Prime forme della storiografia greca: prospettiva locale e generale nella narrazione storica 351507869X, 9783515078696

In che forme � nata la storiografia in Occidente? Come storia di singole citt� e regioni greche o come storia generale d

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INDICE
Premessa
Parte I. Prospettiva locale e generale nella scrittura della storia
1. Memorie storiche prima della storia?
2. Storiografia locale e grande storiografia: il problema della relazione cronologica
3.1. Gli storici pretucididei di Dionigi d'Alicarnasso
3.2. Teofrasto sui primi storici
3.3. Limiti di una testimonianza
Parte II. Radici locali di una storia orale
1. Logoi epitaphioi e grande storiografia: Tucidide
2. Erodoto
3. Storia e logos epitaphios
4. Logioi andres in Tucidide
5. Storia locale orale e grande storiografia delle praxeis Hellenikai
6. Questioni di genere
Appendice. L’akme di Ellanico
Bibliografia
1. Raccolte, commenti, edizioni commentate, traduzioni, opere generali
2. Saggi
Index locorum
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Prime forme della storiografia greca: prospettiva locale e generale nella narrazione storica
 351507869X, 9783515078696

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Leone Porciani

Prime forme della storiografia greca Prospettiva locale e generale nella narrazione storica

HISTORIA Einzelschriften 152

Franz Steiner Verlag Stuttgart

LEONE PORCIANI

PRIME FORME DELLA STORIOGRAFIA GRECA

HISTORIA ZEITSCHRIFT FÜR ALTE GESCHICHTE REVUE D’HISTOIRE · RIVISTA ANCIENNE JOURNAL OF ANCIENT HISTORY

·

DI STORIA ANTICA

·

EINZELSCHRIFTEN HERAUSGEGEBEN VON MORTIMER CHAMBERS/LOS ANGELES HEINZ HEINEN/TRIER MARTIN JEHNE/DRESDEN FRANÇOIS PASCHOUD/GENEVE · HILDEGARD TEMPORINI/TÜBINGEN ·

HEFT 152

FRANZ STEINER VERLAG STUTTGART

2001

LEONE PORCIANI

PRIME

FORME DELLA

STORIOGRAFIA GRECA

PROSPETTIVA LOCALE E GENERALE NELLA NARRAZIONE STORICA

FRANZ STEINER VERLAG STUTTGART

2001

CIP-Einheitsaufnahme Die Deutsche Bibliothek –

Porciani, Leone:

Prime forme della storiografia greca: prospettiva locale e generale Stuttgart: Steiner, 2001 nella narrazione storica / Leone Porciani. –

(Historia: Einzelschriften; H. 152)

07869-X 515– ISBN 3–

ISO 9706

Jede Verwertung des Werkes außerhalb der Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist unzulässig undstrafbar. Diesgilt insbesondere fürÜbersetzung, Nachdruck, Mikroverfilmung odervergleichbare Verfahren sowie fürdieSpeicherung inDatenverarbeitungsanlagen. © 2001 byFranz Steiner Verlag Wiesbaden GmbH, Sitz Stuttgart. Gedruckt auf säurefreiem, alterungsbeständigem Papier. Druck: Rheinhessische Druckwerkstätte, Alzey. Printed inGermany

Aussi l’histoire avait-elle pour les anciens beaucoup plus d’importance qu’elle n’en a pour nous. Elle a existé longtemps avant les Hérodote et les Thucydide; écrite ounonécrite, simple tradition ou livre, elle a été contemporaine de la naissance des cités.

Fustel

deCoulanges

INDICE

9

Premessa

Parte

Prospettiva locale

I.

e generale nella scrittura della storia

1.

Memorie storiche prima della storia? Storiografia locale e grande storiografia: il problema della relazione cronologica 3.1. Gli storici pretucididei di Dionigi d’Alicarnasso 3.2. Teofrasto suiprimi storici 3.3. Limiti diunatestimonianza

2.

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28 34 48 59

II. diunastoria orale

Parte

Radici locali

1. 2. 3. 4. 5.

