti, il 26, 67°/o gioca al videopoker almeno una volta al giorno, il 6oo/o gioca da 10 5

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una a tre volte la settimana, il 13,33o/o gioca almeno una volta al mese, nessuno dei soggetti intervistati gioca più volte al giorno. Si è ritenuto che la frequenza " almeno una volta al giorno " sia un indice di gioco abituale che rischia, con maggiore probabilità, di diventa­ re problematico, mentre la frequenza " almeno una volta al mese" indica una tipologia di gioco occasiona/e; la frequenza " da una a tre volte la set­ timana" è considerata un valore " soglia" che potrebbe indicarci il " pas­ saggio " da una modalità di gioco occasionale a una di gioco abituale e l'abbiamo definita, per questo, gioco intermedio. Relativamente all'età, la classe che va da 25 a 29 anni ha le percentua­ li più alte di gioco abituale e di gioco intermedio, seguita dalla fascia d'età che va dai 20 ai 24 anni. La differenza tra le percentuali non è risultata significativa. L'importo minimo giocato è di 10,33 euro e l'importo massimo è di 51,60 euro. I soggetti del gruppo coinvolto dichiarano che la loro situa­ zione economica è discreta e che i soldi per giocare provengono dal lavo­ ro. Mfermano con certezza, inoltre, che con il videopoker non si vince. Dopo aver calcolato la distribuzione di frequenza dei dati ottenuti attraverso la Scala di controllo I - E di Rotter (cfr. Nigro, 1983), è stata cal­ colata la media e la deviazione standard, rispettivamente 1 2, 2 e 3,24. Da una prima analisi si può affermare che i videopokeristi coinvolti nella ricerca abbiano dato risposte che suggeriscono la presenza di un focus ofcontro! " esterno " . Si potrebbe affermare che i giocatori coinvolti, nel valutare la dinamica del gioco, attribuiscano prevalentemente una causalità determinante alla Fortuna. Un dato interessante è emerso analizzando la variazione del focus ofcon­ tro! rispetto alla variabile " gioco abituale"/" gioco intermedio"/" gioco occasionale". I giocatori abituali e quelli intermedi hanno ottenuto un punteggio medio pari a 12,7 (ds 3,90) i primi e 12,4 (ds 3,15) i secondi, mostran­ do, così, un focus of contro! " esterno ", a differenza dei giocatori occasio­ nali che con un punteggio medio di 10,5 e deviazione standard di 2,38 mostrano un focus ofcontro! " interno " . La differenza tra le medie è risultata significativa ( p < 0,05) . Dall'analisi della Poker-Machine Gambling Scale è emerso che il gioco li fa sentire in compagnia e soli quasi in uguale misura; del videopoker apprezzano maggiormente la tecnica di gioco e non cambierebbero nulla. Lo considerano un nemico, e affermano di giocare per divertirsi e per =

ridurre la noia. 106

=

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Sovente s i sentono in colpa per aver giocato eccessivamente e affer­ mano che il gioco sottrae tempo allo studio e al lavoro. Manifestano uno scarso controllo sugli esborsi finanziari dovuti soprattutto al giocare " alla rincorsa", cioè quando perdono continuano a giocare fino a quando non tornano a vincere. Spendono generalmente più di quanto preventivano inizialmente e questo spiega i problemi eco­ nomici, le ristrettezze e l'essere sovente a corto di denaro. L'analisi dei dati raccolti ha permesso di evidenziare, inoltre, gli ele­ menti strutturali che attraggono o, al contrario, deludono i giocatori. Le risposte sono state variegate e a volte contrastanti; ciò che maggiormen­ te piace e/o non cambierebbero, è la " tecnica di gioco ", seguita dalla " velocità di gioco "; da non sottovalutare la percentuale di accordo tanto per la " modalità di puntata" quanto per la " modalità di riscossione " . Rispetto alla domanda " Che cosa cambierebbe del videopoker ? " , la maggioranza degli intervistati ha risposto " nulla", qualcuno cambiereb­ beo il " sediolino ", mentre un numero inferiore di giocatori cambierebbe la " durata delle partite " . I partecipanti alla ricerca non sembrano manifestare modalità d i gioco patologico; essi appaiono piuttosto come giocatori che rischiano di svi­ luppare una modalità di gioco problematico in alcuni casi già espressa. s.s.

Conclusioni

" Madri e mogli si rivolgono alla polizia: sequestrata una sala di video po­ ker" . Potrebbe essere il titolo di uno dei tanti articoli che sfogliamo sui quotidiani: al centro della riflessione drammi personali, familiari e socia­ li causati da macchinette infernali disseminate sul territorio. Del becchi (2ooo) parla dei dispositivi di gioco elettronico come di certe donne, perché mostrano gli stessi capricci, lo stesso grado di sadi­ smo, nonché la stessa capacità di tenervi incollati alle loro lune; accade che il primo che passa allunga una moneta quasi di controvoglia e loro gli offrono un poker o, addirittura, una scala reale; invece, a coloro che dedicano tutto il cuore, tutta la passione, si mostrano spietate. Il dram­ matico segreto per vincere: insistere ! Emerge da questa riflessione come il problema del giocatore sia, in fondo, il problema dell'innamorato: non cominciare un amore, ma porgli fine. Donne o cocaina (due delle analogie finora trovate alle macchinette) , certamente si tratta di un fenomeno evidentemente e fortemente demo­ nizzato. Un tale etichettamento è «provocato da due spiacevoli caratteri107

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stiche attuali del videopoker, l'illegalità che lo corrompe e la dipendenza che creerebbe nei giocatori. Entrambe vanno contrastate: la prima attra­ verso una più chiara legislazione in merito e controlli più rigorosi; la seconda attraverso la promozione di una costruttiva " cultura del gioco "» (Vinciguerra et al. , p. 21 5 ) .

108

9 Azzardo on line: il pericolo invisibil e

La crescita globale del gioco d'azzardo e l'aumentata popolarità di Inter­ net, hanno fatto sì che un nutrito numero di persone sviluppasse una forte propensione al gioco d'azzardo on line (Sindair, 2000) . Il mercato mondiale dei giochi d'azzardo o n l in e ha conosciuto negli ultimi anni una crescita esponenziale. Sono disponibili circa 1. 500 si ti di gioco d'az­ zardo sul Web ; sul sito http://www. n u a .com è possibile visionare il grafico riportato nella figura 9 . 1 , in cui emerge con chiarezza il trend crescente di questo comportamento negli Stati Uniti: da poco più di 6oo mila gio­ catori on line del 1998 si è passati a più di tre milioni nel 2002 (fig. 9.1) . Il gioco d'azzardo tramite Internet è diventato oggi il prodotto più pub­ blicizzato dalla rete, nonché il comparto dell'e-business che registra il maggiore tasso di espansione. I dati più aggiornati del G B G C ( Global Bet­ ting Gaming Consultants) stimano che nel 2004 il giro d'affari mondia­ le abbia sfiorato i 500 miliardi di dollari (ci t. in Fontanelli, 2005) . Nelle previsioni, il National Gambling lmpact Study Commission (1999) stima che il numero dei giocatori d'azzardo on line crescerà approssimativamente a 1 5 milioni nel 2004. Secondo il gruppo Informa Media, il gioco d'azzardo o n li ne " incas­ serà" 1 5 , 5 miliardi di dollari nel 2006, rispetto ai 3,81 miliardi di dollari del 2002 (eMarketer, 2002) . Datamonitor ( 2001) ribadisce quanto detto affermando che Stati Uniti ed Europa, nello specifico, passeranno dai 6,7 miliardi di dollari incassati tramite le scommesse on line nel 2001, ai 20,8 miliardi di dollari del 2005 . La maggior parte dei giocatori sono americani, ma i siti sono situati principalmente in Europa, nei Caraibi, in Australia e in Sudafrica. L'Europa, ad esempio, diventata un vero e proprio cyberparadiso del­ l' azzardo virtuale, manca di leggi restrittive che vietino la costituzione di si ti destinati a tale scopo. I nuovi strumenti giuridici che l'Un ione europea si appresta a lanciare per regolare le transazioni commerciali su Internet 10 9

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Figura g.t. Sti ma d e i giocato ri d ' azza rd o on l i n e n e g l i Stati U n iti O n l i n e Ga m b l i n g R even u e 1998-2002 3.000

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2002

http://www. n u a .co m .

registrano un vuoto riguardo il gioco d'azzardo o n line: la direttiva sul­ l' e-commerce, infatti, non copre tale settore. Una legge, a tale riguardo, è stata invece approvata dal Senato degli Stati Uniti nel luglio 1998 e il governo Bush sembra continuare in tale direzione. G iocare d'azzardo da casa e praticamente senza rischi legali, infatti, non è semplicemente il sogno dei giocatori più accaniti, ma l'opportuni­ tà concreta che sempre più navigatori sfruttano utilizzando i siti web che permettono la scommessa. Internet, infatti, può essere utilizzato nella totale anonimità, è aperto 24 ore su 24 e non è mai " chiuso " nei giorni festivi; può proporre i pro­ pri servizi attraverso i siti web del mondo senza alcun limite e restrizio­ ne. Mentre lo spazio di gioco reale, infatti, offre la sensazione tangibile della perdita del denaro, il cyberspazio non la fornisce a causa dell'utiliz­ zo della carta di credito e dell'assenza di " fisicità" . Prima del 1 993, la gente doveva spostarsi per andare a scommettere al gioco che sceglieva. Il più grande esempio è rappresentato da Las Vegas, città costruita ad hoc per i turisti che viaggiavano anche per il solo gusto dell'azzardo. Per gio­ care, in altre parole, la gente doveva uscire dalle proprie case per raggiun110

g. AZZA R D O O N U N E: I L P E R I CO LO I NVIS I B I L E

gere i luoghi adibiti alla scommessa. Il gioco d'azzardo on line ha cam­ biato completamente la situazione. Basta avere un P C e un modem per giocare senza spostarsi "fisicamente", ma semplicemente navigando sulla rete mentre si è comodamente seduti dietro una scrivania. In sintesi, il fatto che la presenza dei casinò non sia limitata alla terra ferma ma prenda una forma virtuale complica sempre di più il panora­ ma del gioco d'azzardo, incrementando il rischio di comportamento pro­ blematico. Se mel (ci t. in Dal Ben, 2004) - fondatore del Centro di assi­ stenza Gordon House per giocatori dipendenti - ha rivelato che nell'ultimo anno i pazienti sono aumentati del 56o/o, dato inconfutabil­ mente legato, a detta dell'autore, al gioco d'azzardo o n line. Aumentano, quindi, i rischi di sviluppare una vera e propria forma di dipendenza: sul sito dell'APA ( http://www.apa.org), a tale proposito, leggia­ mo che le persone che giocano on line possono sviluppare problematiche più serie di gioco d'azzardo rispetto a coloro che giocano con le slot machi­ ne o alla lotteria. L'esplosiva crescita di Internet, inoltre, condurrà alla nascita di sempre nuove opportunità di gioco d'azzardo o n line, con con­ seguente incremento di disagio psicologico che si accompagna al gioco, di abuso di sostanze, depressione e comportamenti sessuali a rischio. Tutto ciò, senza peraltro sottovalutare rischi di altra natura: la sottra­ zione di denaro ai giocatori (pensiamo a come hackers disonesti potreb­ bero accedere alle informazioni relative alla carta di credito o accedere direttamente al conto del giocatore) o la contraffazione del gioco. 9.1.

l giochi sul Web e la normativa

Gambling Federation è il leader del settore del gioco d'azzardo a livello internazionale, con la produzione completa di giochi on line disponibili in quindici lingue. In Italia, il sito più conosciuto è Casinò-on-Net, che dal 1997 (anno di nascita) conta oltre 10 milioni di " visite " . La scheda 9 . 1 mostra i siti internazionali più cliccati. I giochi d'azzardo più popolari sul Web sono i giochi classici da casinò e le scommesse sportive. Tra i giochi di casinò: il poker, la roulette, il bac­ carat, il black jack, le slot machine ( Golden Eggs Slot, Gold&G reen Slot, Blazing 888 Slot, Poker Room in Linea, Double Dice Slot, F ruit Loot, Payday Slots), il Craps, il Beli Fever, il Wild Genie 9 Line, il Videopoker Qacks or Better, Joker Poker, Deuces Wild, Aces&Faces, Lucky Nugget, Deuces&Joker, 10s or Better, Double Joker, Bonus Poker, Double Bonus Poker, King of the House, Double Double Bonus, Crazy 8s, Straight 111

PA RTE S E CO N DA. FO RM E D I S CO M M ESSA

FLush Bonus, Flushorama) , il Caribbean Stud Poker, il Keno, il Chuck­ A-Luck, lo Scratch Ticket e il Pai Gow Poker. E tanti altri ancora. Scheda g.t. l siti i nte rnazi o n a l i p i ù c l i ccati S ITO E PAE S E D I BAS E

V I S I TATO R I

( F E B . 2005)

Th e Nation a l Lottery ( G B )

1.322.000

Fra n ca is e d es j e ux ( F R )

1.252.000

P rizee.co m ( u sA) Koo d po ( F R )

763 .000 691.000

Ti pp24.d e ( G E R )

617.000

P l a n etwi n ( G E R )

592.000

Beta n dWi n

534.000

l nterCa s i n o ( u sA)

454.000

P rofi nwi n .d e ( G E R )

449 .000

Ba n a n a l otto ( G B )

420.000

Fon te:

N i el se n / N etTati n g, cit. i n Fo nta n el l i (2005).

