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Italian Pages 390 [413] Year 2008
A08 196
Questo lavoro è stato redatto dagli autori in stretta collaborazione e con unità concettuale. Purtuttavia sono da attribuire a Flavia Fascia i capitoli 2, 3 e 4 e a Renato Iovino i capitoli 5, 6 e 7.
In copertina: Richard Meier, la Chiesa Misericordiarum Patri dicatum.
Flavia Fascia Renato Iovino
LA STRUTTURA IN CEMENTO ARMATO PER L’ARCHITETTURA Tecnica e tecnologia
Copyright © MMVIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133 A/B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN
978–88–548–1913–9
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: luglio 2008
a Manuel e Francesco
a Franco e Cristina
una cosa che non si deve fare in Architettura è quella di pensarla senza la struttura Nicola Pagliara
Ringraziamenti Un lavoro come questo non può mai considerarsi pienamente compiuto. Ho letto e riletto tante volte le pagine dei capitoli 2, 3 e 4 e ho sempre aggiunto qualche cosa lì e tagliato qualcosa là, nel tentativo frenetico di migliorare il testo. Ma ora mi devo staccare dalla bozza del lavoro perché è ormai tempo di dedicarmi ad altro. Ma devo riconoscere che se ho potuto scrivere queste pagine lo devo a molte persone alle quali voglio esprimere i miei ringraziamenti. Devo ringraziare i miei figli, Manuel e Francesco, che mi hanno sostenuta con amore nel mio lavoro e mi hanno sempre manifestato, con i loro piccoli e grandi gesti di tutti i giorni, la stima che nutrono per la loro mamma-professore. Devo ringraziare i miei giovani allievi che con le loro domande mi hanno spinta ad approfondire gli argomenti che trattavo durante le lezioni e nel corso di elaborazione delle tante tesi di laurea che ho avuto il piacere di seguire come relatore. Devo ringraziare Renato Iovino che non mi ha fatto mai mancare il suo appoggio e la sua guida fin dai primi giorni dedicati alla ricerca e alla didattica. Ma un ringraziamento particolare lo devo al professore Aldo de Marco che con tanto altruismo e tanta capacità ha voluto dedicare tantissimo del suo tempo alla revisione di questo lavoro. Non si possono dimenticare le tante ore passate a Salerno, nella sua Facoltà, per rileggere il testo, per aggiungere fotografie che meglio esprimevano i concetti, per rendere più snello il testo, per rendere più comprensive le idee, a volte confuse. Il professore Aldo de Marco, ancora preso dall’entusiasmo di un giovane ricercatore, mi ha dato l’aiuto e la sicurezza di un fratello maggiore. Grazie professore de Marco, Flavia Fascia
IV
I capitoli 5, 6 e 7 di questo lavoro, sono il risultato di una intera vita dedicata allo studio e alla ricerca, ed alle tante riflessioni sui conglomerati cementizi in particolare. Se oggi ho potuto scrivere su questi argomenti, lo devo ad alcune Persone che hanno inciso fortemente sulla mia maturazione: a mia Madre, Cristina, che non mi ha fatto mai mancare il suo amore, pur nella giusta dose di bonaria severità; a mio Padre, Francesco Saverio, splendido esempio di uomo e di ingegnere, che per me ha sempre personificato una vetta, alta e bianca di candore, da scalare; al mio Professore Pasquale d’Elia, che ha favorito il mio ingresso nel mondo accademico appoggiando senza alcuna riserva i miei primi passi in questo splendido universo. Ma un ringraziamento particolare lo devo al Professore Aldo de Marco, che mi ha voluto regalare la sua amicizia e il suo affetto. Aldo de Marco è stato il primo in tanti avvenimenti significativi della mia vita. Per primo, un giorno mi ha invitato, nell’atrio di quello che per noi giovani appena laureati era il Politecnico, di rivolgermi al prof. d’Elia per partecipare ad un concorso nazionale per una borsa di studio ministeriale; per primo, mi ha consegnato un assegno per una mia collaborazione professionale; per primo, mi ha spinto ad iniziare una ricerca sui conglomerati cementizi, suggerendomi anche l’argomento; per primo, ha creduto ostinatamente nelle mie capacità per la soluzione di un algoritmo che, dopo tre mesi di studio, non riuscivo a trovare … fino a quando, trovata la chiave risolutiva, mi disse “hai visto? Te lo avevo detto!”; per primo, durante un pranzo a casa sua, insieme alla sua splendida famiglia, mi disse “chiamami Aldo, basta con professore”. Grazie Aldo, per me e per tanti miei colleghi sei stato, e sei, uno splendido esempio di Ingegnere e di Professore, Renato Iovino
V
Presentazione È da anni che vado discutendo con gli Autori di questo libro sulla durabilità delle costruzioni e dei diversi materiali che le compongono. Improvvisamente, ieri, per una strana associazione d’idee, mi sono ricordato del carme oraziano I 11 (a Leucònoe) del quale spesso tanti, a proposito e a sproposito, rammentano i versi “Dum loquimur, fugerit invida aetas/ Carpe diem quam minimum credula postero” 1 , omettendone tutti i precedenti 2 ai quali questi citati sono in logico collegamento. Sui concetti espressi in tutta l’ode, secondo me, è il fondamento della filosofia di Orazio che va letta con attenzione 3 , in profondità, senza fermarsi alla sola ‘versione letterale’ che può confondere o essere confusa con un gretto opportunismo o con una dissacrante scuola di pensiero che riconosca nel solo piacere il fine ultimo dell'uomo (edonismo). Secondo me, con queste parole, Orazio si voleva riferire all'uomo ‘comune’, con tutte le sue debolezze terrene, all’uomo al quale non sarebbe dato di conoscere il futuro, né tanto meno di essere capace di determinarlo. Se così non fosse, forse si potrebbe pure fare a meno di riflettere su quanto noi stavamo discutendo in tema di durabilità che è parte sostanziale di quella cultura del progetto che consente di operare nel quotidiano, sul nuovo a costruire proiettato verso il futuro nonché su quel costruito che ci è pervenuto più o meno malconcio, ma per il quale si intravedono possibilità di restauro o di recupero motivate da esigenze di conservazione di memorie o di nuovi usi compatibili. Ma lo stesso Orazio nell’ode 30 del Carme III, nota come del “commiato” o del “congedo”, scrisse 4 : Più immortale del bronzo ho lasciato un ricordo, che s’alza più delle piramidi reali, e non potrà distruggerlo morso di pioggia, violenza di venti o l’incessante catena degli anni a venire, il dileguarsi del tempo.
Spero che Orazio, dall’altro mondo, non pensi di questa mia presentazione quello che scrisse per le satire di Lucilio: «At magnum fecit, quod verbis graeca latinis miscuit». 2 Carme I 11, A Leuconoe (con modifiche della traduzione), sta in Quinto Orazio Flacco, Odi Epodi, introduzione, traduzione e note di Mario Ramous, Garzanti editore SpA, VIII ed., marzo 2005. 1
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati, seu plures hiemes, seu tribuit Iuppiter ultimam, quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero
Non domandarti, non è giusto saperlo, a me, a te quale sorte abbian dato gli dèi, o Leuconoe e non chiederlo ai numeri Babilonesi. Sopporta al meglio quel che sarà: se molti inverni Giove ancor ti conceda o ultimo questo che contro i pomicei fiacca il mare Tirreno. Sii saggia, filtra il vino, breve è la vita, rinuncia a speranze lontane. Mentre stiamo parlando, sta fuggendo il tempo ‘carogna’: carpe diem, non pensare a domani.
Non a caso, sostiene Ugo Enrico Paoli, "nulla [...] appare così difficile come penetrare nell’animo di Orazio". 4 Carme III 30, del “commiato” (con modifiche della traduzione), sta in Quinto Orazio Flacco, Odi Epodi, op. cit. 3
VI
Qui Orazio, uomo non comune, parlava di un ricordo di sé che stava per lasciare e, per dare forza al suo discorso, si riferiva materiali eterni ed indistruttibili e non all’uomo del carpe diem: “No, non sarà la fine, gran parte di me sfuggirà alla morte. E finché sul Campidoglio salirà con la vergine muta un pontefice, nel futuro sempre più fiorirò di gloria…” Queste ultime considerazioni e il latino ‘betunium’, ricordato opportunamente e con discrezione nella parte iniziale di questo libro, mi hanno fatto ritornare a quanto dicevo innanzi anche perché, nel frattempo, la triade vitruviana - firmitas, utilitas, venustas - mi era venuta in soccorso e, la triade, non può che escludere il quam minimum credula postero: nella ‘triade’ vi è tutto il programma per chi costruisce e l’ottimismo de il “commiato”, e l’entusiasmo di chi studia per progettare, di chi pensa di poter creare qualcosa di utile per l’uomo non solo nell’immediato, ma anche per chi verrà dopo di lui. Il betunium, poi, il primo dei tipi di calcestruzzo che merita l’aggettivo ‘storico’, nacque dall’esigenza di costruire ‘rocce artificiali’ resistenti, secondo necessità, e tali da poter essere modellate a piacimento. Dal latino "betunium" che tanto ha resistito nel tempo, come materiale e come sostantivo, deriva il "beton", termine comunemente usato ancora oggi da francesi, tedeschi e italiani per quel materiale composito per il quale è necessario studiare e proporre le “ricette” di cui si tratta in questo libro scritto nel solco tracciato dalla tradizione della scuola napoletana 5 negli ultimi sessant’anni per la ricostruzione delle case distrutte nell’ultimo dopoguerra e quelle della successiva ripresa economica: questa fu fondata proprio sulla cultura della casa, della casa da lasciare in eredità che, in noi meridionali, è sempre viva. Le “quattro mura”, come idea, in questa terra, non sono ancora assimilate ad un telefonino o ad un’automobile da rottamare neppure dopo i disastrosi terremoti che hanno colpito l’Italia tutta. D’altra parte che cosa può e deve essere più sicuro, utile e bello per l’uomo della sua casa, dei luoghi di incontro e di svago, della città o del villaggio? O del ponte che ‘unisce’, che ‘lega’ punti ‘lontani’ riducendo tante distanze anche in senso metaforico? Ho scritto il progettista deve “creare qualcosa di utile per l’uomo…”; ma il progettista crea? Creare significa fare dal nulla, ma noi non lavoriamo sul nulla, noi lavoriamo sul concreto esistente! Io, quindi, non creo o, almeno, questo mi dice il mio essere cristiano pur con le tante imperfezioni e con l’ingombrante carico dei ricorrenti peccati che mi tormentano e mi fanno sentire talvolta forte e presuntuoso, talaltra, debole
Exegi monumentum aere perennius regalique situ pyramidum altius, quod non imber edax, non Aquilo inpotens possit diruere aut innumerabilis annorum series et fuga temporum. Non omnis moriar multaque pars mei vitabit Libitinam; usque ego postera crescam laude recens, dum Capitolium scandet cum tacita virgine pontifex… 5
Più immortale del bronzo ho lasciato un ricordo, che s’alza più delle piramidi reali, e non potrà distruggerlo morso di pioggia, violenza di venti o l’incessante catena degli anni a venire, il dileguarsi del tempo. No, non sarà la fine: gran parte di me sfuggirà alla morte. E finché sul Campidoglio salirà con la vergine muta un pontefice, nel futuro sempre più fiorirò di gloria…
Cfr. Pasquale d’Elia, La tecnologia dei conglomerati cementizi, Liguori Editore, Napoli 1968
VII
come, in effetti, sono, ma non fino al punto di rispondere alle sollecitazioni del carpe diem 6 . “…per mezzo di Lui tutte le cose sono state create…”. … per mezzo di Lui, il Creatore… Soffermiamoci sull’uomo come essere del ‘creato’, alla complessità armonica della persona, alla carne, allo scheletro, al sistema di circolazione sanguigna con quella formidabile pompa che è il cuore, al suo cervello… Nessuna di questi elementi può esistere nell’uomo senza gli altri… Tutto Dio fece e creò dal nulla! Dio generato, non creato… Questo accostamento, spero non irriverente, tra sacro e profano, mi è stato suggerito dal fatto che, in questo libro ho anche trovato un opportuno riferimento, pur se implicito, alla ‘dimensione umana’ delle costruzioni che l’uomo ‘inventa’ (non ‘crea’) e ho visto con piacere che le stesse costruzioni sono presentate agli Studenti di Ingegneria come ideate e fatte non per parti poi da unire con rabberciamenti più o meno profondi, ma da parti che, tutte, si relazionano già a partire dall’idea, e che si sostanziano nel concreto in modo da non poter ‘funzionare’ l’una senza l’altra. Altra cosa è, però, presentare agli stessi Studenti, ai soli fini dell’insegnamento, l’edificio scomposto in più elementi di fabbrica elementari da approfondire uno per uno fino ai singoli materiali che li costituiscono. Chiarire quali sono le interrelazioni tra questi elementi è fondamentale in modo che si possa far capire - come è stato fatto in questo libro per le strutture in conglomerato cementizio armato analizzate, anche dal punto di vista storico, in un processo senza fine - quale è il ruolo principale di ciascuno di essi e il legame che ogni parte, derivata dalla scomposizione, ha con tutte le altre in ogni edificio che si dovrà progettare, nella concezione unitaria di un sistema complesso di esigenze umane da soddisfare e di risposte prestazionali adeguate che si concretizzano proprio nel rapporto tra più elementi di fabbrica. Aldo de Marco
6
E qui, di presunzione pecco, perché non mi sento un uomo ‘comune’.
VIII
INDICE TERMINI, DEFINIZIONI, UNITÀ DI MISURA..........................................XIV
1. PREMESSE ......................................................................................................... 1 2. DAL BETUNIUM AL CEMENTO ARMATO.................................................9 2.1 Evoluzione storica del calcestruzzo .......................................................... 38 2.2 Il cemento armato nelle costruzioni ......................................................... 50 2.3 Architetture in cemento armato del XX secolo......................................... 67 2.3.1 La casa di rue Franklin e August Perret (1903)............................................ 67 2.3.2 La chiesa Notre Dame a La Raincy e August Perret (1923) ...................... 70 2.3.3 La casa sulla cascata di Kaufmann e Frank Lloyd Wright (1936) ............. 73 2.3.4 La cappella di Ronchamp e Charles E. Janneret, Le Corbusier (1950) .... 76 2.3.5 Il Guggenheim Museum a New York e Frank Lloyd Wright (1949)........ 78 2.3.6 Il Politecnico di Otaniemi e Alvar Aalto (1954-1960) ................................ 82 2.3.7 La chiesa di Dio Padre Misericordioso a Roma e Richard Meier (1996) . 85
3. VERSO GLI ‘ELEMENTI DI FABBRICA’ PER L’ARCHITETTURA....... 91
3.1 La classificazione dei procedimenti produttivi......................................... 94 La struttura realizzata in cantiere..................................................................... 95 La struttura realizzata in stabilimento........................................................... 100 La struttura realizzata parte in opera e parte in stabilimento .................... 101 3.2 La classificazione materica..................................................................... 102 La struttura in muratura.................................................................................. 103 La struttura intelaiata in cemento armato..................................................... 105 La struttura intelaiata in acciaio ..................................................................... 105 La struttura con sistemi combinati di cemento armato e acciaio.............. 107 3.3 La classificazione morfologica ............................................................... 109 La tipologia lineare........................................................................................... 110 La tipologia piana............................................................................................. 110 La tipologia tridimensionale ........................................................................... 111 3.4 L’elemento di fabbrica di partizione orizzontale.....................................115 3.4.1 L’elemento costruttivo solaio ....................................................................... 115 3.4.2 I solai latero-cementizi................................................................................... 116 3.4.3 I solai in acciaio............................................................................................... 120 3.4.4 I solai in acciaio e laterizi............................................................................... 123 3.4.5 I solai in legno................................................................................................. 124 3.4.6 I solai misti in polistirolo............................................................................... 128
4. LA STRUTTURA IN CEMENTO ARMATO...............................................131 4.1 La struttura di fondazione........................................................................131 4.2 La struttura in elevazione........................................................................ 142 4.3 L’organizzazione della struttura intelaiata ............................................. 149 4.3.1 La struttura intelaiata in zona non sismica.................................................. 153 4.3.2 La struttura intelaiata in zona sismica.......................................................... 157 4.4 La struttura a pannelli prefabbricati in cemento armato ....................... 167
IX
5. LA TECNOLOGIA DEI CONGLOMERATI CEMENTIZI ....................... 181 5.1 Il confezionamento del calcestruzzo .......................................................182 5.2 Il conglomerato cementizio allo stato fresco ..........................................189 5.2.1 L’omogeneità...................................................................................................189 Il controllo dell’omogeneità............................................................................191 5.2.2 La lavorabilità ..................................................................................................192 La fluidità...........................................................................................................193 La plasticità........................................................................................................193 5.2.3 La consistenza .................................................................................................196 Prova del Cono di Abrams (slump-test) .......................................................196 Prova della Tavola a scosse (flow-test) .........................................................199 Prova VEE-BEE..............................................................................................199 5.3. Le proprietà del calcestruzzo allo stato indurito ...................................201 5.3.1 La resistenza a compressione........................................................................201 Legge del Fèret .................................................................................................201 Valutazione preliminare della resistenza .......................................................213 Controllo di accettazione ................................................................................213 Controllo di accettazione Tipo A ..........................................................214 Controllo di accettazione Tipo B...........................................................214 Prove complementari.......................................................................................215 5.3.2 La resistenza a trazione e a flessione............................................................215 5.3.3 La deformabilità dei calcestruzzi ..................................................................215 Le deformazioni sotto carico..........................................................................215 Le deformazioni termiche...............................................................................218 Ritiro ..................................................................................................................218 Fluage.................................................................................................................223 5.4. I componenti del conglomerato cementizio ..........................................223 5.4.1 Il cemento ........................................................................................................224 Tipo I - Cemento portland .....................................................................224 Tipo II – Cemento portland di miscela ................................................225 Tipo III - Cemento d’altoforno .............................................................225 Tipo IV - Cemento pozzolanico............................................................225 Tipo V - Cemento composito ................................................................226 Processi di idratazione dei cementi................................................................226 La scelta del cemento.......................................................................................227 5.4.2 L’acqua d’impasto ...........................................................................................228 5.4.2.1 La qualità dell’acqua ............................................................................228 5.4.2.2 Il dosaggio dell’acqua ..........................................................................229 L'acqua di presa ........................................................................................229 L'acqua di bagnatura ................................................................................229 L'acqua di lavorabilità ..............................................................................231 5.4.3 Gli inerti ...........................................................................................................233 Pesi specifici..............................................................................................235 5.4.3.1 La natura degli inerti ...........................................................................236 Tenacità, durezza, durevolezza, resistenza meccanica ........................237 Purezza.......................................................................................................237 Limo, argilla e materie organiche ...........................................................238 Cloruri........................................................................................................239
X
Solfati......................................................................................................... 239 Silice reattiva............................................................................................. 239 5.4.3.2 La forma degli inerti............................................................................ 240 5.4.3.3 L’assortimento granulometrico ......................................................... 241 Compattezza e resistenza........................................................................ 241 Effetto di parete....................................................................................... 243 Il diametro massimo dell’aggregato misto............................................ 245 L’analisi granulometrica .......................................................................... 247 Il modulo di finezza................................................................................. 253 Le curve granulometriche continue ideali ............................................ 255 Curve granulometriche del Fuller.................................................. 255 Curva granulometrica del Bolomey............................................... 257 Curava granulometrica del Bolomey per i soli inerti .................. 259 Curva granulometrica Cubica......................................................... 259 Curva granulometrica di Faury ...................................................... 261 Principio di equivalenza delle curve granulometriche ........ 263 L’uso pratico del principio di equivalenza delle curva granulometriche ....................................................................... 265 La porosità del calcestruzzo ................................................... 267 Modifica degli indici ponderali proposti dal Faury ............. 268 Le curve granulometriche discontinue.................................................. 268 Fusi granulometrici.................................................................................. 269 Preparazione di un misto granulometrico secondo una curva di riferimento.......................................................................... 271 L’umidità degli inerti................................................................................ 276 5.4.4 Gli additivi ....................................................................................................... 277 Gli additivi acceleranti............................................................................. 278 Gli additivi aeranti ................................................................................... 278 Gli additivi anti-evaporanti..................................................................... 279 Gli additivi antigelo ................................................................................. 279 Gli additivi antiritiro................................................................................ 279 Gli additivi disarmanti............................................................................. 280 Gli additivi fluidificanti ........................................................................... 280 Gli additivi superfluidificanti.................................................................. 280 Gli additivi idrofobizzanti....................................................................... 280 Gli additivi inibitori di corrosione......................................................... 281 Gli additivi plastificanti ........................................................................... 281 Gli additivi ritardanti ............................................................................... 281 5.5. La durabilità del conglomerato cementizio........................................... 282 5.5.1 Le classi di esposizione ambientale.............................................................. 282 La classe XO..................................................................................................... 287 La classe XC ..................................................................................................... 287 La carbonatazione.................................................................................... 288 La classe XD..................................................................................................... 289 La corrosione indotta dai cloruri non provenienti da acqua di mare ...................................................................................... 289 La classe XS ...................................................................................................... 290 La corrosione indotta dai cloruri provenienti da acqua di mare ....... 290
XI
La classe XF ......................................................................................................290 L’azione degradante per cicli di gelo e disgelo.....................................291 La classe XA......................................................................................................291 Attacco solfatico.......................................................................................292 L’attacco solfatico esterno ......................................................................292 L’attacco solfatico interno ......................................................................292 L’attacco degli ioni NH4+ e Mg++......................................................292 5.5.2 Le prescrizioni per le classi di esposizione ambientale..............................293 Classe di esposizione XC ................................................................................293 Classe di esposizione XD................................................................................293 Classe di esposizione XS .................................................................................294 Classe di esposizione XF.................................................................................294 Classe di esposizione XA ................................................................................294
6. IL PROGETTO DEL MIX-DESIGN............................................................299 6.1 Lo studio del misto granulometrico ........................................................302 6.2 Lo studio del misto con il metodo delle curve granulometriche ............302 6.3 Lo studio del misto con il metodo di Faury ............................................305 6.4 Confronto tra il metodo delle curve granulometriche e il metodo di Faury ...................................................................................309
7. IL PREDIMENSIONAMENTO DELLA STRUTTURA IN C.A.
PER L’ARCHITETTURA .............................................................................313 7.1 Le azioni sulle strutture ...........................................................................313 7.1.1 Le azioni gravitazionali ..................................................................................315 7.2 Le resistenze di calcolo ...........................................................................319 Resistenza di calcolo a compressione del calcestruzzo Vcd, secondo la 1996................................................................................................................319 Resistenza di calcolo dell’acciaio Vyd , secondo la 1996..............................319 Tensioni tangenziali ammissibili nel conglomerato Wcd secondo la 1996 ................................................................................................320 7.3 L’analisi dei carichi .................................................................................321 7.4 Le verifiche ..............................................................................................330 7.5 Il predimensionamento dei solai.............................................................332 7.6 Il predimensionamento delle travi ..........................................................335 7.7 Il predimensionamento dei pilastri .........................................................341 7.8 Il predimensionamento degli sbalzi........................................................346
APPENDICE: Norme Tecniche per le Costruzioni ...........................................353 A.1 Classi di resistenza dei calcestruzzi.......................................................353 A.2 Controlli di accettazione dei calcestruzzi..............................................353 A.3 Le resistenze di calcolo..........................................................................355 A.4 Deformazione da ritiro dei calcestruzzi.................................................357 A.5 Deformazione da fluage dei calcestruzzi...............................................358 A.6 I leganti ..................................................................................................359 A.7 Gli aggregati...........................................................................................360 A.8 La durabilità...........................................................................................361
XII
A.9 Le strutture sismo resistenti in cemento armato .................................. 361 A.10 La fondazione ....................................................................................... 362 A.11 Requisiti delle strutture in cemento armato ......................................... 363 A.12 Azioni sulle strutture............................................................................. 364 A.13 L’azione sismica ................................................................................... 366 A.14 Azione del vento.................................................................................... 374 A.15 Azione della neve .................................................................................. 380 A.16 Azioni della temperatura ...................................................................... 384 A.17 I solai..................................................................................................... 386 Fonti delle illustrazioni........................................................................................ 387 Bibliografia .......................................................................................................... 388
XIII
TERMINI, DEFINIZIONI, UNITÀ DI MISURA Termini
Simb.
Unità
Acqua di bagnatura
Ab
litri/m3
Acqua di impasto
A
litri/m3
Acqua di lavorabilità
Al
litri/m3
Acqua di presa
Ap
litri/m3
Additivo Assortimento granulometrico Azioni diretta Azione indirette Azioni degrado endogeno Azioni degrado esogeno Azioni statiche Azioni semi statiche Azioni dinamiche Azioni permanenti
G
Azioni permanenti
G1
Azioni permanenti Azioni permanenti
G2 P
Azioni variabili
Q
Azioni variabili di lunga durata Azioni variabili di breve durata Azioni eccezionali
A
Definizioni Litri di acqua, per metro cubo di impasto, necessari per bagnare gli inerti supposti asciutti. Somma dell’acqua di presa, dell’acqua di bagnatura e dell’acqua di lavorabilità. Litri di acqua, per metro cubo di impasto, necessari per conferire adeguata lavorabilità al calcestruzzo. Litri di acqua, per metro cubo di impasto, stechiometricamente necessari per la presa del cemento. Sostanza aggiunta all’impasto per migliorare alcune caratteristiche del calcestruzzo. Assortimento percentuale delle classi di inerti in un miscuglio. Forze concentrate e carichi distribuiti, fissi o mobili. Spostamenti impressi, variazioni di temperatura e di umidità, ritiro, precompressione, cedimenti di vincoli, ecc. Alterazione naturale del materiale di cui è composta la struttura. Alterazione delle caratteristiche dei materiali strutturali, a causa di agenti esterni. Azioni applicate alla struttura che non provocano accelerazioni significative della stessa. Azioni dinamiche rappresentabili con un’azione statica equivalente. Azioni che causano significative accelerazioni della struttura. Azioni che agiscono durante tutta la Vita Nominale della costruzione, la cui variazione di intensità nel tempo è così piccola e lenta da poterle considerare costanti. Peso proprio di tutti gli elementi strutturali; peso proprio del terreno, quando pertinente; forze indotte dal terreno; forze risultanti dalla pressione dell’acqua. Peso proprio di tutti gli elementi non strutturali. Pretensione e precompressione. Azioni che agiscono con valori istantanei che possono risultare sensibilmente diversi tra loro nel tempo. Azioni che agiscono con intensità significativa, anche non continuamente, per un tempo non trascurabile rispetto alla vita nominale VN della struttura. Azioni che agiscono per un tempo breve rispetto alla vita nominale VN della struttura. Azioni che si verificano solo eccezionalmente durante la vita nominale VN della struttura.
XIV
Azioni sismiche
E
Bleeding Boiacca * Carbonatazione * Classe di Consistenza
Si
mm
Classe di inerti Clinker di portland Coesività * Compattazione * Compattezza
c
Consistenza Copriferro * Curing * Curva granulometrica Curva granulometrica continua Curva granulometrica discontinua Deformazione
ƥ
Deformazione termica Diametro massimo
dmax
mm
C
Kg/m3
Disarmante * Dosaggio di cemento Disarmo *
Azioni derivanti dai terremoti. Raccolta di acqua sulla superficie del getto del calcestruzzo. Miscela fluida di cemento ed acqua. Neutralizzazione dell’idrossido di calcio presente nel calcestruzzo indurito per effetto dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera. Le NTC fissano cinque classi di consistenza (S1, S2, S3, S4, S5) valutate con la prova del Cono di Abrams (slump test). Insieme di inerti compresi nell’intervallo dimensionale di – di+1. Prodotto di base dei cementi, ottenuto della cottura della miscela calcare-argilla. Proprietà del calcestruzzo fresco di resistere alla segregazione. Azione dinamica applicata al calcestruzzo nel corso della messa in opera, finalizzata a minimizzare il contenuto d’aria intrappolata. Rapporto tra il volume assoluto ed il volume apparente di un miscuglio solido informe. Attitudine del calcestruzzo allo stato fresco a conservare la forma che gli viene conferita. Nel calcestruzzo armato è la distanza minima tra la superficie del ferro di armatura e la superficie esterna del calcestruzzo. Azione od agente esterno utilizzato per proteggere il calcestruzzo durante la maturazione. Rappresentazione grafica, in un diagramma cartesiano, della legge di variazione della percentuale delle classi di inerti in un miscuglio. Rappresentazione grafica, in un diagramma cartesiano, della legge di variazione della percentuale delle classi di inerti in un miscuglio contenente tutte le classi nell’intervallo 0 - dmax Rappresentazione grafica, in un diagramma cartesiano, della legge di variazione della percentuale delle classi di inerti in un miscuglio non contenente tutte le classi nell’intervallo 0 - dmax Rapporto tra la variazione dimensionale ƅL e la dimensione iniziale L: ƥ = ƅL/L. Deformazione di un materiale per effetto di variazioni termiche. Dimensione massima degli inerti che formano l’assortimento granulometrico. Olio od agente che, applicato al manto della cassaforma, agevola il distacco tra cassaforma e calcestruzzo dopo l’indurimento. Chilogrammi di cemento per metro cubo di impasto. Azione di rimozione delle casseforme dopo che il calcestruzzo ha raggiunto la resistenza prevista.
XV
Durabilità * Durezza Duttilità Esotermico * Essudazione (o bleeding) * Finitura (delle superfici) * Fluage Fluidità Giunto freddo * Indurimento del calcestruzzo * Inerte naturale Inerte artificiale Interferro * Lavorabilità Massa volumica * Maturazione * Modulo Elastico o Modulo di Young
E
N/mm2
Peso specifico apparente
Sapp
Kg/m3
Peso specifico assoluto
Sass
Kg/m3
Monoliticità * Nido di ghiaia * Omogeneità Organismo strutturale * Permeabilità (del calcestruzzo) *
Capacità del calcestruzzo di conservare, per un prefissato periodo di tempo, le sue caratteristiche nelle condizioni ambientali di esposizione. Resistenza all'usura per attrito degli inerti Capacità di un corpo di deformarsi sotto carico prima di giungere a rottura. Processo o reazione chimica accompagnata da sviluppo di calore. Affioramento sulla superficie del calcestruzzo fresco di acqua di impasto o boiacca, dovuto ad un eccesso di acqua o a carenza di particelle fini nella miscela. Aspetto della superficie del calcestruzzo. Deformazione lenta del calcestruzzo sotto carico costante. Attitudine del calcestruzzo ad essere trasportato, dalla centrale di betonaggio al luogo di getto, senza perdere la sua omogeneità iniziale. Ripresa di getto senza aderenza, evidenziata da fessura o cavillatura. Processo durante il quale il conglomerato, dopo la presa, acquisisce gradatamente la resistenza meccanica finale. Materiale solido informe di origine fluviale o lacustre. Materiale solido informe proveniente da frantumazione. Distanza minima tra le superfici esterne di due ferri inglobati in una struttura di calcestruzzo. Attitudine del calcestruzzo ad essere trasportato, dalla centrale di betonaggio al luogo di getto, e ad essere gettato nelle casseforme senza perdere la sua omogeneità iniziale. Massa dell’unità di volume. Tempo, processo e condizioni che regolano l’indurimento del calcestruzzo. Coefficiente di proporzionalità tra deformazione ƥ e sollecitazione Ƴ: Ƴ = E x ƥ Capacità di getti successivi di aderire ed integrarsi tra loro formando un insieme omogeneo. Porzione di getto in cui gli aggregati grossi si presentano sciolti e/o con presenza di cavità. Attitudine del calcestruzzo di presentare la stessa composizione in ogni zona dell’impasto. Insieme delle strutture componenti un corpo di fabbrica. Proprietà connessa con la penetrazione di acqua o gas attraverso il calcestruzzo indurito. Esprime il peso di un campione di inerti rapportato al suo volume apparente. Esprime il peso di un campione di inerti rapportato al suo volume assoluto.
