Il paese di Cortesia. Omaggio a Federico II


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Il paese di Cortesia. Omaggio a Federico II

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Collana Le Armonie del Mondo a cura del

Consiglio Scientifico della ASPES Associazione per La Storia del Pensiero sul Mondo Magico, Empirico e Simbolico

Comitato Scientifico dell'Accademia della Crescia Associazione per lo Studio delle Discipline di Frontiera

Le Armonie del Mondo Collana diretta da Paolo A. Rossi

Titolo originale: Il Paese di Cortesia Omaggio a Federico II nell'Ottavo Centenario della nascita "Suoni e sogni nell'età di Federico II" e "Il Paese di Cortesia" Convegni interdisciplinari della Aspes e deli' Accademia della Crescia tenutisi rispettivamente a

24-31 maggio e 7 giugno 1994 Offagna (AN), 23 - 24 luglio 1993

Genova,

ed a

Edizione a cura di: Paolo Aldo Rossi Ida Li Vigni - Stefano Zuffi In copertina:

Tannhauser- Codex Manesse Palatinus Germanicus 848

© Erga Edizioni

via Biga 52 r (cancello)- 16144 GE te!. 010- 83.91.833 fax. 010- 83.28.799

n cJ>aese di Cortesia Omaggio a Federico II nell'Ottavo Centenario della nascita a cura di Paolo A. Rossi, Ida Li Vigni e Stefano Zuffi

Erga

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edizioni i.ditu1 i dal l 'Jh1

D tempo di Federico II di Hohenstaufen Geo Pistarino Ordinario f. r. di Storia Medievale Università di Genova Ricorrendo l ' o ttoce n tesimo a n n iversario della n asc i ta d i Federico I I di Hohenstaufen (lesi, 26 dicembre 1194 ), ritorna­ no in giudizio i punti di tensione che fecero del suo tempo uno dei periodi più vitali e dibattuti del tardo medioevo: quan­ do lo scontro tra il passato e il futuro prepara l ' avvento dell 'età moderna. E ' il periodo del sec. XII I , "degli orizzon ti aperti ", per usare una felice espressione di Roberto Lopez , che vede Giovan n i d i Pian del Carpine giungere sino a Karakorum , aprendo all ' Europa l a strada per l ' Estremo Oriente e modifi­ cando negli Europei i concetti di spazio e di tempo ( l ). Entra in crisi il rapporto d'autorità tra Regnum e Sacerdotium, tra Papato e I m pe r o , fra le teorizzaz i o n i u n iversal i s t i c h e ( Germania) e la realizzazione monarchica (Sicilia) . E a l pano­ rama disgregato dell' I talia settentrionale, tra residui feudali e insorgenti Comuni, si oppone il ten tativo di Federico I I per costituire nel Mezzogiorno uno Stato autocratico e accentrato, secondo un modello che il sovrano cercò di estendere anche al Regno italico del Nord in quan to parte dell 'Impero occidenta­ le. E in ciò Federico di Hohenstaufen riprendeva il disegno di Enrico VI per trasferire l 'epicentro dell ' Impero dal mondo ger­ manico alla Sicilia: in altre parole, per il passaggio dal medioe­ vo euro-c o n ti n e n tale al medioevo euro-m editerraneo ( per usare la nostra terminologia moderna) . Di fronte alla Chiesa di Roma, che con Innocenzo I I I e i suoi successori più eminenti del primo Duecento aspira alla direzio­ ne superiore del mondo, nella convinzione della naturale inca­ pac i tà umana all ' autogoverno, Federico progetta una Chiesa nazionale, inglobata nell 'ambito dello Stato e da esso sorretta, secondo modelli d' Orien te. Da ciò il suo ten tativo di risoluzio­ ne pacifica del problema della crociata, secondo uno schema 5

per cui gli islamici - come pure gli ebrei - fanno parte del con­ sorzio civile nello stesso Regnum Siciliae. Nello scontro tra le due potestà supreme che si propongono al vertice del mondo - Papato e Impero - operano sul campo anche le armi spirituali , come già nel tempo di Alessandro III e di Federico I Barbarossa, con la differenza che, mentre allora l ' Impero pose in essere la strumentalità degli an tipapi (Vittore I I , Pasquale I I I , Callisto I I I , I nnocenzo I I I ) sul tema del richia­ mo del papa alla purezza evangelica, legittimatrice, contro il degrado e l ' illegittimità dell'assiso sul trono di San Pietro, ora invece, nell 'epoca di Ottone IV, di Federico I I , di Corrado IV, di Manfre d i , è la Ch iesa di Roma che si muove all ' attacco, dopo l'esperienza del passato, con la forza devastan te della sco­ munica, di cui si valgono Celestino I I I , Innocenzo I I I , Gregorio IX ( ripetutamente) , Innocenzo IV, Alessandro IV, per recidere alla base l ' autorità legittima dell'augusto avversario. Feudi e Comuni , regni sovrani e repubbliche marinare, nel quadro cattolico dell' Occidente, ne furono coinvolti , con ampi riflessi sul mondo bizantino ortodosso e musulmano d'Africa e d ' Oriente. Genova, come Pisa, come Venezia, si trovò in prima linea, tanto più i n te n same n te quanto più la Superba aveva accolto e accoglieva gli immigrati del Nord e di un po ' tutta l ' I talia, mentre i suoi mercatores si sparpagliavano e si insediava­ no nel Regnum Siciliae, in Sardegna, in ogni terra italica degli Hohenstaufe n . Ancora più: nella con sistenza della posta in gioco, n e l l a violenza dell ' urto e nel d ibattito spie tato che l ' accompagnò, esplosero i conflitti interni nel dominio genove­ se in Liguria, in Genova stessa, dove la fazioni pro e con tro l ' Impero, pro e contro la Chiesa si connaturano al motivo eco­ nomico e sono parimenti validi, in uno Stato che si configura come u n ' azienda com merciale, secondo u n ' al tra acuta intui­ zione di Roberto Lopez. Sì che non ci sembra appropriato valu­ tare l ' azione dei singoli o dei gruppi sul presupposto etico del legittimo o illegittimo rispetto alla posizione del governo in carica, e non ci sembra che nell 'ottica, mutevole, del tempo, possa considerarsi "ri n n egato " Ansaldo de Mari e "sleale " N icolò Spinola perché, genovesi, operarono al comando della flotta di Federico I I . 6

Nel mondo sconvolto dell'epoca, quando la Chiesa stessa si giova della scomunica per fi nalità politiche e la coscienza individuale e il comune sen tire della gente ne sono lacerati, il concetto della lealtà dell ' azione per la patria si confonde e quasi si connatura con quello della parte politica, del credo ideologico o religioso, della [attività e del profitto economico, d e l l a s t e s s a area o p e r a t i v a , p e r cui può a c c ad e re c h e i l Genovese d i Genova e quello d i Chio o d i Pera o d i Caffa s i tro­ vino su posizioni contrapposte , con uguale o consimile legitti­ m i tà nella final i tà concreta dell ' operare nell ' i n teresse della Com m u n i tas, c o m e i G e n ov e s i s t e s s i d e fi n i s c o n o l a l o r o Repubblica. Se a Genova e forse anche nel D o m i n i o ligure prevale il risentimento per la malafede di Enrico VI per le non mantenu­ te promesse di larghissime munificenze nel Ref!7!um, in com­ penso dell ' aiuto prestato dalla flotta della Superba per le con­ quiste in Sicilia, vi sono però anche i Genovesi che operano nell' isola e nel Mezzogiorno, con abilità e fortuna, e fan no di quest' area una posizione di forza e - perché non dirlo? - di sfruttamento i n tenso, frammezzo anzi grazie proprio al "cre­ scendo" di tensioni che l ' imperio dello Svevo ha suscitato e va stimolando. Tan to più che lo stesso pon tefice Celesti no I I I paven tava i l pericolo rappresentato dall' unione del l ' Impero e dello Stato siciliano sotto una medesima corona e si opponeva strenuamente alle aspirazioni imperiali sul trono di San Pietro, cioè sulla richiesta dello Svevo alla Sede Apostolica perché rico­ noscesse l' autorità imperiale nell ' I talia centrale , contro il dono permanente - a quan to pare - delle rendite delle c hiese del Sacro Romano Impero. Nel 1196 papa Celestino, prendendo a motivo o pretesto il mancato omaggio vassallatico di Enrico al pontefice e la mancata crociata, diede l'avvio, primo esempio, alla lunga stagione delle scomuniche papali contro la famiglia degli Hohenstaufe n . Quando Enrico morì , a soli tren tasette an n i , il 28 settembre 1197, sulla via tra Messina e Palermo, risultava fallito il suo progetto della Chiesa "spogliata di ogni attributo politico e ridotta a istituto religioso, dotato di larghe risorse finanziarie", mentre "l ' Impero, arricchito della Sicilia, adeguato nella solidità alle monarchie ereditarie, le avrebbe 7

superate con la sua potenza, e avrebbe dato all ' universalità pro­ pria della sua natura, una realtà materiale e giuridica, possente come mai era stato per l'innanzi" (Falco) . Tutte le forze, da lui tenute a freno i n I talia, esplosero in modo dirompente. Scoppiò, violentissima ovunque, la reazione antitedesca. In Sicilia la stessa imperatrice, Costanza d'Altavilla, continuatrice della tradizione indipendentistica normanna, si mosse contro gli "stranieri" tedeschi, mentre Marcovaldo di Anweiler si proclamava esecutore testamentario del defunto, e altri feudatari fecero dei loro castelli i punti strategici del Regno, appoggiati dalla flotta pisana nella difesa di suoi inte­ ressi commerciali. In Alta I talia il 27 aprile 1198 venne rinnova­ ta a Verona la Lega Lombarda, anche se non cessarono i con­ flitti interni tra città e città e tra nobiltà e popolo. In Toscana il castello di San Miniato, caposaldo di tutto il potere dell ' I talia centrale, venne distrutto e l ' l1 novembre 1197 fu proclamata la Lega di San Genesio. In tanto sconquasso della vita materiale, che si riflette ovun­ que, una nuova religiosità, che ne è intima conseguenza, ha pervaso e p e rvade la società dell'epoca: dalle profezie di Gioacchino da Fiore alla fondazione degli Ordini mendican ti, dai moti albigesi ai provvedimenti del Concilio Lateranense. Secondo lo schema gioachimitico delle tre età del mondo, dopo l 'età del Padre, corrispondente ai giorni dell 'Antico Testamento, dove domina il Dio degli Ebrei, corrucciato e ine­ sorabile, l'umanità sta vivendo l'età del Figlio, sotto la guida del Vangelo, in attesa della prossima età dello Spirito Santo, della contemplazione mistica del Creatore, della percezione della sua bontà e della glorificazione della sua onnipotenza. La quale avrà inizio dopo che saranno concluse - in virtù della sim­ metria matematica che regola il creato - le 42 generazioni dell 'età del Figlio, corrispondenti alle 42 generazion i calcolate da Gioac c h i n o da Fiore sui dati della Bibbia da Adam o a Cristo: sulla base di 30 anni di vita per generazione, l'avvento è prossimo, previsto per il12 60. Avvenimento quanto mai importan te fu l'elezione al solio pontificio di Lotario dei conti di Segni che prese il nome di I nnocenza I I I , 1'8 gennaio 1198. Con lui non si sviluppano 8

