Costruzioni Metalliche [1 / 2022]
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SOMMARIO COSTRUZIONI METALLICHE - FONDATA NEL 1949 REDAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE: BRUNO FINZI EDITOR IN CAPO: ELIDE NASTRI Università di Salerno, Italia COMITATO DI REDAZIONE:

NADIA BALDASSINO Università di Trento, Italia ANDREA CAMPIOLI “Politecnico” di Milano, Milano, Italia PAOLO CASTALDO “Politecnico” di Torino, Torino, Italia MARIO DE MIRANDA IUAV Università di Venezia MAURO EUGENIO GIULIANI Redesco Progetti srl, Milano, Italia RAFFAELE LANDOLFO Università di Napoli “Federico II”, Italia EMANUELE MAIORANA Isolcomit Srl, Legnaro (PD), Italia ELENA MELE Università di Napoli “Federico II”. Italia GIOVANNI METELLI University of Brescia, Italia PAOLO NAPOLI “Politecnico” di Torino, Torino, Italia EMIDIO NIGRO Università di Napoli “Federico II”, Italia VINCENZO PILUSO Università di Salerno, Italia SHAHAB RAMHORMOZIAN University of Auckland, New Zealand ATSUSHI SATO Nagoya Institute of Technology, Japan SERGIO SCANAVINO Istituto Italiano di Saldatura, Italia MARCO SIMONCELLI “Politecnico” di Milano, Milano, Italia LUCIA TIRCA Concordia University of Montreal, Canada

COMITATO EDITORIALE ESECUTIVO: GIANCARLO CORACINA,

BENEDETTO CORDOVA, RICCARDO DE COL, ALBERTO VINTANI

COSTRUZIONI METALLICHE ANNO LXXIV GEN FEB 22 www.facebook.com/CMrivista

[email protected] In copertina: Hearst Tower, New York City Foto Prof.ssa Elena Mele

COMITATO SCIENTIFICO:

GIULIO BALLIO “Politecnico” di Milano, Milano, Italia CLAUDIO BERNUZZI “Politecnico” di Milano, Milano, Italia MARIO D’ANIELLO Università di Napoli “Federico II”, Italia LUIGINO DEZI Università Politecnica delle Marche, Ancona, Italia ERIC DUBOSC Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Paris, France DAN DUBINA Polytechnic University of Timisoara, Timisoara, Romania MASSIMO MAJOWIECKI Università di Bologna FEDERICO M. MAZZOLANI Università di Napoli “Federico II”, Italia ROSARIO MONTUORI Università di Salerno, Salerno, Italia RENATO MORGANTI Università degli Studi dell’Aquila, Italia VITTORIO NASCÈ “Politecnico” di Torino, Italia D.A. NETHERCOT Imperial College London, London, UK MAURIZIO PIAZZA Università di Trento, Trento, Italia COLIN ROGERS McGill University, Montreal, Canada LUÌS SIMOES DA SILVA University of Coimbra, Portugal ENZO SIVIERO Università Telematica E-campus, Italia CARLO URBANO “Politecnico” di Milano, Milano, Italia RICCARDO ZANDONINI Università di Trento, Trento, Italia

7 EDITORIALE NADIA BALDASSINO, RICCARDO ZANDONINI 9 INGEGNERIA PAOLO RIGONE, PAOLO GIUSSANI 26 REALIZZAZIONI BRUNO SALESI, MARCO CLAUDI 40 ARCHITETTURA MONICA LAVAGNA

SEGRETERIA: VALERIA PASINA EDITORE: GIANGIACOMO FRACCHIA EDITORE Srl Via C. Goldoni 1, 20129 Milano, tel. 02 49524930 C.F./P.Iva: 07153040964 - CCIAA Milano REA nº 1939256 UFFICIO ABBONAMENTI: CTA Collegio Tecnico dell’Acciaio, 20129 Milano, Viale dei Mille, 19 tel. 02 784711; [email protected] http://www.collegiotecniciacciaio.it/costruzionimetalliche/ CONCESSIONARIA PUBBLICITÀ: Agicom srl, Viale Caduti in Guerra, 28, 00060 Castelnuovo di Porto (RM) Tel. +39 069078285 www.agicom.it Dott.ssa Manuela Zuliani, Cell: +39 3467588821 [email protected] IMPAGINAZIONE E GRAFICA: Hutter Edgardo | SINAPSI | www.sinapsiweb.info STAMPA: GIERRE PRINT SERVICE Srl, Via Carlo Goldoni, 1 20129 MILANO Tel. 02 49524930 e-mail: [email protected] ABBONAMENTI PER L’ANNO 2021 (6 NUMERI): Italia: € 60,00 - Estero: € 150,00 - Studenti: € 20,00 Prezzo a copia: € 15,00 Garanzia di riservatezza per gli abbonati: l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico dell’Editore verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati eventuali proposte commerciali (legge 675/96 tutela dati personali)

53 INGEGNERIA DAVIDE CHESINI, STEFANO NICOLIS 60 REALIZZAZIONI SANDRO FAVERO, FEDERICO ZAGGIA, LUIGI RANZATO 72 NORMATIVE DENNIS RADEMACHER, RICCARDO ZANON 77 INGEGNERIA FJORDI MEMAJ, CHIARA MAGNANI 86 PILLOLE DI CORROSIONE M. GASTALDI, M. CARSANA, F. LOLLINI, E. REDAELLI, A. BRENNA, F. BOLZONI 94 CULTURA DELLE COSTRUZIONI METALLICHE ALESSANDRA TOSONE, MATTEO ABITA, DANILO DI DONATO, RENATO MORGANTI 111 LE AZIENDE INFORMANO

La rivista non assume alcuna responsabilità delle tesi sostenute dagli Autori e delle attribuzioni relative alla partecipazione nella progettazione ed esecuzione delle opere segnalate dagli stessi Autori La rivista è inviata ai soci del Collegio dei Tecnici dell’acciaio (C.T.A.) Iscrizione al Tribunale di Milano in data 8 febbraio 1949, n. 1125 del registro.

112 LA REDAZIONE

Che Robustezza? Le caratteristiche prestazionali delle facciate continue: dalle verifiche in corso d’opera ai test di collaudo finali MARELLI 10 MILANO DA CAPANNONE INDUSTRIALE A CENTRO DI ECCELLENZA ALTA MODA ACCIAIO IN SOSPENSIONE FGMF Arquitetos, Casa Cigarra, San Paolo, Brasile, 2019 Ideare, progettare Facciate Continue Architettura in movimento: l’edificio del Padiglione Italia a Expo Dubai 2020 New weathering steel grades According EN 10025-5:2019 LE TECNOLOGIE UTILIZZABILI PER IL FISSAGGIO DELLE BARRIERE STRADALI DI SICUREZZA E ANTIRUMORE Impiego degli acciai con migliorata resistenza alla corrosione atmosferica (Cor-Ten) per strutture in acciaio La "Serenissima" a Milano Fatti e antefatti di un edificio in acciaio F&M INGEGNERIA SPA: UNA SOCIETÀ DI INGEGNERIA MULTIDISCIPLINARE ED INTERNAZIONALE AL SERVIZIO DELL’ AMBIENTE COSTRUITO XXVIII GIORNATE ITALIANE DELLA COSTRUZIONE IN ACCIAIO

Iscrizione ROC n. 020654 (Art.16 Legge 62 - 7/03/2001) ISSN n. 0010-9673 Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27.02.14 N. 46) - Art. 1 comma 1 CNS PD

Questo numero della rivista è stato chiuso in redazione e stampato nel mese di Marzo 2022 È vietata e perseguibile per legge la riproduzione totale o parziale di testi, articoli, pubblicità ed immagini pubblicate su questa rivista sia in forma scritta, sia su supporti magnetici, digitali, ecc.

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EDITORIALE

Che Robustezza?

Prof. Ing. Nadia Baldassino Università di Trento

Il 16 maggio 1968 una gentile signora inglese accese un fiammifero per prepararsi la sua tazza di tè mattutina. Questo causò un’esplosione da gas che fece volar via un pannello portante nell’angolo sud-est dell’edificio. L’appartamento, il numero 90, si trovava al 18° di 22 piani di un edificio londinese inaugurato solo due mesi prima, l’11 marzo 1968. Il risultato di questo danno locale è ben visibile nella foto: tutto l’angolo di sud-est collassò, causando 4 vittime e 17 feriti (fin pochi se si pensa all’estensione del collasso). La costruzione adottava un sistema a pannelli in c.a. prefabbricati pensati per realizzare edifici di 6 piani. La verifica secondo le norme dell’epoca aveva funzionato anche per quelle torri di 22 piani.

Prof. Ing. Riccardo Zandonini Università di Trento

Questo episodio segna in qualche modo l’inizio di una nuova ‘era’: quella della consapevolezza che danni locali possono essere causa di collassi di parti molto estese di una struttura. Si è da quel momento imposto il concetto di collasso progressivo e si è definito un nuovo requisito strutturale: la robustezza. Il comitato di esperti costituito dal governo inglese mise in evidenza che l’assenza di iperstaticità aveva impedito di attivare nuovi percorsi dei carichi gravitazionali dopo la perdita del pannello. Le conclusioni del comitato entrarono nella norma inglese, che per prima impose che si garantisse una continuità strutturale mediante incatenamenti. Il percorso normativo in altri Paesi è stato molto più lento: in Europa si è dovuto aspettare la nascita degli Eurocodici 0 e 1 nel 2005, in Italia le Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008 e le Istruzioni del CNR interamente dedicate alla valutazione della robustezza (CNR-DT 214/2018). Attualmente, in Italia, le Norme Tecniche del 2018 mettono la robustezza tra i requisiti strutturali da soddisfare e indicano una serie di possibili metodologie di verifica. Siamo quindi approdati in un porto sicuro? In altri termini, il progettista ha riferimenti adeguati nella norma e nei documenti disponibili (vedi le Istruzioni CNR)? Certamente la situazione ha fatto grandi progressi e si attende che il lavoro del CEN porti in tempi ragionevoli a un Eurocodice dedicato. Progressi questi che hanno fondamento in numerosi progetti di ricerca che si sono condotti e si stanno conducendo in tutto il mondo. Sono stati affrontati in modo approfondito i diversi aspetti del problema a partire dal suo inquadramento all’interno della teoria della sicurezza strutturale fino alla messa a punto di elementi progettuali quali la classificazione delle strutture (Classi di Conseguenze) e la definizione di metodi semplificati. | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 7

Una distinzione rilevante è quella tra azioni identificabili e azioni non identificabili. Le prime richiedono un’attenta analisi dei carichi, tipicamente urto ed esplosione. Carichi poco frequentati nell’usuale progettazione e qui troviamo un primo elemento di difficoltà. Una via spesso praticabile è quella di evitare, eliminare o ridurre l’evento pericoloso. Nel caso di azioni non identificabili il fine ultimo della progettazione diventa quello di realizzare una struttura in modo che questa possa ‘tollerare’ la rimozione di singoli elementi o di parti limitate. A questo scopo ha un ruolo importante collegare gli elementi tra loro mediante incatenamenti sia orizzontali sia verticali. Un’ovvia accortezza è inoltre quella di selezionare una tipologia strutturale poco sensibile al pericolo derivante da eventi eccezionali. Non è certo materia da editoriale entrare nel dettaglio degli approcci sviluppati e prescritti. Piuttosto si deve sottolineare quanto lungo è ancora il cammino per rendere la verifica di robustezza parte integrante della pratica progettuale. Al riguardo appare interessante rilevare che una recente analisi dei sillabi dei corsi di Tecnica delle Costruzioni ha evidenziato una quasi assenza nella formazione degli ingegneri dell’argomento robustezza. Tra le iniziative che intendono contribuire a riempire l’attuale gap di conoscenze con riferimento all’implementazione di queste nella professione si colloca il progetto europeo Failnomore. Questo progetto ha realizzato da una parte un manuale e dall’altra una serie di esempi svolti e di materiale ‘didattico’ con riferimento alle strutture di acciaio e composte acciaio calcestruzzo. Per l’Italia ha partecipato l’Università di Trento, che tra l’altro ha curato la traduzione in italiano dei principali documenti. Questi documenti saranno alla base di un seminario organizzato insieme al Collegio dei Tecnici dell’Acciaio che si terrà nei giorni 20 e 21 maggio presso il Politecnico di Milano.

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INGEGNERIA

Le caratteristiche prestazionali delle facciate continue: dalle verifiche in corso d’opera ai test di collaudo finali

The performance characteristics of curtain walls: from on-site checks to final acceptance tests Prof. Ing. Paolo Rigone, Ing. Paolo Giussani* Studio di Ingegneria Rigone, Milano Le facciate continue, in qualità di elementi tecnici dell’involucro edilizio ad elevata complessità costruttiva, sono soggette a verifiche in campo che interessano sia la fase di installazione che quella di collaudo finale. Queste prove sono opportune per verificare la rispondenza delle prestazioni, per esempio richieste dal capitolato, oppure rese necessarie per comprovare le assunzioni del progettista nella fase di progetto esecutivo prima, e costruttivo poi. L’articolo proposto ai lettori, descrive, in via sintetica, i principali test in opera che vengono condotti sui sistemi di facciate continue a montanti e traversi e a cellule, sia per quanto riguarda le configurazioni trasparenti che opache. L’importante ruolo che questi sistemi costruttivi rivestono all’interno dell’organismo edilizio presuppone una serie di prove strumentali in campo che interessano una pluralità di aspetti, quali, a titolo di esempio, il grado di permeabilità all’aria, la tenuta all’acqua, il comportamento meccanico, termico ed acustico. Curtain walls, as technical elements of the building envelope with a high constructive complexity, are subject to tests on site that concern both the installation and the final testing phases. These tests are appropriate to verify the compliance of the performances, for example required by the specifications, or made necessary to prove the assumptions of the designer in the executive design phase first, and then in the construction phase. This article describes, in brief, the main tests carried out on stick and unitized curtain wall systems, both for transparent and opaque configurations. The important role that these building systems play within the building organism requires a series of instrumental tests on site, involving a great number of topics, such as the degree of air permeability, water tightness, mechanical, thermal and acoustic behaviour.

1. INTRODUZIONE La suddivisione del curtain wall in diverse tipologie e sistemi costruttivi è una problematica non trascurabile in quanto non si è in presenza di un’univocità terminologica; la stessa evoluzione tecnologica del settore introduce di continuo termini nuovi e specifici, in buona parte comprensibili solo agli “addetti ai lavori”. La definizione di curtain wall, come “categoria particolare di pareti esterne non portanti, composte da elementi modulari ripetuti, eseguiti in officina e montati in opera, a cui vengono affidate tutte e sole le funzioni di separazione tra interno ed esterno”, di per sé non è sufficiente a definirne correttamente gli aspetti tecnologici e funzionali in quanto tale definizione si applica in generale alle facciate di tipo leggero. A livello di normazione europea, la norma EN 13830 “Curtain walling - Product standard” definisce la facciata continua come: “Curtain walling - Normalmente essa è costituita da un reticolo di elementi portanti verticali ed orizzontali tra di loro connessi ed ancorati alla struttura dell’edificio, al fine di sostenere

un rivestimento di facciata continuo e leggero che ha il compito di garantire tutte le funzione tipiche di una parete perimetrale esterna comprese la resistenza agli agenti atmosferici, la sicurezza nell’uso, la sicurezza ed il controllo ambientale, ma che comunque non contribuisce alle caratteristiche portanti della struttura dell’edificio”. Sulla base di quanto indicato dalla norma europea EN 13119 “Facciate continue - Terminologia” (ad esclusione quindi delle facciate ventilate e delle coperture trasparenti inclinate) può essere proposta una classificazione delle tipologie di curtain wall in relazione ai principali schemi di funzionamento che attualmente possono essere individuati all'interno del panorama produttivo di questo specifico settore.

2. I SISTEMI DI FACCIATA CONTINUA Per semplicità nel seguito verrà utilizzato il termine “facciata”, tuttavia con tale termine si intende identificare le seguenti macro tipologie costruttive:

*Corresponding author. Email: [email protected] | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 9

Fig. 1 | Schema di facciata continua a montanti e traversi

Fig. 2 | Facciata continua ad elementi o cellule

2.1 Facciate continue a montanti e traversi Questa facciata è assemblata essenzialmente in cantiere, costituita da un telaio portante in montanti e traversi di acciaio o più normalmente in alluminio, con partizioni vetrate apribili o no, con pannello cieco di fronte solaio (spandrel) con faccia esterna in vetro oppure in alluminio, pietra naturale od altro materiale di finitura esterna (figura 1). Una variante di questa tipologia è costituita dalla facciata a telai, costituita sempre da un’ossatura portante a montanti e traversi e da tamponamenti intelaiati e prefabbricati in officina e successivamente collegati in opera al reticolo di facciata (precedentemente posato in opera) mediante accoppiamento meccanico. 2.2 Facciate continue ad elementi (cellule) È costituita da elementi di telaio a montanti e traversi in alluminio, dotata di una partizione vetrata apribile o fissa e dallo spandrel; tutti i componenti vengono assemblati interamente in officina all’interno di un’unica cellula o unità modulare prefabbricata e successivamente posata in opera (figura 2). Una facciata continua ad elementi può includere diverse tecnologie di fissaggio dell’elemento in vetro: con fermavetro, pressore esterno oppure con incollaggio strutturale. 2.3 Facciate continue a fissaggio puntuale Questo tipo di facciata è costituita da lastre di vetro, singole od anche doppie, non più vincolate in modo continuo lungo i lati da un telaio di supporto, ma in modo puntuale in corrispondenza dei vertici

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Fig. 3| Facciata continua con fissaggio puntuale

delle lastre medesime; le lastre sono connesse tra loro da appositi apparecchi di fissaggio che sostengono contemporaneamente gli angoli di quattro lastre convergenti, chiamati ragni o spider; il telaio di alluminio è sostituito da una sottostruttura realizzata con le più diverse tecnologie (in tubolari di acciaio, in montanti e traversi di alluminio, in montanti in vetro oppure con un sistema di tiranti acciaio) che collegano gli apparecchi di fissaggio alla struttura portante dell’edificio (figura 3). 2.4 Facciate continue ad incollaggio strutturale È una facciata realizzata con tamponature vetrate apribili o fisse, con struttura a montanti e traversi in alluminio. Il termine “strutturale” si riferisce alle modalità con le quali il vetro è collegato al sottostante telaio metallico per mezzo di sigillanti strutturali. Il termine inglese per definire questa tipologia di facciate è “structural sealant glazing”. L’impiego di sigillante strutturale può riguardare lastre singole vetro od anche vetrocamera. La sigillatura strutturale può essere non solo del tipo vetro-metallo, ma anche vetro-vetro. 2.5 Facciate continue a doppia pelle È una facciata in cui lo schermo esterno è generalmente costituito da uno schermo completamente vetrato dotato di aperture di ventilazione il quale garantisce una prima barriera agli agenti atmosferici e al contempo assicura la massima trasparenza alla luce, mentre la pelle interna è realizzata con le tecnologie più diverse. L’intercapedine tra le superfici vetrate può avere profondità variabile, da qualche decina di centimetri ad anche un metro in funzione delle modalità di ventilazione (naturale o meccanica) (figura 4).

Nelle facciate a ventilazione meccanica la corrente ascendente dell’aria viene estratta per mezzo di un sistema di ventilazione forzata. Questo permette di variare in maniera più controllata le prestazioni offerte dalla facciata doppia per renderle conformi alle sollecitazioni esterne e alle esigenze richieste dall’ambiente interno. Le migliori prestazioni si ottengono dotando l’impianto di sensori che regolano le portate d’aria presenti nell’intercapedine in funzione della temperatura dell’aria o delle particolari condizioni che si vogliono creare. Il funzionamento delle facciate a ventilazione naturale si basa sul cosiddetto “effetto camino” che si concretizza in correnti ascensionali che si sviluppano all’interno dell’intercapedine tra le due facciate ed è da attribuirsi alle naturali differenze di temperatura e densità dell’aria, quindi alla diversità di pressione esistente fra ambiente interno, intercapedine della facciata e ambiente esterno (figura 5). La gestione delle portate d’aria, la necessità di garantire le prestazioni acustiche, termiche e di resistenza al fuoco, oltre alle esigenze costruttive, ha dato vita ad una certa differenziazione delle soluzioni tecnologiche, che vengono qui brevemente riportate senza entrate nel dettaglio: facciata a canale verticale unico, a canali doppi, facciata ad elementi. Per approfondire i concetti di terminologia utilizzati nel settore e validi per tutte le tipologie di prodotti di cui sopra, si suggeriscono i contenuti delle seguenti norme: • UNI EN 13119 Facciate continue - Terminologia • UNI 7959 Edilizia. Pareti perimetrali verticali. Analisi dei requisiti • UNI 8369/1 Edilizia. Chiusure verticali. Classificazione e terminologia

Fig. 4 | Esempi di facciate a doppia pelle. A sinistra: Torre Unipol – Milano (Arch. Mario Cucinella). Al centro e a destra: Torre Generali – Milano (Arch. Zaha Hadid) | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 11

Fig. 5 | Tabella vantaggi e svantaggi delle diverse tipologie di involucro a doppia pelle

• UNI 8979 Edilizia. Pareti perimetrali verticali. Analisi degli strati funzionali

3. LE VERIFICHE IN CORSO D’OPERA E LE PROVE SPERIMENTALI FINALI Si tratta di verificare la facciata continua posta in opera e valutarne lo stato prestazionale, estetico, la funzionalità di tutte le parti mobili, degli organi di manovra e di tutti gli accessori. Il controllo deve essere fatto in contraddittorio, onde evitare contestazioni, da un rappresentante dell’azienda che ha realizzato la facciata e da un rappresentante della committenza (in questo caso può essere l’appaltatore generale oppure la Direzione Lavori a seconda dei casi); ciò permette inoltre di decidere immediatamente le azioni da farsi in caso di difetti, malfunzionamenti ed azioni di riparazione, ritocco oppure di sostituzione che devono essere intraprese. Devono anche essere verificati la corretta resistenza meccanica e la qualità del fissaggio, la continuità dei giunti, l’alloggiamento corretto delle guarnizioni, la corretta installazione delle vetrazioni nonché la presenza di tutti gli accessori di finitura che si applicano dopo la posa (per esempio i tappi di chiusura che mascherano le viti di fissaggio), e di tutti gli altri accessori che possono essersi distaccati durante le fasi di trasporto e movimentazione (ad esempio i tappi di scarico acqua/paratempesta). È necessario verificare che gli elementi di finitura, quali i coprifili siano montati correttamente e che i bordi combacino e che non presentino sbavature o lati taglienti che potrebbero ferire gli utenti. Durante tali operazioni sarebbe utile avere a disposizione i disegni di posa, in modo tale da indicare la posizione e le azioni da compiersi. Da ultimo è necessario procedere alla pulizia della facciata continua. Particolare importanza assume la verifica e l’accettazione delle finiture degli elementi e dei componenti in alluminio ed in acciaio che siano verniciati e/o anodizzati. In generale, salvo diversi accordi tra fornitore della facciata e committente, i particolari anodizzati devono essere esenti da difetti visibili presenti nella superficie significativa quando vengono esaminati da una distanza non inferiore a 5 m per applicazioni esterne ed a 3 m per applicazioni interne (secondo UNI 3952 Alluminio e leghe di alluminio - Serramenti di alluminio e sue leghe per edilizia - Norme per la scelta, l'impiego ed il collaudo dei materiali). La verniciatura (es. a base polvere) devono possedere le caratteristiche previste della norma UNI EN 12206 - Pitture e

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vernici - Rivestimenti di alluminio e di leghe di alluminio per applicazioni architettoniche - Parte 1: Rivestimenti preparati a partire da materiali termoindurenti in polvere. Solitamente il collaudo finale dei lavori legati alla posa degli elementi di facciata continua avviene indicativamente entro 90 giorni dalla data di emissione del verbale di ultimazione dei lavori. Il certificato di collaudo finale con esito positivo, redatto dal collaudatore designato, determinerà automaticamente la completa e finale accettazione, senza alcuna riserva, dei lavori da parte della committenza delle opere. Il termine collaudo può significare solo un controllo visivo e tecnico amministrativo (verifica rispondenza al progetto), oppure può implicare l’esecuzione di prove, come per esempio le prove di permeabilità all’aria e tenuta all’acqua in opera (se richieste contrattualmente). È buona norma, infatti, che l’elenco delle prove siano contenute all’interno del capitolato tecnico specialistico e comunque presenti nel contratto di fornitura e di posa in opera. Ad ogni modo si ricorda che il Committente può riservarsi la facoltà di far eseguire qualsiasi tipo di prova, anche in corso d’opera, e anche eseguita da terzi, mirante a verificare le prestazioni della facciata e la qualità richieste. Nel caso di facciate continue le verifiche finali e di collaudo consistono principalmente in: • Ispezione della facciata per verifica della congruenza dei particolari costruttivi con i disegni esecutivi approvati ed i campioni provati; • Verifica che i risultati delle prove corrispondano alle prestazioni richieste; • Verifica dell’aspetto delle finiture e qualità dell’applicazione; • Verifica della planarità degli elementi di facciata, e delle tolleranze di montaggio. • Ispezione della facciata per verificare l’effettuazione delle eventuali riparazioni "remedial work" richieste in fase di consegna provvisoria. 3.1 Controllo delle tolleranze della struttura e stato del cantiere Il montaggio della facciata non potrà iniziare prima che sia stato eseguito il controllo delle tolleranze della struttura edile. Le eventuali modifiche onerose necessarie per assorbire le dimensioni fuori tolleranza saranno preventivamente concordate con il Committente.

Il montaggio della facciata inizierà successivamente al completamento della struttura dei piani interessati ed alla rimozione di opere provvisionali di puntellatura, in modo che siano presenti le deformazioni dovute ai presi propri a rustico. Gli elementi in calcestruzzo armato entro i quali sono eventualmente annegate le parti di ancoraggio dovranno essere sufficientemente stagionati. I bordi delle eventuali murature presenti sul contorno della facciata dovranno essere completati e già sagomati secondo disegno. Il fornitore della facciata dovrà comunicare appena possibile le eventuali discordanze che rivelerà rispetto ai disegni costruttivi relativi al posizionamento degli elementi di ancoraggio della facciata. La progettazione della facciata e dei suoi attacchi dovrà tenere conto delle tolleranze strutturali. Tali tolleranze sono definite rispetto a tre assi così definiti: • Asse X: orizzontale, nel piano della facciata, positivo verso destra; • Asse Y: verticale nel piano di facciata, positivo verso l'alto; • Azze Z: orizzontale nel piano perpendicolare alla facciata, positivo verso l'interno dell'edificio. Le tolleranze si riferiscono in generale ai punti significativi dell'interazione facciata/struttura e cioè ai punti che servono al fissaggio degli attacchi, che possono dare interferenza fisica, che limitano il gioco di montaggio, che impediscono l'apertura dei serramenti ecc. Si riterrà che un qualsiasi punto significativo della struttura che interagisce con la facciata non possa distare dalla sua posizione teorica ± 25 mm nella direzione dei tre assi sopra definiti. Inoltre, localmente, valgono le seguenti tolleranze più limitative: • Interasse tra tue colonne o pareti portanti successive (sugli assi X e Z): ± 20 mm; • Altezza tra due impalcati successivi (asse Y): ± 20 mm; • Fuori piombo tra due impalcati successivi (asse Z): ± 20 mm; • Differenza di quota tra punti simili dello stesso impalcato (asse Y): ± 10 mm; • Fuori piombo tra punti di una stessa colonna (asse Z): ± 10 mm. Il primo gruppo di tre tolleranze è applicabile non solo agli assi ed alle quote di due elementi strutturali successivi, ma anche alle distanze tra due punti significativi ad essi appartenenti. 3.2 Il posizionamento degli attacchi e delle staffe di ancoraggio Il montaggio della facciata non potrà iniziare prima che sia stato fatto il tracciamento della posizione degli attacchi e del suo piano. Ove sia previsto che il montaggio della facciata sia eseguito prima che la struttura sia completata, il tracciamento interesserà solo i piani pronti per il montaggio della facciata. Il tracciamento della facciata sarà fatto a partire dai seguenti capisaldi che saranno battuti ed indelebilmente segnati a cura del Committente ed in contraddittorio con il fornitore della facciata: • Quote di piano (da segnare sulle colonne); • Ad ogni piano sarà tracciata, sulla soletta, una linea di riferimento (materializza il "piano della facciata"). Eventualmente, per comodità, la linea sarà disassata di 50-60 cm verso l'interno dell'edificio. Il piano di facciata da considerare sarà indicato dal fornitore della facciata nei suoi disegni esecutivi da

sottoporre ad approvazione del Committente; su tale linea sarà segnata la mezzeria della facciata. Tale mezzeria farà fede per il tracciamento delle linee modulari di coordinamento facciata/ pareti interne. Al fine di poter trasmettere in maniera sicura al fondo d’ancoraggio i carichi applicati e per contrastare in modo adeguato le forze che entrano in gioco, si possono utilizzare meccanismi di tenuta che comportano l’impiego di più tipologie d’ancoranti. a) Ancorante a controllo di coppia La parte espandente del fissaggio determina una forza contro le pareti del foro che contrasta la forza del carico messo in opera. L’applicazione della coppia di serraggio induce una pressione ortogonale Fr localizzata lungo l’elemento deformabile; tale azione, moltiplicata per il coefficiente d’attrito f delle superfici a contatto, origina un’azione Fc che contrasta la trazione sull’ancorante. Il genere di meccanismo fa sì che l’espansione aumenti in funzione del carico applicato (figura 6). Questo tipo d’installazione induce tensioni nel fondo d’ancoraggio già in fase di installazione del tassello. b) Ancoranti a controllo di deformazione Questi tipi di fissaggi hanno lo stesso principio di funzionamento

Fig. 6 | Coppia di serraggio ed effetto sul supporto

degli ancoranti a controllo di coppia ma si differenziano poiché il sistema di tenuta viene messo in atto dalla percussione di un cono di espansione premontato. La forza di espansione dipende dal modulo di elasticità del materiale di base e non da una coppia di serraggio. Con questo tipo di tasselli è possibile rimuovere gli oggetti ancorati senza alterare la forza dell’espansione che quindi si può considerare indipendente dal carico. Oltre ai tasselli fin qui descritti, è importante considerare anche l’uso degli inserti d’ancoraggio in acciaio (canali annegati, dall’inglese cast-in channels), oggi molto utilizzati per il fissaggio oltre che di facciate continue anche di facciate ventilate; ciò comporta un’attenta collaborazione tra impresa e progettista per il posizionamento degli stessi prima della realizzazione dell’opera. I profili a “C” (figura 7) sono classificati in leggeri, medi e pesanti a seconda della portata (< 10 kN; 10-15 kN, e > 15 kN), della finitura (acciaio, zincatura a caldo o a freddo) e della laminazione (a caldo o a freddo). Le prove in campo che vengono eseguite su questi elementi interessano sia verifiche della coppia di serraggio sia verifiche con prove di carico. Le prime sono eseguite come controllo della qualità del montaggio ed è prassi comune evidenziare l’avvenuto controllo con dei contrassegni ben visibili quali vernice rossa o | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 13

Fig.7 | Azioni sul collegamento staffa-inserto in acciaio

accorgimento similare. Questa verifica si esegue con frequenza pari al 100% dei fissaggi montati. Più articolato è il test di carico eseguito sui fissaggi (figura 8) anch’esso finalizzato a verificare la qualità del vincolo in cantiere

Fig. 8 | Prova di estrazione di un tassello

prima del montaggio delle facciate e delle vetrazioni. La procedura di prova prevedere l’applicazione di un precarico pari al 30% necessario per la stabilizzazione degli ancoraggi. Successivamente

Fig.9 | Prova di carico su staffe e canali annegati

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si procede con rampa di carico all’applicazione del carico teorico solitamente incrementato del 20-30%. La frequenza di verifica di questo test è solitamente posta pari al 5% (minimo) dei fissaggi montati. La frequenza delle prove può aumentare in seguito al fallimento della campagna di test oppure in seguito a particolari morfologie degli ancoraggi che richiedono un approfondimento più dettagliato del comportamento. La prova di carico così descritta è eseguita sul singolo fissaggio (es. tassello, barra, etc.) oppure sul sistema composto da vincolo di facciata (staffa) e relativo dispositivo di fissaggio (tassello, canale annegato, etc.). Il carico di prova è diffusamente applicato attraverso l’impiego di martinetti idraulici, a stelo o cavi, attivati da pompa manuale e manometro per la lettura delle pressioni (analogico oppure digitale). Le pressioni applicate, saranno di conseguenza rapportate al carico teorico di prova, attraverso opportune tabelle di conversione che dipendono dalla tipologia di martinetto, dimensione, modello. In quest’ultimo caso, oltre a verificare eventuali rotture del sistema, è necessario verificare anche le deformazioni sotto carico e in particolare quelle residue della staffa (figura 9). In questa condizione di prova, il criterio di valutazione applicabile è quello descritto all’interno della norma EN 12179 - Facciate continue Resistenza al carico del vento - Metodo di prova e EN 13116 Resistenza al carico del vento, requisiti prestazionali, ovvero lo spostamento frontale (rilevata entro 1 h dal completamento della prova) degli elementi di fissaggio degli elementi del telaio sulle loro connessioni alla struttura dell'edificio o altro componente strutturale, deve essere limitata a meno di 1 mm e questa deve essere ammessa come deformazione residua. L’accuratezza dei dispositivi utilizzati per la misurazione degli spostamenti (trasduttori, etc.) sarà di almeno ± 0,1 mm. Il fallimento del sistema di fissaggio può avvenire secondo le modalità riportate nelle figure 10 e 11 ed è solitamente causato dal sovraccarico dei punti connessione, un’installazione non appropriata o il fondo d’ancoraggio non sufficientemente compatto. Le staffe di connessione della facciata alla struttura primaria dell’edificio possono essere posizionate all’estradosso, all’intradosso

Fig.10 | Tipi di rottura e cause nel caso di impiego di tasselli

o sullo spessore del solaio. La staffa può essere ancorata in quattro modi differenti (figura 7), a seconda della posizione rispetto al solaio: • Frontale: cioè sulla testa del solaio o della trave di bordo, in questo caso aumenta la distanza tra solaio e filo facciata, ma in compenso non si hanno interferenza tra montaggio della facciata e finitura dei pavimenti; • Sopra il solaio: questa soluzione scarica tutto il peso della facciata sulla struttura orizzontale e non elimina l’interferenza tra posa del curtain wall e finitura del solaio; in compenso permette una posa della facciata a filo solaio ed evita che gli organi d’attacco lavorino a taglio come nel caso precedente; • Su nicchia del solaio: molto raro, valgono le considerazioni fatte per il caso precedente, ma in questo caso è più semplice realizzare il massetto di sottofondo del solaio mentre è strutturalmente oneroso eseguire la nicchia; • Sotto il solaio: i vantaggi costituiscono nel fatto che viene eliminata ogni interferenza con il solaio e si possono eseguire facilmente ogni operazione di montaggio e di aggiustaggio della facciata, il difetto principale è rappresentato dal fatto l’organo di attacco lavora a trazione. Dopo la registrazione della facciata gli attacchi saranno bloccati secondo quanto sarà previsto nei disegni esecutivi per evitare le conseguenze di un allentamento dei bulloni. Tutte le parti che devono scorrere tra loro saranno controllate affinché lo scorrimento possa avvenire senza impuntamenti, con particolare riguardo alla presenza del materiale antiattrito. Il corretto posizionamento e funzionamento degli attacchi sarà controllato al 100% dal responsabile di cantiere del fornitore della facciata. Le eventuali saldature saranno immediatamente protette contro la corrosione dopo aver tolto le scorie. Speciale attenzione sarà posta nell'impiego di spessori, rondelle, etc., per evitare di modificare lo schema di calcolo dell'attacco ed anche per evitare il

Fig.11: Tipi di rottura e cause nel caso di impiego di inserti in acciaio

contatto diretto tra materiali diversi. Tali accessori dovranno essere zincati. Nel caso di strutture in acciaio, il fissaggio degli attacchi dovrà essere attentamente coordinato con quello del rivestimento antifuoco della struttura portante dell'edificio (se presente). 3.3 Il reticolo di facciata e i tamponamenti Il reticolo (sia esso montanti e traversi, telai, oppure a cellula) sarà posato nel rispetto delle tolleranze di sistema. Le tolleranze di squadratura delle sue maglie non saranno tali da rendere inefficace il fissaggio e la tenuta dei pannelli di tamponamento e | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 15

dei serramenti. In particolare sarà verificata la permanenza dei giochi previsti tra le parti per assorbire i movimenti termici e per permettere il corretto movimento delle parti apribili. I giunti della struttura saranno montati in accordo a quanto sarà indicato nei disegni esecutivi approvati. Sui giunti sarà fatto un controllo al 100% da parte del responsabile di cantiere del fornitore della facciata per assicurarsi dell'effettiva possibilità di movimento reciproco delle parti e dell'esistenza del gioco minimo richiesto per assorbire i movimenti. Non sarà ammesso il ripristino di elementi deformati durante il trasporto e l'immagazzinamento, né forzature e tiri per far loto assumere la posizione voluta. È responsabilità del fornitore della facciata il controllo, da effettuare prima del montaggio, che le tolleranze della struttura non siano tali da superare la possibilità di registrazione degli attacchi, che gli inserti siano nella posizione richiesta e che nessuna parte della struttura impedisca il corretto montaggio della facciata con particolare riguardo al fioco tra bordo delle strutture e la facciata. Nel caso di appalto diretto è indispensabile indicare al fornitore della facciata anche le tolleranze esecutive della struttura a cui andrà applicata la facciata. La facciata dovrà essere montata coincidente con la sua posizione teorica come definita dai disegni di progetto e rispetto alle linee di riferimento tracciate ad ogni piano. Gli inserti potranno essere stati posizionati nella struttura con tolleranza ± 10 mm in senso parallelo alla linea di riferimento e ± 5 mm in senso perpendicolare rispetto alla linea di riferimento. Ogni difformità riscontrata dovrà essere prontamente segnalata dal team di controllo. Nel montaggio dei vetri sarà seguito, in linea generale, quanto disposto dalla norma UNI EN 12488 - Vetro per edilizia Raccomandazioni per la messa in opera - Principi di posa per vetrate verticali ed inclinate. I tasselli dovranno essere opportunamente dimensionati in relazione ai carichi presenti. In linea del tutto generale e in assenza di calcoli più precisi, la lunghezza in centimetri dei singoli tasselli d'appoggio sarà calcolata: • L=2,5 S per i tasselli di elastomero o materia plastica; • L = 1 S per i tasselli di legno duro (durezza ca. 70-75 shore); (Dove S è la superficie in mq della lastra). Indicativamente il loro spessore sarà maggiore o uguale a 5 mm. La posizione dei tasselli di appoggio corrisponderà agli schemi della citata UNI EN 12488 con ulteriori precisazioni: • nelle ante apribili e per i moduli fissi la posizione dei tasselli d'appoggio disterà dallo spigolo circa 1/10 del lato della lastra; • la posizione dei tasselli d'appoggio sarà comunque quella prevista nei disegni esecutivi e nei calcoli di dimensionamento dei telai in modo che le deformazioni conseguenti non superino quanto è specificato nelle prescrizioni; • in presenza di vetrocamera i tasselli d'appoggio sosterranno entrambe le lastre. I tasselli distanziatori (posti lateralmente tra vetro e battuta) saranno posti in corrispondenza di quelli di appoggio ed eventualmente al centro del lato, in coppia contrapposta rispetto alla lastra. Essi potranno non essere impiegati in caso di uso di guarnizioni. Nel caso di sigillatura con prodotti polimerizzanti quali ad es. il silicone, il fondo del giunto sarà preventivamente riempito con

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un materiale comprimibile e chimicamente compatibile con il sigillante, fino ad una altezza inferiore di 3-4 mm a quella del bordo della battuta. In caso di uso di sigillanti di questo tipo, le superfici interessate dovranno essere pulite e sgrassate prima del montaggio del vetro. I bordi delle lastre non debbono essere rettificati in cantiere con pinze o mole, specie per i tipi vetrocamera e stratificati. In caso di impiego di sigillanti preformati il sistema di posa del vetro dovrà assicurare la loro compressione secondo le specifiche del produttore. Ove la vetrazione sia effettuata in stabilimento, lo spessore ed il sistema di sigillatura terranno conto delle sollecitazioni dovute alla fase di trasporto (a completa polimerizzazione avvenuta). 3.4 Sigillatura dei giunti La posa in opera dei sigillanti sarà eseguita con tutta la cura che il prodotto richiede e nel rispetto delle prescrizioni del fabbricante. Il lavoro sarà affidato a manodopera esperta nel settore specifico. In particolare si dovrà: i. Pulire e sgrassare il giunto, eliminando polvere, detriti ed eventualmente i materiali di protezione dei profilati. Per la sgrassature saranno impiegati solventi chimicamente compatibili con i materiali e le finiture del giunto e del tipo che non lascia residui oleosi. In caso di applicazione su prodotti verniciati va controllata l'adesione al supporto di questi ultimi. ii. Assicurarsi che le superfici del giunto siano asciutte. In caso contrario, sospendere l'applicazione o provvedere all'asciugatura, o applicare l'apposito primer, se previsto dal fornitore del sigillante. iii. Proteggere le superfici adiacenti contro la macchiatura e togliere la protezione subito dopo la sigillatura. iv. Applicare il primer alle superfici che lo richiedano. Applicare alla corretta profondità il materiale "fondo-giunto" se il sistema di sigillature lo prevede. v. Effettuare la miscelazione dei sigillanti a due componenti con miscelatore meccanico ed applicare il prodotto entro il suo "tempo di applicazione". vi. Sospendere l'applicazione quando la temperatura ambiente scende al di sotto dei 5°C (o di altro valore indicato dal fabbricante). Sospendere l'applicazione se vi è pericolo di condensazione superficiale e quando l'umidità è vicina al 95%. Parimenti l'applicazione andrà sospesa in caso di pioggia o di neve se i giunti non saranno opportunamente protetti. vii. Eseguire l'applicazione senza inclusione di bolle d'aria, materie estranee e senza colature e materiale in eccesso. La superficie esterna sarà lisciata in modo da presentare una leggera convessità in caso di materiale soggetto a ritiro o una leggera concavità per i materiali elastici autovulcanizzanti. viii. Lo spessore sarà calcolato dal punto superiore del "fondogiunto" al punto più basso della superficie esterna (concavità). ix. Il sigillante sarà applicato a più mani se la larghezza del giunto supera i 25 mm. x. Eliminare tutte le tracce del sigillante sulle superfici vicine

subito dopo l'applicazione. Non sollecitare il giunto fino ad avvenuta polimerizzazione del sigillante (almeno 24 ore). xii. Proteggere il giunto da possibilità di danneggiamenti e schermarlo dall'irraggiamento diretto del sole. I sigillanti possono essere definiti in base ai loro requisiti o caratteristiche:

xi.

- in funzione della loro natura chimica: • acrilici (a base acqua o solvente) • Hot Melt/butilici • Polisolfurici • Poliuretanici • Ibridi • Siliconici • Hot Melt/siliconici

• •

- in funzione del loro comportamento elastico è applicata la norma UNI EN ISO 11600: • basso modulo < 0,4 N/mm2 • alto modulo > 0,4 N/mm2 - in funzione del loro sistema di indurimento: • Monocomponenti: quando l’indurimento avviene per reazione con l’umidità ambientale o per evaporazione di acqua o delle sostanze solventi in essi contenute • Bicomponenti: quando l’indurimento avviene per reazione chimica con uno specifico prodotto miscelato poco prima dell’uso.



3.5 Prove acustiche La valutazione della conformità dei requisiti acustici passivi si basa sui valori limite di riferimento indicati dal D.P.C.M. del 05.12.1997 “Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici” che distingue gli ambienti abitativi nelle categorie da A a G, in funzione della destinazione d'uso. Le prove sperimentali sono eseguite su ambienti tipologici, scelti a campione all’interno dei piani dell’edificio disponibili al collaudo. La valutazione dell’isolamento acustico delle facciate è condotta secondo le tecniche di misura descritte dalla normativa tecnica UNI EN ISO 16283:2016 “Misure in opera dell’isolamento acustico in edifici e di elementi di edificio”, in particolare la parte 3 “Isolamento acustico di facciata”. Le prove sono eseguite su ambienti pressoché ultimati, e che comunque presentano la porzione di facciata integra, e laddove presenti apribili essi dovranno essere opportunamente registrati per garantire il corretto funzionamento e chiusura delle guarnizioni, quindi per evitare “buchi acustici” delle componenti.



L’esecuzione della prova deve inoltre tener conto di: • M isura del tempo di riverberazione dell’ambiente ricevente: questo dato può essere ottenuto attraverso la tecnica denominata impulsiva. Il segnale viene generato tramite un’esplosione che può essere ottenuta con un colpo di pistola, con un grosso palloncino o da un ‘clappatore’. Il segnale impulsivo ha una durata molto breve e consente di distribuire l’eccitazione simultaneamente su una banda di frequenze



molto estesa e di conseguenza poter analizzare il decadimento contemporaneo su tutte le bande in frequenza. L’eccitazione impulsiva ha uno basso rapporto segnale – rumore e quindi possono sorgere dei problemi in presenza di un rumore di fondo elevato oppure quando devono essere eccitati ambienti molto grandi. Per questo motivo le prove acustiche devono essere eseguite a cantiere fermo, o comunque quando non sono presenti attività rumorose (pensate anche a un semplice foro eseguito con trapano percussore). La misurazione del tempo di riverberazione è da eseguirsi in più punti per ambiente, in particolare andranno eseguiti più rilievi di misurazione per ogni posizione di scoppio (es. 1 posizione di scoppio >>> 3 posizioni di rilievo). Come per il tempo di riverberazione, andranno rilevati anche i livelli del rumore di fondo dell’ambiente. I livelli di pressione sonora in bande di terze di ottava sono registrati attraverso un microfono (es. tipo a condensatore prepolarizzato) posizionato in più punti dell’ambiente ricevete, così da avere un tabulato di misurazioni il più uniformemente distribuito rispetto allo spazio di controllo. È infatti buona regola posizionare il microfono secondo una griglia non regolare, e su piani paralleli distinti. Il microfono per la registrazione dell’ambiente emittente è posizionato alla distanza di 2 m dalla facciata (figura 12). Questa operazione è solitamente semplificata dalla presenza di apribili mentre, in presenza di facciate completamente fisse, dovrà essere studiata un’apposita logistica di prova che possa garantire la posizione del microfono nella posizione corretta (utilizzo di piattaforme, aste telescopiche da terrazzi, etc). La registrazione dei dati avviene attraverso un fonometro integratore opportunamente tarato prima di effettuare le misure con il calibratore in dotazione al modello di fonometro utilizzato. Il campo sonoro generato nell’ambiente emittente (rumore rosa) è prodotto da una cassa acustica la cui posizione nel campo libero è definita dalla norma pari ad una distanza minima di 5 m dalla facciata e angolo di incidenza del suono pari a 45°.

L’isolamento acustico di facciata normalizzato rispetto al tempo di riverberazione D2m,nT (figura 13) è calcolato con la formula:

Dove: D2m = L1,2m – L2 L1,2m: livello di pressione sonora all’esterno alla distanza di 2 m davanti alla facciata L2: media spazio-temporale del livello di pressione sonora nell’ambiente ricevente T: tempo di riverberazione dell’ambiente ricevente con T0=0,5 s

3.6 Prove di tenuta all’acqua Si considera tenuta all’acqua nelle facciate continue la capacità delle stesse di resistere alle infiltrazioni d’acqua che potrebbero in | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 17

Fig. 12 | Misure in sito dell'isolamento acustico del rumore per via aerea di parti di facciata

termini continuativi o ripetitivi bagnare parti interne della facciata o dell’edificio destinate ad essere mantenute asciutte. Ai fini della classificazione delle prestazioni di tenuta all’acqua delle facciate continue la norma UNI EN 12154 - Facciate continue - Tenuta all’acqua - Requisiti prestazionali e classificazione, definisce 5 classi di tenuta all’acqua per le facciate continue testate secondo la metodologia illustrata nella norma UNI EN 12155 Facciate continue - Tenuta all’acqua - Prova di laboratorio sotto pressione statica. Le classi corrispondono agli step di pressione della prova come riportato nella tabella di figura 14. Per le verifiche prestazionali in cantiere, la procedura di prova in sito è codificata dalla norma UNI EN 13051- Facciate continue - Tenuta all’acqua - Prova in sito. La prova è utile per verificare eventuali punti di infiltrazione d’acqua che possono presentarsi nelle facciate continue installate in un edificio e a differenza delle norme appena citate non è richiesta per scopi di classificazione. La frequenza di prova che viene eseguita in cantiere è solitamente pari al 2% dei giunti della superficie delle facciate. Il criterio di valutazione dell’esito della prova è riferito al concetto di infiltrazione d’acqua che la norma definisce come penetrazione d’acqua che bagnerebbe in continuazione o ripetutamente parti quali la faccia interna dell’area di prova o delle aree sottostanti oppure qualsiasi parte della facciata continua che non deve essere bagnata non facendo parte del sistema di drenaggio dell’acqua verso l’esterno. La prova consiste nel bagnare la facciata con una barra spruzzatrice (figura 15) in modo che gli ugelli siano posti a 250 mm dalla faccia esterna della facciata continua e a livello con la parte superiore dell’area da sottoporre a prova. Gli ugelli avranno una giacitura orizzontale, e la portata di pressione d’esercizio del getto di acqua sarà compresa tra i 2 e i 3 bar, in modo da formare una pellicola continua e costante sulla superficie esterna da testare. Spesso questa operazione risulta essere molto complicata in quanto raggiungere

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Fig. 13 | Differenza livello standardizzato in conformità a UNI EN ISO 16283

le porzioni esterne della facciata in via di completamento può risultare difficoltoso, in particolare se l’edificio si caratterizza con elementi architettonici decorativi come lesene, frangisole, etc. La prova ha una durata di 30 minuti, equivalente a 5 l/min per metro di lunghezza della barra spruzzatrice (accuratezza ±10%). Durante il test si ispeziona continuamente la facciata e si annotano eventuali criticità rilevate dall’interno. Una volta terminata la prova, si continua il tempo di osservazione per altri 30 minuti, al fine di verificare eventuali infiltrazioni parassite che si attivano nei punti deboli del sistema di facciata. La prova descritta in precedenza può essere eseguita anche applicando un differenziale di pressione tra la faccia interna ed esterna della facciata (appendice B - informativa - norma UNI EN 13051). La prova, più rigorosa, verrà sempre eseguita con una barra irroratrice posta all’esterno, mentre il differenziale viene applicato attraverso una camera di tenuta sul lato interno della facciata in grado di creare una differenza di pressione. Solitamente questa camera di tenuta è realizzata con un reticolo (es. in legno) che segue l’impronta del telaio di facciata, su cui viene applicato

Fig. 14 | Estratto norma UNI EN 12154 - classi di tenuta all’acqua delle facciate continue

Fig. 15 | Barra spruzzatrice posta in facciata

è stato ricoperto dal telo. Per entrambe le modalità di prova, qualora venissero rilevate delle infiltrazioni, si procederà ad identificare l’origine della venuta di acqua andando eventualmente a restringere l’area di osservazione andando a riposizionare il livello della barra spruzzatrice.

3.7 Hose Test

Fig. 16 | Test di tenuta all’acqua con differenziale di pressione e camera di prova

un telo in polietilene chiaro in modo da garantire la visibilità dell’interno. È importante far notare che la camera di prova (figura 16) dovrà essere ovviamente a tenuta con il modulo di facciata (non del tutto semplice soprattutto per disegni architettonici di facciata complessi oppure per la presenza di impianti, controsoffitti, velette in prossimità della facciata), e dovrà essere garantita la continuità tra le singole intercapedini d’aria adiacenti a ciascun pannello che

Si cita inoltre la possibilità di fare riferimento a una tipologia differente di test per la tenuta all’acqua, adottato principalmente nel Regno Unito in conformità alle raccomandazioni CWCT (Technical note N. 41) i cui riferimenti si trovano anche all’interno della normativa AAMA 501.2. La prova, chiamata Hose Test, prevede l’esecuzione del test di collaudo delle guarnizioni installate nelle facciate continue tramite un getto d’acqua ad alta pressione, il quale non deve rimuovere le guarnizioni a meno che non siano state installate in modo non corretto. L'acqua viene erogata attraverso un ugello (o lancia, o manichetta) dotato di una valvola di comando ed un manometro posizionato tra la valvola e l'ugello. Durante la prova il flusso di acqua all'ugello viene regolato con pressione dell'acqua in ingresso all'ugello regolabile di 220±20 kPa. Solitamente il percorso di bagnatura prevede di spruzzare la faccia esterna partendo dal giunto orizzontale più basso, spostandosi successivamente sui giunti verticali intersecanti e quindi sul giunto orizzontale superiore successivo fino a coprire l'intera superficie. La velocità di spostamento è circa pari a 5 minuti per ogni 1,5 m di giunto ad una distanza di 300±25 mm. L’ispezione deve essere eseguita all’interno per verificare l’eventuale presenza di infiltrazioni.

3.8 Verifica della permeabilità all'aria Nelle facciate continue si considera permeabilità all’aria la portata d’aria che passa attraverso le parti fisse e apribili quando sottoposte ad una pressione d’aria positiva e/o negativa. Per le parti fisse di facciata la portata d’aria, secondo la norma europea UNI EN 12152, | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 19

può essere riferita sia rispetto all’intera superficie di facciata (m3/ hm2) sia rispetto alla lunghezza dei giunti fissi (m3/hm) e le prove in laboratorio devono essere eseguite secondo la metodologia prevista dalla norma europea UNI EN 12153. La permeabilità all’aria delle parti apribili eventualmente presenti nella facciata continua deve essere certificata secondo i criteri di classificazione e la metodologia di prova indicate dalle norme di riferimento specifiche per le finestre, le porte e le portefinestre (UNI EN 12207 e UNI EN 1026) per la cui trattazione rimandiamo ad altre pubblicazioni. Raramente questa prova viene eseguita in cantiere a causa delle difficoltà di realizzare una camera di prova idonea a sostenere le pressioni e depressioni di aria che caratterizzano il test. Le critica maggiori infatti si riscontrano nelle eccesive perdite parassite del sistema, ovvero, oltre alle perdite di aria attraverso i giunti di facciata si sommano le perdite di aria della camera di prova in corrispondenza delle giunzioni dei teli o nelle interfacce di connessione tra camera e facciata, e queste non riescono ad essere compensate dai macchinari (ventilatori, aspiratori, soffiatori) utilizzati per la pressurizzazione della prova. Un’ulteriore difficoltà è quella di realizzare la prova sia in pressione positiva che in pressione negativa: per la prima infatti si verifica una sorta di effetto “pallone” della camera di prova, che tende a strappare le nastrature del telo in polietilene rispetto al telaio. Questa prova viene infatti spesso condotta per step di pressione molto bassi (di solito fino a 150 Pa) e spesso è sostituita da una prova simile, denominata Blower door test. Secondo la procedura di prova si sottopone l’ambiente di verifica ad una pressione positiva pari a 50 Pa, misurando contestualmente le perdite di sistema e quindi l’aria che filtra attraverso le discontinuità dell’involucro (eventualmente rilevando i principali punti di infiltrazione di aria mediante l’impiego di fumi traccianti). Il test permette di rilevare con precisione i punti di discontinuità presenti nella facciata ed è corredato da un dispositivo di misura delle pressioni interna ed esterna della camera di tenuta andando così a determinare la quantità di aria in entrata, che corrisponde alle perdite d’aria dovute alle discontinuità.

3.9 Resistenza all’urto (impatto su elementi di facciata fissi e porzioni apribili) La prova consiste nell’applicazione di urti da corpo molle a differenti valori di energia di impatto sui lati esterno ed interno, al fine di determinare la resistenza all’urto del campione, per valutarne sicurezza in uso e integrità nei confronti di urti accidentali procurabili da persone durante la normale attività quotidiana o da dispositivi di manutenzione, pulizia o riparazioni occasionali, escludendo circostanze eccezionali come atti di vandalismo, collisione con veicoli, proiettili, etc. L’impattatore è un oggetto costituito da due pneumatici gemellati con sezione circolare e battistrada piatto longitudinale realizzato in conformità al paragrafo 5.1.1.4 della EN 12600 e in accordo alla ISO 4251-1. Installati sui cerchi delle ruote sono vincolati due pesi di acciaio di massa uguale; i pesi sono stati dimensionati in modo che la massa totale dell’impattatore sia pari a 50±0,1 kg. La prova sugli elementi di facciata è eseguita in riferimento alla norma UNI Requisiti prestazionali, mentre per quanto riguarda le porzioni

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Fig. 17 | Test di impatto

apribili la norma di riferimento è la UNI EN 13049 - Finestre - Urto da corpo molle e pesante - Metodo di prova, requisiti di sicurezza e classificazione. Oltre all’impattatore, l’apparecchiatura di prova è ulteriormente composta da un dispositivo di sospensione costituito da un cavo di acciaio con diametro di 5 mm e da una staffa fissata sopra la testa dell’area di test. La staffa deve essere rigida per garantire che il punto di sospensione rimanga immobile durante la prova, e deve essere posizionata in modo da permettere all’impattatore di colpire il campione nei punti di impatto. Andrà verificato che, quando l’impattatore è liberamente sospeso, a riposo, la distanza tra i pneumatici gonfiati alla pressione di esercizio di 0,35±0,02 MPa e la superficie del provino non deve superare i 15 mm e non deve essere minore di 5 mm, e l’asse dell’impattatore deve trovarsi entro 50 mm in linea radicale dal centro del provino. Una volta sollevato all’altezza di caduta pari all’energia di impatto di prova, il meccanismo di rilascio viene attivato così che l’impattatore possa oscillare liberamente rimanendo perpendicolare all’asse dell’impattatore che urterà il componente di facciata designato (figura 17). Il campione di facciata deve essere in grado di assorbire l’impatto in sicurezza e deve mantenere la sua integrità, con il soddisfacimento dei seguenti criteri per la classificabilità riportati nella norma EN 14019: • nessuna parte eccedente i 50 g dovrà cadere; • non devono formarsi fori che consentano il passaggio dell’ellissoide E2 (rif. EN 1630); • tutti i pannelli costituenti devono mantenere la loro posizione e non devono distaccarsi; • ogni deformazione permanente degli elementi costituenti il telaio della facciata continua, incluse le connessioni e i fissaggi, deve essere accettata purché non si verifichino fessurazioni o rotture che causino la separazione di elementi di telaio, connessione o fissaggio in due o più frammenti. Per gli apribili invece, i criteri della norma EN 13049 prevedono che nessuna apertura deve consentire il passaggio del corpo d’impatto, l’urto non deve distaccare o far uscire dal proprio alloggiamento i battenti o i telai del provino, né disinserire componenti di ferramenta o di sostegno del pannello, né le sue parti composite devono uscire dal proprio alloggiamento o andare in pezzi in modo pericoloso ed infine che la massa di ogni parte rimossa non deve eccedere i 50 g.

3.10 Prove di carico su parapetti Tra le opere in vetro spesso presenti in facciata si ritrovano i parapetti vetrati. Si ritiene pertanto utile accennare la metodologia di test impiegata per verificare il comportamento dell’elemento. Oltre ai testi di verifica degli ancoraggi (del tutto simili a quelle descritti al paragrafo 3.2) i parapetti sono testati in cantiere attraverso prove di carico che simulano la spinta della folla alla quota di parapetto (generalmente compresa in una fascia tra i 100 e i 120 cm). La procedura di prova per determinare il comportamento ai carichi statici linearmente distribuiti e ai carichi dinamici di manufatti vetrati avente funzione anticaduta è meglio descritta

all’interno della norma UNI 11678 - Vetro per edilizia - Elementi di tamponamento in vetro aventi funzione anticaduta - Resistenza al carico statico lineare ed al carico dinamico - Metodi di Prova. Due sono le tipologie di prove da prevedere secondo le sequenze sotto riportate: I) Prove con carico statico lineare: a. Determinazione della resistenza al carico statico lineare stato limite di esercizio. Il carico di prova è determinato in accordo alla legislazione vigente (es. NTC 2018 - Norme Tecniche per le costruzioni). b. Determinazione della resistenza al carico statico lineare - stato limite ultimo. La prova fino al carico di sicurezza (SLU) deve essere eseguita in Laboratorio di Prova o, se in opera, garantendo idonee condizioni di sicurezza. c. In alcuni casi è inoltre possibile determinare la resistenza allo stato limite di collasso dopo rottura indotta delle lastre che compongono la stratigrafia del tamponamento. Tale prova è richiesta per elementi in vetro rientranti nel gruppo 1 (assenza del corrimano (ad eccezione di profili di protezione del bordo del vetro, senza funzione di ripartizione del carico. Lo stato limite di collasso sotto carico statico si verifica appunto quando l’elemento risulta essere parzialmente compromesso a seguito di una precedente rottura. II) Prove di impatto: La determinazione della resistenza meccanica sotto carico dinamico si verifica attraverso impatti da corpo duro (Energia d'impatto 10 J) e con impatti causati da corpo semirigido. Per quanto riguarda la definizione degli elementi in vetro con funzione anticaduta si rimanda alle peculiarità riportate all’interno della norma UNI 7697. In questo paragrafo tratteremo della sola prova allo stato limite di esercizio (I. a), che risulta essere quella più comunemente impiegata per le verifiche in sito di elementi vetrati con funzione di parapetto. Questa prova con carico statico lineare (prova tipo I), comporta l’applicazione di un carico orizzontale e linearmente distribuito (figura 18) applicato in corrispondenza del bordo superiore dell’elemento di parapetto. Per simulare l’azione lineare distribuita sulla lunghezza dell’elemento, il carico lineare di prova è applicato attraverso un martinetto (es. di tipo idraulico) a un elemento ripartitore (considerato infinitamente rigido) oppure, in alternativa, scomposto in carichi puntuali applicati da più martinetti a una distanza reciproca non superiore ai 300 mm. La fase di carico deve essere raggiunta in un tempo non inferiore a 30 secondi ma non superiore a 120 secondi, mentre la rimozione del carico viene realizzata in un tempo non superiore a 10 secondi. Prima di procedere all’esecuzione della prova deve essere verificata l’integrità del sistema ed applicare un precarico pari al 30% dello stato limite di esercizio (mantenendolo per 5 minuti). II carico di esercizio, raggiunto con Ia velocità di incremento prevista dopa Ia fase di precarico, deve essere mantenuto per 5 minuti, quindi rimosso. Dal punto di vista teorica le registrazioni di eventuali deformazioni degli elementi deve avvenire in continuo, in alternativa è possibile anche rilasciare il carico e registrare le deformazioni residue dopo 15 minuti dal rilascio. I requisiti di | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 21

Fig. 18 | Prova di carico per la determinazione della resistenza al carico statico lineare

accettabilità per la prova allo stato limite di esercizio, prevedono che la freccia massima sotto carico non deve essere superiore a 100 mm, l’elemento non deve subire alcun tipo di danneggiamento (es. la/e lastra/e deformata/e deve/devono rimanere nella propria sede per evitarne la fuoriuscita), ed infine la freccia residua massima ammessa dopo 15 minuti dalla rimozione del carico non deve essere superiore a 10 mm. Unicamente per verificare la resistenza del sistema installato in cantiere, è anche possibile eseguire una verifica allo SLE incrementato del 20/30%. In questa configurazione nessun limite viene imposto in merito alle frecce massime ammesse e alle frecce residue generate. La verifica del carico orizzontale (spinta della folla) può anche essere applicata al traverso di facciata posto alla quota di parapetto. Questa prova di tipo statico prevede l’applicazione del carico in corrispondenza del lato interno del traverso del modulo di facciata con direzione verso l’esterno del traverso. La procedura di prova è del tutto simile a quella appena descritta (precarico, applicazione progressiva dei carichi SLE, record dei dati sulle deformazioni sotto carico, rilascio del carico e verifica delle deformazioni residue dopo 15 minuti). Oltre alla verifica del comportamento rispetto al carico statico appena descritta, la resistenza meccanica del manufatto in vetro è anche verificata rispetto ai carichi dinamici (prove di tipo II), la cui procedura è del tutto simile a quanto descritto al paragrafo 3.9 con riferimento alle specifiche norme di prova di impatto UNI EN 14019 e UNI EN 13049 con altezza di caduta pari a 700 mm o 1200 mm per le due classi. Variano i criteri di accettabilità della prova, ovvero pur essendo ammesse eventuali rotture e/o degradi

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del sistema, le stesse non devono compromettere i requisiti di sicurezza previsti per il prodotto, ovvero che Ia massa complessiva delle parti distaccate non deve superare i 300 g e non si devono verificare aperture tali da permettere il libero passaggio di una sfera di 100 mm di diametro.

3.11 Analisi termografiche Per rilevare le irregolarità termiche (ponti termici) oppure i punti deboli della facciata (es. perdite di aria) si può ricorrere all’uso di analisi termografiche (figura 19) ad infrarosso (TT) definite all’interno delle norme UNI EN 13187 e UNI EN ISO 9712. La termografia è una tecnica di indagine qualitativa e ripetitiva, non distruttiva, e permette di individuare in breve tempo e su vasta scala qualunque tipo di anomalia termica, in relazione alla particolare sensibilità termica della termocamera impiegata. L’impiego su elementi di facciata è spesso volto non alla ricerca della precisa temperatura della superficie, quanto piuttosto all’individuazione delle anomalie termiche in termini di differenze tra porzioni supposte omogenee. L’operatore acquisisce il termogramma, la macchina riconosce un’immagine termica composta da tanti punti di misura a seconda della sensibilità del sensore. Contestualmente viene ripresa anche l’immagine normale che serve per l’individuazione delle criticità. Ogni termogramma può essere analizzato con specifico software che permette di associare una temperatura per ogni punto di interesse. Per quanto riguarda alcuni importanti accorgimenti ricordiamo:

a. Conoscere le specifiche e le potenzialità dell'apparecchiatura

termografica (caratteristiche dello strumento e sensibilità);

b. Conoscere le caratteristiche della struttura portante del fabbricato, del sistema costruttivo dell’involucro edilizio e del sistema di generazione, distribuzione ed emissione della climatizzazione invernale; c. Le proprietà radianti delle superfici con particolare riferimento ai materiali di rivestimento. Prima delle operazioni di indagine si eseguono le operazioni di calibrazione dei parametri dello strumento, eventualmente da ripetersi al variare del piano se le condizioni lo richiedono. In linea generale l’emissività è impostata sul valore di 0,95. Si fa presente che le superfici in vetro risultano opache alla radiazione infrarossa e pertanto non sono sempre indicative. d. I fattori climatici interni ed esterni: la misurazione delle temperature dell’aria interna ed esterna deve essere effettuata con accuratezza di ±1°C prima dell’inizio delle operazioni di verifica. In analogia alla verifica della temperatura devono essere registrate le variazioni riferite all’umidità dell’aria, oltre alle condizioni atmosferiche (nuvolosità, precipitazioni, vento); e. La certificazione del personale secondo UNI EN ISO 9712 risulta elemento prioritario della prova. Le verifiche termografiche possono inoltre esser eseguite per localizzare eventuali infiltrazioni/perdite di aria attraverso i giunti di installazione e le discontinuità. In questo caso è necessario creare una differenza di pressione tra l'involucro edilizio e l’esterno: In quest’ottica, la differenza di pressione minima consigliata per poter evidenziare eventuali criticità è di 15 Pa.

3.12 Prove di carico sui sistemi di manutenzione Tenuto conto delle innumerevoli predisposizioni e delle diverse tipologie di sistemi per la manutenzione, citeremo per brevità solo un esempio di prova di carico che viene eseguito sul sistema davit posto in copertura. Il davit, anche noto come gruetta oppure dispositivo braccio-gru, è composto un braccio orizzontale o semi orizzontale (anche estendibile e regolabile), da un palo di supporto e da una base che può essere rimossa al termine delle operazioni di manutenzione. Questa tipologia di attrezzatura è infatti removibile e quindi viene installato e rimosso in relazione alla specifica operazione di manutenzione della facciata: nel fabbricato, solitamente in copertura, sono predisposte delle basette di ancoraggio su cui viene installato il dispositivo che è a sua volta smontabile in parti. La prova di carico che viene eseguita in cantiere, simula di fatto l’applicazione del carico teorico di sollevamento del sistema (figura 20) oppure quello riportato nelle schede tecniche del produttore. In alternativa la configurazione di prova può essere rivista applicando il carico sulla base attraverso leve ripartitrici del carico, sempre applicato con funi e martinetti, che simulano il funzionamento del dispositivo. Questa tipologia di prova, a dispositivo installato, è altresì utile per verificare la completa funzionalità delle parti fisse e mobili, compresi quindi gli argani di manovra (manuali o automatici) e i cinematismi (carrucole, rinvii, etc.). Fig. 19 | Indagini termografiche sull’involucro edilizio e sue componenti | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 23

4. CONCLUSIONI Nel corso dell’articolo abbiamo visto che l’elenco delle prove in opera può variare in funzione della tipologia di facciata, della sua forma, e delle criticità che caratterizzano ogni singolo progetto. Non potendo quindi entrare nel merito di tutte queste peculiarità, si è cercato di riassumere e descrivere le più comuni prove in sito che vengono oggigiorno eseguite sui sistemi di facciate continue. Abbiamo visto che, con la verifica delle prestazioni in sito e con le prove di collaudo finali sulle facciate continue, si dichiara sostanzialmente conclusa la fornitura stessa, il che consente generalmente di sbloccare l’ultima parte dei pagamenti e le eventuali cauzioni rilasciante ante operam. Per quanto riguarda le facciate continue, la procedura di verifica è duplice: viene infatti effettuata sia dalla committenza delle opere (attraverso la Direzione Lavori, se presente, ed il Collaudatore, se nominato) al fine di verificare la corretta posa in opera e la rispondenza della fornitura al contratto ed in particolare ai suoi contenuti tecnici e prestazionali, ma anche dallo stesso costruttore della facciata come controllo finale del lavoro effettuato. In merito a questo ultimo aspetto, è consigliabile che le prove di collaudo vengano stabilite in sede di redazione del capitolato e comunque presenti nel contratto di fornitura e di posa in opera.

Fig. 20 | Prove di carico su sistema davit

5. BIBLIOGRAFIA E NORME DI RIFERIMENTO - UNI EN 13830 - Facciate continue - Norma di prodotto - UNI EN 13119 - Facciate continue - Terminologia - UNI 7959 Edilizia. Pareti perimetrali verticali. Analisi dei requisiti - UNI 8369/1 Edilizia - Chiusure verticali. Classificazione e terminologia - UNI 8979 Edilizia - Pareti perimetrali verticali. Analisi degli strati funzionali - UNI EN 13501-1/2 – classificazione al fuoco dei prodotti e degli elementi da costruzione - UNI EN 12179 - Facciate continue - Resistenza al carico del vento - Metodo di prova - UNI EN 12488 - Vetro per edilizia - Raccomandazioni per la messa in opera - Principi di posa per vetrate verticali ed inclinate - UNI EN 14019 - Facciate continue - Resistenza all'urto - Requisiti prestazionali - UNI EN 13049 - Finestre - Urto da corpo molle e pesante - Metodo di prova, requisiti di sicurezza e classificazione - UNI EN 14019 Facciate continue - Resistenza all'urto - Requisiti prestazionali - UNI 3952 - Alluminio e leghe di alluminio - Serramenti di alluminio e sue leghe per edilizia - Norme per la scelta, l'impiego ed il collaudo dei materiali. - UNI EN ISO 11600 - Edilizia - Prodotti per giunti - Classificazione e requisiti per i sigillanti - UNI EN 12206 - Pitture e vernici - Rivestimenti di alluminio e di leghe di alluminio per applicazioni architettoniche - Parte 1: Rivestimenti preparati a partire da materiali termoindurenti in polvere. - UNI EN 13049 Finestre - Urto da corpo molle e pesante - Metodo di prova, requisiti di sicurezza e classificazione - UNI EN ISO 16283-1:2018 - Acustica - Misure in opera dell'isolamento acustico in edifici e di elementi di edificio - Parte 1: Isolamento acustico per via aerea - UNI 11678 - Vetro per edilizia - Elementi di tamponamento in vetro aventi funzione anticaduta - Resistenza al carico statico lineare ed al carico dinamico - Metodi di Prova - UNI 11367 - Acustica in edilizia - Classificazione acustica delle unità immobiliari - Procedura di valutazione e verifica in opera - UNI EN 13116 - Resistenza al carico del vento, requisiti prestazionali - UNI 7697 - Criteri di sicurezza nelle applicazioni vetrarie - D.M. 17/01/2018, "Aggiornamento delle "Norme Tecniche per le Costruzioni", Ministero delle Infrastrutture.

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- D.M. 25 ottobre 2007 - Classi di reazione al fuoco per i prodotti da costruzione (esclusi pavimenti, prodotti di forma lineare e cavi - - - - -

elettrici) D.P.C.M. 05/12/1997 - Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici Circolare n. 5043 – guida tecnica sui requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili UX83 Linee guida per la progettazione e la posa in opera delle facciate ventilate UX60 Guida alla posa delle Facciate Continue UX24 Aria, acqua e vento - Criteri di valutazione e scelta delle prestazioni ambientali dei serramenti esterni

Paolo Rigone Laureato in Ingegneria Civile nel 1989 presso l’Università degli Studi di Pavia, Dottore di Ricerca in ingegneria ergotecnica edile presso il Politecnico di Milano nel 1995. Dal 2007 Professore associato di Architettura Tecnica presso il Politecnico di Milano e titolare dell’insegnamento di Progettazione dell’involucro edilizio. Consulente in materia di tecnologia dell’involucro leggero per i principali developer immobiliari italiani e collabora con i più importanti studi di architettura sia italiani che stranieri. E’ esperto e consulente in materia di tecnologie dell’involucro edilizio con particolare riferimento al settore delle facciate leggere, con all’attivo, in questo campo, interventi consulenziali e progettuali in Italia, Inghilterra, Francia, Svizzera, India, Cina e Singapore. Dal gennaio 2000 ad oggi direttore tecnico di UNICMI (Unione Nazionale delle Industrie delle Costruzioni metalliche dell’Involucro Edilizio e dei Serramenti). E’ attivo in diverse commissioni e gruppi di lavoro normativi, sia a livello nazionale ed internazionale (UNI, CEN e ISO), alla definizione delle norme tecniche con particolare riferimento al settore dell’involucro edilizio. E’ autore e co-autore di oltre 50 pubblicazioni scientifiche in materia di tecnologia dell’involucro, edilizia ospedaliera, gestione dei processi edilizi, manutenzione e qualità in edilizia, project management, applicazione delle norme ISO 9000, gestione qualitativa di microambienti ospedalieri, controlli sulla patologia dei sistemi edilizi.

Ing. Paolo Giussani Laureato in Ingegneria dei sistemi edilizi presso il Politecnico di Milano, è iscritto all'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano dal 2014. Collabora con l’ufficio tecnico UNICMI svolgendo attività di consulenza nel settore delle facciate continue e dei serramenti, supporto alle attività di progettazione e costruzioni, assistenza tecnica e consulenza alla predisposizione di gare d'appalto, redazione di capitolati speciali di natura prestazionale per involucro opaco, serramenti metallici, coperture vetrate, facciate continue e facciate ventilate. Nel 2014 inizia una proficua collaborazione con Studio di Ingegneria Rigone svolgendo il ruolo di Façade Engineer nelle attività legate alla progettazione, direzione lavori e consulenza in materia di involucro edilizio. Si occupa di audit ed expediting presso aziende produttrici di sistemi di facciate continue, vetrerie e prove di laboratorio. Dal 2016 è cultore della materia al corso di progettazione dell’involucro edilizio, laurea magistrale in ingegneria dei sistemi edilizi presso il Politecnico di Milano.

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REALIZZAZIONI

MARELLI 10 MILANO DA CAPANNONE INDUSTRIALE A CENTRO DI ECCELLENZA ALTA MODA

10, MARELLI ST. – MILAN, ITALY

FROM INDUSTRIAL SHED TO HIGH FASHION CENTER OF EXCELLENCE Ing. Bruno Salesi* - Biesse Ingegneria Arch. Marco Claudi - ML Architettura La zona a sud della stazione ormai dismessa di Porta Romana a Milano, che era a vocazione industriale, recentemente si sta rapidamente convertendo a uffici e terziario con progetti di notevole prestigio. L’articolo descrive sia dal punto di vista architettonico che strutturale l’intervento eseguito in un capannone degli anni ‘60 con strutture prefabbricate in calcestruzzo armato che, parzialmente demolito e modificato, è diventato la sede principale della società di alta moda Golden Goose. La particolare struttura con colonne inclinate, i dettagli curati anche dal punto di vista estetico, alcune zone sospese e le finiture hanno come risultato un progetto di qualità degno di attenzione. The area south of the now disused Porta Romana station in Milan, which used to have an industrial vocation, has recently been rapidly converting to offices and services with projects of considerable prestige. The article describes, from an architectural as well as structural point of view, the intervention carried out in a 1960s warehouse with prefabricated reinforced concrete structures which, partially demolished and modified, became the headquarters of the Golden Goose high fashion company. The particular structure with inclined columns, the details also taken care of from an aesthetic point of view, some suspended areas and the finishes result in a quality project worthy of attention.

*Corresponding author. Email: [email protected]

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1. Impostazione architettonica La zona di Milano, una volta a vocazione industriale, a sud della ormai dismessa stazione di Porta Romana, è oggetto da qualche tempo di interventi di riconversione, anche di prestigio, a uffici e terziario. In questo ambito, due capannoni situati in Via Marelli 10, occupati inizialmente da attività topografiche e poi da depositi di documentazione della Università Bocconi, sono stati riconvertiti dalla Società REAL STEP ad uffic,i diventando la sede principale della società di alta moda GOLDEN GOOSE che opera a livello internazionale. L’intervento è stato studiato sfruttando le opportunità date

dall’edificio denominato Gianese, così chiamato dal fornitore delle strutture prefabbricate negli anni ‘60, che erano sinteticamente composte da un involucro esterno a pannelli coibentati prefabbricati orizzontali sostenuti da pilastri a cui erano appoggiate importanti capriate in calcestruzzo. Nella nuova soluzione è stata demolita la copertura e la struttura interna e mantenuto il solo involucro esterno composto da pilastri, trave prefabbricata di bordo e pannelli orizzontali in calcestruzzo di parete (figure 1-2). Il volume è stato ridefinito nel modo qui di seguito descritto. Il corpo di fabbrica più grande era ideale per l’inserimento di una doppia piastra di uffici open-space, pertanto si è proceduto

Fig. 1 | Struttura esistente interna in demolizione

Fig. 2 | Demolizione capriate di copertura

Fig. 3 | Ridefinizione dei volumi architettonici | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 27

mantenendo intatta la scatola architettonica esterna, calando al suo interno lo scheletro di un nuovo edificio ad anello tutto in carpenteria metallica (figura 4).

Una pensilina dal design lineare e semplice, come un nastro continuo sospeso, crea il coronamento all’edificio. Lo studio della forma affusolata della stessa ha consentito di ottenere un oggetto

Fig. 4 | Ristrutturazione del corpo di fabbrica Gianese

La creazione del patio centrale ha portato luce e ventilazione ai nuovi uffici mentre la volumetria tolta è stata riportata in copertura con un ristorante a servizio degli uffici. L’inserimento di una grande corte centrale ha permesso di recuperarne la superficie creando un livello aggiuntivo ed un nuovo volume sul roof-top (figure 3 e 6). Le planimetrie definitive dell’intervento sono riportate nelle figure 7-9. Grazie all’ampia corte, completamente vetrata, si è potuto mantenere un unico affaccio interno, garantendo il controllo della qualità architettonica percepita da chi lavora nell’edificio. Il gioco di riflessi tra le vetrate del patio e l’acqua, dona al patio stesso una immagine elegante ed essenziale. Le pareti perimetrali esistenti sono state lasciate internamente allo stato originario: esse infatti rimarranno parzialmente visibili dagli uffici. Esternamente invece, una nuova pelle metallica crea un vero e proprio progetto di wrapping, dando forma ad un volume monolitico e monocromatico dal forte carattere urbano. Si è progettato un edificio volutamente opaco e laconico accentuando il contrasto con la sua trasparenza e luminosità interna (figura 5). Il roof-top dell’edificio Gianese è immaginato come uno spazio da vivere per gli utenti interni ed esterni, con una nuova piazza soprelevata, luogo d’incontro e spazio rappresentativo dell’azienda.

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architettonico raffinato, in grado di aggiungere valore al contesto. Il volume sul roof-top è caratterizzato da una vetrata continua che si affaccia verso la terrazza e verso il patio centrale, dando vita ad un nuovo paesaggio architettonico interno. Il secondo corpo di fabbrica definito “Centrale”, grazie alla sua forma rettangolare ed all’assenza totale di colonne, è stato eletto sin dall’inizio come luogo ideale per lo spazio showroom. L’altezza interna di quasi sette metri dona già all’edificio un alto grado di flessibilità, ideale per spazi espositivi. Anche in questo caso la scatola architettonica originale verrà mantenuta, prevedendo lievi modifiche nella distribuzione interna, lasciando invariata però la caratteristica originaria di unico grande open-space. Le particolari volte in cemento armato prefabbricato, con la loro forma curva, sono state mantenute quale carattere distintivo dell’immobile. Internamente una finitura in intonaco ignifugo verrà applicata su tutte le superfici. Infissi, portoni, impianti esistenti, verranno indistintamente trattati con questa finitura, creando così un effetto di “freezing” dello spazio e dando vita ad uno showroom dall’immagine innovativa. L’edificio esistente interamente rivestito con una nuova pelle metallica microforata, oltre permettere efficientamento energetico dell’involucro, dona una nuova immagine all’edificio esistente.

Fig. 5 | Intervento sulle pareti esterne

Fig. 6 | Sezione trasversale del corpo di fabbrica Gianese

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Fig. 7 | Pianta piano terra

Fig. 8 | Pianta piano primo

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Fig. 9 | Pianta piano secondo

2. Impostazione strutturale Dalla richiesta del futuro Tenant di richiamare esteticamente dei pilastri a V presenti nella sua sede storica a Venezia, è stata prevista una serie di pilastri inclinati sia nel contorno dell’edificio che del patio. Questa soluzione si è dimostrata estremamente efficiente dal punto di vista sismico diventando automaticamente il controvento dell’intera struttura e distribuendo le spinte sismiche in modo uniforme sull’intero perimetro. Il non avere concentrato le spinte, come normalmente viene fatto in nuclei di controvento rappresentati dai corpi scale, ma averle distribuite sui perimetri ha avuto come conseguenza la possibilità di realizzare fondazioni dirette appoggiate sulla soletta esistente del piano terra del capannone evitando scavi e interferenze con le fondazioni. Soluzione particolarmente utile avendo geometricamente poco spazio sul perimetro. Le solette hanno come cassero a perdere la lamiera grecata (H 100 mm nella prima soletta e H 75 mm in copertura) con getto in calcestruzzo per la prima e con alleggerito (peso specifico 1800 Kg/ m3) per la copertura. Quest’ultima soluzione è stata scelta per ridurre i carichi sulle travi della copertura che sostengono in falso il volume del ristorante e che hanno luci da 12 a 16 m essendo l’impalcato superiore appoggiato solo sul perimetro e sul bordo del patio. Le solette sono in generale collaboranti con le strutture metalliche tramite connettori Nelson. Per la sua stabilizzazione la parete del capannone non demolita è vincolata alla struttura perimetrale.

3. Verifiche strutturali I materiali impiegati sono: • Calcestruzzo - Classe C28/35 • Calcestruzzo alleggerito premiscelato - Peso specifico 1800 Kg/m3 – Classe C28/35 • Acciaio per calcestruzzo B450C • Acciaio S275R per i profilati • S355JR per i pilastri tubolari e le lamiere • Lamiere grecate SAND 100 e A55/P600 8/10 acciaio zincato S 280 GP. La verifica della struttura è stata eseguita in conformità alla normativa vigente (NTC 2018) con l’ausilio di un modello tridimensionale usando il programma di calcolo MASTERSAP prodotto dalla Soc. AMV srl. In figura 10 è rappresentato il modello 3D della struttura per l’analisi con MASTERSAP. Il modello comprende tutti gli elementi strutturali presenti. Tutte le travi dei solai sono modellate con la corretta rigidezza tenendo in conto la presenza della soletta in calcestruzzo collaborante e dei profili semplici. Nel modello sono applicati 2 distinti piani rigidi in corrispondenza delle 2 solette principali e due piani rigidi disgiunti nella copertura della mensa, del bar e del locale impianti (figura 11). Per piano rigido si intende una relazione tra i nodi della struttura che obbliga i nodi coinvolti a mantenere la stessa distanza nel piano assegnato e ad avere la stessa rotazione intorno alla normale al piano considerato. | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 31

Fig. 10 | Modello 3D della struttura principale

Nel modello sono state inserite anche le colonne prefabbricate in calcestruzzo esistenti e la trave di bordo sommitale. che saranno caricate con l’azione del vento e avranno massa adeguata, comprensiva anche di quella dei pannelli in calcestruzzo, per il calcolo corretto dell’azione sismica. In figura 12 è rappresentato un esempio di come sono applicati i carichi sulla parete. I carichi orizzontali sono applicati sulle colonne esterne comprensivi del vento dei pannelli e del vento radente sulla parete laterale.

