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Italian Pages 320 [304] Year 1999
Luca Canali - Guglielmo Cavallo
Graffiti latini scrivere sui muri a Roma antica a cura
di
LUCA CANALI - GUGLIELMO CAVALLO
Biblioteca Universale Rizzoli
Proprietà letteraria riservata
© 1991 Gruppo Editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas S.p.A. © 1998 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN 88-17-17258-8
pn·ma edizione Bur: dicembre 1998
Collaborazione tecnica: Eugenio Zacchi
PREFAZIONE
La "scrittura di strada e di piazza" di Roma antica -la scrittura non delle epigrafi pubbliche e private destinate a durare in un contesto concettualmente imperituro, ma la scrittura spontanea graffita, tracciata a carbone o dipinta, che fermava sui muri pensieri, emozioni, messaggi, parole salaci, sfoghi occasionali o effimeri- non è finora entrata nella rappresentazione della civiltà romana. Pure, quella scrittura ora frantumata, sbiadita, consunta dai secoli o dalle intemperie, un tempo "esponeva" le sue parole discrete e sfacciate, vereconde e oscene, accattivanti e aggressive, dolci e furenti nelle "strade dei vivi", nei fori, lungo gli intonaci affacciati delle case, sui colonnati dei cortili; e non solo negli spazi urbani aperti, ma anche negli interni domestici, negli edifici pubblici, nei locali delle scuole, nelle osterie e nei lupanari le pareti accoglievano e rimandavano scritte. Quella che ci viene incontro da Roma antica, dunque, è una scrittura prodotta da molti e rivolta a molti, appartenenti a strati sociali diversi, tra coloro che vivono in una comunità urbana; scrittura che ci si può fermare a leggere, o sulla quale si può gettare uno sguardo distratto camminando o intenti ad altro, o che, quando si è analfabeti, si può chiedere di leggere al passante che ne sia capace.
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GRAFFITI LATINI
Già ai tempi di Plauto- siamo fra III e II secolo a. C. - sono testimoniati graffiti: Demifone, padre di un figlio che gli ha portato in casa una fraschetta con cui se l'intende, teme che versi infamanti vengano scarabocchiati con il carbone all'ingresso di casa (Merc. 409); e più tardi Cicerone dice di versi, altrettanto infamanti, scritti nell'aula di un tribunale contro una Pipa, donna libidinosissima (Verr. 2, 3, 77). In età imperiale Plinio il Giovane, nel descrivere le fonti del Clitumno, nota che colonne e muri erano coperti di graffiti di visitatori arrunirati (epist. 8, 8, 7); e Marziale parla di carmina quae legunt cacantes accosciati lungo la parete - sulla quale si scrivevano versacci di un fornice usato come latrina (12, 61, 7-10). Nell'epoca, grosso modo, tra Augusto e l'età dei Severi, lo scrivere sui muri si mostra largamente diffuso, di pari passo con la diffusione dell'alfabetismo. Sono sempre più coloro che imparano a leggere e a scrivere, e anzi sono incentivati a farlo proprio man mano che aumenta la quantità di scrittura prodotta ed esibita, alla quale si vuoi partecipare come protagonisti o come lettori. Questa esplosione di scrittura spontanea di solito investe determinate superfici, mentre è assente in altre; e pur se non mancano scritte sparse e isolate, pare che una scrittura invitasse nuove e sempre più numerose mani a imbrattare o graffire la calce o l'intonaco. Né si tratta solo di scritte, ma pure di figure e disegni, indizio anche questi di un qualche alfabetismo, di un saper tenere in mano e adoperare uno strumento scrittorio. In età imperiale, insomma, si fa più prepotente una figura di alfabeta che legge e scrive solo in quanto ... alfabeta, semplicemente perché è libero di farlo e gli piace farlo, sia fuori di certe precise funzioni ch'egli svolga (maestro di scuola, scrivano di mestiere o servile, funzionario pubblico o altro), sia quando non svolga alcuna di queste funzioni, ma possieda comunque un certo grado di alfabetizzazione. Gli spazi per questo "libero" alfabeta non sono quelli che la città riserva "istituzionalmente" alla cultura scritta pubblica o privata, quella di monu-
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menti e mosaici, di epigrafi celebrative, di tabulae bronzee esibenti trattati, costituzioni, senatoconsulti e decreti, di cippi miliari o gromatici, di targhe funerarie; questi spazi "liberi" per una scrittura "libera" sono qualsiasi superficie urbana su cui si possa scrivere, e talora anche uno spazio già occupato da un'epigrafe che gli è propria e alla quale è destinato, ma su cui vengano tracciate scritture libere, fmo al prodursi di. un intricato palinsesto di segni sovrapposti e contrapposti. A Pompei- la città romana che più di ogni altra ci ha conservato sotto le colate di lava questa massa di testualità dipinta o graffita - muri esterni e interni si ricoprono di locandine di spettacoli, di manifesti elettorali, di saluti, di complimenti, di motti spiritosi o scatologici, di sospiri d'amore, di fantasie erotiche, di messaggi interpersonali, di ingiurie sguaiate, di oscenità brutali, di riferimenti al quotidiano. E pur se meno vari e ricchi, gli stessi "temi" si trovano anche altrove. Ed ecco alcuni squarci, frammenti, bagliori di questa "littérature de rue": Coge morz; quem sine te vivere coges- Costringimi a morire, poiché mi costringi a vivere senza di te; O utinam liceat collo complexa tenere braciola et tenerts oscula fe"e labellis - Oh potessi abbracciarti con le mie braccia avvinte al tuo collo e portare baci alle tue tenere labbra; Cestilia, regina Pompeianorum, anima dulczs, vale- Cestilia, regina degli abitanti di Pompei, dolce anima, addio; Suspirium puellarum traex Celadus - Sospiro delle ragazze, il tracio Celado; Romula cum suo hic fellat et ubique Romula lo succhia al suo amato qui e dovunque si trova; Iulius ànaedus - Giulio fmoccbio; Seni supino colei culum tegunt- A un vecchio supino i coglioni coprono il culo; Miximus in lecto.
