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Italian Pages 413 [412] Year 2018
Carocci editore
@ Studi Superiori
L'edilizia privata antica, di cui la casa costituisce l'espressione più signiiì.cativa, è stata per molto tempo studiata solo attraverso pochi straordinari contesti, quali Pompei e Ostia; negli ultimi decenni nuove scoperte, indagini archeologiche accurate e approcci sistematici hanno arricchito le conoscenze, offrendo una chiave di lettura privilegiata delle società antiche. Il volume esamina la casa nel mondo classico, in particolare greco e romano, attraverso l'evoluzione degli assetti planimetrico-architettonici, letti in costante collegamento con i contesti geograiì.co, socio-economico, culturale e tecnico. Lo studio adotta una prospettiva diacronica, dalla fase dei grandi cambiamenti che portarono all'affermazione della civiltà urbana nel bacino del Mediterraneo nno alla dissoluzione dell'Impero romano. L'ampia estensione geograiì.ca e cronologica, se necessariamente obbliga a una selezione di temi ed esempi, permette al contempo di delineare un quadro di sintesi e di mettere in evidenza affinità e differenze, continuità e trasformazioni nella concezione della casa e delle sue funzioni, sia come luogo dell'abitare sia come espressione peculiare distatus sociale e strumento ideologico di potere. Maria Stella Busana è professore associato e insegna Archeologia romana · e Archeologia romana: economia e società all'Università di Padova. Si occupa di insediamenti urbani e rurali, architettura e produzioni. Coordina numerosi progetti e indagini sul campo ed è autrice di una signi:&cativa produzione scienti:&ca.
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Maria Stella Busana
L'edilizia abitativa nel mondo classico Dalla fine del II millennio a.C. alla tarda antichità
Carocci editore
1' edizione, marzo lOI8 ©copyright lOI8 by Carocci editore S.p.A., Roma
Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari Impaginazione: Luca Paternoster, Urbino Finito di stampare nel marzo lOI8 da Grafiche VD srl, Città di Castello (PG)
ISBN 978-88-430-882.3-2.
Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 2.2. aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione,
è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.
Indice
Introduzione
II
I.
Alla vigilia della civiltà urbana (xr-vm secolo a.C.)
I5
I. I.
Gli antefatti
I5
1.1.1.
I.2..
Il mondo miceneo l
Italia e isole
1.1.2..
Il mondo greco
2.2.
Il quadro sociopolitico l 1.2..2.. La diffusione della pianta curvilinea l 1.2..3. Macedonia e Creta: tra conservatorismo, adattamento e innovazione l 1.2..4. Il ritorno della casa a pianta rettilinea l 1.2..5. Occidente greco 1.2..1.
Il mondo italico e le isole 1.3.1. 1.3.3·
2..
2.. I.
Il quadro sociopolitico l 1.3.2.. Italia meridionale e insulare l Italia centrale tirrenica l 1-3-4. Italia settentrionale
L'affermazione della civiltà urbana (metà VIII -VI secolo a.C.)
53
Il mondo greco e coloniale
53
Il quadro sociopolitico l dei tiranni 2..1.1.
2..2..
2..1.2..
Le abitazioni l
2..1.3.
I palazzi
Il mondo italico 2..2..1. 2..2.-3-
Il quadro sociopolitico l 2..2..2.. Italia centrale tirrenica l Italia settentrionale l 2..2..4. Italia meridionale
Le case arcaiche fenicie e puniche
7
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
3· 3·1.
Dall'età classica al primo ellenismo (v-Iv secolo a.C.)
III
Il mondo greco e coloniale
III
3.1.1. Il quadro sociopolitico l 3.1.2.. L'edilizia urbana l 3·1.3· L'edi-
lizia rurale
3.2.
Il mondo italico
I3S
3.2..1. Il quadro sociopolitico l 3.2..2.. Italia centrale tirrenica ed Etruria padana l 3.2..3. Italia settentrionale l 3.2..4. Italia meridionale
4·
L'età ellenistica (33I-3I a.C.)
I47
4.I.
Il mondo greco
I47
4.1.1. Il quadro sociopolitico l 4.1.2.. Le residenze regali l 4·1.3. Le
abitazioni
Il mondo italico e provinciale
I72
4.2..1. Il quadro sociopolitico l 4.2..2.. Italia centrale tirrenica l 4.2..3. Italia meridionale l 4.2..4. Italia settentrionale l 4.2..s. Pro-
vince occidentali
4·3·
Architettura domestica punica
229
S·
La prima e media età imperiale (3I a.C.-m secolo d.C.)
233
s.I.
Il quadro sociopolitico Le residenze imperiali
233 234
s.2.
s.2..1. La sede ufficiale a Roma da Augusto ai Severi
5·3·
l s.2..2.. Le ville
Le abitazioni s.3.1. Italia centrale e meridionale l S·3·2.· Italia settentrionale S·3·3· Province occidentali l S·3·4· Grecia e province orientali
6.
L'età tardoantica (IV-VI secolo d.C.)
6.I. 6.2. 6.3.
Il quadro sociopolitico Le residenze imperiali L'edilizia urbana
8
l
INDICE
6-4-
Le ville
6.5.
Eredità dell'architettura aulica antica: le residenze di Teodorico
349
Bibliografia Indice dei luoghi
9
Introduzione
Nel libro I del trattato L 'architettura Vitruvio ci offre alcuni elementi fondamentali per valutare e comprendere i principi ispiratori delle abitazioni romane, sintetizzabili nell'espressione «occorre saper destinare a ciascuno il tipo di abitazione che meglio risponda ai suoi bisogni» (I, 2., 9 ). Le sue parole rivelano lo stretto e consapevole legame esistente tra I' assetto planimetrico-architettonico della casa (urbana e rurale) e il tipo politicosociale-economico del proprietario o dell'abitante, su cui Vitruvio ritorna in modo più dettagliato nel capitolo relativo all'edilizia privata (vi, s, 2.). Tale considerazione vitruviana, sottoposta a vaglio critico attraveril so confronto con i dati archeologici, sta alla base dell'impostazione generale del volume, che intende esaminare I' abitazione nel mondo classico, in particolare greco e romano, attraverso la lente dell'assetto planimetrico-architettonico, tenendo presente il contesto geografico, socioeconomico, culturale e tecnologico; invero, sono dedicati solo cenni essenziali a tecniche e materiali costruttivi e agli apparati decorativi, ma di tali aspetti si è cercato sempre di tenere conto nell'analisi e nell'interpretazione dei contesti. Un'ormai consolidata tradizione di studi sull'edilizia privata fornisce i presupposti teorici, sempre sortesi al discorso, utili a evitare classificazioni arbitrarie: da una parte, il riferimento alla "tipologia" intesa come "idea concettuale", non come rigido schema; dall'altra, la costante valutazione del contesto. La tipologia continua a essere uno strumento valido se si prendono in considerazione da un lato gli elementi planimetrici semanticamente rilevanti, dall'altro l'uso e il contesto degli edifici. La trattazione adotta una prospettiva diacronica, che è stata articolata in sei macro-fasi, corrispondenti ai sei capitoli che formano il volume, volgendo lo sguardo alle diverse aree del Mediterraneo. Prende avvio dal tramonto della civiltà micenea a est e degli abitati dell'età del Bronzo Recente a ovest, analizzando il periodo di grandi cambiamenti che portò
II
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
ali' affermazione della civiltà urbana nel bacino del Mediterraneo (XII /XIIX secolo a.C.). Viene quindi affrontato il periodo arcaico, durante il quale il fenomeno urbano coinvolse quasi simultaneamente, nel corso dell'viii secolo a.C., il mondo greco, fenicio, latino, etrusco, veneto, anche se con forme e modalità diverse, raggiungendo soluzioni più o meno compiute nel VI secolo a.C. Da questo momento la trattazione segue lo sviluppo dell'abitazione durante l'epoca classica (V-IV secolo a.C.), ellenistica (fine IV-I secolo a.C.), imperiale (I-III secolo d.C.) e infine tardoantica (IV-VI secolo d.C.), cercando di sottolineare tratti comuni e differenze, continuità, innovazioni e contaminazioni. Se nei primi quattro capitoli, cioè fino all'ellenismo, si affronta prima il mondo greco e poi quello italico in considerazione del ruolo trainante assunto dalla cultura architettonica ellenica- anche per il contatto con le civiltà del Vicino Oriente -, nel CAP. s la prospettiva viene ribaltata per il ruolo dominante assunto da Roma, che gradualmente estende la sua influenza; infine, nel CAP. 6 il discorso è condotto su un piano generale, considerando il carattere "universale" assunto dal linguaggio architettonico, pur declinato in forme diverse per monumentalità o peculiarità locali. Per ogni macra-fase si è voluto inserire una breve nota introduttiva che sintetizza gli aspetti sociopolitici più rilevanti che caratterizzano il comprensorio greco e quello itali co. Dal passo di Vitruvio deriva anche la scelta di esaminare, nelle varie epoche e nei diversi territori, prima le testimonianze relative all'edilizia privata di prestigio, a partire da quella di carattere "regale': e poi quelle proprie dell'edilizia comune, passando dai contesti urbani a quelli extraurbani. Tale articolazione consente di cogliere alcuni aspetti generali: ad esempio, il ruolo di modello del Vicino Oriente, culla delle civiltà palaziali, nell'elaborazione dell'architettura residenziale di potere, o la volontà di emulazione del ceto medio nei confronti dei modelli di prestigio. Quest'ultimo fenomeno rende ben più difficoltosa e incerta l'identificazione dello status sociale dei proprietari rispetto a quanto potrebbero suggerire le parole di Vitruvio. La trattazione procede delineando le caratteristiche generali dell'edilizia privata in un determinato contesto (storico, geografico, culturale, sociopolitico) e descrivendo- nel testo o nei riquadri di approfondimento-, le testimonianze più rappresentative e meglio indagate, in quanto assumano un valore paradigmatico; non mancano riferimenti a contesti che presentano differenze e varianti, i quali consentono di cogliere la ricchezza delle soluzioni adottate in concreto, tipica delle realizzazioni di ambito privato, che non costituiscono espressioni se-
12
INTRODUZIONE
riali. Un ricco corredo di immagini, tra cui un'ampia selezione di ricostruzioni, accompagna il testo, con l'obiettivo di illustrare nel modo più chiaro ed efficace casi emblematici e varianti significative. Il CAP. I illustra come agli inizi del I millennio a.C. nel versante greco si diffonda la casa isolata a pianta curvilinea - circolare, ovale o absidata, quest'ultima associata a soluzioni residenziali di prestigio -, realizzata con materiali e tecniche tradizionali di carattere prevalentemente deperibile; in alcune aree marginali prevalgono altri modelli a seguito dell'isolamento e dell'adattamento ambientale. Nello stesso arco cronologico in Italia e nelle isole le abitazioni presentano una maggiore varietà, talora riscontrabile nell'ambito di uno stesso insediamento, legata alle strutture organizzative e alle tradizioni edilizie precedenti. Nel corso dell'viii secolo a.C. si verifica su entrambi i versanti orientale e occidentale un deciso cambiamento e gradualmente si afferma la planimetria rettilinea sulla spinta di molteplici fattori: tecnici, demografici, socioeconomici, ideologici. Il CAP. 2., dedicato alla fase cruciale di formazione della civiltà urbana in Occidente, segue il processo di sviluppo della casa, che si lega a due principali esigenze: la definizione più netta dei limiti della proprietà e l'articolazione più chiara delle funzioni. Tale processo, avviato nell'viii secolo, giungerà a soluzioni organiche solo alla fine del VI secolo a.C. (casa a sviluppo lineare, casa pastas/prostas, casa a corte, casa ad atrio) comportando una rivoluzione anche nella tecnica costruttiva legata all'impiego di materiali durevoli. Parallelamente si avvia il controllo dei territori con la costruzione di strutture abitative e produttive stabili. Nell'elaborazione dei modelli un ruolo determinante assumono i diversi sistemi politico-sociali e ideologici, che riprendono elementi semanticamente significativi da esperienze del Vicino Oriente. Il CAP. 3 è dedicato ali' epoca classica, fase in cui trovano espressione definita le diverse identità culturali e l'edilizia privata porta a compimento le novità elaborate in epoca arcaica, conferendo loro un assetto organico e ben strutturato. Un aspetto rilevante è l'adozione di modelli più articolati e tecniche più durevoli anche nei territori prima rimasti estranei a tale sviluppo architettonico. Nel CAP. 4 si affronta una fase, quella dell'ellenismo, caratterizzata da grandi cambiamenti politici e sociali, che portano a un ulteriore sviluppo dei modelli abitativi, come la casa a peristilio o quella ad atrio e peristilio, acquisendo una ricchezza architettonica e decorativa prima estranea all'edilizia privata. In questo processo si verificano fenome-
l3
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
ni di contaminazione delle tradizioni architettoniche proprie dei due versanti del Mediterraneo con il riconoscimento del ruolo "universale" del linguaggio formale greco. Con il CAP. s si entra nella fase di piena affermazione di Roma ed espansione del suo controllo sul Mediterraneo e sui territori interni, con la conseguente diffusione della cultura edilizia ellenistico-romana. I modelli di prestigio vengono forniti in questa fase dalle residenze imperiali, realizzate a Roma e in altre aree dell'impero, che fondono elementi dell'architettura ellenistica di potere con le innovazioni tecniche romane (opus caementicium, sistemi di riscaldamento, controllo dell'acqua grazie agli acquedotti), oltre che decorative. Il CAP. 6 illustra infine il linguaggio architettonico dell'edilizia privata elaborato nella tarda antichità, che seleziona elementi già presenti nei secoli precedenti, codificando specifici caratteri planimetrici, compositivi e decorativi, che saranno "universalmente" riconosciuti fino alla disgregazione dell'impero. Tuttavia, come il modello della casa urbana a peristilio sopravviverà nelle residenze bizantine e negli episcopia, così il modello della villa a peristilio sarà ereditato dalle architetture dei monasteri, superando i confini dell'antichità e giungendo ai giorni nostri. L'estensione cronologica e geografica affrontata, se necessariamente obbliga a una drastica selezione di temi ed esempi, di contro consente di delineare un quadro di sintesi, evidenziando i grandi fenomeni culturali e facendo emergere affinità e differenze, continuità e trasformazioni. Nell'assumermi la responsabilità degli errori eventualmente presenti, desidero ringraziare coloro che hanno letto in tutto o in parte il testo, dandomi sempre preziosi suggerimenti: Patrizia Basso,Jacopo Bonetto, Andrea Bologna, Alexandra Chavarria, Michele Cupitò, Claudia Forin, Francesca Ghedini, Stefania Mattioli Pesavento, Victor Revilla Calvo, Monica Salvadori. Un ringraziamento particolare devo a Daniele Manacorda, che mi ha spinto ad affrontare questo studio ampio e impegnativo, seguendone la stesura; al di là del risultato, è stato per me un'importante occasione di crescita nella ricerca e nella didattica. Sono riconoscente a Leonardo Bernardi per l'attento controllo redazionale e per la realizzazione dell'Indice dei luoghi e a Matteo Annibaletto per la cura dell'apparato grafico. Sono grata infine alla casa editrice Carocci che ha creduto nel mio lavoro e con pazienza mi ha sostenuta in questi anni. Padova, 3I dicembre 2.0I7
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I
Alla vigilia della civiltà urbana (xi-VIII secolo a.C.)
I. I
Gli antefatti I. I. I.
IL MONDO MICENEO
Verso la metà del II millennio a.C. la penisola greca e le isole vedono la definitiva affermazione degli Achei, noti anche come Micenei, popolo di origine indoeuropea giunto dal Nord qualche secolo prima. Erano organizzati in comunità agricolo-pastorali autonome che controllavano estesi territori ed erano rette da un potere centralizzato, come i vicini imperi di Persia, Siria ed Egitto. L'architettura palaziale costituì una delle manifestazioni più rilevanti. Le residenze regali (Micene, Pilo, Tirinto), estese tra 1.700 e 4.000 mq, sorgevano in posizione rilevata, difese da possenti fortificazioni con addossate le casematte (FIG. 1.1); il palazzo vero e proprio, realizzato in tecnica lapidea monumentale, si articolava in una successione assiale di cortile (talora raddoppiato), vestibolo (talora raddoppiato), sala principale rettangolare allungata (megaron) con focolare al centro (inquadrato da quattro colonne funzionali a creare un'apertura sul tetto per la fuoriuscita del fumo), infine vano-deposito per i beni più preziosi; attorno a questo nucleo, che aveva funzioni di rappresentanza, si disponevano numerosi ambienti di carattere residenziale, utilitario (magazzini), amministrativo (archivi), artigianale e cultuale (Darcque, 2005). Gli studi più recenti hanno circoscritto l'influenza del modello palaziale agli edifici legati per natura e funzione al centro del potere (ad esempio, la Casa della Sfinge o la Casa del Mercante d'Olio a Micene), sottolineando anche la preesistenza in ambito egeo di abitazioni con planimetrie complesse (ibid. ). La coeva edilizia privata mostra invece carat-
15
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FIGURA 1.1
Fonte: Darcque (2.0os).
