Paolo Sorrentino. L'oscar della bellezza 8868660628, 9788868660628


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Paolo Sorrentino. L'oscar della bellezza
 8868660628, 9788868660628

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PAOLO SORRENTINO

L’Oscar della Bellezza a cura di

Pietro Gargano

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copyright © 2014 Guida editori www.guidaeditori.it [email protected] Progetto grafico di copertina: studio del Vaglio In copertina: Paolo sorrentino, visto da Francesco del Vaglio

Proprietà letteraria riservata Guida editori srl Via Bisignano, 11 80121 Napoli

Finito di stampare nell’ottobre 2014 da alfa Grafica srl per conto della Guida editori srl 978-88-6866-062-8

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% del presente volume dietro pagamento alla siae del compenso previsto dall'art. 68, commi 4 e 5 della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da cLearedi, centro Licenze e autorizzazioni per le riproduzioni editoriali, corso di Porta romana 108, 20122 Milano e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org

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Prefazione Paolo sorrentino è partito dal cineforum del Vomero ed è arrivato al Premio Oscar per “La Grande Bellezza”. Una dimostrazione che si può, se si hanno talento e volontà. il regista ha idee chiare sul ruolo delle eccellenze in tempo di crisi: “eccellente è la maggioranza silenziosa di chi fa il proprio lavoro in maniera onesta, intelligente, originale. il paese non riesce a capitalizzare questa eccellenza. Ma è da qui che verrà la salvezza, da qui la riscossa”. a questa enorme risorsa «il Mattino» ha pensato progettando questa collana sulle eccellenze di casa nostra, aperta proprio dalla storia di sorrentino, dalle sue parole. Perché il regista e gli altri prescelti dimostrano che è possibile abbinare il passato al presente e lanciarsi dell'avvenire. È possibile proiettarsi nel mondo con voglia di sperimentare, senza mai perdere l’identità, la tradizione, le radici. il successo di chi ce l'ha fatta può servire da esempio e da traino per tutti. Per questo ricostruiremo l'ascesa di sophia Loren, la ragazzina smunta di Pozzuoli diventata icona del cinema e della bellezza. Di ciro Discepolo, studente di fisica e funzionario del cnr, che scoprì l’astrologia solo durante il servizio militare e ha studiato per trasformarla in scienza con l’ausilio del computer. Di Lorenzo insigne, da Fratta alla Nazionale, del quale il magistrato cantone, a capo dell'autorità anticorruzione, ha detto: “rappresenta una speranza per i ragazzi delle periferie”. Di Maurizio De Giovanni che fino a 47 anni non aveva scritto una riga e in poco tempo è diventato uno degli autori di noir più venduti in italia e in europa. Di enzo Gragnaniello che è arrivato dai Quartieri spagnoli, dove vive, al san carlo. Di Paolo scudieri, partito dalla fabbrica paterna di Ottaviano per costruire un impero mondiale fondato sulla tecnica più avanzata. Di Vincenzo salemme, il ragazzo di Bacoli oggi tra gli attori-registi più popolari e apprezzati. eccellenze autentiche. “We can”, noi possiamo, fu lo slogan di Obama in campagna elettorale. sorrentino e gli altri provano che è vero. Tocca alla regia del potere in qualche modo abbinare queste risorse nate dalla creatività mai mancata a questa terra: farne sistema. il Direttore de «il Mattino» Alessandro Barbano

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introduzione “sul sofà”, un titolo apparentemente bizzarro per una collana di libri che il Mattino, grazie al direttore alessandro Barbano, ha deciso di promuovere, in diffusione abbinata con la Guida editori. comune l’intento: dare voce alle eccellenze del nostro territorio. Una scelta che, complice la penna garbata e sapiente di Pietro Gargano, si presta non solo ad una lettura gradevole, ma anche a qualche riflessione in più sugli orizzonti, più o meno ampi, che le giovani generazioni si apprestano a tracciare. il sofà accoglie il lettore curioso così come l’artista o lo scienziato pronto alle confessioni più vere. e’ luogo di incontri, di confidenze, di riflessione. Devo dire con orgoglio che la scelta dei nomi da proporre in lettura non è stata facile, né tantomeno ha l’ambizione di essere esaustiva, anzi, il contrario. Otto i profili individuati, presi dal mondo delle arti, dell’imprenditoria, dello sport. Li accomuna un certo darwinismo sociale, una spinta per la vita che li ha portati ad emergere, a dispetto delle negatività. Grazie a loro, ha vinto l’ottimismo del cuore sul pessimismo della ragione, un pessimismo che deve scomparire in ognuno, e lasciar posto alla pratica del “fare”. Proprio per questo, il progetto è poi andato ancora oltre, attivando un circuito virtuoso che ha visto il coinvolgimento della Fondazione Banco Napoli – istituto e delle eccellenze campane. Gli introiti delle vendite saranno infatti destinati a progetti mirati per la riqualificazione urbana. La scrittura diventa così occasione di crescita culturale del e per il territorio. l’editore Diego Guida

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carta d’identità Napoli, quartiere Vomero, il 31 maggio 1970. regista, sceneggiatore e scrittore. salvatore detto sasà, direttore di banca, e Tina, casalinga. Morti presto, gli hanno lasciato una “meravigliosa serie di regole di vita”. Fratelli: Marco, dieci anni più di lui (“è stato tutto per me, fratello, figlio e padre”) e Daniela (“che ha un suo mondo, al quale ha accesso solo lei”). Moglie: Daniela D’antonio, giornalista del Venerdì di «repubblica». con l’innato pragmatismo, compensa da sempre la sua astrattezza. Le nozze nel municipio di New York con rito civile, nell’estate del 2010. il menu del “ricevimento” fu qualche hot dog. Figli: anna e carlo. con la moglie “sono i motori e la guida della mia vita, lasciandomi così il lusso di crogiolarmi nel facile, impagabile ruolo del portapacchi che si gode il venticello sul tetto”. Segni particolari: i capelli indomabili. La erre arrotondata. L’orecchino al lobo sinistro. i basettoni, tenuti fin da adolescente. Non ci ha mai rinunciato, neppure per esigenze di copione. Nanni Moretti lo chiamò per una piccola parte nel  Caimano, a una condizione: “Ti devi togliere le basette”. risposta: “allora non se ne fa niente”. Fu trovato un compromesso, se li tagliò ma pochissimo.

Nato a: Professione: Genitori:

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Biografia

Gli astrologi del dopo dicono che è nato in un giorno di sole nei Gemelli, segno del teatro, e del trigono di Urano nella Bilancia, segno di senso estetico. È nato in via san Domenico al corso europa 24, Paolo sorrentino, nella scala c di un parco, quarto piano. Ha fatto il liceo classico dai padri salesiani al Vomero natio. Dai salesiani, qualche classe avanti, studiava pure Toni servillo, futuro grande attore da lui prediletto. avevano lo stesso professore di latino, don cesareo. era un segno. Paolo cresceva proprio al Vomero, dove si stanzia chiunque abbia fatto due soldi, soprattutto da quando, dagli anni Ottanta, le villette stile liberty e le ville dei nobili sono state rimpiazzate dai palazzoni. La collina comunque resta lontana assai dal mare, dall’intrico dei vicoli e dagli stereotipi napoletani. Più europea e sensibile a venti nuovi rispetto al resto della città. senti l’incalzante ritmo delle discoteche e non Vieneme ‘nzuonno girata sugli stereo dei bassi. Da lassù vedi il futuro, però non riesci mai a liberarti del tutto del passato, in quella metropoli-prigione. al Vomero pure la lingua napoletana è stata ripulita in omaggio alla scalata sociale completata, e quella rinnovata sarà molto usata dal futuro regista e scrittore: “La piccola borghesia – come quella napoletana del Vomero, dove sono cresciuto – rifugge dal dialetto: l’italianizza rocambolescamente, in un modo divertente, ma che non esalterebbe un purista”. Tra l’altro il Vomero, per riallacciarsi al destino di sorrentino, è stata la prima Hollywood italiana, il piccolo “bosco di agrifogli” napoletano. alla ricerca di luce e spazi nuovi, qui nel 1906 i fratelli Troncone aprirono studi cinematografici, spostandoli dal ventre scuro di piazzetta Nilo a una villetta luminosa di via solimena. Fu l’inizio della Partenope Film. e qui, nel 1915 in via cimarosa, nacque la Polifilms di Giuseppe Di Luggo, rilevata quattro anni dopo 8 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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da Gustavo Lombardo, il creatore della Titanus. allora le trame mute delle pellicole prodotte restavano quelle delle città bassa, nu guaglione ca more, na mamma ca chiagne, nu malamente acciso. Più tardi tutto sarebbe cambiato, grazie all’arrivo di una nuova specie di abitanti, più agiata e consapevole; grazie alla dote tutta napoletana di assorbire tutto quanto arriva da lontano, pure da molto lontano, e di farlo proprio con assoluta originalità. i sorrentino: famiglia affiatata e serena, di normalissima borghesia. Genitori attempati, Paolo l’avevano avuto tardi, molto tempo dopo i primi due figli, Marco e Daniela, perciò era cresciuto un po’ come figlio unico. e tuttavia, nonostante la differenza di età, i genitori gli lasciarono larghi margini di libertà. Papà era un dirigente di banca, la mamma casalinga. radunavano gli amici, discutevano pure di politica e sentivano dischi, il Califfo califano era il preferito, con Frank sinatra e Bruno Martino. il sabato ballavano i lenti, i cappotti lasciati sul letto. sorrentino si vede frugare nelle tasche di quei soprabiti per immaginarsi vite, forse talvolta lo faceva davvero. Papà aveva un amico che veniva a trovarlo il lunedì sera, con la scusa di guardare la tv. invece litigavano furiosamente per la politica. Papà era comunista, l’amico fascista. Paolo si commuoveva a sentirli ma restava estraneo alla polemica. Lui amava invece il rock, suonava chiassosamente la batteria (era tutta nera), ascoltava i Talking Heads. eppure, piuttosto che musicista, si immaginava calciatore. in allenamento gli allenatori e i compagni più esperti non finivano mai di raccomandargli “i fondamentali“, le nozioni-base per riuscire a giocare bene. capire che i “fondamentali” sono fondamentali davvero, fu una buona lezione per la vita e per l’arte. sedeva ore e ore sul muretto sotto casa, i ragazzi più grandi facevano a gara a perdere tempo: gli insegnarono almeno la spensieratezza. sognava i suoi sogni, immaginava terre lontane e stendeva trame di romanzi, da appuntare su un quaderno. Oppure, il più delle volte, parlava del nulla con gli amici o fabbricava burle. Di cinema sapeva poco, se ne occupava invece il fratello Marco, maggiore di dieci anni, che partecipava ai provini di Federico Fel9 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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lini all’Hotel Terminus e una volta fece credere in famiglia di essere stato preso per un nuovo film e mamma esultò. Furono i padri salesiani, in una classe rigidamente maschile, a far crescere in lui la curiosità per tutto quanto era inaccessibile. certi posti erano proibiti agli studenti, ad esempio l’ultimo piano della scuola con gli alloggi privati dei sacerdoti, o le ali dell’edificio in cui si tenevano i ritiri spirituali e le suore vivevano in clausura. Paolo e gli altri coltivavano fantasie, mai verificate, sui preti che frequentavano, anzi corteggiavano, le monache del sacro cuore dell’istituto vicino. imparò a spiare e ad essere spiato. Una buona scuola per il cinema che verrà. Degli amici di quegli anni non ha dimenticato nessuno, da Luigi Paciocco “che, a scuola, nella stanca afasia della ultima ora, mi allungava delle mirabolanti composizioni comiche che mi hanno spinto, anni dopo, ad emularlo”. Non ha dimenticato neppure gli amici dell’età adulta, come roberto De Francesco che “con commozione a stento trattenuta, mi ha fatto scoprire certi grandi libri”. Lo ricavi dalle dediche a uno dei suoi libri, giacché sorrentino, rassegnato alla fatica delle interviste sul cinema, è parco di parole più intime: “c’è chi parla della vita privata, mi dispiace, non posso”. La sua prima adolescenza fu comunque felice, la vita rilucente come una palla di Natale (Natale diventerà malinconico più tardi). Le feste erano fatte pure di neve, lontane dal sole e dal grigio tiepido di Napoli, perché i sorrentino possedevano una casetta a roccaraso. Nel recinto delle libertà c’era il pallone, Paolo era già un grande tifoso dei colori azzurri e ogni tanto seguiva la squadra in trasferta, erano i tempi felici e agri di Diego armando Maradona. Quella maledetta domenica, partiti i genitori per roccaraso, il ragazzo gridava “Forza Napoli” mentre papà e mamma morivano, per una fuga di ossido di carbonio dalla stufa difettosa della casa in montagna. Orfano a neppure diciassette anni, l’adolescenza finita all’improvviso, con crudeltà. La casa addobbata a lutto, la lenta sfilata dei parenti, i sorrisi cancellati in un baleno, le notti a combattere con le belve e i ragni giganti chiamati ricordi. 10 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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Di quella tragedia sorrentino parla malvolentieri, un accenno e basta. Una volta però ha detto una frase magnifica: “La perdita dei genitori mi ha cambiato la vita in tutti i sensi. se non fosse successo quello che è successo, non avrei mai fatto il regista. L’essere rimasto orfano mi ha dato l’incoscienza per provarci”. Poi si è pentito di quell’apertura nella corazza della riservatezza e si è corretto: “La mia storia familiare è stata del tutto ininfluente, ci sarei arrivato comunque”. in ogni caso è vero che il senso dell’assenza rende più rapido il passaggio all’età adulta, perché costringe a respirare l’avvenire in anticipo. intatta negli anni la gratitudine, ad esempio per “il calore della famiglia Maranelli, e di Pippo e carlo in particolare, lungo i tempi che furono atroci, che mi hanno tenuto in vita”. il passo finale del suo primo formidabile romanzo, Hanno tutti ragione, dà un’idea struggente dei suoi sentimenti: “Dopo anni di mancanza, ho fatto un sogno. Questo. Ho dieci anni e mia madre mi tiene per mano. sposto lo sguardo alla mia destra e anche mio padre mi tiene per mano. camminiamo lungo via Orazio in un sabato mattina assolato e invernale che non tornerà mai più. indosso, con un orgoglio adulto, un piccolo loden verde. Fa freddo ma io ho le mani calde. e sono felice. Perché sono al sicuro. come non lo sono stato mai più. Loro sono allegri. Non hanno litigato. Mio padre dice a mia madre che le sta bene questo cappotto nuovo e mia madre si meraviglia perché qualsiasi complimento dalla bocca di mio padre è talmente insolito da apparire inopportuno. Mia madre, che la pensava così. solo i figli piccoli, infine, sanno difendere le madri. con una goffaggine che li rende potentissimi. e invincibili. Poi io, all’improvviso, senza motivo, domando quando accadrà che loro moriranno. e loro, senza scomporsi, con grande sicurezza, mi dicono che non moriranno mai. io ci credo. e sorrido mentre guardo, di sotto, un mare ancora pulito. invece mi stavano mentendo. e, da quell’istante, sono cominciati tutti i miei guai. e tutte le mie gioie. il sole è tramontato. il sogno è terminato. Ma io, da quel momento, non mi sono più svegliato”. il lutto non l’ha mai veramente elaborato, affiora negli scritti e nei film. Non a caso la sua figura femminile più riuscita è quella della madre o di donne della stessa età. alle madri ha dedicato una poesia 11 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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nel suo secondo libro, Tony Pagoda e i suoi amici: “Dove siete andate? Perché avete smesso di chiamarci? eravate le sentinelle della nostra dispersione. Quella che garantiva la serenità. ci avete messo, di colpo, nell’altro mondo, ma non eravamo e non saremo mai pronti a essere quelli che chiamano, anziché essere chiamati”. Un altro brandello di memoria: “Le madri che ci chiamavano dai balconi non ci sono più. Urlavano e cambiavano di tono. si facevano incazzate in progressione, man mano che dall’altra parte si stendeva una coltre di silenzio sospetto. si incazzavano perché il calore del pranzo rischiava di disperdersi. Poi, l’idea del piatto sopra il piatto. rovesciato. Le goccioline di condensa. che ricordi imponenti. Le madri”. soprattutto il rapporto padre-figlio in lui resta centrale, attraversato dalla pena. Ha detto: “Mi è rimasta impressa la risposta che diede un grande scrittore (non ricordo più quale) a chi gli chiedeva perché scrivesse libri. ‘cerco il padre’ fu la risposta. si tratta di una sintesi perfetta del mio lavoro. sono un nostalgico. il presente non mi interessa, non mi smuove. Provo nostalgia per un’epoca che non ho vissuto. Tutto quello che faccio è un tentativo di conoscere mio padre nella deprimente consapevolezza che non ce la farò mai”. L’adolescenza continua a dargli appuntamento. “Per questo sono inattuale, a me piace la generazione di mio padre”. Torniamo al filo della vita. L’emergenza diventò orfana del pensiero di tornare a essere felice. in compenso i gusti si affinarono, irruppe la letteratura, sul comodino Viaggio al termine della notte di céline, altri libri di Kafka, Perec, Pynchon, arbasino (Piccole vacanze), Philip roth (Lamento di Portnov, L‘animale morente). La pila crebbe con Ottiero Ottieri, sartre, camus, gli esistenzialisti, stanley elkin. Bussola filosofica Hobbes, Nietzsche, Kirkegaard. superata la maturità con un minimo 40, forse dovuto all’apparente incongruenza di una tesina su Marx in terra salesiana, ritenuta una provocazione, già batteva l’ora dell’università. “Ora hai le spalle scoperte” gli dissero i cugini e il cognato. allora mise da parte il desiderio di letteratura e scelse la più concreta facoltà di economia e commercio, che lo avvicinava alla banca di papà. a quel tempo la facoltà era in via Partenope, affacciata sul mare, la demarcazione tra l’aria di vacanza e lo studio era sottile come 12 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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lama di rasoio o di luce. Forse allora maturò in lui la passione per i confini incerti. Nelle amare notti gli riusciva impossibile non sognare, così scoprì per sempre il cinema. in verità l’aveva assaggiato a diciott’anni, firmando con ivan cotroneo, due anni più di lui, studente in legge e futuro regista e scrittore, una sceneggiatura per il Festival di Bellaria. si chiamava Luoghi comuni: ambientato nell’aldilà, immaginava che Marx, Nietzsche e Gesù si trovassero nella stessa casa a parlare delle sorti di Dio. L’amore esplose vedendo  C’era una volta in America  di sergio Leone. crebbe con Il conformista di Bernardo Bertolucci. a folgorarlo fu Otto e mezzo di Fellini, il film più bello che avesse mai visto, la serietà degli argomenti sposata alla leggerezza. Frequentò il cineforum del Vomero; ci andava da solo, puntualmente alle cinque della sera, e sceglieva un posto isolato. Frequentò la sala dell’arcobaleno, da poco tristemente chiusa. La scoperta della paura gli suggerì di evitare i film di Dario argento. intanto faceva esami a singhiozzo, l’urgenza non era più quella di restare in corso. “ridere e guardare la bellezza, e se le due cose potevano coincidere, allora si finiva nello schedario delle giornate indimenticabili”. Quando capì che il cinema poteva davvero convivere con la letteratura, in libreria passò soprattutto per comprare i manuali di sceneggiatura di Massimo Moscati. imparò ad abbinare parole e immagini divorando volumi di fotografie, specialmente di steven shore e Berengo Gardin, “una loro foto su due potrebbe essere lo spunto per un buon film”. scrisse storie come autodidatta per partecipare ai concorsi per i cortometraggi. Nel 1993, quando antonio Bassolino da afragola divenne sindaco di Napoli, diede l’illusione del cambiamento e creò nuovi luoghi di aggregazione per i giovani, sorrentino si unì al gruppo formato da Mario Martone, Pappi corsicato e antonio capuano. Nel 1994, si presentò sul set de Il verificatore, esordio del giovane napoletano stefano incerti, e si offrì volontario per fare l’assistente alla produzione, alla regia, a tutto quanto serviva. esperienza in sé negativa, perché si rivelò inadeguato a ogni compito pratico. in 13 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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compenso dimostrò idee valide. il produttore Nicola Giuliano lo promosse, da allora non si sono staccati più. Nel 1995 fu aiuto di Maurizio Fiume, un one-man-band, per il cortometraggio Drogheria, segnalato ai Nastri d’argento. Per stefano russo firmò la fotografia di Sventramento finalista al Torino Film Festival. Quasi contestuale il corto Un paradiso, diretto a due teste con stefano russo, in concorso al Palermo Film Festival. aveva mollato tutto per fare cinema, dopo undici esami. L’amica condomina Vera Ponticiello, alla quale aveva spiegato il senso della rivoluzione francese, lo rimproverò aspramente. rispose: “Voglio fare il cinema e non me ne frega niente di questa inutile laurea”. Qualle scelta, rivelatisi saggia, la spiega così, senza retorica: “il cinema a un certo punto mi sembrò furbescamente la cosa più semplice che potessi fare, un luogo in cui si potesse essere sempre dilettanti. se vuoi fare il chitarrista, tecnicamente devi essere bravo. Nel cinema potevi cavartela, pensavo, sapendo un po’ di fotografia, un po’ di musica, un po’ di scrittura. Fino a un certo livello, è vero, ma se vuoi fare un salto, di tutte quelle discipline devi saperne tanto: fotografia, pittura, musica, letteratura indispensabile per scrivere film”. Nel 1997 si segnalò con Dragoncelli di fuoco, scritta con silvestro sentiero, sceneggiatura vittoriosa al Premio solinas col titolo mutato in Napoletani, centrata sulla ossessione della gastronomia e delle gare di cucina; non diventò mai film. Poco dopo sorrentino scrisse con Umberto contarello la sceneggiatura di un film sulla canzone neomelodica napoletana, intitolato  La voce dell’amore, da affidare alla regia di Michele Placido e alla interpretazione di silvio Orlando. La pellicola però non fu mai realizzata. il progetto resta importante perché conferma l’attenzione di sorrentino ai temi del costume e perché segna il primo incontro di lavoro con contarello, un padovano laureato in filosofia, conosciuto al Premio solinas alla Maddalena. Di lui ha scritto sorrentino: “Mi ha precipitato nel mondo degli aggettivi sconosciuti e delle metafore impossibili”. Una certa tendenza a lavorare tanto lo ha portato a lasciare qualche altra intuizione incompiuta; è accaduto pure per l’idea di un film tratto da un romanzo di Niccolò ammaniti,  Ti prendo e ti porto via. 14 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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risale al tempo del progetto neomelodico L’amore non ha confini, dodici minuti per narrare la storia di un killer napoletano quarantenne sorpreso dall’amore. Fu l’avvio dell’intesa con un giovane compositore napoletano uscito dal conservatorio, Pasquale catalano, che firmò la colonna sonora. il film vero, quello bello lungo, tardava ad arrivare. i consigli giusti glieli diedero i più scafati, soprattutto antonio capuano che in interminabili passeggiate sul lungomare gli spiegò che la sceneggiatura doveva essere contigua alla letteratura. La quadratura del cerchio, il punto d’incontro fra due vocazioni. ancora oggi sorrentino annota: “capuano mi ha influenzato soprattutto sul versante della scrittura, ad esempio ho fatto mia la sua idea di dare sempre una parvenza romanzesca alle storie, di arricchirle con idee letterarie. È una cosa piuttosto particolare perché a volte le sceneggiature sono invece solo dei canovacci tecnici che servono come guida per le riprese”. così nel 1999, nella sua laboriosa malinconia delle feste, scoccò la scintilla per L’uomo in più, il primo lungometraggio scritto e diretto, ricavato dalla sua sceneggiatura Il cantante e il calciatore, Premio solinas. Minuzioso il lavoro preparatorio, con continui riferimenti a personaggi reali. ad esempio l’allenatore detto Molosso, ossia Nello Mascia, ricalcava la figura di Bruno Pesaola il  Petisso, argentino napoletano. Ne completò la stesura alla Vigilia di Natale, la fece avere a Toni servillo. Non si erano incontrati davvero da molti anni, buongiorno e buonasera, e nel frattempo Toni era diventato un attore teatrale ricercato. Passarono sei mesi e niente, il copione non era stato neppure sfogliato. La trovata giusta venne al produttore angelo curti, che disse a servillo: “Non leggerlo più, sarebbe inutile: abbiamo già trovato l’attore”. Fu così che Toni divorò le pagine in mezz’ora e si precipitò a dire: “Lo faccio io”. era l’intreccio su livido sfondo, tutto napoletano eppure insolito, fra le disillusioni parallele ma separate (quasi un doppio film) di due campioni in declino dalla stessa data di nascita, il 15 agosto di anni lontani fra loro, e dallo stesso nome, antonio Pisapia. Un cantante confidenziale scelto perché a casa ascoltavano Franco califano 15 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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ma ispirato anche ai profili di Fred Bongusto e Peppino Gagliardi, incontrati prima di girare. e un calciatore, figura dolente come quella dello sventurato capitano della roma agostino Di Bartolomei, finito suicida con un colpo al cuore. Brandelli di sogno personale. La scelta di tenere sdoppiate quelle vite, lo confessò poi, dipendeva dalla paura di non poter fare un secondo film, e allora approfittò dell’occasione per narrare due storie, in otto settimane e a basso costo. il titolo veniva da un’idea tattica invano suggerita dal calciatore al suo immobile direttore sportivo: giocare con quattro punte, appunto con l’uomo in più. come dice Pelé in apertura, “il pareggio non esiste”. Ma poi sei costretto a scoprire che sei solo anche nell’area più affollata mentre il pallone spiove dal calcio d’angolo. come tutti i successivi film di sorrentino, qui il silenzio parla, anzi grida. La prima scena riecheggia senza mistero l’incipit di  Ferito a morte di raffaele  Dudù  La capria, prima o poi da quel romanzo ricaverà un film. Ottenne il ciack d’Oro per la sceneggiatura, il Nastro d’argento per il miglior esordio e fu scelto per il Festival di Venezia. L’uomo in più rivelò anche un aspetto poco conosciuto di sorrentino, quello dell’autore di canzoni. Nella colonna sonora, infatti, inserì La notte e Lunghe notti da bar, da lui scritte con l’originale cantautore napoletano Nino Bruno, Pasquale catalano e Peppe servillo, il fratello di Toni, la voce degli avion Travel. con Bruno, ragazzo, era andato in vacanza a salina e ad alicudi. Fece l’attore in un suo show al Teatrino di corte, Mondanità. era il 1998. aveva il ruolo di George, maggiordomo di Ninette, diva travestita e capo di stato. L’uomo in più si avvalse pure della bravura di andrea renzi, il calciatore, ma soprattutto fu l’inizio del binomio cruciale con Toni servillo nato ad afragola. L’incontro fra due straordinari talenti era dovuto certo alla bravura dell’attore, alla sua distanza da ogni capriccio o eccesso di narcisismo, ma pure al fatto che Toni ha un formidabile senso del racconto e della risata, e ridere per sorrentino è l’attività più seria che ci sia. “certe volte ci scambiamo una occhiata e ci godiamo quello che ci succede intorno, tensioni, qualcuno 16 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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che si prende sul serio. e ridiamo”. È il doppio registro ideale: il massimo della serietà professionale con una gran voglia di lavorare abbinati a una complicità cameratesca. Prima aveva lavorato come sceneggiatore della serie televisiva poliziesca della rai  La squadra: “ero strapagato, scrivevo velocemente e guadagnavo bene. Ma era frustrante, c’erano condizionamenti sui contenuti, condizionamenti economici, e c´erano tanti e tali paletti che tutto ti spingeva a un appiattimento, a un prodotto senza vere ambizioni. siamo legati ancora a una televisione-melodramma, con schermi obsoleti, che poi però fa ascolti”. ecco perché ha per ora rinunciato a una sua serie televisiva, che pure gli piacerebbe fare a riprova della sua attenzione al genere popolare. Nel 2001 sorrentino realizzò per la regione Lombardia La notte lunga, un corto inquadrato in una campagna di lotta alla droga. scritto con anna Mittone, aveva per protagonisti roberto De Francesco e chiara caselli. Nella sua vita era entrata Daniela D’antonio, brava giornalista di «repubblica», donna dolce e determinata, discendente per parte materna della dinastia dei Mattozzi ristoratori, da cui ha preso la ricetta di un’ineguagliabile genovese. L’aveva conosciuta in una cena a casa di amici comuni, rivista sulle scale del palazzo in piazza dei Martiri in cui ha sede la redazione napoletana di «repubblica»; lui lo frequentava per raggiungere Mario Martone, Toni servillo e antonio Neiwiller nella fucina di Teatri Uniti. Verificarono che la concretezza di lei si sposava alla fantasia di lui durante i frequenti pranzi nell’enoteca Vinarium di attilio, in via cappella Vecchia. andarono a vivere nella vecchia casa vomerese, sfidando i ricordi. il regista legò perfettamente con i suoceri, salvatore D’antonio e Nunzia Mattozzi, “ultimo aggancio a quel meraviglioso sistema di regole ormai in via d’estinzione e che, proprio come allora, di colpo, all’improvviso, veloci e disinvolti come i ghepardi, sanno farmi ridere”. Nel 2002 sorrentino accettò l‘invito della cgil e partecipò a La primavera del 2002. L’Italia protesta, l’Italia si ferma, film collettivo coordinato da Francesco Maselli. La famiglia crebbe, dopo anna nacque carlo, il piccolino. 17 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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Tutti dicono che Paolo sorrentino ha avuto un’avanzata fulminea e invece i passi sono stati ben ponderati, pur se sempre vissuti come un grande gioco. il secondo film arrivò nel 2004, tre anni dopo l’esordio, mica poi un ritardo eccessivo visto che lui valuta in un biennio il tempo necessario a fare un film, dalle prime ricerche alla proiezione.  