Fa teor, peccavùnus, hm,pes; si dices qua re nulla matella /uit- Abbiamo pisciato a letto. Lo confesso, ospite, abbiamo sbagliato. Ma se mi chiedi perché, rispondo: non c'era orinale; Secundo plurimam amabiliter salutem - Saluto Secondo molto affettuosamente; Przdie Kalendas Maias supposui ava gallinae - Il 30 aprile ho messo le uova sotto la gallina; A. Suetti Certi aediltlfa-
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milia gladiatoria pugnabit Pompeis przdie Kalendas Iunias; venatio et vela erunt- La squadra di gladiatori dell'edile A. Suettio Certo combatterà a Pompei il 31 maggio; vi saranno lotta con le fiere e tendoni; M. Ennium Sabinum aedilem pomarz· rogant- I mercanti di frutta vogliono edile M. Ennio Sabino. A questa stessa cultura scritta di strada o di muri appartengono, non a caso, anche i Priapea, pur se si tratta di carmi che hanno destinazione pratica. A Priapo, il dio della sessualità sono offerti quadretti osceni, tavolette iscritte che vengono appese al suo membro ritto e vigoroso, iscrizioni sui muri stessi del tempietto che gli è dedicato; e questi carmina, destinati a ladri, prostitute e passanti di ogni risma, si connotano per il realismo espressivo della lingua, per il frequente ricorso a termini come cunnus e mentula- fica e cazzo- universalmente noti e annipresenti nel parlare quotidiano e perciò comprensibili a tutti. Ugualmente, agganci con il mondo dei graffiti si sono voluti vedere nel "priapismo verbale" di certa letteratura colta come le nugae di Catullo. Certo, a Pompei la diffusione sociale dell'alfabetismo può essere stata più larga che altrove; ma il mondo romano (greco-romano, anzi) dei primi secoli dell'impero rappresenta forse, in generale, il periodo di più alta alfabetizzazione, e quindi circolazione di cultura scritta, dell'antichità, almeno nei centri urbani. In quest'epoca il leggere e lo scrivere non sono pratiche riservate a certe categorie sociali, come nell'antichità tarda, ma pratiche aperte a chiunque; si può diventare alfabeta a un qualche livello in famiglia, sotto la guida di uno schiavo o di un liberto, o anche facendosi insegnare le lettere da un "affine" che le conosce, o si può andare alla scuola pubblica di un povero maestro che per una somma misera o pochi doni offre i rudimenti della scrittura di base e, ai più volenterosi, qualche competenza ulteriore, o si può trovare tra gli scrivani di mestiere di libri o
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documenti l'alfa beta esperto cui rivolgersi. Le opportunità sono tante! Le ragioni di questa vasta diffusione di scrittura a vari gradi di capacità, da una "craft literacy" a una padronanza assoluta, vanno cercate nella pace sociale di cui Roma poté beneficiare a partire dall'avvento del principato, che creò le condizioni favorevoli all'insorgere di una società "di dialogo" fondata su vari modi di comunicare tra cittadino e istituzioni, e tra individui e gruppi; nella creazione di una fitta rete di uffici centrali e periferici con il relativo sviluppo di documenti, e quindi di quanti erano tenuti a produrli graficamente o a prendenie conoscenza; nella crescita economica e perciò nella necessaria pratica di registri e di scritture contabili; nell'azione divulgativa e di stimolo esercitata da una letteratura rivolta a un pubblico di lettori di cultura media o medio-bassa. Questa diffusa capacità di leggere e scrivere faceva del mondo romano cittadino un mondo di prodotti scritti diversissimi per tipologia e funzione: sono non soltanto documenti civili e militari, libri di letteratura "alta" o "da intrattenimento", iscrizioni ufficiali o private, ma anche cartelli trionfali e votivi, insegne, volantini, libelli, gettoni con leggende, stoffe scritte, calendari, "cahiers de doléances", lettere. È piuttosto da chiedersi: l'alfa beta "libero" può essere lettore anche di libri? e di quali libri? I più di questi alfabeti "liberi" non avevano un'istruzione adeguata per leggere le grandi opere consacrate dalla tradizione retorica o filosofica, ma alcuni erano almeno in grado di comprendere e recepire letture meno impegnative. Di qui l'insorgere in età imperiale di una letteratura "di conswno", di evasione, una letteratura volta all'uso del tempo libero: poesia o prosa erotica, epica in parafrasi, biografie, storia ridotta a epitomi, trattatelli di culinaria, caccia e pesca, oroscopi, testi di narrativa costruiti su situazioni tipiche, psicologie schematiche, sviluppi del racconto intricati e intriganti, colpi di scena innestati su una trama di fondo d'amore e