XVI
Plasticità Porosità
p
Prelievo * Presa del calcestruzzo Prestazione * Rapporto Acqua/Cemento
A/C
litri/kg
Rck
N/mm2
fck
N/mm2
fcd
N/mm2
Resistenza a compressione del calcestruzzo da assumere nelle verifiche agli Stati Limite.
Vcd
N/mm2
Resistenza a compressione del calcestruzzo da assumere nelle verifiche alle tensioni ammissibili.
fctd
N/mm2
fctk
N/mm2
fyd
N/mm2
Vyd
N/mm2
Reologia *
Resistenza caratteristica del calcestruzzo
Resistenza di calcolo a compressione del calcestruzzo Resistenza di calcolo a compressione del calcestruzzo secondo la Norma 1996 Resistenza di calcolo a trazione del calcestruzzo Resistenza caratteristica a trazione del calcestruzzo Resistenza di calcolo dell’acciaio Resistenza di calcolo dell’acciaio secondo la Norma 1996 Ripresa di getto * Ritiro
Attitudine del calcestruzzo di subire, in misura minore o maggiore, deformazioni o spostamenti senza perdere la sua coesione e senza dar luogo a segregazione tra gli elementi che lo compongono. Rapporto tra il (volume apparente - volume assoluto) e il volume apparente. Azione di estrazione di un campione di calcestruzzo (fresco od indurito) su cui eseguire prove e/o determinazioni. Rapprendimento dell’impasto conseguente alle reazioni di idratazione degli alluminati presenti nel cemento. Caratteristica oggetto di specifica richiesta (es.: consistenza, diametro massimo dell’aggregato, resistenza caratteristica). Esprime il rapporto tra il dosaggio dell’acqua d’impasto (litri/m3) e il dosaggio di cemento (Kg/m3) per ogni metro cubo di calcestruzzo. Studia lo scorrimento di materiali fluidi o a loro assimilabili e le relazioni che intercorrono tra sforzi, deformazioni e tempo. Nel calcestruzzo fresco le caratteristiche reologiche sono valutate in termini di consistenza. Resistenza a compressione, valutata a 28 giorni di stagionatura e su provini cubici, al di sotto della quale ci si può attendere di trovare il 15% della popolazione di tutte le misure di resistenza. Resistenza a compressione, valutata a 28 giorni di stagionatura e su provini cilindrici, al di sotto della quale ci si può attendere di trovare il 15% della popolazione di tutte le misure di resistenza.
Resistenza a trazione del calcestruzzo da assumere nelle verifiche agli Stati Limite. Resistenza a trazione del calcestruzzo a 28 giorni di stagionatura. Resistenza dell’acciaio da assumere nelle verifiche agli Stati Limite. Resistenza dell’acciaio da assumere nelle verifiche alle tensioni ammissibili. Prosecuzione delle operazioni di messa in opera del calcestruzzo a contatto con una parte che può essere anche indurita. Riduzione dimensionale dei calcestruzzi durante la presa e l’indurimento.
XVII
Contrazione del calcestruzzo nel corso del primo periodo di indurimento provocata dalla perdita anche parziale dell’acqua di impasto. Calcestruzzo che si compatta, anche in casseforme SCC (calcestruzzo complesse, per effetto del solo peso proprio senza autocompattante) * apporto di energia esterna (vibrazione), caratterizzato da elevata coesività. Scorrevolezza (del Caratteristica del calcestruzzo che riguarda la calcestruzzo) * capacità di fluire all’interno delle casseforme. Sedimentazione (del Separazione dei solidi sospesi entro lo spessore di calcestruzzo) * un getto. Segregazione Insieme del bleeding e della sedimentazione. Deposito sul fondo del getto degli elementi solidi e Sedimentazione più pesanti. Separazione dei componenti il calcestruzzo nel Segregazione * corso della movimentazione o messa in opera. Insieme delle azioni attivate al fine di consentire la Stagionatura corretta maturazione del calcestruzzo. Esprime una misura dell'energia che un provino Tenacità può assorbire prima di rompersi. Tensione caratteristica di È la tensione sperimentale dello snervamento fyk N/mm2 snervamento dell’acciaio. Tensione tangenziale di Resistenza tangenziale di aderenza acciaio aderenza acciaio fyb N/mm2 calcestruzzo da assumere nelle verifiche agli Stati calcestruzzo Limite. Esprime la resistenza a compressione di un Titolo del cemento Rc N/mm2 cemento valutata su un provino di malta normalizzata confezionata con quel cemento. Vibrazione * vedi compattazione Esprime il volume occupato da un miscuglio di Volume apparente Vp m3 materiale solido così come si trova in natura (e quindi compresi i vuoti). Esprime il volume occupato da un miscuglio di Volume assoluto Va m3 materiale solido supposto finemente suddiviso. * Definizioni delle “Linee guida per la messa in opera del calcestruzzo strutturale e per la valutazione delle caratteristiche meccaniche del calcestruzzo indurito mediante prove non distruttive”, predisposte dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Servizio Tecnico Centrale, nel febbraio 2008. Ritiro plastico *
Nella tabella che segue sono elencate le unità di misura che si incontrano nella trattazione e le conversioni con le tradizionali unità di misura. 1
N
0,1
kg
1
kN
100
kg
1
Nm
0,1
kgm
1
kNm
100
kgm
1
N/m
0,1
kg/m
1
kN/m
100
kg/m
1
N/mm2
10
kg/cm2
1
kN/mm2
104
kg/cm2
1
N/ m2
0,1
kg/m2
1
kN/ m2
100
kg/m2
1
N/ m2
1
Pa
1
kN/ m2
103
Pa
XVIII
Premesse
1.
PREMESSE
La struttura, l’elemento di fabbrica che sostiene lo spazio costruito, è chiamata a generare e qualificare l’architettura e deve essere intimamente legata al comportamento della forma. Nel merito del ruolo che la struttura è chiamata a svolgere in architettura, Nicola Pagliara 1 , in un seminario tenuto nel 1995 agli studenti di Architettura Tecnica della Facoltà di Ingegneria dell’Università Federico II, ebbe a dire: “L’architettura non è fatta di immagini dipinte sulla carta. Questa convinzione esiste nella fantasia di architetti che non saranno mai veri architetti, ma architetti che sceglieranno di disegnare l’architettura anziché farla. Le strutture sono il mezzo con il quale sostenere lo spazio. Ad un certo punto della mia vita mi sono chiesto se è mai possibile che tutto questo, tutte le difficoltà spaventose per far stare su una struttura, debbano servire solo per fare stare su una architettura, debbano servire solo per far stare in piedi le funzioni. È mai possibile che tanto lavoro, tanto impegno, tante analisi e calcoli debbano servire solo a questo? Non è possibile, mi sono detto, perché sarebbe una vera riduzione dell’ingegno umano. L’uomo non ha scopi così settoriali, così limitati, e non fa mai qualcosa che serva esclusivamente ad un soggetto“ 2 . La struttura, quindi, non deve costituire soltanto un dato di necessità, ma certamente qualcosa in più. La struttura deve qualificare le caratteristiche formali dello spazio costruito e, allo stesso tempo, l’architettura non può essere pensata senza la struttura ma, si ripete, deve prendere forma insieme ad essa. Un ruolo fondamentale in tal senso è stato svolto nel XX secolo, e potrà ancora svolgere anche nel terzo millennio, la struttura in cemento armato per quella proprietà eccezionale del conglomerato cementizio di essere una pietra, con alta resistenza meccanica, plasmabile in qualsiasi forma. Del conglomerato cementizio si parla certamente molto ma, purtroppo, la maggior parte degli operatori del settore si interessa più dei suoi impieghi che della sua tecnologia, in quanto ritiene che sia sufficiente mescolare bene i suoi componenti per ottenere in ogni caso un buon risultato. Ancora oggi nelle stesse Scuole di Ingegneria e di Architettura si presta giustamente molta attenzione all’insegnamento della Tecnica delle Costruzioni in Cemento Armato dando per nota la Tecnologia dei Conglomerati Cementizi. Così non è. Soltanto un attento studio della Tecnologia dei Conglomerati Cementizi può consentire di ottenere che quelle strutture in cemento armato così attentamente progettate e calcolate siano anche durevoli. Nicola Pagliara è professore ordinario di Composizione Architettonica nell’Università degli Studi di Napoli Federico II. 2 In Flavia Fascia, Nicola Pagliara – Architettura e Tecnica, CLEAN, 1995 Napoli 1
1
La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Una serie di indagini condotte nel decennio 1980-1990 su 142 strutture realizzate in Italia 3 , ha evidenziato che circa il 70% di queste strutture presenta condizioni di degrado avanzato che potrebbe essere attribuito alle seguenti cause: x x x x
impiego di materiali facilmente aggredibili dagli agenti ambientali, confezionamento scadente del calcestruzzo, insufficiente copriferro, modalità di posa in opera scadente.
In effetti gran parte delle strutture in cemento armato, realizzate a partire dagli anni settanta, sono state interessate da un consistente degrado per una serie di cause che possono essere così sintetizzate: x spessore del copriferro inadeguato in relazione alle condizioni dell’ambiente in cui l’opera viene costruita; x diametro massimo dell’assortimento granulometrico degli inerti non rapportato agli interferri ed allo spessore del copriferro; x classe di consistenza 4 non correlata alla tipologia dell’opera ed alle modalità di posa in opera; x acqua di impasto del calcestruzzo preconfezionato aumentata, allo scarico delle betoniere, con aumento del rapporto acqua/cemento e conseguente diminuzione della resistenza meccanica; x classi di consistenza sempre più fluide per il calcestruzzo posto in opera mediante pompe che, se ottenute con aumento dell’acqua d’impasto, comporta diminuzione della resistenza meccanica; x aumento del tenore di C3S 5 nel clinker che ha consentito di aumentare il rapporto A/C - a parità di resistenza meccanica richiesta - con conseguente aumento della porosità e quindi della permeabilità del calcestruzzo agli agenti aggressivi; x mano d’opera utilizzata in cantiere sempre meno qualificata, anche in relazione alle tecniche costruttive sempre più sofisticate e complesse. E proprio per tutti questi motivi il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel dicembre del 1996 emanava le Linee guida sul Calcestruzzo Strutturale nelle quali, tra l’altro, veniva affermato il principio che per ottenere una vita utile di esercizio della struttura, in linea con quella prevista in progetto, occorre un corretto studio della miscela e adeguate procedure di posa in opera e di stagionatura. Anche le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (nel seguito indicate con ‘NTC 2008’), emanate con Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008, dedicano molta attenzione alla qualità delle strutture in cemento armato. In particolare, considerato che alla da: Calcestruzzi - Italcementi Group, La progettazione di strutture in calcestruzzo durevoli Attitudine del calcestruzzo a conservare la forma che gli viene conferita quando è ancora allo stato fresco (Cfr. § 5.2.3). 5 C S è uno dei silicati presenti nel cemento. C sta per CaO, S per SiO (Cfr. § 5.4.1). 3 2 3 4
2
Premesse
struttura è richiesta qualità non solo in termini di resistenza meccanica e di stabilità ma anche in termini di durabilità 6 , il legislatore ha dedicato quattro capitoli alle strutture in cemento armato: x il Capitolo 2 (Sicurezza e prestazioni attese) descrive i principi fondamentali per valutare la sicurezza e introduce il principio della vita utile delle opere; il legislatore definisce, tra l’altro, i principi per il progetto, l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e stabilità, anche in caso di incendio, e di durabilità; x il Capitolo 4 (Costruzioni civili e industriali) definisce le procedure ed i metodi per calcolare la resistenza e la sicurezza degli elementi strutturali realizzati in vari materiali e, in particolare, in calcestruzzo; x il Capitolo 10 (Redazione dei progetti strutturali esecutivi e delle relazioni di calcolo) rende obbligatoria la compilazione della “Relazione generale” nella quale sia il Committente che il Progettista devono dichiarare preliminarmente il livello di sicurezza, le condizioni di esercizio, la durabilità, la vita nominale e la classe di appartenenza dell’opera; x il Capitolo 11 (Materiali e prodotti per uso strutturale) fissa le regole di qualificazione, certificazione ed accettazione dei materiali da utilizzare per uso strutturale 7 . In particolare, nei §§ 2.4.1 e 2.4.2, le NTC 2008 indicano la Vita Nominale delle strutture, intesa come il numero di anni durante i quali la struttura deve poter essere utilizzata per lo scopo progettato. La Vita Nominale VN, da precisare nei documenti di progetto, varia in relazione al tipo di costruzione, così come indicato nella Tabella 1.1. Nel § 2.4.2 delle NTC 2008 viene poi definita la suddivisione delle costruzioni, in presenza di azioni sismiche, in quattro Classi d’Uso, CU (Tabella 1.2), in funzione delle quali si calcolerà il periodo di riferimento dell’azione sismica VR con la relazione: VR
VN u CU
nella quale: VN CU
è la Vita Nominale è il Coefficiente d’uso di cui alla Tabella 1.3
Definita come conservazione delle caratteristiche fisiche e meccaniche dei materiali e delle strutture per l’intera vita di servizio dell’opera. 7 Le NTC 2008 disciplinano l’impiego sia del calcestruzzo prodotto in fabbrica che del calcestruzzo prodotto in cantiere. I Produttori di calcestruzzo sono sottoposti al “Controllo del Processo di Produzione in Fabbrica” che deve essere certificato da un Organismo di controllo esterno e indipendente. Per il calcestruzzo prodotto in cantiere l’Appaltatore ne deve garantire la qualità attraverso prove preliminari certificate da Laboratori, riconosciuti ai sensi dell’art. 59 del DPR n. 380/2001. 6
3
La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia Tipi di Costruzione
Vita Nominale VN in anni
1
Opere provvisorie; opere provvisionali; strutture in fase costruttiva
d 10
2
Opere ordinarie, ponti, opere infrastrutturali e dighe, di dimensioni contenute o di importanza normale
t 50
3
Grandi opere, ponti, opere infrastrutturali e dighe, di grandi dimensioni o di importanza strategica
t 100
Tab. 1.1 - Vita Nominale VN per diversi tipi di opere (tab. 2.4.1 delle NTC 2008)
Classe I
Costruzioni con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli
Classe II
Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività non pericolose per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe d’Uso III o in Classe d’Uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza. Dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti. Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attività pericolose per l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’Uso IV. Ponti e reti ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le conseguenze di un loro eventuale collasso. Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità. Industrie con attività particolarmente pericolose per l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al D.M. 5 novembre 2001, n. 6792, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”, e di tipo C quando appartenenti ad itinerari di collegamento tra capoluoghi di provincia non altresì serviti da strade di tipo A o B. Ponti e reti ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente dopo un evento sismico. Dighe connesse al funzionamento di acquedotti e a impianti di produzione di energia elettrica.
Classe III
Classe IV
Tab. 1.2 - Classi d’uso delle costruzioni (§ 2.4.2 delle NTC 2008)
Classe d’Uso I II Coefficiente CU 0,7 1,0 Se VR d 35 anni, si assumerà comunque VR = 35 anni
III 1,5
Tab. 1.3 - Valori del coefficiente d’uso CU (tab. 2.4.II delle NTC 2008)
4
IV 2,0
Premesse
Dal 2008, quindi, le nuove norme impongono che le scelte progettuali devono tener conto dei temi della sicurezza, della manutenzione e del monitoraggio delle caratteristiche meccaniche delle strutture, oltre che della durabilità. La documentazione necessaria alla realizzazione di un’opera in calcestruzzo, come stabiliscono le Linee guida per la messa in opera del calcestruzzo strutturale e per la valutazione delle caratteristiche meccaniche del calcestruzzo indurito mediante prove non distruttive8 , nella generalità dei casi deve comprendere: - la relazione di calcolo relativa alle singole parti della struttura (elementi, vincoli, ecc.) e all’intero organismo strutturale; - la documentazione di progetto costituita da: a) la Relazione Tecnica che contenga una dettagliata descrizione delle opere, accompagnata dai relativi elaborati grafici in cui siano esplicitate le informazioni riguardanti la geometria dell’organismo strutturale e delle sue parti, la quantità e la posizione delle armature, eventuali fori ed inserti, le tolleranze e le prescrizioni relative alle superfici, e, per gli elementi prefabbricati, i dispositivi di stoccaggio, trasporto e movimentazione, nonché i magisteri di impiego in opera (modalità di montaggio, armature di unione con getti successivi, ecc.); b) la descrizione dei materiali e/o componenti con le relative specifiche, i controlli, la loro frequenza e le rispettive norme di riferimento; queste informazioni devono essere riportate in forma sintetica negli elaborati grafici (di cui al punto a) e in forma dettagliata ed esaustiva nel Capitolato tecnico (di cui al punto c); c) la descrizione delle opere contenente: tutte le indicazioni necessarie alla messa in opera e all’esecuzione, con particolare riferimento a materiali e/o componenti di impiego inusuale o innovativi; le procedure e le sequenze per le lavorazioni successive, nonché le istruzioni per il collaudo in corso d’opera. La redazione di prescrizioni di capitolato tecnico dettagliate, la loro applicazione e relativa sorveglianza, hanno una forte incidenza sulla riuscita di opere affidabili e durevoli. Anche se spesso, riferendosi al cemento armato, si è parlato di un matrimonio fortunato tra il calcestruzzo e l’acciaio, oggi non sono pochi gli operatori del settore che si chiedono quando ne sarà celebrato il divorzio. Effettivamente le opere in cemento armato prodotte in questi ultimi cinquant’anni non sempre hanno superato in modo brillante la prova del tempo a causa della carbonatazione del calcestruzzo e dell’ossidazione delle armature metalliche. Ma prima di celebrare la separazione tra conglomerato cementizio e armatura metallica si dovrebbe iniziare a porre maggiore attenzione nella scelta dei componenti, allo studio del mix design e alla realizzazione dei getti, per garantire l’opportuna durabilità alle architetture in cemento armato del terzo millennio. Occorre evitare, in sintesi, un analfabetismo di ritorno nell’impiego del calcestruzzo, materiale particolarmente versatile ma spesso utilizzato con eccessiva confidenza trascurando anche i più semplici accorgimenti. Le Linee guida sono state emanate nel Febbraio 2008 dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Servizio Tecnico Centrale, e si applicano prevalentemente al calcestruzzo per usi strutturali, armato e non, ordinario e precompresso, usualmente impiegato nelle costruzioni. 8
5
La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Forse, per evitare che l’approccio con il cemento armato sia lo stesso di quello che era ancora in uso a Mogadiscio negli anni settanta, occorre ri-visitare le prescrizioni dettate dal R.D. 16 novembre 1939, n. 2227 - Norme per l’esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato.
La Norma del 16 novembre 1939, in particolare, nell’articolo 3, prescriveva: L’esecuzione delle opere deve essere diretta possibilmente dall’ingegnere progettista ed in ogni caso da un ingegnere od architetto iscritto nell’albo e deve essere affidata soltanto a costruttori inscritti nell’elenco delle ditte specializzate (…). E’ ormai tempo che la moda del fai da te venga abbandonata.
6
Premesse
In questo volume viene esaminata l’evoluzione storica dei leganti idraulici che ha portato al passaggio dal calcestruzzo romano al cemento armato dei nostri giorni. Attraverso immagini commentate viene posto in evidenza come le proprietà del cemento armato hanno consentito di realizzare nel XX secolo significative opere, tutte impregnate di grande valore formale e funzionale, quali i ponti e i viadotti di Morandi, gli hangar di Nervi, la Casa di rue Franklin a Parigi di August Perret, il Guggenheim Musium a New York di Frank Lloyd Wright, il Politecnico di Otaniemi di Alvar Aalto. Nei Capitoli successivi, vengono esaminati i tipi, l’organizzazione, le caratteristiche e le procedure realizzative delle strutture in architettura; nonché i tipi e le linee guida per la progettazione delle strutture intelaiate ed a pannelli in cemento armato. Alcune immagini commentate vogliono evidenziare le problematiche specifiche delle varie fasi che concorrono alla costruzione di una struttura intelaiata e di una struttura a grandi pannelli, in cemento armato. Successivamente, vengono esaminati i componenti dei conglomerati cementizi e le qualità che questi devono possedere per garantire la richiesta resistenza meccanica, l’opportuna deformabilità e la prescritta durabilità alle opere in cemento armato. La resistenza meccanica è strettamente legata alla composizione della miscela; la durabilità è strettamente legata alle condizioni dell’ambiente in cui la miscela verrà utilizzata. Ma sia la resistenza meccanica che la durabilità del calcestruzzo sono influenzati anche dalle procedure di getto e di stagionatura che, se non corrette, possono determinare nella massa del calcestruzzo fenomeni di segregazione dei componenti, formazione di cavità alveolari, una precoce esposizione della miscela fresca agli agenti atmosferici. Completa lo studio della tecnologia dei calcestruzzi, l’esame dei metodi frequentemente utilizzati per il progetto della composizione dei conglomerati cementizi. Nell’ultimo Capitolo, vengono esaminate le procedure per il predimensionamento delle strutture intelaiate in cemento armato; predimensionamento necessario per poter concepire la struttura contemporaneamente alla ideazione dello spazio architettonico. Completa il lavoro l’Appendice che riporta alcune delle prescrizioni delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008. Questo lavoro costituisce il primo di una serie di volumi dedicati alle tematiche proprie dell’Architettura Tecnica. Gli autori si sono posti l’ambizioso obiettivo di far seguire a La struttura in cemento armato per l’architettura altri tre volumi: - L’involucro per l’architettura, - Le opere complementari per l’architettura, - Gli elementi di collegamento verticale per l’architettura. Questi quattro volumi potranno essere una guida sia per gli allievi dei corsi di laurea, triennali e magistrali, delle aree dell’ingegneria edile e dell’architettura sia per i giovani laureati che iniziano a cimentarsi nell’affascinante mondo dell’architettura.
7
La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Le Vele in cemento armato della chiesa di Dio Padre Misericordioso di Richard Meier a Roma
8
Dal betunium al cemento armato
2.
DAL BETUNIUM AL CEMENTO ARMATO
Anche se esistono alcuni esempi di betunium, il calcestruzzo di epoca romana, nel quale si trovano disposte aste di ferro, le prime strutture in cemento armato, o più correttamente in conglomerato cementizio armato, furono realizzate alla fine dell’Ottocento per poi diffondersi prepotentemente nel Novecento. Fino a tutto il Settecento, il grande secolo dell’Illuminismo e della Rivoluzione Industriale, l’architettura è stata realizzata grazie all’impiego del legno, delle pietre naturali e di quelle artificiali. Fino al Settecento, quindi, si può parlare di una Architettura in pietra, come quella della chiesa di Santa Chiara a Napoli (Fig. 2.1) dove il tufo, il piperno e il legno della copertura, diedero vita ad uno spazio architettonico tra i più significativi dell’architettura gotica nella città partenopea 1 . Dopo la Rivoluzione industriale vengono impiegati, dapprima timidamente e poi sempre più con forza, la ghisa, l’acciaio, ed infine il cemento armato. Ad esempio, l’impiego della ghisa si trova nell’Hotel de Londres a Napoli (Fig. 2.2), negli interventi di recupero di Viollet Le Duc (Fig. 2.3), nel Ponte sul Severn(Fig. 2.4) e nella Biblioteca di Sainte Genevieve (Fig. 2.5). La ghisa e il ferro si trovano impiegati, invece, nel Crystal Palace (Fig. 2.6), nella ottocentesca Biblioteca Nazionale di Francia (Fig. 2.7) e nei magazzini del ‘Porto vecchio’ di Trieste (Figg. 2.8 e 2.9). La struttura in ferro viene impiegata impiegata nella Torre Eiffel a Parigi (Fig. 2.10), nel ponte sul Garabit (Fig. 2.11), nella Casa Eetvelde (Fig. 2.12), nella Galleria Umberto I a Napoli (Figg. 2.13) e nel Golden Gate a San Francisco (Fig. 2.14). L’impiego del cemento armato, infine, lo troviamo nella Chiesa di Riola di Vergara (Fig. 2.15) e nel Politecnico di Otaniemi (Figg. 2.16, 2.17).
La chiesa di Santa Chiara, situata nel Centro storico di Napoli, nei pressi della piazza del Gesù Nuovo, fa parte di una cittadella francescana che comprende il Museo dell’Opera, l’Area Archeologica, il Chiostro Maiolicato e la Sala del Presepe del Settecento. La chiesa, con forme gotico-provenzali, fu eretta tra il 1310 ed il 1328 per la munificenza di Sancia di Maiorca, sposa di Roberto d’Angiò, su progetto, probabilmente, di Gagliardo Primario. La chiesa, intitolata in origine al Santo Corpo di Cristo, ovvero all’Ostia Consacrata per ricordare il miracolo di Bolsena, soltanto successivamente acquistò il nome di Santa Chiara in onore dell’ordine monastico. Santa Chiara fin dall’origine fu dichiarata chiesa reale ed ospitò sia le più importanti adunanze sia le cerimonie più solenni del regno. Domina sulla facciata il bellissimo rosone in marmo traforato, leggermente strombato, che è definito al contorno da due cornici circolari concentriche. Tutto l’insieme, poi, è circoscritto da una stella ad otto punte con i lati formati da archi di cerchio tangenti, nel punto mediano, alla cornice del rosone. Superiormente al rosone si apre un occhio di illuminazione che si contrappone a quello posto sulla parete dell’abside. Il Chiostro del Monastero di Santa Chiara, infine, si caratterizza per le particolarissime decorazioni in maiolica. La maestosità del complesso di Santa Chiara ha consentito anche alla pietra di tufo, tagliata in conci squadrati e posta in opera con malta di calcina e pozzolana, insieme alla pietra da taglio piperno, di entrare nella storia dell’architettura. 1
9
La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 2.1 – Chiesa di Santa Chiara a Napoli Domina sulla facciata il bellissimo rosone in marmo traforato, leggermente strombato, che è definito al contorno da due cornici circolari concentriche. Tutto l’insieme è circoscritto da una stella ad otto punte con i lati formati da archi di cerchio tangenti, nel punto mediano, alla cornice del rosone. La maestosità del complesso di Santa Chiara ha consentito anche alla pietra di tufo, tagliata in conci squadrati e posta in opera con malta di calcina e pozzolana, insieme alla pietra da taglio piperno, di entrare nella storia dell’architettura.
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Fig. 2.2 – Colonna in ghisa nell’Hotel de Londres a Napoli In un ambiente dell’Hotel de Londres quattro colonne in ghisa sostengono il solaio di copertura formato da travi a doppio T con voltine in spaccatelle di tufo. Le colonne in ghisa poggiano su un basamento in pietra e, attraverso una piastra metallica, portano in testa un dado in mattoni pieni, fasciato con ferri piatti, sul quale poggiano le travi a doppio T del tipo Normal Profilo. La colonna è formata da tre parti: il corpo centrale, il piede e la testa. Per ottenere una buona capacità portante della colonna, lo spessore doveva essere uguale per ciascuna delle tre parti in modo da evitare la nascita di tensioni a seguito del raffreddamento della colata.
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Fig. 2.3 – Viollet Le Duc, interventi di consolidamento in ghisa su volte in muratura “Oggi l’introduzione del ferro nelle costruzioni ci permette di tentare delle imprese che le epoche precedenti non ci hanno fatto che presentire. Da vent’anni vediamo gli ingegneri usare il ferro in modo del tutto nuovo. Dal Ponte delle Arti ai nuovi ponti tubolari si è fatto un passo immenso, ma né gli ingegneri né gli architetti hanno ancora saputo associare in modo veramente soddisfacente la muratura alla struttura in ferro. E’ possibile associarla? E’ possibile ma a condizione che questi due modi di costruire conservino ciascuno le loro proprietà, in modo che essi non si distruggano a vicenda.”(Viollet Le Duc)
Fig. 2.4 – Ponte sul Severn
Nel 1777-79, Abramo Darby realizza sul fiume Severn, in Inghilterra, il primo ponte in ghisa, disegnato da Wilkinson e da Pritchard. Il ponte, che copre una luce di 100 piedi (circa 25 m), viene realizzato con gli stessi criteri costruttivi dei ponti in legno con travi e travetti in ghisa incastrati tra loro. Infatti, i dettagli costruttivi del ponte evidenziano il persistere delle tecniche costruttive proprie della carpenteria in legno.L’arco, a pieno centro, è formato da due semiarchi di un sol pezzo. I semiarchi, costruiti in officina, furono montati sul posto collegandoli in corrispondenza della chiave dell’arco.
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Fig. 2.5 - Biblioteca di Sainte Geneviève Nel 1843 Henri Labrouste realizza la biblioteca di Sainte Geneviève dove la grande sala di lettura presenta una struttura in ghisa che si contrappone all’involucro esterno in muratura. La grande sala lettura, per 600 persone, è divisa in due navate dalle colonne in ghisa che sostengono la copertura formata da due volte a botte. Lungo le pareti troviamo gli scaffali dei libri organizzati su due livelli.
Sul retro degli scaffali del primo livello sono ricavati degli studiali la cui copertura costituisce ballatoio per il secondo livello di scaffali. Gli studioli sono illuminati da piccole finestre; il salone da grandi finestre ad arco. L’edificio, a pianta rettangolare, è organizzato su due livelli: al piano terra troviamo l’ingresso, il deposito dei libri e sala lettura dei libri rari; al primo piano è organizzata la grande sala lettura. Sulla facciata della biblioteca sono incisi i nomi dei principali autori delle opere contenute. La biblioteca, come una moderna Colonna di Traiano, rappresenta essa stessa un libro che illustra l’attività dell’intelletto umano. Le facciate sono scandite da tre ordini di aperture: finestre ad arco al 1° ordine, piccole finestre rettangolari al 2° ordine, grandi aperture arcuate al 3° ordine.
