L'affascinante viaggio nel mondo della pubblicità. Da Carosello agli spot, per arrivare alla pubblicità virale della rete. Aspetti storici, pedagogici, sociali 9788869925788


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L'affascinante viaggio nel mondo della pubblicità. Da Carosello agli spot, per arrivare alla pubblicità virale della rete. Aspetti storici, pedagogici, sociali
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COMUNICAZIONE E M@SS-MEDIA

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a cura di Gianpiero Gamaleri

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Un particolare ringraziamento ad Augusto e Silvana

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Davide C.M. Ortisi

L’AFFASCINANTE VIAGGIO NEL MONDO DELLA PUBBLICITÀ Da Carosello agli spot, per arrivare alla pubblicità virale della rete. Aspetti storici, pedagogici, sociali e neurolinguistici

ARMANDO EDITORE

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ISBN: 978-88-6992-578-8 Tutti i diritti riservati – All rights reserved Copyright © 2019 Armando Armando s.r.l. Via Leon Pancaldo 26, Roma. www.armandoeditore.it [email protected] – 06/5894525

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Sommario

Aforismi di Filosofia in Pillole su linguaggi e comunicazione 7 Prefazione

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Francesco Alberoni

Prologo

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Cosa è la pubblicità?

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La nascita di Carosello

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Da Carosello ad oggi cosa è cambiato?

20

Come si crea uno spot?

24

Un esempio di spot efficace ed efficiente

25

Calimero il pulcino nero

26

Devo dipingere una parete grande, ci vuole un pennello grande

27

Ciao, quando finiva la benzina, c’era il piacere di pedalare

28

Il dado è tratto

29

Ehi… papà guarda un pollo!!!

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Dal dado alla carne in scatola

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Dopo il dado e le scatole occorre indurre il bisogno di andare in bagno

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Gli irresistibili Ringo della Pavesi

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L’incredibile voglia di sigillare tutto

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Egoiste, parfum, décollété, deshabillé e l’uso sporadico 37 dei francesismi per vendere profumi Mobili liquidi per una società sempre più liquida: come è cambiata la famiglia nel corso degli anni?

38

40 La famiglia del Mulino Bianco, la più grande invenzione del mondo pubblicitario, firmata Alberoni

“C’era una volta la famiglia del Mulino Bianco, oggigiorno la famiglia è più simile al modello dei Cesaroni. A voi la parola!”

42

Differenze tra la TV di ieri con quella di oggi

56

Nonluoghi, centri commerciali e depliant pubblicitari 58 I primi quarant’anni di Pubblicità Progresso

60

Pubblicità in rete: pubblicità virale e spam

62

Obsolescenza programmata

66

Imprenditori di successo protagonisti degli spot

68

Loghi, comunicazione e linguaggi in politica

72

Bibliografia

78

Recenti pubblicazioni

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Aforismi di Filosofia in Pillole su linguaggi e comunicazione

“Communica ergo sum”, comunicare significa esistere. La tendenza di cercare a tutti i costi l’originalità ci rende scontati. La semplicità ostentata è più criminale del naturale narcisismo. La comunicazione non deve seguire la realtà ma è la realtà che deve andare in contro alla comunicazione. L’arte denuncia le brutture che abbiamo intorno ed elogia le bellezze che ci circondano. La comunicazione rovescia il detto: “fatti e non parole” in: “comunicazione ed eventualmente fatti”. Un tempo l’uomo era ciò che mangiava, oggi l’uomo è ciò che guarda e compra. La fotografia usa la grammatica della luce, il linguaggio usa la grammatica della logica, la pittura usa la grammatica dei colori, la musica usa la grammatica dei suoni. La pubblicità non ci influenza ma ci persuade, il messaggio non è forte ma è l’individuo ad essere sdilinquito. 7

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Informare è tutte le volte che butti l’aria in un palloncino al fine di raggiungere la giusta formazione; una commistione di informazioni creano una formazione. La comunicazione è lo strumento postmoderno del dominio sociale. I media non dicono cosa fare o non fare ma delineano gli ambiti su cui pensare. La buona immagine è un bel biglietto da visita; una brutta immagine è cartastraccia. Documento acquistato da () il 2023/04/23.

La rete ha osteggiato il tetragono potere televisivo ma ha dato vigore alla radio. La televisione è una scatola dal contenuto scatologico dove l’auditel viene misurato con la scala di Bristol1.

1 Ortisi

D. (2013), Filosofia in Pillole, Roma, Armando.

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Prefazione

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Francesco Alberoni*1

Ho letto il libro di Davide C.M. Ortisi, L’affascinante viaggio nel mondo della pubblicità, devo dire onestamente che ad essere affascinante è il proprio il libro di Ortisi, un percorso ad un tempo completo e approfondito sul mondo della pubblicità fatto con occhio amico, un occhio che ama e che sa scoprire dovunque il bello, il piacevole di questo universo di sogni e di speranza. Ortisi non parla solo al tecnico, ma racconta all’uomo comune, allo spettatore che nelle sue pagine e nelle sue bellissime immagini ritrova ora commosso, ora stupito, ora divertito, questo mondo parallelo di cui ha partecipato nel corso della sua vita, e che gliel’ha resa più ricca, fantastica e desiderabile.

* Sociologo,

giornalista e scrittore.

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Prologo

Dopo il successo di Filosofia in Pillole, libro che è stato adottato da diversi atenei come la Cattolica del Sacro Cuore, che ha avuto diversi riconoscimenti, infatti è stato premiato con il premio Bellini G.A.R. al teatro Bellini di Catania, oltre varie presentazioni in scuole, teatri e atenei, al Volalibro di Noto, al Metropolitan Bookfestival di Reggio Calabria, la presentazione alla sala stampa di Palazzo Montecitorio, per i 100 anni di Pietro Germi ad Ispica, al Festival del Cinema di frontiere di Marzamemi, ovvero una raccolta di aforismi, sentenze, riflessioni, dove nella copertina ci sono io in veste di uomo vitruviano di Leonardo da Vinci dove sto dentro un cerchio, figura geometrica e democratica, dove tutti gli argomenti del testo hanno origine della vita, sono equidistanti l’uno dall’altro per evolversi con ciò che esploriamo, assaporiamo, arricchendo il nostro cammino con: la bellezza, uomini, donne, amore, arte, comunicazione, linguaggi, riflessioni, potere, economia, argomenti, che si ricollegano in modo equidistante, per chiudere il cerchio con la fede e religiosità sulle domande esistenziali della nostra vita e sulla nostra esistenza. A distanza di sei anni, decido di pubblicare L’Affascinate Viaggio nel Mondo della Pubblicità, dove nella copertina ci sono io sorridente, che viaggio per il mondo dentro una mongolfiera, non è un mondo qualsiasi ma il mondo della 10

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pubblicità, dove il cielo sarà sempre azzurro, anzi più azzurro di quello del Mulino Bianco. Un’immagine ironica, sarcastica e divertente. Sarà un viaggio che rievocherà Giulio Verne Nel giro del Mondo in 80 Giorni. Ogni lettore del libro sarà mio ospite in questo viaggio, si potrà tranquillamente accomodare a fare questo avventuroso itinerario con me dove io farò da Cicerone. È un viaggio nella storia, nella cultura e nel linguaggio, sorvoleremo grattacieli, centri commerciali, supermercati e ci soffermeremo sulle reti televisive e radiofoniche, fabbriche di mobili e di biscotti. Fin da piccolo, come tanti altri bambini, sono stato attratto dalla pubblicità, dai suoi colori, dalle canzoncine, dai personaggi, osservando le locandine dei giornali, ammirando con stupore i grandi cartelloni stradali, ma soprattutto rimanevo incantato dalla pubblicità televisiva, una scatola magica che emanava colori, musiche, sensazioni e emozioni a tal punto da affascinarmi, ricordi a distanza di anni sono ancora oggi vivi, non solo per me ma anche per la mia generazione. L’Affascinante Viaggio nel Mondo della Pubblicità, nasce dalla realizzazione e approfondimento tecnico di studi sociali, effettuati sul marketing nella facoltà di economia aziendale, presso l’università Liuc di Castellanza, studi condotti insieme alla Prof.ssa Carolina Guerrini, dove si analizzavano i primi approcci del marketing come: analisi di marketing dei singoli casi aziendali, le prime regole del marketing tipo: la segmentazione della domanda, il posizionamento del prodotto, il portafoglio clienti e la matrice Boston Consulting Group (BCG) e incontri con i vari amministratori delegati e direttori marketing delle più grosse aziende italiane, come: Lavazza, Barilla, Bassetti, Nescafé, Giovanni Rana che 11

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svelavano aneddoti aziendali sulla crescita delle aziende grazie alla pubblicità e ai mezzi televisivi. La pubblicità è come un piccolo film con un regista e uno sceneggiatore. Successivamente ho catalogato questi elaborati, dove li ho riutilizzati per la tesi di laurea in scienze della comunicazione dell’università di Messina (Cumo di Noto), tesi presentata per la sessione autunnale, nell’ottobre 2013 con il relatore, prof. Luigi Rossi. Devo dire che la tesi fu un po’ snobbata dalla commissione di laurea, in quanto Tv e pubblicità erano visti argomenti alla portata di tutti e lontani da studi padagogici – cognitivi. Il libro vuole evidenziare gli aspetti sociali con l’affrontare certe problematiche tipo in “Pubblicità Progresso”, la produzione di neologismi per stupire il consumatore tipo: Peperlizia, Piumone e Fabuloso, l’aspetto onirico di alcuni spot come nel Mulino Bianco, la visione di libertà della donna attraverso gli spot di elettrodomestici casalinghi o automobili Y10, il progresso e lo sviluppo delle automobili e dei telefonini sempre più all’avanguardia, le mode attraverso il fashion e le tendenze del momento su abiti e profumi. Questo libro si potrà leggere tranquillamente, in quanto non contiene pillole filosofiche come il precedente. Consiglio vivamente di far divulgare il testo, nelle scuole nelle università soprattutto nelle facoltà di economia aziendale, scienze della comunicazione, scienze della moda, agli imprenditori, economisti, ai manager d’azienda, ai colleghi pedagogisti, esperti in comunicazione e tendenze, politici, giornalisti e a tutti i miei amici.

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Cosa è la pubblicità?