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d'avventura. Scritti di questa specie avevano, come i graffiti, una diffusione trasversale potendo circolare tra un pubblico non solo di buona cultura ma anche, e soprattutto, di istruzione media o medio-bassa. Il filo che lega graffiti e letteratura "di consumo" si può vedere anche in altro modo. Come i graffiti erano talora accompagnati da disegni e figure, così vi erano libri illustrati di livello piuttosto basso. Si tratta in certi casi di testi, magari anche di letteratura alta, ridotti, tagliati, semplificati sì da risultare in qualche modo nuovi ma di livello letterario inferiore e adatti a un libro illustrato inteso come prodotto di puro intrattenimento. Vi sono, fra i papiri greci, frammenti del II-III secolo d.C. e oltre che fanno pensare a esemplari in cui lo spazio fosse occupato in massima parte dall'immagine, mentre il testo, ridotto ai termini essenziali, svolgesse la funzione di didascalia. E c'erano, ancora, testi di infimo livello linguistico e letterario, evidentemente destinati a individui di istruzione medio-bassa. Si pensi, per esempio, a un volumen delle fatiche d'Ercole illustrato, il quale può richiamare in qualche modo le nostre storie "a fumetti" Scritte dipinte e graffiti trovano posto dunque in questo contesto. E se le prime - locandine, manifesti - ripetono formule più o meno stereotipe e sono eseguite da scriventi-pittori che talora "firmano" il loro lavoro accurato a pennello, i veri e propri graffiti, tracciati con uno stilo o con altri strumenti a punta dura, rivelano una ridda di contenuti, di forme e impasti linguistici, di abilità scrittorie diversissimi. Ed ancora: se le scritte murali a pennello sono di carattere sostanzialmente pubblicitario, i graffiti veri e propri sono fortemente individuali, riverberano volontà di esibizione, bisogno di parlare dai muri, magari solo per dire (o per cimentarsi a scrivere) il proprio nome. Si instaura, così, un dialogo non soltanto quando - come pure accade- una mano scrive rispondendo a un'altra, ma sempre e
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comunque: dialogo ambiguo tra chi scrive e chi legge o si desidera che legga; spesso dialogo tra sconosciuti, che rimbalza da muro a muro, da strada a strada, da vicolo a vicolo, confondendosi col trambusto e col vociare quotidiano della città. Ma v'è un altro aspetto di questo universo scritto dipinto o graffito, ed è quello di una partecipazione collettiva e corale: già la lettura ad alta voce, la più solita nel mondo romano, anzi nel mondo antico, poteva far si che anche gli analfabeti non ne restassero del tutto esclusi; ma vi sono anche "deleghe" e "delegati" di lettura, secondo la pratica, diffusa nell'antichità greco-romana, di leggere (o scrivere) per gli altri. Molti, infarti, erano e restavano analfabeti o sernialfabeti allivello più basso. Per l'antichità, tuttavia, non valgono definizioni o valutazioni moderne di "alfabetismo" o "analfabetismo". Tra quanti erano perfettamente in grado di leggere e scrivere, e quanti erano del tutto analfabeti, nel mondo romano vi era una fascia di semialfabeti, la quale tuttavia rappresentava a sua volta una realtà estremamente differenziata e complessa, che poteva andare dalla dicotomia tra le operazioni del leggere e dello scrivere, e dal grado di capacità di una soltanto di queste, a un alfabetismo comprensivo dell'una e dell'altra ma assai diversificato nei livelli; il ventaglio, vale a dire, andava da individui quasi-alfabeti a individui quasi analfabeti. E ancora, in età moderna, ancor più ai nostri giorni, i semialfabeti nelle statistiche ufficiali sono considerati, in pratica, nel nwnero degli analfabeti; nello specifico della cultura scritta essi, tuttavia, non lo sono. Né tanto meno possono essere ritenuti tali nell'antichità, giacché, sia pure assai impacciati nel leggere e/o nello scrivere, si devono considerare sostanzialmente alfabeti, come essi apparivano del resto nella rappresentazione del sociale. E dunque una distinzione netta tra alfabeti e analfabeti non darebbe conto dei modi complessi di partecipazione del corpo sociale alla cultura scritta dei graffiti; i quali occupano un posto rilevante nella società romana (o greco-romana) come manifest~:~~~immediata, .... ..... ~·
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spontanea, di fatti ed emozioni del privato, di relazioni interpersonali, di awenimenti pubblici, di memoria collettiva, di modi di rappresentazione. Nomi, richiami, sentimenti, saluti, eventi, insulti, oscenità, allusioni, annunci, appelli scritti sui muri fanno intravedere dietro di sé scambi di battute, intese improvvise, ammicchi: i graffiti, insomma, sono strumento di sociabilità. Che si tratti di alfabeti, semialfabeti o analfabeti, tutti si devono ritenere comunque coinvolti nella scrittura e lettura dei graffiti; e in questa prospettiva importano, perciò, piuttosto che statistiche quanto mai incerte, i modi diversi di coinvolgimento e di partecipazione a queste pratiche. Nei manifesti elettorali più individui, facenti o no parte di una stessa categoria, possono associarsi a favore di un candidato; e questo sembra un modo di proporsi all'attenzione sociale attraverso la cultura scritta piuttosto che un vero e proprio far propaganda politica, giacché, dato il sistema elettorale vigente, i risultati erano ... scontati. La massa di graffiti pompeiani- s'è accennato- non siritrova altrove né sotto l'aspetto del numero, fitto e imponente, né sotto l'altro della diversificata, anzi spesso contrastante, qualità di livelli culturali, di spazi di collocazione, di tipologia dei messaggi, di padronanza dei segni alfabetici. Meno numerosi, meno vari e meno significativi si mostrano i graffiti a Ercolano, o a Roma quelli del Paedagogium o della Domus Tiberiana sul Palatino, della Domus Aurea, della Basilica Argentaria nel Foro di Cesare, della caserma dei vigili in Trastevere sul Monte de' Fiori, o ancora, a Ostia, quelli di un'altra caserma dei vigili e della casa di Giove e Ganimede. In generale, le scritte parietali "colte" sono relativamente rare, e comunque limitate a luoghi o ambienti urbani di tradizione sociale aristocratica, in confronto alla massa di scritte puramente occasionali, per lo più scorrette, graffite da individui semplicemente alfabetizzati, tan-
