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Italian Pages [869] Year 2019
Paolo Ettore Giana Marco Schievano
Francesco Paleari Elena Seghezzi
INTRODUZIONE AL BIM
PROTOCOLLI DI MODELLAZIONE E GESTIONE INFORMATIVA
a cura di Giuseppe Martino Di Giuda
© Copyright 2019. Società Editrice Esculapio s.r.l. Via Terracini, 30 – 40131 Bologna www.editrice-esculapio.com – [email protected]
Introduzione al BIM: Paolo Ettore Giana, Francesco Paleari, Marco Schievano, Elena Seghezzi. A cura di Giuseppe Martino Di Giuda. Con il contributo di: Mirko Locatelli, Giulia Pattini, Laura Pellegrini. In copertina: Elaborazione dei dati di integrazione derivanti da crowdsimulation per la verifica di Pre-Occupancy della nuova scuola di Posada (NU).
Impaginazione: Laura Brugnoli Stampato da: Legodigit – Lavis (TN) Printed in Italy
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Edizione digitale: agosto 2019
ISBN: 9788834145258
Versione digitale realizzata da StreetLib Srl
INDICE
GLOSSARIO
CAPITOLO 1 - MODELLAZIONE INFORMATIVA 1.1 Significato della modellazione informativa 1.2 Cambiamento metodologico e usi del BIM 1.3 Livelli del BIM
1.4 Flusso di lavoro BIM 1.5 CDE - Common Data Environment 1.6 Ruoli e responsabilità nel processo 1.7 Flusso informativo e documentale 1.7.1 Definizione dei requisiti 1.7.1.1 OIR – Organizational Information Requirements 1.7.1.2 AIR – Asset Information Requirements 1.7.1.3 PIR –Project Information Requirements 1.7.1.4 EIR – Exchange Information Requirements 1.7.1.5 LoIN – Level of Information Need 1.7.2 Fase di selezione dell’aggiudicatario 1.7.2.1 BEP – Building Execution Plan pre-contratto 1.7.2.2 BEP – Building Execution Plan post-contratto 1.7.3 Output definiti per ciascun affidamento 1.7.3.1 PIM – Project Information Model 1.7.3.2 AIM – Asset Information Model 1.8 Esempio di flusso di un processo BIM 1.9 Modellazione informativa per i sistemi di gestione qualità 1.10 Soft-landing contrattuale in supporto alla transizione digitale 1.11 Strategie di modellazione
1.11.1 Sistemi di classificazione per la codifica 1.11.1.1 OmniClass 1.11.1.2 Uniclass 1.11.1.3 UNI 8290 1.11.1.4 Confronto tra sistemi di classificazione 1.11.2 Denominazione 1.11.3 Codifica 1.12 Riferimenti normativi
CAPITOLO 2 - PIANIFICAZIONE DEL LAVORO E MODELLAZIONE DELLE MASSE 2.1 Il software Autodesk Revit 2.1.1 Interfaccia utente 2.1.2 Formato dei file 2.1.3 Architettura e gerarchia degli oggetti 2.1.4 Relazioni semantiche tra oggetti BIM 2.2 Flusso di lavoro 2.3 Importanza del Template 2.3.1 Definizione delle fasi nel template 2.4 Modellazione delle masse 2.5 Modellazione del contesto
2.6 Analisi preliminari sulle masse 2.6.1 Analisi dell’azione del vento sui fabbricati 2.6.2 Analisi preliminare dell’impatto paesaggistico e dell’inserimento nel contesto 2.6.3 Studio della luce e degli ombreggiamenti 2.7 Creazione di elementi tecnici a partire dalle masse 2.7.1 Analisi dettagliata dell’impatto paesaggistico e dell’inserimento nel contesto 2.7.2 Studio delle viste dall’area di progetto 2.7.3 Simulazioni e analisi energetiche e illuminotecniche 2.7.4 Analisi di percorsi, viabilità e accessi all’area 2.7.5 Valutazioni dimensionali ed economiche preliminari
CAPITOLO 3 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI TECNICI 3.1 Modellazione architettonica 3.1.1 Famiglie di sistema 3.1.1.1 Muri 3.1.1.2 Pavimenti 3.1.1.3 Tetti 3.1.1.4 Controsoffitti 3.1.1.5 Scale
3.1.1.6 Rampe 3.1.1.7 Ringhiere 3.1.1.8 Cavedi 3.1.2 Famiglie caricabili 3.1.2.1 Finestre e Porte (Infissi esterni/interni verticali e infissi esterni orizzontali) 3.1.2.2 Altre categorie di famiglie caricabili 3.2 Modellazione strutturale 3.2.1 Famiglie di sistema 3.2.1.1 Setti e Muri strutturali 3.2.1.2 Fondazione strutturale: Cordolo di fondazione 3.2.1.3 Fondazione strutturale: Platea 3.2.1.4 Pavimenti strutturali 3.2.2 Famiglie caricabili 3.2.2.1 Pilastro strutturale 3.2.2.2 Trave 3.2.2.3 Trave reticolare 3.2.2.4 Sistema di travi 3.2.2.5 Controvento 3.2.2.6 Connessioni 3.2.2.7 Plinto, Trave rovescia e Palo di fondazione strutturale
3.2.2.8 Altre categorie di famiglie caricabili 3.2.3 Preparazione del modello per l’analisi strutturale 3.3 Modellazione dell’impianto aeraulico 3.3.1 Famiglie di sistema 3.3.1.1 Sistema di condotti 3.3.1.2 Condotti 3.3.1.3 Condotti flessibili 3.3.2 Famiglie caricabili 3.3.2.1 Bocchettone 3.3.2.2 Raccordo condotto 3.3.2.3 Attrezzatura meccanica 3.4 Modellazione dell’impianto idrico, di scarico, antincendio e gas 3.4.1 Famiglie di sistema 3.4.1.1 Sistema di tubazioni 3.4.1.2 Tubazioni 3.4.1.3 Tubazioni flessibili 3.4.2 Famiglie caricabili 3.4.2.1 Apparecchio idraulico 3.4.2.2 Raccordo tubazione 3.4.2.3 Accessori tubazione
3.5 Modellazione dell’impianto Elettrico 3.5.1 Famiglie di sistema 3.5.1.1 Circuiti 3.5.1.2 Passerelle 3.5.1.3 Tubo protettivo 3.5.2 Famiglie caricabili 3.5.2.1 Attrezzatura elettrica 3.5.2.2 Dispositivi 3.5.2.3 Raccordo passerella 3.5.2.4 Raccordo tubo protettivo 3.6 Modellazione informazioni alfanumeriche (LoIN) 3.6.1 LoIN architettonici 3.6.2 LoIN strutturali 3.6.3 LoIN impiantistici 3.7 Osservazioni ed esempi
CAPITOLO 4 - MODELLAZIONE DELLE UNITÀ AMBIENTALI 4.1 Unità Ambientali mediante Locali e Disarticolazione spaziale 4.2 Unità Ambientali mediante Vani e Disarticolazione spaziale 4.3 Unità Ambientali mediante Aree e Disarticolazione spaziale
CAPITOLO 5 - COORDINAMENTO E VERIFICA DELLA MODELLAZIONE INFORMATIVA 5.1 Collegamento tra modelli 5.1.1 Posizionamento dei modello collegati 5.1.2 Collaborazione del team di progettazione 5.1.2.1 Creazione di un modello condiviso 5.1.2.2 Utilizzo dei Workset 5.1.2.3 Termine della condivisione del modello 5.1.3 Collaborazione interdisciplinare 5.2 Clash Detection e federazione dei modelli 5.2.1 Tipologie di interferenze 5.2.2 Flusso di lavoro 5.2.3 Matrice di interferenze 5.2.4 Importazione in Auotodesk Navisworks 5.2.5 Definizione dei gruppi di ricerca 5.2.6 Creazione dei test di interferenza 5.2.7 Esecuzione dei test e report delle interferenze 5.3 Code checking 5.3.1 Metodologia del Code Checking 5.3.2 Simulazioni di affollamento: Crowd Simulation
5.3.2.1 Input, analisi e Output 5.3.2.2 Vantaggi e svantaggi dell’approccio
CAPITOLO 6 - MODELLAZIONE DELLE FAMIGLIE 6.1 Famiglie di sistema 6.2 Famiglie caricabili 6.3 Nidificazione delle famiglie 6.4 Dynamo e modellazione tramite algoritmi computazionali
CAPITOLO 7 - GESTIONE DELLE INFORMAZIONI NEI MODELLI BIM 7.1 Inserimento delle informazioni in Autodesk Revit 7.1.1 Parametri di progetto e condivisi 7.1.1.1 Usi dei Parametri Condivisi 7.1.1.2 Verifica R.A.I. 7.1.1.3 Computo metrico estimativo 7.1.1.4 Capitolato speciale prestazionale 7.2 Industry Foundation Classes (IFC) 7.2.1 Standard IFC 7.2.2 Formati e semantica dello standard IFC 7.2.3 Uso dello standard IFC
7.2.3.1 Esportazione da software BIM Authoring 7.2.3.2 Collegamento da software BIM Authoring 7.2.3.3 Interoperabilità: problematiche e vantaggi applicativi
BIBLIOGRAFIA
PREMESSA
Questo volume ha l’obiettivo di chiarire a studenti e professionisti come l’approccio BIM non solo rivoluzioni la concezione stessa del progetto, fornendo sempre più importanza alle informazioni correlate al bene edilizio, ma evidenzi inoltre un cambiamento metodologico che sta modificando la gestione del processo, come sottolineato anche dalla normativa internazionale ISO 19650-1:2018. Per effettuare tale cambiamento, le stazioni appaltanti, in particolare quelle pubbliche devono impostare una corretta gestione dell’intervento, tenendo a mente l’importanza dei dati nelle fasi di vita del bene edilizio. Attraverso questa evoluzione, anche le piccole committenze possono impostare metodologicamente un corretto processo BIM oriented. La digitalizzazione del settore AECO comporta la necessità di
cambiare il paradigma che ancora in questi anni è stato prepotentemente proposto, ovvero passare dalla presunta centralità del progetto alla centralità della domanda. Sulla base di questi principi, nel primo capitolo è offerta una panoramica della modellazione informativa e delle particolarità che connotano il flusso informativo di un processo BIM. Mediante l’illustrazione dei concetti principali e delle normative di riferimento, si è delineato il processo alla base della transizione digitale che sta accompagnando il settore AECO. Nel capitolo viene utilizzata ed espressa la nomenclatura comune dei processi BIM oriented. Al fine di guidare la sua effettiva realizzazione, nei successivi capitoli si intendono illustrare le fasi operative necessarie per sviluppare metodologicamente un processo BIM. Il processo di progettazione è caratterizzato dalla progressiva definizione del grado di dettaglio del progetto: l’impiego della modellazione informativa a supporto dello sviluppo di tale fase consente di realizzare gradualmente il Digital Twin del progetto. Il modello BIM si configura come un visualizzatore di informazioni, (le informazioni non geometriche sono le informazioni necessarie a una gestione digitale del processo per cui è bene che alberghino in database da cui è possibile attingerle eliminando in gran parte il problema della compatibilità e dando sostanza al concetto della interoperabilità) permettendo di gestire un’elevata quantità di dati e di controllare in modo costante i livelli progettuali, monitorando il divario esistente tra qualità attesa e qualità effettiva. Il secondo capitolo illustra la modellazione delle masse, la fase metaprogettuale di progetto è basata su una modellazione semplificata, che permette di sperimentare forme e orientamenti differenti all’interno dell’area di progetto, simulando alternative di design optioneering al fine di verificare la rispondenza del progetto ai requisiti e alla specificazioni espresse dalla Committenza. L’evoluzione dei livelli progettuali coincide con l’arricchimento del contenuto informativo del modello stesso e quindi del relativo livello di dettaglio; in continuità, il capitolo terzo si concentra sulla modellazione per elementi tecnici, descrivendo strategie e metodi da adottare per una corretta modellazione e strutturazione dell’informazione geometrica e alfanumerica. Il vantaggio principale della modellazione informativa è dato dal porre in relazione diretta gli elementi tecnici con i relativi requisiti
informativi e prestazionali. Associando i dati in modo univoco agli oggetti modellati, tramite una corretta impostazione della modellazione, si evita la frammentazione e la duplicazione dell’informazione tipica di un approccio tradizionale. Una modellazione correttamente pianificata permette di sfruttare le caratteristiche parametriche dei software BIM Authoring e favorisce il processo di coordinamento e la successiva fase di risoluzione delle interferenze tra discipline, ottimizzando il processo di estrazione dai modelli degli elaborati grafici e non. In seguito alla definizione delle tipologie di modellazione perseguibili durante lo sviluppo dei vari livelli di progettazione nel rispetto del tipo, della quantità e della precisione del contenuto informativo inserito progressivamente nel modello BIM, il capitolo quattro tratta la modellazione BIM degli spazi in cui sono posizionati gli elementi tecnici modellati in precedenza descritti. Il capitolo evidenzia le caratteristiche e le modalità per la creazione ed il costante aggiornamento degli elementi spaziali del modello. Descritte le procedure di impostazione e di impiego delle unità ambientali, sono evidenziati i principali scopi legati alla modellazione, tra cui si sottolineano la definizione di stime parametriche preliminari di progetto, la disarticolazione spaziale delle planimetrie di progetto, e la creazione di piante tematiche utili per valutazioni inerenti aspetti energetici, manutentivi e gestionali, sia degli spazi sia dell’immobile. I capitoli finora trattati si sono concentrati sull’illustrazione delle caratteristiche, delle procedure e degli scopi delle tipologie di modellazione eseguibili durante lo sviluppo graduale dei livelli di progettazione. La realizzazione del progetto tramite metodologia BIM consente di ridurre l’insorgere di errori progettuali, che possono influenzare negativamente l’intero processo edilizio, provocando ritardi durante la fase di costruzione. Le attività di coordinamento e verifica dei livelli di progettazione divengono sempre più rilevanti; pertanto, il capitolo cinque descrive come la metodologia BIM può supportare il coordinamento e la verifica progettuale. Nel capitolo sono illustrate sia le procedure necessarie alla verifica del coordinamento delle discipline costituenti il progetto, mediante la definizione di strumenti in grado di controllare le interferenze interne e tra i modelli BIM, sia le procedure per la verifica della conformità del modello rispetto ai requisiti normativi o specificazioni di progetto, mediante la definizione di regole personalizzate basate sui parametri propri del modello.
Lo sviluppo del progetto mediante la modellazione informativa assicura un costante controllo del progetto, garantendo la corretta integrazione tra le discipline progettuali e la conformità dell’opera rispetto ai requisiti normativi o specificazioni della committenza. Il capitolo sei descrive le modalità mediante cui sono strutturate le famiglie impiegate nei modelli BIM che costituiscono la BIM Library. Considerato il modello BIM come un contenitore di informazioni, si deduce che le modalità e la tipologia dei dati da inserire in esso durante ogni fase progettuale devono essere definiti a priori in funzione dell’obiettivo di utilizzo dello stesso. Il capitolo sette specifica il tipo di informazioni che possono essere collegate ai parametri delle famiglie, da cui estrarre informazioni e definire output che possono essere estraibili dal modello e dal database collegato, tra cui, a titolo esemplificativo: (i) la verifica di valori normativi non geometrici, come la verifica dei Rapporti Aero Illuminanti; (ii) l’estrazione delle quantità relative agli oggetti modellati, come Aree o Volumi; (iii) l’estrazione di parametri relativi alle classi prestazionali per unità ambientale o per elemento tecnico modellato e la successiva rielaborazione per la produzione del Capitolato prestazionale. Considerando la complessità del processo di progettazione, e la compresenza di differenti soggetti e piattaforme, risulta evidente definire procedure standard per la condivisione e lo scambio delle informazioni stesse. Di conseguenza, si termina il capitolo con la presentazione dei formati di scambio aperti come l’IFC, descrivendone la struttura e le principali caratteristiche, ed evidenziando in seguito le problematiche relative alle modalità di importazione e di esportazione dei dati tra formato IFC e formati proprietari. Il presente volume evidenzia i differenti punti di vista della modellazione informativa, nel corso della fase di definizione flussi e dei requisiti, sino alla fase di progettazione. L’importanza di questa metodologia è accentuata dalla crescente necessità del settore edile di strutturare i processi informativi e dalle richieste normative.
Giuseppe Martino Di Giuda
GLOSSARIO
AI AIM AIR As-built model Asset Asset Management BEP Best practice BIM BIM Deliverable BIM Workflow BSI buildingSMART CDE Clash Detection COBie Code Checking Crowd Simulation Data Drop DFMA DIP EIR Facility management Framework IFC IoT
Artificial Intelligence Asset Information Model Asset Information Requirements // // // Building //
Ramo dell’informatica che si occ Sotto tipo di modello informativo I dati o le informazioni specifiche Modello BIM che rappresenta l’a Nell’Asset Management, l’Asset Gestione dell’entità mediante mo Il BEP è redatto dagli aggiudicata Metodi operativi derivanti dall’es Approccio collaborativo alla prog // Termine generale che si riferisce // Flusso di lavoro che identifica la British Standards Institution Ente di normazione, certificazion // Organizzazione internazionale ch Common Data Environment Il CDE è il repository (archivio d // Un Model Use che rappresenta l’u Construction Operations Building Information Exchange Formato di dati non proprietari, c // Un Model Use che rappresenta il Simulazione computerizzata del c // È una consegna determinante: si t Design for Manufacturing and Assembly Approccio al progetto che si basa Documento di Indirizzo Progettuale Documento predisposto dalle staz Exchange Information Requirements Descrizione del processo di trasfe // Insieme di attività interdisciplinar // Struttura teorica che spiega e sem Industry Foundation Classes Specifica neutra o aperta, formato Internet of Things Network di oggetti intelligenti int
ISO International Organization for Standardization Levels of BIM // LoD // LoI Level of Detail // Level of Information LoIN Level of Information Need Matrice RACI Responsible, Accountable, Consulted, Informed Matrix MEP Mechanical, electrical and plumbing MIDP Master Information Delivery Plan Milestone // Model Use // Modello BIM // Modello federato // NBS National Building Specification OIR Organizational Information Requirements OmniClass // PAS Publically Available Specification PBS Project Breakdown Structure PIM Project Information Model PIP Project Implementation Plan PIR Project Information Requirements PLQ Plain Language Questions Processo BIM // Project management // Repository // RICS Royal Institution of Chartered Surveyors SCCS Supply Chain Capability Summary Settore AECO // Soft landing // Software BIM Authoring // TIDP Task Information Delivery Plan UNI Ente nazionale italiano di unificazione Uniclass // Validazione del modello // WBS Work Breakdown Structure
Ente di normazione internazional Il passaggio a una metodologia di Indicano rispettivamente la descri Informazioni grafiche e non grafi Matrice di assegnazione delle res Sezione del software di modellaz È parte dell’EIR, ma viene svilup Punti di controllo all’interno di ci I risultati attesi o desiderati dalla Rappresenta uno dei principali ou È sostanzialmente il modello deri Sistema britannico che definisce s I dati e le informazioni necessarie Sistema di classificazione per l’or Pre-norme edite dal BSI in uno st Struttura gerarchica di un progett Modello informativo sviluppato d Costituisce parte del BIM Execut I dati e le informazioni richieste p Modalità di comunicazione delle Descrizione generica delle modal Insieme di attività necessarie per Ambiente virtuale in cui sono rac Organismo professionale che valu Modulo che riassume le risorse u Settore dell’architettura, ingegner Il termine indica un processo di g Strumenti ed applicazioni inform Documento che definisce le respo Associazione privata che svolge a Sistema di classificazione per tutt È il processo di controllo, automa Struttura gerarchica di un progett
MODELLAZIONE INFORMATIVA
1 Paolo Ettore Giana, Elena Seghezzi
In questo capitolo viene fornita una panoramica sulla modellazione informativa, tramite la definizione del processo BIM e del flusso documentale che lo caratterizza. Una parte del capitolo è dedicata alla definizione dei ruoli e delle responsabilità in un processo BIM, e un’altra è dedicata al contesto normativo e contrattuale. Il settore delle costruzioni AECO in tutte le sue declinazioni (architettura, ingegneria, paesaggio, impianti, urbanistica, etc.) ha subito cambiamenti enormi negli ultimi trent’anni. Questi cambiamenti sono stati legati all’evoluzione tecnologica, nel passaggio dal disegno su carta all’uso di strumenti sia informatici, che processuali e procedurali. Anche le esigenze si sono modificate negli anni; basti pensare alla presenza crescente di edifici intelligenti e domotizzati a garantire sempre migliori livelli di comfort ed efficienti prestazioni energetiche. Nel campo della costruzione, è sempre più diffuso l’uso di elementi prefabbricati su misura, nel tentativo di raccordare così il mondo delle costruzioni con quello della manifattura tramite il Design for Manufacture and Assembly. L’approccio BIM può essere considerato il culmine di tutti questi cambiamenti: li racchiude, li implementa e li facilita, ed è un aspetto chiave dell’industria 4.0, ovvero della digitalizzazione complessiva del settore edilizio. Il BIM infatti non è né uno strumento, né un software, ma un processo, un’attività umana, definita dalla PAS 11922:2013 come “il processo di progettazione, costruzione e gestione di un edificio o di un’infrastruttura basata sull’uso di informazioni computazionali orientate agli oggetti”. Un modello BIM è infatti composto dalle informazioni geometriche degli elementi costruttivi (dimensioni e materiali) e da tutti i documenti e le informazioni che servono per progettare, costruire, e gestire l’edificio.
Come specificato dal National Building Specification, all’interno dell’annuale report sul BIM: “il BIM non è una sola cosa. È una graduale progressione verso maggiore collaborazione e maggiore condivisione di informazioni di progetto sempre più standardizzate”¹ Una definizione più completa e immediata è quella fornita dal BimDictionary²: il BIM è un insieme di tecnologie, processi e politiche che consentono a più soggetti di progettare, costruire e gestire in modo collaborativo un edificio o un’infrastruttura, all’interno di uno spazio virtuale. Le novità del BIM, esplicitate in tutte le definizioni presentate, sono due: l’introduzione di informazioni, cioè dimensioni non spaziali al progetto, e la condivisione del progetto tra i vari attori, che interagiscono sulla stessa piattaforma. Precursore dell’applicazione dell’approccio BIM al mondo delle costruzioni è stato il Regno Unito, che lo utilizza sin dalle origini. Un piano del Governo varato nel 2011 ha facilitato la diffusione e l’uso dell’approccio BIM, che è divenuto obbligatorio per tutti gli appalti pubblici del governo centrale nel 2016. Per questa ragione, si guarda spesso in UK quando si parla di BIM. L’ultimo rapporto NBS (National Building Specification) sul tema mostra come l’adozione del BIM sia salita dal 10% al 74% in sette anni; quasi tutti gli studi dichiarano di programmare un passaggio al BIM entro cinque anni (ed entro un anno nel 91% dei casi). L’82% degli intervistati dichiara che il BIM è il futuro della gestione informativa del progetto; tuttavia, il 77% dichiara che i clienti spesso non capiscono appieno i benefici del BIM. Attualmente la principale barriera all’adozione del BIM sembra essere relativa alla mancanza di expertise e formazione negli operatori. I benefici legati all’applicazione della metodologia BIM sono, come evidenziato da McGraw Hill attraverso un sondaggio effettuato tra gli operatori del settore³, i seguenti:
Benefici interni
Miglioramento dell’immagine dell’organizzazione Aumento della profittabilità Continuità d
Benefici di progetto
Riduzione degli errori e delle omissioni Riduzione del re-work Riduzione dei costi di costru
Benefici di processo Miglioramento della collaborazione Miglioramento della gestione di progetti complessi Mig
Tabella 1.1 Benefici dell’approccio BIM.
Si vede come questa metodologia può avere effetti positivi su vari aspetti della progettazione e della costruzione, dovuti al cambio di processo relativo, che verrà dettagliato e chiarito nelle pagine successive.
1.1 S IGNIFICATO DELLA MODELLAZIONE INFORMATIVA
L’acronimo BIM ha tre differenti significati che ne mettono in evidenza i principi base, nello specifico⁴:
Building Information Modeling : indica il cambiamento metodologico ove il processo che porta alla fase di vita e gestione del cespite permette la creazione di relazioni causa-effetto tra i cambiamenti apportati e le conseguenze. Tramite un approccio sistemico alla gestione del Bene si è in grado di effettuare analisi tecniche, analisi delle interferenze, codechecking, stima dei costi, produzione di as-built, budgeting, e altri.
Building Information Model : indica una rappresentazione digitale delle caratteristiche fisiche e funzionali di un edificio. Come tale, essa serve come risorsa di conoscenze condivise delle informazioni di una costruzione, e costituisce una base affidabile per le decisioni da prendere durante il ciclo di vita, dalla nascita in poi.
Building Information Management : indica l’organizzazione e il controllo del processo aziendale, utilizzando le informazioni sull’intero ciclo di vita di un bene. I vantaggi includono: comunicazione centralizzata e visiva, esplorazione iniziale di alternative, sostenibilità, efficienza nella progettazione, integrazione di discipline, controllo del cantiere, documentazione as-built, ecc., sviluppando efficacemente il processo del ciclo di vita di un bene e il modello dal concepimento alla demolizione. Nel primo caso si mette in evidenza la descrizione del processo, o meglio dei processi collaborativi per realizzare, gestire, ricavare e comunicare
informazioni tra i soggetti. Nel secondo caso è in evidenza l’utilizzo di oggetti digitali corrispondenti a tutti gli elementi tecnici con associate relazioni, attributi e proprietà. Il modello è l’edificio virtuale, che può essere esplorato e gestito digitalmente, e in cui i problemi e le interferenze possono essere risolte digitalmente prima della realizzazione fisica. Nel terzo caso, si evidenzia l’uso del BIM come tecnologia per la gestione del ciclo di vita dell’edificio, per agevolare flussi di lavoro e procedure. Una volta chiarito che il BIM è un processo, è particolarmente importante comprendere le modalità di realizzazione e svolgimento di questo processo. In questa sezione verranno chiariti i ruoli degli attori nel processo, le loro responsabilità e i documenti da produrre in un processo BIM.
1.2 C AMBIAMENTO METODOLOGICO E USI DEL BIM
L’applicazione di un approccio collaborativo, che è alla base del processo BIM, consente un’interazione costante tra gli attori del processo. Nel processo tradizionale, i momenti di revisione si svolgono generalmente tramite riunioni in cui ciascuno presenta i propri documenti. Ad esempio, una revisione tra architetto e strutturista comporta una prima fase di scambio in cui l’architetto spiega allo strutturista il progetto; lo strutturista a quel punto acquisisce tutti i documenti relativi (piante, prospetti e sezioni), e inizia ad elaborare la propria proposta strutturale. Uno dei problemi di questo approccio è legato alla sua staticità: nel caso l’architetto faccia qualche modifica al progetto, è necessario che riaggiorni tutte le tavole e le rimandi allo strutturista. Inoltre tale prassi, per propria natura non risulta temporalmente ottimizzata, poiché le singole discipline, specialmente nelle prime fasi, faticano ad esser sviluppate contemporaneamente. Al contrario, un approccio BIM vede una condivisione istantanea delle informazioni tra i differenti soggetti. Ad esempio, l’architetto lavora al modello architettonico e lo strutturista visualizza in tempo reale le informazioni e le modifiche. Allo stesso tempo, anche l’architetto è costantemente aggiornato riguardo le modifiche proposte dallo strutturista. Le modifiche sono integrate in maniera dinamica, migliorando il controllo sull’evoluzione del progetto e riducendo le incomprensioni. La metodologia BIM si avvale di strumenti tecnologici che rilevano le potenziali problematiche, ad esempio geometriche, per ridurre le interferenze tra discipline. Chiaramente, esistono ancora momenti formali di scambio informativo al termine di ogni fase definita dalla committenza, ovvero i data-drop, che fissano momenti di scambio di informazioni concordati tra gli stakeholder per rispondere adeguatamente ai quesiti che determinano l’evoluzione del progetto. L’approccio BIM permette di aumentare la coerenza tra le discipline facendo derivare dalla medesima fonte informativa le analisi
energetiche, strutturali, illuminotecniche, meccaniche, che possono in molti casi essere svolte direttamente sul modello, importato in software dedicati, come accennato nei seguenti capitoli. In un processo tradizionale, la condivisione delle informazioni tra le differenti discipline e i modelli specialistici doveva essere svolta manualmente, ad esempio inserendo informazioni all’interno di programmi dedicati (come con Cened), oppure tramite la realizzazione di un modello apposito dell’edificio (come tramite software di simulazione energetica, quali EnergyPlus, o Trnsys). Al contrario, utilizzando il modello BIM come fonte informativa sempre aggiornata e sfruttando l’interoperabilità tramite formati aperti si riesce a mantenere un collegamento tra i modelli e software specialistici, in funzione degli scopi per i quali il modello BIM è stato pensato e realizzato. Questo esempio relativo alle simulazioni e le certificazioni energetiche, può essere esteso ad altre discipline specialistiche. L’utilizzo di un modello BIM è utile anche per la validazione normativa, come prescritto dal D. Lgs 50/2016 all’articolo 23, comma h). In un processo tradizionale, questa verifica viene effettuata manualmente su tutti gli elaborati di progetto; al contrario, in un processo BIM le operazioni possono essere svolte sul modello digitale, avendo la certezza che tutti gli elementi siano esaminati puntualmente, evitando verifiche a campione. Questo fattore riduce non solo il tempo di verifica, ma anche il rischio di errori dovuti all’intervento umano.
Figura 1.1 Usi del BIM durante il ciclo di vita dell’edificio.
È chiaro come un approccio BIM possa portare a diverse applicazioni (definite BIM Uses), che spaziano dalla progettazione sino alla gestione e dismissione. Nel campo della progettazione, l’approccio BIM consente il monitoraggio delle condizioni esistenti, la stima dei costi di progetto, la pianificazione delle fasi di lavoro (e di progetto). Abbinato con Laser Scanning, consente una rappresentazione precisa del contesto già integrabile nel modello, riducendo tempi e costi legati al rilievo dell’intorno.
L’uso di metodologia BIM consente di ridurre le interferenze, grazie a operazioni di clash detection effettuate sia tra i modelli delle diverse discipline, sia tra le lavorazioni richieste. La modellazione informativa può esser applicata anche alla fase di progettazione operativa, ovvero la progettazione del cantiere. È possibile integrare la pianificazione delle risorse umane, delle attrezzature e delle risorse materiali con la modellazione BIM, permettendo una migliore stima dei costi del progetto e una migliore programmazione dei lavori. È possibile monitorare le lavorazioni e l’approvvigionamento dei materiali, prevedendo e monitorando l’uso delle risorse. L’approccio BIM può, inoltre, integrare efficacemente il processo costruttivo con quello di fabbricazione (o prefabbricazione) dei componenti: le informazioni di progetto contenute in un modello BIM possono essere esportate in formato standard per essere utilizzate nel disegno dei componenti. In questo senso, si configura la possibilità di un processo interamente digitale, chiamato Design for Manufacturing and Assembly (DFMA). Il modello digitale specifico del componente può inoltre essere reintegrato, con i dettagli di fabbricazione sviluppati dal produttore, nel modello BIM, per poter procedere ad ulteriori operazioni (ad esempio la clash detection). Anche durante la vita utile dell’edificio, l’approccio BIM fornisce dei vantaggi: considerando ad esempio la manutenzione, l’uso di un modello BIM consente di gestire le procedure operative di manutenzione programmata, grazie alle informazioni contenute negli elementi costruttivi. Vista questa versatilità nell’applicazione dell’approccio, è di fondamentale importanza procedere sempre con l’obiettivo ben chiaro: prima di iniziare qualsiasi attività di modellazione, è necessario investire in una programmazione precisa che risponda con efficacia agli obiettivi preposti. Ciascuno di questi usi infatti richiede flussi di lavoro differenti, che devono essere definiti in anticipo e condivisi tra gli attori.
1.3 L IVELLI DEL BIM
Lo scambio di informazioni, geometriche o non, è uno dei punti cardine di ogni processo BIM, risultato dell’approccio collaborativo di cui sopra. Il passaggio alla collaborazione completa necessita di una graduale transizione, identificata dai livelli di maturità del BIM, a seconda dell’intensità di scambio delle informazioni tra gli attori del processo. La ISO 19650, riferimento normativo principale in tema BIM, schematizza i livelli di maturità nella figura 1.2. Analizzando quanto riportato nella precedente figura, si nota infatti la rappresentazione dei differenti livelli di lettura della normativa:
Standard layer, ovvero livello normativo;
Technology layer, ovvero livello tecnologico;
Information layer, ovvero livello informativo;
Business layer, ovvero livello relativo all’impresa. Con il consolidarsi della modellazione informativa, si nota un passaggio tra quanto inizialmente evidenziato nelle fasi di maturità del BIM e quanto esposto nella normativa internazionale.
A seguito di una prima fase di evoluzione della modellazione informativa, sia-mo ora ad un livello in cui la metodologia è abbastanza evoluta e la visione comune è condivisa. In tal senso, l’emanazione di prassi comuni non rallenta né limita l’evoluzione, ma richiede l’impiego di linee guida proprietarie per personalizzare tali prassi agli usi e necessità delle differenti committenze.
Figura 1.2 Fasi di maturità del BIM [ISO 19650-1:2018].
Per garantire uno scambio informativo costante tra le parti, l’attuale normativa richiede l’impiego di una piattaforma denominata Common Data Environment (CDE), che verrà presentata in dettaglio nei prossimi paragrafi. Tale piattaforma costituisce un luogo ove i diversi soggetti coinvolti nel processo possono condividere modelli informativi, documenti, database e tutto ciò che fa da input e output dei modelli creati. Strutturare le informazioni permette di ottenere il valore aggiunto nel dato, perchè ne consente la gestione organizzata. Per questo motivo, l’utilizzo dei metadati correlati alla documentazione condivisa permette una gestione sempre più sistematica delle informazioni contenute nella piattaforma. Un approccio di questo tipo garantisce una gestione delle informazioni sempre più strutturata. Oltre agli strati e alle fasi illustrate nella ISO 19650-1,2:2018, si è arrivati a definire ulteriori sviluppi di applicazione della metodologia BIM, che essendo ancora frutto di ricerca non sono contemplati nella presente normativa:
Il cosiddetto “ Lean BIM ”, che prevede l’uso della sensoristica per la manutenzione, e per l’update costante sia delle fasi di costruzione che di gestione dell’edificio. Oltre a questo, il livello 4 include la produzione offsite e la modularizzazione dei componenti.
L’“ AI BIM ”, che prevede l’integrazione dei big data, dell’IoT e dell’intelligenza artificiale a supporto dei processi decisionali, insieme all’automazione sia della produzione dei componenti che della costruzione ⁵.
1.4 F LUSSO DI LAVORO BIM
Per capire effettivamente in cosa consiste un flusso di lavoro con approccio BIM, e in cosa differisce da un flusso cosiddetto tradizionale, in questo paragrafo si illustra un flusso di lavoro BIM-based per un processo pubblico, basandosi sulla ISO 19650. In questo paragrafo sono citati anche i documenti relativi, descritti approfonditamente nel 1.7.
Figura 1.3
Processo BIM secondo la ISO 19650.
La metodologia BIM presuppone ancor prima di avviare un iter progettuale di esplicitare le richieste informative collegate con l’obiettivo finale, cioè le informazioni da ottenere per poter raggiungere tale obiettivo. Il committente ricopre un ruolo fondamentale, in quanto è il soggetto incaricato di definire gli obiettivi del progetto e i requisiti da soddisfare. Per questo motivo, la redazione di obiettivi a livello strategico (che corrispondono ai requisiti espressi negli OIR) influenza sia le decisioni manutentive (i cui requisiti sono espressi negli AIR) che tutte le decisioni di progetto (i cui requisiti sono espressi negli EIR) relative a un bene. L’espressione di necessità a diversi livelli permette, come si vedrà in seguito, di uniformare l’approccio che un’organizzazione ha nei confronti delle strategie di Asset Management. In questo approccio, le richieste informative sono strutturate per l’intero ciclo di vita del bene, e divengono capitolato d’oneri durante i differenti processi di selezione dell’aggiudicatario. Durante la fase di gara, i soggetti partecipanti presentano dei BEP pre-contratto, esponendo le strategie di gestione del processo e le modalità di risposta alle richieste informative poste a base di gara, alla stazione appaltante. I BEP verranno valutati sulla base di criteri precedentemente esposti. A seguito del processo di selezione, l’aggiudicatario selezionato restituirà alla stazione appaltante un BEP postcontratto, che ripropone i contenuti del BEP pre-contratto revisionati. Tale documento facilita la gestione della consegna del progetto. Il BEP postcontratto espone in dettaglio l’evoluzione delle strategie di gestione dell’appalto nel tempo indicando, tra le altre cose, chi sono i membri del team e le differenti figure coinvolte.
Figura 1.4 Strategie di scambio informativo secondo la ISO 19650.
Una volta che la stazione appaltante ha selezionato tramite gara i diversi Capofila (Lead Appointed Party), l’iter del progetto ha inizio. Come accennato in precedenza, tale processo deve avvenire all’interno di una piattaforma di condivisione delle informazioni (CDE). La metodologia BIM prevede che la stazione appaltante sia il primo soggetto a produrre informazioni. La stazione appaltante è infatti deputata a definire gli obiettivi e i requisiti informativi all’avvio del progetto. I requisiti informativi determinano i tipi, i tempi e le modalità delle informazioni che devono essere prodotte, necessarie alla stazione appaltante per il supporto delle
decisioni impostate in ogni milestone. Si nota, quindi, un cambiamento rilevante per cui le fasi progettuali non sono più solamente concepite come livelli di definizione da raggiungere, ma come momenti chiave nei quali determinate decisioni devono esser prese. Tali momenti sono definiti come milestone di progetto. È necessario chiarire sin dalle fasi iniziali l’obiettivo dell’applicazione del BIM in un intervento edilizio e, conseguentemente, definire una strategia di applicazione per ottenere tale scopo. Si ribadisce che la definizione del BIM use richiesto per il progetto in analisi rappresenta il punto di partenza per la definizione delle fasi e dei documenti da produrre successivamente. La definizione dell’uso che si intende fare si basa sul concetto di “iniziare con la fine in mente”⁶: un cambio di paradigma profondo legato al passaggio al BIM. Il grafico tratto dalla ISO 19650-1:2018 evidenzia il processo di condivisione delle informazioni, perseguito durante tutto il processo, e in particolare durante lo sviluppo del PIM – Project Information Model. Il PIM viene sviluppato durante tutto il ciclo di progettazione: dalle fasi inziali, quando ancora il modello BIM è espressione dell’intento progettuale, sino alle fasi di rappresentazione virtuale della costruzione. In questo senso, all’inizio il PIM è costituito da elementi generici (masse), che divengono sempre più complessi e dettagliati. Ciascuno dei documenti presentati verrà dettagliato nei paragrafi seguenti. Una volta conclusa la fase di progettazione ed costruzione, e quando il bene edile, è consegnato alla committenza, ha inizio la fase di gestione. In tal senso, si ha un cambiamento di obiettivi e requisiti informativi. In parallelo, si ha un passaggio tra i modelli informativi legati alla progettazione e realizzazione del bene (PIM) e i modelli legati alla gestione dell’Asset Information Model (AIM); questi elementi verranno approfonditi nel corso del successivo paragrafo. In particolare, il paragrafo 1.7 riporta nel dettaglio il flusso informativo e documentale.
1.5 CDE - C OMMON D ATA E NVIRONMENT
Come esposto sin qui, il processo BIM ha il suo fondamento nella collaborazione tra i soggetti che ne fanno parte. La gestione di questo aspetto ha necessariamente bisogno di un ambiente di lavoro strutturato, in cui tutti abbiano accesso, con vari gradi di permessi. Tutte le informazioni relative al progetto (modelli, disegni, documenti, database, etc.) devono essere depositate e accessibili all’interno di questo spazio virtuale: il CDE, Common Data Environment. Con CDE si intende l’unica fonte di informazioni di qualunque progetto, usata per raccogliere, gestire e condividere tutti documenti rilevanti per il progetto. L’uso di questo ambiente consente l’interazione di team multidisciplinari e la collaborazione tra gli attori del processo, aiutando ad evitare la ripetizione di informazioni e gli errori. Il CDE deve essere strutturato gerarchicamente, deve essere possibile attribuire uno stato e i metadati agli elementi contenuti in esso e devono essere tracciate le modifica registrando l’autore e la data e, infine, controllando gli accessi ai contenuti. Al fine di evitare interferenze e favorire il corretto processo di condivisione delle informazioni, ogni informazione contenuta nel CDE può presentarsi in uno tra i seguenti tre stati: 1. Lavori in corso (Work in Progress): lo stato durante il quale le informazioni sono in sviluppo da parte di un determinato team di attività e il contenitore informativo risulta incompleto. Durante questo stato, il contenitore informativo ⁷ necessita di essere visibile ed accessibile solamente al gruppo di lavoro responsabile per la modellazione delle informazioni previste. 2. Condiviso: il contenitore informativo è stato revisionato da parte del team di attività e inserito nel modello informativo affinché l’intero team di produzione informativa possa valutarne l’interazione con i contenitori
informativi di cui è responsabile ciascun gruppo di lavoro e coordinare eventuali modifiche. 3. Pubblicato: il contenitore informativo è stato revisionato dall’aggiudicatario capofila, che ne ha verificato l’adempimento degli EIR, e approvato dalla stazione appaltante. Le informazioni possono essere utilizzate dagli altri team di attività nell’ambito delle i compiti di cui sono responsabili. 4. Archiviato: contiene le informazioni del progetto raccolte nelle milestone. L’immagine riportata esplica il flusso di lavoro che avviene all’interno del CDE. Si noti come tale flusso è in linea con quello esposto nei paragrafi precedenti: il Work in Progress è accessibile ai soli membri dei team di lavoro (e di produzione); una volta approvati i dati vengono condivisi con il committente. Se autorizzati, passano alla zona di Pubblicazione, e se verificati possono essere archiviati. La condivisione dei documenti è organizzata tramite Information Exchanges che corrispondono ai data drop definiti in precedenza. L’archiviazione pone fine alla possibilità di utilizzare le informazioni riportate nel contenitore da parte dei team di attività, mentre restano elaborabili da parte della stazione appaltante per revisionare il processo al fine di identificare criticità in prospettiva di progetti futuri.
Figura 1.5 Common Data Environment secondo la ISO 19650.
Figura 1.6 Esempio di CDE: si notano le categorie WIP, Shared, Published, e Archived.
1.6 R UOLI E RESPONSABILITÀ NEL PROCESSO
Come si è visto in precedenza, il passaggio da processo tradizionale a processo BIM richiede un cambio di paradigma e una riorganizzazione anche delle figure professionali: è quindi necessaria l’identificazione di nuovi ruoli con competenze in ambito BIM. L’approccio collaborativo alla base del processo BIM è il concetto fondante per cui ciascun professionista lavora su un modello condiviso con gli altri progettisti/professionisti. Tale cambiamento relazionale, rispetto invece ad un processo tradizionale ove ciascun professionista agisce individualmente, comporta un aumento delle interazioni dovuto alla maggior complessità del processo. La ISO 19650-2:2018, ed in particolare la figura 1.7, evidenzia questo cambiamento individuando come i differenti soggetti facenti parte di team di progetto (1) si relazionino tra loro.
Figura 1.7 Organigramma relazionale tra le parti aggiudicatarie di un processo AECO [ISO 19650-2:2018].
In questo schema si vede come la stazione appaltante (A) abbia scambi informativi (frecce continue) con i soli Capofila (B), tuttavia esista un latente coordinamento tra questi ultimi (frecce tratteggiate). I diversi soggetti possono essere organizzati in modi diversi, realizzando essi stessi il servizio o affidandone parte a soggetti esterni (C). Tali soggetti possono compiere singoli compiti (3) oppure lavorare coordinatamente con il Capofila per la realizzazione del progetto (2). Si nota quindi come risulti sempre più necessario strutturare gli scambi informativi tra i differenti soggetti coinvolti, ma soprattutto definire anche i rispettivi compiti. Per questa ragione, diviene necessario porre chiarezza nelle responsabilità, oneri e competenze necessarie.
Tramite la definizione dei ruoli si definisce chi è incaricato delle verifiche dei modelli, chi si occupa della modellazione, chi supporta l’utilizzo del Common Data Environment e chi si occupa di coordinare i singoli ruoli. È importante sottolineare che non è necessario che ciascuno dei ruoli qui presentati sia svolto da persone diverse. Di seguito si riporta una tabella con un esempio di organigramma dei ruoli in ambito BIM. Questa suddivisione permette di stabilire in processi strutturati quali siano le attività che ogni soggetto deve svolgere.
BIM Manager
garante dell’implementazione della digitalizzazione nei processi e lavora a stretto contatto con i definisce le condizioni al contorno e garantisce che ogni lavoro sia compatibile con gli altri; verifica che le metodologie e le tecnologie BIM siano coerenti e correttamente commisurate ai approva e coordina la verifica di modelli informativi e famiglie effettuata dal BIM Coordinator gestisce il CDE a livello di progetto; richiede conoscenze di Project Management e relative ai protocolli di interoperabilità tra le piat
BIM Coordinator garante dell’efficienza dei processi digitalizzati dell’organizzazione con riferimento alla specifi coordina il lavoro del proprio team disciplinare, in riferimento alle esigenze concordate con il B è il responsabile del coordinamento dei BIM Designer e dei BIM Modeller; valida le famiglie della disciplina di sua competenza; verifica la consistenza del modello informativo riferendo l’esito al BIM Manager. BIM Designer
utilizza la metodologia BIM come strumento di progettazione per sviluppare le proprie attività è specifico per ogni disciplina; condivide l’impostazione dei criteri stabiliti dal BIM Coordinator della propria disciplina; deve avere conoscenze riguardanti la specializzazione professionale, deve formarsi nell’uso di s
BIM Modeller
utilizza strumenti che sfruttano la metodologia BIM ma non si occupa di progettazione; realizza i modelli BIM del progetto o i modelli per il coordinamento dei progetti sviluppati con svolge ruoli specifici come, ad esempio, la definizione delle fasi di costruzione; modella le famiglie in accordo con le regole di modellazione;
BIM Director
ha ruolo chiave per la crescita dal punto di vista strategico; ha conoscenze riguardanti la metodologia e le tendenze in ambito BIM, così da permettergli di
BIM Developer
ricerca soluzioni informatiche e supporta i vari attori nell’utilizzo del CDE ; è specializzato nello sviluppo di caratteristiche ad hoc, che non sono disponibili nelle versioni s deve essere guidato dal BIM Manager e dal BIM Director, cosicché l’insieme delle funzionalità
Tabella 1.2 Ruoli in ambito BIM.
Il BIM Manager si occupa di verificare la coerenza di metodi e tecnologie, ed approva e coordina la verifica dei modelli informativi; si tratta quindi di un ruolo trasversale alle singole discipline, ma limitato al singolo progetto. Il BIM Coordinator coordina un team disciplinare di cui ne è responsabile, oltre ad occuparsi della validazione delle famiglie sviluppate dal proprio team di progettazione. Il BIM Modeler è colui che si occupa operativamente di modellare il progetto, sulla base del design elaborato dal BIM Designer. Esistono anche figure trasversali quali il BIM Director e il BIM Developer che lavorano su differenti progetti in supporto delle necessità dei diversi team.
Figura 1.8 Esempio di un organigramma dei ruoli in ambito BIM.
1.7 F LUSSO INFORMATIVO E DOCUMENTALE
In questo paragrafo, vengono presentati i documenti che fanno parte del flusso documentale di un processo BIM citati nei paragrafi precedenti; per ciascuno di questi documenti è inserita una tabella che ne riassume autore, obiettivi, contenuti, e ove possibile è riportato un esempio. La gestione delle informazioni, ossia la loro integrazione, distribuzione e coordinamento, ricopre una funzione chiave nei moderni processi produttivi. La letteratura dimostra che è possibile migliorare, complessivamente, il risultato finale del progetto attraverso lo sviluppo delle capacità di gestione delle informazioni interne ed esterne all’organizzazione. Infatti, il miglioramento della gestione delle informazioni si rispecchia nel miglioramento della gestione dei processi interni ed esterni in termini di maggiore efficacia, efficienza, qualità e flessibilità. La British Standards Institution (BSI) riconosce alla metodologia BIM la capacità di ridurre i tempi e i costi per il progetto e la realizzazione dell’opera e i costi di gestione durante l’intero ciclo di vita di un asset, attraverso un approccio sistemico e standardizzato della gestione delle informazioni. Un’efficace gestione delle informazioni all’interno dei processi della committenza favorisce la loro ottimizzazione e quella delle prestazioni operative durante la fase di utilizzo dell’asset, aumentando anche trasparenza e collaborazione. La trasparenza e la collaborazione durante lo svolgimento delle attività permettono alle organizzazioni e agli operatori coinvolti di valutare i rischi derivanti dalle proprie attività e dalle attività dei collaboratori, in modo da adottare le misure preventive per ridurre il livello di rischio nella produzione informativa. Per tutte queste ragioni, la corretta gestione e
strutturazione delle informazioni attraverso i vari documenti è fondamentale per la riuscita del progetto.
Figura 1.9 Flusso informativo e documentale di un processo BIM.
1.7.1 Definizione dei requisiti Come riportato precedentemente, il committente (o la stazione appaltante nel caso di un processo pubblico) ricopre un ruolo fondamentale in quanto è il soggetto incaricato di definire gli obiettivi del progetto e i requisiti da soddisfare. L’importanza di tale funzione è riconosciuta dallo standard anche nell’ambito della metodologia BIM. Per adottare la gestione informativa quale strumento per l’efficientamento dei progetti, la stazione appaltante deve di individuare le esigenze organizzative proprie e dell’amministrazione, definite nei requisiti informativi dell’organizzazione (OIR). In tale documento, la stazione appaltante analizza i propri processi interni, determinando di quali informazioni richiede per adottare decisioni e programmare future attività. La definizione degli OIR è necessaria per la definizione dei requisiti informativi del progetto (PIR) e dell’asset (AIR). Per l’individuazione dei PIR e degli AIR, la stazione appaltante deve possedere varie competenze: conoscenze tecniche in materia di progettazione per ogni disciplina, conoscenza degli aspetti operativi per la realizzazione dell’opera, gestionali, economici e degli aspetti ambientali e sociali che permettano di considerare le modalità di utilizzo dell’asset e delle esigenze dell’amministrazione e degli utenti. Se la stazione non dispone di tali competenze può avvalersi della consulenza di tecnici esperti. Oltre le competenze necessarie per la definizione dei requisiti informativi, la stazione appaltante deve possedere le competenze necessarie per la gestione informativa dei processi, sia negli aspetti tecnici che in termini legali. Queste competenze sono necessarie affinché i soggetti interessati possano affrontare correttamente il processo, e individuare eventuali criticità durante il suo svolgimento per intraprendere azioni preventive.
Nella Serie ISO 19650 il modello informativo costituisce il principale strumento attraverso il quale far interagire le differenti parti. Pertanto, la stazione appaltante dovrebbe svilupparlo nei contratti di affidamento come fonte principale di informazioni. Questo principio dovrebbe essere applicato proporzionatamente alla natura e alla complessità del progetto in quanto, in determinate situazioni e per aspetti specifici, possono essere maggiormente efficaci ed efficienti rispetto ai tradizionali metodi di condivisione delle informazioni.
Figura 1.10 Processo di gestione delle informazioni in fase di produzione dell’opera [ISO19650-2:2018].
I requisiti informativi definiti dalla stazione appaltante sono rivolti agli Appointed Party, ovvero ai soggetti aggiudicatari di contratti di servizi o lavori che dovranno produrre le informazioni richieste. Gli obiettivi dei requisiti informativi possono riguardare la gestione dei rischi connessi al progetto, la revisione tecnica ed economica, il rispetto delle prescrizioni normative al fine di favorire l’efficacia e l’efficienza del processo di gestione strategica delle informazioni nel supporto decisionale per la produzione e la gestione dell’asset durante il ciclo di vita. Nella Serie ISO 19650 vengono riconosciute quattro tipologie di requisiti informativi: 1. Requisiti informativi dell’organizzazione (o OIR da Organizational Information Requirements ); 2. Requisiti informativi di asset (o AIR da Asset Information Requirements ); 3. Requisiti informativi del progetto (o PIR da Project Information Requirements ); 4. Requisiti per lo scambio delle informazioni (o EIR da E xchange Information Requirements ).
Figura 1.11 Il flusso documentale.
Il flusso informativo, riassunto nello schema, evidenzia nuovamente l’importanza degli Organizational Information Requirements (OIR). I requisiti dell’organizzazione esprimono la visione strategica della committenza, definita in senso lato come organizzazione. Gli OIR sono fondamentali per stabilire le richieste riguardo la fase di gestione di un bene, e fungono da linea guida per tutte le decisioni che riguardano il progetto (PIR). L’importanza degli obiettivi nel medio-lungo termine della stazione appaltante, espressi sul tema della gestione del proprio asset, permette di allineare le scelte progettuali con le strategie organizzative. Gli Asset
Information Requirements (AIR) includono gli aspetti gestionali, commerciali e tecnici della produzione delle informazioni di uno specifico asset e derivano dalle scelte di alto livello prese all’interno dell’organizzazione. A livello di progetto, si definiscono gli Exchange Information Requirements (EIR), ovvero i requisiti di scambio informativo, parte integrante dei requisiti della committenza. I loro contenuti includono le richieste della committenza riguardo al progetto dell’opera, definendo le regole per la gestione del processo. Gli EIR servono agli aggiudicatari (fornitori di beni e servizi) per redigere i BEP – Building Execution Plan, che illustrano come gli aggiudicatari intendono raggiungere gli obiettivi espressi e rispettare i requisiti indicati dalla stazione appaltante. Il Committente stabilisce le proprie strategie generali tramite gli OIR: questi riguardano il suo intero patrimonio e l’organizzazione, e generalmente non vengono divulgati. Sulla base degli OIR si definiscono due categorie di requisiti:
Project Information Requirements (PIR);
Asset Information Requirements (AIR). Gli AIR riguardano specificamente un asset, e definiscono i requisiti relativi alla sua gestione (in termini di operatività e manutenzione, ordinaria e straordinaria). I PIR invece vengono definiti per un progetto specifico (che riguarda quindi uno o più beni), e rispecchiano in dettaglio la strategia dell’organizzazione definita nell’OIR. Gli EIR si basano sui PIR, quindi rispecchiano a loro volta gli OIR in maniera specifica e contestualizzata a un singolo progetto. Gli EIR esprimono i requisiti informativi del Committente, in termini tecnici, gestionali e commerciali.
1.7.1.1 OIR – Organizational Information Requirements Gli OIR⁸ riportano le informazioni necessarie per ottenere il conseguimento degli obiettivi strategici della pubblica amministrazione di riferimento, ovvero della stazione appaltante. Come dimostra lo stato di sviluppo dei programmi nazionali, attualmente il settore AECO sta attraversando una fase di transizione in cui diversi operatori sono coinvolti sia in progetti che adottano la metodologia BIM, che in progetti che non la adottano. Come riporta il Royal Institution of Chartered Surveyors (RICS), la coesistenza di entrambe le metodologie apporta un ulteriore livello di complessità all’interno della catena di approvvigionamento. Infatti, le organizzazioni del settore AECO operano attraverso la costituzione di reti basate su alleanze tra i membri di più organizzazioni legate da vincoli contrattuali e l’adozione della metodologia BIM nell’ambito di un singolo progetto ha implicazioni sull’intera rete. Il RICS evidenzia che, per conseguirne pienamente i vantaggi dall’implementazione della metodologia BIM, è fondamentale che essa avvenga a livello organizzativo. Nel processo di implementazione, deve essere valutata una strategia a lungo termine che sia in sinergia con la strategia di sviluppo dell’organizzazione. Una delle criticità riscontrate durante il processo di implementazione consiste nella differenza tra risultati attesi e risultati effettivi nel breve termine, oppure in implicazioni di scelte puntuali non allineate con le politiche generali. Gli OIR esplicitano le strategie di un’organizzazione nella gestione del proprio patrimonio immobiliare. Gli OIR non sono inclusi nei documenti contrattuali di ogni singolo bene, ma vengono espressi relativamente ad un progetto specifico nei PIR, di seguito descritti. Questi requisiti possono essere definiti con vari scopi, tra i quali la gestione strategica del business o dell’asset dell’organizzazione, la pianificazione del portafoglio, gli obblighi normativi, etc. Si precisa che gli OIR non sono specificamente relativi a un bene, e possono esistere per ragioni diverse dalla gestione dell’asset, ad esempio in relazione alla presentazione annuale dei conti finanziari.
OIR - Organizational Information Requirements
Elaborato da Organizzazione
Tipi di contenuti Contenuti Ottimizzazione della strategia di gestione Benefici pianificati Modellazione in
Tabella 1.3 Contenuti degli OIR.
Figura 1.12 Esempio di OIR (Procure22, 2018).
1.7.1.2 AIR – Asset Information Requirements Gli AIR⁹ espongono gli aspetti gestionali, commerciali e tecnici per la produzione delle informazioni dell’opera. Gli aspetti gestionali e commerciali dell’AIR riportano lo standard delle informazioni da produrre, i metodi e le procedure che devono essere adottate dai soggetti aggiudicatari in fase di realizzazione dell’opera. Gli aspetti tecnici dell’AIR definiscono in modo specifico i requisiti informativi della pubblica amministrazione legati all’asset in oggetto. Tali informazioni necessitano di essere strutturate affinché possano essere implementate in un contratto per la gestione dell’asset e perché possano essere di supporto ai processi decisionali della pubblica amministrazione. Gli AIR risultano dunque essere contenuti nei requisiti informativi dell’organizzazione, in quanto costituiscono parte delle informazioni necessarie per intraprendere decisioni strate-giche di intervento nel ciclo di vita dell’opera, ma a differenza degli OIR sono specifici di un’opera. Allo stesso modo degli EIR, gli AIR possono esser divisi in funzione della catena di approvvigionamento, nonché personalizzati ed arricchiti. Gli AIR provenienti dai subfornitori della catena di approvvigionamento dovrebbero formare un singolo coerente e coordinato complesso di requisiti informazionali, sufficienti per affrontare tutti gli OIR relativi all’asset. Analogamente agli EIR, gli AIR prevedono cinque tipi di contenuti:
Contenuti legali, che riguardano le informazioni contrattuali e i diritti; ◦ Contenuti commerciali, che descrivono i criteri prestazionali cui i fornitori si devono attenere, e i processi di gestione del bene in termini manutentivi;
Contenuti finanziari, riguardanti gli aspetti economici dell’opera;
Contenuti tecnici, che specificano i dati tecnici e prestazionali di ogni componente installato;
Contenuti gestionali, che specificano tutte le caratteristiche dell’edificio in rapporto all’intero patrimonio.
AIR - Asset Information Requirements
Elaborato da
Tipo di contenuti
Contenuti
Contenuti tecnici
Dati tecnici Parametri di progettazione Interdipendenze Date e dati di mes
Committente Contenuti gestionali
Tipo di cespite Numeri di identificazione (numero della specifica, numero
Contenuti commerciali Dettagli del fornitore Termine d’esecuzione Condizioni Indicatori chiave d Contenuti legali
Diritto di proprietà Demarcazione della manutenzione Istruzioni di lavoro
Contenuti finanziari
Costo originale Costo operativo Costo di manutenzione programmata e sto
Tabella 1.4 Contenuti dell’AIR.
Figura 1.13 Esempio di AIR (ABAB, 2018).
1.7.1.3 PIR –Project Information Requirements I PIR¹⁰ definiscono le informazioni necessarie per determinare lo stato nel conseguimento degli obiettivi strategici della stazione appaltante nell’ambito di un determinato progetto relativo a una specifica opera. I PIR definiscono le informazioni necessarie per intraprendere il processo decisionale per ogni determinata decisione chiave. Per tale ragione, la definizione dei PIR viene contribuita dai requisiti informativi della stazione appaltante. In presenza di una stazione appaltante che realizza numerose opere durante il suo esercizio, è possibile definire un complesso di requisiti informativi di progetto, di carattere generico, che possano essere adottati per vari progetti ed eventualmente adattati.
1.7.1.4 EIR – Exchange Information Requirements Gli EIR¹¹ esprimono gli aspetti gestionali, commerciali e tecnici per la produzione delle informazioni del progetto relativamente ad un contratto. Gli EIR sono strutturati in tre parti:
Contenuti gestionali, che contengono le responsabilità e i ruoli di ogni soggetto, impostano le riunioni di coordinamento e il processo di collaborazione (compresa la gestione delle interferenze), specificando le strategie di consegna delle informazioni e la pianificazione del lavoro,
Contenuti tecnici, che specificano appunto gli aspetti tecnici come i formati, e le piattaforme software,
Contenuti commerciali, che riguardano gli obiettivi strategici e le tempistiche. Gli aspetti gestionali includono lo standard informativo, i metodi e le procedure che gli appaltatori dovranno applicare; includono anche le politiche organizzative dello scambio informativo, per consentire una condivisione delle informazioni uniforme all’interno dei progetti. Gli aspetti tecnici sono invece relativi specificamente alle richieste del progetto: infatti specificano le informazioni dettagliate per rispondere ai PIR. Per ogni aggiudicazione prevista nel processo, vengono identificati EIR che possono essere modificati e personalizzati in funzione delle necessità. I capifila utilizzeranno gli EIR prodotti dalla stazione appaltante arricchendoli di richieste in funzione di cosa si sta appaltando. In tal senso la quantità di informazioni appaltate non risulta costante nel processo, ma può avere incrementi di richieste in funzione delle reali necessità dello scambio tra le parti. L’EIR derivante da tutte le nomine deve essere in grado di rispondere ed essere coerente e coordinato con i requisiti informativi, sufficienti a soddisfare tutti i PIR. La stazione appaltante definisce i metodi e le scadenze relative alle decisioni chiave, e per ciascuna di queste scadenze specifica quali informazioni devono essere richieste ai team di consegna. Gli EIR sono quindi uno strumento per la gestione dello scambio informativo tra le parti e, come indicato anche nella definizione tratta dalla ISO19650-1:2018, sono un documento che può esser integrato con dettagli aggiuntivi nei passaggi alla filiera o trasmesso in sezioni qualora siano richieste solamente alcune informazioni.
EIR - Exchange Information Requirements
Elaborato da
Tipi di contenuti
Contenuti
Contenuti tecnici
Piattaforme software da usare Formati di scambio dei file (sia 2D che 3D)
Committente Contenuti gestionali
Normativa Ruoli e responsabilità Pianificazione del lavoro Sicurezza Proc
Contenuti commerciali Programmazione temporale di data drop Obiettivo strategico Project deliv
Tabella 1.5 Contenuti degli EIR.
Lo schema presentato nell’immagine successiva rappresenta il modo in cui vengono raccolte le informazioni dai responsabili dei gruppi (Lead Appointed Party X,Y,Z) per i lavori di progettazione (a sinistra), per i lavori di costruzione (in centro) e per la fase di uso e manutenzione (a destra). Le linee orizzontali tratteggiate rappresentano i livelli della catena di fornitura (o catena di approvvigionamento). Ciascun soggetto capofila nominato può delegare in tutto o in parte i requisiti informativi ricevuti da colui che li ha nominati, e possono anche essere aggiunte esigenze informative proprie. Il ruolo di ciascun responsabile nominato nel soddisfare l’AIR / l’EIR, a seconda dei casi, deve essere definito nei piani di consegna. Le informazioni sono raccolte dal responsabile designato dal proprio team di consegna e consegnate alla persona incaricata, tali informazioni sono verificate ed eventuale riemesse. Se nuove parti (subfornitori) entrano nel team di consegna, il piano di consegna dovrebbe essere aggiornato per includere e confermare le informazioni che contribuiranno ai futuri scambi di pacchetti informativi.
Figura 1.14 Esempio di flusso informativo tra i vari team [ISO19650-1:2018].
Ciascuno dei partecipanti lato offerta dovrà rispondere alle richieste espresse dalla committenza tramite un documento denominato Building Execution Plan (BEP, dettagliato nel paragrafo successivo). All’EIR devono essere allegate le richieste informative (i Level of Information Need - LoIN), informazioni grafiche e non grafiche per la definizione delle Unità Ambientali e degli Elementi Tecnici nelle differenti fasi di progettazione di fattibilità tecnico-economica, progettazione definitiva ed esecutiva.
Figura 1.15 Esempio di EIR (Procure22, 2018).
1.7.1.5 LoIN – Level of Information Need Negli ultimi anni è assistito ad un’evoluzione della normativa in merito alla tematica dei livelli di informazione. Inizialmente erano nate due macrofilosofie sull’argomento: la prima di stampo statunitense che utilizzava i Level of Development (Livelli di Sviluppo) e una seconda di stampo anglosassone che distingueva invece le richieste informative in Level of Detail (LOD: Livello di Dettaglio del modello) e Level of Information (LOI: Livello di dettaglio delle Informazioni). Il caso statunitense definiva i livelli di sviluppo delle informazioni congiuntamente tra le richieste grafiche e quelle informative, questo approccio potrebbe non collimare con le richieste delle committenze. Al contrario nella tradizione inglese, i requisiti venivano distinti in LOD e LOI permettendo una maggior libertà alla committenza dividendo gli aspetti prettamente grafici da quelli informativi. In entrambi i contesti sono state sviluppate linee guida come quelle dell’AIA¹² o dell’NBS¹³. Nonostante queste linee guida siano state spesso utilizzate dalle singole committenze, questi protocolli non sono stati adeguati alle specifiche esigenze. L’introduzione della normativa internazionale ISO19650-1:2018 pone particolarmente l’accento su questo fattore. Infatti viene evidenziato come in realtà tali requisiti debbano esser stabiliti dalla committenza in fase iniziale, ma possono esser suddivisi o implementati in funzione di come la catena di fornitura richieda le informazioni ai diversi stakeholders. Tale approccio introduce un maggior livello di responsabilità nelle committenze che devono strutturarsi per creare dei veri e propri datarequirement per la gestione della mole di dati prodotta dai professionisti che si aggiudicano i diversi affidamenti. La nuova accezione di LoIN (Level of Information Need) vede l’evoluzione in livelli di informazione necessaria per ciascuna consegna informativa. Tale modifica sposta l’accento sulle risposte a cui la stazione appaltante
deve far fronte nella fase progettuale o milestone di progetto, rimuovendo la standardizzazione delle richieste informative nelle diverse committenze. L’importanza di rispondere a specifiche domande connota la maturità e la diversità tra le stazioni appaltanti. Tali requisiti devono includere l’appropriata determinazione della qualità, della quantità e della granularità delle informazioni grafiche ed alfanumeriche. Una volta che queste misure sono state definite, devono essere adottate per determinare il livello di informazione necessario attraverso l’intero progetto o asset. Stabilire tali requisiti trasversalmente ai progetti permette di gestire in maniera strutturata i dati contenuti nei modelli e database informativi dell’intero patrimonio immobiliare. Il livello di informazione necessario dovrebbe essere determinato dalla quantità minima di informazione necessaria per rispondere ai principali requisiti anche da altri fornitori di servizi. Tuttavia, la ISO19650-1:2018 sottolinea come la sovrapproduzione di informazioni comporti un problema al flusso di lavoro. In particolare, effettuare ragionamenti sul progetto avendo troppe informazioni rispetto a quelle necessarie potrebbe comportare fraintendimenti o erronee conclusioni. Per questo motivo, ogni committenza stabilisce i livelli informativi per fase progettuale (vedasi figura seguente) sia di elementi tecnici che di unità ambientali. I differenti Capofila hanno il compito di verificare le informazioni prodotte dalla loro catena di fornitura, prestando attenzione ad eventuali oggetti utilizzati che non sono conformi con i requisiti informativi della stazione appaltante. Dato che è possibile che le informazioni provengono da diversi attori (subfornitori di servizi) che lavorano sul modello, il livello di informazione necessario è strettamente collegato alla strategia di federazione dei modelli. È importante sottolineare che le informazioni alfanumeriche devono esser considerate importanti quanto quelle legate alle informazioni geometriche. I livelli di informazione vengono distribuiti dalla stazione appaltante come allegato alla linea guida per la gestione informativa. I livelli di dettaglio sono cumulativi e vengono sviluppati durante tutta la fase di progettazione, a partire dal progetto di fattibilità tecnico-economica, al progetto esecutivo, sino ad arrivare all’as-built.
Figura 1.16 Estratto dei requisiti di informazioni grafiche ed alfanumeriche di una finestra per fase progettuale [Linea Guida Proprietaria RAI, 2016].
Figura 1.17 Estratto dei requisiti di informazioni grafiche ed alfanumeriche di una UTA per fase progettuale [Linea Guida Proprietaria RAI, 2016].
1.7.2 Fase di selezione dell’aggiudicatario Gli EIR sono un documento a base di gara; sulla base di quei requisiti, i potenziali aggiudicatari elaborano il proprio BEP pre-contratto, rispondendo alle richieste. Una volta vinta la gara, l’aggiudicatario redige il BEP post-contratto, che include anche una serie di altri documenti come il MIDP - Master Information Delivery Plan e il PIP - Project Implementation Plan, confermando inoltre la catena di fornitura per la realizzazione dell’oggetto dell’appalto (bene o servizio).
Figura 1.18 Flusso informativo per la selezione di un aggiudicatario in un processo BIM.
Analogamente a quanto svolto dalla stazione appaltante, il potenziale aggiudicatario deve di individuare un incaricato che intraprenda la funzione di gestione informativa. Il soggetto incaricato può appartenere all’organizzazione del potenziale all’aggiudicatario o essere un soggetto terzo, prestando attenzione ad evitare conflitti di interessi con l’incaricato della stazione appaltante. A seguito della nomina dell’incaricato, il potenziale aggiudicatario redige il piano di gestione informativa precontrattuale (BEP pre contratto). Conformemente alla ISO 19650-1:2018, il DM n° 560 del 01/12/2017 riporta che il documento viene redatto in risposta ai requisiti informativi, strutturando temporalmente e siste-maticamente i flussi informativi dell’aggiudicatario capofila, illustrando le interazioni con i processi informativi e decisionali all’interno del CDE, descrivendo la configurazione organizzativa e strumentale degli operatori ed evidenziando le responsabilità delle figure coinvolte.
1.7.2.1 BEP – Building Execution Plan precontratto Il BEP viene ritenuto dalla NBS¹⁴ il documento di maggiore rilievo per il successo della metodologia BIM durante lo svolgimento di un contratto, in quanto evidenzia la strategia di produzione e consegna delle informazioni del potenziale aggiudicatario in termini di struttura organizzativa, competenze, capacità e responsabilità. L’offerta viene inoltrata correlata dai seguenti documenti:
BEP precontrattuale, contenente le indicazioni in merito all’incaricato per la gestione informativa, strategia per l’adempimento dei requisiti informativi, matrice delle responsabilità, metodi e procedure per la produzione delle informazioni, software e hardware;
Riepilogo della valutazione delle capacità e competenze dei team di attività;
Programma di mobilitazione;
Valutazione dei rischi connessi alla produzione e consegna delle informazioni. Nel BEP pre-contratto, il fornitore si impegna anche a dimostrare che possiede una solida organizzazione e una capacità tecnica economica, illustrando:
Capacità manageriale: definizione dei ruoli e delle responsabilità, cronoprogramma, strategia di consegna del PIM (Project Information Model), uso di dati legati all’esistente (cfr. § 1.7.2.2);
Capacità di pianificazione e documentazione: PIP (Project Implementation Plan), processi progettuali collaborativi, matrici di responsabilità, MIDP (cfr. § 1.7.2.2);
Capacità di gestione delle procedure e del metodo standard: strategia di suddivisione del progetto in parti, origine e orientamento del PIM, convenzione sui nomi dei file e dei layer, tolleranze di costruzione;
Soluzioni IT: versioni del software, formati di scambio dati e gestione. In particolare, nel BEP precontrattuale le responsabilità vengono definite attraverso la matrice delle responsabilità per gli obiettivi e relativi risultati attesi. Inoltre, sono esposti i software, gli hardware e l’infrastruttura IT in possesso per identificare quali siano compatibili con la strategia proposta per adempiere ai requisiti della stazione appaltante. Definito il BEP precontrattuale, è necessario valutare le capacità e competenze dei team di attività per l’adempimento degli EIR della stazione appaltante e l’adempimento del BEP definito dal potenziale aggiudicatario capofila. La valutazione considera il numero di componenti del team di attività, l’esperienza e la disponibilità dei software e hardware richiesti. La valutazione è utile alla definizione delle competenze e capacità del team di produzione informativa con la conseguente definizione del programma di mobilitazione¹⁵ per conseguire le competenze e capacità necessarie. A tale proposito, il piano di mobilitazione definisce le iniziative per la formazione dei membri del team di produzione informativa ed eventuali inserimenti di
nuovi membri. Inoltre, sono definite le verifiche preliminari per collaudare metodi e procedure di predizione delle informazioni, software e CDE. L’ultimo documento di interesse per la gestione informativa a completamento dell’offerta consiste nel registro dei rischi. Il documento valuta i rischi, in termini probabilistici di frequenza e danno, derivanti dal mancato adempimento dei requisiti informativi e relative azioni preventive per la mitigazione degli stessi.
Tabella 1.6 Contenuti e obiettivi del BEP pre-contatto.
Figura 1.19 Esempio di contenuti del BEP pre-contratto [Scottish Future Trust].
1.7.2.2 BEP – Building Execution Plan postcontratto La prima attività del processo che porta alla definizione del contratto consiste nella conferma di quanto presentato nel BEP precontrattuale e il recepimento di eventuali richieste di chiarimento tra stazione appaltante e il potenziale aggiudicatario capofila. Per questa ragione, l’aggiudicatario elabora il BEP post contratto. Assieme al BEP viene confermato l’incaricato per le funzioni di gestione informativa che diventerà il soggetto di riferimento per la stazione appaltante per i processi di gestione delle informazioni. I documenti che compongono il contratto di affidamento tra stazione appaltante e aggiudicatario di riferimento (BEP post-contratto), per quanto inerente agli aspetti di gestione informativa, sono:
Gli EIR della stazione appaltante;
Lo standard informativo del progetto;
Il protocollo informativo del progetto;
Il BEP del team di produzione informativa;
Il MIDP del team di produzione informativa. Invece, i contratti tra aggiudicatario capofila e aggiudicatari della filiera sono costituiti dai seguenti documenti:
Gli EIR dell’aggiudicatario capofila, che recepiscono gli EIR della stazione appaltante;
Lo standard informativo del progetto;
Il protocollo informativo del progetto;
Il BEP del team di produzione informativa;
Il TIDP concordato tra le parti. A seguito della conferma del BEP è necessario dettagliare la matrice delle responsabilità identificando le informazioni da produrre e relativi contenitori informativi, quando e quali requisiti informativi devono soddisfare tali elementi e il team di attività specificatamente incaricato e responsabile della sua produzione. Contestualmente all’approfondimento della matrice delle responsabilità, è necessario che l’aggiudicatario capofila definisca i propri EIR, coerentemente con i requisiti stabiliti dalla stazione appaltante, in modo che possano essere sottoposti agli aggiudicatari della filiera conformemente al principio definito nella ISO 19650-1:2018 per il quale la produzione delle informazioni deve avvenire da parte dei soggetti direttamente interessati dall’attività.
Nella definizione delle milestone contenute nell’EIR, l’aggiudicatario capofila deve considerare il tempo che impiegherà ad effettuare le verifiche relative alle informazioni prodotte dalla filiera. I documenti contrattuali sono completati dal Task Information Delivery Plan (o TIDP), ossia il programma di produzione e consegna delle informazioni di ciascun team di attività, e dal Master Information Delivery Plan (o MIDP) cioè il programma generale di produzione e consegna delle informazioni, che racchiude i differenti TIDP. Il TIDP identifica per ogni contenitore informativo la codifica, i collegamenti, il livello di informazione necessario, la durata stimata per la produzione, il responsabile per la produzione delle informazioni e la scadenza per la consegna delle stesse. Il MIDP raccoglie i TIDP e compone il programma base per la produzione e consegna delle informazioni. L’aggiudicatario capofila provvede a riportare eventuali modifiche dei TIDP aggiornando il MIDP e segnala alla stazione appaltante eventuali criticità seguendo i principi della collaborazione e della trasparenza del processo. I documenti indicati non sono normati legislativamente e la Serie ISO 19650 non rappresenta una prescrizione legale in materia contrattuale, ma sottolinea i principali argomenti da evidenziare durante la fase di negoziazione e contrattazione per ridurre gli ostacoli durante lo svolgimento dei lavori o la prestazione dei servizi oggetti del contratto. Il BEP post contratto invece è un documento contrattuale, elaborato dall’affidatario, che viene continuamente aggiornato in accordo con la committenza. Si tratta di un documento attraverso il quale l’aggiudicatario espone le modalità e le tempistiche di scambio delle informazioni. Nel BEP post-contratto sono elencati gli obiettivi concordati per responsabilità, tempistiche di consegna, scambio, riutilizzo e consegna finale al cliente. Il BEP (BIM Execution Plan) è una guida per la corretta attuazione del flusso di lavoro con gli obiettivi espressi nell’EIR. Il BEP agisce come una
cornice in cui si muovono tutti gli attori del processo (dai progettisti ai costruttori e manutentori). Gli obiettivi del BEP post-contratto sono:
Definizione e facilitazione dello scambio di informazioni tra i partecipanti;
Definizione delle procedure di coordinamento e verifica di coerenza;
Organizzazione delle attività correlate alla metodologia BIM secondo una logica collaborativa;
Definizione del ruolo di ciascun componente all’interno del progetto e delle sue responsabilità;
Definizione dell’uso del BIM per la valutazione di alternative progettuali, con lo scopo di ottimizzazione del costo del ciclo di vita.
Tabella 1.7 Contenuti e obiettivi del BEP post-contratto.
Figura 1.20 Esempio di contenuti di BEP post-contratto*. *http://www.cpic.org.uk/wpcontent/uploads/2013/06/cpix_post_contract_bim_execution_plan_bep_r1.0 .pdf
MIDP – Master Information Delivery Plan Il Master Information Delivery Plan è una parte del BEP post-contratto, e viene sviluppato dopo che i contratti sono assegnati ai relativi aggiudicatari. Il MIDP è usato per gestire le informazioni durante il ciclo di vita del
progetto; esprime il modo in cui l’aggiudicatario intende rispondere ai requisiti espressi dalla Committenza (Fig. 1.21). Si tratta di un piano che descrive le attività per il progetto BIM, con le specifiche relative a ruoli e programma attività; è un elenco di attività per il progetto, che stabilisce cosa fare, quando, e chi è responsabile per quella attività, definendo anche quale è il risultato (un documento, un disegno, un modello). Il MIDP riassume infatti tutti i documenti relativi al bene oggetto di gara, e include modelli, disegni, specifiche tecniche, attrezzature, orari. All’interno del MIDP sono incorporati i TIDP e la matrice RACI.
Figura 1.21
Relazioni del MIDP con gli altri documenti.