I giochi di casinò, grazie alla tecnologia di suoni e immagini, creano un realistico effetto virtuale dando la sensazione di essere realmente al casi­ nò. Viene offerto ai " clienti abituali" un tavolo privato per un gioco per­ sonale o un tavolo aperto, che può essere condiviso da altri due amici. Inoltre, quando si gioca a un tavolo aperto, è possibile comunicare con gli altri giocatori tramite una chat box. E sul sito si legge: " È proprio come essere a Las Vegas ! " . «A livello globale, ogni giorno gli appassionati del poker via internet scommettono elettronicamente circa 56 milioni di euro, contro appena gli 8 , 5 milioni di dodici mesi fa. I dati allarmanti, scaturiti da un'indagi­ ne dell'agenzia più importante di scommesse in Inghilterra (Ladbrokers) , sono stati lanciati dal Regno Unito dove il fenomeno è esploso: ogni giorno passano sul piatto virtuale (e non solo) circa 4, 2 milioni di euro. Ma da Londra il fenomeno si sta allargando a macchia d'olio anche nei paesi europei, Italia compresa» ( Dal Ben, 2004) . Nonostante le differenze riscontrate nei vari paesi, si distinguono in linea generale tre diversi regimi di regolamentazione del gioco d'azzardo on line. 112

g. AZZA R D O O N U N E: I L P E R I CO LO I NVIS I B I L E

Il primo di questi regimi bandisce il gioco d'azzardo o n line, perché su di esso non è facile operare politiche di controllo e imporre tasse, ma anche perché compete con le lotterie di Stato. Esempi di questo approc­ cio sono l'Internet Gambling Prohibition Act del 1999 (Stati Uniti) e il Swiss Gambling and Casino Act del 1998 (Svizzera) . Ci sono anche siste­ mi che puniscono severamente i comportamenti di gioco d'azzardo e che comprendono, ad esempio, l'arresto del giocatore, il blocco o la confisca dei suoi beni. Leggiamo in un articolo di un quotidiano nazionale (Fontanelli, 2005) : «Gli Stati Uniti proibiscono [ . . . ] hanno dimostrato che la legge in vigore si è resa necessaria, ed ha quindi ragione di esistere in quanto ha come scopo la protezione della moralità e il mantenimento dell'ordine pubblico. C'è anche una motivazione sociale nella guerra alla scommes­ sa online: gli U SA sostengono che giocare può veramente creare dipen­ denza, soprattutto nelle fasce di età più basse)) . Altri paesi, al contrario, hanno assunto posizioni completamente dif­ ferenti. Essi ufficialmente autorizzano il gioco d'azzardo, lo controllano e lo tassano. Uno degli esempi più recenti è l'lnteractive Gambling ( Pla­ yer Protection) Act del 1998 di Queensland (Australia) , che regola il gioco d'azzardo o n li ne con estrema accuratezza. Sistemi regola tori simi­ li sono stati adottati da Victoria (Australia) , Antigua e Liechtenstein. Un terzo approccio è quello che, abbandonando gli aspetti moralisti­ ci, prevede di fare con moderazione alcune concessioni al gioco d'azzardo. Un esempio è quello proposto dalla lotteria di Stato o n line in Liberia. Non approfondiremo il campo della normativa relativo a questo fenomeno, a causa della sua complessità. Molti, a prova di quanto detto, obiettano che sia difficile regolare e controllare il gioco d' azzar­ do on line. Giacché uno dei princip i di ogni sistema legale è che le per­ sone si assumano le responsab ilità delle conseguenze delle loro azioni, le legislature dovrebbero tentare di guidare i comportamenti dei consu­ matori attraverso una definizione più chiara dello status legale del gioco d'azzardo o n li ne. Ad esempio, qualcuno propone condanne penali per ridurre la navi­ gazione nei si ti di gioco d'azzardo o n l ine, visto che le semplici misure basate sulla tecnologie si sono mostrate insufficienti. Ancora, si propone che tutti i siti di gioco d'azzardo vengano registrati in un grande nuovo dominio, o si ipotizzano operazioni di immissione di filtri sui singoli P C o di blocco dei singoli siti di gran lunga più efficaci di quelli che fino a ora si sono mostrati difficoltosi e imperfetti. 113

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g.2.

La ricerca s u l l 'azza rd o on l i ne

Scopo della ricerca condotta da Anca Ialomiteanu ed Edward M. Adlaf ( 2ooo) è stato quello di stimare l'entità del problema tra gli adulti in Ontario. Gli adulti, contattati telefonicamente, sono stati 1.294; di questi il 5,3o/o aveva giocato d'azzardo su Internet negli ultimi dodici mesi. Sebbene sia emerso che le donne giocano o n line più degli uomini ( 6,3°/o contro il 4,3°/o ) , la differenza non è risultata statisticamente significativa. Significati­ va è, invece, la differenza tra la percentuale di divorziati e vedovi che gioca­ no on line (10,9°/o) e quella delle persone sposate (4,9o/o). Non sono emer­ si dati di particolare interesse riguardo l'età, la religione o il titolo di studio. Nessuna informazione è stata raccolta a proposito della frequenza di gioco da parte degli adulti intervistati. Ladd e Petry ( 2002) , del Centro di salute dell' Università del Connec­ ticut, hanno indagato i comportamenti di gioco di 398 persone che chie­ devano cure dentali gratuite o dal costo ridotto. I risultati mostrano che circa l'n °/o può essere definito giocatore d'azzardo problematico, mentre addirittura il 1 5°/o presenta i sintomi che conducono alla diagnosi di gioco d'azzardo patologico. Le più comuni forme di gioco d'azzardo riportate dai soggetti coinvolti nello studio sono: la lotteria (89o/o ) , le slot machine (82°/o) , le scommesse sportive ( 57°/o) , il Bingo ( 56°/o) e le scom­ messe sugli animali (53o/o ) . Il gioco d'azzardo su Internet è stato citato solo dall'So/o dei partecipanti, la metà dei quali addirittura dichiara di giocare davvero raramente. Il gioco d'azzardo o n l in e rappresenta, dunque, la forma meno comu­ ne di scommessa tra i partecipanti. Tuttavia, la ricerca ha evidenziato che la maggioranza di coloro che mostrano un comportamento di gioco pre­ occupante, sia tra i giocatori problematici sia tra i giocatori patologici, pratica il gioco d'azzardo su Internet in maniera frequente. Solo il 22 o/o dei partecipanti senza alcuna esperienza di azzardo on line risulta proble­ matico e patologico, rispetto a un 74 o/o che gioca o n li ne e che presenta gravi livelli di gioco. I giocatori d'azzardo o n li ne sono, con maggiore probabilità, non spo­ sati e più giovani rispetto a coloro che non hanno mai usato Internet per giocare. Questi tendono anche ad avere un livello più basso di istruzio­ ne, smentendo l'idea che accedere a Internet sia associato a un livello più alto di istruzione. Nessuna differenza di genere significativa è stata riscontrata tra i giocatori o n line e quelli off line. 114

g. AZZA R D O O N U N E: I L P E R I CO LO I NVIS I B I L E

Gli autori affermano che «la disponibilità di gioco d'azzardo o n l in e può condurre l'individuo a cercare contesti isolati e anonimi per il pro­ prio comportamento di gioco [ . . . ] . La disponibilità e l'uso delle oppor­ tunità di gioco d'azzardo o n l in e aumentano con la crescita esplosiva di Internet» (Ialomiteanu, Adlaf, 2000) [ traduzione nostra] . Le ricerche necessitano, pertanto, di chiarire se un incremento nel­ l'uso di Internet può condurre a sviluppare forme più gravi di gioco o se Internet attrae gli individui che già manifestano problemi di gioco. Di certo, autori come Griffiths e Parke (2004) allertano sul fatto che il gioco d'azzardo o n li ne stia divenendo un problema sempre più criti­ co nel Regno Unito e che un numero sempre crescente di giocatori in questo paese richieda una consulenza per questo problema. E sul posto di lavoro ? La ricerca Web@Work (Fox, Phillips, Vaidya­ nathan, 2003) esamina i comportamenti di gioco d'azzardo o n l in e sul posto di lavoro. La ricerca ha coinvolto due campioni: uno di 305 impie­ gati dotati della possibilità di usare Internet e l'altro di 250 manager delle risorse umane. Agli impiegati è stato chiesto se pensavano di avere svilup­ pato una dipendenza dall'uso di Internet e il 25o/o di loro ha risposto affermativamente. È stato inoltre chiesto loro quale attività legata a Inter­ net (oltre l'e-mail) loro considerassero maggiormente facilitato re di dipendenza: il gioco d'azzardo o n li ne è risultato essere la quinta attività menzionata (dall'8°/o degli intervistati) , dopo lo shopping (il 24°/o ) , le notizie ( il 23o/o ) , la pornografia ( il 18°/o) e prima delle vendite all'asta ( 6o/o) . Inoltre, solo il 2 o/o degli intervistati ha affermato di accedere al gioco d'azzardo o n li ne dal luogo di lavoro. Una ricerca del 2002 correlata a questa, The Internet Misure Survey (WebSense, 2002) , ha coinvolto 544 manager e dirigenti. Il 72o/o di que­ sti soggetti ha dichiarato di aver avuto a che fare con una qualche forma di abuso di Internet nell'esperienza lavorativa; inoltre, una compagnia su quattro aveva licenziato impiegati per abuso di Internet. Sebbene il 69°/o di questi licenziamenti fosse legato all'uso di Internet per scopi pornogra­ fici, un 8°/o aveva a che fare con l'uso di Internet per giocare d'azzardo. La possibilità di avere a portata di mano posti dove giocare d'azzardo (come i casinò) è correlata positivamente - come più volte abbiamo detto - con la presenza di comportamenti di gioco problematico e pato­ logico. Volendo fare nostro questo risultato, pensiamo di poterlo esten­ dere anche all'aumentata possibilità di avere a portata di mano un luogo virtuale per il gioco d'azzardo: Internet. Milis e collaboratori ( 2001) riflettono anche sul fatto che usare lnter115

PA RTE S E CO N DA. FO RM E D I S CO M M ESSA

net per giocare on line nel luogo di lavoro è spesso citato come una cyber negligenza, termine che fa riferimento solo alle ore lavorative che vengo­ no perse nell'attività di gioco e non alle conseguenze sulle persone che il gioco d'azzardo o n l ine può avere. Dato che la diffusione del gioco d'azzardo o n l in e sul posto di lavoro è un fenomeno che la tecnologia ha facilitato, è naturale che proprio nella stessa tecnologia si possa tentare di trovare soluzioni. Queste strate­ gie vengono insieme definite soluzioni di Employee Internet Monitoring (EIM) e vengono utilizzate per limitare o monitorare l'accesso dei dipen­ denti a si ti di giochi d'azzardo. Da un punto di vista di regolamentazione interna e di gestione delle risorse umane, invece, connettersi ai si ti di gioco d'azzardo dal posto di lavoro significa non solo un uso improprio della strumentazione di pro­ prietà della compagnia per cui si lavora, ma anche sottrarre tempo all' at­ tività lavorativa e quindi diminuire la produttività. Oltre i sistemi tecno­ logici di controllo e filtraggio, la maggior parte delle compagnie prevedono, quindi, anche una regolamentazione interna che permette ai loro dipendenti di usare i dispositivi elettronici di comunicazione e l' ac­ cesso a Internet solo per: • comunicare con altri impiegati, venditori o consumatori in base alle specifiche mansioni previste dal ruolo lavorativo; • acquisire informazioni correlate a migliorare la propria prestazione lavorativa; • sviluppare progetti nuovi approvati comunque da un supervisore. E di non poterli usare per: • scopo personale; • affari e guadagno personali; • gioco d'azzardo o altra attività che violi le leggi locali, statali o federali. Le azioni che vengono intentate contro chi trasgredisce tale regolamen­ tazione sono chiamate " provvedimenti disciplinari progressivi ", nel senso che la severità della sanzione aumenta con la severità e la natura ripetuta dell'offesa. Normalmente i " provvedimenti disciplinari progres­ sivi" cominciano con un richiamo formale orale al dipendente; se questi, però, ripete il comportamento o non migliora la sua prestazione, i livelli successivi prevedono un richiamo tramite lettera scritta, una multa in denaro che viene detratta dallo stipendio e, infine, il licenziamento. Ai " provvedimenti disciplinari progressivi" oggi si sono aggiunti quei 116

g. AZZA R D O O N U N E: I L P E R I CO LO I NVIS I B I L E

provvedimenti che vengono definiti " positivi", perché essi non prevedo­ no una punizione ma piuttosto che il dipendente e il suo supervisore cer­ chino di trovare insieme un accordo su come risolvere il problema. Anche questo approccio, comunque, include diversi livelli: un colloquio orale in cui impiegato e supervisore discutono del problema; un accordo scritto in cui le due parti pianificano una strategia e in ultimo il licenziamento. Infine, gli studi suggeriscono che i dipendenti che vengono sottopo­ sti a sistemi restrittivi nell'uso di dispositivi elettronici di comunicazione e nell'accesso a Internet cercano di difendersi sostenendo una delle seguenu argomentaztont: • il monitoraggio cui sono sottoposti è una violazione del Quarto emendamento; • si tratta di una violazione della privacy; • provocando dipendenza, il gioco d'azzardo on line deve essere consi­ derata una forma di disabilità che non può essere punita. .

9.3.

.

.

Minori o n l i ne: scom m esse senza l i m iti d 'età

Smeaton e collaboratori ( 2004) hanno riflettuto sull'accesso ai siti di gioco d'azzardo da parte di soggetti al disotto del limite di età. Fa da pre­ messa a tale studio la considerazione che certe carte di credito sono rese disponibili dalle banche a ragazzi dell'età di 11 anni e che è stato addirit­ tura stimato che il 45o/o di tutti i ragazzi di età compresa fra i 16 e i 17 anni possiedono una carta di credito. Tale considerazione è infatti importante rispetto all'accesso dei minori a si ti di gioco d'azzardo. La maggior parte dei siti non impiega nessun sistema distintivo o di protezione rispetto all'età dei suoi fruitori: il che significa, quindi, che è potenzialmente possibile che tutti i ragazzini al di sopra di 11 anni possa­ no registrarsi a questi si ti e giocare d'azzardo. Esistono diversi sistemi che permettono di identificare i dati persona­ li relativi alla carta di credito dei consumatori circa l'età; qualora i siste­ mi accertassero che si tratta di minori potrebbero impedire l' ingresso al sito attraverso semplici sbarramenti. In realtà, non esistono regolamentazioni rigide a proposito della veri­ fica dell'età. Tuttavia, la maggior parte dei gestori di si ti web sono pron­ ti ad ammettere di possedere le misure di verifica. In molti casi quello che succede è che questi sistemi non entrano in azione subito al momento della registrazione per cui esiste un tempo in cui il consumatore (anche minore) ha la possibilità di giocare privo di controlli. 117

PA RTE S E CO N DA. FO RM E D I S CO M M ESSA

Fatte queste premesse, una ricerca condotta in Inghilterra ha cercato di verificare la capacità dei si ti di gioco d'azzardo o n line di individuare giocatori giovani e di limitare il loro accesso alle scommesse. Tutti i siti visitati erano gestiti da compagnie locate nelle giurisdizioni di Alderney e di G ibilterra. Quindi è stato scelto come volontario per lo studio un ragazzo di 1 6 anni possessore di una carta di credito. I l ragazzo è stato informato ampiamente degli scopi della ricerca e monitorato lungo tutto lo studio; inoltre i suoi genitori sono stati sempre presenti. Su trentesette siti visitati solo sette hanno bloccato l'utente al momento della registrazione; per gli altri è stato sufficiente inserire fra i dati di regi­ strazione (nome, indirizzo ed età) un'età falsa corrispondente a 21 anni. Benché lo studio abbia coinvolto solo trentesette siti su circa 1 . 500 esi­ stenti, i siti sono stati selezionati fra i più popolari e, quindi, ci si aspet­ ta che essi riflettano la situazione generale del mercato. 9.4.