Le conseguenze dell’amore vedeva ancora protagonista Toni servillo ed era ancora immerso nella solitudine, stavolta quella di una stanza d’albergo senza tv, nell’algida svizzera. L’amore repentino è solamente una complicazione imprevedibile. “L’idea è nata in un pomeriggio di noia, a un festival di cinema a san Paolo del Brasile. siccome non so le lingue, in queste occasioni mi capita di restare solo in albergo, al bar che è poi luogo sospetto per eccellenza. Quella volta, a furia di veder passare davanti a me strani personaggi, uomini d’affari con valigette ben strette ai polsi, ho cominciato a pensare il peggio e a costruire il soggetto sprofondato in una poltrona”. il film, in concorso a cannes, ebbe cinque David di Donatello e segnalò l’amore del regista per gli attori di talento senza età e misconosciuti. rispolverò infatti raffaele Pisu nel ruolo di un inguaribile giocatore d’azzardo, procurandogli un Nastro d’argento come migliore attore non protagonista e un imprevisto rilancio. il 2004 fu anche l’anno del teatro in tv, su raidue Sabato, domenica e lunedì di eduardo De Filippo, prova d’affetto per servillo protagonista e di rispetto per la preveggenza del grande commediografo attore, eduardo infatti aveva detto: “Nella commedia c’è un fermento contestatario, un’anticipazione dell’avvento del divorzio in italia, una apparente fusione di finti rapporti cordiali in una famiglia in cui convivono i rappresentanti di tre generazioni: nonni, figli, nipoti, ma dietro la  facciata  bonaria si avverte un ammonimento a tutti i coniugi che non vanno d’accordo: spiegatevi, chiaritevi i vostri dubbi, i vostri tormenti. alla fine non c’è chi non comprenda che soltanto l’amore può tenere insieme due esseri; non certo il matrimonio, e nemmeno i figli”. il bisogno di grandi attori fu confermato dalla presenza di Jeremy irons in uno spot pubblicitario per l’alfa, da sorrentino diretto. Nello stesso tempo firmò  L’amico di famiglia, nato da un tessuto autobiografico, come tutti i suoi film. “i protagonisti sono ispirati ai 18 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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miei vicini di casa vomeresi, una madre e un figlio maschio, entrambi ormai grandi, anziani, legati da un misterioso rapporto che mi ha intrigato e insospettito per anni. io penso che tutte le persone nascondano segreti terrificanti e che, in particolare, gli uomini che non si sposano siano condannati a una parabola discendente senza ritorno. Mi attirano quei bambini vecchi, accuditi, pieni di piccole manie, di fisime”. si ispirò dichiaratamente a un film del 1976 di ettore scola: Brutti, sporchi e cattivi. il protagonista aveva una faccia diversa, quella a sghimbescio di Giacomo rizzo, bravissimo attore di carattere, fino ad allora confinato, seppur con prove eccelse, nei ruoli del teatro popolare napoletano e del cinema da risate sguaiate. rizzo incarnava un usuraio di nome Geremia. sorrentino gli fa dire: “Quando i padri se ne vanno, in cielo o in terra, non importa, non tornano più. ci rimane il ricordo, e dopo un poco neanche più quello. e allora diventano i nostri eroi, e gli eroi non hanno cognomi, non hanno figli, non hanno famiglia. sono uomini adulti, soli, contro tutti e orgogliosi di esserlo. Noi siamo i figli, ma non saremo mai eroi”. La costante della figura paterna. Un’opera complicata, di non immediata lettura. Ma il rischio era consapevole, sorrentino si sentiva autorizzato a correrlo avendo accumulato crediti col buon successo anche commerciale di Le conseguenze dell’amore. La pellicola andò al Festival di cannes, segnale di una caratura internazionale. La prova di rizzo era eccezionale, eppure arrivò qualche delusione. Lo scrittore-regista aveva realizzato un lavoro drammatico e insieme divertente, secondo quell’idea di complessità leggera a lui congeniale. il secondo aspetto non fu colto dai critici e nelle sale. Gli spettatori risero solamente in inghilterra, al London Film Festival. ricorda: “È stato l’unico momento di felicità di quel film”. Mai estraneo alla politica della cultura, nel 2006 sorrentino firmò l’appello al presidente della repubblica per la nomina della scrittrice Fernanda Pivano senatore a vita. Nel 2007 il passo del trasferimento a roma, in una casa-libreria al quinto piano, dai soffitti da cattedrale, nel quartiere esquilino, il 19 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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più multietnico della capitale. rispetto al resto, la sua scrivania è piccina. La finestra sempre aperta per lasciare uscire il fumo del sigaro toscano. L‘edificio disegnato dall’architetto Koch è detto il Palazzo dei registi perché vi abitano anche Matteo Garrone, anna Negri, claudia Florio. si salutano dalle terrazze. Qui vivono pure i musicisti Daniel Bacalov e Mario Tronco già avion Travel. Di fronte sta Mario Martone. si affacciano su piazza Vittoria, la più grande e cinematografica di roma, in cui Vittorio De sica ambientò una scena chiave di  Ladri di biciclette  ed ettore scola un frammento di Core de Roma. Una cosa è certa, sorrentino non l’ha fatto per stare più vicino ai luoghi del potere. a Napoli aveva avuto un’idea di disagio della città, del disastro in arrivo e della necessità della partenza, quando alcuni amministratori pubblici parlarono di raffaele La capria definendolo La caprìa, con l’accento sulla i. Ma è forte il sospetto che a orientare la scelta sia stata la compagna Daniela, che un anno prima aveva scritto un pezzo intitolato Romana per caso: “sono a roma da una decina di giorni per lavoro e non mi pare il caso di ripetere la storiella di come questa città sia molto più vivibile di Napoli. insistere nei confronti diventa un esercizio sterile e inutile. Preciso, però, che per vivibile intendo la sacrosanta possibilità per una donna sola di uscire la sera tardi, da un albergo zona stazione (che non è piazza di spagna ma non è neanche piazza Garibaldi a Napoli), andare a mangiare (in un ristorante qualsiasi pieno zeppo di turisti che difficilmente saranno scippati all’uscita), e tornare a piedi in hotel senza aver paura”. in realtà non furono gli aspetti quotidiani a consigliare il trasloco, la razionale Daniela vedeva Paolo sempre più spesso a roma, capitale del cinema, e non intendeva lasciarlo solo. Daniela è dolce, tosta e molto brava nel suo mestiere, con un largo arco di interessi, dai grandi temi alla cronaca nera, dallo spettacolo al calcio. Nel 1999 – con lo stesso spirito del marito: giocare con estrema serietà, ridere – fu attrice accanto ad angela Pagano e anna Bonaiuto, nel ruolo congeniale di una giornalista, in Bordello di mare con città di enzo Moscato per radiorai, con la regia di Toni servillo. Nel 2000 si inventò il neologismo “cafonauta”. Nel 2005 fu 20 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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delegata dai colleghi a discutere col direttore ezio Mauro che aveva appena decapitato la redazione napoletana di «repubblica». se c’è da lavorare si fa sostituire da Paolo ai fornelli, senza problemi. come si dice, dietro a un uomo di rilievo c’è sempre… Dopo i canonici due anni da L’amico di famiglia arrivò nel 2008 Il Divo, con l’amico Toni servillo affiancato dalla bravissima anna Bonaiuto. Una piccolo ruolo, quello di un grintoso deputato, fu affidato all’amico contarello. La scelta del soggetto dimostra come l’ieri, l’oggi e il domani in sorrentino s’intreccino di continuo. Lui di andreotti aveva sentito parlare fin da bambino: “c’era una signora identica ad andreotti. andavamo a farle visite di cortesia e quando uscivamo mio padre ripeteva: ‘Madonna, è tale e quale ad andreotti’ e noi ridevamo. Fa parte di quei personaggi che ti accompagnano”. Papà lo costringeva a guardare il telegiornale, ottima scuola di pessimismo. ricordava perfettamente il rapimento Moro perché i suoi genitori non riuscivano a tornare dalla Francia, c’erano posti di blocco in tutta italia. Lui li aspettava con un’ansia mostruosa, arrivarono un giorno dopo. La figura dell’inossidabile democristiano gli servì per raccontare tutti i meccanismi della politica: solitudine, arroganza, tendenza a vivere una vita basata sui rapporti di forza, nella convinzione che il potere logora davvero solo che non ce l’ha ed è destinato a durare per sempre. La parabola di Giulio andreotti è colta al suo crepuscolo; nel colmo del potere sarebbe stato ben più difficile, forse impossibile, narrare la sua figura in celluloide, anche se sorrentino non è tipo da lasciarsi condizionare da timori o complessi reverenziali. Neanche dalle difficoltà, giacché i rifiuti a finanziare una pellicola su andreotti furono tanti. era solo una delle tante idee in corso, la scelse su tutte quando si accorse che in libreria, per prima cosa, cercava i libri su andreotti. Lo intrigava molto perché “è un personaggio molto sfaccettato, reale ma allo stesso tempo grottesco, amabile, gentile ma anche freddo e cinico, non c’è contraddizione che non alligni in lui”. Dopo aver parlato a lungo con cirino Pomicino, andò a trovare andreotti, per educazione e curiosità. era mattino pieno, fuori 21 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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sfolgorava il sole, eppure lo studio romano di san Lorenzo in Lucina aveva le tapparelle abbassate. Quella penombra fu un conferma e una rivelazione. allora non lesse più niente sul personaggio, non interpellò altri testimoni: doveva centrare un film, non un documentario. La prova di servillo fu prodigiosa. La critica italiana, sempre un po’ provinciale, restò tutto sommato tiepida. e infattiIl divo  perse il testa a testa con  Gomorra di Matteo Garrone per la designazione agli Oscar; Gomorra, tuttavia, mancò poi la nomination. La critica internazionale invece si esaltò. arrivò il Premio della Giuria a cannes, presieduta da sean Penn, lo strepitoso attore rimasto prigioniero, nell’immaginario popolare, del breve matrimonio con la popstar Madonna. Penn, dopo i complimenti, si disse disposto a fare un film con lui, “con qualsiasi storia, in qualunque luogo e in qualsiasi momento”. Una promessa d’onore. Nel 2009 sorrentino documentò la scia di lutti e rovine del terremoto all’aquila in L’assegnazione delle tende; prese parte con contarello al progetto perFiducia con il corto La partita lenta ambientato su un campo di rugby; supervisionò L’altra metà di Pippo Mezzapesa; firmò l’appello per il rilascio del regista-attore roman Polanski, detenuto in svizzera in attesa della estradizione in america. impegno e solidarietà, altre facce del talento. L’anno seguente pubblicò per Feltrinelli il primo romanzo, Hanno tutti ragione, titolo ripreso da una frase ricorrente di sua madre, cui l’opera è dedicata. spiegò: “Ho adottato i giudizi dei miei genitori. Lì comincia l’idea di far mie ragioni altrui, pratica desueta, specie oggi“. seguì commento autoironico: “sorpresa: ho scritto un libro, e mi piace”. Ottenne una candidatura all’alabarda d’oro, soprattutto entrò nella cinquina dei finalisti del Premio strega e fu terzo nella votazione finale. Nel 2014 vinse il Premio Vittorini. il volume è diventato oggetto di culto per i giovani, denso com’è di aneddoti cinici solo in apparenza, di aforismi e di umanità. iaia Forte l’ha trasformato in uno spettacolo in cui incarna, en travesti, il protagonista Tony Pagoda. il regista andò a vederlo al ravello Festival, in compagnia di corsicato e Martone, i colleghi dei primi passi. 22 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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sempre nel 2010  sorrentino partecipò al film collettivo  Napoli 24 con l’episodio La principessa di Napoli e tornò attore, dopo averlo fatto per Nanni Moretti e Francesca archibugi (Questione di cuore), in tre puntate dell’innovativa serie televisiva  Boris, nell’irridente ruolo di se stesso. Nel 2011 diresse uno spot per Yamamay, moda intima, interpretato da  isabella Ferrari. La bellezza della donna colta nel colmo della maturità. a convincerlo fu il produttore Gianluigi cimino. Le vacanze sorrentino le faceva da tempo con la famiglia a stromboli, “isola di Dio”, selvaggia e spigolosa, familiare solo per la sagoma del vulcano. Prese in affitto una casa di fronte al faro di strombolicchio. Lavoro al mattino, solo un gelato per pranzo, la spiaggia con i suoi nel primo pomeriggio. e a sera la frescura del giardino; lì, col vento a favore, si sente cantare il solista del pianobar della Tartana, magari cantare E la chiamano estate di Bruno Martino, con le parole di califano. aveva in testa pure un’altra canzone dell’adolescenza, This must be the place dei Talking Heads, traducibile in “questo dev’essere il posto”. Titolo ideale per un viaggio alla ricerca di se stesso, “sul rapporto con molte lacune tra un padre e un figlio, come è stato fatalmente il rapporto tra me e mio padre”. Per consolidare il prestigio mondiale pensò di farlo in inglese, oramai era stato costretto a imparare, con fatica, qualche frase di quella lingua. Quando scrive un film. sorrentino delinea il protagonista avendo già in mente un preciso attore. Puntò su sean Penn, chi altro? Gli inviò la sceneggiatura, dopo neppure ventiquattr’ore si trovò il sì sulla segreteria telefonica. all’impatto pensò a uno scherzo del produttore Nicola Giuliano, un portento nell’imitare le voci. Macché, in piena notte si trovò a parlare al telefono con Penn. L’attore aveva un’unica perplessità, una scena in cui doveva ballare. Dopo un mese il faccia a faccia a san Francisco. in una sera Penn spiegò come avrebbe potuto interpretare il personaggio, una rockstar cinquantenne che si veste e si trucca come un ragazzo ma cammina curvo come un perdente, teso a braccare i nazisti aguzzini del padre. “Mi ha confermato una cosa che sospettavo: i grandi attori conoscono molto meglio i loro personaggi rispetto al regista e allo sceneggiatore”. 23 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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il regista puntava a inserire nella colonna sonora alcuni brani dei Talking Heads, scioltisi nel 1991. Gli andò molto meglio perché David Byrne, il fondatore del gruppo, decise di scrivere le musiche del film. Gli andò tutto meglio anche perché Frances McDormand accettò un ruolo chiave, quello di Jane, la moglie di Penn. Frances ha vinto un Oscar nel 1997 per l’interpretazione in Fargo, diretto dal marito Joel coen, e ha avuto tre nomination. in una lettera sorrentino le scrisse che se lei avesse rifiutato, avrebbe modificato la sceneggiatura rendendo il protagonista cheyenne scapolo o vedovo. era la verità. Uno dei brani ricorrenti della colonna sonora l’aveva scritto ancora il napoletano Nino Bruno, Every single moment in my life is a wear wait. Nella nuova residenza romana sorrentino in principio fu assalito da un senso di straniamento. “Non capivo niente di tutto ciò che mi arrivava addosso, gli inviti, i cocktail, le feste, le terrazze; mi sembrava di essere scivolato in un vortice inestricabile, misterioso e sviluppai una ossessione per gli ambienti romani. Percepivo l’insensatezza di certi mondi, di certe persone; mi chiedevo: ma come se la sbrigano quando si ritrovano da soli davanti allo specchio”. Poi cominciò a studiare la grande città. Gli piace dire che lo fece con lo sguardo di un provinciale. alle decisione finale di scrivere  La grande bellezza  arrivò sulla base di un ragionamento complessivo: “Uno dei fattori di impoverimento del nostro cinema deriva dal fatto che, con la crisi e la scarse risorse, i registi e gli inventori di storie hanno ripiegato su ‘cavalli sicuri’. ecco quindi l’esplosione della commedia e il ridimensionamento di tutto quello che non lo è e che comporta qualche rischio. in queste condizioni diventa oggettivamente difficile realizzare un’opera prima degna di questo nome, piuttosto che un film amatoriale spacciato per professionale”. Perciò si è “preso rischi sul linguaggio, l’azzardo di uscire dal seminato del realismo. al momento difficile non si reagisce con il pessimismo ma con l’ambizione. certo, c’è il rischio di esporsi al fallimento, alla denigrazione. Ma anche di fare qualcosa che rimane”. La scintilla si era sprigionata, ha raccontato l’amico giornalista Vittorio Zambardino, “sulla terrazza dell’Hotel Vesuvio una matti24 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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na alle 5. Mentre il sole risale il Vulcano come solo noi possiamo sapere e sentire, loro (Sorrentino e Contarello) mettono a punto l’idea di un film sulla Bellezza. Ma sarà la Bellezza di roma e oso una intepretazione. Perché di quella di Napoli è impossibile scrivere: la Bellezza di Napoli è troppo infetta di ideologismi, di equivoci e di astrattezze. i poeti fuggono le astrattezze”. in una intervista lontana, del 2006, sorrentino aveva detto a conchita sannino di «repubblica»: “Mi piacerebbe fare una  Dolce vita”. Nel 2010 ha aveva vinto a rimini il Premio Fellini. Ora dice: “La dolce vita era un capolavoro, il nostro è solo un film”. L’amore per Fellini è fuori discussione, ma il vomerese ha centrato un’opera tutta sua, originale, in cui di grande ci sono lo spreco e la fatica di vivere. il personaggio chiave, ovviamente Toni servillo, è il napoletano Jep Gambardella, non si capisce se scrittore diventato giornalista per necessità, oppure giornalista autore di un libro fortunato rimasto unico. sorrentino l’ha ricavato sulla figura di un amico architetto napoletano, di nome cherubino, di cognome proprio Gambardella, un elegantone. Gli telefonò molto tempo prima: “Ho una sorpresa, il tuo ego crescerà a dismisura. Ho deciso di chiamare come te il protagonista del mio prossimo film, gli volevo anche dare anche il nome di cherubino, ma poi sarebbe stato davvero troppo”. La dedica era invece per Giuseppe D’avanzo, grande amico, il compianto giornalista napoletano che gli aveva dato una mano al tempo della costruzione di Il divo. il cammino è stato lungo ed è partito da una mezza delusione: il mancato consenso della giuria del Festival di cannes, a maggio del 2013. il forte applauso del pubblico in sala si è invece rivelato un viatico. alle fine del mese delle rose una notizia piccola confermò il gradimento della gente e aprì alla grande speranza: a Napoli, al cinema Filangieri, s’era formata una lunga fila dal botteghino al marciapiede per poter assistere al primo spettacolo, di solito semideserto. Nel settembre è arrivata la decisione italiana di candidare il film agli Oscar. a metà novembre l’opera – il titolo tradotto letteralmente in  The great beauty – ha ottenuto critiche positive dovunque. il 25 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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New York Times ne ha scritto in termini molto lusinghieri definendolo “una metafora del declino italiano”. il 6 dicembre a Berlino i quattro premi dell’efa, european Film award, gli Oscar europei: miglior film, migliore regia, miglior attore a Toni servillo, miglior montaggio a cristiano Travaglioli. sorrentino era a Marrakesh, nella giuria presieduta da Martin scorsese, e si è detto sorpreso anche se gli incassi del film in italia avevano già superato i sette milioni di euro. il 13 gennaio 2014 i giornalisti della stampa estera a Hollywood gli hanno consegnato il Golden Globe, l’anticamera dell’Oscar, come miglior film straniero. superati il francese Palma d’oro a cannes (e favorito) La vita di Adèle, The wind rises del maestro giapponese Miyazaki, l’iraniano Il passato e il danese The hunt. il riconoscimento mancava all’italia dal 1989, da Nuovo cinema paradiso di Giuseppe Tornatore. sorrentino è rimasto quaranta secondi sul palco, per ringraziare la moglie e servillo, con l’aggiunta di un “”Grazie italia, davvero un Paese strano ma bellissimo”. complimenti da scorsese e Bono Vox, diluvio di congratulazioni da roma, sempre pronta a vidimare il passaporto del successo timbrato all’estero. resoconto di una gioia: “La prima cosa che ho fatto stamattina aprendo gli occhi? Ho visto nitidamente il Golden Globe, l’avevo messo sulla mensola, era ancora lì, è stato tutto vero”. Tre giorni dopo il Golden Globe, l’inserimento ufficiale nella cinquina dei candidati all’Oscar come miglior film straniero, risaliva al 2006 l’ultima presenza italiana con La bestia nel cuore di cristina comencini. Ha avuto la notizia dal telefono, era davanti al televisore con Daniela. “ci siamo abbracciati un po’, poi lei ha detto: adesso non montarti la testa e vai a fare il caffè. Ho eseguito”. sorrentino ha trovato il modo di replicare con eleganza alla sentenza del New York Times che aveva definito il film una parabola sulla decadenza dell’italia: “Gli Usa e l’academy hanno capito il film e il suo sguardo di comprensione e di tenerezza verso le miserie umane, che non sono solo italiane ma appartengono a tutti”. Nel febbraio del 2014 altro riconoscimento internazionale a La grande bellezza, miglior film straniero non in lingua inglese ai Bafta, Oscar britannici. Ultimo precedente per l’italia nel 1996, con Il posti26 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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no di Massimo Troisi. sorrentino ha dedicato il premio a Giancarlo Mazzacurati, il regista padovano appena scomparso. sorrentino è rimasto in america per la sofferta ma inevitabile campagna promozionale. Ha voluto accanto, appena possibile, la moglie e i figli. Ha contribuito alle decisione di spostare il quartier generale italiano da Beverly Hills a sunset Boulevard: nella la torre anni Trenta in cui abitarono Truman capote e Jean Harlow, clark Gable e carole Lombard, Greta Garbo e claudette colbert, errol Flynn e Mae West, Liz Taylor e il primo dei suoi tanti mariti conrad Hilton. in cui, nel terrazzino sotto la piscina, John Wayne teneva una giovane mucca pronta a dare latte fresco per il caffè del mattino. È l’america, bellezza, e non puoi farci niente. Poi il gran giorno è arrivato. Un paio delle ore della vigilia sorrentino le ha spese in un bar di rodeo Drive, davanti a un televisore, soffrendo come un tifoso qualunque per il magro pareggio del Napoli a Livorno. Poi, con Toni servillo e rispettive mogli, e col produttore Nicola Giuliano, è arrivato al Dolby Theatre dopo aver attraversato la lunga passerella rossa. in italia era l’alba quando ewan McGregor e Viola Dacis hanno annunciato la vittoria. i bookmaker l’avevano previsto, davano il successo a 1.25, ma è stato egualmente un soprassalto. Un abbraccio e un bacio a Daniela, e sorrentino è salito sul palco con servillo e Giuliano. Non ha fatto balzi sulle poltrone come roberto Benigni quindici anni prima. Per non perdersi nell’imbarazzo ha evitato di incrociare lo sguardo con i divi in prima fila, ha guardato solamente Martin scorsese, a lui familiare. in pugno la statuetta dorata, in inglese napoletanizzato, ha detto: “Grazie all’academy, a Toni e all’intero cast. Grazie alle mie fonti di ispirazione: Federico Fellini, Talking Heads, Martin scorsese e Diego armando Maradona. Grazie a roma e grazie a Napoli e alla mia personale Grande bellezza: Daniela, anna e carlo. Grazie a mio fratello Marco, a mia sorella Daniela, ai miei genitori…”. Ha spiegato la dedica ai numi tutelari: “‘sono quattro campioni nella loro arte che mi hanno insegnato tutti cosa vuol dire fare un grande spettacolo, che è la base di tutto lo spettacolo cinematografico. sono molto emozionato e felice, non era scontato questo premio, i concor27 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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renti erano temibili ora sono felice e sollevato. spero che questo film e questa vittoria siano una porta aperta affinché il cinema italiano diventi più cinema per il mercato internazionale“. Poco dopo, affettuosamente pentito, ha aggiunto: “Ho dimenticato una quinta dedica, la più importante, al mio primo maestro, il regista antonio capuano”. La lunga notte non era finita. il Ballo del governatore, tappa obbligata, e la festa in casa del console d’italia Giuseppe Perrone, un’isola tricolore. Lì i figli del regista hanno visto il trionfo in tv, sono crollati al rientro dei genitori, accolti con un boato da stadio. Tiramisù, mimosa, dolce al cioccolato con su scritto “Oscar”, vino e champagne per brindare, foto a richiesta di baci alla moglie; “ma questa è roba che si fa nei matrimoni” ha protestato Daniela. idealmente sul palco – oltre al regista, al protagonista e al produttore – sono saliti altri napoletani, Daniela ciancio (costumi), emanuele cecere (suono), gli attori iaia Forte e carlo Buccirosso. il giorno dopo canale 5 eccezionalmente ha trasmesso La grande bellezza. a roma organizzano tour a pagamento sui luoghi del film. Nel profluvio di riconoscimenti è venuta anche la cittadinanza onoraria di roma, il 15 marzo. “Dopo Verdi e Manzoni che ci faccio qui?” ha ironizzato il regista, riferendosi ai grandi predecessori. il sindaco Marino gli ha consegnato la statuetta della lupa capitolina, dorata come l’Oscar. c’era anche carlo Verdone. Pochi giorni dopo Giorgio Napolitano l’ha ricevuto al Quirinale, con servillo. a Napoli gli hanno dedicato un pastore del presepio e una pizza con “Oscar sorrentino” disegnato con il fior di latte. Qualcuno ha cominciato a pensare che, nonostante tutto, si può. Nel parco di via san Domenico 24 c’è ancora la sua vespa 125, grigia, abbandonata all’ingresso del palazzo. il custode Tonino ha detto: “Voglio una parte nel suo prossimo film, ma la deve dare”.

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La Grande bellezza

I precedenti È il film italiano numero tredici premiato con l’Oscar. il primo, nel 1947, fu Sciuscià di Vittorio De sica, che fece il bis con Ladri di biciclette nel 1950, il tris nel 1965 con Ieri, oggi e domani e la quaterna nel 1971 con Il giardino dei Finzi Contini. Nel 1957 toccò a La strada di Federico Fellini che replicò l’anno dopo con Le notti di Cabiria, nel 1963 con Otto e mezzo e nel 1974 con Amarcord (oltre all’Oscar alla carriera nel 1993). Nel 1970 elio Petri si meritò la statuetta perIndagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Vent’anni dopo con Nuovo cinema Paradiso fu Giuseppe Tornatore a vincere. Nel 1992 toccò a Gabriele salvatores con  Mediterraneo. infine roberto Benigni: 1999 miglior film straniero fu La vita è bella e lui il miglior attore. come miglior regista Bernardo Bertolucci vinse nel 1988 con L’ultimo imperatore (in totale quattro statuette. Due vincitrici nella categoria miglior attrice: anna Magnani per La Rosa tatuata (1955) e sophia Loren (1962) per  La Ciociara. sophia nel 1991 vinse anche l’Oscar alla carriera.

Commenti all’Oscar

GiaNcarLO MaGaLLi, uomo di tv: “L’Oscar a un napoletano che racconta roma. il leghista calderoli sarà svenuto”, GiOrGiO NaPOLiTaNO, presidente della repubblica: “si è giustamente colto nel film di sorrentino il senso della grande tradizione del cinema italiano e insieme una nuova capacità di rappresentazione creativa della realtà del costume del nostro tempo. È uno splendido riconoscimento, è una splendida vittoria per l’italia”. 29 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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sOPHia LOreN, attrice: “il film è bello e girato benissimo. come membro dell’academy l’ho votato e sostenuto. speriamo sia l’inizio della rinascita del cinema italiano”. MaTTeO reNZi, presidente del consiglio: “in queste ore dobbiamo pensare ad altro e lo stiamo facendo. Ma il momento di orgoglio italiano per sorrentino e La GrandeBellezza ci sta tutto. È un segnale importante del fatto che non dobbiamo avere paura di allargare le nostre ambizioni”. DariO FraNcescHiNi, ministro della cultura: “sarà per l’italia un’iniezione di fiducia in se stessa. Viva sorrentino, viva il cinema italiano! Quando il nostro Paese crede nei suoi talenti e nella sua creatività, torna finalmente a vincere”. LUiGi De MaGisTris, sindaco di Napoli: “sono felice e orgoglioso. ringrazio sorrentino per aver inserito tra le sue fonti d’ispirazione Maradona e Napoli. Da Napoli, la città intera vi fa immensi complimenti. È con la bellezza che si sconfigge la crisi morale e culturale”. GiOrGiO arMaNi, stilista: “Paolo è colui che sta riportando l’arte cinematografica italiana ai vertici mondiali a cui deve appartenere. È un orgoglio italiano, e con  La grande bellezza  è stato in grado di indagare l’anima dell’italia e raccontarne la storia passata, presente e futura”. GaD LerNer, giornalista: “evviva  La grande bellezza, evviva Paolo sorrentino che ci regalano un Oscar su cui meditare: nessun compiacimento se l’italia è diventata così”. cOrraDO Passera, ex ministro: “ripartiamo dalle nostre eccellenze: sorrentino e servillo dimostrano che si può”. MassiMO BraY, ex ministro della cultura: “sono molto orgoglioso della vittoria agli Oscar di Paolo sorrentino, a lui i miei più sentiti complimenti. il cinema italiano è stato e continua ad essere il modo migliore con il quale l’italia mostra al mondo la sua arte e la sua identità, grazie a talenti e professionisti di altissimo livello”. raFa BeNiTeZ, allenatore del Napoli: “i miei complimenti a sorrentino, grande regista, che riporta l’Oscar in italia dopo 15 anni. Un Oscar tifoso del Napoli! complimenti Paolo, sei arrivato al traguardo una partita per volta. e alla fine il bilancio è fantastico. Grande sorrentino e Forza Napoli sempre”. 30 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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GaBrieLe saLVaTOres, regista Premio Oscar: “altro che orgoglio italiano, questo è orgoglio napoletano. sorrentino eredita una tradizione, cinematografica e non solo, che è tutta partenopea. Uno stile che si contrappone all’ipoteca realistica e neorealistica dominante nel nostro Paese, in favore di un linguaggio più surreale e visionario. Uno stile più universale. e una capacità di trattare temi alti ma di essere al tempo stesso comprensibile, popolare. come Fellini, che non a caso lui ha citato tra i suoi ispiratori. Nel suo film si respira un senso di indolenza ma anche di cattiveria, di cinismo, di cazzimma se posso dirlo, che è tutta nostra”. MariO MarTONe, regista: “Premiato il coraggio di un film ambizioso e importante. Fellini? credo che sia ormai il tempo di parlare di sorrentino in quanto tale, è un regista che non ha bisogno di essere nobilitato con riferimenti alti“. GiacOMO riZZO, attore: “Paolo, te voglio bene assaje. Ti darei un bacio, grazie dal cinema italiano e dai napoletani. È un genio che conosce come pochi la materia con cui lavora, gli attori, e sa come dirigerli”. FaBiO FaZiO, conduttore televisivo: “Orgoglio e felicità per Paolo sorrentino! Ora davvero restituiamo al nostro Paese la grande bellezza. Dobbiamo ritrovarla e ripararla”. aNNa BONaiUTO, attrice: “sono felice, è un riconoscimento meraviglioso. Toni e Paolo stanno molto bene con la statuina dello zio Oscar tra le mani”. iaia FOrTe, attrice: “Divertente la dedica a Maradona. È vero, in questo film che parla di roma c’è anche tanta Napoli. Per questo oggi mi sento piena di orgoglio ma anche di gioia: la verità è che la Grande Bellezza non ha mai smesso di divertire anche noi che l’abbiano fatta, a partire da cannes fino ai Golden Globes”. PaOLO BUccirOssO, attore: “È uno dei rari casi in cui l’estro maggiore è del regista. se non l’avesse fatto Paolo, non avrebbe vinto. Non è la storia che vince, è chi l’ha creata e girata. Noi attori abbiamo portato il nostro contributo. Però il protagonista assoluto del film è il regista”. LUciaNO sTeLLa, produttore: “È un Oscar meritato e premia un talento assoluto che affonda le radici nella nostra città. il fatto che 31 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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Paolo abbia ringraziato Napoli e la famiglia mi ha colpito molto, è un legame che va oltre i modelli che lo hanno ispirato”. GiOVaNNi VerONesi, regista: “e ora daje Franceschini, puoi cominciare bene il tuo ministero festeggiando sorrentino. Domani voglio l’invito ufficiale al Quirinale per una festa in onore di sorrentino. se non lo cagano nemmeno stavolta li fo brillare”. carLO VerDONe, regista e attore: “sono contento per la cultura italiana: nel giorno in cui ancora cadono pezzi a Pompei per la pioggia, finalmente qualcuno dimostra che siamo ancora un Paese solido. in un momento molto delicato per l’italia, questa statuetta è una bella finestra internazionale e un incoraggiamento per i produttori e per i nuovi autori. Un premio che farà bene a tutti, a cominciare dalle nuove generazioni”. ViTTOriO ZUccONi, giornalista: “Paolo sorrentino vince l’Oscar e ringrazia Maradona. È meglio vincere un Oscar o uno scudetto? il Grande Dilemma”. Piera DeTassis, direttore di «ciak»: “Le parole del regista sul palco del Dolby Theater rappresentano un mix inedito, almeno nel nostro cinema, di cultura pop e visione d’autore, condita di un certo sprezzo del pericolo (la citazione del pibe de oro non ha mancato di scandalizzare i puristi) e di ironia partenopea e cosmopolita, quella che ci piace e che lascia intuire un paese diverso, più moderno, meno asfittico”. DieGO arMaNDO MaraDONa: “avverto grande onore e orgoglio. Mi sento figlio di questa città, è la vera fonte di ispirazione di noi tutti che l’amiamo. i grandi napoletani sono esempi di bellezza e successo nel mondo. spero di incontrare presto a Napoli servillo e sorrentino per vedere insieme il film nell’auditorium di scampia e illuminare questa città e i suoi giovani”. aUreLiO De LaUreNTiis, presidente del Napoli: “La grande bellezza di restare in piedi di notte per l’emozione di una vera grande vittoria degli italiani. Grazie Paolo, sei un napoletano che ci onora”. LOreNZO iNsiGNe, calciatore: “sorrentino ha fatto bene a ringraziare Maradona che ha fatto tanto per il Napoli, ha vinto lo scudetto, è merito anche suo se Napoli è conosciuta in tutto il mondo”. PaOLO VirZì, regista: “La grande contentezza. Buonanotte”. 32 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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PieTrO TreccaGNOLi, giornalista: “aleggia il mondo dei sogni e delle suggestioni di un quarantenne napoletano immerso nello straordinario cosmopolitismo che la città sa produrre. È la nostra grande bellezza che si apre e contiene il mondo anche quando finge si parlare d’altro”. GiOrGiO PasOTTi, attore: “Dunque si può fare cinema ambizioso e universale anche in italia, non solo film ‘carini’”. FraNcescO reNGa, cantante: “La grande bellezza siamo noi… Grazie Paolo!”.

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aforismi

“Uno dovrebbe parlare di sé solo quando la sua esperienza è fonte di insegnamento. altrimenti, l’eccesso di protagonismo è volgare”.

“Quello che conta è ricostruire delle ipotesi per avvicinarsi alla comprensione”.

“se cominci a dare un senso alle cose, significa che stai invecchiando”. “io tutto avevo messo in conto, meno la felicità”.

“Gli aggettivi seducono, i sostantivi annoiano. Questo è il grande segreto”. “Volevamo la poesia, abbiamo raccattato i malanni”. “il cazzeggio è sottovalutato”.

“Lo squallore mi commuove. Nasconde sempre un dolore, una malinconia”. “Distrarmi è una delle cose che mi viene meglio”.

“Ho i cassetti pieni di incipit promettenti”.

“La stanchezza è la migliore amica della libertà”.

“il bene è piatto, il male è molto più movimentato”.

“Quando i ricchi ti rivolgono la parola tendi subito a volergli bene”.

“Ormai siamo un popolo di intervistati. Ma non li senti? come dico sempre, ma dico a chi?”.

“a me delle persone piacciono più i difetti che i pregi. Trovo che queste piccole impurità siano uno specchio della verità dell’uomo”. 34

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“i geni  sono quelle persone che ci stai a fianco senza nessuno sforzo. ecco chi sono i geni“. 

“Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che si mettono comodi. e appassiscono. e gli altri. io faccio parte degli altri”. “Meglio ridere che fare sesso”.

“Per fortuna c’è la risata. Le altre fonti di gioia sono fugaci: la gioventù scompare, sesso e amore sono sopravvalutati, mentre si sottovalutano l’amicizia e il ridere”.

“Una risata vi seppellirà era il motto rivoluzionario del sessantotto. se si fosse tenuto fede a questo slogan, sarebbero andate meglio le cose. invece c’è stata la deriva ideologica, comportamentale, la lotta armata. si sono presi troppo sul serio, quelli”. “La cultura deve creare le condizioni per fartela spassare”. “L’importante è non farsi le domande”.

“Vedo il pastore, il contadino che vuole risolvere alla sua maniera l’eterno problema dell’agricoltura e della vita: il confine”. “anche il pettegolezzo è una forma suprema di conoscenza”.

“accettabile, un sinonimo di felicità. Perché semplice non vuol dire elementare”.

“Quella donna non ha bisogno di mangiare. si nutre del nostro tormento”.

“in ciò che di solito la gente respinge c’è un’umanità, nei cattivi c’è una sofferenza e una povertà che li rende belli”. “La prostata è il grosso problema dell’anziano moderno”.

“io ho un debole per gli uomini che non hanno nulla da perdere. sono i nuovi bambini, pur di giocare un’altra mezz’oretta sarebbero pronti a vendersi la madre. eccedono, gli uomini che non hanno nulla da perdere, fino alla nausea. Ma la differenza tra me e il resto del mondo è che io, dentro alla nausea, sto una meraviglia”. 35 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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“L’uomo è in una crisi perenne e la cosa più intelligente che si possa fare è accettare questa crisi ed essere consapevoli che le piccole cose rendono la vita semplicemente meravigliosa, come per esempio l’amore, i figli e la famiglia”.

“Meglio la denigrazione che un’orgia di complimenti, che ti fa montare la testa o paralizza l’impianto creativo”.

“Ho smesso con le sigarette qualche anno fa. Mi concedo il toscano... in  Il divo  mi sarebbe piaciuto fare accendere la sigaretta anche ad andreotti, ma purtroppo non aveva mai fumato. Tuttavia qualcosa sul fumo l’aveva detta, e io l’ho ritrovata”. “Lo dico senza fare il vezzoso: sono un po’ ritardato, non sono mai sicuro di capire che cosa mi dice il prossimo”.

“Non lo so con precisione, ma non mi sento neppure contrario alla religione. Potrei dire che sono in attesa di sviluppare un rapporto. Del resto sono convinto che la passione del cinema si nutra proprio di quel bisogno di mistero che i preti sanno mettere in funzione. alla fonte dell’espressione artistica c’è sempre un mistero, di qualsiasi natura esso sia”.

“il sacro per me è tutto quello che è degno di essere ricordato, il profano è ciò che è dimenticabile”.

“Non si conosce nulla, né le persone, né gli oggetti, semplicemente perché non si può vedere mai una cosa o una persona nella sua totalità, se vedi una persona di faccia, non puoi vedere le sue spalle, hai una visione sempre parziale, approssimativa di tutto”.

“Bisogna comprendere gli altri anche nel momento in cui ti stanno uccidendo. senza mai sottovalutare la forza sbilenca dell’ironia”.

“Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. ecco la sua forza. e poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi” (da La grande bellezza). “La povertà non si racconta ma si vive” (da La grande bellezza).

“chi è stato scrittore una volta, lo resta per sempre”. 36

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“Non sono uno di quelli che non ascolta perché parla molto. in effetti: non sento né parlo, sto per conto mio”. “L’indicibile, io proprio non lo posso dire”.

“La stanchezza è la migliore amica della libertà”.

“se cominci a dare un senso alle cose significa che stai invecchiando”. “Volevamo la poesia, abbiamo raccattato i malanni”.

“La regola fondamentale: non imitare gli inimitabili”.

“Tutte le casalinghe del mondo possono trovare le parole giuste per impiccarvi”.

“Le madri sopportano tutto dei propri figli. Tranne una cosa: la megalomania”. “Le vere regine se ne fottono dei sudditi”.

“L’arte, contiene una cosa incontenibile. Lo scatto in avanti”.

“Dalla depravazione all’innocenza il passo è così breve, alle volte”.

“Un giorno il sonno, galantuomo come pochissimi, lascerà il passo al senso di colpa”.

“La povertà può essere ancora più tremenda di un ottimo reportage fotografico in bianco e nero. Della povertà, non se ne conosce il limite verticale verso il basso”.

“La responsabilità, l’unico rimedio scientifico contro l’horror vacui”.

“Tutti i dolori somigliano ai topi. salgono su d’estate. Perché hanno fame. Hanno la fame della verità”.

“i sondaggi dicono che oggi si trasgredisce di più, non è vero, è che oggi si dice e ieri non si diceva”.

“anche la bellezza, prima o poi, cede il passo alle capacità. almeno così dovrebbe essere”.

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il cinema secondo sorrentino

“ci vuole frustrazione: io riesco a fare film solo se sotto sotto ho la convinzione di non valere nulla. se sono bravo allora devo dimostrare di essere il più bravo di tutti”. “che cosa studia la filosofia? La filosofia studia tutto. Questa cosa mi ha sempre affascinato e sposandola al film Il cielo sopra Berlino mi ha convinto a fare questo lavoro”.

“a chi mi chiede dei consigli, io rispondo: guardate dei film brutti e leggete il Guinness dei primati”.

“in genere, gli attori non li amo. si dice, retoricamente, che i registi vogliono bene agli attori perché la fragilità di queste creature li intenerisce. Non è il mio caso. io divento cinico con gli attori, a volte cattivo. Molti di loro si comportano come se fossero ancora bambini che, alla festa di compleanno, recitano la poesia davanti ai genitori e agli zii“.

“Non sempre tutta la verità può venire a galla, ma la visione che ho del cinema è quella di un avventuroso confronto con il mistero”. “Un film nasce da un’ossessione. che cambia di volta in volta”.

“Fare cinema non è un lavoro da persone intelligenti: è da topi di biblioteca. come quelli che rimandano sempre il giorno della laurea, che studiano ossessivamente per dieci anni sempre lo stesso argomento. il cinema è un po’ così: mantenere l’attenzione per duetre anni su uno stesso tema è qualcosa che va oltre la passione, l’interesse, la curiosità. Deve inevitabilmente degradare nell’ossessione. e quindi anche in una forma di ottusità”. “Un film deve aprire in te delle grandi voragini”.

“Non sono un regista di denuncia, m’interessano di più le persone, preferisco addentrarmi nei mondi originati da certe derive della società”. 38 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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“i miei temi prediletti sono la nostalgia, la malinconia, la frequentazione del ricordo e i giovani non sono neanche così predisposti ai ricordi. Giustamente. Tutto questo mi lega al presente”.

“credo molto in un cinema più violento, di potenza, più che in quello sussurrato”. “Ogni film deve essere una caccia smodata all’ignoto e al mistero”.

“Faccio un cinema d’autore non perché sono un accentratore, ma perché penso che sul set debba essere solo uno a decidere, anche se è un lavoro di molte persone. Penso che il cinema sia un’attività che escluda la democrazia, in caso contrario quando si comincia a dare ragione a uno e poi ad un altro viene fuori un pasticcio informe che sguscia da tutte le parti”.

“Tutto nasce dalla pigrizia, io sono capace di passare giorni e giorni a casa, magari mi affaccio alla finestra, osservo gli altri, invento le storie cogliendo minimi dettagli. i miei ingredienti sono la malvagità, il sopruso, la cattiveria: da lì nasce il conflitto che accende la creatività”. “sento il fascino della sala, ma ormai guardo molti più film a casa. Da solo”.

“io alla fine di un film debbo proprio sparire come un animale che va in letargo per recuperare le energie, il grasso”.

“il set non mi piace, non mi piaceva 25 anni fa e non ne vado pazzo neanche ora. Non è un luogo, è un circo. Lo apprezzo per i 20 minuti al giorno in cui si rincorrono a sprazzi, bellissimi momenti”.

“il cinema che abbiamo intorno non mi piace. Ho la sensazione che uno dei problemi di certo cinema italiano di oggi stia in una certa pigrizia lavorativa, come l’abitudine di lasciare i cast in mano alle agenzie”.

“il cinema è nato per raccontare i sogni e i desideri degli uomini. e anche se oggi questi sogni non sono più ingenui, elementari come cent’anni fa, il cinema ha ancora lo scopo di rappresentarli”

“Per alcuni, se anche firmassi Barry Lyndon, dovrei dedicarmi al giardinaggio”.

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“Mi sento in buona compagnia con Garrone, crialese, Piva, Marra, Vicari, Gaglianone. Mi piace questa generazione che è uscita dal raccontare io io io. e non cinefila: la nostra genuina ignoranza sta producendo qualcosa”.

“il nostro cinema soffre per problemi politici e per mancanza di soldi, però ci sono straordinari autori e trovo sempre abbastanza nefasta la tendenza italiana di parlare male degli italiani, è vero però che siamo refrattari alla cultura” (detta a Civitanova Marche)

“se un regista sbaglia un film ha il diritto di farne un secondo, e poi anche il terzo, ma se continua a sbagliare non possiamo lottare per fargli fare il nono film dopo che ne ha sbagliati otto”.

“La forza del cinema non sta solo nel rapporto tra film e spettatori, ma anche nel legame che si stabilisce tra le persone che hanno visto uno stesso film e alla fine ne discutono insieme finendo poi per parlare delle loro vite, dei loro problemi, di esseri umani, perché di questo parla il cinema” (2012).

“La sceneggiatura si può produrre come un verbale di polizia o come una organizzazione letteraria delle cose. io seguo la seconda e ho sempre fatto le prove generali del romanzo, anche se non è assolutamente automatico che una buona sceneggiatura si trasformi poi in un libro altrettanto avvincente”.

“Divoro saggi sull’argomento di cui intendo occuparmi: può essere l’onorata società, la criminalità, gli anni di piombo, il traffico di droga o di armi. Poi quando comincio a girare abbandono tutto. È talmente faticoso stare in scena che la sera crollo senza aver toccato pagina, cosa che raramente mi capita”.

“Quando devo scegliere il protagonista di un film la sua moralità non mi interessa, e neppure la sua fedina penale. Di norma mi interessa chi sa fare veramente bene una cosa”.

“conta anche la capacità di emozionarsi, anche se per me conta di più il contrario, perché si finisce con l’emozionarsi di se stessi e quindi con il diventare retorici. io sono ‘neutro’, in equilibrio tra la troppa emozione e la sua assenza. Facendo questo mestiere succede 40

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che, come nel mio caso, entrando al ristorante si presti molta più attenzione alle persone di passaggio che all’interlocutore di fronte”.

“Penso sia meglio guardare da lontano i grandi maestri del cinema e da vicino quelli meno bravi. a parte questo, amo molto il cinema di elio Petri, per quella sua capacità di lavorare sulla realtà del nostro paese, ma anche quello di rosi, ovviamente”.

“Mi sento influenzato solo da Fellini e scorsese, per la loro visionarietà ma anche per la loro ironia. ad esempio, il vero rappresentante della commedia all’italiana io credo che sia Fellini, i suoi film mi hanno sempre fatto ridere di più di quelli di risi o Monicelli. anche scorsese ha delle intuizioni ironiche molto belle”.

“Prima individuo un personaggio, più che una storia. e su quello comincio a raccogliere molti appunti, anche su cose che in apparenza non hanno attinenza immediata col personaggio. scrivo su un grosso quaderno. Quando il quaderno diventa corposo comincio a ‘fare delle rime fra le cose’, a cercare le assonanze. sfrondo molto e pian piano la struttura dell’idea prende forma. Ma non disegno, non so disegnare. L’altro momento importante è quando cerco i posti dove girerò. La visione dei luoghi mi aiuta a entrare nel film, a vederlo’”.

“il suono, il missaggio, è l’ultima fase della lavorazione e dunque arriva quando i soldi stanno per finire e allora si deve fare tutto in una settimana. invece per garantire la qualità di un film è necessario curarne tutti gli aspetti, e il suono è uno di questi. Dopo la scrittura, il suono è la fase in cui si possono fare più cose dal punto di vista creativo, è un universo infinito di scoperte. si potrebbe stare tutta la vita a missare e sonorizzare un film”.

“Una qualità che un regista deve sicuramente possedere è l’intuito, perché i film hanno tempi di lavorazione molto veloci e non c’è mai il tempo per riflettere come si dovrebbe e per far decantare le soluzioni da adottare. Quasi sempre bisogna procedere con l’istinto, scegliendo una cosa piuttosto che un’altra, e solo successivamente c’è il tempo di ragionare e verificare”.

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“io tendo a non interrogarmi molto su quello che faccio e a che punto mi trovo nel mio lavoro. Mi ha sempre dato molto fastidio sentire quegli autori che dicono di fare un percorso, di seguire una direzione, sono ragionamenti che non mi appartengono. a costo di essere deludente, dico che io prendo il cinema molto più alla leggera”. “L’oggi, si sa, è difficile da raccontare, però ci si può provare. È un’impresa complicata, ma si può tentare di descrivere il senso di smarrimento e confusione che caratterizza questa nostra epoca”.

“Faccio fatica a raccontare i giovani. Finora è sempre stato così. e poi mi stanno anche un po’ antipatici. sarà l’invidia, visto che sto invecchiando”.

“Quello che fai puoi continuare a farlo fino a cent´anni, magari benino. Ma le cose che hai da dire, e il modo che ti sei scelto per comunicarle, quelle hanno un tempo. Un ritmo. e una sintonia che non vanno all´infinito. come un calciatore, sì. almeno è così che la vedo io”.

“credo che il cinema italiano sia destinato a diventare più importante di quanto lo sia adesso. Quando se lo potrà permettere”.

“Ognuno coltiva la sua ossessione. La mia è forse più infantile. strabiliare. Oppure suscitare odio. Lo diceva anche Fellini, mi pare. Ho solo paura che di un mio film si dica: bellino. Preferisco l’amore assoluto, conquistare o perdere”.

“i miei film di formazione, quelli che ho rivisto mille volte, sono quelli del meraviglioso Fantozzi”. “Un buon film deve avere tutto”.

“Le storie che racconto sono molto distanti da quello che io sono nella realtà. Nel mio cinema sono i personaggi che vorrei essere e che non sono”.

“invecchiando si diventa più sentimentali e il mio cinema ha iniziato ad assomigliarmi”. 42

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“i gesti del fumo sono molti cinematografici, il fumo rende opache le luci e sottolinea il mistero”.

“il cinema è il gioco più sofisticato che esista, è per chi ama follemente il gioco e decide di non abbandonarlo mai anche se dovrebbe, essendo arrivato all’età adulta. siccome il cinema mi occupa gran parte della giornata, è una pacchia assoluta”.

“Prima individuo un personaggio, più che una storia. e su quello comincio a raccogliere molti appunti, anche su cose che in apparenza non hanno attinenza immediata col personaggio. scrivo su un grosso quaderno. Quando il quaderno diventa corposo comincio a ‘fare delle rime fra le cose’, a cercare le assonanze. sfrondo molto e pian piano la struttura dell’idea prende forma. L’altro momento importante è quando cerco i posti dove girerò. La visione dei luoghi mi aiuta a entrare nel film, a vederlo”.

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Decalogo per giovani registi

in un’intervista Paolo sorrentino ha detto: “con la critica ho avuto un rapporto più persistente in passato, all’inizio della carriera, poi nel corso del tempo c’è stata un po’ di delusione, determinata soprattutto dalla critica sui quotidiani. in genere, un difetto che trovo in alcuni critici è che hanno avuto un percorso di formazione troppo legato ai film visti e ciò mi insospettisce. se invece incontrassi un critico che ha con la vita un rapporto di grande ingordigia, che non si è sepolto per decenni in una sala, allora lo starei a sentire, anzi lo farei entrare di più nel mio lavoro. invece spesso vado a leggere quello che scrivono i giovani aspiranti critici su internet, anche se certe volte mi fanno incazzare per la tipica astrusità di chi ha 19 anni. Ma loro sono giovani e vitali, anche quando prendono cantonate o perseguono le loro ossessioni”. Forse per questo accettò di inviare questi consigli a un convegno di giovani registi. 1. abbiate pazienza. il cinema si fa con la pazienza. 2. siate ossessivi. il cinema si fa con l’ossessione.

3. Guardate soprattutto i brutti film. s’impara là. s’impara a fare cinema quando si conosce perfettamente cosa non va fatto.

4. Leggete i bei libri. Meno copie hanno venduto, più sono belli (questa è una piccola incursione snob dalla quale non riesco ad esimermi).

5. i convincimenti profondi che si hanno a vent’anni, tra dieci anni saranno meno profondi. se ne prendete coscienza adesso che avete vent’anni eviterete tante inutili perdite di tempo.

6. a ogni sconfitta, incanalate la frustrazione che ne deriva nel prossimo progetto. così questo sarà migliore del precedente. 44

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7. Non date retta a quelli che dicono che servono le conoscenze o che bisogna essere figli d’arte (sì, è vero, i figli d’arte fanno i film, ma sono brutti e presto ci dimenticheremo di loro).

8. andate a vedere i film dei figli d’arte per assolvere al punto 3. Meglio aspettarli quando arriveranno su sky.

9. ascoltate tutta la musica possibile. È un’arte che sta sempre un po’ più avanti delle altre e non si può fare senza conoscenze tecniche. come il cinema.

10. Questo è il più importante di tutti. siate umili e con grande umiltà non smettete mai di essere curiosi del prossimo. il vostro cinema c’è già. sta nelle persone che incontrerete e che vi sorprenderanno, con piccole cose. con gesti insensati. se saprete riconoscere quelle piccole cose e quei gesti insensati, siete già diventati dei bravi registi

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L’italia vista da sorrentino

“L’italia è un paesello monotono. e il Medioevo mi ha rotto le palle. Le piazze tutte uguali, le vie tutte uguali e i portici di queste cittadine maledette non li distingui l’uno dall’altro, ci passi sotto e non vedi cosa accade fuori. Ma cosa accade fuori? Probabilmente niente. solo Napoli ha ancora un minimo di senso con quell’apertura alata a mare, sterminata. Ti dà la sensazione che se vuoi, puoi fuggire”. “Nessuno, come gli italiani, sa organizzare così bene le tempeste dentro ai bicchieri d’acqua”.

“Gli italiani sono dei sempliciotti, dei bambini. Ma in senso buono. La gente semplice ha una grande capacità di rimboccarsi le maniche, se non crolliamo come la spagna o la Grecia è grazie a loro che mettono ancora entusiasmo e lavoro, mentre la classe politica è chiaramente allo sfascio. il Paese va avanti perché c’è questa forza invisibile”.

“L’italia è un paese strano, credo che il concetto di merito sia lievemente differente da quello scandinavo”.

“il mondo si divide in due parti, come una pesca che apri a metà. c’è una metà di nazioni che abbassa la testa e si mette a produrre: siderurgia, tessile, pizze di scarola, tutto quello che vuoi tu, insomma. in pratica parliamo di quella metà del mondo che prende mezza pesca, ne scova il seme, e ci ricava una coltivazione di mille ettari. L’altra metà cosa fa? Prende la mezza pesca e se la mangia. L’altra metà non fa un cazzo dalla mattina alla sera. L’italia rientra maestosamente in questa seconda categoria”. “L’italia è un’orgia di transazioni”.

“Gli ultimi vent’anni, in italia, sono stati un incredibile spreco di tempo e bellezza, di occasioni di vita. Una bolgia di distrazioni da 46 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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cui sembra ogni volta che debba nascere chissà che cosa. Poi, invece, non cambia nulla”.

“il respiro della senescenza si sente. Quella della Costa Concordia  capitanata da schettino è una metafora facile ma calzante. Un paese sdraiato su un fianco. Quando si sveglia, si perde in chiacchiericcio sterile, in blandi litigi, nulla di fruttuoso. Gente che annuncia il proprio ingresso in politica, poi ci ripensa. False partenze, dimenticanza, pigrizia: naufragi”.

“L’italia stimola continuamente, se non altro per frustrazione. Faccio un esempio: meglio la denigrazione che un’orgia di complimenti, che ti fa montare la testa oppure paralizza l’impianto creativo”.

“La realtà italiana è un serbatoio ricco, per chi come noi è in cerca di storie da raccontare”.

“che cos’è di preciso l’italianità? io sinceramente non so dirlo”.

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Napoli e il Napoli visti da sorrentino

“Da quando vivo a roma, di Napoli mi manca l’ironia. a Napoli ridevo molto. L’ironia dev’essere cattiva, se no è freddura anglosassone, e non la capiremmo”.

“Napoli ha dimensioni rassicuranti, che vivendo a roma vengono meno”. “credo che Napoli si presti molto bene a rendere pregi e difetti degli italiani”.

“Napoli è una città difficile, ottenere dei buoni risultati qui vuol dire che il film è stato gradito”.

“Napoli, l´inferno assopito. La mia città la sento tale. Non per questo mi nascondo che non ci siano reali possibilità di riscatto”. “amo la mia città, anche se troppo spesso disperatamente violenta. Ma la violenza è ovunque, anche se non si fa vedere”. “Napoli, pur in ginocchio, ha talento da vendere”.

“Molte famiglie napoletane sono un banco di prova di una rappresentazione teatrale”.

“c’è un tipo di napoletano ormai in via di estinzione che sa conciliare in maniera leggera la passione per il profondo e quella per le cose superficiali, senza essere snob”.

“a Napoli c’è una pericolosa convergenza tra le negligenze della politica e quelle della cittadinanza. almeno uno dei due elementi dovrebbe tirare dall’altra parte, invece continuano ad andare entrambi nella stessa direzione”.

“Napoli si nutre di stratificazioni, come il suo sottosuolo, così come sopra il suolo, qui niente ha una sola faccia, non può esservi fisiologicamente, qui il concavo attecchisce nella stessa misura del convesso, i due elementi sono inscindibili, in parole semplici, qui 48

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non c’è spazio per la geometria piana, solo le rotondità possono sussistere e avere valenza”.

“in questa città se ne cadevano i palazzi e nessuno diceva niente, tanto qualche doppiopetto di buona volontà si metteva lì certosino e ci pensava lui a ricostruirli peggio di prima, mica si partorivano i Masanielli per questi accadimenti, tutto come prima, tutto uguale a prima, ma sempre un poco peggio, un leggero slittamento, senza farsene accorgere da nessuno”.

“Pur vivendo a lungo in una città di mare non ho mai saputo fare i tuffi, tanto meno quelli come raffaele La capria che si buttava direttamente da Palazzo Donn’anna nel mare di Posillipo (e che ha sempre teorizzato che l’arte del tuffo è come quella del racconto)”.

“io detesto le generalizzazioni, ma credo che i napoletani siano ormai convinti di essere unici. Trovo odioso il nostro autocompiacimento e quel complesso di superiorità che ci convince di essere più furbi, più intelligenti. spesso è una pia illusione”.

“Napoli c’è anche quando non la inquadro. c’è nel linguaggio, tutto ispirato a una ripulitura del dialetto delle mie zone, Vomero, colli aminei, detestate da chi si reputa napoletano al cento per cento. Là il napoletano è stato bandito in virtù dell’ascesa sociale ed è venuta fuori questa strana lingua”.

“Napoli è la città da cui si può guardare prima e meglio l’italia”.

“al di là di certi eccessi Napoli è lo stato del Paese. Ha avuto grandissime occasioni sul fronte della cultura, immense. Ha avuto talenti, tante energie creative, ai tempi del cosiddetto rinascimento partenopeo. Tutto è andato disperso per precise responsabilità politiche. Napoli ha sempre sprecato molto. eppure c’è stato un momento in cui non è accaduto, in cui si è realizzata una speciale sinergia: ci si sentiva coinvolti, ‘invitati’. Ma a un certo punto la politica non ha invitato più: né gli intellettuali né i cittadini”.

“L’ironia va intesa come una passione che prende le distanze, come il saper sostituire alla malinconia una risata. si ride pe’ nun chiagnere diciamo a Napoli”. “che bello che Paolo sorrentino apra il film facendo dire a sean

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Penn che il migliore caffè del mondo si beve a Napoli” (Mariano Anniciello sul web). “sono naturalmente tifoso della squadra della mia città. Una domenica mi sono svegliato alle sei del mattino per vedere la partita. il Napoli ha vinto a Verona e io a Los angeles: è stata una giornata memorabile”.

“come dice il grande allenatore del Napoli, rafa Benitez, una partita alla volta” (detta dopo la vittoria del Golden Globe in attesa della candidature all‘Oscar).

“scusa, Pocho: come si fa una rovesciata?” (domanda fatta a Ezechiel Lavezzi, nell’Albergo Vesuvio, per realizzare una intervista per il mensile «GQ». Lavezzi l’ha accontentato simulando a torso nudo e in jeans, ripreso dal fotografo, un volo di due metri).

“sono molto legato all’idea romantica di scudetto, ero ragazzino quando ne vincemmo due con Maradona e conservo quella felicità. sarò spesso con De Laurentiis ad assistere in tribuna alle partite del Napoli, ho sempre portato fortuna. Non dimentichiamo mai i problemi della città, pensare che i napoletani vadano allo stadio e amino così profondamente la squadra per dimenticare i problemi è un’offesa alla loro intelligenza”.

“È sbagliato solo azzardare paragoni con un’epoca fantastica e irripetibile come quella segnata da Diego perché non si riuscirà mai ad andare oltre. i ricordi legati a Maradona, però, non li potrò mai cancellare: sono lieti, carichi di viva gioia, riportano alla gioventù e a un campione inimitabile”. “sì, amo il calcio. Non sono né intellettuale né schizzinoso”.

“il calcio è una cosa seria come la matematica, ma nessuno lo vuole capire”.

“i napoletani hanno una meravigliosa predisposizione al gioco e il calcio è il gioco più bello, più raffinato, più strategico”.

“ci sono fuoriclasse molto vicini alla forza poetica. Ho avuto la fortuna di vedere a bordo campo alcune partite di serie a e lì si ha una percezione della fisicità devastante. La forza fisica è poetica quanto la tecnica”. 50

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L’amore e altri sentimenti

“L’amore è l’insostituibilità”.

“L’amore è un orizzonte plumbeo”.

“Ho il sospetto che le donne la sappiano più lunga su tutto. io mi dimeno come uno scemo su ogni cosa, arriva mia moglie e con calma trova subito la soluzione. come se la conoscesse già da prima. “solo le donne sanno cosa è il sesso. Gli uomini si arrabattano”.

“Noi uomini sul sesso siamo più elementari, ci frega l’ansia da prestazione che obnubila tutto”.

“si può fare l’amore con le donne più belle e più avvenenti del mondo e pensare di toccare il cielo con un dito, ma non è vero, perché nessuno fa veramente l’amore finché non lo fa con la ginnasta professionista”. “Quando piangi davanti alla tua donna non puoi fare più marcia indietro. Ti tiene in pugno per sempre”. “carezzare un seno e visualizzare la barba del chirurgo”.

“credo che l’amicizia sia un sentimento più duraturo dell’amore, io almeno la penso così”.

“Tutti i sentimenti della vita scaturiscono da questo segreto: il ritmo delle cose. e ci vuole pochissimo per mancare l’amore, quando le cose si dispiegano troppo lente o troppo veloci”.

“Mi rivolgo a voi, a quelli che, come me, bellissimi non sono mai stati. Quelli, insomma, che non è che una passa e vi muore dietro, magari non vi nota neanche e allora, è palese, resta una sola arma nel vostro bagaglio, ma che può essere possente e smisurata e può smuovere le montagne: la parola”.

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“sedurre è come scrivere una bella canzone, tutto tecnica e ritmo, tecnica e ritmo. il talento dell’ironia è una freccia supplementare che non sempre potete avere al vostro arco”.

“Lei e le sue amiche si prodigano ai fornelli per i loro uomini, non perché li amano ma perché temono l’inenarrabile confronto sempre in agguato che gli uomini possono fare tra mogli e madri. È questa competitività all’ultimo sangue fra mogli e suocere che salda la repubblica italiana e tiene uniti i matrimoni, che vi credete?”. “L’amicizia è il tema che mi interessa di più e l’affronto con pudore”.

“Per osservare gli altri occorre una grande capacità di annoiarsi. ecco, la noia: oggi i genitori tendono a coprire tutti i buchi derivanti dalla noia, cosa che ai miei tempi fortunatamente non accadeva, poiché mamma e papà nostri erano disinteressati alle nostre attività”.

“La distrazione. La massima invenzione dell’essere umano per continuare a tirare avanti. Per fingere di essere quello che non siamo. adatti al mondo”.

“La malinconia è un sentimento meraviglioso, non gradasso come la felicità, doloroso invece, e che dà un’ intima soddisfazione. Non è un caso se i miei film li ho quasi sempre pensati tra Natale e capodanno, nel periodo più malinconico che c’è”.

“È tremendo, l’orgoglio. È un velo nero e invisibile che ti fa perdere di vista il risultato. cercavi il mare, ti ritrovi nella pozzanghera”.

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La vita vissuta da sorrentino e dai suoi personaggi “’a vita è ‘na strunzata” (dal film L‘uomo in più).

“La vita è un’invenzione un po’ del cazzo, è imbarazzante, è lei stessa che è imperdonabile... eppure non è stato inventato ancora niente di meglio. Perché, quando si palpita, si palpita”.

“La vita è una favolosa rottura di coglioni. Ma su cosa dobbiamo concentrarci? sulla rottura di coglioni? O sul favoloso?”.

“La porca verità è che capisci cosa significa avere la vita davanti quando quella si è posizionata tutta dietro”. “La fatica di vivere, questo titanico tirare a campare, ha una sua bellezza”.

“chi l’ha inventata la vita? Un sadico. Fatto di coca tagliata malissimo”.

“La vita, diciamo la verità, è proprio infame. Da bambino, ricordi tutto, ma non hai niente da ricordare. Da vecchio, non ricordi nulla, ma avresti fiumi di cose da far accomodare sul tavolino della nostalgia. Ti si spappola tra le dita, come la brioche secca di tre giorni fa, la memoria dei momenti altisonanti. Tutto si fa consuetudine inerte. Quando il vecchio piange, non ricorda più perché piange. Quando il bambino piange, è perché desidera momenti altisonanti che non ricorderà”. “La vita è una gran fatica ma non si può dire che non sia bella”.

“si accumulano belle e brutte sensazioni nella vita, in totale anarchia. in certi momenti trovare non dico un senso, ma un minimo, minimissimo comun denominatore è dura. arrivi a pensare che l’esistenza sia in fondo abbastanza miserabile”. “sgominate le mezze tinte, ecco la vita”.

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“La vera grande bellezza è la fatica di vivere”.

“L’esistenza ti sfugge di mano per il semplice motivo che l’hai vissuta già tutta quanta”.

“Lontano dall’adolescenza, ci s’inventa una vita logora, tremenda”. “Voglio infilare gli occhiali da vista e guardare la vecchiaia”.

“sentirsi come i gatti, che vivono beati perché non se ne fregano un cazzo di nessuno, badano solo alla ricerca della loro posizione perfetta e soddisfacente sul territorio. Per questo sono così odiosi i gatti. Hanno risolto il problema senza neanche conoscerlo. Un privilegio inaccessibile agli esseri umani”.

“L’umanità è miserabile. Non si discute su questo. eppure, non è stato inventato ancora niente di meglio. Perché, quando si palpita, si palpita. Tutte le emozioni della vita non hanno senso. si addizionano tra loro, incongrue, per accumulo. compongono la vita, come una lista della spesa. e questo, infine, è il senso”.

“sono, le nostre, sofferenze insensibili alle cordate umanitarie”.

“Quando hai un unico, immenso progetto nella vita non puoi contemplare la vanità. È un orpello che intralcia”.

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La politica votata da sorrentino

“sono uno abbastanza sempliciotto. al pari di tanti, ho il rifiuto per la politica: faccio fatica ad appassionarmi”. “io sono di sinistra, ma mi annoio di meno con i politici di destra”.

“La politica sbaglia nel sottovalutare enormemente i simboli, considerati un cascame superfluo. Le auto blu, i tagli alla politica... Lo so che incidono per lo zero virgola zero sul bilancio, ma mentre tutti fanno sacrifici non si può far finta di niente. i simboli vanno rispettati”.

“La Democrazia cristiana ha spadroneggiato per decenni radicando l’idea che il posto di lavoro si avesse per raccomandazione o voto di scambio. e che la furbizia fosse una specie di salvacondotto”.

“con Il divo volevo raccontare i meccanismi del potere, che sono la solitudine, l’arroganza, la tendenza ad istaurare una vita basata esclusivamente sui rapporti di forza. È una cultura che appartiene a chiunque eserciti il potere. La grande anomalia dell’italia è che gli uomini di potere, fino a un certo punto, sembravano essere destinati ad esercitarlo a vita”.

“La nostra politica è utile non per il benessere, ma come luogo emblematico di osservazione di tipi umani. il cialtrone disonesto è decisamente interessante, pur non coincidendo con l’interesse del Paese. Berlusconi è talmente interessante che faccio fatica ad avvicinarmici. Ha un tasso di complessità e di imprevedibilità che richiederebbe anni di lavoro”.

“Lo svilimento e l’insofferenza fisica verso la cultura, considerata una parolaccia, è stato uno dei mali più intollerabili della politica degli ultimi anni. invece è una risorsa, un sollazzo dello spirito”.

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“Mi sento di fare ancora parte del partito dei giovani”.

“La popolazione è decisamente migliore dei politici in italia”.

“sicuramente è una caratteristica del potere quella di fare il male per voler portare il bene”.

“Non amo in Beppe Grillo la sua estrema e ingiustificata sicurezza nel dividere il mondo in buoni e cattivi, sentendosi al di sopra delle parti” (in una trasmissione di Lilli Gruber su La 7). “La politica e la televisione hanno la responsabilità di essere loro ad aver intaccato la bellezza”.

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intolleranze di Paolo sorrentino

“Tutto quello che non sopporto ha un nome. Non sopporto i vecchi. La loro bava. Le loro lamentele. La loro inutilità. Peggio ancora quando cercano di rendersi utili. La loro dipendenza. i loro rumori. Numerosi e ripetitivi. La loro aneddotica esasperata. La centralità dei loro racconti. il loro disprezzo verso le generazioni successive. Ma non sopporto neanche le generazioni successive. Non sopporto i vecchi quando sbraitano e pretendono il posto a sedere in autobus. Non sopporto i giovani. La loro arroganza. La loro ostentazione di forza e gioventù. La prosopopea dell’invincibilità eroica dei giovani è patetica. Non sopporto i giovani impertinenti che non cedono il posto ai vecchi in autobus. Non sopporto i teppisti. Le loro risate improvvise, scosciate e inutili. il loro disprezzo verso il prossimo diverso. ancor più insopportabili i giovani buoni, responsabili e generosi. Tutto volontariato e preghiera. Tanta educazione e tanta morte. Nei loro cuori e nelle loro teste. Non sopporto i bambini capricciosi e autoreferenziali e i loro genitori ossessivi e referenziali solo verso i bambini. Non sopporto i bambini che urlano e che piangono. e quelli silenziosi mi inquietano, dunque non li sopporto. Non sopporto i lavoratori e i disoccupati e l’ostentazione melliflua e spregiudicata della loro sfortuna divina. che divina non è. solo mancanza di impegno. Ma come sopportare quelli tutti dediti alla lotta, alla rivendicazione, al comizio facile e al sudore diffuso sotto l’ascella? impossibile sopportarli. Non sopporto i manager. e non c’è bisogno nemmeno di spiegare il perché. Non sopporto i piccolo borghesi, chiusi a guscio nel loro mondo stronzo. alla guida della loro vita, la paura. La paura di tutto ciò che non rientra in quel piccolo guscio. e quindi snob, senza conoscere neanche il significato della parola. Non sopporto i fidanzati, poiché ingombrano. Non sopporto le fidanzate, poiché intervengono. Non sopporto quelli di ampie vedute, tolleranti e spregiudicati. sempre 57 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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corretti. sempre perfetti. sempre ineccepibili. Tutto consentito, tranne l’omicidio. Li critichi e loro ti ringraziano della critica. Li disprezzi e loro ti ringraziano bonariamente. insomma, mettono in difficoltà. Perché boicottano la cattiveria. Quindi, sono insopportabili. Ti chiedono: “come stai?” e vogliono saperlo veramente. Uno choc. Ma sotto l’interesse disinteressato, da qualche parte, covano coltellate. Ma non sopporto neanche quelli che non ti mettono mai in difficoltà. sempre ubbidienti e rassicuranti. Fedeli e ruffiani. Non sopporto i giocatori di biliardo, i soprannomi, gli indecisi, i non fumatori, lo smog e l’aria buona, i rappresentati di commercio, la pizza al taglio, i convenevoli, i cornetti con la cioccolata, i falò, gli agenti di cambio, i parati a fiori, il commercio equo e solidale, il disordine, gli ambientalisti, il senso civico, i gatti, i topi, le bevande analcoliche, le citofonate inaspettate, le telefonate lunghe, coloro che dicono che un bicchiere di vino al giorno fa bene, coloro che fingono di dimenticare il tuo nome, coloro che per difendersi dicono di essere dei professionisti, i compagni di scuola che dopo trent’anni ti incontrano e ti chiamano per cognome, gli anziani che non perdono mai occasione per ricordarti che loro hanno fatto la resistenza, i figli sprovvisti che non hanno nulla da fare e decidono di aprire una galleria d’arte, gli ex-comunisti che perdono la testa per la musica brasiliana, gli svampiti che dicono intrigante, i modaioli che dicono figatae derivati, gli sdolcinati che dicono bellino, carino, stupendo, gli ecumenici che chiamano tutti amore, certe bellezze che dicono ti adoro, i fortunati che suonano ad orecchio, i finti disattenti che quando parli non ascoltano, i superiori che giudicano, le femministe, i pendolari, i dolcificanti, gli stilisti, i registi, le autoradio, i ballerini, i politici, gli scarponi da sci, gli adolescenti, i sottosegretari, le rime, i cantanti rock attempati coi jeans attillati, gli scrittori boriosi e seriosi, i parenti, i fiori, i biondi, gli inchini, le mensole, gli intellettuali, gli artisti di strada, le meduse, i maghi, i vip, gli stupratori, i pedofili, tutti i circensi, gli operatori culturali, gli assistenti sociali, i divertimenti, gli amanti degli animali, le cravatte, le risate finte, i provinciali, gli aliscafi, i collezionisti tutti, un gradino più in su quelli di orologi, tutti gli hobby, i medici, i pazienti, il jazz, la pubblicità, i costruttori, le mamme, gli spettatori di 58 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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basket, tutti gli attori e tutte le attrici, la video arte, i lunapark, gli sperimentalisti di tutti i tipi, le zuppe, la pittura contemporanea, gli artigiani anziani nella loro bottega, i chitarristi dilettanti, le statue nelle piazze, il baciamano, le beautyfarm, i filosofi di bell’aspetto, le piscine con troppo cloro, le alghe, i ladri, le anoressiche, le vacanze, le lettere d’amore, i preti e i chierichetti, le supposte, la musica etnica, i finti rivoluzionari, le telline, i panda, l’acne, i percussionisti, le docce con le tende, le voglie, i calli, i soprammobili, i nei, i vegetariani, i vedutisti, i cosmetici, i cantanti lirici, i parigini, i pullover a collo alto, la musica al ristorante, le feste, i meeting, le case col panorama, gli inglesismi, i neologismi, i figli di papà, i figli d’arte, i figli dei ricchi, i figli degli altri, i musei, i sindaci dei comuni, tutti gli assessori, i manifestanti, la poesia, i salumieri, i gioiellieri, gli antifurti, le catenine di oro giallo, i leader, i gregari, le prostitute, le persone troppo basse o troppo alte. Non sopporto niente e nessuno. Neanche me stesso. soprattutto me stesso. solo una cosa sopporto. La sfumatura” (dalla prefazione di Hanno tutti ragione, firmata dall‘alter ego centenario Mimmo repetto).

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La musica sentita da sorrentino

“io scrivo soprattutto la mattina e ascolto musica, sempre. sono quasi ossessionato dalla musica, con scarsa predilezione per il jazz, ma per il resto l’amo tutta. La musica ha a che fare con la malinconia, e spesso le stesse musiche che ascolto mentre scrivo le raccolgo e le metto sopra alla sceneggiatura. e quasi sempre funziona. È come con le immagini. in fondo il cinema è la capacità di vedere qualcosa prima, quando ancora non esiste”.

“Mi colpì molto, qualche anno fa, quando riccardo Muti rifiutò di dirigere a Buckingham Palace, perché la regina per il concerto a lei dedicato voleva un programma diverso da quello che il maestro aveva stabilito. rivendicare la propria autonomia artistica senza alcuna sudditanza, nemmeno verso la regina d’inghilterra. Per me è una cosa bellissima”. “Ho l’idea di raccontare la musica”.

“Per me la colonna sonora nasce insieme alla sceneggiatura, preferisco avere la musica a disposizione quando scrivo”.

“Paolo sorrentino possiede un orecchio attentissimo. i suoi lungometraggi agiscono e reagiscono alla colonna sonora, che molto spesso diventa padrona assoluta della scena. appassionato, a quanto pare, di new wave, jazz, post rock,ambient, indietronica ma anche di musica classica, per i commenti musicali dei suoi film si attornia di compositori italiani d’eccezione, frequentatori degli archi tanto quanto dell’elettronica, per una commistione drammatica ed insieme contemporanea, quali  Pasquale catalano,  Teho Teardo,  Lele Marchitelli, arrivando ad avvalersi dei servigi di due star internazionali quali David Byrne e Will Oldham. Nei suoi lavori, la musica non funge da semplice tappeto sonoro ma aiuta il montaggio, stende veli di beatitudine, inonda oppure simula l’effetto videoclip. 60

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segue i passi del protagonista. Lo guida. setta la direzione dell’umore, del ritmo narrativo” (Simone Stefanini).

“antonello Venditti è profondamente cinematografico, è proprio un’icona: anche se lo vedi da vicino, continua a essere, per te, quello che hai visto sempre sulla copertina di un disco e quindi non ti sembra vero. ci sono persone che riconosci subito come vicine a te, altre che ti continuano a sembrare lontane. Venditti è così: sarà per i capelli, sarà perché porta perennemente gli occhiali – è impossibile vederlo senza – rimane sempre un soggetto distante, che si scherma, appunto, con quegli occhiali e si avvampa di mistero”.

“so che a molti farà orrore sentirmelo dire, ma io trovo che la produzione musicale di raffaella carrà sia meravigliosa. Ho un debole assoluto: le sue canzoni sono sempre attraversate da una prudérie erotica anche spregiudicata per l’epoca in cui sono state fatte, sempre così ammiccanti e giocose, e che ti invitano chiaramente ad amplessi sconsiderati. Ovviamente, sono cose ascoltate da ragazzino, quando gli ormoni veleggiavano”.

“c’è, nella canzone italiana, il sentimento nudo e puro dell’esistenza (lo stesso che c’è nei primissimi film dei fratelli Lumière). Quelle canzoni ci dicono con semplicità cose profondissime e difficilissime da dire altrimenti. Pensi a Ornella Vanoni: ‘Proviamo anche con Dio non si sa mai’. Pensi a anna Oxa: ‘L’imponderabile confonde la mente’. a Patty Pravo: ‘sono tutti degli eroi quando vogliono qualcosa’”.

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Paolo sorrentino e i suoi personaggi a tavola

“Mi piace mangiare e bere: gin tonic, Ballantine’s per l’orchestra, e non disdegno ettolitri di Falanghina. Mi attizzano le zucchine alla scapece, mi arrapo mangiando una cernia con le mani insieme a una che mi va, mi commuovo al pensiero di irripetibili gnocchi di patate di mia madre. Ma pur essendo allenato al peggio, di fronte ad una tartare di tonno vacillo, sbando: la trovi sempre e ovunque, da Palermo a Bolzano. Ha rotto i coglioni la tartare di tonno… io sono sopravvissuto al risotto allo champagne, alle pennette alla vodka, alla fase delle farfalle al salmone, alla vertigine della pizza coi pomodori pachino, alla tossicodipendenza trasversale della spigola sotto sale”.

“cosa amo di Torino? Niente di più facile: i ristoranti! Ogni volta che vengo a girare un film in città, ingrasso di un bel po’ di chili. Mi rendo conto che detto da un napoletano come me può sembrare un’eresia, ma io credo che la cucina piemontese sia davvero a un livello superiore, una cosa quasi senza eguali”. “Mangio le radici perché le radici sono importanti”.

“Nella disputa tra carne e pesce da vero meridionale scelgo la carne”.

“Ho ripensato a mio padre quando rifiutò atterrito un crème caramel, ritenendolo forse poco virile, certamente responsabile della decadenza del mondo. il crème caramel... Poi saremmo precipitati nel risotto allo champagne, inghiottiti dalle pennette alla vodka, addirittura il maltagliato al profumo di rose, consegnandoci al fallimento lucido, lineare. il mondo cambia a seconda dei menu e noi che non ce ne rendiamo conto”.

“Perché l’architetto ha scritto cUisiNe nella nostra cucina? Lo sappiamo che è la cucina” (da The must be the place). 62

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“Lo svezzamento è l’anticamera del  ristorante” (da  L‘amico di famiglia). “il ripieno è meglio della margherita?”.

“i menu contemporanei rispecchiano l’insensatezza del mondo contemporaneo. Una sera vado al ristorante con mia moglie e il cameriere: ‘Oggi abbiamo puzzle di spigola’. Fermo lì, gli ho detto, mi porti subito, per favore, una penna e un foglio che devo prendere appunti”.

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Hanno detto di sorrentino

MarTiN scOrsese, regista: “sorrentino ha una visione molto speciale e originale, in Il Divo e in Le conseguenze dell’amore e soprattutto in La grande bellezza. Ha un modo molto visuale di raccontare le storie. insomma, siamo di fronte a un autore straordinario” (intervista a «L‘Espresso», gennaio 2014).

FraNcesca arcHiBUGi, regista: “invidio sorrentino da bucarmisi le budella, ma perché è considerato sentimento reietto quando accende la fantasia, la voglia di far meglio?”. MicHeLe PLaciDO, attore e regista: “Napoli dovrebbe richiamare Paolo sorrentino, Toni servillo e anche Mario Martone per fargli proposte serie, come dirigere un teatro importante. sono loro il meglio della cultura italiana del momento”.

aNGeLO cUrTi, produttore: “Non bisogna chiedersi se è giusto far tornare sorrentino, ma perché è andato via. e ricordare, per esempio, che a fine anni Novanta non si fece nulla per creare un polo, una cittadella del cinema a Napoli”.

Lessico dell’eNcicLOPeDia TreccaNi: “sorrentino: autore ricco di talento e dallo stile molto personale, ha saputo conciliare il racconto di storie particolarmente originali con una tecnica visiva accurata e rigorosa, attenta ai minimi dettagli di ogni inquadratura”.

raFa BeNiTeZ, allenatore del Napoli: “sicuramente una vittoria l’ha già ottenuta: con il suo lavoro ha dato lustro nel mondo a un’eccellenza napoletana al 100%”.

seaN PeNN, attore: “Paolo aveva un’idea netta e precisa di ciò che voleva. È stato come se lui suonasse il piano, mentre io giravo le pagine dello spartito. Ha una mano magica durante le riprese”.

saBriNa FeriLLi, attrice: “Paolo è un vero artista. Molto pignolo, sempre talmente concentrato che talvolta finge di ascoltarti. È un 64

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regista che pensa davvero a tutto e al quale ci si può affidare senza ansia, sai che comunque opererà la scelta migliore”.

LieTTa TOrNaBUONi, giornalista: “Paolo sorrentino, amante degli attori naturali, uso a lasciare alla moglie giornalista ogni decisione e azione della vita quotidiana (come faceva Fellini con Giulietta Masina, come fanno tanti che si considerano artisti), non ama la bellezza. almeno la bellezza convenzionale, di solito stupida. come i bambini con i loro mostri-giocattolo, pensa che la bellezza si trovi soltanto nel sordido, nello sgradevole, e in nessun altro luogo”. MaUriZiO POrrO, giornalista: “alto, dinoccolato, sguardo limpido e curioso da ragazzino, regista di punta della nouvelle vague napoletana”.

MaUriZiO De carO, giornalista: “Finalmente abbiamo l’erede non solo di Fellini ma anche di scola, di antonioni e di troppi altri apparentemente minori, già vittime di detrattori tristi e nostalgici. Un erede maturo nella sua sicurezza serena e che a differenza dei padri nobili del cinema italiano non esprime in nessuno dei fotogrammi che ha prodotto un briciolo di provincialismo italiota”.

DieGO NUZZO, architetto: “i film di sorrentino si sono connotati da subito con lo stigma della perfezione tecnica che ha fatto gridare allo scandalo i seguaci di Dogma e del cinema ‘guerrigliero’ e disturbante”.

FaBiO raMPeLLi, deputato del partito di destra Fratelli d’italia: “La Grande Bellezza  di Paolo sorrentino ci sputtana nel mondo. certo, ha vinto un premio di grande prestigio, però indubbiamente non contribuisce, anzi, a veicolare una bella immagine di roma e dell’italia. Non posso fare a meno di osservare come la cinematografia che piace all’estero ci descriva come corrotti o decadenti in questo caso, come mafiosi inguaribili nel caso di  Gomorra  o come straccioni nel caso del cinema neorealista”.

PacO De reNZis, critico: “il regista napoletano non fa nulla per strizzare l’occhio al famigerato pubblico medio; in realtà la sua opera pare non voler compiacere proprio nessuno, e meno male dato che, probabilmente, la sua bravura, la sua originalità sono 65

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dovute anche a questo, al suo fregarsene di essere considerato ‘strano’”.

carLO VerDONe, regista e attore: “Paolo inquadrava il monumento di Garibaldi, stava riprendendo un vecchio nostalgico che lasciava un mazzo di fiori alla base dell’enorme statua. È qualcosa che solo noi romani notiamo, perché parenti di vecchi garibaldini vengono a roma a depositare fiori alle statue. Paolo aveva già capito tutto. Lui, napoletano, era riuscito a percepire la poetica di questa città, che in genere solo uno sguardo romano è in grado di cogliere”. «NeW YOrK MaGaZiNe»: “ecco cinque ragioni per cui Paolo sorrentino salverà il cinema mondiale: 1. se stanley Kubrick, Martin scorsese e Federico Fellini avessero un erede, sarebbe lui. 2. rende bella la politica. 3. Tutti i suoi film ci raccontano il cambiamento dei tempi. 4. Non fa sconti a nessuno. 5. La cifra del suo cinema è il coraggio”.

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Un racconto

Ecco il primo capitolo di un racconto di Paolo Sorrentino per «GQ», pubblicato nel maggio 2012.

Napoli. Molti anni fa. agli occhi dei miei genitori, i nostri vicini di casa, i signori Belli, erano quanto di più onesto, perbene e garbato il mondo potesse concepire. ed era vero. Quest’altissima considerazione dei signori Belli, per i miei genitori, derivava esclusivamente dalla loro provenienza geografica: il Trentino alto adige. i Belli provavano una nostalgia immensa, dolorosa per il Trentino. Per questa ragione, avevano arredato la casa napoletana come se fosse una baita. il soggiorno possedeva un lungo tavolo in pino, corredato da una panca a “elle” anch’essa in pino, frutto del lavoro di falegnami dalle abilità inaudite. Tutte le pareti erano ricoperte di legno. Ogni tanto ci si sedeva lì per chiacchierare con i nostri vicini. il signor Belli proponeva puntualmente una grappa delle sue parti. si declinava. Lui non declinava. Ho un ricordo felice di quella baita a Napoli e per questo motivo continuo a sognare di possederne una. Non importa dove. Un lunedì, piuttosto eccitati, di mattina presto, i Belli raccontano ai miei genitori di essere stati la domenica a un bel matrimonio. c’erano invitati eleganti e importanti. così importanti, da annoverare addirittura il regista Franco Zeffirelli. i miei pongono domande relative al menu e ai dettagli del vestiario. Vengono esaudite le loro curiosità. Poi, di routine, mio padre va al lavoro e mia madre riprende pacificamente a sbrigare le faccende di casa. Dopo qualche ora, si ferma e attacca il primo, imperdibile rituale quotidiano: la telefonata con zia Maria. il copione era fisso e prevedeva sempre, salvo fatti eccezionali, queste due precise domande: 67 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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1) cosa prepari da mangiare, oggi? 2) come è venuto quello che hai preparato ieri? sbrigato il questionario obbligatorio, che prevede una permanenza sull’argomento di almeno quarantacinque minuti, mia madre accenna a riferire a zia Maria i racconti dei signori Belli in merito al matrimonio importante al quale avevano partecipato. Mia zia prorompe in un oh di corposa sorpresa quando sente pronunciare il nome Zeffirelli. Mia madre posa la cornetta e non ci pensa più. comincia a progettare il pranzo e, soprattutto, la cena. il “soprattutto” della frase precedente si riferisce a mio padre, un uomo piuttosto esigente in fatto di mangiare. comunque, dopo aver sviluppato delle idee culinarie che le sembrano soddisfacenti, organizza un pranzo per noi figli, si dedica poi a un riposo pomeridiano e, quando si sveglia, prende una decisione che ha il sapore di una cosa naturale e ineluttabile. Una cosa che va fatta. Però, attende. “La faccio più tardi questa cosa”, pensa. si fa ora di cena. Mio padre ritorna dal lavoro. si mangia in un silenzio normale, punteggiato da frasi abituali. Un clima incolore. Privo di tristezza. Privo di felicità. Dopo cena, con calma, mia madre si chiude nella stanza da letto a chiave. si avvicina al telefono e dà vita alla decisione che ha preso dopo il riposo pomeridiano: telefona alla signora Belli. risponde lei in persona. Mia madre camuffa abilmente la sua voce e, con una serietà da diplomatico, appoggiandosi su un accento toscano che aveva imparato quando aveva vissuto anni addietro a Firenze, dice alla signora Belli le seguenti parole: “signora, sono l’assistente personale del maestro Zeffirelli”. “sì?!”, risponde traballante la signora Belli. “Lei era al matrimonio ieri, vero?” “sì”, dice emozionata la signora Belli. “Lei è quella bella signora con i capelli corti castani, giusto?”. “Oddio, forse, sì, dovrei essere io”, dice la signora Belli. “Benissimo. il maestro, questo è un gran segreto che le dico, sta preparando il suo nuovo film e in questa opera ritiene di non dover68 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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si servire di attrici professioniste. È rimasto profondamente colpito da lei e vorrebbe incontrarla al più presto per farle un contratto da protagonista. Dovrebbe venire a roma al più tardi dopodomani e cominciare anche le prove dei costumi, delle pettinature, capisce?”, dice mia madre, facendo somma attenzione ad aspirare tutte le c che capitano nelle parole. “Ma io non so recitare!”, dice spaventata, ma assai compiaciuta, la signora Belli. Mia madre, a questo punto, si fa quasi severa: “Però l’ho già detto prima, signora, non mi faccia ripetere le cose: il maestro non vuole attrici professioniste in quest’opera. ci penserà lui a farla recitare. Farebbe recitare anche gli scogli, se lo volesse, il maestro Zeffirelli”. “Va bene”, dice in preda a un’incertezza felice, la signora Belli. “Va bene”, dice mia madre, “allora domattina il maestro le telefonerà personalmente per darle ulteriori informazioni. arrivederci e le mie più vive congratulazioni”. Mia madre posa la cornetta e raggiunge la famiglia in soggiorno. come sempre, ci si mette tutti in silenzio a guardare la televisione. Trascorrono cinque minuti. Poi, dal pianerottolo, inizia a sentirsi un tramestio, dapprima cauto, poi più tumultuoso. Voci eccitate, sovrapposte, incomprensibili, si accavallano. Mio padre dice: “che succede?”. Mia madre non risponde e continua a guardare la televisione. il campanello della porta. Mio padre va a guardare nello spioncino e scorge all’esterno, distorta dal grandangolo, tutta la famiglia Belli al completo. Madre, padre e quattro figli. immersi in un complesso stato emotivo che abbraccia più sentimenti: eccitazione febbrile, sbigottimento, stupore estatico, vertigini di pericolosissima euforia, confusione mentale diffusa. Mio padre li fa accomodare, loro entrano in uno strano silenzio. Borbottano sillabe, ma l’emozione impedisce loro di andare oltre il dittongo. Le parole sono incomplete. Mio padre fraintende e crede che sia accaduto qualcosa di grave e luttuoso, così decide di interrogare l’esponente della famiglia che lui stima in modo più consistente: il figlio primogenito. “che è successo, antò?”, chiede. 69 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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i libri di sorrentino Le conseguenze dell’amore, edizioni Fandango 2007. È la sceneggiatura dell’omonimo film.

Hanno tutti ragione, edizioni Feltrinelli 2010, anche in audiolibro letto da Toni servillo. il titolo è preso da una frase ricorrente della madre dell’autore. candidato al Premio strega con la presentazione di Dacia Maraini e angelo Guglielmi. Ha scritto la Maraini: “Un personaggio dal prorompente vitalismo, sullo sfondo di una Napoli livida, degradata, senza riscatto. La vita brillante di Tony Pagoda, cantante napoletano di successo, che si muove tra Napoli, capri e il mondo, appare sregolata ed eccessiva. Hanno tutti ragione assume quindi i tratti della denuncia gridata con un linguaggio che usa tutti i toni che vanno dall’ironia cattiva, al grottesco, al grand-guignol. Lo sguardo dello scrittore sul degrado sociale e morale di un paese rivela la continuità con lo sguardo del regista, uno sguardo inconfondibile. Un linguaggio originale che utilizza anche culture e sottoculture napoletane, usato con grande libertà inventiva, in modo sperimentale e spesso sferzante e spericolato”. La dedica: A mia madre, che la pensava così. L’incipit: “che poi non ce ne eravamo neanche accorti, ma è cominciato tutto perché qualcuno aveva talento, purtroppo. io! che altro dire? Uno passa un sacco di tempo a dirsi: va bene. Ma quello mica va bene. Quasi mai. e chiuderei qui prima ancora di cominciare se non fosse che questa vanità malsana galoppa dentro di me, più veloce di me. Mi piacerebbe essere limpido, ma non servirebbe a nulla” Il mio cinema, edizioni rizzoli, 2010. Dalla nota ufficiale: “Nel panorama di un cinema italiano che vive di rendita sui successi dei grandi maestri e limita il raccon70 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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to della contemporaneità a ritratti di interni borghesi, alcuni registi si staccano dallo sfondo, autori coraggiosi che concepiscono la propria opera come strumento di impegno civile. Tra questi, il giovane Paolo sorrentino, finalmente riconosciuto e acclamato per Il divo. La spettacolare vita di Giulio Andreotti. Ma non è un successo improvviso il suo, quanto il frutto di un coerente percorso di ricerca. sorrentino dà voce a quella tendenza cinematografica che oggi lascia i cinema d’essai per parlare al grande pubblico: non una semplice fotografia del nostro Paese, ma il tentativo di muovere le coscienze di chi guarda. in un libro esclusivo, una conversazione illuminante con l’autore, foto, appunti, ricordi di quel ‘laboratorio personale e artistico’ che lo ha portato al successo e la sceneggiatura del film che ha segnato la svolta”.

Tony Pagoda e i suoi amici, edizioni Feltrinelli 2012. Torna il cantante protagonista del primo romanzo. Ha scritto Gabriele romagnoli su «repubblica»: “sono incontri con vari personaggi, da carmen russo a silvan, che diventano uno sguardo sul Paese. Per capire la chiave di queste storie può bastare una frase: ‘c’è poesia, volgarità e tenerezza dappertutto’”.

La grande bellezza, scritto con Umberto contarello, edizioni Feltrinelli 2013. È la sceneggiatura del film premiato con il David di Donatello, il Golden Globe e l‘Oscar per il miglior film straniero.

La grande bellezza. Diario del film, edizioni Feltrinelli 2013.

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Opere

Lungometraggi

L’uomo in più, suoi anche soggetto e sceneggiatura (2001) interpreti: Toni servillo, andrea renzi, Nello Mascia, Ninni Bruschetta, angela Goodwin, roberto De Francesco, enrica rosso, italo celoro, Marzio Honorato, Peppe Lanzetta, rosaria De cicco, Beniamino Femiano, andrea Marrocco, clotilde sabatino, stefania Barca, Federico Torre. storie intrecciate di un calciatore e di un cantante, colti da improvviso insuccesso. Lo scenario è una Napoli diversa, spietata e cinica, mai folkloristica. i personaggi chiave sono ispirati al cantautore califano e al campione della roma De Bartolomei, morto suicida. servillo canta le canzoni composte da suo fratello Peppe e dal regista. in concorso nella sezione cinema del Presente alla Mostra del cinema di Venezia.

Le conseguenze dell’amore, suoi anche soggetto e sceneggiatura (2004). interpreti: Toni servillo, Olivia Magnani, adriano Giannini, Gianna Paola scaffidi, raffaele Bruno, angela Goodwin, antonio Ballerio, Gaetano Bruno, Nino D’agata, Vittorio Di Prima, ana Valeria Dini, Gilberto idonea, Diego ribon, Giovanni Vettorazzo, enzo Vitagliano, Giselda Volodi. Un uomo di mezz’età ha lasciato famiglia, casa, lavoro, per trasferirsi in una stanza d’albergo in svizzera. Ha scelto, o è stato costretto a scegliere, una vita in solitudine. Non ha la tv, scruta impassibile la vita che gli scorre avanti, in attesa della morte. L‘amore si rivela una pericolosa complicazione. in concorso al Festival di cannes.

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L’amico di famiglia, suoi anche soggetto e sceneggiatura (2006). interpreti: Giacomo rizzo, Fabrizio Bentivoglio, Laura chiatti, Gigi angelillo, clara Bindi, Barbara Valmorin, antonella salvucci, Marco Giallini, Giorgio colangeli, alina Nedelea, Valentina Lodovini, roberta Fiorentini, elias schilton, Luisa De santis. cronaca di una seduzione: un usuraio dell’agro pontino è coinvolto in un gioco più grande di lui. Una ragazza cui ha prestato danaro sembra all’improvviso attratta da lui. L’uomo si troverà sopraffatto dagli eventi e per venirne fuori dovrà riconsiderare la concezione dell’amicizia. in concorso al Festival di cannes.

Il divo, suoi anche soggetto e sceneggiatura (2008). interpreti: Toni servillo, anna Bonaiuto, Giulio Bosetti, Flavio Bucci, carlo Buccirosso, Giorgio colangeli, alberto cracco, Piera Degli esposti, Lorenzo Gioielli, Paolo Graziosi, Gianfelice imparato, Massimo Popolizio, aldo ralli, cristina serafini, Giovanni Vettorazzo, Pietro Biondi. si racconta una parte della complicata storia di Giulio andreotti, tra 1991 e 1993. il film parte con una carrellata di omicidi o presunti suicidi: Moro, Dalla chiesa, Pecorelli, Falcone, calvi, sindona, ambrosoli. in concorso al Festival di cannes. This Must Be the Place suoi anche il soggetto e la sceneggiatura scritta con Umberto contarello (2011). interpreti: sean Penn, Frances McDormand, Judd Hirsch, eve Hewson, Kerry condon, Harry Dean stanton, Joyce Van Patten, Olwen Fouere, shea Whigham, Heinz Lieven, David Byrne (nella parte di se se stesso), Liron Levo, simon Delaney, Fritz Weaver, sam Keeley, Grant Goodman, Gordon Michaels, seth adkins,  Madge Levinson,  Davis Gloff, ron coden, Johnny Ward. Primo film di sorrentino in inglese. È la storia di una rockstar celebre negli anni ottanta come leader del gruppo musicale cheyenne & The Fellows. ritiratosi dalle scene, vive a Dublino e si veste e si trucca come quando saliva sul palco. Va alla ricerca

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della memoria del padre morto, già confinato in un lager nazista. in concorso al Festival di cannes.

La grande bellezza, sua anche la sceneggiatura, scritta con Umberto contarello (2013). interpreti: Toni servillo, sabrina Ferilli, carlo Verdone, carlo Buccirosso, iaia Forte, Pamela Villoresi, Galatea ranzi, anna Della rosa, Giovanna Vignola, roberto Herlitzka, Massimo De Francovich, Giusi Merli, Giorgio Pasotti, Massimo Popolizio, isabella Ferrari, Franco Graziosi, sonia Gessner, Luca Marinelli, Dario cantarelli, ivan Franek, anita Kravos, Luciano Virgilio, Vernon Dobtcheff, serena Grandi, Lillo Petrolo. È un magistrale affresco su roma, quasi un completamento di La dolce vita di Fellini. Una battuta, “La povertà non si racconta ma si vive”, forse è la chiave del film e dà l’idea dell’impoverimento generale del nostro paese. Vincitore del Golden Globe e dell’Oscar per il miglior film straniero.

Film tv

Sabato, domenica e lunedì, dalla commedia di eduardo De Filippo, trasmesso da raidue nella notte del 25 dicembre (2004). con anna Bonaiuto, Toni servillo, roberto De Francesco, alessandra D’elia, Toni Laudadio, enrico iannello, Gigio Morra, Monica Nappo, elisabetta Pedrazzi, Marcello romolo.

Cortometraggi

Un paradiso, coregista stefano russo, presentato in concorso al Palermo Film Festival (1994). con Leonardo ragozzino, antonio castaldo, Mauro Maglione. Prodotto da Maurizio Fiume.

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L’amore non ha confini, 12 minuti. suoi anche il soggetto e la sceneggiatura (1998). con Gianni Ferreri, Luigi Petrucci, Giovanni esposito, Gaetano amato, caterina De regibus, sergio Marra. È la surreale storia di Beato, killer napoletano quarantenne, ingaggiato dal boss Mahatma che vive rinchiuso in un bunker. Ha l’ordine di scoprire chi, tra quattro fidati gregari, ha tradito il padrino. Nella missione, Beato incontrerà un vecchio e indimenticato amore.

La notte lunga, 15 minuti. suoi anche il soggetto e la sceneggiatura (2001). con anna Mitone. interpreti roberto De Francesco, chiara caselli e Giovanni esposito. racconta l’avventura agli champs elysées di Manolo, parrucchiere delle dive, alla sua prima esperienza con la cocaina. Fra discoteche e sedute medianiche, baronesse vedove e spacciatori di droga, riesce a organizzare il suo momento di intimità con ariel Bachini, famosa star del cinema, ma il destino è in agguato.

La primavera del 2002. L’Italia protesta, l’Italia si ferma, 53 minuti (2002). Film collettivo coordinato da Francesco Maselli su un momento difficile del Paese e la grande manifestazione del 23 marzo 2002. Promosso dalla cgil e distribuito anche in edicola.

Giovani talenti italiani,  episodio di  Quando le cose vanno male, serie condivisa con i registi Gabriele Muccino, Lucio Pellegrini, Marco risi, sergio rubini, silvio soldini, Mariasole Tognazzi, Paolo Virzì (2004).

L’assegnazione delle tende, 3 minuti e 2 secondi (2009). episodio di  Cinque registi tra le macerie, prodotto da repubblica TV e girato all’aquila straziata dal terremoto: le rovine, i suoni, il dolore e la dignità della gente rimasta senza casa. La nota del regista: “sono tutti morti. anche i vivi. i cadaveri sono stati 75 www.torrossa.com – Uso per utenti autorizzati, licenza non commerciale e soggetta a restrizioni.

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coperti con un velo e i vivi sono stati svelati. sono cadute le pareti delle loro case e chiunque può frugare nella loro intimità. attraverso una finestra si sbircia come voyeur, ma quando sono le mura a non esserci più, allora si smette di spiare. si condivide”.

La partita lenta, 9 minuti e 59 secondi, in bianco e nero (2009). Gli attori principali sono veri giocatori di rugby; a puntare alla meta è un ragazzo aiutato dal padre a dall’intera squadra a raggiungere lo scopo. il finale è un groviglio di muscoli ed espressioni che coinvolgono lo spettatore fino al lieto fine: il padre guarda trionfante il cielo e la madre, appena giunta sugli spalti, saluta i due da lontano nella solitudine del piccolo stadio.

Napoli 24, episodio La principessa di Napoli (2010). Lo spiega così: “Volevo trovare una principessa a Napoli perché non ne conoscevo nessuna. L’ho scelta perché pur non conoscendo i miei colleghi sapevo che nessuno se ne sarebbe occupato e avevo quindi un territorio libero. stavo scrivendo un libro in cui parlavo di una principessa inventata e ne volevo conoscere una vera perché mi sembrava anche questo un aspetto importante di Napoli. eppoi uno dei miei libri preferiti è Memorie di un uomo inutile del principe Francesco caravita di sirignano”.

Spot pubblicitari

Fiat croma (2006). intitolato Il grande viaggio, era stato girato fra Palma de Mallorca e l’inghilterra, protagonista l’attore britannico Jeremy irons.

Yamamay (2011). intitolato  Allo specchio, fa pubblicità alla moda intima, con la matura e sensuale isabella Ferrari. L’attrice ha fatto poi causa alla casa produttrice, perché era apparsa senza ombelico, rendendo evidente a tutti il ritocco grazie all’uso del Photoshop. scelta alla quale il regista era del tutto estraneo. 76

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Sceneggiature

Polvere di Napoli, regia di antonio capuano (1998). interpreti: silvio Orlando, Tonino Taiuti, Teresa saponangelo, Lola Pagnani, Gigio Morra, antonino iuorio, alan De Luca. il film a episodi parte dal bambino, figlio del portiere che giocava a carte con Vittorio De sica nell’Oro di Napoli. È diventato adulto, ma continua a giocare a carte. secondo episodio: due giovani sposi litigano nelle strade; per riconciliarsi simulano un matrimonio religioso. Terzo: la vista a Pompei, con la moglie, di un attore argentino oriundo napoletano. Quarto: un disoccupato sogna di diventare attore e si illude di incontrare richard Gere. Quinto: due sassofonisti jazz vengono derubati degli strumenti e improvvisano l’imitazione di Totò e Peppino De Filippo, con inatteso successo.

Serie televisive

La squadra, due episodi (2000).

Attore

Il caimano, regia di Nanni Moretti (2006). Nella discussa e profetica biografia di Berlusconi, sorrentino recita nel ruolo del marito di adria (Margherita Buy) in un matrimomio “comunista”. Ha raccontato sorrentino: “come attore è stata un’esperienza divertente, ma l’unica cosa cui pensavo, mentre lavoravo con lui, è che quando Moretti ti parla non dà lo stop e la pellicola continua a scorrere. Lui non ha problemi di budget, mentre per me era un vero incubo e l’unica cosa cui pensavo era: quanta pellicola si sta sprecando”.

Questione di cuore, regia di Francesca archibugi, nella parte di sé stesso (2006).

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il film racconta l’amicizia fra due uomini (antonio albanese e Kim rossi stuart) molto diversi fra loro.

Boris serie tv, in tre episodi in cui interpreta se stesso (2010). Nella rete e Ritorno al futuro prima e seconda parte. in una delle scene è scambiato per il regista di Gomorra, lui replica: “No, quello è Matteo Garrone, è più basso e sta perdendo pure i capelli”. in un’altra scena la vestiarista lo confonde con alan sorrenti.

Su di lui

Laura ceretto, roberto chiesi,  Una distanza estranea. Il cinema di Emanuele Crialese, Matteo Garrone e Paolo Sorrentino, Federazione italiana cineforum, Bologna, 2006.

Pierpaolo De santis, Domenico Monetti, Luca P. Pallanch,  Divi & antidivi. Il cinema di Paolo Sorrentino, Laboratorio Gutenberg, roma, 2010. Franco Vigni, La maschera, il potere, la solitudine. Il cinema di Paolo Sorrentino, aska edizioni, 2012.

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indice

Prefazione di alessandro Barbano Introduzione di Diego Guida

carta d’identità Biografia La Grande bellezza aforismi il cinema secondo sorrentino Decalogo per giovani registi L’italia vista da sorrentino Napoli e il Napoli visti da sorrentino L’amore e altri sentimenti La vita vissuta da sorrentino e dai suoi personaggi La politica votata da sorrentino intolleranze di Paolo sorrentino La musica sentita da sorrentino Paolo sorrentino e i suoi personaggi a tavola Hanno detto di sorrentino Un racconto i libri di sorrentino Opere

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Finito di stampare nell’ottobre 2014 alfa Grafica srl

ideazione logo: ilaria Luongo

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