TIDP – Task Information Delivery Plan I TIDP vengono definiti da ciascun team, e consentono di definire le milestone specifiche per ogni attività. Ovviamente, queste milestone devono essere allineate a quelle generali espresse nel MIDP (e rispondenti a quelle richieste dalla Committenza negli EIR). Sostanzialmente, i TIDP illustrano la specifica gestione di ogni attività, in termini di tempi, ruoli, responsabilità, consegne e risultati. Matrice RACI La matrice RACI (matrice di assegnazione responsabilità) è un documento che illustra la strutturazione dei ruoli previsti per l’esecuzione delle attività nei processi aziendali. A tale scopo, si distinguono quattro ruoli:
Responsible , che definisce chi esegue l’attività, e può essere riferito a una o più persone;
Accountable , che si riferisce a chi ha la responsabilità sul risultato dell’attività. A differenza degli altri ruoli, per ciascuna attività questo ruolo deve essere univocamente assegnato a una singola persona;
Consulted, che si riferisce a chi aiuta e collabora con il Responsible per eseguire l’attività;
Informed, che si riferisce a chi deve essere informato dell’esecuzione dell’attività. La matrice RACI è un documento utile a comprendere il livello di coinvolgimento di ciascun attore, definendo i compiti e le responsabilità, al fine di strutturare le attività evitando confusione e sovrapposizione di ruoli. La matrice RACI è parte del BEP pre-contratto e viene successivamente revisionata e confermata nel BEP post-contratto dall’aggiudicatario. PIP – Project Implementation Plan (PIP) Il PIP è un documento allegato al BEP pre-contratto e poi revisionato dopo l’aggiudicazione e incluso nel BEP post-contratto. Lo scopo di questo documento è dimostrare che l’aggiudicatario possiede le capacità e l’esperienza necessaria per realizzare i beni o i servizi che gli sono affidati. Il PIP si propone infatti di illustrare le competenze, le capacità e l’esperienza pregressa (capacità manageriale, di pianificazione gestione documentale, di gestione delle procedure, capacità IT) dell’aggiudicatario capofila e dei fornitori. Il PIP include infatti anche il SCCS (Supply Chain Capability Summary), preparato dal capofila, che documenta le competenze di tutta la catena di fornitura a rispondere ai requisiti della committenza.
1.7.3 Output definiti per ciascun affidamento Definito il contratto e stabilito il processo di gestione delle informazioni, è possibile avviare la produzione delle informazioni necessarie a soddisfare i requisiti del progetto. La prima attività per la produzione delle informazioni consiste nel verificare che le informazioni di riferimento in possesso dell’aggiudicatario siano corrette, aggiornate e complete. A seguito della verifica, è possibile avviare la produzione delle informazioni, da parte del team di attività, compatibilmente con gli standard informativi, i metodi e le procedure. Durante la produzione delle informazioni è necessario prestare attenzione a non generare informazioni in eccesso, non pertinenti al contenitore informativo in cui vengono registrate e ridondanti. Inoltre, i gruppi di lavoro necessitano di coordinare i collegamenti e i riferimenti tra le informazioni contenute nei differenti contenitori informativi condivisi, evidenziando eventuali problemi di interoperabilità. Prima di ogni revisione, ogni team di attività deve provvedere al controllo di qualità della sicurezza dell’informazione, ossia verificare che le informazioni siano stati prodotte conformemente con lo standard informativo del progetto. Tale controllo, non implicando la verifica della correttezza e l’appropriatezza delle informazioni per i quali resta necessaria l’attività di revisione e un’approvazione di quanto prodotto, può essere automatizzato. Gli esiti delle verifiche devono essere archiviati. Controllata la qualità della sicurezza delle informazioni, le stesse richiedono una revisione del team di attività per la verifica dell’adempimento dei requisiti informativi dell’aggiudicatario capofila e della stazione appaltante, del raggiungimento del livello di informazione necessario, e della presenza degli elementi necessari per il coordinamento con i differenti team di attività interessati. Al termine della revisione, è necessario definire gli usi compatibili con le informazioni contenute nei
contenitori informativi per, infine, provvedere alla condivisione. Alla condivisione di un contenitore informativo che interagisce con il modello informativo, il team di produzione informativa deve provvedere alla revisione del PIM per verificare la conformità con i requisiti informativi della stazione appaltante e i criteri di accettazione. Inoltre, come riportato precedentemente, ciascun team di attività valuta l’interazione con i contenitori informativi di cui è responsabile e coordina eventuali modifiche. I modelli informativi vengono generati in conformità ai requisiti informativi espressi. Essi sono depositari delle informazioni strutturate a supporto dei processi decisionali che vengono prese relativamente ad un progetto durante l’intero ciclo di vita. I modelli informativi riconosciuti nella Serie ISO 19650 sono: 1. Modello informativo dell’asset (o AIM - asset information model) 2. Modello informativo di progetto (o PIM - project information model) I due modelli rispecchiano le due principali macro-fasi, ovvero rispettivamente la fase di uso dell’asset e la fase di realizzazione del progetto. Quest’ultima macro-fase raggruppa le tre fasi di progettazione, la fase di gara, la fase di costruzione e la fase di consegna, descritte nei capitoli successivi. Il modello informativo dell’asset (AIM) fornisce supporto ai processi gestionali della stessa in chiave strategica e di dettaglio. L’AIM, contenendo tutte le informazioni tecniche, manutentive ed economiche degli elementi che compongono l’opera, può costituire una delle fonti di informazioni durante la realizzazione di un nuovo progetto, oltre che darne l’avvio a seguito della valutazione dell’andamento dell’asset derivante dall’analisi dei dati registrati durante le attività di facility management. Il modello informativo del progetto (PIM) supporta invece i processi decisionali in fase di realizzazione dell’opera. Il PIM costituisce la base per l’AIM al termine dei lavori necessari per completare l’intervento. Dato che il modello informativo del progetto contiene tutte le informazioni ad esso legate quali geometria, posizione degli impianti, requisiti prestazionali,
programmazione, costi, dettagli tecnici e commerciali degli elementi installati, deve essere conservato sia per essere consultato in presenza di eventuali controversie, che per revisione e confrontare i dati previsionali a quelli effettivi inerenti a tempi, costi e prestazioni. Il modello informativo dell’asset e il modello informativo del progetto sono composti da più elementi denominati contenitori informativi, letteralmente contenitori di informazioni. Il frazionamento o scomposizione del modello informativo in più contenitori informativi serve a favorire l’efficienza della metodologia attraverso la produzione delle informazioni delle differenti discipline contemporaneamente da differenti team di attività. I contenitori informativi possono essere associati tra loro a formare un modello informativo parziale, ovvero un modello federato idoneo a soddisfare le esigenze di un determinato team di attività o di un aggiudicatario. La struttura di scomposizione del modello informativo deve essere stabilita prima del suo sviluppo, coerentemente con i requisiti informativi con la strategia di federazione dei modelli e con la strategia di produzione delle informazioni. Nella definizione della struttura, risulta opportuno che ciascun contenitore informativo sia associato ad un unico team di attività, mentre ciascun team di attività può prendere in carico differenti contenitori informativi. I paragrafi successivi definiscono i contenuti relativi ai modelli informativi presenti nel processo BIM così com’è definito dalla ISO 19650.
1.7.3.1 PIM – Project Information Model Le procedure e le responsabilità informative definite negli EIR sono necessarie per poter valutare e validare le informazioni sviluppate e consegnate per ogni livello di sviluppo del modello al fine garantirne l’affidabilità, l’accuratezza e la completezza. Il modello PIM è un tipo di modello informativo sviluppato durante le fasi di progettazione, di produzione e di costruzione. Il modello PIM sviluppato nel rispetto degli EIR rappresenta un modello federato contenente una varietà di informazioni grafiche e non, e relativa documentazione. Solitamente, il PIM è compilato con informazioni rispondenti le richieste della committenza. La creazione e lo sviluppo di informazioni a partire dall’origine del progetto assicura l’interazione ed il coordinamento corretti tra le fasi di progettazione, affidamento, costruzione e approvvigionamento, grazie alla presenza e all’utilizzo di dati integrati e coerentemente strutturati.
Figura 1.22 Collocazione del PIM all’interno del processo.
Come espresso nella Serie ISO 19650 e come spiegato nel capitolo 5, per rendere efficienti alcune attività dei processi di gestione informativa, si raccomanda l’utilizzo di uno strumento che automatizzi il controllo dei modelli informativi. L’automazione può essere adottata per controllare la qualità del modello informativo sia in termini di corrispondenza ai metodi e alle procedure di produzione delle informazioni e allo standard informativo, sia in termini di completezza delle informazioni che costituiscono il contenitore informativo come proprietà e parametri che definiscono gli elementi. Inoltre, l’automazione può essere adottata per controllare la qualità
del modello informativo in termini di conseguimento degli obiettivi progettuali. Tale controllo è effettuabile qualora la stazione appaltante o il committente abbia formulato dei requisiti informativi espressi attraverso parametri correlabili agli obiettivi progettuali. Infine, l’automazione dei controlli può essere utilizzata per verificare delle interferenze trasversalmente alle discipline di progettazione e per il rispetto dei requisiti normativi.
1.7.3.2 AIM – Asset Information Model Se il PIM – Project Information Model è relativo alle fasi di progettazione e costruzione di un progetto e risponde ai requisiti definiti negli EIR, il modello AIM - Asset Information Model risponde ai requisiti definiti negli AIR. Il modello AIM rappresenta il tipo di modello informativo che supporta le operazioni di manutenzione, gestione, e uso di un’opera durante il suo ciclo di vita; si può quindi definire come l’analogo del PIM (dal quale proviene) durante le fasi del ciclo di vita di un bene costruito. L’AIM viene utilizzato come database contenente tutte le informazioni relative all’opera, ed è il modello cui le imprese di manutenzione possono accedere o cui possono collegare i propri sistemi di gestione. L’AIM è inoltre il mezzo per ricevere e centralizzare le informazioni che provengono da altri attori agenti in altre fasi del processo.
Figura 1.23 Collocazione dell’AIM all’interno del processo.
1.8 E SEMPIO DI FLUSSO DI UN PROCESSO BIM
Come descritto in precedenza, la metodologia BIM comporta un cambio di paradigma in termini di azioni da intraprendere, competenze richieste e documenti da produrre, sia che si tratti di nuove costruzioni, interventi sull’esistente, o ancora interventi di manutenzione. Per chiarire il concetto di lavoro in ambiente BIM e comprendere le procedure operative si riportano di seguito alcuni esempi di flussi di lavoro BIM.
Figura 1.24 Flusso di lavoro BIM per progetto di fattibilità, definitivo ed esecutivo.
Nella prima immagine è illustrato un esempio di flusso di lavoro BIM che permette di comprendere la struttura dell’ambiente in funzione delle parti del CDE predefinite e suddivisa nei quattro stati: in lavorazione, in condivisione, in pubblicazione e archivio (visibili nella suddivisione orrizzontale). Ogni informazione presente nel CDE (elaborato, documento, modello informativo) è sviluppata mediante il perseguimento dei quattro stati elencati. In aggiunta, è possibile − internamente al CDE − ricercare in modo trasversale le informazioni in funzione dei metadati correlati ad un determinato stato o al soggetto responsabile della loro creazione o modifica. La fase iniziale del processo di lavoro consiste nell’analisi della fattibilità tecnico-economica, e quindi nell’individuazione di alternative progettuali da parte dei team di progetto. Ciascuna alternativa di progetto è modellata e per ognuna viene effettuata un’analisi costi-benefici. In base agli esiti di questa analisi, viene scelta l’aternativa più efficace, di comune accordo con gli Enti autorizzativi, e viene estratto il materiale di progetto, definito al data drop corrispondente. La scelta della soluzione di progetto principale comporta un cambiamento di stato dei restanti modelli e degli elaborati relativi alle ipotesi progettuali scartate che passano nel CDE da LF a S0 (vedasi flusso sottostante), da “In Lavorazione” a “Superato”. Determinato il progetto ottimale tra le alternative realizzate, i BIM Coordinator ricevono i modelli informativi dai propri team di lavoro (ovvero i team di ciascuna disciplina), e tramite un controllo di parte prima, verificano i modelli informativi ed estraggono dai modelli gli elaborati progettuali e i formati interoperabili. I modelli appartenenti a ciascuna disciplina sono sottoposti alle verifiche di interferenza e di congruenza, di completezza e di coerenza; le criticità emerse dalle verifiche sono esplicitate in appositi report da consegnare al BIM Manager, al fine di supportare la correzione delle stesse. Il BIM Manager ha la facoltà di attribuire i compiti di modifica e correzione delle criticità rilevate, e mediante tale attività, i
modelli e gli elaborati passano quindi da L0 a C0, da “In Lavorazione” a “Condiviso”. Una volta concluso tutto il processo progettuale di definizione del progetto di fattibilità tecnico-economica, il processo per la definizione del progetto definitivo o esecutivo si sviluppa mediante varie attività di seguito definite. I team di progetto si occupano della progettazione definitiva o esecutiva, terminato il progetto, i BIM Coordinator dei team di lavoro ricevono da essi i modelli informativi. I BIM Coordinator effettuano un controllo di parte prima su modelli ed elaborati, ed estraggono dai modelli gli elaborati progettuali e i formati interoperabili. Sono quindi effettuate le verifiche di interferenza e congruenza, di completezza e coerenza nei modelli di ciascuna disciplina; le criticità emerse dalle verifiche sono esplicitate in appositi report di verifica da consegnare al BIM Manager al fine di supportare la correzione delle stesse. Il BIM Manager ha la facoltà di attribuire i compiti di modifica e correzione delle criticità rilevate e tramite questa attività, i modelli e gli elaborati cambiano di stato da L0 a C0 (Condiviso). Il BIM Manager effettua la verifica dei modelli e degli elaborati progettuali, approvando il controllo di parte prima su modelli ed elaborati ed effettuando un controllo di parte seconda; a valle delle verifiche il BIM Manager può effettuare il cambio di stato. Ulteriori verifiche (LC2, LC3, V2, V3) di interferenza e di congruenza, di completezza e coerenza dei modelli e degli elaborati sono effettuate e relativi report di verifica sono prodotti. Si conclude così la prima fase di verifica e la redazione del relativo report da parte del BIM Manager. I modelli e gli elaborati vengono cambiati di stato: da C0 a C1 e da C1 a C2, “Approvato”. Se sono presenti più discipline all’interno del progetto, i responsabili procedono alla verifica progettuale per disciplina, e producono il materiale necessario per la successiva verifica ai fini della validazione. I modelli e gli elaborati passano da C2 a P0 “Pubblicato”. A questo punto, se necessario, l’Ente verificatore esegue la verifica ai fini della validazione, ossia effettua un controllo di parte terza. Il RUP effettua la validazione, modificando lo stato di modelli informativi ed elaborati; che passano infatti da P0 a P1, “Verificato”. Il Project Manager stabilisce l’elenco degli elaborati per l’approvazione degli Enti (ad es. VVFF, Asl…) ed i team delle singole discipline producono e presentano gli elaborati grafici e documentali agli Enti autorizzativi. Questi Enti autorizzativi controllano il
progetto, e lo autorizzano. Il Project Manager tiene traccia delle autorizzazioni raccolte dagli Enti, e una volta che tutte le verifiche e validazioni sono state terminate, effettua l’ultimo cambio di stato: i modelli e gli elaborati passano da P1 a A0, “Archiviato”. Quindi il materiale di progetto viene archiviato: il progetto, approvato e archiviato, passa alla fase successiva, fornendo la base di partenza per le successive fasi progettuali. Di seguito si riportano alcuni flussi di lavoro BIM più generali, che mostrano il caso di una nuova costruzione e quello di una manutenzione.
Figura 1.25 Flusso di lavoro BIM in caso di nuova costruzione.
Figura 1.26 Flusso di lavoro BIM in caso di manutenzione.
1.9 M ODELLAZIONE INFORMATIVA PER I SISTEMI DI GESTIONE QUALITÀ
A questo punto, si è definito in maniera completa cosa significa lavorare con la metodologia BIM. Per chi però si è sempre mosso all’interno di approccio tradizionale, può essere utile specificare come può avvenire il passaggio all’approccio BIM. Non si tratta evidentemente di un singolo momento istantaneo, ma di un processo di passaggio, che deve svolgersi in modo graduale e controllato. Come più volte ribadito, passare all’approccio BIM non significa solo cambiare software, ma richiede una modifica anche profonda dei flussi di lavoro e dei processi, in un’ottica che coinvolge non solo l’information management, ma anche l’asset e project management, sino all’organizational management. L’importanza di questo cambiamento e della sua relazione rispetto ai processi organizzativi già in uso è sottolineata anche dalla ISO 19650 (Fig.1.34). Questo passaggio richiede interventi su vari aspetti legati alla vita e alla struttura professionale del soggetto: possono essere richiesti cambiamenti di software e di hardware. Le procedure di lavoro (workflow) si modificano, come illustrato in precedenza, e in alcuni casi può essere necessario investire in formazione per consentire al proprio organico di lavorare correttamente in ambito BIM.
Figura 1.27 Generico ciclo di vita di project e asset information management secondo ISO 19650.
L’implementazione della metodologia BIM deve essere svolta preferibilmente secondo una linea guida proprietaria, che ha come obiettivi:
Definizione delle relazioni tra linea guida e documenti già in uso, e delle procedure da usare per l’implementazione;
Definizione dei flussi di lavoro (di progetto e di verifica), sia tradizionali che in ambito BIM;
Implementazione delle modalità di comunicazione e condivisione di informazioni, documenti, modelli;
Definizione di cronoprogramma operativo per i flussi di lavoro;
Definizione di data-drop e di milestone intermedie alle fasi progettuali, per garantire l’allineamento di tutti i gruppi di lavoro coinvolti;
Definizione del sistema di codifica per modelli, documenti, oggetti, informazioni;
Definizione dei parametri da assegnare agli oggetti nei modelli informativi;
Definizione dell’ambiente di lavoro condiviso (CDE) e delle autorizzazioni;
Definizione dei protocolli di controllo, verifica e validazione di documenti, modelli ed elaborati;
Definizione dei ruoli, delle competenze e delle responsabilità.
In sostanza, l’utilizzo di linee guida permette di descrivere tutte le istruzioni per lavorare correttamente in ambito BIM coerentemente tra discipline. Tale documento è realizzato ad hoc per una committenza. Il flusso illustrato per il passaggio da tradizionale a BIM è valido sia per realtà aziendali di grandi dimensioni, sia per operatori pubblici, sia per piccole realtà professionali. Il flusso di lavoro per il passaggio si sviluppa come di seguito:
Analisi delle esigenze, delle procedure e dei processi: Come esplicitato nel paragrafo legato ai BIM uses, l’analisi delle esigenze è un presupposto fondamentale per organizzare e strutturare correttamente un approccio BIM. Allo stesso tempo, è necessario avere chiari i processi e le competenze, per capire su quali aspetti intervenire (ad esempio, per capire se è necessario inserire uno o più BIM manager). Questa fase consente una prima valutazione delle migliorie del BIM sui processi.
Impostazione obiettivi e template di lavoro: Questa fase propone lo sviluppo di linee guida o flussi di lavoro, sulla base degli obiettivi emersi nella fase iniziale. Vengono inoltre identificati gli output necessari per la gestione dei processi.
Redazione linee guida e validazione: La linea guida che descrive i flussi di lavoro deve infatti essere validata.
Figura 1.28 Flusso di lavoro per la definizione di un processo BIM.
1.10 S OFT-LANDING CONTRATTUALE IN SUPPORTO ALLA TRANSIZIONE DIGITALE
Il concetto di transizione digitale è stato introdotto per la prima volta dalla Di-rettiva Comunitaria 24/2014/EU. Il D.lgs. 50/16, recependo le direttive europee, ha introdotto nella Legislazione Italiana il tema della modellazione informativa estendendolo nel senso più ampio del termine; possono essere richiesti “metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture”. I vantaggi ottenibili dalla consapevole adozione della metodologia BIM, suggerita dalle Direttive europee, stimolano la legislazione alla creazione di ambienti per lo sviluppo del processo di appalto caratterizzati dalla condivisione delle informazioni, dalla trasparenza del flusso, dall’eliminazione degli sprechi e dalla riduzione di varianti e contenziosi. Tradizionalmente, i processi nel comparto edile sono lineari: si inizia con l’espressione dei bisogni fino alla validazione di ogni fase. Il flusso di lavoro, tuttavia, impone interazioni tra la committenza e il progetto solamente tramite la richiesta di requisiti e specificazioni iniziali. Al contrario in un processo integrato, come quello sviluppabile tramite metodologia BIM, il team di lavoro si occupa continuamente della connessione con la committenza, recependo gli input ed implementando la rispondenza del progetto alle richieste della committenza e degli stakeholder. Nonostante il contesto attuale richieda ingenti sforzi per effettuare una transizione digitale che consenta di adottare ed impiegare efficientemente la modellazione informativa, è necessario anche un ammodernamento degli aspetti giuridici e contrattuali che connotano gli appalti pubblici. Il recepimento delle metodologie digitali nel sistema costruttivo è stato considerato da vari Stati come possibile soluzione dei problemi di inefficienza perseguiti fino a quel momento. Tramite l’integrazione di questa metodologia al comparto pubblico è possibile rendere i processi di appalto maggiormente trasparenti. Suddetta metodologia rende più
efficiente, efficace ed economico l’intero processo, attraverso l’impiego di modelli informativi parametrici che garantiscono una trasmissione e gestione dei dati tra tutti i partecipanti. Questo cambiamento migliora di conseguenza il controllo dei costi di progettazione ed esecuzione, consentendo il rispetto delle tempistiche pianificate e riducendo le varianti in corso d’opera. Lo sviluppo dell’appalto mediante un processo digitale favorisce la condivisione coerente delle informazioni tra tutti i partecipanti durante ciascuna fase di esecuzione del contratto. Tuttavia, al fine di attivare questo cambiamento si necessita della presenza di una committenza digitalizzata a capo del processo di appalto, sinonimo di soggetti razionali, competenti e formati adeguatamente per il ruolo e le mansioni che devono svolgere. I suddetti aspetti sono fondamentali, in quanto i committenti controllano la scelta e i metodi di selezione dei fornitori dei servizi di progettazione, il processo di aggiudicazione degli appalti e di realizzazione, nonché le caratteristiche tecniche generali della struttura. Anche a fronte di un differente atteggiamento da parte della committenza, qualora si applichino appalti tradizionali, si mettono gli stakeholder in una posizione tale per cui attuino pratiche competitive, innescando fenomeni di asimmetria informativa, finalizzate al raggiungimento degli interessi personali. In questo modo, tutti i partecipanti si comportano in modo speculativo, anziché instaurare meccanismi di cooperazione che porterebbero all’ottimizzazione del risultato finale. Pertanto, la tipologia contrattuale regola la struttura relazionale tra le parti contrattuali inducendole a comportarsi secondo atteggiamenti opportunistici o collaborativi. I contratti tradizionali inducono un atteggiamento opportunistico, che obbliga i diversi stakeholder ad agire nel perseguimento dei propri interessi, determinando una diminuzione delle prestazioni contrattuali sia in termini di rilavorazione che di mancata ottimizzazione dell’intero processo, nonché di collaborazione con la catena di fornitura. La digitalizzazione dei processi mira alla creazione di un ambiente di lavoro condiviso e comune, in grado di facilitare la comunicazione tra le parti; tuttavia se non supportata da una struttura contrattuale adeguata non è in grado di raggiungere tale scopo.
I rapidi sviluppi tecnologici che stanno portando all’adozione della modellazione informativa sono stati molto più veloci rispetto agli aggiornamenti delle tipologie contrattuali. Questo cambiamento ha portato a un vuoto normativo sulla metodologia: non si può parlare di BIM e di Collaborazione senza implicare un significativo cambiamento nella società, nella tecnologia e specialmente nella struttura legislativa alla base dell’intero processo. L’esigenza mossa dal comparto ha spinto alla costituzione di un centro interuniversitario denominato CCLM, Centre of Construction Law & Management, ovvero il primo centro di ricerca in Italia sul diritto e management delle costruzioni, che indaga sul tema del LegalBIM riunendo tre poli accademici di eccellenza: l’Università degli Studi di Milano, il Politecnico di Milano e l’Università degli Studi di Brescia. Il CCLM si occupa di ricerca e formazione nel settore delle costruzioni, integrando competenze interdisciplinari di tipo giuridico, ingegneristico e architettonico. Visti gli innumerevoli contenziosi generati, i tentativi operati da molte stazioni appaltanti di richiedere la modellazione informativa attraverso strutture contrattuali tradizionali, stanno portando a risultati non promettenti. Il CCLM ha ricercato nel panorama mondiale quale fosse il modello contrattuale più in linea con il nuovo codice dei contratti che tuttavia non richiedesse un cambio radicale di approccio nell’indizione degli appalti pubblici. È stato individuato come riferimento il FAC-1, Framework dell’Accordo Collaborativo, standard britannico quale tipologia di contratto collaborativo da importare nel tessuto normativo italiano. Esso ha la peculiarità di essere un modello contrattuale, caratteristica non tipica del comparto edile italiano, ma tipicamente impiegata nell’industria manifatturiera, dei servizi o dell’IoT. Pur trattandosi di un modello contrattuale, è in grado di accogliere una maggior varietà e complessità di casistiche, perché sviluppato da un gruppo di persone con competenze eterogenee. Al contrario, il panorama europeo è ricco di esempi di modelli contrattuali consolidati che disciplinano i rapporti nel comparto edile. La standardizzazione delle clausole contrattuali consente agli aggiudicatari di concentrarsi meno sui termini contrattuali effettivi durante il processo di contrattazione ponendo maggiore attenzione sull’oggetto del contratto
medesimo poiché l’ente che ha redatto il contratto funge da figura super partes, garantendo l’equità del contratto stesso. Il FAC-1 (Framework dell’Accordo Collaborativo) italiano istituisce un framework che consente di disciplinare i rapporti giuridici tra più soggetti coinvolti in uno o più progetti, definiti Programmi, collegando tra loro più contratti al fine di favorire la collaborazione e il coordinamento delle varie attività. Con la stipula del FAC-1, le parti si impegnano ad operare in uno spirito di collaborazione e a svolgere attività, denominate “Attività della Collaborazione”, in aggiunta a quelle specificamente connesse all’esercizio delle loro funzioni, previste nel contratto originario, al fine di generare valore aggiunto in termini di riduzione dei tempi, risparmio di costi ed efficienza nell’organizzazione del sito. Il CCLM, in collaborazione con il King’s College London, si è adoperato al fine di importare il FAC-1 ed adattare il modello di contratto collaborativo alla legislazione italiana. Questo processo di adattamento non è stato una semplice traduzione, ma una radicale trasformazione per poter plasmare i contenuti in un diverso contesto legislativo. Il processo è stato sviluppato attraverso una collaborazione tra accademici e professionisti con formazioni differenti, che hanno potuto scambiare informazioni e comprendere appieno le implicazioni contrattuali, grazie alle molteplici competenze. L’analisi trasversale eseguita è stata sottoposta ad un confronto con realtà istituzionali, enti territoriali, università, associazioni di categoria, esponenti della magistratura amministrativa e operatori privati. La modellazione informativa necessita dei contratti collaborativi per la sua completa attuazione che, secondo l’analisi condotta da OICE, sta sempre più aumentando la sua importanza nel mercato italiano. Per questo motivo, lo studio condotto fornirà al mercato una solida base per il diffondersi di metodologie collaborative, quale il BIM. Attraverso questo mutamento relazionale, i membri della collaborazione allineano i loro obiettivi per un fine comune, ottimizzando il progetto e riducendo le inefficienze del comparto. La collaborazione che si instaura tra gli stakeholder sarebbe, altrimenti, difficilmente raggiungibile tramite un approccio tradizionale. Questo cambiamento comporta un miglioramento della gestione dei processi che ridurrà l’onere per le Pubbliche Amministrazioni nel processo di transizione digitale.
1.11 S TRATEGIE DI MODELLAZIONE
La modellazione rappresenta evidentemente un aspetto fondamentale del processo, e per questa ragione deve essere accuratamente progettata secondo i requisiti da soddisfare. In questo paragrafo viene proposta una introduzione alla pianificazione della modellazione informativa, che verrà dettagliata nei capitoli successivi. Una fase fondamentale del lavoro, prima di iniziare la modellazione, è la pianificazione e progettazione dei relativi processi, che deve tenere in considerazione tre aspetti complementari:
Pianificazione della modellazione rispetto alla fase progettuale. In funzione della tipologia di intervento e della fase progettuale per cui si sta realizzando la modellazione, occorre definire le relazioni e i collegamenti tra i modelli delle diverse fasi e discipline. Nel caso in cui si intenda utilizzare il modello per diverse fasi progettuali, occorrerà pensare e progettare un flusso di lavoro strutturato che permetta di dettagliare e arricchire sempre più il modello, senza doverlo rifare per ogni fase. Tale aspetto è di fondamentale importanza in quanto permette di evitare un notevole spreco di tempo per la “rimodellazione” della stessa opera con differente livello di dettaglio. Grazie alla metodologia BIM è infatti possibile partire con la modellazione di un edificio dalla fase di Concept design ed arrivare a quella di Construction, Uso e dismissione, implementando il modello sia a livello grafico che informativo e utilizzandolo per l’intero ciclo di vita dell’edificio, come illustrato nella figura sottostante. Per mettere in atto questo processo di logica circolare è fondamentale la progettazione e strutturazione del modello fin dalle prime fasi del progetto.
Pianificazione della modellazione rispetto alle discipline. Altro aspetto importante da tenere in considerazione quando si intraprende il processo di modellazione è l’aspetto relativo al lavoro in serie o parallelo tra le diverse discipline: nel processo tradizionale spesso accade che i diversi team debbano attendere il lavoro degli altri prima di poter iniziare il proprio, perden-do la possibilità di collaborare e lavorare parallelamente sullo stesso oggetto, senza mettere in pratica il concetto di approccio collaborativo. Occorre definire a che punto del processo di modellazione e come debba esserci la collaborazione tra i diversi attori. Nel caso di suddivisione del modello BIM in modelli di differenti discipline, si può considerare la possibilità della loro creazione rispetto alle discipline in cui è già suddiviso il software (Architettura, Struttura, Impianti) o eventualmente ipotizzare un’ulteriore suddivisione per subdisciplina; per esempio è tipico suddividere ulteriormente la parte impiantistica in funzione del professionista dedicato che si occupa della specifica progettazione. L’aspetto di suddivisione dei sistemi impiantistici può essere anche definito a monte, senza valutare la complessità dei sistemi impiantistici, ma solo per scelta iniziale della pianificazione.
Pianificazione della modellazione rispetto al suo scopo È fondamentale che un modello venga pianificato anche rispetto al suo BIM use, in quanto gli oggetti assumono diverso contenuto grafico e informativo (LOIn). Di seguito alcuni scopi per cui si può differenziare la costruzione di un modello BIM per cui occorre eseguire una modellazione più o meno dettagliata rispetto allo scopo, ma ben definita, degli oggetti e del modello stesso:
analisi preliminari: energetiche, dell’ombreggiamento, affollamento, ecc.;
livello della progettazione: concept, definitiva, esecutiva;
manutenzione;
etc. Nei casi sopra riportati un oggetto può essere modellato in diversi modi, senza che uno di essi rappresenti quello corretto per tutti i casi, ma migliore rispetto allo scopo che si sta perseguendo. Per esempio lo stesso serramento nel caso di analisi preliminari può essere modellato come parte trasparente in cui sono identificate le sole dimensioni, nel caso di progettazione definitiva o esecutiva dovrà invece essere rappresentato con tutti i materiali di cui è composto e i dettagli grafici utili alla redazione delle tavole e documenti progettuali, mentre per la fase di manutenzione può tornare a essere costituito da un unico solido a cui sono attribuiti i parametri utili alla sua pulizia, manutenzione ed eventuale sostituzione. La modellazione degli oggetti rispetto al BIM use implica una notevole differenza di tempo, perciò avere fin da subito in mente lo scopo per cui verrà utilizzato il modello permette di eseguire un’adeguata e attenta pianificazione, in modo tale da non perdere inutilmente tempo nel processo di realizzazione del modello. Come presentato sopra, sia la fase progettuale per cui si sta eseguendo il modello, sia i soggetti che devono interagire nel processo, che lo scopo della modellazione, rappresentano fattori imprescindibili e di fondamentale importanza al momento della pianificazione della modellazione, in quanto non tener conto di uno di essi può causare perdita di informazioni, tempo e costi dati dalla rilavo-razione del modello nelle fasi successive alla sua costruzione. Nell’impostazione corretta di un processo BIM le informazioni ricoprono un ruolo fondamentale e spesso serve ricollegare gli oggetti a determinate
informazioni o documenti: per effettuare tale collegamento vengono utilizzati sistemi di codifica e denominazione standardizzati. Nei paragrafi successivi vengono illustrati i concetti di denominazione e codifica di cartelle, modelli, file e oggetti parametrici del progetto. Si tratta di un aspetto fondamentale del processo: la definizione di regole di denominazione e l’utilizzo di un sistema di classificazione consente di rispettare una determinata gerarchia e relazioni tra i diversi elementi di un progetto. Con il termine Denominazione si intende la definizione del nome di cartelle, file, oggetti parametrici presenti nel progetto. Può essere costituita da una stringa di codici definiti mediante la Codifica. Con il termine Codifica invece si intende la definizione dei campi e dei codici utili alla composizione del nome degli oggetti (Denominazione) che possono essere costituiti da caratteri alfanumerici o simboli di interpunzione. La scelta accurata dei codici da usare è fondamentale anche perché può permettere di capire cosa contengono file o cartelle senza necessariamente aprirli. Queste regole sono inoltre molto utili per l’archiviazione e il caricamento dei file sui sistemi di condivisione per il lavoro in team o semplicemente per l’ordinamento dei file, oggetti, output di progetto. All’interno di un CDE, per esempio, è possibile assegnare attributi e metadati ai file caricati utili alla gestione e catalogazione dinamica, ovvero si possono attribuire etichette ai file con gli stessi codici utilizzati nella loro denominazione, in modo da poterli riordinare rispetto al criterio di ricerca più adeguato in quel momento. Per classificare, denominare e codificare gli oggetti occorre scegliere e utilizzare un sistema di classificazione: nel paragrafo successivo sono presentate le caratteristiche principali e l’organizzazione di alcuni sistemi.
1.11.1 Sistemi di classificazione per la codifica Le attività svolte attraverso il ciclo di vita di qualunque bene generano un enor-me quantità di dati, che devono essere immagazzinati, catalogati, rintracciati, comunicati, ritrovati, ed utilizzati da tutti gli attori coinvolti nel processo. La quantità di informazioni e dati generati è peraltro in costante aumento, anche a causa del continuo progresso nel campo delle tecnologie avanzate per le costruzioni. Per questa ragione, varie organizzazioni di settore in tutto il mondo hanno evidenziato l’importanza di armonizzare il più possibile i metodi di classificazione delle informazioni, per poterle riutilizzare e condividere durante tutto il processo di costruzione e gestione di un bene. In particolare, la codifica e classificazione rivestono un ruolo basilare nel caso di processi BIM, che sono interamente basati sull’uso strutturato delle informazioni, e sulla collaborazione tra gli attori del processo. La codifica delle informazioni consente di aumentare la qualità della comunicazione tra tutti gli attori coinvolti nel processo e ne facilita l’interazione. L’uso di un sistema di classificazione è utile anche per l’Asset Management (ovvero la gestione del bene), perché consente di rintracciare velocemente informazioni e dettagli. Gli spazi entro un edificio possono essere elencati e filtrati usando i loro codici di classificazione; è inoltre possibile rintracciare le relazioni che esistono tra spazi e attività. Quando un prodotto raggiunge la sua finevita, è possibile immediatamente evidenziare quali spazi e attività sono connessi a quel prodotto, e operare di conseguenza. In ambito BIM, l’utilizzo di una classificazione consente di interrogare con efficacia i modelli, ed effettuare verifiche sulle caratteristiche degli elementi in essi contenuti. Si può ad esempio immaginare di verificare i requisiti normativi delle finestre contenute in un modello. Tramite il codice associato, è possibile rintracciare tutte le finestre contenute nel modello e operare le eventuali modifiche.
La difficoltà principale da affrontare nel creare un sistema di classificazione per l’industria delle costruzioni è dato dalla sua natura frammentata, disomogenea, e dalle caratteristiche uniche proprio di ogni progetto; negli anni, sono stati sviluppati diversi sistemi di classificazione che tentano di superare questi limiti. In questo paragrafo sono presentati i più importanti e più noti. Una prima distinzione tra i sistemi di classificazione è quella tra:
Sistemi ad albero, organizzati gerarchicamente, che consentono la ricerca su di un solo parametro;
Sistemi multidimensionali, organizzati su più dimensioni, che consentono una ricerca orizzontale e trasversale su più parametri. Questa distinzione riflette i due principali approcci alla classificazione di un oggetto, che possono essere considerati complementari: la specializzazione e la decomposizione. Nel caso della specializzazione, la classificazione si muove verso un dettaglio sempre maggiore differenziando in maniera sempre più specifica gli oggetti; la decomposizione, invece, prevede di scomporre gli oggetti nei componenti che li costituiscono.
Figura 1.29 Specializzazione e decomposizione*. *Fonte: OmniClass Introduction and User’s Guide, 2019.
I due sistemi non sono in realtà esclusivi: è possibile combinarli tra loro a seconda delle necessità. Per esempio, può essere utile utilizzare la decomposizione per caratterizzare un edificio facente parte di un complesso, e i locali contenuti in questo edificio. Per classificare gli elementi che compongono quei locali, può essere invece utile sfruttare un sistema di specializzazione.
La scelta di un sistema di codifica rispetto ad un altro dipende agli obiettivi della classificazione e dagli usi delle informazioni previsti. Uno stesso oggetto può essere classificato in modi diversi a seconda dello scopo: ad esempio, per caratteristiche compositive (come la forma, la dimensione, o i materiali utilizzati) o per caratteristiche funzionali (come le proprietà strutturali o termiche). La denominazione e codifica degli oggetti risulta fondamentale per la realizzazione della PBS del progetto (Project Breakdown Structure), ovvero la scomposizione del progetto in tutti gli elementi tecnici e componenti di cui è composto. Le strutture di scomposizione (Breakdown Structure) sono uno strumento proprio del Project Management; si distingue generalmente tra PBS (che rappresenta la definizione tecnica dell’opera) e WBS (che è la descrizione operativa dell’opera, e può includere anche tempi e costi). Queste strutture sono fondamentali per la programmazione e la gestione di tutte le fasi del ciclo di vita di un’opera. L’uso di sistemi di codifica e classificazione permette di mantenere la coerenza del sistema informativo del progetto e di individuare e gestire correttamente le relazioni tra i componenti del bene. Tra i sistemi di classificazione per le costruzioni maggiormente utilizzati a livello internazionale si possono citare:
OmniClass;
Uniclass;
UNI 8290. La scelta di un sistema di classificazione è a discrezione dell’utente, che deve valutarne coerenza e flessibilità. Si deve inoltre considerare che un committente potrebbe avere già in uso un sistema di classificazione e
codifica interno, strutturato rispetto alle esigenze della società, dell’ente, o dello studio che lo utilizza. Molti gestori pubblici e privati sono in possesso di un sistema interno proprietario; in questi casi, è consigliabile valutare se mantenere il sistema in uso modificandolo uniformando il sistema utilizzato nei modelli BIM a quello già in uso, evitando di creare doppioni con codifiche differenti; in alternativa si può valutare se utilizzare un nuovo sistema, tenendo in considerazione l’impatto dell’una o dell’altra soluzione sui processi standard seguiti per ogni progetto. Si specifica che OmniClass e Uniclass sono sistemi provenienti da Paesi anglo-foni (rispettivamente Stati Uniti e Regno Unito); per questa ragione, vengono riportate le tabelle originali in inglese, e viene proposta una traduzione italiana per facilitare la comprensione. Per la stessa ragione, all’interno del testo, sono utilizzati i termini in italiano.
1.11.1.1 OmniClass OmniClass (ufficialmente OmniClass Construction Classification System) è un sistema di organizzazione e prelievo delle informazioni, specificamente sviluppato per l’industria delle costruzioni. OmniClass è nato in Nord America (USA e Canada), come erede dello standard UniFormat (che ingloba). Il sistema OmniClass consente di classificare l’intero ambiente costruito nel proprio ciclo di vita, inclusi edifici, infrastrutture, impianti di produzioni, dighe e ponti, sino a piccoli edifici monofamiliari. Questo sistema consente di semplificare, ma soprattutto di usare uno standard condiviso per lo scambio di dati digitali. Nominare gli oggetti in maniera univoca risulta particolarmente importante in un approccio BIM: l’uso di uno standard di denominazione consente infatti di organizzare librerie e report in modo da poter trovare con facilità le informazioni delle quali si ha bisogno. Lo standard OmniClass nasce specificamente per organizzare e strutturare software e database elettronici, ma fornisce uno standard comprensibile anche per gli esseri umani. OmniClass è basato su standard ISO, in particolare sulla ISO12006 – Building construction – Organization of information about construction works. Inoltre, integra al suo interno altri standard di codifica (UniFormat e MasterFormat). Il codice OmniClass è basato solo su numeri e non su caratteri alfabetici, per non creare confusione con altri sistemi di classificazione, per evitare problemi agli alfabeti non latini, per non confondere lettere e numeri simili (ad esempio, la lettera O e il numero zero). Il sistema OmniClass è stato creato a partire dal 2000, ed è in continuo sviluppo a seconda di nuove necessità che possono sorgere nel settore delle costruzioni. Considera tutti gli elementi che fanno parte del ciclo di vita di un bene costruito, non limitandosi a prodotti e oggetti, ma includendo anche
processi, fasi, ruoli. Un suo punto di forza è dato dal fatto di essere un sistema espandibile che può quindi essere aggiornato senza però modificare la struttura del sistema. Classificare informazioni significa dare struttura a dati generalmente non strutturati, generati durante il ciclo di vita di un progetto. L’uso di una struttura implica alcuni vantaggi:
Ricerca dati più efficace;
Comunicazione delle informazioni più efficiente;
Raggruppamento di oggetti senza necessariamente conoscerli dettagliatamente. Il sistema OmniClass consiste in quindici tabelle che rappresentano ciascuna un diverso aspetto delle informazioni relative al mondo delle costruzioni. ogni tabella può essere utilizzata singolarmente per classificare un tipo di informazioni, oppure può essere combinata con aspetti presenti in altre tabelle per raffinare ulteriormente la classificazione, nel caso di soggetti più complessi. Il sistema OmniClass è organizzato secondo una struttura di specializzazione: le tabelle sono quindi organizzate in modo da raggiungere un dettaglio sempre maggiore differenziando in maniera sempre più specifica gli oggetti.
Tabella 1.8 Tabelle OmniClass.
Tutte le tabelle sono gerarchizzate: si intende che riguardano i concetti più ampi all’inizio per poi dettagliarsi maggiormente. Si parla di “livello di granularità” intendendo quanto dettagliato è l’ultimo nodo livello (quello più fine) di una gerarchia di classificazione. È importante stabilire il corretto livello di granularità di una qualunque classificazione: il livello di dettaglio deve essere sufficientemente fine da poter identificare un elemento, ma allo stesso tempo non deve divenire troppo fine, poiché implicherebbe difficoltà di uso di quella classificazione anche nell’identificare tutto l’albero della gerarchia.
Le tabelle OmniClass sono articolate su quattro livelli di dettaglio crescenti, che identificano classi, gruppi, sottogruppi e specificazioni. Tuttavia, alcune tabelle arrivano sino al livello sette (ad esempio, la tabella 23 – Products, che fa riferimento ai prodotti), per gli elementi che richiedono una definizione con dettaglio maggiore (si veda a tal proposito l’esempio riportato in seguito). Ciò significa che ogni entità della costruzione può essere ricondotta a una riportata nelle tabelle, e quindi codificata con quattro coppie di caratteri numerici. Le prime due cifre identificano la tabella di riferimento, mentre le successive tre coppie di cifre (separate dalla prima tramite un trattino), fanno riferimento al livello di dettaglio con cui il sistema costruttivo può essere disaggregato. Per facilitare la comprensione, si riportano di seguito due esempi. Uno di questi riguarda una lavorazione, e fa infatti riferimento alla tabella Work Results, mentre l’altro riguarda un prodotto, utilizzando la tabella Products.
1. Sostituzione di membrana impermeabile. Il codice OmniClass è 22-07 01 10 81, così composto:
Tabella 1.9 Esempio di classificazione secondo OmniClass.
2. Controsoffitto in metallo a listelli. Il codice OmniClass è 23-15 19 23 11 15 13 11, sino al livello 7, come di seguito esplicato:
Tabella 1.10 Esempio di classificazione secondo OmniClass.
Utilizzando il sistema OmniClass, uno stesso oggetto può essere classificato come prodotto (utilizzando la tabella Products), e quindi a base a ciò che è, oppure come risultato di un’attività (utilizzando la tabella Work Results), o ancora in base alla sua funzione (utilizzando la tabella Elements), ovvero in base a ciò che fa. È inoltre possibile combinare le classificazioni utilizzando il segno “+” tra i due codici, che indica appunto l’intersezione tra diverse classificazioni.
In sostanza, il sistema OmniClass consente di classificare ogni elemento connesso al bene costruito o che ha concorso alla sua realizzazione e operatività, inclusa la documentazione, le attività, le persone e i loro ruoli, gli strumenti e l’attrezzatura utilizzata. Riassumendo, è possibile notare come il sistema OmniClass sia principalmente diretto a distinguere gli elementi sulla base della loro funzione rispetto agli altri elementi. La OmniClass però non consente di correlare un elemento alla sua collocazione nello spazio, non distinguendo ad esempio tra una porta posizionata al piano terra dalla stessa porta al piano primo. Per superare queste limitazioni, è comunque sempre possibile aggiungere livelli sulla base delle proprie esigenze.
1.11.1.2 Uniclass Il sistema Uniclass nasce come sostituto del CI/SfB Standard (Construction Index/ Samarbetskommitten for Byggnadsfragor, sistema di classificazione scandinavo ide-ato nel 1959), che era divenuto obsoleto e incapace di recepire le novità del mondo delle costruzioni. Il sistema Uniclass è stato creato nel 1997 dal CPIC (Construction Project Information Committee), che raduna una serie di organizzazioni chiave del mondo delle costruzioni britannico. Sin dalla sua pubblicazione, Uniclass è conforme alla ISO 12006-2. Nel 2015, è stato emesso un aggiornamento di Uniclass (denominato Uniclass2015), appositamente elaborato per l’adozione del BIM livello 2. Anche in questo caso, il sistema di classificazione può essere utilizzato per tutto il ciclo di vita del progetto. Il sistema Uniclass è volontario, e si propone di classificare tutti gli aspetti legati ai processi di progettazione e costruzione, con l’obiettivo di organizzare librerie di materiali e di strutturare modelli e informazioni di progetto. L’ambiente costruito è suddiviso secondo la Uniclass in:
Infrastrutture e opere civili;
Edifici, che includono campus universitari, ospedali, scuole, residenze e uffici;
Paesaggio;
Strutture;
Impianti. Per ciascuno di questi gruppi sono disponibili tabelle (per un totale di 15) gerarchizzate, che supportano la classificazione di qualunque oggetto. Anche Uniclass consente future implementazioni, ed è basato su un codice alfanumerico.
Figura 1.30
Relazioni tra le tabelle del sistema Uniclass*. * Fonte: NBS.
Queste tabelle si presentano come fogli di calcolo Excel e riportano una lista alla quale è possibile ricondurre l’elemento che si sta cercando di classificare, con abbinato un codice alfanumerico. Le tabelle attualmente disponibili sono queste:
Tabella 1.11
Tabelle Uniclass2015.
Le tabelle sono fortemente gerarchizzate, e consentono di definire le informazioni relative a un progetto dal generale al particolare.
Figura 1.31 Tabella Uniclass relativa ai Sistemi.
Le tabelle Complessi (Complexes) descrivono i progetti in termini generali, e possono essere considerati il risultato di un’attività. I Complessi possono essere successivamente disaggregati in Entità (Entities), Attività (Activities) e Spazi (Spaces), a seconda dei casi. Le Entità possono essere descritte usando le tabelle Spazi e Attività, se necessario. Le Entità lineari possono anche essere descritte usando la tabella Sistemi. Dal punto di vista architettonico, i componenti principali di un’Entità sono gli Elementi (ad esempio, la copertura, i muri, i pavimenti etc.). Altri componenti delle Entità sono raggruppati in Funzioni (parte delle tabelle in Elementi/Funzioni), come gli impianti (di riscaldamento, idricosanitario, etc.). Elementi e Funzioni sono descritti in dettaglio dai Sistemi (ad esempio, impianto di riscaldamento a pavimento, partizioni interne verticali in cartongesso, etc.). Identificato il Sistema, è possibile definire i Prodotti che lo compongono (quali radiatore, lastre in gesso rivestito, etc…). Ogni Complesso, Entità, Attività, Spazio, Elemento, Sistema, Prodotto è codificato secondo il seguente codice composto da 4 o 5 coppie di caratteri:
Prima coppia: costituita da lettere: identifica quale tabella viene utilizzata;
Seconda coppia: costituita da numeri, identifica il gruppo;
Terza coppia: costituita da numeri, identifica il sottogruppo;
Quarta coppia: costituita da numeri, identifica la sezione;
Quinta coppia: costituita da numeri, identifica l’oggetto. Si prenda ad esempio un radiatore; secondo la Uniclass il codice è:
Pr_70_60_36_73
Tabella 1.12 Esempio di classificazione secondo Uniclass.
Per comprendere come utilizzare correttamente il sistema Uniclass, si riporta un esempio. Si consideri un nuovo edificio (multi-funzionale) da costruire all’interno di un complesso residenziale. Il committente stabilisce quali saranno le attività da posizionare in questo edificio. Tali attività possono essere considerate Spazi:
Attività
Spazio/sede
Reception
Spazio reception
Sport
Palestra
Abitazione
Appartamenti
Sorveglianza
Box sorveglianza
Manutenzione
Locale pulizie
L’intero insediamento residenziale può essere considerato un Complesso; il nuovo edificio è un’Entità; altre Entità possono essere richieste (strade carrabili e pedonali per muoversi all’interno del Complesso, un nuovo parcheggio). L’edificio (Entità) è suddiviso in Spazi che ospitano le Attività richieste. La classificazione del bene può variare durante le fasi di progettazione e costruzione:
Nella fase di concept, l’entità può essere descritta come formata da Elementi (intesi come i componenti base di una struttura) e Funzioni come impianto di riscaldamento, impianto idrico, elettrico, illuminotecnico, ecc.);
Durante il resto del processo di progettazione, i dettagli di come ciascun elemento è costruito sono descritti attraverso la tabella Sistemi. I Sistemi sono a loro volta composti di Prodotti.
1.11.1.3 UNI 8290
La UNI 8290 (Edilizia residenziale. Sistema tecnologico. Classificazione e terminologia) è una norma concepita su base esigenziale e prestazionale, che fornisce per il campo residenziale la classificazione e l’articolazione del sistema tecnologico in base alla funzione che svolge all’interno dell’organismo edilizio. La norma identifica un sistema di classificazione suddiviso in 4 livelli:
Classi di Unità Tecnologiche, ovvero elementi funzionali omogenei, raggruppati per funzione prevalente, per continuità fisica e funzionale;
Unità Tecnologiche, ovvero insiemi di Elementi Tecnici che rappresentano funzioni finalizzate al soddisfacimento di esigenze dell’utenza;
Classi di Elementi Tecnici, ovvero classi di prodotti che assolvono a funzioni proprie di una o piu classi tecnologiche;
Elementi Tecnici (non prevista dalla norma ma aggiunta per identificare ogni singolo tipo di elemento tecnico), ovvero prodotti edilizi più o meno complessi, capaci di svolgere completamente o parzialmente funzioni proprio di una o più unità tecnologiche. Si riporta uno stralcio della struttura di scomposizione funzionale del sistema tecnologico.
Tabella 1.13 Struttura della UNI 8290.
Nel caso della UNI 8290, non è possibile disarticolare un intervento fino al singolo componente di costruzione (es. piastrella), in quanto il sistema permette di arrivare solo fino al tipo di elemento tecnico. Tuttavia, è possibile aggiungere un ulteriore livello personalizzato (il quinto) che corrisponda specificamente all’elemento tecnico. Tramite l’utilizzo dei software di BIM authoring e dei sistemi di classificazione e codifica degli oggetti è possibile realizzare molto facilmente e velocemente le disarticolazioni spaziali e tecnologiche del progetto, in quanto tutti gli oggetti codificati possono essere evidenziati e filtrati rispetto a criteri utili
alla definizione di piante tematiche che permettono la visualizzazione immediata della collocazione spaziale degli elementi (cfr. § 3.1.1.1).
1.11.1.4 Confronto tra sistemi di classificazione Si riporta di seguito un confronto tra sistemi di classificazione, utilizzando come esempio la classificazione di un terminale impiantistico (radiatore) in una scuola elementare con i sistemi Uniclass, OmniClass e UNI 8290 e le relative criticità di ognuno. Uniclass: 1. Complexes (Complessi): Co_25_10 Educational complexes (Complesso per l’educazione); 2. Entities (Entità): En_25_10_30 Primary educational buildings (Edificio per scuola primaria); 3. Activities (Attività): Ac_25_10_88 Teaching (Attività di insegnamento); 4. Spaces (Spazi): SL_25_10_14 Classrooms (Aula generica); 5. Elements (Elementi): EF_60_40 Space heating and cooling (Impianto di riscaldamento e raffrescamento); 6. Systems (Sistemi): Ss_60_40_37_48 Low temperature hot water heating systems (Impianto di riscaldamento ad acqua calda a bassa temperatura, tipologia di sistema impiantistico); 7. Products (Prodotti): Pr_70_60_36_73 Radiators (Radiatori, terminale di erogazione del calore).
Figura 1.32 Classificazione di un radiatore mediante il sistema Uniclass.
Criticità:
Se il complesso comprende scuole di diverso grado (o edifici con diversa funzione) non è possibile scendere al 4 livello (Sezione);
Non è presente l’identificazione del piano dell’edificio;
Se sono presenti 2 oggetti uguali nello stesso locale (es. 2 radiatori) occorre aggiungere un altro codice, ovvero una sesta coppia di numeri progressivi che servano per identificare quell’oggetto univocamente (singola identificazione dell’istanza). OmniClass: 1. Tab. 11 - Construction Entities by Function (Entità del sistema costruttivo classificate per funzioni): 11-12 21 14 Elementary school (Scuola elementare); 2. Tab. 13 - Spaces by Functions (Spazi classificati per funzione): 13-31 13 11 Lecture Classroom (Aula per lezione); 3. Tab. 21 - Elements (Elementi): 21-04 30 20 70 Decentralized heating equipment (Attrezzatura terminale dell’impianto di riscaldamento); 4. Tab. 23 - Products (Prodotti): 23-33 15 21 11 Cast Iron Radiators (Radiatore prefabbricato in acciaio (terminale di erogazione del calore).
Figura 1.33 Classificazione di un radiatore mediante il sistema OmniClass.
Figura 1.34 Integrazione di una parte della classificazione OmniClass (Tabella 23 - Prodotti) nel software Autodesk Revit.
Criticità:
Non è presente l’identificazione spaziale dell’elemento a livello di Complesso, Attività, Sistema rispetto al sistema Uniclass, in quanto la classificazione parte dall’edificio;
Non è presente l’identificazione del piano dell’edificio;
È integrata nel software Revit (per quanto riguarda la sola Tabella 23 - Prodotti) ma permette comunque di arrivare all’identificazione del tipo di oggetto, non dell’istanza, quindi necessita dell’aggiunta di un’ulteriore coppia di numeri. UNI 8290: 1. Classe di Unità Tecnologiche: 5 Impianto di fornitura e servizi; 2. Unità tecnologica: 5.1 Impianto di Climatizzazione; 3. Classe di Elementi Tecnici: 5.1.4 Reti di distribuzione e terminali; 4. Elemento Tecnico: 5.1.4.1 Radiatore.
Figura 1.35 Classificazione di un radiatore mediante il sistema UNI 8290.
Criticità:
Non è presente l’identificazione spaziale dell’elemento a livello di Complesso, Attività, Sistema rispetto al sistema Uniclass/OmniClass, in quanto la classificazione parte dalla classe di Unità Tecnologica, per cui non è presente l’associazione dell’elemento allo spazio;
Non è presente l’identificazione del piano dell’edificio.
Vantaggi OmniClass Incorporata in Revit Usata ampiamente Basata sulla ISO 12006-2 Sistema flessibile
Svant La po
Uniclass
Risultato del miglioramento di sistemi precedenti Basata sulla ISO 12006-2 Sistema flessibile Stess
UNI 8290
Unico riferimento specifico italiano
Assen
Tabella 1.14 Vantaggi e svantaggi dei sistemi di classificazione proposti.
Come accennato in precedenza, nei paragrafi relativi a OmniClass e Uniclass, le tabelle possono essere utilizzate in base alla fase del processo, all’attore coinvolto, e allo scopo specifico della classificazione. Qui di seguito si riportano i riferimenti alle tabelle OmniClass e Uniclass utilizzabili in contesti diversi:
Sistemi
Materiali
- Ideale per stima e design preliminare - Informazioni per progettisti architettonici - Ideale per organizzare la cost OmniClass tab.21 (Elements)
OmniClass tab.22 (Work Resul
Uniclass tab.Ss (Systems)
Uniclass Tab. EF (Elements/ F
Complesso
Spazi
Persone
Classificazione in generale del complesso
Classificazione di ogni spazio/locale
Classificazione
OmniClass tab.11 (Construction Entities by Function) OmniClass tab.13 (Spaces by Functions) OmniClass tab. Uniclass tab. Co (Complexes)
Uniclass Tab. SL (Spaces)
Uniclass tab. PM
Tabella 1.15 Applicazioni delle tabelle OmniClass e Uniclass.
Considerando ad esempio le fasi di progettazione preliminare, si può fare riferimento alle tabelle che riguardano Elementi (per la OmniClass) e Sistemi (per la Uniclass) , che forniscono informazioni sufficienti per i progettisti. La pianificazione della costruzione, gestita dal contractor, richiede invece informazioni espresse dalle tabelle Work Results (per la OmniClass) e Elementi/Funzioni (per la Uniclass), che considerano gli oggetti come risultato di una lavorazione e li legano alla loro funzione. I fornitori e i manutentori invece necessitano di informazioni specificamente legate ai prodotti; è possibile dunque utilizzare le tabelle Products (OmniClass e Uniclass). I sistemi di classificazione vengono utilizzati per classificare gli oggetti e possono rientrare nella denominazione e codifica, argomenti affrontati nei paragrafi seguenti.
1.11.2 Denominazione Tutte le cartelle, i modelli BIM e gli elementi contenuti in essi devono seguire regole di denominazione stabilite. La denominazione interessa:
Cartelle;
file contenuti nelle cartelle:
modelli (progetti e template);
famiglie. Inoltre la denominazione interessa gli oggetti contenuti all’interno di modelli e famiglie, quali:
tipi di famiglia;
output:
viste di pianta/sezioni/dettagli, etc.;
viste tabellari: abachi;
tavole. Le Categorie e le Istanze non possono essere rinominate perché non permesso dall’architettura del software. Le regole di denominazione devono permettere di nominare un oggetto in modo chiaro, completo, flessibile e implementabile, per cui è importante che le regole siano aperte in modo tale da permettere facilmente aggiunte e implementazioni. Cartelle: La denominazione delle cartelle può essere definita secondo uno o più dei seguenti campi identificati da un codice:
disciplina;
codice insediamento di edifici;
nome progetto;
etc. Modelli BIM: La denominazione dei modelli può essere definita secondo uno o più dei seguenti campi identificati da un codice:
disciplina;
codice insediamento di edifici;
codice edificio;
codice zona edificio;
etc. Famiglie La denominazione delle famiglie può essere definita secondo uno o più dei seguenti campi identificati da un codice:
disciplina;
categoria;
codice elemento tecnico;
breve descrizione significativa (con numero massimo caratteri);
etc. Tipi di famiglia La denominazione dei tipi può essere definita secondo uno o più dei seguenti campi identificati da un codice:
spessore;
dimensioni;
materiale;
finitura;
forma;
numero moduli;
tipologia apertura;
tipologia fissaggio;
breve descrizione significativa (con numero massimo caratteri);
etc. Output La denominazione degli output può essere definita secondo uno o più dei seguenti campi identificati da un codice:
disciplina;
categoria;
codice elemento tecnico;
breve descrizione significativa (con numero massimo caratteri);
tipologia di output (grafico/tabellare/relazione/etc.);
fase;
etc. Quindi, nella denominazione di un oggetto è bene utilizzare caratteri che possano riassumere i campi/codici della codifica (presentati nel paragrafo seguente), in modo da creare una denominazione univoca costituita da più pezzi di codice (si veda l’esempio riportato nel paragrafo seguente). La denominazione di un oggetto, infatti, può avere una forma del tipo: Codice 1 + Codice 2 + Codice 3 + Codice 4 + Codice n. La definizione dei singoli campi inseriti nella denominazione è la codifica.
1.11.3 Codifica Per ciascuno dei codici che identificano un campo esposti in precedenza deve essere prevista una codifica univoca: le convenzioni di codifica possono essere create utilizzando caratteri alfanumerici, prefissi, suffissi, o altri simboli di interpunzione. I sistemi di classificazione finora presentati servono per la denominazione e codifica degli oggetti. Di seguito si riporta uno schema riassuntivo, relativo ai campi sopra citati da inserire nella denominazione degli elementi, che considera i tre sistemi presentati, a cui si aggiunge un quarto esempio di codifica “proprietaria”, che utilizza per ogni campo un codice di caratteri alfabetici o numerici:
Codice 1:
Uniclass: Tabella;
OmniClass: Tabella;
UNI 8290: Classe di Unità Tecnologiche;
proprietaria: Disciplina: identifica a quale ambito progettuale fa capo il modello o famiglia in esame. Una prima suddivisione può essere:
architettonico > ARC;
strutturale > STR;
impiantistico > MEP. All’interno di questi tre ambiti è poi possibile ampliare e dettagliare ulteriormente, per esempio per l’ambito impiantistico:
Codice 2:
Uniclass: Gruppo;
OmniClass: Livello 1;
UNI 8290: Unità Tecnologica;
proprietaria: Sub-disciplina:
impiantistico Elettrico > ELE;
impiantistico Meccanico > MEC;
impiantistico Idrico-sanitario > IDR;
etc.
Codice 3:
Uniclass: Sottogruppo;
OmniClass: Livello 2;
UNI 8290: Classe di Elementi Tecnici;
proprietaria: Categoria dell’oggetto (Revit):
muri > M;
finestre > F;
attrezzatura meccanica > AM;
etc.
Codice 4:
Uniclass: Sezione;
OmniClass: Livello 3;
UNI 8290: Elemento Tecnico;
proprietaria: Famiglia di oggetto (Revit):
generatore > GEN;
unità di Trattamento Aria > UTA;
radiatore > RAD;
etc.
Codice 5:
Uniclass: Oggetto;
OmniClass: Livello 4;
UNI 8290: Tipo di Elemento Tecnico (implementabile rispetto alla norma)
proprietaria: Tipo di oggetto (Revit) - caratteristica significativa dell’elemento:
ghisa > GHI;
alluminio > ALL;
acciaio > ACC;
etc.
Codice 6:
Uniclass: coppia di numeri implementabile;
OmniClass: Livello 5;
UNI 8290: -;
proprietaria: caratteristica significativa dell’elemento:
n° elementi > xx;
n° colonne > yy;
interasse attacchi > zz;
etc.
Codice n:
Uniclass: coppia di numeri implementabile;
OmniClass: Livello 6;
UNI 8290: -;
proprietaria: caratteristica significativa dell’elemento:
altezza > xx;
etc. Lo stesso oggetto può essere quindi denominato e identificato in diversi modi, secondo differenti sistemi di classificazione.
Tabella 1.16 Confronto denominazione e codifica con diversi sistemi di classificazione.
1.12 R IFERIMENTI NORMATIVI
I riferimenti normativi per i processi BIM riflettono lo sviluppo che hanno avuto questi metodi negli ultimi anni; il Regno Unito infatti ha rappresentato un pre-cursore in campo BIM, e la sua rilevanza è testimoniata dal fatto che le norme inglesi sono state per anni un riferimento importante. In particolare, sono state emanate una serie di norme relative all’ambiente collaborativo e ai requisiti informativi: le PAS 1192 (Public Available Specification), pubblicate dal British Standard Institution (BSI). Suddivise in cinque parti, riguardano vari aspetti guida per raggiungere il BIM livello 2. Tali norme sono confluite, a gennaio 2019, nella ISO 19650 (Organization and digitization of information about buildings and civil engineering works, including building information modelling (BIM) -Information management using building information modelling). Nello specifico, la ISO 19650 ha comportato il ritiro di alcune norme inglesi (PAS 1192-2:2013¹), e la revisione di altre (PAS 1192-3:2014² e il BS 1192-4:2014³). Alcune norme invece rimangono valide e invariata: la PAS 1192-5:2015 (Specification for security-minded building information modelling, digital built environments and smart asset management), riguardante la sicurezza dei dati in processi BIM, e la PAS 1192-6:2018 (Specification for collaborative sharing and use of structured Health and Safety information using BIM), che riguarda salute e sicurezza del progetto in tutte le fasi (inclusa ad esempio la sicurezza in cantiere). Si sottolinea che la ISO 19650 ha introdotto novità, ad esempio una nuova terminologia, ma non ha modificato di fatto i processi così come introdotti dalle PAS. La ISO cerca inoltre di rivolgersi a tutti gli attori del processo; è quindi fondamentale innanzitutto comprendere quale è il proprio ruolo, e in base a ciò valutare quali aspetti della ISO sono interessanti. La ISO 19650 si compone di:
ISO 19650-1:2018 - Concepts and principles. Questa parte propone un framework per la gestione informativa, e include informazioni riguardo allo scambio, registrazione, gestione delle versioni, e organizzazione tra gli attori del processo. Questa prima parte è concepita per essere applicabile all’intero ciclo di vita di qualsiasi asset costruito, includendo la progettazione, la costruzione, l’ingegnerizzazione, lo sviluppo, la documentazione, l’operatività quotidiana, la manutenzione, il recupero, e il finevita. Inoltre, può essere adattata a edifici di ogni scala e complessità, e a diversi tipi di appalto.
ISO 19650-2:2018 – Delivery phase of the assets. Questa parte specifica i requisiti per la gestione informativa durante il processo di gestione della consegna di un bene. Questo documento è concepito per essere applicabile a ogni tipo di bene, e a organizzazioni di ogni tipo e dimensione, indipendente dal tipo di appalto previsto. La ISO 19650 verrà ampliata negli anni a venire con ulteriori parti riguardanti la gestione delle fasi operative degli edifici (e dei beni in genere), e la sicurezza legata all’uso di processi BIM. Ciascuno degli Stati che adottino la ISO 19650 aggiungerà un’appendice (Annex) specificamente definito per adattare la norma al contesto nazionale.
¹ National Building Specification (UK), National BIM report 2018. ² https://bimdictionary.com/. ³ McGraw Hill construction, The Business Value of BIM in North America. ⁴ National Building Information Modeling Standard (NIMBS 2007), National Institute of Build- ing Sciences. ⁵ Rail BIM 2030 Roadmap, Yonsei University.
⁶ “Perhaps the most important change lever pulled was not that of technology or processes but an inner shift in mind-set and behaviours: starting with the end in mind, breaking down discipline silos and enabling collaborative working, especially between those who create and those who maintain assets.” D. Philp, in NBS National BIM Report 2018. ⁷ Per contenitore informativo si intende “un insieme durevole di informazioni recuperabili da un archivio gerarchico di file, sistemi o applicazioni”. ISO 1950-1:2018. ⁸ Gli OIR nella ISO19650-1:2018 “… illustrano le informazioni necessarie per dare risposta o mettere al corrente degli obiettivi di alto livello strategico all’interno dell’appointing party. Que-sti requisiti possono sorgere per varie ragioni, comprese: (i) gestione strategica del buisiness; (ii) gestione strategica dell’asset; (iii) pianificazione del portafoglio; (iv) obblighi normativi; o (v) elaborazione delle politiche. Gli OIR possono esistere per ragioni diverse dalla gestione dell’asset, per esempio in relazione alla presentazione dei conti finanziari annuali.” ⁹ Gli AIR nella ISO19650-1:2018 “definiscono gli aspetti gestionali, commerciali e tecnici della produzione delle informazioni dell’asset. Gli aspetti gestionali e commerciali dovrebbero includere lo standard informazionale e i metodi e le procedure di produzione che devono essere implementate dai team di produzione informativa. Gli aspetti tecnici degli AIR specificano le parti dettagliate di informazioni necessarie per rispondere agli OIR relativi all’asset. Questi requisiti dovrebbero essere esposti in modo che possano essere incorporate in un appointment di gestione dell’asset per supportare il processo decisionale dell’organizzazione. Un set di AIR dovrebbe essere preparato in risposta a ciascun trigger event durante la gestione dell’asset e, dove appropriato, dovrebbe fare riferimento ai requisiti di sicurezza. Dove esiste una catena di approvvigionamento, gli AIR ricevuti dal Lead Appointed Party possono essere suddivisi e trasmessi a qualsiasi dei propri appointment. Gli AIR ricevuti dal Lead Appointed Party possono essere implementati con i propri requisiti informazionali.
Nella la gestione strategica dell’asset e la pianificazione possono essere presenti molti differenti appointment. Gli AIR provenienti da essi dovrebbero formare un singolo coerente e coordinato complesso di requisiti informazionali, sufficienti per affrontare tutti gli OIR relativi all’asset.” ¹⁰ I PIR vengono definiti nella ISO19650-1:2018 come requisiti che “… illustrano le informazioni necessarie per dare risposta o mettere al corrente degli obiettivi di alto livello strategico all’interno dell’Appointing Party in relazione a un particolare progetto di costruzione di un asset. I PIR sono determinati sia dal processo di gestione del progetto, sia dal processo di gestione dell’asset. Un complesso di requisiti informazionali dovrebbe essere preparato per ciascun key decision point durante il progetto. I committenti che ricoprono tale funzione ripetitivamente, possono sviluppare un generico set di PIR che può essere adottato, a seguito di eventuali adeguamenti, in tutti i loro progetti.” ¹¹ Gli EIR vengono definiti nella ISO19650-1:2018 come requisiti che trattano “… aspetti gestio- nali, commerciali e tecnici della produzione di informazioni sui progetti. Gli aspetti gestionali e commerciali comprendono lo standard informativo e i metodi e le procedure di produzione che il gruppo di consegna deve applicare. Gli aspetti tecnici dell’EIR specificano le informazioni dettagliate necessarie per rispondere al PIR. Tali requisiti sono espressi in modo tale da poter essere integrati nelle nomine relative ai progetti. L’EIR sono allineati alle milestone del progetto che rappresentano il completamento di alcune o di tutte le fasi del progetto. L’EIR viene identificato ovunque vi sia un’aggiudicazione. In particolare, l’EIR ricevuto dall’aggiudicatario (capofila) può essere suddiviso e trasferito ad una qualsiasi delle proprie nomine, e così via lungo la catena di fornitura. Gli EIR ricevuti dagli aggiudicatari, comprese le parti capofila, possono essere integrate con ulteriori EIR. Una parte dell’EIR può essere trasmessa alle parti designate, in particolare quando è necessario uno scambio di informazioni all’interno di un gruppo di consegna e queste informazioni non devono essere scambiate con la parte designatrice. Nell’ambito di un progetto possono esistere diverse nomine. L’EIR da tutte queste nomine dovrebbe costituire un’unica serie coerente e coordinata di requisiti informativi, sufficienti a soddisfare tutti i PIR.”
¹² American Institute of Architectures ¹³ National British Standard ¹⁴ National BIM Standard ¹⁵ La fase 5 del processo definito all’interno della ISO19650-2:2018 vede il capofila mobilizzare le risorse, come definito all’interno del piano di mobilitazione del delivery team, per la realizzazione dell’affidamento. Tale piano di approvvigionamento comprende le richieste di personale, gli strumenti informatici e le strategie per compiere tale coinvolgimento. ¹ PAS 1192-2:2013: Specification for information management for the capital/delivery phase of construction projects using building information modelling. Questa norma era particolarmente utile perché presentava varie procedure BIM. ² PAS 1192-3: 2014 Collaborative production of information. Fulfilling employer’s information exchange requirements using COBie. Code of practice. Questa norma specificava l’uso del BIM nelle fasi di gestione dell’immobile. ³ BS 1192-4:2014 Collaborative production of information. Fulfilling employer’s information ex- change requirements using COBie. Code of practice, questa norma riguarda l’uso dello standard COBie.
PIANIFICAZIONE DEL LAVORO E MODELLAZIONE DELLE MASSE
2 Francesco Paleari, Laura Pellegrini
Il processo progettuale di un fabbricato è composto da più fasi: ciascuna ne prevede una definizione sempre più approfondita e dettagliata, dall’identificazione dell’idea progettuale fino alla definizione del Progetto
Esecutivo. La prima fase di concept progettuale riguarda una definizione preliminare del corpo di fabbrica: si passa da un’impostazione volumetrica di base, con attenzione all’inserimento nel lotto, nel contesto circostante e paesaggistico, fino ad una definizione degli accessi all’area, delle aree coperte e scoperte, della viabilità, e di un’ipotesi delle tecnologie e materiali da utilizzare, nonché una pianificazione preliminare della fase di cantiere in riferimento all’analisi dei percorsi. Tramite la modellazione informativa è possibile sin dagli stadi iniziali di progetto mantenere sotto controllo una quantità elevata di informazioni e dati, contenuti nel modello. Si possono, inoltre, effettuare analisi e simulazioni allo scopo di verificare il progetto secondo i requisiti e le specificazioni normative ed espresse dalla committenza. In questo modo, sin dalle fasi preliminari, è possibile migliorare il gap esistente tra qualità attesa e qualità effettiva, tramite controlli sul modello informativo. In fase preliminare, la modellazione semplificata per masse risulta funzionale per una generica definizione dei corpi di fabbrica tramite solidi, sperimentando forme e disposizioni differenti all’interno dell’area di progetto; permette, inoltre, di effettuare analisi, controlli e simulazioni sul modello informativo, allo scopo di verificare la rispondenza del progetto stesso alle necessità e ai vincoli imposti. La modellazione per masse per la fase di concept design prevede l’assegnazione alle masse di informazioni come il costo/m², ottenendo una stima parametrica del progetto. Il modello può essere successivamente arricchito e dettagliato con i dati di competenza di ciascuna fase e si configura quindi come un contenitore informativo per le differenti fasi di utilizzo del modello stesso. Il presente capitolo è costituito da tre parti: la prima presenta un’introduzione al software scelto per la modellazione, Autodesk Revit, alla sua architettura, area di lavoro, interfaccia utente e ai primi aspetti tecnici relativi al suo utilizzo. Nella trattazione le immagini e gli esempi si riferiscono a questo software; tuttavia metodologicamente, i concetti espressi sono applicabili a qualsiasi software di BIM Authoring. La seconda parte del capitolo si concentra sulla modellazione per masse a supporto della definizione dell’idea progettuale, con la possibilità di definire i corpi come volumi generici, senza informazioni su aperture, materiali o
rivestimenti. In questa fase è possibile effettuare analisi preliminari per verificare e valutare la rispondenza dell’ipotesi progettuale alle necessità e bisogni del committente. La terza parte si concentra sull’associazione di elementi tecnici alle masse per una prima definizione delle tecnologie. L’ultima parte del capitolo si occupa della definizione dei parametri informativi associati alle masse in fase preliminare di progetto.
2.1 I L SOFTWARE AUTODESK REVIT
2.1.1 Interfaccia utente Il software Autodesk Revit, scelto in questa guida come strumento per la modellazione informativa, è composto, da ormai qualche anno, dall’unione di più ambiti disciplinari:
Architettura;
Struttura;
Impianti (MEP: Mechanical, Electrical, Plumbing). per cui non è più necessario installare i tre diversi software separatamente. All’avvio del software, prima di aprire un template o un progetto, la schermata iniziale si presenta suddivisa in tre parti:
Progetti e template: in quest’area sono presenti i comandi per l’apertura di progetti di esempio, di progetti recenti e di template per iniziare la modellazione;
Famiglie e editor delle famiglie: in quest’area sono presenti i comandi per la creazione e utilizzo delle librerie di famiglie di default, quelle personalizzate e il comando per la creazione delle masse concettuali;
Risorse: in quest’area sono presenti strumenti utili per l’utilizzo del software quali guida in linea, tutorial sulle procedure di base, forum, Autodesk App Store (portale on-line da cui si possono scaricare plug-in certificati Autodesk o sviluppati da terze parti), etc. Selezionando il template di partenza per la modellazione (cfr. § 2.3) o un progetto esistente, si attivano tutte le barre strumenti e comandi utilizzabili per ognuno degli ambiti disciplinari sopra citati. La schermata che si apre è costituita da più parti (barre o spazi di lavoro) illustrate nella figura sottostante: 1. Inizio di Revit: questo comando, posto nella Barra degli strumenti Accesso rapido, permette di ritornare alla schermata iniziale di apertura di Autodesk Revit, anche quando un modello è aperto.
Figura 2.1 Schermata iniziale di apertura del software.
2. Scheda File: permette di accedere alle operazioni di gestione file, ossia creare un nuovo file, aprire un file esistente, salvare il file corrente, esportare tramite diverse modalità, visualizzare file recenti e stampare. 3. Barra degli strumenti Accesso rapido: contiene le funzioni maggiormente utilizzate, quali salvataggio, stampa, visualizzazione 3D del modello, riportate mediante icone dei comandi stessi. È possibile personalizzare questa barra aggiungendo o togliendo comandi in relazione alle necessità dell’utente.
4. InfoCenter: comprende gli strumenti per accedere ad informazioni relative al software, quali la guida in linea, strumenti per la ricerca e per accedere con il proprio account Autodesk, utile specialmente in fase di renderizzazione in cloud per collegarsi alla pagina online dell’account personale in cui sono conservati tutti i render in cloud realizzati. 5. Barra delle opzioni (temporanea a seconda del comando che si sta utilizzando o dell’oggetto selezionato): contiene comandi specifici o strumenti di supporto alla modellazione, che sono resi accessibili quando è attivo un comando per creare uno specifico elemento o quando l’elemento già modellato è selezionato. 6. Selettore del Tipo: tramite questo menu a tendina è possibile selezionare il Tipo di oggetto che si vuole modellare o, se è selezionato un oggetto già modellato, è possibile modificarne il Tipo (cfr. § 2.1.3). 7. Tavolozza Proprietà: tramite questa scheda è possibile modificare le proprietà relative all’oggetto selezionato. Le proprietà presenti nella scheda si riferiscono all’Istanza di oggetto o alla vista in cui si sta lavorando (cfr. § 2.1.3). 8. Browser di progetto: questa scheda mostra tutte le viste presenti nel progetto, gerarchizzate in funzione del tipo di vista. 9. Barra di stato: indica il livello di avanzamento di una operazione, ad esempio l’apertura di un file o la renderizzazione in locale. Quando il cursore si trova fermo su un oggetto modellato, in questa barra sono visualizzati i nomi di Famiglia e Tipo dell’oggetto. Sul lato destro sono riportati alcuni comandi utili alla gestione della finestra di modellazione, quali la possibilità o meno di selezionare i collegamenti, gli elementi bloccati, gli elementi sottostanti la vista attiva, etc. 10. Barra di controllo della vista: è la barra inferiore dell’interfaccia grafica, al di sopra della barra di stato. Contiene gli strumenti utili alla gestione della vista attiva: la presenza o meno dei comandi di questa barra dipende dalla vista attiva. Ad esempio il comando per la renderizzazione è presente solo nel caso di una vista 3D.