6.

Logoi epitaphioi e grande storiografia: Tucidide Erodoto Storia e logos epitaphios Logioi andres in Tucidide Storia locale orale e grande storiografia delle praxeis Hellenikai Questioni digenere

Appendice. L’a kmedi Ellanico

Bibliografia 1. Raccolte, commenti, edizioni commentate, traduzioni, opere generali

2. Saggi Index locorum

65 86 101 117 124

131 135

139 142

151

PREMESSA Questo lavoro è uno studio sui rapporti fra la storia locale e la grande storiografia erodoteo-tucididea. Erodoto, chenarra dello scontro fraOccidente e Oriente da unpunto di vista greco, segue o stimola il primo sorgere della storiografia di regioni e città della Grecia? Felix Jacoby scelse sempre, con coerenza, la seconda alternativa, senza lasciarsi intimidire da una ricca tradizione antica checolloca alcuni storici locali molto inaltoneltempo, prima diErodoto. Levoci contrarie nonsonomancate, e negli anniunaparte sempre piùcospicua nella confutazione diJacoby l’haavuta ilDeThucydide diDionigi d’Alicarnasso, che appunto fa esordire la storiografia greca in forme locali – tanto letterarie quanto preletterarie. Laprima parte diquesto lavoro esamina Dionigi percapire quanto siaaffidabile lasuaattestazione di«scritti depositati in luoghi sacri o profani» anche in Grecia, e soprattutto l’elenco di «antichi storici» pretucididei –e almeno inparte preerodotei –contenuto nelcapitolo 5. Gli scritti preletterari appaiono un’invenzione di Dionigi; l’elenco può essere ricondotto, grazie a unacritica delle fonti chenonandrà considerata un puro vezzo antiquario, a unfilone dell’erudizione ellenistica confluito, forse, in uncommentario a Tucidide. Il giudizio sull’elenco di Dionigi diventa così quello sullo strumento cuilacultura alessandrina, inassenza didati certi sulla cronologia soprattutto degli storici minori, doveva ricorrere perfar chiarezza nelpassato: lacongettura. Nelcasospecifico della lista di«antichi storici» essa eratanto piùnecessaria inquanto mancava, comequisicercherà didimostrare, unsostrato peripatetico completo: Teofrasto, daquel che si puòindurre, non faceva nomi diproto-storici nella forma incuili presenta Dionigi. Sulla linea Peripato-Alessandria –l’asse fondamentale del sapere antico –l’elenco dionisiano si colloca verso la fine e nonall’inizio: dunque nonfrai dati chepotevanoessere dibuona tradizione, mafragli esiti diun’attività congetturale che è difficile ritenere più affidabile delle ipotesi moderne. Finché l’analisi rimane sulpiano della storiografia, il problema della relazione cronologica fra storia locale e generale rimane in sostanza irrisolto: abbiamo delle teorie antiche, mapursempre delle teorie, e pernulla superiori allemoderne quanto aconsistenza argomentativa. Nella seconda parte dellibro si tenta diuscire dalla pania della scrittura. Quidosolo i grandi contorni della tesicheviviene sviluppata, echehabisogno piùchemaiditutto il suoapparato dimostrativo persostenersi; unsunto, anche lungo, sarebbe comunque carente. Lastoria locale potrebbe sì essere esistita prima diErodoto, e giàinetàarcaica, main forme orali; adAtene, verso l’inizio dell’età classica, avrebbe preso

