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Marsilio Ficiil>, con la conseguenza operativa:«segui il tuo demone»2 3. E il tuo demone è realisticamente ciò che da sempre hai desiderato fare e sempre desideri fare, ciò che sempre ti è costato minor fatica a fare e ti ha sempre dato senso di agio e pienezza di gratificazione, una volta fatto. L'emergenza di un simile stato d'animo è la spia del fatto che hai trovato il tramite giusto per entrare in armonia col tutto (qualsiasi cosa ciò possa significare). Ma non esiste tramite comune per tutti gli uomini: al massimo esistono trami ti tipici (per i temperamenti «saturnini» o ; e cfr. III, 12:~. 35. De vita, II, 18:«/egimus in quibusdam regionibus ac plurimo passim odore flagrantibus multos gracili corpo re et imbecillo stomacho, quasi solis odoribus ali». 36. Si veda l'introduzione di A. Biondi a Giordano Bruno, De magia, De vinculis in genere, Biblioteca dell'Immagine, Pordenone 1986. 3 7. De vita, III, 12. 38. Opera cit., pp. 548-56, e sotto pp. 292-362. 39. De vita, III, 18 (Opera cit. p. 556 e sotto p. 335). 40. Si veda il caso descritto da D. Del Corno Branca, Un discepolo del Poliziano: Michele Acciari, «Lettere italiane» XXVIII, 1976, pp. 461-81. 41. Picatrix, The Latin version of the Ghayat Al-Hakim, ed. by D. Pingree, London 1986, cap. III, V, 3, 5. Si veda anche A. Chastel, Il «Signum crucis» del Ficino, inMarsilio Ficino e il ritorno di Platone. Studi e documenti, a cura di G. C. Garfagnini, I, Firenze 1986, pp. 211-19. 42. Angelo Mercati, Il sommario del processo di Giordano Bruno [. .. ],Città del Vaticano 1942, p. 42:«[ ... ] mi pare haver letto in Marsilio Ficino, che la virtù e reverenza di quel carattere è molto più antica che non è il tempo dell'incarnatione di nostro Signore e ch'è stata riconosciuta dal tempo che fioriva la Religione de gl'Egittii circa i tempi di Moise [... ]». 43. Nella prospettiva illustrata, per esempio, inJean-Pierre Schaller, La mélancolie. Du bon usage et du mauvais usage de la dépression dans la vie spirituelle, Beauchesne, Paris 1988.
Nota biografica. Marsilio nacque il19 ottobre 1433 a Figline in Valdarno, primo di una numerosa serie di figli che il medico Dietifece, detto anche Ficino, ebbe da sua moglie Sandra, donna di Montevarchi, che gli aveva portato in dote buone terre. Dietifece era medico di buon nome e si trasferì a lavorare in Firenze, presso l'ospedale di S. Maria Nuova, portando con sé il giovinetto Marsilio, che si sarebbe dovuto avviare alla medicina, dopo i consueti studi di umane lettere e filosofia. Sennonché fu conquistato dalla filosofia platonica e dal desiderio di apprendere il greco (su consiglio anche dell'umanista Cristoforo Landino, 1456). Cosl Ficino divenne il grande traduttore di Platone, di Platino, e della tradizione neoplatonica ed ermetica. Entrato in contatto con Antonino Pierozzi, arcivescovo di Firenze, verso il1456, e con Cosimo de' Medici, verso il1459, da questo grande signore ebbe protezione e sistemazione (una casa in Firenze, per abitarvi con la madre nel1462, un podere a S. Pietro in Careggi nel 1463 ... ), e tutte le condizioni necessarie per un lavoro tranquillo: cosl tradusse già nel1463 il Pimandro e gli altri scritti 9tenziano questo spirito. Giove significa le stesse cose, ma in maniera più efficace, e rinvia allo stomaco e al fegato, ed ha un ruolo non mediocre in relazione al cuore, al respiro, alla virtù vitale nella misura in cui, per sua propria natura, si accorda col Sole (ma anche da se stesso: altrimenti il cuore non assumerebbe lo spirito vita-