11. Area di disegno: rappresenta l’area dell’interfaccia grafica in cui è visualizzato il contenuto della vista attiva. Ogni volta che viene aperta una vista, che sia una pianta, una sezione, una vista 3D o un Abaco, essa viene visualizzata nell’Area di disegno. 12. Barra multifunzione: è composta dalle diverse schede (o Ribbon ) che contengono tutti i comandi utili alla creazione di un progetto o di una Famiglia. 13. Schede della barra multifunzione: sono le schede presenti nella Barra multifunzione con i relativi comandi. 14. Scheda contestuale della barra multifunzione: è l’ultima scheda della Barra multifunzione nella quale sono visualizzati strumenti specifici per la modifica dell’oggetto selezionato. 15. Strumenti nella scheda corrente della barra multifunzione: è l’area con tutti gli strumenti della scheda selezionata. 16. Gruppi della barra multifunzione: rappresentano le diverse sezioni in cui una scheda è suddivisa; raggruppano i comandi della scheda in relazione alla funzione.
Figura 2.2 Barre e aree di lavoro costituenti l’interfaccia grafica.
Gli ambiti disciplinari citati sopra (Architettura, Struttura e MEP) sono sistematizzati all’interno delle schede della barra multifunzione posizionata nella parte superiore dell’interfaccia grafica, presente all’apertura di un qualsiasi nuovo progetto. In particolare sono presenti le schede di seguito elencate contenenti comandi e strumenti utili per:
Architettura: inserire oggetti architettonici, quali elementi tecnici (es. Muri), spaziali (es. Locali) o di riferimento (es. Griglie, Livelli).
Struttura: inserire oggetti strutturali.
Sistemi: inserire oggetti impiantistici (meccanici, elettrici, tubazioni).
Inserisci: collegare file Revit, CAD, IFC, immagini e caricare famiglie.
Annota: inserire quote, etichette, testo, simboli annotativi e legende.
Analizza: definire le impostazioni utili al calcolo strutturale, al calcolo impiantistico e all’analisi energetica.
Volumetrie e planimetria: inserire forme solide (masse) e topografia per la modellazione del contesto o per masse concettuali.
Collabora: comunicare, collaborare, gestire, coordinare il lavoro tra diversi utenti e modelli.
Vista: impostare la visualizzazione grafica degli oggetti, delle viste e delle finestre aperte nel modello, creare viste, abachi e tavole.
Gestisci: creare e gestire parametri, materiali e standard di progetto, definire le impostazioni del file, coordinate del progetto, varianti e fasi, utilizzare la programmazione visiva con Dynamo.
Moduli aggiuntivi: utilizzare plug-in installati di default nel software, scaricati dall’app store o da altri siti web.
Quantification : utilizzare il calcolo delle aree, volumi e finiture tramite il plug-in Roombook installato di default
Site designer: utilizzare i comandi per la modellazione della topografia e gestione del terreno tramite il plug-in installato di default.
Extensions: utilizzare estensioni installate di default nel software.
Modifica: modificare le proprietà dell’oggetto selezionato.
Precast: utilizzare i comandi di modifica per gli oggetti prefabbricati.
“Nuova scheda relativa ad un plug-in ”: utilizzare i comandi di uno specifico plug-in che dopo l’installazione genera automaticamente una nuova scheda all’interno della barra multifunzione. I plug-in o applicazioni di terze parti che si possono installare in Revit sono in grado di automatizzare, velocizzare e agevolare operazioni altrimenti ripetitive, eseguendole rispetto alla regola in essi impostata. Queste app permettono ad esempio di eseguire:
ridenominazione oggetti;
quotatura automatica;
esportazione dati;
etichettatura automatica;
inserimento viste in tavola;
etc. Nei diversi capitoli della presente guida sono illustrati i principali comandi e strumenti utili alla modellazione di ognuna di queste schede, con particolare attenzione ad identificare le procedure e i metodi più idonei al raggiungimento degli obiettivi richiesti caso per caso. In particolare, si riporta nel seguito un’introduzione a Dynamo, uno spazio di lavoro presente in Autodesk Revit (scheda Gestisci), utile per supportare la modellazione in diverse fasi progettuali: possono essere realizzati script utilizzando un linguaggio di programmazione visuale pensato per facilitare operatori estranei al mondo della programmazione. Dynamo risulta utile nell’automazione di attività ripetitive, nell’esplorazione di alternative di soluzioni progettuali o modellazione complesse, e nella semplificazione dei flussi di informazioni in un modello BIM. La piattaforma di programmazione visiva è open source e viene installata contestualmente all’installazione del software Autodesk Revit.
Alcuni esempi dell’utilizzo di Dynamo possono essere: ◦ automazione del posizionamento di oggetti rispetto a un sistema di coordinate impostato su un file esterno;
realizzazione di componenti adattivi parametrici;
automazione della compilazione di informazioni all’interno di oggetti;
discretizzazione di linee curve per lo sviluppo di altre geometrie;
automazione dell’etichettatura di oggetti rispetto a regole definite. Gli script che si possono creare con Dynamo sono costituiti da Nodi che rappresentano oggetti o funzioni. Ogni Nodo è uno script che necessita di input e produce output utili per collegarlo ad altri Nodi o per visualizzare il risultato di operazioni direttamente all’interno di Autodesk Revit. Collegando i Nodi tra loro si creano algoritmi di calcolo, quindi set di istruzioni ripetibili. Con algoritmo si intende una serie di operazioni eseguite secondo un preciso ordine, che conducono a un risultato. Un esempio di algoritmo può essere quello della scrittura delle azioni che devono essere compiute in modo ordinato per realizzare un origami: tali istruzioni possono essere scritte o rappresentate graficamente, ma in entrambi i modi si sta realizzando un algoritmo, che nel primo caso si definisce programmazione testuale, mentre nel secondo caso di definisce programmazione visuale. Dynamo unisce i due tipi di programmazione in quanto mediante un’interfaccia visiva consente di scrivere un processo di operazioni esportabile anche in linguaggio testuale (Python in questo caso), o viceversa, ovvero programmare testualmente e ottenere la visualizzazione grafica come risultato. Tali algoritmi consentono principalmente di processare dati e comporre geometrie più o meno complesse. Le modalità di
collegamento tra i Nodi determinano l’ordine delle operazioni, il cui flusso di esecuzione inizia da sinistra e termina con gli output a destra dello schermo. Ogni nodo è costituito da tre parti:
input: dati in ingresso;
output: dati in uscita;
preview: mostra l’operazione eseguita dal Nodo. Se i nodi presenti non permettono di raggiungere l’obiettivo, è possibile implementare il software con nodi personalizzati dall’utente, oppure ricercare tra i pacchetti presenti sulle librerie on-line dove è possibile trovare e utilizzare uno script creato da altri, o utilizzare uno script esistente come punto di partenza per creare il proprio, trattandosi di un software open source. L’uso di Dynamo per creare script in grado di soddisfare le proprie esigenze permette di far risparmiare ore di lavoro, eliminando la componente ripetitiva di alcuni processi e lasciando più tempo all’utente per la composizione, realizzazione e articolazione del progetto.
Figura 2.3 Esempio di uno script di Dynamo per la creazione di un nuovo parametro in Autodesk Revit.
2.1.2 Formato dei file Per la creazione e salvataggio di un file Revit è possibile selezionare uno tra i seguenti formati:
.rvt: file di progetto;
.rte: file di modello (template);
.rfa: file di famiglia;
.rft: file di modello di famiglia. I file .rte e .rft rappresentano i template dai quali partire per la creazione di un nuovo progetto o famiglia. All’interno di un file template è possibile definire, impostare e creare specifiche di progetto, da utilizzare in modo ripetibile in funzione della tipologia di progetto o oggetto di famiglia da creare (cfr. § 2.3). Il template permette di creare l’ambiente di lavoro all’interno del quale è possibile la modellazione informativa. Questi tipi di file (file di modello template e file di famiglia) presenti di default nella libreria di Autodesk Revit non contengono oggetti modellati, ma solo impostazioni utili ai fini della modellazione. I file .rvt e .rfa rappresentano i formati proprietari di salvataggio rispettivamente di un progetto e di una famiglia. Nel primo sono contenuti i diversi oggetti che compongono l’edificio e le informazioni ad esso
associate. In una famiglia, invece, è presente il singolo oggetto, o insieme di oggetti, che compongono la BIM Library. Gli elementi che appartengono a questa libreria sono famiglie caricabili, in quanto sono oggetti che possono essere caricati ed utilizzati all’interno di più progetti.
2.1.3 Architettura e gerarchia degli oggetti Tutti gli elementi nei software per la modellazione informativa si identificano rispetto a un’organizzazione gerarchica non modificabile. Nel software Autodesk Revit, è definita secondo la seguente struttura:
Categoria : identifica la classificazione degli oggetti al primo livello (es. Finestre, Attrezzatura elettrica, Pilastri strutturali, Annotazioni), in generale riferita all’elemento tecnico/funzione di riferimento. In particolare, una Categoria di oggetti in Revit rappresenta l’insieme degli oggetti che svolgono la medesima funzione all’interno del software e del progetto.
Famiglia : identifica la classificazione degli oggetti ad un secondo livello, suddividendoli in componenti di costruzione, componenti di annotazione, componenti di dettaglio. Questi componenti rappresentano una specificazione ulteriore della Categoria e sono utilizzati per creare il modello dell’edificio. In particolare, una Famiglia non rappresenta un singolo oggetto del modello ma l’insieme degli oggetti con medesime caratteristiche ossia con i medesimi criteri definiti per la modellazione. Ad esempio, per quanto riguarda i componenti di costruzione, l’insieme dei pilastri in calcestruzzo armato rappresenta una famiglia, definita Pilastro in cemento armato, differente dall’insieme dei pilastri in legno, cioè la Famiglia Pilastro in legno.
Le famiglie possono essere di tre tipologie: di sistema, caricabili o locali. Una Categoria contiene solo famiglie di una tipologia (ad esempio la Categoria Muri ha famiglie solo di sistema, mentre la Categoria Finestre ha
solo famiglie caricabili). Le famiglie Locali, invece, essendo create all’interno del progetto, possono essere di più Categorie.
Tipo : identifica la classificazione degli oggetti ad un terzo livello, definendo un insieme di diversi elementi della stessa famiglia con le medesime caratteristiche (es. Famiglia: Pilastro in cemento armato, Tipi: 30x30cm, 30x40cm, 50x50 cm, etc.).
Istanza : identifica la classificazione degli oggetti ad un quarto livello: un’Istanza è ciascun oggetto creato all’interno di un progetto, appartenente ad una Categoria, Famiglia e ad un determinato Tipo (es. ogni Pilastro in cemento armato 30x30cm presente nel progetto. Se nel progetto sono presenti 50 Pilastri in cemento armato 30x30cm, significa che sono presenti 50 istanze appartenenti a quel Tipo). L’istanza è l’elemento fisico effettivamente modellato. Si riporta di seguito un’immagine esemplificativa della struttura gerarchica degli oggetti.
Figura 2.4 Struttura gerarchica degli oggetti nel software Autodesk Revit.
2.1.4 Relazioni semantiche tra oggetti BIM I software di BIM Authoring si caratterizzano per l’utilizzo della modellazione parametrica. Questo tipo di modellazione fa riferimento alle relazioni, presenti tra gli elementi e oggetti di un modello, che permettono di eseguire attività di coordinamento e gestione delle modifiche all’interno del modello stesso. Le relazioni tra gli elementi possono essere create automaticamente dal software o dall’utente nel corso della modellazione. Esistono due tipologie di modellazione parametrica, che caratterizzano i software di BIM Auhoring come Autodesk Revit, e sono:
la modellazione parametrica degli oggetti, intesa in senso strettamente geometrico;
la modellazione parametrica degli oggetti, intesa in senso informativo, ossia con le informazioni che permettono la creazione di un unico database costituito da oggetti e informazioni legati tra di loro. Per quanto riguarda la modellazione parametrica geometrica, gli oggetti BIM sono intrinsecamente parametrici; sono definiti mediante parametri geometrici che sfruttano le relazioni presenti tra i componenti degli oggetti, e tra gli oggetti stessi e gli elementi a cui sono vincolati. Gli oggetti BIM possono quindi modificare la loro struttura in relazione alla variazione del valore attribuito ai parametri. I parametri geometrici degli oggetti si configurano, quindi, come regole secondo le quali l’oggetto si modifica e si aggiorna in automatico.
I parametri geometrici sono definiti Vincoli, in quanto definiscono le relazioni tra gli elementi presenti all’interno del modello. Quando un elemento viene modificato, anche gli elementi ai quali è vincolato vengono modificati di conseguenza. Esistono diversi tipi di vincolo che permettono di creare relazioni più o meno complesse:
Oggetto-Livello: un oggetto posizionato su un Livello viene automaticamente vincolato ad esso, quindi modificando la quota del Livello, l’oggetto si sposta, aggiornando la propria quota di posizionamento, senza necessità di doverlo spostare manualmente. Ad esempio, si consideri un elemento di Arredo (tavolo) vincolato ad un Livello architettonico: esso si sposterà in modo automatico se viene modificata la quota del Livello architettonico. È possibile, inoltre, impostare un vincolo di quota tra due livelli: il Livello impiantistico delle Prese elettriche si troverà sempre ad una quota maggiore di 30 cm rispetto al Livello architettonico. Di conseguenza, l’oggetto Presa elettrica, se vincolato al Livello impiantistico, si sposterà automaticamente con l’aggiornamento della quota del Livello architettonico, che a sua volta aggiorna in automatico la quota del Livello impiantistico e la quota della Presa elettrica stessa. Questi aggiornamenti automatici aumentano il grado di coerenza e congruenza dei vari elementi progettuali. Oggetto-Griglia: un oggetto può essere vincolato ad una Griglia: modificando la distanza tra le Griglie, gli oggetti collegati ad esse si spostano automaticamente. Ad esempio, considerando il vincolo Pilastro-Griglia strutturale un Pilastro vincolato ad una Griglia si sposta in modo automatico se viene modificata la distanza tra gli assi della maglia strutturale.
Oggetto-oggetto:
Vincolo di tipo geometrico: è possibile realizzare un legame tra oggetti della stessa o di diverse Categorie, vincolando le quote relative o assolute tra gli oggetti. In questo modo, spostando uno dei due oggetti la distanza impostata tra essi rimane costante e quindi anche il secondo elemento si sposterà insieme al primo (es. Muro-Muro, Arredo-Muro).
Vincolo di tipo Host : tipologia di vincolo nel software Autodesk Revit che permette l’inserimento di un oggetto di una determinata Categoria all’interno di oggetti di altre Categorie predefinite. Queste relazioni Oggetto- Host sono, infatti, esclusivamente presenti tra specifiche Categorie di oggetti, ad esempio Finestra-Muro, Porta-Muro o Dispositivo di illuminazione-Controsoffitto. Questo tipo di vincolo permette di mantenere sempre la coerenza progettuale: un elemento della Categoria Porta o Finestra non potrà mai essere posizionato nel modello se non all’interno di un elemento della Categoria Muro e modificando, spostando, aggiornando le caratteristiche geometriche del Muro, la Finestra/Porta inserite si aggiorneranno in automatico. L’utilizzo dei vincoli tra gli oggetti del modello è di fondamentale importanza, in quanto rende parametrica la modellazione e garantisce il controllo dello spostamento degli oggetti a seguito di modifiche. Si pensi ad esempio al vantaggio che si può avere da questa proprietà durante la modellazione di un grattacielo: lo spostamento ripetuto dei livelli, la modifica dell’interpiano dell’edificio o la modifica della distanza tra gli assi strutturali genera automaticamente lo spostamento di tutti gli oggetti collegati ad essi, quali Pavimenti, Muri, Finestre, Pilastri, senza doverli modificare o spostare manualmente. È importante definire, durante le fasi di pianificazione, l’uso di regole di modellazione per sfruttare al meglio queste proprietà parametriche. Un oggetto può essere infatti modellato secondo diversi criteri, ma la correttezza dell’intero modello BIM può essere valutata solo definendo le regole di modellazione e verificando il modello rispetto ad esse.
La modellazione parametrica dal punto di vista informativo rappresenta la seconda grande innovazione del metodo della modellazione informativa: il modello BIM si configura come un repository in cui sono conservati tutti i dati connessi allo sviluppo del progetto. Infatti, è possibile interrogare il modello non solo sulle componenti geometriche, ma su tutte le informazioni in esso inserite. Le informazioni attribuite agli oggetti possono essere reperite in modo semplice, come nel caso del materiale che lo costituisce, oppure in modo più complesso, come nel caso dei dati riguardanti i produttori, le operazioni di manutenzione e le prescrizioni per la gestione. Le informazioni possono essere organizzate all’interno del modello e degli oggetti come gruppi di parametri, assegnati a specifiche Categorie o Gruppi di elementi, definendo il corredo informativo degli stessi (cfr. § 7.1). Il modello BIM può, quindi, essere considerato come un modello tridimensionale associato ad un vasto e strutturato sistema di informazioni collegate agli oggetti, con la possibilità di essere modificato ed implementato nel tempo. A differenza dell’approccio tradizionale, in cui i modelli 3D sono generalmente utilizzati per una visualizzazione grafica d’insieme o per la modellazione di elementi complessi, difficilmente gestibili tramite elaborati bidimensionali, nella metodologia BIM la gestione del processo progettuale fin dalle fasi preliminari di definizione del concept di progetto avviene tramite il modello informativo. Tramite il contenuto informativo e il database univoco associato al modello, possono essere estratti direttamente dal modello sia gli elaborati grafici che quelli non grafici.
2.2 FLUSSO DI LAVORO
In generale, quando si intraprende la modellazione informativa di un edificio relativa ad una singola disciplina, occorre tener presente il seguente flusso di lavoro: 1. Scelta del Template da utilizzare. 2. Definizione dell’ambiente di lavoro:
Spaziale: definizione dello spazio in cui ci si muove per la modellazione. La modellazione degli oggetti deve avvenire, infatti, all’interno di un “foglio di lavoro virtuale tridimensionale”, nel quale sono definite e visualizzabili tutte le impostazioni grafiche associate al modello;
Temporale: definizione della Fase in cui si creano gli oggetti. Occorre creare e utilizzare le Fasi progettuali rispetto agli obiettivi prefissati. 3. Creazione della libreria: la libreria rappresenta il contenitore delle Famiglie di oggetti BIM che possono essere caricati e utilizzati per la realizzazione del modello. Tale cartella può essere condivisa su piattaforme di condivisione tra i diversi soggetti che interagiscono nella fase di modellazione, configu-randosi come l’unica fonte aggiornata e coerente degli oggetti ed elementi (CDE, cfr. § 1.5). È possibile utilizzare la libreria di default presente in Autodesk Revit o in altri software di BIM Authoring o, in modo complementare, realizzare una BIM Library personalizzata con Famiglie ed oggetti modellati secondo le specifiche esigenze dell’utente, di una società o di uno studio di progettazione.
La BIM Library proprietaria può essere condivisa in fase di gara dal committente, cosicché in fase di modellazione i concorrenti utilizzino oggetti e Famiglie creati secondo i LoIN (cfr. § 1.7.1.5) impostati dalla committenza stessa. Un esempio è quello della modellazione della Sede Regionale RAI di Bologna che, per la digitalizzazione del proprio patrimonio immobiliare e per l’aggiornamento dei modelli per la gestione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, fornisce, come allegato ai contratti, la propria libreria proprietaria insieme alle Linee guida proprietarie per la modellazione del suo patrimonio edilizio. La BIM Library contiene oggetti e Famiglie dettagliati, modellati secondo le esigenze della committenza e secondo lo standard interno di RAI. La costruzione della libreria si può articolare in tre principali passaggi:
Identificazione dei diversi elementi presenti nell’edificio rispetto alle diverse Categorie: prima di iniziare con la modellazione degli oggetti è necessario individuare i diversi elementi e classificarli per definire se sia necessario creare differenti Famiglie, o una sola Famiglia con diversi Tipi o Istanze. Questo è uno degli aspetti fondamentali da stabilire nelle regole preliminari per la modellazione (cfr. capitolo 1).
Modellazione informativa delle Famiglie:
la fase di modellazione è costituita da tutte le operazioni necessarie alla creazione dell’oggetto tridimensionale e dei diversi Tipi presenti. In questa fase si imposta il grado di flessibilità dell’oggetto tridimensionale, ossia la possibilità o meno di modificare la geometria della Famiglia modificando i valori dei parametri ad essa associati. Una maggiore flessibilità dell’oggetto permette di creare e modificare i Tipi di elementi anche durante la fase di modellazione del progetto, aumentando la coerenza progettuale e senza dover aprire la Famiglia e modificarne manualmente le caratteristiche.
la fase inserimento delle informazioni riguarda la sistematizzazione delle informazioni all’interno dell’oggetto tridimensionale. Ogni elemento del modello viene “informato” con tutti i dati e le caratteristiche dell’elemento o del sistema reale che rappresenta. Ad esso possono quindi essere associati i valori delle prestazioni rilevate, le certificazioni, le schede tecniche dei materiali e i dati relativi alla successiva gestione e manutenzione.
Codifica e Denominazione degli oggetti: le Famiglie e Tipi creati nel processo precedente devono essere codificati e denominati secondo le regole scelte durante la fase di pianificazione e progettazione della modellazione (cfr. § 1.1.1). 4. Inserimento degli oggetti nel template e creazione del modello dell’edificio. Il presente flusso di lavoro è ripetibile per l’impostazione ed esecuzione della modellazione informatica per ogni singola disciplina di progettazione.
Figura 2.5 Flusso di lavoro per l’impostazione della modellazione informativa per una singola disciplina.
2.3 I MPORTANZA DEL TEMPLATE
Come accennato nel paragrafo precedente, il primo passo da compiere per intraprendere la modellazione è l’identificazione e scelta del corretto Template di lavoro. Il Template è un modello di progetto (con il termine modello inteso come schema/ impostazioni di base) che fornisce un punto di partenza per un nuovo progetto, poiché definisce le impostazioni, gli stili e le informazioni di base. I Template possono semplificare la configurazione del progetto, standardizzare la documentazione e garantire la conformità e coerenza del modello agli standard aziendali. I software di BIM Authoring forniscono generalmente uno o più Template di progetto preimpostati. Tuttavia, l’utente o il responsabile BIM del gruppo di lavoro può modificare o aggiungere Template in relazione alle esigenze. La creazione di tali modelli di progetto è utile a prescindere dal software utilizzato, in quanto pone a monte di tutti i processi alcune scelte riguardanti:
il contenuto geometrico e informativo del modello e degli oggetti BIM;
la denominazione e codifica di oggetti, elementi, modelli ed elaborati;
le impostazioni di rappresentazione grafica;
la definizione degli output grafici e tabellari che si dovranno realizzare per il progetto;
I template personalizzati dall’utente possono essere raccolti ed organizzati secondo le specifiche esigenze, definendo quali oggetti, viste, annotazioni impostare, nonché il set di impostazioni quali codifica, denominazione, tipologia e quantità di parametri associati ad oggetti e modello BIM. Le caratteristiche di base di un Template possono dipendere:
dallo standard di una azienda o di una società;
dalla tipologia di intervento che deve essere intrapreso (ad esempio intervento di nuova costruzione o ristrutturazione o, ancora, in relazione al numero di discipline presenti che devono essere coordinate e gestite nel corso del processo progettuale);
dall’organizzazione del lavoro nei team di progettazione. All’interno del template, assume fondamentale importanza la Denominazione e Codifica degli oggetti, in quanto tutti gli oggetti, annotazioni e viste in esso contenuti devono essere denominati e codificati. Di conseguenza, anticipare la definizione delle impostazioni relative alla codifica semplifica le successive operazioni di modellazione. Un esempio parallelo, riferito ad un approccio tradizionale tramite sistema bidi-mensionale CAD, è quello del file Modello di Disegno, nel quale è possibile definire le tipologie di linee, i layer, i blocchi, gli stili di quota o testo da poter riutilizzare per tutti i disegni di un progetto (es. piante, sezioni e prospetti) oppure dallo stesso progettista per gli stessi elaborati di differenti progetti (es. impostazione dei layer e blocchi dei componenti da utilizzare per i sistemi impiantistici nelle piante in scala 1:100). Una tipologia di template riferito ad un processo tradizionale è un file in formato .ctb, utile nel momento finale della stampa per l’assegnazione delle impostazioni di stili di linea, layout e colori agli elaborati, evitando così di doverle impostare manualmente per ciascun disegno da stampare.
Il Template in software di BIM Authoring assume la stessa importanza che in un processo tradizionale, permettendo inoltre di impostare e definire una maggiore quantità di aspetti rispetto ad un template tradizionale, fin dalle fasi preliminari di progetto. Il vantaggio della realizzazione di Template personalizzati ed implementabili è la possibilità di avere a disposizione un ambiente di lavoro impostato secondo le proprie esigenze ed obiettivi, comune ai soggetti che lavorano ad uno stesso progetto o utilizzano determinati standard, senza dover ricreare questi standard per ogni nuova disciplina del progetto o per ogni nuova commessa. I Template in Autodesk Revit possono essere creati partendo da quelli di default, modificandoli o arricchendoli in funzione delle esigenze dell’utente o della società/organizzazione/Ente. I file Template presenti di default in Autodesk Revit sono:
Architettonico;
Strutturale;
Elettrico;
Meccanico;
Idrico/idraulico;
MEP (Mechanical, Electrical and Plumbing);
Costruzione. Una lista non esaustiva di proprietà, impostazioni e personalizzazioni che un template può contenere è la seguente:
organizzazione browser di progetto;
personalizzazione viste;
personalizzazione abachi;
unità di misura;
stili di testo, linea, oggetti;
spessori e modelli di linea;
stili di annotazioni, etichette e note chiave;
materiali e retini;
modelli di vista;
calcolo aree e volumi;
schemi colore;
filtri di vista o di abaco;
set parametri di progetto/condivisi;
fasi progettuali;
famiglie di sistema/caricabili e tipi: nel Template si trovano già caricati oggetti delle diverse discipline, famiglie annotative, cartigli, etc.
Figura 2.6 Template di default Autodesk Revit.
Alcuni enti degli USA (es. NBS, GSA)¹ hanno realizzato template propri, scarica-bili gratuitamente dai loro portali e utilizzabili dagli utenti. Tali enti sviluppano, oltre ai template, anche linee guida volontarie per la progettazione e modellazione BIM e spesso anche librerie di oggetti BIM standardizzati. Il vantaggio dell’utilizzo di questi file è quello di mantenere un approccio al dato definito e unificato, in quanto nei file resi disponibili gratuitamente sono contenuti set di parametri e impostazioni che consentono di ottenere progetti o oggetti BIM basati su uno standard proprietario e quindi confrontabili tra loro.
Questa soluzione è molto più agevole, specialmente nel caso in cui un ente abbia la necessità di valutare o confrontare modelli informativi, in quanto questi ultimi rispondono ad uno stesso metodo e regole di modellazione standardizzate. Questa soluzione è certamente preferibile rispetto alla realizzazione di modelli ciascuno con diverse impostazioni di modellazione in relazione allo studio o società di appartenenza, che generalmente hanno template e regole di modellazione interne e non condivise.
Figura 2.7 Esempio delle impostazioni contenute nel template Architettonico dall’ente americano GSA*.
* https://www.gsa.gov/real-estate/design-construction/3d4d-buildinginformation-modeling/guidelines-for-bim-software/document-guides/revittemplates.
Figura 2.8 Esempio di organizzazione del Browser di progetto del template Architettonico sviluppato dall’ente americano GSA.
Figura 2.9 Esempio di denominazione dell’elemento Livello del template Architettonico sviluppato dall’ente americano GSA.
2.3.1 Definizione delle fasi nel template All’interno del template devono essere definite anche le Fasi: ogni fase rappresenta un periodo distinto della vita del progetto. Autodesk Revit consente di tenere traccia delle fasi in cui le viste o gli elementi vengono creati o demoliti. Tale aspetto risulta vantaggioso nella modellazione BIM, in quanto permette di mantenere la storia dell’edificio in un unico modello, controllare il flusso di dati nella sua evoluzione durante gli anni, creare documentazione di progetto specifica e aggiornata alle varie fasi, completa di tavole grafiche, estrazione delle quantità e computi metrici. Ogni elemento aggiunto ad un progetto presenta una proprietà Fase di creazione e una proprietà Fase di demolizione:
Fase di creazione: identifica la fase in cui l’elemento è stato aggiunto al modello dell’edificio. Il valore di default di questa proprietà coincide con il valore di Fase della vista corrente. Se necessario, è possibile specificare un valore diverso.
Fase di demolizione: identifica la fase in cui l’elemento è stato demolito. Il valore di default è Nessuno. Quando un elemento viene demolito, questa proprietà viene aggiornata alla fase corrente della vista, nella quale è avvenuta la demolizione. È possibile demolire un elemento anche in una fase differente da quella corrente, impostando la proprietà Fase di demolizione su un valore diverso. I valori di proprietà della fase presenti di default sono:
Stato di fatto: identifica generalmente lo stato di fatto di un progetto, ossia gli elementi già presenti nell’area di progetto e il contesto circostante esistente;
Stato di progetto: identifica generalmente la fase di progetto o di modifica di uno stato di fatto esistente; rappresenta un momento successivo allo Stato di fatto. Nel caso in cui siano presenti fabbricati, già esistenti nel lotto di progetto, che vengono demoliti completamente o in parte nella fase progettuale, alla Fase di demolizione di questi oggetti è assegnata la proprietà Stato di progetto. Ad ogni oggetto è assegnato in automatico, o manualmente dall’utente, un valore di Fase di creazione e Fase di demolizione. Di default la Fase della vista corrente di un nuovo progetto è impostata su Stato di progetto, di conseguenza ogni nuovo oggetto creato in quella vista avrà automaticamente come Fase di creazione lo Stato di progetto e come Fase di demolizione il valore Nessuno. Nell’editor delle fasi, possono essere create altre proprietà delle fasi in relazione alle esigenze; ad esempio, oltre a Stato di fatto e Stato di progetto, possono essere inserite diverse fasi di progetto successive in funzione dei cambiamenti so-pravvenuti nell’edificio (es. Stato di progetto_1_2019, Stato di progetto_2_2020). A ciascuna fase saranno associati gli elementi creati o demoliti in quel preciso momento della vita del fabbricato. La finestra dell’editor delle fasi comprende tre schede:
Fasi del progetto: aggiunta, denominazione e descrizione delle proprietà da assegnare a Fase di creazione e di demolizione;
Filtri delle fasi di lavoro: impostazione di filtri che modificano la visibilità e la rappresentazione degli oggetti nelle viste in funzione della Fase impostata per le viste stesse;
Sostituzione grafica: impostazione di colori, tipi di linea e caratteristiche grafiche degli oggetti rispetto allo Stato della fase che ogni oggetto assume in una vista in relazione alla Fase della vista corrente (Fig. 2.10).
Figura 2.10 Editor delle fasi: Fasi del progetto.
Esistono alcune eccezioni in Revit per quanto riguarda l’assegnazione di Fase di creazione e demolizione. Una di esse è l’oggetto Locale. I Locali,
infatti, presentano soltanto la Fase di creazione, che è assegnata in automatico in relazione alla fase della vista corrente al momento del posizionamento del Locale. Non è possibile assegnare ai Locali una fase di demolizione; essi esistono e sono visualizzabili unicamente nelle viste con fase corrispondente alla fase di creazione del Locale. Stato della fase La Fase della vista corrente e le proprietà della Fase di creazione e della Fase di demolizione di un oggetto collaborano per definire lo stato di quello specifico elemento, ossia definiscono se lo specifico oggetto con la specifica vista attiva sia: nuovo, esistente, demolito o temporaneo. Lo stato di un oggetto, definito in Revit Stato della Fase, non è, infatti, assoluto, ma relativo alla vista attiva. In funzione del valore della Fase della vista corrente, ogni oggetto risulta:
Nuovo: la Fase di creazione dell’elemento corrisponde alla fase della vista corrente;
Esistente: la Fase di creazione dell’elemento è antecedente in termini temporali rispetto la fase della vista corrente;
Demolito: la Fase di creazione dell’elemento è antecedente in termini temporali rispetto la fase della vista corrente, mentre la Fase di demolizione dell’elemento corrisponde con la fase della vista corrente;
Temporaneo: la Fase di creazione e di demolizione dell’elemento corrispondono entrambe alla fase della vista corrente.
Un esempio di oggetto con stato Temporaneo è l’oggetto Ponteggio, che è presente nel progetto per un periodo limitato e finito di tempo, di conseguenza è un oggetto che “nasce e muore” in una stessa fase del progetto. In funzione dello Stato della fase di un oggetto e del filtro della fase di lavoro impostato, l’oggetto stesso è visualizzato differentemente all’interno della vista: ogni Stato della fase definisce il colore e il tipo di linea con cui l’oggetto è rappresentato. Queste caratteristiche di rappresentazione sono visualizzabili e, in funzione delle esigenze, modificabili nell’editor delle fasi nella scheda Sostituzioni grafica.
Figura 2.11
Editor delle fasi: Sostituzioni grafica delle fasi.
Filtri delle fasi di lavoro I filtri delle fasi di lavoro sono impostati dall’utente per ciascuna vista nelle proprietà istanza della vista. In funzione del filtro impostato, della Fase della vista corrente e della Fase di creazione e demolizione degli oggetti, gli oggetti stessi sono visualizzati in modo differente. Di default esistono quattro filtri delle fasi: Comparativa, Mostra tutto, Stato di fatto e Stato di progetto. Ciascun filtro delle fasi mostra gli oggetti in modo differente in relazione allo Stato della fase.
Figura 2.12 Editor delle fasi: Filtri delle fasi di lavoro.
Un oggetto in funzione del filtro e dello Stato della fase può essere visualizzato:
Per categoria: l’oggetto è visualizzato con le impostazioni di visibilità e rappresentazione relative alla categoria di appartenenza.
Sostituito: l’oggetto è visualizzato mediante le impostazioni di rappresentazione definite dagli Stati della fase nella scheda Sostituzioni grafica.
Non visualizzato: l’oggetto non viene visualizzato nella vista. Le fasi sono utili alla realizzazione delle tavole comparative di demolizione costruzione (gialli-rossi), in quanto identificano le sequenze temporali in cui avvengono le modifiche del progetto. Se ad esempio si considera una vista attiva con fase SDP (Stato di Progetto), gli oggetti del modello, in relazione allo Stato della fase dipendente dalle proprietà di Fase di creazione e demolizione, saranno visualizzati come segue:
Esistenti: visualizzati con linee continue nere (oggetti che erano presenti prima della nuova fase e che sono rimasti invariati);
Demoliti: visualizzati con riempimento di colore giallo (ad esempio nel caso di demolizione di un Muro nella fase di ristrutturazione);
Nuovi: visualizzati con riempimento di colore rosso (ad esempio nel caso della creazione di un nuovo Muro nella fase di ristrutturazione);
Temporanei: visualizzati con linee tratteggiate di colore nero, in quanto indicano quegli elementi in cui la Fase di creazione coincide con quella di demolizione (per esempio ponteggi, attrezzature di cantiere).
2.4 M ODELLAZIONE DELLE MASSE
La modellazione per masse consente di rappresentare in modo generico i volumi degli edifici. Tale metodo di modellazione, in prima battuta, non prevede l’utilizzo di elementi tecnici, ma solo di solidi. Le masse sono particolarmente utilizzate per la fase di concept design, sia in termini di esplorazioni architettoniche, sia in termini di studi volumetrici, ossia, possono essere utilizzate per definire la composizione architettonica relativa agli ingombri degli edifici e del contesto urbano. La prima fase di definizione del concept di progetto, comprende una definizione preliminare del corpo di fabbrica. Si passa da una impostazione volumetrica di base, con attenzione all’inserimento nel lotto, nel contesto circostante e paesaggistico, fino ad una definizione preliminare della planimetria esterna dell’area di progetto, individuando gli accessi all’area, le aree coperte e scoperte, i percorsi interni ed esterni. In questa fase è possibile anche assegnare elementi tecnici alle superfici delle masse (cfr. 2.7), con una prima ipotesi delle tecnologie e materiali da utilizzare, nonché della disposizione delle aperture. L’obiettivo principale di una modellazione per masse, in questa fase preliminare di progetto, è poter effettuare analisi sull’idea progettuale, quando ancora quest’ultima risulta poco definita. In questo modo si ha la possibilità di effettuare modifiche anche radicali agli edifici in progetto, con un impatto minimo in termini di tempi e costi sul processo progettuale. Il caso studio scelto per il capitolo sulla modellazione per masse è un lavoro sviluppato all’interno del progetto Iscol@, per la modellazione informativa del nuovo campus dell’istruzione di Posada. Questo ha previsto l’elaborazione di un progetto utilizzando il metodo della modellazione informativa a partire dal Documento di Indirizzo Progettuale (DIP), dalla definizione del concept di progetto fino alla definizione del progetto strutturale ed impiantistico.
Le analisi possibili per indirizzare e valutare le alternative progettuali sulle masse e a livello volumetrico sono le seguenti:
la verifica dell’azione del vento sui fabbricati;
l’analisi preliminare dell’impatto paesaggistico e dell’inserimento urbanistico nel contesto;
lo studio della luce e degli ombreggiamenti reciproci degli edifici in funzione del posizionamento di quello (o quelli) di progetto. Tramite queste attività è possibile effettuare una verifica dell’ingombro degli edifici, definire gli spazi coperti e gli spazi aperti; nelle fasi successive della modellazione, dalle superfici delle masse è possibile generare elementi tecnici di costruzione (Muri, Tetti, Pavimenti, Facciate continue), in modo da mantenere potenzialmente la continuità di utilizzo del modello e proseguire con l’implementazione del dettaglio grafico e informativo degli oggetti secondo le fasi di progetto. Grazie ad una prima definizione delle superfici verticali opache/vetrate, delle superfici di pavimento e di copertura delle masse è possibile effettuare analisi, quali:
l’analisi dettagliata, tramite gli elementi tecnici associati, dell’impatto paesaggistico del modello delle masse;
lo studio delle viste dall’area di progetto in relazione al contesto e il paesaggio circostanti;
la simulazione energetica preliminare;
l’analisi dei percorsi, della viabilità e degli accessi all’area;
le valutazioni dimensionali ed economiche preliminari. Le famiglie di massa utilizzabili per questa modalità di modellazione si identificano come segue:
Masse create all’esterno del progetto (formato .rfa):
Masse caricabili: già presenti nella libreria di default di Autodesk Revit con forme piuttosto semplici (parallelepipedo, sfera, corpo a C, corpo a L, etc.).
Masse concettuali: famiglie di massa parametriche, create a partire da template di famiglie già presenti nella libreria di default del software e parametrizzabili in tutte le loro proprietà.
Masse create all’interno del progetto (famiglie locali):
Masse locali: masse create all’interno del progetto da parte dell’utente e non esportabili in formato .rfa.
Figura 2.13 Flussi di lavoro per la creazione dei diversi tipi di massa nel modello di progetto.
La prima impostazione da verificare quando si effettua una modellazione per masse è il controllo della Visibilità delle istanze di massa. È possibile modificare la visibilità delle masse nelle viste tramite questa procedura:
nella finestra Sostituzione Visibilità/Grafica attivare la visibilità della categoria Massa, che di default in un nuovo progetto di Autodesk Revit è
spenta;
nella scheda Volumetrie e cantiere scegliere, nella scheda Massa Concettuale, una delle seguenti opzioni di visualizzazione:
mostra massa in base ad impostazioni vista;
mostra forma e pavimenti massa;
mostra tipi di superficie massa;
mostra zone e ombre massa. Una volta impostata la visualizzazione migliore per tutte le viste di lavoro, è possibile procedere con l’inserimento e la creazione delle masse. Per quanto riguarda le famiglie di massa create all’esterno del progetto (caricabili e concettuali), il processo da seguire per il loro inserimento è lo stesso:
caricare, posizionare e vincolare ai Livelli una delle famiglie di default della libreria, o la famiglia parametrica creata, tramite il comando Carica famiglia;
assegnare un materiale alla massa.
Per quanto riguarda le famiglie di massa create all’interno del progetto (masse locali), il processo da seguire per la loro creazione è il seguente:
con il comando Massa locale si crea una nuova Massa a partire dal contorno di base;
dal profilo creato si crea la forma (Solido per estrudere un volume o raccordare i contorni inferiore e superiore mediante una forma solida, oppure Vuo-to per realizzare un volume utile per le operazioni di sottrazione e modifica delle forme solide). Infine, per creare una nuova massa concettuale si Selezionare un modello di Massa metrica della famiglia di base da cui partire per la modellazione geometrica della massa rispetto alle esigenze dell’utente. La modellazione per masse può essere funzionale per la creazione di elementi con forme particolari. È, infatti, possibile realizzare masse con forme complesse e, tramite la creazione di elementi tecnici associati alle superfici delle masse stesse, modellare muri non verticali, pareti o coperture a singola o doppia curvatura. Quindi la creazione di queste tipologie di masse può essere funzionale per la modellazione di elementi tecnici complessi, difficilmente realizzabili con gli strumenti di modellazione messi a disposizione per l’usuale modellazione di elementi tecnici. A questo scopo, si introduce l’interazione tra Autodesk Revit e un software specializzato nella modellazione tridimensionale, Rhinoceros. Questo programma è particolarmente utilizzato in campo progettuale per modellare geometrie insolite o complesse. In questi casi, modellare questi elementi in Autodesk Revit potrebbe risultare non agevole e richiedere un dispendio in termini di lavoro e tempo considerevole, in quanto atipici rispetto alle componenti standardizzate a disposizione nel software. È possibile in questi casi modellare le geometrie complesse tramite Rhinoceros e importarle poi in Autodesk Revit; la geometria creata con Rhinoceros può essere gestita in Autodesk Revit come file importato, da utilizzare unitamente alle masse già modellate, per la fase di definizione del concept di progetto dell’edificio.
Figura 2.14 Modello della scuola di Posada in fase preliminare, realizzato tramite masse locali.
2.5 M ODELLAZIONE DEL CONTESTO
La modellazione del contesto risulta molto importante perché consente di integrare l’edificio nell’ambiente circostante. Si pensi ad esempio a contesti topogra-fici particolari, come la montagna o la collina, ma anche ad edifici inseriti in un contesto urbano. Nel caso in cui l’ambente circostante è per la maggior parte naturale, la modellazione è prevalentemente quella di Superfici Topografiche. La superficie che si genera è composta da curve di livello che uniscono i punti alla medesima quota; tra una curva di livello e la successiva il software unisce i singoli tratti di linee spezzate che compongono le curve tramite una superficie piana inclinata. La Superficie Topografica può essere creata posizionando manualmente i singoli punti che la definiscono oppure da un insieme di curve di livello importabili in formato .dwg o a partire da un file dei punti creati a seguito di un rilievo. L’utilità di una superficie topografica risiede nella possibilità di inserire e visualizzare il progetto all’interno del contesto. Nelle viste tridimensionali e nelle sezioni che si possono tracciare anche sulla volumetria del terreno, è possibile tenere conto dei dislivelli e del loro superamento nella definizione dell’idea progettuale. Questo è evidente nel caso studio presentato, dove un dislivello di 10 m tra il livello stradale e la quota dell’area di progetto ha reso particolarmente utile la superficie topografica per gestire la complessità dei percorsi e della viabilità interna al lotto e rispetto al contesto circostante.
Figura 2.15 Superfici topografiche dell’area di progetto e del terreno circostante.
Nel caso di contesto composto da edifici, la modellazione per masse risulta essere la modalità migliore. In questo caso la modellazione si limita alla creazione di solidi generici, nei quali le uniche informazioni inserite spesso sono le dimensioni dell’edificio. Non sono rilevanti, nella maggior parte dei casi, i dati relativi a materiali e caratteristiche di facciata o della copertura, tuttavia è utile inserirli nel contesto per capire in fase di progettazione come il nuovo immobile si relazioni con quelli esistenti.
Figura 2.16 Inserimento degli edifici della scuola nel contesto circostante.
La modellazione, per quanto semplificata, del contesto circostante, è utile nel processo di definizione dell’idea progettuale in quanto permette di effettuare una prima analisi dell’inserimento paesaggistico del progetto.
2.6 A NALISI PRELIMINARI SULLE MASSE
Le analisi preliminari sono operazioni utili nelle fasi iniziali del processo progettuale, in quanto consentono di verificare nei vari contesti il comportamento dell’edificio (o di parti dell’edificio), senza dover ricorrere ad un modello dettagliato. Queste analisi consentono, inoltre, di valutare alcune alternative progettuali a seconda del loro comportamento, senza la necessità di sviluppare un modello detta-gliato; questa operazione sarebbe infatti inutilmente onerosa. Di seguito verranno analizzate alcune tipologie di analisi preliminari, generalmente eseguibili direttamente tramite il modello di masse, mediante plug-in o altri software:
Verifica dell’azione del vento sui fabbricati eseguita tramite il software Autodesk Flow Design.
Studio della luce e degli ombreggiamenti, eseguita all’interno del modello stesso grazie alla possibilità di visualizzare le ombre dei fabbricati.
Analisi dell’impatto paesaggistico rispetto al contesto, eseguita all’interno del modello stesso e, in fase più approfondita, tramite software di elaborazione di immagini digitali, realizzando foto-inserimenti del progetto. Quest’ultima analisi viene eseguita in fase più avanzata, quando sono presenti gli elementi tecnici, allo scopo di verificare in modo più dettagliato l’ipotesi progettuale già validata nel primo studio con le masse generiche.
2.6.1 Analisi dell’azione del vento sui fabbricati L’analisi dell’azione del vento fa parte delle simulazioni multi-fisiche, di cui si accenna una breve introduzione di seguito. Le analisi multi-fisiche prevedono l’interazione di più discipline ingegneristiche, per creare modelli fisici complessi. Questo tipo di simulazioni è particolarmente diffuso nel campo meccanico (aeronautico e automobilistico). Alcuni esempi di fenomeni multi-fisici sono la convezione naturale (che prevede l’interazione tra meccanica dei fluidi e termodinamica), lo stress termico (interazione tra meccanica strutturale e termodinamica), la combustione. Nel campo delle costruzioni, le simulazioni multi-fisiche riguardano generalmente:
analisi strutturali, includendo lo stress termico dovuto ai cicli di riscaldamento e raffrescamento, oppure la presenza del vento che agisce sulle strutture;
simulazioni termo-fluidodinamiche, ovvero analisi di ponti termici, scambio termico per conduzione, irraggiamento e convezione, flusso nelle condutture, ventilazione naturale;
propagazione della luce e del suono. Anche nel caso di queste analisi, utilizzare la modellazione per masse può essere d’aiuto nelle simulazioni CFD (Computational Fluid Dynamics).
Il software Autodesk Flow Design (software interoperabile con Autodesk Revit), utilizzato per le analisi dell’azione del vento, si configura come una galleria del vento virtuale, che consente di visualizzare in maniera immediata gli effetti del vento a varie velocità su edifici o complessi di edifici, permettendo valutazioni relative all’orientamento e alla geometria. Altri software (ad esempio Comsol Multiphysics) possono dialogare con Autodesk Revit tramite file SAT di ACIS ed essere utilizzati per simulazioni multi-fisiche più evolute in relazione ad analisi acustiche, fluidodinamiche e di scambio termico. L’analisi dell’azione dei venti sui fabbricati risulta fondamentale sia dal punto di vista dell’azione di pressione e depressione generata dal vento sulle facciate dell’edificio, sia per quanto riguarda la dissipazione dell’azione del vento una volta colpito il fabbricato. Nel primo caso l’attenzione è data alla resistenza degli elementi tecnici, quali rivestimenti di facciata, coperture, tettoie ed altri elementi di copertura, rispetto alle azioni del vento e a come ridurre queste ultime richiedendo agli elementi tecnici stessi performance di tenuta all’aria e all’acqua minori. Nel secondo caso lo scopo dell’analisi è ridurre l’azione del vento una volta colpito il fabbricato. La forma delle masse in progetto, infatti, unita alla direzione del vento, può portare ad incanalare il flusso del vento verso corti interne o spazi aperti previsti a progetto: l’azione del vento può essere smorzata o incrementata, generando un discomfort per gli occupanti. L’analisi dell’azione del vento può essere utile per individuare queste condizioni, studiandole e risolvendole già in fase preliminare. Per effettuare queste analisi viene utilizzato un software esterno ad Autodesk Revit, Autodesk Flow Design.
Figura 2.17 Flusso di lavoro per l’esecuzione di un’analisi dell’azione dei venti sui fabbricati tramite Autodesk Flow Design.
Il modello di masse creato in Autodesk Revit può essere estratto come modello tridimensionale in formato .dwg, supportato da Autodesk Flow Design. Alternativamente, come nel caso studio in esame, il formato .dwg può essere ulteriormente esportato tramite Autodesk Autocad in formato .stl, anch’esso supportato da Autodesk Flow Design. Il vantaggio di questa operazione consiste nel peso del file estratto in formato .stl, che risulta più leggero del formato .dwg e maggiormente gestibile per le analisi dei flussi.
L’operazione successiva all’apertura del file in Autodesk Flow Design consiste nell’inserimento delle informazioni relative a direzione rispetto al corpo di fabbrica, ed intensità dei venti. Le informazioni che possono essere ottenute dall’analisi sono:
i livelli di pressione e depressione sulle diverse facciate del fabbricato;
l’intensità delle forze del vento generate in seguito all’impatto con il corpo di fabbrica;
la presenza o meno di vortici causati dall’azione del vento in corrispondenza delle facciate dell’edificio. Nel caso studio in esame sono state modellate due alternative progettuali tramite masse di forma differente, con superficie in pianta confrontabile. Le due alternative sono poi state confrontate tramite Autodesk Flow Design, che ha permesso di quantificare la variazione di pressione sul lato sopravento e sul lato sottovento dei corpi in relazione alla loro forma.
Figura 2.18 Inserimento del corpo di fabbrica a forma di parallelepipedo nel software Autodesk Flow Design.
Figura 2.19 Inserimento del corpo di fabbrica a forma curva nel software Autodesk Flow Design.
Dalle analisi condotte tramite il software Autodesk Flow Design è emerso che il corpo curvo rispetto a quello in linea presenta una riduzione massima della pressione del 27% alle estremità del fronte sopravento e una riduzione del 20% lungo il fronte sottovento. In sintesi, i dati dall’analisi dei flussi hanno confermato le previsioni avute in fase progettuale di definizione della forma del fabbricato, supportando la scelta di un volume rispetto ad un altro minimizzando l’azione del vento.
Dal software Autodesk Flow Design è possibile estrarre video e immagini dello studio effettuato. Entrambi presentano i dati relativi alla dimensione dello spazio in cui è effettuata l’analisi, definito tunnel, e che contiene il corpo di fabbrica, nonché i dati riguardanti la velocità del vento considerata. Di seguito si riportano alcuni vantaggi e svantaggi sull’utilizzo di questo strumento: Tra i vantaggi si possono elencare:
riduzione dell’azione dei venti sul fabbricato porta a minori complicazioni nella successiva fase di definizione del progetto tecnologico, in particolare nella definizione delle maggiori o minori prestazioni meccaniche e di tenuta all’aria;
analisi qualitativa in fase preliminare permette di valutare le diverse alternative di progetto, supportando la fase di definizione dell’idea progettuale;
valutazione dell’azione del vento dopo che ha colpito il fabbricato in progetto, verificando il discomfort causato agli utenti in corti e spazi aperti presenti nell’area di progetto o nell’immediato intorno.
valutazione delle previsioni avute in fase progettuale, in particolare se una forma scelta per il fabbricato sia più performante di un’altra in termini di contrasto dell’azione dei venti. Tuttavia, si sottolinea anche che:
Non è possibile utilizzare i risultati dell’analisi e il software di simulazione per effettuare analisi avanzate e di dettaglio, ma solo analisi qualitative in fase preliminare.
Non è possibile utilizzare questo software per valutare spazi interni ai fabbricati.
2.6.2 Analisi preliminare dell’impatto paesaggistico e dell’inserimento nel contesto L’analisi dell’impatto dell’intervento sul contesto circostante e sul paesaggio è utile per supportare la definizione dei corpi di fabbrica, dell’altezza, forma, dimensione e della posizione nel lotto di progetto. Questo tipo di analisi può essere effettuato in due momenti del processo progettuale e con due differenti livelli di dettaglio:
analisi preliminare: effettuata in fase di definizione dei volumi di progetto con un modello composto da masse. L’analisi a questo livello permette di verificare l’impatto paesaggistico del progetto sul contesto dal punto di vista di forme e volumi, con l’obiettivo di emergere o di mimetizzarsi rispetto all’intorno;
analisi dettagliata:
effettuata sul modello composto da masse e dagli elementi tecnici ad esse associati per una prima definizione di aperture e tipologie di facciate e coperture. L’analisi a questo livello permette di posizionare le aperture e verificare le ipotesi di rivestimenti e tipologie di coperture rispetto al contesto, valutandone l’inserimento paesaggistico;
effettuata sul modello completo, una volta definiti elementi tecnici, aperture, materiali di rivestimento e dettagli costruttivi (cfr. capitolo 3). L’analisi a
questo livello permette di valutare l’inserimento paesaggistico del progetto in una fase avanzata, nonché supportare la scelta definitiva di materiali e dettagli costruttivi. Il vantaggio di questo processo è la possibilità di anticipare un’analisi generalmente effettuata in fase avanzata di progetto, individuando in fase preliminare le eventuali problematiche e riscontri sul contesto. Nello stesso tempo è possibile mantenere un flusso continuativo delle informazioni e dei controlli lungo tutto il processo progettuale. Le viste realizzate in questa analisi permettono di valutare come le masse dell’idea progettuale in fase di definizione si inseriscano nel contesto urbanistico e paesaggistico. Questo tipo di analisi può essere effettuata direttamente in Autodesk Revit: di conseguenza viene utilizzato unicamente il modello informativo realizzato nel software di BIM Authoring.
Figura 2.20 Flusso di lavoro per effettuare un’analisi preliminare dell’impatto paesaggistico.
La modalità di esecuzione di questa semplice, ma efficace, analisi consiste nella realizzazione di viste da punti rilevanti del contesto. La procedura da seguire è la seguente:
identificare i punti nel contesto circostante dai quali è visibile l’area di progetto, più o meno lontani dalla stessa. Il rilievo fotografico dell’area di
progetto si compone generalmente delle viste interne all’area di progetto, delle viste dall’area di progetto verso il contesto e delle immagini ottenute dai punti di vista/punti panoramici dai quali è possibile vedere l’area. Queste ultime immagini sono utilizzate per realizzare gli inserimenti paesaggistici dell’intervento nel contesto circostante, sia di tipo urbanistico che naturalistico;
definire per i punti di vista individuati la posizione in pianta, più o meno lontana dall’area di progetto, e l’altezza dei punti rispetto ad un Livello base impostato nel modello. L’altezza può essere relativa o assoluta, ossia la quota altimetrica dei punti stessi;
posizionare viste prospettiche tramite il comando Cinepresa. È possibile selezionare il punto di posizionamento della cinepresa in pianta per poi modificarne il parametro Altezza del punto di vista con la quota calcolata al punto precedente per ciascun punto di vista. È necessario modificare anche il parametro Altezza dell’obiettivo aggiungendo al valore impostato per Altezza del punto di vista il valore relativo all’altezza media degli occhi di una persona generica, ossia circa 1,70 m.
Figura 2.21 Inserimento del progetto nel contesto e analisi dell’impatto paesaggistico, vista 1.
Figura 2.22 Inserimento del progetto nel contesto e analisi dell’impatto paesaggistico, vista 2.
Ciascuna delle viste generate può essere estratta sotto forma di immagine tramite il percorso seguente: Esporta > Immagini e animazioni > Immagine (scegliendo formato e posizione di salvataggio). In generale, l’analisi risulta di semplice e immediata realizzazione; essendo effettuata direttamente tramite Autodesk Revit, è possibile valutarne immediatamente gli effetti sulle viste realizzate, identificando miglioramenti o problematiche a seguito di modifiche e aggiornamenti sull’edificio.
Tuttavia, è possibile valutare unicamente la relazione tra i volumi del progetto e il contesto, ad un livello di dettaglio grafico molto basso, modellando il contesto circostante.
2.6.3 Studio della luce e degli ombreggiamenti Lo studio della luce e degli ombreggiamenti dei singoli fabbricati, degli ombreggiamenti reciproci tra i corpi di fabbrica e rispetto al contesto circostante è un’analisi fondamentale in fase preliminare di progetto. Infatti devono essere considerati, da un lato, la necessità di ricevere il maggior apporto di luce naturale possibile negli ambienti occupati per molte ore al giorno, dall’altro il tentativo di garantire l’ombreggiamento nel periodo estivo, ottimizzando l’installazione di frangisole o di altri dispositivi di schermatura. In fase preliminare di definizione dell’idea progettuale, con un modello composto da masse, questo tipo di analisi ha lo scopo di verificare anche gli ombreggiamenti dati dai corpi stessi, e il periodo del giorno e dell’anno in cui gli apporti solari gratuiti sono massimi. Dai risultati di questi controlli è possibile comprendere se la forma e posizione ipotizzata risponda agli obiettivi introdotti all’inizio del paragrafo, o se sia necessario effettuare delle modifiche in una fase in cui il progetto non si trova ancora ad un livello di dettaglio elevato e quindi una sua modifica non determini con aumenti in termini di costi e tempi.
Figura 2.23 Flusso di lavoro per l’esecuzione di Studi della luce solare.
La prima operazione da eseguire, se non già effettuata in fase preparatoria alla modellazione, consiste nella definizione della posizione geografica dell’area di progetto. Con il comando Località nella scheda è possibile georeferenziare il modello, definendone la posizione geografica. In questo modo, il movimento del sole, le ore di luce e di buio, le caratteristiche delle ombre saranno impostate rispetto alla località in cui è posizionata l’area di progetto.
Lo studio della luce e degli ombreggiamenti si effettua direttamente tramite il modello all’interno di Autodesk Revit, definendo alcune impostazioni che si trovano nella barra inferiore dell’interfaccia grafica del programma:
Ombre: è necessario attivarle per poter vedere gli ombreggiamenti creati dai volumi sul suolo, sulla topografia, sul contesto o sugli altri fabbricati del lotto di progetto;
Percorso del sole: è necessario modificare le Impostazioni sole; dal comando specifico si apre una finestra in cui è possibile impostare la luce del sole in funzione del giorno dell’anno e dell’ora del giorno. Una volta attivate le ombre e impostate le caratteristiche della luce, si possono effettuare gli studi della luce solare tramite le relative impostazioni; è possibile anche impostare lo studio dell’analisi su più giorni. In questo modo è possibile impostare la durata dello studio solare introducendo i giorni dell’anno e gli orari di inizio e fine dell’analisi, scegliere l’intervallo di tempo tra un fotogramma e il successivo e quale livello del modello informativo impostare come Piano del terreno. Confermando le scelte e avviando l’animazione è possibile visualizzare nella vista corrente gli ombreggiamenti e l’intensità della luce sui fabbricati.
Figura 2.24 Impostazione della luce solare su un giorno per la verifica degli ombreggiamenti.
Figura 2.25 Impostazione della luce solare su più giorni per la verifica degli ombreggiamenti.
Figura 2.26 Studio sulla luce solare e degli ombreggiamenti sulla scuola di Posada nel solstizio d’estate.
Figura 2.27 Studio sulla luce solare e degli ombreggiamenti sulla scuola di Posada nel solstizio d’inverno.
È possibile, quindi, esportare i risultati dell’analisi svolta: sarà esportato un file immagine o un file multimediale in formato .AVI della vista corrente e con le impostazioni dello studio solare definite. Tramite Autodesk Revit, quindi, è possibile valutare l’apporto luminoso e gli ombreggiamenti dei corpi con una procedura molto semplice e veloce, diversamente da quanto accade in un processo tradizionale, nel quale il
disegno delle ombre su prospetti, sezioni e viste del progetto risulta un’operazione onerosa in termini di tempo.
2.7 CREAZIONE DI ELEMENTI TECNICI A PARTIRE DALLE MASSE
Una volta definita una prima ipotesi del concept di progetto, grazie al supporto dei risultati delle analisi effettuate in fase preliminare sulle masse modellate, è possibile sfruttare la potenzialità della modellazione per masse per generare elementi tecnici a partire dalle masse stesse. Questa modalità permette di passare da una progettazione per volumi generici ad un livello di dettaglio maggiore, tramite l’applicazione di elementi tecnici (Muri, Pavimenti, Tetti) alle masse e il conseguente ottenimento di un modello più dettagliato. Una volta realizzati gli elementi tecnici associati alle masse, è possibile definire un primo posizionamento e dimensionamento delle aperture; a questo scopo è utile, in questa fase, definire una prima disposizione planimetrica del progetto. Questa risulta ancora una fase preliminare di definizione del progetto e delle sue parti, nella quale è possibile effettuare modifiche rilevanti senza influire negativamente in termini di tempi e costi sul processo progettuale. In un processo tradizionale il passaggio dalla fase di concept design ad una fase di definizione maggiore, tramite elementi tecnici, prevede generalmente la necessità di ridisegnare gli edifici al livello di dettaglio differente da quello della fase precedente. In un processo progettuale di questo tipo, gli elaborati realizzati nella fase preliminare di definizione dell’idea progettuale non sono riutilizzati nella fase di definizione di pacchetti tecnologici e disposizione planimetrica dettagliata. Di conseguenza, in un processo tradizionale, in questa fase risulta maggiormente oneroso effettuare modifiche rilevanti al progetto. Tramite la modellazione informativa, invece, l’associazione di elementi tecnici alle masse, create e validate nella fase di concept design, consente di effettuare la modellazione ad uno step più avanzato partendo dallo stesso modello, senza dover modellare nuovamente l’edificio. Il modello con masse ed elementi tecnici applicati è utile per l’esecuzione di alcune analisi allo scopo di validare ulteriormente l’ipotesi progettuale in via
di definizione, ad un livello di dettaglio ancora non avanzato. Le analisi che possono essere effettuate sono le seguenti:
analisi dettagliata dell’impatto paesaggistico rispetto al contesto: eseguita all’interno del modello stesso e tramite software di elaborazione di immagini digitali, realizzando foto-inserimenti dell’ipotesi progettuale nel contesto circostante urbanistico e paesaggistico. L’obiettivo dell’analisi è di verificare in modo più dettagliato il progetto già validato tramite l’analisi preliminare dell’inserimento paesaggistico, ed eventualmente modificato, in fase preliminare con lo studio dei volumi;
studio delle viste dall’area di progetto verso il contesto e il paesaggio circostanti: questa analisi può essere effettuata direttamente all’interno di Autodesk Revit e, successivamente elaborando gli output tramite software di elaborazione di immagini digitali;
simulazione energetica preliminare: eseguita tramite il plug-in Insight 360 di Autodesk Revit;
analisi dei percorsi, della viabilità e degli accessi all’area: eseguita tramite un plug-in di Autodesk Autocad chiamato Autodesk Vehicle Tracking, il quale effettua le analisi sulle piante in formato .dwg estraibili dal modello informativo;
valutazioni dimensionali ed economiche preliminari: possono essere effettuate direttamente tramite Autodesk Revit, calcolando le superfici di pavimento ed eventualmente le volumetrie utilizzando Abachi per il computo metrico. Tramite i dati ottenuti è possibile valutare l’ipotesi progettuale rispetto al budget a disposizione;
L’associazione di Elementi Tecnici alla massa in questa fase della modellazione risulta facile e veloce grazie ai pochi passaggi da compiere, elencati nel seguito. La scheda di riferimento per la gestione delle masse e l’associazione di elementi tecnici alle masse è Volumetrie e cantiere, nella quale trovano i comandi per creare gli elementi tecnici Facciate continue, Tetti e Muri (cfr. § 3.1) a partire dalle superfici delle masse; inoltre, è anche possibile realizzare Pavimenti (cfr. § 3.1) ai diversi Livelli impostati nel modello. Selezionando il comando per l’associazione di un elemento tecnico ad una massa, ad esempio un Muro da superficie, la prima operazione da eseguire consiste nella scelta del Tipo di elemento tecnico da associare (es. Muro da superficie > Tamponamento Esterno - 38 cm). Nella Barra delle opzioni si trovano le impostazioni dei valori di Livello, Altezza e Linea di ubicazione rispetto ai quali creare il Muro da superficie. A questo punto è necessario selezionare la superficie della massa alla quale si vuole assegnare l’elemento tecnico e, in automatico, esso verrà associato alla massa stessa, ad es. un Muro da superficie.
Figura 2.28 Selezione del Tipo di elemento tecnico da associare alla massa del progetto.
Figura 2.29 Selezione dei vincoli per la creazione dell’elemento tecnico.
Nel caso in cui siano modificate caratteristiche della massa, quali forma o altezza, gli elementi tecnici ad essa associati si aggiornano in automatico tramite il comando Aggiorna in base a superficie. È possibile, inoltre, creare Facciate continue e Tetti rispetto alle superfici della massa, utilizzando dal gruppo Modello da superficie i comandi Sistema di facciate continue da superficie o Tetto da superficie.
Figura 2.30 Associazione dell’elemento tecnico alla superficie di massa.
Figura 2.31 Selezione del comando per l’aggiornamento automatico dell’elemento tecnico associato alla massa.
Figura 2.32 Creazione del Tetto e Sistema di facciate continue da superficie associati alla massa.
Per la creazione dei Pavimenti di massa occorre selezionare la massa stessa e scegliere il comando Pavimenti di massa. È, quindi, necessario selezionare i Livelli del modello ai quali posizionare i pavimenti di massa. Una volta terminata la creazione degli elementi tecnici (Muri, Facciate Continue, Tetti e Pavimenti) è possibile cancellare o spegnere la massa e mantenere visibili i componenti creati. Nel caso in cui la massa sia solamente spenta, risulta ancora possibile modificare caratteristiche della
massa e aggiornare gli elementi tecnici con il comando Aggiorna in base a superficie. Al contrario, se la massa viene cancellata si perde l’associazione tra elemento tecnico e massa.
Figura 2.33 Creazione dei Pavimenti di massa.
Figura 2.34 Visualizzazione degli elementi tecnici associati alla massa.
Tutti gli oggetti creati da superficie sono visualizzabili anche dagli Abachi. Per il conteggio delle Facciate continue è possibile creare un Abaco dei Pannelli di Facciata Continua.
2.7.1 Analisi dettagliata dell’impatto paesaggistico e dell’inserimento nel contesto L’inserimento paesaggistico dell’intervento nel contesto, effettuato in fase preliminare sul modello composto da masse (cfr. § 2.6.2), ha finora supportato la fase preliminare di definizione dell’idea progettuale. Una volta ottenuta la prima ipotesi progettuale tramite masse e associati gli elementi tecnici, è possibile approfondire questo tipo di studio aggiornando le viste realizzate e, valutando quindi l’impatto paesaggistico del progetto sul contesto in modo più dettagliato. Infatti, il modello, per effetto della presenza di facciate continue o di singole aperture, di coperture ed altri elementi tecnici, produce un effetto visivo totalmente differente rispetto ad una massa generica, quando posizionato all’interno di un contesto. L’esecuzione di questa analisi può comportare, in termini di tempo, un impegno certamente maggiore della medesima analisi effettuata in modo preliminare sulle masse; si rivela tuttavia particolarmente utile nei casi in cui l’area di progetto si trovi in posizione panoramica o immersa in un contesto pregevole in termini urbanistici o naturalistici. In questi casi, approfondire l’analisi dell’inserimento paesaggistico del progetto può essere di supporto tanto per la fase progettuale, quanto per la fase di approvazione del progetto da parte degli Enti, quali la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, o da parte della committenza pubblica o privata.
Figura 2.35 Flusso di lavoro per l’esecuzione di un’analisi dettagliata dell’impatto paesaggistico.
La procedura è la seguente:
individuare tra l’insieme dei punti di vista, utilizzati per l’analisi in fase preliminare, quelli dai quali si rileva il maggior impatto paesaggistico e urbanistico dell’intervento;
estrarre nuovamente le immagini delle viste in Autodesk Revit dai punti scelti, impostando Realistico o Linea nascosta come valore dello Stile di visualizzazione dalla barra inferiore dell’Interfaccia grafica, in funzione del risultato che si vuole ottenere;
un’alternativa al punto precedente è quella di realizzare delle viste renderizzate, grazie al rendering in Cloud. La renderizzazione in cloud permette di continuare a lavorare sul modello informativo, in quanto l’operazione di produzione del render avviene su server online, di conseguenza il software in locale può contemporaneamente eseguire altre operazioni;
selezionare tra le immagini che compongono il rilievo fotografico, quelle relative ai punti di vista scelti e che meglio si prestano ad effettuare un fotoinserimento. Gli aspetti da tenere in considerazione per la realizzazione e scelta degli scatti sono: scegliere l’orario migliore per il progetto e in funzione della posizione del punto di vista rispetto all’area di progetto, evitando l’orario di mez-zogiorno e le situazioni di controluce; assicurarsi che la posizione dell’area di progetto sia facilmente individuabile nell’immagine; cercare per quanto possibile di evitare elementi di disturbo in posizione centrale dello scatto; mantenere durante lo scatto la “macchina fotografica” quanto più possibile parallela al terreno evitando così distorsioni dell’immagine; mantenere alcuni elementi di riferimento dei quali si conosce la dimensione per scalare in modo più agevole l’immagine della vista del progetto estratta da Autodesk Revit o renderizzata;
realizzare il foto-inserimento delle viste estratte con Autodesk Revit e delle immagini, realizzate dai punti di vista scelti in fase di rilievo. Questa operazione può essere effettuata tramite software di elaborazione di immagini digitali.
In relazione alla modalità di esecuzione dell’analisi, ossia l’estrazione delle immagini da Autodesk Revit o la renderizzazione e post-produzione delle stesse, gli output dell’analisi sono differenti. Nel primo caso, per ciascuna delle viste generate in Autodesk Revit può essere estratta un’immagine della stessa, nel secondo caso, il formato di output dell’analisi dipenderà dal software scelto per la fase di elaborazione successiva alla renderizzazione; si considera comunque che il formato scelto sarà uno dei formati immagine generalmente utilizzati.
Figura 2.36 Foto-inserimento della vista renderizzata del progetto della scuola nel contesto, vista 1.
Figura 2.37 Foto-inserimento della vista renderizzata del progetto della scuola nel contesto, vista 2.
Questo tipo di approccio permette di effettuare valutazioni di materiali, colori, tessitura e posizione delle aperture nelle facciate e realizzare viste utili all’approvazione del progetto da parte di Enti, quali la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, o da parte della Committenza pubblica o privata. L’utilizzo di un software di elaborazione di immagini digitali per la post-produzione e realizzazione di foto-inserimenti può però comportare un dispendio in termini di tempo e costi del software, rispetto alla
renderizzazione in cloud delle viste o alla semplice estrazione delle immagini da Autodesk Revit, tuttavia i risultati che si possono ottenere sono di qualità nettamente maggiore.
2.7.2 Studio delle viste dall’area di progetto Lo studio delle viste dell’area di progetto verso l’esterno è utile nella fase di definizione della posizione delle aperture e della distribuzione in pianta delle funzioni da inserire nel progetto. Le viste verso l’esterno sono intese come viste pregevoli dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, o possono rappresentare degli scorci sul contesto circostante senza un valore estetico, ma legate alla valorizzazione di punti di riferimento, percorsi o parti del progetto che devono assumere una maggiore rilevanza in quanto parti centrali dell’impianto di progetto. In questa fase in cui alle masse sono associati gli elementi tecnici è possibile effettuare una prima analisi di questo tipo, evidenziando le facciate, gli spazi interni o esterni dai quali la vista verso l’esterno risulta privilegiata. Questo studio risulta importante per la definizione delle funzioni all’interno dell’impianto planimetrico di un fabbricato, dal momento che una sala d’ufficio o un’aula scolastica necessitano di una vista verso l’esterno migliore rispetto ad un locale di servizio. Effettuare questo tipo di studio risulta particolarmente semplice all’interno di Autodesk Revit. Una volta impostata la posizione e l’orientamento corretto dell’edificio e modellato il contesto, è possibile posizionare le viste con il comando Cinepresa, scegliendo di volta in volta la direzione interessata e valutandone il risultato.
Figura 2.38 Flusso di lavoro per effettuare uno studio delle viste dall’area di progetto.
L’output di queste analisi sono immagini delle viste estratte direttamente da Autodesk Revit. Alternativamente, come presentato al precedente paragrafo, è possibile realizzare viste renderizzate e foto-inserimenti tramite scatti del contesto circostante o del paesaggio che circonda l’area di progetto.
Figura 2.39 Foto-inserimento della vista del contesto nella vista renderizzata di un’aula della scuola.
Questo approccio permette di identificare le aree da valorizzare e da studiare in modo approfondito per quanto riguarda aperture e posizione delle stesse. Può generare una gerarchia degli spazi in funzione della qualità della vista e fornire un supporto alla scelta del posizionamento delle diverse funzioni nel fabbricato; per far ciò è ovviamente necessario modellare il contesto circostante l’edificio.
2.7.3 Simulazioni e analisi energetiche e illuminotecniche Le simulazioni energetiche aiutano a definire e ottimizzare, sin dalle prime fasi della progettazione, strategie passive di efficienza energetica, come ad esempio orientamento, volumetrie e geometrie, ombreggiamenti. Tramite questo tipo di analisi, è possibile identificare su quali elementi tecnici investire in termini di prestazioni energetiche nelle successive fasi di progetto. Questa operazione risulta tanto più importante nel caso di edifici complessi, nei quali i fattori geometrici e di forma possono influire in modo considerevole sulle prestazioni dell’edificio. È possibile effettuare simulazioni energetiche sia tramite la scheda Ottimizzazione Energetica, sia tramite l’apposito plug-in Insight360. In realtà anche l’ottimizzazione energetica all’interno del software Autodesk Revit sfrutta Insight 360, ma non necessita dell’installazione di un plug-in ed ha funzionalità limitate.
Figura 2.40 Comandi per Ottimizzazione Energetica
Il flusso di lavoro da seguire per generare simulazioni tramite l’ottimizzazione energetica di Autodesk Revit, basato sulla modellazione di masse, è presentato qui di seguito.
Figura 2.41 Flusso di lavoro per l’impostazione ed esecuzione delle simulazioni energetiche con Autodesk Insight 360.
Figura 2.42 Barra dei comandi per l’utilizzo di Autodesk Insight 360.
Autodesk Insight 360 è un plug-in di Autodesk Revit che esegue questo tipo di simulazioni in cloud². Si può utilizzare sia con modelli preliminari (composti quindi da masse) sia con modelli più dettagliati. È particolarmente utile quando bisogna confrontare diversi scenari. Insight 360 funziona come una black-box: si inseriscono gli input di progetto e si ottengono output senza che sia visibile il procedimento di calcolo. Con Insight360 è possibile comparare diversi scenari di uno stesso modello (ad esempio modificando la percentuale finestrata, o alcune impostazioni relative alla geometria), oppure diversi modelli. I calcoli relativi ai carichi di riscaldamento e raffrescamento sono effettuati tramite EnergyPlus; è possibile effettuare analisi solari, utili per il pre-dimensionamento degli impianti fotovoltaici. Insight360 ha come output una schermata chiamata Insight: da qui è possibile confrontare diversi modelli, oppure ipotizzare soluzioni tecniche differenti, modificando alcune impostazioni, per vedere
come varia il comportamento energetico dell’edificio. Questa schermata è interattiva, e consente quindi di visualizzare in tempo reale le modifiche realizzate sul modello in termini di risposta energetica.
Figura 2.43 Schermata di Insight 360.
Questo approccio permette di confrontare diverse ipotesi valutandone il comportamento energetico e definendo la soluzione migliore con una velocità e immediatezza nella produzione dei risultati. Ovviamente, tramite questo applicativo è possibile ottenere valutazioni preliminari di massima sul
comportamento energetico del fabbricato; di conseguenza i modelli di calcolo e i risultati ottenuti non possono essere utilizzati per effettuare valutazioni di dettaglio nelle successive fasi di progetto, a meno di approfondimenti sui modelli stessi e sui dati inseriti.
Figura 2.44 Impostazioni del modello in Insight 360.
2.7.4 Analisi di percorsi, viabilità e accessi all’area L’analisi dei percorsi, della viabilità e degli accessi all’area ha l’obiettivo di individuare i percorsi possibili per raggiungere l’area con mezzi ordinari o specifici, nonché di definire gli accessi al lotto. Questa analisi può essere utilizzata, nel caso di una scuola, per verificare l’accesso del bus scolastico, specialmente se le vie di accesso all’area hanno una larghezza limitata, come accade spesso all’interno dei centri storici. Inoltre, questo studio può essere utile per verificare l’accesso dei mezzi di cantiere al lotto o ancora dei mezzi di soccorso, quali ambulanza e mezzi dei Vigili del Fuoco anche per una fase più avanzata. L’analisi può essere anche d’aiuto nella progettazione di aree di parcheggio in spazi molto limitati per verificare passaggio, operazioni di inversione e uscita dallo spazio designato. Il software con cui realizzare questo studio è Autodesk Vehicle Tracking, un plug-in di Autodesk Autocad.
Figura 2.45 Flusso di lavoro per l’esecuzione di analisi di percorsi, viabilità e accessi all’area tramite Autodesk Vehicle Tracking.
La procedura per effettuare questa analisi è la seguente:
estrarre dal modello informativo le piante in formato .dwg dei livelli ai quali effettuare l’analisi (o del modello tridimensionale in formato .dwg nel caso di analisi tridimensionale);
aprire la scheda del plug-in di Autodesk Vehicle Tracking all’interno di Autodesk Autocad e realizzare i diversi percorsi dei mezzi tramite i comandi disponibili. È possibile tracciare i percorsi di mezzi con dimensioni standardizzate già presenti nel plug-in o selezionare misure e caratteristiche personalizzate del mezzo con cui effettuare l’analisi. L’analisi dei diversi percorsi si considera validata nel momento in cui l’ingombro del mezzo non si sovrappone agli edifici del contesto visibili in pianta, o in 3D, per tutta la lunghezza del percorso. Tra gli output dell’analisi si trovano: il file in formato .dwg nel quale è riportato il percorso del mezzo, il file in formato .pdf, stampato direttamente da Autodesk Autocad e un video del percorso del mezzo. Nella finestra che si apre è possibile estrarre video e immagini dei percorsi tracciati. Modificando le impostazioni di colore di linee del disegno e sfondo di Autodesk Autocad, inserendo un’immagine dell’area o dell’aerofotogrammetrico del contesto come sfondo per il disegno, è possibile rendere maggiormente chiaro e comprensibile il video del percorso analizzato.
Figura 2.46 Analisi del percorso dei mezzi per l’accesso al lotto della scuola.
L’approccio scelto permette di valutare in fase preliminare il passaggio dei mezzi di soccorso anticipando le necessità delle successive fasi progettuali per ottenere i futuri permessi da parte degli Enti. È possibile inoltre effettuare simulazioni tridimensionali. Queste analisi risultano utili ad esempio nel caso in cui l’accesso al lotto avvenga tramite strade con larghezza limitata o siano presenti sporgenze ed ostacoli quali balconi, tettoie e sporti, che possono risultare problematici in fase progettuale per l’accesso dei mezzi all’area, specialmente se questi ultimi sono mezzi di cantiere quali autoarticolati e autotreni. Autodesk Vehicle Tracking mantiene
al proprio interno la normativa aggiornata relativa a numerose nazioni del mondo, riguardante la dimensione dei mezzi e degli elementi che compongono i tracciati stradali. Tuttavia l’analisi non può essere effettuata direttamente in Autodesk Revit: di conseguenza in caso di modifiche al progetto è necessario estrarre nuovamente le piante o il modello tridimensionale in formato .dwg e reinserirle nel file che contiene i tracciati dei mezzi. Nel caso in cui si effettui una simulazione tridimensionale, è necessario modellare il contesto circostante comprendendo le principali sporgenze degli edifici quali balconi, sporti di gronda, tettoie.