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Fig. 2.6 - Edificio per l’Esposizione Universale di Londra del 1851 – ‘Crystal Palace’ Nel 1850 Joseph Paxton, Direttore delle ferrovie e Giardiniere della Regina, partecipa al concorso per la progettazione dell’edificio per l’esposizione di Londra. Paxton presenta, fuori concorso, soltanto una dettagliata relazione che descrive tutti gli elementi prefabbricati da impiegare, il metodo di produzione dei singoli elementi, i sistemi di collegamento e di montaggio, il tempo necessario per il montaggio della struttura. Sebbene il concorso fosse stato vinto dal francese Hector Horeau, il Comitato organizzatore affidò l’incarico di costruire l’edificio a Paxton, che si era unito alla società Fox & Henderson che si interessò della costruzione. L’edificio presenta un reticolo di colonne in ghisa, con modulo 24x24 piedi, sulle quali poggiano le travi reticolari in ferro. L’edificio si articola in 5 navate ed in direzione ortogonale presenta un transetto. Sia la navata centrale che il transetto presentano la copertura centrale a volta. Nella prima costruzione, in Hyde Park, manca la copertura a botte della navata centrale che troviamo, invece, nella ricostruzione del 1854, eseguita a Sydenham.
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Fig. 2.7 – Biblioteca Nazionale di Francia a Parigi
Tra gli architetti razionali del neo-classico troviamo Henry Labrouste, allievo dell’Accademia di Francia. Labrouste, dopo aver progettato la biblioteca di Sainte Genevieve, nel 1855 progetta la Biblioteca Nazionale di Francia. La superficie maggiore è destinata al deposito libri che, con i ballatoi a graticcio ed i piani di servizio, costituisce uno dei primi e più felici esempi di architettura moderna. Tutto è in ferro: le strutture verticali; le strutture orizzontali; la copertura vetrata; i gradini; i parapetti. I ballatoi e le passerelle vengono realizzati per fusione della ghisa e successiva traforatura per consentire il passaggio della luce proveniente dall’alto. La sala per la lettura, per 360 persone, comunica attraverso una parete vetrata con il deposito per i libri che si sviluppa su cinque piani. Labrouste ha saputo realizzare un ambiente senza precedenti che lo storico Gedion definisce la Cappella Pazzi dell’architettura contemporanea La sala per la lettura è coperta con piccole cupole in ferro sostenute da 16 colonne in ghisa. Ogni cupola ha un lucernario in vetro per l’illuminazione diffusa della sala.
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Fig. 2.8 – Strutture dei magazzini del ‘Porto vecchio’ di Trieste Tre ordini di colonne in ghisa sostengono i ballatoi esterni a servizio dei magazzini del porto. La ghisa viene impiegata riproponendo l’organizzazione stilistica delle colonne dei classici edifici in muratura. Ogni ordine, infatti, è formato da tre parti: il basamento, il fusto e il capitello. Il fusto è a sezione costante ed il capitello ripropone il disegno corinzio. Le colonne risultano proporzionate in funzione dell’entità dei carichi che sono chiamati a portare: dalla colonna a sezione maggiore del primo ordine si passa alla colonna del terzo ordine a sezione più esile. La snellezza delle colonne esaltano la capacità portante della ghisa.
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Fig. 2.9 – Strutture dei magazzini del ‘Porto vecchio’ di Trieste Le colonne in ghisa portano la struttura dei ballatoi costituita da una doppia orditura di travi in ferro. L’orditura principale definisce, insieme alle colonne, un telaio piano; l’orditura secondaria è chiamata a portare le voltine a getto dei ballatoi. Sul fronte opposto del magazzino troviamo, invece, due ordini di colonne in ghisa che sostengono i ballatoi esterni a servizio del magazzino. Anche in questo caso la ghisa viene impiegata riproponendo l’organizzazione stilistica delle colonne dei classici edifici in muratura.
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Fig. 2.10 - La Torre Eiffel “Il primo principio per un’estetica architettonica è che le linee essenziali di una costruzione siano perfettamente appropriate alla loro destinazione. Di quali condizioni ho tenuto conto nella torre? Della resistenza al vento. Ebbene io sono sicuro che la curva dei quattro piloni darà una grande impressione di forza.” (Gustave Eiffel) La torre, costruita in occasione dell’Esposizione universale del 1889, è alta 300 m, ha il lato del quadrato di base che misura 100 m e pesa 800 tonnellate circa. Gustave Eiffel, ingegnere imprenditore, si assunse tutti i rischi dell’opera, e per dissipare ogni dubbio sulla sua sicurezza, aggiunse alla costruzione alcuni elementi superflui dal punto di vista strutturale. Ad esempio alla base troviamo gli archi, che arrivano fino alla prima piattaforma, che sono semplicemente sospesi alla struttura portante. La Torre Eiffel, che oggi gode di un favorevole giudizio estetico, al tempo della sua costruzione fu oggetto di aspre critiche. Bruno Zevi la pone fra le più significative realizzazioni dell’era della tecnica e riconosce la sua importanza nell’architettura moderna. Wachsmann, invece, giudica Eiffel un mago delle moderne costruzioni in acciaio e trova sorprendente come la torre, sebbene ottenuta attraverso la geometria bidimensionale delle singole parti, riesca a realizzare un sistema spaziale. Nella Torre Eiffel è superata la strutturazione per mezzo dei pieni, e si realizzano all’interno le promenade architettoniche tanto care a Le Corbusier.
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Fig. 2.11 - Ponte sul Garabit Gustave Eiffel non è l’inventore della costruzione metallica, ma nell’acciaio Eiffel vede le doti di leggerezza, di riduzione di ingombro, di precisione di montaggio. Eiffel nel 1879 progetta il grande ponte sul Garabit, nel quale si assottigliano i sostegni, si aumentano le portate, il vuoto prevale sui pieni. Il grande arco parabolico presenta una freccia di 120 m. Per resistere alla spinta del vento (fino a 270 kg/mq) Eiffel introduce il concetto della rotazione dell’asse d’inerzia della sezione resistente: all’incastro l’asse risulta orizzontale, in chiave verticale. Fig. 2.12 – Interno Casa Van Eetvelde
Nelle opere di Victor Horta i materiali vengono impiegati in maniera sincera: l’acciaio esprime la sua leggerezza che contrasta col peso della pietra. La linea curva di Horta, a “colpo di frusta”, diviene il motivo conduttore dell’immagine architettonica. I balconi, gli aggetti, i tagli delle finestre e delle porte, diventano frasi di un discorso continuo e fluente dominato dalle linee ondulate e dai piani. Nel particolare d’interno della Casa Van Eetvelde: i pilastri in acciaio sfioccano in alto come i rami di un albero.
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Fig. 2.13 – La galleria Umberto I a Napoli
La cupola è sostenuta da sedici arconi reticolari che poggiano su un anello circolare. L’anello circolare poggia su otto arconi metallici a tutto sesto. Gli arconi di sostegno della cupola sono travi reticolari ingentilite da motivi floreali. Nelle zone di intersezione degli arconi sono disposte delle metope che si staccano su motivi geometrici. La galleria fu colpita da un bombardamento durante l’ultima guerra e subito restaurata. Lo scrittore americano John Horne Burns, dopo il bombardamento, scrisse: “La Galleria Umberto I è come un atrio di stazione o una navata di chiesa. Si ha l’impressione di trovarsi in un museo, fino a che non si notano i bar ed i negozi. Gli attacchi aerei su Napoli distrussero questa cupola di vetro. Con stridore si sparsero i pezzi di vetro sul pavimento, un’orrenda nevicata. Ciò nonostante la vita nella galleria riprese. La galleria Umberto I sembra provenire da una città che ogni cento anni riemerge dal mare, lasciandosi asciugare al sole.”
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Fig. 2.14 – Golden gate a San Francisco
Questa ardita opera di ingegneria, grande ed elegante porta di accesso alla baia di San Francisco, è caratterizzata sia da soluzioni tecniche innovative per l’epoca sia da grande valenza formale. A due piloni in acciaio, di sostegno e di controventature, si collega la struttura reticolare di acciaio sulla quale scarica l’impalcato in calcestruzzo leggero. E’ l’acciaio che rende questa struttura un’opera di architettura. Il materiale consente di ottenere un armonico rapporto peso-luce a tutto vantaggio della leggerezza e della snellezza del ponte e del suo armonico inserimento nell’ambiente naturale.
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Fig. 2.15 - Alvar Aalto, La chiesa di Riola di Vergara
Nella chiesa di Riola di Vergara, la struttura portante principale è formata da cinque portali, asimmetrici, in cemento armato. I portali sono stati prefabbricati in tre pezzi in stabilimento e poi solidarizzati in opera. I giunti di solidarizzazione sono tali da garantire la trasmissione degli sforzi taglianti, flessionali e di compressione.
Marc Treib, in Aalto e la natura (Peter Reed, a cura di, Alvar Aalto 1898-1976, Electa, Milano 1998) in merito al rapporto del maestro finlandese con l’ambiente naturale, afferma: Nel corso della sua lunga carriera, Aalto mantenne in tema di edificazione nel contesto naturale un atteggiamento straordinariamente costante, cercando ispirazione sia nei tratti fisici, sia nella dimensione mitica del paesaggio, in patria e altrove. Quando le particolarità di un luogo sembravano imprimere un indirizzo preciso all’architettura, egli era solito dare risalto alla morfologia del sito; se il luogo possedeva doti limitate, creava egli stesso il paesaggio: fuori, dentro, o dentro e fuori la costruzione.
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Fig. 2.15 – Alvar Aalto, Aula Magna del Politecnico di Otaniemi Fig. 2.16 - Alvar Aalto, Sezione dell’Aula Magna del Politecnico di Otaniemi Gli elementi strutturali della copertura, travi con sezione ad L rovesciata, svolgono tre funzioni: resistono e riportano i carichi agli elementi portanti verticali, diffondono la luce naturale in modo uniforme all’interno dell’invaso architettonico, definiscono una cavea all’esterno in contrapposizionecontinuazione della cavea interna.
Le proprietà del cemento armato, le buone resistenze alle sollecitazioni di compressione, di flessione e di taglio, la plasmabilità 2 , hanno consentito di passare dal trilite della Porta dei Leoni di Micene (Fig. 2.18), ai portali del Palazzo dell’UNESCO a Parigi (Fig. 2.19), e dalla statica organizzazione delle volte a crociera della Chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli (Fig. 2.20) a quella dinamica dei gusci dell’Opera House di Sidney (Fig. 2.21). Queste proprietà hanno consentito di passare, inoltre, dalla organizzazione di una scala in muratura a quella di una scala in cemento armato. In particolare, nelle scale in muratura del Centro Antico di Napoli (Fig. 2.22), spesso troviamo macchine strutturali che, anche se ardite, richiedono molteplici elementi portanti, quali pilastri e archi in tufo, volte a crociera su piani inclinati per le rampe, volte a crociera su piani orizzontali per i pianerottoli. Nello Stadio di Firenze (Fig. 2.23), opera di Pier Luigi Nervi, una scala in cemento armato sembra avvolgersi nel vuoto. 2
Attitudine del calcestruzzo ad assumere la forma, predefinita, al momento della posa in opera.
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Fig. 2.18 - La porta dei Leoni a Micene
Fig. 2.19 - I portali dell’UNESCO
Fig. 2.20 - Volta a crociera di S. Domenico Maggiore a Napoli
Fig. 2.21 - Copertura a guscio della Opera House di Sidney
Fig. 2.22 - Volte a crociera di una scala, aperta sulla corte, di un palazzo napoletano
Fig. 2.23 - Scala circolare rampante dello Stadio di Firenze
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Il nuovo materiale da costruzione, insieme all’acciaio, si afferma in tutta Europa per una serie di motivi, tra i quali possiamo ricordare: x l’evoluzione delle tecniche costruttive, che consente di tendere verso soluzioni sempre più ardite nel campo architettonico e delle infrastrutture; x i progressi dell’industria siderurgica, che già nel 1850 era in grado di produrre travi metalliche reticolari; x l’aumento dei traffici, che richiese un radicale rinnovamento delle vie e dei mezzi di comunicazione; x l’evoluzione sempre più rapida delle condizioni sociali legata alla diffusione dell’istruzione e della cultura tra le popolazioni; x l’aumento demografico, determinato dalla riduzione della mortalità per le migliori condizioni igienico - sanitarie; x l’aumento dei consumi, per soddisfare le esigenze crescenti di tutte le classi sociali ed economiche. In Italia l’uso del cemento armato si diffonde nel Novecento, a cavallo tra le due grandi guerre, per rispondere alle esigenze di un rapido sviluppo della giovane Nazione. Troviamo così nuove e significative costruzioni in cemento armato quale il ponte sul Basento realizzato durante il ventennio fascista (Figg. 2.24 e 2.25).
Fig. 2.24 – Ponte ad arco sul Basento
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Fig. 2.25 – Ponte ad arco sul Basento
Due archi in cemento armato sostengono, attraverso tiranti, l’impalcato del ponte. Il cemento armato del ponte, sebbene realizzato durante il periodo delle sanzioni applicate dalla comunità internazione all’Italia, e quindi con barre di armatura di scarsa qualità, si conserva ancora oggi in discrete condizioni, evidenziando l’ottima compattezza del calcestruzzo e quindi buona durabilità.
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Grazie agli studi teorici sulla statica del cemento armato condotti da grandi ricercatori come il Guidi, il Canevazzi, il Colonnetti, ed altri, che hanno permesso a grandi progettisti, quali Riccardo Morandi, Pier Luigi Nervi e Musmeci, di realizzare architetture in cemento armato ammirate ancora oggi da tutti, quali il Ponte sulla Basentana di Riccardo Morandi (Figg. 2.26, 2.27, 2.28), il Palazzetto dello Sport a Roma di Pier Luigi Nervi (Fig. 2.29), il Ponte sul Basento a Potenza di Sergio Musmeci (Figg. 2.30, 2.31) e, ancora, il ponte Platano sulla Basentana di Riccardo Morandi (Figg. 2.32, 2.33 e 2.43).
Fig. 2.26 – Riccardo Morandi: Ponte sulla Basentana Percorrendo la Basentana, nel tratto che collega Sicignano degli Alburni a Potenza, dopo una curva a largo raggio si rivela, gradatamente, questo ponte di Riccardo Morandi. L’originalità dell’opera, unitamente alla sua maestosità, sono tali che anche l’automobilista più frettoloso non può fare a meno di rallentare per cogliere ogni aspetto dell’opera: dall’inserimento nell’ambiente ai dettagli costruttivi, dal disegno impresso sul calcestruzzo dalle casseforme alla disimmetria dei tiranti. I tiranti, collegati in alto ai portali sub-verticali, disegnano nello spazio coppie di elementi strutturali, a V rovescia, che sostengono l’impalcato del viadotto. Il disegno della struttura è dettato dalle azioni in gioco: i portali sono inclinati sul lato dei tiranti di luce minore per meglio assorbire la maggiore trazione indotta dai tiranti di luce più grande; i traversi dei portali sub – verticali presentano la sezione retta con una originale forma pentagonale per favorire la composizione delle forze in gioco.
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Fig. 2.27 – Riccardo Morandi: Ponte sulla Basentana
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Fig. 2.28 – Riccardo Morandi: Ponte sulla Basentana Le immagini evidenziano i dettagli costruttivi della struttura di Morandi. I tiranti delle campate centrali del ponte si collegano a traversi in cemento armato che sostengono l’impalcato. I tiranti delle campate minori, quelle esterne, sono vincolati, invece, alla struttura di fondazione. Il sistema strutturale, pur nella sua semplice organizzazione, sfrutta al meglio le caratteristiche di resistenza del cemento armato: ogni elemento costruttivo è chiamato a garantire l’equilibrio delle forze in gioco.
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Fig. 2.29 – Pier Luigi Nervi: Palazzetto dello sport, Roma
Il Palazzetto dello Sport di Roma, costruito per le olimpiadi del 1960, presenta una pianta circolare racchiusa al di sotto di una cupola ondulata che poggia su 36 forcelle ad Y in cemento armato. La parte inferiore della innovativa cupola, elegantemente nervata, poggia puntualmente sulle forcelle a Y permettendo di realizzare un nastro continuo finestrato che si sviluppa tutto intorno allo stadio.
Fig. 2.30 – Sergio Musmeci: Ponte sul Basento a Potenza Sergio Musmeci in questo ponte supera lo schema a trilite inventando una struttura organica e zoomorfa. I gusci in cemento armato, di sostegno dell’impalcano, richiamano la struttura vertebrale di un preistorico animale.
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Fig. 2.31 - Sergio Musmeci: Ponte sul Basento a Potenza L’opera si distacca dai consueti canoni strutturali e dimostra come possa essere evidenziata la proprietà plastica del calcestruzzo senza rinunziare alla sua resistenza meccanica. Sergio Musmeci con il suo slancio inventivo, supera l’inerzia mentale che ha portato alla diffusione del trilite in un campo delle costruzioni che tanto lustro ha dato all’Italia: “si semplifica lo schema statico regredendo gradualmente al trilite, e perciò rinunciando non solo all’arte, ma anche agli apporti della scienza contemporanea” (Sergio Musmeci)
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Fig. 2.32 – Riccardo Morandi. Il ponte Platano sulla Basentana Sulla Basentana, tra Romagnano al Monte e Vietri di Potenza, si incontra un’altra splendida struttura di Riccardo Morandi: il Ponte Platano. In quest’opera vengono coniugati armonicamente i due principali materiali strutturali della nostra epoca: il cemento armato e l’acciaio. L’impalcato e i portali del viadotto sono in cemento armato, i ‘pendoli’ e la campata del ponte sono in acciaio. Nonostante il carattere selvaggio del paesaggio la struttura del ponte si inserisce stupendamente nell’ambiente naturale con la sua elegante forma che esprime e denuncia il comportamento statico degli elementi costruttivi.
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Fig. 2.33 – Riccardo Morandi. Il ponte Platano sulla Basentana I pendoli sono formati da elementi scatolari in acciaio collegati e controventati con travi a traliccio ancora in acciaio. I pendoli, incernierati al basamento in cemento armato, convergono verso l’alto fino a presentare la sezione trasversale minima in corrispondenza dell’innesto con l’impalcato. Morandi progetta anche un originale carrello elevatore per la manutenzione della struttura: il passo del carrello è variabile per seguire l’andamento delle guide la cui distanza diminuisce man mano che si sale verso l’alto. Alla struttura dell’alta velocità del XX secolo si affianca un’antica struttura della velocità degli anni trenta.
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Fig. 2.34 –Il ponte Platano sulla Basentana e il ponte ad arco degli anni trenta La via dell’alta velocità testimonia le grandi capacità progettuali del suo Autore e la grande perizia delle maestranze che l’hanno costruita; il ponte ad arco degli anni trenta, oggetto di un recente restauro, con l’armonico disegno dell’organizzazione strutturale, certamente regge il confronto con il Ponte Platano. Entrambe le strutture per utilitas, firmitas e venustas costituiscono significative testimonianze degli anni in cui sono state progettate e costruite. Entrambe le strutture sono un ‘bene culturale’ per la nostra società e come tali vanno conservate e salvaguardate. Ma in questo piccolo angolo d’Italia le sorprese non finiscono qui. Alle due strutture per la mobilità su ruota si affianca una terza via: una ferrovia, ad un solo binario, che corre in una galleria artificiale. Nell’immagine di sinistra si intravede l’imbocco della galleria artificiale costruita a protezione della linea ferrata. È affascinante sognare che per un istante sulle tre vie si trovino a passare contemporaneamente una velocissima Ferrari, una veloce Bugatti e una romantica locomotiva a vapore.
L’affermazione del cemento armato nelle costruzioni è legata essenzialmente ad alcune fortunate circostanze: x Il calcestruzzo e l’armatura metallica presentano valori del coefficiente di dilatazione termica quasi identici. L’identico coefficiente di dilatazione termica (ơ=0,00001 °C-1) dell’armatura e del calcestruzzo consente al materiale composito cemento armato di deformarsi uniformemente in presenza di variazioni termiche: non insorgono, così, tensioni interne che porterebbero alla formazione di fessurazioni.
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x La buona aderenza che si manifesta tra l’armatura metallica (oggi esclusivamente ad aderenza migliorata grazie a nervature e risalti) ed il calcestruzzo, porta l’armatura a seguire il calcestruzzo nelle sue deformazioni sotto carico: l’armatura interagisce con il calcestruzzo assorbendo gli sforzi di trazione. x Il calcestruzzo resiste agli sforzi di compressione con la forma e la massa delle sue sezioni, le armature metalliche agli sforzi di trazione. Il risultato è un materiale eccezionale, plasmabile in forme infinite, che consente di coprire luci elevate, anche grazie alla tecnica della precompressione, e di realizzare le grandi architetture della nostra epoca. Nel panorama italiano del Novecento Riccardo Morandi e Pier Luigi Nervi rappresentano certamente progettisti di punta sia per aver contribuito concretamente allo sviluppo tecnico delle costruzioni in cemento armato, sia per aver progettato strutture che costituiscono potenti composizioni spaziali. Riccardo Morandi 3 progetta strutture a destinazione diversa, dalle abitazioni ai ponti e viadotti, concepite come sperimentazione delle potenzialità offerte dal cemento armato, normale e precompresso. Nella progettazione di alcuni ponti Morandi adotta un originale schema strutturale che, superando quelli voltati e a trilite, si caratterizza per due strutture a V, rovesciate tra loro, che formano i sostegni verticali (Figg. 2.35 e 2.36). La prima struttura a V, la più piccola, presenta il vertice incernierato alla base di appoggio e sorregge a mensola la prima parte della travatura del ponte; la seconda struttura a V, la più grande, si innalza nello spazio verso l’alto e costituisce elemento di ancoraggio degli stralli che reggono il secondo tratto della travatura. Lo schema, logo del nostro Ingegnere, per la sua forma scultorea e per il magico equilibrio delle forze interagenti, permette a Morandi di realizzare opere prestigiose, quali il viadotto sul Polcevera a Genova e il Ponte sul Wadi El Kuf in Libia.
Riccardo Morandi (Roma, 1 settembre 1902 – Roma, 25 dicembre 1989) si laurea in ingegneria nel 1927, e subito inizia la sua attività professionale progettando alcuni edifici per abitazione ed alcuni cinematografi, tra cui il Cinema Maestoso, l’Augustus e il Giulio Cesare di Roma. Si dedica alla ricerca scientifica sulle strutture di cemento armato precompresso e nel 1948 brevetta un sistema di precompressione che porta il suo nome. Morandi realizza varie opere in cemento armato precompresso, quali ponti, costruzioni industriali, e centrali termoelettriche. Insegnò Tecnologia dei materiali e Tecnica delle costruzioni presso l’Università degli Studi di Roma; tenne corsi presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze e nel 1971 divenne Research Professor presso l’Università di Stato della Florida. Tra le tante opere progettate da Morandi si ricordano il Ponte Vespucci a Firenze, il Viadotto Fausto Bisantis a Catanzaro e il Viadotto sul torrente Polcevera dell’Autostrada Genova-Ventimiglia. Riccardo Morandi è stato, insieme a PierLuigi Nervi, la figura di punta tra gli ingegneri italiani del Novecento. Ha contribuito allo sviluppo tecnico delle costruzioni in cemento armato ed ha creato strutture che, attraverso il calcolo statico, rappresentano potenti composizioni spaziali. Con Morandi le mensole e gli sbalzi, le travi appoggiate, gli archi a tre cerniere, gli stralli e i telai diventano complesse figure statiche che sono croce e delizia degli studenti di ingegneria e architettura. Alla luce dei metodi costruttivi tradizionali, le strutture in cemento armato di Morandi sembrano irrealizzabili e proprio per questo risultano efficienti, logiche ed economiche. 3
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Pier Luigi Nervi 4 definisce le sue architetture attraverso una attenta interpretazione dei principi che la statica gli offre. Le testimonianze più autentiche della sua filosofia progettuale sono le opere più recenti, quali i grattacieli di Montreal e di Sydney, la Cartiera di Burgo (Fig. 2.37), la Sala delle Udienza in Vaticano, e il Palazzetto dello Sport di Roma 5 . Pier Luigi Nervi, attraverso la sperimentazione e la ricerca, supera i vincoli imposti dalle leggi fisiche e realizza forme e strutture che si ispirano chiaramente alla natura.
Fig. 2.35 - Riccardo Morandi. Il ponte Wadi El Kuf Al Beida – Libia Pier Luigi Nervi (Sondrio, 21 giugno 1891 – Roma, 9 gennaio 1979) si laurea in ingegneria presso l’Università degli Studi di Bologna nel 1913. La sua prima struttura è quella del cinema teatro Augusteo di Napoli, ma il primo lavoro che lo farà conoscere a livello internazionale è lo stadio Berta di Firenze, l’attuale Stadio Artemio Franchi. Tra il 1935 e il 1943 Pier Luigi Nervi progetta aviorimesse per l’Aeronautica italiana, a Castel Viscardo e ad Orbetello, realizzando ampie volte di copertura in cemento armato, che lo rendono protagonista dell’evoluzionismo in architettura in un continuum tra il grande passato artistico dell’Italia e il Novecento. Nel 1961 Pier Luigi Nervi realizza il Palazzo delle Esposizioni "Italia ‘61" a Torino, forse la sua opera più significativa, e nel 1964 la nuova aula per le udienze pontificie in Vaticano, nota come “Aula Nervi”. Nel merito delle linee guida della produzione progettuale, Pier Luigi Nervi afferma: "Come sempre in tutta la mia opera progettistica ho constatato che i suggerimenti statici interpretati e definiti con paziente opera di ricerca e di proporzionamento sono le più efficaci fonti di ispirazione architettonica. Per me questa regola è assoluta e senza eccezioni". 5 Il Palazzetto dello Sport di Roma è stato progettato da Pier Luigi Nervi in collaborazione con Annibale Vitellozzi. 4
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Fig. 2.36 - Riccardo Morandi. Schema statico e foto del ponte Wadi El Kuf Al Beida – Libia
Fig. 2.37 - Pier Luigi Nervi. La Cartiera di Burgo
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2.1 Evoluzione storica del calcestruzzo Fin dal V sec. a.C., in Oriente furono impiegati materiali come il ferro ed i leganti idraulici. Questi materiali li troviamo usati anche in Egitto, in Grecia nel IV e III sec a. C., nelle opere dei Cartaginesi ed infine in molte costruzioni dei Romani. In origine il calcestruzzo 6 era formato da una miscela di calce e di frantumi di mattoni, oppure da una miscela di calce e di sabbia vulcanica, che era estratta principalmente dalle cave di Pozzuoli. L’homo faber ha sempre cercato di migliorare i materiali che aveva a disposizione per ottenere prodotti sempre più durevole nel tempo; si riscontra un continuo sforzo per migliorarne le caratteristiche di resistenza associando anche più materiali, come nel caso dei mattoni impastati con fibre organiche. Il Libro dell’Esodo (5.6 - 8) testimonia che la paglia veniva aggiunta nell’impasto di argilla per ottenere mattoni crudi più resistenti: “(…..) Il faraone dette quest’ordine agli ispettori del popolo e ai suoi sorveglianti: voi non darete più, come prima, la paglia al popolo per fare i mattoni; vadano essi a raccogliersi della paglia! E imponete loro la stessa quantità di mattoni di prima, senza diminuzione alcuna” Anche se nell’immaginario collettivo gli antichi schiavi egizi trainavano grossi blocchi di pietra per costruire le piramidi, una moderna ricerca condotta da una equipe di scienziati franco–statunitensi confermerebbe la teoria, avanzata intorno al 1970, dal ricercatore francese Joseph Davidovits, secondo la quale gli Egiziani utilizzavano una sorta di calcestruzzo per riempire i blocchi di pietra che venivano scavati all’interno, prima di essere portati in cima alla costruzione. Era così possibile alleggerire i possenti e maestosi blocchi di pietra. I ricercatori, attraverso le analisi svolte su alcuni blocchi lapidei delle grandi piramidi egiziane risalenti al 3000-1800 a.C., hanno accertato che questi sembrano essere formati da una pietra riagglomerata, ossia da una pietra formata da calcare, carbonato di sodio, silicati idrati ed infine da fibre organiche, come peli o capelli, che consentivano di conferire una certa resistenza a trazione riducendo il comportamento fragile del materiale. Nei blocchi è stata riscontrata, inoltre, la presenza di frammenti di intonaco colorato in rosso. Ci troviamo forse di fronte al primo esempio di riciclo dei materiali (i frammenti di intonaco rosso) provenienti da demolizioni e, quindi, di costruzione sostenibile. Secondo i professori Gilles Hug, dell’Agenzia di ricerca aerospaziale francese, e Michel Barsoum, dell’Università di Philadelphia, non tutte le pietre presentavano questo riempimento. In particolare, il calcestruzzo di riempimento risulta utilizzato principalmente per i blocchi lapidei destinati ai livelli più alti, come nel caso delle piramidi di Giza (Fig. 2.38), mentre la rimanente parte doveva essere formata da rocce calcaree naturali. Da questo studio, che ha visto l’impiego di raggi X, di lampade al plasma e di microscopi 6
Il termine calcestruzzo deriva dal latino calcis structio, che significa struttura a base di calce.
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Fig. 2.38 - La Sfinge con la Piramide di Chephren, una delle piramidi della Valle di Giza
elettronici, emerge che gli Egiziani, per realizzare il calcestruzzo di alleggerimento, avrebbero utilizzato calcare tenero impastato con l’acqua del Nilo e arricchito, poi, con cenere. Un’altra importante scoperta, che confermerebbe l’ipotesi di Davidovits, è stata quella della Stele della Carestia. A nord di Assuan, nell’isola di Sehel, nel 1889 venne recuperata dall’archeologo C.E. Wilbour una stele di roccia con una incisione di difficile lettura. La stele, oggi conosciuta con il nome di Stele della Carestia (Fig. 2.39), è stata oggetto di studio di molti ricercatori per alcuni decenni. Gli egittologi hanno trovato che la terza parte della scritta tratta della costruzione degli edifici e dei monumenti. Sembra che nella Stele ci sia la chiave per conoscere una tecnologia costruttiva perduta. Nella colonna 19 della Stele troviamo scritto, infatti, che il giovane faraone Zoser ricevette in sogno dal dio Knuhm una lista di minerali da impiegare per realizzare in loco le pietre da utilizzare nelle costruzioni, al posto delle pietre naturali. Questa interpretazione del testo della Stele porta il Davidovits a sostenere che il faraone Zoser sia stato istruito dalla classe sacerdotale alla costruzione di pietre per realizzare nel 2750 a.C. la prima piramide conosciuta. Enrico Baccarini, in Il cemento dei faraoni, tra mito e realtà, nel merito delle teorie di Davidovits, commenta come questi abbia cercato di comprendere se le notizie riportate
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sulla stele potessero essere alla base della ri-costruzione geopolimerica 7 delle rocce calcaree delle piramidi. Dal punto di vista geochimico il 90% dei blocchi della Grande Piramide è costituito da materiale di tipo calcareo mentre il restante 10% è costituito dal materiale cementante. Secondo Davidovits ci potremmo trovare davanti ad ottime imitazioni di rocce, costruite con una tecnologia di non difficile ripetibilità per gli antichi egiziani. Davidovits è riuscito a riprodurre fedelmente rocce calcaree partendo dai loro costituenti base. Osservando, poi, le proprietà disgreganti degli acidi facilmente reperibili anche presso le antiche dinastie egiziane, Davidovits ha proposto un modello chimico che ha ottenuto ampio successo nel mondo della ricerca e della chimica. Alcuni acidi, quali il formico e l’acetico, sono in grado di disciogliere letteralmente una pietra fino a farla diventare una sostanza fangosa. Questa sostanza, se ri-arricchita con sabbia di granito, insieme ad alcuni estratti vegetali, riassume, solidificandosi, l’aspetto di un blocco di granito naturale (Fig. 2.40).
