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Italian Pages 240 [244] Year 1996
La formazione del Partito bolscevico 1898-1917
© 1996 Graphos - Campetto, 4 - 16123 Genova
Traduzione, introduzione, postfazione e note di Alessandro Mantovani Stampa:
Settembre 1996
Introduzione Avvertenza
Premessa dell'autore all'edizione tedesca del 1923 Ai giovani comunisti di Mosca Il concetto di partito
e il processo di formazione della socialdemocrazia in Russia gi
«dir ©
il marxismo legale e l'economismo
Il movimento sociale contro lo zarismo, l'«Iskra» c la divisione dai menscevichi
Dalla guerra russo-g1apponese alla rivoluzione del 1905
La controrivoluzione, il liquidatorismo
del Partito operaio socialdemocratico russo (1898) La guerra € la socialdemocrazia russa
Ai lavoratori dell'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche
I] bolscevichi e l'egemonia del proletariato (G.E. Zinov'ev)
A sessant'anni dalla morte di Zinov'ev Note
Introduzione
le il titolo originale — di Zinov'ev non è né storico, né memorialistico, piuttosto è eminentemente "politico" e "militante": pochi i documenti e 1
riferimenti a fatti e persone, attentamente misurati sulla base degli equilibri vigenti al momento in cui, tra l'XI congresso del partito (1922) e il XTI (1923), questo preparava la celebrazione del venticinquennale della propria fondazione in una situazione estremamente critica. Un taglio comunque non banale, nonostante lo stile ripetitivo e assiomatico (in parte proprio dell'autore, nel caso specifico accentuato dal fatto di essere il te-
sto di sei conferenze tenute davanti a un pubblico di giovani militanti), e
non solo perché si tratta dell'opera di uno dei protagonisti della rivoluzione russa e del movimento operaio internazionale. Lenin — ancora vivo, ma gravemente menomato — aveva ormai perso il controllo di un partito sottoposto a crescenti pressioni oggettive. È ciò che si dice sempre quando si parla di questo periodo. Ma quanto un Lenin in pieno possesso delle sue facoltà avrebbe potuto dilazionare l'urto tra le tendenze che riflettevano, in seno al partito che gestiva il potere, l'erompere dai rapporti sociali russi di forze gigantesche? I successi della NEP avevano sì risollevato parzialmente l'economia pressoché azzerata da anle mani dei nuovi borghesi, i nepman, e dei contadini ricchi, i kulaki, l'arma del ricatto economico, soprattutto nei confronti degli strati proletari
urbani. Queste formidabili forze stavano sfuggendo al controllo del parti-
to!: la "crisi delle forbici"? provocò all'interno dell'élite bolscevica un
So ceo: (Co et TLT OOO ricostruire, ma che dimostra inequivocabilmente, non solo come le leggi economiche stessero facendo
OI ero: toa {ee ION ATO ETA per sostenere la politica rivoluzionaria, ma anche come i bolscevichi fossero incerti, divisi sul da farsi e sempre meno lucidi di fronte a una situazione sfavorevole at
classe operaia3.
all'interno del partito, spinto dalla sua stessa natura di partito unico a farsi portavoce delle spinte che scaturivano dai rapporti oggettivi tra le classi. La gravissima crisi del ‘21, al cui centro campeggia la tragedia di
Kronstadt, era stata risolta a carissimo prezzo: da un lato la demoralizzazione di ciò che restava della classe operaia, dall'altro — in un crescente
clima di stato d'assedio — la statutaria proibizione delle frazioni nel partito vano avere carattere temporaneo ed essere accompagnate dall'epurazione del partito dai membri malfidi, da un lato, e, dall'altro, dall'afflusso di
nuove forze proletarie5. Ma di quale "nuova leva" poteva trattarsi se gli
anni della guerra civile avevano causato — come rilevato da Bucharin -, oltreché la decimazione della "vecchia guardia" rivoluzionaria, la stessa «disintegrazione del proletariato» 6? Nei fatti, la vita del partito — sempre più in simbiosi con lo Stato -— si stava "burocratizzando", secondo l'espressione impiegata allora da parte
di chiunque volesse indicarne il prevalente sintomo di malessere. Basti pensare che 1l X congresso, mentre aveva proibito le frazioni, attribuito speciali poteri al Comitato centrale, istituito la Commissione centrale di controllo, stroncato l'Opposizione operaia?, aveva votato anche risolu-
zioni contro la burocratizzazione e in favore della "democrazia operaia". Fu proprio contro la burocrazia, prodotto dell'incultura e dell'arretratezza sovietica, che Lenin negli ultimi due anni di vita condusse una battaglia, parallela a quella contro la politica sciovinistica di Stalin e OrdZonikidze verso le nazionalità8. Su entrambe le questioni egli cercò la solidarietà di Trotsky, che precedentemente non gli era mancata nel dibattito e nello scontro sul problema del controllo del commercio estero. Dopo l'affare georgiano crebbe inoltre la sua diffidenza verso il nuovo segretario generale del partito e verso «il potere immenso»? che andava concentrando nelle sue mani, fino a proporre al XII congresso di «togliere Stalin da questo incarico»!°, Ma Trotsky, per motivi ancor oggi non
del tutto chiariti, sui quali sono state sviluppate le più svariate congettu-
re, deluse Lenin disertando lo scontro proprio nel momento di maggiore
difficoltà per Stalin. Al XII congresso non presenzio nemmeno alla discussione sulla questione georgiana e conservò il silenzio davanti alle critiche alla segreteria, all'apparato, alla burocratizzazione, invitando anzi i delegati alla disciplina. Egli decise di uscire allo scoperto solo nell'ottobre successivo, quando divenne evidente la tendenza della segreteria a schiacciare le opposizioni col ricorso alla GPU — come nel caso del Gruppo operaio di Mjasnikov, che aveva tentato di prender la testa degli scioperi di quel periodo — o a misure di espulsione — come nel caso della Verità operaia di Bogdanov. Zinov'ev e Kamenev avevano ritenuto pericolosa la posizione di Trotsky a riguardo della NEP, che ne accentuava il carattere socialista sul piano economico, e avevano realizzato un'alleanza con Stalin contro di lui. Allora Trotsky rese nota in una lettera al Comitato centrale la sua posizione critica. Poco dopo apparve la Prat-
taforma dei 46, che chiedeva l'abolizione delle restrizioni alla vita inter-
na del partito. In dicembre il gruppo di Stalin, da posizioni di forza rispetto agli inizi dell'anno, iniziò la campagna contro Trotsky. Contemporaneamente, cosa forse ancora più grave per il destino del dibattito che si stava aprendo, si fecero sentire gli effetti devastanti dei tragici fatti tedeschi. All'attesa febbrile della rivoluzione in Germania seguì una terribile depressione: nell'autunno del 1923 1 comunisti di tutto il mondo assistettero impotenti al venir meno delle ultime speranze in un'estensione della rivoluzione all'Europa che avrebbe tolto l'Unione Sovietica dall'isolamento. Effetto depressivo reso ancora più grave sia dalla sensazione che si
trattasse dell'ultima occasione in tal senso nell'ambito della stabilizzazione relativa del capitalismo, sia dalla percezione della palese incapacità, non solo dei comunisti tedeschi, ma della stessa Internazionale!!.
Tutto ciò accadeva dopo meno di un anno dal momento in cui Zinov'ev tenne le conferenze sulla storia del partito. Un abisso divide
tuttavia gli scritti dei bolscevichi successivi al dicembre 1923 da quelli
apparsi prima: l'opera di Zinov'ev che presentiamo al lettore sembra col-
locata in un periodo in cui si avvicina la conclusione del dramma, ma gli
stessi protagonisti ne sono consapevoli solo in parte. Infatti la facciata dell'unità e del carattere collettivo del partito reggeva ancora. Solo la
XIII conferenza bolscevica, nel gennaio 1924 (pochi giorni prima della
Il testo è significativo anche per le omissioni. Vi sono appena accennate le questioni che divennero il centro della campagna contro il trot-
skysmo e del XIV congresso del dicembre 1925 — occasione di lotta snobbata da Trotsky, che lasciò Zinov'ev e Kamenev soli contro la teoria
del socialismo in un solo paese e l'apparato ormai allineato su di essa.
Tanto che nella seconda edizione della Storia l'autore si vide costretto a
robuste aggiunte in nota o nel testo. È il caso della teoria della rivoluzio-
—avrebbe e da questo o ilsolo proletariato governato do comeTICO: logo la ai che
sia da quello ie forme politiche della rivoluzione, essa sembrò SIE
vamente Lac tl secondo oe NE I conseguen-
ze per gli sviluppi della lotta interna — che la classe operaia, una volta al
tto o TL ie verso un nuovo ordinamento dei rap-
porti sociali solo sul Piano internazionale — tanto che Trotsky (come nota tt i) gi tardi di Zinov'ev e Kamenev la portata antirivoluzionaria della teoria di Stalin. È il caso, ancora, del modo in cui
Zinov'ev affronta un altro momento critico della storia del ALe
quello del 19 17, quando Lenin abbandonò la parola d'ordine della dittatuproletariato; svolta spiegata dall'autore in termini che sarebbero apparsi subito insufficienti a porre argine all'aberrante pretesa di realizzare — nel-
Quest'opera darà talvolta al lettore l'impressione di un'armistizio, nel quale gli errori del passato non sono rimproverati ai loro autori e alcuni imbarazzanti episodi — sicuramente difficili da spiegare nei dettagli senza un vero lavoro storico — non possono che essere sorvolati; sotto questo profilo non è certo un caso che Zinov'ev si fermi alle soglie della rivoluzione del febbraio 1917.
Siamo lontani mille miglia, questo è sicuro, dalle calunniose falsificazioni del Breve Corso di storia del partito comunista dell'URSS del 193812, dalle infamanti menzogne dei processi di Mosca, ma anche dalle
progressive cadute di tono della campagna contro il trotskysmo, di cui Zinov'ev fu uno dei precursori, come si vede anche dalle modifiche ap-
portate alle edizioni successive a quella del 1923, che ricostruiscono la parabola del trotskysmo come se si fosse trattato di una linea organica e coerente, senza che ciò corrispondesse alla realtà, viste e considerate le numerose oscillazioni compiute prima del '17 dal futuro comandante dell'Armata Rossa!.
In un paio di occasioni, è vero, si ricordano i più rilevanti episodi che
divisero Trotsky dai bolscevichi, ma il tono è mantenuto su di un piano di correttezza "tra compagni" e l'autore ha perfino modo di menzionare alcuni dei suoi stessi "errori". Indubbiamente Zinov'ev glissa volentieri sui
"peccatori", ma ciò in uno scritto politico è pienamente comprensibile e a dimostrarlo basterà ricordare l'effetto esplosivo che, circa due anni più tardi, ebbero le Lezioni dell'Ottobre di Trotsky!4, nelle quali 1 "colpevoli" furono indicati con nome, cognome e indirizzo. Per contro va rilevato che 10
nel testo di Zinov'ev molti errori dei bolscevichi sono ricordati in modo
abbastanza circostanziato a beneficio di una nuova leva di comunisti,
ignara in tutto o in parte del passato di un partito che, prima di giungere Malgrado i limiti di un testo derivato da un'esposizione orale, necessa-
capacità di porre l'accento sulla complessità del processo di formazione del partito, cercando in pari tempo — in mezzo alla selva dei fatti contindemocrazia russa, emergono con una chiarezza non rintracciabile nei la-
vori degli storici che si sono occupati dell'argomento, si chiamino Ber-
tram D. Wolfe, Leonard Schapiro, Edward Hallet Carr o Pierre Broué. Trat-
sa non può non essere presa in considerazione da quanti già conoscano gli
scritti di Trotsky e di Martov!5, menscevichi entrambi fino alla rivoluzione
di febbraio. È opinione corrente che Zinov'ev non possedesse doti di rilievo come
teorico. Ma il testo che pubblichiamo acquista comunque un valore para-
digmatico, dal momento che testimonia il livello raggiunto dal partito nel suo complesso, proprio attraverso la puntigliosa attenzione verso la propria storia. Bisogna riconoscere che il bolscevismo fu — con qualche
isolata eccezione — la punta più alta del movimento operaio dell'epoca. Siamo lontani in questo scritto dall'idea del "partito d'acciaio”, tutto volontà e determinazione, diventata moneta corrente nell'epoca staliniana. Ma siamo lontani anche dal determinismo che minò e ritardò in Germania e in tutto l'Occidente la formazione di un partito contrapposto alla socialdemocrazia, che aveva fatto fallimento nel 1914 dal punto di vista degli interessi di classe del proletariato, nell'attesa di un intervento risolutivo delle masse radicalizzate. Non solo lo sviluppo del bolscevismo viene fatto risalire ai primordi del movimento rivoluzionario russo e alle condizioni della classe proletaria, ma è messo in rapporto con le vicende politiche che formarono un vero organismo di lotta del proletariato, mai considerabile come un dato a priori. Non stupisce, per esempio, il riconoscimento da parte di Zinov'ev del ruolo fondamentale di Plechanov nella formulazione delle basi teoriche del partito o di testi come il famoso Manifesto redatto da Struve nel 1898, in occasione del primo congresso del POSDR. E si noterà anche che Lenin, benché venga già sostanzialmente identificato con la continuità del bolscevismo in quanto corrente, è qui considerato come un discepolo di Marx e di Plechanov, l'erede di quanto di meglio il movimento rivoluzionario russo, populisti compresi, aveva prodotto. Non siamo
divenne una moda, a cui Zinov'ev tra i primi diede impulso. Fosse anche solo per il tema del processo di formazione del ELASTICO questa Storia merita di essere rivalutata. Ma vi sono anche altri Lui tanti motivi di interesse. Innanzitutto la scarsità di opere che puntino l'attenzione sul periodo che va dal 1898 (epoca del I congresso del POSDR) misura, pur sotto la particolare ottica biografica, di Isaac Deutscher — sono troppo sintetiche a riguardo del periodo pre-rivoluzionario!6. Anche da questo punto di vista la Storia di Zinov'ev non manca di ca-
renze, la più evidente delle quali è l'aver limitato a LEO Teo E: OOo
stione del dibattito agrario, vivace fin dalla stesura del programma del partito, sulle cui formulazioni Plechanov e Lenin non mancarono di scontrarsi. È una lacuna a tutt'oggi non colmata negli studi sul bolscevi-
smo ed è rilevante, visto il carattere a stragrande maggioranza rurale della Russia pre-rivoluzionaria. Ma non è questo il luogo per ricostruire le
posizioni che si confrontarono nel partito e nel movimento di massa.
Limitiamoci dunque a sottolineare come la narrazione di Zinov'ev renda conto del progressivo svilupparsi del contrasto tra la linea moderata e
quella rivoluzionaria: la prima forma di tale contrasto, non appena il marxismo ebbe definito se stesso in opposizione al populismo, fu la lotta
contro il "marxismo legale"; vennero poi in successione quella contro il cosiddetto "economismo", contro il menscevismo, il "liquidatorismo”", l'estremismo "otzovista" e il socialsciovinismo. Una tensione incessante, apparentemente spezzata, in nome di un diffuso spirito unitaristico, ma in realtà approfondita, dalla sconfitta della rivoluzione del 1905.
L'aver cercato di cogliere il legame tra queste forme di allontanamento dalla via rivoluzionaria conseguente, che dovevano portare fatalmente i loro sostenitori alla lotta contro il potere sovietico dopo l'Ottobre, non è
poi cosa da poco. Zinov'ev dimostra in modo convincente che si trattò di travestimenti, a seconda delle circostanze storiche, di una medesima tendenza riformistica apparentata con l'ala opportunista della Seconda Internazionale, quella stessa definita da Bernstein nell'aforisma «Il movimento è tutto, il fine è nulla». Nella ricostruzione di Zinov'ev, all'op-
posto, il fine — ossia la fedeltà ai principi, agli obbiettivi rivoluzionari — è tutto ed è il carattere saliente del bolscevismo, la forza che gli permise
di superare tutte le crisi attraversate fino al 1917. Stupirà forse coloro che sono abituati alle cronache apologetiche constatare quanti sbandamenti e incertezze sia costato al bolscevismo con-
vincersi definitivamente dell'impossibilità di una convivenza con le tendenze di cui sopra. Lungi dall'essere quel partito monolitico di cui ha
parlato lo stalinismo, il bolscevismo si forgiò nel corso di una serie di lotte che permisero al suo nucleo marxista, raccolto intorno a Lenin, di consolidarsi. E se è vero che ciò, sul piano pratico, avvenne in modo as-
sai più incerto di quel che appaia a posteriori, è vero anche che proprio e
solo attraverso queste lotte, spesso intestine, i] bolscevismo affilò le sue
armi portandosi all'altezza dei compiti storici che si era posto. Non c'è nessun motivo — affermava Lenin prima del fatidico II congresso — di te-
mere [...] la lotta: la lotta provocherà forse l'irritazione di qualcuno, ma in com-
penso purificherà l'aria, definirà i rapporti con precisione e schiettezza, toe
nerà quali divergenze sono sostanziali e quali secondarie [...]. Senza lotta non vi
può essere selezione, e senza selezione non vi può essere progresso, non vi può
essere una solida unità!?.
È un'efficace sintesi delle caratteristiche del bolscevismo, che gli con-
sentirono di separarsi dall'opportunismo anni prima che la necessità di
questa separazione divenisse chiara alle altre tendenze rivoluzionarie
della Seconda Internazionale. Nella misura in cui l'esperienza del bolscevismo contiene tratti generalizzabili, essa sembra indicare insomma
come, per rivoluzionari i quali si pongano l'obbiettivo di rovesciare l'ordine vigente, la via giusta sia quella della difesa intransigente dei principi, della lotta a oltranza contro le debolezze del movimento, prima fra tutte quella di sacrificare a uno schieramento più consistente ma meno
coerente la fedeltà al programma rivoluzionario. Trotsky, che divenne bolscevico nel 1917 ed ebbe ciò nonostante 1l merito di innalzare la bandiera del bolscevismo contro i suoi epigoni, portandosi in più occasioni all'altezza della tradizione che difendeva, non penetrò mai completamente 1] processo attraverso cui la corrente guidata da Lenin si era temprata, spesso in rotta di collisione con la linea da lui so-
stenuta. Per lui — si legga la Storia della rivoluzione russa'8 — l'apporto
«geniale» di Lenin e l'«istinto rivoluzionario» delle masse furono assai
più importanti nell'orientare il bolscevismo verso il potere, che non le lunghe battaglie di tendenza che in Russia e soprattutto nell'emigrazione i bolscevichi avevano condotto.
Non sarà forse un caso che il testo di Zinov'ev sia stato sistematicamente ignorato tanto dalla storiografia di scuola stalinista, quanto da quella di
scuola trotskysta, a cui si continua ad attingere. Gli storici non mancano di citarla qui o là o di inserirla, come Carr, nelle note bibliografiche, ma evitano accuratamente, con la parziale eccezione di Broué, di darle rilievo. La Nella maggior parte dei casi infatti il bolscevismo e la rivoluzione rus-
sa appaiono come un continuum, nel quale — nonostante i distinguo di luogo, di tempo e di personalità — il partito di Lenin e quello di Stalin sarebbero indissolubilmente legati. Per quanto la tesi possa essere sfumata,
essa tende a stabilire che "leninismo" e stalinismo sono da accettare o reristabilimento della verità storica, che non è questa e che può essere ri-
scoperta solo a partire da un interesse per il bolscevismo studiato per ciò che realmente fu. Alessandro Mantovani
Avvertenza
La Storia del partito comunista russo (bolscevico) fu pubblicata la prima volta agli inizi del 1923. Su questa stesura si basò l'edizione tedesca dello stesso anno:
Geschichte der Kommunistischen Partei Russlands (Bolschewiki), Hamburg, Verlag der Kommunistischen Internationale (Erlangen, Politladen-Reprint, 1972). Nel '24, in connessione con la lotta al "trotskysmo", Zinov'ev modificò in alcuni
passaggi il testo. Così fu realizzata l'edizione francese del 1926 (Histoire du Parti
communiste russe, Paris, Librairie de l'Humanité). Su quest'ultima si basò una tra-
duzione spagnola del 1932 (Historia del partido comunista ruso, Madrid, Ulises) da segnalare non foss'altro perché dimostra come, malgrado la liquidazione politica dell'opposizione in Russia dopo il 1927, i testi dei suoi membri continuassero a Per quanto ci concerne abbiamo utilizzato 1l testo francese del 1926. Tuttavia, considerando che Zinov'ev aveva senz'altro avuto modo di rivedere l'edizione tedesca e soprattutto che 1l testo di questa è quello originario e non risente delle
esagerazioni polemiche della seconda edizione, abbiamo sempre adottato, laddo-
ve le due differivano, la lezione tedesca, segnalando in nota le differenze rispettive, anche con l'uso del corsivo. Per questo lavoro dobbiamo ringraziare Lisa Costalunga. Nella revisione complessiva del testo un intervento indispensabile ha svolto Marco Serra. I titoli dei capitoli sono nostri. Abbiamo ritenuto utile per i lettori identificare le conferenze di Zinov'ev con i relativi argomenti, anziché solo con il numero come nel testo originale. Il calendario seguito è quello gregoriano, che è ritardato di tredici giorni rispetto a quello universale, in quanto sarebbe una stranezza chiamare avvenimenti passati alla storia secondo il primo in un modo differente. Il Manifesto del primo congresso del POSDR del 1898 (Appendice DD) è stato
tradotto dal francese. Per il Manifesto del C.C. del POSDR del settembre 1914
contro la guerra imperialista (Appendice 11) abbiamo utilizzato la traduzione delle Opere scelte di Lenin in tre volumi, Mosca, Progress, 1982, pp. 608-614. 1 due scritti di Zinov'ev Ai lavoratori dell'Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche (Appendice III), redatto in occasione del XXV anniversario del PCR(b), 15
tradotti dal tedesco da Walter Zanin. Un grazie anche a Luc Thibault. Una storia come quella di Zinov'ev riporta moltissimi nomi, per lo più sconosciuti al lettore odierno. Era tuttavia impossibile, salvo raddoppiare la dimensione di questo volume, dare su tutti un cenno biografico. Evitando l'eccesso di scrupolo su personalità universalmente conosciute, abbiamo stilato brevi note biografiche ogni volta che ciò ci è sembrato giustificato dall'importanza del personaggio o dall'insufficienza degli appunti di Zinov'ev su di esso. Analogo criterio abbiamo utilizzato per le organizzazioni politiche e i nomi di giornali o riviste.
Nota biografica
Nato nel 1883 a Elizhabethgrad in una famiglia della piccola borghesia ebraica, autodidatta, Grigorij Evseevié Zinov'ev (Radomylskij) cominciò a lavorare a 15 anni come impiegato. Entrato nel Partito operaio socialdemocratico russo nel 1900, emigrò nel 1902 recandosi prima a Berlino,
poi a Parigi e a Berna. In Svizzera incontrò per la prima volta nel 1903
Lenin e Plechanov, schierandosi con 1 bolscevichi al secondo congresso del POSDR. Rientrato in Russia, lavorò per l'«Iskra». Nel 1904 emigrò nuovamente e collaborò al giornale «Vpéred». All'inizio della rivoluzione del 1905 rientrò a Pietrogrado, ma, malato di cuore, si dovette recare all'estero per sottoporsi a cure adeguate. Nel 1906 fu di nuovo a Pietrogrado, dove svolse un'intensa attività nei quartieri operai. Eletto nel Comitato centrale del partito al congresso di Londra del 1907, divenne uno dei più prossimi collaboratori di Lenin, partecipando alla lotta contro gli otzovisti e i menscevichi. Restò a Pietrogrado fino al 1908, quando fu arrestato. In carcere cadde ancora gravemente malato, ma ne uscì quasi subito. Richiamato all'estero, lavorò con Lenin per il «Proletarij» e per il «Social-Demokrat». Nel 1910 fu delegato a rappresentare il POSDR al Congresso di Copenaghen della Seconda Internazionale. Collaborò successivamente alla «Mysl'» di Mosca e alla «Zviezdà» e alla «Pravda» di Pietrogrado. Svolse un ruolo fondamentale alla Conferenza di Praga del 1912, data di nascita ufficiale del partito bolscevico, dopo di che fu a Cracovia con Lenin, da dove diressero l'attività dell'organizzazione in Russia. Nel 1914 fu tra i pochi a schierarsi con Lenin, dalle colonne del «Social-Demokrat», contro 1l socialsciovinismo, per l'internazionalismo
intransigente, per la rottura della tregua nella lotta di classe e per la trasformazione della guerra imperialista in guerra civile. Fu uno degli organizzatori della sinistra zimmerwaldiana a partire dal 1915.
Nel 1917, dopo la rivoluzione di Febbraio, ricntrò con Lenin in Russia sul famoso vagone piombato. Si schierò con le Tesi di IAS oi
batté la linea della «Pravda» che fino ad allora aveva 21 Ea
verno provvisorio di Kerenskij, mentre per Lenin era necessario che il potere passasse ai soviet. Zinov'ev ebbe un ruolo notevole nelle giornate
di luglio. Entrato con Lenin nell'illegalità, ne uscì in ottobre, quando si oppose con Kamenev all'organizzazione dell'insurrezione. Lenin propo-
dopo la presa del potere Zinov'ev sostenne la necessità di un governo di
coalizione con tutti i partiti socialisti. Battuto, diede le dimissioni dal Comitato centrale e Lenin lo bollò come «disertore», assieme a Kamenev, Nogin, Rykov e Miljutin. Presidente del soviet di Pietroburgo, fu sostituito da Trotsky durante la difesa della città minacciata dai bianchi fu uno dei principali sostenitori della necessità della firma immediata della pace. Nel corso della guerra civile, nell'ambito della quale non ebbe un ruolo importante, fu vicino alle tesi della cosiddetta Opposizione militare, contraria alla formazione dell'Armata Rossa caldeggiata da
Lenin e da Trotsky, e si espresse per una milizia di tipo guerrigliero. Fu
dalla parte di Lenin e contro Trotsky invece durante la discussione sulla
"militarizzazione” dei sindacati al X congresso del 1921. Lavorò alla fondazione della Terza Internazionale, avvenuta nel 1919,
sostituito da Bucharin, allora alleato di Stalin. Nell'ambito dell'Interna-
cazione della politica del fronte unico e del governo operaio tra 1l 1921 e
il 1926. Occorre tuttavia ricordare che prima del er
diale (luglio-agosto 1921) ebbe a discutere con Lenin, po I tue LOSS Ue a la "teoria dell IL sviluppa-
RIEN eo Ceti e nel 1924, dopo TB Lio
PPC OP impegnato a it
NSA LT OO Lee io dell'Opposizione del '23 ut o va accelerare l'industrializzazione) e a preservare l'alleanza Mora
A toa del NEI ela ll EI nuova bor-
e cite dopo uz NEP nel 1921, l'aperta classi sociali, e infine il sorgere della teoria del socialismo in un solo pae18
se, nonché il continuo peggioramento del regime interno del partito, ormai in mano alla segreteria capeggiata da Stalin, disintegrarono il triumvirato.
Presa la testa della cosiddetta Opposizione di Leningrado, al XIV con-
gresso del dicembre 1925 Zinov'ev fu con Kamenev la principale voce che si levò contro la segreteria e la teoria del socialismo nella sola Unione Sovietica. In seguito, riavvicinandosi a Trotsky, riconobbe la falsità delle accuse lanciate contro di lui e fu tra i capi dell'Opposizione uni-
ficata, in aperta lotta contro la maggioranza del partito in merito alle questioni sopracitate, cui si aggiunsero le critiche per l'atteggiamento della direzione verso il "comitato anglo-russo" e per la linea antirivoluzionaria
imposta ai comunisti cinesi durante gli avvenimenti del 1926-27. Escluso
con Trotsky dal Comitato centrale nell'ottobre del 1927, dopo alcune manifestazioni di oppositori a Leningrado, Mosca e Kiev, fu espulso, sem-
pre con Trotsky, dal partito. A quel punto, prima del XV congresso, nello
stesso anno, "capitolò", accettando insieme a Kamenev di condannare | trotskysti. Nonostante ciò, la domanda di riammissione al partito fu rinviata di sei mesi. Reintegrato con Kamenev, sostenne accanto a quest'ultimo la necessità di rimanere a tutti 1 costi nel partito. Nel 1932 Zinov'ev fu tuttavia di nuovo espulso. Dopo una radicale autocritica fu nuovamente riammesso nel 1933, sempre assieme a Kamenev, col quale fu arrestato in seguito all'assassinio dello stalinista Kirov. Giudicato responsabile morale del fatto, fu condannato a dieci anni di prigione (Kamenev a cinque). Al primo processo di Mosca (agosto 1936) fu, con altri quindici "vecchi" bolscevichi, tra cui Kamenev, accusato, sulla base di un'inverosimile "confessione", di aver costituito un centro terroristico legato addirittura alla Gestapo. Condannato a morte, fu "giustiziato" il 25 agosto 1936.
Premessa dell'autore all'edizione tedesca del 1923
Il partito comunista russo non è solo un partito tra tanti altri. La
storia ha voluto che esso diventasse una potente leva per lo sviluppo dell'umanità e il più imporante strumento della rivoluzione internazionale. Il suo significato è immenso e senza precedenti non solo nella storia della Russia, ma anche in quella mondiale. Non per niente le teste migliori del movimento internazionale dei lavoratori sì sono poste a studiare il processo evolutivo del partito comunista russo. E tanto maggiore è l'impegno di tutti coloro che vivono e lottano nelle file del partito stesso per conoscere la sua storia, ogni suo passo nella dura strada verso la vittoria, 1 più piccoli episodi della sua eroica lotta per realizzare l'emancipazione del proletariato. Le sei conferenze seguenti, che ho tenuto alla vigilia del venticin-
quesimo anniversario del partito, si limitano a dare uno schizzo superficiale della sua storia. Da soli, i cinque anni trascorsi dal 1917 richiederebbero, per uno svolgimento accurato, alcuni volumi. Le mie conferenze non sono altro che accenni, utili a introdurre la storia
del partito. Le pubblico, in seguito alle insistenze dei compagni, esclusivamente perché gli scritti sul nostro partito sono ancora molto pochi. Mi auguro che, di fronte a questa insufficienza, esse possano essere di qualche utilità.
Ai giovani comunisti di Mosca
Studiamo il leninismo: ecco le parole che si sentono oggi pronunciare ovunque si riuniscano degli operai coscienti. A maggior ragioLa mia Storia del Partito Comunista Russo aiuterà solo a comin-
ciare questo studio. Essa non pretende niente di più. Ogni pagina della storia del PCR è legata alla vita di V.I. Lenin. L'Unione della gioventù comunista russa cambia oggi 1] suo nome in quello di Unione leninista della gioventù. Studiamo dunque il leninismo — con un lavo-
Il concetto di partito
e il processo di formazione della socialdemocrazia
Che cos'è un partito? La questione sembra facile. Invece non lo è affatto. Quando si tratta di definizioni scientifiche su argomenti che riguardano direttamente le masse — il che vale per qualsiasi organizzazione sociale — 1 rappresentanti di differenti classi e filosofie non si trovano quasi mai d'accordo sulla natura di questa o quella organizzazione. Prendiamo l'esempio più familiare, quello dei sindacati, che raccolgono milioni di uomini. Tutti sanno in che cosa consistano tali
organizzazioni. Malgrado ciò, i rappresentanti delle varie classi ne danno definizioni contrastanti. Mentre Karl Marx chiama i sindacati «scuola di socialismo», gli studiosi borghesi o i menscevichi! della Seconda Internazionale? li caratterizzano in modo diverso. Così, per Sydney e Beatrice Webb, pubblicisti inglesi della scuola riformistico-menscevica, i sindacati non sono altro che associazioni di mutuo Soccorso. Per un professore borghese tedesco, membro del Centro cattolico, essi sono dei servizi assistenziali — alla stregua degli ospe-
dali — per gli operai. E lo si capisce bene, dato che in questioni come queste, che interessano centinaia di milioni di uomini, sì cercherà invano l'obbiettività nella definizione delle cose più comuni. Perciò 1l
0A IA RIO definizione borghese minata classe.
che significa parte, porziouna frazione di una deter-
re OLE EOS NO parere op-
posto. Per esempio, il celebre pubblicista conservatore tedesco Stahl, ESSI: SOS AS spirito rivoluzionario © dell'accettazione dell'ordine OSTATO: loop OO SETTA Oa
istituzioni create sotto la pressione dei NOI Soa rali dell'uomo e i decreti della Provvidenza. In breve, una lotta tra il
EZIO EU EO STO politico zurighese Rohmer si sforza, dal canto suo, di fondare la nozione di partito sulla psicologia. Per esempio egli dichiara nel libro del 1844 ] 211140 ILL gti
Una società umana nasce, cresce e muore. Essa è giovane o vecchia. Secondo la sua età, vi regna questa o quella concezione politica. Nel bambino a dominare
sono le facoltà passive dello spirito, l'impressionabilità, la viva immaginazione;
non c'è nessuna forza creatrice, né di critica razionale. E il radicalismo che meglio corrisponde a questa fase (di qui i partiti radicali). Nell'adolescenza e nell'età matura a dominare sono le forze creatrici dello spirito e la sana razionalità.
Così in primo piano passano, nell'adolescenza, lo sforzo creatore e, nell'età matura, lo sforzo per conservarne le acquisizioni. A queste fasi corrispondono il liberalismo e il conservatorismo. Infine, nella vecchiaia, riprendono il sopravven-
passato. A questo stadio corrisponde l’assolutismo. Nella or oo elementi "giovani", "maturi", "vecchi" e, di conseguenza, partiti Lun or
conservatori, assolutisti. 1 partiti predominanti sono quelli che si o
maggiormente al temperamento e allo spirito ou el to 1p RZ di tutti questi partiti è inevitabile. La vita ate deve ZU OLI sicu delle loro forze e la politica accorta non deve mai cercare di foi un parti-
non già guarire un male, ma ricacciarlo el o dell'organismo. 2 soprattutto
Mise URTO T Ito lO Ju questo 0 Li quel partito. Così Alcibiade fu un ragazzino per tutta la vita; Pericle restò un giovanotto fino
alla tomba; Scipione fu un uomo e Augusto, quanto a ur nacque Ma temperamento, ma liberali per la loro conformazione spirituale; 1 russi sono radicali, ma propendono verso l'assolutismo. 24
non dà una definizione esatta del termine partito Così dunque, gli studiosi e gli scrittori borghesi danno definizioni molto diverse della nozione di partito. Raramente decidono di prendere il toro per le corna e di dire che un partito è un'organizzazione di lotta di una determinata classe. Questa semplice verità, chiara per noi tutti, i borghesi non vogliono né possono ammetterla e ciò per la
stessa ragione che li spinge a evitare di chiamare il parlamentarismo o la Chiesa con il loro vero nome.
Allo stesso modo, fin tanto che la borghesia detiene 1l potere statale, ne dissimula accuratamente la natura di classe. Gli studiosi e 1 po-
litici borghesi non riconoscono in alcun modo che lo Stato borghese
è la dittatura di una minoranza di possidenti. Al contrario, lo rappresentano come un'istituzione al di sopra delle classi, come l'incarnazione della giustizia e della ragione supreme. Marx ed Engels hanno per primi spogliato la nozione di Stato del suo involucro mistico e posto chiaramente la questione. Dopo di loro Lenin ha sviluppato la teoria dello Stato nell'opera intitolata Stato e Rivoluzione. Il regime borghese comporta una serie di istituzioni che hanno lo scopo di opprimere 1l proletariato. La borghesia è obbligata a presentarle all'opinione pubblica come organi destinati a realizzare l'armonia e la pace tra le classi: non può dire alle masse che si tratta invece di organi di lotta di classe.
Definizione di Vodovozov Per maggiore chiarezza, citerò la definizione di Vodovozov, perso-
giornalista di talento. In un lavoro dedicato al concetto di partito, egli Che cosa è un partito? Si qualificano con questo termine dei gruppi più o meno
importanti di uomini che desiderano le stesse riforme politiche, che hanno il medesimo ideale politico e sono organizzati per difendere e far trionfare questo ideale.
Questa definizione sembra irrefutabile, ma in effetti l'autore ha
accuratamente evitato le parole classe e lotta di classe. Per lui. un
partito è unicamente un gruppo di persone che la pensano allo stesso modo, che sono d'accordo su un certo ideale. La definizione di Vodovozov omette l'essenziale e, di conseguenza, non può essere conside-
Definizione di Miljukov
Prendiamo un esempio ancor più recente: la definizione di Milju-
ICONA che, come vedremo, era dettata da un chiaro interesse di classe.
V| ii pretendevano di essere un partito «al di sopra delle classi»,
Noi polemizzammo a questo proposito con loro, dimostrando che un partito n jotiaite dalle classi non esiste e che il partito cadetto era un partito di classe, poiché rappresentava la classe dei pomes$ciki, i
Considerando la situazione di allora, è facile comprendere che
Miljukov si comportava sia da studioso OSIO oto oO) Tata co. Da uomo politico egli aveva bisogno di nascondere al 9 natura di classe del suo partito: i cadetti non potevano certo procla-
mare apertamente davanti alle masse che difendevano gli interessi
dei proprietari fondiari e della grande borghesia, vale a dire della minoranza possidente. Miljukov sentiva e comprendeva che, nelle
assemblee popolari, era necessario nascondere il carattere del suo partito e presentarlo sulla scena come un illustre sconosciuto. All'occorrenza, il Miljukov politico fu ammirevolmente servito dal Miljukov studioso, il quale aveva provato con l'aiuto della scienza
borghese come un partito non abbia affatto bisogno di essere "di
classe" e come sia semplicemente un gruppo di uomini che la pensano alla stessa maniera, che hanno un ideale definito, senza che si debba tener conto dello strato sociale a cui sono legati. Questo esempio mostra chiaramente quanto sia facile passare dalla definizione accademica di Vodovozov alla politica totalmente borghese, concreta e attiva di Miljukov. Per quest'ultimo la formula di Vodovozov era assai comoda; poté applicarla al suo partito cadetto e turlupinare gli in-
genui dando a questo partito borghese l'etichetta di partito indipen-
Definizione dei socialisti-rivoluzionari Voi sapete che i socialisti-rivoluzionari’ caratterizzavano 1l loro partito se non proprio come al di sopra delle classi, perlomeno come trasversale rispetto alle classi. Questa posizione discendeva dal loro programma. La formula classica dei socialisti-rivoluzionari indica che essi avrebbero rappresentato prima di tutto il proletariato, poi i
contadini e, in terzo luogo, gli intellettuali, vale a dire contemporaneamente tre vasti gruppi sociali. Così le prime lotte teoriche tra 26
marxisti e socialisti-rivoluzionari si svolsero riguardo alla nostra convinzione secondo la quale non esistono partiti trasversali rispetto alle classi. Ogni partito è legato a una classe determinata, deve perciò difendere determinati interessi. Noi, dicevamo, abbiamo legato le nostre
prospettive al proletariato. Da ciò non conseguiva che fossimo ostili ai
contadini, soprattutto in un paese rurale come la Russia. La tattica del contadini, che erano e sono una massa considerevole. Il nostro partito
è il partito del proletariato, l'avanguardia della classe operaia, che dirige e dalla quale è scaturito. Ma, pur essendo il partito del proletariato, l'avanguardia della classe operaia, noi dirigiamo anche la lotta dei
contadini, che hanno con gli operai molti interessi comuni. Gli avvenimenti degli ultimi anni hanno messo in piena luce 1l ruolo
pratico dei socialisti-rivoluzionari e oggi si vede chiaramente perché
essi sostenevano con tanto ardore questa definizione del loro partito intorno al 1900, quando vide la luce. Molti giovani rivoluzionan ritenevano allora che Plechanov®?, capo riconosciuto del nostro partito, accordasse troppa attenzione a questa disputa, che attaccasse briga con
gli s-r, che la polemica che conduceva assieme a Lenin contro Cer-
nov’ fosse puramente accademica e che sarebbe stato meglio combattere insieme agli s-r l'autocrazia, piuttosto che litigare a proposito dei concetti di partito e di classe. Oggi si può constatare che la discus-
sione non era affatto accademica, ma politica e molto importante.