2.7.5 Valutazioni dimensionali ed economiche preliminari Tramite l’assegnazione di parametri alle masse, è possibile estrarre quantità (Quantity Take Off) e computi metrici per un’analisi preliminare a livello urbano. Nel caso di modellazione di contesti urbani, tale analisi permette infatti di ottenere immediatamente il costo complessivo dell’intervento mediante l’attribuzione di un solo parametro (es. costo al m² o m³) a tutte le masse modellate in cui sono stati inseriti i Pavimenti di massa. Modificando parametricamente le masse inserite nel progetto, il costo totale dell’intervento viene automaticamente e dinamicamente aggiornato, fornendo al progettista e al committente un utile strumento decisionale per le successive scelte progettuali. All’interno del Documento di Indirizzo Progettuale (DIP) posto a base di una gara pubblica, generalmente il budget definito per l’intervento è associato a un parametro come il valore di superficie, volume totale, il numero di alunni, numero di letti, numero di postazioni o altre tipologie di parametri. In un DIP per la progettazione di una scuola, come nel caso studio riportato, il budget a base di gara è associato al valore di superficie massima edificabile per il progetto o per le sue diverse parti. In questo caso è sufficiente per il progettista, in fase preliminare, tenere sotto controllo il valore della superficie dei Pavimenti di massa. In particolare, la superficie dei Pavimenti di massa deve essere minore del valore fornito da bando, in modo tale che il progettista abbia da rispettare i limiti di budget fissati. Questa risulta una delle analisi più importanti da effettuare in fase preliminare quando l’ipotesi progettuale è ancora in via di definizione, perché il limite delle superfici edificabili, direttamente correlabile con il costo dell’intervento, spesso risulta uno dei vincoli più limitanti imposti dalla committenza.
Per effettuare una valutazione di tipo dimensionale del concept di progetto è sufficiente creare un Abaco dei Pavimenti di massa; nella finestra che si apre una volta creato l’Abaco è possibile visualizzare e verificare i valori relativi alle superfici di pavimento modellate. Se queste ultime vengono modificate, i valori riportati nell’Abaco si aggiorneranno in automatico, permettendo di tenere sotto controllo le superfici realizzate rispetto al valore massimo impostato dalla Committenza. Nel caso l’obiettivo sia, invece, verificare e monitorare il costo totale dell’intervento, è necessario creare un parametro definito Costo unitario (€/m²) associato ai Pavimenti di massa ed applicare poi il valore di costo unitario alle istanze di Pavimento associate alle masse, compilando il relativo parametro tra le Proprietà istanza dei Pavimenti di massa.
Figura 2.47
Creazione Abaco dei Pavimenti di Massa.
Figura 2.48 Flusso di lavoro per l’estrazione del costo totale dell’intervento.
Figura 2.49 Creazione del parametro Costo unitario (€/m²).
A questo punto è possibile creare l’Abaco dei Pavimenti di massa. Nelle Proprietà dell’Abaco tra i Campi è possibile inserire un Valore calcolato. Questo parametro sarà denominato Costo intervento (€), ottenuto dalla moltiplicazione del parametro Area di pavimento (m²) per il parametro Costo unitario (€/m²).
Figura 2.50 Creazione del Valore calcolato definito Costo intervento (€).
In questo modo è possibile vedere nell’Abaco dei Pavimenti di massa il costo totale dell’intervento come somma delle diverse voci di Costo intervento associate alle superfici dei Pavimenti di massa presenti nel progetto. Se uno dei Pavimenti di massa viene modificato, in automatico i valori di superficie e, quindi, di Costo intervento si aggiornano. In questo modo il Costo totale dell’intervento è sempre aggiornato in relazione alle modifiche intervenute nel progetto.
Figura 2.51 Calcolo del Costo totale dell’intervento rispetto alla geometria di massa.
L’estrazione delle quantità associate a costi unitari, o dei soli valori relativi alle superfici di pavimento, permette al progettista di tenere sotto controllo, durante la fase progettuale preliminare, il costo dell’intervento e, rapportandolo al budget disponibile, verificare la rispondenza del progetto alle esigenze del committente. L’output di questa analisi può essere un foglio di dati in formato .txt estraibile da Autodesk Revit ed editabile poi con software di gestione dati,
come Microsoft Excel, e nel quale siano presenti tutte le informazioni relative alle superfici e al parametro di costo associato. Questa analisi, di semplice realizzazione, è eseguibile direttamente tramite Autodesk Revit: di conseguenza i dati si aggiornano in automatico con l’evolversi del progetto e con la modifica delle masse e pavimenti ad esse associati. Il modello si configura come un contenitore di informazioni, sempre aggiornate. Anche in fase preliminare con la definizione dell’idea progettuale, numerosi parametri informativi possono essere applicati alle masse o agli elementi tecnici ad esse associati. Come appena visto, è possibile inserire il parametro di Costo unitario applicato ai Pavimenti di massa, come visto al precedente paragrafo sulle Valutazioni dimensionali ed economiche preliminari allo scopo di verificare e monitorare il Costo totale dell’intervento. Un altro esempio di parametro informativo associabile a una massa è il parametro S/V, ossia il rapporto tra superficie (s) e volume (v) della massa stessa. Questo parametro si definisce come Valore calcolato tra i Campi di un Abaco, ovvero come rapporto tra la superficie e il volume della massa stessa. Questo dato si utilizza generalmente per la valutazione delle prestazioni energetiche di un edificio in fase preliminare. È possibile inoltre impostare per ciascuna massa il valore di affollamento totale, conoscendo le funzioni ospitate dall’edificio, la tipologia di utenza e il numero di utenti presenti nel fabbricato. In questo modo, tramite un Valore calcolato come rapporto tra l’affollamento e la superficie di Pavimento di massa, si ottiene il valore di persone/m². Questo dato può essere monitorato e, in relazione al valore di persone/m² ottenuto, può aumentare o diminuire le superfici dei Pavimenti di massa in progetto. La verifica di questo valore in fase preliminare anticipa le Crowd Simulation effettuate in fase più avanzata di progetto (cfr. § 5.3), fase in cui sono state definite planimetrie interne, disposizione delle funzioni all’interno degli spazi e numero di occupanti di ciascun locale. Tramite le analisi di Crowd Simulation è possibile verificare l’effettiva disposizione planimetrica e la dimensione di scale interne ed esterne e vie d’uscita in base ai flussi degli utenti, ovvero di verificare il layout planimetrico dell’edificio in progetto. L’analisi dinamica dell’uscita degli utenti dal fabbricato permette di
verificare il rispetto della normativa antincendio riguardante i tempi massimi di deflusso degli occupanti in situazione di emergenza.
Figura 2.52 Impostazione del parametro S/V alla massa.
¹ NBS: National British standard. GSA: U.S. General services Administration. ² Insight360 è, inoltre, prevalentemente legato a standard americani (come ASHRAE) ai quali rimandano tutti i benchmark cui il programma fa
riferimento nella valutazione dell’analisi.
MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI TECNICI
3 Francesco Paleari, Marco Schievano, Mirko Locatelli
Il processo edilizio, a seguito della definizione e verifica dell’ipotesi progettuale di base, prevede la definizione degli elementi tecnici e i relativi requisiti prestazionali. Come spiegato nel capitolo precedente, tramite la modellazione informativa è possibile mantenere sotto controllo un numero
elevato di informazioni sin dalle prime fasi di progettazione e utilizzare i risultati dei controlli al termine della definizione dell’idea progettuale a supporto della successiva fase di progetto. Si passa quindi da una modellazione semplificata per masse, utilizzabile durante la Fattibilità Tecnico-Economica e funzionale alla definizione dei volumi e della sagoma dei corpi di fabbrica, alla modellazione degli elementi tecnici che costituiscono il progetto. La fase in esame può essere identificata con il livello di dettaglio del progetto definitivo ed esecutivo, estendibile alla gestione della fase costruttiva e manutentiva. Il vantaggio principale della modellazione informativa, in questa fase, è quello di porre in relazione diretta gli elementi tecnici e i loro requisiti informativi e prestazionali. Un modello BIM è infatti composto sia dalle informazioni geometriche degli elementi costruttivi (dimensioni e materiali) che da tutte le informazioni che servono per produrre la documentazione per la progettazione, costruzione e gestione dell’edificio (cfr. capitolo. 1). In sintesi, la modellazione geometrica degli elementi è affiancata dalla modellazione informativa, che associa in modo univoco l’informazione agli oggetti tramite l’utilizzo di parametri, introducendo una dimensione ulteriore a quella spaziale nel ciclo di vita dell’edificio; il modello quindi funge da visualizzatore delle informazioni inserite. Il rapporto biunivoco tra informazione ed oggetto evita una possibile perdita, frammentazione o duplicazione dell’informazione e i relativi costi di recupero. Il modello BIM permette infatti di raccogliere tutte le informazioni dell’edificio e trasferirle da una fase del processo all’altra in modo non frammentato ma strutturato. La modellazione geometrico-informativa degli elementi tecnici è fondamentale per diversi scopi (BIM use cfr. § 1.2), alcuni dei quali sono riportati di seguito:
progettazione integrata tra i diversi soggetti che partecipano alla concretizzazione dell’idea progettuale, al fine della produzione di elaborati di progetto grafici e non grafici coerenti e coordinati tra loro;
creazione di elaborati grafici come disarticolazioni tecnologiche e piante tematiche che consentono agli operatori della costruzione di visualizzare in modo univoco e immediato gli elementi interessati dalle lavorazioni da svolgere in sito;
inserimento di parametri e informazioni all’interno degli elementi tecnici con il fine di estrarre un capitolato prestazionale degli stessi requisiti e specificazioni;
inserimento di parametri e informazioni relativi al costo delle lavorazioni degli elementi tecnici allo scopo di estrarre quantità, per la redazione di computi metrici estimativi;
inserimento di parametri e informazioni relativi al tempo e alle fasi di costruzione degli elementi tecnici per pianificare la costruzione dell’opera;
analisi energetiche mediante la definizione delle proprietà termiche degli elementi e l’interazione con altri software specifici in grado di simulare il comportamento del sistema edificio-impianto;
inserimento di parametri e informazioni relative alla manutenzione degli elementi tecnici e impiantistici dell’edificio, utilizzabili per gestire e verificare le operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria;
collegamento con un database patrimoniale, al fine della gestione immobiliare dell’asset.
Alla luce degli scopi sopra illustrati, nel capitolo viene illustrato cosa si intende per progettazione BIM architettonica, strutturale, impiantistica, e quali siano le principali caratteristiche. Vengono presentate le scelte di base per pianificare in modo strutturato la modellazione e creazione degli Elementi Tecnici delle tre discipline, la loro denominazione, codifica e modifica, unitamente al concetto di oggetti parametrici. Seguendo una pianificazione della modellazione rispetto alle discipline (cfr. § 1.11) e ipotizzando la realizzazione di almeno tre modelli differenti (architettonico, strutturale e impiantistico), si entra nel merito della modellazione per elementi tecnici, di cui si presenta il flusso di lavoro per la creazione dei modelli BIM. Tali modelli dovranno poi essere collegati tra loro in modo da relazionare gli oggetti e costituire il modello BIM d’insieme (multidisciplinare). Per la condivisione, il coordinamento, e il controllo delle discipline dei modelli BIM si rimanda al capitolo 5.
Figura 3.1 Organizzazione dei modelli.
Per agevolare la lettura del capitolo, la modellazione geometrica e informativa degli elementi tecnici è stata suddivisa e organizzata secondo le tre discipline (architettonica, strutturale impiantistica). Ad ogni disciplina è associato almeno un modello BIM. Inoltre in ogni paragrafo è riportata un’introduzione alle strategie di base per una corretta pianificazione del modello, una definizione dettagliata degli aspetti relativi alla modellazione dell’informazione geometrica degli elementi e le best practice adottabili per una più agile produzione e gestione del modello. La successiva suddivisione all’interno dei paragrafi riprende l’organizzazione interna del software di BIM Authoring Autodesk Revit per le differenti tipologie di Famiglie delle quali vengono definite le Proprietà di tipo, istanza e temporanee. Infine viene illustrata la modellazione delle informazioni con esempi riguardanti il caso studio, questa parte è da leggere in parallelo al capitolo 7 il cui focus sono proprio le informazioni inseribili ed estraibili dal modello BIM. In alcuni passaggi del capitolo si è scelto di riportare volutamente frasi e flussi di lavoro analoghi per gli oggetti trattati, in modo da poter considerare ogni paragrafo di disciplina (architettonico, strutturale, impiantistico) a sé stante, ri-badendo le metodologie da utilizzare. Come caso studio di riferimento in questo capitolo si riporteranno alcune immagini tratte dal modello BIM della Scuola secondaria di primo grado a Liscate. Come riportato nel capitolo 2, prima di iniziare la modellazione è necessario definire i seguenti aspetti: 1. Template: (cfr. § 2.3), ogni Template contiene impostazioni, standard, proprietà e caratteristiche di default del software o definite dall’utente. In questo caso, se l’utente ha creato o personalizzato un template per la modellazione della disciplina è bene partire da quello impostato secondo i propri standard o scegliere dai modelli di default già presenti.
2. Definizione dell’ambiente di lavoro:
Spaziale: quando si inizia a modellare l’edificio è necessario definire il “foglio di lavoro virtuale tridimensionale” su cui disegnare. Se il modello architettonico è collegato a quello strutturale, è utile copia-controllare (per controllare e revisionare in modo incrociato le modifiche apportate agli elementi di un modello collegato) le griglie e i livelli strutturali, in modo da iniziare la modellazione tenendo in considerazione gli elementi strutturali già modellati dal team di progettisti di strutture, mantenendo il modello strutturale come riferimento, e agevolando la collaborazione e la condivisione delle informazioni. Nel caso in cui invece il modello architettonico sia la base per la modellazione dell’edificio, è necessario inserire Griglie e Livelli: tali elementi consentono di creare le condizioni di vincolo per gli oggetti da modellare, sfruttando le caratteristiche fondamentali della modellazione parametrica.
Temporale: definizione della fase in cui si creano gli oggetti. L’impostazione di default di Autodesk Revit attribuisce agli oggetti inseriti come Fase di creazione il valore della fase della vista corrente e come Fase di demolizione “Nessuno”. Le fasi devono poi essere personalizzate dall’utente che deve crearle e attribuirle agli elementi in funzione di quella di costruzione dell’edificio o degli obiettivi per cui deve essere utilizzato il modello (cfr. § 2.3.1). Se, per esempio, il modello deve essere utilizzato per una ristrutturazione o modifica di layout interni, è utile creare una fase per ogni periodo distinto della vita del progetto. È possibile utilizzare le fasi sia per la realizzazione delle tavole progettuali (es. tavole comparative demolizioni-costruzioni “gialli-rossi”) sia per l’utilizzo degli Abachi, che permettono di ottenere le informazioni degli oggetti filtrati per Fase, e di conseguenza preparare i documenti progettuali e
i computi metrici estimativi dell’intervento di ristrutturazione. Questi strumenti sono utili se il modello BIM viene realizzato anche per monitorare l’avanzamento della costruzione in cantiere, realizzando un modello 4D. 3. Libreria oggetti: l’architettura del software Autodesk Revit suddivide tutti gli oggetti per Categorie, le cui famiglie possono essere di sistema, caricabili o locali (cfr. § 2.1.3). In questa fase è necessario creare tutte le Famiglie e i Tipi di oggetti da inserire nel template di partenza scelto per iniziare la modellazione. 4. Inserimento degli oggetti nel template e creazione del modello dell’edificio: in questa fase gli oggetti creati vengono inseriti nei template, e mediante le relazioni tra essi, avviene la creazione del modello BIM della disciplina. Prima di presentare le modalità di creazione e modifica degli elementi tecnici è utile ricordare la differenza tra Tipo e Istanza. Il Tipo è un insieme di oggetti appartenenti ad una famiglia in cui vengono definite alcune caratteristiche comuni come dimensioni, stratigrafia, materiale e retino. L’Istanza è il singolo oggetto modellato, più istanze di Muro possono essere di un Tipo. Ogni Istanza è identificabile univocamente rispetto alla sua posizione, geometria, caratteristiche e dal proprio codice ID. Tale codice è univoco e non modificabile; una volta eliminato l’oggetto il relativo ID non viene riutilizzato: ciò è fondamentale per identificare l’oggetto univocamente nel database, in questo modo viene eliminata la possibilità di avere elementi aggiornati/modificati con lo stesso ID. Di seguito un esempio della differenza tra Tipo e Istanza: Famiglia: Porta 1 anta;
Tipo:
80x210cm;
90x210cm;
120x210cm;
Istanza: ogni porta inserita nel progetto è un’istanza e ha un ID diverso:
80x210cm ID: 134513;
80x210cm ID: 134554.
Figura 3.2 Istanza Porta (ID: 134513).
Figura 3.3 Istanza Porta (ID: 134554).
3.1 M ODELLAZIONE ARCHITETTONICA
Seguendo il flusso di lavoro appena presentato, per la modellazione Architettonica occorre definire i seguenti aspetti: 1. Template:
template creato o personalizzato dall’utente;
template di default “Modello architettonico”. 2. Definizione dell’ambiente di lavoro.
Spaziale:
inserimento Griglie e Livelli nel modello architettonico da utilizzare come riferimenti e vincoli per gli oggetti (cfr. § 3.2);
copia-controlla Griglie e Livelli strutturali.
Temporale, attribuzione delle fasi agli oggetti. (cfr. § 2.3.1):
Fase di creazione;
Fase di demolizione. 3. Libreria oggetti Le famiglie di oggetti utilizzabili per la disciplina architettonica che è possibile inserire per la creazione del modello architettonico, sono suddivise come segue:
Famiglie di sistema
Muri;
Pavimenti;
Tetti;
Controsoffitti;
Scale;
Rampe;
Ringhiere;
Locali (cfr. § 4.1);
Piattaforme;
Posti auto.
Famiglie caricabili
Finestre;
Porte;
Pilastri;
Sistema – Pannelli – Montanti di facciata continua;
Arredi;
Arredi fissi;
Modelli generici;
Componenti di planimetria;
Etc. 4. Inserimento degli oggetti nel template e creazione del modello dell’edificio. Il modello dell’edificio viene realizzato inserendo le famiglie di sistema e caricabili preparate, considerando che alcune famiglie caricabili devono essere necessariamente inserite dopo le famiglie di sistema, in quanto quest’ultime sono elementi ospitanti delle famiglie caricabili (es. Muro per Finestra). Di seguito si riporta il flusso di lavoro ripetibile per la modellazione degli elementi architettonici.
Figura 3.4 Flusso di lavoro per la modellazione architettonica.
Nel proseguimento del capitolo si riportano le principali proprietà da tener presente durante il processo di creazione e inserimento di oggetti di famiglie di sistema e caricabili, di cui si riporta il flusso di operazioni da svolgere per qualsiasi elemento si stia modellando.
Figura 3.5 Sequenza di operazioni per la creazione di un oggetto.
3.1.1 Famiglie di sistema
3.1.1.1 Muri Nel software sono a disposizione tre tipologie di Muro:
architettonico: muro non avente funzione strutturale portante (il software identifica come portanti gli elementi tecnici che sono utilizzabili nel modello di calcolo strutturale);
strutturale: muro con funzione strutturale (parte strutturale del pacchetto tecnologico utilizzabile ai fini del calcolo strutturale);
da superficie di massa, a cui è possibile associare alla superficie un muro architettonico o strutturale, questo comando è comodo nel caso si debbano modellare Muri complessi associandoli a delle masse. La categoria Muri include tre famiglie di sistema (trattandosi di famiglie di sistema si ricorda che il numero di famiglie non è modificabile):
Muro di base, elemento muro per la costruzione di una parete interna o esterna opaca, in cui è possibile definire strati, spessori e materiali che lo compongono;
Facciata continua, elemento utilizzabile per la costruzione di una parete interna o esterna trasparente suddivisibile sia in senso verticale che
orizzontale;
Muro sovrapposto, elemento costituito da due o più sottomuri (tipi diversi). I sottomuri possono avere differenti spessori, differente stratigrafia e materiali ed altezze diverse. Uno dei sottomuri deve avere un’altezza fissa mentre l’altro avrà altezza variabile; il muro è comunque parametrico e collegandolo ai livelli mantiene le altezze definite nella modifica della struttura del muro sovrapposto. Lo svantaggio dell’utilizzo di Muri sovrapposti è quello legato alla non presenza di parametri di tipo, i quali non possono esservi assegnati, in quanto appunto costituito da tipi differenti. Creazione e modifica di un Muro di base architettonico:
selezionare il comando Muro e utilizzare i comandi di base per il disegno del muro (linea, rettangolo, poligono inscritto o circoscritto, cerchio, arco inizio/ fine-centro/fine-tangente, seleziona linee, seleziona superfici). In particolare questi ultimi due comandi permettono di creare oggetti Muro semplicemente selezionando linee di disegno, annotazione, riferimenti CAD importati nel progetto o superfici di masse modellate precedentemente;
dopo aver creato le istanze dei Muro è possibile utilizzare i comandi di base per la modifica: allinea, sposta, copia, offset, specchia, specchia con asse, ruo-ta, riduci/estendi, dividi, dividi con spazio, blocca, matrice lineare/radiale, scala. Particolare attenzione merita l’utilizzo del comando Copia Oggetti ai Livelli Selezionati: per accelerare il processo di modellazione è possibile copiare gli oggetti selezionati ai livelli superiori (mediante i comandi Copia negli Appunti e Incolla Allineato ai Livelli Selezionati, ma occorre verificare sempre gli offset, dato che se l’interpiano non è uguale tra i diversi livelli, il
software attribuisce degli offset di default agli oggetti copiati mantenendo fissa l’altezza non collegata dell’elemento stesso. Si veda di seguito un esempio: Livelli:
0 – Piano terra 0.00m;
1 – Piano primo 3.10m;
2 – Piano secondo 6.50m; Muro da copiare:
vincolo di base: 0 – Piano terra;
offset base: 0.00;
vincolo parte superiore: 1 – Piano primo;
offset superiore: 0.00;
Altezza non collegata: 3.10m;
Nuovo muro generato tramite l’Incolla ai Livelli Selezionati:
vincolo di base: 0 – Piano terra;
offset base: 0.00;
vincolo parte superiore: 1 – Piano primo;
offset superiore: -0.30;
Altezza non collegata: 3.10m;
Figura 3.6 Modifica dei vincoli degli oggetti copiati.
È bene controllare e nel caso modificare le proprietà di Istanza degli elementi copiati. Durante la creazione dell’oggetto, occorre considerare le seguenti proprietà per la modifica dei muri:
1. Proprietà del Tipo dei Muri (scheda Proprietà del tipo);
selettore Tipo;
duplica/rinomina tipo, il comando permette di creare un nuovo Tipo di Muro o rinominarne uno esistente. È utile denominare e codificare il tipo di muro con codici ed eventuale spessore;
struttura del tipo di muro, identifica la stratigrafia del muro. La struttura può essere realizzata in strati con diversa funzione, materiale e spessore:
nucleo del muro: al suo interno dovrebbero essere inseriti gli strati portanti del muro o quelli che non sono oggetto di modifica nel caso ad esempio di ristrutturazione;
funzione, è circoscritta tra quelle previste dal software, che non permette di crearne di nuove:
Finitura 1;
Finitura 2;
Strato termico/camera d’aria;
Struttura;
Sostrato;
Strato membrana. Ognuna di queste funzioni influisce sulla costruzione del muro e sulle relazioni con gli altri elementi tecnici inseriti nel progetto (giunzioni/nodi con pavimenti e tetti). È importante definire correttamente tali funzioni in modo da semplificare le giunzioni con gli strati che hanno la stessa funzione tra oggetti orizzontali e verticali (nodo muro-pavimento), in quanto a seconda della funzione assegnata, gli strani vengono uniti e si congiungono in modi diversi;
materiale: scegliere il materiale dalla libreria, ogni materiale può essere definito secondo cinque schede: identità, grafica, aspetto, fisico, termico:
Scheda identità: parametri descrittivi del materiale;
Scheda grafica: colori e retini del materiale nei diversi stili di visualizzazione;
Scheda aspetto: texture da associare ai materiali per il render;
Scheda fisico: parametri fisici del materiale;
Scheda termico: parametri termoigrometrici del materiale. Ad esempio, inserendo i valori all’interno della scheda, il software è in grado di calcolare in modo automatico la Resistenza termica dell’intera stratigrafia, considerando però i soli strati di materiali inseriti e non i valori di resistenza liminare esterna e interna. Il valore fornito dal software deve quindi poi essere integrato con il contributo delle resistenze liminari per il calcolo secondo normativa della trasmittanza termica.
spessore materiale;
ripiegatura: definisce se lo strato ripiega su inserti (aperture, finestre, porte) o estremità. Si possono far ripiegare sia strati interni che quelli esterni al nucleo o entrambi ma la ripiegatura avviene solo in pianta, non in sezione;
vista in pianta/sezione: attivando la vista in sezione si abilitano nuovi comandi che permettono di modificare puntualmente la stratigrafia (es. aggiungere estrusioni/scanalature o definire i componenti dei muri sovrapposti);
Figura 3.7 Parametri della scheda Termico di un materiale.
Figura 3.8 Calcolo automatico del valore di Resistenza termica di un Muro.
retino e colore a dettaglio basso: permettono di attribuire ad ogni tipo di muro un retino e colore per una visualizzazione più immediata. Tramite questa impostazione si può infatti ottenere velocemente la disarticolazione tecnologica degli elementi tecnici del progetto. A tal proposito, di seguito vengono descritti i processi da seguire per la creazione della disarticolazione tecnologica degli elementi tecnici Muri (Chiusure e Partizioni Verticali opache), ovvero di piante tematiche relative alla visualizzazione degli elementi tecnici secondo una determinata legenda
colori associata ai codici degli oggetti stessi. I processi elencati di seguito possono essere realizzati alla fine della modellazione o durante, in quanto le modifiche sono sempre dinamiche e valide per tutti gli oggetti della Categoria Muri presenti nel progetto.
Assegnazione del retino e relativo colore per ogni Tipo di Muro: all’interno delle Proprietà del tipo del Muro, assegnare il riempimento solido al Retino a Dettaglio Basso e il Colore del Retino a Dettaglio Basso:
Figura 3.9 Assegnazione del retino e del colore per ogni Tipo di Muro.
Impostazione del Livello di dettaglio della vista: dalla barra di controllo della vista selezionare Livello di Dettaglio Basso che permette di visualizzare le tipologie di Muro inserite nel progetto con associati retini e colori. Il livello di dettaglio Medio e Alto permettono invece di visualizzare tutti gli strati e i materiali degli elementi tecnici. Applicando i colori desiderati a tutti i Tipi di Muro e impostando il Livello di dettaglio Basso si ottiene la seguente visualizzazione.
Figura 3.10
Impostazione del Livello di dettaglio Basso nella vista.
Assegnare le etichette agli Elementi Tecnici Muri: caricare la famiglia Etichetta Muri (scheda Inserisci > Carica famiglia > Annotazioni > Architettonico > Etichetta – Muro):
Figura 3.11 Inserimento dell’etichetta della categoria Annotazioni.
Figura 3.12 Scelta della famiglia di etichette dalla BIM Library.
Compilazione parametro Commenti sul Tipo: la famiglia Etichetta – Muro caricata rileva automaticamente, all’atto del posizionamento nel progetto, il parametro Commenti sul Tipo del Muro, perciò occorre compilare per ogni Tipo di Muro tale parametro nella Proprietà del tipo:
Figura 3.13 Compilazione parametro Commenti sul Tipo.
Assegnazione etichette muri a tutti gli oggetti Muro presenti nella vista (scheda Annota > Assegna Etichette a Tutti > Etichette dei Muri). È possibile inoltre definire se si desidera la direttrice, la sua lunghezza, e l’orientamento dell’etichetta (orizzontale o verticale).
Figura 3.14 Assegnazione etichette a tutti gli oggetti Muri.
Il risultato di questo processo è il seguente, in cui i colori e le etichette dei Muri esprimono la Disarticolazione tecnologica degli Elementi Tecnici presenti nel progetto.
Figura 3.15 Vista della disarticolazione tecnologica dei Muri.
In modo analogo è possibile agire sulle Sezioni del progetto identificando le tipologie di Chiusure e Partizioni Orizzontali (Pavimenti e Tetti). La realizzazione di questi elaborati permette di:
in fase progettuale: visualizzare l’uniformità e utilizzo dei corretti tipi di oggetti durante la progettazione (es. chiusura perimetrale esterna della stessa
tipologia o diversa per orientamento). Inoltre l’utilizzo coordinato delle viste del modello e degli abachi permette di tenere sotto controllo i parametri e le tipologie di elementi tecnici creati durante la modellazione, consentendo in fase di progettazione, di estrarre in qualsiasi momento le quantità presenti nel modello BIM;
in fase di costruzione: le tavole tematiche realizzabili e ottenibili dal modello permettono alle squadre operative addette ai lavori di individuare immediatamente e facilmente le zone di lavoro soggette alle proprie lavorazioni;
in fase di manutenzione: la codifica degli oggetti riportata automaticamente nei disegni permette di identificare velocemente l’elemento su cui intervenire. 2. Proprietà di Istanza dei Muri (scheda Proprietà)
linea di ubicazione: rappresenta il piano rispetto al quale il muro viene modellato. Questo riferimento è molto importante quando si modellano edifici esistenti/nuovi rispetto a ciò che non deve variare a seguito della modifica degli spessori dei muri e in base a cosa deve rimanere fisso come le aree interne o la sagoma esterna; Tale proprietà consente di:
specificare il piano verticale utilizzato per il posizionamento del Muro rispetto al contorno disegnato;
definire la linea rispetto alla quale si sviluppa lo spessore dell’elemento;
rappresentare il piano rispetto al quale si può invertire il lato esterno/interno dell’elemento. Le opzioni di utilizzo della linea di ubicazione sono sei (rappresentate in figura sottostante): linea d’asse del muro (a), linea d’asse del nucleo (b), superficie di finitura esterna (c), superficie di finitura interna (d), superficie di finitura esterna del nucleo (e), superficie di finitura interna del nucleo (f).
Figura 3.16 Opzioni di utilizzo della linea di ubicazione.
La scelta di un’opzione rispetto a un’altra dipende dal tipo di edificio e dall’uso del modello, oltre che dalla logica di creazione dei diversi tipi (definizione delle funzioni degli strati e del nucleo del muro). Ad esempio, nel caso di progetti di ristrutturazione in funzione dei risultati delle analisi energetiche è possibile che vengano aggiunti strati interni o esterni alle chiusure verticali opache, in modo da ridurre le dispersioni termiche. La definizione corretta di tale parametro permette di ottenere un aggiornamento del modello a seguito dell’aggiunta dei nuovi strati, senza errori di spostamento degli elementi, quindi non variando le aree interne oppure evitando di modificare il volume esterno del fabbricato. La definizione della linea di ubicazione degli elementi può essere effettuata anche dopo aver modellato tutti gli elementi del progetto (selezionandoli per tipo o per istanza), in quanto durante la modellazione possono non esser note le future modifiche agli elementi tecnici che verranno effettuate, per esempio, solo dopo aver ottenuto i risultati dell’analisi energetica. In linea generale, a seconda del posizionamento della linea di ubicazione:
linea d’asse del muro: la modifica di uno strato interno o esterno comporta lo spostamento indesiderato dell’elemento in modo simmetrico rispetto l’asse del Muro, quindi la conseguente modifica sia della sagoma esterna dell’edificio che dell’area dei locali interni (sconsigliato per le chiusure verticali, utilizzabile per le partizioni);
superficie di finitura interna/esterna del nucleo o la linea d’asse del nucleo: indifferente se i tipi di Muro sono stati costruiti inserendo nel nucleo gli strati che in nessun caso di intervento di ristrutturazione verranno demoliti o intaccati, in quanto tali strati manterranno la stessa posizione tra lo stato di fatto e lo stato di progetto;
superficie di finitura esterna del muro: consigliato per le chiusure verticali quando la sagoma esterna dell’edificio non deve variare, quindi nel caso di intervento migliorativo gli ulteriori strati aggiunti ridurranno l’area dei locali interni;
superficie di finitura interna del muro: consigliato per le chiusure verticali quando l’area dei locali interni non deve variare, quindi nel caso di intervento migliorativo gli ulteriori strati aggiunti modificheranno la sagoma esterna dell’edificio aumentando la sua superficie coperta (Figure 3.17 e 3.18). L’esempio riporta utilizzo della Linea di ubicazione con tale opzione; si osserva che l’Area del Locale calcolata automaticamente rimane invariata rispetto all’inserimento di uno strato di Isolamento esterno nell’elemento Muro già modellato.
Figura 3.17 Stratigrafia del Muro e Area del Locale calcolata automaticamente.
Figura 3.18 Aggiunta di uno strato nella stratigrafia del Muro e verifica che il valore dell’Area del Locale rimanga invariato.
livelli di collegamento dell’oggetto muro: selezionando il parametro Altezza il muro andrà dal livello associato alla vista corrente verso l’alto, viceversa, selezionando Profondità, il muro scenderà verso il basso. È consigliabile e utile collegare tutti gli oggetti ai livelli, in modo tale da rendere parametrico il progetto: modificando i livelli, tutti gli oggetti ad essi collegati si spostano e aggiornano parametricamente. I Muri possono essere modellati piano per piano o dal piano inferiore al Tetto. Tale scelta implica diversi ragionamenti: nel primo caso, è possibile copiare gli oggetti da uno all’altro utilizzando il comando Copia Oggetti ai Livelli Selezionati, modificare gli elementi ai piani copiati e ottenere un Abaco dei Muri in cui gli oggetti si possano ordinare e suddividere per piano. Tale ordinamento permette di poter estrarre dal modello un computo metrico estimativo (cfr. § 7.1.1.3) per ogni piano, e associare gli elementi alle lavorazioni presenti in un cronoprogramma lavori che segue la logica costruttiva dell’edificio. Viceversa, nel secondo caso, la modellazione degli oggetti Muri risulta più veloce, ma non consente di sfruttare i vantaggi citati che invece offre una modellazione eseguita a Piano;
delimita il locale: se selezionato, l’oggetto Muro delimita geometricamente i locali inseriti. Tale parametro può essere selezionato o meno in funzione della creazione delle Unità Ambientali (cfr. capitolo 4). Un esempio di utilizzo di tale parametro è la creazione dell’Unità Ambientale “Servizi igienici”, in cui i Muri divisori tra i box WC possono non delimitare l’intero Locale, inteso omogeneamente secondo i suoi requisiti e specificazioni.
Figura 3.19 Utilizzo del parametro Delimita il locale.
strutturale: attiva le proprietà strutturali del muro rendendolo muro strutturale;
dati identità: Immagine, Commento, Contrassegno: identificano parametri di default non eliminabili dall’utente, utili alla definizione di proprietà dell’Istanza Muro;
fase di creazione/demolizione.
Figura 3.20 Proprietà d’Istanza di un Muro.
3. Proprietà temporanee dei Muri quando si seleziona un Muro inserito nel progetto compaiono più simboli e proprietà, utili alla modifica istantanea dell’oggetto, alla verifica della
correttezza della modellazione e alla creazione dei vincoli geometrici relativi tra gli oggetti.
quota temporanea: permette di modificare parametricamente la lunghezza del muro, si attiva durante la modifica dell’oggetto e non è stampabile;
simbolo di quotatura: rende la quota da temporanea a definitiva. La lunghezza del Muro rimane comunque parametrica. Tale annotazione si può stampare nelle tavole progettuali;
simbolo del lucchetto: blocca la quota e crea un vincolo che non permette più di modificare la lunghezza del muro (se non svincolato nuovamente);
simbolo di inversione del lato esterno/interno: è utile per identificare l’esterno del muro in relazione al dettaglio grafico (stratigrafia) e per le analisi energetiche. In relazione a questi due aspetti, per le pareti perimetrali dell’edificio, il simbolo deve rimanere all’esterno del Muro, mentre per le partizioni interne l’unico vincolo da considerare è rappresentato dalla costruzione della stratigrafia, in quanto tali oggetti non influiscono sull’analisi energetica, di conseguenza la posizione del simbolo di inversione è indifferente. All’Istanza o al Tipo di Muro possono essere applicate Estrusioni e/o scanalature per aggiungere ai Muri componenti lineari come zoccolini, modanature, cornici, fasce marcapiano o zoccolature in rilievo o rientranti nello spessore del muro. Tali elementi si sviluppano linearmente per tutta la lunghezza di muro su cui vengono applicate. L’aggiunta di un’estrusione e/o scanalatura può essere realizzata seguendo questi veloci passaggi:
caricare un profilo che può essere utilizzato sia per estrusione che per scanalatura caricando una famiglia caricabile della Categoria Profili;
Il profilo può essere parametrizzato modificando la famiglia, spostato rispetto al piano XZ con offset da livello, o spostato nel piano XY dal muro con offset da muro;
aggiungere l’estrusione al Tipo dalla scheda delle proprietà di Tipo del Muro selezionando il profilo caricato;
aggiungere l’estrusione all’Istanza: dalla scheda Architettura > comando Muro: Estrusione / Muro > Scanalatura > scelta Tipo di Estrusione/Scanalatura dal selettore Tipo > selezione Muro nel progetto. L’estrusione è inseribile in un Abaco e computabile come lunghezza creando un nuovo abaco della Categoria Muri – Estrusioni muro, mentre la scanalatura sottrae il volume dal muro, ma non è computabile (il volume nell’Abaco dei Muri è già al netto della Scanalatura posizionata).
Figura 3.21 Utilizzo di un’Estrusione Muro per la modellazione di una zoccolatura bugnata esterna.
Figura 3.22 Utilizzo di un Estrusione Muro per la modellazione di zoccolini interni.
Nelle figure sono riportati alcuni spaccati tridimensionali che illustrano due possibili utilizzi degli elementi Estrusione Muro di due modelli di scuole per realizzare le zoccolature esterne e i battiscopa interni. Realizzando il relativo Abaco della seconda situazione si ottiene la lunghezza totale degli zoccolini suddivisa per piano presenti nel progetto, utile per il computo dei materiali e l’eventuale sostituzione.
Figura 3.23 Abaco delle Estrusioni Muro.
Come descritto all’inizio del presente paragrafo, il comando Muro permette di realizzare tre tipologie di famiglie di sistema, tra cui l’elemento Facciata continua. Questo elemento è un Muro trasparente che è possibile suddividere mediante griglia in senso verticale e/o orizzontale. Nel seguito, si riportano le sole differenze di tale elemento rispetto alla tipologia Muro di base. 1. Proprietà del Tipo dei Muri:
Incorpora automaticamente: proprietà che permette (se selezionata) di inserire all’interno di un Muro architettonico o strutturale la facciata continua sottraendo automaticamente il volume della parete trasparente alla parete opaca.
Pannello di facciata continua: proprietà che consente di scegliere il tipo di pannello da utilizzare. Questo elemento è una famiglia caricabile che viene ospitata dalla famiglia di sistema Muro Facciata continua. Tra i pannelli di facciata continua caricabili nel progetto e che possono essere sostituiti a quelli di default della facciata, si trovano anche le Finestre e Porte per Facciata continua (cfr. § 3.1.2.1) e i pannelli in calcestruzzo prefabbricato (Fig. 3.24). In quest’ ultimo caso si può utilizzare la facciata continua come sola griglia in cui inserire i diversi moduli prefabbricati in calcestruzzo, piuttosto che modellare singoli pezzi di Muro a diversi livelli, operazione sicuramente più macchinosa e meno controllabile (Fig. 3.25).
Condizione del giunto: possibilità di creare montanti o traversi continui interni alla facciata rispetto ai suoi bordi esterni.
Figura 3.24 Tipologie di Pannelli di facciata continua.
Figura 3.25 Utilizzo di Pannelli in calcestruzzo prefabbricato in una Facciata continua.
Griglia verticale/orizzontale:
layout, identifica la differenza di suddivisione della facciata rispetto alle seguenti tipologie:
nessuno;
distanza fissa;
numero predefinito;
spaziatura massima;
spaziatura minima. Ognuno di questi layout influisce sulla costruzione della facciata continua, in quanto la griglia e i relativi pannelli (comprese Finestre e Porte) assumono una configurazione e geometria automatica rispetto alla regola scelta e ai valori impostati nelle proprietà Spaziatura e Adatta dimensione del montante.
Montanti verticali/orizzontali: identificano la differenza tra le tipologie di profili utilizzabili per i montanti e traversi della facciata rispetto alla loro posizione:
Tipo interno;
Tipo bordo 1 (punto di inizio della facciata);
Tipo bordo 2 (punto di fine della facciata). 2. Proprietà di Istanza:
Griglia verticale/orizzontale: attiva le proprietà di suddivisione dell’elemento in senso verticale/orizzontale, con la possibilità di inserire un numero, giustificazione, angolo, e offset della griglia che lo suddivide. Tali proprietà di Istanza dipendono però dalle proprietà impostate nel Tipo, descritte sopra. In base alle proprietà riportate è quindi possibile avere due facciate continue dello stesso Tipo, ovvero con le stesse impostazioni di suddivisione della griglia, ma con numero, giustificazione e inclinazione differente dei pannelli. Questo perché trattandosi di proprietà di Istanza, si utilizza, ad esempio, lo stesso Tipo di Facciata continua con divisione verticale, ma è possibile creare due Istanze: una con 15 griglie verticali e una con 10 griglie inclinate come nell’immagine seguente.
Figura 3.26 Istanze differenti dello stesso Tipo di Facciata continua.
L’elemento Facciata continua non può essere stratificato, per cui lo spessore totale è dato dallo spessore dei montanti e dei pannelli inseriti nelle Proprietà del Tipo; inoltre non possono essere applicate estrusioni o scanalature. Spesso le facciate continue vengono utilizzate mediante il comando Incorpora automaticamente per realizzare finestre a nastro e altre tipologie di parti trasparenti dell’edificio; per un confronto più dettagliato su questo aspetto si veda il faccia riferimento al paragrafo dedicato alle Famiglie Caricabili (cfr. § 3.1.2.1).
3.1.1.2 Pavimenti Nei paragrafi seguenti si tralasciano le proprietà di Tipo, Istanza e temporanee di ogni elemento (se identiche o analoghe a quelle già presentate per i Muri), per soffermarsi maggiormente sugli aspetti caratteristici degli oggetti delle categorie presentate. Nel software sono a disposizione tre tipologie di Pavimento:
pavimento architettonico: pavimento non avente funzione portante (si veda lo stesso discorso fatto per i Muri, cfr. § 3.1.1.1);
pavimento strutturale: pavimento con funzione portante (soletta strutturale del pacchetto tecnologico utilizzabile ai fini del calcolo strutturale);
pavimento da superficie: da massa, a cui è possibile associare alla superficie un pavimento architettonico o strutturale. Per la creazione di un nuovo Pavimento è necessario:
selezionare il comando Pavimento e definirne il perimetro con i comandi di disegno oppure utilizzando il comando seleziona linee se si vuole ricalcare un file .dwg importato o associare il perimetro del pavimento ai muri creati in precedenza;
selezionare il livello a cui realizzare il pavimento dalle proprietà di istanza. Gli elementi di modifica del pavimento sono i seguenti:
freccia di inclinazione: si può creare un pavimento inclinato selezionando una linea del contorno e definendone l’inclinazione oppure inserendo la freccia di inclinazione e assegnandole l’inclinazione o i livelli da collegare;
modifica elementi secondari/aggiungi punto/aggiungi linea di divisione: permettono di modificare manualmente la geometria del pavimento, regolando l’altezza dei vertici, per esempio nel caso di realizzazione di un pavimento esterno (balcone) con pendenza per lo smaltimento dell’acqua;
Figura 3.27 Utilizzo della Linea di divisione e della Modifica Elementi Secondari.
direzione orditura (per pavimento strutturale): inserisce il simbolo di orditura del solaio (cfr. § 3.2.1.4);
modifica della struttura del Tipo: i parametri di Tipo sono identici a quelli illustrati per i Muri, per cui è possibile far riferimento a quanto sopra descritto. A differenza dei Muri è possibile selezionare l’opzione Variabile per un solo strato e materiale. Questa impostazione permette di variare lo
spessore solo di quello strato (se utilizzata la modifica con elementi secondari, per esempio per realizzare un massetto di pendenza con spessore variabile).
Figura 3.28 Modifica dell’opzione Variabile per uno strato di materiale del Pavimento.
Il Pavimento viene sempre creato facendo coincidere l’estradosso con il livello selezionato (figura seguente).
Inoltre, come per i Muri, anche con i Pavimenti è possibile creare la disarticolazione spaziale per visualizzare le tipologie di Pavimenti in sezione, la procedura è identica a quella vista per i Muri. Infine, le Unioni tra Pavimento e Muro rispettano la gerarchia delle funzioni assegnate agli strati dei due elementi tecnici, ma occorre prestare attenzione al computo dei materiali. Nelle figure sottostanti sono riportate due situazioni: la prima in cui gli strati del Muro hanno funzione sbagliata e il raccordo tra Muro e Pavimento non avviene correttamente, in quanto lo strato di massetto del pavimento continua fino allo strato isolante del Muro. Nella seconda, invece, il massetto del pavimento si ferma prima dello strato in laterizio del Muro, per cui il raccordo tra i due elementi risulta corretto. In questo caso ad ogni strato è stata assegnata la funzione corretta, gli strati si raccordano rispetto ad essa e alla loro suddivisione all’interno del Nucleo dell’elemento, realizzando l’unione tra gli oggetti. Questa differenza non si ripercuote solo a livello grafico, ma anche in termini di informazioni; ad esempio le quantità estratte nel primo e nel secondo caso sono ovviamente differenti, generando un’estrazione quantitativa errata in un caso. È importante quindi associare la funzione corretta ai vari strati modellati nei tipi di elementi tecnici (Muri, Pavimenti, Tetti, ecc.) non solo per aspetti grafici ma anche per l’estrazione corretta delle informazioni relative alle quantità.
Figura 3.29 Unione non corretta tra Muro e Pavimento.
Figura 3.30 Unione corretta tra Muro e Pavimento.
Un ulteriore elemento che può essere realizzato a chiusura del Pavimento è il Bordo solaio. La creazione e modifica di un Pavimento bordo solaio avviene selezionando il relativo comando e il bordo verticale di un pavimento (o platea strutturale), precedentemente modellato, che andrà ad ospitare il bordo del solaio. Il bordo solaio verrà automaticamente generato lungo il bordo del pavimento selezionato. Si sottolinea che il Bordo solaio è una famiglia di sistema ospitata su un pavimento o platea.
Dalle Proprietà del Tipo Bordo solaio è possibile selezionare la sezione trasversale del bordo tra le Famiglie di Profilo caricate nel file di progetto (proprietà Profilo). Dalle Proprietà di Istanza, invece, è possibile gestire:
Offset profilo verticale: offset in direzione verticale del profilo che costituisce il bordo del solaio rispetto al bordo ospitante selezionato;
Offset profilo orizzontale: offset in direzione orizzontale del profilo che costituisce il bordo del solaio rispetto al bordo ospitante selezionato. Tale comando può essere utilizzato, per esempio, per la creazione della fascia di chiusura del pavimento che termina ove presente un’apertura di un vano scala o ascensore.
Figura 3.31 Utilizzo del comando Bordo solaio in prossimità del vano ascensore.
3.1.1.3 Tetti Nel software sono a disposizione tre tipologie di Tetto:
tetto da perimetro: utilizzabile per creare coperture piane, a falda o inclinate, non adatto per la creazione di superfici complesse;
tetto da estrusione: utilizzabile per creare superfici mediamente complesse. Tali elementi sono costruiti partendo dal disegno di un profilo aperto e utilizzando i piani di riferimento per la costruzione del tetto secondo una stratigrafia assegnata. La superficie viene quindi creata per estrusione del profilo ottenendo una geometria a singola curvatura;
Figura 3.32 Esempio di un Tetto da Estrusione.
tetto da superficie da massa: utilizzabile per costruire superfici di copertura molto complesse, per esempio a doppia curvatura. Possono essere utilizzate famiglie di sistema Muri di base o Facciate continue associate alla superficie di una massa precedentemente creata. Tale comando consente quindi di creare elementi Tetto su qualsiasi superficie non verticale e aggiornarli, tramite l’apposito comando, se viene modificata la massa originaria. La creazione, modifica e impostazione dei parametri di Tipo dell’elemento Tetto è analoga a quella dei Pavimenti, con la differenza che il tetto viene
sempre creato facendo coincidere l’intradosso con il livello selezionato. È possibile inclinare e creare tetti a falde modificando l’inclinazione delle linee di contorno come per i pavimenti, oppure utilizzare il comando Modifica elementi secondari. Il comando Associa parte superiore/base permette di associare direttamente i muri al tetto soprastante, evitando così di dover utilizzare il comando Modifica profilo per ogni muro da collegare al tetto, inoltre questa opzione permette l’aggiornamento automatico dell’elemento Muro per ogni modifica del Tetto.
3.1.1.4 Controsoffitti Nel software sono a disposizione due tipologie di Controsoffitto:
composto: elemento stratificabile come Muri, Pavimenti, Tetti inserendo spessori e materiali. È possibile utilizzare tale oggetto quando si è a conoscenza degli spessori dei materiali compongono il controsoffitto e si vuole tener conto del suo ingombro reale, per esempio durante la modellazione delle canalizzazioni e delle dorsali impiantistiche che passano nel controsoffitto stesso è fondamentale conoscere spessori e supporti di quest’ultimo.
Figura 3.33 Esempio di un Controsoffitto Composto.
di base: elementi planari senza alcuno spessore, utilizzabili per visualizzare la tipologia di controsoffitto e la sua superficie mediante il solo retino attribuito.
Figura 3.34 Esempio di un Controsoffitto di Base.
Le modalità di creazione di un elemento della Categoria Controsoffitti sono:
manuale: disegnare o selezionare manualmente le linee per la creazione del contorno dell’elemento;
automatico: con questo comando, il contorno del controsoffitto viene automaticamente posizionato e fatto coincidere con il perimetro degli oggetti che delimitano un contorno chiuso (Muri verticali). La creazione, modifica e impostazione dei parametri di Tipo dell’elemento Controsoffitto è analoga a quella dei Tetti e come per quest’ultimi, il controsoffitto viene sempre creato facendo coincidere l’intradosso con il livello selezionato (figura seguente).
Figura 3.35 Posizionamento degli oggetti Pavimento, Tetto e Controsoffitto in base al Livello.
L’oggetto Controsoffitto non può essere modellato verticalmente, ma solo orizzontale o inclinato; tuttavia, le velette dei controsoffitti possono essere modellate come Muri e computate da un Abaco muri adeguatamente filtrato e personalizzato. Il computo totale dei controsoffitti dovrà considerare le quantità di controsoffitto e di muro sommando i due abachi (quello dei controsoffitti e quello dei muri). Nell’immagine seguente si riportano i due casi: nel primo (a sinistra) il controsoffitto è costituito da 3 elementi: due orizzontali e un tratto inclinato, nel secondo (a destra) è costituito da 2 tratti orizzontali e una veletta formata da un elemento Muro. Nel primo caso, per estrarre le quantità dei Controsoffitti basterà creare un solo Abaco dei Controsoffitti, mentre nel secondo caso è necessario creare i due abachi (Controsoffitti e Muri) e sommare le quantità esternamente al software, per esempio in un foglio di calcolo (Autodesk Revit non permette di fare operazioni di calcolo tra abachi di Categorie diverse).
Figura 3.36 Casi di modellazione dell’elemento Controsoffitto.
3.1.1.5 Scale Le famiglie di sistema Scale e Rampe vengono utilizzate per la distribuzione verticale all’interno degli edifici, perché permettono di collegare i diversi livelli. Nel software sono a disposizione tre tipologie di Scala:
Scala gettata in opera: scala costituita da materiale gettato in opera, utilizzabile per creare scale in calcestruzzo armato;
Scala assemblata: scala costituita da elementi montati e collegati in opera, utilizzabile per creare scale composte da profili in acciaio o legno, assemblati in sito;
Scala prefabbricata: scala costituita da unico elemento costruito in fabbrica e installato poi in opera, come scale in calcestruzzo armato prefabbricato installabili direttamente in sito (come unico blocco o suddivise in rampe). Una volta scelta la tipologia di Scala, in funzione del materiale e della tecnologia costruttiva con cui viene realizzata, si definisce il Tipo mediante l’utilizzo dei relativi parametri e delle regole di calcolo nella Modifica del tipo. Rispetto ai parametri impostati come Altezza Massima, Alzata e Profondità Minima Pe-data, il software, con le impostazioni delle Regole di Calcolo, realizza una scala che collega il dislivello impostato nei parametri di istanza.
Figura 3.37 Regole di calcolo per la creazione delle Scale.
Vengono poi definiti i seguenti parametri di istanza:
livello di base;
offset base;
livello superiore;
offset superiore;
livello superiore di multipiano; le proprietà geometriche di istanza delle rampe di scala:
numero di alzate desiderato;
profondità effettiva pedata; e infine tracciato il percorso della rampa, inserendo il pianerottolo in modo automatico o manuale e terminando il disegno della scala. Il software calcola automaticamente il numero di alzate realizzate e l’altezza effettiva dell’alzata rispetto al valore impostato nel Tipo di Scala, utilizzando quindi le regole di calcolo come vincolo intrinseco durante la modellazione. Se tali regole non vengono rispettate, un errore avvisa l’utente, segnalando che si sta cercando di realizzare un elemento che non è in grado di soddisfare le regole impostate (es. altezza massima alzata o numero di gradini non sufficienti). I comandi di modifica della scala sono i seguenti:
modifica scale: con questo comando è possibile modificare ogni componente della scala creata come rampe, pianerottoli e supporti;
converti: il comando permette di convertire un componente della scala da Componente Automatico a Componente su Disegno, consentendo la modifica della geometria del componente a piacere, ma in modo irreversibile, ovvero tale processo non permette di ritornare al Componente Automatico, ma solo di modificare il disegno del contorno o delle alzate manualmente;
seleziona livelli: consente di creare scale multipiano selezionando i livelli desiderati mantenendo le caratteristiche del tipo di scala in uso.
3.1.1.6 Rampe Il software ha a disposizione una sola tipologia di Rampa:
Rampa inclinata: rampa costituita da pendenza definita nelle proprietà del Tipo. La creazione della rampa presuppone i seguenti passaggi:
scegliere il Tipo (creato mediante l’utilizzo dei relativi parametri e delle regole di calcolo nella Modifica del tipo: Lunghezza massima e Inclinazione massima);
definire i seguenti parametri di istanza:
livello di base;
offset base;
livello superiore;
offset superiore;
livello superiore di multipiano;
definire la proprietà geometrica larghezza della rampa;
tracciare il percorso della rampa, inserendo i tratti mancanti tra quelli disegnati in modo automatico e terminando il disegno della rampa. Il software calcola automaticamente l’inclinazione massima raggiunta rispetto al valore impostato nel Tipo di Rampa, utilizzando quindi le regole di calcolo come vincolo intrinseco durante la modellazione. Se tali regole non vengono rispettate, un errore avvisa l’utente, in quanto sta cercando di realizzare un elemento che non è in grado di soddisfare le regole impostate (es. inclinazione massima eccessiva).
3.1.1.7 Ringhiere Queste famiglie di sistema possono essere posizionate in due modi:
su host scala/rampa: vengono posizionate in modo automatico ogni qualvolta si termina il disegno e modellazione di una scala o rampa, oppure selezionando l’oggetto host se non presenti;
su un percorso disegnato. La struttura della Ringhiera può essere modificata dalle proprietà di Tipo relativamente ai componenti che le costituiscono:
balaustre;
correnti;
corrimano; modificando dimensioni, altezze, tipologia e giunti dei componenti.
Figura 3.38 Parametri di modifica del Tipo della Ringhiera.
La geometria dei componenti della ringhiera può essere modificata utilizzando anche famiglie caricabili di Profili, personalizzabili dall’utente per gli elementi verticali e orizzontali (balaustre, correnti e corrimano) diversi da quelli di default.
3.1.1.8 Cavedi Il comando Cavedio permette di realizzare un’apertura verticale su più livelli, attraversando pavimenti, tetti e controsoffitti. Questo comando crea un vuoto che assume le proprietà di un volume di sottrazione, che svuota gli elementi orizzontali sopra citati. In genere il cavedio viene disegnato su un elemento host, ad esempio un pavimento, in una vista di pianta, spostando il cavedio da una posizione all’altra della stessa vista di pianta, si sposta in tutte le viste. Il Cavedio non rappresenta solo quello che in linguaggio tecnico viene chiamato cavedio impiantistico o vano tecnico, ma permette di creare un volume di sottrazione utile alla creazione di vani scala e ascensori, e di forometrie e asole impiantistiche. L’area e il volume degli elementi attraversati dall’oggetto Cavedio vengono automaticamente aggiornati rispetto alla porzione sottratta. Si sottolinea che l’elemento Cavedio non permette di bucare elementi che sono contenuti in modelli collegati; ad esempio, in un modello architettonico (nel quale è collegato quello strutturale) non è possibile bucare un pavimento strutturale del modello strutturale, per cui è necessaria una stretta collaborazione tra i progettisti per avere modelli coordinati e coerenti (cfr. § 5.1). In questo caso il cavedio deve essere realizzato sia nel modello strutturale che in quello architettonico.
Figura 3.39 Creazione di un Cavedio per la realizzazione di un vano scala.
3.1.2 Famiglie caricabili La creazione delle diverse famiglie caricabili deve essere studiata e progettata rispetto alle esigenze progettuali, così come i diversi tipi possono essere creati all’interno dell’apposito editor famiglie o all’interno dello spazio di progetto. La trattazione più approfondita su questi processi è presentata nel capitolo 6 a cui si rimanda. In questa sede si illustra il processo per l’inserimento delle famiglie caricabili e i possibili vantaggi o svantaggi relativi alla creazione di diverse famiglie piuttosto che all’utilizzo di tipi differenti. Tutti gli oggetti di famiglie caricabili risiedono nella cartella Libreria oggetti personale del progetto o di default di Autodesk Revit. Possono essere caricati all’interno del software tramite il comando Carica Famiglia selezionando la cartella in cui sono salvate.
3.1.2.1 Finestre e Porte (Infissi esterni/interni verticali e infissi esterni orizzontali) L’inserimento nel progetto di Finestre e Porte è semplice e veloce, ma è bene tenere presente delle proprietà dei seguenti oggetti:
finestre e porte sono componenti ospitati che possono essere aggiunti a qualsiasi tipo di muro o a un tetto nel caso di lucernari. Gli elementi Muro e Tetto sono definiti host (oggetti ospitanti): inserendo l’oggetto nel muro/tetto il software Autodesk Revit taglia automaticamente la relativa apertura e inserisce la finestra/porta, sottraendo dall’area dell’elemento ospitante l’area del serramento posizionato. Se si vuole posizionare la finestra in un muro diverso da quello in cui era stata inserita inizialmente è necessario utilizzare il comando Seleziona Nuovo Host;
è possibile aggiungere finestre/porte a viste di pianta, di sezione, di prospetto o 3D;
è possibile modificare l’orientamento orizzontale o verticale di una finestra/ porta utilizzando i controlli di inversione dell’oggetto. Occorre considerare che le frecce di inversione del serramento siano sempre all’esterno dell’edificio, perchè tale impostazione viene utilizzata durante le analisi energetiche; per i serramenti posizionati all’interno dell’edificio ovviamente questa impostazione è ininfluente;
le proprietà geometriche, in particolare area e volume, degli elementi host vengono automaticamente aggiornate rispetto all’apertura che si realizza in modo automatico nel momento in cui finestre e porte vengono inserite al loro interno, considerando la dimensione lorda del taglio creato. Di conseguenza, anche nell’estrazione quantità realizzata con Autodesk Revit occorre tenere presente questo meccanismo, perché i criteri di computazione degli elementi riportati nei prezzari possono essere diversi rispetto al criterio utilizzato dal software. Ad esempio, se in un prezzario per la computazione delle murature devono essere dedotti i vuoti di sezione maggiore di 1 m², nel software Autodesk Revit vengono scomputati automaticamente tutti i vuoti a prescindere dal criterio di computazione. Di conseguenza, l’estrazione delle quantità realizzata dal software sarà inevitabilmente differente da quella fatta manualmente, oppure dovrà essere corretta con dei coefficienti per uniformarla alla computazione delle opere con i criteri definiti nel prezzario. Nella modellazione è necessario tener presente dei seguenti vincoli geometrici legati al posizionamento degli elementi architettonici Finestre e Porte (proprietà di Istanza):
livello (utilizzo dei livelli architettonici creati);
altezza soglia (da livello architettonico);
imbotte (parametro personalizzato non presente come parametro di default) che permette di regolare la posizione della finestra/porta rispetto alla superficie interna/esterna del muro).
Figura 3.40 Utilizzo del parametro Imbotte per regolare il posizionamento del serramento.
Durante l’inserimento di finestre e porte si utilizzano quindi vincoli e legami di diverso tipo all’interno del modello BIM:
Finestra-Muro: la finestra (oggetto ospitato) è intrinsecamente legata al Muro/Tetto (oggetto host o ospitante) per cui un oggetto non può esistere se non in relazione all’altro;
Finestra-Livello: la finestra è collegata al Livello di piano su cui viene posizionata, quindi se i Livelli sono vincolati tra di loro o viene modificata la quota di piano o interpiano, gli oggetti collegati a quel livello si spostano automaticamente sfruttando le proprietà parametriche del modello BIM. Sono inoltre presenti parametri di Tipo che possono essere modificati durante il processo di creazione della famiglia di cui si rimanda al capitolo dedicato (cfr. capitolo 6). Una delle decisioni fondamentali però è rappresentata dalla scelta di modellazione di due famiglie o due tipi diversi per modellare due oggetti di cui non cambiano dimensioni ma solo materiale o colore. In questo caso occorre valutare la convenienza di una soluzione rispetto all’altra. Ad esempio, nel caso in cui si debbano modellare due finestre delle stesse dimensioni con diverso materiale del telaio, è possibile seguire due strade in funzione delle scelte effettuate in fase di pianificazione dal BIM Manager: 1. Modellazione di 2 famiglie diverse:
Famiglia 1: Finestra 2 ante – ALLUMINIO
Tipo 1: 120x150cm
Famiglia 2: Finestra 2 ante – LEGNO
Tipo 1: 120x150cm 2. Modellazione di una sola famiglie di due Tipi:
Famiglia 1: Finestra 2 ante
Tipo 1: 120x150cm – ALLUMINIO
Tipo 2: 120x150cm – LEGNO Entrambe le opzioni possono avere vantaggi o svantaggi rispetto all’obiettivo finale della modellazione, ovvero al BIM use del modello:
il primo aspetto riguarda i criteri di Denominazione e Codifica delle famiglie (cfr. § 1.11.1.1) per cui rispetto al sistema di classificazione e alle scelte intraprese a tale livello si decide il numero e come modellare le famiglie della libreria oggetti;
modellare due famiglie identiche modificando il solo materiale del telaio genera un appesantimento del file del progetto, rispetto alla creazione di due tipi all’interno della stessa famiglia. Si consiglia infatti di utilizzare famiglie che abbiano un peso inferiore a 1,5 Mb, in quanto il progetto cresce di dimensione ogni volta che ne viene caricata una;
modellare due famiglie diverse può essere vantaggioso per quanto riguarda l’associazione di dettagli 2D parametrici, per cui può essere caricato nella famiglia il dettaglio del profilo del telaio del serramento (dettaglio serramento in legno diverso da dettaglio serramento in alluminio). Viceversa, nel caso in cui si decida di utilizzare una sola famiglia (con tipi diversi in funzione del materiale), occorrerà prevedere che i dettagli 2D
siano collegati a parametri di Visibilità e che quindi si possano visualizzare o meno in funzione di questi parametri (cfr. § 6.3). Un altro aspetto da considerare è la modellazione ai fini manutentivi, per cui può essere utile modellare una sola famiglia in cui vengono inseriti parametri testuali di tipo che identificano il solo materiale del telaio, che è uno dei dati utili in caso di pulizia, manutenzione o sostituzione. Al contrario, se la modellazione venisse realizzata a scopo progettuale (per esempio a livello esecutivo), la scelta di mantenere due diverse famiglie può essere dettata dal sistema di classificazione scelto e dal contenuto grafico che si vuole visualizzare nelle diverse viste. Le scelte che devono guidare l’utente a un tipo di modellazione piuttosto che l’altra devono essere dettate dall’utilizzo del modello BIM. Come già accennato in precedenza, la pianificazione della modellazione è molto importante perché permette di finalizzare le scelte costruttive degli oggetti, il loro contenuto grafico e quello informativo. Alcune considerazioni e casi particolari sono riportati qui di seguito:
vetrate composte da più parti con finestre o porte: durante la modellazione di un edificio è possibile identificare dei componenti vetrati composti da più parti apribili, fisse, opache, etc. In questi casi, occorre capire come modellare l’oggetto scegliendo tra una Facciata continua (categoria Muri), Finestra o Porta modellate con relativi sopraluce/ sottoluce / ante fisse. È una scelta di modellazione da verificare e per cui serve tener presente le ripercussioni, come la categoria a cui assegnare i parametri, il tempo necessario alla modellazione della famiglia parametrica o gli elementi host su cui posizionarla;
porta-finestra: spesso la scelta dell’utilizzo di un oggetto finestra piuttosto che porta è ambigua: in tale situazione occorre definire una regola che stabilisca da quale oggetto partire per la modellazione.
Si potrebbe utilizzare una finestra definendo con un parametro la sua tipologia di apertura, oppure una porta, se si stabilisce che la regola è utilizzare questa categoria di elementi per identificare componenti edilizi che permettano di passare da uno spazio all’altro (come nel caso della portafinestra);
finestra a nastro: in questo caso, occorre valutare se il serramento che si deve modellare ha la struttura e le caratteristiche di una facciata continua, o se è composta da più serramenti simili/uguali affiancati. La scelta di modellazione, codifica e denominazione di tale elemento è dettata quindi dalla tipologia di costruzione del serramento, oltre che dal livello di modellazione dell’edificio. Se si è in una fase preliminare, si può modellare tale elemento come unica facciata continua e, nelle fasi successive dopo aver definito meglio le caratteristiche dell’elemento tecnico, affinare la modellazione utilizzando più finestre affiancate. Un altro aspetto da considerare è la differenza della tipologia di famiglia utilizzata: la facciata continua è un Tipo di muro e di conseguenza una famiglia di sistema, personalizzabile con le caratteristiche delle famiglie di sistema, mentre la finestra è una famiglia caricabile, quindi completamente parame-trizzabile dall’utente. Infine, in alcuni casi, è possibile unire la praticità della facciata continua alle caratteristiche delle Finestre/Porte: si può infatti generare una facciata continua avente il solo scopo di definire una griglia in cui inserire i serramenti che si adattano alle sue dimensioni. Per tale modellazione bisogna considerare che la famiglia Finestra/Porta da utilizzare dovrà partire da un file di modello “Finestra/Porta metrica – Facciata continua”, che ha appunto la particolarità di adattare le dimensioni a quelle della griglia della facciata continua in cui viene inserita.
facciate continue: l’utilizzo di queste famiglie di sistema, a differenza delle Finestre, non consente di realizzare abachi per la verifica RAI, dato che tali oggetti (Muri) non possono rientrare negli abachi multicategoria e di conseguenza non si possono relazionare con i Locali in cui sono inseriti (cfr. § 7.1.1.2).
3.1.2.2 Altre categorie di famiglie caricabili Oltre alle famiglie caricabili Finestre e Porte, sono presenti all’interno del software altre categorie di famiglie che è possibile inserire nel modello architettonico, come Pilastri Architettonici, Arredo, Verde o altri Componenti. Queste famiglie possono essere caricate dalla scheda Inserisci > Carica famiglia, cercando tra le diverse cartelle già presenti nella libreria del software, da qualsiasi altra cartella di sistema, o da piattaforma di condivisione e gestione delle famiglie (CDE) in cloud. Una volta caricata la famiglia, si può posizionare l’oggetto mediante il comando Posiziona un componente dalla scheda Architettura, tenendo sempre presente che tali elementi potranno essere posizionati su host come:
livello
superficie
altro elemento (es. muro/pavimento).
3.2 M ODELLAZIONE STRUTTURALE
Seguendo il flusso di lavoro presentato nel capitolo 2 per la modellazione Strutturale occorre definire i seguenti aspetti: 1. Template, possibilità di utilizzo di un:
template creato o personalizzato dall’utente;
template di default “Modello strutturale”; 2. Definizione dell’ambiente di lavoro:
spaziale: La corretta impostazione della modellazione strutturale prevede la definizione di Griglie e Livelli strutturali a cui è possibile associare elementi tecnici che vanno a definire la struttura dell’edificio come pilastri, setti, travi e pavimenti strutturali. Il sistema di Griglie e Livelli consente di sfruttare le proprietà parametriche del software di modellazione, legando gli elementi strutturali a questi vincoli. Nella pratica, avendo associato gli elementi strutturali a Livelli e Griglie, è sufficiente modificare la loro posizione per aggiornare il posizionamento di tutti gli elementi associati. Volendo fare un paragone con i Livelli visti in precedenza, è come se un elemento vincolato ad un Livello si aggiornasse in funzione dello spostamento di quest’ultimo;
collegamento Modelli BIM: un’ulteriore operazione per l’impostazione dello spazio di lavoro è il collegamento dei modelli (in funzione della disciplina, del numero, della complessità, come visto nel capitolo 1). Ad esempio, il modello strutturale può essere collegato all’interno del modello architettonico o viceversa, in funzione delle differenti esigenze progettuali e organizzative. Affrontando differenti discipline è importante fare riferimento al collegamento e coordinamento tra modelli BIM; in questo capitolo ne viene solo ricordata l’importanza, ma nel capitolo 5 si affronterà in modo più specifico questo tema. Questa operazione va valutata in funzione della tipologia, delle specificità dell’edificio in progetto, e dalla composizione del team di progettazione. Per questi motivi, nascono due casistiche con differenti conseguenze sulla gestione dei collegamenti tra modelli BIM e la gestione di Livelli strutturali, architettonici e Griglie strutturali.
Progettazione strutturale prevalente: in questo caso, si considera la progettazione strutturale prevalente sulla progettazione architettonica e impiantistica. Di conseguenza, è la disciplina che fa da riferimento per gli altri modelli (è il caso di progetti infrastrutturali, progetti di edifici industriali come capannoni, architetture anche complesse dove la struttura detta il valore compositivo dell’opera, oppure riqualificazioni dove viene demolito tutto tranne lo scheletro strutturale). Il modello strutturale, essendo il primo ad essere prodotto, è collegato in quello architettonico e alcuni dei suoi elementi sono Copia-Controllati (cfr. § 5.1.3), cioè messi in relazione tra gli elementi delle due discipline, come i Livelli strutturali e quelli architettonici del modello architettonico. In questo modo, si può iniziare la modellazione architettonica tenendo in considerazione i Livelli impostati nella disciplina struttura-le; questo strumento di collaborazione può essere utilizzato per diversi tipi di elementi.
Figura 3.41 Gestione del collegamento tra modelli, caso progettazione strutturale prevalente.
Progettazione architettonica prevalente: in questo caso, si considera la disciplina architettonica come prevalente. È il caso della maggior parte dei progetti nei quali l’architetto detta la composizione e il layout principale, e in una seconda fase viene pensato lo scheletro strutturale. Si consiglia, come prima operazione, di collegare il modello architettonico all’interno del modello Strutturale, avviando il ciclo di verifica e coordinamento (cfr. § 5.1.3). Risulta utile Copia-controllare i Livelli architettonici nel modello Strutturale, in modo da iniziare la modellazione strutturale tenendo in
considerazione i Livelli degli elementi architettonici già modellati e, mantenendo il modello architettonico come riferimento principale.
Figura 3.42 Gestione del collegamento tra modelli, caso progettazione architettonica prevalente.
Le due procedure permettono di coordinare i due modelli e, tramite cicli di verifica, valutare le eventuali modifiche da adottare. Si sottolinea che la struttura e le fasi secondo cui avvengono i collegamenti tra i modelli BIM dipendono dalle necessità progettuali e organizzative del team di lavoro.
Di conseguenza il collegamento tra modelli permette, se ben strutturato, di coordinare le due discipline in corso di progettazione tramite cicli di verifica iterativi: i modelli collegati risultano, utili strumenti decisionali a supporto del coordinamento tra discipline durante la fase progettuale (cfr. § 5.2).
Temporale, attribuzione delle fasi agli oggetti.
Fase di creazione;
Fase di demolizione.
Tecnologico, la modellazione degli elementi strutturali è influenzata dalla tecnologia costruttiva scelta. Il software di modellazione Autodesk Revit copre i casi di strutture:
gettate in opera in calcestruzzo armato;
prefabbricate in calcestruzzo;
prefabbricate in acciaio;
prefabbricate in legno.
In funzione del materiale strutturale, il software permette di unire automaticamente le geometrie; ad esempio, due travi in calcestruzzo armato si uniranno automaticamente, evitando un conteggio doppio di materiale in prossimità dell’unione stessa. Due elementi in calcestruzzo prefabbricato o in acciaio, invece, non si uniranno automaticamente, ma bisognerà inserire elementi di connessione (piastre, connettori, pioli, bulloni, etc.). Un’altra differenza relativa al materiale strutturale sono i profili standard a disposizione per la modellazione di carpenterie metalliche o strutture in legno.
Figura 3.43 Esempio di connessione tra elementi con differenti materiali strutturali.
Figura 3.44 Esempio di modellazione di elementi strutturali in calcestruzzo prefabbricato.
Figura 3.45 Differenti tecnologie costruttive per le strutture del caso studio d’esempio.
3. Libreria oggetti: Per la disciplina strutturale le famiglie di oggetti sono suddivise come segue:
Famiglie di sistema:
Muri strutturali;
Fondazione strutturale: Cordolo di fondazione, Platea di fondazione;
Pavimenti strutturali.
Famiglie caricabili:
Plinto superficiale, Trave rovescia e Palificazione profonda;
Pilastro strutturale;
Trave,
Trave reticolare;
Sistema di travi;
Controvento;
Connessioni: connessioni elementi in acciaio. 4. Inserimento degli oggetti nel template e creazione del modello dell’edificio. Il modello dell’edificio viene realizzato inserendo le famiglie di sistema e caricabili preparate, considerando che alcune famiglie caricabili devono essere necessariamente inserite dopo le famiglie di sistema, poiché quest’ultime sono elementi ospitanti delle famiglie caricabili. È il caso delle connessioni strutturali che possono essere inserite a seguito del posizionamento delle carpenterie metalliche, oppure dei cordoli dei muri a seguito della modellazione dei setti strutturali.
Figura 3.46
Esempio di connessione posizionata a seguito della modellazione delle carpenterie metalliche e parametri di modifica.
Figura 3.47 Flusso di lavoro per la modellazione Strutturale.
Di seguito si riportano le principali proprietà da tener presente durante il processo di creazione e inserimento di oggetti di Famiglie di sistema e caricabili, di cui si riporta il flusso di operazioni da svolgere per qualsiasi elemento si stia modellando.
Figura 3.48 Operazioni per la creazione di un oggetto.
Durante la modellazione degli elementi strutturali è bene tener presente le proprietà seguenti:
tutti gli elementi strutturali (setti, pilastri, travi, plinti, pali di fondazione, etc) possono essere inseriti vincolandoli alle Griglie strutturali. Alternativamente, se sono stati posizionati i Pilastri strutturali secondo le
Griglie, è possibile posizionare e associare elementi come i plinti al pilastro. In questo modo, le modifiche della Griglia si ripercuoteranno sia sul Pilastro che sul Plinto ad esso associato. Secondo questa logica, si instaurano vincoli a catena tra gli oggetti che consentono di sfruttare al meglio le proprietà parametriche del modello;
le Proprietà geometriche (valori di area e volume) degli elementi strutturali intersecanti vengono automaticamente aggiornate compensando la quantità di materiale comune ai due elementi che non viene conteggiata in modo doppio durante l’estrazione delle quantità. Come già accennato in precedenza, il software compie questa operazione soltanto con gli oggetti che hanno lo stesso materiale strutturale impostato nella modellazione parametrica della famiglia dell’elemento in questione e con gli elementi che effettivamente a livello costruttivo hanno questo comportamento. Ad esempio, un pilastro e una trave in c.a. si uniranno sottraendo il volume intersecante, mentre tra un pilastro e una trave in calcestruzzo prefabbricato il volume non viene sottrat-to e non viene seguita questa regola;
numerose Proprietà sia di Istanza che di Tipo di elementi come Muri strutturali, Pavimenti strutturali, Tetti, Travi, Pilastri strutturali, etc. sono identiche a quelle riportate nel paragrafo relativo alla modellazione architettonica, e non verranno quindi riportate. Di seguito si elencano quelle che riguardano maggiormente la funzione strutturale:
strutturale: attiva le proprietà strutturali rendendo il componente strutturale, e quindi associandogli delle proprietà per il calcolo del modello BIM strutturale;
modello analitico: attiva il modello dell’elemento includendolo nel modello analitico utile per le analisi strutturali;
utilizzo strutturale: definisce la funzione dell’elemento all’interno dell’analisi strutturale (Portante, Parete a taglio, Strutturale combinato);
copriferro armatura: definisce la distanza dell’armatura dalla superficie esterna, interna o da altre superfici dell’elemento.
volume armatura stimato: specifica il volume dell’armatura stimato per l’elemento selezionato. Si tratta di un parametro di sola lettura che viene visualizzato solo in seguito al posizionamento di un’armatura.
3.2.1 Famiglie di sistema
3.2.1.1 Setti e Muri strutturali Nel software è possibile modellare un’unica tipologia di Muro strutturale attraverso l’apposito comando che permette di realizzare un oggetto con proprietà strutturali (come riportato nel paragrafo § 3.1.1.1), l’elemento sarà utilizzabile ai fini del calcolo strutturale La categoria Muri include tre famiglie di sistema (essendo famiglie di sistema si ricorda che il numero non è modificabile):
Muro di base: elemento muro per la costruzione di una parete interna o esterna opaca, in cui è possibile definire strati, spessori, e materiali che lo compon-gono;
Facciata continua: elemento utilizzabile per la costruzione di una parete interna o esterna trasparente, suddivisibile sia in senso verticale che orizzontale con caratteristiche strutturali e portanti. Questa tipologia di elementi è utile quando devono essere modellati elementi come cupole strutturali o edifici dove l’architettura è definita dalla struttura stessa (ad es. il 30 St Mary Axe di Londra);
Muro sovrapposto: elemento costituito da due o più sottomuri (tipi diversi). I sottomuri possono avere differenti spessori di muro ad altezze diverse. Uno dei sottomuri deve avere un’altezza fissa mentre l’altro avrà altezza variabile; il muro è comunque parametrico e collegandolo ai livelli mantiene le altezze definite nella modifica della struttura del muro sovrapposto.
Figura 3.49 Esempio di un muro di contenimento modellato come Muro sovrapposto e relativa struttura dei tipi che lo identificano.