Fig. 2.39 - La Stele della Carestia
Fig. 2.40 - Costruzione piramidale di Davidovits con la metodologia desunta dalla Stele della Carestia
Secondo Davidovits, quindi, gli enormi blocchi delle piramidi, alti dai 2 ai 3 m e pesanti fino a 500 tonnellate, sarebbero stati costruiti in loco e dovevano essere composti per un 90-95% da materiale di tipo calcareo e per un 5-10% da leganti geologici naturali. I costruttori egiziani avrebbero utilizzato una tecnologia simile a quella del nostro calcestruzzo, utilizzando la soda caustica, ottenuta dal carbonato di sodio (che si trova in Egitto allo stato naturale) e i silicati idrati (che gli Egiziani estraevano dalle miniere del Sinai), in sostituzione del nostro cemento d’alto forno. Secondo la teoria di Davidovits, che molti ritengono tutt’altro che astorica o inverosimile, invece di 100.000 uomini che avrebbero lavorato ogni giorno per quarant’anni per costruire una piramide, sarebbero bastati 1400 operai e vent’anni di lavoro. Nel merito dell’unione di più materiali, sappiamo che sia i greci che i romani associaCon il termine geopolimerizzazione si intende un processo chimico di aggregazione di minerali il cui risultato riproduce fedelmente e chimicamente una roccia partendo dai suoi costituenti base. 7
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rono soprattutto il ferro alla pietra realizzando cuciture degli elementi lapidei che garantivano una resistenza a trazione. Questa tecnologia dei rinforzi metallici doveva essere molto nota ai costruttori romani come testimoniano le grappe che collegano i blocchi di travertino del Colosseo (Fig. 2.41), che hanno richiesto l’impiego addirittura di oltre 300 tonnellate di ferro dolce. Durante il medioevo, però, il Colosseo è stato oggetto di occupazione da parte dei calcinatori i quali realizzarono nel monumento le proprie abitazioni e le proprie officine, tanto che la zona fu denominata Calcarium 8 . I calcinatori ottenevano la calce cuocendo i blocchi di marmo e di travertino che provenivano dalle parti crollate del monumento e praticavano nei blocchi di travertino i famosi buchi per estrarre le grappe di piombo, a forma di doppia coda di rondine (Fig. 2.42), che univano i blocchi. Anche se il cemento viene prodotto per la prima volta nell’Ottocento, i costruttori romani già utilizzavano l’opus caementicium, ordinario e leggero. L’impiego del calcestruzzo si trova documentato a Roma già intorno al III secolo a.C., come ad esempio nell’acquedotto Appio, e da allora i costruttori romani hanno fatto un largo uso del calcestruzzo, ossia della miscela di pozzolana, ghiaia, calce e acqua, con capacità di sviluppare resistenze meccaniche anche in ambiente umido. Vitruvio, per primo, utilizza il termine calcestruzzo per definire un composto, molto simile al conglomerato cementizio che impieghiamo oggi, che chiama opus caementicium, formato da pietre, o rottami di mattone, mescolati con calce, sabbia ed acqua.
Fig. 2.41 - Il Colosseo
Fig. 2.42 - Il grappaggio con piombo di blocchi lapidei
Il Colosseo per molti secoli è stato una vera risorsa edilizia. Anche se i romani medioevali fecero grossi danni al Colosseo, ben più gravi sono stati i danni causati dai pontefici del Rinascimento. In età rinascimentale i conci lapidei del Colosseo furono utilizzati per realizzare la tribuna di S. Giovanni in Laterano (1439), la Basilica di San Pietro (1451), il Palazzo San Marco (metà del XV sec.) e il Ponte Emilio (1574). Ma anche in età barocca il Colosseo fu vittima di energiche spoliazioni soprattutto da parte di Papa Urbano VI che utilizzò i blocchi per la costruzione del Palazzo Barberini e, dopo il terremoto del 1703, per la costruzione del Porto di Ripetta. 8
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In merito alla qualità della calce Vitruvio, nel Libro Settimo del De Architectura al capo II 9 , scriveva: “A macerazione 10 ultimata e dopo aver tutto scrupolosamente predisposto per la messa in opera, si prenda una cazzuola e allo stesso modo con cui si taglia il legname con l’ascia, si tagli con quella la calce. Se si troveranno dei grumi vorrà dire che la calce non è pronta; se la cazzuola uscirà asciutta e pulita vorrà dire che la calce è fiacca e arida, mentre per essere grassa e ben macerata dovrà restare attaccata come colla al ferro della cazzuola.” 11 In merito alla qualità della sabbia, inoltre, Vitruvio nel Libro Secondo al capo IV del suo Trattato, scriveva: “Nelle costruzioni in calcestruzzo bisogna in primo luogo trovare la sabbia adatta non mista a terra, per impastare la malta. Le varietà di sabbia da cava sono: nera, bianca, rossa e rossa scura. Ottima è quella che sfregata tra le dita produce un leggero crepitio. Quella mischiata a terra, invece, non presenta caratteristiche di ruvidezza. Altrettanto buona di qualità si rivela quella che gettata su un lenzuolo bianco non lascerà tracce di terra né di sporco dopo essere stata scossa via. In assenza di cave si potrà ricavare la sabbia dai fiumi, dalla ghiaia o anche dalla rena del mare. Questo tipo presenta però degli inconvenienti nelle costruzioni: fa fatica ad asciugarsi e di conseguenza per non appesantire la struttura muraria occorre ad intervalli farla riposare (…).” 12 Vitruvio insegnava che per le opere idrauliche, e per quelle esposte all’azione dell’acqua piovana, la sabbia doveva essere sostituita, tutta o in parte, con la pozzolana, detta pulvis puteolana, oppure con il coccio pesto. Il rottame di pietra, da usare per Marco Vitruvio Pollione, De Architectura – Traduzione di Luciano Migotto - Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1990 10 Per macerazione deve intendersi lo spegnimento della calce. 11 Traduzione di Luciano Migotto. “Cum autem abita erit ratio macerationis et id curiosius operi praeparatum erit, sumatur ascia et, quemadmodum materia dolatur, sic calx in lacu macerata ascientur. Si ad eam offenderint calculi, non erit temperata; cumque siccum et purum ferrum educentur, indicabit eam evanidam et siticulosam; cum vero pinguis fuerit et recte macerata, circa id ferramentum uti glutinum haerens omni ratione probabit se esse temperatam.” - Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, Collezione Biblioteca, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1991 12 Traduzione di Luciano Migotto. “In caementiciis aute structuris primis est de harena quaerendum, ut ea sit idonea ad materiem miscendam neque habeant terram commixtam. Genera autem harenae fossiciae sunt haec: nigra, cana, rubra, carbunculus. Ex his quae in manu confricata fecerit stridorem, erit optima; quae autem terrosa fuerit, non habebit asperitatem. Item si in vestimentum candidum ea coniecta fuerit, postea escussa vel icta id non inquinarti neque ibi terra subsiderit, erit idonea. Sin autem non erunt arenaria, unde fodiatur, tum de fluminibus aut e glarea erit excernenda, non minus etiam de litore marino. Sed ea in structuris haec habet vitia: difficulter siccescit, neque onerari se continenter paries patitur, nisi intermissionibus requiescat (…).” - Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, Collezione Biblioteca, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1991 9
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confezionare il calcestruzzo, doveva essere non più grosso di una mano ed era chiamato caementum, dal latino caedo che significa tagliare in pezzi. In particolare, nel Libro Quinto al capo XII del già citato Trattato, Vitruvio parla della sabbia vulcanica di Cuma, ovvero della pozzolana, per la costruzione dei porti: “La struttura del molo destinata a rimanere sott’acqua deve essere fabbricata con polvere pozzolana importata da quella regione che si estende da Cuma fino al promontorio di Minerva, mescolata con calce nel rapporto di due a uno. Quindi occorrerà calare in acqua, nella zona prestabilita, dei cassoni senza fondo che verranno saldamente serrati con pali di quercia e ancorati per mezzo di catene, poi si procederà a livellare e a ripulire la parte di fondale tra loro compresa, provvedendo a fare una gettata di malta e calcestruzzo come s’è detto sopra, fino a che la struttura muraria non avrà completamente riempito il vuoto dei cassoni.” 13 Dall’opera di Vitruvio è possibile anche desumere quali dovevano essere i rapporti delle sabbie con la calce suggeriti per formare le malte da utilizzare per unire i mattoni nelle murature, per gli intonaci, per la formazione del calcestruzzo da aggiungere ai caementi, cioè ai frantumi di pietre, marmi, tufo e mattoni (Libro Secondo, capo V): “La calce ... una volta raffreddata la si mescola con sabbia nel rapporto di uno a tre se questa è di cava, di uno a due se invece è di fiume; così si ottiene un dosaggio ben equilibrato. Ma il risultato sarà ancora migliore se alla sabbia di fiume o di mare si aggiungerà la terza parte di frammenti di coccio pestato e setacciato.”14 Per il buon risultato dell’opera si faceva affidamento sulla battitura, o costipamento, sia per le malte da intonaco che per i calcestruzzi (trattamenti che ancora oggi sono alla base della tecnica di confezione dei migliori calcestruzzi) e le avvertenze di Vitruvio a questo riguardo erano confermate anche da Plinio che, per i calcestruzzi impiegati per la costruzione delle cisterne, raccomandava che le fondazioni ed i fianchi fossero ben battuti con mazze di ferro. Lo stesso Plinio afferma che il conglomerato di calce e pietra era conosciuto ed applicato anche dagli egiziani. Infatti, nel descrivere il labirinto di Lemnos racconta che, Traduzione di Luciano Migotto. “Eae autem structurae, quae in acqua sunt futurae, videntur sic esse faciendae, uti portetur pulvis a regionibus, quae sunt a Cumis continuatae ad promunturium Minarvae, isque misceatur, uti in mortario duo ad unum respondeant. Deinde tunc in eo loco, qui definitus erit, arcae stipitibus robusteis et catenis inclusae in acquam demittendae destinandaeque firmiter; deinde inter ea extrastilis inferior pars sub aqua exaequanda et purganda, et caementis ex mortario materia mixta, quemadmodum supra scriptum est, ibi congerendum, denique compleatur structura spatium, quod fuerit inter arcas.” - Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, Collezione Biblioteca, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1991 14 Traduzione di Luciano Migotto. “Cum ea (la calce) erit extincta, tunc materia ita misceatur, ut, si erit fossicia, tres harenae et una calcis infundatur; si autem fluviatica aut marina, duo harenae, una calcis coiciatur. Ita enim erit iusta ratio mixtiones temperaturae. Etiam in fluviatica aut marina si qui testam tunsam et succretam ex termia parte adiecerit, efficiet materiae temperaturam ad usum meliorem” Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, Collezione Biblioteca, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1991 13
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anche se più piccolo, era simile a quello che sorgeva in Egitto e che nel centro aveva un peristilio con un’alta colonna costruita tutta in conglomerato di calce e pezzi di marmo e non in blocchi monolitici. In un primo momento il calcestruzzo, formato da frammenti di laterizio miscelati con il pietrisco, venne utilizzato nelle opere di fondazione, quali le platee; successivamente anche per la costruzione di grandi edifici come la Basilica di Massenzio (Fig. 2.43), le Terme di Caracalla (Fig. 2.44) e la celeberrima cupola del Pantheon, la cui luce di oltre 43 m è rimasta insuperata fino ai primi anni del ‘900 (Fig. 2.45). Nel Pantheon è possibile leggere una originale organizzazione costruttiva che testimonia la grande maestria cantieristica dei costruttori romani. Le fondazioni sono costituite da un grande anello di calcestruzzo mentre i muri perimetrali presentano i paramenti esterni in mattoni e un riempimento interno di calcestruzzo. Per la cupola il getto avveniva per strati circolari su una maestosa centina (Fig. 2.46). Grazie a questa procedura costruttiva ed al materiale impiegato, la cupola non si comporta come una volta che sfrutta l’effetto cuneo, ma come un unico elemento strutturale che riduce le spinte sui muri. Cinque ordini di cassettoni (Fig. 2.47) alleggeriscono l’immagine interna della cupola conferendole un maggiore slancio verso l’alto. In particolare, la cupola ha il raggio di curvatura uguale a quello del corpo cilindrico per cui la forma del tempio è quella di una mezza sfera sovrapposta a un cilindro di pari altezza e di pari raggio. La sezione del Pantheon (Fig. 2.48) evidenzia l’intelligente soluzione che applicarono i romani nella costruzione: l’impasto di calcestruzzo veniva alleggerito procedendo verso l’alto, per la presenza non solo della calce ma anche degli inerti di pomice, di volume più piccolo. Lo spessore della cupola, inoltre, gradualmente si riduce a partire dai sette metri dell’imposta fino alla misura di circa un metro in corrispondenza dell’occhio di chiave.
Fig. 2.43 - Basilica di Massenzio
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Fig. 2.44 - Terme di Caracalla
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Fig. 2.45 - Interno del Pantheon
Ritornando alla centina, si può ipotizzare che essa doveva essere sostenuta da pilastri in muratura in quanto la grande luce della cupola avrebbe richiesto la costruzione di una impalcatura da sviluppare per l’intera superficie di base. L’impalcatura sarebbe stata molto costosa per la grande quantità di legno richiesta, sia per coprire i 43 metri di diametro della pianta sia per garantire adeguata stabilità sotto il gran peso del getto di calcestruzzo. L’idea di realizzare una serie di pilastri in muratura capaci di portare, a circa venti metri dal suolo, la struttura della centina in legno e la massa di calcestruzzo della cupola è stata poi riproposta, nei secoli successivi, nella costruzione di altre cupole. Per la cupola i costruttori romani utilizzarono calcestruzzo impastato con scaglie di tufo e mattoni, per la parte dell’imposta, e calcestruzzo di calce molto denso, misto a ghiaino e pomice, per la parte superiore. Il calcestruzzo veniva posto in opera per strati successivi, opportunamente compattati attraverso la battitura con mazze. I costruttori aspettavano che il calcestruzzo avesse fatto presa prima di stendere gli strati successivi, con conseguente lunghezza dei tempi di esecuzione dei vari strati.
Fig. 2.46 - Centina in legno per la cupola del Pantheon
Fig. 2.47 - Il cassettonato all’intradosso della cupola del Pantheon
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Questo procedimento, anche se molto lento, offriva la possibilità di tenere sotto controllo i possibili cedimenti e gli eventuali fenomeni fessurativi che si potevano verificare per l’assestamento della struttura lignea provvisoria. In sintesi, i principi costruttivi introdotti dagli architetti romani nella realizzazione delle cupole furono, essenzialmente, l’alleggerimento crescente dei componenti della struttura che nella parte inferiore era composta da calcestruzzo unito a conci di tufo, che erano sostituiti, nella parte superiore, da scorie vulcaniche leggere o da pietre di pomice. Addirittura, al fine di realizzare grandi cupole leggere, i romani utilizzarono vasi di laterizio che avevano il compito di alleggerire i rinfianchi della struttura; esempio significativo in tal senso sono le Terme Stabiane di Pompei per le cui cupole furono utilizzati anfore e tubi disposti in corrispondenza delle reni.
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Fig. 2.48 - Ricostruzione grafica della sezione del Pantheon
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Legenda: 1. calcestruzzo con scaglie di tufo e scorie vulcaniche; 2. calcestruzzo con scaglie di tufo e di mattoni; 3. calcestruzzo con scaglie di mattoni; 4. calcestruzzo con scaglie di tufo e di mattoni; 5. calcestruzzo con scaglie di travertino e di tufo; 6. calcestruzzo con scaglie di travertino
Un’altra applicazione del calcestruzzo la troviamo nel Mausoleo del Ciaurro 15 a Marano di Napoli (Fig. 2.49). La cupola risulta realizzata con due tipi di opus caementicium: la parte inferiore con opus caementicium ordinario, composto da calce, pozzolana e detriti di tufo e di mattoni; la parte superiore, invece, con opus caementicium leggero, composto da calce, pozzolana e lapillo o pomice.
Il Mausoleo è costituito da un poderoso basamento a pianta quadrata e da una cupola sostenuta da un tamburo cilindrico. Nella parte bassa troviamo una camera sepolcrale rettangolare coperta da una volta a botte, mentre nell’ambiente superiore, definito dal tamburo circolare e dalla cupola, sono presenti altre piccole nicchie per le urne cinerarie. Tre finestre strombate, rifinite con piattabande in mattoni, illuminano la camera sepolcrale mentre due rampe di scala collegano l’accesso del Mausoleo, posto nella campata di estremità della parete orientale, con i due piani della costruzione.
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Fig. 2.49 - Mausoleo del Ciaurro a Marano (Napoli) Sulle facce del basamento una pilastratura sporgente in mattoni, suddivide ciascuna parete in quattro comparti con il paramento ad opus reticulatum in blocchetti di tufo giallo e grigio. Allo stato la scomparsa dei blocchetti di tufo giallo, meno durevole del tufo pipernoide grigio, conferisce al paramento murario il curioso aspetto a nido di vespa.
Anche in questo caso i costruttori romani, con grande intuito statico, utilizzano i materiali in funzione delle sollecitazioni indotte dai carichi applicati: per la parte basamentale della cupola, dove le sollecitazioni sono maggiori, utilizzano il calcestruzzo ordinario; per la parte alta, meno sollecitata, utilizzano il calcestruzzo leggero. Prima dell’affermazione del calcestruzzo tutte le grandi costruzioni richiedevano molti anni per la loro realizzazione, a causa delle difficoltà che i costruttori incontravano per movimentare le enormi pietre utilizzate. Ad esempio, per realizzare il Tempio di Apollo a Didima 16 , tra l’altro incompiuto, con la tecnica della costruzione in Didima era una tra le più importanti città della Ionia Antica. Infatti, gli scavi condotti negli ultimi anni hanno dimostrato che la città era interessata da una intensa attività di insediamento. Il Tempio di Apollo era un’area sacra e centro di oracolo strettamente dipendente da Mileto. Gli scavi che sono stati eseguiti sulla ‘Via Sacra’, la via che collegava Mileto con Didima, hanno portato alla scoperta di una sede cultuale dedicata ad Artemide, che giustificherebbe il nome del tempio Didymaion che significa, appunto, Tempio dei Gemelli.
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saxum quadratum occorsero 462 anni (dal 332 a.C. al 130 d.C. circa); di contro, per costruire il Pantheon, con la tecnica dell’opus caementicium, si impiegarono solo sette anni (dal 118 d.C. al 125 d.C.). Tuttavia la rapidità di esecuzione delle murature (Fig. 2.50) fu soprattutto dovuta all’uso della pozzolana nell’opus caementicium; infatti la calce, non avendo proprietà idrauliche, avrebbe impiegato molto tempo a fare presa in quanto, com’è noto, si idrata solo a contatto con l’anidride carbonica contenuta nell’aria, che avrebbe avuto difficoltà a permeare attraverso i giunti delle fodere in mattoni pieni che svolgevano il ruolo di casseforme. I costruttori romani usavano la malta di pozzolana anche per impedire le infiltrazioni di umidità. Con la Fig. 2.50 - Muratura con paramenti malta di pozzolana, infatti, rivestivano le superfici esterni in mattoni e riempimento con interne dei canali, delle fogne, delle cisterne e degli calceastruzzo acquedotti; intonacavano i muri esposti alle intemperie e quindi all’umidità; legavano i mattoni in terreni pieni di acqua; realizzavano i pavimenti; cementavano le tegole per impedire la penetrazione dell’acqua. I costruttori romani nei Paesi in cui non esistevano pozzolane naturali, trass17 o altre terre vulcaniche, come ad esempio in Britannia, per confezionare il loro calcestruzzo utilizzavano materiali artificiali, quali i frammenti di mattoni, di mattonelle o di terraglie. Le tecniche costruttive romane anticipano, inoltre, l’idea del materiale cemento armato dei nostri giorni, allorquando introducono rinforzi di legno o di metallo, all’interno dei possenti getti del loro calcestruzzo. Vitruvio, a tal proposito, quando parla de “La disposizione dei bagni” (Libro Quinto, capo X del De Architectura) descrive il modo di realizzare finte volte in metallo e malta: “Si appendano alle travi per mezzo di uncini delle asticelle di ferro ad arco il più fitte possibili così da potervi far poggiare delle tegole senz’orlo; si otterranno delle volte poggianti interamente su di una struttura in ferro. Le commettiture superiori delle volte saranno cosparse e levigate ad argilla mista a La trass è una pozzolana naturale che ha trovato grande impiego in Olanda. Estratta ad Andernach, a Bockenheim, ed a Francoforte sul Meno, la trass veniva trasportata, in quantità notevole, sul Reno in Olanda. Qui veniva macinata e preparata per le miscele con la calce blu argillosa che proveniva dalle rive del fiume Scheldt. Un primo strato di questa malta, con spessore di circa 30 cm, veniva steso sul terreno, poi veniva spruzzato con acqua ed infine veniva coperto con un secondo strato di trass dello stesso spessore. Dopo due o tre giorni i due strati venivano mescolati insieme e ben battuti per poi farli riposare altri due giorni prima dell’uso. Il cemento così ottenuto, la cosiddetta tarras olandese, veniva usata in Olanda per costruire le dighe e le costruzioni marittime.
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pelo, mentre la parte inferiore, che guarda verso il pavimento, deve essere prima rinforzata con coccio pesto e calce, quindi intonacata e levigata.” 18 Con la caduta dell’Impero Romano si riscontra un declino della qualità delle costruzioni in calcestruzzo, causato principalmente dal mancato rispetto delle regole vitruviane: le fornaci per la produzione della calce, in età romana molto curate nei particolari costruttivi, furono sostituite da forni di campagna; le materie di base furono scelte con sempre più scarsa attenzione; la sabbia sporca ed argillosa venne usata sempre più frequentemente; l’uso della pozzolana e del coccio pesto fu abbandonato; gli impasti furono confezionati sempre più spesso con elevato contenuto d’acqua e messi in opera senza alcuna pistonatura. Nel tardo Medioevo la parola cemento venne usata, in principio, per indicare il rottame di pietra, poi per indicare il calcestruzzo, sinonimo di conglomerato, e soltanto nel diciottesimo secolo indicò il legante idraulico per eccellenza. Purtuttavia, a partire dal Medioevo e fino all’Ottocento, il calcestruzzo non scomparve del tutto dall’arte del costruire. Il calcestruzzo, infatti, anche se di modesta qualità in quanto composto da calce, sabbia, ghiaino e frammenti di materiali lapidei, fu regolarmente utilizzato per il riempimento dei muri a sacco, per il livellamento del terreno di fondazione, per la realizzazione dei basamenti dei piani terreni. In età Umanistica si ha la riscoperta dei trattati di Vitruvio che, nel 1511, furono tradotti in italiano e pubblicati in una versione illustrata da Giovanni Monsignori, noto come fra’ Giocondo. A questa prima pubblicazione ne seguirono molte altre, specialmente in Francia, dove nel Settecento, furono addirittura condotti studi sperimentali sui leganti utilizzati per confezionare i calcestruzzi romani. Nel Cinquecento Philibert Delorme, anche noto come Philibert De L’Orme 19 , fu uno dei principali sostenitori dell’impiego del calcestruzzo di calce per la costruzione delle fondazioni. Bisogna aspettare però il 1750 circa, quando, ad opera dell’inglese John Smeaton, si ebbe la rivoluzionaria scoperta della calce idraulica che permise di abbandonare le miscele a base di calce e pozzolana.
Traduzione di Luciano Migotto. “regulae ferreae aut arcus fiant, eaeque uncinis ferreis ad contignationem suspendantur quam creberrimis; eaeque regular sive arcus ita disponantur, uti tegulae sine marginibus sedere in duabus invehique possint, et ita totae concamerationes in ferro nitentes sint perfectae. Earumque camararum superiora coagmenta ex argilla cum capillo subasta liniantur; inferior autem pars, quae ad pavimentum spectat, primum testa cum calce trullizetur, deinde opere al bario sive tectoria poliatur.” - Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, Collezione Biblioteca, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1991 19 Philibert Delorme, architetto e trattatista francese del XVI secolo, con le sue opere favorì la diffusione in Francia dei caratteri stilistici propri del classicismo. 18
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Legante
Inerte fino
Una parte di calce
Tre parti di sabbia di cava Una parte di sabbia di cava + Due parti di sabbia di fiume
Una parte di calce
Inerte grosso
Una parte di calce
Due parti di sabbia di fiume
Una parte di mattone frantumato e vagliato
Una parte di calce + Due parti di pozzolana
Due parti di sabbia di fiume
Una parte di mattone frantumato e vagliato
Tabella 2.1 – Composizione delle malte secondo Vitruvio
2.2 Il cemento armato nelle costruzioni Il notevole sviluppo tecnologico che ha caratterizzato l’Ottocento porterà all’affermazione dell’uso del cemento armato nelle costruzioni. Le tappe più significative per l’affermazione del nuovo materiale da costruzione possono essere considerate: x il 1824, quando Aspdin brevetta il sistema di produzione del cemento portland; x il 1845, quando inizia la produzione industriale del cemento; x il 1847, quando Coignet progetta la prima copertura a terrazza in cemento armato a Saint Denis; x il 1848, quando Lambot progetta una imbarcazione in ferro e cemento; x il 1861, quando Coignet progetta i primi elementi costruttivi in cemento armato; x il 1867, quando Monier costruisce le prime cassette da fiori in conglomerato armato con rete metallica; x il1868, quando viene realizzato un serbatoio in cemento armato a Fontainebleau; x il 1880, quando Hennebique studia i primi solai in conglomerato cementizio armato con tondini metallici; x il 1887, quando Wayss perfeziona i brevetti di Monier. Ma prima dell’invenzione del cemento portland da parte del muratore inglese Joseph Aspidin, intorno al 1750 un altro personaggio eclettico, l’inglese John Smeaton, aveva fatto la rivoluzionaria scoperta della calce idraulica. John Smeaton, dopo essere stato in Olanda ed in Belgio per studiare le strutture marine realizzate con la tarras olandese, fece una serie di esperimenti, utilizzando diversi tipi di calce, e alla fine scoprì che dal calcare marnoso, ricco di argilla, estratto dalle cave di Blue Lias nel Galles meridionale, si riusciva ad avere un legante che induriva notevolmente a seguito della cottura a temperatura elevata. Da questi esperimenti egli capì che per avere un buon legante si doveva sottoporre a cottura una miscela di calcare ed argilla. John Smeaton continuò la sua ricerca e fece altri esperimenti utilizzando anche la pozzolana di Civitavecchia. Gli studi di Smeaton trovarono una concreta applicazione nella ricostruzione del Fa-
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ro di Eddystone (Fig. 2.51), uno dei più antichi e famosi fari inglesi. Il Faro era situato nell’Atlantico, a Sud di Plymouth, e fu costruito su uno scoglio che era stato interessato da un notevole numero di naufragi. La prima costruzione del faro era avvenuta nel 1696, con la conduzione di Henry Winstanley, un famoso inventore inglese 20 , e terminò alla fine del 1698 21 . Il Faro presentava una struttura in legno che si innalzava su un basamento in muratura. Nel novembre del 1703, però, durante una spaventosa tempesta il Faro fu ingoiato dal mare insieme al suo costruttore, che vi si era recato per un controllo della struttura. Intorno al 1708 John Rudyerd, un commerciante in seta, fu incaricato della ricostruzione del Faro. La struttura in legno, ispirata alla carpenteria navale, resse per 47 anni fino a quando, nel 1755, un incendio provocato dalle candele che alimentavano la lanterna lo distrusse 22 . Considerato, però, che il Faro di Eddystone era indispensabile per la sicurezza della navigazione, la sua ricostruzione fu affidata a John Smeaton che decise di ricostruirlo utilizzando un legante ottenuto da una miscela di pozzolana di Civitavecchia e di calce ricavata dalla calcinazione dei calcari di Aberthaw. La nuova torre (Figg. 2.52 e 2.53) fu inaugurata nell’ottobre del 1759 e restò in uso per 120 anni, fino a quando, nel 1870, la presenza di alcune crepe nella roccia su cui poggiava, portarono alla decisione di demolirlo. Il Faro fu ricostruito sulla terraferma a Plymouth Hoe, per volontà degli abitanti di quella città, e lì si trova ancora oggi in ricordo del suo costruttore. Dopo le sperimentazioni di John Smeaton, nel 1796 l’inglese James Parker brevettò il processo di produzione di un nuovo legante idraulico, il cosiddetto “cemento romano”, ottenuto dalla cottura della marna, miscela naturale di calcare e argilla, la cui principale caratteristica era la rapidità di presa. Parker aveva scoperto che era possibile produrre il legante idraulico facendo calcinare i noduli di calcare argilloso, chiamati septaria, o noddles, che provenivano dai giacimenti di argilla situati lungo il litorale dell’estuario del Tamigi, nelle vicinanze della costa dell’isola di Sheppey. La più antica costruzione con il cemento di Parker, realizzata tra il 1796 ed il 1801, fu il canale dell’acquedotto Chirk, lungo 210 m e largo 6,6 m, che superava con dieci arcate il fiume Cerioy.
