Il Libro dei Salmi. Versione e commento di Guido Ceronetti. Nuova edizione [2 ed.] 8845905993, 9788845905995

Guido Ceronetti ci offre dei Salmi una versione nuova, totalmente diversa, che appare memorabile, innanzitutto per la te

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Italian Pages xxx, 446 [477] Year 1985

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Il Libro dei Salmi. Versione e commento di Guido Ceronetti. Nuova edizione [2 ed.]
 8845905993, 9788845905995

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Bi bl i ot e c aAde l phi 1 5 1

I LLI BRO DEISALMI Ve r s i o neec o mme nt od iGui d oCe r o ne t t i

Il Libro dei Salmi non è soltanto uno dei libri più grandi su cui l'occhio possa posarsi. È anche un libro le cui parole, abbandonato «il selvatico e il roccioso» del loro luogo d'origine, si sono diffuse in rivoli inesauribili ovunque, mescolandosi alle espressioni più familiari, lasciandosi ripetere da tanti che non sanno neppure di ripeterle. Tradurre questo libro è dunque un risalire le acque del Giordano, attraversare le illuminazioni e i fraintendimenti di secoli. Guido Ceronetti aveva già lavorato, venti anni fa, a una versione dei salmi. Oggi ce ne offre una nuova, totalmente diversa, che appare memorabile, innanzi tutto per la tenacia nel mantenere la parola «costantemente nel deserto, in una luce che angaria d'assoluto» e per la capacità di torcere la lingua del bel canto verso la «forza del verbo semitico con la sua visione monotona e dirompente di Dio». Del tutto nuovo è anche, in questa edizione, l'appassionante commento, vero diario di una vita con l'angelo. Un angelo esigente che si presenta sotto forma di versetti, martellanti nella memoria, in attesa di una nuova lettura, sempre più precisa, sempre più intensa. Un angelo che istiga a un continuo spostarsi della tenda nomade del pensiero verso la «nicchia misteriosa» del testo. Alla fine di questa lunga migrazione, compiuto il suo «dovere di alchimista», Ceronetti ci consegna questo Libro dei Salmi, non più «grande rosa spampanata priva di spine», come nella versione di san Girolamo, ma improbabile fiore del deserto, con un solo consiglio: «Fatevi in casa un pezzo di muro rotto, collocateli lì».

Di Guido Ceronetti, Adelphi ha già pubblicato: Il Libro di Giobbe; Il Cantico dei Cantici; Il Libro del profeta Isaia. Inoltre: La carta è stanca; Il silenzio del corpo; La vita apparente. Presso Einaudi sono usciti, con le versioni di Marziale, di Catullo, di Giovenale, dell'Ecclesiaste, la prima versione dei Salmi; Poesie per vivere e non vivere; Un viaggio in Italia 1981-1983. Da Rusconi: Difesa della Luna; Aquilegia; La Musa Ulcerosa. Del Silenzio del corpo sono uscite l'edizione tedesca (Suhrkamp) e francese (Albin Michel).

In copertina: Hercules Scgcrs, Valle rocciosa; Amsterdam, Rijksmuseum.

B I BL I OTECA A D ELPHI 151

DELLO STESSO AUTORE;

Il silenzio del corp o La carta e otanca La vita app arente A CURA DI GUIDO CERONETrl:

Il Cantico dei Cantici Il Libro del profeta Isaia Il Libro di Giobbe

IL LIBRO DEI SALMI Versione e commento di Guido Ceronetti Nuova ed izione

ADELPHI EDIZIONI

«:) 1985

ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO «57t!!

INDICE

Che cos'è un uomo? di Guido Cerone!!i LA VERSIONE E IL COMMENTO

IX XXI

IL LIBRO DEI SALMI Libro primo

3

Libro secondo

121

Libro terzo

215

Libro quarto

275

Libro qui n Io

329

CHE COS'È UN UOMO? DI GUIDO CERONETTI

Che cos'è un uomo� L'interrogativo del salmo 8 si può immobilizzarlo li, senza completarlo, lasciando che l'infinito lo dilati fin dove potrà arrivare: mah­

'enòsh? Con 'enòsh s'intende qualcosa di essenziale: è l'es­ sere umano come tale, la specie uomo nel suo deserto, nella desertità; aggiungi l'interrogante mah (che cosa?) e hai l'assoluto della solitudine. Pasca! lo ha ben pre­ sentito, che al Quid est homo della Vulgata ha attac­ cato la stretta dell'infinito: Qu'est-ce qu'un homme

dans l'infini? (fr. 199, Lafuma). Anche questo fa l'im­ pressionante incircoscrittibilità del Libro: si annulla in assoluti e indeterminati; ogni tanto uno ne compa­ re, che demolisce o comprime il resto, le altre parti del­ la testa, e l'invasiva luce della Gloria, della Faccia, chi pud dirla un punto, un luogo, un centro, qualcosa� Al­ lora: che cos'è un uomo(perché quella Faccia Io pensi)� La Scienza planetaria straripa dai cieli e dalla terra, senza minimamente vergognarsi di abbondare cosi si­ nistramente di risposte; ma nelle risposte il pensiero non abita, dentro la scienza non si rintraccia neanche un aborto di pensiero: tant'è vero che, per averne uno, XI

si sforza di pensarsi. Il Libro dei Salmi, al contrario, tanto è privo di risposte quanto capace, pur non pen­ sando, di creare pensiero. Si può non uscirne credenti e pii; impossibile non uscirne pensanti, trafitti da tre spade, il pensiero dell'uomo, del deserto, di Dio. t; u n Maestro Tradizionale: non s a nulla ma indica, s i beve avidi e non c'è l'acqua, c'è la sete e dà tregua alla se­ te. Senza l'immenso e incolmato buco- mah-'enòsh che poche consonanti bastano a significare e a racchiu­ dere, lo Scritto non sarebbe che quel che il suo nome

-

ebraico, debole, sviante, ne dice, un libro di Lodi, un innario laudante, e un grido come questo sarebbe (11110 fra i tanti) un inesplicabile: Ti lancio questo mio g> i d o Sig no r e - Tu il mio Rifugio tu Sulla terra dei vivi per me sei tutto (142, 6) ·

Certo le parole non sono segni inerti. Le semitiche dell'ebraico scrittura/e che da tanto tempo imfJaro, >i­ peto, scruto, ricordo e dimentico, sono esseri viventi di cui, anche per loro, si può domandare: che cosa so­ no� Vivono e rimpinzano di tremito, scricchiolano co­ me ossa rotte e si lamentano come l'arpa eolia appesa alla porta; il loro chiarore emana da una nicchia che non appare, come il grande lume di certi occhi pieni di anima. Sopratutto l'Entità consonantica semitica è fatta per emettere e introiettare sofferenza inso(Jeren· te, patire impaziente, un rassegnarsi contendendo; Giobbe e i salmi ne forniscono la massima prova. Il ve­ ro significato delle parole è di(Jicilmente, sempre, affer­ rabile: ma questa realtà psicologica dei suoni della lin­ gua ebraica è costante ed è una stella polare per l'in­ terprete. E le anime che senti li ancora implicate e che fanno peso sul suono, dovevano essere dotate di un'e· nergia incoercibile per far servire tanta forza a de­ gli usi. Nella misura in cui l'interprete avrà compreso il li­ bro, patirà la disfatta e la solitudine. Troverà chi gli XII

dice



Ah quanto lavoro'



e



Che cosa farai dopo'



e sì vergogneni come esposto a un ludibrio indicibile. L'impossibilità di essere accolti in una forma che non sia imballaggio di rito stanco e di ricerca materialista (vie trite, per rendere sempre più introvabi/e la Via) è per i salmi uno sfregio che si vive con sconforto, dopo ave,-/i portali CllCÌIÌ in sé. Se c'è Ira le nostre tribù urbane qualche corrente occulta che si possa di­ ,-e

lolemica, a questa farei appello perché il Libro dei

Salmi (o anche ll!llo il resto, llllli i Ketubim che ho amalo, tutta la Scrittura, forse, per salvataggio) fos­ se assunto come tòlem, p11r cosi travestito da prodotto editoriale. Dopo tanta vita, la condizione anomala di essere li jJer nulla- per qualc1mo che facendosene lettore (Ira alt re cose e altre octllpazioni) si fa nessuno - è ben d 11m, per il salmo, da sopportare. È lo stesso salmo che parla di sé quando martella, in messa in croce sem­ !lianza d'uomo, Dio mio Dio mio perché mi hai ab­ ba?ldonalo. Tristissimo abbandono Ira questi sempre più agghiacciati, Ira questi sempre più insensibili es­ seri che diventiamo. Disagio crudele che mi si è attac­ calo, esempio della nocività fondamentale e non e.n­ bra del versetto, il ve•·selto da citare, da decifmre, da ricollocare per mezzo della lingua italiana nella s11a misteriosa nicchia, mi ossessiona e m'inchioda qtelua sete di riscatto. Ma che cosa mi ave­ va indotto a ,-ileggere quella memvigliosa storia? Il ri­ cordo di Penuel, di Giacobbe agonista in Gen. 32, il suo agglutinani (lellemlmenle rotolarsi nella polvere) con un Uomo fino al levar del gio.-no, mistero grave che il luogo comune 1·ivomita ogni momento come « lolla con l'angelo"· La storia di ]ekyll, la sua lotta mo>·tale con Hyde, ne è una versione impressionante, un travestimento inconscio attraverso l'infinita muta­ zione di tempo. Il tempo si è inclinato: nella versione stevensoniana non c'è benedizione finale, e lo st.-ari­ pare di Hyde è il trionfo del Male. Come Giacob­ be, ]ekyll cambia nome, diventando definitivamente Hyde. Ma sia l'Altm angelo o demone, vale il conten­ dere, la metamorfosi, il senso che resta da dare. E an­ che Giacobbe

muore

a Penuel, perché la Faccia di El

fa mori1·e, la lussazione dell'anca è morte, ed è fallo risorgere, iniziaticamenle, dopo la prova notturna, con altro nome, Israele, che equivale ad una rinascita. Le due porte della casa di ]ekyll, la demoniaca e l'ange­ lica, si affacciano sul deserto scrittura/e, la tenda no­ made si sposta lentamente nella bntma nera londinese. La Scrittura non lascia mai in pace, s'intreccia inces­ santemente ai pensieri. D'altra parte, negli sc1·ittori italiani contemporanei, si sente mancare qualcosa d'importante, un fondamen­ to cruciale, ed è questa luce diretta, questa forza del verbo semitico con la sua visione monotona e di.-om­ penle di Dio. Neppure più una spruzzata di Vulgata, xv

com'era tradizione; niente. Questo li rende forse più agili: ma molto più capaci di eccellenti manovre lat­ tiche sul campo, che di una visione strategica che ar­ rivi alle ultime conseguenze e sbaragli tutto. In un poeta che orficamente vede molto lontano, A!ontale, il profondo a-semitismo fa durare le manovre tutta la vita, non c'è mai nulla di risolutivo, l'evento assoluto è negato anche come possibilità, perche il Dio che si rotola con Giacobbe nella polvere non è che un fJIInlo vago nella sua sensibilità incosciente. (Non nego che la Bellezza Scettica sia, tra certezze di bruttura, un al­ tissimo dono e un rifugio: accenno solo a una differen­ za). Adesso è comune un certo interesse per il mondo mussulmano, ,·ientrato nella storia con immutata voca­ zione oppressiva, in ribollimenti sparsi di n m ma fran­ tumata che non riesce a essere Stato (sal. 2, I), gonfio di contributi sinistri al disastro e alla confusione; ma se siamo incapaci di raccogliere sfide, per esserne alme­ no accoltellati da illuminati gioverebbe un contallo diretto con l'esplosiva melodia del vnb• coranico, ciii­ mine della sacralità semitica, o una qualche familia­ rità con le sue immagini tradotte. Attraven• il Kitàb sacro la drastica spi>·itualità semitica del tempo delle rivelazioni nella mentalità mussulmana conlemfJo>·a­ nea sopravvive letalmente: se avessimo più sangue mentale di antichi ebrei, ci nutrisse la diffidenza, an­ che, di quelli come la vecchia diaspora nei loro sdegno­ si quartieri ne scolpiva, saremmo più lucidi, e di una durezza spietata nel giudicare le moderne rivol11zio11i islamiche, in cui non ritorna che il passato, la vendetta e la guerra. Carenti di testo sacro si è immensamente più liberi, ma quanto più, mancando di ribrezzo, indifesi; anche storicamente, come popoli e imperi, indifesi. Canniba­ le di se stessa è stata l'Europa facendo a brani l'impero danubiano, sopravvivenza romano-cristiana che aveva ancora qualcosa da opporre ai



tori di Bashàn



della

barbarie monodogmatica. Lo scrittore italiano è oggi anche catastroficamente P•·ivo di Chiesa e eli patria: XVI

perso col malsano anche il senso passabilmente sano della nazione, cerca nelle regioni native

(

«

la patria ve­

nela », « la siciliani là») le sue radici, e questo in lem­ pi di immane mio religioso è più una scappatoia che un modo di leslimonianra. I più sono ridolli a colti­ vare pericolosamente l'Io; questa (sal. l,

è



la via che pe1·de »

6).

Il deserto unisessuale dei salmi è il preludio all'ado­ zione conventuale, dal convento qumranico alle lellu­ re di refellorio dei monaci. Gli aranti hanno tuili un'unica faccia, ed è una faccia d'uomo, di uomo reso come astrailo dal prosciugamento della parte femmi­ nile, surrogato una cinta muraria sg>·etolala, la Dulci­ nea Gentsalemme. Comparse femminili sono nel sal­ mo

-/j, dove la Principessa è inlrodolla nel gineceo

regale con lo sfarzo di una lesta in una ghigliollina; nel salmo j], dove l'oranie del Miserere (l).annèni 'elohim) allude alla propria madre come a una galla in calore, aggravandone alla babilonese l'allo con una colpa ignota, miccia di eccitale misoginie ascetiche; nel salmo

68 dove alcune statue femminili figura del­

la divina Afrodite sbirciamo sbriciolate in un trionfo monoleislico; e nel graduale 128, dove la donna è la vigna dentro la casa, astraila reclusa fecondità. I pel­ legrinaggi a Gerusalemme sono processioni d'uomini, e anche la cerva assetala del salmo 4 2 è massorelica­ menle un cervo

('aiàl

e non

'aièlet)

che si

è convenuto

di rendere femminile. L'Io collettivo nelle supplica­ zioni e negli inni non lascia neppure immaginare un popolo femminile allrellanto bisognoso di salvezza dei mariti e dei figli maschi; al di là degli elmi, delle ma­ ni virili alzale e delle vesti dei Levili, una monaci là di veli senza occhi, pubi scalzi agitali dal vento. La sal­ vezza invocata scenderà, per divina grazia, anche su quel popolo escluso, la vigna, la galla, la scheggia vi­ vente di Anal? Introducendo dapperlullo, in preci­ pitosi lavori d'imbiancamento, la figura incorporea dell'Anima (grazie all'equivoco delle versioni:

mea)

anima

l'esegesi cristiana nel masochislico Occidente ha XVII

inondato i salmi di femminile senza muliebTila, crean­ do una fantastica COTlina di vapoTi. Dissipandoli, Tie­ meTge la secchezza CTudele di un deseTlo semitico dove di femminile non TilTOvi che qualche tibia calcinata. Gli auloTi di questi testi anticipano i monaci fJer una segTela vocazione celibataTia. Il fulmine ispimtor·e cade in ambiente saceTdotale, in Tistagni segregativi, in scTibi giudei che hanno fatto coTpo, fosseTO erelle o abballute, con le muTa del Tempio. La loTO secchezza di pensieTO esclude la donna necessariamente: più L"'è pensieTo più c'è pTesenza femminile, più c'è la donna più c'è il pensiero, l'effusione del pensiero che è 1/llll humedad de femenino oro; il vuoto femminile di pen­ sieTO allesta un esodo, un volo veTSo allre lerTe di co­ lombe anleTioTi; il luogo Testa vuoto perche c'è stata la paTlenza affTellata, il pane non lievitato: ma la ScTit· tuTa, malleus di Tivelazioni, non poteva farsi conom­ peTe dal vizio del pensieTo, o saTebbe stato un unico, sleTminato Ecclesiaste. L'esclusione femminile si spie­ ga anche con l'esseTe i salmi più un libro di guena che di pace, più di tenda da veglia d'aTmi che di tenda dove si al/alla. Il salteTio è il TiTleo della ScTittum, il comballeTe è sempTe desidemlo e incombente, la foTza invocata ed esaltala sempTe. Pamdossalmente il suo seroizio aTmato lo ha fallo pTesso l'uomo di pace, non lTasmellendosi che negli ineTmi e nei mitissimi. Ma alle sue spalle c'è una comunità ex gueTTiem,

un

Golem stanco di cui la paTola del salmo si sfoTza di TianimaTe il bmccio. Un pathos speciale è confeTito dall'esseTe,

questo

comballeTe, l'intensa caTezza di un'impotenza: la gueT­ Ta dei salmi è visione e non evento, il tTionfo che è sta­ to dd in vampate di nostalgia, affila il desideTio di una revanche univeTSale implacabile; il Golem pen) Testa flaccido, non Tiesce ad alzaTSi, mentTe il testo gli melle davanti l'esca delle visioni: Eccoli già in ginocchio e stramazzati Noi saldi immoti alzati

(20, 9) XVIII

Il tuo scettro ferrato Frantumi ne farà E tu li spaccherai Come i cocci di un pento/aio

(2, 9)

E il salmo 68? Un concentrato di Iliadi sacre: iddo­ dùn iddodùn . . . Tutto quel che aumenta la febbre ed è impregnato di forza serve alla guerra: i salmi non sarebbero, neppure oggi, un trascurabile combattente psicolor.ico, se la guerra moderna non li avesse dimen­ ticati per m eglio precipitarsi nell'assoluto della sua in­ sensalczza. Così ecco la stranezza di una guerra escato­ logicortante, della scuola anglosassone, di una fre­ quente associazione YH\\'H-EL (Dio d'Israele e supre­ ma divinità cananea) sotto la spinta monoteistica, enigmaticamente occultata dalla vocalizzazione masso­ retica. accrescerebbe notevolmente (insieme ai testuali le comparse dell'espressione cara alla tradizione ebraica Signme Iddio, dal suono im­

YH\VH-ELOHI M)

mediaramente familiare. (Ne ho fatto qualche volta uso. accogliendo la correzione vocalica). Si tratta di compromessi e di adattamenti: è un modo di Dio di essere rT DAHARÒT 'ABBÌRAIV: Ai cavalli scintillano gli zoccoli Per lo strenuo galoppo dei destrieri Cfr. il virgiliano: Quadripeddnte putrem sdnitu quatit U.ngula campum (Aen. V I I I , 596). Tra il latino quatio e il semitico llaltlm (calpestare, martellare, battere, percuote-

198

14

Oh sparse per i sagrati' Ali della colomba inargentate! Oh le sue piume dai barbagli d'oro!

15

Quando sbaraglia gli idoli Shaddai È come un nevicare sopra il Buio

16

O monte altissimo! O monte di Baa l ! O tu superbo monte di Bashànl

17

Perché o superbe montagne Invidiando guardate il monticciuolo Scelto da Dio per il suo riposo?

18

È il Carro di Dio tra le miriadi angeliche! Viene dal Sinai al suo Santuario il mio signore!

19

Verso l'altura salivi Prigionieri di guerra trascinavi Tributo in uomo ti offrivi

re, che è anche in lud. 5, 26 per lo sfondamento del cra­ nio di Sisera, il senso è affine. Come sull'i ncudine i l mar­ tello percuotendo produce scintille, cosi quegli zoccoli dei Giudici battendo il suolo pietroso. Altre versioni in cerca del suono: Kings of hosts, they {iee, they fiee (Jennings); Les rois des armées détalèrent, détalè­ ,·cnt (Mannati); entfiattern entfiattern (Buber). L'imma­ gine radicale è un disperato svolazzare i n una rete. Com­ pletamente diverse le letture di LXX e Vulg. Si casca (leg­ gendo ia!tdtìn ia!zdùn, si uniscono) in un mostruoso foede­ rabuntur foederabunturl l. TM 14a: • Quando voi giacerete nei due atrii ... • (o transenne, o basti). Interpreto riferendo ai resti fracassati delle Belle di 1 3b: le magnifiche statue d'oro di Astarte, vandalicamente rotte dai monoteisti, purtroppo.

199

E i più riottosi fecero Atto di resa a Dio 20

Sia ogni giomo benedetto il mio signore Che ci fa il dono della sua salvezza se la h

21

I l Dio che è nostro è il Dio che salva e salva Anche le porte della Morte vince Il Nome del mio signore

22

M a a i suoi nemici Dio spacca l a testa Il cranio fluente di chi sguazza nei peccati

23

N e a ttirerò d a l Bashàn dice i l mio Dio N e aspirerò dai lidi l ungo i mari

24

Perché tu i piedi possa lavarti Nel loro sangue Perché non manchi di bocconi umani La lingua dei tuoi cani

25

Si vede Dio avanzare ! Avanza nell'Arca santa Il Dio mio e Re mio

26

Prima vengono i can tori Poi di cembali e flauti i suonatori

27

D io benedite nei fasti di Israel Il mio signore nelle recitazioni

200

28

Là il giovane Beniaminita Torreggia tra lo sfarzo' Dei capitani di Giuda Di Zebulòn di Neftall

29

Dacci un segno della tua forza Dio! Trasmettila a noi la tua forza !

3 0a 31

Dal tuo Tempio in Ierushalem Spaventa tu la Bestia dei Canneti L'orda dei Tori Grassi Caccia via coi loro pezzi d'argento I popoli che si consacrano alla spada

3 0b 32

Tributi a te porteranno i re Verranno i nobili di M itzraim A Dio le mani Kush alzerà

33

O regni della terra a Dio inni levate! Date musiche e canti al mio signore! se/ah

34

A Lui che cavalca per i cieli Per i cieli anteriori' Ecco espande il suo grido Il suo poderoso grido! l . Il giovane Beniaminita dominatore è identificato in Saul, che era di Beniamino e alto di statura (ISam. IO, 20).

2. TM contiene un'immagine spaziale-temporale: • per i cieli dei cieli venuti prima • • uno dei rari accenni di sopravissuta visione ciclica, mentre è puramente spaziale (deserto dilatato) l'immagine di 68, 5. 201

35

Voi riflettete la forza di Dio! S'irradia sopra Israel La Forza sua dalle nubi

36

Emana il Tremendum dai santuari di Dio La sua Forza s'incarna nel suo popolo' Dio benedetto sia

l . Splendidamente, esaltata senza limiti, né cautele mo­ rali, la forza materiale in cui s'incarna un principio spiri­ tuale, termina il salmo 68.

202

69

al maestro dei cantori i Gigli d i David 2

3

Salvami Dio' L'acqua mi è alla gola ! In una voragine di fango sto precipitando N iente ho a cui aggrapparmi Vado giù tra le acque del profondo Il gorgo mi sommerge

4

Gridare mi ha spossato La carne mi brucia ho consumato gli occhi Nell'attesa di Dio

5

C'è più gente ad odiarmi ciecamente Di quanti io abbia in capo Capelli Ho più nemici Dissimulati che in corpo ossa Che cosa ho da rendere se non ho tolto? 203

6

Tu sei avvezzo Dio alla m ia empietà Ma non ti è ignota la mia espiazione

7

Cessino di me aver onta Quelli che sperano in te Signore Un obbrobrio non farmi Tra i pellegrini tuoi Dio d'Israel

8

Offro a te la mia infamia La mia faccia oltraggiata

9

Straniero diventato ai miei fratelli Tra i figli di mia madre uno sradicato

10

M a è la passione che per l a tua Casa Mi divora a impregnarmi Delle bestemmie di chi ti offende

11

M i macero nei digiuni E razioni d ' insulti mi sorbisco Vestito d ' u n saccaccio Per loro sono un pagliaccio

1 11 13

Bisbigliano di me gli accoccolati presso la Porta E dei bevitori di birra i pizzicati

14

M a i o sono davanti a t e Signore U na preghiera nell'ora favorita O Dio rispondimi Grazia smisurata E la tua Verità mi salverà

15

Tirami via dal fango Che non ci resti impigliato Che il mulinello d'acque del profondo M i lasci andare 204

16

E l e Cateratte non m i travolgano I l Baratro non m'inghiotta Il Pozzo la sua bocca sopra di me non chiuda

17

Rispondimi beatifico Signore Nella tua immensa pietà accorgiti di me

18

A l servo tuo non negare il tuo Volto Presto rispondimi il Nem ico è in me

19

A liàcciati alla mia anima Il tuo riscatto affievolisca i miei nemici

20

Tu conosci le infamie che sopporto Ti sono ben noti i miei aguzzini

21

Oltraggi soffro da spezzarmi il cuore Ferite che non si curano Aspetto un compianto e non l'ho da alcuno Non trovo uno che mi consoli

22

Negli alimenti m i mettono cicuta Per la mia sete mi danno aceto

2!j

Gli diventi la tavola un capestro I loro arrosti sacri un tagliagola! G l i si abbuino g l i occhi li colga l a cecità Rompigli i reni per sempre Rovesciagli addosso la tua rabbia Appiccagli il fuoco del tuo furore Devastagli l'accampamento Restino vuote le loro tende

24 25 26 27

Per il loro accanirsi su chi tu hai colpito E della tua vittima fare più acuto il dolore 205

28

Dàgli un castigo adeguato alla colpa Possano mai vedere la tua salvezza

29

Cancellali dal Libro della Vita Tra i salvati non siano più scritti

�o

Ma a me nella miseria e nel dolore Il sollievo concedi del tuo aiuto

��

Laudi al Nome di Dio svolgerò in canti Ringraziamenti in cui sarà esaltato

�2

E più di un bue li gradirà il Signore Più che un toro con coma e unghia spartita

��

Tale vista sarà per gli umiliati Una gioia Un annuncio ai tuoi pellegrini Che i loro cuori non periranno E che il Signore ascolta i dolorosi E non respinge chi dei suoi languisce

�4 �5 �6 �7

A Lui l'Hallèl cieli e terre E brulicanti di vita mari ! Dio sarà la salvezza di Sion Restaurerà le città di Giuda E saranno abitate e floride E al seme dei suoi servi apparterranno Gli adoratori del suo Nome le abiteranno

206

70

al maestro dei cantori di D a v i d p e r l'Offerta d e l Ricordo

2

Dio liberami Dammi pronto il tuo aiuto Signore



Vogliono prendermi la vita Ogni obbrobrio li copra Godono del mio male Arretrino svergognati

4

Straziati nei pudendi finalmente I sogghignanti

5

Giubileranno e tripudieranno in te T utti quelli che cercano te Signore Gli amorosi della tua salvezza Senza fine diranno - Grande è il Signore! 207

6

Un tuo pensiero per me Signore Per me nella miseria e nella pena! L'aiuto che mi libera sei tu Dio mio non tardare

208

71

Chiedo rifugio a te Signore Mai più patirò vergogna 2

Tu giudicando liberami e scioglimi Dammi orecchio e salvami

3

Tu per me sei fortezza di rifugio Una casa sicura dove io ho scampo Una rocca un bastione per me tu sei

4

Alla mano dell'empio Alla stretta di sangue del perverso Tu mi sottrai

5

Sei tu la mia speranza mio signore Fin da bambino mi sono votato a te

6

Gi