Lo svantaggio dell’utilizzo di Muri sovrapposti è legato all’assenza di Parametri di tipo. Il procedimento di modellazione di un Muro strutturale è identico a quello di un Muro architettonico. Per sfruttare le potenzialità parametriche del software, si consiglia di definire Livelli e Griglie precedentemente alla modellazione degli elementi strutturali e vincolare questi ultimi alla Griglia strutturale. In ottica di coordinamento, procedere in questo modo consente in
fase preliminare di coordinare il modello strutturale con quello architettonico tramite le Griglie strutturali. A fronte dell’esito positivo della prima verifica di coordinamento tra disciplina architettonica e strutturale, è possibile procedere alla modellazione dei setti e Muri strutturali vincolandoli ai Livelli e alla maglia strutturale. L’impostazione del vincolo permette alle modifiche effettuate sulla maglia strutturale e sui Livelli di ripercuotersi sugli elementi vincolati. In concreto, modificando la posizione di una Griglia strutturale o di un Livello, tutti i setti o muri strutturali vincolati ad essi verranno spostati in automatico. Si riportano alcune considerazioni in merito alle Proprietà del Tipo dei Muri strutturali (quelle elencate di seguito sono quelle che si differenziano da quelle architettoniche):
struttura del tipo di muro: identifica la stratigrafia del muro. La struttura può essere realizzata mediante strati con diversa funzione, materiale e spessore:
nucleo del muro: al suo interno dovrebbero essere inseriti gli strati con funzione strutturale del muro;
funzione: essendo un muro strutturale l’unica funzione utilizzabile e assegnabile agli strati è quella Struttura;
materiale: scegliere o creare il materiale dall’editor e libreria materiali di Autodesk Revit. Ogni materiale può essere definito secondo cinque schede: Identità, Grafica, Aspetto, Fisico, Termico. Tramite l’assegnazione del materiale è possibile modellare Muri strutturali gettati in opera, prefabbricati in calcestruzzo o in legno, applicando all’elemento il relativo materiale e compilando le caratteristiche strutturali nella scheda Fisico.
In particolare per queste tipologie di Muri, la Scheda Fisico è importante perché include parametri fisici del materiale, tra cui:
Informazioni: breve descrizione delle caratteristiche del materiale strutturale;
Comportamento: isotropico/ortotropico/isotropico trasversale;
Proprietà termiche di base: coefficiente di espansione termica;
Proprietà meccaniche: modulo di Young, modulo di Poisson, modulo a taglio, densità;
Caratteristiche meccaniche: valori tipici di calcestruzzo e legno.
Figura 3.50 Scheda Materiale con le proprietà meccaniche del materiale strutturale.
retino e colore a dettaglio basso: permette di attribuire ad ogni tipo di muro un retino e colore per una visualizzazione più immediata a dettaglio basso. Tramite questa impostazione si può ottenere velocemente la disarticolazione tecnologica degli elementi tecnici del progetto. Come visto per gli elementi architettonici, si ottiene in modo immediato l’individuazione univoca delle tipologie di elementi strutturali in elaborati grafici (in termini di spessore, materiali, lavorazioni e voci di computo collegate).
3.2.1.2 Fondazione strutturale: Cordolo di fondazione Nel software è a disposizione un tipo di Cordolo di fondazione chiamato Fondazione strutturale muro. Per la creazione e modifica si utilizza il comando Muro nella scheda Fondazioni Muro strutturale e si seleziona un Muro strutturale, precedentemente modellato, che ospiterà la fondazione. Si evidenzia che il Cordolo di fondazione è una famiglia di sistema ospitata da un’altra famiglia di sistema Muro strutturale. Si sottolinea inoltre che essendo il Cordolo di fondazione ospitato su un Muro strutturale, nel caso in cui quest’ultimo sia stato vincolato alla Griglia strutturale, come precedentemente illustrato, le modifiche apportate alla Griglia si ripercuoteranno sia sul Muro strutturale che sul Cordolo ospitato dal muro. A differenza della famiglia Finestra ospitata su Muro, nel momento in cui si dovesse eliminare il Muro strutturale host, il Cordolo di fondazione non viene automaticamente eliminato. Durante la creazione dell’oggetto occorre considerare le seguenti proprietà per la modifica del cordolo: per le Proprietà del Tipo della Fondazione strutturale, al parametro Utilizzo strutturale si deve specificare il tipo di utilizzo del muro (Zoppo o Direzione). La principale Proprietà di Istanza della Fondazione strutturale Muro indica l’ec-centricità, cioè la possibilità di definire il suo valore rispetto all’asse mediano del Muro strutturale ospitante il cordolo di fondazione. Infine, riguardo le proprietà temporanee, quando si seleziona un Cordolo di fondazione inserito nel progetto compaiono più simboli e proprietà utili alla modifica istantanea dell’oggetto, alla verifica della correttezza della modellazione, e alla creazione dei vincoli geometrici tra gli oggetti. La
Freccia di inversione è un comando che permette di invertire, rispetto all’asse del Muro strutturale ospitante, il cordolo di fondazione. Nel caso in cui il Cordolo di fondazione sia asimmetrico (Cordolo zoppo) è immediatamente riscontrabile l’inversione di posizionamento. Si consiglia di posizionare gli elementi di fondazione con le frecce di inversione rivolte verso l’esterno, logica congruente a quella di posizionamento dei Muri strutturali e architettonici.
Figura 3.51 Posizionamento del Cordolo di fondazione in funzione delle frecce di inversione, secondo l’asse del Muro strutturale.
3.2.1.3 Fondazione strutturale: Platea Nel software è possibile modellare una Fondazione strutturale platea tramite l’apposito comando che permette di realizzare un oggetto con proprietà strutturali. La Categoria Fondazioni strutturali include due Famiglie di sistema:
platea: elemento platea in cui è possibile definire strati, spessori e materiali che lo compongono;
bordo solaio: permette di aggiungere bordi a una platea (cfr. § 3.1.1.2). La creazione e modifica di una Platea strutturale si svolge tramite:
definizione del perimetro della Platea strutturale utilizzando i comandi di disegno oppure utilizzando il comando Seleziona linee se si vuole ricalcare un file .dwg importato o associazione del perimetro della platea ai muri creati in precedenza;
selezione del livello ove realizzare la platea dalle Proprietà di istanza. Si consiglia, durante il tracciamento del perimetro della platea, di vincolare il contorno alle Griglie strutturali: questa operazione fa sì che le modifiche apportate alla Griglia si ripercuotano sulla geometria dell’elemento.
Figura 3.52 Vincolo tra perimetro dell’elemento Platea e la Griglia strutturale.
In merito alle Proprietà temporanee della Platea strutturale, si sottolinea la similitudine con i comandi di modifica di Pavimenti strutturali e architettonici:
freccia di inclinazione: si può creare una platea inclinata selezionando una linea del contorno e definendone l’inclinazione, oppure inserendo la Freccia
di inclinazione e assegnandole l’inclinazione o i Livelli da collegare;
modifica elementi secondari/aggiungi punto/aggiungi linea di divisione: permettono di modificare manualmente la geometria della platea;
direzione orditura (comando identico nel Pavimento strutturale): permette di inserire il simbolo di orditura del solaio;
modifica della struttura del Tipo: è possibile inserire e modificare gli strati che compongono la platea di fondazione assegnando ad ogni strato il materiale strutturale e le relative proprietà dalla scheda Fisico dell’editor materiali. Per la modellazione dell’elemento magrone, posto sotto la Platea di fondazione, è possibile procedere tramite la creazione della Superficie Topografica, e di conseguenza dell’elemento Piattaforma edificio (dalla scheda Volumetrie e cantiere), identificata con spessore, materiale e caratteristiche tipiche del magrone, come nell’immagine sottostante. Tale oggetto infatti non rappresenta un elemento strutturale, per cui non è contenuto nella relativa scheda Struttura.
Figura 3.53 Modellazione dell’elemento magrone mediante l’oggetto Piattaforma.
La platea come i pavimenti, viene creata verso il basso dal livello selezionato come impostazione del software, non modificabile. Le Unioni Platea-Muro rispettano la gerarchia delle funzioni assegnate agli strati dei due elementi tecnici.
3.2.1.4 Pavimenti strutturali Come per la disciplina architettonica, in quella strutturale è possibile modellare il Pavimento strutturale, ovvero un pavimento con funzione strutturale (soletta strutturale del pacchetto tecnologico, utilizzabile ai fini del calcolo strutturale). La creazione e modifica di un Pavimento strutturale è identica a quella descritta per i Pavimenti architettonici e per la Platea strutturale. È possibile vincolare i lati del Pavimento alla Griglia: questa operazione fa sì che le modifiche apportate alla Griglia si ripercuotano sulla geometria dell’elemento Pavimento strutturale. Sia le proprietà di tipo che quelle di istanza legate alla funzione strutturale del pavimento risultano identiche a quelle della Fondazione strutturale platea.
3.2.2 Famiglie caricabili La creazione delle diverse famiglie caricabili deve essere studiata e progettata rispetto alle esigenze progettuali, così come i diversi tipi possono essere creati all’interno dell’apposito editor famiglie o all’interno dello spazio di progetto. Un discorso più approfondito su questi processi è dedicato nel capitolo 6. In questa sede si illustra il processo per l’inserimento delle famiglie caricabili, e i possibili vantaggi o svantaggi relativi alla creazione di diverse famiglie piuttosto che all’utilizzo di tipi differenti. Tutti gli oggetti di Famiglie caricabili sono collocati nella cartella Libreria oggetti personale, del progetto o di default di Autodesk Revit. Possono essere caricati all’interno del software tramite il comando Carica famiglia, selezionando la cartella in cui sono salvate.
3.2.2.1 Pilastro strutturale Facendo parte delle Famiglie Caricabili, la Famiglia Pilastro Strutturale segue le medesime logiche delle Famiglie caricabili fino ad ora illustrate. Le diverse famiglie di Pilastro strutturale sono catalogate nella BIM Library di default di Autodesk Revit nella cartella principale Pilastri strutturali, in funzione del materiale strutturale.
Figura 3.54
Parametro Materiale strutturale di un Pilastro.
La procedura di caricamento del Pilastro in acciaio prevede di selezionare tra i profili normati standard pre-caricati nel software. I profili normati, come HEA e HEB, vengono caricati come Tipi della medesima famiglia di Pilastro strutturale in acciaio. Nella pratica, quando si selezionerà la famiglia Pilastro strutturale HEA, sarà possibile scegliere tra i tipi i profili HEA con diverse dimensioni (esempio HE100A, HE120A, HE140A, etc.). Non è quindi necessario duplicare il Tipo ed inserire manualmente tutti i valori dimensionali e geometrici del profilo HEA del pilastro, ma è sufficiente caricare il tipo già presente nella Famiglia. Diversamente, per un Pilastro strutturale in calcestruzzo è possibile caricare la famiglia Pilastro strutturale e definire le dimensioni dell’elemento duplicando il Tipo e modificando i valori dei Parametri geometrici.
Figura 3.55 Profili HEA normati precaricati della famiglia Pilastro strutturale in acciaio.
Figura 3.56 Modifica dei parametri di tipo della famiglia Pilastro strutturale in cls.
Il caso di un pilastro in legno ricadere in entrambi i casi, a seconda che il materiale del pilastro sia legno da costruzione o sia Glulam (legno lamellare incollato). Per il pilastro in legno da costruzione il metodo di gestione delle Famiglie e dei Tipi è identico a quello del pilastro in acciaio, mentre per il pilastro in Glulam, poiché a dimensione libera (poiché costituito dall’incollaggio di tavole), il metodo di gestione è identico a quello del Pilastro in calcestruzzo.
Durante il caricamento e l’inserimento delle Famiglie Pilastro strutturale è bene tener presente le seguenti proprietà:
I pilastri possono essere inseriti vincolandoli alla Griglia strutturale, sfruttando in questo modo la capacità parametrica del software di modellazione;. L’associazione tra Griglia ed elemento tecnico ha anche ripercussioni a livello di codifica: infatti, un elemento strutturale di elevazione verticale (Pilastro) in un sistema a telaio è individuato in modo univoco tramite un parametro di Istanza, denominato Contrassegno di Posizione, che viene compilato dal software con i riferimenti di intersezione delle Griglie su cui è posizionato l’elemento pilastro.
Figura 3.57 Vincolo Griglia strutturale-Pilastro e auto-compilazione del parametro Contrassegno di posizione.
Nella modellazione è necessario tener presente i seguenti vincoli geometrici legati al posizionamento degli elementi strutturali Pilastri (proprietà di Istanza):
livello (utilizzo dei livelli strutturali creati);
attivazione del parametro Si/No Sposta con griglie;
menu a tendina Profondità/Altezza: Profondità prevede di posizionare il pilastro al di sotto del livello di riferimento (a sinistra nell’immagine sottostante), mentre Altezza verso l’alto (a destra nell’immagine sottostante);
Figura 3.58 Pilastri strutturali modellati a partire dal Livello 2 in modalità Profondità/Altezza.
contrassegno di posizione pilastro: specifica la posizione del pilastro in relazione alle intersezioni delle griglie di progetto (come visto sopra);
stile pilastro:
Verticale;
Obliquo basato su angolo;
Obliquo basato su punto finale; Una delle decisioni fondamentali per la corretta gestione delle famiglie e la strutturazione delle informazioni ad esse associate è rappresentata dalla scelta di modellazione di due famiglie o di due tipi diversi appartenenti alla stessa famiglia. La scelta di caricare una famiglia rispetto alla duplicazione di un tipo di una famiglia già presente nel modello ha vantaggi o svantaggi in funzione dell’obiettivo e delle necessità della modellazione. Si riporta un esempio: nel caso si debbano modellare due pilastri di uguale forma geometrica ma di dimensioni differenti, il metodo migliore risulta quello di generare un Tipo modificando i parametri di Altezza, Larghezza e Spessore nel caso di un pilastro rettangolare. Se invece è la forma geometrica dell’elemento a cambiare, il metodo da seguire sarà quello di creare un’altra Famiglia di pilastro con la corretta forma. Se infine è il materiale a cambiare è possibile agire in diversi modi; in funzione delle scelte effettuate in fase di pianificazione della modellazione dal BIM Manager: 1. Modellazione di una sola famiglia:
Famiglia 1: Pilastro generico
Tipo 1: 50x30cm – CALCESTRUZZO;
Tipo 2: 50x30cm - LEGNO GLULAM; 2. Modellazione di due famiglie diverse:
Famiglia 1: Pilastro CLS - CALCESTRUZZO;
Tipo 1: 50x30cm;
Famiglia 2: Pilastro Legno – LEGNO GLULAM
Tipo 1: 50x30cm, Spesso non ce n’è un’opzione migliore dell’altra, dato che entrambe possono avere vantaggi o svantaggi rispetto all’obiettivo finale della modellazione, ovvero al BIM use del modello:
il primo aspetto riguarda i criteri di Denominazione e Codifica delle famiglie, (cfr. § 1.11.1) per cui rispetto al sistema di classificazione e alle scelte intraprese a tale livello si decide quante e come modellare le famiglie della Libreria oggetti;
modellare due famiglie identiche modificando il solo materiale strutturale genera un appesantimento del file del progetto, rispetto alla creazione di due tipi all’interno della stessa famiglia. Si consiglia infatti di utilizzare famiglie che abbiano un peso inferiore a 1,5 Mb, perché il progetto cresce di dimensione ogni volta che ne viene caricata una. Tuttavia, differenziare le famiglie per materiale strutturale rende l’organizzazione e la strutturazione
dell’informazione conforme alle scelte tecnologiche e costruttive del progetto. In ogni caso, le scelte che devono guidare l’utente a un tipo di modellazione piuttosto che l’altra devono essere dettate dall’utilizzo del modello BIM. Come già accennato in precedenza, è molto importante la pianificazione e progettazione della modellazione perché permette di finalizzare le scelte costruttive degli oggetti, il loro contenuto grafico oltre a quello informativo.
3.2.2.2 Trave La Famiglia Trave strutturale, essendo una Famiglia Caricabile, segue le medesime logiche della Famiglia caricabile Pilastro strutturale. Le diverse famiglie di Trave strutturale sono catalogate nella BIM Library di default di Autodesk Revit nella cartella principale Telaio strutturale, in funzione del materiale strutturale. Come per i Pilastri strutturali, la modellazione degli elementi di Trave strutturale è differente in funzione della tecnologia costruttiva e del materiale dell’elemento. La procedura di caricamento e gestione delle famiglie e dei tipi di Trave strutturale è identica a quella illustrata per i Pilastri strutturali. In merito al caricamento e al posizionamento delle famiglie di Trave strutturale si vedano le stesse considerazioni fatte per i Pilastri strutturali. Nella modellazione, è necessario considerare i seguenti vincoli geometrici legati al posizionamento degli elementi strutturali Trave (proprietà di Istanza):
livello (utilizzo dei livelli strutturali creati);
giustificazione YZ:
uniforme: consente di definire un solo valore di giustificazione per l’estremo iniziale e finale;
indipendente: consente di definire valori differenti di giustificazione per i punti iniziale e finale sull’asse Y e Z. I parametri di giustificazione consentono di riposizionare la geometria di travi e controventi rispetto alla linea di ubicazione. È possibile eseguire la giustificazione di una trave o un controvento sia rispetto all’asse Y, sia rispetto all’asse Z. Nella tavolozza Proprietà è possibile regolare i seguenti Parametri di giustificazione:
in Giustificazione Y, selezionare Origine, Sinistra, Centro o Destra;
in Giustificazione Z, selezionare Origine, Parte superiore, Centro o Parte inferiore; In questo modo, se si desidera impostare una giustificazione a parte per il punto iniziale e finale di una trave o un controvento, occorre impostare il parametro Giustificazione YZ su Indipendente. Ciò consente di rendere disponibili Parametri di giustificazione per entrambe le estremità di una trave o un controvento. Sono inoltre presenti parametri di Tipo che possono essere modificati durante il processo di creazione della famiglia. In particolare, per le travi in acciaio e legno prefabbricate si consiglia di non modificare i valori del Tipo ma di utilizzare i tipi pre-caricati in Autodesk Revit con le sezioni dei profili standard normati. Al contrario per le travi gettate in opera in calcestruzzo o in legno Glulam è possibile duplicare il Tipo cambiandone a piacimento le dimensioni tramite l’utilizzo dei Parametri geometrici: questo risulta coerente con la possibilità di realizzare travi con dimensioni libere tramite calcestruzzo gettato in opera e legno lamellare.
Figura 3.59 Variazione della giustificazione dell’asse Z nel posizionamento della Trave.
Figura 3.60 Profili in legno di dimensioni standard precaricati della famiglia Trave.
Come per i Pilastri, anche per le Travi strutturali una delle decisioni fondamentali per la corretta gestione delle famiglie e la strutturazione delle informazioni è rappresentata dalla scelta di modellazione di due Famiglie o di due Tipi diversi appartenenti alla stessa famiglia. Il caso risulta analogo a quello del Pilastro strutturale precedentemente analizzato.
3.2.2.3 Trave reticolare La famiglia Trave reticolare, essendo una Famiglia Caricabile, segue le medesime logiche delle Famiglie caricabili fino ad ora illustrate. Le diverse famiglie di Trave reticolare sono catalogate nella BIM Library di default di Autodesk Revit nella cartella principale Travi reticolari strutturali, senza distinzioni basate sulla tecnologia costruttiva e sul materiale dell’elemento. I vari profili che compongono la Trave reticolare vengono infatti gestiti a livello di Tipo e non di Famiglia.
Figura 3.61 Caricamento della famiglia di Trave reticolare.
Durante il caricamento e l’inserimento delle famiglie di Trave strutturale è bene tener presente le seguenti proprietà:
le travi possono essere inserite vincolandole ai Pilastri strutturali, sfruttando in questo modo la capacità parametrica del software di modellazione. In questo modo, le modifiche della Griglia si ripercuoteranno sui Pilastri e successivamente sulla Trave reticolare. Per inserire correttamente le travi vincolandole alla Griglia, è necessario avere precedentemente posizionato i pilastri; Nella modellazione è necessario tenere presenti i seguenti vincoli geometrici legati al posizionamento degli elementi strutturali Trave reticolare (proprietà di Istanza):
livello (utilizzo dei livelli strutturali creati);
crea asta corrente superiore/inferiore. Permette di inserire o meno il corrente superiore o inferiore della trave reticolare;
asta corrente portante: indica quale asta corrente è portante, stabilendo la posizione della trave reticolare rispetto alla linea di ubicazione. Come illustrato per le Famiglie Caricabili in generale, anche per le Travi strutturali una delle decisioni fondamentali per la corretta gestione delle famiglie e la strutturazione delle informazioni è rappresentata dalla scelta di
modellazione di due Famiglie o di due Tipi diversi appartenenti alla stessa famiglia. In particolare, le famiglie di Trave reticolare si differenziano per schema geometrico, quindi quando si ha la necessità di una differente geometria della Trave reticolare si è costretti a caricare una nuova Famiglia. Al contrario, se si vuole semplicemente modificare i profili degli elementi che compongono lo schema di Trave reticolare, è sufficiente duplicare e modificare il Tipo, associando allo schema geometrico della trave i differenti profili di Corrente inferiore, Superiore, Montanti verticali e diagonali.
Figura 3.62
Gestione famiglie e tipi di Trave reticolare.
Le modifiche possibili sul Tipo sono:
Aste corrente superiore e inferiore:
Tipo di telaio strutturale: permette di scegliere il profilo che definisce il corrente superiore o inferiore tra le famiglie Trave caricate;
Rilascio inizio/fine: le opzioni di rilascio disponibili sono Incastro, Cerniera e Momento flettente;
Angolo: rotazione intorno all’asse longitudinale. Sulle aste che definiscono montanti e diagonali della Trave reticolare si hanno le medesime possibilità di modifica. Modificando gli elementi che compongono il telaio strutturale della Trave reticolare, è possibile modellare travi in legno o acciaio semplicemente duplicando il Tipo. Nel caso si debbano modellare due Travi reticolari di uguale forma geometrica, ma composte da profili di geometria di materiale differenti, il metodo migliore è quello di generare due Tipi, modificando i profili che compongono il telaio strutturale. Si sottolinea che, per avere a disposizione i profili, è necessario caricare le apposite Famiglie di Trave. Se invece è la geometria dello schema strutturale della trave reticolare a cambiare, il metodo da seguire sarà quello di caricare un’altra Famiglia con la corretta forma. Detto questo, è possibile comunque agire in diversi modi in funzione delle scelte effettuate in fase di pianificazione della modellazione dal BIM Manager:
1. Modellazione di una sola famiglia:
Famiglia 1: Trave reticolare schema 1
Tipo 1: profili IPE – ACCIAIO;
Tipo 2: profili standard – LEGNO. 2. Modellazione di due famiglie diverse:
Famiglia 1: Trave reticolare schema 1 - ACCIAIO
Tipo 1: profili IPE – ACCIAIO;
Famiglia 2: Trave reticolare schema 1 - LEGNO
Tipo 1: profili standard – LEGNO; La Trave reticolare può essere inoltre modificata manualmente tramite il comando Modifica profilo, definendo la lunghezza dei Correnti superiore o inferiore. Il software permette di ripristinare lo schema geometrico base precedente alle modifiche manuali. Il comando Rimuovi Famiglia di travi reticolare permette di eliminare la Famiglia di trave reticolare che definisce lo schema geometrico di posizionamento dei profili di Correnti, Montanti e Diagonali, mantenendo
questi ultimi inalterati come singoli oggetti. Si sottolinea che gli elementi del telaio strutturale mantengono i parametri di unione e i collegamenti quali Taglio, Offset e Giustificazione impostati, quindi gli elementi che componevano la Trave reticolare risultano ancora connessi tra loro, ma non costituiscono più un unico elemento parametrico.
3.2.2.4 Sistema di travi I Sistemi di travi rappresentano un metodo rapido per la creazione di un telaio strutturale di piano. È possibile creare un sistema di travi in due modi:
sistema di travi automatico: crea un layout automatico che definisce numero e spaziatura di travi parallele in una serie;
disegna sistema di travi: permette di disegnare manualmente i bordi del sistema di travi, definendone direzione di orditura e parametri geometrici. Durante l’utilizzo del Sistema di travi è bene tener presente le seguenti proprietà:
tipo di trave: famiglia e tipo di trave che compone il sistema di travi
giustificazione:
inizio;
centro;
fine;
asse di direzione.
regola di layout: definisce la regola secondo cui il software dispone le travi nell’area ricompresa nel sistema di travi:
distanza fissa;
numero predefinito;
spaziatura massima;
spaziatura minima.
Figura 3.63 Sistema di travi nel caso studio in esame.
3.2.2.5 Controvento La famiglia Controvento strutturale, essendo una Famiglia Caricabile, segue le medesime logiche delle Famiglie Caricabili fino ad ora illustrate. Le diverse famiglie di Controvento strutturale sono catalogate nella BIM Library di default di Autodesk Revit nella cartella principale Telaio strutturale (la cartella coincide con quella della famiglia Trave strutturale). Nella cartella principale sono disponibili, come spiegato in precedenza, sotto cartelle suddivise per materiale strutturale. Fondamentalmente, la famiglia Controvento strutturale utilizza le stesse Famiglie della Trave strutturale, quindi tutte le famiglie e i tipi caricati per modellare le Travi strutturali possono essere utilizzate per modellare l’elemento di Controvento strutturale. Le proprietà da considerare durante il caricamento e il posizionamento di un Controvento strutturale coincidono con quelle della Trave strutturale. Come per le Travi strutturali inclinate, per il posizionamento di un Controvento strutturale è bene attivare il comando Snap 3D.
3.2.2.6 Connessioni Le connessioni presentate in questo paragrafo sono relative al collegamento di elementi strutturali in acciaio, ma le stesse considerazioni possono valere per gli elementi lignei o in calcestruzzo prefabbricato. Per collegare elementi in acciaio (Pilastri, Travi, Controventi, etc), è possibile utilizzare il comando Connessione strutturale, che consente di aggiungere una Connessione strutturale ad un giunto di telaio tra due o più elementi. Prima di utilizzare il comando Connessione strutturale, è necessario eseguire le seguenti operazioni:
caricare le Connessioni strutturali pre-impostate da Autodesk Revit:
generiche: non caratterizzate da oggetto tridimensionale, ma dalla sola informazione (relativa al tipo di vincolo) e simbolo relativo al tipo di connessione;
fisiche: caratterizzate da oggetto tridimensionale personalizzabile contenente l’ingombro reale della connessione e non solo l’informazione associata;
selezionando il Tipo di connessione e gli elementi da collegare, la connessione viene posizionata automaticamente tra gli elementi. È possibile,
in una seconda fase, specificare alcune informazioni della connessione, sia geometriche che di resistenza meccanica, numero, tipo di bulloni, etc.
Figura 3.64 Caricamento delle connessioni profili in acciaio.
Figura 3.65 Personalizzazione delle connessioni caricate.
3.2.2.7 Plinto, Trave rovescia e Palo di fondazione strutturale L’inserimento nel progetto della Famiglia Caricabile Plinto strutturale è semplice e veloce. Utilizzando l’apposito comando Carica Famiglia, le diverse Famiglie di fondazione superficiale e profonde, catalogate nella BIM Library di default di Autodesk Revit nella cartella Fondazioni strutturali, possono essere inserite all’interno del progetto. Nella cartella principale, sono disponibili le seguenti famiglie di fondazioni superficiali e profonde:
plinti gettati in opera o prefabbricati con bicchiere;
travi rovesce;
pali. Si evidenzia che la famiglia di Trave rovescia è catalogata nella BIM Library nella cartella delle Fondazioni strutturali, tuttavia appartiene alla Famiglia Travi. Di conseguenza, se si vuole posizionare una trave rovescia nel modello si deve utilizzare il comando Trave nell’apposita scheda Strutture anziché il comando Fondazioni. Una delle decisioni fondamentali per la corretta gestione delle Famiglie e la strutturazione delle informazioni ad esse associate è la scelta di modellazione di due Famiglie o, in alternativa, di due Tipi diversi appartenenti alla stessa Famiglia. La scelta di caricare una Famiglia rispetto
alla duplicazione di un Tipo ha vantaggi o svantaggi in funzione dell’obiettivo e delle necessità della modellazione. Per esempio, nel caso si debbano modellare due plinti di uguale forma geometrica ma di dimensioni differenti, il metodo migliore risulta quello di generare un Tipo modificando i parametri di Altezza, Larghezza e Spessore nel caso di un plinto rettangolare. Se invece è la forma geometrica dell’elemento a cambiare, il metodo da seguire sarà quello di creare un’altra Famiglia di plinto con la corretta forma, perché l’utilizzo di due elementi con forme molto diverse all’interno della stessa Famiglia è di difficile gestione.
3.2.2.8 Altre categorie di famiglie caricabili Oltre alle famiglie caricabili come Plinti, Travi, Pilastri, etc, sono presenti all’interno del software altre Categorie di famiglie, come le famiglie di Armatura e Manicotti, che è possibile inserire nel modello Strutturale. Queste famiglie possono essere caricate dalla scheda Inserisci > Carica famiglia, cercando tra le diverse cartelle già presenti nella libreria del software, da qualsiasi altra cartella di sistema, o da piattaforma di condivisione delle famiglie (CDE) in cloud. Una volta caricata la Famiglia, si può posizionare l’oggetto mediante l’apposito comando dalla scheda Struttura, tenendo sempre presente che tali elementi dovranno essere posizionati su un host.
3.2.3 Preparazione del modello per l’analisi strutturale Il modello strutturale realizzato con Autodesk Revit può essere utilizzato per le analisi strutturali dell’edificio. In particolare, in parallelo alla modellazione degli elementi tecnici, viene creato il modello analitico dell’edificio. Tale modello costituisce la schematizzazione tramite l’utilizzo di aste/piani, vincoli, carichi, e combinazioni di carico del modello fisico Strutturale, rappresentando lo schema statico dell’edificio. Questo modello può essere esportato in applicazioni di analisi e calcoli strutturali specifici. La procedura per l’utilizzo del modello analitico è riportata di seguito.
Figura 3.66 Flusso di lavoro per la preparazione del modello BIM all’analisi strutturale.
Attivazione del modello analitico Nelle viste di lavoro 2D e 3D è possibile selezionare il comando Mostra Modello Analitico, posto nella parte inferiore dell’area di lavoro, che permette di visualizzare le aste/piani che schematizzano gli oggetti, i vincoli e i carichi ad essi assegnati. Per comodità, è utile duplicare alcune viste mantenendo il modello analitico acceso o spento in funzione di ciò che si sta eseguendo, modellazione degli
elementi tecnici strutturali o assegnazione dei vincoli/carichi.
Figura 3.67 Modello analitico caso studio.
Definizione dei vincoli Dalla scheda Analizza è possibile definire i vincoli esterni modellando lo schema statico alla base della successiva analisi strutturale. Autodesk Revit permette di definire:
vincolo esterno puntuale;
vincolo esterno lineare;
vincolo esterno di area. Per ciascuna tipologia di vincolo è possibile definire:
orienta su: Progetto, Piano di lavoro e Sistema di coordinate locali host . Consente di selezionare il sistema di coordinate da utilizzare per l’orientamento del vincolo.
stato: specifica il tipo di vincolo tra le opzioni Incastro, Cerniera, Carrello e Definito dall’utente. Quest’ultimo consente di specificare le traslazioni e le rotazioni di ciascuna coordinata del vincolo esterno La scheda Impostazioni vincolo esterno e Impostazioni rappresentazione simbolica, contenute nella finestra di dialogo Impostazioni strutturali, consentono di modificare proprietà e simboli dei vincoli esterni. Definizione dei carichi È possibile applicare carichi e combinazioni di carico al modello Analitico per valutare possibili deformazioni e sollecitazioni nel progetto. Autodesk Revit permette di definire:
carichi concentrati e carichi concentrati ospitati;
carichi lineari e carichi lineari ospitati;
carichi area e carichi area ospitati. Le schede Condizioni di carico, Combinazioni di carichi della finestra di dialogo Impostazioni strutturali consentono di modificare le caratteristiche dei carichi applicati. Il modello Analitico può essere modificato manualmente, per adattarlo alle necessità e all’esportazione verso software di analisi e progettazione strutturale, tramite i comandi:
Regola modello analitico: modifica il modello Analitico degli elementi strutturali per una migliore definizione dello schema statico da esportare;
Reimposta modello analitico: reimposta lo schema statico automatico. Prima dell’esportazione del modello strutturale per l’analisi, è bene che il modello Analitico sia verificato in modo automatico in alcune delle sue parti, mediante i comandi:
Verifica supporti elementi: verifica che tutti gli elementi strutturali siano collegati a dei supporti;
Verifica omogeneità analitica: verifica l’omogeneità tra modello fisico Strutturale e Analitico.
Analisi strutturale Il software di modellazione Autodesk Revit non permette di effettuare analisi strutturali, ma semplicemente di modellare lo schema statico, i carichi applicati, i materiali e le sezioni degli elementi strutturali. È possibile utilizzare Structural Analysis Toolkit per Autodesk Revit. Il toolkit permette di ottimizzare il flusso di lavoro nel cloud e/o sul desktop, utilizzando il modello analitico creato in Autodesk Revit per eseguire analisi strutturali nel cloud con accesso ai servizi Autodesk A360, estendendo il modello di Autodesk Revit ad Autodesk Robot Structural Analysis Professional. Al termine dell’analisi, i risultati possono essere consultati e analizzati nell’ambiente Autodesk Revit. Un’ulteriore possibilità è quella di utilizzare appositi plug-in di esportazione verso software per l’analisi agli elementi finiti (calcolatori FEM) come Midas GEN o Tekla Structures ed eseguire i calcoli necessari al dimensionamento degli elementi strutturali all’interno di essi.
3.3 M ODELLAZIONE DELL’IMPIANTO AERAULICO
Seguendo il flusso di lavoro presentato nel capitolo 2 per la modellazione Impiantistica occorre definire i seguenti aspetti: 1. Template, possibilità di utilizzo di un:
template creato o personalizzato dall’utente
template di default “Modello meccanico” 2. Definizione dell’ambiente di lavoro:
Definizione dei Sistemi, quando si iniziano a modellare gli impianti di un edificio è necessario definire i Sistemi a cui appartengono, le tipologie di macchinari, le dorsali di distribuzione, e i terminali presenti in progetto. La corretta impostazione della modellazione impiantistica prevede la definizione dei vari Sistemi a cui associare gli elementi tecnici. Per la modellazione impiantistica, è utile attivare il Browser di Sistema, ovvero la barra dei comandi relativi alla gestione dei Tipi di Sistemi suddivisi per disciplina, in questo caso quella meccanica contiene terminali, canali e macchine del sistema aeraulico di mandata, ritorno e aspirazione;
Spaziale: un’operazione fondamentale per l’impostazione dello spazio di lavoro è il collegamento dei modelli, in funzione della disciplina, del numero e della complessità, come visto nel capitolo 1. Ad esempio, il modello
architettonico e/o strutturale può essere collegato all’interno del modello impiantistico o viceversa, in funzione delle differenti esigenze progettuali e organizzative. Questa operazione va valutata in funzione della tipologia, delle specificità dell’edificio in progetto, e dalla composizione del team di progettazione.
Temporale, attribuzione delle fasi agli oggetti:
fase di creazione;
fase di demolizione; 3. Libreria degli oggetti BIM: come illustrato nel capitolo 2 l’architettura del software Autodesk Revit suddivide tutti gli oggetti per Categorie, le cui Famiglie possono essere di sistema, caricabili o locali. In particolare per la disciplina impiantistica aeraulica le famiglie di oggetti sono suddivise come segue:
Famiglie di sistema:
sistema di condotti;
condotti;
condotti flessibili;
Famiglie caricabili:
bocchettone;
raccordo condotto;
attrezzatura meccanica; La creazione delle diverse famiglie caricabili deve essere studiata e progettata rispetto alle esigenze progettuali, così come i diversi tipi possono essere creati all’interno dell’apposito editor famiglie o all’interno dello spazio di progetto. Tutti gli oggetti di Famiglie caricabili risiedono nella cartella principale Libreria oggetti personale, del progetto o di default di Autodesk Revit. Possono essere caricate all’interno del software tramite il comando Carica famiglia, selezionando la cartella in cui sono salvate. All’interno dei modelli impiantistici, devono essere utilizzati gli oggetti MEP, le cui famiglie di partenza sono contenute nell’apposita cartella della libreria di base delle famiglie caricabili. La differenza sostanziale tra famiglie architettoniche e impiantistiche che rappresentano gli stessi oggetti (es. lavabo) è la presenza, nelle seconde, della famiglia nidificata di Connettore, che permette il collegamento dell’oggetto terminale alle dorsali impiantistiche, costituite da Condotti e Tubazioni.
Figura 3.68 Differenze famiglia architettonica e MEP meccanica.
Si evidenzia che un macchinario o terminale impiantistico può appartenere contemporaneamente a differenti Sistemi e Circuiti, poiché può contenere diverse tipologie di Connettori (aeraulici, idraulici o elettrici). Si veda il seguito del paragrafo per una spiegazione più dettagliata del loro utilizzo rispetto al collegamento tra modelli. 4. Inserimento degli oggetti nel template e creazione del modello dell’edificio: Come per gli altri modelli BIM, anche questo modello
dell’edificio viene realizzato inserendo e utilizzando le famiglie di sistema e caricabili precedentemente modellate. Di seguito si riporta il flusso di lavoro ripetibile per la modellazione impiantistica:
Figura 3.69 Flusso di lavoro della modellazione impiantistica aeraulica.
Nell’immagine sottostante si riportano le principali proprietà da tener presente durante il processo di creazione e inserimento di oggetti di famiglie
di sistema e caricabili, di cui si evidenzia il flusso di operazioni da svolgere per qualsiasi elemento si stia modellando.
Figura 3.70 Operazioni per la creazione di un oggetto.
La modellazione impiantistica può essere ulteriormente suddivisa nelle subdiscipline aeraulica, idrica ed elettrica. La modellazione di queste tre discipline può essere sia realizzata all’interno del medesimo modello o divisa in tre o più modelli differenti, ognuno contenente solo gli elementi di una specifica sub-disciplina. In questo caso, si è deciso per questa seconda
opzione, suddividendo la trattazione secondo la logica delle tre subdiscipline.
Figura 3.71 Suddivisione del Modello impiantistico in tre Modelli distinti, secondo le sub-discipline: Modello aeraulico, idraulico ed elettrico.
I modelli sono verificati e coordinati in corso di modellazione. Si sottolinea che la strutturazione dell’informazione in n-modelli dipende direttamente dalla tipologia di edificio da modellare, dal numero e dalla tipologia di sistemi impiantistici presenti, dall’organizzazione del team di lavoro, e dagli
obiettivi della modellazione informativa. Dividere la modellazione in più modelli BIM consente di accelerare il lavoro, poiché diversi team possono eseguire operazioni in parallelo con o senza l’utilizzo di workset (cfr § 5.1.2); tuttavia questo approccio richiede una fase successiva di coordinamento sia tra le varie sub-discipline impiantistiche che con le discipline architettonica e strutturale. In ottica di preparazione dello spazio di lavoro, i modelli strutturale e architettonico possono essere collegati all’interno dei modelli BIM impiantistici (cfr. § 5.1). A seguito della successiva definizione del modello Impiantistico, si colle-gherà quest’ultimo all’interno del modello architettonico e strutturale per verificare, per esempio, interferenze tra elementi, come l’assenza di forometrie per il passaggio degli impianti. In alternativa tutti i modelli BIM verranno inseriti in un altro software con lo scopo di verificare il coordinamento tra i modelli BIM (cfr. § 5.2). Si sottolinea nuovamente che la struttura e le fasi in cui avvengono i collegamenti tra i modelli dipendono dalle necessità progettuali e organizzative del team di lavoro. Il collegamento tra modelli, se ben strutturato, permette di coordinare le discipline in corso di progettazione tramite cicli di verifica; i modelli collegati risultano, in questo modo, utili strumenti decisionali a supporto del coordinamento tra discipline durante la fase progettuale. In ottica di coordinamento tra modelli BIM, collegato il modello architettonico nel modello MEP, è possibile copia-controllare terminali e macchinari inseriti nel modello architettonico. Questa operazione risulta utile per coordinare le modifiche effettuate nel progetto architettonico con il progetto degli impianti, in quanto le famiglie inserite nel modello architettonico non contengono i Connettori, entità imprescindibili per poter collegare i terminali alle dorsali impiantistiche ed essere associate ai Sistemi. Per poter coordinare correttamente i modelli, e aggirare la mancanza dei Connettori nelle famiglie architettoniche, occorre copia-controllarle nei modelli impiantistici, e successivamente specificare il Mappaggio per ciascuna categoria di famiglia nelle Impostazioni di coordinamento, cioè effettuare l’associazione tra l’oggetto architettonico copia-controllato e il nuovo oggetto della disciplina MEP.
Figura 3.72 Impostazione del mappaggio del tipo per l’associazione delle famiglie ARC in quelle MEP.
Il software Autodesk Revit utilizza le Impostazioni di mappaggio specificate per ciascuna Categoria per definire una corrispondenza fra i tipi delle famiglie nel modello architettonico e i tipi delle famiglie nel modello MEP. In questo modo, è possibile sostituire i tipi di famiglie architettoniche copiacontrollate con tipi di famiglie MEP, le quali, contenendo i Connettori, hanno la possibilità di essere collegate a Condotti e Tubazioni ed essere
associate a un Sistema, andando a costituire il layout dell’impianto nel modello BIM impiantistico. Ad esempio, per tutti gli Apparecchi idraulici appartenenti al Tipo Lavabo nel modello architettonico, è possibile associare e sostituire il tipo M_Lavello nel modello MEP. La corretta impostazione del mappaggio del tipo degli elementi impiantistici consente di ottimizzare il processo, ridurre gli errori, e risparmiare tempo di modellazione. Un ulteriore aspetto di fondamentale importanza, relativo alla modellazione dei componenti impiantistici, riguarda le relazioni che si instaurano con gli oggetti delle altre discipline durante il loro posizionamento. La modellazione degli elementi impiantistici, infatti, prevede l’utilizzo di Famiglie caricabili ospitate su superficie, cioè posizionate su superfici che fanno loro da host. Durante il coordinamento dei modelli architettonico, strutturale e impiantistico, può capitare che, a seguito di modifiche, gli elementi nel modello impiantistico perdano il riferimento rappresentato dalla superficie host di appartenenza, per cui è necessario ricollocare l’elemento ospitato. In particolare, è utile verificare, all’apertura del modello BIM impiantistico, tutte le eventuali dissociazioni tra i componenti modellati e i relativi elementi host utilizzando il comando Riconcilia Host. Questo comando permette sia di identificare gli oggetti senza host di riferimento, sia di effettuare nuovamente l’associazione tra i due elementi. Ogni volta che un oggetto perde il suo host di riferimento, un avviso all’apertura del modello evidenzia l’incongruenza e invita a verificarla. Questo è uno degli strumenti a disposizione per ottimizzare il coordinamento tra i modelli BIM (per una descrizione più dettagliata al tema si veda il capitolo 5).
Figura 3.73 Procedimento di riconcilia host di un componente MEP (aeraulico, idrico, elettrico).
Entrando nel merito della disciplina meccanica, ogni impianto meccanico a progetto può essere modellato e organizzato utilizzando:
Sistema di Condotti: famiglia di sistema che raggruppa elementi della disciplina impiantistica relativa all’impianto aeraulico dell’edificio.
Il Sistema di Condotti comprende:
macchinari
condotti
terminali.
Figura 3.74 Sistema di Condotti di un impianto meccanico.
Figura 3.75 Sistema di Condotti di un impianto meccanico.
Tipi di Sistemi di Condotti: per gestire in modo efficiente l’impianto principale è utile associare gli elementi impiantistici (macchinari, condotti e terminali) ai vari Tipi di Sistemi, strutturando l’informazione in modo
ottimale. È possibile definire i vari Tipi di Sistemi dell’impianto Aeraulico duplicando quelli di default dal Browser di progetto (Fig. 3.76).
I tipi definiti in questo modo vengono visualizzati nel menu a tendina durante l’operazione di associazione degli elementi impiantistici al Tipo di sistema. Nell’immagine sottostante viene evidenziata l’operazione di associazione degli elementi al Tipo di Sistema creato (Fig. 3.77).
Figura 3.76 Creazione dei Tipi di Sistema dal Browser di progetto.
Figura 3.77 Associazione di un terminale al Tipo di Sistema.
Dopo aver creato Sistemi e i relativi Tipi di Sistemi di condotti, si consiglia di procedere con i seguenti passaggi:
Inserimento dei Livelli per il posizionamento degli oggetti impiantistici: gli elementi possono essere associati o meno ai Livelli creati nei modelli BIM architettonico o strutturale, in questo caso si rimanda al capitolo 5.
Caricamento e modellazione dei terminali e macchinari: le famiglie di terminali e macchinari sono caricate e posizionate nel file di progetto.
Associazione terminali e macchinari modellati ai Tipi di sistemi precedentemente definiti.
Caricamento famiglie di raccordo e definizione delle Preferenze di Instradamento. Prima della fase di modellazione delle dorsali che collegano gli elementi, è necessario caricare le famiglie, modellare i Tipi di Raccordi di condotti, e contestualmente definire le Preferenze di instradamento degli stessi. Questa operazione permette al software di generare correttamente i collegamenti tra gli elementi impiantistici. Prima di procedere con la modellazione dei canali che compongono il sistema aeraulico, è utile quindi definire le Preferenze di instradamento nelle Proprietà del Tipo dei condotti, ovvero la modalità predefinita di connessione utilizzata dal software tra i Condotti modellati. Per ogni Tipo di condotto, è possibile definire Preferenze di instradamento per quanto riguarda le differenti connessioni, come riportato nell’esempio dell’immagine seguente.
Figura 3.78 Definizione delle preferenze di instradamento per la famiglia di Condotti, tipo Raggio gomiti/ Giunti.
Come detto, ognuno dei collegamenti tra Condotti per poter essere modellato utilizza Famiglie e Tipi di Raccordo di condotto, precaricati all’interno del modello Meccanico di default, o inseriti e modificati dall’utente. È utile quindi caricare famiglie e Tipi di Raccordo di condotto prima della modellazione dei canali. Nel caso in cui non si siano caricate famiglie e Tipi per la modellazione della connessione tra canali, il software non sarà in grado di collegare gli elementi di condotto.
Modellazione dei Condotti: dopo aver inserito i terminali e macchinari, occorre realizzare la modellazione dei collegamenti tra essi tramite i Condotti. Tale operazione è possibile generando un layout automatico (con l’apposito comando) con la possibilità di modifica manuale, o tramite modellazione manuale. Di seguito si riporta il flusso di lavoro utilizzabile per la modellazione impiantistica del Sistema Aeraulico:
Figura 3.79 Flusso di lavoro per la modellazione impiantistica: Sistema aeraulico.
3.3.1 Famiglie di sistema In questo paragrafo si presentano le peculiarità delle famiglie di sistema dell’impianto meccanico aeraulico, relative alla creazione di terminali, macchine, e delle dorsali impiantistiche, proponendo il flusso di lavoro ottimale per la loro creazione e gestione.
Figura 3.80
Flusso di lavoro per la modellazione delle dorsali impiantistiche.
3.3.1.1 Sistema di condotti All’interno del software Autodesk Revit sono presenti tre Tipi di Sistemi di condotti di default:
aria di mandata;
aria di ritorno;
aria di scarico. È possibile creare Tipi di Sistema personalizzati di condotti aprendo il Browser di progetto, espandendo la sezione Famiglie > Sistema di condotti, quindi Dupli-cando e Rinominando il nuovo Tipo di Sistema personalizzato. I Sistemi creati possono essere utilizzati per raggruppare elementi impiantistici quali terminali, condotti e macchinari.
Figura 3.81 Modellazione dei tipi di Sistemi di Condotti per la strutturazione dell’informazione (aria di immissione, di mandata, di ripresa e di scarico).
I Tipi di sistemi possono essere utilizzati per suddividere l’impianto in diversi sotto impianti, ad esempio rispetto al blocco di edificio, piano, o ai generatori presenti. In quest’ultimo caso, i Tipi di Sistema possono essere suddivisi secondo le macchine di Unità Trattamento Aria. Per ogni impianto collegato ad una U.T.A., si modellerà il corrispondente Tipo di Sistema. Ad esempio, se sono previste due U.T.A., si modelleranno due differenti Tipi di Sistemi di mandata e ritorno riferiti alle macchine, come schematizzato in figura.
Figura 3.82 Strutturazione dell’informazione tramite la suddivisione dell’impianto secondo diversi Tipi di Sistema di Condotti.
Avendo modellato gli impianti secondo famiglie di Sistema di condotti e Tipi di sistemi di condotti, è possibile gestire a livello grafico e informativo gli elementi appartenenti a questi gruppi, modificando le Proprietà del tipo dei Sistemi e nello specifico i parametri di Sostituzione grafica e Materiale. Creato il Sistema, è possibile modificarne proprietà, nome, e aggiungere o to-gliere terminali e macchine, selezionando un oggetto del Sistema e
utilizzando i comandi di modifica del Sistema di condotti dalla barra temporanea.
Figura 3.83 Definizione delle Sostituzioni grafiche e del Materiale del Tipo di Sistema di Condotti.
3.3.1.2 Condotti Nel software, la Categoria Condotti è suddivisa secondo la geometria della sezione in tre Famiglie di sistema:
condotto circolare;
condotto ovale;
condotto rettangolare. Ogni Condotto presenta diversi Tipi, che si differenziano rispetto alla modalità di connessione (es. curve a gomito, gomiti ad angolo, gomiti a T). Per sfruttare le caratteristiche parametriche del software, si ricorda di definire Tipi di Sistema di condotti e relative preferenze di instradamento e i Livelli prima di passare alla modellazione degli elementi impiantistici, in modo da poter associare questi ultimi ai Sistemi, vincolandoli ai Livelli. Durante la creazione e modifica di un Condotto, il tracciamento dell’elemento include le seguenti opzioni per il posizionamento e la definizione della geometria:
giustificazione: apre la finestra di dialogo impostazioni di giustificazione che consente di definire la modalità di giustificazione orizzontale, verticale e l’offset dei condotti per il loro posizionamento;
collega automaticamente: consente di connettere tramite snap i componenti, è utile attivare l’opzione quando si connettono tratti di canale a quote altime-triche differenti;
eredita quota altimetrica e dimensione: eredita la quota altimetrica e la dimensione dell’elemento a cui viene eseguito lo snap, utile per velocizzare l’operazione di tracciamento dei condotti;
etichetta al posizionamento: applica automaticamente un’etichetta riportante le dimensioni del condotto durante la modellazione o altri parametri personalizzati dall’utente.
Figura 3.84 Assegnazione di un’etichetta personalizzata di un Condotto.
Durante la creazione dell’oggetto Condotto, occorre considerare le seguenti proprietà, (si omettono quelle più semplici e già trattate nei paragrafi precedenti): 1. Proprietà di Istanza (scheda Proprietà):
classificazione sistema, nel momento in cui i condotti modellati vengono connessi a terminali, attrezzature o dispositivi è possibile definire il sistema di appartenenza precedentemente modellato;
tipo di sistema, permette di associare manualmente il condotto al Tipo di sistema di condotti tra quelli precedentemente modellati;
nome sistema, parametro informativo che identifica in modo univoco il Sistema di appartenenza, può essere personalizzato dall’utente;
abbreviazione del sistema, codice che identifica in modo univoco il Sistema, può essere personalizzato dall’utente. 2. Proprietà temporanee:
chiudi estremità aperte, aggiunge una calotta all’estremità aperta di un tratto di Condotto. Per determinare il Tipo di calotta da aggiungere vengono utilizzate le informazioni definite nelle Preferenze di instradamento del tipo di Condotto;
aggiungi isolamento, consente di aggiungere e definire lo spessore di isolamento attorno ai Condotti e Raccordi selezionati;
aggiungi rivestimento, consente di aggiungere e definire il rivestimento attorno ai Condotti e Raccordi selezionati.
3.3.1.3 Condotti flessibili Le logiche di pianificazione e modellazione dei Condotti flessibili risultano molto simili a quelle illustrate per i Condotti, per cui di seguito si sottolineano le principali differenze. Nel software la Categoria Condotti flessibili è suddivisa secondo la geometria della sezione in due Famiglie di sistema:
condotto flessibile circolare;
condotto flessibile rettangolare. Le principali Proprietà di Istanza dei Condotti flessibili sono le seguenti (scheda Proprietà):
motivo flessibile: permette di selezionare la visualizzazione 2D del Condotto flessibile tra differenti opzioni;
proprietà per la gestione delle informazioni relative al Tipo di sistema di condotti di appartenenza: risultano identiche a quelle illustrate per i Condotti. Vista la libertà di posizionamento tipica di un Condotto flessibile, il software tramite degli appositi snap permette di modificare liberamente il tracciato del condotto modellato. Modificando i punti di controllo della
spline di base per il posizionamento dell’elemento, l’utente è in grado di modellare percorsi complessi che si sviluppano nelle tre dimensioni.
3.3.2 Famiglie caricabili Nel paragrafo si presentano le peculiarità delle famiglie caricabili dell’impianto aeraulico, relative alla creazione dei macchinari e terminali, proponendo il flusso di lavoro ottimale per la loro creazione e gestione della modellazione.
Figura 3.85
Flusso di lavoro per la modellazione dei macchinari e terminali.
3.3.2.1 Bocchettone I bocchettoni rappresentano i terminali del Sistema Aeraulico e possono appartenere a un solo Tipo di Sistema, in funzione della famiglia utilizzata (es. il bocchettone di mandata può appartenere solo al Sistema Aria di Mandata e non di Ritorno). Le diverse Famiglie di Bocchettone sono catalogate nella BIM Library di Autodesk Revit nella cartella Componenti laterali aria > Bocchettoni. La famiglia Bocchettone è caratterizzata dalla presenza di un Connettore condotto che differenzia la famiglia architettonica da quella MEP meccanica, permettendo la realizzazione dei Sistemi impiantistici. La famiglia Connettori, nidificata all’interno della famiglia Bocchettone, è in grado di interagire in modo parametrico con i componenti MEP, tra cui Condotti, Condotti flessibili e Raccordi. Si sottolinea che i componenti creati senza connettori non possono essere inclusi in un Sistema impiantistico. Si ricorda anche che l’assenza o la presenza di Connettori all’interno di una Famiglia e, di conseguenza l’impossibilità o la possibilità di associare gli oggetti a un Sistema, è la differenza fondamentale tra famiglie architettoniche e MEP, in quanto le prime non presentano Connettori al contrario delle seconde.
Figura 3.86 Editor della Famiglia nidificata: Connettore condotto, presente in una famiglia di Bocchettone.
Durante la creazione dell’oggetto, occorre considerare le seguenti proprietà per la modifica dei Bocchettoni. 1. Proprietà del Tipo dei Bocchettoni (scheda Proprietà del tipo):
Dimensioni Connettore, definisce le dimensioni del connettore che permette la connessione con i Condotti del sistema;
Dimensioni Bocchettone, definisce le dimensioni fisiche del Bocchettone. 2. Proprietà di Istanza dei Bocchettoni (scheda Proprietà):
Freccia su/giù, destra/sinistra, permette di accendere o spegnere i simboli grafici legati alla direzione del flusso d’aria;
Classificazione sistema, definisce il Sistema di appartenenza dei Connettori all’interno dei Bocchettoni. Le Famiglie di Bocchettoni sono suddivise in terminali di mandata, ritorno e aspirazione in funzione della Classificazione di sistema del Connettore;
Tipo di sistema, parametro che viene auto-compilato nel momento in cui il Bocchettone viene assegnato a un Sistema impiantistico. Per assegnare i terminali a un sistema, è sufficiente selezionare gli elementi da associare e con il comando Crea sistema di condotti associare l’elemento al Tipo di Sistema scegliendo tra quelli precedentemente creati. L’associazione viene visualizzata all’interno del Browser di Sistema;
Figura 3.87 Visualizzazione degli elementi associati ai Tipi di Sistemi.
Per verificare che un terminale sia assegnato a un Sistema di condotti, è possibile controllare il colore del Simbolo di annotazione dell’elemento: se il Bocchettone è assegnato a un Sistema, il simbolo passa da nero a blu.
Figura 3.88 Differenze nel Simbolo di annotazione tra un Bocchettone assegnato e uno non assegnato al Sistema di condotti.
3. Proprietà temporanee dei Bocchettoni:
Genera layout: per poter generare un Layout automatico, gli elementi devono essere stati precedentemente assegnati a un Sistema. Ci sono differenti soluzioni di layout automatico che permettono di collegare terminali e macchine appartenenti al Sistema:
rete;
perimetro;
intersezioni.
Figura 3.89
Tipi di soluzione per la generazione del layout automatico Rete.
La scheda Impostazioni di conversione dei condotti permette di definire le famiglie di Condotti che verranno utilizzate per convertire lo schema di layout di collegamento dei terminali in canali fisici. È possibile definire il Tipo di Condotto che verrà modellato sul ramo principale e l’offset rispetto al Livello di riferimento; le stesse impostazioni si ritrovano per il Ramo secondario. I Condotti generati faranno parte del Sistema dei terminali e saranno indicizzati nel Browser di sistema.
Figura 3.90
Scheda Impostazioni di conversione dei condotti.
3.3.2.2 Raccordo condotto Le diverse Famiglie di Raccordo sono catalogate nella BIM Library di Autodesk Revit nella cartella Condotto > Raccordi. Sono disponibili famiglie di Raccordi di condotto suddivise per sezione:
Multiforma;
Ovale;
Profili;
Rettangolare;
Tonda. Durante la creazione dell’oggetto, occorre considerare la tipologie di giunzioni disponibili tra le famiglie di raccordi base pre-caricate:
T;
Rubinetto;
Transizione e Transizione a più forme;
Unione. Come anticipato, per modellare i collegamenti tra canali il software utilizza Famiglie e Tipi di Raccordo caricati e definiti nel progetto. Si consiglia pertanto di caricare e modellare Tipi e Famiglie di Raccordi e impostare le preferenze di instradamento precedentemente alla modellazione dei Condotti, o, in alternativa, durante la modellazione dei canali, caricando e creando Tipi di Raccordo in parallelo alla modellazione dei Condotti. Nel caso in cui si voglia collegare due canali e non si sia caricata la Famiglia o modellato il Tipo necessario per realizzare il collegamento, il software riporta il seguente errore: “Nessuna soluzione di instradamento automatico trovata”, per cui non è possibile collegare i condotti modellati. Le Proprietà di Istanza dei Raccordi di condotti risultano identiche a quelle definite per Condotti rigidi e flessibili.
3.3.2.3 Attrezzatura meccanica Le diverse Famiglie utili alla modellazione dei macchinari aeraulici sono suddivise in:
componenti generali:
condensatori;
pompe di calore;
scambiatori;
serbatoi;
componenti laterali acqua e relative sotto cartelle
componenti laterali aria e relative sotto cartelle. Le famiglie di Attrezzatura meccanica rappresentano le sorgenti dei Sistemi Ae-raulici, ovvero i componenti utili alla fornitura di fluidi termovettori ai
Sistemi, e tutti i componenti annessi alla produzione ed erogazione del calore. Tali famiglie sono caratterizzate dalla presenza di Connettori appartenenti a differenti discipline impiantistiche (aeraulici, idraulici, elettrici etc.) che le differenziano dalle Famiglie Architettoniche. Come già illustrato in precedenza, la famiglia Connettori, nidificata all’interno della famiglia Attrezzatura meccanica, è in grado di interagire in modo intelligente con i componenti MEP, tra cui Condotti, Condotti flessibili, Raccordi tubazioni idriche ed elementi elettrici. Ciascuna Famiglia di Attrezzatura meccanica presenta geometria, connettori e parametri di modifica tipici del macchinario modellato.
Figura 3.91
Editor delle famiglie nidificate: del Connettore condotto, Connettore elettrico e tubazione in una famiglia caricabile di un’UTA.
Nel caso si debba modellare una Unità di Trattamento Aria, è possibile cercare tra le varie Famiglie disponibili quella che più si avvicina alle proprie necessità, duplicare la famiglia scelta e modificarne i parametri adattandola alla esigenze. La modifica risulta tendenzialmente un’operazione rapida, perché i macchinari degli elementi sono composti da oggetti di dimensioni standard, con una varia-bilità dimensionale minore rispetto ad elementi personalizzati. Risulta chiaro come tutti i parametri geometrici, meccanici ed elettrici siano totalmente personalizzabili rispetto alle esigenze progettuali, semplicemente duplicando il Tipo e adattandolo alle necessità. Si sottolinea che un macchinario meccanico può appartenere contemporaneamente a differenti Sistemi e Circuiti, poiché presenta diverse tipologie di Connettori (aeraulici, idraulici o elettrici) e quindi essere presente in più modelli copia-controllato (cfr. § 3.7).
3.4 M ODELLAZIONE DELL’IMPIANTO IDRICO, DI SCARICO, ANTINCENDIO E GAS
Seguendo il flusso di lavoro presentato nel capitolo 2 per la modellazione Impiantistica, occorre definire i seguenti aspetti: 1. Template, possibilità di utilizzo di un:
template creato o personalizzato dall’utente;
template di default “Modello idraulico”; 2. Definizione dell’ambiente di lavoro:
Definizione dei Sistemi, quando si iniziano a modellare gli impianti di un edificio è necessario definire i Sistemi a cui appartengono, le tipologie di macchinari, le dorsali di distribuzione e i terminali presenti in progetto. La corretta impostazione della modellazione impiantistica prevede la definizione dei vari Sistemi cui associare gli elementi tecnici. Per la modellazione impiantistica, è utile attivare il Browser di Sistema, ovvero la barra dei comandi relativi alla gestione dei Tipi di Sistemi suddivisi per disciplina, in questo caso quella relativa alle tubazioni contiene terminali, tubazioni e macchine del sistema idrico di acque reflue, acqua calda sanitaria, acqua fredda sanitaria, mandata sistema idronico, Protezione antincendio, Protezione antincendio a secco, a umido e proattiva, Ritorno sistema idronico e Ventilazione;
Spaziale: un’operazione fondamentale per l’impostazione dello spazio di lavoro è il collegamento dei modelli, in funzione della disciplina, del numero e della complessità, come visto nel capitolo 1. Ad esempio, il modello architettonico e/o strutturale può essere collegato all’interno del modello impiantistico o viceversa, in funzione delle differenti esigenze progettuali e organizzative. Questa operazione va valutata in funzione della tipologia, delle specificità dell’edificio in progetto e dalla composizione del team di progettazione.
Temporale, attribuzione delle fasi agli oggetti:
fase di creazione;
fase di demolizione; 3. Libreria degli oggetti BIM: come illustrato nel capitolo 2 l’architettura del software Autodesk Revit suddivide tutti gli oggetti per Categorie, le cui Famiglie possono essere di sistema, caricabili o locali. In particolare per la disciplina impiantistica idraulica le famiglie di oggetti sono suddivise come segue:
Famiglie di sistema
sistema di tubazioni;
tubazioni;
tubazioni flessibili.
Famiglie caricabili;
apparecchio idraulico;
raccordo tubazione;
accessorio tubazione. La creazione delle famiglie caricabili deve essere studiata e progettata rispetto alle esigenze progettuali, così come i diversi tipi possono essere creati all’interno dell’apposito editor famiglie o all’interno dello spazio di progetto. Tutti gli oggetti di Famiglie caricabili sono collocati nella cartella principale Libreria oggetti personale, del progetto o di default di Autodesk Revit. Possono essere caricate all’interno del software tramite il comando Carica famiglia, selezionando la cartella in cui sono salvate. All’interno dei modelli impiantistici, si utilizzano gli oggetti MEP, le cui famiglie di partenza sono contenute nell’apposita cartella della libreria di base delle famiglie caricabili. La differenza sostanziale tra famiglie architettoniche e impiantistiche che rappresentano gli stessi oggetti (es. lavabo) è la presenza, nelle seconde, della famiglia nidificata di Connettore che permette il collegamento dell’oggetto terminale alle dorsali impiantistiche, costituite da Condotti e Tubazioni.
Figura 3.92 Differenze famiglia architettonica e MEP idrica.
Si evidenzia nuovamente che un macchinario o terminale impiantistico può appartenere contemporaneamente a differenti Sistemi e Circuiti, poiché può contenere diverse tipologie di Connettori (aeraulici, idraulici o elettrici). Si veda il seguito del paragrafo per una spiegazione più dettagliata del loro utilizzo rispetto al collegamento tra modelli. 4. Inserimento degli oggetti nel template e creazione del modello dell’edificio: come per gli altri modelli BIM, anche questo modello
dell’edificio viene realizzato inserendo e utilizzando le famiglie di sistema e caricabili precedentemente modellate. Di seguito si riporta il flusso di lavoro ripetibile per la modellazione impiantistica:
Figura 3.93 Flusso di lavoro per la modellazione Impiantistica idraulica.
Nell’immagine sottostante si riportano le principali proprietà da tener presente durante il processo di creazione e inserimento di oggetti di famiglie
di sistema e caricabili, di cui si evidenzia il flusso di operazioni da svolgere per qualsiasi elemento si stia modellando.
Figura 3.94 Operazioni per la creazione di un oggetto.
La modellazione impiantistica può essere ulteriormente suddivisa nelle subdiscipline aeraulica, idrica ed elettrica. La modellazione di queste tre discipline può essere sia realizzata all’interno del medesimo modello, o divisa in tre o più modelli differenti, ognuno contenente solo gli elementi di una specifica sub-disciplina. In questo caso, si è deciso di seguire questa
seconda opzione, suddividendo la trattazione secondo la logica delle tre subdiscipline.
Figura 3.95 Suddivisione del Modello impiantistico in tre Modelli distinti secondo le subdiscipline: Modello aeraulico, idraulico ed elettrico.
I modelli devono essere verificati e coordinati in corso di modellazione. Si sottolinea che la strutturazione dell’informazione in n-modelli dipende direttamente dalla tipologia di edificio da modellare, dal numero e dalla tipologia di sistemi impiantistici presenti, dall’organizzazione del team di
lavoro e dagli obiettivi della modellazione informativa. Dividere la modellazione in più modelli BIM consente di accelerare il lavoro, poiché diversi team possono eseguire operazioni in parallelo con o senza l’utilizzo di workset (cfr § 5.1.2). Tuttavia questo approccio richiede una fase successiva di coordinamento, sia tra le varie sub-discipline impiantistiche, che con le discipline architettonica e strutturale. Riguardo la preparazione dello spazio di lavoro con la logica dei modelli collegati, si rimanda all’introduzione fatta per l’impianto meccanico. La metodologia è esattamente la stessa anche per il Mappaggio del copia-controlla degli elementi architettonici-impiantistici (idraulici) e per il Riconcilia host degli elementi. Entrando nel merito della disciplina idraulica, ogni impianto idraulico a progetto può essere modellato e organizzato in modo simile a quanto illustrato per l’impianto aeraulico, utilizzando Sistemi e Tipi di Sistemi.
Figura 3.96 Visualizzazione dei Tipi di Sistema di tubazioni.
Analogamente, il Sistema di Tubazioni comprende:
macchinari;
tubazioni;
terminali.
Figura 3.97 Schematizzazione Sistema di tubazioni.
Figura 3.98 Tratto di Sistema di Tubazioni con illustrazione dei componenti del caso studio in esame.
Definiti Sistemi e i relativi Tipi di Sistemi di tubazioni, si consiglia di procedere con i seguenti passaggi:
Inserimento dei Livelli per il posizionamento degli oggetti impiantistici: gli elementi possono essere associati o meno ai Livelli creati nei modelli BIM architettonico o strutturale (cfr. § 5.1);
Caricamento e modellazione terminali e macchinari;
Associazione terminali e macchinari ai Tipi di Sistemi precedentemente definiti;
Caricamento famiglie di raccordo e definizione delle Preferenze di Instradamento. Come spiegato per l’impianto aeraulico, prima della fase di modellazione dei collegamenti tra gli elementi è necessario caricare le famiglie, modellare i Tipi di Raccordi di tubazioni e contestualmente definire le Preferenze di instradamento degli stessi.
Figura 3.99 Definizione delle preferenze di instradamento per la famiglia di Tubazioni.
Modellazione dei collegamenti tra terminali e macchinari tramite Tubazioni generando un layout automatico con la possibilità di modifica manuale, o modellandoli manualmente.
Di seguito si riporta il flusso di lavoro utilizzabile per la modellazione impiantistica del Sistema Idraulico:
Figura 3.100 Flusso di lavoro per la modellazione impiantistica, Sistema idraulico.
3.4.1 Famiglie di sistema Nel paragrafo si presentano le peculiarità delle famiglie di sistema dell’impianto idraulico relative alla creazione delle dorsali impiantistiche, proponendo il flusso di lavoro ottimale per la loro creazione e gestione della modellazione.
Figura 3.101
Flusso di lavoro per la modellazione delle dorsali impiantistiche.
3.4.1.1 Sistema di tubazioni All’interno del software Autodesk Revit sono presenti dieci Tipi di Sistemi di tubazioni di default:
acqua calda sanitaria;
acqua fredda sanitaria;
acque reflue;
mandata sistema idronico;
ritorno sistema idronico;
protezione antincendio – altro;
protezione antincendio a secco;
protezione antincendio a umido;
protezione antincendio proattiva;
ventilazione. Come per i Sistemi di condotti, anche per i Sistemi di tubazioni è possibile creare Tipi di Sistemi personalizzati in funzione delle necessità organizzative. La procedura e le logiche di modellazione sono analoghe: infatti, i Tipi di Sistemi creati possono essere utilizzati in relazione alla suddivisione dell’impianto idraulico in diversi sotto-impianti, ad esempio rispetto al blocco di edificio, piano o ai generatori presenti nell’impianto. In quest’ultimo caso, i Tipi di Sistema possono essere suddivisi secondo i generatori di calore, ovvero per ogni impianto collegato ad una caldaia si modellerà il corrispondente Tipo di Sistema. Ad esempio, se sono previste due caldaie, si modelleranno due differenti Tipi di Sistemi di produzione Acqua Calda Sanitaria riferiti ai due generatori, come schematizzato in figura. I Tipi di sistemi creati possono essere utilizzati per strutturare l’informazione in relazione alla suddivisione dell’impianto idraulico in diversi sotto-impianti. Si sottolinea che, a differenza dei sistemi di condotti, la creazione di un Sistema di tubazioni può avvenire in due modi:
posizionando i terminali e macchinari nel progetto e, selezionandoli, associarli ad un Sistema, senza aver precedentemente modellato le tubazioni di collegamento;
posizionando i terminali e macchinari nel progetto e, tramite l’utilizzo dei connettori per il tracciamento delle tubazioni, generare i relativi Sistemi. In
alternativa al tracciamento manuale, è possibile utilizzare il comando Genera layout (cfr. § 3.3.2.1) che crea, secondo regole di default, schemi predefiniti di collegamento eventualmente modificabili.
Figura 3.102 Strutturazione dell’informazione tramite la suddivisione dell’impianto secondo diversi Tipi di sistema di Tubazioni.
3.4.1.2 Tubazioni Nel software, la Categoria Tubazioni include la sola Famiglia di sistema Tubazione. Prima di modellare le Tubazioni che compongono il sistema Idraulico, è utile definire le Preferenze di instradamento nelle Proprietà del Tipo, ovvero la modalità predefinita di collegamento tra le Tubazioni modellate. Il procedimento risulta analogo a quello illustrato per la famiglia di Condotti. Come spiegato per il Sistema Aeraulico, anche il Sistema Idraulico utilizza Famiglie e Tipi di Raccordo di tubazione per modellare i collegamenti tra le tubazioni, precaricati all’interno del modello Meccanico di default, o inseriti e modificati dall’utente. È utile quindi caricare famiglie e Tipi di Raccordo di tubazione prima della modellazione delle tubazioni stesse. Nel caso in cui non si siano caricate famiglie e Tipi per la modellazione della connessione tra tubazioni, il software non sarà in grado di collegare gli elementi. Per sfruttare le caratteristiche parametriche del software, si consiglia di definire Sistemi e Livelli prima della modellazione degli elementi impiantistici, e vincolare questi ultimi ai Livelli creati, così come illustrato per la famiglia di Condotti. Si riporta il procedimento per la creazione e modifica di una Tubazione:
il comando Posiziona Tubazione include opzioni per il posizionamento e la definizione della geometria identiche a quelle dei Condotti del Sistema aeraulico. Le differenze nelle modalità di modellazione vengono riportate di seguito:
Aggiungi verticale: attivandolo la tubazione inclinata viene connessa utilizzando il valore di inclinazione impostato;
Modifica inclinazione: attivandolo la tubazione inclinata viene connessa senza considerare il valore di inclinazione impostato. Durante la creazione dell’oggetto, occorre considerare le seguenti proprietà per la modifica delle Tubazioni, analoghe a quelle dei Condotti del Sistema aeraulico:
preferenze di instradamento: come anticipato, permettono di definire il Tipo di Raccordo utilizzato per il collegamento tra le Tubazioni modellate da sele-zionarsi nella scheda Preferenze di instradamento;
informazioni relative ai Sistemi (Proprietà di Istanza);
aggiunta isolamento (Proprietà temporanee): permette di definire materiale e spessore dell’isolamento applicato alle tubazioni, secondo il Sistema di appartenenza degli elementi modellati. Le opzioni illustrate risultano in particolare utili durante la modellazione delle tubazioni del Sistema Acque Reflue, composto da Tubazioni che presentano valori limite di inclinazione per il corretto deflusso delle acque. Nel caso in cui si debbano modellare più tubazioni in parallelo, come per le dorsali principali di distribuzione, si consiglia di modellare tramite il comando Tubazione solo un tracciato e tramite il comando Tubazioni parallele impostare numero e offset delle tubazioni parallele (Fig. 3.104).
Figura 3.103 Modellazione delle tubazioni di scarico con la definizione della pendenza (1%) e modellazione della colonna verticale di areazione (vista in sezione).
Figura 3.104 Impostazione del numero di tubazioni orizzontali e del valore di offset dal comando Tubazioni parallele, per la modellazione delle dorsali idrauliche.
3.4.1.3 Tubazioni flessibili Le logiche di pianificazione e modellazione delle Tubazioni flessibili risultano molto simili a quelle illustrate precedentemente per le Tubazioni; a seguire si sottolineano le principali differenze. Nel software, la Categoria Tubazioni flessibili include la sola Famiglia di sistema Tubazione flessibile circolare. Come per i condotti flessibili, vista la libertà di posizionamento tipica di una Tubazione flessibile, il software tramite degli appositi snap permette di modificare liberamente il tracciato della tubazione modellata. Modificando i punti di controllo della spline di base per il posizionamento dell’elemento, l’utente è in grado di modellare percorsi complessi che si sviluppano nelle tre dimensioni.
3.4.2 Famiglie caricabili Nel paragrafo si presentano le peculiarità delle famiglie caricabili dell’impianto idraulico relative alla creazione dei macchinari e terminali, proponendo il flusso di lavoro ottimale per la loro creazione e gestione della modellazione.
Figura 3.105
Flusso di lavoro per la modellazione dei macchinari e terminali.
3.4.2.1 Apparecchio idraulico Le diverse Famiglie di Apparecchi idraulici sono catalogate nella BIM Library di default di Autodesk Revit nella cartella Idraulico > MEP. La cartella principale MEP è a sua volta suddivisa in:
Attrezzatura:
Connettori;
Scaldabagni;
Dispositivi:
Apparecchiature;
Connettori;
etc.
Le famiglie di Apparecchi idraulici rappresentano i terminali del Sistema Idraulico e possono appartenere contemporaneamente a più Tipi di Sistema di tubazioni (es. un lavabo può appartenere ai Sistemi Acqua Calda Sanitaria, Acqua Fredda Sanitaria e Acque Reflue). Gli elementi che rappresentano le sorgenti dei Sistemi Idraulici, ovvero i componenti utili alla fornitura di fluidi termovettori ai Sistemi e tutti i componenti annessi alla produzione ed erogazione del calore, sono contenuti anche nella cartella Meccanico, in cui si trovano per esempio le caldaie, utilizzabili per il Sistema Idraulico. Anch’esse sono caratterizzate dalla presenza di diversi Connettori che le differenziano dalle Famiglie Architettoniche, aventi lo stesso funzionamento degli oggetti Attrezzatura meccanica, per cui l’utilizzo di queste famiglie, il loro collegamento con gli altri elementi e la modifica risulta analogo a quanto descritto nel precedente paragrafo (cfr. § 3.3.2.3).
3.4.2.2 Raccordo tubazione Le diverse Famiglie di Raccordo sono catalogate nella BIM Library del software nella cartella Tubazione > Raccordi. Nella cartella principale sono disponibili famiglie di Raccordi tubazione suddivise per materiale nelle seguenti sotto cartelle:
Acciaio al carbonio;
Flange acciaio;
Flange ghisa grigia;
Generico;
Ghisa grigia;
Ghisa malleabile;
PVC.
Come per i Condotti del Sistema aeraulico, per modellare i collegamenti tra tubazioni, il software utilizza Famiglie e Tipi di Raccordo caricati e definiti nel progetto. Si consiglia pertanto di caricare e modellare Tipi e Famiglie di Raccordi e impostare le preferenze di instradamento precedentemente alla modellazione delle Tubazioni (nelle proprietà del Tipo), o in alternativa, durante la modellazione delle tubazioni caricando e creando Tipi di Raccordo in parallelo alla modellazione delle Tubazioni. Nel caso in cui si vogliano collegare due tubazioni, e non si sia caricata la Famiglia o modellato il Tipo necessario per realizzare il collegamento, il software Autodesk Revit riporta il seguente errore: Nessuna soluzione di instradamento automatico trovata, per cui non è possibile collegare le tubazioni modellate. Le Proprietà di Istanza dei Raccordi di tubazione risultano identiche a quelle della Famiglia Raccordi di condotti (scheda Proprietà).
3.4.2.3 Accessori tubazione Le diverse Famiglie di Accessori tubazioni sono catalogate nella BIM Library di default di Autodesk Revit nella cartella Tubazione > Accessori. Le famiglie di Accessori tubazione sono caratterizzate dalla presenza di diversi Connettori che le differenziano dalle Famiglie Architettoniche, come per tutte le famiglie MEP precedentemente illustrate. Rientrano in questa Categoria le differenti tipologie di valvole che è possibile installare sulle Tubazioni, che vengono solitamente inserite in fase di progettazione esecutiva, quando è necessario definire in modo approfondito tutti i componenti dell’impianto. Il software consente il posizionamento dell’elemento in corrispondenza di una tubazione precedentemente posizionata, associandosi automaticamente al relativo Sistema di tubazioni.
Figura 3.106 Modellazione delle valvole di intercettazione dell’impianto idrico sanitario.
3.5 Modellazione dell’impianto Elettrico Seguendo il flusso di lavoro presentato nel capitolo 2 per la modellazione Impiantistica, occorre definire i seguenti aspetti: 1. Template, possibilità di utilizzo di un:
template creato o personalizzato dall’utente;
template di default “Modello Elettrico”; 2. Definizione dell’ambiente di lavoro:
Definizione dei Sistemi, quando si iniziano a modellare gli impianti di un edificio è necessario definire i Sistemi a cui appartengono, le tipologie di macchinari, le dorsali di distribuzione e i terminali presenti in progetto. La corretta impostazione della modellazione impiantistica prevede la definizione dei vari Sistemi a cui associare gli elementi tecnici. Per la modellazione impiantistica è utile attivare Browser di Sistema, ovvero la barra dei comandi relativi alla gestione dei Tipi di Sistemi suddivisi per disciplina, in questo caso quella elettrica che contiene terminali, dorsali, attrezzature del sistema Elettrico, Comunicazione, Dati, Allarme antincendio, Illuminazione, Chiamata infermeria, Sicurezza e Telefono;
Spaziale: un’operazione fondamentale per l’impostazione dello spazio di lavoro è il collegamento dei modelli, in funzione della disciplina, del numero e della complessità, come visto nel capitolo 1. Ad esempio il modello architettonico e/o strutturale può essere collegato all’interno del modello impiantistico o viceversa, in funzione delle differenti esigenze progettuali e organizzative. Questa operazione va valutata in funzione della tipologia, delle specificità dell’edificio in progetto e dalla composizione del team di progettazione.