Henry Winstanley ideò un sofisticato sistema idraulico, applicato a un vaso igienico, che rilasciava un flusso d’acqua. 21 Durante i lavori sullo scoglio per la costruzione del faro Henry Winstanley fu rapito, insieme alle maestranze, da un corsaro francese e fu portato prigioniero in Francia. Ma arrivato in Francia Luigi XIV fece rinchiudere il pirata nella Bastiglia e ordinò di lasciare libero Winstanley con il messaggio: "Noi siamo in guerra con l'Inghilterra, non con l'umanità". Rientrato in Inghilterra, Henry Winstanley ritornò sullo scoglio e riprese il lavoro di costruzione del Faro. 22 Il guardiano del faro Henry Hall, di 94 anni, con due aiutanti tentò inutilmente di spegnere l’incendio lanciando secchiate d’acqua, ma il piombo fuso che colava dalla cupola gli finì in gola portandolo alla morte. Il faro continuò a bruciare ancora per cinque giorni e cinque notti. 20
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 2.52 - Modello del Faro di Eddystone
Fig. 2.51 - Faro di Eddystone
Le pietre venivano disposte con incastri a coda di rondine
Fig. 2.53 - Disegno di Smeaton con le ondate dell’Atlantico che si infrangono sul Faro di Eddystone
Circa venti anni dopo, nel 1818, Luigi Giuseppe Vicat formulò una teoria per spiegare il fenomeno della idraulicità, cioè della capacità del legante di far presa anche in assenza di aria, grazie all’argilla aggiunta al calcare. A lui si deve l’invenzione del noto ‘Ago del Vicat’, ancora oggi utilizzato per la misura del tempo di presa della pasta cementizia. Le sperimentazioni sulla cottura di calcari ed impasti a base di calce idraulica portarono, in pochi anni, all’invenzione del cemento portland, segnando definitivamente la fine del calcestruzzo antico e la nascita di quello moderno. L’era moderna del cemento ha inizio ufficialmente il 21 ottobre 1824 quando in Inghilterra il muratore Joseph Aspdin, con la cottura ad alta temperatura della pietra calcare miscelata con argilla (Fig. 2.54), inventa il primo legante idraulico artificiale, il cemento portland, che per la somiglianza ai colori delle rocce di Portland, isola della contea di Dorset, ne prese il nome. Il vero sviluppo industriale del cemento portland, però, non avvenne con Aspdin, il cui cemento veniva prodotto con un processo solo sperimentale, ma si ebbe più tardi nel 1844 con le scoperte di Isaac, di Charles e di Johnson che capirono che la cottura doveva essere portata fino alla clinkerizzazione della marna (Figg. 2.55, 2.56 e 2.57), e
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con gli studi di Le Chatelier e Michaelis, che permisero di fissare la composizione chimica del cemento portland in modo da poterlo fabbricare artificialmente utilizzando e dosando materie prime anche di diversa origine. Il primo uso documentato del cemento portland si ha nel 1850, quando fu impiegato per la riparazione dei nuovi Docks portuali di Londra. Il nuovo materiale anche se presentava una serie di ottime qualità, quali la facilità di confezionamento, la capacità di assumere qualsiasi forma, la buona resistenza a compressione e i ridotti tempi di posa in opera, raggiunse il vero successo nel campo delle costruzioni solo quando l’inserimento di barre d’acciaio nelle zone tese della struttura consentì di compensare la bassa resistenza a trazione del cemento. Il connubio tra i due materiali diede origine ad un materiale da costruzione, il cemento armato, che, nel bene e nel male, ha caratterizzato la nostra epoca tecnologica. La prima opera in cemento armato viene considerata la piccola imbarcazione realizzata da Lambot nel 1850 (Fig. 2.58). Dopo la barca del Lambot, presentata nella Esposizione Universale di Parigi del 1855, l’ingegnere Francois Coignet progettò, a partire dal 1861, travi, volte, tubi, ed altri elementi in cemento armato, pubblicati nel suo volume Bèton agglomerès appliquès à l’art de costruire; successivamente Joseph Monier, giardiniere francese, progettò vasi da fiori (Fig. 2.59) in cemento armato, che brevettò nel 1867. Monier, ricercando un materiale capace di resistere al gelo per proteggere i tubi dell’acqua, aveva collegato la miscela di cemento liquido con il ferro ottenendo un intimo legame tra due materiali così diversi. Subito dopo, nel 1868 Joseph Monier brevettò tubi, piastre e serbatoi che testimoniano che le armature metalliche erano disposte, in relazione al sistema di forze agenti, secondo principi empirici. Successivamente Monier sviluppò il sistema in tutti i campi delle costruzioni depositando una serie di brevetti che riguardavano i solettoni, nel 1869, i ponti nel 1873, le scale e le volte nel 1875.
Fig. 2.54 - Forni di Aspdin, memorial del cemento Portland
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 2.55 - Estrazione della marna da un pozzo
Fig. 2.56 - Trasporto della marna con carretti
Fig. 2.57 - Trasporto di marna con teleferica
Fig. 2.58 - La barca in ferro-cemento di Lambot
Fig. 2.59 - Disegno per la fabbricazione di oggetti diversi, presentato da Monier all’Ufficio brevetti nel 1880
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L’invenzione di Joseph Monier divenne nota con le esposizioni del 1884 a Treviri, dove l’imprenditore Conrad Freytag ebbe l’occasione di conoscere il nuovo sistema costruttivo. Nel 1884 i brevetti Monier si diffusero in Germania e sia l’ingegnere Gustav Adolf Wayss che gli ingegneri della ditta Freytag, cominciarono ad interessarsi attivamente del nuovo materiale. Nel 1887 Wayss, dopo aver perfezionato i brevetti di Monier, pubblicò Das system Monier, Einsengerippe mit Zementumhüllung nel quale, per la prima volta, vengono affermati i principi che l’armatura in ferro deve essere disposta nelle zone tese della sezione in calcestruzzo e che il cemento armato costituisce un unico sistema statico per l’aderenza del ferro con il conglomerato cementizio. La nuova tecnologia si diffuse in tutta l’Europa centrale e fu oggetto di molti studi: x in Austria lavorarono sul cemento armato Empergher, Neumann e Melan, al quale si devono le ‘Centine Melan’ per la costruzione dei ponti; x in Svizzera si occuparono di cemento armato Schüle e Richter, al quale si deve il ‘Metodo di Richter’ per la soluzione delle strutture reticolari isostatiche; x negli Stati Uniti si affermarono i nuovi sistemi costruttivi Ransome e Wilson. Ma è l’ingegnere belga Francesco Hennebique che merita una maggiore attenzione fra i pionieri del cemento armato. Hennebique, dotato di grande intuito statico e supportato da una ampia conoscenza della tecnica delle costruzioni, dopo aver brevettato i primi solai in cemento armato, progettò e realizzò grandi archi che, ancora oggi, stupiscono per arditezza e durabilità. Una significativa testimonianza della genialità di Hennebique è certamente il Ponte del Risorgimento a Roma, realizzato nel 1910 (Fig. 2.60). Il ponte, di oltre 100 m di luce, ebbe una risonanza mondiale per la sua audace composizione ma fu anche oggetto di molte polemiche per il diffuso e consistente quadro fessurativo che si manifestò poco tempo dopo la sua inaugurazione. Ancora oggi, dopo circa un secolo, il ponte è in buone condizioni di conservazione. Probabilmente la disposizione, data forse dallo stesso Hennebique, di disarmare l’opera dopo solo due giorni dal completamento dei getti, da un lato, determinò l’insorgere del quadro fessurativo, dall’altro, favorì una nuova configurazione statica del sistema con una più favorevole ridistribuzione degli effetti indotti dalle azioni che agiscono sulla struttura, che ha permesso al ponte di giungere fino a noi pressoché intatto. Il ponte costituì una importante innovazione per l’epoca anche perché Hennebique adottò una sezione trasversale a cassone, con pareti sottili, che ancora oggi è ritenuta una forma moderna, appropriata al nuovo materiale. La struttura di calcestruzzo, però, anche se moderna ed elegante nelle sue linee, fu rivestita con intonaco riproducente lastre di pietra, lesene e fregi. Il rivestimento con intonaco, in effetti, conferma due posizioni contrastanti tra loro: la prima posizione, di rifiuto, è che il nuovo materiale cemento armato, così diverso dal colore e dal calore della pietra, e quindi accettato con diffidenza dal gusto corrente, viene mascherato con l’intonaco, così come aveva già fatto Perret in rue Franklin; la seconda posizione, favorevole, è che il rivestimento di intonaco ha protetto la struttura dalla carbonatazione
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Fig. 2.60 - Ponte del Risorgimento sul fiume Tevere a Roma
del calcestruzzo e dalla ossidazione delle armature metalliche migliorando la durabilità della struttura. In Italia le ricerche sul cemento armato furono condotte da numerosi studiosi, e tra questi svolsero un ruolo fondamentale i professori Silvio Canevazzi e Camillo Guidi che, con le loro originali ricerche scientifiche, arricchirono le conoscenze del nuovo sistema costruttivo. A Genova un caratteristico esempio di applicazione del cemento armato è offerto dall’Hotel Miramare. L’edificio, costruito negli anni 1906-1908, su progetto dell’arch. Luigi Coppedè e dell’ing. A. Bringolf di Lucerna, presenta una struttura portante in muratura e solai costruiti con travetti prefabbricati in conglomerato cementizio armato a sezione quadrata cava. Un altro esempio genovese di solai monolitici in cemento armato, portati da murature, è costituito dagli edifici universitari di S. Martino. In questo caso la tecnica impiegata viene ripresa in modo piuttosto vasto anche per edifici di civile abitazione che si ritrovano nella zona di Sturla. A Trieste le prime applicazioni del cemento armato sono quelle che troviamo nell’edificio della Pescheria Centrale (Figg. 2.61, 2.62, 2.63), che oggi, dopo un corretto recupero, mostra tutta l’eleganza della sua organizzazione strutturale. A Napoli una prima applicazione del cemento armato la troviamo nell’Hotel Excelsior, dove vengono realizzati solai con volterrane in conglomerato cementizio armato (Figg. 2.64, 2.65). I primi esempi di struttura portante interamente in cemento armato compaiono nel primo decennio del Novecento, nonostante la diffusa avversione dell’accademia ufficiale. In Francia August Perret realizza nel 1903 il primo edificio per abitazioni con struttura realizzata in cemento armato e nel 1923 la chiesa Notre Dame a La Raincy (Cfr. § 2.3). L’atteggiamento culturale dell’accademia nei riguardi dell’impiego del cemento armato in architettura può essere compreso immediatamente per un fatto avvenuto nel 1909 a Parigi, alla Ecole des Beaux-Arts, e di cui ci riferisce Le Corbusier: “L’insegnante di costruzioni edili era malato e l’ingegnere capo della metropolitana lo sostituiva. Quando questi si accinse a parlare delle possibilità della costruzione in cemento armato, fu zittito dagli studenti indignati. Per i futuri architetti il cemento era evidentemente un materiale col quale si potevano costruire tunnel, dighe e fabbriche, ma non opere di vera architettura”.
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Fig. 2.61 - Edificio della Pescheria Centrale a Trieste La struttura in cemento armata si caratterizza per la snellezza delle travi traforate, con intradosso profilato ad arco, che sostengono i riquadri della copertura lavorati a cassettonato.La grande torre dell’orologio, a forma di campanile, ha portato al soprannome popolare di Santa Maria del guato (il pesce più pescato nel mare di Trieste).
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Fig. 2.62 - Edificio della Pescheria Centrale a Trieste Il carattere liberty dell’edificio è evidenziato dalle eleganti lesene che definiscono le vetrate dell’involucro. Costruita nel 1913, su progetto dell’architetto Giorgio Polli, l’edificio si caratterizza per le grandi superfici vetrate che aprono l’invaso architettonico all’esterno. Oggi la Pescheria Centrale ospita l’Acquario Marino (allestito già negli anni Trenta) e una sede per Mostre e manifestazioni culturali.
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Fig. 2.63 - Edificio della Pescheria Centrale a Trieste prima dell’intervento di recupero
Le immagini testimoniano le condizioni di conservazione della Pescheria prima dell’intervento di recupero. La struttura in cemento armato si caratterizza per condizioni di conservazione ancora discrete: le sole staffe delle travi sono ormai in vista per un originario insufficiente spessore del copriferro. Il degrado, invece, è più accentuati per i rivestimenti di intonaco della facciata che in parte sono staccati o mancano, come nel caso del rivestimento a finto bugnato rustico. Anche i telai in ferro-finestra delle vetrate denunciano un degrado più spinto, in particolare sulle facciate esposte all’azione aggressiva della salsedine marina: per alcuni traversi si è avuto addirittura l’esplosione del profilato metallico.
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 2.64 - Solaio in ferro tipo Siegwart, Hotel Excelsior - Via Partenope, 48
Fig. 2.65 - Solaio in ferro tipo Siegwart, Hotel Excelsior - Via Partenope, 48
In ambito italiano l’impiego di strutture portanti intelaiate in cemento armato si diffonde durante il ventennio fascista sia negli edifici ministeriali di Piacentini, e della sua scuola, sia nell’edilizia residenziale. In molti casi, però, l’edificio conserva l’organizzazione formale dell’edilizia tradizionale in muratura anche se impiega tutti i nuovi contenuti tecnologici del cemento armato.
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A Napoli, così come a Salerno, sarà Camillo Guerra 23 a sperimentare in modo continuo l’impiego del cemento armato in architettura. Nel 1923 progetta il Palazzo dei Telefoni di via Depretis (Fig. 2.66) ed adotta una soluzione costruttiva particolare: la muratura di tufo dell’involucro esterno svolge la duplice funzione di elemento di separazione dello spazio architettonico dall’ambiente esterno e cassaforma per il getto dei pilastri in cemento armato. Per questo edificio, nel 1946, progetterà il recupero e la ricostruzione della facciata (Fig. 2.67), gravemente danneggiata dalle truppe tedesche durante la loro ritirata dalla città. Ancora negli anni venti progetta un altro Palazzo dei Telefoni, quello di Porta Nolana, dove la struttura è costituita da una intelaiatura completamente in cemento armato, anche se le facciate sono rifinite con classiche cornici e stucchi (Fig. 2.68). Nel 1937 progetta a Salerno la Casa del Mutilato (Fig. 2.69), dove la struttura in cemento armato è in vista e qualifica l’architettura. Nel 1938 progetta a Napoli la Casa del Mutilato, dove impiega, per la prima volta nella città, pali in calcestruzzo per la fondazione. Sempre a Napoli, nel 1957, progetta La Casa dell’Ordine dei Medici (Fig. 2.70) che presenta una caratteristica organizzazione strutturale: muratura portante lungo il perimetro dell’edificio e struttura in cemento armato all’interno dello spazio architettonico. Questa soluzione tecnica è stata impiegata nel napoletano per lungo tempo per edifici a uno o due piani, fino a quando (negli anni ottanta) anche la provincia di Napoli è stata dichiarata zona sismica. Camillo Guerra nasce a Napoli nel 1889; il padre, Alfonso, è ingegnere ed architetto; il nonno, Camillo, è pittore della gloriosa scuola napoletana. Camillo Guerra eredita dal padre la passione per l’architettura e, ancora studente della Scuola di Ingegneria, assisteva agli impegni di progettazione e di direzione di Alfonso in molteplici opere, quali il Padiglione della Campania per l’Esposizione Etnografica del 1911 di Roma, il Palazzo della Borsa ed il Mausoleo di Posillipo. Si laurea nel 1912 in ingegneria civile, presso la Scuola Politecnica di Napoli, elaborando la tesi sul progetto di un grande teatro sormontato da una ardita cupola in ferro. Subito dopo la laurea, dopo aver vinto un concorso nazionale, classificandosi al primo posto nella graduatoria di merito su centoventicinque concorrenti, viene assunto in servizio nel Genio Civile di Caserta e nel 1914 viene trasferito all’Ufficio del Genio Civile di Napoli. Nel 1915 viene inviato nella zona terremotata di Sora, dove collabora all’elaborazione del nuovo Piano Regolatore; dirige svariati lavori del grande ‘Baraccamento’; elabora molti progetti di opere speciali: il palazzotto del Regio Commissario di Sora, realizzato in legno con rivestimenti a stucco; la Chiesa centrale del Baraccamento, eseguita in legno; il nuovo Ingresso del Cimitero. Nel 1920 Camillo Guerra assume la direzione della 5a Sezione del Genio Civile di Napoli e si dedica alla progettazione della Centrale Telefonica del Rione Amedeo e delle nuove Sale del Museo di S. Martino. È in questo periodo che il Guerra si dedica a quelle opere che, ancora oggi, testimoniano il segno inconfondibile della sua passione per l’architettura. Tra i numerosi progetti elaborati possiamo ricordare: l’Asilo Regina Margherita all’Arco Mirelli; il Palazzo dei Telefoni in via Depretis; il Palazzo S.E.T. a Piazza Nolana; il restauro statico del Palazzo Gravina; la via di collegamento tra la zona orientale e quella occidentale di Napoli, con l’apertura del Tunnel della Vittoria. Nel 1928 vince il concorso per Ingegnere Capo del Comune di Salerno, dove progetta importanti opere: il nuovo Piano Regolatore, la Via Panoramica di circumvallazione, la Via Litoranea, il Palazzo di Giustizia, l’Ingresso monumentale del Cimitero, il Padiglione per la Colonia Marina, il Campo Sportivo, il Villaggio Sanatoriale, il Palazzo di Città, il nuovo Macello, il complesso delle Case Popolari. Fra le tante architetture realizzate da Camillo Guerra a Napoli nel periodo immediatamente precedente alla guerra, meritano una particolare citazione: il Palazzo dei Mutilati in Via Diaz, l’Istituto Nazionale dei Motori a Fuorigrotta, oggi demolito, il completamento dell’Ospedale Cardarelli. 23
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 2.66 - Camillo Guerra – Palazzo dei Telefoni di via De Pretis, primo progetto
Fig. 2.67 - Camillo Guerra – Palazzo dei Telefoni di via De Pretis, secondo progetto
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Dal betunium al cemento armato
Fig. 2.68 - Camillo Guerra – Palazzo dei Telefoni di Porta Nolana, una facciata classica su una intelaiatura in cemento armato
Nel frattempo, sotto la spinta dei progressi scientifici in altre discipline, quale l’analisi matematica, la tecnica costruttiva è interessata da ulteriori evoluzioni che porteranno prima alla prefabbricazione di elementi in cemento armato e dopo alla tecnica del precompresso. La nascita del cemento armato precompresso si fa risalire al 1888 quando Döring propose un procedimento per mettere in tensione le armature per indurre stati di precompressione nel calcestruzzo. Döring, però, affrontò lo studio solo dal punto di vista teorico e, comunque, non avrebbe ottenuto nella pratica risultati soddisfacenti per l’elevata caduta di precompressione conseguente al rilassamento cui erano soggetti gli acciai dell’epoca. Le prime applicazioni sperimentali sulla precompressione furono condotte nel 1907 da Könen che applicò all’acciaio pretensioni dell’ordine di 100 MPa; queste esperienze, però, diedero risultati negativi perché il ritiro ed il fluage del calcestruzzo annullarono quasi completamente lo stato di coazione. Solo nel 1928 importanti studi teoricosperimentali sono compiuti da Freyssinet, che mise a punto molteplici dispositivi per la realizzazione pratica della precompressione 24 . Tra i dispositivi ideati da Freyssinet ricordiamo i “cunei Freyssinet”, per ancorare le testate dei cavi di precompressione, che ancora oggi costituiscono il sistema più diffuso di blocco delle testate dei tiranti anche in ambito geotecnico.
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a) pianta del rez-de-chaussez
b) sala delle riunioni
c) l’ingresso Fig. 2.69 - Camillo Guerra - Casa del Mutilato di Salerno
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a) prospetto verso la Villa Comunale
b) sezioni
c) prospettiva Fig. 2.70 - Camillo Guerra – Progetto della Casa dell’Ordine dei Medici nella Villa Comunale di Napoli
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Ma proprio il vincolo del brevetto di questi dispositivi costituì un impedimento alla diffusione della tecnica del cemento armato precompresso, diffusione che si ebbe solo quando i brevetti Freyssinet vennero a scadere. Tra le tecniche di precompressione che ebbero maggiore diffusione possiamo ricordare: x il sistema Freyssinet, con l’armatura post-tesa a cavi scorrevoli iniettati dopo la tesatura; x il sistema Hoyer, con l’armatura pre-tesa a cavi aderenti; x il sistema Finsterwalder, con l’armatura pre-tesa disposta all’esterno (Fig. 2.71). Infine si deve ricordare che l’affermazione del cemento armato, anche dal punto di vista formale, si deve allo svizzero Robert Maillart che, negli anni venti, realizzò alcuni ponti ad arco lasciando il calcestruzzo in vista e raggiungendo un’armonica sintesi tra l’efficienza strutturale e l’armonia delle forme, propria delle grandi opere.
armatura di tensione
Fig. 2.71 - Trave Finsterwalder con cavi di precompressione esterni
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2.3 Architetture in cemento armato del XX secolo Con il Novecento l’uso del cemento armato si diffonde in tutti gli ambiti architettonici per realizzare opere sempre più ardite e di grande qualità formale. Per molti progettisti dello spazio architettonico il cemento armato diventa, come diceva Pier Luigi Nervi: “Il più bel sistema costruttivo che l’umanità abbia saputo trovare fino ad oggi. Il fatto di poter creare pietre fuse, di qualunque forma, superiori alle naturali, poiché capaci di resistere a tensioni, ha in se qualche cosa di magico.” Ed è il cemento armato che consente ai Maestri del XX secolo di realizzare opere che a pieno titolo appartengono alla Storia dell’architettura, quali ad esempio: x la Casa di rue Franklin a Parigi del 1903 x la chiesa Notre Dame a La Raincy del 1923 x la Casa Kaufmann a Bear Run del 1936 x la chiesa di Notre-Dame-du-Haut a Ronchamp del 1950 x il Guggenheim Museum a New York del 1956 x il Politecnico di Otaniemi del 1954-1960 x La chiesa di Dio Padre Misericordioso a Roma (Tor Tre Teste) del 1996 2.3.1 La casa di ru e Franklin e August Perret (1903) August Perret 25 , fondato lo studio di architettura A&G Perret insieme al fratello Gustave, nel 1903 progetta la Casa di Rue Franklin a Parigi, che costituisce il primo edificio dove la struttura in cemento armato impegna la facciata. Perret presenta in facciata lo scheletro dell’edificio, anche se ricopre i pilastri con piastrelle in gres con disegni floreali (Fig. 2.72). Il Perret, riferendosi alla casa di rue Franklin, ebbe a dire: “I grandi edifici della nostra epoca comportano un’ossatura, una struttura in c.a. o in acciaio. L’ossatura sta all’edificio come lo scheletro sta all’animale; come lo scheletro Augusto Perret nacque a Ixelles in Belgio, dove suo padre aveva trovato rifugio per sfuggire alla rivoluzione francese, perché condannato a morte. Studiò presso la Scuola Nazionale Superiore di Belle Arti di Parigi, sotto la guida di Julien Guadet, che fu uno dei grandi teorici dell'architettura dell'epoca. Perret imparò tutti i metodi per costruire e formò un’impresa prima con i fratelli Claude e Gustavo e poi da solo. Gustavo Perret fu uno dei primi ad impiegare il cemento armato nelle costruzioni, dopo un’attenta riflessione sulle possibilità tecniche e formali che questo materiale poteva offrire. Con il calcestruzzo ottenne forme e proporzioni che si ispiravano al mondo greco e al classicismo francese. Subito dopo la guerra, Gustavo Perret ebbe l’incarico della ricostruzione della città di Le Havre, per la quale elaborò un piano urbanistico. Nel mese di luglio del 2005, l’UNESCO ha registrato nell’elenco del patrimonio Mondiale dell’Umanità questo bellissimo complesso ricostruito da Augusto Perret, l’autentico architetto innovatore definito "poeta del cemento”. Per il Perret il cemento armato è un materiale che si lascia scalpellare, si lascia tingere, si lascia curare nei dettagli.
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dell’animale, ritmato, equilibrato, simmetrico, contiene e sostiene gli organi più vari e più variamente situati, così la struttura dell’edificio deve essere composta, ritmata, equilibrata, simmetrica.” Lo scheletro della struttura, formata da pilastri e da travi in cemento armato, è chiaramente presentato in facciata, dove risultano differenziati i pannelli delle tamponature, gli infissi, la struttura portante. Sia la struttura in cemento armato che i pannelli di tamponatura sono rivestiti con piastrelle di grès, il cui disegno si differenzia per le tamponature e per la struttura. L’edificio presenta un piano terra, sei piani per abitazioni e tre piani a mansarda (Figg. 2.73, 2.74). La casa si sviluppa su un lotto di terreno chiuso su tre lati da edifici preesistenti. Il lotto si presenta come una fascia di terreno, più larga e poco profonda, che non consentiva di ricavare un cortile interno e che permetteva l’illuminazione diretta solo dalla strada. Le dimensioni del lotto rendevano complessa la realizzazione di un edificio con le ordinarie strutture in muratura, per le conseguenti notevoli difficoltà distributive, e l’unica soluzione praticabile era quella di realizzare una strutture a scheletro, in ferro o in cemento armato. Il Perret realizzò l’edificio con il nuovo materiale cemento armato, disegnando una pianta ad U capovolta. Sul fronte posteriore ricava una parete in vetro-cemento, senza affaccio, in modo da contenere l’arretramento dell’edificio dal confine posteriore (Fig. 2.75); sul fronte anteriore arretra la facciata ed incastra due balconi a 45° ricavando così cinque stanze per l’abitazione del piano tipo. Le cinque stanze affacciano direttamente su rue Franklin, grazie allo sviluppo a semicerchio attorno ad una cavità centrale, risolvendo il problema dell’illuminazione diretta degli ambienti. In particolare, per i due vani laterali il Perret aumenta la superficie utile realizzando due bow-window. Sul fronte posteriore vengono localizzate la scala principale, i servizi igienici e la scala di servizio che si apre direttamente sul vano cucina (Fig. 2.76). La simmetria della pianta è rotta sul lato sinistro dall’inserimento della cucina. Il Perret, adottando una struttura lineare, riesce a svuotare il piano terra da ogni setto murario e continua la facciata compatta per sei piani, arretra gradualmente gli ultimi tre piani e crea così degli attici e superattici, fino a raggiungere il tetto piano. La struttura, attraverso gli elementi portanti travi e pilastri, lasciati a vista, riesce ad evidenziare il ritmo lineare e a definire uno spartito figurativo. Molte sono le innovazioni che il Perret applica in questa costruzione, tanto è vero che Rogers ebbe a dire: “La vera importanza non consiste nella novità, quanto nel fatto che l’elemento strutturale ha subito la volontà formatrice di uno spirito architettonico, il quale gli ha conferito una espressione, un ritmo, un ordinamento: l’architettura non è nella materia ma è nell’ordine.” Il cemento armato consente di assecondare le intuizioni spaziali di August Perret portandolo all’affermazione di nuove qualità formali.
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Fig. 2.73 - Vista dei bow-window
Fig. 2.72 - La facciata August Perret - Casa di rue Franklin 31 Parigi
Fig. 2.74 - Dettaglio del rivestimento della facciata
Fig. 2.75 - Pianta piano tipo
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Fig. 2.76 - August Perret, Casa di rue Franklin a Parigi
2.3.2 La Chiesa Notre Dame a La Raincy e August Perret (1923) Nel 1923 è ancora August Perret che realizza con il nuovo materiale cemento armato la struttura della chiesa di Notre Dame a Le Raincy (Figg. 2.77, 2.78), definita dagli storici dell’architettura la santa cappella del cemento armato. Sulla facciata della chiesa domina un’alta torre campanaria (Fig. 2.79) che presenta alla base il portale centrale di ingresso. La struttura della torre è costituita da quattro pilastri formati da cinque colonne affiancate. Man mano che la torre si innalza vengono interrotte le colonne dei pilastri. In questo modo la torre risulta rastremata in altezza. La chiesa si sviluppa su pianta rettangolare (Fig. 2.80) ed è priva del transetto. La sala per i fedeli è divisa in tre navate da una doppia fila di esili colonne in cemento armato. Il presbiterio, sopraelevato rispetto alla sala dei fedeli, si conclude con un abside circolare appena accennato. Tre rampe di scale collegano il presbiterio con le navate della sala. L’immagine dell’interno della chiesa (Fig. 2.81) consente di evidenziare che le due navate laterali sono coperte con una sequenza di volte a botte, che si sviluppano in direzione perpendicolare all’asse della chiesa, mentre la navata centrale è coperta con un’unica volta a botte ribassata il cui asse ha la stessa direzione dell’asse della chiesa. Tutta la struttura in cemento armato è lasciata in vista. Le tamponature della sala, così come quelle dell’abside, sono costituite da pannelli in vetro-cemento. L’organizzazione della chiesa, con le semplici colonne che sostengono la copertura e con i pannelli traslucidi delle tamponature, richiama i principi estetici della capanna primitiva (Fig. 2.82) dell’abate Laugier, che auspicava una architettura formata da semplici colonne a sostegno della copertura e con pareti vetrate di tamponatura. Nelle opere di Augusto Perret vi è una coerente articolazione delle facciate legata all’impiego del conglomerato cementizio armato. Perret in tutte le opere è sempre fedele al principio: “non mostrare un pilastro è un errore, simulare un pilastro è un crimine”. Sia nella chiesa di Notre Dame a Le Raincy che nell’autorimessa di rue Ponthieu si può osservare che il nudo scheletro di conglomerato cementizio armato, tamponato
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con pannelli di finestra arretrati, ripropone il classico fronte triarticolato. Nella chiesa di Notre Dame, inoltre, la facciata si caratterizza per l’articolazione e per la presenza dell’ingresso basilicale di chiara ispirazione classica.
Fig. 2.77 - August Perret: la chiesa di Notre Dame a Le Raincy, facciata laterale
Fig. 2.78 - August Perret: la chiesa di Notre Dame a Le Raincy, interno
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Fig. 2.79 - Facciata
Fig. 2.80 - Pianta
August Perret: la chiesa di Notre Dame a Le Raincy
Fig. 2.81 - Interno
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Fig. 2.82 - La capanna primitiva di Laugier
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2.3.3 La casa sulla cascata di Kaufmann a Bear Run e Frank Lloyd Wright (1936) Anche in America, soprattutto a partire dai primi anni del 1900, l’uso del cemento armato incomincia a diffondersi nonostante la forte inclinazione dei progettisti americani verso le strutture in ferro. Ma è proprio il cemento armato che consente a Frank Lloyd Wright 26 di realizzare la casa Kaufmann che rappresenta una lirica composizione di spazio artificiale e naturale (Figg. 2.83, 2.84, 2.85). Mentre con Le Corbousier i pilotis in cemento armato della Villa Savoye consentono alla natura di penetrare timidamente nello spazio architettonico, con Wright gli sbalzi in cemento armato della casa Kaufmann permettono allo spazio architettonico di legarsi audacemente con la natura. Frank Lloyd Wright, uno dei massimi maestri del Movimento Moderno, dopo essersi laureato in ingegneria nel 1887 lavorò nello studio di Adler e Sullivan. Nel 1894, insieme a Winslow House, iniziò la costruzione nell’Illinois delle Prairie houses, le case organizzate intorno al camino centrale e caratterizzate da ampi tetti e da finestre a nastro. La Casa sulla Cascata, realizzata in Pensylvania tra il 1935 ed il 1939 per il facoltoso commerciante Edgard J. Kaufmann, si presenta come un insieme di volumi regolari chiusi, composti e sovrapposti liberamente. I parapetti dei terrazzi sono in cemento armato e costituiscono travi a sbalzo che sostengono gli orizzontamenti dei terrazzi.