novità dottrinali nel vero senso della parola; ma si manifesta sul solio pontificio una inusata energia nell'affermazione dei dirit­ t i d e l l a Sede d i Ro m a . I l p o n tefi c e gode d e l l a p len itudo potestatis, essendo basato sulle Sacre Scritture il primato della Sede Apostolica, per cui il papa è il "principe di tutta la terra". Innocenzo III propone diversi tipi di potere: quello ecclesiasti­ co, quello di capo di uno Stato formatosi attraverso il tempo per acquisti, donazioni, sottomissioni ; quello sopra l ' Impero che si trovava in posizione particolare rispetto alla Chiesa; quel­ lo generico della supremazia papale su tutti i governi terreni; quello del prestigio personale sulla plebs sancto Dei, sul "santo popolo di Dio". Alla morte della regina Costanza d'Al tavilla, nel novembre 1198, il pontefice assunse la tutela del giovane Federico che era stato coronato a Palermo, con grande solennità, il precedente 1 7 maggio, sotto la tutela della madre. Seguirono venticinque anni di turbinose vicende, in cui esplosero le contraddizioni del fallimento del programma politico di Enrico VI, allo stesso tempo reazionario e rivoluzionario, per spogliare la Chiesa di ogni attributo politico e ridurla a semplice istituto religioso, dando invece all'universalità propria dell'Impero la consisten­ za reale di una monarchia ereditaria, appoggiata sul pilastro della Si cilia quale epicen tro del mondo mediterraneo, ma feudo privato degli Hohenstaufen, sottratto all ' ingerenza della nobiltà teutonica e al vassallaggio verso la Sede Apostolica. Nel 1 207, anno di disordini tra i baroni di Sicilia, due episodi ci conse n tono qualche notazione sulle doti caratteriali del personaggio: la decisione e il coraggio con cui egli comparve alla testa di uno squadrone di armati e costrinse a miti consigli i capi dei baroni ribelli, caduti nelle sue man i ; l ' affetto per Costanza d ' Aragona, giunta a Palermo con il seguito di non meno di cinquecento cavalieri della nobiltà catalana e proven­ zale e ivi rimasta sino alla morte, avvenuta nel 1 222, rendendo­ si cara e preziosa consigliera al giovane re. Sembra che eg.!i mancasse di un' educazione sistematica, sì da essere allora con­ siderato alquanto rozzo: fu comunque un grande lettore, un osservatore attento, un amante della natura e della caccia. Nell 'aprile del 1 2 1 2 papa Innocenzo lo chiamò a Roma per 9

proclamarlo ufficialmente candidato alla corona imperiale e risolvere così finalmente, da posizione superiore, il problema del rapporto tra la Chiesa e l ' I mpero. Il giovane - ha diciotto ann i - viene accolto con grande onore, presta omaggio al papa, è acclamato dai cittadini futuru.s imperatar. Nei successivo viag­ gio verso la Germania per esservi coron ato re, il l maggio approdò a Genova, accompagnato da Enrico Pescatore, conte di Malta, potenziale signore di Creta e noto corsaro. Confermò alla città gli eccezionali privilegi mercantili che le aveva conces­ so Marcovaldo di Anweiler. Fu ospite di Nicola Doria, restando nella città per due mesi e mezzo; ricevette dal Comune, "per le spese, ol tre 2400 l ibbre d ' oro" ( 2 ) . Ripartì per Pavia il 1 5 luglio. I privilegi per Genova furono confermati nel 1 2 1 8 , quando Enrico conte di Malta "venne a Genova con una galea, e andò per terra di Alamania al re Federico, e ne riportò carte precettorie: che i Genovesi in tutto il regno di Sicilia fossero franchi né fossero tenuti a dare niun diritto e niuna esazione" ( 3) . L'episodio romano dovette esercitare una grande suggestione sullo spirito di Federico, che aveva avuto dure esperienze d' in­ fanzia e di gioventù, contatti con persone di varia fede e cultu­ ra, precoce necessità di assumersi gravi compiti e responsabi­ lità, come quando nel 1 209 domò una congiura e mandò a morte un nobile calabrese o nel 1 2 1 0 allontanò Gualtieri di Palear e impose una sua creatura come arcivescovo di Palermo, esiliando i canonici protestatori. "Era italiano di nascita- scrive Ernesto Pontieri -, senza traccia d'influssi germanici e della civiltà dei suoi avi patemi. Latino e mediterraneo di sentimenti, possedette una mentalità che non si lasciò indurre entro gli schemi spirituali del suo tempo, ma tese verso nuove forme del vivere civile" ( 4 ) . Viceversa David Abulafia nella sua recente monografia dice che Federico "non fu un siciliano, né un romano, né un tedesco, né un milange di teutonico e latino, ancora meno un quasi-musulmano: fu un Hohenstaufen e un Altavilla" ( 5 ) . Ed ancora: "Federico non fu un genio politico o un visionario, e gli sforzi dei suoi consiglie­ ri, Pier delle Vigne in particolare, di formulare una teoria della regalità ragionevolmente coerente, diedero pochi risultati cono

IO

creti, e per giunta limitati all ' I talia meridionale" (6). Non condivido questo giudizio. Un uomo che dopo ottocento anni suscita ancora un interesse tanto intenso, discussioni acce­ se, problematiche dirompen ti , non fu certo un personaggio comune o una figura mediocre in sede politica o un detentore del potere di scarsa levatura. Per non accennare poi all 'inten­ sità del suo interesse per la scienza, del suo gusto per le forme del bello, della sua propensione alla raffinatezza del vivere quo­ tidiano. Tutto ciò a presc i n d e re dali ' aspettazione che egli seppe suscitare tra i suoi contem poran e i , pervasi dal l ' a ttesa d e l l a c a ta r s i , c h e si e s p a n d e r à p o i n e l m o v i m e n to d e i Flagellan ti , nel giubileo d i Bonifacio VIII, nelle aspirazioni del tribuno Cola di Rienzo, nel spiritus Sanctis miles. Nello scrivere di Federico si è talora sostituito il pregiudizio moralistico al giudizio di valore , la faziosità preconce tta, sotto la tensione ideologica, all 'analisi oggettiva spassionata. Poco più che ventenne si accinse ad assumere in proprio il governo dei suoi vasti e compositi Stati , seguendo dire ttive personali, accettando quasi come una sfida ogni difficoltà che incon trava, buttandosi nella mischia senza requie; figura dram­ matica all ' incon tro di due età e che portava in sé una duplice veste: dell ' i mperatore medievale e del re nazionale. Egli stesso si rese conto della difficoltà di mantenere unite le due corone che, nella dinamica dei tempi nuovi , non potevano coesistere insieme, tra il progetto di assolutismo regale e il concetto uni­ versalistico imperiale. Promise più volte al pon tefice la separa­ zione delle due corone, ma si adoprò con temporaneamen te p e r ass i c u rare al p i c c o l o fi g l i o E n r i c o s i a l ' i n s e r i m e n to nell' ordinamento germanico sia la corona regale di Sicilia. E ritenne di poter risolvere il problema spostando il centro di gravi tà dell ' I mpero sulla Sicilia, come già aveva ten tato suo padre ( 7 ) . Ma con ciò egli rendeva acuto il dissidio con la Sede Apostolica, che teneva fermo il principio di impedire ad ogni costo l ' accerchiamento di Roma da parte dei possessori svevi in Germania, da un lato, e del Mezzogiorno d ' I talia dall 'al tro. S o t t o l e t e o r i z z a z i o n i u n i v e r s a l i s t i c h e n e l l a d i e ta d i Francoforte dell 'aprile 1 220 Federico dovette accettare i l prin­ cipio che i grandi principi tedeschi erano altrettanti sovrani nei Il

loro stati; così la Germania diventò una federazione di territori autonomi e si bloccò I' awio a una costituzione unitaria del Paese. Viceversa, rientrato nel regno siciliano, Federico attese subito a dare una organica sistemazione amministrativa allo Stato secondo i l sistema dell ' accentramento monarchico e della funzionalità degli uffic i. Gli studiosi si sono a lungo soffermati nell 'intento di delinea­ re le caratteristiche della concezione politica dello Stato secon­ do i concetti di Federico II, proponendo ipotesi più o meno suggestive e originali. Il confronto più comune è stato quello del parallelismo con il "Principe" di Machiavelli. La definizione più corre n te è invece stata quella dello "Stato come opera d ' arte": c reazione originale e ardita che esce di getto dalla mente dell ' artefice. Opposte visioni - ghibellina e guelfa - si sono dibattute, partendo da presupposti ideologici del suo tempo, caricati dagli storici di significati moderni, cioè del nostro tempo. E altra an titesi è stata tra chi giudica il processo storico sul presupposto che il vincitore ha sempre ragione, in quanto rappresenta la creatività del futuro, sicché emerge in sostanza il giudizio negativo su Federico I I che finisce sconfitto. Si è anzi scritto che Federico cercò di fermare il corso della sto­ ria: "e non poteva che uscirne vinto". Altri pone in evidenza quel tanto di "an timedievale" che era in lui: l'innovazione e il capovolgimento che tutto ciò comportava nelle strutture dello Stato ( 8 ) . Dalla produzione storiografica di Kantarowicz, che fra gli altri ha influenzato Georgina Masson e anche Thomas Curtis van Cleve, e m e rge l'immagine di un fan ciullo prodigio, di un uomo almeno in parte fuori del tempo. Ne risente anche Paolo Brezzi quando scrive che "Federico mancò dell'esatto senso della realtà; volle strafare e occuparsi direttamente di tutto, ma non arrivò a dominare la complessa e mutevole situazione in cui si trovò ad agire; soprattutto egli non poté arrivare a con­ clusioni positive perché oscillò tra le concezioni un iversalisti­ che medievali e le attuazioni statali più moderne, già quasi di tipo nazionalistico" ( 9 ) . Invece David Abulafia ce lo presenta come un tradizionalista che condivide le idee dei suoi predecessori del sec. XII a pro12

posito della società e del suo governo; come un uomo fedele all' idea di crociata; come un otùmista deluso nei suoi tentaùvi d i s tab i l i r e l a p a c e c o n d u e p o n t e fi c i - G r e g o r i o IX e Innocenza IV - aggressivi e sospettosi. Il suo scopo fondamenta­ le fu, secondo Abulafia, quello di conservare il potere e assi cu­ rare il trono dell ' Impero ai suoi discenden ti, garantendo la conùnuità dei sistemi tradizionali di governo in tutte le regioni a lui sottoposte. Se in Sicilia apparve come un signore asso luto e potente, in Germania non si illuse mai di poter condizionare il potere dei grandi principi. Ma non si può negare che le diete di Capua e di Salerno, tenute tra il 1220 e il 1221 , espressero il senso dello Stato: limi­ tazione dei poteri feudali, difesa della popolazione contro gli arbitrii e le prepotenze, obbligo ai magistraù di compiere il proprio dovere e di mantenersi incorruttibili, abolizione di alcuni tributi e ricostruzione del patrimonio demaniale, freni rigorosi alle autonomie cittadine, rispetto per le entrate finan­ ziarie delle chiese, provvedimenti contro la bestemmia e reg