Temporale, attribuzione delle fasi agli oggetti (cfr. § 2.3.1):
fase di creazione;
fase di demolizione; 3. Libreria degli oggetti BIM: come illustrato nel capitolo 2 l’architettura del software Autodesk Revit suddivide tutti gli oggetti per Categorie, le cui Famiglie possono essere di sistema, caricabili o locali. In particolare per la disciplina elettrica le famiglie di oggetti sono suddivise come segue:
Famiglie di sistema:
circuito;
passerella;
tubo protettivo;
Famiglie caricabili
attrezzatura elettrica;
dispositivo di illuminazione;
dispositivi;
raccordo passerella;
raccordo tubo protettivo. La creazione delle diverse famiglie caricabili deve essere studiata e progettata rispetto alle esigenze progettuali, così come i diversi tipi possono essere creati all’interno dell’apposito editor famiglie o all’interno dello spazio di progetto. Tutti gli oggetti di Famiglie caricabili risiedono nella cartella principale Libreria oggetti personale, del progetto o di default di Autodesk Revit. Possono essere caricate all’interno del software tramite il comando Carica famiglia, selezionando la cartella in cui sono salvate. All’interno dei modelli impiantistici devono essere utilizzati gli oggetti MEP, le cui famiglie di partenza sono contenute nell’apposita cartella della libreria di base delle famiglie caricabili. La differenza sostanziale tra famiglie architettoniche e impiantistiche che rappresentano gli stessi oggetti (es. lavabo) è la presenza, nelle seconde, della famiglia nidificata di Connettore
che permette il collegamento dell’oggetto terminale alle dorsali impiantistiche, costituite da Condotti e Tubazioni.
Figura 3.107 Differenze famiglia Architettonica e MEP elettrica.
Si evidenzia che un macchinario o terminale impiantistico può appartenere contemporaneamente a differenti Sistemi e Circuiti, poiché può contenere diverse tipologie di Connettori (aeraulici, idraulici o elettrici). Si veda il seguito del paragrafo per una spiegazione più dettagliata del loro utilizzo rispetto al collegamento tra modelli.
4. Inserimento degli oggetti nel template e creazione del modello dell’edificio: Come per gli altri modelli BIM, anche questo modello dell’edificio viene realizzato inserendo e utilizzando le famiglie di sistema e caricabili precedentemente modellate. Di seguito si riporta il flusso di lavoro ripetibile per la modellazione impiantistica:
Figura 3.108 Flusso di lavoro della modellazione Impiantistica elettrica.
Nell’immagine sottostante si riportano le principali proprietà da tener presente durante il processo di creazione e inserimento di oggetti di famiglie di sistema e caricabili, di cui si evidenzia il flusso di operazioni da svolgere per qualsiasi elemento si stia modellando.
Figura 3.109 Operazioni per la creazione di un oggetto.
La modellazione impiantistica può essere ulteriormente suddivisa nelle subdiscipline aeraulica, idrica ed elettrica. La modellazione di queste tre discipline può essere sia realizzata all’interno del medesimo modello o
divisa in tre o più modelli differenti, ognuno contenente solo gli elementi di una specifica sub-disciplina. In questo caso, si è deciso di scegliere questa seconda opzione, suddividendo la trattazione secondo la logica delle tre subdiscipline.
Figura 3.110 Suddivisione del Modello impiantistico in tre Modelli distinti secondo le subdiscipline: Modello aeraulico, idraulico ed elettrico.
I modelli devono essere verificati e coordinati in corso di modellazione. Si sottolinea che la strutturazione dell’informazione in n-modelli dipende
direttamente dalla tipologia di edificio da modellare, dal numero e dalla tipologia di sistemi impiantistici presenti, dall’organizzazione del team di lavoro e dagli obiettivi della modellazione informativa. Dividere la modellazione in più modelli BIM consente di accelerare il lavoro poiché diversi team possono eseguire operazioni in parallelo con o senza l’utilizzo di workset (cfr § 5.1.2). Tuttavia questo approccio richiede una fase successiva di coordinamento sia tra le varie sub-discipline impiantistiche che con le discipline architettonica e strutturale. Riguardo la preparazione dello spazio di lavoro con la logica dei modelli collegati si rimanda all’introduzione fatta per l’impianto meccanico. La metodologia è esattamente la stessa anche per il Mappaggio del copiacontrolla degli elementi architettonici-impiantistici (elettrico) e per il Riconcilia host degli elementi. Entrando nel merito della disciplina, ogni impianto elettrico a progetto può essere modellato e organizzato utilizzando i Circuiti, cioè raggruppamenti di oggetti appartenenti alla disciplina elettrica, composti da:
attrezzature elettriche (quadri elettrici, dati);
dorsali di distribuzione;
dispositivi o terminali.
Figura 3.111 Schematizzazione Circuito elettrico.
Figura 3.112 Tratto di Circuito elettrico con illustrazione dei componenti.
A differenza dei Sistemi aeraulico e idraulico, l’impianto elettrico non prevede la possibilità di creare ulteriori Tipi di Sistemi rispetto a quelli presenti nel software. Di conseguenza, l’impostazione della modellazione dell’impianto Elettrico non prevede la definizione dei Circuiti a priori come per gli impianti aeraulici e idraulici Autodesk Revit permette infatti di associare gli elementi modellati ad un Circuito solo dopo la modellazione degli elementi stessi.
Figura 3.113 Visualizzazione dei componenti elettrici collegati ai Circuiti.
La procedura di modellazione per gli oggetti elettrici risulta in parte differente dalle precedenti, in quanto prevede:
Definizione dei Livelli per il posizionamento degli oggetti elettrici;
Caricamento e modellazione di terminali e attrezzature elettriche;
Posizionamento delle attrezzature elettriche Quadri elettrici. Nel momento in cui si inserisce il Quadro, è possibile compilare il parametro di istanza Nome quadro, che viene utilizzato per modellare il circuito. Il parametro Nome quadro permette di differenziare i vari Circuiti e di strutturare l’informazione in modo corretto.
Figura 3.114 Compilazione del parametro Nome Quadro per la modellazione del Circuito.
Associazione di terminali e attrezzature modellate al Quadro elettrico di competenza, tramite il parametro Nome quadro utilizzando il comando Alimentazione. In questo modo, terminali e attrezzature vengono automaticamente categorizzati nel Browser di Sistema secondo la gerarchia seguente: Elettrico > Tipo di Circuito > Nome quadro > Numero Circuito riferito al qua-dro> Elementi che compongono il Circuito. Tutti i tipi di Circuiti (Elettrico, Dati, etc.) presentano la medesima struttura indicata, per cui si consiglia di seguire la medesima metodologia di modellazione.
Figura 3.115
Strutturazione dell’informazione in Circuiti, vista del Browser di Sistema.
Le dorsali di distribuzione dell’impianto elettrico sono rappresentate dagli oggetti Passerelle. La loro procedura di modellazione risulta identica a quella definita per Condotti e Tubazioni degli impianti aeraulici e idraulici. Come spiegato per il Sistema Aeraulico e Idraulico, anche il Sistema Elettrico utilizza Famiglie e Tipi di Raccordo di passerella, precaricati all’interno del modello Elettrico di default, o inseriti e modificati dall’utente, per modellare i collegamenti tra le passerelle. È utile, quindi, caricare famiglie e Tipi di Raccordo di passerelle prima della modellazione delle passerelle stesse. Nel caso in cui non si siano caricate famiglie e Tipi per la modellazione della connessione, il software non sarà in grado di collegare gli elementi. A differenza di quanto illustrato per Condotti e Tubazioni, per le Passerelle è possibile definire nelle Proprietà del tipo, scheda Raccordi e non nelle Preferenze di instradamento, quali Tipi di Raccordo passerella utilizzare per i vari collegamenti.
Figura 3.116 Proprietà del Tipo Famiglia Passerelle, definizione dei Raccordi.
Di seguito si riporta il flusso di lavoro utilizzabile per la modellazione impiantistica del Sistema Elettrico:
Figura 3.117 Flusso di lavoro della modellazione impiantistica, Circuito elettrico.
3.5.1 Famiglie di sistema In questo paragrafo si presentano le peculiarità delle famiglie di sistema dell’impianto Elettrico, proponendo il flusso di lavoro ottimale per la loro creazione e gestione della modellazione.
Figura 3.118 Flusso di lavoro per la modellazione degli impianti elettrici.
3.5.1.1 Circuiti All’interno del software sono presenti otto Tipi di Circuiti di default:
Elettrico (Alimentazione);
Comunicazione;
Dati;
Allarme antincendio;
Illuminazione;
Chiamata infermeria;
Sicurezza;
Telefono.
Non è possibile creare Tipi di circuito personalizzati. Tuttavia, come accennato in precedenza, è possibile gestire i Circuiti utilizzando il parametro Nome quadro e associando gli elementi al Quadro.
Figura 3.119 Associazione e collegamento dei dispositivi al Quadro elettrico.
3.5.1.2 Passerelle Nel software la Categoria Passerelle include due Famiglie di sistema:
Passerella con raccordi;
Passerella senza raccordi. Per sfruttare le caratteristiche parametriche del software si consiglia di definire i livelli precedentemente alla modellazione delle passerelle e in seguito vincolarle ad essi. La creazione e modifica di una Passerella avviene utilizzando il comando Posiziona Passerella, che include opzioni per il posizionamento e la definizione della geometria. Un’opzione utile durante la modellazione è il parametro Giustifica, che consente di allineare la parte superiore, inferiore o laterale delle passerelle, in modo da mantenere il suo percorso nelle tre direzioni continuo. Le proprietà utili durante la creazione dell’oggetto risultano per la maggior parte identiche a quelle dei Condotti del Sistema aeraulico e delle Tubazioni del sistema Idrico, per cui si riportano solo quelle differenti:
Moltiplicatore raggio curvatura: il raggio di curvatura delle passerelle di default viene impostato sulla larghezza della passerella, misurata tra gli spigoli interni. È possibile specificare un moltiplicatore per il raggio di curvatura personalizzato;
Raccordi: tra le differenti tipologie è possibile scegliere tra i seguenti:
Curvatura orizzontale;
Curvatura interna/esterna verticale;
T;
Raccordo a croce;
Transizione;
Unione. Tramite la scheda Impostazioni elettriche, è possibile definire le dimensioni disponibili per la modellazione delle Passerelle elettriche, in modo che compaiano nell’elenco delle dimensioni disponibili durante la modellazione.
Figura 3.120 Impostazioni elettriche: tabella delle dimensioni delle Passerelle elettriche.
3.5.1.3 Tubo protettivo La Categoria Tubi protettivi include due Famiglie di sistema:
Tubo protettivo con raccordi;
Tubo protettivo senza raccordi. Prima di modellare i tubi protettivi, è utile definire le tipologie di Raccordi come per le Passerelle. La creazione e modifica di un Tubo protettivo è analoga a quella delle Tubazioni del Sistema idrico per quanto riguarda le opzioni per il posizionamento e la definizione della geometria:
Giustificazione;
Collega automaticamente;
Eredita quota altimetrica e dimensione;
Etichetta al posizionamento;
Aggiungi verticale;
Modifica inclinazione. Per accelerare la modellazione di più tubi in parallelo, come per le dorsali principali di distribuzione idraulica, si consiglia di modellare tramite il comando Tubi protettivi solo un tracciato, e utilizzando il comando Tubi paralleli impostare numero e offset dei tubi paralleli da realizzare in modo automatico.
3.5.2 Famiglie caricabili Nel paragrafo si presentano le peculiarità delle famiglie caricabili dell’impianto elettrico relative alla creazione dei macchinari e terminali, proponendo il flusso di lavoro ottimale per la loro creazione e gestione della modellazione.
Figura 3.121
Flusso di lavoro per la modellazione dei macchinari e terminali.
3.5.2.1 Attrezzatura elettrica Le diverse Famiglie utili alla modellazione dell’Attrezzatura elettrica sono catalogate nella BIM Library nella cartella Elettrico > MEP. La cartella principale MEP è a sua volta suddivisa in:
Alimentazione elettrica
Connettori
Informazioni e comunicazione. Le famiglie di Attrezzatura elettrica rappresentano le sorgenti dei Circuiti, ovvero i componenti utili alla fornitura di energia elettrica o dati al Sistema Elettrico. Anch’esse sono caratterizzate dalla presenza di diversi Connettori che le differenziano dalle Famiglie Architettoniche, aventi lo stesso funzionamento degli oggetti Attrezzatura meccanica e Apparecchi idraulici, per cui l’utilizzo di queste famiglie, il loro collegamento con gli altri elementi e la modifica risulta analogo a quanto descritto nel § 3.3.2.3.
Figura 3.122 Editor della Famiglia nidificata: Connettore elettrico in una famiglia di Quadro elettrico.
A differenza dell’utilizzo delle precedenti Attrezzatura meccanica e Apparecchi idraulici, si sottolinea che per la creazione dei Circuiti è utile modellare per primi i Dispositivi elettrici come Prese e Interruttori, e successivamente modellare il Quadro elettrico relativo all’ambiente e agli elementi ad esso collegati. Come anticipato, durante il posizionamento del Quadro elettrico è necessario compilare il parametro di istanza Nome quadro, che viene utilizzato nel momento in cui viene assegnato il circuito. Il parametro Nome quadro permette di differenziare i vari Circuiti e di
strutturare l’informazione in modo corretto. Infatti, è possibile collegare componenti elettrici solo a quadri ad essi omogenei: ad esempio, un Quadro per la gestione di componenti elettrici potrà essere collegato solo a Dispositivi elettrici e di Illuminazione, e non a dispositivi di altro tipo come quelli di Sicurezza o Dati. Nel caso in cui si provasse a collegare Dispositivi a Quadri non idonei, il software avviserà tramite un errore dell’impossibilità del completamento dell’operazione.
Figura 3.123 Errore di assegnazione dato dalla tipologia di Terminale (Dati) non coerente con la tipologia del Quadro Elettrico.
Inoltre, il software non permette di associare Quadri al Circuito se i voltaggi dei componenti elettrici sono superiori a quello del Quadro; in particolare, il software evidenzia l’errore riportato in figura. Figura 3.124 Errore di assegnazione dato dal valore di voltaggio dei Terminali maggiore rispetto al valore di voltaggio del Quadro.
Per questo motivo, occorre fare attenzione al collegamento tra oggetti aventi le stesse caratteristiche elettriche, anche se il software aiuta già l’utente mediante tali avvisi, eliminando alcuni possibili errori e permettendogli di creare automaticamente un Circuito funzionante.
Creato il Circuito, è possibile generare un Abaco dei Quadri elettrici, che riassume le caratteristiche del Quadro e degli elementi ad esso collegati.
Figura 3.125 Esempio di un Abaco dei quadri elettrici.
3.5.2.2 Dispositivi I dispositivi rappresentano i terminali del Sistema Elettrico, e comprendono prese, interruttori, scatole di derivazione, terminali telefonici, di comunicazione e dati, dispositivi per chiamata infermiera, altoparlanti a muro, starter, rilevatori di fumo, e centraline di allarme incendio. I dispositivi elettrici sono in genere componenti ospitati. Le diverse Famiglie di Dispositivo sono catalogate nella BIM Library nella cartella Elettrico > MEP suddivise come di seguito:
Alimentazione elettrica:
Apparecchiature;
Distribuzione;
Generazione e trasformazione;
Terminali.
Informazioni e comunicazione:
Allarme incendio;
Chiamata infermiera;
Comunicazione;
Controlli edificio;
Sicurezza. Anche i Dispositivi sono caratterizzati dalla presenza di Connettori elettrici che permettono di essere collegati alle dorsali elettriche realizzate. I parametri di tipo dipendono dalla tipologia di dispositivo selezionato, poiché i Dispositivi sono, come anticipato, suddivisi per tipologia di circuito. Una proprietà di Istanza dei Dispositivi utile alla modellazione è Prospetto, che specifica la quota altimetrica della parte superiore di un elemento relativa al suo livello di posizionamento.
3.5.2.3 Raccordo passerella Le diverse Famiglie di Raccordo sono catalogate nella BIM Library di Autodesk Revit nella cartella Passerella > Raccordi. Durante la modellazione di una Passerella, il software Autodesk Revit aggiunge automaticamente dei Raccordi. È possibile selezionare il valore di curvatura di una Passerella e immettere un nuovo valore, al fine di definire il raggio di curvatura per permettere il passaggio dei cavi, senza avere piegature eccessivamente strette. Come anticipato per i Condotti del Sistema aeraulico e le tubazioni del Sistema Idraulico, il software utilizza Famiglie e Tipi di Raccordo caricati e definiti nel progetto per modellare i collegamenti tra passerelle. Si consiglia pertanto di caricare e modellare Tipi e Famiglie di Raccordi e impostare i tipi di Raccordi prima della modellazione delle Passerelle, o in alternativa, durante la modellazione delle passerelle, caricando e creando Tipi di Raccordo in parallelo alla modellazione delle passerelle. Nel caso in cui si voglia collegare due passerelle e non si sia caricata la Famiglia o modellato il Tipo necessario per realizzare il collegamento, il software Autodesk Revit riporta il seguente errore: Nessuna soluzione di instradamento automatico trovata, per cui non è possibile collegare le passerelle modellate.
3.5.2.4 Raccordo tubo protettivo Le diverse Famiglie di Raccordo sono catalogate nella BIM Library di default di Autodesk Revit nella cartella Tubo protettivo > Raccordi. Nel momento in cui si modella un Tubo protettivo, il software Autodesk Revit aggiunge automaticamente dei Raccordi come nel caso delle passerelle, le cui logiche di modellazione risultano identiche. È possibile selezionare il valore di curvatura di un tubo protettivo e immetterne uno nuovo, ma tale valore non può essere minore del raggio di curvatura minimo indicato nella scheda Impostazioni elettriche. La scheda definisce per ogni dimensione commerciale di Tubo protettivo i parametri:
DI, Diametro Interno
DE, Diametro Esterno
Raggio di curvatura minimo, il parametro risulta utile poiché evita di modellare tubi protettivi con raggi di curvatura troppo piccoli, che comporterebbero curve troppo strette dei cavi elettrici danneggiandoli al loro interno.
Figura 3.126 Impostazioni elettriche: tabella delle dimensioni dei Tubi protettivi e dei relativi parametri.
3.6 M ODELLAZIONE INFORMAZIONI ALFANUMERICHE (LoIN)
Come riportato nel capitolo 1, ed in particolare nel paragrafo dedicato ai livelli di informazioni necessari agli scambi informativi (cfr. § 1.7.1.5), nelle pagine seguenti verranno riportati alcuni esempi di dati inseriti all’interno dei modelli BIM delle differenti discipline, conformi ai BIM Use per i quali i modelli sono stati realizzati. Queste strutture informative sono dettate dalle necessità degli utenti finali dei modelli BIM; la suddivisione ricalcherà le principali discipline trattate in precedenza: architettonica, strutturale e impiantistica. Per una trattazione più completa del contenuto informativo inserito ed estraibile dai modelli BIM si rimanda al capitolo 7.
3.6.1 LoIN architettonici Nel caso studio proposto, sono stati associati parametri relativi alla codifica per l’identificazione univoca di tutti gli elementi tecnici, tramite una codifica proprietaria. Nello specifico sono stati inseriti i seguenti codici:
Codice PBStf: codice generale relativo al sistema di codifica proprietario per la disarticolazione degli elementi tecnici;
Codice El. Tecnico: codice relativo alla disarticolazione tecnologica;
Codice 1a: codice relativo alla Classe di unità tecnologica;
Codice 1b: codice relativo alla Unità tecnologica;
Codice 1c: codice relativo alla Classe di elemento tecnico;
Figura 3.127 Parametri relativi alla codifica di un elemento Muro.
Nel modello BIM, sono stati inoltre associate informazioni relative alle classi prestazionali per l’aggiudicazione dei lavori di costruzione della Scuola secondaria in progetto. In particolare, sono stati associati dei parametri di Istanza all’oggetto Muro identificato univocamente dal codice da disarticolazione. I parametri sono stati quindi compilati con i dati relativi alla classe prestazionale offerta dalle imprese in gara. I parametri informativi così impostati permettono di utilizzare il modello informativo come metodo e strumento di valutazione delle differenti offerte in fase di gara, valutando la rispondenza delle offerte ai requisiti minimi richiesti.
Figura 3.128 Parametri relativi alle Classi prestazionali di un elemento Muro.
Allo stesso modo, sono stati impostati dei parametri di Tipo relativi al requisito minimo di Trasmittanza termica dell’involucro richiesto identificato con il codice A.1.2 e il relativo parametro compilabile dall’impresa offerente identificato con il codice OFF_A.1.2.
Figura 3.129 Parametri dei requisiti richiesti e offerti relativi al valore di trasmittanza termica per un elemento di involucro.
Come per le Famiglie di sistema, anche per le Famiglie caricabili sono stati impostati i parametri informativi per la gestione della fase di valutazione delle offerte di gara. In particolare, per la categoria Finestre sono stati inseriti i medesimi parametri di Tipo relativi al requisito minimo di Trasmittanza termica per i serramenti identificato con il codice A.1.1, e il relativo parametro compilabile dall’impresa offerente indicato con il codice OFF_A.1.1.
Figura 3.130 Parametri dei requisiti richiesti e offerti relativi al valore di Trasmittanza termico per un serramento.
Grazie a una modellazione informativa di questo tipo (le immagini riportano soltanto parzialmente le numerose informazioni inserite nel modello BIM), la committenza ha potuto confrontare e misurare in modo oggettivo le offerte proposte dagli operatori economici rispetto alle richieste a base di gara.
La valutazione si basa su classi prestazionali e dati oggettivi riassunti nel capitolato prestazionale posto a base di gara estratto direttamente dal modello BIM (cfr. § 7.1.1.4). Essa è stata condotta tramite una metodologia numerico-compu-tazionale; sfruttando un algoritmo, le offerte sono state confrontate e valutate in maniera autorizzata al fine di identificare l’offerta migliore.
3.6.2 LoIN strutturali Nel caso studio della Scuola secondaria di primo grado di Liscate, la modellazione delle informazioni alfanumeriche relative alla disciplina strutturale è stata approfondita attribuendo a tutti gli elementi tecnici parametri utili alla redazione del computo metrico estimativo. I parametri relativi al Codice Voce di computo di ciascun elemento permettono l’identificazione del costo della lavorazione per la produzione dell’elemento. Il parametro permette, a seguito dell’operazione di Quantity Take-off, ovvero l’estrazione delle quantità dal modello BIM, di associare a tali valori il costo definito da prezzario, al fine di ottenere il computo metrico estimativo delle lavorazioni per le opere strutturali. Come per le Famiglie di Sistema, anche per le Famiglie Caricabili sono stati impostati i parametri informativi per l’inserimento del riferimento alla voce di computo.
Figura 3.131 Parametro di Istanza compilato con il codice da prezziario relativo al costo per la realizzazione di un muro in calcestruzzo armato gettato in opera.
Figura 3.132 Abaco per l’estrazione delle quantità con riferimento alla voce di computo.
Figura 3.133 Parametro di Istanza compilato con la voce di computo relativa al costo della lavorazione di una trave in legno.
Dopo l’estrazione delle quantità e la definizione del computo metrico estimativo, i dati provenienti dal modello sono stati utilizzati per il calcolo dei tempi per la pianificazione delle attività di costruzione. In sintesi, le informazioni estraibili dal modello spaziano dai semplici dati relativi alle quantità, proprietà meccaniche degli elementi strutturali, indicazioni delle armature e delle forometrie, fino al costo degli elementi. Questi ultimi possono essere utilizzati per estrarre le durate delle lavorazioni, per la definizione del cronoprogramma delle attività di cantiere.
Figura 3.134 Cronoprogramma dei lavori redatto a partire dai costi estratti dal modello BIM.
3.6.3 LoIN impiantistici Nel caso studio della Scuola secondaria di primo grado di Liscate, la modellazione delle informazioni alfanumeriche relative alla disciplina impiantistica è stata approfondita attribuendo a tutti gli elementi tecnici e ai componenti impiantistici parametri per identificare le operazioni e le tempistiche standard per la manutenzione programmata degli oggetti. Nelle figure sottostanti, si ritrova il parametro Codice Piano di Manutenzione assegnato all’attrezzatura meccanica Unità di Trattamento Aria e all’attrezzatura elettrica Quadro elettrico. Tale parametro permette il collegamento del modello alle relative schede di manutenzione, contenenti requisiti, prestazioni, interventi da eseguire, e modalità di utilizzo dei componenti. Il medesimo procedimento utilizzato per l’Attrezzatura meccanica è stato applicato all’Attrezzatura elettrica, compilando lo stesso parametro di Istanza. Il parametro attribuito ai componenti permette di collegare l’oggetto modellato con le informazioni del piano manutentivo, mantenendo all’interno del modello il collegamento a tutte le informazioni relative alla manutenzione ordinaria, straordinaria e programmata degli oggetti.
Figura 3.135 Parametro di Istanza compilato con il Codice Piano di Manutenzione per una UTA.
Figura 3.136 Informazioni da piano manutentivo relative ad una UTA.
Figura 3.137 Parametro di Istanza compilato con il Codice Piano di Manutenzione per un quadro elettrico.
Figura 3.138 Informazioni da piano manutentivo relative ad un Quadro elettrico.
In questo modo, il personale addetto alla manutenzione può svolgere operazioni in sito, verificando direttamente da modello le prestazioni, scadenze, sostitu-zioni, etc, degli oggetti e consultando in modo immediato le informazioni su un dispositivo portatile in grado di supportare il modello realizzato. Tramite il device portatile, l’operatore aggiorna i dati relativi all’avvenuta manutenzione degli elementi, consentendo al gestore della manutenzione di controllare lo stato manutentivo dell’intero patrimonio immobiliare.
I dati relativi alle manutenzioni effettuate possono essere inseriti anche in un Database collegato ai modelli, in grado di svolgere differenti funzioni, per esempio:
gestire i documenti allegati e collegati ad ogni oggetto;
mantenere lo storico degli interventi eseguiti;
permettere all’utente di realizzare una lista di tutti gli elementi presenti nel modello di un edificio, o di più edifici contemporaneamente se strutturato un apposito Database, filtrandoli e ordinandoli secondo proprie esigenze;
inserire e visualizzare le schede manutenzione per uno specifico oggetto o per un gruppo di oggetti. Tale Database può essere costruito da nuovo o basato sulle specifiche esigenze del committente, che può aver già strutturato le informazioni in tutto o in parte nei propri sistemi informatici.
Figura 3.139 Scheda intervento manutenzione del Database relativa ai terminali impiantistici.
3.7 O SSERVAZIONI ED ESEMPI
A questo punto, dopo aver presentato le modalità di modellazione delle famiglie di sistema e caricabili delle diverse discipline, è utile esporre alcune criticità da tenere presente durante la modellazione contemporanea e condivisa degli oggetti delle diverse discipline. Si presentano di seguito cinque esempi, con alternative di modellazione e relative considerazioni. 1. Modellazione di una parete verticale in cui è contenuta una parte portante (es. setto in c.a.) rivestita da parti architettoniche (es. isolamento termico o intonaco). La prima cosa da definire è dove modellare l’elemento tecnico. In particolare, secondo le logiche viste nel capitolo e in base alla modellazione suddivisa in discipline, l’elemento tecnico Muro architettonico dovrà essere modellato nel modello BIM architettonico e la parte portante (che cioè costituisce parte del modello di calcolo analitico strutturale), dello stesso elemento dovrà essere modellata come Muro nel modello BIM strutturale, ovvero:
modellazione del setto in c.a. nel modello BIM strutturale;
modellazione della stratigrafia e dei rivestimenti architettonici nel modello BIM architettonico. Dovranno quindi essere modellati due Muri distinti, in maniera che uno non si sovrapponga totalmente sull’altro, ma tenga presente il volume occupato dalla parte strutturale evitando il conteggio doppio in termini di quantità. Nella figura sottostante sono riportate le stratigrafie di un Muro strutturale e uno architettonico: occorre tenere conto dei diversi materiali durante
l’estrazione delle quantità e computazione delle opere. Nel caso specifico, tra le due figure, si evidenzia lo strato “Aria” del Muro architettonico corrispondente allo strato “Calcestruzzo gettato in opera” del Muro strutturale, in modo da non computare il materiale Calcestruzzo armato due volte.
Figura 3.140 Stratigrafia Muro Strutturale.
L’accortezza utilizzata è quindi quella di utilizzare un materiale fittizio, appunto l’aria, nella modellazione architettonico dell’elemento Muro, dato
che quel volume di materiale è costituito da un elemento appartenente ad un altro modello (quello strutturale). Di conseguenza, nel caso si debba estrarre la quantità di materiale per la stratigrafia in oggetto, dal modello BIM architettonico deriveranno le quantità dei materiali che assolvono funzioni non portanti, dal modello strutturale quelle che assolvono funzione portante, mentre il materiale fittizio non verrà estratto oppure non considerato in termine di quantità. È intuibile quanto i protocolli di modellazione e quindi le regole di creazione e utilizzo del modello e la collaborazione siano alla base di scelte come queste.
Figura 3.141 Stratigrafia Muro architettonico con strato fittizio.
2. Modellazione di un solaio orizzontale di interpiano in cui è contenuta una parte strutturale (es. soletta in latero-cemento) rivestita da parti architettoniche (es. strati superiori non portanti e controsoffitto inferiore). In modo analogo al caso precedente, anche per le parti orizzontali occorre definire quali porzioni dell’elemento rientrano in ciascun modello, considerando però una questione ulteriore. In riferimento alla figura sottostante, si può osservare come un pacchetto tecnologico di un solaio orizzontale possa essere modellato diversamente a seconda degli scopi della modellazione. Il solaio può essere modellato infatti in almeno due modi:
utilizzando un unico Pavimento architettonico nel modello architettonico, comprendendo anche la parte portante del pacchetto (in figura a sinistra). In questo modo, la parte strutturale del pavimento è inglobata in quella architettonica, rendendo più veloce la modellazione, ma meno efficace la collaborazione tra progettista strutturale e architettonico, che dovrebbero lavorare in modo contemporaneo sui diversi modelli.
suddividendo il pacchetto tecnologico in 3 diversi componenti (in figura a destra):
pavimento architettonico nel modello architettonico;
pavimento strutturale nel modello strutturale;
controsoffitto nel modello architettonico. In questo modo, è possibile mantenere nei modelli delle due discipline la suddivisione degli oggetti, permettendo ai progettisti di modellare separatamente gli elementi, ma tenendo conto delle relazioni che devono esserci tra loro per il coordinamento e il controllo del lavoro di modellazione. In questo caso, assume ancora più importanza il coordinamento tra i Livelli architettonici e strutturali dato che i soli pacchetti (finitura, strutturale, del controsoffitto) devono posizionarsi, tra modelli diversi, a quote architettoniche diverse in relazione della statigrafia totale del solaio in questione.
Figura 3.142 Modalità differenti di modellazione di una partizione orizzontale.
3. Modellazione di elementi stratificati (es. parete verticale), in cui vengono modellati i singoli materiali. Una muratura di tamponamento in mattoni, è costituita da 2 prodotti: mattoni e malta di allettamento. Tali prodotti insieme formeranno in Autodesk Revit un solo strato, in quanto non separabili sul piano verticale.
Figura 3.143
Modellazione dello strato di un Muro costituito da due materiali.
Questa caratteristica può avere sia dei vantaggi sia degli svantaggi. Un vantaggio è quello relativo alla computazione dello strato, in quanto, se lo strato è composto da due materiali (mattoni e malta di allettamento) che insieme costituiscono un’unica voce di computo (es. muratura in laterizio …), tali materiali dovranno essere modellati come unico strato con associato un unico materiale. Al materiale può poi essere attribuito un parametro compilato con il codice prezzario relativo a tale lavorazione, in modo da rendere rapida l’estrazione del computo metrico estimativo.
Figura 3.144 Attribuzione del codice prezzario alla lavorazione.
Lo svantaggio di questa modellazione è invece relativo al dettaglio grafico: inserendo un materiale “composto” all’interno della struttura dell’elemento tecnico, la sua visualizzazione in sezione verticale/orizzontale non risulta corretta e coerente con la realtà, in quanto non visibile la suddivisione “a griglia” del materiale data, nel caso in esempio, dai corsi di malta di allettamento.
Figura 3.145
Composizione dello strato in due materiali.
Per ovviare a questo problema grafico, è possibile attribuire al materiale un retino in “superficie”, che visualizzi in modo corretto lo strato. Tale operazione non permette comunque di suddividere a livello di quantità i due materiali dello strato.
Figura 3.146 Attribuzione di un retino al materiale per la visualizzazione corretta a livello grafico.
4. Modellazione di scale. Un ulteriore caso di congruenza tra oggetti architettonici e strutturali è rappresentato dalle scale: anche questa famiglia di sistema può essere utilizzata in due modi differenti:
utilizzando un’unica Scala architettonica nel modello architettonico, comprendendo anche la parte portante del pacchetto;
suddividendo la scala in 2 diversi componenti:
scala architettonica nel modello architettonico;
scala strutturale nel modello strutturale. In quest’ultimo caso, come si può vedere in figura sottostante, è necessario un ottimo coordinamento e controllo del lavoro di modellazione tra il progettista strutturale e architettonico, in quanto rispetto alle quote di interpiano e spessore dei diversi strati tecnologici, può essere necessario lavorare con gli offset base e superiore delle scale per poter allineare le differenze di quota. Con queste due modalità di modellazione, si hanno gli stessi vantaggi e svantaggi visti sopra per Muri e Pavimenti in cui è presente anche una parte strutturale all’interno del pacchetto tecnologico.
Figura 3.147 Regolazione degli offset base e superiore della scala strutturale.
5. Coordinamento oggetti MEP tra modelli collegati. Gli oggetti MEP appartenenti alle categorie Terminali e Attrezzatura meccanica, idraulica o elettrica possono avere tutte e tre le tipologie di famiglie di Connettori nidificate. Nel caso in cui l’impianto aeraulico, idraulico ed elettrico, sia diviso in tre modelli sorge il problema della gestione dei terminali e delle Macchine che presentano più di una tipologia di Connettore, e per questo da collegare ai diversi Sistemi e Circuiti.
Uno dei casi più ricorrenti è quello dei macchinari per il trattamento aria (U.T.A.), che devono essere connessi e associati contemporaneamente ad almeno due differenti Sistemi (aeraulico e idraulico), e a un Circuito elettrico. Questa logica di modellazione presuppone che l’Istanza dell’U.T.A. sia posizionata nel modello aeraulico e collegata in quello idraulico ed elettrico per permettere le connessioni dei relativi Sistemi. Per collegare l’istanza in modo corretto, è possibile utilizzare il comando Copiacontrolla secondo la procedura illustrata in figura.
Figura 3.148 Flusso di lavoro per la gestione delle istanze comuni a più Sistemi e Circuiti in modelli collegati tramite comando Copia-Controllata.
La procedura si articola nei seguenti punti:
Posizionamento dell’oggetto UTA nel modello Aeraulico;
Collegamento del modello aeraulico nel modello idraulico ed elettrico;
Copia-controlla dell’Istanza comune nei modelli idraulico ed elettrico;
Definizione del mappaggio del tipo su Copia Tipo originale, per mantenere il Tipo dell’Istanza collegata;
Associazione dell’Istanza copia-controllata al Sistema di tubazioni nel modello idraulico e al Circuito elettrico nel modello elettrico; La procedura risolve le criticità precedentemente esposte, permettendo l’assegnazione dell’Istanza comune ai vari Sistemi e Circuiti nei tre differenti modelli collegati. Si evidenzia che nell’eseguire un’estrazione delle quantità (Quantity TakeOff) delle varie Attrezzature e Terminali dai modelli, è bene definire da quale modello estrarre i dati. Infatti, se si estrae da ogni modello un Abaco delle attrezzature o dei terminali senza aver coordinato l’operazione di Quantity Take-Off, si corre il rischio di duplicare o triplicare l’informazione relativa al numero di macchinari e terminali, in quanto l’oggetto UTA è presente nei tre modelli.
Figura 3.149 Famiglia di U.T.A. con famiglie nidificate di Connettori aeraulici, idrici ed elettrici e relativi Condotti e Tubazioni connessi.
MODELLAZIONE DELLE UNITÀ AMBIENTALI
4 Marco Schievano, Francesco Paleari
Nel capitolo viene illustrato cosa si intende per modellazione BIM degli spazi e quali ne siano le principali caratteristiche. Vengono presentate le scelte di base per iniziare in modo strutturato la modellazione e la creazione
degli elementi spaziali, il loro aggiornamento automatico, e le relazioni tra i diversi metodi di creazione, unitamente al concetto di spazi parametrici. Come casi studio di riferimento, in questo capitolo si riporteranno alcune immagini tratte dal modello BIM della Nuova Scuola primaria di Melzo e dai modelli BIM della sede regionale di Bologna di RAI. La modellazione delle Unità Ambientali è fondamentale per diversi scopi, alcuni dei quali sono riportati di seguito:
a livello preliminare, può essere utile per avere una stima parametrica del progetto in via di definizione associando un costo parametrico all’area in m ² dei locali previsti a progetto;
consente la creazione della disarticolazione spaziale delle differenti zone del progetto collegata alla successiva disarticolazione tecnologica (cfr.§ 3.1.1.1);
consente l’inserimento di parametri e associazioni delle informazioni prestazionali secondo requisiti normativi e specificazioni delle differenti unità ambientali, per estrarre un capitolato speciale prestazionale delle unità ambientali (cfr. § 7.1.1.4), che insieme alla parte estratta dagli elementi tecnici costituiscono un elaborato progettuale;
consente la creazione di piante tematiche in funzione dell’output desiderato secondo le informazioni da visualizzare nella vista e nelle etichette che identificano gli spazi;
a livello energetico, impostando le zone termiche e le relative caratteristiche, è possibile ottenere un’interoperabilità tra il software di BIM Authoring e il
software per l’analisi energetica dell’edificio;
a livello manutentivo, le piante tematiche possono essere utili per effettuare (o verificare) le manutenzioni mirate ad oggetti contenuti in locali specifici con informazioni dettagliate visualizzabili in planimetria;
sempre a livello manutentivo, è possibile allegare le piante tematiche degli spazi in funzione dei materiali di finitura e delle relative caratteristiche (pulibilità, frequenza, tipo di prodotti da utilizzare, ecc.);
a livello di gestione degli spazi, è possibile monitorare le allocazioni delle risorse che risiedono nell’edificio in esame, oppure il comfort legato a prestazioni termiche, acustiche, e di qualità dell’aria dei vari spazi;
a livello di gestione immobiliare dell’Asset, può essere utile identificare per ogni spazio un’area netta e/o un’area lorda e collegare al database gestionale le planimetrie del modello BIM, garantendo la coerenza delle informazioni tra database gestionale e planimetrie di piano dell’immobile. Le piante tematiche, approfondite nelle pagine seguenti, hanno la peculiarità di poter essere filtrate secondo parametri; questo strumento risulta utilissimo per garantire la flessibilità degli output riportati sopra. Per Autodesk Revit gli spazi sono oggetti parametrici tridimensionali così come lo sono gli elementi tecnici di un progetto (Muri, Pavimenti, Tetti, Finestre, ecc.). Ogni spazio posizionato ha inoltre associata un’etichetta parametrica che riporta alcune informazioni dell’unità ambientale. Essendo una famiglia caricabile si possono creare ed inserire le etichette personalizzate in funzione della pianta tematica e dell’informazione da estrarre. Come si è intuito, quindi, anche lo spazio è modellabile, e anche in
questo elemento è possibile inserire, associare ed estrarre informazioni allo stesso modo che in un elemento tecnico. Le Unità Ambientali all’interno del progetto possono essere modellate mediante tre diversi comandi in funzione dei dati che si vogliono estrarre:
Locale: usualmente è l’entità spaziale “architettonica” che definisce uno spazio a cui possono essere attribuite proprietà di carattere prestazionale e/o descrittivo o da cui si possono estrarre dati di carattere quantitativo relativi alla geometria;
Vano: entità spaziale utilizzata tipicamente per i “MEP” che ha lo scopo di aggregare le informazioni relative alla gestione dell’area in cui il locale è posizionato, comunemente è assimilabile a Unità Ambientali componenti una zona termica. Nei Vani vengono memorizzati numerosi parametri relativi all’analisi dei carichi di riscaldamento e raffrescamento in un progetto. È possibile posizionare i vani anche in vani tecnici, cavedi, tracce e vani ridotti ai quali non viene in genere assegnato un componente Locale nel modello architettonico. I Vani sono necessari per affrontare l’analisi energetica con il modello BIM; contengono infatti numerose informazioni legate all’analisi energetica e, a differenza dei Locali, vengono letti dalla maggior parte dei software che eseguono analisi energetiche;
Area: entità spaziale utilizzata per la suddivisione di uno spazio all’interno di un modello BIM dell’edificio, generalmente su scala maggiore rispetto ai singoli locali (per esempio può essere utilizzata per suddividere la superficie di un piano di un edificio residenziale in più appartamenti). Le Aree vengono utilizzate soprattutto per identificare manualmente degli spazi che il locale identifica automaticamente; ad esempio l’area lorda di un piano di un edificio, oppure l’unione di più locali, in base a che cosa si vuole estrarre in termini di dati come area, volume, perimetro, ecc.
Ad esempio, il comando Area può essere utilizzato anche per ottenere l’area lorda dei locali perché le aree inserite nel database di gestione patrimoniale sono lorde. Il software, infatti, non permette di estrarre contemporaneamente sia l’area netta che quella lorda dall’entità Locale. Come per i locali, anche con le Aree è possibile inserire informazioni in modo tale da associarle ai locali corrispondenti. Locali, Vani e Aree possono essere creati nel progetto in due differenti modi:
Automatico, mediante l’utilizzo degli elementi tecnici modellati: Muri, Pavimenti, Tetti e Controsoffitti. In questo caso il software utilizza il contorno identificato da questi elementi tecnici come il perimetro del Locale che sta per essere inserito. Questi elementi sono detti di delimitazione del locale. In Autodesk Revit, gli elementi di delimitazione dei locali sono utilizzati per il calcolo del perimetro, dell’area e del volume di un locale. Infatti, una delle proprietà di questi elementi è la delimitazione del locale (attivata di default sull’istanza dell’elemento tecnico posizionato). Se si desidera che uno degli elementi tecnici delle categorie sopracitate non delimiti il contorno di un Locale è possibile disattivare la proprietà nell’Istanza. È il caso dei servizi igienici di un autogrill, per i quali a livello di modellazione è identificato ogni box contenente un wc, ma a livello di Unità Ambientale (e quindi di requisiti e specificazioni prestazionali) l’output desiderato sono i servizi igienici rappresentati dall’intera area occupata dai box wc.
Manuale, identificando il contorno del Locale mediante l’utilizzo dei comandi Delimitatore Locale, Separatore Vani o Contorno Area. Con questi comandi non è necessario che esistano elementi tecnici delimitanti, ma è possibile disegnare i contorni o perimetri per poi inserire le entità spaziali. Questo è necessario ad esempio quando si vogliono identificare Unità Ambientali differenti, ma non ci sono elementi fisici che dividono i due ambienti.
Il metodo automatico consente di creare velocemente le Unità Ambientali rispetto agli elementi tecnici modellati precedentemente, ma non consente di modellare Unità Ambientali esterne non delimitate, per cui è invece necessario utilizzare il metodo manuale. Questi comandi permettono di ottenere dati differenti a seconda di come vengono definite le relative impostazioni riportate all’interno del comando Calcolo Aree e Volumi presente nella scheda Architettura sezione Locale e Area. Per esempio, in questa scheda è possibile definire se l’area netta dei locali deve essere calcolata rispetto alla finitura, al centro o al nucleo del muro. Tale aspetto si ricollega alle proprietà di modellazione dell’elemento tecnico Muro (cfr.§ 3.1.1.1), in quanto la definizione degli strati e del nucleo comporta un conteggio differente in funzione della stratigrafia creata. Di seguito si riporta un semplice esempio con il confronto di conteggio dell’Area del locale rispetto alla modifica della stratigrafia del Muro: mantenendo come metodo di calcolo dell’area del Locale sul Nucleo del Muro, si nota che spostando il contorno del nucleo cambia automaticamente l’area netta del Locale. Per questo motivo è importante conoscere le impostazioni di default del software e modellare gli elementi tecnici e spaziali in previsione dei dati che si vogliono estrarre dai modelli.
Figura 4.1 Area del Locale con il contorno coincidente con il nucleo del muro e strato di laterizio compreso nel nucleo (area locale: 29,1 m²).
Figura 4.2 Area del Locale con il contorno coincidente con il nucleo del muro e strato di laterizio all’esterno nel nucleo (area locale: 34,8 m²).
4.1 U NITÀ A MBIENTALI MEDIANTE L OCALI E D ISARTICOLAZIONE SPAZIALE
I Locali inseriti nel progetto costituiscono le Unità Ambientali e possono essere classificati e identificati per funzione o rispetto ad un parametro definito dal progettista, come riportato nel paragrafo precedente. Il processo di creazione dei Locali è rappresentato dal flusso seguente.
Figura 4.3
Flusso di lavoro per la creazione dei Locali e Schema colori.
Il flusso è descritto qui di seguito nel dettaglio:
Scheda Architettura > Locale. Dopo il posizionamento denominare e numerare i Locali dalle proprietà Istanza. Per posizionare più Locali contemporaneamente è possibile utilizzare il comando Posiziona Locali Automaticamente, definendo i valori di Limite Superiore e Offset comuni. Con questo comando vengono creati Locali per ogni spazio delimitato da elementi tecnici verticali. L’Offset identifica l’altezza oltre al livello impostato fino alla quale viene misurata l’altezza del locale e il suo volume: questo valore anche se impostato non viene considerato se prima di questo c’è un elemento fisico (pavimento, controsoffitto, tetto) che delimita il locale in altezza. Il volume del Locale infatti verrà conteggiato considerando l’altezza fino all’elemento fisico posizionato. Per gli elementi tecnici delimitanti il Locale è possibile attivare/disattivare il parametro Delimita il locale presente nelle sue proprietà. Se non sono presenti elementi di delimitazione del locale, è possibile utilizzare le linee di delimitazione dei locali per suddividere ulteriormente lo spazio. Ogni volta che si aggiungono, spostano o eliminano elementi di delimitazione del locale, le quote, l ’area, il volume del locale (ed eventuali etichette che contengono questi valori) vengono aggiornate automaticamente. Tuttavia l’eliminazione di alcuni elementi tecnici come Muri potrebbe causare un’intersezione e una coesistenza di Locali sovrapposti o non posizionati. La loro eliminazione può avvenire soltanto da un Abaco della medesima categoria.
Figura 4.4 Posizionamento del Locale.
Definizione dei parametri geometrici del Locale: una volta inseriti i locali occorre definire i Limiti Inferiore e Superiore di ognuno, in modo da ottenere i corretti conteggi dei parametrici geometrici. Le proprietà di istanza del locale possono essere di due tipi:
Valore di sola lettura: campo calcolato automaticamente non modificabile (es. Area);
Valore modificabile/compilabile: rispetto alle specifiche progettuali (es. Offset base, Tipo di finitura della parete). Tutte le proprietà di default dei locali sono riportate nella tabella sottostante e si suddividono nelle seguenti sezioni:
Vincoli;
Dimensioni;
Dati identità;
Fasi.
Figura 4.5 Proprietà di default dei Locali.
Figura 4.6 Tipologie di Etichette parametriche di default per le differenti categorie.
Figura 4.7 Impostazione dello Schema colore.
Attribuzione delle Etichette a tutti i Locali posizionati nel progetto: scheda Annota > Assegna etichette a tutti > Etichette locali. Le Etichette sono annotazioni parametriche, cioè tramite l’utilizzo di parametri condivisi leggono, visualizzano e permettono la modifica di parametri appartenenti alla Categoria di oggetti ai quali sono collegati (Fig. 4.6).
Creazione di un nuovo Schema di colore: scheda Architettura > Locale e area > Schemi di colore. Lo Schema colori è lo schema secondo il quale il software differenzia, a livello grafico, i vari Locali inseriti. Lo Schema colori si basa su un parametro già presente nel software o inserito e personalizzato dall’utente. La creazione degli Schemi colore è utile perché, come descritto nella prima parte di questo capitolo, permette la visualizzazione secondo una scala cromatica in funzione degli output desiderati dall’utente. L’utilità di questo strumento sta nel fatto che permette di visualizzare in una vista planimetrica caratteristiche e informazioni difficilmente rappresentabili. In particolare, quello creato nelle immagini seguenti è uno Schema colori basato sulla compilazione del parametro Reparto, già presente di default all’interno della Categoria Locali.
Assegnazione del valore del parametro Reparto ad ogni Locale posizionato.
Figura 4.8 Compilazione del valore Reparto nel Locale posizionato.
Impostazioni dello Schema colore:
Categoria: Locali;
Denominazione: nome del nuovo Schema colore;
Titolo: titolo della legenda dello Schema colore;
Colore: in funzione del parametro scelto (es. Reparto, ma è possibile creare un parametro personalizzato nella Categoria Locale e sceglierlo);
Impostazione del criterio di modifica del colore: Per Valore significa che il colore cambierà in funzione del valore del parametro scelto, Per Inter-vallo significa che devono essere definiti i range di valori che modificano i colori dello Schema colore (utile ad esempio se voglio identificare i valori di aree secondo un intervallo prestabilito, oppure controllare l’allocazione delle risorse in un edificio con destinazione d’uso uffici);
Figura 4.9 Settaggio dello Schema colore.
Figura 4.10 Possibilità di modificare il colore e il tipo del retino.
In funzione della compilazione del parametro (in questo caso Reparto) lo Schema colore si aggiorna in automatico differenziando i colori. È possibile cambiare il colore e la tipologia di retino associato ai valori dello Schema colore. Il risultato della creazione dello Schema colore è riportato nella figura sottostante:
Figura 4.11 Schema colore completo basato sul valore del parametro Reparto.
A seguito della creazione dello Schema colore è necessario applicarlo nelle Proprietà della vista (oppure all’interno del Modello di vista).
Figura 4.12 Attribuzione dello Schema colore alla vista.
Figura 4.13 Visualizzazione dello Schema colore applicato alla vista e inserimento della legenda colore.
Aggiunta della Legenda dello Schema colori utilizzato: scheda Annota > Riempimento colore > Legenda riempimento colore. Dopo aver selezionato il comando, inserire la Legenda nella posizione desiderata nella vista. È possibile creare viste differenti duplicando le viste e attribuendo Schemi colore differenti e legende differenti secondo gli output desiderati. Il risultato di questo processo è rappresentato nella figura sottostante, in cui i colori e le etichette dei Locali realizzano la Disarticolazione spaziale delle
Unità Ambientali presenti nel progetto, elaborato progettuale utile per una serie di scopi.
Figura 4.14 Disarticolazione spaziale con applicati Schema colore e Legenda colori.
In modo analogo, è possibile identificare le Unità Ambientali nelle Sezioni del progetto, attribuendo lo Schema colori alle viste e assegnando le Etichette dei Locali anche nelle viste di sezione.
A livello informativo si riporta un’immagine che identifica tutti i parametri e le informazioni associate all’unità ambientale posizionata. Le informazioni inserite sono i requisiti prestazionali e le specificazioni della committenza che andranno a costituire il capitolato speciale prestazionale estratto direttamente dal modello BIM (cfr. § 7.1.1.4). Le informazioni inserite nelle unità ambientali e negli elementi tecnici sono definite nei LoIN (Level of Information Need) (cfr. § 1.7.1.5.) secondo le fasi di progettazione.
Figura 4.15 Requisiti e specificazioni inseriti nelle Unità Ambientali.
Figura 4.16 Stralcio dell’abaco delle unità ambientali con requisiti e specificazioni.
4.2 U NITÀ A MBIENTALI MEDIANTE V ANI E D ISARTICOLAZIONE SPAZIALE
I vani inseriti nel progetto costituiscono le Unità Ambientali legate alle discipline impiantistiche e possono essere classificate e identificate per funzione o rispetto ad un parametro definito dal progettista, come riportato nelle pagine iniziali di questo capitolo. Le entità Vani devono essere posizionate nel progetto per poter ottenere un’analisi dei carichi di riscaldamento e raffreddamento accurata. Locali e Vani sono componenti indipendenti utilizzati per scopi diversi: i Locali sono componenti architettonici utilizzati per attribuire, visualizzare e mantenere le informazioni sulle aree abitabili, mentre i Vani sono utilizzati esclusivamente per le analisi dei volumi nelle discipline MEP in quanto contengono le informazioni sulle aree in cui sono stati posizionati. Tramite i vani è possibile creare anche le Zone, utili alla definizione delle zone termiche all’interno di un alloggio o edificio. Il processo di creazione dei Vani è analogo a quello di creazione dei Locali. Di seguito si riporta il flusso da seguire e i principali passaggi nel dettaglio, riducendo, quando possibile, l’inserimento di ulteriori immagini (si faccia riferimento alle immagini del paragrafo precedente).
Figura 4.17 Flusso di lavoro per la creazione dei Vani e Schema colori.
Inserimento Vano: Scheda Analizza > Vano. Dopo l’inserimento denominare e numerare i Vani dalle Proprietà Istanza. Per posizionare più Vani contemporaneamente è possibile utilizzare il comando Posiziona Vani Automaticamente, definendo i valori di Limite Superiore e Offset comuni. Con questo comando vengono creati Vani per ogni spazio delimitato da elementi tecnici verticali.
Per gli elementi tecnici delimitanti il Vano è possibile attivare/disattivare il parametro Delimita il Locale. Se non sono presenti elementi di delimitazione del Locale/Vano, è possibile utilizzare il Separatore Vano per suddividere ulteriormente lo spazio. Ogni volta che si aggiungono, spostano o eliminano elementi di separazione dei vani, vengono aggiornate automaticamente le quote, area, volume del vano.
Definizione dei parametri geometrici del Vano: una volta inseriti i vani occorre definire i limiti inferiore e superiore di ognuno in modo da ottenere i corretti conteggi dei parametrici geometrici utilizzati per i calcoli energetici, oltre che compilare i parametri specifici relativi alle diverse discipline MEP. Le proprietà di istanza del vano possono essere di due tipi:
Valore di sola lettura: campo calcolato automaticamente dal software e non modificabile (es. Volume);
Valore modificabile/compilabile: rispetto alle specifiche progettuali (es. Offset base, Flusso d’aria di mandata specificato). Tutte le proprietà di default dei vani sono riportate nella tabella sottostante e si suddividono in diverse sezioni (per l’elenco completo delle proprietà si rimanda alla guida in linea di Autodesk Revit):
Vincoli;
Elettrico – Illuminazione;
Elettrico – Carichi;
Meccanico - Flusso d’aria;
Dimensioni;
Dati identità;
Fasi;
Analisi energetica.
Attribuzione delle etichette a tutti i Vani posizionati nel progetto: scheda Analizza > Etichetta Vano;
Creazione di un nuovo Schema di colore: scheda Analizza > Vani e zone > Schemi di colore e impostazione delle stesse informazioni viste per i Locali;
Compilazione per ogni vano del relativo parametro scelto nello Schema colori;
Applicazione dello Schema colori creato alla vista di pianta dalle Proprietà della vista. In modo analogo, è possibile identificare i Vani nelle Sezioni del progetto, attribuendo lo Schema colori alle viste e assegnando le Etichette dei Vani anche nelle viste di sezione.
Visualizzazione dei colori attribuiti ad ogni Vano rispetto al parametro scelto e compilato e aggiunta della Legenda dello Schema colori utilizzato: scheda Annota > Riempimento colore > Legenda riempimento colore > inserire la Legenda nella posizione desiderata nella vista. Il risultato di questo processo è analogo a quello ottenuto dall’inserimento delle entità Locali, in cui è possibile visualizzare graficamente, grazie allo schema colori definito, gli spazi che hanno le stesse proprietà o valori per il parametro scelto da visualizzare. Nella figura sottostante è riportato un esempio di utilizzo dei Vani per la classificazione delle zone di pertinenza dei quadri elettrici presenti all’interno dell’edificio. In particolare, questa applicazione può essere utilizzata per visualizzare sulle tavole e all’interno di un Database la relazione tra il vano e i quadri elettrici di pertinenza relativi agli impianti di Forza Motrice, Illuminazione ordinaria o di emergenza. Questo utilizzo è molto utile, ad esempio, per la modellazione di edifici esistenti nei quali non è sempre immediato rilevare l’impianto elettrico o non sono a disposizione gli elaborati tecnici elettrici dei cablaggi tra quadri elettrici e terminali. Uno Schema colori può in questo caso permettere la ricostruzione e visualizzazione delle zone di pertinenza dei quadri elettrici. Una possibilità è quella di attribuire parametri personalizzati alla categoria Vano nella sezione elettrica:
Quadro FM;
Quadro Luci;
Quadro Luci Emergenza. e successivamente compilati tali parametri col nome dei quadri elettrici a cui il Vano fa riferimento.
Figura 4.18 Parametri inseriti nella Categoria Vani per l’identificazione della zona di pertinenza dei quadri elettrici.
Sono stati poi creati 3 schemi colore in funzione dei valori dei tre parametri.
Figura 4.19 Schemi colore secondo i parametri inseriti nel Vano.
Infine, dopo aver applicato gli schemi colore alle relative viste, è stata ottenuta la disarticolazione spaziale dei vani rispetto ai quadri elettrici di pertinenza.
Figura 4.20 Disarticolazione spaziale dei Vani in funzione alle zone di pertinenza dei quadri elettrici.
Il comando Denominazione Vani permette di realizzare un collegamento tra la denominazione e la numerazione dell’entità Locale e Vano. In particolare, se i Locali vengono inseriti nel modello BIM architettonico e i Vani in un modello BIM delle discipline MEP o entrambe le entità nello stesso modello, è possibile numerare e nominare i Vani come i Locali secondo questi semplici passaggi:
inserire i Locali nel modello BIM architettonico;
se i modelli sono collegati, verificare che nelle proprietà del tipo del collegamento sia selezionato il parametro Delimita il locale;
Figura 4.21 Proprietà Delimita il locale selezionata nelle proprietà di collegamento del modello BIM.
inserire i vani nel modello MEP;
utilizzare il comando Denominazione Vani che permette il collegamento tra Locali e Vani: scegliere se eseguire il comando per la numerazione e/o denominazione e selezionare per quali livelli (nel caso di ridenominazione dei Locali è possibile rilanciare il comando e aggiornare nuovamente la denominazione dei Vani);
Figura 4.22
Denominazione dei vani.
Figura 4.23 Proprietà di denominazione dei vani.
Come risultato si ottengono i Vani numerati e denominati automaticamente come i corrispondenti Locali del modello architettonico.
Figura 4.24 Vani denominati secondo la numerazione e la denominazione dei Locali.
4.3 U NITÀ A MBIENTALI MEDIANTE A REE E D ISARTICOLAZIONE SPAZIALE
Un altro strumento a disposizione per la creazione di Unità Ambientali sono le Aree. Questo strumento è utile per la suddivisione dello spazio generalmente di scala maggiore rispetto ai singoli locali. Le Aree vengono utilizzate soprattutto per identificare manualmente degli spazi come l’area lorda di un piano di un edificio, oppure l’unione di più locali, in base a che cosa si vuole estrarre in termini di dati come area, volume, perimetro, ecc. Il processo di creazione delle Aree è il seguente:
Figura 4.25 Flusso di lavoro per la creazione delle Aree e Schema colore.
Creazione Schema area lorda: Scheda Architettura > Locale e area > Calcolo aree e volumi > Schemi aree > Area Lorda (nuovo Schema area);
Figura 4.26 Creazione dello Schema delle aree.
Creazione Pianta delle aree: Scheda Architettura > Locale e area > Area > Pianta delle aree > selezionare Tipo > Area lorda > selezionare il livello a cui associare la nuova vista (utilizzare sempre il livello architettonico del relativo piano sul quale sono stati posizionati anche i Locali e i Pavimenti di finitura in precedenza). La prima cosa da fare per le Aree è la creazione della pianta nella quale posizionarle. È bene creare automaticamente le linee di contorno associate a tutti i Muri esterni; questo permetterà di evitare di tracciare manualmente il contorno delle Aree stesse in prossimità dei Muri esterni. Secondo la regola di calcolo delle Aree è poi possibile modificare il contorno identificato in automatico.
Figura 4.27 Creazione della nuova pianta delle Aree associata al Livello.
Figura 4.28 Creazione automatica delle linee di contorno dei muri esterni.
Figura 4.29 Parametro Applica Regola Area.
Creazione dei contorni delle Aree: se non si sono creati automaticamente i contorni dei Muri esterni, utilizzare il comando Contorno Area sia per identificare i contorni dei Muri esterni che per quelli interni, utilizzando il comando Seleziona Linee in prossimità degli elementi tecnici che delimitano le aree da identificare. Prestare attenzione che sia selezionato il parametro Applica Regola Area, in modo tale da poter applicare le regole di calcolo delle aree alle Aree posizionate. Inoltre, se non si utilizza lo strumento Seleziona Linee per
realizzare i contorni delle Aree, ma si disegnano manualmente tracciando i contorni, quando si seleziona e modifica il Tipo di Area dalle proprietà dell’Area, il criterio di misurazione dell’area non verrà modificato in funzione del Tipo di Area selezionato. È bene quindi prestare attenzione all’utilizzo del comando Seleziona Linee durante la creazione dei contorni.
Figura 4.30 Creazione dei contorni delle Aree.
Posizionamento dell’entità Area entro i contorni tracciati (ed Etichetta al posizionamento): utilizzare il comando Area per posizionare ogni singola
Area delimitata dai relativi contorni.
Figura 4.31 Inserimento delle Aree.
Assegnazione del Tipo di Area alle aree posizionate (proprietà di Istanza delle aree). I tipi di area contengono regole di misurazione delle aree che Autodesk Revit applica ai contorni area.
I valori dei tipi di area dipendono dagli schemi area presenti di default:
Area complessiva;
Affittabile. Gli schemi area sono personalizzabili (es. Area Lorda): durante la creazione di un nuovo schema aree, vengono utilizzati i valori di tipo dello schema aree Affittabile. Lo schema Area complessiva presenta due valori per il tipo di area:
Area complessiva dell’edificio;
Area esterna. Lo schema Affittabile presenta sei valori per il tipo di area:
Area comune dell’edificio;
Area ufficio;
Area esterna;
Area del pavimento;
Massima penetrazione verticale;
Area magazzino. La tabella sottostante riporta i tipi di area, le relative definizioni ed esempi.
Figura 4.32
Tipi di aree utilizzabili.
Le regole sono determinate in base al tipo di area specifica e al tipo di area con cui confina. Nella tabella seguente sono riportate le Regole di Misurazione delle aree. Per individuare la regola di misurazione appropriata, identificare il Tipo di area Selezionato (prima colonna) e il corrispondente Tipo di Area Confinante (seconda colonna). In funzione di queste due si ottiene la relativa Regola di Misurazione dell’Area.
Figura 4.33
Regole di Misurazione delle Aree.
È doverosa una precisazione sul posizionamento degli elementi tecnici delle Categorie Finestre e Porte. Se si posizionano questi elementi nel modello BIM, utilizzando i Tipi di Schema aree affittabili, i contorni dell’Area sono creati in base alle seguenti logiche basate sull’altezza delle finestre:
se l’altezza della finestra supera il 50% dell’altezza del muro, le linee di contorno Area saranno in corrispondenza della superficie del vetro;
se l’altezza della finestra non supera il 50 % dell’altezza del muro, le linee di contorno Area saranno in corrispondenza della finitura superficiale interna dei Muri esterni. Se durante la creazione dei contorni area (sia con il metodo manuale che con quello automatico per i Muri esterni) è stato selezionato il comando Applica Regole Area, modificando il tipo di area dalle proprietà di Istanza delle Aree inserite, i valori di calcolo dell’area lorda si modificano automaticamente in funzione del Tipo di Area selezionato e quindi delle Regole di Misurazione dell’Area. Per esempio, selezionando tutte le aree posizionate e associando Area Magazzino al parametro Tipo di area, il valore dell’Area sarà calcolato in mezzeria delle partizioni verticali interne e al lordo delle chiusure verticali (in accordo rispetto a come viene calcolato il valore dell’area lorda dei locali nei database per la gestione patrimoniale).
Figura 4.34 Impostazione del Tipo di Area per l’Istanza selezionata.
Infine, l’applicazione dello Schema colore Area è identica alla procedura vista per i Locali: dopo aver creato uno schema colore per le entità Aree (selezionare quindi la Categoria Aree al posto di Locali) in funzione di numero, nome o altro parametro personalizzato, è possibile applicarlo ad una vista di pianta delle aree (Fig. 4.35). La creazione dei contorni dell’Area manualmente, e l’assenza del comando Posiziona Aree Automaticamente (comando invece presente per il
posizionamento dei Locali), rende il processo di posizionamento delle Aree inevitabilmente più lungo rispetto a quello di creazione dei Locali e dei Vani.
Figura 4.35 Schema colore applicato alla pianta delle Aree.
L’utilizzo dei comandi Locale, Vano e Area comporta numerosi vantaggi, tra cui la realizzazione di elaborati grafici utili nelle diverse fasi del processo edilizio, come descritto nella prima parte di questo capitolo. Si ricordano alcuni vantaggi:
fase progettuale: il legame Locale-Area dello stesso spazio permette di tenere sotto controllo contemporaneamente l’area utile e lorda dell’edificio durante la fase progettazione, ed eventualmente avere subito un corrispondente costo parametrico in funzione delle superfici nette o lorde;
fase di costruzione: in cantiere le tavole tematiche realizzabili e ottenibili dal modello BIM permettono alle squadre operative addette ai lavori di individuare immediatamente e facilmente le zone di lavoro soggette alle proprie lavorazioni;
fase di manutenzione: il legame Oggetto-Vano permette di identificare velocemente il componente da revisionare/sostituire in funzione del vano in cui avviene un guasto, senza dover indagare sul posto.
COORDINAMENTO E VERIFICA DELLA MODELLAZIONE INFORMATIVA
5 Elena Seghezzi, Paolo Ettore Giana, Giulia Pattini
Gli errori di progettazione influiscono in modo negativo sull’intero processo edilizio, perché creano inefficienza, portando a ritardi delle fasi di costruzione dell’opera causati da rilavorazioni, riprogettazioni, aumenti
notevoli di costi e qualità inferiore dell’intero bene edilizio nel corso della sua vita utile. Per quanto riguarda il settore delle costruzioni, possono essere individuate tre tipologie di errore¹:
imperfezioni: non influiscono sul naturale svolgimento del processo edilizio. Possono richiedere piccole correzioni, oppure essere considerate accettabili. Solitamente non comportano costi aggiuntivi o ritardi, e vengono identificati unicamente nei disegni cosiddetti As-built.
non-conformità: sono gli errori che non incontrano determinate specifiche, che possono essere di tipo normativo o imposte dal committente. Questi errori sono generati da obiettivi di progetto non ben definiti, varianti o errori in fase di progettazione. Queste tipologie di errori richiedono azioni correttive.
Figura 5.1 Cause principali delle modifiche al progetto.
omissione: l’ultima tipologia di errore riguarda l’omissione, intesa come mancanza di una qualsiasi parte di un sistema che provoca un allontanamento dai requisiti prestabiliti. Può manifestarsi sia nella fase di progetto sia in quella di costruzione. Gli errori in fase progettuale generano prevalentemente problematiche di irre-alizzabilità costruttiva, riprogettazione di componenti dovute a interferenze tra elementi di diverse discipline (Suther 1998).
Il processo edilizio, al contrario di un normale processo di produzione, è caratterizzato dall’unicità del prodotto finale e dalla complessità legata all’elevato numero di attività che devono intrecciarsi tra loro. Per poter individuare una strategia efficacie di controllo e riduzione degli errori è indispensabile riconoscere il livello del loro impatto sui vari componenti edilizi (Peansupap e Ly, 2015). Alcuni studi hanno approfondito la ricorrenza con cui gli errori nelle rispettive discipline si manifestano. In particolare, lo studio, condotto nella capitale cambogiana Phnom Penh, ha valutato l’impatto di 154 casi di errore tra strutture e altri componenti edilizi, tramite un questionario rivolto ai progettisti di 11 diversi casi di studio. Sono stati analizzati cinque principali ambiti del processo di progettazione: architettura, struttura, impianto meccanico, impianto elettrico ed impianto idraulico².
Figura 5.2 Impatto degli errori sull'esito del progetto, suddivisi secondo le discipline.
La classificazione sopra descritta è basata secondo i seguenti impatti:
irrilevante: l’errore non interferisce in alcun modo con il progetto;
marginale: l’errore necessita di revisione, ma non comporta costi aggiuntivi e/o ritardi;
sostanziale: l’errore necessita di revisione e tempo nonostante non incida sui costi e sul processo di costruzione;
grave: l’errore necessita di tempo e costi aggiuntivi per essere risolto, pur non compromettendo la fase di costruzione dell’opera;
disastroso: il processo di costruzione non può continuare senza dapprima investire risorse economiche e temporali nella risoluzione dell’errore. In particolare, gli errori presenti tra elementi strutturali e l’impianto meccanico sono quelli che hanno manifestato gli effetti più negativi e, pertanto, richiedono la massima priorità di attenzione e di intervento. Seguono quelli tra elementi strutturali e impianto idraulico e tra elementi strutturali e architettonici. Assumono quindi sempre più importanza le fasi di verifica del progetto, con gli obiettivi di indagare gli aspetti di coerenza, congruenza e chiarezza. In questo capitolo si vedrà come la metodologia
BIM può essere a supporto per le fasi di coordinamento e verifica progettuale con il fine di ottimizzare gli esiti di questa fase delicata. L’importanza di questa metodologia è richiamata anche all’interno del D.lgs del 18 aprile 2016 (Codice dei contratti pubblici) che riporta all’articolo 23 comma 13 che “le stazioni appaltanti possono richiedere per le nuove opere nonché per interventi di recupero, riqualificazione o varianti, prioritariamente per i lavori complessi, l’uso dei metodi e strumenti elettronici specifici di cui al comma 1, lettera h). Tali strumenti utilizzano piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari, al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e il coinvolgimento di specifiche progettualità tra i progettisti. L’uso dei metodi e strumenti elettronici può essere richiesto soltanto dalle stazioni appaltanti dotate di personale adeguatamente formato […].” Il comma 1 lettera h richiamato prescrive che la progettazione in materia di lavori pubblici si articola, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo ed è intesa ad assicurare: h) la razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture […]. Questo aspetto fondamentale è ripreso anche nel decreto attuativo del codice dei contratti (D.M. 560 del 1 dicembre 2017) che all’articolo 3 riporta gli adempimenti preliminari delle stazioni appaltanti per “l’introduzione […] dell’obbligatorietà dei metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture, per razionalizzare le attività di progettazione e le connesse verifiche”. Il decreto ministeriale conferma la necessità di formazione e strumenti per la gestione informativa indicando l’obbligo di adottare “un piano di formazione del proprio personale in relazione al ruolo ricoperto” e di “un piano di acquisizione o di manutenzione degli strumenti hardware e software di gestione digitale dei processi decisionali e informativi, adeguati alla natura dell’opera, alla fase di processo ed al tipo di procedura in cui sono adottati”. Inoltre, il decreto impone di adottare “un atto organizzativo – una linea guida o uno standard adottato tra quelli esistenti o redatto specificamente – che espliciti il processo di controllo e gestione, il gestore del dato e la gestione dei conflitti”. In quest’ottica, nella trattazione seguente verranno descritti i principali metodi per coordinare e condividere la modellazione BIM tra i
diversi attori che partecipano alla fase di progettazione di un’opera. La collaborazione è alla base della metodologia BIM e può avvenire tra specialisti della stessa disciplina oppure di discipline differenti. In questo capitolo verranno affrontate tematiche inerenti il collegamento tra modelli BIM, la condivisione delle coordinate per allineare e mantenere in posizione i modelli, e alcuni importanti elementi per ottenere un controllo efficiente sin dalle prime fasi di progettazione. Di seguito a questa trattazione, verrà presentato un metodo per la verifica della collaborazione e del coordinamento multidisciplinare, tramite l’analisi delle interferenze tra elementi che afferiscono o meno a modelli BIM differenti. La possibilità di verificare il coordinamento progettuale mediante la metodologia BIM permette di automatizzare la verifica delle interferenze sia all’interno della stessa disciplina oppure trasversalmente a più discipline, superando le criticità tipiche di una verifica tradizionale. Nella seconda parte del capitolo sono illustrati i principali metodi per la verifica della conformità del modello a specifiche normative di riferimento secondo regole pre-impostate e personalizzate basate su informazioni contenute in rispettivi parametri personalizzati. Come per le modalità di verifica delle interferenze tra i modelli, l’impostazione di un set di regole attuabile mediante la metodologia BIM consente di automatizzare il controllo dei codici normativi adottati nella progettazione, ad esempio il superamento delle barriere architettoniche o la conformità alla normativa alla prevenzione incendi. L’impiego di tale strumento supporta ed ottimizza le usuali attività di verifica e di validazione, riducendo le tempistiche e garantendo ispezioni puntali ed esaustive di ogni componente del progetto. L'esecuzione di costanti attività di controllo permette di sviluppare ciascun livello della progettazione in modo coerente e conforme ai codici normativi dedicati. Una simile procedura di verifica consente di eseguire controlli di tipo prescrittivo, ossia un confronto di contenuti informativi del modello rispetto ai contenuti imposti dalla normativa. Pertanto non è escluso il rischio di realizzare un progetto adeguato ai codici edilizi, ma non fruibile in modo ottimale dall’utenza, sia in condizioni di utilizzo quotidiano sia nei casi di emergenza. Per queste ragioni, successivamente si illustrano le modalità di
verifica del modello, basate principalmente su simulazioni e previsioni dell’interazione tra gli utenti e l’edificio. Queste ulteriori modalità di verifica adottano un approccio di tipo prestazionale piuttosto che prescrittivo, che va oltre al semplice assolvimento normativo, poiché, eseguendo simulazioni di Pre-occupancy e valutazioni relative alla sicurezza, vengono supportate le strategie progettuali favorendo la definizione e la composizione planimetrica dell’opera assicurando le migliori condizioni d’uso. Come casi studio di riferimento, in questo capitolo si riporteranno alcune immagini tratte dai modelli BIM della sede regionale di Bologna di RAI, di alcuni modelli BIM di un edificio adibito a laboratori e dal modello BIM della scuola di Posada in Sardegna.
5.1 C OLLEGAMENTO TRA MODELLI
Il collegamento tra modelli permette di mettere in relazione più modelli di discipline differenti (o della stessa disciplina se l’edificio è complesso), garantendo il controllo e la congruenza degli elementi comuni, o di quegli elementi che devono avere delle relazioni tra loro. Nella trattazione seguente quando si parla di collegamento tra modelli verrà inteso quello classico tra discipline differenti e cioè il collegamento tra modelli architettonici, strutturali e MEP. I modelli collegati sono elencati nel ramo Collegamenti Revit del Browser di Progetto, oppure nella tabella di riepilogo di Gestisci Collegamenti.
Figura 5.3 Collegamenti inseriti all’interno del modello Master.
È possibile utilizzare i modelli collegati per:
Edifici distinti dello stesso insediamento edilizio;
Parti di edifici progettate da team di progettazione diversi;
Discipline differenti dello stesso edificio, ad esempio modelli architettonici e modelli strutturali. La progettazione iniziale relativa alla suddivisione dei modelli BIM e del loro collegamento è fondamentale per un’ottimale gestione del progetto e coordinamento tra gli elementi stessi. Le relazioni tra modelli BIM stabiliscono regole e gerarchie, che devono essere rispettate tra tutti gli attori che collaborano al processo di creazione, modifica, gestione ed uso dei modelli BIM. Un progetto può contenere più modelli BIM collegati, che creano un modello aggregato comprendente tutti i dati. Prima di suddividere un progetto in più modelli, tuttavia, è importante valutare attentamente le limitazioni e i flussi di lavoro seguenti:
La ridotta interazione e unione tra gli elementi del progetto host e gli elementi dei modelli collegati impedisce il calcolo dei giunti o le unioni tra i primi e i secondi. Tuttavia, alcuni elementi, quali i locali e i bordi dei controsoffitti, possono essere generati dalla geometria posizionata all’interno dei singoli modelli collegati.
La complessità della gestione di nomi, numeri e dati identità degli elementi tra il progetto host e i modelli collegati può determinare nomi e numeri duplicati. Ciò è vero soprattutto per le unità multiple o ripetute collegate ad un progetto, quali sale operatorie di ospedali e stanze d’albergo. In questi casi, è possibile utilizzare un gruppo per definire le unità ripetute, anziché un modello collegato. ³
Inoltre, lo spostamento delle directory dei modelli collegati può portare a errori di aggiornamento dati dalla mancanza di sincronizzazione tra i modelli BIM.
In generale, per mantenere il controllo su tali elementi, è necessaria un’attenta gestione dei modelli collegati.
Figura 5.4 Struttura dei modelli collegati, per la modellazione della Sede Regionale RAI di Bologna.
Quando si collega un modello che contiene altri modelli collegati (il caso del modello ELE nell’immagine precedente), i collegamenti divengono nidificati. I collegamenti nidificati vengono visualizzati in base all’impostazione definita per il Tipo di Riferimento nel modello principale:
Con l’opzione Sovrapposizione non vengono caricati i modelli nidificati nel modello host, di conseguenza non verranno visualizzati durante l’importazione del modello corrente in un altro modello (nel caso della figura precedente se il Tipo di riferimento del modello STR in quello ARC è su Sovrapposizione nel modello Elettrico non verrà visualizzato il modello STR).
Con l’opzione Associazione vengono caricati i modelli nidificati nel modello host , di conseguenza verranno visualizzati durante l’importazione del modello corrente in un altro modello (nel caso della figura precedente se il Tipo di riferimento del modello STR in quello ARC è su Associazione nel modello Elettrico verrà visualizzato il modello STR). Quando i collegamenti nidificati sono visibili, è possibile con il tasto TAB selezionare le Istanze del collegamento nidificato e visualizzare le proprietà degli elementi al suo interno, analogamente agli altri modelli collegati. In nessun modo dal modello host è possibile modificare elementi dei modelli collegati: infatti la loro modifica può avvenire soltanto all’interno del modello stesso e non dai modelli in cui è collegato. Quando si collega un modello è necessario che la mappatura delle fasi tra il modello collegato e il modello host sia coerente con le fasi create nei due modelli BIM. La mappatura delle fasi deve essere eseguita in ordine cronologico. Ad esempio, non è possibile impostare un’associazione delle fasi come indicato nella tabella riportata di seguito. Poiché la fase 1 viene eseguita prima della fase 3, quest’ultima non può essere mappata sulla fase 1.
Figura 5.5 Errore di mappatura delle fasi a causa dell’ordine cronologico errato.
La mappatura delle fasi viene mantenuta in ogni caso, a meno che le fasi nel modello host o nel modello collegato non vengano combinate. Se le fasi vengono combinate, viene utilizzata la mappa della fase rimanente.
Figura 5.6 Proprietà del tipo di collegamento importato.
Inoltre, è possibile, controllare la visibilità dei modelli collegati nidificati e non nel modello host. I parametri che controllano la visibilità e gli elementi grafici dei modelli collegati sono raggruppati nella scheda Collegamenti Revit della finestra di dialogo Visibilità/Grafica. Le impostazioni di visualizzazione (per la vista collegata) possono essere di tre tipologie:
Da vista host;
Da vista collegata;
Personalizzata.