Frank Lloyd Wright, nacque nel 1867 a Richland Center, nel Wisconsin. Sullo sviluppo della sua personalità ebbero un gran peso i suoi genitori. Il padre, William Russell Cary Wright era laureato in legge, la madre Anne Lloyd Jones apparteneva a una famiglia gallese emigrata negli USA. Il padre fece molti lavori ma aveva continui problemi con il denaro. La famiglia Wright fu costretta a trasferirsi per ben tre volte ancor prima che l’architetto compisse gli undici anni. Il rapporto che Frank Lloyd Wright nutrì per il padre fu di amore-odio; amore per la passione che gli aveva tramandato per la musica, e odio per i suoi modi autoritari. Nel 1876 la madre, alla esposizione internazionale celebrativa del centenario di Philadelphia, acquistò i giochi Fröbeliani, cartoni con varie forme geometriche e cubi di legno, dipinti con colori primari. Secondo il pedagogo Fröbel, questi giochi potevano guidare i bambini alla conoscenza della natura, della composizione, della scomposizione di volumi principali in secondari e delle relazioni tra forme diverse. Anna Lloyd Jones obbligò il piccolo Frank a giocarci, costringendolo a comporre e scomporre ‘bene’. Molti anni dopo Wright, ormai affermato architetto, dirà: “I lisci triangoli di cartone e i levigati blocchetti di acero restarono impressi nella mia memoria infantile e costituirono una esperienza indimenticabile”. La formazione scolastica fu scarsa e frequentò per soli due semestri, come studente esterno, l’università. In questo periodo lesse due libri che lo colpirono molto: “The stone of Venice” di Ruskin e il Dizionario di architettura di Viollet le Duc. Nel 1885, con il divorzio dei genitori, trovò impiego nello studio di Allen D. Conover. La separazione dei genitori, quando era appena diciottenne, lo portò a considerare in ogni sua casa il tema della “unità della famiglia”, dello “stare insieme”. Frank Lloyd Wright per molto tempo sperò che il padre tornasse, ma questi non diede più notizie di sè. Purtuttavia Wright fu sempre riconoscente al padre per l’amore per la musica che gli aveva trasmesso, e accostò sempre i parallelismi con le rapsodie di Beethoven, la simmetria geometrica con quella musicale di Bach. In comune con il padre, Wright ebbe un difficile rapporto con il denaro, una continua insoddisfazione per il proprio lavoro e una scarsa attenzione agli obblighi familiari.
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La casa si innalza su grandi massi, corrosi per millenni dal precipitare dell’acqua della cascata. Sebbene la natura penetri fin dentro la casa, con i rami degli alberi e con l’acqua che scorre sulle fondazioni, è la villa che squarcia la foresta e domina l’ambiente naturale. Questa splendida scultura inserita in un bosco è la prima opera in cui l’architetto utilizzò il materiale cemento armato: sono in cemento armato gli orizzontamenti, sono in cemento armato i pilastri si affiancano alle murature in pietra naturale, con finitura rustica. La composizione dei piani della casa si articola intorno alla torre centrale in pietra naturale ed al gruppo del camino (Fig. 2.86, 2.87). L’architettura di Frank Lloyd Wright costituisce la risposta organica e romantica al razionalismo formale di Le Corbusier ed al razionalismo metodologico di Gropius. Con Wright, in particolare, il razionalismo diventa architettura organica intesa come forma che guarda alla natura come luogo di vita.
Fig. 2.83 - Frank Lloyd Wright: Casa Kaufmann
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Fig. 2.84 - Frank Lloyd Wright: Casa Kaufmann
Fig. 2.85 - F. L. Wright: Casa Kaufmann
“In una magnifica foresta, uno sprone di solida roccia che sorge a fianco di una cascata... la soluzione naturale apparve quella di sospendere in aggetto la casa al suo sostegno roccioso, sopra la cascata. La prima, tra le case da me costruite, eseguita in cemento armato: e perciò la sua forma si modellò sulla grammatica di questo tipo di costruzione” (F. L. Wright) Fig. 2.86 - Frank Lloyd Wright: Casa Kaufmann, pianta
Fig. 2.87 - Frank Lloyd Wright: Casa Kaufmann, gradinata
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2.3.4 La Cappella di Ronchamp e Charles Edoard Janneret, Le Corbusier (1950) La Cappella di Ronchamp di Le Corbusier costituisce un magnifico esempio di architettura legata alla memoria. L’invaso architettonico della cappella per il gioco di luci che filtrano dalle aperture, per la copertura che sembra poggiare su un nastro di luce, appare l’immagine di un sogno, di un ricordo mistico dell’artista (Fig. 2.88). I muri, con le aperture strombate che ne evidenziano la variazione di spessore, nascondono al loro interno la struttura a telaio in cemento armato. Con la Cappella di Ronchamp, oggetto plastico drammaticamente espressivo, Le Corbusier 27 stravolge la tipologia abituale della chiesa e cerca di tradurre con il drammatico movimento dei volumi e dei colori il senso di una presenza divina al centro della natura (Fig. 2.89). Le torri semicilindriche che fuoriescono dalla copertura, oltre ad essere elementi che caratterizzano lo spazio architettonico, sono captatori di luce che, dalla sommità, la indirizzano sugli altari laterali (Figg. 2.90, 2.91). Le murature della chiesa vengono definite da Le Corbusier “stupidamente ma utilmente grossi”: stupidamente, perché la copertura non poggia sulla muratura ma sulla struttura in cemento armato inglobata nella stessa, utilmente, perché lo spessore consente di realizzare finestre strombate che creano effetti di luce particolari. La Cappella, situata sulla sommità di una collina, è costituita da un’unica navata di forma irregolare, con ai lati tre piccole cappelle indipendenti che terminano in tre campanili di forma semi cilindrica. La copertura della chiesa è realizzata con una gettata di calcestruzzo modellata come una grande vela rovesciata. Per aumentare il senso di leggerezza, la copertura non appoggia direttamente sulle pareti ma su corti pilastrini che fuoriescono dalla struttura affogata nella muratura. In questo modo una lama di luce penetra, tra i muri e la vela in calcestruzzo, all’interno dell’invaso architettonico dove si percepisce la sensazione che la vela possa volar via. La luce entra inoltre da molteplici aperture delle più varie forme, feritoie, finestre, vetrate e frangisole, e determina suggestivi effetti che sono esaltati anche dal contrasto tra il bianco dell’intonaco ed il grigio del cemento. La chiesa, che può ospitare circa 200 persone, è stata progettata per essere utilizzata anche all’esterno, dove, sotto l’aggetto del tetto, si trovano un altare e un pulpito. Nato in Svizzera, il 6 ottobre 1887, a 14 anni il giovane Charles-Edouard si iscrive alla locale scuola d'arte, acquisendo capacità di pittore, scultore e cesellatore. Il suo maestro, tuttavia, lo spinge ad orientarsi verso l'architettura e in questo senso rimangono fondamentali i suoi lunghi viaggi compiuti in Europa: in Italia, dove studia le architetture rinascimentali e sei-settecentesche; a Budapest e a Vienna, dove entra in contatto con l'ambiente della Secessione viennese; a Berlino dove conosce Gropius e Mies Van der Rohe. Nel 1917 si stabilisce definitivamente a Parigi, dove lavora prima nello studio di Auguste Perret e poi, nel 1922, apre al numero 35 di Rue de Sèvres un atelier di architettura insieme al cugino Pierre Jeanneret. È all'inizio del suo periodo parigino che il trentenne Charles-Edouard acquisisce lo pseudonimo, che lo renderà noto in tutto il mondo, adattando il nome del nonno materno (Lecorbesier). In pochissimi anni raggiungerà un enorme successo. Dopo la guerra, nel 1946, lascia l'atelier per trasferirsi a New York, ormai celebre e stimato. Muore nel 1965 durante una vacanza in Costa Azzurra.
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Fig. 2. 88 - Le Corbusier: la Cappella di Ronchamp, esterno
Fig. 2. 89 - Le Corbusier: la Cappella di Ronchamp, interno Nello spessore del muro sono intagliate profonde strombature che riflettono la luce incidente sulle pareti e la diffondono nell’invaso architettonico. Una lama di luce, poi, separa le pareti dalla copertura.
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Fig. 2.90 - Una delle torri captatori di luce
Fig. 2. 91 - Le finestre strombate
Le Corbusier, la Cappella di Ronchamp La sagoma bianca della chiesa si contrappone alle verdi colline del sito e la rende ben visibile anche da lontano. Le forme scultoree della chiesa, orientate verso i quattro punti cardinali, presentano lievi curvature che accolgono i pellegrini all’esterno della chiesa in occasione delle grandi cerimonie.
2.3.5 Il Guggenheim Museum a New York e Frank Lloyd Wrigt (1949) Frank Lloyd Wright nel Guggenheim Museum esprime compiutamente la sua idea di architettura. Un’architettura intesa come rifiuto della sola ricerca estetica, così come una società organica dovrebbe rifiutare ogni imposizione esterna contrastante con l’ambiente. Frank Lloyd Wright con le sue opere vuole promuove un’armonia tra l’uomo e la natura, vuole realizzare un sistema in equilibrio tra ambiente costruito e ambiente naturale, tra gli elementi artificiali propri dell’uomo e gli elementi naturali dell’ambiente del sito. Nel Guggenheim Museum possiamo leggere uno degli stilemi che caratterizza l’architettura di Wright: l’utilizzazione di una morfologia planimetrica e spaziale curvilinea. Infatti, come possiamo leggere dalla foto riportata nella Figura 2.92, l’organizzazione spaziale del museo è caratterizzata da due corpi raccordati alla base da una piastra. Il primo corpo ha uno sviluppo circolare, il secondo uno sviluppo a spirale. Nel Guggenheim Museum, la spirale (Fig. 2.93, 2.94) è l’elemento geometrico che domina l’intera composizione architettonica. La spirale, simbolo del collegamento tra la terra e l’infinito, appare come una struttura che tende a staccarsi verso l’alto con gli anelli separati tra loro. Un grande lucernario illumina l’interno della spirale (Fig. 2.95). La zona di ingresso al museo, che si apre in corrispondenza della piastra, divide il “giardino delle sculture”, posto sulla sinistra, dal corpo principale del museo organizzato a spirale. Dalla hall un gruppo di ascensori porta i visitatori all’ultimo livello del corpo principale. Un percorso a spirale (Figg. 2.96, 2.97) guida i visitatori a percorrere l’intero invaso spaziale dove sono esposte le collezioni d’arte: può così capitare di im-
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battersi, inaspettatamente, con Paris through the window di Marc Chagall (Fig. 2.98) restando senza fiato per l’emozione. L’invaso centrale, illuminato dall’alto da un grande lucernario, si caratterizza per i percorsi ampi e ben illuminati: nelle zone di esposizione delle opere d’arte la luce è calibrata e non si hanno né zone d’ombra né di penombra. Si ha una saggia sovrapposizione della luce naturale proveniente dal lucernario e della luce artificiale proveniente dai corpi illuminanti. Con Wright il Movimento Moderno diventa Architettura Organica intesa come forma che guarda alla natura come luogo di vita (Fig. 2.99).
Fig. 2.92 - Frank Lloyd Wright: il Guggenheim Museum, Arte nell’Arte Soltanto in pochi e fortunati casi, ed il Guggenheim Museum di New York è uno di questi, possiamo godere dell’arte nell’arte. Le opere di grandi maestri della pittura sono perfettamente ambientate nel volume progettato da un grande maestro dell’architettonica.
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Fig. 2.93 - Frank Lloyd Wright: il Guggenheim Museum. Il corpo a cerchi crescenti verso l’alto è organizzato, all’interno, con un percorso a spirale che, partendo dall’alto, termina in un grande atrio al piano terra.
Fig. 2.94 - Frank Lloyd Wright: il Guggenheim Museum, l’ingresso
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Fig. 2.95 - Frank Lloyd Wright: il Guggenheim Museum, il lucernario
Fig. 2.96 - Frank Lloyd Wright: il Guggenheim Museum, l’interno
Fig. 2.97 - Frank Lloyd Wright: il Guggenheim Museum, la hall
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alla cattedrale dell’arte Wright oppone una passeggiata nell’arte, una strada che prolunga quella della città ravvolgendosi in una spirale aperta per ricongiungersi poi al contesto urbano (Zevi) Fig. 2.98 - Paris through the window di Marc Chagall
Fig. 2.99 - Frank Lloyd Wright: il Guggenheim Museum, interno
2.3.6 Il Politecnico di Otaniemi e Alvar Aalto (1954 - 1960) Intorno all’Aula Magna (Fig. 2.100), baricentro ponderale del complesso, Alvar Aal28 to organizza, sulla sinistra, l’edificio che ospita l’Amministrazione, sulla destra, il corpo di fabbrica parallelepipedo che ospita la Scuola di geodesia e geografia, sulla destra in basso, l’edificio per la Scuola di scienze ed ingegneria (Fig. 2.101). Alvar Aalto, figlio di un ingegnere finlandese, Johan Henrik Aalto, e di una postina svedese, Selma Matilda Aalto, iniziò la sua attività nello studio del padre. Si diplomò alla Scuola Politecnica di Helsinki nel 1921, ma, ancora studente, costruì per i genitori, ad Alajarvi, la sua prima casa. Esordì nella professione con L’Esposizione Industriale di Tampere. Nel 1924 sposò Aino Marsio, sua compagna di Politecnico. Ebbe così inizio una collaborazione tanto intensa, che per venticinque anni, finché Aino visse, tutti i progetti portarono le loro firme congiunte, benché Aino continuasse a ripetere: Io non creo. La creazione è soltanto di Alvar. Nel 1935 fonda, insieme alla moglie Aino Marsio e Marie Gullischen la ditta Artek, produttrice di arredi, soprattutto in legno. Nel 1935 e nel 1939 cura i padiglioni finlandesi per le esposizioni universali e nel 1936 crea il famoso vaso Savoy. Nel 1938 andò per la prima volta in America, dove tenne conferenze all’Università di Yale. Successivamente, nel 1940, fu invitato ad insegnare architettura nel prestigioso Massachusetts Institute of Technology. Nel 1949 muore la moglie Aino e nel 1952 si risposa con Elissa Makiniemi. Negli anni Cinquanta e Sessanta realizzò il municipio di Säynätsalo, in Finlandia; il centro culturale di Wolfsburg e l’Opera di Essen, in Germania; il centro culturale di Siena e la chiesa di Riola di Vergara, vicino a Bologna. Il suo ultimo progetto fu quello per l'area universitaria di Reykjavík.
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L’architettura dell’Aula Magna, per la forma particolare e per la configurazione esterna, appare l’espressione delle funzioni ospitate. Infatti la copertura dell’aula, elemento di separazione tra l’interno e l’esterno, non svolge soltanto la funzione di riparare l’invaso architettonico sottostante, ma costituisce anche una cavea all’aperto. La copertura, inoltre, attraverso le finestre a nastro costituisce anche l’elemento attraverso il quale viene garantita l’illuminazione naturale dell’aula sottostante. Prendendo in prestito il pensiero di Nicola Pagliara, in questo caso possiamo dire che l’architettura dell’Aula Magna è il racconto della sua funzione ed è l'espressione del suo contenuto. L’Aula Magna si articola su tre livelli, di cui due interni all’invaso spaziale ed uno esterno. Il primo livello, sottostante la gradinata dell’aula, ospita i servizi igienici; il secondo ospita il palco e la gradinata dell’auditorium; il terzo, corrispondente all’estradosso della copertura, ospita una cavea scoperta. Come commentava Bruno Zevi 29 : “I parallelepipedi contenenti gli uffici e le facoltà sono "scatole" la cui chiusura è contestata da qualche muro aggettante, dal gioco di finestre e porte, da alcuni incastri. La struttura centrale è invece clamorosamente aperta, l’oggetto architettonico annunzia con eloquenza il processo sospeso, incompiuto del suo farsi, offrendo al riguardante lo spettacolo non di una facciata, ma del suo spaccato.” All’interno dell’Aula Magna sono ben leggibili: x i pannelli di rivestimento in ceramica per rinforzare il suono, ovvero per accrescere il tempo di riverberazione all’interno; x le vele della struttura, che svolgono la doppia funzione di portare i carichi della copertura e di diffondere la luce in modo uniforme nell’aula; x i portali binati, che svolgono anche la funzione di alloggiamento delle pareti di partizione interna. All’aspetto unitario dell’esterno corrisponde all’interno uno spazio suddiviso in due auditorium affiancati. Infatti troviamo un ambiente che, per capacità di posti, è circa doppio dell’altro. Frederick Gutheim, critico americano, in merito all’Aula Magna di Otaniemi scriveva 30 : “La silhouette triangolare di questa struttura, emergendo sui rettangoli che la circondano, ha il vigore di una sentenza; di notte, scintilla e, durante il giorno, riflette. Il programma del politecnico non esigeva un intervento figurativo straordinario, ma Aalto ha saputo farlo con la sua fantasia, trovando un saggio equilibrio tra i valori formali dell’architettura e l’informalità delle attività studentesche.” Per l’Aula Magna, Alvar Aalto sembra aver tagliato con un piano inclinato il volume 29 30
Bruno Zevi, Cronache di Architettura, Editori Laterza, Bari 1979 Citato in Bruno Zevi, Cronache di Architettura, Editori Laterza, Bari 1979
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di un cilindro. Nonostante la differenza formale dei corpi di fabbrica, però, il complesso architettonico del Politecnico di Otaniemi appare caratterizzato da un linguaggio unitario grazie all’uso accurato dei materiali. Aalto, a differenza di Le Corbusier, non amava esporre programmi teorici di architettura né cercava di spiegare le sue opere. Dirà che il suo lavoro termina allorquando l’edificio è ultimato e che la ars historici è di aiuto soltanto per l’operato futuro. Tale posizione gli consente di prendersi gioco anche della sua funzione di docente universitario, come quando affermava 31 : “Proprio quando ero insegnante, negli Stati Uniti, avrei dovuto parlare e scrivere. I miei studenti erano animati dal desiderio di sapere, e possibilmente tutto. Ad esempio mi chiesero come si facesse della buona arte. Risposi: Non lo so. Le conseguenze furono disastrose. Un bel giorno arrivarono in udienza dal professore i genitori di uno studente. Venivano da lontano, dalle parti di Vancouver, se ben ricordo. Iniziarono così la loro filippica: noi paghiamo per l’istruzione di nostro figlio, che è intelligente, 700 dollari per trimestre e il professore ci viene a dire: Non lo so. Ciò ha significato probabilmente la fine della mia pur breve attività pedagogica.” Nella Scuola Politecnica di Otaniemi è possibile cogliere anche la cultura urbanistica di Aalto. Infatti, in questa, così come in tante altre opere, si legge immediatamente l’adattamento delle strutture al declivio naturale del suolo e l’inserimento ottimale nell’ambiente ricco di verde.
Fig. 2.100 - Alvar Aalto: l’Aula Magna del Politecnico di Otaniemi
Fig. 2.101 - Alvar Aalto: il complesso del Politecnico di Otaniemi
In vece di un articolo, Arkkitehti, 1958. Citato in Idee di Architettura. Scritti scelti 1921-1968, Zanichelli Editore, Bologna 1987
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2.3.7 La chiesa di Dio Padre Misericordioso a Roma e Richard Meier (1996) La Chiesa di Dio Padre Misericordioso (Fig. 2.102) progettata da Richard Meier 32 , si inserisce in un programma di costruzione di strutture religiose e centri parrocchiali per le nuove aree di espansione della città di Roma. Nel 1994 fu bandito un concorso internazionale per la costruzione di una chiesa in Tor Tre Teste a Roma. Al concorso furono presentati 523 progetti; ma nessuno fu ritenuto idoneo. Bandito un secondo concorso, al quale parteciparono anche Calatrava, Tadao Ando e Richard Meier, nel 1996 fu dichiarato vincitore il progetto di Meier. Lo stesso Meier, nel merito dell’opera progettata ebbe a dire: “Questa chiesa è stata costruita in opposizione all’isolamento dell’area. E’ stata pensata come un recinto in parte sacro e in parte laico per aiutare la popolazione a ricollocarsi nel mondo.” Richard Meier, importante esponente del purismo formale dell’architettura moderna, è nato nel 1934 a Newark, distante 10 Km da New York. Meier ha sempre mostrato grande ammirazione per Le Corbusier, come testimoniano le sue parole: “Evidentemente, io non potevo creare i miei edifici senza conoscere ed amare i lavori di Le Corbusier. Le Corbusier ha esercitato una grande influenza sul mio modo di creare lo spazio.” Come la Cappella di Rochamp di Le Corbusier è stata una pietra miliare per l’architettura sacra del Novecento, così la chiesa di Dio Padre Misericordioso di Meier lo sarà certamente per il futuro dell’architettura sacra. L’involucro della chiesa è caratterizzato da tre grandi vele gonfie al vento, in cemento bianco mentre tutto il resto è ferro e vetro. E sono proprio queste tre vele bianche che aiuteranno a condurre la navicella della chiesa verso il nuovo mondo del terzo millennio, come ebbe a dire lo stesso Meier. Le tre vele sono le forme geometriche elementari che generano l’intera composizione, diventando la chiave di lettura dell’organismo architettonico (Figg. 2.103, 2.104).
Richard Meier si laurea nel 1957 alla Cornell University e subito dopo inizia un viaggio in Europa. In Francia incontra Le Corbusier, sempre ammirato da Meier, tanto che insieme agli architetti Eisenman, Heiduk, Graves e Gwathmey, fonda il gruppo Five Architects, che voleva portare avanti proprio l’idea di architettura di Le Corbusier. Tra il 1958 e il 1963 Meier lavora in affermati studi di architettura, tra i quali lo studio di Skidmore, Owings & Merrill e lo studio di Marcel Breuer. Nel 1963 progetta il suo primo edificio, una residenza per i genitori a Essex Fells nel New Jersey e subito dopo progetta la Smith House a Darien in Connecticut, l’edificio che comincerà a dargli fama internazionale. Gli anni ottanta segnano l’affermazione della sua fama internazionale e riceve riconoscimenti importanti come il Pritzker Prize.
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Le tre vele sono formate da 256 conci prefabbricati in cemento armato. Ogni concio, del peso di 12 tonnellate, misura 2,00 m di larghezza per 3,00 m di altezza e 79 cm di spessore. Per il calcestruzzo dei conci sono stati impiegati 2600 tonnellate di inerti di marmo di Carrara e 600 tonnellate di cemento bianco. Si tratta di un nuovo tipo di cemento, il Bianco TX Millenium, autopulente e capace di conservare il colore delle superfici nel tempo. I conci sono solidarizzati tra loro, per formare le tre vele, attraverso la posttensione di un sistema di barre di acciaio disposte in direzione verticale e di cavi in acciaio disposti in direzione orizzontale. Complessivamente sono stati impiegati 7,5 km di barre e 8 km di cavi. Per il riempimento delle guaine che ospitano le barre e i cavi pos-tesi, e per la chiusura dei giunti strutturali, sono state iniettate circa 550 tonnellate di malte speciali, antiritiro. Le tre vele sono collegate tra loro in copertura da una struttura trasparente. La copertura della chiesa, in acciaio, alluminio e vetro, ci consente di affermare che mentre nelle cattedrali gotiche si è sentito il bisogno di avvicinare l’uomo a Dio attraverso le vertiginosi altezze delle volte, con Meier è la trasparenza che unisce l’uomo a Dio. All’interno, caratterizzato da un’atmosfera di sobrio e asimmetrico rigore, lo sguardo dei fedeli viene catturato dalla luce e dalle nuvole intraviste attraverso i tetti di vetro, dal bianco smagliante delle pareti nude, dagli anomali scorci alle spalle della pietra ovoidale dell’altare fuori asse, dal grande ma povero crocefisso di cartapesta, ottenuto in dono da un’altra chiesa di periferia. Il Crocifisso, simbolo della cristianità, viene inserito in un cono ottico definito da una struttura strombata. Al tramonto i raggi del sole, penetrando attraverso il cono strombato, inondano il Crocifisso in un surreale bagliore rossastro (Figg. 2.105, 2.106).
Fig. 2.102 - La chiesa di Dio Padre Misericordioso a Tor Tre Teste di Richard Meier
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Dal betunium al cemento armato
Fig. 2.103 - Richard Meier: Dio Padre Misericordioso, dettaglio della facciata
Fig. 2.104 - Richard Meier:Dio Padre Misericordioso, l’ingresso
Fig. 2.105 - Richard Meier: Dio Padre Misericordio- Fig. 2.106 - Richard Meier: Dio Padre Misericordioso, il Crocifisso so, l’interno
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
L’invaso architettonico trasmette al fedele un senso di grande pace e spiritualità e lo invita a meditare sullo spirito e sull’aldilà, come voleva l’autore: “chi entra deve alzare lo sguardo verso l’alto, spiare il mistero del cielo e della trascendenza”. Se la cattedrale gotica con le sue vertiginose altezze innalza l’uomo al Signore, la cattedrale di Meier avvicina l’uomo al Signore con il bagliore della sua luce. Come afferma la Falzetti, le forme geometriche diventano metafora e dalla loro intersezione scaturiscono spazi significativi, poeticamente risolti e silenziosamente si contornano le espressioni della religiosità (Figg. 2.107 y 2.112). In quest’opera sembrano trovare conferma le parole di Frank O. Gehry, che nella relazione di accompagnamento del suo progetto, presentato per il concorso per la costruzione della chiesa di Dio Padre Misericordioso, scriveva: “credo nella capacità dell’architettura di elevare lo spirito umano. Creare uno spazio santificato per la fede è una grande sfida. La chiesa … diventa una ricerca dell’essenziale, della chiarezza e della semplicità.”
Fig. 2.107 - Richard Meier: la chiesa di Dio Padre Misericordioso, scorcio del sagrato con l’ingresso
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Fig. 2.108 - Richard Meier: la chiesa di Dio Padre Misericordioso, scorcio della copertura in ferro e vetro
Dal betunium al cemento armato
Fig. 2.109 - Richard Meier: Dio Padre Misericordio- Fig. 2.110 - Richard Meier: Dio Padre Misericordioso, l’interno so, l’interno
Fig. 2.111 - Richard Meier: la chiesa di Dio Padre Misericordioso, scorcio dell’interno con l’organo
Fig. 2.112 - Richard Meier: la chiesa di Dio Padre Misericordioso, scorcio dell’interno
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Struttura prefabbricata in cemento armato a Portogruaro Sorprende la complessità e la snellezza di questa struttura prefabbricata: esempio delle grandi possibilità offerte dal calcestruzzo se usato correttamente e non per soli scopi speculativi.
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Verso gli ‘elementi di fabbrica’ per l’architettura
3.
VERSO GLI ‘ELEMENTI DI FABBRICA’ PER L’ARCHITETTURA
Nella generalità dei casi una ‘costruzione’, qualunque sia il suo uso, costituisce un sistema complesso per la molteplicità di prestazioni che è chiamata ad assolvere. Questo sistema è formato da uno o più elementi di fabbrica i quali, costituiscono sub-sistemi, a loro volta, complessi, con elementi costruttivi diversi. Questi ultimi possono essere ancora scomposti in parti elementari che comprendono uno o più componenti. I componenti, infine, sono formati da uno o più materiali di base. Pertanto, invece di affrontare lo studio della costruzione nell’intera sua globalità e complessità si è soliti analizzare i singoli elementi che concorrono a definirla non dimenticando, però, l’influenza delle reciproche relazioni. Lo studio, quindi, viene condotto generalmente secondo una scomposizione in elementi che, da un punto di vista pratico, corrisponde nella generalità dei casi, alle fasi costruttive che si succedono e che concorrono a creare la ‘complessità’ dell’opera (Tabella 3.1). EDIFICIO SISTEMA COMPLESSO FORMATO DA UNO O PIÙ ELEMENTI DI FABBRICA
ELEMENTI DI FABBRICA SUB-SISTEMA COMPLESSO FORMATO DA UNO O PIÙ ELEMENTI COSTRUTTIVI
ELEMENTI COSTRUTTIVI SUB-SISTEMA FORMATO DA UNO O PIÙ COMPONENTI
COMPONENTI SUB-SISTEMA FORMATO DA UNO O PIÙ MATERIALI DI BASE
MATERIALI DI BASE Tab. 3.1 - Approccio allo studio dell’edificio: scomposizione del sistema complesso edificio in sub-sistemi specialistici
In particolare per gli edifici civili, gli elementi di fabbrica devono essere progettati in modo che lo spazio architettonico possa garantire prestazioni adeguate, in un dato momento storico, alle esigenze di funzionalità, di sicurezza, di abitabilità e di economia, formulate dalla committenza: x le esigenze di funzionalità, si riferiscono sia all’organizzazione che alla distribuzione dello spazio in relazione allo specifico tipo edilizio; x le esigenze di sicurezza, si riferiscono alla stabilità della costruzione nei riguardi delle azioni permanenti, variabili, eccezionali e sismiche, alla difesa dagli agenti atmosferici e dagli incendi, intesa quest’ultima sia come prevenzione che come contenimento dei danni prodotti; x le esigenze di abitabilità, si riferiscono al comfort che si deve assicurare allo spazio architettonico, in relazione alla forma e alle dimensioni degli spazi, in rapporto
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
alle specifiche funzioni previste per questi, alle condizioni termo-igrometriche e acustiche, all’illuminazione e alla ventilazione naturali e artificiali; x le esigenze di economia, si riferiscono alla ottimizzazione del rapporto costi-benefici che ciascun elemento di fabbrica dovrà soddisfare. La complessità delle esigenze alle quali ciascun elemento di fabbrica in opera deve rispondere, per migliorare la qualità edilizia nel suo complesso, giustifica la schematizzazione della suddivisione degli stessi elementi di fabbrica in elementi costruttivi, in componenti e, infine, in materiali di base. In alcuni casi, come ad esempio per i calcestruzzi, il materiale di base è formato da più materie prime usate in edilizia. Nel caso specifico le materie prime sono gli inerti, il cemento e l’acqua che, insieme alle armature metalliche, caratterizzano elemento di fabbrica Struttura in c.a. Nel caso più generale, gli elementi di fabbrica che concorrono a definire il sistema edificio si possono così classificare: x elemento di fabbrica copertura, chiamato a separare, in direzione verticale, lo spazio artificiale progettato dall’uomo dallo spazio naturale; x elemento di fabbrica di collegamento verticale, chiamato a collegare tra loro i vari piani in cui lo spazio architettonico si articola; in questo sub-sistema rientrano, naturalmente, non soltanto le scale, ma anche gli ascensori, i montacarichi, ecc; x elemento di fabbrica struttura, chiamato a garantire la stabilità dell’edificio ed a riportare tutti i carichi al terreno di fondazione; in generale, si distingue l’elemento di fabbrica struttura in elevazione e l’elemento di fabbrica struttura di fondazione; il primo, oltre a garantire la stabilità è chiamato a riportare i carichi alla fondazione; il secondo, oltre a garantire la stabilità dell’edificio, è chiamato a diffondere sul terreno di posa i carichi trasmessi dalla struttura in elevazione; x elemento di fabbrica di appoggio intermedio, chiamato a ripartire lo spazio architettonico, in direzione verticale, su più livelli; in questo modo sarà possibile articolare l’intero spazio architettonico in più piani funzionali; x elemento di fabbrica di chiusura d’ambito, chiamato ad isolare, in direzione orizzontale, lo spazio interno dallo spazio esterno; naturalmente l’elemento oltre a garantire condizioni di sicurezza e di comfort ambientale termo-igrometrico ed acustico, dovrà anche garantire opportune condizioni di comfort di illuminazione e di ventilazione; x elemento di fabbrica di partizione, chiamato a ripartire, nell’ambito di ciascun piano, lo spazio in ambienti con specifiche destinazioni d’uso; x elemento di fabbrica di primo calpestio, chiamato ad isolare l’edificio dal terreno e, allo stesso tempo, a soprelevare, in relazione all’impostazione progettuale, il piano del primo calpestio dal piano di campagna; x elemento di fabbrica impianti, chiamato a garantire condizioni di abitabilità e di igiene allo spazio architettonico; rientrano in questo elemento gli impianti di riscaldamento e condizionamento, di ventilazione, di smaltimento dei liquami e delle acque meteoriche, di alimentazione idraulica, ecc.