La pubblicità riproduce la realtà o meglio crea dei modelli del reale che a sua volta si riflettono nei modelli pubblicitari tendendo ad assimilarli ad essere come viene presentata dal modello, a volte ci può far discutere altre volte la canticchiamo e ci diverte, oppure la odiamo facendo di tutto per dimenticarla magari dando un calcio alla tv. Può essere bella o addirittura orribile, che rispecchia la realtà stupefacentemente surreale, melassosa, buonista e sessista; fa uso spesso di stereotipi forestierismi, stilemi, anglismi, francesismi neologismi eccedendo con i superlativi, dribblando e surfando con le parole: CroccoCiocco, Nocciolato, Peperlizia, Fabuloso, Teneroso, Morbidoso, Piumone, Fruttella, unione tra frutta e caramella, una sorta di crasi dove si ricorre all’omoteleuto. La pubblicità, non è altro che una sorta di tunnel di specchi dove perdiamo il senso dell’esistenza non capendo più se è lo specchio che riflette quello che noi siamo o quello che noi vorremmo essere oppure soltanto uno specchio che si limita soltanto a proporre un suggerimento su cui noi vorremmo rifletterci. La pubblicità ci dà un’immagine distorta della realtà e altre volte riproduce fedelmente ci che vorremmo essere e ci piace essere, rappresentandoci su dei modelli del quale probabilmente siamo distanti, un luogo dove vengono mostrati esseri 13

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umani come noi e noi vogliamo essere come loro ed anche se non vogliamo essere come loro; noi siamo contaminati ed irretiti da ciò che i pubblicitari ci mostrano, sentendoci spesso fagocitati anche se molte volte non ce ne accorgiamo andando oltre i sapori e gli odori. La pubblicità può essere considerata il tessuto connettivo dei nostri ricordi insistendo dolcemente sulla nostra vita quotidiana, deve essere adeguata cronologicamente adattata al tempo in cui viviamo, una pubblicità datata non è più efficace è come una pistola scarica che va messa in un museo1.

1 Nicoletti G. (1994), Ectoplasmi. Esistere nell’aldilà catodico: Il potere mediatico della televisione, Bologna, Baskerville.

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La nascita di Carosello

Vi è stato un percorso evolutivo che ha sviluppato una sua poetica, puntando sia sulla nostalgia nel proporre modelli e sia sulla memoria. La radice di tutte le pubblicità, la madre di tutti gli immaginari è Carosello. Carosello, nasce nel 1957 per concludersi con l’ultima serie nel 1977, durava dieci minuti andando in onda dalle 20.50 fino alle 21.00 tranne i venerdì santo e per venti anni andò sempre in onda ad eccezione di due giorni, il primo del 22 novembre 1963 giorno in cui fu assassinato a Dallas il presidente degli stati uniti John Fitzgerald Kennedy e l’altro il 12 dicembre 1969 giorno in cui vi fu la strage di piazza Fontana in pieno centro a Milano all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura1. Nel complesso è stato imperturbabile, intoccabile ed indelebile doveva essere una cifra costante nell’immaginario degli italiani che crescevano; crescevano nel desiderio, crescevano nella volontà di acquistare, crescevano in modelli che la televisione lentamente in maniera subliminale proponeva inizialmente in maniera inconsapevole, in realtà non si immaginava che la televisione potesse suggerire stili di vita2.

1 2

Melog di Gianluca Nicoletti – Radio244. Giusti M. (1995), Il grande libro di Carosello, Milano, Sperling & Kupfer.

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La televisione era un oggetto misterioso che era entrato nel salottino come fosse un mobile qualsiasi dove a fine serata la si copriva con una tela cerata o con una tendina fatta ad uncinetto a fine serata si staccava la spina elettrica della calda scatolina del trasformatore per poi chiudere a chiave la porta del salottino per non far entrare i bambini che erano attratti da questa scatola magica3. Carosello ha rappresento veramente il tessuto connettivo dell’immaginario degli italiani, un vero e proprio viatico dei sogni per i bambini che dovevano andare a letto, aveva una cifra artistica notevole, grandi registi, demiurghi ed autori televisivi hanno iniziato la loro carriera con Carosello come Luciano Emmer, Pasolini, Gillo Pontecorvo, Luciano Salce, Furio Scarpelli, Luigi Magni, Ermanno Olmi, Sergio Leone; grandi attori teatrali dell’avanspettacolo come Totò, Macario, Vittorio Gassman, Gilberto Govi, Dario Fo, Mina, Eduardo e Peppino De Filippo4. Il fior fiore dell’intellighenzia creativa italiana ha prodotto scenette e sceneggiati commerciali al contrario di oggi, dove 3 Melog

di Gianluca Nicoletti – Radio244. B., Broccoli U., Ferretti C. (1997), Mamma Rai. Storia e storie del servizio pubblico radiotelevisivo, Segrate (Mi), Mondadori Education. 4 Scaramucci

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di norma lavorano registi di secondo ordine tranne in qualche raro caso le guest star del momento5.

I bambini che guardavano Carosello sono gli adulti di oggi ergo, il think tank italiano, la classe dirigente e politica attuale, la classe creativa italiana che va dai 55 ai 70 anni, generazioni che hanno mangiato pane e Carosello. Considerato come uno specchio di quell’epoca nasce subito dopo la televisione monocanale senza altri canali concorrenti con una struttura pedagogica e didattica, fu un vero e proprio big bang che diede inizio ad una rivoluzione culturale che serviva a sprovincializzare un paese come l’Italia che nel passato decennio era stato vittima della guerra, utilizzando elettrodomestici sempre più innovativi, l’immagine della donna che lavora e la possibilità per le donne di uscire di casa per fare la spesa, direzionando una popolazione da una dimensione bucolica-agreste verso una dimensione industrializzata a guardare un mondo più cosmopolita pubblicizzando prodotti innovativi d’avanguardia come il moplen che ha rivoluzionato la società dell’epoca dove di usavano soltanto oggetti metallici terracotta legno e gomme6. 5 Testa A.

(2007), La pubblicità, Bologna, il Mulino. Canova G. (2004), Dreams, i sogni degli italiani in 50 anni di pubblicità televisiva, Bruno Mondadori. 6

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Il fenomeno mediatico di Carosello e successivamente della pubblicità in versione spot è stato così forte che ha cancellato e cannibalizzato il talento degli attori, cantanti e dei musicisti che spesso interpretavano dei jingle una sorta di breve leitmotiv con un accompagnamento musicale, recitando slogan oppure canzoncine e filastrocche, tutte in rima, oggigiorno questo tipo di formula è meno usata rispetto al passato7.

I personaggi di Carosello erano talmente noti che fagocitavano gli stessi prodotti pubblicizzati, un esempio è quello di Franco Cerri ricordato più come l’uomo in ammollo che come musicista jazzista oppure nel caso di Mina che con lo spot Barilla ha venduto più dischi che spaghetti, recentemente il signor che bussava alla vicina di casa dicendo: “Buonaseraaa!” ma non ricordiamo più che prodotto pubblicizzava. 7 Codeluppi

V. (2013), Storia della pubblicità italiana, Roma, Carocci.

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Le regole di Carosello: Lo spot durava circa due minuti e trenta secondi i primi due minuti non potevano avere nessuna affinità attinenza citazione con il prodotto e negli ultimi trenta secondi con altrettante regole il prodotto veniva nominato citato e visualizzato più volte agli occhi dei telespettatori, due minuti di racconto e mezzo minuto di codino pubblicitario e le due cose non potevano essere sovrapposte; oggi i pubblicitari ed inserzionisti rifiuterebbero delle regole cosi rigide dove si narravano delle storie che nella maggior parte dei casi non avevano nulla a che fare con il prodotto pubblicizzato, regole imposte da un sistema monocanale o si fa cosi o non si fa la pubblicità8. “Carosello” si presenta come ultima analisi come una vera e propria anomalia della pubblicità: mai nella storia della televisione italiana si conteranno picchi d’ascolti così alti, e la cosa curiosa è che furono concentrati in quei dieci minuti, di sola pubblicità, come afferma Umberto Eco: «In ultima analisi (Carosello) ha prodotto una di quelle situazioni abbastanza rare nella storia della società dei consumi per cui il pubblico, anziché subire, desidera e richiede pubblicità».

8

Bassat L., Livraghi G. (2005), Il nuovo libro della pubblicità, Roma, Il Sole24Ore.

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Da Carosello ad oggi cosa è cambiato?

Si è passati dai due minuti e trenta secondi ai soli trenta o quindici secondi e non si vede più il packaging del prodotto, non si descrivono più le caratteristiche ma ci si limita a raccontare delle storie che il più delle volte non centrano nulla col bene pubblicizzato1. Con l’avvento degli altri canali che propinavano un messaggio pubblicitario più snello, veloce e semplice è stato difficile gestire questo modello antesignano pubblicitario, soprattutto costoso due minuti e trenta di spettacolino contro i 30 secondi degli altri canali, il nuovo modo di fare pubblicità da spazio anche alle aziende più piccole2. Spesse volte gli autori pubblicitari per vendere il maggior quantitativo di prodotti o per raggiungere elevati picchi di auditel ricorrono a slogan che lambiscono a salaci allusioni e metafore sessuali del tipo: Voglio la caramella che mi piace tanto e che fa du du du du; Lunga resistente e morbida; Il posto più morbido dove mettere il naso; beato chi se lo fa il sofà; più lo mandi giù e più ti tira su; non ci vuole un pennello grande ma un grande pennello.

1 Marinelli M. (2005), Cogito ergo Brand. Da Eraclito a Popper: breve storia filosofica del branding, Milano, Etas. 2 Caro A. (2013), Comprendere la pubblicità, Milano, FrancoAngeli.

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Prodotti di successo dove la pubblicità entra ed influenza nel vissuto, nella quotidianità dei consumatori come la Coca Cola, Nutella, Levi’s, Swatch, Barbie, Mcdonald prodotti delle marche sovranazionali in tutto il globo non adeguano la loro pubblicità in base ai fattori culturali di ogni nazione perché hanno un loro trend di comunicazione, l’impatto di immagine è forte che la comunicazione pubblicitaria della marca non viene cambiata, posizionamenti e strategie sono uguali in tutto il mondo3. Il consumatore che viaggia trova in qualsiasi paese del mondo lo stesso prodotto con le stesse caratteristiche con la stessa comunicazione stessi stilemi (caratteristica stilistica della comunicazione pubblicitaria) influenzano di più perché sono totalizzanti4. Altre marche di natura non sovranazionale devono adeguare alla cultura locale, al linguaggio culture religioni e leggio di ogni singolo paese. La comunicazione fa leva su elementi emotivi e culturali un esempio il caffè tipo americano citando una marca Nescafé nota marca in tutto il mondo ha difficoltà a penetrare in Italia, paese che ha una profonda tradizione sulla moka o espresso da bar facendo leva su un target limitato (giovanissimi o consumatori avanti con gli anni, reticenti al gusto forte del caffè). Altro esempio è l’Ikea che negli Usa ha ingigantito i propri prodotti (contenitori, piatti, bottiglie, sedie, letti) rispetto allo standard europeo, sempre l’Ikea, negli Emirati Arabi ha dovuto eliminare con photoshop l’immagine della donna nei vari spot e nelle foto del catalogo, prassi comunemente usata in molti paesi arabi. Sempre in Arabia è vietata la pubblicità di chiaroveggenti e cartomanti in antitesi con la religione islamica, in Malesia è 3

Saffirio S. (2010), Gli anni ruggenti della pubblicità, Torino, Instar libri. V. (2007), Consumo e comunicazione, Milano, FrancoAngeli.