E' la stessa "selva oscura" di Dante ( 8 ) , ed è la stessa hyle che nel XII secolo il filosofo naturalista neoplatonico Bernardo Silvestre considerava come uno dei concetti fondamentali della costruzione filosofica elaborata nella sua Cosmographia. "Se si elimina il rispetto - questo sta dunque dicendo Polla resta soltan to il caos" ( 9 ) . Grazie a un minimo in tervento filologico è così possibile get­ tare maggior luce sulle matrici e le intenzioni intellettuali di un testo e di un ambiente, anche di un testo nato da motivazio­ n i ludiche e morali , e non certo speculative , come questo di Riccardo. E' un testo che si prese n ta però come u n signi­ fi c a t i v o c r o c e v i a d e l l e s u g g e s t i o n i c u l t u r a l i p r e s e n t i nell 'ambien te federiciano: e il riferimento alla fisica neoplato­ nica della scuola di Chartres, che traspare dall'allusione alla hyle di Bernardo Silvestre , riflette una diffusione della cultura francese in I talia meridionale attiva non soltanto a livello lette­ rario, ma anche sul piano degli in teressi e degli indirizzi filoso­ fici. Nella lista dei doni di nozze che Polla richiede a Paolino com­ paiono innanzi tutto capi di vestiario, perché - sottolinea la vec­ chia - il rispetto ( l 'onore ) degli altri si ottiene anche indossan­ do vesti eleganti : "Chiunque desidera indossare abiti lussuosi in modo che la gente lo rispetti , dato che è vestito bene" (w. 39 1 -2 ) . E a conferma di questo Polla raccon ta la seguente storiella (w. 393-404 ) :

Vir geminas vestes quidam gentilis habebat: Altera sollempnis, altera vilis erat. Ad mensam regis cum pannis vilibus intrans, Spretus ut ignotus, pellitur inde foras; Qui mox, abiecta sorden ti veste , nitenti Se tegit et cenam quam cito regis adi t. Assurgunt proceres, meliori sede receptus Submergit brodio tegmina clara dato. Inde, requisitus faceret cur talia: 'Vestis, 74

Non ego, manducet, cui datur' , inquit, ' honor' . Sic vestis pretiosa decus vilisque pudorem Affe rt; propterea munera dieta peto. "Un nobile aveva due abiti: uno da cerimonia e l ' altro per l ' uso quotidiano. Presentatosi alla mensa di un re con il vesti­ to di tutti i giorni, ne venne allon tanato con disprezzo come se fosse uno sconosciuto. Costui, allora, toltosi l ' abito dimesso, indossò quello lussuoso e ritornò al più presto al banchetto del re . I nobili si alzarono in piedi, e dopo che fu fatto accomo­ dare nel posto migliore, immerse il suo bel vestito nel brodo che gli era stato servito. Poi , a chi gli chiedeva la ragione di un tale comportamento, rispose : ' Spetta al vestito mangiare, non a me: ad esso viene portato rispetto' . Così un abito lussuo­ so procura onore e un abito dappoco vergogna; per questo chiedo i doni di cui ti ho parlato H. E' chiaro che nella struttura e nei modi del narrare il raccon­ tino di Polla si richiama a modelli esemplari: è infatti un exem­ plum caratterizzato da una narratio brevis finalizzata alla retorica della persuasione, la cui sezione conclusiva è costituita da una sententia morale (l O). E non è quindi un caso che la "morale H che consegue all ' exemplum raccontato da Polla (un abito trascu­ rato attira disprezzo, quanto un abito elegan te procura rispet­ to) , si riconduca alla nota parabola evangelica degli invitati a nozze, secondo la versione di Matteo 22, 1 - 1 4 (diversa è invece la redazione di Luca 1 4 , 1 6-24) . E' la storia di quel re il quale , adirato perché nessuno degli invitati voleva parteci pare al banche tto di nozze del figlio, ordinò ai propri servi di andare per le strade e invi tare chiun­ que incon trassero, buoni e malvagi. Il banchetto si riempì così di commensali . Ma quando il re en trò nella sala da pranzo, notò che c ' era un uomo che non i ndossava l ' abito n uziale ( vidi t i bi hominem non vestitum veste nuptiali) . E gli domandò: H Amico, come sei entrato qui senza indossare l'abito nuziale? H. Ma quello taceva. E allora il re disse ai suoi servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre. Lì ci sarà pian to e stridor di denti. Molti infatti sono i chiamati, ma pochi gli elet75

ti". Se d u n q ue , come credo , n e l l ' exemplum che Riccardo da Venosa mette in bocca a Polla non c'è alcun intento panxlico o satirico; se cioè la morale che se ne trae corrisponde al pen­ siero dell 'autore, questa morale risulta così perfettamente in linea con la parabola evangelica: una parabola, d ' altronde, le cui implicazioni elitarie ( "molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti") lette in chiave non spiritualistica ( 1 1 ) , ma sociale e poli­ tica, ben si prestavano a essere accolte con favore nei raffi n ati circoli intellettuali della Magna Curia di Federico II. E che il raccon to sul vir grntilis vada appun to inte rpretato in tale c h i ave e l i taria ( pretestuosam e n te evange l i c a ) propria d el l ' e tà cortese è c o n fermato dal fatto che Riccardo ha profondamente modificato la "morale" rispetto a quella della sua probabile fonte , che va individuata in un passo del De mise­ ria humarwe condicionis nel quale Lotario de' Segn i (poi papa I n n ocenzo I I I ) raccon tava un analogo exemplum piegandolo però già nell ' i n ti tolazione a una ben diversa interpretatio moralis ( de mis. hum. cond. II 39 Maccarrone ) : Quod plus defertur vesti bus quam virlutibus Cum quidam philosophus in habito contem ptibili prinop1s aulam adisset et diu pulsans non fuisset admissus, sed quo­ tiens temptasset ingredi totiens con tigisset repell i , m u tavi t habitum et ass u mpsit ornatum: tunc ad pri mam vocem aditus patu i t ve n i e n t i . Qui procedens ad principis pedes pal l i u m quod gestabat cepit venerabiliter osculari . Super q u o princeps admirans, quid hoc ageret exquisivit. Philosophus respondit: "Honoran tem honoro, quia quod virtus non potuit, vestis obti­ nuit". "O van i tas van i tatum", plus honoris defertur vestibus quam virtutibus, plus venustati quam honestati . Si rispettano più le vesti che le virtù "Un filosofo, che si era recato al palazzo di un principe vestito con un abito dimesso, bussò a lungo ma non fu fatto e n trare, perché ogn i vol ta che ten tava di en trare ven iva resp i n to . S i cambiò allora d ' abito e ne indossò u n o elegan te , e così appena chiese di en trare gli fu aperto. Allora il filosofo avanzò verso il 76

principe e incominciò a baciare con veneraz1one l ' abito che portava. Il pri n c i pe si meravigliò e gli domandò per q uale motivo si comportasse così . E il filosofo rispose : wOnoro chi mi ha dato onore, perché ciò che non ha potuto la virtù, l ' h a otte­ nuto l ' abito". w o vanitas vanitatum" - com m e n ta Lotario - si attribuisce più onore agli abiti che alla virtù, più al bell 'aspetto che all 'onestà". Come si vede, la prospettiva morale di Lotario, che non a caso cita il vanitas vanitatum dell ' Ecclesiaste, è specularmente opposta al l ' e tica elitaria di derivazione formal m e n te ( an c h e se non sostanzialmente) evangelica di Riccardo , il quale, benché ne avesse volutamente modificato la wmorale ", da Lotario derivava comunque i tratti essenziali del raccon to ( il De miseria humanae condicionis precede il De Paulino et Polla di circa 35 anni ) . E' da notare tu ttavia che men tre in Lotario il fi losofo si l i m i ta a baciare l ' abito el egan te, n e l De Paulino et Polla il gesto d i immergere il vestito n e l brodo pare u n a spettacolare innovazio­ ne di Riccardo. L' exemplum raccon tato da Lotario, con la sua amara lettura morale ( si onora più l' apparenza che la virtù) , ebbe fortuna: lo si ri trova nel Liber parabolarum di Odone di Cherington ( 1 70, p. 332 Hervieux: De Petro A belardo et religiosis) e nel De diversis mate­ riis praedirabililms di Stefano di Bourbon ( 508, p.439 Lecoy De la Marche) ; ma in en trambi i testi gli autori hanno in trodotto modifiche sostanziali: la cornice ambientale dell' exemplum non è più curiale o aulica, bensì monastica, men tre il quidam philo­ sophus di Lotario viene iden tificato in Pietro Abelardo. E' que­ sto, d'altronde, un procedimento tipico degli autori di raccolte di exempla: la familiarità di un ' ambientazione consueta al pub­ blico fruitore e la personalizzazione del protagon ista, attuata tramite l ' attribuzione dell 'avvenimento a un personaggio famo­ so, sono infatti elemen ti essenziali per conferire maggior credi­ bilità e forza di persuasione all ' exemplum stesso (e non a caso in Stefano di Bourbon un exemplum analogo [ 507, pp. 438-9 ] , che precede immediatamente il nostro, ha come protagonista addi­ rittura Omero) . 77