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Verso gli ‘elementi di fabbrica’ per l’architettura
In alcuni edifici, come ad esempio nella Cattedrale di Nôtre Dame di Parigi (Fig. 3.1), sono presenti solo alcuni degli elementi di fabbrica innanzi indicati, in quanto uno o più elementi garantiscono più prestazioni. Nella Cattedrale di Nôtre Dame 1 , infatti, possiamo distinguere: x l’elemento di fabbrica di copertura, chiamato a separare, in direzione verticale, l’invaso architettonico dall’ambiente esterno; x gli elementi di fabbrica di appoggio intermedio, chiamati a suddividere parte dello spazio interno in più piani sovrapposti tra loro; x l’elemento di fabbrica struttura, formato da un sistema di muri, archi e contrafforti chiamati a contrastare ed a riportare i carichi, e in particolare le spinte delle volte, alla fondazione; x l’elemento di fabbrica di collegamento verticale, che assolve la funzione di collegare funzionalmente tra loro i vari piani dell’edificio; in questo caso l’elemento di fabbrica di collegamento verticale è formato da scale in muratura; x l’elemento di fabbrica di chiusura d’ambito, chiamato a separare, in direzione orizzontale, lo spazio architettonico dall’ambiente esterno, garantendo, allo stesso tempo, il livello di illuminamento naturale richiesto; in questo caso la chiusura d’ambito è chiamata a svolgere anche le funzioni proprie dell’elemento di fabbrica struttura; x l’elemento di fabbrica di primo calpestio, chiamato ad isolare lo spazio architettonico dal terreno. Dopo questa breve sintesi sull’organizzazione del Sistema edificio, si passa ad esaminare le caratteristiche di un particolare e articolato elemento di fabbrica, la Struttura. Per l’elemento di fabbrica struttura è possibile fare alcune classificazioni, con riferimento ai procedimenti produttivi, ai materiali e alla morfologia.
La cattedrale di Notre-Dame e la Tour Eiffel, oggi costituiscono i simboli più significativi di Parigi. La fama di questa cattedrale è andata man mano crescendo fin da quando Victor Hugo scrisse il romanzo Notre-Dame de Paris. Notre-Dame fu edificata per volere del vescovo di Parigi che, verso l’inizio del XII secolo decise di costruire una immensa cattedrale esattamente nel centro di Parigi. La Cattedrale di Nôtre Dame rappresenta un significativo esempio di architettura gotica, ovvero di quelle architetture realizzate in Europa dall’XI al XIV secolo. La Cattedrale, realizzata tra il 1163 ed il 1250 (la costruzione è stata ultimata compiutamente nel 1345), costituisce la più famosa cattedrale del gotico francese e, sebbene sia stata interessata da numerosi restauri effettuati nell’Ottocento, presenta un aspetto sostanzialmente unitario e congruente con gli originali stilemi gotici. La Cattedrale, allungata come un grande ed elegante vascello sulla riva destra della Senna, presenta una meravigliosa facciata arricchita da due torri campanarie, da tre portali ogivali strombati e da un superbo rosone lavorato a traforo. Sulla facciata prospiciente la Senna, oltre all’intricato sistema di archi e contrafforti, possiamo ammirare un altro bellissimo rosone in marmo in corrispondenza del transetto, i cui bracci aggettano in misura ridotta rispetto alla larghezza della navata.
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Fig. 3.1 - La Cattedrale di Notre Dame a Parigi Legenda: 1. elemento di fabbrica copertura; 2. elemento di fabbrica di appoggio intermedio; 3. elemento di fabbrica struttura; 4. elemento di fabbrica di collegamento verticale; 5. elemento di fabbrica di chiusura d’ambito; 6. elemento di fabbrica di primo calpestio.
3.1 La classificazione dei procedimenti produttivi Con riferimento alla classificazione produttiva, ovvero al processo di costruzione, le strutture possono essere classificate nei seguenti tipi: x realizzate in cantiere, costruite tradizionalmente oppure prefabbricate a piè d’opera e poi montate; x realizzate in stabilimento, per poi essere assemblate in cantiere; x realizzate parte in opera e parte in stabilimento, se la parte realizzata direttamente in opera è completata con elementi prefabbricati in stabilimento.
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La struttura realizzata in cantiere Un significativo esempio di struttura realizzata in opera è la Villa Savoye 2 di Le Corbusier 3 realizzata a Poissy a circa trenta chilometri da Parigi, nel 1929 (Fig. 3.2). L’uso della struttura intelaiata in cemento armato consente a Le Corbusier di realizzare i cinque punti, da lui propugnati, che devono guidare nella progettazione degli edifici 4 . Tutti gli spazi sono ben studiati e rispondono alle esigenze proprie dei modi di vivere. Al piano terra viene organizza una zona per il garage, separata nettamente dagli altri ambienti, una rampa che porta al primo piano ed al solarium, una scala circolare che parte dal piano terra e si sviluppa fino al solarium. I restanti ambienti ospitano i servizi ed alcune camere per la foresteria. Al primo piano la casa si sviluppa intorno al giardino pensile (Fig. 3.3) del quale Le Corbusier ebbe a dire: "Il vero giardino della casa non sarà sul suolo, ma al di sopra di esso a tre metri e cinquanta: questo sarà il giardino sospeso dove il suolo è secco e salubre, dal quale si vedrà tutto il paesaggio, assai meglio che non dal basso". Durante l’estate, l’apertura delle pareti scorrevoli del soggiorno consente di realizzare un unico grande spazio interno-esterno. Dal giardino pensile del primo piano parte una rampa, la promenade architettonica, che collega l’abitazione con il solarium e con il piano terra. La promenade architettonica, formata da piani inclinati che si sviluppano per l’intera altezza della villa, al piano primo diventa esterna per raggiungere il tettosolarium. Sul solarium domina la parete curva a protezione della privacy della casa. L’organizzazione della struttura di Villa Savoye richiama immediatamente quella delle Case Domino che Le Corbusier aveva concepito quindici anni prima. Anche nella Villa Savoye, infatti, l’ossatura portante, costituita da pilastri e travi in cemento armato, resta completamente indipendente dalle funzioni della casa.
2 Le Corbusier nella Villa Savoye, una macchina per abitare, esprime tutta la sua vocazione alla sincerità formale. In quest’opera troviamo un giusto equilibrio tra l’ambiente intimo della casa e il paesaggio esterno, libero ed immenso. 3 Cfr. nota 26 del § 2.3.4 4 Le Corbusier, oltre che architetto, urbanista e pittore, fu anche un teorico dell’architettura. Nella Villa Savoye troviamo concretizzati i cinque punti regolatori della progettazione, propugnati dal nostro Architetto: 1. i pilotis, la casa è un volume che libra su pilastri, in modo che la città, con i suoi negozi, le sue strade, entri nel blocco della costruzione;il tetto giardino, il giardino sul tetto consente alla natura di entrare nella casa; 3. la pianta libera, dai vincoli dei muri in modo che ogni piano può essere organizzato liberamente; 4. la finestra a nastro, la facciata libera dagli elementi strutturali consente alle finestre di svilupparsi da un bordo all’altro; 5. la facciata libera, il solaio prosegue a sbalzo verso la facciata che diventa una membrana leggera.
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 3.2 - Esempio di struttura realizzata in opera: Le Corbusier, Villa Savoye a Poissy Il volume del primo piano, sollevato da terra dagli snelli pilastri circolari, è tripartito in direzione verticale dalla fascia delle finestre che si sviluppano lungo l’intero fronte. Proprio la struttura puntuale, arretrata rispetto al perimetro esterno, consente di realizzare le finestre a nastro.
Fig. 3.3 – Esempio di struttura realizzata in opera : Le Corbusier, Villa Savoye a Poissy Intorno al terrazzo del primo piano, organizzato con un giardino pensile, sono articolate le camere dell’appartamento. Il terrazzo costituisce fonte di illuminazione e di soleggiamento per i vani interni. È ben visibile la promenade architettonica che porta al solarium.
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Un esempio di struttura realizzata in opera con elementi prefabbricati a piè d’opera, sono le Torri Enel (Fig. 3.4) del Centro Direzionale di Napoli. Le due Torri, simbolico portale di accesso al Centro Direzionale di Napoli, presentano una pianta rettangolare allungata e si sviluppano per 32 piani fuori terra. Ciascuna delle due torri presenta la struttura formata da due grandi portali, costituiti da due elementi verticali con sezione scatolare e da un traverso costituito da una grande trave ad U di copertura, il tutto realizzato in opera. Completano la struttura gli orizzontamenti che, montati a piè d’opera su una piattaforma, sono poi sollevati fino alla quota d’imposta e sospesi alla trave ad U di copertura. I due montanti del portale ospitano gli elementi di fabbrica di collegamento verticale, le scale a prova di fumo e gli ascensori panoramici. Il sistema consente di ottenere il piano terra completamente libero da qualsiasi elemento strutturale e quindi con grande libertà organizzativa delle funzioni che deve ospitare (Figg. 3.5, 3.6).
Fig. 3.4 – Esempio di struttura realizzata in opera con parti prefabbricate a piè d’opera: le Torri ENEL del Centro Direzionale di Napoli Le due foto evidenziano le fasi costruttive delle torri: completata la costruzione del grande portale in cemento armato, si procede alla prefabbricazione a piè d’opera, su una struttura di servizio in acciaio, della struttura degli orizzontamenti; completata la prefabbricazione, la struttura provvisoria viene sollevata fino alla quota d’imposta e la piastra del solaio viene sospesa, mediante tiranti, alla trave ad U del portale.
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 3.5 – Le Torri Enel del Centro direzionale di Napoli Le due Torri dell’Enel svolgono il ruolo di un moderno portale per il polo direzionale della città di Napoli: la forma delle torri, la particolare disposizione planimetrica, apre al visitatore il CDN e quasi lo ‘invita’ a percorrere l’asse verde.
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Fig. 3.6 - Le Torri Enel del Centro Direzionale di Napoli Le tavole progettuali evidenziano la grande trave di copertura alla quale sono sospesi i piani sottostanti e il piano terra libero da elementi strutturali verticali.
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La struttura realizzata in stabilimento Tra le strutture realizzate in stabilimento in elementi prefabbricati e poi assemblate in cantiere, a titolo di esempio si ricorda un edificio realizzato con un particolare sistema costruttivo. Si tratta di uno degli edifici (Fig. 3.7) costruiti a Monteruscello dopo il bradisismo che interessò la città di Pozzuoli negli anni novanta. La struttura è formata da pannelli portanti, prefabbricati in stabilimento, e da orizzontamenti in predalle, anch’essi prefabbricati (Fig. 3.8). I pannelli, di grande dimensione, sono collegati tra loro, e con gli orizzontamenti, mediante giunti non strutturali, per cui, per garantire al sistema la capacità di resistere alle azioni orizzontali del sisma, vengono postcompressi mediante trefoli di acciaio armonico tesati dopo il completamento della struttura (Fig. 3.9).
Fig. 3.7 - Esempio di struttura prefabbricata: Monteruscello (Pozzuoli), edificio a grandi pannelli
Fig. 3.8 - Esempio di struttura prefabbricata: Monteruscello (Pozzuoli), gli elementi strutturali
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I trefoli, scorrevoli all’interno di tubi zigrinati in acciaio, sono bloccati alla base in apposite asole, predisposte in corrispondenza delle travi di fondazione, e tesati dall’alto in copertura. I trefoli vengono tesati in funzione delle sollecitazioni che i giunti tra i pannelli sono chiamati ad assorbire per le azioni indotte dal sisma. Nel § 3.3 il sistema in esame verrà illustrato nel dettaglio.
Fig. 3.9 - Esempio di struttura prefabbricata: Monteruscello (Pozzuoli), i trefoli della postcompressione Nella fotografia sono ben visibile le boccole, auto-serranti, che bloccano i trefoli della post-compressione e la piastra di acciaio che distribuisce sulla trave di fondazione le tensioni indotte dalla post-tensione dei trefoli.
La struttura realizzata parte in opera e parte in stabilimento Un esempio di struttura costruita parte in opera e parte in stabilimento è quella dell’edificio della BMW di Monaco di Baviera (Fig. 3.10), progettato da Karl Schwanzer. L’edificio, la cui forma simbolicamente vuole rappresentare ‘i quattro cilindri e la coppa dell’olio’ del motore, presenta una struttura, del tipo tube-in-tube, realizzata parte in opera e parte in stabilimento. In particolare, il nucleo centrale in cemento armato è realizzato in opera mentre la struttura in acciaio delle facciate è prefabbricata in stabilimento e montata in opera. La ‘coppa dell’olio’, con il guscio di cemento argentato e senza finestre, ospita il Museo BMW Zeithorizont (orizzonti del tempo). Il museo, attraverso l’esposizione di motori di aerei, di motociclette e di automobili, presenta la storia di quasi ottant’anni di sviluppo della Bayrische Motorwerke (BMW).
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 3.10 - Esempio di struttura realizzata parte in opera e parte in stabilimento: Edificio della BMW a Monaco di Baviera Nell’edificio della BMW il nucleo centrale di ciascuno dei quattro cilindri assolve al compito di resistere alle azioni indotte dal vento o dal sisma, mentre i montanti in acciaio delle facciate assolvono al solo compito di portare i carichi gravitazionali.
3.2 La classificazione materica In relazione alla classificazione materica delle strutture, possiamo distinguere i seguenti tipi: x x x x x x x
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struttura in muratura ordinaria o armata struttura intelaiata in cemento armato struttura intelaiata in acciaio struttura con sistemi combinati di cemento armato e acciaio struttura a pannelli portanti in c.a. struttura a pannelli portanti in muratura armata struttura in legno
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La struttura in muratura Nella storia dell’architettura esistono certamente moltissime strutture in muratura di grande valenza formale ma, forse, la più splendida è quella del Partenone 5 (Figg. 3.11, 3.12, 3.13). La struttura è formata da armoniche colonne doriche, ciascuna delle quali impregnata dell’entasis per trasmettere all’osservatore la sensazione dello sforzo a cui è sottoposta, dalle murature portanti delle stanze e dalle trabeazioni, sormontate dai fregi riccamente decorati con triglifi e metope, che erano chiamate a portare la copertura in legno del tempio. I rocchi cilindrici, realizzati in marmo Pentelico, sovrapposti l’uno all’altro formano il fusto della colonna. Tutti gli elementi lapidei erano uniti tra loro con grappe di bronzo e di ferro di varie forme. Il Partenone è l’unico tempio greco costruito completamente in marmo ed è anche l’unico tempio dorico che presenta tutte le 92 metope decorate da rilievi. Durante la guerra di indipendenza greca del 1833, i soldati turchi asserragliati sull’Acropoli rimuovevano le grappe metalliche, provocando gravi danni alle strutture, per ricavare munizioni per le loro armi da fuoco. I greci, per salvare i loro grandi monumenti, offrirono essi stessi le munizioni ai nemici assediati, facendo, a prezzo della loro vita, un grande dono all’umanità tutta.
Fig. 3.11 - Significativo esempio di struttura in muratura: il Partenone Il Partenone, tempio di ordine dorico dedicato alla dea Atena, deve il suo nome alla monumentale statua crisoelefantina, raffigurante Athena Parthenos. La statua, scolpita da Fidia, era ubicata nella stanza orientale della costruzione. Il Tempio, la migliore realizzazione dell’architettura ellenica, presentava decorazioni che, a ragione, vengono considerate i più grandi elementi dell’arte greca. Nel XIX secolo, Lord Elgin rimosse alcune delle sculture sopravvissute ai danneggiamenti della storia e le portò in Inghilterra. Le sculture oggi sono in mostra al British Museum e il governo greco, insieme a gran parte della comunità internazionale, ne richiedono da molti anni la restituzione. 5
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Fig. 3.12 - Il Partenone, l’entasis delle colonne
Fig. 3.13 - Il Partenone, le trabeazioni Tra i più grandi monumenti del mondo, il Partenone rappresenta il vero emblema delle origini della cultura del mondo occidentale. Il tempio costituisce anche uno di quei casi eccezionali in cui la struttura è architettura. 104
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La struttura intelaiata in cemento armato Con la struttura intelaiata in cemento armato molti Maestri dell’architettura moderna e contemporanea hanno scritto esaltanti pagine della Storia dell’Arte. Tra queste, una bella pagina di architettura è il Palazzo per gli uffici della società Enso Gutzeit di Helsinki (Figg. 3.14, 3.15), progettata da Alvar Aalto6 nel 1959. Per questo edificio Aalto assume un reticolo modulare per il disegno delle facciate, di 3,20 x 3,06 m, che corrisponde al modulo maggiormente utilizzato nell’architettura preesistente al contorno. Ma Aalto estende il modulo anche all’organizzazione spaziale dell’edificio; infatti l’intera cubatura, così come la struttura intelaiata in cemento armato, è regolata da un reticolo tridimensionale di 3,06 x 3,20 x 3,06 m. In questo edificio i telai in cemento armato delle facciate sono rivestiti con marmo bianco di Carrara, i basamenti dei telai sono rivestiti con granito, gli infissi delle finestre sono in teak naturale, le vetrine del piano terra sono in metallo e bronzo, la copertura è rivestita in rame. Anche se quest’opera sembra impregnata di accenti monumentalistici, in realtà costituisce un’ulteriore prova che Aalto non detta regole progettuali, ma adatta la sua architettura alle condizioni naturali e sociali del sito e alle situazioni psicologiche e fisiologiche dell’uomo. “dato che l’architettura coinvolge tutti gli aspetti della vita umana, un’architettura veramente funzionale deve essere funzionale dal punto di vista umano. Se osserviamo con più attenzione il processo della vita, ci accorgiamo che la tecnica è solo un elemento ausiliario, non un fenomeno definito e indipendente.” La struttura intelaiata in acciaio Anche la struttura intelaiata in acciaio ha permesso di realizzare grandi opere come l’Empaire State Building (Fig. 3.16), progettato da Richmond H. Shreve, in collaborazione con William F. Lamb e Arthur Loomis Harmon7, e costruito in soli 21 mesi. L’Empaire State Building, il più alto grattacielo del mondo per oltre quarant’anni dalla data del suo completamento, avvenuto nel 1931, presenta la struttura intelaiata in acciaio con gli elementi giuntati con chiodature; i pilastri sono alti due piani ed ai piani bassi, per portare i grandi carichi sovrastanti, presentano una sezione composita formata da profili ad ala larga. I solai, in cemento armato con il calcestruzzo additivato con ceneri di carbone, presentano uno spessore di quattro pollici e una luce di circa sette piedi e sono rinforzati con una rete di fili di ferro. La costruzione del grattacielo, alto 85 piani, impegnò 3400 operai al giorno e la struttura fu realizzata al ritmo di un piano al giorno. L’involucro è formato da rivestimenti in metallo, parapetti in alluminio fuso, serraCfr. nota 29 § 2.3.6 Richmond H. Shreve, William F. Lamb e Arthur Loomis Harmon erano grandi esperti nella progettazione di grattacieli e quando ebbero l’incarico di progettare l’Empaire State Building avevano già firmato importanti torri quale il grattacielo per la General Motors e quello del numero 500 della Fifth Avenue. 6 7
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menti in metallo e tamponatura formata da un paramento in pietra calcarea su controfodera in mattoni ordinari. L’Empaire raggiunge un’altezza complessiva di 1472 piedi, compreso i 222 piedi della torre per le trasmissioni.
Fig. 3.14 -Esempio di struttura intelaiata in cemento armato: Alvar Aalto, Palazzo per uffici della società Enso Gutzeit di Helsinki L’edificio da un lato costituisce un elemento di tramite tra la città ed il mare, dall’altro si inserisce armonicamente nel tessuto urbano circostante.
Fig. 3.15 - Esempio di struttura intelaiata in cemento armato: Alvar Aalto, Palazzo per uffici della società Enso Gutzeit di Helsinki. L’organizzazione modulare delle facciate costituisce una conclusione del discorso architettonico della sequenza di edifici neoclassici dell’Asse dell’Esplanade e della Piazza del Mercato.
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Fig. 3.16 - Esempio di struttura intelaiata in acciaio – L’Empaire State Building di Manhattan a New York (da A. Cooper, The wonders of New York, 1981 New York)
La struttura con sistemi combinati di cemento armato e acciaio Un significativo esempio di struttura mista in cemento armato e ferro è la Casa Batlló (Fig. 3.17) di Antoni Gaudi. Nel 1904, D. Josè Batllò Casanova decide di ristrutturare la casa di sua proprietà in Paseo de Gracia a Barcelona, quando era stata già costruita la casa confinante, opera dell’architetto Puig i Cadafalch. Antoni Gaudi e Puig i Cadafalch, i massimi architetti che operarono a Barcellona in quegli anni, con la loro attività erano impegnati in una continua ‘gara’. In questa architettura, come in tante altre opere, l’architetto catalano Antoni Gaudi, plasma il calcestruzzo per realizzare le immagini di questa casa delle fate. Il calcestruzzo permette a Gaudi di interpretare i caratteri delle architetture medioevali catalane con un nuovo linguaggio neo-barocco e la Casa Batllò costituisce proprio un esempio significativo in tal senso. La facciata si caratterizza per la composizione plastica dei balconi, per la guglia che corona la copertura, per il balconcino delle fate del piano attico, per i motivi zoomorfi del tetto della mansarda, che richiama la coda di un drago.
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Sulla sinistra di casa Batlló si individua la casa progettata da Puig i Cadafalch Fig. 3.17 - Esempio di struttura mista in acciaio e cemento armato: Antoni Gaudi, Casa Batlló a Barcellona Nessuna linea retta ma solo curve e spirali che disegnano ogni particolare della costruzione, dalle finestre del primo piano ai balconi dei piani soprastanti.
Le opere di ampliamento e di ristrutturazione di Casa Batlló durarono fino al 1906 e Gaudi si servì della collaborazione di vari aiutanti tra cui Josep M. Jujiol, che si interessò dei lavori ornamentali e decorativi. Un’altra originale pagina di architettura realizzata con struttura mista acciaio – cemento armato è il Dancing House (Fig. 3.18), progettato da Frank O. Gehry8 per la città di Praga. Nel 1978 la indiscussa genialità architettonica di Ghery si esprime attraverso la realizzazione della sua casa a Santa Monica e, da quel momento, le sue costruzioni diventano attrazioni turistiche. Frank Owen Goldenberg (diventato poi Gehry), l’architetto che ha firmato le strutture più dirompenti e discusse degli ultimi decenni, nasce a Toronto in Canada, nel 1929 in una famiglia ebrea e, già da bambino, esprime la sua creatività costruendo ‘piccole città’ con legnetti e vari materiali di recupero. Nel 1947 la famiglia di Gehry si trasferisce a Los Angeles ed è proprio in questa città che Frank nel 1954 si laurea e, ancora studente di architettura, lavora come tirocinante nello studio Victor Gruen Associates. Nel 1961, Frank Gehry si trasferisce a Parigi dove rimane per un anno lavorando nello studio di André Rémondet e studiando i lavori di Le Corbusier, Balthasar Neumann, e dei grandi architetti europei. Ritornato in America nel 1962, apre il suo studio professionale in proprio a Santa Monica, dove firma i suoi primi lavori, apprezzati per le originali soluzioni, ma senza uscire dagli schemi ‘classici’.
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Dall’intricato intreccio di strade del centro storico di una delle città medioevali più affascinanti d’Europa, attraverso due ponti più a sud del Ponte Carlo, si può procede per il lungofiume della Moldava per arrivare a Rostov Namestì dove si trova la sede della National Nederlanden, il palazzo ‘Ginger e Fred’ o ‘Casa Danzante’ di Ghery. Le linee fuori piombo della Dancing House affascinano il visitatore, in una città già vivace come Praga, ricca di particolari, di linguaggi e di storie diverse. Costruito tra il 1992 ed il 1995, la Dancing House si estende su una superficie di 5.400 mq ed è stato realizzato in acciaio, vetro e calcestruzzo.
Fig. 3.18 - Esempio di struttura mista in acciaio e cemento armato: Frank O. Gehry, il Dancing House di Praga È la struttura intelaiata in acciaio e cemento armato che consente a Ginger e Fred di abbracciarsi in un passo di danza.
3.3 La classificazione morfologica In relazione alla classificazione morfologica delle strutture si distinguono i seguenti tipi (Fig. 3.19): ∞ strutture lineari, per le quali gli elementi componenti presentano una dimensione che predomina sulle altre (ad esempio: i pilastri sono elementi lineari con sviluppo verticale; le travi sono elementi lineari a sviluppo orizzontale); ∞ strutture piane, per le quali gli elementi componenti presentano due dimensioni che predominano sulla terza (ad esempio: i setti murari sono elementi piani a sviluppo verticale; le piastre sono elementi piani a sviluppo orizzontale); ∞ strutture tridimensionali, per le quali gli elementi componenti presentano le tre dimensioni con lo stesso ordine (ad esempio: le strutture reticolari spaziali).
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
struttura lineare
struttura piana
struttura tridimensionale
Fig. 3.19 - Classificazione morfologica delle strutture
La tipologia lineare La tipologia lineare consente di progettare l’organizzazione in pianta dell’edificio vincolata solo per punti da elementi monodimensionali verticali (pilastri o colonne). La grande libertà di pianta permette possibili interventi di variazione della destinazione d’uso durante la vita dell’edificio. È opportuno che l’organizzazione strutturale presenti in pianta una griglia modulare con i pilastri posizionati nei nodi. Nello spazio, invece, sarà opportuno realizzare una griglia tridimensionale per ottimizzare sia l’organizzazione distributiva di travi e pilastri, sia l’organizzazione degli spazi funzionali dell’edificio. Inoltre, considerato che i terremoti possono provocare movimenti complessi e dinamici del terreno su cui si trova l’edificio e che da un punto di vista statico lo spostamento più importante da valutare è quello orizzontale, quando si progetta l’edificio in zona sismica è sempre opportuno utilizzare forme geometriche semplici conferendo al volume dell’edificio, alla distribuzione dei carichi ed agli elementi stabilizzatori laterali, una disposizione simmetrica. Tra gli elementi strutturali lineari di base oltre ai pilastri (o colonne) si hanno anche le travi. Le travi e i pilastri formano, nel loro insieme, un sistema strutturale del tipo a scheletro. L’inserimento di elementi diagonali (croci di Sant’Andrea), o di pannelli murari, consente di migliorare la resistenza a taglio della struttura. Le travi e i pilastri del sistema vengono solidarizzati con le strutture degli orizzontamenti, a sviluppo bidirezionale. La tipologia piana La tipologia piana, anche se consente una minore libertà di pianta, permette di progettare un’organizzazione planimetrica dell’edificio vincolata solo per linee (lo sviluppo dei setti portanti). L’organizzazione strutturale si caratterizza per un sistema di assi paralleli, disposti ad interasse uguale o variabile, in corrispondenza dei quali troviamo i setti portanti.
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La ridotta libertà di pianta non permette, naturalmente, di realizzare agevolmente possibili interventi di variazione della destinazione d’uso durante la vita dell’edificio.I principali elementi strutturali piani sono il setto portante verticale e la soletta orizzontale, che possono essere combinati in modo da formare un sistema in grado di definire uno spazio e di sopportare i carichi dell’edificio.Il sistema strutturale piano è formato da una serie parallela di setti portanti, che definiscono gli assi primari di sviluppo dello spazio architettonico. Gli assi secondari si possono sviluppare perpendicolarmente a quelli primari, creando delle aperture all’interno dei setti portanti. Tali aperture non devono, però, pregiudicare la stabilità, la resistenza e la rigidezza del sistema. Lo schema a setti portanti paralleli resiste meglio alle azioni complanari ed in modo insufficiente a quelle ad esso perpendicolare. Se, però, si garantisce la stabilità laterale con intelaiature trasversali, o con setti resistenti alle deformazioni di taglio, si potranno realizzare sistemi sismo-resistenti.La disposizione di setti portanti su griglia a scacchiera permette di ottenere configurazioni dell’edificio più complesse. I piani della soletta orizzontale andranno progettati come diaframmi orizzontali rigidi, in modo da essere in grado di trasferire tutte le sollecitazioni laterali, del vento o del sisma, al sistema di setti verticali portanti. La tipologia tridimensionale La tipologia tridimensionale si ottiene dalla unione di lastre verticali e solette orizzontali (Figg. 3.20, 3.21). Questa tipologia presenta, ovviamente, limitata libertà progettuale, riduzione della flessibilità funzionale, ma, anche, riduzione dei costi e dei tempi di costruzione. triedo
elle
gamma
Fig. 3.20 - La tipologia tridimensionale
Fig. 3.21 - Sistema strutturale tridimensionale ad anelli
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Un esempio significativo di struttura tridimensionale è quello delle Vele di Secondigliano a Napoli (Figg. 3.22, 3.23, 3.24, 3.25). Gli edifici, realizzati negli anni Ottanta, digradano a piramide, donde il nome di vela. Attualmente ve ne sono solo quattro, in quanto tre Vele sono state demolite (Fig. 3.26). Dalla relazione progettuale emerge che tutte le unità abitative sono progettate secondo una maglia modulare quadrata di lato 1,20 m, con un multiplo per i ‘grandi componenti’ di 3 moduli, corrispondente a 3,60 m. Sul piano strutturale, la lunghezza di 2 campi, corrispondente a 7,20 m pari alla sezione trasversale di un piano, viene ritenuta dal progettista ottimale per la prefabbricazione di ‘membrature in acciaio-calcestruzzo’. Le membrature svolgono sia la funzione portante che quella di partizione. Completano la struttura le piastre quadrate in conglomerato cementizio armato, che concorrono a definire una struttura tridimensionale a tunnel. Purtroppo alcune modifiche apportate al progetto in fase costruttiva, quali la riduzione della distanza tra i corpi di fabbrica contrapposti e la sostituzione delle scale pensili in acciaio con scale pensili in cemento armato, hanno reso praticamente inabitabili questi edifici.