Concl usioni

Ormai è chiaro che i rischi che il gioco d'azzardo on line comporta sono assolutamente unici. La Commissione sul gioco d'azzardo problematico dell' Università di Regina ha sviluppato una brochure sui rischi e sui possibili modi per ridurli (U rsel, Morgan, 2004) . Tale commissione rientra in un più vasto programma di intervento sulla comunità a proposito del gioco d'azzardo problematico. La commissione ha anche costituito un forum per la con­ divisione di informazioni sul gioco d'azzardo o n l in e e per dare ai suoi membri l'opportunità di mettersi in rete e di lavorare insieme alla stesu­ ra della brochure sui possibili consigli circa questa forma di gioco d'az­ zardo (cfr. http:/ /www.cmhask.co m/ga m b l i n g/ l nte rn etG a m b l i n g. pdf) . Un'altra interessante iniziativa è quella di Griffìths e Parke ( 2004) : in funzione del crescente allarme in Inghilterra, hanno proposto una lista di consigli pratici per evitare che il gioco on line possa diventare incontrollabile. Considerato che i giocatori d'azzardo o n l in e affermano di non riusci­ re a frenare questo loro comportamento, gli autori pensano almeno di poterli aiutare a limitare le perdite. Scopo del loro contributo è offrire dei suggerimenti panici che costituiscano per i giocatori d'azzardo o n li ne una sorta di linee guida da seguire. • Giocare a giochi d'azzardo on line rigidamente pre-programmati e che 118

g. AZZA R D O O N U N E: I L P E R I CO LO I NVIS I B I L E

quindi costituiscono un limite per il giocatore nel momento in cui può verificare il risultato. Un buon esempio è costituito dalle scommesse sugli eventi sportivi: si tratta di una singola scommessa su un unico evento che può essere verificato in un tempo stabilito (alla fine della partita) . Giocare on line con le slot machine o alla roulette, al contrario, è un po' come gio­ care a dadi: un gioco che potenzialmente non finisce mai ! • Stare attenti ai giochi di pratica e a quelli a modalità gratuita. Non è infrequente che coloro che poi vengono inghiottiti dal gioco d'azzardo on line abbiano iniziato con semplici giochi per fare pratica o con giochi a modalità gratuita. Il passaggio poi ai giochi a pagamento (specie quan­ do si sperimentano una serie di vittorie) è assai breve. • Giocare con compagnie ben note. Le compagnie i cui nomi sono legati a una certa storia nel mondo del gioco d'azzardo off li ne sono anche le più rispettabili e, quindi, quelle che con maggiore probabilità adempieranno ai pagamenti in casi di vittoria. • Giocare con compagnie con le quali persone che si conoscono e si rispettano hanno già giocato e su cui, quindi, si può fare affidamento. • Darsi dei limiti. Come in tutte le forme di dipendenza, è importante anche nel gioco d'azzardo o n li ne autoimporsi dei limiti di tempo e di denaro da spendere. • Stare attenti ai finti giocatori. La rete è piena di pubblicità di siri di gioco d'azzardo fatta da finti giocatori che dicono di aver vinto cifre con­ siderevoli giocando a un particolare gioco e che invitano altri a provare (tipici in questo senso sono le e-mail di massa o i messaggi istantanei che si aprono sulle finestre di dialogo) . • Leggere attentamente le regole del gioco e le condizioni di utilizzo del sito. Solo dopo un'attenta lettura un giocatore può decidere consapevol­ mente che quello è il sito su cui vuole giocare. • Selezionare siri che possiedono server sicuri per le transazioni econo­ miche. Le persone non dovrebbero immettere dati personali relativi alle coordinate bancarie o alle carte di credito senza aver accertato che il sito è stato ispezionato e certificato come sicuro (con dicitura anglofona:

VeriSign secure site) . • Controllare le informative sulla privacy. I giocatori d'azzardo o n l in e dovrebbero sempre stare attenti alle politiche di protezione delle privacy che i siri assicurano prima di inserire ogni dettaglio personale. • Evitare di giocare d'azzardo su quei siti che non sono facilmente contat­ tabili tramite telefono o e-mail per verificarne attendibilità e disponibilità. • Controllare bene le scritte in cui viene chiesto un deposito cauziona-

119

PA RTE TE RZA. G I O CARS I l P U NTI D I VI STA

le da versare prima ancora di giocare. Molti siti chiedono un deposito così alto che anche se il giocatore accumula vittorie iniziali queste non sono sufficienti ed egli deve continuare a giocare per molto tempo prima di rimettersi in pari. Questo sistema, ovviamente, facilita la messa in atto di comportamenti di gioco d'azzardo problematico. • G iocare apertamente, il che significa evitare di giocare d'azzardo in luoghi di lavoro o in luoghi domestici dove questo comportamento è disapprovato. G iocare e contemporaneamente cercare di nascondersi fa perdere la concentrazione e compromette la capacità del giocatore di assumere un comportamento di gioco responsabile e consapevole. • Evitare quei siti che fanno offerte che sembrano troppo belle per esse­ re vere: di solito infatti non lo sono !

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Parte terza G iocarsi i punti di vista

La terza pane di questo volume chiude l'ampia discussione sul fenomeno dell'azzardo e della scommessa aprendo spazi di riflessione tanto sulla neces­ sità di interventi "sistemici" e di contesto - e non solo rivolti all'individuo - quanto sull'esigenza di un'adeguata politica preventiva ad ampio raggio. Daniela Capitanucci discute di un welfare che aiuti a favorire il for­ marsi di un contesto solidale in cui ci si prende cura delle esigenze degli individui: un sistema protettivo che presuppone la messa a punto di una legislazione esaustiva, necessità complessa se si riflette circa l' ambivalen­ za che il gioco d'azzardo assume a livello sociale. Da un lato, lo ricordia­ mo, il gioco rappresenta per lo Stato un'" attività produttiva" capace di rilanciare l'economia e ridurre il deficit pubblico, dall'altro può assume­ re forme di grave problematicità sociale. Diventa utile, così, riflettere sulla legislazione italiana in materia di dipendenze patologiche e sugli indirizzi in merito al trattamento del gioco d'azzardo, senza perdere di vista la situazione di altri paesi europei, in cui i passi avanti in tale ambito sono evidentemente più roboanti e socialmente efficaci. A ben guardare, infatti, l'Italia necessita di numero­ si adeguamenti sul piano normativa e organizzativo per tutto ciò che riguarda soprattutto le " nuove forme di dipendenza" . In questo panorama, i primi a muoversi nel settore del trattamento dei giocatori patologici e nell'accoglienza dei loro familiari sono stati sogget­ ti privati. Alcuni nomi, tra gli altri: il centro di Campoformido, i Giocatori Anonimi, la S I I PAC di Bolzano, il centro sociale " Papa Gio­ vanni XX I I I " di Reggio Emilia. Dopo il 2000, tuttavia, anche il servizio pubblico ha iniziato ad attivarsi: numerosi S E RT, infatti, hanno realizzato e stanno attualmente conducendo progetti sperimentali rivolti ai giocato­ ri patologici; numerose anche le iniziative " integrate" che vedono prota­ gonisti le amministrazioni comunali, le ASL, i rappresentanti del privato sociale, insieme ad altri soggetti tutti accomunati da un obiettivo. 121

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Nonostante queste e altre inizative, nel nostro paese non sembra ancora essere stata assunta una politica complessiva di gioco responsabile. È su questo che riflette Mauro Croce, fornendo un interessante stimolo a chiusura del volume. Il gioco d'azzardo, in quanto possibile forma di dipendenza senza sostanza, pone di fronte a problematiche nuove e diverse da quelle che fino a oggi sono state affrontate nell'ambito della prevenzione delle dipen­ denze da sostanza. «Ciò significa - scrive Mauro Croce nel suo contribu­ to - ragionare nel comprendere i bisogni, gli spazi vuoti, le identità e i ruoli ai quali il gioco risponde e che in un certo senso crea» (infta, p. 142) . Accanto alla complessità di quanto detto, la difficoltà degli interven­ ti preventivi in materia di gioco d'azzardo richiama ancora una volta il ruolo giocato dalle scommesse: vero e proprio " affare" di Stato per incen­ tivare le quali vengono pensate numerose strategie di marketing non affiancate mai da alcun avvertimento sui rischi che queste possono com­ portare. È possibile, dunque, una politica di gioco responsabile ? Di certo sarebbe necessario integrare approcci preventivi strutturali e approcci educativi. Se, da un lato, quest'ultima parte del volume sottoli­ nea con più forza l'imprescindibilità di un'azione di tipo normativa, puntando il dito sugli aspetti strutturali e politici, dall'altro ribadisce ancora una volta la necessità di interventi di tipo educativo, informativo e partecipativo, elemento centrale in ogni politica e azione di tipo pre­ ventivo.

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Dipendenza da gioco d'azzardo. Quale sistema di servizi in I talia? di Daniela Capitanucci

10.1.

Il gioco d 'azza rdo tra com p lessità e am biva lenza

L'Organizzazione mondiale della sanità ( O MS) definisce la salute «non come assenza di malattia, ma come stato di completo benessere psicofi­ sico e sociale» . Il ministero della Salute ha rinforzato questo assunto basi­ lare ricordando recentemente agli italiani come «la salute oggi possa esse­ re conquistata e mantenuta solo con l'impegno quotidiano del singolo cittadino e con il contributo indispensabile di chi amministra le risorse economiche, sociali e sanitarie del paese)) (Sirchia, 2005, p. 13) . Parrebbe, però, che tali principi non informino allo stesso modo i vari ambiti della salute, e in particolare l'approccio al gioco d'azzardo patologico (come pure in relazione ad altre dipendenze legali, quali alcol e tabacco ad esempio, settori caratterizzati da stakeholder - portatori di interessi/biso­ gni - diversi e antitetici) è caratterizzato da complessità e ambivalenza, a causa del più ampio contesto in cui si inquadra. Il fenomeno del gioco d'azzardo è di difficile definizione da un punto di vista giuridico e legislativo «in quanto presenta una normativa fram­ mentaria con una disciplina codicistica per le fattispecie generali, cui fa eccezione una lunga serie di casi specifici disseminati in leggi speciali)) (De Micco, 2002, p. 37) . È una florida attività produttiva che fornisce garanzia di redditività economica per chi lo gestisce1 • È un comporta­ mento nel quale coesistono aspetti ludici e socializzanti e rischi potenzia­ li (Lavanco, 2001 ) , laddove si rileva l'aumento di persone che sperimen­ tano problemi di gioco all'abbassarsi della soglia di accesso (Ladouceur et al. , 2000) . Nella sua forma estrema, esso è un'entità diagnostica specifi1 . Il denaro speso dagli italiani in giochi legali è in costante aumento : più che rad­ doppiato dal 1 9 94 al 1 9 9 9 , ha superato i 23 miliardi di euro nel 2004 (Croce, Capitanucci, 2004).

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ca, incluso nel D S M dal 198o e riconosciuto come malattia con un tasso di prevalenza nella popolazione generale adulta stimabile, in Italia come all'estero, intorno all' 1 °/o (B iganzoli et al., 2004) . Nonostante tali evidenze, nel nostro paese il gioco d'azzardo non è ancora stato inquadrato in una cornice di sanità pubblica e, forse anche per questa ragione, lo sviluppo di servizi di cura è rimasto stagnante spe­ cialmente in ambito pubblico, non seguendo lo stesso andamento in cre­ scita osservato per la diffusione della pratica del gioco. In aggiunta, va necessariamente segnalato che è in corso un più glo­ bale cambiamento del concetto di welfare con effetti non trascurabili nei settori pertinenti anche in Italia: «Da quando, nella metà degli anni ottanta, in Inghilterra e negli U SA è cominciata la manovra critica verso il welfare storico, rappresentato dallo " stato assistenziale" , l' idea di ridu­ zione della protezione sociale ha trovato (e trova ancora) sostegno nel seguente slogan: " Il welfare deresponsabilizza"» (Rosati, 2004, p. 17) . Sicurezza e salute in quest'ottica neoliberista hanno smesso di essere con­ notate come " sociali", compiti della società organizzata, ma sono state rischiosamente rimesse alla capacità e all'iniziativa degli individui. Sempre secondo Rosati (ibid ) , in Italia il Lib ro bianco diffuso nel 2002 dal ministero del Welfare propone un sistema contraddittorio in cui se da un lato, in nome della sussidiarietà, viene attribuito massimo credito ai soggetti sociali presenti sul territorio in primis alla famiglia ­ dall'altro si prendono le distanze da un'idea complessiva di protezione che dia senso unitario alla cittadinanza sociale: l'autore si riferisce al ritar­ do accumulato nella definizione dei " livelli essenziali di assistenza"2 che ha di fatto pregiudicato la premessa di esigibilità delle prestazioni sociali da parte dei cittadini. Non viene criticata la logica del massimo decen­ tramento, l'autonomia o l'ampliamento di ruolo dei soggetti sociali (positiva e da incoraggiare anche ai sensi della legge 8 novembre 2000, n. 328, che ha preziosamente tracciato le linee di un " sistema integrato " di interventi e servizi sociali) , quanto piuttosto vengono evidenziati i rischi connessi alla mancanza di una cornice unitaria che garantisca i livelli e le regole fondamentali del sistema, favorendo la possibilità che esso finisca per ridursi a localismi e frammentazioni che potrebbero in ultima anali­ si concludersi persino al livello dello stesso individuo. Così, se «l'ipoteti­ ca riconquista di una responsabilità individuale coincide con il supera-

Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

2.