sud-ovest
Pilo (Peloponneso, Grecia), planimetria del palazzo miceneo
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ricostruttive, la casa si strutturava su due terrazze, applicando i consueti principi di assialità e simmetria (FIG. 5.2). La terrazza superiore era occupata al centro dal grandioso Tempio di Apollo, fiancheggiato
237
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
a ovest dalla domus privata e a est dalla domus publica, che dopo l' assunzione da parte di Augusto della più importante carica religiosa, quella di pontifèx maximus (n a.C.), divenne la sede ufficiale di tale sacerdozio, prima situata nel Santuario di Vesta. Anche di tale fase sopravvivono resti lacunosi, relativi soprattutto alla domus privata e al podio del tempio, mentre la domus publica fu distrutta dagli interventi neroniani. Verso sud si sviluppava un'area scoperta porticata, nota nelle fonti come Portico delle Danaidi (per la presenza di cinquanta statue raffiguranti le figlie di Danao, protagoniste di un mito greco), che presentava sul lato orientale tre grandi aule, identificate archeologicamente e rappresentate nella Forma Urbis severi an a: l'insieme viene oggi interpretato come una duplicazione del Foro Romano e una delle aule identificata come la Bibliotheca Apollinis dove Augusto convocava il Senato ( Svetonio, Vita di Augusto 29, 3). La terrazza inferiore, posta a una quota più bassa di circa 10 m, ospitava un bosco di alloro (pianta sacra al dio Apollo) circondato da portici, denominata area Apollinis in un frammento della Forma Urbis severiana; data la morfologia del versante, tale terrazza doveva poggiare su imponenti sostruzioni (ricostruite su sei piani), che si ipotizza fossero sfruttate per alloggi e uffici, e si concludeva con un corpo aggettante che dominava il Circo Massimo (maenianum), venendo così a istituire una connessione che sarà poi tipica delle residenze imperiali sino alla fine dell'impero. Se la ricostruzione complessiva rimane problematica, le strutture perimetrali di terrazzamento sopravvissute forniscono importanti indicazioni in merito all'ingombro dei diversi nuclei. Tra queste, all'interno della Chiesa di Santa Anastasia si conserva il tratto centrale del muro di chiusura meridionale del complesso, caratterizzato da un'apertura che è stata interpretata come l'accesso al santuario realizzato in corrispondenza del Lupercale. La Domus Augusti, con la presenza all'interno di un tempio, si configura come un progetto del tutto innovativo, carico di riferimenti alla tradizione mitica e storica romana più che alle regge ellenistiche. Riguardo alla tradizione sulla modestia e frugalità della dimora e dello stile di vita di Augusto, su cui si soffermano le fonti antiche, in particolare Svetonio, i dati emersi dalle campagne di scavo e la proposta ricostruttiva hanno evidenziato come la domus privata si estendesse su una superficie tutto sommato limitata (poco più di I.ooo mq) e non esibisse segni di straordinaria monumentalità o ricchezza; di contro, grandiosi erano gli spazi e l'apparato decorativo riservati alle aree pub-
). LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
bliche, dal tempio al complesso Bibliotheca Apollonis-Curia, dal Portico delle Danaidi ali' area Apollinis. Già Tiberio, successore di Augusto, avviò la costruzione di una nuova residenza imperiale, che venne ampliata poco alla volta da Caligola fino al versante settentrionale del Palatino verso il Foro Romano, assumendo il nome dei membri della famiglia regnante (Domus Tiberiana, Domus Germanici, Domus Gai); scarse sono tuttavia le testimonianze relative a queste strutture, che riutilizzavano case tardorepubblicane (Krause, I998; Tornei, Filetici, 20rr ). Con l'imperatore Claudio, la Domus Tiberiana (Stazio, Selve III, 3, 66-67 ), denominazione documentata almeno fin dall'età di Caligola (CIL VI, 8654), comincia ad assumere un aspetto unitario e monumentale: lavori effettuati da Claudio sono testimoniati dal recente ritrovamento in situ di una fistula plumbea con impresso il suo nome, datata tra il 4I e il 54 d.C., in opera sotto il pavimento del cd. criptoportico centrale, finora attribuito a Nerone. I due progetti di Nerone relativi alla residenza imperiale, la Domus Transitoria e la Domus Aurea, costruita dopo l'incendio del 64 d.C., rappresentano un'eccezione, in quanto furono le uniche residenze a estendersi oltre il Palatino, interessando anche la Velia, parte del colle Celio, il colle Oppio, fino ali' Esquilino; la stessa denominazione Transitoria faceva riferimento alla sua funzione di collegamento tra la sede tradizionale della dimora imperiale (Domus Patatina) e gli H orti Mecenatis sull' Esquilino, ereditati dalla casa imperiale (FIG. 5.3). Alla Domus Transitoria vengono attribuiti i cd. Bagni di Livia sul Palatino, un monumentale triclinio, associato a un ninfea decorato come un frontescena teatrale, ricavato a una quota inferiore accanto a una piscina fatta costruire da Claudio nel settore pubblico della Domus Augusti: a suggerirlo sono state le tracce di fuoco identificate ali' epoca degli scavi (Gros, 2001; Segala, Sciortino, 2005; Panella, 2orr), anche se altri li assegnano alla Domus Aurea ( Carandini, 2010 ). Meglio conosciuto è il progetto della Domus Aurea, realizzato all'indomani del disastroso incendio del 64 d.C. dagli architetti Severus e Celer, che portarono la residenza imperiale a estendersi su una superficie di 75 ha circa (il27% dell'area compresa entro le mura serviane), esito di un'appropriazione indebita della città secondo Tacito (Annali xv, 42), Svetonio (Vita di Nerone 3I) e Plinio il Vecchio (Storia naturale XXXIV, 46). Un nucleo compatto e simmetrico situato tra la Velia e la valle del Colosseo, parzialmente documentato archeologicamente, fungeva da ingresso ufficiale dal foro, attraverso la Sacra via, e da cer-
5· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
n iera tra il settore pubblico (Pala tino) e quelli privati (Oppio, giardini sull' Esquilino, ninfeo sul Celio) (Panella, lO II). Esso comprendeva il vestibulum, un immenso cortile rettangolare porticato (poi occupato dal Tempio adrianeo di Veneree Roma) con al centro la statua bronzea di Nerone (h 36m), nota come Colosso, opera dello scultore greco Zenodoro (Plinio il Vecchio, Storia naturale XXXIV, 46); di qui, un sistema disostruzioni a terrazze digradanti conduceva a un edificio allungato trasversalmente, che inquadrava un bacino rettangolare (lo Stagnum Neronis): un complesso che, come l'edificio residenziale sull'Oppio (cfr. infra), si ispirava alle ville marittime, note da numerosi affreschi vesuviani. Più a sud rientrò nella Domus Aurea anche il Tempio di Claudio (Marziale, Gli spettacoli 2.), un maestoso altare fatto costruire dalla moglie Agrippina Minore sul colle Celio, da Nerone trasformato in ninfeo e utilizzato per rifornire d'acqua il grande stagno. Imponenti furono sul Palatino gli interventi di Nerone, di cui si conservano tracce parziali e lacunose, non tanto per la damnatio memoriae che portò alla distruzione di altri nuclei, quanto per le successive trasformazioni (FIG. 5.4). In questo settore a Nerone si deve innanzitutto l'aspetto unitario della Domus Tiberiana, sulla base di un progetto già avviato da Claudio. Si trattava di una gigantesca piattaforma rettangolare (400 x 450 m) destinata a sostenere un giardino pensile (iscrizioni menzionano untopiarius, ossia un giardiniere) delimitato da portici panoramici; al centro, al di sopra del citato criptoportico, si sviluppava un peristilio che circondava una piscina e sul quale si aprivano grandi sale ( Carandini, 2.010 ). Le sostruzioni dovevano probabilmente ospitare gli alloggi per la servitù e percorsi riservati ai proprietari, come il criptoportico riccamente decorato, ancora oggi agibile, che correva sulla facciata orientale. L'accesso ufficiale alla Domus Tiberiana doveva avvenire attraverso una monumentale scalinata da est, dove si trovava l'area Palatina, il grande piazzale di raduno del popolo in occasione di eventi e delle proclamazioni degli imperatori; una scalinata addossata al versante settentrionale offriva un altro ingresso scenografico dal foro (Krause, 1998). In corrispondenza della Domus Augusti, tra la Piscina di Claudio e il Portico delle Danaidi, Nerone realizzò l'Aedes Caesarum, un edificio a tre navate decorato con statue della famiglia giulio-claudia, interpretato come una basilica, a conferma del significato forense di tale settore ( Carandini, 2.0 I o). Proprio in quest'area, a est della Domus Augusti, venne progettata una nuova residenza, che le fonti definiscono Augustiana, probabilmente perché era sentita come derivazione e
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
5·4
Roma, Palatino, planimetria ricostruttiva della Domus Augustiana ( 64-68 d.C.)
Fonu: Carandini (zmo).
sviluppo della Domus Augusti. Di questo nuovo nucleo si conservano i portici che delimitavano su tre lati una vastissima area rettangolare, corrispondente ai due peristili orientali del successivo palazzo flavio; è possibile, tuttavia, che il nuovo nucleo si estendesse verso ovest già fino al Tempio di Apollo, conformandosi a L e collegandosi ai Bagni di
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
Livia, raggiungendo una superficie di circa 25.000 mq. L'ingresso ufficiale doveva avvenire da nord, dalla stessa area Palatina, mentre a sud il complesso si affacciava verso il Circo Massimo ( Carandini, Bruno, Fraioli, 20u). Nel settore nord-orientale del Palatino, sede oggi della Vigna Barberini, si trovava un altro giardino pensile, costruito su alte sostruzioni; al suo angolo estremo, in un luogo panoramico verso lo Stagnum Neronis, è stato recentemente indagato un discusso edificio a pianta circolare, caratterizzato da peculiari strutture ad arco: ancora dibattuta è la sua attribuzione alla grande sala da banchetto definita da Svetonio (Vita di Nerone 31) coenatio principalis rotunda (Villedieu, 2001; 2012), secondo altri da collocare invece nel padiglione affacciato sullo stagnum ( Carandini, 2010 ), oppure al tempietto sacro alla dea Siria, amata da Nerone (Svetonio, Vita di Nerone s6), o ad Adone, venerato qui dai Flavi (Filostrato, Vita diApollonio 7, 32) (Carandini, 2010 ). Non sappiamo quanto di questo palazzo sia stato completato e rifinito da Nerone, visto che gli anni a disposizione prima della sua morte furono meno di quattro, ma su questo schema planimetrico si inseriranno gli interventi di epoca flavia, prima di Vespasiano e poi di Domiziano. Al di fuori delle costruzioni sul Palatino e del compatto nucleo tra il vestibulum e lo stagnum, la Domus Aurea si sviluppava secondo un'articolazione molto più libera, con padiglioni isolati inseriti all'interno di un grandioso parco urbano. L'edificio meglio conosciuto, scoperto in età rinascimentale, è il nucleo che sorgeva sul versante meridionale del colle Oppio, la cui sopravvivenza si deve all' interro e al riutilizzo come fondazioni per le Terme di Traiano (FIG. s.s). Questo corpo presentava un impianto a sviluppo lineare, con un'articolata facciata aperta verso la valle attraverso la successione di un portico, una terrazza panoramica e un ulteriore portico riservati a passeggiate e ali' attività fisica (xystus); nelle sostruzioni trovavano posto, come di consueto, alloggi e ambienti di servizio per liberti e schiavi. Nel suo assetto finale l'edificio comprendeva due nuclei, entrambi ispirati a una rigorosa simmetria: quello orientale era incentrato su una sala ottagonale fiancheggiata da due cortili pentagonali, dietro ai quali si aprivano vani di diversa planimetria con funzione di triclini e cubicoli; quello occidentale si organizzava invece su un grande peristilio rettangolare, abbellito da un bacino a pianta mistilinea, circondato da ambienti su tre lati. Il complesso era dotato di un piano superiore, parzialmente conservato solo nel settore orientale con appartamenti residenziali e una vasta piscina ( Carandini, Bruno, Fraioli, 2ou). Rivestita di materiali pregiati come marmi poli-
243
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
5·5
Roma, planimerria ricostruttiva del settore sull'Oppio della Domus Aurea ( 6468 d.C.) H orti ~aecenatis
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Fonte: Carandini (2.010).
cromi, mosaici parietali, oro e gemme preziose, decorazioni pittoriche, stucchi dorati, la Domus Aurea non esprime solo il grande lusso in cui Nerone viveva, ma anche la volontà di dominio e di appropriazione del paesaggio e delle sue risorse da parte del potere imperiale. I suoi successori Gaiba, Otone e Vitellio completeranno le decorazioni delle magnifiche stanze (Svetonio, Vita di Otone 7). Con la salita al potere dei Flavi, nel 69 d.C., per opportunità politica la residenza imperiale torna a ritirarsi sul Palatino, dando vita a un palatium nuovo, pur nel segno della continuità, mentre il vasto insieme architettonico esterno viene quasi completamente distrutto e sostituito da edifici pubblici: sul monte Celio fu riedificato il Tempio del Divo Claudio, nell'area dello stagno fu innalzato il Colosseo, inaugurato da Tito n eli' So d.C., tra Celio ed Esquilino vennero costruite le caserme e le palestre (ludi) per i gladiatori, l'impianto termale sull'E-
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squilino fu aperto al pubblico, il padiglione sull'Oppio venne trasformato in cava di marmi e di elementi decorativi, fino alla costruzione delle Terme di Traiano nel 109 d.C. l bolli impressi sui laterizi attestano che Vespasiano intervenne nel settore sud-orientale del Palatino, inserendosi nel complesso neroniano della Domus Augustiana; in particolare sono state individuate, in corrispondenza del nucleo più occidentale, le strutture che definivano una grande aula accessibile dall'area Palatina. Anche la Domus Tiberiana fu interessata da alcune trasformazioni significative: oltre a modificare il peristilio centrale, ad esempio con l'aggiunta di un'abside, nel!' angolo nord-est della piattaforma Vespasiano realizzò un impianto termale, articolato su due piani, e in quello sud-est una fontana ellittica per l'allevamento dei pesci; fece poi avanzare il fronte settentrionale verso la Sacra via, dotandolo di una scalinata in marmo e destinando alcuni degli ambienti sostruttivi a funzioni commerciali, come attesta la presenza di vasche e banconi (Mar, 2005; Coarelli, l009 ). L'assetto definitivo della Domus Flavia, attribuito all'architetto Rabirius, si deve però a Domiziano, il cui palatium divenne definitivamente la sede del potere e del governo dell'impero (Mar, wos; lacopi, Tedane, l009; FIG. s.6). Il nuovo palazzo fu innalzato al di sopra di ampi riporti di terreno posti su due livelli, ma riprendendo l'ingombro, la forma a L e l'assetto generale della costruzione precedente, articolato in tre nuclei incentrati su peristili dotati di ampi bacini. Per le dimensioni straordinarie e le caratteristiche degli ambienti si ritiene che i due nuclei più settentrionali, posti sulla terrazza superiore e accessibili dall'area Palatina, fossero destinati a funzioni pubbliche e di rappresentanza, formando quella che le fonti definiscono Domus Flavia. In corrispondenza del nucleo orientale si trovava l'ingresso ufficiale al palazzo, costituito da un monumentale vestibolo, dal quale si accedeva al peristilio dove si trovava un sacello-larario galleggiante dedicato a Minerva, dea personale di Domiziano; nel nucleo occidentale si disponevano tre sale affiancate utilizzate per le udienze, tra cui la grandiosa sala del trono, nota come Aula Regia (30 x lO m), e l'aula basilicale; tutte erano dotate di ingressi autonomi sul portico di facciata, segnalati all'esterno, forse utilizzati dai visitatori per uscire dal palazzo e dal princeps per mostrarsi al popolo raccolto nell'area Palatina; oltre il peristilio, in corrispondenza del triclinio-ninfeo sotterraneo neroniano (Bagni di Livia) non più accessibile, era allestito un grande triclinio di rappresentanza fiancheggiato da due giardini con ninfea (oecus cizycenus), identificabile con la
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FIGURA 5.6 Roma, Palatino, planimetria ricostruttiva della residenza imperiale sotto Domiziano (81-97 d.C.)
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coenatio lovis delle fonti (Scrittori della Storia augusta, Pertinace n, 2); tra il grande triclinio e la Bibliotheca Apollinis-Curia augustea doveva trovarsi un quartiere di servizio, funzionale alla preparazione dei banchetti (cucine, magazzini), di cui si conservano poche strutture. Tutti i principali ambienti di rappresentanza di questo nucleo occidentale (la sala del trono, l'aula basilicale, il grande triclinio) erano dotati di absidi, elemento attinto dall'architettura sacra che sottolinea l'interpretazione divina che Domiziano dava di sé, come dominus et deus. Il nucleo incentrato sul peristilio meridionale, realizzato sulla terrazza inferiore,
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costituiva probabilmente la residenza privata della famiglia imperiale, definita Domus Augustana o Augustiana. Vi si accedeva dal peristilio orientale, dal quale era comunque nettamente separato attraverso vani di passaggio, e si sviluppava su due livelli: il piano superiore, posto alla stessa quota della Domus Flavia, si articolava in aree scoperte e ambienti residenziali disposti attorno al peristilio, più piccoli ma lussuosissimi; il piano inferiore prevedeva solo due ali, sul lato settentrionale e occidentale del peristilio, comprendenti rispettivamente tre grandi sale mistilinee ad alcove e tre pregiate piscine-ninfea rivestite di tessere in pasta vitrea, strutture che rievocano l'architettura del padiglione della Domus Aurea sul colle Oppio; i lati orientale e meridionale erano rispettivamente occupati da un terrapieno e dal versante del colle. Non si conosce esattamente come si articolasse la facciata verso il Circo Massimo nel progetto domizianeo; risale infatti all'età adrianea l'assetto curvilineo oggi visibile, che prevedeva al piano superiore un'esedra aperta su un portico, al piano inferiore una serie di ambienti affiancati e comunicanti, scavati nella roccia e aperti su una galleria (Iacopi, Tedone, 2.009 ). A est del complesso domizianeo si allungava un grande spazio scoperto ( 160 x so m), situato circa alla stessa quota del livello inferiore della Domus Augustana, circondato da un portico a doppio ordine, sotto a pilastri, sopra a colonne: tale impianto, che presentava il lato corto meridionale leggermente curvo, poteva fungere da stadio, ippodromo e giardino per passeggiate; allivello superiore si contrapponevano, al centro dei lati lunghi, una grande esedra rettilinea (a ovest) e una grande esedra semicircolare (a est), entrambe con funzione di tribune d'onore. Dall'esedra semicircolare, infine, si raggiungeva un impianto termale appartato, realizzato su sostruzioni e affacciato su un giardino pensile dotato di due vasche (natatio ), che si affacciava sul Circo Massimo attraverso wu loggia panoramica. Il palatium di Domiziano torna quindi al modello dell'organismo unitario e organico incentrato su più peristili di ascendenza ellenistica, arricchito di quegli elementi architettonici e decorativi divenuti ormai irrinunciabili dopo l'esperienza della Domus Aurea: un modello che avrà fortuna anche nei secoli successivi, in Italia e nelle province, come il cd. Palazzo delDux Ripae (cfr. FIG. p; riquadro 5.1). Nel complesso domizianeo raggiunge i massimi livelli l'uso dell' acqua come simbolo di lusso (garantita da un tratto dell' aqua Claudia che attraversava la valle tra il Celio e il Pala tino) e viene stabilita l' associazione tra palazzo e stadio-ippodromo, dopo quella con il circo introdotta da Augusto, anch'essa destinata a durare fino a età tardoantica. Il clivus
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
RIQUADRO 5.1
Il Palazzo delDux Ripae a Dura Europos (Siria) La tradizione ellenistica e l'architettura palaziale di Roma costituiscono i punti di riferimento evidenti anche per i palazzi governativi realizzati nelle province. Tra gli esempi meglio conosciuti è il cd. Palazzo del Dux Ripae a Dura Europos (Siria), costruito agli inizi del III secolo d.C. sulla sponda del fiume Oronte (Downey, 1993; Baldini Lippolis, 2.001; FIG. S·7 ). Al complesso si accedeva da sud attraverso un semplice vestibolo a torre che immetteva in una vasta corte colonnata, sul cui lato orientale si apriva un'esedra, utilizzata come sala delle udienze. Seguiva un secondo nucleo, incentrato su un'altra corte colonnata, circondata da ambienti con articolazione e funzione diversificata. I lati meridionale e orientale presentavano una sequenza di vani affiancati, di cui quelli orientali, destinati ad alloggio secondario e a funzioni di servizio, gravitavano su un'area scoperta autonoma; tale settore era accessibile anche autonomamente dall'esterno attraverso un atrio a quattro pilastri. Il lato occidentale, a destinazione residenziale e di rappresentanza, comprendeva al centro un nucleo di ambienti disposti secondo lo schema tripartito e a nord un impianto termale. Infine, il lato settentrionale, che costituiva il settore più privato del palazzo, prevedeva tre nuclei di ambienti con funzione residenziale separati da corridoi, tra i quali spiccava al centro una sala principale absidata; tale ala si apriva verso l'esterno, con un loggiato e una terrazza panoramica rivolta verso il fiume Oronte.
Palatinus B, che si staccava dalla Sacra via, venne trasformato in via colonnata e alla sua estremità venne innalzato un arco dedicato a Domiziano, a segnare l'ingresso al palatium (Mar, 2005). Tutti questi elementi divengono paradigmi di potere e riferimenti obbligati per coloro che al prestigio imperiale volevano assimilarsi. Domiziano ristrutturò anche tutta l'area posta a nord-est del Palatino, che mantenne la funzione di giardino, e la Domus Tiberiana, come provano i bolli laterizi e l'impiego di bipedali, ampliando il settore termale sul versante settentrionale (un giardino trapezoidale con natatio e due ninfei absidati alle estremità); con Adriano, poi, la facciata nord della Domus Tiberiana raggiungerà la Nova via attraverso la costruzione di doppie arcate (Carandini, 20 I o). Gli imperatori che succedettero a Domiziano apportarono poche modifiche alle domus imperiali, anche perché la residenza sul Palatino cominciò a perdere il suo ruolo di centro direzionale dell'impero. Da
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FIGURA
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Dura Europos (Siria), planimerria e assonometria dd Palazzo del Dux Ripae (inizi m secolo d.C.)