Fig. 3.22 - Schizzo a colori del complesso delle Vele di Secondigliano
Fig. 3.23 - Vista dall’alto del plastico di una delle Vele grandi
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Fig. 3.24 - Vista sul lato corto del plastico di una delle Vele grandi Nelle ipotesi progettuali i due corpi contrapposti sono sufficientemente distanziati per garantire aerazione e illuminamento dei fronti interni dell’edificio. Le scale interne in acciaio sono sufficientemente trasparenti per consentire alla luce di diffondersi in questo spazio che costituisce una riproposizione del ‘vicoli’ di Napoli. Nelle ipotesi progettuali i due corpi contrapposti sono sufficientemente distanziati per garantire l’aerazione e l’illuminamento dei fronti interni. Gli accessi agli alloggi avvengono attraverso strade pensili, disposte a piani alterni, previste originariamente con struttura in tralicci di acciaio sostenuti da mensole, anch’esse in acciaio, agganciate ai pilastri in cemento armato. Da queste strade pensili si diramano, in salita e in discesa, piccole rampe in acciaio che portano agli ingressi dei singoli alloggi.
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 3.25 - Vista sul lato corto di una delle Vele Le modifiche apportate al progetto in fase costruttiva hanno reso praticamente impossibile alla luce di penetrare tra i due corpi di fabbrica.
Fig. 3.26 - La demolizione di una delle torri. La struttura a tunnel si è dimostrata particolarmente resistente anche all’azione dirompente della dinamite, per cui si è dovuto intervenire con mezzi meccanici.
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3.4 L‘elemento di fabbrica di partizione orizzontale Nell’ambito del sistema ‘edificio’, l‘elemento di fabbrica di partizione orizzontale costituisce il sub-sistema chiamato a ripartire lo spazio abitabile in più piani sovrapposti. L’elemento di fabbrica di partizione orizzontale deve rispondere a molte esigenze, quali: x esigenze di funzionalità, che sono quelle di articolare lo spazio architettonico in più piani; x esigenze di abitabilità, che sono quelle di fornire un adeguato grado di isolamento termico, acustico ed igrometrico nonché un insensibile valore della deformabilità sotto carico; x esigenze di sicurezza, che sono quelle di resistere ai carichi verticali e orizzontali. Nel caso più generale, l‘elemento di fabbrica di partizione orizzontale si articola in tre elementi costruttivi: x l’elemento solaio che svolge il ruolo statico ed è composto da più elementi che insieme formano la struttura orizzontale; x l’elemento di finitura superficiale, che riveste l’estradosso del solaio per garantire condizioni di fruibilità dello spazio architettonico 9 ; x l’elemento di finitura intradossale, dal semplice rivestimento all’isolamento dal fuoco 10 . 3.4.1 L’elemento costruttivo solaio I solai sono quelle strutture, soggette principalmente a sollecitazione flessionali e taglianti, che servono a definire determinati spazi architettonici, realizzando piani che rendono utilizzabile e praticabile lo spazio di calpestio. Il solaio è una struttura che può essere vincolata: x ai muri d’ambito (Fig. 3.27), x ad un sistema di travi e pilastri (Fig. 3.28). L’elemento costruttivo solaio deve rispondere, in via prioritaria, ad esigenze: x di sicurezza, cioè deve resistere ai carichi verticali (peso proprio, sovraccarico ecc.); deve distribuire i carichi portati sulla struttura portante principale; deve possedere sufficientemente rigidezza nel proprio piano al fine di trasmettere i carichi orizzontali che agiscono secondo questo alla struttura portante principale; x di deformabilità, cioè deve essere caratterizzato da una freccia di inflessione per carichi mobili compatibile con la destinazione d’uso (una eccessiva deformabilità provocherebbe sensazione di fastidio alle persone); da una freccia di inflessione per carichi fissi compatibile con le caratteristiche costruttive degli elementi di fabbrica portati (una eccessiva deformabilità potrebbe determinare danneggiamenti alle tamponature, alle pareti di partizione, agli impianti tecnologici, ecc.).
La finitura superficiale è composta da più strati che garantiscono l’abitabilità attraverso la coibenza, l’impermeabilità, l’isolamento acustico, ecc. 10 La finitura intradossale è composta da uno o più strati (intonaco, controsoffittature, ecc.) che garantiscono l’abitabilità, la durabilità, la resistenza al fuoco, ecc. 9
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solaio muratura portante cordolo in cemento armato
Fig. 3.27 - Solaio su muratura portante
solaio pilastri in c.a. trave in cemento armato
Fig. 3.28 - Solaio su struttura in c.a.
Una caratteristica importante del solaio è il rendimento statico Rs. In particolare, indicato con: x P la somma del peso proprio del solaio e dei carichi variabili che il solaio deve sostenere x G il solo peso proprio del solaio, si definisce rendimento statico il rapporto: Rs = P/G Il solaio deve essere caratterizzato da un valore del rendimento statico elevato, cioè i carichi che il solaio è chiamato a portare devono essere almeno il doppio del solo peso proprio. Anche se i solai oggi in uso sono molteplici, i più rappresentativi, dal punto di vista tipologico, sono: x i solai latero-cementizi x i solai in acciaio x i solai in acciaio e laterizi x i solai in legno e laterizi x i solai misti in polistirolo 3.4.2 I solai latero-cementizi I solai latero-cementizi, in relazione al sistema costruttivo adottato, possono classificarsi nei tipi: x solaio realizzato in opera, x solaio a pannelli prefabbricati, in cemento armato normale o in cemento armato precompresso. Inoltre, i solai latero-cementizi, in relazione ai materiali impiegati, possono classificarsi nei tipi: x solaio a travetti: o con travetti in latero-cemento e blocchi interposti, o con travetti a traliccio e blocchi interposti, o con travetti in calcestruzzo precompresso e blocchi interposti; x solaio a lastra, in cemento armato normale o cemento armato precompresso.
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I solai latero-cementizi realizzati in opera sono (Figura 3.29) formato da filari di laterizi, disposti secondo allineamenti paralleli; da travetti in cemento armato gettati in opera; da una soletta, anch’essa in cemento armato e gettata in opera. I blocchi (Fig. 3.30) vengono posizionati su di un tavolato di sostegno provvisorio, che viene smontato solo quando il conglomerato ha raggiunto una sufficiente resistenza meccanica. Dopo aver posizionato i blocchi in laterizio, si procede alla sistemazione delle barre di armatura, ricorrendo all’uso di distanziatori in modo da assicurare che, nella successiva fase di getto, le barre metalliche mantengano la corretta disposizione e un adeguato copriferro. La tessitura del solaio, che indica la direzione dei travetti rispetto alla geometria del vano, può essere a semplice orditura (parallela in generale al lato minore dell’ambiente da costruire), oppure a nervature incrociate (Figg. 3.31 e 3.32). I solai a pannelli prefabbricati possono essere in cemento armato normale, oppure in cemento armato precompresso. Nella Figura 3.33 è possibile leggere i filari di laterizi, i travetti in cemento armato, i ganci per il sollevamento e per la posa in opera. In cantiere, dopo la posa in opera dei pannelli prefabbricati e dell’armatura di ripartizione, si realizza il getto di conglomerato fresco della soletta superiore e del travetto che si forma tra le diverse lastre che costituiscono il solaio.
Fig. 3.29 - Solaio latero-cementizio gettato in opera
Fig. 3.30 - Solaio latero-cementizio in fase costruttiva
tessitura parallela al lato minore
tessitura con travetti incrociati
Fig. 3.31 - la tessitura dei solai latero-cementizi
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Fig. 3.32 - Tessitura a travetti incrociati dei solai latero-cementizi La tessitura a travetti incrociati consente di coprire luci di grandi dimensioni, ovvero di portare carichi più elevati di quelli ordinari.
Il solaio a pannelli presenta i vantaggi, rispetto a quelli tradizionali, di una più veloce posa in opera e della possibilità di realizzare manufatti autoportanti che richiedono una puntellatura leggera durante la fase di getto del calcestruzzo di completamento. Richiedono, però, adeguati mezzi di sollevamento delle lastre e maestranze specializzate per la loro movimentazione.
Fig. 3.33 - Solai a pannelli prefabbricati
I solai a lastre prefabbricate in cemento armato (Fig. 3.34), normale o precompresso, sono sostanzialmente analoghi ai solai con pannelli prefabbricati. La lastra inferiore generalmente ha uno spessore di 4 cm e su di essa trovano alloggiamento i filari di laterizi o di materiale espanso ed i tralicci per i travetti in cemento armato da gettare in opera in uno con la soletta superiore. La soletta inferiore consente di avere l’intradosso del solaio finito e pronto per l’applicazione del trattamento finale (tinteggiatura o altro). La procedura di posa in opera di questi solai è analoga a quella dei solai a pannelli prefabbricati. Dopo aver posto in opera le lastre prefabbricate, vengono disposti i filari in laterizio, vengono posizionate le eventuali armature aggiuntive e, infine, viene eseguito il getto di calcestruzzo per i travetti e per la soletta.
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Fig. 3.34 - Solai a lastre prefabbricate in cemento armato
Fig. 3.35 - Solai a travetti prefabbricate e blocchi interposti
I solai a travetti prefabbricati e blocchi interposti costituiscono un buon compromesso fra il solaio realizzato in opera ed il solaio a pannelli o solaio a lastre. Il solaio è formato (Fig. 3.35) da travetti prefabbricati, da filari di laterizi e soletta in cemento armato. Possono essere utilizzati sia travetti con armatura a traliccio che travetti precompressi. Se si usa il travetto a traliccio, i rompitratta di sostegno provvisorio vanno posti ad una distanza compresa tra 1,0 ed 1,5 m; il peso dei travetti è di circa 10 Kg/m che consente una buona maneggevolezza. Il travetto prefabbricato a traliccio presenta il fondello in laterizio e l’armatura a traliccio. Dopo aver posto in opera i travetti prefabbricati su sostegni provvisori si dispongono i laterizi, le eventuali armature aggiuntive ed, infine, si realizza il getto di calcestruzzo di completamento dei travetti e per la soletta. Un’altra tipologia di solaio, a travetti prefabbricati e blocchi interposti, è costituita dai travetti prefabbricati e precompressi. Il solaio (Fig. 3.36) è formato dai travetti prefabbricati in precompresso, dai filari di laterizi e dal getto di completamento di calcestruzzo, che viene effettuato a conclusione del montaggio. L’impiego dei travetti in precompresso consente di disporre i rompitratta a distanza di 1,5-2,0 m. Nella Figura 3.37 si evidenzia il solaio con travetto in precompresso e pignatte con bordo rinforzato ed il solaio con travetti prefabbricati e laterizi biblocco. I laterizi biblocco si utilizzano quando il solaio deve avere un’altezza maggiore di quella ordinaria (solai a camera d’aria per copertura).
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 3.36 - Solaio a travetti prefabbricati e precompressi
Fig. 3.37 - Solaio a travetti prefabbricati e precompressi con laterizi rinforzati e biblocco
3.4.3 I solai in acciaio Fra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, in Italia il tipo più diffuso di solaio in ferro è stato quello con travi metalliche e voltine, realizzate con vari materiali: i conci lapidei e i laterizi. Il solaio in ferro ha trovato prevalentemente impiego negli edifici industriali e per carichi elevati. Questa tipologia sarà molto diffusa fino a dopo la seconda guerra mondiale, momento dal quale inizia il suo declino provocato, fra l’altro, dalla comparsa dei solai latero-cementizi. Nella Figura 3.38 sono riportate le caratteristiche costruttive di alcuni solai in ferro: con putrelle e voltine, realizzate con vari materiali, quali i mattoni pieni disposti in coltello, i mattoni pieni disposti in foglio, le ‘spaccatelle di tufo’, con conci di altri materiali lapidei; con volterrane, che dovevano essere in numero dispari in modo che per mutuo contrasto si realizzasse un effetto d’arco; con tavelloni e sovrastante riempimento di calcestruzzo leggero; con tavelloni curvi e sovrastante riempimento di calcestruzzo leggero. Le travi in ferro dapprima vengono realizzate a T rovesciata e solo successivamente a doppio T.
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Fig. 3.38 a - Solaio con putrelle e voltine in spaccatelle di tufo
Fig. 3.38 b - Solaio con putrelle e voltine in mattoni disposti in foglio
Fig. 3.38 c - Solaio con putrelle e volterrane
Fig. 3.38 d - Solaio con putrelle e tavelloni
Fig. 3.38 e - Solaio con putrelle e tavelloni curvi
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Fig. 3.39 - Solaio in acciaio e lamiera grecata
Particolare del connettore
Un tipo moderno di solaio in acciaio è quello con travi di acciaio e lamiera grecata. La lamiera grecata (Fig. 3.39) viene solidarizzata alle travi in acciaio mediante connettori, o viti autofilettanti, in corrispondenza delle onde inferiori; completano la struttura la rete elettrosaldata di armatura e la soletta in calcestruzzo. Dopo la posa ed il fissaggio della lamiera grecata alle travi, si effettua il getto di completamento in calcestruzzo; in questa prima fase la lamiera costituisce un cassero per il calcestruzzo ed è chiamata a portare, oltre al peso proprio, i pesi del getto in calcestruzzo, dei mezzi d’opera e degli addetti. Nella prima fase, quando il calcestruzzo è fresco, la freccia di inflessione della lamiera non deve superare il valore L/240, essendo ‘L’ la luce della lamiera stessa. Quando il calcestruzzo ha raggiunto adeguata capacità resistente nasce la collaborazione statica tra la soletta e la trave. La collaborazione è assicurata dalla presenza dei connettori che impediscono lo scorrimento relativo tra calcestruzzo indurito, lamiera e trave.
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I connettori, quindi, svolgono il ruolo fondamentale di solidarizzare la soletta in cemento armato alle travi in acciaio. I connettori (Fig. 3.40) maggiormente impiegati in questo tipo di solaio sono: a) connettori a perno disposti lungo un unico allineamento, b) connettori a perno disposti a quinconce lungo due allineamenti, c) connettori con lamiera stirata ad L, d) connettori con lamiera stirata a T, h) connettori circolari, i) connettori a Z, l) connettori a Z (altro tipo).
a
b
c
d
h
i
l
Fig. 3.40 - Tipi di connettori
3.4.4 I solai in acciaio e laterizi Un’altra tipologia di solaio è quella in acciaio e laterizi, che presenta consistenti vantaggi statici se viene realizzata la collaborazione delle travi con il sovrastante getto di calcestruzzo armato, mediante i connettori. Alcune soluzioni costruttive (Fig. 3.41) sono quelle formate dai seguenti elementi 11 : a) travi a doppio T, tavelloni superiori, soletta in cemento armato e controsoffitto a pannelli; b) travi a doppio T, tavelloni all’intradosso ed all’estradosso, soletta in calcestruzzo e intonaco all’intradosso; c) travi a doppio T, laterizi forati superiori e soletta in cemento armato; d) travi a doppio T, laterizi forati inferiori e riempimento con calcestruzzo alleggerito; e) travi a doppio T, tavelloni in laterizio, connettori, getto di calcestruzzo e controsoffitto a pannelli; f) travi a doppio T, tavelloni all’estradosso, tavelloni all’intradosso e camera d’aria interposta. 11
Nelle intercapedini, ove esistenti, possono essere alloggiati canali, tubazioni, ecc.
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a) tavelloni superiori
b) tavelloni superiori e inferiori
c) laterizi e soletta in c.a.
d) laterizi e calcestruzzo leggero
e) tavelloni e soletta in c.a. f) doppi tavelloni e soletta in c.a. Fig. 3.41 - Tipi di solai in acciaio e laterizi
Nei solai in acciaio-laterizio e cemento armato, le travi possono essere con sezione a doppia T, a C, reticolari o ad anima traforata, in lamiera saldata ed altro, e devono essere dimensionate sia in termini di resistenza che di deformazione. La freccia, in generale, non deve essere superiore ad 1/500 - 1/600 della luce, al fine di avere elementi inflessi compatibili con la deformabilità degli elementi in laterizio. 3.4.5 I solai in legno Prima dell’avvento dell’acciaio e del cemento armato, i solai in legno sono stati i tipi più usati. Con i solai in legno viene introdotto il concetto dell’organizzazione strutturale formata da elementi principali, le travi, e da elementi secondari, il tavolato. Un tipico esempio di solaio in legno, molto usato nel napoletano, è quello riportato nella Figura 3.42. Le travi, la struttura principale, sono in legno di castagno e sono poste in opera ad interasse di circa 80 cm; i panconcelli, costituiti da rami di castagno semplicemente spaccati in due parti, costituiscono la struttura secondaria. All’intradosso veniva organizzata una leggera ossatura in legno di sostegno della controsoffittatura, costituita, usualmente, da una tela. Al di sopra dei panconcelli veniva realizzato un masso allo scopo di mantenere in posizione gli elementi secondari sulle travi, di limitare l’eccessiva elasticità della struttura e di conferire all'intero solaio un certo grado di isolamento acustico. Il masso era costituito da calcinacci, o altro materiale sciolto, che consentiva di realizzare la planarità per il massetto di allettamento del pavimento.
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Fig. 3.42 - Solaio in legno
x x x x x
Tra i moderni solai in legno si possono ricordare: solaio in legno e laterizi, solaio in legno, calcestruzzo e tavolato in legno, solaio in legno-acciaio-calcestruzzo, solaio in legno lamellare con armatura a traliccio, solaio in legno con doppia orditura di travi e tavolato.
Nella Figura 3.43 abbiamo un esempio di solaio misto in legno, calcestruzzo e pianelle di laterizio, completo di connettori di collegamento della trave in legno con il getto di calcestruzzo e di rete di armatura della soletta. Nel caso in esame le pianelle di laterizio svolgono una funzione di cassaforma per il getto di calcestruzzo. Il solaio misto in legno, calcestruzzo e tavolato in legno (Fig. 3.44) si caratterizza per il tavolato in legno che svolge una funzione di cassaforma per il getto di calcestruzzo, collegato alle travi in legno mediante connettori; per la rete di armatura della soletta. In generale è opportuno proteggere il tavolato in legno con un elemento di separazione impedisce il contatto legno-calcestruzzo fresco.
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Fig. 3.43 - Solaio in legno e pianelle di argilla
Fig. 3.44 - Solaio in legno e tavolato
Come opportunamente consiglia Aldo de Marco 12 , è conveniente connettere nel modo adatto tra loro gli elementi del tavolato per impedire la colatura della malta cementizia con danneggiamenti delle travi in legno, in genere a faccia vista. A tale scopo non è sufficiente la connessione a sella ma occorre procedere con una connessione ‘maschio-femmina’, ovvero procedere con l’inserimenti di connettoni in legno in asole appositamente fresate negli elementi del tavolato.
Aldo de Marco è professore ordinario di Architettura Tecnica nell’Università degli Studi di Salerno. Dopo aver maturato la sua formazione di docente e ricercatore nella Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli (Renato Iovino è stato suo allievo), raggiunto l’ordinariato, ha insegnato prima nella Facoltà di Ingegneria delle Università di Udine e di Trieste, e poi è stato ‘chiamato’ dall’Università di Salerno. Intere generazioni di ingegneri ‘napoletani’, ‘udinesi’, ‘triestini’ e ‘salernitani’ hanno avuto la fortuna di formarsi anche grazie ai suoi insegnamenti.
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Il solaio in legno-acciaio-calcestruzzo (Fig. 3.45) è formato da una struttura portante principale costituita da travi in legno, da un tavolato continuo, da un traliccio in acciaio che è fissato alle travi mediante viti autofilettanti e da una soletta in calcestruzzo armata con rete. Anche in questo caso è opportuno proteggere dall’acqua del calcestruzzo il tavolato, che non solo svolge la funzione di cassaforma per il calcestruzzo allo stato fresco, ma anche una funzione estetica in quanto dal basso si può vedere nella sua interezza un solaio in legno. Il solaio in legno lamellare e armatura a traliccio (Fig. 3.46), le travi in legno lamellare sono rinforzate con una armatura metallica a traliccio che costituisce anche elemento di solidarizzazione delle travi con il getto di calcestruzzo. Sulle travi poggiano i laterizi, che costituiscono cassaforma per il getto della soletta in calcestruzzo. Il solaio in legno con doppia orditura di travi e tavolato (Fig. 3.47) è formato da una orditura principale di travi in legno, da una orditura secondaria di travicelli in legno, da un tavolato continuo in legno, da uno strato isolante per proteggere il legno dall’acqua di impasto del calcestruzzo e da una soletta in calcestruzzo che può anche essere armata con rete elettrosaldata. connettore
rete elettrosaldata
viti
Fig. 3.45 - Solaio in legno acciaio e calcestruzzo
Fig. 3.46 - Solaio in legno lamellare e armatura a traliccio
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
Fig. 3.47 - Solaio in legno con doppia orditura di travi e tavolato
3.4.6 I solai misti in polistirolo Ai tradizionali solai latero-cementizi si affiancano altri solai che utilizzano prodotti prefabbricati con materiali diversi ed innovativi, i quali privilegiano aspetti prestazionali aggiuntivi rispetto ai soli requisiti statici. I solai realizzati con polistirolo, acciaio e calcestruzzo uniscono al requisito di sicurezza statica, altre prestazioni che vanno dalla resistenza al fuoco, alle caratteristiche di isolamento termo-acustico. Si tratta di pannelli modulari in polistirolo espanso (PSE) 13 da integrarsi, in opera, con un getto di calcestruzzo. L’attuale tecnologia ha consentito di mettere a punto un prodotto che consente di realizzare una collaborazione strutturale fra il polistirolo espanso, opportunamente forato, ed i tralicci metallici zincati. Un esempio, in tal senso, è il Plastbau Metal che è un pannello autoportante impiegato per la realizzazione dei solai. Il pannello Plastbau Metal viene prodotto in 2 versioni, denominate Serie I e Serie C. Nella Serie I (Intonaco), i pannelli sono rivestiti all'intradosso da uno strato di intonaco armato con rete metallica. Nella Serie C, invece, i pannelli sono privi di intonaco, in quanto destinati ad essere rivestiti con lastre di cartongesso. Le lastre di cartongesso vengono montate a secco e fissate direttamente ai Il polistirolo, resina termoplastica ottenuta dalla polimerizzazione dello stirolo, è stato isolato, per la prima volta, nel 1831 da Benastre, che, riscaldando lo stirolo a 200°K, riuscì a creare il polimero polistirolo. Il polistirolo espanso si ottiene, a sua volta, per espansione del polistirolo mediante agenti espandenti.
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Verso gli ‘elemento di fabbrica’ per l’architettura
lamierini inglobati nel pannello. Il pannello in polistirolo espanso (Fig. 3.48), in genere, presenta una parte strutturale, di spessore S1, ed una parte di coibentazione, di spessore S2.
Fig. 3.48 - Blocco per solaio in polistirolo
In alcuni casi l’elemento autoportante di polistirolo presenta un travetto a traliccio di armatura, all’interno di tracce ricavate nei blocchi di polistirolo, e una rete stirata all’intradosso (Fig. 3.49). Le dimensioni del singolo elemento autoportante sono 600 mm di larghezza e 180 mm di altezza. In questo solaio l’autoportanza è garantita dalla nervatura centrale, in cemento armato a traliccio, realizzata in stabilimento.
Fig. 3.49 -Solaio in polistirolo con armatura a traliccio
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
La Pescheria Centrale di Trieste L’ingresso dell’Acquario
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La struttura in cemento armato
4.
LA STRUTTURA IN CEMENTO ARMATO
In questo capitolo viene esaminato l’elemento di fabbrica struttura con particolare riferimento all’organizzazione tipologica, alle caratteristiche costruttive ed alla loro realizzazione. In particolare l’esame verrà condotto per le sole strutture lineari e piane in cemento armato. Le NTC 2008, nel § 7.4.3.1, classificano le strutture sismo-resistenti in cemento armato in strutture a telaio, strutture a pareti, strutture miste telaio-pareti, strutture deformabili torsionalmente, strutture a pendolo inverso 1 . In generale ogni costruzione, nel suo unicum, è retta e qualificata da una struttura in elevazione e dalla corrispondente struttura di fondazione. La struttura in elevazione, tutta o in parte fuori terra, deve resistere alle azioni che agiscono sull’edificio e trasmetterle alla fondazione. Le azioni possono essere permanenti (peso proprio di tutti gli elementi di fabbrica che formano l’edificio), variabili (carichi di esercizio, da neve, da vento, ecc.), eccezionali (incendi, esplosioni, ecc.), sismici (azioni derivanti da terremoti)2 . La struttura di fondazione, elemento di connessione tra edificio e terreno, deve resistere alle azioni trasmesse da quella in elevazione e diffonderle sul terreno di fondazione, e viceversa da questo alla struttura. 4.1 La struttura di fondazione Per le fondazioni, come prescrivono le NTC 2008 3 , deve essere utilizzato un calcestruzzo di classe non inferiore a C20/25 4 e per le armature deve essere utilizzato acciaio B450C 5 . Nel rispetto delle NTC 2008, nella progettazione della fondazione occorrerà tenere presente che: x è opportuno non costruire le fondazioni sul ciglio o ai piedi dei dirupi, x è opportuno non costruire le fondazioni su terreni con strutture eterogenee (detriti, terreni franosi ecc), x è opportuno costruire su roccia compatta opportunamente liberata dal cappellaccio (che nella maggior parte dei casi è degradato) o su terreni di buona consistenza. La fondazione, inoltre, deve essere progettata per: x resistere anche alle pressioni dal basso verso l’alto dei terreni con notevoli variazioni della quota di falda 6 , resistere anche alle pressioni orizzontali contro i muri dei piani interrati, in particolare contro i muri di sostegno. Cfr. Appendice, § A.9 Cfr. § 7.1 3 Cfr. Appendice, § A.10 4 Cfr. § 5.3.1 5 Cfr. § 7.2. Per barre fino a 10 mm di diametro può essere utilizzato anche acciaio B450A. 6 Ossia alle spinte simili a quelle che permettono alle imbarcazioni di galleggiare. 1 2
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La struttura in cemento armato per l’architettura – tecnica e tecnologia
In linea generale e riassumendo, il piano di posa della fondazione deve essere scelto in relazione alle caratteristiche fisico-meccaniche degli strati sottostanti, allo spessore degli stessi, all’organizzazione volumetrica dell’edificio (entro e fuori terra), alle azioni trasmesse dalla fondazione al terreno, al tipo di fondazione; inoltre la struttura e il terreno di fondazione devono essere esenti da rischi di dissesto che possano portare al crollo dell’edificio ed gli eventuali cedimenti, durante la vita dell’edificio, devono essere tali da non danneggiare la struttura e da non comprometterne la funzione. Il progetto della struttura di fondazione, inoltre, deve essere condotto secondo step operativi che possono così sintetizzarsi: x analisi del terreno con indagini geologiche e geotecniche per determinare le caratteristiche fisiche e meccaniche degli strati sottostanti la costruzione da realizzare; x scelta del sistema strutturale di fondazione in funzione delle caratteristiche fisiche e meccaniche del terreno, dalla sismicità della zona, delle caratteristiche della struttura in elevazione; x analisi delle possibili interrelazioni fondazione-terreno; x verifica della stabilità dell’opera in relazione alle caratteristiche geomorfologiche del terreno e delle caratteristiche geometriche e fisiche del sistema fondale; x calcolo dei cedimenti, ossia della deformazione del piano di posa della fondazione per effetto delle azioni trasmesse dalla struttura. Dal punto di vista tipologico, la struttura di fondazione può essere classificata nei seguenti tipi: x diretta, se diffonde le azioni dell’edificio direttamente sul piano di posa (Fig. 4.1); x indiretta, se diffonde le azioni dell’edificio negli strati profondi del terreno attraverso particolari elementi costruttivi (palificate) (Fig. 4.2). Dal punto di vista topologico, invece, la struttura di fondazione può essere classificata nei tipi: x superficiale, se H < = L se H > L x intermedia, x profonda, se H >> L dove, con riferimento alla Figura 4.3, H ed L sono, rispettivamente, la profondità e la larghezza dello scavo di fondazione. In relazione ai tipi costruttivi, la struttura di fondazione può essere formata da: x plinti isolati x plinti con travi di collegamento x travi rovesce x platee I plinti (Fig. 4.4) sono fondazioni di tipo discontinuo e per la loro realizzazione si eseguono scavi a pozzo che a volte richiedono l’armatura provvisoria delle pareti dello scavo; in alcuni casi i plinti sono uniti tra loro da travi, dette travi di collegamento: si ha così il sistema fondale a plinti con travi di collegamento.
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La struttura in cemento armato
Fig. 4.1 - Fondazione diretta
Fig. 4.2 - Fondazione indiretta
Fig. 4.3 - Scavo di fondazione
Le travi rovesce (Figg. 4.5, 4.6), invece, sono fondazioni di tipo continuo che hanno una dimensione prevalente sulle altre due. Per la loro realizzazione si eseguono scavi a trincea (scavi detti anche a sezione obbligata) che a volte richiedono l’armatura provvisoria delle pareti dello scavo. Le platee (Fig. 4.7), infine, sono fondazioni di tipo continuo con due dimensioni prevalenti sulla terza. Per la loro realizzazione si eseguono scavi di splateamento e di sbancamento a sezione aperta che interessano una superficie anche maggiore di quella di sedime dell’edificio. La fondazione a platea può essere costituita da un solettone armato, di opportuno spessore, oppure da un solettone armato irrigidito con nervature in c.a. Questo ultimo caso costituisce il connubio di una fondazione di travi rovesce con una fondazione a platea. Tutte le suddette tipologie possono essere sia dirette che su pali.
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Fig. 4.4 - Plinto di fondazione
Fig. 4.5 - Trave rovescia
Fig. 4.6 – Reticolo di travi rovesce
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Fig. 4.7 - Platea
Per strutture da realizzare in zona sismica la fondazione deve essere di tipo continuo e quindi deve essere formata da plinti con travi di collegamento disposte secondo due direzioni ortogonali, ovvero da un reticolo di travi rovesce disposte secondo due direzioni ortogonali, o da una platea, in genere nervata secondo due direzioni ortogonali. Un sistema di fondazione organizzato con elementi disposti secondo due direzioni ortogonali, X e Y, sarà in grado di resistere agli effetti indotti da un’azione sismica E qualunque sia la sua direzione di propagazione. Infatti, se gli elementi della struttura di fondazione che si sviluppano in direzione X, per esempio le travi rovesce disposte lungo l’asse X, sono stati progettati per resistere agli effetti dell’azione sismica E che si propaga in direzione X, e se gli elementi della struttura di fondazione che si sviluppano in direzione Y, per esempio le travi rovesce disposte lungo l’asse Y, sono stati progettati per resistere agli effetti dell’azione sismica E che si propaga in direzione Y, allora la fondazione nel suo insieme sarà idonea a resistere agli effetti dell’azione sismica E per qualsiasi direzione di propagazione. In questo caso, infatti, gli elementi della struttura di fondazione che si sviluppano in direzione X assorbiranno la componente secondo X dell’azione sismica, Ex, mentre gli elementi della struttura di fondazione che si sviluppano in direzione Y assorbiranno la componente secondo Y dell’azione sismica, Ey. In questo caso, infatti, gli elementi della struttura di fondazione che si sviluppano in direzione X assorbiranno la componente secondo X dell’azione sismica, Ex