4 Codeluppi

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vietata la pubblicità di carne di maiale, sigarette, alcol, donne vestite in modo indecoroso ed il limite enorme è che tutti gli spot devono essere girati in Malesia non potendo uscire dai confini per mostrare altri paesaggi. In Germania è vietato usare nei testi pubblicitari i superlativi tipo: bellissimo, grandissimo, purissima implicando uno sforzo creativo mentre in India paese buddista dove la mucca è sacra nonostante le varie vicissitudini e battaglie legali, Mcdonald ha inaugurato da qualche anno i propri ristoranti. Pubblicità non significa solo messaggi televisivi in tv, un esempio è la Ferrari che fa pubblicità con le gare ovvero il più grande spot del mondo live in mondovisione usa un metodo pubblicitario che non è quello di andare in televisione con uno spot di trenta secondi in appositi spazi pubblicitari ha uno spazio dedicato in un due ore di gara, oltre ai negozi Ferrari, alle pubblicazioni, libri, spazi nei Tg quindi la pubblicità non è solo lo spot in Tv ma è molto di più. Oggi troviamo pubblicità in delle forme di comunicazione che per definizione dovrebbero essere estranee alla pubblicità, come la comunicazione politica ed istituzionale, c’è un contagio che fa sì che nel discorso comizio, nel discorso rivolto alla platea degli elettori si innescano dei modelli che sono tipici della persuasione e della seduzione. Per funzionare un prodotto pubblicitario il testo deve essere breve efficace ed efficiente deve mirare e raggiungere ad un pubblico eterogeneo, la produzione di un buon testo pubblicitario richiede una serie di intelligenze, lo spot deve lasciare al consumatore un senso di gradevole appagamento magari suscitando un sorriso e non un senso di nausea e fastidio, la pubblicità è una forma d’arte, ovvero dal greco téchne un insieme di tecniche volte alla comunicazione, in senso più esteso ha un significato artistico. 22

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Pubblicità transterritoriali hanno necessità di superare lingue, confini, modi e culture come la Coca Cola, nota bevanda famosa nel saper comunicare il proprio brand in modo capillare in tutto il mondo ma che ha avuto grossi problemi col mercato cinese, in quanto la parola Coca Cola è stata tradotta con gli stessi ideogrammi per poter aver la stessa fonetica Keke kenla, che si avvicina alla parola Coca Cola soltanto che la traduzione non è stata verificata dopo aver speso miliardi di Euro in campagne pubblicitarie ed aver prodotto e distribuito milioni di lattine in Cina la traduzione era: Mordi il girino di cera, oppure Il cavallo femmina riempita di cera, significato che varia dai cantoni cinesi di riferimento, alla fine hanno tradotto con un ideogramma che suona Cocoucole che significa felicità in bocca o bevi e sei felice5. Assistiamo ad una differenziazione di modelli: da una parte il messaggio logoro e scontato, ovvero catturare un pubblico poco attento che vuole essere rassicurato mirata ad un target prevalentemente di anziani, come ad esempio prodotti medicinali, ovvero il messaggio chiave è: «ti do qualcosa che tu conosci perché la novità potrebbe spaventarti».

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Riposo del Guerriero di Stefano Gallarini – Radio 24.

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Come si crea uno spot?

Tradizionalmente gli spot nascono con due figure professionali: il copy writer e l’art director. Una sorta di coppia creativa che ha concepito migliaia di caroselli e successivamente gli spot. Il copy writer che si occupa prevalentemente del briefing, testo, parole, copione, inventare scenette. La componente più creativa e l’art director che si occupa della parte visiva, fotografia, effetti, filtri, suoni, colonne sonore1. Tuttora le agenzie pubblicitarie sono strutturate in questo modo.

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Riposo del Guerriero di Stefano Gallarini – Radio 24.

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Un esempio di spot efficace ed efficiente

Il Cannolo Siciliano rappresenta l’amore tra un Uomo e una Donna, la cialda che rappresenta la virilità, la durezza, avvolge in un abbraccio di protezione la ricotta ,che rappresenta, con il suo candore, la morbidezza, la dolcezza e la delicatezza della Femminilità. Davide C.M. Ortisi, Filosofia in Pillole1

Nel caso di uno spot su un giornale, rivista on line, manifesto, vela pubblicitaria di un prodotto tipico come il cannolo siciliano per una pasticceria o azienda dolciaria, l’immagine deve essere descrittiva, creare desideri e suscitare l’acqualina in bocca, il tutto coadiuvata da un testo che evidenzia le sinestesie del prodotto, mettendo in gioco: il gusto del palato, gli odori di genuinità e freschezza, la vista e l’aspetto coreografico e gli abbracci affettuosi del tatto. 1 Ortisi

D. (2013), Filosofia in Pillole, Roma, Armando.

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Calimero il pulcino nero

Calimero non è stato soltanto il personaggio del detersivo Ava ma il simbolo di tutto Carosello. L’immarcescibile Calimero, un pulcino rimasto pulcino a più di cinquanta anni, simbolo preso da una banca giapponese che per decenni ha incarnato le minoranze ad immagine e somiglianza dei diversi, sfruttati, emarginati e sfigati con riferimento ai brutti anatroccoli trattato da Disney molti anni prima1.

1 Melog

di Gianluca Nicoletti – Radio24.

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Devo dipingere una parete grande, ci vuole un pennello grande

1980 Pennello Cinghiale: Pubblicità cult, una simpatica gag tra un vigile immerso a dirigere il traffico ed un estenuato imbianchino in bicicletta con in spalla un grande pennello, intento a sgattaiolare il traffico interpretato dall’attore Enzo Toma che ha collaborato in film come spalla di Celentano e Pozzetto; immarcescibile la frase: «non ci vuole un pennello grande ma un grande pennello», che innesca un vero gioco di parole o usando un termine tecnico chiasmo ossia X in greco, figura retorica in cui si crea un immaginario incrocio di parole tipo ABBA, Pennello Grande e Grande Pennello infatti incrociando le due parole viene fuori una X, una sorta di messaggio visivo che l’occhio coglie senza rendersene conto. Grande è un aggettivo che cambia di significato, dipende se è posto prima o dopo il sostantivo: pennello grande si riferisce all’estensione, grande pennello significa di ottima qualità e prodotto di buona fattura1. 1

Riposo del Guerriero di Stefano Gallarini – Radio 24.

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Ciao, quando finiva la benzina, c’era il piacere di pedalare

Piaggio Ciao ha rappresentato una vera e propria rivoluzione dei mezzi di trasporto, presentato nel maggio ’68 è stato concepito come un elettrodomestico a due ruote e costava soltanto cinquantacinquemila lire, con un serbatoio di tre litri con miscela al due percento ed era un vero simbolo di libertà. Si poteva utilizzare senza casco e si poteva utilizzare come bici.

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Il dado è tratto

1961, Dado Lombardi: chi di voi ricorda l’inflessibile vigile del dado Lombardi? Il Jingle era: «Non è vero che tutto fa brodo!»… Oggetto della felicità condensata. Il brodo era un dado marroncino dall’aspetto molto inquietante che riassumeva in sé tutte le delizie del pollo della gallina, bargigli, pezzi di lardo, ossobuco tutte le delizie erano concentrate in questo cubetto che rievocava sapori reconditi del passato: l’infanzia, le vecchie fattorie di un tempo, il brodo rappresentava in quegli anni il vorrei ma non posso. La popolazione non viveva più nei meandri nelle campagne rurali ma era transumata nelle città; il dado era una sorta di condensato che racchiudeva la gallina, il maialino ed altre leccornie che potevano essere messe in pentola, in realtà era una sorta di acquaccia giallognola cui galleggiavano delle gocce oleose dove veniva buttata la pastina1.

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Riposo del Guerriero di Stefano Gallarini – Radio 24.

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Ehi… papà guarda un pollo!!!

1988, Dado Knorr: un dado che sa fare il dado Negli anni ottanta il dado non è più l’oggetto della felicità. Vi era la consapevolezza da parte dei consumatori che il dado è un prodotto industriale, cambiano i tempi ed anche la comunicazione pubblicitaria in quel periodo vi erano due colossi dell’industria alimentare come la Star e la Knorr nasce così la lotta dei dadi; la Knorr crea uno spot che insinua indirettamente il prodotto avversario, ricalcando che le pietanze hanno un gusto di dado e caricaturizzando le pietanze con la forma di cubo, metafora della standardizzazione del cibo e del gusto. Lo spot consisteva che in una famiglia dove erano tutti imbronciati in quanto la mamma utilizzava il dado concorrente 30

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e tutto aveva il gusto e la forma di dado, ovvero minestrone a forma di cubo, il pollo a forma di cubo, finalmente la mamma scoprì il nuovo dado Knorr, dove tutte le pietanza avevano la forma ed il gusto originale, quindi il pollo a forma di pollo, il minestrone a forma di minestrone ed il bambino esclamò con una certa meraviglia: Ehi papà, guarda un pollo! Che fu un vero e proprio tormentone. La donna aveva un ruolo dominante con un atteggiamento sontuoso e regale da protagonista in linea con la tendenza degli anni ’80, classica donna in carriera con il tailleur, mantenendo sempre un ruolo da regina di casa e della cucina che si occupa della famiglia e dello stile alimentare dei figli che sono beneficiati ed anche giudici. Nel 1995, Dado Knorr: apparentemente la figura della donna non si vede nello spot ma è presente nella colonna sonora Donne di Zucchero Fornaciari, l’unico elemento di novità e la figura di uno chef che dà un tocco di qualità al prodotto1.

1 Riposo

del Guerriero di Stefano Gallarini – Radio 24.

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Dal dado alla carne in scatola

La carne in scatola, nata come la razione K dell’esercito americano durante la seconda guerra mondiale nella fine degli anni cinquanta, periodo in cui poche famiglie possedevano in casa un frigorifero, la carne in scatola diventa un vero e proprio cibo multitasking, si poteva consumare sia al momento dell’acquisto oppure dopo un anno, facile da trasportare e da preparare, da consumare sia in casa che nei picnic. Le donne non erano più schiave della famiglia, non volevano stare più ore ed ore davanti ai fornelli a cucinare lo spezzatino bollito, quindi la scatoletta risolveva il problema rappresentando un cibo a passo con i tempi, racchiudendo in sé qualcosa di pronto, di buono e di genuino1. 1

Melog di Gianluca Nicoletti – Radio24.