Ecco dunque il raccon to secondo la versione di Odone di Cherington: De Petro A belardo et religiosis Ut dicitur, magister Petrus Abalardus, seme! vilibus indutus, volens intrare domum quorumdam religiosorum, viliter expul­ sus est. Postea bene indutus cum equis suis pompatice ingre­ diens, quia magni n o m i n is erat, honorifice receptus est, et, sedens ad prandium , vestim e n tum suum sepius osculabatur. Qui , cum requireretur a fratribus cur hoc faceret, respondit: "Merito vestes honoro, quoniam honoraverunt me: quando vili­ bus induebar, expulistis me; set propter vestes honorastis me". Benignum minoribus, humilem maioribus te exibeas. Lo stesso tema del rispetto attribuito all 'apparenza -e non alla virtù si trova anche nella sezione satirico-morale dei Carmina Burana, nel Santo Vangew secondo il Marco d 'argento ( CB 44) , un testo dalla dirompente carica parodica e satirica anticlericale. Qui il ruolo che nell ' exemplum di Lotario era del principe è occupato dal papa, che respinge un poveraccio male in arnese e m alvestito, ma onesto, per dare invece udienza a un chierico dives, incrassatus, impinguatus, dilatatus, qui propter seditionem fece­ rat homicidium, ma pronto a riempire di denaro dignitari, car­ dinali e il papa stesso ( 1 2 ) . Questo itinerario delle successive trasformazioni dell ' exem­ plum di Lotario ha un suo esito quasi naturale nella novellisti­ ca. Nella novella 71 (De bonis moribus. Di Dante fiorentino, come andò a Napoli a ' re Uberto) della raccolta di Giovann i Sercambi, il protagon ista della vicenda è questa volta Dante Alighieri , i n linea c o n la straordinaria fortuna, n o n solo colta, di c u i godet­ te la figura del poeta nel secolo XIV, anche attraverso il molti­ plicarsi di un'aneddotica popolare, poi accolta nella novellisti­ ca ( 1 3 ) . I l Sercambi immagina dunque che Dante , invitato a Napoli alla corte di re Roberto d ' Angiò ( per il quale peral tro n o n nutriva molta simpatia) , si presentasse in abito dimesso: E venuto in corte vestito assai dozinalmente come soleano 78

li poeti fare , e fatto asapere a' re Uberto [ =Roberto l come Dan te era quine venuto; e ' fattolo richiedere , era quasi l ' ora del desnare quando Dante giunse in sala dove lo re U berto desnar dovea. E dato l'acqua alle mani et andati a taula, lo re alla sua mensa e li altri baro n i posti a sedere , ultimam e n te Dan te fu messo in coda di taula. Dante come savio vede quanto il signore ha avuto pogo provedimento; nondimeno, avendo Dan te voluntà di mangiare , mangiò. E come ebbe mangiato, subito si partìo e cam i n ò verso A n c o n a per ri torn are i n Toscana. Lo re Uberto, poi ch'ebbe mangiato e stato alquanto, domandò che fusse di Dante. Fulli risposto che lui s'era partito e verso Ancona caminava. Lo re, cognoscendo che a Dante non avea fatto quello onore che si convenìa, pensò che per tale cagione si fusse isdegnato, fra sé disse: "Io ho fatto male: poi che mandato avea per lui lo dovea onorare e da lui sapere quello disiava". E di subito rimandò per lui fan te proprio, il quale , prima che giunto fusse ad Ancona, l'ebbe trovato e dat'a Medica, vol . LVI . 30. Scarpa A. , 1 980. EtnoTnl'dicina, Ed. F. Lucisano, Milano, p. 75. 3 1 . Scarpa A. , 1 988. Pratiche di etnomedicina. I fattori psicosomati­ ci nei sistemi medici tradizionali, Red, Como, pp. 3M4 . 32. Wassen S. H . , 1 977. Apuntes sotn-e Mu-ikala, un texco curati­

vo, psicologico de los Indios Cuna de Panamà, Simposio internazio­ nale sulla medicina indigena e popolare dell 'America Latina, I . I . L.A. , C 1 50, Roma. 33. Wasson V. P. e R. G., s. d. Mushroom Ceremony of the Maz.ater Indians of Mexico, Folkways Records and Se!>'ice Corporation, NYC, USA, FR 8975. 34. Wern er R . , 1 9 8 4 . Traditionelle Priesterarz.te u n modern e Medizin. Das offentliche Gesundheiswesen der Cuna-lndianer auf dem San Blas Archipel von Panama, Curare , vol . 7 ( l ) .

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Svaghi, Giochi e Feste alla Corte dell'Imperatore della Cina Antonella Cotta Ramusino Orientalista - CELSO Partito nel 1 27 1 alla volta della corte del Gran K.han , Marco Polo tornò a Ve nezia nel 1 29 5 , dopo un ' asse nza di più d i vent'anni. E ' grazie a l u i e alla sua amicizia c o n Rustichello che gli uomini dell' epoca poterono cominciare ad avere notizie più precise sui favolosi Paesi Orientali. Tranne qualche descrizione risalente al tempo dei Greci e dei Romani, non si possedevano infatti grandi testimon ianze dell' Estremo Oriente di cui molto si favoleggiava. Certo il suo viaggio, come quelli preceden ti di suo padre e di suo zio o dei molti mercanti e religiosi che si avven turarono in Oriente, non avrebbe avuto grandi possibilità di riuscita se i rapporti con l ' Oriente non fossero stati ripresi e largamente promossi dall 'ultimo grande Imperatore del Sacro Impero Romano: Federico I I . In effetti i traffi c i tra Oriente e Occidente n o n s i erano mai fermati anche se di volta in volta vi erano stati diversi interme­ diari , mi riferisco alle varie popolazioni barbare che si conqui­ starono il dominio e con trollo della Via della Seta. D ' al tro canto la politica dell ' I m peratore Federico I I , c h e aveva preferito creare legami c o n il vicino oriente anziché com­ battere l ' e n nesima sanguinosa crociata, aveva an che portato alla corte imperiale molti letterati e scienziati arabi. L'Oriente quidi cominciò ad avvicinarsi e molte altre spedi­ zioni commerciali e religiose vennero inviate alla volta dei ric­ chi paesi al di là deli ' I ndo. Mentre in Occidente troviamo al potere Federico II ( 1 1 94 - 1 25 0 ) ultimo rappresen tan te d i un 'epoca c h e ormai volgeva alla fine, l ' Impero cade per lascia­ re il posto alle nuove corti comunali e signorili, in Cina, il più potente e civile paese dell ' Estremo Oriente, vediamo la deca­ denza della dinastia cinese dei Song (960 - 1 279) che verrà con­ quistata dai barbari stran ieri , i Mongoli, che governeran no 1 70

sull ' i m pero c i nese fo ndando a loro vol ta u n a d i n astia che venne chiamata Yuan ( 1 27 1 - 1 368) . Ed è proprio alla corte dei mongoli Yuan che arrivò Marco Polo raccontandoci le meraviglie di questo popolo tan to civile. Infatti i mongoli avevano attuato un processo di sinizzazione in modo da diven tare cinesi in quan to a cultura, non avendone una propria di così gran valore da con trapporre . Ad ogni modo nonostante questo processo di sinizzazione, la classe diri­ ge n te rim ase stre ttam e n te mongola e ve n n e ro perpe tuate discriminazioni verso i cinesi che avevano ricoperto incarichi importan ti duran te il governo della dinastia precedente. La cultura cinese ha basi plurimillenarie ed ha originato una delle più an tiche e fastose civiltà. La corte dell ' Imperatore cinese Figlio del Cielo fu senz' altro una delle più ricche di tutto il mondo conosciuto dagli orienta­ li, si pensi che spesso anche nelle Mille e una Notte ci si riferisce alla capitale cinese come il luogo più bello e ricco da vedere . Grazie ad una burocrazia ben strutturata e preparata, non si accedeva alle cariche pubbliche se non si superavano gli esami di amm issione, lo Stato veniva governato da una classe dirigen­ te colta, la cosiddetta classe dei Letterati, che dovevano la pro­ pria cultura all' analisi dei classici confucian i . Tutti questi uomi­ ni orbitavano alla corte dell'Imperatore , intervenendo ai ricevi­ menti di palazz o e alle fastose battute di caccia. La caccia fu infatti uno dei divertimenti o sport preferiti dalla corte impe­ riale cinese. Fin dall 'antichità furono costruiti magnifici parchi con boschi e valli in cui vivevano an imali di ogni specie. Uno dei più famo­ si e decan tati parc h i imperiali fu quello fatto costruire dal primo imperatore Qin Shi-Huang-di ( 2 2 1 - 2 1 0 a.C. ) : lo Shang­ lin. Di esso parlano le cronache del tempo descrivendolo come una vera e propria foresta di enormi proporzioni con all 'inter­ no ogni sorta di animali fatti arrivare da tutto l ' impero e anche da zone non comprese nei confini imperiali. Lo Shang-lin fu poi ampliato e modificato in epoca posteriore dal più grande degli im peratori Han Wu-di ( 1 40 - 87 a.C. ) che volle che vi fosse riprodotto anche un magnifico lago e la sacra montagna degli immortali. Il lago divenne poi uno degli elementi princi171

pali dei giardin i cinesi, in quanto era possibile fare diverten ti gite in barca e avere così prospettive differenti da quelle che si avevano passeggiando attraverso i vialetti. Si deve a questo p u n to precisare c h e i Giard i n i o Parc h i Imperiali erano n o n solo luogo di svago e divertimento, m a anche di culto in quanto riproducevano i n piccolo l ' i n tero cosmo e i luoghi sovrannaturali ove vivevano gli Immortali. In tal m o d o l ' I m p e r a t o r e , F i g l i o d e l C i e l o , p a r te c i p ava dell 'immortalità degli esse ri divini. Ma il cosmo e l ' i n tera vita dell 'universo venivano rappresenta­ ti anche nelle tombe . E' proprio grazie ai ritrovamen ti nelle tombe imperiali e in quelle dei nobili che possiamo ricostruire la vita e i costumi del tempo. Insieme al morto venivano poste tutte quelle cose che gli erano state care in vita e anche alcuni p a s s a t e m p i in m o d o c h e av e s s e c o m p a g n i a n e l l ' a l d i l à . Ven ivano pertanto raffigurate l e sue abitudini, l a vita quotidia­ na, i cibi, i momenti della caccia, della guerra, il teatro, e tutto ciò che poteva far piacere. E' in queste tombe che si ritrovano i ming-qi, o statuette luminose , che sono la rappresen tazione di tutte le abitudini della vita del tempo: vi sono acrobati , musici­ sti , guerrieri, servitori, cuochi, dame e anche giochi, di cui il più importan te era senz' altro il gioco degli scacch i, una delle caratteristiche essenziali di una dimora di immortali in quanto la scacchiera era una raffigurazione della Terra. Molte di queste figurine riproducevano le squadre dei gioca­ tori di polo, gioco alquanto praticato in tutto l ' Oriente, gli I nglesi lo impararono infatti dagli Indian i , anche se alcuni stu­ diosi lo ritengono di origine persiana. Ad ogni modo era uno degli sport preferiti alla corte dei Tang ( 6 1 8 - 907 d.C.) tanto che ven iva praticato indifferentemente da uomini e donne. Al tre figurine mostrano piccole orchestrine che ci permetto­ no di avere un ' idea di quelli che erano gli strumenti suonati in quelle epoche; tra questi c 'erano il paiban ( strumento in legno simile alle castagnette ) , il konghou ( una sorta di arpa) , lo sheng (o organo a bocca) , lo xiao ( simile al flauto di Pan ) , il dizi (flau­ to traverso ) , il pipa (o liuto cinese) la cui origine è da far risali­ re all 'Asia Centrale. La musica era molto im portante per i cine­ si tan to che ven iva descritta come una delle arti più alte che 1 72

l ' uomo potesse praticare anche perchè le si attribuivano origi­ ni sacre . Infatti un'antica leggenda cinese narra che in origine l ' u n iverso e r a u n u n i c u m , i l C i e l o , l a Terra e i l M o n d o Sotterraneo erano uniti, e agli uomini era facile comunicare con gli esseri celesti e con quelli inferi: quando avevano biso­ gno di acqua bastava che lanciassero grida a quelli di sopra e subito cominciava a piovere , se avevano freddo davano una voce a quelli di sotto e immediatamente spuntavano fuochi. Ma un giorno i tre mondi comin ciarono a litigare e fu così che per non crearsi problemi quelli del mondo celeste allontanarono dalla terra il cielo, e quelli del mondo infero ispessirono la cro­ sta terrestre. In questo modo però non era più possibile comu­ nicare come prima, gli uomini dovettero cominciare ad utiliz­ zare nuovi metodi, e quindi si bruciavano incenso e candele, si suonavano gong e tamburi in modo che sen tendo un gran bac­ cano quelli del mondo di sopra e quelli del mondo di sotto facessero piovere e accendessero i fuochi. Ecco che allora il suono dei gong e dei tamburi ebbe signifi­ cato rituale, e non solo , anche le campane han no funzioni sacre i n q uanto evocano la pioggia. Suon are era pe rtan to u n ' azione che avvicinava l ' uomo agli déi, e il saper suon are consisteva soprattutto nel riuscire a riprodurre la musica della natura. Tali erano infatti i dettami filosofico-religiosi dei taoisti , gli eredi dell 'an tico sistema rituale cinese , per cui: "Quando Hu Ba suonava il liuto gli uccelli danzavano e i pesci saltavano" ( l ) . M a di più gran valore ancora fu il maestro Wen che riusci­ va a suonare in accordo con le stagioni e il maestro Chin Ching che quando can tava riusciva a scuotere gli alberi della foresta e fermare le n ubi vagan ti . Lo stesso Confucio sosteneva che la musica shao ragg i u n geva il m ass i m o della bell ezza e della bon tà. La musica era quindi considerata u n ' arte sacra che oltre allo svago serviva per avvicinarsi allo spirito d eli ' u n ive rso e aveva pertan to funzioni sacrali. Così materie educative per i giovani discepoli di Confucio eran o le sei arti : riti, musica, tiro con l'arco, guida dei carri , scrittura, matematica. Più tardi vediamo che tali materie venivano insegnate anche nelle scuole di perio­ do Han ( 206 a.C. - 220 d.C. ) : dopo la consacrazione degli stru1 73

menti con u n ' unzione sanguinosa, l ' anno scolastico prendeva il via con un concerto e un pranzo; gli allievi cominciavano poi a cantare alcuni brani dello Shi Jing e, secondo il Li ji, "a un rullo di tamburi, toglievano dalle loro scatole libri e strumenti e si mettevano a lavorare con sottomissione ... ", nel Zhou Li leg­ giamo inoltre: "L' i n segnam e n to variava secondo le stagion i : . . . i n primavera e in estate s i imparava a maneggiare l a lancia e lo scudo ( c ioè a danzare sui ritm i militari ) ; in autunno e i n inverno, a tenere l a piuma di fagiano e il flauto (cioè a danzare danze civili ) " ( 2 ) . Vediamo che tra le materie di insegnamento rientrava anche la danza, infatti l ' arte coreografica assurse ben presto al ruolo di arte maggiore. I "cen to gioch i " ebbero larga diffusione sotto la dinastia Han. Questi giochi com prendevano l ' acrobazia, il wu.shi ( arte marziale cinese ) , l ' illusionismo, la commedia, la m usica, il canto e la danza, per cui gli attori erano in grado di eseguire musiche straordinarie danzando in maniera fantastica tan to da richiamare alla mente le movenze degli animal i o il turbinio del vento o la sinuosità delle fiamme del fuoco. Vediamo allora che fin dalle origini l ' Imperatore era in grado di offrire sontuose feste in quel vasto conservatorio che era il suo palazzo e che già in epoca H a n ven iva considerato u n luogo d i perdizione morale: " I suoi eunuchi comandano intere compagn ie di giocolieri e di musici. I l suo harem racch iude un ' i n fin i tà di can tatrici e danzatrici, le più abili delle quali diventavano imperatrici o favorite " ( 3 ) . I n una vasta costruzio­ ne vi erano poi varie apparecchiature che servivano da macchi­ ne sceniche: "Vi si sa far vedere la neve che cade e le nubi che si levano, mentre i turbin i del temporale, gli scoppi del tuono, i lampi e la folgore fanno sentire vicinissima la potenza maesto­ sa del Cielo. Cortei di Immortali o di Bestie strane sfilano alter­ nandosi con i ginnasti che s' arrampicano sulla pertica o solle­ vano pesi. I giocolieri i ngo iano le sciabole, sputano fuoco, fan n o zampillare l ' acqua dal suolo tracciandovi dei disegn i , giocano con dei serpe n ti , mentre donne dalle lunghe maniche, vestite di veli e imbellettate , danzano le più lascive delle loro danze e, dall'estremità di un pennone drizzato su una vettura, degli equilibristi si lasciano penzolare per i piedi e ruotano 1 74

indefinitamente, lanciando frecce in tutte quante le direzioni d e l l o S p az i o , . . . d o v u n q u e d e v e t r i o n fa r e la M ae s t à dell 'Imperatore " ( 4 ) . U n m iscuglio di sacro e profano erano dunque le arti e i divertimenti della corte cinese : laddove infatti vi erano eccessi immediatamente dal rito si perveniva al gioco che faceva deca­ dere il potere sovrano dell ' Imperatore. Il gioco in Cina veniva praticato per far rifluire nel proprio corpo tramite il rituale le forze della natura e in questo modo ritornare ad essere parte i n tegrante dell 'universo. La massima prova di un nobile era la gara del tiro con l ' arco che non doveva essere una prova di abilità e bravura, ma una vera e propria cerimonia. E in tal modo ci viene descri tta, come una cerimonia m usicale, regolata come fosse una danza: ogni movimento andava fatto sulla cadenza musicale, e la frec­ cia che partiva sulla nota sbagliata non avrebbe mai raggiunto il bersaglio. Di grande im portanza era chiaramente lo svago della pittura. In effetti ogni persona di al to rango facente parte della classe burocratica sapeva dipingere, o quan to meno sapeva tenere in mano il pennello considerato il fatto che per scrivere i cinesi dovevano utilizzarlo . Mai come in Cina la calligrafia assurse a ruolo d ' arte . E per la pittura fu creata anche una Accademia I m periale che raggiunse la sua massi ma fiori tura duran te il periodo Song e precisamente con l ' imperatore Huizong ( 1 082 - 1 1 35 ) che, abbandonati gli affari di stato, si dedicò interamen­ te all ' arte. Dipingere era in fondo un atto magico che permet­ teva non solo di tradurre su un foglio la realtà così come essa è ( come accade nella pittura di fiori e uccelli ) , ma di raffigurare su quello stesso foglio paesaggi c h e occupano nella real tà migliaia di li ( 5 ) . La riproduzione d i mondi i n min iatura era u n passatempo della nobiltà cinese noto fin dai tempi più antichi. La riduzio­ ne non avven iva solo in senso artistico con opere d' arte pittori­ ca o scultorea, ma con creazioni tridimensionali riproducen ti luoghi famosi come le isole degli Immortali, i mon ti sacri e la miniaturizzazione di fiori e piante. Tali microcosmi avevano il potere di trasmettere a colui che li possedeva e li creava la 1 75

magia o le virtù dei luoghi e delle piante che rappresentavano. Si cominciarono allora a creare paesaggi e pian te in vaso detti rispe ttivamente pe-n-jing e pen-sai. Questi minuscoli mondi ebbe­ ro larga diffusione in tutto l ' Estremo Oriente tan to che noi occide n tali li abbiamo conosciuti nelle più tarda produzione giapponese sotto il nome di bonsai. Il coltivare gli alberi miniaturizzandoli si basa su un processo di rallentamento della linfa vitale che in questo modo permet­ te un allungamento della vita della pianta e che si riflette nel prolungamento della vita di colui che crea tali riduzion i. Così per creare i m i n uscoli paesaggi c'è bisogno di trovare piccole pietre e rocce che possano riprodurre la sensazione di montagne o isole reali. Di qui la man ia di collezionare pietre dalle forme più strane e di custodirle quasi fossero tesori . Grande godimento si prendeva poi bevendo il vino in compa­ gnia di amici: in tal modo trascorrevano il tempo i famosi Sette Saggi della Foresta di Bambù che in preda ai fumi dell'alcool scrivevano bellissimi componimenti . Oltre a l vino si cominciò a bere , a partire dal I II-IV secolo, una nuova bevanda: il tè . Nella seconda metà dell'VIII sec. Lu Yu scrisse il Cho. jing (Su tra del Tè) in cui spiega come coltiva­ re, preparare e bere il tè dando anche descrizioni degli oggetti che accorrevano. Con la dinastia Song il tè divenne la bevanda delle cerimonie, delle riunioni poetiche, dei bonzi buddhisti , sempre utilizzato dalla corte im periale o dal l ' aristocrazia in quanto era una bevanda che aveva importanza spirituale: bere il tè era un rito al quale bisognava avvicinarsi con grande disciplina. Ma le feste che coinvolgevano tutta la corte imperiale e tutta la popolaz i o n e c i n ese erano quelle c h e scan d ivano l ' arco dell 'anno: la Festa della Primavera o dell 'Anno Nuovo, la Festa delle Lan terne, la Festa del Dragone Primaverile, la Festa di Qixi e molte altre . La notte del settimo giorno della settima luna viene chiamato comunemente in Cina qixi ed è legato al mito della Tessitrice C-eleste che dava il ritmo alla vita contadina. La leggenda, valida ancor oggi , narra infatti che questa vergi­ ne celeste trascorre l ' intero anno a lavorare da sola filando; 1 76

non lontano da lei vi è la costellazione del Boote, che rappre­ senta il lavoratore dei campi celesti: una volta all 'anno, cessan­ do il lavoro, le due costellazioni si congiungono, e la Tessitrice per recarsi dal suo sposo deve passare a guado il fiume del Cielo, la Via Lattea. Analogam e n te sulla terra si com portavano gli uomini che festeggiavano i matrimoni in Primavera, quando i giovani pro­ messi sposi si incon travano nelle acque di un fiume sacro. A questa consuetudine è anche legata la credenza che con la Primavera, al disciogliersi dei ghiacci, insieme all 'acqua arrivas­ sero anche le anime degli avi morti per cui il bagno nel fiume dava modo di ricongiungersi alla forza vitale dei propri avi e le unioni erano così maggiormente rinforzate. Al tra legge nda legata ai matrimoni primaverili è quella dei Due Draghi Sigrwri della Pioggia. In un remoto passato due Draghi Celesti , \1N e YANG, dopo una lunga battaglia giacquero insieme: la loro un ione generò la pioggia, principio di vita ed elemento fondamentale per gli agricol tori . Tale battaglia ve nne perpetuata ann ualmente da una batta­ glia di barche che simbolicamente rapprese ntano i due draghi. Una delle più belle feste per il fascino che desta fu ed è tutto­ ra la Festa delle Lanterne che cade il 1 5 ' giorno della prima luna. Nelle strade affollate si può assistere a spettacoli teatrali, di danza e di musica. Durante la dinastia Tang l ' imperatore Xuanzong, nel 7 1 3 , ordinò che per questa festa la Città impe­ riale fosse aperta al pubblico, e davan ti ali Città fece erigere un portico di una sessantina di metri ornato di cinquemila lanter­ ne. Sotto la dinastia Song le celebrazioni divennero ancora più spettacolari . In quest'epoca apparirono lanterne di tutti i tipi: lanterne con vetri colorati , o di giada, o dipinte con paesaggi, persone, lan terne a forma di dragoni, di mon tagne-tartaruga, di padiglioni ecc. Infine non si può non parlare del costume della corte impe­ riale cinese legato al combattimento dei grilli. Una leggenda vuole che ad uno sfortunato magistrato di pro­ vincia, fosse ordinato di procurare grilli per la corte imperiale. 1 77

Purtroppo però il malcapitato non riuscì a trovarne nessuno in quanto tutti i giovani del popolo si erano dati da fare a cattura­ re grilli per accattivarsi il rappresentante dell ' i m pe ratore. Il povero Far Bene, questo era il nome del nostro magistrato, a causa di ciò venne frustato a sangue, ma l 'ordine non decadde: q uesta vol ta doveva assolutamen te pre n dere un animaletto altrimenti sarebbe morto. Ed ecco che un giorno Far Bene vide un bellissimo grillo, lo rincorse e alla fine lo catturò. Ma la sfor­ tuna volle che il figlioletto di nove anni gi ocan do con l ' an i male lo liberò e il grillo in poch i balzi uscì dalla gabbia e sparì nell'erba. La disperazione prese il magistrato che oltre ad aver perso il grillo non trovava più neanche il figlioletto che era scomparso dopo aver fatto scappare l ' animaletto. Solo a tarda notte venne ritrovato il bambino non morto ma in stato di tota­ le incoscienza. Far Bene si mise a vegliare il suo piccolo bambino quando d ' un tratto sentì un lieve frinire e vide un piccolo grillo marro­ ne che catturò immediatamente. Certo non era un bell'esem­ plare, ma era senz' altro meglio di niente. Quale sorpresa quan­ do il piccolo grillo cominciò a combattere: vinceva sui grilli più grandi e di ogni genere e riusciva a combattere anche contro i galli. In breve il piccolo grillo di Far Bene divenne il campione della Corte Imperiale. Il magistrato fu lautamente ricompensa­ to. Dopo un anno da questi accadimenti il grillo d ' un tratto scomparse, contemporaneamente il povero figliolo di Far Bene riprese coscienza spiegando al padre di aver fatto un bellissimo sogno: era diventato un grillo che combatteva e vinceva su tutti i grilli anche se più grandi e riusciva a vincere anche sui galli! Bella storia dell 'amore filiale, ma anche testimonianza di uno strano svago della corte imperiale cinese. D'altro canto per ciò che riguarda le stranezze e i divertimen­ ti non si può non concordare con quanto sostiene Lin Yutang, famoso scrittore cinese del nostro secolo, che afferma: "Il godi­ mento della vi ta comprende parecchie cose: il godimento di noi stessi, della vita familiare, degli alberi, dei fiori, delle nubi, dei fiumi tortuosi, delle cateratte croscian ti, e delle altre miria­ di di c ose di Natura; e a n c h e il god i m e n to della poesia, dell 'arte , della con templazione, dell' amicizia, della conversa1 78

zione e della lettura, che costituiscono tutte una forma o l ' altra della comunione degli spiriti. Vi sono cose comun i , come il godimento del cibo, di un allegro ritrovo o riunione familiare, una escursione in una bella giornata primaverile, e cose meno comuni, come il godimento della poesia, dell 'arte e della con­ templazione. M i è risultato impossibile distinguere tali godi­ m e n ti i n m ateriali e spiri tual i ; i n primo luogo perché non credo i n questa distinzione, e i n secondo luogo perché son sempre imbarazzato quando ten to una qualsiasi classificazione" (6) .

Alla Corte dell ' Imperatore tutto era possibile ed ogni capric­ c i o i m p e r i a l e dive n tava realtà: si p e n s i c h e p e r i l p r i m o Imperatore , Qin Shi Huangdi, venne addirittura costruita una bambola a grandezza naturale che poteva muoversi come un essere umano! Ma la cosa che i cinesi amarono sopra ogn i cosa fu il contatto con la natura e l'im mergersi in essa era lo svago per eccellenza: solo così si poteva recuperare se stessi perdendosi nell 'univer­ so.

NOTE

l . Lieh-tzu, Libro V, cap. 69 .

2. 3. 4. 5. 6.

M.Granet, La civiltà cinese antica, pag. 507. Ibidem, pag. 49 1 . Ibidem, pag. 492 . Il li è un 'unità di misura cinese c h e corrisponde a 5 0 0 m . L i n Yutang, Importanza d i vivere, pag. 1 4.

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n giardino: metafora mentale

o elemento del paesaggio Giuseppe Giordano Geografia - Università di Genm·a Da tempo la geografia ha abbandonato lo studio del paesag­ gio o di alcun i suoi e l e m e n t i ad al tre discipl i n e . Tuttavia , anche n e l secolo scorso, quando esso rappresen tava un ambito di rilievo non si dedicava molta attenzione al giard i n o , che pure da molti secoli tan to ad Oriente che ad Occidente rappre­ senta un elemento importante del paesaggio culturale. A mio avviso oggi questa suuttura ha un nuovo interesse anche alla luce delle ricerche in atto sulla villa. Chi pretende di avere gli elementi per potersi occupare in forma esclusiva di tali studi sovente mostra di non essere in grado di assolvere una tale funzione, poiché \iene meno la pro­ spettiva storica o la giusta considerazione dell'elemento spazia­ le. Già nel convegno di Bologna su �Giardini e parchi storici e m odern i " si è affermato che per agire nell ' ambito del giardino sono necessarie conoscenze interdisciplinari ( l ) . E' bene chia­ rire che in Occidente oggi molto si discute se il giardino è o meno paesaggio e il prof. Assunto, ad esempio, è contrario poi­ ché il paesaggio è illimitato. Scopo dell'articolo è di indi\idua­ re alcune linee storiche tanto nella civiltà occidentale che in quella orien tale. Nel passaggio da uno �stato naturale" ad una società umana suutturata, passaggio che ha alla sua radice miti fondatori più o meno \Ìolenti, la cultura permea ed altera in modo radicale il rapporto dell' uomo con la natura. Indubbiamente, poi , in alcune cul ture occide n tali , quali in particolare quella greco­ giudaica, la natura è ogge tto di violenze da parte dell' uomo. Infatti, l ' uomo non ne fa più parte ed essa non è più considera­ ta qualcosa di vivente, bensì qualcosa da cui staccarsi quanto più è possibile ed è trasformata in uno spettacolo da con tem! HO

plare e soprattutto come riflesso di qualcosa di divino. Serve , in sostanza, a ricordare uno stato di privilegio di cui l ' uomo non gode più. Se si considera la natura in modo meccan ico, come avviene n e l p a r a d i g m a n e w t o n i a n o- c a r te s i a n o d o m i n a n te i n Occidente, e quindi costituita da parti , s i può pensare al pae­ saggio come ad un "brano della natura", cosa che non è più possibile allorché la natura è i n tesa come u n i tà di un tu tto ( Simmel ) . In questo quadro, inoltre , l ' uomo occupa un posto cen trale ed assume il ruolo di chi deve porre ordine nella natu­ ra. La sua supremazia si manifesta attraverso la domesticazione del mondo biologico e i ten tativi di dominare e modificare alcuni elementi quale in particolare l'acqua. Da un lato all 'ini­ zio vi è il prevalere del fattore utilitaristico, mirante alla soddi­ sfazione dei bisogni elemen tari e dall 'altro in seguito interven­ gono fattori di ordine più elevato, quali il bisogno di offerte religiose e una necessità este tica ( 2 ) . Lungo questo itinerario si fa strada l ' idea di giardini che, è indubbio, originariamente il giardino ebbe un deciso carattere simbolico, che si rifaceva quasi sempre a motivazioni religiose . Dice una leggenda araba che il mondo, all ' i n izio dei tempi, era un unico, immenso giardino. Quando l ' uomo cominciò a pec­ care , Allah decise di essere clemente, e per ogni peccato com­ messo dall 'uomo diede ordine a un angelo di far cadere sulla terra un granello di sabbia. Le oasi rimangono come supersti ti immagi ni dell 'antico paradiso terrestre . La radice semitica G-N sign ifica "velato ", "ottenebrato " e dalla stessa radice deriva l ' ebraico gan, che significa "giardino". Il gan-eden nella Genesi è l ' equivalente dell 'avestico pairi-daeza, il "paradiso " inteso come luogo cin tato e giardino di delizie deli­ mitato e occultato da un baluardo ( 3 ) . Sempre dalla radice in questione deriva l ' arabo gian na, che nel Corano è l 'esatto equi­ valente del biblico gan . Il giardino paradisiaco è "velato" per­ chè è territorio sacro, inviolabile, che si nasconde agli occhi dell' uomo peccatore , dell ' uomo che ha pe rso il dono della vista sopran naturale. Dall'al tro can to in sanscrito gagana è lo spazio, sunya il vuoto ed en trambe le espressioni nei testi astronomici indiani stan n o 181

ad indicare lo zero o meglio l ' assenza di unità di un certo ordi­ ne. I noltre, lo zero in arabo si indica come sifr; è opportuno, quindi, verificare da un lato una convergenza tra la radice sfr e frd e tra il sanscrito GGN e il semitico G-N . Al di là dei raccon ti mitici, tuttavia, le tracce più antiche di un giardino sono state trovate fino ad oggi i n Sri Lanka. L'immagi­ ne tradizionale, tuttavia, deriva da quella del firdaws persiano: è un recinto di forma quadrata, solcato al suo interno da quattro corsi d ' acqua che scaturiscono da una fon te cen trale, scorren­ do rettilineamente verso le quattro direzioni del mondo ( 4 ) . In questo caso si tratta anche del "cen tro del Mondo M, che ha al suo centro la fon te unica, fon te d'insegnamento che è anche fon te della giovinezza ( 5 ) . Essa è situata ai piedi dell 'Albero della Vita, ma il centro è soven te rappresentato dalla montagna cosmica. Comunque, l ' albero è u n ' al tra figura dell ' MAsse del MondoM, mentre in seguito per i Cristiani starà a simboleggiare la croce. I l c o n t e n u to s i m bolico è pre m i n e n te e d i l sign ificato in Persia era un movimento del pensiero che procede per via sil­ logistica o dialettica per ricondurre all 'origine, cioè il centro, dove può occultarsi l ' apparen te e manifestarsi l ' occulto ( 6 ) . Essendo simbolo della Terra, il giardino iranico presenta la disposizione degli alberi a quinconce, raccolti intorno alla fon­ tana centrale come i keshvar sono disposti attorno al keshvar ori­ ginario ( 7 ) . La loro altezza decresce progressivamente e il loro addensarsi attorno al centro aiutano il pensiero a raccogliersi nella contemplazione, come poi avviene nel giardino giappo­ nese ( 8 ) . Si tratta, tuttavia di un parco, a volte di notevoli dimension i , c i o è di un qualcosa in cui domina l ' albero e la presenza del fiore è discutibile secondo alcuni autori. I n Persia il fiore aveva un ruolo assai importan te e la sua disposizione, il mutamento della collocazione tendevano a simboleggiare gli scambi tra il mondo celeste e la terra. A mio avviso è u n ' opinione difficil­ m e n te soste n ibile e molti autori ricordano che il giard i n o orien tale era in genere caratterizzato da una vegetazione " a due pianiM: alberi c o n funzione di protezione contro un'evapo­ razione troppo rapida e fiori. 1 82

I n fatti, nelle varie culture che si sono succedute in questa regione esisteva una botanica sacra, che collega la coltivazione dei fiori e l ' arte floreale alla liturgia. Il ruolo del fiore, ad esem­ pio, nella religione mazdea era tale che ogn i arcangelo ed angelo aveva un fiore o una pianta aromatica per emblema. I fiori svolgevano un ruolo molto importante anche nell 'antica li turgia zoroastriana. E ' ch iaro , quindi, che - come sostiene Corbin - "l ' arte dei giardini e la coltivazione di un giardino assumono il significato di una liturgia e di una realizzazione mentale" (9) . Lo schema è replicato in forma architetton ica nel Patio di Los Leones della Alham bra di Granada. Qui anzi il significato cosmico del recinto quadripartitico è accentuato dalla presen­ za dei dodici leoni di pietra che circondano la fon tana centra­ le: già T. Burckhardt collegò il simbolismo alla suddivisione zodiacale dell 'eclittica. L' ambiguità di fondo del significato del giardino ( paradiso spirituale e terreno al tempo stesso ) traspa­ re con chiarezza nello stesso Corano e in molta letteratura araba ( 1 0) . Nel Genesi si dice che il giardino fu creato durante un intero giorno nell ' Eden , che in origine significa steppa, pianura colti­ vabile, landa sconfinata: era abbondantemente irrigato da un fiume che lo percorreva, ma uscendo si divideva i n quattro ( 1 1 ) . Secondo altre versioni il giardino dell' Eden era quadrato, ripartito simmetricamente e irrigato da 4 fiumi sgorganti dal suo centro, che si incrociavano tra loro ( 1 2 ) . Il giardino ebraico è privo di fiori , probabilmente perché nel mondo antico i fiori, facendo parte delle offerte agli dei, erano associati ai sacrifici ( 1 3 ) . Il fiore stesso è un elemento della pianta in crescita strappato, "sacrificato ". Il giardino, tuttavia, risale anche alle origini dell'agricoltura e u n ' al tra motivazione è riconducibile alle esigenze del sacro, ma u n ' altra esigenza può essere il desiderio di possedere la natura i n quan to tale. I paradisi - o pardes - dell ' an tica Persia n o n erano pertanto solo recinti di caccia per i signori , ma qualcosa di più. Inoltre, la cultura persiana ed in particolare le arti figu­ rative di questo paese condizionano per lungo tempo il giardi­ no islam ico. 1 83

Lon tan issi m o dal c o n c e tto o c c i d e n tale d i b e l l o-u t i l e , d i espressione del potere umano, di teatro dei sentimenti, questo giardino è innanzi tutto un riflesso di Dio, e l ' amore per il giar­ dino esprime l ' amore per Dio. Sotto al giardino, che è oggetto di godimento per i vivi come per i morti , scorrono i quattro fiumi della vita che si incon trano al suo centro, dividendo lo spazio in quattro parti . Tale visione è alla base del giardino quadriparti to �chahar bagh ", stru ttura del giard i n o islamico e di quello mogh u l . Inoltre , proprio perché collegato all ' idea della divinità il giar­ dino rappresen ta anche lo spazio interiore, lo spazio spirituale che racchiude meraviglie protette dall'esterno. Così il giardino è governato da una forza centripeta che agisce all 'interno del suo recinto. E ancora, la sua connotazione simbolica è moltipli­ cata nelle strutture che lo costituiscono: così il portico, o il log­ giato, diventano luogo di transizione spirituale ; la struttura a stella con la quale si disegnano le aiuole di pietra, rappresen ta il potere dell 'intelletto e via dicendo. Facile è vedere anche la figura dell 'acqua come fon te di vita che dive n ta struttura composi tiva. U n ' ultima considerazione ricorda come il movimento islamico si diffuse tra popolazioni nomadi che avevano sviluppato un senso della scansione mate­ matica del pensiero e una ripartizione simmetrica dello spazio. Tutti elementi presenti nel giardino dove i padiglioni più raffi­ nati disposti in modo simmetrico rispetto all ' asse cen trale sem­ brano sorgere come tende dal suolo. I giardini moghul sono spesso lontani dalle abitazioni, lontani dai mausolei e dalle moschee, costruiti in mezzo all ' acqua come isole dei beati , scanditi da terrazze sovrapposte situate da aiuole che si riempivano di specie stagionali in m odo da ricor­ dare tappeti stesi tra zampilli d'acqua. Nei giardini persian i c'è sempre il canale dell'acqua e il padi­ glione la cui immagine si moltiplica nel porticato, che è forma­ to da archi a tutto tondo e aperture sormon tate da un fron tone a timpano. Una sequenza di archi e fro n ton i , che si ripete n u m e rose volte, per rapprese n tare il paradiso i n Persia in epoca safavide. Nelle stesse pitture di Pompei si può riconosce­ re la maniera persiana di decorazione fatta di pilastrini lunghi 1 84

ed esilissimi, di piccoli padiglioni e logge ( 1 4) . Si tratta di strut­ ture c h e si ri trovan o n e i giard i n i m arocc h i n i , in q u e l l i d i Topkapi e in quelli del Rajastan dove è ben presen te l a sintesi culturale dovuta alla diffusione mussulmana. Ma il mondo ottomano ha elaborato una continua sintesi cul­ tural e , c h e i n c o n triamo ripe tutam e n te a n c h e n e l l a li ngua turca contemporanea. Le mattonelle di ceramica che decorano i giardini e i palazzi sono dette cini come a rappresen tare qual­ cosa di tipicamente cinese. Nell'ambito della cultura musulma­ na non c'è soluzione di continuità tra la vita all 'interno e quel­ la all'esterno della casa; pian te e fiori decorano il giardino, così come sono te ma per le decorazioni delle pareti domestiche; l'acqua esce dalle fontane all 'interno delle moschee, all 'in ter­ no del giardino, all 'interno della casa in un continuo ricorrere figurativo del paradiso: quello terrestre è come quello celeste , quello celeste è come quello terreno. Se si coltiva l'uno, si colti­ va l'al tro. Alla base della differenza tra giardino orien tale e giardino occiden tale è la concezione che le due cul ture han no dello spazio. Nella filosofia greca è presente una grande ri luttanza nei confronti del concetto di "vuoto". Lo spazio è sempre pen­ sato come qualcosa di pieno, che non ammette in terruzion i , lacerazion i, vuoti e assenze di correlazioni. Ne discende c h e i l concetto di creazione, nella filosofia greca e in particolare nei teologi cristian i da essa influenzati , ha un significato peculiare. Dio non è il creatore dal nulla ma piuttosto il supremo archi­ tetto che ha ordinato secondo principi di suprema razionalità il caos in cui il cosmo di trovava. Viceversa l ' idea che il mondo è stato creato da Dio completa­ mente dal nulla era fondamentale nella concezione ebraica e quindi rappresen tava l ' altro dei due elementi costitutivi della teologia cristiana. D' altro canto, lo spazio corporeo è espressio­ ne dell ' idea di uno spazio per immaginare e pensare ( 1 5) . Per i Greci e in particolare per Anassimandro l ' u n ive rso mitico appare come un insieme di "posizion i " o parti dello spazio glo­ bale, fondamentalmente collegate fra loro. Dal Medio Oriente il giardino si sposta verso occidente e i n u n a forma m e n o ricca s i inserisce n e l paesaggio greco in cui 1 85