Fonte: Baldini Lippolis (~001).
Adriano in poi gli imperatori preferirono, infatti, vivere in residenze realizzate al di fuori di Roma, come la villa di Tivoli/ Tibur, o in periferia, come la domus di Settimio Severo negli Horti Spei Veteris, sul colle Esquilino. L'intervento più significativo venne attuato da Settimio Severo, ampliando il complesso termale della Domus Flavia e nascondendo il versante orientale del sistema sostruttivo con una quinta scenografìca rivolta verso la via Appia, nota come Septizodium, documentata anche dalla Forma Urbis severiana e da disegni rinascimentali. Il ritrovamento di condutture per l'acqua consente di interpretare tale facciata come un monumentale ninfeo (90 x 25 m), costituito da un prospetto a esedre curvilinee sviluppato su tre ordini, come un frontescena teatrale, che trova confronti con analoghe strutture presenti in Africa e in Oriente. Il giardino nel settore nord-orientale, dove oggi sorge la Vigna Barberini, muterà sostanzialmente il suo aspetto solo
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con Eliogabalo, il successore di Caracalla salito al potere nel 218 d.C. Rase al suolo le strutture precedenti, l'imperatore eresse sulla piattaforma un grande tempio dedicato al dio Sole della città orientale di Eme sa in Siria, di cui era sacerdote; ali' area sacra, circondata da portici e chiusa all'esterno da un alto muro, si accedeva dal clivus Palatinus attraverso una monumentale scalinata (Villedieu, 2001). 5.2.2. LE VILLE
Anche le ville costruite dagli imperatori, spesso trasformando residenze ricevute in eredità, pur inserendosi nella tradizione delle ville d' otium tardorepubblicane, presentano caratteri eccezionali, spesso innovativi, e soluzioni che dovevano soddisfare molteplici esigenze di corte, di sicurezza, di gestione amministrativa dell'impero e di legittimazione del potere. Delle numerose residenze imperiali note dalle fonti, poche sono quelle riconosciute e indagate archeologicamente. La prima residenza extraurbana associabile alla sfera imperiale è la villa, già proprietà di Livia Drusilla, la futura moglie di Augusto, situata in loc. Prima Porta, a nord di Roma, al IX miglio della via Flaminia: lo attestano le jìstulae plumbae bollate da Tiberio e il rinvenimento di ritratti di imperatori tra Augusto e Settimio Severo, tra cui la famosa statua di Augusto loricato scoperta nel 1865. Gli scavi ottocenteschi e le indagini degli anni Ottanta del Novecento hanno portato in luce settori troppo limitati per poterne ricostruire l'impianto, oggetto di un recente progetto di documentazione digitale e ricostruzione virtuale (Forte, 2007 ). Come per la residenza urbana sul Palatino, le scelte architettoniche di Augusto sembrano comunque valorizzare la tradizione, in linea con il suo programma politico: una basis villae con potenti contrafforti angolari, funzionale a innalzare la costruzione al di sopra di un pianoro irregolare, forse un vasto atrium, una sala seminterrata coperta con volta a botte, decorata con il miglior esempio di pitture di giardino (oggi conservata a Palazzo Massimo a Roma) (Calci, Messineo, 1984; Salvadori, 2017 ). Il ruolo più rilevante era però affidato alla componente simbolica. La Villa di Livia a Prima Porta era nota presso i Romani come villa ad gallinas albas, in ricordo di un episodio miracoloso che avrebbe annunciato a Livia il suo destino eccezionale: un'aquila avrebbe lasciato cadere una gallina bianca con un ram etto di alloro su Livia, che l'avrebbe poi allevata insieme alla sua prole (Plinio il Vecchio, Storia naturale xv, 136). La leggenda mirava a istituire
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FIGURA 5.8 Terracina (Lazio), loc. Sperlonga, planimetria della Villa di Tiberio {14-37 d.C.)
Fonte: Gros (2001).
un legame tra l'ascesa al potere e questa residenza, tanto che divenne consuetudine che ogni imperatore, dopo aver celebrato un trionfo, piantasse nel giardino della villa un ulivo, lasciato poi morire insieme all'imperatore (Svetonio, Vita di Galba I, 1-2). Con Ti be rio l'ideologia del potere ispirò invece soluzioni architettoniche del tutto innovative che trovarono attuazione lontano da Roma, in ville che di fatto furono le sue residenze ufficiali. Durante la prima fase del suo regno fissò la residenza in una villa definita nelle fontipraetorium Speluncae (Svetonio, Vita di Tiberio 39 ), individuata a Sperlonga (FIG. s.S), nel tratto di costa presso Terracina; realizzato sul si t o di una villa tardorepubblicana appartenuta alla madre, il complesso inglobava grotte naturali scavate dall'acqua, rievocate anche nel nome (Andreae, 1995; Cassieri, 2oo8). Dell'impianto, che doveva svilupparsi su più terrazze digradanti verso il mare, si conosce finora solo il settore realizzato sul versante occidentale di un piccolo promontorio: un
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nucleo di servizio incentrato su un cortile porticato a livello superiore (alloggi della guardia pretoriana, scuderie), una porticus duplex a livello intermedio, la vera e propria villa nelle terrazze inferiori. Ne faceva parte un triclinio-ninfeo, costituita da un'isola tricliniare entro una piscina rettangolare che si prolungava in forme circolari verso un sistema di grotte naturali, che doveva essere il vero fulcro della villa: sulla destra si apriva la grotta principale, sulla sinistra una grotta secondaria, con un piccolo cubicolo ad alcove sul fondo. Dal triclinio gli ospiti potevano ammirare con un solo sguardo i gruppi statuari allestiti sui bordi della piscina, al centro del bacino circolare e ali' interno della grotta principale (il ratto del Palladio, Ulisse che solleva il cadavere di Achille, Scilla che assale la nave di Ulisse, l'accecamento di Polifemo): si trattava di un vero e proprio spettacolo che metteva in scena momenti cruciali dell' Odissea, sulla base di un programma decorativo ricco di significati ideologici, come la discendenza miti ca da Ulisse della gens Claudia (Andreae, 1995). Questo spettacolare triclinio-ninfeo verrà rievocato in almeno due altri contesti imperiali, il ninfeo di Punta Epitaffio, che costituiva la principale sala di rappresentanza della villa marittima di Claudio a Baia, oggi sommersa (Andreae, 1991), e il triclinio all'estremità del Canopo nella Villa di Adriano a Tivoli (cfr. infra ). Altrettanto innovativa si presenta la villa realizzata da Tiberio su un promontorio panoramico nel versante orientale dell'isola di Capri, identificata come la Villa lovis (FIG. 5.9) dove, stando a Svetonio (Vita di Tiberio 65, 6), l'imperatore avrebbe abitato gli ultimi dieci anni della sua vita: si tratta forse dell'unica conservata delle dodici ville che Tiberio avrebbe costruito sull'isola, ciascuna dedicata a una divinità del pantheon romano (Tacito, Annali IV, 67, 5) (Gros, 2.001; Krause, 2.005). Grazie a un imponente sistema sostruttivo, che forniva servizi e alloggio per la servitù e la guardia pretoriana e inglobava al centro una grandiosa cisterna quadrangolare a quattro bacini (per oltre 8.ooo mc di acqua), il complesso assunse un impianto compatto e regolare, che recenti studi hanno ricostruito secondo uno schema a peristilio rodio di accentuata matrice ellenistica. Dietro il più ampio portico settentrionale si ipotizza la presenza di una pastds, su cui si aprivano tre ambienti residenziali; su questo versante doveva anche trovarsi una loggia panoramica, collegata a un' ambulatio. Le soluzioni architettoniche adottate sui lati orientale e meridionale risultano più legate alla tradizione italica: a est si sviluppava una grandiosa esedra panoramica, con sette finestre aperte su una terrazza a semicerchio, già adottata a
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-Ili SECOLO D.C.) FIGURA 5·9 Capri (Napoli), Villa /ovis di Tiberio (14-37 d.C.): a) planimetria dei livelli inferiori; b) planimetria del livello superiore; c) sezioni; d) assonometria
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Roma nella lussuosa villa suburbana della Farnesina (Trastevere), forse appartenente ad Agrippa, e a Pompei nella fase augustea della Villa dei Misteri; a sud si trovavano alcuni ambienti affiancati, uno dei quali
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absidato, tra loro intercomunicanti per rendere più appartato il settore, attribuito alle attività governative del princeps, mentre a livello inferiore doveva trovarsi un impianto termale. Incerta rimane invece la ricostruzione del lato occidentale (forse una loggia/ambulatio ). Pur riprendendo molti elementi della tradizione architettonica ellenisticoromana, il risultato costituisce un unicum, privo di assialità e simmetria per esigenze di adattamento alla morfologia, esprimendo perfettamente la definizione di Principis arx attribuita a tale promontorio da Plinio il Vecchio (Storia naturale m, 82). Per quanto riguarda l'ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia, Nerone, vale la pena di sottolineare come abbia concentrato la sua attività edilizia a Roma, con l'obiettivo di trasformare la residenza urbana in una straordinaria villa, portando alle estreme conseguenze quella tendenza a trasferire la natura e il paesaggio all'interno della domus, avviata già a partire dal I secolo a.C. La più famosa delle ville dei Flavi è quella realizzata da Domiziano presso Castel Gandolfo, sui Colli Albani, da cui la denominazione di Albanum trasmessa dalle fonti (Marziale, Epigrammi XI, 7, 3-4). Si tratta di uno dei complessi monumentali più importanti del Lazio, parzialmente conservatosi grazie alla sovrapposizione della residenza estiva dei papi, a testimonianza del significato prestigioso che il sito aveva mantenuto nel tempo (Crescenzi, I979; Liverani, 2008). Il corpo principale della villa, situato su un versante meridionale, si articolava su tre terrazze estese almeno ;o o m e si caratterizzava per una composizione chiara e rigorosa nella sua semplicità, dietro alla quale è stata riconosciuta la mano di Rabirius, l'architetto della Domus Flavia. Alla villa si accedeva da sud, dove giungeva una derivazione dalla via Appia, forse attraverso uno straordinario e luminoso criptoportico, unico elemento ben conservato, che fungeva da via tecta. Questa imponente struttura sosteneva la terrazza centrale, un enorme piazzale rettangolare, decorato sul muro di fondo da una serie di ninfei; alle estremità si disponevano i due nuclei più significativi, a est il palazzo, a ovest il teatro con la porticus post scaenam. Per la vera e propria residenza imperiale viene adottato lo stesso modello compatto, articolato su più peristili, della Domus Flavia; doveva svilupparsi su almeno due piani, come indica la presenza di scale, anche qui collegata a uno stadio-ippodromo. Infine, nella terrazza superiore trovavano posto le cisterne, alimentate da un acquedotto appositamente realizzato per soddisfare le enormi necessità idriche richieste da terme, fontane, ninfei. L'Albanum di Domizia-
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FIGURA 5.10
Arcinazzo Romano (Roma), Villa di Traiano: a) planimetria della platea inferiore; b) assonometria della platea inferiore e pianta schematica delle strutture rilevate dalle prospezioni (98-u7 d.C.)
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Recenti campagne di scavo hanno confermato l'attribuzione a Traiano di una villa ad Arcinazzo Romano (FIG. s.w ), presso Subiaco (circa 8o km a est di Roma), articolata in due terrazze sostruttive scenograficamente affacciate sulla via Sublacensis (Fiore Cavaliere, Mari, 2.000; Fiore, Mari, 2.008). La più impressionante delle ville imperiali che ci siano giunte è però la residenza che l'imperatore Adriano fece costruire a Tivoli ( Tibur), su un pianoro rufaceo ai piedi dei monti Tiburtini presso il fiume Aniene, inglobando i resti di una villa tardorepubblicana appartenuta alla famiglia della moglie Faustina (Adriano, 2.ooo; Gros, 2.001; Sapelli Ragni, 2.010; http:/ /www.villaadriana.beniculrurali.it; FIG. s. n). Il sito distava solo 17 miglia (2.8 km) da Roma (quindi entro il limite di 2.0 miglia imposto per la residenza dei senatori), a cui era collegato attraverso la via Tiburtina Vàleria o la via Prenestina. La villa si estendeva su un'area vasta oltre 300 ettari (di cui solo 40 attualmente visitabili), entro la quale si distribuivano numerosi edifici residenziali destinati al princeps e ai suoi ospiti, oltre a ninfei, giardini, tre impianti termali, due teatri, un odeon, un ippodromo, tempietti, ma anche sale d'apparato, uffici amministrativi e alloggi della guardia pretoriana. Tutto fa pensare alla villa di Tivoli come residenza ufficiale estiva dell'imperatore, anche considerando che nel palazzo sul Palatino Adriano si limitò a introdurre sistemi di riscaldamento a ipocausto nelle principali sale da ricevimento. Il progetto della villa, seguito personalmente da Adriano, prevedeva anche l'evocazione dei luoghi che avevano colpito la sua fantasia durante i viaggi (il Liceo, l'Accademia, il Pritaneo, la città di Canopo, il Pecile, la valle di Tempe, addirittura gli Inferi) come attesta un celebre passo della Storia augusta (Adriano XXVI, s): le identificazioni da parte degli eruditi sono ancora in uso per convenzione, ma ritenute per lo più errate, tranne che per il Canopo. In realtà, gli studiosi riconoscono, dietro a questa geniale opera, l'evocazione di un «microcosmo intellettuale più che geografico» (Gros, 2.001, p. 363), un simbolo del mondo dominato da Roma, unificato sotto il segno dell'universalità del pensiero greco: visione che assegna un significato ben più profondo del gusto "collezionistico" attestato da tempo nell'ambito della nobilitas romana filoellena. Nel suo assetto generale, il complesso si organizzava su quattro assi principali, che prevedevano allineamenti paralleli: il primo dalle Biblioteche alla Piazza d'Oro; il secondo corrispondente al Pecile; il terzo dall'Antinoeion al Serapeum; il quarto, che corrisponde alla terrazza detta dell'Accademia, dalla Torre di Roccabruna al Tempio di Giove. Alcuni edifici cerniera, come la struttura circolare del Teatro
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FIGURA ).II
Tivoli (Roma), planimetria di Villa Adriana (118-138 d.C.)
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Fonte: Mari (loJob).
Marittimo e il cd. Ninfea-Stadio, mettono in collegamento i diversi assi, senza mai rompere la continuità monumentale. Questa sapiente disposizione tiene conto della conformazione del terreno e dell'esigenza di assicurare un' illuminazione ottimale ai diversi ambienti residenziali, di ricevimento e termali, in relazione al momento della giornata e al periodo dell'anno in cui venivano utilizzati (ibid. ). Si ritiene che la costruzione della villa sia avvenuta in due fasi, la prima avviata forse prima dell'ascesa di Adriano al potere nel 117 d .C. e durata fino alus d.C., la seconda tra gli anni IlS e 133 d.C.; l'unità del progetto globale, indipendentemente dalle modifiche che Adriano non smise di apportare durante la costruzione, è tuttavia confermata dalla razionalità della rete sotterranea, pedonale e carrabile, che collegava tutti gli spazi occupati dalla villa, senza mai interferire con il livello ufficiale: unico nel suo genere per ampiezza e organiz-
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zazione, tale sistema prevedeva anche un grande trapezio di dispersione, dai cui vertici si staccavano altri corridoi sotterranei, e accoglieva, scavate nella roccia, rimesse per i carri e stalle per più di cento cavalli. Le centinaia o forse migliaia di persone occupate nella gestione di questa immensa residenza erano per la maggior parte alloggiate nella sostruzione semicircolare che sosteneva il Pecile, nota come Cento Camerelle, formata da livelli sovrapposti di vani contigui collegati da ballatoi !ignei. Ai piedi di questo sistema sostruttivo correva una strada baso lata che si inoltrava con percorso sotterraneo sotto il monumentale vestibolo d'ingresso, cosicché la servitù non veniva mai in contatto con gli ospiti della villa. Proprio lungo tale strada scavi recenti hanno portato in luce uno degli edifici ultimi realizzati, la tomba-tempio dell'amato Antinoo, morro affogato nel N ilo nel 130 d.C. L'originale progetto prevedeva un accesso attraverso archi monumentali, due templi affrontati, un'esedra semicircolare, vasche, ripartizione in cortili, con forti somiglianze con santuari votati a Serapide (Alessandria, Roma) e a lside (Pompei) (FIG. s.I2). Al di là delle definizioni attribuite da antiquari ed eruditi a partire dal xv secolo, problematica risulta l'interpretazione dei singoli edifici e i principi organizzativi del complesso. Ad esempio, un'iscrizione rinvenuta nel XVIII secolo attribuisce un significato trionfale (porticus triumphi) al portico con estremità curvilinee che delimita a nord l'immensa piazza rettangolare con al centro un bacino, mentre in passato si pensava che riproducesse la sto Poikile dell' agora di Atene (da cui la denominazione di Pecile), il portico dove erano esposti i quadri dei più grandi pittori classici ed ellenistici (Coarelli, 1997 ). A triclini di apparato era invece probabilmente destinato il cd. Stadio, un insieme formato da saloni tricliniari disposti attorno a uno spazio centrale, utilizzato per spettacoli di musica o di danza, associato a giardini ricchi di fontane e giochi d'acqua, su modello della Domus Flavia (Hoffmann, 1980). Analogamente, il cd. Serapeum, che si trova al termine del Canopo (un lungo bacino circondato da colonne corinzie sormontate da trabeazioni orizzontali e curvilinee e decorato con sculture che imitavano capolavori dell'arte greca), era una sala da pranzo ispirata alle grotte imperiali, in primis la citata grotta-ninfea di Tiberio a Sperlonga, primo esempio di triclinio semicircolare, detto stibadium, che si affermerà in epoca tardoantica (cfr. in:fra; Dunbabin, 1991). La cd. Tholos di Afrodite si ispira invece senza dubbio al famoso tempio di Cnido (Stierlin, 1984). Le cd. Biblioteche greca e latina, così interpretate nel XVI secolo da Pirro Ligorio benché non ne presentino i caratteri tipici, evidenziano la difficoltà di comprendere il significato di
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LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE
(31 A.C.-III SECOLO D.C.)