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Il testo del jingle sullo spot Simmenthal del 1966 era «Chi mangia più carne più Simmenthal mangia, è un vero sportivo chi mangia la carne è un uomo moderno chi Simmenthal mangia guardate che stile che buon appetito. Noi siamo felici mangiamo la carne chi mangia più carne Simmenthal mangia». Infatti, si ostentava il packaging con una semplice scatola di latta rossa ed in mezzo una mucca. Nel 1987 i copywriting applicano una strategia di marketing mirando l’emotività dei consumatori focalizzando l’attenzione su un bambino, Niccolò Della Bona, che non sapeva pronunciare perfettamente il nome del prodotto facendo pronunciare Tinsemal al posto di Simmenthal e mettendo in secondo piano la scatola di latta non più simbolo di modernità ma di un prodotto industrializzato.

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Dopo il dado e le scatole occorre indurre il bisogno di andare in bagno

Confetti lassativi, come delle miracolose pillole che ci fanno sentire più leggeri. In uno spot del ’59 del confetto Falqui, gli attori recitavano dicendo: “Professore c’è un negro che le vuol parlare. Un negro? Proprio oggi che vado in bianco”. Oggi, non si usa dire più la parola negro in televisione anche se è un termine che deriva dal latino, ha un connotato negativo da oltre quaranta anni, un esempio in cui il politicamente corretto ha modificato le nostre forme espressive, nello spot si nota anche un atteggiamento di superiorità dei bianchi sui neri. Un altro caso analogo possiamo trovarlo nel Carosello della Dolce Euchessina dove si parla di vecchi anzi che di anziani, oggi termine non più accettabile1.

1 Riposo

del Guerriero di Stefano Gallarini – Radio 24.

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Gli irresistibili Ringo della Pavesi

Anni ’80, tempi in cui il razzismo faceva discutere, la Pavesi crea Ringo biscotto che da un lato è vaniglia e dall’altro lato cacao. I copywriter realizzano uno spot su una partita di baseball junior di bianchi contro neri dove due capitani delle squadre avversarie si danno la mano rievocando l’immagine, segno di amicizia, pace e fratellanza.

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L’incredibile voglia di sigillare tutto

Le prime donne siliconate in un jingle cantavano così: “Saratoga, il silicone sigillante”, senza far fare sogni tranquilli ai poveri muratori e ai carpentieri. Saratoga, azienda leader nella produzione di silicone, nel 1988 sbarca con uno spot ante litteram dove la donna viene rappresentata senza veli dentro un acquario, scatenando tante critiche in quegli anni ed al contempo fu il fischio d’inizio per pubblicizzare prodotti con questo tipo di formula, che incrementava tanto le vendite ma anche critiche e cattivi pensieri1.

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Riposo del Guerriero di Stefano Gallarini – Radio 24.

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Egoiste, parfum, decollété, deshabillé e l’uso sporadico dei francesismi per vendere profumi

Negli spot dei profumi si utilizzano spesso voci femminili dove sussurrano dei francesismi in quanto non si vende un prodotto ma un’atmosfera, la visione di un mondo immaginifico e surreale ricreato dalla pubblicità mentre in altri tipi di spot spesso è la pubblicità che prende spunto dal mondo reale, cercando di solleticare emotivamente l’animo del consumatore che cerca di essere a tutti i costi come il protagonista. Il messaggio comunicativo è: “se acquisti questo prodotto farai parte di questo mondo elitario ed affascinante”, infatti non vi è un vero e proprio testo pubblicitario ma un sottofondo musicale e quattro parole in francese che rievocano eleganza.

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Mobili liquidi per una società sempre più liquida: come è cambiata la famiglia nel corso degli anni?

Le famiglie sono cambiate nel corso degli ultimi trenta, quaranta anni, si sono allargate, si sono ristrette, sono aumentate le tipologie e il tutto in base ai punti di vista1. La pubblicità ma anche le fiction televisive hanno rappresentato la famiglia nel corso dei vari decenni2. Un tempo i mobili erano fatti apposta per durare una vita, fatti rigorosamente a mano da esperti artigiani, erano forti, pesanti, resistenti, di legno massiccio con una bellissima estetica che ricalcava un periodo storico, si tramandavano dai bisnonni per finire ai nipoti, erano mobili solidi che rappresentavano una società solida fatta di uomini solidi, tutti di un pezzo con idee ferree, ovvero, mobili che stavano in quella casa con gli stessi familiari per sempre. La filosofia Ikea è stata quella di creare il mobile liquido della società liquida, fatta da uomini liquidi, in una società dinamica fatta di uomini che viaggiano, in continua trasferta, si incontrano, decidono di vivere insieme per prova e si separano in breve tempo, un mobile facile da trasportare in auto in quanto ancora smontato e impacchettato, facile da montare a casa come la sorpresina dell’uovo Kinder con il foglietto 1

Bauman Z. (2011), Modernità Liquida, Bari, Laterza. Z. (2014), La solitudine del cittadino globale, Milano, Feltrinelli.

2 Bauman

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illustrativo e facile da smontare in caso di separazione della coppia e da rimontare per la prossima convivenza con in nuovo/a compagno/a. Un manifesto Ikea, creato per l’apertura della sede di Catania, è stato realizzato con due uomini ripresi di spalle mano nella mano lo slogan pubblicitario recita: Siamo aperti a tutte le famiglie! Famoso spot contestato dal ministro Giovanardi.

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La famiglia del Mulino Bianco, la più grande invenzione del mondo pubblicitario, firmata Alberoni

La famiglia del Mulino Bianco, inventata dal sociologo Alberoni, esperto di amore ed amicizia insieme all’ingegner Manfredi, amministratore delegato e braccio destro di Pietro Barilla e il dottor Maestri, responsabile della pianificazione strategica, idearono questo modello di famiglia dove vivevano tutti in una sana armonia deliziando le cose buone e genuine fatte in casa, stereotipo della famiglia sana unita e felice a volte surreale, la bambina era dolce e carina, la mamma era sorridente, il papà giovane e pimpante, il nonno, il cagnolino il gattino il coniglietto. La famiglia del Mulino Bianco diventa il simbolo della famiglia sana e perfetta un modello in cui tutte le famiglie italiane tentavano di imitare. Le parole “Mulino Bianco” richiamavano alla mente un mondo irreale, mitico e sognato, richiamando il mondo dell’infanzia, delle cose buone di una volta e incontaminate1. 1 Alberoni F. (2011), Pubblicità televisione e società nell'Italia del miracolo economico, Roma, Armando.

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La colazione, momento in cui venivano consumati questi prodotti, è il momento del risveglio e della rinascita, in situazioni di questo tipo l’assunzione di cibo può assumere significati emotivi che vanno al di là della semplice alimentazione con aggiunta di connotati inconsci, sensazione di tranquillità, serenità familiare, benessere, protezione. Altro modello di famiglia rappresentato in molti spot ma anche in fiction televisive è la famiglia Cesaroni famiglia allargata formata da ex coniugi, figli del compagno/a, amanti, la tendenza è che molti copy writer realizzano spot pubblicitari allontanandosi dalla famiglia classica tradizionale dirigendosi su altri modelli. Su questo argomento ho realizzato un post sui social network, per capire la percezione di famiglia di ieri con quella di oggi e le varie tipologie.

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“C’era una volta la famiglia del Mulino Bianco, oggigiorno la famiglia è più simile al modello dei Cesaroni. A voi la parola!”

Lucia A. Forse perché sono vecchia, ma la mia famiglia è la cosa più preziosa che ho... Non è esattamente quella del Mulino Bianco e neppure quella dei Cesaroni, ma tra problemi e risate, litigate e momenti sereni siamo felici. Claudia S. La famiglia di oggi, tra momenti di risate, problemi vari, lacrime e soprattutto con l’aiuto di tutti, questa famiglia non sarà mai perfetta, però, rimane il valore più assoluto che c’è, ed il più prezioso. 42

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Maria Lia R. Una volta la famiglia rappresentava se stessa, soprattutto se borghese, sia tra le pareti domestiche che in società. Nessuno si chiedeva se fosse felice, perché la sicurezza e l’ordine sociale erano gli obiettivi personali e sociali di tutti. Da quando ci siamo messi in mente di essere felici e le donne hanno in parte perso di vista se stesse, sono cominciati i problemi. Mia nonna non pretendeva rispetto e fedeltà, le bastava che in casa non mancasse niente e mio nonno non la picchiasse, quindi era appagata. Clelia L. La mancanza di valori, è alla base dei comportamenti odierni, come delle regole che sono le colonne portanti della società. Simona M. La famiglia che parolona!!! Famiglie allargate alla Cesaroni e famiglie ancora legate da antiche tradizioni. I tempi cambiano, tutto si rinnova anche le famiglie, la cosa importante è che ci sia sempre amore e rispetto. Valentina S. Secondo me la crisi ha colpito pure loro e hanno venduto il mulino a Banderas, forse sarà da qualche parte ancora qui in Italia quella casa dovrei farci un salto! Chissá magari lo incontro. Seriamente parlando per me è da Mulino Bianco una famiglia che insieme affronta le difficoltà della vita e cerca di superarle, senza dimenticare l’amore, il rispetto che c’è, la capacità di ascoltare, di essere presenti in caso di necessità, a volte basta sapere che puoi contare su qualcuno, basta quello… Oggi le famiglie allargate non sono più dei casi isolati. Al contrario, sempre più spesso le coppie sposate si separano, per poi iniziare una nuova vita e senza nemmeno rendercene conto abbiamo fatto fuori un tabù. Fino ad alcuni decenni fa 43

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quando un matrimonio finiva si gridava allo scandalo, per noi invece, il modello Cesaroni è diventato, non dico la normalità, ma una reale possibilità. La società è cambiata e quando si sogna di costruire una famiglia si pensa a quella tradizionale, dove l’ uomo e la donna si amano, decidono di condividere la vita, di fare dei figli. I sogni però possono scontrarsi con una realtà ben diversa da quella immaginata. Ritrovarsi ad avere una famiglia allargata non sarebbe un dramma. Le esperienze ci insegnano che trovare un equilibrio e perché no, la felicità anche all’interno di questo tipo di famiglie è possibile. Enza S. Diciamo che quella che dovrebbe avere un valore è la famiglia tradizionale, ma non sono più quelle di una volta, quindi se si è felici perché no la famiglia allargata. Dario C. Io direi alla Addams. Ingrid B. Ma io “da buona emiliana” preferisco la famiglia stile Mulino bianco, ma in Emilia siamo capaci di coniugare tradizione ed innovazione e le due cose coesistono in armonia. Raffaella C. La famiglia del Mulino Bianco è una mera invenzione pubblicitaria volta all’acquisto esasperato di beni di consumo per sentirsi à la page. Personalmente la famiglia allargata mi ha procurato solo guai, ma sono ottimista perché credo che con un po’ di buon senso si possa vivere serenamente. La raccolta delle carrubbe mi ha fatto tornare indietro nel tempo… ai pater familias, cioè i miei nonni, loro riuscivano a tenere unita la famiglia, il timore che trasmettevano riusciva a dissolvere i battibecchi delle donne, riunivano anche i parenti più lontani, tutto si risolveva davanti a piatti semplici in occasione delle festività o di giorni speciali. 44

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L’anarchia spesso porta al dissolvimento della perdita dei valori della famiglia.