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Premessa

l’evidenza e la concretezza delle istituzioni con il logos epitaphios, la cerimonia con cui venivano onorati in particolare gli ultimi caduti in guerra (corroborata daunparallelo spartano sul quale benpoco si è insistito); con quest’indispensabile mediazione, attuata in uncentro dalla forte vocazione panellenica, la storia locale orale sarebbe confluita nella grande storiografia postgenealogica, di cui costituirebbe una radice da affiancare a quelle già accertate (genealogie e periegesi/etnografia). Punto di partenza è stato il riscontro di un’analogia dei logoi epitaphioi conTucidide nell’articolazione deltempo storico, e conErodoto inunparticolare punto divista sugli eventi – quella chequichiamiamo laprospettiva della teleute, lo sguardo sulla fine delle cose. Alle somiglianze disuperficie untesto famoso, Cicerone Delegibus II 63 (da Demetrio Falereo), ha permesso di aggiungere una comunanza di fondamenti: le regole astratte diuncorretto logos epitaphios, fare tutte le lodi veritiere e nessuna falsa, corrispondono alle leges historiae enunciate nelDe oratore –salvo, mameno di quanto si possa pensare, l’accentuazione encomiastica. Sia il logos epitaphios sia la storia intendono essere un racconto responsabile difatti umani. Nellogos epitaphios siriconosce quindi ungenere parastorico incuidovettero prepararsi alcune categorie ereditate dalla grande storiografia della fine delV secolo (inciò stalamediazione cuisi accennava): sopra tutte, l’importanza dei fatti contemporanei, che è quanto distacca Erodoto e specialmente Tucidide dalle genealogie. Ma storia orale, è chiaro, non vuol dire qui solo logos epitaphios, pur restando probabile che in questo speciale genere di performance, almeno ai suoi inizi (diciamo rozzamente frail 480 e il 450 a.C., e forse oltre), la scrittura abbia avuto unaparte assai marginale o addirittura nulla. Lastoria orale, nelV secolo, eraunfenomeno piùampio, chedoveva esistere datempo e stava ormai entrando incrisi. Neldibattito, sempre astratto, sugli ipotetici logioi andres, i custodi di un sapere storico senza scrittura che secondo alcuni la Grecia avrebbe conosciuto, si porta una testimonianza nuova. È Tucidide I 9, 2, reinterpretato: perintrodurre larivisitazione della vicenda deiPelopidi, visono evocati «coloro che conla memoria hanno assimilato le piùsicure tradizioni peloponnesiache». Questa è, rielaborata, la tesi diperfezionamento chehodiscusso l’8 marzo 1999 alla Scuola Normale diPisa. Numerose osservazioni, chefindasubito mi hanno permesso diemendare e arricchire il lavoro, migliorandolo anche sotto l’aspetto della struttura, debbo ai miei relatori, Carmine Ampolo, Claude Calame e il compianto Giuseppe Nenci, il quale nonhapotuto vedere lastampa dellibro; e s’intende cheil miodebito verso il loroinsegnamento nonsi limita a quest’occasione particolare. Soprattutto peralcune parti dirilievo hopotuto giovarmi della competenza di Mauro Corsaro, Ugo Fantasia e Maurizio Giangiulio, e della generosità con cui sanno metterla a disposizione. Con Andrea Zambrini, acuto conoscitore di Jacoby, gli scambi di idee erano

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Premessa

frequenti benprima chelatesi fosse inpreparazione, epenso chequalcosa della loro fecondità sia rimasto percepibile. Se queste pagine appariranno meno pesanti di quanto avrebbero potuto essere, e se in alcune è avvertibile una qualche sensibilità sociologica, il merito vadicerto a Morgana Clinto, la mia compagna. Grazie ai suggerimenti di Mortimer Chambers e dell’anonimo e scrupoloso lettore incaricato dalcomitato di «Historia», hopotuto fra l’altro rimediare a unacerta durezza ed eccessiva concentrazione che si notavano nell’originale; in quanto ne rimane, spero che gli altri lettori nonabbiano a vedere unamenda piùcheunaqualità dell’esposizione. Credo che in pochi ambienti di studio la familiarità con i classici sia più naturale che a Pisa; e nel nome del luogo potrebbero davvero compendiarsi quasi tutti i riconoscimenti chefinora hoespresso. Unluogo è anche untempo, e inesso sonochiusi eventi, situazioni e altri luoghi il cuirapporto conciòche si scrive non è quasi mai semplice definire o, addirittura, indovinare. Mi auguro, perquesto libro, cheesista.