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mente Iovis acciperet. Unde Iovem Graeci appellant vitam et per quem vita. Habere quoque in animali spiritu potestatem testantur astrologi, dicentes Iovem ad philosophiam et veritatem inveniendam, religionemque conferre. Et Plato, ubi ait ab Iove philosophos proficisci. Quod etiam significavit Homerus antiquorum opinione dicens: «Talis est mens hominibus, qualem in dies adducit pater hominum atque Deorum». Nusquam vero numen aliquod ita cognominat praeter lovem. Sol spiritum vitalem praecipue corque significat, et habet nonnihil, immo non parum in capite, propter sensum atque motum, cuius est ipse dominus, neque vim deserit naturalem. Mercurius cerebrum et instrumenta sensuum, ideoque spiritum animalem. Proinde tutissima via erit nihil sine Lunae beneficio facere, quandoquidem coelestia communiter et frequenter atque facile ad inferiora demittit, quam alterum Solem nominant, quolibet mense quatuor anni tempera facientem. In prima enim sui quarta Peripatetici putant esse calidam atque humidam. In secunda calidam et siccam. In tertia frigidam atque siccam. In quarta frigidam atque humidam. Lumenque eius proculdubio Solis esse lumen. Humores generationemque regere omnesque mutationes foetus ipsius in alvo, conversionibus suis metiri, et quotiens Soli iungitur, vivificam ab eo virtutem recipere, quam infundat humori, atque ibidem a Mercurio vim humores commiscentem. Quam vim Mercurius et trasformatione in omnes sua et gyris multiplicibus affert. Ibidem mox a Venere vim, quae conducat ad formas geniturae convenientes. Operae pretium vero fuerit meminisse diurnum Lunae cursum in quatuor distribuì quartas. In prima qui-
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le proprio nel mese di Giove). Sicché i Greci chiamano Giove la vita, e colui per cui tramite si realizza la vita t 5 • Che abbia potere anche sullo spirito animale lo attestano gli astrologi, sostenendo che Giove contribuisce alla filosofia, alla ricerca della verità, alla religione; nonché Platone, nel passo in cui dice che i filosofi provengono da Giove. Il qual concetto anche Omero formulò sulla base dell'opinione degli antichi, dicendo:«Tale la mente degli uomini, quale di giorno in giorno la produce il padre degli uomini e degli Dei» 16 (e mai designa cosl alcun nume, tranne Giove). Il Sole significa in via privilegiata spirito vitale e cuore, ed ha qualche influenza, anzi non poca influenza, sulla testa, a causa della sensibilità e del movimento di cui egli è signore; né trascura l'energia naturale. Mercurio significa cervello e organi dei sensi, e quindi spirito animale. Sarà quindi metodo sicurissimo non intraprendere nulla senza beneficio della Luna; poiché è la Luna che comunemente e frequentemente e agevolmente fa scendere le realtà celesti alle realtà inferiori; e la designano «secondo Sole»: in primo luogo perché essa realizza, nel corso di ogni mese, la successione delle quattro stagioni (ritengono infatti i Peripatetici che nel suo primo quarto la Luna sia calda e umida; nel secondo quarto calda e secca; nel terzo fredda e secca; nel quarto fredda e umida); in secondo luogo perché la sua luce è senza dubbio la luce del Sole. Essa governa gli umori e la generazione, e misura coi suoi moti tutte le mutazioni del feto nel ventre. E ogni volta che si congiunge col Sole assorbe da esso virtù vivificante, che essa infonde nelle realtà umide, e ivi assorbe anche da Mercurio l'energia che mescola gli umori: energia che Mercurio apporta sia con la sua trasformazione in tutti, sia coi suoi giri molteplici; nessa attinge anche da Venere l'energia che conduca a forme appropriate per la generazione. Varrà poi la pena di ricordare che il corso giornaliero della Luna si distribuisce in quattro quarti: nel primo