FIGURA 5.12
Tivoli (Roma), planimetria e assonometria dell'Antinoeion di Villa Adriana (134-137 d.c.) .J
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gran parte delle costruzioni: oggi si pensa che costituissero sale da pranzo estive oppure atria monumentali per dare accesso ai quartieri privati della villa o, ancora, torri che segnalavano l'ingresso della residenza. Tra i pochi edifici di sicura interpretazione sono i ere complessi termali, i due
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L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
RIQUADRO 5.2
Il Teatro Marittimo di Villa Adriana Situato in posizione di raccordo tra due degli assi organizzativi del complesso, il Teatro Marittimo si caratterizza immediatamente per il suo isolamento (FIG. 5·13). Un pronao immette in un portico di forma circolare, sorretto da colonne ioniche e coperto da volta a botte, che circonda un bacino circolare dove, al centro, si trova un'isola artificiale, accessibile attraverso due piccoli ponti girevoli in legno: lo scopo evidente è creare un luogo dove potersi ritirare. Nell'isola vi era un edificio che costituiva una villa in miniatura, dove trascorrere anche soggiorni di lunga durata: lo schema era quello tipico della domus, con la successione di vestibolo,fouces, peristilio, su cui si aprivano cubicula, triclinia e lussuosi oeci; a ovest trovava posto anche una piccola zona termale composta da apodyterium, frigidarium, calidarium e latrina; a est si trovava un gruppo di stanze che comprendeva una biblioteca. L'insieme era organizzato secondo il gioco di curve e controcurve che caratterizza le composizioni più sofisticate della villa, con effetti di prospettiva stupefacenti (Ueblacker, 1985). Alcuni studiosi hanno visto nella forma circolare e nella presenza dell'acqua, protezione più simbolica che reale, un legame con i palazzi di Atlantide descritti da Platone nel Crizia ( usb-u7a), allusione che solo un 'élite colta poteva riconoscere, a conferma che la Villa di Adriano va letta come un paesaggio intellettuale, dove le architetrure si comprendono solo alla luce della speculazione filosofica (Gros, 2.001); altri, invece, hanno sottolineato il legame con gli elementi "insulari" presenti nell'architettura palaziale, da Dionigi di Siracusa (Ortigia) ad Alessandro Magno ad Alessandria d'Egitto (Antirodi) (Calandra, 2.010 ).
teatri, ma anche i cd. hospitalia: una serie di cubicoli a tre alcove disposti ai lati di un corridoio, alla cui estremità meridionale si trovava una latrina, destinati agli ospiti di riguardo o più verosimilmente al corpo di guardia. Tutte le soluzioni sperimentate nel passato sono qui trasposte in forme più dinamiche, sviluppando al massimo le potenzialità offerte dalle nuove tecniche. Assolutamente innovativa nell'architettura di Villa Adriana è invece la virtuosità delle linee curve unita alla leggerezza delle strutture che sostengono le coperture, dove colonne si sostituiscono spesso ai muri: pareti, colonnati, volte creano spazi ondulati, con giochi di trasparenza ai limiti della coerenza strutturale, che nemmeno l'arte barocca riuscirà a eguagliare. L'applicazione più straordinaria viene riconosciuta nelle curve a s, che nascono dalla successione ritmica di linee concave e convesse, già adottate nel disegno del mosaico e per la prima volta utilizzate in strutture architettoniche (ad esempio, il
2.60
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE ( 31 A.C.-III SECOLO D.C.)
FIGURA
5.13
Tivoli (Roma), planimetria e veduta del cd. Teatro Marittimo (u8-r2.5 d.C.)
Fonte: Ueblacker (1985).
belvedere n eU' angolo sud-est della terrazza dell'Accademia o lo spazio che chiude l'asse centrale della Piazza d'Oro), sul cui sistema di copertura gli studiosi si dividono (una cupola in opus caementicium secondo Kahler e Hanse, uno spazio scoperto secondo Rakob e Giuliani, un tetto ligneo secondo Moneti, cit. in Gros, lOor). La creazione più originale di questa architettura, che ha dato luogo, nel passato, a numerose interpretazioni, è il cd. Teatro Marittimo, così chiamato dal soggetto marino che ne decorava il fregio (cfr. riquadro 5.2).
5·3
Le abitazioni 5·3·I· ITALIA CENTRALE E MERIDIONALE
L'aspetto più significativo dell'edilizia privata di prestigio nella prima età imperiale è il potenziamento dell'elemento del paesaggio all'interno della residenza urbana, già avviato nel corso del I secolo a.C.,
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L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA 5·I4
Pompei, planimetria e assonometria della Casa di D. Octavius Quartio (II, 2., 2.) (1 secolo d.C.)
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Fonte: Gros (1001).
con l'effetto di trasformare la domus in villa urbana. Anche quando formalmente si mantengono gli atri, conservati dai proprietari per ammantarsi di antica nobiltà, il fulcro dell'abitazione è il peristilio, quasi sempre arricchito da giochi d'acqua sotto forma di fontane e canali (euripi), su cui si aprono lussuosi triclini e oeci, creando scenografìci assi visivi, non necessariamente in relazione con l'esterno (Salza Prina Ricotti, 1987; Dunbabin, 1991). Esempi emblematici di tali mutamenti provengono da Pompei, come la Casa di D. Octavius Quartio (n, 2, 2) (FIG. s.14) , un'antica dimora sannita completamente rimaneggiata nella prima età imperiale. Il nucleo tradizionale ad atrio costituisce l'ingresso monumentale, il
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
FIGURA PS Pompei, planimetria della Casa dell'Efebo (r. 7, IO-Il., x ) (1 secolo d.C.)
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Fonte: Gros (w01).
cablino viene trasformato in un piccolo giardino circondato da colonne, sul quale si apre una serie di stanze riccamente decorate, mentre il giardino diviene il vero fulcro, occupando due terzi dell'isolato (Gros, wor). Altrettanto significativo è l'impianto della Casa dell'Efebo (1, 7, ro-12, x) (FIG. s.Is), che nella fase finale accorpa cinque abitazioni, quattro affiancate (tre con ingresso autonomo) e una trasversale (anch'essa accessibile autonomamente dalla strada parallela); i due nuclei che conservano lo schema ad atrio ( 10 e II, rispettivamente tesrudinato e tuscanico) erano destinati al servizio e alla famiglia (forse anche ai clientes), mentre gli ospiti più importanti venivano accolti direttamente nel giardino con triclinio estivo (Il); gli ultimi due nuclei accoglievano altri ambienti residenziali, quello autonomo (x) destinato forse agli ospiti (ibid.). Anche a Roma dovevano esistere ancora in età imperiale domus ad atrio e peristilio, come le case a schiera del vicus Patricius, sul Viminale, rappresentate nella Forma Urbis severiana, probabilmente destinate a un ceto medio considerate le dimensioni ridotte (ibid.). La casa indagata sul Celio presso via Caelimontana, nota come Domus Gaudentii ( FIG. s.r6), un senatore di età tardoantica, attesta un altro modello di
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domus per il ceto più elevato. L'impianto venne realizzato nella seconda metà del II secolo d.C., unendo due insulae (circa qoo mq), e fu dotato di due ingressi, uno principale a est, uno secondario a ovest. L'edificio si incentra su una corte (C) con fontana, su cui si aprono, uno di fronte all'altro, i due ambienti più decorati della casa (G ed E), destinati a soggiorno e rappresentanza; tale settore, riservato al dominus, alla famiglia e agli ospiti, era separato dalla zona che accoglieva i clientes, direttamente collegata all'ingresso orientale, composta da un grande vestibolo fornito di panchine (A) e una sala delle udienze, anch'essa riccamente decorata (B). A nord-ovest si trovava un quartiere servile, che comprendeva diversi cubicula, una latrina e un impianto artigianale (unafullonica), mentre altri alloggi si trovavano al piano superiore, non più conservato (Spinola, 20oo). La Domus Gaudentii è considerata un'importante conferma che nel II secolo d.C. erano ancora vitali i rapporti clientelari e i relativi rituali sociali, come la salutatio,
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legati al potere personale del dominus; il vestibolo riccamente decorato segna un evidente cambiamento formale rispetto all'atrio, ma di fatto ne eredita la funzione e, significativamente, ne conserva il nome, come attesta il Digesto giustinianeo (Gros, 2001). A partire dagli ultimi decenni del I secolo d.C. è documentato un tipo di domus con appartamenti autonomi posti ai piani superiori (cenacula), probabilmente dati in affitto dalla famiglia proprietaria dell'edificio, secondo una pratica già diffusa in contesti greco-ellenistici (cfr. supra). Tale fenomeno è attestato in alcune domus di Pompei nella loro ultima fase di vita (Pirson, 1999 ), ma le testimonianze più significative provengono da Ostia, come la cd. Domus Fulminata (FIG. 5·17), datata all'età flavia (Gros, 2001). Secondo la moda del tempo, l'impianto si incentra su un cortile con colonne in laterizio, abbellito da una fontana e dotato di un triclinio estivo, con ambienti residenziali riccamente decorati aperti solo sull'ala destra del peristilio; una scala situata nel corridoio d'ingresso consentiva invece di accedere al piano superiore, occupato da altri appartamenti. L'introduzione di questa nuova concezione abitativa plurifamiliare è stata correlata al piano di ristrutturazione attuato a Ostia da Domiziano, che comportò l' innalzamento di 1 m del piano di calpestio della città allo scopo di garantire fondazioni più stabili agli edifici sviluppati su più piani (ibid.). Analoghi impianti si riconoscono in altre abitazioni poco più tarde, come la Domus di Apuleio (età traianea), la Domus della Fortuna Annonaria (I fase: metà II secolo d.C.) e in forme ancora più monumentali nella cd. lnsula delle Muse (età adrianea), dove la domus si sviluppava anche al primo piano (con servizi e alloggi secondari) e gli appartamenti in affitto occupavano i piani superiori. Questi esempi manifestano profondi mutamenti della domus sotto l'aspetto socioideologico, ma anche architettonico, dove la corte porticata diviene anche la fonte di luce per gli appartamenti autonomi dei piani superiori; essi costituiscono la premessa per l'affermazione dei complessi residenziali plurifamiliari, che diventeranno nel n secolo d.C. il tipo abitativo di prestigio più comune a Roma e Ostia (Pavolini, 1986; 2006). Condomini popolari con notevole sviluppo in altezza, chiamati insulae, esistevano a Roma sin dalla fine del III secolo a.C., come documentano le fonti; in età imperiale essi conoscono una crescente affermazione in quanto offrivano una soluzione alla pressione demografica e insieme costituivano un investimento immobiliare per i proprietari che davano in affitto i singoli appartamenti, con rari esempi anche al di
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA 5-17
Ostia, planirnetria della Domus Fulminata (fine I secolo d.C.) L
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fuori di Roma, come nell'lnsula orientalis II di Ercolano (Gros, 2.001). Ancora oggi sono visibili i resti dell' insula a ridosso del Campidoglio, presso le scale che portano al convento di Santa Maria Aracoeli, datata alla fine del I secolo d.C. e progressivamente ristrutturata fino al III secolo d.C. (FIG. 5.18): si sviluppava prima su quattro poi su cinque livelli, con il piano terra e il mezzanino a destinazione commerciale e
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i piani superiori a destinazione abitativa, illuminati attraverso finestre aperte sulla strada e sulla corte interna porticata (Filippi, 2.012.). Dalla seconda metà del I secolo d.C. a Roma e a Ostia vengono realizzate anche insulae connotate da un maggior pregio architettonico, definite insulae residenziali, che elaborano interessanti forme di integrazione tra funzioni abitative e commerciali, divenendo una valida alternativa alla domus. La loro fortuna sembra conoscere precisi limiti cronologici, tra la fine del I e il III secolo d.C., con le realizzazioni più significative durante il regno di Adriano (n7-138 d.C.), e geografici, circoscritti a Roma e Ostia, probabilmente per problemi di spazio e per la volontà del potere centrale di concentrare forza lavoro in un sito fondamentale per l'approvvigionamento di Roma, soprattutto dopo la costruzione del nuovo porto di Traiano. A Roma sono noti gli esempi più antichi: il complesso portato parzialmente in luce sul Celio, datato ai decenni finali del I secolo d.C., che comprendeva due insulae adiacenti ma distinte, comprese tra una strada principale porticata ( vicus Capitis Afticae) e una secondaria, che delimitava una terza insula; di livello più elevato è la lottizzazione realizzata nei primi decenni del II secolo d.C. in Campo Marzio, lungo la via Lata/Flaminia (attuale via del Corso) (Gatti, 1961; Gros, 2.001; FIG. 5.19 ). Tali complessi presentano già tutte le caratteristiche che resteranno tipiche delle fasi successive: l'impianto regolare della struttura, con la facciata principale protetta da portici, la presenza di uno o più cortili interni, spesso porticati, la destinazione commerciale del piano terra, rappresentata da botteghe aperte verso la strada e verso il cortile interno, la destinazione abitativa dei piani superiori, articolati in appartamenti accessibili da scale esterne. Dal punto di vista tecnico si trova ampiamente impiegato l' opus caementicium con paramenti in mattoni (opus testaceum) o in opus reticolatum associato a mattoni (opus mixtum); i divisori interni erano invece realizzati in materiale deperibile (opus craticium) e rimaneva esteso l'uso del legno nei balconi aggettanti sui marciapiedi, nei solai e nei tetti. La documentazione più impressionante proviene però da Ostia, dove le insulae presentano una grande varietà di soluzioni architettoniche e funzionali, che è stata ricondotta a tre categorie principali, distinte rispettivamente per una prevalente destinazione commerciale, residenziale o mista (Packer, 1971; Pavolini, 1986; Scagliarini Corlaita, 1995). La prima comprende strutture che presentano il piano terra, e talvolta anche il primo piano, interamente occupato da esercizi commerciali, spes-
S· LA PRIMA E MEDIA ETA IMPERIALE ( 31 A.C.-III SECOLO D.C.)
FIGURA 5.19
Roma, planimetria delle insulae di Campo Marzio (fine 1 secolo d.C.)
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so dotati di mezzanino per alloggio (tabernae cum pergulis), come i casi sopra analizzati per Roma. I due esempi più esplicativi di questa prima tipologia sono il Caseggiato del Larario e il Caseggiato del Thermopo-
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA 5.2.0
Ostia, ere esempi di insulae secondo la ripologia Packer (1971): a) Tipo 1: Caseggiato del Thermopolium; b) Tipo 2.: Caseggiato dei Dipinti; c) Tipo 3: Case a Giardino (uB-138 d.C.)
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L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
Alla dimensione della piacevolezza ricercata nell'edilizia urbana fa riscontro lo sviluppo delle residenze extraurbane. Nel I secolo d.C. la passione per le ville marittime si accresce ulteriormente, stimolando vere e proprie sperimentazioni architettoniche e trasformando lunghi tratti della costa tirrenica del Lazio meridionale e della Campania, in particolare tra Baia e Sorrento. Le nuove realizzazioni e le ristrutturazioni delle residenze tardorepubblicane mostrano principi progettuali comuni: accanto all'articolazione scenografica su terrazze e alla presenza di lunghe ambulationes, studiate per offrire le migliori prospettive panoramiche, si accentua la volontà di adattarsi al litorale, alternando nuclei rettilinei a curvilinei e compenetrando terra e mare, artificio e natura; costante è anche la dotazione di una vasta cisterna per le necessità idriche. Tra le posizioni predilette vi sono i promontori, che talora anticipano, talora imitano le straordinarie ville di Tiberio n eli' isola di Capri. Purtroppo, le alterazioni costiere e lo sviluppo moderno hanno in gran parte cancellato le tracce di queste imponenti strutture, di cui sopravvivono talora solo i sistemi sostruttivi. Uno degli esempi più originali è la villa costruita agli inizi del I secolo d.C. all'estremità di Capo Sorrento, nota come Bagni della Regina Giovanna. Il complesso era organizzato su due grandi nuclei a pianta geometrica, ciascuno articolato su più terrazze, separati da un bacino naturale utilizzato come porto, collegato al mare attraverso uno stretto canale; i diversi settori della villa erano raggi ungi bili sia dali' imbarcadero, attraverso ripidi percorsi, sia in quota, grazie anche a un ponte gettato al di sopra dello stretto canale; gli ambienti più prestigiosi occupavano l'estremità nord-occidentale del nucleo realizzato sul promontorio, in posizione dominante sul golfo di Sorrento (Mielsch, 1987; Gros, 2001). Un altro esempio straordinario è il complesso di Punta Eolo (FIG. 5.21), uno dei promontori dell'isola di Pandataria (Ventotene, Latina), nell'arcipelago Pontino, passata con Augusto nelle proprietà imperiali. L'elemento architettonico più interessante è la soluzione del belvedere semicircolare aggettante, ripetuto nelle due terrazze settentrionali, mentre a sud un' ambulatio trasversale collegava i due versanti del promontorio. Da segnalare anche l'impianto termale realizzato sul versante sud-occidentale, una posizione studiata per l'esposizione attimale degli ambienti nelle ore pomeridiane, quando l'impianto veniva utilizzato (De Rossi, 1993; Gros, 2001). Nel corso del II secolo d.C. le ville destinate al riposo e all' otium,
5· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-111 SECOLO D.C.)
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dove i domini si trattengono sempre più a lungo, mostrano una più accentuata soluzione architettonica a padiglioni, già sperimentata nei secoli precedenti: dal corpo principale, che in genere conserva una pianta geometrica, si staccano altri nuclei residenziali, definiti diaetae, isolati nello spazio verde e collegati attraverso portici, gallerie o passeg-
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
giare alberate (xysti). Il giardino passa da semplice annesso della villa (peristilio, ginnasio) a elemento che unifica e lega i diversi nuclei, accogliendo anche un nuovo spazio scoperto attrezzato, l'ippodromo, che diviene il simbolo più elevato del prestigio e del lusso del proprietario. Esempi archeologici sono offerti da alcune ville portate in luce, purtroppo sempre in modo parziale, nel suburbio di Roma, il cui impianto risale agli anni immediatamente successivi alla costruzione della Villa di Adriano a Tivoli: la Villa dei Sette Bassi, lungo la via Latina, e soprattutto la Villa dei Quintili (FIG. 5-22), lungo la via Appia, entrata nel patrimonio imperiale con Commodo, attualmente oggetto di estese indagini archeologiche (Paris, 2000; De Franceschini, wos). Nell'aspetto assunto nel II-III secolo d.C., la Villa dei Quintili si articolava in nuclei distinti, adattati ali' andamento del terreno: tra questi, il corpo residenziale principale, un grande impianto termale e uno spazio circolare (36 m di diametro), forse ispirato al cd. Teatro Marittimo della Villa di Adriano a Tivoli. Tali nuclei gravitavano su due grandiosi spazi aperti: a ovest si estendeva un giardino a pianta rettangolare, lungo 300 m, utilizzato per attività sportive e intellettuali; a sud un ippodromo (400 x 95/115 m), forse realizzato su un precedente giardino. Espressione di questi nuovi principi progettuali potrebbero già essere state le famose ville di Plinio il Giovane, al passaggio fra 1 e II secolo d.C., dettagliatamente descritte nel suo epistolario, come la Villa dei Laurenti, sul litorale di Ostia (Epistole II, 17 ), forse da identificare con la Villa della Palombara, o quella che possedeva in Toscana (Epistole v, 6), probabilmente indagata a San Giustino presso Borgo San Sepolcro (Città di Castello!Tiftrnum Tiberinum) (Braconi, Uroz Saez, wo8), oggetto di numerosi tentativi di restituzione da parte degli archeologi (Fortsch, 1993; Gros, 2001). Se si guarda alla categoria delle ville produttive, sin dalla prima età imperiale, quando l'agricoltura intensiva itali ca entra in crisi a causa della concorrenza delle province e si afferma un'economia basata prevalentemente su monocolture, si assiste a una profonda trasformazione. Da un lato si rileva un notevole sviluppo della pars rustica per soddisfare le maggiori esigenze di stoccaggio dei cereali e di alloggio degli schiavi, oggetto di un vero e proprio "allevamento" per la vendita; dali' altro il settore residenziale, ormai abitato esclusivamente dal procurator che gestisce la proprietà per un dominus sempre più assente, tende a declinare di livello, pur potenziando alcune dotazioni divenute
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S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
FIGURA 5.2.2. Roma, planimetria della Villa dei Quimili lungo la via Appia {II-III secolo d.C.)
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FIGURA 5.2.3 Fiano Romano (Roma), planimerria della Villa dei Volusii a Lucus Feroniae (1 secolo d.C.)