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mento del concetto di welfare, si entra nel modello di un sistema di indi­ vidui che badano a se stessi, essendo ciascuno faber fortunae suae» (Rosa­ ti, 2004, p. 19) . A proposito del gioco d'azzardo questo rischio diviene dominante e attuale. Infatti, sebbene si sia spesso sentito parlare di gioco responsabile, mai ancora è stato definito chi debba essere responsabile e rispetto a che cosa: il giocatore rispetto al controllo sulla sua attività ? L'impresa che gestisce il gioco ? Lo Stato che lo autorizza e talvolta promuove ? E la sicu­ rezza può coincidere solo con la garanzia di liceità ? Anche a questo livel­ lo complessità e ambivalenza la fanno da padrone. La questione della responsabilità, come si può intuire, apre scenari di non poco conto specialmente nel settore del gioco d'azzardo perché ci si può domandare se essa debba intendersi, per citare ancora Rosati, «sol­ tanto come capacità di far fronte individualmente alle condizioni di rischio/bisogno che l'esistenza presenta; oppure si può ritenere che essa si eserciti anche nelle forme dell'organizzazione collettiva» ( ivi, p. 20) . Il dubbio che sorge è che, muovendoci nella direzione dell' attribuzio­ ne dell'unica responsabilità all' individuo che gioca d'azzardo, forse siamo indotti a cercare strategie perdenti in partenza, «soluzioni personali a con­ traddizioni sistemiche; [ . . . ] salvezza individuale da problemi comuni» ( Bauman, 2001, p. v) e rischiamo di non il non tenere più in conto il ruolo indispensab ile giocato (o non giocato) da chi amministra le risorse economiche, sociali e sanitarie del paese, che abbiamo visto invece esse­ re premessa indispensabile e garanzia di salute. Lo Stato, comunità responsabile per mandato, può essere ed è necessa­ rio che sia, «corpo sociale in tessuto di reciproco interesse)) (ibid ) . Dun­ que si può ritenere che solamente un welfare che aiuti a vivere o a vivere meglio sia in grado di favorire di per sé il formarsi di un contesto solida­ le in cui ciascuno, in vario modo, si prende cura delle esigenze degli altri, e solo un sistema protettivo che assicuri a tutti l'accesso a garanzie di base consente che gli individui possano effettuare scelte realmente libere (Rosati, 2004) . Korn e Shaffer ( 1999, cit. in Croce, Capitanucci, 2004) segnalavano quattro azioni indispensabili per muoversi in tale direzione: favorire la conoscenza delle implicazioni sanitarie del gioco d'azzardo come feno­ meno in rapida espansione; collocare il gambling nell'ambito delle strut­ ture sanitarie e pubbliche ed esaminarlo da diverse prospettive: clinica, preventiva e in relazione ad altre condotte di addiction; individuare le principali questioni di salute pubblica attinenti al gambling che coinvol12 5

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gono la sfera individuale, familiare e sociale; attivare le strutture pubbli­ che per programmare politiche di prevenzione e riabilitazione. A oggi, sia queste sia altre azioni parrebbero ancora lontane. 10.2. N u ove d i pendenze, vecchie d i pendenze, legislazione sa nita ria e servizP

Risulta evidente come a volte lo Stato si trovi dinnanzi a conflitti di inte­ ressi istituzionali e l'ambito delle dipendenze è un settore particolarmen­ te critico a riguardo: alcol, tabacco e gioco d'azzardo ne sono alcuni esempi. In queste terre di frontiera, dove più letture dello stesso fenome­ no sono possibili, la difficoltà che stenti a decollare una normativa uni­ taria che integri i diversi aspetti tra loro contraddittori si fa probabile (Croce, Nanni, 2004) . Questo è certamente il caso del gioco d'azzardo in cui, come si è visto, se lo consideriamo meramente un"' attività produttiva" potremmo rileva­ re che, al pari di altre attività commerciali, la crescita nei suoi consumi equivalga ad aumentare il gettito fiscale in forma volontaria, a rilanciare l'economia nonché a ridurre il deficit pubblico. Come si è visto, però, il gioco d'azzardo può essere considerato parimenti anche un'attività Iudi­ ca che in certa misura e in talune persone favorisce la perdita di control­ lo e l'assunzione di quote di rischio eccessive, con invalidanti costi indi­ viduali e sociali (ibid ) . N o n stupisce, dunque, che il fatto stesso di trovarsi di fronte a un contesto ambivalente non faciliti la messa a punto di una legislazione esaustiva a riguardo. In aggiunta, l'humus culturale connesso a tutte le dipendenze, vecchie e nuove, ancora non del tutto superato, ha fatto sì che almeno in parte si attribuisse ai soggetti coinvolti la responsabilità del loro comportamento di dipendenza, dimenticando a volte quanto siano proprio tali meccani­ smi a operare in modo che non sia semplice smettere anche quando lo si è deciso o si crede di averlo deciso (Valleur, Matysiak, 2003) . Ciò ha favorito sia uno scarso riconoscimento di tali fenomeni in termini di patologia, sia il modesto studio scientifico del loro funzionamento (ezio­ logia, decorso, trattamento, epidemiologia, prevenzione ecc. ) , talvolta persino rendendo necessario arrivare a dover dimostrare la loro stessa esi­ stenza, fuori dal concetto più generale di dedizione al vizio. Ciò è acca­ duto in passato per le dipendenze da sostanze, e ancor più lo è oggi in 3· 126

Paragrafo scritto in collaborazione con Claudia Plebani, assistente sociale.

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relazione alle dipendenze senza sostanze: tra queste, il gioco d'azzardo patologico è la forma che meno suscita empatia e solidarietà. Tale situazione potrebbe giustificare anche il fatto che il diritto alla cura di tali pazienti sia stato negli anni più volte messo in discussione e che la storia della legislazione dei servizi di aiuto specifici mostri ancora oggi parecchie ombre. Le strategie legislative e organizzative seguite in altri paesi europei (ad esempio, Svizzera e Olanda) evidenziano, come sottolinea Lucchini ( 2002) , l'ingente sforzo che in Italia dovrà essere compiuto per centrare questo obiettivo di salute. N o n sarà possibile soffermarsi ora su tali orientamenti, ma basti dire che la Legge federale elvetica del 1998 sul gioco «punta a conseguire un delicato equilibrio. Cerca, infatti, di coniugare l' interesse economico del paese (la tassazione sul gioco) , con la protezione della società dalla crimi­ nalità (che dal riciclaggio di denaro sporco può trarre ingenti vantaggi) e l'attenzione alla salute pubblica» ( Carlevaro, 2001, p. 266) con l'adozio­ ne di misure di prevenzione a tutela dei giocatori che si trovano in diffi­ coltà a causa del gioco patologico (ibid. ) . La strada olandese è contraddistinta da maggiore informalità. L'Olan­ da in tema di dipendenze ha una lunga storia di tolleranza, e il gioco d'az­ zardo è autorizzato sin dal 1975 con lo scopo di arginare il gioco clande­ stino. Si può giocare sia nei casinò (gestiti dalla Holland Casino, la compagnia nazionale) , sia nei numerosi bar, caffè e sale giochi del paese dove, nel 1991, erano state censite 75.000 macchine, una ogni duecento abitanti. Quando con la diffusione dei giochi si osservò la crescita di situazioni a rischio, l'istituto J ellinek di Amsterdam, il maggior centro olandese specializzato nelle dipendenze, si mise in contatto con l'Holland Casino e con l'associazione nazionale per l'industria di macchine da intrattenimento. Le tre organizzazioni condivisero il fatto che il gioco compulsivo era un problema comune e che il non fare nulla non avreb­ be portato a risultato alcuno. Concordarono programmi di formazione sulla dipendenza da gioco per gli addetti ai giochi e programmi di gioco responsabile (Remmers, 2001 ) . Va precisato che a parte questi felici esempi, negli altri paesi membri dell'Unione europea la dipendenza da gioco, come in Italia, ha occupa­ to poco spazio. Anche piani nazionali ben fatti (come quelli spagnolo, inglese e francese) , come pure il piano quinquennale contro le droghe 1999-2004 dell'vE, sono prioritariamente centrati sulle sostanze (alcol e droghe) e poco sulle condotte (Nizzoli, 2001) . 127

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Il documento presentato dalla Consulta nazionale degli esperti e degli operatori delle dipendenze alla Terza conferenza governativa triennale di lotta alla droga tenutasi a Genova nel 2000 è tra i primi in Italia in cui si fa menzione alla dipendenza da gioco d'azzardo in un contesto ufficiale. In esso si afferma che: «La comparsa di nuove forme di comportamento ascrivibili genericamente a modalità compulsive e a forme originali di dipendenza da comportamenti, anziché da sostanze, sembra complicare ulteriormente il variegato e mutevole mondo del divertimento giovanile» (Lucchini, 2002, p. 13) . Si citano, tra l'altro, i giochi d'azzardo e le scom­ messe come ambiti nei quali sviluppare osservazioni e suggerire le inizia­ tive più idonee. Il D .M. Sirchia-Maroni del 14 giugno 2002 (art. 1, comma 1 °) è il primo documento ufficiale in cui la legislazione italiana in materia di dipendenze patologiche traccia indirizzi in merito al trattamento del gioco d'azzardo. Al dipartimento delle dipendenze, in collaborazione con altri dipartimenti quale quello della salute mentale, venivano attribuite nuove competenze in un'ottica allargata di dipendenze patologiche non più solo confinata alla dipendenza da sostanze, con esplicito riferimento al gioco d'azzardo. La seconda parte di questo decreto, che avrebbe dovu­ to prevederne le modalità attuative mediante la stipula di una convenzio­ ne tra ministero della Salute e Regioni per l'attuazione di tali indirizzi, non ha mai visto la luce, anche a causa di ricorsi promossi da alcune Regioni in merito a questo decreto. Così le linee di indirizzo sono rima­ ste tali (Frati, 2002) . Anche la nuova proposta di legge Fini, la cui bozza è stata stesa sin dalla fine del 2003 ma ancora non ratificata e in cui viene prospettata la revisione del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo Unico delle leggi in materia di stupefacenti e tossicodipendenza) , inserisce il gioco d'azzardo in maniera marginale all'art. 104, non meglio specificando se trattasi di forma di disagio giovanile o di dipendenza, in relazione alla quale, attra­ verso le competenze della scuola, potranno collegarsi ed estendersi attivi­ tà di prevenzione relative all'uso di sostanze già in essere in seno alla scuola stessa. Nessuna menzione a trattamento di sorta. Tal uni potrebbero rilevare però che inserire il gioco d'azzardo nella legislazione delle tossicodipendenze sia forse un po' forzato e si può rite­ nere che, così come è stato in materia di alcol e di problemi alcol-corre­ lati (legge 30 marzo 2001, n. 125), verosimilmente sarebbe più opportuno disporre anche per il gioco d'azzardo di un'apposita legge quadro. Resta però il dubbio se sia meglio fruire di tante leggi specifiche, ciascuna stesa 128

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per tipologia di sostanza, piuttosto che di un'unica legge per le dipenden­ ze patologiche. A tal proposito vale la pena ricordare come le patologie sopra citate vengano percepite e trattate in modo differente anche a livello di classi­ ficazione diagnostica internazionale ( D S M - IV- R ) . Infatti, nonostante le diagnosi presentino numerosi tratti comuni, attualmente il gioco d'azzar­ do compulsivo non è inserito nella categoria delle " dipendenze" . Tutto questo concorre a intensificare una già non chiara presa d i posi­ zione da parte dei legislatori e successivamente anche degli operatori di settore. In aggiunta, come segnalato da Mozzanica ( 2005 ) , la recente revisio­ ne del Titolo v della Costituzione (L.C. 18 ottobre 2001, n. 3) sancisce cambiamenti radicali sia in merito all'allocazione delle risorse economi­ che sia all'attribuzione di competenze allo Stato e alle Regioni. Se per le competenze esclusive (dello Stato e/o delle Regioni) non vi sono dubbi, l'autore nota come invece nelle materie di legislazione concorrente spet­ ti alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. In particola­ re, la tutela della salute apparterrebbe alla competenza concorrente, men­ tre l'assistenza sarebbe di competenza esclusiva o primaria delle Regioni. Come si intuisce, l'area del gioco d'azzardo attraversa ambedue le com­ petenze. Sempre Mozzanica però ricorda come, in un quadro già com­ plesso, di non facile interpretazione oltre che di difficile attuazione, c'è attualmente la volontà politica, espressa da almeno due progetti di legge costituzionale al momento in fase di studio, di rivisitare nuovamente il Titolo v, per consegnare anche la sanità alla competenza esclusiva delle Regioni cancellando la competenza concorrente, in quanto fonte di trop­ pi contenziosi interpretativi. Resta inteso che le Regioni hanno ampia facoltà di legiferare in materia e in maniera organica (per sanità e assi­ stenza) . Insomma, in una materia già complessa viene ad aggiungersi ulteriore complessità. Recentemente la Regione Lombardia (D.G .R. 1 1 febbraio 2005, n. 7/20586) ha inserito l'assistenza ambulatoriale per giocatori d'azzardo patologici tra le principali unità di offerta a carattere sperimentale dei SerT, anche se ha previsto il pagamento di un ticket a carico dei pazien­ ti. Questo provvedimento, sebbene incompleto in quanto proprio su tali pazienti la partecipazione alla spesa sanitaria risulta particolarmente ini­ qua, può comunque essere considerato un importante riconoscimento da parte dei legislatori lombardi a favore di una categoria di utenza specifi12 9

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ca come quella dei giocatori d'azzardo patologici. Ciò fa auspicare un iter analogo a quanto già accadde nel 1990 con l'approvazione della L.R. 18 maggio 1990, n. 62, (legge quadro alcol) , successivamente ab rogata, che tracciò a livello regionale le linee di indirizzo dei servizi territoriali, anti­ cipando alcune scelte nazionali. Del resto, la già menzionata pretesa di una quota a carico dell'utente per usufruire dei trattamenti purtroppo deriva dall'assenza di riferimenti espliciti al gioco d'azzardo come pato­ logia né per quanto attiene ai livelli essenziali di assistenza sanitaria ( LEA di cui al D.P .C.M. 29 novembre 2001, con l'integrazione del D.P.C.M. 28 novembre 2003) né per i livelli di assistenza sociale ( L IVEAS ) . Va, infine, rilevato un elemento singolare, ma di non trascurabile significato ai fini della comprensione della situazione attuale, sebbene esso non sia strettamente attinente alla questione della legislazione sani­ taria, quanto piuttosto alla legislazione più in generale: le proposte nor­ mative attualmente allo studio in materia di gioco d'azzardo sono in genere disegni di legge che si occupano di prevedere l' implementazione delle offerte di gioco, piuttosto che la previsione e la regolamentazione dei servizi di cura. Romani ( 2004) riferisce che nella XIV legislatura, al momento in cui stendeva l'articolo, erano giacenti trentadue proposte di legge alla Camera dei Deputati, oltre a due disegni di legge al Senato della Repubblica di questo tipo. Dopo questo excursus si può con ragionevole certezza affermare che purtroppo a tutt'oggi parrebbe non essere ancora terminato quel perio­ do di passaggio in cui l'evoluzione delle conoscenze scientifiche sulle condotte di addiction non corrisponde ad adeguamenti sul piano norma­ rivo e organizzativo, fase già denominata nel 2001 da Margaron e Pini " No man's land istituzionale" . 10.3.