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dem ab oriente ad medium ascendit coelum, atque interim humorem et spiritum auget naturalem. In secunda a coeli medio petit occasum efficitque in nobis oppositum. Tertia ab occasu coelum subter medium adit, iterumque spiritum illum auget et humorem. Quarta cadit inde versus ortum minuitque vicissim, quod maxime in Oceani ripis apparet, ubi ad hunc cursum mare manifestius accedit atque recedit, eodemque ordine vigor in aegrotantibus. Probabile etiam est Solem per easdem sui quartas calorem naturalem et spiritum vitalem augere vel diminuere. Animalem quoque, quatenus Mercurium habet comitem. His cognitis poterit medicus pro humore et calore naturali, et quolibet spiritu recreando, tempora opportuniora servare. Sed nunc de Luna satis. Neque dimittere decet Iovem, in cuius mense altero quidem vitam accepimus, altero autem communiter et felicius nati sumus. Et qui inter Solem atque Venerem, item inter Solem atque Lunam est qualitate effectuque medius ideoque complectitur omnia. Solem vero ipsum praetermittere coeli Dominum nefas atque periculosum existimamus, nisi forte quis dixerit, eum qui Iovem habet, in Iove Solem iam habere, illic potissimum ad homines temperatum. In Sole certe omnes coelestium esse virtutes, non solum Iamblichus Iulianusque, sed omnes affirmant, et Proclus ait ad Solis aspectum omnes omnium coelestium virtutes congregari in unum atque colligi. Iovem vero esse Solem quendam ad nos temperatum nemo negabit. Lunam quoque temperatam ad Venerem ne neglexeris. Multum enim ad validam prosperamque vitam adiuvat. Siquidem Venus foecundat hominem facitque laetum hanc igitur observabis. Quanquam si Lunam Ve neri similem, scilicet h umore prorsus aequalem et
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ascende da oriente al medio cielo e intanto potenzia umore e spirito naturale; nel secondo punta dal medio cielo all'occaso e produce in noi l'effetto opposto; nel terzo muove da occaso al medio cielo inferiore e di nuovo potenzia spirito e umore; nel quarto cade da nin direzione d'oriente e alternativamente diminuisce, fenomeno che si nota soprattutto sulle rive dell'Oceano, dove, in relazione a questo corso, il mare avanza e recede in maniera evidente, e con lo stesso ordine si altera il vigore in coloro che sono malati. È anche probabile che il Sole, nel corso degli stessi suoi quarti, incrementi o riduca il calore naturale e lo spirito vitale (e quello animale nella misura in cui abbia a compagno Mercurio). Conosciuti questi fatti, il medico potrà rispettare i tempi più opportuni per ristabilire l'umore, il calore naturale, e qualsivoglia spirito. Ma ora basta per ciò che riguarda la Luna. E non è il caso di trascurare Giove, in uno dei cui mesi noi abbiamo ricevuto la vita e in un altro siamo semplicemente e felicemente nati. Esso, per la sua qualità naturale e per i suoi effetti, è intermedio tra Sole e Venere, tra Sole e Luna, e quindi abbraccia tutto. Omettere poi il Sole signore del cielo noi consideriamo cosa illecita a un tempo e rischiosa: a meno