Ecco perché dobbiamo, fin da ora, intenderci sul senso del termine
Per noi un partito è un'organizzazione politica, che è parte integrante di una certa classe. In altre parole ci sono partiti proletari e partiti
stesse opinioni, d'accordo sulla stessa ideologia, che possono predicare dove vogliono senza che ciò abbia a che fare con questa o quella classe. Per noi, ripeto, un partito è una frazione di una determinata classe, è uscito dalle viscere di questa classe, a cui lega la sua sorte. Un partito porta l'impronta incancellabile della classe da cui.è nato; la sua origine ne predetermina il ruolo e guida tutta la sua storia.
I termini classe e classe operaia attualmente sono chiari per tutti noi. Li comprendiamo, non sono materia di discussione. La nozione di classe è entrata nella nostra carne e nel nostro sangue, nella nostra 27
Vita quotidiana. Abbiamo visto, nel corso di due rivoluzioni,
classe azione, sappiamoin che cos'è. Ma non è sempre stato cosìi
Nel corso della mia relazione, voi vedrete che la lotta tra marxisti e
di popolo, E ZETA AE NETTE GSO IT seno al socialismo russo avvenne sulle questioni: Che cos'è una clasSL pa rivoluzionario deve interessarsi a una classe definita, oppure Naturalmente la teoria riguarda gli aspetti fondamentali della lotta di Spiegare tale realtà, farla conoscere a tutti, rappresentarci la storia umana come una lotta tra classi, è ciò che ha fatto Marx. E tutta la lot-
ta dei fondatori del nostro partito marxista contro i primi rivoluziona-
di classe nelle condizioni della Russia, mostrando che cos'è secondo noi la classe operaia. Così questa idea, oggi chiara a tutti, secondo la
quale 1l nostro partito è una frazione della classe operaia, è stata elaborata nel corso di un decennio di battaglie teoriche e pratiche. Quindi, per comprendere la storia del nostro partito, occorre anzitutto Si potrebbe notare che spesso una classe ha parecchi partiti. È sicuramente vero. La borghesia, per esempio, ne conta molti: 1 repubblicani, i democratici, i socialisti-radicali, i radicali, 1 liberali indipen-
denti, i conservatori, ecc. Ciò contraddice forse la mia definizione? Non credo. Bisogna sottolineare che i partiti borghesi, nei fatti, spesSo non sono organizzazioni distinte e indipendenti, ma solo frazioni occasione delle elezioni, si contrappongono, ma in fondo si minac-
ciano agitando sciabole di legno. Altrettanto spesso 1 partiti traggono vantaggio nel far credere al popolo che tra loro vi siano divergenze serie. Ma sulle questioni fondamentali, quelle in nome delle quali ci si batte sulle barricate, per le quali si fanno delle rivoluzioni, si patiscono la guerra e la fame e, soprattutto, sui problemi legati alla pro-
AOLO il borghesi sono d'accordo. Perciò possiamo
affermare che, quando siano in gioco gli interessi essenziali, non esiste che un grande partito borghese, quello dei proprietari di schiavi,
di coloro che detengono la proprietà privata. La storia ne offre vari esempi. Un tempo, in America, gli Stati del
Nord e quelli del Sud sono entrati in collisione a proposito dello schia28
vismo. Ciò non toglie che, ben presto, si siano riconciliati e abbiano ricostituito un governo borghese potente, fermamente ancorato al principio della proprietà privata, che non condannava affatto lo schiavismo capitalistico dell'epoca. Si possono citare molti casi analoghi, di conflitti superficiali tra partiti borghesi, che confermano la nostra tesi:
un partito è una frazione di una classe determinata. Un'altra considerazione. Non bisogna pensare che ciascuna classe
produca per così dire automaticamente, fatalmente, un partito adatto
ai suoi bisogni. E falso pensare che la cosa sia semplice e che si possa dire: classe n. 1, partito n. 1; classe n. 2, partito n. 2. Nella realtà tutto è più complicato. Ci sono elementi che credono
di appartenere anima e corpo a questa o a quella classe, ma alla prova decisiva si trovano nei fatti con un'altra classe. La loro strada è zigzagante. A un certo punto della loro evoluzione, essi promuovono un dato programma. Più tardi, quando la lotta di classe si accentua e
gli avvenimenti fanno affiorare altri strati sociali, portando in primo piano nuove problematiche, si producono al loro interno dei raggruppamenti e delle trasformazioni. E non è che dopo una fase molto lun-
ga, negli anni in cui si pongono le questioni di fondo, che alfine si cristallizzano gli elementi omogenei di una classe. Ecco perché, se si affronta il problema in modo semplicistico, ci si urta con non poche contraddizioni. La questione, che per noi è vitale, va affrontata scientificamente, come si addice a dei marxisti, evitando di considerare in modo troppo meccanico i fenomeni sociali. Bisogna comprendere che un partito non si crea in un giorno, ma si forma nel corso di anni, che nei suoi ranghi appaiono raggruppamenti sociali in-
stabili, che gruppi o individui talvolta vengono a trovarvisi casualmente, uscendone successivamente e venendo rimpiazzati da altri. Solo dopo un certo sviluppo della lotta, quando ci si trova davanti a un ciclo di fenomeni più o meno compiuto, si può dire se un dato partito sia pienamente adeguato a una determinata classe.
Quanto ho appena affermato facilita anche la comprensione dei rapporti tra il Partito bolscevico!’ e la classe operaia. Se un partito è una parte di una classe, se il nostro partito è una frazione della classe operaia, se la rappresenta, se è la sua avanguardia e la sua testa pensante, come mai esistono un partito menscevico, che si dice operaio, e un partito socialista-rivoluzionario, che pretende anch'esso di difendere la classe operaia? E, sul piano internazionale, perché vi sono una socialdemocrazia e una Seconda Internazionale legate alla classe operaia? Ciò non contraddice la nostra definizione?
Nemmeno queste domande sono accademiche, dato che ci portano a] iene A TA dei partiti borghesi vale in misura notevole anche per i partiti operai. Né la classe operaia, né il suo partito ESSO OL eo oO OI proletariato si è formato gradualmente, man mano che la popolazione rurale affluiva verso le città Laga FATA
dove in parte si stabiliva e si trasformava diventando una classe ope-
raia, Con una propria psicologia. Parimenti, nel corso degli anni e dei
decenni, si è costituito a poco a Luotto RO EE OS TE
menscevichi nel corso della prima rivoluzione russa. Progressivamente, vile, sono iniziate le divergenze, le scissioni, le fusioni. Solo allora si è
costituito un partito chiaramente caratterizzato. E questo processo, strettamente legato alla vita degli uomini, non sarà pienamente compiu-
pariranno. Non si tratta di un processo chimico che si possa osservare in provetta dall'inizio alla fine. Quando si affrontano i fenomeni sociali,
bisogna imparare a generalizzare e ci si deve immedesimare in eventi che toccano milioni, decine di milioni di individui.
La stessa classe operaia non è omogenea. Vi si possono distinguere diversi strati e situazioni. In Inghilterra un operaio qualificato, per il
Suo livello di vita e la sua mentalità, differisce profondamente da un manovale. In Germania un operaio tipografo assomiglia assai poco a un minatore. L'aristocrazia operaia rappresenta uno strato preciso del
proletariato: in linea di massima, essa ha assunto le abitudini e la mentalità della borghesia, alla quale serve come strumento di lotta contro la massa proletaria. I paesi imperialisti, in primo luogo l'Inghilterra, che hanno la possibilità di ricavare superprofitti dalle colonie, ne impiegano una parte per corrompere lo strato superiore
degli operai metropolitani. Il proletariato, nel suo insieme, si rende
conto della tendenza dell'evoluzione sociale, ma ciò non significa che se ne renda conto ogni operaio.
Non bisogna dimenticare che il grado di istruzione e di cultura va-
ria considerevolmente nei diversi strati della classe operaia di uno
stesso paese e, a maggior ragione, di paesi diversi. Gli operai più arretrati sono imbevuti di pregiudizi religiosi e d'altro tipo. Non dimen-
tichiamo anche che la borghesia, oltre agli strumenti diretti di cui di-
spone per opprimere gli operai, possiede anche potenti mezzi di pres-
sione sui lavoratori quali la scuola, la stampa, ecc.
co
Ecco spiegata la formazione di differenti partiti in seno alla classe operaia. Ecco perché la socialdemocrazia — divenuta nettamente antivole influenza tra gli operai.
Il secondo congresso dell'Internazionale Comunista'!' ha adottato una risoluzione estremamente importante sulla tattica e sul ruolo del
partito nella rivoluzione!?. Questa risoluzione, alla leali erro ha partecipato Lenin, definisce la funzione del partito proletario pri-
ma, durante e dopo la rivoluzione. Inoltre essa spiega perché nessun
partito comunista possa, prima della rivoluzione, raggruppare nel raia. La conoscenza di questo fondamentale documento del comuniil ruolo storico del partito.
In virtù della sua posizione dominante la borghesia possiede, quasi
all'interno della classe operaia. L'immensa maggioranza dei dirigenti
sindacali e socialdemocratici attuali sono in realtà agenti della bor-
ghesia. Ma non è vero il contrario: la classe operaia non ha, né può avere propri agenti nel campo della borghesia. Evidentemente alcuni
membri della classe borghese possono unirsi al proletariato, ma ciò li obbliga a rompere con l'ambiente d'origine.
Pertanto la struttura di classe della società non è così semplice co-
me può sembrare di primo acchito e 1 membri di una classe non sempre hanno una mentalità conforme ai veri interessi della stessa. Ne deriva che anche oggi, dopo la guerra mondiale, dopo la rivoluzione russa e le forti scosse rivoluzionarie in Europa, ci sono non solo partiti socialdemocratici che raccolgono masse di operai, ma numerosi operai i quali, alle elezioni, votano per dei milionari o dei miliardari, come avviene in America. Vi sono sindacati cristiani che, per quanto composti in maggioranza da operai, attuano una politica borghese e reazionaria. La Seconda Internazionale risulta ancora notevolmente legata agli ambienti operai. Ciò nonostante è per noi evidente come in realtà non sia che una frazione della borghesia, la sua ala sinistra. Essa conta tra 1 propri membri molti operai onesti. Insomma esistono vari partiti operai, ma non vi è che un solo partito proletario. Un partito può essere operaio per la sua composizione, ma non essere proletario per le sue tendenze, il suo programma, la sua politica. Lo si vede con l'esempio dei partiti capitalistici d'Europa e d'America, dove esistono 31
dove si incontrano, a fianco della socialdemocrazia, partiti cattolici e
altri ancora. Ognuno di questi costituisce una parte della classe Opero politica non sono che una frazione del partito borghese. Gli anniversari del partito
la storia del nostro partito. La sua preistoria, la sua nascita, le gig
tappe del suo sviluppo sono la graduale cristallizzazione del movimento scaturito dalla classe operaia. Ecco perché, come dimostreremo, nel
L'Associazione operaia della Russia settentrionale, fondata con la collaborazione di Plechanov e diretta dal falegname Chalturin e dal fabbro Obnorskij, può essere considerata come l'embrione di un partito operaio. Essa nacque a Pietroburgo alla fine del 1877 (forse 1878) e portò avanti per prima l'idea della lotta politica del proletariato. Evidentemente questa organizzazione non era ancora marxista. Dal 1878 sono passati quarantacinque anni e, a rigore, si potrebbe far risalire il partito alla fondazione dell'Associazione operaia della Russia settentrionale. Il gruppo dell'Emancipazione del lavoro fu fondato nel 1882. Si formò quando una generazione di rivoluzionari, diretti da Plechanov e Aksel'rod'3, comprese che non si poteva contare su una rivoluzione puramente contadina e che la forza principale del movimento rivoluzionario in Russia sarebbe stata la classe operaia, in via di graduale svi-
luppo e affermazione. Rompendo con i populisti e rendendosi conto
della necessità di creare un partito della classe operaia, questo gruppo elaborò nel 1883 un progetto di programma per la costituzione di un
partito socialdemocratico!‘. Esso appare dunque nella storia del movi-
mento rivoluzionario come la prima organizzazione marxista. Si potrebbe far combaciare la nascita del nostro partito con la sua fondazione.
In terzo luogo, l'origine del partito si potrebbe far risalire al suo
primo congresso, tenuto a Minsk il 14 marzo 1898", il che gli dareb-
poco significativa, dato che il congresso non produsse quasi nessun risultato. Le organizzazioni che esso creò furono dissolte nel giro di qualche giorno, la maggior parte dei militanti fu arrestata e il
Comitato centrale che esso elesse cadde quasi interamente nelle mani della polizia, quindi non poté svolgere i compiti stabiliti.
Nel 1903 si svolse il nostro secondo congresso. Cominciò a Bruxelles e terminò a Londra. Questo congresso fu praticamente il primo e si potrebbe anche dire che oggi, nel 1923, festeggiamo il ventesimo anniversario del nostro partito. Nel 1905, a Londra, si riunì 1] terzo congresso del partito, quello dei bolscevichi senza 1 menscevichi — era l'epoca della rottura. Si potrebbe dunque considerare questo congresso come il primo, dal momento che diede una base alla nostra tattica alla vigilia della prima rivoluzione. In seguito ci riunificammo con i menscevichi, tenendo congressi comuni a Stoccolma (1906) e a Londra (1907). Tuttavia 1l congresso del 1905 fu uno dei più importanti, dato che pose 1 fondamenti dell'azione dei bolscevichi durante la prima rivoluzione. Infine saremmo in diritto di datare 1l partito a partire dal 1912, quando si verificò la completa separazione dai menscevichi. Fu allora che, sotto l'impulso degli scioperi della Lena e degli avvenimenti successivi, cominciammo a riorganizzarci dopo un lungo periodo di repressione. Fu alla conferenza panrussa di Praga, dalla quale 1 menscevichi furono esclusi, che proclamammo: Il vecchio comitato centrale non esiste più. Ricostruiremo 1] partito. Le basi del partito furono in verità poste allora, dopo la disfatta del 1905 e la controrivoluzione. Andando oltre, potremmo dire che la rottura totale con 1 menscevichi
voluzione di Febbraio, dopo 1l rovesciamento dello zarismo, si procedette alla convocazione di un congresso d'unità socialdemocratica, al quale furono invitati tutti 1 socialdemocratici senza distinzione di fra-
zioni e davanti al quale Lenin presentò le sue celebri tesi sul potere sovietico, oggi entrate nella storia del socialismo internazionale. In quel momento si reputava ancora possibile unificare la socialdemocrazia e superare la contrapposizione tra bolscevichi e menscevichi. Per finire, si può dire che il nostro partito non fu definitivamente
fondato che nel 1918, dopo la pace di Brest-Litovsk, quando al no-
stro settimo congresso decidemmo di cambiarne il nome e di chiamarlo Partito comunista russo.
Il processo di formazione del partito
Ho citato intenzionalmente una serie di date per mostrare che ciò che importa non è la questione formale dei venti o venticinque anni d'esistenza di un'organizzazione, ma il modo in cui realmente un partito si forma. Non bisogna credere che un bel giorno i seguaci di un
particolare "ideale", secondo l'espressione di Vodovozov, si riu
ecosa sì dicano l'un l'altro: "Ehi! Andiamo! Formiamo un UTO non è così semplice. Un partito è un organismo vivente colle, i da milioni di fili alla classe da cui scaturisce. Si crea nel OTO
i: (ele gia Lio: ole (eee oO Se, per esempio, si fa risalire l'origine del nostro partito alla fondazione dell'Associazione Uri O A sia settentrionale da parte di Chalturin, si arriva a E LILLE LELE Te LETTE
nominazione di Partito comunista, si contano cinque anni; Lea dal nostro primo congresso, venticinque anni; partendo dalla fondazio. ne del gruppo Emancipazione del lavoro, quarantatre anni.
La formazione dialettica vivente di un partito è un processo molto complesso, lungo e drammatico. Un partito nasce tra le più aspre difISOLE Re OSO 4g] TEO prove nel vivo
della lotta, prima di divenire partito di una data classe. E anche allora la sua evoluzione non è terminata: esso continua ad assorbire nuovi
riuscito a formarsi definitivamente dopo tre rivoluzioni, si producono nella sua composizione, tra i suoi quadri, dei movimenti e un rinnova-
mento incessante. Dopo la rivoluzione il numero dei suoi iscritti contadini è cresciuto rapidamente, poi è diminuito ed è aumentata di nuovo la proporzione degli operai urbani; d'altra parte interi gruppi di intellettuali sono entrati nel partito, ma ne sono usciti subito. Ecco perché solo riflettendo bene sulle particolarità di questo processo, e considerando il partito dialetticamente, in funzione della lotta concreta delle masse, si perverrà a una giusta percezione delle cose.
Il movimento dei populisti
I populisti militanti del periodo dal 1870 al 1880 erano per lo più intellettuali che si proponevano di sollevare le masse contadine e di
condurle alla rivoluzione. Il proletariato urbano non rappresentava allora che una forza assai ridotta. Il principale merito dell'élite popu-
lista fu di comprendere la necessità di un cambiamento radicale della situazione, che non poteva essere realizzato se non tramite la rivolu-
zione. Allora la Russia era appena uscita dal regime feudale. Era tra-
I populisti del 1890 erano invece senza dubbio dei rappresentanti della piccola borghesia. Spesso caddero nel liberalismo pacifista. Avevano cessato di credere nella genuina rivoluzione popolare, contadina, plebea. Divennero progressivamente i portavoce della piccola borghesia e delle sue aspirazioni reazionarie, talvolta perfino i suoi ideologi. Mentre la generazione dei populisti del 1870 si distingueva per la freschezza dei sentimenti, lo slancio, l'entusiasmo, il coraggio, la devozione senza limiti alla rivoluzione, il movimento del 1890 porta-
va tutti i segni della decrepitezza. Se gli Zeljabov e le Perovskaja non
fossero periti all'inizio della loro attività rivoluzionaria, se fossero vissuti fino allo sviluppo del movimento di massa, forse sarebbero diventati dei rivoluzionari proletari. Al contrario 1 Krivenko, i Nicolas e favorevole, gli ideologi degli s-r controrivoluzionari. Abbiamo già detto che la prima fase del movimento rivoluzionario russo è contrassegnata dalla lotta tra marxisti e populisti. 1 secondi furono indubbiamente rivoluzionari e la loro agitazione ebbe 1l suo
ria rivoluzionaria, costellate da memorabili gesta di coraggio individuale. Coloro che, abbandonando la famiglia e rinunciando ai privilegi della loro classe, andarono, come si diceva allora, al popolo, diedero prova di un magnifico eroismo, di fronte al quale ci inchiniamo. Ma 1l loro movimento non fu proletario. Il motto «Andare al popolo» non era fortuito. L'idea di classe non esisteva allora in Russia e i rivoluzionari non conoscevano che la nozione di popolo. Beninteso, tutti siamo per 1] popolo e non c'è assolutamente niente di negativo in questa parola. Ma i populisti le davano un senso vago, molto elastico. Con questo termine si intendevano in genere i contadini, dato che la classe operaia non c'era o stava nascendo. Ciò non significa che noi
eroismo che la caratterizzano. Al contrario, il partito proletario accetta con fierezza l'eredità dell'élite dei populisti del periodo 1870-1880.
I comunisti e la rivoluzione francese Conoscete 1l nostro giudizio sui grandi rivoluzionari borghesi del 1789, quando la classe operaia era ancora a uno stadio embrionale di sviluppo. Nei loro confronti, specie di quanti, con 1l sacrificio della vita, mostrarono di esser fedeli al popolo, nutniamo un profondo r1spetto. Noi studiamo la storia della rivoluzione francese, incitiamo 1
uo che TOSTES ONE oe iu ia al UR EU OSESE INI Oggi. Ecco del materialismo. Ciascuno di noi nec ricaverà Lust Olii oo ita dalle raffazzonate teorie che spesso ci vengono propinate, talvolta marxismo. Lo ripeto, noi NEO AEROSOL OTT T olii ot rispetto per gli uomini eminenti della Grande Rivoluzione. Conosciamo la natura di classe di questa rivoluzione e la lotta di cor-
renti che la percorse. Distinguiamo la base sociale dei Cee ru etico o
dei Girondini. Attribuiamo la massima importanza allo studio delle forme embrionali del movimento socialista. Sappiamo che se questa rivoluzione ha mandato un re alla ghigliottina, ha promulgato anche
una legge contro le coalizioni operaie. Ma i grandi rivoluzionari borghesi hanno costituito la forza d'urto dell'umanità, hanno spezzato
l'armatura del feudalesimo, realizzato le libertà civili e con ciò sgombrato 1l campo alla marea montante delle rivoluzioni proletarie maturate nel corso dei secoli XIX e XX. I capi borghesi dell'attuale Francia imperialista, come Poincaré, Briand, Millerand e altri, amano atteggiarsi a continuatori dei grandi rivoluzionari del 1789. Durante la guerra del 1914-18 in particolare,
tutti questi spregevoli epigoni non hanno cessato, insieme ai socialtraditori'®, di magnificare la rivoluzione francese e di prendersi gioco
del popolo dichiarando che suo dovere era battersi per assicurare 1l trionfo dei grandi principi dell'89. Tra un Marat o anche un Robe-
ghesia rivoluzionaria, operando Ca sit dell'oppressione Oi (A aprirono una breccia nel servaggio, mentre 1 cio glea ae ghesia francese odierna, che si schierano con sollecitudine tra gli ere-
di della rivoluzione del 1789, non sono in realtà che squallidi stru-
menti della reazione. Parimenti, in Russia, i Gotz e i Cernov stanno agli Zeljabov e alle Perovskaja come Briand di fronte a Marat. Atteggiamento dei comunisti nei confronti dei populisti
Noi riconosciamo il valore di Zeljabov, di Sofja Perovskaja e di
tutti coloro i quali, mentre lo zarismo faceva gravare il suo immane peso sulla Russia, dove imperversava una barbarie inaudita, hanno 36
saputo prendere le armi contro l'autocrazia, condurre alla lotta i primi gruppi! di rivoluzionari e affrontare coraggiosamente il potere. Senza dubbio, l'andata al popolo, movimento vagamente tinto di socialismo, non fu né poteva essere proletaria, ma fu nondimeno un grande movimento. I populisti hanno aperto una breccia nel muro dello zarismo, nella fortezza dell'autocrazia. Furono degli eroi: sì levarono contro i pregiudizi, ruppero i legami che li collegavano alla classe privilegiata, rinunciarono a tutto e lottarono per la conquista delle l1bertà politiche. Non avevano un programma socialista preciso, e a
quell'epoca non potevano averlo. Obiettivamente la loro lotta aveva
come fine la conquista delle libertà democratiche. Non a caso una volta il comitato esecutivo della Narodnaja volja (Libertà popolare)!°, la più vasta organizzazione dei populisti, indirizzò una lettera a Lincoln, presidente degli Stati Uniti. Non esitiamo nemmeno a inchinarci davanti ai decabristi”’, che
appartennero alla generazione precedente di rivoluzionari borghesi. Essi combatterono lo zarismo con un programma molto più moderato. Erano davvero il fiore dell'aristocrazia e del corpo degli ufficiali. Lasciarono la propria classe, ruppero con le loro famiglie, abbandonarono 1 loro privilegi e scesero in campo contro l'autocrazia. Nemmeno loro, è vero, avevano un programma socialista, erano rivoluzionari borghesi, oltretutto molto instabili. Ma la nostra genera-
zione non rifiuta quest'eredità, questo glorioso passato, e noi rispettiamo profondamente i primi populisti rivoluzionari, che seppero morire per il popolo in giorni in cui non c'era proletariato e non ci pote-
va essere partito proletario. Gotz e Cernov pretendono di continuare
l'opera dei populisti, ma la proseguono esattamente come Briand e Poincaré continuano l'opera di Marat e Robespierre. Lo ripeto, 1 populisti del primo periodo contavano nei loro ranghi in-
dividualità straordinarie, uomini che rimarranno per sempre come esempi di sacrificio, eroismo, attaccamento al popolo. Ma quei movimenti non erano proletari poiché in quell'epoca non potevano esserlo. Preistoria del proletariato russo
L'infanzia del nostro proletariato è durata decine di anni, si può dire perfino un secolo. La Storia della socialdemocrazia russa di Martov’!, la cui lettura è utile malgrado esprima il punto di vista menscevico, riporta, accanto a concezioni errate, numerosi fatti interessanti. La classe operaia russa in senso stretto cominciò a formarsi 37
prese € le prime fabbriche importanti. I primi operai furono dei servi
contadini o artigiani che presto ottennero una semilibertà e divennero poco a poco degli operai nel senso attuale del termine.
ee consultare opere come quelle di Tugan-Baranovskij* — in cui
la critica marxista è assente, ma che contengono molte informazioni -,
lo Sviluppo del capitalismo in Russia di Lenin?, i lavori di Struve e
quelli del nostro storico, il compagno M.N. Pokrovskij, per constatare
Alcuni movimenti si produssero nel 1796 tra gli operai delle fabbriche di Kazan; nel 1797 nel governatorato di Mosca; nel 1798 e 1800 ancora a Kazan; nel 1806 nel governatorato di Mosca e a Jaroslavl'; nel 1811 nel governatorato di Tambov; nel 1814 in quello di Kaluga; nel 1815 a Jaroslavl' e a Kazan; nel 1818 a Jaroslavl', nel
1823 nei governatorati di Vladimir e di Mosca e a Jaroslavl'; nel 1829 a Kazan; nel 1834 a Kazan e nel governatorato di Mosca; nel 1836 a Kazan; nel 1837 nel governatorato di Tula; nel 1844 in quello di Mosca e nel 1851 in quello di Voronez. Meglio ancora: alcune ricerche sul movimento decabrista hanno
provato che, quando avvenne la rivolta del 1825, mescolati alla folla che riempiva la piazza del Senato c'erano gli operai pietroburghesi. Essi espressero apertamente la loro simpatia alle truppe insorte che si apprestavano a marciare contro Nicola I. Nel 1845 il governo di Nicola I promulgò una legge che puniva con la morte il reato di sciopero. Nel 1848 la tempesta delle rivoluzioni
borghesi dilagava in Europa. Essa non arrivò fino in Russia: lo zar, per
precauzione, inviò delle truppe a schiacciare la ERO IVA tO eee de TINI
Nonostante ciò, questo fenomeno ebbe un'influenza indiretta sul no- -
Il 1861 è ugualmente fondamentale: segna l'abolizione della servitù
n in Russia o Vo il ce
PIO UL nel 1869, viene considerato come il
getto) lo) EPTO ECO Sofja Perovskaja, 38
M.A. Natanson, Volchovskij, Sisko, LS AALST significativi.
N.V. Cajkovskij è ancora vivo, ma politicamente è come se fosse
morto da molto tempo. Membro del Comitato esecutivo del Soviet dei deputati operai di Pietrogrado dopo la rivoluzione borghese del 1917, si è schierato ben presto all'estrema destra, diventando più reazionario
campagna di calunnie scatenata contro Lenin, accusato di essere una spia tedesca. Più tardi, nominato governatore di Archangelskoe dagli inglesi, ha fatto causa comune con Koltéak’* e oggi, finito nella pattumiera della storia, vive a Parigi.
La Perovskaja, come sapete, è morta nel 1881: partecipò alla preparazione dell'attentato contro Alessandro II e il suo nome è uno dei più gloriosi della storia del movimento rivoluzionario. Natanson (Bobrov) è morto recentemente: socialista-rivoluzionario di sinistra, al momento della rivoluzione d'Ottobre era già stato al nostro fianco a Zimmerwald e si avvicinò a noi, soprattutto dopo l'assurda sollevazione fomentata dal suo gruppo contro il potere sovietico. Degli altri membri dell'organizzazione alcuni sono morti e gli altri, esclusi 1 casi di Kropotkin e di Kravéinskij, sono rimasti nel partito degli s-r. Quel piccolo circolo mostra come il movimento dei populisti si sia sviluppato e abbia fornito ideologi a gruppi differenti. Così Kropotkin, che si è lasciato trascinare dal patriottismo durante la guerra,
è stato 1l teorico dell'anarchismo e Natanson un internazionalista
molto vicino ai comunisti. Kravéinskij, un mediocre democraticoborghese nei suoi giorni migliori, non è riuscito nemmeno a rimanere
democratico ed è diventato il portavoce riconosciuto della borghesia.
in vista furono il tessitore P.A. Alekse'ev, Malinovskij, Agapov, Aleksandrov, Krylov, Gerasimov. Si conosce il famoso discorso di
Alekse'ev. A questo circolo, se non sbaglio, apparteneva anche Moissenko, che abbiamo appena seppellito. L'Associazione operaia della Russia meridionale
Nel 1875, Saslavskij fondò a Odessa l'Associazione operaia della Russia meridionale. Il programma di questa organizzazione non era però radicale quanto quello dell'Associazione operaia della Russia settentrionale, costituita tre anni dopo. Si può vedere in questo feno39
meno una dimostrazione delle differenze che ci sono sempre state tra
il nord e il sud, constatabili anche lungo tutto il corso della nostra rivoluzione. Il nord è stato la zona rivoluzionaria per eccellenza, mentre il sud ha rappresentato la serra e il rifugio della controrivoluzione, La differenza che esiste nella composizione sociale di queste due regioni ha lasciato un'impronta sulle prime due organizzazioni operaie che vi sono nate. Per il suo programma, l'Associazione operaia voluzionaria, molto più avanzata nella sua concezione della lotta politica e del movimento rivoluzionario di massa. Marxisti e populisti in Russia, bisogna partire delle condizioni in cui i due movimenti si sono sviluppati: 1l fatto che la classe operaia era poco numerosa, la forte oppressione autocratica, l'andata al popolo, ossia tra i contadini, con un programma assai confuso, l'audacia dei rivoluzionari di allora, accompagnata dall'assenza del punto di vista proletario, la forma-
zione dei primi circoli di intellettuali, l'apparizione, nel 1875, dei primi circoli operai, ancora strettamente legati all'ideologia populista.
Ho già parlato di Cajkovskij. Quest'uomo incarna in un certo senso i
tellettuali d'avanguardia e gettò le basi del movimento rivoluzionario. Ma, dopo la rivoluzione d'Ottobre, divenne l'agente o piuttosto il miserabile strumento di Kolèak e della borghesia inglese. Cajkovskij
SN CLOU A Bal'ma3év”, l'altra di destra, particolarmente visibile dopo il 1880 e non molto diversa dal liberalismo sia nell'azione sia negli scritti.
I populisti del 1870 furono nell'insieme rivoluzionari di grande va-
nello stesso tempo, dirà: "Non cadete oe to gioie
loro vaghe frasi sul popolo, ma parlate di classe, andate tra il proletariato e sappiate che il proletariato industriale è la classe che libererà l'umanità". I populisti non potevano essere che deboli e ideologica-
era ancora in embrione. Imitiamoli nei loro punti di forza: fedeltà al 40
popolo, abnegazione, lotta contro i pregiudizi di classe e 1 privilegi, coraggio nell'andare controcorrente. Più buia è la notte e più brillano
le stelle: Zeljabov e la Perovskaja brillano d'incomparabile splendore
nella profonda notte dello zarismo. Perciò sono onorati dalla classe operaia russa vittoriosa e dai proletari del mondo intero.
Rivoluzionari borghesi e rivoluzionari proletari
Tra i populisti, soprattutto nell'ambiente dei funzionari pubblici (cinovniki), vi fu tuttavia una tendenza ideologicamente molto vicina al più banale e volgare liberalismo borghese; una tendenza che, nella sua ulteriore evoluzione, dovette logicamente dare i natali alla destra del partito s-r. Non dobbiamo dimenticare che le rivoluzioni o sono borghesi o sono proletarie. Solo in questo modo comprenderemo i mutamenti del partito dei socialisti-rivoluzionari. Fin tanto che si trattava di vincere lo zarismo, di fare la rivoluzione borghese, populisti e s-r sapevano perché si battevano e perché rischiavano la vita. Avevano energia, tempra, entusiasmo; dai loro ranghi uscirono uomini eminenti come Gersuni. Ma quando la loro rivoluzione fu compiuta e fu necessario preparare quella proletaria, ciò che aveva costituito la loro forza si
convertì in debolezza. Divennero più pericolosi per noi dei comuni
controrivoluzionari borghesi, dato che dirottarono contro la classe
operaia la loro energia, la loro abilità, la loro abitudine alla cospirazione, 1 loro legami con le masse.
Nell'evoluzione dei socialisti-rivoluzionari, nelle metamorfosi dei
populisti, bisogna distinguere due periodi. Per un certo tempo essi sono stati dei rivoluzionari borghesi, una forza progressiva che bisognava sostenere, con la quale dovevamo fare fronte unico contro l'au-
tocrazia. Ma sono stati progressisti solo fino al momento in cui la
classe operaia ha preso il potere, rovesciando i SRO denti. Da quando abbiamo dovuto dirigere lo Stato senza i pocontro gli operai e la rivoluzione proletaria.
La lotta dei rivoluzionari proletari contro i rivoluzionari borghesi Tutta la prima fase della storia del nostro partito non è che la lotta.
dapprima semicosciente, poi cosciente, dei rivoluzionari proletari
contro i rivoluzionari borghesi. Fino a quando si trattò di combattere a
venne all'ordine del giorno la rivoluzione Lauri iniziò la lotta
nostre strade si separarono. Tra i rivoluzionari proletari e en
OASIS OA Ue che è sta-
La lotta contro il populismo, il marxismo legale e l'economismo
La controversia tra il marxismo e il populismo
va intorno alle parole popolo e classe. Ma il conflitto tra i due movimenti è lungi dall'essere così banale; la sua comprensione esige un
esame serio e approfondito.
I populisti polemizzarono con i marxisti sulla questione del destino del nostro paese, prima di tutto sul probabile ruolo del capitalismo in
Russia. Nel 1870, e perfino nel 1880, si poteva ancora supporre che
la Russia non avrebbe attraversato, come gli altri paesi d'Europa, lo stadio del capitalismo. Partendo dal fatto che il capitalismo e la grande industria erano ancora molto deboli, 1 populisti sostenevano che lo sviluppo del paese non avrebbe seguito la stessa via di quello degli altri Stati, che si sarebbe riusciti a passare dalla piccola industria primitiva al socialismo. In questo contesto si pose la questione estremamente importante dei rapporti con 1 contadini. I populisti in genere ritenevano che la nostra comunità rurale, il mir', fosse l'embrione del comunismo e che, senza attraversare lo stadio della grande industria urbana, della
concentrazione delle ricchezze e della formazione di una classe proletaria, la Russia sarebbe passata senza alcuna transizione all'organizzazione socialista sulla base delle cellule comuniste costituite, a loro avviso, dalle comunità rurali.
Quanto agli operai, 1 populisti ritenevano che anch'essi potessero essere di una certa utilità nella lotta contro il capitalismo. Con il tem-
po, è vero, si resero conto che gli operai erano accessibili, più del resto della popolazione, alla propaganda rivoluzionaria c cominciarono a reclutarli nei loro circoli. Nonostante ciò, la forza fondamentale sulla quale basarono la loro tattica fu quella che chiamarono popolo,
vale a dire 1 contadini.
L'errore dei populisti
Nella misura in cui in Russia la situazione progredì, l'errore dei sceva e nelle campagne il mir, sempre più disgregato, nulla aveva a che fare con il socialismo o il comunismo. In una parola, l'evoluzioNon mi dilungherò su quella polemica, dal momento che ciò ci porterebbe troppo lontano. In realtà, quando si discuteva sul ruolo del mir, sulla questione del capitalismo in Russia, sulle particolarità di sviluppo del nostro paese e sull'ipotesi di riuscire a evitare di bere al calice amaro dell'industrializzazione, si affrontava anche la funzione
del proletariato, poiché si trattava di sapere quale sarebbe stata la classe che avrebbe rappresentato la forza motrice nella futura rivoluzione. Il conflitto tra marxisti e populisti, che prendeva forme diverse da
un punto di vista dottrinale, si riduceva alla questione del ruolo della classe operaia nel nostro paese. In Russia si stava formando un proletariato e, se sì, quale sarebbe stato il suo ruolo nella rivoluzione? Tale era il punto centrale della discussione.
Eterogeneità del movimento populista
Lungi dall'essere omogeneo, il movimento populista si distingueva SII UA Lie sfumature. Comprendeva posizioni di ogni STIA LCOS Ito fino a una sorta di liberalismo borghese. Perciò molti tra i suoi membri dovevano in seguito divenire diri-
SO CONE te dei più diversi 0 OO VETO a (SIA SO tO distinguere due raggruppamenti fondamentali: uno democratico-rivoluzionario e l'altro liberal-borghese. Anche da un punto di vista cronologico c'è una differen-
44
zionaria; i secondi a quella liberal-borghese, che in seguito si fuse I populisti del 1870 e quelli del 1880
I populisti del 1870 fondarono una serie di organizzazioni che furono, per il movimento rivoluzionario di allora, importanti conquiste. Crearono i gruppi Zemlja i volja e Narodnaja volja?. Ne scaturì una moltitudine di militanti che dette prova di coraggio e di eroismo. Costoro, senza essere dei rivoluzionari proletari, rappresentarono comunque una forza democratico-rivoluzionaria. La seconda generazione di populisti differì in modo notevole dalla precedente e verso il 1880 svolse spesso un ruolo apertamente reazionario. Dettagli interessanti su questo aspetto si trovano nelle notevoli e ancora attuali opere di Plechanov, per esempio nelle Nostre divergenze che egli pubblicò sotto lo pseudonimo di Volgin, e in una serie di altri testi di cui riparleremo. Krivenko
Per illustrare il mio pensiero sarà sufficiente qualche esempio. Kablitz-Juzov, scrittore populista, sosteneva con serietà che i piccoli ro indipendenza economica, i prototipi della più avanzata classe di cittadini. Il nostro onorevole populista definiva indipendenza economica la situazione di gente schiacciata dall'usura e dalle ipoteche!