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Lidia G. La famiglia del Mulino Bianco è sempre esistita solo nella pubblicità. Le vere famiglie sono composte da persone, e quindi da personalità, pensieri, esperienze ed opinioni diverse. Marzia C. Non penso che il detto era meglio quando si stava peggio sia la soluzione a quello a cui stiamo assistendo oggi. Un tempo la donna sopportava e tollerava, oggi no. Non c’è scritto da nessuna parte che la donna sia solo la regina del focolare, in una famiglia ogni componente ha un ruolo, ed ogni componente si deve impegnare e non relegare all’altro coniuge, dando per scontato ciò che ovvio non è. Ciò porta a confrontarsi e discutere, a volte persino a litigare, ogni famiglia stabilisce equilibri diversi, condividibili o meno, ma pur sempre equilibri, l’importante è sentirsi ed essere famiglia, litigare, parlare, tacere, allontanarsi, riavvicinarsi, a soprattutto amarsi, è questo l’unico filo comune che caratterizza ogni famiglia. La Barilla lo ha accettato, arrivando a sostituire una gallina all’immagine fittizia di nuclei familiari idilliaci, ma artificiosi. Viva le famiglie vere, magari non perfette, ma reali. Mirella P. Famiglia Mulino Bianco è sempre stata immaginaria. Si subiva per chi è per come da parte dei genitori. Oggi si ha più consapevolezza, ogni individuo ha più potere decisionale su di sé. L’ individualismo è alla base della famiglia, mentre una volta il gruppo era la forza e insieme si affrontava tutto. Giusto oggi una mia amica mi disse: “Ogni 45

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lutto a casa mia ci faceva soffrire in quel momento sentivamo ancora di più l’esigenza di stare vicini e soffrire insieme, condividendo il dolore che si sopportava e si sentiva meno”. Credo che l’individualismo nella famiglia porta il soggetto nella solitudine più grande ma gli dà più potere decisionale e più autonomia, a lungo andare tutto questo porta alla disgregazione del nucleo, alla tristezza, all’isolamento. Io credo al motto: “Tutti per uno, uno per tutti” questo porta ad una gioia interiore che supera qualsiasi egoismo. Rosalba T. C’era una volta la famiglia del Mulino Bianco, secondo il mio punto di vista, ritenuta tale perché nascondevano i problemi per difendere quell’immagine creata di famiglia perfetta, oggi il concetto sul nucleo familiare è cambiato perché è cambiato lo stile di vita e il modo di gestire la famiglia, ovviamente esistono le eccezioni. Monica N. Credo che una donna nella sua vita sogni la famiglia del Mulino Bianco, ma purtroppo fare colazione tutti insieme alla mattina è quasi IMPOSSIBILE, quindi inevitabilmente diventa quella dei Cesaroni ognuno mangia quando vuole!!! Francesca C. Ormai è la famiglia allargata che va avanti, nessuno è più disposto a fare dei sacrifici, non credo alla famiglia del Mulino Bianco!!!!! Patrizia V. La famiglia del Mulino Bianco è solo una scena pubblicitaria e basta. Mariella R. Non credo a c’era una volta… credo alla realtà di oggi, ciaoo! 46

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Tiziana T. Ciao Davide, non guardo i Cesaroni e credo di essere ancora all’antica, adoro le pubblicità che trasmettono calore, protezione, e la famiglia viene rappresentata come un focolare dove trovare rifugio dopo una giornata faticosa e piena di preoccupazioni, oggi però, si sta perdendo il vero concetto di famiglia e credo, che sia un altro neo della nostra società!!! Carlotta B. Per quanto riguarda l’impeccabile famiglia Mulino Bianco, pubblicità fatta a regola d’arte curatissima nei particolari tecnici. La famiglia mi ha sempre dato un impressione falsa, famiglia vuota! Non so se vi ricordate quella dello stira e ammira, ecco io preferivo l’uomo stropicciato, era più vero; della Barilla la pubblicità più bella in assoluto, era quella dove la mamma apriva la porta e la bimba tirava fuori da sotto l’impermeabile un gattino appena trovato! Dove c’è Barilla c’è casa. Giuliana Z. Io ritengo che le famiglie a cui ci riferiamo erano intere per ignoranza, in quanto matriarcale o patriarcale. Oggi esistono altre priorità, i giovani propongono nel matrimonio l’amore, il benessere, la gioia quotidiana e il divertimento …mbeh!! Non tralasciamo il libertinaggio dovuto alle troppe occasioni. Sono dalla parte dei giovani di oggi e ammetto di avere rispetto del loro modo di vivere, basta con la schiavitù del marito, che serve solo per procreare, STOP. La famiglia stile Mulino Bianco mi provoca abbondante fuoriuscita di latte dalle ginocchia, mentre lo stile Cesaroni una forte orticaria al solo vedere lo spot pubblicitario (non ho mai approfondito oltre). La classica famiglia italiana esiste solo nei vaniloqui dei politici. 47

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Stefania D. Ciao Davide! Io cerco di portare avanti la famiglia come quella del Mulino Bianco, non è facile ma già sono alla soglia dei 23 anni di matrimonio, due figlie grandi che ancora oggi il momento più bello è ritrovarsi intorno a un tavolo per la colazione, pranzo e cena con lo stesso entusiasmo di quando erano piccole! Che dire! Anche FORTUNATA DIREI… un abbraccio!

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Nicoletta Io credo ancora nell’unione della famiglia, i miei genitori sono ancora assieme da 46 anni, da parte mia mi avvio verso i 24 anni di matrimonio. Buci S. Non vedo i Cesaroni, ma alcune considerazioni sulla famiglia credo di poterle fare: mi piace la famiglia “grande” dove ci possa essere tanta umanità che è ricchezza. Sono convinta che la famiglia “allargata” costituisca un aspetto positivo dei nostri tempi se vissuta con serenità e rispetto reciproco. Sarebbe di aiuto modificare la formula del matrimonio e sostituirla con un contratto a”tempo” e rinnovabile!!!! Dimentichiamo che la formula “finché vita non vi separi” è stata giustamente inventata qualche mille anni fa quando la vita media era molto limitata… Gabriella D.M. Quando si è impegnati nei confronti della famiglia è impossibile compiere tradimenti. Perché tradire è come tradire se stessi. Quando poi la comunicazione all’interno della coppia diventa difficile, quando non si riesce più a trovare il tempo per una intimità vera, i protagonisti si chiudono dentro il proprio guscio. Laura L. La famiglia “Mulino Bianco” è come il finale delle favole, mai esistita. Non so niente dei “Cesaroni”, oggi 48

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vedo il nucleo familiare come un malato, sono belle le poche famiglie dove aleggia una volontà di dialettica e di scambio continuo, un desiderio di comunicazione non distratta o ipocrita, un’esigenza di approfondimento, poche, si sa!

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Adele C. Sai che c’è: sono entrambi degli stereotipi, secondo me. Delle bieche operazioni mediatiche. Silvia F.I. Per quanto riguarda la famiglia del Mulino Bianco rispecchia la famiglia che è il modello cui tendenzialmente aspiri la maggior parte degli italiani (anche se poi magari le cose vanno diversamente)... basti pensare alle famiglie madrepadre-figlio che spesso rimangono tali anche quando il figlio ha ben oltre i 30 anni… Silvana D. Ogni volta la pubblicità promette paradisi impossibili. Né la famiglia del Mulino, né i nuovi modelli sono proponibili… semplicemente perché alla base di una famiglia ci sono i VALORI che non si creano con l’appeal, ma con una ricerca interiore non scevra di difficoltà, soprattutto con gli esempi che abbiamo. Angela M. Non esistono entrambi gli stereotipi… né Cesaroni, né Mulino Bianco! La famiglia richiede amore, sacrifici, rinunciare un po’ a se stessi per l’ altro. Non sempre questo è facile o possibile. Io ci ho provato… ho 5 figli. Maddy M. Sono cresciuta in una famiglia con genitori separati, e non ho avuto alcun tipo di problema a venire su. Da democratica poi, sono aperta a tutte le possibilità e a tutti i tipi di famiglie, finché riescono a darsi la serenità, darla a loro stessi e soprattutto ai figli. Non ho nulla contro l’adozione da parte 49

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delle coppie gay, non ho nulla contro l’adozione di un figlio da parte di una donna sola (genitore non è chi lo concepisce, un figlio, bensì chi è capace di crescerlo). Il Mulino Bianco ci sta benissimo, così come riesce ad esserci armonia anche in una famiglia un po’ “allargata” o diversa. Diversa non vuol dire peggiore, e non ho mai capito perché questa società (soprattutto in questo paese) faccia così tanta fatica a comprenderlo). Laura B. La famiglia del Mulino Bianco non è mai esistita e non credo (almeno spero di no) nemmeno quella dei Cesaroni. Ogni famiglia è un soggetto a sé, con momenti di profonda gioia ed altri di tristezza, altri, a volte anche di disperazione. Tutto ciò che ci passano i media sono situazioni amplificate difficilmente ritrovabili nella realtà. Quello che possiamo imparare dal “Mulino bianco” è che il contatto con la natura, la vicinanza costante con l’Universo ci aiuta nel rilassamento e ci proietta nella gioia. Quello che ci possono insegnare i Cesaroni è che l’umiltà è fondamentale per un buon rapporto con gli altri e l’amicizia e l’amore sono alla base della vita! Arianna U. Sono certa che esistono ancora le famiglie tipo “Mulino Bianco”, forse nei paesi dell’Europa dell’est, che solo da pochi anni si stanno adattando al nuovo mondo. Non credo pero che ci sia un meglio o un peggio, ogni cosa esiste per insegnarci qualcosa, la gente, il mondo, progredisce attraverso le nuove esperienze, le nuove famiglie con i vari ex etc etc, sicuramente stanno insegnando a noi e ai nostri figli, qualcosa che i nostri nonni non conosceranno mai. Sandra P.‎ …è vero!!!… la mia è proprio simile… una famiglia moderna, con uno spiccato senso per l’amicizia i figli che studiano, gli amori la passione per la musica, il rispetto per 50

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il prossimo… la famiglia del Mulino Bianco… è un romantico ricordo di altri tempi… Patrizia M. La famiglia del Mulino Bianco resterà sempre il sogno di tutti noi… quella dei Cesaroni è la brutta copia.