Figura 5.7
Impostazioni di visualizzazione per la vista del modello BIM collegato.
La visibilità dei modelli collegati è gestita mediante le singole viste. È possibile salvare le impostazioni di visibilità di una particolare vista in un Modello di Vista e applicare le impostazioni di visualizzazione in modo coerente ed immediato ad altre viste. È possibile includere le informazioni degli elementi collegati anche negli Abachi, specificando la relativa proprietà durante la creazione dell’Abaco nel modello host. Quando si collega un modello, viene visualizzato un messaggio se il modello collegato va aggiornato alla release corrente del software. Il messaggio indica la release del software del modello e la release alla quale verrà aggiornato. A seconda delle dimensioni del modello, il processo di aggiornamento può richiedere un certo tempo. Se si procede con l’aggiornamento, le modifiche apportate al modello collegato sono temporanee, e non vengono salvate quando si salva il modello host. Per aggiornare in modo permanente il modello collegato, è necessario chiudere il modello host e quindi aprire, aggiornare e salvare il modello collegato. Quando si tornerà ad aprire il modello host, non sarà necessario aggiornare il modello collegato. È importante considerare che i modelli non sono compatibili con le versioni precedenti. Una volta che un modello è stato aggiornato e salvato, non è più possibile aprirlo con la release precedente del software.⁴
5.1.1 Posizionamento dei modello collegati Le Coordinate Condivise vengono utilizzate per tenere traccia delle posizioni reciproche di più file correlati. I file correlati possono essere tutti file di Autodesk Revit o una combinazione di file con altri formati come file DWG e file DXF. Le Coordinate Condivise sono fondamentali quando si combinano più modelli BIM all’interno di un unico file per avere un posizionamento corretto delle varie Istanze. Se si desidera che la posizione del modello BIM sia nota rispetto ad altri modelli collegati, e che tali relazioni siano mantenute, è necessario utilizzare le Coordinate Condivise. È necessario che le Coordinate Condivise provengano da un unico file. Il metodo corretto è che le coordinate di questo file definiscano quelle per tutti gli altri che compongono il progetto; di conseguenza verranno acquisite le coordinate condivise da quest’unico file (tramite il comando Acquisisci Coordinate Condivise) e pubblicate in altri file (tramite il comando Pubblica Coordinate Condivise).
Figura 5.8 Acquisizione/ Pubblicazione delle Coordinate condivise.
Se le coordinate significative di un progetto si trovano in un modello o un file collegato, come un modello di edificio con una planimetria collegata, occorre acquisire le coordinate dal modello collegato, come visibile nell'immagine al n°(1). Se le coordinate significative di un progetto si trovano in un modello host, come una planimetria con modelli di edificio collegati, occorre pubblicare le coordinate nei modelli collegati, come nell'immagine al n°(2).
La figura 5.9 riporta un esempio di workflow per sincronizzare e allineare le coordinate tra un modello del contesto (GIS), modello architettonico e modello meccanico. Quando si utilizzano le Coordinate Condivise per posizionare i modelli collegati in un modello host, è possibile utilizzare le proprietà di un’Istanza del modello collegato per acquisire (estrarre) o pubblicare (inserire) le coordinate tra i modelli, secondo le esigenze. Nell’illustrare questa procedura si suppone che all’interno del modello host sia presente un’Istanza di modello collegata le cui coordinate non sono condivise con il modello host. Selezionando l’Istanza del modello host, e cambiando il Sito Condiviso dall’elenco delle Proprietà è possibile armonizzare le coordinate in base ai due modelli (o host o collegato). Per sincronizzare le coordinate è necessario selezionare o Acquisisci o Pubblica. Questa operazione è da effettuare una volta soltanto:
nel primo caso (Acquisisci) nel modello host vengono acquisite le coordinate di quello collegato, aggiornandosi secondo quelle di quest’ultimo
nel secondo caso (Pubblica) dal modello host vengono pubblicate le coordinate in quello collegato, aggiornando le coordinate di quest’ultimo.
Figura 5.9 Flusso di lavoro per l'impostazione delle Coordinate Condivise.
Il Sito condiviso del modello collegato nel modello host viene salvato con un nome che è possibile modificare.
Figura 5.10 Impostazione del Sito Condiviso.
5.1.2 Collaborazione del team di progettazione Un Workset è una raccolta di elementi in un progetto condiviso: essi vengono creati in funzione delle strategie progettuali di ciascun team. Esistono principalmente due strategie di suddivisone del lavoro: per disciplina, oppure per attività di progetto. Nel primo caso, si può creare una condivisione orizzontale tra discipline o sub-discipline per instaurare una collaborazione in un unico modello BIM (ad es. MEP, Mechanical Electrical and Plumbing). Tale condivisione permette di creare differenti Workset in funzione delle necessità del progetto. In questo modo, ogni singola disciplina potrebbe essere sviluppata contemporaneamente alle altre, facendo collaborare i differenti team. In questo primo utilizzo, il modello BIM contiene più discipline e ogni Workset si occupa di una di esse. Nel secondo caso, invece, si riesce a creare una condivisione verticale tra i componenti del medesimo team che lavorano sul progetto. Questo approccio permette di velocizzare, ad esempio, la modellazione di un cespite, perché permette a più risorse di collaborare sulla stessa disciplina. Tale approccio individua differenti soggetti che possono lavorare dividendo i Workset per componente (ad es. Utente A, Utente B) o per categoria di elementi da modellare (ad es. muri, pavimenti, famiglie caricabili). Si possono strutturare anche soluzioni ibride tra le due sopra citate, così da creare un singolo modello centrale. A margine di questi strumenti per finalizzare la collaborazione rimane l’uso dei modelli collegati che possono essere integrati o meno con l’utilizzo dei Workset.
Figura 5.11 Diagramma di condivisione di un modello centrale.
5.1.2.1 Creazione di un modello condiviso Per condividere un modello tra diversi soggetti serve innanzitutto predisporre uno spazio di lavoro condiviso. Secondo la ISO 19650-1:2018, tale spazio viene definito CDE (Common Data Environment) e governa le interazioni tra i diversi soggetti negli scambi informativi. L’utilizzo di tale piattaforma permette anche uno scambio di modelli tra i soggetti coinvolti nell’appalto. Per effettuare un coordinamento tra diversi soggetti bisogna impostare una directory univoca ai modelli collegati, per evitare di perdere tale collegamento. Per far ciò bisogna fare in modo che il percorso assoluto risulti uguale indipendentemente dal terminale utilizzato dall’utente. Tale operazione può esser risolta tramite l’utilizzo di “unità di rete” che, qualora abbiano la stessa lettera di identificazione dell’unità, permettono a differenti pc di avere accesso ad una medesima directory. Tale percorso potrebbe anche essere collegato a una cartella interna al computer stesso, estendendo le potenzialità di una cartella condivisa (ad es. Dropbox), in alternativa la cartella deve esser collocata sempre nel medesimo percorso (ad esempio C:\CartellaProgetto). Una volta definita la posizione univoca del modello tra i diversi soggetti, si può provvedere alla condivisione. Per effettuare questa operazione, bisogna utilizzare la sezione Gestisci Collaborazione.
Figura 5.12 Scheda Gestione Collaborazione in Autodesk Revit.
Una volta che nel modello è stata attivata la modalità di collaborazione, il modello deve esser salvato nella directory per diventare effettivamente Centrale. Ogni utente deve creare, a partire dal modello Centrale, una copia sulla quale lavora in funzione del Workset (o dei Workset) che ha in carico, denominata appunto modello Locale. Periodicamente, e al termine del lavoro con il rilascio dei Workset, l’utente dovrà sincronizzare il proprio modello Locale con quello Centrale per pubblicare e salvare le modifiche apportate, rendendole visibili agli altri utenti. Una volta salvato il modello come Centrale, nella cartella comparirà anche una cartella contenente le
informazioni di backup e di autorizzazione alla modifica per il modello Centrale. Nelle regole di collaborazione contenute nel BEP vengono definiti gli intervalli di sincronizzazione di ogni utente con il modello Centrale.
5.1.2.2 Utilizzo dei Workset Per eseguire molteplici operazioni su un modello bisogna tenere presente che gli utenti devono avere innanzitutto ID differenti. Ogni volte che un utente apre un modello deve selezionare il Workset su cui lavorare assumendone la proprietà esclusiva. Ciascun Workset è modificabile in modo esclusivo da un solo utente alla volta. Tuttavia, si possono visualizzare anche gli altri Workset e le relative proprietà degli oggetti in essi contenuti, ma non modificarli. Questa caratteristica aiuta ad evitare conflitti di modifica sugli oggetti del modello BIM.
Figura 5.13 Pannello di gestione dei Workset.
Quando si attiva la condivisione del lavoro, vengono creati diversi Workset di default, quali, ad esempio, un Workset per le Griglie, uno per l’utente e alcuni per famiglie, viste ed impostazioni di progetto. In questo modo, selezionando mostra Workset di famiglie, standard di progetto e viste, si può richiedere di modificare tali Categorie. Questa predisposizione consente di agire su elementi trasversali alle discipline. Durante la creazione dei Workset, l’opzione Visibile in tutte le Viste rende attiva o meno la visualizzazione dello stesso nelle differenti viste: tale opzione può comportare problemi qualora non sia selezionata. A volte potrebbe capitare che un oggetto presente in un Workset serva ad un altro soggetto, in tale occasione può esser richiesto in prestito un elemento, tramite il comando Rendi Elemento Modificabile. Un Workset contiene una serie di elementi: prendendo il controllo di un Workset si è in grado di poter modificare ogni elemento in esso contenuto. Nella tavolozza delle proprietà si può individuare a quale gruppo appartiene un determinato elemento. Qualora un Workset non risulti più necessario, può esser eliminato e i suoi contenuti trasferiti in un altro Workset. Separare gli elementi del progetto in Workset predefiniti può essere utile qualora si voglia proteggere alcuni elementi del modello da accidentali modifiche.
Figura 5.14 Richiesta di modifica di un’istanza in un Workset.
Spesso tuttavia, i modelli creati risultano complessi e molto pesanti nella loro gestione: per agevolarne la gestione è possibile, ad esempio, scaricare gli Workset non utilizzati. Tale prassi permette di lavorare in fase di modellazione su una disciplina senza dover caricare tutte le proprietà nel modello, ma sempre potendone verificare le interferenze geometriche non caricando i relativi Workset.
Figura 5.15 Notifica di richieste di modifica di un’istanza in un Workset.
Attraverso la schermata degli Workset è quindi possibile vedere quali sono i livelli in uso e chi sono i proprietari degli stessi. Attraverso l’applicativo Worksha-ring Monitor si è in grado di sapere chi siano gli utenti che stanno lavorando sul modello e se vi siano o meno errori di processo (come riportato nell’immagine seguente). Una volta avviata la condivisione di un progetto, il modello Centrale funge da accentratore di tutte le modifiche effettuate dai diversi utenti.
Ogni utente aprendo il modello Centrale creerà una copia Locale sul suo computer e ne sincronizzerà le modifiche con il Centrale al termine del suo lavoro. Gli utenti possono pubblicare le proprie modifiche nel modello Centrale e importare dal modello Centrale quelle eseguite da altri utenti selezionando il comando sincronizza con modello Centrale.
Figura 5.16 Worksksharing Monitor messaggi di condivisione.
5.1.2.3 Termine della condivisione del modello A volte può essere necessario terminare la condivisione di un modello. Bisogna tenere presente che separare il modello in uso dal modello Centrale comporta l’impossibilità di sincronizzare eventuali modifiche future con il modello Centrale, a meno di rendere Centrale il modello che si è appena separato. Per eseguire tale operazione bisogna selezionare dalle proprietà del modello condiviso Stacca dal modello Centrale. Tale operazione non rimuove, di default, i Workset presenti al suo interno, (Dissocia e Conserva i Workset) ma ne rimuove solamente la condivisione. In alternativa si possono eliminare tutti i Workset selezionando Dissocia e Ignora i Workset all’apertura del modello staccato dal Centrale.
Figura 5.17 Staccare un modello Locale dal modello Centrale.
Figura 5.18 Opzioni possibili con i Workset a seguito della dissociazione del modello Centrale.
5.1.3 Collaborazione interdisciplinare Quando più team partecipano alla realizzazione di un progetto, l’efficienza nel controllo e nel coordinamento del lavoro può ridurre errori e inutili costi di rielaborazione. Lo strumento Copia/Controlla garantisce la comunicazione delle modifiche di progettazione tra i diversi team. Questo strumento è utile per controllare e coordinare le modifiche e gli aggiornamenti che vengono effettuate sui modelli BIM. In particolare, è fondamentale usare questo strumento per:
informare ciascun team delle modifiche apportate a livelli, griglie e altri elementi;
consentire, quando il team di progettazione collega i modelli al fine di collaborare, a ciascun progettista di conservare la propria versione del modello. Ogni modello è collegato agli altri per la condivisione delle informazioni relative alle modifiche apportate agli elementi controllati del modello di edificio. ⁵ È possibile utilizzare questo strumento anche in parallelo con l’uso dei Workset (cfr. 5.1.2.2) all’interno di un progetto condiviso. Se, ad esempio, viene creato un Workset dedicato all’utilizzo dei Livelli, coloro i quali sono responsabili di altri Workset possono Copia/Controllare i Livelli dal Workset dedicato. In questo caso se il responsabile del progetto modifica un Livello, colui che ha Copia/Controllato questo elemento riceve un avviso quando ricarica il modello centrale oppure esegue una verifica del coordinamento. L’utilizzo dello strumento Copia/Controlla deve essere
limitato soltanto all’effettivo numero di elementi che necessitano di un coordinamento tra i modelli BIM collegati, il nome dei file non deve variare e in generale è bene utilizzare questo strumento per copiare i Livelli dal modello di origine, dato che tutti gli elementi dei vari modelli hanno relazioni con i Livelli; altri oggetti devono essere Copia/ Controllati soltanto se strettamente indispensabile. Il Copia/Controlla può essere utilizzato sia tra modelli di differenti discipline, oppure per controllare elementi all’interno dello stesso modello BIM. Di seguito si riporta il flusso di lavoro per l’ipotesi di condivisione dei Livelli tra modello BIM architettonico, strutturale e meccanico con l’utilizzo di modelli collegati.
Figura 5.19
Utilizzo del Copia/Controlla per i Livelli.
A seguito di questa operazione, se i Livelli nel modello architettonico vengono modificati, coloro che stanno operando sugli altri due modelli riceveranno, all’apertura del rispettivo file, un avviso della modifica effettuata. Questi avvisi sono gli stessi che si hanno per la verifica del coordinamento descritta nelle pagine seguenti. Gli attori coinvolti in questi scenari, ad intervalli regolari, dovranno effettuare verifiche periodiche per visualizzare le modifiche apportate agli elementi copia/Controllati e identificare eventuali intersezioni tra gli elementi.
Figura 5.20
Esempio di livello Copia/Controllato con l’utilizzo di modelli collegati.
L’immagine precedente riporta un esempio del controllo effettuato sui Livelli. In questo caso, nel modello architettonico vengono Copia/Controllati i Livelli strutturali, non ricreandoli nel modello BIM architettonico ma copia-controllati dal modello BIM strutturale. L’elemento è quindi copiato ma legato a quello costruito originariamente nel modello BIM strutturale: eventuali modifiche in uno dei due file vengono rilevate, visualizzate, accettate o meno (a discrezione dell’utente) e aggiornate. Inoltre, i Livelli architettonici devono essere legati a quelli strutturali copiati con una quota vincolata, in modo tale da creare una catena di elementi vincolati tra loro (Livello architettonico > Livello strutturale Copiato/Controllato da modello strutturale > Livello strutturale del modello strutturale). Il Copia/Controlla è utilizzabile anche per controllare relazioni tra due elementi dello stesso tipo nel modello corrente senza copiare gli elementi. Quando si modifica un elemento controllato, viene visualizzato un messaggio di avviso. È possibile stabilire relazioni tra coppie di elementi corrispondenti. Non è possibile eseguire il controllo di coppie di elementi diversi, ad esempio da una linea di griglia e un livello. Se si seleziona un’apertura in un muro o in un pavimento, è possibile controllare altre aperture o inserti (Fig. 5.21). L’icona di controllo viene visualizzata accanto all’elemento ad indicare che esso presenta una relazione con un altro elemento. Se si modifica un elemento della coppia, viene visualizzato un avviso che indica che è stato modificato un elemento controllato. Tali avvisi vengono visualizzati anche nella verifica del coordinamento come descritto di seguito.
Figura 5.21 Utilizzo del Copia/Controlla all’interno del modello corrente.
Gli elementi di cui è possibile fare il Copia/Controlla sono delle seguenti Categorie, come riportato nell’immagine seguente:
Livelli;
Griglie;
Pilastri;
Muri;
Pavimenti.
Figura 5.22 Categorie di cui è possibile effettuare il Copia/Controlla.
Per interrompere il controllo tra due elementi Copia/Controllati è necessario selezionare il relativo comando: da questo momento i due oggetti non sono più relazionati tra loro. È anche possibile interrompere il controllo di tutti gli elementi rimuovendo il modello collegato dal progetto host. A seguito del Copia/Controlla, è possibile utilizzare lo strumento Verifica Coordinamento per esaminare gli avvisi a seguito delle modifiche agli elementi controllati (sia tra modelli collegati, sia all’interno dello stesso modello), comunicare con gli altri team coinvolti nel progetto, e risolvere problematiche relative ai cambiamenti a cui viene sottoposto il modello di edificio. Se ad esempio viene modificata la quota altimetrica e il nome di un Livello strutturale nel modello collegato, all’apertura del modello architettonico verrà richiesta una verifica del coordinamento e verranno evidenziate tutte le differenze riscontrate tra gli elementi Copia/Controllati dei due modelli. A questo punto è compito di chi gestisce il modello architettonico verificare e accettare, posticipare, aggiornare o non aggiornare gli elementi Copia/Controllati dal modello strutturale, confrontandosi, in questo caso, con il responsabile del modello strutturale. Gli avvisi di controllo del coordinamento possono essere generati a causa dei seguenti motivi:
Quando un elemento controllato viene modificato, spostato o eliminato.
Quando, in un muro o in un pavimento controllato, un elemento ospitato (come una porta, una finestra o un’apertura) viene aggiunto, spostato,
modificato o eliminato. Quando si esegue una verifica del coordinamento, è possibile specificare la modalità di gestione di ciascuna modifica nel modello corrente nella finestra di dialogo Verifica Coordinamento. Le modifiche hanno effetto soltanto sul modello host corrente e non modificano il modello collegato, il Copia/Controlla, infatti, non crea un collegamento bidirezionale ma unilaterale tra modello collegato e modello host.
Figura 5.23 Verifica del coordinamento a seguito di modifiche effettuate sugli elementi Copia/ Controllati.
A seguito di eventuali modifiche effettuate sull’elemento (in questo caso il Livello) controllato nel modello collegato è possibile:
Posticipa/Non eseguire alcuna operazione: non viene intrapresa alcuna azione. Questo valore consente di rimandare l’esame della modifica ad un momento successivo.
Rifiuta: la modifica apportata all’elemento del modello non è corretta. È tuttavia necessario apportare una modifica all’elemento controllato associato del modello collegato.
Accetta differenza: la modifica apportata all’elemento controllato è accettabile ed è possibile aggiornare la relazione senza modificare l’elemento corrispondente. Si supponga, ad esempio, che due linee di griglia controllate si trovino ad una distanza di 200 mm e che una delle due venga spostata ad una distanza di 300 mm. Selezionando Accetta differenza, le linee di griglia controllate non vengono spostate e la relazione viene aggiornata in base al nuovo valore di 300 mm.
Modifica: selezionare questa opzione per modificare l’elemento corrispondente nel modello corrente.
Rinomina: selezionare questa opzione per aggiornare il nome dell’elemento corrispondente nel modello corrente.
Sposta: selezionare questa opzione per applicare la modifica all’elemento corrispondente nel modello corrente.
Figura 5.24 Azioni disponibili a seguito della modifica di elementi Copia/Controllati.
Dopo aver eseguito una verifica del coordinamento, è possibile creare un rapporto in formato HTML per tenere traccia delle modifiche, azioni effettuate, commenti rilasciati da condividere con i membri del team di progettazione.
5.2 C LASH D ETECTION E FEDERAZIONE DEI MODELLI
Questa parte della trattazione riguarderà il rilevamento e la gestione delle interferenze (clash detection), sia in termini metodologici, sia tramite l’uso del software Autodesk Navisworks. Il caso studio sul quale si è applicato il flusso di lavoro è il progetto di un edificio che ospiterà laboratori tecnologicamente avanzati. Il modello BIM federato nel quale sono collegati i modelli di ogni singola disciplina contiene 12 modelli differenti, riportati nell’immagine sottostante.
Figura 5.25 Struttura dei modelli BIM suddivisi per disciplina.
In termini progettuali, una clash (o interferenza) si verifica quando i componenti di un bene edilizio non sono spazialmente coordinati e quindi risultano in conflitto. Con clash detection si intende la verifica delle interferenze presenti tra le diverse discipline di progetto, con lo scopo di facilitare la gestione dei conflitti ed anticipare potenziali problemi che potrebbero emergere in fase costruttiva (o manutentiva). In generale, la risoluzione di un’interferenza durante la costruzione può implicare un considerevole aumento dei costi, dovuto a rilavorazioni o lavorazioni aggiuntive in cantiere non previste in fase di progettazione, e un ritardo rispetto alla programmazione dei tempi previsti da cronoprogramma. Appare evidente come individuare e risolvere anticipatamente queste interferenze sia vantaggioso in termini economici, temporali e qualitativi rispetto a una risoluzione in fase di esecuzione dell’opera. L’utilizzo di strumenti che sfruttano la metodologia BIM orientati alla clash detection permette di combinare la strutturazione delle informazioni utili all’identificazione delle interferenze e il rilevamento automatico delle stesse. La metodologia BIM consente di approcciarsi in modo selettivo alle interferenze tra i sistemi specifici come quello architettonico, meccanico e strutturale, associando ogni elemento del modello al sistema di appartenenza. Il controllo delle interferenze può essere svolto a diversi livelli, riassumibili nei seguenti punti:
Verifica di eventuali interferenze tra elementi della stessa disciplina o di discipline differenti per il coordinamento delle discipline;
Verifica di eventuali interferenze in cantiere durante l’installazione dei componenti;
Verifica di eventuali interferenze tra oggetti tali da non garantire la corretta possibilità di manutenere tali elementi. La fase di verifica interferenze gioca un ruolo chiave nella programmazione e nella gestione, soprattutto nel caso di edifici con alto grado di complessità architettonica, strutturale e impiantistica. Generalmente, i responsabili delle singole discipline, si occupano delle proprie parti trascurando le fondamentali attività di coordinamento interdisciplinare. Tuttavia, anche in presenza di un buon livello di coordinamento tra le discipline, è possibile che alcune interferenze non vengano rilevate. Per superare le limitazioni tipiche di una verifica di coordinamento tradizionale, è possibile sfruttare la metodologia BIM, che presuppone la creazione di modelli informativi che, con l’ausilio di specifici applicativi, consentono un’automazione della verifica delle interferenze monodisciplinari o tra discipline. Il controllo manuale, basato in genere sull’azione umana, presenta infatti un alto rischio di errore dovuto a due fattori: da un lato l’impossibilità di effettuare un controllo completo, puntuale ed esteso e la limitazione a controlli a campione, e dall’altro l’inevitabile possibilità di errore legata al soggetto che effettua la verifica. L’utilizzo di modelli BIM federati (ovvero il coordinamento delle discipline all’interno di un unico modello master), e l’utilizzo successivo di software specifici per la verifica delle interferenze agevola l’automazione del controllo delle clash tra le varie discipline e quindi aumenta la qualità generale del progetto. Per il buon esito del processo di controllo interferenze è fondamentale pianificare, progettare e programmare:
la modellazione BIM;
le regole di interferenza;
le tolleranze di interferenza;
il metodo di controllo. Tutto questo in funzione delle esigenze e delle informazioni a disposizione (ad esempio a livello manutentivo sarà la stessa azienda che si occuperà del montaggio e/o della manutenzione delle opere che farà da supporto per stabilire i margini possibili e le tolleranze accettabili). Come si può intuire, questa tipologia di lavoro non è attuabile e risulta poco efficace senza un coordinamento e confronto costante tra tutti gli attori che si occuperanno della vita utile dell’opera, sin dalle prime fasi del progetto. L’uso combinato della modellazione BIM e della clash detection relativa può risultare in una riduzione dei costi totali e della necessità di varianti, aumentando il coordinamento delle lavorazioni e quindi anche la sicurezza in cantiere. Inoltre, la strutturazione del flusso di lavoro per la verifica delle interferenze consente un approccio strutturato, replicabile e solido per gestire il coordinamento continuo tra le discipline progettuali: si può in questo caso parlare di approccio iterativo, ipotizzando che il controllo delle interferenze diventi parte del processo di lavoro e venga svolto in concomitanza a ogni modifica dovuta alla risoluzione delle interferenze rilevate, comportando un aggiornamento in itinere del/i modello/i verso una completa eliminazione delle interferenze.
5.2.1 Tipologie di interferenze
Si distinguono in genere tre tipologie di interferenze, come accennato in precedenza:
Hard Clash. Sono interferenze derivanti da due (o più oggetti) che occupano lo stesso spazio; ad esempio, un condotto d’aerazione che attraversa una trave. In generale, sono interferenze per intersezione, e possono derivare sia dal mancato coordinamento tra le discipline, sia dal mancato coordinamento all’interno di una singola disciplina. Ad esempio, si può pensare ad una partizione verticale che impatta su di una finestra: entrambi gli oggetti fanno parte della disciplina architettonica. Un altro esempio è quello dei canali di mandata e ritorno dell’aria, entrambi facenti parte del modello aeraulico, in cui tracciati possono entrare in collisione.
Soft Clash. Sono interferenze derivanti dalla mancanza di margini di spazio che devono essere necessariamente lasciati liberi intorno agli oggetti. Queste interferenze riguardano la verifica delle idonee aree di manovra per consentire la manutenzione degli oggetti. Ad esempio, è possibile che attorno a una serranda antifuoco, all’interno di un condotto di ventilazione, siano necessari spazi liberi per consentire all’operatore di raggiungerla.
Workflow Clash. Sono interferenze correlate alle fasi di costruzione del bene, alla sequenza e alla tipologia delle lavorazioni; sono anche denominate “clash temporanee o logistiche”.
5.2.2 Flusso di lavoro In questo paragrafo è presentato il flusso di lavoro per la verifica delle interferenze; questo flusso può essere applicato in modo iterativo, includendo quindi anche eventuali modifiche progettuali dovute alla risoluzione delle interferenze, per verificarne l’impatto. È importante sottolineare che il flusso di lavoro per la verifica delle interferenze può essere applicato alle diverse fasi progettuali, e può essere attuato in diversi software esistenti. In questo caso, la verifica delle interferenze è presentata tramite il software Autodesk Navisworks, che risulta ben interoperabile con Autodesk Revit. image Figura 5.26 Flusso di lavoro per la verifica delle interferenze.
La prima fase da intraprendere è quella della suddivisione del progetto in discipline; è possibile che ciascuna di tali discipline sia in gestione ad un unico progettista (es. architettonico interamente gestito dal progettista architettonico), e costituita da un unico modello. È però anche possibile che una stessa disciplina sia composta da più modelli differenti; si pensi ad esempio a un edificio molto complesso, ove presumibilmente agiranno più strutturisti o gruppi di strutturisti. D’altro canto, è anche possibile che all’interno di un singolo modello siano rappresentate più discipline. Se si pensa ad esempio a un edificio semplice, è possibile che all’interno del modello BIM degli impianti (denominato MEC) siano presenti tutte le
discipline impiantistiche: elettrico, illuminotecnico, idrico-sanitario, riscaldamento-raffrescamento. In qualunque di questi casi, è vitale che nelle fasi iniziali siano correttamente riconosciute discipline, modelli, e rapporto tra di essi. Conseguentemente, verrà definita una matrice delle interferenze, ovvero un documento che stabilisce quali tipi di interferenza vanno verificati, e con quale criterio. La matrice delle interferenze è infatti la base di tutti i test successivi. La matrice delle interferenze sarà approfondita di seguito. Una volta creata la matrice delle interferenze, e quindi definito quali modelli (o quali parti dei modelli) dovranno essere fatte “interferire”, è necessario procedere all’importazione dei modelli all’interno del programma. Qui è dunque possibile definire tutti i test di interferenza da svolgere, basati sulla matrice, e la loro tipologia (hard, soft, o workflow clash). Eseguiti i test, il programma consente di esportare un report in vari formati che riassume le interferenze e le principali informazioni correlate. Il processo può essere iterato; infatti, a partire da tale report, è possibile procedere alle modifiche progettuali sui relativi modelli BIM, e poi reimportare i modelli, effettuare di nuovo la verifica, e valutare quindi l’impatto delle modifiche sulle interferenze già segnalate.
5.2.3 Matrice di interferenze Una volta definite le discipline e i relativi modelli, è indispensabile procedere alla realizzazione di una matrice di interferenze, che sarà la base sulla quale costruire tutti i test e le verifiche successive. Come riportato in seguito, la matrice delle interferenze identifica, per ciascuna disciplina, che genere di interferenza va verificata. La raffinatezza della matrice delle interferenze dipende dalle scelte di modellazione effettuate, in termini di suddivisione dei modelli BIM realizzati, e dagli obiettivi e risultati della clash medesima; è possibile in prima battuta limitare righe e colonne della matrice alle singole discipline. image Figura 5.27 Matrice delle interferenze basata sulle discipline.
Questo approccio, pur essendo formalmente corretto e potenzialmente funzionale per edifici molto semplici, rischia tuttavia di sovraccaricare la verifica nel caso di edifici complessi. Infatti, la matrice sopra riportata prevede sostanzialmente che ciascuna disciplina sia interamente fatta interferire con le altre, con il rischio di ottenere migliaia di risultati di interferenze, difficilmente gestibili in fase di strutturazione degli output, non classificabili e filtrabili. Se si procede però a dettagliare ulteriormente la matrice, includendo ad esempio tutte le Categorie di elementi/oggetti appartenenti alle differenti
discipline, è possibile specificare con esattezza quali sono le interferenze da verificare (ad esempio, la categoria telaio strutturale con quella dei condotti, facendo interferire travi e controventi con condotti), ed ottenere di conseguenza risultati raffinati, gestibili e utili alla verifica di coordinamento. Nel caso proposto, la matrice delle interferenze viene definita parallelamente alla fase di modellazione, ed è costituita da righe e colonne contenenti tutte le categorie incluse nei modelli. Si sottolinea che comunque è possibile suddividere la matrice anche in base ad altri criteri; ad esempio, il tipo di lavorazione, il materiale, il livello al quale gli oggetti sono posizionati. Concettualmente, il flusso di lavoro rimane il medesimo. In questo caso la scelta è ricaduta sulla suddivisione delle Categorie di Autodesk Revit. image Figura 5.28 Matrice delle interferenze basata su discipline e categorie.
A questo punto, è possibile definire le interferenze da verificare, compilando le celle della matrice. Questa operazione non è unica e immutabile, ma può prevedere revisioni ed integrazioni durante il processo. Questa stessa fase può essere iterativa nel senso che alcune interferenze possono verificarsi per i criteri utilizzati nella modellazione, e quindi si può rivedere la matrice, ridefinire le interferenze da verificare e rilanciare i test in modo da ottenere un risultato scevro da interferenze non legate ad effettivi problemi di coordinamento. Verranno compilate tante matrici quante sono le tipologie di interferenze da verificare, sino ad un massimo di tre matrici: una per le hard clash, una per le soft clash e una per le workflow clash.
image Figura 5.29 Matrice delle interferenze compilata (hard clash).
Ogni casella contrassegnata da una “X” identifica un test di interferenze da eseguire tra elementi appartenenti a diverse categorie.
5.2.4 Importazione in Auotodesk Navisworks Come esposto in precedenza, a seguito della descrizione del metodo, si presenta ora in modo operativo il flusso di utilizzo del software Autodesk Navisworks per la verifica delle interferenze. Il workflow proposto nel paragrafo precedente rappresenta l’approccio metodologico alla questione, e può quindi essere applicato anche a software differenti. Il flusso di lavoro all’interno del software è il seguente: image Figura 5.30 Flusso di lavoro all’interno di Navisworks.
È importante definire con chiarezza il flusso di lavoro da attuare per la clash detection; questo significa in particolare definire:
template di lavoro di qualità;
set/gruppi di ricerca precisi e replicabili. La fase di pianificazione del lavoro, e di definizione dell’ambiente può essere particolarmente lunga e complessa, soprattutto nel caso di modelli avanzati. Si tratta però di un investimento in termini temporali che ripaga
profondamente nel momento di verifica delle interferenze vera e propria. Il flusso di lavoro proposto consente infatti di avere un procedimento ottimizzato, replicabile, e dai risultati chiari e leggibili. Come esposto in precedenza, attraverso la definizione della matrice di interferenze è possibile stabilire quali elementi del modello fare scontrare, senza appesantire il test di interferenza con elementi incoerenti (ad esempio, non si effettuano test sull’interferenza tra Unità di trattamento aria e pavimenti). Questa scrematura consente di non sovraccaricare il test innanzitutto, e quindi di sveltire la procedura di calcolo (soprattutto nel caso di modelli complessi); inoltre, riduce o annulla la cernita sui risultati del test, ossia la rimozione di tutte le false interferenze ininfluenti ai fini del coordinamento multidisciplinare. L’importazione dei modelli in Navisworks può essere gestita tramite vari formati, letti dal software. I modelli BIM Autodesk Revit, in formato .rvt, vengono caricati nel programma tramite il comando Aggiungi, posizionato in alto a sinistra nella schermata principale. image Figura 5.31 Posizionamento del comando Aggiungi.
Ciascuno dei modelli afferenti alle discipline viene quindi caricato all’interno di Autodesk Navisworks; se i modelli già correttamente collegati sono posizionati secondo le coordinate condivise, verranno automaticamente allineati. In caso contrario, se ho più modelli, è possibile sincronizzarne l’origine cliccando con il destro sul modello dalla struttura di selezione, e poi Unità e Trasformazione da dove è possibile selezionare origine, scala, unità e rotazione del modello. I file di Autodesk Revit sono importati, e possono sempre essere aggiornati. Sarà sufficiente a quel punto
fare click su Aggiorna in Autodesk Navisworks per importare la versione più aggiornata.
5.2.5 Definizione dei gruppi di ricerca I gruppi di ricerca sono indispensabili per selezionare tutti gli elementi con caratteristiche comuni (ad esempio, la Fase di Costruzione, oppure la Categoria o la Famiglia a cui appartengono). In questo caso, come esplicitato in precedenza, si definiscono le ricerche per raggruppare gli elementi appartenenti alla stessa Categoria, per ciascuno dei modelli caricati, come definito nella matrice delle interferenze. Una volta eseguito il test di interferenza, sarà infatti possibile raggruppare le clash basandosi su questi gruppi di ricerca. image Figura 5.32 Pannello Gruppi all’interno di Navisworks.
I gruppi di ricerca si definiscono nella scheda Trova Elemento, attraverso l’impostazione di requisiti/filtri sugli oggetti da cercare. image Figura 5.33 Pannello Trova Elementi all’interno di Navisworks.
A seconda di quale Categoria (con questo termine non si fa riferimento alla Categoria di Autodesk Revit ma al primo campo del pannello Trova Elementi riportato nell’immagine precedente) di Autodesk Navisworks è selezionata, si accenderà un secondo menu a tendina per la selezione delle proprietà. Ad esempio, scegliendo come categoria Entità, nelle proprietà si apre un menu a tendina che include tutti i parametri (di Tipo e Istanza) dell’istanza evidenziata (propri dell’oggetto di Autodesk Revit, come il livello, il nome della Famiglia, l’ID, lo Spessore, etc). A questo punto si sceglie la condizione (anche in questo caso, le opzioni per la condizione sono illustrate in un menu a tendina che dipende dalla proprietà scelta), che generalmente può essere uguaglianza, disuguaglianza, contenuto, definizione o assenza di definizione. È anche possibile utilizzare la condizione Carattere jolly (analogo al Wildcard di altri programmi). Si definisce poi il valore da soddisfare (si suggerisce di evitare l’uso di definito/non definito). A questo punto, è possibile aggiungere altri filtri all’interno dello stesso gruppo di ricerca. Per avviare la ricerca, è necessario premere su Trova Tutti, in basso a sinistra nella scheda: il programma seleziona tutti gli elementi che soddisfano i requisiti impostati (gli elementi appaiono in blu all’interno del modello). Si procede quindi alla definizione del gruppo di ricerca: ora che il programma ha selezionato tutti gli elementi che soddisfano i filtri impostati, è necessario utilizzare la scheda Gruppi, dove, tramite il comando Crea Gruppo, è possibile salvare il gruppo di ricerca impostato tramite il pannello Trova Elementi. Si procede in questo modo per tutti i gruppi di ricerca; questi possono essere aggiunti in qualsiasi momento e non influiscono sul lavoro svolto sino a quel momento. Ad esempio, se durante la fase successiva ci si accorgesse della mancanza di qualche filtro, si potrebbe senza difficoltà aggiungere un ulteriore gruppo di ricerca da usare per la clash detection. A seconda del tipo di modello da analizzare, dalle procedure di modellazione, dalle esigenze del committente, e soprattutto dalla matrice di interferenze, può variare l’organizzazione e la gestione dei gruppi di ricerca. Per esempio, è possibile che in modelli semplici non sia necessario
differenziare (tramite gruppi separati) gli elementi impiantistici. Al contrario, per edifici complessi, può essere utile non solo distinguere diversi impianti (elettrico, meccanico, idraulico), ma anche dorsali (tubazioni e condotti) da terminali, ad esempio. Ciò che conviene fare in questi casi è utilizzare cartelle ed eventualmente sottocartelle per organizzare i gruppi di ricerca. In questo caso, seguendo la matrice delle interferenze, sono stati definiti Gruppi di Ricerca per ciascuna delle Categorie di Autodesk Revit da far interferire. image Figura 5.34 Gruppi di ricerca basati sulla matrice, organizzati per disciplina.
5.2.6 Creazione dei test di interferenza Una volta creati i gruppi, è possibile definire materialmente i test di interferenza da svolgere, tramite il pannello Clash Detective. image Figura 5.35 Clash detective.
Da qui è possibile configurare tutti i test da svolgere, e gli elementi sui quali si intende verificare l’interferenza. Come chiarito in precedenza, è stato impostato un test di interferenza per ciascuna cella della matrice delle interferenze; il test è espresso e definito come:
vs
Seguendo la disarticolazione in modelli e discipline esplicitata nella matrice delle interferenze. Tale denominazione consente di evitare ambiguità sul contenuto del test. Per ciascuno dei test definiti, vengono selezionati i gruppi di elementi da far interferire, scegliendo tra i gruppi di ricerca creati in precedenza. In questo modo, attraverso il test, si possono verificare tutte le interferenze che avvengono tra due discipline.
image Figura 5.36 Test di interferenza.
Nell’esempio riportato in figura 5.37, si è definito il test ARCH vs CLAR, ovvero modello architettonico vs modello impianto di climatizzazione aria. I gruppi selezionati sono Montanti Facciata Continua, Muri, Controsoffitti per il modello architettonico, e Condotto, Isolamento Condotti e Attrezzatura Mecca-nica, per il modello impianti meccanici. Si procede in questo modo sino a definire tutti i test, ovvero tutte le celle poste agli incroci della matrice. I test sono definiti per discipline: all’interno di ogni test vengono effettuate verifiche sulle categorie, selezionate tramite i gruppi. Le impostazioni del test esprimono il tipo di interferenza da verificare; sono disponibili quattro tipologie di Regole di Intersezione: image Figura 5.37 Selezione dei gruppi per il test di inrerferenza.
Per Intersezione, che individua le intersezioni effettive tra le geometrie degli oggetti; ◦
Per Intersezione (Conservativa): è una modalità più sicura, che però rischia di evidenziare falsi positivi. Navisworks infatti suddivide gli oggetti con una mesh di triangoli, e verifica intersezioni sui triangoli che definiscono i due elementi per i quali viene eseguito il test (tutta la geometria di Autodesk Navisworks è composta di triangoli). Questo tipo di test potrebbe quindi non rilevare interferenze tra elementi in cui non vi sono triangoli intersecanti. In alcuni casi, ad esempio nel caso di tubi paralleli le cui estremità di sovrappongono, è possibile che il test per intersezione non rilevi l’interferenza, poiché i triangoli che definiscono le estremità non si sovrappongono. Utilizzando il test Per intersezione (conservativa) invece si rilevano tutte le coppie di elementi che potrebbero comportare un’interferenza;
Per Margine di Spazio: questa modalità serve per rilevare se una geometria si colloca a una certa distanza da un’altra. Scegliere questa opzione se il test di interferenza deve rilevare la presenza di geometria entro una specifica distanza da altra geometria Un esempio è quello degli spazi manutentivi: questa modalità è correlata prevalentemente alle soft clash. Le interferenze per Margine di Spazio sono diverse dalle interferenze dinamiche. In effetti, le interferenze per Margine di Spazio rilevano la geometria statica che si trova entro una determinata distanza da altra geometria, mentre le interferenze dinamiche rilevano le interferenze potenziali tra componenti in movimento
Duplicati: quest’impostazione rileva la presenza di geometrie duplicate È possibile utilizzare questo tipo di test di interferenza per verificare un modello rispetto allo stesso e assicurare, ad esempio, che la stessa parte non sia stata modellata o utilizzata come riferimento due volte. image
Figura 5.38 Esempio di interferenza per intersezione.
In questo caso, la verifica da applicare è quella di assenza di intersezione: gli elementi non devono sovrapporsi né entrare in contatto gli uni con gli altri. Per questa ragione si usa una regola di intersezione, impostando la tolleranza a 0,00. Il valore di tolleranza serve a definire valori accettabili e non di intersezione. La tolleranza nulla implica che ciascun contatto tra elementi venga segnalato come interferenza. Se per ipotesi si impostasse un valore di tolleranza pari a 2 cm, significherebbe che se due elementi si intersecano per meno di 2 cm non verreb-bero considerati interferenti. image Figura 5.39 Impostazione delle Regola di Intersezione.
5.2.7 Esecuzione dei test e report delle interferenze A questo punto, configurati tutti i test relativi alle interferenze tra varie discipline, selezionati tutti i gruppi oggetto di interferenze e impostate le regole, è possibile procedere all’esecuzione dei test configurati. È sufficiente selezionare il comando Esegui Test. Una volta terminato il calcolo delle interferenze, il programma ne presenta i risultati. I risultati del test, ovvero il numero e il tipo di clash rilevate dal programma vengono mostrate nella scheda Risultati (Fig. 5.40). Da questa schermata è inoltre possibile interagire con i risultati del test, tramite strumenti che consentono di:
valutare lo stato di un’interferenza: questa può essere infatti classificata tramite apposita etichetta come:
nuovo se è stata rilevata durante il test attuale per la prima volta,
attivo se risulta non risolta allo stato attuale,
rivisto,
approvato,
risolto.
image
Figura 5.40 Risultati dei test di interferenza.
In questo modo, è possibile anche tenere traccia delle modifiche effettuate, nell’ottica del processo iterativo descritto in precedenza;
rinominare l’interferenza;
raggruppare le interferenze, per semplificarne la lettura. Ad esempio, è possibile riunire tutte le interferenze presenti nello stesso livello, o tutte quelle che coinvolgono gli stessi elementi;
assegnare le interferenze al soggetto incaricato della loro risoluzione. A questo punto, è opportuno provvedere a filtrare i risultati del test per facilitarne l’interpretazione e per ricondursi correttamente alla matrice delle interferenze. Per fare ciò, vengono in aiuto nuovamente i Gruppi di Ricerca. Si consideri ad esempio il test ARCH vs STRU, ovvero il test di interferenza tra categorie del modello architettonico e del modello strutturale. In questo caso, selezionando il test, nel pannello Risultati vengono evidenziate tutte le interferenze (Fig. 5.41). Si imposta però il filtro visualizzazione su Esclusivo, e si selezionano poi all’interno del pannello Gruppi di Ricerca, i gruppi Muri architettonici dalla cartella ARCH e Telaio Strutturale dalla cartella STRU. In questo modo, le
interferenze segnalate sono solo quelle che coinvolgono i Muri architettonici e il Telaio strutturale. è indispensabile che si selezioni il filtro visualizzazione Esclusivo, poiché questo permette di limitare la selezione alle sole interferenze che riguardano sia i Muri architettonici che il Telaio strutturale (Fig. 5.42).
image
Figura 5.41 Posizionamento del filtro visualizzazione.
image
Figura 5.42 Funzionamento dei filtri Inclusivo ed Esclusivo.
Con questa selezione, è quindi possibile creare un gruppo di interferenza al quale assegnare il titolo: ARCH Muri vs STRU Telaio strutturale (Fig. 5.43). Si procede con questa logica per tutte le categorie di tutti i test; fondamentalmente, questi gruppi di interferenze rappresentano le celle della matrice delle interferenze definita in precedenza.
image
Figura 5.43 Interferenze rilevate tra Muri architettonici e Telaio Strutturale.
Da questa schermata è possibile procedere alla generazione di un report di interferenze, che include tutti i risultati della verifica. Sono disponibili diversi formati per la generazione del report. Trattandosi spesso di documenti di grandi dimensioni, poiché composti da un elevato numero di clash, è preferibile generare un file .html più interattivo. Prima della generazione del report di interferenza, le clash sono state raggruppate in base alle categorie; in questo modo è possibile filtrare in maniera più efficace i risultati, a seconda delle categorie degli elementi coinvolti. Per questa ragione, i diversi report di interferenza sono suddivisi per discipline; mentre le interferenze per categoria. Quindi, un report sarà caratterizzato da un nome del test (titolo) del tipo:
vs
Ad esempio, ARCH vs CLAQ All’interno del report, ci saranno gruppi di interferenza denominati come:
vs
Dove la categoria 1 apparterrà alla disciplina A e la categoria 2 apparterrà alla disciplina B. Ad esempio, ARCH_CONTROSOFFITTI VS CLAQ_ISOLAMENTI TUBAZIONI In questo paragrafo verrà riportato un esempio di report di interferenza, che consenta e aiuti la corretta lettura e interpretazione dei report riportati in allegato. Il report generato dal sistema in formato html si presenta come in figura (5.44). Il report riporta in alto il titolo del test (che quindi, come illustrato in precedenza, sarà del tipo vs ), e altri dati generali riguardo al test effettuato, quali la tolleranza impostata, e il tipo di regola. Nell’esempio di cui sopra abbiamo un test modello architettonico vs modello impianto climatizzazione acqua, impostato per intersezione fra gli elementi, con una tolleranza nulla. Il numero riportato come “totale” indica il numero di gruppi che sono inclusi nel test.
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Figura 5.44 Esempio di report interferenze.
Nella parte sottostante, è identificato il primo gruppo di interferenze, il cui titolo è definito come vs . Tutti gli elementi con l’aste-risco rappresentano un campo compilato con il valore più significativo del grup-po; questa parte è infatti l’intestazione del gruppo di interferenze e il programma utilizza un’interferenza come rappresentativa delle interferenze raggruppate. Sotto l’intestazione, sono identificate tutte le interferenze rilevate. Per ciascuna, è presente un’immagine in cui sono evidenziati in rosso e in verde gli elementi che interferiscono. Per ciascuno dei due elementi, sono forniti il livello di riferimento, il nome, il tipo e l’ID. Per ognuna delle interferenze è sempre riportato il nome del gruppo corrispondente, così da evitare ambiguità. Il codice ID è un codice numerico, generalmente composto da 6 cifre, che identifica in modo univoco ciascuna Istanza all’interno di un modello BIM; tale codice è il collegamento che viene utilizzato, ad esempio, durante l’esportazione del database ed è recepito anche da Autodesk Navisworks, che quindi utilizza lo stesso ID per identificare gli oggetti. L’ID viene automaticamente riconosciuto all’interno di Autodesk Navisworks, per cui tra i due programmi vi è un efficace dialogo; in particolare, è possibile tramite l’ID identificare gli elementi causa di interferenza sia in Autodeks Revit sia in altri programmi, quali ad esempio Autodesk Viewer.
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Figura 5.45 Flusso di lavoro per la visualizzazione delle interferenze senza utilizzare il software di BIM Authoring.
Nel rilevamento delle interferenze infatti gli elementi dei modelli sono identificati tramite il codice ID elemento. Questo codice ID può essere usato sia per individuare (e modificare) gli elementi in Autodesk Revit, sia per visualizzarli in Autodesk Viewer, utile in caso si voglia semplicemente visualizzare le interferenze rilevate ma non aggiornare e modificare i modelli BIM. Per identificare i medesimi elementi all’interno di Autodesk Viewer, è possibile effettuare una ricerca per oggetto nel pannello del browser.
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Figura 5.46 Identificazione ID all’interno del report interferenze.
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Figura 5.47 Identificazione elemento con l'ID all’interno di Autodesk Viewer.
Inoltre, in Autodesk Viewer, tramite il pannello Proprietà, che si apre automaticamente selezionando gli oggetti, è possibile consultare le informazioni associate a ciascun oggetto, risalendo a disciplina, modello e sistema di appartenenza.
5.3 C ODE CHECKING
Se l’integrazione dei modelli appartenenti alle differenti discipline necessita di strumenti che sfruttino la metodologia BIM al fine di verificare in modo selettivo le interferenze presenti tra i sistemi specifici che costituiscono il progetto (cfr. § 5.2) l’arricchimento dei requisiti informativi degli elementi architettonici, strutturali ed impiantistici presenti nei modelli sviluppati rende necessaria l’implementazione di processi automatici per la valutazione della qualità ed il controllo del contenuto informativo. I processi di verifica delle incoerenze del modello sono definiti come code checking e permettono di analizzare i parametri degli oggetti presenti nei modelli BIM tramite opportuni set di regole parametriche, definiti ruleset, che si fondano e si riferiscono a requisiti normativi o specificazioni della committenza. La verifica delle informazioni contenute nel modello BIM, in particolare quelle che si attengono e permettono di comprendere il rispetto dei requisiti normativi e delle specificazioni di committenza, rappresenta un’importante attività da svolgere durante i preliminari studi di fattibilità al fine di monitorare e assicurare lo sviluppo del progetto in conformità degli aspetti contenuti nei regolamenti edilizi. La creazione del modello BIM dell’opera e l’immediata verifica con procedure automatiche del contenuto informativo garantisce ai progettisti ed alla committenza sia di monitorare la realizzazione di ogni livello del progetto mediante la formazione di un ambiente collaborativo, sia di verificare la conformità delle informazioni inserite nel modello. La presenza della metodologia BIM e di strumenti di verifica automatica, permette ai progettisti di fornire il progetto di un’opera che rispetti i le specificazioni esplicitate dalla committenza ed i codici normativi, mediante la possibilità di esplorare molteplici alternative progettuali durante le fasi di lavoro. Come molti settori, quello delle costruzioni è governato da codici normativi nazionali ed internazionali: la realizzazione di un edificio è soggetta alla
valutazione di requisiti tecnici e funzionali che devono essere verificati e confrontati con i relativi codici. Considerata la natura informatica del progetto sviluppato mediante modellazione BIM, i criteri impiegati per le verifiche di code checking di un progetto edilizio si basano su informazioni parametriche di tipo numerico, relative ai requisiti geometrici e spaziali dell’opera, i cui valori di riferimento dipendono dalla tipologia di edificio presa in esame. Come per la clash detection (cfr. § 5.2), l’utilizzo di strumenti per il controllo del contenuto informativo (grafico e non) permette di allontanarsi dalle tradizionali pratiche manuali di verifica dei parametri e dei requisiti di progetto: il suo sviluppo mediante la metodologia BIM permette di ottenere un modello digitale dell’edificio costituito da oggetti parametrici interro-gabili e controllabili in modo automatico. I parametri informativi caratterizzanti gli oggetti presenti nel modello possono quindi essere verificati automaticamente, previa l’impostazione di adeguate regole parametriche, ossia traducendo le tradizionali procedure di controllo manuale in codici informatici auto eseguibili. Dinnanzi al progressivo aumento della complessità dei progetti di costruzione, le usuali pratiche di controllo manuale delle informazioni di progetto considerate per la creazione del modello si mostrano sconvenienti. Con l’aumentare delle dimensioni e dell’articolazione degli edifici, aumenta l’incertezza relativa all’affidabilità dei contenuti informativi del progetto e le caratteristiche dell’opera spesso richiedono una capacità di gestione superiore a quella posseduta dall’uomo. L’impostazione di trasparenti modalità di creazione, di gestione e di utilizzo delle informazioni durante l’intero processo è pertanto fondamentale in quanto le informazioni generate nelle fasi preliminari sono prese come riferimento per futuri impieghi e modifiche. Al fine di garantire un’efficiente integrazione e confronto tra le discipline coinvolte nello sviluppo del progetto, la presenza di un ambiente di lavoro condiviso e collaborativo è essenziale. In questo contesto, l’adozione della metodologia BIM rappresenta una rilevante soluzione ai fini di una corretta gestione delle fasi di progettazione; il suo impiego supporta infatti la creazione di un ambiente di lavoro coordinato, consentendo ai partecipanti di monitorare il livello di conformità del proprio progetto rispetto ai codici
normativi. Il costante controllo del progetto rappresenta un’attività fondamentale: le tradizionali procedure di verifica della conformità ai codici edilizi basate su elaborati grafici e cartacei richiedono ingenti interventi ed interpretazioni che rendono l’attività di verifica onerosa ed eseguibile spesse volte soltanto a campione su alcune parti del progetto. Grazie alla creazione di un modello digitale dell’edificio costituito da oggetti parametrici, ossia oggetti informatici rappresentativi di entità reali dell’opera e contenenti le relative caratteristiche in forma parametrica, è possibile monitorare ed individuare rapidamente le informazioni utili per i controlli di conformità al codice (Shen et al. 2018). Nonostante la rapida diffusione delle pratiche di modellazione BIM, la maggior parte delle verifiche dei codici di progettazione è attualmente svolta ancora a mano, con conseguente generazione di ritardi o errori di valutazione. Come accennato in precedenza, le attività di revisione del progetto, basate sui tradizionali documenti cartacei, sono soggette ad errori, spesso richiedono elevati tempi e costi e non garantiscono un controllo puntuale della qualità e coerenza di tutti i componenti del progetto, prospettando un futuro aumento del consumo di risorse durante la vita utile dell’opera. Infine, con l’utilizzo delle tradizionali procedure di verifica, il controllo della conformità rispetto a requisiti e specificazioni contenute anche nel capitolato prestazionale avviene soltanto al termine del completamento della fase di progettazione, conferendo ai progettisti il compito di controllare soltanto alla fine delle fasi di progettazione un numero rilevante di informazioni. Nel caso di rilevamento di una non conformità, i progettisti sono quindi tenuti a confrontarsi tra loro, al fine di rilevare quale parte progettuale è responsabile della violazione dei codici e definire le modalità più appropriate per modificare il progetto e renderlo conforme. Con la modellazione informativa il controllo può essere anticipato anche durante le fasi di progettazioni, permettendo correzioni in itinere e non soltanto al termine della progettazione. Evidenziate le criticità legate alle usuali attività di verifica del progetto e comprese le potenzialità offerte dalla modellazione BIM del progetto, la
creazione e l’adozione di strumenti orientati al code checking e basati sulla stessa metodologia BIM si rivelano molto vantaggiose. Al fine di introdurre efficienti sistemi per la verifica automatica e puntale dei modelli, è indubbia la richiesta ai professionisti di variare l’approccio sia alla progettazione sia alle attività di verifica e validazione della stessa (Macit Ilal and Günaydin 2017). Con la volontà di superare le usuali procedure di verifica manuale, nel corso degli ultimi anni sono stati creati e sperimentati differenti strumenti per la verifica automatica dei modelli informativi. Le criticità emerse dall’attuazione dei vari sistemi ideati ha permesso di comprendere le caratteristiche principali e imprescindibili su cui si devono fondare i ruleset al fine di assicurare l’efficienza del processo di verifica e l’allontanamento dalle pratiche tradizionali ed onerose. Le peculiarità sono le seguenti:
schematicità: eliminazione delle ridondanze nella rappresentazione dei contenuti informativi del modello BIM, le informazioni contenute sono predefinite ed uniche;
semplicità: chiara rappresentazione della tipologia e del contenuto informativo inserito nel modello BIM;
adattabilità: possibilità di modificare il set di regole, creandone nuove e/o modificando e aggiornando quelle esistenti. Considerato il cospicuo contenuto informativo del modello, il controllo dello stesso mediante la mera visualizzazione 3D è improbabile e la creazione di appositi set di regole per automatizzare la verifica delle informazioni e ridurre al minimo l’intervento (e relative imprecisioni) dell’uomo, si mostra sempre più necessaria (Solihin and Eastman 2015).
Ad oggi la definizione di strumenti per la verifica automatica della conformità normativa rappresenta un’area di sviluppo e ricerca finalizzata a fornire ai progettisti un supporto per l’esecuzione di accurati controlli dei progetti, garantendo un efficiente risparmio di tempi e di costi. I sistemi di code checking sono infatti in grado di inglobare le informazioni relative ai parametri riferiti ai vincoli normativi e alle specificazioni dettate dalla committenza, tradurre gli stessi in forma di regola informatica, e condurre autonomamente le verifiche di conformità dei modelli BIM. Per garantire un’efficace implementazione di tali sistemi, i modelli BIM devono essere realizzati mediante apposite regole decise a priori della modellazione e devono contenere tutti i parametri informativi oggetto di verifica. I parametri connotanti gli oggetti presenti nel modello possono essere automaticamente individuati durante il processo di verifica della conformità. Poiché il modello BIM di un’opera supporta e si sviluppa dall’iniziale fase di progettazione, i sistemi di code checking possono essere impiegati nelle molteplici fasi costituenti i livelli di progettazione. Oltre all’impiego di sistemi di controllo relativo ai codici normativi di progettazione (oggetto del presente capitolo) è possibile creare tipologie di regole per il controllo di svariati requisiti, sia dettati dalla committenza sia dipendenti dalla specifica definizione d’uso dell’edificio. In generale, quindi, gli strumenti di code checking creati ed impiegati nel settore delle costruzioni possono essere finalizzati alla verifica e alla validazione di:
modalità di modellazione informativa utilizzate per la realizzazione del modello BIM, secondo le regole pianificate;
livello completezza del contenuto informativo;
requisiti normativi in materia edilizia;
specificazioni della committenza;
norme di sicurezza. Osservando l’elenco di potenziali impieghi del code checking, è evidente l’estensione del campo di applicazione di questi strumenti basati su metodologia BIM a tutte le discipline ed ai soggetti che partecipano al progetto. Gli strumenti orientati al code checking permettono sia la globale verifica automatica dei requisiti e dei criteri di progettazione, sia il controllo di ogni modello specifico della disciplina. Considerate le potenzialità offerte, i benefici attesi dall’adozione di tali sistemi di verifica automatica possono essere riassunti in:
riduzione delle risorse umane necessarie;
riduzione del tempo necessario;
miglioramento della qualità del contenuto informativo del modello;
miglioramento della qualità della verifica effettuata;
adattamento e modifica delle regole a nuovi requisiti normativi e specificazioni della committenza.
Al fine di ottenere concretamente i benefici elencati, i principi chiave da rispettare nella creazione delle regole possono essere riassunti in (Solihin and Eastman 2015):
Riutilizzo della regola: il set o le singole regole create possono essere riutilizzate in più modelli BIM, garantendo una riduzione dei tempi e costi legati alla creazione del sistema di verifica;
Creazione di buone pratiche: la definizione di regole comuni di modellazione permette di creare modelli confrontabili tra loro, che rispondano a requisiti normativi oppure a specificazioni contenute nelle linee guida proprietarie dell’ente per cui i modelli sono realizzati;
Traduzione del linguaggio delle prescrizioni normative (o specificazioni della committenza) in un linguaggio informatico che identifica la semantica dei regolamenti tradotti: l’utilizzo di formati standard per la rappresentazione del contenuto informativo dei modelli BIM permette di applicare in modo affidabile i sistemi di controllo delle regole.
5.3.1 Metodologia del Code Checking Compresi i principi fondanti, i benefici ed i campi di applicazione da tenere in considerazione nella definizione di un ruleset per la verifica del modello, è opportuno delineare le attività a supporto di una corretta applicazione e funzionamento di tali sistemi di verifica. Il modello dell’edificio contiene un ampio insieme di informazioni il cui livello di dettaglio, grafico ed informativo, dipende dai LoIN (Level of Information Need, (cfr. § 1.7.1.5) di sviluppo del modello; per queste ragioni non è possibile definire una regola o un insieme di regole che possono essere applicate al suo intero contenuto informativo. Ogni regola o raggruppamento di regole si applica a sottoinsiemi predefiniti di informazioni contenute nel modello, che diviene quindi il mezzo per poter verificare i requisiti attesi. Se la creazione del modello BIM rappresenta l’insieme delle informazioni relative all’opera, la definizione dei ruleset rappresenta lo strumento per poter verificare la conformità e la correttezza dei dati in esso contenuti. Le regole impostate sono solitamente espresse mediante linguaggio informatico e pertanto per poter essere interpretate richiedono l’utilizzo di macchine. Esistono molti modi per poter leggere e decifrare le regole, tuttavia la maggior parte delle interpretazioni informatiche si concentra sulla rappresentazione del linguaggio, ossia della sintassi e della grammatica delle stesse. Per interpretare il significato o la semantica delle regole sono spesso necessarie conoscenze specialistiche. L’implementazione di strumenti orientati al code checking mediante metodologia BIM è essenzialmente suddivisa in quattro fasi (Eastman et al. 2009): 1. Interpretazione della regola: traduzione della regola dal linguaggio umano a codici informatici Le regole da seguire durante la progettazione degli edifici sono definite dall’uomo e rappresentate in linguaggio tradizionale – testo scritto, tabelle
ed eventualmente equazioni. Al fine di creare sistemi automatici di verifica tali regole devono essere tradotte ed adattate per essere lette da sistemi informatici. Per rendere automatico il processo di verifica infatti le regole devono poter essere interpretate da un programmatore e quindi è necessaria la loro traduzione in linguaggio informatico. 2. Preparazione del modello: creazione del modello ai fini della verifica Per assicurare l’efficienza del code checking, il modello deve essere realizzato compatibilmente all’applicazione di ruleset predefiniti, pertanto, le fasi del flusso di creazione del modello devono essere stabilite a priori. Risulta necessario comprendere la tipologia di informazioni relative ai requisiti e alle specificazioni che devono essere inseriti nel modello; le informazioni definite a monte della progettazione ed oggetto di verifica devono essere compatibili con i ruleset. L’attuale creazione di modelli costituiti da oggetti connotati da informazioni parametriche consente di effettuare una esaustiva verifica degli stessi abbandonando le tradizionali procedure di verifica parziale e manuale basate sulla correttezza e completezza delle tavole di progetto. 3. Esecuzione della regola: integrazione tra le regole e il modello La fase di esecuzione esegue l’analisi delle ruleset sul modello BIM, costituendo la vera e propria verifica di quanto modellato. 4. Report di verifica: analisi delle tabelle contenenti i risultati della verifica L’ultima fase del controllo della regola riporta i risultati. Gli oggetti del modello che non rispettano i criteri dei ruleset impostati sono identificati mediante il proprio ID di modo da poterli facilmente rintracciare nel modello e quindi correggere.
Figura 5.48 Flusso di lavoro per l'esecuzione del Code checking.
Ad esempio, la definizione e l’impiego effettivo di tali set di regole consente di verificare la rispondenza ad alcune norme tra cui il Regolamento Locale d’Igiene, il D.M. 236/89 (normativa sull’abbattimento delle barriere architettoniche) e il D.P.R. 151/2011 (normativa sulla prevenzione degli incendi). Nello specifico è possibile creare ruleset che verifichino i parametri relativi ai seguenti codici normativi perseguiti nel modello:
Altezza minima dei locali (Regolamento di Igiene)
Area minima dei locali (Regolamento di Igiene)
Larghezza minima delle porte (D.M. 236/89)
Larghezza minima delle vie di uscita (D.P.R. 151/2011)
Numero minimo delle vie di uscita (D.P.R. 151/2011) In conclusione a quanto esposto nel presente paragrafo si comprendono le potenzialità offerte dall’impiego della metodologia BIM a supporto delle attività di verifica e di validazione del progetto. La creazione e lo sviluppo di un modello BIM semplificano ed accelerano le suddette operazioni di controllo, eliminando la probabilità di errore e garantendo una verifica puntuale e complessiva di ogni componente del progetto. Gli strumenti orientati al code checking rappresentano un supporto rilevante nella fase di progettazione, in quanto garantiscono la verifica della conformità del modello a specifiche normative di riferimento secondo set di regole preimpostate e basate sui parametri connotanti gli oggetti presenti nel modello. L’automatizzazione delle attività di verifica e di validazione del progetto consente di verificare qualsiasi aspetto e componente dello stesso, assicurando un esaustivo controllo rispetto a quanto si esegue mediante il proseguimento di procedure di controllo manuali. Oltre al risparmio di risorse e di tempi, lo svolgimento della verifica globale del progetto secondo questa metodologia permette di pianificare un processo di costruzione e futura gestione dell’opera in modo più efficiente e coerente.
Figura 5.49 Verifica barriere architettoniche – Accessibilità dei servizi igienici [fonte: A. L. C. Ciribini, BIM e digitalizzazione dell’ambiente costruito, 2016].
Figura 5.50 Verifica prevenzione degli incendi – Sistema di vie di fuga.
Con riferimento a quanto definito nella parte introduttiva, l’approccio di verifica del progetto può essere distinto in prescrittivo e prestazionale. Mediante l’implementazione del code checking si eseguono controlli prescrittivi, poiché la verifica consiste nel confronto tra il contenuto informativo dei parametri considerati ed il rispettivo valore limite definito dai requisiti normativi e dalle specificazioni della committenza. Nel caso in cui siano svolte attività di verifica mediante approccio prestazionale, gli strumenti di controllo basati su metodologia BIM, oltre a
tale verifica, possono effettuare simulazioni sugli scenari di impiego dell’edificio e dei relativi locali, sia in condizioni ordinarie sia in scenari di emergenza. Attraverso l’applicazione di queste simulazioni è possibile ipotizzare modalità alternative di utilizzo dei fabbricati e/o comportamenti anomali o inusuali dell’utenza, ottimizzando, in funzione dei risultati, l’effettivo utilizzo dell’edificio progettato o le sue caratteristiche spaziali e fisiche.
5.3.2 Simulazioni di affollamento: Crowd Simulation In fase avanzata di progetto, una volta definita la disposizione planimetrica, le funzioni ospitate e l’utenza presente, è possibile effettuare analisi allo scopo di verificare la gestione delle emergenze, ossia il rispetto della normativa antincendio. L’approccio tradizionale consiste nella definizione da parte della normativa di vincoli dimensionali quali larghezza di vie d’uscita, numero e dimensione delle porte d’emergenza, lunghezza dei percorsi di esodo, nonché vincoli relativi ai materiali di rivestimento e strutturali da utilizzare. Questo approccio, di tipo prescrittivo, si basa sulla definizione del numero di utenti presenti in ciascun locale e andando a definire i limiti dimensionali da considerare nella progettazione; con il rispetto dei vincoli normativi l’evacuazione del fabbricato dovrebbe poter essere effettuata entro tempistiche definite dalla norma stessa. Si rileva, tuttavia, che nel caso di edifici complessi, di grandi dimensioni o con flussi di persone rilevanti, l’approccio prescrittivo presentato non risulta sufficiente per una verifica efficace del progetto in caso di emergenza. A questo scopo sono introdotte le Crowd Simulation, analisi che, tramite un approccio prestazionale, tengono in considerazione i comportamenti sociali e le interazioni tra i soggetti nell’analisi dell’emergenza, rappresentando un’integrazione alla tradizionale definizione del progetto antincendio. Con queste simulazioni è possibile analizzare le conseguenze di eventi rischiosi sugli utenti, verificando, tramite un’analisi dinamica dell’esodo degli occupanti, l’effettivo rispetto del tempo massimo definito dalla normativa per l’evacuazione. I principali vantaggi del metodo consistono nella possibilità di visualizzare la reazione degli utenti, di verificare il tempo di uscita dall’edificio, e di
misurare l’affollamento in ogni punto delle vie di fuga. La misura dell’affollamento permette di valutare l’effettiva probabilità che si generino situazioni di pericolo, causate da un’elevata densità di persone in corrispondenza di punti critici, quali le uscite di emergenza o le scale di sicurezza. È inoltre possibile analizzare situazioni anomale come l’insorgere di eventi rischiosi che impediscano l’utilizzo di alcune vie d’uscita o scale di emergenza, studiando le possibilità alternative di evacuazione e valutando la reazione degli utenti, nonché il tempo reale per evacuare l’edificio tramite percorsi alternativi. Le Crowd Simulation sono particolarmente utilizzate nel campo della progettazione di infrastrutture e del design urbano (aeroporti, stazioni, strade, etc.), dove la progettazione e quindi anche la gestione delle emergenze deve tenere in considerazione la presenza di ingenti quantità di occupanti, tipologie di utenti differenti, spazi molto estesi e spesso con un elevato grado di complessità, nonché maggiori probabilità d’insorgere di emergenze. Per quanto riguarda la progettazione e gestione di edifici, queste simulazioni, utilizzate per studiare i movimenti delle folle, forniscono una previsione dell’interazione tra gli utenti e sono, in linea generale, utili all’esecuzione di:
Analisi di Pre-occupancy: valutazioni sulle modalità di occupazione di un fabbricato, effettuate durante la fase di progettazione. Lo scopo di questa analisi è la verifica degli spazi in progetto in relazione alle esigenze della committenza in termini di interazioni tra gli utenti, numero massimo di persone presenti in uno spazio, modalità d’uso degli ambienti e gestione dei flussi interni ed esterni.
Valutazioni di Post-occupancy: valutazioni effettuate una volta che l’edificio è costruito e occupato. Il fine dell’analisi è verificare l’effettivo utilizzo dell’edificio da parte degli utenti e valutare, rispetto allo schema funzionale e alle previsioni d’uso definite in fase progettuale, la
disposizione interna di funzioni e persone. In questo modo è possibile ottimizzare la fase di gestione di locali, risorse e forniture, nonché aumentare la soddisfazione degli occupanti.
Valutazioni sulla sicurezza: analisi relative alla gestione delle emergenze. Questo tipo di analisi accompagna e integra la definizione del progetto antincendio, tramite un approccio prestazionale. Attraverso l’uso di software di Crowd Simulation è possibile, in particolare, simulare situazioni di emergenza non standardizzate, nelle quali, ad esempio, alcune vie di esodo sono inutilizzabili per cui occorre valutare la reazione degli occupanti e le conseguenze che ne derivano. Analisi di questo tipo sulla gestione delle emergenze realizzate tramite Crowd Simulation possono risultare utili all’approvazione del progetto da parte degli Enti, fornendo con un approccio prestazionale e dinamico una integrazione dell’approccio prescrittivo da normativa antincendio. I principali fattori che caratterizzano una Crowd Simulation sono:
le caratteristiche geometriche degli spazi in cui avviene l’analisi;
il comportamento degli utenti prima e durante l’evacuazione;
le modalità di propagazione dell’evento rischioso;
condizioni ambientali in cui si inserisce il fabbricato o l’area interessata. Nel caso in esame, gli aspetti considerati sono stati l’ambiente fisico della simulazione e il comportamento umano degli utenti in situazioni ordinarie e
di panico. Le analisi sono basate su due livelli di simulazione:
Simulazione Agent-based: tramite questo livello della simulazione, ciascun utente modellato mantiene le proprie peculiarità e può agire autonomamente ma, al contempo, è condizionato dalle scelte e dai movimenti degli individui circostanti e a sua volta condiziona il comportamento degli utenti vicini. Il sistema è, quindi, modellato come la somma dei singoli comportamenti degli individui, inseriti nel contesto fisico e nella situazione corrente, ordinaria o di emergenza. Una simulazione Agent-based è basata sulla presenza di una Intelligenza Artificiale diffusa che definisce le caratteristiche degli utenti all’interno dell’analisi. Grazie ad un set di regole semplici (K.I.S.S., ossia Keep It Simple and Stupid), l’utente della simulazione è in grado di processare dati e stimoli provenienti dall’esterno, reagendo al comportamento degli altri individui e muovendosi nello spazio riconoscendo ostacoli, scale, aperture ed altre caratteristiche dell’ambiente esterno. È possibile, attraverso le impostazioni dell’analisi, simulare molteplici gruppi di persone con caratteristiche peculiari, aumentando la complessità della simulazione. L’analisi Agent-based ha un limite rilevante: il comportamento degli occupanti risulta eccessivamente caotico e casuale all’interno degli spazi.
Simulazione Narrative driven: formalizza la sequenza di attività che l’utente deve effettuare in un ordine preciso. In questo modo il soggetto può muoversi nell’edificio con uno specifico obiettivo da raggiungere. Il limite di questo tipo di simulazione è la sua rigidità, ossia il rischio che si configuri più come un’a-nimazione che come una vera e propria simulazione. Questo limite aumenta o diminuisce in relazione alla discrezionalità impostata per l’utente nella scelta di quali delle attività svolgere o meno e con quale livello di arbitrarietà. Combinando questi due approcci, in un metodo misto di simulazione, si può ottenere un’approssimazione accettabile del comportamento umano. La modellazione Agent-based garantisce la dovuta arbitrarietà agli utenti, definendo il comportamento dell’utente e come esso risponda agli stimoli
provenienti dall’ambiente e dagli altri soggetti presenti; la logica Narrative driven guida le loro azioni lungo una sequenza predefinita di attività, simulando il processo decisionale e la sequenza di obiettivi di ogni individuo.
5.3.2.1 Input, analisi e Output Esistono diversi software che si occupano di queste simulazioni, con vari gradi di precisione e complessità, tra i quali Pedestrian Dynamics, Oasys MassMotion e l’applicativo per lo sviluppo di videogiochi Unity 3D. Tutti i software di Crowd simulation sono basati su sistemi di Game engine che permettono di simulare il comportamento umano all’interno di un edificio.
Figura 5.51
Crowd Simulation con Pedestrian Dynamics.
Figura 5.52 Crowd Simulation con Oasys MassMotion.
Il software scelto per la trattazione è Pedestrian Dynamics per la maggiore semplicità di utilizzo per chi per la prima volta si approccia a questo tipo di analisi. In questo programma è necessario realizzare un modello specifico per effettuare l’analisi, importando le piante in formato .dwg, estraibili da Autodesk Revit.
Figura 5.53 Flusso di lavoro per la definizione di obiettivi e caratteristiche dell’analisi.
Prima di effettuare l’analisi è necessario definire gli obiettivi e le caratteristiche dell’analisi:
Obiettivo dell’analisi: definire il campo di applicazione e lo scopo dell’analisi. Nel caso in esame sono studiate le simulazioni di evacuazione dal fabbricato in caso di insorgere di emergenze come un incendio.
Caratteristiche degli utenti: definire le caratteristiche degli utenti o delle diverse tipologie di utenti, differenziandoli eventualmente anche in relazione alla localizzazione all’interno dell’edificio. Le impostazioni come velocità di movimento, distanza tra persone e rispetto agli oggetti, hanno un rilevante impatto sulla simulazione.
Attività che gli utenti devono o possono svolgere: definire numero e tipologia di attività, nonché il valore associato alla probabilità di scelta di ciascuna attività da parte degli utenti, ossia il valore di attrattività di ciascuna azione.
Struttura delle attività: definizione delle sequenze di attività, eventualmente distinte in funzione della tipologia di utenti.
Caratteristiche dei locali: definizione di proprietà quali il numero di utenti presenti e numero di uscite di sicurezza.
Modalità di confronto tra alternative progettuali: definire i parametri che si considerano fissi nel corso della simulazione, come il numero totale degli utenti, il numero di attività da svolgere o il numero di spazi presenti. In funzione dei parametri fissati è possibile, con il supporto dei dati risultanti dall’analisi, decidere quali tra gli altri parametri modificare per adeguare e migliorare gli spazi in progetto. Questi possono essere ad esempio la dimensione delle vie di esodo, il numero di porte di emergenza o di scale utilizzate per l’uscita dal fabbricato. È possibile, inoltre, modificare il numero di vie d’uscita disponibili e valutare come variano i risultati dell’analisi.
Le caratteristiche degli spazi, degli utenti e delle attività compongono il modello d’uso del fabbricato, necessario per effettuare questo tipo di analisi. La procedura per la modellazione tramite Pedestrian Dynamics è la seguente:
Figura 5.54 Flusso di lavoro per la modellazione dell'edificio tramite Pedestrian Dynamics.
Figura 5.55 Importazione in Pedestrian Dynamics della pianta in formato .dwg estratta da Autodesk Revit.
Figura 5.56 Creazione degli ostacoli a partire dalla pianta importata in Pedestrian Dynamics.
La prima operazione da eseguire consiste nell’importazione delle piante estratte da Autodesk Revit in formato .dwg in Pedestrian Dynamics. Le piante importate si configurano come uno sfondo per i livelli di pavimento (Height Layer). Successivamente, a partire dalle piante importate, è possibile creare gli ostacoli, corrispondenti ai muri, parapetti ed eventuali arredi fissi presenti nel progetto. Questa operazione può essere effettuata manualmente disegnando i singoli ostacoli, tramite pochi semplici comandi di disegno, o in automatico, a partire dalla pianta in formato .dwg precedentemente
importata. Tramite la scheda Modeling con il comando CAD import è possibile definire i livelli (Layer) di Autodesk Autocad da mantenere per la creazione degli ostacoli, nonché la tipologia di oggetti da creare, ad esempio porte o muri. Un elemento fondamentale per permettere il passaggio degli utenti da un livello di pavimento all’altro nel modello sono le scale. Queste devono essere modellate in Pedestrian Dynamics tramite semplici strumenti di disegno (la scala è modellata come un rettangolo) e impostando, poi, i due livelli di pavimento che deve collegare.
Figura 5.57
Impostazione dei livelli collegati tramite le scale modellate con Pedestrian Dynamics.
Altri elementi importanti per la simulazione sono le porte, definite Passageways, che rappresentano le porte di emergenza e possono essere inserite direttamente dal file .dwg importato o essere inserite manualmente. Nel caso di una simulazione di emergenza, è possibile impostare che questi elementi non permettano il passaggio degli utenti nella fase iniziale della simulazione, in condizioni normali, e che siano, poi, attraversabili in una seconda fase, in condizioni di emergenza.
Figura 5.58
Modellazione delle porte di emergenza tramite Pedestrian Dynamics.
Tramite questi elementi è possibile, inoltre, simulare la non disponibilità di una delle uscite di emergenza durante l’analisi, creando un vincolo aggiuntivo alla simulazione e verificando il conseguente andamento dell’evacuazione.
Figura 5.59 Impostazione della non disponibilità di una porta di emergenza con Pedestrian Dynamics..
Una volta inserite le impostazioni dell’ambiente fisico della simulazione, è necessario definire, tramite la scheda Modeling e aprendo la finestra Agent Input Settings, le caratteristiche degli utenti, creando i profili dei diversi utenti (Agent profiles), delle attività (Activities), della sequenza delle attività (Activity routes) e dei generatori di utenti (Generators).
Figura 5.60 Definizione delle impostazioni di utenti, attività e sequenza delle attività in Pedestrian Dynamics.
