L'impresa culturale. Processi e strumenti di gestione 8843030299, 9788843030293

Quali sono le specificità di una "impresa culturale"? E quali sono, più in generale, le implicazioni economich

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Italian Pages 309 Year 2004

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L'impresa culturale. Processi e strumenti di gestione
 8843030299, 9788843030293

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Manuali universitari 8 Economia aziendale

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Ludovico Soli ma

L'impresa culturale Processi e strumenti di gestione

Carocci editore

6a ristampa, maggio 2015 1a edizione, giugno 2004 © copyright 2004 by Carocci editore

S.p.A., Roma

ISBN 978- 88-430-3029 -3

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Prefazione 11 di Patrick J Boylan Introduzione

13

1.

Le specificità del settore culturale 17

1.

La prospettiva interpretativa adottata Il settore culturale 25

2.

17

2.1. L'evoluzione più recente/ 2.2. L'impatto della tecnologia

3. 4.

Il dibattito sulla presenza dello Stato 34 L'impatto economico delle imprese culturali 39 In questo capitolo 45 Bibliografia 45 Appendice 1: L'approccio multicriteri nella valutazione di un progetto culturale 49

2.

Le imprese culturali 53

1.

2.

L'inquadramento teorico 53 Gli attori del sistema 55 2.1. I teatri e le fondazioni liriche/ 2.2. Le biblioteche/ 2.3. Gli archivi/ 2.4. I musei e le aree archeologiche/ 2.5. I festival

3.

Una visione d'insieme 83 In questo capitolo 86 Bibliografia 87

3.

I processi decisionali e le opzioni strategiche di gestione 91 I processi decisionali 91

1.

2.

3.

1.1. Le risorse di conoscenza / 1.2. La definizione del problema/ 1.3. L'acquisizione dei dati e la produzione di informazioni/ 1.4. La formulazione della risposta

I livelli decisionali 101 L'analisi competitiva 104 3.1. L'analisi PEST / 3.2. I livelli della concorrenza/ 3.3. L'analisi swoT

4.

Le condotte strategiche

111

4.1. La formulazione delle decisioni strategiche / 4.2. Gli ambiti decisionali / 4.3. Le principali opzioni strategiche

7

L'impresa culturale

5.

Le strategie competitive 120 In questo capitolo 124 Bibliografia 125 Appendice 2: Gestire l'integrazione tra business: la Fondazione Querini Stampalia di Venezia 127

4.

La gestione direzionale 131 Il processo di direzione aziendale Le decisioni organizzative 134

1

2

131

2.1. I principi organizzativi/ 2.2. I modelli di struttura organizzativa

3 4

La programmazione ed il controllo delle attività 150 La conduzione delle risorse umane 157 In questo capitolo 161 Bibliografia 162 Appendice 3: La definizione dei ruoli organizzativi nelle compagnie teatrali: il caso css Udine 165

5.

L'orientamento delle scelte di marketing I destinatari dell'offerta culturale 169

1.

169

1.1. Le caratteristiche della domanda / 1.2. Il concetto di marketing/ 1.3. Domanda e bisogni/ 1.4. Il processo d'acquisto 2.

3.

Il sistema informativo di marketing 180 Le decisioni di marketing strategico 189 3.1. Le opzioni strategiche/ 3.2. La segmentazione/ 3.3. Il posizionamento

4.

Le politiche di marketing

196

4.1. Il marketing-mix/ 4.2. La politica di prodotto/ 4.3. La variabile del prezzo e le poli­ tiche tariffarie/ 4.4. Le scelte di distribuzione/ 4.5. La comunicazione e la promozione

5.

Il marketing digitale 217 In questo capitolo 224 Bibliografia 224 Appendice 4: L'utenza delle biblioteche comunali in Lombardia 229 Appendice 5: L'Abbonamento Musei Torino-Piemonte 233 Appendice 6: Quale pubblico per i festival 237 Appendice 7: Gli "Stili di Vita" Eurisko 241

6.

L'orientamento delle scelte economiche e finanziarie Gli equilibri della gestione 247 Fabbisogni ed impieghi di capitale 251 Il fund-raising 258

1.

2.

3.

247

3.1. I contenuti del fund-raising / 3.2. Risorse e strumenti / 3.3. Il contributo del volon­ tariato/ 3.4. Le sponsorizzazioni/ 3.5. La partecipazione ai bandi di gara/ 3.6. Il Project Financing

8

Indice

4. 5.

Le entrate auto-generate 281 La stesura del Master Pian 283 5.1. Contenuti e destinatari/ 5.2. Gli aspetti qualitativi/ 5.3. Le variabili quantitative In questo capitolo 293 Bibliografia 294 Appendice 8: La definizione del budget di una mostra: il caso G. B. Tiepolo 297 Indice delle tabelle Indice delle figure Indice analitico

301 303

307

9

Prefazione

Lo studio di Ludovico Solima La gestione imprenditoriale dei musei. Percorsi strategici e competitivi nel settore dei beni culturali (Padova 1998) è stato, e rimane, un importante punto di riferimento nella letteratura e nella ricerca sulla gestione del patrimonio culturale, non solo per l'Italia, bensì anche a livello internazionale. È quanto meno un peccato che gli inglesi, protago­ nisti dell'editoria mondiale in tema di musei e patrimonio culturale, si ostinino a non produrre opere tradotte, così che il lavoro del prof. Solima rischia di restare sostanzialmente sconosciuto al di fuori dei confini italiani, come purtroppo è avvenuto per i suoi più recenti studi sul marketing cul­ turale. Al pari di altri settori che rientrano in ciò che in molti Paesi costituisce an­ cora il servizio pubblico (anche laddove la privatizzazione generalizzata non è mai stata posta "ali'ordine del giorno"), il settore culturale - che comprende le arti, le biblioteche, i musei ed il patrimonio culturale - nel corso degli anni recenti ha subito profonde modificazioni. E noto che in alcuni Paesi e istituzioni sopravvive ancora la figura classica del funzionario (incluso il direttore), che ritiene sia lo Stato o l'Ente locale a dover mettere a disposizione gli immobili, i mezzi finanziari e le altre risorse necessarie, in modo da potersi concentrare sul perseguimento dei propri interessi accade­ mici o artistico-cuiturali (si tratta di quella tipologia di funzionari che, in alcune mie pubblicazioni sui musei, ho definito il "curatore-studioso"). Parliamo di una mentalità molto lontana dal concetto o dalla pratica del "management", che delega quasi interamente la "banale amministrazione" (anche quella finanziaria) a tecnici specialisti del Ministero o del Comune, i quali, operando dall'esterno del teatro, del museo, della biblioteca o del monumento, non devono far altro che permettere ai funzionari di star die• • • • • • • • tro a1 propri 1mpegn1 e a1 propri 1nteress1. Egualmente ispirata ai valori tradizionali, ma in netto contrasto con siffatta mentalità, è la tendenza che si sta diffondendo in un numero sempre cre­ scente di Paesi, istituzioni e organizzazioni, dove modelli evoluti di mana­ gement sono considerati essenziali per mantenere e sviluppare la creatività e la qualità del servizio, a tutto vantaggio sia della generalità del pubblico 11

L'impresa culturale

che degli "addetti ai lavori". Ottenere ciò che, nella realtà del mondo mo­ derno, costituisce un cambiamento necessario nella cultura e nei valori isti­ tuzionali, richiede molto più della nomina di un fund-raiser, capace di tro­ vare risorse ulteriori rispetto ai sussidi pubblici, magari in calo; e non ba­ sterebbe neanche la sostituzione del tradizionale direttore artistico o re­ sponsabile del servizio con un esperto di management applicato al servizio pubblico. Un moderno management democratico e in gran parte decentralizzato si­ gnifica valorizzare tutti i membri del personale, qualunque sia il loro livello di anzianità e responsabilità, ed assicurare che ciascuno abbia l'opportunità di fornire il maggior contributo possibile agli scopi ed agli obiettivi com­ plessivi dell'istituzione. Già nel 1989 la nuova Carta del Management del Regno Unito, sviluppata congiuntamente dalle aziende del settore pubbli­ co e di quello privato, assegnava a un'ampia parte delle professioni (a parti­ re da quelle che necessitano di un livello di qualificazione universitario o superiore) responsabilità di management e di controllo in aggiunta ai ruoli accademici o tecnici di specializzazione (un'indagine condotta dal Diparti­ mento del Lavoro e delle Pensioni del Regno Unito ha messo in evidenza che il management è oggi una parte significativa del lavoro di oltre un quarto degli occupati). Pertanto, la Carta del Management ha affermato che - al di là dei manager propriamente detti - tutti i professionisti e il per­ sonale tecnico superiore necessitano, attraverso una combinazione di for­ mazione professionale ed esperienza, di acquisire competenze in almeno cinque aree-chiave: gestione delle risorse (inclusi gli immobili e le risorse finanziarie), gestione del personale, gestione delle informazioni, gestione dei progetti e - non ultima per importanza - gestione di se stessi. In questo nuovo volume, L'impresa culturale. Processi e strumenti di gestio­ ne, Ludovico Solima fornisce un'eccellente guida teorica e pratica a tutte le tipologie di questioni-chiave del management, che le moderne istituzioni culturali, ed i loro direttori e funzionari, si trovano a dover affrontare oggi. Il libro offrirà validi strumenti ai policy-makers (inclusi i dirigenti pubblici) nonché agli studenti dei corsi di management generale e dei corsi superiori, specializzati nella formazione degli attuali e futuri professionisti del settore culturale. PATRICK J. BOYLAN Professore Emerito di Management e Politiche del Patrimonio Culturale City University, Londra

12

Introduzione

Questo volume nasce con un duplice obiettivo: il primo, di carattere stretta­ mente personale, è legato alla volontà di "mettere ordine", in modo per quanto possibile sistematico, ad un insieme di conoscenze che ho acquisito nel corso degli ultimi anni sul mondo della cultura e, più in particolare, sulle problematiche legate alla gestione ed alla valorizzazione delle risorse artisti­ che e culturali. Il secondo, di natura scientifica, è invece riconducibile ali'e­ sigenza diffusa di disporre di un testo di "generai management" sui beni e le attività artistiche e culturali, in grado di rappresentare un potenziale punto di riferimento sia sotto il profilo didattico che sotto quello operativo. Ciò perché ho ritenuto di poter individuare, come possibili e plausibili destina­ tari di questo volume, tanto gli studenti universitari che gli addetti del setto­ re, accomunati dalla medesima necessità di trovare un punto d'incontro tra competenze di tipo umanistico e conoscenze di natura aziendale. Con riferimento al primo obiettivo, questo lavoro rappresenta un ulteriore passo in avanti di un mio personale percorso di ricerca, iniziato a metà de­ gli anni novanta con la pubblicazione del testo La gestione imprenditoriale dei musei, che - insieme a quelli di alcuni altri autori, quali Angela Roncac­ cioli, Silvia Bagdadli ed Andrea Moretti - ha rappresentato uno dei primi tentativi, nel panorama della letteratura aziendale italiana, di affrontare le questioni legate alla gestione dei musei e, in senso più ampio, all'osserva­ zione della realtà museale attraverso una prospettiva interpretativa di tipo manageriale. In effetti, sino a quella data, i contributi di questo tipo sviluppati da autori italiani erano ancora piuttosto rari: il pionieristico volume curato qualche anno addietro da Pietro Valentino è, in questo senso, emblematica espres­ sione di un approccio scientifico che, nel nostro Paese, muove in quel pe­ riodo i primi timidi (ma, per ciò stesso, particolarmente coraggiosi) passi. Tutto questo accade replicando, per certi versi, quanto già accaduto in altri contesti nazionali - gli Stati Uniti, la Francia, il Regno Unito ecc. - nei quali gli studiosi già da tempo avevano individuato, e proficuamente svi­ luppato, un approccio manageriale allo studio del settore culturale. 13

L'impresa culturale

A distanza di circa due lustri, la situazione appare profondamente cambia­ ta, anche considerando il numero crescente di studi e lavori apparsi, ad esempio, sulla gestione di teatri e musei, o - in termini più generali - sul settore culturale e delle arti rappresentative. Questi contributi hanno inte­ so approfondire le molte questioni rimaste aperte sul fronte interpretativo, e hanno al contempo contribuito ad imprimere ulteriore impulso ad un fi­ lone di studi che, ad oggi, ha probabilmente raggiunto un suo primo mo­ mento di consolidamento. In realtà, sarebbe forse più corretto qualificare lo scenario interpretativo attuale come un percorso di ricerca ancora in uno stato "pre-paradigmatico", nel quale cioè la costruzione teorica sin qui svi­ luppata appare ancora relativamente fluida e suscettibile di ulteriori e deci­ sivi momenti di assestamento. L'interesse crescente del mondo della ricerca si è sviluppato, in primo luo­ go, con il parallelo modificarsi della società contemporanea e, in particola­ re, con la profonda evoluzione degli stili di vita e dei processi di consumo delle popolazioni dei Paesi economicamente più sviluppati. Tali muta­ menti, di cui si cercherà di dar conto nello sviluppo del lavoro, hanno pro­ fondamente alterato il sistema di preferenze degli individui e le modalità generalmente prescelte per soddisfare i fabbisogni di carattere artistico e culturale. Con specifico riferimento alla situazione italiana, va al contempo segnalata la sempre maggiore sensibilità ed apertura dimostrata dai "decision maker" del settore artistico e culturale (Soprintendenti, Assessori, Direttori di tea­ tri, archivi, biblioteche ecc.), i quali, in un passato non lontano, osservava­ no con mal celata preoccupazione il moltiplicarsi di studi e ricerche di tipo manageriale sulle istituzioni da loro governate, reagendo spesso alle nume­ rose sollecitazioni ricevute con atteggiamenti di diffidenza e chiusura. Credo infatti di poter affermare che il "black-out dialettico" che si era ini­ zialmente prodotto sia stato - sia pure se con qualche resistenza e difficol­ tà - definitivamente superato, e che attualmente sia possibile considerare il rapporto tra il mondo accademico e quello degli operatori come un legame stabile e proficuo, nel quale si rende possibile il dispiegamento delle siner­ gie che dal confronto tra impostazioni diverse (e talora divergenti) è co­ munque possibile derivare. Tutto questo è avvenuto anche grazie ad una serie di eventi che hanno in­ teressato, a livello nazionale, ambiti specifici del settore artistico e cultura­ le: se, in ambito teatrale, può ad esempio essere ricordata la recente trasfor­ mazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato, con riferimento invece ai musei altrettanto significativo appare l'effetto connesso alla pro­ gressiva introduzione dei servizi aggiuntivi, la cui diffusione crescente ha posto le premesse per l'attivazione di un serrato ma proficuo confronto tra i responsabili della gestione dei musei ed il mondo delle imprese. Tali cam14

Introduzione

biamenti, al di là degli effetti che hanno prodotto sotto il profilo operativo, hanno contribuito in maniera pregnante a modificare lo scenario comples­ sivo, con il conseguente emergere di nuovi fabbisogni in termini di compe­ tenze e professionalità. Queste necessità sono state adeguatamente colte dal mondo della forma­ zione, in primis quella universitaria, attraverso un percorso evolutivo che ha visto, nel corso degli ultimi anni, l'attivazione di nuove discipline di in­ segnamento e nuovi corsi di laurea (spesso sviluppati grazie alla collabora­ zione tra le Facoltà umanistiche e quelle economiche), il cui comune deno­ minatore è stato proprio il tentativo di coniugare il mondo dell'arte e della cultura con il sistema di conoscenze della scuola italiana di gestione azien­ dale. Questo ulteriore fenomeno consente di comprendere il secondo obiettivo di questo volume, richiamato in precedenza, di carattere eminentemente scientifico: appare infatti sempre più pressante la necessità di disporre di testi a supporto di tali esigenze formative, in grado di accompagnare gli operatori del settore, da un lato, e gli studenti dall'altro, nella loro esplora­ zione di un terreno di riflessione che appare ancora "insidioso", vista la presenza di una molteplicità di approcci teorici che non hanno ancora tro­ vato un definitivo punto di coagulo. In proposito, basti riflettere sulla stessa difficoltà che lo studioso incontra nel voler definire in maniera puntuale il proprio campo d'indagine: quali sono i confini del settore artistico e culturale e quali sono, di conseguenza, le istituzioni che è necessario analizzare? La domanda non è oziosa né di semplice risposta, come si proverà ad argomentare nei primi capitoli di questo volume. Ma è solo uno dei quesiti che è necessario porsi, per affron­ tare in maniera organica e secondo una prospettiva scientifica lo studio del settore artistico e culturale. Il compito appare quindi arduo, e in me c'è la consapevolezza che questo lavoro non ha e non potrebbe avere l'ambizione, né tanto meno la pretesa, di mettere un punto definitivo sulla questione. L'intento, piuttosto, è stato quello di sviluppare un primo contributo di riflessione, suscettibile di inte­ grazioni e modifiche anche alla luce di quella che la stessa esperienza con­ creta potrà nel tempo evidenziare. In ultimo, vorrei ringraziare gli studenti del corso di Economia e gestione degli enti culturali della Seconda Università degli Studi di Napoli, i quali nel passato anno accademico - hanno per primi sperimentato i contenuti di questo volume, pur in assenza di un supporto didattico tangibile al qua­ le riferirsi. Il mio riconoscimento va poi a quei colleghi ed amici - in particolare, Ales­ sandro Bollo, Andrea Moretti, Camilla Perpetua, Maria Rosaria Della Pe15

L'impresa culturale

ruta - che, con la loro disponibilità, hanno dato un contributo spesso rile­ vante al mio percorso di ricerca e di studio, che ha condotto alla stesura di questo volume. Il confronto sull'impostazione generale del testo o su talu­ ne questioni "spinose" si è rivelato prezioso ed utile anche se, come vuole la prassi, la responsabilità di ciò che è stato scritto non può che ricadere solo sull'autore. Un ringraziamento particolare va poi a Enza Sansone e Sergio Riolo, che ormai da anni condividono con me la voglia e la curiosità intellettuale di approfondire nuovi filoni di studio e di ricerca; la pazienza che hanno di­ mostrato ed il sostegno che mi hanno dato va ben al di là del fondamentale supporto di carattere operativo che comunque mi hanno messo, come sempre, a disposizione. Infine, per motivi diversi, vorrei esprimere la mia riconoscenza a Valeria, che - ancora una volta - ha silenziosamente condiviso con me lo sforzo e l'impegno che questo lavoro ha comportato, facendosi troppo spesso cari­ co, malgrado le oggettive difficoltà connesse (tra l'altro) al prossimo "allar­ gamento" della nostra famiglia, di attività di interesse comune. A lei o, me­ glio, a loro due, tutto il mio amore. Seconda Università degli Studi di Napoli marzo 2004 LUDOVICO SOLIMA

16

1

Le specificità del settore culturale

1.

La prospettiva interpretativa adottata

Nel corso degli ultimi anni, il mondo accademico ha evidenziato un cre­ scente interesse verso il settore artistico e, più in generale, verso il mondo dei beni e delle attività culturali. I numerosi contributi che in tempi recenti hanno arricchito il dibattito teorico hanno infatti indagato con rinnovato vigore il rapporto intercorrente tra l'ambito culturale e la sfera economica, seguendo nuove prospettive interpretative che - in particolar modo nel caso italiano - hanno fatto prevalentemente riferimento agli strumenti propri delle discipline aziendali. Principi e strumenti di gestione sembrano cioè aver conquistato, all'interno della più recente letteratura sviluppata a livello nazionale sui diversi comparti del settore culturale (teatri, musei, bi­ blioteche, festival ecc.), un vero e proprio "diritto di cittadinanza", apren­ do nuove prospettive di ricerca e nuovi spazi alla riflessione scientifica. Ciò è avvenuto per diversi motivi, sui quali pare opportuno soffermarsi brevemente. In primo luogo, si è fatta strada, lentamente ma - potrebbe dirsi - inesora­ bilmente, la consapevolezza che il settore artistico e culturale esprime un sempre maggiore fabbisogno di valorizzazione, per il fondamentale contri­ buto che esso può offrire alla crescita economica e sociale della collettività. Anche solo considerando lo straordinario patrimonio artistico e culturale italiano, frutto di una stratificazione pluri-secolare che connota il nostro Paese in maniera unica a livello mondiale, appare infatti evidente la neces­ sità di sviluppare una logica non solo attenta ai problemi della conserva­ zione delle testimonianze materiali esistenti, ma anche - e soprattutto allo sviluppo di un processo di generazione di ricchezza e di valore cultura­ le di cui, come si avrà modo di sottolineare, possano beneficiare non solo le generazioni future ma anche quelle attuali. Ricchezza e valore culturale, sino a qualche tempo fa, erano considerati concetti antinomici, quasi che l'uno dovesse necessariamente escludere l'altro. Il timore maggiore risiedeva nella possibilità di una reciproca conta­ minazione o, piuttosto, nella paura che la "Cultura" potesse risultare, in 17

L'evoluzione dell'analisi teorica

L'impresa culturale

.'affermazione tel dialogo

l metodo di analisi

qualche modo, asservita al "Profitto", snaturando quindi i suoi contenuti e venendo meno al compito primario di contribuire al progresso sociale e ci­ vile di un territorio o di una nazione. Su queste preoccupazioni, in realtà, se ne innestavano di ulteriori, legate alla possibilità che l'introduzione delle logiche aziendali all'interno del settore culturale potesse portare con sé an­ che un'alterazione di equilibri ed assetti consolidati, prefigurando l'avven­ to di cambiamenti incerti e, soprattutto, poco controllabili nei loro esiti finali. Con il trascorrere del tempo, la stessa osservazione della realtà ha messo in evidenza che il confronto tra questi due mondi - così come accade per qualsiasi situazione dialettica - non può che generare dei vantaggi, di cui possono appropriarsi e beneficiare tutte le parti coinvolte. Ricchezza e va­ lore culturale possono essere considerati, dunque, due fattori di una me­ desima equazione, il cui risultato è maggiore della somma delle singole • parti. Questo cambiamento di prospettiva ha modificato le modalità ed i conte­ nuti delle relazioni attivate tra il mondo della cultura e quello economico: all'impermeabilità si è andato sostituendo il dialogo, creando le premesse per lo svolgimento di una interessante e proficua attività di ricerca da parte degli studiosi aziendali, che - come detto - è sfociata in una ormai ricca letteratura di impostazione manageriale. Grazie alla preziosa collaborazione degli operatori del settore culturale, è stato quindi possibile avere accesso alla documentazione interna disponibi­ le, svolgere attività di analisi sul campo, confrontarsi con i decision-maker sulle principali criticità; in una parola, osservare "dal di dentro" tali realtà. E tutto ciò ha consentito di verificare se - ed in che termini - fosse effetti­ vamente possibile applicare le tecniche e le metodologie di analisi proprie degli economisti aziendali a delle organizzazioni specifiche, come quelle at­ tive nel settore culturale, caratterizzate da finalità e problematiche di ge­ stione profondamente diverse rispetto a quelle dominate da una prospetti­ va di azione fondata esclusivamente su considerazioni di tipo economico. Questa logica di "fertilizzazione" incrociata - che chi scrive ha già avuto occasione di sperimentare, qualche anno addietro, con riferimento alle isti­ tuzioni museali (Solima, 1998) - è quella che ha guidato la stesura di que­ sto volume, con il quale si è inteso sia analizzare le connotazioni "settoria­ li" (cioè le specificità dei teatri, piuttosto che delle biblioteche, delle aree archeologiche ecc.) che le intersezioni riconoscibili tra le attività poste in essere dai diversi operatori del settore. Per quanto attiene al primo aspetto considerato - il profilo settoriale - va precisato che, nello sviluppo del lavoro, si è inteso delimitare l'ambito in­ terpretativo, focalizzando l'analisi solo su alcune tipologie di organizzazio­ ni, e precisamente: i musei e le aree archeologiche, i teatri di produzione e 18

t.