Esperienze d i tratta m ento: il privato si m u ove

In considerazione della situazione sopra esposta, non desta meraviglia che in Italia i primi a muoversi nel settore del trattamento ai giocatori eccessivi e ai loro familiari siano stati soggetti privati, proprio negli anni in cui nel volgere di un lustro l'afflusso al gioco era più che raddoppiato. Di seguito descriverò, rapidamente e certamente non rendendo loro la dovuta giustizia, alcune tra le prime esperienze di cura messe in campo sul territorio nazionale. Nel 1 998 a Campoformido (un) è stato avviato, dallo psicologo psi­ coterapeuta Rolando De Luca, il primo gruppo di terapia rivolto a gio13 0

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ca tori d'azzardo e loro familiari, perché gli obiettivi di cambiamento non riguardano solo il giocatore, bensì la famiglia al completo, e il lavoro terapeutico va ben oltre l'affrontare il problema del gioco, che copre generalmente altri disagi. La terapia di gruppo è a cadenza settimanale e ha una durata almeno triennale. Oggi i gruppi sono nove, le persone che li hanno frequentati sono oltre cento, e dal 2000 si è costituita legalmen­ te A G I TA, l'associazione dei giocatori in trattamento dotata anche di sito web ( De Luca, 2001) . Nel 1999 a Bolzano la S I I PA C , guidata dallo psicologo psicoterapeuta Cesare Guerreschi, che da anni si occupava di problemi alcolcorrelati, ha sistematizzato quanto stava già applicando da qualche tempo in relazio­ ne alla presa in carico dei giocatori patologici, modellando il trattamen­ to multimodale sulle specificità di tale disturbo, dopo la fruttuosa espe­ rienza terapeutica condotta su casi di alcolismo. N elle prese in carico, possibili sia a livello ambulatoriale sia residenziale a seconda del profilo diagnostico rilevato, è prevista la combinazione tra i seguenti interventi per il paziente e/o i suoi familiari: colloqui motivazionali, interventi psi­ coeducativi e informativi, tutoraggio, psicoterapie individuali, di coppia, familiari e multicoppiali, nonché al bisogno consulenza psichiatrica e legale. La S I I PAC gestisce un numero verde nazionale (8oo-3683oo) , la rete degli sportelli " Infoazzardo ", che hanno avuto avvio nel 2001 a Roma e che rapidamente si sono diffusi in molte regioni italiane con numerose sedi operative, nonché un sito web ricco di informazioni ( Guerreschi, 2003) . Il merito di questo studioso è stato certamente quel­ lo di dare dimensione e rilevanza nazionale al fenomeno del gioco pato­ logico e delle altre dipendenze senza sostanze. Anche l' autoaiuto si è attivato in merito al gioco d'azzardo. N el dicemb re 1999 a Milano si è riunito per la prima volta un gruppo di Gio­ catori Anonimi ( GA ) , che con lo stesso modello degli Alcolisti Anonimi (e dei Gamblers Anonimous americani, nati nel 1957) affronta la proble­ matica attraverso il programma di recupero dei " dodici passi " . Punto di partenza è ammettere che il gioco compulsivo è una malattia progressi­ va, che non può essere curata ma solo arrestata. È necessario che il gio­ catore riconosca la propria impotenza davanti al gioco e proprio per tale ragione l'obiettivo da perseguire è l'astinenza: raggiunge rio richiede sfor­ zo notevole oltre che onestà, franchezza e buona volontà, sempre passo dopo passo e sulla base delle decisioni e azioni compiute nelle ventiquat­ tro ore. Il gruppo è costituito esclusivamente da giocatori, che si ritrova­ no una o più volte alla settimana; gli incontri danno modo a ciascuno di 131

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presentarsi e di informare il gruppo sul suo stato di astinenza (Dallago, 2001) . Oggi vi sono numerosi gruppi sul territorio nazionale ed è dispo­ nibile anche un sito internet: www.giocato ria n o n i m i. o rg. In parallelo, vi sono gruppi di familiari denominati Gam-Anon: negli U SA esistono dal 196o; in Italia, i primi gruppi presero avvio nel 2001. Seb­ bene GA e Gam-Anon cooperino strettamente per il raggiungimento di obiettivi comuni, i due gruppi sono distinti: in genere le riunioni si svol­ gono in parallelo in stanze separate. La maggioranza dei membri è costitui­ ta dalle mogli dei giocatori, ma possono frequentarlo anche amici o paren­ ti di chi ha problemi con il gioco, e non è necessario che il proprio congiunto sia a sua volta inserito in terapia. Lo scopo del programma è di aiutare le persone coinvolte di riflesso in un problema di gioco a trovare un aiuto che permetta loro di portare dei cambiamenti nelle loro vite, cosa che si realizza mediante il dare e ricevere sostegno reciproco, in situazioni dove ormai la vita è diventata ingestibile e densa di una sofferenza che, per pudore o per vergogna, non si può condividere con nessuno, sino all'in­ gresso nel gruppo. Anche il sollievo dal senso di colpa è un passaggio importante che deriva dalla frequenza a questi gruppi. Ciò diventa libera­ torio e di norma vengono stabiliti forti legami tra i membri. Oltre al sup­ porto emotivo, in Gam-Anon si ha modo di confrontarsi anche in merito a soluzioni concrete per problemi quotidiani, e data l'elevata frequenza di difficoltà finanziarie è possibile che il confronto con altri porti a ipotizzare soluzioni possibili di problemi analoghi. Anche i Gam-Anon seguono i dodici passi e tre sono le parole chiave cui fare riferimento durante tutto il percorso: serenità, saggezza e coraggio (Martinotti et al., 2003) . Sempre nel 1999 anche il Centro Sociale " Papa G iovanni XX I I I " di Reggio Emilia avvia la propria attività in relazione al gioco d'azzardo patologico. La struttura, accreditata già da molti anni, si occupava di trattamenti residenziali in favore di tossicodipendenti e alcolisti, e all'epoca decise di ampliare la sua offerta ai giocatori e ai loro familiari anche in considerazione dei primi problemi che si avvertivano sul terri­ torio in relazione alla diffusione dei videopoker. A seguito di colloqui di filtro (anamnestici, motivazionali e di indirizzo) nel marzo 2000 è stato previsto l'avvio di un gruppo multifamiliare condotto da personale pro­ fessionale, cui dal 2001 si è affiancato un gruppo di trattamento mirato a pazienti affetti da gravi disturbi di personalità borderline e di area socio­ patica. L'équipe coinvolta prevedeva la presenza di uno psicologo e di due educatori professionali. Data la peculiarità della struttura, è stata prevista la possibilità di inserimenti residenziali per soggetti incapaci di 13 2

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interrompere il discontrollo del gioco e di attività illecite a esso associa­ to, e non sono mancate anche le richieste da fuori zona. In parallelo alle prese in carico cliniche, l'équipe del centro ha predisposto interventi di sensibilizzazione e ricerca sul territorio (Caro n i, 2002) . Parte delle azioni intraprese hanno purtroppo dovuto essere rallentate o talvolta sospese, al cessare dei finanziamenti. I responsabili di questa struttura, per non per­ dere i risultati acquisiti, si sono messi in rete con altre realtà del terzo set­ tore fondando nel 2004 il Coordinamento nazionale dei gruppi per gio­ catori d'azzardo (coNaGGA) , che qui ha la sede legale. 10.3 .1. Esp erie n z e di tratta m e nto: l a situazio n e de l servizio pu b b l ico

Margaron e Pini ( 2001) furono tra i primi a porre la questione se ai SerT dovesse essere attribuita la competenza in merito al gioco d'azzardo. Questo sia per un'incerta definizione diagnostica (condotta di addiction, compulsione o espressione di più generico disagio psicosociale ?), sia per la capacità di tali servizi di farsi carico di questi pazienti da un punto di vista terapeutico, riabilitativo, nonché preventivo. Un' indagine condotta su trentasei dei quaranta SerT toscani rilevava che, anche per gli operatori interpellati, il gioco d'azzardo patologico poteva configurarsi come una vera e propria dipendenza con conseguen­ ze rilevanti e che pertanto il SerT era un servizio idoneo per tale patolo­ gia; veniva evidenziato anche che persone con richieste di aiuto in rela­ zione al gioco si presentavano ai servizi spontaneamente e che tali richieste erano in aumento; infine, si notava come fosse necessaria una formazione specifica per gli operatori (Zanda, 2001) . Questo autore segnalava anche la necessità di organizzare servizi integrati con i diparti­ menti di salute mentale. Il ruolo possibile riguardava non solo l'ambito clinico, dove le équipe multidisciplinari dei SerT abituate da anni a un lavoro integrato sulle dipendenze patologiche ben si prestavano per accogliere il problema del gambling, ma più in generale il lavoro di costruzione della rete che, su un disturbo ancora così connotato da un punto di vista sociale e così poco per­ cepito nella sua valenza sanitaria, è altrettanto necessario al fine di rendere realmente fruibili le risorse cliniche del territorio ( Capitanucci, 2001) . Negli anni successivi al 2000 numerosi SerT hanno attivato progetti sperimentali rivolti a giocatori patologici. Tra questi, citeremo di seguito solo quei SerT di cui è rinvenibile traccia in parte della letteratura di questi ultimi anni, anche se certamen133

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te altre realtà non censite avranno in questi anni messo in atto unità di offerta ad hoc. Proprio l'incertezza nella tracciabilità dei servizi resi, come pure la scarsa persistenza e continuità degli stessi nel tempo sono due tra le criti­ cità maggiori delle unità di offerta pubblica per i gambler, non ultimo anche per i risvolti di queste fluttuazioni sulle possibilità di accesso da parte degli utenti. Al di fuori di Internet, che mediante l'uso di un qualsiasi motore di ricerca fornisce parecchie informazioni sui servizi disponibili, probabil­ mente non vi sono a oggi in Italia guide istituzionali rivolte ai cittadini in cui vengano messe in luce le risorse di aiuto a riguardo del problema di gioco. La conoscenza di servizi terapeutici specialistici sovente è igno­ rata anche da medici di base, operatori della salute mentale e assistenti sociali dei comuni, e neppure le regioni sono in grado di divulgare infor­ mazioni utili per fare invii mirati ai centri di cura. Persino la Regione Lombardia, pure come si è visto così avanzata da un punto di vista legi­ slativo, non prevedeva nella sua Guida ai servizi 2005 un'indicazione esplicita in merito alla mappa dei servizi dedicati a tali pazienti (mentre veniva riservato ampio spazio ai centri di lotta al tabagismo) : alla pagina dedicata alla cura delle dipendenze da sostanze, si accenna solo marginal­ mente ai " comportamenti di abuso ", senza ulteriori specifiche né riferi­ mento alcuno al gioco patologico (Formigoni, 2005) . Ciò che certamente hanno in comune tutte le esperienze realizzate nell'ambito del servizio pubblico, sulla base di normative assenti, sono da un lato un certo pionierismo, fondato spesso sulla buona volontà degli operatori e dei dirigenti, e contemporaneamente, dall'altro, quella costan­ te instabilità e carenza di risorse che rende difficoltoso sia - per chiunque - fornire una prestazione appropriata, nonostante l'elevata qualificazione del personale in servizio, sia - per i pazienti - riuscire a usufruirne al momento opportuno. Il SerT di Livorno (Margaron, Pini, 2001), il SerT di Reggio Emilia (Fiorino, 2002) , il dipartimento delle Dipendenze dell'ASL di Varese (Capitanucci, 2002) , il SerT di Castelfranco Veneto (Bellio, Fiorin, 2003) , l'uo Dipendenza da sostanze legali di Trieste (Ticali et al., 2003) , il dipartimento Patologia delle dipendenze dell' ASL5 del Piemonte (Spa­ gnolo et al., 2005) e certamente molti altri servizi, hanno approntato atti­ vità specialistiche, ciascuno con la propria specificità. Alcune di queste esperienze sono appena nate; altre sono diventate routinarie; altri proget­ ti si sono spenti; altre nuove realtà presumibilmente nasceranno. Inoltre, 134

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in alcune regioni (ad esempio, in Lombardia, Piemonte e Veneto) sono stati costituiti gruppi sovrazonali, talvolta formali, talvolta informali, di operatori dei servizi con funzioni tecnico-organizzative, declinati in modo differente a seconda delle specifiche realtà locali ( Capitanucci et al., 2003) . C'è da chiedesi se pazienti e invianti siano al corrente della mappa delle offerte presenti sui loro territori, più simili a mutevoli filma­ ti che a stabili fotografie. 10.3. 2 . E s perienze integrate: il territo rio , " risors a " tra psico - s o cio ­ s a nitario e istit u zional e

Un'interessante sperimentazione di collaborazione in tema di gioco d'az­ zardo che ci rammenta quanto sia ampio il fenomeno, non confinabile ai soli aspetti prettamente clinici e dunque meglio affrontabile in una dimensione di rete e gestione del territorio con interventi mirati di pre­ venzione strutturale, è stata realizzata nell'area della Martesana, a sud di Milano. In questa zona da anni è stato avviato l'Osservatorio sulla sicurezza con la consulenza del Gruppo Abele, che da sub ito ha adottato un approccio globale al problema, cercando di intervenire su tutte le carat­ teristiche del vivere quotidiano, realtà articolata e complessa dove i fatto­ ri che lo rendono insicuro o problematico possono essere compresi e affrontati solo tenendo in conto tutti i parametri, dimensione fisica ma anche relazionale (Frigerio, 2004) . Quando alcuni anni fa l'amministrazione comunale di Pioltello si rifiutò di concedere la licenza per l'apertura di una sala scommesse all'in­ terno di un delicato quartiere, in quanto la scelta non pareva politica­ mente responsabile, il TAR accolse il ricorso promosso dai gestori e la sala venne aperta comunque. L'amministrazione decise allora di promuovere una serie di azioni di sensibilizzazione culturale, elaborando una campagna con manifesti e adesivi e la contemporanea promozione di serate pubbliche rivolte alla cittadinanza per affrontare un fenomeno, quello del gioco d'azzardo, che sebbene legale metteva in luce esiti spesso problematici sul territorio (sia in termini di criminalità, sia di usura, sia di disagio psico-socio-economi­ co dei cittadini coinvolti) . Anche altri tredici comuni della zona si interessarono al programma e ne condivisero alcune azioni, inserendosi in un progetto finanziato dalla Regione e gestito dall' AS L2 della Provincia di Milano. 13 5

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Il pregio delle azioni attuate è stato certamente quello di affrontare la questione da un punto di vista più complessivo: nel 2004 intorno al tavo­ lo si sono seduti psicologi dell'ASL, rappresentanti del privato sociale, sin­ daci dei Comuni coinvolti nell'osservatorio, rappresentanti della Sapar (distribuzione macchinette da intrattenimento), rappresentanti della poli­ zia locale e dell'associazione commercianti di zona, tutti con lo stesso obiettivo di discutere insieme della rielaborazione dei regolamenti comu­ nali per varare una nuova normativa sui pubblici esercizi con particolare attenzione alla disciplina da applicarsi alle macchinette a soldi. Alcuni mesi più tardi, il Comune di Pioltello ha approvato il regolamento con impor­ tanti novità sul tema: bacheche all'interno dei locali che segnalino i rischi della dipendenza, riequilibrio della disposizione territoriale delle macchi­ nette (per non superare un certo livello percentuale di concentrazione nei territori dove sono ubicati i locali) , contributi economici una tantum per chi disattiva o non attiva le macchinette, attestati o riconoscimento di " qualità sociale" ai gestori che rinunciano (Nicosia, 2004) . Sebbene perfettibile, la strada di collaborazione intrapresa in questa zona pare un'interessante sperimentazione integrata in ambito italiano, da monitorare e implementare nel tempo, e già in altre realtà (Verbania, Varese, Busto Arsizio) si stanno percorrendo strade analoghe. 10.4. Concl usion i : l'isola che non c'è?