Krivenko arrivava fino a chiedere che i contadini non rinunciassero
Un'ideologia siffatta era evidentemente reazionaria. In nessun luogo al mondo il piccolo proprietario è economicamente indipendente: egli sì trova quasi ovunque sotto la cappa dei grandi je
la pubblica amministrazione. Perciò Krivenko e i suoi sostenitori fre-
navano il pensiero rivoluzionario, al contrario di quanti volevano andare tra gli operai e intuivano che si stava formando una nuova clas-
se di non possidenti, senza legami e, di conseguenza, rivoluzionaria. Michajlovskij
Krivenko. Nella sua polemica contro i marxisti, un intellettuale in45
Russia non avrebbe potuto esserci un movimento operaio come in Europa occidentale, dato che non vi esisteva, propriamente parlando, una classe operaia: l'operaio restava legato al villaggio, poteva semdisoccupazione.
Michajlovskij, sì sa, era alla testa del gruppo raccolto attorno alla
rivista «Russkoe Bogatstvo» («La Ricchezza russa»), sulla quale scriveva anche Korolenko. Ed è forse l'esempio di quest'ultimo che mostra meglio come, verso il 1880, non pochi populisti si confondessero con | liberali borghesi. Korolenko godeva e gode ancora della meritata stima di coloro che ne hanno letto le opere. Perciò è un po' difficile credere che non fosse un rivoluzionario e che appartenesse alla frazione borghese-liberale dei populisti. Ma ciò è fuor di dubbio. Come artista Korolenko è indiscutibilmente una delle maggiori figure del nostro tempo e le sue opere ci diletteranno ancora a lungo. Come politico egli non è stato però che un liberale. All'inizio della guerra ha scritto un opuscolo per giustificare la carneficina imperialistica. Peggio, dal suo carteggio emerge chiaramente che, nel gruppo della «Russkoe
Bogatstvo», egli rappresentava la destra. Quando vi si sviluppò un'accesa discussione sulla possibilità di collaborare con 1l «Rec» («Discorso») di Miljukov, organo dei cadetti, Korolenko appoggiò con forza l’idea e rifiutò di sottomettersi alla decisione della mag-
gioranza dei suoi compagni; lavorò al giornale in questione, afferLe due ali del populismo Non dobbiamo dimenticare mai che il movimento populista era
estremamente complesso e comprendeva tendenze che andavano dal nunciavano contro la lotta politica. Insomma questo movimento si
componeva essenzialmente di due frazioni: una rivoluzionaria, l'altra opportunista e liberale. Ma la stessa frazione rivoluzionaria non era né proletaria, né comunista; aspirava unicamente al rovesciamento
dell'autocrazia. 46
Anche la questione del terrorismo svolse un ruolo importante nelle
questi ultimi ritenne che, per scatenare la rivoluzione e avvicinare l'ora della liberazione, fosse indispensabile ricorrere al terrore contro 1 rappresentanti dell'autocrazia. 1 marxisti, anche se all'inizio timidamente — per esempio, nel loro primo programma redatto da Plechanov nel 1885 —, condannarono il terrorismo. Questa timidezza fu superata quando cominciò a formarsi il partito operaio. I populisti, come più tardi gli s-r, tentarono di far credere che i marxisti respinges-
sero gli attentati perché non erano rivoluzionari, perché avevano paura del sangue e mancavano di coraggio. Oggi, dopo la nostra grande rivoluzione, difficilmente ci si potrebbe accusare di una simile debolezza. Ma, a quei tempi, questi argomenti facevano colpo sui giovani, sugli studenti, su molti operai combattivi e procuravano ai populisti numerosi elementi rivoluzionari. L'atteggiamento dei marxisti nei confronti del terrorismo
contro il terrore. Non si sono mai posti sul terreno del comandamento cristiano che dice: «Non uccidere». Al contrario, lo stesso Plechanov ha ripetuto a più riprese che non tutte le esecuzioni sono un assassinio e che uccidere una canaglia non significa commettere un crimine. Egli citava gli appassionati versi di Puskin: Autocrate infame, Odio te e la tua razza,
I marxisti sottolineavano, in quanto vi sono cose annientabili solo
con il ferro e 1l fuoco, di essere favorevoli alla violenza e di conside-
rarla un fattore rivoluzionario. Ma si pronunciavano per il terrorismo su grande scala. La morte di questo o quel ministro, dicevano, non servirebbe a nulla; bisogna lavorare tra le masse, organizzare milioni
di uomini, illuminare la classe operaia. Solamente quando questo
compito sarà portato a termine, arriverà l'ora decisiva. Utilizzeremo allora 1l terrore, non contro degli individui, ma contro una colletti-
vità; faremo ricorso all'insurrezione armata. Ed è ciò che facemmo per la prima volta nel 1905 e che, nel 1917, ci condusse alla vittoria.
47
Ma, a quell'epoca, la questione del terrorismo confondeva le acque
e 1 populisti, almeno in parte, sembravano più rivoluzionari dci marXisti. Essi giustapponevano l'uccisione un ministro alla semplice riu-
marxismo. È dicevano: Non è forse chiaro che l'uomo che uccide un
ministro è un rivoluzionario, mentre l'altro non è che un intellettuale?
Perciò, per un certo tempo, il problema del terrorismo contribuì a complicare ancora la discussione. Ma oggi, nell'esame storico di questa polemica, è necessario lasciar da parte i suoi aspetti episodici e
considerare solo l'essenziale. Ciò che essenzialmente ci divideva dai populisti era la nostra concezione del ruolo della classe operaia.
À questo punto bisogna chiarire la questione dell'egemonia del
proletariato, dato che questo problema domina tutta la storia successiva del nostro partito, la lotta tra il bolscevismo e il menscevismo, la lotta tra la Montagna e la Gironda.
La questione dell'egemonia del proletariato Parlare di egemonia del proletariato equivale a parlare del suo ruolo dirigente. Fin tanto che in Russia la classe proletaria non era ancora formata, non si poteva evidentemente discutere della sua egemonia. Ma la perspicacia dei marxisti fu di vedere e di comprendere, fin da quando 1l proletariato rappresentava una forza relativamente modesta, che durante la rivoluzione questa classe sarebbe stata 1l fattore Se dovessimo definire l'essenza del bolscevismo, 11 suo ruolo nella storia del movimento rivoluzionario russo, la sua idea caratteristica,
diremmo: il bolscevismo è l'egemonia del proletariato. La questione
scevichi, i pravdisti e i liquidatori‘. Ecco 1l disaccordo da cui deriva-
no tutti gli altri, che, malgrado la loro importanza, in confronto sono
tutti i problemi. Democrazia o dittatura, tale è la formula attuale. Ma questa formudel proletariato.
I promotori dell'idea dell'egemonia del proletariato nella rivoluzio-
ne sono Plechanov e Lenin. Plechanov ha teorizzato questa idea prima di Lenin, che entrò in politica dopo di lui, ma l'ha tradita nel mo48
trent'anni, le è rimasto fedele, non ha cessato di difenderla nelle ore
più drammatiche e le ha dato corpo con la creazione di un partito proletario.
Nel 1889, a Parigi, in occasione del primo congresso della Seconda
Internazionale, Plechanov, allora capo indiscusso dei marxisti rivolu-
Zionari russi, dichiarò: «La rivoluzione russa vincerà come rivoluzio-
Si trattava della formulazione politica più lapidaria dell'idea dell'egemonia del proletariato. Oggi può sembrare banale. Qual è infatti 1l rivoluzionario cosciente che non comprende come solo la classe operaia possa divenire la principale forza in grado di fare la rivoluzione? Ma nel 1889 non c'era partito proletario, la classe operaia era ancora
in embrione e il proscenio del movimento rivoluzionario era occupato dai populisti, il cui rappresentante più autorevole, Michailovskij, si ral-
chiarava che non vi sarebbe mai stato, perlomeno non come in Europa. Così le parole di Plechanov erano una novità non solo per 1| socialismo internazionale, ma anche per il movimento operaio russo. E se, in un certo senso, Marx ed Engels hanno scoperto la classe operaia in Europa, Plechanov l'ha scoperta in Russia. Naturalmente questo è un modo di dire. Non è stato Marx a inventare la classe operaia, che è nata in Europa durante 1l passaggio dal feudalesimo al capitalismo. Ma fin dal 1847, quando essa era ancora piuttosto informe, egli ne ha
previsto e messo in luce il ruolo storico nell'emancipazione dei popol1, nella rivoluzione mondiale. Allo stesso modo Plechanov, dal 1889, ha dimostrato che la nascente classe operaia russa sarebbe stata la classe che avrebbe avuto l'egemonia nella la rivoluzione. La polemica tra Plechanov e Tichomirov
ca con L. Tichomirov, brillante giornalista, membro del comitato ese-
cutivo e principale esponente della Narodnaja volja, poi passato al servizio dello zarismo e collaboratore di MenSikov, uno dei peggiori reazionari che siano mai esistiti.
Ecco in quali circostanze Plechanov si scontrò con lui. Quando i Mea
pulisti videro che, malgrado le loro previsioni, gli operai cominciavano burgo, che erano molto accessibili alla propaganda rivoluzionaria e che 49
bisognava tenerli in considerazione, Tichomirov fece una specie di concessione: Noi, membri della Narodnaja Volja — disse —, acconsenneghiamo, sono assai importanti per la rivoluzione. Plechanov s'impossessò di questa formulazione e la ritorse contro il suo avversario. In un brillante articolo colpì nel segno i populisti. Il
fatto stesso di parlare dell'utilità degli operai per la rivoluzione — dis-
della classe operaia. Occorre dire al contrario che è la rivoluzione a
fermiamo che la classe operaia è la classe dirigente della lotta, l'unica che riuscirà a rovesciare l'ordine capitalistico raccogliendo attorno a sé 1 contadini e, in generale, tutti gli elementi d'opposizione. Consi-
derandola soltanto come accessoria, voi dimostrate di essere assolutamente incapaci di comprenderne il ruolo.
Come si vede, Plechanov fu uno dei primi a formulare in Russia l'idea dell'egemonia del proletariato. Nel prosieguo, appoggiando i menscevichi, egli non fece che offuscare il suo glorioso passato, ri-
flesso in tanti scritti brillanti.
Lenin e l'idea dell'egemonia del proletariato Lenin condivide con Plechanov l'onore di aver promosso l'idea dell'egemonia del proletariato, che ha saputo affermare fino ai nostri giorni, nel corso di trent'anni di lotta, in situazioni di complessità e difficoltà inaudite. Egli l'ha formulata per la prima volta nel 1894 in Che cosa sono gli «Amici del Popolo» e come lottano contro i socialdemocratici — non bisogna dimenticare che a quell'epoca ci chiamavamo socialdemocratici. Quest'opera, che non poté essere pubblicata allora altro che in edizione poligrafata ed è stata ristampata solo nel
1923, è assai voluminosa. Lenin vi analizza gli errori dei populisti e dimostra che la classe operaia sarà la classe liberatrice, dirigente, la
forza motrice ed essenziale della rivoluzione:
Quando i rappresentanti d'avanguardia di questa classe Ct — avranno assi-
TO ET O SOTTO (LEO DIO ie funzione storica dell'operaio
saranno sorte solide organizzazioni che trasformeranno la guerra tele a stosi alla testa di tutti gli elementi democratici, abbatterà l'assolutismo e condurrà
il proletariato russo — al fianco del proletariato di tutti i pacsi — sulla via diritta della lotta politica aperta, verso la vittoria della Rivoluzione comunista.
VI si ritrova l'essenza delle nostre idec attuali perfino nel modo di
Comunque bisogna dire che, come il movimento dei populisti, anche il marxismo presentava allora due correnti. Verso il 1895, quando si svilupparono il movimento operaio e la lotta politica, apparve una tendenza denominata marxismo legale. Il marxismo legale è dunque di dodici anni posteriore al marxismo illegale, che
risale alla fondazione del gruppo dell'Emancipazione del lavoro. Il marxismo legale ortodosso si trova esposto nei lavori che Plechanov e Lenin riuscirono a pubblicare in Russia facendo alcune concessioni alla censura, di forma piuttosto che di sostanza. Ma c'è un altro marxismo legale, espresso nelle opere di Tugan-Baranovskij, Struve e soci, i quali in realtà, come presto si vide, falsificavano 1| marxismo sviluppando idee che di marxista avevano solo il nome. Plechanov e Lenin, evidentemente, non possono essere definiti marxisti legali se non convenzionalmente, dal momento che tutta la loro attività a quell'epoca si svolgeva in clandestinità. Questi rivoluzionari irriducibili, malgrado la censura zarista, seppero difendere i principi del marxismo sul terreno legale. Ma non furono dei rivoluzionari legali sul tipo di Struve e Tugan-Baranovskij.
Così il marxismo legale comprendeva all'epoca due tendenze
fondamentali: una rappresentata da Struve e Tugan-Baranovskij e l'altra da Lenin e Plechanov. Le posizioni della prima sono contenute nelle Note critiche di Struve (1894), quelle della seconda nell'opera di Lenin Che cosa sono gli «Amici del Popolo» e come lottano contro i socialdemocratici. Struve
Struve era un giovane pubblicista di buone speranze, si dichiarava
marxista, combatteva Michajlovskij ed era membro del nostro io to, al punto che nel 1898 redasse additrittura un manifesto per il priSI
non tardò a cambiare. Prima del 1905 divenne redattore dell'«Osvobozdenie» («Liberazione»), rivista illegale di tendenza libepe edita a Stoccarda. reo partito cadetto. Più tardi divenne un monarchico reazionario favore-
vole al regime di Stolypin®%. Dopo la rivoluzione di Febbraio prese
posto all'estrema destra del partito cadetto e svolse successivamente eee partecipando ai tentativi antibolsce-
MA UBI Wrangel®. Adesso, all'estero, è uno degli ideologi
NEUE rio e o vede, la metamorfosi è completa.
Nella mia esposizione dovrò parlare di parecchie personalità che
sono passate dalla sinistra del movimento rivoluzionario alla destra
della controrivoluzione. Oltre a Struve e Cajkovskij, basterà menzionare Tichomirov — che, dopo aver partecipato alla Narodnaja volja, feso il bolscevismo, ora marcia mano nella mano con le guardie bianche — e la BreSskovskaja — che, dopo essere stata alla sinistra dei
populisti rivoluzionari, ha terminato i suoi giorni inserendosi nel corteo della controrivoluzione borghese. Queste metamorfosi non sono fortuite. Nei caotici dodici anni
(1905-1917) segnati da tre grandi rivoluzioni è stato inevitabile che numerose personalità cambiassero completamente. Sotto la feroce oppressione zarista 1 raggruppamenti e i partiti politici si costituivano con grande difficoltà e le differenziazioni erano confuse. Talvolta sembrava di poter fare tutti fronte unico contro lo zarismo. In quelle condizioni alcuni uomini potevano considerare come
proprio il posto sbagliato, finire per caso in un partito e, nel momento decisivo, passare in un altro. Fu così che numerosi rappresentanti del marxismo legale divennero, in seguito, teorici e dirigenti della controrivoluzione. Le Note critiche di Struve
Eee TNA LO capitalismo in Russia. Egli aveva rafa LUI Co oo lea: populisti: «Voi vaneggiate di uno speciale dipendente. Illusione! Toglietevi gli occhiali e osservate. La Russia si sviluppa, vi sorgono fabbriche e officine e vi appare un proletariato
industriale e urbano. Il capitalismo è inevitabile». |
Su questo punto Struve, come del resto Tugan-Baranovskij, si trovava d'accordo con Lenin e Plechanov. In effetti allora si trattava di mostrare come si stesse costituendo una classe operaia, come || capitalismo fosse in marcia e rappresentasse un fattore di progresso. Questo, noi marxisti l'abbiamo sempre detto e continuiamo a sostenere che il capitalismo rappresenta un progresso sul feudalesimo e sul servaggio. Il capitalismo opprime i lavoratori, li sfrutta e, in un certo senso, li mutila. Ma costruisce fabbriche possenti, elettrifica in-
tere regioni, attiva l'industria rurale, stabilisce vie di comunicazione, spezza il muro della servitù della gleba. In ciò è uno strumento di
progresso.
I marxisti rivoluzionari avevano un duplice compito: da una parte demolire le argomentazioni dei populisti secondo 1 quali 1l capitalismo, un flagello sul tipo della peste, non sarebbe mai riuscito a impiantarsi in Russia; dall'altra cominciare a organizzare la classe opeStruve se la cavava bene con la prima incombenza, ma ignorava completamente la seconda. Egli dimostrava fuori da ogni dubbio l'inevitabilità del capitalismo, poiché questo già esisteva e in un certo senso costituiva un progresso; ma non parlava del nostro compito fonda-
mentale di organizzazione degli operai, di formazione di un partito
proletario e di lotta non solo contro lo zar, ma anche contro la borghesia. Il suo libro terminava con una frase significativa: «Ecco perché
noi riconosciamo la nostra mancanza di cultura e andiamo a scuola dal capitalismo».
cosa sono gli «Amici del Popolo». Anche Lenin attaccava i populisti e annunciava l'avvento del capitalismo, tappa necessaria prima del trionfo della classe operaia, ma al tempo stesso prevedeva che gli avrebbero trascinato al loro seguito i contadini e condotto la Russia alla rivoluzione comunista. Tale la differenza tra Lenin e Struve.
L'oppressione dello zarismo era così forte da spingere verso la
socialdemocrazia uomini come Struve e da far sì che elementi diver-
sissimi si considerassero alleati e si trovassero in qualche modo nel
smo!". Gli altri: "Solleveremo la classe operaia, chiamata a uefa nostante marciavano tutti insieme, come una sola falange, e facevano S3
OZ AO SA ZO I O sviluppo del nostro partito fino al 1905. Plechanov teorico e Lenin politico attivo
Fra le altre pubblicazioni, conviene ricordare il Saggio sullo svilup-
po della concezione monistica della storia di Plechanov (Beltov)!®. SOS ee ER egli attaccò 1 populisti sul terreno filosofico e prese le difese del materialismo in modo particolarmente brillante. Molti professori contemporanei, invece di criticarlo con la presunzione dei saccenti, farebbero meglio a esporre e spiega-
IG all'attuale generazione questo testo cui hanno attinto intere generae anche di tutti gli intellettuali e gli operai marxisti dell'epoca, Plechanov si è dimostrato assai più debole come politico. Tra lui, militante già provvisto d'esperienza, e Lenin, che allora cominciava la sua attività, si stabilì, a partire dal 1895 circa, una sorta di tacita divisione del lavoro. Plechanov, teoricamente preparato, si occupò della lotta filosofica. In questo settore egli è stato e resta un ineguagliabile maestro. Il giovane Lenin, pur interessandosi alla teoria marxista, concentrò fin dagli inizi la propria attenzione soprattutto sulle questioni sociali e politiche, sull'organizzazione del partito e della classe operaia. Così, per un certo tempo, i due uomini si completarono l'un l'altro. Bisogna ricordare ancora Lo sviluppo del capitalismo in Russia che
Lenin scrisse in esilio. In esso egli si rivelò un notevole economista.
Analizzò i rapporti sociali e mostrò con chiarezza e competenza l'incontestabile tendenza capitalistica che vi si era delineata.
Lo scontro tra Lenin e Struve Nel marxismo legale, come abbiamo visto, si possono fin dall'ini-
zio notare due direttrici. Lenin polemizzò con le Note critiche e con altri scritti di Struve nella Rassegna marxista, che andò bruciata e non vide mai la luce — nonostante ciò è stato possibile inserire nelle
sue Opere l'articolo Il contenuto economico del populismo e la sua
Tulin!!. Pur compiendo un tratto di strada al fianco di Struve, Lenin è stato uno dei primi a sentire che non si trattava di un compagno sicu-
ro. Proprio quando Struve era considerato uno dcei più brillanti teorici del marxismo legale, quando non si osava contraddirlo, Lenin lo fece. Già nell'articolo citato rimproverò a Struve un errore molto grave. In sostanza gli disse: "Tu non cogli che un aspetto del fenomeno, vedi che il capitalismo avanza, che scalza la comunità contadina e il servaggio, ma non vedi che per noi, invece di andare alla sua scuola, si tratta di organizzare fin da ora la classe operaia, che saprà abbattere l'autocrazia e si leverà in seguito contro l'onnipotenza del capitale". Insomma, il conflitto tra le due correnti del marxismo legale deri-
vava dalla questione dell'egemonia del proletariato. Si trattava di sapere se il proletariato, in quanto classe, avrebbe diretto la rivoluzio-
ne, se avrebbe combattuto fino a vincere e ad annientare 1] capitali-
smo, oppure se si sarebbe accodato alle altre forze d'opposizione ac-
contentandosi del rovesciamento dell'autocrazia, cioè dell'instaurazione del regime borghese.
Se si dà un'occhiata agli altri paesi, si vede che in Germania, per esempio, 1 partiti borghesi riuscirono a conquistare un gran numero di operai prima che questi ultimi costituissero un proprio partito. Lassalle cominciò a liberare dall'influenza di questi partiti 1 primi strati di proletari che erano riusciti a conquistare, attirandoli nel par-
tito socialista. Quanto è accaduto in Germania non è casuale.
Ovunque la borghesia ha preceduto il proletariato nel campo dell'organizzazione politica; ovunque ha organizzato prima di esso i
suoi partiti, le sue ideologie, la sua stampa e ha cercato di coinvolge-
re una frazione dei lavoratori.
Lo stesso è avvenuto in Russia. Benché la forza politica della bor-
ghesia Vi si sia costituita molto tardi, i primi rivoluzionari operai e i primi circoli che essi formarono furono attirati verso il partito dei populisti, che non era un partito proletario. Lenin dovette, in qualche modo, fare come Lassalle in Germania. Le circostanze, certo, erano diverse, la
lotta ideologica rivestiva altri aspetti, ma in fondo la situazione era per molti aspetti la stessa. Occorreva conquistare i gruppi isolati di operai
con loro un partito proletario.
marxismo legale rappresentarono la trama ideologica sulla quale cominciò a formarsi 1] nostro partito. stra organizzazione.
ge A | partito
Nel Che fare? Lenin scrive Che la fase dal 1884 al 1894 ha corri-
sposto alla gestazione del partito: al oso oo Ot nacquero c si rafforzarono la teoria c il programma della socome partito politico, un processo di sviluppo uterino!2.
Risalgono ad allora i primi instabili circoli, l'inizio delle ag: toli o
l'infanzia e dell'adolescenza del partito, ormai costituito sulla base di
La socialdemocrazia — scrive Lenin — viene alla luce come movimento sociale,
come risveglio delle masse popolari, come partito politico. E il periodo dell'infanzia e dell'adolescenza. Con la rapidità di un'epidemia tra gli intelletttuali si operai e tra gli operai l'entusiasmo generale per gli scioperi. Il movimento fa enormi progressi. La maggior parte dei dirigenti sono giovanissimi, ben lontani dai "trentacinque anni di età" che a N. Michajlovskij pareva una specie di naturale frontiera. In virtù della loro giovinezza, essi si dimostrano impreparati al la-
voro pratico ed escono di scena con sorprendente rapidità. [...] Molti di essi cominciavano a pensare rivoluzionariamente, come la Narodnaja volja. Quasi tutti nella prima giovinezza avevano avuto il culto entusiastico degli eroi del terrori-
smo. La rinunzia all'azione fascinosa esercitata da questa tradizione eroica avve-
niva a prezzo di una lotta interiore e si accompagnava alla rottura con uomini
che volevano restare a ogni costo fedeli alla Narodnaja volja e di cui i giovani socialdemocratici avevano alta stima. La lotta costringeva a studiare, a leggere le
RIO Le LIL pelo [...]. Educati in questa lotta, i socialdeistante" né la teoria del marxismo, che li illuminava di vivida luce, né il {0} 12] o) 110) di rovesciare l'autocrazia!?.
Il numero degli scioperi aumentò rapidamente. Dal 1881 al 1886 non c'erano stati che quaranta scioperi con la partecipazione di 80.000 operai, mentre dal 1895 al 1899 il fenomeno interessò
450.000 operai, vale a dire un numero sei volte più alto. A Pietroburgo il movimento degli scioperi, considerevole nel 1878, si sviluppò sensibilmente verso il 1884 e acquistò proporzioni imponenti
nel 1895, anno in cui l'agitazione del settore tessile coinvolse fino a
10)
Primi circoli operai socialdemocratici a Pietroburgo
Sotto la spinta di questi movimenti cominciarono ad apparire dei circoli socialdemocratici. Il primo fu fondato nel 1887 dal bulgaro Blagoev, studente a Pietroburgo, con la collaborazione di Gerasimov e Charitonov. Questo circolo ebbe un ruolo non inferiore a quello dell'Unione operaia del Nord della Russia di Chalturin. Blagoev, uno dei fondatori della Terza Internazionale e uno dei dirigenti del partito comunista bulgaro, è morto nel 1924. L'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia
Il 1895 fu particolarmente ricco di avvenimenti. Oltre alla pubblicazione di una serie di opere che gettarono le basi teoriche del futuro partito operaio, fu costituita a Pietroburgo l'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia', che divenne il primo comitato regionale del partito. Unioni analoghe si formarono in altre città: nel 1895 a Ivanovo-Voznesensk e nel 1895 a Mosca. Furono le prime grandi organizzazioni socialdemocratiche, le prime pietre dell'edificio del nostro partito.
L'Unione di Pietroburgo contava fra 1 suoi ranghi più di un uomo
importante, tra cui lo stesso Lenin, che la organizzò. Tra i suoi princi-
pali membri N. Krupskaja, che ne fece parte fin dall'inizio, cita G. Kr2Zizanovskij (oggi alla guida del Gosplan'5 e impegnato nell'elettrifi-
cazione del paese), Starkov, Zaporozeè, Vaneev, Martov (più tardi ca-
Zenaide e Sofja Nezvorova, S. Radéenko e Hoffmann. YI FITTO AO) 0a raio dell'officina Obukhovo (ancora vivo, ma sfortunatamente cieco) e
I. Babuskin, operaio della fonderia Alexandrovo (fucilato nel 1905 in Siberia) non appartenevano ufficialmente all'Unione, ma erano in con-
tatto con essa. Lo stesso vale per B. Zinov'ev, operaio dell'officina Putilov (di cui malauguratamente ignoriamo la sorte). Babuskin fu uno
dei primi operai bolscevichi. Lenin nutriva per lui un affetto teo AO OSSEO maggior valore della priI circoli di provincia
Pressappoco nella stessa epoca iniziarono a funzionare in tutta la
Russia innumerevoli circoli, che cercavano di unirsi e che, in molte
città, godevano di influenza considerevole. Nell'opera di Martov, che per 1 nomi possedeva una memoria straordinaria, si trova una lunga lista di dirigenti dei circoli di allora. Citiamo tra gli altri: Krasin a commissariato del Commercio estero); Fedoseev a Vladimir; Melnièkij a Kiev; AlabySev a Rostov sul Don; Goldenbach a Rjazanov: Steklov e Zyperoviè a Odessa; Kremer, Eisenstadt e Kosovskij a Vilna (essi furono 1 fondatori del Bund); Chinéuk a Tula (quest'ultimo, uno dei fondatori del partito, si è avvicinato in seguito ai menscevichi, è stato membro del loro Comitato centrale e primo presidente del soviet menscevico di Mosca, poi è tornato nelle nostre file; adesso dirige la cooperazione).
Oggi, la parola Bund è assai poco conosciuta dagli operai delle nostre città. Ma vi fu un tempo in cui era assai popolare negli ambienti rivoluzionari. Bund in yiddish significa unione. Il Bund era l'Unione degli operai ebrei della Polonia e della Lituania. Fu fondato nel 1897, un anno prima che si svolgesse il congresso di fondazione del nostro partito. La sua origine risale a un forte movimento che si manifestò in Polonia e in Lituania e che, per ragioni particolari, prece-
dette quello di Pietroburgo e di Mosca. Gli operai e gli artigiani ebrei della Polonia subivano allora il duplice giogo dello sfruttamento economico capitalistico e dell'oppressione nazionale. Perciò divennero rivoluzionari e seppero, prima degli altri, costituire un'organizzazione di massa, un'unione, che fu battezzata Bund.
Da quell'organizzazione sono usciti degli eroi, come l'operaio Lekert, che uccise il prefetto di polizia di Vilna, von Whal, e tutta una serie di militanti che hanno collaborato all'organizzazione del partito e
ne sono attualmente membri.
ganizzazione più numerosa e più potente del nostro partito. Ma, in seguito, quando i nostri grandi centri operai di Pietroburgo, Mosca,
Ivanovo-Voznesensk, Orehovo-Zujevo, furono trascinati nella vita poli-
il distaccamento degli operai ebrei, relativamente piccolo, passò in se-
condo piano. In ogni caso dal 1895 al 1900 il Bund fu molto impor-
le organizzatore del congresso del 1898 a Minsk, nella zona dell'impero S8
l'avanguardia del movimento rivoluzionario, la stampa ultrarcazionaria scatenò contro di essi una violenta campagna e, per lunghi anni, non
Ora che siamo diventati un'organizzazione potente, abbiamo un debi-
to di riconoscenza verso quegli operai e artigiani ebrei che, per primi, si lanciarono nella lotta e ci aiutarono a porre le fondamenta del partito. Il primo congresso del partito
Le organizzazioni locali fondamentali erano a quell'epoca, come ab-
biamo detto, le Unioni di lotta per l'emancipazione della classe ope-
raia, presenti a Pietroburgo, Mosca, Ivanovo-Voznesensk, Kiev e in
molte altre città. Il primo congresso del partito riunì nove delegati, in rappresentanza di queste Unioni, del Bund e di gruppi isolati che pubblicavano dei giornali operai. La «Rabocaja Gazeta» («Gazzetta Opebolscevico, il secondo, fino a poco tempo fa, era ancora menscevico). L'Unione di Pietroburgo aveva delegato Radéenko (morto nel 1912 e
il cui fratello milita nel nostro partito); l'Unione di Kiev era rappresentata da Tucapski; l'Unione di Mosca da Vanovskij; quella di Eka-
terinoslav da Petrusevià; 11 Bund da Mutnik, Kremer e Kosovskij (gli ultimi due, che ho conosciuto, sono adesso dei fanatici menscevichi di destra).
Questa la composizione del primo congresso, che dichiarò costituito il partito, elesse un Comitato centrale, designò la redazione dell'or-
gano centrale!’ e lanciò un appello redatto, come ho già detto, da Struve. Mi limiterò a citarne due estratti.
Caratterizzando la situazione internazionale Struve scriveva:
Cinquant'anni or sono, le ondate della rivoluzione del 1848 imperversavano
sull'Europa. Per la prima volta la classe operaia appariva sulla scena come un
potente fattore storico. Per merito suo, la borghesia riusciva ad abolire numerose sopravvivenze feudali. Ma ben presto essa riconobbe nel suo nuovo alleato il suo
nemico più acerrimo e si gettò tra le braccia della reazione abbandonando in ba-
lia di quest'ultima e il proletariato e la causa della libertà. Ma era ao niro lottare per la sua definitiva emancipazione.
Più avanti, descrivendo il tradimento della borghesia internazionale
e lo speciale ruolo della borghesia russa, Struve affermava:
politiche della borghesia, così come la neces. SÉ le questioni culturali c politiche, appaiono
ghe profetiche che, lo si è NICO ESCO ESE EA UTO IT alla sua classe. Sì, più si procede verso Oriente più la borghesia diviene, dal punto di vista politico, debole, paurosa e vile. Questo nesL'economismo
Verso il 1898 cominciarono a delinearsi due correnti sia nella stam-
pa, sia nel movimento operaio e nello stesso partito socialdemocra-
tico, 1] quale d'altronde non era ancora del tutto formato. Una di que-
ste correnti fu battezzata economismo. Il conflitto tra gli economisti e
1 marxisti rivoluzionari è anch'esso essenzialmente una divergenza di vedute sul ruolo e sull'egemonia del proletariato nella rivoluzione. Dopo trent'anni questa questione, in situazioni diverse e sotto forme diverse, è rimasta la pietra di paragone dei rivoluzionari. Nel 1917 ha portato. noi e i menscevichi sui lati opposti della barricata. Nel 1895 non suscitò che una polemica teorica, ma nel 1898-99, fu la causa di
un violento scontro nel partito. Tra gli economisti e i rappresentanti della destra del marxismo legale, futuri fondatori del partito menscevico, esisteva un legame ideologico incontestabile. Tutto si concatena logicamente: dalla destra del marxismo legale si passa naturalmente, attraverso l'economismo, al menscevismo, al liquidatorismo, al socialsciovinismo!'ì e infine alla reazione aperta. Non ci si può in-
gannare impunemente sulla questione dell'egemonia del proletariato. Il primo passo falso porta fatalmente a scivolare nel baratro. Radici dell'economismo
L'economismo apparve intorno al 1895, quando la socialdemocrazia passò dall'attività nei circoli all'agitazione e all'organizzazione tra le masse. Il partito si era costituito sulla base di circoli isolati e poco consistenti di propagandisti. Ma non appena il movimento operaio cominciò a svilupparsi e gli scioperi si diffusero in tutta la Russia, i
rivoluzionari compresero che avevano compiti più vasti, che non po-
tevano accontentarsi della propaganda all'interno di circoli chiusi,
Fao TEO IERI a Tel ao organizzare la classe in quanto tale. Fu proprio in quel momento che nacque l'economismo. La lotta economica e i problemi delle condizioni di esistenza degli
Operai acquistarono un'importanza considerevole. La propaganda, a cui si limitavano i circoli, dovette far spazio all'agitazione, condizio-
ne necessaria del lavoro tra le masse. Sottolineiamo in proposito che tra agitazione e propaganda c'è una
differenza essenziale. Plechanov l'ha colta molto bene: «Dare molte idee a un piccolo numero d'individui significa fare della propaganda; dare una sola idea a un grande numero di persone è fare dell'agita-
zione». Questa definizione è diventata classica.
Nei circoli si faceva della propaganda: davanti ad alcune persone si sviluppavano le idee e tutta una concezione del mondo. Quando venne il periodo dell'agitazione, ci si sforzò al contrario di inculcare in numerosi lavoratori una sola idea fondamentale: quella della sottomissione economica della classe operaia. Una delle prime opere di Lenin fu consacrata alle multe!’ che venivano allora inflitte, per 1 motivi più diversi, agli operai e alle operaie di Pietroburgo. Queste ammende o trattenute esasperavano gli operai, ai quali toglievano un quinto e talvolta un quarto del salario. Parlare delle multe fu perciò un mezzo eccellente per contattare le masse. Non è ca-
suale nemmeno che 1 primi volantini dell'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia, redatti da Lenin — in parte nel corso della sua detenzione preventiva” —, fossero consacrati alla questione dell'ac-
qua bollente per 1] tè o ad altre rivendicazioni direttamente concernenti
gna ed era completamente analfabeta; non si sognava né di protestare, né di organizzarsi contro il padronato. Per suscitare il loro interesse,
per scuoterli dal torpore, era assolutamente necessario parlarle di que-
stioni semplici, elementari. Ecco perché i marxisti si dedicarono tanto ai problemi economici.
Ma, come spesso accade nello sviluppo dei partiti, si produsse a
questo punto una deviazione. Pur sottolineando giustamente l'impor-
tanza del fattore economico, militanti che nei fatti erano dei elio
gni temporanei, i futuri menscevichi, deformarono l'idea della lotta economica. Secondo loro gli operai non dovevano interessarsi ad al-
tro che alle questioni materiali. Tutto il resto non li riguardava, non toccava direttamente, vale a dire delle loro rivendicazioni immediate. e
Certo, in seguito, quando il movimento avesse raggiunto un grado
più elevato di sviluppo, si sarebbe potuto parlar loro apertamente di rovesciare lo zarismo. Ma per il momento non si era che allo stadio sindacale. Di qui la teoria degli stadi formulata dagli cconomisti, come pure la definizione di economisti. Ci si mise a chiamare così non
già gli specialisti di scienza economica, ma quanti sostenevano che Oreto Os: TO Tao pio dell’acqua bollente per 1l tè,
gare la necessità della lotta contro l'autocrazia. L'operaio — dicevano non comprenderà; rivolgendoci in questo momento a lui con la parola d'ordine: Abbasso l'autocrazia!, noi non faremmo che spaventarlo.
concepire una specie di divisione del lavoro secondo la quale la borghesia liberale doveva occuparsi della politica e gli operai della lotta ] rappresentanti dell'economismo
Tra 1 dirigenti di questa tendenza, citerò tra gli altri Prokopoviè”! e la Kuskova”, allora membri della socialdemocrazia e collaboratori
della stampa marxista legale. Come Struve, molti intellettuali radicali, che poi formarono un partito borghese, avevano aderito alla socialdemocrazia o vi gravitavano intorno cercando di farsi passare per
rappresentanti della classe operaia. Prokopoviè e la Kuskova sostenevano che non era opportuno che gli operai si interessassero di
politica, cosa che competeva ai liberali e all'opposizione borghese. salari, la riduzione della giornata lavorativa, ecc. Nella loro lotta contro Plechanov e Lenin, Prokopoviè e la Kuskova si atteggiavano ad amici sinceri degli operai e a rappresentanti della vera linea di classe. Gli autentici amici degli operai, dicevano, siamo noi, gli economisti.
Voi pensate al rovesciamento dello zarismo, alla lotta politica rivolu-
zionaria. Queste non sono cose che riguardino gli operai. Voi volete
TOLLO dei compiti borghesi-democratici. Noi, al contrario, diciamo loro: Per il momento, avete da fare ben altro che occutz ati piuttosto alla vostra acqua bollente, al voInsomma i veri economisti, benché profondamente devoti alla classe
operaia, ne misconoscevano totalmente 1l ruolo dirigente. Quanto agli
OSTIA socialisti, da amici della classe operaia.