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
irrinunciabili, come un articolato impianto termale e più estesi giardini. In generale, viene comunque conservata una stretta unità funzionale e strutturale tra i diversi settori della villa. Questa evoluzione è stata precocemente evidenziata, già nei primi decenni del I secolo d.C., nella Villa dei Volusii Saturninii (FIG. 5-23), alla periferia di Lucus Feroniae, un importante centro di mercato a 20 km da Roma (Sgubini Moretti, I998; De Franceschini, 2.005; Marzano, 2.007 ). L'impianto originario, risalente alla metà del I secolo a.C., era incentrato su un peristilio ( 4), presso il cui angolo nord-orientale si trovava il settore produttivo, che comprendeva un torchio da vino. A tale nucleo vengono in seguito aggiunti l'estesa area di stoccaggio (2.4) attorno a un cortile, che diviene il nuovo ingresso, e il grande quartiere attorno alla vasta corte porticata (si), interpretato come alloggio/allevamento di schiavi (ergastulum), dove l'unico ambiente decorato è il larario dellagens Volusia (4I), realizzato sull'asse principale della villa (Gros, 200I). Estinta lagens, con Domiziano la villa entra nel patrimonio imperiale. Analoghe trasformazioni si verificano alla fìne del I secolo d.C. nella citata villa di Settefìnestre (FIG. 4.36b), nell'agro di Cosa, connesse alla riconversione economica alla cerealicoltura estensiva (eliminazione dei torchi, moltiplicazione dei granai, realizzazione di un grande ergastulum e di un porcile), ma anche a un potenziamento dei servizi per il dominus e il procurator (realizzazione di un impianto termale) (Carandini, 1985b; Gros, 2.001); in questa fase, la villa probabilmente era passata nelle mani di una nuova famiglia dell'oligarchia senatoria, che la conserverà fìno ali' abbandono agli inizi del III secolo d.C. 5·3·2..
ITALIA SETTENTRIONALE
Un interessante panorama sulle domus nella prima età imperiale è offerto dali' Italia settentrionale, protagonista proprio nel I e II secolo d.C. di una crescita economica e sociale che si manifesta anche in uno straordinario sviluppo dell'edilizia privata, oltre che di quella pubblica, esprimendo un singolare intreccio di soluzioni tipicamente romane con altre dettate invece da fattori geomorfologici o climatici e dal sosrrato culturale (Ghedini, Annibaletto, 2.012.). L'adesione alle mode cemroitaliche si manifesta nell'assetto planimetrico, nella presenza di grandi sale da ricevimento, nella moltiplicazione delle stanze per il sog-
2.77
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
5.2.4
Soluzioni planimetriche in domus dell'Italia settentrionale in età augustea: a) casa ad atrio: domus dell' Insula 2.4 di Aosta (fine 1 secolo a.C.); b) casa ad atrio e corte: domus del Serraglio Albrizzi di Este, Fase 1 (fine I secolo a.C.)
n) Fonte: Annibalecco, Cerato (2ou).
giorno e il riposo, talvolta nell'aggiunta di terme private, oltre naturalmente ai diversi aspetti decorativi. L'impianto ad atrio conserva fino all'età giulio-claudia un ruolo identitaria ed elitario, anche se rimane una soluzione minoritaria (sicura per poco più di una decina di abitazioni) (Bonini, 2012). Talvolta l'atrio costituisce l'unico nucleo della casa (ad esempio, la Domus dell' Insula 24 di Aosta/Augusta Praetoria; FIG. s.24a ), mentre più frequentemente sono presenti l'atrio e una corte scoperta, porticata o meno, vero fulcro dell'abitazione: in alcuni casi la corte costituisce un'aggiunta successiva (ad esempio, la citata Casa di Tito Macra ad Aquileia; FIG. 4·4S), in altri casi atrio e corte scoperta erano entrambi previsti nel progetto originario (ad esempio, la domus del Serraglio Albrizzi di Este/Ateste, con atrio e cortili posti su assi trasversali; FIG. s.24b ). Dopo l'età giulio-claudia lo schema ad atrio non viene più adottato e quelli esistenti, salvo rare eccezioni di conservatorismo (come la Casa di Tito Macra ad Aquileia), subiscono alterazioni significative. Emblematica risulta l'evoluzione della Casa degli Affre-
5· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
FIGURA 5.2.5 Luni, planimetria della Casa degli Affreschi: a) Fase 1 (n-I secolo a.C.): b) Fase 2. (40 d.C.): c) Fase 3 (50-70 d.C.)
Fonte: Annibalerto, Cerato {~o•~).
2.79
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
schi di Luni (FIG. 5.25), il cui impianto tardorepubblicano prevedeva un atrio semplificato (senza alae) e un grande peristilio affiancati: nel 40 d.C. oltre il peristilio viene realizzato un nuovo grande atrio canonico con funzione di ingresso monumentale alla corte colonnata, vero fulcro della casa; solo pochi decenni dopo (50-70 d.C.), tale atrio viene parzialmente occupato da una piazza pubblica, l'atrio originario viene in gran parte occupato da un quartiere di servizio, mentre il peristilio assume un aspetto più elaborato, con un settore ad aiuole (ibid.). Le élite cisalpine adottano nella quasi totalità il modello abitativo incentrato su una corte scoperta, diffuso in tutto l'impero a partire dal I secolo d.C. (ibid. ). Ai livelli più elevati le aree scoperte vengono moltiplicate e differenziate funzionalmente, allestendo con portici o colonnati almeno quella principale; in generale questa è collocata al centro del lotto o più vicina all'ingresso, mentre il nucleo riservato alla famiglia si trova in posizione più appartata e lontano da accessi: ne costituisce un esempio la domus di via Mazzini a Oderzo/ Opitergium (FIG. p6), sviluppatasi progressivamente secondo due diversi orientamenti e caratterizzata in età augustea da ben cinque aree scoperte: un peristilio principale (1), una corte residenziale (12), un cortile di servizio (22), due aree scoperte di risulta (29 e 30) (Ghedini, 2012.). La maggior parte delle abitazioni della Cisalpina presenta tuttavia una sola area scoperta, affidando ai portici colonnati, alla scelta dei materiali, alla decorazione e all'inserimento di fontane il compito di dimostrare la disponibilità economica del proprietario (Bonini, 2012). Uno degli aspetti più rilevanti è la netta separazione tra l'esterno e l'interno della dimora mediante un lungo corridoio (ad esempio, nella Casa di Dioniso a Brescia/Brixia, fine I-inizi II secolo d.C.) o un vestibolo (ad esempio, nella domus a sud del foro a Nesactium, in !stria, seconda metà I secolo d.C.), per creare un filtro e riservare al visitatore la sorpresa di trovarsi improvvisamente nello spazio aperto della corte. Rari sono i casi in cui si realizza un diretto collegamento tra esterno e interno, ponendo in sequenza assiale il vano d'ingresso, la corte e il vano di rappresentanza principale (ad esempio, nella Domus della Pantera ad Altino/Altinum, inizi II secolo d.C.) (Ghedini, 2.013). Fra le sale d'apparato gli ambienti meglio riconoscibili, almeno fino al I secolo d.C., sono i triclini, talvolta per le maggiori dimensioni, ma soprattutto per la bipartizione dello schema pavimentale tra anticamera e spazio per il banchetto, come nella domus di via Mazzin i a Oderzo. Nella prima età imperiale si afferma anche la lussuosa sala colonnata, come l'o-
280
5· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D .C.)
FIGURA p6 Oderzo, planimetria della domus di via Mazzini: a) Fase I (metà I secolo a.C.) ; b) Fase 2. (fine I secolo a.C.)
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Fonte: Annibalcrro, Cerato (1011).
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA S·l7
Montegrotto Terme (Padova), a) planimetria e b) ricostruzione della villa di via Neroniana (I secolo d.C.)
==~=====~
Fonte: Bressan et al. (2012).
ecus corinthius, finora attestato in ambito non propriamente urbano (nella villa suburbana di Valdonega, alla periferia di Verona, e nel complesso delle Terme Neroniane a Montegrotto, sito termale noto dalle fonti come aquae Patavinae; FIG. 5.27 ), che docwnentano la pronta ricezione nell'Italia settentrionale di una delle soluzioni architettoniche più fortemente connotata in chiave di autorappresentazione (Ghedini, 20I2; Rinaldi, 2012). Un aspetto caratteristico è l'inserimento di sistemi di riscaldamento a ipocausto non solo nei balnea, realizzati per lo più nei quartieri residenziali, ma anche negli stessi ambienti di soggiorno e rappresentanza (triclini e cubicoli); docwnentata già nel I secolo d .C. (Ravenna, Brescia, Asti), ma soprattutto nei secoli successivi (Ravenna, Este, Libarna, Brescia, Torino), tale soluzione venne ad affiancare sistemi di riscaldamento più semplici costituiti da bracieri mobili (Annibaletto, 20I2). Pur nell'ambito di un'edilizia abitativa chiaramente ispirata alla casa romana, si riconoscono soluzioni planimetriche e tecniche me-
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
glia confacenti al clima locale, più piovoso e più rigido. Ad esempio, le aree scoperte presentano mediamente una dimensione minore e un rivestimento pavimentale (in pietra, marmo, cotto, battuto) invece che un giardino, oltre a preferire ambulacri finestrati invece che portici colonnati; in alcune abitazioni si riconoscono anche corridoi e comunicazioni dirette tra le stanze, che creano percorsi alternativi e completamente interni all'edificio, molto più confortevoli durante la stagione invernale. Per quanto riguarda materiali e tecniche costruttive, principi di economicità suggeriscono il massimo sfruttamento delle risorse locali, con utilizzo quasi esclusivo di laterizi in ambito di pianura, associati alla pietra e ai ciottoli in area pedecollinare; si mantiene inoltre l'uso dei materiali deperibili. L'avvenuta romanizzazione dell'Italia settentrionale trasforma radicalmente anche il quadro edilizio extraurbano, riguardo sia alle ville di piacere sia a quelle propriamente produttive. A partire dali 'età augustea le lussuose ville del litorale campano divennero famosissime, tanto che complessi costruiti sui litorali marittimi e lacustri dell'Italia settentrionale, entrata da pochi decenni nello Stato romano, si ispirano alla moda di Baia, come richiama Marziale (Epigrammi IV, 25) in riferimento alle ville di Altino e Plinio il Giovane (Epistole IX, 7) per quelle sul lago di Como. Sul versante ligure il sito meglio conosciuto è la villa di Varignano (La Spezia) (Gervasini, Landi, 2001-02), su quello adriatico sono invece numerosi i complessi indagati tra la Venetia orientale e l' Histria, tra Aquileia e Pola, regione interessata in età imperiale da uno straordinario sviluppo economico grazie a investimenti di senatori italici e, dall'età flavia, della stessa famiglia imperiale, come ben documenta la storia della villa e della figlina di Loro n (Parenzo/ Parentium) (Manacorda, 2010 ). Da sottolineare che le indagini, quando condotte in modo estensivo, documentano la presenza di settori produttivi e di darsene, funzionali non solo ali' accoglienza del proprietario e dei suoi ospiti, ma anche all'invio al mercato delle merci derivanti dall'agricoltura (olio, vino) o dall'allevamento, in particolare la pisci coltura intensiva: cali ville si configurano quindi come terminali di vascifundi presenti nell'entroterra. La villa marittima più prestigiosa della Venetia e che meglio recepisce i modelli campani è il complesso di Barcola (FIG. 5.28), scavato (e poi reinterrato) alla fine dell'Ottocento nel suburbio nord-occidentale di Trieste, purtroppo senza un'adeguata documentazione (Fontana, 1993; Roffia, 2013). Dopo un primo impianto di età cesariana, attorno alla metà del I secolo d.C. la villa viene ampliata raggiungendo un fronte di
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
5.2.8
Trieste, planimetria della villa di Barcola (metà I secolo d.C.)
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----1om Fon/t: Roffia (2.013).
200m, con una sequenza continua di ambienti aperti verso il mare attraverso un'ambulatio continua, ad andamento mistilineo. Si riconoscono almeno tre settori: al centro un peristilio (u), sul quale gravitava un nucleo di ambienti tripartito, a est una vasta palestra (appena intravista), a ovest un cortile semicircolare (z') (forse un'allusione a una cavea teatrale) che si concludeva con un avancorpo panoramico absidato, collegato a una discesa a mare. Incerto rimane il rapporto con un ulteriore nucleo conformato a esedra semicircolare (a), davanti al quale si sviluppavano
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
RIQUADRO
S·3
La villa romana di Val Carena a Brioni Maggiore Il recente riesame delle strutture, tuttora in parre visibili, ha potuto ricostruire le fasi edilizie della villa di Val Catena (FIG. s.2.9), rivelando anche l'evoluzione del gusto architettonico (Begovié, Schrunk. 2.008). Il primo nucleo compatto (ca. 2..ooo mq), risalente a epoca tardorepubblicana, comprendeva un settore abitativo e uno produttivo gravitanti su un corrile circondato da portici su tre lati (schema a u); l'estensione della parte residenziale e la vicinanza del porto attestano che tale villa svolgeva un ruolo di controllo nei confronti di altri simili edifici presenti nell'isola. In età tardoaugustea o tiberiana la villa viene ampliata notevolmente verso ovest, dove riceve un nuovo settore residenziale, e verso sud, con due terrazze porticate digradanti fino al mare, raggiungendo un fronte di 100 m e una superficie di 1 ha. Durante la seconda metà delr secolo d.C. la villa si espande ulteriormente con nuovi nuclei, distinti ma collegati, che vengono a disporsi attorno all'insenatura: di fronte alla villa vengono realizzati in successione un lungo portico, un nucleo di ambienti residenziali, una vasta palestra, un corridoio finestrato a forma di esedra semicircolare, dietro il quale si aprivano ambienti radiali e un impianto termale; all'imbocco dell'insenatura viene realizzato un nuovo settore produttivo (vasche per l'allevamento del pesce, magazzini), collegato a un porro attrezzato; nel tratto più interno dell'insenatura si sviluppava infine un portico a semicerchio che collegava tre tempietti posti rispettivamente al centro e alle estremità dell' ambulatio. Una struttura circolare situata alle spalle del tempi etto centrale, in posizione quindi di assoluta preminenza scenografica, è stata attribuita alla sepoltura del proprietario della villa, identificato con buon margine di sicurezza con C. Laecanius Bassus, consul su./fectus nel 40 d.C.; in seguito il complesso entrò a far parte del patrimonio imperiale (Roffìa, 2.0I3).
un impianto termale e un grandioso ninfe o (d) decorato con mosaici parietali in pasta vitrea e conchiglie. Tali soluzioni trovano la realizzazione più organica e spettacolare nella villa istriana di Val Catena, un complesso esteso su 6 ha attorno a un'insenatura dell'isola di Brioni Maggiore (Veli Brijun), di fronte a Pala (cfr. riquadro 5.3; FIG. 5-29 ). Anche sulle rive dei principali laghi vengono costruite nella prima età imperiale ville imponenti, che si impostano talvolta su edifici preesistenti; a dettare le scelte insediative erano insieme la bellezza del paesaggio (amoenitas foci), ma anche la produttività dell'entroterra (olio, vino). Ben conosciute sono soprattutto le ville sul lago di Garda, come la villa di Toscolano
2.8S
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
5-2·9
Isola di Brioni Maggiore, baia di Verige (Croazia), planimetria e ricostruzione ideale della villa (seconda metà del I secolo d.C.)
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Fonu: Roffia (w13).
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
RIQUADRO
5·4
La villa di Sirmione cd. Grotte di Catullo La villa di Sirmione (FIG. 5.30) si caratterizza per un rigoroso impianto rettangolare (I67,5 x ros m), risalente all'età augustea, con due avancorpi sui lati brevi nord e sud; in epoca più tarda, tra 1 e 11 secolo d.C., venne inserito un impianto termale nel nucleo edilizio meridionale. Dell'edificio si conserva solo il poderoso sistema sostruttivo sviluppato sui versanti occidentale e settentrionale, compreso l'intero avancorpo che avanzava in posizione panoramica fino all'estremità del promontorio. Grazie all'articolazione di tale sistema e ai principi di assialità e simmetria che caratterizzano l'impianto è stato possibile proporre una ricostruzione attendibile del livello ufficiale, dove gli spazi scoperti o porticati erano di gran lunga maggioritari rispetto a quelli edificati (un rapporto di 4: I). Oltre il monumentale vestibolo, situato in corrispondenza dell'avancorpo meridionale, il corpo principale dell' edifìcio si componeva di quattro nuclei residenziali posti ai quattro vertici di un esteso cortile rettangolare, collegati tra loro attraverso portici; all'esterno correva una monumentale loggia con andamento a u, aperta su una terrazza panoramica che offriva una prospettiva spettacolare sul lago. Nessuna traccia è emersa di un settore produttivo, ma recentemente sono state individuate delle piscinae per l'allevamento/conservazione di pesce fresco. Sconosciuto rimane il proprietario della villa, verosimilmente appartenente ai livelli più alti della società romana, probabilmente residente a Verona; anche questo straordinario complesso, che rimanda a modelli centro-italici di ambito imperiale (in particolare, la Villa lovis di Capri), testimonia comunque lo stretto legame della città con la capitale (Roffia, 20I3).
Maderno (Brescia), situata sulla riva occidentale, appartenuta a un membro della potente famiglia bresciana dei Non ii, come suggerisce un'epigrafe rinvenuta nei pressi del complesso (Roffia, 2015). La più grandiosa delle ville del!' Italia settentrionale è però il complesso realizzato sul promontorio di Sirmione, sulla sponda meridionale del lago, nota dal Rinascimento come Grotte di Catullo (cfr. riquadro 5.4; FIG. 5.30 ). A partire dall'età augustea, quando in Italia settentrionale si raggiunge la sicurezza politico-militare e di conseguenza si verifica un notevole sviluppo demografico ed economico, l'insediamento nel territorio si diffonde in modo capillare. La documentazione era stata in passato raccolta in alcuni lavori di sintesi per il settore nord-orientale (Venetia et Histria) (De Franceschini, 1998; Busana, 2002; 2013; Busana, Forio, 2.on) e per il Piemonte (Spagnolo Garzoli, 1998), mentre è oggi dispo-
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
5·30
Sirmione (Brescia), planimetria dei tre livelli della villa cd. Grotte di Catullo (I-II secolo d.C.): a) livello inferiore; b) livello intermedio; c) livello superiore
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2.88
c)
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE ( 31 A.C.-III SECOLO D.C.)
FIGURA 5·31
Almese (Torino), planimetria e ricostruzioni virtuali della villa (inizi
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Fonte: Barello (1014, elaborazione C. Forin).
nibile un censimento sistematico per l'intera Cisalpina (Forin, in corso di stampa). I dati attestano la presenza di villae caratterizzate da uno sviluppo molto diversificato, che raramente raggiungono i livelli (di impegno architettonico e produttivo) dei maggiori complessi centroitalici. Nonostante la conoscenza spesso lacunosa e la grande varietà di soluzioni, gli impianti più articolati sembrano riconducibili a tre schemi principali: a nuclei distinti entro un'area cortilizia, spesso recintata; a pianta compatta incentrata su una o più aree scoperte; a sviluppo lineare con loggia frontale. Soprattutto gli ultimi due tipi mostrano l' influenza dei modelli centro-italici, che si manifesta nell'adozione della basis villae (Isera: cfr. De Vos, Maurina, 2011; Almese: cfr. Barello, 2014; FIG. S-31 ), dell'abbinamento triclinio-cubicolo (Venezia Nuova, Sant' Eusebio, Ronchi dei Legionari, Staranzano, Lucinico: Busana, Forin, 2012),
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
5·32.