Monte

SanSavino, luglio 2000

PARTE I

PROSPETTIVA LOCALE E GENERALE NELLA SCRITTURA DELLA STORIA

1. MEMORIE STORICHE PRIMA DELLA STORIA?

In Grecia nessuna storia locale, ovverosia relativa a singole città o regioni greche, esisteva quando Erodoto raccolse il materiale perla propria opera, nel ventennio fra il 460 e il 440 circa a.C.: è la nota tesi cheJacoby formulò già nel saggio del 1909 sullo sviluppo della storiografia greca1, e ribadì poi nel maturo capolavoro di Atthis2. Qui la battaglia principale di Jacoby è però contro l’ipotesi di una cronaca preletteraria curata ad Atene dagli esegeti, che sarebbe stata a fondamento della tradizione attidografica: era l’idea sostenuta da Wilamowitz, il quale pensava a una pubblicazione di quella cronaca intorno al 380 a.C., e modificata in maniera nonfelice da Laqueur3. Questa è parsa a lungo la sezione più risolutiva e inattaccabile del grande libro di Jacoby: daricordare sono soprattutto i «test cases» del terzo capitolo, analisi condotte sulle versioni storiografiche relative ai Pisistratidi (Jacoby coglieva neltesto diTucidide il momento della reazione Abbiamo usato pergli autori antichi

le abbreviazioni del Liddell-Scott-Jones (a parte i

casi di Suda e di Arist. Ath. Pol.) e del Thesaurus linguae Latinae; per le riviste quelle dell’Annéephilologique. Le raccolte, i commenti, le traduzioni e le opere generali sono citati col nome dell’autore o una sigla del titolo (l’elenco è nella prima parte della bibliografia). I saggi sono citati in forma abbreviata, con l’autore e l’annodi pubblica-

zione (secondo quanto risulta dalla seconda sezione della bibliografia). Quando più opere delmedesimo autore abbiano la stessa data, a questa nelle citazioni si accompagna unalettera in esponente che rispecchia l’o rdine nella bibliografia. Quando untitolo sia tradotto in italiano, è abbreviato conl’annodell’edizione originale, seguito dalle pagine sia di questa sia della traduzione italiana.

1Über die Entwicklung der griechischen Historiographie unddenPlan einer neuen 123, poi in der griechischen Historikerfragmente, «Klio» IX 1909, pp. 80– 64, 49 sgg., in part. 50– 51. Id. 1956, pp. 16– 2Jacoby 1949, pp. 200 e 382 n. 10; cfr. p. 184; vd. anche Id. 1913, coll. 404– 405; 9. FGrHist III b (Suppl.), I, pp. 8– 3Wilamowitz-Moellendorff 1893, I,pp.260 sgg.; Laqueur 1926, coll. 1092 sgg. Laqueur pensava al fondersi diunatradizione mitica orale, preservata dagli esegeti, con le registrazioni annalistiche importate dalla Ionia: sui problemi di quest’interpretazione, 330 n. 8. vd. in part. Jacoby 1949, pp. 328–