La politica degli iskristi?*, avversari dell'economismo, non consi-
Ssteva nell'accantonare le questioni del salario e della giornata lavora-
tiva. Lenin e l'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia volevano elevare i salari e migliorare la sorte degli operai. Ma le loro rivendicazioni non si limitavano a questo. Volevano che gli operai dirigessero lo Stato. "Non vi sono questioni — dicevano — che non
interessino la classe operaia; la questione dell'autocrazia zarista, soprattutto, la tocca direttamente. Ma noi — aggiungevano — siamo per l'egemonia del proletariato e non permetteremo che gli operai
siano trattenuti nella fogna delle piccole rivendicazioni economiche". Così parlavano gli avversari degli economisti. Prokopoviè e la da quelli della «Rabocaja Mysl'» («Il pensiero operaio»), giornale illegale pubblicato nel 1896 a Pietroburgo sotto la direzione di Tachtarev, autore di ricerche storiche sul movimento operaio”. La «Raboéaja Mysl'» esercitava una grande influenza sui circoli pietroburghesi. Con la collaborazione di Lochov Ol'chin e del finlandese
Kok, essa difendeva energicamente il punto di vista di Prokopoviè e Fu Plechanov per primo a scendere in campo contro l'economismo. In un opuscolo intitolato Vademecum attaccò vigorosamente le idee di
Prokopoviè e della Kuskova e colpì duramente la «Raboéaja Mysl'». Dimostrò che quanti volevano limitare l'azione degli operai all'ambito economico e impedire al proletariato di occuparsi di politica non erano
Anche Lenin si levò contro gli economisti. Da un villaggio sperduto
della Siberia (ITermakovskoe), nel quale era esiliato, indirizzò loro una
magnifica risposta, preventivamente sottoposta a un'assemblea di de-
portati politici, che l'approvò e sottoscrisse”. A questo proposito bisogna notare che, contrariamente a Plechanov, Lenin cercò 290) tere organizzato. La sua replica — ] problemi della socialdemocrazia — ne di Aksel'rod, che ora è passato al menscevismo, ma che vent'anni fa
non lesinava elogi a Lenin. Quest'ultimo poneva chiaramente la questione dell'egemonia del proletariato e attaccava su tutta la linea al
economisti, avversari di quest'idea.
Gli cconomisti furono definitivamente battuti intorno al 1902. Ma
tra il 1898 e il 1901 dominarono gli spiriti. La loro dottrina fece
correre un grave pericolo al movimento, dato che era assai seducente
per 1 proletari inesperti e poteva facilmente sviarli. E se Plechanov e
Lenin non l'avessero vigorosamente combattuta, il movimento opceraio sarebbe forse rimasto per lunghi anni sotto l'influenza dell'eco-
L'esempio del marxismo legale e illegale — l'economismo era illegale: perseguitato dallo zarismo, doveva pubblicare la maggior parte dei suoi giornali e dei suoi volantini all'estero — ci fa vedere il modo
in cui la borghesia liberale, che spesso riusciva a infiltrarsi nello stesfluenza. I liberali operavano tanto sul terreno teorico, come Struve (Note critiche) o Tugan-Baranovskij, quanto su quello dell'organizzazione attraverso alcuni economisti che avevano fondato l'Unione estera dei socialdemocratici russi e pubblicavano il «Rabotee Delo»
(«La causa operaia»). Alla redazione del giornale, la cui diffusione era considerevole, collaboravano rappresentanti eminenti del movimento operaio come Martynov (in seguito menscevico dichiarato,
egli di recente si è schierato con noi), Akimov-Machnoveè, Ivan'sin e Kriéevskij. Riparati all'estero, essi avevano creato un centro d'emi-
grati, cosa che non impediva loro di avere in Russia giornali, circoli e comitati illegali. Lavoravano per spingere il movimento operaio a destra, verso una politica moderata, e per educare i lavoratori a curare esclusivamente i propri interessi immediati. L'ideologia del «Raboèee Delo», piuttosto semplice, rappresentava un grande pericolo: gli operai dovevano restare al loro posto, non occuparsi di politica, dedicarsi solamente a migliorare la loro situazione dal punto di vista corporati-
vo, lasciando che i liberali facessero il resto. Queste idee, ovvia-
mente, erano esposte in abile forma e spesso con sincerità, visto che uomini come Martynov, Teplov, Akimov-Machnoveè, o persino Tachtarev, credevano fermamente di essere nel giusto. L'economismo,
arie pericoloso, in quanto poteva sedurre le masSURANO consideravano un rimedio alla propria penosa situazione materiale. Se fosse riuscito a prevalere, forse la rivoluzione sarebbe avvenuta con molto ritardo e il proletariato non
avrebbe potuto svolgervi un ruolo indipendente.
Il ruolo della classe operaia secondo l'economismo e secondo il bolscevismo
Per fortuna l'autocrazia non era in grado, anche se ne avesse compreso la necessità, di fornire un considerevole appoggio alla tendenza economista del movimento operaio. Per l'economismo impiantarsi profondamente in Russia era impossibile. Infatti lo zarismo e la sua polizia non facevano certo complimenti con gli scioperanti. Un pa-
drone, se gli operai avessero scioperato, non aveva che da fare una telefonata e immediatamente il governo inviava una compagnia di cosacchi o un battaglione di fanteria per ridurre alla ragione gli insubordinati. Lo zarismo non poteva agire altrimenti. Così per ogni operaio in sciopero non solo era inevitabile, ma evidente il legame tra lotta economica e lotta politica. Gli economisti non riconoscevano 1] ruolo dirigente del proletaria-
to. Ci dicevano: "Che cosa è insomma, a vostro avviso, la classe operaia? Un messia?". Rispondevamo: "Certo le parole messia e messianesimo non ci sono gradite, ma accettiamo il senso che si dà a esse.
da perdere all'infuori delle loro catene; non possiedono nulla, vendono il proprio lavoro. Perciò essi soli sono interessati alla ricostruzione della società su nuove basi, essi soli sono capaci di trascinare al
sioni un po' mistiche quali messia e messianesimo, alle quali prefe-
riamo l'espressione scientifica egemonia del proletariato, intendendo con essa che 1l proletariato non si accontenta di un aumento di salario
o di una qualsiasi riduzione della giornata lavorativa e proclama invece: Sono la guida. Produco ricchezze per il capitale. Ma LASA mo ha decretato con me la sua fine. Per ora lavoro a suo profitto co-
me uno schiavo che affitta, ma verrà il giorno in cui ELE saranno espropriati e la classe operaia s'impadronirà del potere”. L'egemonia del proletariato equivale al potere ai soviet
che trascina al suo seguito i contadini. Potere ai soviet, potere alla classe operaia, ecco la deduzione logica dell'idea dell'egemonia del proletariato. Questa parola d'ordine è stata elaborata nel corso deoli
anni, attraverso innumerevoli esperienze, durante una lotta A 65
non solo contro l'autocrazia e i cadetti, ma anche contro la ere gloiti nomismo e infine contro il menscevismo.
del bolscevismo, uno degli elementi essenziali della sua struttura portante. Ogni comunista cosciente deve studiarla se vuole comprendere la storia del nostro partito.
i
Il movimento sociale contro lo zarismo,
l'«Iskra» e la divisione dai menscevichi
Rei tool considerazione il periodo dal
1898 al 1903, vale a dire dal primo al secondo congresso del partito.
È il preludio della rivoluzione del 1905.
Il movimento studentesco Ho parlato fin qui della formazione della classe operaia e della
costituzione del partito. Mi soffermerò ora su alcuni altri fenomeni e
I disordini studenteschi precedettero l'apparizione del movimento
operaio di massa e i grandi scioperi rivoluzionari. Verso il 1895 ope-
della simpatia, non solo degli studenti, ma di tutta la società liberale.
Nei primi anni del XX secolo il governo zarista iniziò a perseguitare sistematicamente gli studenti, che passarono in gran numero all'op-
posizione e al partito socialista-rivoluzionario. Il movimento studen-
tesco assunse un carattere politico definito, elevandosi a un livello
superiore. In quanto movimento organizzato, esso non apparve che dopo il movimento operaio, del quale rappresentava in un certo senso
un riflesso e del quale subiva fortemente l'influenza. Tuttavia è giusto dire che per qualche tempo contribuì notevolmente allo sviluppo
sinonimo di rivoluzionario. A quell'epoca, infatti, la maggioranza degli studenti delle scuole superiori si pronunciava per la rivoluzione o per lo meno si schierava all'opposizione e sosteneva il movimento degli operai. Riesce difficile crederlo, dal momento che nel corso de-
denti dall'altra parte della barricata. Nel 1923 la situazione è mutata: tra gli studenti tira un'aria diversa.
L'evoluzione degli studenti
Alla luce dei fatti sembrerebbe che l'evoluzione degli studenti sia
avvenuta secondo lo schema della dialettica hegeliana. Dapprima, gli studenti sono stati nel loro insieme rivoluzionari e hanno sostenuto gli
operai: è la tesi. Dal 1917 al 1920 abbiamo l'antitesi: il movimento
studentesco è stato contro la classe operaia e la rivoluzione. Oggi infine osserviamo la sintesi: una parte importante degli studenti sembra comprendere 1 suoi doveri verso i lavoratori e si lega a poco a poco alla rivoluzione. Però bisogna evitare un'eccessiva semplificazione e ricordare che sul movimento studentesco hanno influito svariati fattori. La prima fase comprende gli ultimi anni del XIX secolo e i primi del XX. Gli studenti sostenevano in massa il movimento operaio. L'autocrazia li considerava, a ragione, come 1 suoi nemici più pericolosi e, quando essi passarono dalla teoria all'azione, il governo cominciò a intervenire contro di loro. Il movimento studentesco era impregnato di spirito rivoluzionario.
All'epoca di Vanovskij e di Pleve! la richiesta dell'autonomia uni versitaria era una rivendicazione radicale e come tale meritava di essere sostenuta. Ai nostri giorni la parola accademismo designa la subdola opposizione dei professori e degli studenti più o meno reazionari nei conun'azione contro l'autocrazia zarista. La gioventù studentesca, stretta-
mente legata agli ambienti liberali e democratici, cercava una forza ca-
eee EIA l'autocrazia. E via via si rese conto che questa forza era il proletariato. Ecco perché sostenne too reo To Lotta dello zarismo contro il movimento degli studenti
Il governo zarista, vedendo che gli studenti si avvicinavano agli operai, li subissò di rappresaglie. La più stupida misura presa contro
plici. Gli studenti venivano arrestati a decine ce a centinaia nelle ma-
nifestazioni pubbliche o nelle riunioni. Era come versare olio sul fuc» co. Il movimento si allargava, cresceva e nello stesso tempo coloro Che erano inviati nelle caserme vi fomentavano il malcontento con la
loro propaganda. Il terrorismo si sviluppò considerevolmente ed ebbero luogo numerosi attentati. Lo studente Karpovié sparò un colpo di revolver contro il ministro dell'Istruzione pubblica Bogolepov; poi Lagovskij cercò di uccidere Pobedono3tev. Bogolepov fu rimpiazzato dal generale Vanovskij, che si presentò con un programma di «cordiale sollecitudine», che secondo gli studenti faceva solo ridere.
Gli studenti e i socialisti-rivoluzionari
Gli studenti terroristi che si legarono agli s-r avevano fatto parte per lo più del partito socialdemocratico. Grazie alla tattica terroristica, gli s-r attirarono due gruppi: da una parte uomini di grande coraggio e d'assoluta sincerità, come Bal'ma$&év?, Karpoviè e Sasonov, spinti verSO il terrorismo da uno slancio impulsivo e dal desiderio di supplire alle carenze del movimento operaio con l'azione individuale; dall'altra gente come Savinkov”, predisposta alle avventure e che, coscientemen-
te o no, erano già più o meno ostili al movimento operaio — anche se per un certo tempo Savinkov si considerò socialdemocratico.
La posizione dei socialdemocratici verso il movimento studentesco
La socialdemocrazia affrontò il problema dell'atteggiamento da te-
nere nei confronti del movimento studentesco. Gli economisti EI ralmente trascurarono quel movimento che, essendo 1 o lito oO OI politica, la sinistra
socialdemocratica rivoluzionaria, con Lenin e i futuri membri dell'«Iskra», ne apprezzarono tutto il valore.
Certo Lenin e i suoi compagni capivano che il movimento Sei
certo punto gli studenti avrebbero voltato le SL ui Sapevano che la maggior parte degli studenti era di famiglia agiata e
la libertà politica e per l'instaurazione della democrazia LINA
sostenevano che la classe operaia, forza motrice della rivoluzione, no disposti a lottare contro l'autocrazia. Da autentici marxisti rivolu-
zionari comprendevano che occorreva trarre vantaggio da ogni situazione. Gli studenti erano contro lo zarismo, bisognava utilizzarli, trascinarli al seguito della classe operaia, guidarli, indirizzare 1 loro colpi contro 1 bastioni dell'autocrazia.
I marxisti rivoluzionari e gli studenti
Perciò, lungi dal trascurare gli studenti, i futuri bolscevichi accor-
darono molta attenzione al loro movimento. È un fatto Lei
per comprendere alcune particolarità del bolscevismo. Nel periodo
prerivoluzionario i bolscevichi si sentirono Jolla l'interesse eccessivo che rivolgevano ai liberali e all'opposizione borghese: studenti, zemstvo‘, Unione di liberazione, ecc. I menscevichi
sfruttavano il nostro atteggiamento e posavano a unici veri difensori
del proletariato. Non abbiamo nulla a che vedere — dicevano — con le
rivendicazioni delle assemblee provinciali o degli studenti. La nostra causa è puramente operaia, il movimento operaio è l'unico che ci interessi. Frequentemente essi accusarono Lenin di avvicinarsi troppo all'opposizione borghese, ai liberali, agli studenti. La tattica dei bolscevichi verso gli studenti Se 1l bolscevismo, fin dalla sua nascita, s'interessò a ogni minima manifestazione di opposizione allo zarismo, se tese la mano a qualsiasi gruppo a patto che operasse contro l'autocrazia, non fu certo per adattare il proprio programma a quello dei liberali borghesi. Nella tattica restò fedele ai principi su cui era nato. Sostenendo apertamen-
te il programma massimo, cioè il rovesciamento della borghesia, il bolscevismo sapeva che, per realizzarlo, occorreva prima di tutto abbattere lo zar e, a questo fine, utilizzare ogni corrente ostile all'autocrazia. Perciò, attribuendo alla classe operaia 1] ruolo dirigente, i bolscevichi dichiaravano che i lavoratori, lungi dal trascurare il movi-
luppo. D'altronde ciò non impediva ai ob vau stessi di mettere in
RISE nori noli eo "Attenti — dicevano — oggi gli studenti vi sostengono; oggi i liberali attaccano lo zar. Ma
domani, rovesciato lo zar, si rivolgeranno contro di voi, poiché avranno ottenuto ciò che vogliono: la libertà politica".
Dunque il bolscevismo aveva un doppio problema da risolvere: da
un lato costituire un partito di classe per condurre la lotta fino alla vittoria completa del socialismo; dall'altro utilizzare ogni forza diretta contro lo zarismo, in particolare gli studenti, 1 liberali, l'opposizione borghese. Intorno al 1898 si sviluppò una nettissima differenza d'atteggiamento nei confronti degli studenti tra gli economisti (1 futuri menscevichi)® e 1 sostenitori della lotta politica (1 futuri bolscevichi).
L'Unione di liberazione e l'Unione dei socialisti-rivoluzionari In quel momento, d'altra parte, il movimento liberale cominciava a manifestarsi anche in altri ambienti. Si stava formando l'Unione di li-
berazione. La capeggiavano Miljukov, la Kuskova, Struve, Prokopovièé, Boguèarskij e altri uomini politici, i quali, ex socialdemocratici, avevano forti collegamenti con 1 liberali. L'Unione degli s-r si costituì negli ultimi anni del XIX secolo. Queste due forze, nel primo periodo della loro esistenza, attrassero nelle loro file una parte degli elementi che fino a quel momento avevano simpatizzato per la socialdemocrazia. Comunque il movimento operaio cresceva assai rapidamente. Il numero degli scioperanti aumentava. A partire dal 1895 circa, in una serie di città si cominciò a festeggiare il 1° maggio e la celebrazione
di questa giornata dei lavoratori guadagnò di anno in anno maggiore diffusione. Il movimento si sviluppava insomma contro gli economisti, che se ne misero penosamente a rimorchio, rappresentando la retroguardia, 1 ritardatari. Non per nulla Lenin, nel Che fare?, li ha chiamati codisti e Plechanov, nel suo Vademecum, ha scritto che vedevano solo «le chiappe del movimento operaio». Agitazione operaia a Pietroburgo e in altre città
Il movimento operaio, una volta iniziato, si sviluppò rapidamente,
coinvolgendo una massa sempre più numerosa. Il 1901 fu un anno
particolarmente turbolento, soprattutto a Pietroburgo, dove l'efferve-
scenza rivoluzionaria, a dispetto degli economisti e del loro |a ma, cresceva di giorno in giorno. In occasione del primo maggio, sommosse violente scoppiarono nel quartiere di DANESE
Obukhovo, provocò a sua volta dei disordini, sfociati in una ei: fait 71
in piena regola con la polizia c l'esercito. Questo cpisodio, che fu
chiamato «la difesa di Obukhovo» c al quale parteciparono diverse vestì un carattere particolarmente accanito a Pietroburgo, fu accesa
anche a Mosca e a Kiev, dove studenti e operai scesero in strada per
inviate da operai e operaie ai giornali illegali. Ecco quanto scrisse Non sapete quanto ciò ha addolorato me e tutti quanti. Ah! quanto avremmo de-
siderato andare fino alla Prospettiva Nevskij o in pieno centro! È così triste mo-
rire come cani, in un angolo, senza che nessuno vi veda [...]. Per questo voglio tutti, terremo duro. '
In un'altra lettera, firmata B., si legge:
see OLE a IS A prossima volta avremo anche una bandiera e ci procureremo delle pistole.
Lenin e il suo gruppo fecero tutto quello che potevano per portare alla luce queste lettere; se ne servirono nella lotta contro gli economisti e le pubblicarono per provare che gli operai d'avanguardia non volevano solo aumenti di salario, che erano coscienti della necessità
polizia zarista. Fu con grande gioia che Lenin fece stampare il seguente brano di un operaio del sobborgo della capitale: L'ho mostrato [il primo numero dell'«Iskra»] a molti compagni, e ce lo strappavamo di mano. Mi piace molto di più che la «Mysl'», benché non contenga nulla
che ci riguardi direttamente. Nell'«Iskra», almeno, si parla della nostra causa,
della causa di tutta la Russia, che non si può valutare in copechié o ridurre a ore
scintilla per provocare l'incendio. Ah! come è detto bene: Dalla scintilla scatu-
rirà la fiamma7?. Un tempo uno sciopero era un avvenimento. Oggi tutti vedono che non è niente: adesso occorre impadronirsi della libertà, conquistarla a rischio
SIE OO ici O Se assicurazione, di circoli, e
Fu allora che nacque l'«Iskra» (la «Scintilla»), che, fin dall'inizio,
su queste dichiarazioni dei lavoratori per dimostrare che gli operai d'avanguardia non si limitavano più alla lotta economica, che volevano imparare a battersi e rovesciare l'autocrazia con le armi, che in altre parole volevano la costituzione di un vero partito rivoluzionario in grado di aiutare la classe operaia a svolgere 1l suo ruolo di guida nella lotta rivoluzionaria. Lenin, che era stato condannato alla deportazione, dopo aver sconta-
to la pena ritornò dalla Siberia con Martov, Potresov e altri militanti
che condividevano le sue idee. A Pietroburgo egli e 1 suoi amici ebbero dei contatti con Vera Ivanovna Zasuliè?, che aveva partecipato alla fon-
dazione del Gruppo dell'Emancipazione del Lavoro, con il quale d'altronde Lenin era già stato in rapporto”. Mentre era deportato, egli aveva
avuto l'idea di fondare un giornale per tutta la Russia e aveva comuni-
cato il suo piano a Martov e a Potresov!’. In Siberia aveva anche inizia-
to a combattere l'economismo. Al ritorno nella capitale, cominciò a raccogliere dei simpatizzanti. Ne trovò in tutte le città in cui si svilupaveva fondato nel 1895 l'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia. Entrò pure in contatto con gli operai di Mosca. D'accordo con Martov e Potresov, arrivò alla conclusione che, per combattere efficacemente gli economisti e costituire un partito proletario rivoluzionario, fosse necessario fondare un giornale politico per tutta la Russia. Poco dopo, nel 1900, ebbe luogo a Pskov una conferenza clandestina alla quale parteciparono Lenin, Martov, Potresov e due militanti
locali: Stepan e Lubov Radtenko. Arrivarono anche Struve e fuit
Baranovskij. Essi si proponevano di fondare un organo liberale borghese, l'«Osvobozdenie» («Liberazione»)!! e, dato che non volevano rompere con il movimento operaio, cercavano di realizzare una sorta
di coalizione tra 1 liberali e i socialdemocratici in clandestinità.
Alla conferenza!’ si decise di pubblicare l'«Iskra» e Lenin si trasferì con Potresov all'estero per organizzare la redazione e affrontare
gli aspetti logistici dell'operazione. Nel dicembre 1900 apparve a Monaco il primo numero. L'«Iskra» ha svolto un ruolo importante nella storia della rivoluzione e in quella del partito. Questo giornale è stato la guida spirituale di tutta una generazione e ha contribuito considerevolmente all'organizzazione politica e al consolidamento del
Nella situazione di allora un giornale panrusso, edito regolarmente all'estero e al riparo da persecuzioni giudiziarie, aveva una grande
importanza. In Russia i fogli locali e i circoli rivoluzionari venivano chiusi da un momento all'altro. I nuovi circoli che sorgevano non potevano approfittare dell'esperienza dei vecchi, 1 cui membri erano stati tutti arrestati. Occorreva un giornale che fungesse da centro ideologico e permettesse di conservare la tradizione rivoluzionaria. Il giornale panrusso concepito da Lenin doveva dare parole d'ordine comuni a tutto il movimento, raggruppare 1 militanti e servire da nucleo per l'organizzazione di un partito illegale. Perciò l'esistenza di una pubblicazione regolare, che godesse di autorità e alla quale ciascun gruppo o cellula potesse rivolgersi in qualsiasi momento, rivestiva un'importanza fondamentale. Ruolo dell'«Iskra»
Il ruolo dell'«Iskra» non fu minore, forse fu addirittura maggiore di quello della «Zviezdà» (la «Stella») e della «Pravda» nel 1910-1912. Come la «Pravda» nel periodo prerivoluzionario, ma su scala minore,
l'«Iskra» mise in moto tutto uno strato di operai e di rivoluzionari. La «Pravda» formò una generazione di pravdisti, l'«Iskra» una generazione di iskristi. Evidentemente tra questi giornali c'è una differenza. La «Zviezdà» e la «Pravda» sono state pubblicazioni legali, 1 cui fini principali erano l'agitazione e la propaganda. Nondimeno hanno avuto un'immensa importanza e, in un'epoca diversa da quella dell'«Iskra,» hanno contribuito largamente all'organizzazione del proletariato. L'«Iskra» fu diretta da Plechanov, Lenin, Martov, Aksel'rod, Potresov e dalla Zasulié!*. Di questi sei militanti, cinque divennero in seguito menscevichi. Ma Lenin svolse un ruolo preponderante. Infatti i] giorna-
le fu presto, e a giusto titolo, qualificato come organo leninista.
Orientamento e idee dell'«Iskra» Innanzitutto l'«Iskra» avviò una campagna contro gli economisti, che tentavano di mutilare il movimento operaio. Essa ridicolizzò il
loro disegno di restringerlo alle rivendicazioni economiche pacifiche. La sua idea portante era l'egemonia del proletariato e affermava che quest'ultimo sarebbe stato la classe liberatrice, la forza fondamentale della rivoluzione.
Poi l'«Iskra» intraprese la lotta contro i socialisti-rivoluzionari, che
dal 1901 cominciò a chiamare socialreazionari. A oe 74
non erano ancora conosciuti se non per i loro atti terroristici ed era
difficile cogliere il carattere conservatore del loro partito. Ma Lenin e 1 redattori dell'«Iskra», acutamente, avevano già scorto in essi i futuri rappresentanti dei Kulaki piccolo-borghesi!5. La campagna dell'«Iskra» provocò la collera dei populisti e di un certo numero di operai, i quali ritenevano che bisognasse fare fronte unico contro l'autocrazia senza polemizzare. Gli operai sostenevano che tutti 1 rivoluzionari, indipendentemente dai partiti e dalle divergenze di opinioni, dovessero unirsi per combattere lo zarismo. Perciò l'«Iskra» doveva agire con una doppia tattica: da una parte utilizzare e raggruppare sotto la guida degli operai tutte le correnti di opposizione più o meno rivoluzionarie — studenti, liberali, zemstvo e s-r —, dall'altra lottare contro i liberali e gli s-r per smascherarne l'ideologia piccolo-borghese e porre le basi di un partito proletario indipendente. Infine l'«Iskra» lanciò il piano per creare un'organizzazione politica centralizzata del proletariato di tutta la Russia. Attività pubblicistica e pratica dell'«Iskra» Ai nostri giorni l'idea di un'organizzazione del genere sembra elementare. Ma nel 1900-1901 1 rivoluzionari erano abituati a chiudersi
in cerchie ristrette, senza considerare l'idea di un'organizzazione pan-
russa, di cui non comprendevano l'utilità, così come non erano in
grado di calcolare quanta energia richiedesse. L'idea di un partito centralizzato, di un'organizzazione proletaria panrussa, era nuova e molto difficile da fare accettare e da realizzare. Il giornale non si accontentò di divulgarla sulle sue colonne: creò un gruppo speciale — gli 1skristi — al quale parteciparono tra i cento e i centocinquanta rivoluzionari più attivi, per realizzare il piano che Lenin e Plechanov sviluppavano sull'«Iskra».
L'«Osvobozdenie» e l'«Iskra» Va detto che agli inizi c'erano anche elementi abbastanza esterni all'ambiente operaio. Infatti era necessario utilizzare anche i liberali e 1 socialisti-rivoluzionari.
torno all'«Iskra». Perfino il principe Obolenskij collaborò con i socialdemocratici. Nel 1902, un anno dopo la sua fondazione, l'«Iskra» in-
nalzò del tutto la sua bandiera politica e sostenne con forza l'idea dell'egemonia del proletariato. Obolenskij, da Orel, scrisse allora al gior-
nale: «Credo che sia giunto il momento di rinunciare all'egemonia del
movimento di liberazione». Incamminatosi su questa strada, egli non tardò a rompere con l'«Iskra». Il suo allontanamento segnò la rottura
dell'ultimo legame ancora esistente con i rivoluzionari liberali, che
inizialmente avevano sperato di fare blocco con gli iskristi.
me Struve, Tugan-Baranovskij e il principe Obolenskij avessero operato così a lungo attorno al partito operaio. Oggi può sembrare incomprensibile, ma era un fenomeno inevitabile. E Lenin ebbe perfet-
tamente ragione a utilizzare, per tutto il tempo necessario, Struve, Tugan-Baranovskij e Obolenskij. Bisogna — diceva — trarre profitto da tutti e Obolenskij può rendere dei servigi. La classe operaia era fuorilegge e costretta a nascondersi, i suoi agitatori e propagandisti
non avevano alcuna protezione ed erano senza un soldo. Al contrario
1 liberali, che a modo loro odiavano lo zarismo, potevano vantare numerosi contatti con l'ambiente ufficiale. Era dunque razionale servirsene, fin tanto che se ne poteva ricavare qualche cosa!é. Ma, se è interessante che personaggi come Obolenskij abbiano partecipato al nostro partito, ancora di più lo è la loro rottura con esso. Per quale motivo si verificò questa rottura? Forse a causa di divergenva: «Credo che sia giunto il momento di rinunciare all'egemonia del
movimento di liberazione». In altre parole: neo Rari cino alla direzione della rivoluzione; non devono esserne che una for-
za ausiliaria. Tirino il carro; saranno 1 signori liberali a tenere in mano mento.
Quando Obolenskij, Struve e soci capirono che l'«Iskra» non avrebbe assecondato i loro piani dichiararono: "Ebbene, ce ne andiamo". A
Lenin e ai suoi amici non rimaneva altro che augurar loro buon viaggio.
Successo e influenza dell'«Iskra» L'«Iskra», sia come organizzazione, sia come giornale, riuscì a
conquistare i comitati operai in numerose città, soprattutto a Pietro-
1902, ebbe una grande influenza. Esso fornì il bilancio di due anni di 76
marxisti militanti. Nel 1903, viste le deduzioni che se ne ricavavano,
1! menscevichi cominciarono a criticare il libro di Lenin. L'idea principale del Che fare ? era la stessa dell'«Iskra»: l'egemonia del proletariato. Inoltre l'autore vi sollevava con forza la questione del primitivismo e dei rivoluzionari di professione.
Il primitivismo
se stessi. Egli criticava e scherniva quei rivoluzionari che si felicitavano dell'esistenza di un circolo in una città, di due circoli nell'altra.
"Tutto questo — diceva — è dilettantismo e dispersione. Quello che ci
occorre è un lavoro rivoluzionario impostato sulla scala della grande
produzione industriale. Bisogna farla finita con il primitivismo e la dispersione. Negli anni in cui non si poteva fare altro, erano un bene. Ma oggi la massa è in fermento, gli operai e le operaie ci scrivono che vogliono la lotta, chiedono che si insegni loro a intraprendere la lotta. Negli scioperi, come in quelli del settore tessile, si vedono trentamila uomini in movimento; il quartiere di Viborg è teatro di vere battaglie; gli studenti stessi, 1 figli di papà, scendono a migliaia nelle strade e sì battono disarmati contro la polizia a cavallo. Limitare la propria azione ai circoli significa occuparsi dei dettagli, delle piccolezze, mentre ci oc-
corre un movimento che tocchi le fabbriche. Quello di cui abbiamo bi-
sogno è un partito panrusso organizzato secondo la divisione del lavoro, per cui ciascuno abbia 1 suoi compiti e sappia quello che deve fare". Fu soprattutto su questa «divisione del lavoro» che la destra attaccò Lenin, al quale rimproverava di voler trasformare i rivoluzionari in ingranaggi incoscienti e di sminuirne così la missione. Ma Lenin ri-
spondeva con ragione che compiere la propria funzione di ingranaggio
di un grande partito rivoluzionario che persegue fini mondiali, non si-
gnifica affatto perdere valore. E chiedeva la formazione di un gruppo,
per così dire di una corporazione, di rivoluzionari di professione, cioè di elementi la cui sola occupazione fosse lavorare per la rivoluzione. I rivoluzionari di professione
Per anni anche 1 menscevichi avversarono l'idea di Se
mando che i rivoluzionari di professione sarebbero diventati una casta chiusa, che si sarebbe progressivamente staccata dalle masse e sa-
rebbe degenerata in un clan di cospiratori. Lenin rispondeva con una semplicissima verità. Contro di noi, diceva, abbiamo il colosso del-
l'autocrazia, con il suo apparato cresciuto nel corso di tre sccoli di
rato, al contrario, è ancora ai LoL OS ATA TOS LAI I il la massa dei lavoratori, riunire in una sola grande fiamma i fuochi
midabile, quasi prodigioso. A questo fine è indispensabile che raggruppiamo degli uomini veramente devoti alla classe operaia in una organizzazione di rivoluzionari di professione, vale a dire di elementi che non si occupino che di servire la rivoluzione e che, grazie a una razionale divisione del lavoro, sappiano, nell'illegalità, nelle circostanze più difficili, destreggiarsi da esperti nelle manovre tattiche e Importanza del lavoro dei rivoluzionari di professione Lenin condusse dure battaglie per far trionfare la sua idea dell'organizzazione dei rivoluzionari di professione. Quest'idea com-
pletamente nuova sembrava a molti frutto di un delirio. Ma Lenin
aveva visto giusto e la realizzazione del suo piano ebbe le migliori conseguenze per 1] partito. Infatti è dal gruppo dei rivoluzionari di professione, fondato una ventina d'anni fa, che sono usciti quasi inte-
ramente 1 quadri dirigenti del partito e anche dello Stato. I vecchi militanti del partito comunista russo sono molto pochi (soltanto 10.000 dei nostri attuali membri hanno aderito prima del 1917), ma, grazie
alla loro esperienza rivoluzionaria, godono di un prestigio e di un'autorità considerevoli e costituiscono il cemento che salda la nostra or-
ganizzazione in un blocco compatto. Questi diecimila uomini sono la cessato di combattere per la rivoluzione. Gettati in prigione, essi ri-
UA: et liberati, l'attività rivoluzionaria, come l'operaio Le pagine del Che fare?, consacrate all'organizzazione dei rivoluzionari di professione, ebbero una grande influenza. Un membro del zione dei rivoluzionari di professione e la lotta contro il primitivi-
guardo al movimento sO eo LI secolo: «Spesso mi sor-
prendevo a pensare che sarebbe bello assomigliare, magari anche so-
lo da lontano, a questo rivoluzionario ideale descritto da Lenin nel
Che fare ?». Dopo aver letto questo testo i migliori menscevichi, per
quanto avversari di Lenin, non poterono esimersi dal riconoscere la grandiosa e vivificante verità rivoluzionaria che emanava dalle sue
Distruzione dell'organizzazione dell'«Iskra» a Kiev
Nel frattempo l'organizzazione dell'«Iskra» continuava a crescere. Rendendosi conto che stava diventando il più influente focolaio rivoluzionario e che stava risvegliando il movimento di opposizione, il governo zarista la colpì con una serie di misure repressive. Nel febbraio 1901 a Kiev, importante centro dell'«Iskra», le autorità distrussero l'organizzazione e ne arrestarono 1 dirigenti. Tra questi ultimi citerò Baumann (militante risoluto, ucciso nel 1905 a Mosca), V. Krokhmal (più tardi menscevico accanito, presidente del pre-parlamento disperso nelle giornate di Ottobre, più volte arrestato a Pietrogrado dalla nostra GPU! per la sua attività controrivoluzionaria), Basovskij (scomparso dalla scena rivoluzionaria), Radcenko (da poco deceduto e di cui ho già parlato), Litvinov (attualmente vice-
commissario agli affari esteri) e Piatnitskij (che oggi lavora nell'Internazionale)”.
Come si vede, a quell'epoca l'«Iskra» raggruppava uomini tra i quali il bolscevismo ha trovato i suoi migliori dirigenti e il menscevismo alcuni dei suoi più importanti rappresentanti.
Nell'aprile del 1902 si tentò nuovamente di riunire una conferenza panrussa del partito. A Bielostok si svolse una conferenza, che riuscì turi menscevichi, con Dan.
Il 4 aprile 1902 Bal'ma$év uccise Sipjagin, che fu rimpiazzato da
Pleve. Il movimento studentesco — che sì UE: teo: sene e a deviare verso il socialismo-rivoluzionario — era al suo apo-
sO TON STO SOS n OT allora che ebbe
luogo la famosa manifestazione operaia di NiZnij-Novgorod, nella
quale furono arrestati numerosi compagni e alla NEGA e de processo in cui furono implicati tra gli altri Zalomov e Denisov All'udienza Denisov, attualmente uno dei membri più anziani del no-
stro partito, pronunciò un discorso veramente eroico, che fu com-
mentato con entusiasmo dalla popolazione di Niznij-Novgorod e in
Avvenimenti di Rostov
Nel novembre 1902 si verificarono gli avvenimenti di Rostov. Per
Russia. In novembre scoppiò a Rostov un possente movimento di ca-
{get Seolo en eo poi politico. Si radunarono quasi 40.000 persone e la polizia non riuscì a disperderle. Nel giro di qualche giorno seguirono innumerevoli comizi, nel corso dei quali i manifestanti pronunciarono infiammati discorsi ispirati dall'«Iskra». L'agitazione era diretta dall'operaio bolscevico I. Stavskij e dal compagno Gusev
nomisti. I tumulti di NiZznij-Novgorod, dello stabilimento Obukhovo,
che non ebbero nulla a che fare con l'economismo e che confermarono il ruolo rivoluzionario degli operai.
Su tutti questi fatti si basò la preparazione del secondo congresso del nostro partito. l'«Iskra» fondò 1l suo Comitato di organizzazione che, a dire il vero, fu
il primo Comitato centrale’!. Esso comprendeva KrZizanovskij, la Alexandrova (poi menscevica), Lengnik (che lavora adesso alla Commissione centrale di controllo), Krasikov (uno dei principali collaboratori del commissariato della Giustizia), Kkrasnuca, che rappresentava il comitato pietroburghese, Levin, delegato dell'organizzazione
Operaio del Sud, Rosanov (arrestato nel 1920 per l'affare del Centro
nazionale”) e infine Portnoi, rappresentante del Bund. La maggior par-
OOO ILA O POI bolscevichi, erano legati a Lenin, che dirigeva dall'estero l'organizzazione del lavoro.
Progetto di programma del partito
Il Comitato di organizzazione doveva convocare un congresso pan-
russo che stabilisse le basi programmatiche del partito fondandosi su 80
Un testo elaborato dall'«Iskra». Quest'ultima pubblicò un progetto di programma in collaborazione con la redazione della «Zarja», organo teorico edito all'estero dal gruppo di Plechanov e Lenin. Una precedente stesura era stato redatta a Monaco con la collaborazione di tutta la redazione dell'«Iskra». All'inizio Lenin e Plechanov cbbero delle divergenze, ma raggiunsero un accordo e al secondo congresso sostennero le stesse idee su tutte le questioni programmatiche. Gran parte di quel testo” è stata accolta nell'attuale programma del PCR -— la parte teorica dedicata allo sviluppo del capitalismo, alla concentrazione del capitale, alla formazione del proletariato e alla presa del potere. Il progetto fu pronto verso il 1903° c il Comitato d'organizzazione convocò il congresso. Nel frattempo brillavano qua e là lampi di lotta rivoluzionaria. Nel 1902 scoppiarono una serie di disordini rurali nel governatorato di Saratov, duramente repressi da Stolypin. Essi dimostrarono che la massa contadina cominciava a risvegliarsi e a seguire l'esempio della classe operaia, che aveva messo in moto gli studenti e la borghesia liberale. Inoltre alcuni terroristi isolati, come Karpovié, Bal'maîéyv e Hirsch Lekert, sparavano sui rappresentanti dell'amministrazione zarista. In molte città avvennero scontri tra manifestanti e polizia. Il secondo congresso del partito
Il secondo congresso del partito si svolse in un'atmosfera burrascosa.