che non si dica che colui che ha Giove, in Giove ha già il Sole, che nanzi è particolarmente contemperato ai bisogni degli uomini. Che poi nel Sole si ritrovino certamente tutte le virtù dei corpi celesti, lo affermano non solo Giamblico e Giuliano, ma tutti quanti; e Proda dice che sotto I' occhio del Sole si raccolgono e si unificano tutte le virtù di tutti i corpi celesti. Nessuno negherà che Giove sia un Sole contemperato a noi. E non trascurerai la Luna, contemperata a Venere: essa aiuta molto per una vita di benessere e di successo. E poiché Venere rende fertile l'uomo, e lo fa rigoglioso, tu le dedicherai la tua attenzione: pur essendo vero che se tu mescoli, secondo le debite modalità, con Giove e col Sole la Luna (che è pressoché uguale a Venere per umore e appe-
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vix minus calidam, cum Iove rite misceas aut Sole, propemodum iam Venerem habes. Quid ergo? Ut tutissima omnium et commodissima simul incedas via, Lunam observa, quando Solem aspicit coitque cum Iove, vel saltem Iovem simul aspicit atque Solem, aut certe quando post aspectum Solis mox ad Iovis coitum progreditur vel aspectum. Atque eo ipso tempore compone invicem, vel adhibe tibi Solaria Ioviaque simulatque Venerea. Quod si te ad unum ex magnis confugere necessitas urgeat vel negotium, ad Iovem ipsum, vel potius ad Lunam simul Iovemque confugito. Nulla enim stella naturales in nobis vires, immo et omnes magis quam Iuppiter fovet atque corrobora t, nulla rursum pollicetur prosperiora simulatque plura. E t ubique hunc accipere faustum est, Solem vero accipere forsitan non ubique tutum. Semper enim ille iuvat, hic saepe nocere videtur, Venus autem quasi debilis. Ideo solus ille iuvans pater est appellatus. Id autem comprobat Ptolemaeus ubi ait: «Pharmacum vix quicquam movere naturam duntaxat, quando Luna cum Iove congreditur». Usque adeo illinc proprie totam putat universi corporis corroborari naturam. Expertus sum quinetiam, Luna coniuncta cum Venere, medicinam vix movere. Quamvis autem ubi pituitam valde timemus, Lunam praecipue observemus ad Solem, ubi vero bilem exsiccationemque eiusmodi ad Venerem, tamen directio Lunae ad Iovem, et ad haec omnia quodammodo confert, et praecipue ad atram bilem expellendam, necnon ad communem hominum complexionem instaurandam atque firmandam. Sicut enim glycirrhiza et oleum rosaceum frigidiora calefacit, calidiora refrigerat
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na un po' meno calda), è come se già possedessi Venere. Come operare dunque? Per procedere nel modo meno rischioso e per la via più comoda osserva la Luna, quando essa guarda il Sole e si congiunge con Giove; o, almeno, quando essa guarda assieme Giove e il Sole; o comunque, quando, dopo lo sguardo sul Sole, essa subito muove alla congiunzione con Giove o alla contemplazione di esso. E nella stessa circostanza prepara un composto (ed applicalo a te stesso) di cose solari, gioviali e assieme veneree. Se poi la necessità o il bisogno ti spinge a far ricorso urgente a uno dei grandi corpi celesti, rifugiati allora in Giove, e meglio ancora nella Luna unita a Giove: nessuna stella infatti favorisce e rafforza in noi le energie naturali, anzi le energie di ogni tipo, più di Giove, nessuno è in grado di promettere vantaggi più felici e più numerosi. E poi, accogliere gli influssi di Giove è sempre evento propizio, mentre accogliere quelli del Sole non è sempre immune da pericoli. Giove è sempre di