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te volte capaci soltanto di scarabocchiare qualche breve invettiva, il prezzo di una prestazione sessuale, un modesto conto, o non più che un nome. E anche in località più o meno eccentriche del mondo romano si trovano testimoniati graffiti, nel Magdalensberg in Carinzia, ad Haltem in Renania, a Usk in Gran Bretagna, a Villard d'Héria e, soprattutto, a La Graufesenque/Condatomagos in Gallia. Ma sono proprio le scritte elementari, quotidiane e oscene che più di altre accomunano questa società alfabetizzata presente ovunque siano giunti gli eserciti e la scrittura di Roma. Alla Pompei dei graffiti più sconci fa eco Villard d'Héria nella lontana regione montagnosa del Giura: Cunne, licet plores ve! tota nocte mineris: eripuit culus quod tua praeda /uit - Fica, implora o minaccia pure per tutta la notte: il culo ormai ti ha scippato quello ch'era il tuo bottino. A messaggi verbali molto semplici e rozzi corrispondono spesso prodotti grafici che la scrittura rivela di semialfabeti o quasi analfabeti di ritorno. Ma con un'avvertenza: non sempre è possibile rilevare quali caratteri siano dovuti a inesperienza dello scrivente, e quindi inerenti alla sua condizione di semialfabeta, e quali siano conseguenza tecnica dell'impatto fra strumento e supporto nello scrivere a sgraffio; e ancora, entrano in gioco altri fattori, come l'indole effimera del prodotto scritto, la qualità specifica della superficie da graffire, la posizione di chi scrive rispetto a quest'ultima. Dietro i graffiti si intravede un mondo bnilicante e colorato, lo stesso che emerge tra le righe del Satyricon petroniano, con le sue figure capaci di tracciare a stento sulle tavolette i segni alfabetici, o di non lasciare una cena tra amici senza qualcosa di scritto, carme conviviale o ricordo, o di giungere a scrivere un qualche poema su una nave che sta naufragando, o ancora di compitare alla meglio soltanto le lettere capitali e di sommare qualche numero, o talora pure di leggere velocemente un libro (magari letteratura di consumo), cogliendone, se non di più, al-
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meno il livello contenutistico più semplice ed esplicito. Da più parti, del resto, sono state rilevate le strette analogie tra "cultura" dei graffiti e "cultura" del contesto sociale in cui si svolge il racconto petroniano: cultura anch'essa "scritta", dunque, pur se spesso a un grado basso. L'arricchito Trimalchione di Petronio accumula inutilmente libri nelle sue biblioteche (ne avrà letto qualcuno? e a quale grado di ricezione?), ma è sicuramente capace di maneggiare i suoi registri di conti, di leggere avvisi, cartelli, brevi frasi su oggetti o dipinti, di scrivere qualcosa quando gli piaccia ... magari sui muri. E così i convitati di Trimalchione. Un certo numero di queste mani che "graffiano" pareti paiono dell'ambito della scuola: maestri (schiavi? liberti?) che "insegnavano" nelle case dei ricchi o anche in proprio, magari nella strada o nell'angolo del foro, e scolari più o meno discoli; e se piuttosto ai primi sono forse dovuti richiami o citazioni che rimandano alla grande poesia di Roma (ma anche minacce a chi non vuole studiare Cicerone), agli altri vanno di sicuro riferiti insulti e lagne. Vi sono poi le scritture delle convivenze coatte, quelle delle caserme o delle/amiliae domestiche di schiavi, con il loro linguaggio nudo e greve, e i loro segni per lo più stentati. E di altri, non molti, si conosce il mestiere, ch'è quello di lavandaia, tessitore, fornaio, profumiere, riparatore di attrezzi da calzolaio. Qualche volta vi compaiono individui di posizione sociale più elevata, come un medico; e da mansioni del quotidiano si ricava qualche altro indizio su chi ha tracciato due o tre parole. Ma niente si sa dello stato sociale dei più. In questo formicolante andirivieni di scriventi che si muovono fra strade, fori, vicoli, case, osterie, palestre, bordelli, latrine, vi sono ubriachi e truffatori, buontemponi e puttanieri, perdigiorno e turisti: tutta una varia e variegata umanità.di estrazione sconosciuta. Un semplice nome, così come scritte oscene o scatologiche possono essere di chiunque, dell'individuo istruito o incolto, dei primi o degli ultimi della scala sociale, in un mondo, come
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quello romano, in cui "tout est objet d'affichage, quelle qu'en soit la forme": mondo dell'ostentazione e della comunicazione. Circostanza e tipo di scritta dipendono, piuttosto, dall'indole e dalla positura del luogo: a Pompei, graffiti di sozzura o volgarità violenta si trovano soprattutto nel lupanare o nella palestra. E per quanto riguarda l'espressione linguistica, se più o meno colta, rimanda certamente a un individuo istruito; ma se si mostra infarcita di volgarismi, non può attribuirsi sol per questo a uno scrivente incolto, giacché la lingua parlata, a qualsiasi livello sociale, poteva affiorare nella sua forma più consueta e quotidiana di sermo humilis. Anche se qualche graffito può essere stato scritto da un "delegato di scrittura" per altri, i più restano "autografi", e quando si tratta di graffiti colti, magari di versi composti da chi li ha scritti sull'intonaco, rappresentano autografi "letterari" (o meglio, paraletterari) tra i rarissimi che ci sono pervenuti dal mondo antico. Amons ignes si sentires mulio, magis properares, ut vi-