Iniziò a Bruxelles e terminò a Londra, a causa degli ostacoli posti dalle autorità belghe. Riunì una sessantina di delegati, di cui quarantotto con voto deliberativo. Citiamo tra gli altri: Sotman, del comitato di tiro
burgo (attualmente nella comune della Carelia), OE OO economista, collocata alla destra dello stesso ZIONE o
comitato di Mosca; l'Unione del Nord della Russia aveva come ZI
morta nel 1921) e Stopani, attivo bolscevico, promotore del movimento operaio a Baku; il comitato di Ufa era rappresentato da Machlin I
(fratello di Lenin, ancora militante del partito), quello di Odessa da
Zemliacka, quello del Don da Gusev (riu Na Ii LINEA O) Lockermann, quello di Saratov da Galcin e Ljadov (oggi entrambi bolscevichi), quello di Char'kov da Levin e Nikola'ev: il menscevico Panin
del Donetz; l'Unione siberiana aveva come eZ ee
Mandelberg (poi membro della seconda Duma) e Trotsky, anch'egli menscevico*”: 1] comitato di Batun era rappresentato da Zurabov (più tardi deputato alla seconda Duma, menscevico e internazionalista), quello di Baku da Bogdan Knuniantz (nel 1905 membro del primo soviet, durante la controrivoluzione schierato con i menscevichi), quello
di Tiflis da Topuridze; i delegati del Bund erano Kremer, Eiscnstadt, Portnoi, Liber, Medem e Kosovskij, tutti menscevichi. Lenin infine rappresentava l'organizzazione degli iskristi all'estero e Martov la re-
dazione. Anche Plechanov, Aksel'rod, Dejè e altri parteciparono al congresso.
Composizione sociale del partito intorno al 1903 Qualche cenno sull'estrazione sociale dei militanti. Al secondo
congresso, come d'altronde nei comitati, la maggioranza non era formata da operai’, È un fatto assai importante per la comprensione
dell'attuale polemica sulla composizione del partito”. Talvolta si ragiona in modo semplicistico. Dopo aver consultato la statistica e con-
siderato il numero di operai, di contadini e di impiegati nel partito, si conclude che 1l partito non è operaio perché gli operai non sono la maggioranza assoluta. In realtà vi sono organizzazioni completamente operaie come effettivi che non portano avanti una politica proletaria. La composizione sociale di un partito non è l'unico criterio per stabilirne la natura; è un elemento importante, ma ve ne sono altri. Allora l'organizzazione dell'«Iskra» e 1 nostri comitati erano compo-
sti soprattutto da studenti e in parte da rivoluzionari di professione. no in maggioranza nemmeno al secondo congresso, che impostò le basi del partito. Tuttavia l'organizzazione dell'«Iskra», in sostanza la
prima organizzazione bolscevica, svolse un ruolo preminente nella rivoluzione. Composta da rivoluzionari di professione diretti da
mere le aspirazioni del proletariato. Quantunque la maggior parte dei membri dell'organizzazione non fosse rappresentata da operai, il suo
Ma torniamo al congresso, nel quale si verificò la rottura tra
bolscevichi e menscevichi. La prima divergenza sorse a proposito
della questione nazionale sollevata dal Bund. Abbiamo reso omaggio
all'eroismo degli operai e degli artigiani ebrei, che nel buio della reaZione si lanciarono per primi nella lotta, ma bisogna ricordare che la loro organizzazione era inquinata dal menscevismo e dal nazionalismo. Infatti al congresso il Bund pretese di essere considerato come
l'unico rappresentante del proletariato ebreaico residente in Russia;
non teneva conto del fatto che 1 proletari ebrei erano dislocati in tutto il paese e che, di conseguenza, era più razionale che essi — come |
finnici, gli estoni, ecc. — aderissero alle organizzazioni delle località in cui risiedevano. Gli iskristi non potevano acconsentire a dividere
la loro organizzazione in frazioni nazionali, poiché si consideravano un partito internazionale in lotta contro il capitalismo. Essi riconobbero agli operai ebrei il solo diritto di avere delle organizzazioni ausiliarie e dei gruppi speciali, di pubblicare dei giornali nella loro lingua, ecc. Ma il Bund, prefigurando lo sciovinisimo di cui successivamente dette prova, respinse categoricamente questo punto di vista e rivendicò la separazione in strutture distinte sulla base della nazionalità. A suo avviso il partito doveva essere organizzato secondo il principio federalista, cioè dovevano esistere differenti partiti operai nazionali raccolti in una federazione. Con una simile organizzazione non si poteva parlare del centralismo proletario indispensabile per la rivoluzione. Il conflitto, che sembrava vertere esclusivamente sull'or-
ganizzazione, celava un disaccordo politico importante, che conteneva in germe tutte le future discussioni sulla questione nazionale e sull'internazionalismo.
Gli iskristi, con Lenin e Martov, si opposero con decisione al comunanza di idee su altri punti fondamentali, si riaccostarono. Il riavvicinamento ebbe comunque carattere momentaneo. Infatti il
Bund abbandonò il congresso e uscì dal partito.
Discussione sul primo paragrafo dello statuto
Un secondo contrasto, non meno grave, sorse sul primo paragrafo dello statuto dedicato agli obblighi dei militanti. Secondo Lenin oro teva essere membro del partito solo chi facesse parte di una delle sue
organizzazioni, svolgesse la relativa attività, pagasse le quote, osservasse la disciplina, ecc. Per Martov, al Tie N neo del partito bastava «lavorare sotto il controllo del ISO: iTe Oo un modo qualsiasi le sue organizzazioni». Di primo acchito a molti 83
zioni e non avesse grande importanza. In realtà si trattava di decidere che cosa dovesse essere il partito.
una discussione sul ruolo del partito proletario nella rivoluzione. "Se un operaio vuol essere membro del partito — diceva Lenin — deve entrare in una cellula, lavorare in un'organizzazione del partito stesso e cIÒ non deve intimorirlo. L'osservanza di questa regola ci darà un par-
tito che non sarà una massa friabile, ma un'organizzazione compatta, composta da autentici proletari". Martov, Aksel'rod e gli altri mensce-
riodo di illegalità, in cui l'adesione al partito non è priva di pericoli. funzionario non vorranno essere membri di un'organizzazione illegale e trovarsi sotto il controllo di una cellula. Per questo motivo, se noi più larga, se diciamo che possono entrare nel partito tutti quelli che gli
offrono collaborazione e lavorano sotto il suo controllo, senza essere obbligati per questo a entrare nelle cellule e nelle organizzazioni, legheremo a no1 gli studenti, 1 professori e i piccoli funzionari”. Lenin avversò energicamente questo punto di vista. "Il vostro progetto — disse — minaccia di rovinare il partito. Ci occorrono non studenti, professori e piccoli funzionari, ma operai. Siamo pronti a utilizzare il movimento degli studenti e degli insegnanti, non rifiutiamo affatto i servizi del principe Obolenskij, del serenissimo Pétr Struve e
di tutti quelli che troviamo sulla nostra strada. Ma dobbiamo ricor-
darci che la classe dirigente è il proletariato e che 1l suo partito deve essere proletario"”?.
le: si trattava di decidere se il partito sarebbe stato un partito operaio,
proletario, rivoluzionario, oppure se sarebbe diventato come la so-
cialdemocrazia tedesca, che, assorbendo gli elementi più eterogenei,
si ingrandì in modo spropositato e al momento della guerra crollò ignominiosamente®. La proposta di Martov e di Aksel'rod ci riservava la sorte del partito s-r il quale, accettando qualsiasi persona nei suoi ranghi, nel 1917 aumentò a tal punto che i rivoluzionari scom-
parvero nella massa dei borghesi democratici.
Nel 1903 il significato della discussione sul primo paragrafo dello statuto era lungi dall'essere chiaro per 1 delegati al congresso’. Solo
ora ci rendiamo conto che si trattava di sapere se il partito dovesse essere l'avanguardia della classe operaia e realizzare la dittatura del
proletariato, se dovesse essere rigorosamente centralizzato, omoge-
neo, fuso in un sol blocco, oppure divenire un amalgama di frazioni e
di tendenze*’. Grazie a Lenin, nel 1903 i bolscevichi posero la que-
completamente nuovo e che inoltre si complicava ulteriormente a causa della condizione di illegalità del partito. Persino i militanti più preparati, come Plechanov, non compresero pienamente l'importanza della discussione. Plechanov pronunciò un discorso tra il serio e il faceto, in cui disse: "Quando si sente Lenin, si è disposti a dargli ragione; quando è Martov a parlare, sembra a sua volta assai vicino alla verità". Evidentemente egli voleva conciliare le due parti. Ma Lenin restò fermo sulle proprie posizioni, e ne seguì una lotta accanita. Da ultimo la vittoria toccò a Martov il quale, grazie a un'insignificante maggioranza, fece adottare la formula menscevica. Il congresso decise dunque che nel partito potesse entrare chiunque gli fornisse collaborazione e lavorasse sotto 1] suo controllo. Questa decisione, spalancando le porte a elementi non proletari, sarebbe sicuramente stata funesta se lo stesso corso degli eventi non avesse apportato dei cambia-
menti. Nel prosieguo, descrivendo l'andamento del congresso, Martov disse: "Vinsi io, ma Lenin riuscì immediatamente, con alcuni
emendamenti, a intaccare la mia formula in modo tale che alla fine non ne restò quasi nulla".
Il contrasto provocato dal primo paragrafo dello statuto è estrema-
mente istruttivo, infatti dimostra che nell'organizzazione coesisteva-
no già due partiti, proprio come nel marxismo LIS OO Iaia per un certo tempo due filosofie antitetiche.
comportamento verso 1 liberali. La borghesia liberale, nuovamente
OT EOS toto giornale, aveva cominciato a digrignare 1 denti contro la classe operaia. SEEN
secolo l'autocrazia era stata il suo LOTITO ES TR
quando 1 rapporti sociali cominciarono a ZORO o o gli scioperi del Sud e gli avvenimenti di OSO Ae IE: te (oa UST cominciarono a dirigere il movimento e a 421 Lutti
interessi di classe, 1 liberali la presero male e pur continuando a combattere lo zarismo, condussero una lotta sotterranea contro gli operai. Sentivano che, prima o poi, avrebbero dovuto affrontare la classe operaia in uno scontro decisivo. Per questo al congresso si pose la questione del comportamento nei loro riguardi. Vedendo che i liberali si organizzavano e mostravano | denti, Lenin, che aveva in passato raccomandato di utilizzarli, di-
chiarò: "Sì, noi ci serviamo dei liberali contro lo zar, ma al tempo stesso dobbiamo dire alla classe operaia che la borghesia liberale si organizza, costituisce un proprio partito, diviene vieppiù controrivoluzionaria, marcerà contro gli operai e si opporrà a una rivoluzione condotta fino in fondo. Ecco perché dobbiamo appoggiarla fin tanto che combatte lo zar, ma non dobbiamo dimenticare che è un nostro
portò alla rottura definitiva con i menscevichi. Questi ultimi, alla
mercè di Martov, Potresov e qualche altro, proposero di allearsi con i liberali a condizione che costoro si pronunciassero per il suffragio universale. Pretendevano che tale condizione fosse una prova infallimostrato di non essere controrivoluzionari. Ma il modo in cui i menscevichi ponevano il problema dimostrava che non volevano servirsi della borghesia, bensì marciare con essa mano nella mano; per questo le facevano un'offerta onorevole. Lenin e Plechanov criticarono aspramente questa proposta, mostrando che la condizione presentata come pietra di paragone del carattere rivoluzionario della borghesia liberale non sarebbe servita a nulla. "I liberali — dissero — oggi accettano qualsiasi condizione, domani ci infinocchieranno. Bisogna insegnare agli operai la sfiducia verso la
democrazia borghese e non suggerire loro l'idea ingenua che con certi
vuole semplicemente servirsi di loro nella lotta contro l'autocrazia". Nel 1903 erano presenti tre forze fondamentali: l'autocrazia zarista, la classe operaia e la borghesia liberale. La classe operaia diceva: Serviamoci della borghesia liberale contro lo zar e poi faremo i conti con essa. La borghesia liberale affermava: Serviamoci degli operai
contro lo zar e poi spezzeremo loro le reni. Stando così le cose, era chiaro che l'atteggiamento verso i liberali era una questione capitale, che doveva predeterminare la nostra tattica per tutta una fase. 86
Ma il congresso non ne comprese tutta l'importanza. E siccome
Martov, che aveva combattuto per anni a fianco di Lenin, godeva di
grande popolarità e fiducia, fu presa una decisione salomonica. I delegati adottarono le due risoluzioni presentate** con un numero pres-
qual punto essi non cogliessero la profondità dei dissensi. Oltre alle tre divergenze che abbiamo appena nominato, ve ne furono altre, anche se di minore importanza. Così, nel dibattito sulla struttura del partito, Lenin fu per una centralizzazione rigorosa, mentre i menscevichi difesero, per quanto timidamente, 1] decentramento,
Il conflitto sulla composizione della redazione dell'«Iskra»
Una disputa si accese a proposito della redazione dell'«Iskra», composta allora da Plechanov, Lenin, Martov, Potresov, Nine dalla Zasulié. Dal momento che il congresso si era diviso su parec-
chie questioni fondamentali, Lenin dichiarò che occorreva formare
una redazione in linea con le opinioni della maggioranza e propose
Plechanov, Martov e se stesso. Martov sarebbe stato in minoranza. Ma la riorganizzazione proposta da Lenin in parte era diretta anche
contro Plechanov. Fino al congresso il gruppo dell'Emancipazione del lavoro aveva costantemente votato con Plechanov, che in tal modo aveva sempre avuto tre voti assicurati (quelli di Aksel'rod, della Zasulié e il suo)”. Lenin voleva una redazione organizzata in modo che la soluzione dei problemi non dipendesse dall'umore o dal capriccio di Plechanov. Fino ad allora egli non aveva mai avuto seri di-
saccordi con Martov, che l'aveva aiutato a preparare il congresso. Ma la sua proposta ferì profondamente Aksel'rod, la Zasulié e Potresov, che si vedevano estromessi dalla redazione del giornale. Il fatto sca-
tenò una vera tempesta nell'assemblea, lo si considerò quasi un sacrilegio nei confronti dei vecchi e provati membri del partito e Martov, quando capì che si sarebbe trovato in minoranza, rifiutò di entrare
nella nuova redazione. La maggior parte dei suoi sostenitori approvaci si accontentò di Lenin e Plechanov e questa decisione passò, mi
Da quel momento si cominciò a nominare le due frazioni del parti-
to con i termini di bolscevichi (maggioritari) e menscevichi (minori-
tari). Come si sa, durante la rivoluzione, si diede spesso un si-
gnificato errato a queste definizioni. Molti credevano che i bolscevichi volessero ottenere il più possibile e i menscevichi avessero pretesc minori. In realtà queste parole nacquero al secondo congresso, quando la maggioranza — in russo bol'sinstvo — votò per la redazione
Plechanov-Lenin, mentre la minoranza — in russo men'sinstvo — si
Il congresso attribuì alla redazione il diritto di cooptare nuovi
Infine vi fu una controversia sul programma. Conviene soffermarvisi, Visto che in quell'occasione Plechanov difese energicamente il Egli era uno dei principali autori del documento preparatorio, che do innumerevoli emendamenti. La polemica riguardava punti essenziali, che sono ancora d'attualità. Il primo era quello del suffragio
universale. In uno dei suoi discorsi Plechanov formulò il proprio punto di vista. "Per il momento — disse — noi chiediamo il suffragio
universale, ma come rivoluzionari dobbiamo dire apertamente che
non intendiamo farne un feticcio. Infatti è possibile che la classe operaia, dopo la vittoria, sia obbligata per un certo tempo a privare del diritto di voto 1l suo avversario, la borghesia. L'interesse della rivoluzione è la legge suprema per 1 rivoluzionari. Se nell'interesse della rivoluzione bisogna sciogliere 1l parlamento, ancorché eletto democraticamente, non esiteremo a farlo". Queste parole provocarono l'indignazione dei futuri menscevichi. I dibattiti che seguirono riguardarono la questione della Costituente e della durata dei poteri del parlamento. Nel nostro programma minimo chiedevamo la convocazione del parlamento ogni due anni, vale chiarò che sarebbe stato ancor più democratico chiederne la convoca-
zione ogni anno. Allora Plechanov si alzò e pronunciò un discorso memorabile: "Amici miei, vi dovete rendere conto che, per un rivoluzionario, la questione della durata del mandato parlamentare è subordinata ad altre più importanti. Se un parlamento è favorevole alla classe operaia, naturalmente cercheremo di prolungarne l'esisten-
za. Ma se è contro la classe operaia, faremo tutto il possibile per scioglierlo rapidamente”. 88
Si scatenò nell'assemblea un tumulto indescrivibile. Una parte dei
delegati applaudiva, l'altra fischiava e insultava l'oratore. Il presidente richiamò all'ordine coloro che avevano fischiato, ma uno di essi,
con fare teatrale, dichiarò: "Se al congresso del partito operaio si
possono udire simili parole, il mio dovere è fischiare". Ironia della
sorte: quell'uomo era Rosanov, un buon militante che, con lo pseudonimo di Martyn, ha militato a Pietrogrado, è stato membro del partito
comunista e del Comitato Centrale, ma nel 1919 ha finito col diventare alleato di Denikin. Arrestato e condannato a morte per aver pre-
so parte al Centro nazionale, è stato graziato. Ora è in libertà e pare
che abbia abbandonato l'attività politica.
Plechanov e la pena di morte L'incidente fu sintomatico: rifletteva il conflitto tra la Montagna e
la Gironda, tra i futuri bolscevichi e menscevichi. Il congresso mise
in luce le questioni che in seguito avrebbero avuto un'importanza decisiva, separando definitivamente bolscevichi e menscevichi. Plecha-
nov era allora bolscevico e si inorgogliva del soprannome di giacobino’. Quando si esaminò la questione della pena di morte e 1 menscevichi si pronunciarono per la sua abolizione, Plechanov dichiarò: "Soppressione della pena di morte? Molto bene. Ma credo che qualche riserva si imponga. Credete che si possa lasciare in vita Nicola II? Per quanto lo riguarda, la pena di morte deve essere mantenuta". Le sue parole furono una doccia fredda per 1 menscevichi che ragionavano già da liberali e per i quali ogni spargimento di sangue era inammissibile. Gli autentici rivoluzionari, al contrario, dicevano: Dipende tutto dalle circostanze; in ogni caso non c'è nulla di male
nella soppressione di un tiranno come Nicola II. Quando Kerenskij fiutavano di farsi uccidere al fronte per gli imperialisti, noi abbiamo sollevato 1l popolo contro questa misura. Ma quando si è trattato della pena di morte per Nicola Il e per i proprietari terrieri arcireazionari, la nostra opinione è stata diversa.
Plechanov bolscevico
In tutti gli argomenti dibattuti, come il suffragio universale, il parlamentarismo, la pena di morte, Plechanov parlò da vero bolscevi-
Anche prima del congresso egli aveva scritto sull'«Iskra» che la nostra socialdemocrazia si divideva in una Montagna e una Gironda, che 1 menscevichi erano i girondini e che tradivano la rivoluzione ultimi anni, il Plechanov che al momento della gucrra è passato al nemico. Malgrado ciò Plechanov è uno dci fondatori del bolscevi-
smo: nel 1903 egli difendeva le idee che TO ee eO patrimonio comune. Al secondo congresso cera con Lenin ed entrò nel consiglio del partito e nella redazione del nostro organo centrale come rappresentante della tendenza leninista’.
Dopo il congresso
eletto dai soli bolscevichi. Martov pubblicò l'opuscolo Il partito in stato di assedio, nel quale indirizzava innumerevoli accuse contro
Lenin, che rimproverava soprattutto per aver oltraggiato i più stimati
militanti. 1 delegati menscevichi tornarono in Russia e fondarono un Ufficio speciale che boicottò il Comitato centrale bolscevico.
Plechanov e Lenin rimasero soli a portare avanti la pubblicazione dell'«Iskra» poiché, come diceva Plechanov, i generali facevano lo sciopero generale. Infatti i vecchi collaboratori dell'«Iskra» rifiutaro-
no di scrivere su un giornale dal quale erano stati esclusi Aksel'rod e Martov. Sotto la direzione di Lenin e Plechanov apparvero sei numeri dell'«Iskra». Plechanov pubblicò degli articoli in cui spiegò la tattica dei combattimenti di strada; marxista erudito, non disdegnava di in-
cate in previsione degli scontri con 1 gendarmi dello zar. Come tutti i bolscevichi, egli presentiva l'imminenza della tempesta rivoluzionaria. Ma sfortunatamente non perseverò a lungo su questa via. In capo
a qualche mese abbandonò le sue posizioni. Propose a Lenin di far ritornare nella redazione i «generali scioperanti». Ma Lenin, intransi-
gente come sempre sulle questioni di principio, diede le dimissioni
dalla redazione*®. Rimasto solo, Plechanov richiamò i quattro vecchi redattori dell'«Iskra». La pubblicazione divenne un organo menscevico. Plechanov all'inizio tentò di trattenere 1 "generali", di attenuare le loro deviazioni verso destra, ma fu trascinato di concessione in con-
Così alla fine del 1903 avevamo già duc raggruppamenti, due organizzazioni, l'embrione di due partiti. Il bolscevismo e il menscevismo
apparvero come due correnti ideologiche distinte. La prima rivolu-
zione diede loro una forma definitiva.
4.
Dalla guerra russo-giapponese alla rivoluzione del 1905
La guerra russo-giapponese
La guerra russo-giapponese fu l'avvenimento più importante del 1904. Essa ebbe come effetto lo scoppio della rivoluzione del 1905, senza la quale sarebbe stata impossibile quella del 1917. Sulle cause di questa guerra nacquero alcune divergenze nella socialdemocrazia. 1 menscevichi ne sottolinearono principalmente il carattere dinastico e la spiegarono come uno sforzo dei Romanov per consolidare il trono, stornando sugli avvenimenti esteri l'attenzione
che il popolo prestava a quelli interni. Questo punto di vista contenesorda agitazione; quindi era naturale che i governanti ritenessero di dover ricorrere a una diversione. La storia ci offre numerosi esempi
di sovrani che, di fronte a una minaccia per 1] trono, non esitarono a
provocare una guerra per salvare il loro potere. Ma spesso questa tattica non fece che affrettare la loro caduta. Così fu per la guerra russogiapponese.
La ragione dinastica non fu comunque l'unica causa della agi
del 1904: anche le tendenze prettamente imperialistiche e il desiderio
di nuovi sbocchi ebbero una parte importante. È ciò che si impegnarono a dimostrare numerosi comitati locali del nostro partito. Ma i
menscevichi combattevano questo punto di vista; nell'analisi che facevano delle cause del conflitto si può scorgere 1l germe della loro
evoluzione politica futura. Nel 1904, come nel 1914, i menscevichi rifiutarono infatti di vedere le cause profonde ed economiche del conflitto imperialistico.
Il disfattismo Durante la guerra russo-giapponese si manifestò per la prima volta la corrente che, nel 1917, è stata chiamata disfattismo. Visto che essa è strettamente legata all'evoluzione ulteriore del bolscevismo e alle polemiche contro i nostri avversari politici, è necessario studiarla. Il disfattismo fu un atteggiamento proprio sia delle due frazioni del partito operaio — bolscevichi e menscevichi —, sia di quasi tutta la soCietà borghese liberale. Ciò dimostra che, sotto l'oppressione zarista,
la borghesia era prontissima a favorire la sconfitta del proprio gover-
ca interna. Rinvio coloro che volessero disporre di maggiori dettagli sull'argomento alla raccolta Contro la corrente'. Mi limiterò qui a illustrare alcuni fatti che il disfattismo determinò in tutto il paese durante la guerra russo-giapponese.
Nel 1904 Boris Cièerin, scrittore liberale e monarchico convinto,
Le conseguenze di questa guerra aiuteranno infine a risolvere la crisi interna. A
tal proposito è difficile dire quale sia lo sbocco più desiderabile della aio e:a
Quest'ultima frase indica chiaramente che la disfatta della Russia za-
rista era più auspicabile della vittoria; comunque la censura la lasciò
guaggio nel 1914? Evidentemente no. Durante le prime quattro Dume,
in effetti, l'autocrazia zarista ha avuto il tempo di legare a sé, in qual-
che modo, gli strati superiori della borghesia. Inoltre nel PIER
monarchia, almeno esteriormente, non era più la stessa del 1904. Già alla conferenza del partito del dicembre 1908 Lenin, in una risoluzione
SO otte Too te O IR OE TANA politica di Stolypin, affermò che l'autocrazia aveva fatto CUMO REI ZO e la sua trasformazione in monarchia borghese»”. Nel 1914 era già avvenuta una parziale spartizione del potere tra i proprietari terrieri e la bor-
ghesia. Perciò quest'ultima ha avuto verso la guerra un atteggiamento
Duma un discorso affermando che, se la vittoria sulla Germania doveva essere pagata con la rivoluzione, era meglio rinunciarvi. Così 1] rap-
che si doveva temere la rivoluzione più della vittoria tedesca. Nel pieno della guerra la borghesia tedesca era più cara a Miljukov degli opemocrazia tedesche sono, malgrado il trattato di Versailles, più vicine al
OTO Miljukov mostra il cammino percorso dalla
Russia e il carattere dell'evoluzione della nostra borghesia. Dunque nel 1904 una parte importante della borghesia desiderava la disfatta della Russia, sperando così di ottenere qualche concessione dall'autocrazia e di condividere il potere con i proprietari terrieri, i quali altrimenti non vi avrebbero mai consentito. La borghesia sape-
va assai bene che lo zar, se avesse vinto, non avrebbe accordato alcuna costituzione e che il potere sarebbe rimasto ai proprietari terrieri, la cui posizione si sarebbe ulteriormente consolidata.
permettersi di fare la fronda è che sapeva che la guerra con il Giappone non poteva concludersi in modo disastroso, cioè avere conseguenze come quelle, per esempio, del 1914-1918. Per importanti che fossero le vittorie dei giapponesi, non era in gioco l'esistenza della Russia e il potere delle classi dominanti era assicurato. Quanto ai bolscevichi, il loro disfattismo durante la guerra mondiale è stato ben diverso da quello dei socialisti-rivoluzionari, dei menscevichi e dei cadetti nel 1904 e 1905. Internazionalisti convinti, essi hanno propugnato e preparato la rivoluzione socialista mondiale, mentre gli s-r, i menscevichi e i cadetti del 1904-1905 fecero una timida opposizione affinché l'autocrazia, impegolata nella guerra col
Giappone, fosse obbligata a qualche concessione politica. ] Ricordi di Gersuni
to all'influenza del patriottismo, ai tempi della guerra russo-giappoto di Ger$uni, uno dei capi del partito s-r, che all'epoca era rinchiuso
nella fortezza di Pietro e Paolo e apprese la notizia della guerra e delpi
la disfatta delle truppe russe dal suo avvocato difensore Karacevskij,
autorizzato a rendergli visita. Ecco che cosa scrive:
Attendevo con impazienza la fine di tutta questa commedia e il momento in cui sarei stato solo con il mio difensore, l'unico uomo che mi fosse permesso di ve-
dere oltre ai miei nemici. n [Seguono diverse domande Li
— Pleve è ancora al potere? E vivo?
— Sì. Ma avvengono fatti importanti. Sapete che siamo in guerra?
— In guerra? Con chi? n - -
— Con il Giappone. Alcuni dei nostri incrociatori sono stati distrutti. Stiamo su-
— È una seconda guerra di Crimea? Port-Arthur come Sebastopoli? Ex oriente lux?
— Sembrerebbe. — E il paese? Come reagisce? Si trova sotto l'influenza del "patriottismo", I si raccoglie attorno al "capo supremo"? -
— Sì, c'è anche questo. Ma è in gran parte un fatto artificiale... Molto bluff. La guerra non è affatto popolare. Nessuno se l'aspettava e nessuno ne vuole sapere...
In quella oscura cella della fortezza Pietro e Paolo — aggiunge Gersuni I
come per incanto, tutto s'illuminò. Si sentiva che qualche cosa d'infinitamente minaccioso, infinitamente pesante, infinitamente triste si avvicinava e che sarebbe stato quel tuono a risvegliare i dormienti e a strappare il velo che nascondeva alle masse russe la vera natura del regime zarista.
Più avanti Ger3uni racconta di come lui e i suoi compagni di prigionia appresero, grazie a un pezzo di giornale trovato nel cortile
durante una passeggiata, della caduta di Port-Arthur. Uno dei ela
mi, che misero abilmente in imbarazzo, confermò la notizia. È diffi-
«Tremavamo di gioia, Port-Arthur era caduta... l'autocrazia sarebbe caduta a sua volta!».
D'altronde non era proprio del solo Gerîuni.
Ropèin, Savinkov descrive la condizione psicologica del suo eroe il quale, dall'estero, riguadagna la Russia ISEE nuo viaggio apprende la disfatta della flotta zarista a Tsushima e i senti-
menti più contraddittori si impadroniscono di lui. Come UNO ma, come rivoluzionario, comprende che la sconfitta di Tsushima lascia presagire la vittoria della rivoluzione.
giapponese di Veresaev, scrittore che ha sempre rispecchiato le di-
verse correnti sorte tra gli intellettuali russi. Ogni riga della sua opera mostra che quasi tutti gli intellettuali erano disfattisti, dal momento razione.
della Russia zarista. Quando l'«Iskra», divenuta menscevica dopo le
i bolscevichi dichiararono che tale direttiva era sbagliata. Noi non siamo, dicevano, per la pace a ogni costo; non siamo pacifisti. Certe
guerre sono, in ultima analisi, utili al popolo. Così, già a quell'epoca, il bolscevismo cominciava, per quanto ancora in forma non sufficientemente precisa, a ipotizzare la trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile.
La posizione dei menscevichi I menscevichi, non senza esitazioni, assunsero a loro volta una posizione disfattista. Al congresso socialista internazionale di Am| Sterdam, nel 1904, 1l nostro partito fu rappresentato da due delegazioni. Quella ufficiale era guidata dai menscevichi, allora in possesso dell'organo centrale del partito. L'altra, bolscevica, era poco numerosa e disponeva solo di voto consultivo. Al congresso, in rappresentanza del movimento giapponese, partecipò il compagno Katayamas”. Quando egli incontrò Plechanov avvenne un episodio di fraternizzazione. I due rivoluzionari si abbracciarono tra gli applausi di tutto il
congresso. Plechanov pronunciò un discorso disfattista che suscitò Dissi che se lo zar avesse trionfato sul Giappone, sarebbe stato il popolo russo a essere battuto. Forte del prestigio della vittoria, l'autocrazia avrebbe stretto anco-
ra più strettamente le catene del popolo russo. Ricordai al congresso che il go-
zione, che si è sempre sforzato di asservire i suoi vicini più deboli e che ha per così dire cinto la terra russa con un collare di nazionalità sottomesse, che gli re-
stituiscono sotto forma di odio ciò che ricevono sotto forma di oppressione. E
aggiunsi che, di questa politica, il popolo russo soffriva quanto se non più degli altri, dato che nessun popolo può essere libero sce è strumento per opprimere i suoi vicini. Pronunciando queste parole avevo la consapevolezza di esprimere il pensiero e i sentimenti della gran massa del popolo russo. Mai Ja voce del partito socialdemocratico fu a tal punto la voce stessa del popolo russo.
Tutta la Seconda Internazionale, al congresso di Amsterdam, ap-
provò le parole di Plechanov, dichiarando che la vittoria dello zari-
smo avrebbe significato la disfatta del popolo russo. Così, sotto la pressione dell'atmosfera rivoluzionaria, mentre una parte della stessa borghesia cedeva al disfattismo, i menscevichi si lasciarono a loro volta trasportare dalla corrente generale.
Il tradimento dei menscevichi
Non bisogna dimenticare tutto ciò se si vuole comprendere il tradi-
mento dei menscevichi durante la guerra mondiale, nel corso della qua-
le essi hanno considerato il nostro atteggiamento disfattista come un
tradimento del popolo. Nelle giornate di luglio del 1917 essi sono arri-
vati ad affermare che eravamo stati lautamente pagati per il nostro di-
La borghesia russa, quando non era ancora al potere e doveva sopi menscevichi, ne seguivano il passo. Martov, nella Storia della socialdemocrazia russa del 1922, ha cercato di dimostrare l'inesistenza del disfattismo tra i menscevichi durante la guerra russo-giapponese: Dopo i primi insuccessi dell'esercito russo, nella società liberale e negli ambienti rivoluzionari cominciò a diffondersi la tipica psicosi "disfattista" e cominciò a manifestarsi la speranza che altri insuccessi militari, senza richiedere nuovi sforzi da parte della nazione, avrebbero dato allo zarismo il colpo di grazia e correla-
tivamente a tali speranze, si manifestava anche una certa simpatia verso il Giappone e un'idealizzazione del ruolo che l'imperialismo giapponese aveva nel-
la guerra. Per contro l'«Iskra» si espresse contro il "disfattismo” spiegando che il popolo e la rivoluzione avevano interesse che la guerra non terminasse con gravi sacrifici per la Russia, e che la libertà non sarebbe stata elargita al popolo russo sulla punta delle baionette giapponesi4.
La nippofilia e il bolscevismo
Martov ha snaturato la verità per ottenere dalla borghesia l'assoluzione per 1 suoi trascorsi peccati rivoluzionari. Egli confonde volontariamente due questioni: la nippofilia e la campagna dell'«Iskra» 97
Contro di essa. La simpatia per i giapponesi non aveva niente a che
fare con il disfattismo. In certe frazioni della società liberale era tal-
mente manifesta che arrivarono, pare, fino a inviare telegrammi di congratulazioni al mikado. Il fatto non è provato, ma la stampa zari-
sta lo segnalò e lo sfruttò abilmente. In ogni caso noi rivoluzionari avversammo la nippofilia. L'imperatore del Giappone — dicevamo -
dalle baionette dei suoi soldati. Condannavamo le esagerazioni dci liberali e dei rivoluzionari superficiali che forse si apprestavano, ammesso che non l'avessero già fatto, a spedire telegrammi al mikado. In questo senso Martov ha ragione: certo, noi eravamo contro la nippofilia, ma lo stesso Martov non dice che cravamo anche favorevoli
alla disfatta dell'esercito zarista. Ed egli imbroglia volontariamente le
oe Ki borghesi finlandesi, Konni Zilliakus, fece direttamente delle proposte sia a Plechanov, sia a degli esponenti del Bund all'estero, per avviare trattative con agenti del governo giapponese onde ottenere denaro e armi per la rivoluzione russas.
Martov aggiunge che questa proposta fu respinta. È la verità.
Mentre noi rivoluzionari, come una parte della stessa borghesia, manifestavamo pubblicamente il nostro disfattismo, i giapponesi tentarono di blandirci proponendoci, attraverso intermediari, armi e dena-
ro per la lotta contro la monarchia zarista. Non occorre dire che simili offerte furono rifiutate con indignazione da tutti 1 rivoluzionari onesti, dalla nostra organizzazione come da Plechanov e dai menscevichi. Eravamo contro lo zar, ma non significava che fossimo per il
essere disfattisti. Descrivendo quell'epoca A. Martynov‘, nel 1905 menscevico e redattore dell'«Iskra», dice tra l'altro: Tutti noi menscevichi eravamo allora disfattisti nel profondo dell'animo, ma
di logica e si fermassero a metà strada, i menscevichi durante la guerra russogiapponese furono dei disfattisti.
La crescita del movimento liberale
IATA Agli scioperi operai e alle agitazioni studente98
ro conto che l'autocrazia si era invischiata in un'impresa dalla quale non sarebbe riuscita a venir fuori. La borghesia liberale capì che la guerra russo-giapponese avrebbe portato alla concessione della costi-
tuzione, così come quella di Crimea aveva portato alla liberazione
pe del governo, che si rivelava come un colosso dai piedi d'argilla, più l'opposizione borghese diventava ardita, perfino insolente, grazie alla confusione che regnava nei rapporti sociali. Raddoppiando l'audacia, essa si organizzò con stupefacente rapidità. La sua organizzazione assunse forme particolari. Quando nella classe operaia sì mani-
festava una spinta, essa prendeva generalmente la forma di scioperi,
di manifestazioni di massa, poi di insurrezione armata. La borghesia liberale, invece, adottò altri metodi di lotta: riunioni, banchetti, petizioni. Gli zemstvo, molti rappresentanti dei quali erano di nobile famiglia, condussero una campagna sistematica nelle assemblee pro-
vinciali redigendo delle risoluzioni, chiamate indirizzi, che venivano sottoscritte e inviate allo zar. In esse invitavano il «sovrano» ad ascoltare la «voce del paese», ossia la loro, e a dare al popolo una costitu-
zione che li chiamasse al potere. Il movimento degli agrari raggiunse rapidamente il suo apogeo: inviò una delegazione allo zar. Era 1l massimo che 1 liberali potessero osare. I rapporti della classe operaia e della borghesia nel 1904
Il risveglio della borghesia russa alla vita politica pose di nuovo
con particolare acutezza il problema dei rapporti tra il proletariato e la borghesia, questione sulla quale ci siamo scontrati a ogni tappa della storia del partito e alla quale si collegano tutti i nostri disaccor-
di con 1 menscevichi. Essa si era già posta, come s'è visto, all'epoca del marxismo legale e della lotta contro i populisti, contro Struve,
contro gli economisti, poi al secondo congresso del partito, quando si
contrapposero le risoluzioni Lenin-Plechanov e Martov-Aksel'rod.
Ma nel 1904 passò dal campo della teoria a quello della politica pratica. La borghesia liberale entrò in azione: per la classe operaia si trattò di stabilire il proprio atteggiamento nei confronti della TO) geo genze tra noi e 1 menscevichi.