Le specificità del settore culturale

le fondazioni liriche, gli archivi e le biblioteche, i festival a prevalente con­ tenuto culturale (di teatro, danza, lirica, letteratura ecc.). Tutti questi soggetti, indipendentemente dal loro assetto proprietario (spesso, infatti, come accade per i musei pubblici, essi non godono nean­ che di un'autonomia giuridica), si caratterizzano per l'integrale risponden­ za rispetto ad alcuni elementi discriminanti: • la preminente finalità culturale che caratterizza queste organizzazioni; • l'assenza dello scopo di lucro, tipica dei soggetti pubblici e delle organiz­ zazioni non profit; • la presenza di un complesso strutturato e permanente di risorse (umane, tecniche e finanziarie) da amministrare, messe a servizio del raggiungimen­ to degli obiettivi primari di gestione; • l'escludibilità, nel senso che l'accesso ai servizi erogati (ovvero, la loro fruizione) non è libero, ma è disciplinato da forme di accesso controllato. La considerazione congiunta di tali elementi consente pertanto di isolare, all'interno del variegato mondo del settore culturale, quegli operatori, attivi nella conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e della creazione artistica, che erogano con continuità i loro servizi in forma gratuita ovvero ad un prezzo che si colloca molto al di sotto dei relativi costi di produzione. In altri termini, tali soggetti non si pongono, quale obiettivo prioritario, il conseguimento di una remunerazione congrua rispetto allo sforzo profuso ed al rischio sostenuto, come avviene nelle imprese private, ma considera­ no il profitto un fattore strumentale per il raggiungimento dei propri obiettivi istituzionali. Questo approccio - come meglio si dirà in seguito legittima l'intervento dello Stato, attraverso forme differenziate di soste­ gno, di tipo diretto o indiretto, a tali attività. Sulla base di quanto affermato, si comprende come siano state conseguen­ temente collocate al di fuori del campo di analisi tutte quelle organizzazio­ ni che, pur operando in ambito artistico e culturale: • trovano nella logica del profitto l'elemento centrale del proprio processo decisionale; questo vale per le cosiddette "industrie culturali" - che hanno per oggetto "opere" riproducibili e non uniche ed irripetibili, come accade, ad esempio, per una rappresentazione teatrale (cfr. Caves, 2000) - attive nelle produzioni di contenuti (società editoriali, cinematografiche, radio­ foniche, televisive, discografiche ecc.), per gli operatori che organizzano esclusivamente eventi (mostre, rappresentazioni, concerti ecc.), e per colo­ ro che perseguono una prevalente finalità commerciale, come nel caso delle gallerie e delle case d'asta; • si caratterizzano per la presenza di una diversa funzione primaria, di tipo scientifico (parchi zoologici, giardini botanici ecc.) ovvero di natura liturgica (chiese, santuari, 1uoghi di cuito in genere); 19

Gli operatori del settore

L'impresa culturale

• sono liberamente accessibili, come accade per il patrimonio ambientale • • e paesagg1st1co. l denominatore :omune

l problema tella "trasferibilità"

Per quanto attiene alla prospettiva interpretativa adottata - come detto, di tipo trasversale - va osservato che le pur diverse problematiche con cui si confronta un parco archeologico, piuttosto che un ente lirico, presentano degli elementi di contiguità, che sembra non solo possibile ma anche utile analizzare in modo congiunto. Da qui anche il titolo del volume, "l'impre­ sa culturale", attraverso il quale si è proprio voluto mettere in evidenza la volontà di svolgere un ragionamento unitario che, rispettoso delle oggetti­ ve differenze esistenti, si incardinasse su un comune denominatore, rappre­ sentato dai processi di gestione che alimentano lo svolgimento delle attivi­ tà artistiche e culturali. Con il termine "gestione" si fa in questa sede riferimento all'insieme di principi e tecniche a cui è possibile ricorrere per assumere, in maniera cor­ retta, le decisioni relative ali'utilizzo delle risorse di cui l'organizzazione culturale dispone. Tali scelte possono essere analizzate distinguendo diversi livelli di ragionamento: l'ambito strategico, la sfera direzionale ed il conte• sto operativo. Ciascuno di questi livelli decisionali sarà oggetto, nello sviluppo del lavo­ ro, di uno specifico approfondimento, tenendo sempre ben presente che alle diverse scelte da compiere sul versante dell'offerta - di pertinenza delle imprese culturali - corrispondono altrettante decisioni dal lato della do­ manda: perché un bene o un'attività culturale possano dispiegare i loro ef­ fetti è infatti necessario che un individuo effettui una precisa scelta, desti­ nando una porzione più o meno ampia del proprio tempo libero al godi­ mento di una delle diverse forme di offerta culturale a cui ritiene di poter avere accesso. Come si avrà modo di argomentare nel corso del lavoro, anche questa scel­ ta è il risultato di un processo decisionale articolato e complesso, in cui gio­ ca un ruolo rilevante la reattività che le persone generalmente esprimono rispetto alle sollecitazioni ricevute; circostanza, questa, che impone - tra le altre cose - lo sviluppo di adeguate capacità strategiche da parte degli ope­ ratori culturali. Attraverso l'adozione della prospettiva interpretativa sin qui tratteggiata, si è data implicitamente risposta ad una prima domanda, di cruciale impor­ tanza: è realmente possibile utilizzare le tecniche e gli strumenti di gestione messi a punto dalla letteratura aziendale in contesti, come quello culturale, apparentemente tanto diversi rispetto al mondo delle imprese? La risposta è stata, evidentemente, affermativa, in quanto anche una lettura superficia­ le delle caratteristiche di un archivio o di un teatro porta a concludere che si tratta, in ogni caso, di realtà organizzate, nelle quali sono presenti risorse 20

t . Le specificità del settore cultu rale di varia natura - umane, tecniche, finanziarie - il cui utilizzo presuppone un'attenta e consapevole attività di amministrazione. In questi termini ha dunque senso parlare di " impresa culturale" , e non, come si potrebbe essere indotti a credere, perché si intenda assimilare, in termini banalizzanti e semplicistici, una biblioteca o un'area archeologica ad un'impresa in senso stretto, orientata cioè alla massimizzazione del ren­ dimento degli investimenti effettuati. Le imprese culturali sono , e rimangono, delle realtà intrinsecamente diver­ se e come tali vanno analizzate (Settis, 2002 ) . La logica del profitto - si ve­ drà - non rappresenta il loro fine, ma lo strumento per realizzare le loro at­ tività istituzionali. Ma ciò non vuol dire, altrettanto semplicemente, che non sia opportuno cercare di contenere il deficit che la gestione di tali isti­ tuzioni produce per definizione e, in ogni caso , rispettare il principio della razionalità economica, cioè massimizzare i risultati conseguiti a parità di impegno profuso ovvero minimizzare lo sforzo sostenuto a parità di risul­ tato complessivo. Rispetto ad un'impresa for profit, in altri termini, non cambia il ragionamento di fondo quanto - evidentemente - il risultato ri­ cercato. La seconda questione su cui occorre interrogarsi attiene non tanto ali' opportunità, quanto all'effettiva possibilità, di fondere all'interno di un unico ragionamento le problematiche di gestione di un bene culturale - come un museo , un'area archeologica, una biblioteca, un archivio - con quelle che affrontano le istituzioni attive nel campo delle cosiddette "arti rappresentative" , o performing arts (teatro, opera, concerto, danza) . In effetti, sembra di poter affermare che i punti di contatto siano comun­ que significativi, non solo dal punto di vista gestionale ma anche tenendo conto della variabile tecnologica, di cui si dirà tra poco. Soffermandosi, preliminarmente, sugli aspetti gestionali, va effettivamen­ te riconosciuto che tanto i processi di produzione, quanto le principali cri­ ticità di gestione relative a queste due tipologie di imprese culturali, non sempre appaiono sovrapponibili. La messa in scena di una rappresentazio­ ne teatrale, così come l'organizzazione di un festival, presentano infatti del­ le problematiche specifiche, che solo in maniera occasionale possono ri­ guardare un archivio o un museo (cfr. cap. 2 ) . Ciò nondimeno, si tratta pur sempre di organizzazioni attive nel settore ar­ tistico e culturale, che presentano la necessità di sviluppare adeguati pro­ cessi di amministrazione delle composite risorse a cui fanno ricorso per l' e­ rogazione di un servizio, di tipo complesso . La concezione dell'organizzazione culturale quale struttura erogatrice di un servizio complesso è dunque l'altra chiave di lettura che può essere proficuamente utilizzata per specificare ulteriormente i confini del quadro teorico di riferimento. Tanto un museo, quanto un teatro, infatti, risultano accomunati proprio dalla tipologia di offerta che essi propongono, che si ri21

L'adozione di u n approccio un itario

L'erogazione del servizio

L'impresa culturale

salve nella messa a disposizione dell'acquirente - o del fruitore, qualora tali servizi siano offerti in forma gratuita - di un insieme di servizi di base (cioè riconducibili all'attività caratterizzante posta in essere dalla struttura) a cui si aggiungono altre tipologie di servizi, complementari ed accessori. Tale distinzione verrà ripresa e dettagliata nel secondo capitolo al fine di mette­ re in evidenza le specificità delle imprese culturali analizzate. In letteratura vengono identificati diversi elementi distintivi delle aziende di servizi, attraverso i quali si comprendono meglio le peculiarità di funzio­ namento rispetto alle imprese industriali (sull'argomento, si rimanda, fra gli altri, a Collier, 1987; Normann, 1985; Vicari, 1983). I servizi si caratterizzano, infatti, per alcuni elementi di base: • l'intangibilità, cioè il contenuto immateriale della prestazione; tale attributo, per un verso, rende difficile una precisa percezione delle carat­ teristiche qualitative del servizio offerto e, quindi, un suo corretto ap­ prezzamento; per altro verso, non consente, se non con evidenti margini di approssimazione, una comparazione preventiva delle alternative di consumo; • l'inseparabilità, nel senso che è necessario che si realizzi la contestualità tra il momento dell'erogazione e quello della fruizione; tale aspetto, oltre ad impedire la valutazione ex-ante del servizio nel senso appena specificato, determina la circostanza che i servizi stessi non possono essere disgiunti dai soggetti che li erogano; • la deperibilità, che inibisce la possibilità di stoccaggio dell'offerta, con un'evidente maggiore difficoltà nel far fronte alle variazioni della do­ manda; • l'eterogeneità della prestazione, che rende complessa l'implementazione di procedure atte a standardizzare le modalità di erogazione. La presenza di tali specificità rende la gestione dei servizi generalmente più complessa rispetto a quanto accade per chi realizza e vende prodotti, la cui fisicità rende possibile strutturare il rapporto con il potenziale acquirente in maniera spesso più agevole. Basti considerare, ad esempio, che mentre per un prodotto, prima di pro­ cedere al suo acquisto, è comunque possibile formulare una pluralità di va­ lutazioni in ordine alle sue caratteristiche (la forma, il colore, la consistenza ecc.), risulta invece molto meno agevole apprezzare preventivamente la qualità di una rappresentazione teatrale. Di uno spettacolo teatrale posso­ no infatti essere valutati, in via anticipata, il prezzo e le modalità di distri­ buzione (luogo, giorno ed orario della rappresentazione) ma solo in manie­ ra approssimativa la sua qualità (come avviene, ad esempio, nel caso in cui il regista o gli attori siano noti al soggetto che svolge tale valutazione). Allo stesso modo, la visita di un'area archeologica o l'accesso ad un archi­ vio presuppone la contestualità della fruizione, cioè il recarsi presso una 22

t.

Le specificità del settore culturale

struttura adibita a tale scopo; il che si traduce nella necessità di sviluppare un'adeguata capacità di attrazione nei confronti della domanda potenziale, la quale deve essere indotta a spostarsi per poter fruire del servizio ricerca­ to , con evidenti aggravi in termini di costo e di tempo impiegato. Peraltro, l'inseparabilità della prestazione determina un'ulteriore circostan­ za, e cioè che i clienti concorrono essi stessi a definire la natura del servizio erogato. Si consideri, a titolo di esempio, quel che può accadere presso i musei, rispetto ai quali la decisione di visita è - da talune categorie di frui­ tori - spesso associata alla possibilità di recarsi in un luogo silenzioso e tranquillo , nel quale abbandonarsi alla contemplazione estetica o alla rifles­ sione intellettuale. Se, però, nello stesso momento, il museo è frequentato da una scolaresca chiassosa ed indisciplinata, il beneficio ricercato dai visi­ tatori potrebbe venir meno, con effetti negativi sul livello di soddisfazione tratto dall'esperienza di visita. Un ulteriore elemento che taglia in senso trasversale le diverse attività arti­ stiche e culturali considerate nel prosieguo del volume è, come già eviden­ ziato, l'assenza dello scopo di lucro. Oltre al settore pubblico, che per defi­ nizione non è orientato al profitto, rientrano in tale fattispecie le organiz­ zazioni non profìt ( o N P ) , che nascono e si sviluppano con l'intento predo­ minante di colmare uno spazio - o, meglio, un "vuoto " - di mercato , nel quale, per motivazioni diverse (economiche, nel caso delle imprese; politi­ che, nel caso dello Stato) , la domanda non viene soddisfatta. Più precisamente, in talune circostanze, lo Stato concorre a soddisfare al­ cune tipologie di fabbisogni collettivi prevalentemente attraverso interven­ ti di tipo indiretto, che si concretizzano in forme di sostegno finanziario accordato a tali organismi (su tale tematica, si rimanda, tra gli altri, a Bor­ zaga, Fiorentini, Matacena, 1998) . Le O N P , infatti, si connotano per lo svolgimento di attività ispirate da intenti mutualistici o solidaristici, indi­ rizzate verso nuclei più o meno definiti di individui. Le p rincipali caratteristiche delle O N P sono essenzialmente riconducibili a tre aspetti (Fiorentini, 199 5) : • lo svolgimento di un'attività di tipo economico; • l'adozione del principio della razionalità economica; • il vincolo del rispetto, nel lungo termine, del requisito dell' economici­ tà della gestione.

L'assenza dello scopo di lucro

Con specifico riferimento al requisito dell'efficienza, va osservato che la ri­ cerca dell'economicità va inquadrata alla luce della teoria del "vantaggio comparato " , secondo la quale tali organizzazioni risultano - per svariati motivi - maggiormente efficienti, rispetto ad altri fornitori, nello svolgi­ mento di servizi di carattere sociale. La teoria del vantaggio comparato vie­ ne utilizzata per giustificare l'attribuzione di vantaggi sotto il profilo fisca-

L'economicità della gestione

23

L'impresa culturale

le, generalmente riconosciuti dallo Stato alle O N P . Si osserva, in proposito, che «è presumibile che le imprese " profit oriented" operanti nel settore culturale ed artistico tendano ad immettere nel mercato una quantità mi­ nore rispetto a quella domandata, ed a produrre bassi livelli di qualità, [ . . . ] riducendo l'offerta a quella parte del proprio prodotto complessivo che as­ sicura il favore della frangia più consistente di pubblico» (Trimarchi, 1993, p. 1 14) . I motivi della delega a strutture esterne sono pertanto anche da ri­ cercarsi nella maggiore economicità di tali strutture, connessa alla presenza di prestazioni d'opera svolte su base volontaristica da parte degli associati, ed alla riduzione dei costi di transazione (per effetto della migliore capacità delle O N P di tenere sotto controllo eventuali comportamenti opportunisti­ ci) che andrebbero invece sostenuti se tali interventi fossero effettuati da strutture orientate al profitto. I costi di transazione sono gli oneri che si so­ stengono nella definizione di una relazione di scambio con una contropar­ te; essi sono composti da " costi decisionali" , connessi «alla ricerca delle in­ formazioni ed alla valutazione delle alternative disponibili»; "costi distri­ butivi" , connessi alle «difficoltà di attribuzione alle singole parti [ . . . ] degli oneri e dei benefici associati ali' esecuzione della transazione» ; " costi di , cambiamento, , legati «ali' abbandono, in caso di fallimento della transa­ zione, degli investimenti specifici [ . . . ] necessari a sostegno della transazio­ ne» (Perrone, 1990, pp. 54-55) . In questa logica, assume forse ancora maggiore rilevanza la seconda carat­ teristica menzionata, e cioè il riferimento a scelte e decisioni improntate a criteri di razionalità economica, che dovrebbero garantire la minimizza­ zione deiflussi esterni di risorse. Si tratta, in altri termini, di interrompere o, quanto meno, attenuare l'effetto di quel circolo vizioso che caratterizza, ge­ neralmente, le aziende pubbliche, basato sulla pretesa di automaticità della sequenza " finalità sociale-deficit-ripianamento " . l problema i elle risorse

Va i n proposito sottolineata, anche sulla base di quanto appena osservato, la scarsità di risorse finanziarie che, per definizione, accomuna le imprese culturali. Tale condizione di ristrettezza è riconducibile essenzialmente alla circostanza che tutte le organizzazioni del settore, per erogare il servizio of­ ferto, assorbono più risorse di quante ne generino le loro attività istituzio­ nali. Ciò si traduce nella presenza di un fabbisogno costante, che acuisce non solo la dipendenza dai trasferimenti pubblici ma anche l'impatto che una contrazione degli stessi genera sulle attività aziendali. In proposito, va sottolineato che l'intervento pubblico si è andato caratte­ rizzando, in particolar modo nel corso degli ultimi anni, per una tenden­ ziale rarefazione, riconducibile alla necessità di rispettare i vincoli di bilan­ cio imposti - a livello europeo - dai parametri di Maastricht e, più in gene­ rale, a livello internazionale, da una fase di congiuntura sfavorevole che ha caratterizzato l'andamento più recente dell'economia mondiale. 24

t.

Le specificità del settore culturale

Preso atto di tale situazione, diventa allora ancor più necessario fare ricorso a quei processi e strumenti di gestione idonei ad assicurare l'uso ottimale delle risorse disponibili, verificando al contempo la possibilità di attrarne di nuove, generandole internamente ovvero individuando fonti alternative di finanziamento (la problematica del fund-raising sarà affrontata all'inter­ no del cap. 6, dedicato alle scelte di carattere economico e finanziario) . 2. Il settore culturale 2.1. L'evoluzione più recente

I consumi culturali stanno vivendo una fase di profonda trasformazione. Durante gli ultimi decenni, la domanda di beni e servizi legati all'arte e alla cultura, così come è avvenuto anche nei con­ fronti di altri settori di attività, ha subito delle profonde modificazioni, sia sotto il profilo quantitativo che sotto quello qualitativo. In proposito, particolarmente interessanti appaiono i risultati della più re­ cente indagine realizzata dall'1 sTAT sugli "aspetti della vita quotidiana" della popolazione italiana (I STAT, 2003 ) ; dal Rapporto si evince, ad esem­ pio, che nel periodo 1993-2001 l'utilizzo della televisione e la lettura dei quotidiani sono diminuiti, mentre risultati di segno opposto sono stati ri­ levati per l'ascolto della radio e la lettura di libri. L'uso del P C e di internet, nel biennio 2001-02, ha peraltro mostrato tassi di crescita particolarmente rilevanti (passati, rispettivamente, dal 29,6% al 37 °/o e dal 18,4 % al 2 7,8% della popolazione) . Nell'ambito della categoria " spettacoli ed intratteni­ menti ", infine, solo musei e mostre nonché siti archeologici e monumenti hanno registrato, nell'ultimo biennio, un andamento negativo, mentre tut­ te le altre forme di offerta culturale (teatro, cinema, concerti classici e leg­ geri) hanno invece registrato una dinamica positiva. Questa evoluzione è anche frutto della diffusione di nuovi prodotti e servi­ zi ad alto contenuto tecnologico - da internet, passando per i videogiochi, per arrivare ai D VD ed alle soluzioni di home-theatre - che prefigurano l' av­ vento di un nuovo modello di consumo del tempo libero, definito come hometainment, cioè l'intrattenimento sviluppato tra le mura domestiche. La diffusione di questa forma di utilizzo del tempo libero è in massima par­ te da ricondurre ai progressi tecnologici, che hanno riguardato non solo i sistemi per la riproduzione di segnali audio e video in formato digitale (sempre più potenti e sofisticati ed a costi progressivamente più accessibili) ma anche le stesse modalità di installazione di tali apparecchiature: ad esempio, sono stati recentemente proposti specifici prodotti in grado di veicolare segnali digitali attraverso la rete elettrica domestica, che consen­ tono quindi di superare i problemi altrimenti connessi alla necessaria ed onerosa " cablatura" di un appartamento. Il fenomeno dell'hometainment è da considerarsi rilevante in quanto la fruizione intra-moenia (cioè presso la propria abitazione) di prodotti cultu25

L'evoluzione della domanda

I modelli di consumo del tem po li bero

L'impresa culturale

rali si pone in diretta concorrenza con l'offerta posta in essere dalle imprese culturali, posto che entrambe insistono sulla medesima risorsa (scarsa): il tempo libero (cfr. Resciniti, 2002) . In proposito, è anche possibile segnalare quanto rilevato da una recente in­ dagine, effettuata nel 2003 , sulla "giornata degli italiani": il tempo trascor­ so dalla popolazione nella propria casa ha registrato un significativo incre­ mento ( + 4%) rispetto all'anno precedente, a scapito di altre attività svol­ te al di fuori di essa (quali, ad esempio, dedicarsi allo shopping o trascorre­ re del tempo in un locale pubblico), che hanno visto, in generale, un signi­ ficativo ridimensionamento. Si conferma, inoltre, la tendenza a dedicare minor tempo alla lettura di quotidiani (- 8%) o riviste (- 7%), a fronte di un uso sempre più frequente di internet (+ 4°/o) (Starcom Mediagroup, s.d.). I dati proposti, ancorché presentati in forma molto sintetica, appaiono co­ munque espressivi di una tendenza di fondo, che caratterizza la società contemporanea: gli stili di vita delle persone evolvono costantemente, de­ terminando un incremento diffuso della tensione competitiva che produce effetti significativi - anche per le imprese culturali - sia sotto il profilo stra­ tegico che sotto quello competitivo. .e nuove forme

ii intrattenimento

In termini generali, i primi anni del nuovo millennio confermano dunque l'esistenza di un costante travaso di interesse verso le attività ad alto conte­ nuto di intrattenimento, le quali hanno peraltro fortemente beneficiato dei progressi tecnologici che si sono nel frattempo prodotti. La questione è sicuramente molto complessa, considerando che cambia­ menti altrettanto significativi intervengono anche nel rapporto con i mezzi di uso consolidato, come la televisione, la quale è sempre meno "subita" dallo spettatore, che ricerca continuamente nuovi e più ampi gradi di liber­ tà nella selezione dei contenuti. Ciò è avvenuto per la presenza di un'offerta che è divenuta progressiva­ mente più ampia e focalizzata attraverso i cosiddetti "canali tematici" , de­ dicati ad argomenti specifici quali la natura, l'arte, i viaggi, la scienza piut­ tosto che la gastronomia. Questa nuova forma di offerta è stata infatti svi­ luppata proprio con l'obiettivo di intercettare ambiti molto specifici di do­ manda, con una programmazione centrata, più che su un approccio di tipo orizzontale (come accadeva per il vecchio modello di televisione "generali­ sta"), sull'approfondimento verticale di alcuni argomenti selezionati. Il contesto attuale, dunque, è un contesto in continua evoluzione, che regi­ stra un aumento del peso e della centralità della domanda culturale, la quale si è fatta via via più attenta ed esigente, rendendo sempre più difficile la possibilità di erogare prodotti e servizi in maniera standardizzata. Il con­ sumatore è dunque diventato un soggetto estremamente sensibile agli sti26

t.

Le specificità del settore culturale

moli comunicativi che riceve, e appare sempre più portato a privilegiare, nel proprio processo di scelta, quei beni e servizi che meglio si adattano ai propri bisogni ed alle proprie aspettative. Ai cambiamenti registrati tanto dal lato della domanda che da quello del1' offerta può essere associato un comune denominatore: la dinamica del progresso scientifico e tecnologico, che si muove in maniera pervasiva ed incrementale. Pervasiva, considerando la multidirezionalità delle sue traiettorie di propagazione che, scavalcando i tradizionali confini settoriali, ha generato fenomeni di sovrapposizione competitiva anche tra operatori legati ad attività considerate un tempo molto lontane tra loro. Incrementa­ le, in quanto l'intervallo temporale intercorrente nella transizione tra inno­ vazione ed applicazione innovativa si è fortemente ridotto, alimentando ulteriormente l'accelerazione del progresso scientifico. Queste due caratteristiche generano, a livello complessivo, un incremento della velocità di propagazione delle nuove tecnologie, le quali, riferendosi ad una domanda sempre più ampia e variegata, beneficiano delle conse­ guenti riduzioni di costo, che permettono di collocare sul mercato prodotti sempre più potenti e sofisticati a prezzi progressivamente più bassi. Tali modifiche rivestono un ruolo decisivo nella dinamica complessiva del settore culturale, per cui è necessario soffermarsi su di esse ulteriormente, adottando una chiave di lettura che consenta - ancora una volta - di svi­ luppare un ragionamento in grado di abbracciare l'insieme delle problema­ tiche che interessano le diverse imprese culturali.