giovamento, il Sole spessorisulta nocivo, Venere è come debole: perciò solo Giove o Iupiter ha assunto l'appellativo di >; Iulii Firmici Materni, Astronomicon libri VIII, Ex officina Hervagii, Basileae 1533, acclude Centiloquio dello pseudo-Tolomeo, e «Bethem», «Almansor», «Zahel», «Messahlah», «Aomar», ecc.; Albohazen Haly Abenragel, De iudiciis astrorum libri VIII, Ex officina Henricpetrina, Basileae 1571, elenca scritti di «Messahlla», «Aomare», «Alkindo», «Zaele», «Albenait», ecc. Va in genere per conto suo il grande Albumasar, per la cui fortuna si veda l'introduzione ad Albumasaris, De revolutionibus nativitatum, ed D. Pingree, Teubner, Leipzig 1968. Per lo sfondo sono ancora indispensabili i volumi III e IV (1934) di Lynn Thorndike, A History o/ magie and experimental Science, dedicati ai secoli XIV e XV Si vedano anche le voci del Dictionnary o/ Scientific Biography, ed. Ch. Coulston
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Gillispie, voli. 16, New York 1970 sgg. (es. Abu Ma'shar, n. 787, m. 886; ibid., I, 32-39). 6. Il Centiloquium o Fructus dello Pseudo-Tolomeo, al «detto» o «Verbum» n. 10, pone l'analogia:« sicut periti medici utuntur venenosis secundum competentem qua"ntitatem». n testo greco, col titolo di &rp6s, si può leggere, tra le «opere dubbie e spurie», in Claudii Ptolemaei, Opera quae extant omnia di A. Boer, III, 2, Teubner, Lipsia. 7. Cfr., ad esempio, Philostrati, Apollonii Vita, in Opera, ed. C. L. Kayser, Teubner, Lipsia 1870, VIII, 7, in particolare p. 311 sgg. 8. «Elixir» deriva, attraverso l'arabo al-iksir, dal greco xèrlon (lett. polvere disseccante). È designazione del lapis philosophorum o pietra filosofale. cfr. gli Opera exoterica di Arnaldo da Villanova nei suoi Opera omnia [... ], Basileae 1585. Di Arnaldo, Ficino leggeva nell' agosto del 1489 lo scritto De conservanda iuventute et retardanda senectute, ivi, pp. 813-38. 9. Virgilio, Aen. VI, 726. 10. Philostrati, Apollonii Vita, cit., I, 8, p. 7 (Ton en te(i) psykhe(i) aithéra). 11. Sul tema se il corpo del mondo (il mondo) venga direttamente da Dio o da Dio per la mediazione dell'anima del mondo, cfr.la lettera di Ficino a Giovanni Cavalcanti, Ep. lib. I, Basileae 1575, I, p. 629 sg. (direttamente da Dio, deduzione dal Timeo). In Convivium Platonis De Amore si stabilisce la sequenza (II, p. 132l):«Deus universorum author [. .. ] mentem primo creat angelicam: deinde mundi huius animam, ut Plato vult: postremo mundi corpus». Ma la discussione più articolata va vista nel commento in Timaeum ( ibid., II, p. 1438 sgg.). 12. Liber Canonis primus quem princeps Aboali Abinsceni de Medicina edidit: translatus a magistro Gerardo Cremonensi in Toleto [. .. ]Libellus Avicenne De Viribus Cordis translatus ab Arnaldo de Villanova, Barchinone [... ] Venetiis 1490. Si veda anche, a seguito del Canon, nella grandiosa ed. veneta in 5 volumi, «per Bernardinum Benalium». 13. De curanda literatorum valetudine, cfr. Introd., pp. X-XIV 14. C. Ptolemaei, Opera, III, l (Apotelesmatikd ), ed. F. Boli et A. Boer, Teubner, Lipsia, repr. 1957, IV, 5. 15. Platone, Crat., 396 a-b:«e invero per noi e per tutti gli altri esseri non vi è chi sia causa dello zen [vivere], più di colui che è principe e re di tutte le cose» (trad. M. Valgimigli). 16. Odyss., XVIII, 156-57, citato in D. Thomae,Contra Genti/es, III, cap. 84:) e attraverso Isidoro vescovo di Siviglia, Etimologiarum sive Originum libri XX, libro VIII, 11, 34, ed. Lindsay:«Iovisfertura iuvando dictus, et Juppiter quasi iuvans pater, hoc est, omnibus praestans». 18. Albohazen Haly, De iudiciis astro rum libri VIII, Basileae 15 71,