I menscevichi proposero un piano speciale da attuare in occasione della campagna degli zemstvo. La classe operaia, a loro avviso, doveva
inviare dei rappresentanti alle assemblee regionali in cui gli zemstvo
esaminavano la situazione e indirizzavano allo zar le loro petizioni. berale che gli operai li avrebbero sostenuti e avrebbero marciato con
loro solo a patto che continuassero la campagna di petizioni. I menscee-
Con eccessive rivendicazioni. Così l'«Iskra» scrisse: crazia zarista € la borghesia liberale, che si è organizzata e ora ha un'influenza
considerevole. La classe operaia è divisa e non può far nulla; come forza autono-
fosse la sostanza del piano dei menscevichi. La classe operaia, come forza indipendente, era secondo loro fuori gioco. Restavano sola-
mente due forze: lo zarismo e la borghesia liberale. Quale si doveva
Così i menscevichi rivelarono il loro opportunismo e la tendenza a
far blocco con la borghesia. La posizione di Lenin
La posizione menscevica, che determinò il primo disaccordo pratico importante dopo il congresso, nel quale aveva cominciato a formarsi 1l partito bolscevico, fu vigorosamente combattuta da Lenin. Gli articoli e gli opuscoli che egli scrisse su questo argomento possono essere considerati come 1 primi documenti politici importanti del bolscevismo. Chiunque voglia comprendere la storia del partito deve studiarli a fondo. Rispondendo ai menscevichi, Lenin affermava: "Voi ci chiedete di non impaurire i liberali e 1 nobili liberaleggianti, ma non vedete che siete proprio voi ad aver paura dell'ombra del
liberale spaventato? Pretendete che non si debba tener conto che di
due forze: l'autocrazia zarista e la nobiltà liberale. Ma non avete no-
tato che, al di là di queste forze, ne esiste un'altra, formidabile, deci-
ganizza a ritmo serrato in previsione della rivoluzione e, per quanto il suo partito sia clandestino ed essa sia perseguitata, è la principale
forza motrice della rivoluzione. Avete dimenticato che ha compiti
zar e Rodicev, tra l'autocrazia e la costituzione liberale. Avete dimenti-
Cato che la classe operaia ha una sua specifica strada, che conduce al-
l'alleanza con i contadini, alla vera rivoluzione popolare che sradicherà
la monarchia, abolirà le sopravvivenze del feudalesimo, realizzerà la
€ sarà il primo passo verso una vera rivoluzione proletaria". Ispirandoci a queste opinioni noi bolscevichi proponemmo un altro piano. Mentre la borghesia comincia a creare delle difficoltà alla monarchia, dichiarammo, dobbiamo agire come forza autonoma, scendere in piazza, mettere a sacco i commissariati di polizia, ecc. Quest'ultimo punto dispiacque particolarmente ai menscevichi, che ci ridicolizzarono: Ci prendete per dei banditi? Che c'è di rivoluzionario nel saccheggiare 1 commissariati di polizia? Secondo loro era molto più importante andare alle assemblee provinciali dei nobili liberali e appoggiarli «senza spaventarli». La classe operaia avrebbe svolto nella rivoluzione un ruolo indipendente o si sarebbe fatta trascinare a rimorchio dalla borghesia liberale? Sarebbe stata un semplice satellite della borghesia, la sua ala sinistra, oppure la principale forza motrice della rivoluzione, capace di influire sui rapporti di forza tra le classi? Questo era il problemas.
I rivoluzionari abbandonano i ranghi del menscevismo Fu in occasione della campagna degli zemstvo che Parvus® e
separarsene vedendo che preconizzavano l'alleanza con la borghesia.
Lo stesso fecero tutti 1 rivoluzionari che avevano considerato le nostre
divergenze come dispute senza importanza, comprendendo infine co-
me riguardassero invece il ruolo storico della classe operaia, il carattere stesso della rivoluzione russa. Così vennero a ingrossare i nostri
ranghi. Iniziò un periodo di consolidamento per il partito il quale, co-
me una spugna che assorbe l'acqua, attirò gli elementi più radicali della socialdemocrazia, ormai convinti che i i bolscevichi fossero sulla stra-
Conviene spendere qualche parola sulle questioni della vita interna
e dell'organizzazione del partito.
La discussione sulla democrazia nel partito
ai 1904 e nel 1905 la questione della democrazia nel partito 101
sito è estremamente interessante e il suo studio è utile per chiarire alcune delle attuali discussioni!!, 1 menscevichi crano per una "democrazia conseguente" e per l'eleggibilità nel partito, mentre i bolscevichi, Lenin per primo, combattevano apertamente questo aio Può sembrare strano ai nostri giovani compagni che i bolscevichi av-
versassero la democrazia e il sistema elettorale, mentre 1 menscevichi sostenevano l'una e l'altro. Ma un rapido esame della situazione di-
ruolo indipendente nella rivoluzione e che fosse possibile, in regime autocratico, costituire un vero partito proletario. Come ho già detto, essi volevano un partito nel quale potessero entrare facilmente lo studente e il professore. Pensavano che sarebbe stato sempre un partito
d'intellettuali. Di conseguenza ricercavano una struttura che offrisse mettesse loro di votare, di assistere alle relazioni, insomma desse loro una democrazia "all'europea".
“Siamo per la democrazia, ma solo quando essa sarà realmente possibile. Oggi la democrazia sarebbe una scempiaggine e questo non lo vogliamo, dato che ci occorre un partito capace di vincere lo zarismo e la borghesia. Ridotti all'azione clandestina, non possiamo realizzare la democrazia formale nel partito. Ci serve un'organizzazione di provati rivoluzionari di professione, i quali abbiano dimostrato nel corso di lunghi anni di lavoro la disponibilità a dare la vita
per la rivoluzione e per il partito. Tutti gli operai coscienti hanno compreso la necessità di rovesciare l'autocrazia e di combattere la borghesia, poiché sanno che, per vincere lo zarismo, è indispensabile in questo momento un partito clandestino, centralizzato, rivoluziona-
rio, fuso in un sol blocco. Sotto l'autocrazia, con le sue feroci repres-
sioni, adottare il regime elettorale, la democrazia, equivale semplicemente ad aiutare lo zarismo a distruggere la nostra organizzazione, facilitando alle spie e ai provocatori lo smascheramento dei rivoluzionari".
Da demagoghi consumati, i menscevichi imbrogliavano gli operai inesperti facendo loro scrivere delle lettere che poi pubblicavano
dichiarando: "Vedete, gli operai stessi vogliono l'eleggibilità; non acconsentendovi, voi non mostrate rispetto nei loro confronti e li danneggiate". Per questo, quando l'operaio di Pietroburgo GlebovPutilovskij scrisse un opuscolo estremamente confuso in favore della 102
democrazia, i menscevichi lo stamparono con una prefazione di
Aksel'rod nella quale questi dichiarava: "È tutto il proletariato che parla per bocca di Glebov; tutti gli operai rivendicano il diritto eletto-
Lenin rispose con l'articolo La gente non si nutre di chiacchiere'?, nel quale sostenne: "Anche noi bolscevichi conosciamo gli operai. Sono per la democrazia come noi, ma i fatti sono per loro più importanti delle parole. Gli operai coscienti vogliono nel partito rapporti fraterni tra i rivoluzionari, vale a dire l'autentica democrazia proletaria, e non una democrazia verbale, puramente esteriore. Quando nel
partito sarà possibile l'eleggibilità integrale, saremo i primi a realiz-
zarla. Con le vostre fandonie sull'eleggibilità e la democrazia pura in regime zarista, voi menscevichi non fate che deviare l'attenzione dal-
le cose importanti. L'operaio serio comprende che la democrazia non
è un fine in sé, ma un mezzo per l'emancipazione della classe operaia. Noi diamo al partito la struttura che meglio corrisponde ai bisogni della lotta in questo momento. Oggi ci occorrono una gerarchia e un centralismo rigoroso". È chiaro che allora i menscevichi si sforzavano di distrarre i lavoratori con l'aiuto della democrazia e di prenderli all'amo. "Proponiamo il sistema elettorale — gridavano — e i bolscevichi vi si oppongono; operai, essi sono contro di voi; dunque, venite con noi!". Ma gli operai compresero presto di che cosa si trattasse. Il predominio dei menscevichi
Si sa che al secondo congresso i bolscevichi si erano impadroniti del Comitato centrale, dell'organo centrale e del Consiglio del partito. Questo consiglio era composto da due rappresentanti del CC, da due rappresentanti dell'organo centrale del partito — allora all'estero —
e da un quinto membro, il presidente, eletto dallo stesso Congresso.
Questo presidente era Plechanov. Avevamo dunque la maggioranza Ma quando, in capo a qualche mese, Plechanov invertì la rotta e una parte dei membri del CC fu arrestata in Russia, la situazione
olio sli OS IN OE TOTO dopo l'arresto dei noSigean eo oe Sn NATO ENO Plechanov, spostando-
si verso i menscevichi, diede loro la maggioranza nel Consiglio. In un tempo relativamente breve, perdemmo tutte le nostre posizioni al
vertice. I menscevichi controllarono il CC, il giornale ec il Consiglio del partito. Il trionfo di Martov fu completo. La situazione era penosa per noi. I capi menscevichi avevano grande prestigio nel partito. Lenin, malgrado la sua influcnza, cra solo un giovane in confronto a Plechanov e l'anzianità aveva una certa importanza. M:i ricordo dei colloqui nel corso dei quali Plechanov tentava di intimosiamo 10, Martov, Aksel'rod, la Zasuliè e tanti altri! Dalla vostra non c'è
che Lenin. Non capite che, nel giro di qualche mese, tutti si faranno beffe del vostro Lenin? E voi lo seguite?". Queste parole, pronunciate stenuto da tutti 1 vecchi militanti, impressionarono non pochi di noi. La situazione dei bolscevichi, lo ripeto, era drammatica. Ed era ulteriormente complicata dal fatto che era impossibile fare appello al partito, ridotto in clandestinità e perseguitato dallo zarismo.
I bolscevichi dovevano procedere a costituire un'organizzazione speciale. Dopo aver riflettuto ed esaminato la questione sotto tutti i punti di vista, Lenin, vedendo che non c'era altra via d'uscita, decise
per la scissione. Egli era anche influenzato dai comitati russi e dal giovani bolscevichi, più impazienti, che dichiaravano: "Ci stiamo lasciando sfuggire il momento, grandi avvenimenti si avvicinano — si era poco prima del 9 gennaio —, bisogna organizzare 1l partito". In una serie di conferenze regionali fu varato un piano per costituire in Russia un Ufficio dei comitati della maggioranza'? contro il CC menscevico. Fu fondata un'organizzazione centrale panrussa dei bolscevichi, che cominciò subito a contrastare il CC. Pubblicammo allora il primo giornale bolscevico, «Vperéd» («Avan-
ti»), che apparve all'inizio del 1905 a Ginevra. Sostenuto dalle modeste
quote dei simpatizzanti, questo foglio continuò l'opera della vecchia «Iskra» e gettò le basi della tattica bolscevica. Così i bolscevichi disposero, in Russia, dell'Ufficio dei comitati
della maggioranza e, all'estero, del «Vperéd». Il 9 gennaio
Il partito era dunque clandestino e diviso in due correnti quando si verificarono gli avvenimenti del 9 gennaio. Non li ricostruirò, visto 104
Che li conoscete!‘. Il fatto che la massa operaia senza-partito scendesse in strada e invadesse la piazza del Palazzo d'Inverno dimostrò che
1! menscevichi si sbagliavano quando pretendevano che non fossero in gioco che due forze, lo zarismo e l'opposizione borghese. Il 9 gen-
naio provò che ve ne era anche un'altra. La massa operaia, è vero, non sapeva ancora ciò che voleva, era disorganizzata, era priva di capi e spingeva in avanti elementi raccattati alla cieca; incosciente, essa
senza poter reagire: tuttavia esisteva, manifestava la sua capacità di agire e cominciava a costituire un potente fattore politico. La manifestazione del 9 gennaio sconvolse tutta la Russia e fu di ben altra portata che le petizioni e risoluzioni dei liberali. La massa operaia mostrò sia la sua vitalità, sia come il dovere dei veri rivoluzionari non fosse di rivolgersi alle camere provinciali e fare anti-
camera presso gli zemstvo, ma prendere la testa del movimento che
si stava delineando e che ancora non possedeva né capi né programma politico chiaro. In una parola, la massa operaia era un corpo senza testa. Bisognava dargliene una. Il partito doveva unirsi a questa massa e condurla sulla via degli obbiettivi storici del proletariato. Il 9 gennaio e gli avvenimenti successivi posero in primo piano alcune personalità senza-partito. Il fenomeno è comprensibile, dal momen-
to che la nostra organizzazione, allora clandestina, non poteva legarsi così strettamente come sarebbe stato necessario alla massa in rivolta. Tra i dirigenti di allora citiamo Gapon, poi Chrustalev e il tenente Schimdt, assai differenti l'uno dall'altro e ciascuno neofita della rivoluzione. Gapon, che ebbe un grande ruolo negli avvenimenti, era solo un provocatore, come fu riconosciuto più tardi, e fu giustiziato dai rivolu-
zionari. Chrustalev, che in seguito abbandonò il partito, era quasi un avventuriero. Quanto al tenente Schimdt, figura affascinante, non era
un cosciente rivoluzionario proletario. Sono apparse recentemente le
lettere che scrisse a un parente. Ve ne consiglio la lettura, in quanto
blematiche di etica individuale. Schimdt vi appare come un individuo
profondamente devoto alla causa della rivoluzione, capace di affrontare la morte per essa, ma privo di coerenza politica. In una lettera disse
in sostanza: "Devo vedere Miljukov ed esaminare con lui Soria importanti; spero che andremo d'accordo; marceremo insieme". NE Schimdt era, all'inizio, mezzo cadetto. Ciò non ci eee Noe Sale ao
omaggio alla sua tomba: è morto eroicamente per la rivoluzione.
della flotta del mar Nero, sognava di accordarsi con i cadetti, cioè con iO proprietari fondiari e della monarchia. Non c'è Te OSO OTTO ee o personalità, ciascuna a suo modo sO te: o lot [e effimero, dal momento che
. non appartenevano alla classe operaia.
lotta senza programma né rivendicazioni e marciavano sul Palazzo
E LATO DZ ee Otto aa imperiali. Al medesimo tempo, il 9 gennaio fu per tutta la Russia il fulmine che distrusse la fede nella
monarchia. Non è un'esagerazione. Operai che, ancora alla vigilia,
credevano nella monarchia e pensavano che solo i ministri fossero malvagi, videro che il peggior nemico era proprio l'autocrazia, lo zar. La discussione sulla parola d'ordine del «governo rivoluzionario provvisorio»
Con 1l 9 gennaio il partito dovette affrontare la questione del potere o, come si diceva allora, della partecipazione al governo rivoluzionario provvisorio. I bolscevichi, con tutte le loro forze, sostenevano la
parola d'ordine: organizzazione dell'insurrezione armata e costituzione di un governo rivoluzionario provvisorio. Ma i menscevichi la combattevano energicamente. E inoltre si opponevano alla partecipazione a questo governo con argomenti sedicentemente marxisti. Come potremmo, noi socialisti — dicevano — partecipare a un governo non socialista? E si riferivano alla sfortunata esperienza del mille-
Come si sa, Millerand era un socialista di sinistra. Ma si lasciò cor-
dichiarando: "Entro nel ministero per difendervi gli interessi degli operai". Ma Millerand, anche se lo avesse voluto, non avrebbe potuto
conseguire tale obiettivo e, a poco a poco, divenne il portavoce della borghesia.
Seconda Internazionale si pronunciò contro di lui al congresso di
Amsterdam. Fu a quel congresso che ebbe luogo il famoso scontro tra Bebel e Jaurès, il quale in una certa misura difesc la tattica menscevica. Bebel, contrario alla partecipazione ministeriale, ne uscì vinCitore e si decise che in nessun caso | socialisti avrebbero partecipato a un governo borghese, nel quale non sarebbero stati che degli ostagg1, degli agenti della borghesia. In effetti Millerand, dopo un solo anno di potere, ordinò di sparare sugli operai in sciopero. Jaurès era uomo di purezza cristallina. Amava profondamente 1|
proletariato e pagò con la vita la dedizione alla classe operaia. Ma la sua ideologia era riformista e Millerand, all'inizio della sua carriera di ministro, ne sfruttò a più riprese la buona fede e l'idealismo. In seguito Jaurès condusse un'energica campagna contro Millerand e 1 suoi simili, ma non per questo rimase meno fedele ai principi del riformismo, che tentò di difendere nell'Internazionale.
I menscevichi non mancarono di sfruttare contro di noi l'esperienza del millerandismo. "Vedete bene — dicevano — dove porta il millerandismo. Come potremmo noi, dopo un tale esempio, partecipare in Russia a un governo rivoluzionario provvisorio?". Rispondevamo: "Se ci è permesso, voi omettete un dettaglio importante. In Francia Millerand è entrato in un governo borghese stabile, in un momento in
cui non era in corso una rivoluzione. In parole povere, si è venduto alla borghesia. Ma da noi, nel 1905, si tratta di rovesciare lo zar, il
cui trono già sta vacillando. Per questo, nel corso della lotta bisogna costituire un organo rivoluzionario operaio e contadino, in altri termini un governo rivoluzionario provvisorio. E i rappresentanti della classe operaia devono partecipare a questo governo, anche se la sua compagine non è puramente proletaria, dato che occorre creare un organismo in grado di assicurare la vittoria della rivoluzione”.
Il punto di vista dei menscevichi
Ma i menscevichi restarono della loro opinione, ragionando per so-
fismi, confondendo i fatti e continuando a sostenere che la rivoluzione dovesse avere un carattere borghese poiché non spettava al partito proletario portare avanti la parola d'ordine di un governo rivoluzionario provvisorio. Essi ritenevano che la rivoluzione si sarebbe limi-
tata all'instaurazione di una monarchia costituzionale o, nell'ipotesi
più favorevole, a quella di una repubblica borghese. Non credevano
al compito rivoluzionario del proletariato e riponevano le loro spe-
107
ranze nella borghesia liberale. Giudicavano che gli operai non doves. sero affatto prendere 1l potere, che dovessero limitarsi a presentare ri. vendicazioni economiche e a sostenere gli zemstvo liberali. Per quanto riguarda il governo rivoluzionario provvisorio o piuttosto il governo monarchico-costituzionale, toccava a Miljukov organizzarlo. Così, nel 1917, 1 menscevichi sono stati assai soddisfatti che Miljukov si trovasse al potere per accettare da loro e dagli s-r il pote-
|) comprensibile che 1 menscevichi si pronunciassero contro la pe
rola d'ordine del governo rivoluzionario provvisorio. I loro argomen-
ti, a prima vista ortodossi, in realtà non erano che manifestazioni di
opportunismo. Fedeli alla loro tattica, utilizzavano ogni mezzo — perfino la terminologia marxista — per tenere gli operai lontani dal poteimpegnati a salvaguardare il proletariato da ogni contatto impuro e combattendo la parola d'ordine bolscevica della dittatura democratica degli operai e dei contadini, essi si levarono contro l'alleanza tra gli operai € 1 contadini stessi. Ma, dopo la rivoluzione di Febbraio, furo-
no proprio loro a continuare a far blocco con i Cernov, i Savinkovei
Kerenskij, vale a dire con la frazione più controrivoluzionaria del partito “contadino”.
Il terzo congresso dei bolscevichi a Londra Alla metà del 1905 ebbe luogo il terzo congresso del partito, al
quale parteciparono solo i bolscevichi, per cui esso potrebbe essere
considerato come il nostro primo congresso. Disponendo della stam-
pa, del Comitato centrale e del Consiglio del partito, 1 menscevichi
dichiararono di non aver bisogno di alcun congresso. In effetti tutto il
potere era nelle loro mani. Così noi preparammo un nuovo congresso per uscire da questa situazione. I[gnorammo il diniego del Comitato
centrale e il congresso, convocato dall'Ufficio dei comitati della maggioranza, si svolse a Londra!’. Contemporaneamente 1 menscevichi riunirono a Ginevra quella che chiamarono prima conferenza
panrussa. Dunque nell'estate, alla vigilia della rivoluzione, le forze
bolsceviche e quelle mensceviche furono passate in rassegna al terzo congresso di Londra e alla prima conferenza panrussa di Ginevra. In quelle assemblee, sentendo che l'ora decisiva si avvicinava, le due frazioni elaborarono le rispettive tattiche. 108
Il terzo congresso ebbe grande importanza. Suo merito principale
fu di indicare come collegare lo sciopero generale e l'insurrezione ar-
mata. Oggi questo problema sembra di ordine assai banale, ma allora
era del tutto nuovo.
La questione dello sciopero generale
La socialdemocrazia internazionale rifiutava l'idea stessa dello sciopero generale. Nella Seconda Internazionale si ua a quel «Generalstreik ist Generalunsinn» («Lo sciopero generale è un gepotremmo fare anche la rivoluzione. Se d'altra parte OI eo al contrario, troppo deboli, non riusciremo a scatenare uno sciopero
generale. È inutile parlarne. «Lo sciopero generale è un [Io
non senso». I menscevichi riprendevano l'argomentazione di Auer. Nei fatti, nessuno allora pensava seriamente allo sciopero generale.
Uno sciopero di due giorni proclamato in Belgio per l'estensione del
diritto di voto fu considerato come un evento eccezionale e provocò
innumerevoli commenti e analisi, specialmente da parte di Rosa Di fronte all'atteggiamento dell'Internazionale e dei menscevichi, 1l terzo congresso rese un grande servizio al movimento rivoluzionario,
dichiarando che lo sciopero generale non era affatto sprovvisto di senso, che in Russia era all'ordine del giorno e che l'avremmo realizzato. La questione dell'insurrezione armata
La questione dell'insurrezione armata si pose in modo ancora più acuto. L'Internazionale non ne volle nemmeno sentir parlare e, portando a sostegno della propria posizione la prefazione di Engels a Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, la considerò come un'espressione di anarchismo. In quella prefazione Engels attirava l'attenzione sullo sviluppo sfrenato degli eserciti borghesi e sull'apertura,
battimenti sulle barricate. Egli concludeva che, in tali condizioni, l'insurrezione armata sarebbe stata assai difficile e avrebbe rischiato di essere schiacciata in poche ore dalla borghesia. Tutti gli opportuni0
sti sfruttarono questo testo, affermando all'unisono che l'insurrezione armata era impossibile e che Engels l'aveva dimostrato. Dimenticavano che in Russia le condizioni erano del tutto diverse rispetto
vano modificare completamente lo stato d'animo delle truppe. SES
inoltre dimostrato che quella prefazione di Engels cera stata alterata dai capi opportunisti della socialdemocrazia tedesca per portare ac-
qua al loro mulino’.
Anche su questo punto il nostro congresso rese un eccezionale servizio al movimento rivoluzionario, ponendo all'ordine del giorno l'insurrezione armata, dichiarandola possibile e dimostrando che gli opportunisti interpretavano Engels in modo sbagliato. Come se prevedesse gli avvenimenti non solo del 1905, ma del 1917, il congresso propose poi la combinazione dell'insurrezione armata e dello sciopero
oi
I risultati del terzo congresso Così furono poste le basi della tattica bolscevica e fu tracciato un programma preciso per la rivoluzione imminente’. Non bisogna dimenticare che il congresso si tenne due o tre mesi prima degli avvenimenti del 1905. Le sue disposizioni furono considerate dai partiti rivoluzionari del mondo intero come un eccezionale esempio del modo in cui il pensiero marxista rivoluzionario potesse, legandosi al movimento operaio di massa, prevedere gli sviluppi della rivoluzione. In effetti quel congresso dette prova di una capacità profetica, so-
La questione dell'armamento degli operai Nel frattempo i menscevichi modificarono e perfezionarono il loro programma opportunista. Alla conferenza panrussa svilupparono
un'idea molto diversa dalla nostra: quella dell'«autonomia amministrativa rivoluzionaria». Essi si apprestavano ad appoggiare la Duma
di Bulygin’!, che i bolscevichi proponevano di boicottare??, ed esaminavano da opportunisti tutti 1 temi all'ordine del giorno. Ne è una prova eclatante, per esempio, il modo in cui considerarono il
Tale questione sembra, ai giorni nostri, elementare, ma nell'epoca
pacifista della Seconda Internazionale, i cui capi temevano come la 110
molti una sorta di furioso delirio. E quando il terzo congresso del
partito sostenne la necessità di armare OSE NOTATI conferenza panrussa, gridarono all'anarchismo e al putschismo. Invece di dare fucili agli operai, dichiararono, occorre iniziare inculcando in loro «l'idea della necessità di armarsi». Ribattemmo: "Voi conside-
rate gli operai russi come dei bambini; essi comprendono perfettamente la necessità di armarsi € ciò che serve loro sono dei fucili per marciare contro lo zar e la borghesia". Come si vede, bolscevichi e menscevichi differivano profondamente. Da un lato una falange operaia combattiva si preparava alla rivoluzione; dall'altro un clan di politicanti dissertava su come inculcare negli operai «l'idea della necessità di armarsi», sulla partecipazione alla Duma di Bulygin, sull'«autonomia amministrativa rivoluzionaria», vale a dire sul miglioramento degli zemstvo e dei consigli municipali. La commissione Sidlovskij Dopo gli avvenimenti del 9 gennaio, l'autocrazia dovette fare alcune concessioni agli operai. A questo fine creò quella che fu chiamata
la commissione Sidlovskij, di cui probabilmente si ricorderanno molti operai di Pietroburgo. Per presiedere la commissione lo zar desi-
sentanza per esaminare in quella sede i problemi relativi al miglioramento delle loro condizioni di vita ispirandosi alle rivendicazioni di Gapon. La commissione lasciò da parte le questioni politiche fonda-
mentali e si occupò di dettagli senza importanza. Tuttavia bisognava utilizzarla, come ogni possibilità legale, e fu proprio ciò che facemgettarono sulla commissione come api sul miele. La Duma di Bulygin
Intanto il movimento operaio si sviluppava. L'Unione delle Unioni”! si organizzava; il movimento contadino si rafforzava: l'esercito e la flotta — soprattutto la marina da guerra — cominciavano a manifestare lo spirito di rivolta che doveva portare all'ammutinamento della corazzata Potémkin.
L'autocrazia zarista considerò allora la possibilità di riforme più si-
gnificative e decise di convocare una Duma. Quindi lo zar affidò a
Bulygin il compito di elaborare una legge elettorale. Era intenzione
della corte convocare una Duma senza grandi diritti, una sorta al organismo consultivo che sottoponesse le proprie opinioni “UV vazione della monarchia, che in ultima istanza avrebbe NOT decisioni. La legge elettorale elaborata da Bulygin conferiva ae sibile vantaggio alla nobiltà e alla borghesia a danno degli operai.
OTO EE (eee OT EEN olona significato la Duma di
USA So ETERO partecipazione, di boicot-
tarla € di impedirne la convocazione. Sentivamo che il movimento
aveva una forza eccezionale, che lo zarismo non l'avrebbe placato [a
tando alla massa qualche osso da rosicchiare e che si trattava di conti-
nuare la lotta contro l'autocrazia. I menscevichi, come al solito, videro nel progetto dello zar l'inizio del parlamentarismo in Russia e, immediatamente, proposero di partecipare alla Duma. Ma davanti allo scherno sollevato dalla loro proposta, rinunciarono alla partecipazione e dichiararono: Visto che le cose stanno così, convocheremo delle assemBulygin, ma per una Duma popolare. In seguito accantonarono anche questo piano, dal momento che la rivoluzione — passando sopra
Bulygin e la sua Duma — sollevò nuovi problemi. Gli operai intuirono, infatti, che non era il momento di divertirsi con scempiaggini come le
elezioni per la Duma e che l'ora decisiva, l'ora della rivoluzione, stava per scoccare. Gli avvenimenti dell'ottobre 1905
Gli avvenimenti dell'ottobre 1905 sono noti: sciopero generale
panrusso”, azione energica dell'Unione delle Unioni, concessioni
insignificanti accordate dall'autocrazia il 17 ottobre e infine concessione della Costituzione. I retroscena sui fatti della Costituzione possono essere studiati utilizzando i ricordi di Witte, che decrivono molto bene le manovre dei partiti e gli intrighi di corte. Fu allora che si formò il primo soviet dei deputati operai di Pietro-
burgo. Questo soviet non comprendeva 1 deputati dei soldati e in ciò va ricercata la ragione principale della sua debolezza. I bolscevichi comprendevano perfettamente che per essere una forza i soviet dovevano essere composti non solo da deputati degli operai, ma anche dei contadini e dei soldati. Ma non fu possibile costituirli così, poi112
La stessa idea dei soviet, come tutte le grandi idee, nacque tra le masse. I menscevichi si sforzarono in seguito di presentare le cose in
modo da spacciare la loro «autonomia amministrativa rivoluzionaria» come materializzata nei soviet. In realtà l'idea dei soviet non venne dai menscevichi; nacque tra il proletariato, nelle fabbriche e nelle officine di Pietroburgo. Il soviet di Pietroburgo divenne l'embrione di un governo. Quindi avrebbe potuto o prendere 1l potere e
cacciare il governo zarista, o essere disperso dallo zar. Come si sa, fu la seconda ipotesi a verificarsi. Una parte dei bolscevichi commise il CC rimediarono rapidamente a questo errore.
L'insurrezione di dicembre a Mosca
Il momento culminante del movimento fu l'insurrezione di dicembre a Mosca, nel quartiere di Presnja, diretta dal comitato dei bolscevichi, sotto la guida di Schanzer (morto all'estero nel 1911), di
Vladimirskij (attualmente membro del CC del PC ucraino), di Sjedo/ e altri. Fu questo comitato a organizzare le prime squadre armate di
L'insurrezione di Mosca, che ebbe una grande importanza, fu soffocata nel sangue?®. Visto che fallì, i menscevichi si affrettarono a condannarla. Plechanov scrisse con freddezza: «Non si dovevano prendere le armi». Che il movimento fosse giustificato o meno, gli rispon-
demmo che simili parole non potevano venire se non da un menscevi-
co. Dopo 1l massacro dei comunardi nel 1871 Marx, che aveva messo in guardia gli operai parigini contro un'insurrezione prematura, non
disse loro che non bisognava prendere le armi. No, egli scrisse l'eccellente testo su La guerra civile in Francia, esaltando l'azione e la me-
Plechanov, come tanti altri, ahimè, non seguì la via di Marx. Gran signore della rivoluzione, egli era rimasto da parte e aveva giudicato il movimento da un punto di vista astratto: «Non si dovevano pren-
dere le armi».
I bolscevichi agirono diversamente. Lenin manifestò la più grande ammirazione per l'eroismo dei combattenti. Volle studiare a fondo anche 1 minimi dettagli di quella lotta, la tecnica dei combattimenti
di strada e la biografia di ciascuno di coloro che avevano partecipato all'azione. Lenin non era affatto uno di quei rivoluzionari che solida-
rizzano solo con le insurrezioni vittoriose: ogni pagina della storia della nostra classe gli era cara. Vi sono disfatte più preziose delle vittorie. È il caso della nostra
sconfitta del dicembre 1905. Assistemmo allora alla prima sollevazione di operai d'avanguardia sulle parole d'ordine del nostro partito. Quegli operai sapevano chiaramente che cosa volevano e non marciavano più dietro le bandiere del pope Gapon. Il solo fatto dell'insurrezione provò che il movimento era andato oltre, che la
te, che aveva un programma chiaro e che era pronta ad attaccare le truppe dello zar armate fino ai denti. Il movimento fallì, ma è attraCosì i bolscevichi, solidarizzando incondizionatamente con gli insor-
ti, dichiararono una guerra senza tregua a Plechanov per la sua affermazione da rinnegato, secondo la quale «Non si dovevano prendere
La controrivoluzione, il liquidatorismo
e l'estremismo di sinistra
L'esperienza della rivoluzione del 1905
La rivoluzione del 1905 fu in un certo senso la prova qui al quella del 1917 sarebbe stata impossibile. Nel 1905 l'idea dei soviet spirito della classe operaia. Perciò nel 1917, alle prime scosse della
rivoluzione di Febbraio, ogni operaio trovò perfettamente naturale che tutto il paese fosse organizzato in una rete di soviet. Lo ripeto, molti avvenimenti del 1917 si sarebbero svolti in modo molto diverso senza la grande esperienza del 1905. Presa in sé, invece, quella ri-
voluzione fu un fallimento. Perché? Quali furono le cause del suo in-
I menscevichi risposero a tale questione con un'opera in cinque volumi, redatta nel 1909-1910 da Martov, Potresov e Dan. La rivoluzione del 1905, affermarono, è fallita perché la classe operaia ha esagerato con le sue rivendicazioni. Essa ha proclamato e
addirittura applicato, senza autorizzazione, la giornata lavorativa di otto ore. Per gli storici menscevichi era stato quello il primo delitto della classe operaia. A causa delle sue rivendicazioni eccessive, il proletariato, secondo loro, si era alienato una parte importante della
rismo. Inoltre quasi tutta l'attività del primo soviet dei deputati operai
di luis era stata sbagliata e persino demagogica, visto che i Soviet erano stati influenzati in modo determinante dal bolscevismo.
dei deputati operai di Pietroburgo, benché all'inizio composto in
Maggioranza da menscevichi, si portò di fatto, spinto dalle circostan-
4a ito posizioni dei bolscevichi. Di più, la storia giocò ai menscevichi un brutto tiro. Il loro quotidiano «Nacalo» («L'inizio»)! deviò
“ZOO O NS I punto che il vertice menscevico «Novaja Zizn» («Vita nuova»)? La «Novaja Zizn» e il «Nacalo»
è dei menscevichi. 1 bolscevichi pubblicarono la «Novaja Zizn» e i menscevichi il «Naéalo».
Fino “| ritorno dall'estero di Lenin e di altri capi bolscevichi, la
«Novaja Zizn» ebbe una direzione più o meno composita. Il suo redat-
tore capo era Rumjancev, che in seguito ha abbandonato le idee rivolu-
zionarie. Fra i collaboratori regolari c'erano Gor'kij e intellettuali piccolo-borghesi come Minskij, Teffy e altri, da tempo passati sul lato op-
posto della barricata. Oggi si stenta a credere che queste persone abbiano potuto militare per qualche tempo nell'area bolscevica. La situazione non cambiò che con il ritorno in Russia del gruppo dirigente bolSCevico, che diede al giornale un orientamento rigoroso”. Le cose andarono in modo un po' diverso per quanto concerne il «Naéalo». Parvus e Trotsky, che verso la metà dell'anno avevano iniziato a differenziarsi dai menscevichi nell'atteggiamento verso la
borghesia, ne ottennero, per una serie di circostanze, la direzione, allontanandolo considerevolmente dal menscevismo?’. La loro tendenza, che si esprimeva nella teoria della «rivoluzione permanente», merita una considerazione speciale. La «rivoluzione permanente »
Il «Naéalo» sosteneva che la rivoluzione del 1905 aveva segnato l'inizio di un'epoca rivoluzionaria che sarebbe terminata solo con la completa vittoria del proletariato su scala mondiale. La rivoluzione
russa, parte di quella internazionale, avrebbe trionfato se il potere
Questo punto di vista era parzialmente corretto‘. Il principale erro-
re dei suoi sostenitori era di trascurare o per lo meno sottovalutare il ruolo dei contadini, dimenticando che la rivoluzione russa avrebbe
vinto se la classe operaia si fosse unita strettamente ai contadini”. In altre parole® essi non compresero la giustezza della parola d'ordine bolscevica, formulata da Lenin alla metà del 1905, della «dittatura del proletariato e dei contadini rivoluzionari»”. Comunque il «Natéalo» aveva un'impostazione tutt'altro che menscevica. E 1 menscevichi, facendo 1l bilancio della rivoluzione del
1905, deplorarono sia la tattica dei bolscevichi e la condotta dei soviet di Pietroburgo!’, sia l'orientamento del loro stesso giornale, che ovviamente aveva avuto una certa influenza sul movimento. Di qui la spiegazione dell'insuccesso del 1905: la classe operaia era caduta nel massimalismo, si era lasciata trascinare da rivendicazioni irrealizzabili,
aveva seguito la via bolscevica e si era rotta l'osso del collo. Errore
capitale era stato quello di non limitare il proprio programma, di non adattare la propria tattica alle richieste borghesi, di essere andata oltre, d'essersi proposta la giornata di otto ore e altri obbiettivi classisti.
Cause dell'insuccesso del movimento del 1905 vendicare la giornata di otto ore fosse stato un errore, è altrettanto ve-
ro che il farlo era stato inevitabile. Solo dei burocrati potevano pensare a una rivoluzione in cui milioni di oppressi che si risvegliavano alla
che avevano a cuore. Se a Pietroburgo e nel mondo intero non ci fosse
stato un solo bolscevico, la massa operaia avrebbe comunque combat-
tuzionalisti" borghesi. D'altronde, nei fatti, questa rivendicazione non era sbagliata: doveva essere formulata. Gli YUE SO Ie
mettere all'ordine del giorno le loro fondamentali esigenze di classe.
zioni del 1905 avrebbero trionfato. OSE iS A che cosa il bolscevismo attribuì la disfatta della rivoluzione del 19035? Esso sostenne, e sostiene ancor oggi, che l'insuccesso aveva
NN TO EGIZIA RnS più importante stava nella congiuntura internazionale. Infatti la rivoluzione russa era e doveva
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To CU oe TOI EE ANN Oggi tutti vedono legata agli avvenimenti internazionali. Le cose non SEL UO o
samente per quella del 1905. Il prestito che Vitte e Kokovstev riu-
scirono a ottenere dai banchieri esteri svolse senza dubbio un ruolo decisivo. Inoltre la borghesia internazionale, che aveva aiutato lo
zarismo con il suo denaro, gli diede anche un notevole appoggio
OCT O TO e europea non era divisa come oggi: zioni amichevoli con la Francia borghese e la famosa alleanza fran-
co-russa non era che l'unione fra milioni di baionette dello zar e micerto tempo estremamente influente. Ma non fu solo la Francia a
sostenere lo zarismo. Quasi tutti i grandi Stati occidentali ne segui-
nella guerra con la Russia fosse favorevole ad alcuni particolari gruppi capitalistici, le borghesie dell'Europa occidentale appoggiarono lo zarismo senza riserve. Inoltre certi politici occidentali inter-
vennero nella lotta tra la monarchia e la borghesia liberale, sforzandosi di riconciliare lo zar con i cadetti, i cui capi erano favorevoli
all'alleanza con il capitale europeo. Oggi è fuor di dubbio che la
borghesia francese e altre borghesie svolsero il ruolo di sensali e di
intermediari tra una parte dell'opposizione russa e lo r4:1e ul Quest'ultimo sentiva dietro di sé i ceti dirigenti delle oz
civili d'Europa. Questa fu la prima causa della sconfitta della rivo-
luzione del 1905. -
La seconda fu la mancanza di coscienza da parte dei contadini.
Plechanov nel 1899 aveva detto che la rivoluzione non avrebbe potu-
to vincere se non come rivoluzione operaia. Questa formula era giusta nel senso che la classe operaia doveva avere l'egemonia ed essere la forza motrice della rivoluzione. Ma era incompleta. Egli avrebbe dovuto dire: la rivoluzione russa può vincere solo come rivoluzione operaia, ma a questo fine è indispensabile che la classe operaia trascini al proprio seguito i contadini. Nel 1905 essa non fu in grado di operai. I contadini svolgevano un'attività politica così scarsa che non
sì poteva farli partecipare ai soviet. Se ci si ricorda che il 9 gennaio
gli operai delle officine Putilov credevano ancora allo zar e si recava-
no da lui innalzando le icone, si comprenderà lo stato d'animo che
doveva regnare nella massa contadina, la cui inesperienza politica 118
era ancora maggiore. Ecco perché SAI da contadini, aiutò infine lo zarismo a schiacciare gli operai insorti.
ragguardevole e compresero che cosa fosse veramente Foto
Perché i contadini e l'esercito pervenissero alla stessa conclusione ci
pe, frequenti a partire dal 1902, avevano un carattere Nere: i Ae cu ee ooo srt eolie rivoluzionario. Nell'esercito le prime manifestazioni del movimento furono significative, in particolare 1l
sollevamento della flotta nel Mar Nero. Nonostante ciò lo zarismo controllava ancora saldamente l'esercito e i contadini. Questi ultimi
non erano ancora maturi per essere alleati del proletariato e rimasero più o meno neutrali, ma l'esercito, composto GLIE LOLA ICO contadini, era più propenso a lasciarsi trascinare dallo zarismo che dalla rivoluzione.
scevichi si sbagliarono, pretendendo che lo scacco della rivoluzione fosse interamente da attribuire alla classe operaia, colpevole di aver
formulato rivendicazioni eccessive. In realtà, come sottolinearono |
bolscevichi, la borghesia abbandonò la lotta nel momento decisivo, scendendo a compromessi con lo zarismo. Essa accolse con gioia le
miserabili concessioni che le furono accordate il 17 ottobre!!. Da quel momento tutto il campo liberale si schierò contro il proletariato. Struve, specializzato in formule lapidarie, mise in circolazione l'espressione
«follia scatenata» per designare gli scioperi. La borghesia liberale diceva che un vento di follia soffiava sul paese e che bisognava placare la tempesta a ogni costo, altrimenti la Russia sarebbe scomparsa in uno spaventoso cataclisma.