San Pietro in Cariano, loc. Arnbrosan (Verona), planimerria della villa (I-VI secolo d.C.) 10
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Fonte: Busana (2.002., elaborazion~ C. Fori n).
del nucleo tripartito di vani (Santa Maria di Zevio, Collina della Punta, Randaccio: cfr. ibid.), talvolta anche dell'atrio (Turri di Montegrotto Terme: cfr. Bonomi, Vigoni, 2.0I2). Si individuano, tuttavia, anche elementi peculiari, come la presenza di un ambiente di prestigio a pianta absidata in posizione assiale, ricorrente soprattutto nella Venetia, altrove raramente attestato prima dell'età tardoantica (Busana, 2006; FIG. 5.32). Tali scelte "concettuali" sembrano più raramente attestate nelle ville del settore occidentale, ma ciò potrebbe derivare dalla conoscenza parziale e dal lacunoso stato di conservazione. Tra I e n secolo d.C. anche nelle ville si diffondono sistemi di riscaldamento degli ambienti residenziali, in linea con i miglioramenti tecnici documentati nella coeva edilizia urbana (Caselette, Nuvolento, Mansarine di Monzambano, Venezia Nuova, Lucinico, Ronchi dei Legionari, Monfalcone-via delle Mandrie), una soluzione introdotta nell'architettura aulica centro-italica che ebbe particolare successo in Italia settentrionale (e nelle province) anche per esigenze climatiche (Busana, 2017 ) .
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
5·3-3- PROVINCE OCCIDENTALI
La diffusione della domus a partire dall'età imperiale costituisce uno dei marcatori più significativi della romanizzazione nelle province occidentali, dove la società rimane molto gerarchizzata e persistono, almeno fino al m secolo d.C., il sistema clientelare e i suoi rituali (Meyer, 1995; Gros, 2001). Nella prima età imperiale troviamo talora ancora adottato l'impianto tradizionale ad atrio e peristilio. Grandi abitazioni di impianto romano sono note in età augustea nell'antico sito di Bibracte (Mont Beuvray, Francia, Pare aux Chevaux), realizzate da membri dell'élite locale romanizzata o da italici: dalla monumentale casa PC 1 (3.500 mq), impostata sulla sequenza atrio tetrastilo-tablino-peristilio e fiancheggiata da un ampio giardino e dal quartiere di servizio, alla più "modesta" casa PC 2 (1.0oo mq), che prevedeva solo un peristilio quadrato, impostato però secondo un assetto assiale, ed era fornita di un impianto termale con ipocausto (Goudineau, Peyre, 1993; Gros, 2001; FIG. 5.33). L'esempio che meglio documenta la precoce assimilazione dei modelli italico-ellenistici nella Gallia è la Maison du Clos de la Lombarde (925 mq) a Narbona/ Narbo Martius, capitale della Gallia Narbonensis, il cui impianto di età augustea prevedeva un nucleo ad atrio e uno a peristilio, impostato secondo un asse trasversale; le sale da ricevimento erano collocate a nord ed esposte in modo ottimale verso meridione (Sabrié, Sabrié, 2011; FIG. 5-344). Una testimonianza significativa è anche una domus rinvenuta a Colonia/ Colonia Agrippinensis, nella Germania Inferior, impostata secondo la sequenza tradizionale di atrio (tetrastilo ), cablino e peristilio trasversale, secondo la prescrizione vitruviana, risalente alla metà del I secolo d.C.: il fatto che l'impianto non sia mai stato modificato manifesta la volontà del proprietario di abitare una casa romana "all'antica" (Brulet, 1996; Gros, 2001; FIG. 5.34b). A partire dall'età flavia le domus vengono ampliate, accolgono soluzioni più raffinate e i lussuosi peri stili con giardino ( viridaria) diventano il cuore della vita familiare e sociale. Caduto in disuso l'atrio, il suo ruolo si trova assolto da vestiboli che divengono sempre più ampi e che svolgono la funzione di filtro rispetto all'area scoperta principale. In generale, sembra che lo schema rigorosamente assiale mantenga un ruolo essenziale, tanto che negli studi si è affermata la definizione di "casa assiale a peristilio" (Gros, 2001). Nella Gallia Narbonensis tali caratteri si affermano precocemen-
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA S·H Bibracte (Monr Beuvray, Francia), Pare aux Chevaux, planimetria delle case PC
e PC
2.
I
(età augustea)
Fonte: Gros (lOOl).
ce, con vestiboli che eccezionalmente sono anche dotati di colonne o pilastri, simili quindi a oeci corinthii o aegypthii ( Gros, 2008 ). Emblematica è la trasformazione radicale a cui viene soccoposta la Maison au Dauphin a Vaison-la-Romaine (FIG. S·3S). una domus a peristilio costruita negli anni 40-30 a.C.: alla fine del I secolo d.C. l'abitazione si espande sulla fascia triangolare che la separava dalla strada occidentale e sull'adiacente lotto meridionale, dove vengono realizzati rispettivamente un vestibolo e un grande viridarium, raggiungendo un'estensione di 2.700 mq; il corpo centrale si dota di numerosi ambienti di soggiorno e di ricevimento aperti verso il peristilio e di un balneum nell 'angolo nord-orientale ; qualche decennio più tardi, forse ancora in età traianea, il secco re d'ingresso dalla strada viene trasformato in un atrio tetrastilo con funzione di vestibolo monumentale (Goudineau, 1979; Gros, 2008). Nelle province iberiche spicca la documentazione di ftalica (Bae-
S· LA PRIMA E MEDIA ETÀ IMPERIALE (31 A.C.-III SECOLO D.C.)
FIGURA 5·34 Esempi di case ad atrio e peristilio nelle province: a) Narbona (Francia), planimetria dellaMaison Portiques du Clos de la Lombarde (Fase 1: età augustea): b) Colonia (Germania), planimetria della casa ad atrio e peristilio a sud del Duomo (metà I secolo d.C.)
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a)
Fonte: Bolognesi Recchi Franceschini (1003).
La residenza imperiale di epoca tetrarchica meglio conosciuta è però il Palazzo di Diocleziano (2.85-305 d.C.) costruito sul litorale dove oggi sorge Spalato, a circa 7,5 km dalla città di Salona, capitale della Dal-
p.2.
6. FIGURA
L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.)
6.4
Spalato (Croazia), Palazzo di Diocleziano (2.93-305 d.C.): a) planimetria; b) prospetto verso mare
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Fonti: a) Lorenzi (~o•~) ; b) Carilc ( ~ou).
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
RIQUADRO 6.2
Il Palazzo di Diocleziano a Spalato Concepito in maniera differente sia dai palatia urbani sia dalle ville imperiali precedenti, il Palazzo di Diocleziano si ispira all'architettura degli accampamenti militari (castra): lo evidenziano il perimetro fortificato (2IS x I8o m) e la divisione interna in quattro settori determinata dall'incrocio centrale di due strade ortogonali, in questo contesto colonnate, alle cui estremità si aprono quattro porte (FIG. 6.4). L'accesso principale si apriva a nord, mente a sud era accessibile direttamente dal mare. I due settori settentrionali, destinati a funzioni di servizio, erano entrambi incentrati su una vasta corte, quella occidentale a peristilio, e da una serie di piccoli vani affiancati serviti da portici, verosimilmente alloggi per la guardia pretoriana. I due settori meridionali si presentavano più articolati: una prima fascia comprendeva una piccola corte colonnata centrale, con funzione di accesso monumentale al palazzo, fiancheggiata da due aree recintate: in quella orientale si trovava un mausoleo ottagonale, in quella occidentale un tempio prostilo tetrastilo e due edifici circolari, probabilmente sacri; la fascia a ridosso del mare ospitava il vero e proprio palazzo, articolato su due piani con planimetria pressoché identica. Il piano superiore, quello ufficiale, prevedeva sull'asse centrale due vestiboli (uno rettangolare e uno circolare) e una sala a tre navate che conduceva a un loggiato panoramico, di collegamento tra i due nuclei laterali: a est, un articolato triclinio costituito da una sala cruciforme collegata ad altri vani cruciformi radiali; a ovest, una vasta sala a pianta basilicale absidata per il ricevimento e il quartiere residenziale comprendente ambienti a pianta mistilinea e alcuni vani termali (Lorenzi, 20!2).
matia, dove oggi sorge Spalato (Marasovié, 1982; Lorenzi, 2012; cfr. riquadro 6.2; FIG. 6.4). Si tratta di un complesso che rielabora con una
straordinaria organicità architettonica soluzioni già sperimentate, ad esempio nel Palazzo del Dux Ripae di Dura Europos (Downey, 1993), e costituirà un modello per l'architettura privata di prestigio di età tetrarchica (cfr. riquadro 5.1). Nei primi anni del IV secolo d.C. Massenzio, che sceglierà nuovamente Roma come sede del potere, realizza una villa di grande impegno autorappresentativo nel suburbio sud-orientale, lungo la via Appia (De Angelis Bertolotti, Joppolo, Pisani Sartoria, 1988; FIG. 6.s). Il complesso, sorto sulle strutture di una villa appartenuta a Erode Attico (n secolo d.C.), ripropone gli elementi essenziali delle residenze imperiali tetrar· chiche (palazzo, circo-ippodromo, mausoleo), componendoli secondo
324
6.
L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.)
FIGURA 6.5 Roma, planimetria della Villa di Massenzio lungo la via Appia (inizi
IV
secolo
d.C.)
Fonte: Dc Franceschini (lOos).
uno schema architettonico a padiglioni, impostato su assi divergenti, per il condizionamento della morfologia e delle preesistenze, come nella Villa di Adriano a Tivoli. Delle strutture del palazzo si conosce in particolare la grande aula da ricevimento absidata (M: 33,10 x 19,45 m), riscaldata e riccamente decorata con marmi, preceduta da un vestibolo trasversale (N); quest'ultimo era collegato a un corridoio lungo oltre 100m, che delimitava a sud il palazzo e lo metteva in comunicazione diretta con la tribuna collocata sul lato settentrionale del circo-ippodromo. Una concezione architettonica del tutto diversa caratterizza l'eccezionale complesso spagnolo di Cercadilla, realizzato nella prima età tetrarchica alla periferia occidentale di Cordova (Baetica ) per un committente di altissimo rango che rimane sconosciuto (Hidalgo Priero, 2014; FIG. 6.6). Il complesso si componeva di una vasta piazza rettangolare delimitata sulla facciata da un muro continuo, con ingresso in asse, e sui lati lunghi da due vani affiancati con assetto modulare, in-
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
6.6
a) Cordova (Spagna), planimecria della Villa di Cercadilla (2.93-305 d.C.) a confronto con alcune grandi villae cardoanciche dell'impero: b) Piazza Armerina; c) Mommaurin; d) Velencine; e) Chiragan;./) La Olmeda; g) Carranque;
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Fontt: Hidalgo Priero (~014).
terpretati come alloggi militari; attraverso un propileo monumentale si accedeva a un secondo cortile di rappresentanza, circondato da un portico a sigma, che consentiva di raggiungere i diversi nuclei edilizi, disposti a raggiera dietro il portico curvilineo. Un percorso pubblico, accessibile direttamente dal portico a sigma, comprendeva soprattutto sale per udienze a pianta absidata, la maggiore delle quali costituiva una basilica posta sull'asse principale: la sua superficie di circa 1.000 mq non ha confronti con le aule absidate del mondo romano, che al massimo raggiungono no mq, assimilandola a un vero edificio pubblip.6
6. L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.)
co. Un circuito semipubblico, anch'esso accessibile indirettamente dal portico, conduceva ad ambienti tricliniari, prevalentemente a pianta polilobata, e a settori più riservati, come l'impianto termale collegato ali' aula basilicale. Inoltre, era presente un quartiere residenziale privato. Le dimensioni del complesso ( 8o.ooo mq, di cui s6.ooo mq edificati), l'originalità del progetto e la tecnica edilizia (un opus caementicium con paramento in opus vittatum mixtum ), tipica della grande architettura aulica coeva e non attestata prima a Cordova, suggeriscono un architetto e maestranze straniere. Va detto che nei territori interni della penisola iberica sono noti altri complessi monumentali ( Chavarria Arnau, 2006; 2007 ), che probabilmente non raggiungono le dimensioni dello straordinario palatium di Cercadilla solo per i limiti delle indagini: ne è un esempio la grandiosa trichora della Villa di Noheda (Villar de Domingo Garda, Cuenca), caratterizzata da una superficie (290,64 mq) di poco inferiore a quella di Cercadilla, ma con il più grandioso mosaico figurato del mondo romano (Tévar, 2014). Tale architettura si pone sul solco della sperimentazione adrianea, di cui riprende molti elementi, trasponendo nell'entroterra la ricerca scenografica elaborata già nelle ville costiere a partire dall'età tardorepubblicana, adattate all'ambiente naturale (ad esempio, la villa di aqua Claudia ad Anguillara Sabazia sul lago di Bracciano, di Barco la nella costa triestina, di Val Catena in !stria) (Barresi, 2014).
6.3 L'edilizia urbana I palatia degli imperatori di età tetrarchico-costantiniana forniscono i modelli per i comportamenti sociali e insieme per l'architettura residenziale di prestigio, elaborando un nuovo linguaggio universale; anche in questa fase Roma sembra aver per prima sperimentato le novità, che tra IV e VI secolo si diffondono a Costantinopoli e in tutto l' impero romano. Tale "omologazione architettonica" rende meno utile un'analisi articolata per aree geografiche, mentre prevale negli studi un approccio finalizzato a riconoscere le diverse categorie socioeconomiche e politiche dei proprietari, non sempre di facile distinzione. Alcune rare dimore, finora documentate soprattutto a Costantinopoli, si distinguono per una planimetria articolata, spesso derivata dali' aggregazione progressiva di nuclei edilizi distinti collegati da am-
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
6.7
Costantinopoli, planimetria dei palazzi di Antioco e di Lauso presso il Palatium Magnum (v-vi secolo d.C.)
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Fonte: Carile (1on).
bulacri monumentali, e per l'adozione di sale a pianta complessa su modello imperiale (vestiboli e portici semicircolari, atri a forcipe, triclini absidati, trilobati o polilobati, ambienti a pianta centrale). Tali complessi sono interpretati come residenze di famiglie legate alla dinastia regnante, spesso note attraverso le fonti, come i palazzi di Antioco e di Lauso a Costantinopoli, realizzati nei primi decenni del v secolo tra il circo-ippodromo e la Mese (Marsili, 20I4; FIG. 6.7 ), o quello di Giilhane, situato a nord del Palatium Magnum (Delvoye, 1976).
328
6. L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D .C.) FIGURA
6.8
Atene, planimetria e spaccato assonometrico del cd. Palazzo dei Giganti (inizi v secolo d.C.)
Fonre: Bonini (2.0o6).
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
Una seconda categoria comprende edifici di grande impegno architettonico, documentati in importanti città dell'impero; anch'essi si ispirano direttamente all'architettura palaziale, ma presentano una minore complessità d'impianto e una grande varietà di forme, dovute anche a condizionamenti delle preesistenze: tra questi, si possono citare la Mais on Sept Absides!Maison de Bacchus di Djemila/ Cuicul (Tunisia) (7.000 mq) (Blanchard-Lemée, 1984), la cd. Villa de Thésée di Nea Paphos (Cipro) (Io.ooo mq) (Medeksza, I992), il cd. Palazzo dei Giganti (FIG. 6.8) presso l' agora di Atene, ipoteticamente collegato alla famiglia dell'imperatrice Eudocia (Bonini, 2006), il cd. Palazzo del Proconsole d'Asia di Efeso (Wiplinger, Wlach, 1995). Alcuni di questi palazzi sono stati interpretati come praetoria, cioè sedi dei governatori che gestivano il potere civile e militare, caratterizzati dali' associazione di settori residenziali e di spazi destinati allo svolgimento di precise funzioni pubbliche, in particolare di carattere giudiziario: è il caso del Palazzo del Dux di Apollonia (Cirenaica, attuale Libia) (FIG. 6.9 ), attribuito al governatore della Pentapoli, oltre che per l'architettura, anche per il rinvenimento di un decreto imperiale (Goodchild, 1976); altri studiosi ritengono, invece, l'edificio una residenza aristocratica e il decreto un reimpiego (Ellis, 1985; 2007 ). Va comunque sottolineata la necessità di avanzare con prudenza interpretazioni specifiche in assenza di un'adeguata documentazione epigrafica e materiale, anche in considerazione della plurifunzionalità dei complessi di maggior impegno architettonico suggerita dalle fonti (Baldini, 2014); peraltro, uno dei pochi praetoria sicuri, quello di Gortina di Creta, in uso dal IV al VI secolo, risulta privo di alcuni degli elementi tipici dell'architettura aulica (la corte porticata, un triclinio monumentale, l'impianto termale) (Di Vita, 20oo). La ricerca più recente ha evidenziato una forte affinità tra questa architettura aulica e gli episcopia, le residenze dei vescovi, spesso di problematica identificazione, in relazione al ruolo pubblico dei vertici ecclesiastici e delle loro sedi. Dalla fine del IV secolo esse avviano un processo di progressiva articolazione e monumentalizzazione in concomitanza con la crescita del ruolo politico e amministrativo dei vescovi, adottando le forme proprie delle abitazioni di prestigio (cortili porticati, aule di rappresentanza, triclini poliabsidati, impianti termali) e raggiungendo nel VI secolo dimensioni palaziali; la loro connotazione religiosa emerge, oltre che dal rapporto con la cattedrale, dall'apparato decorativo e dalla presenza di un luogo di culto, in genere situato al
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331
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
piano superiore (Chavarria Arnau, 2.orr; Baldini, 2.0I4). Le testimonianze più antiche, purtroppo parziali, provengono dali' Italia (Roma e Ravenna, v secolo d.C.) (Baldini Lippolis, 2.007; Marano, 2.007 ), ma i casi più monumentali e meglio documentati sono alcuni più tardi complessi dell'Asia Minore (Side, Mileto, Efeso, VI secolo d.C.) (Ceylan, 2.007; 2.014; FIG. 6.10 ), dalla Grecia (Filippi) e dal Nord Africa (Djemila) (Miiller Wiener, 1989 ). L'ultima categoria, la più numerosa, corrisponde alle domus delle élite cittadine, le cui testimonianze provengono soprattutto da numerose città dell'Asia Minore (Afrodisia, Alicarnasso, Apamea, Efeso) (Baldini Lippolis, 2.001) e dell'Africa settentrionale (Sujetula, Thuburbo Maius, Dougga/Thougga, Maktar/Mactaris, Bulla Regia) (Bullo, Ghedini, 2.003; Ghedini, Bullo, 2.007; Carucci, 2.007 ), ma anche della Grecia (Atene, Salonicco) (Bonini, 2.oo6). Naturalmente anche a Roma dovevano esistere domus prestigiose, ma purtroppo ci sono note solo in modo frammentario, come la citata Domus Gaudentii o quella dei Simmaci sul Celio ( Carignani, 2.ooo ); altre importanti testimonianze provengono soprattutto dalle città o dai comprensori interessati dalla presenza della corte imperiale o dell'alta burocrazia: Ostia, Milano, Ravenna, Aquileia (Pavolini, 1986; 2.006; Ghedini, Annibaletto, 2.012.; Ghedini, Novello, Didoné, 2.014). In generale, se rispetto ai secoli precedenti si riscontra una riduzione numerica delle domus, accompagnata, salvo rare eccezioni, da un abbassamento del tenore di vita, alcune abitazioni di prestigio si connotano per dimensioni e lusso superiori al passato. Tali residenze sono prevalentemente il risultato di ristrutturazioni e ampliamenti di precedenti domus a corte colonnata o anche di complessi multifamiliari, con l'inserimento degli elementi qualificanti rispondenti ai nuovi stili di vita; un numero elevatissimo di costruzioni ex novo si riscontra solo a Costantinopoli, l'unica che può essere considerata una fondazione, che stravolge completamente il precedente insediamento di età imperiale (Bowes, 2.010 ). Pur riscontrandosi numerose varianti, dipendenti dalle tradizioni locali e dal livello economico-sociale del proprietario, la residenza di prestigio tardoantica presenta alcuni elementi costanti, individuabili nel vestibolo d'ingresso, nel cortile (quasi sempre colonnato) e nell'aula di rappresentanza (rettangolare o absidata), che insieme formano quello che è stato definito il "percorso glorificante': cadenzato in momenti di ingresso, di sosta e di attesa, infine di ricevimento, assumendo una funzione quasi di percorso processionale: un sistema architetto-
332.