Sammlung

14

Parte

I. Prospettiva

locale

e generale

nella scrittura della storia

alla lettura di Ellanico, prima voce attidografica che si aggiungesse alla vulgata cittadina e a Erodoto)4, e l’acuto scetticismo sulla possibilità che le liste di autorità civili o religiose venissero corredate di note storiche in età arcaica5. Pare tuttavia che nonesistano davvero questioni chiuse: anche la tesi delle cronache preletterarie greche haavuto unasuareviviscenza. In alcuni studi, infatti, si parte dalla constatazione che il De Thucydide di Dionigi d’Alicarnasso allude a uno stadio preparatorio della storiografia greca rappresentato da «annali locali basati su memorie sacre e profane», si prosegue corroborando Dionigi con una serie di confronti orientali e si conclude che le riflessioni dei Greci sul loro passato «furono agevolate, come anche in Roma, daprimitive forme di annotazione cronachistica»6. 4 Jacoby 1949, p. 159, con il confronto fra Th. I 20, 2 e VI 54, 1. 5 Questo è unodei nonmolti punti sucui il vecchio Jacoby modifica sueprecedenti vedute: in Über die Entwicklung cit., in Id. 1956, p. 58 n. 109, l’esistenza a Samo di una ήcontinua e corredata di notizie storiche era invocata perspiegare la data ἐπ φ ρ α γ ᾽ ν α ἀ ῳ di Hdt. III 59, 4; Jacoby 1949, pp. 183 e 361 n. ρ ά φ τ ικ ε ο μ α σ Ἀ ιλ μ ςβ εύ ο ν τ ο ςἐ νΣ ά 51, si richiama invece alla tradizione orale e suppone unoggetto votivo dedicato nel tempio di Era, con il nome del re iscritto. La virata argomentativa è dovuta a una φ α ίindata alta (1949, ρα γ ν α maturata sfiducia sulla pratica dell’annotazione storica diἀ 360 sulle liste ioniche): su 176, sulla lista arcontale ateniese, e 180– pp. 169– 182, 356– tale pratica i sostenitori della cronaca preletteraria, soprattutto negli anni venti, hanno 354 n. 6, 355 n. 17), e Jacoby ne è insistito molto anche perAtene (ibid., pp. 177 e 353–

stato indotto a confutarla. Notevole anche, e da comprendersi all’interno dello stesso clima, il nuovo scetticismo di Jacoby sulla genuinità della lista olimpica nelle sue parti piùantiche (cfr. Über dieEntwicklung cit., in Id. 1956, p. 50 n. 92; Id. 1949, p. 353 n. 3). 6 Gozzoli 1970–1971, pp. 174, 211; cfr. Gabba 1982, p. 33; Fornara 1983, p. 22; Troiani 1983, inpart. pp.433 sgg.; Flores 1991, p.21 («i testi deipiùantichi annali»); in 39 («documenti ormai scritti, in qualche caso forse parte anche Maddoli 1992, pp. 38– vere e proprie cronache»; invece in 1985, p. 111 lo stesso autore aveva ammesso che «La polemica chiusa dell’Atthis di Jacoby ... può conservare un senso ... nei confronti delle presunte cronache sacerdotali, cheWilamowitz certamente errava nelpostulare»); un’apertura perfino in A. Momigliano, Tradition and the Classical Historian, «H&T» 24, trad. it. La tradizione e lo 31, 23– 293, poi in Id. 1975, I, pp. 13– XI 1972, pp. 279– 55; Id., Storiografia greca, «RSI» LXXXVII 63, 54– storico classico, in Id. 1982, pp.42– 5. Una 41, 4– 35, e in Id. 1982, pp. 3– 67, 34– 46, poi in Id. 1980, I, pp. 33– 1975, pp. 17– variante dell’idea della cronaca va considerato il cenno di von Fritz a una tradizione locale scritta in forma nonannalistica (vd. infra n. 29); inoltre egli ammette che in certi casi sulle liste eponimiche si trovassero segnati eventi di rilievo locale (adArgo: 1967, I 1, p. 492) o addirittura panellenico (I 2, p. 75 n. 80, fine). Alla rentrée della cronaca 148, preletteraria non sono mancati i dissensi: vd. soprattutto Detienne 1981, pp. 147– trad. it. p. 99; Moggi 1989, p. 17; cfr. Lasserre 1976, p. 119 (che parla di «horographie» o «chroniques locales» distinguendole conenfasi –sulle orme di vonFritz? –dall’«historiographie locale»: questa perLasserre esiste prima di Erodoto, maquelle –che nella fattispecie coincidono con la cronaca preletteraria: lo si ricava dalla discussione bibliografica di p. 138 n. 20 –sono indimostrabili per l’età arcaica).

1.Memorie

storiche prima della storia?