In effetti la borghesia aveva un preciso istinto di classe e sapeva fa-
re 1 propri calcoli. Quando lo zarismo le offrì un accordo, sterzò bru-
scamente a destra e tradì il movimento di emancipazione. Inizial-
mente essa aveva creduto che la classe operaia si sarebbe sacrificata
per assicurare il trionfo di una rivoluzione borghese, ma dopo l'otto-
che il proletariato si accingeva a svolgere un ruolo indipendente e si apprestava a colpirla insieme allo zarismo. Terrorizzata dallo spettro della rivoluzione sociale, comprese che i suoi interessi di classe esigevano l'alleanza con il governo contro il proletariato. Ecco le cause fondamentali della sconfitta della rivoluzione del 1905. 119
Quali furono le conseguenze di questa rivoluzione? Prima di tutto un raggruppamento delle forze di classe. La borghesia divenne defi-
nitivamente controrivoluzionaria. Nel 1789 1a II e
nella lotta contro il feudalesimo e la Luo ce LE ESE aa loro la Colette] nie una classe rivoluzionaria. In Russia, fino al 1905, la borghesia svolse un ruolo di opposizione più o meno marcato. Vi fu un {91 Ti
cercò, almeno in parte, l'alleanza con la classe ur: NO) TO NOLI tentativi di Struve, Tugan-Baranovskij e altri per giungere a un ac-
collaborazione su determinate basi. Per un periodo tutta l'opposizio-
ne borghese, odiando lo zarismo, tese a collaborare con la classe ope-
raia, sperando in segreto che quest'ultima diventasse un suo docile
strumento e le togliesse le castagne dal fuoco, com'era avvenuto nel
va il suo carattere di classe, più la borghesia se ne staccava, comprendendo che la perpetuazione dello zarismo, per quanto deleteria, era meglio della vittoria della classe operaia. Quando constatò che la
classe operaia aveva acquisito una sufficiente esperienza politica, che non seguiva più 1 Gapon, ma il proprio partito, che aveva un suo pro-
. gramma, che rivendicava le otto ore e istituiva il suo soviet, comin-
ciò a fare marcia indietro e divenne rapidamente controrivoluzionaria. La comparsa del soviet dei deputati operai di Pietroburgo ebbe un'influenza decisiva nella sua evoluzione. Essa comprese di avere in questa assemblea un nemico estremamente pericoloso. Capì che il
si sarebbe potuta impadronire. Allora cominciò a spostarsi dalla parte della reazione. Kautsky, che era ancora marxista, colse perfettamente come la borghesia russa fosse diventata controrivoluzionaria. Perciò, dal 1906 al 1908, si levò energicamente contro 1 menscevichi che continuavano a basarsi sulla tattica dell'alleanza con la borghesia. Il primo risultato della rivoluzione del 1905 fu questo passaggio della borghesia alla controrivoluzione. Il secondo fu il risveglio dei contadini, strappati al loro torpore secolare. Se il movimento del
1903 non ebbe successo, pose comunque all'ordine del giorno la questione agraria in tutta la sua acutezza, come dimostrò l'apparizione
dei primi comitati agrari. Alla prima e alla seconda Duma, i rappresentanti dei contadini, sia trudoviki (laburisti), sia di destra, pronunA
ciarono accesi discorsi rivoluzionari. Ogni volta che dovevano parla-
Dunque il secondo risultato della rivoluzione fu di sviluppare consi-
derevolmente la coscienza delle masse rurali. Quando la borghesia si
volse verso la reazione, i contadini si orientarono a sinistra.
La formula «1847 o 1849?» Cosa accadrà ora? La rivoluzione è finita? Queste furono le que-
stioni che si pose il partito nel 1906. Si aprì un dibattito. Ci troviamo nel corso di un 1847 oppure di un 1849? In altre parole, siamo OO vigilia di una rivoluzione come quella del 1848 o al termine i del 1848 si concluse in una serie di paesi con un fallimento, con un
masse rivoluzionarie. Negli ambienti di partito ci si chiedeva se 1l 1906 sarebbe stato per la Russia l'equivalente di ciò che il 1847 era stato per la Germania e per una parte dell'Europa, oppure se, al con-
trario, avrebbe corrisposto al 1849. Il 1906 era il preludio di un nuovo periodo di lotte o segnava, come il 1849, la conclusione dei combattimenti e l'inizio del declino rivoluzionario? Su questo terreno iniZiÒ tra bolscevichi e menscevichi una discussione molto accesa.
I bolscevichi sostenevano che il 1906 equivaleva al 1847, che la rivoluzione non era terminata, poiché i problemi oggettivi che aveva posto non avevano ottenuto una soluzione definitiva e quindi, presto o tardi, l'ondata rivoluzionaria sarebbe ripresa. I contadini, dicevamo, non hanno ottenuto la terra. Le rivendicazioni degli operai non sono state soddisfatte. Operai e contadini formano l'immensa maggioranza del paese. Dunque i problemi sollevati dalla rivoluzione non sono an-
cora risolti. Forse lo zar e Stolypin potranno soffocare la rivoluzione per qualche tempo, ma sono inevitabili nuovi scontri. Quelli avvenuti devono ancora venire.
I menscevichi avevano un'opinione diversa: "Noi ora seguiamo — affermavano — la via percorsa dalla Prussia dopo l'insuccesso parziale del 1848: resta lo zar, avremo una monarchia costituzionale.
Dobbiamo adattarci a questa realtà". Da ciò discendeva la loro parola
la rivoluzione fosse definitivamente age Ae OSE
Bolscevichi e menscevichi si uUNiscono OI ro o piattaforme dei bolscevichi e dei menscevichi.
Nella primavera del 1906, sotto la pressione delle masse, le direzioni rispettive sì incontrarono". Ecco un episodio del massimo interesse In sostanza le masse spinsero alla riconciliazione i menscevichi e i bolscevichi. Non vi è nulla di stupefacente. Ancora nel 191714 si sentiva dire: "Perché fare la scissione? Più saremo, meglio sarà. Se ai bolscevi-
chi aggiungiamo i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, la vittoria sulla borghesia e sullo zarismo è assicurata". Così ragionavano molti
operai e alcuni membri del partito, che non avevano esperienza agi
politica. Comunque nel 1905 cominciò un corso favorevole igor
zione. In molte località nacquero comitati federativi di bolscevichi e menscevichi, che fondarono organizzazioni comuni e diressero insieme la lotta. Infine il Comitato centrale bolscevico fu indotto a unirsi al Comitato d'organizzazione menscevico. Sempre sotto la pressione delle masse fu convocato un congresso di unificazione che si svolse a Stoc-
lutazione della fase. 1 bolscevichi affermavano: Siamo stati battuti nel che risolverà i problemi posti nel 1905. I menscevichi, al contrario, dichiaravano: Siete degli utopisti, dei sognatori. Non volete riconoscere che siamo nel 1849 e non nel 1847. Siamo sconfitti su tutta la linea e la rivoluzione è morta. Il paese va verso la monarchia costituzionale e il partito deve seguire il cammino della socialdemocrazia europea.
sfatta del 1905 aveva suscitato tra gli operai e anche tra i membri del 122
partito una sensibile depressione, inevitabile dopo l'insuccesso dell'insurrezione di dicembre e l'arresto dei membri del soviet di maggioranza, ancorché di misura!s, e imposero al partito la loro tattica. Quando si pose la questione dell'insurrezione armata, essi presentarono una risoluzione diplomatica che la escludeva!6. Poi fecero adottare il programma agrario Maslov-Plechanov, anch'esso contrario alla rivoluzione, dato che la sua realizzazione avrebbe fatto ottenere la terra ai contadini più ricchi attraverso gli organi municipali (zemstvo)!’. Infine decisero di partecipare alle elezioni della prima Duma e di organizzarvi una frazione socialdemocratica'?. La tattica dei bolscevichi Ai bolscevichi non rimase che adeguarsi, poiché erano in minoranza e gli operai chiedevano l'unità. In realtà il congresso non realizzò una vera unificazione. Al Comitato centrale si presero, come dicevamo allora, alcuni nostri compagni come ostaggi’. Ma contemporaneamente, al congresso stesso, i bolscevichi formarono un Comitato centrale speciale, in sostanza un organo illegale interno al partito. Quel periodo, nel quale eravamo in minoranza sia nel CC, sia nel Comitato di Pietroburgo, e dovevamo dissimulare il nostro lavoro
frazionistico, fu assai difficile. Spesso c'erano due segretari, uno bol-
scevico e l'altro menscevico, che diffidavano l'uno dell'altro e si sor-
vegliavano a vicenda. Insomma, c'erano due partiti in uno. Tra i documenti che meglio riflettono questa situazione si possono
citare gli opuscoli scritti da Lenin, che a Stoccolma fu delegato degli
operai pietroburghesi, Relazione sul congresso di unificazione del POSDR, Lettera agli operai di Pietroburgo” e La vittoria dei cadetti e i compiti del partito operaio”. Continuazione della polemica «1847 o 1849?»
Dopo il congresso di Stoccolma, seguito da una fase di predominio
menscevico e di riflusso rivoluzionario, ricominciò la nei questione «1847 o 1849». Lo vedete fino a che punto vi siete sbagliati? ci dicevano i menscevichi trionfanti. Voi pensavate che la rivolu-
zione non fosse terminata e che fossero imminenti nuove lotte.
Invece dal dicembre del 1905 è già passato un bel po' di tempo — an-
che adesso essi si rallegrano vedendo che la rivoluzione mondiale
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annunciata dai bolscevichi va per le lunghe e, contando i mesi e I sta universale.
È vero che la rivoluzione successiva ha avuto luogo solo dopo un-
dici anni, nel 1917. Questo significa forse che i bolscevichi avessero
torto? No. Si erano solo sbagliati circa le date. Lenin si era sbagliato
ipotizzando un nuovo sollevamento contadino a oe OTO dire il vero, noi supponemmo che gli avvenimenti avrebbero avuto
decina d'anni prima della vittoria della classe VIN EEE no sbagliati sulle date, anche K. Marx, che pronosticò a più riprese
l'imminenza della rivoluzione mondiale. Ogni rivoluzionario sincero
ha la tendenza a collocare la realizzazione dei Ko eee
avvenire visibile. In ogni caso, la nostra valutazione nell'insieme era
giusta: la rivoluzione non era conclusa, i suoi compiti obbiettivi non
erano stati realizzati, il proletariato e i contadini non avevano ottenu-
to risultati soddisfacenti, nuove lotte erano inevitabili. Ora, queste previsioni dovevano realizzarsi, cosa che non tardammo a capire.
Il congresso di Stoccolma coincise con un clamoroso successo dei
cadetti alle elezioni per la Duma. La borghesia liberale ottenne un
gran numero di seggi e fece eleggere alla presidenza il famoso Muromcev. I dirigenti liberali, Nabokov e altri, erano gli oratori più seguiti. Questa vittoria fu un avvenimento politico importante e dovemmo decidere che tattica avrebbe adottato 1] partito. «Ministero responsabile» cadetto
Il CC menscevico, che dirigeva il partito, fu entusiasta dalla vittoria dei cadetti. Riteneva che in Russia cominciasse una nuova era e che il trionfo del partito costituzional-democratico avrebbe aiutato 11
paese a risolvere con calma la questione agraria e qualche altro pro-
ciarono la parola d'ordine del governo cadetto o «responsabile», intendendo che esso dovesse rispondere dei propri atti non allo zar, ma alla Duma. Era la formula classica del parlamentarismo borghese. Il governo è responsabile, in teoria, davanti al parlamento e, nei fatti, davanti a un pugno di banchieri. I menscevichi, che da tempo sognavano un parlamentarismo all'europea, consideravano la parola d'ordi-
ne del ministero «responsabile» come un'espressione compiuta della 124
Su tale parola d'ordine intrapresero subito un'intensa agitazione nei quartieri operai. Furono logici e coerenti, ma si diedero la zappa sui piedi e ci permisero di conquistare la maggioranza a Pietroburgo. Ricordo che il quartiere industriale di Viborkskaja Storona era completamente menscevico. Noi riuscivamo a malapena a farci ascoltare dagli operai. Ma, dal momento in cui si cominciò a parlare di un ministero cadetto «responsabile» e divenne chiaro il sostegno mensce-
vico alla borghesia, lo scenario cambiò. I menscevichi OTTO
a perdere una fabbrica dopo l'altra nel quartiere di Viborkskaja Storona. Inoltre la conferenza socialdemocratica cittadina si pronunciò contro la loro parola d'ordine. Essa si svolse in Finlandia, in condizioni di relativa libertà. Un sabato, alla stazione di Finlandia, sotto gli sguardi sospettosi di un gruppo di spie, prendemmo il treno per Terioki. La conferenza ebbe luogo la domenica e poco mancò che scoppiassero delle risse tra bolscevichi e menscevichi. Alla fine, malgrado la pressione del CC menscevico, riuscimmo per la prima volta a conquistare la maggioranza. Fu una notevole vittoria, dato che Pietroburgo era allora il centro politico del paese. Il CC non potè far nulla contro il nostro Comitato di Pietroburgo e i giornali non si fecero sfuggire l'occasione per fare dell'ironia sul piccolo nucleo bolSCevico che aveva battuto il grande CC menscevico.
Scioglimento della prima Duma
un segnale al movimento rivoluzionario e soprattutto a quello conta-
dino, che era ancora molto forte. Essa pose infatti all'ordine del (0) Di
no, seppure timidamente, la questione agraria. Entrò così in conflitto
con lo zar, che ne decretò lo scioglimento. Il partito cadetto, infuriato, convocò una conferenza, che si svolse come la nostra in Finlan-
dia, e lanciò il celebre appello di Viborg, nel quale invitava la popolazione a non pagare le imposte. Questo gesto sembrava la ripetiziopevano che nessuno avrebbe raccolto il loro invito a non pagare le imposte. La monarchia zarista non ESSE tool ate SA SEO e IGES ONE pena insignificante:
e la borghesia liberale. Essa fu presto dimenticata e tra le due aLe
Solo nella seconda Duma relazioni di buon vicinato. Una fraIl congresso di Londra del 1907
ta) queste circostanze si tenne a Londra il quinto congresso del parchi, contando il congresso speciale che avevamo tenuto a Londra nel
1905, considerammo quello di Stoccolma come il quarto e quello di
Fei LOI quinto. Ma i menscevichi, che non riconoscevano il nostro terzo congresso, non vollero considerare quello in «Congresso di Londra».
mocrazia polacca, la socialdemocrazia lettone e il Bund che, come si
tiche, queste organizzazioni erano per lo più con i bolscevichi. Così,
grazie all'arrivo di queste forze, e nonostante il riflusso rivoluziona-
rio, ottenemmo la maggioranza. Una maggioranza debole, talvolta di un paio di voti, ma comunque una maggioranza’. I menscevichi sì
aggrapparono disperatamente alla direzione e fu necessario condurre una lotta accanita per conquistarla e liberare il partito dalla loro influenza.
Fu al congresso di Londra che per la prima volta si pose la questione del parlamentarismo rivoluzionario. La discussione avvenne prin-
cipalmente tra Cereteli, membro menscevico della seconda Duma, e
Aleksinskij, allora bolscevico e deputato degli operai di Pietroburgo al parlamento — divenuto monarchico e passato con i wrangeliani, Aleksinskij si qualifica ancora adesso come «Deputato alla Duma dell'Impero degli operai di S. Pietroburgo».
Si passò poi a valutare il comportamento della borghesia liberale nella rivoluzione e il carattere della rivoluzione in generale. Su questo punto il confronto si svolse tra i migliori teorici e oratori delle due frazioni. 1 menscevichi furono rappresentati soprattutto da Plechanov e i bolscevichi da Lenin e da Rosa Luxemburg, che era la
portavoce degli operai polacchi e disponeva di un mandato speciale
del CC della socialdemocrazia tedesca. I discorsi di Lenin e della
Luxemburg sono ancora oggi modelli di analisi politica, dal momento che la discussione verteva sulla questione del ruolo della classe
operaia nella rivoluzione. Il proletariato doveva limitarsi a fungere
da forza ausiliaria della borghesia o doveva svolgere un ruolo indipendente? Questa era l'alternativa su cui si doveva decidere.
Sui punti essenziali — carattere controrivoluzionario della borgheSia russa, necessità del ruolo dirigente del proletariato nella rivoluZione — i menscevichi pensarono di cavarsela proponendo di riunire
un congresso operaio senza-partito, ma contro di loro ottenemmo una
forte maggioranza dato che era chiaro che volevano indebolire il ruolo d'avanguardia del partito. Comunque nell'elezione del CC non riuScimmo a ottenere una maggioranza altrettanto forte.
Il CC eletto al congresso di Londra
AI CC eletto dal congresso di Londra ottenemmo una maggioranza instabile. I menscevichi erano rappresentati da Martynov (oggi mern-
bro del partito), da N. Zordania (che è stato presidente della repubbli-
ca menscevica di Georgia e ora fa parte dell'emigrazione bianca a Parigi), da Goldmann-Gorev (che ha abbandonato 1 menscevichi) e da Noè Rami3vili (che ha partecipato al governo menscevico georgiano, segnalandosi per la sua ferocia verso gli operai, e ora è anch'egli a Parigi). I rappresentanti dei polacchi erano Tyszka” (fucilato in carcere in Germania poco dopo la morte di K. Liebknecht e di Rosa Luxemburg) e Warski (oggi comunista); quelli del Bund erano AbramoviÈ e Liber (entrambi divenuti dei reazionari della più bell'acqua);
quelli dei bolscevichi eravamo io (fu la prima volta che venni eletto nel CC), Lenin, I. Goldenberg (che dopo uno sbandamento menscevi-
co è tornato con noi e ora è morto), Roskov (che molti di voi probabilmente conoscono, visto che è stato un ottimo militante), Dubro-
commissariato per l'agricoltura). I lettoni erano rappresentanti da Rosin ed Hermann, il quale, fautore della conciliazione, votava di volta in volta per i menscevichi e per bolscevichi. Si può immaginare quale stabilità politica risultasse da una simile
convivenza. I bolscevichi se ne resero conto e anche al ROC
Londra cercarono di eleggere un loro "centro" occulto. "Collabore-
tuazione penosa; ma il vero lavoro sarà portato avanti dal nostro Quindi il congresso diede una vittoria teorica ai bolscevichi e tolse
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teramente, la situazione restava delle più incerte ce dovemmo creare un'organizzazione speciale per la nostra frazione.
Lu SOI congresso quando fu sciolta la seconda
Si di complotto e contro di essa fu istituito un processo al terSiro ato d'illegalità. 1 nostri giornali furono vietati. IDRO EEE e Viborg per lanciarvi degli apui TESTO TTI ae iO Pietroburgo e per acquietare la proUTO) AO OSO spirito a proposito delle «cravat-
RICO DTT Ae Tora lol cappi della forca. Fondamentalmente essa era favorevole alla costituzione di Stolypin. La terza Duma
Sciolta la seconda Duma la monarchia, dopo aver "leggermente"
modificato la legge elettorale, convocò la terza. La nuova legge restringeva il diritto di voto dei contadini. Quanto agli operai, era impossibile toglier loro qualcosa, dato che avevano diritti elettorali quasi nulli. Erano misure comprensibili. Fino alla seconda Duma, l'auto-
crazia aveva riposto le proprie speranze nei muziki?®. Lo stesso Pobedono3ùev, il più retrivo tra i monarchici, contava sul "buon sen-
so" dei contadini che, diceva tra sé, credevano nello zar e non avrebbero mai marciato contro il «piccolo padre». Ma la seconda Duma dimostrò che anche i contadini cominciavano a emanciparsi. Ecco
perché la nuova legge elettorale, a dire il vero in forma molto abile, li scun contadino continuava a godere del diritto di voto. Ma quel diritto era fittizio. 1 contadini eletti dovevano passare attraverso il filtro
dei pomestiki, che avevano la maggioranza ed eleggevano i muziki a loro graditi. Così tra la seconda e la terza Duma la monarchia perse ogni fiducia nei contadini e i contadini persero la loro nello zar. sotto il controllo dei peggiori reazionari? Questo era il problema che
si poneva. Si svilupparono forti divergenze tra gli stessi bolscevichi”. La maggioranza dei dirigenti si pronunciò per il boicottaggio,
sperando di provocare un movimento analogo a quello dell'epoca della Duma di Bulygin. La lotta fu accanita. Lenin, con alcuni altri, 128
difese la partecipazione, ma la maggioranza cra contro NA
entrare in quella che sarebbe stata un'assemblea arcireazionaria. Le-
raia. Nel 1905 si poteva supporre che la rivoluzione sarebbe sScoppiata da un momento all'altro permettendoci di spazzar via lo zarismo e EDEN ZO O UO 10 Ort olo più gli anni’. Il nostro boicottaggio non avrebbe impedito alla terza Duma di riunirsi. Ci dovevamo preparare a un periodo di reazione scatenata. La Duma sarebbe stata una stalla, ma noi avremmo potuto essere
mentare per far giungere la nostra voce al paese. Alla fine il punto di vista di Lenin prese il sopravvento”! e il partito decise di partecipare alle elezioni.
Discussione sull'utilizzazione delle possibilità legali La discussione si estese all'utilizzazione delle possibilità di lavoro
alla seconda Duma erano in galera e non gli restavano che rari punti d'appoggio legali: alcuni sindacati e circoli operai. Alla terza Duma gli operai avrebbero potuto far entrare alcuni esponenti per gridare al popolo la verità passando sopra la testa dei Centoneri*’. La discussio-
ne sull'utilizzazione delle possibilità di lavoro legale mise 1 bolscevichi in una situazione assai critica. Se in quel momento la tendenza antileninista avesse riportato una vittoria, il partito si sarebbe trasformato in una setta. La nostra attività nei sindacati non dava sufficienti risultati, poiché il momento favorevole era passato. Per un certo periodo la tendenza antisindacale ebbe la meglio nella frazione bolsce-
vica. Si diceva: "Perché entrare nei sindacati? Quello che ci interessa
è 1l partito. Resteremo in clandestinità, ci lavoreremo. Per quanto riguarda le organizzazioni di mestiere, vi stiano pure i menscevichi!". Era un grave errore e ci costò caro. Fino al novembre del 1917 i
menscevichi hanno avuto la maggioranza nei sindacati e solo dopo la rivoluzione siamo riusciti a togliergliela. Lenin pensava che dovessimo rimanere legati alla massa operaia, non limitarci all'azione clandestina né trasformarci in un circolo chiuso. Se gli operai stavano nei sindacati, lo dovevamo fare anche noi. Se potevamo inviare alla 129
Duma zarista anche un sol uomo, bisognava farlo: avrebbe detto agli
"Noi, diceva Lenin, dobbiamo utilizzare tutte le opportunità legali
per non staccarci dalle masse operaic, per vivere la loro vita e per
non trasformarci in semplici propagandisti limitati a predicare sui
della loro vita quotidiana, che resti nei sindacati, nelle cooperative, Fu grazie all'immensa autorità di Lenin, a dispetto del fatto che egli era in minoranza, che la frazione dei bolscevichi decise di partecipare alla terza Duma. Riuscimmo a ottenere alcuni deputati, tra i
quali Poletaev, che più tardi svolse un ruolo considerevole UO gt nizzazione della «Zviezdà» e della «Pravda». Questa discussione all'interno della frazione bolscevica è importante; dovremmo riprenderla in considerazione quando parleremo delIl liquidatorismo
Mentre i bolscevichi si dividevano in favorevoli e contrari all'utilizzazione delle possibilità legali, si sviluppò tra 1 menscevichi una corrente detta liquidatorismo. Molti capi menscevichi ritenevano che fosse necessario liquidare l'azione clandestina, ossia abbandonare l'organizzazione illegale,
adattarsi al regime del 3 giugno”, edulcorare 1] programma del parti-
to per renderlo accettabile alla monarchia zarista, riconoscere una Il più brillante fra i rappresentanti di questa tendenza altri non era
che il nostro attuale compagno d'armi Larin. Allora egli era un men-
scevico-liquidatore accanito, cosa che oggi non gli impedisce di rap-
SIA LIA E "sinistra" del bolscevismo””. Egli fondò a Pietroburgo una piccola rivista legale, la «Vosrosdenje» («Rigenerazio-
ne»), che Stolypin tollerò intenzionalmente. Il suo gruppo, che com-
da Lenin «il partito operaio di Stolypin». I liquidatori fondarono poi una seconda rivista scientifica, la «Na$a Zarja» («La nostra alba»),
alla quale collaborarono Martov, Dan e altri*°. Essi ironizzavano sulla nostra organizzazione illegale. "In qualsiasi città — scriveva Larin —
esoterico litio centrale. I loro dirigennizzazioni illegali ormai obsolete e costituire un OE E:ite lv toa cratico analogo appunto a quelli europei. Martov è IDF e ELRIC KO tennero un atteggiamento moderato, allo scopo di non ARL fluenza di cui godevano. Fu così che si stabilì, come AZ LI
sul partito illegale; Martov e Dan rimasero nell'apparato illegale este-
arrestati, i menscevichi e i loro sindacati avevano l'appoggio della «Rec»”’ e dei liberali, i loro dirigenti lavoravano tranquillamente nei circoli e si installavano nelle redazioni dei giornali sindacali. I liberali e i monarchici erano favorevoli ai liquidatori perché speravano che
portassero il partito a decomporsi demoralizzando l'avanguardia della A partire dal 1908 il movimento assunse contorni netti e la parola liquidatorismo entrò nel linguaggio politico corrente. Molti dei vec-
chi operai menscevichi passarono al gruppo della «Nasa Zarjà» diretta da Potresov e divennero liquidatori. In ogni luogo si ostentava 1] più impudente rinnegamento. Si trascinava nel fango il passato del partito, si qualificava l'azione illegale come una sciocchezza e un'incoscienza € si cominciava a sostenere l'adattamento al regime di Stolypin. Nacque così, accanto al partito liberale, il "partito operaio di Stolypin”. I liquidatori avevano fatto della «libertà di coalizione» la loro bandiera e facevano credere che i bolscevichi ne fossero degli avversari.
I bolscevichi erano per la libertà di coalizione, ma sostenevano che la classe operaia non avrebbe ottenuto questa libertà dalla monarchia. I RI
menscevichi-liquidatori erano tornati alla teoria dci diritli parziali in
ML oe et gli cconomisti del 1898, che ziali e non lanciare la parola d'ordine del rovesciamento dello 7arismo, 1 liquidatori sostituivano la lotta rivoluzionaria contro la monar-
chia zarista con delle rivendicazioni parziali — libertà di stampa, ecc. Alla fine la scissione tra bolscevichi e menscevichi fu completa, dal momento che i primi continuavano a mettere in diet o
programma la rivoluzione, mentre i secondi proponevano delle rifor-
nel riformismo vero e proprio, i bolscevichi rimasero rivoluzionari.
"Chi vuole la libertà di coalizione, dicevamo agli operai, deve rove-
sciare lo zar, che non la concederà mai". "Chi vuole la libertà di coa-
lizione, rispondevano i menscevichi, deve sconfiggere il partito ille-
gale, adattarsi al regime e diventare un socialdemocratico".
Oltre a questi due gruppi del menscevismo, di cui l'uno, diretto da Martov, restava nel partito per disgregarlo e l'altro, diretto da Potresov, era apertamente liquidatore, ve n'era un terzo, diretto da Plechanov. Tornando ai "primi amori", Plechanov si accostò al partito rivoluzionario illegale e costituì un gruppo distinto, quello dei menscevichi partitisti. Egli collaborò all'organo centrale illegale del partito, il «Social-Demokrat», redatto da me e Lenin per 1 bolscevichi, da Warski per la socialdemocrazia polacca, da Martov e Dan per i menscevichi. In qualità di menscevico-partitista, egli scrisse una serie di brillanti articoli in difesa dell'organizzazione illegale. I menscevichi
cominciarono a prendersi gioco di lui e a dire che aveva atteso la vecchiaia per diventare «il bardo dell'azione clandestina». Ma Plechanov non ne fu turbato visto che, a differenza di tanti altri menscevichi, nella sua vita si era quasi sempre comportato da rivoluzionario. Mi sia consentito a questo proposito citare un passo dalla Storia della socialdemocrazia russa di Martov, che contribuirà a mettere in
luce la personalità di Plechanov. All'inizio del 1905, quando la lotta contro lo zarismo era particolarmente violenta, Plechanov si pronunciò apertamente per il terrore. Scrive Martov: Ci fu.un momento in cui Plechanov, da molti anni avversario dei metodi terrori-
stici, propose al Consiglio del partito un'intesa col partito social-rivoluzionario,
in base alla quale gli atti di terrorismo, in determinate circostanze oO) Tate alc 132
avrebbero potuto essere riconosciuti come confacenti allo scopo. Questa proposta fu ritirata solo in seguito a un ultimatum di Aksel'rod e di Martov, in cui dichiaravano che se la proposta fosse stata accolta sarebbero usciti dal Consiglio e avrebbero fatto appello al partito. Anche nella parte bolscevica del partito crescevano le simpatie per il terrorismo. Ma nel complesso il partito manteneva fedc alla posizione che aveva avuto fino allora, di rifiuto nei confronti del terrorismo”.
Questo episodio dimostra che Plechanov non era un rigido dottrinario. Egli combatteva il terrore quando riteneva che disgregasse 1| partito e nuocesse alla lotta di massa; ma quando vide avvicinarsi 1l momento decisivo, giudicò necessario metterlo all'ordine del giorno.
Plechanov «bardo dell'azione clandestina» Nel corso dei difficili anni 1909, 1910 e 1911 Plechanov, facendosi «bardo dell'azione clandestina», rese al partito servizi inestimabili. Ci sostenne nel nostro organo illegale, poi in quello legale, stimolando la parte bolscevica della frazione parlamentare e aiutandoci energicamente nella lotta contro coloro che volevano seppellire il partito I!llegale. Considerando lo stato d'animo che regnava allora, il suo appoggio fu di estrema importanza. Dopo la disfatta della rivoluzione molti dei nostri militanti erano stati costretti ad attraversare la frontiera, la demoralizzazione era diffusa e non vi era organizzazione locale in cui non vi fosse un provocatore; ci si sorvegliava a vicenda, si
temeva l'uno dell'altro, nessuno si fidava del suo vicino. La pornografia fioriva nella letteratura, la mentalità di Sanin*° penetrava negli
ambienti intellettuali rivoluzionari. La Duma era la roccaforte della più nera reazione. Proprio mentre il partito si sgretolava in piccoli gruppi destinati all'impotenza, i liquidatori cantavano il de profundis della struttura illegale. Fu allora che Plechanov, con l'autorità di cui
godeva tra i menscevichi, cominciò ad avversare i liquidatori. Il suo appoggio fu prezioso per i bolscevichi.
ca che Lenin si rivelò come un grande dirigente. In quei Tee
pressione, di apostasia e prostrazione, in cui nessuno credeva alla rivoluzione e al partito, egli dovette, solo o quasi, difendere l'idea del partito con la parola, con la penna e con l'azione.
Abbiamo visto che i menscevichi erano divisi in due campi princi-
pali: i liquidatori di Potresov e Larin e i partitisti di Plechanov; che
tra loro c'era anche un'area intermedia, diretta da Martov e Dan, ei tosto vicina ai liquidatori.
onu al bolscevichi le due tendenze sorte a proposito dell'atteg-
giamento verso la terza Duma si erano radicalizzate e avevano costitu!to due schieramenti veri c propri, il cui confronto assunse verso il 1909 un carattere violento. Agli inizi della terza Duma avevamo di-
teo EP Ma, oltreché sull'otzovismo,
! bolscevichi si divisero anche sull'ultimatismo c sul deismo. Su que-
Cominciamo con l'otzovismo. L'otzovismo
ea parte dei bolscevichi e delle organizzazioni locali, per un certo so anche il Comitato regionale della Russia centrale, si pronun-
ciarono per il ritiro deputati socialdemocratici dalla terza Duma. A
OOO SCOZIA TOLTO NT partecipare a un'istituzione arcireazionaria come la Duma zarista; quelli che vi erano en-
trati erano diventati liquidatori e avevano rinnegato la rivoluzione. Nella situazione di allora, dicevano, non era possibile utilizzare la le-
galità è un bolscevico degno di questo nome nulla aveva da fare in un sindacato o in un circolo operaio sorvegliato della polizia. Considerando come errata e opportunista l'utilizzazione delle possibilità legali sostenuta da Lenin, gli otzovisti accusavano quest'ultimo e colo-
ro che erano d'accordo con lui di spostarsi a destra, di non credere più nella rivoluzione. Si trattava di una tendenza estremamente pericolosa che faceva il gioco dei liquidatori. Gli otzovisti erano diretti da Stanislav Volskij (un intellettuale di Mosca, divenuto menscevico durante la rivoluzione d'Ottobre e successivamente passato con i bianchi) e da Aleksin-
skij. Essi erano spalleggiati da A. Bogdanov“’ (filosofo ed economista, autore di una Economia politica, dopo la rivoluzione di Febbraio egli ha pubblicato un opuscolo difesista e recentemente ha lasciato il partito) e da Lunatarskij“!. Il grave era che, a causa dell'avversione
per la Duma zarista e per i liquidatori, molti operai rivoluzionari sostenevano l'otzovismo.
Sul giornale della frazione bolscevica, il «Proletarij», redatto da Lenin, Kamenev e me, chiamavamo gli otzovisti «liquidatori di sini-
stra», mostrando che la loro idea, apparentemente rivoluzionaria, ten-
deva solo a staccarci dalle masse operaie e dalla loro lotta quotidiana. I menscevichi desideravano proprio che abbandonassimo i sinda-
cati e la Duma e che ci tenessimo lontani dagli ambienti operai. Sarebbero stati felici di vederci chiusi in ambiti ristretti, completamente staccati dalla vita politica. L'otzovismo era perciò assai pericoloso e, se non l'avessimo energicamente combattuto, il partito non sarebbe diventato un partito di massa. La forza del bolscevismo sta nell'essersi legato alle masse in tutte le
tappe del suo duro cammino e nell'aver saputo rispondere, non solo alle questioni fondamentali della rivoluzione, ma a tutte le esigenze quotidiane degli operai. Mancando troppo spesso di questa elasticità, i giovani partiti comunisti che si stanno formando negli altri paesi hanno la tendenza a trasformarsi in sette; essi ripiegano su se stessi e trascurano
le masse, come è stato per qualche tempo il caso del partito italiano*.
Da questo punto di vista, ripetono gli errori dell'otzovismo che, nella loro forma attuale, sono stati superbamente analizzati e vigorosamente
combattuti da Lenin nella Malattia infantile del comunismo**. L'ultimatismo
Il termine ultimatismo deriva da ultimatum. Rimproverando a Lenin di cadere nell'opportunismo, vari bolscevichi, allora molto influenti, costituirono una frazione distinta: quella degli ultimatisti. Questa frazione era diretta da Bogdanov‘ (che oggi diffonde opinioni controrivoluzionarie e mensceviche per mezzo della «Raboéaja Pravda»*5), da Lunatarskij, Pokrovskij e qualche altro noto compagno. Per essa simpatizzava anche Gor'kij*6, allora decisamente "a sinistra”. A dire il vero, la differenza tra l'otzovismo e l'ultimatismo non era
molto grande. Anziché 1l ritiro immediato e incondizionato dei deputati socialdemocratici dalla Duma, gli ultimatisti esigevano una svolta
tattica radicale: quelli che non si fossero sottomessi all'ultimatum
avrebbero dovuto lasciare il partito. Era l'otzovismo in forma un po'
attenuata. Non comprendendo che la parola rivoluzionaria lanciata
dalla tribuna di un Parlamento arcireazionario avrebbe avuto una grande risonanza in tutta la Russia, gli ultimatisti volevano obbligare i nostri deputati a ritirarsi dalla Duma. Essi godevano di una grande influenza. Praticamente facevano sempre fronte unico con gli otzovisti. Il deismo
Infine c'era tra i bolscevichi una terza tendenza, chiamata deismo e rappresentata principalmente da Lunaèarskij e Gor'kij. Essa trovò 135
espressione in vari articoli del primo e nella Confessione scritta dal secondo. Pur negando di credere al solito banale Dio, i deisti si fabbricarono una speciale divinità, quasi marxista, pagando un tributo alle tendenze religiose dell'epoca. L'inevitabile rilassamento che seguc le pesanti disfatte si faceva sentire in ogni campo della scienza e della letteratura. Il fiorire della pornografia andava di pari passo con quello del misticismo e della religiosità. Questa particolare atmosfera non mancò di influire su alcuni tra gli spiriti più raffinati del partito e, tra gli altri, su Gor'kij e Lunatarskij. Questi ultimi tentarono, per quanto
CIÒ possa sembrare strano, di sposare il loro deismo con l'otzovismo.
Raccolsero nelle varie organizzazioni una ventina di operai dotati e li portarono nell'isola di Capri con il pretesto di insegnare loro il marxismo*’. Naturalmente insegnarono il marxismo molto meno che il deismo e l'otzovismo. I loro allievi erano validi elementi, molti dei quali oggi svolgono funzioni importanti nella nostra repubblica. Ascoltavano volentieri le lezioni di marxismo e di storia della letteratura di Gor'kijj, ma non gradivano l'otzovismo. E quando sì trattò del deismo, il loro istinto proletario si risvegliò e dichiararono: "No, questo no!". Finalmente la metà di loro, guidata dall'operaio Vilonov,
una notte se la svignò da Capri per raggiungere Lenin e altri bolscevichi a Parigi, che pubblicavano il «Proletarij». Dopo aver trascorso
qualche tempo nella nostra scuola di partito, tornarono in Russia come rappresentanti della nostra tendenza.