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FIGURA 6.10
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Fonte: Ceylan (201.4).
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L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA 6.11
Neapolis (Tunisia), planimetria dellaNympharum Domus (Iv secolo d.C.)
Fonte: Ghedini, Bullo ( 2007 ).
nico già affermato nei secoli precedenti, ma che in questa fase diviene funzionale alla più rigida forma di patronato e alla distinzione sociale tra le classi (ibid.). Il percorso sembra seguire ancora due principali impostazioni: la soluzione assiale, poco diffusa per lo scarso interesse a creare un rapporto diretto con l'esterno (ad esempio, nella Nympharum Domus a Neapolis in Tunisia; FIG. 6.u); il percorso spezzato, su assi paralleli, a formare una baionetta (ad esempio, nel citato Palazzo del Dux di Apollonia o in alcune domus di Apamea, in Siria), oppure ortogonali, con il cortile come elemento di snodo; quest'ultima soluzione risulta la più attestata, probabilmente per prolungare l'aspettativa del visitatore (con esempi in ogni parte dell'impero, dall'Italia alla Siria, alle province africane) (FIG. 6 .12.). Al percorso glorificante
334
6.
L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.)
FIGURA 6.12
Thuburbo Maius (Tunisia), planimetria e spaccato assonometrico della Casa delle Protomi (rv secolo d.C.)
Fonte: Bullo, Ghedini (l003).
si affiancano altre percorrenze rilevanti, in particolare il collegamento tra settore pubblico e settore privato, quest'ultimo in genere più appartato che spesso utilizza parte dello stesso asse di rappresentanza; del tutto indipendenti, invece, risultano i percorsi di servizio, spesso collegati a ingressi secondari. Gli ambienti termali, talora associati a latrine, sono in genere collocati presso l'ingresso, facilmente accessibili anche a visitatori esterni (ben documentati a Djemila e ad Apamea). Analizzando più nel dettaglio le componenti principali delle residenze tardoantiche, il settore d'ingresso detiene un ruolo rilevante, talvolta sottolineato all'esterno da una facciata monumentalizzata attraverso portici o esedre. La forma più aulica è sicuramente il portico di facciata semicircolare (a sigma), forse ispirato alle facciate panorami-
335
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
che delle ville costiere italiche tardorepubblicane (Barresi, 20I4), già probabilmente presente nella facciata della Domus Flavia sul Palatino e adottato in alcune ricche domus provinciali (ftalica). La sua applicazione più rnonurnentale è nella villa di Carcadilla a Cordova e probabilmente caratterizzava anche il Palatium Magnum di Costantinopoli, dove è documentato anche nelle più tarde residenze legate al sistema dinastico (Palazzo di Lauso e Complesso di Giilhane); si ritrova poi in alcuni palazzi episcopali (Djernila). Una forma meno aulica è il portico lineare, quando sia attribuibile a un'iniziativa privata (come la Casa sul Decumano a Ostia) e non pubblica a fini di arredo urbano. Oltre la facciata, il vestibolo assolve il ruolo di accoglienza dei clientes e degli ospiti prima di avviarli alle zone loro destinate; per questa funzione si presenta sempre come un ambiente ampio e riccamente decorato secondo scherni iconografici accuratamente selezionati, accogliendo talora sculture, anche spaliate da edifici pubblici (Palazzo di Lauso a Costantinopoli, Palazzo dei Giganti ad Atene), o statue di antenati, frequenti nelle domus di Roma (Guidobaldi, I986); sono talora presenti sedili in pietra, documentati sia in complessi rnonurnentali come il Palazzo del Dux di Apollonia, sia in normali abitazioni come la domus di Palazzo Massani a Rimini (Bueno, 2009). L'atrio tradizionale è ormai scomparso o, quando presente, è completamente trasformato nella funzione, ad esempio in ninfea ad Afrodisia (v secolo d.C.). Alcune situazioni conservative, come ad Aquileia la Casa di Tito Macra (Bonetto, Ghedini, 2014), potrebbero suggerire l'appartenenza dei proprietari a ceti elevati, ma estranei alle frequentazioni sociali che obbligavano l'introduzione dei nuovi modelli architettonici (Baldini Lippolis, 2001). Fulcro della residenza è la corte colonnata, che assume la funzione di collegamento tra l'ingresso ufficiale e le aule di rappresentanza attraverso percorsi enfatizzati da colonne e da una studiata decorazione pavirnentale; a volte corridoi o portici vengono dotati di absidi alle estremità, trasformandosi in vestiboli rnonurnentali, detti a forcipe. Quasi sempre il cortile è pavimentato e raramente sono state riscontrate tracce di giardini; pressoché costante è invece la presenza di ninfei o fontane, la cui posizione risulta studiata per offrire una vista piacevole e prestigiosa alla sala di rappresentanza principale, costituendo un segno del potere economico del proprietario. Se molte domus presentano una sola area scoperta, negli edifici complessi si riconosce una corte principale e aree scoperte secondarie, che formano, con gli ambienti
6.
L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D .C .)
FIGURA 6.13 Apamea suii'Oronte (Siria), esempi di ambienti di rappresentanza: 1 e 4 · edificio a triclini; 2.. casa a pilastri; 3· casa a mensole; S· Casa dei Capitelli a Mensole; 6. Casa del Cervo
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Fonte: Balcy (1997).
su di esse gravitanti, veri e propri quartieri accostati e destinati a scopi diversi. Gli ambienti di rappresentanza, infine, si aprono sempre sulla corte principale, fonte di luce e sfondo scenografìco (FIG. 6.13). Come nei secoli precedenti, le domus più semplici potevano prevedere una sola sala di rappresentanza, utilizzata per il banchetto e per il ricevimento, mentre nelle abitazioni di maggior pregio tali ambienti risultano duplicati e distinti per funzioni e occasioni d'uso. In epoca tardoantica si continuano a realizzare sale a pianta rettangolare, predominanti fino al III secolo d.C., che si prestavano a ogni destinazione (Palazzo dei Giganti ad Atene, Fase di v secolo d.C.). In queste sale la destina-
337
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
zione tricliniare è talvolta rivelata dalla tradizionale composizione a a u o a T + u del rivestimento pavimentale, documentata in numerosi edifici risalenti a età medioimperiale (Mactaris, Volubilis, Acholla, Djemila, Antiochia, Apamea), ma anche una composizione a semicerchio (House of the Buffet Supper ad Antiochia, Maison du Paon a Cartagine), indice che anche in sale quadrangolari poteva essere apprestato un banchetto secondo la forma più in voga, disposto cioè attorno a una mensa semicircolare, nota come stibadium (cfr. infra) (Dunbabin, I99I). La vera novità è però la diffusione della sala a pianta absidata per le udienze e per i banchetti d'apparato, assente a Roma nelle domus rappresentate nella Forma Urbis severiana ( Guidobaldi, 1993), ma attestata nel IV secolo (ad esempio, nella Domus delle Sette Sale, presso le Terme di Traiano sull'Oppio) (Volpe, 2ooo; FIG. 6.14): soluzione ispirata agli spazi destinati alle manifestazioni pubbliche dell' imperatore inaugurati da Domiziano nella Domus Flavia, ma forse già in nuce nelle grotte tricliniari come il triclinio-ninfeo di Punta Epitaffio (De Albentiis, 2007-08). Per accentuare la gerarchia, l'aula veniva in genere realizzata a un livello più alto e lo stesso spazio absidato poteva essere ulteriormente rialzato e inquadrato tra colonne, come nella Domus del Cortile del Tribunale a Verona (Ghedini, Annibaletto, 2012). Una delle soluzioni più originali è adottata nella domus sotto Santa Croce a Ravenna (FIG. 6.15), dove l'aula absidata (2) è affiancata da due cortili (3 e 4), creando un oecus cyzicenus absidato (ibid.). Accanto alle grandi sale da ricevimento absidate, nelle domus tardoantiche sono spesso presenti altri ambienti absidati di minori dimensioni, destinati a cubicula, triclinia o a luoghi di culto, ai quali la stessa soluzione tecnica della copertura a semicupola attribuiva prestigio. L'affermazione di questa nuova planimetria nelle case tardoantiche dei ceti elevati si lega all'utilizzo della citata mensa semicircolare (a sigma) denominata stibadium, termine che nell'accezione originaria indicava un lungo cuscino posto sul terreno durante i banchetti all'aperto, raffigurato in un mosaico della Villa del Casale a Piazza Armerina (Ellis, 1997; Dunbabin, 2003). Già presente nella Villa di Adriano a Tivoli, nel grande triclinio noto come Serapeum posto ali' estremità del Canopo (FIG. s.u), questo tipo di banchetto costituiva probabilmente un adattamento da modelli cerimoniali comuni alla corte orientale. Grande diffusione hanno in epoca tardoantica anche gli ambienti a pianta trilobata, specificamente destinati a funzioni tricliniari: le T,
6. L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.) FIGURA 6.14
Roma, planimetria della domus delle Sette Sale (rv secolo d.C.)
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Fonte: Volpe (20u).
mense venivano collocate all'interno delle tre absidi, riservando quella centrale al proprietario e agli ospiti più importanti: anche lo schema triparcico, probabilmente derivato dali' architettura termale (Baldini
339
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA 6.15 Ravenna, domus sotto Santa Croce, planimetria (Iv secolo d.C.)
Fonte: Annibalerro. Cerato (w Il).
Lippolis, 2001), era già presente nella Villa di Adriano a Tivoli (l'edifico posto a collegamento tra il Pecile e lo Stadio, variamente denominato Sala a Tre Esedre, Triclinio Colonnato o Coenatio Estiva; FIG. s.u) e si ritrova negli articolati nuclei tricliniari nei palazzi tetrarchici (Palazzo di Diocleziano a Spalato, complesso di via Brisa a Milano). Una forma ancora più elaborata di sala rricliniare prevedeva nicchie alle pareti e un'abside sul fondo, tutte destinate ad accogliere commensali attorno a mense a sigma, secondo una rigida distribuzione gerarchica in relazione alla vicinanza all'abside occupata dal proprietario. Allo stato attuale delle conoscenze, i dati suggeriscono un'origine imperiale di ambito costantinopolitano (forse l' Akkoubita), forse già alla fine del IV secolo d.C., e la sua adozione da parte di residenze aristocratiche legate
6. L'ETÀ TARDOANTICA
(IV-VI
SECOLO D.C.)
al sistema dinastico (come il triclinio a sette absidi del Palazzo di Lauso, dove le absidi sarebbero state aggiunte nella prima metà del VI secolo d.C.) (FIG. 6.7 ); fuori Costantinopoli, questa tipologia di sala è attestata a Djemila (Sala a Sette Absidi, datata alla metà del v secolo d.C.) (Ghedini, Bullo, 2007) e in contesti ecclesiastici, come il triclinio del complesso lateranense a Roma o dei palazzi vescovili di Ravenna eGrado (Marano, 2007 ). Più vario sembra essere stato l'impiego delle sale polilobate a pianta centrale, forse anch'esse derivate dall'architettura termale di età imperiale. Se nella sala a pianta decagonale di Roma nota come Tempio di Minerva Medica, considerata un'estensione del Sessorianum (Guidobaldi, I998; Barbera, Magnani Cianetti, Barrano, 20I4; FIG. 6.2), e in quella esagonale che fiancheggia l'aula basilicale absidata nella Domus delle Sette Sale (Volpe, 2000; FIG. 6.I4), così come nel più tardo Palazzo di Antioco a Costantinopoli (FIG. 6.7 ), sembra certa o probabile la funzione tricliniare, in altri complessi sottoposti a indagini estensive tali ambienti sembrano costituire monumentali vestiboli d'ingresso o spazi di smistamento dei percorsi (ad esempio, nel Palazzo di Lauso, dove la sala si colloca tra il portico d'ingresso a sigma e l'atrio a forcipe): anche in questo caso si tratta di una soluzione che ha un precedente nella straordinaria sperimentazione architettonica della Villa di Adriano, in particolare nel vestibolo d'ingresso alla Piazza d'Oro (FIG. s.u). In età tetrarchico-costantiniana questa planimetria diventerà canonica anche nell'ambito dell'architettura funeraria. A connotare le residenze tardo antiche è infine la presenza di servizi prestigiosi, come il riscaldamento degli ambienti di rappresentanza e gli impianti termali, che nel IV secolo d.C. diventano una dotazione pressoché costante (FIG. 6.I6). Tale diffusione si lega alla tendenza delle élite a non utilizzare le terme pubbliche, nonostante fossero ancora in funzione e oggetto di restauri: non per necessità, quindi, ma per istanze di carattere ideologico, come l'emulazione delle residenze di potere e la volontà di autosegregazione, ma anche per influenza del messaggio cristiano, che tendeva a scoraggiare la pratica termale vissuta collettivamente (Baldini Lippolis, 2001). Dal punto di vista tecnico, non è del tutto chiaro se in ambito privato la successione canonica di frigidarium, tepidarium e calidarium venga rispettata o meno, anche per l'ambiguità di alcuni ambienti riscaldati. Naturalmente palazzi e domus prevedevano anche altri ambienti residenziali, costituiti da triclini privati e cubicoli per il riposo destinati alla famiglia e agli ospiti, spesso associati a formare apparta-
34I
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
6.16
Tunisia, esempi di impianti termali: a) Utica, Casa del Grande Oecus; b) Bulla Regia, Casa della Caccia; c) Bulla Regia, Casa della Pesca; d) Bulla Regia, Casa 8
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Fontt: Ghiorro (2003).
menti, quasi mai caratterizzati da elementi strutturali o schemi decorativi che ne chiariscano la funzione (alcuni esempi provengono dalla Tunisia, a Bulla Regia, Thysdrus e Thuburbo Maius) (Bullo, 2003; Novello, 2003; FIG. 6.I7 ) . Difficilmente distinguibili sono
342
6. L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.) FIGURA 6.17
Thysdrus (Tunisia), esempi di appartamenti: a) Casa dei Delfini; b) Sol!ertiana Domus; c) Casa del Pavone; d) Casa della Processione Dionisiaca
b)
c)
d)
Fonte: Mulè (~003).
anche gli ambienti di servizio, comprese le cucine. Uno dei pochi studi sistematici è quello condotto sulle case della Tunisia, dove è stato possibile verificare che, quando possibile, il settore di servizio costituiva un blocco unitario, spesso disposto sul perimetro dell'abitazione e lontano dalla zona padronale (Bonini, Rinaldi, 2003; FIG. 6.18). Anche in epoca tardoantica continuano a essere presenti spazi, più o meno articolati, dedicati al culto, prevalentemente collocati nel settore pubblico della casa, accessibili dai peristili e spesso in pros-
343
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA 6.18
Tunisia, esempi di settori di servizio: a) A cbolla, Casa di Asinius Rufinus Sabinianus; b) Althiburos, Casa delle Muse; c) Cartagine, Casa della Rotonda; d) Cartagine, Casa della Voliera
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a)
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c)
d)
Fonte: Bonini, Rinaldi (Loo3).
simità delle sale di rappresentanza, ben indagate per le domus della Tunisia (Bassani, 2003) e dell' Italia settentrionale (Bassani, 2.012); tradizione che si conserverà anche con l'affermarsi della religione cristiana (Sfameni, 2014). Scarse sono le testimonianze relative ai piani superiori, la cui esistenza è attestata dalle fonti letterarie; i rari crolli- ad esempio, nella
344
6. L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.)
domus di via d'Azeglio a Ravenna (Montevecchi, 2.004), nella Maison aux Stucs di Djemila (Blanchard-Lemée, 1975), nel cd. Palazzo episcopale di Bosra (Miiller Wiener, 1989; Masturzo, I992.) - attestano l'esistenza di sale a pianta rettangolare o mistilinea, riccamente decorate al primo piano degli edifici, rispettando la regola consueta di apertura verso il peristilio. In alcuni casi le scale risultano vicine ali' ingresso, come nella Mais on des Chapiteaux a Console di Apamea (Balty, 1997), o accessibili dall'esterno: soluzioni che suggeriscono fenomeni di locazione di appartamenti al piano superiore. Accanto a fenomeni di rinnovamento e monumentalizzazione delle residenze, nel corso dell'età tardoantica numerose domus subiscono invece significative trasformazioni, che destrutturano l'originaria funzione degli spazi, con manifestazioni precoci in Italia settentrionale già dal III-IV secolo d.C. (Ghedini, 2.012.). L'ingresso diviene talora un vano di servizio, come documentato nella Domus dei Pugili di Ravenna, dove l'ingresso viene adibito a ricovero dei carri; le corti subiscono la chiusura degli intercolumni dei portici e una ripartizione in numerosi vani, talora riccamente decorati, come nella Domus dei Mosaici di Luni (FIG. 6.19 ), nei cui portici vengono ricavati quattro ambienti (II- I4), uno dei quali (I 2.) diviene una sala absidata decorata con una raffigurazione del Circo Massimo; iniziano a rilevarsi, soprattutto a partire dal v secolo, indizi relativi ali' abbassamento della qualità edilizia, ben attestati ad Aquileia; già alla fine del IV secolo d.C. e nel corso del v gli impianti termali vengono quasi sempre abbandonati (ad esempio, la domus di via Rosmini a Trento!Tridentum), essendo i più costosi da mantenere e richiedendo una manodopera specializzata. Fenomeni di destrutturazione, riduzione o parziale abbandono sono documentati dalla metà del v secolo nelle poche domus conosciute di Roma: oltre a quelle già citate del Celio, va ricordato il complesso con domus e balnea (risalente a età adrianea), portato in luce negli anni Quaranta del Novecento e purtroppo distrutto n eli' area di piazza dei Cinquecento, presso la Stazione Termini (Antiche stanze, I996; Machado, 2.012.). Al VI secolo d.C. si data l'ultima abitazione a peristilio nota archeologicamente, la House oJ the Falconer di Argo (FIG. 6.2.0 ), datata sulla base dei mosaici pavimentali (Bonini, 2.006). La destrutturazione della casa a peristilio segna l'avvenuto disgregamento del tessuto urbano e sociale e l'esigenza di nuove forme di edilizia privata, che tendono a concentrare al piano superiore le fun-
345
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA 6.19
Luni, planimetria della Domus dei Mosaici: a) Fase 3 (fine m-inizi d.C.); b) Fase 4 (prima metà v secolo d.C.)
+'-·-···-·
a)
Fonte: Annibalerro, Cerato (2oa).
IV
secolo
6. L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.) FIGURA 6.2.0
Argo (Grecia), cd. House ofthe Falconer (seconda metà VI secolo d.C.): a) planimetria; b) ricostruzione
~-------....r
a)
Fonti: a) Bonini (~oo6); b) Baldini Lippolis (tooJ).
347
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA 6.2.1
Karanis (Fayyùm, Egitto), planimetria e sezione della Casa Cso/r (n-m secolo d.C.)
o
-
5m
Fonte: Ellis (20oo).
zioni residenziali e di ricevimento, come in parte già avviato in epoca precedente, in quello inferiore le attività produttive, l' immagazzinamento e gli alloggi secondari: un assetto che comporta uno sviluppo in altezza delle abitazioni e la predisposizione di percorsi che utilizzano scale. Già in questa fase finale dell'età tardoantica sembra quindi avviarsi l'elaborazione del modello di edilizia privata che si affermerà stabilmente nei secoli successivi, in relazione allo sviluppo del ceto artigianale e mercantile e alla nascita della città medievale (Baldini Lippolis, 2003; Polci, 2003; Ellis, 2007 ). A fronte dello sviluppo selettivo delle domus tardoantiche, molte aree dell'impero mostrano quindi sin dal III secolo d.C. una stasi dell'edilizia privata, determinata dalla crisi economica, che si traduce nella continuità di utilizzo delle strutture precedenti (ad esempio, le abitazioni sulle pendici a Efeso) e nel generale abbassamento della qualità edilizia. Poco conosciute sono invece le abitazioni più semplici, costituite da ambienti aggregati tra loro, per lo più intercomunicanti, privi di decorazioni pavimentali e parietali, talora disposti su uno o più lati di un'area scoperta, ma senza una logica gerarchica evidente. Una diversità che va ricondotta non solo a differenziati livelli economici, ma anche a diverse tradizioni architettoniche, connesse a peculiari caratteristiche climatiche, urbanistiche, tecniche e di materiali edilizi (Ellis, 2006).