Ribadendo la premessa che la pratica del gioco d'azzardo non va considerata un problema in sé, ma un comportamento che tale diventa quando si gioca troppo, troppo spesso e troppo rispetto al proprio reddito con le conseguen­ ze nefaste che sono ben note (Ladouceur et al., 2000) , si comprenderà come l'intera questione vada rivista in termini più globali e complessivi. Dunque, non è possibile parlare di servizi di cura senza affrontare i risvolti del contesto. Infatti, persino l'avvio dei servizi di cura non può prescindere da una dimensione integrata del fenomeno, e ne è profonda­ mente condizionato, in quanto le misure legislative e di prevenzione strutturale fanno parte esse stesse degli strumenti basilari di una preven­ zione mirata in questo ambito, risultando peraltro, come nota Graf ( 2005), poco costosi e molto efficaci, sebbene ancora assai poco popolari rispetto agli approcci educativi alla prevenzione. È necessario passare da una prospettiva " proibizionista" o da una " !iberista" , a quella " gestionale ", e questo vale tanto per i politici e gli organizzatori di giochi, quanto per i clinici (Martignoni-Hutin, 2003) ; 13 6

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ma la gestione di un fenomeno così complesso richiede integrazione ai massimi livelli. La complessità, infatti, produce differenziazione e auto­ referenzialità, con numerosi risvolti su più piani. A livello politico dello Stato, sarebbe necessario un coordinamento for­ malmente attribuito per poter coinvolgere tutti i ministeri interessati (della Salute, del Welfare, delle Attività produttive ecc.) . A livello legislativo nazio­ nale e regionale, sono necessarie riforme coordinate e convergenti in mate­ ria, piuttosto che frammentarie e divergenti. A livello economico, sono neces­ sarie risorse finanziarie adeguate e non tagli alla spesa sociosanitaria e socioassistenziale, per garantire continuità e rintracciabilità nelle offerte di cura e nell'articolazione degli interventi di prevenzione. A livello culturale, è necessario adoperarsi per inquadrare il problema in un'ottica multidimen­ sionale di salute, che tenga conto dell'unità e globalità della persona, fuori da una concezione organicistica e biomedica, specialistica e ospedaliera, che mal si adatta alla problematica in questione. A livello sociale, è necessario aprirsi alla partecipazione degli utenti evitando la verticalizzazione della gestione dei servizi preposti. A livello dei mondi vitali, è necessario valoriz­ zare le reti primarie e sostenere le reti di appartenenza e della comunità. A livello operativo, si dovranno pianificare e programmare interventi integra­ ti, che tengano conto della multidimensionalità del fenomeno gioco d'az­ zardo. A livello professionale, sarà necessario orientare al lavoro interprofes­ sionale, motivando gli operatori verso obiettivi e valori etici condivisi, aprendosi alla condivisione reciproca delle competenze e delle metodologie professionali, alla progettazione integrata degli interventi e delle procedure di aiuto, attraverso un rinnovato impegno etico-politico, che superi oppor­ tunismo, conformismo e utilitarismo (Villa, 2005) . Non dunque " l' isola che non c'è", ma " l' isola che può e deve esser­ ci ", ricordando che il concetto di sussidiarietà non significa semplice esternalizzazione, privatizzazione e mercantilizzazione della salute al mas­ simo ribasso, in un'etica p rettamente economicista, perché il servizio alla persona e la salute dei cittadini non possono essere ridotti a meri proble­ mi di mercato (ibid. ) . La potenzialità italiana sta nel mantenersi avvinghiati alle radici di appartenenza, al ricordo di una tradizione passata, a quell' Europa sociale, in cui i servizi sociosanitari stessi erano espressione e attuazione di soli­ darietà sociale. Ed è questa l'accezione auspicabile per il termine sussidia­ rietà: solidarietà che va implementata, non fosse altro perché - da sem­ pre e comunque - più risorse sociali sono state presenti, meno risorse economiche sono state necessarie. 137

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È possibile prevenire o ridurre i danni del gioco d'azzardo? di Mauro Croce

11.1.

Dalle d i pendenze da sosta nze alle d i pendenze non da sosta nze. I l pri m o paradosso della prevenzio ne e ... dell'asti nenza

Il gioco d'azzardo, similmente a quelle che vengono definite " le nuove forme di dipendenza" o " dipendenze senza sostanze", pone problemi nuovi e diversi da quelli incontrati nella " storia" della prevenzione dalle dipendenze da sostanze. Se nel caso delle dipendenze da sostanze il nodo principale è stato quello relativo alle conseguenze patologiche e distrutti­ ve dovute all'incontro e alla relazione con una sostanza (un oggetto con­ creto), nel caso delle dipendenze senza sostanze ci troviamo di fronte a fenomeni che non trovano una " causa" o un'aggravante in un oggetto esterno che si introduce in un organismo modificandone la biochimica (Rigliano, Croce, 2001 ) . Non ci si può, quindi, appellare alla presenza di una sostanza esterna, individuata, riconoscibile e " diabolica" : retorica che tanto ha giocato in una certa mitologia della prevenzione. Tuttavia, anche queste diverse - e " asciutte" - forme di dipendenza, come questo testo argomenta in più parti, presentano evoluzioni, conseguenze e costi individuali e sociali del tutto simili e sovrapponibili alle dipendenze da sostanze. Ma non è que­ sta l'unica contraddizione, l'unico paradosso, l'unico elemento che ci fa pensare a un quadro sostanzialmente diverso e certamente più comples­ so. Nel caso delle dipendenze da sostanze si aveva a che fare con abitudi­ ni, usi e dipendenze legati a comportamenti e consumi non necessari alla vita della persona: le droghe, l'alcol, le sigarette. Se pensiamo, invece, alla vasta area dei disturbi alimentari, della dipendenza da sesso e da relazio­ ne affettiva, da lavoro, da acquisti, da Internet e ancora da sport, ci ren­ diamo facilmente conto di come sia impossibile vivere senza cibo, senza relazioni, senza acquisti, senza lavoro, come sia difficile vivere senza col­ legarsi a Internet e senza ogni forma di attività fisica. Certo è vero che si 13 9

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può vivere senza giocare il proprio denaro, ma non si può certamente vivere senza azzardare, senza affrontare le situazioni di rischio e le sfide evolutive che la vita ci pone. Anche il campo della terapia, del resto, non può che confrontarsi con questo paradosso. Come è noto, infatti, gli obiettivi del trattamento nell'uso di sostanze sono stati spesso finalizzati ad aiutare le persone ad affrontare una vita di astinenza e a evitare la rica­ duta nell' uso. Tutto ciò - se è certamente possibile per il gioco d'azzar­ do - risulta problematico se non impossibile per altri comportamenti di dipendenza non da sostanze. Perché queste considerazioni ? Perché la prevenzione non può più avere come obiettivo quello di evitare qualsiasi forma di incontro con i comportamenti a rischio e con le sostanze. Obiettivo questo che, peral­ tro, ha rivelato non pochi problemi e contestazioni sia sul piano " filoso­ fico ", sia su quello metodologico di fronte a scarsi e contradditori risul­ tati. Di fatto, ora, questo obiettivo risulta praticamente impossibile e ambivalente già a livello di banale dichiarazione teorica o auspicio. D'al­ tro canto è poi utile, opportuno e possibile - rispetto a situazioni e rela­ zioni a rischio di dipendenza - perseguire la logica dell' evitamento e del­ l' astinenza oppure la logica del poss ibile, della misura, dell ' uso responsabile e non disfunzionale o patologico ? Si tratta, allora, di ragio­ nare a livelli diversi da quelli tradizionalmente utilizzati nella prevenzio­ ne delle dipendenze ove peraltro il dibattito, le posizioni e lo scenario sono tanto ampi e articolati da non poter essere ripresi in questa sede. Certo è che, se queste filosofie prevedevano solo o principalmente di evi­ tare il contatto (il contagio) con situazioni a rischio, azzerando le possi­ bilità di incontro e " attrezzando " l'individuo a resistere alle offerte e alle tentazioni credo che per quanto riguarda la relazione con le nuove dipen­ denze la necessità di un approccio maggiormente complesso sia eviden­ te. In quest'ottica si tratta di considerare e lavorare nella prospettiva del fatto che " il venirne a contatto " non costituisca un'esperienza a unica soluzione di evoluzione patologica. Cosa che peraltro avviene non solo per la maggior parte delle persone che giocano d'azzardo ma, sembrereb­ be, anche per i consumatori di sostanze. Secondo alcuni dati a livello internazionale, infatti, pare che 1'8o0/o degli adolescenti valuti la possibi­ lità di fumare, il 56 o/o sperimenti l'accensione di una sigaretta, il 28o/o abbia un uso regolare e il 25o/o diventi dipendente. In altre parole, un adolescente su quattro diventerebbe dipendente da nicotina: un dato sul quale riflettere. Ma più interessante ancora è la comparazione con altre sostanze ove si dimostra come nel caso dell'alcol il 90°/o consideri l' ipo140

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tesi di assaggiare alcolici, 1'8oo/o ci provi, il 40o/o abbia un uso regolare e 1'1 o/o diventi alcolista, mentre nel caso della cannabis le percentuali sono rispettivamente del 70, 6o, 30 e 0,3°/o e dell'eroina del 1o, del 5, dell'l e dello o, 7 1 • Quindi, i livelli di intervento sono diversi e si tratta di agire con strategie diverse tra il pensare di, il provare a, il continuare a e il diven­

tarne dipendenti. Anche lo scenario e i protagonisti sono però cambiati e il vecchio copione non tiene più. Non abbiamo più a che fare con condotte ritenu­ te devianti, socialmente sanzionate, marginali, disapprovate e da evitare. Al contrario, diventano problematiche e luogo di rischio le abitudini che interessano ognuno di noi. E sono abitudini e consuetudini del tutto legittime e spesso socialmente incentivate: si pensi al consumo, all' eserci­ zio fisico, all'uso di tecnologie informatiche, al lavoro e così via. Certo le dipendenze non da sostanze non hanno la visibilità e non producono l'allarme sociale che altre forme di dipendenza da sostanze presentano e che tanta energia hanno calamitato e continuano a calami­ tare. D'altro canto va ricordato come l'attenzione e la preoccupazione verso i rischi e i costi delle dipendenze patologiche abbia seguito un per­ corso che sembra indicare una preoccupazione più di tipo morale che cli­ nico. Come non considerare, ad esempio, il fatto che l'alcol - i cui costi sociali sono sempre stati noti - abbia atteso così tanto tempo per venire considerato nei suoi abusi patologici un problema sociale degno di rispo­ ste e attenzioni articolate ? E che dire allora del tabagismo ? Come stupir­ si che l'attenzione alle forme di dipendenza non da sostanze sia ancora lontana ? In fondo non pochi continuano a pensare che si parli di cose incidentali, non degne di grossa attenzione, forse innocue, bizzarre o transitorie. Forse in tutti questi anni di " lotta alla droga" si è sviluppato - anche in molti professionisti - un atteggiamento costruito intorno all'idea che " il nemico " arriva dall'esterno attraverso una sostanza tossi­ ca - e possibilmente illegale - e, comunque, si possa e si debba giustifi­ care l'intervento solo se vi è una sostanza esogena, un qualcosa che entra nel corpo di una persona e che ne mina e trasforma la volontà, l'affetti­ vità, la vita e le scelte. Nel nuovo scenario anche i protagonisti sembrano essere cambiati e il gioco d'azzardo non pare interessare prevalentemente - o solo - la fascia 1.