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l, cap. 4: Mercurio «ealidus est d siccus, formae ~t naturae convertibilis, masculinus cum masculinis, foemininus cum /oemininis, fortunatus cum fortunato, in/ortunatus cum infortunato». 19. Il riferimento è ad Acate, «[ulus Achates», (Am. I, 188, ecc.), inseparabile compagno di Enea. 20. Thabit Ibn Qurrah («Benthorad»), nato a Harran nell'835/36 d. C., morto a Baghdad nel 90 l, mediatore di scienza greca e ricercatore originale, tradotto da Gerardo da Cremona e da Giovanni da Siviglia nel sec. XII, in Spagna; sono sue opere: De figura sectionis, De motu octavae sphaerae, o De motu accessus et recessus (cfr. Dictionary of Scientific Biography , XII, New York 1976, pp. 288-295). 21. Philostrati, Apol/onii vita, III, 41 sgg. (p. 116 sgg. ed. Kayser):«narra Damis che !arca facesse dono ad Apollonio di sette anelli che portavano i nomi di sette stelle; e che Apollonia ne mettesse uno al giorno secondo il nome dei giorni». 22. Tomaso d'Aquino, Contra Genti/es, III, capp. 84-86, ed. Parisiis 1552, a c. 312v, nega che la nostra conoscenza possa essere d'origine astrale, soggiungendo però la nozione di influenza indiretta:«Scimdum est tamen quod, licet corpora caelestia directe intelligentiae nostrae causa esse non possint aliquid tamen ad hoc operantur indirecte. Liut enim intellectus non sit virtus corporea, tamen in nobis intellectus operatio compleri non potest sine operatione virtutum corporearum, quae sunt imaginatio, et vis memorativa et cogitativa[. . .]. Dispositio autem corporis humani subiacet coelestibus motibus [.. .]. Et per hunc modum potest verificari quod Ptolemaeus in Centiloquio dicit»; e col Centiloquio conclude anche il cap. 85, che insiste sull'effetto indiretto degli astri sulle nostre electiones, c. 315 r; e a fine del cap. 86 cita ancora Tolomeo, che nel Quadripartito e poi tcin Centiloquio etiam dicit: haec iudieùl qUtJe tibi trado, sunt media inter necessarium et possibile», 317v. 23. Genesis, Il, 8 - III, 25. 24. Platone (Fedone, 110 b - 111 c) allude al mito della «Vera terra». 25. C. Plinii Secundi, Naturalis historia, VII, 2 (ed. lan-Mayoff, Teubner, Stuttgardiae, 196 7, vol. Il, p. 9 sg.):«M.egasthmes gmtem inter Nomades Indos narium /oco foramina tantum habentem [. .. ] circafontem Gangis Astomorum gentem si ne ore [. .. ] halitu tantum viventem et odore, quem naribus trahant. Nullum illis cibum, nullumque potum, radicum tantum f/orumque varios odores et silvestrium ma/orum, quae secum portant /ongiore itinere ne desit olfactus; graviore pau/o odore baud difficulter exanimari». 26. C. Ptolemaei, Apotelesmatica, cit., l, 4. 27. Cfr. ad esempio, Avicennae, De viribus cordis (ed. Venezia 1490 e 1523), tract. Il, cap. 3; o Petri Aponensis, De remediis venmorum, apud Juntas, Venetiis 1548, cap. 80:«Bezoar antonomastice dicitur de quodam lapide qui sic vocatur, cuius propria et specifica virtus ad letale venenum est liberans a morte subito, absque ullo medici ingenio.