La scuola di partito all'estero ebbe un ruolo notevole. Mentre lor-
ganizzazione era ridotta a ben poca cosa, questo gruppo di venti ope-
ci tentarono, sotto la copertura di una scuola di partito, di sviluppare la loro frazione otzovista-ultimatista contro Lenin, ma ebbero un successo assai limitato. Rispondemmo fondando una scuola operaia bol-
scevica a Longjumeau, nei pressi di Parigi. Questa scuola, 1 o ge: nizzatori principali furono Ordzonikidze e Schwartz‘î, servì a prepa-
La lotta contro l'otzovismo e le altre tendenze antibolsceviche Contro l'otzovismo, l'ultimatismo e il deismo sostenemmo una lotta accanita, terminata con una scissione della frazione ere) Ne oi
Facemmo arrivare una serie di delegati da Pietroburgo, da Mosca e 136
da altre città e convocammo a Parigi una conferenza, nel corso della
quale escludemmo dalla nostra frazione 1 deisti, così come Bogdanov e compagnia. Fu uno dei momenti più importanti della storia del bolscevismo — per maggiori dettagli si veda la collezione del «Proletarij», sul quale Lenin pubblicò una serie di articoli sull'argomento, oggi nelle Opere complete. Il carattere difficile della lotta dipese dal fatto che i nostri avversari contavano nelle loro file uomini di grande autorità all'interno del partito’. Il bolscevismo non fu pienamente costituito se non dopo questa lotta contro la "sinistra". I nostri avversari ci rimproverarono l'alleanza con Plechanov. Ma essa era del tutto giustificata, e anche oggi facciamo fronte unico con | plechanoviani nella difesa del materialismo. In filosofia Lunaèarsk1j e Bogdanov, invece, erano avversari di Marx. Bogdanov era ed è ancora un seguace di Ernst Mach, i cui lavori non hanno niente in comune con quelli di Marx — cosa che Lenin ha dimostrato nel suo scritto sull'empiriocriticismo”’. Se ci alleammo con Plechanov, ciò avvenne, ripeto, per difendere il materialismo storico. E il bolscevismo non si costituì definitivamente che dopo aver combattuto non solamente il liquidatorismo e il menscevismo, ma anche i liquidatori
“di sinistra" e gli otzovisti. Questi ultimi ripresero il titolo del nostro giornale «Vperéd!» del 1905 e pubblicarono una rivista, proclamandi destra. quanti vogliano conoscere le basi teoriche del bolscevismo. Non ab-
biamo mai preteso di essere i più a "sinistra" nel senso lato del termi-
smo che arriva al deismo, al futurismo, ecc. E, nel corso di questa
uo disgregatore quanto contro il generico idealismo e l'otzovismo, UE EEN IS EOS Ae spirito d'avventura applica-
to alla politica.
La lotta per la rigenerazione ideologica del partito durò per tutto il
numero di compagni lo spirito rivoluzionario veniva meno. Il nostro
partito si spezzettava in gruppi, sottogruppi e frazioni. Un piccolo
si Jet a sua volta dai leninisti. Con le sue esitazioni, fece molti
danni € fu utile ai liquidatori. Parecchi dei suoi esponenti, come M.
BUCO AES reo seguito ai menscevichi difesisti, gli altri, co-
me Rykov e Sokol'nikov, compresero i propri errori e si ricongiunsero ai bolscevichi leninisti. Il nostro ruolo fu quello di mettere insieme pietra su pietra i materiali del partito, di preparare la sua rigenerazione e soprattutto di difendere le basi stesse del marxismo contro tutti coloro che lo snaturavano. Fu un periodo duro, ma glorioso. Se il bolscevismo avesse fatto al-
lora delle concessioni teoriche o politiche ai suoi avversari, non avrebbe potuto portare a termine il suo compito. Ecco perché questa pagina della nostra storia merita uno studio attento da parte dei giovani militanti, soprattutto adesso, che sorgono, qua e là, teorie che per molti aspetti ricordano quelle della fase che ho appena descritto. La molteplicità di gruppi, sottogruppi, frazioni e tendenze nel partito, suscitava numerose recriminazioni tra gli operai, e spesso addi-
rittura li avvicinava ai nostri avversari. Nel corso di uno dei congres-
si della socialdemocrazia tedesca, Ebert, attuale presidente della repubblica tedesca, ridicolizzò pubblicamente le nostre «sempiterne»
divisioni. Furono necessarie tutta la lungimiranza e l'energia di Lenin
per difendere e affermare la linea del bolscevismo ortodosso contro tutti quei gruppi. Ancora oggi, di tanto in tanto, sorgono all'interno e intorno al partito tendenze che in linea di massima non sono se non
deviazioni piccolo-borghesi dal leninismo e che i giovani compagni devono saper analizzare, smascherare e combattere.
6
Dalla ripresa delle lotte operaie
Gli anni reazionari di Stolypin furono anni critici per l'esistenza
stessa del partito. Paradossalmente si potrebbe affermare che ee periodo, il partito, in quanto organizzazione panrussa, non esisteva mento, conseguenza del fatto che la rivoluzione era stata schiacciata. In una simile situazione, la coesistenza con i menscevichi nello stes-
so partito era gravida di pericoli. I liquidatori sottolineavano con malevolenza il fatto che il partito, come organizzazione d'insieme, non esisteva più. E mentre ogni rivoluzionario sincero ne ricavava la necessità di lavorare con tutte le sue energie per ricostruirlo, 1 mensce-
vichi, al contrario, si felicitavano della sua disgregazione e cercavano di costituire una nuova organizzazione senza legami ideologici con la precedente. Seguirono alcuni anni di lotta sorda tra bolscevichi e liquidatori. Come abbiamo già detto, non mancavano gruppi di conciliatori, che si sforzavano di trovare una linea intermedia, di accordare 1 due schieramenti.
La conferenza di Parigi (1908)
Il primo tentativo di conciliazione ebbe luogo nel dicembre 1908, alla conferenza panrussa riunita a Parigi. Vi assistevano tutti i rappresentanti dell'organizzazione all'estero e una serie di delegati dei co-
mitati che operavano in Russia. Il gruppo di Martov, collocato a metà strada tra 1 menscevichi-partitisti c 1 liquidatori, partecipò alla conferenza per continuare la sua opera di disgregazione. La frazione parla-
mentare era stata a sua volta invitata nella persona di Ccheidze, che
però non si presentò. La sua assenza volontaria, calcolata, aveva un serio significato politic o. Per quanto condita da scuse diplomatiche,
essa significava che la frazione della Duma, di cui Ccheidze cera il ca-
po, non voleva riconoscere il partito e se nce considerava al di sopra. In altri termini, essa mostrò una volta di più le suc simpatie per 1 liquidatori. Furono comunque adottate delle risoluzioni, politicamente più o meno giuste, che condannavano, in forma assai moderata, 1l liquidatorismo. Il Comitato centrale di allora — eletto al congresso di Londra — desiderava rimanere in buoni rapporti con il gruppo di Martov.
limitò a opporgli delle formule teoriche. La conferenza di Parigi, mancando di chiarezza, non fu molto utile al partito, tanto più che in quel momento la controrivoluzione imperversava, Stolypin era al
culmine della sua potenza e solo una campagna contro il "partito L'ultima assemblea plenaria del CC
go all'inizio del 1910 all'assemblea del CC convocata a Parigi. Iole scevichi, dato che gli avvenimenti successivi posero fine alla loro
collaborazione.
si facevano chiamare bolscevichi ortodossi. Il primo gruppo com-
prendeva molti compagni che svolgono oggi funzioni importanti! — Rykov, Sokol'nikov (attuale commissario alle Finanze?) Viladimirov, Lozovskij, ecc. Era diretto da Dubrovinskij (Innokentj)î, uno dei LL litanti più devoti ed eminenti, tanto per prestigio quanto per servizi resi all'organizzazione. Nel 1909-1910, quando la necessità della rot-
tura con i menscevichi era già chiara, Dubrovinskij commise 1l grosso errore di aggrapparsi all'idea dell'unità, persistendo nell'affermare che nonostante tutto sarebbe stato necessario collaborare con 1 menscevichi. Il suo gruppo fece blocco con quegli elementi — i menscevi140
LTS ES aio intorno a Plechanov’ e lottò contro 1 leninisti5. Dubrovinskij e i suoi fecero adottare una risoluzione favorevole a un lavoro comune con i menscevichi. Al tempo stesso
però, votarono una risoluzione contro il liquidatorismo e eV ELLI za, avrebbero dovuto conformarsi alle decisioni dell'assemblea.
I leninistiî erano in minoranza e non poterono fare altro che e
TETTE O SOTTO SRO ELIO bolscevichi conciliatori,
di Plechanov e del compagno Trotsky’, che pubblicava allora a con 1 menscevichi.
con questi ultimi’, compiuti sullo sfondo dello sfacelo del movimen-
era impadronita anche di una parte dei lavoratori e sì stava LI do come un'epidemia.
cune pubblicazioni legali nelle quali opposero il punto di vista marxista a quello dei liquidatori. Lo sciopero della Lena!" e gli avvenimenti che lo seguirono inaugurarono una nuova fase del movimento rivoluzionario. La reazione del 3 giugno iniziò il suo declino. Le impicca-
cato il movimento, ma dopo le giornate della Lena divenne chiaro che la classe operaia, più forte che mai, entrava di nuovo in lotta. Il giornale «Zviezdà»
Riuscimmo così a fondare il nostro primo giornale legale dopo la disfatta della rivoluzione: la «Zviezdà»!!. In un primo tempo fu l'organo dei bolscevichi e dei menscevichi plechanoviani. La direzione effettiva era all'estero, da dove Lenin, Plechanov e altri inviavano 1 loro articoli. A Pietroburgo si trovava la redazione ufficiale, formata dall'operaio bolscevico Poleta'ev, membro della Duma dell'Impero, e dal deputato Pokrovskij, menscevico plechanoviano. La «Zviezdà»
era piuttosto prudente ed essendo un organo di coalizione, la sua li-
141
nea politica mancava di chiarezza. Ma presto si trasformò in un ge no di battaglia del movimento operaio che stava rinascendo. Si SO rattere unitario. Infine il gruppo di Plechanov passò quasi in secondo piano e la «Zviezdà», che usciva all'inizio due, poi tre volte la settimana, divenne definitivamente il nostro organo bolscevico di lotta. Ruolo e importanza della «Zviezdà»
Per la generazione di operai che aveva assimilato l'esperienza del 1905, la «Zviezdà» ebbe lo stesso ruolo dell'«Iskra» per i lavoratori
coscienti dei primi anni del Ventesimo secolo. Essa raccolse sotto la
sua bandiera l'élite degli operai del paese. Dapprima timidamente, poi con un'audacia e una chiarezza crescenti, condusse una lotta spie-
tata contro 1 liquidatori, come a suo tempo l'«Iskra» aveva fatto contro gli economisti. Non vi si parlava il linguaggio diplomatico della fine del 1908 o dell'assemblea plenaria del 1910. La «Zviezdà» era l'organo di un gruppo militante, che colpiva a destra e a sinistra, difendeva vigorosamente la propria linea e proseguiva il suo cammino malgrado gli innumerevoli nemici. Essa preparò la pubblicazione della «Pravda», che nacque dopo la conferenza di Praga. La conferenza bolscevica di Praga
All'epoca in cui la «Zviezdà» divenne l'organo dei bolscevichi-le-
dalla conferenza del 1908, e soprattutto dall'assemblea plenaria del
CC del 1910, noi eravamo decisi a non collaborare più con 1 mensce-
vichi-liquidatori. Attendevamo il momento favorevole per rompere definitivamente e creare un'organizzazione autonoma basata sul mo-
Agli inizi del 1912 il nostro gruppo considerò giunto 1l momento e convocò a Praga una conferenza che ricostituì il partito, distrutto do-
po il 1905. La conferenza riveste un grande interesse storico. Tra gli
altri vi assistettero due o tre delegati fedeli alle posizioni di Plechanov, giunti direttamente dalla Russia. Plechanov invece non volle partecipare in prima persona poiché suppose, a ragione, che la conferenza avesse per scopo la rottura con i menscevichi-liquidatori, che egli nonostante tutto avrebbe voluto evitare. 142
A Praga i bolscevichi erano in schiacciante maggioranza'*. Era pre-
sente una nuova leva di operai bolscevichi organizzati che erano maturati politicamente dal 1907 al 1911, durante il periodo della contro-
rivoluzione. Vi si videro, per la prima volta, Zaluckij, Serebrjakov (oggi al commissariato delle strade e delle comunicazioni), Vorovskij (redattore della «Krasnaja Nov»), Ordzonikidze (che milita attual-
mente nel Caucaso) e altri compagni che non avevano partecipato al-
la rivoluzione del 1905 o che all'epoca erano ancora sconosciuti. Questi uomini rappresentavano una nuova generazione di bolscevichi, cresciuta durante la controrivoluzione; per noi era assai importante utilizzare l'esperienza che avevano acquisito e legarci organicamente a loro.
La conferenza di Praga, composta da appena una ventina di delegati e presieduta da Lenin, ebbe l'audacia di proclamarsi rappresentativa del partito e di rompere una volta per tutte con gli altri gruppi e
sottogruppi. Essa rovesciò il vecchio Comitato centrale e dichiarò: Il
partito siamo noi; alziamo nuovamente la bandiera del partito bolsce-
vico; chi non è con noi è contro di noi e combatteremo con accani-
mento tutti quelli che si rifiuteranno di lottare contro i liquidatori!
renza di Praga fu accolta a denti stretti. I menscevichi ci coprirono di
ingiurie, affermarono che eravamo degli usurpatori, che i bolscevichi
erano quattro gatti, che la nostra conferenza era un episodio, che nessul partito.
Ma non fu così. Se tutta l'emigrazione menscevica ci era contro, avevamo dalla nostra la nuova generazione di operai rivoluzionari.
e SEO oe OS ONE TRI partito su nuove basi.
Fondazione della «Pravda» a Pietroburgo
no la «Pravda». Vorovskij fu uno dei fautori UE OT:
Suo progetto dapprima ci lasciò scettici, in quanto ci risultava diffi-
cile e che nella Russia zarista fosse possibile pubblicare un
quotidiano bolscevico. Comunque si decise di fare un tentativo in tal senso.
La «Pravda» non fu fondata come gli altri giornali, ma grazie alle
sottoscrizioni degli operai e delle operaie. Il crescente afflusso di ri-
sorse finanziarie ci servì a misurare il livello della simpatia che riscuotevamo. Facemmo una lista dettagliata dci gruppi che sottoscrivevano per Il giornale, alla quale Lenin si interessò particolarmente. All'inizio anche la «Pravda» fu un organo di coalizione, infatti tra i suoi! collaboratori annoverava sia bolscevichi sia menscevichi-plechanoviani. Ma ben presto i plechanoviani, che cercavano di conciliare capra e cavoli, rimasero esclusi dal giornale, che divenne organo esclusivo dei bolscevichi leninisti!s. La quarta Duma
Nel frattempo si svolsero le elezioni per la quarta Duma. Anche
questa volta si accese tra i bolscevichi una discussione sulla partecipazione alla campagna elettorale. Ma la polemica fu meno violenta che all'epoca dello scontro con i sostenitori del boicottaggio. La
maggior parte dei militanti, cosciente della necessità di utilizzare le
possibilità legali, fu favorevole alla partecipazione alla Duma. Per legge gli operai avevano diritto a un rappresentante per ciascuno dei sei maggiori governatorati industriali. La procedura elettorale
pieni poteri, questi eleggevano a loro volta dei rappresentanti, tra i quali i pomeséiki e la borghesia, all'assemblea del governatorato, do-
ve disponevano della maggioranza, ne sceglievano uno. Dunque, per avere come deputato un bolscevico, bisognava che tutti 1 rappresen-
tanti operai, senza eccezione, fossero bolscevichi, in modo che 1 pomestiki fossero costretti a eleggerlo.
I bolscevichi si posero questo obiettivo e lo raggiunsero brillantemente. Benché i menscevichi godessero di maggiori agevolazioni legali, i bolscevichi conquistarono la rappresentanza operaia nei sopra menzionati governatorati. Volenti o nolenti, i pomesùiki e i capitalisti furono costretti a scegliere un bolscevico. Essi tentarono, certo, di scartare il rappresentante da noi designato, ma allora tutti i bolscevichi presentarono le dimissioni e infine alla Duma riuscì a entrare chi
era stato scelto dall'organizzazione. Fu quanto avvenne per Badaev, eletto dall'officina Alexandrovo, dove lavorava come fabbro. Egli entrò alla Duma benché nell'assemblea gli ottobristi e i cadetti avessero la maggioranza. Nello stesso modo furono eletti Petrovskij nel governatorato di Ekaterinoslav, Muranov nel governatorato di Char'-
kov, Samoilov nel governatorato di Ivanovo-Voznesensk, Sagov nel governatorato di Kostroma e Malinovskij nel governatorato di Mo-
Malinovskij!‘ era un vecchio militante operaio, presidente della Federazione dei metallurgici. Godeva di grande notorietà, soprattutto tra gli operai di Pietroburgo. Perciò quando arrivò alla conferenza di Praga come delegato del gruppo dei militanti sindacali, l'accogliemmo a braccia aperte. Gli procurammo un lavoro in una fabbrica della periferia di Mosca e gli ordinammo di restare tranquillo per un anno, fino alle elezioni, per non farsi arrestare e poter entrare alla Duma. Come è noto, in seguito si scoprì che Malinovskij era un agente provocatore. Egli riuscì a far parte della frazione alla Duma, del CC
del partito, delle redazioni della «Pravda» e della «Rabocij Put» («La via operaia») di Mosca, nella fondazione della quale ebbe un ruolo
rilevante. Tuttavia, data la situazione dell'epoca, la polizia zarista non
ottenne tutti i risultati che si attendeva da questa operazione. Certo
Malinovskij ci danneggiò parecchio, poiché grazie alle sue indicazioni la polizia arrestò più di cento militanti. Ma tutto sommato i piani dell'Ochrana furono sventati, in quanto Malinovskij, prigioniero delle circostanze, dovette fare degli interventi rivoluzionari alla Duma. Come gli altri deputati, leggeva spesso dalla tribuna discorsi inviati per non perdere credibilità, fu costretto ad aiutarci nel nostro lavoro.
Ure ii Ozio pieno di talento, Malinovskij era una natura
bizzarra. Discendente di nobili polacchi, aveva commesso in gioventù un delitto di diritto comune, fatto che lo condusse a impegnarsi nell'azione illegale e a trovarsi ben OTO O it DE ISO ESITO deputato, si recò all'estero e sì arruolò e fu inviato al fronte. Fu fatto prigioniero e, come provano
zioni bolsceviche. Nella sua situazione è poco probabile che avesse
LLP EGNOS AN Se Mosca, dove fu condannato a morte e
giustiziato. Il fatto che Malinovskij sia venuto a consegnarsi alla giu145
stizia, malgrado fosse quasi certo che sarebbe stato {Nei sare che in quest'uomo albergassero due nature: quella del rivoluzioeo quella dell'agente provocatore, che di volta in volta UA Le
no 1l sopravvento.
Scissione del gruppo parlamentare
at DELOS SEA TT gruppo di sette men-
42 OTT Eee borghesia del Caucaso e di-
retti da RTAS NS ZE partecipato alla terza Du-
ma, si era conquistato una certa popolarità ed ebbe un ruolo notevole
nel 1917 all'inizio della rivoluzione di Febbraio. Quando, con l'aiuto della «Pravda», provocammo la scissione della frazione parlamenta8gl1 operai di Pietroburgo e di tutta la Russia. Ancora una volta specu-
oo sull'attrazione che l'unità esercita sugli operai, che talvolta ra-
gionano molto semplicisticamente e dicono che più si è, meglio è. La
in certe situazioni la scissione è un dovere sacrosanto per i rivoluzionari, che è necessario rompere una vecchia organizzazione divenuta
controrivoluzionaria e d'intralcio nel cammino della classe operaia. Fu 1l caso del partito negli anni 1908, 1909 e 1910. A Praga, nel 1912, la scissione con i liquidatori si imponeva e fu attuata. Poi, nel 1912 e agli inizi del 1913, ebbe luogo la scissione tra la «Pravda» e il «Luc» («Raggio»), tra 1 sei bolscevichi della Duma e i sette mensce-
vichi diretti da Ccheidze. Il Blocco d'agosto
Come risposta alla conferenza di Praga, i menscevichi, riuniti a Vienna nell'agosto del 1912 come conferenza panrussa, vi costituirono quello che fu chiamato il Blocco d'agosto. A quella conferenza
parteciparono i liquidatori propriamente detti, i menscevichi seguaci
di Martov e il compagno Trotsky. Quest'ultimo collaborò attivamente alla creazione del suddetto blocco, conducendo un'energica campagna contro la «Pravda» di Pietroburgo e contro la scissione alla Duma, poiché giudicava che fosse necessario conservare a ogni costo
l'unità con il gruppo di Ccheidze. Il Blocco d'agosto, che riuniva pa-
recchie formazioni, si pronunciò nettamente contro di noi. Esso di-
chiarò che la conferenza di Praga si era arrogata poteri non legittimi,
lanciò il suo anatema sulla scissione della frazione parlamentare e adottò una piattaforma ispirata al liquidatorismo. Discussione sulle rivendicazioni parziali
Il 1912 fu contrassegnato anche da un violento contrasto sulle rivendicazioni parziali. I bolscevichi, alla conferenza di Praga, sulla «Zviezdà» e sulla «Pravda» e tramite i loro deputati alla Duma, difeSero le tre rivendicazioni fondamentali della repubblica democratica, della giornata di otto ore e della confisca delle terre dei pomestiki. I menscevichi e il Blocco d'agosto formularono una linea contrapposta alla nostra. Alla base della loro agitazione misero la rivendicazione
della libertà di parola, di riunione, di coalizione e di sciopero. Al po-
sto del programma rivoluzionario dei bolscevichi, essi proponevano un programma di riforme, in cui le rivendicazioni fondamentali erano sostituite da rivendicazioni parziali. I bolscevichi dichiararono di non aver nulla da obiettare alle rivendicazioni parziali e di essere pronti a lottare in favore di tutto ciò che potesse migliorare anche mi-
nimamente la sorte degli operai. Ma ritenevano che qualsiasi agitazione per le rivendicazioni parziali dovesse essere accompagnata da una agitazione per le rivendicazioni fondamentali. In poche parole, il nostro obbiettivo principale era il rovesciamento dell'autocrazia, mentre i menscevichi accettavano la monarchia costituzionale e volevano adattare il partito al regime di Stolypin. Dunque si contrapponevano due piattaforme assai diverse: la nostra di Praga e quella di Vienna del Blocco d'agosto.
La questione della repubblica democratica
I bolscevichi hanno rivendicato più volte la repubblica democratisono stati tra noi alcuni equivoci e una certa mancanza di chiarezza.
verso la dittatura del proletariato e dei contadini. In seguito valutammo che, se la rivoluzione avesse vinto, se avesse spazzato via l'autocrazia € avesse inoltre coinciso con la rivoluzione in Occidente, sa-
rebbe stata più che democratica, avrebbe costituito l'inizio di una ri-
voluzione socialista. Nelle tesi di Lenin apparse sul «Social-Demokrat» nel 1916 — mentre l'ondata rivoluzionaria montava — si parlava
ole ta ll SE e nel mondo intero dalla ii Loi sta e al formidabile sviluppo del movimento operaio dopo la rivolu-
zione di Febbraio, i bolscevichi formularono definitivamente la loro
piattaforma: rivoluzione proletaria socialista2°.
Evoluzione del bolscevismo
L'evoluzione della concezione bolscevica tra il 1905 c il 1917 è in-
negabile. Essa non si è verificata senza frizioni e, perfino alla vigilia dell'Ottobre, senza pericolosi disaccordi. Per troppo tempo, d'altronde, molti di noi hanno creduto che nel nostro paese, rurale per eccellenza, non si sarebbe riusciti a passare di colpo alla rivoluzione socialista. Ancora nel 1917 costoro si limitavano a sperare che la nostra
rivoluzione, se avesse coinciso con l'inizio di una rivoluzione inter-
nazionale, sarebbe stata il preludio di una rivoluzione proletaria. Essi
non comprendevano che con la guerra del 1914 si approssimava l'ora del trionfo del socialismo. La guerra, è vero, ha fatto innumerevoli vittime, ma ha intaccato alla base l'equilibrio del capitalismo, avvicinato la rivoluzione mondiale e permesso al nostro partito di porre
concretamente la questione della rivoluzione proletaria. Questo corso degli eventi rendeva inevitabile l'evoluzione del bolscevismo nel senSo che ho indicato. Le divergenze che si sono verificate nel nostro CC, immediatamente prima della rivoluzione d'Ottobre e subito dopo, vertevano in parte su questi aspetti. Alcuni bolscevichi — e io ero tra loro — hanno commesso il grave errore di continuare a considerare 1 menscevichi e | socialisti-rivoluzionari come una frazione del movimento socialista, anziché dei nemici di classe. Noi giudicavamo i menscevichi e gli s-r meno controrivoluzionari di quanto fossero in realtà e da questa valutazione ricavavamo conclusioni sbagliate, che Lenin combatté energicamente e con ragione. Il nostro disaccordo, fortunatamente, non fu di lunga durata. In capo ad alcune settimane riconoscemmo il nostro errore e 1] partito si ritrovò più unito che mai.
Bolscevichi e liquidatori alla vigilia della guerra del 1914
Cos'è che ci separava dal Blocco d'agosto? Il semplice fatto che noi
eravamo per un programma rivoluzionario, mentre i nostri avversari
— che non credevano alla possibilità della rivoluzione — preconizza148
costituzionale. Quello che ci separava non erano le divergenze sul carattere della futura rivoluzione, ma 1l fatto che essi non volevano la
rivoluzione e si adattavano alla monarchia costituzionale. Analizzando il percorso compiuto dal proletariato durante la guerra
imperialista ci siamo allontanati dalla formula della «dittatura demo-
cratica del proletariato e dei contadini» per avvicinarci a quella della «dittatura del proletariato». Siamo passati dalla parola d'ordine della «rivoluzione democratica fino in fondo» a quella di «potere ai soviet e rivoluzione proletaria», dalla parola d'ordine dell'«assemblea costituente» — ritenuta valida ancora nell'estate del 1917 — a quella del «potere sovietico».
Dunque, verso la fine del 1912, dopo il Blocco d'agosto e gli anni duni della reazione, due forze si contrapponevano: da una parte i bolscevichi, che si erano ripresi dalle perdite subite e avevano fondato un nuovo partito, e dall'altra i menscevichi-liquidatori, 1 conciliatori € 1 fautori dell'unità a oltranza, i quali, raggruppati sotto la bandiera delle rivendicazioni parziali, si sforzavano di creare un partito legale
che si adattasse alla monarchia costituzionale.
Cosa faceva nel frattempo la classe operaia? L'agitazione cresceva. All'inizio il movimento si manifestò tramite gli scioperi. Nel 1912 e nel 1913 Pietroburgo, Mosca e gli altri centri operai furono teatro di continue manifestazioni. Si sentiva che gli operai riprendevano co-
scienza della propria forza e tendevano i muscoli. Essi coglievano tutte le occasioni per trasformare uno sciopero economico in un'azio-
SRO Seo posizione contro questo fe-
nomeno, di cui intuivano il pericolo. Il loro giornale, il «Luc», il
EST te ee IE ata sperati: gli operai, leggendo la stampa
ISLES Ze maggioranza. Gli operai inviavano al nostro organo — una specie di stato maggiore e centro organizzativo —
decine e centinaia di lettere. Le assemblee sindacali ole El modo, le elezioni del sindacato dei ET ato e EA TO poet le Casse di mutuo soccorso si svolsero sotto l'egida del giornale, che
crazia operaia e le rivendicazioni "integrali". I] menscevichi attribuirono le loro continue sconfitte a una passeggera infatuazione della classe operaia di Pietroburgo e delle principali città per la «Pravda». Non comprendevano nulla del nuovo movimento rivoluzionario, lo
attribuivano al caso e si tappavano le orecchie per non sentire il
La «Pravda» fu oggetto di una pesante repressione. Fu sospesa, ogni
articolo venne multato, i redattori, i collaboratori e chi vi lavorava fu-
correttore di bozze. Ma gli eroici lavoratori di Pietroburgo la sosten-
nero ed essa, malgrado le persecuzioni, si rafforzò costantemente. Più
la si colpiva, più diveniva cara alle masse operaie, che raccoglievano letteralmente un soldo dopo l'altro il denaro necessario per la stampa e tori, per quanto votati al carcere. Tutti i trucchi della polizia, che taltiratura, erano sventati grazie alla vigilanza e all'energia degli operai, che avevano organizzato in modo superbo la distribuzione. L'inchio-
stro non era ancora asciutto che già centinaia di operai e operaie coni loro ragazzi distribuivano il giornale nelle fabbriche e nelle officine. La «Pravda» veniva commentata in ogni famiglia proletaria e nella storia della nostra rivoluzione e del bolscevismo occupa senza dubbio
un posto d'onore.
La guerra e la rivoluzione
Nel 1913, e soprattutto nel 1914, il movimento operaio entrò in una nuova fase, passando dagli scioperi alle manifestazioni e agli scontri di strada. A partire dall'inizio del 1914 apparvero a Pietroburgo le prime barricate e gli scioperi assunsero un'ampiezza e un impeto irresistibili. Se non fosse scoppiata la guerra si sarebbero verificati nel 1915 avvenimenti analoghi a quelli del 1905, con la differenza che questa volta i contadini avrebbero quasi certamente dato frenò la rivoluzione, in seguito l'accelerò e ci permise di sostituire la formula della «rivoluzione democratica» con quella della «rivoluzione proletaria».
Nel 1914 il nostro partito, operando nell'illegalità, dirigeva la claso
bolscevichi?! si stabilirono a Cracovia, da dove diressero la «Pravda»
e la «Zviezdà» e mantennero i contatti con la Russia tramite dei com-
pagni che andavano da Pietroburgo a Cracovia per conferire sulle questioni importanti. Contemporaneamente avevamo a Pietroburgo e
a Mosca i nostri stati maggiori, che lavoravano tanto legalmente
quanto illegalmente. È difficile dire quale fosse il numero dei mem-
bri del partito. L'ultima volta che potemmo fare un censimento — al
Congresso di Londra del 1907, quando il partito era per metà legale — contammo circa 150.000 membri, appartenenti a tutte le frazioni:
(bolscevichi, menscevichi e vari gruppi nazionali). Nel 1914 non eravamo in grado di determinare esattamente i nostri effettivi, ma sape-
vamo che sicuramente la maggioranza dei lavoratori organizzati era
Come ho già detto, gli operai cominciarono a passare all'azione. Le prime barricate precedettero la dichiarazione di guerra. La situazione
divenne così critica che la nostra frazione alla Duma stava per essere totalmente arrestata, poiché con Petrovskij, Muranov e Badaev, era diventata un vero focolaio rivoluzionario. Badaev era già stato arrestato nell'officina Putilov e Petrovskij nel bacino petrolifero del
con chiarezza che il movimento rivoluzionario aveva compiuto grandi progressi. Completamente impotente, il Blocco d'agosto cominciò a disgregarsi e ad andare in pezzi: un OE: NERO IE O alati
migliori passarono nel nostro campo. I menscevichi-liquidatori, ben-
Ccheidze alla Duma, non avevano dalla loro ENIT La guerra e il partito
ZE O TI PACO SID guerra imperialista. Questa LOIERO AO STEN partito. Si cominciò con olo Kee: 1 TS eo presi, insieme ad altri compagni, nel corso
di una riunione illegale in un villaggio nei dintorni di Pietrogrado. Fu
scritto da Lenin all'estero. In esso lanciavamo gta parola d'ordine della trasformazione della verbi
Questa parola d'ordine sembra oggi del tutto naturale. Ma allora non era così € nella Seconda Internazionale venimmo guardati come degli appestati. Quando proclamammo la necessità di trasformare la guerra imperialista in guerra civile contro la TUNIS AO OT
EE ee NSA NR «Lutte le rotelle a po-
{O è rivolgemmo all'uomo "più a sinistra" della sinistra dell'Internazionale, Robert Grimm, per TERESA oe ii Olio
clio del nostro appello, ma ci rispose, con la e
LL e OOC Lele ROS degli scritti che sarebbero stati con-
lait oe iaia e coraggiosamente che la Seconda Interna-
zionale aveva fatto bancarotta, che era morta, cominciammo a essere
segnati a dito. Allora l'Internazionale AO EOLIE: LOL KO GT e contava, sì diceva, 25 milioni di lavoratori organizzati. Certo, non NS eo Lio europeo, affermavano allora i
Kautsky, ma che cosa ci si poteva fare? Era uno strumento dei geo)
(e OOO a RO IS guerra la lotta di classe doveva essere sospesa.
Tutti i socialisti si trovarono d'accordo nel concedersi una reciproca amnistia. La socialdemocrazia tedesca doveva sostenere il proprio go-
verno € 1 socialisti francesi e inglesi il loro. Quando la guerra sarebbe finita, tutti 1 socialisti del mondo si sarebbero riuniti, si sarebbero assolti vicendevolmente dai propri peccati e, versata una lacrima sui milioni di lavoratori sterminati, avrebbero promesso che ciò non si sarebbe ripetuto mai più. E quando noi bolscevichi, rappresentanti dell'unico partito illegale dell'Internazionale, dichiarammo che i capi socialisti erano dei traditori, che la Seconda Internazionale era ignominiosamente fallita, che aveva ingannato la classe operaia, venimmo boicottati moralmente e si fece contro di noi la cospirazione del silenzio. Per quanto possa sembrare strano, furono dei politici borghesi ad accordare per primi attenzione ai nostri interventi. Un professore te-
desco pubblicò, a proposito del manifesto sopra citato e dell'opuscolo Il socialismo e la guerra di Lenin, un "dotto" studio sui bolscevichi. Vi dichiarava che non si poteva, malgrado tutto, non tener conto di questo "fenomeno", che era facile trattare quei soggetti come folli, ma che in realtà nel socialismo, nel movimento operaio internaziona-
le, era nata una nuova corrente e la borghesia doveva stare in guardia. In ogni modo, la Seconda Internazionale decretò l'ostracismo verso di noi: fece completo silenzio sui nostri interventi, consideran-
doci come dei visionari alla ricerca di un chimerico ideale.
Arresto e processo dei membri del CC a Pietroburgo L'influenza della socialdemocrazia e la pressione dell'opinione pub-
blica erano tanto forti che perfino uomini come Liebknecht, che fin dall'inizio si era opposto alla guerra, non si decidevano a votare contro
tati; un certo numero, come ho già detto, era stato arrestato OI
di Pietroburgo. Nel corso del processo alcuni dei Noto compagni
mancarono in qualche misura di fermezza, ma la maggior parte a
più coraggioso dei contegni. Il diario OSIO TAO ROLO fu letto davanti alla giuria. Ma non tutto il male vien per nuocere. | operaio. Vi si constatava come Petrovskij, invece di FINO LSE
zi oratori alla Duma, concentrasse quasi tutta la sua attività sul lavoro illegale, sull'organizzazione di riunioni, assemblee e conferenze clan-
destine. Così, senza trascurare l'azione legale, Petrovskij dava grande
spazio a quella illegale. Il processo della frazione parlamentare ebbe una vasta eco e dimostrò come doveva lavorare un vero bolscevico. Tolto qualche caso isolato’, tutti i bolscevichi adottarono una posi-
zione internazionalista e antisciovinista. Al contrario i menscevichi,
anch'essi con alcune eccezioni?5, erano per la guerra. I socialisti-rivoluzionari condividevano il loro punto di vista. I bolscevichi ne uscirono con onore e tennero alta fino alla fine la bandiera dell'internazionalismo, dimostrando la loro fedeltà alla causa della classe operaia. L'atteggiamento dei menscevichi e degli s-r verso la guerra non era fortuito: derivava dalla loro precedente evoluzione.
Dalla destra del marxismo legale, attraverso l'economismo e il liquidatorismo, i menscevichi erano logicamente arrivati al difesismo e al socialsciovinismo. Noi passammo dall'«Iskra» al bolscevismo, all'anti-liquidatorismo, all'internazionalismo e al comunismo. Il fronte unico borghesi-menscevichi
E interessante notare la rapidità con cui si costituì il fronte unico tra la borghesia e i menscevichi. Ecco per esempio quanto a questo RE
STO ZE Zon Re partito TOTO 1A: RS SS OE questioni operaie:
una socialdemocrazia internazionale opposta al mondo borghese. Non vi sono che dei partiti operai e nazionali, i cui 1 oe Feat: ite le a tOTei TOTO
solennemente che la socialdemocrazia internazionale non esisteva.
ma vi erano sono solo partiti operai nazionali, ciascuno dei quali sePétr Ryss, dirigente non meno in vista dei cadetti, si espresse in knecht, veri internazionalisti, conducevano in Germania una campa-
gna contro la guerra. La borghesia russa, che combatteva quella tede-
sca, almeno apparentemente avrebbe dovuto approvare quella campagna che indeboliva il Kaiser. Ma essa comprese che i suoi interessi
generali come classe erano più importanti di quelli momentanei. E, sebbene avesse interesse a vedere il Kaiser indebolito dalla Luxemburg e da Liebknecht, capì perfettamente che l'apparizione del bol-
scevismo in Germania costituiva una minaccia indiretta. Così Ryss
dovere verso la patria. E se si vuole guardare in faccia la verità, eo tima e ragionevole, come quella dei socialisti di Francia, Belgio, Gran Bretagna. un errore enorme e mostrano di non rendersi conto delle condizioni di tempo e di
Sono parole da ricordare. La borghesia russa, in guerra con la bor-
ghesia tedesca, dichiarò che la Luxemburg e Liebknecht erano squallidi personaggi che mancavano ai loro doveri verso la | IE e
ghesia russa odiava quella tedesca e non poteva soffrire Guglielmo. Ma non dimenticava che la Luxemburg e Liebknecht, pur indebolen-
do i suoi avversari, aprivano la via all'internazionalismo e per questo
erano suoi nemici. Perciò essa si mise immediatamente a sostenere la socialdemocrazia, ossia i menscevichi.
di essere favorevoli alla guerra”. Kerenskij in un intervento alla Duma disse: «Siamo fermamente convinti che la grande democrazia
russa, unita a tutte le altre forze del paese, opporrà una resistenza ac-
canita al nemico che ci ha attaccati». Questa dichiarazione è estrema154
so la propria candidatura a primo ministro della borghesia.
[ menscevichi trascinarono gli operai di Pietroburgo nei comitati
industriali di guerra. Organizzati sotto gli auspici di ET