Dati presentati dal professar Fabrizio Faggiano dell'Università di Torino al

Convegno Le attività di contrasto alfumo di tabacco in Piemonte. Situazione attuale e prospettive, Torino, 23 febbraio 2005. 141

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giovanile, la quale, come è noto, ha raccolto e continua a raccogliere gran parte delle attenzioni e preoccupazioni pubbliche. Molte delle persone coinvolte in maniera distruttiva con il gioco d'azzardo sembrano infatti uscite da tempo dalla dimensione - quantomeno anagrafica - dei giova­ ni, e dalla ricostruzione di parecchie biografie non sempre sono visibili elementi di emarginazione e di rischio sociale, quali segnali premonitori o indicatori di disagio, di sofferenza. Certo è vero, e meriterebbe maggio­ re attenzione, che in molti casi il gioco d'azzardo anticipa, amplifica, integra o sostituisce altre forme di dipendenza; osservazione che non può che spingerei a riflettere sul fatto se esista o meno una base comune alle diverse dipendenze. Così come è altrettanto riconosciuto il fatto che !"' arrivo " a una dipendenza segua spesso a precedenti momenti di depressione più o meno consapevole, a scacchi sociali ed episodi di pro­ blematicità magari " non rumorosi " . Tuttavia, è altrettanto vero che non sono infrequenti i casi di persone in cui, pur presentando problemi di gioco d'azzardo, non siano riscontrabili " cause esterne" o biografie rico­ nosciute di sofferenza2• Tali considerazioni evidenziano come, pur nelle diverse specificità e sviluppi - e nel peso che comunque giocano le disuguaglianze sociali - la possibilità di dipendenza non solo sia diventata un qualcosa di trasversa­ le a generazioni, a riti, miti e a bisogni diversi, ma anche - e questo è l'aspetto forse più inquietante - sia divenuta una condizione di rischio sociale aperta a ognuno di noi (Croce, Nanni, 2004) . Tuttavia, come è vero il fatto che se risulta improponibile una strate­ gia di prevenzione finalizzata alla proibizione del gioco d'azzardo è altret­ tanto vero che le conseguenze, i rischi, i costi sociali e umani che questo comporta necessitano di un'adeguata politica preventiva ad ampio rag­ gio. Ciò significa ragionare nel comprendere i bisogni, gli spazi vuoti, le identità e i ruoli ai quali il gioco risponde e che in un certo senso crea. Ma significa anche trovare un'altra strada tra una sterile dialettica che contrappone un proibizionismo improponibile e inattuabile a un liberi­ smo che rischia di confondere la libertà con il mercato, ma desidera essenzialmente la libertà del mercato. Tale posizione - insofferente a tutto ciò che richiama regole di controlli, a riconoscimento di rischi e costi sociali - fa leva sulla sostanziale innocuità sociale del gioco d' azzar­ do e sulla libera scelta degli individui. È invece necessario considerare i 2. Si confronti ad esempio la prima tipologia di giocatori patologici descritta da B laszczynski ( 2000). 142

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rischi che il gioco d'azzardo può presentare e questo non in maniera astratta ma in relazione alle diverse tipologie di giochi, gruppi a rischio e informazione. Così, infatti, come è inopportuno e poco scientifico par­ lare di droga senza considerare le differenze di tipo chimico, di modalità d'uso, di significati simbolici e di mercato, è anche inopportuno parlare di gioco d'azzardo in senso generale senza considerare le varie forme di gioco e le loro diverse potenzialità attrattive, allo stesso tempo assolute e relative (Croce, 2oo2b) . Assolute perché giochi che offrono l'immediata possibilità di rifarsi della perdita ( magari innalzando la quota) risultano potenzialmente più a rischio di altri. Relative perché dipende molto dalle variabili soggettive, dal momento specifico di ogni esistenza e storico di ogni collettività. Certo è che in tutte le forme di pubblicità finalizzate ad avvicinare e " tenere legate" persone al gioco, non si trova alcun avverti­ mento dei rischi che questo può comportare a differenza di quanto avvie­ ne per altri comportamenti leciti (o tollerati) a rischio per la salute: esem­ plare tra tutti, il consumo di sigarette. Il contesto nel quale ci stiamo muovendo non può prescindere tut­ tavia dal grosso ritorno economico e dalle forti potenzialità di guada­ gno da parte di ch i investe in gioco d'azzardo . Giocare d'azzardo con­ tribuisce, come è noto, al bilancio dello Stato e può essere inteso come forma di tassazione volontaria. È pertanto comprensibile come attor­ no a esso vi siano strategie di marketing che si muovo no essenzial men­ te nell'obiettivo di avvicinare sempre più persone al gioco e trattenere più clienti. Ciò avviene attraverso la ricerca di forme di attrazione, di incontro e di desiderio non centrate su un solo target. Ecco, quindi, una crescente diversificazione delle offerte e delle possibilità di gioco : attraverso la pubblicità diretta e indiretta, l'amplificazione delle possi­ bilità di gioco (luoghi, modalità e orari) e la proposta di fo rme di gioco che rispondano alle esigenze diversificate dei clienti. N egli ulti­ mi quindici anni abbiamo assistito in Italia non solo a un enorme aumento di volume di denaro speso in gioco ma soprattutto a una tra­ sformazione sociale del gioco . Il cambiamento non è solo quantitativo (più luoghi ove si può giocare, più persone che giocano e più tipi di giochi) ma anche qualitativo: diversa è, infatti, la funzione sociale del gioco e il suo consumo ( Croce, 200 5) . Maggiori opportunità di incon­ tro con il gioco non solo portano all'aumento della platea di persone che giocano, ma anche all'aumento di coloro che gradualmente non riescono a farne a meno, come è intuitivamente comprensibile e dimo­ strato da numerosi studi. 143

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11.2.

Il gioco d 'azza rd o in u na politica di pro m ozione della sa l ute

Una politica e un'azione di prevenzione del gioco patologico o di ridu­ zione dei danni dello stesso non può ovviamente prescindere da una poli­ tica generale di promozione dalla salute. In questa prospettiva, la Carta di Ottawa ( O M S , 1986) definisce la promozione della salute come un pro­ cesso atto a mettere in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Secondo gli estensori della Carta la salute non è un concetto astratto o l'assenza di malattia, ma deve poggiare su alcuni requisiti fondamentali che sono la pace, un reddito, cibo e abita­ zione, un ecosistema stabile, giustizia ed equità. La Carta di Ottawa non è esente da critiche rivolte alla sua genericità, che può diventare ambigui­ tà quando si devono individuare responsabilità e attività pratiche in grado di perseguire le ideologie definite. Tuttavia, costituisce una busso­ la utile a orientare un'azione preventiva su diversi piani. Le azioni cui fare riferimento sono riassumibili in tre concetti centrali: advocating, ena­ bling, mediating. Sommariamente, nello specifico del gioco d'azzardo, l'advocating (ovvero l'azione volta a " dare voce alla causa della salute") potrebbe essere interpretato come l' insieme delle strategie di ordine poli­ tico, legislativo, economico e sociale volte a promuovere comportamen­ ti di gioco responsabile, a comprendere i fattori di rischio, a realizzare iniziative di prevenzione. Ciò significa, in altri termini, il riconoscimen­ to del gioco d'azzardo patologico come problema di sanità pubblica ( Capitanucci, 2004) . L'azione di enabling che letteralmente significa " mettere in grado " - può essere invece intesa come l' insieme di azioni volte a rendere le persone e le comunità consapevoli dei possibili rischi, delle conseguenze, e tese a promuovere opportunità che consentano di fare scelte con l'attenzione di assicurare a tutti pari opportunità e risorse. Ma risulta altresì importante l'azione di mediazione (mediating) tra i diversi attori, interessi, responsabilità e competenze coinvolte o coinvol­ gibili verso progetti di monitoraggio, di ricerca, di prevenzione e riduzio­ ne dei rischi, di aiuto ai giocatori. Se queste sono le azioni principali di cui tenere conto, sempre secon­ do la Carta di Ottawa, le cinque attività strategiche qualificanti un'azione complessiva ed efficace interessano quindi le seguenti aree. • La definizione di una politica pubblica per la salute che non può pre­ scindere dal riconoscere il gioco come attività lecita e regolamentata e non necessariamente disfunzionale, amorale o da criminalizzare, ma anche riconoscerne, valutarne e affrontare i rischi connessi adottando -

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politiche conseguenti volte ad annullare, minimizzare, monitorare o ridurre tali rischi. • La creazione di ambienti che favoriscono la salute. Promuovere salute vuoi dire produrre condizioni di vita e di lavoro che siano sicure, stimo­ lanti, soddisfacenti e piacevoli. Questo in senso generale. Per quanto riguarda il tema dell'azzardo è, invece, essenziale che venga svolta non solo una sistematica valutazione sull'impatto che può avere per una comunità la diffusione del gioco e le diverse forme di gioco, ma una costante e trasparente conoscenza e valutazione del rapporto costi/bene­ fici per la comunità. Va inoltre ricordato come sia importante definire, circoscrivere, regolamentare, controllare e separare " gli ambienti e i momenti di gioco " dagli ambienti di " non gioco " . • Rafforzare l'azione della comunità vuoi dire operare concretamente per definire le priorità, assumere le decisioni, pianificare e realizzare le stra­ tegie che consentano di raggiungere un migliore livello di salute. Al cuore di questo processo c'è l'acquisizione di maggior potere da parte delle comunità attingendo alle risorse umane e materiali esistenti per aumen­ tare l'auto-aiuto e il supporto sociale e per sviluppare sistemi flessibili che rafforzino la partecipazione e l'indirizzo delle politiche sui temi della salute. • Sviluppare le abilità personali. Quest'area interessa in primo luogo le agenzie educative quali la famiglia, la scuola e le associazioni. Su questo punto può essere importante ricordare quanto affermano Gupta e Dere­ vensky (1999) ovvero che, mentre i genitori e gli educatori sono preoc­ cupati dei ragazzi che fumano e usano alcol o droghe, poca attenzione è stata concentrata sul comportamento di gioco d'azzardo tra i giovani. Ma qual è il contesto nel quale emerge la spinta a giocare in un adolescente ? A sviluppare un interesse crescente verso il gioco che ora o successiva­ mente rischierà di diventare problematico ? Come mai sempre più perso­ ne rischiano di " risolvere " la loro insoddisfazione, la loro frustrazione o sperano di rifarsi degli scacchi della vita con la grande vincita al gioco ? E qual è il contesto che alimenta e collude con questa tentazione sino a ren­ dere " il momento del gioco " lo spazio magico e vitale, attraverso cui è possibile costruire una ricchezza immaginaria, fatta di sogni e fantasie, «Un altro Sé, libero da scelte, da limiti, da fatiche, dal principio di real­ tà» (Croce, Lavanco, Varveri, 2001, p. 517) ? Se il gioco diventa il terreno che si sceglie per sfidare il destino forse qualcosa non sta funzionando. Se il gioco, anziché luogo simbolico e separato di svago, di messa alla prova, di sperimentazione e crescita, diventa il vero " luogo " di riscatto della vita 145

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conducendo le persone ad affidarsi all'irrazionale, anziché partecipare alla costruzione del bene comune, anziché associarsi nell'affrontare i problemi e le sfide, i conflitti della quotidianità, anziché affidarsi alle proprie capaci­ tà e alla sfera razionale, allora va fatto molto sul piano culturale, scolastico, familiare, in ultima analisi della comunità. È sempre nel contesto familia­ re a scolastico - ma non solo - che si innescano quelli che Green e Kreu­ ter (1991) definiscono come i fattori predisponenti che comprendono le conoscenze, le attitudini, le credenze, i valori individuali che possono sostenere o meno un'attrazione verso il gioco patologico. Quest'area inte­ ressa, ad esempio, l'ambito della costruzione del pensiero magico, gli erro­ ri cognitivi o le credenze erronee che - come Ladouceur e collaboratori hanno dimostrato (Ladouceur et al., 2003) - svolgono un ruolo importan­ tissimo nella costruzione del giocatore patologico, la conoscenza (raziona­ le) delle regole della probabilità, il rapporto tra probabilità e pagamento. Certamente tra i fattori predisponenti vanno ricordati, tra gli altri, anche importanti elementi quali familiarità con il gioco d'azzardo e con le dipen­ denze. Per inciso, sempre riferendosi al modello di Green e Kreuter, va ricordata l'importanza anche dei fattori abilitanti dati dall'insieme delle capacità, risorse o barriere che favoriscono od ostacolano il desiderio di modificare comportamenti creati dal complesso delle forze del sistema e della società e i fattori rinforzanti, ovvero l'insieme delle risposte che i sog­ getti ricevono dagli altri in seguito all'adozione di un nuovo comporta­ mento che li incoraggia o meno al suo mantenimento. • Da ultimo, la Carta di Ottawa ricorda l'importanza di riorientare i ser­ vizi sanitari e, quindi, l'attenzione e il sostengo alle iniziative di aiuto, assistenza, consulenza e terapia per chi rischia di incontrare problemi al gtoco . .

11.3.

Ma è possi bile u na politica d i gioco respo nsa bi le?

Molte esperienze attive in diversi paesi nordeuropei e anglosassoni inclu­ dono programmi di promozione del gioco responsabile (Lavanco, Varve­ ri, 2001 ; Zerbetto, 2001 ; Remmers, 2001 ) . Ad esempio, la legge svizzera del 1998 prevede misure organizzative - di gestione del rischio di patolo­ gia e di vigilanza interna nei casinò - che costituiscono la " concezione sociale" che ogni sede deve predisporre a tutela della salute dei clienti. Il casinò è tenuto a fare al suo interno prevenzione nei confronti dei clien­ ti sia informandoli del fatto che il gioco d'azzardo può diventare un pro­ blema per taluni, «sia indicando dove e come trovare consiglio ed even146

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tualmente cura» ( Carlevaro, 2001, p. 267) . Inoltre, «volantini esposti alla cassa e nelle toilette informano che cosa sia il " gioco eccessivo " e un que­ stionario a disposizione della clientela aiuta a capire se si è giocatori pato­ logici». Dentro la casa da gioco poi non si dovrebbero trovare bancomat, non è permesso il credito o l'anticipo ai clienti e nemmeno concedere attività di credito a terzi (ibid. ) . «La casa da gioco inoltre è tenuta a for­ mare i propri operatori. Il croupier non deve soltanto guidare i giochi, ma anche sapere riconoscere chi dovesse cominciare ad avere problemi. Una capacità questa, che occorre apprendere e affinare. Intervenire può essere difficile, un giocatore nelle fasi critiche non si lascia facilmente avvicinare ma rientra nei doveri degli impiegati stessi farlo»3 (ibid ; si veda anche Earl, 2002) . Certamente queste sono posizioni molto interes­ santi e da prendere in considerazione anche nel nostro paese. Curiosa però la reazione di chi " da giocatore" (sebbene nella realtà letteraria) si sia trovato " cliente " di tali iniziative. Nanni Delbecchi descrive - tra Kerouac e Dostojevski - una storia di vagabondaggio di due amici tra i casinò europei i quali a un certo punto incontrano il depliant dell'Hol­ land Casino che si propone di spiegare «la sottile linea di confine che passa tra il gioco inteso come divertimento e il gioco inteso come proble­ ma psicologico [ . . ] . Il volumetto apriva con una serie di consigli, nem­ meno troppo originali, per evitare di farsi prendere la mano: stabilire una cifra ben precisa prima di iniziare a giocare, non superarla per nessun motivo; andare al casinò con una nutrita compagnia e comunque non da soli; non trattenersi per troppo tempo allo stesso tavolo, cambiare spesso tipo di gioco, eccetera eccetera» ( Delbecchi, 2000, pp. 132-3) . Ovvia la considerazione dell'autore (del giocatore ?) : «Se uno fosse davvero capace di seguire questi consigli per filo e per segno, non si vede perché dovrebbe perdere il suo tempo annoiandosi al casinò» . Il depliant dell'Holland Casino descrive anche sinteticamente gli stadi descritti da Custer che portano dallo stadio della vincita (the adventorous or winning phase) a quello della perdita (the loosing phase) e, infine, alla disperazione con l'indicazione - per chi ritenga di trovarsi in tale situazione - di rivol.