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Base testimoniale di questi ‘annali’preletterari greci sono «fatalmenφ μ ρα α α ί, chestando al trattato De ῆ ιe γ ν te»7le «memorie» e gli «scritti», μ Thucydide di Dionigi d’Alicarnasso gli «antichi storici» greci si sarebbero presi cura di riprodurre e pubblicare (5, 3). Per «antichi storici», ἀ ρ χ α ῖο ι... φ ε ρ ῖς α , Dionigi intende una serie di autori, da Euagon di Samo a γ γ υ σ Xanto di Lidia, che egli colloca prima diTucidide e almeno in parte prima di Erodoto8. Ecco qui di seguito il testo nell’edizione, recente, della Aujac: ή σ ὴ έ ντ ἐχ ρ α ν ῶ τ νὑποθ οπ ὶτ γ ερ ὴ νἐκλο έσ ο ε ο ο ὗ ρ ίᾳ ιρ α τ ι... ὁμ ο ιπ φ ο ν τ ε ά ρ ία ρ ςἱσ η ν ὲ ικ γ ντ τ ο ς σ ὰ ,ο εω ὰ ἳδ ν ν..., ο ἳμ ςἀ α λ ςἙ λ ὲτ ὰ ς β α ρ β α ρ ικ ὰ ς ,κ α ὶα ὐ τ ὰ ςδ ή ὲτα λ α ις ύ τ ν ε τ ο α τ ,ἀ ςο ςἀ λ λ λ ὐσυνάπ λ ὰ φ κ ο ᾽ἔθ κ έρ ν η α α λ α ω ν ὶκ ἐκ τ τ ὶςἀλλή ρ ὰ π ό ν λ ε ιςδια ο ῦ ν τ α ε ὶχω ιρ ςκ ρ ζο ν τ οπ ὰ α ιδιεσῴ α σ υ λ ά τ ,ὅ τ τ ό ν ο ν τ ε ες ὸ να , ἕν α νφ ςσκοπ κ ὶτ ὸ τ ὐ α μ α ητ ικ α ῆ τ α τ ὰ εκ α ὰ ὶκ π λ ό εις ν ἔθ , ε ν ιςμ ἴτ τ ο ρ ίο ῖςἐπ ω ιχ α ί, τα ύ τ ὴ α ν ςε ἰςτ ή λ νκοιν εν ὴ ο α ιςἀ ιγραφ κ π είμ ο ἱερ εβ νβ ο ᾽ἐ ἴτ ῖςε ή τ ρ επ ο σ τ ιθ έν τ ε ,μ β ο ν ς κ ε έλ α ρ ινἐξεν ῖν ,ο σ ἁ π ἵα ά ν εγ ςπ τ νγνῶ ω α ε ·ἐ ίτιν θ ο ῦ ν νἀ α σ α ο φ ςἐνῆ π ο ἷςκ ὸτ ῦ α ῦ ιρ ή τ εἀ ν τ ε α ὶμ ς α ὐ τ α ῖςτ ιμ ιπ έτ ια ε ε α ιπ ίτιν ο ερ ικ λ ςπ ὺ ν ο υκ α ὶθ εα τρ μ ο ιχρό έν ευ τ ισ π ο λ λ π επ ο ῦ λ ιντ ίθ ιο νἔχ ε ο ι. α ῖςν σ τ ὸἠ ῦ νδοκοῦ

Costoro adottarono un orientamento comune nella scelta dei temi ..., scrivendo gli uni storie dei Greci, gli altri dei barbari, e questo senza collegarle fra di loro, maarticolandone la materia per popoli e città e pubblicandole separatamente. Erano intenti a ununico scopo: rendere