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Grazia I. La mia non è mai stata quella del Mulino Bianco… e non assomiglia neanche a quella dei Cesaroni… è una famiglia normalissima… ma ti assicuro che è speciale! Maria Grazia C. L’importante è che la famiglia, anche se cambia nel tempo, continui ad affondare le sue radici nella nostra società, da lì parte lo slancio verso il nostro futuro, da lì partono le nostre certezze, sinceramente preferisco la famiglia dei Cesaroni, sono meno artefatti degli antichi parenti del Mulino Bianco. Tiziana B. Il peggio è che ci sono famiglie che imitano quella del Mulino Bianco ma sono molto peggio dei Cesaroni! Tzu N. “Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo” (Lev Nikolaevic Tolstoj). Katia L. È cambiata l’intelligenza delle donne, prima l’uomo si faceva una sua storia e la moglie stupida in casa lo aspettava ...ora non è più così, quello che fate voi possiamo farlo anche noi... Patrizia T. Ricordo lo spot anni 80, ormai inverosimile!!! La famiglia del Mulino Bianco resta solo un’utopia pubblicitaria… 51

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Sandra P. Mi sono sposata quattro volte e ho avuto una famiglia alla Cesaroni. Nel matrimonio di mia figlia minore l’anno scorso eravamo io il mio ex secondo marito e padre di mia figlia, il mio ex quarto marito testimone di nozze e tutti gli ex suoceri e vari. Quando le persone si mettono insieme, debbono pensare che può non essere per sempre, quindi lavorare anche per instaurare un rapporto forte che finita la passione, rimanga a dispetto di una separazione. Abbiamo sempre instaurato in famiglia un’atmosfera del tipo “stiamo lavorando per rimanere uniti” e io ero il capo cantiere; quando si dà coscientemente tutto il possibile non ci sono sensi di colpa e rancori. Silvia C. I prototipi massificati e massificanti portano lontano dal reale, convulso e inquieto specchio dei nostri tempi. La famiglia è in crisi come la società. La natura è di plastica e il finto benessere televisivo è lontano dalle problematiche sociali che mettono in crisi i nuclei familiari. Precarietà, il termine più “moderno”. Anna M. Purtroppo con la frenetica vita del quotidiano, la famiglia del Mulino Bianco si è estinta un po’, si fa tutto di fretta, quattro salti in padella e via, era bello sentire il profumo del pane croccante appena sfornato, la prima colazione tutti insieme, ora si corre, ecco forse somiglia davvero a quella dei Cesaroni se non pure, più caotica. Monica G.A. La famiglia del Mulino Bianco è “mitologia” come le sirene. Annalisa G. Bisogna solo adattarsi e concepire un nuovo modello di famiglia perché quello a cui abbiamo fatto 52

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riferimento ora è impensabile e irrealizzabile nella maggioranza dei casi. L’adattamento è l’unica soluzione per sopravvivere come in tutte le cose della natura, basta impegnarsi e volerlo davvero, senza scordarsi che il tutto deve avvenire nel rispetto di tutti i componenti della famiglia. Stella D. Qui in America la “Famiglia del Mulino Bianco” è la più invidiata, perché esiste e ogni membro dedica il meglio di sé agli altri membri. La “Famiglia Cesaroni” esiste, ma non vive sotto lo stesso tetto, sia ben chiaro. Se in Italia i Cesaroni vivono nella stessa dimora, e sono pure in armonia e d’accordo… mi fa un po’ schifo! Non saprei dove incominciare a dire la mia opinione: i Cesaroni rifletteranno anche un segno di civiltà e se la vita in comune va ben per loro… va ben anche per me. Io governo la famiglia del Mulino Bianco, e quando tutti tornano a casa felici, mi sento una Regina. Credo che ci sia posto per tutti a questo mondo, e quando lasciano vivere me in pace, che sia lo stesso per loro. Isabella C. Oggigiorno si tende a voler far famiglia troppo facilmente e velocemente, bisognerebbe riflettere e pensare bene prima di voler creare un nucleo famigliare, per non rischiare che potrebbe andare tutto a scatafascio, e poi chi ne avrebbe le conseguenze son quasi sempre i bambini… spero questo mio pensiero non sia solo il mio… e comunque mi vedo pur sempre anke i Cesaroni, ma rimane un semplice divertimento serale. Loredana B. La famiglia del Mulino Bianco del passato è una bella utopia che resta tale; oggi, il senso di famiglia allargata è simile al modello Cesaroni, credo che la famiglia quella 53

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vera costituita da valori, non esista più, la società e la politica che ci ritroviamo non aiuta di certo.

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Monica B. Io faccio parte della famiglia allargata, papà si è sposato tre volte, ha avuto quattro figli… e altri acquisiti… penso che dipenda dall’intelligenza dei genitori e dal proprio carattere, si può essere felici lo stesso, ci sono famiglie che stanno insieme per i figli. Tutti infelici, figli compresi. Paola C. La casa del Mulino Bianco???… un’utopia… sarebbe bello, ma surreale. La società di oggi, non ci permette di fare le cose con calma, colazione insieme, passeggiare e guardare le paperelle, siamo sempre di corsa, lavorare, lavorare… chi entra, chi esce di casa… a mala pena si riesce a darsi il buon giorno. Il valore della famiglia, anche se a malincuore si va a perdere, quindi anche se i “I Cesaroni”, non mi piace, devo però ammettere che è molto attuale… Mariateresa C. Entrambe sono famiglie fittizie, inverosimili, nelle famiglie moderne non è importante essere in tre essere in cinque piuttosto che in dieci, ciò che conta è avere qualcuno su cui contare sempre! L’esteriorità non coincide mai con ciò che di vero c’è alla base. Famiglie apparentemente felici, stile Mulino Bianco, nascondono poi grosse problematiche e idem per i Cesaroni. Ciò che conta è la profondità dei sentimenti, preferisco i Cesaroni però, sono più simpatici. Laura miciola L. La famiglia del Mulino Bianco non e mai esistita i problemi ci sono sempre stati per tutti, altro che 54

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svegliarsi di mattino col sorriso! Se mi vedi al mattino altro che sorriso. Le famiglie di oggi sono più sfasciate, i valori non ci sono più e chi ci crede e fortunato.

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Francesca A. Tutto cambia nella vita, la famiglia, il senso religioso, il senso umano, certo stiamo attraversando un periodo buio ma è solo in questo buio che potremo trovarci e trovare la nuova strada per una dimensione umana. Sarebbe bello fare colazione con la propria famiglia, ma non è mai possibile. Maria Grazia V.‎ Sono stata figlia di quella del Mulino Bianco, per me il concetto di famiglia, vive nel contesto dei veri affetti, una madre amerà sempre a dismisura i suoi figli, e tutte le persone che appartengono al contesto, io… amo anche i miei amici. La famiglia considerata, all’inizio del secolo scorso, è uscita dalle classifiche tradizionali, purtroppo.

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Differenze tra la TV di ieri con quella di oggi

Il livello culturale televisivo negli ultimi decenni si è praticamente abbassato, vediamo talk show pomeridiani in tutte le salse, lustrini e siparietti dove si ride senza senso, varietà per massaie e casalinghe dove si friggono melanzane con pollo e capperi con profumatissimi sughi all’agrodolce, nel mondo di oggi dove la massima ambizione dei giovani è quella di fare i cuochi, programmi televisivi che giocano sulla spirale del dolore, dove si piange continuamente, lacrime a fiumi, rimpiangendo il passato, rimpiangendo l’abbandono del figlio o del padre. La cronaca è su vari canali h24, ficcando le telecamere dentro le case dei presunti assassini, familiari e conoscenti. La tv è pavloviana ovvero che quando si vede la cacca per terra tutti la guardano per stare attenti dove mettere i piedi; gli autori e i produttori hanno capito il gioco e continuano ad alzare la soglia dell’attenzione degli spettatori con i programmi spazzatura, programmi che non hanno contenuti né argomentazioni. La Tv di un tempo univa tutti, bambini, genitori e nonni, tutti insieme in famiglia per vedere al sabato sera Fantastico 7 con Pippo Baudo. Oggi la tv è vista soltanto dai nonni che rimpiangono i tempi passati di quando erano giovani nascono così programmi nostalgici come TecheTeche. Ci sono anche programmi dove si vedono bambini cantare canzoni degli anni 60, periodo storico dove nemmeno i loro 56

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genitori erano nati, il tutto perché il programma è fatto apposta per farlo vedere ai nonni che si inteneriscono vedere i bambini cantare paragonandoli ai loro nipoti. Perché hanno abbassato il livello culturale della Tv? C’è una risposta che è quella di plasmare un pubblico, di imbalsamare i nonni, di cristallizzare i giovani, di cloroformizzare gli adulti. Per quale motivo? Per abbassare la consapevolezza, per annullare lo spirito critico e decisionale in modo tale che la pubblicità ha più effetto. L’Ispettore Derrick fu tolto dal palinsesto Rai perché aiutava a riflettere il pubblico televisivo, affinando l’intuizione e la deduzione e lo spirito critico delle masse, oltre a dare un senso di ordine e di spiccata eleganza. Chi ha troppo spirito critico, non consuma, non acquista i prodotti pubblicizzati, soprattutto per i messaggi politici e elettorali, tribune politiche, la pubblicità diventa impotente, non riesce a penetrare e a sedurre un pubblico consapevole e scafato. Questo spiega perché negli anni il livello culturale televisivo si è abbassato di molto. Oggi la Tv fa anche da babysitter, genitori che lasciano i bambini davanti la Tv a vedere i cartoni, cosi i genitori sono più liberi di chattare e telefonare

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Nonluoghi, centri commerciali e depliant pubblicitari

I centri commerciali come: stazioni, autostrade, metropolitane, aeroporti come dice Marc Augé fanno parte dei nonluoghi ovvero luoghi di passaggio, spesso insignificanti che vanno bene per tutti, sono luoghi spesso omologati in tutte le città del mondo come le metropolitane e i centri commerciali, ovviamente i nonluoghi sono pieni zeppi di insegne pubblicitarie e di sera illuminate con tanti bei colori1. I centri commerciali sono dei veri e propri nonluoghi del divertimento in stile Disneyland per passare un pomeriggio da soli, con amici o con la famiglia o addirittura il fine settimana2. Abbagliati delle insegne pubblicitarie colorate dei negozi che hanno la funzione di sedurre e attrarre gli eventuali consumatori, spesso senza comprare nulla. Luogo dove gli anziani vanno di inverno per sentire caldo e di estate per rinfrescarsi dall’aria condizionata. Spesso con piazzette e alberelli, colonnati antichi, ovviamente tutto finto. Puoi trovare ristoranti in stile far west con i cowboy che servono ai tavoli o ristoranti messicani con i cactus che decorano l’ambiente. Nei centri commerciali trovi di 1 Augé M. (2009), Nonluoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità, Milano, Elèuthera. 2 Augé M. (1999), Disneyland e altri non luoghi, Torino, Bollati Boringhieri.