deres Venerem. Diligo iuvenem venustum, rogo, punge, iamus. Bibisti: iamus, prende !ora et excute, Pompeios de/er, ubi dulas est amor. Meus es ... -Se sentissi la fiamma d'amore, o carrettiere, ti affretteresti ancor più per vedere Venere. Amo un bel giovinetto, ti prego, dà di sprone, andiamo. Hai bevuto, andiamo, afferra le briglie e scuotile, portami a Pompei dov'è il mio dolce amore. Mio ... Autografo di un ignoto viaggiatore desideroso di raggiungere il suo giovane amore, questo graffito nel peristilio di una casa della pompeiana via Veneria mostra iuvenem al di sopra di un puerum cancellato con uno sgraffìo, indizio di composizione estemporanea e di qualche, sia pur modesto, ripensamento. Anche questo comporre "letterario" sui muri s'inquadra in un'epoca di più larghe pratiche di scrittura: già Orazio (epist. 2,1,108 sg.) osservava per i tempi suoi che il populus era preso da una sola passione: scrivere. Significativa è la partecipazione di donne a questa cultura scritta dipinta o graffita: nei "manifesti" a supporto di questo o
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quel candidato sono coinvolte nella febbre elettorale pompeiana, nei graffiti sono oggetto di desiderio e di ingiurie sconce, o esse stesse fanno conoscere tipo di prestazione e tariffe, invero assai basse. Certo, a scriver graffiti del genere non erano le puellae doctae, forse enfatizzate, che si vedono in scene di scrittura e di lettura in affreschi o rilievi; ma anche tra le donne di livello sociale medio o medio-basso, almeno alcune dovevano essere capaci di lasciare sui muri o di leggere qualche breve messaggio. Le più potevano delegarne il compito ad altri. I veri e propri graffiti rompono non soltanto la "grammatica della lingua", ma anche la "grammatica della scrittura": segni disarticolati, scomposti, strascicati, distorti, deviati, che si" accavallano gli uni sugli altri, quasi sessi che si congiungano, come sono visti dall'inventiva audace di un Plauto (Pseud. 23-24). Domina un'anarchia della disposizione che contesta continuamente programma, ordine, geometria delle iscrizioni pubbliche e private di rango "istituzionale". E talora, accanto ai segni scritti, si trovano segni figurati: hic habitat Felicitas- qui abita Felicità - accompagna un bruto strumento di forza virile graffito con violento realismo; o ancora, labora, aselle ... - lavora, asinello ... - incita la bestia raffigurata, con muso grazioso, mentre fa girare una macina. Immergendosi in questo universo di scrittura murale dipinta, graffita, figurata, si vedrà una Roma dei Cesari meno paludata, meno lontana; e più vera. GUGLIELMO CAVALLO
Nota bibliografica Cavallo 1989, pp. 708-710; Cavallo 1995, pp. 517 -526; Cavallo 1997, pp. 61-71; Etienne 1988, pp. 96-105; Fedeli 1992, pp. 9-25; Franklin 1980, pp. 17-31; Harris 1983, pp. 87-111; Horsfall1989, pp. 74-89 e 194-209; Montero Cartelle 1975, pp. 370-383; Petrucci 1986, pp. 3-5 e 149-164; Solin 1979, pp. 278-288; Susini 1988, pp. 105-113; Varone 1994, pp. 1315; Vassileiou 1991, pp. 369-386.
NOTA CRITICA
Scegliere soltanto più di un centinaio di scritte a pennello e graffiti latini, tra le molte migliaia che il mondo romano d ha tramandato, non è stato facile; si è badato a conservarne il più possibile almeno il ventaglio tipologico, ma senza alcuna pretesa di darne una visione completa: le sfumature sono innumerevoli! Ancor meno si è avuta la pretesa di dare un'edizione critica in senso assoluto dei materiali. Si è consapevoli che l'impresa avrebbe richiesto: un controllo lungo e accurato degli originali ove conservati, o quanto meno di riproduzioni e trascrizioni eseguite in precedenza, una conoscenza bibliografica non parziale, opportuni interventi testuali, un'edizione confortata da segni diacritici adeguati. Si è inteso piuttosto rendere disponibile per un pubblico di lettori più largo di quello degli "addetti ai lavori" - epigrafisti, paleografi e filologi - una selezione di prodotti grafici occasionali ed effimeri, scritti sui muri antichi, ancora poco noti a questo pubblico più vasto; ma avendo cura di corredare i testi di un minimo di apparato, di bibliografia, di commento in qualche caso, e di una traduzione, mentre si è lasciato da parte tutto quello strumentario critico che ne avrebbe reso più complesse lettura e ricezione. Salvo per le iscrizioni in versi, si è ritenuto corretto recuperare la struttura "fisica" originaria di ciascun testo, con la stessa disposizione di &asi o parole, sicché il lettore ne possa avere un'impressione più vera, confortato altresl da alcuni calchi proposti in illustrazioni dedicate per offrire un'immagine più articolata del fenomeno - anche a graffiti figurali. Chi vorrà approfondire il campo, potrà fruire almeno delle prime informazioni. In questi limiti la raccolta vuole proporsi Pure al mondo degli studi. Gli autori sentono di dover ringraziare, per una serie di utili suggerimenti ricevuti, Leopoldo Gamberale, Oronzo Pecere, Maddalena Spallone.