1 l progresso scientifico e tecnologico

2.2. L'impatto della tecnologia Per comprendere il ruolo giocato dalla teeoologia all'interno del settore culturale, è necessario introdurre il concetto di filiera di produzione, attraverso il quale - nella letteratura aziendale - si rappresenta l'insieme delle fasi in cui può essere articolato un processo produttivo, a ciascuna delle quali corrispondono una o più attività, nonché l'applicazione di una specifica tecnologia (Bellon, 1984). Il concetto di filiera, applicato ad un settore industriale, considera lo svol­ gimento del processo produttivo a partire dalle materie prime utilizzate che rappresentano l'input del processo produttivo - fino ad arrivare al pro­ dotto finito (output) ed alla sua collocazione sul mercato di sbocco. Le materie prime sono le componenti primarie di un prodotto che vengo­ no sottoposte ad un processo di trasformazione, più o meno articolato (il grado di complessità varia a seconda del settore preso in esame), attraverso il quale si interviene su alcune loro caratteristiche (la struttura, la forma, il volume ecc.) per ottenere un " semi-lavorato", dal quale, attraverso ulterio­ ri fasi di lavorazione, si perviene al prodotto finito.

Il concetto di filiera

27

L'impresa culturale FIG U RA 1

Esempio di filiera d i produzione applicata al settore degli imballaggi

materia prima

ALLU M I NA

(ossi do d i a llu m i nio)

�,

semilavorati

FUS I O N E

......

li ngotti d i a llu m i n io

·-o

P R I MA LAM I NAZ I O N E

....

lam i nati

·'"tJ

S ECO N DA LAM I NAZ I O N E

C1J

·� V\ �

+

+



I M B U TITU RA

+

...... nastri ( d i schi/pasti gli e) ......

scatole

LITOG RAFIA prodotto finito

�,

I SCATO LE LITOG RAFATE I

Fonte adattamento da Maggiore (1995), p. 104.

.a filiera nel ;ettore culturale

Come evidenziato nella schematizzazione che segue (fig. 1), per realizzare ad esempio una scatola di alluminio litografata, da utilizzare quale imbal­ laggio di un prodotto alimentare, è necessario partire dall'allumina, che rappresenta l'input del processo di trasformazione. Questa viene sottopo­ sta a fusione, originando dei lingotti, dai quali attraverso un primo proces­ so di laminazione, si ottiene un laminato, da cui si ricavano - mediante un'ulteriore laminazione - dischi o pastiglie. Tali semilavorati, attraverso il processo di imbutitura, diventano delle scatole, le quali - una volta che sono state sottoposte al processo di litografia - sono pronte ad accogliere il prodotto per il quale sono state realizzate. La transizione da materia prima a prodotto finito, quindi, richiede lo svol­ gimento di una pluralità di fasi di lavorazione e l'utilizzo di specifiche tec­ nologie di trasformazione. Il risultato dell'intero processo viene poi collo­ cato sul mercato, attraverso la sua distribuzione al pubblico. In realtà, il concetto di filiera può essere applicato anche in contesti diversi da quello industriale, in quanto le stesse organizzazioni che erogano servizi attivano - di fatto - un processo di trasformazione, impegnando risorse e tecnologie di varia natura. Posto che, dunque, il concetto di filiera può essere riferito a qualsiasi con­ testo produttivo, occorre comprendere in che termini esso possa essere ap­ plicato al settore culturale, individuando preliminarmente gli input e gli output dei processi di trasformazione propri di tale ambito (un interessan28

t.

Le specificità del settore culturale

te esempio di applicazione di tale concetto alla produzione culturale è pro­ posto in Santagata, 1999, p. 14). Per sviluppare questa riflessione, appare di più immediata comprensione partire dal risultato finale, cioè dal prodotto e/o servizio acquistato dal consumatore. Il frequentatore di un teatro, ad esempio, a fronte di un corrispettivo il pagamento del biglietto di ingresso - acquista un servizio, cioè la pos­ sibilità di assistere ad una rappresentazione. Si dia il caso che tale rap­ presentazione sia un concerto di musica classica; perché tale risultato ab­ bia luogo è necessario utilizzare una certa quantità di risorse ( umane, tecniche ecc.), che partecipano, con apporti differenziati, alla realizza­ zione del prodotto finito: non vanno considerati, infatti, solo i musicisti e gli strumenti, in quanto è altrettanto essenziale il contributo del perso­ nale di sala, degli addetti alla biglietteria, degli impianti di illuminazione ecc. Perché la rappresentazione abbia luogo, dunque, è necessario fare ricorso non solo ad un'ampia gamma di risorse umane, dotate di pro­ fessionalità specifiche, ma anche a strutture ed attrezzature materiali di . vario genere. Occorre poi identificare la materia prima che dà origine a tutto il processo che, nel caso specifico, è costituita dagli spartiti messi a punto dall'autore dei brani che vengono proposti. In mancanza di un atto creativo originale, infatti, non potrebbe prodursi la manifestazione artistica. Analogo discorso può essere sviluppato per un archivio (nel qual caso, l'input del processo è rappresentato da un manoscritto), per un museo (con l'opera d'arte), per una mostra fotografica ( con un negativo) ecc. A questo punto del ragionamento, è possibile enucleare il contributo of­ ferto dalla tecnologia, la quale interviene non solo nella fase di p roduzione del servizio - perché possa essere esposta una fotografia, occorre una mac­ china fotografica, un apparato di stampa ecc. - ma anche nella fase di di­ stribuzione dello stesso. Va infatti considerato che, se è vero che la frequentazione di un teatro pre­ suppone la fruizione diretta, è anche vero però che questa è solo una delle modalità attraverso cui una rappresentazione può essere messa a disposi­ zione di un pubblico. Se, infatti, la stessa viene registrata con apparati audiovisivi, sarà possibile veicolarne i contenuti attraverso un CD-audio, un CD-ROM o un DVD, mediante una trasmissione radiofonica o televisiva, ricorrendo ad internet. La distribuzione di un'attività artistica o culturale può dunque avvenire sulla base di tre modalità principali (fig. 2): • la fruizione diretta, qualora si consideri un concerto, un'esposizione, una rappresentazione teatrale, uno spettacolo di danza ecc.; 29

La fase di produzione

La fase di distri buzione

L'im presa culturale FIG U RA 2

Fase di produzione e distribuzione nella filiera artistico-culturale produzione

ma noscritto spartito negativo fi lmato repe rto opera d 'arte

...

distribuzione I I I

I I I I

... FRU IZI O N E D I R ETTA

I I I I I I

I I I I

I

I I I I I I I I I

I I I I I I

I

I I I I I I I I I I

I

I I I I I I I

.....

RI PRO D U Z I O N E

........

TRAS M I SS I O N E

I

L - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -I

• la riproduzione, nel caso in cui risulti possibile fare ricorso a supporti cartacei (quotidiani, periodici) , magnetici (audio/videocassette, mini-disk, memory-stick) , ed ottici ( c D , C D - RO M , DVD ) ; • la trasmissione, che può avvenire via etere, via cavo o via satellite (attra­ verso la radio, la televisione, un PC collegato ad internet, un telefono cellu­ lare di nuova generazione) . .a fruizione di retta

.a fruizione indi retta

Ciò che attraverso la fruizione diretta viene erogato come un servizio, si trasforma quindi - grazie all'utilizzo di varie tecnologie - in qualcosa di di­ verso (un prodotto) , suscettibile di modalità differenziate di collocamento sul mercato (fig. 3 ) . Si è voluto sottolineare la diversità del risultato non solo perché si passa da un servizio ad un prodotto, ma anche perché si è consapevoli che si tratta di output non confrontabili, nel senso che non è possibile assimilare - ad esempio - il godimento di un'opera d'arte all'in­ terno di un museo con l'osservazione della stessa opera grazie ad una ripro­ duzione presentata all'interno di un volume. La tecnologia non è infatti in grado, ad oggi, di colmare il divario qualitativo tra l'originale e la sua ripro­ duzione. Ciò nondimeno, la presenza di forme alternative di consumo cul­ turale, basate su tecnologie diverse, deve essere tenuta in debita considera­ zione e va interpretata in termini complementari, più che sostitutivi . E dunque evidente che lo sviluppo della tecnologia ha avuto, nel settore culturale, un impatto deflagrante, moltiplicando all'infinito le possibilità 30

Le specificità del settore culturale

1.

FIG U RA 3

Tecnologie e prodotti/servizi nella filiera artistico-culturale tecnologia

prodotti/servizi

attori

FRU I Z I O N E D I R ETTA

corpo d i ballo

.... ,...

R I P RO D U Z I O N E

.... ,... .... ,...

T R A S M I S S I O N E -I -___________

I

suppo rti cartacei supporti magnetici

..

espos1 z1one

► ►1

t----�



1-------

supporti ottici

:.--lI etere/satelli te-----. _________ -_ cavo/satellite

concerto



opera d 'arte .... ,...

spettacolo



orchestra

.... ,...

ra ppresentazione



I

quoti d iani, periodici audio/vi deocassette, ...

►I

C D, C D - RO M, DV D

►I

rad io, TV, ce llu lare

I

1------ TV-on demand, i nternet ►

I

di fruizione indiretta di una creazione artistica e, quindi, la domanda po­ tenziale a cui fare riferimento. Un esempio paradigmatico è in tal senso costituito dalle recenti evoluzioni che hanno interessato il settore audio, nel momento in cui sono stati svi­ luppati specifici algoritmi di compressione (inizialmente, il formato MP3) che hanno reso sempre più veloce la trasmissione via internet di file musi­ cali, anche grazie - peraltro - alla contestuale diffusione della "banda lar­ ga" , che permette il trasferimento di grandi quantità di informazioni in tempi molto contenuti. La rete, infatti, è così diventata uno straordinario canale di distribuzione, che si è aggiunto ai supporti magnetici ed ottici, sino a qualche anno fa predominanti, talvolta sostituendoli del tutto. In proposito, è sufficiente considerare che il volume di affari generato dalle vendite on-line di file musicali ha raggiunto, nel 2003, la cifra record di 34,4 milioni di dollari, contro i 2 milioni dell'anno precedente; si prevede che nel 2008 le digitai sales supereranno il miliardo di dollari (cfr. Di Mol­ fetta, 2004). Questa circostanza assume una pregnanza ancora maggiore ricordando la situazione di scarsità di risorse che caratterizza il settore culturale: grazie alla tecnologia diventa infatti possibile sfruttare, in termini sempre più ampi, le economie di replicazione, con importanti effetti sui costi (che diminuiscono) e sui ricavi (che aumentano) connessi allo svolgimento delle attività di gestione. Il costo di riproduzione - su scala industriale - di un CD o di un DVD , in­ fatti, è molto contenuto in rapporto alle spese sostenute per la realizzazione 31

G li effetti della riproduci bilità

L'impresa culturale

della produzione artistica e l'ottenimento del " master" , dal quale si origi­ nano le successive copie del prodotto . Ciò vuol dire che, di pari passo con il crescere delle unità vendute, diminuiscono i costi medi unitari di produ­ zione, con importanti effetti sulla redditività dell'intero processo (tale ar­ gomento verrà ripreso ed approfondito nel cap. 6) . A questi vantaggi andrebbero aggiunti anche quelli originati dalla possibi­ lità di derivare, dalla medesima creazione artistica, una pluralità di prodot­ ti diversi, anche se tra loro collegati. Si pensi, ad esempio, al caso di un ro­ manzo, che diventa la base per una rappresentazione teatrale o per un film, successivamente trasferita in DVD , la cui colonna sonora viene poi veicolata grazie ad un CD o trasmessa attraverso internet. Naturalmente, come già osservato , tali effetti favorevoli vanno confrontati con l'incremento dell'intensità della concorrenza tra gli operatori del set­ tore, nonché tra questi ed i soggetti esterni al settore artistico e culturale, come in precedenza definito; «non si possono passare sotto silenzio i pro­ cessi di cannibalizzazione in atto tra imprese afferenti le industrie culturali e operati dalle stesse nei confronti delle entità attive nel campo delle arti vi­ sive e rappresentate. [ . . . ] Cinema e teatri subiscono l'attacco del fronte congiunto televisione-home video, il vinile viene scacciato dal disco ottico, le imprese televisive tradizionali sono costrette a misurarsi con le realtà sa­ tellitari e via cavo, le reti generaliste scontano l'agilità delle dedicate, l' edi­ toria cartacea fatica a contenere l'avanzata di quella elettronica, archivi e biblioteche sono messe in crisi dal successo di internet e delle banche-dati, ecc. » (Guerzoni, 1998, p. 251 ) .

.a convergenza ecnologica

Inoltre, va ancora una volta sottolineato che la tecnologia evolve continua­ mente, per cui la situazione attuale - peraltro quasi impensabile sino a qualche anno fa - è fatalmente destinata a modificarsi ulteriormente, non solo attraverso lo sviluppo delle tecnologie attualmente esistenti, ma anche grazie all'introduzione di nuove soluzioni, destinate a modificare, in ma­ niera difficilmente prevedibile, lo scenario futuro nel quale si troveranno ad operare le imprese culturali. Uno dei fenomeni maggiormente interessanti, sotto questo profilo, è quel­ lo della " convergenza tecnologica", prefigurata ormai molti anni addietro dal fondatore del MediaLab del Massachusetts lnstitute of Technology, Negroponte (199 5, cap. 1 ) , il quale sosteneva - a giusta ragione - che l'uti­ lizzo dei diversi media di comunicazione è destinato a convergere, modifi­ cando le funzioni d'uso primarie attribuite a ciascuno di essi all'atto della loro nascita. Basti pensare alla circostanza che la differenza tra un compu­ ter, un telefono ed una televisione già ora appare sempre più sfumata, in quanto ciascuno di questi supporti sta progressivamente incorporando funzionalità specifiche degli altri. Ciò determina, tra le altre cose, una sempre più diffusa permeabilità reci32

t.

Le specificità del settore culturale

proca tra i mezzi di comunicazione, resa possibile dal recente avvento della tecnologia digitale, che ha accresciuto enormemente la compatibili­ tà tra supporti e piattaforme diverse, introducendo un comune denomi­ natore - il "bit", cioè il segnale binario - grazie al quale un'immagine statica o in movimento, un segnale audio o un testo possono non solo es­ sere veicolati attraverso il medesimo strumento ma anche trasferiti, con estrema facilità, da un supporto ali'altro. Nell'ambito delle applicazioni wireless (senza fili), un decisivo impulso al collegamento tra supporti dif­ ferenti è ad esempio legato alla progressiva affermazione della tecnologia Bluetooth, che - basata sulle onde radio - consente il dialogo e l'intera­ zione tra dispositivi anche molto diversi tra loro: telefoni, stampanti, computer portatili, impianti HiFi, televisioni, computer, palmari, cellu­ lari, elettrodomestici ecc. Non meno rilevanti, infine, sono gli effetti che tali innovazioni stanno producendo sui comportamenti sociali e, quindi, sulle modalità di interazione tra i diversi individui e sui rispettivi processi di consumo. Basti ad esempio ricordare la recente "esplosione" del fenomeno dei blog (o " weblog" ), siti individuali, aggiornati dai loro autori quotidianamente: una sorta di "diario" personale, ma diffuso in rete, dove la tecnologia diventa un formidabile medium di condivisione. Si stima che, nel 2003 , fossero attivi circa tre milioni di siti di questo genere (Caravita, 2004 ) . Non è possibile, naturalmente, dar conto in maniera analitica di tali evolu­ zioni - sulle quali si ritornerà comunque nel cap. 5 - non essendo questa la sede opportuna per approfondire con il giusto grado di dettaglio queste problematiche, peraltro di grandissimo interesse. Resta solo da ribadire il dato di fondo, con il quale è comunque necessario confrontarsi: la società di cui ognuno fa parte, che è poi la destinataria fina­ le delle attività svolte dagli operatori del settore culturale, si modifica co­ stantemente, a ritmi che attualmente si presentano molto più intensi che . 1n passato. Di questa evoluzione è dunque necessario tener conto nel definire le moda­ lità attraverso cui ciascun soggetto - un museo, un archivio, un teatro, un parco archeologico, una biblioteca - stabilisce e sviluppa le proprie relazio­ ni con il pubblico di riferimento. Il valore della "tradizione" - spesso ritenuto, dagli operatori del settore culturale, l'ultimo baluardo da ergere di fronte alle inarrestabili dinamiche di cambiamento in atto - non può dunque tradursi in atteggiamenti stati­ ci, improntati ad un pervicace immobilismo. Un parco archeologico, una fondazione lirica, una biblioteca, al pari di tutte le altre organizzazioni, fanno parte di una realtà in evoluzione, che non va a tutti i costi asseconda­ ta, ma che non può parimenti essere colpevolmente ignorata.

33

I riflessi sulla società

L'i mpresa culturale

3. I l dibattito sulla presenza dello Stato l di battito n ambito !conom 1co

l tema del 1 nanziamento >ub blico

Dopo aver accennato alla recente diffusione di contributi sviluppati in chiave aziendalistica sul settore culturale, pare opportuno dar brevemente conto anche di quanto accaduto all'interno del dibattito teorico di tipo più propriamente economico. Gli economisti hanno infatti soffermato la loro attenzione su alcuni temi di grande interesse, tra i quali va ricordato il pro­ blema del finanziamento del settore culturale con riferimento, in particola­ re, alle questioni connesse all'opportunità dell'intervento pubblico . Uno dei principali contributi, cui tradizionalmente ci si riferisce, è quello di Baumol e Bowen {1956) che, malgrado sia incentrato più specificamente sulle arti rappresentative, per primo analizza a fondo la problematica del­ l'intervento pubblico nel settore culturale, formulando la cosiddetta " legge della crescita sbilanciata" , anche nota come " morbo dei costi " . Secondo tale impostazione, il settore culturale è caratterizzato da una fun­ zione di produzione a coefficienti fissi poiché il rapporto tra i fattori di produzione è costante, essendo - quanto meno in linea di principio - sta­ bilito dall'autore dell'opera. In proposito, tuttavia, si osserva che «è presu­ mibile, per certi versi, che un certo margine di manovra sia lasciato all'isti­ tuzione produttrice: si tenga conto, a tal proposito, della peculiarità tipica del settore culturale ed artistico, nel quale l'opera viene creata da un auto­ re, ma concretamente prodotta, per esempio, da un'orchestra o da una compagnia teatrale, in cui direttore, regista o scenografo possono entro de­ terminati limiti apportare degli adattamenti alle prescrizioni dell'autore sui coefficienti tecnici di produzione» (Trimarchi, 1993, p. 34) . Esemplifican­ do , ciò vuol dire che la durata dell'esecuzione di una sinfonia di Beethoven è più o meno sempre la stessa e, se si vuole mantenere un elevato livello qualitativo del servizio offerto, il numero degli orchestrali, nel tempo, non può che rimanere il medesimo. Ne deriva che, nel settore culturale, la pro­ duttività è fissa. Questo accade in ragione della maggiore difficoltà che, secondo i due auto­ ri, denota il settore artistico - definito, pertanto, " stagnante" - rispetto alla possibilità di beneficiare dei miglioramenti intervenuti sul fronte scien­ tifico e tecnologico , idonei a far conseguire quegli aumenti di produttività che si verificano invece all'interno del settore denominato, per converso, "progressivo" (sul punto, si rimanda a quanto in precedenza argomentato in merito alla diffusione delle nuove tecnologie digitali, nella misura in cui venga considerata la possibilità - tra le altre - di stimolare forme di fruizio­ ne indiretta di un bene o di un'attività culturale) . I due autori sottolineano, inoltre, che - indipendentemente dalla variazio­ ne della produttività - la remunerazione degli artisti cresce invece in di­ pendenza con l'andamento dei salari degli altri settori dell'economia, nei 34

t.

Le specificità del settore culturale

quali l'aumento della produttività consente di distribuire un reddito supe• r1ore. L'andamento incrementale della remunerazione del fattore lavoro, unito alla stabilità della produttività ed ai conseguenti costi unitari di produzione crescenti, genera nel settore stagnante un deficit permanente tra costi e ri­ cavi, che tende peraltro - nel tempo - ad aumentare. In proposito, è interessante riportare l'analisi formulata alcuni anni or sono da due studiosi italiani (Brosio, Santagata, 1992), secondo i quali, in assenza di intervento pubblico, i biglietti di ingresso della Scala di Milano dovrebbero costare poco meno di 2 50 euro, in quanto l'incremento (calco­ lato a prezzi costanti) dei costi di produzione è stato, nell'ultimo secolo, pari a circa dodici volte i costi originari. E appena il caso di osservare che, a questi prezzi, la domanda verrebbe ovviamente ad azzerarsi del tutto . I fe­ stival, invece, sembrano relativamente "immuni " dal morbo dei costi, in ragione della loro maggiore efficienza e migliore capacità di attirare spon­ sor (Frey, 1996) . Posto, dunque, che la produzione artistica e culturale genera un fabbiso­ gno costante di risorse, occorre riflettere su come agire per contenere que­ sto deficit, la cui dimensione potrebbe essere ridotta agendo alternativa­ mente sui costi, sui ricavi ovvero su entrambi. In prima approssimazione, la possibilità di contenimento dei costi nel set­ tore culturale appare solo marginalmente percorribile, stante la verosimile diminuzione - cui si è in precedenza accennato - delle prestazioni qualita­ tive del servizio offerto. L'azione sui ricavi, per contro, presuppone un au­ mento della domanda ovvero - a parità di domanda - un incremento del margine unitario di guadagno (e quindi dei prezzi, qualora si sia in presen­ za di servizi offerti al pubblico a pagamento) . Considerata la difficoltà a stimolare, quanto meno nel breve periodo, lo sviluppo del consumo di beni culturali, resterebbe da considerare come unica soluzione percorribile la manovra dei prezzi. Il ricorso alla leva del prezzo è, almeno sotto il profilo teorico, concretamente utilizzabile, in quanto i beni (e le attività) culturali presentano delle differenze rispetto alla più generale tipologia di appartenenza, i beni pubblici . E noto, infatti, che, rispetto ai beni pubblici, alcuni beni culturali si connotano per la non rivalità al consumo, per cui la fruizione individuale non risente, in linea di principio, del numero di soggetti che traggono soddisfa­ zione dal godimento del medesimo bene. Essi, inoltre, si caratterizzano per il fatto di essere escludibili, in quanto possono essere resi non accessibili li­ beramente al pubblico. Come in precedenza osservato, mentre un luogo di interesse artistico o ar­ chitettonico (ad esempio, una piazza) è generalmente fruibile dall'intera collettività in maniera indifferenziata, un parco archeologico può presenta­ re una delimitazione fisica nei confronti dell'esterno, che rende pertanto 35

1 l conteni mento del deficit

L'impresa culturale

.a natura .. meritoria"

.a presenza ii esternalità

possibile l'applicazione di una tariffa d'ingresso. Per questo motivo tali beni culturali rappresenterebbero una tipologia di beni ibrida, non ricon­ ducibile completamente né alla categoria dei beni pubblici né a quella dei beni privati. Entro certi limiti, e con riferimento a specifici contesti di produzione cul­ turale, è pertanto possibile ricorrere ad una discriminazione sui prezzi, che può essere praticata in tutti i casi in cui esistano acquirenti potenziali di­ sposti a sostenere un costo maggiore, pur di beneficiare di un più alto livel­ lo di servizio: in un teatro, ad esempio, la poltrona viene generalmente venduta ad una tariffa superiore rispetto al loggione. Inoltre, i prezzi pos­ sono essere differenziati «a seconda dei giorni della settimana e del periodo dell'anno (peak load pricing) , del genere di spettacolo (ad esempio, com­ media o opera lirica) e del tipo di rappresentazione (ad esempio, musica da camera o sinfonica)» (Di Maio, 1999, p. 32). Il ricorso alla leva del prezzo entra però in contrasto con quella che è stata definita la natura "meritoria" dei beni culturali (secondo l'espressione per primo proposta da Musgrave, 1995, p. 13; cfr. anche Mazzanti, 2002), cioè la necessità che per beni ritenuti collettivamente utili venga comunque ga­ rantita la loro fruizione, indipendentemente dalla presenza di una doman­ da congrua esercitata dal mercato. Incidentalmente, va osservato che tale approccio pone un delicato problema in ordine alla necessità di stabilire un qualche criterio discriminante che consenta di identificare compiutamente per quali beni ed attività culturali possano effettivamente ricorrere i pre­ supposti di meritorietà e quale debba essere il soggetto chiamato a realizza­ re questa demarcazione (cfr. Amendola, 1995). La natura meritoria dei beni culturali determina, in ogni caso, l'esigenza di rispettare comportamenti ispirati all'equità, e quindi la necessità di diffonderne la fruizione a tutte le fasce di reddito della società. Poiché è generalmente condivisa la convinzione - supportata da numerose indagini empiriche - che la formazione delle preferenze individuali nei processi di consumo culturale sia direttamente connessa al reddito disponi­ bile ed al grado di istruzione (anch'esso funzione della distribuzione del reddito), ne deriva che, in presenza unicamente di meccanismi di mercato, potrebbe determinarsi una fruizione differenziata e discriminante a favore delle classi sociali caratterizzate da una più ampia disponibilità economica. Situazione che risulterebbe, evidentemente, in aperto contrasto con il sum­ menzionato principio di equità. In tale prospettiva, pertanto, il sostegno pubblico al settore troverebbe una sua ulteriore giustificazione nell'effetto redistributivo implicitamente rea­ lizzato a favore delle classi sociali più deboli. Ulteriori elementi di riflessione derivano dalla considerazione del concetto di esternalità, cioè dalla circostanza che, più in generale, i beni e le attività culturali determinano, oltre a dei benefici diretti - riconducibili all'appa-