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tutto, il ricco che non ama spendere, il povero che si indebita di prodotti tecnologici, lo studente che fa un giro dopo aver marinato la scuola, la coppia di fidanzati che va al McDonald. Per molti sono luoghi ammirati come musei dove i clienti con stupore osservano gli ultimi arrivi e i prodotti superscontati soprattutto in giornante come il blackfriday. I depliant si trovano ovunque, sotto il parabrezza delle auto, nelle cassette della posta, sul pianerottolo, suscitano interesse e molta curiosità soprattutto in un pubblico più agé che collezionano tutti i depliant dei supermercati come libri da leggere per andare a caccia del super sconto magari, prendendo apposta la macchia per acquistare la cassetta d’acqua con qualche euro in meno ma in un ipermercato a cinque Km di distanza.

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I primi quarant’anni di Pubblicità Progresso

Campagne pubblicitarie sulla prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale come l’AIDS, campagne pubblicitarie contro l’uso di droga, alcol e fumo, contro il maltrattamento di donne e bambini, tutela dei disabili, sicurezza sul lavoro, prevenzione degli incidenti stradali, spot a favore delle donazioni di sangue e degli organi e poi la salute del pianeta, l’inquinamento, spot contro la pirateria, la fame del mondo, razzismo, il wwf, volontariato sono solo alcuni esempi di pubblicità sociale che serve a promuovere temi e valori mirando alla gratificazione interiore. Pubblicità progresso è da quarantanni che accompagna i cittadini italiani considerata come un vero e proprio specchio dei cambiamenti della società attraverso paure ispirazioni ed ideali; nata nel 1971 come associazione No Profit poi diventata fondazione con lo scopo di promuovere una corretta comunicazione sociale e stimolare la coscienza civile ed il bene 60

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comune un connubio di creativi registi sociologi designer dove fanno leva sull’emotività e sull’emulazione per produrre sane mode, abbattendo certi stereotipi, sollevando la soglia di guardia di chi ascolta per farlo riflettere, sono campagne pubblicitarie fatte con le stesse tecniche di quelle commerciali se non che si occupano di problematiche sociali. Oggi molte campagne di spot commerciali che producono detergenti o anche industrie automobilistiche utilizzano un linguaggio usato dal WWF 30 anni fa per promuovere i loro prodotti in difesa dell’ambiente (detersivi biodegradabili, automobili ecologiche a basso impatto ambientale) c’è quasi una convergenza interessante mirando più alla felicità interna lorda che al prodotto interno lordo. Un primo esempio di spot commerciale che lambisce la tematica sociale è Dixan che nel 1987, insieme al gemellaggio con la trasmissione “Fantastico” con Adriano Celentano crea: “mille lire per un mattone” per la realizzazione di case ed ospedali in Africa.

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Pubblicità in rete: pubblicità virale e spam

La pubblicità televisiva coadiuvata dalla maggiore confidenza del mezzo televisivo e dai ritmi più lenti dei programmi, è riuscita nel tempo a storicizzarsi e ad essere memorabile nel tempo, la stessa cosa non è accaduta per la pubblicità in rete tanto è vero che banner, popup, spam sono visti come una detestabile invasione virale senza poter riuscire a storicizzarsi come quella televisiva oltretutto vi è una diversa fruizione del mezzo con una diversa velocità delle immagini. Da qualche tempo la Tv è fruibile in rete sugli smartphone e pc come Rai Play e Youtube e la pubblicità televisiva si è spostata sulle nuove apparecchiature tecnologiche, basta guardare un video musicale, un programma televisivo sul proprio televisivo e il messaggio pubblicitario imperversa agli occhi dell’utente. 62

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Il mondo pubblicitario di rete è un settore in grandissima crescita continuamente in ascesa, che sta superando la pubblicità di stampa radio e tv, potente in termini di analisi, interazione e di intercettare gli utenti, nuovo ed in continua evoluzione dove le modalità cambiano continuamente. I contenuti on line possono far capire qualcosa riguardo gli utenti che leggono una particolare pagina spesse volte la targhetizzazione degli utenti viola i contenuti di privacy ovvero quando noi navighiamo in rete lasciamo delle tracce cosa ho visitato? Quante volte visito quella pagina? Una serie di informazioni che possono essere riutilizzate, nel momento in cui voglio acquistare on line un libro o un viaggio aereo e nel momento in cui faccio il primo tentativo d’acquisto in quanto non trovo i prezzi giusti, queste informazioni rimangono registrate non appena si abbassa il prezzo il venditore mi invia un messaggio chiamato cookies ovunque io sia (youtube, facebook, email) tramite un controllo incrociato legando il proprio business con il target di riferimento e i desideri dei consumatori stessa cosa se clicco Mi piace su facebook di un profumo ed a distanza di giorni trovo sulla mia pagina la pubblicità di quei prodotti in offerta, in alcuni casi questo tipo di pubblicità può ledere la privacy. 63

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Il futuro degli spot, impacchettati in un’app per viaggiare leggeri sugli schermi dei nostri telefonini. App, Sms e servizi di geolocalizzazione fanno sempre più presa alle aziende e sui consumatori in fatto di pubblicità, si stima che il mercato del mobile advertising italiano sia cresciuto rispetto all’anno precedente direzionando nel digitale e sul mobile gli investimenti pubblicitari. I supporti digitali si moltiplicano: smartphone, tablet, kindle, ebook con un connubio di varie tecnologie da touch screen, bluetooth, blueray. Gli utenti che si connettono ad internet con supporti mobile hanno superato a livello mondiale chi si connetterà con un pc tradizionale, il cellulare sta diventando un canale privilegiato per comunicare con i consumatori, le App portano i contenuti della marca in un contesto di mobilità, sul palmo della mano del consumatore, un esempio Barilla ha sviluppato un’app ipasta in cui porta ricette regionali con facilita d’uso sul proprio smart phone oltre a indicare la dose da usare tramite un cerchietto che appare sullo schermo.

La geolocalizzazione serve a facilitare tramite una mappa la i punti vendita, shops, prodotti verso i consumatori e d’altro canto serve alle aziende a capire chi sono realmente i consumatori a conoscere gli stili di vita ed grado di istruzione, dove abitualmente si trovano anche tramite indagini incrociate con i social network al fine di poter inviare o scambiare informazioni, inviti promozionali mirati a quel tipo di target di cliente. 64

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Mobile coupon significa ricevere buoni sconto via sms o via cellulare, le aziende inviano un codice che il cliente presenterà alla cassa al momento dell’acquisto oppure che digiterà in caso di acquisto on line. In un certo senso la pubblicità scende dalla sua torre d’avorio, perché il consumatore non è come quello di una volta e non c’è più soltanto la televisione che era capace di parlare univocamente con tutti i consumatori allo stesso momento e quindi c’è la necessità di farsi scegliere e di essere più interessante e vicina alle persone. Nasce così il crowdsourcing in cui il consumatore partecipa attivamente alla realizzazione dello spot pubblicitario, utilizzando i social media o addirittura su un cavolo con i copywriter descrivendo sensazioni, profumi emozioni, colori, una sorta di brainstorming per generare stimoli, intuizioni, creatività al fine di perfezionare la campagna pubblicitaria di un prodotto o di un servizio1.

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Piero Degli Antoni – Qn Quotidiano.net.

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Obsolescenza programmata

Un tempo il valore dei beni di consumo, soprattutto dei beni indispensabili, era basato sulla robustezza, affidabilità e sulla capacità di durare nel tempo, oggi non è più così. Oggigiorno il concetto di indispensabile è stato sostituito da quello di necessario, ma il bisogno non è più reale, non è più legato a una vera necessità, in quanto si tratta di un bisogno indotto. In altre parole, acquistiamo beni che possediamo già, senza che ci servono veramente, ma il messaggio pubblicitario ci induce a non poterne farne a meno. Nel mercato automobilistico, i modelli cambiano mediamente ogni tre quattro anni con delle piccole variazioni di stile, nella carrozzeria, nel design, nell’aggiunta di nuovi ritrovati tecnologici, tutto sommato che senso ha cambiare l’automobile che quella che noi abbiamo va ancora bene? Ha senso soltanto se il modello che possediamo ci appare obsoleto, vecchio all’improvviso, in quanto la pubblicità ci convince che l’auto che noi viaggiamo bene è diventata vecchia, polverosa, stantia e noi se vogliamo essere figli del nostro tempo dobbiamo cambiarla prima possibile1. È la teoria dei bisogni indotti vale a dire le fondamenta su cui il marketing ha basato buona parte della sua esistenza. 1 Latouche S. (2011), Come si esce dalla società dei consumi. Corsi e percorsi della decrescita, Torino, Bollati Boringhieri.

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Fin qui possiamo difenderci dicendo no grazie con il modello che ho mi trovo benissimo. La cosa è ben diversa se le aziende invece truccano il gioco. Nel mondo degli smartphon l’evoluzione tecnologica ha raggiuto livelli formidabili e innovativi, quello che facciamo oggigiorno con i nostri cellulari era inimmaginabile fino a dieci anni fa. Ma è davvero necessario cambiare ogni anno un telefonino che ha le funzioni di un supercomputer, di una calcolatrice, di una bussola, di una macchina fotografica di altissima definizione, una telecamera, un navigatore, un enciclopedia, cambiarlo soltanto perché quello nuovo si sblocca leggendo il proprio fondo oculare come nei film di 007 2. Alcune aziende produttrici di cellulari, hanno pensato di introdurre nei loro modelli una specie di meccanismo che fa invecchiare il cellulare prima di quanto dovrebbe accadere, si chiama obsolescenza programmata, per così dire una morte anzitempo nel meccanismo, ciò fa ricordare il romanzo distopico Il cacciatore di androidi di Philip Dick dove Ridley Scott, realizzò il suo capolavoro Blade Runner, con androidi creati come esseri perfetti, immuni alle malattie avevano una durata di vita programmata. Apple e Samsung colpevoli secondo il garante dei consumatori di far scaricare aggiornamenti, che stando alle accuse dell’autority, rendevano i modelli mal funzionanti e meno efficienti, i due colossi sono stati multati per dieci e cinque milioni di euro, in oltre la Apple che ha avuto la sanzione più alta era a conoscenza della deteriorabilità delle sue batterie al litio. Una bella botta per le due aziende in quanto hanno sempre comunicato l’immagine di affidabilità e di garanzia dei loro prodotti.

2 Latouche S. (2013), Usa e getta. Le follie dell’obsolescenza programmata, Torino, Bollati Boringhieri.

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Imprenditori di successo protagonisti degli spot

Un uomo che si è fatto tutto da sé: anche la pubblicità. È l’ultima moda degli spot televisivi. Oggi, per scendere in campo (televisivo) gli imprenditori fanno a gara.