solo in età ellenistica, anche per effetto delle trasformazioni tecniche dei modi di sfruttame n to del suolo, l ' in sediamento rurale isolato si affe rma e diffonde ( 1 6) . Il giardino di Alcinoo è il primo luogo topico della letteratura antica e il partideisos, che in Dafn i e Cloe è un misto di giardino, orto, brolo e parco, è già stato individuato come topos obbligato nella seconda Sofistica ( 1 7 ) . Ermogene, quando propone il tapos del giardi­ no, sottolinea l 'efficacia dell' ekphrasis del luogo che "alla vista producono piacere in chi li contempla" ( Geoponica X 1 . 1 e XI I 2. 1 ) ( 18) . Longa dal canto suo sottolinea la centrali tà del giardino che consente al padrone del fondo di abbracciare con uno sguardo d ' insieme tutti i sui possedimenti (IV 3. 1 ) . Il giardino è vissuto come spettacolo, come il luogo centrale della "visibilità" e del "dominio", come tapos in una organizzazione sociale ed in una s tru tturaz i o n e territori a l e , dove è la c i ttà ad eserci tare il comando sulla campagna lo spazio riservato al kepos, cioè al giardino, può assurgere a simbolo della società chiusa. Il giardino di Lamone era invece una superficie pianeggiante di circa due ha, dove alligna ogni specie di pian te, meli, peri , fichi e pochi olivi, mirti , melogran i e accan to a questi altri come cipressi, platani, allori , pini. Al l ' i n terno l ' ordine non è affi dato al caso, come n o n lo era n e ppure n e i giard i n i d i Alcinoo; gli alberi d a frutto occupano l' area centrale, m a sono presenti anche i fiori. Infatti, accan to ad alberi prosperano le a i u o l e d i violette, gigl i , n a rc i s i , rose , g i ac i n ti e p r i m u l e . Secondo Grimal, infine, notevole è il carattere di vero e pro­ prio "belvedere " di q uesto giard i n o , c h e apre prospe ttive anche al di là del recinto che lo chiude ( l 9 ) . Il giardino di Longa, secondo Gothein, è a metà strada tra "landlicher Farmgarten " e giardino padronale con funzione produttiva (Nutzgarten) (20) . Il giardino greco in generale è uno spazio, infatti , nettamente isolato e separato dal circostan­ te spazio "agricolo " , ma è anche pertinenza della residenza padronale, in cui quindi si in tegrano colture pregiate e colture ornamentali ( 2 1 ) . Con i Greci en tra nel giardino il fiore che è caduco, ma è pure ordine cui l ' uomo aspira, quell'ordine che i Greci chia1 86

mavano Kosmos e che significava anche Bellezza. Il fiore anzi diventa parte in tegran te dello stesso paesaggio come sottolinea Gen tili, ricordando Saffo ( 2 2 ) e rappresenta tan to un messag­ gio di vita quanto uno di morte. D ' altro canto il fiore è diversa­ m e n te concepito nelle diverse culture . In Africa i fiori non sono coltivati e quelli spontanei non sono usati né nei rituali, né come decorazioni , e non appaiono nelle arti visive né nel linguaggio, nella forma ad es. di metafore. I fiori in sostanza attengono al nostro modo di avere a che fare con il lusso e con le distinzioni sociali. Nelle società assire e babilonesi i fiori appaiono insieme e dentro i giardini, tra i quali i primi - mitici - sono i giardini pen­ sili di Babilonia, fatti costruire da Nebuchadnezzar II per sua moglie Amytis, e che Diodoro definisce come una delle sette me raviglie del mondo. In Egi tto i fiori ( soprattutto il loto ) en trano nell ' iconografia e per la prima volta sono usati a scopo decorativo nelle case e fra i capelli, sul corpo. Nascono i profu­ mi e i fiori diventano un tema per la pittura e la poesia (23) . In epoca romana i giardini diventano più popolari , borghesi. Ma sono associati alle leggi suntuarie e si sviluppa, da questo momen to in poi , la critica dei fiori in quanto associati al "con­ sumo vistoso ", in quan to beni di lusso. A questa critica aderi­ ran no, in momenti diversi , i filosofi cinesi, gli stoici romani, i clerici islamici, i riformatori cristiani e i movimenti rivoluziona­ ri sociali e religiosi : da quelli puritan i anglosassoni a quelli marxisti . I fiori, con la caduta dell ' Impero Romano, spariscono e con loro il sapere medico che intorno ad essi si era creato ( 2 4 ) . Con l ' affermazione del cristianesimo, che rifiuta le cerimonie pagane (alle quali i fiori sono associati ) , si predica l'ascetismo e si vuole limitare il lusso (25) . E' solo con il Rinascimento che risorse l ' i n teresse per i fiori rinasce e si sviluppa la pittura natu­ ralistica: grazie all ' I slam e al ritorno all 'aristotelismo, tramite Tomaso d 'Aquino il divino ora può essere pensato e acce ttato attraverso le sue creazion i. Nel modo cristiano, inoltre , è puro ciò che è coperto di vege­ tazione: tutto ciò che non è impuro è giardino. Il nome primi­ tivo caartus, lwrtus, gards non ha niente a che vedere con i fiori; 1 87

significa solo terreno racchiuso, delimitato e recintato. Il grande cambiamento nel m odo di percepire i fiori coincide con l'avven to del mercato. Adesso non è più tanto importante possedere i fiori quanto piuttosto conoscerne il significato. Si finge di voler recuperare una tradizione simbolica antica, men­ tre la si sta inventando. Tutta la genealogia simbolica arriva n e i giard i n i dalla m i tica rapprese n tazione della m o n tagn a cosmica. Sulla montagna ci sono due alberi , di cui uno è l ' albe­ ro di tutti i rimedi wnel quale sono depositati i germi di tutte le pian te " ( 26) , l ' altro è l ' albero della vita. Ai piedi della monta­ gna c ' è un padigl ione che rapprese nta la di mora degli dei , davanti al padiglione scorre l'acqua che è vita. Con l ' affermazione del cristianesimo il giardino acquisisce sem p re più il caratte re di allegoria del Paradiso, come tra l ' altro appare nel mito della Fenice le cui origini si perdono nella notte dei tempi. La dimora della fen ice è il n em us solis, posto a oriente, il lorus felix delle acque e della vegetazione eterna. E' opportuno ricordare che il mondo islamico si connette a quello occidentale tan to in Spagna che in Sicilia. Nei cortili siciliani l'acqua scorre lungo piani inclinati e scolpiti come lo fa in quelli turchi, indiani, persiani e spagnoli. Si ha, quindi, una svolta im portante quando giunsero gli Svevi . Infatti, con Federico II il giardino diven ta anche luogo di caccia, il wparadi­ so" diventa wbarco". Nei Solacia di Federico - come giustamente mette in evidenza Bellafiore - al giardino si un isce il bosco riservato alla cacciagione, nel giardino rien trano le peschiere per i pesci da mangiare ( 2 7 ) . Si ritroverà la stessa struttura del wBarco" (da cui parco) in mol ti giardini meridionali. Anche nel Medio Evo i giardini erano presen ti come appare nel proemio alla terza giornata del Decamerone: forma qua­ drata, circondato da alte mura. l\'el mezzo un prato fiorito e al cen tro si trova una fon tana, da cui si dipartono ruscelle tti . Sen tieri rettilinei lo percorrono e al suo interno si colloca un giardino segreto per le erbe aromatiche e medicinal i , un giar­ dino dei fiori, un pometo, un ' uccelliera e una peschiera. I l giardino medievale sovente è collegato a u n chiostro. Nel Rinascimento, poi. si afferma il giardino a pian ta radiale I SH

che ricalca la struttura del mondo dantesco. In questo con testo si tratta di una struttura che non si risolve nel fenomenico, ma prolunga il suo significato in direzioni infin ite. Anche in Parsifal il giardino ha un ' i m magi ne opposta: un luogo mirabile e nello stesso tempo il suo con trapposto dove alla terra non è permesso contrapporre altro che il cielo. Da questo si arriva all 'anima come un giardino e da qui un nuovo ideale, l' hortus conclusus. Sopravvengono poi due avvenimenti storici decisivi : la caduta di Costan tinopoli e la scoperta dell'America. Dopo l' influenza del mondo mediterraneo, fu quella dell 'Asia e dell'America a m u tare il modo di considerare i fiori. La flora ornamentale dell' Oriente, quella persiana in prima linea, per il tramite dei Turc h i , dive n n e dapprima olandese, poi austro-asburgica e infine francese, inglese e tedesca. Il giardino signorile, che è soprattutto una struttura simmetri­ ca e ordin ata, generalmente non ha fiori, men tre i piccoli giar­ dini fioriti dei monaci ( i l giardino dei semplici) non han no strutture e non sono strutture. Il fiore è ciclico e proprio per sfuggire alla sua ciclica sofferenza il giardino si è dato quella forma geometrica. In effetti fino al 1 500- 1 600 il giardino non è una struttura geometrica, ma una società vegetale strutturata in base a una geografia vegetale e si afferma un concetto nuovo , l ' idea del "vasto mondo" di cui il giardino deve essere una con sapevole immagine. Mentre finora il giardino era accomunato soprattut­ to all ' i nsediame n to di villa, ora, soprattutto in German ia, si accoppia al castello. Più in ge nerale si può affermare che in Occidente la totale subordinazione del giardino alla dimora sia essa villa sia esso castello ( 28 ) . In Italia il periodo è con trasse­ gn ato dalla trasformazione dei giardini gentilizi in immensi parchi. Il classicismo francese è anche una manifestazione dell 'i mpe­ rialismo di Luigi XIV, men tre la conquista estetica dell ' Europa nel XVI II sec. ed ha ragioni pol itiche concertate e con seguen­ ze politiche inattese che non si possono trascurare ( 29 ) . Così la resistenza all ' imperialismo francese viene dall ' I nghilterra non tanto per un 'opposizione tra classico e harocco come categorie 1 89

eterne ( secondo l'opinione di Hegel ) . Secondo alcuni, addirit­ tura, la polemica tra giardino all ' inglese e alla francese rappre­ sen ta il con trasto tra il razionalismo egemonico del classicismo e un sentimento romantico. La conferma dell 'incidenza poli ti­ ca sull'estetica è data dalla costruzione di un giardino all ' ingle­ se da parte di Paolo I e Alessandro a Pavlovsk, realizzato in stile palladiano (30) . D ' al tro canto questo contrasto trova un parallelo tra la geo­ metrizzazione dell 'universo voluta da Cartesio e l' atteggiamen­ to da Bacone a Hume che tende a privilegiare la spontaneità della visione. Inoltre, man mano che i valori giudaico-