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Et ideo de omni medicina qua liberari potest a morte homo, ab aliqua aegritudine ve/ veneno dici potest quod sit bezoar illius morbi» (al cap. 81la rapporta alla therùlca). Cfr. anche Serapione, VI, 31. 28. Johannis Serapionis, De simplicium medicamentorum historia libri septem, ex Arabum, ac Graecorum, praesertim Pauli Aeginetae, Dioscoridis et Ga/eni commentariis, quam accuratissime excerpti, interprete Nicolao Mutono [... ], Apud Andream Arrivabenum, Venetiis 1552, libro VI, 33:«0mnis autem hyacinti lapis, sive quodcumque aliud cum eorum aliquo velut sigillo consignatum pro amuleto gestari feruntur adversus tum fulmina, tum immanem quoque ac pestiferam luem» [c. 140r]. 29. Ficini, Opera, cit. Il, p. 1908 sgg. 30. Centiloquium, cit. 2; cfr. Boer, cit. p. 38 (si veda anche nota 31). 31. Liber Quadripartiti Ptholemaei. Centiloquium eisdem [... ], Per Bonetum Locatellum, Venetiis 1493, c. 107v:«vultus huius seculi sunt subiecti vultibus ce/estibus». Segue il commento di Haly; cfr. Johannis Serapionis, De simplicium medicamentorum historia libri VII, Venetiis 1552, c. 139v («De Alexipharmaco, quem Bezaar vocant») 32. Asclepius, cap. IX e XI (cfr. Ficini, Opera, cit. Il, pp. 1865-68). 33. P. G. XXXII, c. 1133; cfr. Orac/es chaldafques, cit., p. 170. 34. Exodus, XXXII, 4. 35. Porfirio, Lettera ad Anebo, a cura di G. Faggin, Sansoni, Firenze 1954, p. 52. 36. Cfr. Procli, De sacrificio et magia, in Ficini, Opera, cit., Il, p. 1928 sg. :«deinde et animalia sunt so/aria multa, velut /eones et galli, numinis cuiusdam solaris pro sua natura particeps [... ]et quandoque nonnulli solares angeli apparuerunt forma eiusmodi praediti [. .. ] nonnumquam etiam daemones visi sunt solares /eonina fronte, quibus eu m gallus obiiceretur repente disparuerunt». Da qui derivano anche molte delle osservazioni che seguono sulle virtù delle pietre. 37. «Pantaura», altrove «Pantataura», è forse la pietra preziosa che Filostrato (Vita Apollonii, III, 46) chiama pantdrbe (cfr. sotto, cap. XV, p. 307). 38. Cfr. Introduzione, p. XXIII sgg. 39. Su questo trattato contro la peste, in volgare, composto da Ficino nd 1479, vedi p. XII e nota 10 a p. XXVII. 40. Sopra lo amore o ver' Convito di Platone Comento di Marsi/io Ficini Fiorentino sopra il Convito di Platone, a cura di G. Ottaviano, Celuc, Milano 1973, che riproduce la versione italiana, curata da Ficino, verso il1474, ed edita da Cosimo Bartoli, Firenze 1544. Per il testo latino, composto in prima redazione nel 1469, cfr. Ficini, Opera, cit., Il, pp. 1320-1363. 41. C. Plinii Secundi, Naturalis historia, VII, 2 (ed. cit., p. 6 sg.);
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per Triballi, Illiri e donne di Scizia: VIII, 21 (p. 104 sg.); per catoblepi e basilisco o serpente regolo: IX, 42 (p. 204); per torpedine: IX, 21; per echeneis (cfr. in/ra App. crit.), ibid., p. 183 («Est parvus admodum piscis [. .. ] echeneis appellatus. Hoc carinis adhaerente naves tardius ire creduntur, inde nomine imposito. Quam oh causam amatoriis quoq~ veneficiis infamis est [. .. ] fluxus gravida rum utero sistens partusque continens ad puerperium»); per phalangia, cioè tarantola: XI, 24 ecc. 42. Serapionis, De simplicium medicamentorum historia, lib. I, ed. cit., c 1r:«eapita tamen medicamentorum omnium secundum alp!Jabetum arabicum quod est Abuget miro ordine explicare conati sumus.. 4 3. Cfr. supra, cap. XII, nota 27, e Antidotus contra pestem (in Ficini, Opera, cit., I, pp. 575-606); cap. XXIV, ibid., pp. 604-5. 44. Albumasar (De magnis coniunctionibus: annorum revo/utionibus ac eorum profectionibus: octo continens tractatus, Per Iac. Pontium de Leucho, Venetiis 1515) esibisce in nitide incisioni un intero apparato di figure e caratteri astrologici. Per la Vergine, Ficini, Epist. VII (ed. cit., I, p. 849): lettera a Federico da Montefeltro sull'astrologia, del 6 gennaio 1481. 