7 Camassa 1994, p. 153. Gozzoli 1970–1971, p. 198 considera

annali quelli che dovrebbero essere gli archivi di Sparta e Delfi (Plu. 1116 f; Id. Sol. 11, 2). Flores 1991, 18 aggiunge le notazioni di ordine astronomico che si leggono talora nella pp. 15– grande storiografia (mai però, è curioso, «Nelle testimonianze residue degli horoi», p. 14): quelle di Hdt. I 74, 2, dove si ricorda la «previsione dell’eclisse di sole nel giorno della battaglia dell’Halys» daparte diTalete (probabilmente 585 a.C.; mal’informazione sull’eclisse prevista daTalete sembra del tutto indipendente daquella sulla battaglia; e forse che degli ‘annali’di città o templi greci avrebbero registrato all’inizio del VI sec. uno scontro della guerra medo-lidia o una previsione di Talete? dov’è in Erodoto la traccia che farebbe pensare a una fonte orografica?), di Hdt. VII 37 e IX 10 (ma qui Flores è costretto adammettere una «rielaborazione della tradizione orale» che di fatto rende superflua l’ipotesi di annali: p. 17 n. 15) e di Tucidide e Senofonte (dai Paralipomeni; «quando Tucidide [e Senofonte-Tucidide di Elleniche I e II libro] riporta l’accadimento naturale delle eclissi di sole o di luna, il suo stile sembra imitare le più 18: antiche note di registrazione di tali eventi naturali nell’annalistica arcaica», pp. 17– malo stile annalistico è proprio di tutta l’opera tucididea). L’unica prova che regge la ricostruzione di Flores è il convincimento che «i più antichi horoi fra VII e VI sec. dovevano presentarsi ... con il carattere di registri di nomi di magistrati o di grandi sacerdoti, e di avvenimenti naturali e umani di qualche interesse» (p. 18; corsivo nostro). 8 Vd. infra pp. 34 sgg.

16

Parte

I. Prospettiva

locale

e generale

nella scrittura della storia

pubbliche e accessibili a tutti le memorie che si conservavano presso i locali nell’ambito di popoli e città, gli scritti depositati in luoghi sacri o profani, nella forma in cui li avevano raccolti, senza nulla aggiungervi o togliervi; vi erano contenuti dei miti cui fin dai tempi antichi si prestava fede e dei colpi di scena che ad occhi moderni appaiono decisamente ingenui.

Notevole il ripartirsi delle memorie epicoriche fra dueordini di pertinenza locale, ethne e poleis: sembra di avvertire le classificazioni alessandrine riflesse in certi titoli etnografico-eruditi di Ellanico e Damaste, le Ktiseis ethnon kai poleon e l’E thnon katalogos kai poleon. Ma più interessante è quiunaltro aspetto del brano, il rapporto fraγ φ μ ρ ῆ α α α ίe μ ι. Così ν φ ρ α α ίpuò essere un’apposizione di μ com’è tramandato il testo, γ μ ῆ α ι, ν oppure i due termini possono essere coordinati per asindeto. Nel primo caso, le «memorie» diDionigi dovrebbero coincidere intutto e pertutto con «scritti»9: cosa che confligge con il paragrafo 7, 2, dove si ritorna sul processo descritto al capitolo 5 parlando, però, solo di «memorie» conservate «sia collettivamente, per regioni, sia individualmente per città», κ α ὶ ῇκ α τ κ ὰ ο τ ιν ό π ο υ α ὶκ α τ ὰ π ςκ ό λ ε ιςἰδ ίᾳ , e tramandate di padre in figlio secondo modi–«raccogliendole daipadri, i figli si curavano ditrasmetterle μ εν ρ ε ο ιπ λ ω νἐπ ὰπ ὲ α ῖδ α ε τ ιμ έρ ό δ ςδια α εχ ςπ ς ai discendenti», ἃ ό ν ο ις–che difficilmente possono essere ιτ α ο ῖςἐκγ ν ιδ ό ρ α δ α οπ τ ν ῦ ιο ἐπ ο altri daquelli della tradizione orale; lo confermano paralleli quali il proemio diTucidide: «infatti gli uomini si tramandano le tradizioni deipredecessori inmaniera acritica, anche qualora siano relative alproprio luogo d’origine», μ έν η ω ν ,κ α ρ ια ὶἢ νἐπ ιχ εν ώ γ εγ ρ π ρἄνθρω ο ο ιτ ὰ κ ὰ νπ ςἀ ο ῶ ὰ ςτ ο ἱγ λ ω νδέχον ᾽ἀλλή ρ τ ι(I 20, 1)10. Osserα ω α σ ν ίσ τ ο ίω ᾖ α , ὁμ ςπ ςἀβα ιν φ ίσ σ