L'art. 26 prevede che la casa da gioco dichiari che collaborerà con enti, pubbli­ ci o privati, di prevenzione e cura delle dipendenze. L'art. 27 prevede l'applicazio­ ne, da parte della casa da gioco, di misure preventive contro la dipendenza da gioco d'azzardo e l'art. 28 un'adeguata formazione e un opportuno perfezionamento degli operatori della casa da gioco, anche in merito al gioco d'azzardo patologico (Carlevaro, 2001).



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gersi ai G iocatori Anonimi e la precisazione che tutti i croupier dell' Hol­ land Casino sarebbero stati a disposizione per ulteriori ragguagli. Interes­ sante il commento tra i due personaggi del racconto: « [ . . . ] Mi sembri vicino al secondo stadio [ . . . ] )); «Mi dispiace per te, ma io sono in pieno nel primo stadio [ . . . ] e l'ho appena dimostrato con il mio colore di qua­ dri)) (ibid ) . Tra i diversi progetti volti alla riduzione dei danni e alla promozione di un gioco responsabile si segnala il recente " Reno Model " ( Blaszczyn­ ski, Ladouceur, Shaffer, in press; el-Guebaly, Smith, Williams, 2005) che prevede, tra l'altro, la presenza di una linea telefonica per consultazioni da parte dei giocatori; la restrizione dell'età di accesso al gioco; program­ mi che favoriscano l'esclusione volontaria dei giocatori; limiti di puntate e di premi; ergonomia dei giochi e utilizzo di giochi che ad esempio indi­ chino una limitazione di tempo con informazioni al giocatore del tempo rimanente; limitazione delle ore di gioco; informazioni nelle aree adia­ centi i casinò; restrizioni della pubblicità. I progetti di gioco responsabi­ le sono oggetto di numerosi studi e analisi di valutazione (si veda tra gli altri Hafeli, 2005) nei diversi paesi nei quali sono adottati e al di là delle diverse specificità, delle critiche e delle osservazioni che possono essere formulate in merito, il punto centrale è il riconoscimento del fatto che il gioco d'azzardo è un'attività lecita, legale e regolamentata ma che può presentare per molti soggetti rischi di deriva patologica con costi umani e sociali enormi e che per conoscere, affrontare, ridurre e valutare tali rischi sia necessaria la cooperazione tra gli amministratori, gli imprendi­ tori del gioco e le organizzazioni del welfare al fine di promuovere com­ portamenti di gioco responsabile all'interno della comunità. Così ricor­ dano anche le raccomandazioni della Australian Psychological Society (Blaszczynski et al., 1999) . In questa luce possiamo pensare a livelli, com­ petenze e responsabilità diverse che vanno dai ministeri (Salute, Finanze, Welfare, Istruzione, Università e Ricerca) , alle Regioni, alle Aziende sanitarie, Servizi sociali, organizzazioni di settore, sindacati, organizza­ zioni non governative e di volontariato, agenzie di comunicazione. Ma anche gli enti locali possono avere un ruolo importante e piace segnala­ re - come esempio sul quale discutere - come il Consiglio comunale della città di Verbania abbia deliberato - nello sfondo di un progetto generale - un regolamento comunale del gioco dove si segnalano, come elementi chiave, la delimitazione degli orari di gioco nei bar e l'obbligo di vetrofanie che segnalano i rischi del gioco patologico e numeri telefo­ nici di riferimento. Tuttavia, nel nostro paese una politica complessiva di 148

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gioco responsabile non sembra ancora essere stata assunta. È invece importante e urgente sviluppare un'azione in tale senso che - pur traen­ do spunto e riferimento dalle esperienze straniere - consideri la specifici­ tà della diffusione del gioco nel nostro paese, ossia che il grosso del gioco d'azzardo non è consumato nei casinò - luoghi ben definiti e delimitati ove le persone si recano specificamente con l'intenzione di giocare e con un'alta soglia di accesso (età, esclusione di alcune professioni, controllo degli ingressi ecc.) - ma nei bar, luoghi che presentano una diffusione capillare e dove è possibile " trovare e ri-trovare" il gioco d'azzardo senza averlo esplicitamente cercato. Tutto ciò richiede la formulazione di pro­ getti che tengano conto di questa forte specificità e anche la collaborazio­ ne delle categorie professionali, istituzioni, associazioni ecc. ( Croce, Tril­ lo, 2004) . 11.4. Approcci ed ucativi vs a p procci struttu ra li?

Un'amara ma ineludibile riflessione è la considerazione - riportata da Miche! Graf direttore dell'IsPA ( Istituto svizzero di prevenzione dell'al­ colismo e altre tossicomanie) - che gli approcci educativi siano assai popolari, ma anche molto costosi e risultino poco efficaci, mentre quelli strutturali e politici siano certamente meno popolari ma anche meno costosi e in ultima analisi molto efficaci ( G raf, 2005) . Analizzare tale con­ siderazione risulterebbe troppo complesso e, vista solo in superficie, rischia di riaprire temi e tesi polarizzate tra proibizionisti e antiproibizio­ nisti mentre il punto non è questo. Solo una considerazione. È noto come i decessi, i feriti, i costi umani e sociali per gli incidenti stradali siano molto alti e drammatici, eppure a nessuno è mai venuto in mente di proibire l'uso delle autovetture. Tuttavia, sono state introdotte leggi ­ magari per certi versi impopolari - sui limiti, sulle condizioni delle auto­ vetture, sull'uso delle cinture e così via. E tali norme sono risultate più efficaci della sensibilizzazione all'uso delle cinture. Altrettanto si può fare nel caso del gioco d'azzardo. I colleghi australiani indicano nelle loro rac­ comandazioni come sia opportuno adottare una posizione neutrale dal punto di vista morale, promuovendo una concezione del gioco d' azzar­ do come forma di intrattenimento piuttosto che come mezzo per ottene­ re denaro e sostenere modelli di gioco controllato piuttosto che argo­ mentare la sua completa proibizione. Tuttavia, considerata la nota relazione tra la disponibilità di giochi e il numero di persone che posso­ no incontrare problemi, essi non nascondano la necessità di imporre una 149

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moratoria alla futura espansione di giochi. Se pertanto gli aspetti struttu­ rali e politici risultano centrali, sarebbe un gravissimo errore pensare che l'azione debba essere solo di tipo normativa e sanzionato rio o comunque limitativa a discapito degli aspetti di tipo educativo, informativo e parte­ cipativo che sono un elemento centrale in ogni politica e azione di tipo preventivo. Su questo punto si vedano ad esempio i seppur brevi riferi­ menti sul ruolo della scuola e della famiglia e sul ruolo giocato dai fatto­ ri abilitanti (legati alle concezioni dell'individuo) e da quelli rinforzanti legati alle pressioni micro- e macrosociali. E, d'altro canto, va ricordato - come lo stesso Graf ( 2005) ha riportato - che «i programmi di preven­ zione che comprendono più approcci educativi, li associano a program­ mi per i genitori, coinvolgono gli insegnanti, integrano la dimensione comunitaria, lavorano su prospettive a lungo termine e aumentano note­ volmente la loro efficacia» . Pertanto la conclusione non sta tanto nell'al­ ternativa tra approcci strutturali o educativi, quanto nella loro interazio­ ne e anche nell'organizzazione di approcci educativi di qualità che certamente rischiano di essere costosi ma anche efficaci. Tali elementi del resto sono riscontrabili anche nelle già citate raccomandazioni dell'Au­ stralian Psychological Society (Blaszczynski et al. , 1999) che indicano un insieme di punti utili a costruire un'azione complessiva dei tre livelli di prevenzione (primaria, secondaria, terziaria) dal gioco d'azzardo patolo­ gico. In Australia - come noto - il tasso di prevalenza di gioco d'azzardo patologico (il 7o/o) è tra i più alti del globo ( A PA, 2000) e, pertanto, assai sviluppate sono l'attenzione e le iniziative in questo settore. Concreta­ mente i colleghi australiani ricordano la necessità di incoraggiare la ricer­ ca sulle condizioni sociali e psicosociali che conducono a incrementare il numero di persone che giocano d'azzardo e i fattori che contribuiscono alla perdita di controllo. Studi di prevalenza e analisi dei bisogni dovrebbero invece essere rea­ lizzati al fine di determinare l'estensione e la natura del gambling all' in­ terno dei diversi gruppi sociali e culturali, così come andrebbero promos­ se ricerche sui modelli (pattern) di gioco, sulle ragioni per le quali le persone giocano, sulle differenze di età e genere anche al fine di ottenere migliori opportunità di trattamento per le persone che stanno sviluppan­ do comportamenti di gioco problematico. È poi importante il ruolo da svolgere nell' informazione (education) delle persone riguardo ai proble­ mi del gioco eccessivo e la disponibilità di servizi attraverso interventi nei media, nonché la produzione e distribuzione di materiale informativo. Una riflessione che possiamo fare è come questa attenzione di fatto sia 150

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alquanto scarsa, se non del tutto assente, a livello nazionale. Certamente esistono e sono sempre più diffuse le iniziative - promosse da istituzioni e associazioni - di produzione e diffusione di materiale di sensibilizzazio­ ne e di informazione sui servizi finalizzate anche all'importante obiettivo di aiutare le persone a riconoscere i primi segni di gioco problematico. Ma sono iniziative soltanto locali. Quali ricadute possiamo attenderci da un'azione che lascia al solo media commerciale l'incombenza di " forma­ re" una rappresentazione concettuale collettiva e individuale sul gioco d'azzardo che consideri anche i rischi ? Se osserviamo, infatti, la pubbli­ cità dei giochi sulle reti nazionali possiamo notare come sia costruita per attirare, stimolare e incitare a giocare, senza rappresentarne i rischi. Inol­ tre, gli aspetti di valore sociale e di intrattenimento che il gioco può svol­ gere sono spesso oscurati da messaggi di guadagno, vincita e soluzione ai problemi. A tal proposito vale la pena segnalare come in alcuni stati sia permesso pubblicizzare il gioco d'azzardo come possibilità di svago e intrattenimento, ma non correlare gioco d'azzardo e vincita. Svizzera, Canada e Australia consentono infatti pubblicità in cui vengano sottoli­ neati gli aspetti del divertimento piuttosto che quelli del guadagno ( Capitanucci, Croce, 2004) . Un'ultima considerazione riguarda il gioco illegale e soprattutto quel­ le posizioni che fanno intendere il rapporto tra gioco legale/illegale ridu­ cib ile a una semplice e fuorviera logica sommatoria dove all'aumento del gioco legale dovrebbe corrispondere la diminuzione di quello legale. Per­ tanto, per prevenire o contrastare il gioco illegale sarebbe auspicabile for­ nire maggiori occasioni di gioco legalizzato. Il rapporto tra legale/illega­ le sembra invece essere moltiplicativo, attraverso la creazione di un circolo vizioso che vede in primo luogo nell'introduzione di nuove offer­ te di gioco un aumento della platea dei giocatori, che rischia di offrire nuove opportunità marginali per il settore illegale attraverso l'inclusione delle persone espulse dal legale, l'offerta di vincite più remunerative e un'articolazione maggiore delle modalità di gioco. «In secondo luogo, grazie all'aumento/diversificazione delle persone coinvolte si crea un spa­ zio crescente al finanziamento usuraio dei giocatori. In terzo luogo l'ille­ gale alimenta il legale fornendo la motivazione per giustificare nuovi gio­ chi. A sua volta il legale alimenta l' illegale ampliando la popolazione che entra in contatto con l'offerta criminale)) (Fiasco, 2001a, p. 340) .

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G li autori

' DAN I ELA CAP I TAN UCCI, psicologa e psicoterapeuta, è Dirigente presso l AS L di Varese, socio fondatore e presidente dell'associazione AN D-Azzardo e nuove dipen­ denze. Si occupa di gioco d'azzardo dal 1999 e ha assunto ruoli di coordinamento in numerosi progetti legge 45h999 sul gambling. MAU RO C ROCE, psicologo, psicoterapeuta e criminologo, è Direttore del S. S. Educazione sanitaria A S L 14 v c o di Omegna ( vB ) e docente alla Scuola Univer­ sitaria Professionale della Svizzera Italiana (Lugano) . È presidente di ALEA (Asso­ ciazione per lo studio del gioco d'azzardo e i comportamenti a rischio) . CESARE G U E RRES C H I , psicologo e psicoterapeuta, è supervisore clinico e forma­ tore manageriale, esperto in problemi di alcol, farmaci e gioco d'azzardo, non­ ché ideatore e presidente S I I PAC (Società italiana interventi sulle patologie com­ p ulsive) , ideatore e fondatore della Comunità terapeutica per il gioco d'azzardo patologico. G I OAC C H I N O LAVAN C O , professore straordinario di Psicologia di comunità presso l'Università degli Studi di Palermo e consulente di diversi enti pubblici e del pri­ vato sociale per gli interventi di sviluppo di comunità, è autore di numerose pub­ blicazioni: Psicologia del gioco d'azzardo (McGraw-Hill, Milano 2001); Psicologia dei disastri (FrancoAngeli, Milano 2003) e coautore di Marginalia (FrancoAngeli, Milano 2005) e di Elementi di Psicologia di comunità (McGraw-Hill, Milano 2002) . Sta attualmente lavorando a una più ampia ricerca sulle nuove forme di dipenden­ za senza sostanza, in particolare shopping compulsivo e work addiction.

psicologa, dottore di ricerca in Psicologia di comunità e mo­ delli formativi e cultore di Psicologia di comunità presso l'Università degli Studi di Catania. Il gioco d'azzardo e i comportamenti d'acquisto sono tra i suoi maggiori interessi di ricerca e di intervento. È coautrice di Psicologia del gioco d'azzardo (McGraw-Hill, Milano 2001) , del saggio Gioco d'azzardo. Una scommessa tra il benes­ sere e la patologia, in V. Caretti, D. La Barbera (a cura di) , Le dipendenze patologiche, Raffaello Cortina, Milano 2005, e di numerosi altri contributi sull'argomento. LO REDANA VARVERI ,

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