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Le specificità del settore culturale

gamento di una pluralità di bisogni da parte del fruitore - anche dei bene­ fici indiretti, connessi ai positivi effetti che la loro presenza genera sul livel­ lo culturale e sulla qualità della vita dell'area nella quale gli stessi sono di­ sponibili. I benefici indiretti, in quanto non riferibili ad una precisa ed in­ dividuabile categoria di soggetti (gli acquirenti del servizio), bensl all'intera collettività, sono in primo luogo di difficile quantificazione ed in secondo luogo non escludibili, per cui non può essere associata alla fruizione degli stessi il pagamento di un corrispettivo. In presenza di esternalità, pertanto, si verifica una divaricazione tra benefici sociali e benefici privati, che genera il fallimento del mercato. Il mercato, infatti, è in grado di tener conto solo delle domande individuali, a cui può essere concretamente associato un valore e, quindi, un prezzo. La conse­ guenza è che viene a determinarsi un'allocazione non efficiente delle risor­ se, in quanto i meccanismi riallocativi non sono tali da compensare gli sforzi sostenuti dai soggetti che generano tali esternalità. Tutto ciò porte­ rebbe a ribadire la necessità della presenza dello Stato all'interno del setto­ re, il quale dovrebbe porre in essere degli interventi correttivi in grado di azzerare il deficit di risorse derivato dalla presenza delle diverse tipologie di benefici indiretti, che non generano flussi di risorse incrementali per il set­ tore. Baumol, in proposito, sottolinea come sia la stessa legge della crescita sbi­ lanciata a contenere al suo interno una risposta al problema dell'intervento finanziario dello Stato, osservando che i maggiori redditi prodotti all'inter­ no del settore definito come "progressivo" potrebbero essere destinati, in quota parte, proprio al supporto del settore artistico e culturale: «una so­ cietà la cui produttività cresce in ogni settore, salvo che in alcune aree in cui cresce più lentamente, sarà ovviamente in grado di consumare sempre di più [ ... ] [e] può scegliere di destinare l'intera accresciuta capacità pro­ duttiva a un più piccolo gruppo selezionato di beni» (Baumol, Baumol, 1993, p. 201). Il contributo teorico di Baumol e Bowen è stato comunque oggetto, nel corso degli anni, di numerose osservazioni critiche nonché di svariate veri­ fiche empiriche, le quali hanno effettivamente messo in evidenza la sostan­ ziale validità dell'approccio proposto dai due studiosi, nel senso che «i prezzi degli spettacoli, pur aumentando più rapidamente dell'inflazione, non sono sufficienti a coprire l'aumento dei costi» (Benhamou, 2001, p. 51; sui temi dell'economia della cultura, si faccia inoltre riferimento a Cande­ la, Scorcu, 2004; Besana, 2003; Dubini, De Carlo, 2003; Pilotti, 2003; Du­ bini, 1999; Santagata, 1998). Un'altra problematica che è stata oggetto di particolare attenzione - nel corso degli ultimi decenni - da parte degli economisti è quella relativa ai criteri ed alle metodologie di valutazione della spesa pubblica, attraverso i

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La valutazione della spesa pubblica

L'impresa culturale

.a domanda nespressa

quali è possibile stabilire il peso da attribuire ai differenti settori verso i quali indirizzare i flussi di ricchezza di volta in volta disponibili. Infatti, il settore dei beni culturali concorre, nell'attribuzione delle risorse pubbli­ che, con altri settori "sussidiati" - ad esempio, la sanità e la scuola - che soddisfano altrettanti bisogni primari quali la salute e l'istruzione (cfr. Mazzanti, 2003). Per rispondere a tali esigenze è stato nel tempo sviluppato un interessante filone di studi finalizzato, in particolare, alla ricerca di criteri di valutazione atti a determinare i costi ed i benefici connessi all'attivazione di interventi, pubblici e privati, all'interno del settore culturale. Anche in questo caso, la letteratura appare piuttosto ampia. Alcuni autori, in proposito, propongono una tassonomia delle procedure valutative for­ malizzate, distinguendo tra gli approcci monetari, «che includono le valu­ tazioni estimative e le analisi costi-benefici, così come le complesse proce­ dure di contabilità sociale, input-output ecc. » (Realfonzo, 1995, p. 83) e gli approcci multicriteriali, che si caratterizzano invece per il fatto di essere basati sul ricorso ad una pluralità di tecniche (come esemplificato nell'Ap pendice 1 posta alla fine del capitolo). Non v'è dubbio che tali valutazioni siano di assoluta e determinante im­ portanza per offrire una corretta chiave di lettura dei riflessi economici ri­ conducibili, in maniera diretta ed indiretta, alla presenza ed allo sviluppo del settore culturale. Spesso è infatti accaduto che il riferimento a parame­ tri di valutazione non idonei abbia orientato in maniera poco accorta l'a­ zione dell'autorità pubblica, soprattutto in occasione delle decisioni con­ cernenti l'allocazione delle risorse facenti capo al bilancio dello Stato e de­ gli Enti territoriali. La stima sottodimensionata dei riflessi economici connessi alla presenza di beni culturali ovvero allo svolgimento di attività artistiche ha, infatti, fre­ quentemente determinato un atteggiamento privilegiato nei confronti di quei settori in apparenza maggiormente in grado di offrire, ad esempio, un contributo chiaramente percepibile sotto il profilo occupazionale. Sotto questo profilo, il settore culturale appare un interessante campo di applica­ zione anche per i processi di valutazione ex post, attraverso cui raccogliere importanti indicazioni sul grado di efficienza e di efficacia raggiunto nel­ l'utilizzo delle risorse e nel raggiungimento degli obiettivi. Inoltre, va rilevato come la pur difficile quantificazione degli effetti indiret­ ti connessi alla presenza dei beni culturali si complica ulteriormente allor­ ché si consideri come la domanda possa sussistere anche senza esplicitarsi concretamente. Questo può accadere, ad esempio, quando la domanda di cultura non trova precisa identificazione in un sito di interesse storico ov­ vero in una manifestazione artistica, ma venga espressa in termini generali attraverso un'attenzione ed una preferenza accordata - talora implicita­ mente - anche solo alla loro esistenza. Analoghe riflessioni potrebbero es-

t.

Le specificità del settore culturale

sere sviluppate considerando le generazioni future, le quali rappresentano senza dubbio una domanda potenziale di cultura, che rimane, ovviamente, non identificabile se non in termini astratti. Questa generica possibilità di fruizione - attuale o futura - viene individuata con il termine " domanda d'opzione" , e viene considerata in prevalenza dal settore pubblico, in ra­ gione della valenza sociale generalmente riconosciuta ai beni ed alle attività culturali. Si osserva, in proposito, che «poiché non è possibile far pagare un prezzo alle generazioni future per il beneficio che ricevono, il costo ricade sulla generazione attuale e poiché nessuno è in grado di prevedere esatta­ mente chi ne beneficerà, si pone un problema di equità» (Palumbo, 1994, p. 67) . Anche per tali ragioni, si ritiene utile dedicare le pagine conclusive del ca­ pitolo ad una metodologia di analisi ampiamente utilizzata - a livello in­ ternazionale - per valutare i riflessi connessi alla presenza di imprese cultu­ rali all'interno di uno specifico ambito territoriale (cfr. Solima, 1999) . La Valutazione di Impatto Economico (v1 E) mira infatti a fornire una sti­ ma attendibile di tali ricadute, dirette ed indirette, rappresentando quindi uno degli strumenti a cui è possibile fare ricorso non solo per la program­ mazione delle politiche culturali, ma anche in sede di controllo e valutazio­ ne delle stesse. Complementare rispetto alla VI E è la Valutazione di Impat­ to Sociale ( VI s ) , che mira a identificare gli effetti " cui turali " sulla colletti­ vità indotti dalla presenza di un bene e/o di un'attività culturale. La diffi­ coltà a tradurre, in termini quantitativi, un dato di tipo prettamente quali­ tativo rende tale approccio ancora non consolidato nelle sue modalità di applicazione e lo pone al centro del dibattito teorico internazionale (un'in­ teressante ed aggiornata rassegna dei principali contributi sviluppati su tali temi nella letteratura anglosassone è presentata in Reeves, s.d. ; sotto il pro­ filo metodologico, si rimanda inoltre al Socia/ lmpact Audit, realizzato per conto della Southwest Museum Library & Archive Council, s.d. ) .

4 . L'im patto economico delle imprese culturali Il contributo offerto ad un territorio - sotto il profilo economico - dalle attività poste in essere da un'impresa culturale è in primo luogo riconduci­ bile ai flussi di ricchezza che essa trasferisce alle persone che lavorano al suo interno, sotto forma di stipendi. Un aspetto rilevante - e, forse, maggiormente evidente - del contributo di tipo diretto che un'impresa culturale offre allo sviluppo economico del ter­ ritorio di appartenenza è infatti legato alla sua stessa esistenza, consideran­ do che essa fonda il suo funzionamento su un'organizzazione di persone che, con compiti e livelli gerarchici differenziati, lavorano al suo interno : il personale tecnico e scientifico, quello amministrativo, quello operativo. Tutte le professionalità che concorrono al funzionamento dell'impresa cui-

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I riflessi di ti po econom ico

L'impresa culturale

turale traggono dunque da essa, attraverso la remunerazione che ricevono, le risorse finanziarie necessarie al proprio sostentamento. In realtà, insieme a tale contributo diretto, vanno presi in esame anche al­ tri riflessi, di natura indiretta, considerando che: • l'impresa culturale, per il suo funzionamento, acquista beni e servizi da fornitori esterni; • può sussistere una capacità di attrazione dell'impresa culturale nei con­ fronti dei soggetti non residenti - tra i quali, un'importanza particolare è naturalmente da attribuire ai turisti (nazionali e stranieri) - che genera un ritorno economico sulle attività commerciali e di servizio presenti nell'area; sotto questo profilo, un esempio significativo dell'importanza di beni ed attività culturali sulle condizioni socio-economiche di una data località è quello che deriva dall'esperienza italiana delle "città d'arte", luoghi nei quali si registra un addensamento significativo di siti di interesse storico, artistico, architettonico, tale da riverberare effetti favorevoli sull'intero cir­ cuito economico dell'area. I dati più recenti indicano, ad esempio, che l'in­ cidenza dei turisti stranieri raggiunge, in taluni casi (come per Venezia e Firenze), un valore superiore al 70% delle presenze complessive (Touring Club Italiano - Centro Studi, 2003 ; sull'argomento si rinvia, tra gli altri, a lntroini, Marchese, 2004; Lazzeretti, 2003 ; Valentino, 2003 ; Grossi, Mene­ guzzo, 2002; Hitters, Richards, 20 0 2 ; Lazzeretti, Cinti, 200 1 ; Mossetto, Vecco, 2001 ; Rullani, Micelli, Di Maria, 20 00 ; Maggioni, 200 0 ; Mossetto, 1992) ;

• i flussi di ricchezza complessivamente attivati dall'impresa culturale ge­ nerano meccanismi moltiplicativi di spesa, che ne amplificano l'impatto economico generale; • la valenza artistica dell'impresa culturale può trovare, essa stessa, una sua espressione economica, rappresentando un incentivo per la localizzazio­ ne di nuove imprese e l'attrazione di investimenti esogeni. Accanto alle persone che lavorano all'interno dell'impresa culturale occorre quindi in primo luogo considerare tutte quelle ulteriori professionalità che, dall'esterno, operano per essa (impatto indiretto): per un laboratorio di re­ stauro, così come una società di pulizie, un archivio può ad esempio rap­ presentare un cliente nei confronti del quale svolgere, in maniera più o meno continuativa, una prestazione professionale, a fronte del pagamento di un corrispettivo economico. In termini più generali, è pertanto possibile fare riferimento alla domanda di beni e servizi che l'impresa culturale atti­ va verso l'esterno: anche in tali circostanze, infatti, essa produce ricchezza e contribuisce, indirettamente, alla creazione ovvero al mantenimento di po­ sti di lavoro. Allargando ulteriormente la prospettiva di osservazione, è inoltre possibile identificare altre categorie di soggetti che possono beneficiare dei trasferi-

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t . Le specificità del settore cultu rale menti di ricchezza riconducibili alla presenza dell'impresa culturale, facen­ do riferimento alla domanda di beni e servizi da essa erogati (impatto in­ dotto) . Considerando, ad esempio, i turisti, è significativo notare che essi, nel tempo della loro permanenza, acquistano sul territorio servizi di varia natura, trasferendo risorse a svariati settori di attività economica, come quello alberghiero, dei servizi di ristorazione, del trasporto. Inoltre, essi possono essere indotti ad acquistare, durante il loro soggiorno, prodotti di vario genere, contribuendo anche allo sviluppo del settore produttivo e commerciale (negozi, antiquari, botteghe ecc. ) . Tutte le categorie di soggetti considerati - che svolgono attività all'interno dell'impresa culturale, a favore di essa e nel suo territorio - contribuiscono, a loro volta, a generare ulteriori flussi di ricchezza, in quanto le risorse fi­ nanziarie che, a vario titolo, essi traggono dal rapporto con l'impresa cultu­ rale vengono poi impiegate per l'acquisto di beni e servizi effettuati a titolo individuale (impatto derivato) : lo stipendio del custode, il compenso del professionista esterno ovvero l'incasso del ristorante rappresentano infatti, con intensità diversa, ulteriore ricchezza generata dall'impresa culturale, che si traduce in processi di consumo. Si innesca, in altri termini, un effet­ to moltiplicativo che si propaga "a cascata" sul territorio , riverberando i suoi effetti positivi su tutto il contesto economico . E possibile, infine, identificare un ulteriore trasferimento di ricchezza, connesso agli effetti fiscali legati, da un lato, alla percezione di redditi da lavo­ ro (con la conseguente imposizione tributaria) e, dall'altro, ai processi di consumo ed alle imposte indirette ad essi legati. Parte della ricchezza pro­ dotta dall'impresa culturale, dunque, ritorna al settore pubblico (Stato ed Enti locali) , che - come in precedenza si è avuto modo di osservare - costi­ tuisce una delle categorie che, soprattutto nel caso italiano, è di primaria importanza per il trasferimento di risorse finanziarie nei confronti del set­ tore culturale. I diversi piani di impatto economico sono schematicamente rappresentati nella fig. 4. Rispetto allo schema proposto, in effetti, potrebbe ancora essere aggiunto l'ulteriore - ancorché difficilmente quantificabile - beneficio in senso lato che ne trae la collettività del luogo nel quale si registra la presenza delle imprese culturali, in termini di miglioramento del livello culturale della popolazione. Inoltre, andrebbe anche tenuto conto dell'effetto sulla più generale notorietà ed immagine dell'area che - in una prospettiva di marketing territoriale - può contribuire in misura anche significativa ai processi di sviluppo locale (sul punto si rimanda, in particolare, a Valdani, Ancarani, 2000 ; Bellini, 2000 ) . Poiché, però, la quantificazione di tali effetti risulta di difficile stima, si è preferito non inserirli all'interno dello schema; ne consegue, pertanto, 41

I benefici inta ngi bili

L'impresa culturale FIG U RA 4

L'impatto economico di un'impresa culturale

stipendi

.......

effetti moltiplicativi e fiscali

di retto

.,j ..

i n d i retto

I M PATTO ECO N O M I CO

derivato

i ndotto

pernottamento, ristorazione ecc.

�, beni e servizi acquistati



che il risultato cui si perviene attraverso la misurazione delle quattro tipo­ logie di impatto economico individuate risulta in ogni caso sotto-dimen. stonato. .e scelte di tipo netodologico

Sotto il profilo metodologico, va osservato che la realizzazione di una VI E comporta lo svolgimento di un insieme articolato di attività, che impongo­ no l'assunzione di una serie di decisioni, concernenti: • l'area geografica da esaminare; è infatti necessario delimitare con preci­ sione l'oggetto di indagine sotto il profilo territoriale, al fine di isolare il contributo della popolazione locale (i "residenti") da quello fornito dai soggetti non residenti, che decidono di visitare tale area o prolungano la loro permanenza per fruire dei servizi offerti dall'impresa culturale; tutte le spese effettuate da soggetti che non rientrano specificamente in tali catego­ rie - in particolare, coloro che si recano sul territorio per motivazioni di­ verse da quelle individuate - non vanno infatti incluse nello svolgimento della VI E ; • l'unità di analisi, in quanto è possibile svolgere la valutazione sia con riferimento ad una specifica impresa culturale (un museo, un teatro ecc.), qualora essa sia dotata di una significativa dimensione e/o di una rilevante capacità di attrazione nei confronti di non residenti, sia con riferimento a più imprese culturali, collegate tra loro; • il periodo temporale durante il quale sviluppare l'indagine, che può ri­ sultare influenzato dalla presenza di fenomeni di stagionalità della doman­ da (cioè di picchi di presenze di non residenti in alcuni mesi dell'anno) in grado di falsare i risultati complessivi; • la modalità di raccolta delle informazioni relative alle spese effettuate 42

t.

Le specificità del settore culturale

dall'impresa culturale (ovvero dalla più ampia unità di analisi prescelta), con specifico riferimento agli stipendi erogati ed agli acquisti di beni e ser­ vizi effettuati; • la messa a punto delle modalità di svolgimento della rilevazione sul campo, attraverso la quale raccogliere i dati quantitativi necessari su un cam­ pione statisticamente significativo di visitatori non residenti; in particolare, è necessario individuare le spese da loro effettuate per la fruizione dei servi­ zi culturali (biglietto, acquisto di beni e servizi presso la struttura ecc.) nonché quelle ulteriori spese effettuate durante la loro permanenza nell'a­ rea (ristorazione, pernottamento, shopping, trasporti ecc.); ciò presuppone lo sviluppo di un piano di campionamento e di un questionario di rileva. z1one; • l'utilizzo degli indicatori, generalmente basati sulle tavole delle interdi­ pendenze settoriali (anche dette "matrici Input-Output"), che registrano i valori dei flussi di transazioni da ciascun settore produttivo a ciascuno de­ gli altri settori produttivi, attraverso cui è possibile calcolare gli effetti mol­ tiplicativi connessi ai flussi di ricchezza attivati; i risultati finali del processo di valorizzazione vengono spesso convertiti in posti di lavoro a tempo pie­ no equivalenti (FTE - Full Time Equivalent) . Con specifico riferimento alla definizione dell'unità di analisi, va osservato che sono relativamente frequenti gli studi che indagano l'impatto econo­ mico di tutte le risorse culturali presenti in una città, includendo quindi anche il contributo di quelle paesaggistiche ed ambientali. In altri casi, si può invece decidere di focalizzare l'attenzione su eventi speciali (ad esem­ pio, una mostra o un concerto di particolare importanza), su specifici pro­ getti di espansione (la costruzione di un'ala di un nuovo museo ovvero la realizzazione di una nuova biblioteca) o in occasione di mutamenti di con­ testo ritenuti particolarmente significativi; diversi studi sono stati ad esem­ pio condotti per valutare l'impatto provocato dall'attentato dell'undici set­ tembre alle Twin Towers sulle imprese culturali dell'area di New York (cfr. www.nytheatre-wire.com). Alcune esperienze internazionali possono aiutare a comprendere meglio la tipologia di risultati a cui è possibile pervenire attraverso lo svolgimento di tali analisi. Il Victoria Museum of Fine Arts ha, per esempio, verificato gli effetti economici connessi allo svolgimento di tre mostre-evento realizzate tra il 1996 ed il 2000 , le quali - complessivamente - hanno generato un impatto di circa 24 milioni di dollari sull'area metropolitana di Richmond, in Virginia (www.vcu.edu). Il Metropolitan Museum of Art, invece, ha stimato che i non residenti (pari a circa i tre quarti dei 5 53 . 000 visitatori) che hanno frequentato la mostra su Manet e Velazquez nella primavera del 2003 hanno

43

Alcuni esem pi in am bito internazionale

L'impresa culturale

speso, durante la loro permanenza a New York, oltre 360 milioni di dollari (www.metmuseum.org). In occasione della realizzazione del nuovo museo nazionale britannico di arte moderna, la Tate Gallery of Modero Art di Londra, è stata invece commissionata una VI E , al fine di valutare, a distanza di un anno dalla sua inaugurazione, gli effetti che essa aveva prodotto nell'area circostante (del "South Bank"). I risultati ottenuti si sono rivelati molto superiori rispetto a quelli ipotizzati nella VI E formulata in fase di definizione del progetto, con effetti significativi sia nella zona limitrofa al nuovo insediamento (50-70 milioni di sterline) che sull'intera città (ulteriori 30-50 milioni). I previsti 1. 500 nuovi posti di lavoro sono in realtà stati raddoppiati e la sola struttura ne ha generato 467 (oltre ai 283 nella fase di cantiere). Le struttu­ re alberghiere e di catering hanno aumentato di circa il 23% il loro giro d'affari e lo sviluppo commerciale dell'area ha presentato tassi di incremen­ to superiori alla media cittadina (www.tate.org.uk). Uno studio sui benefici economici e sociali di undici festival culturali rea­ lizzati nella regione delle Midlands durante il 2002 ha evidenziato non solo che le spese effettuate per la loro realizzazione sono ammontate a circa un milione di sterline, ma che queste hanno prodotto un ulteriore contributo all'economia regionale stimato in 570.000 sterline; inoltre, gli acquisti ef­ fettuati dai frequentatori dei festival nelle rispettive aree di localizzazione hanno generato ulteriori 4 milioni di sterline, equivalenti a 209 posti di la­ voro (www.artscouncil.org.uk). Analogamente, l'analisi condotta sul Royal Centre di Nottingham, che comprende il Theatre Royal e la Royal Concert Hall, è pervenuta ad un risultato complessivo di poco superiore ai 20 milio­ ni di sterline (www.shef.ac.uk). Un recente studio sugli utenti degli archivi inglesi ha, per altro verso, mes­ so in evidenza che, per quanto l'utenza di tali strutture sia rappresentata in prevalenza da residenti dell'area, è comunque possibile stimarne l'impatto economico; infatti, circa 1'8o% degli utenti ha fatto ricorso ad un mezzo pubblico per recarsi presso la struttura (il cui accesso ha rappresentato, per 1'87% del campione, il motivo primario di spostamento nell'area), poco più del 36% ha utilizzato negozi e servizi, mentre il 28,6% ha mangiato nella zona (Wavell, Baxter, Johnson, Williams, s.d.). In definitiva, anche tenuto conto dei risultati delle VI E appena commenta­ ti, appare evidente che la dimensione economica e quella culturale si in­ trecciano indissolubilmente, creando un legame tra il sistema economico locale ed imprese culturali: i trasferimenti di risorse finanziarie da parte della collettività (attraverso l'intervento dello Stato) consente loro di agire in ambito artistico e culturale e lo svolgimento di tali attività contribuisce, a sua volta, a generare flussi di ricchezza a vantaggio dell'economia del ter­ ritorio di appartenenza.

44

t.

Le specificità del settore culturale

I n questo capitolo 1. I l settore a rtistico e cu ltu ra le es pri m e u n se m pre maggiore fabbisogno di valo­

rizzazio n e, pe r il fo nda mentale co ntributo che esso può offri re alla crescita econo­ mica e sociale della collettività. 2. L'a mbito i nterpretativo adottato nel presente volu me focalizza l'a nalisi u n ica­

me nte su musei e a ree a rch eologiche, teatri di prod uzione e fondazio n i li riche, a r­ ch ivi e bibliotech e, festiva l a preva lente conte n uto cu ltu ra le (di teatro, da nza, li ri­ ca, lette ratu ra ecc.). Tutti questi soggetti si ca ratte rizza no per i segue nti ele me nti: pre m i n ente finalità cu ltu rale; assenza dello scopo d i lucro; p rese nza d i u n co m­ plesso struttu rato e pe rma n ente d i riso rse; esclud ibilità. 3. Il contesto attuale è in co nti n ua evoluzio ne e fa registra re un aumento del peso e della ce ntralità della doma nda cu ltu rale, la quale si è fatta via via più atte nta ed esigente, re ndendo sem pre più difficile la possibi lità d i eroga re p rodotti e servizi i n ma n ie ra sta nda rd izzata. 4. Lo svilu p po della tecnologia ha avuto, nel settore cultu rale, u n i m patto defla­ gra nte, molti plica n do all'i nfi n ito le possibi lità d i fru izione i n d i retta d i u na creazio­ ne a rtistica e, q u i n d i, la doma n da potenzia le a cu i fa re riferi me nto. 5. Secondo la "legge della crescita sbila nciata", il setto re cu ltu rale è ca ratte rizzato da u na fu nzione d i p rod uzio ne a coeffi cie nti fissi poiché il ra p po rto tra i fattori d i prod uzio ne è costa nte. Questo accade i n ragione della maggio re difficoltà che de­ nota il settore a rtistico - defi n ito, pe rta nto, "stagna nte" - ris petto alla possibilità d i be neficia re d e i m igliora m e nti tecnologici, che a l contra rio co ntribu iscono agli au­ menti di prod uttività del settore denomi nato, per co nverso, "progressivo". L'a nda­ me nto i n crementale della rem u nerazione del fattore lavoro ge nera nel setto re sta­ gna nte u n deficit perma nente tra costi e ricavi. 6. I l co ntributo offerto ad u n te rrito rio - sotto il profi lo econom ico - da lle attività poste i n essere da u n'i m presa cultu ra le è d isti ngu ibile i n i m patto d i retto, i m patto indi retto, i m patto i ndotto, i m patto de rivato, effetti fiscali, a cui si aggiu ngo no i be­ nefici i nta ngi bi li.

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48

1.

Le specificità del settore cultu ra le

Appendice 1 L'approccio multicriteri nella valutazione di un progetto culturale * Il percorso di valutazione ex ante di un progetto deve essere pensato e strutturato in modo da ridurre i rischi principali che possono presentarsi nella fase della sua implementazione: difficoltà tecniche o procedurali inattese, proposte non coerenti rispetto alla programmazione, mancata spesa nei tempi previsti o mancanza di ri­ sorse da destinare al progetto per la sua sopravvivenza laddove necessaria, raggiun­ gimento di risultati inadeguati rispetto agli obiettivi che ci si era proposti ecc. Nella valutazione dei progetti è molto diffuso l'approccio multicriteri, particolarmente indicato nei casi in cui l' evaluando è multidimensionale: costituito, cioè, da una molteplicità di componenti - economico-finanziarie, fisiche, immateriali, di contesto ecc. - che non sono facilmente traducibili in unità di misura omogenee e comparabili né, quindi, facilmente monetizzabili, sebbene nel caso di progetti di dimensioni rilevanti sotto il profilo del costo, che presentano aspetti facilmente monetizzabili, traducibili, cioè, in termini economico-finanziari, si potrebbe optare per la tradizionale tecnica dell'analisi costi-benefici (Stame, 1998) . L'approccio multicriteri, inoltre, è molto usato laddove si presenta l'esigenza di non dare la stessa importanza ai molteplici aspetti di un progetto, dato che esso consente di strutturare un sistema di attribuzione di pesi diversi per ciascun criterio. I criteri di valutazione che possono essere adottati sono i seguenti (Aniello, 2003) : • coerenza con lo strumento dal quale si attingono i fondi per la realizzazione del progetto e con la programmazione settoriale in vigore; • sostenibilità sulpiano tecnico e procedurale/amministrativo; risulta fondamenta­ le per gli interventi infrastrutturali; essa va a valutare la realizzabilità degli inter­ venti sul piano progettuale e delle autorizzazioni necessarie nei tempi consentici dalla programmazione; • sostenibilità ambientale; • sostenibilità economico-finanziaria e sociale; mira a verificare se nella stesura della proposta progettuale si è tenuto conto dei destinatari dell'intervento; essa, infatti, valuta la rispondenza della proposta progettuale ad un fabbisogno locale individuato e ritenuto prioritario e l'esistenza di un bacino d'utenza per l'inter­ vento; • analisi dei risultati e degli impatti socio-economici attesi; spesso si richiede di elaborare e quantificare degli indicatori per la stima dei risultati e degli impatti so­ cio-economici di un progetto. Si tratta di due operazioni estremamente delicate: se l'indicatore, da un lato, appare rappresentare in maniera più evidente e sintetica delle informazioni utili al valutatore, la sua identificazione e la sua stima vanno considerate con particolare cautela. Gli indicatori, infatti, devono essere efficaci * A cura di Valeria Aniello, componente del Nucleo di Valutazione e Verifica degli Inve­ stimenti Pubblici presso la Regione Campania e docente presso la Seconda Università de­ gli Studi di Napoli.

49

L'a pproccio m u lticriteri

I criteri di va lutazione

L'impresa culturale

capaci, cioè, di sintetizzare gli elementi rilevanti del progetto - e i dati necessari alla loro quantificazione devono essere attinti da fonti informative qualificate ed attendibili, la cui banca dati è frequentemente aggiornata. Di seguito si riporta l'esempio di un progetto al quale è stata applicata un'analisi multicriteri e il percorso che ha condotto alla sua valutazione ex ante (si omette, per semplificare l'esposizione, il percorso di attribuzione dei pesi a ciascun criterio e l'attribuzione dei punteggi relativi in fase di valutazione) . L'intervento proposto prevede la realizzazione di un parco a verde attrezzato su una superficie di circa 53.000 mq, compresa fra un importante sito archeologico­ culturale ed il mare. L'area sulla quale dovrebbe realizzarsi questo parco si incunea tra due ambiti edificati e rappresenta l'unico sbocco sul litorale non ancora com­ promesso dall'edificazione. Essa è attraversata da una strada statale che la divide in due: un'area comunale a monte di circa Ha 1 ,5, adibita a parcheggio del sito ar­ cheologico; un'area privata a valle, incolta, di circa Ha 3,5. Parte di essa è utilizzata come discarica di materiali e come parcheggio abusivo nel periodo estivo. Ai mar­ gini dell'area, lungo la strada, sono stati costruiti alcuni fabbricati e manufatti per il ricovero di attrezzi agricoli e per depositi. La proposta progettuale prevede l'unificazione delle due aree, realizzando un unicum paesistico con l'area archeologica. Il senso di tale intervento è restituire alla cittadina il mare, che fu per essa, con i porti, di vitale e fondamentale im­ portanza. Gli interventi previsti sono: • acquisizione dell'area privata; • acquisizione e demolizione dei fabbricati esistenti; • riqualificazione paesistico-naturalistica dell'area; • realizzazione di un percorso d'acqua alberato in senso longitudinale al sito fino al mare. L'intervento è risultato coerente con lo strumento programmatico, la misura del relativo Programma Operativo Regionale, la quale prevede interventi di promo­ zione e valorizzazione integrata del sistema dei beni culturali, e con l'azione " a" della suddetta misura che prevede " recupero, riqualificazione, conservazione, va­ lorizzazione, in un'ottica di gestione integrata, del patrimonio storico-culturale (archeologico, monumentale, paesaggistico) , riguardante, in particolare, la dota­ zione di infrastrutture e dei servizi ". L'intervento non è risultato inserito nella programmazione delle Opere Pubbliche in vigore, non dispone di progettazione neanche a livello di studio di fattibilità e quindi non è immediatamente realizzabile. Esso, inoltre, risulta non conforme al Piano Regolatore Generale e ricade in una zona nella quale sussistono numerosi vincoli, tra i quali quello archeologico e sismico. La sua sostenibilità tecnico-pro­ cedurale non è quindi particolarmente favorevole nell'immediato, anche se, da 50

1.

Le specificità del settore culturale

un'analisi del cronogramma, l'intervento risulta compatibile con i tempi della programmazione. Si prevede, inoltre, una Conferenza di servizi per ovviare ad eventuali lungaggini che potrebbero innescarsi a seguito della richiesta dei nume­ rosi atti ed autorizzazioni necessari alla sua realizzazione. La Conferenza di servizi viene attivata presso una pubblica amministrazione qualora si debbano acquisire, nell'ambito di un determinato procedimento, intese, nullaosta o assensi di diverse amministrazioni pubbliche; attraverso la Conferenza, che riunisce a un " tavolo " comune le diverse amministrazioni interessate, si effettua un esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti; le determinazioni concordate nella Conferen­ za di servizi sostituiscono a tutti gli effetti gli atti assentivi necessari. Da un punto di vista ambientale si tratta di un intervento di riqualificazione pae­ sistico-ambientale su un sito pianeggiante incolto e degradato per la presenza di piccoli manufatti precari che si andrebbero a demolire e di fabbricati di bassissima qualità talvolta abusivi, utilizzato, in parte, come parcheggio abusivo e discarica di materiale. L'impatto ambientale di tale operazione, quindi, è risultato estrema­ mente positivo: essa, infatti, è capace di generare un miglioramento della qualità della vita, delle risorse storiche e culturali e dell'ambiente locale. Relativamente alla sostenibilità finanziaria, il progetto presenta un'articolazione del budget di spesa compatibile con le spese ammissibili a finanziamento. La ri­ partizione temporale della spesa, inoltre, si snoda lungo quattro anni rientranti nel periodo della programmazione. Non sono, per contro, previste altre risorse pubbliche o private (project finan­ cing) , destinate al suo cofinanziamento, non viene sviluppato il modello di gestio­ ne dell'opera, né, ancora, risulta chiaro come verranno coperti i costi di manuten­ zione e gestione della stessa successivi al suo collaudo. L'intervento presenta una buona sostenibilità economico-sociale: il parco, infatti, potrebbe beneficiare di un bacino di utenza molto vasto, costituito dalle numero­ se presenze turistiche del sito archeologico che si vorrebbe collegare al mare grazie ad esso. La popolazione locale ne trarrebbe nel complesso benefici dato che il par­ co risulterebbe accessibile anche indipendentemente dalla visita del sito. Sul piano, infine, dei risultati e degli impatti socio-economici, il progetto preve­ deva i seguenti indicatori di realizzazione, risultato ed impatto, quantificati cosi come illustrato nelle tabb. 1 e 2 . Gli indicatori di realizzazione indicano la capacità del progetto di trasformare le risorse disponibili in beni e servizi, misurabili in unità fisiche o finanziarie. Nel caso ad esempio, i due indicatori individuati sono il numero di metri quadrati di superficie riqualificata e il numero ed estensione dei fabbricati abusivi demoliti. Gli indicatori di risultato indicano, invece, la capacità che ha il progetto, attraverso il raggiungimento di obiettivi fisicamente misurabili, di apportare modificazioni relative al numero dei destinatari dell' intervento e sulla qualità/soddisfazione della loro fruizione, effetti ad esso direttamente imputabili. Nel caso in esame, sono sta­ ti indicati i nuovi visitatori del parco affluenti dal sito archeologico, ma avrebbero potuto considerarsi anche l'aumento della durata della visita al sito con le conse-

51

L'impresa culturale TAB E LLA t

I ndicatori di realizzazione e di risu ltato Tipologia indicatore

Indicatore

Valore attuale

Valore atteso

mq di superficie riqualificata

o

53.000

n. fab bricati abusivi demoliti

o

7

mq fab bricati abusivi demoliti

o

820

n. occupati in fase di cantiere

o

68

n. visitatori del parco

o

58.000

TAB E LLA 2

Quantificazione e stima degli impatti socio-economici attesi

n. presenze turistich e fascia costiera

Tipologia indicatore

Indicatore

Valore attuale

Valore atteso

5.613.261

6.174.587

guenti ricadute sulle attività economiche connesse (ristoranti, bar, esercizi com­ merciali ecc. ) . Gli indicatori di impatto, invece, mirano a mettere in evidenza effetti di più ampia estensione territoriale e temporale, effetti che non sono immediatamente attribui­ bili all'intervento perché sicuramente influenzabili anche da altri fattori (altri in­ terventi, altre variabili di con testo) . Nel caso in esame è stata considerata la varia­ zione dei flussi turistici della zona costiera nell'ambito della quale ricade il sito ar­ cheologico. Il quadro complessivo dell'analisi di impatto socio-economico appare adeguato, anche vista la significatività degli indicatori e l'attendibilità della fonte informati­ va e della metodologia utilizzate per la loro quantificazione. In sintesi: nella valutazione di un progetto in ambito culturale si deve tener conto di diversi aspetti e quindi di diversi criteri di scelta, alcuni dei quali possono essere ritenuti dal valutatore più importanti di altri. L'approccio multicriteri consente di ponderare questi diversi aspetti e di scegliere tra più progetti attraverso un mecca­ nismo di attribuzione di punteggi e di relativi giudizi valutativi di natura quanti­ tativa e/o qualitativa.

52

2

Le imprese culturali

1. L'inquadramento teorico Nel descrivere la prospettiva interpretativa adottata in questo lavoro, si è avuto modo di precisare le ragioni che hanno indotto a limitare l'analisi solo ad alcune tipologie di soggetti ed a qualificarli come "imprese cultu­ rali". Le caratteristiche che accomunano tali soggetti, infatti, sono da ricercarsi nello svolgimento di attività a preminente contenuto artistico e culturale, svolte in forme tali da garantire la realizzazione di una finalità di ordine so­ ciale: la crescita culturale della collettività. Perché ciò si realizzi è necessario che ciascun soggetto disponga di un'ade­ guata dotazione di risorse, materiali (umane, tecniche e finanziarie) ed im­ materiali, funzionali allo svolgimento delle attività istituzionali tipiche di ciascun ambito di produzione culturale. Appare pertanto evidente che, per un verso, si pone un importante e deli­ cato problema di gestione di tali risorse (attraverso l'individuazione della mission, la definizione delle condotte strategiche, l'assunzione di decisioni di carattere direzionale ed operativo) e che tale problema taglia in senso trasversale l'intero settore culturale. Per altro verso, però, è altrettanto chia­ ro che i servizi erogati da un archivio, se in certa misura potrebbero essere assimilati a quelli di una biblioteca, hanno poco o nulla a vedere con le at­ tività poste in essere da un ente lirico o da un parco archeologico. L'elemento di principale diversità rinvenibile all'interno del settore cultu­ rale è infatti legato al processo di produzione del servizio offerto, il quale deve pertanto essere necessariamente analizzato in maniera puntuale per ciascuna delle tipologie di soggetti individuati. Questa consapevolezza ha quindi orientato la struttura del volume, nel senso che si è ritenuto di dover procedere ad una preliminare analisi delle specificità "produttive" proprie di ciascuna tipologia di impresa culturale, svolta nelle pagine che seguono, prima di poter compiutamente affrontare, con un taglio "orizzontale ", le diverse problematiche attinenti al processo decisionale alla base delle scelte di gestione.

53

Le specificità "produttive"

L'i m presa culturale

riferi menti 1lle esperienze nternazionali

l rapporto iicotom ico con a collettività

Anche nei capitoli successivi si cercherà, in ogni modo, di dar comunque conto dell'esistenza di tali connotazioni settoriali, attraverso rapidi approfondimenti "verticali "- realizzati non solo durante lo sviluppo del ragiona­ mento, ma anche attraverso riquadri fuori testo ed appendici - suscettibili di offrire al lettore elementi di riferimento riconducibili alla realtà tipica di ciascuna impresa culturale. L'analisi delle problematiche direzionali, così come delle decisioni di mar­ keting o di finanza, sarà pertanto sviluppata alternando, ad un approccio di carattere astratto e generale, continui rimandi e contestualizzazioni, come in un gioco di rifrazioni attraverso cui viene ad essere restituita un'immagi­ ne - questo, per lo meno, è l'intento - nitida ed unitaria. Sotto questo profilo , risulteranno particolarmente numerosi i riferimenti ad esperienze realizzate a livello internazionale. Questa scelta è stata dettata da due ordini di considerazioni: • la prima, in quanto il volume si propone di fornire un quadro di riferi­ mento teorico che, proprio perché sviluppato secondo una logica deconte­ stuale, possa essere ricondotto a qualsiasi tipo di impresa culturale, indi­ pendentemente quindi dal contesto geografico di appartenenza; si è natu­ ralmente consapevoli dell'esistenza di contesti nazionali o sovra-nazionali fortemente caratterizzati, in ragione delle rispettive evoluzioni storiche e delle specificità normative che disciplinano il funzionamento dei diversi ambiti culturali nei quali si muovono le imprese del settore. Ciò nondime­ no, si è in linea di massima ritenuto di poter prescindere dal considerare in maniera puntuale tali aspetti - con la parziale eccezione del caso italiano non approfondendo pertanto le questioni legate a singole aree geogra­ fiche; • la seconda, in quanto la situazione italiana si caratterizza per un certo " ritardo " nell'introduzione di principi di gestione posti a servizio dello svolgimento delle attività istituzionali delle imprese culturali. Resta infine da precisare che la descrizione delle diverse imprese culturali si pone quale obiettivo prioritario quello di offrire un sintetico inquadra­ mento del singolo comparto, focalizzando l'attenzione sulle problematiche della domanda e dell'offerta nonché su quegli aspetti ritenuti particolar­ mente significativi in una prospettiva di tipo manageriale: sembra infatti possibile riconoscere l'esistenza di differenti criticità gestionali, in grado di condizionare - anche in maniera significativa - non solo l'amministrazione delle risorse disponibili ma anche la stessa possibilità di sopravvivenza di tali istituzioni. Tali emergenze, è opportuno sin d'ora riconoscerlo, presentano esse stesse una matrice comune: il rapporto dicotomico che le imprese culturali espri­ mono nei confronti della collettività, la quale, ancorché destinataria pri­ maria - per lo più attenta e partecipe - delle attività artistiche e culturali

54

2.

Le im prese culturali

poste in essere da tali organizzazioni, si rivela contraddittoriamente incapa­ ce, attraverso i soggetti che la rappresentano su base nazionale e locale (lo Stato e le sue articolazioni territoriali), a garantirne la loro persistenza nel tempo. In questa prospettiva, dunque, presupporre la possibilità di applicare profi­ cuamente, all'interno del settore culturale, i processi e le tecniche di gestio­ ne sviluppati dalla letteratura aziendale, non risponde soltanto all'esigenza di amministrare, nel miglior modo possibile, la scarsa dotazione di risorse disponibili, quanto - piuttosto - all'altrettanto fondamentale esigenza di aumentare le probabilità che queste istituzioni possano sopravvivere, con­ tinuando a svolgere quel ruolo fondamentale per la crescita culturale della . soc1eta' contemporanea. 2. Gli attori del sistema

I teatri e le fondazion i liriche Questo comparto è composto da quelle istituzioni che producono e distribuiscono eventi connessi alle arti rappresentative (performing arts), organizzati e proposti al pubblico, nell'ambito di un determinato "cartellone", presso strutture stabili. La principale tipologia di servizio offerto dai teatri e dalle fondazioni liri­ che è, infatti, la "rappresentazione", cioè la messa in scena di uno spettaco­ lo dal vivo, di vario genere: un concerto di musica da camera, un balletto classico, un'opera. Come tutti i servizi, anche questa tipologia di offerta culturale risente, in primo luogo, dei limiti connessi alle sue caratteristiche di immaterialità, che ne impedisce qualsiasi tipo di modifica di carattere spaziale e temporale: infatti, «la rappresentazione, di per sé, è un atto istantaneo, non immagazzinabile, né trasferibile al di fuori della sala teatrale dove è effettuata la recita» (Nova, 2002, p. 1 1 ) . In ogni caso, come sottolineato nel capitolo precedente, va tenuto conto dell'intrinseca differenza tra il prodotto culturale erogato presso la sede teatrale e la sua possibile distribuzione in forma "fisica", ad esempio sotto forma di DVD o di trasmissione televisiva, resa possibile dal ricorso a svariate tecnologie e soluzioni distributive. Non meno importante è la caratteristica della contestualità tra il momento della produzione e quello dell'effettiva erogazione al pubblico, che si so­ vrappongono e si fondono durante lo svolgimento della rappresentazione: l'esito conclusivo del processo è infatti un evento per definizione "unico", in quanto strettamente connesso alle prestazioni delle risorse umane coin­ volte - i musicisti, gli attori, i ballerini - ed all'interazione che di volta in volta si viene a creare con il pubblico presente in sala. La prestazione tea­ trale pertanto «assume una fisionomia assolutamente unica, imprevedibile a priori, originale al momento dell'erogazione, irripetibile a posteriori» (Sicca, 2000, p. 56). 2.1.

55

Il com parto teatrale

Le peculiarità dello spettacolo dal vivo

L'impresa culturale FIG U RA 1

Tassonomia dei servizi teatrali

S E RVI Z I ACC ESSO RI S E RVIZI CO M P LE M E NTARI

(

S E RV I Z I O D I BAS E rappresentazione

J

prevendita, prenotazione, servizi informativi ecc. ristorazione, caffetteria, bookshop, guardaroba, servizi educativi ecc.

Va inoltre osservato che l'offerta artistica di un teatro o di una fondazione lirica ( come accade, in realtà, per tutti gli operatori del settore artistico e culturale) assolve una duplice funzione, essendo destinata non solo agli spettatori che fruiscono della rappresentazione, nell'intento di soddisfare un interesse di tipo personale, ma anche - seppur in termini indiretti - al­ i' intera collettività, stimolandone la crescita morale e la sensibilità nei con­ fronti delle problematiche dell'arte e della cultura. Questa considerazione, associata al fatto che i costi complessivamente sostenuti per l'erogazione di tale servizio risultano strutturalmente superiori ai proventi che derivano dalla sua erogazione, legittima l'intervento pubbli­ co, attraverso forme di sostegno all'attività di produzione e distribuzione.

l sistema :omplessivo di >fferta

l servizio di base

La rappresentazione teatrale è, come detto, il risultato finale di un processo altamente complesso, che coinvolge una pluralità di soggetti - dotati di competenze e professionalità differenziate - e richiede la mobilitazione di svariate tipologie di risorse, tangibili ed intangibili. Lo spettacolo cui il pubblico assiste, peraltro, è solo un tassello - anche se il più importante - di un sistema complessivo di offerta che generalmente assume un elevato grado di articolazione interna. E infatti possibile distinguere tre tipologie di prestazioni (questa distinzione è proposta in Bento­ glio, 2003 , pp. 65 ss. ) : • il servizio di base, connesso all'attività principale dell'istituzione; • i servizi complementari, che concorrono allo svolgimento del servizio di base, con un rapporto di funzionalità; • i seroizi accessori, rivolti all'arricchimento dell'offerta (fig. 1 ) . I l servizio di base, nel caso di teatri e fondazioni liriche, è composto evi­ dentemente dalla rappresentazione, che costituisce il fulcro del processo

56

2.

Le i m p rese cultu rali

decisionale dell'individuo nella scelta delle modalità di utilizzo del proprio tempo libero: si decide di acquistare il servizio, e di recarsi presso la struttu­ ra, principalmente per fruire di uno spettacolo dal vivo, in grado di soddi­ sfare il bisogno di intrattenimento in campo artistico alla base della deci­ sione di fruizione. Accanto al servizio di base si collocano i servizi complementari, i quali ne integrano per certi versi i contenuti, attraverso la messa a disposizione del­ l'utente di una pluralità di prestazioni in grado di agevolare il processo di fruizione: • in fase antecedente il suo effettivo svolgimento; si pensi, ad esempio, alla disponibilità di parcheggio ovvero ai servizi di prevendita e prenota. z1one; • in fase concomitante ali' erogazione della prestazione principale, attra­ verso, ad esempio, display luminosi che consentono di seguire la traduzio­ ne simultanea di testi rappresentati in lingua originale; • in fase susseguente, nel caso in cui venga predisposto l'invio di depliant, newsletter o giornali; considerando che l'offerta culturale dei teatri e delle fondazioni liriche si sviluppa nel tempo, all'interno di una " stagione arti­ stica" più o meno lunga, è evidente che l'attività informativa che viene eventualmente realizzata a favore del pubblico si colloca - a seconda dei punti di vista - dopo Io svolgimento di un evento ma anche prima che ven­ ga proposto quello successivo. I servizi accessori, infine, presentano un legame meno intenso con la prestazione principale, anche se la loro presenza risulta spesso determinante sia nel migliorare il livello di soddisfazione del cliente che nell'orientare il suo processo di scelta. Infatti, malgrado essi siano apparentemente non essenziali, per talune categorie di soggetti la loro presenza può rappresentare un elemento qualificante dell'offerta e costituire il fattore discriminante rispetto a forme di offerte concorrenti (sul concetto di concorrenza, si tornerà in maniera più diffusa all'interno del cap. 3, cui si rimanda per i relativi approfondimenti; sul punto, cfr. Sciarelli, 200 2 ) . Tra i servizi accessori si possono ricordare (Bentoglio, 2003 , p. 65) : • l'attività di ristorazione, caffetteria, guardaroba, bookshop; • la predisposizione di servizi educativi, attraverso gli incontri e le attivi­ tà di formazione e preparazione artistico-culturale; • i cosiddetti " servizi teatro logici ", che l'organizzazione può offrire al pubblico a seguito dell'attività scientifica svolta dall'istituzione, quali l' ar­ chivio (la Scala di Milano, già dal 1996, ha ad esempio avviato il progetto di recupero dell'archivio fonico, attraverso il restauro e la digitalizzazione dei nastri conservati a partire dal 1951 ; Dini, 2004) , la fototeca, la bibliote­ ca, la raccolta di costumi teatrali; • i servizi di facilitazione nell'accesso ad altri servizi, quali le convenzioni

57

I servizi com p lementari

I servizi accessori

L'impresa culturale

con ristoranti e hotel, società di trasporto pubblico e altri esercizi com­ merciali. Come già osservato, è possibile operare una netta distinzione tra il mo­ mento della p roduzione - cha trae origine dalla creazione artistica e si svi­ luppa attraverso la messa a punto della modalità di rappresentazione - e quello della distribuzione, la quale può avvenire attraverso la fruizione di­ retta ovvero grazie alla trasformazione del servizio in un prodotto, median­ te il ricorso alle altre soluzioni distributive individuate nel capitolo prece­ dente (la riproduzione e la trasmissione). I teatri e le fondazioni liriche - al pari delle altre imprese culturali - posso­ no quindi beneficiare dei rapporti con le " industrie culturali" (attive nelle produzioni televisive, radiofoniche, cinematografiche ecc.) e, più in gene­ rale, con l'insieme degli operatori che svolgono le loro attività a monte ed a valle della filiera produttiva. All'interno del comparto in esame è possibile distinguere due tipologie di attori, caratterizzati dallo svolgimento di un'attività di tipo stabile: i teatri pubblici e privati di produzione, le fondazioni liriche (teatri d'opera). "settori teatrali"

Con specifico riferimento alla situazione italiana, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ( M I BAC) , ai fini della concessione dei contributi a vale­ re sul Fondo Unico per lo Spettacolo, identifica quattro specifici "settori teatrali", caratterizzati dallo svolgimento di un'attività teatrale stabile: tea­ tri stabili ad iniziativa pubblica, ad iniziativa privata, di innovazione nella ricerca e sperimentazione teatrale, di innovazione nel teatro per l'infanzia e la gioventù. La loro attività rganizzative

134

4.

La gestione direzionale

do al proprio ed esclusivo bagaglio di conoscenze. Questo importante cam­ biamento di prospettiva è stato registrato in letteratura anche sotto il profi­ lo semantico, con il passaggio all'espressione " risorse umane" in luogo di " "C rorza 1 avoro . Le risorse umane devono essere organizzate, nel senso che è necessario in­ dividuare non solo le professionalità che occorrono per lo svolgimento del­ le attività aziendali, ma anche e soprattutto le modalità attraverso cui l'ap­ porto individuale si incardina all'interno di un disegno complessivo. Le coordinate di tale disegno sono rappresentate, da un lato, dai poteri e re­ sponsabilità attribuiti a ciascun componente dell'organizzazione e, dall'al­ tro, dalle relazioni - di tipo formale ed informale - che si vengono a creare tra di essi. L'importanza e la criticità delle decisioni organizzative tendono pertanto a crescere con l'aumentare delle dimensioni aziendali, poiché tanto maggiore è il numero delle persone coinvolte ai diversi livelli dell'organizzazione, tanto più pressante si rivela l'esigenza di comprendere con chiarezza "chi fa che cosa" . Il disegno della geometria complessiva del sistema di poteri, responsabilità e relazioni degli individui che lavorano all'interno di un'impresa prende il nome di " struttura organizzativa" . Essa è stata oggetto di numerose rifles­ sioni all'interno del dibattito teorico: attraverso l'attenta analisi delle realtà aziendali, infatti, si è cercato di pervenire all'individuazione di alcuni mo­ delli di struttura, cioè di modalità di costruzione dei ruoli e delle relazioni organizzative secondo delle soluzioni standardizzate, ancorché suscettibili di adattamenti in funzione dello specifico contesto nel quale essi vengono calati (sul punto si rimanda, in particolare, a Perrone, 1990 ) . La costruzione di questi modelli - di cui si dirà più avanti - è avvenuta sul­ la base di due principi organizzativi fondamentali: la sp ecializzazione ed il coordinamento. Con il primo termine, si considera la " dimensione orizzon­ tale" della struttura organizzativa e si fa riferimento all'idea che sia possibi­ le migliorare l'apporto individuale se vengono preventivamente individua­ te, attraverso un processo di divisione del lavoro, delle specifiche aree di competenza (denominate " funzioni aziendali ") destinate a presidiare un preciso ambito problematico. Non è infatti possibile immaginare che tutti debbano - o possano - saper fare tutto: ha senso , piuttosto, prevedere delle soluzioni organizzative che consentano a gruppi di individui di specializzare le proprie capacità, sfrut­ tando le competenze già possedute e quelle che si acquisiscono nel tempo grazie ai processi di apprendimento. L'importanza della specializzazione dei compiti è legata ai vantaggi di costo che, attraverso l'applicazione di tale principio, è possibile conseguire. Si parla, in proposito, di economie di specializzazione, cioè di risparmi con-

135

La geometria com plessiva del sistema

Il concetto di struttura organizzativa

La dimensione orizzontale

Il princi pio di specializzazione

L'i m presa culturale

l princi pio tel coordinamento

.a di mensione ,erticale

nessi all'incremento delle abilità che le persone sviluppano nell'affrontare quelle situazioni che presentano problematiche simili, gestibili sulla base delle esperienze pregresse. A queste si affiancano le economie di scopo, con le quali si fa invece riferimento alla possibilità di ottenere rendimenti cre­ scenti delle risorse umane attraverso l'utilizzo originale e creativo delle co­ noscenze possedute dai singoli individui in contesti diversi (nuove attività, nuovi prodotti o servizi) rispetto a quelli in cui, sino ad allora, erano state utilizzate. Entrambi i vantaggi di costo a cui si è fatto riferimento sono tipici delle or­ ganizzazioni labour-intensive, cioè caratterizzate da una prevalenza delle ri­ sorse umane rispetto alla dotazione di impianti, macchinari ed attrezzature necessari per lo svolgimento dell'attività d'impresa. Nel caso in cui tale do­ tazione assume invece una particolare rilevanza (organizzazioni capitai-in­ tensive) esiste un'altra forma di vantaggio, legata alla possibilità di benefi­ ciare di economie di scala, cioè di riduzioni del costo unitario di produzio­ ne al crescere dei volumi produttivi (sull'argomento è stato, ad esempio, condotto uno studio interessante su alcuni teatri pubblici italiani in Fazio­ li, Filippini, 1997). Tali risparmi sono riconducibili alla circostanza che i costi fissi, che si defi­ niscono tali in quanto non variano al variare della quantità prodotta (cfr. cap. 6, par. 1), con l'aumentare del volume di produzione vengono ripartiti su un numero crescente di beni, diminuendo la loro incidenza unitaria. Ciò si riverbera positivamente sulla dimensione dei costi complessivi soste­ nuti dall'impresa che tendono pertanto ad aumentare in misura meno che proporzionale rispetto all'aumento della produzione. La possibilità di sfruttare concretamente tali vantaggi è naturalmente connessa ali'esistenza di una domanda in grado di assorbire integralmente la produzione realizza­ ta (sul punto, si rimanda a Grandori, 1995, pp. 334 ss.). Il secondo principio organizzativo da considerare - il coordinamento delle attività - rimanda, invece, alla necessità che il contributo di ogni persona sia coerente con l'apporto fornito dalle altre risorse umane, al fine di realiz­ zare un sistema sinergico, in cui il risultato complessivo ottenuto sia supe­ riore a quello della mera sommatoria delle parti. Se, infatti, le azioni realiz­ zate non vengono attentamente coordinate tra loro, si incorre nel rischio di non sfruttare in maniera adeguata le risorse disponibili e, conseguentemen­ te, di ottenere delle performance complessive inferiori a quelle che sarebbe stato concretamente possibile raggiungere. Per applicare i principi di specializzazione e coordinamento è necessario precisare, in primo luogo, che una struttura organizzativa si articola su dif­ ferenti livelli, nel senso che è possibile distinguere, lungo la sua "dimensio­ ne verticale": • un vertice aziendale (centro di comando), deputato ad assumere le deci­ sioni di maggiore importanza per la vita dell'impresa; 136

4.

La gestione di rezionale

• degli organi direzionali (centri di decisione), che hanno il compito di individuare il complesso di azioni da realizzare per portare a compimento gli obiettivi stabiliti a livello superiore; • degli organi operativi (centri di esecuzione), responsabili di attuare le direttive che ricevono dal livello direzionale; • degli organi di controllo (centri di valutazione), a cui è attribuita la re­ sponsabilità di verificare lo stato di attuazione delle attività. Tra tali livelli sussiste una precisa relazione gerarchica di tipo formale, nel senso che quanto stabilito a livello di vertice deve essere osservato dagli or­ gani direzionali e, a livello inferiore, dagli organi operativi. La "catena di comando" trova quindi la sua origine ai livelli più alti della struttura orga­ nizzativa e si sviluppa, per stadi successivi, fino a raggiungere i livelli infe­ riori della stessa. Al rapporto gerarchico fa da corollario il processo di delega, attraverso il quale si precisa l'estensione dei rapporti di autorità: si tratta, in altri termini, di attribuire poteri e responsabilità ai diversi livelli organizzati­ vi, definendo in tal modo i margini di autonomia e discrezionalità di cui ciascuna persona gode nello svolgimento dei propri compiti. Appare evidente che, quanto più spinta è la delega, tanto maggiore è il fabbiso­ gno di coordinamento delle risorse umane impegnate nella gestione aziendale. La catena di comando in un'area a rcheologica

Per ese m plifica re il pri n ci pio d ella cate na d i coma ndo nella gestio n e d i u n'a rea a r­ cheologica, è possi bile i m magi n a re u na seq ue nza co me quella descritta d i segu ito: • il d i rettore d ell'a rea a rcheologica, ch e assu me le decisioni più im porta nti, sta­ bilisce i lotti da scava re, la seque nza ed i te m pi degli scavi, l'o pportu n ità di esporre u na selezione dei re perti scavati ecc.: • gli o rga n i d i rezionali (la d i rezione a m m i n istrativa, la d i rezio ne tecn ica, la d i re­ zione scie ntifica) attrave rso i pro p ri res pon sabili o perativi ( ragion ieri, ingegne ri, a rcheologi ecc.) metto no i n atto, ogn u no per ciò che è di propria com petenza, le azion i fi nalizzate alla realizzazione d i qua nto stabi lito dalla d i rezione dell'a rea a r­ cheologica; pe rtanto: - la d i rezione a m m in istrativa valuta i fabbisogn i co n n essi alla co pertu ra dei co­ sti di scavo ed all'allesti me nto d i alcu ne sale espositive ove colloca re la selezione d i re pe rti: - la d i rezione tecn ica redige i p rogetti relativi alla ristruttu razione nonché a lla dotazio ne di im pia nti ed a rred i d elle n uove sa le espositive: - la d i rezione scientifica pia n ifica e d i rige i n uovi scavi e seleziona i reperti da espo rre: 137

La "catena di comando"

La delega

L'im presa culturale

• gli orga n i di co ntrollo {ufficio valutazio ne) verifica no che lo stato d i ava nza­ mento della ca m pagna d i scavo e dell'allesti mento delle sale espositive sia rispo n­ dente a qua nto previsto in fase d i p rogettazio ne e conten uto entro i costi stabiliti.

.a di mensione rasversa le

Va comunque considerato che la realtà, come spesso accade, si presenta ben più sfaccettata della teoria, per cui non è infrequente che, all'interno delle organizzazioni, si producano anche relazioni di tipo trasversale, di tipo codificato ovvero di natura spontanea. La profondità viene infatti considerata la terza dimensione della struttura organizzativa (sul punto, cfr. Cappellari, 2003 , pp. 851 ss. ), che si aggiunge a quella verticale ed orizzontale, di cui si è appena detto, che si va a sovrap­ porre alle scelte compiute lungo le altre due dimensioni della struttura. A queste dimensioni può essere aggiunta anche quella temporale, distin­ guendo i casi in cui le unità organizzative sono stabili (organi permanenti, che forniscono un apporto costante nel tempo) o, invece, transitorie (orga­ ni temporanei, che intervengono in maniera discontinua) . FIG U RA 3

Le dimensioni organizzative Cl)

·-

AUTO R ITÀ

Cl)

> Cl) e: o e:

·-

Cl)

E ""O

CO M P ITI

dimensione orizzontale

.e relazioni >rganizzative l principio dell'unità H coma ndo

In termini generali, è possibile infatti osservare che le relazioni che si vengono a creare all'interno di un'organizzazione possono essere di vario gene­ re: formali ed informali; verticali, orizzontali o trasversali. Le relazioni formali sono di tipo gerarchico e si basano sul principio organizzativo dell'unità di comando (le direttive devono essere impartite da un unico soggetto, altrimenti si creano aree di ambiguità che possono inibire il corretto funzionamento dell'organizzazione) mentre quelle informali si attivano, in maniera spontanea, a livello interpersonale e prescindono, quindi, dal sistema codificato di rapporti stabilito a livello alto-direzionale. 138

4. TAB E LLA 1

La gestione direzionale

Meccanismi di integrazione, in ordine crescente di costo e complessità

Meccanismi di integrazione

Descrizione

Gerarchia

Le parti sono integrate per mezzo dell'autorità attribuita ad un superi ore

Contatto diretto

Le persone si incontrano faccia a faccia per coordinare le attività

Ruoli di collegamento

Un componente dell'unità organizzativa è responsabile del coordinamento con le altre unità

Task torce

Gruppo di lavoro temporaneo composto da membri delle diverse unità da coordinare

Organi di integrazione

Unità organizzative in posizione intermedia rispetto alle unità da coordinare

Fonte : Cappellari (2003), p. 8 5 6.

Le relazioni informali possono spesso risultare di estrema importanza, sia perché attraverso di esse si attivano circuiti supplementari di trasmissione delle informazioni, sia perché il confronto e la logica del lavoro di gruppo esaltano il bagaglio di creatività dei singoli individui. Mentre le relazioni verticali si instaurano tra i differenti livelli della strut­ tura organizzativa, quelle orizzontali si attivano invece tra unità collocate sui medesimi livelli gerarchici le relazioni trasversali tagliano in senso lon­ gitudinale i diversi livelli. Le relazioni trasversali sono dei potenti meccanismi di integrazione che, svolgendo una funzione di mediazione tra i differenti approcci che posso­ no essere sviluppati ai diversi livelli della struttura organizzativa per la solu­ zione di un problema, contribuiscono ad assicurare il necessario grado di coordinamento tra le attività. Più precisamente, è possibile distinguere tra differenti meccanismi di inte­ grazione in grado di assolvere ai fabbisogni di coordinamento connessi alla partecipazione di una pluralità di individui al funzionamento di un'orga­ nizzazione (tab. 1). Con riferimento alle soluzioni di tipo codificato, va osservato che lo stru­ mento classico di coordinamento è rappresentato - come già visto - dalla gerarchia, cioè dall'utilizzo dell'autorità formale non solo per l'assunzione di decisioni (potere di comando) e la valutazione delle azioni poste in essere (potere di controllo) ; la gerarchia, in realtà, è funzionale anche alla risoluzio­ ne dei conflitti (potere di arbitrato) che possono verificarsi tra differenti soggetti posti al medesimo livello della struttura organizzativa ovvero tra li-

139

I meccanismi di integrazione

Le soluzioni codificate

L'im presa culturale

.e soluzioni 10n formalizzate

velli differenti. Ali' estremo opposto, rispetto alla gerarchia, risiede la possi­ bilità di autocontrollo del singolo individuo, che tende a crescere quanto più egli viene messo in condizione sia di valutare gli effetti delle proprie de­ cisioni, sia di considerare i riflessi che il proprio comportamento produce sulle al tre unità organizzative. In tutti i casi in cui è possibile (ambiente stabile, situazioni prevedibili, so­ luzioni replicabili) , il meccanismo gerarchico viene rafforzato o integrato dalle procedure (routine) , cioè da un sistema codificato di regole di com­ portamento che si prestano ad essere utilizzate ogni qual volta si affronta una situazione problematica dalle caratteristiche analoghe. La possibilità di replicare una risposta efficace, infatti, riduce i costi di gestione e rafforza il coordinamento tra gli attori del processo. Gli altri meccanismi di integrazione prevedono, generalmente, che il coor­ dinamento venga assicurato grazie all'interazione tra i diversi individui. Tali interazioni possono prodursi sia prevedendo l'esistenza di soggetti o unità organizzative a cui è attribuito specificamente tale compito (ruoli di collegamento, organi di integrazione) , sia demandando la risoluzione di conflitti di opinione ad occasioni di confronto e di decisione congiunta più o meno formalizzate (contatto diretto, task force) , in cui la negoziazione tra i diversi soggetti in gioco è anche affidata a mediazioni ed aggiustamenti che si sviluppano in maniera spontanea e non preordinata. Un potente mecca­ nismo di integrazione - insieme ai sistemi di incentivazione, di cui si dirà in seguito - può anche essere rappresentato dalla condivisione dei valori e delle finalità primarie dell'organizzazione; in questo senso, si comprende l'importanza che la mission venga formalizzata, in modo da poter essere vissuta senza ambiguità a tutti i livelli della struttura aziendale. Per quanto attiene, invece, alle relazioni interpersonali basate su meccani­ smi informali, è opportuno sottolineare che esse generano effetti non sempre prevedibili, che possono contribuire (o inibire) lo sviluppo dei processi decisionali, agendo - in particolare - sia sulla possibilità di eserci­ tare un effettivo coordinamento delle risorse che sulla circolazione delle informazioni. In questo senso, va infatti considerato che le imprese più grandi, proprio per la loro maggiore dimensione (e, quindi, per il moltiplicarsi dei livelli gerarchici e delle soluzioni codificate) possono soffrire, ad esempio, di quella che viene definita " inerzia organizzativa", cioè dell'incapacità della struttura di assecondare i cambiamenti che si rendono necessari per ade­ guare i processi aziendali alle mutate condizioni di contesto. Nelle imprese più piccole, invece, può presentarsi una situazione del tutto opposta, in cui cioè prevale decisamente la dimensione informale e tanto i ruoli quanto i processi vengono gestititi in maniera fluida e spontanea: questo, per un verso, assicura una notevole flessibilità (che si contrappone, dunque, alla rigidità delle strutture più grandi) , in quanto «l'azienda piccola, a differen140

4. La gestione di rezionale za della grande in cui la codifica dell'organizzazione è un essenziale stru­ mento preventivo di coordinamento e controllo, può perseguire il migliore adattamento tra esigenze oggettive della gestione e caratteristiche soggetti­ ve del personale disponibile» (Sciarelli, 200 2, pp. 120-1) ma, per altro verso, può comportare sprechi ed inefficienze ( confusione di ruoli, sovrapposizio­ ne di competenze, etc.), legate all'uso non razionale delle risorse umane. E quindi necessario individuare il giusto compromesso tra due estremi: da un lato, l'enfasi assoluta e totalizzante sugli aspetti formali, che possono però rivelarsi incapaci di valorizzare l'apporto personale degli individui; dall'altro, la sopravvalutazione della capacità dell'impresa di trovare in ma­ niera autonoma un qualche tipo di equilibrio sotto il profilo organizzativo, senza attribuire la giusta importanza ai rischi che tale scelta può determina­ re in termini di efficacia ed efficienza. 2.2. I modelli d i struttura organizzativa In tutti i casi in cui si propende verso un contenimento degli aspetti formali si adotta - anche se in maniera inconsapevole - un modello di struttura organizzativa di tipo semplice, che si caratterizza proprio per la forza preponderante delle relazioni interpersonali rispetto a quelle codificate. Questa soluzione viene frequentemente adottata dalle imprese di minore dimensione, nelle quali il ridotto numero delle persone coinvolte nei pro­ cessi aziendali rende possibile un coordinamento spontaneo delle interdi­ pendenze ed un costante aggiustamento dei processi decisionali, dei ruoli e delle responsabilità in funzione delle situazioni che di volta in volta è ne­ cessario affrontare. Per converso, come già osservato, va tenuto conto del fatto che tale plasticità può generare ambiguità e sovrapposizione di ruoli che si risolvono generalmente in un uso non ottimale delle risorse umane e producono, quindi, delle diseconomie. Al crescere della scala di attività aumenta, comprensibilmente, la necessità di ottenere una maggiore stabilità delle posizioni di lavoro individuali ed una precisa codifica dei processi decisionali ed operativi, per cui la scelta si indirizza, generalmente, verso due configurazioni strutturali di base: il mo­ dello funzionale e quello divisionale (cfr., fra gli altri, Zan, 1999; Bagdadli, 1997).

I l modello sem plice

Il modello funzionale {fig. 4) deriva dall'applicazione del principio di specializzazione dei compiti per funzioni omogenee: le diverse mansioni vengono cioè aggregate sulla base delle specificità dei problemi da risolvere. Generalmente, quindi, si individuano delle " funzioni" (la produzione, il marketing, la finanza, il personale) che rappresentano i principali ambiti decisionali che è necessario presidiare, prevedendo che ciascuno di essi si articoli al suo interno in base alla complessità delle situazioni da affrontare.

I l modello fu nzionale

141

L'i mpresa culturale FIG U RA 4

Esempio di modello di struttura funzionale Di rezione Generale I

Di rezione Marketi ng

I

Direzione Prod uzione

I

Ufficio U fficio Ven dite Commerciale - Ita lia - Este ro

livelli di struttura

vantaggi

I

U fficio Acq u i sti

Di retto re Sta bi li mento

Di rezione Pe rsonale I

Ufficio Proced ure

- Capi -reparto - Respon sabi le magazzi no

Di rezione Fi nanza

I

U fficio Qualità

U fficio Am m i n i strazione

U fficio Contabi lità

- Banche e fi na nza - Controllo d i gestione

Il focus di tale modello è dunque incentrato sulla natura dei compiti che ciascun soggetto è chiamato a svolgere in funzione del ruolo che gli è stato attribuito. La struttura funzionale si articola generalmente su tre livelli fondamentali: al vertice si colloca la Direzione Generale, che assume le decisioni di tipo strategico e svolge compiti di supervisione e coordinamento; al livello suc­ cessivo si trovano le Direzioni funzionali, specializzate per aree di compe­ tenza - produzione, marketing, amministrazione ecc. - e responsabili delle attività svolte dalle unità organizzative inferiori (terzo livello), che svolgo­ no compiti di tipo operativo. La struttura funzionale è dunque un modello organizzativo relativamente semplice, che risulta quindi adatto per imprese di dimensioni contenute, che si muovono all'interno di un contesto caratterizzato da una tendenzia­ le stabilità ambientale e, quindi, dalla presenza di situazioni sostanzial­ mente prevedibili, che possono essere affrontate anche grazie ad attività ri. . pet1t1ve. E ovvio che, in presenza di mutamenti significativi di contesto, occorre intervenire sulle caratteristiche strutturali attribuite a tale modello organizza­ tivo, provvedendo ad effettuare tutti quegli adattamenti ritenuti necessari (accorpamento di attività omogenee, variazione dell'ampiezza del control­ lo ecc.) per rendere la struttura congruente rispetto allo scenario di riferi­ mento. Di seguito, viene presentato un esempio di struttura organizzativa di una biblioteca, basata sul modello funzionale (fìg. 5). Il modello funzionale, per le sue caratteristiche, presenta una serie di van­ taggi, in quanto esso non solo favorisce lo sviluppo di professionalità di 142

4. FIG U RA

5 Esempio di modello di struttura funzionale per una biblioteca

I

i--

-

-

La gestione direzionale

Di rezione ge nerale I

I

I

Direzione prod uzione

- Di rezione fi nanza

...---• Di rezione personale

U fficio n uove acq uisizioni (selezione e acq u i sto n uove pu bblicazioni)

- U fficio contabi lità

I U fficio d i pen denti I

U fficio fondi a ntich i (con servazione e regola mentazione prestiti vol u m i a ntich i)

-

U fficio a m m i n i strazione

U fficio _ volontari/obiettori di coscien za/lavoratori soci a lmente uti li

I

- Di rezione marketi ng U fficio prestiti - ( regolamentazione e gestione prestiti)

U ffici o i nventa ri azione (i nventa rio e lettron ico dei volu m i possed uti dalla bi blioteca)

tipo specialistico ma, grazie alla relativa semplicità delle comunicazioni interne, consente anche di affrontare in maniera tempestiva i problemi che di volta in volta si presentano. Per converso, uno degli aspetti più delicati di questa soluzione attiene al coordinamento tra le varie funzioni aziendali, che deve essere assicurato attraverso l'implementazione di opportuni meccanismi di integrazione. Non sono infatti infrequenti i conflitti interfunzionali, cioè tra i responsabili delle diverse funzioni aziendali, i quali - non disponendo di una visione complessiva delle problematiche di gestione - possono essere indotti a privilegiare il perseguimento di obiettivi parziali, che si traducono in decisioni e comportamenti che risultano coerenti rispetto alle esigenze specifiche della funzione, ma poco o per niente compatibili con le necessità dell'organizzazione nel suo complesso.

Il modello divisionale viene preferito in tutti i casi in cui l'organizzazione si trovi ad affrontare situazioni caratterizzate da una elevata complessità gestionale, riconducibili ad una significativa articolazione su scala geografica o produttiva (fig. 6), che risulta pertanto difficile gestire attraverso la struttura funzionale, e che richiedono, quindi, una forte propensione al decentramento decisionale. La divisione del lavoro, in questo caso, non avviene su base tecnica - come nel caso del modello funzionale, dove si aggregano competenze omogenee -

14 3

Gli svantaggi

Il modello divisionale

L'impresa culturale FIG U RA 6

Esempio di modello di struttura divisionale articolato su base geografica

Di rezione generale

I

I

Direzione personale

Di rezione fi nanza

I

Divisione Europa

I

Di rezione marketi ng

Direzione prod uzione

Divisione Nord -America

I

Di rezione am mini straziane

I

Di rezione ma rketi ng

Direzione prod uzione

I

Direzione am ministrazione

ma in base a diversi possibili criteri di specializzazione (prodotto, area geo­ grafica, mercato). Infatti, se l'azienda ha intrapreso uno sviluppo su base geografica, ed è quindi presente su mercati caratterizzati da specificità molto rilevanti, ri­ sulterà maggiormente conveniente individuare delle macro-aree territoria­ li, ciascuna delle quali sarà presidiata da una specifica divisione. Allo stesso modo, se l'impresa è attiva in aree di business molto diverse tra loro, po­ trebbe rivelarsi necessario effettuare un'aggregazione di quelle che presen­ tano delle omogeneità (di marketing o tecnologiche), al fine di porle sotto il controllo di divisioni specifiche.

Esempio di struttura divisionale: i musei N el caso dei m usei, il modello d ivisionale può risu lta re pa rticola rmente utile nelle struttu re d i gra n d i dimensio n i, dove le specia lizzazio n i tematich e rich iedono l'uti­ lizzo d i com petenze d iversificate, soprattutto i n relazio n e al "prodotto" da offri re agli ute nti. I n tale contesto, è possibile ch e ad alcu ne d i rezion i u n ificate (ti pica­ mente qu elle della fi na nza, del personale e del ma rketi ng), si associ un modello di­ visionale per ciò che rigua rda l'a m bito della "prod uzio n e", prevede ndo, pe r esem ­ pio, le d i rezio n i a rcheologia, a rti figu rative, scu ltu ra e a rti a pplicate (fig. 7).

La logica di tale modello, dunque, è molto diversa da quella che ispira la struttura funzionale, che è basata sull'integrazione di aree differenti del­ l'impresa: nel caso del modello divisionale, infatti, si tende piuttosto a

1 44

4. FIG U RA 7

La gestione direzionale

Esempio di modello di struttura divisionale di un museo Di rezion e generale

Di rezione personale

Di rezio ne fi nanza

I

- Divisione a rcheologica

I Di rezione ma rketi ng I

___I ___ ____I ___

I

I

- Divisi one arti figu rative

I

- Divi si one scu ltu ra

I

- Divi sione a rti applicate

- U fficio prod uzione - - U fficio prod uzione - - U fficio prod uzione - - U fficio prod uzione U n ità operativa allesti menti

-

-

U nità ope rativa d i datti ca e . . com u n I cazIone

U n ità operativa didattica e . . com u n 1 cazIo ne U n ità operativa . co nse rvazi one e resta u ri

U nità ope rativa allesti me nti

_____,

U nità ope rativa . con servazione e resta u ri

U nità ope rativa allesti me nti

-

U nità ope rativa allesti menti

U nità ope rativa d i dattica e . . com u n Icaz1one _____,

U nità ope rativa . con servazione e resta uri

-

U nità ope rativa d i d attica e . . com u n Icaz1one U nità ope rativa . conservazione e restauri

_____,

"dis-integrare" l'impresa in unità organizzative (le Divisioni) dotate di autonomia gestionale, il cui coordinamento viene assicurato, a livello complessivo, dalla Direzione Generale. Considerando che ciascuna divisione, al suo interno, viene strutturata secondo i criteri illustrati per il modello funzionale, il risultato cui si perviene attraverso l'adozione di una struttura divisionale potrebbe, per certi versi, essere considerato pari alla sommatoria di più strutture fun­ zionali. In realtà, non si procede alla semplice replicazione degli organi del modello funzionale, in quanto è opportuno che alcune funzioni ri­ mangano accentrate, poiché le problematiche trattate non risentono - se non entro limiti considerati accettabili - di contenuti fortemente varia­ bili in funzione delle specificità di ciascuna divisione. Infatti, «il criterio generale è quello di decentrare le funzioni che possono ritrarre i maggio­ ri benefici dalla specializzazione e di accentrare quelle che richiedono un più elevato coordinamento sul piano aziendale (come la finanza) o che consentono maggiori economie di scala o di scopo (come gli approvvi­ gionamenti e la ricerca e sviluppo)» (Sciarelli, 2002, p. 134). Ciò vuol dire che, ad esempio, la gestione delle risorse umane rimarrà di compe­ tenza di un unico organo (la Direzione del personale), a cui viene attri­ buito il compito di provvedere ad affrontare tutte le problematiche che si presentano nelle diverse divisioni aziendali. 14 5

_____,

L'impresa culturale

centri di profitto

centri di costo

L'analisi delle caratteristiche del modello divisionale consente di introdur­ re alcuni concetti particolarmente importanti: i centri di profitto ed i cen­ tri di costo. Nel primo caso , si fa riferimento a " porzioni " della struttura organizzativa che, per la loro autonomia, vengono considerate in maniera distinta anche sotto il profilo amministrativo: un esempio, in questo senso, è dato proprio dalle divisioni che, per il grado di autonomia loro conferito, vengono gene­ ralmente considerate alla stregua di centri di profitto; ciò vuol dire che esse esprimono dei ricavi e dei costi che sono direttamente ed univocamente ri­ feribili alle attività poste in essere, per cui sarà possibile individuare un ri­ sultato (lordo) afferente a ciascuna divisione. Questa possibilità facilita, naturalmente, lo svolgimento della funzione di controllo del rendimento organizzativo , la quale - come si avrà modo di spiegare successivamente deve essere ancorata a parametri quantitativi; tale possibilità è invece pre­ clusa dall'adozione del modello funzionale, in cui la misurazione dei rendi­ menti specifici di ciascuna funzione risulta molto complessa da realizzare, se non del tutto impossibile. Al responsabile di un centro di profitto viene pertanto attribuita, da un lato , la responsabilità dei risultati ottenuti e, dal­ !' altro, una significativa autonomia decisionale (sia sotto il profilo strategi­ co, con riferimento alla specifica area di business presidiata, che a livello operativo) , in ossequio ad un principio generale di organizzazione secondo cui alla responsabilità di gestione deve corrispondere un adeguato potere di disposizione sulle risorse. I centri di costo, invece, sono unità organizzative che mettono la propria attività a servizio delle altre divisioni dell'impresa e per questo motivo non generano ricavi ma unicamente dei costi, i quali - sulla base di criteri speci­ fici - vengono " ribaltati " sulle unità che beneficiano del loro contributo . E inoltre possibile distinguere i centri di spesa (ad esempio, la direzione amministrativa) che, non producendo un output misurabile, sono suscettibili unicamente di valutazioni di efficacia, data dal rapporto tra risultati previ­ sti e risultati ottenuti; i centri di ricavo, il cui obiettivo è il raggiungimento dei previsti livelli di fatturato; i centri di investimento, il cui apporto è misu­ rato attraverso la valutazione del rendimento (rapporto tra risultato conse­ guito e sforzo sostenuto) degli investimenti sostenuti.

Centri di profitto e di costo i n ambito culturale

È possi bile esem plifica re il co ncetto d i ce ntro d i profitto e d i ce ntro d i costo nel­ l'a m bito dell'o rga n izzazione d i u na mostra. La Division e attività com m ercia li ( p rod uzio ne e ve nd ita di prodotti ed ito riali e d i mercha n d ising associati a l tema della mostra) potrà esse re considerata u n centro 146

4.

La gestione direzionale

d i profitto, i n qua nto avrà propri costi e propri ricavi. Differente mente, la Divisione allesti m ento potrà co nsidera rsi un centro d i costo, in qua nto l'attività svilu ppata non gen era di retta m e nte dei ricavi, ma esclusiva mente dei costi; la sua attività, tut­ tavia, è a servizio delle a ltre d ivisio n i in quanto contribu isce a re ndere fu nzio nale e piacevole l'i ntero prodotto " mostra". I vantaggi della struttura divisionale risultano particolarmente evidenti nelle imprese di maggiore dimensione, le quali, attraverso tale modello or­ ganizzativo, acquisiscono significativi gradi di flessibilità che spesso proprio lo sviluppo dell'impresa inibisce: l'aumento della taglia dimensionale può infatti tradursi in una maggiore rigidità della struttura aziendale e quindi dei comportamenti gestionali, i quali risentono di fenomeni di "vischiosità" e di inerzia del processo decisionale. Tali problemi, infatti, si verificano quando la struttura assume una connotazione fortemente burocraticizzata, in cui prevalgono comportamenti individuali che privilegiano l'aspetto formale del lavoro (il rispetto delle regole e delle procedure) rispetto a quello sostanziale (l'ottenimento di un risultato) . Gli svantaggi di tale modello, invece, sono in primo luogo riconducibili all'incremento dei costi di personale, connesso al moltiplicarsi di unità organizzative che, all'interno delle diverse divisioni, svolgono la medesima attività (direttori di vendita, direttori di produzione ecc. ) . In secondo luogo, occorre sottolineare le difficoltà connesse al coordinamento delle attività poste in essere dalle varie divisioni, tra le quali si sviluppano spesso anche dei conflitti per l'attribuzione delle risorse (finanziarie, umane e tecniche) che ciascuna di esse ritiene indispensabili al perseguimento dei propri obiettivi . Il rischio è che si verifichino delle spinte centrifughe tali da rendere vano ogni tentativo di coordinamento. Oltre al modello funzionale e divisionale esistono altre soluzioni organizza­ tive, ritenute particolarmente adeguate rispetto alle attuali caratteristiche del contesto ambientale e competitivo: la gestione per progetti e l' organizzaz1one a rete. Il primo approccio è basato sulla creazione di strutture "elastiche", con le quali si cerca di coniugare i vantaggi dell'organizzazione funzionale con quelli del modello divisionale. La peculiarità di tale modello risiede nel fat­ to che esso rinuncia al principio dell'unità di comando, privilegiando una chiave di lettura " progettuale" del funzionamento dell'impresa: se l'impre­ sa risulta impegnata nello svolgimento contestuale di più progetti, ciascu­ no dei quali richiede professionalità specifiche, si creano infatti delle unità organizzative composte da individui afferenti alle diverse aree funzionali, in grado di apportare tutte le competenze richieste per lo sviluppo del pro-

147

I vantaggi

Gli svantaggi

La gestione per progetti

L'i m presa culturale





. •organ1zzaz1one 1 rete

getto . Queste unità, che possono essere permanenti o temporanee, vengo­ no gestite da figure specifiche (ad esempio, dei project manager) che sovrin­ tendono allo svolgimento di tutte le attività necessarie per portare a compi. mento ciascun progetto. Il principale limite di tale soluzione è legato al fatto che le unità organizza­ tive che gestiscono il progetto non dispongono del controllo diretto delle risorse che impiegano, le quali rimangono invece sotto il controllo del ri­ spettivo responsabile di funzione. In questo caso, dunque, ali' attribuzione di una responsabilità in termini di risultato da raggiungere non corrispon­ de l'attribuzione dell'autorità nei confronti delle risorse umane impegnate e questa circostanza aumenta la possibilità che si verifichino conflitti per i quali non è sempre facile individuare una mediazione. L'organizzazione a rete (network) si collega invece alle scelte strategiche di integrazione a cui si è fatto riferimento nel capitolo precedente, quando si è osservato che è necessario stabilire con cognizione di causa i confini del1' organizzazione, cioè quali attività devono essere necessariamente svolte all'interno dell'impresa (in modo da conservare un adeguato grado di con­ trollo sulle modalità di svolgimento delle stesse) e quali possono essere in­ vece demandate ali' esterno. La costruzione di un network mira ad esaltare i vantaggi sinergici connessi alla creazione sistematica di una rete di rapporti con gli altri operatori esi­ stenti sul mercato, ai diversi livelli della filiera produttiva. La trama rela­ zionale che viene attivata, infatti, non riguarda solo i clienti ed i fornitori (posti a monte ed a valle dello stadio del processo produttivo in cui si col­ loca l'impresa) ma anche quei soggetti che insistono sul medesimo spazio competitivo, cioè sullo stesso stadio della filiera, privilegiando pertanto l'i­ dea che - all'interno di uno stesso ambito concorrenziale - possano esistere non solo rapporti di competizione ma anche di collaborazione. In propo­ sito, è stato osservato che «gli accordi inter-organizzativi hanno dapprima interessato solo la fase distributiva, ma ora toccano anche quella produtti­ va: proliferano le intese per l'allestimento di progetti espositivi itineranti, vengono potenziati gli scambi inter-bibliotecari, crescono le collaborazioni tra teatri ed enti lirici per la costituzione di circuiti musicali e teatrali [ . . . ] » (G uerzoni, 1998, p. 257; sul tema si rimanda, fra gli altri, a Bagdadli, 2003 , 199 5; Fabbretti, 2001 ; Baroncelli, 1999 ; Diserens, 199 8; Bianchi, 1996) .

Le reti in a mbito museale e teatrale N egli u lti m i a n n i l'Italia ha visto considerevolmente crescere il n u mero di netwo rk museali. Al d i là delle specifi cità che si registra no caso per caso, gli eleme nti comu­ n i so no l'affida m ento a fo rn itori esterni, da pa rte d i un gru ppo di musei con n essi 148

4 . La gestione direzionale

fra d i lo ro dalla s pecializzazione ti pologica (ad ese m pio musei d iocesa n i ) o dalla localizzazione geografica (m usei del Piemonte), d i u na serie di fu nzion i i cu i costi non sa rebbero facilmente sosten ibili da pa rte di ciascu n museo si ngola rme nte: co­ m u nemente, le fu nzioni che vengono affidate all'este rno possono essere qu elle d i p romozione e co m u n icazione, fu nd-raisi ng, orga n izzazio ne mostre, etc. Anche nel setto re teatrale la cooperazione i nte r-azie ndale è sign ificativa mente d if­ fusa, ti picamente attraverso il ricorso a lla coproduzione, ovvero il caso i n cui due im prese di produzione si accorda no pe r realizza re i nsieme u no spettacolo, sudd ivi­ de ndo respo nsa bilità e oneri su lla base di u n co m u n e progetto a rtistico e orga n iz­ zativo. Ad ese m pio, la prod uzione dello spettacolo Turcs tal Friul (in Galli na, 2001, p. 227) su u n testo di Pie r Paolo Pasoli n i, è stata realizzata n el 1995 da u n teatro sta bile pubblico (Teatro Stabile del Friu li-Ve nezia G i u lia) e da u n teatro stabile pri­ vato m i la n ese. La sinergia ha co nse ntito, da u n lato, la sistematica rice rca di attori d i li ngua friula na e, da ll'altro, di ga ra nti re allo spettacolo u n mercato più a m pio ( F riuli e l'area di Mila no) rispetto a quello che avrebbe avuto se fosse stato prodot­ to da u n solo teatro.

Attraverso la messa a punto dei meccanismi operativi e delle procedure organizzative (routine) si individuano, infine, l'insieme delle regole e le sequenze di compiti necessari per svolgere in maniera corretta ed efficace quelle attività che si presentano in maniera ricorrente durante la vita di un'impresa. (Brugger, 1988, p. 110 ); posto che il valore iniziale è quello a cui è attribuita la massima verosimiglianza rispetto alla realtà futura, si può ad esempio delineare il verificarsi di un duplice scenario (ottimistico e

1 53

L'analisi di sensitività

L'impresa culturale FIG U RA g

La manifestazione econom ica e finanziaria di una transazione di acquisto

manifestazione economica

,,

debito ----------------�-

manifestazione fi nanziaria

l

... '

o o u

+-' V,



:quilibri economici ! finanziari

tempo

d i lazione ►

pessimistico) e formulare una stima degli esiti delle variazioni (in aumento o in diminuzione) che ne conseguono. La distinzione tra l'aspetto economico e quello finanziario è particolar­ mente rilevante, in quanto ogni atto di transazione che l'impresa pone in essere - con soggetti interni ed esterni ad essa - trova una sua manifestazio­ ne economica che, sotto il profilo temporale, può rivelarsi non coincidente con la manifestazione finanziaria, cioè con il momento in cui tale transa­ zione effettivamente si conclude. La non coincidenza tra gli aspetti economici e finanziari si rende evidente nel momento in cui il soggetto fornitore (di un bene o di un servizio) ac­ corda una dilazione al soggetto acquirente, rendendosi quindi disponibile a ricevere il pagamento di quanto dovuto in un momento successivo ri­ spetto alla realizzazione della prestazione. Un esempio può chiarire meglio questo concetto, di fondamentale impor­ tanza. Se un soggetto acquista una merce al tempo t0 e la paga al tempo t1 , sosterrà una uscita differita (per un periodo pari alla differenza tra t1 e t0 ) rispetto al momento in cui si determina il relativo costo; ne consegue che quanto maggiore è tale periodo, tanto più avanti nel tempo si sposterà il momento in cui egli salderà il proprio debito con il fornitore (fig. 9). Se, viceversa, il pagamento avviene contestualmente rispetto alla messa a di­ sposizione della merce, non si avrà alcun debito con il fornitore e l'aspetto economico e quello finanziario coincideranno. Allo stesso modo, se un soggetto cede un servizio al tempo t0 , ma incassa il relativo corrispettivo al tempo t1 , maturerà un credito nei confronti di un proprio cliente, pari al ricavo della vendita, che si tradurrà in un'entrata nel momento in cui otterrà il pagamento dell'importo dovuto. Nel primo caso, quindi, il soggetto acquirente ottiene una "dilazione" di pagamento, mentre nel secondo caso il soggetto cedente la concede.

1 54

4.

La gestione direzionale

La presenza di questi sfasamenti temporali è dunque di rilevante importan­ za, in quanto essa contribuisce a definire la dimensione degli eventuali fab­ bisogni finanziari nei diversi periodi di tempo e consente di verificare la presenza di un equilibrio monetario, cioè la sostenibilità finanziaria di breve termine delle scelte assunte. Se le uscite prodotte dall'attività di ge­ stione risultano superiori alle entrate, si renderà infatti necessario verificare che la dotazione finanziaria dell'impresa sia in grado di assorbire tale fab­ bisogno; in caso contrario, si dovrà provvedere a ridimensionare il pro­ gramma di attività ovvero a recuperare le ulteriori risorse necessarie (cfr. cap. 6). La valutazione degli aspetti economici e finanziari deve essere realizzata per ciascuna delle voci che compongono i budget di dettaglio (di vendita, dei costi di distribuzione, degli acquisti ecc.); dall'aggregazione di tali valori si perviene alla definizione dei budget economici e finanziari, i quali conflui­ scono nel piano operativo, che rappresenta quindi il momento di sintesi delle ipotesi formulate e, per ciò stesso, lo strumento primario per lo svol­ gimento delle attività di programmazione e controllo. Sulla base di quanto sin qui osservato, appare dunque evidente il carattere iterativo dell'attività di programmazione, in quanto, nello sviluppo del budget di esercizio, sarà necessario procedere per approssimazioni successi­ ve, sino ad individuare il mix di obiettivi e di attività che risultano compa­ tibili con il sistema di vincoli entro cui si muove l'attività d'impresa. Occorre, a questo punto del ragionamento, analizzare le complementarità esistenti tra programmazione e controllo. Considerato che, attraverso la programmazione, si perviene non solo ad individuare gli obiettivi e le atti­ vità che dovranno essere realizzati, ma anche alla loro valorizzazione, appa­ re chiaro che questi dati di tipo quantitativo costituiranno la base del pro­ cesso di controllo, il cui obiettivo primario è quello di verificare se quanto è stato programmato (obiettivi) venga effettivamente realizzato (risultati). Il confronto tra obiettivi e risultati, realizzato mediante l'analisi sistema­ tica degli scostamenti, può evidenziare l'esistenza di una differenza, la cui significatività orienta i successivi comportamenti gestionali dell'impresa (fig. 10). In taluni casi, la differenza può rivelarsi contenuta entro limiti considerati accettabili, nel senso che gli scarti evidenziati non vengono considerati tali da compromettere il raggiungimento degli obiettivi generali di gestione e la loro presenza è pertanto da considerarsi connessa alle oggettive difficoltà di svolgere previsioni del tutto accurate. Queste situazioni rappresentano l'oggetto del controllo esecutivo e rientra­ no nella sfera di competenza dei livelli inferiori della struttura organizzati­ va, i quali non sono chiamati ad esprimere alcun intervento di tipo sogget-

1 55

L'equilibrio monetario

I rapporti tra program mazi one e controllo

L'analisi degli scostam enti

Il controllo esecutivo

L'i mpresa culturale FIG U RA 10 I l processo di controllo

O biettivi di lu ngo periodo

O biettivi di breve periodo

feedback valutativo

Attività feedback correttivo

Risultati Sistema di ri levazione dei risu ltati Confronto tra ri su ltati effettivi ed obiettivi

l controllo Hrezionale

tivo quanto, piuttosto, ad applicare le regole di comportamento già fissate all'interno delle procedure aziendali. Se, invece, la differenza tra obiettivi attesi e risultati è notevole, allora si ri­ cade nell'alveo del controllo direzionale, e sarà necessario che i vertici della scala gerarchica si interroghino sulle cause che hanno prodotto tale situa­ zione, verificando se esse siano riconducibili ad un errore compiuto in sede di programmazione - nel qual caso occorre rivedere le stime effettuate (feedback valutativo) , evidentemente poco realistiche, provvedendo ad una nuova formulazione del piano - ovvero se si renda necessaria l'adozione di interventi rettificativi sulle modalità prescelte per raggiungere gli obiettivi prefissati (feedback correttivo) , in grado di consentire l'effettivo raggiungi­ mento degli stessi. L'attività di controllo può essere svolta non solo a consuntivo, cioè al ter­ mine del periodo temporale prescelto per la programmazione (controllo susseguente) , ma anche durante lo svolgimento delle attività (controllo concomitante) , nel qual caso assume rilievo critico la tempestività con la quale viene rilevato lo scarto e vengono adottate le decisioni conseguenti. Per svolgere un controllo in itinere, quindi, è da un lato necessario scom­ porre l'obiettivo annuale in sub-obiettivi intermedi, suscettibili di analisi per periodi di tempo molto brevi (trimestre, mese, settimana) e, dall'altro, predisporre degli automatismi che rendano più agevole il monitoraggio delle variabili oggetto di controllo. Con il controllo antecedente, infine, si interviene prima che venga avviato lo svolgimento delle attività programmate, al fine di verificare la correttez­ za delle ipotesi formulate con l'obiettivo di sviluppare le previsioni sull'an­ damento futuro delle variabili aziendali. Un'analisi di mercato consentirà, ad esempio, di verificare se le stime sulle vendite - e, quindi, sulla capacità 156

4.

La gestione direzionale

di assorbimento da parte della domanda - risultano congruenti rispetto al­ l'attuale situazione ambientale e competitiva.

4. La conduzione delle risorse umane Come si è già avuto modo in precedenza di osservare, l'obiettivo delle scel­ te organizzative è quello di ottenere il miglior rendimento delle risorse umane impegnate nello svolgimento delle attività di gestione. Questo ap­ proccio è, in larga misura, connesso alla notevole incidenza percentuale che il costo del personale generalmente esprime sul conto economico di un'impresa culturale, al crescere del quale aumentano i rischi connessi alla maggiore rigidità della struttura dei costi aziendali. Si è anche detto, però, che la crescente attenzione verso le risorse umane è legata alla convinzione che esse rappresentino la "materia prima" per poter conseguire un vantaggio competitivo conservabile nel tempo e difendibile rispetto alla concorrenza. Ciascun individuo, infatti, è portatore di proprie professionalità e competenze, che possono - o dovrebbero - essere inte­ gralmente messe a servizio dell'organizzazione in cui egli opera. Il proble­ ma risiede proprio nel considerare che non è detto che ciò avvenga, in quanto, per una pluralità di motivi, può accadere che il contributo indivi­ duale si ponga molto al di sotto dell'apporto potenziale che ciascun sogget­ to sarebbe in grado di esprimere. Il compito della funzione di conduzione delle risorse umane risiede, dun­ que, nell'analisi delle relazioni che si vengono a creare tra individuo ed or­ ganizzazione e nell'individuazione delle soluzioni atte a massimizzare i risul­ tati che ne potrebbero derivare (sul punto si rimanda, fra gli altri, a Bon­ dardo Comunicazione, 2002; Moretti, 1999, cap. 8; Tramposch, 1996; Ke­ ravel, 1993; Audier, 1993). Il rapporto tra individuo ed organizzazione ha una sua componente for­ male, disciplinata dalla soluzione contrattuale che regola la relazione tra le due parti, nella quale vengono stabiliti i contenuti della prestazione di la­ voro (in termini di compiti e mansioni) e il corrispettivo che verrà attribui­ to al soggetto che la svolge. Va però considerato che l'aspetto economico non esaurisce, generalmente, le attese individuali, le quali si strutturano generalmente secondo un com­ plesso più o meno articolato di funzioni di utilità personale (bisogni); i bi­ sogni concorrono quindi a definire il sistema di obiettivi in base al quale ciascuna persona orienta la propria vita e le modalità di comportamento al­ l'interno dei diversi contesti con i quali entra in contatto. Gli obiettivi per­ sonali, dunque, possono non coincidere con quelli espressi dal contesto professionale nel quale lavora l'individuo: quanto maggiore è la distanza 1 57

1 l contributo potenziale delle nsorse umane

Il concetto di conduzione

I bisogni individuali

L'i m presa c u lt u ra le

l sistema de lle ·1co m pe n se

.

.e ricom pen se ti ti po i ntri n seco

.

.e ricom pen se ti ti po estri n seco

.a com po nente

.

�co no m 1 ca

tra di essi, tanto più ampio si rivela il gap tra il contributo potenziale e quello effettivo e la possibilità che insorgano dei conflitti tra le due parti. Occorre, pertanto, analizzare e comprendere la natura della relazione pro­ fessionale che si viene a creare all'interno di un'organizzazione, al fine di individuare le opportune forme di integrazione tra gli obiettivi individuali e quelli aziendali. Oltre ai meccanismi di integrazione organizzativa, di cui si è detto nelle pa­ gine precedenti, le leve a cui fare ricorso per ridurre il più possibile l'insor­ gere di occasioni di conflitto sono riconducibili a ricompense di tipo in­ trinseco ed estrinseco: le prime sono legate al grado di soddisfazione che l'individuo trae dallo svolgimento del proprio lavoro; contestualizzando tale considerazione all'interno di un'organizzazione teatrale, ad esempio, è facile immaginare che per gli operatori di questa tipologia di impresa cul­ turale buona parte della ricompensa intrinseca può essere costituita dal pia­ cere di lavorare in un ambiente comunemente considerato "creativo" ed "artistico" e di venire, attraverso di esso, in contatto con personaggi celebri del mondo dello spettacolo; le seconde - quelle estrinseche - invece, com­ prendono tutti quei riconoscimenti di carattere tangibile attribuiti agli in­ dividui che interpretano i compiti loro assegnati in modo conforme a quanto è stato loro indicato. Con riferimento alle ricompense di tipo intrinseco, assume dunque parti­ colare importanza la motivazione individuale a partecipare alla vita del1' organizzazione ed a fornire un contributo attivo; nel momento in cui si prende a riferimento il sistema di bisogni che l'individuo tende a soddisfa­ re attraverso la sua prestazione di lavoro all'interno di un sistema organiz­ zativo, si parla di motivazione a partecipare, mentre considerando il ruolo dei fattori che influenzano l'entità del contributo fornito dall'individuo si parla di motivazione a produrre (cfr. Pilati, 1995, p. 127). È inoltre evidente che se un individuo si sente parte integrante di un'organizzazione, identifi­ candosi con essa e con gli obiettivi che questa persegue (commitment), sarà naturalmente incline non solo a profondere il massimo impegno nello svolgimento delle mansioni assegnate ma anche a fornire un proprio con­ tributo in termini di creatività ed originalità. Il risultato che ne deriva (pre­ stazione) è dunque riconducibile all'effetto congiunto di motivazione e ca­ pacità individuali (fig. 11). Tra le ricompense di tipo estrinseco, è possibile distinguere quelle basate sulla remunerazione da quelle non monetarie. In entrambi i casi, va preli­ minarmente osservato, è necessario che venga previsto un sistema pre­ miante, in base al quale vengono stabiliti, in via preventiva, i riconosci­ menti che verranno attribuiti (premi, avanzamenti di carriera ecc.) in fun­ zione dei risultati effettivamente raggiunti. Con specifico riferimento al rapporto esistente tra motivazioni individuali ed attese di natura economica, va rilevato come queste vengono soddisfar158

4. La gestione di rezionale FIG U RA 11

I l ruolo della motivazione nella prestazione di lavoro Motivazio ne

Prestazione

I ntensità / di rezione del com portamento Fonte: Pi lati (1995),

X

Capacità

I ntelligenza Abilità Conoscenze tecniche

p. 129.

te, in primo luogo, attraverso la regolare somministrazione del compenso attribuito per lo svolgimento della prestazione professionale. In realtà, è possibile incidere sulle motivazioni individuali proprio legando la defini­ zione dell'entità complessiva della remunerazione all'impegno profuso ed ai risultati ottenuti, attraverso la variabilizzazione di una porzione più o meno significativa del compenso. L'entità di tali riconoscimenti può, infat­ ti, essere stabilita in funzione della differenza (positiva) tra quanto realizza­ to e quanto programmato. Se, quindi, un individuo si propone di realizza­ re un risultato superiore a quanto gli è stato richiesto, è necessario che egli sia in grado, preventivamente, di valutare l'entità della ricompensa che gli verrà attribuita quale riconoscimento per l'ulteriore impegno che egli ha profuso. Se tale valutazione è positiva (i benefici sono superiori ai costi) si viene a creare un potente incentivo in grado di influire sull'intensità della motivazione personale. I sistemi premianti possono, però, far leva anche su altre componenti della motivazione individuale, di tipo immateriale: al di là della soddisfazione economica, infatti, possono essere individuate anche forme di incentivazione basate - ad esempio - sulla partecipazione dell'individuo al processo decisionale, il quale, se a vario titolo coinvolto nelle scelte aziendali, può essere più facilmente portato a condividerle e comunque a sentirsi gratificato per il fatto stesso di essere stato reso partecipe della vita dell'organizzazione. Si osserva, infatti, che >, si caratterizzava per un'apertura veneziana e per una seconda sessione realizzata a New York. Tale mostra si è distinta per il livello di riscontro culturale relativo ali' esposizione, per l'elevata presenza di pubblico (solo per la sessione veneziana sono stati presenti più di 300 . 000 visitatori) , per aver permesso al Comune di Venezia di ottenere un risultato economico-finanziario positivo (si è fatto riferimento ad un utile dell' o­ perazione di circa 2 miliardi di lire) . Taie attività si è caratterizzata per una lunga ideazione e un'organizzazione di circa sei mesi. L'idea di organizzare mostre di grande rilevanza con cadenza biennale era presente nella mente della direzione dei Musei Civici di Venezia da anni. In particolare, l'obiettivo era quello di individuare in questo approccio una modalità per conseguire una valorizzazione temporanea del patrimonio specifico dei musei costituito dalle collezioni permanenti. Inoltre, la mostra aveva un background operativo legato alla politica decennale di prestito d'opere sviluppato dai M CV. I Musei Veneziani hanno infatti prestato opere ai principali musei internazionali che ne facessero richiesta, avendo come scopo principale la diffusione delle conoscenze sul patrimonio presente nei musei, e quindi per evidenziare il valore delle proprie collezioni, e come scopo secondario la costituzione di un "credito " relativo all'ottenimento di opere in prestito, in modo privilegiato rispetto ad altri soggetti e senza il sostenimento di costi specifici. La mostra, nelle sue componenti economico-finanziarie è stata approvata, attra­ verso l'accettazione di un budget previsionale con atto formale da parte della Giunta comunale, solo pochi giorni prima della sua apertura. Evidentemente tale documento non ha rappresentato l'inizio del processo organizzativo della mostra ma ha costituito il momento ufficiale di avvio della stessa.

* A cura di Andrea Moretti, Professore associato di Economia e gestione delle imprese,

Università degli Studi di Udine; docente di Produzione e marketing delle attività culturali, Corso di laurea in Economia e gestione delle arti e delle attività culturali, Università " Ca' F oscari ,, di Venezia.

2 97

L'idea

L'impresa culturale

.a costruzione tel budget

.e relazioni con soggetti coinvolti

Tale modalità di costituzione del budget non è molto rara all'interno delle orga­ nizzazioni museali pubbliche, proprio per la differenza tra le necessità operative dell'organizzazione di un evento temporaneo e la natura dei procedimenti ammi­ nistrativi necessari ali' approvazione dello stesso. AI di là di quanto evidenziato, la costruzione del budget di una mostra è comun­ que sottoposto, anche in ambito privato, ad una serie di limitazioni. Di seguito, se ne elencano alcune: 1 . le attività connesse alla realizzazione della mostra sono difficilmente elencabili in maniera puntuale, non tanto nella loro essenza ma nella loro entità. Ad esem­ pio, l'insieme di attività di studio e ricerca che sono necessarie all'identificazione delle ipotesi espositive, i vi aggi studio e le attività di relazioni pubbliche necessarie all'ottenimento delle opere presentano costi che sono imputati direttamente a ca­ pitoli di spesa diversi da quelli specificatamente aperti per la realizzazione degli . . eventi temporanei; 2. nei musei pubblici non sempre viene redatto un budget specifico per le esposi­ zioni; in particolare, se la mostra non risulta eccessivamente onerosa dal punto di vista finanziario, si imputano i costi della mostra a voci già esistenti del bilancio del museo per semplificazioni amministrative; 3. le voci presenti nei bilanci pubblici sono spesso definite per aggregati molto ampi, per cui la definizione di un budget analitico ed operativo potrebbe avere un senso solo a livello interno aziendale. L'interesse verso tali elementi però non è an­ cora elemento " costitutivo " della maggior parte delle organizzazioni museali. A li­ vello esemplificativo, un documento che assomigliasse ad un budget per la mostra G. B . Tiepolo non è stato rintracciato nella documentazione ufficiale ma solo come documento a servizio dell'Ufficio Programmazione Eventi che ha coordina­ to l'insieme delle attività. Nella tab. 1 si riporta una possibile rappresentazione delle tipologie di costi poten­ zialmente connessi ad un'esposizione temporanea, confrontati con quelli apparte­ nenti alla gestione operativa di un museo dotato di un'esposizione permanente. Un aspetto utile alla comprensione della difficoltà operativa di rilevare un budget dell'organizzazione di un evento temporaneo è legato alla costituzione delle rela­ zioni che si instaurano tra i soggetti coinvolti. I gestori degli spazi museali, i cura­ tori, i proprietari delle opere esposte, i fornitori, i finanziatori, gli sponsor, i rego­ latori ecc. sono soggetti che assumono ruoli e definiscono relazioni recip roche in termini dinamici rispetto alla singola mostra. Nell'organizzazione di una mostra è raro infatti individuare situazioni nelle quali l'organizzatore acquisisce direttamente tutte le risorse necessarie per la realizzazio­ ne di questa, assume tutti gli impegni nei confronti dei fornitori e quindi ottiene il proprio risultato sottraendo all'insieme delle entrate dirette i costi sostenuti. È invece piuttosto frequente individuare budget di mostre che non presentano inte­ re categorie di costi (ad esempio i costi logistici e/o per la realizzazione del catalo­ go) perché tali costi sono stati sostenuti non direttamente dall'organizzatore ma

298

6.

L'orientamento delle scelte economiche e finanziarie

Confronto tra la struttura dei costi relativi alla gestione operativa d i un museo e q uelli connessi ad un'esposizione temporanea

TAB E LLA 1

• • • • • • •

Costo del la voro dirigenti, curatori e personale scientifico personale amministrativo personale tecnico custodi personale ausiliario personale per pulizia vigilanza

• • • •

Costi tipici attività scientifica restauro mostre acqu1s1z1on1

• • • • • • • • • • • • • • •

Spese generali • materiali e consumi • manutenzione im pianti generici e di si­ curezza

Costi specifici attività scientifica per la stesura del­ l'ipotesi espositiva e la ricerca delle opere consulenze tecniche oneri per il pagamento dei prestatori delle opere accom pagnatori oggetti restauri • • • ass1curaz1on1 trasporto opere fabbrili, im pianti elettrici, tappez­ zeria, dipintura, grafica, segnaletica didattica convegni guardiania speciale sale promozione, pubblicità dirigenti, curatori e personale scientifi­ co del museo (quota parte im putabile alla mostra) personale am ministrativo del museo (quota parte im putabile alla mostra) personale tecnico del museo (quota parte im putabile alla mostra)

Spese generali • materiali e consumi • manutenzione im pianti generici e di si­ curezza (se attivati su richiesta)

da soggetti esterni (sponsor) che attraverso tale modalità hanno sostituito il sog­ getto pagatore. Nel caso della mostra G. B. Tiepolo, ad esempio, i costi della reda­ zione del catalogo, inizialmente previsti a budget, non sono stati poi rilevati a con­ suntivo, in quanto l'azienda editrice che ha vinto l'appalto per la stampa del cata­ logo ha scelto successivamente di operare in qualità di sponsor tecnico, sostenen­ do direttamente tutti i costi di stampa, e di sponsor tout court pagando in nome e

2 99

L'impresa culturale

per conto dei Musei Civici di Venezia le spese relative alla logistica per l' esposizio­ ne realizzata a Venezia . ... E evidente che lungo il processo di organizzazione di un evento la diversa collocazione di elementi quali i costi e relative uscite, e ricavi con le relative entrate, pos­ sono influenzare l'entità complessiva del risultato. Nel caso specifico della mostra G. B. Tiepolo, eventi quali l'eccezionale successo di pubblico e la connessa modi­ ficazione del ruolo di alcuni soggetti della costellazione del valore (l'editore) han­ no determinato un risultato positivo solo in parte previsto all'inizio del progetto.

300

Indice delle tabelle

Capitolo 2

Tab. 1 Tab. 2 Tab. 3

Tab. 4

Rappresentazioni teatrali e musicali in Italia Biglietti venduti e spesa del pubblico per rappresentazioni teatrali e musicali in Italia Persone di 6 anni e più che hanno assistito a spettacoli teatrali nei 1 2 mesi precedenti l'intervista per età, titolo di studio e ripartizione geografica - Anni 1997-2000 (per 100 person e con le stesse caratteristiche) Biblioteche in Italia distinte per tipologia funzionale 2001

Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab.

5 6 7 8 9 10 11

Tab. 12

Tab. 13

Consistenza del materiale nelle biblioteche pubbliche statali Consultazioni e prestiti nelle biblioteche pubbliche statali Archivi di Stato, scaffalature, materiale conservato - 1999 Archivi di Stato, presenze e ricerche - 1999 Musei italiani, per proprietà Musei italiani, per tipologia Visitatori dei musei, monumenti e aree archeologiche statali per modalità d'ingresso - 2002 Persone di 6 anni e più che hanno visitato monumenti e siti archeologici nei 12 mesi precedenti l'intervista per età, ritolo di studio e ripartizione geografica - Anni 1997-280 (per 100 persone con le stesse caratteristiche) Tassonomia dei servizi nel settore culturale

63 64

64 69 70 70 73 73 78 78 79

80 85

Capitolo 3

Tab.

1

Analisi swoT del Museum of Fine Arts di Boston

110

301

L'impresa culturale

Capitolo 4

Tab. Tab.

1

2

Meccanismi di integrazione, in ordine crescente di costo e complessità Il prestito di un'opera d'arte da parte di un museo

1 39

Cosa preferiscono fare i giovani con internet

21 8

1 50

Capitolo 5

Tab.

1

Capitolo 6

Tab. Tab.

302

1

2

Soggetti finanziatori e tipologie di finanziamenti Articolazione entrate/uscite nel settore culturale

Indice delle figure

Capitolo 1

Fig.

1

Fig.

2

Fig. 3 Fig. 4

Esempio di filiera di produzione applicata al settore degli imballaggi Fase di produzione e distribuzione nella filiera artistico­ culturale Tecnologie e prodotti/servizi nella filiera artistico-cui turale L'impatto economico di un'impresa culturale

30 31 42

Tassonomia dei servizi teatrali Tassonomia dei servizi bibliotecari Tassonomia dei servizi archivistici Tassonomia dei servizi museali Tassonomia dei servizi dei festival Il sistema di stake-holder

56 68 72 77 83 86

I processi di trasformazione della conoscenza Il processo generativo della conoscenza Le fasi dell'attività di problem solving Italia - Previsioni della popolazione residente Il modello della comunicazione di Schramm Il sistema di scelte nell'attività di gestione Le variabili alla base dell'analisi swoT La matrice swoT

94 97 97 99

Capitolo 2

Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig.

1 2

3 4 5 6

Capitolo 3

Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig.

1 2

3 4 5 6 7 8

101

104 109 111

303

L'impresa culturale

Fig. 9 Fig. 10

La matrice di Ansoff Le strategie competitive

116 1 21

Capitolo 4

Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3 Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6 Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 Fig. 10 Fig. 11 Fig. 12

La scomposizione " a cascata" degli obiettivi di lungo periodo Il ciclo di direzione aziendale Le dimensioni organizzative Esempio di modello di struttura funzionale Esempio di modello di struttura funzionale per una biblioteca Esempio di modello di struttura divisionale articolato su base geografica Esempio di modello di struttura divisionale di un museo Il sistema di piani attraverso cui si origina il budget operativo La manifestazione economica e finanziaria di una transazione di acquisto Il processo di controllo Il ruolo della motivazione nella prestazione di lavoro Gli interventi sulla definizione dei contenuti della man.s1one

132 133 138 142 143 144 145 1 53 1 54 1 56 159 160

Capitolo 5

Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3 Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6 Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 Fig. 10 Fig. 11 Fig. 12 Fig. 13

304

Esempi di elasticità della domanda Il processo di consumo I possibili ruoli nel processo di acquisto Ruolo del consumo e variabili di consumo Benefici e costi di raccolta dei dati Le differenti tipologie di dati all'interno di un S I M Combinazione delle principali scelte di marketing Il posizionamento di prodotti culturali per benefici ricercati I livelli del prodotto/servizio Il ciclo di vita del prodotto Il ciclo di vita di un'esposizione temporanea Distribuzione dei consumatori per tempo di adozione Differenti circuiti di distribuzione: il caso del Castello di Breteuil

173 177 179 180 182 186 190 194 198 199 200 201 210

I ndice delle fi gu re

Capitolo 6 Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3

Gli equilibri di gestione Fabbisogni finanziari e struttura finanziaria Il circolo virtuoso del fund-raising

2 50 2 55 261

305

Indice analitico

analisi degli scostamenti, 1 55 analisi dei log, 221 analisi di sensitività, 1 53 analisi PEST, 104 analisi SWOT, 108 Annua! Report, 287 approccio pull, 207 approccio push, 207 autofinanziamento, 25 5

barriere ali' entrata, 107 Baumol e Bowen, 34 benchmarking, 182 best practices, 149 branding, 202 budget di esercizio, 1 52 budget promozionale, 21 5 business-Co-business, 222 business-to-consumer, 222

. . . campione statistico, 229 canale di distribuzione, 210 capitale circolante, 253 capitale fisso, 253 centri di costo, 146 centri di profitto, 146 ciclo di vita del prodotto, 199 cofinanziamento, 275 commitment, 1 58 comunicazione istituzionale, 213 conduzione delle risorse umane, 1 57

conflitti in terfunzionali, 143 conoscenza esplicita, 94 conoscenza tacita, 94 contributi in conto capitale, 274 contributi in conto interessi, 274 controllo antecedente, 1 56 controllo concomitante, 1 56 controllo direzionale, 1 56 controllo esecutivo, 1 55 controllo susseguente, 1 56 corporate identity, 213 costi di transazione, 24 costi fissi, 248 costi variabili, 248 costo opportunità, 256 crisi economiche, 250 crisi finanziarie, 250 customer satisfaction, 183

dati primari, 18 5 dati secondari, 185 diagramma di redditività, 249 differenziazione, 1 22 direct marketing, 21 6 domanda d'opzione, 39 domanda effettiva, 173 domanda potenziale, 173

.

. ' 23 economicita, economie di replicazione, 31 3 07

L'impresa culturale

economie di scala, 119 economie di scopo, 136 economie di specializzazione, 135 edutainment, 184 elasticità della domanda, 173 elasticità incrociata, 173 environmental scanning, 287 equilibrio economico, 247 equilibrio finanziario, 249 equilibrio monetario, 155 esternalità, 36

fidelizzazione, 202 filiera di produzione, 2 7 focalizzazione, 123 fondazioni bancarie, 273 fondazioni di partecipazione, 273 fon ti di capitale, 257 fund-raising, 258

.

.

gestione per progetti, 147

hometainment, 25

impieghi di capitale, 251 indagine sul campo, 186 indicatori di impatto, 52 indicatori di performance, 286 indicatori di realizzazione, 51 indicatori di risultato, 51 industria culturale, 58 integrazione verticale, 117 in ternshi p, 267

job enlargement, 1 59 job enrichment, 1 59 job rotation, 160 308

leadership di costo, 121 legge della crescita sbilanciata, 34 Long Range Planning, 1 51

margine di contribuzione, 203 marketing concentrato, 189 marketing di nicchia, 189 marketing differenziato, 190 marketing digitale, 217 marketing indifferenziato, 189 marketing-mix, 196 Maslow, 174 Master Pian, 283 matching-grants, 271 matrice di Ansoff, 116 matrici Input-Output, 43 meccanismi di integrazione, 139 media planning, 216 metodo campionario, 185 mezzi di terzi, 255 . . mezzi propri, 255 milestone, 285 m1ss1on, 101 modello di Schramm, 100 modello divisionale, 143 modello funzionale, 141 modello semplice, 141 morbo dei costi, 34

organizzazione a rete, 148 organizzazioni non profit, 23

passa-parola, 214 peak load pricing, 36 performing arts, 21 pos1z1onamento, 193 • • premzum prtce, 204 prestito interbibliotecario, 67 price maker, 205 price taker, 205

Indice analitico pr1c1ng, 203 principio del coordinamento, 136 principio dell'unità di comando, 138 principio di omogeneità, 253 principio di specializzazione, 141 problem defining, 97 problem solving, 91 processo di delega, 137 prodotti convenience, 198 prodotti shopping, 199 prodotti specialty, 199 profilazione, 221 Project Financing, 277 pubbliche relazioni, 216 pubblicità, 21 5 punto di equilibrio, 249

scanning, 182 searching, 99 segmentazione, 189 sensitività della domanda, 174 Servizio Bibliotecario Nazionale, 67 servizio di prossimità, 207 Sistema Informativo di Marketing, 180 sistema premiante, 1 58 stake-holder, 84 stili di vita, 191 . .. strategia compet1t1va, 121 strategia complessiva, 115 strategia di concentrazione, 115 strategia di diversificazione, 115 struttura finanziaria, 254 . . struttura organ1zzat1va, 135

razionalità economica, 21 rendimento diretto, 252 rendimento immateriale, 252 rendimento indiretto, 252 ricerca descrittiva, 181 ricerca esplorativa, 181 rischio di illiquidità, 257 rischio di insolvenza, 257 rischio economico, 248

target audience, 21 5 tecnica dello "scorrimento " , 152 teoria del "vantaggio comparato " , 23

valutazione di impatto economico, 39 valutazione di impatto sociale, 39 vision, 285 volontariato, 266

309