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Italian Pages 789 [401] Year 2011
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«Centro Internazionale Insubrico "Carlo Cattaneo" e "Giulio Preti" per la Filosofia, l' Epistemologia, le Sc ienze cognitive e la Storia della Scienza e delle Tecniche» dell'Univers ità degli Studi dell ' lnsubria- Varese Via Ravasi n. 2-2 1100 - Varese Direttore scientifico: prof. Fabio Minazzi (Università degli Studi dell ' lnsubria) Comitato scientifico: Evandro Agazzi (Universidad Autonoma Metropolitana, Città del Messico), Renzo Dionigi (Università degli Studi deiJ 'Insubria), Gianmarco Gaspari (Università degli Studi dell ' lnsubria), Dario Generati (ISPF, Cnr, Milano), Fulvio Papi (Università di Pavia), Jean Petitot (Crea, École Polytechnique, Paris), Ram6n Ma reno Queralt6 (Universidad de Sevilla, Spagna), Raul A. Rodriguez (Universidad Nacional de Cordoba, Argentina), Gabriele Scaramuzza (Università degli Studi di Milano), Roberto Taramelli (Università degli Studi dell 'lnsubria) Ezio Vaccari (Università degli Studi dell 'lnsubria) , Carlo Vinti (Università degli Studi di Perugia)
Testi n.2 «Dal Settecento c'è, quasi sempre in minoranza, ma sempre abbastanza forte, un 'Italia europea, moderna, progressista, che tende all ' industrializzazione, al ringiovanimento de l costume, al ripudio del peso morto delle tradizioni nazionali. L' Italia, tanto per localizzare le cose in maniera topografica (pur con alquanta ingiustizia e approssimazione) di Torino e di Milano, contro quella di Roma, Napoli e Firenze». In sintonia con questa preziosa indicazione di Giulio Preti -risalente al 1960- questa collana intende riflettere , in modo spregiudicato e problematico, sulla complessa ed articolata tradizione del razionalismo critico che ha trovato, proprio nella cultura milanese e lombarda, dal Settecento fino all 'epoca contemporanea (da Beccaria e i fratelli Verri a Romagnasi, Cattaneo e Ferrari , da Martinetti , Bontadini e Banfi , fino alla «scuola di Milano>>, alimentata dai contributi di studiosi come Preti , Paci, Cantoni , Dal Pra, Geymonat, per non fare che pochi nomi ristretti all 'ambito fi losofico , che andrebbe tuttavia dilatato e intrecciato con que llo scientifico , letterario , artistico, poetico, teatrale, comunicaziona-
le. archttettonKX>. del d~Jl~n. ete.~ eu-.). un pu:oro d1 nfcrimtnto pl1\ tlcf.-o cb Mlf:C*). ma tLL't\DT\IDlAliTÌ, Au -\C1\tMKo\
p. 457 p. 459
p. 693 p. 695 p. 705
p. p. p. p.
729 731 761 769
p. 781
l'~r
la rcua1ionc dellu presente traduzione, ~i è 1cnu1o conto dcll'eui7iO·
m• ticl 2(X)5, uppar\a prc'o Jé,·(lme Millon con illitolo L'mdivilluwioll à Ili lumi llotttmv de forme et ti' ilifomwtion.
l.u lc\i di douoruto di Simondon venne initialmcnce pubblicma in due dl\llllll volumi: il primo. edito nel 1964 dalla ca\n cdicrocc Prc,..c\ Univc"uuirc\ dc l rance (nella collc7ione Epiml'tfulmoplriqut•• ), in un volume. L 'illdi\'Ìc/IICI/Itlllll\\'dlltfllt' ti wl/e("IÌ>'t' tllolumitrt' tlt'\ 11111111111 tlt' Fllrtllt', ltiformlllwtT,I'mrllllt'l tt Mt'ltllttTbiliM. Mdkalphic•. 1.11. ocwbre-décembrc 1960, n. 4. PJl l(). l KH. Nel volume th i\ubJcr. l'ontidctto 'agg•o compare con il \C~uencc 111olo: Cmt(t'l/1.\ eli'' 1/t'/11\ p11111 1111< lt'thrrr·lrt' tlt' wlution: /"'"'"· ìt~{orllltlll(lll,llll/tlltltll et mtltllttllttiltl c nwlta mclu'o nella lmrt>tlllt"limr. -egnaltllu come •rnmdo 1 ~,"~"''" della 'lc\\.t (JIIJtolo è infatti pre.:ec:Ju1u dal numero romano m
!Ilei l'I'J~. a 'c' unm \IJII~>n npubhhcu. per la bmlt>I/Ttlllt', preceduto da
dalla \Compaf\a dell' \utt>re. l'edJtore Jénlme collana KriJu. L'uulmtlu rt '"llpongu t 'c~istcn7a di un si>tcmn in uno stato di equilibrio metaotnbile in gmdo di individuarsi. L'in for1ntt7ione. infaul , u dill'erenza della forma, non costituisce mui 1111 termine unico. quunto, piuuosto. il oignificuto che scuturiscc duunu dbpnrut.ionc. Ln trnditionnlc nozione di forma, cosl come tu concepisce lo scherno llomorllco, 'cmbra risultnre cccessivumente indipendente da tnbilitù. Quell a che~ stutu rormulutu dullt1 Tcoriu dcllu Fornur• comporta, invece. la not.ionc di sbtcma c si dcfìni\cc come lo 5tnto verso cui tende il si >tema qunndo trova Il suo cquilibl'io: In oltre parole, cNt costitu isce una risolu7ione di ten;ionc. Purtroppo. un puradigmnti,mo fi>ico troppo sommario ha indOltO la Teoriu uclln f'omur a con>idemre csclu~ivnmente lo stato di 12
Quw'optrollune n•ulla pamtlelaa quello detl"llldi>!du•done vitale: un veat111tc bdtui'§Ce una medlaztone rra un ordme 4.:0\mt'O ed un ordme in(l'a*moletre M>stiturta con quella di rnfonna7ionc. Nel corso dì questa sostituzione. la noLionc d'informatione non deve tuttavia essere ricondotta a quella di segnali o oupporti o veicoli informativi , comi' im·ece mira a fare lo reorio lecnologiro dd/"i•ifrmr~t~:ionr. eire si fJrigina, in prima istarr:.a, dall'asrroz/one delltr /ecnologio delle lrtl;mi.wmri. La semplice nozione di forma deve dunque c~serc doppiamente preoervaw da un puradigrnmismo tecnologico ecees>ivmnente sommario: in prima istanta. dalla cultura trudiLionalc. u cuusa dell'impiego riucccssive teorie dcii ' ilomorflsmo, della Buona flormu e dell'informazione >i adottu >cmpr·c il medesimo approccio. ovvero quello che mira u rilevare t'incrcnzn dci signifìeati ull 'essere: il nostro intcn1o risiede piuttosto nel repcrirc que•t"incrcrMa ncll 'opcrn7ionc d'individuatlone. Pertanto, uno Mudio dell'lndivldun1.ionc può tendere ad una radicale riforma llellc notioni fllo,ofiche fondamcntuli, poiché risulta possibile con.,idcrnre l'individuatione nell"ollicu di ciò che dell'essere occorre cono..ccre per primo. Prim'nncoru di domandar\i come ~i legittimi o meno t'atto di formulare aiuditi \ull'c,.ere, occorre con,idcrare che t'essere si predica in due >Cn~i•: un primo sen-o, fondumcntule, consiste nel giuditio per cui t'e,'ICre con,i\te in ciò che~- Al contempo, ma in un secondo senso,
per meuo detrtncr1it• lurnlnM4\ rlceHiiO ntlla fotmmtc~i S• trtma mfatu cb un nodo lnttreltmcntare, che ~i ~v1IUppct come nwntnll 1n1cma d1 questo s•stcma pre1ndJ\ idua~ c.:mUtUilO da due llptlh d1 ~altA 0011nanaln(ntt pn'"i d1 comun•· canone: Il nodo •ntcr~ltmtntlft cornpte un laHwo lntra-elemt:ntnre.
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L 'individuazione
seppur sempre sovrapposto al primo secondo la teoria logica, l'essere è essere in quanto individuato. Se è vero, come è vero, che la logica orienta su enunciati relativi all'essere solo dopo l' individuazione, occorre istituire una teoria dell'e sere precedente ad ogni logica: tale teoria può servire da fondamento alla logica, poiché nulla prova, prima d 'ogni altra cosa, che l 'essere sia individuato in un solo modo possibile. Se esistono infatti diversi tipi di individuazione, dovrebbero sussistere altresì diverse logiche, ognuna di esse riferita ad un particolare tipo d'individuazione. La classificazione delle ontogenesi permetterebbe di pluralizzare la logica con valido fondamento di pluralità. Per quanto concerne poi l'assiomatizzazione della conoscenza dell 'essere preindividuale, essa non può essere inclusa in una logica preliminare, poiché non è consentito definire alcuna norma né alcun sistema separandoli dal loro contenuto: solo l' individuazione del pensiero può , compiendosi , accompagnare l'individuazione degli esseri diversi dal pensiero. Non si tratta dunque di ottenere una conoscenza immediata e neppure una conoscenza mediata dell 'individuazione, quanto , piuttosto, una conoscenza che si configuri come operazione parallela all'operazione conosciuta. Non ci è consentito, nel senso usuale del termine, conoscere l'individuazione, giacché possiamo esclusivamente individuare, individuarci e individuare dentro di noi*. Questa forma di comprensione consiste dunque, a margine della conoscenza propriamente detta, in un ' analogia fra due operazioni , che corrisponde, a sua volta, ad un particolare modo di comunicazione. L' individuazione del reale esterno al soggetto è colta dal soggetto grazie all'individuazione analogica della conoscenza all'interno del soggetto. Tuttavia, è per tramite dell 'individuazione della conoscenza e non piuttosto esclusivamente della conoscenza tout court che ri sulta possibile cogliere l'individuazione degli esseri non soggetti . Gli esseri possono essere conosciuti attraverso la conoscenza del soggetto, ma l' individuazione degli esseri può essere colta solo per tramite dell'individuazione della conoscenza del soggetto*.
I L' individuazione fisica
53 CAPITOLO PRiMO
FORMA E MATERIA
l. -
fONDAMENTI DELLO SCHEMA ILOMORF!CO. T EC 'OLOGIA DELLA PRESA DI
I·ORMA
l. Le condizioni dell'individuazione Le nozioni di forma e di materia non possono aiutare a risolvere il problema dell'individuazione giacché risultano precedenti alla posizione del problema stesso. Se al contrario si scoprisse che il sistema ilomorfico esprime e contiene il problema de li 'individuazione, occorrerebbe considerare la ricerca del principio d'individuazione come logicamente precedente alla stessa definizione della materia e della forma, pena il soffermarsi su una mera questione di principio. Non è affatto agevole considerare le nozioni di forma e materia come idee innate; tuttavia, nel momento in cui si fosse tentati di assegnare loro un'origine tecnologica, ci si dovrebbe necessariamente arrestare a causa de li 'eccessiva capacità di generalizzazione che posseggono queste nozioni. L'argilla e il mattone, il marmo e la statua non costituiscono i soli elementi che si possono pensare secondo i termini dello schema ilomorfico. Esiste infatti un gran numero di episodi di formazione, di genesi e di composizione nel mondo vivente e nel dominio psicologico pensabili allo stesso modo. La forza logica dello schema è tale che Aristotele ha potuto agevolmente impiegarla per sostenere un sistema universale di classificazione applicato al reale, tanto secondo la via logica quanto secondo quella fi sica, garantendo, così, un accordo fra ordine logico e ordine fisico e autorizzandone la conoscenza induttiva. Lo stesso rapporto di anima e corpo è pensabile sulla scorta dello schema ilomorfico. Una base così ristretta quale quella dell 'operazione tecnologica sembrerebbe difficilmente in grado di sostenere un paradigma dotato di una tale forza di universalità. Occorre, dunque, al fine di esaminare il fondamento dello schema ilomorfico, considerare il senso e la portata dell'esperienza tecnica in seno al la sua stessa genesi.
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L' individuazione
Il carattere tecnologico dell'origine di uno schema non infirma la validità di tale chema, a condizione che l'operazione che funge da base per la formazione dei concetti impiegati funzioni e i e prima interamente senza alterare lo schema astratto. Se, al contrario, l 'astrazione si realizza in modo infedele e ommario, celando una delle fondamentali dinamiche dell'operazione tecnica, lo schema risulta essere falso. Piuttosto che pos edere un vero valore paradigmatico , si tratterà dunque di una semplice comparazione, un confronto più o meno rigoroso a seconda dei casi esaminati. Ora, nel cor o di un'operazione tecnica che genera un oggetto dotato di forma e materia, come un mattone d ' argilla* , il reale dinamismo dell ' operazione risulta del tutto differente da quello che può essere rappresentato dalla coppia forma-materia. La forma e la materia dello schema iJomorfico sono forma e materia astratte. L'essere definito e dimostrabile, ad esempio questo mattone che si sta seccando su quest'asse, non caturisce dall'unione di una materia qual iasi con una qualsiasi forma. Si prenda della sabbia fina, la si inumidisca e la si ponga in uno stampo per mattoni: al momento della formatura si otterrà olo un dato quantitativo di abbia e non piuttosto un mattone. Si prenda dell'argilla e la si passi ai torchio o alla filiera: non si otterrà né una lamina né dei fili, bensì un cumulo di foglietti separati e dei corti segmenti cilindrici. L'argilla, considerata come supporto di indefinita plasticità, corrisponde alla materia astratta. A sua volta, il parallelepipedo rettangolo, concepito come forma del mattone , consiste in una forma astratta. Il mattone concreto non scaturisce dall'unione della plasticità dell'argilla con il parallelepipedo. Affinché si possa costituire un mattone parallelepipedo, ovvero un individuo realmente esistente, occorre che un'operazione tecnica effettiva istitui sca una relazione fra una massa determinata d'argilla e una precisa nozione di parallelepipedo. Ora, l'operazione tecnica di formatura non risulta sufficiente di per sé: peraltro, essa non istituisce una mediazione diretta fra una massa determinata d'argilla e la forma astratta del parallelepipedo'; la mediazione viene preparata da due catene di operazioni preliminari che inducono materia e forma a convergere ver o un'operazione comune*. Assegnare una forma all'argilla non significa imporre la forma parallelepipeda all'argilla bruta, significa, piuttosto, pigiare dell'argilla preparata in uno stampo prefabbricato. Se si parte dai due estremi della catena tecnologica, ovvero da un lato il paral-
Ovvero di un ordine di grandezza superiore al futuro individuo, che contiene le condizioni energetiche della formatura e la realtà-materia che è, grano dopo grano, ne lla sua disponibilità, di ordine di grandezza inferiore a quello del futuro indi viduo, ovvero del mattone reale.
/omw e materia
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klepipedo e dall'altro l'argilla nella cava, si prova l' impressione di realiztare, durante l'operazione tecnica, un incontro fra due realtà provenienti da ambiti eterogenei e pertanto di istituire una mediazione, attraverso una l."omunicazione, fra un ordine interelementare, macroscopico, ed un ordine tnlra-elementare, microscopico, inferiore all'individuo. Più precisamente, durante l'operazione tecnica occorre, piuttosto, considerare l'operazione tecnica di per sé: essa con si te, nel caso prescelto, nel consentire che un blocco d'argilla preparata riempia completamente uno \lampo e secchi dopo la formatura, conservando un contorno definito, senza né crepe né polveri. Ora, la preparazione dell'argilla e la costruzione dello \lampo costituiscono già una mediazione attiva fra l'argilla bruta e la forma geometrica imponibile. Lo stampo è costruito in modo tale da poter essere aperto e chiuso senza danneggiare il suo contenuto. Alcune forme di solidi, pcnsabili geometricamente, sono divenute realizzabili solo attraverso l'impiego di artifici complessi e capillari. L'arte di costruire stampi è, ancor oggi, uno degli aspetti più delicati della lavorazione dei metalli *. Lo stampo, d'altra parte, non è solamente costruito, ma viene altresì preparato: un certo rive\limento, uno polveramento secco eviteranno che l'argilla umida aderisca alle pareti al momento della formatura, sgretolandosi o producendo incrinature*. Per as egnare una forma, occorre costruire questo determinato stampo, preparato in questo modo, con questa specie di materia. In tal caso, si rileva un primo avanzamento, che passa dalla forma geometrica allo stampo concreto, materiale, parallelo all'argilla, ugualmente e i tente e postole affìanco nell'ordine di grandezza del manipolabile. Per quanto concerne l'argilla, anch'essa soggiace ad una preparazione: in quanto materia bruta, a sua volta, corrisponde a ciò che la benna solleva dal giacimento al bordo della palude, insieme a radici di giunco e sassolini di ghiaia. Seccata, triturata, setacciata, inumidita e lungamente impastata, essa diviene una pasta omogenea e consistente, dotata di un'elevata plasticità e per questo in grado di aderire ai contorni dello stampo all'interno del quale la si pigerà. Sarà, peraltro, talmente compatta da conservare questi contorni per tutto il tempo nece sario all'annientamento della sua plasticità. Oltre che la purificazione, la preparazione dell'argilla sottende allo scopo di ottenere l'omogeneità e il grado di umidità migliori per conservare plasticità e consi tenza. Nell'argilla bruta risiede l'attitudine a divenire massa plastica in vista delle dimensioni del mattone futuro, in ragione delle proprietà colloidali degli idrosilicati di alluminio: queste proprietà colloidali effettuano gli atti della emi-catena tecnica che scaturiscono nel corso del trattamento dell'argilla. La realtà molecolare dell'argilla e dell'acqua assorbita si ordinano in vista della preparazione, in modo tale da comportarsi come una totalità omogenea nel corso dell' indivi-
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L 'individuazione
duazione e a livello del mattone che sta per emergere. L'argilla trattata consiste in quella in cui ciascuna molecola verrà realmente posta in comunicazione con l' insieme di pressioni causate dalle suddette pareti, qualunque sia la sua posizione in rapporto alle suddette pareti dello stampo. Ciascuna molecola interviene nel dominio del futuro individuo ed entra in comunicazione interattiva con l'ordine di grandezza superiore all'individuo stesso. Per suo conto, l 'altra semi-catena tecnica discende verso il futuro individuo; la forma parallelelepipeda corrisponde ad una qualsiasi forma parallelepipeda epossiede già un certo schematismo che può, a sua volta, orientare la co truzione dello stampo, che consiste in un insieme di azioni coerenti e implicitamente contenute. L'argilla non risulta deformabile solo passivamente; al contrario, essa è attivamente plastica, poiché colloidale. La sua capacità di acquisire una forma non i differisce da quella che le consente di conservarla, poiché l'acquisizione e la conservazione della forma sono un tutt'uno: costituì cono una deformazione senza rotture, dotata di una profonda coerenza fra catene molecolari. La preparazione dell'argilla consiste nella costituzione di questo stato di uguale distribuzione delle molecole, ovvero di questo ordinamento in catene. La formazione subentra già nel momento in cui l'artigiano mescola la pasta prima di introdurla nello stampo. La forma, infatti, non consiste esclusivamente nel fatto di essere parallelepipeda, quanto altre ì nel non presentare crepe all'interno del parallelepipedo, senza bolle d'aria e senza incrinature: la fine coe ione consiste nel risultato di una formazione e suddetta formazione coincide con lo sfruttamento dei caratteri colloidali dell'argilla. Prima di qualsiasi elaborazione, l'argilla, nella palude, risulta già formata, poiché già colloidale. Il lavoro dell'artigiano impiega questa forma elementare, senza la quale non sarebbe possibile realizzare nulla e che risulta omogenea in rapporto alla forma dello stampo: sussiste pertanto esclusivamente un cambiamento di scala* fra le due semi-catene tecniche. Nella palude, l'argilla possiede già le sue proprietà colloidali, tuttavia esse risiedono in ciascuna molecola e in ciascun granello separatamente. Pertanto, essa costituisce già la forma che in seguito pos iederà il mattone omogeneo e formato . La qualità della materia costituisce fonte di forma , elemento di forma, che l' operazione tecnica induce ad un mutamento di scala. All' interno dell'altra semicatena tecnica, la forma geometrica si concretizza acquisendo la dimensione dello stampo, di legno assemblato, di legno spolverato o inumidito2 • L'opera-
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Lo stampo dunque non con siste solo nello stampo bensl anche nel termine della catena inter-elementare che comporta vasti insiemi che contengono l' individuo futuro (operaio , officina, pressa , argilla) e contenente energia potenziale. Lo stampo totalizza e accumula queste relazioni inter-elementari come l'argilla trattata
l
tlllllll
e materia
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/lUne tecnica prepara due semi-catene di trasformazioni che si incontrano in un certo punto, quando i due oggetti elaborati po seggono caratteri compatibili c si trovano sulla stessa scala: la costituzione di questa relazione non si wnfìgura come unica e incondizionata, ma si svolge piutto to per tappe. Ciò l hc ~ i considera come formazione unica consiste. infine, nel! 'ultimo episodio d1 una serie di trasformazioni. Quando il blocco d' argilla riceve la deformatione finale che gli consente il riempimento dello stampo , le sue molecole non ~ i riorganizzano di colpo, ma si spostano reciprocamente e solo quando lu loro topologia acquisisce un carattere stabile si verifica l'ultima deformalione globale. Ora, questa deformazione non deriva prettamente dalla formatione dell'argilla per opera del suo contorno. L'argilla produce un mattone poiché questa deformazione procede su masse nelle quali le molecole risultano preordinate reciprocamente, in assenza d'aria, di detriti sabbiosi, in uno -.tato ottimale di equilibrio; se nel dominio di un' ultima deformazione, lo -.tampo non dirigesse questo preliminare e precostituito ordinamento, esso non produrrebbe alcuna forma. Si può dunque giungere ad affermare che la forma dello stampo opera sulla forma dell'argilla e non piutto to sulla semplice materia-argilla. Lo stampo, piuttosto che imporre una forma, limita, -.tabilizza e assegna una conclusione alla deformazione, ovvero la persegue 1nterrompendola, impiegando un determinato contorno: modula cioè l' insieme dei fili già formatisi*. U gesto dell'operaio che riempie lo stampo e pigia la terra pro egue il gesto precedente di mescolatura, trafilatura ed impastatura: lo stampo assume il ruolo di un in ieme tatico di mani che modellano, agendo come mani immobili ma che, al contempo, impastano. La materia si configura come tale perché contiene una proprietà positiva che le consente di essere modellata. Il modellamento non coincide con l' assoggettamento a spostamenti arbitrari , quanto , piuttosto, all'ordinamento della sua plasticità in base a forze definite che stabilizzano la sua deformazione. L'operazione tecnica consiste in una mediazione fra un insieme interelementare ed un insieme intra-elementare. La forma pura contiene al suo interno dei gesti e la materia prima si configura come facoltà di divenire: i ge ti contenuti nella forma ' incontrano con il divenire della materia e finiscono per modularlo. Affinché la materia risulti modulabile all' interno del uo divenire, occorre che coincida, nel momento in cui l'operaio la pigia nello stampo, con una realtà deformabile, ovvero con una realtà che non possegga una forma definita, quanto, piuttosto, tutte le forme possibili, indefinitamente e dinamicamente. Tale realtà, mentre possiede inerzia e consistenza , ri ulta, al contemtotalizza e accumula le interazioni molecolari intra-elementari degli idrosilicaù di alluminio.
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L' individuazione
po, depositaria di forza, per lo meno istantaneamente, e si identifica, punto per punto, con questa stessa forza. Affinché l'argilla riempia lo stampo, non basta ch'essa sia plastica: occorre altresì che trasmetta la pressione impressagli dall'operaio e che ciascun punto deiJa sua massa costituisca un centro di forze. L'argilla i pigia nello stampo che riempie propagando con esso, nella sua massa, l'energia dell'operaio. Durante il periodo del riempimento, si attual izza un 'energia potenziale3 . Occorre che l'energia che pigia l'argilla, nel sistema stampo-mano-argilla, sussista nella forma di energia potenziale affi nché l'argilla riempia tutto lo spazio vuoto e si sviluppi in qualsiasi direzione, arrestandosi esclusivamente a causa delle pareti dello stampo. Le pareti dello stampo non intervengono affatto come strutture geometriche materializzate , bensì puntualmente, come luoghi stabili che non consentono l'avanzamento dell'argilla in espansione, opponendo alla pressione ch'essa sviluppa una forza uguale e contraria (principio di reazione), senza compiere alcun lavoro, giacché, appunto, non si verifica alcuno spostamento. Le pareti dello stampo assumono, in rapporto all'argilla, lo stesso ruolo di un qualsiasi elemento dell'argiiJa in rapporto all'elemento prossimo: all'interno della massa, la pressione di un elemento in rapporto ad un altro risulta tanto forte quanto quella esercitata da un elemento della parete dello stampo in rapporto ad un elemento della massa. La sola differenza risiede nel fatto che la parete non si sposta, mentre gli elementi dell 'argilla sono in grado di spo tarsi reciprocamente e in rapporto alle pareti stesse4 • S 'attualizza, così, un 'energia potenziale che si traduce, per l'argilla, in forze di pressione durante il riempimento. La materia veicola per suo tramite un'energia potenziale attualizzantesi: la forma, che in que to caso coincide con lo stampo , svolge un ruolo informante esercitando forze senza compiere lavoro, forze , appu nto, che limitano l' attualizzazione dell'energia potenziale di cui risulta, momentaneamente, foriera la materia. Nel concreto, questa energia può attualizzarsi secondo una qualsiasi direzione e una qualsiasi rapidità, ovvero la forma limite. La relazione fra materia e forma non si effettua, in definitiva, fra materia inerte e forma proveniente dall 'esterno: sussiste al contrario un 'operazione comune fra materia e forma, che giace alloro stesso livello d'e istenza. Questo comune livello di esistenza consiste in quello della forza, che scaturisce da un'ener3
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Quest'energia manife ta lo stato macroscopico de l sistema che contiene il futuro individuo ed è di origine interelementare. Ora, essa e ntra in comunicazione interattiva con c iascuna molecola della materia, ed è da que ta comunicazio ne che scaturisce la forma, contemporanea alJ ' individuo . Così , l' indi viduo si costituisce per quest' atto di comun icazione in seno ad una società di particelle in interazione reciproca, fra tutte le molecole e l'azione della formatura.
l-'orma e materia
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gia momentaneamente veicolata dalla materia, ma originatasi da uno stato di -.i tema interelementare totale, di dimensione superiore, che esprime i limiti individuanti. L'operazione tecnica costituisce due semi-catene che, a partire dalla materia bruta e dalla forma pura, si orientano l'una ver o l'altra finendo per congiungersi. Questo congiungimento è reso possibile dalla congruenza dimensionale dei due capi della catena; le maglie succe si ve di elaborazione trasferiscono caratteri senza per questo crearne di nuovi: si stabiliscono così esclu ivamente mutamenti d'ordine di grandezza, di livello e di stato (per esempio il passaggio dallo stato molecolare a quello molare*, dallo stato secco a quello umido). Ciò che si ritrova al termine della semi-catena materiale consiste nell 'attitudine della materia a veicolare punto per punto un'energia potenziale che può provocare un movimento in un senso indeterminato, mentre ciò che si rintraccia all'inizio della semi-catena formale consi te nell'attitudine di una struttura a condizionare un movimento, senza per que to compiere lavoro, attraverso un gioco di forze che non spostano il loro punto di applicazione. Tuttavia, anche quest'affermazione non risulta del tutto vera: affi nché lo stampo possa Limitare l'espansione della terra plastica e dirigere staticamente quest'espansione, occorre che le pareti dello stampo sviluppino una forza di reazione uguale alla spinta della terra . La terra rifluisce e si tipa riempiendo i vuoti, mentre la reazione delle pareti dello stampo ri ulta leggermente più elevata delle forze che si esercitano, secondo sensi diversi, all'interno della massa della terra: al contrario, quando lo stampo è completamente riempito, le pressioni Lnterne risultano dappertutto uguali alle forze di reazione delle pareti, così che non si verifichi più alcun movimento. La reazione deiJe pareti consiste, dunque, nella forza statica che dirige l'argi lla nel corso del riempimento, proibendone l' espansione in determinate direzioni. Tuttavia, le forze di reazione non possono esistere che a seguito di una lieve flessione elastica delle pareti ; si può dunque affermare, dal punto di vista materiale, che la parete formale costituisce il limite a partire dal quale uno spostamento in un senso determinato risulta possibile a prezzo di un notevole accrescimento del lavoro. Tuttavia, affinché suddetta condizione di accrescimento del lavoro risulti efficace, occorre che cominci a realizzarsi prima che l'equilibrio s'infranga e che la materia acquisisca altre direzioni nelle quali non risulti limitata, sospinta dall'energia che veicola e attualizza durante l'avanzamento. Occorre, pertanto, che le pareti dello stampo compiano un piccolo lavoro , ovvero quello che corrisponde ad un lieve spostamento del punto d'applicazione delle forze di reazione. Tuttavia, questo lavoro non si aggiunge a quello prodotto dall'attualizzazione dell 'energia veicolata dall' argilla, né vi si sottrae, né interferisce con esso, ma può essere tuttavia riprodotto quando si vuole. Uno stampo di legno leggero si deforma
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L 'individuazione
notevolmente per causa della brusca pressione dell'argilla, acquisendo successivamente la forma originaria. Uno stampo di legno pesante è soggetto ad una minore deformazione, mentre uno stampo in silicio o in ghisa non subisce deformazioni considerevo)j. Inoltre, il lavoro positivo che si compie durante il riassestamento compensa in larga parte il lavoro negativo compiutosi durante la deformazione*. Lo stampo può presentare una certa elasticità, ma non deve essere di natura plastica. Tanto le forze quanto la materia e la forma sono poste in rilievo. La sola differenza fra i regimj di forza della materia e quelli della forma risiede nel fatto che le forze della materia scaturiscono da un'energia veicolata dalla materia e pertanto risultano sempre disponibili , mentre le forze della forma producono un lavoro lievissimo, intervenendo esclusivamente in qualità di limiti di attualizzazione dell'energia materiale. Forma e materia non differiscono istantaneamente, quanto, piuttosto, nel corso del divenire: la forma non costituisce un veico.lo d'energia potenziale. La materia consiste in materia informante, solo poiché può essere veicolo di un' energia attualizzantesi punto per punto5; il trattamento preliminare della materia bruta svolge la funzione di rendere la materia supporto omogeneo di una definita energia potenziale. È per tfamjte di quest'energia potenziale che la materia diviene, mentre la forma , al contrario, non diviene affatto. Nel corso dell' operazione istantanea, le forze che appartengono alla materia e quelle che provengono dalla forma non differiscono, ma risultano omogenee le une in rapporto alle altre ed appartengono al medesimo sistema fisico istantaneo. Tuttavia, esse non appartengono al medesimo sistema temporale. I lavori compiuti dalle forze di deformazione elastica dello stampo non persistono dopo la formatura: esse, infatti, o si annullano o si degradano in calore, e pertanto non producono nulla nell'ordine di grandezza dello stampo. Al contrario, l'energia potenziale della materia si è attualizzata nell 'ordine di grandezza della massa d'argilla fornendo una ripartizione delle masse elementari. Ecco spiegato il motivo per cui il trattamento preliminare dell'argilla prepara quest'attualizzazione, rendendo cioè la molecola solidale con le altre e l' insieme deformabile, affinché ciascuna particella partecipi ugualmente all'energia potenziale, la cui attualizzazione consiste nella formatura. 5
Sebbene quest'energia sia un'energia di stato, ovvero un 'energia del sistema interelementare; è in quest' interazione di due ordini di grandezza a livello dell ' individuo , come incontro di forze, che risiede la comunicazione fra ordini di grandezza, sotto l'egida di una singolarità, principio di forma ed innesco di individuazione. La singolarità mediatrice consiste in questo caso nello stampo ; in altri casi, nella Natura , può essere la pietra che innesca la duna , la ghiaia , germe di un ' isola in un fiume trasportata dalle alluvioni: essa è di livello intermedio fra la dimensione interelementare e quella intra-elementare.
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Risulta perciò essenziale che tutte le particelle, senza discontinuità né privilegi, posseggano le medesime possibilità di deformazione in qualsiasi senso: una scoria, una pietra non costituiscono settori di partecipazione nel senso di questa potenzialità attualizzantesi loca)jzzando il suo supporto, ma si configurano come singolarità parassi te*. La pre enza di uno stampo, ovvero di limiti d ' attualizzazione, crea, all ' interno della materia, uno stato di reciprocità di forze che conduce all'equilibrio. Lo stampo non agisce dall'esterno imponendo una forma, la sua azione si riverbera in tutta la massa attraverso un 'azione di molecola in molecola, di particella in particella. Pertanto, l 'argilla, al termine della formatura, coincide con la massa all'interno della quale tutte le forze di deformazione incontrano, in tutti i sensi , forze eguali e contrarie che, a loro volta, risultano in grado di equilibrarle. Lo stampo traduce La sua esistenza nella materia orientandola verso uno stato di equilibrio. Affinché sussista tale equilibrio, risulta opportuno che al termine dell 'operazione sussista una certa quantità di energia potenziale non ancora attualizzata, contenuta nel sistema complessivo. Non sarebbe corretto affermare che la forma gioca un ruolo statico mentre la materia ne svolge uno dinamico. Affinché sussista un sistema unico di forze, è necessario che materia e forma svolgano un ruolo dinamico. Tuttavia, quest'uguaglianza dinamica si realizza solo istantaneamente*. Mentre la materia evolve, la forma non evolve né si modifica, poiché non contiene alcuna potenzialità. Quest'ultima reca potenzialità uniformemente distribuite e ripartite al suo interno ; l'omogeneità della materia coincide con l'omogeneità del suo divenire possibile. Ciascun punto ne risulta in possesso allo stesso modo degli altri. La materia nel corso di prendere una forma si trova in stato di completa risonanza interna; ciò che accade in un punto si riverbera sugli altri, il divenire di ciascuna molecola si ripercuote sul divenire di tutte le altre, in ogni punto ed in ogni direzione. La materia consiste in una realtà i cui elementi non risu ltano isolati gli uni dagli altri né eterogenei gli uni in rapporto agli altri; ogni eterogeneità si configura come condizione di non-trasmissione di forze e pertanto di non-risonanza interna. La plasticità dell'argilla consiste nella sua capacità di trovarsi in stato di risonanza interna dal momento che è soggetta ad una pressione da parte di una cassa. Lo stampo, in quanto limite, consiste in ciò che provoca la risonanza interna. Ciò nondimeno, lo stampo non corrisponde strettamente a ciò attraverso cui la risonanza interna si realizza; lo stampo, cioè, non si identifica con ciò che, nella Lerra plastica, trasmette uniformemente ed in ogni senso le pressioni e gli spostamenti . Non si può ritenere che lo stampo assegni una forma: è piut-
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tosto l 'argilla che prende forma sulla base dello stampo , poiché essa entra in comunicazione con l'operaio*. La positività di questa presa di forma appartiene alla terra e ali ' operaio, coincide con la ri onanza interna e si identifica con il lavoro di questa risonanza interna6 • Lo stampo interviene quale condizione di contenimento, limite, arresto espansivo, direzione di mediazione. L'operazione tecnica istituisce la risonanza interna nella materia che prende forma, per mezzo delle condi zioni energetiche e delle condizioni topologiche*; le condizioni topologiche, a loro volta, possono essere denominate forma, mentre le condizioni energetiche manifestano l' intero sistema. La ri sonanza consiste in uno stato di sistema che necessita la suddetta realizzazione di condi zioni energetiche , di condizioni topologiche e di condi zioni materiali: la risonanza consiste in uno scambio di energia e di movimenti a ll ' interno di una cassa determinata, ovvero in una comunicazione tra una materia microfisica e un 'energia macrofis ica , a partire da una singolarità mediana e topologicamente definita . 2. Validità dello schema ilomorfico; la zona oscura dello schema ilomorfico; generaliuazione della nozione di presa di forma; modellatura, formatura , modulazione L'operazione tecnica della presa di forma può dunque essere impiegata quale paradigma, a condizione che si richieda a questa operazione di paleare le relazioni effetti ve ch'essa istituisce. Ora, queste relazioni non si stabiliscono fra la materia bruta e la forma pura, bensì fra la materia preparata e la forma materiali zzata: l'operazione di forma non presuppone esclusivamente materia bruta e forma pura, ma anche dell 'energia. La forma materializzata consiste in una forma che può agire come limite, come fron tiera topologica di un istema. La materia trattata consiste in quella materia che può veicolare potenziali energetici caricati dalla manipolazione tecnica. La forma pura , per e ercitare un ruolo nell'operazione tecnica, deve divenire sistema di punti d 'applicazione di forze di reazione, mentre la materia bruta diviene veicolo omogeneo d 'energia potenziale. La presa di forma coincide con un 'operazione comune alla fo rma e aJJa materia all 'interno di un istema: la condizione energetica risulta es enziale, ma al contempo non è fornita dalla sola forma. Tutto il sistema, infatti, è ede di energia potenziale, proprio perché la presa di forma è un 'operazione che agisce in
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In quest'i stante, la materia non si configura più come materia preindividuale, materia molecolare, bensì già come individuo . L'energia potenziale che si attualizza esprime uno stato di sistema interelementare più ampio della materia stessa .
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profondità e all'interno di tutta la massa, a seguito di uno stato di reciprocilà della materia in rapporto a se stessa7 • La ripartizione dell'energia risulta determinante durante la presa di forma, e la mutua convergenza della materia e della forma è relativa alla possibilità di esistenza e ai caratteri di tale ,istema energetico. La materia costituisce il veicolo di quest'energia e la forma che modu la la ripartizione di questa stessa energia. L'unità materiaforma, nel momento della presa di forma , si trova in regime energetico. Lo chema ilomorfico contempla esclusivamente i due estremi di queste '>emi-catene elaborate dali ' operazione tecnica; lo schematismo de li ' operatione stessa risulta occultato e ignorato. Si rileva una difetto nella rappresentazione ilomorfica, che causa la scomparsa dell'effetti va mediazione, ovvero della stessa operazione che collega entrambe le semi-catene istilUendo un sistema energetico, uno stato che evolve e deve necessariamente esistere affi nché si manifesti un oggetto dotato della sua ecceità. Lo schema ilomorfico è paragonabile alla conoscenza che possiede un uomo esterno alla bottega, e che pertanto può prendere in considerazione esclusivamente i prodotti che vi entrano e quelli che ne fuoriescono. Allo scopo di cono> come per esempio il fotone nell 'effetto fotoelettrico o nell'effetto Compton. Ora, secondo Louis de Broglie , la seconda definizione costituisce una conseguenza della prima, ma il suo inverso non risulta altrettanto valido: «si può infatti immaginare che esistano unità fisiche suscettibili di produrre effetti locali , ma che non po sano essere costantemente identificate con piccoli oggetti che descrivano nello spazio traiettorie lineari» (Louis de Broglie, Ondes, Corpuscules, Mécanique ondulatoire, p. 73)*. Ora, è a partire da ciò che occorre scegliere fra le modalità di definizione la relazione dell'onda e del corpuscolo. Qual è il termine più reale? Sono ugualmente reali? L'onda consiste esclusivamente in un campo di probabilità, che per il corpuscolo corrisponde alla probabilità di manifestare localmente la sua presenza attraverso un 'azione osservabile in questo o quest'altro punto? Louis de Broglie dimostra che tutte e tre le interpretazioni risultano logicamente possibili. Al contempo, l'autore ha deciso di accettare quella che consentirebbe di operare la sintesi più vasta delle nozioni d'onda e corpuscolo. Partito, come abbiamo cercato di dimostrare, dai due casi in cui la necessità di questa connessione risultava evidente, ovvero quella del fotone e quella dei movimenti quantici dei corpuscoli , ha voluto rendere possibile questo legame per elettroni e altri elementi della materia o della luce connettendo gli aspetti di onda e corpuscolo indissolubilmente legati l ' uno all'altro, per mezzo di formule in cui comparisse necessariamente la co tante h di Planck. La prima specie di relazione fra onda e corpuscolo è quella di Schrodinger che consiste nel negare la realtà del corpuscolo*. In quest'ottica , solo le onde avrebbero un significato fisico, analogo a quello delle onde nelle teorie classiche. In certi casi, la propagazione delle onde darebbe luogo a certe apparenze corpuscolari , ma non si tratterebbe che di apparenze. «A Il ' inizio, per precisare quest'idea, Schrodinger aveva assimilato il corpuscolo ad un piccolo treno d'onda, ma quest'interpretazione non poteva essere sostenuta a pieno titolo, non fosse altro perché un treno d'onda manifesta sempre la tendenza ad estendersi rapidamente e senza sosta, più a lungo nello spazio,
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e di conseguenza non potrebbe rappresentare un corpuscolo dotato di una stabi lità prolungata» (Louis de Broglie, Communication à la séance de la Société Française de Philosophie , séance du 25 avril 1953, p. 143)*. Louis de Broglie non accetta questa negazione del corpuscolo, e ritiene piuttosto di voler ammettere la dualità onda-corpuscolo proprio come "una realtà fi sica". La seconda interpretazione ammette come reale la dualità onda-corpuscolo e intende assegnarle un significato concreto, conforme alle teorie tradizionali della Fisica, considerando il corpuscolo alla stregua di una singolarità in seno ad un fenomeno ondulatorio, di cui, a sua volta, costituirebbe il centro. Tuttavia, afferma de Broglie , la difficoltà consiste nel sapere per quale ragione la Meccanica ondulatoria impieghi con successo onde continue senza singolarità, come le onde continue della teoria classica della luce. Infine, la terza interpretazione consiste nel considerare unicamente le idee di corpuscolo e di onda continua, come aspetti complementari della realtà, nel senso che Bohr attribuisce loro; tale interpretazione è ritenuta "ortodossa" da Louis de Broglie. La seconda interpretazione coincideva inizialmente con quella di Louis de Broglie, nel 1924, all 'indomani del sostenimento della sua tesi: egli considerava infatti il corpuscolo come una singolarità in seno ad un fenomeno ondulatorio esteso, il tutto costituente un ' unica realtà fisica. «Il movimento della singolarità, connesso all'evoluzione del fenomeno ondulatorio di cui costituiva il centro, si trovava a dipendere da tutte le circostanze che questo fenomeno ondulatorio incontrava durante la sua propagazione nello spazio. Per questo motivo il movimento del corpuscolo non obbediva alle leggi della Meccanica classica, che consiste in una Meccanica puntiforme in cui il corpuscolo subisce esclusivamente l' azione di forze che si esercitano nel corso della sua traiettoria senza subire alcuna ripercussione a causa dell'esistenza degli ostacoli che può incontrare durante e al di fuori della sua traiettoria: nella mia concezione, al contrario, il movimento della singolarità subirebbe l' influenza di tutti gli ostacoli influenti suUa propagazione del fenomeno ondulatorio con cui è sodale e spiegherebbe così l'esistenza delle interferenze e della diffrazione» (Louis de Broglie , Communication à la séance de la Société Française de Philosophie, séance du 25 avril 1953)*. Ora , la Meccanica ondulatoria, afferma Louis de Broglie, si è sviluppata considerando e elusivamente soluzioni continue, prive di singolarità, di equazioni di propagazione, soluzioni che abitualmente designa con la lettera qJ . Se si associa al movimento rettilineo uniforme la propagazione di un 'onda (di un 'onda 'P piana e monocroma) ci si imbatte comunque in una
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difficoltà: la fase dell'onda che consente di definire la frequenza e la lunghezza d'onda associate al corpuscolo sembrerebbero possedere un senso fisico diretto, mentre l'ampiezza costante dell 'onda associata al corpuscolo sembrerebbe costituire una mera rappresentazione statistica delle possibili posizioni del corpuscolo. «Persisteva dunque una mescolanza di individuale e stati tico su cui mi arrovellavo e che mi sembrava opportuno chiarire il prima possibile», afferma Louis de Broglie nella stessa relazione È allora che l'autore, nel 1927, in articolo apparso in maggio nel Journal de Physique* (T. VIII, 1927, p. 225), postulò che tutte le soluzioni continue delle equazioni della Meccanica sono in qualche modo raddoppiate da una soluzione con singolarità u che comporti una singolarità generalmente mobile, il corpuscolo appunto, dotato della stessa fase della soluzione \Il. Fra la soluzione u e la soluzione \Il che banno tutte e due 1a forma d'onda non sussiste differenza di fase (essendo la fase la stessa funzione di x, y, z, t), mentre vi è comunque una notevole differenza di ampiezza, poiché quella della u comporta una singolarità mentre quella di \11 è continua. Se l'equazione di propagazione si suppone identica per u e per \11 si può allora dimostrare un teorema fondamentale: la singolarità mobile di u deve descrivere nel corso del tempo una traiettoria tale che in ciascun punto la velocità risulti proporzionale al gradiente della fase. «Si potrebbe così affermare che risulta possibile tradurre in questo modo la reazione di propagazione del fenomeno ondulatorio sulla singolarità che ne forma il centro. Ho altresì dimostrato che que ta reazione poteva esprimersi considerando il corpuscolo-singolarità come soggetto ad un "potenziale quantico" che, a sua volta, consisteva esattamente nell ' espressione della reazione quantica su di esso». Si può così interpretare la diffrazione della luce causata dal bordo dello schermo, che risulta di conseguenza deviata dal suo cammino rettilineo, secondo quanto affermato dai sostenitori della vecchi a teoria corpuscolare della luce, pur considerando, al contempo, che l 'azione del bordo dello schermo sul corpuscolo si verifica per mezzo dell' intermediario di questo " potenziale quantico", espressione matematica della reazione dell'onda ul corpuscolo: l'onda servirebbe così da mezzo di scambio energetico fra corpu colo e bordo dello schermo. Secondo que t' interpretazione, l'onda u con la sua singolarità mobile, costituisce contestualmente sia il corpu colo sia il fenomeno ondulatorio che lo circonda, costituendo così un' unica realtà fisica. È l'onda u che descri ve l'onda fisica e non piuttosto l'onda \11 che, a sua volta, non possiede alcun significato fisico reale; supponendo che l'onda 'P abbia la stessa fase dell' onda u, e c he il corpuscolosingolarità si sposti sempre seguendo il gradiente di fa e, le traiettorie possibili del corpuscolo coincidono con le curve ortogonali alle superfici della
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stessa fase di \11. Questo fatto induce a considerare la probabi lità di trovare il corpuscolo in un punto uguale al quadrato dell'ampiezza, all ' intensità dell'onda \11. Questo principio era già stato ammesso in Meccanica ondulatoria poiché risultò necessario per elaborare la teoria della diffrazione degli elettroni . Nel 1905, Einstein aveva già dimostrato che, affinché un foto ne sia presente in un punto dello spazio, la probabilità risulta proporzionale al quadrato dell 'ampiezza dell'onda che gli è associata; in questo caso, si reperisce uno dei principi fondamentali della teoria ondulatoria della luce, ovvero quello in base al quale la densità dell'energia radiante scaturisce dal quadrato dell'ampiezza dell'onda luminosa. In tal caso, l'onda \11 apparirebbe come un'onda puramente fittiz ia, semplice rappresentazione di una probabilità. Tuttavia, è opportuno notare che questo carattere formale dell'onda \11 risulta per certi versi prettamente nominale, essendo tale per il solo fatto che, trovandosi in concordanza di fase con quest'ultima, esisteva un'onda u con singolarità che descriveva realmente il corpuscolo, centro di un fe nomeno ondulatorio esteso. Fu così che, nel 1953, Louis de Broglie concluse la sua esposizione retrospetti va affermando che «Se si avesse l'impressione che l'onda \11 risulti sufficiente a descrivere interamente il comportamento del corpuscolo potendolo osservare sperimentalmente, ciò sarebbe in ragione della coincidenza delle fasi, che costituiva la chiave della mia teoria»*. A quell 'epoca, questa teoria, per essere recepita, necessitò che si ricostituisse la teoria dei fenomeni di interferenza, per esempio quella delle fenditure di Young, impiegando esclusivamente l'onda u di singolarità. Si è dovuto ugualmente interpretare con l'aiuto delle onde u la Meccanica ondulatoria dei sistemi di corpuscoli sviluppata nel quadro dello spazio di configurazione da Schrodinger*. Ma, nel l 953 Louis de Broglie propose una modifica alla defi nizione dell'onda u: «Nel 1927 consideravo la soluzione con singolarità delle equazioni lineari ammesse dalla Meccanica ondulatoria per l'onda \11 . Diverse considerazioni, e in particolare l'accostamento alla teoria della Relatività generale, d i cui pure mi occuperò in eguito, mi han no indotto a pensare che la vera equazione di propagazione dell'onda u potesse non essere lineare, come quelle che si riscontrano nella teoria della gravitazione di Einstein, equazione non lineare che am mettesse come forma approssimativa l'equazione della Meccanica ondulatoria quando i valori di u risultassero particolarmente deboli. Se questo punto di vista fosse esatto, si potrebbe altre ì ammettere che l'onda u non comporta una singolarità mobile nel enso stretto del termine singolarità, quanto, piuttosto , più semplicemente una piccolissima regione singolare mobile (senza dubbio di di mensioni dell 'ordine di 10· 13) all ' interno della quale i valori di u sarebbero così rilevanti da invalidare l'appros-
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simazione lineare, sebbene essa risulti valida in tutto lo spazio esterno a questa piccola regione. Purtroppo questo cambiamento di prospettiva non facilita la risoluzione dei problemi matematici che si pongono , poiché se lo studio di soluzioni con singolarità di equazioni lineari risulta spe so difficile, quello della soluzione di equazioni non lineari lo è ancor più» (stessa opera, p. 147)*. Louis de Broglie provò a semplificare la sua teoria per il Consiglio di Solvay del l 927, introducendo la nozione di "onda pilota" che consisteva essenzialmente nell'onda W considerata come guida del corpuscolo secondo la formula: "velocità proporzionale al gradiente di fase". Poiché il movimento del corpuscolo è definito dal gradiente della fase comune alle soluzioni u e W, ciò accade come se il corpuscolo fosse in apparenza guidato dall ' onda continua W. Il corpuscolo diviene dunque una realtà indipendente. Questa rappresentazione non fu ben accolta al Consiglio di Solvay e Louis de Broglie rimpianse di aver semplificato la sua teoria nel sen o di un certo formalismo che sfociava in un nominalismo: «la teoria dell 'onda pilota sfocia nell'inaccettabile risultato di far derivare la determinazione del movimento del corpuscolo da una grandezza, ovvero l'onda continua I.JI, che non possiede alcun significato fisico reale e che dipende dallo stato delle conoscenze di colui che l' impiega e che deve bruscamente variare allorquando un' informazione ulteriore modifica queste conoscenze. Se le concezioni che ho enunciato nel 1927 dovranno un giorno risuscitare dalle loro ceneri , ciò potrebbe accadere solo nell 'ingegnosa forma della doppia soluzione e non nella forma tronca e inaccettabile dell 'onda-pilota» (Opera citata, p. 148)*. Louis de Broglie sostiene che la prima formulazione della sua teoria, che comporta l'onda u e l'onda W, per quanto difficile da gi ustificarsi matematicamente, sia di gran lunga superiore a quella dell 'onda pilota, poiché suscettibile, in caso di riuscita, di offrire una visione puntuale della costituzione della materia e delle dualità di onde e corpuscoli , nonché di consentire forse l' assimilazione delle concezioni quantistiche e di quelle relativistiche. Ora, quest' approssimazione è ardentemente desiderata da Louis de Broglie, che la considera per giunta "grandiosa". È per questo motivo che Louis de Broglie considera nuovamente come meritevole di un rinnovato studio la teoria della doppia soluzione (onda u e onda W), a partire dal momento in cui si accorse che Bohm e Vigier tavano rivalutando questo punto di vista. Vigier stabilì , sulle orme del tentativo di Bohm , un'approssimazione fra la teoria della doppia soluzione ed un teorema dimostrato da Einstein. Einstein , dopo aver sviluppato le grandi direttive della Relatività generale, si era occupato di come si potesse rappresentare la struttura atomica della materia attraverso singolarità
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di campo gravitazionale. Ora, nella Relatività generale si ammette che il movimento di un corpo è rappresentato in uno spazio-tempo curvo da una geodetica di questo spazio-tempo*; questo postulato aveva concesso ad Einstein di rintracciare il movimento dei pianeti intorno al Sole, fornendo altresì un' interpretazione dello spostamento del perielio di Mercurio. Pertanto, se si intendono definire le particelle elementari della materia sulla scorta dell 'esistenza di singolarità nel campo di gravitazione, dovrebbe essere possibile dimostrare, a partire dalle sole equazioni del campo gravitazionale, che il movimento delle particelle ha luogo seguendo la geodetica dello spazio-tempo senza ammettere questo risultato come postulato indipendente. Questo fatto venne dimostrato da Einstein nel 1927 che a quel tempo collaborava con Grommer, ed in seguito la dimostrazione venne ripresa ed estesa in diversi modi da Einstein e dai suoi collaboratori Infeld ed Hoffman*. La dimostrazione del teorema di Einstein , afferma Louis de Broglie nel 1953, possiederebbe una certa analogia con quelle da lui stesso prodotte nel 1927 per provare che un corpuscolo deve sempre avere la sua velocità diretta secondo il gradiente di fase dell'onda u di cui costituisce una ingolarità. «Vigier effettuò numerosi e non meno arditi tentativi per precisare quest'analogia, cercando di introdurre le funzioni d 'onda u nella definizione della metrica dello spazio-tempo. Sebbene questi tentativi non siano giunti a pieno compimento, è ben certo che la via intrapresa risulta senza dubbio molto interessante, poiché potrebbe indurre all'unificazione delle idee della Relatività generale e della Meccanica ondulatoria» (opera citata, p. 156)*. Ai corpuscoli materiali ed ai fotoni , considerati come regioni singolari nella metrica dello spazio-tempo c ircondate da un campo ondulatorio cui apparterrebbero e la cui definizione introdurrebbe la costante di Planck, sarebbe possibile , secondo Louis de Broglie, unire le concezioni di Ei nstein sulle particelle e quelle della teoria della doppia soluzione. Questa "grandiosa sintesi" della Relatività e de i Quanti avrebbe, fra molti altri , il vantaggio di evitare il "soggettivismo", connesso, secondo Louis de Broglie, all'idealismo dei filosofi, che tende a negare l'esistenza fi sica indipendente dell 'osservatore. «Ora, il fisico resta istintivamente, come Meyerson ha recentemente fortemente sottolineato, un "realista"* e possiede pure, per questo, una qualche buona ragione: le interpretazioni soggettiviste gli causeranno sempre il presentimento di un certo disagio e credo che finalmente sarebbe felice di liberarsene» (opera citata, p. 156)*. Ma questa sintesi, a egnando un senso profondo e realista alla teoria della doppia soluzione, possiederebbe altresì un ulteriore vantaggio: le zone singolari dei diversi corpuscoli possono infatti sconfinare l' una nell'altra a partire da un certa scala; questo sconfinamento non risulta del tutto decisi-
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vo e rilevante su cala atomica (da J0·8 a J0·11 cm), tale da nuocere all'interpretazione "ortodossa", sebbene non accada necessariamente la stessa cosa su scala nucleare (10· 13 cm). Su questa scala è infatti possibile che le zone singolari dei corpuscoli sconfinino e che pertanto quest' ultime non possano più essere considerate come isolate. Vediamo così comparire una nuova modalità di calcolo della relazione fra gli individui fisici, che fa intervenire una considerazione di densità e altresì di caratteri individuali, definiti come singolarità dell 'onda u. Questa nuova via potrebbe entrare in contatto con la teoria dei fenomeni nucleari e in particolare con quella delle forze che mantengono la stabilità del nucleo. La Fisica potrebbe infatti definire una struttura di particelle che non risultasse possibile con l 'onda \.V e che, a sua volta, esclude qualsiasi rappresentazione strutturale di particelle a causa del suo carattere statistico. I nuovi tipi di mesoni scoperti potrebbero essere co ì provvisti di un ' immagine strutturale grazie a questo deci ivo ritorno alle immagini spazio-temporali*. L'onda statistica \.V non potrebbe più allora essere considerata come una rappresentazione compiuta della realtà e I' indeterminismo che accompagna questa concezione, nonché l' impossibilità di rappre entare le realtà della scala atomica in modo preciso nel quadro dello spazio e del tempo per mezzo di variabili che ci resterebbero celate, dovrebbero essere considerati come incompatibili con questa nuova rappresentazione della realtà fisica.
3. La teoria della doppia soluzione in meccanica ondulatoria Ora, occorre altresì osservare che, se si accetta, sin da principio, di non considerare l' individuo fi sico come una realtà limitata in se stessa e definita dai suoi stessi limiti spaziali , quanto, piuttosto , come singolarità di un'onda, ovvero come una realtà che non si può definire in base alla sola inerenza ai suoi limiti, ma che risulta altresì definita a partire dall 'interazione con le altre realtà fisiche, la conseguenza di questa iniziale estensione della definizione d' individuo consiste nel fatto che questa nozione sia affetta da un coefficiente di realismo . Al contrario, se la nozione di individuo viene definita in da principio, stricto sensu, come particella limitata dalle sue stesse dimensioni , allora que t'e sere fi sico perde la sua realtà e il formalismo probabilista scalza il realismo della teoria precedente. È precisamente nelle teorie probabiliste (che accettano sin da principio la nozione classica di individuo) che questa nozione sfuma nella teoria dell'onda di probabilità; i corpuscoli divengono cioè, secondo l' espressione di Bohr citata da Louis de Broglie, «unsharply defined individuals within finite pace-time limits». Anche l'onda perde qualsiasi significato realista e consiste meramente, se-
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condo l'espressione di Destouches*, in una rappresentazione di probabilità definita dalle conoscenze di chi la impiega: di conseguenza «Risulta peronale e soggettiva, alla stregua delle ripartizioni della probabilità, ed allo stesso modo si modifica bruscamente quando colui che la impiega acquisisce nuove informazioni: è ciò che He isenberg ha denominato ' 'riduzione del pacchetto d 'onde sulla scorta della misura", riduzione che basterebbe da sola a dimostrare il carattere non fisico dell'onda tV~~ (opera citata, p. 150)*. Questa probabilità non scaturisce da una qualche ignoranza; consiste in pura contingenza; tale è la " probabilità pura" che non scaturisce da un determini mo soggiacente definito e calcolabile di diritto a partire da parametri nascosti: i parametri occulti non esisterebbero. L'individuo fi sico, ovvero il corpuscolo, nelle teorie di Bohr e Heisenberg , diviene un insieme di potenzialità segnate dalla probabilità e consiste esclusivamente in un essere che si manifesta a noi in modo sfuggente, tanto sotto un aspetto, quanto sotto l'altro, in conformità con la nozione di complementarietà che appartiene alla teoria di Bohr, o in base alle relazioni d'incertezza di Hei enberg, fondamento di una teoria indeterminista e probabilista. Più in generale, non si può attribuire al corpuscolo né una posizione, né una velocità, né una traiettoria determinate: si può solo rivelare, nel momento in cui si compie una misurazione, come dotato o di una determinata posizione o di una precisa velocità. Po siede, per così dire, una serie di po izioni o di stati di movimento possibili, in modo tale che queste diver e potenzialità si possano attualizzare nel momento in cui le si misura con una certa potenzialità. L'onda \Il associata consiste nella rappresentazione di un insieme di potenzialità del corpuscolo con le loro rispettive probabilità. L'estensione dell'onda \Il nello spazio rappresenta l' indeterminazione della posizione del corpuscolo che, a sua volta, può rivelarsi in un punto qualsiasi della regione occupata dall'onda con una probabilità proporzionale al quadrato dell'ampiezza dell'onda in quel punto . Accade lo stesso per gli stati di movimento: l' onda \Il po siede una composizione spettrale in serie, o integrale di Fourier, e que ta scomposizione manifesta tutti gli tati possibili di tale misura data per il quadrato del coefficiente corrispondente della scomposizione di Fourier. Questa teoria dispone di un immediato e adeguato formalismo matematico. Teoria di funzioni e valori propri, sviluppo in erie di funzioni proprie, matrici, spazio di Hilbert: tutte le risorse dell'analisi lineare risultano così immediatamente adoperabili. Allo stato attuale, la teoria della doppia soluzione non risulta invece provvista dello sviluppo di un formalismo matematico; secondo diverse vie, sembra infatti che una certa irregolarità nello viluppo del pensiero matematico abbia condotto molto più agevolmente all'espressione della teoria
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indeterminista e probabilista piuttosto che della teoria della doppia soluzione. Tuttavia, il privilegio assegnato in questo modo dallo sviluppo matematico ad una delle relazioni onda-corpuscolo non deve essere considerata come indice di superiorità della dottrina più agevolmente formulabile , per quanto concerne il valore di rappresentazione della realtà fisica. Occorre disgiungere la petfezione formale dalla fedeltà al reale. Questa fedeltà al reale si traduce in un certo potere di scoperta e in un&. sicura fecondità nella ricerca. Ora, la teoria indeterminista e probabilista della relazione fra onda e corpuscolo sembra aver perduto questo potere euristico, rinserrandosi in un sempre maggiore formalismo auto-costruttivo (matrici S, lunghezza minima, campi non localizzati) che tuttavia non consente di risolvere ad esempio i problemi relativi alla stabilità del nucleo. Louis de Broglie considera quest'opposizione fra le due concezioni della relazione onda-corpuscolo come residenti essenzialmente nel postulato determinista o indeterminista. Si potrebbe ritenere altresì che ciò che costituisce un primo problema consiste innanzitutto nella rappresentazione dell'individuo fisico elementare, e solo in seguito a tutti gli altri livelli. La teoria probabilista non può essere tale che per il semplice fatto di considerare l 'individuo fisico nel modo in cui si manifesta nella relazione con il soggetto misurante; sussiste una sorta di ricorrenza delle probabilità che si installa nell'essere stesso dell'individuo fisico nonostante la contingenza della relazione con l 'assunzione della misura che interviene. Al contrario, alla base della teoria della doppia soluzione giace l'idea che la relazione possiede valore d'essere, è connessa all'essere e ne fa realmente parte. All'individuo appartiene quest'onda di cui è centro e singolarità ed è l'individuo che arreca lo strumento attraverso cui si stabilisce la relazione, sia che questa relazione sia quella di una misura sia che essa consista in un qualsiasi altro avvenimento che comporti uno scambio energetico. La relazione ha valore d'essere ed è pertanto un 'operazione individuante. Nella teoria indeterminista e probabilista, persiste, in rapporto all'individuo fisico, un certo sostanziali mo statico; l'individuo può anche essere uno dei termini della relazione, ma la relazione risulta indipendente dai termini; essa infatti costituisce una realtà puramente formale, realmente artificiale, quando s'istituisce una certa misurazione, ovvero una relazione fra soggetto e oggetto. Questo formalismo e quest'artificialità, scaturiti da una definizione piuttosto riduttiva dell ' individuazione fisica, ricade allora sulla definizione d'uso dell'individuo , che risulta praticamente definito a partire dalla relazione, divenendo dunque il suddetto "unsharply defined individuai". Ma precisamente l'individuo non può essere inizialmente " sharply defìned", ovvero prima d 'ogni relazione, poiché comporta, attorno a sé, la possibilità
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della sua relazione, in altri termini, esso consi te in questa possibilità di relazione. Individuazione e relazione sono inseparabili, poiché la capacità di relazione appartiene all'essere, alla sua definizione e alla determinazione dei suoi limiti: non vi è cioè alcun limite fra l'individuo e la sua attività di relazione; la relazione risulta infatti contemporanea ali ' essere e appartiene ali ' essere energicamente e spazialmente. La relazione esiste contemporaneamente all'essere in forma di campo, e il potenziale che essa definisce è reale e non piuttosto formale. Non perché l'energia esiste in forma prettamente potenziale allora essa non esiste. A questo punto, si ribatterà che non è possibile definire il potenziale al di fuori del sistema; ciò è vero, ma occorre che si postuli che l'indi vi duo è un essere che non può esistere come individuo se non in relazione con un reale non individuato. Nella concezione probabilista si postula che l'individuo sia solo e che di conseguenza si trovi incapace di incorporare la relazione che di conseguenza risulterebbe accidentale e indeterminata. Al contrario, la relazione non deve essere concepita né come immanente all'essere né come esterna e accidentale; queste due teorie si ricongiungono a partire dalla loro opposizione reciproca, nel senso che oppongono che l'individuo potrebbe essere tale solo di diritto. Se al contrario si suppone che un individuo appartiene ad un sistema, alla stregua di un minimo, la relazione diviene reale tanto quanto l'individuo, che, a sua volta, potrebbe astrattamente essere concepito come isolato. L' individuo è essere in relazione e consiste nel centro d'attività, sebbene quest' attività sia trasduttiva, ovvero si eserciti attraver o e con un campo di forze che modifica tutto il sistema in funzione dell'individuo e l'individuo in funzione di tutto il sistema. La relazione esiste sempre in forma di potenziale, ma, in un determinato istante, può o non può essere in grado di modificare correlativamente individuo e sistema. Le leggi quantistiche sembrerebbero indicare che questa relazione opera esclusivamente di grado in grado e non piuttosto in modo continuo, cosa che assicura al sistema, come ali ' individuo, stati stabili o metastabili, nonostante la conservazione dei potenziali. Il formalismo presuppone che l' individuo sia concepito prima della relazione, che resta dunque puramente calcolabile, senza risultare soggetta agli stati energetici dell'individuo; lo stato dell'individuo e i suoi cambiamenti di stato non sono concepiti come principio e origine della relazione. Nel formalismo, la sua relazione non si confonde con la sua modalità energetica. Al contrario, per il realismo, la relazione è sempre scambio energetico che implica un'operazione da parte dell'individuo: struttura e operazione dell'individuo risultano connesse e ogni relazione modifica la struttura così come ogni cambiamento strutturale modifica la relazione, o piuttosto è relazione, poiché ogni cambiamento di struttura dell'individuo
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modifica il suo livello energetico e implica di conseguenza uno scambio di energia con altri individui costituenti il sistema nel quale l'individuo ha ricevuto la sua genesi. Louis de Broglie sostiene che questo realismo esiga un ritorno alle rappresentazioni cartesiane dello spazio e del tempo, in cui tutto si compie per "figura e movimento". A tal proposito , risulta comunque opportuno conservare certe riserve: Descartes rifiuta in effetti di considerare come possibile l'azione a distanza, ammettendo esclusivamente la possibilità dell'azione per contatto. Affinché un individuo agisca in un punto, occorre che vi sia presente: la rappresentazione cartesiana dell 'individuazione identifica strettamente l' individuo con i suoi limiti geometrici, caratterizzati dalla figura. Sembra al contrario che la rappresentazione che considera l'individuo come singolarità di un'onda e che di conseguenza fa intervenire un campo, non am metta la rappresentazione cartesiana dell 'individuazione, anche se ammette la concezione del determinismo. Sussiste, per riprendere l'espressione di Bachelard, un'epistemologia non-cartesiana non in merito al determinismo o dell 'indeterminismo, bensì per ciò che concerne la modalità di azione di un individuo su un altro, per contatto o per mediazione di un campo (quello che Bachelard definisce «elettrismo)) )* . Sarebbe pertanto a causa di una definizione dell ' individuazione di origine cartesiana che la fisica probabilista sfocerebbe nell'indeterminismo. Ed è proprio questa definizione preliminare dell'individuo che costituisce il postulato basilare di ogni teoria fisica. Per Descartes, la relazione non fa parte dell'individuo, non lo esprime e non lo trasforma, ma consiste in un accidente in rapporto alla sostanza. La teoria indeterminista conserva questa definizione dell'individuo, perlomeno implicitamente, poiché calcola le probabilità di presenza in un punto senza tener conto dell'individuo che vi deve essere presente; si tratta cioè di un determinismo che postula i parametri nascosti come inesistenti. Tuttavia, ciò che risulta comune a questo determinismo e a quest'indeterminismo consiste nella determinazione, che si configura sempre come avvenimento per l'individuo e in alcun caso come operazione operazionale. La determinazione consiste in un rapporto e non piuttosto in una relazione, che consiste, a sua volta, in un concreto atto relazionale. È questa la motivazione per la quale occorre evitare di eccedere nel sostenere un ritorno a concezioni cartesiane dello spazio e del tempo. U sistema di Einstein, come peraltro afferma a più riprese Louis de Broglie, risulta molto più adatto a questa definizione dell'individuazione rispetto a qualsiasi altra, persino a quella di Descartes. Un corpuscolo che può essere rappresentato come la singolarità di un campo non risulta concepibile in seno al geometrismo cartesiano, poiché non si possono
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introdurre singolarità in questo spazio, che coincide con la Res extensa, sostanza estesa, senza per questo modificare notevolmente la geometria e la meccanica cartesiana. In un'ultima analisi, ci si può domandare se non occorra considerare la teoria delle singolarità inadeguata tanto nel quadro di una fisica indeterminista quanto in quello della fisica determinista, quanto, piuttosto, come fondamento per una nuova rappresentazione del reale che racchiuda le altre due alla stregua di campi particolari, e che occorrerebbe definire teoria del tempo trasduttivo o teoria delle fasi dell 'essere. Questa modalità di pensare in modo del tutto innovativo il divenire e che concepisce determinismo e indeterminismo alla stregua di meri casi limite, si applica ad altri domini della realtà oltre a quelli dei corpuscoli elementari; si è potuta così ottenere la diffrazione di fasci di molecole impiegando superfici cristalline (Stern, nel 1932 ha ottenuto la diffrazione dei raggi molecolari d'Idrogeno e di Elio verificando la relazione di Louis de Broglie fra la lunghezza d'onda e la velocità, À =h/m v, a circa l %)*. Al contempo, sembrerebbe piuttosto difficile generalizzare questo metodo applicandolo a tutti gli ordini di grandezza, senza operare una trasformazione di ciò che si potrebbe denominare topologia e cronologia dell'assiomatica fisica, ovvero senza ripensare ogni volta il problema dell'individuazione dell ' insieme nel quale il fenomeno si compie; a questo titolo si possono porre due questioni: quali sono i limiti d'impiego della nozione di fotone come individuo fisico? Cosa si può considerare come sorgente di luce reale nel caso in cui il carattere continuo ondulatorio della luce entri in gioco per produrre un fenomeno? In questi due casi sembra che occorra considerare il sistema fisico nella sua totalità . Supponiamo che un campo, per esempio magnetico, esista e sia costante. Si può parlare dell'esistenza di un campo e determinarne l' intensità in un punto determinato, allo stesso modo in cui se ne può definire la direzione. Supponiamo ora che cessi ciò che produce questo campo, ad esempio una corrente in un solenoide. In questo caso, anche il campo cessa, sebbene non bruscamente e simultaneamente in tutti i punti, quanto, piuttosto, a partire da una perturbazione che si propaga dall'origine del campo, ovvero del solenoide, con la velocità di un 'onda elettromagnetica. Si può considerare questa perturbazione propagante alla stregua di un fotone, o per lo meno come un grano di energia? Se si trattasse di un campo magnetico alternativo, questo punto di vista risulterebbe regolare e sarebbe possibile definire una frequenza e una lunghezza d'onda caratterizzanti la propagazione di questo campo magnetico alternativo. Non occorrerebbe piuttosto caratterizzare la presenza del campo magnetico continuo in ciascun punto come un
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potenziale che, a sua volta, consiste nella relazione fra il solenoide e i corpi in grado di tra formare queste variazioni del campo magnetico, ad esempio, in una corrente? Si può supporre che il solenoide scompaia nel momento in cui si interrompe la corrente del campo magnetico continuo; questa perturbazione continuerà a propagarsi , come cioè se il solenoide esistesse ancora, e sarà in grado di produrre gli stessi effetti di induzione negli altri corpi; in questo caso dunque, non si tratterà più di una relazione fra due individui fisici, poiché uno dei due scomparirà nel momento in cui la perturbazione giungerà in un determinato punto, distante dalla sua origine. Allo stesso modo sembrerebbe assai difficile attribuire l'individualità del fotone alle modificazioni di un qualsiasi campo elettromagnetico. Dalle onde elettromagnetiche lunghe dieci chilometri (telegrafia internazionale e sottomarina) sino ai più penetranti raggi y, tutte le relazioni elettromagnetiche risultano connesse da un 'analogia di formula e da un 'effettiva continuità nei modi di produzione e nelle proprietà fisiche. Ora, e la natura granulare di queste radiazioni risulta particolarmente evidente per le lunghezze d'onda corte, ma diventa particolarmente incerta per quelle lunghe, si può tendere, se lo si desidera, ad una lunghezza d'onda infinita che corrisponde ad una frequenza nulla, senza che il campo elettrico o il campo magnetico vengano annullati. Una perturbazione che si producesse in questi campi si propagherebbe alla velocità della luce; tuttavia, se non si produce alcuna perturbazione, non si propaga nulla e tuttavia i campi continuano ad esistere giacché si possono misurare in quanto campi continui. Occorre distinguere il campo della perturbazione che potrebbe propagarsi s'essa apparisse? Si può altresì interpretare la continuità del campo in ciascun punto come un ' informazione che indichi che la sorgente esiste ancora in un istante determinato. Giacché il campo è reale, occorrerebbe supporre come altrettanto reale un'onda di lunghezza indefinita che corrispondesse a questa frequenza nulla. Ma allora l'individualità del grano d'energia perde il suo significato al di fuori degli esseri fisici che irraggiano o ricevono quest'energia . Perciò sembra ancora che occorra precisare ulteriormente la definizione dell'individualità fisica. Forse non bisognerebbe parlare dell 'individualità di un grano d'energia alla stregua dell'individualità di un grano di materia, giacché vi è una fonte del fotone e della perturbazione elettromagnetica. Bisognerebbe porre nuovamente in questione la concezione dello spazio e non è certo che la concezione cartesiana possa risultare conveniente in assenza di un preliminare completamento. Si noti infine che un formalismo quantitativo non risulta sufficiente per risolvere questa difficoltà di relazione fra lo spazio e il tempo: la cessazione di un campo magnetico non corrisponde allo stabilirsi del campo magnetico stes-
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so. Anche se gli effetti d'induzione che le due variazioni di flusso possono provocare in un circuito sono quasi uguali nel senso della corrente, tanto nella sua cessazione quanto nel suo stabilirsi, la presenza del campo magnetico costante corrisponde ad una possibilità di scambio d'energia fra, per esempio, il solenoide che lo crea e un circuito che lo fa girare ad una certa distanza, in modo da far penetrare per mezzo di una delle facce un flusso costantemente variabile. Quando il campo non esiste più, anche questa possibilità d 'accoppiamento energetico non sussiste più; il regime degli scambi energetici possibili nel sistema è cambiato; si può affermare che la topologia del sistema è cambiata a causa della scomparsa di un campo costante che tuttavia non trasportava energia quando non si verificava alcuna variazione di flusso. Perciò la realtà delle relazioni apparirebbe diversa da quella degli avvenimenti fra individui (come li può concepire una teoria delle probabilità). Infine, sarebbe interessante sapere se la nuova via sulla quale Louis de Broglie si auspica di vedere occupata la Meccanica ondulatoria annulli o conservi l'indiscernibilità degli individui, dotati delle medesime caratteristiche, per esempio, degli elettroni. Secondo Kahan e Kwal (La Mécanique ondulatoire, p. l 61 e seguenti)*, impiegando ancora metodi probabilistici si può postulare che la probabilità di reperire due elettroni in due stati definiti quando si trovano ad interagire, risulta indipendente dalla modalità di numerarli; quest'indiscernibi)jtà delle particelle identiche produce la degenerazione del problema che concerne i rispettivi livelli d'energia. Ci si può pertanto domandare se il principio di esclusione di Pau)j permanga ancora valido. Si manifesterebbe così una difficoltà dello stesso ordine in merito all'individuazione dei sistemi fisici nel fenomeno delle interferenze: quando si considera un esperimento qualsiasi di interferenze a campo non localizzato, si e labora la teoria di tale esperimento (fenditure di Young* quali mezzi per produne non una diffrazione bensì due oscillatori sincroni, specchi di Fresnel, lenti di Billet), affermando che due onde luminose sono emesse da due sorgenti sincrone poiché ricevono luce da un'unica sorgente, e che costituiscono, a loro volta, sorgenti secondarie, disposte ad uguale distanza da una sorgente primaria. Ora se consideriamo attentamente la struttura e l'attività di questa sorgente primaria, ci renderemo conto che è possibile ottenere un fenomeno piuttosto decisivo di interferenza, con la quasi totale scomparsa delle frange scure, anche se s'impiega una sorgente primaria che contenga un elevato numero di atomi; una sorgente costituita ad esempio da un frammento di filamento di tungsteno di \-2 millimetro di lunghezza e di 0,2 mm di diametro ne contiene necessariamente numerose decine di
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migliaia. Inoltre, si può prendere una sorgente ancor più voluminosa, come un arco di carbone nel quale la luce emani da un cratere e da una punta la cui superficie attiva (quella da cui parte la colonna di vapore luminosa) sia dell'ordine del centimetro quadrato per una forte intensità. Ora, la luce che emana da questo forte ponte luminoso, avendo attraversato un diaframma di piccola superficie che funge da sorgente primaria, è in grado di produrre il fenomeno d'interferenza come se fosse prodotto da un piccolis imo frammento del filamento incandescente. Esiste un sincronismo reale fra le molecole e gli atomi di queste grandi molecole e gli atomi di queste grandi superfici luminose? In ogni istante un elevato numero di oscillatori emette luce e sembrerebbe pertanto del tutto adeguato considerare il fenomeno come conforme alle leggi della statistica. Si dovrebbe allora supporre che il fenomeno di interferenza sia tanto più incerto quanto più elevato sarà il numero di oscillatori non sincronizzati (vogliamo dire, con ciò, non di frequenze diverse, ben ì in un rapporto di fase qualsiasi) per costituire la sorgente primaria: tuttavia non sembra che l'esperimento verifichi questa previsione. Ciò nondimeno, una volta assegnato l'ordine di grandezza che si è deciso di adoperare, anche le sorgenti più piccole contengono un gran numero di oscillatori elementari che non sembrerebbero potersi trovare in fase. Questi oscillatori non possono trovarsi in fase* quando posseggono frequenze differenti; ora, il fenomeno si produce sempre, sebbene solo le frange centrali siano nette, poiché le frange relative a ciascuna frequenza si sovrappongono in misura sempre minore in rapporto alla loro crescente distanza dalla frangia centrale. Qual è il sincronismo di fase che può esistere fra onde emesse da oscillatori di stessa frequenza? Questo sincronismo si attiene all'unità del sistema che lo contiene? Vi è accoppiamento fra questi osci llatori posti ad una così esigua distanza? Questo sincronismo di fase continuerebbe a perdurare se si istituisse una sorgente primaria per mezzo di un dispositivo ottico che riunisse i raggi emessi dalle due sorgenti distinte? Oppure il fenomeno risulta indipendente da qualsiasi sincronismo di fase? Non è privo di interesse ricondurre lo studio della luce a quello della sorgente che la produce. L'individualità del fotone non può essere assolutamente indipendente dall'oscillatore che lo produce, né dal sistema cui quest'oscillatore appartiene. Così tutti gli oscillatori compresi in un medesimo sistema possiederebbero fra di loro un certo accoppiamento che potrebbe, a sua volta, realizzare il sincronismo fra gli oscillatori, non solo a carattere frequenziale, ma anche di fase, in modo tale che l'indi vidualità dei fotoni sia intaccata. ovvero segnata in qualche modo da questa comunità sistematica d'origine. Notiamo infine che la luce proveniente da una stella può ancora effettuare un fenomeno di interferenza, come se la
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orgente possedesse cioè un diametro reale piuttosto piccolo . Al contempo, embrerebbe totalmente impossibile considerare una stella come un unico oscillatore, anche se si presenta con un diametro inferiore a qualsiasi altro diametro assegnabile; l'estrema piccolezza di questo diametro apparente non può inizialmente mutare il rapporto di fase dei diversi fotoni che arrivano sull ' interferometro; possono infatti giungere su quest' interferometro fotoni provenienti da parti molto distanti l'una dall'altra (in rapporto alla lunghezza d'onda) sulla stella, posta come sorgente. Da dove deriva allora il sincronismo? Senza dubbio daJI'apparecchio in cui si producono le interferenze, sebbene quest'ultimo non costituisca realmente una sorgente. Bisogna forse supporre che un fotone si è diviso in due quantità di energia assimilabili a semi-fotoni, e che ciascuna metà del fotone finirebbe per interferire con l'altra metà sullo schermo su cui si produce il fenomeno. Questa supposizione non sembrerebbe minimamente accettabile, proprio a causa del carattere individuale del fotone. Sembra dunque, per tutti gli ordini di ragione, che non si possa attribuire al fotone l' individualità fisica allo stesso titolo che ad un corpuscolo materiale; l' individualità del fotone sarebbe esclusivamente proporzionale alla sua frequenza, alla quantità di energia hv che trasporta, senza che quest'individualità possa mai risultare completa, poiché occorrerebbe in tal caso che questa frequenza fosse infinita, e nessun oscillatore può produrre una frequenza infinita. Un fotone che possedesse frequenza infinita potrebbe essere assimilato realmente ad un grano di materia. Inoltre, occorre notare che esiste forse una forza al di là della quale si può affermare che la frequenza del fotone corrisponde ad una vera e propria individualità: quella per la quale l'energia del fotone è o sarebbe uguale a quella di una particella materiale le cui trasformazioni in energia fornissero esattamente la quantità di energia pari a quella di questo fotone a frequenza elevatissima. Questo fotone sarebbe dunque equivalente ad una particella di materia. 4. Topologia, cronologia e ordine di grandezza dell'individuazione fi-
sica Se, d'altra parte, si affronta direttamente la realtà microfisica, una qualsiasi interpretazione dell'individuazione a partire dai cambiamenti di struttura mirerebbe a considerare il divenire come essenzialmente connesso alle operazioni d'individuazione che si compiono in seno alle successive trasformazioni; il determinismo resterebbe considerabile come caso limite quando il sistema considerato non costituisse teatro per alcun'individuazione, cioè quando non si verifica alcuno cambio fra strutture ed energia
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che modifichi le strutture del sistema, !asciandole topologicamente identiche allo stato precedente; aJ contrario, l'indeterminismo apparirebbe come caso limite quando in un sistema si manifestasse un cambiamento completo di struttura, come la transizione da un ordine di grandezza ad un altro: è questo il caso ad esempio delle modificazioni apportate ad un sistema dalla fissione di un nucleo atomico. Le energie intranucleari , appartenendo sino a quel momento ad un sistema interno del nucleo, vengono liberate dalla fi ssione e possono agire sotto forma di un fotone gamma o di un neutrone, su corpi appartenenti a sistemi di scala superiore a quella del nucleo atomico*. In un sistema macroscopico nulla consente di prevedere l'istante del tempo macroscopico in cui si verificherà la fissio ne che liberi un'energia comunque adeguata a livello macroscopico. L' indeterminismo non è solo connesso alla misura, ma scaturisce altresì dal fatto che la realtà fisica comporta scale di grandezza topo logicamente racchiuse le une nelle altre e tuttavia dotate singolarmente del loro divenire e della loro particolare cronologia. L'indeterminismo vigerebbe allo stato puro se non esistesse alcuna relazione fra la topologia e la cronologia dei sistemi fisici. Quest'assenza di correlazione non è mai stata compiuta del tutto: si può parlare di indeterminismo assoluto (realizzabile attraverso completa risonanza interna) o di un determinismo assoluto (rea1izzabi1e a partire da una totale indipendenza fra topologia e cronologia) solo astrattamente. Il caso generale consiste in un certo livello di correlazione fra cronologia e topologia di un istema, livello peraltro variabile sulla base delle vicissitudini del suo stesso di venire; un sistema reagisce su stesso non solo in base al principio dell'entropia, sulla base della legge delle sue trasformazioni energetiche interne, bensì modificando la sua stessa struttura attraverso il tempo. TI divenire di un sistema consiste nel modo in cui esso s' individua, ovvero nel modo in cui condiziona se stesso sulla base delle diverse strutture e operazioni successive per le quali si riverbera in se stesso e si sfasa in rapporto al suo stato iniziale. Il determinismo e l' indeterminismo rappresentano esclusivamente casi limite, poiché sussiste appunto un certo divenire del sistema: questo divenire corrisponde a quello della sua individuazione e così i rileva una certa reattività dei sistemi in rapporto a se stessi. L'evoluzione del sistema sarebbe determinata e non vi fosse alcuna risonanza interna del istema, ovvero nessuno scambio fra le diverse scale che esso racchiude e che lo costituiscono; non sarebbe pertanto possibile nessun cambiamento quantico di struttura e si potrebbe così conoscere il divenire di que to sistema con la teoria del continuo, o secondo la legge dei grandi numeri, come nel caso della Termodinamica. L' indeterrninismo puro corrisponderebbe ad una risonanza interna così elevata che tutte le modificazioni ad una determinata
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cala ri uonerebbero immediatamente a tutti i livelli, otto forma di cambiamento strutturale. Infatti, il caso generale è quello delle soglie quantiche di ri onanza: affinché una modificazione che si produce ad un livello raggiunga gli altri, occorre che sia superiore ad un determinato valore: la ri onanza interna si compie prettamente in maniera di continua e con un certo ritardo da una scala all'altra. L'essere fisico individuato dunque non risulta del tutto simultaneo in rapporto a se stesso. La sua cronologia e la sua topologia sono separate da un certo scarto, variabile a seconda del divenire dell'in ieme individuato; la sostanza sarebbe pertanto un individuo fisico in totale risonanza con se stesso e di conseguenza totalmente identico a se stesso, unico e perfettamente coerente con se stesso. L'essere fisico, al contrario, deve essere considerato come più che unità, più che identità e ricco in potenziali*; l 'individuo infatti è in via di individuazione a partire da una realtà preindividuale che lo ottende, mentre l'individuo perfetto , totalmente individuato, sostanziale, impoverito e privo dei suoi potenziali costituisce meramente un'astrazione. L'indi viduo infatti è in via di divenire ontogenetico, possiede in rapporto a se stesso una relativa coerenza, una relativa unità e una relati va identità. L'individuo fisico deve essere pensato come un insieme crono-topologico il cui divenire complesso è costituito da crisi succes ive di individuazione. Di conseguenza, il divenire dell'essere consiste in questa non-concidenza della cronologia e della topologia. L' individuazione di un insieme fisico sarebbe dunque costituita dal concatenamento di regimi successivi di quest'insieme. Tale concezione considererebbe dunque regimi energetici e stati strutturali come convertibili gli uni negli altri attraverso il divenire di un insieme. Grazie alla nozione d'ordine di grandezza e alla nozione di soglia negli scambi, si potrebbe affermare che esiste individuazione fra continuo puro e discontinuo puro, facendo intervenire la nozione di informazione come carattere fondamentale dell'individuazione concepita secondo dimensioni contemporaneamente cronologiche e topologiche. Si potrebbe dunque parlare di un più o meno elevato livello d'individuazione: un insieme possiederebbe infatti un livello tanto più elevato quanto più racchiudesse e rendesse compatibile nella sua sistematica cronologica e topologica una data realtà preindividuale, o anche ordini di grandezza ancor più distanti gli uni dagli altri. Una siffatta ipotesi suppone che non sussista individuo elementare, cioè individuo primo e precedente ad ogni genesi. Vi è infatti individuazione in un insieme e la realtà prima è preindividuale, più ricca dell'individuo inteso come risultato dell'individuazione. Il preindividuale infatti costituisce la sorgente della dimensionalità cronologica e topologica. Le opposizioni
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fra continuo e discontinuo, particella ed energia, esprimerebbero dunque non tanto gli a petti complementari del reale quanto, piuttosto, le dimensioni che sorgono in un reale quando s'individua; la complementarietà al livello della realtà individuata consisterebbe nella traduzione del fatto che l' individuazione apparirebbe, da una parte come ontogenesi, e dall'altra come operazione di una realtà che non fornisce solo l'individuo, modello della sostanza, bensì anche l'energia o il campo associato all'individuo. In definitiva, solo la coppia individuo-campo associato rende conto del livello della realtà preindividuale*. È proprio questa supposizione del carattere preindividuale della realtà prima che d'altra parte permette di considerare l'individuo fisico di fatto come un insieme; l' individuo corrisponde ad una certa dimensionalità del reale, ovvero ad una topologia ed una cronologia associate; l'individuo costituisce cioè un edificio nella sua forma più corrente, ovvero nella forma in cui ci appare, cristallo o molecola. Come tale esso non consiste in un assoluto bensì in una realtà che corrisponde ad un certo stato di equilibrio, generalmente metastabile e fondato su regime di scambi energetici fra diversi ordini di grandezza, che può essere modificato sia a causa del divenire interno sia a causa di un avvenimento esterno che apporti una nuova condizione al regime interno (per esempio, una condizione energetica, quando un neutrone proveniente dalla fi ssione di un nucleo provoca la fissione di un altro nucleo). Vi è dunque una certa consistenza dell'individuo, ma non piuttosto un 'antitipia assoluta, un 'impenetrabilità dotata di senso sostanziale. La consistenza dell'edificio individuale risulta ancora fondata su condizioni quantiche e dipende da soglie. Anche i limiti dell'individuo fisico risultano metastabili: un insieme di nuclei fissili , infatti, non costituisce un insieme di nuclei realmente individuato, se il numero dei nuclei , tenuto conto della radioattività media dei nuclei , risulta trascurabile per realizzare la fissione di un nucleo per mezzo della fi ssione di un altro nucleo 1; ciò accade come se ciascun nucleo risultasse separato dagli altri. In altre parole, ciascuno di essi possiede la sua propria cronologia e la fissione avviene per c iascun nucleo come se fosse isolato. Al contrario, se si riunisce un notevole quantitativo di materia fissile, per i risultati della fissione del nucleo, aumenta la probabilità di causarne almeno un'altra: quando questa probabilità persegue l 'unità, la cronologia interna di ciascun nucleo cambia bruscamente e invece che consistere in se stessa, forma una rete di risonanza interna con quella di
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tutti gli altri nuclei suscettibili di fissione: l'individuo fisico corrisponde dunque a tutta la massa della materia fissile e non più a ciascun nucleo di per é. La nozione di massa critica fornisce l'esempio di ciò che si può denominare soglia relativa di individuazione: la cronologia dell'insieme diviene bruscamente coestensiva alla topologia dell'insieme e si verifica un' individuazione poiché si verifica uno scambio fra il livello microfìsico e quello macrofisico. La capacità di ricezione d' informazione del sistema aumenta bruscamente. Modificando le condizioni topologiche si può pertanto impiegare l'energia nucleare sia per effetti bruschi (per approssimazione di numerose masse, inferiori alla massa critica*) sia per effetti continui moderati (con il controllo dello scambio fra nuclei fissili per mezzo di un dispositivo regolabile che mantenga l'insieme al disotto del coefficiente unitario di amplificazione, per esempio attraverso l'assorbimento più o meno elevato della radiazione). Si può affermare, di conseguenza, che il grado di individuazione di un sistema dipende dalla correlazione fra topologia e cronologia del sistema: questo grado di individuazione si può altresì denominare livello di comunicazione interattiva, poiché definisce il grado di risonanza interna dell'insieme2 • Da que to punto di vista, sembra possibile comprendere il motivo per cui le rappresentazioni antagoniste del continuo e del discontinuo, della materia e dell 'energia, della struttura e dell'operazione siano strettamente impiegabili nella forma di coppie complementari. Ciò dipende dal fatto che queste nozioni definiscono aspetti opposti ed estremi degli ordini di realtà fra i quali si stabilisce individuazione. Di conseguenza, l'operazione di individuazione costituisce il centro attivo di questa relazione ed è quest'ultima che ne costituisce l 'unità, sdoppiandosi in aspetti che ci appaiono complementari mentre nel reale risultano accoppiati dali ' unità continua e trasduttiva dell'essere intermedio, che in questo caso definiamo risonanza interna. Gli aspetti complementari del reale sono aspetti estremi e tuttavia costituì cono le dimensioni del reale piuttosto che il reale stesso come noi lo percepiamo. In altri termini, ne cogliamo la cronologia e la topologia d'individuazione senza poter cogliere il reale preindividuale che sottende a questa trasformazione. L'informazione, apportata da una singolarità in grado di creare comunicazione fra ordini di realtà, consiste in ciò che possiamo pensare, almeno in casi particolari, alla stregua di una reazione a catena, libera o limita-
2 In questo caso, la comunicazione fra ordini di grandezza (e nella contingenza presente, c iascun nucleo e la popolazione totale dei nuclei) risulta insufficiente.
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l n un simile montaggio, si può affermare che si produce un ' individuazione a partire dal momento in cui il sistema può divergere, ovvero risu lta in grado di ricevere informazio ne.
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ta. L'intervento di questa nozione dj informazione non consente tuttavia di risolvere 11 problema del rapporto fra diversi livelli di individuazione. Un cristallo si compone dj molecole e affinché una soluzione sovrasatura cristallizzi occorre la riunione di condizioni energetiche (metastabilità) e di condjzioni strutturali (germe cristallino). Un essere individuato come la molecola, che consiste già in un edificio, può intervenire come germe strutturale di un edificio più grande del cristallo? Oppure occorre un germe strutturale che sia già di un ordine di grandezza superiore a quello di una molecola affinché s'inneschi la cristallizzazione? Allo stato attuale delle conoscenze, risulta piuttosto difficile fornire una risposta generalizzabile alla questione. Si può solo affermare che il problema dei rapporti fra materia inerte e vita risulterebbe più chiaro se si potesse dimostrare che il vivente si caratterizza per il fatto di scoprire, all'interno del proprio campo di realtà, condizioni strutturali che gli consentono dj risolvere le sue incompatibilità, la distanza fra ordini di grandezza della sua realtà, mentre la materia inerte non possiede questo potere autogenerativo delle strutture. Occorre pertanto una singolarità affinché la soluzione sovrasatura cristallizzi e ciò significa che la materia inerte non accresce il suo capitale dj singolarità mentre la materia vivente aumenta questo capitale che rappresenta una specifica ontogenesi del vivente, dotato di adattamento e di invenzione? Si può porre questa djstinzione meramente a titolo di ipotesi metodologica e pertanto non sembra che occorra opporre una materia vivente ad una materia non vivente quanto, piuttosto, un'individuazione primaria in sistemi inerti e un'individuazione secondaria in sistemi viventi, secondo diverse modalità di regimi di comunicazione nel corso di queste individuazioni. Fra l 'inerte e il vivente vi sarebbe allora una differenza quantica dj capacità ricettive d'informazione piuttosto che una differenza sostanziale: la continuità, se esiste, fra inerte e vivente dovrà essere ricercata sul livello che si situa fra la realtà microscopica e la realtà macroscopica, ovvero su quello deli 'individuazione dei sistemi, come quello delle grosse molecole della chimica organica a tal punto complesse da consentire l'esistenza di regimi variabili di ricezione d'informazione e di dimensioni così ridotte da favorire l'intervento delle forze microfisiche quali veicolo di condizioni energetiche e strutturali . Secondo questa condizione, si potrebbe affermare che la biforcazione fra il vivente e il non vivente si situi ad un certo livello dimensionale, ovvero quello delle macromolecole; i fenomeni dj ordine di grandezza inferiore, definiti rnicrofisici, non sarebbero in realtà né fisici né vitali, bensì prefisici e previtali; il fisico puro, non vivente, s'innescherebbe a partire dalla scala sovra-molecolare; è a questo livello che l'individuazione fornisce il cristallo o la massa protoplasmica.
Forma e sostanza
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Nelle forme macrofisiche dj indjviduazione, si distingue il vivente dal non vivente; mentre un organismo assimila diversificandosi, il cristallo 'accresce per l'interazione dell 'aggiunta di strati ordinati in numero indefinito. Ma a livello delle macromolecole, non si può affatto decidere se il virus infiltrante risulti vivente o meno. Adottare l'espressione ricezione dell'informazione quale essenziale espressione dell'operazione di individuazione, significherebbe affermare che l'individuazione si opera su una certa scala dimensionale (topologica e cronologica); per conseguenza, al di sotto di certe scale, la realtà risulta prefisica e previtale, perché appunto preindividuale*. Al di sopra di certe scale si verifica un' individuazione fisica mentre il sistema risulta in grado di ricevere informazione solo una volta, mentre in seguito sviluppa ed amplifica questa singolarità iniziale in modo autolimitato. Se il sistema è in grado di ricevere successivamente diversi apporti informativi e di rendere compatibili djverse singolarità piuttosto che iterare la singolarità unica e iniziale per effetto cumulativo e per amplificazione trasduttiva, l'individuazione risulta di tipo vitale, autolimitata e organizzata. Abitualmente, nei processi vitali, si nota una complessità più elevata di quanto non accada nei processi non vitali, ovvero fisico-chimici. Tuttavia, ad esser sinceri e secondo l' intenzione che anima questa ricerca, anche nelle congiunture più ipotetiche supporremo che l'individuazione vitale non viene dopo quella fisico-chimica, bensì durante quest' individuazione, ovvero prima del suo definitivo compimento, sospendendola nel momento in cui non ha ancora perseguito il suo equilibrio stabile , e rendendola pertanto in grado di estendersi e propagarsi prima dell ' iterazione della struttura definitiva, capace, a sua volta, esclusivamente di ripetersi, cosa che consentirebbe di conservare nell'individuo vivente elementi di tensione preindividuale, e dell ' attiva comunicazione, sotto forma di risonanza interna tra ordini estremi di grandezza. Sulla base di questa prospettiva, l' individuazione vitale s'inserirebbe nell ' individuazione fisica sospendendone il corso, rallentandola e rendendola capace di propagarsi allo stato incoativo. L'individuo vivente sarebbe, per certi versi e comunque nei suoi livelli più primitivi, un cristallo allo stato nascente che si amplifica senza tuttavia stabilizzarsi . Per approssimare questo schema d'interpretazione a nozioni più correnti, si può fare appello all'idea di neotenia*, e generalizzare questo tipo di rapporti fra classi di individui supponendo , nella categoria dei viventi , una miriade di possibili sviluppi neotenici. L'individuazione animale può essere considerata , in un certo senso, come più complessa di quella vegetale e, al contempo, si può considerare l'animale come un vegetale incoativo,
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L'individuazione
che si sviluppa e si organizza sviluppando le possibilità motrici, recettive e reattive, che appaiono durante la riproduzione dei vegetali. Se si suppone che l' individuazione vitale conserva e dilata la fase più precoce dell'individuazione fi sica - al punto che il vitale corrisponderebbe al fisico in sospensione, rallentato nel suo processo e indefinitamente dilatato- si può altresì supporre che la fase animale si nutra della fase più originaria dell'individuazione vegetale, mantenendo in se stessa qualcosa di precedente allo sviluppo del vegetale adulto, e trattenendo, per un tempo maggiore, la capacità di ricevere informazione. Si. comprenderebbe così il motivo per il quale queste categorie di individui sempre più complessi, ma anche sempre più incompiuti ,ovvero sempre meno stabili e meno autosufficienti, abbisognino, come ambiente associato, di strati di individui più compiuti e più stabili. I viventi necessitano per vivere di individui fisico-chimici, gli animali hanno bisogno di vegetali, che ne costituiscono, nel senso autentico del termine, la Natura, come i composti chimici lo sono per i vegetali*.
II L' individuazione degli esseri viventi
211 CAPITOLO PRIMO
INFORMAZIONE ED ONTOGENESI: L'INDIVIDUAZIONE VITALE
l. -
PRINCIPI PER U 'O STUDIO DELL'INDIVJDUAZIONE DEL VI VENTE
l. lndividuazione virate ed informazione; livelli d 'organizzazione; attività vitale ed attività psichica
La fisiologia pone il difficile problema dei livelli dell'individualità, a seconda delle specie e dei momenti di esistenza di ciascun essere. Lo stesso essere può infatti esistere a livelli diversi: l'embrione, ad esempio, non è individualizzato allo stesso titolo dell'essere adulto. Peraltro , in specie a sai prossime, si possono osservare condotte che corrispondono ad una vita più o meno individualizzata a seconda delle specie, senza che queste differenze ri ultino necessariamente relative ad una maggiore o minore organizzazione vitale. Per fornire qualche chiarimento, sarebbe opportuno definire una misura dei livelli d'individuazione; tuttavia, poiché in una stessa specie il grado di individualità è soggetto a variazioni , a seconda delle circostanze, non risulta affatto agevole misurare quest'individualità in maniera assoluta. Occorrerebbe, allora, definire il tipo di realtà in cui si opera l'individuazione, dichiarando il regime dinamico con il quale ri sulta convertibile quando non varia il livello d'organizzazione nell' insieme del sistema contenente l'unità vitale. Otterremo, così, la possibilità di misurare il grado di individualità. Secondo il postulato metodologico che abbiamo appena definito, sarebbe opportuno ricorrere allo studio dell ' integrazione nei sistemi di organizzazione. L'organizzazione può compiersi, infatti, sia all'interno di ciascun essere ia per mezzo della relazione organica che sussiste fra esseri differenti. In quest'ultimo caso, l' integrazione interna all'e sere è accompagnata da un ' integrazione esterna ed il gruppo funge da integratore. La o la realtà concreta è l' unità vitale, che in certi casi può ridur i ad un solo essere mentre in altri corrisponde ad un gruppo piuttosto differenziato di esseri multipli 1• Cosl, le Termiti costruiscono gli edifici più complessi del regno animale, nonostante la relativa semplicità della loro organizzazione nervosa: si tratta quasi di un unico organismo che lavora in gruppo.
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L' individuazione
Peraltro , per un individuo, il fatto di essere mortale e non divisibile per scissione o rigenerabile per scambio di protoplasma, corrisponde ad un livello di individuazione che implica una certa esistenza di soglie. A differenza dell ' individuazione fisica, l'individuazione biologica ammette l'esistenza della totalità delJa specie, della colonia come della società, e non risulta indefinitamente estendibile come l'individuazione fisica. Se l'individuazione fisica è illimitata, occorre allora ricercare in cosa risieda la transizione fra l' individuazione fisica e l'individuazione biologica. Ora, l'illimitato biologico risiede nella specie o nel gruppo. Ciò che in biologia si definisce individuo consiste in realtà in un sotto-individuo piuttosto che in un individuo vero e proprio. In biologia, sembra che la nozione d'individualità risu lti applicabile a piani differenti, o a seconda dei differenti livelli successivi d'inclusione. Per analogia, occorrerebbe dunque concepire l'individuo fisico alla stregua di una società biologica, costituendo, di per sé, l'immagine di una totalità, seppure molto semplice* . La prima con eguenza di questa prospettiva consta nel fatto che il livello di organizzazione contenuto in un sistema fisico sia inferiore a quello di un sistema biologico, sebbene un individuo fisico possa eventualmente possedere un livello di organizzazione superiore a quello di un sistema individuale biologico, integrato in un sistema più ampio. In teoria, nulla s'oppone all'eventualità che sussista la possibilità di scambi e alternanze fra un sistema fisico ed un sistema biologico. Tuttavia, se quest' ipotesi risultasse valida, occorrerebbe supporre di conseguenza che un'unità individuale fi sica si trasforma in un gruppo biologico e che non causa alcuna sospensione allo sviluppo dell 'essere fisico; la sua analisi non consiste in una relazione sintetica, atta a far apparire il vivente riunendo individui fisici compiuti. Se questo fosse vero, dovremmo affermare che solo edifici fi sici particolarmente complessi possono trasformarsi in esseri viventi, cosa che limiterebbe notevolmente i casi di generazione pontanea. Secondo questo punto di vista , l' unità della vita risiederebbe nel gruppo completo ed organizzato e non piuttosto nell ' individuo isolato . Questa dottrina non coincide strettamente con una forma di materialismo, poiché presuppone una concatenazione dalla realtà fisica alle forme biologiche superiori , senza pertanto stabilire alcuna distinzione in classi e generi; tuttavia, se compiuta e soddisfacente, essa deve spiegare il motivo e il senso per i quali sussiste la possibilità di testimoniare induttivamente la relazione specie-genere o, ancora, individuo-specie. Questa distinzione deve inserirsi in seno ad una realtà più vasta che renda conto tanto delle continuità quanto delle discontinuità fra specie. Sembrerebbe lecito rapportare questa discontinuità al carattere quantico della fisica. Il criterio di sin-
Informazione ed ontogenesi: l'individuazione vitale
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cristallizzazione che consente di riconoscere le specie chimiche indicando in quale sistema cristallizzano, manifesta un tipo di analogie reali fondate ull'identità del dinamismo ontogenetico; in entrambi i casi, il processo di formazione del cristallo risulta identico e si può verificare un concatenamento nel corso della crescita di un cristallo costituito da numerose specie chimiche diverse, in modo tale che la ere cita risulti continua, nonostante l' eterogeneità specifica dei diversi strati. L'unità creata dalla continuità di un'operazione d'individuazione che include specie apparentemente eterogenee le une in rapporto alle altre in base ad una classificazione induttiva, indica una realtà più profonda, appartenente alla natura di queste specie, in modo tanto rigoroso quanto quelli che si denominano caratteri specifici. La possibilità di sincristallizzazione non indica tuttavia l'esistenza di un genere, poiché , a partire da un criterio di sincristallizzazione, non si può ridiscendere sino ai caratteri particolari di ciascun corpo sincristallizzabile , aggiungendovi differenze specifiche. Una tale proprietà, che indica l'esiste nza di un processo d'informazione nel corso di un 'operazione di individuazione, non appartiene alla sistematica dei generi e delle specie, ma dimostra altre proprietà del reale, proprietà ch'esso fornisce mentre lo si considera in rapporto alla possibilità di ontogenesi spontanee, che possono effettuarsi al suo interno secondo strutture e potenziali propri. Sono queste proprietà che si possono ricercare per caratterizzare il vivente , piuttosto che la forma specifica, che non consente di ridiscendere sino a ll ' individuo , poiché è stata ottenuta per astrazione, dunque per riduzione. Una tale ricerca presuppone che in biologia si consideri legittimo l'impiego di un paradigma ottenuto dall'ambito delle cienze fisiche e in particolare dai processi di morfogenesi che si compiono in quest'ambito. Occorre pertanto supporre che i livelli elementari dell'ordine biologico contengano un livello di organizzazione delJo stesso ordine di quello dei sistemi fi sici meglio i.ndividuati, ad esempio quelli che generano i cristalli o le grosse molecole metastabili della chimica organica. Certo, una tale ipotesi di ricerca può sembrare piuttosto bizzarra, se si tiene conto dell'abitudine che induce, al contrario, a pensare che gli es eri viventi non possano scaturire da es eri fisici , poiché risultano superiori a quest'ultimi sulla scorta della loro organizzazione. Tuttavia, questa stessa attitudine costituisce la conseguenza di un postulato iniziale in base al quale la natura inerte non può contenere un 'elevata organizzazione1 . Se al contrario si ponesse , sin dal punto di partenza, che il mondo fisico risulta già al tamente organizzato, 2
Ciò sarebbe vero se si considerasse il mondo fi sico come materia e come sostanza; ma non risulta altrettanto vero se lo si affronta come conte nente sistemi in cui
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L 'individua zione
non si potrebbe commettere questo errore originario, scaturito, a sua volta, da una svalutazione della materia inerte. Nel materialismo persiste una dottrina dei valori che presuppone un implicito spiritualismo; si ritiene infatti la materia meno organizzata dell 'essere vivente: il materialismo cerca di dimostrare che ciò che è superiore può scaturire da ciò che è inferiore. In tal sen o, quest'ultimo costituisce un tentativo di riduzione dal complesso al semplice. Ora, è ben vero che se si stima sin da principio che la materia costituisce sistemi provvisti di elevati livelli di organizzazione, non si può altrettanto agevolmente gerarchizzare vita e materia. Forse occorre supporre che l'organizzazione , pur conservandosi, si trasforma nel passaggio dalla materia alla vita. Se questo è vero, occorrere supporre che la scienza non sarà mai compiuta, poiché la scienza consiste in una relazione fra esseri che posseggono per definizione lo stesso grado di organizzazione: un sistema materiale corrisponde ad un essere vivente organizzato che prova a pensare questo sistema per mezzo della scienza. Se è vero che l'organizzazione non si distrugge né si crea, si culminerà nella conseguenza per cui l'organizzazione non si può che trasformare. In quest' affermazione, si manifesta una sorta di relazione diretta fra oggetto e soggetto, poiché la relazione fra pensiero e reale diviene relazione fra due reali organizzati , che possono essere analogicamente connessi attraverso la loro struttura interna. Tuttavia, anche se si conserva l' organizzazione, è errato affermare che la morte sia un puro nulla; si può infatti avere morte, evoluzione e involuzione e la teoria del rapporto fra la matteria e la vita deve poter rendere conto di queste trasformazioni . Secondo questa teoria, in ciascun sistema sussisterebbe un determinato livello di organizzazione e si potrebbero rintracciare questi stessi livelli tanto in un essere fisico quanto in un essere vivente. Per questo motivo, bisognerebbe supporre che, poiché esseri come un animale sono composti da diversi livelli sovrapposti di relè e sistemi di integrazione, in essi non soggiace un ' unica organizzazione, che a sua volta non possiede né causa, né origine, né equivalente esterno. Essendo il livello di organizzazione che appartiene a ciascun sistema limitato , si può pensare che se un essere sembra possedere un alto livello d'organizzazione, ciò si verifica perché integra già elementi informati ed integrati , e che di conseguenza il proprio compito integratore risulta appunto piuttosto limitato. L' individualità propria sarebbe allora limitata ad un ' organizzazione assai ristretta e la parola natura applicata a ciò che nell'individuo non costituisce il prodotto della
Informazione ed onrogenesi: l'individuazione vitale
sua attività acquisirebbe un senso del tutto rilevante, poiché ciascun individuo risulterebbe debitore alla sua natura della profonda organizzazione, che, al contrario, secondo la concezione tradizionale, sembrerebbe possedere di per sé. Si potrebbe allora supporre che la ricchezza esterna della relazione ali' ambiente sia uguale alla ricchezza interna del!' organizzazione insita in un individuo. L' integrazione interna è resa possibile dal carattere quantico della relazione fra ambiente (esterno e interno) e individuo , in quanto struttura definita. I relè e gli integratori caratteristici dell'individuo non potrebbero funzionare senza questo regime quantico di scambi. Il gruppo, in rapporto a questi sotto-individui , esiste in qualità d' integratore e differenziatore. La rel azione fra essere singolare e gruppo risulta analoga a quella fra individuo e sotto-individui . In tal senso è possibile affermare che esiste un'omogeneità di relazione fra le differenti scale gerarchiche del medesimo individuo e, allo stesso modo, fra gruppo e individuo. Il livello totale di informazione si misurerebbe così attraverso il numero di piani di integrazione e di differenziazione, così come per la relazione fra integrazione e differenziazione, che nel vivente si può denominare trasduzione. Nell'essere biologico la trasduzione non è diretta bensì indiretta, sulla scorta di una doppia catena ascendente e discendente; nel percor o di ciascuna di que te catene, la trasduzione consente il passaggio dei segnali d ' informazione, ma que to passaggio, piuttosto che risultare un semplice trasporto d'informazione, consiste in un 'integrazione o in una differenziazione; si effettua, così, un lavoro preliminare grazie al quale è resa possibile la trasduzione finale, mentre nel dominio fisico questa trasduzione esiste nella forma di una risonanza interna, elevata o debole che sia3 . Se l' integrazione e la differenziazione fossero di per se stesse reali , la vita non esisterebbe; occorre sempre che esista una certa risonanza, ma una risonanza di tipo particolare, che ammetta cioè un ' attività preliminare che, a sua volta, esige un'elaborazione. Se impieghiamo il lessico della psicologia per de cri vere queste attività, vedremo che l' integrazione corrisponde ali ' uso della rappresentazione, mentre la differenziazione all'uso dell'attività che distribuisce nel tempo energie progressivamente acquisite e poste in riserva. La rappresentazione, al contrario, pone in riserva l' informazione che acquisisce per salti bruschi , sulla scorta delle circostanze, così da realizzare un continuo . Infine,
3 esistono energie potenziali e relazioni , ovvero supporti di informazione. limaterialismo non tiene conto dell ' informazione.
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Questa risonanza consiste nell 'analogia attiva, o accoppiamento di termini non simmetrici , che esiste in un sistema in via di individuazione, come fra la soluzione e il germe cristallino.
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la trasduzione viene operata dall'affettività e da tutti i sistemi che, a diversi livelli, svolgono nell'organismo il ruolo di trasduttori. L'individuo sarebbe dunque sempre un sistema di trasduzione, ma mentre nel sistema fi sico questa trasduzione è diretta ad un solo livello, nell'essere vivente risulta indiretta e gerarchizzata. Sarebbe errato pensare che in un sistema fi sico esiste solo trasduzione , poiché in realtà esistono altresì integrazione e differenziazione: tuttavia, quest' ultime si situano ai limiti stessi dell'individuo, e si manifestano esclusivamente quando l' individuo cresce. Quest' integrazione e questa differenziazione liminale si trovano anche all'interno de11'individuo vivente, ma in questo caso caratterizzano la sua relazione al gruppo e al mondo, e possono essere relativamente indipendenti da quelle che operano all'interno del vivente. Tale affermazione non consente tuttavia di comprendere come si connettano questi due gruppi di integrazione e differenziazione. Quelli che agiscono all 'esterno causano cambiamenti de11a struttura e dell'insieme all'interno del quale si producono, cambiamenti paragonabili a quelli di un corpuscolo che emette o assorbe energia in maniera quantica, passando da uno stato più eccitato ad uno meno eccitato, o viceversa. Forse la relazione fra questi due tipi di processo è alla base della variazione dei livelli individuali, accompagnata da un cambiamento di struttura cbe costituisce il correlativo interno di uno scambio di informazione o di energia con l'esterno. Notiamo, infatti, che questo sforzo non possiede solo effetti motori, ma anche aspetti affettivi e rappresentativi; questi caratteri affettivi fungono da ponte fra i suoi aspetti motori e i uoi caratteri rappre entativi; il carattere quantico dello sforzo , che associa contemporaneamente una quantità ed una discontinuità, rappresenta perfettamente quest'integrazione e questa differen ziazione in mutue relazioni di un raggruppamento interno con un raggruppamento esterno. Il problema dell'individuazione sarebbe risolto se sapessimo in cosa consiste l'informazione in rapporto alle altre grandezze fondamenta]i come la quantità di materia o la quantità di energia. L'omeostasi dell'essere vivente non sussiste nel dominio dell'essere fisico, poiché l'omeostasi si rapporta alle condizioni di trasduzione esterne, grazie alle quali l'essere adopera l'equi valenza alle condizioni esterne come garanzia della sua stabilità e della sua trasduzione interna. Il carattere trasduttivo eterogeneo, in fi sica, si manifesterebbe esclusivamente ai margini di questa realtà fisica; nell'essere vivente, interiorità ed esteriorità si trovano dappertutto: il sistema nervoso e l'ambiente interno fanno in modo che quest'interiorità sia in contatto, in ogni punto, con una relativa esteriorità. La vita si caratterizza infatti per un equilibrio fra integrazione e differenziazione, sebbene l'omeostasi non esaurisca tutta la stabilità vitale* . Il
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carattere quantico dell'azione discontinua si oppone al carattere continuo de11a conoscenza sintetica, a11o scopo di costituire questo misto di continuo e discontinuo, che si manifesta, a sua volta, nelle qualità regolatrici necessarie al rapporto f ra integrazione e differenziazione. Le qualità appaiono ne11a reattività attraverso la quale il vivente valuta la propria azione. Ora, queste qualità non consentono di ridurre questo rapporto ad una semplice coscienza della distanza fra scopo e risultato, dunque ad un semplice segnale*. È proprio questo che manca all'automa per essere un essere vivente; l'automa infatti può adattarsi in modo meramente convergente ad un insieme di condizioni , riducendo sempre di più lo scarto che esiste fra la sua azione e lo scopo predeterminato. Al contempo, l'automa non inventa né scopre scopi nel corso della sua azione, poiché non effettua alcuna trasduzione reale , essendo la trasduzione l'ampliamento di un dominio inizialmente molto ristretto, ma che acquisisce sempre di più una struttura c un'estensione*. Le specie biologiche sono dotate di questa capacità di trasduzione, grazie alla quale possono estendersi indefinitamente. Anche i cristalli sono dotati di questo potere di accrescersi indefinitamente, ma mentre il cristallo possiede tutto il potere di accrescimento localizzato sul suo limite, nella specie questo potere è devoluto ad un insieme di individui che si accrescono autonomamente, tanto all'interno quanto all'esterno , che, sebbene limitati dal tempo e dallo pazio , comunque si riproducono , risultando illimitati proprio grazie a questa capacità di riprodursi. La trasduzione biologica vera e propria risiede dunque nel fatto che quest'individuo riproduce degli analoghi. La specie avanza nel tempo, come una modificazione chimico-fisica che procedesse gradualmente attraverso la capillare sovrapposizione delle generazioni, come gli strati attivi sul bordo de l cristallo in via di formazione4 • In alcuni casi, edifici paragonabili a quelli del cristallo si dispongono in base a ge nerazioni successive 5 • Peraltro, l'accrescimento dell'individuo vivente consiste in una trasduzione di tipo permanente e localizzato, che non possiede analoghi in fi sica. Così, un' individualità particolare si aggiunge all'individualità specifica. La vita risulterebbe dunque condizionata dalla ricorrenza di casualità, grazie alla quale un processo di integrazione ed un processo di differenziazione possono accoppiarsi pur restando strutturalmente distinti*. Così, la vita non costituisce una sostanza distinta dalla materia, ma presuppone processi di integrazione e differenziazione che possono essere forniti esclusi-
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Si può affermare in tal senso che esiste una relazione di informazione fra la specie e l'ambiente, nel sistema naturale. Nei Polipai , per esempio.
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vamente da strutture fisiche. In tal senso, si potrebbe supporre l'esistenza di una profonda trialità dell'essere vivente, che consisterebbe appunto nella presenza di due attività distinte e di una terza attività, che, a sua volta, realizza l' integrazione delle precedenti contemporaneamente alla loro differenziazione per mezzo dell ' attività di ricorrenza causale. Questa ricorrenza, in realtà, non aggiunge una terza funzione alle precedenti , quanto, piuttosto, la qualificazione che autorizza e apporta una relazione fra attività che diversamente non potrebbero presentare aJcun'altra comunanza. La base dell'unità e dell'identità affettiva risiede nella polarità affettiva, grazie alla quale si può effettuare la relazione dell ' uno e del molteplice, della differenziazione e de li ' integrazione*. La quantificazione costituisce la relazione di due determinismi; essa consiste cioè in una relazione, già a partire dal livello inferiore, e permane immutata a livello dell'affettività dei sentimenti umani. A partire dal piacere e dal dolore, concepiti nel loro carattere concretamente organico, la relazione si traduce nella chiusura dell'arco riflesso, sempre qualificato ed orientato*; più oltre , nella qualità sensibile, una simile polarità integrata in forma di costellazione globale e concentrata caratterizza la personalità acquisita e consente di riconoscerla. Quando un soggetto vuole esprimere i suoi stati interni fa ricorso a questa relazione, attraverso l'intermediario dell'affettività, principio dell 'arte e di ogni comunicazione. Per caratterizzare qualcosa di esterno che non risulta dimostrabile, i passa, attraverso l' affettività, dal la totalità continua della conoscenza all'unità singolare dell'oggetto da evocare, e questo risulta possibile poiché l' affettività è presente e disponibile per istituire la relazione. Ogni associazione d ' idee passa attraverso questa relazione affettiva. Sussistono dunque due possibili tipi d'impiego della relazione precostituita, l'uno che passa dall' unità della conoscenza alla pluralità dell 'azione, l' altro dalla molteplicità dell ' azione all'unità della conoscenza. Entrambi i percorsi complementari si riuniscono in una sorta di simbolismo , simile a quello poetico: grazie a questa doppia relazione, il simbolismo poetico può racchiudersi in e stesso nella ricorrenza estetica, che non necessita dell' integrazione del soggetto, poiché, risulta già contenuto nelle premesse dell' oggetto simbolo da contemplare e manipolare, misto di attività e conoscenza. Lo stuctio anatomo-fisiologico dei processi vitali dimostra la distinzione degli organi recettori e motori , fino alla disposizione delle aree corticali e nel funzionamento del cervello. Sappiamo anche che il cervello non è composto esclusivamente di aree di proiezione: la gran parte dei lobi frontali serve all ' associazione fra aree recettrici e motrici . La pratica neurochirurgica della lobotomia, che consiste neU ' indebolire la ricorrenza della cau-
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ige che non ci si preoccupi, in prima istanza, di ordinare gerarchicamente i livelli dei sistemi vitali, quanto, piuttosto, che li si distingua per constatare quali siano le equivalenze funzionali che consentono di cogliere la realtà vitale attraverso i suddetti differe nti sistemi , sviluppando tutto il ventaglio dci sistemi vitali piuttosto che classificarli al fine di gerarchizzarli *. Sulla base della nostra ipotesi iniziale, la vita si svolge per trasferimento e neotenizzazione e di conseguenza l'evoluzione equi vale ad una trasduzione, piutto to che ad un progresso continuo o dialettico*. Le funzioni vitali devono pertanto es ere studiate sulla base di un metodo di equivalenza che ponga un principio sulla scorta del quale può sus istere equivalenza fra strutture ed attività fu nzionali . Una relazione di equivalenza può e sere rintracciata partendo dalle forme preindividuali e giungendo i no a quelle individualizzate, passando attraverso forme miste che comportano individualità e transindividualità, alternanti a seconda delle condizioni vitali esterne o interne. D'altra parte, occorre presupporre l'esistenza di una certa solidarietà fra le specie, che renda del tutto astratta una qualsia i gerarchi zzazione, per lo meno quando ci si limiti a considerare i soli caratteri anatomo-fisiologici dell'individuo: uno studio razionale delle pecie dovrebbe pertanto poter integrare una sorta di sociologia per c iascuna specie considerata. R isulta piutto to arduo definire in modo astratto un metodo per l' individuazione vitale, tuttavia, sembrerebbe che quest' ipotesi della dualità funzionale consenta di rendere conto dei due tipi di relazioni e dei due generi di limiti che, a loro volta, si reperiscono in seno ali 'individuo. In un primo enso, l'individuo può essere considerato come es ere particolare, parcellare, membro attuale di una specie, frammento più o meno attualmente eparabi le da una colonia; in un secondo sen o, l'individuo consiste in ciò che risulta in grado di trasmettere la vita della specie e costituisce il depositario dei caratteri specifici, anche se non è mai stato indotto ad attualizzarli in se stesso. Portatore di virtualità, che non acquisiscono un senso di necessaria attualità nell'indi viduo, esso risulta limitato nello pazio ed altresì nel tempo e costituisce dunque un quantum di tempo per l'attività vitale, così che il suo limite temporale si riveli essenziale alla sua stessa funzione di
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relazione. Spesso quest'individuo risulta libero nello spazio, poiché garantisce il trasporto di germi specifici della specie, e la sua brevità temporale comporta, come contropartita, la sua estrema mobilità spaziale. Secondo la prima forma di esistenza, l' individuo consiste al contrario nella particella di un tutto esistente attualmente, in cui si inserisce, ma che , al contempo, limita spazialmente. Come essere parcellare, l'individuo possiede una struttura che gli consente di accrescersi, risulta polarizzato al suo interno e la sua organizzazione gli consente d'incorporare materia alimentare sia per autotrofia sia a partire da sostanze già elaborate. In quanto parcellare, 1' individuo possiede un preciso schema corporeo in base al quale cresce per differenzi.azione e specializzazione, che a loro volta determinano le parti nel corso de!Ja loro progressiva crescita, a partire dall'uovo o dalla gemma originaria. Alcuni studi condotti sulla rigenerazione, ed in particolare quelli consacrati alla Planaria di acqua dolce*, dimostrano che la capacità di rigenerazione scaturi sce da elementi che conservano una certa capacità germinativa anche quando l' individuo è adulto: questi elementi risultano, infatti, imparentati con le cellule sessuali. Tuttavia, la capacità di sviluppo non risu lta sufficiente a spiegare la rigenerazione, anche se si decidesse di far intervenire l' azione di un 'ipotetica sostanza come quella dell' organismo, destinata a chiarire l 'induzione esercitata da un elemento terminale, per esempio da una testa che si innestasse in un qualsiasi punto del corpo di un Platelminta*. Affinché si eserciti quest' induzione, occorre che sia presente un certo numero di elementi secondari , che includono meccanismi fisici e dinamiche ormonali. Occorre tuttavia che, dopo la segmentazione dell'uovo, intervenga un principio di organizzazione e determinazione che produca differe nti organi dell'essere. Questo principio di determinazione spaziale non può essere confuso con il principio di produzione esterna di altri esseri , sia ch'esso avvenga per gemmazione, sia per riproduzione sessuata. Anche se determinate cellule possono comunque servire indistintamente alla rigenerazione dell'essere particolare o a generare altri esseri, e anche se sussiste una connessione fra la rigenerazione e la riproduzione, interviene comunque una differenza di orientamento nel modo in cui si esercita quest' attività fondamentale, sia verso l' interno, sia verso l'esterno. Anche in questo caso, sussiste un criterio che consente di distinguere la preindividualità daJJ ' individuaJità propriamente detta, poiché, allo stato di preindividualità , queste due funzioni risultano congi unte e anche l'essere può essere considerato come organismo, società o colonia. La riproduzione per scissiparità* costituisce un fenomeno tanto di modificazione dello schema corporeo dell ' individuo parcellare quanto di riproduzione; la gemmazione consiste , sebbene ancora molto parzialmente, in un misto di
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due tipi di generazione, crescita e riproduzione propriamente detta. Tuttavia, quando si procede nella scala animale, questa distinzione fra le due generazioni diviene sempre più netta: a livello dei mammiferi, per esempio, la relazione diviene netta se compensata da una relazione di esteriorità tra il cucciolo e il suo genitore, non del tutto dissimile da una sorta di parassitismo, inizialmente interno e solo in seguito esterno, prima con la gestazione, poi con l' allattamento. La femmina risulta infatti soggetta a questo parassitismo, ed un qualsiasi tipo di parassitismo può creare, nel maschio, la comparsa di caratteri sessual i femminili , come ha dimostrato lo studio condotto sul Granchio Sacculina*. Ciò si verifica come se le forme complesse necessitassero di una rigorosa distinzione fra le funzioni di genesi esterna e quelle di genesi interna . La genesi esterna, o riproduzione, consente infatti .l'intervento di una funzione amplificatrice eminentemente connessa all'operazione d ' individuazione; la semplice crescita, essendo in grado di sussistere a regime continuo, appartiene al contrario alla colonia e non necessita di alcuna individuazione*. Questa distinzione si verifica a causa del distacco assai precoce del piccolo che, invece che svilupparsi come gemma, consiste in un essere ind ipendente, parassita del genitore, ma al contempo estremamente distinto da quest'ultimo , per lo meno per quanto concerne la sua organizzazione interna. La gestazione consiste in questa separazione anatomica compensata da una relazione nutritiva; la quantità di materia organizzata che si distacca dal corpo di un Mammifero per formare un uovo risulta meno considerevole di quella che si distacca da un Oviparo. La gestazione, favorendo la separazione anatomica del piccolo, pur mantenendo la relazione alimentare , causa il rallentamento della crescita del piccolo, e accentua la fetalizzazione , perlomeno sulla base dell'ipotesi di Bolk*, che osservò, a partire da questo principio, una delle ragioni dell'evoluzione stessa. Una maturazione dell'individuo più lenta gli consente di dedicarsi ad una più estesa formazione per apprendimento, nel momento in cui i centri nervosi risultano ancora recettivi ovvero prima dell'età adulta. Ora, se consideriamo questi diversi caratteri delle organizzazioni vitaJi , osserviamo che le due funzioni dell ' individuo conservano una loro distinzione peculiare e che questa distinzione si rileva durante il perfezionamento dell'individuo; in una organizzazione vitale semplice, queste funzioni risultano antagoniste e possono soddisfarsi solo successivamente, affidandosi a forme diverse 13 ; quando l' individuo risulta sufficientemente sviluppato, esso può garantil3
Non si possono accostare la pluralità di stadi d i sviluppo dell' individuo (larva , ninfa , stadio immaginale) con l ' alternanza indi viduo-colonia.
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re il simultaneo compimento di due funzioni, grazie ad una più completa separazione delle operazioni relative a ciascuna di esse. In questo caso, la riproduzione si costituisce come aspetto comune a tutti gli individui ugualmente in possesso di funzioni diverse. L' individuo si manifesta così come il sistema di compatibilità fra queste due funzioni antagoniste che corrispondono l'una ali 'integrazione nella comunità vitale e l'altra ali 'attività amplificatrice dell ' individuo, che consiste, a ua volta, nella trasmissione della vita, attraverso la generazione dei piccoli. L'organizzazione interna corrisponde ad un ulteriore tipo di essere rispetto alla riproduzione; nelle specie completamente individualizzate, l 'organizzazione attuale e la riproduzione risultano riunite nel medesimo essere, così che le funzioni somatiche e quelle germinali risultino compatibili nell'esistenza individuale, essendo ormai scomparso lo stadio della vita coloniale. Per queste numerose motivazioni , distinguiamo tre sistemi vitali: la vita preindividuale pura, nella quale le funzioni somatiche e germinali non risultano distinte, come nel caso di certi Protozoi* e in parte nelle Spongiarie*; le forme meta-individuali, nelle quali le funzioni somatiche e germinali sono distinte e necessitano, per compiersi , di una specializzazione dell'azione individuale che coinvolga una specializzazione dell' individuo secondo funzioni somatiche o funzioni germinali; infine, le forme totalmente individualizzate , nelle quali le funzioni germinali sono devolute agli stessi individui che esercitano quelle somatiche. In quest' ultimo caso, non vi è dunque più una vera e propria colonia , quanto, piuttosto, una comunità o una società. Si possono rilevare forme transitorie fra questi tre gruppi, in particolare nelle società degli insetti, che sono spesso costituite per differenziazione organica dei loro membri, dei quali alcuni sono riproduttori , altri guerrieri, altri ancora operai.ln alcune società, l'età nello sviluppo individuale interviene come principio di selezione fra diverse funzioni che si compiono in questo modo, principio di unità che necessita un grado infimo di complessità delle strutture individuali , mentre al contrario l'individuo persegue simultaneame nte le funzioni somatiche e quelle germinali. In tal senso, si possono considerare le forme di vita come unicamente rappresentate da esseri individuali in quanto equivalenti a forme alternanti (colonia e individuo separato) nelle quali non si produrrebbe mai il passaggio alla colonia, generando l' individuo separato dagli altri individui piuttosto che fondare una colonia che a sua volta produrrebbe individui separati. Nella forma alternante, la colonia corrisponde al compimento dell'individuo: l'individuo è infatti più giovane della colonia e la colonia consiste nello stato adulto dopo l' indi vi duo , comparabile, mutatis mutandis, ad una larva della colonia. Da questo momento in poi , quando un individuo, piuttosto
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che fondare una colonia, si riproduce sotto forma di individuo , le funzioni vitali di continuità (nutrizione, crescita, differenziazione funzionale) devono essere svolte da un nuovo aspetto dell'individuo, ovvero dai comportamenti sociali.
3./ndividuazione e riproduzione La funzione essenziale dell'individuo vivente in quanto individuo distinto da una colonia, risiede nell'amplificazione, ovvero nella propagazione discontinua, che consiste ad esempio nello spostamento. Ci si può allora domandare in cosa consista il senso della riproduzione. Può esistere l'individuo immortale? La morte corrisponde al compimento fatale di ogni organismo pluricellulare: essa scaturisce tuttavia dal suo funzionamento e non piuttosto da un ' intrinseca proprietà della materia vivente. Per Rabaud , la proprietà intrinseca della materia vivente risiede in questo «incessante processo di distruzione e di ricostruzione in funzione degli scambi con l'esterno , ovvero al metabolismo»* (Rabaud, Zoologie biologique, IV parte, p. 475). Se in un organismo unicellulare la ricostruzione compensasse totalmente la distruzione, il processo si effettuerebbe in modo tale che i prodotti non assimilati non si accumulerebbero al punto da nuocere al funzionamento , e l'organismo resterebbe indefinitamente assimilabile a se stesso . Tuttavia, secondo Rabaud, quest' illusione dell'individuo immortale corrisponde meramente ad un'astrazione mentale; l'individuo viene infatti ugualmente modificato da due fattori : il primo consiste nel fatto che il metabolismo si effettua in condizioni costantemente mutevoli e cioè che dalla ricostruzione della materia vivente non scaturiscono, necessariamente , masse nuove di protoplasma, identiche alle precedenti , poiché la quantità e la qualità dei materiali presenti, l'intensità e la natura delle influenze esterne variano incessantemente. Il secondo fatto deriva dai rapporti che esistono fra gli elementi che compongono la massa individuale, che mutano sulla scorta del grado delle influenze, così che il loro cambiamento perviene a volte ad una sorta di squilibrio: in ciò consiste in certuni casi il trasporto nucleo-plasmatico , ovvero quello che si stabilisce fra la massa del nucleo e quella del citoplasma 14 •
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Sarebbe forse nel cambiamento di questo rapporto che bisognerebbe intravedere l'espressione iniziale del processo di amplificazione che si prolunga nella riproduzione.
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È questo il rapporto che governa la riproduzione. Rabaud intende dimostrare che la riproduzione dell ' individuo non segue aJcuna finalità e si spiega in modo puramente casuale . Occorre approfondire questa spiegazione per valutare in che misura lo squilibrio che causa la morte differisce dallo squilibrio che causa la riproduzione. Occorre infatti notare che la profonda modificazione che col pisce l'individuo ne l corso della riproduzione non corrisponde a quella che si verifica nella morte. Anche se l' individuo perde la sua identità, a causa della scissione in due individui nuovi di uguale taglia, esso diviene comunque qualcos'altro, poiché in questo caso due individui distinti sostituiscono l' individuo unico, sebbene questi non muoia e nessuna materia organica si scomponga, non si produca alcun cadavere e risu lti compiuta la continuità fra l' individuo unico e i due individui che ne sono stati generati. In questo caso infatti non si effettua una fine vera e propria, bensì una trasformazione della topologia dell 'essere vivente, che al posto di un solo individuo, favorisce la comparsa di due distinti individui. Rabaud ritiene che solo il vaJore del rapporto nucleoplasmatico faccia in modo che la cellula si divida in due parti indipendenti, qualsiasi sia il volume della cell ula e senza alcun intervento di influenze misteriose. Un 'analisi della riproduzione nei Metazoi* consente di affermarlo con chiarezza, in ragione de lla relativa semplicità anatomica di questi individui. La schizogonia* si effettua alla stregua di una divisione cellulare: l'individuo si divide così in due parti , uguali o ineguali , e ciascuna parte, divenendo indipendente, costituisce un nuovo individuo. Il nucleo attraversa così, sulla scorta di numerose variazioni , la serie delle fasi regolari che comprendono la sua divisione in frammenti, i cromosomi (assai meno definiti nel caso dei Protozoi), la divisione di questi cromosomi e la loro separazione in due gruppi uguali e infine la scissione del citoplasma, in senso trasversale per gli lnfusori e in senso longitudinale per i Flagellati *. Ciascuno di questi nuovi individui si completa, rigenerando una bocca, un flagello , etc. In altri casi , un individuo secerne inizialmente un ammasso di cellulosa, all ' interno della quale questi si divide in una serie di individui di taglia ridotta, che somigliano all'individuo iniziale, o che pure se ne differenziano , ma che in seguito acquisiscono comunque, molto rapidamente, un aspetto specifico. La schizogonia consiste nel fatto che l'individuo si moltiplica isolatamente senza l' intervento dell'azione fecondativa di un altro individuo della stessa specie. In altri casi, la moltiplicazione si avvia esclusivamente dopo l ' unione di due individui. Questa congiunzione o accoppiamento può risultare temporaneo come nel caso degli Infusori, in funzione delle condizioni dell' aro-
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biente. l due individui, dopo essere stati uniti da una parte della loro superficie, si scambiano un pronucleo*, poi si separano e si moltiplicano per semplice divisione. Nel caso degli Infusori, i due modi di riproduzione, gamogonia* e schizogonia , si alternano a seconda delle condizioni dell ' ambiente. Inoltre, nella gamogonia i due individui risultano perfettamente simili e non li si può pertanto qualificare in base al genere maschile o femminile. La congiunzione può altresì pervenire alla funzione non solo dei due pronuclei, bensl anche dei due individui interi , che risiedono in stato di totale fusione, per lo meno per un certo periodo di tempo; d'altra parte, non risulta affatto agevole comprendere se l' individualità de i due esseri che si riuniscono si sia davvero conservata; ii loro nucleo subisce, infatti, due divisioni successive e ogni prodotto della di visione, tranne uno, degenera. I due resti non degenerati dei due nuclei si fondono, mentre questo nucleo comune si di vide. La massa fusa si divide, a sua volta, generando due nuovi individui completi. L'identità individuale dei due lnfusori si conserva nelle masse non degenerate dei nuclei nel momento di fusione dei due nuclei? Non è semplice rispondere a questa domanda. Quest'esempio scaturisce dal caso dell ' Actinophrys*. Nel caso dell' Ameba, la fus ione può essere ancora completata, in particolare nel caso de li ' Ameba diploidea che normalmente possiede due nuclei . I nuclei di ciascun individuo ed in seguito i due individui si fondono , sebbene ciascun nucleo si divida separatamente perdendo parte della sua sostanza; successivamente, lo scarto di ciascuno dei nuclei si approssima al resto del nucleo dell'altro indi viduo , senza tuttavia fondervisi. Si forma dunque un solo individuo binucleare che, solo in seguito, si moltiplicherà. Nel caso degli individui che scaturiscono dalla moltiplicazione per divisione dell 'individuo binucleato intermedio, si osserva il nucleo di ciascun individuo, o per meglio dire lo scarto di questo nucleo. In questo processo, non è consentito di stinguere il maschio dalla femmina. La comparsa della distinzione fra maschio e femmina si verifica nel caso delle Vorticelle*, che sono lnfusori statici. Il gamete maschio consiste in un individuo di taglia ridotta, che scaturisce da una Vorticella che ha subito, colpo su colpo, divisioni successive. Quest' individuo si unisce ad una Vorticella fissata e le si fonde interamente. Dopo la scomparsa dei macranuclei , divisione e degenerazione dei rnicronuclei , tranne un frammento che persiste e fornisce un pronucleo, i pronucle i, che costituiscono Io scarto esclusivo dei micronuclei originari , si scambiano; in seguito, i pronuclei maschi degenerano e il gamete maschio viene assorbito. Il nucleo si frammenta in otto parti uguali, delle quali sette costituiscono le macromolecole e l'ottava il rnicronucleo. Questa gamogonia interna si alterna ad una
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schizogonia, in base ad un vero e proprio ciclo evolutivo. Gli Sporozoi* sono di questo tipo, in particolare gli Ematozoi* e i Coccidi*. Il ciclo degli Ematozoi comporta inizialmente un'Ameba, insita in un globulo di sangue umano; quest'individuo si divide secondo piani radiali di divisione; i nuovi individui (merozoi) si diffondono nel sangue e vanno a fissarsi su nuovi globuli rossi; dopo un certo periodo , questi merozoi cessano di moltiplicarsi , cosa che, a parere di Rabaud, si dovrebbe attribuire ad una modificazione dell'ospite a causa dell'azione del parassita. A volte, essi cambiano forma. Al contrario, se si verifica una modificazione dell'ambiente (assorbimento per opera di una zanzara) questi merozoi divengono macrogametociti e microgametociti; i macrogametociti , espungendo parte del loro nucleo, divengono macrogameti; i rnicrogametociti emettono prolungamenti che racchiudono, nel loro insiene, tutta la sostanza del nucleo , e sono microgameti. La coniugazione di macrogameti e microgameti produce un elemento ricoperto da una membrana sottile che si accresce e si divide in sporoblasti, da cui nascono elementi allungati, denominati sporozoi, che la Zanzara inocula nell'uomo, fenomeno che consente al ciclo di ricominciare. Si effettua dunque l'alternanza di un certo numero di forme e di due tipi di riproduzione. La riproduzione dei Coccidi si verifica allo stesso modo , ma senza la necessità di un ospite intermediario. Nel caso delle Gregarine*, la riproduzione agamica sussiste solo in forma modesta e di contro la sessualità risulta particolarmente spiccata. Anche in questo caso, nella fusione di due individui che si incistano insieme, una sola parte del nucleo partecipa alla riproduzione. Gli individui incistati (macrogametociti e rnicrogametociti) si dividono e formano macrogameti e microgameti; l' uovo, fecondato, si moltiplica dividendosi in spore, e queste spore si dividono in otto sporozoi che si sviluppano ulteriormente in Gregarine adulte. In questo caso i due processi di riproduzione risultano embricati l' uno nell' altro al punto di costituire un solo processo complesso. Sembra che la gamogonia abbia quasi assorbito la schizogonia , poiché, nel gruppo delle due Gregarine incistate insieme, si verifica una vera e propria schizogonia, che passa dai microgametociti e dai macrogametociti , che costituiscono le due Gregarine , ai microgameti e ai macrogameti: così, le spore si dividono in sporozoi. Secondo Rabaud, la riproduzione consiste essenzialmente in una schizogonia. Tranne che in alcuni casi , questa schizogonia produce essenzialmente parti uguali. La schizogonia prosegue indefinitamente in un ambiente perpetuamente rinnovato , come hanno dimostrato la ricerche di Baitsell , Woodruff, Chatton e Metalnikow*. La sessualità si manifesterebbe a causa dell'azione dell'ambiente: fra gli individui, si stabilisce cioè una differen-
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ziazione e non si produce alcuna divisione senza una preliminare coniugazione di due individui e senza fusione dei loro nuclei. Rabaud non accetta la conclusione dello studio di Maupas che sostiene che la schizogonia troppo prolungata induca la morte degli individui, mentre la sessualità ne conentirebbe il ringiovanimento. La sessualità costituirebbe così un processo obbligatorio. Maupas suppone ugualmente che la coniugazione si effettui prettamente fra individui di linee differenti. A questa tesi , Rabaud oppone i lavori di Jennings*, che dimostra che la coniugazione si effettua altresì fra individui quasi imparentati. Inoltre, la riproduzione asessuata non induce affatto all ' invecchiamento degli individui e tanto meno alla loro morte. Le ricerche sperimentali dei coniugi Chatton dimostrano che la sessualità si stabilisce o meno a partire dalla qualità degli scambi nutritivi ai quali sono soggetti gli infusori. Rabaud afferma che si può provocare la coniugazione di Colpidium colposa o di Glaucoma scintillans aggiungendo all'infusione in cui vivono questi Protozoi una certa quantità di Cl2Ca e alimentando il tutto con Bacterium fiuorescens*. Per Rabaud , la sessualità si manifesterebbe «non come un processo indispensabile, bensì come una complicazione che non possiede di per sé nessun indispensabile vantaggio evidente» . La funzione di due protoplasrni totalmente comparabili , ugualmente vecchi e affaticati, o supposti tali , non può operare alcun ringiovanimento. Infine, Rabaud non ammette l' idea per la quale la moltiplicazione sessuata ri ulterebbe superiore alla moltiplicazione asessuata poiché originerebbe una combinazione di sostanze scaturite da due indipendenti generatori e darebbe vita così ad un organismo autenticamente nuovo, dotato di caratteri che gli appartengono in modo esclusivo, mentre la riproduzione asessuata consisterebbe meramente nella continuazione di un medesimo individuo, frammentato in un gran numero di parti distinte. La moltiplicazione asessuata non genera individui che si rassomiglino a tal punto da risultare identici. Secondo Woodruff, sussiste una vera e propria rifusione dell'apparato nucleare che, producendosi periodicamente al termine di un certo numero di generazioni, indica che l' organismo, anche nel caso della riproduzione asessuata, piuttosto che permanere identico a se stesso , subisce modificazioni più o meno rilevanti*. A parere di Rabaud, la sessualità non apporta ai Protozoi nulla di particolarmente utile all ' esistenza; la moltiplicazione scissipara continua a costituire il processo più diretto, ponendo in rilievo il carattere fondamentale della riproduzione . La divisione del nucleo, infatti , risulta sempre uguale , sebbene la divisione si compia a volte in modo tale che la frammentazione del corpo cellulare fornisce parti molto ineguali; la cellula piccola, o cellula figlia, che si separa da quella grande, o cellula madre, ne costi-
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tuisce una parte qualsiasi in grado di riprodurre un individuo simile a se stessa. La sessualità costituisce così esclusivamente un caso particolare di un fenomeno generale, caso in cui un elemento scaturito da un individuo si moltiplica esclusivamente dopo l'unione con un elemento scaturito da un altro individuo. Si osservi tuttavia che ciò che si moltiplica consiste nell'elemento scaturito dai due individui. Nel caso dei Metazoi*, i processi risultano identici, ma pongono il problema dell'individuazione in modo molto più complesso, poiché il fenomeno di riproduzione non risulta facilmente distinguibile dali 'associazione e dalla dissociazione, potendo intervenire su vari gradi e creando in tal modo un tessuto di rapporti fra gli individui discendenti, o fra predecessori e discendenti, o fra l'insieme formato da predecessori e discendenti. La riproduzione non si configura più esclusivamente, come nel caso dei Protozoi, come genesi di un individuo, attraverso un processo che Rabaud riconduce alla schizogonia. Si verifica piuttosto la perpetuazione di condizioni intermedie e stati mediati fra la completa separazione di individui indipendenti e un modo di vita in cui si verificherebbe esclusivamente la crescita senza riproduzione o comparsa di nuovi individui ; occorre dunque studiare queste forme di vita che costituiscono una sorta di transizione fra la vera e propria individuazione per schizogonia e la vita priva di qualsiasi individuazione, allo scopo di cogliere, a questo livello, se possibile , le condizioni dell 'individuazione ontogenetica. Nel nostro studio permane comunque un pregiudizio di ordine metodologico; cercheremo di concepire i criteri d eli ' i ndi vidualità in biologia definendo le condizioni deli' i ndi viduazione per le specie in cui lo stato individuato e lo stato non individuato si trovano in rapporto variabile. Questo metodo genetico potrà consentire la permanenza di un qualche carattere ignoto; tuttavia, non lo si potrà comunque giudicare se non a partire dai suoi risultati. Per il momento, occorre pertanto supporre che la genesi possa rendere conto dell' essere mentre l ' individuazione dell'individuo. La scissione di un individuo, adulto o meno, in due parti uguali che si completano ciascuna per proprio conto, ovvero la schizogonia, esiste in numerosi Metazoi , per i quali, malgrado le loro apparenze, risulta comparabile a quella che sussiste nel caso dei Protozoi . Secondo Rabaud, la sola differenza effettiva consiste nel fatto che il processo culmini in un frammento composto da numerose cellule. Tuttavia, queste cellule formano una totalità tanto coerente quanto quella dei componenti di un Protozoo: «Nei due casi, la divisione scaturisce da un processo che interessa unità fisiologiche perfettamente comparabili»* (op.cit., p. 486).ln certi casi, l'individuo si scinde in due parti sensibilmente uguali : è questo il fenomeno in cui
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ci si imbatte maggiormente nel caso dei Protozoi. Questo caso si presenta in diversi Celenterati, come in quello dell'Idra d'acqua dolce* e di numerose Attinie; il piano di scissione passa per l 'asse longitudinale del corpo e, a volte, sebbene raramente, per l'asse trasversale; lo si ritrova altresì nel caso di alcune Meduse (Stomobrachium mirabile). Questa scissione ha una durata che va dall' l alle 3 ore; quella delle Attinie comincia dalla base, si sviluppa poi risalendo tutto il corpo e penetra all'interno del suo spessore; le due metà si separano, i bordi della piaga si avviònano,le cellule messe a nudo si moltiplicano e forniscono nuove parti che rimpiazzano quel le mancanti; così, la schizogonia implica la rigenerazione. Questo processo si manifesta nel caso di diversi Echinodermi, delle Asterie* (Asterias tenuispina) e delle Ofiure (Ophia.ctis, Ophiocoma, Ophiotela.)*. Il piano di scissione passa attraverso due interradi* e divide l'animale in due parti sensibilmente uguali, assegnando all'uno un braccio in più dell 'altro quando il numero di bracci risulta impari (caso dell' Asteria pentametra*); dopo la frammentazione, ciascun frammento di disco si arrotonda, il liqu ido della cavità generale affluisce a livello della piaga, si coagula e la arresta, il tegumento si cicatrizza e i tessuti soggiacenti, proliferando attivamente, generano due o tre braccia e producono due individui completi, a partire da due frammenti*. Questa divisione può fornire quattro individui completi , nel caso delle Oloturie come la Cucumaria lactea e la Cucumaria planci* ; una prima dissezione, trasversale, produce due metà e queste due metà si sezionano ulteriormente generando così quattro indi vidui simili al primo. Rabaud assimila alla scissiparità (caso in cui la scissione fornisce parti uguali o subuguali) il caso in cui i frammenti che si separano sono uguali oppure notevolmente ineguali. «Questo caso, infatti , non differisce dalla scissiparità che per importanza relativa e per il numero delle parti che si separano; i processi di rigenerazione e il risultato finale restano uguali: si effettua, cioè, una moltiplicazione degli individui a spese di uno solo»* (p. 487). Forse si potrebbe far notare che nel caso della scissiparità non sussiste alcun resto dopo la divisione: l' individuo non muore nel vero senso della parola, quanto, piuttosto, si moltiplica. Al contrario, un individuo, come un pesce, depone le uova un certo numero di vol te e poi muore. Ciò che occorre notare in questo caso non consiste nel rapporto delJe dimensioni fra le diverse parti che sorgono durante la riproduzione, quanto, piuttosto, il fatto che queste due parti risultino più o meno reciprocamente contemporanee. Se, nel corso di una divisione in due parti ugual.i, una delle due parti fosse attiva e l' altra non lo fosse, sia nell ' immediato, sia dopo un certo periodo, occorrerebbe affermare che questo processo risulta differente dalla scissiparità, nella quale le due metà risultano contemporanee l' una all 'altra
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e posseggono la stessa età. Il limite reale si situa dunque fra tutti i processi di divisione che generano individui della stessa età e i processi di divisione che generano un individuo giovane, che si separa da un individuo più vecchio, che, a sua volta, non si rinnova quando genera esseri più giovani. Gli animali che manifestano una riproduzione per scissiparità possono generalmente frammentarsi in modo tale che, distaccandosi un solo lembo, si produca un nuovo individuo. Alcune Attinie, come l'Aptasia lacerata* o i Sagartioidi, si lacerano , mentre in altri casi, sono i tentacoli a lacerarsi, come nel caso dei Boloceroidi (studiati da Okada e Komori)* in modo spontaneo, e questi frammenti si rigenerano. Un Madreporaro Schizocyatus fillis* si divide longitudinalmente in sei frammenti uguali che rigenerano, producendo sei individui completi. Le braccia di molte Asterie , separate dal corpo, germinano in un animale completo dopo aver superato lo stadio detto "cometa", caratterizzato dal fatto che le braccia giovani risultano più piccole di quelle vecchie. Per certe specie (Linckia multiflora, Ophidiaster, Brinsinga, Labidiaster, Asterina tenuispina , Asterina glacialis) occorre che un frammento del disco resti attaccato al braccio affinché si verifichi la rigenerazione. Alcuni Planari , come la Policelis cornuta, i Vermi oligoceni, come il Lumbriculum , i Policheti, come il Syllis gracilis, e altri ancora, si dislocano, in certe condizioni date, in un numero variabile di frammenti. I Thnicati* si moltiplicano costantemente per frammentazione trasversale del loro post-addome; il cuore, che si trova in questo frammento terminale, scompare e si riforma in ciascuna segmentazione. Nel caso dell'Idra d'acqua dolce, un tronco di tentacolo rigenera solo se rappresenta per lo meno 1/200 del peso totale; al disotto di questi valori , un tronco rigenera meno facilmente. Si verifica la stessa situazione per un frammento di Plenaria o di Oligocheta. Quando l'amputazione è minima, la riproduzione assume, dal punto di vista dell'animale che rimane quasi intatto , l' apparenza di una semplice ricostituzione* (Rabaud, op.cit., p. 489). Rabaud afferma che l'autotomia, caso in cui l'animale si mutila spontaneamente a causa di un ' eccitazione esterna e si ricompone in seguito quando il frammento separato si disgrega senza proliferare, costituisce un particolare caso dischizogonia. È possibile che, dalla prospettiva dell'individuo ormai vecchio, l'autotomia e la schizogonia posseggano conseguenze identiche, cioè la necessità di rigenerare per sostituire il frammento separato. Thttavia, questo stesso fenomeno non si verifica nel caso del frammento separato; sussistono infatti numerosi casi in cui il frammento distaccato non possa affatto rigenerarsi generando un nuovo individuo. L'autotomia consiste generalmente in un processo di difesa. Nell'insetto stecca, Carausius morosus* , per esempio, l'autotomia si verifica quando un membro viene stuzzicato;
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questa autotomia si produce in base a determinati versanti, dove risiedono speciali muscoli che si contraggono bruscamente quando il membro è eccitato da una pressione, in un particolare punto, spezzando il membro. Questi frammenti di membro non producono un nuovo Carausius morosus; la coda della Lucertola, spezzata da autotomia riflessa, non origina una nuova lucertola. Sembra piuttosto che il riflesso d'autotomia faccia parte di una condotta difensiva, e non risulti riconducibile direttamente, in qualità di caso particolare, alla schizogonia. Si noti peraltro che l' autotomia, sistematicamente prodotta dall'innesco di un riflesso*, sull ' Insetto stecco e su altri insetti , produce un grado di mutilazione tale che non si possano verificare rigenerazioni, quando ad esempio l'animale risulta deprivato di tutte le zampe. In questo caso, l'autotomia induce alla morte dell'individuo senza che si verifichi alcuna riproduzione; si tratta sempre di un riflesso dell'individuo che induce al distacco di un arto o di un membro, ma che non divide l' individuo in quanto tale e non comporta l' innesco della funzione essenziale dell'amplificazione. L' esistenza della schizogonia come fenomeno e schema fondamentale della riproduzione assume una rilevanza notevole relativamente alla natura dell'individuo in rapporto alla stirpe specifica; secondo Weismann*, vi sarebbero due parti, all'interno del corpo dell' individuo: l'una, deperibile, connessa strettamente all'individuo, consiste nel orna*, l'altra, che continua senza interruzione da una generazione all' altra lungo tutto il prolungamento della stirpe , consiste nel germe. In ogni generazione, secondo Weismann , il germe produce un soma nuovo, assegnandogli i suoi caratteri propri , così da risultare per essenza ereditario. Il soma non produce mai alcuna particella di germe e una modificazione subita dal soma non si ripercuote sul germe, ma permane individuale. L' individuo ri sulta così strettamente distinto dalla specie. Il soma consiste infatti nel portatore di un germe che continua a propagare la specie senza per questo conservare nulla del suo passaggio attraverso i differenti individui successivi* . Secondo Rabaud, al contrario, la disamina della schizogonia consente di rifiutare quest' ingiustificata differenziazione fra soma e germe. Tutte le parti di un essere capace di schizogonia consistono in soma e germe, sono cioè soma e germe in rapporto reciproco , poiché costituiti dalla medesima sostanza: «Tutti i tentacoli e tutti i frammenti di tentacolo di un 'Idra producono tante Idre simili fra loro , poiché tutti que ti tentacoli sono costituiti della stessa sostanza. Se uno di essi provasse di per sé e per azione locale la minima modificazione, gli altri tentacoli non arebbero soggetti alla medesima modificazione. Separato dal corpo , il tentacolo modificato produrrebbe forse un individuo portatore di una nuova disposizione; ma gli
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altri tentacoli produrrebbero senza dubbio piccoli interamente assimilabili all'Idra originaria. Tutti i suddetti tentacoli consistono, allo stesso titolo, in un sostanza ereditaria»* (E. Rabaud, Zoologie biologique, pp. 491 -492). Ogni riproduzione, secondo Rabaud, consiste in una rigenerazione e si sviluppa dall'individuo, che consiste in una sostanza ereditaria in ogni sua parte. Il modo schizogonico di riproduzione costituisce una modalità fondamentale e designa una rigenerazione allo stato puro, ovvero un ' intensa proliferazione di elementi che, a loro volta, costituiscono germi schizogonici . Con questa definizione di germe infatti , a parere di Rabaud, è possibile qualificare i frammenti che proliferano e si completano una volta separati dal genitore, anche se si tratta delle due metà di un' Attinia o di un Echinoderma. Alle dimensioni dei frammenti non si applica nessuna particolarità essenziale, poiché il processo di rigenerazione non muta in base alla taglia. Dallo stesso animale si separano frammenti di taglie molto diverse, ma si rigenerano comunque allo stesso modo, come si osserva, ad esempio, nel caso della Plenaria. Si registra pertanto una certa continuità fra il caso in cui l'animale si separa in due metà e il caso in cui esso si limita a perdere un solo minuscolo frammento, che a sua volta diviene nuovamente individuo completo. Questi frammenti, che si possono denominare germi schizogonici* e che alcune volte meritano, a causa di particolari formazioni , il titolo di gemme*, provengono da una parte qualsiasi del corpo. La proprietà di rigenerazione grazie alla quale si trasformano in individuo completo non consiste dunque in un privilegio di determinati elementi del corpo, in cui risiedono i germi, escludendo gli altri , che costituirebbero puramente il soma. Tutti gli elementi del corpo, indifferentemente e in determinate condizioni , godono della medesima proprietà. La rigenerazione costituirebbe cosl il modo vitale fondamentale dell'amplificazione*. Tale conclusione, relativa alla natura schizogonica di ogni riproduzione, poiché appunto ogni riproduzione consiste in una rigenerazione, possiede una rilevanza capitale in relazione alla nozione di individuo. Quest' ultima perdeva del tutto la sua importanza ereditaria nella tesi di Weismann; l' individuo costituiva infatti meramente un semplice accidente senza rilevanza e senza reale densità nel corso di una serie genealogica. Secondo la teoria che ricollega ogni riproduzione ad una rigenerazione schizogonica, l' individuo diviene sostanziale e non piuttosto accidentale. In esso risiede, realmente, interamente e compiutamente, la capacità di riprodursi. Essa, cioè , non appartiene prettamente ad un germe , posto al riparo da qualsiasi fusione e da qualsiasi assalto causati daU'individuo cui comunque non apparterrebbe direttamente. L' individuo , nel vero senso della parola, costituisce una sostanza vivente e il suo potere di rigenerazione, in quanto
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princ ipio di riproduzione, esprime la base dei processi di amplificazione che, a loro volta, manifestano i fenomeni vitali . In altri casi , risulta interessante osservare una modalità di riproduzione agamica di notevole rilevanza che impiega un individuo unico e separato come anello fra due colonie; in tal caso, ciò si verifica come se l' individuazione si manifestasse in modo semplice fra i due stati in cui è diffuso, in quanto risiede contemporaneamente sia nella totalità sia in ciascuna delle parti , più o meno autonome . Si potrebbe dunque affermare che l'individuazione si manifesta nell ' individuo puro che costituisce la forma che opera la transizione da una colonia all'altra. Le Spugne emettono gemmule* ed i Briozoi emettono statoblasti; in entrambi i casi , si tratta di gemme che non differiscono da qualsiasi altra gemma; tuttavia, lo statoblasto si carica di sostanze inerti e si separa dalla matrice, trascorrendo l'inverno senza sensibili modifiche: si tratta, cioè, di una "gemma dormiente" , come per esempio nel caso degli Stolonica socialis , secondo gli studi condotti da de Sélys-Longchamps. In questo caso, Rabaud non accetta il ruolo nutritivo delle enclavi, citando piuttosto casi di gran lunga differenti, come per esempio quello delle Plumatelle, dei Brizoi e degli Ectoprotti*, che formano statoblasti che precipitano nella cavità generale e che ne vengono li berati solo con la morte del genitore•s. Le gemmule che nascono dalle Spongille (Spugne d' acqua dolce) e dalle Spugne marine acalcarie, sono ammassi di cellule embrionarie che, a loro volta , racchiudono notevoli quantità di enclavi : il tutto risulta circondato da un involucro. Tali gemmule si formano all'interno della Spugna a partire da un assembramento di cellule libere scaturite da diverse regioni della Spugna, che si accumulano secondo piani differenti. Attorno ad esse si dispongono altre cellule in membrane epiteliali * e secernono un involucro di spongina*, ma in seguito spariscono definitivamente; la gemmula dimora infatti in seno al tessuto della Spugna sino alla morte del genitore. In certi casi, la gemmule posseggono una zona centrale costituita da tessuti differenziati e prendono il nome di Sori ti*. È questo il caso dell ' Hexactinellida, dei Teti di , dei Demacidionidi*. Questo processo riprodutti vo tuttavia può comunque non costituirsi , sebbene occorra osservare che, perlomeno in seno alle colonie in cui si verifica, tanto per la sua modalità di formazione 15
In questo caso, l' individuo apparirebbe, precipuamente, come ciò che equivale a condizio nj di crisi, di discontinuità, di trasferimento , di ampli ficazione per propagazio ne a distanza, che implica rischio, mobilità , concentrazione , indipendenza provvisoria in rapporto al nutrimento , all 'autonomia, alla libertà temporanea. Questo rapporto fra individuo e colonia è dello stesso ordine di quello fra seme e vegetale.
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quanto per il suo ruolo, questo è in grado di rappresentare e sostituire la colonia nella sua totalità. Entra infatti in gioco prettamente nel caso in cui muoia una colonia, avvenimento che tuttavia non si verifica mai : lo statoblasto consiste dunque in una forma concentrata e risulta depositario del potere riproduttivo di questa colonia. Si può infine osservare che, anche nel corso della riproduzione agamica, si opera una riduzione dell ' organismo complesso che induce alla formazione di gameti. Tutto l 'organismo si riproduce, ma lo fa attraverso esseri individuati elementari: i gameti, e in particolare gli spermatozoi , sono comparabili alle più piccole unità viventi che possano esistere allo stato autonomo. Si verifica così il passaggio della riproduzione dell'organi smo complesso attraverso una fase d 'individuazione elementare, dotata di un destino autonomo, del tutto limitato nel tempo e posto sotto la dipendenza delle condizioni dell 'ambiente bio-chimico , ma costituisce comunque una fase dell' individuazione elementare. Per queste diverse motivazioni , si potrebbe forse affievolire il dualismo dell'opposizione soma-germe, così come il monismo della teoria di Rabaud, secondo la quale l' individuo consiste in un sostanza ereditaria; sebbene l' individuo costituisca una vera e propria sostanza ered itaria, in realtà, esso risulta del tutto tale solo in qualità di gamete. Ora, il gamete, nella riproduzione sessuata degli organismi complessi, non è tale di per sé, ma si costituisce come tal te solo in rapporto ad un uo compagno: è infatti la coppia di gameti che comporta contemporaneamente una realtà e una sostanza ereditaria in grado di ontogenesi. 4. lndifferenziazione e perdita dei caratteri specifici come condizioni dell'individuazione riproduttiva Per una sorta di legge d 'opposizione che si manifesterebbe in seno ad ogni problema relativo ali ' essere individuato, ciò che l'individuo guadagna in densità e sostanzialità quando si definisce la riproduzione come rigenerazione e non piuttosto come trasferimento di germe da soma a soma, lo perde in termini d ' indipendenza in rapporto ad altri individui . Dalle specie in cui la sostanzialità dell' individuo risulta più definita ed evidentè, fino ai casi in cui la capacità di morire risulta del tutto assente, di modo che ciascun individuo si divida senza residui , si presentano anche specie in cui i confini dell ' individuo risultano difficilmente rilevabili : sussistono infatti tutti i tipi di modalità associative possibili e la riproduzione origina spesso forme intermedie fra organismo e società, alle quali non si sa esattamente quale denominazione applicare, poiché constano appunto di autentici composti .
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La scomparsa dell' indipendenza del1 ' individuo può prodursi sia a titolo provvi orio , come nel caso della gemmazione , sia titolo definitivo: in tal caso si ottiene una colonia; in seno alla stessa colonia risultano poi possibili gradi di versi d ' indipendenza. La gemmazione produce individui indipendenti, originandoli lentamente. In tal caso, i diversi frammenti proliferano prima di separarsi gli uni dagli altri , come se cioè la rigenerazione precedesse la schizogonia, piuttosto che succederle. Questa preliminare rigenerazione per proliferazione origina una massa dai contorni indefiniti che si sviluppa dapprima lentamente e solo in seguito in modo sempre maggiore: quest'ultima, si definisce gemma; l' amplificazione risulta pertanto contemporanea all ' inizio del processo. La regione in cui si produce la gemma risulta generalmente localizzata in modo più o meno preciso, cosa che, a parere di Rabaud, non implica proprietà di una natura tale da apporla ad ogni altra regione (designandola come supporto di un germe possibile). La localizzazione dipende «sicuramente da una qualche disposizione secondaria che si ripercuote sul metabolismo locale»* (Rabaud, op. cit., p. 492) e co tituisce un «incidente secondario». Occorre prettamente notare che le parti del corpo che sono maggiormente in grado di distaccarsi e di proliferare, come nel caso dei tentacoli dell ' Idra d' acqua dolce, svolgendo il ruolo di germe, non costituiscono per questo il luogo di nascita delle gemme . Al contrario, la parete del corpo produce più agevolmente le gemme e si separa ulteriormente dal loro punto di origine. A parere di Rabaud , le condizioni locali e puramente contingenti assegnerebbero solo ad alcuni elementi del corpo, piuttosto che ad altri , possibilità del tutto generali ed "essenziali". Questa possibilità di proliferazione , dunque , non consisterebbe in un privilegio esclusivo di certi elementi del corpo rispetto ad altri. C iò che accomuna i due modi di riproduzione, ovvero quello per schizogonia e quello per gemmazione, consiste nell'esistenza di elementi differenziati o privi dei loro caratteri specifici, che svolgono il ruolo di elementi riproduttori , pur essendo al contempo elementi qualsiasi del corpo: prima della proliferazione del germe schizogonico, così come al momento delta formazione di una gemma, gli elementi che occorrono alla formazione di questo germe o di questa gemma conservano o recuperano proprietà embrionarie , ovvero permangono indifferenziate o prive dei loro caratteri specifici 16 • 16
Questo fatto, teoricamente molto rile vante, potrebbe contribuire a sostenere l'ipotesi, esposta sopra, della neotenizzazione quale condi zione di individuazione .
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L'individuazione
La localizzazione della gemmazione e i suoi caratteri essenziali si manifestano nei Celenterati del gruppo degli Idrozoi; nel caso dell' Idra di acqua dolce, la gemma consiste in un diverticolo* della parete che si allunga, si rigonfia e infine si buca su quell'estremità libera dove appaiono i tentacoli ; la gemma sembra provenire da cellule indifferenziate che si moltiplicano attivamente e si insinuano fra gli elementi dell'endoderma* e quelli dell'ectoderma cui si sostituiscono. Queste cellule non avrebbero dunque perduto i loro caratteri specifici, sebbene non risultino comunque differenziate. Esse svolgono il ruolo di vere e proprie cellule generatrici. Sarebbe dunque la loro ripartizione al di sotto del loro epitelio tegumentale* che originerebbe queste gemmazioni localizzate, causate comunque da influenze ignote. La sostanzialità di tutto l' individuo non susciterebbe alcun riserbo se si potesse affermare che la perdita dei caratteri specifici consiste nel solo processo di gemmazione: al contario, essa risulta di gran lunga meno definita nel caso in cui, come in quello dell 'Idra d'acqua dolce, si verifica un'indifferenziazione. Ma Rabaud fa notare che questi elementi indifferenziati non sono riuniti in organi speciali; constano piuttosto degli elementi dispersi che appartengono, originariamente, ai tegumenti con cui si trovano a contatto. Si noti che per spiegare chiaramente questa questione degli elementi indifferenziati e per conoscere il loro ruolo nella riproduzione, occorrerebbe verificare se esista o meno una differenza fra le proprietà schizogoniche e quelle relative alla gemmazione del germe schizogonico. Questo germe , quando possiede dimensioni considerevoli , come nel caso del braccio di un' Asteria o di un ' Ofiura*, si integra al nuovo individuo senza con ciò rinnovarsi. Questo nuovo individuo presenta dunque una parte più vecchia rispetto alle altre, che sono di nuova generazione. Questa parte più vecc hia, ne l corso di una nuova schizogonia, possiede forse le stesse qualità di quelle di nuova formazione? Può ancora originare per rigenerazione un nuovo individuo? Pare che non si siano tentati esperimenti specifici nella prospettiva dello studio della neotenizzazione*. La localizzazione della gemmazione risulta altrettanto evidente nel caso degli Idroidi marini. Nel caso di certi ldroidi , si formano stoloni*, che a loro volta consistono in gemme indifferenziate; il cenosarca* s'assottiglia ed infine si separa dal ramo originario mentre lo stolone si allunga, il perisacca* si assottiglia e la gemma, propagulo o fru stula*, si libera con un sostrato cui aderisce e sul quale si trascina lentamente. Solo in questo istante prolifera su un punto della sua lunghezza e la proliferazione cresce lentamente, seguendo una direzione perpendicolare all ' asse longitudinale della frustula: nel giro di 48 ore si trasforma poi in idrante. La stessa frustula
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produce così numerosi idranti, che restano legati fra loro. Dobbiamo notare che in questo processo riproduttivo si verifica una vera e propria sintesi della schizogonia e della gemmazione; la formazione dello stolone , infatti , comincia come gemmazione; ma, piuttosto che proliferare, questa gemma si distacca e questo fatto l'assimila ad una schizogonia. Solo in seguito, la gemma separata inizia a proliferare e questo fatto l 'assimila ad una gemmazione; dobbiamo notare ancora che questa sintesi di schizogonia e gemmazione induce ad una forma di vita intermedia fra l' individualizzazione pura* ed una vita collettiva, dotata di strettissime connessioni fra individui, a tal punto che solo gli organi differenti di un tutto unico finirebbero per costitu ire il vero e proprio individuo. Un caso altrettanto rilevante di altri Celenterati si osserva nelle Campanularie*, che producono una frustula, che, staccandosi dall'idrocaule* , trascina con sé l' idrante al di sotto del quale si è formata; tuttavia, quest'idrante si riassorbe e sparisce, nella misura in cui la frustula emette delle gemme. Ciò si verifica come se l'attività di gemmazione da cui si produce un nuovo insieme risultasse incompatibile con la conservazione di un individuo già formato. Forse in questa scomparsa dell ' idrante sarebbe opportuno osservare una conseguenza della perdita dei caratteri specifici che abbiamo visto operare nel corso di tutta l' attività riproduttrice, sia per schizogonia sia per formazione di una gemma. La gemmazione si verifica allo stesso modo nel caso dei Tunicati* , in cui risulta decisamente complicata dal fatto che la gemma si sviluppa ali ' inizio di uno stolone premendo sulla parte inferiore del corpo su di un tessuto indifferenziato che appartiene al mesenchima*, puntualmente localizzato nella regione del post-addome. Questo stolone consiste in un tubo limitato dall'ectoderma e diviso in due parti secondo lunghezza a causa del setto del mesenchima; la matrice emette numerose gemme, che crescono fo rmando una Clavelina* indipendente. La parte attiva della gemma corrisponde ad un ammasso cellulare mesenchimatico scaturito dal setto; l' intero individuo si differenzia a spese delle cellule mentre gli altri elementi vengono ria sorbiti. In questo caso, nel processo si conservano alcune parti della gemmazione; si tratta di una gemmazione a distanza che si compie per mezzo di uno stolone. In ogni caso , si tratta comunque di una gemmazione, poiché la separazione si verifica appunto dopo la differenziazione. La gemmazione si presenta sotto un aspetto ulteriore che, a sua volta, pone il problema della relazione fra individuo matrice e individuo giovane, nel caso dei Vermi oligocheti acquatici , del gruppo dei Naidimorfi *. La gemmazione si produce infatti in una zona puntualmente localizzata nella parte posteriore del Verme, a seguito di un dissepimento [dissépiment]. A
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questo livello, gli elementi del tegumento esterno si moltiplicano, a partire dalla superficie ventrale , e ne scaturisce un inspessimento che si propaga intorno all'anello, nello stesso momento in cui appare una strozzatura superficiale secondo il piano mediano trasversale, che manifesta una relativa discontinuità morfologica fra i due individui . Le cellule non differenziate dell 'intestino si moltiplicano come gli elementi del mesoderma che tappezza la cavità del segmento*. In seno al tessuto embrionario formato dalle cellule si differenziano i diversi organi del nuovo individuo, ovvero di uno zoide*, la cui testa appare nella parte anteriore della gemma a diretto contatto con il tessuto del genitore. Spesso, anche questo nuovo zoide germina prima di separarsi dal genitore e si costituisce così una catena d ' individui disposti in fila , gli uni dietro gli altri. Ciascun individuo germina in modo quasi continuo; accade così che si produca una seconda zona di proliferazione in uno dei segmenti situati prima del egmento posteriore. Può inoltre accadere che la zona indifferenziata si stabilisca più in alto rispetto alla sede dell 'ultimo anello: in tal caso, gli anelli seguenti , differenziati ancor prima che si stabil isca la zona indifferenziata, non si differenziano per formare il nuovo individuo, ma fanno piuttosto immediatamente parte integrante dello zoide e si raccordano ai tessuti omologhi scaturiti dalla gemma, mentre la matrice rigenera le parti staccate. In definitiva , una zona indifferenziata separa gli individui che restano aggregati in catena e questi individui possono rimanere connessi fra loro per lungo tempo, divenendo infine adulti . È questo il caso che con tatiamo in certi Turbellari rabdoceli , Vermi non segmentati simili alle Plenarie. In questo caso possiamo osservare il ruo lo fondamentale che la modalità di riproduzione svolge nella relazione dell' individuo con gli altri: la relazione d'indipendenza o di dipendenza manifesta il modo in cui è stato generato l' individuo , così che la forma della riproduzione finisce per costituire un aspetto notevole della relazione interindividuale , anche quando si prolunga nel corso di tutta la vita di ciascun individuo. Un fattore particolarmente rilevante si osserva quando tutte le diver e modalità e i diversi gradi di individuazione si manifestano ne lle colonie. La gemmazione coloniale, infatti, non si stabilisce sempre allo stesso modo. Si rilevano c ioè tutte le transizioni possibili fra la proliferazione , che consiste in una crescita sostanziale, e la proliferazione che , ori ginando individ ui anatomicamente e fisiologicamente distinti, li conserva raggruppati in un ' unità meccanica. I due casi limite possono essere rappresentati nella C lavelina e nelle Spugne. La Clavelina costituisce il caso limite in cui gli individui , sebbene separati gli un i dagli altri , permangono strettamente raggruppati ; le Spugne, al contrario, rappresentano il caso limite
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in cui una proliferazione attiva causa una semplice crescita sostanziale, mentre le nuove parti sembrerebbero costituire nuovi individui . Tuttavia, anche in questo caso, lo stato individuato non viene del tutto eliminato e può manifestarsi se il modo di riproduzione muta. Lo si vede ricomparire temporaneamente se la Spugna produce una gemma che si distacca, cosa che accade solo in certi casi. Ciò confermerebbe l' ipotesi in base alla quale esisterebbe un legame fra la comparsa dell'individuo vivente definito e le funzioni di riproduzione amplificante: l' individuo risulta essenzialmente portatore della capacità di riprodurre (e non necessariamente di riprodursi, poiché, al contrario, può agevolmente riprodurre anche una colonia che non gli appartiene direttamente). La riproduzione delle Claveline si compie, come abbiamo visto, a partire da uno stolone; questo stolone si allunga fissandosi in seguito su un sostrato e la sua estremità si sviluppa in un individuo, che si distacca dalla matrice e si fi ssa al suo posto. Tutti gli stoloni scaturiti dalla stessa matrice si comportano allo stesso modo, producendo un certo numero di gemme: ne segue un raggruppamento di individui fi ssati l' uno affianco all' altro, sebbene rispetti vamente indipendenti . Al contrario , la Spugna , inizialmente semplice, si ramifica, e c iascuna ramificazione a sume l'aspetto della Spugna originaria, con un nuovo osculo a pori inalanti*; queste nuove parti , morfologicamente, sembrano rappresentare una serie di individui . Tuttavia, il criterio morfologico esterno risulta in questo caso del tutto inefficace e insufficiente; queste ramificazioni permangono in totale e definitiva continuità con la massa della Spugna, nessuna di esse possiede il valore di una gemma e le diverse regioni della Spugna costituiscono un sostegno rispetto al quale nessuno degli elementi possiede una vera e propria autonomia. Notiamo , tuttavia, che l' insieme della Spugna non può essere definito individuo più di quanto non potrebbero esserlo le altre parti: le diverse parti non costituiscono organi di quell'individuo che consisterebbe nella Spugna, poiché queste parti diverse non sono solo continue, ma altresì omogenee. La comparsa di parti diver e consiste in una crescita della quantità di materia vivente della Spugna, sebbene non apporti alcuna differenziazione appezzabile. Poiché non vi è nulla di più nelle parti di quanto non vi sia nel tutto, non è affatto semplice defi nire il tutto come individuo, per il solo fatto ch 'esso consista in una totalità. Questa totalità non risulta affatto indivisibile; se si sottrae una parte della Spugna che si è moltiplicata, non la si mutila: tutt' al più la si diminuisce. Ci troviamo in questo caso davanti ad un ' assenza di struttura che non consente di assegnare la denominazione di individuo al tutto piuttosto che alle parti , né di sottrarla alle parti per assegnarla al tutto, poiché
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il tutto consiste nella somma delle parti, nel cumulo che esse formano. È questo il caso estremo in cui l'individualità appartiene in ugual misura alle parti ed al tutto; le parti non posseggono effettiva individualità poiché non risultano indipendenti ; al contempo, esse posseggono una qualche forma definita, con un osculo e dei pori inalanti , e un determinato orientamento in rapporto all'insieme, più evidente in determinate specie. Non sussiste dunque una netta continuità fra le diverse parti, e l' unità appartiene a ciascuna parte a scapito della sua indipendenza; ciascuna parte risulta compiuta di per se stessa e potrebbe dunque bastare a se stessa, poiché possiede una certa individualità virtuale, che tuttavia il suo modo di riproduzione no n valorizza appieno . Peraltro, anche il tutto possiede una certa individualità, complementare a quella delle parti , e quest' individualità è sostituita da quel rudi mento di orientamento che sembrerebbe governare la genesi delle nuove parti: esse non scaturiscono a caso in rapporto a quelle più vecchie, ma sulla base di linee di crescita privilegiate. Gli studi sinora compiuti non ris ultano suffic ienti per affermare con certezza per quale forza il tutto agisca sulle parti in modo tale da orientarle. C iò produce, nonostante il caso della proliferazione, insiemi non organizzati seppur ordinati, primo grado d'individuazione, prima del quale sussiste prettamente una sorta di continuità pura. Ciò che occorre notare, infatti, consiste nel fatto che l'individualità del tutto, in questo caso, si manifesta come forma, e non come organizzazione; al contempo, l 'esistenza di una forma non risulta comunque del tutto trascurabile poiché l' individualità del tutto scaturisce da ciò che, della loro libertà e della loro capacità di crescita, si sottrae alle parti. Per quanto quest' influenza possa risultare esigua, quest' ultima costituisce tuttavia una subordinazione della generazione delle parti e della loro crescita sulla base dell'esistenza e della disposizione del tutto; si tratta pertanto dell'innesco di una struttura. Anche la più trascurabile comparsa di individualità risulta pertanto contemporanea alla manifestazione di una struttura dinamica nel processo di riprod uzione di un essere che, d ' altra parte, non si distingue ancora dal la ere cita. Notiamo inoltre che se due Spugne si trovano l' una accanto all'altra, la gemmazione che producono segna una distinzione fra i due individuigruppi; questa struttura dinamica di crescita non trascorre da un individuo all ' altro; i prolungamenti di ciascuna Spugna restano distinti, e non s' influenzano reciprocamente, come se cioè questa predominanza morfologica esercitata dal tutto sulle sue parti fosse riservata esclusivamente a quest'ultime, e non si tra mettesse in alcun caso, anche s'esse giacessero ad una qualche distanza trascurabile. Il criterio morfologico risulta pertanto decisamente rilevante poiché appunto si manifesterebbe nel primissimo grado
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d'individualità, in uno stato cioè in cui l'individualità risultasse ancora ripartita e non esistesse in seno al tutto, se non in un modo solo vagamente sensibile. Ciò si verifica come se l' individualità consistesse in una grandezza che si potesse ripartire fra le parti e il tutto; più il tutto risulta individualizzato meno lo sono le sue parti . Al contrario , e le parti costituiscono individui completi , virtualmente separabili senza necessitare in seguito di alcuna rigenerazione, il tutto risulta poco individualizzato. Quest' ultimo esiste tuttavia alla stregua di un acceleratore o di un inibitore della crescita delle parti; a causa della sua dominanza, esercitata sulla riproduzione, svolge infatti un ruolo morfologico. Si deve rimpiangere il fatto che gli studi sulla genesi delle forme non siano a tal punto sviluppati da poter comprendere per quale agente si esercitino queste influenze acceleratici o inibitrici che costituiscono un campo reale di crescita in cui l'individuo si sviluppa e s' include. Lo stesso tipo di fenomeni si rilevano nel mondo vegetale: i Licheni, che consistono nell'associazione di un alga con un fungo, non si sviluppano casualmente; in alcune specie, le estremità sono cornute, ovvero provviste di zone dure. Le forme risultano assimilabili, quando la luce è poco abbondante, a quelle delle foglie dei vegetali, sebbene si possa concepire quest'associazione di vegetali alla streg ua di una pianta unica che vive nello medesimo tipo di ambiente (Carici , Felci)*. Fra le due forme estreme della Clavelina e della Spugna esiste una moltitudine di gradi di individualizzazione dell'insieme, ovvero, in base alla no tra ipotesi, una moltitudine di valori del rapporto fra il grado di individualizzazione delle parti e il grado di individualizzazione del tutto. Alcune Claveline producono stoloni irradiati in modo più o meno regolare, senza tuttavia possedere una tunica propria; esse si ramificano e si intricano nella spessa tunica del genitore e germinano all'i nterno di questa tunica. Sviluppandosi, le gemme emergono solo parzialmente e la regione del torace, che comprende la faringe e la camera peribranchiale , possiede una tunica propria che fuoriesce dalla tunica del genitore. Una volta sviluppati completamente, gli adu lti giacciono in continuità con lo stolone originario, ma ne perdono ogni relazione funzionale e solo la tunica comune li riunisce e li sostiene. In questo caso, esiste tuttavia una certa regolarità di raggruppamento: il solo fatto di possedere una tunica e soprattutto un'origine comune basta a definire , per tutte le gemme sviluppate, una certa incorporazione nell ' individualità del tutto. Poiché c iascun individuo germina a turno, la colonia , trattenendo i prodotti delle diverse generazioni , si estende acquisendo dimensioni notevoli . Si noti tuttavia che questa struttura dinamica de li ' insieme sembrerebbe comunque possedere un certo limite; non tutta la colonia ri sulta organizzata attorno ad un unico sostegno e quando
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L 'individuazione
la colonia possiede dimensioni notevoli, essa risulta formata da numerosi gruppi ripartiti casualmente; ciascun gruppo presenta comunque un ordine determinato: questi gruppi , che indicano realmente la dimensione dell'individualità di gruppo per la specie considerata, si denominano cenobi. Un processo di riproduzione simile si verifica nel caso della Heterocarpa glomerata* che genera stoloni che si riassorbono allorquando si origina il nuovo individuo; in questo caso, si conserva solo la tunica, mantenendo strettamente connessi fra loro i prodotti di numerose generazioni successive. Anche in questo caso , è il modo di riproduzione che determina tale o tal' altro grado di individualità, riconnettendo il regime d ' individuazione a quello di riproduzione. Nel caso dei Botrilli*, la riprodu zione , che si verifica in modo differente, persegue un regime diverso di individuazione: la r iproduzione si compie a causa di uno stolone molto corto (mentre nei Polistelidi* raggiunge 15 c m) che si trasforma integralmente in un individuo; le gemme formano dunque cenobi nettamente delimitati e tutta la colonia scaturisce da un individuo che inizia a germinare prima ancora di aver perseguito lo stato adulto. In seguito , questa gemmazione si produce in modo simmetrico, sino a quando non si ottengono solo quattro gemme dalla stessa generazione (essendosi riassorbiti quelli che li hanno apportati); queste gemme sono disposte a croce, in modo tale che le loro cloache convergano, confondendosi in un' unica cloaca* attorno alla quale si raggruppano generazioni successive di gemme sulla scorta della scomparsa delle generazioni più vecchie; ne scaturisce un notevole agglomerato di individui dotati di tutti gli organi, e in particolare del cuore, che consente loro una vita autonoma. Ora, l' autonomia degli individui non risulta però del tutto completa e mantiene fra di essi due relazioni vascolari . Un vaso circolare attornia il ce nobio, sebbene c iascun individuo possegga un cuore il cui battito non è sincronizzato al battito degli altri individui. In ta l modo, questo regime di riproduzione , in cui si manifesta una dominanza morfologica netta de l tutto sulle parti a parti re da una rigorosa simmetria nella gemmazione e , in seguito, per mezzo della forma circolare de l cenobio in via di sviluppo, corrisponde ad una colonia nella quale l'indi vidualità del tutto risulta decisamente definita , a tal punto da creare relazioni vascolari fra gli individui . Nel caso dei Celenterati, la formazione di colonie costituisce un fenomeno corrente. La maggior parte degli Idroidi produce un gran numero di stoloni che nascono al di sotto dell ' idrante e che in seguito si allungano e ramificano senza distaccarsi dalla matrice; ramificandos i, emettono gemme lateral i che si trasformano in idranti e sospingono, a loro volta, uno stolone. Questa rami ficazione è indefinita e al processo indefinito di riproduzio-
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ne corrisponde una colonia altrettanto indefi nita. In questa sede , occorre notare un fatto piuttosto rilevante, ma che al contempo non risulta tanto studiato da potervi fondare una teoria: in questa ramificazione inde finita, si producono scissioni che producono individui colletti vi, colonie illimitate, come si è osservato nei precedenti casi in cui si osservava la colonia produrre, per proliferazione, cenobi di dimensioni limitate, piuttosto che una colonia un ica di dimensioni inde finite: ciò si verifica come se un certo limite quantitativo producesse un' induzione morfologica elementare che ripartisse la colonia in gruppi ristretti. Sembrerebbe ugualmente originarsi un certo fenomeno d' individuazione in seno ai processi di crescita che , in questo caso, non risultano tuttavia separati da quelli di riproduzione. Queste scissioni sono considerate da Rabaud* (op . cit., p. 510) come accidentali e non piuttosto come fisiologiche. L'autore le distingue dalle scissioni degli stoloni più corti , che qualifica come "scissioni fisiologic he"; tuttavia , anche le condi zioni di queste "scissioni fisiologiche" risultano poco studiate, alla stregua di que lle che interrompono la continuità dello sviluppo. Tuttavia, non sussistono ragioni decisive per le quali opporre le scissioni definite accidentali a que lle fisiologiche; forse sussiste fra di esse una sorta di reciproca dipendenza, allo stesso titolo del proce so di riproduzione considerato ne lla sua struttura dinamica che presiede alla costituzione della struttura anatomica e fi siologica della colonia o dei raggruppamenti degli individui . All ' interno di gruppi di idranti, un cenosarca permane continuo per tutta la lunghezza de ll ' idrocaule*, mettendo in relazione tutti gli idranti per mezzo del sistema di canali che lo attraversa; si stabiliscono così , in particolare, una comunità nutriti va e legami fisiologici, a partire da questa continuità morfologica che si accompagna ad una continuità nel processo riprodutti vo. Tuttavia, il carattere indiretto di questa continuità lascia agli idranti un certo grado di autonomia funzionale. La forma della colonia risulta in generale correlativa al modo di riproduzione: allo stesso modo, ne l caso di altri Celenterati, ovvero le ldroattinie, Io stolone si trascina e si ramifica permanendo strettamente in contatto con il sostrato; forma così un rete senza rami lineari e le gemme nascono e crescono perpendicolarmente a questa rete , trasformandosi in idranti allungati . Nel caso degli Esacoralli*, le gemme nascono direttamente a spese della parete del corpo, al di sotto dello scheletro che funge da sostegno. Le colonie acquisiscono varie forme, ma queste forme risul tano in relazione con il modo di generazione e consentono di riconoscere la specie. Si rileva una notevole polarità in seno alle immense colonie di Madreporarie*, che formano le scogliere coral line. Lo sviluppo acq uisisce spesso la forma di
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ramature, che obbediscono ad un orientamento d ' insieme che manifesta una relativa individualità morfologica della colonia. L' aspetto di queste ramificazioni coralline sembrerebbe dimostrare che questa morfologia non è arbitraria e potrebbe pertanto essere assimilata al modo in cui si formano certe efflorescenze complesse come quelle del ghiaccio, che non risulta indipendente dai caratteri del sostrato su cui si forma , e che tuttavia palesa delle forme in stretto accordo con le leggi di cristallizzazione. Forse occorrerebbe ricercare, proprio nella parentela delle forme , le analogie funzionali che connettono un gran numero di processi di individuazione che appartengono a domini differenti; in tal caso, un particolare aspetto risulterebbe comune a tutti, ovvero l'identità del processo d i crescita, che consisterebbe nella creazione di insiemi organizzati a partire da uno schema autocostruttivo, che, a sua volta, scaturisce da un dinamismo di crescita e da dati casuali iniziali. Una legge analoga potrebbe dunque rintracciarsi nella crescita di un'efflorescenza, nello sviluppo di un albero, nella formazione di una colonia, nella stessa genesi di immagini mentali, come se, cioè, una sorta di predominanza dinamica strutturasse insiemi a partire da una singolarità. Una qualche analogia morfologica potrebbe rivelare un ' identità processuale di formazione delle individualità collettive; in ogni caso, la struttura dell'individuo risulterebbe connessa allo schema della sua genesi e questo criterio, quale fondamento stesso, forse, dell'essere individuato, risiederebbe, a sua volta, nel! 'autonomia dello schema genetico.
257 CAPITOLO SECONDO
INDIVIDUAZIONE ED INFORMAZIONE
l.- I NFORMAZIONE ED
INDIVlDUAZIONE VITALE
l. Jndividuazione e regimi d'informazione
Si può dunque porre una questione, di carattere più formale che contenutistico, alla quale, d'altra parte, si può rispondere esclusivamente operando una riforma dei concetti tradizionali *: la gemmazione coloniale consiste semplicemente nella crescita, di proporzioni smisurate, di un solo individuo? O, al contrario, origina individui di tinti piuttosto che connessi fra loro? In altre parole, in cosa consiste un individuo? A questa domanda risponderemo che, di rigore, non è possibile parlare di individuo, quanto, piuttosto, di individuazione; occorre cioè ri alire all'attività, alla genesi piuttosto che provare a comprendere l'essere già costituito per rilevare i criteri in base ai quali si saprà se questi costituisce o meno un individuo. L'individuo non consiste in un essere bensì in un atto, e l'essere consiste in individuo come agente di quest'atto di individuazione attraverso cui si manifesta ed esiste. L'individualità costituisce un aspetto della generazione, si spiega attraverso la genesi di un essere e consiste nella perpetuazione di questa genesi; di conseguenza, l'individuo consiste in ciò che è stato individuato e continua ad individuarsi, ovvero nella relazione trasduttiva di un'attività, allo stesso tempo risultato e agente, consistenza e coerenza di quest'attività a partire dalla quale è stato co tituito e si costituisce. In definitiva, consiste in una sostanza ereditaria, secondo la definizione di Rabaud, poiché comunica tutta l'atti vità ricevuta e corrisponde a ciò che fa pas are quest'attività come informazione*, attraver o il tempo e sotto forma condensata. Esso immagazzina, trasforma, riattualizza ed esercita lo schema che lo ha costituito, ovvero lo propaga individuandosi* . L' individuo corrisponde al risultato di una formazione, ne costituisce il riassunto più esaustivo, che, a sua volta, può nuovamente fornire un vasto insieme. Peraltro, l'esistenza dell'individuo coincide con questa operazione di trasferimento amplificante. Per questo motivo, l' individuo si trova sempre in
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questa relazione doppia e anfibiologica con ciò che lo precede e ciò che lo segue. La crescita costituisce la forma più semplice e fondamentale di queste operazioni di trasferimento che istituiscono l'individualità. L'individuo condensa l'informazione, la trasporta, quindi modula nuovamente un nuovo ambiente*. L'individuo assimila una genesi e la esercita a sua volta. Quando il sistema nervoso risulta particolarmente sviluppato, questa genesi può essere assimilata dal sistema nervoso e svilupparsi in atti creatori, come l'immagine che l'essere inventa sulla scorta di una legge di sviluppo che possiede germi nell'esperienza, ma che comunque non esisterebbe in assenza di un'attività autocostitutiva*. L'apprendimento non differisce del tutto daJla genesi: consiste piuttosto in una genesi che necessita di una formazione somatica complessa. È in funzione di questa attività di trasferimento amplificante, genesi attiva e non passiva, che l ' individuo consiste in ciò che è; pertanto i gradi di individualità risultano relativi alla densità di quest'attività. Questo criterio costituisce il solo fattore fondamentale, ovvero l'esercizio di un 'attività amplificante e trasduttiva. Se quest'attività è ripartita fra la totaJità di una colonia e le sue parti occorre affermare che le parti costituiscono individui incompleti, sebbene non occorra considerare la totalità come un organismo di cui gli individui sarebbero gli organi. Questi individui incompleti, infatti, risultano sempre più incompiuti nella misura in cui risultano dipendenti gli uni dagli altri e virtualmente meno separabili . Si può notare d'altra parte che, nella stessa morfologia, l'interdipendenza degli individui incompleti si caratterizza in base all'importanza delle funzioni di mutua relazione che appartengono alla totalità. Se questa relazione fra le parti del tutto possiede esclusivamente un carattere nutritivo , l' individualità delle parti può ancora essere considerata decisi va; il fatto che quest'individui giacciano nel medesimo ambiente interno stabilisce un legame fra di essi, sebbene questo legame conservi ancora una certa indipendenza. Al contrario, se i gangli nervosi connettono reciprocamente le diverse parti, il funzionamento delle stesse risulta ben più solidale ed esiste una stretta connessione con la comunità d'informazione, mentre l'individualità delle parti si indebolisce. Non è dunque il solo criterio morfologico , ma anche quello funzionale, che occorre far intervenire per determinare il grado di individualità. Ad esempio, come rileva Rabaud* (p. 51 l ), le cellule di un organismo come il Metazoo sono definite da contorni ben definiti , ma non consistono tuttavia in individui, poiché ciascuna di esse funziona esclusivamente sulla scorta dell' influenza diretta, costante ed ineluttabile delle sue vicine; essa intrattiene cioè rapporti particolarme nte stretti di dipendenza con le altre, a tal punto che la sua attività funzionale costituisce
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prettamente un elemento dell'attività funzionale dell'insieme. Questa perdita di autonomia funzionale causa un infimo livello d'individualità. L'individualità può essere dunque presentata indipendentemente da qualsiasi genesi, in quanto caratterizzata da una propria autonomia funzionale. Ciò risulta ancor più vero quando alla parola autonomia si attribuisce il suo significato pieno, ovvero quello di auto-regolazione ed obbedienza esclusiva alla propria legge, cioè quello di sviluppo secondo la propria struttura. Questo criterio coincide con la sostanzialità ereditaria e si definisce autonomo l'essere che conserva il suo sviluppo di per sé , che immagazzina di per sé l'informazione e mantiene la sua azione per mezzo di quest'informazione. L'individuo consiste dunque in quell'essere in grado di conservare e aumentare il contenuto informativo* e risulta autonomo in base all'informazione stessa, poiché è in ciò che risiede la sua autonomia 1• Se degli individui connessi fra loro sulla base di un cenosarca avessero in comune esclusivamente il nutrimento , li si potrebbe ancora definire individui. Tuttavia, se insieme a questo nutrimento passano da un individuo all'altro anche messaggi chimici, e di conseguenza si verifica Io stato in cui il tutto regge le parti , in ciascuna parte l'autonomia dell'informazione si indebolisce notevolmente e diminuisce anche l'individualità. Occorre studiare il regime d'informazione in seno ad un essere per conoscere il grado di individualità delle parti in rapporto al tutto. L'individuo consiste propriamente nell'unità di un sistema informativo, e quando un punto dell 'insieme viene eccitato, que t'informazione si riflette sull 'organismo e ritorna sotto forma di riflesso motorio o secretorio più o meno generalizzato. Questo riflesso de Il ' informazione si verifica a volte ne lla stessa parte in cui l'eccitazione si è prodotta, o in seno ad una parte che costituisce, in rapporto a quest' ultima, la medesima unità organica; tuttavia questo riflesso è soggetto alla dipendenza da un centro, se il tutto risulta individualizzato. Questo centro causa, a sua volta, un 'agevolazione o un ' inibizione. In questo ca o sussiste un centro in cui l'individuo immagazzina l'informazione trascorsa per mezzo della quale comanda, sorveglia, inibisce o facilita ("controlJa" , nel senso che questa parola acquisisce nel vocabolario ingle e) il passaggio da un'informazione centripeta ad una reazione centrifuga. L'esistenza di questo centro attraverso cui l'essere si governa e modula il uo ambiente definisce l' individualità. Maggiore è questo controllo, più il tutto si ritrova individualizzato e di conseguenza le parti possono essere considerate in
Per questo motivo. un seme deve essere considerato alla stregua di un individuo, poiché reca un messaggio specifico compiuto e risulta dotato per un certo periodo (generalmente di molti anni) di assoluta autonomia.
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misura minore come individui autonomi. Un regime ad informazione parcellare dimostra una debole individualizzazione del tutto. Nel caso degli animali , le cui parti risultano particolarmente differenziate, come nel caso dei Mammiferi, il regime d'informazione risulta significativamente centralizzato e l'informazione ricevuta da una parte qualsiasi del corpo si ripercuote direttamente sul sistema nervoso centrale e tutte le parti del corpo rispondono, in breve tempo, con una reazione appropriata, per lo meno quelle poste direttamente sotto la dipendenza del sistema nervoso centrale. Negli animali che posseggono un sistema nervoso scarsamente centralizzato, la relazione fra le diverse parti si stabilisce più lentamente; esiste, cioè, un ' unità di sistema informativo, dotata di un grado inferiore di rapidità. Potremmo disporre di una nozione meno coerente di quest'individualità e meno rigorosamente unificata sulla base della disamina della nostra individualità, qualora i sistemi simpatico e parasimpatico esistessero separatamente dentro di noi : in tal caso, sussisterebbe unità d'informazione, ma le reazioni sarebbero più lente, più diffuse e meno unificate. Questa differenza fra i due sistemi di informazione risulta a tal punto rilevante che riusciamo a malapena a far coincidere la risonanza nel sistema nervoso centrale dentro di noi con quella che si verifica nel sistema simpatico; quest'ostacolo può tradursi persino in uno sdoppiamento, come cioè se fos e un regime di informazione a definire l'individualità. Un essere dotato di due regimi informativi risulterebbe pertanto in possesso di due individualità distinte. La questione si complica nel caso dei Metazoi, a causa del fatto che ogni relazione alimentare coincide con una relazione chimica e che la rilevanza dei messaggi chimici risulta sempre maggiore nel caso di esseri elementari. Questa sensibilità chimica irrobustisce l' unità e garantisce l' individualità di una pianta, consentendo l'autoregolazione degli scambi in funzione dei bisogni, l'apertura e la chiusura dei pori, la sudorazione e i movimenti della linfa, come hanno dimostrato gli studi di Sir Bose*. Si può dunque supporre che, nel caso del! 'animale, l 'esistenza di una comunità d'informazione chimica indebolisce il livello di individualità delle parti , ma provvede comunque alla permanenza una certa individualità. In breve , è il regime d ' informazione che definisce il grado di individualità e per valutario occorre istituire un rapporto fra la velocità di propagazione del!' informazione e la durata dell'atto o dell'avvenimento relativa alla suddetta informazione. Ne segue che se la durata di propagazione dell'informazione è breve in rapporto alla durata dell ' atto o dell 'avvenimento, una regione notevole d ' essere, o persino tutto l'essere, potrà acquisire attitudini e realizzare modificazioni convenienti a quest'atto. In caso contrario, l'avvenimento o l'atto resteranno realtà locali , anche se, in seguito, questa stessa risonanza
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si verifica per tutto l' insieme della colonia; l' individuaHtà risulta profondamente segnata dal rapporto ad un tipo di atto o di evento determinato, dalla possibilità di reazione, di controllo, d'impiego dell'informazione in funzione dello stato dell'organismo e di conseguenza dell'autonomia. La zona autonoma, ovvero la zona in cui l'informazione possiede il tempo di propagarsi in senso centripeto e, successivamente, in senso centrifugo così rapido da stimolare un 'opportuna autoregolazione dell'atto, consiste in quella zona che appartiene ad una medesima individualità. La ricorrenza dell'informazione centripeta, e solo in seguito centrifuga, marca i limiti dell'individualità. Questo limite è per sua natura funzionale, ma può es ere altresì anatomico, giacché i limiti anatomici impongono a volte un ritardo critico all'informazione. Questo criterio si applica alle colonie . Una colonia, infatti, le cui parti risultano connesse esclusi vamen te per vie circolatorie, dispone prettamente di mezzi chimici per veicolare l'informazione. I messaggi chimici si propagano a loro volta sia per convezione* (e dunque la velocità dipende da quella delle correnti, generalmente qualche centimetro al secondo) sia per diffusione delle molecole nel liquido. Questa diffusione dipende dalla temperatura e dai corpi presenti, ma risulta comunque piuttosto lenta, quasi dello stesso ordine di grandezza della velocità del movimento precedente illustrato. Nei piccoli organismi , al contrario, questo modo di trasmissione dell'informazione può risultare piuttosto rapido, mentre negli organismi di vari centimetri , risulta molto lenta. Ne segue che la maggior parte degli atti di difesa e di caccia non possono ricevere un'auto-regolazione, base dell'autonomia, se non quando l'informazione viene veicolata attraverso i nervi, all'interno dei quali la velocità della condizione dell ' inAusso nervoso risulta solitamente di molti metri al secondo , dunque circa cento volte più rapida della conduzione chimica. Concretamente, negli atti di reazione compiuti dagli animali, i limiti dell'individuo coincidono con i limiti del sistema nervoso. Tuttavia, occorre precisare che gli atti di relazione non costituiscono la vera e propria motivazione per la quale quest' individualità risulta limitata dal sistema nervoso. Alcune altre attività possono infatti necessitare di reazioni piuttosto lente affinché la colonia si comporti come un individuo ; è questo il caso, per esempio, di una sostanza tossica che venga recepita da una parte individualizzata di una colonia. Questa cattura fa intervenire meramente un processo locale , per esempio un riflesso di contrazione o trattenimento, poiché il corpo tossico eccita prettamente la parte individualizzata. Ciò nondimeno, qualche secondo dopo, i messaggi chimici producono una reazione totale da parte di tutta la colonia , che interrompe o inverte il movimento di pompaggio dell'acqua, o ritrae tutti i suoi idranti senza che si verifichi contatto con il corpo tossico in nessun
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altra parte tranne che in quella in cui si compie il rifle so di cattura.ln questo caso, si dovrà pertanto affermare che la colonia consiste in un individuo alimentare, sebbene al contempo consista altresì, proprio sulla scorta di altre funzioni, in una società. L'individualità risulta essenzialmente connessa al regime dell'informazione per ciascun sotto-insieme dell'attività vitali. Grazie a questo criterio, si può constatare che l'individualità si effettua progressivamente: negli Oligocheti naidimorfi*, ad esempio, le parti nuove che restano attaccate per lungo tempo alla matrice, costituiscono un verme compiuto, mentre la germinazione continua e mentre si differenziano ulteriori parti, in modo tale da formare una catena di zoidi. Il nuovo ganglio cerebroide si innesta sui tronconi della catena ventrale preesistente. Il sistema nervoso forma un tutto continuo lungo l'estensione della catena, che comporta numerose teste, dotate, a loro volta, dei propri rispettivi gangli. Allo ste so modo, il nuovo tubo intestinale s'inserisce nelle parti vecchie. L'attività fisiologica risulta perfettamente coordinata e funziona esclusivamente il tubo intestinale della matrice; ogni movimento dell'animale risulta perfettamente interconnesso e le onde peristaltiche* dell'intestino si propagano regolarmente tanto in avanti quanto all'indietro, senza alcuna discontinuità. La circolazione appartiene all'intera fila; le setole, al di sotto dell'insieme, sono animate da oscillazioni sincrone e si constata dunque che quest'insieme di zoidi comporta in tutto e per tutto una sola zona d'autonomia, coestensiva al sistema nervoso. Quest'insieme costituisce pertanto un solo individuo. Al contrario, quando i legami anatomici che connettono le parti cominciano a dissolversi, i tessuti entrano in istolisi* seguendo la stessa linea in cui il sistema nervoso della matrice si salda ai nuovi gangli cerebroidi. La coordinazione muscolare si annulla gradualmente, le contrazioni divengono discordanti e le discordanze accelerano la separazione. Si può dunque affermare che ciascuno zoide possedeva già prima della separazione una propria individualità, ovvero la sua autonomia funzionale e, in particolare, la sua autonomia nervosa. Non è dunque la separazione nervosa che in questo caso crea l'individualità; in principio, è piuttosto l'individualità che si manifesta nella forma d'indipendenza del regime d'informazione e che accelera la separazione, durante la contrazione dei movimenti. Occorre notare che nel momento in cui le contrazioni divengono antagoniste, le connessioni nervose circolatorie sussistono in una modalità ancora parziale. Non è dunque l'indipendenza, anche quella delle vie nervose, che crea l'individualità, quanto, piuttosto, il regime dell'informazione condizionata attraverso queste vie. L'individualizzazione può compiersi perché il si-
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stema nervoso dello zoide risulta particolarmente sviluppato per disporre della sua attività ritmica propria ed inibire gli influssi nervosi che gli provengono dal sistema nervoso della matrice. Il regime ricorrente dei sistemi d'informazione2 nel sistema nervoso dello zoide costituisce il segno ed il fondamento dell'individualizzazione. Occorre infatti una certa individualizzazione affinché si effettui questa ricorrenza, ma dal momento in cui si verifica, e sa si istituisce accelerando l'individualizzazione e si può datare l'individualizzazione dello zoide a partire dal momento in cui quest'ultimo inibisce messaggi nervosi provenienti dal suo genitore. Si osserva che un'attività ciclica come quella dell'oscillazione consiste propriamente in un tipo di funzionamento nervoso che può prodursi a partire dalla ricorrenza dei segnali in un elemento del sistema nervoso, o in tutte le altre reti in cui il segnale si propaga. L'indipendenza anatomica non costituisce in alcun modo il criterio dell'individualità: è piuttosto l 'autonomia funzionale a costituire il criterio per l'individualità; autonomia, infatti, non è sinonimo di indipendenza, poiché l'autonomia preesiste all'indipendenza, giacché consiste in una possibilità di funzionamento secondo un processo di risonanza interna, che può fungere da inibitore nei confronti dei messaggi ricevuti dal resto della colonia, creando così indipendenza*. L' indipendenza reciproca degli individui risulta d'altra parte assai rara, o quasi del tutto impossibile: anche quando gli individui non posseggono legami anatomici reciproci, subiscono l'influenza dell'ambiente circostante, e, sulla ba e del numero di queste influenze, persistono quelle che provengono da altri individui che compongono l'ambiente . Ciascun individuo determina, per certi versi , la reazione del suo prossimo; quest' ineluttabile e permanente interazione, stabilisce pure un qualche rapporto, sebbene gli individui permangano autonomi e non sussista alcuna coordinazione funzionale reciproca. L'informazione non passa da un individuo all'altro e la zona di conservazione e ricorrenza dell'informazione resta limitata agli individui. Qualsiasi sia l'intensità dell'azione reciproca, ciascun individuo reagi ce in modo proprio, più rapidamente o più lentamente, prima o dopo, per un lungo lasso di tempo o per un periodo assai breve. Affinché l' informazione possa passare da un individuo all'altro, occorrebbe che i se2
L'espress ione "segnale di informazione" viene impiegata per conservare la differenza fra l'informazione propriamente detta - che corrisponde ad un modo di essere di un sistema che presuppone potenzialità ed eterogeneità - e i segnali di infonnazione, generalmente definiti informazione allorché non costituiscono che un necessario strumento, particolarmente sviluppato quando le parti che formano un sistema sono distanti l' una dall'altra, come nel caso di un macra-organismo o di una società.
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gnali d' informazione centripeti ed i segnali d ' informazione centrifughi di un individuo vengano recepiti sempre come centrifughi dagli altri individui3. Ora, ogni informazione che scaturisce da un individuo viene recepita come centripeta da un altro individuo, che gli risponde ulla base della sua reazione centrifuga: affinché l'interazione divenisse una comunicazione, sarebbe opportuno che uno dei due individui governasse gli altri, ovvero che gli altri perdes ero la loro autonomia e che i segnali d ' informazione centrifuga emanati dall ' individuo restassero centrifughi negli individui che li ricevono. Quest'organizzazione, che implica che un individuo si configuri come leader, non sembrerebbe esistere nel caso delle colonie. Quando persistono degli ostacoli materiali che limitano gli spostamenti degli individui , degli organismi funzionalmente autonomi, anatomicamente distinti , ma materialmente sadali, quest' ultimi restano attaccati al medesimo supporto, sebbene costituiscano comunque degli individui che, se anche sono attaccati l' uno all'altro, svolgono reciprocamente un ruolo di supporto. Quale conclusione al tentativo di determinazione di questo criterio funzionale dell' individualità , si può affermare che gli idranti di una colonia di Celenterati posseggono l' individualità di rapide e locali reazioni, come le contrazioni e i movimenti dei cigli. Non esistono infatti sistemi nervosi che stabiliscano sincronismo funzionale fra gli idranti. Per contro, alla colonia appartiene l'individualità delle reazioni lente e gli idranti comunicano reciprocamente sulla base di un sistema di canali incrociati nel cenosarca, canali che sboccano ne lle diverse cavità gastriche e che stabiliscono fra gli idranti un'evidente dipendenza funzionale 4 : i prodotti della digestione e dell'assimilazione degli idranti si riversano in una sorta di circolazione comune e ciascun idrante nutre se stesso e l'insieme degli altri. In certi ca i, l' individualità delle parti di una colonia può divenire temporaneamente compiuta: è questo il caso dei Milleporidi e degl'ldrocoralli. Tutti gli idranti , infatti, sono connessi da un sistema di intricati canali in una ricca rete scavata nella massa calcarea, ma, giacché gli idranti non cessano di eliminare il calcare che si accumula nel loro intorno, si staccano istante dopo istante dal fondo della loggia, risalgono verso l'orifizio e perdono qualsiasi relazione con il sistema di canali, ricominciando, tuttavia, a 3
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Un segnale d'informazione centripeta corrisponde a quelli apportati dagli organi di senso. Il segnale centrifugo è quello che suscita una reazione , una postura o un gesto. Un macro-organismo può possedere individualità localizzate: rifl essi, reazione di pigmentazione della pelle ai raggi uJtra-violetti, orripilazione locale , reazioni locali di difesa contro un ' invasione microbica.
lndividuaç, fu necessario che prima dello stato di individualizzazione, fo se possibile, per l'essere, uno stato di non-individualizzazione attuale. Il pensiero di Platone ha considerevolmente ridotto la possibilità di questo stato di non-individualizzazione ed Aristotele ha conservato questa riduzione, accentuandola a partire dal rifiuto di ciò che egli denomina idee separate. In tal sen o, con Aristotele si edifica un si tema di pura attualità. Anche la teoria della conoscenza risulta profondamente trasformata e scompare la te sa dialettica, poiché appunto l'univer aie viene conosciuto nella sensazione: «vi è percezione sensibile dell'universo, per esempio dell'uomo in Callia, e non di Callia solamente»* (Analitici Secondi, II 15, lOOa 16). L' essenza, ovata, è realmente l'essere in quanto essere, ovvero ciò che non si riferisce ad un principio
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supremo, ciò che è realmente principio radicale. Ogni spiegazione genetica delle essenze risulta del tutto inattuabile. D'altra parte, ogni indeterminazione deve essere spiegata come relativa a forme più complete. Peraltro , la relazione, di cui Platone cercò di rendere conto per mezzo delle idee numero, non è altrettanto pensabile nel sistema di Aristotele; per questo motivo, quest'ultima viene affrontata nella fisica piuttosto che nella metafisica ed il movimento costituisce l'atto del possibile in quanto possibile* (Fisica , rn I, 201 a 27-29). Il rapporto della forma alla materia acquisì ce così un senso e necessita di una certa precedenza della potenza in rapporto all'atto; la fisica asserisce ciò che la metafisica nega, conservandone comunque l'idea di una potenza già presente in un individuo. La potenza è potenza individuale: il bambino cresce in quanto bambino, poiché cioè possiede la possibilità di acqui ire le dimensioni dell'adulto e non piuttosto in quanto essere vivente di quella data grandezza. Laphysis non viene negata, mariulta piuttosto incorporata all'individuo in quanto rapporto di forma e materia, successiva all'esistenza dell'essere non individualizzato, che è stata negata al fine di non ammettere altre realtà se non quelle pienamente attuali. Il movimento deve appartenere ad un soggetto che non muta durante il suo divenire* (Fisica, l, 7). Per questo motivo Aristotele ha escluso dalle specie del movimento la generazione e la corruzione, ovvero la nascita di una sostanza e la sua morte; questo pa aggio dall'essere al non e sere e dal non essere all 'essere non costituisce un movimento come l'alterazione, l' aumento e la diminuzione o il movimento locale. Queste tre specie di movimento, infatti, posseggono, quale proprio punto di partenza, la privazione di una certa qualità e come punto d 'arrivo il possesso di questa qualità. Ogni movimento si verifica fra contrari. Ora, «nessuna sostanza possiede un contrario» . La generazione di una sostanza è bruscamente discontinua ed ha luogo in un istante indi visibile. Perciò Aristotele afferma che la physis indefinita e illimitata, concepita quale flus o universale, non e iste e non vi è alcun flusso di forme sostanziali, poiché la forma o tanziale che, come causa finale, ha diretto la serie delle modificazioni che hanno condotto la materia a riceverla, resta stabile ed identica: la scienza penetra le cose in movimento, al fine di affermare che il movimento è movimento degli esseri individuali. Pertanto , dell'elemento degli Ionici non resta che l'ambiente continuo, come il tempo, il luogo, il vuoto. Aristotele si sforza di rendere questi ambienti relativi alla forma e all'essenza, ancor meno consistenti della del Timeo , che, a sua volta, coincideva con il non-individualizzato, sebbene quest'ultima fosse comunque dotata d'esistenza. Il luogo , infatti , non costituisce un ambiente universale ed indifferenziato, non-individualizzato ed
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indipendente. Aristotele contraddice la tesi platonica dell'infinito concepilo come realtà separata e assoluta, dichiarando piuttosto che ogni realtà di questo genere consiste in una sostanza e che, pertanto, risulta individuale, mentre l'infinito non può che essere divisibile* (III, 5, inizio). L'infinito non è pertanto null'altro se non l 'attributo di una sostanza. L'infinito non è che in potenza e non esiste un contenitore di elementi infiniti, sorgente sempre rinnovantesi di mondi; l'infinito e l' illimitato sono termini sempre relativi al finito e al completo, nel quale si ritrovano come materia, e in rapporto ai quali acquisiscono un senso: «è assurdo ed è impossibile che si tratti dell'inconoscibile e dell'illimitato che contiene e che i definisce>)* (Fisica, III, 6). D'altra parte il divenire non è dotato di illimitata fecondità, poiché il divenire va da essere a essere; un e lemento non si può distruggere se non originandone un altro; è in se stesso e non piuttosto nell'infinito che il divenire trova le sorgenti del suo proprio ricrearsi* (III, 8, inizio). Infine, la stessa concezione del luogo giunge a farne un attributo dei corpi . La del Timeo viene rifiutata ed occorre ricondurre il luogo ai corpi per renderlo un mero attributo , !asciandolo al contempo separato , poiché il movimento locale ci dimostra che «dove vi era dell ' aria vi è ora dell ' acqua>> . «I! luogo esiste nello stesso tempo in cui esiste la cosa, poiché i limiti coesistono con il limitato»*. La nozione di vuoto risulta del tutto inaccettabile secondo Aristotele; il movimento si verifica empre fra uno stato iniziale ed uno finale, i movimenti locali sono movimenti diretti verso il luogo proprio di ciascuna cosa e sono movimenti naturali del corpo verso il suo luogo naturale oppure movimenti violenti che fanno uscire i corpi dal proprio luogo e cessano nel momento in cui la causa motrice cessa di agire. Nel vuoto , questi movimenti non potrebbero verificarsi poiché non vi è né alto né basso e di conseguenza nessuna ragione per la quale il mobile si arresti in un luogo qualsiasi o piuttosto continui indefinitamente a muoversi. Questa econda supposizione (che costituirebbe una formulazione del principio che si denominerà più tardi principio di inerzia), viene radicalmente rigettata da Aristotele , poiché contraria alla sua rappresentazione dell'individuo come essere in atto: il movimento, come fa notare E. Bréhier, dovrebbe infatti essere considerato indipendentemente dalle sue proprietà fisiche*. Ora, poiché, per Aristotele, ogni cosa è individuo, il movimento non può essere considerato un'astrazione delle sue proprietà, ma può costituire esclusivamente un aspetto o una conseguenza delle stesse: un corpo nel vuoto co tituirebbe infatti un corpo privo di proprietà fisiche. In questo ca o, Aristotele si richiama ad esperienze false o mal osservate: un vascello, sotto lo sforzo del marinaio, i sposta esclusivamente se lo sforzo supera un certo limite e il movimento del vascello ces a quan-
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do cessa anche lo sforzo, poiché la velocità non è proporzionale alla forza, quanto, piuttosto, inversamente proporzionale alla resistenza imposta dall'ambiente. Nel vuoto, la velocità di un corpo sarebbe pertanto infinita. Il tempo stesso non può essere numero numerante, come lo vorrebbe Platone, consiste piuttosto in numero numerato. Il tempo risiede in ciascun movimento, qualsiasi esso sia; ciascun movimento possiede la sua propria durata, come attributo che gli appartenga e come tale si tratta del «numero del movimento in base al precedente e al successivo»*. Né il movimento, né l 'infinito, né il luogo, né il tempo possono essere concepiti indipendentemente dall 'essere individualizzato, ovvero dalla ostanza. Il movimento, in particolare , non è concepito come ciò che giace in ciascun istante successivo, ma sulla scorta di ciò che esso realizza globalmente nell'essere che ne è sede; non si tratta dunque di quella quasi-sostanza di cui parlava Protagora, poiché Aristotele immagina una sostanza che possiede esclusivamente il ruolo di muoversi in modo regolare, ovvero la sostanza del cielo, che differisce radicalmente dai quattro elementi. La semplicità del uo movimento scaturisce dall'unità dell'intenzione che essa manifesta. Si ottiene così il movimento perpetuo e necessario, privo d'inizio e fine. Il motore, econdo Aristotele, non può essere mos o ed è in atto mentre il mobile è in potenza, trattandosi ad esempio del caldo nel momento in cui riscalda o del sapiente nel momento in cui istruisce. Platone considerava il motore come essere movente, mentre Aristotele rifiuta questa dottrina giacché il motore immobile consiste nell'essere in atto imbattutosi in un mobile in grado di passare dalla potenza all'atto. Persiste tuttavia un limite intrinseco a questo mondo composto unicamente da individui: la sostanza di un essere consiste nel composto di forma e di materia o piuttosto la forma sostanziale costituisce l'essenza dell 'essere? Questo problema non si pone per Dio, che costituisce atto puro , e nel quale il pensiero non possiede altre condizioni se non la propria, essendo privo di materia. Dio è sostanza eterna identica alla sua essenza ed esiste pertanto una valida legge di imitazione; Dio, infatti, costituisce l'ideale che le so tanze caduche si sforzeranno di imitare, es endo nate dalla combinazione di forma e materia. Tuttavia concepire una relazione di imitazione presuppone un sistema nel quale un essere individuale non sia unicamente ciò che è, poiché tende verso un essere superiore. Gli individui particolari, se fossero sostanze, non avrebbero bisogno di essere governate; ora, Aristotele cita i versi di Omero, che interpreta quale espressione della ragione per cui adotta il monoteismo: «non è buono avere molti maestri»* (Metafisica, /1 I 8, 1076 a 24, Iliade, II , 204). La scienza delle co e naturali diviene lo sforzo per conoscere le scale di una gerarchia di motori immobili, da
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Dio sino alle anime e a tutte le forme; in questa gerarchia, ciascun termine consi te nella causa finale che ordina i termini inferiori ... «tutti gli esseri naturali hanno così qualcosa di divino»* (Etica nicomachea, IX, 14, 1153 b 32) e «l' uomo genera l' uomo, ma anche il sole lo genera». Ogni cambiamento reperisce le proprie condizioni materiali nelle forze elementari, ma la loro causa finale risiede prettamente nella forma verso la quale sono orientate. L'individuo vivente manifesta espressamente questo aspetto della finalità: le funzioni vitali in esercizio dimostrano il fine degli organi e dei loro composti, delle ossa, dei muscoli e dei nervi. L'anima, forma sostanziale, consiste nell'entelechia prima di un corpo naturale che possiede la vita in potenza. L'anima è pertanto principio dell 'attività vitale, motore immobile di quest'attività; di conseguenza l'anima fa parte dell ' individuo, mentre in Platone equivaleva ad un viaggiatore migrante sempre tormentato dal desiderio di fuggire «da qui a lassù», compiendo così il suo destino e passando da un corpo all'altro. Anima e corpo nascono e scompaiono insieme e eia cun vivente possiede un'unica anima* (Sull'anima, II, 2). L' individuo consi te nell'e sere che trasmette ad un altro individuo perituro la forma della pecie fi ssa e incorruttibile. Vi è sempre identità specifica fra il generatore e il generato. Esiste una continuità fra le specie, ma questa continuità è rigorosamente statica; non esi te , come nel pensiero evoluzionista di Empedocle, un dinamismo della specie, o di tutte le specie in ieme, e che dunque costituirebbe l'unità della physis: le specie sono unicamente costituite da individui e non vi è alcuna forza della specie esterna agli individui. Il carattere compiuto e assoluto di ciascun individuo non garantisce alcun dinamismo specifico. Il simile produce sempre il simile. È in tal modo che il vivente può imitare il corso degli altri e perseguire la perpetuità. Nel vivente, le facoltà dell 'anima sono principi di unità attraverso la finalità delle funzioni che comandano. Così, la funzione sensitiva dirige lo studio anatomico e fi siologico degli organi di senso, la funzione nutritiva comanda un meccanismo di azioni corporee che effettuano l'assimilazione del cibo da parte del corpo. D' altra parte, e in senso inverso, lo studio di ciascuna funzione è orientato verso quello della funzione superiore ed in particolare verso quello del pensiero intellettivo. In tal modo , la ensazione separa dalla materia degli oggetti la loro forma, che fornisce l'intuizione del sensibile proprio: questa intuizione prepara l'intuizione uprema, che è quella che l'intelletto possiede dell 'essenze indivisibili. L'intelletto percepisce le forme o essenze prive di materia e svincolate da ogni particolarità, che al contrario le accompagna nel sensibile; attraverso astrazione, conduce all'atto gli intelligibili che non erano meramente in potenza nei sensibili.
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Esiste pertanto nell 'organizzazione delle fu nzioni dell 'individuo una certa finalità che stabilisce una convergenza ed un ' unità di struttura. Tuttavia, permane un ostacolo ulteriore nella concezione dell' individuo: l' intelletto che pensa passa dalla potenza all'atto; ora, in virtù della concezione dell'essere econdo Aristotele, solo un essere in atto può far passare un altro essere dalla potenza all' atto; l'intelletto in potenza, per pensare, esige pertanto dell'intelletto in atto. Quest ' intelletto in atto è interno o esterno all'individuo? Quest'intelletto , incorruttibile ed eterno, può difficilmente costituire una parte dell 'anima individuale, poiché ogni individuo è soggetto alla generazione ed alla corruzione; peraltro, se esterno all ' individuo, il problema del rapporto fra l' individuo umano e quest 'intelletto separato diviene particolarmente arduo da risolversi, se si resta fedeli alla concezione aristote lica dell'individualità. Sembrerebbe, infatti , che l'intelletto in atto possa assi milarsi al motore delle sfere, che è pensato eternamente come attuale* (Sull'anima, m, 5) . Resta pertanto qualcosa che ri siede nell'individuo senza appartenere propriamente all' individuo stesso: in Della generazione degli animali* (II 3, 736b27), Aristotele afferma che l'intelletto si aggiunge all ' anima attraver o una sorta di epigenesi e vi entra «attraverso la porta». Sembrerebbe pertanto che l'individualità dell'anima perda la sua purezza: tutte le facoltà dell'anima si orientano vero un termine superiore e per certi versi trascendente e l'anima è tale esclu ivamente in quanto immagine spirituale della realtà, così come neJia sua forma inferiore s'identifica con il sen ibile: «l'anima è per certi versi ogni essere, poiché g li es eri ono o ensibili o intelligibili ; ora la scienza consiste nel noto mentre la sensazione ne l ensibile»* (Sull'anima, m, VITI). La dottrina in base alla quale la realtà è composta esclusivamente da individui focia nell' impossibilità di rinserrare l'individuo in se stesso. In tal caso, possiamo cogliere un aspetto paradossale della nozione di individualità: se l' individualità viene concepita come realtà aperta, che partecipi a realtà superiori e cerchi di identificarsi con esse, anche a costo deJia sua originaria unità, come nel caso di Platone, la serie temporale degli sforzi e delle conversioni attraverso le quali questa ascesa viene praticata conferisce all'es ere individuale una consistenza ed un ' interiorità stabili . Al contrario, se l' individuo è inizialmente definito come as oluto e come elemento co tituti vo del reale, vengono esclusivamente mantenuti i due poli del movimento di pensiero attraverso cui quest' individuo si trova in relazione con realtà diverse da lui: l'anima corrisponde essenzialmente alla sensazione e all ' intelletto, ovvero a qualcosa di differente da se stessa e tutto quel che consi te in un ritorno di causalità dell'individuo sull'indi viduo, riflesso e conoscenza di sé, viene assorbito e svanisce nella relazione fra
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questi due poli fissi, in cui l'anima si costituisce esclusivamente come rappresentativa ed intuitiva della realtà. Per cogliere l'essere nella sua attività propria, occorre inizialmente privilegiare la relazione che lo congiunge agli altri esseri , mentre per cogliere la relazione, occorre inizialmente privilegiare l' essere, mentre la realtà individuale, che può essere solo conosciuta come coglimento simultaneo dell'essere della relazione, sfugge sempre. La differenza fra l'etica di Platone e quella di Aristotele risulta, per questo motivo, particolarmente netta: Platone definisce la virtù come struttura interna all'i ndividuo , rapporto regolato fra intelletto riflesso, collera ed appetiti concupiscibili ; il giusto è tale in se stesso, prima di qualsiasi rapporto sociale e potrebbe essere tale anche in condizioni di solitudine sociale , poiché non muterebbe comunque questa sua struttura fo ndamentale. Al contrario, per Aristotele, la virtù consiste in una disposizione acquisita, che perde qualsiasi senso quando mancano le condizioni materiali dell'azione: «il liberale ha bisogno della ricchezza per agire liberamente ed il giusto di scambi social i; ciò accade perché le intenzioni sono invisibili, e l'ingiusto si vanta di per é della sua volontà di giustizia». Le virtù umane sono inseparabili dall'ambiente sociale, e il coraggio,la liberalità, l'educazione non si possono e ercitare se non ad un determinato livello sociale: «un povero non può essere magnanimo, poiché non po siede ciò di cui vivere in modo dignitoso: se ci prova, è uno stupido»* (Etica nicomachea, 1091 a 31). «È impossibile o per lo meno molto arduo per un indigente compiere azioni buone, poiché numerose ono le azioni ch'egli compie per il mero interesse che lo spinge a servirsi di amici, ricchezze e potere politico» pertanto, la morale consiste prettamente nell'arte del giusto mezzo, tanto nella scelta dei mezzi esterni quanto in quella dei fini che risiedono nell ' individuo e che, a loro volta, devono soddisfare la moderazione e la misura, concepite secondo il modo in cui un uomo dotato di gusto sia in grado di defin irle. La virtù è relativa alla condizione dell'individuo in rapporto alla società, come ad esempio la virtù della liberalità, che è virtù dell'uomo agiato ma modesto, mentre la magnanimità consiste in quella del magistrato che opera in favore della sua c ittà. Ogni regola morale si configura in fondo come principio di relazione: «quando occorra agire, in quale caso, nei confronti di chi, in vista di cosa ed in qual modo»* (Etica nicomachea, II 7). L' immagine platonica del saggio nel toro di Falaride non è riconducibile alla morale di Aristotele*. Esiste pertanto una sorta di incompatibilità fra i due modi di affrontare la realtà dell ' individuo quando l'individuo viene concepito come essere insito all 'ordine della simultaneità; questo ordine può essere concepito sia in quanto re lazione dell 'essere individuale agli altri esseri ed a se stesso,
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sia come so tanzialità assoluta, che presuppone dunque che ogni essere sia individuo. Tuttavia, le conseguenze p icologiche ed etiche di queste due concezioni dell'individualità si incrociano per opporsi nuovamente l' una all'altra a partire dal loro rispettivo punto di partenza. All'individuo concepito come termine di relazione sembrerebbe sottesa l'attività interna della riflessione, della conversione, e quest' ultimo risulterebbe pertanto strutturato interiormente in modo proprio. Al contrario, l' individuo assoluto perde la sua struttura interna indipendente, appannaggio di una relazione che consiste nella sensazione o nell'intuizione intellettuale, ovvero nella conoscenza che diviene virtù condizionata dai rapporti inerenti alla situazione sociale , durante il corso della vita morale. La realtà d eli ' individuo sfugge al pensiero antico, che dunque non può concepirla in modo stabile, bensì esclusivamente racchiuderla in due modalità che sembrerebbero complementari se non fossero incompatibili. Con Platone, l'individuo perde la sua indipendenza originaria, poiché possiede un posto nel cosmos, mentre con Aristotele, perde la sua unità , stabilita da Socrate grazie al nesso istituito fra la padronanza di sé e la riflessione. Le virtù etiche e le virtù dianoetiche si separano. La parte irrazionale dell 'anima resta un elemento irriducibile che la ragione può solo governare, ma non altrettanto assorbire. La aggezza e la giustizia divengono nuovamente virtù separate. Tutte que te virtù tendono verso la virtù suprema, ovvero la facoltà della contemplazione intellettuale*, divina e trascendente rispetto alle virtù umane, che non implica più l' unione dell ' anima e del corpo. Questa virtù è isolata e perciò basta a se stessa, poiché implica una trascendenza dello stesso ordine di quella che caratterizza l'intelligenza in atto: fa del piacere lo scopo dell'azione e questa ricerca del sapere assimilabile ad un assoluto, separato dalla vita politica, introduce una dissociazione negli scopi individuali . La vita sociale condiziona la vita contemplativa del saggio, sebbene sussista comunque una sorta di trascendenza in seno a questa vita così distinta e così difficilmente conciliabile con il carattere as oluto dell'individuo. Lo tes o ostacolo, che peraltro induce ad una vera e propria contraddizione, si manifesta nella politica: l'indipendenza e l'autarchia della città costituì cono le condizioni necessarie della sua validità. Platone aveva definito la città come un insieme di relazioni mentre Aristotele la riprende affermando che una città non sorge solo per vivere, ma per ben vivere, e pertanto occorre che possegga uno scopo in se stessa. Al fine di realizzare que t'indipendenza della città, occorre realizzare l'economia naturale e l' indipendenza economica della famiglia, concepita come unità economica. Ora, quest'indipendenza non si può realizzare se non grazie alla schiavitù, che è resa
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possibile dalla natura, che, a sua volta, obbedisce alla finalità . L'umanità è naturalmente divi a in uomini liberi e in schiavi: nei climi caldi dell'Asia esistono uomini di spirito ingegnoso e sottile, ma privi di qualsiasi energia, e per questo nati per essere schiavi. Al contrario, il clima temperato della Grecia produce uomini intelligenti ed energici , liberi per natura e non piuttosto per mera convenzione. Gli schiavi sono utensili che non posseggono altra volontà se non quella del proprio padrone e le funzioni di produzione della città vengono conferite a gente di altre razze. Nella famiglia, l'autorità è detenuta dal capo famiglia, che comanda le anime imperfette delle donne e dei bambini. Pertanto, l'indipendenza della famiglia viene inizialmente compensata da una dipendenza della città in rapporto ai paesi che producono schiavi e d 'altra parte l'indipendenza del cittadino capo famiglia manifesta, quale sua condizione necessaria, una sorta di disuguaglianza all'interno della famiglia. L' individualità politica della famiglia, rappresentata dal suo capo, possiede, quale conseguenza, il mantenimento di una doppia relazione di esteriorità: all'esterno, sulla base della necessità della schiavitù, e all ' interno sulla scorta della struttura gerarchica della famiglia che priva gli schiavi, le donne e i bambini della loro indipendenza individuale. La città è composta da un esiguo numero di individui compiuti, i cittadini, e da un elevatissimo numero di esseri imperfetti che facilitano l' esistenza di questi individui perfetti. Peraltro, la perfezione della città greca necessita, quale sua condizione d'esi tenza, l'imperfezione delle immense distese indefinite dell'Asia da cui provengono gli uomini naturalmente schiavi. Questa incompatibilità fra l' attitudine platonica e l' attitudine ari totelica sancisce la fine di un preciso periodo della storia del problema dell ' individualità: nell 'epoca eguente, che comprende il periodo ellenico e romano, ed in eguito il periodo cristiano, sino al Rinascimento, le tradizioni scaturite dal platonismo e dall'aristotelismo proseguono e i diversificano alternandosi. Al contempo, si inaugura una nuova via di ricerca, ovvero quella che tenta di ricercare la realtà dell' individuo non in ba e all' ordine della simultaneità, bensì attraverso l'ordine di successione. Sia che l'individuo venga considerato nei rapporti che intrattiene con altre realtà o nei suoi limiti propri e nel suo e sere particolare, questi rapporti , questi limiti e quest'essere sono essenzialmente temporali. Anche in questo caso, si manifesta la stessa incompatibilità fra interiorità e esteriorità de li 'individuo, ma quest'incompatibilità sembrerebbe por i nei termini di una vita nel tempo e non piuttosto in quelli di truttura e di rapporti definiti all'interno di un ordine di simultaneità. Dipende forse da certi cambiamenti politici e
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sociali che, determinando la decadenza delle città greche, hanno portato a nuove condizioni sulle quali si è potuta esercitare la riflessione filosofica. Gli aspetti del divenire sono più suggestivi e più inattesi in questo periodo di difficoltà, in cui i filosofi non sono più i cittadini dei paesi più forti e delle città più stabili, ma provengono spesso da nazioni deserte e desolate dalia guerra o devastate dalla conquista. Privato della sua terra natale, dei propri beni o nell'attesa ansiosa di avvenimenti che facciano comunque parte dell'orizzonte del possibile, l' uomo non cerca più di definire il suo essere individuale in rapporto ad un essere spesso meno duraturo di quanto non lo sia egli stesso, come la città, il credo collettivo o l'ordine politico e sociale. Si può solo definire in rapporto a se stesso o piuttosto in rapporto ad una natura refrattaria ai cambiamenti indotti dalla guerra e dalle conquiste, o ancora in rapporto ad una rivelazione che lo eleva al di sopra di ogni vicissitudine umana. Il vero individuo non si identifica più con la città, quanto, piuttosto, con l'essere umano e spesso solo con una parte dell'essere umano, considerata come più reale e più stabile dell'altra, quale appunto l'anima. Altre volte, la fragilità stessa del composto individuale e gli stringenti limiti della sua vita costituiscono la base per una saggezza individuale. [l Socratici] Le due grandi scuole dogmatiche che sorgono dopo la morte di Alessandro, l'epicureismo e lo stoicismo, sono state precedute dalle scuole socratiche, che hanno formulato la loro dottrina , manifestando un certo numero di caratteri che preannunciano un pensiero del tutto innovativo. Si rileva infatti una certa differenza fra l'attitudine platonicoaristotelica e quella dei socratici; le scuole di Platone e di Aristotele non sono solo riunioni di individui , ma associazioni religiose giuridicamente riconosciute, capaci di avere proprietà e di sopravvivere al loro fondatore. Al contrario, le scuole socratiche sono semplici riunioni di uditori individuali attorno ad un maestro che retribuiscono per il servizio prestato. L' interesse di queste scuole possiede un carattere eminentemente pratico: mentre Platone esigeva una lunga propedeutica, Antistene ed Aristippo distolgono i loro discepoli dall 'astronomia o dalla musica, considerate inutili poiché non definiscono né i beni né i mali. Il richiamo ali 'impressione diretta e personale sostituisce il metodo dialettico ed il ragionamento. L' individuo, con le sue impressioni immediate e le sue preferenze, viene elevato al rango di giudice di una verità che interessa direttamente le sue tendenze e le sue preoccupazioni. L'elaborazione riflessiva è considerata del tutto artificiale e la questione politica scompare da questo insegnamento.
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[l Megarici] La scuola di Megara cerca di stabilire l'impossibilità della partecipazione. Per Euclide, i concetti non possono essere riuniti in alcun modo se non sono identici , né distinti se non nel momento in cui si escludono: «il bene consiste in una sola cosa, sebbene venga definito con nomi diversi: scienza, Dio, intelligenza o altri nomi ancora>>*. Questi termini erano quelli che Platone, nel Timeo, cercava di riunire gerarchizzandoli, distinguendoli e ponendoli in relazione: secondo Euclide, non esiste un simile che non sia né identico né diverso e il metodo analogico e paradigmatico risulta perciò impraticabile. Ora, Platone lo impiegava per la conoscenza della sttUttura dell'individuo, in particolare quando provava a cogliere la relazione fra l'intelligenza riflessa e la coiJera degli appetiti concupiscibili in seno all'individuo, attraverso la relazione che sussiste nella città fra la classe dei magistrati-filosofi, la classe dei guerrieri e quella degli artigiani e dei contadini. L'analogia presuppone la realtà di un ordine di simultaneità in cui la relazione sia reale e stabile. Eubulide di Mileto, successore di Aristotele, si riconnette al pensiero di Aristotele ed in particolare al principio di contraddizione. Tutti i sofismi che Diogene Laerzio attribuisce ad Eubulide perseguono l' intento di cogliere un essere individuale e dimostrare che il principio di contraddizione, applicato ai giudizi che si possono formulare su quest' individuo , sfociano in errori logici. In ciò consiste il sofisma del mentitore: «Se affermi che menti e dici il vero, allora menti»*. Questo sofisma possiede un notevole interesse teorico; non si tratta, infatti, solo di un ragionamento capzioso che potrebbe mettere in crisi una qualsiasi filosofia del concetto: vieppiù, dimostra che l'attività dell'essere individuale, che reagisce su se stessa e si coglie come oggetto della sua propria affermazione, sfocia in un modo di essere che non consiste in uno stato stabile, bensì in un'oscillazione fra due poli che a loro volta consistono in una reciproca negazione, e che pertanto si negano nel momento in cui si affermano. Solo un essere individuale attivo che si esprime sulla base di una serie indefinita di stati definiti può costituire agente e teatro di un simile fenomeno logico. Si tratta ancora una volta di ridefinire l' indole di un composto, fattore questo che costituisce l'argomento noto come del "sorite": un sacco di grano permane un sacco di grano ebbene gli si sottragga un seme e se ad un sacco di grano si sottraggono successivamente tutti i semi che lo compongono tranne uno, questo seme unico consiste nello stesso tempo in un sacco, in quanto residuo di un sacco, ed in un seme unico, concepito di per seste so. Quest'argomento è ben più noto fra i latini: Orazio ne parla nelle Epistole, II l usando l 'espressione «ratio ruentis acervi» («argomento del mucchio che si sgretola>>). L' argomento del calvo si basa sullo stesso schema impiegato per quello del
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sorite: un uomo che perde un capello non è un calvo, ma se questo processo continua progressivamente, l'uomo che ha un solo capello non è calvo, nella misura in cui que to capello costituisce ancora la sua capigliatura, al contrario, si dice calvo un uomo che non possiede più capelli e si tratta ancora del medesimo argomento che, in ogni sua forma , consiste nel considerare un insieme come assolutamente riducibile alla somma delle sue parti: la capigliatura è riducibile alla somma di tutti i capelli individuali, come il sacco è riducibile alla somma di tutti i semi di grano che si denominano aweoç. Nessuna unità di insieme in quanto insieme , sia che si tratti di una forma o di un' idea separata, costituisce la base dell'identità dell'oggetto. È questo il motivo per cui si può illusoriamente consentire che l'avversario ammetta la possibilità di sottrarre un seme ad un sacco ed un capello ad una capigliatura senza modificarli. È proprio in questo che suddetti argomenti risultano capziosi: se la realtà di un sacco di grano o di una capigliatura consiste esclusivamente nell'addizione degli elementi , la sottrazione di un elemento modifica la realtà dell'insieme. Se al contrario esi te una reale unità dell 'insieme, la sottrazione di un elemento non modifica la natura dell'insieme stesso e il sofisma risiede nel fatto che un " acco" o una "capigliatura" non ri ultano univoci , e che si passi dall'insieme come unità organica all'insieme come composto riducibile alla omma delle sue parti. I sofismi dei Megarici presuppongono un metodo intellettuale che isoli le parti del tutto, per occuparsi della sola individualità delle parti , rifiutando di riconoscere una realtà definita al composto in quanto tale. In tal senso, si comprende pure il motivo per cui gli Stoici non accettino l'argomento del sorite, e siano stati indotti a dichiararlo «vitiosum et captiosum genus, lubricum et pericolosum locum» («di genere vizioso ed errato, luogo lubrico e pericoloso»)*. Stilpone di Megara dimostra che nessun concetto può caratterizzare un essere individuale: l'uomo ideale non è questo o quell'uomo, per esempio, quando parla o quando tace, poiché quando un uomo parla, è solito fermarsi per poi ricominciare a parlare e per questo non si potrebbe definire a pieno titolo uomo.lllegume ideale è eterno: ora, questo legume contingente, oggi vivente, fra mille anni non esisterà più e pertanto non i tratta di un Iegume. In tutti questi ragionamenti , i caratteri del cambiamento degli aspetti dovuti alla successione temporale degli stati e degli atti dell ' individuo introducono aspetti contraddittori in rapporto all'identità di un concetto applicabile a numero i individui. L' uomo ideale non può rendere conto di quest'uomo che parla in un preciso momento e illegume ideale non può rendere conto del fatto che questo Iegume particolare è spuntato dal terreno. Secondo Stilpone, è impossibile predicare a meno che non si voglia pensare secondo
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individui , e comunque non sulla base di concetti definiti e stabili: affermare che il cavallo corre o che l'uomo è buono, ignifica affermare che il cavallo o l'uomo ono altro da loro stessi. Se infatti si risponde che il buono coincide strettamente con l' uomo, allora si ostacola la possibilità di affermare la bontà del rimedio o del cibo. Così, si devono sopprimere tutte quelle realtà, come le potenza in Aristotele o il non essere di Platone, che consentono di rendere conto del divenire pur mantenendo la fi ssità delle esistenze: il dinamismo, il potere di cambiamento , è interno all'essere individuale e lo caratterizza e eludendo ogni determinazione di un'essenza fissa. Diodoro Crono, per mezzo dell'argomento denominato "del vincitore", intende escludere dal pensiero filosofico la nozione di potenza: l'affermazione del possibi le risulta infatti incompatibile con il principio di contraddizione: se si ammette infatti che ogni proposizione sia o vera o falsa , il principio risulta valido tanto per gli avvenimenti futuri quanto per quelli passati e non sussiste pertanto nessuna indeterminazione e nessuna possibilità d 'essere o di non essere per l'avvenimento futuro. Il possibile è interno all'individuo, che pertanto non è più soggetto al principio di contraddizione, poiché vive e si sviluppa nel tempo. L'argomento del vincitore consiste nell 'obbligare una qualsiasi filosofia della simultaneità a rendere conto di un ordine della uccessione, cosa che la porrebbe in contraddizione con se stessa. Epitteto* (Dissertazioni, II , 19 1-5) elabora una forma particolarmente complessa ed intricata di questa argomentazione, che dimostra l'importanza che questo argomento pos edeva per i filosofi di quell'epoca: il ?!VQLEvwv Àoyoç fornisce una visione dell 'essere secondo il divenire e non piuttosto in base alla sua integrazione nell 'ordine della simultaneità. Nell'ambito d eli' etica,!' opposizione dei Megarici a Platone e ad Aristotele è altrettanto netta: l' individuo si istruisce per se stesso ed è considerato come essere da costruire e da adattare, che consiste in ciò che diviene e di conseguenza in ciò che deve essere guidato ed istruito. Lasciando da parte l' educazione cientifica che assimila il sapere all ' essere, Alessino di Elide nel suo trattato Sull'istruzione si schiera sul fronte dell'educazione formale che elabora modelli e fornisce, piuttosto che il sapere, il saper fare: il sapere integra l' individuo nell'ordine delle cose conosciute , mentre il saper fare, rendendolo abile nel trionfare durante le discussioni sul verosimile, gli conferisce la capacità di attraversare tutti i mutamenti che si verificano in seno alla sfera della politica e lo rende un es ere individuale sulla base delle sue sole capacità. [I Cinici] II ruolo della paideia per la formazione dell'individuo si ritrova altresì nei Cinici; l' uomo, secondo questi filosofi , può essere formato e trasformato sulla scorta dell'impiego di metodi razionali . Menippo , cinico
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del 111 secolo, racconta, nella Vendita di Diogene, che Diogene, in vendita nel mercato degli schiavi, rispondeva agli acquirenti che gli domandavano cosa sapesse fare: «Comandare agli uomini»* (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi , VI, 9). L' individuo è oggetto di una riforma interna, divenendo esempio per l'esterno; il cinico si riforma e diviene un modello, a volte ostentato dinanzi agli stessi tiranni , ai quali si rimproverano i loro desideri insaziabili. L' individuo viene spogliato del suo ruolo sociale e si distacca da qualsiasi società regolare, vagando di città in città e dormendo avvolto nel suo mantello di sacco. I cinici si vantavano di far parte dello stato di mjea, ovvero in quello della bisaccia che portavano di città in città, accolti nell ' una e scacciati nell'altra. Antistene dichiara che «la virtù si può apprendere», sebbene non attraverso la dialettica o le scienze, poiché queste attività non posseggono alcun valore, giacché di una cosa non si può che enunciare e pensare quella stessa cosa, come affermavano i Megarici . Questo «vecchio dallo spirito lento» secondo l'espressione di Platone , questo «sciocco egro soiano personaggio», secondo Aristotele , disprezzava i matematici e l' astronomia, dichiarando che se si fosse saggi non bisognerebbe apprendere a leggere così da non rischiare di venir corrotti* (Diogene Laerzio, VI, II 103). Dando lezioni per quattro o cinque mine come i Sofisti , prometteva di far conoscere al discepolo il cammino per la felicità e impiegava i poemi di Omero come mezzi per l'edificazione. Platone, nello Ione, dimostra l 'arbitrarietà e la scarsa serietà di questa esege i. Tuttavia, il cinismo può assumere qualsiasi mito quale base per l'insegnamento, giacché il suo scopo consiste nel formare l' individuo: «la virtù consiste negli atti», secondo Antistene, e «non ha bisogno di troppi discorsi, né di alcuna scienza»*. Un atto non si insegna: si arriva ad agire solo sulla base dell'esercizio e dell 'allenamento: da ciò scaturisce la rilevanza dell 'ascesi individuale. L'individuo si configura come il più affidabile dei baluardi e la prudenza, virtù di ordine intellettuale, serve a costruire questo baluardo: quest' ultima , infatti , «consiste nella più sicura dei baluardi e questo baluardo si costituisce esclusivamente a partire da ragionamenti irreprensibili»* (Diogene Laerzio, VI , 10-73). Il mito consiste in una fonte di e empi tratti dalla vita e dalle grandiose azioni dei personaggi illustri: così la forza della virtù non pas a dall' idea all'individuo, ma da individuo ad individuo. 1 titoli delle opere morali di Antistene sono Elena e Penelope, Il Ciclope ed Ulisse, Circe, Ulisse, Penelope ed il Cane. Gli eroi riescono sempre vittoriosi da que te prove* (Diogene Laerzio, VI, 18). Eracle è l'eroe cinico per eccellenza, in quanto individuo assoluto, esempio di volontà ineffabile e di compiuta libertà. La morale consiste nell'imitazione di Ercole o di Diogene , poiché il cinico svolge il ruolo che gli appartiene e che lo caratterizza
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in quanto individuo. Forse l'immagine del mondo considerato come teatro in cui ciascun uomo è attore di un dramma divino scaturisce dall' Archélaos di Antistene. Gradualmente, i cinici si separarono a causa del loro diverso genere di vita: sono infatti saggi mendicanti che non si connettono a nessun gruppo sociale. Il saggio si configura, secondo Diogene, come quel «senza città, senza casa, senza patria, mendicante, errante alla ricerca del suo pane quotidiano». La loro vocazione coincide con quella del messaggero di Zeus incaricato dal dio a osservare i vizi e gli errori degli uomini. Diogene dichiara a Filippo ch'egli si riteneva guardiano dei suoi desideri insaziabili e Menedemo, contemporaneo di Filadelfo, si traveste da Erinne e si spaccia per un osservatore venuto dall'Ade per denunciare ai demoni i peccati degli uomini , mentre Antistene aveva scritto un dialogo Sull'osservatore. Diogene di Sinope dimostra che la forza dell'individuo risiede nell' esercizio, aaxrtatç: «Si vedono, nelle arti serviti e nelle altre arti, artigiani che acquisiscono attraverso l' esercizio abilità del tutto straordinarie, come gli atleti e i suonatori di liuto». Nulla sfugge all ' esercizio: «con esso, si possono superare tutte le difficoltà». Diogene esorta l'esercizio tanto dell'attività manuale e fi sica quanto di quella della meditazione interiore. L' individualimo etico si esprime attraver o una fiducia totale nello sforzo, fiducia fondata sull'esperienza che, evitando le «pene inutili», consente di «scegliere gli sforzi conformi alla propria natura». La filo ofia è utile a ciascun individuo, poiché il suo scopo consiste nella felicità dell'individuo, ovvero nello «scegliere gli forzi conformi alla natura per essere felici»*. Quest' individuo libero, pieno di forza, sicuro di sé grazie all' esercizio, disprezza qualsiasi costume e istituzione, critica l ' assurdità dei v6flOL, («leggi») e la profondità del suo spirito critico gli consente di svincolarsi da qualsiasi valore convenzionale imposto dalla società. Suddetta critica non mira all ' edificazione di un ordine sociale migliore di quello esistente, quanto, piuttosto, a svincolare l'individuo da ogni sorta di costrizione. In tal modo, dunque, l' individuo dimostra di rendersi superiore alle stesse istituzioni ociali , poiché è in grado, non solo di comprenderle intimamente, ma anche di saperle parodiare. Diogene, a suo tempo, i vantava di aver prestato aiuto a suo padre, banchiere e falsario, nel falsificare alcune VV!J.lO!J.ar:a (monete), sperimentando così il suo disprezzo vero l' istituzione umana. Questa riforma interiore ed individuale si compie al margine di ogni ordine sociale, senza cioè agire in alcun modo su quest'ordine sociale; la preoccupazione della totalità e dell'ordine di simultaneità, costante in Platone, non si ritrova più fra i cinici e la vita morale si separa dalla questione sociale, così come la conoscenza dell'universo, frutto delle scienze esatte, viene reputata inutile per la formazione del giudizio: né l'ordine sociale né quello
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del cosmos sono degni di essere esaminati . Lo spirito scientifico e lo spirito civico non servono a liberare l' individuo . Il cinico si proclama cittadino del mondo e la sua politica persegue «le leggi della virtù più che quelle della città», ricerca le forme meno prossime e meno organizzate della vita politica, concedendo all ' individuo errante una notevole libertà, come quella dell'impero persiano o dell'impero di Alessandro. Tre opere di Antistene recano il nome di Ciro, forse ispirate alla Ciropedia di Senofane, mentre Onesicrito, discepolo di Diogene , scrisse un Alessandro che ricalcherebbe, secondo i commentatori , anch'esso la Ciropedia. [l Cirenaici] Con Aristippo di Cirene e con i suoi discepoli , l' individuo si libera del peso delle scienze esatte e dell' organizzazione sociale. La vita della società , con gli obblighi che essa comporta, risulta così fastidiosa che solo un insensato si sottoporrebbe a tutte le pene e a tutte le spese che si devono assumere quei magistrati «di cui le città si servono come di una sorta di schiavi»* . L' individuo si proietta solo su se stesso e si cura esclusivamente di condurre una vita facile e gradevole. Il piacere , per Aristippo come per altri edonisti, (Eudosso, per esempio) consiste nel fine d 'ogni bene. A questa evide nza prima non si deve sovrapporre alcuna visione razionale ed occorre piuttosto confidare nell ' impressione e nell ' apprezzamento immediati , di cui è dotato ogni individuo . Questa superiorità del piacere si oppone alla saggezza, che consiste essenzialmente nella stabilità e nell' invarianza del pensiero e del giudizio per mezzo del cambiamento della generazione e della corruzione, posses o di un benessere stabile e inattaccabile, mentre il piacere consiste in qualcosa di fugace e di mobile. Aristippo considera questa felicità stabile e inattaccabile come somma di tutti i piaceri degli istanti uccessivi; come per Eubulide un sacco di grano non consiste nell'insi.e me formato dall 'addizione di tutti i semi , ed una capigliatura nella somma di tutti capelli, allo stesso modo , per Aristippo, la felicità del saggio non consiste in un insie me che racchiude tutti gli istanti successivi in un ' unità assoluta, bensì in una serie aperta, costituita dali 'addizione successiva di tutti gli istanti . La nozione di tempo non coincide con quella elaborata da Platone o da Aristotele, poiché il tempo non consiste nel ritmo del ritorno e del di venire secondo la teoria del grande anno né può più concepirsi come misura del movimento secondo il prima e il dopo e dunque non appartiene al divenire circolare del cosmos, né all ' attività di ciascun individuo, quanto, piuttosto , in una serie aperta e priva di coerenza predeterminata, che non possiede nessun ' unità per cui il tutto governi le parti , giacché le parti stesse precedono tutto, fatto che dimostra di per sé la successione di istanti sempre nuovi che si aggiungono ai precedenti . L' individuo si configura come quell 'essere i cui istanti di vita si aggi ungo-
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no indefinitamente ad altri istanti , secondo processo additivo. LI piacere è piacere in movimento: la felicità consiste esclusivamente in un risultato derivante dalla riunione di tutti piaceri . L'essere individuale attraversa istanti di «moto penoso», che consiste nel dolore, ed istanti di «moto agevole», che consiste nel piacere . Le costruzioni intellettuali non devono modificare il piacere dell ' istante, poiché si configurano meramente come «vane opinioni»: la costruzione intellettuale, piuttosto che rispettare il piacere dell' istante nella sua purezza, nella sua unità e nella sua unicità, consiste in un ordine di simultaneità e si sovrappone all ' ordine di successione. Porre il problema della combinazione dei piaceri , significa infatti non rispettare questo carattere successivo degli istanti e sostituire gli istanti separati ed autonomi con una sovrastruttura che miri ad equilibrare il divenire e fi ssare 1'essere morale nel di venire. D ' altra parte, la costruzione intellettuale non è certa, e solo l' impressione data nell' istante all'individuo può essere oggetto di una affermazione corretta: «con verità e certezza, possiamo affermare senza mentire che proviamo l' impressione del bianco o del dolce, ma non possiamo altrettanto affermare che la causa di quest'impressione sia bianca e dolce»* . La conoscenza resta puramente individuale e non consente alcun accordo fra gli uomini , in quanto strettamente personale; non se ne può pertanto concludere che un' impressione sia simile a quella provata dal nostro prossimo: solo il linguaggio è comune , ma la stessa parola designa impressioni di verse a seconda degli individui che la impiegano. L' uomo, rifi utando sia la cultura intellettuale sia la civiltà, si distacca dall ' ordine della imultaneità che gli fo rnisce la città e la conoscenza del cosmos, cercando appoggio in se stesso e solo in se stesso. Al contempo , la struttura di simultaneità che consisteva nella giustizia e nella virtù e che ordinava le facoltà dell 'anima in rapporto alle differenti parti del corpo che ne costituiscono le sedi rispettive, vie ne sostituita da un ordine di pura successione, ovvero quello degli istanti della vita che si aggiungono gli uni agli altri senza per questo combinarsi. Il periodo ellenistico risulta particolarmente interessante in vista della comprensione dei contenuti impliciti della nostra civiltà; la tradizione elle nistica si mescola ad apporti orientali e la filosofi a si rivolge innanzitutto all ' essere individuale per perseguire la sua salvezza e assegnargli una regola di vita. La riflessione teorica cede il passo alle preoccupazioni di ordine pratico: la teoria occorre prettamente a fo ndare la conoscenza dell ' essere individuale, e questa teoria occorre a situare l 'essere individuale in rapporto al mondo naturale e al mondo sovrannaturale, affi nché comprenda meglio il suo desti no e persegua la propria salvezza . L' intenzione di riforma
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morale dell' individuo permane in tutte queste elaborazioni del pensiero fi losofico: l' individuo consiste pertanto in un essere essenzialmente esistente nel tempo e deve preoccuparsi della serie ordinata dei suoi atti, più che per la sua relazione con la società, con il mondo o con la conoscenza stessa della sua struttura interna. A partire dal III secolo, le scienze vengono estromesse dalla filosofia e si sviluppano autonomamente. Il terzo secolo avanti Cristo è quello di Euclide, di Archimede, di Apollonia, di Eratostene il geografo. Al contrario , la fi losofia, dopo il violento ripiegamento dell' individuo su se stesso generato dalla tensione dello sforzo o del godimento dell'istante che denota il pensiero della fine del quarto secolo, non si rivolge più alla ricerca disinteressata della conoscenza del cosmos e la scissione fra la teoria e la pratica, fra le scienze e la filosofia, durerà sino al Rinascimento . Le ricerche sulla natura delle cose non perseguono più il loro scopo per mezzo del pensiero fi losofico e la conoscenza del cosmos costituisce prettamente un principio valido per la pratica. [Gli Stoici] La scuola stoica fece la sua comparsa in un mondo in c ui le città greche erano dominate da potenze ben più vaste e più universali, quali quelle dei successori di Alessandro, che infl uenzarono le città chiuse e le collegarono le une alle altre come il " fuoco artista" degli Stoici penetra e sottende tutte le parti del mondo. Per tutto il corso dei cambiamenti di costituzione che si succedettero, si manifesta una nuova immagine del divenire, una sorta di sostrato dotato di potenza cosmica. n brusco decentramento delle città greche nell 'epoca delle conquiste macedoni liberò l'individuo, che cercava appiglio esclusivamente in se stesso o negli esempi eroici: nel corso del III secolo, l'ind ividuo non ricerca più quest'indipendenza assoluta e mira piuttosto ad incorporarsi all'interno di ordine superiore. Tuttavia, quest'ordine non viene più ricercato nella città e nelle sue leggi ed istituzioni: è piuttosto nell'ordine cosmico, in quanto di namismo, che gli stoici ritrovano una possibile legge del divenire per fondare un 'etica personale. Alla nozione di luogo si sostituisce quella di ruolo: se infatti il luogo integra l' individuo all 'ordi ne della simultaneità, il ruolo lo inserisce ali ' interno di un divenire uni versale. I primi fi losofi stoici, come nota E. Bréhier, non sono cittadini greci: vengono da paesi che si trovano ai confini dell ' Eli ade, situati al di fuori della grande tradizione civica e panelle nica e che pertanto subiscono l' influenza dei popoli semiti. Zenone proviene da Cizio, città di Cipro, Crisippo nasce in Cilicia, a Tarso o a Soli. Erillo di Cartagine e Boeto di Sidone provengono da paesi più propriamente semiti. In seguito , Diogene di Ba-
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bilonia e Apollodoro di Seleuci proverranno dalla Caldea. Solo Cleante, Sfera di Bosforo e Dionigi di Eraclea provengono da contrade elleniche. Ora, la necessità dei viaggi e del commercio faceva di queste città luoghi di passaggio piuttosto che città chiuse, coscienti della forza della loro tradizione e della stabilità delle loro istituzioni. I loro abitanti erano pronti a viaggiare e a recarsi in qualsiasi paese, senza preoccuparsi degli affari locali ed il loro universo si estendeva sino ai limiti del mondo conosciuto. La relazione dell' individuo al cosmos non passa attraverso alcuna mediazione, quale ad esempio quella della città, e lo stoico è chiamato ad inserirsi direttamente nel divenire del mondo. Gli Stoici si sentono più volentieri amici del diadoco che fonda uno stato piuttosto che del cittadino di una città greca. Come i cinici, onorano il re di Macedonia ed i re percepiscono a loro volta la forza e la novità di questa filosofia, che manifesta la stessa estensione dell'impero; pertanto, essi lusingano gli Stoici e li riempiono di attenzioni: Antigono Gonata è un ammiratore di Zenone e di Cleante, ascolta le loro lezioni ed alla morte di Zenone, chiede alla città di Atene di elevare una tomba in onore di Zenone, al Ceramico . Ora, questa connessione non è fortuita: non si tratta cioè del frutto di un semplice calcolo. Lo Stoicismo rappresenta la filosofia di un impero nascente, e tutela La potenza di quell ' individuo che non si basa né ulla tradizione né sulle leggi per stabilire un ordine che si estenda su una moltitudine di città e di popoli dotati di costituzioni e lingue diverse. Quest' uomo non è più il difensore della stabilità di una città o di una costituzione, poiché il suo ruolo consiste nel favorire il cambiamento del mondo: la sua opera ha un senso nel tempo, attraverso il suo dinamismo , e non piuttosto nell'ordine di simultaneità che provvedeva alla stabilità di una città. L' importanza del di namismo cosmico si rende manifesta nella speculazione di Zenone che conosceva la «legge degli antichi» e trovava nel pensiero di Eraclito una teoria fisica che potesse fungere da punto di partenza della sua meditazione. Il pri mo Stoicismo è infatti domi nato da un' ampia visione dell ' universo. Le scuole mediche che esistevano prima di Platone e di Aristotele possedevano anch 'esse una teoria della dinamicità, sebbene non del cosmos, quanto, piuttosto, dell'i ndividuo vivente: la salute consisterebbe nell 'equilibrio fra quattro forze, ovvero quelle degli umori, bile, atrabile, flemma acido e flemma salato. Secondo Galeno, Zenone sarebbe stato un adepto di questa dottrina e avrebbe anche fo ndato una scuola medica, quella dei «metodici» . Lo squilibrio fra gli umori, secondo questa scuola, scaturisce sia dall'eccesso sia dal difetto di uno di essi, ma anche dalla rottura della continuità fra le parti del corpo. L' individuo vivente consiste dunque nel! ' unità di un tutto costituito da forze che si equilibrano. Nel
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IV secolo , Diocle di Karystos, medico sosteni tore di questa teoria fi sio logica, pen a che tutti i fenomeni della vita degli animali siano governati dal caldo e dal freddo, dal secco e dall ' umido e che in ciascun corpo vivente risieda un calore innato che, alterando gli alimenti i ngeriti, produce quattro umori: il sangue, la bile, e d ue flemma , le cui proporzioni causano la salute e la malattia. Ino ltre, l' aria esterna, attirata dal cuore attraver o la laringe , l'esofago e i pori , d iviene, nel cuore, il soffio psichico in cui risiede l'intelletto e che si spande in tutto il corpo assegnandogli tensione e attività, da cui procedono i movimenti volontari. Questo fuoco costituisce, a sua volta, la potenza del corpo. Questa potenza circola nei vasi e la malatti a proviene dall 'accumulo di umo ri che impedisce a questa potenza di scorrere. Questa concezione dell ' individuo fisiologico è emi nentemente dinamica e il ruolo dell 'attività che stabilisce la comunicazione e che mantiene la v ita viene devoluto ad un ' anima materiale o piutto to energeti ca, cioè ad un ' anima ig nea. Non è la struttura statica del corpo che svolge e produce la vita, quanto, piuttosto, l'attività vitale che si irradi a attraverso il corpo per animarlo. G li Stoici hanno considerato il mondo intero come un immenso individuo organi zzato, come l 'essere vivente secondo Diocle di Karystos. Lo 1iiiEVf-ta («soffio») del cosmos penetra in ciascuna cosa come il fuoco dell ' anima d i un corpo particolare penetra in c iascuno dei suoi organi , soggiacendovi ed animandolo. La p ietra e il ferro costituiscono di versi gradi di questo T6voç (. Il limite interno dello Stoicismo risiede precisamente in questa potenza globale attribuita al fato, che lascerebbe naturalmente pensare al pensiero contenuto nella Bibbia: l'essere individuale non trova in se stes o la ragione dei suoi strati successivi , po iché questi corrisponde piuttosto a tutto ciò che gli accade ed, in ultima analisi, ciò che gli accade si incorpora al suo essere. Non sussiste alcun ri verbero di causalità dell'essere su se stesso e dunque questa mera singolarità si sdoppia in rapporto a se stessa. Non è certo attraverso la maschera del suo ruolo che l' individuo può agire su se stesso e pensarsi: la ricorrenza della casualità si effettua attraverso una via esterna, un percorso che l 'essere non può creare ma che pure gli viene assegnato necessariamente, a tal punto che questi non può valori zzarla in alcun modo, giacché gli viene previamente assegnata come dotata di valore proprio. Quest ' individuo, dunque, differisce in tutto e per tutto dalla sostanzialità e dalla aseità dell'essere parmenideo. Si colga come questa dottrina abbia potuto condi videre e coadiuvare alcuni contenuti centrali delle speculazioni di origine orientale, più tardi presenti anche nel cristianesimo; si comprenderà così come lo Stoicismo ia potuto divenire una eccellente dottrina civile. La città deve poter valorizzare un fatto e necessita per questo di un certo formalismo dei ruoli . La nozione di puro ed impuro, quella di eletto e reprobo, di stato di colpa e tato di grazia passano dall ' interiorità del fatto in quanto stato all'esteriorità del fo rmalismo rituale. Ora, nel caso degli Stoici, non si può propriamente parlare di formalismo: ogni relazione, e di conseguenza ogni azione ed ogni gesto, si traducono in una realtà corporea; un gesto, infatti , non consiste mai in un puro simbolo. ll gesto modifica ciò su cui si compie. Con lo Stoicismo si potrebbe giungere a spiegare la transustanziazione, proprio perché l' idea di sostanza viene eliminata o perlomeno diviene del tutto di versa da ciò che era nel geometrismo platonico o nel pensiero di Aristotele. Allo tesso modo, la forma civica dello Stoicismo latino si può comprendere come conseguenza di questo carattere reale della relazione , poiché la maschera del ruolo è tanto reale quanto il volto dell' individuo che la porta. Questa profonda ambiguità dello Stoicismo scaturisce dal fatto che l ' individuo consiste in un essere singolare, ma non per questo in una sostanza. Tutti gli sforzi che sono stati compiuti , a partire dal pensiero stoico, per definire la realtà individuale sono gravati da questo ostacolo fondamentale: affinché l'individuo persegua la sua realizzazione, occorre c he la serie dei suoi atti e dei suoi stati si ordini in modo rigoroso e che tuttavia quest' ordine tem-
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porale si costruisca definiti vamente in rapporto ad una reaJtà esterna che, a sua volta, i identifica con il mondo. Pertanto, occorre creare una teoria del tempo che racchiuda la successione degli istanti in una forma definita . II futuro stesso deve appartenere a questa necessità del tempo: la successione si configura più propriamente come una sorta di svolgimento e la vita dell ' individuo consiste esclusivamente in se stessa. Ciascun essere vive secondo il suo destino ed il destino è «quasi rudentis explicatio»*, come accade quando i marinari mettono la barca nel mare , svolgendo il cavo arrotolato attorno al cabestano: i nodi , gli strappi e i difetti del cavo si manifestano solo quando lo si svolge , sebbene fossero già contenuti e predeterminati nelle spire arrotolate sul cabestano . Si continua pertanto a rilevare una sorta di artificialità in seno alla vita della persona: permane qualcosa di incompiuto in seno a.ll' essere umano, che non riesce ad accettarsi interamente come dato. Gli Stoici preservano la singolarità dell ' individuo , sebbene lo facciano a spese della sostanzialità.
[Gli Epicurei] In un certo senso , l ' Epicureismo consiste nella controparti ta dello Stoicismo, ma in realtà scaturisce dallo stesso intento di reperire un senso per la realtà individuale e svincolarla così dall ' ordine della simultaneità. L' Epicureismo consiste in una filosofi a tesa a scoprire nell 'essere una consistenza indipendente da qualsiasi relazione attuale, sebbene l'ipotesi di ricerca risul ti del tutto contraria rispetto a quella stoica. Piuttosto che considerare la serie te mporale come più ampia rispetto all 'indi viduo umano c he vi si integra, in quanto ruolo episodico di un ben più esteso dramma, gli Epicurei ritengono che la genesi temporale si operi ad un livello notevo lmente inferiore rispetto a quello dell ' individuo umano ; come per gli Stoici, l' individuo si configura come un essere relati vo, sebbe ne non costituisca una vera e propria sostanza. Tuttavia, mentre gli Epic urei lo considerano un composto , per gli Sto ici questi consisteva piuttosto in un semplice componente, colto all ' interno del divenire del macrocosmo ; per gli Stoici , la sostanzialità vera e propria si colloca ben al d i sopra dell ' indi viduo umano, me ntre , per gli Epicurei , si colloca al di sotto dell ' individuo stesso. In entrambe le dottrine , l'essere individuale permane ad un livello che non corrisponde a quello della sostanzialità. Secondo la dottrina epicurea, sono gli atomi ad essere eterni , come, nel caso degli Stoici, il macrocosmo rinasce eternamente secondo il ritmo del ritorno del grande anno . Naturalmente, le indi vidualità non sono, come nello Stoicismo , l' inspiegabile iòtov nolov che consiste, a sua volta, in una frammentazione del fuoco originario, cosicché i destini individuali non soggiacciano ad influenze celesti e non sussistano momenti
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privilegiati o cause di occasioni fortunate nel corso del divenire del cosmos, xatQ6ç. Alla stregua di un mondo i olato, in eno all'infinità dello spazio, l' individuo epicureo appartiene ad un altro mondo, corrisponde cioè a quell'es ere composto che cerca di fuggire la relazione, per conservare comunque una certa impenetrabilità, sempre e comunque labile. Preservare l'istante significa preservare quel breve momento di durata temporale che corrisponde alla vita dell'individuo, e non piuttosto lasciare che venga attraversata e dissipata da relazioni ine senziaJi, frutto dell'illusione, dell'errore o delJa paura che ottenebrano l'uomo. In ciò ri siede una sorta di attitudine difensiva degli Epicurei; diversamente dagli Stoici, infatti , essi non credono ad un mondo nuovo e non stabiliscono la superiorità della ragione in parallelo con la monarchia politica, che mira a conqui tare ed unificare il mondo. Non è il co mopoliti mo che anima il pensiero di Epicuro, poiché la società che egli fonda è circoscritta. Consiste cioè in un piccolo cerchio, all'interno del quale tutti i conoscono individualmente e sanno isolarsi dalla città restando indipendenti dalla grande impresa monarchica cui miravano gli Stoici. L'o tilità di Alessandro, che obbligò Epicuro a lasciare Atene per molti anni, dimostra che questa società di filosofi era realmente indipendente dalla va ta impresa politica. La fisica epicurea differisce notevolmente da quella degli Stoici e manifesta un 'attitudine di spirito profondamente diversa per quanto concerne la concezione stessa dell ' individuo: per gli Stoici, l' individuo vero e proprio coincide con il mondo, ovvero consiste in un essere organizzato le cui diverse parti pre entano una finalità che le connette le une alle altre nell ' unità dinamica del tutto. Così, la fonte del dinamismo risiede nella suddetta realtà del tutto, nel fuoco semenza o fuoco artista che transita in ogni cosa. Si pone così la necessità di una individualità del tutto affinché possano esistere relazioni fra individui singolari ali' interno di questa individualità e grazie alla ua organizzazione e alle relazioni dinamiche ch'essa intrattiene con il fuoco. La risonanza che accoppia un oscillatore ad un ri onatore nece sita di un ambiente attraverso il quale l'energia possa propagarsi; secondo gli Stoici, l'energia si propaga come una particella di fuoco che anima il tutto , piuttosto che come l'accoppiamento di due oscillatori identici di cui ciascuno può alternativamente configurarsi, in qualsia i momento, come oscillatore o come risonatore . Nella risonanza, gli Stoici intravedono un efficace esempio della relazione fra un ambiente, vasto ed animato dall'anima del tutto , ed un es ere singolare che giace in quest'ambiente; l'ambiente domina l 'es ere singolare che, a sua volta, è quasi ospe o al suo interno , come una orta di nucleo interno. L'individuo singolare i trova in uno
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stato di inferiorità energetica e di soggezione spaziale in rapporto all'ambiente, poiché l'ambiente non risulta affatto limitato e il suo carattere indefinito lo rende depositario del dinamismo e di questo perpetuo ritorno su se stesso, ovvero di quella circolarità causale che conferisce ad un essere la sua autonomia e la sua autentica individualità. Il tutto non viene concepito come somma di tutti i corpi: consiste piuttosto in una sorta di energia attiva del tutto , ovvero il tutto come unità di circolazione che comunica con se stessa e che, a sua volta, costituiva il vero e proprio individuo fisico secondo la teoria degli Stoici. L'individuo singolare, in relazione con l'ambiente dinamico, non possiede di per sé alcun dinamismo se non nella misura in cui ha ricevuto una particella di questa energia ignea che anima l 'ambiente dinamico. Permane tuttavia una questione di difficile soluzione: quest'ambiente dinamico con i te di per sé in qualcosa di inerte, ovvero in un semplice veicolo che trasmette 1'energia dell'anima del mondo agli individui ingolari, o piuttosto costituisce una sorgente di attività, ovvero in un'anima propriamente detta? Si direbbe che si manifestano entrambi i ruoli succitati ed è per questo motivo che la situazione dell 'individuo singolare nell 'ambiente non solo lo riconnette al tutto, ma costituì ce altresì l'attività del tutto, restando pertanto ambivalente. Al contrario, nella teoria epicurea, l 'ambiente non consiste in ciò che subordina l' individuo singolare al tutto , poiché l'ambiente perde il suo carattere di attività propria e si identifica esclusivamente con il vuoto. Non è neppure in grado di veicolare se stes o sotto forma di strombatura, ovvero come una quantità definita di energia proveniente da un altro corpo: consiste, infatti, esclusivamente in ciò che grazie alle sue trascurabili dimensioni, consente il passaggio di qualsiasi effluvio, corpuscolo o sottile pellicola dotata della forma dell'oggetto emesso. Que t'ambiente essenzialmente neutro e passivo, non resistente e privo di proprietà, con ente agli individui singolari di agire gli uni ugli altri sulla scorta di effluvi. Solo il movimento e l' urto pos ono porre in rapporto gli individui si ngolari ; ora, queste azioni ri uJtano reciproche e rigorosamente reversibili , mentre l'azione dell'ambiente sull'individuo singolare è del tutto irrever ibile. Per gli Epicurei, la teoria delle sensazioni, come quella della formazione dei composti, è conforme a questo principio dell'inanità dell ' ambiente e della rever ibilità delle azioni. La prima conseguenza della negazione dell ' ambiente attivo che connette ogni cosa consiste nel correlativo rifì uto della necess ità (eip.aQp.Év1J) o destino: «Sarebbe meglio - afferma Epicuro - accettare le favole ugli dei piuttosto che il destino dei fisici» * (Diogene Laerzio, X, 134). Per gli Epicurei, non esiste un ordine determinato che concepisca il cosmos alla
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stregua di un'opera razionale , in cui ciascun avvenimento sopraggiunga al momento giusto, in virtù di un ordine provvidenziale. L'insieme di tutte le cose consi te in una somma, la summa summarum («la somma delle somme») di Lucrezio e non in un essere individuale. Questa somma è infinita e per conseguenza esiste un'infinità di mondi in uno spazio infinito ed in un tempo infinito. Gli avvenimenti che i verificano non sono avvenimenti del cosmos: costituiscono esclusivamente il risultato del casuale incontro delle particelle elementari. Il dinamismo non è un dinamismo della summa summarum, dotata di intenzioni statiche e determinate, ma appartiene piuttosto alle particelle elementari. In tal senso, si può comprendere la nozione di naeéyxl..wtç o clinamen («inclinazione»), accettata da Epicuro, che, a sua volta, la riconnette alla fisica atomistica di Democrito. Il clinamen attribuisce infatti alle particelle elementari un movimento assolutamente autonomo e quest'iniziativa assoluta designa le particelle non come semplici parti del tutto, bensì come veri e propri costituenti. Il movimento inerisce alle particelle , pertanto quest'individuo fisico, ovvero la particella, possiede un 'origine assoluta di movimento. La particella, nella fisica epicurea, non costituisce solo ciò che resta al termine del processo di divisione , a partiie da un corpo di dimensioni considerevoli, oppure ciò che è obbligato ad arrestarsi secondo un minimo al di sotto del quale non si può discendere, per ragioni fisiche o logiche. Certo, gli Epicurei non rifiutano l'esistenza di limiti minimi, ma non vi riducono l' intera realtà della particella elementare. Il valore minimo, infatti, racchiude solo la frammentata realtà del tutto, alla quale si aggiunge il fallimento dell'operazione umana (ideale e reale) di divisione. Il minimo contiene dunque la realtà del tutto al quale partecipava precedentemente, giacché ne costituiva una parte quando il tutto non era stato ancora diviso. li minimo in quanto minimo non è pertanto una realtà originaria e non consiste di per sé in un individuo , quanto esclusivamente in un' operazione che ha effettuato la divisione del tutto, arrestatasi ad un certo punto e ad un certo livello. Quest'individuo costituisce un risultato, o come diremmo oggi, un artefatto, anche se il fallimento dell'operazione di divisione, in se stessa indefinita, deriva dall'oggetto tesso, quando lo si coglie ali ' interno della sua struttura. Al contrario, la particella elementare degli Epicurei consta di una particella costituente, inizialmente esistente allo stato libero e che, dunque , si configura come molecola e non piuttosto come atomo, come semenza delle cose e non piuttosto come risultato della loro divisione. Il suo carattere indivisibile gli appartiene strettamente e scaturisce da ciò che essa è, e non piuttosto da ciò che essa può essere. In tal modo , ci è consentito di percepire la declinazione
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dell'anima, ovvero quel movimento che le consente di modificare il comportamento del corpo. È questo il modo in cui occorre concepire l'inclinazione delle molecole alla stregua di un movimento del tutto spontaneo. Le molecole posseggono infatti una vera e propria positività e indipendenza. Sono composte da questa o quest'altra co a e le forze attraverso cui vengono unite non dipendono dal tutto in c ui si trovano , bensì unicamente dai rapporti di forma e dal movimento fra le molecole, che a loro volta giacciono in contatto reciproco fra di loro. Il fatto che l 'azione per contatto costituisca la sola azione capace di spiegare i fenomeni della natura consente alle molecole qualsiasi trasformazione del composto. Il composto corrisponde infatti ad una somma, ad una somma finita, mentre il mondo costituisce una somma infinita. La molecola elementare possiede un movimento immanente e permanente. L'indipendenza delle molecole costituisce la sola eccezione a questa regola della spontaneità, ovvero la caduta eterna delle molecole attraverso il vuoto infinito. Per la verità, bisognerebbe spiegare comunque l ' esistenza di questo campo di peso. Thttavia, gli antichi non possedevano a tal riguardo idee chiare e distinte, quanto quelle forniteci in seguito da Newton. Per gli Epicurei, infatti, il pe o doveva consistere in una proprietà della molecola e non piuttosto in una forza proporzionale al prodotto di due masse ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Il peso non viene distinto dalla massa e può pertanto essere considerato alla stregua di un carattere proprio della molecola, mentre la ma a costituisce un carattere proprio della molecola. Pertanto, non occorre l'intervento delle nozioni di campo di forza e d'attrazione: ciò risulterebbe infatti contrario ai presupposti di questa fisica, poiché genererebbe una causalità correlata dalla possibilità, per il tutto, di imporre un movimento di insieme a ciascun individuo singolare. L' idea di un campo di forze implica una concezione diversa da quella dei rapporti fra individualità elementare e totalità, sia che questo campo di forze sia concepito come immateriale sia ch'esso sia concepito come materiale per un ambiente. A cau a di questa resistenza nei riguardi di tutto ciò che risulterebbe assimilabile ad un campo, la fisica epicurea si distingue non solo dallo Stoici mo, che materializza il campo di forze nella forma del fuoco seminate ed artista, ma anche dal razionalismo di Aristotele: non risulta infatti concepibile nessuna attrazione dell'inferiore in rapporto al superiore, nessuna direzione a partire da un principio unico che imponga una finalità razionale a tutto ciò che si verifica nell'universo, nel caso in cui si neghi qualsiasi influenza a di stanza, ovvero qualsiasi campo di forze. D'altra parte occorre notare che nessun campo risulta strettamente necessario per spiegare la combinazione
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delle molecole: basterebbero infatti il principio di inerzia e di conservazione del movimento. Gli Epicurei presuppongono la caduta delle molecole nel vuoto infinito poiché questa caduta costituì ce una riserva inesauribile di energia potenziale in seno a ciascuna molecola, che, a sua volta, consente di piegare qualsiasi combinazione che formi gli esseri nel corso del tempo; in queste condizioni la quantità di energia che rappresenta il clima m en risulta estremamente debole e la gran parte dell 'energia necessaria per la formazione dei composti scaturisce in realtà dal movimento di caduta nel vuoto, deviato dal clinamen, ma che agisce comunque in funzione della sua propria energia. Il clinamen costituisce un'energia di comando, comunque debole , che esprime quantità di gran lunga maggiori di energia. Occorre notare peraltro che il clinamen appartiene a ciascun corpuscolo, mentre la caduta nel vuoto non distingue un corpuscolo dali 'altro (poiché i movimenti sono interamente paralleli); non si può pertanto produrre un 'azione che e prima la spontaneità di ciascuna molecola, né può sussistere alcuna iniziativa produttrice, che necessiti di essere indotta ad agire in un i tante determinato attraverso qualcosa che caturi ca dali ' individuo particolare. Proprio la uddetta iniziativa costituisce l'aspetto rigorosamente irriducibile dell'individuo fisico. La molecola atomica degli Epicurei non consiste in un valore minimo , pos iede piuttosto grandezza e forma inalterabili e può essere dotata di iniziativa e di spontaneità. [Lucrezio] Tuttavia, affianco a questa vigorosa restaurazione dell'individualità fisica, sembrerebbe sussistere negli Epicurei , o perlomeno in Lucrezio, una certa idea, manifesta o soggiacente, della forza dell'universo ne l suo insieme, in quanto natura. La somma delle somme consiste infatti in qualcosa di sostanziale, alla stregua di ciascun corpuscolo elementare, poiché composta dalla loro somma infinita. Sembra tuttavia che quest'infinità della omma venga altresì definita più direttamente come natura, nel senso ionico del termine, ovvero come potere di crescita degli e seri dopo averli generati , potere di rendere un individuo ucces ivo ad un altro, per propagare la specie, rientrando nel nulla dopo aver recato per un i tante la fiaccola della vita, come i corridori nelle corse a staffetta, che i passano la fiaccola ed in seguito si riposano esausti. Questa intuizione della continuità della vita, del suo potere di nascere sempre e di risorgere continuamente, Lucrezio l' ha cantata nei suoi versi immortali. Egli invoca questa natura feconda attraverso le immagini più suggestive e prestigiose della mitologia greca orientale: Demetra, Gaia, Cibele ed i Cureti vengono invocati attraverso il vago ricordo della fisiologia ionica. La dea del desiderio amoroso è
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la prima ad essere invocata, attraverso l'adesione ad un mondo soggiogato, in cui gli elementi sono presenti ed attivi. Venere non è solo «hominum divumque voluptas»* («piacere per uomini e dei»), ben l anche «alma Venere» ( «Venere nutrice»), che popola «mare navigerum»* («un mare carico di navi») e «terrasjrugiferentes»* («terra fertile»). Per la dea, il cielo modifica il suo a petto: fuggono i venti, le piogge, le nuvole ed un'immensa distesa luminosa si estende sino ai limiti dell'orizzonte: Te dea, te fugiunt venti adventumque tuum Placatumque nitet dif.fuso lumine caelum*. («Te Dea i venti fuggono e il cielo rischiarato risplende di una luce diffusa») Il soffio fecondo deljavonius disgela la brina e manifesta la vita: Viget genitabilis aurajavoni* (questo termine, viget, merita di essere notato a causa del suo valore espressivo: si tratta dell'ardore creatore di Venere, che si esercita manifestandosi attraverso i quattro elementi. Venere costituì ce la physis dei quattro elementi, l'unità che i pira loro il offio vitale). La terra infine viene altresì trasformata: Tibi suaves daedala tellus summitit flores*. («Per te la terra industriosa fa sorgere soavi fiori»). Ecco in quale senso Lucrezio può affermare: Efficis ut cupide generatim saecla propagent* («riesci ad ottenere la perpetuazione incessante delle generazioni»). Certo, la physis sembra essere immanente alla terra. Lucrezio è un filo ofo assimilabile ai fisiologi ionici , ma, al contrario di Talete, Anassimandro ed Anassimene che avevano celto l'acqua, l'indefinito, aJCEL(JOV, e l'aria quali elementi fondamentali , Lucrezio sente ed esprime l' esistenza di una physis ctonia. Il mito di Demetra, tratto dalla mitologia, consiste nel racconto della nascita del primo uomo, scaturito dal ventre e radicato alla terra, per mezzo di radici che manifestano questa realtà. Resta tuttavia il fatto che la physis penetri ogni cosa e non sia solo propria delle specie viventi. Occorre pertanto accettare l 'esistenza di una finalità del tutto? In questo caso, occorre analizzare la stessa nozione di finalità. Nel sistema stoico, l'anima del mondo, di tinta dalla passività della materia ch'e sa percorre e sottende, governa provvidenzialmente il mondo e costituisce illogos, prevedendo gli avvenimenti in una serie unica che esclude il caso, manifestando quella la decisione o quel potere di decisione che crea l' eillafliLÉVrJ. Al contrario, in Lucrezio , la physis non consiste in un logos, ma si configura piuttosto come una forza. Fra la natura epicurea e la natura stoica sussiste la medesima differenza che esiste fra intenzione e tendenza, fra volizione e desiderio e la forza della natura non agisce sull 'insieme dell'universo al fine di determinare tale o tal altro fatto. Questa potenza
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della natura si esprime attraverso la ricchezza del caso: l 'infinità dello spazio e del tempo giacciono sul limite stesso dei caratteri propri di questa physis e dilatano il campo del caso, conferendogli un 'infinità positiva. Grazie a quest'infinito positivo, il caso diviene potenza della natura o perlomeno consente alla physis di esercitarsi attraverso il caso piuttosto che determinare gli stati futuri di un mondo chiuso e limitato, di un cosmos in cui tutto consta di una relazione con il tutto. Per gli Stoici, il mondo consiste in un individuo e la physis può costituirsi solo come provvidenziale e necessitante. Al contrario, Lucrezio, che descrive il modo in cui gli incontri successivi degli atomi nel vuoto generano molto spesso esseri non vitali che ritornano ai loro elementi, afferma, parlando della natura: «conata est nequiquam»* («vano è lo sforzo»). Pertanto, la natura si sforza, ma, poiché si sforza attraver o l' infinità del caso, non genera alcuna necessità: il suo sforzo non possiede scopi predeterminati , sebbene possa comunque acquisire un senso sulla scorta dei suoi risultati, poiché risulta sempre identico a se stesso. L'essere individuale fa dello sforzo della natura ciò che appunto il corpuscolo elementare, con il suo clinamen, compie con la forza di caduta nel vuoto infinito: non sussiste cioè un ritmo, una tensione definita cui l'individuo debba sintonizzarsi e la forza della natura, che oggi definiremmo energia potenziale, risulta costantemente disponibile. L'etica concorda con questa concezione dell'individualità. A differenza degli Stoici, gli Epicurei non elaborano una fisica orientata interamente all'etica, non sussiste cioè alcun nesso sistematico fra dogma fi sico e norma etica, poiché non sussiste alcun dogmatismo fisico. Senza dubbio, la fisica viene studiata per ottenere la cono cenza della natura delJ 'essere, ma varia la sua organizzazione sulla scorta di una decisiva libertà intellettuale. La fisica, dunque, non serve l'etica , ma costituisce un vero e proprio principio, o un elemento costituente di una dottrina e non piuttosto una parte integrante, determinata dall'insieme. Anche nella conoscenza, viene preservato lo schema fondamentale del pensiero epicureo: l'elemento è costituente e permane libero. La conseguenza dell'atomismo fisico consiste nel sottrarre qualsiasi sostanzialità al composto dell'essere vivente e la vera e propria ostanzialità appartiene alle molecole atomiche e non piuttosto al composto. Il composto infatti sussiste solo finché una forza suprema della coe ione reciproca delle particelle che lo costituiscono non li dissocia. Si potrebbe pertanto affermare una sostanzialità relativa e illimitata dell'individuo composto, che scaturisce daJia relazione mutua dei suoi costituenti e che, a loro volta, consistono nei semina re rum* («semi delle cose»), ma che quando il composto viene prodotto ed esiste, gli appartiengono e non dipendono da un principio più vasto. Nessuna Eij.l.aQfl.ÉVYJ interagisce dall'esterno in virtù di
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un ordine co mico, sulla durata dell'individuo compo to; nell' Epicureismo, infatti , non sussistono momenti privilegiati e cruciali del tempo, i xaLQol, in cui l'attività dell'individuo singolare s'imbatte nel ritmo del mondo per sintonizzarvisi. Il modo di concepire la natura differisce notevolmente in queste due dottrine: la natura negli Stoici consi te nel ritmo e nel movimento del tutto, mentre per l'Epicureismo risiede a livello dei semina rerum elementari che costituiscono ciascun essere compo to. L'essere non deve ricercare alcuna coincidenza con il movimento unico che sorregge razionalmente l'universo e questa realtà funzionale ed immutabile risiede al suo interno, non in quanto essere singolare, ma in quanto composto formato da semina rerum, che consiste, a sua volta, nella natura e in ciascuno dei suoi semi. Nel pulviscolo danzante della polvere attraverso un raggio obliquo di sole, nel vortice che solleva la ghiaia l'individuo vede e constata ciò che egli stesso è. La materia che vediamo e tocchiamo, il seme di oppio che scorre come un liquido e in cui si affonda la mano, il fango, la pietra, l 'acciaio sono natura alla stregua delle foreste e dell'acqua del mare. L'azione consiste nel contatto fra la materia di cui siamo composti e la materia al di fuori di noi , tangibile e sensoriale, poiché toccare e sentire sono azioni compiute dagli atomi e da un'anima formata da atomi. Non esiste alcuna mediazione, né deve esisterne, fra le cose e l ' uomo. In Lucrezio , quest'amore profondo e questa commozione delle cose è ben !ungi dal configurarsi come una ricerca della bellezza poetica: sensazione pura e sensibilità immediata consistono in un' unica e nella medesima cosa nell'Epicureismo. Seguire la natura significa essere davvero connessi ad essa in modo immediato ed elementare, e per certi versi del tutto particolare. Ogni mediazione , sia che provenga dalla ricerca del piacere, della passione, dell 'ambizione o della paura, viene del tutto eliminata. Non occorre preservare né la ensazione né la soddisfazione: il godimento, infatti, impedisce di sentire, installando fra l'una e l'altra realtà naturale l 'artificialità del piacere. L'austerità della sensazione, la sua profonda serietà, dimostrano la necessità dell'autentico raccoglimento del pensiero e della calma del corpo, affinché si possa effettuare questo contatto con la materia naturale. L'uomo che cerca il piacere e il movimento si distacca dall 'oggetto ed impazzisce se isolato dalla natura, così che, simile al forsennato, non sa più come gioire. Abbandona così la città e ricerca una dimora nei campi, ma appena arrivato, riparte ferzando i suoi cavalli, come se fosse tormentato da un fuoco interiore. Lo stato di atarassia consiste precisamente in ciò che garantisce di entire se stessi, costituendo un aspetto dell'attività del saggio nei tempia serena philosophiae* («gli istanti sereni della filosofia»). La scienza non si oppone alla sensazione e si aggiunge al sensibile, prolungan-
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dolo al di là dei limiti dei nostri sensi, verso gradi infinitesimi. I caratteri delle particelle atomiche potrebbero essere sensibili se i nostri organi di senso fossero alla loro portata o piuttosto alla loro scala. Secondo l 'insegnamento epicureo, anche nella conoscenza approssimativa e congetturale della fisica, la dottrina della sensazione per contatto si fonda su un indispensabile presupposto realista. Il saggio può gioire come Zeus con un po' d'acqua e pane d'orzo, così come può conoscere la realtà delle cose attraverso la sensazione assoluta del contatto. Il realismo della sensazione nello stato di atarassia non necessita né della gioia per costruire la felicità, né del formalismo matematico per fornire scienza. Questa dottrina sollecita dunque la ricerca della sensazione in quanto contatto del simile con il simile. Allo stesso modo, la relazione sociale precede l'assimilazione. Secondo gli Epicurei, occorre senza dubbio interpretare in questo modo l'amicizia: quest'ultima consiste infatti nell'omogeneità fra genere di vita, gusti, desideri e modo di pensare. Non è affatto possibile concepire una ricerca dell'altro in quanto tale: è senza ombra di dubbio questo il motivo per cui la sessualità costituisce un ostacolo, in quanto rischio d 'alienazione, di perdita dell'atarassia. Si tratta piuttosto di un'inesauribile sorgente di piaceri naturali, ma che comunque non risultano strettamente necessari. Lucrezio si limita a notare: «surgit amari aliquid»* («Si manifesta qualcosa da amare~~) , senza soffermarsi ad analizzare il motivo per cui sj manifesti quest' indeterminata apertura, né di cosa essa rappresenti il sif\tomo. La sessualità non basta di per sé e Lucrezio intravede in essa una fonte di irrazionalità, senza per questo ricercare le motivazioni del postulato di una relazione che farebbe scaturire l' individuo da se stesso e la sensazione della relazione del simile al simile. La relazione, quale quella familiare o sociale, che per gli Stoici risultava indispensabile, per gli Epicurei risulta invece dannosa. È forse questo il maggior limite del pensiero epicureo. Non è affatto semplice considerare la relazione come del tutto inessenziale per l' individuo: Lucrezio stesso osserva l'importanza della vita civile nello sviluppo della civiltà, giacché protegge l' uomo contro i pericoli naturaJi, quali le bestie selvagge, i fulmini ed il freddo. Il metodo della vita secondo saggezza risiede infatti nella conoscenza che l'individuo acquisisce del carattere limitato della propria vita, tanto nel tempo quanto nella sua capacità di sentire e gioire. L'uomo è innanzitutto un essere limitato e tutta la sua sofferenza scaturisce dall'ignoranza dei suoi limiti reali: l' uomo crede di intrattenere relazioni con realtà che non esistono e non entreranno mai in contatto con lui. L' Epicureismo, affermando l'inanità completa di qualsiasi relazione che non consista in un contatto attuale, tende a vanificare quelle fallaci idee che riconducono l'uomo a se stesso e che scaturiscono da un falso credo in rela-
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zioni inesistenti. L'uomo vive nel timore degli dei. Epicuro, secondo Lucrezio, è il primo che ha usato alzare gli occhi verso le regioni in cui vivono gli dei, per comprendere e far sapere agli uomini che gli dei, se esistono, non se ne preoccupano affatto, giacché sono troppo soddisfatti di se stessi, giacendo in uno stato di atarassia. Ma ciò che connette l'essere individuale a se stesso risiede nel timore della morte. Questo timore si basa sul mito de li' esistenza dopo la morte, esistenza triste e tenebrosa, piena di tormenti, di orrori e desolazioni, mediocre e dolorosa, disperata e senza luce, come quella che Omero evoca nella véxvw del!'Odissea*. Un illustre guerriero morto afferma che preferirebbe essere schiavo al servizio di un povero contadino piuttosto che essere il principe dell'impero dei morti. Lucrezio si ritrova davanti queste rappresentazioni tristi di un 'esistenza penosa e priva di luce, nelle quali ciò che resta della vita è solo miseria: miseria ed essere per la morte sono connesse secondo gli antichi. Lucrezio afferma che gli uomini non rifletterebbero sulla ricchezza se non avessero paura della povettà e che non vi sarebbe paura della povertà se l' «acris egestas»* («cruda povertà») non producesse di per sé un'immagine tangibile dell'esistenza futura. I riti funebri ci dimostrano, infatti, questo legame fra la povertà e la morte: secondo gli antichi, occorre indossare stracci e cospargersi di cenere il capo per manifestare il proprio lutto. A questo credo, che riconduce l'uomo a questo ritorno in se stesso e che fornisce la pienezza dell'istante vissuto per sé nel presente della sensazione, Lucrezio oppone l'idea che la morte non possegga nulla di positivo, ma che consti solo di un passaggio dell'essere al nulla. L'idea che l'individuo possa essere morto costituisce un' illusione logica e psicologica: dopo la morte non vi è nulla e pertanto l'individuo cessa di essere tale e solo le molecole atomiche che lo compongono persistono. Affinché si possa provare uno stato, occon·e un'anima, e quest'anima, costituita da atomi più leggeri, si dissipa e perde la sua unità quando il misero contenitore del corpo perde la sua compattezza. Nel momento della morte si può solo morire, non si può essere morti, poiché essere morti non significa essere individui. Non vi è più un'anima e neppure un'unità. Il nulla della vita è simmetr.ico al nulla precedente. L' idea della sopravvivenza scaturisce da un' illusione: l'essere individuale, a causa di una sorta di sdoppiamento, si crede inizialmente vicino al proprio cadavere e si lamenta di se stesso. Ma questo sdoppiamento non verrà mai perseguito: l'essere si dissiperà, ma non si sdoppierà, verrà cioè annullato e non piuttosto dimezzato. L'individuo vive così conformemente ad una legge del tutto o nulla, senza riservare alcun posto ad influenze o relazioni oscure e nascoste. Tutto ciò che esiste, esiste attualmente, nel presente istantaneo, e gli avvenimenti costitui scono esclusivamente il ri-
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sultato delle azioni molecolari e particolari . Allo stesso modo, gli Epicurei non attribuiscono al fatto il medesimo valore che vi attribuivano gli Stoici: il fatto consiste piuttosto in un autentico risultato. La scienza mira a conoscere le cause delle cose e non piuttosto il loro scopo. Questa dottrina non è né antropocentrica né teocentrica. Lo stoicismo consiste in un razionalismo mistico, giacché la ragione diviene ciò che consente di conoscere lo scopo delle cose. A questo razionalismo si oppone l 'intellettualismo realista degli Epicurei . Sulla scorta di questa modalità di conoscenza, che, a sua volta, presuppone una certa concezione dell'essere, non sussiste nell'essere, sempre composto, un processo circolare di realtà. In tal ca o, la sensazione , come contatto privo di ricorrenza, consiste nel! 'azione propria del contatto immediato, che, a sua volta, consta dello scambio fra un essere e l' altro, che, si presuppone, costituiscano reciprocamente l' intero ordine del reale. Al contrario , nel razionalismo finalista, ogni essere è pronto a scoprire in se stesso la sua propria causa, e prova a trasformare la sua situazione in un aspetto della finalità del cosmos, senza apportarvi modifiche, ma solo attraverso una conversione dello stato di fatto in stato di diritto. La giustificazione e la razionalizzazione del mondo consiste in ultima analisi in una giustificazione del sé e in una scoperta della validità dell'individuo. L'opposizione tra lo Stoicismo e l'Epicureismo deriva ora da una opzione fi losofica tesa a definire l'individuo come ciò che agisce su di se ora da quella che definisce l' individuo a partire dai suoi limiti , noti sin dalla loro genesi. Queste due dottrine cercano di conoscere ciò che nell'essere singolare costituisce l'ordine di successione, sebbene si distanzino l' una dall 'altra pur partendo da questa intenzione comune. L'Epicureismo trova infatti nell ' indipendenza e nella perfezione dell'istante, così come nell ' indipendenza di questa serie di istanti che consiste nella vita in rapporto a tutto il passato e a tutto l'avvenire, il metodo per cogliere l'individuo nella sua suprema realtà. Al contrario, lo Stoicismo ricerca nel nesso di ciascun istante a tutta la vita, e nel nesso di tutta la vita al movimento del mondo , la condizione della conversione dell 'essere individuale che si integra alla totalità . L' Epicureismo ricerca le cause mentre lo stoicismo ricerca gli copi: la conoscenza degli scopi connette un gran numero di istanti successivi convergenti, mentre quello delle cause isola ciascun istante in quanto prodotto ultimo di tutto ciò che ha generato. La conoscenza delle cause connette gli esseri contemporanei nell ' istante, mentre quello degli scopi connette il presente ed unifica la durata, inducendo l'essere a reagire su se stesso, a volersi e a causarsi. Così l' unità della serie temporale non può essere acquisita se non a prezzo di un ' integrazione nell 'ordine necessario dell ' uni verso, sulla base di un finalismo razionalista. Al contrario, l ' unità dell' istante , che
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consiste in se stesso, non può essere ottenuta se non a prezzo di una discontinuità introdotta nella successione degli stati dell ' individuo , privilegiando la causalità e lasciando da parte ogni relazione di finalità, che fa sì che ciascun istante superi se stesso. La relazione sacrifica l' indipendenza dell'inruviduo nell ' istante e la sua inrupendenza sacrifica la continuità, ovvero l' unità della serie. Lo stesso equilibrio del sistema della relazione secondo simultaneità permane nella dottrina del compimento delle essenze: qualsiasi presupposto sull'individualità , infatti , sfocia nel suo contrario.
[Bilancio] Si constata dunque che tutte le dottrine filosofiche che si sono occupate della realtà individuale hanno altresì elaborato una teoria della natura, per lo meno nel senso originario che questo termine possiede: la fisiologia ionica esamina uno dei due aspetti d'insieme della dottrina della natura, ovvero quello della forza che favorisce la crescita delle cose e che le stimola ad essere ed ad individualizzar i, g iacché l'individualizzazione scaturisce dalla stessa produzione degli esseri, sia che si parta da un continuo come l' éimteov, sia che si parta dal vuoto infinito popolato da un'infinità di corpuscoli atomici, che, a sua volta, scaturisce dalla medesima produttività (la funzione di elemento viene pertanto rappresentata dall'insieme del vuoto e della materia) . L' altro aspetto della teoria della natura consiste nel fatto che, essendo l'universo già tutto costituito, possiede un' unità di organizzazione nella totalità e non piuttosto un potere di produttività proprio ili ciascuna delle sue parti: questa seconda via consiste in quella del razionalismo. E se in un universo del tutto costituito, la sola via intelligibile che risulta possibile percorrere implica la comprensione della finalità, apparente o celata, occorre al contempo scoprire l'ordine unico. L'universo s' identifica con la natura solo nel corso della sua totalità e si compone di parti sebbene non coincida strettamente con i suoi ele menti . In questo caso, sia un intelletto supremo sia una volontà motrice distinta dagli elementi stessi, quando si espande al loro interno, risultano ugualmente necessari per rendere conto di questa unità e dell ' anteriorità del tutto in rapporto alle parti. Nel secondo caso , la natura corrisponde ad un' intenzione creatrice realizzata, ad un piano, e di conseguenza si manifesta in essa una finalità. Questa via consiste in quella del razionalismo, giacché la ragione coglie l'insieme in quanto risponde ad un'intenzione unica. Al contrario, la prima concezione non cerca di gi ustificare il tutto né di valorizzare il tutto in rapporto all'insieme , sebbene necessiti di un'operazione intellettuale per comprendere la genesi degli esseri e non piuttosto per operame l' integrazione sul piano d' insieme. Queste due opposte concezioni non affrontano allo stesso modo la realtà individuale: per la prima,
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l' individuo consiste in ciò che giace al termine di una genesi e non siritrova integrato in un tutto se non a partire da questa stessa genesi. La sua relazione alla natura possiede infatti il carattere di un contatto immediato. Al contrario, secondo la dottrina che concepisce la natura alla stregua di un tutto finalizzato, non sussiste alcuna genesi isolata dell'essere individuale: quest'essere individuale costituisce solo una parte del piano, un membro dell'organismo, e pertanto non è natura di per sé. L'essere individuale che risiede in seno all'ordine delle cose, iniziandosi al piano de li ' universo sulla scorta dell 'es istenza dell'istante, si distacca dall'immediato per mezzo di ben più ampie mediazioni che lo riconducono all'ordine dell'universo. Al contrario, secondo la prospettiva degli Ionici e degli Epicurei, l'essere individuale cerca di affrancarsi da tutte le possibili mediazioni , per generare un contatto immediato con ciò che lo attornia e in particolare con ciò che non è individualizzato, e dunque racchiude innanzitutto una forza creatrice. Gli elementi, acqua, terra, aria, fuoco, contengono infatti questa potenza della physis allo stato primigenio ed originario e costituiscono la sorgente stessa di questa eterna rinascita delle forme. L'essere individuale non costituisce la sola forma d 'essere esistente. Non è primo e non è ultimo , non è più degno o più perfetto dell'essere non-individuale, ovvero dell'elemento, e l'essere individualizzato, nel mondo, resta parallelo a quest'essere nonindividualizzato. L'individuo costituisce solo un aspetto dell'essere e la relazione dell ' essere individuale nella natura consta di questo contatto fra elementi non-individualizzati. L'uomo nasce dalla terra. La pianta si e leva sino ai sacri confini del giorno. La sola mediazione concreta per l' individuo risiede nella relazione con la specie, poiché è la specie che popola l'acqua, la terra o l' aria: «jrondiferasque domos avium camposque virentes»* («le dimore frondose degU uccelli»), secondo l 'espressione con cui Lucrezio designa la foresta, che, a suo parere, costituisce un vero e proprio elemento e le praterie che , a loro volta, costituiscono un elemento scaturito dall'elemento fondamentale della terra. Quando in seguito Virgilio, parlando di un vecchio saggio e soddisfatto , afferma: «dapibus inemptis onerabat menses»* («li onorava con sacrifici non richiesti») , o quando descrive i costumi delJe api, non lo fa solo per onorare Augusto: qualcosa di ben più profondo e di ben più concreto di una poesia ufficiale orienta il suo pensiero. Si tratta del contatto immediato con gli elementi naturali o con le realtà non ancora manipolate dalla società umana, non mediate né dal commercio né dagli scambi. Questa saggezza individuale relativa all'accesso immediato alle cose si ritrova in Rousseau e in un gran numero di individualisti . Tuttavia, l'espressione letteraria e dottrinale di quest' attitudine non risulta altrettanto frequente, poiché, a sua volta, l'espressione letteraria costituisce
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generalmente la ricerca di una mediazione. È pertanto quasi inevitabile che numero i autori abbiano cercato di esprimere il senso della loro vita a partire dalla considerazione della finalità dell'universo, mentre altri banno inteso esaminare la loro relazione con gli altri esseri naturali: questa relazione immediata non mira ad operare alcuna mediazione attraverso la costituzione di una città delle lettere. L'intenzione stoica risiede al contrario nell ' espressione e si assimila in tutto e per tutto ad una sorta di filosofia dell'espressione. Poiché l'espressione consiste in un gesto ed in un ruolo da svolgere, la persona coincide con una realtà che l'essere individuale scopre essere previamente destinata all'interno di un cosmos umano. In tal senso, è possibHe connettere il pensiero platonico a quello degli ionici , poiché entrambi mirano a definire geneticamente gli esseri, anche nel caso dell'opera cosmica del Demiurgo o della formazione degli elementi a partire da triangoli primi geni, in seno alla XW(Ja . L' aristotelismo, al contrario, risulta molto più simile allo Stoicismo, giacché elabora una visione che mira ad integrare gli esseri ad un universo che aspira al motore immobile e alla forma immateriale. La distinzione fra le dottrine che considerano l' individuo alla stregua di una serie temporale e quelle che lo considerano come un fa cio di rapporti in seno alla della simultaneità non risulta pienamente ufficiente: all'interno di ciascuno di questi gruppi dottrinali, occorre di tinguere ulteriormente fra la concezione che definisce l'individuo di per sé e quella che lo integra inizialme nte in un ordine più vasto, definendolo secondo la funzione assunta in seno a quest'ordine, diversamente da quella dottrina che lo definisce sulla base della sua struttura.
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[L'edonismo cinico] L'edonismo cinico prosegue la dottrina dell'epicureismo, ma cerca di assegnarle una base più ampia, ricongiungendola a certi ele menti di matrice stoica: il risultato coincide con una sorta di eclettismo, ben più semplicistico di quanto non ci si aspetti , sebbene dotato comunque di un notevole potere divulgativo. Il genere letterario prescelto da questa dottrina consiste nella diatriba. Anniceride assegna un valore asso luto a tutto ciò che connette l' individuo agli altri uomini: amicizia, legami familiari e patria. Questa connessione dell ' individuo deve tuttavia compiersi in modo concreto, dunque né falso né artificiale: non bisogna rimanere confinati nell ' opinione, quanto, piuttosto, cogliere la realtà concreta degli esseri. Secondo Bione, la fortuna ha distribuito agli uomini le loro sorti in modo sovrano ed incomprensibile, senza alcuna traccia di provvidenza. La felicità consiste nell'essere soddisfatti della propria sorte (avrd{!"Eta) e nel piegarsi a tutte le circostanze , così come il marinaio obbedisce ai venti.
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[Pirrone] Pirrone intende ottenere uno stato di quiete e d'atarassia per l'individuo. In vista di questo scopo, questi ritiene che tutte le cose posseggano la medesima natura e che pertanto non posseggano alcuna differenza specifica; che siano dunque instabili e indiscernibili e che di conseguenza non i possa stabilire la verità o la falsità delle no tre opinioni, poiché ogni cosa è e non è allo stesso tempo. La sospensione di giudizio, trcoxrj, possiede lo scopo di equilibrare l'individuo; gli uomini non devono dunque tendere a dimostrare che Omero non sbagliava nel compararli alle caduche ed instabili foglie di un albero . La fiera solitudine e il disprezzo valgono più d'ogni vana eccitazione: «esiste sempre una natura del divino e del bene, da cui per l'uomo scaturisce una vita fondata su li 'uguaglianza»*. Sono queste le parole che Timone rivolge a Pirrone all'inizio del suo poema Le Immagini. Pare che quest'ideale sia del tutto simile a quello dei gimnosofisti indù che Pirrone conobbe accompagnando Alessandro in India. [Aristone] Questa stessa indifferenza che mira ad equilibrare gli stati d'animo dell ' individuo si riscontra anche in Aristone. A suo parere, il bene supremo è piuttosto la aòta' rj~J.fV e rà ovx éif>' rj~J.fv: «ciò che non di~ende_ da ~e son~ i miei avi_, i miei pro~_s i~i,_ i miei amici, la mia reputazwne, 11 m1o soggtorno»*. Dt contro, ali mdiv tduo spetta l'utilizzo delle rappresentazioni e proprio in ciò risiede la sua libertà. Nessuno potrà forzarlo a pensare ciò ch'egli non pensa. In tal senso, l'uomo può distogliersi dagli stati e dai fatti che non gli appartengono, per rivolgersi ad un atto che, scaturendone, gli appartiene. La rappresentazio~e consiste nella condizione privilegiata dell'atto ed è pertanto una condizione di libertà che, d'altra parte , consiste in un atto di per sé . L' essere individuale, piuttosto che preoccuparsi dei mezzi che gli consentiranno di integrarsi al mondo, deve cercare di intercettare il modo in cui potrà rimanere sempre indipendente da una situazione di fatto: è dunque nel corso della sua attività che questi scopre questa condizione. [Marco Aurelio] Marco Aurelio cerca piuttosto di riconnettere l' individuo all'universo: la morte viene concepita come diffusione nel tutto e liberazione, come ciò che ci fa sfuggire dai pericoli che atterriscono l'integrità dell'individuo, ed i? particolare dalla vecchiaia i_nte_lle~u~le. Ricon: nettersi all'universo sigmfica assegnare un senso alla v1ta tndivtduale, cost instabile e passeggera . L'atto morale si configura come rivelazione della natura universale insita nell'uomo: l'uomo, cioè, deve produrre atti morali così come un albero produce spontaneamente i suoi frutti. Marco Aurelio dichiara che vi sono due patrie, ovvero Roma ed il mondo: il solo bene consiste nell'utile per entrambe. L' individuo è un essere che, attraverso la sua attività, si deve inserire nel mondo. Una simile meditazione induce ad una valorizzazione dello sforzo e del lavoro: «laboremus, ceterum nihil expedit»* («lavoriamo , diversamente nulla è utile») . [ Plutarco] In Plutarco si manifesta una rinascita del platonismo che non definì ce l' uomo per mezzo di quel mondo umano che funge da causa di tutti i suoi affanni, bensì in rapporto ad una natura e ad un mondo che non accordano alcuna preminenza all' uomo. In Plutarco non si riscontra alcuna forma di umanismo 1: l'uomo razionale risulta per certi versi inferiore agli animali ed alle piante: «non ci si stupisca se le bestie, essendo prive di ragione, seguono la natura meglio di quanto non facciano gli esseri razionali . Perlomeno un umanismo antropocentrico.
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Sotto quest'aspetto , persino gli animali sono inferiori alle piante, cui la natura non ha donato né rappresentazioni né tendenze, rendendo! i incapaci di contrastare la natura»* (Sull'amore della prole, capitolo I). [Platino] Per Platino, il grado di unità di un essere dipende dal grado di unione delle sue parti, a partire dal mucchio di pietre che consiste in una semplice giustapposizione, sino ai corpi viventi organizzati, le cui parti sono congiunte dalla tensione dell'anima, passando attraverso un corpo collettivo, quale ad esempio un coro o un'armata. L' unione cresce sino al punto in cui le parti si fondono e divengono sempre più inseparabili. Nel corpo vivente, le parti sono solidali le une alle altre, sebbene siano localmente separate: in una scienza , ad esempio, una parte costituisce un teorema, e ciascun teorema contiene in potenza tutti gli altri. A causa di un grado di unificazione superiore, si passa in seguito dal genere di individualità corporea a quella spirituale. Ogni realtà in cui l'unione delle parti non risulti perfetta, presuppone al di sopra di sé un 'unità più perfetta, ovvero quella dell'anima, che le contiene, sia che si tratti dell ' unità delle parti di un corpo vivente sia che si tratti delle parti del mondo . Solo l 'Uno è individuo coerente e consistente. L' essere e l' Uno non sono convertibili , nonostante l'opinione di Aristotele: l' Uno è principio d'essere e tutto ciò che è reale nell 'essere scaturisce daJI 'Uno che lo governa. In tal modo, tutto ciò che c 'è di reale nel corpo è contenuto sotto forma di ragioni seminali nell'anima del vivente. Ogni realtà si comprende solo quando la si rapporta ad un mondo di intelligibilità stretta, contenuta in un ' unità superiore. Quest'unità non è causata dall'attività propria di un agente che penetra una materia attraverso mescolanza totale e trattenendo le parti attraverso l' impiego di una sorta di tensione. A parere di Plotino, l' unità consiste in questa scienza, ovvero in una scienza dello spirito che contempla un solo oggetto. La contemplazione del principio supremo introduce unità nella realtà inferiore. La natura, come l' intelletto , consiste nella tacita contemplazione inco ciente del modello intelligibile che si sforza di imitare e la physis si configura pertanto come una spinta che non scaturisce dall 'elemento che produce gli individui, quanto, piuttosto, dalla contemplazione e dall 'imitazione del modello ideale che si riflette nell' individuo creato. Il principio superiore di unità permane pertanto in sé, nella sua inalterabile perfezione ed immobilità: nulla di sé giunge alla realtà inferiore. Questi agisce e elusivamente riempiendo le cose della sua luce e del suo riflesso, tanto quanto esse ri sultano capaci di riceverli. L' Uno è unico, infinito ed eterno , dotato di un ordine sempre identico a se stesso. Nel mondo sussiste unicità ed unità, ovvero connessione simpatetica delle sue parti. Il primo principio è l' Uno o Primo , in cui non sussiste alcuna divisione; è un nulla, poiché in
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esso non risiede nulla di distinto, ed è tutto, poiché è potenza di tutte le cose come l'Uno del Parmenide. Quest'individuo assoluto, che coincide con Ì•uno, è dunque ciò per cui si può affermare e negare la medesima cosa. Ma l'Uno è altresì il Bene, come nel VII libro della Repubblica, poiché giace «al di sotto dell'essenza». Questo nulla superessenziale costituisce un ' ipostasi senza essere essenza o sostanza. L'individualità è dunque assolutamente prima e consiste nella prima ipostasi: questa prima ipostasi non si può caratterizzare se non attraverso il ruolo che svolgerà in rapporto alle ipostasi subordinate.Thttavia, quest'individuo as oluto potrebbe restare unico, conservando tutta la realtà al suo interno . Se non resta unico è perché ogni cosa perfetta produce il suo simile, come l' essere vivente persegue Io stato adulto. Questa produzione è incosciente ed involontaria, causata da una specie di sovrabbondanza, come quella di una sorgente che sgorga a causa della sua eccessiva pienezza, come quella di una luce che si diffonde. L'essere è pertanto dotato di una sorta di espansione che caratterizza l'individualità totale. Le realtà individuali dell'essere vivente, della fonte, della luce non perdono nulla nello spandersi e conservano in se stesse tutta la loro realtà: la processione consiste in un processo della realtà individuale dell'essere che avanza, processo progressivo che scaturisce da un principio. La conver ione, al contrario, appartiene ad un' individualità imperfetta: l'essere che procede si volge verso il suo produttore per contemplarlo e la seconda ipostasi consiste nell'essere, intelletto e mondo intelligibile. L'Uno è unico e molteplice e la realtà si pande in una molteplicità gerarchizzata di generi e specie, che si formano attraverso una sorta di dialettica. L'individuo esiste nel mondo intelligibile e vi sono idee degli individui* (Enneadi, V, 7). Da questo punto di vista, questa dottrina risulta del tutto differente da quella di Aristotele, poiché, a suo parere, l'individuo, realizzato nel mondo sensibile, conteneva tutti i caratteri della forma specifica ed altri caratteri di numero indeterminato, passati attraverso migliaia di accidenti , in cui si imbatte la forma specifica dell ' uomo. La forma , secondo Plotino , realizzandosi nell ' individuo sensibile, non riceve nuovi caratteri positivi e il mondo intelligibile contiene tutte le ricchezze possibili. Questa seconda ipostasi corrisponde, a un tempo, tanto ali 'intelletto quanto all'intelligibile. La distinzione fra intelligibile e intelletto corrisponde ai primo grado di distensione dell ' individualità assoluta e originaria della prima ipostasi, individualità che si configura altresì come indivisione. La reciprocità de li' intelligenza e dell'intelligibile consiste nella conservazione di due termini associati e di una indivisione funzionale e per certi versi operativa che equivale all' unità as oluta della prima ipostasi, senza tuttavia essere ugualmente perfetta; l' intelligenza ipostatizzata deve scoprire in sé
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stessa tutta la ricchezza del mondo intelligibile. Il pensiero di é gli attribuisce la certezza del suo contenuto e la conoscenza si appresta sin dal momento in cui sorge, poiché l'intelligenza consiste nella visione di sé e del mondo intelligibile ed, a sua volta, il mondo intelligibile possiede la struttura di una società di intelletti dei quali ciascuno, pensandosi, pensa tutti gli altri. La rifle sione, il ripiegamento su di sé con iste pertanto sia in unità sia in pluralità che ritornano all' unità. Le anime individuali si manifestano a livello della terza ipostasi : il loro destino appartiene ad un piano di insieme e quindi il mondo consiste in un teatro in cui la provvidenza attribuisce a ciascuno il suo ruolo. La contemplazione viene praticata dall 'anima, che organizza in quanto contempla, attraverso un'influenza che emana da sé spontaneamente, come se le figure alle quali pensa un geometra si disegnassero da sole. Il mondo intelligibile e il mondo sensibile sono connessi alla propria e senza, che non possono abbandonare. Al contrario, il Primo principio è dotato di un'assoluta libertà e non risulta connesso a nessuna essenza. Il contrario dell'individualità consiste nella materia, che costituisce l'impossibilità di affermare "io", cosa completamente indeterminata e indeterminabile, impassibile, assimilabile all'as oluta povertà del mito del Simposio. L'individualità è !ungi dall'essere unione di forma e di materia, poiché la forma non rende la materia più determinata. Non sussiste una vera e propria unione della forma e della materia, poiché il sensibile consiste in un semplice riflesso passeggero della forma nella materia, che non intacca la materia più di quanto la luce non intacchi l'aria che riempie. Questa materia è l' ultimo riflesso dell 'Uno prima dell 'oscurità completa del nulla. Non è nel sensibile, oscuro, sfuggente, indeterminato, che bisogna ricercare l'individualità assoluta.Thtte le anime singolari scaturiscono da un 'anima unica, allo stesso modo in cui tutti gli intelletti derivano dall'Intelletto. L'anima del mondo ha preparato per ciascuna una dimora corrispondente alla sua natura, che deve dirigere durante il tempo fi ssato dall'ordine delle cose. In un certo senso, l'anima singolare dirige il corpo e lo fa contemplando l' ordine intelligibile. Convertita verso il mondo, e divenuto intelletto, permane presso l' intelletto e consiste in un riflesso di se stesso che chiari ce e vivifica il corpo.Thttavia,l'anima può ritornare verso il suo riflesso: questa conversione, che consta di un'avversione, asservisce l' anima ai cambiamenti del mondo sensibile: l'anima ri ulta così assimilabile a Narci o che, attirato dalla sua immagine, finisce per annegare nello sforzo di raggiungerla. Questa discesa dell'anima determina la sua vita nel mondo sensibile. Lo sforzo filosofico consiste nello scopo di compiere il movimento inverso. Occorre tuttavia distinguere tra anima e l' io: l'anima, quale intelletto che contempla l'Intelletto, resta eternamente con-
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vertita verso il mondo intelligibile e solo l'io di cende verso il riflesso che l'anima proietta, piuttosto che restare allivello dell'intelletto. L' io consiste in un' anima intermedia fra l'anima il suo riflesso. Mentre la parte superiore dell 'anima «resta in alto», l'io può andare tanto verso l'alto quanto verso il basso, verso l'anima o verso il riflesso. Il destino opera un cambiamento nell 'io quando passa da un livello ad un altro, attraversando successivamente tutti i passaggi metafisici. L'edonismo giace al livello infimo ed è sempre passivo mentre la vita virtuosa e comunitaria è sempre attiva. Ad un livello ancora superiore ci si imbatte nella riflessione di un io che giudica e ragiona, livello intermedio in cui l'anima risulta padrona di se stessa. Al livello supremo risiede il pensiero intuitivo o intellettuale, livello delle essenze cui nulla è precedente e che corrispondono a dati intuiti vi. L'anima non può ascendere più in alto, poiché l'Uno non è determinato né può essere conosciuto, ma olo colto attraverso una sorta di contatto ineffabile in cui scompare qualsiasi dualità fra oggetto e soggetto, e al contempo, fra conoscenza e godimento di questo stato d'elezione: l'estasi, superiore all'intelligenza e al pensiero, costituisce lo stato in cui Platino giunse ben quattro volte, secondo quanto afferma Porfirio; così, l'essere che la prova perde qualsiasi cognizione di sé. [Credenze popolari] Thttavia, non solo il pensiero filosofico possiede una certa teoria dell'individualità degli esseri e delle loro relazioni reciproche: le credenze popolari , a partire dal secondo secolo , assegnano un posto di tutto rispetto alla magia. Ora, le pratiche magiche presuppongono una simpatia universale degli esseri, che si esercita a distanza, senza alcuna causalità meccanica, attraverso un'influenza che scaturisce dall'unità degli esseri. Le imprese imperiali finalizzate a creare una religione del sole si ispirano alla religione di Mithra. Ora, questa religione rappresenta il sole che irraggia facendo continuamente discendere, con i suoi raggi, particelle di fuoco in quei corpi che richiama alla vita. ln seguito, quando la morte dissolve gli elementi di cui l' individuo è composto, il sole li innalza sino alle sue altezze (secondo quanto afferma Cumont, Astrology and Religion about Greeks and Romans*)2 • Una siffatta possibilità di processione e di conversione presuppone certe influenze che si esercitano fra gli esseri dotati di analoga origine. Apuleio racconta le trasformazioni degli esseri durante i misteri della Grande Dea, nel libro Ylll delle sue Metamorfosi*. Gli atti di culto divengono riti magici. Il mondo diviene una vasta rete di influenze magiche: Luciano, nel suo Alessandro, dimostra come la chiacchiera si impos e si inesorabilmente delle folle. I proce si magici dell' Oriente 2
A tal proposito, si consiglia anche lo studio di Franz Cumont, Lux Perpetua.
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vengono avidamente ricercati dai lettori del romanzo Apollonio di Tiana, di Filostrato3 . La divinazione e la magia si diffondono liberamente, nonostante i divieti a segnati dagli imperatori. Gli Oracoli caldei vengono impiegati dai "teurghi" e si afferma l ' arte di invocare l'influenza divina. Sempre in quest'epoca, sorge l'alchimia. [Giamblico e Porjìrio] Sorge altresì un pensiero di natura tanto pratica quanto speculativa: il trattato sui Misteri d'Egitto concepisce la purificazione quale unico mezzo di conoscenza. Questo trattato costituisce forse l'opera assoluta di Giamblico. I filosofi , come i teurghi e gli alchimisti , credono ostinatamente in una simpatia universale degli esseri. Porfirio consacra un trattato Delle immagini alle regole per la fabbricazione de lle statue: le statue sono infatti analoghi degli esseri , uomini o dei che siano, e attraverso le statue si può agire sugli esseri grazie a questo legame di analogia e di partecipazione, sulla base dell' influsso. La statua non consiste in un individuo di per sé, ma in una sorta di doppio dell 'essere che es a rappre enta. L'a trologia consiste in uno degli aspetti di questa ricerca della partecipazione, come dimostra L'Introduzione all'Apotelesmarica di Tolomeo, di Porfirio. Giamblico fu tanto mi tagogo quanto filosofo. Proclo abbandona la teoria plotiniana in base alla quale la parte suprema dell'anima risiede nell ' uomo senza coincidervi e vi corrisponde quando la si raggiunge, ma cessa di identificarvisi quando si di cenda ad un livello inferiore . Giamblico separa il demone dall ' io. U dinamismo della processione e de lla conversione di Plotino viene sostituito da una concezione statica che moltiplica indefinitamente i principi ed assegna un posto fisso agli de i, agli ero i, ai demoni. Una gerarchia temaria rimpiazza la triade di Plotino. La relazione dell 'Uno a ciò che procede da lui , per poi convertirsi, viene sostituita dalla disposizione statica di tre termini distinti dotati l' uno della funzione di permanere, -,;ò fJ-évov , l'altro della funzione di procedere, -,;ò ne6wv, e l'ultimo della f unzione di convertirsi, •ò brlarQeov. Questa distinzione traduce il movimento inerente alla metafisica di Plotino, ma rende arduo sciogliere il problema dell'i ndi vidualità, poiché l'i ndi vidual ità assoluta non si troverà né nel termine primo né in altri termini. In Plotino, al contrario, la processione era diretta manifestazione dell ' Uno, che produce il suo simile per sovrabbondanza d'essere. L'aspetto complementare 3
on riteniamo nella maniera più assoluta che il vero Apollonio di Tiana fosse un ciarlatano: è possibile piuttosto che le pratiche magiche e mirabolanti di questo agiografo romanzo siano fru tto della leggenda creatasi attorno alla figura di Apollonio di Tiana, e che Filostrato , retore piuttosto che il fi losofo, ha raccolto avidamente. Ciò che riteniamo importante in questo contesto ri siede nell 'elaborazione di una agiografia che palesa evidenti influenze orie ntali.
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della proces ione consiste in una ricorrenza di genesi, che, a sua volta, risiede nella conversione, racchiudendo un ciclo dell'essere come relazione, e pressione dell'individuo assoluto. Così, essere e relazione sono colti in modo univoco, nel doppio movimento che collega le tre prime ipostasi: allo ste o modo, la distinzione fra anima ed io, in seno all'individuo umano, favorisce la riflessione, che consiste nella presentazione di due movimenti di processione e conversione, e nell 'istituzione di una sorta di reciprocità fra i due movi menti. Questa ricorrenza connessa ad uno schema di circolarità produttiva non si presenta in Giamblico e, pertanto, la dottrina di Plotino non vi risulta compresa. [Proclo} Quest'abbandono diviene definitivo in virtù dei presupposti stessi del sistema di Proclo , espressi nel suo teorema sulla trascendenza, contenuto negli Elementi di teologia: «un termine ugualmente presente a tutti i termini di una serie non può chiarirli tutti se non quando non corripende ad uno di essi o a tutti colti insieme, quanto, piuttosto, quando li precede»*. Sebbene sia in tutti , e condiviso da tutti, necessita di un termine che unisca le sue parti, o, per meglio dire, che si collochi fra di essi: pertanto non arà pre ente a tutti. Per tutte le serie di co e che po seggono un carattere comune, esistono tre termini: il termine non partecipato, il termine partecipato e le cose partecipanti; la relazione diviene un termine piuttosto che costituire il movimento dell 'operazione: viene interamente obliata la circolarità ricorrente della processione e della conversione di Plotino. U termine partecipato che , logicamente, possiede lo copo di connettere il termine non partecipato (comprensione del concetto) con il termine partecipante (estensione del concetto), sostituisce la relazione ricorrente e consiste tanto in una processione quanto in una conversione, movimento dall'Uno al molteplice e dal molteplice all 'Uno. Per Proclo , la serie diviene genere, ed il genere causa: la densità e la consistenza dell ' individuo svaniscono nello stesso momento in cui scompare la c ircolarità della processione e della conver ione di cui l'individuo costituisce inizio e fine. Ciascuna serie i configura come un òui."OatJ.oç, un mondo obliquo, una struttura trasversale di cui ciascuno contiene, a suo modo , tutte le realtà possibili4 • C'è una legge di sviluppo o di distribuzione della realtà comune a tutte le serie: gli esseri si dividono nelle loro unità, gli esseri viventi come esseri, le intelligenze come esseri viventi, le anime come intelligenze. L'Uno risulta pertanto dotato di numerosi poteri sulle individualità singolari e li
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Occorre notare che questo termine non risulta del tutto identico a queUo che impieghiamo per denotare una realtà trasduttiva, giacché il tutto non ri sulta immanente al termine di una serie trasduttiva.
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rende esseri compiuti , uÀt:awvQyef, trattenendo insieme le parti della loro essenza avvt x t: L e proteggendo il loro limite dali ' invasione ad opera delle altre essenze, ovvero {jJQOVQt:i. Ciascuna serie contiene di per sé, e dal suo proprio punto di vista, i caratteri di ogni altra serie5 . Ciascuna realtà resta al suo posto, in una gerarchia fissa e il viaggio metafisico dell'anima non risulta più possibile, poiché l'io mobile e spirituale che si posta su tutti i livelli , dalla materia all'Uno , non sussiste più. L'individuo assoluto non crea più e nulla procede da esso: Proclo critica i Cristiani , ma per le stesse motivazioni potrebbe criticare anche Plotino, che afferma la processione a partire dall'Uno. «Per quale motivo , dopo uno stato di quiete di infinita durata, Dio dovrebbe creare? Poiché pensa che sia meglio? Ma originariamente , ignorava o sapeva: ora, affermare che ignorasse, sarebbe assurdo6 , e se fosse stato in possesso di conoscenza, per quale motivo non l'ho fatto prima?"». Sant'Agostino ha risposto a quest'accusa, riferendosi ad un principio non troppo diverso da quello della sovrabbondanza d'essere7 • [Damascio] Damascio prova al contrario a recuperare alcuni aspetti del dinamismo dell'Uno di Plotino, presupponendo l 'esistenza dell' Ineffabile. L' Ineffabile possiede al contempo i caratteri dell'individuo e quelli dell' elemento non-individualizzato e la vita spirituale attraversa il mondo metafisica, che Proclo aveva descritto come realtà statica. Le funzioni definite di unificazione del reale che Proclo assegnò all ' Uno non risultano sufficienti per definire il primo principio: il principio assoluto si trova al di là dell'unità e della pluralità: in tal senso, occorre presupporre l'esistenza d eli ' Ineffabile, come inaccessibile, privo di coordinazione, a tal punto separato da non possedere più una vera e propria separazione. Questo principio risulta privo di ordine e gerarchia. Dall'Ineffabile scaturisce, per ciascuno degli esseri singolari , ciò che essi contengono di ineffabile e di impenetrabile e più si sale, maggiore risulta la quantità di ineffabile: «l ' Uno è più ineffabile dell'Essere, l' Essere della Vita, la Vita dell'Intelletto»* . Tuttavia, questa realtà ineffabile non è gerarchicamente superiore a quanto di ineffabile ci sia in ciascuno degli esseri singolari: occorre ritenere che l' ineffabile non comunichi nulla di sé alle realtà che ne scaturiscono. L' ineffabile consiste nell'iniziativa assoluta, ma non piuttosto in un ordine gerarchico. L' inef5
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In tal senso, si potrebbe reperire in Proclo una concezione non dissimile da quella che caratterizza la relazione trnsduttiva: la si potrebbe forse attribuire ad una certa influenza del platonismo (teoria delle idee-numero). Questa dottrina possiede uno schema analogo a quello del parallelismo degli attributi in Spinoza. Ed in tal senso, si denota come insipiens chi ponga questa questione . La critica che Proclo diretta alla nozione di creazione può essere rintracciata altresì in Spinoza.
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fa bile non può es ere definito , ma può solo essere designato attraverso un pensiero che affermi e neghi successivamente tutte quelle proposizioni che lo concernono, come accade per l'ipotesi iniziale del Parmenide di Platone. La processione e la conversione, la monade e la diade, il limite e l'illimitato , il padre e la potenza non si manifestano se non come realtà derivate da quella di cui si vuole rendere conto attraverso l' unione di due principi distinti. In Damascio, il ternario è dunque rimpiazzato da tre termini la cui triplicità, tuttavia, non altera l' unità: il primo consiste in un Uno-Tutto, Uno di per sé e tutto in quanto produce il secondo, il secondo è Tutto-Uno, Tutto di per é ed Uno in quanto prodotto del primo ed infine, il terzo è Uno in quanto connesso al primo e Tutto in quanto connesso al secondo. Ciascuno dei suddetti termini si configura come un aspetto ed una faccia della medesima realtà e sussiste pertanto una sorta di relazione circolare in seno alla tema originaria. Processione e conversione, secondo Damascio , si possono definire esclusivamente come nature intellettuali e non possono e sere impiegate per spiegare tutta la realtà: è questo il senso della critica condotta da Damascio al Commentario al Parmenide di Proclo. [Il Cristianesimo] E. Bréhier sostiene che non sussista una vera e propria filo ofia cristiana. Non ci permettiamo di contraddire minimamente questo storico della filosofia, che peraltro abbiamo condiviso e seguito per tutto il corso di questa esposizione*. Tuttavia, il cristianesimo ha giocato un ruolo nella genesi del pensiero filosofico, e, se pure non sussiste realmente una filosofia propriamente cristiana, vi è comunque un aspetto dell'etica cristiana che impone una precisa concezione dell ' individuo umano: non è certo in quanto rito o più propriamente in quanto religione che definisce un certo concetto di sacro, che il cristianesimo ha potuto apportare un contributo alla storia del pensiero. Il culto cristiano non si distingue essenzialmente dalle numerose teurgie che sorgono in quest'epoca e la sua teologia non è irrelata con le concezioni metafisiche di Platone, di Proclo e di Damascio. D'altra parte, il cristianesimo acquisisce un congruo prestito dall'Antico Testamento. Tuttavia, il cristianesimo elabora altresì un'etica e coincide profondamente con quest' etica . Ora, quest'etica, piuttosto che elaborare regole positive, o definire il puro e l' impuro sulla base di lunghe serie di esempi , come fece ad esempio Esiodo per i Greci o l'autore del Levitico per la tradizione scritta degli Ebrei, articola una canonica esclusivamente negativa: «non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te»* , oppure «colui che è senza peccato scagli la prima pietra»* , o ancora «no lite judicare»* («non giudicare») . Occorre notare che mentre quasi tutti i comandamenti della Chiesa sono in forma positiva, i precetti che costitu-
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iscono la canonica evangelica sono negativi , non solo da un punto di vista strettamente letterale, ma anche nel loro significato profondo. Ora, la forma negativa di un canone definisce una vera e propria universalità dell'azione che considera l 'indi viduo come soggetto libero e una regola positiva non è mai totalmente trasponibile e circostanziale e presuppone di conseguenza che l'essere al quale ci si rivolge si trovi in un ambiente determinato, dotato di una precisa funzione sociale. Al contrario, una canonica negativa è realmente universale , sempre trasponibile, sebbene presupponga che l' individuo possa essere pensato , e pensare se stesso, come realtà indipendente dalle circostanze nelle quali si trova. Di conseguenza, queste circostanze, pensate in relazione ad una canonica negati va, divengono universali. Il cristianesimo, proprio per la sua forma negativa , introduce un' etica dell' individuo assoluto: tutte le regole che sembrerebbero positive sono, in ultima istanza, regole negative. [San Paolo] Il cristiane_simo , pertanto, possiede una natura cosmopolita: in San Paolo si legge, infatti che «non solo gli ebrei, non solo i greci , né solo gli schiavi né solo gli uomini liberi, né solo gli uomini né solo le donne , ma tutti voi insieme siete uno in Gesù Cristo»*. Come in Seneca , si prescinde dalla considerazione della condizione sociale di ciascuno. La verità può essere conosciuta esclusivamente da colui il quale risulta svincolato da tutte le incombenze terrene, uomo spirituale, un soffio , opposto a chi è solo psichico e resta pertanto intrappolato nella materia. Come Epitteto, San Paolo intende salvare l ' uomo e si preoccupa della salvezza dell'essere individuale. L'idea che ciascun individuo sia il proprio prossimo è già presente in Epitteto e Marco Aurelio, così come lo è in San Paolo . Il concetto di fratellanza è pre~ente anche nello Stoicismo, attraverso il credo nella missione di Eracle, figlio di Zeus, che distribuisce giustizia e virtù nel mondo con un significato analogo alla vicenda di Cristo figlio di Dio fatto uomo, che si offre in sacrificio per la salvezza degli uomini . Quest 'etica si configura come etica universale , che considera l' umanità come insieme di individui che posseggono tutti , proprio in quanto uomini, un ' identica natura. Ora, questa canonica è sopravvissuta nel cristianesimo, durante la sua evoluzione, ponendo le sue forze al servizio di questa o quest'altra causa, temporale, sociale o comunitaria: occorre pertanto distinguere in questo caso la Chiesa, comunità fra le comunità , ed il cristianesimo, che è sopravvissuto grazie ai testi, ed è stato spesso insegnato esplicitamente nella Chiesa insieme ad un contenuto implicito che non costituiva più un 'etica universale e che però non era tale già in quell ' epoca: proprio di quest' insegnamento etico possiamo affermare che contenga un certo pensiero filosofico, precipuamente relativo all ' individualità. Può darsi che quest'etica non sia spe-
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cifica del cristianesimo, ma è pur vero ch'essa è stata veicolata attraverso il cristianesimo, inducendo a pensare che sia stata divulgata in questa forma, nel corso dei secoli e ai diversi popoli della terra. E. Bréhier, dopo aver accostato San Paolo ad Epitteto, dichiara che permane una differenza fra i due, che costituisce il tratto fondamentale del cristianesimo: «assente in Epitteto, che non ha conosciuto, come afferma Pasca!, la miseria dell ' uomo e che fa dell' uomo il suo proprio Salvatore, in San Paolo , il peccatore che conosce il bene non riesce a compierlo a causa della potenza del peccato, controbilanciata solo dalla grazia di Cristo. Non si tratta più come nel caso dello Stoicismo , o come nel filonismo , di potenze semiastratte, che assistono l'uomo, Verbo di Dio o demone interno , ma di un personaggio storico la cui morte ha salvato l'umanità attraverso un 'azione di una tale efficacia e a tal punto mi steriosa e così differente da quella del saggio pagano, che insegna di per sé e si presenta come modello»* (Histoire de la philosophie, l , p. 497). Questa differenza infatti risulta particolarmente rilevante, sebbene non sia la sola e non risulti più essenziale delle altre: significa che l' individuo cristiano non consiste mai in un essere astratto, a tal punto che la stessa redenzione non può essere possibile se non attraverso una mediazione che consiste neli ' incarnazione completa di Dio, ovvero in un 'indi vidualizzazione di Dio nel tempo e nello spazio. Nello Stoicismo come nel cristianesimo, l'individuo è cittadino del mondo , ma, poiché il mondo stoico coincide con il mondo manifesto, questa universalizzazione non si può operare se non attraverso una certa astrazione, a partire dalla condizione sociale e dalla creazione di una persona. Al contrario, l'aspetto trascendente del mondo , in cui si verifica la relazione interindividuale della grazia, lascia sussistere tutto il carattere concreto dell ' essere individuale. L' individuo concreto nel cristianesimo costituisce l' oggetto dello sforzo umano e non piuttosto il semplice supporto di un ruolo: la trascendenza distacca l' individuo da questo mondo, ma lo conserva allo stato concreto: l' immanenza lo riconnette al mondo , operando tuttavia la separazione di questa ècj>' iJ!l-fv e di questa ovx icj>' 'YJf1.LV . Si tratta piuttosto del fatto che sussiste una sorta di mescolanza di stoicismo, o di cinismo , e di cristianesimo a partire dall'intervento del monachesimo e delle pratiche di mortificazione del corpo. Questa differenza si traduce nel carattere continuo del progresso morale individuale , opposto al carattere di «tutto o niente» del progresso moral.e negli Stoici. Così , si ritrova in San Paolo una dottrina parzialmente dimenticata, ovvero quella per la quale un individuo si ritrova in un progresso o in un regresso costanti , mai fissato nel destino, sino al momento della sua morte , giacché può sempre avanzare o regredire in rapporto a Dio. A questa dottrina del progresso morale ha fatto seguito un'altra teoria, quella della distinzione
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fra quelli che hanno ricevuto la grazia e quelli che non l 'hanno ricevuta, distinzione che sfocerà nella teoria della predestinazione che ritroveremo fra i Gianseanisti. Sussiste pure una dottrina dell'individuo nel cristianesimo e questa dottrina costituisce il germe di un pensiero filosofico8 • Resta da domandarsi cosa risulti primo e assolutamente fondamentale per il cristianesimo autentico: la ricerca di trascendenza o la ricerca dell' individuo concreto e compiuto, i cui atti inducono e contribuiscono a modificare la sua distanza da Dio? Quest'individuo vive in un mondo che non è eterno e in cui la conoscenza non basta a distruggere il male. L'attività dell'uomo è indeterminata e sempre rinnovantesi. L'uomo è dotato d'iniziativa propria, sebbene la conoscenza non costituisca la sola espressione di iniziativa umana e San Paolo, che prende in prestito dagli inni orfici la loro distinzione fra iloici , psichici e pneumatici si oppone al contempo alla loro dottrina secondo cui la conoscenza del mondo sia in grado di dissipare il male: si oppone così al loro dualismo morale. Secondo San Paolo, la redenzione scaturisce dall 'efficacia del sacrificio del Cristo e non piuttosto dalla conoscenza, come so tengono gli inni orfici. U cristianesimo è un monismo se confrontato allo Gnosticismo: il cristianesimo, infatti afferma e conserva l' unità dell'essere individuale, piuttosto che considerarlo come una scintilla divina racchiusa nel fango. Si tratta altresì di un monismo se rapportato al duali modi Mani , secondo il quale la dualità fra due a rgenti di potenza genera una dualità nell' uomo, dualità che, peraltro, viene respinta dal cristianesimo. Per il cristianesimo, infatti , la dualità non è attuale, ma virtuale: scaturisce dal peccato e può cessare attraverso la grazia. Lo stato di peccato non consiste in una semplice giustapposizione fra parti 9: la sola redenzione 8
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Il cristianesimo, sebbene non sfoci nella fondazione di una "filosofia cristiana" , cristiana in quanto opposta alle filosofie non-cristiane, orienta la riflessione fi losofica su una dottrina dell'individuo che potrà essere e laborata e pensata sulla scorta di molteplici orientamenti diversi. D'altra parte ri sulterebbe del tutto contrario alla stessa essenza del cristianesimo e al suo senso universale l'esistenza di una filosofia cristiana: si farebbe infatti del cristianesimo un settore specifico del pensiero. Secondo il cristianesimo non è possibile giustappore le parti, fra le quali sussiste un conflitto. Il regime di causalità di due forze in conflitto risiede nel condizionamento reciproco: anche in seno al conflitto, l'unità indi viduale si conserva dinamicamente. Solo il bi-sostanzialismo consente la cessazione del conflitto isolando il regime di causalità di ciascuna delle due forze in gioco. Il dualismo che si rileva nel cristianesimo a proposito dell'individuo è piuttosto un dualismo di forze, e non un duali smo di sostanze. Per la verità, i termini dualismo e monismo non ri sultano del tutto appropriati alla concezione dell' indi viduo secondo il cristianesimo. L' indi viduo consiste piuttosto in una realtà trasdutti va, che non può essere colta del tutto se non attraverso la serie degli att i e degli stati . La sto-
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può modificare questo stato omogeneo, non certo praticando una sorta di sdoppiamento, giacché non è possibile ottenere due parti distinte dell 'Uomo. Lo stato che scaturisce dagli atti successivi della creazione ed in seguito dalla colpa, consiste in uno stato che preserva comunque l'idea della ri urrezione dei corpi gloriosi. [Sant'Agostino] Sant'Agostino esprime con convinzione l'idea che il mediatore sia tale non perché Verbo, ma perché uomo, perché fatto uomo: «il Cristo è morto una sola volta>>* (Città di Dio, 3 l e XIII ,l3). Sant'Ago!>tino rifiuta l'espiazione stoica di tutte le passioni: il desiderio, la paura, la tristezza, possono scaturire dall'amore del bene e dalla carità e non sono di per sé dei vizi. La conoscenza di sé si configura come conoscenza di un fatto e non piuttosto di un 'essenza, come testimonia il trattato de La Trinità , in cui Sant ' Agostino afferma che conosciamo grazie ad una scienza interna ciò che siamo e ciò che viviamo. Così, conoscersi non consiste più, come per Platino, nel conoscere l'universo delle realtà, ma nel sentirsi vivere ed esistere. L'aspetto che interessa a Sant'Agostino, non consiste in qualche proprietà intrinseca delle cose intelligibili, quanto, piuttosto, nell'indipendenza delle verità conoscibili in rapporto agli spiriti individuali: la realtà dell'individuo è anteposta ad ogni altra. La concezione dell'individuo nel pensiero rifles ivo è stata condizionata dai modi di vita e dalle relazioni sociali degli stessi filosofi ed in tal senso, l' unità psico ociale formata dal fi losofo e dal uo pubblico merita di essere e ami nata. Si possono distinguere due tipi generali di organizzazione della dinamica di questa relazione come termini estremi fra i quali si dispongono tutti i tipi misti: si tratta del pubblico chiuso, e pertanto omogeneo, e di quello aperto, e dunque eterogeneo in rapporto al filosofo. Ora, nelle epoche in cui venne posto un accento particolare sulla vita intellettuale, visto che l'elaborazione intellettuale induce a una certa speciaJizzazione, risul ta naturale che il pubblico sia vasto, aperto, ed eterogeneo in rapporto al filosofo. La relazione del filosofo al pubblico ri ulta pertanto didattica ed esoterica e questa riflessione corrisponde ad una meditazione sul mondo, ad un ne so con l'oggetto, ad una urgenza, più teorica che pratica. Al contrario, nelle epoche in cui la preoccupazione della vita spirituale e della alvezza per a nale inducono alla vita intellettuale e alla conoscenza del
ricità fo ndamentale dell'essere costituisce l'affermazione del carattere trasduttivo dell ' individuo. Per queste ragioni , il cristianesimo può sembrare un dualismo se rapportato ad un monismo sostanzialista, ed un monismo se paragonato ad un dualismo sostanzialista.
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mondo, i gruppi comunitari di quei soggetti che cercano insieme di purificarsi e lavorare in vista della loro salvezza matura una posizione esoterica nei confronti del problema dell'individuo. Alla fine del mondo antico, l' universale bisogno di ricerca pratica e di meditazione sulla salvezza personale si traduce nella nascita di una moltitudine di conventicole spirituali, come quella dei Terapeuti del lago Mareotis o come le innumerevoli comunità pitagoriche, ermetiche, platoniche. ! monasteri dell'Occidente cristiano hanno una struttura analoga, offrono cioè condizioni simili allo sviluppo del pensiero. Pertanto, i problemi filosofici sorgono in vista del destino dell ' uomo, nel modo in cui quest'ultimo viene concepito dal cristianesimo; l' intelletto non impone l' autorità dei suoi metodi e dei suoi problemi. Gli aspetti emotivi , affettivi, volontaristici della vita acquisiscono tanta importanza quanta ne possiede la rappresentazione intellettuale. D ' altra parte, la relazione mondana del pubblico costituisce una relazione all'omogeneo e al limitato. In qualche modo, sussiste una certa identità del mondo con il pubblico, dell 'oggetto con la società e il pensiero si assimila dunque a quello dell'individuo ali ' interno di una società omogenea e l ' unica relazione al mondo diviene pertanto una relazione alla materia, questo mondo diviene estraneo all'individuo interno ad una società limitata che costituisce per lui principio e fine , soggetto ed oggetto, simboli di una sostanza unica. [Eresie orientali] Un primo segno dell 'esistenza di queste condizioni comunitarie del pensiero riflessivo consiste nella reazione del pensiero cristiano contro l'eresie orientali , tanto in merito alla questione della trinità, tanto nei riguardi della cri stologia: entrambe posseggono quale fondamento comune un cambiamento nel paradigma dell ' individualità, applicato alla concezione che l' uomo possa indi arsi . Per Sabellio e per i moda! isti , il Verbo non è considerato come figlio di Dio, per paura di costituire una sorta di politeismo. Allo stesso modo , Ario considera il figlio di Dio come persona e dunque solo come creatura di Dio. Entrambi i pensieri palesano un comune intento: salvaguardare la purezza intellettuale della rappresentazione di Dio, e quindi indagare il carattere misterioso del dogma della trinità, pensando alla realtà divina come unità individuale e identitaria, e non piuttosto alla stregua di una realtà che possa essere concepita esclusivamente secondo le categorie della partecipazione, senza accettare il principio del terzo escluso. Questo rifiuto del principio del terzo escluso risulta particolarmente esplicito nella formu la che Attanasio ed il Concilio di Nicea oppongono ad Ario: l ' unità della sostanza in Dio non esclude la diversità delle persone. Ciò presuppone che, per logica, due strutture incompatibili risultino simultaneamente esistenti in seno all 'essere divino. Si tratta delle
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-.tesse formule con le quali Cirillo di Alessandria ed il Concilio di Efeso, nel 433, condannarono Nestorio: la dualità delle nature, umana e divina, nel Cristo, non impedisce che Maria sia Théotokos, ovvero madre di Dio. Infine, e per le medesime ragioni , la scuola di Antiochia fu considerata eretica, prima ancora di Nestorio, poiché considerava Gesù Cristo diverso da un uomo, illuminato dalla grazia divina, rifiutando la combinazione metafisica dell'uomo-Dio che necessitava della categoria di partecipazione, c rifiutando il principio del terzo escluso. In questo caso, il teocentrismo manifesta l'espressione di una ispirazione conforme al pensiero neoplatonico, cercando di determinare la struttura intelligibile delle cose e restando fedele al principio di identità. [Eresie occidentali] Anche le eresie occidentali , come il pelagianesimo, manifestano questa sfiducia nei confronti della partecipazione: questa dottrina nega infatti la trasmissione ereditaria del peccato originale, il perdono dell ' uomo attraverso il sacrificio di Cristo, vittima designata, l'importanza della grazia e dei sacramenti che la Chiesa concede ai fedeli. Sant'Agostino oppone a questo pensiero la realtà concreta della Chiesa; la grazia istituì ce questa necessaria partecipazione ed il bene non può toccare l'anima se non attraverso la concessione speciale della grazia, poiché la salvezza appartiene a coloro i quali non sono predestinati da Dio dall ' eternità: i bambini morti senza battesimo sono dannati , così come i gentili , non essendo stati toccati dalla grazia del Cristo, non hanno mai perseguito la virtù. L' istituzione della Chiesa consente il dispensamento delle grazie divine e il mantenimento della partecipazione fra la divinità e l'umanità. Con lo stesso spirito viene criticato il Donatismo: il valore di un sacramento, secondo Sant' Agostino, che combatte anche questa eresia, non dipenderebbe dalla purezza o dall'empietà individuale del sacerdote che lo conferisce. È piuttosto la natura stessa del sacramento che conferma la partecipazione e non piuttosto la condizione individuale del sacerdote. Pertanto, risulta inevitabile che l 'uomo non sia limpidamente conoscibile a se stesso e nella sua realtà individuale. Il possesso del potere spirituale non favorisce la conoscenza intellettuale: nell'opera intitolata De Anima et ejus origine (L'anima e la sua origine) IV, 2, Sant'Ago tino si solleva contro coloro i quali credono che l' uomo «possa discettare con certezza della propria qualità o della propria natura, come se tutto gli risultasse chiaro>> . È per questo motivo che Sant' Agostino , a proposito della controversia sull 'origine dell'anima, oscilla, senza offrire conclusioni definitive, tra il traducianesimo che farebbe derivare la nostra ani ma da quella dei nostri genitori ed il creazionismo che al contrario concepirebbe ciascun 'anima come creatura ex nihilo. In definiti va, la dottri na di Sant' Agostino mira
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pertanto a riconoscere la realtà della partecipazione solo per mezzo della Chiesa e il suo pensiero risulta conforme alla dottrina della partecipazione. Il racconto della ua conversione dimostra cbe l' unità individuale ri ulta indebolita rispetto alla partecipazione iniziale; la conver ione consiste in una lotta fra l'unità individuale e la forza della partecipazione: il «vecchio uomo» coincide con l' uomo del pensiero, conforme al principio del terzo escluso e, nel momento della sua conversione, l' uomo è un essere diviso•o, nel quale si instaura una lotta fra la parte ancora puramente individuale e la parte partecipativa. A seguito della vittoria di questa seconda parte, quest' ultima si distaccata da se stessa e questa seconda parte di viene il tutto: pertanto, il mondo al quale si connetteva il vecchio uomo è solo «nugae nugarum» («u n cumulo di sciocchezze»). Fra l'uomo prima della conversione e l' uomo convertito sussiste una profonda differenza strutturale e questi due es eri non pensano né esistono allo stesso modo: l' uno esiste mentre l'altro partecipa. [Cassiodorol Que ta dualità nella concezione d eli ' individuo umano risulta particolarmente netta in Cassiodoro (477-575) che, nel suo De Anima, oppone le prove dell ' immortalità dell'anima contenute nei "testi secolari" a quelle delle "autorità veridiche": le prime, tratte soprattutto dal Fedone , attraverso le disami ne condotte nelle opere di Sant' Agostino e Claudio Mamert, definiscono l' anima come sostanza semplice, forma naturale, differente dalla materia del corpo. L' anima risulta pertanto definita di per sé ed individualmente isolata; al contrario, secondo le prove dell 'autorità dei "dottori veridici", la spiritualità dell'anima umana è tratta dalla sua relazione di partecipazione alla realtà divina: l 'anima è costituita ad immagine di Dio. Cassiodoro considera come squisitamente cristiane e superiori alle prove del Fedone , quelle prove cbe concepiscono la relazione di partecipazione. Nella città spirituale, che Sant'Agostino intende co tru ire, la vita morale dell'individuo consiste nella partecipazione all 'ordine stabilito. Le stesse relazioni che si strutturano fra le scienze e le cono cenze che costituiscono il contenuto della città spirituale sono conformi a questa struttura di partecipazione: il trivium ed il quadrivium si giustificano per la loro utilità e in vista dello studio delle scienze puramente divine. Queste scienze non posseggono più una propria individualità né una propria specificità e vengono compendiate sotto forma di un'enciclopedia, indispensabile alla liturgia ad al ervizio ecclesiastico. Peraltro, vengono limitate da quella relazione d i partecipazione che le integra funzionalmente al corpo delle scienze, perdendo il loro potere di scoperta autocreatrice e non posseggono IO
O per lo meno in conflitto con se stesso: «pars assurgens eum parte demissa)).
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più lo copo di avanzare in vista della propria realizzazione. La partecipazione soffoca pertanto la fi nalità interna ed il potere di crescita indefinita di ciascuna realtà individual izzata. È questo il ruolo della diffusione esponenziale delle enciclopedie compilate in quell ' epoca e che i costituirono come vere e proprie città delle scienze. Quest' ultime pongono al servizio della Chiesa le conoscenze ereditate dall'antichi tà pagana. La relazione di partecipazione, decentrandosi dalla rivelazione, si estende sino alle dottrine antiche e le curva verso la propria traiettoria, causando la perdita della loro autonomia. Nelle Etimologie, questa conversione viene praticata da lsidoro, vescovo di Siviglia (570-636) e da Beda il Venerabile (673-735) nella sua De Natura Rerum, ispirata ad Isidoro stesso, ed ampliata dai frequenti richiami a Plinio il Vecchio. La stessa relazione di partecipazione, che rifiuta diritto di cittadinanza all'opi nione individuale, si manifesta in particolare su un terreno della massima rilevanza, ovvero quello relativo ai criteri da impiegare per definire la verità nell'ambito fede. Questo insieme di regole viene e posto dalla Commonitorium di Vincenzo di Lerins, nel 354: occorre in prima istanza seguire di preferenza l'opinione della maggioranza, maturando una certa sfiducia nei confronti delle opinioni dei singoli. Inoltre, occorre seguire l'opinione degli antichi e infine, se questi due insegnamenti lasciano persi tere comunq ue l'errore, devono intervenire le decisioni del concilio ecumenico. Peraltro, risulta feconda la ricerca dell'opinione comune a tutti i maestri ortodossi. La tradizione cresce attraverso lo sviluppo e il chiarimento , ovvero in modo tale che il nuovo partecipi dell 'antico in modo lineare, sebbene non per add izione o innovazione, che interromperebbe la continuità della partecipazione. La sola mediazione possibile consiste dunq ue nella partecipazione, concepita come partecipazione continua. La mediazione del pensiero filosofico, che si appella all ' invenzione e non piuttosto alla partecipazione per continuità, alla creazione e non piuttosto al semplice sviluppo, non può risultare conforme a que to pensiero ecclesiatico. [Sant'Anselmo} Tuttavia, occorre notare che il metodo tesso della partecipazione può essere compreso a partire dalle sue stesse differenze e che non sussiste alcuna misura comune fra la partecipazione alla realtà divina attraverso la rivelazione e le scritture e quella che si sviluppa a partire dall'esse in intellectu («essere nell ' intelletto») di Sant'Anselmo. In Sant'Anselmo, l'esse in intellectu può condurci a Dio poiché l' intelletto costituisce già una mediazione fra la fede e la visione beata degli eletti: si passa pertanto dal per alliud («attraverso altra cosa») al per se («per sé»). La partecipazione persiste , ma questa specifica forma di partecipazione co-
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stituisce una relazione inversa rispetto a quella tradizionale: è pertanto alla parte che partecipa ali 'essere oggetto di partecipazione che il pensiero dirige la sua scoperta . Anche l' insensato, affermando che Dio non esiste, dimostra di pos edere nel suo intelletto la nozione di Dio: que ti , cioè, lo comprende all'interno del suo intelletto, anche se non ne accetta l'esistenza. Quando Sant' Anselmo passa dall 'esse in intellectu all'esse per se, non passa dai concetto alla cosa reale, quanto, piuttosto, dalla realtà parziale a quella completa e non si verifica alcun cambiamento di modo fra i giudizi che esplicitano questo ragionamento. Il pensiero si muove sempre affermando la realtà: «Ma certamente ciò di cui non si può pensare nulla di superiore non può esistere solo nell 'intelletto. Infatti, se es o esistesse solo n eli' intelletto, allora ci sarebbe consentito pensare che esi tesse anche nella realtà, e quest' ultimo risulterebbe superiore al primo. Se dunque ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore esistes e olo nell'intelletto, ciò di cui non si potrebbe pensare nulla di superiore sarebbe ciò di cui pure si potrebbe pen are qualcosa di maggiore. Ma ciò risulta contraddittorio~>* (Proslogio n e ID). Sant'Agostino sembrerebbe contemplare, in alcuni casi, questa via di partecipazione che va da!Ja parte al tutto e non piuttosto dal tutto sino alle sue manifestazioni più degradate: «ne suna anima ha mai potuto né potrà mai pensare nulla di superiore a te ... e se tu non fossi incorruttibile, non potrei raggiungere attraverso il pen iero qualcosa di migliore del mio Dio»*. La teologia negativa procede secondo questa via. Notiamo infine che tutte le grandi regole della morale cristiana i presentano come negati ve e che, per questo motivo, possono perseguire l'universalità, poiché un 'etica si fonda passando dalla realtà di una regola negativa particolare alla realtà dell ' unica base salda che fonda positivamente l 'etica. Al fondo di que ta via della partecipazione, per cui si risale dal condizionato all ' incondi zionato condizionante, si reperisce la dialettica platonica: «Dio e le cose che sono di Dio sono le migliori»* (Repubblica, 38 1b). Per Platone , la partecipazione si può verificare in due sensi: dai bene alle idee e dalle idee al bene. La possibilità di questo doppio movimento si rileva allo stesso modo anche nel pensiero cristiano, poiché Dio è tanto creatore quanto redentore, inizio e fi ne, il Padre e il Figlio. Nel corso della storia, tuttavia , sono sorte due correnti notevolmente diver e in seno al pensiero cristiano, che si potrebbero denominare movimento di processione e movimento di conversione: nel primo , la partecipazione si stabi lisce a partire da una continuità di cendente, tanto attraverso il tempo quanto attraverso la gerarchia degli esseri , subendo una degradazione ontologica, che può tuttavia ridursi gradualmente. Per ciascun nuovo individuo la comunità consiste pertanto in ciò che lo connette al passato e alla tradizione, attraverso
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la partecipazione. L'individuo consiste in ciò che risulta perpetuamente rinnovato in rapporto al tempo della rivelazione; l' individuo è cioè sempre nuovo e per questo non partecipa di se stesso, attraverso partecipazione processiva. Ne consegue l'inconcussa rilevanza accordata ai riti d 'inizia7ione alla comunità, poiché la nascita spirituale nel batte imo consiste in una partecipazione attraverso processione. L'indi viduo non si configura più, pertanto, come una nuova realtà: gli viene assegnato un nome e viene connesso attraverso un nome alla comunità processiva. Viene purificato dalla sua estraneità originaria, che consisteva in una sorta d'isolamento causato dalla sua natura origi naria. Ogni uomo può battezzare, poiché ogni uomo partecipante può propagare questa partecipazione processiva. In seno all 'altra corrente della tradizione cristiana, il movimento di conversione risulta precedente a quello della processione. Pertanto la partecipazione si può stabilire a partire dall ' individuo, senza ricorrere necessariamente alla comunità, attraverso una scoperta interiore ed esteriore. Sebbene la comunità esista, questa non possiede più lo stesso significato : non costituisce cioè un c ircolo chiuso, depositario della comunicazione processi va, bensì consi te nel nucleo attivo e creativo che controlla gli altri individui per tutto il corso del processo euristico che, a sua volta, coincide con la conversione. Il cerchio può rappresentare tanto l'immagine dell ' inclusione quanto quella dell'esclusione, del tutto come della parte ed una comunità può tanto costituire le parti quanto esserne costituita. Il cristiano può essere assi milato tanto al prigioniero della caverna platonica quanto ali 'adepto della fede iniziatica di una comunità fra comunità chiuse. Questo dopp io movimento ha generato un'essenziale ambiguità all ' interno del pensiero cristiano eque ta ambiguità si riflette nel trattamento che riceve il problema dell'individualità. L' individuo è quell'essere in grado di proc urarsi l' isolamento e questo stesso isolamento può consistere in una sorta di maledizione: sia che risieda in una condizione assimilabile simbolicamente a quella della pecorella smarrita sia, ad un livello più teorico, che si ritrovi in quella del peccatore derelitto, l' isolamento si manifesta comunque come una condizione di maledizione. Nella tradizione della partecipazione per processione, l' isolamento temporale dell ' individuo consiste in una prefigurazione della fut ura dannazione: colui che risulta esterno a lla comunità corrisponde per certi versi ad un dannato temporale. Estromettere qualcuno dalla comunità significa privarlo della partecipazione. La Chiesa temporale, mediatrice della comunicazione, isola i dannati ed accoglie i salvati. L'eletto non consiste solo in un essere giusto e per questo degno della meritata ricompe nsa, quanto al tresì in un essere definitivamente integrato alla comunità spirituale degli eletti. La generazione consiste in una sorta di
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decadenza, durante la creazione dell'individuo. Il temporale coincide con l' indi viduale. fn Sant'Agostino questi due aspetti si manifestano contemporaneamente e la critica al Donatismo e al Pelasgianesimo si ricollega al concetto di partecipazione per processione, sebbene la sua vita spirituale manifesti piuttosto una ricerca della partecipazione per conversione. Sant'Anselmo condivide infatti la partecipazione per conversione. Di contro, Gaunilone si oppone a Sant'Anselmo in nome dell'autorità e della rivelazione: questi difende infatti il punto di vista dell 'insipiens («irrazionale») discusso da Sant'Anselmo. Secondo Gaunilone, l ' intellectus non possiede il ruolo mediatore fra fede e visione beata , assegnatogli da Sant' Anselmo. Ora, la fede come la visione beata sono attitudini di partecipazione che riconnettono l'individuo alla comunità della Chiesa temporale e della Chiesa trionfante. L' intellectus, al contrario, costitui sce il segno e l 'attività propria dell' individuo, che applica le sue forze alla conoscenza e che, passando dal per aliud al per se, dal molteplice all'uno, risale dal condizionato al condizionante. A questo titolo, come dimostra il Monologion, l'intellectus costituisce l'unità dell 'indi viduo durante la ricerca: l'intellectus parte infatti dalla molteplicità delle verità, che non sono o lo verità degli enunciati ma anche delle opinioni , della volontà e delle azioni (intenzione retta ed azioni gi uste). Il vero non appartiene solo al giudizio: lo si può dire altres1 della volontà, dei sensi e delle essenze. Il pensiero riflessivo, che scopre le verità, partecipa della ragione, che consiste nella realtà unica e precedente a tutte le altre, rispetto alla quale tutte le al tre si configurano meramente come suoi aspetti ulteriori . Cos1, l 'attività riflessiva condotta sui problemi dell ' esistenza umana costituisce un movimento di conversione. Secondo questa dottrina, l'individuo pensante non corrisponde più ad un essere diseredato alla ricerca del mediatore come creatore di una comunità, bens1 ad una forza limitata che, se ben condotta, risulta in grado di scoprire il divino. L'intellectus non si oppone alla fede e lafides quaerens intellecrum («la fede che ricerca l 'intelletto») si applica a tutti dogmi, iv i compreso quello deli ' incarnazione, che non consiste più nel credo, fondato sulla rivelazione, in un avvenimento eccezionale, come sostiene Sant'Anselmo nel Cur Deus Homo? (Perché Dio Uomo?). Il tutto accade come se, in questa teoria della conversione, l' individuo possedesse la possibilità di introdurre iniziative imprevedibili, sulla base dalla sua libertà, mentre un universo costituirebbe un ordine eterno ed invariabile, soggetto ad un solo padrone. Al contrario, nella partecipazione per processione, il dramma divino si svolge attraverso un universo discontinuo nel quale la creazione, il peccato, la redenzione vengono introdotti dalle iniziative imprevedibili di Dio, concepito come l'essere assolutamente libero e in-
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condizionato. La partecipazione per processione introduce la continuità del sovrannaturale in seno ad un percorso discontinuo: la continuità scaturisce solo da Dio. Al contrario, la mediazione per conversione presuppone la continuità e la stabilità dell'universo, e dunque, l'attività dell'individuo risulta nece saria: l'individuo può partire da se stesso, poiché non risulta estraneo alla totalità dell 'essere; egli è singolare ma non isolato, reale, e, come tale, può partire dalle realtà che risiedono in lui, da verità che contengono opinioni corrette , da azioni rette, da giudizi veri e dai suoi sensi. La riflessione è feconda poiché costituisce ciò che consente il passaggio dal mol teplice ali ' Uno, dal per alliud al per se. In seno alla tradizione cristiana, si manifestano pertanto due attitudini etiche ed epistemologiche opposte in merito alla considerazione dell'individuo e, persino ai nostri giorni, non sembrerebbe che si siano conciliate del tutto: sul fronte della partecipazione per processione si sono elaborate le dottrine di Bossuet e di Joseph de Maistre, mentre su quello della partecipazione per conversione sorgono le riflessioni di Malebranche, di Laberthonnière e di Blondel. [Rosee/lino] Questa doppia attitudine nei confronti della realtà individuale si manifesta anche nel corso del dibattito sugli universali. Per Roscellino- che contraddice Sant'Anselmo -l 'universo sembra frammentato in tanti individui: solo la distinzione fra le sostanze individuali è reale, mentre le altre distinzioni costituiscono esclusivamente un «soffio della voce». La dialettica, in questo contesto, non concerne le cose, quanto, piuttosto, le parole , poiché quest'ultime attribuiscono un significato alle cose stesse. L'individualità costituisce il solo principio di distinzione, ovvero il solo principio di distinzione del reale. Il nominalismo consiste quindi nel modo in cui ci si rappresenta le realtà individuali. Gli individui corrispondono ad assoluti, secondo l'opinione di quei dialettici cui si ispira Roscellino; attraverso la tradizione dei dialettici e passando per le lsagoge di Boezio; per Simplicio, si riprende e affronta la logica di Aristotele: tutte le distinzioni fra genere e specie, sostanze e qualità, elaborate dalla dialettica, costituiscono prettamente distinzioni verbali , causate dal linguaggio umano. L' individuo, per i nominalisti, si configura come un assoluto, non solo in base al suo rapporto con le altre realtà, ma anche in rapporto a se stesso. Per Roscellino, la di visione di un corpo in parti corporee sembrerebbe del tutto arbitraria e convenzionale, poiché ogni corpo, come ad esempio una casa, risulta indivisibile: affermare che, in realtà, quest'ultima consiste in un composto di fondamenta, muri e tetto significa considerare esclusivamente una delle sue parti, per esempio il tetto, sia come parte di un tutto, sia come cosa distinta all' interno dell'enumerazione di tre cose distinte. Così, si torna ad affermare che se una cosa risulta tanto individualizzata
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da essere parte distinta da un tutto, questa possiede pure un'individualità compiuta. La distinzione è segno di individualità, e l'individualità o è del tutto compiuta o è pari ad un puro nulla. Perciò, nel nominalismo di Roscellino, la concezione dell'individualità divina si complica ulteriormente: in Dio risiedono tanto sostanze quanto persone distinte; il Padre ed il Figlio, il generante ed il generato, consistono in due realtà individualmente e, di conseguenza, sostanzialmente distinte. Le tre persone sono separate come lo sarebbero tre angeli, e, se pure esiste unità reciproca, si tratta di un'unità volitiva e di potenza. L'individuo, in seno a questa concezione radicale dell'individuo, non ammette divisioni che si sostituiscano alla sua unità sostanziale: questi, cioè, non può essere unico e multiplo allo stesso tempo. Al fondo di questa attitudine reperiamo il principio in base al quale la relazione non possiede valore antologico. La relazione fra le tre persone divine non po siede valore d'essere e non può garantire l'unità sostanziale di queste tre persone in un solo Dio. Questa affermazione venne considerata eretica dal concilio di Soissons del1092, e Roscellino fu costretto aritrattare le sue affermazioni. Conformemente a questo principio, Roscellino non intendeva distinguere gli attributi di Dio (bontà, potenza ... ) dalla sua sostanza, così come non intendeva distinguere la persona divina incarnata in Gesù dalla sua umanità. Secondo il principio della partecipazione per conversione, l 'individuo non costituisce un ' unità assoluta e non risulta a tal punto isolato dalle altre realtà da fare in modo che ogni distinzione manifesti il segno di una distinta individualità sostanziale; al contrario, questi possiede in sé parti reciprocamente connesse all ' interno di un ' unica struttura e al contempo distinte le une dalle altre. Secondo la prospettiva platonica, l'individuo veniva considerato come un microcosmo, ed in quest'ottica la relazione manteneva un valore antologico e la relazione fra il rnicrocosmo e macrocosmo dimostrava che l' individuo possiede una struttura interna analoga a quella del tutto cui partecipa. L' analogia fonda la partecipazione, stabilendo una continuità di rapporto fra l'essere partecipante e l'essere partecipato; l'uomo , come immagine di Dio, partecipa di Dio attraverso quest'immagine. L' individuo in questo caso non risulta isolato, ovvero del tutto definito come realtà limitata. Si può affermare per certi versi che partecipi perché è un tutto, ovvero in quanto possiede una struttura.
[Il pensiero cristiano del XII secolo] Ora, il pensiero cristiano del Xll secolo manifesta il bisogno di una certa unità dottrinale: è questo il tempo delle enciclopedie intitolate Specula, delle Questioni o Sentenze, come quello di Ivo di Chartres,di RadulfusArdens,Anselmo di Laon , di Guglielmo di Champeaux, Roberto Pullus, di Roberto di Melun , di Pietro Lom-
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bardo ed infine del Sic et non di Abelardo, il cui metodo si ritrova nel Pro et Contra di Pietro Lombardo. Tuttavia, nonostante l' unità di metodo che si manifesta nella scolastica, fra le attitudini relative alla natura de li' individualità persiste una certa divergenza: la scuola di Chartres e Scoto Eriugena, fedeli ad un'ispirazione platonica, colgono fra l 'essere particolare e il mondo una continuità che si esprime nella costante necessità del movimento discensionale ed ascensionale verso Dio. Al contrario, Lombardo e San Tommaso affermano la discontinuità e pongono all'inizio di ciascun atto del dramma un'iniziativa del tutto libera e contingente. [La Scuola di Chartres] Il pensiero della scuola di Chartres recupera la cultura antica. Costantino l'Africano traduce alcuni libri di medicina araba ed ebraica, gli Aforismi di Ippocrate con il commentario di Galeno e due trattati dello stesso Galeno. Peraltro, si favorisce la diffusione della fisica corpuscolare di Democrito attraverso l'edizione di questi libri. Adelardo di Bath si reca in Grecia e nei paesi arabi, traduce opere matematiche ed soprattutto gli Elementi di Euclide, l' aritmetica di ai-Khwarizmi, favorendo inoltre la conoscenza del Timeo. Per Adelardo, al fianco degli universali , ai quali non si può accordare una realtà separata, esistono gli archetipi. Questi archetipi non sono né generi né specie e risultano concepibili esclusivamente nei loro rapporti con gli individui. Peraltro, gli archetipi sono concepiti ed esistono al di fuori delle cose sensibili, ovvero in seno allo spirito divino. Lo scopo della dialettica consiste nella contemplazione di questi archetipi. Nel trattato De Eodem et Diverso, scritto per giustificare la filosofia, l'intelletto è considerato in grado di conoscere le cose e le loro cause. A causa del! 'oblio e del fatto che l 'anima sia prigioniera del corpo si smarrisce in parte questa conoscenza: l'anima si rivolge, così , all'opinione. Il metodo induttivo aristotelico non risulta valido se non in funzione di questa caduta. In realtà, l'anima individuale, come afferma Platone nella sua teoria della reminiscenza, possiede cognizione degli archetipi. La conoscenza che possediamo degli archetipi non è "jiatus vocis" (" un soffio della voce"), quanto, piuttosto , conoscenza reale che persiste nell'azione analogica fra gli archetipi e la nozione che pos ediamo di questi archetipi; L'anima, pertanto, risulta ancora una volta sorella delle idee. L' individuo non è dunque isolato dalla realtà conosciuta, ma la conoscenza costituisce piuttosto una partecipazione attraverso conversione, fondata sulla realtà della relazione analogica; non sussiste alcuna discontinuità fra il soggetto conoscente e l' oggetto conosciuto. Questa relazione che risiede nella conoscenza è fondata su li 'essere, possiede valore d'essere. Se la conoscenza possiede un ruolo piuttosto rilevante in seno a questa teoria conforme al pensiero platonico , ciò si spiega
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per il fatto che l'individuo partecipi all a realtà divi na, giacché il Bene di Platone di viene il Dio dei platonici cristiani. Pertanto, l'individuo non può consistere in una realtà chiusa e limitata. Il sapere risulta infatti in grado non solo di fi ssare la conoscenza definita dal passato, ma anche di comprenderla. In ciò consiste quello che afferma Bernardo di Chartres, elaborando un'immagine decisiva della continuità nello sviluppo delle cono cenze umane: «siamo come nani sulle spalle di giganti»*. Per Bernardo di Chartres, gli universali consistono in un analogo delle idee platoniche. Nella sua opera dal titolo De Mundi Universitate sive Megacosmus et Microcosmus, Bernardo Silvestre presenta le nozioni di microcosmo e macrocosmo conformemente alla teoria presente nel Timeo.lnfine, nella cosmogonia di Bernardo Silvestre, che in qualche modo costituisce il primo dei mi teri , la continuità dell'individuo si manifesta in modo del tutto esplicito. La trinità diviene gerarchica ed elabora le scale di un ordine che procede, senza soluzione di continuità, sino ali ' universo intero: il Padre si identifica con il Bene (Tagathon), mentre il Figlio è il Noys e lo Spirito è l'anima del mondo o Endelechia ("continuità") che emana dal Noys. Infine, l'anima del mondo informa un ' ulteriore ipostasi, inferiore a quest'ultima, ovvero la Natura. Nel Noys, mondo intelligibile, si trovano contenute le specie, i generi e gli individui: «tutta la serie dei destini, la disposizione dei secoli, le lacrime dei poveri e le fortune dei re». ln questa visione, «tutto ciò che genera la materia, gli elementi ... »* partecipa inizialmente della realtà del padre, senza alcun intervento arbitrario nell 'ordine del tempo. Si comprende pertanto come l'essere umano possa non e ere generato da un atto creatore del Padre, quanto, piutto to, attraverso l'operazione imultanea di Noys e di Natura. Natura forma il corpo dell'uomo con i quattro elementi. Questa stessa ispirazione la si ritrova in Alano di Lilla, che riprende la dottrina dell'uomo microcosmo, formato delle stesse parti della natura. La Natura stessa si configura come essere umano, ovvero come una giovane vergi ne che porta una corona ornata di pietre, che simbolizzano i pianeti, e vestita di un mantello sul quale vengono ricamate tutte le varietà degli esseri. Questa dottrina dell'analogia concreta fra l'individuo e l'universo si reperiva già nel trattato di Nemesio, Sulla natura dell'uomo, tradotto da Alfano nel 1058. Ma Alano di Lilla aggiunge alcune preci azioni a questa visione e queste precisazioni richiamano il Timeo: la ragione risiede nell'uomo come il movimento della sfera delle stelle fisse, e la ensibilità, con le sue varietà, è simile a quella delle sfere oblique dei pianeti. L'anima consiste ancora in una città divina, in cui la ragione, che ha sede nel capo, corrisponde a Dio e al cielo, l'ardore che giace nel cuore agli angeli e all'aria e la parte inferiore che è nei reni, all 'uomo e alla terra.
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È questa l'analogia univer ale fra il microcosmo e il macrocosmo, fra la vita univer ale e la vita individuale che il De Planctu Naturae ci svela quale fondamento delle affinità segrete, grazie alle quali l 'individuo partecipa del tutto. La differenza fra Dio e la natura consiste in quella fra l 'unità e la molteplicità, che consiste, a sua volta, in un 'unità di sviluppo. La natura afferma: «l'operazione di Dio è semplice mentre la mia è molteplice»* (Contra Haereses). Questa concezione si ispira a Platone, attraverso la Teologia di Proclo. La riflessione coincide pertanto con il potere dell'essere individuale. Mentre il trivium ed il quadrivium si trovavano già al servizio esclusivo della fede, il quadrivium viene considerato da Guglielmo di Conches come prima parte della filosofia, la cui seconda parte consiste nella teologia. Il trivium, o eloquenza, si oppone allo studio scientifico e fi losofico della natura, più di quanto questi non facciano con la teologia. Pertanto, la formazione degli esseri individuali può essere spiegata attraverso una fisica autonoma e gl i individui viventi ono esseri composti da particelle per l'intervento della "natura operans". Un certo naturalismo di vasta portata stabilisce la continuità fra gli esseri individuali e il tutto. L'influenza di Platone si connette a quella di Lucrezio ed anche a quella degli stoici, per l'elaborazione della nozione di "vigorem naturalem", introdotto da Dio nelle cose e attraverso cui alcune di esse vivono, altre vivono e sentono, altre ancora vivono, sentono e ragionano. Sono queste "forze della natura" che elaborano una mediazione fra Dio e gli individui creati, stabilendo una continuità fra l'individuo e Dio, cui partecipa. La processione stessa viene così concepita come ciò che legittima la conversione: è questo il ruolo della nozione di natura, elaborata nel XII secolo, e che istituisce una certa rever ibilità fra le due forme di partecipazione, sino quel momento opposte. Il misticismo dei Vittorini non rinnega questa tendenza e per San Bernardo, l'individuo umano non è separato da Cristo; il cristiano possiede la capacità di salvarsi seguendo il Cristo. Una via continua procede dalla considerazione o dalla ricerca (che consiste in una meditazione su noi tessi, ul mondo e su Dio) sino alla contemplazione, che consiste in una concezione certa della verità, ed infine all'e tasi in cui l'anima finalmente s'indiia. I Vittorini preservano la tradizione dell'universalismo della cultura. La conoscenza di Dio impiega cinque modalità, sempre più perfette , di cui le prime due manifestano questa continuità fra l' individuo e la realtà di cui partecipa e la contemplazione della natura conduce all'idea del creatore. La contemplazione della natura dell'anima , che risiede nel corpo in ciascuna ua parte come Dio nell'universo, produce un'immagine dell'essenza divina. È questa la dottrina del De Contemplatione et ejus speciebus di Ugo di San Vittore. Come Sant'Anselmo, Riccardo di San Vittore intende produr-
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re ragioni necessarie per i dogmi divini e pertanto intitola la ua opera De Gratia Contemplationis.
[Abelardo] Questa forza del pensiero individuale si esprime al più alto grado nel genio di Abelardo. Gli si rimprovera spesso di aver voluto stabilire un dogma in base al quale si elimina il mistero e si rende inutile la tradizione, dalla quale scaturirebbe una morale incentrata sulla fiducia de li 'uomo in se stesso, rendendo inutile la grazia tramite i sacramenti. Secondo San Bernardo, ad esempio, Abelardo manifesterebbe un orgoglio irrefrenabile, giungendo a fare del genio umano, "humanium ingenium", un vero e proprio usurpatore, senza consentire alcuna prerogativa alla fede. E difatti, Abelardo palesa una sorta di individualismo estremo, coronato, alla fine della sua vita, dalla Historia calamitatum. La conoscenza di Dio oltrepassa le possibilità della dialettica e di tutto il trivium: «di per sé, Dio infrange tutte le regole dei filosofi»*. Al contempo, egli conserva l' impiego delle similitudini, praticata da Platone e da Sant'Agostino. Le nozioni filosofiche producono un'immagine della realtà divina. Correlativamente, la morale che lo Scito te ipsum («conosci te stesso»)* propone è individualista: la vita monastica, i sacramenti, i meriti della fede risultano inutili, mentre il matrimonio fra monaci e monache viene ritenuto lecito . Non rivela alcun ri petto nei confronti dell'autorità della comunità, il peccato è puramente personale e non è possibile nessuna reversibilità delle colpe. Il peccato originale non può esistere e la colpa morale si distingue dalla colpa legale. Nessun uomo può conoscere le intenzioni altrui e la colpa risiede solo nell 'intenzione e pertanto non è possibile giudicare l'altro. Le stesse virtù di Cristo non ricadono sugli uomini e la salvezza è puramente personale. Le penitenze non possono essere rimesse dai sacerdoti, così come i peccati non possono esserlo dai vescovi. Abelardo giunge dunque a rifiutare qualsiasi forma di partecipazione, anche per conversione, allo scopo di salvaguardare la forza della libertà dell' individuo. [Gli Albigesi] La fine del XII secolo fu segnata da una moltitudine di aspirazioni aJJ'autenticità evangelica, sia nel senso di una continuità storica, che realizza l 'avvento della spiritualità pura, come per Gioacchino da Fiore che annuncia la venuta prossima di un regno dello spirito, sia attraverso l'aspirazione diretta alla purezza, come per gli Albigesi, che intendono liberare dal peccato al fine di divenire Catari. Ciò che risulta particolarmente rilevante in quest'aspirazione conforme alla dottrina degli Gnostici consiste nel fatto che l ' individuo umano, per ritrovare la sua autentica natura, che consiste in quella dell 'anima prima di essere rinchiusa nel corpo, deve
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operare in se stesso una divisione tra ciò che è di origine celeste, dunque di natura angelica, e ciò che è di origine terrestre, ovvero il corpo, principio di vita e i desideri , o tutte le tendenze che ne scaturiscono. L'essere umano è più ampio del semplice individuo ed attraverso una separazione, una riduzione, si scopre il vero e proprio individuo, e lo si isola da ciò che non gli appartiene. La purezza consiste nell'isolamento dell ' individuo, ma l'individuo risulta di gran lunga più semplice dell 'essere umano che, a sua volta, costituì ce già un composto. L'essere umano che si isola dalla comunità della Chiesa, e da tutto il mondo temporale e si astiene da qualsiasi partecipazione alla Chiesa, dispensatrice dei sacramenti , non è un vero e proprio individuo e resta impuro perché sdoppiato, non ancora purificato: pu1·ificarsi per i catari significa infatti semplificarsi. La concezione dell'individualità che soggiace alla dottrina degli Albigesi consiste nell'ammissione della semplicità sostanziale, costitutiva della natura individuale. La partecipazione dell'individuo al divino avviene dunque attraverso identità di sostanza: la spiritualità pura nell'uomo si ricongiunge aJJa spiritualità in Dio, senza passare attraverso nessuna mediazione. Il pensiero degli Albigesi consiste in una dottrina della pura conversione. Nello specifico, occorre sottolineare che questa dottrina non si può applicare se non quando i consideri la vera e propria individualità inferiore rispetto all'apparente contenuto dell'individualità umana. La pura conversione necessita in qualche modo di una semplificazione preliminare dell'essere e l'individuo, secondo gli Albigesi , consiste in un essere più semplice rispetto all'uomo. È come se, in questo conflitto fra la dottrina ortodossa e quella degli Albigesi , si manifestas ero due vie per interpretare la partecipazione dell'individuo al divino, che, peraltro, si escludono reciprocamente pur essendo per certi versi equivalenti. Gli Albigesi non intendono subordinare l' individuo alla mediazione de lla comunità, con i suoi sacramenti e la sua autorità. Eppure, proprio in questo caso, durante l' isolamento individuale , si manifesta un ' ulteriore soggezione, interna, ed un'ulteriore mediazione, che consiste nella necessità di passare attraverso l'operazione del corpo per agire e per sentire. È come se questa mediazione interna non fosse altro che un aspetto della mediazione che, esteriormente, si manifesta come mediazione comunitaria. Il rifiuto della mediazione esterna rafforza la mediazione interna. L'essere individuale non coincide esclusivamente con la sua interiorità e la necessità della partecipazione lo obbliga a modificare i suoi limiti originari, tanto verso l'esterno, quanto verso l'interno. Si tratta forse di due operazioni equivalenti o complementari: può accadere che ciascuna delle forme di partecipazione, la forma processiva e la forma convertiva, si riferiscano a realtà diverse all'interno dell'essere individuale e che la preferenza accor-
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data a quest'altra forma di partecipazione non possa operarsi se non dopo una semplificazione dell 'essere individuale . Per poter conservare tutto l 'essere, occorre individuare una modalità per rendere compatibili questi due tipi di partecipazione. Un tipo di partecipazione inversa rispetto a quella degli Albigesi lo si ritrova, per certi versi, in Alrnarico di Bène; si cerca di scoprire l'origine della partecipazione in una sorta di unità panteistica; ciascun uomo, di per sé, è un membro di Cristo. La sola realtà esistente, eternamente identica a se stessa, è Dio: la sal vezza risiede nella scienza o conoscenza di Dio come entità interna a tutte le cose. Questo profondo monismo sfocia in un 'attitudine pratica simile a quella dei Catari: lo spirito deve sostituire la Chiesa. Quest'orientamento di pensiero, derivato dagli Stoici e da Scoto Eriugena, causa una conversione diretta, ovvero senza sdoppiamento, dell'essere umano. Ma in tal senso, la conversione si fonda su una processione che gli preesistente e costituisce la causa della simultaneità della processione e della conversione, in modo tale che lo sdoppiamento non risulti più necessario in vista di quest'etica. La medesima ricerca di unità fra processione e conversione si riscontra in Davide di Dinant, nell 'opera intitolata De tomis hoc est de divisionibus. Questo scritto venne condannato nel 1210 durante il sinodo di Parigi , quando si condanna anche il De divisione naturae di Eriugena. Secondo il De tomis hoc est de divisionibus, l'individualità di ciascun essere è fondata sull'esistenza di un principio indivisibile: la materia per il corpo, l' inte lletto e lo spirito per le anime e Dio per le sostanze separate, ma questa triade designa esclusivamente una sostanza unica, poiché se si reperissero termini distinti, bisognerebbe ammettere un principio superiore, semplice ed indivisibile che contenga in sé ciò ch'essi posseggono in comune. Questo ragionamento risulta conforme al pensiero contenuto nelle Fans vitae di Avicebron. Così anche attraverso Avicebron, Davide di Dinant dimostra di essersi ispirato al Timeo.
[Il Xli/ Secolo] Il XIII secolo introduce nel pensiero riflessivo un argomento di notevole interesse per la concezione dell ' essere individuale: Guglielmo d' Al vernia, ispirandosi tanto ad Aristotele quanto ai postulati del pensiero teologico, definisce Dio come l 'essere la cui essenza è l'essere. Al contrario, la creatura è costituita dall ' unione di due realtà: la sua essenza (quod est) e ciò per cui è (quo est) , che risulta necessariamente distinto dalla sua essenza, giacc hé suddetta essenza non può esistere di per sé. Dio è dunque il modello dell'unità individuale. Nell' uomo, l' intelletto non è solo facoltà d ' astrazione: l'astrazione scaturisce infatti esclusivamente dalla nostra imperfezione e dalla debolezza della nostra visione spirituale.
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Nell'essere individuale che è l'uomo, il tipo della conoscenza intellettuale coincide con la conoscenza di sé, ovvero delle sue opinioni, dei propri dubbi, dunque , quella di un essere particolare. Esiste un solo intelletto («intelletto materiale») neli' anima umana: quest' intelletto si sviluppa come dal eme l'essere maturo, e sotto l'influenza delle sue sensazioni e delle sue immagini si sviluppano le forme intelligibili di cui è costituito. L'individuo non è dunque nesso di materia e forma, come in Aristotele e l'individualità si definisce come produzione dell'essere, ovvero una sorta di potere di autogenerazione che non necessita della tendenza della materia verso la forma per passare dalla potenza all'atto. Sebbene il vocabolario impiegato ia aristotelico, questa concezione dell'individuo si richiama al pensiero platonico. Anche in quest'individuo imperfetto che consiste nell'uomo, la processione e la conversione vengono rese compatibili.
[San Bonaventura] San Bonaventura non stabilisce continuità fra Dio e l'uomo secondo processione, poiché l'atto di creazione non obbedisce ad alcuna necessità e non sussiste continuità fra Dio e le sue creature, poiché Dio non è obbligato a creare il migliore dei mondi possibiJj. Tutto è mutevole, attivo e passivo, indi viduale e capace di rientrare in una specie o in un genere contenente la materia: contiene pertanto essere in potenza o la possibilità di e sere altro e solo le anime degli angeli sono veri e propri individui. In tal senso, San Bonaventura si oppone a San Tommaso, giacché per quest' ultimo le anime non consistono in veri e propri individui. Per Aristotele, la forma di un essere consi te nel fatto che questi sia realmente ciò che è. Grazie alla presenza della forma umana al suo interno , un uomo è davvero tale ed ogni sostanza, essendo unica, deve pertanto possedere una forma sostanziale unica. Questa forma determina e stabilisce la natura della sostanza. Ora, a parere di San Bonaventura, l'essere individuale, essendo creatura, non può essere perfetto e compiuto. Se la forma lo perfeziona in modo tale che non vi si possa aggiungere nulla di sostanziale, l'essere individuale non può essere una creatura. Se la forma assegna perfezione alla sostanza, ciò accade al fine di disporla a ricevere un'ulteriore perfezione, che, a sua volta, quest'ultima non potrà comunque assegnarle. Si potrebbe di conseguenza affermare che, a parere di San Bonaventura, l'indiv iduo non è un essere limitato, quanto , piuttosto, un essere in divenire, in espansione. Si può dunque affermare che quest' assenza di limiti sia inferiore al limite stesso? In questa questione risiede forse quanto di più rilevante possegga il problema dell'individualità, poiché secondo Aristotele, l' individuo limitato dalla sua forma unica risulta più perfetto di un essere non limitato e che per questa sua indeterminazione potrebbe
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acquisire forme molteplici. San Bonaventura dubita del fatto che questa condizione dell'es ere individuale non-limitato dall' unicità di una forma si debba considerare sintomo di inferiorità in rapporto ad un essere perfetto in senso aristotelico. Pertanto, non risulta necessaria l 'eduzione delle forme di un essere in atto in un essere in potenza e l'individuo. come essere in potenza, contiene già al suo interno le ragioni serninali che l'essere in atto si limita a manifestare e sviluppare. Per certi versi, la forma che sorgerà è già presente nell 'essere in potenza. L'essere in atto non può possedere il ruolo che g li assegna Aristotele in merito all'eduzione delle forme. Il mondo fisico non è autonomo e non possiede in sé il proprio principio di spiegazione. Nella creatura si devono reperire le tracce dell'irraggiamento divino, sotto forma di analogia, come l' uguaglianza che sussiste fra due rapporti. Pertanto, può sussistere una certa continuità fra l'uomo e Dio nella partecipazione secondo conversione; come aveva notato Sant'Agostino, esiste infatti un' analogia fra la trinità e l' anima, se considerata in rapporto alle sue tre facoltà. Questa immagine di Dio nell' anima umana acquisisce direttamente coscienza della propria somiglianza a Dio. Per effetto della grazia soprannaturale, quest'immagine analogica si trasformerà, negli eletti, in una similitudine effetti va , che consiste nella deificazione dell'anima. Si potrebbe affermare che l'individuo consista, per la pluralità delle sue forme, se non in un microcosmo, perlomeno in un microtheos. Appartiene già in parte a Dio, e non sussiste alcuna discontinuità nel processo che soggiace al pa saggio dalle ombre o vestigia degli attributi umani che l 'osservatore reperisce nelle cose della natura sino all 'immagine di Dio , che esiste nella struttura de ll 'anima umana; non si rileva alcuna discontinuità nel passaggio dall ' immagine analogica dell ' anima alla similitudine reale in rapporto a Dio. Non vi è intermediario fra l' individuo umano e Dio. L'intelletto agente consiste in una facoltà dell'anima e non è, come per San Tommaso, l' ultima delle intelligenze celesti. L' intelletto possibile non è pura passività, ma viene supportato dall 'intelletto agente ed opera di per sé l' astrazione, fornendo ali' intelletto agente le specie che esso contempla. L' individuo umano possiede in sé una "luce naturale" che gli consente di riconoscere i principi senza astrazione dal sensibile: le virtù morali scaturiscono dalla nostra inclinazione verso il bene della conoscenza immediata, e questa inclinazione è giusta. Infine Dio è conosciuto attraverso la semplice riflessione sull ' individuo umano, poiché quest' ultimo è costituito ad immagine di Dio: in ciò consiste appunto l' anzidetta conoscenza diretta. L'individuo, attraverso la riflessione, può raggiungere l'essere, ovvero vedere Dio, o più esattamente applicare l' idea di essere alle realtà che non la contengono grazie al la presenza e all'influenza in noi delle ragioni eterne
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della realtà divina che pure non possediamo. Dio, pur non essendo oggetto di conoscenza , è presente nell'operazione attraverso cui conosciamo le realtà più umili. Nella conoscenza, l'individuo umano si trova già al di là dei limiti manifesti. La conoscenza di qualsiasi oggetto consiste in una partecipazione a Dio. La conoscenza che l' individuo possiede di un oggetto non è limitata a questo individuo o a questo oggetto: non si definisce di per sé, ma a titolo d'immagine sbiadita della conoscenza piena e certa che Dio possiede della propria ragione. Il destino sovrannaturale dell ' anima, che costituisce un vero e proprio individuo, eroga all ' individuo il potere di superare qualsiasi limite finito. L'individuo non è limitato da una forma, non è pienamente ciò che è in virtù della conversione che lo riconduce al suo proprio principio e da cui riceve gli influssi.
[Alberto Magno] Contro questa dottrina dell'individuo sorge quetla di Alberto Magno e di San Tommaso. Per Alberto Magno, l'anima costituisce una forma e non piuttosto un individuo; la forma è di per sé universale ed il principio d'individuazione risiede negli accidenti che provengono dalla materia che si aggiunge alla forma e la natura dell'uomo individuale, composto di anima e corpo, non ha quasi più nulla in comune con quella dell'angelo: gli angeli, essendo forme pure, devono allo stesso modo differire fra di loro come specie e non piuttosto come individui .AIIo tesso modo l' angelo e l'anima umana non posseggono facoltà in comune, e l' anima, in quanto connessa al corpo, persegue il razionale solo attraverso un'operazione di astrazione sulle immagini sensibil i, mentre l' angelo possiede una conoscenza intuitiva, esente da errori e sforzi di ricerca. L'intelletto agente, intuitivo nell ' angelo, nell'uomo consiste in una semplice chiarezza indistinta che prende in prestito dalle immagini sensibili tutte le distinzioni dei generi e delle specie. L'individuo umano pertanto non può assimi larsi direttamente a Dio attraverso conoscenza intellettuale. L' intelletto agente è privo di forme: consiste piuttosto in una parte dell ' anima umana ed il suo ruolo consi te nell 'astrazione. Fra la rivelazione e la conoscenza naturale sussiste una certa discontinuità , come si chiarisce nella Summa de homine: se un'intelligenza separata o Angelica influisse su di noi, il risultato di quest' influenza consisterebbe in una ri velazione. [San Tommaso] San Tommaso afferma che, per tutti gli esseri individuali diversi da Dio, l'essenza risulta strettamente possibile e non può essere pensata senza il suo essere. In questo modo, nessun essere diverso da Dio esiste di per sé; nessun individuo è necessario ed il suo essere scaturisce da altro, procede, e questa processione risulta precedente e suprema a qual-
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siasi conversione. La conoscenza che l' individuo possiede di un oggetto non consiste in un ' assimilazione, quanto, piuttosto, in una presenza diretta dell'essere . La conoscenza non può fornire all ' individuo il potere illimitato di assimilazione che gli veni va accordato da San Bonaventura. Secondo San Tommaso, «l' intelletto umano non può giungere, attraverso la sua virtù naturale, a cogliere la sostanza di Dio stesso, poiché la conoscenza del nostro intelletto, secondo il modo di vi ta presente , comincia attraverso il sensi. Per questo moti vo, ciò che non cade sotto i sensi non può es ere colto dall ' intelletto umano, a meno di essere concluso a partire dai suo i sensi. Ora, le cose sensibili non possono condurre la nostra intelligenza a cogliere in esse ciò che è la sostanza divina, poiché sono effetti che non assomigliano alla virtù della causa»* (Summa contra Genti/es, I, 3). In queste condizioni , la conoscenza non può partire dalla quiddità per giungere dall'es enza alle sue proprietà , o dalla causa all'effetto. Il pe nsiero umano non può che pas are dall'e ffetto aJia causa e può solo determinare la causa in rapporto al suo effetto: la dimostrazione del quid risulta inaccessibile a ll ' uomo e può essere impiegata solo la dimostrazione quis. Non diver amente da Aristotele, San Tommaso non rileva un processo razionale per raggiungere la quiddità degli es eri e San Tommaso considera questa lacuna dei peripatetici alla stregua di un difetto costitutivo della ragione umana: «anche nelle cose sensibili , le differenze essenziali permangono ignote; è questo il motivo per cui sono designate attraverso differenze accide nta li che scaturiscono dalle differenti essenze, allo stesso modo in cui la causa acquisisce significato a partire dal suo effetto: per esempio, il bipede i differe nzia dall'uomo»* . La conoscenza non si sviluppa a partire dall' individuo in sé, ovvero nella sua interiorità e nella ua capacità produttrice. San Tommaso non condivide la concezione ilomofìca delle sostanze spirituali , poiché le composizioni ilomorfiche possono appartenere solo al corpo . La fo rma si divide quando viene ricevuta dalla materia, si individualizza e si accidentalizza ed esclude la presenza della forma contraria, introducendosi nella materia per causa di un movimento. Le intelligenze non sono individui , quanto, piuttosto, forme pure e prive di materia; l' intelligibile non entra nell'inte lletto come la forma nella materia e la forma, oggetto de ll ' intelletto, è semplice ed indivisibile , uni versale e libera da accidenti, cono ciuta in forma più completa grazie alla presenza del uo contrario, tanto più compresa dali ' intelletto quanto più stabile risulta quest' ultimo. L' individualità appartiene esclusivamente ad una forma interna aJia materia. Il proble ma dell'individualità dell ' uomo si risolve secondo la regola generale che si applica all ' individuazione degli esseri composti di forma e di materia. Ciò che separa gli individui gli uni dagli altri , consiste nella ma-
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teria cui si unisce la forma; la forma, infatti , è specifica e per tutti gli indi vidui di una medesima specie ussiste una forma specificamente identica, che risiede in ciascuno di essi. Ciò che costituisce l' individuo è materia signata («pura materia») unita alla forma, ovvero considerata secondo dimensioni determinate; essa assegna alla forma una posizione esclusiva nel tempo e nello spazio ed inoltre, in ragione della sua debolezza, non può ricevere la forma se non in modo inadeguato ed imperfetto. L'individuazione corrisponde dunque ad una orta di diminuzione, d ' indebolimento, di degradazione. La materia, che in Aristotele risultava dotata di tendenze e animata da un dinamismo, in San Tom.maso si manifesta soprattutto come limite negativo, individuazione come privazione. Da ciò scaturisce il fatto che, nell ' unione de ll ' anima al corpo che costituisce l'uomo, l' anima non può comprendersi, non può cioè conoscersi d i per sé. Un simile modo di coniderare I ' individuo potrebbe indurre a considerare la precarietà di questo composto di anima e corpo. Tuttavia, San Tomrnaso, sminuendo la realtà individuale , le riconosce comunque l' immortalità. L' anima deve possedere una indi vidualità permanente, sebbene sia l' individualità dell ' uomo, composto d' anima e corpo che possiede il suo principio nella materia ignata. Aristotele resta fede le al principio dell ' universo aristotelico costituito da individui dotati ciascuno di per é del principio delle proprie operazioni: in ciascun individuo risiede l' uni tà della forma. Ora, questa dottrina che sembrerebbe riservare all' individuo un posto d ' eccellenza, poiché lo concepisce come realtà unica , fini sce per sminuirlo, !imita ndolo . Al contrario, la visione platonica dell' universo, che concepisce in una serie di forme gerarchizzate, sembrerebbe mi nuire l' individuo , giacché l' un ità non risiede mai nell ' indiv iduo quanto , piuttosto , nel tutto, e lo libera donandogli un infinito dinamismo di forme, delle quali ciascuna è desiderosa di quella che la completerà. L' unità individuale sembra connessa ad una concezione statica dell' individuo. In ciò si ri vela un'opposizione profonda e un paradosso nel carattere estremo dei punti di partenza e dei punti d ' arrivo di que te due visioni . Il pensiero riflessivo non può rintracciare alcuna compatibilità fra queste due rappresentazioni antagoni ste. In ciò risiede il problema metafìsico dell ' individualità. San Tommaso ba provato a rintracciare nell'intelletto il principio della persistenza dell'individualità dell'anima umana. Aristote le aveva provato a tabilire che l' anima intellettuale non è connessa al corpo in ciascuna de lle sue parti . San Tommaso , proseguendo questa ricerca , dimostra che esiste nell ' anima umana, oltre alle operazioni che necessitano come base gli organi corporei, un intelletto che conosce i suoi oggetti senza l' intermediario della materia: «l' anima intellettuale non può pertanto essere totalmente
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colta attraverso la materia o immersa in essa, come lo sono tutte le altre forme materiali»* (Contra Genti/es, IT, 68 fine). Al fine di salvaguardare tanto l'immortalità personale dell'anima quanto la sua funzione di forma sostanziale , l' individualità dell'anima deve essere concepita come distinta dali ' individualità dell'uomo, per la quale l 'anima costituirebbe prettamente la forma del corpo. «L' anima umana costituisce una forma che non dipende dalla materia secondo il suo essere. Da ciò segue che le anime risultano moltiplicate secondo moltiplicazione dei corpi, e che tuttavia la moltiplicazione dei corpi non è causa della moltiplicazione delle anime; per questo motivo non è necessario che, una volta distrutti i corpi, si esaurisca anche la pluralità delle anime»* (Contra Gentiles , Il , 81). Può, tuttavia, l'intelletto essere considerato individuale? Questo punto di vista non presenterebbe reali difficoltà in una riflessione del tutto conforme al platonismo , per causa del principio di pluralità delle forme; l'intelletto consisterebbe in una forma superiore alle forme , che costituiscono funzioni ulteriori dell 'anima, così come questa forma suprema finirebbe per aggiungersi alla forma inferiore: «Le forme inferiori sono inglobate nelle forme superiori , in modo tale che tutte vengano ricondotte alla prima forma universale, che unisce in sé tutte le forme»* (Avicebron, Fons Vìtae , ed. Bauemker, 143, 13). Thttavia, secondo una concezione statica dell'individualità , la pluralità delle forme in seno ad un essere risulta incompatibile con la sua unità, poiché una pluralità di forme non può creare una vera e propria sostanza. San Tommaso individua pertanto una possibile soluzione nell ' idea in base alla quale l'intelletto consiste nella sola ed unica forma del corpo organizzato: ne scaturiscono tutte le facoltà, sensitive o vegetative, da cui vengono eseguite le operazioni attraverso gli organi del corpo . L' individualità dell 'anima, pertanto, scaturisce dalla sua relazione con il corpo mentre la sua indipendenza procede dal carattere immateriale delle sue operazioni di conoscenza. Thttavia, occorre notare che quest'indipendenza dell'anima intellettuale scaturisce dal pensiero platonico, in base al quale l'anima è sorella delle idee. Aristotele ha accettato la distinzione dell 'anima intellettiva, che non è connessa al corpo in ciascuna delle sue parti , sebbene questa considerazione non si ri veli strettamente necessaria per il suo sistema e per la sua concezione dell ' individuo. Al fo ndo della distinzione dell 'anima intellettuale risiede una concezione platonica dell'essere , in base alla quale la conoscenza assimila il soggetto conoscente all'oggetto conosciuto. Questa conoscenza costituisce una partecipazione per conversione, non è, cioè, né induttiva né astrattiva. Secondo Aristotele, al contrario , l'operazione non possiede il senso di un'assimilazione analogica, che al contrario reperiamo in Platone: perciò, l ' intelligenza in atto risulta identica al suo oggetto e il
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suo oggetto costituisce una forma universale . Thtta la teoria della conoscenza di Aristotele andrebbe pertanto rigettata insieme alla sua rappresentazione dell'operazione intellettuale. Di fronte a ciò, San Tommaso si arresta e si appella ad una causa sovrannaturale per la moltiplicazione degli intelletti. E. Bréhier lo denomina «atto di forza teologico»* . Questo atto di fo rza consiste nel subordinare ad una fondamentale processione le operazioni intellettuali che assegnano all ' individuo umano una sorta di capacità di conversione . L'intelletto, in quanto moltiplicato da Dio , consiste in un intelletto la cui individualità procede dall ' atto divino, ma l' intelletto , poiché si distingue dalla materia che informa, costituisce principio di operazioni , poiché è attraverso queste operazioni che si pensano le nozioni non corporee e si distingue dal corpo e dalle sue funzioni, ovvero sensazione, movimento e nutrimento. L'intelletto, che pertanto si distingue dal corpo, si manifesterebbe come identico in tutti gli uomini e si troverebbe privo di individualità a causa dei caratteri stessi che istituiscono la sua partecipazione per conversione. Non sussiste pertanto, per il pensiero riflessivo , un mezzo per rendere compatibili queste due rappresentazioni dell'intelletto e per questo motivo, l' atto di forza teologico risulta necessario al fine di introdurre, secondo processione, una molteplicità che secondo conversione non risulterebbe possibile. Ora, la concezione del!' individualità elaborata da San Tommaso necessita della molteplicità degli intelletti individuali. Infatti, il richiamo alla fede lascia, nel concreto, il problema ancora del tutto irrisolto. È all'interno di questa cesura del pensiero di San Tommaso che si introdurrà la riflessione cartesiana, che in un senso sviluppa e nell'altro trasforma radicalmente la concezione tomista dell ' individualità. Descartes riprenderà l'idea di questo intelletto che conoscerebbe i suoi oggetti senza l' intermediario o l'assistenza della materia, per spingerlo sistematicamente ai suoi estremi teorici, abbandonando la nozione di anima come forma del corpo. Dunque la questione della relazione de li 'anima al corpo si presenterà come un ostacolo insormontabile; si potrebbe forse far scaturire da questo limite il fatto che lo sviluppo del problema riflessivo della natura dell' individuo permanga intrappolato in questa stessa difficoltà, che si traspare altresì dal seguente brano, tratto dal De unitate intellectus conrra Averroistas: «Si argomenta grossolanamente per dimostrare che Dio non può fare in modo che sussistano intelletti della medesima specie, poiché si crede che ciò implichi una contraddizione. Thttavia anche ammettendo che non sussista nella natura dell'intelligenza l'essere moltiplicato, non ne seguirebbe necessariamente che questa moltiplicazione implichi una necessaria contraddizione. Nulla impedisce che una cosa non possegga, nella sua natura, la causa di un carattere che essa possiede comunque anche solo in virtù di
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un'altra causa. Così, attraverso la natura, sebbene il grave non possegga questo carattere di trovarsi in alto, può comunque trovarsi in alto senza che ciò implichi contraddizione. Allo stesso modo se l'intelletto di tutti fosse unico poiché non possiede causa naturale di moltiplicazione, si potrebbe tuttavia ammettere la moltiplicazione senza provocare una contraddizione, in virtù di una causa soprannaturale. Ciò sia detto non tanto in merito alla nostra affermazione attuale quanto, piuttosto, riguardo a quel modo di argomentare che non intende altri argomenti; si potrebbe così concludere che Dio non può non fare in modo che i morti risuscitino e che i ciechi non riacquistino la vista»* (De unitate intellectus contra Averroistas, cap. VII). Ora, questo «modo di argomentare» consiste precisamente in quello impiegato dal metodo costruttivo cartesiano, che mirerà a considerare tutti gli argomenti ed in particolare quello della conoscenza dell'uomo. Le prime difficoltà, che causeranno una critica riflessiva, si manifestano quando Sigieri di Brabante , maestro delle arti, dimostra che le tesi di Aristotele in merito all ' identità dell ' intelletto in tutti gli uomini contraddicono la rivelazione. Così, l'interpretazione averrorista di Aristotele si oppone alla soluzione tomi sta del problema dell ' individualità. Il De Anima intellectiva di Sigieri stabilisce che, secondo Aristotele , le facoltà vegetativa e sensitiva non posseggono la stessa forma di appartenenza della facoltà intellettiva. Senza dubbio, l' intelletto è connesso al corpo in tutta la sua operazione, poiché non può cogliere nulla se non nell ' immagine che implica l'organo corporeo dell'immaginazione, ma ne comprende solo questa e pertanto quando si afferma che l' uomo comprende, non si vuole intendere l'uomo come composto di anima e corpo, ma inteso come il solo intelletto. Nel 1270, il vescovo di Parigi , Stefano Tempier, condanna, fra le altre proposizioni, quelle della dottri na averroista sull'identità degli intelletti umani e di nuovo nel 1277, viene emanata un'ennesima condanna: Sigieri viene obbligato ad abbandonare l'Università di Parigi viene citato davanti all'inquisitore di Francia e poco più tardi, convocato dalla Santa Sede, viene condannato all' internamento perpetuo. Boezio di Dacia e Bernardo di Nivelles, che difendevano la medesima interpretazione, vennero ugualmente condannati. Agli averroisti si attribuisce la dottrina della "doppia verità". Questo movimento, continuato da Giovanni di Jandun , proseguì sino al Rinascimento, sfociando in una sorta di fideismo. Le condanne a carico di Stefano Tempier nell277 miravano d 'altra parte non solo a colpire l'averroismo latino, ma altresì certe innovazioni del tomi smo relative, in particolare, alle proposizioni 402.43, ovvero quelle relative all'individuazione attraverso la sola materia e al la necessità, per la volontà, di seguire ciò che
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si giudica buono secondo intelletto (proposizione 163). Ora, quest'ultima proposizione era resa necessaria dalla preoccupazione di mantenere l ' un~ tà della forma che risiede nell'anima dell'individuo umano. Nel 1277, 11 domenicano Robert Kilwardby fece condannare ad Oxford la tesi dell.'unità della forma. Su questa via, venne seguito anche dal francescano John Peckham, nel 1285. Questo pensiero si ispirava all'agostinismo, secondo cui l'essere già informato aspira a nuove forme e in cui la materia è densa di determinazioni che in seguito genereranno la forma. L'individuo non è compiuto di per sé, ma possiede la ragione per cui consiste in un'ill~mi nazione che gli consente di partecipare di Dio attraverso la conversiOne. Nell'universo peripatetico, al contrario, l'individuo è compiuto di per sé mentre la materia attende passivamente la forma e la conoscenza intellettuale non può costituire un mezzo di partecipazione, poiché possiede una natura astrattiva. Enrico di Gand, docente di teologia a Parigi nel 1277 , rappresentante di questo agostinismo antitomista, afferma che la materia esiste di per sé ed è in atto, sebbene quest'atto risulti imperfetto e consenta la capacità di ricevere una forma che lo compia e completi. L'essenza non risulta realmente distinta dali 'essere, poiché l 'essenza possiede di per sé il suo essere e ad essenze diverse corrispondono esseri diversi; ciascun'essenza possiede pertanto di per sé, seppur parzialmente, il potere di Dio. Perciò, l' individuazione non è dovuta alla materia, quanto alla negazione e l' individuo si configura come l'essere che, termine inferiore della divisione, diviene incapace di dividersi ulteriormente e che pertanto risulta ugualmente incapace di identificarsi con gli altri individui e di comunicare con essi. Sussiste una certa continuità nell'essere e nella conoscenza e lo scopo della vita spirituale, per l'essere individuale, non consiste nella conoscenza di. Dio, come per San Tommaso, quanto, piuttosto, nell ' unione con Dio e nell'amore; non è l' intelletto che , nell'individuo, impone, anche fosse in forma unica, il fine della volontà, poiché la volontà, che consiste nella facoltà di desiderare o di amare, possiede uno scopo a sé stante, che risulta superiore a quello dell'intelletto, indicando il senso di questo movimento di conversione dell'individuo. L'anima intellettuale è individuale di per sé, anche senza relazione con il corpo. Questa conclusione la si reperisce in forma rigorosa nella Summa philosophiae di Robeto Grossatesta e nella sua scuola, presso l'Università di Oxford. Questa somma afferma che «l' anima, comprendendosi, non coglie la propria specie, quanto, piuttosto, 1' intuizione di se stessa>>* (p. 463). La conoscenza esiste secondo relazione continua fra oggetto e soggetto; l'essenza della cosa si unisce ali ' intelletto senza alcun intermediario e pertanto non esistono specie intelligibili intermediarie della conoscenza intellettuale. Una tale concezione dell'individuo
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e della relazione necessita di una fisica e di una metafisica del continuo: la scuola di Oxford le riceve dalla teoria della luce ed, a sua volta, la luce svolge nell ' universo fisico il ruolo che l'emanazione gioca nell'universo metafisica. [lo/m Duns Scoto] Attraverso Roger Bacon, que ta dottrina si viluppa trasformandosi, finendo per formulare una nuova concezione dell'individuo con Duns Scoto. In Duns Scoto permangono numerose tracce di agosti nismo, ma questo agostinismo traspare soprattutto nella critica che Duns Scoto articola del pensiero di San Tommaso, sebbene non si mantenga la visione agostiniana della teoria d eli ' individuazione: si tratta in questo caso di un nuovo modo di pensare, e, per certi versi, rispetto a questo problema, di una nuova epoca che si inaugura. Il sintomo di questo nuovo periodo traspare dal fatto che la grande questione da risolvere per definire l' individuo non consiste più nel sapere come partecipi , ma se esso sia libero e come si definisca la sua libertà. Nel primo periodo, l'aspetto parado sale della nozione di individuo si traduceva nel fatto che l'individuo si manifestasse come partecipante secondo due modalità reciprocamente incompatibili . Nel periodo che si inaugura con Duns Scoto, anche quest' aspetto paradossale si traduce nella posizione simultanea del servo arbitrio e del libero arbitrio. Duns Scoto abbandona la continuità nell 'essere e la continuità della conoscenza , principio di ogni partecipazione; il principio di analogia universale , che, in San Bonaventura ed anche in San Tommaso costituiva il grande motore della continuità viene definitivamente abbandonato da Duns Scoto, perlomeno secondo quanto afferma Emi le Bréhier. L'essere possiede così un senso univoco e non equivoco rispetto a Dio e alle creature, ed in tal senso viene abbandonato qualsiasi fondamento del rapporto analogico che consente di passare dall'essere derivato all'essere più nobile. Non sussiste più alcun legame fra la materia e la forma. La materia, possedendo un'idea distinta, consiste in qualcosa di attuale, per sé. L'individuo riceve pertanto una intelligibilità analoga a quella che i peri patetici assegnano alla specie, ovvero una determinazione attraverso caratteri po itivi ed essenziali e non più attraverso caratteri negativi ed accidentali. L' unità dell ' individuo necessita di un'entità determinata, che consta della sua ecceità: né la materia né la forma specifica cui si connette contengono questa identità. L'ecceità viene ricercata al di fuori della forma e della materia e di conseguenza anche de l loro composto, in una realtà ultima e dunque l'ecceità di un essere individuale consiste nella sua "entità singolare", che resta formalmente distinta dalla sua entità specifica. L'individualità si aggiunge alla specie,
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~e nza che sussista alcun legame di continuità reciproca e la conoscenza dei singolari non può essere contenuta in quella degli universali, come ~os teneva San Tommaso in merito alla conoscenza angelica. L' individuo costituisce pertanto una realtà positiva distinta dalla specie. Allo stesso modo, l' intelletto possibile diviene causa totale dell ' atto di comprensione c la specie intelligibile non produce l 'atto di comprendere, bensì determina e elusivamente quest 'atto nei confronti di questo o quest' altro oggetto. I primi principi vengono appresi attraverso evidenza, da cui pertanto sorgono i termini. L'individuo dispone di principi , di conoscenze e di azione che esistono in modo assoluto, senza ricorso ad alcuna partecipazione. Sul fronte etico, il primato della volontà sull'intelletto assegna all' individuo la sua libertà: «Solo la volontà costituisce causa totale dell ' abolizione nella volontà» . La volontà «comanda l'intelletto», dirigendolo alla considerazione di questo o quest'altro oggetto. Questo principio risulta valido per l'essere divino: «poiché la sua volontà lo ha voluto, non vi è altra causa tranne che la volontà sia la volontà stessa>>*.
[XIV secolo] Ora , questo primato della volontà conduce ad una conseguenza inversa rispetto al punto di partenza, che consiste in quella sviluppata in particolare da Thomas Bradwardine: non sussiste altra causalità che la causalità divina e non vi è «né ragione né legge necessarie in Dio che precedano la ua volontà» , così che «la volontà divina consiste nella causa efficiente di ogni cosa , causa motrice di ogni movimento». La conseguenza di questo modo di vedere consiste nel fatto che l' atto più libero che l'uomo possa compiere risulti necessitato da Dio: «l'uomo è servo di Dio, sebbene sia servo spontaneo e non costretto»* . Questa teoria del servo arbitrio verrà riproposta nel quattordicesimo secolo da Giovanni di Mirecourt, docente presso l' Università di Parigi. Questo determinismo teologico , anche quando non sfoci nella negazione esplicita del fatto che la libertà umana presupponga il libero arbitrio, conduce tuttavia a considerarlo come «il grado infimo della libertà»* , secondo l' espressione impiegata da De cartes . Occorre notare sin d'ora che il determinismo teologico costituisce una dottrina in grado di opporsi nettamente alla dottrina che fa risalire la libertà al libero arbitrio individuale. Infatti , il libero arbitrio individuale consente la scelta e la scelta si può compiere fra termini preesistenti e determinati . Al contrario, la libertà di un individuo , soggetto al servo arbitrio, consiste nel fatto di continuare ad agire sulla via nella quale è determinato ad agire o, in caso contrario, di arrestare la sua azione; l' interruzione non consiste in una scelta, non più di quanto non lo sia
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l'azione. Pertanto sembrerebbe che l'uomo sia più profondamente creatore non nella scelta, c he presuppone il libero arbitrio, quanto, piuttosto, nell'azione attraverso cui agisce secondo il volere di Dio, e in condizione di servo arbitrio. Dal determinismo teologico al determinismo secondo il carattere e il destino, la transizione risulta agevole e risulta così possibile cogliere in Duns Scoto un modo di affrontare l' individuo che sfocerà nella concezione di John Wyclif ed in seguito a quella di Lutero, ma altresì in quella di Descartes e forse persino in certi aspetti del pensiero di Rousseau e di Maine de Biran. Tuttavi a, affi nché risultasse possibile una nuova concezione dell'individuo , occorreva operare una riforma di tutta la metafisica ed in particolare della teoria della conoscenza. Questa riforma comincia con il domenicano Durand de Saint-Pourçain , che definisce come fitti zie le spec ie sensibili ed intelligibili. Anche l' intelletto agente viene rite nuto fittizio. L'universale differisce dall'individuo, come l'indeterminato dal determinato e l' uni versale scaturisce prettamente da una certa modalità di considerare l' immagine sensibile, quando cioè non si tiene conto di ciò che di individuale risiede in essa. Il problema dell ' individuazione diviene pertanto un falso problema, poiché presuppone l'esistenza della specie come precedente all ' individuo; se non si pre uppone questa anteriorità esistenziale , se non esiste nuJI' altro che l'individuale, non risulta più necessario domandarsi cosa individualizzi la specie . Il nominalismo conduce pertanto ad una posizione originale del problema de li ' individualità. L'indi viduale risulta essere il primo oggetto della nostra conoscenza . Questa nuova attitudine si reperisce altresì nel fra ncescano Pietro Aureolo, autore del Commento alle Sentenze: «è ben più nobile conoscere una realtà individ uale e designata che conoscerla in modo astratto ed universale»*. L' anima conoscerebbe la cosa non attraverso una species, che costituisce un intermediario , quanto, piuttosto, attraverso un esse intentionale , o forma specularis, che costituiscono a loro volta l'oggetto proprio della conoscenza, prodotti nell'inte lletto dalle cose, e che consistono nelle "impressioni". Queste impressioni constano della cosa stessa come presente nello spirito e in ciò che risulta attualmente visibile per suo tramite. Conoscenza della specie e conoscenza del genere dipendono prettamente dalle differenze di chiarezza e distinzione dell'impressione ed il genere corrisponde all'infimo grado di perfezione. li progresso della conoscenza procede dall ' universale al singolare, ovvero dal confuso al c hiaro e distinto: per la conoscenza, l' individuo costituisce un principio di perfezione. Ora, si può supporre che la gerarchia dei gradi dell ' essere segua alla gerarchia dei gradi della perfezione.
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[Guglielmo di Ockhamj Guglielmo di Ockham sistematizza questa dottrina, dimostrando inizialmente che, se l' universale esistesse in sé, consisterebbe in un individuo, cosa che risulta di per sé contraddittoria. L' uni versale non può spiegare il singolare, poiché non può sdoppiare gli e eri ingolari e pertanto non può spiegarli: porre l' universale nelle cose singolari, da cui lo spirito le trarrebbe per astrazione, significa renderlo individuale. Queste argomentazioni ricordano quelle che si riscontrano nella critica che Aristotele condusse contro l' idea separata in Platone, ma il ragionamento attacca al contempo anche la dottrina di Aristotele. Per Gugliel mo di Ockharn , infatti , gli universali risiedono nei ignificati di una parola (intentio animae, conceptus animae, passio animae: "volontà dell' anima, concezione dell'anima, affezione dell' anima"). Gli universali costituiscono segni o significati, pertanto non risiedono né nelle parole né nelle cose. Gli universali , nella proposizione, sostituiscono le cose che designano: si definiscono pertanto sulla base del loro impiego nell 'ambito della cono cenza. Il problema dell'universalità non consiste più in un problema di natu ra, quanto, piuttosto, in un problema di funzione, di utilizzo pratico. Questa dottrina possiede la sua origine in Abelardo e presuppone il fatto che la relazione attiva possegga valore d' essere; in effetti risulta molto diverso considerare gli universali come puri ''jlatus vocis" o piuttosto considerarli come immagini che rappresentino indifferentemente una qualsiasi delle cose singolari contenute nella loro estensione, potendo sostituirle come il segno sostituisce la cosa significata. Gli universali non sono cose: sono piuttosto le relazioni fra i segni che a loro volta costituiscono vere proprie relazioni , al lo stesso titolo delle relazioni fra le cose. Si può agire con gli universali come i matematici algebristi agiscono con i simboli astratti: «supponere pro ipsis rebus»*. Una delle conseguenze più rilevanti di questa nuova teoria della conoscenza consiste nella conoscenza originaria delle cose singolari (che costituisce la vera conoscenza) che ottiene per intuizione tanto le cose sensibili quanto «certi intelligibili che non cadono in alcun modo sotto il senso, come le intellezioni, l' atto volontario, la gioia, la tristezza delle cose di questo genere che l ' uomo può speri mentare dentro di sé». Al fianco dell'esperienza esterna, che ci rivela il sensibile, l'esperienza interna ci rivela l' intelligibile. Si tratta di un nuovo ambito di realtà, ovvero il mondo interiore all'individuo come lo si conosce attraver o intuizione interiore e che si manifesta in questo caso attraverso un processo di conoscenza e qualificazione . La dignità della realtà individuale non risiede prettamente nel fatto che l'individuo consista nel soggetto delle esperienze interne ed esterne che fondano la conoscenza, quanto , piuttosto, nel fatto che la realtà interna all'i ndividuo divenga oggetto di conoscenza per intuì-
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zione, mentre le questioni metafisiche si trovano al di là della portata de lla nostra ragione. La metafisica diviene dunque la conoscenza delle realtà intem e ali' individuo.
[Nicola di Autrecourt] La critica alla metafisica e alla fis ica di Aristotele prosegue con l' insegnamento di Nicola d 'Autrecourt, attraverso l'esame delle nozioni di causalità e sostanza. Il legame di causalità non risulta più assimilabile a quello di identità, poiché la causalità non può essere considerata alla stregua di un prodotto del simile al simile ed il di venire consiste in una successione di momenti privi di connessione. La stessa critica si applica alla nozione di sostanza: nessun soggetto di apparenze date dal senso può risultare noto, né intuitivamente né discorsivamente. La conc lusio ne risulta di particolare interesse per quella dottrina che considera l'uomo in quanto individuo: «sono sicuro con evidenza olo degli oggetti dei miei sensi e dei miei atti». Il soggetto possiede coscienza deJJa propria esistenza attraver o i suoi atti . Anche il pensiero cartesiano non si oppone a questo modo di affrontare la cono cenza del soggetto ne l suo isolamento, cosa che evita ogni questio ne relativa aJI' individuazione, poiché, in quanto indi vidualizzata, la realtà del soggetto viene colta improvvisamente (anche in virtù delle condizioni della conoscenza). Certo, quest'ottica pone un problema critico, ma risulta comunque di un certo rilievo constatare che questa riflessione sulla cono cenza del soggetto inizi con Sigieri di Brabante e che già nel suo pensiero sussisteva una svolta tanto logica quanto a nto logica che caratterizzava questo in ieme di argomentazioni: «tutto ciò che ci si manifesta costituì ce un imulacro di un sogno, sicché non iamo certi di nulla»* . Questa propo izione appartiene al le impossibilia , di cui si può fornire dimostrazione attraverso la logica; non sono i sensi che ci forniscono le apparenze, quanto, piuttosto, un 'altra facoltà che può gi ud icare se queste apparenze siano vere. Questo ragionamento assume, per certi versi, una piega carte iana e viene perfezionato da Nicola d' Autrecourt, che giunge ad attaccare la nozione di facoltà dell ' anima, affermando che no n si possiede il d iritto di concludere dall 'atto di volontà all'esistenza della volo ntà. Questa tesi induce a considerare l' individuo soggetto come termine primo che non ha bisogno di alcuna spiegazione e che pertanto consiste nell 'origine e nel fondamento di ogni conoscenza e di ogni azione. Tuttavia, resta da controbattere un principio della fi losofia di Aristotele allo scopo di assicurare il primato deJI 'individuo in quanto causa: «tutto ciò che viene mosso è mosso da quaJcos'altro»*. SuJia base di questo principio, il movimento, non o lo inizialmente, ma in ciascuno dei suoi momenti successivi , viene prodotto da un motore che contiene un atto che si realizza nel mobile.
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[Buridano] Questo principio, con tutte le con eguenze metafisiche che c?~po~~· vi~ne_sostit~ito in Buridano daJ!a prima formulazione del prinCipiO d1 merz1a: Il mov1mento non è sostenuto e mantenuto perpetuamente da un ' intelligenza celeste, ma causato da un impetus che viene comunicato dal motore alla cosa mossa. Questo impetus consiste in una sorta di potenza (o, nel vocabolario della fisica moderna, in un 'energia cinetica) che rende il mobile capace di continuare a muoversi di per sé secondo la medesima direzione: questo impetus risulta tanto più grande quanto più elevata risulta la velocità con la quale il mobile viene mosso, ed il movimento durerebbe indefinitamente se non fosse trattenuto daJla resistenza dell'aria e del peso. Se queste circostanze no n s i ponessero, questo indebolimento non si veri ficherebbe e il movimento durerebbe indefinitamente: è questo il caso dei movi_~enti _dei c_orp! ~elesti, da cui scaturisce l'inutilità delle inteJiigenze motrJCJ e d1 tutti gh mterventi eccezionali di Dio. I movimenti dei cieli per Buridano, risultano assimilabili al movimento dei proiettili, che con iÌ principio di inerzia, istituisce l' unità della meccanica e scalza la teoria dei luoghi naturali ed i suoi coro llari , che comportano la finitudine del mondo ed il geocentrismo. Ricerche come que lle di Alberto di Sassonia sulla caduta dei gravi costituiscono ipotesi simili a quelle formulate sull'immobilità del cielo e sul movimento della terra. Sviluppando le prospettive maturate daJI'auto re del Timeo, Scoto Eri ugena e Alberto Magno dimostrano che un nuovo spirito sta operando neJJe scienze un vero e proprio decentramento del soggetto, delle apparenze vitali e della conoscenza: l' individuo che riflette n_o n costituirà più il centro del mondo, privilegiato per la sua dignità, ma d1verrà, attraverso questo decentramento, autore di una conoscenza oggettiva. Sempre su questo punto, si palesa altresì l'aspetto paradossale della nozione di individuo: l' individuo smarrisce la sua dignità geocentrica ed antropocentrica e diviene l'essere che dipende esclusivamente da e stesso. La doppia situazione dell' uomo nel mondo , che Pascal ottolineerà con forza , è già in germe in questa critica deJla fi sica aristotelica nel XIV s~colo: La ricerca ?.ella p~eci~azione dell ' indi viduo ad una realtà supenore SI arresta ne ll •stante m cu1 l'essere umano diviene cosciente del suo potere autocostitutivo, in particolare ne li 'alveo delle scienze. Certo, sussistono pure degli error i che sottraggono ai principi della nuova fi sica la loro_ fecondi~ : per esempio , il princ ipio di inerzia no n è accompagnato, in ~undano ed ~n Alberto di Sassonia, dal principio secondo cui ogni corpo m~ ~s~o dJ u~a certa v_elocità, ma attratto aJI 'azione di qualsiasi forza, contmuJ mdefimtamente Il suo movimento in linea retta con la medesima velocità. Questi due autori pensavano infatti che se un corpo avesse ubito un inizio di movimento circolare, avrebbe continuato questo movimento
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circolare anche quando fossero cessate le forze. Tuttavia questa nuova tipologia di conoscenza, con le sue ipotesi principali, risultava ormai definita e cominciava ad esercitarsi il suo ruolo paradigmatico. Questi nuovi metodi si manifestano ancor più chiaramente in Nicola di Oresme, nel uo Libro del cielo e del mondo: que ti inventa isterni di coordinate, solo in eguito denominati cartesiani, e formula esattamente la legge della caduta dei corpi, verificata più tardi da Galileo.
[Eckhart] Apparentemente, il movimento mistico del XIV secolo, sfocia con Eckhart in una visione molto diversa della realtà individuale. Tuttavia, anche in questo caso sussiste il medesimo paradosso: in un certo senso, non possono esistere creature finite ed individuali all'infuori di Dio, dotate cioè di realtà autentica, quanto quella divina: «l'individualità costituisce un puro accidente, un nulla. Sopprimendo questo nulla , tutte le creature sono univoche». I l destino individuale deve pertanto tradursi in una unificazione con Dio e per l'individuo costituisce un decentramento compiuto e radicale. Tuttavia, questo decentramento costituisce e elusivamente la oppressione di un nulla e non sottrae nulla all'individuo con iderato già dal punto di vista di ciò che diverrà; non sembrerebbe sottrarre nulla all'i ndividuo se non quando lo si consideri come un tutto compiuto e dato in dall 'origine, ovvero quando esiste come essere separato e determinato come membro di una specie. Come membro di una specie, l'individuo risulta separato dagli altri individui, poiché l'individualità, in quanto separazione, è tutto ciò che resta dell'individuo, quando gli si attribui ca il sen o della specie. Tuttavia il problema deiJ'individualità precede quello dell'individuazione, poiché consiste nel chiedersi quale parte di realtà venga attribuita alla specie e quale all' individuo: solo quando viene fornita una risposta a questo problema ci si può domandare come la realtà della specie, specie che risulta detentrice di una parte cospicua della realtà, si frammenti in individui a causa di un principio di individuazione. A livello del primo problema, tuttavia, il dilemma metafisico di individuo o specie può essere eliminato e si può infatti immaginare un'esistenza antecedente all ' individuo , al di là di qualsiasi specie. L'individuo non scaturisce più daJJa specie individuata, quanto, piuttosto, direttamente e in modo originario, dall'essere. In tal enso, l' essere particolare, che consiste nell ' individuo, non si distingue necessariamente dall 'essere unico ed universale che consta della divinità e non se ne distingue se non a causa della sua materia accessoria ed inessenziale. Ne segue pertanto che per scoprire la sua reale realtà, l'individuo si debba spogliare della sua particolarità e di ciò che causa la sua divisione dagli altri esseri particolari: questa scoperta non causa tuttavia un impove-
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rimento, quanto, piuttosto, un arricchimento e la scoperta dello stato finale e pienamente reale. La realtà originaria dell' individuo non consiste in un essere distinto e separato, quanto, piuttosto, nell'essere in quanto tale. L'individuo è nell'essere e mira a divenire l'essere. Abbandonare il limite della particolarità, significa abbandonare la realtà, eliminare l' illusione originaria. In tal senso, quest' individuo che possiede in sé l'essere sin dal primo atto di riflessione non deve ricercare la mediazione della specie o del gruppo per scoprire dentro di sé la realtà assoluta che annienterà quel nulla che consiste nella sua particolarità. Questa particolarità possiede una qualche realtà? Non è affatto semplice ri spondere a questa domanda: si potrebbe solo affermare che quest'isolamento primigenio dell'individuo risiede al suo interno come segno negativo del fatto che la sua realtà non consiste nell 'appartenere ad una specie o ad un gruppo. La particolarità dell' individuo lo salva dall'illusione de lla specie individuata: è più facile passare dall ' essere particolare, cioè dall'individuo, all 'essere assoluto, piuttosto che dalla situazione relativa dell'individuo nel gruppo specifico alla posizione reale dinanzi all ' assoluto. Dall'as oluto particolare risulta possibile il passaggio all'assoluto della realtà divina, mentre la relatività dell'esistenza comunitaria e delle operazioni collettive, che si manifestano in se stesse come un assoluto, contengono per sempre, nella loro relatività, l'essere particolare che corrisponde all' individuo. L'individuo è più prossimo all'assoluto nella solitudine della sua particolarità di quanto non lo sia la relatività dell'esistenza mondana. n carattere negativo dell'isolamento dell'individuo costituisce dunque ciò per cui l'individuo possiede qualcosa di assoluto. A livello della realtà individuale, quest' isolamento consiste in una condizione di assoluto ; l'essere limitato non può essere assoluto se non nell'isolamento, poiché il nulla dell ' isolamento individuale non appartiene in alcun modo all'essere e tuttavia conserva l'es ere in questa particolarità, che corrisponde all ' individuo dalla relatività di un'esistenza comunitaria, concepita come fine ultimo. Così si può parzialmente c iogliere il paradosso dell'individualità: un puro nulla può costituire una condizione di accesso preferenziale ali' assoluto e ciò che viene abbandonato dali' indi vi duo quando si avvicina allo stato divino consiste in questo nulla che contiene la particolarità individuale. Si spiega così l'importanza funzionale di questo nulla e di tutte le negazioni che sono associate aJJa particolarità individuale. Le individualità non sono dotate di realtà reale in quanto separate, ma contengono un'eminente realtà, quale punto di partenza di un movimento verso l'essere, che consiste nell'avanzamento spirituale. La realtà dell' individuo è una realtà nell'individuo secondo le tappe di un dinamismo che parte dall' individuo, ed è proprio a partire dall ' individuo che l' anima si può
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separare ed informarsi in Dio, capacitandosi della nobiltà e della purezza della natura divina. Que ta fondamentale attitudine costituisce un'etica e diviene parte integrante del movimento verso Dio: le sue regole principali definiscono lo stato dell'individuo in rapporto al mondo e in rapporto a se stesso, e non piuttosto un'azione diretta in rapporto alla comunità: la povertà costituisce lo stato dell ' uomo che non possiede alcuna conoscenza, che non vuole nulla e che non possiede nulla. Il vero povero è quell'uomo del tutto estraneo a se stesso ed alle altre creature; il povero si trova in uno stato in cui si riscontrano e coincidono l' individualità e la non individualità: non possiede neppure la volontà di compiere la volontà di Dio e si trova in uno stato di totale passività, in cui lascia che Dio compia in lui la sua opera, pronto a soffrire le pene dell' inferno come a partecipare delle gioie della beatitudine. Le virtù non sono acquisizioni dell 'anima, quanto, piuttosto, coincidono con l'essere stesso dell 'anima; le opere in quanto tali non sono nulla e solo la volontà da cui procedono possiede un valore. L'opera reale , l'opera interna, che sola può accostarci a Dio, consiste in una volontà incurante di qualsiasi vittoria esteriore, superiore a qualsiasi circostanza, al tempo e allo spazio, e che pertanto non può essere mai ostacolata. L'amore non coincide con il figlio di Poros e Penia, bensì in una pienezza identica a Dio stesso; l' anima ricollocata nel suo sfondo proprio, ovvero al di qua degli stati in cui possiede un'attività limitata e determinata, ottiene totale libertà e non necessita di contatti multipli e ripetuti con gli ambienti esterni e ociali. Sono le attività inferiori dell'anima che compiono l'azione: la volontà, la ragione , l 'intendimento, il senso esterno vengono ordinate e dirette dal ripiegamento dell'anima in sé. In ciò consiste la visione in base alla quale l'insieme del diverso, la somma di tutte le individualità separate, si manifesterebbe come espressione o rivelazione di un ' unità più profonda. Il diverso, in quanto tale , manifestandosi espressamente, risulta immediatamente negato e l'individuo non viene conosciuto realmente se non durante quell ' isolamento rispetto ad altri individui che lo riconduce a Dio e gli impedisce di essere concepito come realtà ultima . La parola non trova il suo senso solo sulla base della sua connessione con le altre parole della fra e, poiché se una parola non possiede un senso di per sé, tante parole non posseggono un senso migliore per il semplice fatto di essere numerose, ma occorre che ciascuna parola possegga un senso in rapporto al pensiero che esprime affinché l' insieme delle parole possegga un senso, ed il contesto coincide con il senso e non con le parole, poiché il contesto risiede nel pensiero e non nella somma delle parole. Questo metodo viene applicato alla teologia: indica che la divinità, al di sopra della trinità, consiste in " natura non naturata",
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mentre, al di sotto di questa unità impartecipata che resta in se stessa, le tre persone formano la " natura naturata". La creazione del mondo , come processione delle cose create al di fuori di Dio, è ancora espressione di Dio ed in queste condizioni , questa creazione, in natura, non risulta del tutto differen te dalla generazione del Figlio da parte del Padre. Il Figlio, infatti, esprime il pensiero del Padre e possiede di per sé un'unità assoluta, in cui i identificano conosciuto e conoscente, lo spirito congiunto del figlio e del padre. Ciascuna co a possiede in Dio il suo essere eterno, compreso nel Verbo: la creazione consiste in quest'atto intemporale attraverso cui Dio si è compiaciuto nel suo Figlio. Ciascuna esistenza individuale, di ciascuna creatura, in un tempo e in uno spazio determinati, non può essere concepita alla stregua del risultato di un atto positivo di Dio: l'esistenza finita delle co e al di fuori di Dio, la diversità che le separa, non si può concepire se non come nulla e privazione. Come nella teoria di Platino e di Sant'Agotino, il male consiste in una semplice privazione e in un difetto connessi a questa diversità. L'anima individuale possiede, quale sua funzione propria, la conoscenza dell'unità originaria delle creature ed il fondo dell'anima, la Funke , si configura come synteresis, luogo in cui ogni creatura ritrova la sua unità. La conoscenza possiede valore d'essere: consiste in una trasformazione delle cose stesse durante il loro ritorno a Dio . Il Cristo diviene pertanto modello, piuttosto che redentore del peccato di Adamo, modello della perfetta unione di Dio e della sua creatura. Quest' incarnazione avrebbe avuto luogo anche senza il peccato di Adamo ed il Cristo è la guida delle anime attraver o cui l'univer o ritorna a Dio. L'aspetto della dottrina cristiana che subordina la dottrina individuale ad una tradizione storica, e che possiede istituzioni giuridiche e sacre, diviene ines enziale. Questa dottrina viene diffusa da Giovanni Taulero, Enrico Suso e Jan Ruysbroeck, secondo i quali la «quiddità di Dio supera tutte le creature». Nonostante la notevole differenza che sussiste fra la dottrina univeritaria degli Ockhamisti e la dottrina mistica di Eckbart, la concezione dell'individuo implica un comune postulato: non risulta necessario pasare attraverso la specie per conoscere l' individuo e quest'individuo costituisce una base solida per agire e conoscere al di là di qualsiasi gruppo naturale o istituzionale. La realtà va ricercata nell'interiorità individuale e non piuttosto nella tradizione o nelle istituzioni del gruppo. Tanto che lo si tratti come realtà ultima o come punto di partenza, l' individuo deve essere colto nel suo isolamento e, nel fatto di essere particolare, egli possiede qualcosa di assoluto. Per gli Ockhamisti non esistono luoghi naturali , così come non sussiste alcuna validità della tradizione dei sacramenti secondo
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Eckhart: il pianeta si muove a causa del suo impetus, come l' anima giunge da sola a Dio*.
[Dal Rinascimento al XVII secolo] Ne l corso de l XVII secolo, il problema dell ' individualità si manifesta in modo del tutto originale. La foga individualista del XVI ecolo e del Rinascimento viene definitivamente abbandonata, sebbene si possa comunque reperire ne l corso del XVTI secolo una sorta di ritorno ad una dottrina precedente rispetto a quella divulgata durante il Rinascimento e l'individuo continua ad essere considerato alla stregua di un principio, nella misura in cui questi consiste in una realtà nettamente distinta da quella di qualsiasi comunità, da qualsiasi tradizione e da qualsiasi situazione di fatto. Al contempo, l'individuo consiste in un principio di universalità, punto di partenza e sede di un 'attività costruttrice. L' individuo come essere particolare non corrisponde più ad una realtà di fatto : si configura piuttosto prettamente come essere umano. L' ideale mondano dell'uomo retto, che non si confonde con le meschinità del mondo, acquisisce dunque la sua centralità: l'uomo giusto non con iste strettamente con l' uomo di corte, con l' uomo di città o con il gentiluomo di campagna e ancor meno s'identifica con l'uomo di mestiere. I suoi aspetti peculiari, che gli garantisco non l' appartenenza a ciò che definiamo ambiente sociale, lo privano in parte della sua universalità. Allo stesso modo viene considerato I ' uomo interiore con i suoi precipui tratti caratteriali : l' abitudine, il carattere, piuttosto che manifestare la natura individuale, palesano alcune insufficienze che privano l'individuo dell'accesso all ' univer aie; singolarizzarsi o specificarsi signHica infatti privarsi dell'universalità. Questa ricerca di uni versai ità a livello dell' individuo e attraverso l' indi viduo si può rimarcare in modo ancor più concreto attraverso la creazione di una vera e propria universalità di fatto , fra scienziati e spiriti eletti: la corrispondenza fra filosofi e scienziati ne l XVII secolo è diretta fra individuo ed individuo , e risulta esterna rispetto ai gruppi ristretti delle Università: i filosofi del XVll secolo, come ha fatto notare Emile Bréhier*, non sono gente di scuola: Bacon, Descartes, Hobbes, Spinoza, Malebranche, Leibniz, Locke sono indipendenti dall' un iversità. Questi uomini sono noti in quanto uomini e non piuttosto in quanto membri di un gruppo. Uno dei rappresentanti di spicco di questa indipendenza individuale di filosofi e scienziati del XVII secolo è senz'ombra d i dubbio il Padre Mersenne, che svolse il ruolo di animatore della ricerca prima ancora de ll'esistenza della stampa scientifica. Pascal dice di lui : «ha fornito l'occasione per numerose coperte che non sarebbero mai state compiute s'egli non avesse pungolato gli scienziati». Il Padre Mersenne ha consentito a Descartes di preservare la sua solitu-
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dine, pur restando in comunicazione con i migliori spiriti del tempo. I problemi di ordine scientifico venivano spesso posti sotto forma di domande, come nel caso delle questioni di ordine geometrico, e le risposte venivano inviate attraverso corrispondenza dedicata. Più tardi , questa funzione sarà svolta dai giornali specializzati, come il Journal des Sa vants e le Nouvelles de La République des Lettres, dalle Mémoires de Trévoux ed in seguito dagli Acta eruditorum. Allo stesso modo, le accademie, come I'Académie des Sciences, l ' Accademia dei Lincei, il Cimento, la Società Reale di Londra, la Società delle Scienze fondata a Berlino costituiscono società che consistono essenzialmente in raggruppamenti di individui che riflettono e comunicano le loro opere e scoperte individuali, senza possedere opinioni di gruppo che sanciscano dogmi 11 • Lo scopo di queste società consiste nella realizzazione dell ' universalità dell ' informazione e non piuttosto in quello di stabilire cosa sia vero che cosa sia falso. A tal riguardo , risultano di notevole interesse gli statuti della Società reale di Londra: «la società non farà ua nessuna ipotesi, nessuna dottrina sui principi della filosofia naturale, proposta o menzionata da un qualsiasi filosofo, antico o moderno che sia» allo scopo di «non considerare generali semplici pensieri particolari»*. Questo pensiero sancisce una condizione universale per l ' individualità e l' individuo è capace di universalità, non in seno alle condizioni empiriche della sua esistenza, ma nell'esercizio della sua attività , poiché l'individuo si universalizza attraverso la sua attività. I pensatori del XVII secolo abbandonano il dinamismo del XV1 secolo e del Rinascimento, sebbe ne tutto c iò che viene sottratto alla definizione del mondo sia as egnato al soggetto pensante. Quest' ordine costruttivo dell ' universalità scaturisce dall' individuo, a tal punto che tutti gli oggetti del mondo e le loro relazioni vengono considerati ripercorribili dal pensiero. Se si abbandona il dinamismo del XVI secolo , la motivazione risiede nel fatto che persiste tanto un confine quanto un legame originario fra l' uomo il mondo. Secondo queste considerazioni , l'apprensione dell ' oggetto risulta ancor più immediata di quanto non lo fos e il dinamismo dell' epoca precedente: l'oggetto è concepito come compenetrabile ad una tecnica, che consiste nella ricostruzione razionale del reale e nel prolungamento dell ' opera creatrice, con l'impiego cosciente del potere umano. Non sussiste più alcuna distinzione fra intelletIl
Generalmente, la tendenza delle Accademie si orientava alla legiferazione in materia di gusto o di discipline. Tuttavia, solo durante il XVIII secolo, il pensiero, o perlomeno l'opinione chiara e distinta, divenne una realtà di gruppo. l filo ofi del XVII secolo non possono essere in alcun modo accomunati a quelli del X VIU secolo, perlomeno secondo una prospettiva orie ntata a concepirli in quanto realtà di gruppo.
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to e ragione: ciò che può essere pensato corrisponde a ciò che potrebbe es ere costruito e a ciò che viene concretamente costruito. Costruire significa ordinare, ed ordinare significa costruire. L'operazione possiede valore d'essere, poiché non solo modifica l'essere, ma lo costituisce. L' individuo si configura come l' essere capace di costruirsi o ricostruirsi di per sé. L'azione che ricade su di sé non viene più concepita come purificazione o acrificio, quanto, piuttosto, come costruzione che ordina e riesamina ogni realtà originariamente data come tale, per riordinarla e ultirnarla. L'attività di scoperta costruttrice che il Rinascimento aveva consacrato soprattutto al mondo, nel XVI secolo si volge piuttosto verso l'io, ma quest'ultimo non viene concepito come cosa o oggetto di ricerca, quanto, piuttosto, come realtà da costruirsi o ricostruirsi secondo norme elaborate sulla base della tecnica razionale più feconda, ovvero quella dei matematici, applicata alla meccanica. Nel XVII ecolo, le scienze vengono indagate a partire da esigenze di ordine costruttivo , sulla scorta di chemi tecnici ed il tipo di intelligibilità coincide con il funzionamento meccanico, ne l quale non vi è priorità del tutto sulle sue parti . L'ordine delle parti assegna al tutto il suo funzionamento che, a sua volta, consiste nella re lazione o nell ' insieme delle relazioni. Le strutture consistono in strutture meccaniche e non piuttosto in gerarchie di forze nascoste e di desideri , o in analogie e relazioni fra segno e cosa significata. L' individuo non possiede una propria soggettività o perlomeno un ' intimità profonda. L'essenza diviene attività, la relazione consiste in un fascio di operazioni e la struttura in un fascio di relazioni. Certo, permangono alcune difficoltà nel cor o di quest' impresa: l'individuo umano non è semplice e non tutto risulta pertanto costruibile allo stesso modo; una delle relazioni fondamentali che sorge, s'impone come realtà data che non si lascia direttamente penetrare da alcuno schematismo ; l 'intelligibilità dell'individuo umano si ottiene esclusivamente a partire dal presupposto della distinzione dell ' anima e del corpo, e qualsiasi incoerenza viene rigettata in e no ad un 'oscura relazione che non consiste in un fascio di operazioni . In ciò risiede il paradosso dell'individualità nella forma particolare che a sume durante il XVII secolo: l' individuo diviene realtà costruibile e di conseguenza razionale, a condizione che si presupponga la realizzazione di una certa discontinuità che spezzi l'unità individuale e che non risulti affatto costruibile, poiché presuppone una teoria dell 'essere differente rispetto a quella che soggiace alla costruzione razionale. Quest'ultima presuppone infatti l'esistenza della relazione per discontinuità antologica ed eterogeneità sostanziale, mentre qualsiasi razionalismo di ordine costrutti vo sottende l' ipotesi della continuità e dell 'omogeneità dell 'essere. In Descartes questo paradosso risulta ancor più manifesto: tut-
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tavia , questo limite è co ì notevole che nessun pensiero sistematico del secolo sfugge da questo vincolo. Lo schema di partecipazione viene definitivamente abbandonato nel pensiero dell'individuo che caratterizza quest'epoca: lo sostituisce piuttosto lo schema di costruzione che, a sua volta, si scontra con lo stesso problema fondamentale.
[Francis Bacon] In Bacon, l' intenzione costruttrice si manifesta nel Temporis partus masculus sive de interpretatione naturae. La quinta e la sesta parte del trattato dimostrano come si possano far risalire le leggi scientifiche alle azioni che le conoscenze consentono di operare sulla natura. Si tratta dello studio dei «phaenomena universi»* , che a loro volta consentono di fondare la «scientia activa». Fra il primo studio, che consiste nella Historia naturalis si ve experimentalis ad condendam philosophiam e la Pltilosophia secunda sive scientia activa, si inserisce la scala intellectus si ve filum Labyrinthi* ed i prodromi sive anticipationes philosophiae secundae*. Questo programma corrisponde a quello della riforma carte iana, sebbene non contenga ancora alcuna considerazione in merito al Cogito. Bacon intende trasformare la vita umana, garantendo il governo dell'uomo sulla natura, mentre Descartes vi aggiungerà il controllo dell' uomo su se stesso, stabilendo la continuità fra le tecniche che assicurano il comando ulla natura e quelle che consentono di giungere alla padronanza su di sé, attraverso quell' unità che risiede nella saggezza. In tal senso, gli oggetti tecnici non vengono concepiti come di versi dagli esseri naturali . La storia natura le si divide in tre parti: historia generationium, praetergenerationium, artium. Lo studio dei mostri e delle tecniche apparteneva già all 'encic lopedia di Plinio, ma Plinio non affermava, come Bacon, che i mostri e le tecniche evidenziano le medesime forme dissimulate dalle generazioni naturali: «natura omnia regit» («la natura regge ogni cosa»)*. L'uomo non crea nessuna forza che non risieda già nella natura, tutt'al più crea solo nuove condizioni. L'operazione umana possiede valore d'essere, è naturale e si installa in seno all ' universalità delle azioni naturali e non sussiste più alcuna distinzione fondamentale fra l' ordine teorico e l'ordine pratico: le operazioni pratiche non coincidono più esclusivamente con quelle della natura e sono suscettibili di essere considerate come oggetti dello studio teorico. Si comprende pertanto il motivo per cui sussiste un passaggio continuo dalla filosofia prima alla filosofia seconda e quello per il quale risulta po sibile, senza con questo nuocere alla filosofia prima, «richiamare la multiforme filosofia naturale della speculazione ali' importanza delle pratiche operative»*. Bacon tralascia le scienze dell'argomentazione, poiché
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queste scienze si attengono strettamente alia specificità di un metodo e di un linguaggio. Gli scolastici «affidano la loro anima ad Aristotele come i loro corpi alle loro cellule»; questi specialisti si assimilano infatti alla loro disciplina e s' illudono che la loro scienza preferita possa racchiudere ogni cosa. Con que ta chiusura si spiega la sterilità delle specializzazioni dogmatiche: la sterilità è segno di irrealtà del pensiero. La logica scolastica è sterile come una vergine consacrata a Dio , che nulla crea di per sé sola. Nel suo isolamento, lo spirito può produrre esclusivamente una serie di distinzioni. Così, l'uomo isolato possiede esclusivamente l'intellectus sibi permissus* (intelletto dato a se stesso). Ciò che Bacon ricerca consiste nella fecondità operatoria, ch'egli ritiene si potrebbe reperire esclusivamente nell'esperienza. In ciò risulta del tutto distante da Descartes, poiché non rileva alcuna fecondità nell'intellectus sibi permissus e non riesce a distinguere il lavoro deduttivo inventivo e sintetico dalla semplice analisi logica. Tuttavia, l'intenzione risulta identica, ovvero quella di rifiutare la sterilità del puro formalismo. L'essere individuale non i deve rinchiudere nell ' illusione di una dottrina compiuta, come la scolastica, e deve piuttosto procedere, secondo Bacon , verso l'esperienza, mentre econdo De cartes deve perseguire la deduzione costruttiva. Tuttavia, Bacon risulta ancora molto vicino al Rinascimento, perlomeno più di quanto non lo sia Descartes. Il dinamismo del mondo si ritrova, secondo Bacon, riposto nell 'essere umano; al contempo, egli ritiene ch'esso sia ancora in parte riposto nel mondo, così che, nell'esperienza, persista una sorta di relazione fra l' individuo e il mondo. Bacon ignora la capacità inventiva della deduzione; in tal senso, egli si considera generalmente come il pioniere della stessa fiducia nella capacità dell'essere individuale, che si ritroverà, in misura di gran lunga maggiore, nella speculazione di Descartes, sebbene Bacon non possegga ancora metodi validi e fecondi che incentivino la fiducia in questa capacità. Al contempo, manifesta una profonda fiducia in questa forza e la sua intenzione, seppur con mezzi nuovi, troverà compimento in Descartes. Bacon non ha individuato alcun metodo universale per gi ustificare appieno la fiducia nell 'indi viduo inventore: nell' ambito del pen iero del XVll secolo, l'individualità as oluta del pensiero può scoprirsi e elusivamente attraverso l'universalità del metodo. In Bacon si manifesta il paradosso dell'individualità che ricerca se stessa attraverso la piena co cienza dei propri mezzi d'azione sulla natura e si manifesta attraverso la doppia apparenza della relazione dell' uomo al mondo: «natura non vincitur nisi parendo» (. Boyle sostiene al contrario l 'esistenza di un'uni versalità più perfetta in seno alle condizioni sperimentali, sarebbe a dire nella scienza matematica delle macchine che, a sua volta , consente «di applicare la matematica pura alla produzione o alla modificazione dei movimenti nei corpi»*.
[Descarres} Anche nella speculazione di Descartes si rileva il «progetto di una scienza universale che possa elevare la nostra natura al suo grado più alto di perfezione». Tuttavia, nel metodo deduttivo risiede una nuova fonte di universalità che non necessita del ricorso all'esperienza da parte dell'individuo e non obbliga il suo pensiero ad obbedire alla natura per
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poterla dominare. Descartes istituisce un 'indipendenza assoluta dell'essere individuale, al fine di poter ottenere una condizione di universalità attraverso quest' indipendenza. L'atto individuale persegue l'universale quando le condizioni nelle quali si compie risultano condizioni uni versali: queste condizioni coincidono con quelle della conoscenza certa, attraverso l'universalità delle prove negative e della val idità della conoscenza. L'universale consiste in ciò che, nell'essere individuale, ha resistito alla prova progressiva del dubbio. Se approfondiamo il modo in cui si dispone il dubbio, vedremo che procede dal particolare, dal personale, alla generalità dei concetti ed infine alla conoscenza universale necessaria delle nozioni matematiche e delle dimostrazioni o operazioni. A tutti questi livelli, il dubbio risulta possibile, ma, per stabilirlo, occorre impiegare argomenti sempre più rigorosamente elaborati e difficilmente rintracciabili. li dubbio si applica anche alle deduzioni ed alle operazioni necessarie delle matematiche. Al contempo, iJ pensiero risulta paradossalmente fallimentare quando lo si coglie come realtà ultima dell'essere pensante. L'essere individuale viene ritrovato al termine del progresso del dubbio metodico, sebbene in condizioni assai diverse ri spetto a quelle del primo coglimento dell 'essere individuale , ritrovato di per sé. Il primo ritrovamento consisteva in quello in cui , durante la Prima Meditazione, Descartes si domandava se si potesse ancora credere all' esistenza del proprio corpo. Le illusioni , i sogni, le allucinazioni percettive dei pazzi impedivano infatti di fidarsi del presentimento dell 'esistenza del corpo. Nella Seconda Meditazione, l'essere individuale, in quanto pensante, viene concepito come oggetto del pensiero riflessivo. Ora, si potrebbe affermare, come pure a suo tempo fece Kant, che il Cogito consenta di cogliere l'esistenza di un'attività pensante, ma non piuttosto di individualizzarla in sé, conferendola ad un soggetto personale. L'io del Cogito costituirebbe prettamente la forma di ogni giudizio e non piuttosto la realtà di un essere personale individualizzato. Questa operazione che consiste nel Cogito può rivelare un 'attività impersonale? Descartes affronta il problema della permanenza del pensiero: «io sono , io esisto, questo è certo, ma per quanto tempo?»*. Al contempo, egli non sembra affrontare come questione distinta da quella dell' esi tenza, il problema relativo al carattere personale del pensiero. Il tutto si verifica come se il pensiero scoperto dal Cogito non avesse bisogno di nessuna individuazione poiché costituisce di già un essere individualizzato. A causa del carattere negativo della prova, questo pensiero coincide sin dalle origini con un essere individuale. Il Cogito resta valido dinanzi al Genio Maligno, che fa in modo che si erri tutte le volte che si affermi «io sono»: affi nché questo giudizio risulti falso , sebbene sia pure colto come certo, occorre che
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un essere distinto da quello che apporta il giudizio, e più influente di lui, faccia in modo che si sbagli ogni qual volta si giudica; pertanto, occorre che il soggetto che giudica la propria esistenza e che risente dell 'evidenza di questo giudizio tutte le volte che pensa, risul ti sostanzialmente distinto dal Genio Maligno (altrimenti saprebbe che sta sbagliando se coincidesse con il suo ingannatore). Se di contro il Genio Maligno non esistesse, il giudizio risulterebbe vero. Pertanto il Cogito è valido , sia se falso di per sé, poiché deve comunque esistere per poter essere falsificato dali' azione di un essere sostanzialmente distinto, sia se vero, a causa del suo stesso contenuto diretto. Nel primo caso, il sum contiene l'esistenza personale, nel secondo caso, si tratta del Cogito. Occorre sottolineare che il soggetto del Cogito non consiste esclusivamente nel soggetto logico della proposizione, ma altresì nell'oggetto reale dell'azione del Genio Maligno. Se questo soggetto consistesse solo nel soggetto del giudizio non potrebbe scongiurare la falsità del giudizio. Ora, la validità del Cogito resiste all' errore nel giudizio che lo costituisce, poiché questo giudizio non viene concepito esclusivamente come proposizione, quanto, piuttosto, come atto: l'atto conserva la sua realtà, sia che la proposizione sia falsa sia che la proposizione sia vera. In tal caso, il Cogito costituisce un caso privilegiato per una proposizione il cui oggetto consista nell'atto della form ula e questa proposizione mantiene la sua validità a partire dali 'atto che la pone, poiché enuncia esclusivamente quest'atto e risulta vera in modo assol uto, costituendo di per sé il proprio oggetto e il proprio significato. Si potrebbe dunque affermare eh 'essa risulta automaticamente vera, a partire dal suo fu nzionamento proprio, poiché basta a se stessa. La sua particolarità risiede così in un' universalità pura che non ri sulta logica, ma dipendente dall 'essere stesso. II Cogito consiste in una generazione assol uta di significato antologico, di essenza e di esistenza. Nel Cogito prevale la coincidenza dell'essenza e dell'esistenza così come quella del soggetto pensante e dell'oggetto pensato, ovvero se stesso nell'istante in cui pensa se stesso. Il Cogito realizza l'identità di una verità e di una realtà: il Cogito, in quanto proposizione, consiste in una verità reale, come l'atto che lo pensa costituisce una realtà vera. U Cogito istituisce una reciprocità di verità e di realtà, che si costituiscono reciprocamente secondo uno schema di causalità ricorrente. Questa reazione necessita tuttavia di essere posta in gioco in condizioni tali da potersi mantenere: queste condizioni corrispondono ali' indipendenza assoluta del soggetto pensante . L'assenza di problemi o di preoccupazioni e l'esercizio del dubbio metodico creano le condizioni per questa causalità ricorrente. In queste condizioni necessarie alla reattività, il Cogito si definisce inizialmente come ciò che non può compiersi se non per un essere individuale totalmente indi-
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pendente. Risulta pertanto naturale che Descartes non cerchi di stabilire il carattere personale del soggetto del Cogito, poiché le condizioni in cui sorge coincidono con le condizioni dell'in>. Questo pe nsiero suggerì ce all ' uomo d '«esser astuti ancor prima d'esser bambini», poiché occorre es ere intelligenti prima ancora di aver maturato la propria sensibilità. Questa dottrina , questa ricerca, lasciano pensare alla " lunga deviazione" [long detour] di Platone , attraverso cui l' essere giunge al suo compimento.
Nota complementare sulle conseguenze della nozione d'individuazione
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VALORI E RICERCA DI OGGETIIVITÀ
l . Valori relativi e valori assoluti Il valore rappresenta il simbolo dell ' integrazione più perfetta possibile, ovvero della complementarietà illimitata fra l'essere individuale e gli altri esseri indi viduali. Presuppone che esista un mezzo per rendere tutte le realtà complementari, e consiste, a sua volta, nel mezzo più efficace per supporre che tutto ciò che è si integra nella volontà universale. La finalità divina, universalizzazione del principio di ragione sufficiente, presuppone e circoscrive questa ricerca di valore, poiché cerca di compensare l'inadeguatezza fra tutti gli esseri esistenti attraverso una dissimmetria, assunta una volta per tutte, fra l'essere creatore e gli esseri creati. Dio è invocato quale condizione di complementarietà e questa complementarietà si può rintracciare sia attraverso connessione diretta di una comunità al piano di finalità divina (è questo il senso della nozione di popolo eletto neli' Antico Testamento) sia attraverso la costituzione di una virtuale comunità fi nale di eletti, che saranno determinati solo dopo la prova dell'esistenza terrena (è questo il senso del cri stianesimo comunitario) sia ancora come possibilità di progresso o di regresso indefiniti sulla via della scoperta di Dio: San Paolo e Simone Weil manifestano quest'esperienza di diretta trasparenza*. Si può inoltre concepire anche una perfezione assoluta e non comunitaria, come quella di Péguy, che manifesta uno sforzo di integrazione che supera tutti i pensieri astratti precedenti*. Occorre notare tuttavia che i Presocratici avevano concepito la complementarietà in modo del tutto differente, ovvero come coppia di contrari, nascita e morte, a cesa e discesa, cammino verso l 'alto e cammino verso il basso. A loro parere, infatti, la morte di un essere consisterebbe in una condizione favorevole alla nascita di un altro essere. La complementarietà della somma del divenire, infatti, si esprime a grandi linee nell'eterno ritorno, che Nietzsche ha tratto, come mito essenziale, dai Presocratici, integrandolo al suo panteismo.
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In ogni caso, il valore consiste nell'azione grazie alla quale è possibile costituire complementarietà. A questo principio, segue la possibilità di tre diversi tipi di valori , due valori relativi ed un valore assoluto. Possiamo definire valori relativi quei valori che esprimono l'ottenimento di una condizione complementare; questo valore è direttamente connesso a ciò che costituisce questa stessa condizione, ma che tuttavia non risiede al suo interno e che pertanto si può considerare come connesso a questa realtà senza per questo inerirle: equivale al valore di un rimedio guaritore o di un alimento benefico. In questo caso, è possibile concepire il valore quale condizione organ ica o quale condizione tecnica, a seconda che la condizione realizzata sia tecnica o piuttosto organica. II terzo tipo di valore consiste nel valore che consente la relazione: inizio o innesco della reazione che favorisce quest' attività e che, una volta innescata, si autoconserva . Nel novero di questi valori , i può considerare la cultura, che consiste, a sua volta, in un' insieme di inizi d 'azione, provvisti di un denso schematismo, che attende, a sua volta, la sua attualizzazione nell'azione . La cultura consente di risolvere problemi , ma non consente al contempo di costruire o vivere organicamente e presuppone che si sia già costituita una condizione di vita organica o di vita tecnica, tuttavia non riguarda le possibilità complementari che pertanto restano del tutto sterili: crea dunque il sistema di simboli che consenta loro di entrare in una mutua reazione. Ciò presuppone che la cultura sia in grado di MANIPOLARE, per certi versi, i simboli che rappresentano un certo gesto tecnico o una certa pulsione biologica, poiché l' inerzia e la resistenza delle condizioni organiche e delle condizioni tecniche ne impedisce la relazione allo stato bruto; si comprende così il moti vo per cui la cultura resta connessa alla capacità di simbolizzare le condizioni organiche e tecniche piuttosto che assumerle in blocco allo stato bruto: come quando, per innescare una reazione complessa, non si cerca di agire su tutta la massa dei corpi da combinare, quanto , piuttosto , su masse ridotte che propagheranno analogicamente la reazione nel tutto, allo stes o modo la cultura risulterà efficace solo nel caso in cui sia dotata della capacità di agire su simboli piuttosto che su realtà brute. La condizione di validità di quest'azione sui simboli risiede nell'autenticità dei simboli stessi, ovvero nel fatto che consistano realmente in un prolungamento del le realtà che rappresentano e non piuttosto in un semplice arbitrio, artificialmente connesso alle cose da rappresentare. Platone ha dimostrato che l'esattezza delle definizioni risulta necessaria al pen iero e che il filosofo deve preoccuparsi di scoprire il vero simbolo di ciascun essere, ovvero quello che possiede un senso anche per gli Dei , secondo quanto afferma Crati lo*. È per questo motivo che ogni esercizio di espres-
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sione svolge un ruolo decisivo nella cultura, senza che con ciò si confonda la cultura con i uoi esercizi. Le Belle Arti, in quanto mezzi di espressione, offrono alla cultu ra la loro potenza di simboli zzazione feconda, sebbene al contempo non costituiscano la cultura , che pertanto, se resta puro estetismo, non possiede alcuna efficacia. Inoltre, occorre che la cultura, piuttosto che configurarsi come pura consumatrice di mezzi d'espressione costituiti in generi chiusi, serva realmente a risolvere problemi comuni, ovvero istituisca un rapporto fra le condizioni organiche e le condizioni tecniche. Il puro organicismo ed il puro tecnicismo eludono il problema dell'efficacia della cultura. Marllismo e freudismo riducono la c ultura al semplice mezzo espressivo, sebbene, in realtà, o una cultura è riflessiva o non è davvero cul tura, e resta cioè una mitologia o una sovrastruttura. Consideriamo al contrario una cultura di tipo riAessivo che intenda risolvere dei problemi: troveremo in essa un impiego del potere di simbolizzare che non si esaurisce nella sola promozione d eli' organico e neppure ne li ' espressione del tecnico, poiché la cultura riflessiva risulta sensibile ali 'a petto problematico de li 'esistenza e ricerca ciò che è umano , ovvero c iò che piuttosto che compiersi di per sé ed automaticamente necessita di una problematizzazione dell' uomo a partire da se stesso, nel ritorno di causalità della riAessione e della coscienza del sé: la necessità della cultura si manifesta quando ci si imbatte in un ostacolo. Vladimir Jankélévitch scrive che ogni problema risulta per essenza tanatologico*, moti vo per cui , in condizioni di esistenza, l ' uomo si configura come organi smo o come tecnico, ma mai come le due cose simultaneamente. Ora , il problema si manifesterebbe nel momento in cu i dovesse sorgere , piuttosto che quest' alternanza fra vita organica e vita tecnica, la necessità di un modo di COMPATIBILITÀ fra le due vite, in seno ad un vita che le integrasse simultaneamente e che consistesse nell 'esi tenza umana. Ogn i c ultura fornisce una risposta a questo problema posto in termini particolari. Platone risponde a questa questione con l'impiego dell 'analogia di struttura, operazione e virtù che esiste fra l'individuo e la città in cui si esplica la sua attività tecnica e che consiste nella «Città armoniosa» della Repubblica e delle Leggi *. Il cristianesimo, che non cerca più di eternare l' uomo nel divenire , introduce la nozione di opere meritevoli ed accorda lo sforzo tecnico con la vita organica attraverso la speranza in una vita eterna che integri i due aspetti, e lo sforzo non organico si converte in vita spirituale. Il sacrificio costituisce un modo di conversione che presuppone la possibi lità di quest'integrazione e la relazione fra i due termini risulta possibile attraverso la comune relazione a Dio.
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2. La zona oscura fra il sostanzialismo dell'individuo e L'integrazione al gruppo Occorre notare la rilevanza del problema nel momento in cui l'attività tecnica non si riduce alla guerra o piuttosto alla semplice amministrazione della città, come nel caso di quei cittadini cui l'esistenza della schiavitù con ente di sottrar i dal lavoro . Il cristianesimo risponde alla necessità di integrare a questo problema il lavoro, che, a ua volta, non risiedeva fra le tecniche dei cittadini . Sarebbe del tutto errato considerare la cultura cristiana priva di qualsiasi valore sol perché interpreta esclusivamente il problema umano dello schiavo e al contrario quella greco-latina come dotata di valore, perché coincidente con la posizione di un problema che non contempli la funzione del lavoro. Se infatti una della due culture risultasse incompiuta, l' altra Io sarebbe altrettanto, poiché risultano simultaneamente incomplete in modo del tutto complementare. Sono infatti culture incompiute, nel senso che ciascuna di essere pre uppone l' esclusione spirituale e l'esistenza materiale dell ' altra: paganesimo e cristianesimo, ad esempio, sono culture reciproche che costituiscono una coppia esistenziale. Approfondendo lo studio della cultura greco-romana, si rileverebbe che, prima della comparsa storica del C ristianesimo, le tradizioni culturali svolgevano le funzion i ch'esso assunse più tardi con un 'ampiezza pari a quella del nuovo mondo intellettuale: nella città, i culti iniziatici come Orfi smo e Pitagorismo, o ancora i misteri di Cibele, costituivano un elemento non strettamente pagano del pensiero e l'opera di Platone esplicita l' importanza dei valori ch'essi manifestavano. Tacito, per de crivere il Cristianesimo, Io confronta con il culto di Dioniso, con il quale finisce per confonderlo quasi interamente. II Cristianesimo , come cultura, sostituirà la pluralità dei culti iniziatici del sacrificio e della risurrezione, sebbene sia dotato di un potere di uni versalità tale da costituirlo come antagonista della religione ufficiale dell'impero Romano. La compatibi lità fra il paganesimo puro ed i culti iniziatici , che avevano già manifestato la propria precari età, cessa nel momento in cui il Cristianesimo fa convergere tutte quelle aspirazioni che fino a quel momento si erano ripartite all ' interno di misteri particolari. Quest'antagonismo di aspetti culturali , comunque complementari, non è mai cessato; a tutt'oggi, sussiste ancora un 'opposizione fra cultura civica e cultura religiosa. Ora, non si coglie alcuna possibile unità fra questi due versanti della cultura a li vello del loro contenuto particolare e solo un pensiero riflessivo può rilevare un sen o unitario dei valori all ' interno di quest'antagonismo. Ogni volontà di sinte i a livello di questi due contenuti culturali finirebbe per incappare in determinazioni stereotipate:
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questo è quanto emerge dalla disamina di queste due sintesi, parimenti insufficienti, della cu ltura civica divenuta religione e della cultura religiosa divenuta supporto per una società chiusa. Il pensiero massonico si rinserra in se stesso contemplando virtù civiche astratte, mentre la fede religiosa diviene farisaico senti mento di appartenenza al piccolo gruppo di fedeli che affermano la propria distinzione dall'altro gruppo sociale, grazie al simbolismo ed al rito. Un qualsiasi civismo divenuto religione si oppone ad una religione divenuta civismo. Ora, solo un pensiero che istituisca una relazione realmente ALLAGMATICA fra questi due aspetti della cultura risulta davvero valido e risulta dunque riflessivo e non piuttosto dogmatico. [J senso dei valori si dissolve in quest' incompatibilità fra .le due culture e solo il pensiero fi losofico può manifestare una compatibilità dinamica fra queste due forze c ieche che sacrificano l ' uomo alla polis o la vita collettiva alla ricerca individuale di salvezza. Senza il pensiero riflessivo, la cultura si degrada in sforzi incompatibili e non costruttivi , che consumano in uno contro sterile l'istanza civica e la ricerca di un destino individuale. II senso dei valori consiste nel rifiuto di un'incompatibilità nell 'ambito della cultura e il rifiuto di una fo ndamentale assurdità ne ll ' uomo.
3. Problematica e ricerca di compatibilità Quest'antagonismo cede il posto ad una possibile compatibilità se l'individuo, invece che essere considerato come sostanza o essere precario che aspira aJia sostanzialità, viene concepito piuttosto come punto singolare di un'infinità aperta di relazioni. Se la relazione ha valore d'essere, non sussiste più alcuna opposizione fra il desiderio di eternità e la necessità della vita collettiva. Un civismo vincolante - in qualsiasi sua forma- costituisce il simmetrico e, a volte, l'antidoto di qualsia i concezione del destino individuale isolato; risponde cioè ad un sostanzialismo dell ' individuo e vi si oppone pur accettandolo. II tragico della celta non risulta più fondamentale, se, a sua volta, la scelta non consiste in ciò che fa comunicare una città ed un individuo, indipendenti in quanto sostanze. Il valore non si oppone alle determinazioni, ma anzi le rende compatibili .li senso del valore risulta inerente alla relazione attraverso cui l'uomo intende risolvere il conflitto istituendo una compatibilità fra gli aspetti normativi della sua esistenza . Senza una normatività elementare, per certi aspetti subita dall'individuo, che contiene già di per sé un'incompatibilità , non sussisterebbe alcun problema. Occorre comunque notare che l'esistenza di una problematica non ci consente di fuoriuscire dall'incompatibilità ch' essa denuncia o designa e il problema non può essere interamente definito dai soli suoi termini, giac-
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ché in realtà non si rileva alcuna simmetria fra i termini stessi del problema morale. L' individuo può dunque vivere il problema, ma può chiarirlo solo risolvendolo e il supplemento d'essere scoperto e creato sotto forma di azione, consente alla coscienza, dopo ogni altra cosa, di definire i termini in cui il problema stesso si poneva: la sistematica che consente di pen are simultaneamente i termini del problema, quando si tratta di un problema morale, non risulta realmente possibile se non a partire dal momento in cui si rileva una soluzione. Posto dinanzi al problema, il soggetto si trova ad un livello d'es ere troppo debole per assumere simultaneamente la posizione dei termini fra i quali si stabilirà una relazione nell'azione e , in queste condizioni , il problema non potrà essere risolto da nessun percorso intellettuale puro e neppure da alcun'attitudine vitale. 11 senso del valore risiede nel sentimento che ci impedisce di ricercare una soluzione già data nel mondo o nell 'io, come schema intellettuale o attitudine vitale. Il valore consiste così nel senso stesso dell'ottativo ed in nessun ca o l'azione risulta riducibile alla scelta, poiché la scelta consiste nel ricorso a schemi d 'azione preformati e nell' istante in cui li eliminiamo tutti tranne uno, essi risultano assimilabili ad un reale preesistente nell 'avvenire, che per certi versi dobbiamo costringere a non essere. Il senso del valore consiste in ciò che ci deve evitare di fronteggiare problemi di scelta e il problema della scelta si manifesta quando resta solo una forma vuota dell 'azione, quando forze tecniche e forze organiche sono degradate in noi e ci appaiono come indifferenti . Se non sussiste alcuna perdita iniziale delle qualità biologiche e tecniche, il problema della scelta non può porsi in qualità di problema morale, poiché non vi sono azioni predeterminate, simili a quei corpi che le anime platoniche dovevano scegliere per incarnarsi. Non sussiste dunque né una scelta trascendente né una scelta immanente, poiché il senso del valore risiede nell 'autocostituzione del soggetto per mezzo di se stesso. Il problema morale che il soggetto può porsi risiede pertanto a livello di questa mediazione permanente e costruttrice grazie a cui il soggetto acquisisce progressivamente coscienza del fatto che ha risolto problemi , quando questi problemi sono stati risolti nell'azione.
4. Coscienza morale o individuazione etica Si potrebbe osservare che, in seno ad una simile concezione, la coscienza morale non sembra giocare più alcun ruolo. Risulta infatti impossibile dissociare la vera e propria coscienza morale dall 'azione , poiché la co cienza consiste nella reattività del soggetto in rapporto a se stesso, che pertanto gli
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consente di esistere come individuo, essendo di per se stesso norma della sua azione. Il soggetto agisce controllandosi, ovvero ponendosi il più possibile in comunicazione con se stesso e la coscienza consiste in una sorta di causalità di ritorno del soggetto su se stesso, quando un'azione ottativa è sul punto di risolvere un problema. La coscienza morale differisce dalla coscienza psicologica per il fatto che la coscienza psicologica esprime una risonanza dei suoi atti nel soggetto e di avvenimenti in funzione dello stato presente del soggetto. Consiste, cioè, in un giudizio sulla base di una determinazione attuale, mentre la coscienza morale* rapporta gli atti o gli inizi degli atti a ciò che il soggetto tende ad essere al termine di quest'atto e, tuttavia, non può effettuarlo se non in maniera estremamente precaria, in qualche modo "estrapolando" , per tenere conto della trasformazione attuale del soggetto. Risulta dunque tanto più fine quanto meglio riesce a giudicare ciò che il soggetto sarà; sussiste pertanto una certa indeterminazione all'interno della coscienza morale, poiché la coscienza morale instaura, inizialmente, un primo tipo di reattività, come nel caso della coscienza psicologica, e solo in seguito un secondo tipo di reattività che scaturì ce da ciò che fa dipendere le modalità di questo ritorno di causalità dal regime d'azione che controllano: in questa ricorrenza dell' informazione, il soggetto non consiste solo in un essere dotato di semplice teleologia interna, ma anche di una teleologia soggetta ad un 'autoregolazione; la coscienza psicologica risulta quindi già regolatrice, mentre la coscienza morale consiste in una coscienza regolatrice soggetta ad autoregolazione interna. Questa coscienza doppiamente regolatrice può definirsi co cienza normativa, autenticamente libera in quanto elabora di per sé il suo proprio regime di regolazione. Questa libertà non si può reperire in nessun altro essere o in nessun altro sistema che non dipendesse da un solo insieme di condizioni e che perseguisse, di conseguenza, un'i ndeterrninazione o un'attività iterativa, oscillatoria o per ri lassamento. Questa libertà si può reperire esclusivamente all' interno dell ' autocreazione di un regime di compatibilità fra condizioni asimmetriche come quelle che reperiamo alla base dell'azione. Un meccan ismo teleologico può imitare il funzionamento della coscienza psicologica, che può, a sua volta, risultare istantanea. Tuttavia, un meccanismo teleologico non può mai imitare la coscienza morale, poiché non si verifica mai un condizionamento dopp io e simultaneo ed occorre che organismo e tecnica siano già presenti, pronti ad essere posti in relazione, affi nché la coscienza morale possa esistere. La coscienza valorizzante defi nisce pertanto un livello di attività teleologica che non può essere ricondotto ad alcun automatismo e pertanto la soluzione di un problema morale non potrà mai essere individuata da un computer.
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5. Etica e processo di individuazione Certo, le condotte automatiche e stereotipate insorgono dal momento in cui viene meno la coscienza e pertanto il pensiero che procede per specie e generi sostituisce il senso stesso dei valori: la classificazione morale caratterizza semplicemente la teleologia sociale od organica ed è quindi di ordine meramente automatico. Per questa ragione, si impiegano stereotipi nazionali quali mezzi efficaci per pensare moralmente: in poco tempo, si arriva così ad un arresto della coscienza, anche di quella psicologica, e ci si arresta a livello degli istinti positivi o negativi , come la xenofobia, ovvero la tendenza ad assimilare gli stranieri agli esseri più spregevoli. La medesima prova può essere saggiata con sentimenti di gruppo come quelli propri delle classi sociali. Ciò che induce a fomentare illusioni , in questo caso, risiede nella fin troppo semplice convergenza degli istinti o dei sentimenti di gruppo, che sembra fornire una sorta di risoluzione dei problemi attraverso consen o collettivo, ottenuto in modo rapido ed immediato. In realtà, i sentimenti regolatori risultano di gran lunga meno stabili dei valori elaborati dagli individui, di modo che, cambiando le costanti sociali, gli stereotipi si invertano ed originino una convergenza diversa. In un certo senso, si potrebbero comparare i sentimenti sociali alla magnetizzazione che si può facilmente produrre in un metallo magnetico al di sotto del punto di Curie: basta un campo dotato di un'intensità esigua per mutare la magnetizzazione residua; al contrario, se si ono potute magnetizzare le molecole al di sopra del punto di Curie e le i è potute orientare nel campo, e poi si sono raffreddate con ervando questa magnetizzazione, occorre un campo smagnetizzante di gran lunga più intenso per smagnetizzare il metallo. Non si tratta dunque solo di un fenomeno di gruppo, quanto , piuttosto, di un fenomeno di magneti zzazione ed orientamento di ciascuna molecola, colta individualmente' . Gli uomini riuniti ulla base del senso di uno stes o valore non possono es ere separati da una emplice circostanza organica o tecnica; l'amicizia , ad e empio, possiede un senso dei valori che non fonda una società esclusivamente sulle mere necessità vitali di una comunità. L'amicizia necessita , infatti , dell 'esercizio della coscienza morale ed del senso della comunità di un 'azione. La comunità è biologica, mentre la società è etica. Allo stesso modo, le società non possono esistere senza comunità, ma non risulta altrettanto vero il reciproco di quest' affermazione, ovvero che non possano esi tere comunità senza società: la distinzione operata da Questa similitudine è fornita prettamente a titolo di paragone e non piuttosto d 'analogia.
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Bergson fra società chiusa e società aperta risulta senza dubbio valida, ma la società aperta deriva da una diretta influenza degli individui sulle loro relazioni reciproche, mentre la comunità, forma statutaria di relazione, non necessita della coscienza morale per esistere. Ogni società ri sulta aperta quando il solo criterio valido corrisponde all'azione, senza che sussista necessariamente un ou~oÀ.ov di natura biologica o tecnica per reclutare od escludere i membri della suddetta società. Una società che smarrisca il proprio senso a causa dell'impossibilità dell'azione diviene una comunità e di conseguenza si chiude, elaborando degli stereotipi . Mentre una società consiste in una comunità in espansione, una comunità consiste in una società divenuta ormai statica: le comunità adoperano infatti un pensiero che procede per inclusioni ed esclusioni, generi e specie, mentre la società adopera un autentico pensiero analogico e non conosce due soli valori, ma un'infinità di gradi di valore, che procedono dal nulla al tutto perfetto, senza alcun'opposizione di bene e male, di esseri buoni o cattivi. Per una ocietà, esistono solo valori morali positivi ed il male consiste in un puro nulla , ovvero in un' assenza e non piuttosto nel sintomo di un'attività volontaria. li ragionamento di Socrate oùùe(ç Éxoov Uf.UlQ'tUVEL, secondo il quale il male non si compie mai volontariamente, risulta largamente rivelatore della vera e propria coscienza morale deIl ' individuo e di una società di individui. Affinché la coscienza morale sia autonormativa ed autocostitutiva, viene infatti collocata per essenza nell' alternativa di non esistere o di non compiere mai volontariamente il male, poiché la coscienza morale presuppone che la relazione all'altro consista nella relazione di un individuo all'altro, all'interno di una società. Al. contrario, in rapporto ad una qualsiasi comunità, le comunità esterne vengono pensate negativamente, per il fatto stesso di essere esterne, e le categorie di inclusione ed esclusione sono implicitamente contenute nell'alternativa di risultare interne o esterne in rapporto alla comunità. Su queste categorie originarie di inclusione ed esclusione che corrispondono ad azioni di assimilazione o rifiuto, si sviluppano categorie annesse di purezza o impurità, di bontà o nocività, che costituiscono le autentiche radici sociali delle nozioni di bene e male. In questo caso, si registrano nozioni simmetriche, come quelle che l' individuo vivente manifesta nell'opposizione bipolare di assimilabile e nocivo. La bipolarità di valori contrassegna infatti l' esistenza di una comunità, mentre l' unipolarità dei valori caratterizza una società. In questo caso, occorre pure notare che l' attività tecnica non introduce una bipolarità di valori allo stesso titolo dell'attività biologica, poiché, infatti, per l'essere che costruisce non sussiste il buono e il cattivo, quanto, piuttosto , l 'indifferente e il costruttivo, il neutro e il positivo. A sua
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volta, la positività del valore si staglia su uno sfondo di neutralità, di neutralità del tutto provvisoria e del tutto relativa, poiché ciò che non risulta ancora del tutto utile potrà di ventarlo sulla scorta di quel gesto dell' individuo costruttore che saprà utilizzarlo . Al contrario, ciò che ha acquisito un ruolo funzionale nel lavoro non può più perderlo e si trova pertanto investito per sempre del carattere proprio di valore. Di con eguenza, il valore ri uJ ta irreversibile ed interamente positivo e non sussiste alcuna simmetria fra il valore e l' assenza di valore.
CAPITOLO SECONDO
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J . Il tecnico come individuo puro L'attività tecnica, di conseguenza, può essere considerata come fattore introduttivo alla vera e propria ragione sociale e come iniziatrice al senso della libertà dell ' individuo. La comunità, infatti, identifica l'individuo con la sua funzione, sia organica che tecnica, ma mentre può identificarlo interamente con la sua funzione organica e il suo stato organico (giovane, vecchio, guerriero), non può indurlo a coincidere totalmente con la sua funzione tecnica: nei poemi omerici, un solo medico è considerato equivalente a numerosi guerrieri (noÀÀ.ooç èlvta~L6ç èotL)*, e per questo motivo particolarmente onorato. Ciò deriva dal fatto che il medico corrisponde a l tecnico della guarigione e possiede un potere magico: la ua forza, infatti, non possiede solo un carattere sociale, come quella del capo o del guerriero e la sua funzione sociale scaturisce dal suo potere individuale e non piuttosto il contrario. 11 medico risulta superiore a quell'uomo definito a partire dalla sua integrazione al gruppo: lo è cioè di per sé, poiché po siede un dono che gli è proprio e che non dipende dalla società, ma che definisce la consistenza della sua individualità, a sua volta concepita senza .intermediari. Non consiste, dunque, solo in un membro di una società, quanto , piuttosto, in un individuo puro. All ' interno della stessa comunità, sembrerebbe appartenere ad un'altra specie, poiché costituisce un punto singolare e per questo non risulta sottomesso ai medesimi obblighi e ag li stessi divieti degli altri uomini*. Anche lo stregone o il sacerdote ri ultano detentori di una tecnica superiore, grazie alla quale captano fo rze naturali o rendono favorevoli le potenze divine. Un sol uomo può tener testa ad un capo d 'armata ed un sol uomo ottenere rispetto: il divino Tiresia* è più potente di chiunque sia defi nito dalla sua fu nzione, poiché corrisponde al tecnico della preveggenza dell 'avvenire. Anche un re risulta strettamente legato alla sua funzione, sebbene ia " legibus solutus". In seno ad una comunità, un tecnico apporta un elemento nuovo ed insostituibile, ovvero quello del dialogo diretto con l'oggetto nascosto o inaccessibile al semplice uomo della comunità. Il
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medico cono ce infatti dall 'esterno le misteriose funzioni che si svolgono all 'i nterno degli organi, mentre l' indovino legge nelle interiora delle vittime sacrificai i la sorte nasco ta deUa comun ità: il sacerdote è in comunicazione diretta con la volontà degli Dei e può modificare le loro decisioni , o per lo meno conoscere i loro divieti e di conseguenza rivelarli. Nelle città greche della Ionia nel VI secolo avanti Cristo, l'ingegnere diviene il tecnico per eccellenza ed assegna alle città un potere espansivo, poiché corrisponde ali' uomo Euf.LfJxavoç tç 1:éxvaç. TaJete, Anassimandro e Anassimene sono, prima d 'ogni altra cosa, dei tecnici. Non bisogna dimenticare che la prima comparsa di un libero pensiero individuale e di una ri fl essione disinteressata fu appannaggio dei tecnici, ovvero di uomini che hanno saputo svincolarsi dalla comunità attraverso un dialogo diretto con il mondo. Tannery, nella sua opera Per una Storia della scienza ellenica, ha dimostrato il ruolo preponderante del pensiero tecnico, ovvero di ciò che si è definito «miracolo greco»*. Per la comunità, il miracolo consiste nell 'avvento dell ' individuo puro che ri un isce in sé le due condizioni del pensiero riflessivo, ovvero la vita organica e la vita tecnica. Questi primi tecnici dimo trarono la loro forza, come fece TaJete predicendo un'eclissi solare*. Non occorre confondere tecnica e lavoro, poiché il lavoro, perdendo il suo carattere operativo sull' oggetto occulto, non consi te più in una vera e propria tecnica: il vero e proprio tecnico corrisponde piuttosto al mediatore fra comunità e oggetto occulto ed inaccessibile*. A tutt'oggi, definiamo tecnici uomini che in real tà sono solo lavoratori specializzati, ma che in realtà non pongono la comunità in comunicazione con un ambito occulto: una tecnica trasparente e divulgata non consiste più in una vera e propria tecnica, quanto, piuttosto, in una sorta di lavoro. G li specialisti non sono dei veri e propri "tecnici", quanto, piuttosto, dei lavoratori e la tecnica vera e propria i colloca, oggi, nell'ambito della ricerca scientifica che, in quanto ricerca, è orientata verso oggetti o proprietà di oggetti ancora ignoti. Gli individui liberi corrispondono a quelli che effettuano la ricerca ed istituiscono pertanto una relazione con l' oggetto non sociale.
2. L 'operazione tecnica come condizione di individuazione. Invenzione ed autonomia; comunità e relazione transindividuale tecnica Il rapporto dell 'Uomo al mondo può in realtà effettuarsi sia attraverso la comuni tà , per mezzo del lavoro, sia dall ' individuo al l'oggetto, nel dialogo diretto che consiste nello sforzo tecnico: l'oggetto tecnico così elaborato defi nisce una sorta di cristallizzazione del gesto umano creatore e lo perpetua ne ll'essere. Lo sforzo tecnico non è soggetto al regime temporale
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del lavoro e, a sua volta, il lavoro si esaurisce durante il suo compimento, mentre l'essere che lavora si aliena ne lla sua opera che gli si distacca gradualmente . Al contrario, l'essere tecnico realizza la somma di una disponibilità che permane sempre presente e lo sforzo iterato nei tempo, piuttosto che dissiparsi, costruisce di scorsivamente un essere coerente e manifesta l'azione o la serie di azioni che lo hanno costituito, conservandole in uno stato di co tante presenza: l'essere tecnico media lo sforzo umano e gli conferisce un'autonomia che la comunità non accorda altrettanto al lavoro. L'es ere tecnico è partecipabile, poiché la sua autonomia non risiede esclusivamente nella sua attualità, ma altresì nell ' informazione che lo fissa e costituisce e pe.rtanto può essere riprodotto senza perdere quest' informazione: in quanto essere di informazione, consiste dunque in un 'inesauribile fecondità e risulta aperto a qualsiasi gesto umano atto ad utiJizzarlo e ricrearlo, inserendosi in uno slancio di comunicazione universale. I Sofi sti compresero ed espressero il suddetto valore dello sforzo tecnico che libera l'uomo dalla comunità e lo rende un vero individuo. L'uomo non è solo ~ooov 1t0Àmx6v, ma anche ~ooov 'tEXVLx6v e la comunicazione del pensiero tecnico costituisce l'impronta del carattere di univer aJità fino alle sue forme più rozze o e lementari. Auguste Comte ha reperito una effettiva inerenza fra i "germi di positività" e l'operazione tecnica. L'operazione tecnica, infatti, reali zza ciò che il lavoro o le altre funzioni comunitarie non sono in grado di realizzare, ovvero la reatti vità dell'atto. L'attività costruttiva fornisce ali ' uomo l 'immagine concreta del suo atto, poiché ciò che costituisce attualmente oggetto di costruzione diviene oggetto di costruzioni ulteriori grazie ad una mediazione permanente. Questo regime continuo ed aperto del tempo dello sforzo tecnico consente ali 'individuo di possedere coscienza reattiva della propria azione e di costituire norma per se stesso. Infatti le norme tecniche risultano interamente accessibil i all 'indi vid uo senza che debba neces ariamente ricorrere ad una normatività sociale. L'oggetto tecnico risulta più o meno valido a seconda dei caratteri dello schematismo dello sforzo attraverso cui si è costituito. Una sorta di normatività intrinseca agli atti del soggetto, e che ne esige la coerenza interna, si definisce a partire dall'operazione tecnica inventiva. Queste norme non risultano mai sufficienti per produrre l'invenzione, ma la loro immanenza al soggetto condiziona la validità del suo sforzo. II tecnico può agire solo liberamente, poiché la normatività tecnica è intrin eca allo sforzo che la costituisce e non risulta né esterna all'azione né precedente. L' azione non risulta neppure anomica, in quanto feconda solo perché coerente e la coerenza corrisponde alla sua normatività, val ida poiché esiste realmente in e stessa e non piuttosto in seno ad una comunità. L'adozione
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o il rifiuto di un oggetto tecnico da parte di una società non inficia né agevola la validità del suddetto oggetto, poiché la oormatività tecnica risulta intrinseca ed assoluta e si può osservare altresì che la penetrazione di una nuova normatività in una comunità chiusa si rende possibile proprio grazie alla tecnica. La normatività tecnica modifica infatti il codice dei valori di una società chiusa, poiché esiste una certa sistematicità dei valori e pertanto ogni società chiusa, che ammetta una nuova tecnica, introduce valori inerenti a questa tecnica e per questo opera una nuova strutturazione del suo codice di valori. Giacché non esistono comunità che non adoperi no tecniche o che non ne introducano di nuove, non esistono comunità assolutamente chiuse o inevolutive*. Ogni gruppo sociale consiste in un misto di comunità e di società che, proprio in quanto comunità, definisce un codice di obblighi estrinseci agli individui e, in quanto società, un ' interiorità in rapporto agli individui. In una determinata società, lo sforzo comunitario e quello tecnico risultano antagonisti, poiché le forze comun itarie tendono ad incorporare le tecniche all'interno di un sistema di obblighi sociali, assimilando lo sforzo tecnico ad un lavoro. Tuttavia lo sforzo tecnico obbliga a rettificare costantemente la sua struttura per incorporare creazioni sempre nuove e sottomette ad un giudizio in base ai propri valori la struttura della comunità, analizzando i uoi caratteri dinamici che questa struttura predetermina. Il tecnicismo positivista costituisce un e empio piuttosto chiaro del modo in cui un simile pensiero tenda ad introdurre nuovi valori in seno ad una comunità. Una sociologia che, credendo di cogliere la realtà umana nella sua specificità, elimini la considerazione dell ' individuo puro e di conseguenza delle tecniche a partire dalla loro genesi , definisce il sociale a partire dall'obbligo, ma trascura un aspetto rilevante della realtà sociale, aspetto che in certi casi può divenire determinante. La realtà collettiva risulta indissolubilmente comunitaria e sociale, ma questi due caratteri sono antagonisti e la sociologia monista non può rendere conto di tale antagonismo. Sarebbe errato credere che la comunità reagisca prettamente contro l ' influenza dissolvente dell'individuo cercando di soddisfare de ideri egoistici; un inventore od un uomo di scienza non risulta meno egoista di quanto non siano un pittore o un poeta; tuttavia, la comunità accetta di buon grado il pittore ed il poeta ma rifiuta l'invenzione giacché nell ' invenzione risiede già qualcosa che procede al di là della comunità ed istituisce una relazione transindividuale, procedendo da un individuo ad un a ltro individuo senza passare attraverso l ' integrazione comunitaria, assicurata da una mitologia collettiva. La relazione immediata fra individui definisce un' esistenza so-
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ciale nel vero senso della parola, mentre la relazione comunitaria non favorisce la comunicazione diretta fra individui, bensì costituisce una totalità attraverso c ui comunica indirettamente e senza precisa coscienza della loro individualità*. Una teoria della comunità tralascia il dinamismo della società di individui; la sociologia, per completarsi, deve integrare uno studio delle tecniche. Anche l'umanismo, come quello dei Sofisti, deve integrare uno studio delle tecniche. Si potrebbe obiettare che l'invenzione tecnica è cosa rara e che in queste condi zioni la condotta individuale non può che risultare del tutto eccezionale: tuttavia, è ben vero che attorno ad una condotta si effettua un irraggiamento di valori e che pertanto una condotta non si isola nella mera somma delle azioni di un individuo, così come un individuo non risulta isolato nell 'ambiente sociale in cui esiste, ma fa parte della stessa natura dell'individuo l'attitudine alla comunicazione, l'irraggiamento dell'informazione propagata da ciò che egli crea nel suo circostante. L'invenzione tecnica rende possibile quest'irraggiamento illimitato nello spazio e nel tempo, che si propaga senza affievolirsi, anche quando si associa ad un altro elemento, o si integra ad un tutto più complesso. L'opera dell 'individuo può infatti propagarsi in due modi diversi al di là dell'individuo stesso, ovvero sia come opera tecnica propriamente detta sia come conseguenza di quest'opera sotto forma di una modificazione delle condizioni di esistenza collettiva, che implicano a loro volta esigenze e valori. Così , l' invenzione di un qualsiasi mezzo rapido di comunicazione non viene annullata dalla scoperta di un mezzo più rapido ed anche se i processi tecnici risultano totalmente trasformati , sussiste una certa continuità dinamica che risiede nell'introduzione all'interno della comunità di un primo modo di trasporto che sviluppa un 'esigenza di rapidità che serve a promuovere fortemente il secondo modo: il primo modo , infatti , ha creato la funzione, inserendola nell'insieme delle dinamiche della comunità. Ogni dispositivo tecnico modifica in qualche misura la comunità ed istituisce una funzione che consente l'avvento di altri dispositivi tecnici . Si inserisce pertanto in una continuità che stimola il cambiamento piuttosto che ostacolarlo, poiché le esigenze anticipano costantemente le realizzazioni. Per questo motivo, l'es ere tecnico si converte in civilizzazione: peraltro, un essere tecnico, anche se scarsamente integrato alla comunità, vale come oggetto da comprendere ed esige un tipo di percezione e concettualizzazione che miri a comprendere l'essere tecnico ricreandolo. L'essere tecnico, quindi , esiste come germe di pensiero, dotato di una normatività che si estende al di là di se tesso. Inoltre, l'essere tecnico costruisce, in questo secondo modo, una via che trasmette da individuo ad individuo una certa capacità creativa,
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come se esistesse un di namismo comune ad ogni ricerca ed una sorta di società di individui creatori di esseri tecnici*. Anche questa seconda direzione risulta appropriata per costituire l'essere tecnico quale elemento di civilizzazione. La civilizzazione consiste pertanto nell 'insieme dei dinamismi di comunità e dei dinamismi delle differenti soc ietà che reperiscono una condizione di compatibilità, nel mondo degli esseri tecnici . Anche se la nozione di progresso non può essere accettata spontaneamente ed occorre piuttosto che la si elabori attraverso un certo lavoro di riflessione, proprio la compatibilità della comunità e delle società acq uisisce il suo senso nella nozione di sviluppo progressivo. II progresso consiste, infatti , nel carattere di sviluppo che integra in un tutto il senso delle successive scoperte discontinue e dell ' uni tà stabile di una comunità. Comunità e società possono risultare sinergiche proprio grazie all'intermediario del progresso tecnico. In definitiva, ne lla conti nuità temporale dell ' universo tecnico, la consistenza propria dell 'essere tecnico si costituisce come realtà in espansione, in c ui una duplice solidarietà, simultanea e succes iva, ricon nette attraverso il condizionamento reciproco gli esseri tecnici. Si potrebbe du nque parlare di una risonanza interna dell'universo tecnico, nel quale ciascun essere tecnico interviene realmente come condizione di esistenza concreta di altri esseri tecnici e ciascun essere tecnico corrisponde così ad un microcosmo che racchiude nelle sue condizioni di esistenza monadica un gran numero di ulteriori esseri tecnici validi. Una decisiva causal ità circolare crea così una reciprocità di condizioni di esistenza, che asseg na all'universo tecnico la sua consistenza e la sua unità e quest' uni tà attuale si prolunga attraverso un ' unità successiva, che, a sua volta, re nde l' umanità simile ali ' uomo di cui parla Pasca!, che cioè apprende sempre senza dimenticare nulla. Il valore del dialogo fra l' individuo e l'oggetto tecnico risiede dunque nel conservare lo sforzo umano creando un dom inio del transindividuale , distinto dalla comunità, nel quale la nozione di libertà acquisisce un senso e nel fatto di trasformare radicalmente la nozione di destino individuale pur senza annientarla definitivamente. Il carattere fondamentale dell'essere tecnico consi te nell'integrare il tempo ad un ' esistenza concreta e consistente ed in ciò risiede dunque il correlativo deli ' autocreazione deli' ind ividuo. Senza dubbio, quest'aspetto dell ' oggetto tecnico non è stato totalmente disconosciuto, ma anzi è stata riconosciuta ed onorata. dopo molto tempo, una particolare forma dell'oggetto tecnico in quanto germe di civilizzazione, ovvero l'oggetto estetico artificiale , o ancora l'oggetto artistico. Le origini religiose e magiche dell ' oggetto artistico sarebbero bastate a rico-
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noscerne il valore e tuttavia occorre osservare che l'oggetto artistico si è svincolato dalle sue origini, divenendo strumento di comunicazione e libero mezzo d'espressione, anche quando i poeti erano ancor "vati" . Tuttavia, lo statuto esistenziale dell'oggetto tecnico risulta ancora p iuttosto precario e si in erisce in modo obliquo nella vita della comunità e viene accettato solo a partire da dinamiche vitali preesistenti . Ogni artista resta il Tirteo di una comunità* e l' ultimo ricorso consiste nel formare una comunità di persone dotate di gusto, un cenacolo esperto di autori e di critici che coltivano l'arte pura, sebbene l'arte pura divenga il cru~oÀ.ov dei membri di questa comunità, e per questo stesso motivo perde il suo carattere di purezza e si chiude su se stessa. Il surrealismo ha rappresentato l' ultimo tentativo di salvare l'arte pura: in tal senso, si è trattato di uno sforzo nobilissimo, sebbene non ci interessi affermare se il surrealismo sia poi stato paralizzato dal suo stesso sforzo e sia così sfociato in un estetismo. Intendiamo comunque osservare a tal proposito che le vie liberatrici del surrealismo conducono ad un oggetto stabile ed autorganizzato alla stregua di un automa, indipendente dal suo creatore e indifferente nei riguardi di ciò in cui si imbatte. Il surrealismo si colloca dunque nella maniera, per così dire, iperfunzionale di costruire l'oggetto e quest'oggetto non risulta, a ua volta, né utile né piacevole, ma consiste e ritorna su se stesso, la cui assurdità risiede nel fatto ch'esso non risulti obbligato a significare una realtà diversa dalla propria*. È dotato, cioè, di risonanza interna, percepibile sin nella forma poetica o alla pittura. L'oggetto surrealista è una macchina assoluta. Non possiede alcuna funzione essenziale, neppure quella della yorrcE(a. Poiché il caso lo produca, occorre un incontro che spezzi la finalità naturale di un insieme e manifesti un essere distaccato dalla sua funzione e pertanto assoluto ed " insolito". L'oggetto surrealista tende ad un surreale positivo ed una delle vie di questo surreale consiste nell'essere tecnico, insolito per il fatto stesso che risulta nuovo al di là dell 'utile. L'essere tecnico prodotto e divulgato dall 'industria perde il suo valore surreale poiché l' anestesia dell ' uso quotidiano sottrae alla percezione i caratteri singolari dell 'oggetto. In quanto utensile, l'essere tecnico non possiede più alcun sen o per l'individuo. La comunità se ne appropria, Io normalizza e gli assegna un valore d' uso estraneo al la sua propria essenza dinamica. Ogni oggetto tecnico può tuttavia es ere ri trovato dall ' individuo, il cui "gusto tecnico" e la cui "cultura tecnica" sono abbastanza sviluppati*. Co ì l'oggetto tecnico consiste in un surreale, ma può essere sentito come tale solo dall ' individuo puro, ovvero da un uomo capace di creare e non piuttosto da un semplice utente che tratti l'oggetto tecnico alla stregua di un mercenario o di uno schiavo.
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3. L'individuazione dei prodotti dello sforzo umano Abbiamo sinora cercato di analizzare l'oggetto tecnico perseguendo la via indiretta del suo rapporto all'uomo che lo produce e lo impiega, senza provare a definire la sua struttura ed il suo dinarrusmo interno. Ora, se in questo caso il rapporto dell'oggetto all' uomo presenta i caratteri ili una relazione, occorre reperire, all'interno dell'oggetto tecnico, una struttura ed un dinamismo umano analogici. Questi due caratteri dell'oggetto tecnico non possono essere compresi se lo si confonde con l'utensile, che gli fa perdere la sua individualità ed il suo senso proprio; l' utensile, infatti , come ha già pregevolmente dimostrato Piaget a partire da considerazioni archeologiche ed etnografiche, viene privato della sua individualità propria perché .istallato sul membro di un altro organismo individualizzato , che possiede, a sua volta, la funzione di prolungarlo, rinforzarlo, proteggerlo e non piuttosto di sostituirlo . Un telescopio non costituisce una tecnica dotata di individualità propria, poiché presuppone l' occhio e non possiede alcun senso dinamico senza l' occhio *: il suo dinamismo risulta dunque incompiuto e si costituisce per essere manipolato e regolato dal semplice individuo che vede o piuttosto da.i fotografi, insomma pur empre dagli uorruni. Una pinza consiste nel prolungamento perfezionato e rafforzato delle unghie umane o de lle mani umane. Un martello consiste in un pugno insensibile e rafforzato. Le evoluzioni del battente dimostrano come inizialmente fosse concepito alla stregua di una mano che tratteneva una sfera di bronzo, sostituendo il polso con un perno infisso nella porta. La chiave greca, originariamente, corrispondeva ad un braccio assottigliato, che terminava con un gancio che si introduceva in una sottile feritoia della porta, attraverso c ui poteva afferrare il chiavistello interno. Teocrito descrive la sacerdotessa come colei che reca sulle spalle la chiave di un tempio, come segno della sua funzione e della sua fama*. Anche la chiave moderna , per certi versi, consiste in un uncino per aprire una porta. Al contrario, i motori , piuttosto che costituire dei prolungamenti dell ' individuo umano , consistono in esseri che apportano dall'esterno un'energia disponibile a seconda dei bisogni individuali e ono cioè dotati di esteriorità in rapporto alla struttura e al dinamismo dell'individuo. Per questa motivazione, sin dalla loro origine, si manifestano come dotati ili individualità propria: lo schiavo rappresenta il primo modello di ogni motore, poiché consiste in un e ere che possiede al suo interno un 'organizzazione compiuta, una sua autonomia organica,
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O di fronte ad un apparecchio fotografico che prepari la visuale che l'occhio osserverà in seguito.
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anche quando la sua azione è soggetta ad un dorrunio accidentale. Anche l'animale domestico consiste in un organismo e nonostante la degradazione dello stato di addomesticamento o di schiavitù , il motore meccanico e vivente con ervano comunque l'inalienabile individualità della sua naturale spontaneità. Lo schiavo cieco che fugge lungo la strada di Larissa* è un individuo , come l'animale imbizzarrito, tornato selvaggio a rischio di perdere la vita. La rivolta di schiavi ed animali , nonostante le rrunacce di punizioni e pene capitali, dimostra che questi motori organici posseggono un 'autonomia, o meglio una natura che può, a sua volta manifestare la sua autonorrua, impiegando ad esempio la furia distruttrice ed ignorando pericoli ed opportunità. Nonostante la celebre definizione, uno schiavo non corrisponde mai interamente ad un utensile parlante, poiché l ' utensile non possiede alcuna individualità . Ora, l'essere tecnico è ben più che un semplice utensile, ma risulta comunque inferiore ad uno schiavo: possiede infatti una certa autonomia, ma si tratta di un 'autonorrua limitata, priva cioè di esteriorità concreta in rapporto all'uomo che lo costruisce. L'essere tecnico non po siede una natura e può consistere in un analogo funzionale dell'individuo, sebbene non costituisca mai un vero e proprio individuo organico. Supponiamo che una macchina sia stata dotata dal suo creatore dei più perfetti meccanismi teleologici e che sia in grado di effettuare i migliori e più rapidi lavori: questa macchina , funzionalmente equivalente a migliaia di uomini , non sarà mai un vero e proprio individuo e la migliore macchina calcolatrice non possiede lo stesso grado di realtà del più ignorante degli sdtiavi , poiché Io schiavo può rivoltarsi, mentre la macchina non può farlo*. La macchina, in rapporto all'uomo, non può possedere una vera e propria esteriorità, poiché non possiede in se stessa una reale interiorità. La macchina può guastarsi e presentare allora caratteristiche di funzionamento analoghe alla condotta folle di un essere vivente , ma non può comunque rivoltarsi. La rivolta comporta infatti una profonda trasformazione delle condotte finalizzate e non piuttosto una sregolatezza delle condotte. La macchina è suscettibile ili condotte autoadattative, ma sussiste fra una condotta autoadattativa ed una conversione una sicura differenza che non potrà essere occultata da nessuna rassomiglianza esterna: l ' uomo è capace di conversione nel enso che, nel corso della sua esistenza, può cambiare i suoi scopi e l'individualità si colloca al di là del puro meccanismo teleologico, perché può cambiare l'orientamento di questa finalità. Al contrario la macchina risulta tanto pùì perfetta quanto più il suo automatismo le consente di regolarsi secondo la sua condotta predeterminata. Tuttavia la macchina non è auto-creatrice: anche se si supponesse che la macchina, nel corso del suo funzionamento, regolasse
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i suoi meccanismi teleologici, si otterrebbe solo una macchina in grado di integrare a titolo di dati i risultati delle precedenti tappe di funzionamento, per mezzo di questa teleologia che agisce, a sua volta, su un'altra teleologia: si tratta cioè di una macchina che riduce gradualmente il margine di indeterminazione del suo funzionamento, sulla base dei dati dell'ambiente e conformemente ad un determinismo convergente. Tuttavia, quest'adattamento può verificarsi secondo due opposti processi: il primo è quello che abbiamo appena citato, che consiste nell'addestramento e che persegue una condotta sempre più stereotipata ed un legame sempre più stretto con un ambiente determinato. La seconda forma di adattamento risiede nell'apprendimento, che, al contrario, aumenta la disponibilità dell 'essere in rapporto ai diversi ambienti in cui si trova, sviluppando la ricchezza di simboli e dinamismi che integrano l'esperienza passata sulla base di un dinamismo divergente. In questo secondo caso, la quantità di informazione che caratterizza la struttura e Ja riserva di scherni contenuti nell'es ere aumenta e i successivi salti bruschi , che si possono definire conver ioni, rivelano imomenti in cui la quantità di informazioni non integrate risulta troppo elevata e l'essere si unifica modificando la sua struttura interna per modificare una nuova struttura che integra l'informazione accumulata. Questo carattere di discontinuità e l'esistenza di queste soglie non si palesano nell 'automa, poiché l'automa non cambia struttura e l'informazione acquisita non si incorpora alla sua struttura; non sussiste in alcun caso incompatibilità fra la struttura e l' informazione acquisita, poiché la ua struttura determina, in precedenza, il tipo di informazione che può acquisire e per l'automa non si pone, pertanto , un vero e proprio problema di integrazione, ma solo un problema di riserva di un ' informazione per definizione integrabile, poiché omogenea in rapporto alla struttura della macchina che la acquisisce. L'individuo possiede al contrario la facoltà aperta di acquisire informazioni , anche se quest'informazione non risulta omogenea in rapporto alla sua struttura attuale; nell'individuo sussiste pertanto un certo margine fra struttura attuale ed informazioni acquisite, che, essendo eterogenee in rapporto alla struttura , necessitano di successive riforme dell 'essere e del potere di problematizzare e stesso. Per la macchina non sussiste la possibilità di costituire di per sé uno dei termini del problema. La macchina possiede questioni da risolvere e non piuttosto problemi, giacché i termini degli ostacoli che la macchina deve risolvere risultano omogenei, mentre l' individuo s'imbatte in difficoltà che non possono essere espresse in termini omogenei , ma che comprendono un termine oggetto ed un termine soggetto. È per questo motivo che il meccanismo teleologico degli esseri tecnici è costituito da causalità circolare e il segnale
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della differenza fra lo scopo perseguito e il risultato realmente ottenuto è connesso agli organi di comando deJla macchina in modo tale da orientare un funzionamento che diminuisca lo scarto causato dal segnale. Questa causal ità reattiva adatta la macchina, sebbene nel caso dell ' individuo, il segnale non consista in uno scarto fra un risultato effettivo ed uno mirato, quanto, piuttosto, in una dissimmetria fra due difficoltà, l' una effettuata sotto forma di struttura e l' altra immanente ad un insieme di informazioni ancora ignote e però dotate di valore. La chiarezza e la compatibilità all'interno di questo sistema virtuale si manifestano solo se il problema viene risolto grazie ad un cambiamento della struttura individuale , sulla base di un ' azione che crei una effettiva relazione fra un individuo strutturato e la sua nuova carica informativa. La nozione di adattamento risulta insufficiente per rendere conto della realtà dell ' individuo, poiché si tratta piuttosto di una creazione che procede per salti bruschi e che riforma la struttura dell ' individuo . L' individuo non si imbatte in alcun caso solo in un ambiente costituito da elementi esterni cui si deve adattare alla stregua di una macchina automatica, ma si imbatte altresì in un ' informazione provvista di valore che problematizza i suoi meccanismi teleologici e li integra trasformando se stesso, co a che lo definisce come dinamicamente illimitato. La problematica individuale si colloca al di là del rapporto fra l'essere e il suo ambiente e questa problematica necessita, a sua volta , di soluzioni che impieghino un superamento e non piuttosto una mera riduzione dello scarto fra scopo e risultato. La problematica individuale può risolversi prettamente sulla base di costruzioni ed aumenti di informazione secondo determinismo divergente e non piuttosto sulla base di un mero calcolo. Tutte le macchine consistono in macchine a calcolo e la loro assiomatica si fissa per tutta la durata di un' operazione, così che il compimento dell'operazione non reagisca sull 'assiomatica. Al contrario, l'individuo consiste in un essere i cui risultati reagiscono sull 'assiomatica, attraverso intense crisi che consistono in una riformulazione dell 'essere. La continuità di funzionamento della macchina si oppone alla continuità intervallata da discontinuità che caratterizza la vita di un individuo. Per questo motivo, la riflessione deve rigettare qualsiasi identificazione fra automa ed individuo. L' automa può rappresentare un equivalente funzionale della vita, poiché la vita comporta funzioni automatiche, di autoregolazione e di omeostasi, ma l' automa non costituisce in alcun caso un equivalente funzionale dell ' individuo . L' automa è comunitario e non piuttosto individualizzato aiJa stregua di un essere vivente, capace di mettersi in discussione. Una comunità pura si comporterebbe come un automa , poiché elabora un codice di valori destinati ad ostacolare eventuali cambia-
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menti strutturali ed ad evitare la posizione stessa di problemi. Le società, che consistono al contrario in raggruppamenti sinergici di individui, hanno il senso di cercare di risolvere problemi . Pongono cioè in discussione la propria esistenza, mentre le comunità cercano di per everare nel loro essere. Norbert Wiener ha analizzato il modo in cui il potere di rigidità assicura l'omeostasi di una comunità: la comunità tende ad automatizzare gli individui che la compongono, assegnando loro un significato funzionale puro. Per questo motivo, la capacità che l'individuo possiede di mettersi in discussione risulta pericolo a per la comunità e nulla garantisce la sincronia delle trasformazioni individuali e pertanto la relazione interindividuale può essere interrotta da una pura iniziativa individuale. Così, all a stregua di un coefficiente formale superiore che condizioni il valore funzionale di un individuo nella comunità, la stabilità affettiva costituisce il carattere fondamentale che consente l 'integrazione permanente dell 'individuo al gruppo. Questa garanzia di continuità corrisponde anche ad un automatismo sociale e questa stabilità consiste nel correlativo della capacità di adattamento ad una comunità. Ora, queste qualità di adattamento diretto per assimilazione e di stabilità strutturale determinano l'automa perfetto. Ogni civiltà possiede un certo grado di automatis mo per garantire stabilità e coerenza ed abbisogna anche del dinamismo delle società , le sole capacità d i adattamento costruttivo e creativo vere e proprie, per non rinchiudersi in se stesse econdo un adattamento stereotipato , ipertelico ed involutivo. Ora, l'essere umano rappresenta un automa piuttosto imprevedibile poiché rischia sempre di inventare e di costituire nuove strutture, mentre la macchina consiste in un automa superiore all'individuo umano concepito come automa, poiché ri sulta più precisa in base ai suoi meccanismi teleologici e più stabile per quanto concerne la sue caratteristiche.
4. L'attitudine individuante nella relazione dell'uomo all'essere tecnico inventato Ci si può domandare dunque quali siano i valori coinvolti nella relazione fra individuo ed essere tecnico . Vorremmo dimostrare che qualsiasi tentativo orientato a costituire una relazione simmetrica fra l' uomo e l'essere tecnico ri sulta comunque distruttore, tanto dei valori individuali quanto di quelli dell 'essere tecnico. Si può infatti provare ad identificare la maccnina all ' individuo o l'individuo alla macchina, in modo ugualmente distruttivo. Nel primo caso la macchina diviene una proprietà dell ' uomo, che si gloria della sua creatura e la produce meramente allo scopo di farla sottostare ai suoi bisogni o agli impieghi di ciascun individuo, soddisfatto dai suoi
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servi meccanici sin nei suoi desideri più singolari: il gusto del macchlnismo nella vita quotidiana corrisponde a volte ad un desiderio sregolato di comandare dominando . L' uomo si comporta nei confronti delle macchine come il padrone nei confronti dei suoi schiavi, giacché a volte è affascinato dal gustarne smodatamente lo spettacolo della loro drammatica e violenta distruzione. Questo singolare dispotismo civico palesa una possibile identificazione dell'uomo agli esseri meccanici . Gli spettacoli circensi si traducono spesso in gare automobilistiche ed i combattimenti fra gladiatori in scontri fra " tock-cars". n cinema adora rappresentare terribili distruzioni di esseri meccanici. La visione delle macchine può assumere una prospettiva epica e l'uomo vi ritrova una sorta di originarietà. Ma quest'attitudine di supremazia de li ' uomo nei confronti delle macchine si mani festa in particolare nei divertimenti, nella distensione dell ' uomo che non intrattiene più alcun rapporto con la comunità e che ritrova una compensazione nel facile dispotismo su soggetti meccanici asserviti . L'attitudine inversa e complementare si rileva nell ' uomo durante la sua funzione comunitaria: in tal caso, egli serve la macchina e si integra a questa macchina di dimensioni superiori che è la stessa comunità, servendo la sua macchina specifica, rispettando i valori fondamentali del codice d 'automatismo (per esempio, la rapidità delle risposte ai egnali). A volte, la macchina possiede dei dispositivi di registrazione che consentono alla comunità di giudicare il comportamento dell' uomo a lavoro (scatola nera). La relazione dell 'essere individuale alla comunità passa attraverso la macchina, come nel caso delle civi ltà fortemente industrializzate. In questo caso, definendo norme comunitarie, la macchina assimila a sé l' uomo. Peraltro, dalla macchina scaturisce una normatività supplementare quando quest' ultima viene impiegata per c lassificare gli individui sulla base dei loro rendimenti e delle loro attitudini; senza alcun dubbio, però , non è la macchina a gi udicare, poiché essendo un automa, può solo calcolare. Ma per poter utilizzare la macchina, occorre che gli uomini , nel loro rapporto con la macchina, si esprimano secondo sistemi di informazione facilmente traducibili , sulla base del codice della macchina, in un insieme di egnali dotati di senso per la macchina stessa (ovvero che corrispondano ad un determinato funzionamento). Per l'azione umana, questa necessità di risultare traducibile in linguaggio automatico sfocia nella valorizzazione della stereotipia delle condotte. Infine, la stessa quantità di informazione, nella relazione fra individuo ed individuo, rappresenta un ostacolo per la trasmissione di quest'informazione sulla base di una via che impieghi un qualche automatismo. Per esempio, una civiltà che adatti i suoi mezzi di comunicazione alla trasmissione automatica dei messaggi è indotta a ridurre l' espressione
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diretta, e particolare, dei sentimenti in circostanze comunitarie già soggette a regole attraver o formule stereotipate, iscritte in piccolo numero in un bordereau nell'ufficio di partenza ed impresse su formu le precostituite nell ' ufficio d'arrivo. Basta dunque trasmettere l'indirizzo del destinatario, il numero della formula ed il nome del mittente. In questo caso, l'individuo atipico risulta paralizzato nella sua scelta, poiché nessuna formula precostituita risponde esattamente a ciò che avrebbe voluto esprimere. L' atipico , che causa alla comunità un'elevata dispersione informativa, equivale ad un essere deficitario, dal momento che l' informazione viene trasmessa indirettamente da individuo ad individuo attraverso un dispositivo che imp.ieghi l' automatismo: una voce particolarmente grave, una voce molto acuta o ricca di armoniche risulta molto più deformata dalla trasmissione telefonica o dalla registrazione di quanto non risulti una voce le cui medie frequenze si collochino aU 'interno delle bande telefoniche e che pertanto non pone all ' apparecchio alcun problema relativo alla transmoduJazione. La normalità diviene norma ed il carattere medio elemento di superiorità, ali ' interno di una comunità i cui valori posseggono un valore statico. Ora , queste due attitudini inverse, di stereotipia e fantasia, di dispotismo privato ed asservimento comunitario in rapporto all'oggetto tecnico, scaturiscono dal fatto che la relazione fra l' uomo e la macchina non è realmente asimmetrica. Consiste cioè in una doppia assimilazione e non piuttosto in una relazione analogica costruttiva. Consideriamo al contrario la relazione più nobile fra uomo e macchina, che miri cioè a non degradare i due termini . La sua essenza risiede nel fatto che questa relazione possiede valore d'essere e possiede una funzione doppiamente genetica, tanto verso l'uomo quanto nei confronti della macchina, mentre nei due casi precedenti, quando si verificava il contatto, la macchina e l 'uomo risultavano interamente costituiti e definiti in precedenza. Nella relazione complementare autentica, occorre che l' uomo consista in un essere incompiuto che la macchina completa, e la macchina in un essere che reperi sce nell ' uomo la sua unità, la sua finalità, il suo legame all ' insieme del mondo tecnico: uomo e macchina risultano reciprocamente mediatori , giacché la macchina possiede all'interno dei suoi caratteri l' integrazione alla spazialità e la capacità di tutelare l'informazione attraverso il tempo , mentre l' uomo, per mezzo delle sue capacità conoscitive e del suo potere d' azione, sa integrare la macchina ad un universo di simboli che non risulta spazio-temporale, e nel quale la macchina non potrebbe integrarsi di per sé stessa . Fra questi due esseri asimmetrici si stabitisce una relazione grazie alla quale si sancisce una doppia partecipazione e sussiste cioè un chiasmo fra due universi che permarrebbero separati : si potrebbe diversamente notare che la mac-
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china è scaturita da uno sforzo umano e che di conseguenza appartiene al mondo umano. In realtà, essa incorpora una natura, è costituita di materia e si trova direttamente inserita nel determinismo spazio-temporale; anche se scaturita da uno sforzo umano, conserva, in rapporto al suo costruttore, un'indipendenza relativa e può passare in altre mani, divenendo anello di una serie che il suo inventore o il suo costruttore non avevano affatto previsto. Peraltro, una macchina acquisisce il suo senso proprio all ' interno di un insieme di esseri tecnici coordinati e questa coordinazione può essere pensata solo attraverso l' uomo e costruita per mezzo dell'uomo, giacché non è presente in natura. L' uomo conferisce a lla macchina una certa integrazione al mondo costruito, nel quale reperisce la sua definizione funzionale in relazione ad altre macchine; al contempo, è proprio la macchina, ogni macchina particolare, che conferisce a questo mondo costruito la sua stabilità e la sua realtà e trae dal mondo naturale la condizione di materialità e di spazio-temporalità senza la quale questo mondo non possiederebbe alcuno spessore né alcuna con istenza. Affinché possa esistere questa relazione fra uomo e macchina, occorre una doppia condizione tanto neli ' uomo quanto nella macchina. L'uomo deve possedere una cultura tecnica , costituita da una conoscenza intuitiva e discorsiva, induttiva e deduttiva, dei dispositivi che costituiscono la macchina, che a loro volta implicano la coscienza degli scherni e delle qualità tecniche che si materializzano nella macchina. L'uomo deve cioè conoscere la macchina sulla base di una conoscenza adeguata, nei suoi principi , nei suoi dettagli e nella sua storia; cos1, non rappresenterà più un semplice strumento o un domestico che non protesta mai . Ogni macchina cristallizza un certo numero di sforzi, di intenzioni e di schemi ed investe questo o quest'altro aspetto degli elementi chimici. I suoi caratteri consistono in misti di scherni tecnici , di proprietà di elementi costituenti della materia e di leggi di trasformazione dell ' energia . La vera cultura tecnica necessita di un sapere scientifico ed induce a non disprezzare nessun essere tecnico, seppure obsoleto. Sotto la veste di caratteri esterni superati o vetusti , ritrova il senso di una legge scientifica e le proprietà di un elemento materiale: l'essere tecnico, colto nella sua realtà, determina una certa mediazione fra l'uomo ed il mondo naturale; la cultura tecnica consente di cogliere proprio questa mediazione nella sua autentica realtà. Si può sviluppare un gusto tecnico simile a quello estetico e ad una sorta di finezza morale. La maggior parte degli uomini si comporta in modo primitivo e grossolano nei rapporti con le macchine , a causa di una scarsa cultura . Non si potrà ottenere la stabilità di una civiltà che comporti un numero sempre più elevato di esseri tecnici sino a quando la relazione fra
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l' uomo e la macchina non risulterà più equilibrata e dotata di conoscenza, secondo una misura interna che solo la tecnologia culturale potrà fornire. La fre nesia del possesso e la dismisura nell' utilizzo delle macchine risulta paragonabile ad una vera e propria sregolatezza dei costumi. La macchine sono impiegate come beni di consumo da un' umanità ignorante e grossolana, che si getta con avidità su tutto ciò che presenta un manifesto e fittizio carattere di novità, per ripudiarle nel momento stesso in cui l' uso avrà esaurito il suddetto carattere di novità. L' uomo colto deve maturare un certo rispetto per l'essere tecnico proprio perché ne conosce la struttura effettiva ed il suo reale funzionamento. Alla delicatezza culturale dell 'uomo deve corrispondere la verità e l'autenticità della macchina. Ora, fintanto che il gusto umano sarà corrotto , la civiltà industriale non potrà produrre macchine autentiche, poiché questa produzione resta assoggettata alle condizioni di vendita e si deve inchinare alle condizioni dell ' opinione e del gusto collettivi. Se prendiamo in considerazione le macchine che la nostra civiltà offre ad un uso inidividuale, constateremo che i caratteri tecnici risultano obliterati e dissimulati da una retorica impenetrabile, mistificati da una mitologia e da una magia collettiva, che si riescono a malapena a chiarire o demistificare. Le macchine moderne impiegate nella vita quotidiana sono in larga parte strumenti di lusinga. Esiste una sofi stica della presentazione che cerca di assegnare un aspetto magico all' essere tecnico, per sopire le potenze attive dell ' individuo ed indurlo ad uno stato ipnotico nel quale possa gustare il piacere di comandare una folla di schiavi meccanici, spesso poco diligenti e poco fedeli, ma immancabilmente lusinghieri. Un'analisi del carattere " lussuoso" degli oggetti tecnici svelerebbe l' inganno che mascherano: in un gran numero di apparecchi , il feticismo del quadro dei comandi dissimula l'indigenza dei dispositivi tecnici e sotto una stupefacente carenatura si nascondono particolari negligenze di fabbricazione. Sacrificandosi al gusto depravato, la costruzione tecnica consiste in un 'arte di facciata e di prestidigitazione. Lo stato di ipnosi si estende dal momento dell 'acquisto per tutta la durata dell ' impiego; nella stessa propaganda commerciale, l'essere tecnico risulta già rivestito di una sorta di significato comunitario: acquistare un oggetto significa acquisire un titolo ed appartenere a questa comunità piuttosto che a quest'altra e significa aspirare ad un genere di esistenza caratterizzata dal possesso di questo genere di oggetto, poiché l'oggetto viene desiderato come segno di riconoscimento comunitario, come au ~oÀov (simbolo), nel senso greco del termine. In seguito , lo stato di ipnosi si prolunga nell ' impiego e l'oggetto non viene in alcun caso conosciuto nella sua realtà, quanto, piuttosto, per ciò ch'esso rappresenta.
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La comunità offre così, al fianco di rigide costrizioni imposte all' individuo, una compensazione che gli impedisca di rivoltarsi e di avere piena coscienza dei suoi problemi: lo stato di inquietudine, sempre latente, è sempre differito dall'ipnosi tecnica e la vita dell'individuo scorre in perpetuo bilanciamento fra gli obblighi della rigidità sociale e gli stati gratificanti che la comunità procura attraverso l'incanto tecnico. Questo stato risulta stabile poiché la commercializzazione dell'industria trova una via agevole nell'agire sull'opinione pubblica piuttosto che ne li ' autentica ricerca e nei perfezionamenti tecnici reali, che non avrebbero alcun valore commerciale restando incompresi dalla maggioranza, che viene informata prettamente attraverso vie commerciali . Per spezzare questo circolo vizioso non basta affermare che l'uomo deve comandare la macchina piuttosto che lasciarsi assoggettare da essa: occorre altresì comprendere che se la macchi na asservisce l'uomo, ciò accade nella misura in cui l' uomo degrada la macchina rendendola schiava. Se piuttosto che ricercare stati di ipnosi nella macchina o faci li fonti di meraviglie per gli ignoranti , l' uomo associasse la macchina agli, stati in cui risulta realmente attivo e creativo, come nel caso della ricerca scientifica, l'aspetto comunitario della macchina si dissolverebbe . Se prendiamo in considerazione le macchine impiegate nella ricerca scientifica , vedremo che , anche quando impiegano un automatismo complesso, non si asserviscono all ' uomo e non ne risultano asservite, non sono cioè beni di consumo e neppure oggetti destinati a produrre un lavoro predeterminato dai risultati , atteso o preteso dalla comunità, che fa pesare il suo obbligo sull'individuo. In queste condizioni, la macchina viene integrata alla catena dello sforzo umano e il fine di questo sforzo supera la macchina azionata. La macchina concretizza dunque la mediazione in rapporto all' oggetto di ricerca e non piuttosto in rapporto alla comunità. Si disfa del campo percettivo dell ' individuo e non aziona la macchina, ma agisce sull' oggetto ed osserva l' oggetto attraverso la macchina. Grazie alla macchina si istituisce un ciclo che va dall ' oggetto al soggetto e dal soggetto all'oggetto: la macchina prolunga ed adatta reciprocamente soggetto ed oggetto, attraverso una complessa concatenazione di causalità. Costituisce un utensile in quanto consente al soggetto di agire sull 'oggetto e strumento in quanto arreca al soggetto determinato segnali che provengono dall' oggetto; veicola, amplifica, trasforma, traduce e orienta in un senso un ' azione e nel senso inverso un' informazione, è cioè, al contempo, utensile e motore. Il carattere reciproco di questa doppia relazione fa in modo che l' uomo non si alieni in presenza di questa macchina e resta uomo mentre essa resta macchina. La posizione dell' uomo e la posizione della macchina non ri sultano simmetriche in rapporto all'oggetto e la macchina costituisce
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un legame immediato con l'oggetto , mentre l'uomo una relazione mediata. Sono l'oggetto e l' uomo che risultano simmetrici in rapporto alla macchina. L' uomo crea la macchina affinché essa istituisca e sviluppi la relazione. È questo il motivo per cui la relazione alla macchina non risulta valida se non nel momento in cui attraversa la macchina per giungere non all'umano in forma comunitaria, bensì all 'oggetto. La relazione dell 'uomo alla macchina risulta asimmetrica poiché questa macchina istituisce una relazione simmetrica fra uomo e mondo. 5. Carattere allagmatico dell'oggetto tecnico individuato Una certa attitudine che consistesse nel considerare il fatto che la macchina può essere autenticamente conosciuta e concepita come gesto umano cristallizzato si lascerebbe comunque sfuggire il carattere proprio della macchina e la confonderebbe con l'opera d'arte. L'identificazione della macchina all'uomo o dell'uomo alla macchina non può prodursi se non nel caso in cui il legame si esaurisce nella relazione dell ' uomo alla macchina. Ma se la relazione è realmente a tre termini , il termine medio resta di stinto dai termini estremi . L'assenza del termine oggetto crea la possibilità del dominio dell ' uomo sulla macchina o della macchina su li ' uomo. Se la vera essenza della macchina consiste neli ' istituire questa relazione, occorre definire una macchina in termini di informazione per poterla analizzare e non piuttosto in base all'uso pratico; infatti, tipi di macchine identici po ono essere impiegati in industrie e per scopi pratici estremamente diver i ed ogni tecnologia che partisse da un principio di classificazione scaturito dai mestieri o dalle industrie finirebbe senza dubbio per fallire mi eramente nel tentativo di costituire un 'effettiva cultura tecnologica. La macchina non si lascia conoscere a partire dalla sua incorporazione ali ' interno di una comunità professionale. L'essere tecnico può esclusivamente essere definito in termini di informazione e trasformazione delle differenti pecie di energia o di informazione, ovvero , da una parte come veicolo che va dali ' uomo all ' univer o e dall 'altra come veicolo di informazione che va dall ' universo all ' uomo. La tecnologia culturale si configura come misto di energetica e teoria dell ' informazione. La Cibernetica , teoria largamente ispirata dalle considerazioni tratte dal funzionamento delle macchine, costituirebbe una delle basi della tecnologia se non avesse privilegiato, sin da principio, un misto di azione e informazione che con iste nel "feed-back", o azione di ritorno (cau alità ricorrente); una macchina, infatti , può esistere senza comportare alcuna relazione fra la catena di causalità che veicola
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l' azione e la catena di causalità che veicola l' informazione: quando si tratta di un simile legame , essa comporta un automatismo , ma esistono macchine che non sono automi o che, per lo meno , non comportano automatismi se non in vista di funzioni secondarie, temporanee ed occasionali (per esempio quelle che comportano la sicurezza, il servocomando o il telecomando). La nozione di reazione, che costituisce di già una nozione sintetica, ri ulta estremamente utile ma non costituì ce una nozione primaria ed acquisisce il suo senso pieno solo in seno ad una teoria generale delle trasformazioni, che si può definire allagmatica generale. La macchina è un essere allagmatico. Ora, una teoria pragmatista, preoccupata della sola azione, coglie nella macchina solo il ruolo di motore retto dall ' uomo e agente sul mondo e la ricorrenza di informazione attraverso cui la macchina apporta messaggi provenienti dal mondo all'individuo è considerata come funzionalmente e naturalmente subordinata al suo ruolo motore. Ora, il "feed-back" non rende conto del ruolo informatore di tutte le macchine ed è in tal senso che l' informazione può precedere l'azione individuale. Non sussiste infatti una necessaria anteriorità di quest' azione sull ' informazione: la cibernetica, considerando nel "feed-back" l' informazione come segnale di scarto fra il risultato dell'azione e lo scopo dell'azione, rischia di indurre a sottovalutare il ruolo dell'informazione diretta, che non risulta inserito nella ricorrenza del " feed-back" e che per formarsi non necessita di un 'iniziativa attiva dell' individuo. Quest'informazione diretta, inversamente all'informazione ricorrente, non comporta un riferimento ali ' azione del soggetto e di conseguenza non viene valorizzata in quanto sintomo di successo o fallimento . Quando arriva l' informazione del "feedback", si inserisce come una forma in questo sfondo di informazione non ricorrente, sicché l' individuo si trova in presenza di due informazioni distinte: un' informazione ampia e permanente, che lo inserisce nel mondo come ambiente ed un' informazione minima e temporanea , quasi istantanea, che risulta eminentemente connessa all'azione , variabile, e sempre rinnovata come l' azione. Quest' informazione, di tipo ricorrente, non comporta una ricchezza pari a quella della precedente, ma, al contrario , si definisce per qualche concreto segnale, sebbene più semplice (colore, forma, attitudine) che in ragione della scarsezza informativa può essere agevolmente rimpiazzato o rapidamente modificato senza necessitare di un 'elevata dispersione di energia nervosa nell'operatore o di una complessa trasmissione ali ' interno della macchina. La differenza fra questi due tipi di informazione diviene estremamente rilevante quando si sia obbligati a tradurli l'uno nell ' altro in forma unica, che consenta di confrontali ; la differenza fra i due ruoli si manifesta per-
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tanto alla stregua di una notevole differenza fra le quantità di informazione. Così,le indicazioni che un pilota riceve da un altimetro non fungono solo da " feed-back" che consenta al pilota di regolare la sua azione d'atterraggio o decollo secondo le indicazioni della lancetta del quadrante; si inseriscono piuttosto come la forma in uno sfondo che, a sua volta, consiste nella visione globale e sintetica della regione percorsa ed anche dello stato dell'atmosfera o dell'ammasso di nubi: questo "feed-back" deve risultare tanto più preciso quanto più risultano rilevanti le conseguenze pratiche del gesto motore del pilota. Per esempio, ad elevate altitudini il semplice altimetro non può valutare la distanza dell'aereo rispetto alla pista al momento dell'atterraggio e si utilizza pertanto un dispositivo che emette onde elettromagnetiche che si riflettono al suolo e ritornano con un certo ritardo, rilevate grazie ad una variazione della frequenza di emissione in base alla quale può frangersi la frequenza dell'onda riflessa: il segnale consiste pertanto in quest' urto*. Nel primo caso, qualsiasi sia il sistema tecnico impiegato , il principio risulta sempre il medesimo, ovvero risiede nel cogliere una grandezza variabile sulla base dei risultati dell ' azione dell'individuo e nel ricondurre al soggetto il segnale che indica .il risultato di quest'azione in rapporto al termine di riferimento fisso che appartiene allo scopo. Il segnale può dunque presentarsi al soggetto secondo una base inte nsiva od estensiva semplice, che corrisponde ad un asse orientato sul quale un punto od una linea rappresentino lo scopo ed un altro punto od un'altra linea rappresentino il risultato dell'azione. Quest' informazione può essere rappresentata dallo spostamento di un indice di fronte ad una gradazione. Al contrario, se si tratta di trasmettere l'informazione relativa allo sfondo e non alla forma, non può verificarsi nessun processo informativo suscettibile di inscriversi in una scala lineare bipolare: la simultaneità di una molteplicità risulta necessaria e l' individuo costituisce il centro che integra questa molteplicità. Tutti i processi si scontrano con la necessità di scomporre la totalità in elementi semplici trasmessi isolatamente, affinché questo isolamento della singolarità sia realizzato da una molteplicità di trasmissioni simultanee ed indipendenti (come nel caso dei primi dispositivi televisivi) o attraverso la distribuzione in un ciclo che garantisca il sincronismo alla partenza ed all ' arrivo (avendo ottenuto, ciascun elemento , il suo istante nel ciclo) e presupponendo l'informazione come invariabile durante un ciclo. Poiché in questo caso non è la macchina che svolge il ruolo di integratore, bensì il soggetto, la necessità di fornire al soggetto degli sfondi piuttosto che delle forme si traduce in una quantità enorme di informazioni da trasportare . È questa elevata quantità di informazioni da raccogliere e trasportare, enza integrarla, che delimita la finezza della ri-
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levazione elettromagnetica attraverso il RADAR, che pone gravi problemi alla trasmissione di immagini in movimento in televisione obbligandolo ad adottare videofrequenze elevate, tanto più elevate quanto più elevata risulta la definizione dell' immagine. La quantità d'informazione necessaria alla trasmissione non può essere diminuita se non in base ad una codificazione del mondo di percezione, codificazione nota al soggetto, che corrisponde al ricorso ad una percezione di forme su di uno sfondo già noto e che pertanto non necessita più di essere trasmesso*. Così è possibile sostituire l'osservazione del terreno e delle rotte percorse dall'aereo con una carta sulla quale il pilota individua il punto a partire dalle relazioni di fase fra i segnali che provengono da tre stazioni emittenti elettromagnetiche disposte in triangolo , come nel sistema di pilotaggio Decca, Shoran* o, a tutt'oggi , dai radiofari . In questo caso , il pilota reca un analogo della rotta sorvolata (la carta), e grazie ad una formalizzazione del mondo, nota ed adottata per convenzione (la costruzione delle tre emittenti e del dispositivo che le connette), il pilota realizza sulla carta una integrazione di gran lunga più agevole, poiché opera su elementi già astratti: in questo caso, sussistono due integrazioni concentriche, ovvero una prima e fondamentale integrazione del mondo , grazie alla quale la carta possiede un significato, ed una seconda integrazione dei segnali ricevuti dalla carta, che risulta più semplice, giacché l' informazione risulta già selezionata dal passaggio del mondo concreto sulla carta e dei segnali visivi multipli tra onde hertziane in rapporto di fase*. In questo caso, il lavoro si compie su un'immagine (la carta) e su dei simboli (i segnali provenienti da emittenti sincronizzati) e ciò risulta valido sulla scorta di una duplice localizzazione, l'una in base a cui, per il pilota, la carta viene riconosciuta come immagine di questa regione e l' altra in base alla quale i piloni delle tre emittenti sincronizzate sono stati in realtà costruiti secondo un certo versante del territorio piuttosto che un altro. Le sorgenti dei simboli sono localizzate nell'immagine , cosa che stabilisce una coerenza in assenza della quale risulterebbe impossibile il pilotaggio. La presenza del mondo non viene in alcun caso eliminata dalla presenza della macchina, ma la relazione al mondo può essere frazionata e passare attraverso l'intermediario di numerose tappe di simbolizzazione, alle quali corrisponde la costruzione tecnica che ripartisce , lungo il mondo, validi riferimenti sulla base della percezione dell' intermediario della macchina. Questa percezione non risulta più automatica di quanto non lo sia quella degli organi di senso e tuttavia corrisponde ad un' integrazione per gradi, in certa misura specializzata secondo ciascun tipo di attività. Ma il concreto resta tale anche se frazionato e il rapporto fra sfondo e forma risulta inalie-
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nabile. La mera artificialità indurrebbe alla confusione di sfondo e forma, sicché l' individuo si troverebbe in un mondo semplificato in cui non sussisterebbe né universo né oggetto. La percezione dell' individuo totalmente integrato nella comunità risulta per certi versi simile ad una percezione astratta e , piutto to che svincolare l'oggetto dal mondo, divide il mondo secondo categorie che corrispondono alle classificazioni della comunità e stabiliscono legami di partecipazione affettiva fra gli esseri, secondo categorie comunitarie. Solo un 'educazione tecnologica adeguata de li ' individuo può svinco lare dalla confusione della percezione comunitaria stereotipata: un'immagine , al contrario, non corrisponde ad uno stereotipo. I valori implicati nella relazione dell ' individuo alla macchina banno originato numerose confusioni poiché il recente sviJuppo delle macchine ed il loro impiego da parte delle comunità ha modificato il rapporto dell ' individuo alla comunità e questa relazione che un tempo risultava diretta, passa ora attraverso la macchina, mentre il macchinismo è connesso, in certa misura, al comunitarismo. La nozione di lavoro non possiede più un diretto valore comunitario, poiché il passaggio dello sforzo umano attraverso un 'organizzazione meccanica assegna al lavoro un coefficiente inerente a questo lavoro, ovvero quello del RENDIMENTO. Si sta costituendo una morale del rendimento, che elaborerà, a sua volta, una morale comunitaria di nuova specie. Lo sforzo individuale non risulta intrinsecamente valido, ma occorre che sia reso efficace da una certa grazia estrinseca, che si concretizza nella formula del rendimento . Questa nozione possiede un certo potere invasivo e si sviluppa ben al di là delle operazioni commerciali o industriali; intacca, infatti, tutto il sistema educativo, ogni sforzo ed ogni lavoro. Una sorta di rinascita del pragmatismo attribuisce all 'etica un nuovo tipo di eteronomia, dissimulata nella forma di un desiderio di razionalità o di preoccupazioni concrete. Quando un' idea o un atto sono respinti perché giudicati inefficaci e di scarso rendimento, ciò dipende in realtà dal fatto che manifestano un'iniziativa creativa individuale, e la comunità insorge con un costante istinto misone ista contro tutto ciò che risulta singolare. Il misoneismo colpisce il nuovo, ma soprattutto ciò che presenti qualcosa di particolare e dunque l' individuale. Il nuovo collettivo possiede diritto di cittadinanza in forma di moda e si trova particolarmente valorizzato dalla comunità. Il nuovo individuale, al contrario, viene perseguito ed espulso in quanto privo di rendimento. Il criterio di rendimento è improntato ad una soggetti vità collettiva e manifesta la grazia che la comunità accorda o rifiuta alla creazione individuale. Quanto detto non dipende dal fatto che una civiltà ami il denaro connesso al rendimento , quanto dal fatto che essa consista inizialmente in una civiltà del rendimento che diviene civiltà del
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denaro quando certe c ircostanze rendono questa modalità di scambio un criterio concreto di rendimento. Ora , nonostante le apparenze, una civiltà del rendimento, a dispetto delle manifeste libertà civiche concede agli individui , risulta nei loro confronti estremamente costrittiva ed impedisce i loro sviluppo poiché, simultaneamente asservisce l' uomo alla macchina e realizza, per mezzo della macchina, una integrazione comunitaria coatta. Non è contro la macchina che l' uomo, sotto l' imperio della preoccupazione umanista, si deve rivoltare; l' uomo è asservito dalla macchina quando, a sua volta, la macchina risulta precedentemente asservita dalla comunità, e poiché esiste una coesione interna del mondo e degli oggetti tecnici, l'umanismo deve mirare a liberare questo mondo degli oggetti tecnici, che sono chiamati a divenire mediatori della relazione dell'uomo al mondo. L'umanismo sino ad oggi non ha potuto incorporare la relazione dell'uomo al mondo e la sua volontà di restituire all'essere umano tutto c iò che le diverse modalità di alienazione gli han no sottratto; decentrandolo, resterà impotente sino a quando non verrà compreso che la relazione dell'uomo al mondo e dell ' individuo alla comunità passa attraverso la macchina. L' umanismo tradizionale è rimasto astratto giacché defi niva il potere di auto-determinarsi solo per i cittadini e non altrettanto per gli schiavi; l'umanismo moderno resta una dottrina astratta quando crede di poter salvare l ' uomo da ogni alienazione lottando contro la macchina "disumanizzante". Quest' umanismo lotta infa tti contro la comunità credendo di lottare contro la macchina, ma non può perseguire alcun risultato valido poiché accusa la macchi na di ciò di cui non è responsabile. Sprofondando nella mitologia, questa dottrina si priva de li ' ausilio più forte e stabile, che assegnerebbe all'umanismo una dimensione, un significato ed un'apertura tali che non potrebbe in alcun caso andare soggetto a critiche. Secondo la via di ricerca qui esposta, è possibile ricercare un senso dei valori in un ambito diverso da que llo dell ' interiorità limitata dell 'essere individuale ripiegato su se stesso, che nega i suoi desideri, le sue tendenze o i suoi istinti, che a loro volta lo invitano ad esprimersi o ad agire al di là dei limiti, senza per questo condannare o annientare l' individuo a favo re della comunità, come accade nel caso della sociologia. Fra la comunità e l'individuo isolato in se stesso, si colloca la macchina e questa macchina risulta, a sua volta, aperta sul mondo e si spinge al di là della realtà comunitaria per istituire la relazione con la Natura.
Supplementi Forma , informazione, potenziali Analisi dei criteri dell'individualità Allagmatica
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L'assenza di una teoria generale delle scienze umane e della psicologia stimola il pensiero riflessivo a ricercarne le condi zioni per una possibile assiomatizzazione . In vista del perseguimento di questo scopo, che comporta necessariamente un certo contributo inventivo e che non può consistere nel risultato di una mera sintesi , occorre ridi scutere i principali sistemi concettuali che sono stati impiegati a tal proposito , senza privilegiare necessariamente quelli più recenti: le scoperte della teoria chimica agli inizi del XIX secolo hanno ripreso schemi atomistici definiti più di venti secoli fa e li hanno arricchiti con l' apporto dell'analisi ponderale. Si potrebbero, ìn modo analogo, rievocare i principi della Diade indefinita, dell' Archetipo , della Forma e dell a Materia, accostandoli ai recenti modelli esplicativi della Psicologia della Forma e quindi a quelli della Cibernetica e della Teoria dell'Informazione, gi ungendo a richiamare nozioni tratte dalle scienze fisiche, come quella di potenziale . Intendiamo dimostrare che l' abbozzo di un'assiomatica delle scienze umane, o perlomeno della psicologia, risulta possibile se si prova a congiungere le tre nozioni di forma, informazione e potenziale, a condizione di aggiungere, per connetterle e organizzarle interiormente, la definizione di un tipo particolare di operazione, che si manifesta allorquando sussiste forma , informazione e potenziale: l'OPERAZIONE TRASDUTIIVA. l o LA NOZIONE DI FORMA, in tutte le dottrine in cui si manifesta , svolge un ruolo funzionale costante: quello di un germe strutturale in possesso di un certo potere direttivo ed organizzativo e presuppone una dualità di base fra due tipi di realtà, la realtà che riceve la forma e quella che contiene la forma; questo privilegio della forma risiede nella sua unità, nella sua totalità, nella sua coerenza essenziale con se stessa. Anche nella Gestaltpsychologie, la Forma, che non precede più alcuna materia, conserva tuttavia la sua superiorità di Ganzheit e sussiste una gerarchia delle forme (buona forma, forma migliore). lmmanente o trascendente , anteriore alla presa di forma o contemporanea a quest'operazione, conserva il suo privilegio di superiorità
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in rapporto alla materia o agli elementi; l'asimmetria qualitativa, funzionale e gerarchica fra la Forma e ciò che prende forma costituisce il fondamento di ogni teoria della forma, archetipica, ilomorfica o gestaltica. 2° LA NOZIONE DI INFORMAZIONE , al COntrario, COStituisce la chiave di volta di ogni dottrina della reciproc ità , dell ' equivalenza e altresì della reversibilità del termine attivo e del termine passivo durante lo scambio. L'emettitore e il recettore costituì cono le due estremità omogenee di una linea in cui l' informazione viene trasmessa con la più elevata certezza possibile, poiché l 'operazione risulta reversibile. Non solo il controllo, ma anche la condizione d ' intelligibilità presuppone reversibilità ed univocità. La codificazione e la decodificazione si operano secondo convenzioni comuni tanto all'emettitore quanto al recettore e può essere trasmesso esclusivamente un contenuto e non piuttosto un codice. Si può as ociare alla Teoria del! ' INFORMAZIONE qualsiasi tipo di spiegazione che presupponga la simmetria e l' omogeneità degli elementi che si associano e prendono forma attraverso un processo di addizione o di giu tapposizione; più in generale i fenomeni di massa e di popolamento, che scaturiscono dalla teoria del ca o, presuppongono la simmetria degli elementi (e il loro carattere casuale) e possono essere pensati secondo la teoria dell'informazione. 3° L'oPERAZIONE TRASDUTIIVA consisterebbe nella propagazione di una struttura che guadagni gradualmente campo a partire da un germe strutturale , come accade in una soluzione sovrasatura che cristallizza a partire da un germe cristallino. Questo fatto presuppone che il campo sia in equilibrio metastabile, ovvero contenga un'energia potenziale che non possa essere liberata se non a causa della comparsa di una nuova struttura, che si configura , a sua volta, come risoluzione di un problema. Per questo motivo , l' informazione non risulta reversibile, ma consiste nella direzione organizzatrice che, a breve distanza, scaturisce a partire da un germe strutturale che guadagna il campo: il germe è emettitore, il campo recettore e il limite fra l'emettitore e il recettore si sposta in modo continuo quando si verifica e progredisce l'operazione di presa di forma. Si potrebbe affermare che il limite fra il germe strutturale e il campo strutturabile, metastabile, corrisponda ad un modulatore e l'energia di metastabilità del campo, e dunque della materia , consente alla struttura, dunque alla forma, di progredire: i potenziali risiedono nella materia, ed il limite fra forma e materia consiste in un relè amplificatore. I fenomeni di ma sa non vanno trascurati , ma li si deve considerare quali condizioni di accumulo d'energia potenziale in un campo e più pro-
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priamente quali condizioni della creazione del campo in quanto ambito possibile di trasduttività, che presuppone una relativa omogeneità ed una ripartizione parte per parte dei potenziali energetici; la relazione fo rmamateria si traspone pertanto in una relazione trasduttiva che progredisce dalla coppia strutturante-strutturato, attraverso un limite attivo che costituisce il passaggio di informazione. Sussiste una sorta di relazione fra lo studio dell ' oggetto tecnico e la tematica che proveremo a presentare ovvero: Fanna, Informazione e Potenziali. Tuttavia, l'oggetto tecnico ci servirà esclusivamente da modello, da esempio ,forse da paradigma, per interpretare- in una modalità che cercheremo di presentare non certo come innovativa, ma che vorremmo fosse solo esplicativa- il problema dei rapporti. fra la nozione di forma, nelle sue diverse specie, la nozione di informazione , ed infine quella di potenziale o di energia potenziale. Ciò che mi ha indotto a ricercare una correlazione fra forma, informazione e potenziale risiede nell'intenzione di individuare un punto di partenza per una assiomatica delle cienze umane. A tutt' oggi, si parla di scienze umane ed esistono altresì delle tecniche di modellamento umano, sebbene l'espressione "scienze umane" mantenga ancora il plurale. Questo plurale significa probabilmente che non si è ancora gi unti a definire un' assiomatica unitaria. Per quale motivo sussistono numerose scienze umane mentre esiste una sola fisica? Perché a tutt'oggi siamo obbligati a parlare di psicologia, sociologia e psicosociologia? Perché siamo obbligati a distinguere diversi campi di studio all ' interno deUa psicologia, della soc iologia, della psicologia sociale? Per non parlare poi delle altre possibili c ienze umane. Per limitarsi a queste tre, ovvero quelle che si propongono di studiare i gruppi , quelle che si propongono di studiare l' essere individuale e quelle che indagano la correlazione tra l'essere individuale ed i gruppi, reperiamo una moltitudine di campi ed un frazionamento quasi inde finito di queste ricerche; questo fa tto significa che anche nell ' ambito di una sola di queste scienze umane, la ricerca dell ' unità risulta piuttosto problematica e che occorre fondare una teoria, fosse anche riduttrice, per per eguire l'unità all'interno di ciascuna di queste scienze . Si osserva infatti un' unità di tendenze piuttosto che un' unità di principi esplicati vi . Se paragoniamo la situazione attuale delle scienze umane a quella delle scienze della natura, come si presentava nell ' Antichità, nel XVI secolo e ali' inizio del XIX secolo, c i accorgeremo che, all' inizio del XIX secolo , vi era una chimica ed una fisica, o per meglio dire, molte fi siche e molte chimiche. Tuttavia, seppur gradualmente , all ' inizio del XIX secolo e all ' inizio del XX secolo, abbiamo assistito aJia nascita di grandi teorie che hanno favorito la possibilità di assiomatizzazione. Così, nell ' ambito dell 'elettricità e del magnetismo , si
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osserva la comparsa, verso il 1864, della teoria elettromagnetica della luce di Maxwell , che è, e resterà, fo rse il più fulgido esempio di sintesi creativa; sintesi, poiché riunisce i c lassic i elementi delle numerose ricerche sulle azioni reciproche delle correnti e dei campi , sui fe nomeni di induzione, e creativa, perché fornisce una nozione innovati va, grazie alla quale risulta possibile la sintesi e senza la qua le la stessa assiomatica non sussisterebbe: la nozione di correnti di spostamento. Queste correnti di spostamento si sono tra formate nella propagazione del campo elettromagnetico, a parti re dalle ricerche di Hertz, che le rese manifeste sperimentalmente, vent'anni più tardi. Non si potrebbe realizzare la stessa cosa nell 'ambito delle scienze umane? Non si potrebbe fo ndare la Scienza umana, rispettando, beninteso, le possibilità di applicazione multipla, ma costituendo, perlomeno, un 'assiomatica comune, applicabile ai differenti ambiti? Ciò che ci sprona ad agi re in questo senso è il panorama comples ivo dell 'evoluzione delle scienze della natura. In passato esistevano una fisica ed una chimica separate: a tutt'oggi esiste una fis ico-chimica e le correlazioni fra fisica e chi mica divengono evidentemente sempre più forti . Non si potrebbe ricercare un termine medio che costituisse precisamente il centro atti vo e comune di una assiomatica possibile fra i due estremi , ovvero fra la teoria de i gruppi , cioè la sociologia, e la teoria dell ' individuo, c ioè la psicologia? Notiamo, infatti , che, in molti ca i, anche se ci soffermiamo sulla psicologia individuale, quella più direttamente monografica e intimista, e anche se prendiamo il caso della sociologia degli insiemi , siamo sempre indotti ad una ricerca de lla corre lazione, resa necessaria per il fatto che non esiste, in sociologia, il gruppo di tutti i gruppi , né, in psicologia, all ' interno dell ' indi viduo, un elemento, un atomo di pensiero, che si potrebbe agevolmente isolare per costitu irne l'analogo del semplice corpo chimico, consentendo di ricomporre il tutto attraverso combinazioni con altri elementi semplici. L' isolamento di una monade, atomo psicologico, o di un gruppo umano, che costituirebbe una totalità, ovvero una specie di universo sociale, risulta impossibile. In sociologia non esiste !'"umanità" e in psicologia non esiste un e lemento ultimo; ci troviamo sempre a livello di corre lazioni , che ci inducono alla ricerca di elementi interni ali ' individuo o che ci inducono verso quella dei più vasti gruppi socia li . In queste condizioni , la lezione che scaturisce dall 'evoluzione delle scienze della natura ci incita a rievocare i più antichi principi di spiegazione che sono stati avanzati all ' interno delle scienze umane, nella misura in cui questi principi sono principi di correlazione. Ecco spiegato il motivo per il quale si è creduto possibile scegliere nozioni come quelle di forma,
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info rmazione e potenziali, a partire dalla piegazione della nozione di forma. Questa nozione, probabilmente, costitu isce una delle più antiche che sia mai stata definita da parte di que i filosofi che si sono interessati allo studio dei problemi umani . Certo, si è verificata una notevole evoluzione, ma è possibile ritrovarla ugualmente anche a partire dall'Archetipo platonico e, in seguito, nella relazione Forma-Materia in Aristotele e nello schema ilomorfico; dopo un lungo cammino, tanto platonico quanto ari totelico, la ritroviamo altresì nel Medioevo e nel XVI secolo e la reperiamo ancora alla fine del XIX e del XX secolo, durante la ripresa delle nozioni classiche sotto una luce nuova, quella della Gestaltpsychologie. La Gestaltpsychologie rinnova la nozione di forma e in un certo senso costituisce la sintesi della forma arc heti pica platonica e della forma ilomorfica aristotelica, grazie all'impiego di una nozione esplicativa ed esemplare, tratta dalle scienze della natura, ovvero quella di campo. Cercheremo di dimostrare che la nozione di forma risulta necessaria, sebbene, al contempo, non consenta, da sola, di fo ndare un'assiomatica delle scienze umane, a meno che non la si presenti all'interno di un sistema che comprenda quella di informazione e quella di potenziali, nel senso in cui si intende l'energia potenziale. P roverò dunque a tracciare un 'evoluzione storica della nozione di forma, dapprima archetipica, poi ilomorfica e infine gestaltica, tentando successivamente di dimostrare in cosa risulti insufficiente in vista del nostro scopo assiomatizzante e vi aggiungerò poi un certo numero di considerazioni relative all'Informazione ed infine proverò a presentare ciò che consentirà di riunire la nozione d'Informazione a quella di Forma, ovvero ciò che ho denominato operazione trasduttiva o modulazione, non potendo esistere se non all' interno di un ambito di realtà in condizioni metastabili , che possegga energia potenziale . Devo aggiungere una spiegazione in merito aJ termine modulazione. Non interpreto questa parola nel senso tecnico più ampio che ha acquisito quando si parla di modulazione allo stadio finale di un emettitore, ma nel enso ristretto, che designa l'operazione che si compie ali' interno di un reiè amplificatore, dotato di numero infi nito di stati, come, per esempio, in un tubo a catodo caldo- triodo, tetrodo, pentodo- o in un transistor. S i tratta dell'operazione attraverso cui un debole segnale energetico, come quello inviato sulla griglia di comando di un triodo, attualizza, con un certo numero di gradi possibili , l'energia potenziale rappresentata dal circuito anod ico e dall'effettore, che costituisce la carica e tema di questo circuito anodico. Il termine non risulta pienamente corretto, quanto, piuttosto, leggermente ambiguo, dato che per modulazione si intende altresì l'influenza reciproca
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di due energie, l 'una supporto futuro di informazione, come, per esempio , l'oscillazione ad alta frequenza, e l'altra che consiste nell'energia già informata da un segnale, come, per esempio, la corrente a bassa frequenza che modula l'oscillazione ad alta frequenza, durante il processo di modulazione anodica degli emettitori . A ciò, pertanto, occorre apportare, sin da principio, una precisazione semantica, allo scopo di definire questo tipo di operazione di interazione fisica. Se la psicologia pura e la sociologia pura risultano impossibili, giacché non esistono né un elemento estremo in psicologia e neppure l'insieme degli insiemi in sociologia, occorre vedere in che modo gli psicologi o i sociologi dell'Antichità hanno gestito i processi di interazione e di influenza. Analizziamo inizialmente la significativa e complementare opposizione che sussiste fra la forma archetipica di Platone e la forma ilomorfica di Aristotele. La forma archetipica di Platone consiste nel modello di tutto ciò che risulta supremo, eterno e unico, secondo una modalità di interazione verticale. L'archetipo, l'àQXTJ, l'origine e il tiJ1t0ç, ovvero l' improntaconsiste nella prima modalità. Questo termine designa lo stampo attraverso cui si possono coniare le monete, ovvero il conio, come Io si definirà più tardi. Il 'tÙ1tOç, consiste nell ' impronta, ma altresì nel colpo: con un pezzo di acciaio inciso, si possono imprimere i caratteri su una placca di metallo prezioso e questo archetipo consente di assegnare la medesima figura, la stessa configurazione, a quella materia deformabi le che consiste nella piccola placca di metallo. Se l'archetipo è di buon acciaio, ogni pezzo colpito dallo stesso conio si rassomiglia e risulta riconoscibile, poiché, cau almente, proyiene dalla stessa operazione di modulazione, a partire dali ' Archetipo. Certo, l' Archetipo si può degradare, ma, al contempo, occorre notarne la superiorità a ntologica: se si perde un pezzo, si perde esclusivamente del meta li q, mentre se si perde l'Archetipo, bisogna realizzarne un altro a partire dal pezzo e il pezzo può ri ultare meno perfetto di quanto non lo fosse l'archetipo. Il secondo archetipo non sarà assol utamente simile al primo. In altre parole, fra un pezzo e l 'altro, sebbene realizzati con lo stesso Archetipo, risiede un certo numero di fluttuazioni aleatorie- sia che si tratti di un grano di polvere, o dell' irregolarità del metallo- risolte da una tendenza centrale; questa tendenza centrale, normativa e superiore, viene rappresentata dalla forma originaria, ovvero quella del conio, cioè dell' archetipo. In questo caso si ri leva un modello di processo di interazione che a malapena merita il nome di interazione, ma che in realtà costituisce un termine estremo rispetto a tutti gli altri tipi possibili di interazione: si tratta di interazione non reciproca, irreversibile, senza ritorni fra il pezzo e l ' archetipo, che manifesta una fondamentale asimmetria; l'archetipo è superiore al pez-
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zo e non sussistono rapporti complementari , giacché l'archetipo non ha bisogno dei pezzi per esistere, poiché risulta precedente e superiore ed esiste pr.ima di ogni pezzo. È questo il modello della teoria delle Idee di Platone: 'tÒ dboç, le Forme, che sono Archetipi, consentono di spiegare l' esistenza dei sensibili e questi sensibili sono paragonabili ai pezzi che sono stati fo rmati con il conio, ovvero con l'Idea. I conii sono immutabili , esistono al di là della sfera dei fissi e non si degradano. L'essere generato che i trova nella yévemç e nella Soga, il sensibile, può degradarsi, mentre la Forma, di per sé, 'tÒ dboç, non si degrada. Non è neppure suscettibile di progresso, cosa che induce ad una teoria della conoscenza in cui l 'uomo può ricordarsi esclusivamente della forma, in occasione dell'incontro del sensibile e di quegli ostacoli che si incontrano quando il soggetto conoscente si imbatte nel sensibile. Senza un processo induttivo del pensiero, il soggetto non può richiamare la visione delle forme ed interpretare il sensibile a partire da questa visione. Per quale motivo? Perché ogni perfezione della forma, ogni perfezione del contenuto strutturale, è fornito sin dalla sua origine. Platone costruisce un universo meta fisico ed un sistema epistemologico nei quali la perfezione è fornita originariamente. La perfezione, la più elevata ricchezza di struttura, risiede in quel mondo che si trova al di là della sfera dei fissi, ovvero è eterno e trascendente e non piuttosto soggetto alla degradazione o ad un eventuale progresso. La degradazione concerne solo ciò che è generato; ciò che è generato, a partire da relazione di esemplarismo, si può degradare, oppure, nella misura in cui l' anima è sorella delle Idee, l'anima può ritornare alla perfezione originaria. In ciò consiste il primo Platonismo, per cui lo scopo della filosofia risiede nel ritorno al mondo in cui ritroveremo gl i archetipi, a partire da questo giardino· degli Dei in cui ci troviamo -l' espressione viene attribuita Socrate. Se dovessimo delineare con un solo tratto questo modo di concepire la forma, diremmo che, essendo la forma perfetta sin dalla sua origine, il Platonismo costituisce un sistema di conservazione e di rispetto dell ' Idea, che si offre una volta per tutte, o per meglio dire, di ritorno all' Idea; la scienza costituisce una remini cenza, un àvàflVllOLç, ed altresì una contemplazione, sino alla riscoperta di ciò che l'anima ricorda, in quanto abEÀYJ 'tWV dbwv, ovvero sorella delle Idee. La morale individuale corrisponde ad una conservazione, conservazione attraverso cui l'individuo realizza l'idea dell' uomo, conservazione del rapporto che deve propriamente esistere fra voiJç, 9ufl6ç, e ém.Sufl(.a, secondo il principio di giustizia (ma, in re.al-
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tà, bisognerebbe dire " giustezza") , che, a sua volta , salvaguarda il sistema strutturale che caratteri zza l' individuo. Ora, la Forma, nel modo in cui è concepita dal Platonismo, ovvero come suprema ed immutabile, risulta perfettamente adatta a rappresentare la struttura del gruppo e fonda così una sociologia implicita, una teoria politica del gruppo ideale. Questo gruppo risulta più stabile di quanto non lo siano gli individui ed è dotato di una tale inerzia che sembrerebbe essere permanente; d'altra parte, la permanenza relativa viene considerata da Platone come una vera fi ssità, che è o deve essere: sappiamo, infatti, che la città ideale è ciò che non deve mutare. Il filosofo magistrato, che conosce il numero della città e la misura che caratterizza i rapporti fra le diverse classi sociali, così come conosce il rapporto fra le virtù dell'individuo (del vouç, del 8uf.I.Òç e del Em8UJ.LtanclroApz.n (l:ao>crist