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GRAFFITI "COLTI"
Graffito figurato: testa d'uomo Roma, Domus Tiberiana
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GRAFFITI LATINI
O utinam liceat collo complexa tenere braciola et teneris oscula ferre labelis.
I nunc, ventis tua gaudia, pupula, crede. Crede mihi, levis est natura virorum. 5 Saepe ego cum media vigilarem perdita nocte haec mecum meditans: multos fortuna quos supstulit alte, hos modo proiectos subito praecipitesque premit; sic Venus ut subito coiunxit corpora amantum, dividit lux... CIL IV 5296; CLE 950
v. 2 labelis - labellis
v. 6 supstulit - substulit v. 8 coiunxit- coniunxit
Pompei, casa del Medico
Bibl.: Sogliano 1888, p. 519 Copley 1939, pp. 333-349 Maiuri 1964, p. 236 Gigante 1979, pp. 212-216 Montero Cartelle 1981, p. 126 nr. 106
GRAFFITI "COLTI"
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Oh potessi abbracciarti con le mie braccia avvinte al tuo collo e portare baci alle tue tenere labbra. Va' ora, pupina, e affida le tue gioie al vento. Credimi, leggera è la natura degli uomini.
5 Spesso vegliando smarrita a notte fonda meditavo fra me su queste cose: quei molti che la Fortuna sollevò in alto, d'un tratto li scrolla giù a precipizio e li preme; cosll'alba d'improvviso divide e separa i corpi che Venere d'improvviso congiunse ...
n graffito è quasi certamente strutturato in una sorta di dialogo a tre battute fra una donna innamorata e un suo "saggio" consigliere. Nel v. 8 c'è una reminiscenza di Lucrezio (5, 962).
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GRAFFITI LATINI
Quisquis amat, veniat. Veneri volo frangere costas fustibus et lumbos debilitare deae. Si potest illa mihi tenerum pertundere pectus, quit ego non possim caput illae frangere fuste? CIL IV 1824; CLE 947
v. 4 quit - quid; illae- il/i
Pompei, Basilica
Bibl.: Maiuri 1964, pp. 143-144 Gigante 1979, pp. 204-205 Montero Canclle 1981, p. 98 nr. 4
GRAFFITI "COLTI" Venga chiunque ama. A Venere voglio spezzare le costole a bastonate, e fiaccarle i lombi, alla dea. Se lei può trapassarmi il tenero petto, perché io non potrei spaccarle la testa con un bastone?
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Si potes et non vis, cur gaudia differs spemque foves et cras usque redire iubes? Ergo coge mori, quem sine te vivere coges; munus erit certe non cruciasse boni. 5 Quod spes eripuit spes certe reddit amanti. CIL IV 1837; CLE 949
v. 3 coges - cogis Pompei, Basilica
Bibl.: Wic.k 1908, pp. 225-226 Gigante 1979, pp. 211-212 Montero Cartelle 1981, p. 125 nr. 105
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Se puoi e non vuoi, perché rimandi le gioie e incoraggi le speranze e sempre mi dici di tornare domani? Costringimi dunque a morire, poiché mi costringi a vivere senza te; certo sarà il dono di un'azione pietosa cessar di soffrire. 5 La speranza certo restituisce all'amante ciò che gli ha strappato.
Echi di versi di Ovidio (am. 3, 6, 87; epist. 3, 140; trist. l, 2, 52) si possono cogliere nei vv. l, 3 e 4.
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Anima est atsueta capere sibi debita et donare. Si morem firmas, prospera vota Venus Sy'!trophus auget. CILIV8711
r. 1 atsueta - adsueta Pompei, Grande Palestra
Bibl.: Della Cone I 1958, p. 59 Gigante 1979, p. 209
GRAFFITI "COLTI" L'anima di consueto prende ciò che le è dovuto e lo dona. Se hai contegno fermo, Venere compagna abbonderà nell'esaudire i tuoi voti.
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GRAFFITI LATINI
Alliget hic auras, si quis obiurgat amantes, et vetet assiduas cu"ere fontis aquas.
CIL IV 1649; CLE 944
Pompei, vico dei Soprastanti
Bibl.: Gigante 1979, p. 210 Montero Canelle 1981, p. 12.3 nr. 98
GRAFFITI ·coLTI" Rimproverare gli amanti è come legare l'aria, e impedire che sempre corrano le acque di fonte.
L'iscrizione è incisa su una colonnetta.
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GRAFFITI LATINI
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Quisquis amai valeat, pereat qui nescit amare, bis tanto pereat, quisquis amare vetat. Cll. IV 4091; CLE 945
Pompei, casa di Cecilio Secondo
Bibl.: Maiuri 1964, pp. 144-145 Maiuri 1978, p. 139 Gigante 1979, pp. 210-211 Montero Cartelle 1981, p. 124 nr. 99
GRAFFITI "COLTI" Salute a chi ama, morte a chi non sa amare, e, ancor più, morte due volte a chi vieta d'amare.
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GRAFFITI LATINI
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Sic tibi contingat semper florere, Sabina, contingat forma sisque puella diu. CIL IV 9171; CLE 2059
Pompei, tomba di Septumia
Bibl.: Huelsen 1911, pp. 174-1n Gigante 1979, p. 218 Montero Cartelle 1981, p. 118 nr. 79
GRAFFITI "COLTI" A te, Sabina, tocchi di sempre fiorire, e tocchi la bellezza, ma anche una durevole giovinezza.
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GRAFFITI LATINI
Amoris ignes si sentires, mulio, magis properares, ut videres Venerem. Diligo iuvenem venustum, rogo, punge, iamus. Bibisti: iamus, prende lora et excute, .5 Pompeios defer, ubi dulcis est amor. Meuses ... Cll. IV 5092; CLE 44
vv. 3, 4 iamus - eamus Pompei, via Veneria
Bibl.: Bignone 1921, p. 79 Krenkel1963, p. 45 Della Corte I 1958, p. 42 Criunbenùe1979,p. 137 Gigante 1979, pp. 220-221 Montero Cartelle 1981, p-120
GRAFFITI "COLTI"
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Se sentissi la fiamma d'amore, o carrettiere, ti affretteresti ancor più per vedere Venere. Amo un giovinetto grazioso, ti prego, dà di sprone, andiamo. Hai bevuto, andiamo, afferra le briglie e scuotile, 5 portami a Pompei dov'è il mio dolce amore. Mio ...
GRAFFITI LATINI
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Nihil durare potest tempore perpetuo: cum bene sol nituit, redditur oceano, decrescit Phoebe, quae modo piena fuit, ventorum feritas saepe fit aura levis. CIL IV 9123; CLE 2292
Pompei, da una taverna della regio IX
Bibl.: Housman 1927, p. 61 Todd 1939, pp. 169-170 Krenkel1963, pp. 48-49 Gigante 1979, pp. 238-239 Montero Cartelle 1981, pp. 127-128 nr. 111
GRAFFITI "COLTI"
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Nulla può durare in eterno: il sole che già brillò, torna a tuffarsi nell'oceano, decresce la luna che già fu piena, la violenza dei venti spesso diventa lieve brezza.
Ventorum (al v. 4) è correzione del tràdito venerum proposta da
Housman.
GRAFFITI LATINI
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Vellem essem gemma bora non amplius una, ut tivi signanti oscula pressa darem. Giordano, pp. 83-84 nr. 4.2
v. 2 tivi -tibi Pompei, casa di M. Fabio Rufo
Bibl.: Hiltbrunner 1970, pp. 283-299 Solin 19,, pp. 253-2,4, 266 nr. 61 Lebek n 1976, pp. 21-40 Gigante 1979, pp. 88-89
GRAFFITI "COLTI"
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Vorrei essere la gemma dell'anello non più di un'ora sola per fondermi, con gli impressi baci, a te che con essa sigilli.
Epigramma di ispirazione ovidiana (am. 2, 15), che probabilmente accompagnava il dono di un anello. La clausola dd v. l riprende Verg. Aen. l, 683.
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40
GRAFFITI LATINI
Sei quid amor valeat nostei, sei te hominem scis, commiseresce mei, da veniam ut veniam. Cll. IV 4971; CLE 93,, 14-1'
v. l sei- si; nostei- nosti
Pompei, Teatro Coperto
Bibl: Gigante 1979, pp. 86-87
GRAFFITI "COLTI"
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Se conosci la forza dell'amore, se sai d'essere una creatura umana, abbi pietà di me, concedimi venia ch'io venga.
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GRAFFITI LATINl
Quid fit? Vi me, oculei, posquam deducxstis in ignem, non ob vim vestreis largificatis geneis. Po"o non possunt lacrumae restinguere flamam: haec os incendunt tabificanque animum. 5 Iamque omnes veicinei incendia participantur, sei faciam flammam tradere utei liceat. CIL IV 4966-4967; CLE 934-935, 1-2
v. l oculei- oculi; posquam- postquam; deducxstis- deduxistis v. 2 vestreis- vestris; geneis- genis v. 3/lamam -flammam v. 4 tabificanque- tabificantque v. 5 veicinei- vicini v. 6 sei- si; utei- uti
Pompei, Teatro Coperto Bibl.: Sogliano 1883, p. 52 Blicheler 1915, pp. 495-497 RJenkel1963,pp.43-44 Solin 1968, pp. 118-120 Ross 1969, pp. 125-142 Gigante 1979, pp. 82-86 Tandoi 1981, pp. 133-143 Tandoi 1982, pp. 3-6
GRAFFITI "COLTI"
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Che accade? Dopo che a forza, o miei occhi, mi traeste nel fuoco, non a forza inondate le vostre gote. Certo le lacrime non possono estinguere la fiamma: queste cose incendiano il volto e prostrano l'animo. 5 E già tutti i vicini partecipano dell'incendio se lascerò che la fiamma si propaghi.