6. L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.)
Un particolare interesse riveste l'edilizia privata del Fayyiim (Egitto), che copre un arco cronologico tra il I e il v secolo d.C., eccezionalmente conservata grazie alle condizioni climatiche e per non aver avuto una continuità di vita. A Karanis, dalla fase medioimperiale (11-111 secolo d.C.) sono note abitazioni a due o più piani, costruite in mattoni crudi con infissi in legno, serviti da un vano scale con pilastro centrale che occupa un angolo dell'edificio (FIG. 6.21). Grazie agli arredi conservati e alle fonti papiracee è stato possibile comprendere la destinazione degli spazi, in particolare la presenza al piano terra di una cantina (kellios ), al piano superiore di sale da pranzo (triklinoi o symposoi) e camere da letto (akkoubitoi); sono inoltre documentati atri (aithria) riferibili sia a sale da ricevimento sia a cortili (Ellis, 2000 ).
6.4 Le ville Benché finora non siano molto numerose le ville di epoca tardoantica indagate in Italia, peraltro distribuite in modo non omogeneo nel territorio (soprattutto attorno a Milano, in Italia meridionale e in Sicilia), i dati attestano in tutti i casi uno straordinario livello architettonico e decorativo (Sfameni, 2oo6; Castrorao Barba, 2013). Alcuni studiosi ritengono che la loro funzione principale fosse di luogo di raccolta dei diritti fiscali di grandi proprietà (Durliat, 1990 ); in realtà, fonti scritte e dati archeologici indicano che la ricchezza delle aristocrazie continuava a basarsi sulla vendita dei prodotti agricoli (Arce, 1997; Brogiolo, Chavarria Arnau, 2005), anche se il sistema agrario si era profondamente trasformato (Vera, 1998). Le frequenti ristrutturazioni in chiave residenziale di precedenti settori produttivi o, viceversa, in chiave produttiva di settori residenziali, come documentato nella villa di San Giusto, nel territorio di Lucera (Puglia) (Volpe, 2002; Turchiano, 2014), confermano infatti fenomeni di accentramento della proprietà rurale e di specializzazione delle funzioni, testimoniati anche dalle fonti scritte. Risulta, tuttavia, spesso problematica la distinzione tra ville con funzioni residenziali e direzionali e ville con funzioni produttive, da una parte per lo sviluppo dell'apparato residenziale, su cui i nuovi ceti dirigenti investono le loro ricchezze, lasciando al potere im-
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L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA 6.22. Desenzano, planimerria e spaccato assonometrico della villa (xv secolo d.C.)
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Fonte: Roffìa (t013).
periale l'evergetismo pubblico (Brogiolo, Chavarria Arnau, 2005), dall'altra per la tendenza ad allontanare le attività economiche. In alcuni casi indagini condotte in estensione hanno portato in luce un settore produttivo accanto al ben più esteso settore residenziale, come nella villa di Desenzano, sulla sponda meridionale del lago di Garda (Scagliarini Corlaita, 1997; Roffia, 2.013; FIG. 6.2.2.), oppure nella villa di Masseria Ciccotti, presso Oppido Lucano (Potenza) (Gualtieri, 2.001). Nelle grandi ville della Sicilia non è stata invece individuata una pars rustica, anche se non mancano indizi di attività produttive (torchi) nella villa di Patti Marina e quella di Eloro sul Tellaro, mentre presso il settore d'ingresso nella Villa del Casale a Piazza Armerina (FIG. 6.2.3) erano presenti due grandi magazzini per la raccolta delle derrate (Sfameni, 2.006; Pensabene, 2014; cfr. riquadro 6.3; FIG. 6.2.3). Il modello planimetrico prevalente sembra essere la villa a padiglioni, dove ciascun nucleo svolge una specifica funzione (di rappresen-
350
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FIGURA 6 .2 3
Fonu: Pensabene (w14).
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Casale di Piazza Armerina, planimcrria della villa (Iv secolo d .C.)
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
RIQUADRO
6.3
La Villa del Casale a Piazza Armerina Grazie alle indagini e agli interventi di restauro condotti negli ultimi decenni su strutture e apparati decorativi (tra cui gli straordinari mosaici figurati), la Villa del Casale a Piazza Armerina (FIG. 6.2.3) è oggi molto meglio conosciuta che in passato (Carandini, Ricci, De Vos, I982.; Pensabene, 2.010; Pensabene, Sfameni, 2.0I4). La villa sorge sui resti di una precedente residenza, la cd. Villa Rustica, frequentata nel 1-11 secolo d.C., abbandonata nel m e poi rioccupata verso la fine dello stesso secolo, quindi definitivamente abbandonata. Conobbe due principali fasi nel corso del IV secolo d.C. La prima costruzione del complesso, datata a età costantiniana (32.0-340 d.C.), venne incentrata sul grande peristilio circondato da ambienti decorati a mosaico, probabilmente già dominato dalla vasta aula basilicale e anticipato dal grande cortile d'ingresso e dal grandioso vestibolo rettangolare preceduto da un piccolo atrio a forcipe; la seconda, risalente alla seconda metà del IV secolo d.C., forse in occasione della visita dell'imperatore o di un suo delegato, vide la realizzazione del nucleo con la sala triconca e antistante ninfea, oltre che del portale d'ingresso a tre fornici con dipinti militari di alto rango (Pensabene, 2.0I4); in questa fase venne rifatto l'apparato decorativo parietale e applicati rinforzi alle absidi. La villa era inoltre dotata di due impianti termali: uno situato a sud, all'esterno della villa, collegato a un quadriportico-palema, verosimilmente a uso pubblico; uno situato appena oltre l'ingresso, accessibile anche dall'esterno, dotato di un frigidarium a pianta ottagonale poliabsidata. Sin dall'impianto originario la Villa del Casale risultava costituita da nuclei impostati su assi distinti, condizionati dalla morfologia, collegati da percorsi spezzati, con l'ingresso quasi ortogonale al nucleo principale di rappresentanza. Il ruolo insieme rappresentativo ed economico della villa emerge dalle caratteristiche proprio del settore d'ingresso, tuttora in corso di scavo: a ovest del!' articolata sequenza di cortili, il primo rettangolare, il secondo a pianta semiellittica, separati alla fine del IV secolo d.C. dal monumentale arco a tre fornici, si trovavano due grandi magazzini a tre navate separati da un piccolo cortile, destinati ad accogliere le derrate del latifondo. Il proprietario della villa rimane a oggi sconosciuto, ma probabilmente era un importante personaggio di rango senatori o, ma non imperiale, come suggerisce anche l'assenza di marmi colorati, di cui l'imperatore deteneva il controllo (ibid. ).
tanza, residenziale, termale, di servizio ecc.), con il corpo principale incentrato su una corte colonnata: un assetto che si pone in continuità con le ville medioimperiali. Nel contesto sociale tardoantico questa
352.
6. L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.)
soluzione architettonica assume tuttavia un più esplicito significato ideologico ispirato all'architettura palaziale a padiglioni di epoca neroniano-flavia e, soprattutto, adrianea, il cui archetipo era di matrice alessandrina (Romizzi, wo6). Tipica della tarda antichità è l'accentuazione dell'aspetto militare dei complessi, su influenza del Palazzo di Diocleziano a Spalato, fino ali' elaborazione di vere e proprie ville fortificate: dalle torri angolari, già presenti n eli' archi te t tura rurale greca e romana di epoca ellenisticatardorepubblicana, allo sviluppo verticale di alcuni corpi edilizi, fino ali' assetto compatto e verticale dell'intero edificio, con eliminazione della corte centrale e destinazione dei piani superiori alla residenza del dominus o al ricevimento, di quelli inferiori alle attività di servizio, stoccaggio e produzione (ibid.). Quest'ultima soluzione, che si riscontra nella coeva edilizia urbana e che si affermerà in epoca medievale, è stata riconosciuta in alcuni complessi dell'Italia meridionale, come a Quote San Francesco (Portigliola, Reggio Calabria) (Accardo, 2000) e a San Giovanni di Ruoti (Potenza) (FIG. 6.24); quest'ultimo edificio alla metà del v secolo d.C., oltre vedere rinnovato l'apparato musivo, viene dotato di una torre angolare, a controllo del territorio, di un vestibolo monumentale e, al primo piano, di una grande aula da ricevimento absidata (Small, Buck, 1994; Turchiano, 2014). In alcuni casi è documentata anche la realizzazione di vere e proprie cinte murarie turrite, come nei complessi di Montorio (Verona) e di Galeata (Forlì), datati verso la fine del v secolo d.C. (Roffia, 2013). La fortificazione che nella stessa epoca racchiude l'estremità della penisola di Sirmione, sul lago di Garda, inglobando due ville romane (le cd. Grotte di Catullo e la Villa di via Antiche Mura, già fortificata) è probabilmente da collegare a un vero e proprio stanziamento militare (Roffia, 2001; wos). Considerando la funzione, il significato e alcune soluzioni architettoniche assunte dalla villa tardoantica, si comprende il motivo per cui talora le fonti, come Palladio, autore nel IV secolo d.C. di un trattato di agricoltura, definiscono praetorium il corpo principale di questi edifici comprendente il settore di rappresentanza (L'agricoltura 1) (Vera, 1998). L'assetto generale delle ville mostra un adeguamento alle soluzioni urbane, con una predilezione per un percorso trasversale, con l' ingresso e il nucleo di rappresentanza disposti su assi ortogonali. Nonostante le conoscenze lacunose dei settori d'ingresso delle ville, tale soluzione sembra caratterizzare le ville di Desenzano (rispetto ali' accesso dal
353
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
FIGURA
6.2.4
San Giovanni di Ruoti (Potenza), ricostruzione della villa (Fase 3B: metà v secolo d.C.)
Fonu: Turchiano (2.014).
lago, situato a nord) {FIG. 6.2.2), di Masseria Ciccotti, probabilmente di Eloro sul Tellaro, oltre che nell'articolato complesso di Piazza Armerina {FIG. 6.23). Il nucleo principale di rappresentanza adotta poi il medesimo "percorso glorificante" delle residenze urbane, che inizia dal vestibolo, prosegue attraverso il peristilio e culmina nella sala da ricevimento; quando presente, il triclinio monumentale viene in genere collocato su un asse trasversale, ma non mancano soluzioni che invertono la posizione delle due principali sale d'apparato; a Piazza Armerina, invece, le due sale principali si aprono su due cortili distinti, quasi paralleli.
3S4
6. L'ETA TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.)
FIGURA
6.2.S
Palazzo Pignano (Cremona), planimetria del complesso (rv-v secolo d.C.)
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Fonu: Casirani (wts).
Anche in ambito rurale, come in città, il settore d'ingresso assumeva una grande rilevanza (Sfameni, loo6). Il passaggio al nucleo di rappresentanza è sempre costituito da un vestibolo riccamente decorato, talora anche articolato in più ambienti a pianta complessa: a Piazza Armerina una grandiosa sala rettangolare preceduta da un piccolo atrio a forcipe, a Desenzano una monumencale sala ottagonale, forse con un accentuato sviluppo verticale (Romizzi, l0o6). La corte principale colonnata presenta sempre un ricco apparato decorativo (portici con mosaici e pitture, fontane, bacini, ninfei) e in alcuni casi le aree scoperte vengono duplicate, come nella villa di Patti Marina (Sfameni, l0o6). Carattere eccezionale presenta la villa di Palazzo Pignano (Cremona) (FIG. 6.ls), il cui nucleo principale si incenera su un peristilio a pianta ottagonale con viridarium, circondato da un portico rivestito con lastre in pietra di Verona; a sud si apriva il vestibolo d'ingresso, lastricato con la medesima pietra, mentre sugli altri lati (ne sono stati indagati quattro) si aprivano ambienti mosaicati a pianta curvilinea; a sud-est e a est del corpo principale erano presenti altri nuclei, con ambienti di ricevimento rettangolari e absidati, che probabilmente gravitavano su altre corti (Massari et al., I98s; Casirani, lors). Anche nelle ville, come nelle domus, gli ambienti da ricevimento si distinguono, oltre che per la posizione, per le dimensioni e l'adozione di peculiari caratteristiche architettoniche e decorative (cfr. riquadro 6.4). La tipologia più diffusa è anche in ambito rurale la sala absidata,
3SS
L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
RIQUADRO
6.4
La coenatio della villa di Faragola Una delle sale da ricevimento più originali, datata alla seconda metà del v secolo d.C., è quella emersa nella villa di Faragola (Ascoli Satriano/Asculum, Foggia), uno dei primi complessi dell'Italia meridionale di cui sia in corso l'indagine sul settore di prestigio (oltre alla sala, è stato portato in luce il lussuoso impianto termale) (Turchiano, Volpe, 2009 ). Si tratta di una sala tricliniare a pianta rettangolare (16,82 x 9,63 m) che si raggiungeva attraverso un portico/corridoio e a cui si accedeva attraverso un arco chiuso da una porta a due battenti; era circondata su tre lati da un corridoio di servizio, al quale era collegata mediante due ingressi laterali. La sala era articolata in due settori, posti a quote differenti: la fascia di fondo, a quota più alta, che accoglieva uno stibadium in muratura inquadrante una fontana anch'essa semicircolare, dove veniva posta la mensa marmorea, e la più estesa zona antistante, che a sua volta prevedeva un'area centrale rettangolare ribassata di 25 cm, interpretata come una bassa vasca. Il pavimento era in lastre marmoree di riutilizzo, con l'inserimento di alcuni riquadri in opus sectile vitreo e marmo reo, posti ai lati dello stibadium e sull'asse della vasca (FIG. 6.27 ). La coenatio di Faragola costituisce un raffinato progetto edilizio, teso alla ricerca di effetti scenografìci basati sull'integrazione tra struttura architettonica, giochi d'acqua e una decorazione ricca di cromatismo.
utilizzata per le udienze e per il banchetto, aperta sul peristilio principale, spesso connotata da un'entrata monumentalizzata con colonne e archi, dalla sopraelevazione del pavimento, dalla presenza di nicchie e piedistalli per statue, da giochi d'acqua o da sistemi di riscaldamento (talora limitati al settore absidato) (Sfameni, 2006; Gallocchio, 2014; FIG. 6.26). È stato osservato come eccezionalmente alcune aule adottino moduli (100 piedi, pari a ca. 30 m) e proporzioni adeguate a basiliche civili, evocando quelle basilicae private che Vitruvio (L architettura VI, s. 2) suggeriva di realizzare nelle domus dei notabili che ricoprivano incarichi pubblici: dati che attesterebbero la persistenza nei secoli dei medesimi modelli. Uno degli esempi più monumentali è la cd. Basilica della villa di Piazza Armerina, che il recente intervento di restauro e valorizzazione ha consentito di studiare a livello approfondito (Gallocchio, 2014), riconoscendo l'applicazione delle proporzioni prescritte da Vitruvio per le basiliche civili (L architettura v, 1, 4-7) e precisi accorgimenti strutturali (contrafforti) funziona-
6. FIGURA
L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.)
6.2.6
Tavola comparativa delle aule absidate di alcune ville tardo amiche: a) Cercadilla; b) Séviac; c) Mediana; rl) Loffelbach; e) Tettingen;./) Veranes; g) Almenara de Adaja; h) Montana; i) Patti Marina;[) Fueme Alamo; m) Torrecilla; n) Tellaro oL ___ ......_____J!IO
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li a realizzare ampie finestre per garantire la massima illuminazione, oltre alla presenza di una piccola vasca con fontana a pavimento sul fondo dell'abside per offrire refrigerio (FIG. 6.23). Da notare che nel corso del v secolo anche la villa fortificata di San Giovanni di Ruoti (FIG. 6.24) venne dotata di due sale absidate, entrambe collocate in una posizione diversa dalla più tradizionale soluzione sopra citata: la prima venne realizzata sul perimetro meridionale, come la grande aula absidata della villa di Masseria Ciccotti, che suggerisce un percorso differenziato e forse anche un accesso autonomo dall'esterno; la seconda venne realizzata nel nuovo corpo principale, ma al piano superiore, raggiungibile da nord attraverso una rampa di scale aperta
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L'EDILIZIA ABITATIVA NEL MONDO CLASSICO
su un portico (Small, Buck, 1994). Grande diffusione nelle ville presenta anche la sala trilobata (trichora): a Desenzano costituiva la sala principale della villa, al termine del "percorso glorificante", mentre a Piazza Armerina costituiva il triclinio d'apparato, aperto su un peristilio secondario a pianta ellittica, decorato con un ninfeo sul lato opposto. I medesimi tipi di ambienti si riscontrano anche nelle ville di Masseria Ciccotti e di Patti Marina. Anche semplici esedre curvilinee aperte sul peristilio, come nel complesso di Palazzo Pignano, potrebbero aver accolto ulteriori stibadia. In epoca tardoantica tutte le ville vedono ampliati o completamente ricostruiti gli impianti termali, arricchiti di sale absidate e a pianta centrale (circolari, poligonali, polilobate): emblematica l'evoluzione documentata nella villa di Desenzano, che riceve un nuovo complesso termale nella zona più settentrionale, mentre sugli ambienti riscaldati della fase imperiale viene ampliata la pars urbana (Studi Desenzano, 1994; Scagliarini Corlaita, 1997 ). Gli impianti termali occupano sempre un settore perimetrale, spesso aggettante, e risultano dotati di un accesso autonomo, probabilmente per una fruizione anche pubblica, archeologicamente documentata a Piazza Armerina, dove è stata accertata la presenza anche di un impianto termale secondario esterno alla villa (Pensabene, 2014). L'utilizzo degli ambienti termali non era prerogativa solo del dominus e dei suoi ospiti, ma anche del personale di servizio; a questi erano probabilmente destinati gli ambienti termali nella pars rustica anche nella villa di Porto Saturo, in Puglia (Sfameni, 2oo6). Una soluzione finora senza confronti è la grande sala riscaldata con piscina ( 19 x 9 m), a lati corti absidati, della villa di Masseria Ciccotti, realizzata ancora nel m secolo d.C. in posizione isolata presso il castellum aquae dell'acquedotto privato (Gualtieri, 2001). Su modello imperiale, a partire dal IV secolo presso le ville vengono realizzati edifici funerari allo scopo di celebrare la rilevanza sociale ed economica dei proprietari, talora interpretati come chiese, soprattutto quando caratterizzati da una pianta a una (Trino, Vercelli) o più absidi (Desana, Vercelli). È possibile che fosse un mausoleo anche l'edificio a pianta circolare (diam. 17m), pavimentato in marmo e mosaici, costruito nel v secolo nelle vicinanze di Palazzo Pignano, su cui insiste oggi la Chiesa di San Martino, in considerazione della planimetria, che richiama i mausolei di Roma, e dell'assenza di sepolture successive (Brogiolo, Chavarda Arnau, 2014); tale interpretazione viene da
6. L'ETÀ TARDOANTICA (IV-VI SECOLO D.C.)
FIGURA 6.27
Faragola (Ascoli Satriano) (seconda metà v secolo d.C.): a) planimetria della villa tardoantica; b) ipotesi ricostruttiva virtuale della coenatio
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