9 Jacoby 1949, p. 355 n. 15 (prova disagio nell’ammettere la necessaria conseguenῦ θ ν ο α ε ι–cfr. la fine del par.: ἐ θ ο ίτιν ἷςκ φ ῦ ς α ίcontengano μ α ὶμ za, e cioè che le γρα . –maconclude che, qualora non vi sia ungrosso guasto testuale, Dionigi τ λ νκ ῆ α ἐν σ sembra considerare un tutt’uno la trasmissione orale e scritta); cfr. Pavano, p. 21 (traduce «tutte le memorie che s’erano conservate ... –tanto [se si trattava di] scritture giacenti in luoghi sacri che [di scritture giacenti] in luoghi profani»); Detienne 1981, p. 99 (anche nella suaversione gli scritti sacri e profani figurano come 146, trad. it. pp.98– le due«tradizioni memoriali»; suquesta interpretazione, l’autore imposta la suacritica a Dionigi per l’innaturale nesso –sentito come tale anche daJacoby –fra scrittura e mito: 434; Flores 1991, p. 21; Toye 1995, 150, trad. it. p. 100); Troiani 1983, pp.433– pp. 149– p. 295 («traditions ... which were contained in ‘written records’»). 10 Verdin 1970, p. 200, trad. it. p. 121 (sul passo di Tucidide, p. 192, trad. it. 114; parole come ἀ ό ρ α ις σ , che definiscono processi di ricezione, possono essere κ κ ο ύ ω οἀ , che riguarda ή ο κ impiegate con riferimento a testi scritti; non così, ci sembra, ἀ l’oggetto stesso della comunicazione e quindi ne rivela la natura, orale); sulle «memorie» del cap. 7 del De Thucydide e sulla loro tipologia, vd. anche Camassa 1994, p. 154.

1. Memorie

storiche prima della storia?

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veremmo anche che nel capitolo 7 del trattato dionisiano «si curavano di trasmetterle», ἐπ ελ ιμ ὲ ςἐπ ρ ο α ιο δ ι, si capirebbe male qualoν α ῦ ιδ ν τ οπ ό α ra nonalludesse allo sforzo mentale ditener viva la memoria lungo il corso delle generazioni. μ φ ῆ α ιe γρα α ί: le ν È dunque il caso di distinguere, al capitolo 5, fra μ uneorali e le altre scritte11. È unasoluzione che, se nonci si vuole allontanare daicodici di Th.5, 3, postula sulpiano sintattico solo l’asindeto; non convince infatti la proposta di chi, articolando in maniera nuova il periodo (senza la virgola dopo π ό λ εις ), fa di τ εκ α ίunnesso tra «memorie sugli φ α ί)»12: il capitolo 7 è a sfaα τ ὰ π ό λ ε ις[...] γρα ethne» e «scritti locali (κ vore di quest’idea, perché lì le «memorie»13 –lo abbiamo appena visto –si ) η α τ ὰ τ ό π ο υ α τ ὰ ν , e cioè κ ς ἔθ articolano sul duplice piano delle regioni (κ e delle città14. L’asindeto è unaricercatezza adatta allo stile di unretore. La distinzione tra memorie e scritti risulta però non meno, e forse meglio, da una semplice congettura che, proposta dalla Aujac nell’ultima edizione del De μ ῆ ν α ικ α τ ὰἔθ ητ ν εκ α ὶκ α τ ὰ Thucydide, ha ottenuto molti consensi15: μ φ α ί. ή λ ο ιςἀ ν α ε ι γρα π κ είμ ο εβ ᾽ἐ ο ῖςε ᾽ἐ νβ νἱερ ἴτ ἴτ > ε π ό λ εις , ε α 33, ὥ μ μ α ρ inserito dopo μ α γ α ν νcon . ἐξ Ἀ ύ ῳ ν τ τ α . 108: