Esplorazione del Tempo e dello Spazio [1 ed.]

A più di cento anni dalla nascita di Einstein (14 Marzo 1879) la sua "relatività" è più viva che mai ed è dive

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Italian Pages 147 Year 1981

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Table of contents :
3. La crisi delle teorie classiche 12
4. Teoria della relatività ristretta 20
5. Alcune conseguenze della relatività 28
6. Composizione delle velocità; velocità limite 36
7. Verifiche sperimentali della cinematica relativistica 41
8. Spazio e tempo . . . . 46
9. Il paradosso dei gemelli 56
10. Dinamica relativistica 60
11. Massa ed energia 66
12. Equazioni di trasformazione; quadrivettori 70
13. Qualche osservazione introduttiva all'elettrologia 76
14. Le leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali 80
15. Elettromagnetismo e relatività . . . . . 94
16. Applicazioni e limiti della teoria ristretta 103
17. Cenni di relatività generale . . . . . . . 111
18. Verifiche sperimentali della relatività generale 118
19. Verso il futuro 124
Bibliografia .
Indice analitico
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Esplorazione del Tempo e dello Spazio [1 ed.]

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Copertina di Franco Venanti

ESPLORAZIONE DEL TEMPO E DELLO SPAZIO

ESPLORAZIONE DEL TEMPO E DELLO SPAZIO ELEMENTI DI FISICA RELATIVISTICA

FRANCO A. LEVI Professore Ord inar lo di Fisic a Uni ve rsità di Perugia

casa editrice a~brosiana m1lano

Copyright

©

19-81 . e.E.A. Casa Editrice Ambrosiana - Milano

PRESENTAZIONE

A cento anni dalla nascita di Einstein (14 Marzo 1879) la sua > è più viva che mai ed è divenuta uno dei fondam enti della Fisica e della Astrofisica, nonchè strumento necessario per alcuni calcoli di ingegneria, seppure non per i più comuni. Dal punto di vista concettuale la teoria è straordinariamente attraente: è una esplorazione estremamente coraggiosa e spre giudicata delle più profonde fondazioni di tutta la Scienza, cioè dei concetti stessi di tempo e d1; spazio. La nuova teoria rispecchia meglio delle teorie classiche la natura del mondo in cui viviamo e consente una apertura mentale di ampio respiro. Si sarebbe tentati di chiamare (come proposto da alcuni) « teoria dell'assoluto >> questa concezione del mondo, p erchè p ermette di esprimere le leggi della natura in forma invariante, cioè valida p er tutti gli osservatori , se non si corresse così il rischio di far snpporre che si possa trovare una > definitiva ed immutabile . Ciò non avverrà mai nella Scienza: anche la prima e la seconda teoria di Einstein saranno superate, come esse hanno superata la teoria di N ewton; ma, come la meccanica newtoniana è ancora applicabile entro determinati limiti di precisione, così le teorie relativistiche resteranno valide, nei propri limiti , anche quando verranno corrette da qnalche sviluppo ulteriore.

Queste note sono destinate a coloro che prendono contatto p er la prima volta con la Teoria della R elatività, e particolarmente agli studenti nniversitari all'inizio del loro studio; esse p erò sono state strutturate in modo da poter servire anche ai docenti che intendano predisporre un piano di lezioni, in conformità con la moderna tendenza a introdurre nozioni di Relatività anche a livello di Scuola Media Superiore (1 ). L'attenzione è rivolta costantemente ai concetti fondam entali , cercando di presentare la concatenazione logica delle idee in maniera piana, per dimostrare ( 1 ) Sulla didattica della relatività si veda, acl esempio, l'articolo di Loria citato i n bibliografia ed i volumi di Cortini e di Bergia; negli ultimi anni si è ampiamente discusso di questo argomento nelle riunioni della Società Italiana cli Fisica (S.I.F .) e della A ssociazione per l'Insegnamento della Fisica (A.I.F.); si veda, in particolare, il Congresso S.I.F. 1979.

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Presentazione

che Einstein non è inaccessibile, come talvolta si dice. A causa di questa impostazione concettuale, crediamo di poter ammettere tra i nostri lettori anche quel volonteroso giovane che sia disposto a non lasciarsi spaventare dalla comparsa di qualche simbolo misterioso. Per comprendere il testo di queste note non occorre realmente conoscere le Matematiche Superiori: bastano, per cominciare, i concetti di derivata (anche derivata parziale) e di integrale, e la nozione di cosa sia nn vettore. Non si arriva infatti mai alla elaborazione dei calcoli nel dettaglio e si evita (per lo più) il ricorso a formulazioni troppo elevate, almeno se le idee strettamente necessarie non sono state 3..uggerite via via; in questo modo il lettore viene progressivamente avviato all'uso di qualche formalismo non elementare, quando la completezza o l'eleganza della trattazione lo richiedano . Della T eoria Generale, che presenta assai maggiori difficoltà, si fa solo un breve cenno, cerca.ndo, anche p er essa, di mettere in lnce i concetti e di curare gli esempi applicativi e l'aggiornamento. Ci si limita, in ogni caso, ai più semplici problemi , lasciando altri sviluppi della teoria ad nn snccessivo completamento degli stiicli . Il confronto con i risultati sperimentali è sempre tenuto in evidenza, in tutte le fasi dello studio, p er rendere ben chiaro il fatto che non si tratta di idee astratte, ma cli concrete interpretazioni della struttura del mondo fisico , appli cabili correntemente nella ricerca scientifica e nel progetto di apparecchi, come nelle più ardite speculazioni sulla natura clell' Universo. Abbiamo creduto opportuno, per comodità del lettore, inserire all'inizio un capitolo sulla interpretazione logica della Meccanica di Newton, e, nella seconda parte, un'altra dedicato alle leggi dell 'elettromagnetismo ed agli operatori vettoriali , per facilitare il collegamento con le nozioni classiche. Quest'ultimo capitolo , come indicato a suo luogo, potrebbe anche essere lasciato da parte in una prima lettura , o da chi voglia solo seguire lo sviluppo della linea concettuale: in questo modo, tagliando anche qualche altra formula, la maggior parte delle difficoltà potrebbe essere evitata al >. Ci auguriamo che, in ogni caso, la lettura di queste pagine possa generare il desiderio cli uno studio più approfondito, p er la apertura cli più vasti orizzonti sull'affascinante (e talvolta sconcertante) universo relativistico che il genio cli Albert Einstein ci ha rivelato . F.A.

P erug ia I Settembre 1981

LEVI

INDICE

Presentazione 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19.

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Premesse La meccanica di Newton La crisi delle teorie classiche Teoria della relatività ristretta Alcune conseguenze della relatività Composizione delle velocità; velocità limite Verifiche sperimentali della cinematica relativistica Spazio e tempo . . . . Il paradosso dei gemelli Dinamica relativistica Massa ed energia Equazioni di trasformazione; quadrivettori Qualche osservazione introduttiva all'elettrologia Le leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali Elettromagnetismo e relatività . . . . . Applicazioni e limiti della t eoria ristretta Cenni di relatività generale . . . . . . . Verifiche sperimentali della r elatività generale Vetso il futuro

1 7 12 20 28 36 41 46 56 60 66 70 76 80 94 103 111 118 124

Bibliografia .

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Indice analitico

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1 PREMESSE

L'osservazione empmca dei fenomeni della natura ha dimostrato, fin dall'antichità, l'esistenza di una certa regolarità che suggerisce la possibilità di enunciare leggi costanti a cui tali fenomeni devono obbedire. La scienza antica, tuttavia, era caratterizzat a da un grande frazionamento delle nozioni, dato che ben di rado era possibile collegare manifestazioni apparentemente diverse, che potessero venire spiegate sulla base di poche e semplici ipotesi. Perciò i libri scientifici anteriori all'epoca di Galileo (XVI-XVII secolo) presentano spesso l'aspetto di raccolte di osservazioni tra loro sconnesse, appartenenti a quelli che, secondo la moderna classificazione, sono diversissimi rami d ella scienza; in essi si mescolano fatti importanti, capaci di costituire il fondamento di una indagine razionale, con dati inesatti e talvolta fantastici, utili solo per colpire l'imm agin azione del lettore. Galileo Galilei (1564-1642) può ben a ragione considerarsi tra i fondatori della scienza moderna, per avere introdotto nello studio della natura il metodo sperimentale, che richied e una accurata valutazione quantitativa delle grandezze coinvolte in un determinato fenomeno, prodotto dallo :;;perimentatore in condizioni semplificate o, comunque, favorevoli per l'osservazione . Alcune leggi fondamentali sul moto dei corpi vennero chiaramente espresse da Galileo, ma è grande merito di Isaac Newton (1642-1727) la completa sistemazione logica della meccanica, per cui tutti i fenomeni di moto possono essere interpretati e previsti per mezzo di ragionamenti e di calcoli, basati su pochi postulati fondam entali (princìpi) , la cui validità è dimostrata dall'esperienza, che ripetutamente conferma le previsioni teoriche. , La meccanica classica, fondata sui tre principi della dinamica e sulla legge della gravitazione universale di Newton, e successivamente sviluppata con l'uso di raffinati strumenti matematici, aveva raggiunto verso la fine del secolo scorso, una grande perfezione formale , ed era riuscita ad interpretare moJ.tissimi fenomeni, apparentemente diversi, come il moto dei pianeti e quello d ei proiettili, la caduta dei gravi e le sollecitazioni che agiscono su un corpo in rotazione. Mentre altri rami della fisica, di origine più recente, come la elettrologia, si stavano sviluppando, nacque nei fisici dell'epoca la speranza di poter interpretare tutti i fenomeni dell'universo

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Premesse

facendo uso dei metodi della meccanica e partendo dalle sue leggi, completate, se necessario, da un minimo numero di nuovi princìpi. Proprio in quell'epoca, tuttavia, vennero alla luce alcuni fatti che le teorie classiche non riuscivano a spiegare: via via che l'evidenza sperimentale si andava accumulando, le discussioni in campo teorico si facevano sempre più aspre, per la riluttanza degli scienziati ad abbandonare i postulati di una scienza che sembrava così saldamente affermata. Oggi sappiamo che la meccanica classica rimane senz'altro valida per spiegare un gran numero di fenomeni, ma che è solo una prima approssimazione della realtà, meglio rappresentata da te~rie più moderne, in due casi: 1 °) quando si studiano sistemi di dimensioni atomiche o subatomiche, per cui è necessario fare uso dei princìpi e dei metodi della meccanica quantistica; 2°) quando si abbia a che fare con velocità molto alte, prossime alla velocità della luce. In tal caso una soddisfacente interpretazione dei fatti è possibile solo sulla base della teoria della relatività di Einstein . Per mezzo delle nuove teorie si è oggi raggiunta una visione più unitaria del mondo e si è in grado di prevedere, con ottima approssimazione, l'an damento di un gran numero di fenomeni fisici; non si pensi tuttavia che la scienza possa fermarsi qui: il progredire degli studi teorici e l'affinamento dei mezzi sperimentali porteranno certamente nel futuro alla formulazione di nuove teorie, più 'generali o più precise di quelle oggi accettate. Ma, come la meccanica di Newton non è stata distrutta, ma completata, dagli sviluppi della fisica moderna, così la relatività di Einstein rimarrà in ogni caso valida, entro i limiti di certe approssimazioni. Del resto la teoria generale della relatività, che allarga la visuale della teoria e ne aumenta il campo di applicazione, può apparire, in qualche caso particolare, in contraddizione con quest'ultima, ma non la sopprime, anzi la conferma: si tratta dei gradini di una scala che porta l'uomo verso una sempre migliore comprensione dei fenomeni e, di conseguenza, verso una sempre maggiore capacità di azione.

*** All'inizio di questo studio sorge spontanea una domanda: perché ci si dovrebbe impegnare per comprendere qualcosa di relatività, se questa teoria è così lontana dalla vita di ogni giorno? Articoliamo questa domanda in diversi quesiti. Ci possiamo chiedere ad esempio se la teoria della relatività non sia troppo difficile (per un lettore con preparazione a livello liceale o del primo biennio universitario) e quindi riservata ai soli specialisti, o se non sia soltanto una astrazione speculativa, del tutto avulsa dalla realtà oggettiva. La teoria della relatività è difficile, per chi si impegni a fondo in tutte le sue conseguenze e implicazioni, ma, dopo tutto, non più difficile di molte altre teorie fisiche, anche classiche, e di tante discipline che, per il loro carattere tecnico o applicativo, possono forse essere considerate banali da

Premesse

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chi non è del mestiere. A livello concettuale, quando si cerchi un quadro generale delle idee relativistiche in cui inserire i fenomeni dell'universo :fisico, la relatività non è difficile: è solo incredibile, perché contrasta con il tradizionale buon senso, basato su osservazioni superficiali o non abbastanza precise. Non si tratta peraltro di concezioni astratte, ma di una più accurata descrizione del mondo in cui viviamo; si tratta di un punto di vista che, anche se si scosta da quello tradizionale, t enacemente insegnato nelle nostre scuole, è divenuto oggi necessario e di uso quotidiano, sia per la fisica delle particelle come per quella degli astri, ed è entrato ormai a pieno titolo nell'alta ingegneria (v. ad es. cap. 16). Dunque la relatività non è astratta e non è inutile ; vediamo ora alcune buone ragioni per cercare di farsene una idea chiara. Prima di tutto la curiosità: la curiosità scientifica è stata ed è il motore di tutte le scoperte e l 'origine di tutta la cultura dei veri studiosi; la curiosità è tanto più stimolata quanto più si parla di cose inusuali. Si tratta in definitiva d i capire il mondo in cui viviamo, di cercare di conoscerlo, con la stessa motivazione che spingeva gli antichi naturalisti a llo studio della botanica o della anatomia e gli esploratori alla ricerca di terre sconosciute. E poiché l 'immagine del mondo n e risulta modificata in modo meraviglioso e alcuni concetti, che ritenevamo fondamenti incrollabili, risultano profondamente trasformati, all'interesse scientifico si aggiunge una motivazione filosofica e persino estetica. Einstein , oltre che scienziato, fu certamente filosofo e la relatività è anche filosofia, ma , p er chi arriva a queste considerazioni dal lato della fisica, occorre tenere i piedi ben ferm i sulla terra, ed evitare espressioni di interpretazione incerta (se applicate alla fisica) perché basate su un codice semantico diverso: bisogna fondare la conoscenza sui fatti, cioè sui controlli sperimentali, per non correre il rischio di fraintendersi , dato che le parole hanno spesso più di un significato. Qualunque sia l 'approccio prescelto, è poi in ogni caso n ecessario rifiutare i luoghi comuni, che introducono concetti nebulosi e inesatti, anche se possono sembrare carichi si saggezza (1 ). Cercheremo dunque in queste note di esporre le idee fondamentali della relatività, coll'intento di metterne in evidenza la intrinseca semplicità e la fedeltà alle leggi della natura. Queste leggi saranno espresse in forma un po' diversa da quella tradizionale, ma più vicina alla , se di realtà si può parlare, cioè ai risultati delle esperienze. Non seguiamo, nella esppsizione, né una linea rigorosamente storica ( 2 ), né una perfetta logica scientifica, basata su catene di dimostrazioni; ci ( 1 ) Si tratta di frasi come queste:;; >; « la Scienza ci apre abissi insondabili>>; ecc. (v. anche F eynman voi. I, cap. 16). Per il significato filosofico della relatività si legga, ad esempio, (v. Einstein [5]). (2) Per la storia della relatività vedansi, ad es. Einstein [5], French [2], « Cinquant' anni>> e B ergia, citati nella bibliografia.

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Premesse

inter essa piuttosto riuscire a vedere le cose con una cert a chiarezza e distruggere il mito d ella incompren sibilità di Einst ein. Si parte d alla meccanica di Newton: rived ere i > con spirito critico con sente una buona predisposizione a com pren dere i nuovi punti di vista , iniziandone l'esame con la stessa attitudine critica, sempre ne cessaria nello studio d elle scienze. Subito dopo vediamo come, verso la fine d el secolo scorso, fossero nate , all'interno stesso delle scienze fisiche, delle contraddizion i fondamentali e com e v i fossero contrasti tra le teorie vigenti ed alcuni risultati sperim entali. Molti scie:uziati avvertirono qu esto disagio e la n ecessità di nuove vie di uscita ( 3 ). Si apriva la str ada al genio innovatore di Einstein (4 ) . N el terzo capitolo v engono esposti i prin cipi della r elatività ristretta e si a rriva a lle trasformazioni di Lorentz, la chiave p er la trascriziolle relativistica di tutte le leggi fisiche. L e cose cominciano ad apparire nel capitolo seguente, perché le consegu en ze di cui si fa cenno sono p rima di tutto la contrazione delle lun ghezze e la dilata zione del tempo: contro quest'ultimo aspetto del m on do in cui vivia mo, controlla to d ai fatti ma inaccettabile alla intuizione comune, si b attono disper atamente, an cor oggi, a lcuni gen erosi >. Con la composizione delle velocità, entriamo più direttament e ne l cuore della meccanica r elativistica e, attraverso lo studio dell a cinematica, arriviamo alla grandiosa concezione di Minkowski, in cui spazio e tempo risultano unificati. È a questo punto ch e si accenna all 'elegante quesito dei , su cui è tanto difficile dire qualcosa di sensato , gu ani.o è facile, e frequente , fare il contrario . È solo dopo aver v isto tutto questo ch e ci p erm ettiamo di parlare di dinamica, e lo faccia mo brevemente, anche perché le difficolt à cominci an o a farsi veram ente serie; m a è p er questa via ch e si giun ge alla famosa r elazione tra m assa ed en ergia (5 ) e qui si inserisce un cenno sul metodo v ettoriale per esporre le leggi della fisica in forma invariant e, cioè sui quadrivettori. A questo punto, com e abbiamo fatto per la m eccanica, sentia mo il bisogno di riprendere i concetti classici dell 'elettromagn etismo e di ritrovarne le leggi fondamentaìi, anch e espresse n ella form a differenzia le-vet -

( 3 ) Si noti ch e nello st esso p eriodo ebbe ini zio, ad opera di P lank e dello stesso Einstein, la m eccani ca quantistica. (-1} Nell'a n no 1905 vennero pubblicati su Annale n d er Phys ik quattro importanti articoli di Einstein. C'er a il germe della relativ ità (v. Einstein (I] e (2 ]) ed un fondamentale contributo alla q u a ntistica , cioè quel > sull'effetto fotòelett.rico per cui A. Einstein ebb e il premio Nobel; il quarto era un importa nte lavoro sul m oto browniano. ( 5 ) Questa rel az ione app a re già in uno d e i quattro articoli d el 1905, un a ingenu a noterella di tre p agine d atata 27 sett embre (v . Einst ein (2 ]) (il primo g ra nde a rt icolo relativistico (v. Einst ein (I]) era d el 30 giugno ) col t itolo in forma interrogat iva: d i A. P. French, n el « Centenary Volume>> e il volume di B . Hoffmann.

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Premesse

II lavoro sulla teoria generale, iniziato ben presto dopo la pubblicazione della teoria ristretta, lo portò, alla pubblicazione in forma definitiva nel 1916; subito dopo cominciò a considerarne la applicazione allo studio dell'universo. Vinse il premio Nobel nel 1921 , come sono stati enunciati da Newton , si prEStano a qualche critica formale e richiedono precisazioni per essere del tutto chiari e consistenti (v. Newton). Vediamo innanzi tutto quale sia la loro forma originaria: 1. Pn corpo conserva_iLm:_ o p_rio statQ di_ _g:giete o di moto rettilineo ed uniforme, finché non intervengano forze ad esso applicate che lo costringano a_ mutare questo stato.

2. La modificazione del moto è proporzionale alla forza motrice imressa ed~ ne nella direzioÌ1e della retta di azione di tale forza. 3. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, ovvero le mutu~ azi~ni d~ q_~~ coj pi sono sempre uguali e di senso opposto. La prima osservazione che si può fare riguarda il primo principio ed il concetto stesso di quiete e di moto uniforme, dato che non è in alcun modo indicato un sistema di riferimento rispetto al quale tale moto risulti definito. Questa difficoltà logica non appare risolta neppure con la introduzione del rin ci io di relatim tà alileiana _il uale afferma che tutt!l l(Ùf ggi della meccanica conservano forma immutata se si passa ad un sistema di riferimento in moto traslatorio, rèttilineo ed uniforme, rispetto al riferimento rimitivo invarianza formale__2 covarianza). D'altra parte non ~ chiaro come si ossa affermare che un COrJ"!Oz_osseryato in determinate condizioni reali, non sia soggetto a forze. Appare quindi giustificata l 'enunciazione, apparentemente paradossale, di Eddin ton: >. Per quanto riguarda il secondo principio occorre ricordare che nella terminologia di Newton > signifi~ variazione della quantità di moto, cioè del pr~dotto dell~ mas~ per la velocità. Inteso in

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La meccanica di Newton

questo senso l'e~~~origE1~l_e, _che si uò sintetizzare nella espressione F = dp/dt , è più corretto della formulazione usuale F = ma, perché noi1 "esclude la possibilità di un11 v:_ariazione d.ella m ~ssajn fu_nzion~ _della velocità (che infatti esiste in natura, come prova il successo della teoria di Einstein). Ma q:µando_si cerca di definire es~ttamente le grandezze > e si trova che il secondo principio non è sufficiente e sembra fare riferimento a concetti intuitivi; il suo effettivo contenut~, comelegge della natura, sembra così oscurato dalla mancanza di chiare definizioni indipendenti, di tutte le grandezze in giuoco (1 ~. _Il_terzo principio co:r-_regge, _ip U!_l_cèrto §~J?.§...O,__la nozione artificiosa di forz !!,__ applicata ad un corpo, precisando che le forze hanno sem_pre na,_tura di interazioni, cioè di azioni reciproche tra due corpi. Ricordiamo a questo proposito che l 'esperienza dimostra che si tratta sempre di interazioni a distanza (2) e che tutte le forzeesistenti possono essere raggruppate in quattro grandi categorie: a) InterazionL gravitazionali; b) Inte azioni elettriche (elettrostatiche ed elettrodinamiche, che includono le forze magnetiche e le ); c) I_nteraz~on.i Jorti (nucleari) ; d) Interazioni d~bQli (tra particelle). Le critiche alle leggi di Newton, formulate da molti scienziati, come Kirchhoff, Mach e Hertz, hanno portato a vari tentativi intesi a formularle in modo più corretto, pur conservandone l 'intrinseco significato, la cui validità è provata dalla esperienza (3 ); cerchiamo di dare qui una traccia semplificata di queste considerazioni. Si può ad esempio ragionare in questo modo: l'esperienza ci insegna che, quando vengano accuratamente riprodotte t11tte le condizioni,_è_p_ossibile tro~ n sistema di riferimento in cui il moto sia ripetibile. Risulta inoltre evi_g.ent~ che il moto di un corpo dipende sia dalle sue propf ietà 9arat( 1 ) Dice Einst ein che nella t eoria di Newton alla realtà geometrica del concetto di spazio viene ad agg iungersi una nuov a proprietà d ello spazio stesso, che det ermina l'inerzia. Quando N ewton afferma che lo spazio è assoluto, si riferisce v erosimilmente a questo secondo aspetto. ( 2 ) L 'espressione ► può essere intesa in vari modi e t ende a scandalizzare un buon r elativista. N el senso strettamente letterale in cui la u siamo qui, si d ev e intendere come mutua az ione tra due corpi che non sono a contatto (le forz e >, p er altro, sono interazioni tra elettroni, sempre ad una certa distanza). Ma n ella concezione classica s i a ggiungeva l'idea (spesso sottintesa) che ogni variazione d ella forza su uno d e i due corpi fosse accompagnata da una contemporanea variazione su l'altro, il che equivale alla propagazione di un segnale con v elocità infinita e corrisponde alla forma più restrittiva d el t erzo principio, che non è accettabile al giorno d 'oggi ed è negata dalla relatività . ( 3 ) Vedansi ad esempio, citati nella nostra bibliografia: Finzi, 1956; Eisenbud, 1958.

La meccanica di Newton

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teristiche eh~ _da quelle dell'ambiente cheJ,o ,ci:ççpnda, o almeno g_~ alcune parti di tale ambiente. Se ora osserviamo i fenomeni in presenza di altri corpi capaci di influenzare i moto del cor o considerato, si uò notare che un mutamento brusco delle condizioni ambientali modifica in modo altrettanto brusco e discontinuo, l'accelerazio~e d~i"p~nto ·in esame. L~cel; ra~ione dipende solo dal cor o resceltÒ e dalle· condizioni attuali qfÙ_am 1ente, ma non a lle condizioni preesistenti ; a ettauj;o l).QJl._Si può dire per)e J1,ltre grandezze c,he_~si,t~~rizzano il moto _2_~m.e la :po~i~ione e la velocità. L'accelerazione è quindi una grandezza privilegiata e la sola che dipenda univocamente dalle condizioni ambientali; in questa affermazione si può forse trovare il vero significato fisico del secondo principio della dinamica. Si osserva, d'altra arte, che tutte le interazioni diminuiscono il proprio _effetto al crescere della distanza, qu-ando - questa tende- all'infinito ; ris~lta erciò ossibile id~ntificare un sistema di riferim~ ~ (ed una scala del !empo) r~p_etto al quale m~- q~r:po, s11fficientemente lontano da ogni altro, rimanga in guiete, se lo era inizialmente, o si muova di_.!!loto rettilineo ed uniforme. L'accel~razione di un corpo s_oggetto a sole _interazioni o-ravitazionali generate d~ _2.!J>l molto o-randi ~ raticamente fissi (come ad esempio l'accelerazione di un corpo che cade o quella di un pianeta), uando venga osservata in tal~ ri~nto, risult?- ipdipendente dalle ro rietà spe(2iali del corpo stesso, e d}P,~I!de solo ~1.all~Y:a 9sizi(2.!!e ris!)etto a li altri corpi ; ciò vale in generale per qualsiasi corpo posto nel sistema planetario. Un riferimento siffatto risulta fermo, o in moto traslatorio rettilineo e9- uniforme, rispetto alle stesse fisse ( 4 ) e prende il nome di sistema

  • _ e jns_wrri~. una affermazione della sua esistenza .

    ( 4 ) L'insieme d egli oggetti celesti esterni al sistema solare -planetar io (stelle e n ebulose), che appaiono praticamente ferm i l 'uno rispetto a ll'altro, è stato considerato fin dall'antichità come un tutto rigido : il cielo delle >, pensate come vincolate a d una . Alla luce d elle moderne teorie un riferimento di questo genere acquista, come vedremo, anche w1. senso fisico concreto, oltre al significato strettamente geometrico (v. nota (4), cap. 4). La Terra, invece non offre un buon riferimento inerziale, soprattutto perché gira intorno a l proprio asse e questo moto è rivelabile abbastanza facilmente anche «all'interno >> d el sistema {per esempio col pendolo di Foucault). Spesso si prende p er buono il riferimento t errestre, ciò vuol dire naturalmente che tutte le misure sono, in questo caso. abbastanza imprecise. Notiamo, per inciso che, in dinamica, ogni sistema di riferimento d eve essere vincolato a corpi materi ali, per essere s ignificativo dal punto di vista sperimentale.

    La meccanica di Newton

    Se ora esaminiamo una interazione _di tipo diverso da quelle gravita zionali, che ossiamo ra resentare schematicamente m ediante l'azione di una , l 'acceler azione cambia quando si cam bi l~ ggetto su cui la molla agisce. Qualora fil-P. Ossa ritenere che l 'azione di una det ermin a"t!, ~ lla, in date condizioni, sia sempre la §t ~ a nelle prove su diversi corpi, si osserverà una_ stretta relazione tra le accelerazioni ottenute ed i corpi scelti. Più p recisament~ il raE_EO!to tra le accelerazioni di due corpi A e ~ prodotte da una prim ~q_lla, sarà uguale all'analogo rapporto tra le accelerazioni prodotte, sugli stessi corpi, d a iv1a seconda molla. Si arriva così a definire la massa la massa inerziale) come una ro rietà del cor o inversamente roporzionale alla accelerazione ottenut a; questa grandezza si potrà misurare dopo ch e sia stata scelta come unitaria la massa di un corpo determinato. Passando poi al _confronto tra le azioni di diverse sullo stesso QQ!::RO, si può definire la forza com.e C!l,pacità di modificar e il moto, misurata dal prodotto della massa su cui agisce p er la accelerazione ottenuta; l'..unit.à_di forza deriva _aut.omaticamenJ& dalle unità scelte per g__u este due grandezze. Una volta_stabilite in questo modo le definizioni e le unità di misura, si può est endere il çoncetto di forza alle cause di variazione di moto di qualsfasi natura. In particolare si può ammettere ch e esistano forz e gravitazionali ro:Q_9rzionali alla massa dei corpi su cui agiscono. Newtm in__troduss_e_il_con_c etto di > ~ r spiegare il moto dei pianeti e quello dei corpi pesanti, enunciando la famosa >, che si può considerare come un quarto prinQ!pio (5 ) . Si può ragionare in questo modo : poiché due corpi, posti l'uno in presenza dell'altro e lasciati liberi di muoversi, subiscono accelera zioni (il S.ll,J;S.O cade verso la terra, ecc.) , bisogna ammettere che tra i du e esista un a forza. Dalle es erienze sul moto-dei gr~y i e d alle osservazioni astronomiche, si deve concludere che si tratta di un a interazione attrattiva, proporzionale i;uy_ers.amen.t al quadrato della distanza e direttamente ad una grandezza, d etta massa, che espr ime una proprietà di ciascuno dei due corpi. L a forza di gravitazione, che agisce tra tutti i corpi, si può dunque esprim ere con la famosa formula

    La massa che a1212are in uesta formul~ è la_massa gravitazionale, c1oe isura una, proprietà dei corpi sig~1ificativa ai fini della gen erazione di forze gravitazion ali. Ma, appunto erché l 'accelerazione dovuta a sole forze ( 5 ) L'esistenza di forze gravitazionali forni sce una brillante spiegazione d ei fe nomeni, ma, come vedremo, p arlando di r elatività gen erale (cap. 17), non è, a stretto r igore, n ecessaria; tutto ciò che si osserva si può spiegare anch e in altro modo.

    La meccanica cli Newton

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    gravitazionali risulta indipengenj;e dalla massa, ta.li forze devono essere proporzionali alla massa inerziale dei corpi su cui agiscono; da ciò sEgue la pro orzionalità, e guindi (scegliendo la stessa unità) la identità, dell a m assa inerziale e di q~el!a gravitazionale (v. cap. 16). La natura reciproca, cioè il carattere di interazione, delle forze verrà quindi stabilita osservando il comportamento di due corp i isolati dal resto dell'ambiente ed interagenti tra loro. Osservati nel loro insieme, i due corpi si comportano come un unico corpo, soggetto alla legge di inerzia, cioè si comporta così il loro centro di massa, rispetto al quale ciascuno dei due corpi risulta accelerato. Si arriva così ad una più corretta definizione della massa e della forza: studiando ad esempio il sistema di due corpi in un am biente che non produca accelerazioni, il rapporto delle loro m asse può essere determinato senza necessità ch e la forza applicata sia ripetibile. Analoghe considerazioni possono essere estese ad un insieme qualsi a,si di corpi, arrivando a distinguere le forze esterne da quelle interne e stabilendo, in sostanza, il contenuto del t erzo principio, nella sua forma generale. Esplorando poi i punti dello spazio, in un dato ambiente imperturbato, è possibile defin ire un campo di forz e (statico) ( 6 ) . Anche alle rota.zioni ed ai momenti angolari si può estendere il metodo logico accennato, giun gendo ai noti risultati della meccanica di Newton. Quanto si è detto serve ad indicare il tracciato logico seguendo il quale, con opportune precisazioni e con metodica più dettagliata , si può giungere a stabilire in termini inequivocabili le leggi fondament ali della m eccanica classica, in sostanziale accordo con i prin cipi enunciati da Galileo e da N ewton , ed in conformità con l 'esperienza, sempre n ei limiti di approssimazione consentiti dall e premesse e dal tipo di sperimentazione a cu~ si è fatto ricorso.

    ( 6 ) In questo modo la forza che agisce su un determinato corpo di prova (ad esempio una massa o una piccola carica elettrica, rispettivamente p er il campo gravitazionale o p er quello elettrostatico) viene rappresentata da un vettore funzione d el punto; dividendo la forza p er la massa (o carica) si ottiene il v ettore >. Così concepito il campo è solo un mezzo p er descrivere l'interazione e non ha proprietà fisiche indipendenti : ad esempio non occorre p ensare che il campo accumuli en ergia, p erch é questa si può sempre attribuire a i corpi interagenti. Nasceranno i nuovi problemi quando il campo non sarà più statico e si parlerà di p ropagazione, che, nella realtà, può avvenire solo con velocità finita.

    3 LA CRISI DELLE TEORIE CLASSICHE

    Verso la fine del secolo scorso numerose incongruenze tra le teorie della meccanica e quelle dell'elettrologia, come pure alcune difficoltà logiche messe in evidenza d a vari autori, avevano creato, come si è detto, una situazione di incertezza sulla interpretazione dei fenomeni fondamentali della natura. In particolare le equazioni dell'elettromagnetismo ricavate da Maxwell (v. cap. 14) apparivano in contrasto con le leggi della meccanica, perché non portavano a risultati accettabili quando erano applicate ad osservatori in moto. Ad esempio la forza che agisce su cariche elettriche in moto in un campo magnetico uniforme (pensiamo ad un fascetto di elettroni) dovrebbe scomparire se il fenomeno venisse osservato da un sistema di riferimento fermo rispetto ai portatori di carica, cioè che si muova con loro : ma in tal caso come si potrebbe spiegare la deflessione d el fascio, che viene di fatto osservata? Il famoso articolo del 1905 di A . Einstein (v. Einstein (1]) inizia con queste parole:) ed essere capace di trasmettere le perturbazioni elettromagnetiche. Poiché la velocità di propagazione di tutte le onde elettromagnetiche nel vuoto è la stessa, indipendentemente dalla frequenza (c = 3 • 10s m/s circa) (1 ), si era fatta l'ipotesi che questa fosse la velocità rispetto all'etere . L'etere avrebbe dovuto essere dunque , in un certo senso , una materializzazione- del riferimento a,ssoluto di cui si è fatto cenno, risp etto al quale risultano valide le Ìeggi di Maxwell e le onde elettromagnetiche viaggiano in ogni direzione con la velocità c. Era quindi da ritenersi probabile che, misurando con grande precisione la velocità della luce risp etto ad un riferimento t errestre, si dovessero trovare variazioni dovute al moto dell a Ter ra n ello spazio, dato che non sembrava pensabile che l 'et ere, in tutto l'universo, si muovesse accompagnando la Terra n ella sua rivoluzione intorno al Sole. Michelson costruì _un sensibilissimo interferometro ( 2 ) , destinat o a confrontare la fase con cui arrivavano ad un canocchiale di osservazione due raggi_clie;pa:rtiti dalla stessa sorgente, avevano p ercorso, avanti e indietro, due cammini di eg-uale lunghezza , perpendicolari l 'uno all'altro (Fig. 1) . Se ad un dato momento il> avesse avuto, rispetto alla T er-

    .

    -

    (1) Secondo le misure di B ergstrand (1950) p er la luce visibile, si ha c = 2,997927 • 10 8

    ±

    300 m /s

    Il valore più esatto e più recente (1979), riferito a lle onde elettromagnetiche in gen er ale, è c = 2,99792458 • 108 ± 1,2 m /s (v. B ertin); l a v elocità c è, come si è d etto, indipendent e dalla frequenza, m a legat a alla costante dielettrica e alla permeabilità magnetica del vuoto (v. cap. 14). ( 2 ) La prima esp erienza (v. Michelson, 1881) fu eseguita con un piccolo interferometro e non died e risultati tali da accertare d efinitivamente l a m a ncanza d ell'ef fetto, sia p er la limitata sensibilità, sia per le p erturbazioni, dovute sp ecialmente a vibrazioni e ad effetti termici. L'esperienza v enne ripetuta n el 1887 da Michelson e Morley ; la sensibilità era stata assai a umentata a mezzo di riflessioni multiple (che portavano il percorso effettivo di ciascun raggio da un m etro a circa undici m etri) e tutto l'apparecchio era posato su un pesante blocco di marmo che galleggiava sul mercurio. Furono i risultati negativi di questa esp erienza che confermarono autorevolmente, a d etta dello stesso Einstein, l'indipendenza dei fenomeni elettromagnetici (la propagazione di onde ) dal moto della Terra.

    14

    La crisi clelle teorie classiche

    ra, la velocità v, i tempi di percorrenza, nella direzione della corrente e perpendicolarmente aa. essa, sarebbero stati -diversi, e ciò avrebbe prodotto uno spostamento delle frange di interferenza quando l'appare-cchio fosse stato ruotato di 90°, in modo da scambiare tra loro le direzioni dei due bracci.

    s,

    d

    V ------1f!;.=========::::;;:=1 S2 L

    ------ d -------

    ' o

    Fig. 1. - Schema di principio dell'interferometro di Michelson.

    L sorgente luminosa; So specchio semiarge ntato; St, S2 specchi; O osservatore; cl lunghezza dei bracci.

    Il rapporto tra i tempi di percorso longitudinale tL e trasversale tT, dovrebbe essere 1

    > 1

    y

    (3.1)

    v2 c2

    Questo rapporto viene chiamato da alcuni autori >, esso è sempre maggiore di uno e tende all'infinito se v tende alla velocità della luce e; se invece la velocità relativa all'etere, v, è trascurabile rispetto a e, il rapporto, come è naturale, tende alla unità.

    15

    La crisi delle teorie classiche

    Per comprendere come si ricava il valore d i y immaginiamo la corrente di etere come la corrente di un fiume, avente velocità v, e la luce come una barca capace della velocità e rispetto all'acqua (Fig. 2).

    moto

    tras versale

    moto

    longitudinale

    V

    V

    uA= (c - v )

    V

    - -- ->, se cioè uno strato di etere accompagnasse la Terra nel suo moto, non esisterebbe il fenomeno della aberrazione stellare, per effetto del quale un telescopio, per inquadrare una stella, deve essere puntato in avanti nel senso del moto della Terra, con la conseguenza, sperimentalmente constatata, di variare, a seconda del momento della osservazione, le posizioni apparenti delle stelle su1la sfera celeste (3 ). La velocità della Terra sembra comporsi vettorialmente con la velocità della luce, sicchè il fenomeno si potrebbe spiegare con l'ipotesi d'un etere in moto, ma non si spiega se l 'etere, localmente, si considera fermo rispetto al telescopio. Infatti, se entro il tubo del telescopio, la luce si propagasse in un mezzo fermo, non subirebbe la deviazione dovuta al moto relativo, trasversale, della Terra. Fu anche avanzata l'ipotesi (Fitz Gerald; Lorentz) che, · esistendo un moto rispetto all'etere, qualsiasi corpo materiale si contraesse nella direzione di tale moto relativo, nel rapporto y; si spiegherebbe questo effetto con la natura elettromagnetica dei legami tra le particelle materiali, su cui il moto dell'etere potrebbe influire. In tal caso la contrazione compenserebbe esattamente l'effetto ricercato da Michelson , facendo accorciare un braccio dell'interferometro. Lorentz e Larmor riuscirono a sviluppare una teoria elettromagnetica della materia che arrivava a interpretare la contrazione (4 ) , ma la teoria

    ( 3 ) La variazione è il risultato di più cause, e specialmente del sovrapporsi di due fenomeni, di cui uno, la parallasse, è conseguenza della modificazione del punto di vista, p er cui cambia la direzione di osservazione quando una stella, non troppo lontana, viene osservata da diversi punti dell'orbita terrestre; queste osservazioni consentono il calcolo della distanza della stella. L'altro fenomeno, di maggiore inte resse p er noi, è dovuto non alla posizione, ma alla velocità con cui la T erra si muove sulla propria orbita e , come vedremo, si spiega correttamente con la composiziohe r elativistica delle velocità . Nella osservazione di stelle lontane questo ultimo effetto rimane praticamente il solo in evidenza. ( 4 ) Si parla a questo proposito di « Contrazione di Lorentz >>, ma occorre avvertire che lo stesso nome si applica anche ad un effetto relativistico che, come vedremo, influenza in vario modo le misure fatte da vari osservatori. Distinguiamo subito chiaramente tra i due significati della flspressione , osservando che, secondo l 'ipotesi qui sopra esposta, alcune proprietà fisiche dei corpi sarebbero influenzate dalla velocità rispett.o all'etere; vedremo invece tra breve che, secondo la relatività, l'etere non esiste e che non è possibile definire un moto assoluto e quindi neppure la sua velocità. Dobbiamo ricordare che nessuna t eoria fisica può ritenersi l'unica spiegazione dei dei fatti osservati. Alcune moderne interpretazioni dimostrano la possibilità di conciliare l'esperienza di Michelson e l'aberrazione con una ipotesi di >, sotto particolari condizioni (v. ad es. Cavalleri et al., Scientia 111, 675 (1976)) e riprendono la teoria elettronica di Lorentz, accettando la dilatazione dei tempi. Una nuova definizione del concetto di >, potrebbe permettere, secondo a lcuni studiosi (v. ad es. T . Sjodin, Nuovo Cimento 51B, 229 (1979)) di costruire una teoria in cui il moto assoluto rispetto all'etere produce insieme contrazione delle lunghezze e dilatazione dei tempi. In questo caso non sarebbe più possibile osservare il riferimento assoluto e quindi i risultati controllabili coll'esperienza sarebbero indistinguibili da

    18

    La crisi delle teorie classiche

    portava anche ad altri risultati non controllati dalla esperienza. Una ulteriore dimostrazione sperimentale della falsità di tale ipotesi si può forse considerare ottenuta nel 1932, quando Kennedy e Thorndike pubblicarono i risultati di alcune esperienze nelle quali si facevano interferire due raggi che , provenendo d alla stessa sorgente, compievano percorsi tra loro perpendicolari, come quelli di Michelson, ma di lunghezza molto diversa. Ammettendo l 'ipotesi della contrazione, ma conservando il concetto di tempo assoluto, si sarebbero dovuti osservare spostamenti delle frange ogni volta che fosse variata la velocità d ell'appareccliio rispetto all'etere. Infatti il numero d ei periodi compresi nel tempo di transito della luce p er ciascuno dei due percorsi sarebbe, in caso di moto rispetto all'etere, variato nello st esso rapporto (y), indipendentemente dalla orientazione (5 ). Se i due percorsi sono (or iginariamente) di eguale lunghezza, la differenza di fase tra i raggi in arrivo non muta, al cambiare della velocità rispetto all'etere; se invece le lunghezze sono diverse, anche la differenza tra i numeri di periodi spesi per fare il viaggio longitudinale e quello trasversale (cioè tra i numeri di lunghezze d 'onda nei due percorsi) risulterà alterata e precisamente moltiplicata p er y. Ma nessuna variazione, cioè nessuno spostamento di frange venne osservato , anche operando in diverse ore del giorno e della notte ed in diversi pe;riodi dell'anno. Si noti la differenza di significato tra queste esperienze e quelle di Mic h elson e Morley, che sarebbero state sensibili al moto dell'etere solo in assenza di contrazione; se si ammette l'esistenza della contrazione non si prevedono mutamenti connessi con la rotazione dell'apparecchio ma, nel caso di bracci diseguali, si rivelerebbe una variazione di velocità rispetto all'etere, in direzione qualsiasi. Un'altra esp erienza intesa a mettere in evidenza il moto assoluto, fu eseguita da Trouton e Noble nel 1903. Un condensatore carico veniva sospeso in modo da essere libero di ruotare intorno a un asse perpendicolare alla direzione co~giungente le due cariche. Se tutto l'apparecchio si fosse trovato in moto rispetto al riferimento assoluto (cioè rispetto all'unico sistema di rjferimento per cui si credevano valide le leggi di Maxwell pel'elettrom agnetismo )" si sarebbe potuta avere una coppia di forze, di natura magn etica, tendente a produrre una rotazione intorno alla sospensione (v. a d es. Rosser). Ma il risultato fu anche qui del tutto negativo , e mise in eviden za ancora una volta l'esistenza di problemi a cui non pareva possibile dar e una soluzione.

    qu elli di Einstein . Anche il concetto di velocità limite , nel senso einsteiniano, v iene in tal caso abbandonato . ( 5 ) Riprendendo i calcoli fatti p er la esperienza di Michelson, si vede che , mentre il tempo p er u n p ercorso trasversale è anche in questo caso moltiplicato per y, non essendoci contrazione trasversale, quello p er un p ercorso longitudinale si moltiplica p er y 2 p er effetto della composizione d elle velocità, ma si divide p er y, p er effetto d ella contrazione.

    La crisi delle teorie classiche

    19

    Poiché nessuna delle ipotesi pensabili in accordo con i princ1p1 della fisica classica reggeva alla prova dei fatti, bisognava rivedere tutto il problema alle sue basi, arrivando ad una revisione dei principi fondamentali. Tale revisione fu proposta da Albert Einstein nel 1905, con la teoria della relatività (ristretta) e porta a modificare i concetti stessi di spazio e di. tempo, rendendo anche non necessaria l'ipotesi della esistenza dell'etere cosmico. Storicamente, come si è detto, le prime idee della teoria di Einstein ebbero origine da considerazioni sui fenomeni elettromagnetici (v. Einstein [l] ), ma poiché esse si applicano ai concetti fondamentali che stanno alla base di tutta la fisica, possiamo iniziare lo studio anche da altri punti di vista, come del resto fece Io stesso Einstein nell'articolo citato.

    4 TEORIA DELLA RELATIVITÀ RISTRETTA

    Galileo Galilei già si era reso conto che le leggi della meccanica sono invarianti rispetto· ad un moto relativo traslatorio rettilineo ed uniforme (principio di relatività galileiana); aveva cioè affermato che non è possibile, mediante esperienze meccaniche, rivelare se il sistema di riferimento in cui si trova l'osservatore sia in moto oppure no. Egli tuttavia non escludeva l'esistenza di un riferimento assoluto, cioè ammetteva la possibilità che uno tra i tanti sistemi inerziali si differenziasse dagli altri per il fatto di essere fermo (in senso assoluto). D'altra parte ·tutti gli scienziati, prima di Einstein, ammettevano tacitamente che il tempo fosse assoluto, cioè che, una volta fissato un opportuno sistema di (realizzati in pratica, ad esempio, da moti periodici), il tempo trascorso tra un istante iniziale (origine dei tempi) ed un evento qualsiasi risultasse uguale per tutti gli osservatori dell'universo, in qualsiasi posizione ed in qualsiasi stato di moto si trovassero. Secondo Einstein queste due ipotesi non sono necessarie, anzi, sono in contrasto con i fatti sperimentali : esse non possono quindi essere incluse tra i princìpi fondamentali della fisica. Si inizia così una critica a concetti ritenuti verità evidenti e intangibili e si affida la sdluzione dei problemi rimasti aperti ad una ridefinizione operativa dello (inteso come distanza o coordinata posizionale) e del >. La lunghezza, ad esempio, non è più considerata come proprietà intrinseca di un corpo (del resto un >, come vedremo, non esiste) ma tale grandezza dipende anche dallo stato di moto dell'osservatore. Da queste premesse conseguono alcuni risultati, apparentemente strani, che sono dovuti alla natura stessa del tempo e dello spazio, e quindi non sono legati a proprietà speciali degli oggetti osservati.

    *** La teoria di Einstein generalizza il principio di relatività di Galileo, affermando che in nessun modo, cioè con nessuna esperienza fisica, è possibile mettere in evidenza uno stato di moto assoluto ; non esiste perciò uri riferimento assoluto e tutti i sistemi inerziali sono equivalenti tra oro. [20]

    Teoria della relatività ristretta

    21

    La teoria della relatività ristretta (v. Einstein [l ]) (1 ) si basa su due princìpi, la cui validità risulta dai controlli sperimentali di molte loro conseguenze, che sino ad oggi confermano ottimamente le previsioni t eoriche. I° - Principio cli relatività Le leggi naturali sono le stesse m tutti i sistemi inerziali.

    11° - Principi.o cli invarianza della velocità della luce La velocità della luce nel vuoto è la stessa in ogni sistema inerziale e m tutte le direzioni. Parlare di velocità della luce (nel vuoto) è un modo breve per r iferirsi a lla - velocità di tutte le onde elettr~~gnettche, perché nel vuoto non si ha dis e1:-sione cromatica. Lo stesso Einstein fece osservare chè se la velocità fos~e dive;~ pe:rT diversi colori, all'inizio o alla fine di un'eclissi essi dovrebbero apparire separatamente. Oltre ai due principi enunciati è necessario (v. Recami; Bertin) porre alla base della teoria altre ipotesi, che peraltro erano già note anche se non esplicitamente espresse : quella della omogeneità e isotropia dello spazio e quella della omogeneità del tempo. Cioè ogni punto dello spazio è identico ad ogni altro e intorno ad esso non esistono direzioni privilegiate ( 2 ); analogamente gli del tempo sono indistinguibili. Naturalmente queste affermazioni valgo1!9 solo in assenza di corpi o altri enti fisici (radi~zio:i_li) la cui presenza dia_origine a disom?geneit~ _anisotropia. Assieme alla enunciazione dei princìpi, rendendosi conto che in base ad essi i concetti classici di spazio e tempo sarebbero stati rivoluzionati, lo st esso Einstein si preoccupa di fissare le definizioni operative necessarie per stabilire i nuovi concetti. La contemporaneità (simultaneità) di eventi che accadono in due punti diversi dello stesso sistema di riferimento è assicurata accordando due orologi identici a mezzo di segnali luminosi, t enendo conto del fatto che il tempo impiegato dalla luce per andare o per tornare, è lo stesso; di qui si ricava il concetto di durata. La lunghezza si misura al solito modo , giustapponendo un regolo unitario, se l'osservatore è fermo rispetto all'oggetto osservato; se invece c'è moto relativo, l'osservatore' deve prima segnare, nel proprio sistema di ri-

    o

    ( 1 ) L a teoria sviluppata n el 1905 prende il nome di >, p er distinguerla dall'altra, assai più complessa, sviluppata dal 1908 al 1916, che coinvolge i concetti di accelerazione del s istema di riferimento e di gravitazione (teoria della relatività generale). Di quest'ultima faremo cenno più oltre. ( 2 ) Infatti le leggi fisiche, come ad esempio la legge di Coulomb, non si modificano né per una traslazione né p er una rotazione degli assi.

    22

    Teoria della relatività ristretta

    ferimento, due punti, P 1 e P2 che sono occupati n ello stesso istante (giudicato dai propri orologi) dagli estremi dell 'oggetto e poi misurare, al solito modo, la distanza tra P 1 e P 2 , che sono fermi rispetto all'osservatore.

    * * * Il primo principio va inteso nel senso che le formule che esprimono le leggi fisiche (di qualsiasi natura e non solo quelle m eccaniche) sono formalmente invarianti (3 ) rispetto ad una trasfotmazione di coordinate che permetta di passare da un sistema inerziale ad un altro. Il secondo afferma la costanza della velocità della luce, che è indipendent e sia dal moto della sorgente che da quello dell 'osservatore, ed è la stessa in ogni direzione, per qualsiasi osservatore. Il fatto che la velocità della luce è indipendente dal moto della sorgente era già noto dalle esperienze sulle stelle doppie, ecc., e compatibile con l'ipotesi dell'et ere; esso invece contrasta con le ipotesi balistiche, che suppongono che la luce si propaghi in modo analogo ad uno sciame di proiettili. L'indipendenza dalla velocità dell 'osservatore è invece inammissibile per entrambe le antiche teorie . Si noti che, ammesso il principio di relatività e la indipendeuza dal moto della sorgente (v. Einstein (1 ]), l'indipendenza dal moto dell 'osservatore diviene una conseguenza immediata, perché i due casi (si muova la sorgente o si muova l'osservatore) diventano indistinguibili. La velocità d ella luce, e di tutte le radiazioni elettromagnetiche n el vuoto, non dipende dunque d al moto relativo tra sorgente e osservatore, né da un eventuale moto assoluto (traslatorio, rettilineo ed uniforme) di entrambi, che non può essere rivelato da n essuna esperienza e perciò è privo di significato fisico. Da ciò consegue anche che l'etere, che non è più necessario alla teoria né rivelabile dall a esperienza, è, seguendo Einstein, definitivamente elim inato, insieme al r iferimento assoluto (4 ).

    (3) L 'invarianza della forma, o formulazione covariante, o covar ianza, delle leggi fisiche (v. anche cap. 17) si ha quando si conserva la forma delle espressioni matematiche che le esprimono. I due m!è)mbri di una eguaglianza s i modificano insieme nel cambiamento cli riferimento, e così fanno tutte le grandezze fisiche interessate, in modo tale cioè da conservare immutate le relazioni che le legano. Ciò s i ottiene automaticamente, nella fisica classica, se le grandezze so no rappresentate da v ettori, le cui relazioni restano immutate, cambiando il s istema di riferimento, m entre invece si modificano le componenti. Analoghe proprietà si possono, come vedremo, attibuire a grandezze definite n ello spaz io-tempo (quadrivettori; quadritensori) che risulta no invarianti rispetto alle trasformazioni di Lorentz. ( 4 ) Alcune recentissime esperienze, di grande interesse p er la cosmologia, sembrano indicare la possibilità di misurare la velocità cli un osservatore (e quindi della T erra) rispetto alla massa distribuita n ell'universo . Ciò avviene mediante accurate misure di intensità, in varie direzioni, della cosl d ett a « radiazione fossile » emessa in un dato stadio della espansione dell'universo (v. cap . 18 e 19) . Il sistema di riferimento rispetto al quale si fanno tali misure dovrebbe contenere, p er così dire, il centro di massa

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    Teoria clella relatività ristretta

    Partendo dai principi enunciati, si giunge ad alcune conclusioni non facilmente accettabili dalla intuizione comune; esse possono essere ricavate sia con ragionamenti diretti, sia osservando la form a d elle trasformazioni di coordinate (trasformazioni di Lorentz) compatibili con i principi einstein1an1. P rendiamo in considerazione un evento ben deter minato nel t em po e nello spazio, come un a esplosione istantanea che avvenga in un dato punto; in un certo sistem a inerziale A , il punto-evento (o punto-istante) sarà Ìdenti-fic ato da quattro coordinate: Xa ; Ya; Za; ta (se alle tre coordinate spaziali si aggiunge il tempo t, trascorso da un arbitr ario istante iniziale ). Secondo la m eccanica classica p er passare ad un altro sistema di riferimento, B, che p er semplicità supporremo coincidente nell 'istante iniziale, col sistema A, e in moto rispetto ad esso nella direzione dell'asse x con velocità v (v. fig. 3) , si calcolano le coordinate nel nuovo sist ema (xb; yb; zb; tb) con le for mule seguenti dette (trasformazioni di Oalileo):

    = Xa Yb = Ya Zb = Za \ tb = ta (

    Xb

    l

    Vta

    ) x. ~ x, Ya = Yb e r eciprocamente Za = Zb la = tb

    + vt, ( 4.1)

    Ma queste trasformazioni non sono compatibili con i postulat i cli Einstein: basti dire che la velocità d ella luce risulterebbe diversa per diversi osservatori, e perciò , anche se si accordano con l 'esperienza comune dei nostri sensi e con la nostra intuizione, che su tale esperienza· è basata, sono in constrasto con i r isultati sperimentali. Applicando i principi di Einstein, è possibile determinare (5 ), in modo univoco , i coefficienti di un sist ema di t rasformazioni lineari tra le coordi-

    dell'universo e v iene talvolta indi cato col nome di « riferimento assoluto>>. Non bisogna p erò confondersi sul significato delle p a role : qu esto gener e di > non toglie nulla alla validità d ella r elativ ità (v. R ecami), soltanto vincola gli assi cartesiani a un sistema m ateriale più grande e m eno arbitrario di tanti a ltri. Anzi la t eoria su cui si basano i p resupposti di questo lavoro risulta in una conferm a della r elati v ità gen erale. Secondo un p1m.to di vista molt6 a ntico si scegli eva, come si è detto (v . nota (4) cap. 2), il riferiment o alle né delle nuove né delle vecchie teorie. Come si è detto , se il rapporto v/c è piccolo, le trasformazioni relativistiche si approssimano a quelle di Galileo; in questo caso tutte le equazioni della meccanica relativistica assumono l'aspetto di quelle classiche, con una correzione che diventa importante solo se si ha a che fare con altissime velocità o se si richiede una altissima precisione. Perciò, seppure spo-

    'l'eoria della relatività ristretta

    27

    gliata degli attributi magici di verità assoluta, la meccanica classica, come si è d etto, rimane valida per t utte le applicazioni per cui ha dato buona prova. N ella meccanica ordinaria infatti, anche in quella dei missili e dei satelliti e in gran parte dell a astronomia, le condizioni n ewtoniane sono soddisfat te , entro una precisione accettabile.' Quando invece si facciano calcoli relativi a particelle (ad esempio protoni o elettroni) che abbiano, r ispetto al laborator io, cioè al sist em a con cui interagiscono , v elocità prossime a e, le formule relativistiche diven gono n ecessarie e sono usat e correntemente anche nei calcoli di ingegneria, ad esempio n el progetto di acceleratori. Vedremo tuttavia casi in cui la rela tività si m anifesta anche a bassissime v elocit à: sarà n ecessario infatti tener n e conto per interpretare correttamente i fenomeni elettromagnetici.

    Ora dobbiamo fermarci a rifletter e, prima di procedere con i dettagli; abbiamo trovato uno dei migliori esempi che ci consente di apprezzare, nel modo più chiaro e concretamente operativo, il valore ed il significato di tutte le leggi della Fisica. Non esistono, in Fisica, verità assolute , com e il concetto astratto di tempo (il tempo , dio pagano, con la falc e e la clessidra), né esistono leggi che p ossano dirsi v alide in ogni caso e per sempre . E sistono invece relazioni tra grandezze misurabili, ch e permettono di prevedere l'andamento dei fenomeni, sotto det erminate condizioni ed entro un certo limite di approssimazione. Perciò non ci dobbiamo scandalizzare se, ad esempio, pur sapendo che la materia è discontinu a e inomogenea a livello atomico, troviamo che , nella soluzione di molti problemi, si suppone la continuità, n el senso che si applicano differenzia zioni e integrazioni che considerano infinitesimi di volume. Questi preziosi metodi di calcolo ci offrono altrettanto p reziose equ azioni risolventi, per problemi in cui la della m ateria n on si può vedere e non entra n el calcolo, perché le grandezze misurate sono, di fatto , abbastanza macroscopiche. Subito dopo, e facendo uso di qu esti stessi risultati, p er esempio i valori della d ensità, si può passare a con siderazioni in cui gli diven gono essenziali. Si devono però sempre rispettare le condizioni di applicabilità e i limiti di errore t ollerati; ecco perché è t anto pericoloso r isolvere problemi con l'uso di equazioni ricavate da un manuale, che potrebbero essere valide sotto condizioni diverse o con una > diversa. Accettiamo dunque la relatività, con i propri limiti, e, con i propri limiti , conserviamo la m eccanica classica ; con questa impostazione mentale esaminiamo ora come appaiono alcune situazioni , dal punto di vista r elativistico.

    5 ALCUNE CONSEGUENZE DELLA RELATIVITÀ

    Il mondo relativistico, cioè il mondo visto attraverso le trasformazioni di Lorentz anziché quelle di Galileo, appare diverso dal solito , perché le nostre osservazioni sono fatte con velocità relative piuttosto piccole. Per capire di cosa si tratta, cioè la natura stessa delle correzioni relativistiche, facciamo alcuni esempi concettuali; parleremo più tardi dei veri risultati sperimentali. Immaginiamo due astronavi che si incrociano nello spazio (Fig. 3), con velocità relativa v, che supporremo in direzione x, costante ed abbastanza ele~ a, -perché .la correzione relativistica sia maggiore dell'errore degli strumenti di misura. Ciascuno dei due veicoli porta un osservatore, dotato di un laboratorio attrezzato per eseguire misure su oggetti che si trovino sia nella propria cabina che nell'altra; ciò si pensa possibile a mezzo di segnali luminosi e radio, per esempio si può impostare tutto il calcolo sulla Ya Za

    X

    Fig. 3. - Due s istemi di riferimento inerziali, in moto relativo traslatorio rettilineo ed uniforme, lungo una direzione assunta come asse x p er entrambi i sistemi. Gli assi sono vincolati a due corpi materiali (le astronavi A e B). L a velocità r elativa di B rispetto ad A è indicata dal vettore v.

    (28]

    Alcune conseguenze della relatività

    29

    ipotesi che le misure siano ottenute facendo uso di radar (v. ad es. Rosser). Per il principio di relatività, nessuno_dei due potrà decidere se si trova o no in moto, ma potrà misurare la velocità relativa tra i due sistemi, che sono in condizio11i p erfettamente simmetriche. Se ora i due misurano la-iùnghezza -di una sbarra, portata da una delle astronavi e disposta in direzione y oppure z (o nel piano y -z), i risultati sono concordi : infatti le coordinate degli estremi sono uguali nei due sistemi di riferimento . Ma sulla misura di certe altre grandezze i due osservatori non vanno d 'accordo. Una sbarra portata dal sistema A e dispost a nella direzione dell 'asse x, risulta all'osservatore A funga l metri. Se- ora l 'osserntore 1r ripete la misura, ottiene una lunghezza minore, e precisamente l /y; cioè tutti gli oggetti portati da A appaiono a B contratti n ella direzione del moto ;elativo. Ma, p er la perfetta simmetria tra i due sistemi, tutti gli oggetti, portati dalla astronave B appaiono ad A contratti nello stesso rapporto, sempre n ella direzione del moto; cioè ognuno degli osservatori vede l'altro sempre più appiattito al crescere della velocità relativa (Contrazione di Lorentz; v. nota (4) cap. 3). - D'altra parte anche il tempo risulterà diveEso : se i due astroJ:!autiJ:ian~o sincronizzato i proprÌ orofogi all'istante dell'incrocio, troveranno, via via che sia llontanano , sempre maggiori differenze nelle rispettive indi;azioni ; sembrerà cioè a ciascuno che l'orologio dell'altro rimanga indietro, cioè che vada più piano (dilatazione del tempo). ~ La durata di un fenomeno qualsiasi appare ad ogni osservatore più lunga, nel rapporto y, se il fenomeno, con identiche caratteristiche, si svolge nell'altro sistema. Eddington (1) propose un grazioso esempio che possiamo presentare come segue: supponiamo che la velocità r E)lativa dei due veicoli sia di circa 260.000 km /s, cioè tale che il rapporto y valga 2; se ora i due astronauti accendono un sigaro al momento dell'incrocio , ciascuno dei due, ricevendo segnali t elevisivi e facendo il calcolo del ritardo, dovuto al tempo di viaggio delle onde elettromagnetiche, concluderà che il sigaro dell'altro è durato il doppio del proprio (a p arità di altre condizioni). Poniamoci ad esempio n ell'astronave A : dopo 30 minuti dall 'incrocio avremo finito il nostro sigaro, dopo altri 82 minuti (cioè dopo 112 min. dall'incrocio) vedremo nel teleschermo il viaggiatore B finire il suo e, a conti fatti, sempre servendoci del nostro orologio, concluderemo che il sigaro di B è durato 60 min. Ma le conclusioni di B saranno del tutto simmetriche : egli, serven dosi del proprio orologio , finirà il proprio sigaro in 30 minuti, ma concluderà che il nostro è durato 60. Naturalmente ciò che si è detto per il sigaro può ripetersi per qualsiasi intervallo di tempo determinato da fenomeni ( 1 ) L'esempio si trova in >, un libro che Eddigton scrisse poco dopo aver controllate le previsioni della teoria generale d ella relatività, osservando l'eclissi totale di sole del 1919. I primi capitoli sono chi a ri ed avvincenti e ne consigliamo senz'altro la lettura; non tutto ciò che è esposto n el resto del volume è utile ai fini della chiarezza concettuale e può generare qualche confusione (v. Eddington) .

    30

    Alcune conseguenze della relatività

    che, su ciascuna astronave, siano visti svolgersi in identiche condizioni fisiche. Ciò perché i nostri risultati (apparentemente assurdi ) sono stati ricavati dalle equazioni di Lorentz, ossia in base a principi generali, e non da considerazioni sulla combustione del tabacco. Quindi tutti i fenomeni , meccanici, elettrici, biologici, ecc., appaiono rallentati (nello stesso rapporto) quando osservati d a A su B oppure da B su A. Ecco pe'°i.- ché s1 parla di dilatazione del tempo e perché ~ inutile cercare spiegazioni che -suppongano effetti della velocità sui sis temi fis_icL__ se ci fo-ssero verrebbero a negare il principio di relatività (vedasi anche nota (4) cap. 3).

    * * * Per comprendere come si ottengano questi risultati sorprendenti, si può risalire direttamente ai concetti di spazio e tempo secondo la relatività, cioè alle definizioni operative di durata e di lunghezza, a cui abbiamo accennato. Si possono descrivere , pur accetta ndo la contra zione delle lungh ezze e la dilatazione dei t empi; ciò rientra n ella molteplicità d elle possibili impost a zioni t eorich e di cui si è fatto cenno (v. nota (4), cap. 3).

    32

    Alcune conseguenze della relatività

    Consideriamo ora una sbarra posta nella astronave A e giacente nella direzione x del moto relativo, che l'osservatore A giudica lunga un metro. L'osservatore B, per valutare la lunghezza di questa sbarra, dovrà osservarne gli estremi contemporaneamente, cioè dovrà assicurarsi che la coordinata tb sia la stessa per i due eventi che corrispondono al rilevamento della posizione dei due punti. Partiamo quindi dalle trasformazioni di Lorentz, eguagliando t'b e t" b; ricaviamo da questa equazione la differenza (t" a - t' a) che viene poi sostituita nella espressione di lb che dà '1a lunghezza della sbarra vista da B. Si ha cioè: t'b = t"b;

    ('

    ta -

    X~)

    V~

    ("

    X~)

    ta-V--

    y

    c2

    y

    da cm (tal/ -

    ta1 )

    = ~ (Xa-XaI ) ; I/

    c2

    e poiché si -ha, dalle (4.2)

    sostituendo otteniamo 2

    lb = y (xaIl -

    I • ( 1 Xa)

    ~V - )

    = -

    l

    y

    ,, (xa -

    , Xa)

    =-

    1

    y

    la

    (5.2)

    cioè la lunghezza della sbarra vista da B appare ridotta rispetto a quella vista da A, é piec"isamente divisa per y. ~ -

    **

    *

    A questo punto conviene riflettere sul significato delle relazioni trovate. Ci si può chiedere, ad esempio, se sia lecito dire che i corpi in moto si contraggono o che gli orologi in moto rallentano, o meglio quale senso fisico si debba attribuire a queste espressioni. Senza entrare nella discussione, piuttosto complessa e non opportuna in questa sede, sulla questione se le contrazioni si possano , osserviamo che le lunghezze ridotte e gli intervalli di tempo allungati sono il risultato delle misure che ciascun osservatore fa nel sistema dell'altro, servendosi dei propri riferimenti, ad esempio dei propri orologi (che saranno dislocati nelle posizioni opportune e tutti sincronizzati, rispetto all'osservatore, mediante segnali luminosi). Nel fare i propri calcoli ciascuno

    Alcune consegiienze della relatività

    33

    avrà tenuto conto di tutte le correzioni necessarie, ma non ha avuto bisogno di prendere in considerazione gli effetti della relatività, dato che ha fatto tutte le osservazioni nel proprio sistema. Se ora l'osservatore A, che ha fatto le proprie misure e conosce la velocità relativa, vuole trovare quali siano i risultati ottenuti da B, può trovarli applicando le trasformazioni di Lorentz. In questo modo ciascuno può calcolare i valori delle distanze e delle durate che sarebbero misurati da un osservatore fermo rispetto agli oggetti della misura, quelli che vengono chiamati lunghezza di riposo e tempo proprio. I risultati di questo calcolo, che tiene conto dellà relatività, sono dunque gli stessi, qualunque sia il sistema da cui sono state fatte le misure iniziali (3 ). Viene spontaneo chiedersi, a questo punto, se gli effetti relativistici debbano essere considerati o se siano soltanto apparenze, cioè deformazioni della realtà dovute al moto relativo. La questione, in questi termini; è mal posta, dato che la parola non è sufficientemente definita. Le misure di ciascun osservatore sono certamente tanto reali quanto quelle di qualsiasi altro, in quanto sono ripetibili e controllabili, quanto ogni altra misura: esse mostrano la realtà da un certo punto di vista. D'altra parte non occorre pensare a modificazioni fisiche, ad esempio ad un accorciamento della sbarra, perché gli atomi si addensano, come pensava Lorentz. Un fenomeno del genere, se rivelabile sperimentalmente, sarebbe contrario al principio di relatività perché farebbe distinguere l'oggetto fermo da quello in moto. Si deve invece riflettere sul fatto che la lunghezza misurata non è una proprietà caratteristica della sbarra, ma dipende anche dal modo con cui è fatta l'osservazione, e questo modo è diverso per gli osservatori A e B (v. Persico). Un paragone intuitivamente efficace (ma piuttosto grossolano, cioè da non spingersi alle ultime conseguenze!) può essere fatto con gli effetti di prospettiva, che presentano con la contrazione di Lorentz una certa analogia formale (4). Ogni osservatore vede gli oggetti lontani più piccoli di quelli vicini (ad es. in un viale di cipressi uguali), cioè li vede sotto un angolo visuale minore. Se non conosce la distanza, o ignora la prospettiva, dovrà limitarsi a comunicare ciò che ha osservato, ma conoscendo la distanza potrà risalire alla lunghezza, quale sarebbe misurata direttamente sull'oggetto, cioè da un osservatore vicino. Possiamo, ad esempio, immaginare il rap-

    (3) La lunghezza di riposo (o lunghezza propria) di un oggetto è la massima tra tutte quelle osservate sullo stesso oggetto da diversi osservatori inerziali; analogam ente il tempo proprio è il più breve. ( 4 ) Si noti bene che questo paragone, come quello seguente, non ha nulla a eh~ fare con la relatività, se non p er mostrare possibili divergenze di giudizio da p arte di diversi osservatori. Queste divergenze p erò non ci sorprendono , perché siamo abituati a rilevarle direttamente con i nostri sensi, nella vita comune, m entr e ciò non avviene p er la contrazione di Lorentz. Per altre possibili interpretazioni della «contrazione» facciamo ancora riferimento alla nota (4) del cap. 3.

    34

    Alcime consegiienze della relatività

    porto di uno scienziato che ha fotografato un >. L 'oggetto a ppare sulla lastra approssimativamente d elle stesse dimensioni d el campanile che si trova a 1 km dalla macchina fotografica; non è tuttavia possibile determinarne il diamet ro non_ conoscendo la distanza dell'oggetto. Un altro p aragone, che p uò servire a chiarire sino a che punto si possano considerare > le variazioni relativistiche di lunghezza e di dur ata, può farsi con l'effetto Doppler. Facciamo un esempio tratto dalla acustid (pur ricordando che un effetto Doppler esiste anche p er la luce (5 )) , in cui intervien e un ben noto fenomeno fisico : qui non si ha più dunque l'analogia formale dell'esempio precedente ma solo un casQ, t ra tanti, in cui due osservatori eseguono misure con risultati diversi, su ciò che può dirsi lo stesso oggetto (cioè qui l 'onda sonora). Questo ci servirà a meglio comprendere che, come la frequenza ricevuta non è una proprietà del fischietto, ma dipende anche dal modo con cui l'ond a arriva all 'osservatore, così la lunghezza non è solo una proprietà della sbarra osservata. Tutti sappia mo che il fischio di una locomotiva che sta avvicinandosi si sente più acuto di quello che si riceverebbe dalla st essa locomotiva ferma, e che, se la sorgente si allontan a, il fischio si sente più basso. L a frequenza misurata dall'osservatore è quella del suono che sent e, che, in questo senso, è p erfettamente reale; ma, se la locomotiva è in moto, questa frequenza è diversa d a quella del fischietto , che non si è certo alterata per effetto del movimento. Se ora, su due locomotive che si vengono incontro , m ettiamo in azione due fischietti identici (cioè che diano la st essa frequenza se ascoltati da fermi ), ognuno degli osservatori , posto su una locomotiva, > più acuto il suono dell'altra, m entre quello della propria gli apparirà invariato (6). N essuna delle due osservazioni è una illusione dei sensi, le frequenze possono essere misurate , registrate, ecc.; esse r appresentano dunque dei d ati sperimentali controllabili. Solo conoscendo le condizioni di moto delle locomotive e dell'aria che trasmette il suono, ogni macchinista potrà calcolare la > dell'altro e sapere anche quale è la nota con cui è ricev uto il proprio fischio dal secondo osservatore. Gli esempi ci consentono quindi di non meravigliarci delle discordanze che appaiono nelle misure relativistiche, cioè del fatto che lunghezze, du-

    ( 5 ) Naturalmen te esiste una teoria relativ istica dell'effetto Doppler ed essa d à risultati diversi da qu ella classica. P er il su ono n on è il caso di cercare corr ez ioni , che sono minime, ma p er l'effetto osser vat o s ulle onde lu minose l'esp erienza ha dimostrato ch e i valori r icavati d alla teor ia d ella r elatività sono corretti, mentre quelli d ella teoria classica si scostano d alla realtà, tanto più quanto più è grande la velocità r elativa tra sorgente e osser vat ore (v . nota (4) al cap . 17). ( 6 ) R icordiamo ancora, a scanso di equivoci, ch e l 'effetto non è dovuto a fenom eni relativistici e che quanto s opra serve solo a d a re un esempio di disaccordo tra due osserva tor i.

    Alcune consegirenze della relatività

    35

    rate, ecc . siano viste diversamente da diversi osservatori. La nostra meraviglia deriva solo dal fatto che la velocità della luce è molto grande rispetto alle velocità relative della vita ordinaria e quindi non siamo abituati a rilevare gli effetti relativistici con i nostri sensi. Ricordiamo del resto che, conoscendo la velocità relativa e le trasformazioni di Lmentz è sempre possibile per ogni osservatore calcolare i risultati delle misure dell'altro, oppure introdurre nei propri calcoli le così dette >, che servono a tener conto delle deviazioni dalla fisica classica. Si arriva poi, come abbiamo accennato, ad esprimere tutte le leggi fisiche in una forma che rimane invariata passando dall'uno all'altro riferimento (per ora solo riferimenti inerziali; il metodo è poi esteso dalla relatività generale) e quindi con assai grande generalità.

    6 CO1\1POSIZIONE DELLE VELOCITÀ; VELOCITÀ LIMITE

    Immaginiamo che nel sistema di riferimento B, che trasla uniformemente con velocità V rispettoaCsistema A, nella-direzione dell'~sse ~ e in sens_o :R_ositiyo_(1 ), un punto P sia in moto rettjlin~o e uniforme in dir~zione_q!!~,l~ia~, e che la sua velocità rispetto a B ~ia Ub. · - - Secondo la-meccanica classica la ;.elocità di P vista dal sistema A si _____ ottiene sommando vettorialmente la velocità di trascinamento V con la ub, cioè si ha : Ua = Ub + V _.

    equivalente alle corrispondenti tre relazioni tra le componenti cartesiane, che risultano altrettanto semplici: Uax

    Ubx

    (6.1)

    Uay Uaz

    +V

    Ubz

    Quando si introducono le correzioni relativistiche, tali . relazioni non possono essere dtenute y~lide 1 _per ché si m~difican; si~ gli sp~zi ~he le du: rate passando da un sistema all'.altro; occorre quindi cercare nuove espress-ioni che cons~ntino di t rovare la velocità relativa ad A. La componente Uax della velocità del punto P rispetto al sistema A può essere definita come il limite del rapporto incrementale /:j.xa / /:j.ta e calcolata come derivata, cioè passando al limite per /:j.ta ~ O. Analogamente si definiranno Uay e UazPer ottenere in modo spicciativo i risultati, a partire dai valori noti nel sistema B, si potrà differenziare le espressioni di Xa,_ Ya e za date dalle trasformazioni dìLorent~ (4.2) e di_;.idere-ciascuna per la relazione dta

    = ( dtb

    +

    ottenuta in modo analogo. ( 1 ) Ricordiamo che essendo arbitraria la scelta degli assi, quanto sopra non pone alcuna restrizione al moto relativo, traslatorio, r ettilineo e uniforme, dei due sistemi .

    [36]

    Composizione delle velocità; velocità limite

    37

    Si giunge comunque alle seguenti espressioni per le componenti di ua

    Uax

    1

    +

    Ubx • V

    c2

    1 Uay

    Uby

    y

    +

    1

    1 Uaz

    Ubx • V

    (6.2)

    c2 Ubz

    y 1

    +

    Ub.i; • V

    c2

    dove, come sempre, y

    1

    V -(+r 1

    È interessante notare che anche le componenti perpendicolari alla direzione del moto relativo risultano modificate e che tutte queste espressioni si riducono_~ _quelle classiche se la velocità i·elativa v dei due sistemi è iccola rispetto alla velocità della luce 1:_. Nel caso particolare in cui ~~i~ paraU_tla a v, ~ioè quando le due velo cità da comporre siano nella stessa direzione, si applica evidentemente solo la prima di -queste espressioni perché le altre componenti risultano nulle anche nel sistema A. ~

    può. ~sare cioè la semplice formula seguente:

    1

    +

    (Teorema di Einstein sulla addizione della velocità)

    (6.3)

    Esaminando questa formula si ricava immediatamente che nessuna velocità relativa può essere maggore di e ; infatti anche se la somma dei moduli (ub v) è maggiore di e, Ua risulta minore dCc, fin che si arrivi al caso limite in Cl1i unao entrambe le velocità da sommare siano eguali a e: in ~~sti casi si avrà Ua = C. Se ora osserviamo due particelle che si muovono, nel sistema del laboratorio, venendosi incontro con velocità tali che la somma dei loro moduli sia maggiore di e, noi possiamo concludere (agli effetti delle nostre osservazioni) che esse si avvicinano l'una all'altra con velocità superiore

    +

    38

    Composizione clelle velocità; velocità limite

    a quella della luce; cioè se misuriamo la dist anza tra le due particelle e calcoliamo >, troviamo un valore pari alla som ma delle due velocità. Ma >. Se esistessero agenti capaci di portare un m essaggio a velocità su periore a c, si dovrebbe modificare dalle basi tutta la teoria del tempo rela tivistico, oppure ammettere che possono esistere sistemi dai quali una certa è vista seguire nel t empo il proprio >. Tentativi di escogitare velocità superiori a c non ne sono man cati, ad esempio questo: due raggi laser, partendo da un laboratorio , si in crociano nello spazio ; se si ruota uno dei sistemi ottici il punto di incrocio dei raggi si allontana a velocità che può essere superiore a c. II difetto del r agionamento sta n el fatto che in quel punto di incontro non si potrà sapere nulla dello spostamento, fin che non sono arrivati i fotoni proiettati dal laser ruotato, e questi arrivano con velocità c. È anche vero che alcune entità considerat e dalla fisica t eorica viaggiano

    Composizione delle velocità; velocità limite

    39

    più veloci di e, ad esempio le >, che determinano la configurazione di diffrazione di un fascio di elettroni; ma la risposta è la stessa: la figura in effetti non si forma finché non sono arrivati gli elettroni, la cui velocità è inferiore a c. Non si sa peraltro che cosa possa riserbarci il futuro: si è parlato, in certe teor ie, di par ticelle (le >) per cui il t empo p roprio scorrerebbe in senso negativo (v. Dutheil) e si parla di Tachioni (v. R ecami), cioè particelle più veloci della luce, immaginate per completare un quadro, per ora solamente teor ico, dei fenomeni della natura. Nel considerare queste nuove proposte del pensiero, 11011 dobbiamo co munque dimenticare ciò che si è detto sulla validità e il significato delle teorie e delle leggi della fisica (cap. 4). Rimanendo nell'ambito della relatività ristretta, possiamo vedere che una conseguenza, tra le tante, di queste considerazioni, è l 'impossibilità della esistenza di un corpo perfettamente rigido: se infatti esistesse un oggetto dotato cli tale proprietà, ogni spostamento di un suo estremo sa-rebbe accompagnato da uno spostamento, contemporaneo, dell 'altro, cioè si avrebbe, da un estremo all'altro, la propagazione istantanea cli un segnale, che viaggerebbe con velocità infinita. Ciò non è possibile, secondo la relatìvità, ma è interessante osservare che se esistessero segnali con velocità infinita (che sarebbe in tal caso la velocità limite) le leggi relativistiche si ridurrebbero a quelle della fisica classica. Si può vedere infatti, ponendo e = oo nelle equazioni relativistiche, che esse si riducono alle forme classiche; per esempio le trasformazioni di Lorentz (4.2) divengono trasformazioni galileiane (4.1), e le .::-elazioni per la addizione delle velocità (6.2) si riducono alle (6.1). In particolare sarebbe sempre y = 1 e non si osserverebbero contrazioni delle lunghezze né dilat~zioni dei tempi. Si può dire dunque che la fisica classica è basata sulla implicita ammis S~_E:e della esistenza di segi1ali che viaggino con velocità infinita. È chiaro da quanto precede che anche il terzo principio della meccani ca di Newton deve oggi essere modificato, in qwmto le interazioni, intese come azioni a distanza, non possono dar luogo ad azione e reazione che siano ad ogni istante di identico valore, perché una modificazione dello stato di uno dei corpi non può essere risentita dall'altro se non dopo che sia trascorso un tempo sufficiente per la propagazione, con una velocità che può essere, al massimo, eguale a quella della luce (v. cap. 12) . In relatività, poiché h>. t,asmissione di energia e quantità cli moto (e di momento angolare) t r a due corpi durante una interazione deve avvenire con una velocità non superiore a e, è necessar io che queste grandezze siano tempor aneamente accumulate nello spazio. Si intr oduce perci ò il concetto di campo, con un significato più esteso e più concreto di quanto abbiamo visto sin ora (v. cap. 2); il campo riceve l'energia e la quantità di moto (che, come vedremo, sono le componenti di un o stesso vett ore quadridimensionale) e le trasmette, obbedendo alle equazioni di propagazione; il campo dunque determina il comportamento dei corpi .

    40

    Composizione delle velocità; velocità limite

    Azione e reazione, pur non essendo più costantemente identiche, si bilanciano però complessivamente entro un certo t empo, che risulta t rascurabile nei problemi ordinari, in cui non siano coinvolti tempi molto brevi o distanze molto grandi. Tenuto conto di questo si avranno dunque, anche in relatività, le leggi di conservazione delle grandezze considerate, con le modifiche di cui si farà cenno più oltre.

    7 VERIFICHE SPERIMENTALI DELLA CINEMATICA RELATIVISTICA

    Le relazioni spazio-tempo come ad esempio la compos1z10ne delle velocità, sono soggette a verifica sperimentale; qualcuno potrebbe dubitarne ed osservare che la cinematica, come la geometri.a, si ricava con metodi puramente matematici e che quindi ogni verifica si riduce ad un semplice controllo dei calcoli. Ma ciò che si vuol controllare non sono le dimostrazioni dei teoremi, ma i principi fondamentali, cioè i postulati da cui si parte. In sostanza si vuol verificare se la natura dello spazio e del tempo in cui viviamo corrisponda meglio alla descrizione data dalla teoria classica oppure, a quella della relatività. L 'esperienza di Michelson è certo una prova sperimentale della relatività, ma ce ne sono molte altre (1) che possono contribuire a togliere ogni dubbio anche ai conservatori ad oltranza; tra queste sono particolarmente interessanti quelle che si possono ricavare dalla osservazione di particelle lanciate ad alta velocità. Il Pione, o mesone :n:, che può essere prodotto artificialmente in laboratorio, subisce un decadimento radioattivo, trasformandosi spontaneamente in un muone (mesone µ) più un neutrino. Il tempo di dimezzamento (proporzionale alla vita media) dei pinni, osservati in condizioni di riposo (o a bassa velocità) è di circa due centesimi di microsecondo; ciò significa che, dopo questo intervallo di tempo, una popolazione di tali particelle è ridotta alla metà. Se un fascio di pioni viene lan ciato, anche ad altissima velocità, prossima a quella della luce, è possibile contare quante particelle hanno subìto il decadimento e quante no, ponendo un rivelatore lungo il fascio, ad una certa distanza dalla sorgente. Anche attribuendo alle particelle una velocità pari a quella della luce, esse durante il tempo di dimezzamento non potrebbero percorrere più di circa sei metri: a qualsiasi distanza maggiore, si dovrebbe dunque trovare la popolazione del fascio rkl.otta a meno della metà, seguendo la legge del decadimento. L'esperienza dimostra invece una sopravvivenza molto maggiore; nelle esperienze di Durbin, Loar e Havens (1952) eseguite con par( 1 ) Facciamo di nuovo riferimento ai testi citati e in p a rticolare a quelli di più recente pubblicazione. Anche l'esperienza di Bertozzi, citata più oltre, conferma il concetto di velocità limite ; la composizione relativistica d elle velocità è confermata dalla misura della aberrazione stellare.

    (41]

    42

    Verifiche sperimentali della cinematica relativistica

    ticelle la cui energia era circa 72 Me V e che avevano quindi una velocità pari a tre quarti di quella della luce, lo spazio percorso durante la vita m edia salì a quasi nove metri; in prove più r ecenti è stato dimostrato che, con mesoni di alcuni GeV ( 10 9 elettron-volt) , la distanza corrispondente alla vita m edia sale a oltre duecento m etri ( 2 ). Una spiegazione di questo fenomeno si può dare in due modi: se osserviamo dal sistema del laboratorio , il tempo delle particelle in moto ap parirà r allentato, tutti fenomeni si vedranno avvenire più lentamente e quindi anche il t empo di decadimento auménterà, nel rapporto y. Se invece si osserva dal punto di vista delle p articelle, le lunghezze del laboratorio saranno viste accorciate nello stesso rapporto: cioè per un osservatore che viaggia col fascio dei pioni il decadimento è quello di particelle ferme, ma il tubo dell'acceleratore non è lungo duecento m etri , ma soltanto sei, per la contrazione di Lorentz. In entrambi i casi la conseguenza è la stessa ed i risultati dei calcoli relativistici coincidono esattament e (nei limiti della precisione) con le osservazioni sperimentali. Notiamo che, aumentando l'energia, il t empo di volo cambia assai poco, quando la velocità è già prossima alla velocità della luce, ma cambia sensibilmente il valore di y e quindi l 'effetto relativistico (v. cap. 19, Bertozzi). Altre esperienze, concettualmente analoghe, sono state fatte sui muoni prodotti nell'atmosfera dai raggi cosmici, che arrivano sulla Terra con altissime velocità. Quest e particelle si disintegrano con un tempo di dimezzamento di circa 2 microsecondi; facendo misure del numero di particelle al metro quadrato a varie quote, si trova che la diminuzione dovuta al decadimento segue la legge relativistica. Fu invero la relatività a dare risposta alle domande degli scienziati che, studiando i raggi cosmici, si meravigliavano del fatto che i mesoni µ generati n ell'alta atmosfera potessero giungere sino a noi in così gran numero, percorrendo quindi parecchi chilometri, mentre la distanza di dimezzamento (con velocità e, ma senza dilatazione dei tempi) sarebbe stata di soli 600 metri. D ai felici risultati di queste esperienze si può ricavare un conforto per gli appassionati di astronautica con vedute sul lontano futuro. La velocità della luce è certo un limite invalicabile p er qualsiasi viaggiatore, ma ciò non escludè la possibilità di p ercorrere distanze di moltissimi (3 ) in un t empo proprio abbastanza limitato da essere compreso, ad esempio, nella vita di un astronauta. Naturalmente, per ottenere questo risultato occorre che il veicolo sia lanciato ad una velocità, relativa alle stazioni di partenza e di arrivo, che

    (2) V. cap. 9 p er gli esp erimenti sui muoni che sono stati eseguiti con l'a n ello-di accumulazione di Ginevra. -(3) Un anno-luce è una unità di lunghezza pari alla distanza p ercorsa da un fotone in un anno; tale unità è dell'ordine di 1016 m etri. Si noti l'elegante avvicinamento delle misure di spazio a quelle di tempo, con mentalità pret tament e relativistica, come vedremo.

    Verifiche sperimentali della cinematica relativistica

    43

    sia prossima a e, in modo da ottenere un elevato valore del fattore di Lorentz, y; lasciamo ai posteri il progetto, soddisfatti di sapere che non vi è impossibilità di principio. Ci disturba solo un po' il fatto che, se anche l 'astronauta copre, per fare un esempio, in venti anni una distanza di cento anni-luce, il messaggio che annuncia il suo arrivo non potrà raggiungere la Terra prima di duecento anni (tempo terrestre) dalla partenzà.. C'è chi ha fatto i conti (Sanger, 1957): con una gradevole accelerazione costante uguaJe all a accelerazione di gravità g, si può arrivare, in ventun'anni di tempo proprio, alla distanza di 27.000 anni luce, cioè al centro della nostra galassia, e in ventotto anni alla nebulosa di Andromeda; il t empo terrestre per andata e r itorno sarebbe però di tre milioni di anni per quest 'ultimo viaggio (v. Dutheil; Barbier) (4).

    Se leggiamo un trattato di Fisica abbast anza -vecchio, troviamo la descrizione delle interessantissime esperienze di Fizeau (1851) sulla velocità della luce nell 'acqua in moto, sotto il titolo di . Questo caso può ricollegarsi con quello delle forze agenti su cariche in moto, ed anche qui si ha un effetto di movimento; se poi è il campo magnetico che si muove, o che varia, non è chiaro come potrebbe agire sulle cariche di conduzione che sono (mediamente) ferme. Ritroveremo questi dubbi parlando della legge di Faraday. Questi ed altri simili ragionamenti sono falsati dalla errata impostazione, e quindi, per risolvere i , occorrerà rivedere tutta la mat eria dal punto di vista relativistico, infatti sia la teoria che l'esperienza dimostrano che, in ogni caso, l'apparente assurdo deriva da una scorretta applicazione di qualche legge fisica; nel seguito daremo alcuni esempi di come deva procedere il ragionamento, per risolvere questi casi.

    * * * Ci si può chiedere ora come si possa riconoscere una > e distinguerla da una scorretta : la risposta è, in sostanza, che tutto va bene quando va bene, cioè quando corrisponde ai risultati sperimentali; ma forse non basta questo discorso schematico per togliere ogni incertezza (2 ). Abbiamo più volte fatto cenno (v. cap. 1, 4, 5) ai quesiti che nascono nella mente dello studioso sul significato e la validità delle leggi fisiche; queste domande si riconnettono a problemi di carattere fondamentale , e spesso filosofico. Si pone il problema della , sia dell'universo fisico che dei singoli oggetti della nostra osservazione, e il problema della di quanto viene OSSfrvato; si avanzano dubbi sulla delle leggi e sulla correttezza della loro applicazione. Dato che noi qui non pretendiamo di penetrare le profondità del pen( 2 ) Bisogna riconoscere che i libri, anche i trattati pieni di scienza e di profondissima ed estesa cultura, sono talvolta fatti in modo da non rispondere alle domande, e specialmente a quelle fondamentali. Ciò stimola i lettori ad imparare come porre i propri quesiti, ma può lasciare una certa insoddisfazione. Ci vuole tolleranza per le lacune, nostre e altrui.

    78

    Qualche osservazione introduttiva all'elettrologia

    Siero filosofico, né quindi di impegnarci in una giustificazione completa della validità della Scienza, le risposte possono essere trovate in modo abbastanza semplice, sufficiente a dare una interpretazione ingenua, ma tale da consentire di operare con la coscienza tranquilla. Si può partire dalla informazione trasmessa direttamente dai nostri sensi, anche se oggi siamo perfettamente sicuri che questi messaggi, da soli, ci dicono ben poco dell'intima struttura della materia e della natura delle cose (3 ); la ripetizione di sensazioni analoghe, in analoghe circostanze, e le inteyconnessioni che il nostro cervello :ì.tabilisce, ad esempio tra la vista ed il tatto, consentono una certa prevedibilità dei fenomeni e ci danno un senso di sicurezza. È questo in sostanza che, esteso alle osservazioni strumentali, ci fornisce quanto basta di> e di . Nessuno può essere certo, in assoluto, che domani sorgerà il Sole, ma l'esperienza insegna che sorgerà; il Sole stesso illumina e riscalda la Terra e, pur rimanendo intangibile, influisce concretamente su tutto il nostro mondo, confermando il proprio comportamento ad ogni controllo: il Sole fa dunque parte della nostra >. A questo punto, per dire se la nostra interpretazione è , cioè corretta a tutti gli effetti pratici, occorre estendere l'osservazione a tutte le prove possibili e stabilire con grande chiarnzza le definizioni operative di tutte le grandezze che riteniamo utili per giungere a relazioni quantitative. Questa scelta consente una notevole libertà: si possono rappresentare gli stessi fenomeni con diversi insiemi di grandezze e con diverse formulazioni dei loro legami. Si vedano come esempi: il metodo di , che tratta i poli di una calamita come sedi di>, e il campo B come un campo conservativo, in contrasto con la impostazione moderna di cui diremo al capitolo 14. Quella interpretazione dei fatti ha.ormai come solo merito una certa eleganza matematica e, come demerito, l'invenzione di entità che non possono venir inserite nel quadro generale dell'eìettromagnetismo; anch'essa, tuttavia, in un ambito ristretto, cioè sotto certe condizioni restrittive, può dare risultati corretti; sotto le stesse condizioni è lecito quindi attribuire una certa > empirica persino alle masse magnetiche e una dose di alla teoria che le illustra. ( 3 ) Una certa quantità di informazione esiste, ma può essere b en interpretata solo con l'uso di apparecchi sofisticati. Come esempio basti p ensare che l'occhio non può analizzare lo spettro della luce, ed è l'analisi spettrale che ci informa, tra l'altro, sulla struttura degli atomi e sulla composizione chimica delle stelle; ma dal colore di una fiamm a , anche osse rvata ad occhio nudo, si può trarre qualche informazione utile per l'analisi chimica.

    Qualche osservazione introduttiva all'elettrologia

    79

    Ritorniamo ora alla nostra risposta sui paradossi elettromagnetici, che portava a chiedersi quale teoria e quale modo di applicarla possano considerarsi ; osserviamo, come si è detto, che ciò che decide è la corrispondenza con i fatti osservati, nel rispetto dei limiti e delle condizioni di 2.,pplicabilità. Abbiamo più volte messo in evidenza questo punto a proposito della meccanica classica e della relatività, lo ritroveremo parlando di relatività generale. Nessuna teoria può essere considerata perfetta e definitiva, perché, anche se è svolta nel modo più rigoroso e con l 'aiuto di indiscutibili ausili matematici, si basa in ogni caso su ipotesi che possono risultare di limitata validità ; non parliamo qui solo dei princìpi, ma anche delle tante schematizzazioni che intervengono come ipotesi ausiliarie nello sviluppo del pensiero t eorico. Nessun esperimento è esente da errori, e quindi rispecchia i fatti solo entro certi limiti di incertezza, che non sono sempre conosciuti. Perciò la corrispondenza tra teoria ed esperimento, che è fonte di validità scientifica, lascia in ogni caso aperta qualche piccola fessura: questa potrebbe essere il varco attraverso il quale si scorgono nuovo orizzonti. Ma il controllo sperimentale non sempre sembra bastare: tra i pregi di una teoria, considerata ora con l 'insieme dei dati sperimentali che coordina e spiega, vi sono coerenza interna, simmetria e completezza, ciò che talvolta chiamiamo . Si chiede cioè che il complesso delle relazioni e delle idee inquadrate da ogni singola teoria non presenti contraddizioni in sé stesso e si coordini, senza conflitto, con tutte le altre teorie che contribuiscono a formare la nostra immagine mentale del mondo che ci circonda o, se vogliamo dir così, il modello dell'Universo. È sempre stata una esigenza dello spirito umano qu'ella di ricondurre a pochi princìpi fondamentali la spiegazione di tutti i fatti. Ciò ha portato talvolta a infruttuosi (o anche pericolosi) irrigidimenti e talaltra a sintesi di valore universale. Questo fenomeno è tuttora in atto (v. cap. 19) ; &uguriamoci che porti agli sviluppi positivi che sembra promettere.

    A questo punto appare necessario richiamare le leggi fondamentali dell'elettromagnetismo che, dalle prime scoperte dei pionieri e attraverso il contributo di molti insign,i studiosi, arriva alla sintesi di James Clerk-Maxwell (v. Clerk-Maxwell). Questa teoria offre uno dei migliori esempi di trattazione coerente e completa che raccoglie in un tutto organico ciò che era stato scoperto e studiato separatamente, conduce a nuove scoperte ed offre un punto di partenza per l 'elettrodinamica relativistica.

    14 LE LEGGI DELL'ELETTROMAGNETISMO: CAMPI E OPERATORI VETTORIALI(*)

    Riassumiamo brevemente i contenuti essenziali dei capitoli della fisica che si occupano di fenomeni elettrici e magnetici, supponendo, come si è detto, che il lettore conosca i fatti fondamentali, per arrivare a farci almeno un'idea della grande sintesi di Maxwell. La definizione del campo elettrostatico E , che è una > cioè funzione del punto dello spazio, si ottiene, dopo la constatazione della esistenza delle cariche, positive e negative, attraverso la misura delle forze con cui tali cariche, se sono ferme, interagiscono (Legge di Coulomb). E forza per unità. di carica, è un vettore. Evidentemente per arrivare a relazioni quantitative è necessario fissare alcune convenzioni metrologiche, che possono variare a seconda del sistema di unità, e che, in particolare coinvolgono le dimensioni fisiche ed il valore numerico della p errnittività o costante dielettrica del vuoto, t 0 ( 1 ). La definizione del potenziale elettr_osta~ico, ci offre un'altra proprietà locale : ~ una g1:._andezza_s~Iar~ che si ottiene calcolando la circuitazione del vettore E dal punto che ci interessa, diciamo P, fino a distanza infinita (o fino a ;n punto a potenziale zero ) ·- · - ·Vp

    =

    f

    00

    E . di = -

    p

    I

    p

    E . di

    00

    Qu~sto integrale _non_ dipend~ dal :percorso, come è facile dimostrare: il campo elettrostatico è dunque un campo conservativo che da un poténziaTe scalare. Il campo E si può calcola~ m~ gradiente del potenziale (ca~ bia to di segno) cioè

    E = -

    grad V

    vV

    (*) Chi vuole proseguire la r assegna concettuale sulla relatività, può trascurare la lettura di questo capitolo e della seconda parte del cap. 15. ( 1 ) Scrivendo le formule usiamo qui la forma , cioè coerente col Sistema Internazionale di unità di misura (SI). In caso di dubbi, si raccomanda il controllo delle dimensioni fisiche. Notiamo che è possibile iniziare lo studio d ella elettrologia definendo p er prima la corrente elettrica, grandezza fondamentale d el S.I., la carica risulta allora dal prodotto d ella corrente p er il tempo.

    [80]

    Le leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali

    81

    In coordinate cartesiane, se i, j e k sono rispettivamente i versori degli assi x, y e z (cioè vettori unitari orientati come gli assi) si ha

    av

    av

    av

    ox + j -ay+ k - az--

    vV

    cioè il gradiente, come operatore vettoriale s1 può indicare con

    . a oy

    8

    v

    a az

    + J -- + k --

    ox

    (14.1)

    Questo operatore, detto nabla, viene spesso usato, come vedremo.

    *** ~ e ~~~t~yg 2_amp..9 ~lettri~ ,- e_§i~ari à'ua ca;icaelettrica q (totale, . netta) in essa èontenut; - D =

    f

    s

    D . dS = q

    oppure, per il flusso di E , 1

    (con

    q

    f

    =

    fo

    se nel vuoto)

    é

    È noto che questa legoe e uivale alla leg e di Coulomb, come si vede dal

    fatto che dall'unasi uo rièavare 'altra, e viceversa;

    l

    ~ ome di(< teorema))

    è appropriato per - quella dell; due ch~- decidiamo di considerare ricavata

    per via logica: l'altra si deve considerare come una verità sperimentale, o, se vogliamo porla alla base della teoria, come un principio. La lege:e di Gauss si _può ei;;primere come una relazione tra proprietà locali, defi~;1dol'oper~tore di;ergenz a, ·a}v, c1ie applicato ad un campo vettoriale perrneite di ;alcolare una grandezza scalare funzione del punto, d etta appunto >. Nel V?~o si ha div D = Eo div E = e d ove

    Prima equazione di Maxwell

    e è la > o densità di carica nel volume.

    In coordinate cartesiane cliv E

    oEx

    ox

    +

    oEy oy

    +

    oEz

    oz

    (14.2)

    c10e, formalmente, l 'operatore divergenza si ottiene > il 'v, Nabla, p er il vettore considerato, per esempio div E

    'v . E,



    Le leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali

    83

    mentre il gradiente si ottiene > v per una grandezza scalare, come il potenziale V. I due operatori vettoriali, div e grad, si possono combinare con una interessante sintesi formale div E =-div grad V = -

    (~~ + 8x 2

    questa espressione (scritta qui p er il vuoto) è dett a Equazione di Poisson; se non c'è carica_ distribuita, diviene - · -

    v 2V

    Equazione di Laplace

    = O

    L'operatore Laplaciano y 2 (talvolta indicato con i:\)

    y2

    82 8x 2

    +

    82 8y2

    +

    82 8z 2

    (14.3)

    è uno scalare ; esso si può ottenere formalmente come prodotto scalare del N abla ( v , che è un vettore) per se stesso, cioè

    v2

    =

    v·v

    Vedremo più avanti (14.6) un altro uso dello stesso simbolo .

    * * * La definizione del carnpo magnetf&g__J}_ (detto t alvolta >) ci viene offert ~ daÌli form_ula di Lorentz che dà la forza agente s u m2-a carie~ in motz . c_on j-elocità V · --- . -.a.

    --•

    F = qE

    + qv

    I\ B

    che, m assenza di campo elettrico, diviene

    F = qv I\ B Notiamo che il campo B è presente ovu_n que si abbiano cariche in moto; esso dunque accompagna costàntemente e 'c'òrrent i elettriche ai conduzione e può es;;_·e gene"rato anc~ q;i :rnò"to- di cariche >> all'interno della materia, cioè dai momenti magnetiéf degli.,,.e lettroni (e dei nuclei). Ìnoltre, s~ ii c~~ o elettrico E subisce variazioni nel t empo, ad esse si associano, ne vuoto o iièfaieiettric( le correnti ·ai spostamento, Ìegate alÌÒ spostamento di .~arici che si ha, ad esempio, quando si applica una differenza di poten........ .. . ...

    «

    84

    Le leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali

    ziale ad un condensa0~ Anche ~es0 c?rrenti producono campo magnetico, sperimentalm_e nte rivelabile (v. Becker). Come nel campo elettrico, anche nel campo magnetico si ha energia immagazzinata e anche qui si valuta la densità di energia nel volume, con una formula analoga a quella trovata per il campo elettrostatico 1 UB

    2µo

    B2

    (per il vuoto)

    La permeabilità magnetica del vuoto, µ 0 , è una grandezza di valore costante, ma le sue dimensioni fisiche vanno determinate a seconda del sistema di unità prescelto, come accade per e0 .

    * * * Con queste nozioni possiamo continuare la ricerca delle equazioni di Maxwell. Il > per il campo. magnetico ci offre la seconda legge fondamentale: iÌ ilusso delv ettòré -B._at~averso una qualgpque s.unerfic!e chiusa, è sempre uguale a zero. Ciò equivale ad affermare che non esistono poli magnetici separati. · -- Nella forma integrale questa equazione è

    {

    B. dS = o

    e in forma differenziale div B = O

    Seconda equazione di Maxwell

    **

    *

    Abbiamo viste così due leggi che riguardano separatamente il campo elettrico, E, e il campo magnetico, B, e che corrispondono, storicamente, alla fase iniziale degli studi, quando elettrostatica e magnetostatica apparivano come discipline distinte. Ma non appena vengano considerati campi variabili nel tempo o effetti di moto, si rivelano dei legami tra E e B, espressi da · altre due relazioni. C~me te!za legg~ abbiamo il >, che afferma che l'origine del campo magnetico è il moto aell_e carich_e (come abbiamo accennato). Si può enunciare il teorema facendo ricorso alla definizione di un nuovo

    Le leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali

    85

    vettore magnetico, H , caratterizzato dal fatto che la sua circuitazione, lungo una linea chiusa, è uguale alla somma, i, delle correnti elettriche concatenate con tale linea, ossia

    f

    l

    H. dl =

    'I,

    La considerazione del vettore H , detto talvolta > o > o anche > (con linguaggio adatto a creare una certa confusione di idee), non è però necessaria per quanto ci r iguarda (3 ). Se si osservano i fenomeni nel vuoto si ha B = µoH e si può quindi esprimere il teorema in funzione del campo B. Si avrà cioè, lungo una linea chiusa,

    Circuitazione di B dove i è la corrente totale di conduzione concatenata con la linea chiusa; .,...a== ... •

    -4....

    o meglio, includendo le correnti di spostamento,

    Per scrivere anche questa equazione in forma > (quindi differ enziale), dobbiamo introdurre l'operatore rotore, rot (o >, nei t esti anglosassoni); tale operatore, applicato ad un vettore, come ad esempio B, definito in un certo campo, dà origine ad un altro vettore, detto appunto rotore di B, cioè rot B. Questo nuovo vettore rappresenta un'altra proprietà locale e, m coordinate cartesiane ortogonali, è dato da rot B =

    . ( oBz

    1

    8y-

    '

    ) . ( oBx oBz ) -oBy oz- + J -oz- - -ox- +

    oBy + k (- - -oBx -) ox ay

    (14.4)

    ( 3 ) A questo punto s i inserisce il grande capitolo, teorico e sperimentale, sul comportamento magnetico dei materiali: una importante branca della Fisica. Qualche chiarimento, specialmente sul ferro-magnetismo, si può avere anche dai testi di Elettrotecnica.

    86

    L e leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali

    Per ricordarne l'espressione

    Sl

    può ricavarla dalla matrice

    i

    j

    k

    o ox

    o oy

    o oz

    Bx

    By

    Bz

    Una relazione formale interessante è la seguente:

    V /\

    B = rotB

    cioè

    o o o) (i -ox- + j -oy- + k -oz-

    /\ (Bx

    + By + Bz) =

    rot B

    Il t ~o:r! ~a _di ~IT:Bère _pe!:~~~ ~ E di cond11,i ione (le cui linee sono concatenate ?, le linee di flu~so di B) diviene rot B = µo J dove J è il vettore __densità di cpr!ente, e, n el caso più generale rot B = µo

    (J + Eo ~ot )

    T erza equazione di M axwell

    *

    *

    *

    La quarta equazione fondamentale è quella che stabilisce la seconda , e ultima, §òrrela zione tì·a campi ele.~~~icie ~ am~L ma'gn~~_ici, èioè la_ legge della induzione elettromagnetica (di'Faraday , ed altri ). In forma integrJ1,le ess_a affe_ii,na che 1~ circi1itazio1:__i._del C3!~JJ.O elettrico total;;-E, h;ngo una linea c½.~~'~"- è _pari al!_~ ~-~b~~~- \en:i_J?.2[~].~fl•del ,fl,usso (c~mbiato di segno}_ del vettore_B , concateg~:to ·cori Ta linea stessa

    In forma differenziale, cioè espressa in termini di proprietà locali, la stessa legge si scrive: rot E

    oB

    ot

    Quarta equazione di M axwell

    * *

    *

    Le leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali

    87

    La legge della induzione venne espressa originariamente in termini di > (Faraday) del campo magnetico da un conduttore nel quale si manifesta la forza elettromotrice indotta (cioè che funge da integratore per rivelare la circuitazione di E). Il fenomeno poteva essere sperimentato in tre modi: 1) facendo muovere il conduttore; 2) facendo muovere il generatore di campo magnetico (magnete, solenoide, ecc.); 3) facendo variare l'intensità o la distribuzione del campo (p. es. variando la corrente nel solenoide). L'equivalenza di queste cause di induzione e in particolare delle prime due, non è di evidenza immediata, da un punto di vista classico, anche se è chiaramente accettata nella formulazione di Faraday, che si basa su esperimenti indiscutibili. Infatti, nel primo caso, è facile spiegare il fenomeno della induzione, anche quantitativamente, come effetto delle forze che il campo esercita sugli elettroni, che sono trascinati dal moto del metallo attraverso il campo stesso. Nel secondo caso è > che si muove, l'induzione esiste ancora, ma non è facilmente spiegabile, specialmente se il campo è uniforme; analoghe considerazioni possono farsi per il terzo caso. Come vedremo queste difficoltà vengono risolte dalla teoria relativistica.

    * * * Si noti che, a questo punto, le cariche elettriche non si possono più considerare come la sola sorgente di campo elettrico . .Il campo elettrico totale comprende ora anche il campo generato dalle variazioni di flusso magnetico. Non abbiamo introdotto nuovi simboli, abbiamo usato E sia per il campo elettrostatico che per quello totale perché, se il campo totale è la somma vettoriale di un campo elettrostatico Es, generato da cariche ferme, e di un campo elettrico Ei generato da induzione

    entrambe le formule (prima e quarta di Maxwell) rimangono valide: infatti il flusso di Ei attraverso una superficie chiusa è nullo e la circuitazione di Es lungo una linea chiusà è uguale a zero. Osserviamo infine che, se le cariche che generano il campo E s sono in moto accelerato (per esempio oscillatorio armonico), il campo B da esse prodotto è variabile e quindi contribuisce a Ei, Come abbiamo accennato, solo nel caso che le cariche e i magneti siano fermi e le correnti siano stazionarie, è possibile studiare come fenomeni distinti l 'elettrostatica e il magnetismo (magnetostatica) ma, in presenza di variazioni nel tempo, i due gruppi di fenomeni sono collegati, attraverso

    88

    Le leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali

    le equazioni in cui appaiono le derivate temporali di E e di B. Questo è il punto di vista classico: nella teoria relativistica, come vedremo, E e B sono sempre inseparabili.

    * * * È opportuno, non solo per la eleganza formale della trattazione, ma anche per l'importanza che questo concetto acquista nella teoria e, in particolare nella relatività, introdurre una nuova grandezza: il potenziale vettore, A, che definiremo tra breve. Il vettore A si può calcolare, in un punto dello spazio, quando sia nota la distribuzione di tutte le correnti, cioè quando sia nota la densità di corrente in ogni punto. Conoscendo A è poi possibile calcolare il campo B. C 'è dunque un'analogia tra questa grandezza e il potenziale scalare V che, nota una distribuzione di cariche ferme, serve al calcolo del campo elettrostatico, anche se le relazioni formali sono diverse (4 ). Il campo elettrostatico infatti è un campo conservativo, detto anche lamellare, cioè a circuitazione nulla, (ossia in ogni punto rot Es = O. cioè il campo è irrotazionale) e perciò si può rappresentare come derivato da un potenziale scalare. Il campo B invece è solenoidale, il suo rotore non è nullo, ma è nulla la sua divergenza. Si dimostra che un vettore con tali proprietà, può essere rappresentato come rotore di un'altra grandezza vettoriale, si ha quindi, come definizione del potenziale vettore A, B

    =

    rot A;

    A è dunque un campo vettoriale (5 ), dotato di interessanti proprietà, il quale può fornire metodi di calcolo per i campi magnetici. Per ulteriori informazioni rinviamo ai testi, ed in particolare al Feynman, che tra l'altro suggerisce un metodo di calcolo basato su una osservazione molto interessante: ogni componente (ad esempio Ax) del potenziale vettore, che si origina da una densità di corrente J, ha lo stesso valore di un potenziale elettrostatico prodotto da una densità di carica pari a J,0 /c2 . Si trovano dunque le componenti del potenziale vettore risolvendo singolarmente tre problemi, fittizi, di elettrostatica; poi si può trovare B in ogni punto, calcolando il rot A. Poiché, in presenza di correnti variabili, il campo elettrico non è più dato solo dalla componente elettrostatica, cioè non dipende solo dal po-

    ( 4 ) Si noti che, usando il Sistema Internazionale di unità di misura, le dimensioni fisiche del rapporto V /A sono quelle di una velocità, [LT - 1 ], e quindi eguali a quelle del rapporto E /B. ( 5 ) Si noti che il campo A non è univocamente definito dalla formula data, infatti si potrebbe aggiungere ad A un campo irrotazionale senza alterare il B .

    Le leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali

    89

    tenziale scalare V, per ottenere i campi si possono usare le seguenti equazioni: 8A E = - grad V - - - -

    ot

    (14.5)

    B = rot A

    la prima delle quali si ricava considerando la quarta equazione di lVIaxwell (14.10) e le definizioni di V e di A. Queste equazioni si possono anche considerare come soluzioni della seconda e quarta equazione di Maxwell, perché ci danno E e B, esplicitamente, in funzione dei potenziali. Le altre due equazioni, prima e terza, danno invece i legami della densità di carica e della densità di corrente (le dei campi) con i campi stessi e con i potenziali. Esprimendo i potenziali in funzione di e e J si arriva (v. Feynman; Becker) alle Equazioni dei Potenzia,li 1 cz

    82 A

    1 v 2 V- cz

    82 V

    v 2A -

    8t 2 8t 2

    -

    J

    ---

    soc 2

    e ----

    ( 14. 6)

    So

    che, oltre ad avere utili applicazioni nel calcolo, costituiscono una importante premessa alla elettrodinamica relativistica (6 ).

    * * * Abbiamo dunque passate in rassegna le quattro equazioni di Maxwell; le riuniamo ora in una tabella, scritte con le costanti per il vuoto ; poniamo, accanto alla forma differenziale, che lega le proprietà locali, anche quella che le stesse equazioni assumono in uno spazio libero, in cui non si abbiano cariche né correnti di conduzione. Per chiarezza ricordiamo che in ogni caso le equazioni sono qui formulate per i campi E e B in un punI

    Si noti che qui il simbolo v 2 applicato ad un vettore produce un altro vettore, ossia stabilisce una correlazione tra campi vettoriali. Si tratta di un operatore formalmente identico al Laplaciano (14-3), definito dalla somma delle d erivate seconde del vettore rispetto a x, y e z. Ciascuna componente del vettore risultante si può calcolare applicando il Laplaciano alla rispettiva componente del v ettore originale; si ha dunque: ( 6)

    +

    +

    90

    Le leggi dell'elettromagnetismo: campi e operatori vettoriali

    to dello spazio privo di materia, cioè con le costanti t: 0 e µ 0 per il vuoto; l'ultima forma pone eguali a zero anche la densità di carica e e la densità di corrente di conduzione J. Tabella 2. Equazioni di Maxwell Forma differenziale Forma integrale Generale

    Spazio libero

    div E =-~

    div E = O

    (14-7)

    éQ

    div B = O

    J,

    JiB • dl = µoi

    +

    poeo

    J, E· dl = - _dél>µ_ Ji

    dt

    d, nel passaggio da un sistema inerziale a un altro, e quindi non basta tener conto di una sola equazione per volta, per ché nascono contemporaneamente anche altri fenomeni, che risultano sempre compensativi; cerchiamo dunque di precisare qualche idea. Sapendo che la carica è invariante, possiamo vedere che la densità di carica e deve invece variare, passando dall'osservatore A all'osservatore

    96

    Elettromagnetismo e relatività

    B. !~fatti, per effetto della contrazione delle lunghezze in direzione del moto relativo, anche il volume in cui è rinchiusa una carica distribuita q (che rimane costante) si riduce nel rapporto y, cioè la e cresce nel rapporto y. Quando si abbia a che fare con cariche distribuite in un volume (o anche lungo una linea se questa è in direzione x, o su una superficie .. . ), i campi da esse generati cambiano certamente, per effetto della variazione di densità di carica. Inoltre, nel passaggio da un osservatore all'altro, le forze devono essere trasformate con le equazioni relativistiche (cap. 12). Queste due osservazioni risolvono già da sole, in 'molti casi, gli assurdi apparenti di cui si è fatto cenno. Seguendo le tracce di Feynman, prendiamo, ad esempio, in considerazione una carica elettrica (per es. un elettrone) in moto presso un filo rettilineo percorso da corrente, con velocità parallela al filo, vo, che, tanto per fare un caso particolare interessante, supporremo uguale alla velocità con cui si sposta la carica degli elettroni di conduzione nel filo ( 2 ). Nel sistema di riferimento A, fermo rispetto al filo, una forza magnetica agisce sulla carica, negativa, in moto : questa quindi è attratta dal filo e tende a deviare verso il filo stesso ; forze elettrostatiche invece non ve ne sono, se pensi.amo che il filo sia, mediamente, allo stesso potenziale dell'am biente circostante (semmai c'è una piccolissima componente parallela al filo, che qui non interessa). In questo riferimento dunque la carica dei nuclei compensa esattamente la carica degli elettroni nel filo. Se ora osserviamo la situazione dal punto di vista di un osservatore B, che si muove con l'elettrone, vediamo il filo, cioè la sue cariche ioniche positive, muoversi e gli elettroni di conduzione rimanere (mediamente) fermi; di conseguenza, per effetto della contrazione di Lorentz, la densità di carica positiva sarà maggiore rispetto a quella vista da A e la densità di carica negativa sarà minore ; se prima le due densità si bilanciavano, ora si osserva una carica netta positiva che attira l'elettrone. Qui si ha dunque un campo elettrico, che produce l'effetto che prima era dovuto al campo m agnetico; notiamo che un campo magnetico c'è ancora ma non può agire sull'elettrone, che ora vediamo fermo. Chi ha fatto i calcoli esatti c1 assicura che i conti tornano e che le due situazioni risultano indistinguibili.

    ( 2 ) Abbiamo visto n ella preced ente nota (1) che la v elocità t ermica m ed ia con cui si muovono gli elettroni in un m etallo è piuttosto elevata , ma questo moto disordina to non spost a il b aricentro d ella carica. La v elocità di trasporto della carica durante la conduzione è invece una m edia di tutt'altra natura (vettoriale ) che tien e conto solo delle compon enti > di elettroni, Quest a v elocità risulta molto bassa, com e è facile calcolare, a cau sa dell'altissimo valore della d en sità di carica degli elettroni che, moltiplicata p er la v elocità stessa d à la d ensità di corrente. P er i valori di J n ormalmente usati n ella t ecnica (qualche ampère al millimetro quadrato), la v elocità di trasporto della ca rica è dell' ordine dei decimi di millimetro al secondo.

    Elettromagnetismo e relatività

    97

    Ora, nello stesso esempio, consideriamo il filo come rivelatore del campo magnetico prodotto dalla carica in moto, perché subisce la forza di reazione; in tal caso, quando cambiando osservatore la carica si vede ferma, si può ben dire che non genera più campo magnetico, ma il fenomeno fisico (cioè la attrazione) rimane e si deve interpretare ora come effetto elettrostatico.

    *** Le considerazioni precedenti indicano la via per risolvere anche gli altri paradossi: cambiando la velocità relativa, cioè passando ad un diverso osservatore, si avranno variazioni di densità di carica e di densità di corrente, variazioni di campo elettrico E e di campo magnetico B e trasformazione delle forze. Quando si consideri un campo magnetico occorre sempre fare riferimento alla velocità delle cariche che esplorano il campo rispetto alle cariche che lo generano. Nell 'esempio della carica in moto >, questo campo sarà generato da un sistema materiale, ad esempio un solenoide percorso da corrente; se, osservata in un altro riferimento, la carica si vede ferma, il solenoide si vede in moto; così risulta comprensibile, anche se complicato da calcolare, che, scomparsi gli effetti di B, compaia un campo E capace di agire sulla carica ferma. Per il caso delle due cariche puntiformi poste l'una in presenza -·dell'altra, si può verificare che la comparsa degli effetti magnetici, che si ha quando le cariche siano viste in moto, è compensata anche qui da variazioni di intensità del campo elettrico. Ciò si spiega se si ammette che la densità del flusso del vettore E uscente da una superficie chiusa (per esempio cubica) delineata intorno a una delle cariche, aumenti attraverso le facce parallele al moto, perché l'area di queste si contrae; ciò è .una conseguenza della necessità di tenere costante il flusso totale che è proporzionale alla carica, invariante. Dove cresce la densità di flusso cresce il campo elettrico e questo aumento genera, tra cariche dello stesso segno, un incremento di repulsione che compensa la attrazione magnetica ( 3 ). Secondo Feynman, la situazione è proprio la stessa che si avrebbe tracciando le linee del campo di Coulomb in un sistema di coordinate in cui la scala delle x sia contratta nel rapporto y: cioè disegnando le linee di forza su scala normale e poi facendo contrarre tutto il disegno nel rapporto y in direzione x. Si vedrebbe dunque il campo, al crescere della velocità r e(3) Anche il risultato negati\ro della esp erienza di Trouton e Noble (v. cap. 3) trova, in tal modo, una spiegazione relativistica. Si vede che, poiché nel riferimento in cui le cariche sono viste ferme non esiste alcuna tendenza a ruotare, non si può avere una coppia in nessun altro riferimento inerzia le. L e forze elettromagnetiche e le forze meccaniche agenti su un sistema, se sono in equilibrio nel riferimento fermo ri spetto alle cariche, lo sono anche in ogni altro sistema inerziale , dato che le une e le altre trasformano allo stesso modo nel passaggio dall'uno all'altro riferimento. Queste considerazioni, di carattere generale, ci assicurano che la relatività può giustificare i risultati negativi, non solo di questa, ma anche di ogni analoga esperienza.

    98

    Elettromagnetismo e relatività

    lativa, tendere a > (v. Becker). Finalmente, la induzione elettromagnetica in un conduttore che taglia le linee di flusso di un campo magnetico B, si può vedere, in ogni caso, come dovuta a forze che agiscono sugli elettroni di conduzione, provocate dal moto relativo tra il conduttore e i generatori del campo magnetico (forze elettromotrici) . Cioè la forza magnetica che agisce se il conduttore si muove, si può pensare sostituita da una forza qi natura elettrostatica, quando si passi ad un osservatore rispetto al quale il conduttore > sia fermo. C'è dunque uno scambio, per così dire, tra le due componenti della Forza di Lorentz (cap. 14) il cui effetto complessivo rimane invariato. Ci si può quindi ricondurre a uno dei casi precedenti, con spiegazione analoga a quella del >. È interessante notare che abbiamo così ottenuta, per via relativistica, una giustificazione della legge della induzione elettromagnetica di Faraday, valida in ogni caso. Ancora una volta la relatività ci aiuta a risolvere un problema imbarazzante. Con quanto si è detto sin qui si può dunque rendere comprensibile, per via intuitiva, il. contenuto fisico di alcuni fenomeni, ma è chiaro che spiegazioni di questo tipo servono solo a far comprendere come si possano accettare concettualmente alcune conseguenze della relatività, che peraltro risultano vere, sia dai fatti sperimentali che dai calcoli di chi sa condurli a termine con il dovuto rigore. In alcuni casi una parziale verifica anche quantitativa non è troppo difficile; facciamo, per questo, riferimento ai testi citati nella bibliografia.

    *** Da quanto si è detto una cosa risulta chiara, cioè che il campo elettrico €d il campo magnetico sono tra loro collegati in un tutto unico, cioè in modo tale che, per descrivere una situazione di fatto , è sempre necessario considerare insieme i due vettori. Nella fisica classica, invece, ciò potrebbe, in qualche circost~nza, non essere vero, anche se le equazioni di Maxwell stabiliscono stretti legami tra i due campi: si può trattare ad esempio la elettrostatica definendo il solo campo E. Nella fisica relativistica, invece, -e lettrostatica ed elettrodinamica si fondono, perché è impossibile considerare cariche ferme, in senso assoluto. Dunque il campo elettromagnetico è una entità, definita da tutte le componenti sia di B che di E, che descrive lo > di lln dato punto dello spazio in un certo istante ; questa entità non può essere un quadrivettore, se non altr o perché sono troppe le componenti indipendenti, ma viene descritta come un tensore, nello spazio a quattro dimensioni. Si tratta di un quadritensore (antisimmetrico) le cui componenti possono essere espresse mediante le componenti dei campi E e B o a partire dai potenziali V e A (Becker).

    99

    Elettromagnetismo e relatività

    È possibile dimostrare che, passando da un osservatore A ad un osservatore B, le formule di trasformazione delle componenti del campo elettromagnetico, sono le seguenti:

    Ebx Eby Ebz Bbx

    Eax (Eay - vBaz) ì' (Eaz + vBay} y Bax

    Bby

    (Bay

    +

    V

    c2

    Eaz)

    y

    V

    Bbz = (Baz

    c2

    Eay) y

    La scelta della direzione x parallela alla velocità relativa v non riduce la generalità, come al solito . Dunque le componenti, sia di E che di B, parallele alla velocità relativa, rimangono invariate, mentre si modificano quelle perpendicolari. Se ora chiamiamo E 11 e B 1 le componenti parallele alla velocità v ed E _1_ e B _1_ le componenti normali (risultanti rispettivamente di Ey ed Ez, By e Bz), si può ottenere una forma molto sintetica delle equazioni di trasformazione : Eb ll

    \ Bbll Eb_j_

    I Bb_j_

    Ea 1 Ba11

    [Ea

    +V

    [ Ba -

    /\ BaL

    1 c2

    y

    (V /\ Ea)]

    ì' _j_

    Il segno J_ sta ad indicare la componente normale a v del vettore definito entro la parentesi. Si noti che, se si sceglie (Feynman) un sistema di unità di misura in cui sia e = I e quindi si misurano tempo e spazio nella stessa unità, si ottiene una elegante e significativa simmetria delle formule .

    *** Su queste basi si comprende come sia possibile considerare la esistenza stessa del campo magnetico come un fenomeno relativistico. Prendiamo ad esempio in considerazione una carica elettrica isolata; osservandola nel riferimento in cui è ferma, la vediamo interagire con l'esterno tramite il solo campo elettrostatico, che possiamo calcolare. Ma basta osservare la stessa carica da un diverso riferimento inerziale, per veder nascere anche un campo magnetico, perché la carica appare ora in moto.

    100

    Elettromagnetismo e= relatività

    In particolare l'effetto magnetico tra una corrente di conduzione e una carica esiste solo se osserviamo il fenomento da un riferimento opportuno (come abbiamo visto), mentre scompare se ci spostiamo in un altro sistema che, rispetto al primo, trasla ad una velocità di solo pochi decimi di millimetro al secondo. Ecco dunque un effetto relativistico che si manifesta, con valori facilmente misurabili, anche a velocità estremamente bassa, contrariamente ai precedenti esempi incontrati in cinematica e in dinamica. Il fatto si spiega considerando il gran numero di elettroni coinvolti I nella conduzione, cioè la carica trasportata dalla corrente, che è estremamente grande rispetto alle cariche delle esperienze di elettrostatica, e la fortunata circostanza per cui gli effetti del primo ordine (cioè quelli elettrostatici) della carica stessa sono esattamente compensati dalla carica positiva degli ioni.

    * * * Lo studio dei fenomeni elettromagnetici dal punto di vista relativistico può essere impostato in modo completo, e formalmente semplice ed elegante, servendosi del metodo suggerito da Minkowski, cioè del calcolo vettoriale esteso allo spazio a quattro dimensioni (v. eap. 12). In tal modo l 'invarianza, dei quadrivéttori, rispetto alle trasformazioni di Lorentz, consente di ottenere rappresentazioni valide in tutti i sistemi di riferimento (inerziali). Per ottenere tale estensione vengono definiti dei quadrivettori e quadritensori che rappresentano, associandole opportunamente, le grandezze elettromagnetiche; già si è detto di E e B, vedremo tra breve qualche altro esempio. Inoltre tutti gli operatori vettoriali che abbiamo finora usati (in tre dimensioni) possono essere ridefiniti nello spazio quadridimensionale, r endendo così possibile una trascrizione della teoria elettromagnetica in forma di invarianti relativistici (v. Becker; Feynman). Come esempio, si ha un gradiente quadridimensionale, che comprende, oltre alle derivate spaziali, anche derivate rispetto al tempo ; una quadridivergenza, che si ottiene come > del precedente operatore per un quadrivettore; un rotore quadridimensionale, le cui componenti si ottengono da differenze di derivate parziali delle componenti di un quadrivettore, e anche un operatore analogo al Laplaciano che, esteso allo spazio di Minkowski, può prendere il nome di operatore di D'Alembert ed essere rappresentato con il simbolo D 2 (o talvolta semplicemente con D, benché sia formato da derivate seconde; v. cap. 14 nota (6), e 14.3).

    *

    **

    Possiamo ora indicare qualche esempio di quadrivettori, nella teoria relativistica dei fenomeni elettromagnetici. Se si studiano le equazioni di trasformazione della densità di carica e (scalare) e della densità di corrente J (vettore), con le sue tre componenti

    Elettromagnetismo e relatività

    101

    ()artesiane, si trova che esse hanno la stessa struttura formale di quelle che trasform ano le componenti, rispettivamente una t emporale e tre spaziali, d ell'intervallo. Risulta, per il caso che la velocità r elativa dei sistemi sia v, in direzione x Jbx Jby Jbz

    = = =

    Jaz

    =

    (e - ~ c2

    (Jax -

    V(la) Y

    Jay

    a

    Jax )

    y

    ()he sono identiche alle trasformazioni di Lorentz, se m esse si pone J x in luogo di x; J y per y; J z per z e (! in luogo di t. Dunque densità di carica e densità di corrente, insieme, sono componenti di un quadrivettore che r iunisce cariche e correnti, cioè i generatori del t ensore campo elettromagnetico . Si può anche definire una > (v. Becker) moltiplicando la densità di carica per la quadrivelocità (si ottengono così le dimensioni di una densità di corrente). Analogamente si può ragionare per i potenziali elettrodinamici; la grandezza quadridimensionale che si ottiene fondendo A e V è molto importante perché può servire come punto di partenza per una trattazione formale di t utta la teoria. Il potenziale scalare V assume la parte della componente temporale di una quadrivettore , dove le componenti spaziali sono quelle del potenziale vettore A. Le equazioni di trasformazione sono : Àbx

    (A ax -

    Àby

    Àay

    Àbz

    Àaz

    Vb

    ( Va -

    *

    v Va)

    :

    *

    2

    y

    Àax)

    y

    *

    Dopo quanto si è detto, ricordando che i campi si possono derivare dai potenziali non ci meraviglia 11 fatto che le equazioni di Maxwell possano essere scritte come relazioni tra quadritensori e quadrivettori (v. Becker ; F eynman) e, poiché questi enti sono invarianti relativistici, si trova una conferma della invarianza delle leggi dell'elettromagnetismo (4 ) . ( 4 ) In particolare le due equazioni dei potenziali (14.6) ass umono una forma estremamente sintetica, con l'uso d ell'operatore di D'Alembert, e si possono fondere in un'unica espressione quadridimensionale.

    102

    EleUromagnetismo e relatività

    Si ottiene così anche, come è naturale, la soluzione definitiva di tutti i , perché si può calcolare come variano insieme le diverse componenti dei vettori e dei tensori, generando i > di cui si è fatto cenno. Siamo certi cioè della invarianza relativistica dei fenomeni elettromagnetici osservabili, in quanto sono manifestazioni di entità invarianti legate tra loro da leggi invarianti.

    * * * Abbiamo ora un quadro concettuale della teoria della relatività ristretta e delle sue conseguenze ; con questa teoria si possono calcolare tutte le grandezze fisiche misurate dall'osservatore B quando si conoscano quelle misurate da A, ma solo se A e B sono sistemi inerziali, in moto relativo traslatorio, rettilineo ed uniforme; questa è una limitazione superata, come vedremo, con la teoria della relatività generale.

    16 APPLICAZIONI E LIMITI DELLA TEORIA RISTRETTA

    La teoria della relatività ristretta va ben oltre la nostra sintetica esposizione, non solo per quanto riguarda la formulazione matematica, ma anche per i numerosissimi sviluppi teorici e sperimentali a cui ha dato luogo, permettendo di ottenere importanti risultati che la fisica classica non può offrire. Questo vale per la meccanica come per l'elettrologia e l 'ottica. Anche nello studio dei sistemi atomici viene usata, con ottimi risultati,. in associazione con la meccanica quantistica (v. ad es. Landau e Lifsits), se pur non ci si deve nascondere che talvolta le due teorie sono apparse separate e lontane. Schrodinger esitò, a quanto pare, a pubblicare la sua famosa equazione,. fondamento della meccanica ondulatoria, perché non era r elativistica e lo stesso Einstein rifiutava le basi probabilistiche delle teorie quantistiche (1 ). Ma i grandi scienziati che sviluppavano , separatamente, le due teorie, credevano fermamente nella unità delle basi dei fenomeni naturali e oggi si t ende a riconciliare e collegare tra loro i due campi di studio. Storicamente un primo esempio di questa possibilità si ebbe ·già nella interpretazione, dati da Sommerfeld e Dirac, della struttura fine degli spettri, la quale è dovuta ad un effetto relativistico ( 2 ). Oggi si applica correntemente il calcolo relativistico allo studio delle particelle accelerate e delle loro interazioni, che si verificano quando esse incontrano un , e quindi urtano contro altre particelle, che inizialmente sono pressocché ferme nel sistema del laboratorio. Ad esempio, nella teoria degli effetti delle radiazioni sui solidi (Radiation Da,mage) oc( 1 ) A. Einste in deve considerarsi tra i fondatori d ella teoria quant istica, avendo contribuito in modo decisivo alla sua formulazione (v. cap . 1, nota 4). Egli tuttavia non rinunciò mai a l princip io l:li causalità, ponendosi così, n e i suoi a nni maturi, in contrasto con l 'impostazione generalmente accettata. In una lettera diretta a Max B orn n el 1944 (v. Einstein [5), Au tobiografia Scientifica) rifiutava l 'idea di >. Questo punto di vista, crediamo, potrebbe essere inteso non come un rifiuto delle basi stat istiche della teoria, ma come un ritorno alla causal ità nella determinazione dei singoli eventi , ed avere quindi un valore più profondo di quanto• possa apparire a prima vista. (2) Altri esempi si ebbero nell'effetto fotoelettrico prodotto da raggi X o gamma, nell'effetto Compton, n el Bremsstrahlung e nella p erdita di en ergia d i particelle veloci, osservabile nelle emulsioni foto grafiche.

    [103]

    104

    Applicazioni e limiti della teoria ristretta

    corre tener conto delle correzioni relativistiche per determinare correttamente gli spostamenti degli atomi nei solidi bombardati. Basandosi su questi e su molti altri esempi che si presentano ogni giorno nella ricerca teorica e sperimentale, si può dunque concludere che la relatività si è inserita profondamente nella fisica moderna, occupandovi un posto di primo piano.

    Nella tecnica attuale, che richiede da p~rte degli studiosi un impegno non minore di quello richiesto dalla scienza, gli effetti relativistici costringono a tener conto delle necessarie correzioni, sia nel progetto che nell'uso di certe apparecchiature. Ciò non può peraltro sorprendere, se si considera la stretta associazione che al giorno d'oggi si impone tra la scienza e la tecnica, che procedono insieme sui fronti più avanzati e collaborano al comune progresso. Abbiamo visto che i fenomeni magnetici possono, da un certo punto di vista, essere considerati effetti relativistici, tuttavia i metodi classici di calcolo della elettrotecnica sono, di norma, ampiamente sufficienti a risolvere i probl~mi di carattere generale, anche senza esplicita menzione della relatività. È invece più frequente che si debba ricorrere a correzioni quando si ha a che fare con elettroni, o altre particelle, animate da altissime velocità. Come abbiamo accennato nel cap. 10, nella costruzione e nell'uso degli acceleratori di particelle, e specialmente di quelli per alte energie, deve essere applicata la meccanica relativistica. Ciò naturalmente si riferisce non solo alla > in sé stessa, ma anche alle apparecchiature ausiliarie che agiscono sul fascio di particelle, come ad esempio i magneti deflettori. Si vedano ad esempio i calcoli per determinare le condizioni di stabilità dell'orbita nel Betatrone, nel Sincro-Ciclotrone e nel Sincrotrone (3 ), oltre ai problemi di sincronismo, di cui già si è fatto cenno (v. cap . 10) e che qui riesaminiamo con maggior dettaglio.

    * * * Studiando il moto di una particella carica in un campo elettromagnetico, secondo le leggi relativistiche, si ritrovano i concetti di massa trasversale (rnT = rnoy) e di massa longitudinale (rnL = rn0 y 3 ), se si cerca di dare alle equazioni una forma che ricordi F = rna (v. Bertin e cap . 10). ( 3 ) N ell'articolo citato in bibliografia che appare in « 50 anni di R elatività>>, Caldirola espone e discute l'impostazione di questi calcoli. Egli afferma, tra l'altro: >. Nel seguito faremo largamente u so d e i dati forniti da Caldirola.

    Applicazioni e limiti della teoria ristretta

    105

    P er la componente del campo elettrico parallela alla velocità s1 h a

    dove aL è la accelerazione longitudinale; q la carica ed mo la massa di riposo della particella (v. 10.4). P er le forze trasversali invece si ha q (E.L

    +v

    /\ B) = moy • aT,

    con aT

    = accelerazione trasversale

    Le due equazioni tuttavia si possono combinare nella semplice espressione dp

    dt

    =

    q (E +

    V

    /\

    B)

    (16.1)

    con p = ymov

    (vedasi 10.2)

    confermando quindi la opportunità di esprimere relazioni di questo tipo mediante la derivata t emporale della quantità di moto.

    *

    **

    Passiamo ora a qualche caso particolare, utile n elle applicazioni tecniche. Il moto di una particella carica in un campo magnetico uniforme (e costante n el tempo) si può studiare partendo dalla equazione (16.1) , che eguaglia la derivata della quantità di moto alla forza di Lorentz; qui, però, esiste la sola componente dovuta al campo magnetico dp dt

    =

    qv

    I\ B

    (16.2)

    Questa forza, come nel caJo classsico, non compie lavoro perché è sempre perpendicolare alla velocità, quindi, durante il moto, l'energia cinetica rimane costante, come il modulo della velocità e il valore di y . P erciò l'equazione (16.2) diviene dv

    ymo - -

    dt

    = qv I\ B

    (16.3)

    106

    Applicazioni e limiti della teoria ristretta

    dv v2 dove - - è la accelerazione centripeta il cui modulo è -

    R '

    ~

    con R

    rag~

    gio di curvatura. Se la velocità iniziale con cui la particella entra n el campo magnetico è normale a B n e risulta un moto piano e, per B uniforme un moto circolare di raggio

    mo y--

    R

    q

    V

    B

    I

    Si vede anche, ricavando v e dividendo per il raggio, che la v elocità angolare risulta 1 w = -y

    q

    mo

    B

    e la frequenza

    f

    1

    q

    2ny

    mo

    = ---

    B

    cioè i valori classici divisi per ì'. Come si è già accennato (v . cap. 10), per un dato tipo di particella, cioè p er un determinato rapporto carica/massa , i v a lori classici di w e f dipendono solo dall'intensità del campo magnetico, cioè r est ano costanti a l cre scere della velocità; su ciò è basato il funzionamento del ciclotrone. Quando p erò la velocità assume valori t ali che y sia sensibilmente diverso da ll 'unità, occorre intervenire (v. cap. 10) facendo variare o la frequenza o il campo B (rispettivamente n el sincro-ciclotrone e nel sincrotrone ).

    * * * Anch e n el progetto d ei tubi elettronici in cui siano presenti forti pot enziali acceleratori, e si r aggiungano quindi elevate velocità, è n ecessario b asare i calcoli sulla relatività, per ottenere corretti risultati; ciò si applica a Klystron, M a,gnetron, Tubi a raggi catodici, Valvole termoioniche, ecc . (v . Caldirola). Vediamo qui qualche cenno, relativo a casi particolari (v. anche B ertirt). Per il moto di una particella in un campo elettrico uniforme (e costante n el tempo), l'equazione del moto si ricava, in analogia a quanto detto più sopra, eguagliando la variazione di quantità di moto alla forza elettrostatica, che è la sola ad agire (v. eq. 16.1)

    dp dt

    = qE

    con

    p

    ymov

    (1 6.4 )

    D a cui , se la velocità iniziale è zero ,

    p = ymov = qE • t

    (16. 5)

    Applicazioni e limiti della teoria ristretta

    107

    cioè la velocità ha in questo caso la stessa direzione del campo elettrico e il valore che si può ricavare da (16.5). Se invece la particella entra nel campo elettrico con velocità non nulla e perpendicolare ad E si ottiene ancora un moto piano, ma la forma della traiettoria e il valore della velocità differiscono da quelli classici (v. Bertin). Per gli elettroni generati da un catodo (con partenza da fermo) e accelerati da una differenza di potenziale V, dalla espressione relativistica della energia cinetica ( 11.3) eguagliata al prodotto della carica dell'elettrone (invariante) per la differenza di potenziale acceleratrice V (16.6) si ottiene la velocità finale dell 'elettrone accelerato (partendo da fermo)

    (16.7)

    dove per gli elettroni il rapporto carica-massa (da fermo) diviso per la velo cità della luce al quadrato risulta 1,96 10 - 6 U.I. Si può quindi concludere che la correzione relativistica della velocità è ben presto sensibile, per esempio per tensioni applicate di qualche decina di migliaia di volt, o anche poche migliaia, ove si richieda alta precisione. Nei tubi a raggi catodici, può essere necessario correggere il calcolo della deviazione del fascio. Nel magnetron, un tubo generatore di oscillazioni ad alta frequenza, in cui gli elettroni emessi da un catodo percorrono traiettorie curve sotto l'azione di un campo magnetico, l 'effetto relativistico può modificare il valore critico della tensione anodica; quello cioè per cui gli elettroni non raggiungono più l 'anodo. Nel klystron di potenza, il fascio elettronico viene modulato in velocità, sovrapponendo una mod®rata differenza di potenziale variabile all 'alta tensione acceleratrice. Si ottengono così oscillazioni di alta frequenz a, facendo passare il fascio in una cavità risonante. Anche qui, se la tensione di accelerazione, e quindi la velocità degli elettroni, è elevata, come spesso accade (si arriva a centinaia di migliaia di volt), occorre usare le formule relativistiche (v. Caldirola). Gli effetti relativistici tendono a ridurre il rapporto di modulazione, ma riducono anche la tendenza del fascio modulato a sparpagliarsi, perché si modifica il campo E prodotto dagli elettroni in moto (v. cap. 15).

    108

    AJJplicazioni e limiti della teoria ristretta

    Da ciò che si è detto si conclude che, come esiste una ingegnuia nucleare, esiste una ingegneria relativistica. La relatività (ristretta) non è più uno strano prodotto della mentalità teorica: se ne è impossessato il proverbiale buon senso pratico degli ingegneri, che l'ha inserita nei calcoli di progetto e di controllo, mettendola senz'altro al lavoro. D'altra parte, la tecnica ad altissimo livello necessaria per le moderne esperienze relativistiche, che spesso richiedono grandi mezzi, come acceleratori di particelle o sonde spaziali, mette l 'ingegneria al servizio della scienza, rafforzando il vincolo ormai indissolubile tra quesie due diverse attività del pensiero umano.

    Possiamo du11que a buon diritto affermare che la teoria di cui abbiamo esposti in breve i concetti fondamentali, ha oggi raggiunta la piena maturità e risponde con grande precisione a molte esigenze, sia teoriche che pratiche. Sotto alcuni aspetti, tuttavia, la teoria ristretta non può ritenersi del tutto soddisfacente e richiede una ulteriore generalizzazione. Questa necessità, sentita dallo stesso Einstein, lo condusse alla formulazione della, teoria della relatività generale . Le principali limitazioni della teoria ristretta sono due : 1) essa considera il punto di vista solo di osservatori inerziali, perc10 non consente di estendere le leggi della fisica a sistemi che si trovino in moto accelerato (nel discutere il > abbiamo avuto un esempio di questa difficoltà);

    2) essa non interpreta in modo adeguato i fenomeni gravitazionali, sicché, dal punto di vista sperimentale, vi sono alcuni fatti che rimangono inspiegati, come la precessione addizionale del perielio del pianeta Mercurio, oltre a quella dovuta alle perturbazioni causate dagli altri pianeti spiegabile classicamente: contro l'avanzamento osservato, di circa 43 secondi d'arco per secolo, la teoria prevede un ritardo di 7,2 secondi (4 ). Ricordiamo poi che la proporzionalità (o se vogliamo l'identità) tra massa inerziale e massa gravitazionale, che l'esperienza ha verificato con estrema precisione (5 ), non trova giustificazione nei principi della relatività ristretta. ( 4 ) Come v ed remo, la teoria d ella relatività ge nerale offre una corretta interpretaz ione di questo fenom e no. La precessione del p erielio d egli a ltri pianeti è assai minore e difficilmente osservab ile; p e r a lcuni dati, re lativi anche a lla T erra, si vedano il libro d i Born e il « Centenary Volume>>, (v. anche cap. 18). ( 5 ) Oltre alle class iche esp erienze sulla caduta d ei gravi, piani inclinati. e pendoli, che risalgono a Galileo e a N e wton, ed al pendolo r eversibile di Kater, ricordiamo le esp erienze esegu ite da Eotvos (dal 1890 al 1909) con una sensibilissima bilancia di

    Applicazioni e limiti della teoria ristretta

    109

    Inoltre rimangono alcune osservazioni sperimentali, che la relatività ristretta non può spiegare ed alcune difficoltà logiche, come il paradosso del sistema rotante, di cui si fa cenno più oltre (cap . 17). Dunque, quando la teoria relativistica, da poco formulata, incontrava ancora forti ostilità da parte di molti scienziati, già si presentava alla mente di Einstein e dei relativisti la necessità di procedere oltre. Infatti si può dire che la teoria ristretta vale per uno spazio libero da materia, ma non può prevedere gli effetti che la presenza di una massa ha sullo spazio circostante. Einstein ebbe ad affermare che >. Cioè l'universo di Minkowski è rigido, come lo spazio di N ewton. N ella teoria generale lo spazio acquista invece una propr ia struttma che dipende d a influenze fisiche. Non bastava dunque trincerarsi dietro l'affermazione, peraltro correttissima, di una riconosciuta inadeguatezza della teoria ristretta , la quale non si può applicare ai sistemi accelerati e non spiega la gravitazione ; bisognava anche trovare la soluzione, cioè inventare nuovi postulati e nuove vie di calcolo che consentissero di risolvere i problemi rimasti aperti, di prevedere l'andamento di altri fenomeni e di trovare str umenti adatti per affrontare correttamente gli argomenti di studio nuovi che si presentavano, specialmente nella astronomia e nell'astrofisica (6 ). Vediamo quindi brevement e quali siano le nuove idee avanzate da Einstein per superare queste difficoltà, ricordando però che vi sono stati molti altri tentativi, da parte sia dello stesso Einstein che di altri autori , di generalizzare le teorie e di renderle atte a spiegare un maggior numero di fenomeni. Alcune delle idee che vengono qui esposte nel quadro della relatività, hanno origini più antiche: lo stesso Mach aveva suggerito che le proprietà inerziali dei corpi fossero dovute alla esistenza della materia distribuita nell'universo e che quindi la accelerazione venisse , di fatto, osservata con riferimento al centro di queste masse (> v. cap. 4 e cap. 19). Einstein, al pari di Newton, ebbe il grande merito di coordinare le idee ed i dati sperimentali (come l'identità della massa inerziale e di quella gravitazionale) in un quadro coerente e vasto, partendo da alcuni princìpi,

    torsione; fu così accertata la identità delle due masse con una prec1s1one di circa 5 • 10- 9 • La precisione fu poi ancora migliorata dalle misure di Dicke (1962) e di Braginski e Panov (1970) arrivando al limite di 10 - 12 (v. Clarke). Anche la man canza di peso verificata dalle esperienze fatte in satelliti in orbita conferma quanto si è d etto. ( 6 ) Il lavoro inteso ad estendere e completare la teoria ristretta venne iniziato da Einstein subito dopo la prima pubblicazione, (1908; 19ll); la teoria generale venne completata n el 1915 e pubblicata nel 1916 (v. Einstein [3]).

    llO

    Applicazioni e limiti della teoria ristretta

    apparentemente semplici, ma in effetti capaci di rivoluzionare tutta la fisica, modificando i concetti fondamentali su cui essa si basava. Quanto si è detto vale sia per la teoria ristretta che per quella generale, che la est ende e la completa. Non possiamo affrontare la teoria generale in modo formale, perché gli sviluppi matematici sono assai complessi e comunque al di là degli scopi che ci siamo prefissi; ci limiteremo dunque ad una rassegna sintetica, cercando di mettere in evidenza i concetti fondamentali assieme ad alcuni risultati e tentando anche di dare una idea della estensione e della profondità dell'impatto delle idee di Einstein sul pensiero scientifico.

    17 CENNI DI RELATIVITÀ GENERALE

    Secondo la teoria generale, il principio di relatività viene esteso a tutti i sistemi di riferimento, accelerati o no.

    Principio di covarianza generale: le leggi della fisica possono ·essere espresse nella stessa forma per qualsiasi riferimento, cioè sono covarianti per qualsiasi trasformazione di coordinate. Basandosi su questo principio insieme al Principio di Equivalenza, di cui diremo tra breve, e facendo uso di complessi strumenti matematici, Einstein riuscì ad ottenere nuove espressioni per le leggi fisiche, che ammettono, in ogni caso, come approssimazioni le formule della teoria r istretta e quindi anche quelle della meccanica di Newton (v. ad es. Clarke). Lo sviluppo della teoria dimostra che la geometria euclidea è insufficiente per interpretare la struttura del nostro universo : infatti essa non risulta valida in un sistema accelerato o in un campo gravitazionale, cioè nei casi in cui la relatività ristretta viene meno. Per includere in un unico quadro anche i fenomeni che avvengono in tali condizioni, si rese necessario l'uso di una geometria più generale dello spazio-tempo (Gauss; Riemann); si può in essa definire una >, che corrisponde a una deformazione del cronòtopo di Minkowski. La descrizione (impropriamente euclidea) di Minkowski rimane tuttavia valida al limite, nell'intorno immediato di un punto-evento, come il piano tangente può sostituire, per una piccola estensione, una superficie curva. È stato fatto, a questo proposito (v. Born) l'esempio di un topografo che eseguisca il rilevamento di un terreno non piano e occupato da una foresta: avendo la possibilità di fare osservazioni solo a distanze brevi, deve collegare tra loro le triangolazioni, necessariamente a corto raggio, ma in tal modo riesce a studi~re più estese superfici. L'esempio è sviluppato da Born per spiegare le relazioni tra la geometria di Euclide e le geometrie dello spazio curvo. Possiamo accorgerci di vivere in uno spazio curvo, osservando alcune proprietà fisiche di esso, per esempio, come vedremo meglio, notando come nelle vicinanze di un astro, che genera un campo di gravitazione, il moto dei pianeti non avviene su linee rette, ma su traiettorie curvilinee, ed anche la luce non cammina in linea retta. Analogamente potremmo accorgerci della curvatura della superficie terrestre, anche se non fossimo in grado di

    [111 ]

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    Cenni di relatività generale

    percepire l'esistenza di una terza dimensione e fossimo quindi costretti a fare tutte le nostre osservazioni su tale superficie bidimensionale . Baster ebbe osservare che al nostro universo a due dimensioni non si può applicare la geometria del piano di Euclide: per esempio la somma degli angoli interni di un triangolo (sferico) non è uguale a 180°.

    A questo punto, per comprendere meglio \1 contenuto della relatività generale, occorre tener presente il Principio di equivalenza: è impossibile stabilire, con esperimenti eseguiti all'interno di im sistema, se esso si trovi o no in moto accelerato. L'osservatore che si trova in un sistema accelerato potrebbe conside-~ rarlo fisso, ma soggetto ad un campo gravitazionale: cioè gravitazione ed accelerazione sono equivalenti. Si noti che gli esperimenti dovrebber o esser e localizzati, cioé eseguiti in uno spazio abbastanza piccolo perché si possa considerare uniforme il campo (in caso diverso si incontrano complicazioni logiche che vanno al di là d ei nostri limiti). Si racconta che Einstein, passeggiando con Madame Curie, le ponesse il seguente quesito: > La serenità scientifica di queste considerazioni ci fa sospettare che se quei due si fos sero trovati veramente nel caso descritto, si sarebbero dedicati a controllare l'esattezza delle proprie ipotesi. Oggi abbiamo esempi di > nelle osservazioni fatte dagli astronauti in orbita: l'astronave si trova, a tutti gli effetti, in caduta libera, ed è facile verificare che l'accelerazione compensa la gravitazione. Pensiamo d'altra parte ad una astronave, posta fuori dal campo di gravitazione, ma assoggettata ad accelerazione uniforme dai suoi motori a razzo (Fig. 12). All'-interno dell'astronave tutti i corpi abbandonati a sé stessi cadono verso 'il pavimento con uguale accelerazione, perché restano fissi in un sistema inerziale. Tutto avviene dunque come se gli oggetti dell'astronave fossero in un campo di gravitazione. Anche una bilancia a molla misura, in questo caso, un . Se poi l'accelerazione dell'astronave fosse uguale a g, tutto avverrebbe, all'interno, come alla superficie terrestre . Il principio di equivalenza include come postulato l'identità fra la massa inerziale e la massa gravitazionale . Tale identità, che vale universalmente, può considerarsi tuttavia più generale dello stesso concetto di equivalenza, che trova una limitazione nel fatto che un campo gravitazionale può essere sostituito, a tutti gli effetti, da una accelerazione, ma solo localmente. Non sarebbe possibile ad esempio trovare un unico sistema di riferimento accelerato, in cui si > tutto il campo di gravitazione

    Cenni di relatività generale

    113

    Osserl'Btore Terrestre

    Fig. 12. - Un campo di gravitazione può d eviare i raggi luminosi. I. In una astronave accelerata (verso l'alto d~lla pagina) con accelerazione a, p enetra la t eralm ente un raggio di luce che subisce una deviazione verso il basso. Un corpo libero, posto all'interno della astronave, si vedrebbe cadere verso il basso con accelerazione - a, come se esistesse un campo di gravitazione g = - a. Un tale campo, sostituito a lla accelerazione, produrrebbe lo stesso effetto di questa, anche sul raggio luminoso . II. Osservazione astronomica durante l'eclissi. I raggi delle stelle A e B, che arrivano a ll'osservatore passando presso il Sole, sono deviati dal campo gravitazionale; tali stelle appaiono quindi spostate >, cioè in apparenza a llontanate dal Sole. Le fotografie ricavate da queste osservazioni vengono poi confrontate con foto > della stessa regione del cielo, dove le posizioni delle altre stelle, come O e D, non sono mutate.

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    Cenni di relatività generale

    terrestre, perché in ogni punto occorre una accelerazione diversa. La completa sostituzione è invece possibile in ogni regione dello spazio in cui il campo gravitazionale sia uniform e.

    * * * Dai princìpi esposti consegue una affascinante interpretazione del moto dei pianeti, che non fa ricorso al concetto di forze gravitazionali, introdotto da Newton. >, cioè' la massa del sole induce intorno a sé una curvatura dello spazio ed un pianeta, trovandosi in uno spazio curvo, si muove secondo linee naturali che non sono rette. La curvatura però si deve riferire allo spazio-tempo sicché non solo la traiettoria del moto ma anche la >, cioè la relazione tra spazio percorso e tempo impiegato, risultano determinate, oltre che dalle condizioni iniziali, dalla dello spazio nella regione attraversata: questo tipo di moto non dipende come è noto dalla massa del corpo, come del resto avviene anche per il moto inerziale . Il > di ogni corpo libero da forze si svolge lungo una geodetica dello spazio di Riemann (1 ). Questa linea è una retta in assenza di campi di gravitazione, cioè quando si applica la geometria di Minkowski e il moto è rettilineo e uniforme ; ma intorno ad ogni corpo materiale si produce una deformazione dello spazio, che ha per conseguenza il fatto che le geodetiche non sono più ( 2 ) cioè esiste una accelerazione e sono modificati i moti e le traiettorie osservati nello spazio ordinario. Un pianeta in orbita e un corpo in caduta libera seguono dunque le linee di moto naturale nello spazio-tempo , come fa un corpo che si muove di moto inerziale (rettilineo e uniforme) in assenza di gravitazione. D 'altra parte il moto inerziale rettilineo e uniforme risulterebbe accelerato, visto da un sistema accelerato; ciò non è che un altro aspetto del principio di equivalenza. Per rappresentare intuitivamente questo stato di cose venne proposto un elegante modello didattico, in cui lo spazio è rappresentato da una lastra di gomma tesa orizzontalmente (e quindi ridotto a due sole dimensioni); una palla da biliardo (pesante) appoggiata sulla lastra vi produce una incavatura. Se ora una pallina si trova nelle vicinanze, essa viene > dalla prima sfera e le si avvicina, scendendo nella conca. Se invece la pallina è inizialmente in moto, ad esempio con velocità costante su traiettoria rettilinea , avvicinandosi alla biglia è costretta a deviare, come se fosse sotto l'effetto di una forza di attrazione. È evidente che un corpo più grande produce rnagg10r effetto, cioè curva di più le traiettorie. ( 1 ) La geodet ica è , s u di una s uperficie , la linea più bre ve cong iungente due punti; p er esempio su una sfera è un a rco di cerchio massimo. Qui il concetto v ie ne esteso a gl i spazi a più d imen s ioni. (2) Si noti p erò che , come caso particolare, possono esser e r ettilinee le traiettorie n ello spazio ordinario.

    Cenni di relatività generale

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    Perfezionando questa idea sono state costruite delle superfici curve, studiate in modo da riprodurre nel modello i moti dei pianeti, delle comete, ecc., mediante una pallina la nciata opportunamente.

    Un altro risultato della relatività generale è il fatto che tutti gli > devono rallentare se posti in un campo gravitazionale, tanto più quanto più basso è il potenziale gravitazionale, cioè quanto più sono vicini al corpo che genera il campo. Tutti i fenomeni si svolgono più lentamente in un campo di gravitazione dove cioè > (3). Possiamo tentare una spiegazione intuitiva della esistenza di questo fenomeno (v. Clarke; Rosser). Pensiamo che una - sorgente di luce monocromatica S ed un osservatore O siano entrambi fissi in un sistema di riferimento B che, rispetto a un riferimento inerziale A, si muove di moto rettilineo e uniformemente accelerato, nella direzione della congiungente e nel verso da S ad O. La luce emessa dalla sorgente raggiunge l 'osservatore dopo un t empo di propagazione, cioè quando O ha già una velocità v2 maggiore di quella, v1 che aveva S all'atto della emissione; la luce appare quindi ad O come proveniente d a una sorgente che si allontani con la velocità v2 - V1. In questo caso dunque, per effetto Doppler, O riceve da S una frequenza più bassa di quella che vedrebbe un osservatore vicino ad S stessa. Fin qui con una accelerazione, ma , per il principio di equivalenza i fatti osservati rimangono gli stessi se alla accelerazione si sostituisce un opportpno campo gravitazionale, diretto da O a S, cioè un campo che generi forze gravitazionali pari alle forze iner ziali che esistevano in precedenza. Il potenziale gravitazionale è in tal caso minore in S che in O e, come si è detto , si osserva una frequenza più bassa, cioè uno >; ciò indica che in S il tempo scorre più lentamente che in O. Su questa base si arriva alla interpretazione relativistica dello spostamento gravitazioncile verso il rosso delle righe emesse da atomi soggetti a campi di gravitazione. Questo fenomeno non va confuso con lo· spostamento verso il rosso degli spettri delle nebulose lontane, che può essere interpretato come \

    (3) Si può per qu esta via affronta re , med iante i concetti d ella relatività gen erale ,

    il quesito del disco r otante , secondo il quale gli orolog i posti a lla p eriferia d e l d isco dov rebbero ritardare rispe tto a d un altro situato nel centro e v incolato allo stesso sistema cli r iferim e nto (v. Einste in [4]; Born) . La spiegazione si può otten ere consid erando che accelerazione equivale a gravitaz ione : in presenza di esse rallentano gli orologi. Il >, seco ndo cui anche il rapporto circonfere nza-diametro r is ulterebbe a lterato dallo stato di rotazione, è st ato proposto p er dim ostrare la inapplicabi lità d elle relatività sp ecia le ai s istemi r otanti; la validità di qu esti ragionamenti è tuttavia disc ussa (v . Einstein [5]; P. Ehrenfest , Phys. Ze it. 10, 918, 1909; G . Cavalieri, Nuovo Cimento, X, 53B, 415, 1967 con alt re c itaz ioni).

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    Cenni di relatività generale

    dovuto all'effetto Doppler causato dal fatto che le sorgenti luminose si allontanano da noi con velocità proporzionale alla loro distanza (Espansio ne dell'Universo). Si noti che si fa ricorso in questo caso all'effetto Doppler, legato al moto relativo tra sorgente e osservatore (4 ), in modo diretto, cioè si tratta veramente di moto relativo, mentre nel ragionamento precedente il moto re lativo non esiste ma tutto avviene come se esistesse.

    * * * La relatività generale spiega anche la deviazione della luce nei campi gravitazionali e la spiegazione ha, concettualmente, qualche punto di contatto con quella precedente. Anche in questo caso infatti si può far ricorso al principio di equivalenza dato che in un >, corrispondente a quello di gravitazione, la deviazione sarebbe presente, cioè il raggio apparirebbe deviato se visto da un opportuno sistema accelerato. Immaginiamo l'ascensore di Einstein (o l'astronave) in moto accelerato e pensiamo che un raggio di luce attraversi la cabina entrando in direzione perpendicolare al moto (Fig. 12). La variazione di velocità della cabina, durante il tempo di transito della luce, dà luogo ad una deviazione, variabile da punto a punto, nella traiettoria della luce, cioè produce una curvatura del raggio. Se ora, soppresso il campo di accelerazione, lo si sostituisce con il campo di gravitazione equivalente, la curvatura deve esistere ancora. Come vedremo questo fenomeno ha permesso il primo controllo sperimentale della relatività generale .

    * * * Le perturbazioni dello spazio che costituiscono il campo gravitazionale si fanno sentire a distanza e possono quindi propagarsi; si ipotizza dunque l'esistenza di onde gravitazionali (v. Olarke). Ma anche gli effetti gravita( 4 ) La formula :r;elativistica p er l'effetto Doppler longitudinale (cioè con la v elocità relativa tra sorgente e osservatore parallela alla direzione di propagazione della luce) è 1

    V

    VO

    dove ·vo e v sono le due frequenze e v è la velocità relativa. Esiste peraltro n ella teoria relativistica anche un effetto Doppler trasversale,. cioè . una modificazione d ella frequenza osservata perpendicolarmente alla direzione del moto relativo tra sorgente di luce e osservatore; tale frequenza risulta d a lla fre quenza propria moltiplicata per y, cioè v' = voy . Anche l'effetto trasversale venne verificato sperimentalmente, osse rvando la luce emessa da raggi canale , da Ives e Stilwell nel 1938 e da Ottings n el 1939 (v. Born).

    Cenni di relatività generale

    117

    zionali, dovuti ad una brusca modificazione di una distribuzione di masse, non potrebbero venir rivelati prima che sia trascorso il tempo necessario per coprire il percorso con la velocità della luce; invero la teoria dimostra che, per conservare la validità dei principi generali, le onde gravitazionali devono propagarsi con la stessa velocità e delle onde elettromagnetiche nel vuoto (v. ad es . Yilmaz) . La ricerca teorica e sperimentale su questo fronte è oggi molto attiva, come accenneremo più oltre.

    Un'altra conseguenza della teoria generale è quella secondo la quale il principio stesso della costanza della velocità della luce nel vuoto dovrebbe essere modificato, in presenza di intensi campi gravitazionali. Questo è uno dei limiti della teoria ristretta, che non prevedendo effetti della gravitazione, non può neppure affrontare il problema. Nel 1964, I.I. Shapiro, uno studioso del M.I.T., giunse alla conclusione che le onde elettromagnetiche devono ridurr e la propria velocità attraversando campi gravitazionali; ricerche sperim entali sono in corso, come vedremo. Di altre e ancor più ardite speculazioni scientifiche basate sulle teorie di Einstein faremo cenno dopo un riassunto delle principali esperienze che hanno confermato, o cercano di verificare, la teoria generale.

    18 VERIFICHE SPERIM.ENT ALI DELLA RELATIVITÀ GENERALE

    La migliore conferma delle teorie relativistiche , e in particolare della r elatività generale, consiste nel fatto che ormai esse sono entrate come elementi indispensabili e di uso quotidiano nella fisica e specialmente nella astrofisica. Questo sviluppo si è avuto in t em pi relativamente recenti, negli ultimi vent'anni, da quando l'uso di nuove t ecniche e di nuovi e poderosi strumenti di calcolo permise di superare molte delle difficoltà delle equazioni di Einst ein (v. Ruffini, 1973 e 1979; Shapiro, 1979). Praticamente non esiste t eoria cosmologica o previsione sopra i fenomeni che avveqgono nell 'univer so, come la nascita delle stelle o la loro evoluzione e morte, che non debba tener conto della relatività generale. Tutte le osservazioni sino ad oggi eseguite e tutti i risultati teorici confermati, concordano con la relatività, anche se, come accenneremo in seguito, siamo forse alle soglie di sviluppi tali da richiedere un perfezionamento, o se vogliamo un completamento, delle fondamentali ipotesi sulla natura e le proprietà dello spazio-tempo postulate da Einstein. Rimane fermo il fatto che non si potrà tornare indietro: l'universo fisico esiste e si manifesta in conformità con le leggi relativistiche e solo grazie a tali conoscenze possiamo pensare di spingerci al di là. I nuovi scopritori dovranno ripetere la famosa frase di Newton: >. Vediamo comunque, in qu a,lche caso particolare, quali risultati confermano le ipotesi di Einstein.

    I primi controlli sperimentali della relativit à generale sono stati ottenuti proprio dai fatti che riuscivano inspiegabili per la teoria ristretta, a mezzo di osservazioni astronomiche. Infatti la teoria generale interpret a correttamente, entro i limiti della p recisione di misura, la precessione del perielio di Mercurio e la deviazione d ei raggi di luce nei campi gravitazionali. P er una impostazione teorica di questi problemi, con metodo r elativamente semplice si veda, ad esempio , Clarke (v. Clarke, 1979). Sulla precessione dei p erieli, cioè sulla lenta rotazione d elle orbite d ei pianeti (specialmente di Mercurio , per cui l 'effetto è assai più grande) i risultati della relatività generale corrispondono assai bene con le osser[118]

    V eriflche sperimentali della relatività generale

    119

    vazioni, anche se questi dati da soli non appaiono, a un rigoroso esame critico, come una prova definitiva della validità della teoria, a causa della presenza di molte perturbazioni che fanno sì che i dati sperimentali siano ottenuti dal calcolo di differenze e quindi facilmente soggetti ad errori (v. Ruffini). Riportiamo alcuni dati tratti da una tabella pubblicata da French (v. French [2]; v. anche cap. 16 nota (4)).

    Tabella 3. Eccedenza di precessione m secondi d'arco per secolo Calcolata Osservata

    (Secondo la Relatività Generale)

    Mercurio Venere Terra Icaro (astero ide)

    43,11 8,4 5,0 9,8

    ± 0,45 ± 4,8 ± 1,2 ± 0,8

    43,03 8,6 3,8 10,3

    Sembra per ora troppo difficile ottenere dati attendibili su questo fenomeno dal moto di satelliti artificiali della Terra, ma le misure relative a Mercurio sono state recentemente confermate da accuratissime osservazioni, ottenute facendo uso di satelliti artificiali e di radar. A convalida dei risultati positivi vi sono poi altre osservazioni astrofisiche che rivelano un analogo fenomeno in altri corpi celesti (pulsars) (1).

    * ** Durante una eclissi totale di sole è possibile osservare le stelle che appaiono in vicinanza del disco solare e che sarebbero altrimenti invisibili a causa della luce diffusa dalla atmosfera. La luce di queste stelle giunge a noi passando in vicinanza del sole e quindi attraversa regioni di campo gravitazionale assai intenso; ne consegue una curvatura dei raggi, che piegano verso il sole. Allora gli astri osservati appaiono più lontani dal disco solare rispetto alle loro posizioni >, cioè a quelle che si possono fotografare, con riferimento alle altre stelle, quando il sole non disturba l'osservazione (Fig. 12).

    ( 1 ) Per le complesse e d elicatissime esperienze fatte a mezzo di Radio -Interferometria, si veda l'articolo di I.I. Shapiro citato nella bibliografia.

    120

    T1 eriflche sperimentali della relatività generale

    Studiano l'eclissi solare del 29 Maggio 1919, che si presentava perticolarmente favorevole, due gruppi di scienziati inglesi ( 2 ) fotografarono il fenom eno da Sobral, nel nord del Brasile e da un'isola dell'Africa occidentale (isola Principe, nel golfo di Guinea). Si ebbe così la prima conferma speriment ale d ella teoria generale della relatività, che stabilì definitivam ente la fama di Einstein e l'universale riconoscimento d elle sue idee. Oggi si cerca di spingere le osservazioni di questo tipo a sempre maggior precisione (ad es. durante l'eclissi del 1974). Analoghi risultati sono stati ottenuti, nell'ultimo d ecennio, usando le onde elettromagnetiche (non vi.sibili) emesse da r adio-sorgenti astronomiche (v. ad es. Ruffini ). Due gruppi di ricercatori del Caltec, impiegando frequenze di qualche miliardo di H ertz , hanno osservato, nel 1971 , le variazioni nella dist anza apparente di due radiosorgenti quasi-stellari (denominate 3C273 e 3C279) quando le onde passavano vicino al bordo del sole. Parte della d eflessione è dovuta alla rifrazione della corona solare, ma questo contributo varia con la frequenz a e può essere separato dal contributo gravitazionale, che conferma le previsioni della relatività.

    * ** Per quanto riguarda lo spostamento gravitazionale verso il rosso, c10e la diminuzione delle frequenze emesse in campi gravitazionali, sono st ate fatte osservazioni sullo spettro delle >, come la st ella compagna di Sirio (Sirio B), astro di altissima densità e quindi con un fortissimo campo gravitazionale. La densità di questa stella è più di duecentomila volte quella dell'acqua, sicché la accelerazione gravitazionale in superficie risulta circa 200 .000 volte la accelerazione di gravità terrestre g. Sono note (al 1973) oltre 1500 stelle n ane bianche (v. ad es. Maffei). Il fenomeno p eraltro viene osservato anche su altri celesti, dovunque esistano intensissimi campi gravitazionali, ed i risultati, ove è possibile uri controllo, corrispondono ottimamente alle previsioni della t eoria; un esperimento è stato eseguito anche con onde provenienti dalla superficie del sole, usando una riga di assorbimento d el potassio (Snider). Sul rallentamento del tempo nei campi gravitazionali è stato realiz'Zato un esperimento sorprendente e di straordinaria efficacia dimostrativa: un controllo della relatività generale realizzato in laboratorio. Si tratta della misura della variazione della frequenza di una sorgente, dovuta alla variazione del potenziale di gravitazione t errestre corrispondente ad una differenza di altitudine di pochi metri.

    ( 2 ) Eddington partec ipò a queste osservaz ioni e n e riferisce, tra l'altro, nel g ià -citato volume.

    Verifiche sperimentali della relatività generale

    121

    Per ottenere la straordinaria precisione necessaria, si è fatto uso dell'effetto Mossbauer, che consente risonanze estremamente acute. Il passaggio dallo stato eccitato allo stato fondamentale di certi nuclei atomici (per esempio Fe 57 ) corrisponde alla emissione di un quanto gamma, che può essere riassorbito nel processo inverso; una parte della energia, tuttavia, può essere spesa nel movimento di rinculo del nucleo, e in tal caso i fotoni emessi non hanno abbastanza energia per essere assorbiti (l'assorbimento può avvenire solo all'esatta frequenza di risonanza). In un solido a bassa temperatura si può avere emissione e assorbimento senza rinculo, come se l'impulso venisse trasmesso all'intero cristallo. Si ha quindi la possibilità di ottenere raggi gamma che possono essere assorbiti in risonanza da un secondo campione. Se però, per una causa qualsiasi, la frequenza risulta, anche lievemente, variata, il sistema esce di risonanza, si può allora ottenere l'assorbimento muovendo uno dei campioni rispetto all'altro, in modo che la frequenza ricevuta sia modificata dall'effetto Doppler. Ciò consente una straordinaria precisione di misura. Nelle esperienze di Pound e Rebka (1960), due campioni di Fe 57 , la cui temperatura era controllata con grandissima precisione, vennero disposti a una differenza di altitudine di solo ventidue metri e mezzo, ma fu tuttavia possibile ottenere un ottimo controllo ; la variazione di frequenza prevista dalla relatività generale era di 4,9 • 10- 15 , mentre sperimentalmente risultò 5,13 ± 0.51. 10 - 15_ L 'effetto Mossbauer viene usato anche da altri ricercatori (Cranshaw et al., 1960; Pound e Snider, 1965; ecc.) e applicato a diversi sistemi gravitazionali o accelerati. I controlli sono sinora favorevoli. Queste prove si ricollegano naturalmente alle tentate verifiche sperimentali dell'> (v. cap. 9), perché la interpretazione che n e può dare la relatività generale è connessa con l'azione sullo scorrere del tempo dovuta alla accelerazione, che è equivalente alla gravitazione. Un altro esperimento assai recente (Vessot e Levine, 1977) è stato fatto ponendo un campione di frequenza estremamente esatto (un maser ad idrogeno) su un veicolo spaziale in orbita, alla altezza di diecimila chilometri, e confrontandone la frequenza con quella di un identico maser rimasto sulla Terra, mediante un complesso e delicato sistema di collegamenti radio (v. l'articolo di Shapiro) . Analoghe misure sono ancora in corso e c'è anche l 'idea di far passare un veicolo col maser in prossimità del sole per esplorarne il campo di gr,vitazione; questa esperienza tuttavia presenta gravissime difficoltà di realizzazione. Altre prove però sono state fatte e si fanno per cercare conferme alla relatività generale, facciamo per questo riferimento all'accennato lavoro di I.I.Shapiro. Si tratta di esperienze molto recenti e non tutte ancora altrettanto controllate quanto le precedenti. Il progresso della scienza si basa spesso su geniali intuizioni e su ardite interpretazioni che, se non sempre trovano conferma definitiva, spingono tuttavia la ricerca verso confini più lontani.

    122

    V eriflche sperimentali della relatività generale

    Il rallentamento della velocità delle onde elettromangetiche di cui si è fatto cenno (cap. 17) sembra aver trovato conferma nelle osservazioni

    su onde radio o radar, che passano in prossimità del sole, nel percorso tra la terra e i pianeti o le sonde spaziali (Mariner 6 e Mariner 7). Lavorano in questo campo il gruppo di Shapiro ed altri. I risultati di Sramek e Fomalont avrebbero recentemente confermate alcune previsioni della teoria generale con un errore inferiore all'uno percento. Ottimi risultati sono stati ottenuti a mezzo del Viking, arrivato su Marte nel 1979 (precisione dello 0,2%, sul parametro del primo ordine).

    * * * Sulle > si ha oggi una intensa attività di ricerca, nel tentativo di rivelarle sperimentalmente; la principale difficoltà consiste nella estremamente piccola entità degli effetti che si vorrebbero misurare. Possiamo ricordare, tuttavia, qualche risultato che può essere interpretato in senso positivo, ottenuto da misure accuratissime, condotte da J. Taylor con una squadra di ricercatori della Università del Massachusetts, mediante un grande radiotelescopio. Una stella doppia, composta da una pulsar (cp.e emette onde elettromagnetiche a impulsi regolari) e da una compagna oscura, sembra confermare le previsioni della teoria, perdendo progressivamente energia precisamente come dovrebbe fare, per effetto della emissione di onde gravitazionali. Molti altri gruppi di ricerca sono al lavoro per ottenere la rivelazione di onde gravitazionali mediante rivelatori a risonanza; a queste ricerche collabora anche l'Italia (v. Amaldi e Pizzella).

    *** Altre osservazioni compatibili con la teoria generale della relatività, ma non ancora definitivamente sistemate nella loro interpretazione, sono quelle relative ai > (Black Holes o Collapsars). La prima previsione teorica sul collasso gravitazionale di una stella, portata alle estreme conseguenze, è dovuta a Oppenheimer e Snyder (1939); si arriva, dopo una serie di passaggi intermedi, ad uno stadio in cui hanno origine delle vere e proprie trappole gravitazionali in cui la densità è tanto elevata che si genera un campo abbastanza intenso per impedire sia alla materia che alla radiazione di sfuggirgli (Ruffini, 1979). Della esistenza dei > non si hanno prove dirette, ma alcuni ritengono di poterli localizzare, avendo osservata la radiazione X che la teoria ammette sia generata nello spazio circostante, ed alcune anomalie di comportamento in oggetti osservabili che si trovano nella stessa regione dello spazio. Una osservazione di questo genere venne riferita per la prima volta nel 1967, da R. Giacconi (Harvard, Osservatorio Smithsoniano) con ri-

    Verifiche sperimentali della relatività genemle

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    ferimento ad un corpo invisibile, situato nella costellazione del Cigno (Cygnus X -1) , che emette appunto raggi X. I fenomeni osservati si spiegherebbero con la esistenza di una stella doppia in cui una delle due componenti potrebbe essere un buco nero; ma è stato dimostrato che una spiegazione si otterrebbe anche se tale componente fosse una stella di neutroni o addirittura una stella normale . Anche l'esistenza della r adiazione di fondo o > (di cui abbiamo fatto cenno p er il >; vedasi nota (4), cap. 3; nota (4) cap. 4; cap. 19) osservata da Penzias e Wilson nel 1965 (per questo parteciparono al premio Nobel 1978) risulta in accordo con la r elatività generale, ed era stata prevista da Gamow. Questo , come vedremo , ci riporta ai modelli dell 'universo, alle specula zioni più avveniristiche, a.Ile avventure della mente umana che sono ancora in pieno svolgimento.

    19 VERSO IL FUTURO

    Le teorie relativistiche sono dunque entrate ormai fra i fondamenti della fisica moderna e non potranno essere dimenticate in ogni futuro sviluppo, ma, proprio per la loro importanza nella interpretazione dei fenomeni, gli studiosi si preoccupano di chiarirle, interpretarle, precisarle ed estenderle. Anche della teoria ristretta sono state proposte ardite estensioni (v. Recami), che portano a conseguenze di profondo interesse, anche se per ora non hanno conferme sperimentali. Si ridiscutono qui i concetti di velocità limite (Tachioni, v. cap. 6) e di antiparticelle, nonché le correlazioni tra causa ed effetto. La teoria della relatività generale costituisce il punto di partenza di alcune ardite t eorie cosmologiche, che sono al centro dell 'interesse degli scienziati. Vari modelli di universo sono stati proposti, d a Einstein e dai suoi successori, e si è giunti ad affascinanti ipotesi, come quelle dello spazio indefinito, ma non infinito (1 ), della espansione dell'universo e della creazione continua; quest'ultima ipotesi ha avuto per molti anni l 'att enzione di un certo gruppo di scienziati, ma sembra oggi definitivamente abbandonata, in favore della ipotesi del >, ossia della grande esplosione . L 'universo, che appare in espansione, conformem ente alle previsioni della r elatività generale, avr ebbe dunque avuto origine, circa venti miliardi di anni fa, dalla esplosione di un unico grumo di energia concentrata, capace di dare origine alle particelle (protoni, elioni) poi agìi atomi e così a tutta la materia conosciuta. La preferenza per l'ipotesi del Big-Bang deriva anche dalla scoperta fatta nel 1965 da Penzias e Wilson, ricercatori dei labor atori Bell, che, come si è accennato (cap. 4, nota (4); cap. 18), ritengono di avere identificato nello spazio l'esistenza di radiazione originat a ai primordi dell' universo: ad un certo momento della espansione, entro la materia-energia che stava allontanandosi dal centro, si ridussero bruscamente le interazioni che assorbivano le radiazioni emesse, sicché lo spazio divenne trasparente. Le onde elettromagnetiche continuarono dunque a propagarsi, riducendo peraltro la propria > e

    ( 1 ) Ciò è comprensibile , a causa d ella curvatura: lo sp az io sarebb e a nalogo alla superficie di una sfera, che non h a limiti, ma la cui est ens ione è finita.

    [1241

    Verso il futuro

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    ancora oggi possono essere osservate (Radiazione di fondo a 2, 7 K, detta anche Radiazione fossile). Pare che i due scienziati siano giunti a questa scoperta cercando di eliminare un > che consideravano come una indebita interferenza ricevuta dalla antenna di un radiotelescopio. Dalle misure fatte su questa radiazione che, osservata dalla terra , non appare isotropa, è possibile determinare una velocità dell'osservatore rispetto alla materia distribuita nell'universo (v. cap. 4, nota 4); tale materia, cioè l'universo stesso, con tutte le sue galassie, sembra dunque fornire un riferimento per la velocità oltreché per la accelerazione (2 ). Secondo una opinione generalmente accettat a , che si può far risalire a Mach, come già abbiamo accennato (v. cap. 16), le reazioni inerziali (ivi comprese le forze centrifughe e di Coriolis), sarebbero dovute alla esisten za di materia distribuita nell'universo , cioè alle stelle e nebulose lontane ; in assenza di queste , qualsiasi sist ema di riferimento, anche rotante, sarebbe sperimentalmente indistinguibile. Trova così una spiegazione logica una d elle più misteriose proprietà dei corpi, anche se forse la più universalmente conosciuta, cioè l 'inerzia. L 'esistenza di forze inerziali sembrerebbe impedire una generalizzazione della relatività, non t anto perché il sistema accelerato possa distinguersi (a questa difficoltà provvede l'equivalenza con la gravitazione), quanto per ché l'accelerazione sembra definibile solo rispetto ad un riferimento assoluto. L e >, cioè la materia distribuita nello spazio a grandissima distanza da noi , provvedono ora questo riferimento, non più solo formalm en te, ma in modo concreto. La loro esistenza infatti modifica le proprietà dello spazio fisico in cui facciamo le nostre esperienze, attribuendogli caratteristiche inerziali. Si vede dunque che l'inerzia e la gravitazione, strettamente legate dal principio di equivalenza, hanno comune origine nella esistenza della materia. Ricordiamo però che materia ed energia sono legate dalla relazione di Einstein, E = mc 2 , che in certo senso le identifica e che anche i quanti di radiazione sono soggetti ad azioni gravitazionali. Quale è dunque la n atura della materia-energia, così strettamente legata alle proprietà dello spazio-tempo? L 'antico problema è ora spostato, ma non ancora risolto, benché, nel quadro delle nuove teorie, le entità fisiche t endano a fondersi in un insieme sempre più unitario . . Una delle t endenze delle teorie derivate dalla relatività è quella di cercare una formulazione ancora più generale, che unifichi, facendole derivare da principi unitari, le t eorie gravitazionali e quelle elettromagnetiche: Einstein infatti diceva'che il pensiero t eorico non saprebbe sopportare l 'idea che vi siano due strutture di spazio indipendenti, una che spiega i fenomeni meccanici e gravitazionali e una i fenomeni elettromagnetici, cioè due campi sovrapposti senza collegamento tra di loro . ( 2 ) Si noti bene che questo concetto, sia che riguardi la accelerazione , che la velocità, si differenzia n ettamente dal riferimento assoluto ipotizzato dalla fisica clas classica (v. cap. 3 e nota (4), cap . 4) ch e sarebbe una proprietà d ello spazio in sé, cioè dello spazio vuoto, m entre qui il riferimento è vincolato a lla materia.

    126

    Verso il futuro

    I quattro tipi di forze che stanno alla base di tutta la fisica, cioè (v. cap. 2) le interazioni gravitazionali, elettromagnetiche, nucleari forti e nucleari deboli, potranno forse un giorno rivelarsi a noi come manifestazioni d ella stessa matrice naturale, governate da comuni princìpi assolutamente generali. I molti tentativi in questo senso, tra i quali l 'ultima grande opera di Einstein (Teoria dei Campi Unificati, 1945-50; 1953), non sono giunti ancora ad una completa sistemazione, anche se sull'argomento si concentrano gli sforzi dei teorici (v. ad es. Finzi, 1965). 1 Il premio Nobel per la fisica per il 1979 è stato assegnato a Glashow, vVeinberg e Salara per aver sviluppata una teoria che unifica l'elettromagnetismo e le interazioni deboli. La teoria prevede un tipo di interazione debole senza modificazione di carica, che non era nota in precedenza ma fu sperimentalmente accertata da esperienze svolte al Cern di Ginevra (1973), ed altre conseguenze che stanno trovando conferma sperimentale. La fisica subnucleare è oggi in fase di rapido sviluppo, grazie all'impiego di macchine acceleratrici di sempre più alta energia e di raffinati dispositivi di rivelazione. Dalle prime indagini sulla struttura interna dei nucleoni (protoni e neutroni) che provarono l 'esistenza dei Quarks, loro elementi strutturali, e di altre particelle, responsabili delle forze di legame che li tengono insieme, si susseguono sempre nuove scoperte sperimentali e successi t eorici. Queste nuove conoscenze, nel loro sviluppo, possono condurre a progressi sulla via della unificazione delle interazioni e possono confermare, estendere o anche modificare le teorie relati visti che. Così continua la gara tra teoria ed esperienza, che porta a sempre più sottili interpretazioni e a più delicate e precise osservazioni. La teoria dovrà spiegare le ultime scoperte sperimentali e l 'esperienza confermare o negare le più ardite concezioni. In tal modo la scienza ogni giorno supera se stessa, nel tentativo di costruire una immagine coerente, completa e definitiva di tutti gli aspetti della Natura. In questa corsa che non avrà mai fine (3 ) dovrà necessariamente, a un certo punto, dimostrarsi insufficiente anche la relatività generale; per esempio nessuno può, fino ad oggi, immaginare che cosa accada all '> di un Collapsar dove, presumibilmente, tutte le leggi fisiche note vengono meno. Nel campo applicativo si può sperare che gli sforzi per ottenere la fusione nucleare controllata siano ormai giunti ad una svolta che fa prevedere prossima una soluzione concreta dei difficilissimi problemi teorici e pratici che sono stati affrontati. Quando la soluzione sarà tradotta in pratica, potremo disporre di immense riserve di energia, poiché partendo dall'idrogeno, o da altri nuclei ( 3 ) È accaduto talvolta che qualcuno credesse di aver finito: proprio allora stavano per sorgere i progressi più rivoluzio na ri. Questo ci riporta al principio di questo volume.

    Verso i l f iituro

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    leggeri, si arriverà all'elio, il cui nucleo (la particella alfa, formata da due protoni e due neutroni) è estremamente stabile, avendo un grande difetto di massa (v. cap. 11): l'energia corrispondente alla diminuzione della m assa totale potrà essere liberata e il prodotto finale non sarà radioattivo.

    * * * Si conclude così il nostro breve viaggio attraverso alcuni aspetti della creazione scientifica di Albert Einstein, le cui tracce si ritrovano in ogni campo : dalle t eorie speculative alle applicazioni, dallo studio del nucleo a quello del cosmo, dalla fisica all 'ingegneria e alla filosofia , dalla interpretazione della esperienza di Michelson allo sviluppo, ancora incompleto e combattuto, delle teorie unitarie, uno dei più meravigliosi sforzi dello spirito umano verso una interpretazione coerente dei meccanismi fondamentali di tutto l'Universo.

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    - Einstein - A Cente nary Volume. Ed. H e inerqann, 1979.

    INDICE ANALITICO

    Aberra zione, 17, 41. Acceleratori, 64, 104, 108. Accelerazione, 9, 56 s ., 63, 73, 109, 125 . Agente fis ico, 38, 52. Alfa (partic.), 68, 124, 127. A lley, C.O., 59 . Ambie nte, 9. Ampère (teorema), 84. Anello di accumulaz io ne, 58. Annichila zio ne , 48, 69. Anno-luce , 42. Antipart icella , 39, 69. Apparenza e realtà , 32 s., 77 s. Ascensore di Einstein, 112, 116. Assoluto (ri ferimento), 12 s ., 17 s., 22 s., 123, 125 . Astrofisica, V, 109, 118. Astronave, 28, 42, 112, 116. Avogadro (numero), 94 . Azione (e reaz.), 7 s., 40. Bailey, J., 58 . B ertozzi, W. (esper.), 41, 42, 62, 64 s., 66. Beta (raggi), 63. B etatrone , 104. Big-bang, 124. Born, M., 103, lll. Braginsky, V.B., 109. Bremsstrahlung, 103. Bucherer, A .H., 63. Buchi neri, 122 s., 126. e (velocità luce), 13, 2 1 s ., 37 s., 43, 92, 117. Camera di Wilson, 62. Campi unificati, 6, 126. Campo conservativo, 80, 88. Campo d i acceleraz ione , 116. Campo di forza, 11 , 39, 80. Campo elettrico, 63 , 80 s., 86, 87 s. , 97 s.

    Campo elettromagnetico, 98. Campo elettrostatico, 80 s ., 87. Campo g ravitaz ionale, 11, 112 s . Campo m agnetico, 63, 77, 83 s., 88, 98 s. Campo mag netomotore , 85. Canale (ragg i) , 116. Carica elettrica, 63, 80, 87, 94 s . Carica elettrica (invar.), 94 s. Carica -massa, 63, 95. Catodici (raggi), 106, 107. Causa-effetto, 38, 49, 52, 124. Causalità , 103. Centrifuga (forza), 125. Ciclotrone, 64, 104. Cinematica, 36 s. , 41 s. , 49. Circuitazione , 80, 84 s. Clerk-Maxwell, J., 12, 76, 79, 80, 89 s. Collapsars, 122 s.', 126. Collocalità , 31, 49. Composizione (velocità), 15, 36 s., 73 . Compton, A.H. , 67, 103. Condu zione (elettroni), 94, 96. Conserva tivo (camp o), 80, 88. Conservazione (princìpi), 7, 60, 68, 72 , 94. Contemporaneità (v. s imultaneità). Contrazione di L orentz, 17, 29, 33, 52 s., 96. Coordinate ga lileiane, 47 s . Coriolis, G .G., 125. Corpo (rigido), 20, 39. Corrente elettrica, 80, 83, 85 , 87. Correzioni relat., 28, 35, 36, 60, 104. Costante dielettrica, 80, 81. Costa nte di Pla nk, 67. Coulomb, C.A ., 78, 80, 82. Covaria nza, 7, 22, 60, 76 . Covarianza generale, 111. Cranshaw, T .E., 121. Creazione continua, 124. Creazione (coppie ), 69.

    [131]

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    Indice analitico

    Cronòtopo, 46 s., 111. Curi, 85 s . Curvatura dello spazio, 111 s ., 114, 124. Cygnus X -1 , 123. D'Alembert (operatore), 100. De Broglie, L., 39. Decadimento, 41 s. D efinizione operativa, 21, 78 . D ensità di carica, 82, 90, 95 s., 100. D ensità di corrente, 81, 96, 90, 96, 100, 101. D en sità di energia, 81, 84. D eriva, 96. D eviazione (luce), 116, 119 s. Dick e , R.H., 109. Didattica, V. D ielettrico (spostamento), 81, 83. Difetto di massa, 68. Dilatazio ne d el tempo, 3, 29, 32 s., 52 s., 58. Dimensioni fisiche, 78, 80, 88. Dimezzamento (tempo ùi ), 41. Dinamica relativistiça, 60 s. Dirac, P.A.M., 103. Disco rotante, 115. Di verge nza, 82 s., 100. Doppler (effetto), 34, 115, 116, 12 1. D oppler (eff. tras.), 116. Drift, 96. Durbin, R.P., et al. (esp er. ), 41. Eclissi, 21, 29 , 120. Eddington, A., 7, 29, 120. Ehronfest, P., 115. Einstein, A. (ascensore), 112, 116. Einstein, A . (biografia) , 5 s. Einstein (massa-energia), 66 s., 125. Einstein (teor . velocità), 37, 44. Eleganza formale, VI, 79, 88, 90, 99. Elettrico (campo), 63, 80 s. , 86, 87 s., 97 s. Elettrologia , w6 s. 80 s. , 94 s . Elettromagne iche (onde ), 13, 21, 90 s., 120. Elettromagnetico (campo), 98. Elettromagnetismo, 12, 76 s. 80 s., 94 s., 101. E lettroni, 39, 6.3 s., 94, 96. Elettrostat ica, 80 s., 84. Elettrostatico (campo), 80 s., 87. E li oni, 68, 124, 127. Energia, 64, 66 s., 71 , 126. Energia cinetica. 66. Energia (densità), 81, 84.

    Energia-massa, 66 s. , 68. Energia di riposo, 66 . Eotvos, R., 108. Equazione di L aplace, 83. Equazione dell e onde, 90 s. Equazione di Poisson, 83. Equazioni di Lorentz, 24, 70 s . Equazioni di l\!Iaxwell, 76, 82, 84, 86, 90. Equazioni d ei potenziali, 89. Equazioni di trasformazione, 23, 24, 70 s., 99 . I Equivale nza (principio), 112 s. Esistenza (problema), 78. Espansione (universo), 22, 11 6, 124. E sp eri en ze, 1, 41 s., 63, 79, 118 s. E sperimenti pensati, 30, 60. Etere cosmico, 13, 22 s., 43. Euclidea (geom .), 111. Evento, 21, 23 s., 30, 46 s ., 72. Faraday, M., 77, 86 s., 92, 98. Fattore di Lorentz, 14 s., 25, 43. Ferromagnetismo, 85. Filo di F eynman, 96, 98. Filosofia, 3, 5, 77, Fissione, 68. Fitzgerald, E .R., 17. Fizeau, A.H.L., 43 s . Formalont, E.B., 122 . Formule razionalizzate, 80. Forza (classica), 7 s., 10, 80, 83 . Forza (relativistica), 62, 74 s. Forza di Lorentz, 63, 83, 98 . Forza elettromotrice, 77, 87, 9.5. Fotone, 38, 48 s., 67, 93, 121. Fraser, 95. Fusione (nucleare ), 68, 126. Futuro assolu to, 48 s. Galileiane (coordin .), 47 s. Galilei, G., 1, 7, 23, 108. Galileo (relatività), 7, 12, 20. Galileo (trasformazioni), 23 . Gamma (raggi), 103. Gamma (y, fattore di L.), 14 s., 25, 43. Gamow, G., 123. Gauss, K .F., 82, 84, lll. Gemelli (paradosso), 56 s., 108. Geodetica, 114. Geometria (non-euclidea), 111 s. G iacconi, R., 122. Glashow, S., 126. Gradiente, 81, 100. Gravitazionale (massa), 10, 108, 112. Gravitazionali (onde ), 116, 122.

    Indice analitico Gravitazione, 1, 8, 11, 108 s., 112, 115, 116, 120 s., 125 s. Hafele, J.C., 58. Hertz, H., 8, (120). Hertziane (onde), 13, 21, 90 s., 120, 122, 124 s. Indice di r ifrazione, 43. Induzion e (elettr. magn.), 86, 98. Induzione mag. (B), 83 s . Inerzia, 4, 7 s. , 108 s., 125. Inerziale (rnassa), 10, 108, 112. Inerziale (moto), 7, 114. Inerziale (rifer.), 9 s., 21 s ., 38, 76, 99, 108. Inerzia li (reazioni), 109, 125. Ingegneria relat., 3, 64, .104, 108. Interazioni, 8 s., 39, 126. Intervallo, 46 s., 72 s. Invarianti , 47, 72 s., 94, 100 s. Invarianza, 7, 21 s., 35, 47, 71 s., 94, 102. Invari a nza (carica), 63, 94 s . Ipercono, 49. Iperspazio, 46. Irrotazi onale, 88 . Isotropia (spazio), 21. Ives , H.E., 116. Kater, E., 108. Kaufma nn, W., 63 . Keating, R.E., 58. Kennedy, R.J., 18. K irchhoff, G.R., 8. Klystron, 106. Lamellare (campo) , 88 . Langevin, P., 56. Laplace, P.S., 83. Laplaciano, 83, 100. Larmor, J., 17. Laser, 38. Laue (von), M., 57 Legge ciel moto, 114. Leggi fis iche, 21 s., 27 , 39, lp. L evine , M .W., 121. L e wis, G.N. , 60. Linea di forza, 77, 87. Linea di moto naturale, 114. Linea di universo, 48 s., 52, 57. Locale (proprietà), 5, 80 s ., 89. Lorentz , H.A., (contrazione), 17, 29, 33, 52 s. , 96. Lorentz (fattore), 14 s., 25, 43. Lorentz (forza), 63, 83, 98.

    133

    Lorentz (trasform.), 22, 24, 30, 39, 70, 76, 100. Luce (deviazione), 116, 119 s. Luce (velocità), 13, 21 s., 37 s., 43, 92, 117. Lunghezza, 21, 32 s. Lunghezza di riposo, 33. Macchine (accel.), 64, 104, 108. Mach, E ., 109. Magnetico (campo), 63, 77, 83 s., 88, 98 s. Magnetostatica, 78, 87. Magnetron, 106. • Mariner, 122. Maser, 121. Massa (gravit., inerz.), 10 s., 108, 112. Massa (longit., trasv.), 63 s., 104. Massa apparente, 61. Massa cinetica, 63. Massa di riposo,. 61, 66. Massa magnetica, 78 . Massa relativistica, 61 s., 66, 72. Materia , 68, 109, 125. Maxwell (v. Clerk), 12, 76, 79, 90, 89 s. Maxwell (equaz.), 12, 82 s., 90, 95. Meccanica classica, 2, 7 s., 23, 26. Mecca ni ca quantistica, 2, 4, 103. Meccanica relativistica, 41 s., 60 s., 104. Mercurio (perielio), 108, 118 s. Mesoni (esp er. ), 41, 58. Michelson A.A. (esper.), 13 s., 18, 41, 43, 76, 127. Minkowski, H., 4: 46 s., 71, 100, 109, 111 s. Modelli di universo, 79, 124. Modello (didattico), 114. Momento angolare, Il . Momento magnetico, 83. Morley, E.W., 13, 18, 41. Mossbauer, R.L ., (effetto), 121. Moto (campo elettrom.), 104. Moto assoluto, 12, 17 s., 22, 76, 95 . Moto naturale, 114. Moto relativo, 28, 95. Muone, 41, 58 . Nabla, 81 s. N ewton, I., 1, 7 s., 39, 109 s., 118. Newton (principi), 7 s., 39. Nobel (premio), 4, 6, 126. Noble , H.R., 12, 18, 77, 97. Nucleari (forze, reaz .), 8, 68, 126. Omogeneità (spazio-tempo), 21, 25. Onde (elet. magnet.), 13, 21, 90 s., 120, 122, 124 s.

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    Indice analitico

    Onde (gravitaz .), 116, 122. Ondulatori a (meccanica), 103. Operative (definizioni.), 21, 78. Operatori, 81, 83, 100. Oppen he imer, R.J., 122. Orologi (gravitaz.), 115. Orologi (paradosso ), 56 s., 108. Orolog i (s incroniz.), 21, 31 s. Osservatore , 20 s., 38. Ottings, G., 116. Panov, V.I., 109. Paradosso, 56 s., 76 s., 95, 102, 108, 115. Parai lasse, 1 7. Particelle, 27, 41, 58, 62 s., 68 s. , 124 s. P assato assoluto, 48 s. P e nzias, A., 123, 124. P er ielio (di Mercurio), 108, 118 s. Permeabilità (mag net. ), 84. Permittività, 80. Peso (assenza ), 112. Pianeti (moto), 1, 114. Pione, 41. Planck, M., 4, 67. Planck (formula), 67. Poisson, S.D., 83 . Polarizzazione (diel.), 81. Polarizzazione (onde ), 92. Poli magnetici, 78, 84. Pos itrone, 69. Potenza, 74 . Potenziale (gravitaz.), 115. Potenziale (scalare), 80, 88 s., 93, 101. Potenziale (vettore ), 88 s., 93, 101. Potenziali (quadriv.), 101 . Potenziali ritardati, 93. Pound, R., 121. • Poynting, J.H. , 92. Precessione (peri elio), 108, 118 s . Princìpi, 1, 7, 21, 60, 68, 72, 111 s. Propagazione luce, 13, 21, 90 s. , 116, 117. Propr ietà locali, 5, 80 s., 89 . Prove sp imentali (v. esp erien ze ). Puslar, 119, 122. Punto-evento, 23, 30, 46 s., 72. Quadriaccelerazione, 73 . Quadricorrente, 101. Quadridivergenza, 100. Quadritensore, 22, 98, 100. Quadrivelocità, 73, 101. Quadrivettore, 4, 22, 46 s., 70 s., 100 s. Qua nti, 67, 121. Quantistica, 2, 4, 103.

    Quantità di moto, 7, 60 s., 67, 70 s., 105. Quark, 126. Radiation d amage, 103. Radiazione foss ile (fondo), 22, 123, 124 s. Radioastronomia, 120, 122 s. , 124 s. Raggi beta, 63. Raggi canale, 116. Raggi catodici, 107. Raggi gamma, 103. Raggi X, 103, 122. Rapporto carica-nmssa, 63, 95. Razionalizzate (formule ), 80. Realtà e apparen za, 3, 32 s., 77 s. Reazione , 7 s ., 40. Rebka, G.A., 121. Relat ività Galileiana, 7, 12, 20. Relatività generale , 5, 21, 111 s., 118 s. Relatività (principio), 21, 76. Relatività r istretta, 20 s., 103 s. Riduzione all'unità, 78. Riemann, G.F.B., 111, 114. Rifer imento assoluto, 12 s., 17 s., 22 s., 123, 125. Riferimento inerziale, .9 s, 21 s , 38, 76, 99, 108. Rifrazione, 43, 120. Rotore (rot), 85 s. , 100. Salam, A., 126. Satelliti, 16. Schrodinger, E., 103. Shapiro, I.I., 117, 122. Significato (relazioni), 27, 32 s., 77 s. Simboli, 81. Simultaneità, 21, 31. Simulta neità assoluta, 31. Sincro-ciclotrone, 64, 104. Sincrotrone, 64, 104. Sistema inerziale , 9 s., 21 s. , 38, 76, 99, 108. Sistema internaz., 78, 80, 88. Sistema di r iferim ento, 7, 9, 13, 18, 20, 23, 97, 99, 111 s., 125. Snicler, J.L. , 121. Snyder, H., 122. Solenoidale, 88. Sommerfeld, A. , 103. Sonde spazia li , 108, 122. Sorgente (cli luce ), 13 s., 22 . Spaziale (intervallo), 4.9, 73. Spazio cli Riemann, 111, 114. Spazio (fisico), 8, 125. Spazio-tempo, 20, 4 6 s., 71 s. , 100, 111 s. Sperimentale (metodo), 1.

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    Indice analitico Spettri, 103. Spostamento (diel.), 81 s., 83. Spostamento v. rosso, 11 5, 120. Sramek, R.A., 122. Stab ilità orbite, 104. Stato (elet . magn.), 98. Stelle, 93, 119 s. Stelle doppie, 16, 22, 120, 122 . Stelle fisse, 9. 23, 125. Stelle nane, 120. Stilwell , G.R., 11 6. Storia d. relst., 3. Tachioni, 39, 124. Taylor, J., 122. Tecnica relat. 104, 108. T empo assoluto, 20, 27. T empo (dilatazione), 29, 32 s., 41 s. , 52 s., 58. "re mpo di dimezzamento, 41. Tempo proprio, 33, 42, 52 s., 58 s., 73. T e mporale (intervallo), 49, 73. T en sore (elet. magn .), 98. T eorema di Ampère , 84. T eorema di Einstein, 37, 44. T eorema di Gau ss, 82, 84. Teorie, 7 s., 12, 20 s. , 79, 90, 103 s., 111 s., 118 s., 124 s. Thomson, J.J., 63. Thorndike, E.M., 18. Tolman, R .C., 60. Traiettoria, 107, 114. Trascinamento (etere ), 17, 43 s. Trasformazioni di Galileo, 23.

    Trasformazioni di Lorentz, 23 s, 24, 70 s. , 76, 100. Trouton , F.T., 12, 18, 77, 97. Tubi elettronici, 106. Unitarie (t eorie), 6, 79, 125 s. Universo (linea), 48 s., 52, 57 . Universo di Minkowski, 46 s. , 71 s., 100, 114. Universo (espans ione ), 11 6, 124. Universo (modell i), 79, 124. Urto, 60, 62, 103.



    Velocità (cornpos iz.), 15 s., 36 s ., 44, 73. Velocità limite , 38 s., 52, 65. Velocità luce, .13, 21, 42 s., 92, 117. V elocità luce (princ.), 2.1, 117 . Velocità relat iva, 24, 28, 50, 95 s., 116. Velocità t errn ica, 94. V erità, V, 20, 27, 77 s. Versore, 81. . Vessot, R.F.C., 121. V ettore di universo, 71 s. Vettori (elet . magn.), 80 s . Vita m edi a , 41. Von L aue , M ., 57. Vuoto, 13, 82, 84, 90. Weinberg, S., 126 . Wilson , R., 123, 124. Wilson, C.T.R. (carnera), 62. Zeernan , P., 43.

    Finito di stampare il 29 settembre 1981 presso il Centro Grafico Linate - S. Donato Milanese per conto della Casa Editrice Ambrosiana - Milano