Una particolarità del software è che le attività (Activities) rappresentano solamente le azioni che gli utenti devono svolgere. Le attività intese come azioni devono necessariamente essere associate a spazi fisici in cui svolgere l’attività. Gli spazi per le attività possono essere creati tramite gli strumenti di disegno e si distinguono in funzione del tipo di attività modellato.
Figura 5.61 Modellazione degli spazi per le attività in Pedestrian Dynamics.
Un’altra operazione fondamentale per la simulazione consiste nella creazione di un Action Timer, ossia l’impostazione di un tempo specifico per
la simulazione in condizioni ordinarie, dopo il quale inizia la simulazione dell’emergenza e, quindi, l’evacuazione degli utenti. Allo scadere del tempo ordinario, le porte di emergenza che risultavano inaccessibili modificano automaticamente la loro proprietà diventando attraversabili come uscite di sicurezza per gli utenti. Questi ultimi all’insorgere dell’emergenza interrompono qualunque attività e iniziano l’evacuazione cercando la via più breve o la via che richiede il minor sforzo, in funzione delle impostazioni definite per l’analisi.
Figura 5.62 Impostazione di un Action Timer in Pedestrian Dynamics.
Una volta definite le caratteristiche fisiche dello spazio e degli utenti, i requisiti comportamentali degli occupanti, la sequenza delle attività e le impostazioni della simulazione relative all’insorgere dell’emergenza, è possibile effettuare la simulazione tramite la scheda Simulate.
Figura 5.63 Modello del progetto della scuola di Posada realizzato con Pedestrian Dynamics.
A partire dal modello generato tramite Pedestrian Dynamics e dalla simulazione effettuata, possono essere estratti diversi tipi di output:
dati riguardanti la simulazione in formato .txt, elaborabili tramite software di gestione dati come Microsoft Excel;
immagini dei punti critici del modello nel corso della simulazione, visualizzabili tramite pianta o tramite il modello in tre dimensioni;
video della simulazione estraibili direttamente dal software in formato .AVI;
mappe di densità e frequenza: la prima identifica in ogni punto la massima densità di utenti ottenuta; la seconda misura il numero massimo di utenti che ha attraversato ciascun punto del modello.
Figura 5.64 Mappa di densità di utenti della scuola di Posada, realizzata con Pedestrian Dynamics.
Figura 5.65 Mappa di frequenza della scuola di Posada realizzata con Pedestrian Dynamics.
I risultati degli output presentati permettono di effettuare modifiche ed ottimizzare l’edificio in progetto, in quanto verificano se il fabbricato, pur rispettando i vincoli dimensionali definiti dalla normativa antincendio, garantisca o meno un’evacuazione sicura dei suoi occupanti. L’edificio in progetto, precedentemente validato tramite l’approccio prescrittivo della normativa antincendio, può essere ulteriormente verificato tramite l’approccio prestazionale delle Crowd Simulation. Queste analisi
sono, quindi, un’integrazione e verifica dell’approccio normativo applicato al progetto, importante specialmente nel caso di edifici complessi o con ingenti flussi di persone in uscita.
5.3.2.2 Vantaggi e svantaggi dell’approccio L’applicazione di Crowd Simulation tramite il software Pedestrian Dynamics presenta dei vantaggi:
Questo approccio permette di ottimizzare la progettazione degli spazi interni ed esterni dell’edificio in funzione dell’analisi dinamica dei flussi effettivi in caso di evacuazione, non basandosi unicamente sui vincoli dimensionali e fisici provenienti dalla normativa antincendio.
È possibile verificare e integrare i vincoli forniti dalla normativa, passando da un approccio prescrittivo a uno prestazionale, allo scopo di garantire la sicurezza del fabbricato in caso di emergenza, specialmente in caso di edifici complessi o con ingenti flussi di utenti.
Il software presenta al proprio interno un set di regole per la valutazione dell’analisi e valori predefiniti per la verifica del discomfort per gli utenti durante la simulazione.
Il programma scelto presenta delle pre-impostazioni in ciascun file nuovo, una linea guida per l’utilizzo e numerosi esempi rappresentati da video disponibili online, di conseguenza la fase di apprendimento del software risulta meno complessa. Esistono, tuttavia, degli svantaggi, ovvero:
La necessità di modellare l’edificio in Pedestrian Dynamics, pur permettendo l’importazione di alcuni elementi tramite le piante estratte da Autodesk Revit, comporta un dispendio in termini di lavoro considerevole.
Risulta necessario conoscere i dati relativi al modello d’uso del fabbricato, in particolare informazioni relative alle attività svolte in ciascun locale e alla tipologia di utenti presenti. Alcuni di questi dati, come il numero di utenti, risultano già presenti dalla fase di definizione del progetto antincendio secondo approccio prescrittivo da norma. Questo impone, tuttavia, una fase preliminare di indagine e approfondimento rispetto ai dati già definiti. Il software e la modalità di simulazione scelti, nonostante presentino alcuni svantaggi, risultano utili in fase di progetto come integrazione della verifica del code checking fornendo una integrazione alla verifica normativa, volta alla ottimizzazione del progetto.
¹ Davis K., Ledbetter W.B. (1987), “Measuring Design and Construction Quality Cost”, a report to Construction Industry Institute, Clemson University, October 1987.
² Peansupap V., Ly R. (2015), “Evaluating the impact level of design errors in structural and other building components in building construction projects in Cambodia”, in Creative Construction Conference Vol. 123, pp. 370-378, 2000.
³ Guida in linea Autodesk Revit
⁴ Guida in linea Autodesk Revit
⁵ Guida in linea Autodesk Revit.
MODELLAZIONE DELLE FAMIGLIE
6 Paolo Ettore Giana, Marco Schievano, Francesco Paleari
Nel presente capitolo vengono trattati gli aspetti di inserimento delle informazioni all’interno delle famiglie caricabili attraverso l’impiego del software BIM authoring Autodesk Revit, e della piattaforma di programmazione visiva Dynamo.
Le informazioni da inserire per ogni fase progettuale vanno definite secondo workpage coerenti con la fase progettuale. In accordo con quanto stabilito anche dalla normativa ISO 19650-1:2018, le informazioni alfanumeriche acquisiscono la medesima rilevanza delle informazioni geometriche. Per questo motivo nel corso del capitolo verranno affrontati l’aspetto informativo e geometrico con la medesima attenzione. Si può affermare che ancor prima di iniziare a modellare e progettare la realizzazione di un componente di un progetto (Famiglia Caricabile), si debba innanzitutto comprendere l’obiettivo di utilizzo del modello BIM e decidere in accordo con la committenza il corredo informativo di ogni elemento per le varie fasi della progettazione (LoIN, Level of Information Need cfr. § 1.7.1.5). Una volta stabilite tali necessità, esse devono essere ingegnerizzate per poter ottenere gli output necessari dai modelli informativi. La possibilità di indicizzare le informazioni all’interno di un modello BIM (cioè visualizzarle in un abaco, estrarle in un database, ecc.) dipende dal metodo attraverso il quale le informazioni sono state inserite nei modelli stessi. Esistono differenti modalità per aggiungere parametri a un modello BIM (cfr. § 7.1.1): in funzione di come si vogliono utilizzare, estrarre e indicizzare le informazioni all’interno del modello, se solo per fini costruttivi della geometria o per elaborare tali dati, bisogna definire una strategia di immissione del dato. È possibile anche combinare i vari parametri inseriti, ad esempio compilarne uno in funzione del valore di un altro, oppure eseguire dei calcoli (aree, volumi, perimetri, ecc.). La stessa importanza è data alla selezione del tipo parametri inserito: ◦ Parametri di Tipo: informazioni identiche a tutti gli elementi del medesimo tipo della Famiglia;
Parametri di Istanza: informazioni variabili tra elementi del medesimo tipo e Famiglia;
Parametri di Rapporto: parametri di istanza calcolati a partire da misure o quote in una Famiglia, è un parametro immodificabile. Tuttavia, indipendentemente dalla tipologia del parametro impiegato, l’utilizzo dei Parametri Condivisi aiuta notevolmente a mantenere una maggior coerenza tra le informazioni. Con l’utilizzo di tali parametri, infatti, le informazioni sono organizzate in gruppi personalizzati dall’utente e codificati secondo proprie regole. In questo modo, i diversi parametri personalizzati da parte dell’utente hanno certamente una coerenza nel nome in funzione dell’informazione correlata, rendendo univoco l’identificativo del contenitore informativo. La modellazione informativa, sfruttando tecnologie e sistemi informatici, che spesso si fondano su database che integrano informazioni grafiche e alfanumeriche, necessita di identificativi univoci, quali ad esempio il nome di un parametro per ricercare la medesima proprietà all’interno del repository. L’impiego dei parametri condivisi consente, a differenza dei parametri di Famiglia, di interrogare attraverso abachi le informazioni inserite nelle differenti Famiglie. Tale concetto risulta alquanto rilevante poiché il grosso vantaggio dell’approccio BIM è dato dalla gestione dell’informazione, non solamente nella gestione di geometrie tridimensionali. In tal senso, l’utilizzo dei modelli informativi per il solo ottenimento di informazioni grafiche non sfrutta a pieno le potenzialità dell’approccio e non tiene conto della serie di vantaggi che il Building Information Modelling permette di ottenere. La progettazione del flusso informativo è quindi un fattore sostanziale, per permettere ai diversi attori del processo edilizio di trarre i maggiori benefici dall’utilizzo della metodologia BIM. A livello di contenuto informativo, una Famiglia di elementi tecnici (o unità ambientali) a prescindere dalla sua tipologia, può essere trattata sfruttando le sue potenzialità parametriche oppure no. In altri termini, la modellazione di una Famiglia può svolgersi tramite l’utilizzo di parametri (geometrici e alfanumerici), oppure tramite la nuda e cruda modellazione geometrica. In quest’ultimo caso, ovviamente, la modellazione degli elementi tecnici (e unità ambientali) perde drasticamente senso, in quanto non utilizzando la capacità parametrica degli oggetti non si
creano modelli BIM, ma semplici modelli tridimensionali. Di conseguenza, le trattazioni che seguiranno avranno tutte l’obiettivo di creare oggetti con un valido contenuto informativo. I due aspetti, ovviamente, in funzione degli obiettivi devono essere trattati parallelamente: a volte, come nel caso del facility management , risultano più importanti informazioni alfanumeriche che geometriche e in tal caso approfondire molto il livello grafico risulta oneroso e gravante sulla gestione di un modello destinato a tale impiego. Al contrario, in un modello che ha come scopo l’estrapolazione di elaborati grafici a livello esecutivo, sarà richiesto un livello grafico tale per cui la rappresentazione degli oggetti rispecchi le richieste normative, ma anche che le informazioni alfanumeriche collegate allo stesso permettano ai diversi attori del processo di gestire le necessarie informazioni per la fase in questione.
6.1 F AMIGLIE DI SISTEMA
Nel corso dei precedenti capitoli si sono descritte le caratteristiche delle Famiglie di Sistema presenti nei template di Autodesk Revit (ad esempio Muri, Pavimenti, Controsoffitti e Scale). Tali elementi hanno la caratteristica di essere già caricati nei template del modello BIM e personalizzabili soltanto attraverso le modifiche dei Tipi degli elementi tecnici (cfr. § 3.1.1). Sebbene non sia consentito caricare Famiglie di Sistema in modelli BIM, è possibile trasferire i Tipi personalizzati tra i modelli stessi. Le Famiglie di Sistema inoltre fungono da host per il collocamento di altri elementi caricabili. Oltre alle Famiglie di sistema, è possibile parametrizzare le Famiglie InPlace, come ad esempio le Masse.
6.2 F AMIGLIE CARICABILI
Qualora la Famiglia sia Caricabile, bisogna caricarla da una libreria. Durante l’installazione di Autodesk Revit è possibile installare anche la libreria di Famiglie Caricabili suddivise per Categorie; questa libreria è quella di default del Software. Molte committenze predispongono, o stanno predisponendo, apposite librerie di oggetti BIM per i progetti da sviluppare. Oltre alla libreria di oggetti è necessario predisporre anche l’ambiente di lavoro dove le Famiglie Caricabili possono essere condivise, modificate, verificate ed aggiornate dai differenti operatori economici coinvolti. In tal caso, risulta indispensabile creare una struttura atta ad accogliere gli oggetti parametrici lungo le varie fasi di perfezionamento per le verifiche di chiarezza, congruenza e completezza di quanto caricato in relazione a quanto richiesto dal committente. Le informazioni contenute devono esser controllate a diversi livelli, come indicato nella ISO 19650-1:2018. In questo modo, il committente è in grado di controllare come le informazioni vengono inserite all’interno dei propri modelli informativi. Qualora la Famiglia necessaria non sia contenuta all’interno del template o del modello BIM e nemmeno nella libreria proprietaria, si può provvedere a modellarla ad hoc. Per creare un nuovo oggetto di qualsiasi Categoria, si deve partire da un nuovo File Modello di Famiglia (estensione .rft) presente in Autodesk Revit, scegliendo il più appropriato per l’oggetto che si deve modellare, come Arredo Metrico, Pilastro Metrico o Finestra Metrica. La scelta può essere o un modello di Famiglia della tipologia di elemento che si vuole realizzare, oppure un modello di Famiglia generico ed in seguito adattato alla tipologia di elemento. In alternativa, qualora si conosca la metodologia con cui è stata modellata una Famiglia similare, si può operare modificandola, sempre tenendo presente che i contenuti informativi
devono rispondere puntualmente agli Exchange Information Requirements (EIR) della SA per la fase del processo.
Figura 6.1 Modelli base per la realizzazione di una Famiglia in Autodesk Revit.
Se, per esempio, si vuole modellare un corpo illuminante si può scegliere tra un Dispositivo di Illuminazione Metrico a Muro o un Dispositivo di Illuminazione Metrico su Controsoffitto, in funzione di dove verrà posizionato l’elemento che si sta parametrizzando, in quanto la Famiglia di
partenza è differente e contiene proprietà differenti rispetto all’elemento su cui andrà posizionata. Questa scelta è in funzione di come la Famiglia dovrà esser collocata nello spazio, e della predisposizione che è già stata effettuata nella Famiglia. Solo per alcuni oggetti è possibile modificare la Categoria di appartenenza della Famiglia stessa; tale cambiamento potrebbe quindi comportare la rimodellazione della Famiglia stessa. L’utilizzo di Linee Guida con un linguaggio condiviso all’interno del gruppo di lavoro o della stazione appaltante, permette di poter lavorare su modelli o Famiglie conoscendone la struttura. La mancanza di una codifica comune, o una denominazione, comporta la perdita dell’intellegibilità del dato contenuto nel modello BIM. Di conseguenza, qualora non siano stabilite regole condivise per la redazione dei modelli e dei loro componenti, non è possibile interrogare trasversalmente differenti modelli informativi. Stabilendo il corredo informativo (object property set) per ogni singola fase del processo, si è in grado di poter controllare la quantità, qualità e granularità delle informazioni. Qualora tale operazione è svolta dalla committenza si possono calare dal livello organizzativo (OIR) al livello di progetto (EIR) i requisiti informativi includendo le specifiche di asset management (AIR). Predisponendo tali parametri nelle Famiglie si è in grado di richiamare tali attributi all’interno delle Viste Abaco.
6.3 N IDIFICAZIONE DELLE FAMIGLIE
La scelta di operare la modellazione a diversi livelli (Famiglie nidificate), ovvero includendo diverse Famiglie all’interno della parametrizzazione di una Famiglia Caricabile, comporta un’ottimizzazione degli sforzi di modellazione e quindi una migliore gestione della Famiglia finale. Pensare a una Famiglia Caricabile come un insieme di più Famiglie parametriche semplifica la creazione e la gestione della Famiglia stessa. Un esempio che chiarifica questo concetto è la modellazione del Maniglione Antipanico all’interno della Famiglia Porta. Per modellare quel tipo di elemento è possibile seguire due strade:
Modellare l’elemento (e tutti gli elementi che costituiscono la Famiglia Porta come davanzale, apertura, ecc.) all’interno della Famiglia host ¹. Questo procedimento risulta complesso non solo in termini di modellazione (piani di riferimento, quote, parametri), ma risulta complicato anche il suo posizionamento multiplo all’interno della Famiglia Porta (ad esempio il posizionamento interno ed esterno di due maniglie rispetto la stessa anta);
Modellare l’elemento (e tutti gli elementi che costituiscono la Famiglia Porta come davanzale, apertura, ecc.) come Famiglia a sé stante collegata all’interno di quella principale. In questo caso, risulta più semplice il posizionamento multiplo, la gestione dei suoi parametri e il collegamento dello stesso alla Famiglia principale Infatti, qualora avessimo due differenti porte che hanno bisogno di un maniglione antipanico, bisognerebbe modellare ogni volta il maniglione antipanico o quantomeno copiarlo,
facendo attenzione a preser-vare i piani di riferimento, inserendo nuovamente i parametri e così via, rendendo la modellazione poco pratica. Al contrario, se gli elementi secondari venissero modellati in Famiglie Caricabili e poi inserite e collegate alla principale, si avrebbe la possibilità di copiare tale modellazione più volte all’interno della stessa Famiglia riducendo il peso del file della Famiglia Caricabile finale (.rfa) e rendendo, una volta validata la famiglia, tale elemento più adattabile alle differenti situazioni, in quanto creato e parametrizzato in una Famiglia ad hoc. L’esempio riportato nella figura seguente (Fig. 6.2) lascia immaginare come l’utilizzo di una struttura con Famiglie Caricabili nidificate possa facilmente adattarsi all’impiego in diverse situazioni e garantire una migliore gestione in termini di modellazione, utilizzo, modifica della Famiglia Caricabile. La stessa logica può essere applicata anche in diverse circostanze: nella modellazione BIM di elementi strutturali, impiantistici, di arredo ma anche per Famiglie di Cartigli ed Annotazioni parametriche.
Figura 6.2 Struttura della Famiglia Caricabile con l’utilizzo o meno delle Famiglie nidificate.
Nelle pagine seguenti verrà trattata la creazione di una Famiglia Caricabile Nidificata di una porta antincendio a due ante, seguendo la struttura dell’immagine seguente (Fig.6.3).
Figura 6.3 Struttura nidificata della Famiglia Caricabile.
La struttura della Famiglia Caricabile sarà quindi:
Famiglia Caricabile Porta Metrica host Muro che potrà essere caricata e utilizzata nel modello BIM. Questa Famiglia conterrà sia i parametri geometrici per governare le dimensioni degli elementi posizionati, sia tutti i parametri alfanumerici propri dell’elemento (informazioni su materiali, area,
perimetro, prestazioni termiche, acustiche, dati manutentivi, ecc.). Nelle pagine seguenti verrà indicata con l’espressione “Famiglia madre”;
Famiglia Caricabile Porta antincendio, che conterrà i solidi geometrici (e i relativi parametri oltre che quelli di materiali e visibilità) degli elementi che compongono il serramento;
Famiglia Caricabile maniglione antipanico che conterrà i solidi geometrici (e i relativi parametri oltre che quelli di materiali e visibilità) del maniglione antipanico. Una volta progettata la struttura della Famiglia e dei suoi contenuti informativi, si parte selezionando il Template della Famiglia i-esima che si deve realizzare; nel caso di esempio, inizieremo dalla Famiglia nidificata del serramento (porta antincendio dell’immagine soprastante). Quindi verrà selezionata una Famiglia Metrica Porta, come anche individuabile dai dettagli nel pannello Parametri e Categorie di Famiglie (Categoria Porta), individuando anche le opzioni di collocamento, taglio e condivisione. In questo modo, si può sia definire se la Famiglia deve essere collocata solo verticalmente od orizzontalmente e, se quando caricata potrà essere tagliata da vuoti (in questo caso da non selezionare, poiché nella Famiglia madre avremo la presenza di un vuoto per realizzare l’apertura in un muro. Infatti l’obiettivo è quello di costruire la parte geometrica parametrica che verrà poi posizionata all’interno della Finestra Metrica nell’apertura del Muro). Un parametro interessante risulta essere il Condiviso: una Famiglia a volte risulta nidificata in più Famiglie differenti. Può capitare che la versione della stessa a volte cambi poiché viene aggiornata. L’utilizzo di tale opzione permette di condividere tra tutte le Famiglie che la utilizzano, la Famiglia nidificata in questione, mantenendo univoca la versione più aggiornata in tutto il modello BIM.
Figura 6.4 Flusso di lavoro per la modellazione parametrica delle Famiglie Caricabili.
Figura 6.5 Parametri e categorie di Famiglia.
La prima operazione per la creazione di una Famiglia consiste nel disegnare i Piani di Riferimento sui quali ancorare gli oggetti, mantenendo sempre una correlazione tra gli assi di collocamento della Famiglia e le sue modifiche. Bisogna tenere presente che gli ancoraggi devono esser eseguiti sia in pianta che in prospetto, per rendere solidale la geometria creata su tutti i piani. Una volta posizionati i piani, devono essere inseriti i parametri necessari per rendere parametrica la Famiglia, in funzione delle necessità progettuali. Tale operazione deve essere ripetuta sia in pianta che in prospetto (ad esempio, in
pianta si inserirà il parametro Larghezza e in prospetto o sezione il parametro Altezza). Buona prassi risulta provare la correttezza degli ancoraggi facendo variare il parametro nella finestra dai parametri della Famiglia. Attraverso questa costante verifica durante l’intero processo si è in grado di constatare la correttezza della modellazione rispetto a quanto progettato.
Figura 6.6 Piani di Riferimento, quote e parametri associati in pianta.
Figura 6.7 Piani di Riferimento, quote e parametri associati in prospetto.
Per meglio collocare e constatare l’avvenuto ancoraggio delle geometrie, un buon metodo può essere quello di disegnare i contorni dei solidi non allineati ai Piani di Riferimento, e andare ad allinearli e bloccarli in una seconda fase (con il relativo comando). In questo modo, si nota immediatamente se la geometria collocata nel piano di lavoro è stata ancorata in tutti i suoi punti. Tuttavia, è sempre meglio verificare anche attraverso la modifica manuale dei parametri se la geometria è stata vincolata correttamente. Questa prassi evita di ritrovare errori una volta conclusa la modellazione, senza capire quale sia l’elemento è scollegato.
Figura 6.8 Vincolo del contorno al Piano di Riferimento.
Una volta inseriti i Piani di Riferimento in una Famiglia, bisogna selezionare il tipo di riferimento che ha il piano:
Riferimenti Forti: elementi ai quali si ancorano prioritariamente le quote, o le selezioni;
Riferimenti Deboli: non hanno priorità né di quotatura né di snap;
Non è un Riferimento: non vengono visualizzati esternamente alla Famiglia in cui sono creati, ma servono solo per la costruzione geometrica della Famiglia stessa. Utilizzando i differenti livelli di priorità di vincolo, è possibile selezionare o meno i Piani di Riferimento della Famiglia, agevolando il suo collocamento. Si tenga presente che il centro di una Famiglia impatta anche su come essa si modifica al variare dei suoi parametri geometrici. In particolare, come la Famiglia stessa si adatta al cambiamento passando da un tipo ad un altro (ad esempio, varia le sue dimensioni in pianta mantenendo invariato il suo centro, oppure mantenendo invariato l’estremo sinistro o destro e così via).
Figura 6.9 Modellazione parametrica della geometria del serramento.
Una volta create ed allineate le geometrie, è possibile includere anche gli elementi secondari. Per eseguire quest’operazione, si predispongono le Famiglie secondarie (quali maniglione antipanico e maniglia) e si caricano le stesse nella Famiglia porta. Le geometrie di tutte le Famiglie nidificate interne alla Famiglia madre devono esser governate necessariamente da parametri di Istanza, altrimenti dalla famiglia madre non si riuscirebbero a governare le
geometrie degli elementi che non sono stati modellati (e parametrizzati) nelle famiglie nidificate. Una volta inserite ed ancorate correttamente le Famiglie nidificate interne alla geometria della Famiglia esterna, bisogna occuparsi della correlazione parametrica tra le due Famiglie. In tal senso, nella Famiglia madre devono esser presenti una serie di parametri (con le stesse caratteristiche di quelli della Famiglia nidificata) così da poter governare e modificare la geometria nidificata.
Figura 6.10
Famiglia nidificata del Maniglione Antipanico e relativo contenuto informativo (parametri geometrici, dei materiali e di visibilità).
Si tenga sempre presente che solo le Famiglie madre hanno una significativa differenza tra l’utilizzo di parametri di Tipo e di Istanza, dato che saranno quelle che effettivamente verranno caricate all’interno del modello BIM e di conseguenza la differenza tra i parametri assumerà significato. Nelle famiglie nidificate, invece, la gestione della geometria e dei materiali deve essere fatta per forza con parametri di Istanza altrimenti non sarà possibile collegare (e quindi governare) i parametri geometrici della famiglia nidificata dalla famiglia madre. Tale procedura può agevolare anche l’utilizzo di operazioni complesse come le matrici in due direzioni di un elemento.
Figura 6.11 Collegamento dei parametri di istanza tra Famiglia nidificata e quella madre.
Una volta relazionati geometricamente gli elementi ai Piani di Riferimento, si può procedere ad inserire i parametri di visibilità agli oggetti, come indicato in figura seguente; questo tipo di parametro permette, tramite la sua selezione, di visualizzare o meno (e quindi anche avere un conteggio in termini di informazioni estraibili in una vista di tipo Abaco) l’elemento selezionato.
Figura 6.12 Relazioni tra oggetti e Piani di Riferimento con elementi della Famiglia nidificata.
Figura 6.13 Parametro visibilità dell’oggetto, e collegamento di tale parametro a un parametro di Tipo.
Questo parametro è sempre un parametro di Istanza di ogni elemento geometrico creato e può essere collegato a un parametro di Tipo e gestito direttamente dai Tipi della Famiglia Caricabile modellata. Una volta inseriti gli oggetti tridimensionali rappresentanti i differenti componenti della Famiglia, bisogna decidere a che Livello di dettaglio questi debbano esser visualizzati. Per questo motivo, all’interno della medesima Famiglia, si possono attribuire livelli di visibilità agli oggetti in funzione del dettaglio che si imposta in una vista. Ciò significa che è possibile visualizzare in differenti modi lo stesso oggetto, in funzione delle necessità (Sostituzioni Visibilità/Grafica). Tale processo garantisce un’uniformità informativa e una coerenza trasversale su tutti gli elaborati. Per questo motivo, spesso si ricorre ad Annotazioni grafiche o alfanumeriche nelle viste di pianta, di sezione o prospetti che rappresentano, ad esempio, i sensi di apertura, la presenza di maniglioni antipanico, maniglia, ecc. Spesso infatti per evitare di appesantire inutilmente con elementi tridimensionali una Famiglia Caricabile si utilizzano (nelle viste di pianta, prospetti e sezioni) dettagli bidimensionali in sostituzione agli elementi tridimensionali. Inoltre questa sostituzione permette di integrare negli elaborati i simboli previsti dalla normativa o usualmente utilizzati da parte di chi deve utilizzare la Famiglia Caricabile e i modelli BIM in cui è inserita. Questi elementi possono essere sia parametrici e aggiornarsi in funzione dei parametri della Famiglia, oppure non essere comandati da parametri e quindi rappresentazioni statiche di un elemento.
Figura 6.14 Impostazioni di visibilità di un elemento nella Famiglia Caricabile.
Figura 6.15 Ancoraggio dei dettagli alla geometria della Famiglia Caricabile.
Una volta definita la Famiglia in tutti i suoi elementi, è necessario inserire tutte le informazioni alfanumeriche correlate (cfr. § 7.1.1). Tali informazioni devono esser inserite all’interno della Famiglia madre, differenziando le tipologie di parametri per tipo o istanza in funzione di quanto desiderato. L’utilizzo di Parametri Condivisi nelle Famiglie permette di leggere e richiamare gli stessi anche all’interno degli abachi realizzati nel modello BIM (ad esempio parametri di codifica oggetto).
Figura 6.16 Esempi di utilizzo di elementi di dettaglio all’interno di due Famiglie Caricabili.
Figura 6.17 Esempio di parametri informativi inseriti all’interno della Famiglia Caricabile.
6.4 D YNAMO E MODELLAZIONE TRAMITE ALGORITMI COMPUTAZIONALI
Nelle pagine seguenti verrà presentato un esempio di utilizzo di un algoritmo computazione per l’ottimizzazione delle dimensioni dei moduli di una facciata ventilata, al fine di ridurne gli sfridi. Il caso studio presentato è un edificio scolastico situato a Melzo (Italia). La progettazione delle facciate degli edifici affronta una molteplicità di obiettivi ed esigenze, poiché l’involucro definisce il valore architettonico dell’edificio e, in molti casi, ne indica la funzione. Le facciate degli edifici rappresentano un filtro ambientale e svolgono un ruolo importante nella prestazione energetica; possono infatti ospitare servizi o dispositivi per lo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili (ad esempio pannelli fotovoltaici o ad acqua calda), partecipando attivamente al bilancio energetico dell’edificio. Negli ultimi anni, sono state sviluppate diverse strategie di ottimizzazione, che riguardano però principalmente gli aspetti energetici e la luce diurna, a discapito di analisi e considerazioni in merito ai problemi di produzione e di installazione dei componenti di involucro. L’ottimizzazione presentata in questo paragrafo può essere applicata anche ad analisi relative alla produzione e costruzione. Nel caso in analisi, il processo di ottimizzazione è stato applicato alla progettazione della facciata di un nuovo edificio scolastico, rispettando gli obiettivi e le esigenze di costruttori, progettisti e produttori. La facciata ventilata curva è composta da una struttura metallica, collegata al muro in calcestruzzo mediante staffe di fissaggio. La struttura metallica, composta da profili a “T” in acciaio, funge da supporto per il rivestimento costituito da pannelli in laminato compatto ad alta pressione (HDPE). La scelta dei progettisti è stata quella di creare un’onda cromatica utilizzando pannelli neri, bianchi, rossi, blu e gialli. In fase di progettazione
e ottimizzazione sono stati presi in considerazione diversi aspetti relativi alla facciata:
la geometria curva;
la variazione cromatica;
le esigenze tecnologiche in termini di dimensioni e forme dei pannelli. L’approccio BIM, applicato nel presente caso studio, ha permesso di valutare la forma della facciata attraverso un’analisi multicriterio e tracciare le decisioni effettuate. La metodologia proposta consente di valutare ulteriormente la coerenza dei dati sulla base dei risultati acquisiti dal modello. I dati necessari per alimentare l’algoritmo devono infatti essere estratti direttamente dal modello: per questo motivo, per progettare e sviluppare l’algoritmo è stato scelto il plug-in Dynamo, perfettamente integrato nel software BIM-based Autodesk Revit. Dynamo permette di creare alternative progettuali attraverso la variazione dei parametri preimpostati. Attraverso questa metodologia, lo script agisce direttamente sul modello e, di conseguenza, le tempistiche e le quantità vengono aggiornate in modo coerente con le esigenze del modello progettato.
Figura 6.18 Flusso di lavoro per il caso di studio analizzato.
Una regola generale pone le basi per lo sviluppo dello script: un pattern composto da un campo bianco e nero e da una sequenza di campi colorati casuali, nell’intervallo da uno a cinque (numero dei pannelli per ogni fascia). Per creare il pattern, lo script sviluppato richiede quattro input:
la conformazione geometrica della superficie da rivestire;
la larghezza dei pannelli;
l’altezza del pannello centrale colorato;
i colori RGB dei pannelli. Dynamo acquisisce le informazioni geometriche dal modello BIM permettendo agli utenti di creare altre geometrie basate su un algoritmo matematico, con conseguente aumento della qualità e miglioramento del tempo di gestione dei processi di progettazione. Il vantaggio essenziale consiste nella creazione di un’interazione coerente e oli-stica tra le diverse discipline: le informazioni vengono valutate automaticamente e il modello può essere aggiornato di conseguenza, stabilendo un flusso bidirezionale di dati. L’algoritmo computazionale consiste nella creazione di una funzione basata sulla geometria; Dynamo elabora l’input geometrico e deduce una funzione, mediante la quale calcola l’inviluppo della facciata. In seguito, lo script divide le funzioni per tipologia di moduli e punti di posizionamento. Tale operazione risulta necessaria poiché il nodo che posiziona i componenti adattivi predisposti richiede tale suddivisione. Va tenuto presente che bisogna adattare la progettazione dello script, così da fornire le informazioni conformemente agli input dei singoli nodi e pacchetti utilizzati.
Figura 6.19 Componenti Adattivi utilizzati.
Una Famiglia Adattiva viene creata e integrata con i parametri richiesti (materiale, costo e dimensioni, come mostrato in figura), impostati come parametri di Istanza in modo che lo script possa modificare ciascuno di essi singolarmente. Il passo successivo riguarda il posizionamento di componenti adattivi su sulla griglia formata dai punti localizzati. Per fare ciò, la lista di punti elaborata viene suddivisa in due liste separate, ove la prima si ottiene attraverso il nodo che seleziona gli elementi rispetto all’indice dalla lista.
Questi indici sono ottenuti da una selezione casuale tra i range impostati inizialmente. Individuati in questo modo la lista di quartetti di punti, i pannelli adattivi vengono collocati nel modello. La seconda lista viene ottenuta per sottrazione dalla prima. Attraverso questo script, sulla facciata possono essere posizionati sia pannelli colorati che quelli in bianco e nero.
Figura 6.20 Script di Dynamo per il caso studio trattato.
L’approccio così perseguito evidenzia un cambiamento di mentalità e di metodo: è possibile basare una serie di considerazioni, solitamente limitate al punto di vista economico, su aspetti prestazionali. Inoltre, attraverso il quantity take off (cfr. Fig. 6.21) è possibile valutare il costo reale dei pannelli di una soluzione scelta attraverso semplici operazioni basate su procedure di fabbricazione (esempio il numero di tagli). I dati vengono estratti per ogni soluzione progettuale e inseriti in un foglio Excel; sono quindi elaborati attraverso una macro per realizzare l’algoritmo, e confrontati con le altre soluzioni. In questo caso, l’algoritmo viene adattato alle esigenze degli appaltatori: i parametri e il loro peso vengono scelti in base a fattori discriminanti. Nel caso oggetto di studio, i parametri selezionati sono stati:
forma;
costi;
numero di moduli;
materiale di scarto.
Figura 6.21 Quantity take - off dei pannelli ottimizzati.
L’analisi multicriterio fornisce una valutazione comparativa su base quantitativa, migliorando il controllo dei processi decisionali. Tale processo può essere ri-valutato in caso di cambiamento di priorità (ad esempio, cambiamento del peso dei parametri), assicurando una maggiore efficienza dell’intero flusso di lavoro.
Figura 6.22 Facciata ventilata realizzata in opera.
¹ I modelli basati su Muri, Controsoffitti, Pavimenti e Tetti sono collettivamente denominati mo- delli basati su host. Una Famiglia basata su host può essere posizionata in un progetto solo se è presente un elemento del tipo dell’host che la possa ospitare; ad esempio elementi delle Categoria Finestra e Porta possono essere posizionati soltanto in un Muro, in un Pavimento o in un Tetto (Lucernari).
GESTIONE DELLE INFORMAZIONI NEI MODELLI BIM
7 Elena Seghezzi , Marco Schievano
La lettera I dell’acronimo BIM indica le informazioni contenute all’interno di un modello.
La metodologia BIM riportata nella Serie ISO 19650 prevede che il committente sia il primo soggetto a produrre informazioni, deputato a definire gli obiettivi e i requisiti informativi all’avvio del progetto. I requisiti informativi determinano quali, come e quando devono essere prodotte le informazioni necessarie alla stazione appaltante per il supporto dei processi decisionali, al fine di conseguire gli obiettivi della pubblica amministrazione e gli obiettivi del progetto. Attraverso la metodologia BIM sono gestibili informazioni di ogni natura quali informazioni temporali, economiche, gestionali, manutentive, acustiche, illuminotecniche, ambientali, di sicurezza al fuoco e salute e sicurezza dei luoghi di lavoro. La capacità di gestione di queste informazioni permette di migliorare il processo edilizio da ogni prospettiva. La normativa internazionale sottolinea nella definizione dei LoIN (Level of Information Need) il valore alle informazioni, evidenziando come la granularità delle informazioni alfanumeriche dovrebbe essere considerata almeno altrettanto importante di quella delle informazioni geometriche (cfr. § 1.7.1.5). Questo cambiamento metodologico valorizza l’importanza del dato nel processo del comparto AECO. Questo approccio allinea maggiormente questi aspetti del settore delle costruzioni a quelli che hanno valorizzato il comparto manifatturiero e industriale negli ultimi cinquant’anni. Nel corso del capitolo, verrà trattata l’importanza delle informazioni e della loro associazione agli elementi tecnici e alle unità ambientali, per ottenere nello specifico del caso studio proposto gli elaborati non grafici o comunque la base di questi direttamente dal modello BIM realizzato. Con questo obiettivo in mente si vedranno le tipologie di Parametri inseribili in un modello BIM, affrontando anche gli aspetti di interoperabilità e quelli legati ai formati aperti come l’IFC (Industry Foundation Classes).
7.1 I NSERIMENTO DELLE INFORMAZIONI IN A UTODESK R EVIT
Nel software esistono numerose informazioni già associate ad elementi tecnici, unità ambientali, viste, annotazioni, ecc. Il termine che utilizza il software quando si parla di informazioni è Parametro. Ogni Parametro è composto da un campo nome, cioè il suo titolo, e da un campo vuoto per la compilazione del Parametro. In funzione della tipologia di Parametro è possibile compilare in differenti modi il campo: testo, numero, URL, materiale, si/no, valuta, ecc. I Parametri sono inseribili in funzione della Categoria degli elementi (cfr.§ 2.1.3); è possibile inserire un parametro in una o più Categorie, mentre non è possibile inserire due Parametri con lo stesso nome né in una né in più Categorie.
Figura 7.1 Esempi di Parametri (campo nome e valore) inseriti nella categoria Muro.
I Parametri sono inseribili sia nel modello BIM principale sia nelle Famiglie Caricabili, cioè tutti quegli elementi che possono essere modellati all’esterno del modello BIM e inseribili in più modelli. Queste Famiglie compongono la BIM Library proprietaria. Di seguito si riportano le tipologie di Parametri inseribili nel progetto e nelle Famiglie caricabili: ◦ Parametri di Progetto: aggiunti all’interno del modello BIM del progetto, sono specifici per un unico file e vengono aggiunti agli elementi mediante l’assegnazione a una o più categorie di elementi, tavole o
viste. Possono esser utilizzati e visualizzati in abachi, ma non possono comparire nelle etichette;
Parametri Condivisi: possono controllare le informazioni alfanumeriche di una Famiglia di sistema o di una Famiglia Caricabile, sono indicizzabili in abachi, estraibili in un database e inseribili in diversi modelli BIM e possono comparire nelle etichette;
Parametri di Famiglia: gestiscono le informazioni geometriche ed alfanumeriche di una Famiglia Caricabile, non sono né indicizzabili in abachi né estraibili in un database e non possono comparire nelle etichette;
Parametri Globali: sono specifici per un singolo progetto, non sono assegnati a categorie, ma caratteristici dell’opera in generale. Non possono comparire negli abachi, nelle etichette né essere utilizzati in più progetti.
Figura 7.2 Riepilogo delle principali caratteristiche delle tipologie di Parametri inseribili.
Nel dettaglio verranno analizzate le principali differenze per l’inserimento di Parametri di Progetto e Condivisi, gli unici utilizzabili per informatizzare il modello BIM su più categorie ed estrarre informazioni in modo coordinato da più modelli.
7.1.1 Parametri di progetto e condivisi I parametri di progetto vengono inseriti a partire dal progetto in cui si sta creando il modello BIM, dalla scheda Gestisci > Parametri di progetto.
Figura 7.3 Inserimento Parametri di Progetto.
Le informazioni da inserire per la creazione del Parametro di Progetto sono:
Tipo di parametro:
Progetto;
Condiviso;
Dati del parametro:
Nome (comparirà nel campo titolo Parametro);
Disciplina e tipo: identificano la natura del Parametro (testo, numero, intero, URL, materiale, ecc. ma anche potenza, luminanza in funzione della disciplina scelta);
Raggruppa parametro: identifica il gruppo di Parametri nel quale viene inserito quello che si sta creando;
Tipologia di parametro, in funzione di questa caratteristica vengono visualizzate le Categorie nelle quali è possibile inserire il Parametro creato:
Tipo: verrà inserito un Parametro nei Tipi di elementi tecnici, e il Parametro potrà variare in funzione del Tipo;
Istanza: verrà inserito un Parametro nelle Istanze degli elementi tecnici e il Parametro potrà variare in funzione dell’Istanza posizionata;
Categorie di inserimento del Parametro: scelta di una o più Categoria di inserimento.
Figura 7.4 Opzioni di personalizzazione dell’inserimento del Parametro.
La pianificazione (prima della modellazione) dei LoIN (cfr. § 1.7.1.5), della denominazione e codifica, del tipo di informazione da inserire e degli output desiderati è fondamentale per procedere correttamente all’inserimento nel software ed evitare un nuovo inserimento in caso di modifica. Le modifiche, infatti, sono attuabili soltanto in alcuni campi dopo che è stato inserito il Parametro (Fig. 7.5). Se la modifica riguarda altri campi non modificabili, l’unica via è cancellare e reinserire il Parametro da nuovo. Gli unici campi modificabili, una volta che è stato inserito il Parametro, sono il nome, il gruppo di appartenenza e l’eventuale aggiunta o rimozione di Categorie. Una volta inserito, il Parametro è compilabile sia delle proprietà della vista sia dall’abaco (Fig. 7.6). La procedura dei Parametri Condivisi è molto simile a quella vista per i Parametri di Progetto: in particolare, l’inserimento del Parametro nel progetto è identico, ma cambia la fonte dalla quale vengono prelevati i Parametri. In questo caso infatti, i Parametri vengono creati in un file .txt e poi inseriti nel Progetto in una seconda fase. Questo permette di avere un file contenenti tutti i dati necessari e poter inserire o estrarre in modo coerente e omogeneo da tutti i modelli BIM, le stesse informazioni ad esempio nella gestione di un consistente patrimonio edilizio. Questo agevola anche gli aggiornamenti e le modifiche dei dati da inserire o inseriti, perché il file esterno è continuamente modificabile.
Figura 7.5 Proprietà modificabili a seguito della creazione del Parametro.
Figura 7.6 Compilazione del Parametro inserito.
Essendo esterno, ovviamente, è possibile inserire lo stesso contenuto informativo in più progetti con gli stessi usi, scopi e gli stessi output. Inoltre il file dei Parametri Condivisi può essere inserito nella BIM Library e nel Common Data Environment (CDE) insieme a tutte le Famiglie Caricabili e gestito solamente dal BIM Manager, gerarchizzandone la modifica in modo tale che gli utilizzatori dei modelli BIM possano soltanto compilare i Parametri già inseriti (e eventualmente esportati in un database) e/0 estrarre dati ma non aggiungere, modificare o eliminare i Parametri inseriti.
Figura 7.7 Inserimento dei Parametri Condivisi e relativa directory.
La creazione, la definizione delle proprietà del Parametro e il gruppo di appartenenza vengono scelti direttamente durante la creazione all’interno del file dei Parametri Condivisi. In questo caso, come è evidente anche dall’immagine successiva, le proprietà dei Parametri inseriti non possono essere modificate, di conseguenza, se necessarie, il Parametro deve essere eliminato e ricreato nuovamente. Creati i Parametri Condivisi nel file dedicato (sempre
dall’interfaccia di Autodeks Revit: non è mai consigliabile modificare direttamente il file .txt), l’inserimento e la successiva compilazione all’interno del modello BIM è identica a quella già vista per i Parametri di Progetto. Metodologicamente però, come descritto nella prima parte del capitolo, le due procedure sono profondamente diverse. Nella figura 7.10 le due procedure di inserimento dei Parametri di Progetto e Condivisi a confronto.
Figura 7.8 Esempio di Parametri Condivisi creati e visualizzazione delle loro proprietà.
Figura 7.9 Inserimento nel modello BIM di un Parametro Condiviso.
Figura 7.10 Flusso di lavoro per la creazione e inserimento dei Parametri di Progetto e Condivisi.
7.1.1.1 Usi dei Parametri Condivisi Di seguito vengono riportati alcuni possibili usi dei Parametri Condivisi:
Inserimento delle informazioni secondo i Level of Information Need (LoIN, cfr. § 1.7.1.5) definiti dalla committenza per la creazione di una BIM Library proprietaria per la gestione e manutenzione del patrimonio edilizio;
Figura 7.11 Famiglia Caricabile di un gruppo frigorifero con relativo contenuto informativo.
Inserimento delle informazioni per la parametrizzazione della Famiglia Caricabile serramento;
Figura 7.12 Famiglia Caricabile di un serramento con parte del relativo contenuto informativo.
Inserimento delle informazioni per la parametrizzazione della Famiglia Caricabile utilizzata come cartiglio degli output impostati;
Figura 7.13 Famiglia Caricabile per il cartiglio degli output estraibili dal modello BIM*. *Linee guida proprietarie RAI BIM - Sede Regionale di Bologna.
Inserimento delle informazioni legate al sistema di classificazione e di codifica degli elementi;
Figura 7.14 Famiglia Caricabile di un estintore con i relativi parametri di codifica.
Inserimento di informazioni secondo i LoIN nelle unità ambientali;
Figura 7.15 Inserimento informazioni all’interno delle Unità Ambientali.
Inserimento di informazioni per classificare le tipologie delle viste e organizzarle nel browser di progetto.
Figura 7.16 Inserimento Parametri per la classificazione delle viste.
La modellazione informativa risulta efficacie e vantaggiosa nel momento in cui alla parte geometrica degli oggetti è collegata una modellazione dell’informazione non geometrica. L’associazione univoca del dato alfanumerico agli oggetti tramite l’utilizzo di parametri introduce una dimensione ulteriore a quella spaziale nel processo di progettazione, costruzione e gestione dell’edificio, permettendo di sfruttare appieno i vantaggi della modellazione informativa.
Il modello diviene quindi un vero e proprio database di dati alfanumerici, che possono essere estratti e utilizzati per vari scopi, ad esempio:
estrazione di valori non geometrici per la verifica normativa, come la verifica dei Rapporti Aero illuminanti (R.A.I.);
operazioni di Quantity Take Off , ovvero di estrazione delle quantità relative agli oggetti modellati come Aree e Volumi. I dati riguardanti le quantità possono essere collegati ai valori di costo internamente o esternamente al software di modellazione per redigere un Computo metrico estimativo;
estrazione di parametri relativi alle classi prestazionali per unità ambientale o per elemento tecnico modellato e la successiva rielaborazione per la produzione del Capitolato speciale prestazionale. In sintesi, il modello informativo può essere interrogato per redigere ed estrarre documentazione e dati non geometrici come parametri per la verifica normativa, computi metrici e capitolati prestazionali. Il rapporto biunivoco tra informazione ed oggetto, che come detto ha il vantaggio di evitare una possibile perdita, frammentazione o duplicazione dell’informazione (cfr. capitolo 4), garantisce la correttezza delle quantità estratte dagli elementi modellati. Utilizzando il modello come database dei dati, si eliminano possibili errori umani durante il conteggio delle quantità. La corretta modellazione per l’estrazione di quantità e dati non geometrici è quindi fondamentale, ad esempio, per la redazione di computi e di capitolati, in quanto un errore nel modello si ripercuoterebbe sui dati estratti e sui relativi documenti senza possibilità di verifica. Come caso studio di riferimento, per questa sezione, si riporteranno alcune immagini tratte dal modello BIM della Nuova Scuola primaria di Melzo. Per l’estrazione dei dati alfanumerici strutturati nel modello informativo, devono essere impostati abachi e filtri per la gestione dell’informazione.
Autodesk Revit permette di strutturare e filtrare le informazioni secondo necessità tramite Abachi. Nello specifico, gli Abachi sono una raccolta di informazioni estratte dalle proprietà degli elementi e visualizzate in una tabella. In un Abaco è possibile elencare tutte le Istanze e i Tipi di elementi che si intende indicizzare oppure comprimere più istanze in un’unica riga in base a criteri di raggruppamento dell’Abaco stesso. Per automatizzare l’inserimento delle informazioni omogenee è possibile utilizzare degli Abachi Chiave. Ad esempio, un Abaco dei locali potrebbe essere utilizzato per indicizzare 100 locali con pavimento, controsoffitto e finiture di base identici. Anziché immettere tutte queste informazioni manualmente per i singoli locali, è possibile definire delle chiavi che inseriscono automaticamente le informazioni relative alle finiture., tramite la configurazione di una combinazione di Parametri compilati (la Chiave appunto). Se un locale include una Chiave, quando viene aggiunto all’abaco, i campi vengono aggiornati automaticamente, ottimizzando il tempo necessario per la creazione dell’abaco. Le Chiavi vengono definite con la modellazione degli Abachi. Questi ultimi sono molto simili agli abachi di componenti, con la sola eccezione che vengono definiti secondo compilazioni di combinazioni di altri Parametri in base alle specifiche inserite dall’utente.
Figura 7.17 Abaco dei locali per la successiva verifica dei Rapporti Aero-Illuminanti R.A.I.
Le proprietà di Istanza di un Abaco possono essere modificate per impostare la struttura della tabella contenente i dati:
Campi dati, apre la scheda Campi della finestra di dialogo Proprietà abaco, nella quale è possibile selezionare i Campi di abaco. I Campi abaco permettono di: ◦ aggiungere/spostare/eliminare i campi;
combinare/modificare i parametri in un campo;
aggiungere/modificare un campo personalizzato e creare un campo il cui il valore viene calcolato o è una percentuale di un altro campo;
includere elementi dai modelli collegati.
Filtro, apre la scheda Filtro della finestra di dialogo Proprietà abaco (o della finestra di dialogo Proprietà computo dei materiali) consente di creare filtri per limitare la visualizzazione dei dati in un abaco. È possibile creare fino a quattro filtri. I dati verranno visualizzati solo se tutti i criteri vengono soddisfatti. Si sottolinea che i Filtri sono case sensitive .
Ordinamento/Raggruppamento, apre la scheda Ordinamento/Raggruppamento della finestra di dialogo Proprietà abaco (o Proprietà computo dei materiali) consente di specificare le opzioni di ordinamento per le righe di un abaco e di aggiungere intestazioni, piè di pagina e righe vuote alle righe ordinate. È inoltre possibile scegliere di visualizzare ogni istanza di un tipo di elemento oppure comprimere più istanze in un’unica riga.
Aspetto, apre la scheda Aspetto della finestra di dialogo Proprietà abaco (o della finestra di dialogo Proprietà computo dei materiali) in cui è possibile specificare varie opzioni di formattazione, come le linee della griglia, i bordi e lo stile dei caratteri.
7.1.1.2 Verifica R.A.I. Il modello BIM della nuova Scuola primaria di Melzo è stato utilizzato per la verifica del rispetto dei Rapporti Aero Illuminanti. Allo scopo sono stati impostati differenti Abachi, tra cui:
Abaco riassuntivo delle finestre, riportante i Parametri e le informazioni del Codice tipo, per identificare univocamente la finestra modellata e i parametri necessari per il calcolo della superficie aero-illuminante come Altezza, Larghezza, Altezza della parte apribile, la Tipologia di finestratura e la Tipologia di apertura; il medesimo Abaco è stato impostato per la categoria Porte;
Abaco riassuntivo dei locali riportante i parametri e le informazioni di Codice identificativo, Area e Occupazione;
Abaco verifica rapporti R.A.I. riportante le informazioni di Locali, Finestre e Porte. Nell’Abaco sono stati impostati dei parametri di rapporto che consentono di calcolare il valore di R.A. e R.I. Il calcolo dei R.A.I. può essere gestito internamente al software oppure si può decidere di esportare gli abachi con i dati relativi a quantità e tipologie di elementi e calcolare il valore di rapporto in un software di gestione dati come Microsoft Excel o Microsoft Access. Se si decide di gestire i dati internamente al software, è necessario modellare Campi personalizzati di rapporto tra l’Area del locale e l’Area aerante e illuminante di finestre e porte relative al locale stesso. Se, al contrario, si
decide di esportare i dati, è possibile impostare delle semplici formule di rapporto in Excel per il calcolo dei R.A.I. e verificare che rispettino i valori da norma.
Figura 7.18 Estrazione e gestione dei dati in Microsoft Excel per il calcolo dei R.A.I.
Le due metodologie di lavoro non presentano sostanziali differenze per quanto riguarda vantaggi o svantaggi. Il primo richiede un lavoro aggiuntivo nella modellazione dei Parametri di rapporto; se invece si adotta il metodo basato sull’esportazione dei dati, è bene ricordare di esportare i dati e
aggiornare il foglio di calcolo ogni volta siano avvenute modifiche al modello informativo. Questo garantisce che i dati di base su cui si lavora siano sempre quelli più aggiornati.
7.1.1.3 Computo metrico estimativo Come accennato, il modello informativo può essere interrogato per estrarre e gestire i dati modellati. Un’operazione ormai assodata è quella del Quantity Take Off, ovvero l’estrazione dei dati relativi alle quantità degli elementi tecnici modellati come Muri, Pavimenti e Controsoffitti. Nel caso in esame, sono stati impostati degli Abachi delle quantità che riportano Codice identificativo del tipo, la Famiglia e i Tipi modellati e i dati di superficie in m².
Figura 7.19 Abaco computo categoria Muri.
Successivamente, i dati sono stati esportati e gestiti in Microsoft Excel, associando al dato dimensionale il valore di costo da prezziario; tramite questa operazione è stato possibile produrre il Computo metrico estimativo del progetto in esame, sempre aggiornabile a seguito di ogni modifica del modello BIM.
Figura 7.20
Stralcio del computo metrico estimativo estratto dal modello informativo.
È possibile produrre un Computo metrico estimativo tramite applicativi specifici che automatizzano il procedimento di assegnazione del costo unitario da prezzari alle quantità estratte. In questa sede si sottolinea come non sia fondamentale, lo strumento utilizzato per produrre il documento, ma quanto sia importante strutturare l’informazione all’interno del modello BIM in funzione degli output desiderati. Si intuisce ancora una volta come il modello informativo non si limiti al solo dato geometrico, ma venga informato con dati che arrivano a gestire l’informazione dei costi tramite una modellazione 5D.
7.1.1.4 Capitolato speciale prestazionale Unità Ambientali Nel modello BIM della nuova Scuola primaria di Melzo sono state inserite le informazioni riguardanti le classi prestazionali previste per le unità ambientali a progetto. Le informazioni inserite nelle unità ambientali sono definite nei LoIN (cfr. § 1.7.1.5), secondo le fasi di progettazione, tra cui:
PR_RA 01 - Controllo benessere acustico;
PR_RA 02 - Controllo benessere termico invernale;
PR_RA 03 - Controllo benessere termico estivo;
PR_RA 04 - Controllo qualità aria;
PR_RA 05 - Controllo benessere ottico-luminoso;
PR_RA 06 - Controllo benessere psicologico e visivo;
PR_RA 07 - Controllo della ventilazione;
PR_RA 08 - Controllo sicurezza al fuoco_Compartimentazione;
PR_RA 08 - Controllo sicurezza al fuoco_Estinzione;
PR_RA 08 - Controllo sicurezza al fuoco_Rilevazione;
PR_RA 08 - Controllo sicurezza al fuoco_Segnalazione;
PR_RA 09 - Controllo sicurezza elettrica;
PR_RA 10 - Controllo sicurezza ai gas;
PR_RA 11 - Controllo sicurezza sostanze tossiche;
PR_RA 12 - Controllo sicurezza di circolazione;
PR_RA 13 - Controllo igiene;
PR_RA 14 - Controllo sicurezza alle intrusioni_Controllo;
PR_RA 14 - Controllo sicurezza alle intrusioni_Rilevazione;
PR_RA 14 - Controllo sicurezza alle intrusioni_Segnalazione;
PR_RA 15 – Aspetto.
Figura 7.21 Associazione dei parametri riguardanti le classi prestazionali alle unità ambientali modellate.
Nel software di modellazione sono stati inseriti e compilati i Parametri della categoria Locali, che sono stati richiamati tramite Abachi e successivamente esportati in Excel. L’abaco filtrabile e ordinabile ha permesso di strutturare le informazioni secondo le necessità.
Figura 7.22
Abaco delle classi e dei relativi requisiti prestazionali.
I dati estratti sono stati organizzati e strutturati all’interno di un documento, il capitolato speciale prestazionale, che definisce le classi prestazionali minime per ogni unità ambientale. L’utilizzo del modello come fonte unica dei dati garantisce l’univocità dell’informazione ed evita la duplicazione e la frammentazione dei dati.
Figura 7.23 Schede del capitolato prestazionale con le classi relative all’unità ambientale aula didattica frontale.
Elementi Tecnici Come per le unità ambientali, agli elementi tecnici modellati sono stati associati dei parametri relativi ai requisiti e specificazione prestazionali: le informazioni inserite negli elementi tecnici sono definite nei LoIN (cfr. § 1.7.1.5), secondo le fasi di progettazione. Ad esempio, ai vari tipi di Muro sono stati assegnati i parametri:
PR_RT 01 - Limitazione dell’ingombro (spessore pacchetto tecnologico) (cm);
PR_RT 02 - Isolamento acustico standardizzato di facciata_D2m,nT (dB);
PR_RT 03 - Potere fonoisolante apparente_Rw (dB);
PR_RT 04 - Isolamento acustico ai rumori degli impianti a funzionamento discontinuo_La (dB);
PR_RT 08_Trasmittanza termica_U (W/m ² K);
PR_RT 09 - Controllo della condensa interstiziale;
PR_RT 10 - Controllo della condensa superficiale;
PR_RT 11 - Sfasamento (h);
PR_RT 12 - Attenuazione onda termica;
PR_RT 23 - Tenuta all’aria;
PR_RT 24 - Tenuta all’acqua;
PR_RT 26 - Resistenza agli urti;
PR_RT 27 - Protezione facciata attacchi a terra;
PR_RT 30 - Attrezzabilità impiantistica;
PR_RT 31 - Resistenza meccanica ai carichi sospesi;
PR_RT 32 - Reazione al fuoco;
PR_RT 33 - Resistenza al fuoco;
PR_RT 37 - Aspetto interno;
PR_RT 38 - Aspetto esterno;
PR_RT 48 - Resistenza e tenuta all’acqua (locali igienici, cucina, ecc);
PR_RT 49 - Durabilità;
PR_RT 50 - Affidabilità;
PR_RT 54 - Manutenibilità rivestimento verticale esterno.
Figura 7.24 Associazione dei parametri riguardanti le classi prestazionali agli elementi tecnici modellati (Muri).
Nel software di modellazione sono stati associati dei parametri agli elementi tecnici modellati, che sono stati richiamati tramite Abachi e successivamente esportati in Microsoft Excel. L’abaco filtrabile e ordinabile ha permesso di strutturare le informazioni secondo le necessità. I dati estratti sono stati organizzati e strutturati all’interno di un documento, il Capitolato speciale prestazionale, che definisce le classi prestazionali minime per ogni elemento tecnico.
Figura 7.25 Capitolato prestazionale con le classi relative all’elemento tecnico PV04.
7.2 I NDUSTRY F OUNDATION C LASSES (IFC)
Finora la modellazione informativa trattata in questo capitolo presumeva l’inserimento e la gestione dei Parametri all’interno di un unico software; questa modalità però non è sempre utilizzabile, in quanto può capitare di dovere utilizzare una piattaforma di lavoro con più software a disposizione. Nelle pagine seguenti verrà affrontata la questione di trasferire il contenuto informativo tramite l’utilizzo di formati di interscambio aperti, affrontando i vantaggi e svantaggi che attualmente questa operazione comporta. Alla base dell’approccio BIM vi è la collaborazione: l’interazione continua e nelle varie fasi del processo tra tutti i soggetti coinvolti è fondamentale per raggiungere l’obiettivo comune. Partendo dalla fase di progettazione e modellazione, è basilare l’interazione, sia a livello di risorse umane sia a livello di strumenti intesi come hardware e software. La metodologia BIM prevede infatti l’approccio collaborativo tra i soggetti che devono interfacciarsi durante la progettazione dell’opera e la sua realizzazione. Per questo motivo, è necessario che l’hardware supporti i software utilizzati per la costruzione dei modelli, e in particolar modo che questi ultimi dialoghino nel modo più efficiente tra di loro. Questo aspetto è notoriamente definito con Interoperabilità. Sul mercato esistono numerosi software e applicazioni sviluppati appositamente per eseguire compiti specifici, quali la modellazione, gestione delle informazioni, gestione del cantiere, controllo e verifica del progetto. Spesso però questi programmi non dialogano facilmente tra loro, in quanto ogni casa software crea il proprio formato proprietario (es. .rvt, .pln, .tbp) per cui si limita la rete di interazioni solo tra alcuni software e non tra altri, come rappresentato nella figura seguente. Il dialogo può avvenire secondo due modalità:
in modo diretto: esportando un file di formato proprietario e importandolo direttamente in un altro software;
in modo indiretto: esportando in formato IFC da un software e mediante una mappatura del formato importarlo nell’altro (lo standard IFC è trattato in dettaglio nel prossimo paragrafo).
Figura 7.26 Relazioni di interoperabilità tra software.
Altro aspetto importante che la modellazione informativa prevede è l’Interdisci-plinarietà. Con questo termine si intende la possibilità di lavorare contemporaneamente sullo stesso progetto in più soggetti su discipline differenti. I software che sfruttano la metodologia BIM permettono infatti di suddividere il lavoro tramite ambienti virtuali, in cui ognuno è responsabile della propria parte, ma che è direttamente in relazione alle altre mediante collegamenti tra file, lavoro in cloud e impostazioni/restrizioni applicate ai diversi modelli. Per esempio, tramite i Workset presenti nel software Autodesk Revit (cfr. § 5.1.2.2), è possibile lavorare contemporaneamente su un unico modello: occorre creare un modello di progetto principale (denominato modello Centrale) e una serie di modelli Locali in utilizzo ai differenti utilizzatori. Ciascun utente potrà quindi operare localmente sul proprio file e, salvando le modifiche, sincronizzare il lavoro sul file Centrale.
7.2.1 Standard IFC IFC è uno standard open-source, un modello di dati, per descrivere i dati del mondo delle costruzioni; risponde all’esigenza di creare file che contengano dati leggibili dalle macchine, a prescindere dagli strumenti informatici utilizzati, e di buona qualità, da utilizzarsi in tutte le fasi del ciclo di vita di un bene. Il concetto di base è semplice: creare uno schema di dati comune che consenta di scambiare informazioni tra più applicazioni e software e quindi faciliti la collaborazione (principio base del BIM). IFC è un modello dati neutro che raccoglie le informazioni di un edificio lungo tutto il suo ciclo di vita. È stato sviluppato da BuildingSMART, autorità mondiale in campo di trasformazione digitale dell’e-conomia del costruito attraverso l’adozione di standard internazionali ed aperti. Per questa ragione, BuildingSMART ha definito degli standard da usare per varie attività, alcuni dei quali sono già stati tradotti in una ISO. Allo stato attuale sono stati definiti gli standard seguenti:
IDM – Information Delivery Manual: è lo standard che descrive i processi, li individua e li mappa (ISO 29481-1 e ISO 29841-2);
IFC – Industry Foundation Class: è lo standard per il trasporto di informazioni e dati (ISO 16739);
BCF – BIM Collaboration Format: è lo standard per change coordination;
IFD – International Framework for Dictionaries: è lo standard relativo alla terminologia, che raccoglie, termini, vocaboli e attributi per gli oggetti (ISO 12006-3);
MVD – Model View Definitions: è lo standard che traduce i processi in requisiti tecnici. Per comprendere meglio come funzionano tali standard, è utile pensare ad un’analogia. Le soluzioni BuidingSMART sono sviluppate analogamente ad uno smartphone, tramite un sistema operativo e delle applicazioni. Il sistema operativo è l’IFC, mentre le applicazioni sono MVD. Il sistema e le applicazioni funzionano in tutto il mondo grazie all’accesso al BuildingSMART Data Dictionary (BSDD) basato sul IFD.
7.2.2 Formati e semantica dello standard IFC Le release di IFC sono costantemente aggiornate da buildingSMART. Quelle correntemente in uso sono le seguenti:
IFC4: è ancora in versione beta e non ampiamente supportata. Questo formato offre possibilità avanzate rispetto agli altri;
IFC2x3: è attualmente il formato più stabile e supportato;
IFC 2x2: è un formato meno aggiornato rispetto agli altri, ma potrebbe essere utile se il destinatario del file non possiede un software che supporta IFC2x3. Per quanto riguarda la configurazione, il modello IFC è composto da enti organizzati in maniera gerarchica, basati su oggetti; è un modello entitàrelazione, cioè identifica gli oggetti come “padri” e “figli” posizionandoli su un grafo ad albero. La sua struttura è basata su tre aspetti: semantica (definizione degli oggetti), relazioni e proprietà. Il concetto astratto della semantica definisce i tipi di oggetti materiali nonché la generalizzazione di qualsiasi elemento trattato all’interno del modello IFC; il concetto relazionale definisce e rappresenta la generalizzazione di tutte le relazioni tra gli oggetti; infine il concetto di proprietà può essere definito come la generalizzazione di tutte le caratteristiche che possono essere assegnate agli oggetti. Un’entità IFC è un oggetto univocamente definito all’interno del modello di dati IFC, con associati attributi e dipendenze. Le entità (in IFC2x3 ci sono
più di 600 entità) sono definite in una lista elaborata da buildingSMART. Esempi di entità sono IfcDoor, IfcGrid, IfcRoof, che sono elementi dell’edificio, ma anche geometrie (come IfcExtrudedAreaSolid) oppure elementi di base (IfcCartesian-Point). A ciascun tipo di entità sono abbinati attributi diversi, quindi è fondamentale che gli oggetti siano assegnati correttamente all’entità giusta. L’entità IfcRoof ad esempio è un sottotipo di IfcBuildingElements, a sua volta sottotipo di IfcElement.
Figura 7.27 Esempio standard IFC entità-relazioni in grafo ad albero.
I file in formato IFC possono essere aperti anche con un editor di testo, che consente di analizzarli efficacemente. La struttura di un file IFC è suddivisa in due parti: intestazione, che contiene informazioni generali, e corpo, che contiene informazioni sulla geometria e gli attributi dell’edificio. Il corpo apparirà come una lunga lista di righe. Queste righe rappresentano il database contenuto all’interno di un modello BIM, e sono relazionate tra di loro. Sono numerate in ordine crescente sfruttando il simbolo #, facente parte della sintassi di programmazione, che ne identifica l’univocità. Ogni riga serve a classificare, identificare univocamente e denominare l’oggetto. Considerando ad esempio una finestra: #16765= IFCWINDOW(‘1oOSSVisj3_uFEHloRfUvt’,#41,’Finestra - 1 Anta:90x140 cm:134745’,$,’90x140 cm’,#46033,#16759,’134745’,2.34500000000008,0.990000000 000075); Questa riga di definizione è identificata da #16765. I numeri preceduti da # sono sempre riferimenti ad altre righe nella struttura del file. Si vede che nell’esempio riportato si fa riferimento a #46033 e #16759. La riga #46033 appare così: #46033= IFCLOCALPLACEMENT(#46019,#46032); l’IFCLocalplacement identifica il posizionamento dell’oggetto. La riga #16759 invece appare così: #16759= IFCPRODUCTDEFINITIONSHA-PE($,$,(#16757)); e fa a sua volta riferimento ad altre righe, che a loro volte potranno fare riferimento ad altre ancora.
Figura 7.28 Visualizzazioni delle relazioni del modello IFC descritto in esempio.
Dall’editor di testo, è possibile risalire a tutti gli attributi all’oggetto identificato. Ogni attributo occupa una riga, ed è quindi riportato una sola volta, ma può essere utilizzato da più componenti (ad esempio, l’attributo relativo ad uno specifico materiale è riportato su una riga, richiamata da tutti i componenti che hanno quel materiale).
7.2.3 Uso dello standard IFC In questa sezione si affrontano le varie forme con le quali si realizza l’interoperabilità attraverso il modello IFC, sia quando si tratta di realizzare semplici collegamenti di coordinamento, sia quando si realizzano trasferimenti di dati per rielaborazioni. Il tema è trattato attraverso l’utilizzo del software Autodesk Revit utilizzato in tutti i capitoli precedentemente affrontati. Il modello generale IFC assume varie conformazioni e livelli di approfondimento in base al fine ultimo del suo utilizzo all’interno del processo di collaborazione progettuale. Per definire le sue forme ridotte, si sfruttano le varie MVD (Model View Definition, Definizioni di Vista del Modello), che rivestono un ruolo importante nel realizzare i corretti scambi di informazioni tra i soggetti coinvolti. Una MVD è un sottoinsieme dello standard globale realizzato con il fine di descrivere uno scambio di dati per uno specifico uso o flusso di lavoro. Le conformazioni che assumono possono variare da un insieme ampio quasi quanto lo stesso schema IFC (per fini archivistici) ad un insieme molto ridotto e specifico, quale quello necessario per definire il prezzo di un componente costruttivo. Di conseguenza, la singola forma di una MVD risulta caratterizzata dal fine ultimo di utilizzo dei dati trasmessi allo specialista e, allo stesso tempo, dalle capacità generali dei software utilizzati. All’interno di un flusso progettuale, le finalità di utilizzo dei dati portano allo sviluppo di due principali scenari: il coordinamento tra discipline o l’integrazione/consegna del progetto o sue parti. Questi fini ultimi si riflettono anche sulla tipologia di operazione svolta all’interno degli applicativi. Nel primo caso è possibile procedere con il semplice collegamento dei modelli IFC, i quali vengono esclusivamente considerati come riferimento nel lavoro svolto. Al contrario, nel secondo caso, essendo prevista l’elaborazione dei dati per svolgere un nuovo lavoro, è necessario impostare correttamente le operazioni di esportazione e importazione, le
quali fanno sì che il progetto non venga trasmesso in modo errato fin nel minimo dettaglio. Curare le impostazioni permette di non incontrare gra-vi problemi anche rispetto alle interpretazioni aggiuntive svolte dai software, in alcuni casi, nell’importazione dei file, aspetto critico dello scenario attuale.
Figura 7.29 Flusso di lavoro in base alla finalità di utilizzo del file IFC.
Seppur abbiano una minore influenza dato il costante aggiornamento dei software, sia BIM Authoring sia specialistici delle discipline del settore AECO altri aspetti da tenere in considerazione durante lo scambio di dati
con file IFC sono i formati (IFC,ifcXML,ifcZIP) e le versioni dello schema generale(IFC2x2,I-FC2x3,IFC4, ecc…). A tutto questo si affianca in modo considerevole il grado di conoscenza della struttura dei file IFC richiesta per poter comprendere la bontà dell’esportazione/importazione dei dati. In particolare, è fondamentale riuscire a riconoscere le strutture di classi e tipi utilizzati per distinguere gli elementi, l’assegnazione di parametri di default oppure personalizzati messa in atto e la rappresentazione geometrica degli oggetti che si ottiene dalle estrusioni fino alle NURBS. Si passa ora ad analizzare il flusso di lavoro ipotizzabile durante una fase di consegna di un file IFC, estrapolato attraverso una idonea MVD, il quale richieda di essere elaborato in software specialistico o BIM Authoring differente da quello di esportazione. Successivamente si illustra anche il caso operativo del semplice collegamento.
7.2.3.1 Esportazione da software BIM Authoring
Figura 7.30 Flusso di lavoro per realizzare un’esportazione IFC personalizzata.
Questa procedura esposta nell’immagine permette di controllare lo scambio di dati correlando le finalità dell’utente specialistico con le operazioni di esportazione/importazione e tutti gli altri aspetti precedentemente citati. Un
esempio è rappresentato dalla consegna finale da effettuare al committente, dove potrebbero non esser richieste tutte le informazioni utilizzate per le varie informazioni specificate nel EIR allegato all’affidamento. In primis, la collaborazione si deve sviluppare a livello di pianificazione direttamente tra gli utenti, dove comprendere il fine ultimo dell’utente specialista permetterà di caratterizzare in modo idoneo il file IFC. Questa caratterizzazione prevede la scelta del formato, la definizione della corretta MVD e l’impostazione per la corretta traduzione delle categorie e relativi attributi propri di un software BIM Authoring in classi e relativi parametri degli oggetti in formato IFC. Prendendo come esempio Autodesk Revit, attraverso la Ribbon Tab File nella sezione Esporta si raggiungono le Opzioni IFC per l’esportazione dove è possibile comprendere in modo semplice la parte operativa della traduzione delle categorie o sottocategorie proprie del software in classi e tipi dello schema di Building Smart. Maggior sensibilità richiede la gestione dei parametri poiché è richiesta sia la conoscenza di quelli di default assegnati direttamente dal software sia quelli da aggiungere in base all’esigenza (nel gruppo parametri IFC), operazione limitata sulla base dei set di parametri IFC gestibili da Autodesk Revit. Le operazioni di gestione dei parametri si svolgono prima tramite i relativi comandi nella sezione Impostazioni della Ribbon Tab Gestisci e successivamente con il passaggio spiegato di seguito.
Figura 7.31 Opzioni di collegamento tra le Categorie/ Sottocategorie alle Classi/Tipi IFC.
Tramite la finestra di dialogo per la configurazione dell’esportazione in formato IFC, visualizzabile attraverso l’avvio della procedura Esporta IFC nella stessa Ribbon Tab di Autodesk Revit descritta sopra, è possibile indicare il formato e la MVD oltre ad una consistente serie di proprietà che permettono una profonda caratterizzazione del file. In particolare, si segnalano le opzioni per gestire gli attributi, collegate alle specificazioni sopra esposte da realizzare nel progetto, e il livello di dettaglio, che influisce molto sulle dimensioni del file.
In questi passaggi è richiesta una profonda conoscenza dell’organizzazione logica di Autodesk Revit e dello schema IFC, come già espresso sopra, e una strutturazione adeguata del processo di modellazione fin dalle prime fasi per controllare la transizione. A riguardo, si consiglia di approfondire i contenuti della guida in linea e del manuale dello standard IFC per Autodesk Revit. Oltre a queste opzioni, all’interno di Autodesk App Store si ha la possibilità di ottenere delle estensioni che permettono di aver un maggior controllo sull’estrazione dati, per personalizzare sia i parametri IFC sia la forma del MVD.
Figura 7.32 Configurazione dell’esportazione IFC in Autodesk Revit.
L’operazione di controllo del risultato tramite un visualizzatore IFC, dove si possono controllare sia la resa grafica sia la resa informativa, permette di verificare internamente al proprio flusso di lavoro la coerenza rispetto al formato proprietario, prima di passare il file all’utente specialista. Quest’ultimo verrà guidato nell’impostazione della fase di importazione del file con le indicazioni del proprietario, riuscendo a mantenere la correttezza dei dati. La procedura di importazione svolta in Autodesk Revit prevede prima il settaggio della tabella di conversione tra categorie e classi, con le stesse modalità viste per l’esportazione, e poi l’avvio dell’importazione richiamando il file, senza impostare altro. Entrambe le elaborazioni vengono svolte dalla sezione Apri del Ribbon Tab file del programma. Inoltre, si ha la possibilità di indicare un modello IFC come riferimento per l’operazione, oltre la sola tabella sopra citata.
7.2.3.2 Collegamento da software BIM Authoring Nel caso si preveda di effettuare un collegamento dei file per realizzare un coordinamento costante risulta strettamente necessario gestire l’iter informativo. Tale situazione ricorre, ad esempio, quando la catena di fornitura produce informazioni o parti di modelli di una disciplina, oppure ancora più semplicemente quando due differenti discipline scambiano informazioni grafiche e non sviluppati tramite differenti software BIM Authoring (Fig. 7.33). In ogni caso, bisogna esser consapevoli che la traduzione interna al software avviene sfruttando le impostazioni per la sola importazione delle Opzioni IFC. In Autodesk Revit queste si trovano nella sezione Apri del Ribbon Tab file del programma, come visto sopra. L’operazione di Collegamento IFC si realizza invece attraverso il corrispettivo comando interno alla sezione Collega della Ribbon Tab Inserisci, dove viene richiesto solo il file interessato senza ulteriori specificazioni. Il controllo della correttezza grafica e informativa si realizza sempre tramite la visualizzazione del file. Si deve considerare che l’aggiornamento del file IFC avviene all’apertura del modello a cui è collegato in automatico oppure tramite l’aggiornamento dei riferimenti svolto dall’utente durante il lavoro. In queste operazioni, essendo possibile utilizzare gli oggetti IFC come riferimenti di quotatura, allineamento, etichettatura e, in casi molto limitati, come host per oggetti, è consigliato ricontrollare se le modifiche apportate sono state assorbite correttamente dal modello che subisce le variazioni del collegamento IFC.
Figura 7.33 Finestre per il Collegamento IFC in Autodesk Revit.
Figura 7.34 Attributi IFC visualizzabili post importazione con Seleziona oggetto.
7.2.3.3 Interoperabilità: problematiche e vantaggi applicativi In conclusione, valutare allo stato attuale le condizioni di operatività dello standard IFC risulta un’operazione che attraversa una serie di aspetti. Per quanto riguarda la sua stessa composizione, il formato ha un numero elevato di oggetti e connessioni esente da ripetizioni tale da sviluppare una rappresentazione generale non semplice ed intuitiva, sfruttabile solo tramite maschere software che permettono di identificare un punto di vista. Questo può rappresentare una criticità quando si tratta di collaborare, dato che il punto di vista potrebbe distinguersi per pochi dettagli, ma allo stesso tempo permette di analizzare i dati da varie prospettive, con vantaggi per vari operatori specializzati. Ad esempio, per quanto riguarda la rappresentazione spaziale, basti pensare al fatto che direttamente leggendo il codice incluso non si è in grado di verificare se un oggetto sia o meno incluso in un locale, ma tale operazione deriva da un’intersezione delle geometrie effettuate dai software Open BIM. Per quanto riguarda i software, le loro specifiche impostazioni o interpretazioni non gestibili nelle operazioni di import/export rendono spesso difficile il dialogo tra differenti piattaforme qualora non vengano correttamente mappati gli schemi di passaggio tra applicativi BIM autoring. Problemi operativi si riscontrano, ad esempio, quando analisi di code checking vengono realizzate su modelli IFC, qualora i parametri seppur presenti nella struttura teorica di un IFC non sono stati correttamente inseriti o mappati. Uno degli aspetti più critici riguarda la perdita di gestione parametrizzata degli elementi geometrici. Di fatto, quando viene tradotta la rappresentazione geometrica e informativa dell’oggetto (anche una semplice porta a un’anta) si perde la possibilità di modificare in un secondo
momento l’istanza, cambiandone le dimensioni, se non conoscendo profondamente il linguaggio base di un IFC. Per quanto concerne la pura rappresentazione grafica, trattasi di un aspetto molto importante per la parte comunicativa del settore costruzioni, si deve segnalare che il formato IFC non conserva le viste bidimensionali e le afferenti annotazioni impostate in un modello. In tal senso, vengono conservate le sole geometrie modellate tridimensionalmente, fattore che non è sempre conforme ai requisiti dettati dalla stazione appaltante. Inoltre, tutti i passaggi osservati per gestire la transizione dall’architettura informativa proprietaria a quella sviluppata da Building Smart spesso limitano l’adozione del formato open source. Una possibile soluzione risulta l’adozione di programmi con formato IFC nativo, al momento poco sviluppati e poco presenti all’interno del mercato AECO. Questi permetterebbero di sfruttare a pieno le potenzialità del formato interdisciplinare in termini di coerenza, tempi e costi della gestione informativa.
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