4 5. Il motivo della croce egizia fu ripreso da Giordano Bruno, per cui si veda A. Mercati, Il sommario del processo di Giordano Bruno, Città del Vaticano 1942, p. 72; e cfr. Introduzione p. XXV 46. È l'iconografia più o meno tradizionale nella letteratura astrologica a partire da Picatrix. 47 Conciliator, cit., Differentia 113, c. 174 P. 48. Albohazen Haly, De iudiciis astrorum libri VIII, Basileae 15 71 , I, cap. 4, p. 6: «quia in eo vivi/iCilntur signa et quodlibet signum, quando est in eo, habet potestatem super alia signa-.; analogamente, per la luna. 49. Ficini, Opera, cit., II, p. 1541 sg. (cfr. Plotin, Ennéades, par E. Bréhier, I, Les Belles Lettres, Paris 1924, p. 12 sg.). 50. D. Thomae Aquinatis [... ], Summa contra Genti/es quatuor /ibris comprehensa: commentariis eruditissimi viri fratris Francisci de Sylvestris Ferrariensis, Parisiis 1552. Si veda l'intera sequenza del libro III, capp. 82-105: contro Avicenna, Albumasar, contro la magia dell'Asclepio, con frequenti consensi al Centiloquium dello pseudo-Tolomeo (cfr. supra, cap. VIII, nota 3). 51. D. Thomae Aquinatis doctoris Angelici, Opuscula omnia, Venetiis 1587, pp. 360-365 (ivi anche De so.-fibus, pp. 352-357; De iudiciis astrorum, pp. 357-358). 52. Iamblichi, De mysteriis, commentato in Ficini, Opera, cit., II, pp. 1873-1908. 53. Si riferisce all'Heptaplus che G. Pico compose nel1489, per cui si veda l'ed. di E. Garin, Firenze 1942-52. 54. Ficini, Opera, cit., II, p. 1617:«Abraham Avenazara appellar Saturnum frigidum, quia calorem affert nostro remissiorem» (cfr. ibid. p. 1748).
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55. Philostrati, Vit~.~ Apol/onii, IV, 25; VIII, 7. 56. Oracles cha/dai'ques, cit., frg. 150, p. 103 («non cambiare mai i nomi barbari»); ibid., p. 169 sg., il commento di Psello. Sul divieto, cfr. Iamblichi, De mysteriis, VIII, 4-5 (Ficini, Opera, cit., Il, p. 1881 :«Quae enim multis saeculis et operoso labore in sacris comprobatiJ sunt nefas est ex nonnullis repente incidentibus temere iudicando mutiJre»); e, soprattutto, Corpus hermeticum, II, Les Belles Lettres, Paris 1960, p. 232, polemica di Asclepio contro la traduzione in greco dei detti egizi di Ermete Trismegisto e invito al re Ammone:«mantieni non tradotto questo discorso». La nota di A.]. Festugière, pp. 232-34, fornisce i rinvii testuali e bibliografici essenziali. 57. I Reg., XVI, 25. 58. Sulla theriaca, cfr. Antidotus, cap. 6 in Ficini, Opera, cit., II, p. 582. Sull'origine dai vaticini, Philostrati, VitiJ Apol/onii, III, 44 (ed. Kayser, p. 118). 59. Ibid., IV, 11 (ed. Kayser, p. 131). 60. Leviticus, XXIV, 26-32 (con allusione alle esegesi ebraiche di G. Pico, nell' Heptl.lplus). 61. Oracles cha/daiques, cit., p. 113 (frg. 197). Cfr. Orphicorum /ragmentiJ, ed. Kern, fr. 82. 62. Iamblichi, De mysteriis, in Ficini, Opera, cit., II, p. 1903, dove è riportata l'opinione di Porfirio circa la difficoltà a conoscere il proprio oroscopo:«Si quis cognosceret figuram nativitl.ltis dominumque figurae inveniret daemonem suum et per ipsum solveretur a fato nativitl.ltis». 63. Firmici Materni, Mathesis, ed. Kroll-Skutsch, Teubner, Stuttgardiae, reprint 1968, libro IV, cap. 19 (I, p. 213 sg.). 64. Philostrati, Vitl.l Apol/onii, cit., IV, 10 (ed. Kayser, p. 130 sg.). 65. Il riferimento è al «draco magnus» di Apoc. XII, 4 sgg. 66. Opuscula omnia, cit., pp. 360-65. A p. 363: Tomaso citaTolomeo(«