Seguendo l’esempio del gigantesco (in tutti i sensi) Giovanni Rana, oggi ci provano in molti, a reclamizzare da sé il proprio prodotto. 68

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I nomi: Rana appunto, e poi Beghelli, Amadori, Postalmarket, Arcangeli di “Valleverde”, il caffè Vergnano, e poi le pellicce Frigerio, la famiglia Sagra (ma in realtà sono attori), Ennio Doris per la Banca Mediolanum, e infine, sulla stampa, Giuseppe Nicoletti degli omonimi divani. L’ultimo vezzo è mettere la faccia sul proprio prodotto. «È una moda che arriva dall’America», spiega Maurizio D’Adda, pubblicitario milanese che ha curato la campagna del pollo Amadori. «Il primo fu Lee Jacocca, che andò in video a garantire la qualità delle sue macchine. Oggi sono moltissimi quelli che lo fanno. Perché la fiducia è la cosa più difficile da ottenere». La stessa cosa che deve aver pensato Giovanni Rana quando iniziò le sue campagne, ormai quasi dieci anni fa. «Stavo per vendere l’azienda a Barilla, sul mercato erano apparse le multinazionali e sembrava una battaglia persa. Così mi dissi: cosa posso offrire al consumatore che le multinazionali non hanno?». La fiducia, appunto, cioè la sua faccia. In dieci anni di campagna martellante «le multinazionali sono scappate, io ho il 30% del mercato e la Buitoni è ferma al 9%. E ho anche speso pochissimi soldi, rispetto al ritorno».

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«Certo», conferma il sociologo Alberto Abruzzese,

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quella di andare in video è la soluzione più economica e per questo spesso viene scelta. Ma è anche una delle classiche “controspinte”: a fronte di una pubblicità generalmente patinata, che dipinge scenari astratti, questi spot contrastano efficacemente con la loro concretezza. È l’attrattiva del mercatino rionale dove si vendono le stesse cose ma senza etichetta. Tutto ciò è perfettamente in linea con una società che da un lato va verso una globalizzazione, e dall’altro rivaluta il localismo. Nel nostro caso, il padrone della fabbrica che comunica direttamente al consumatore. È un ritorno alle origini molto suggestivo, a quando il padrone del negozio reclamizzava la merce. Ed è interessante notare come questo fenomeno si colleghi invece alla più moderna forma di commercio, quella su Internet, dove anche la piccolissima azienda ha un contatto diretto col pubblico.

Ma quanto c’è di esibizionistico in un atteggiamento del genere? Giovanni Rana, schietto e sincero come i suoi tortellini, ammette: «L’ho scoperto dopo, che questa cosa era dentro di me… insomma, che mi piaceva! Conosco bene Zeffirelli, e una volta gli ho detto che avrei voluto seguire un corso di recitazione. Per carità! Mi ha risposto lui. Resta come sei!». 70

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Nega invece la tendenza al protagonismo Maurizio D’Adda: «Amadori era già andato in video ai tempi della questione dei polli alla diossina, per garantire la bontà del suo prodotto: ottenendo un ottimo effetto. Per questo abbiamo deciso di mandarlo in video. Ma non abbiamo certo assecondato la sua natura. Ci ha convinto proprio la sua non bravura come attore. E comunque l’uso della propria faccia funziona soprattutto nei prodotti alimentari, dove le eventuali pericolosità sono vissute con maggiore allarme». Conferma Giovanni Rana: «Una volta un industriale che produce caldaie mi ha chiesto se era una buona idea farsi pubblicità, e io gli ho risposto: mah… d’altronde non mi sembra che tutti quelli che hanno seguito la mia strada abbiano ottenuto grandi risultati…». Comunque anche lui ha deciso di fare un passo indietro. «Dalle ricerche abbiamo scoperto che la mia immagine “copriva” il prodotto. Perciò nei nuovi spot (in onda da ieri) smetterò i panni dell’attore e tornerò fra i fornelli». Conferma Maurizio D’Adda: «Rana è così popolare che ormai potrebbe fare pubblicità anche per altri».

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Loghi, comunicazione e linguaggi in politica

La prima azienda o partito politico per così dire ad utilizzare i loghi pubblicitari è stata la Chiesa Cristiana, effettivamente i cristiani costituivano con una figura economica politica e sociale tanto che influenzarono il potere romano, con una figura di spicco come quella di Gesù Cristo, superiore a qualsiasi attore, con i messaggi biblici come slogan e l’immagine del crocifisso immagine simbolica iconoclasta come logo e segno pubblicitario, con gli apostoli e preti che fanno da passaparola del messaggio, suscitando il bisogno (sensazione penosa di insoddisfazione percepita da uno o più consumatori ) ai credenti di purificarsi dai peccati. Ma senza andare troppo lontani nel tempo, già nel ’900, la politica ha adottato diverse strategie di linguaggio con svariati loghi in base ai partiti movimenti e liste civiche1.

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Cosenza G. (2018), Semiotica della comunicazione politica, Roma, Laterza.

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Benito Mussolini, da Palazzo Venezia, usava un linguaggio semplice elementare ricco di sfide e di obiettivi, con un tono carismatico e conciso per affascinando le piazze e alla fine del suo discorso vi era il grande plauso con totale consenso. Affascinare non è un termine a caso in fatto, il simbolo del fascismo era il fascio, fascinus fallo divinizzato di Priapo divinità greca, infatti un tempo solo alcuni uomini potevano avere un certo fascino, oggi il termine è esteso anche per le donne. Mussolini non usava grisaglia ma una giacca con divisa militare per dare l’idea di essere attivi e pronti ad attaccare sfidando i nemici. Con l’arrivo dei democristiani arriva parallelamente la Tv di stato, inizia l’era dei salotti televisivi che ospitavano democristiani con capelli corti all’indietro o con la riga laterale, imbrillantinanti con Linetti tutti rigorosamente in grisaglia. Siamo lontani dal periodo della guerra i politici avevano smesso di indossare divise militari, cosi arriva la grisaglia ovvero un vestito grigio che era simbolo di serietà di accordi diplomatici e dialogo con gli stati esteri e altri partiti. I democristiani preferivano apparire in Rai che nelle piazze per dare un senso di ordine, di accordo, di ascolto verso i 73

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cittadini utilizzavano il politichese, linguaggio elitario e incomprensibile, ma gli italiani di quegli anni amavano non capire, il parlare difficile era sinonimo di competenza dei politici e di ignoranza delle masse. Il logo della democrazia cristiana era lo scudo crociato per accaparrare l’attenzione dei fedeli della chiesa e avere i voti da suore e preti, logo grafico di significati di speranza, auspici fiducia e di credo, erano speso frequentatori di chiese, basta vedere dei filmati storici erano sempre nei primi banchi a prendere la comunione battendo il petto. Ciò significa Siamo buoni e di noi ti puoi fidare, apparivano poco sorridenti e spesso con il broncio ma sarcastici con cinica ironia come Giulio Andreotti2.

2 Prato A. (2018), Comunicazione e potere. Le strategie retoriche e mediatiche per il controllo del consenso, Roma, Aracne.

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I democristiani erano filo americani, con il piano Marshall, l’Italia è invasa dalla cultura americana fatta di Rock & Roll, Jazz con Elvis Presley e Glenn Miller, il cinema è invaso da Marilyn Monroe e John Wayne un’Italia con i suoi artisti con troppa America sui manifesti. L’altro schieramento era formato dai comunisti con una ideologia filo sovietica, in genere non amavano tanto guardare la tv come i democristiani ma preferivano leggere Antonio Gramsci, Karl Marx, Lev Trockij, Georg Hegel con una propria filmografia Elio Petri, Francesco Rosi, Marco Bellocchio, Gianni Amelio, Nanni Moretti, dove la tv di stato e private sono sempre state reticente a trasmetterli. I politici comunisti insieme ai sindacalisti accaparravano il loro pubblico nelle piazze, dove vigeva la protesta e il disaccordo, il logo del partito è la falce e martello simboli che identificano la classe operaia, segno che identifica il lavoro, il sacrificio con un giusto salario uguale per tutti. Negli anni ’80 nel periodo elettorale iniziarono i primi spot con messaggi subliminali con i loghi di Pc, Pd, Psi e ai tempi furono molto criticati. I nomi dei partiti sono sempre stati dei più curiosi con i simboli più bizzarri come l’asinello dei democratici di sinistra, il garofano dei socialisti, l’ulivo come simbolo di pace, l’unione, l’arcobaleno dei verdi, la rete, fino ai recenti movimento cinque stelle e potere al popolo, la tartaruga di Casa Pound. Forza Italia il nome rievoca i cori da stadio fu proprio il 1994 in concomitanza dei mondiali di calcio che le tv mandavano incessantemente lo spot con Silvio Berlusconi, uno vero set televisivo che rievocava lo studio di casa con la fotografia della famiglia con la moglie e i figli ovviamente lo studio era stato costruito apposta per lo spot accompagnato da una musica corale orchestrata3. 3

Fornari G. (2006), L’imbarbarimento del linguaggio politico, Roma, Ediesse.

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Uno spot surreale che emanava felicità con un sorriso a trentasei denti con un senso di rassicurazione. In quell’anno ogni italiano ricevette un libro opuscolo con la vita e la storia di Silvio Berlusconi e il programma di Forza Italia.

Il Movimento cinque Stelle utilizza un linguaggio di piazza, tipico delle sinistre di un tempo, gazebo, volantini e gadget insieme con la tecnologia dei social e dei meetup dei nostri tempi; taggare, condividere e commentare post su facebook e fare una diretta sui social per pubblicizzare il candidato del movimento o screditare gli avversari politici4.

4 Palmieri A. (2016), Internet e comunicazione politica. Strategie, tattiche, esperienze e prospettive, Milano, FancoAngeli.

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Da qualche decennio la politica fa uso degli spin doctors, esperti in comunicazione, ovvero figure che si occupano di organizzare la campagna elettorale, curando l’immagine del politico, la giusta prossemica (comunicazione degli spazi), la comunicazione verbale e non verbale, la pantomima, gesti da fare o da evitare, tono della voce, il giusto entusiasmo, scegliendo la migliore strategia, programmando le uscite in pubblico in piazze, salotti televisivi o teatri (in base al target di riferimento), impostando i discorsi da fare e i termini da utilizzare o da omettere per ottenere consenso elettorale e buon giudizio dell’opinione pubblica5. È facile accorgersi vedere un politico leggere un discorso attraverso un monitor o una voce che suggerisce il discorso da fare, tramite un minuscolo auricolare6.

5 Baiocchi A. (2018), Comunicazione e politica. Guida moderna per cittadini sbandati e politici allo sbando, Roma, Pontesisto. 6 Stinga P. (2009), Lo spin doctoring: strategie di comunicazione politica, Roma, Carocci.

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Bibliografia

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