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GRAFFITI LATINl
Scribenti mi dictat Amor mostratque Cupido: a peream, sine te si deus esse velim. Cll.. IV 1928; CLE 937
v. l mi~ mihi; mostratque- monstratque
Pompei, Basilica
Bibl.: Wick 1908, p. 22.5 Gigante 1979, p. 204 Montero Cartelle 1981, p. 97 nr. l
GRAFFITI "COLTI" Amor m'induce a scrivere, me lo insegna Cupido: ah possa io morire se senza te vorrei essere un dio.
Incerta e controversa è la lettura dell'inizio del secondo verso.
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GRAFFITI LATIN]
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Si qua fides hominum est, unam te semper amavi, ex quo notities inter utrosque fui t ... Castrén-Lilius, p. 237 nr. 288; CLE 939
Roma, Domus Tiberiana
Bibl.: Montero Canelle 1981, p. 122 nr. 94
GRAFFITI "COLTI" Se v'è lealtà fra gli uomini, ho sempre amato te sola, dal giorno in cui ho saputo che entrambi...
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GRAFFITI LATINI
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Vis nulla est animi, non somnus claudit ocellos, noctes atque dies aestuat omnes amor. Castrén-Lilius, p. 238 nr. 289; CLE 943
v. 2 omnes =
omnis Roma, Domus Tiberiana
Bibl.: Montero Cartelle 1981, p. 123 nr. 97
GRAFFITI "COLTI"
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L'animo non ha (pace), il sonno non chiude i miei occhi, amore arde tutti i giorni e le notti.
Vis è una delle congetture con cui si tenta di ricostruire il perduto inizio dell'esametro.
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GRAFFITI LATINI
Fullones ululamque cano, non arma virumque. CIL IV 9131; CLE 1936
Pompei, fullonica di Fabio ffiulitremulo
Bibl.: Della Corte 1913, p. 147 Armini 1923, p. 32 ~nkel1963,p.36
Gigante 1979, pp. 170-171
GRAFFITI "COLTI"
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Canto i lavandaie la civetta, non "l'armi e il guerriero".
La civetta era il simbolo di Minerva Artigiana, patrona dei pannaioli. La clausola riprende l'inizio dell'Eneide.
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GRAFFITI LATINI
Graffito figurato: nave con timoniere Roma, Domus Tiberiana
II
AMOR SACRO E PROFANO, ANZI OSCENO
Graffito figurato: testa d'uomo con naso in forma di fallo Roma, Domus Tiberiana
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GRAFFITI LATINI
Cestilia, regina Pompeianorum, anima dulcis, vale!
Cll..IV2413h
Pompei, vico di Tesmo
Bibl.: Della Valle 1937, p. 172 Montero Cartelle 1981, p. 118 nr. 78
AMOR SACRO E PROFANO, ANZI OSCENO
Cestilia, regina degli abitanti di Pompei, dolce anima, addio!
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GRAFFITI LATIN1
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Vasia quae rapui, quaeris, formosa puella; accipe quae rapui non ego solus: ama. Quisquis amat valeat. Giordano, p. 85 nr. 46
v. l vasia - basia
Pompei, casa di M. Fabio Rufo
Bibl.: Solin 197.5, pp. 2.54-2.56, 266 nr. 66 Gigante 1979, p. 219
AMOR SACRO E PROFANO, ANZI OSCENO Mi chiedi i baci che ti rapii, o bella fanciulla; ricevi i baci che non io solo ti rapii: ama.
Salute a chi ama.
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GRAFFITI LA TIN:J:
Suspirium puellarum tra ex Celadus.
CIL IV 4342
Pompei, scuola dei gladiatori
Bibl.: Krenkel1963, p. 40 Solin 1979, p. 283 Montero Cartelle 1981, p. 104 nr. 22
AMOR SACRO E PROFANO, ANZI OSCENO Sospiro delle ragazze, il tracio
Ce! ado.
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GRAFFITI LATINJ
Marcellus Praenestinam amat et non curatur. CIL IV 7679
Pompei, casa di Pinario Ceriale
Bibl.: Solin 1979, p. 28' Montero Cartelle 1981, p. BO nr. 122
AMOR SACRO E PROFANO, ANZI OSCENO
Marcello ama non riamato Prenestina.
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GRAFFITI LATntJ
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Nemo est bellus nisi qui amavi! mulierem adulescentulus.
CIL IV 1883 (add. p. 213); CLE 233
Pompei, parete settentrionale della BasiliCI!
Bibl.: Maiuri 1945, p. 230 Gigante 1979, p. 145 Montero Canelle 1981, p. 121 nr. 89
AMOR SACRO E PROFANO, ANZI OSCENO
63
Un ragazzetto non è "fico" se prima non ha amato una donna.
GRAFFm LA'TJ:tt
64 Marcus Spendusam amat.
CILIV7086
Pompei, casa delle Nozze d'argento
Bibl.: Della Corte I 1958, p. 44 Della Corte 1965, p. 105 nr. 151b Montero Cartelle 1981, p. 129 nr. 115
j\MOR SACRO E PROFANO, ANZI OSCENO
Marco ama Spendusa.
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GRAFFITI LATilfr
Amplexus teneros hac si quis quaerit in urbe, expectat ceras nulla puella viri.
CIL IV 1796; CLE 941
Pompei, Basilica
Bibl.: Della Valle 1937, p. 167 Della Corte I 1958, pp. 61, 107 Montero Cartelle 1981. o. 110 nr. 46
AMOR SACRO E PROFANO, ANZI OSCENO
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Se uno cerca teneri abbracci in questa città, nessuna ragazza attende lettere della sua metà.
À""I'LfXv~ f[NfJ'O~ HA( f1