Fig. 11 | Piani rigidi

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Essendo le solette collaboranti con le travi in acciaio nel modello di calcolo le sezioni inserite tengono conto della effettiva rigidezza, non del singolo profilo, ma delle travi con soletta collaborante. Per la determinazione della rigidezza, che verrà poi utilizzata anche per la verifica delle sezioni, la corretta larghezza efficace della soletta è definita applicando il paragrafo 4.3.2.3 delle NTC2018. Circa la verifica delle colonne tubolari inclinate, in figura 13 è riportato l’andamento delle azioni massime assiali presenti nei tubolari. In figura 14 è riportata la mappa degli indici di sfruttamento

Fig. 12 | Carichi in direzione locale z sulle pareti

risultante dalle verifiche di Mastersap. Tutti i profili hanno fattore di sfruttamento minori di 1 e risultano quindi verificati. Sono state inoltre eseguite verifiche specifiche per i pilastri più caricati. L’indice di sfruttamento massimo risulta essere 0,83 < 1.

4. Dettagli strutturali Per il disegno delle strutture metalliche ci si è valsi del programma Tecnometal spingendo la disegnazione sino allo sviluppo di tutti i dettagli che, avendo una evidente valenza estetica, sono stati particolarmente curati (figure 15-19). Il piede di appoggio dei pilastri è stato verificato con un modello agli elementi finiti (figura 21). In particolare per i perni di diametro 48 mm e 52 mm in acciaio classe 10.9 è stato utilizzato il metodo indicato sull’Eurocodice 3 parte 1-8 con riferimento alla tabella 3.10 (figura 20). Come confronto è stato anche utilizzato il metodo riportato sul testo “Costruzioni in acciaio” del Prof. Ballio alla pagina 295.

Fig. 13 | Azioni assiali nei pilastri inclinati

Come elemento significativo riportiamo la verifica del fondello del profilo tubolare. Per ciascuna delle 4 dimensioni del tubolare è stata modellata la soluzione ottenendo la mappa delle le tensioni ideali in N/cm2 (criterio di Von Mises) sul fondello (figura 22). La scala principale situata vicino all’ingresso principale per rendere lo spazio più libero ed elegante è stata appesa alla copertura mediante piatti.

5. Facciata e volume esterno All’esterno il volume è rivestito da una pelle metallica nera opaca che ne caratterizza il volume ed esprime un forte impatto visivo (figure 23-24). L’involucro è progettato anche per soddisfare le attuali esigenze e normative di coibentazione. In figura 25 riportiamo la sezione sia esterna che interna sul patio completamente vetrata con una descrizione dettagliata.

Fig. 14 | Sfruttamenti pilastri inclinati | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 33

Fig. 16 | Dettaglio angolo patio

Fig. 15 | Dettaglio di base pilastri inclinati a V

Fig. 18 | Dettaglio angolo copertura

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Fig. 17 | Dettaglio nodo pilastro inclinato e trave di bordo prima soletta

Fig. 19 | Dettaglio di sommità pilastri a V

Fig. 20 | Verifica perni secondo EN 1993-1-8

Fig. 21 | Modello a elementi finiti dettaglio di base pilastro

Fig. 22 | Tensioni del fondello | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 35

Fig. 23 | Schizzo progettuale vista esterna

Fig. 24 | Vista esterna

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CREDITS Proprietà: Real Step Sicaf Impresa esecutrice: A.T. Toptaglio Strutture in acciaio: Leoni Srl Consulenza urbanistica e pratiche amministrative: Giuseppe Tortato Architetti

Progettazione architettonica: Studio ML Architettura Arch. Marco Claudi Direzione lavori generale: Studio Ing. Bossi Strutture, progettazione e direzione lavori: Biesse Ingegneria srl Ing. Bruno Salesi

Bruno Salesi Laureato in ingegneria civile al Politecnico di Milano è stato dirigente responsabile del dipartimento civile di società impiantistiche quali GIE e ABB SAE SADELMI specializzate nella realizzazione di impianti nel settore energia all’estero. Nel 1999 fonda la Biesse Consulting sas poi diventata Biesse Ingegneria srl con sede in Milano Via Alberto da Giussano 7, società dedicata alla progettazione e direzione lavori strutturale realizzando importanti interventi sia in Italia che all’estero.

Marco Claudi Architetto, fondatore di ML ARCHITETTURA, studio di architettura con oltre 25 anni di storia. Lo studio opera in tutti gli ambiti della progettazione, grazie ad una squadra affiatata di architetti, in grado di progettare con la massima qualità, coniugando creatività e innovazione sperimentale al valore concreto della professione. La sede dello studio è un grande loft, immerso nel verde, che si affaccia sui Navigli di Milano. È proprio l’anima creativa della metropoli lombarda che ha ispirato lo studio a specializzarsi nel settore Retail legato alla moda, dando vita ad importanti collaborazioni con clienti internazionali per progetti di riconversione di edifici industriali per sedi aziendali e showroom, fino allo sviluppo di progetti retail Worldwide.

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ARCHITETTURA

ACCIAIO IN SOSPENSIONE

FGMF Arquitetos, Casa Cigarra, San Paolo, Brasile, 2019

STEEL CANTILEVER FGMF Arquitetos, Cigarra House, São Paulo, Brazil, 2019 Prof. Arch. Ph.D. Monica Lavagna*

Professore associato di Tecnologia dell’architettura, Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito (ABC), Politecnico di Milano Un’ardita struttura a sbalzo in acciaio, appoggiata su un volume basamentale in calcestruzzo, connota questo edificio residenziale. L’acciaio si pone come elemento leggero, smaterializzato, conformando spazi trasparenti aperti sul paesaggio. Il volume con struttura metallica è definito da una trave reticolare a tutta altezza, che diventa un percorso di attraversamento proiettato verso la natura. Il minimalismo del telaio strutturale viene arricchito da anelli metallici che svolgono il ruolo di elementi schermanti delle ampie superfici vetrate. A daring cantilevered steel structure, resting on a concrete base volume, characterizes this residential building. Steel stands as a light, dematerialized element, shaping transparent spaces open to the landscape. The volume with the steel structure is defined by a full-height reticular beam, which becomes a crossing path projected towards nature. The minimalism of the structural frame is enriched by metal rings that play the role of shielding elements of the large transparent surface.

Fig. 1 | Vista frontale del lato est dell’edificio.

*Corresponding author. E-mail address: [email protected]

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DIALOGO TRA OPPOSTI Il progetto di Casa Cigarra propone un edificio residenziale composto da due volumi fortemente differenziati per materiale e per forma: un’ardita struttura a sbalzo in acciaio viene eccentricamente appoggiata sul perimetro laterale di un volume basamentale in calcestruzzo (figura 1). L’acciaio si pone come elemento leggero, smaterializzato, conformando spazi trasparenti che si aprono sul paesaggio e ospitano funzioni collettive come i soggiorni, mentre il basamento in calcestruzzo si pone come elemento pesante, prevalentemente opaco, radicato al suolo, accogliendo spazi più privati e intimi, come le camere da letto. L’edificio si colloca ai margini di un'area verde protetta e, pur trattandosi di un intervento consistente dal punto di vista quantitativo e dirompente dal punto di vista dell’articolazione dei volumi, riesce a risultare integrato nel paesaggio (figura 2): il basamento in calcestruzzo sembra uscire dal terreno come una sorta di elemento roccioso, mentre le parti sommitali si smaterializzano grazie all’elevata trasparenza e si uniformano con l’ambiente naturale circostante grazie all’uso di elementi puntuali sottili color marrone scuro, che richiamano i tronchi degli alberi. La collocazione particolare, isolata e immersa nella natura, ha permesso una progettazione slegata da vincoli di relazione con l’intorno, che ha portato alla concezione di volumi a forma libera (figura 3). Il concept complessivo si articola in un volume trapezoidale (basamento in calcestruzzo armato) disallineato rispetto alla strada e ai confini dell’area di progetto, scavato al suo interno da un patio verde e da una piscina, e due volumi in struttura metallica, uno lineare che si colloca perpendicolarmente alla strada e funge da punto di accesso e attraversamento dell’edificio fino a

perdersi nel paesaggio, uno puntuale e cubico, riallineato rispetto al basamento e di servizio rispetto agli spazi aperti sulla terrazza minerale che il basamento crea. Il confronto con il paesaggio ha spinto i progettisti a enfatizzare le vedute e gli affacci sul panorama circostante, sia del volume superiore, che si apre su tutti i fronti, sia del volume basamentale, le cui camere presentano delle logge individuali aperte a cannocchiale verso la natura (figura 4). Anche la presenza dell’ampia terrazza sulla copertura del volume basamentale crea un voluto contatto con la natura circostante, mediato dalla separazione tra suolo minerale della terrazza e suolo vegetale della natura. E ancora, la parte terminale del volume sommitale in struttura metallica presenta una terrazza affacciata sul paesaggio, più intima e raccolta (figura 5). La scelta di appoggiare il basamento in corrispondenza di un terreno in pendio ha ulteriormente enfatizzato il volume a sbalzo, che appare librarsi nell’aria. Guardando dal basso, l’edificio sembra “spuntare” dal terreno: il basamento sembra una roccia artificiale che si erge dalla terra e si rivela man mano che il terreno si inclina verso il bosco. Il contrasto tra un basamento prevalentemente opaco e chiuso e il volume soprastante trasparente e aperto è molto accentuato (figura 6), facendo sembrare l’edificio composto da due elementi estranei, seppur contigui. Contrasto anche di trattamento del volume, che nel primo caso è “pulito” e privo di rilievi, mentre nel secondo caso è fortemente lavorato e quasi decorato dagli anelli di acciaio che lo avvolgono lungo il suo sviluppo longitudinale. Infatti, a proteggere il volume superiore, in linea con la scelta di leggerezza e trasparenza, sono presenti dei tubolari in acciaio che avvolgono ad anello lo sviluppo in lunghezza, creando un

Fig. 2 | Vista dell’edificio e dell’area di progetto da est. | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 41

Fig. 3 | Vista zenitale dell’area di progetto.

Fig. 4 | Vista dal basso del fronte est dell’edificio.

elemento di schermatura ma anche decorativo. Le forme scelte dai progettisti sono semplici, rigorose e modulari: il basamento si pone come l’accostamento di 5 moduli regolari, e il volume superiore in acciaio appare come un sesto modulo “fuori regola” che costituisce una eccezione sia nell’allineamento sia nel materiale strutturale (figura 7). L’aspetto formale che accomuna i due volumi è la struttura che riquadra lo spazio abitativo. Nel volume in calcestruzzo, la scelta di creare un solaio inferiore che si stacca dal terreno e riquadra inferiormente l’edificio, rafforza il tema del volume appoggiato e crea un basamento del volume stesso. Inoltre questa “bordatura” diventa elemento che riquadra l’intero volume, con una dimensione costante, sia nelle spalle laterali sia nel coronamento, conferendo unità al volume ed enfatizzando lo stacco rispetto alla natura. Se nel volume in calcestruzzo questa delimitazione dello spazio abitativo avviene tramite setti di calcestruzzo di elevato spessore, nel volume superiore lo spazio è perimetrato da superfici trasparenti riquadrate da un’esile struttura in acciaio. Il volume in struttura metallica si configura come una trave reticolare a tutt’altezza, appoggiata nella porzione centrale sul basamento in calcestruzzo, ma a sbalzo alle estremità (figura 8). Mentre l’estremità verso il paesaggio si libra nell’aria, l’altra estremità costituisce il punto di accesso alla residenza e dunque si riallinea al terreno (figura 9), costituendo un ponte di ingresso all’edificio e di percorso principale verso gli spazi di soggiorno e di ospitalità. Mentre il percorso di accesso pedonale è coincidente con la giacitura del volume con struttura metallica, il percorso di accesso delle auto scende al basamento in calcestruzzo, dove uno scavo consente di creare un riparo di protezione per le auto.

ARTICOLAZIONE DEGLI SPAZI Fig. 5 | Vista dall’alto del fronte sud-est dell’edificio.

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L’edificio è una residenza unifamiliare di vacanza, dotata di ampi spazi e capace di ospitare 10 persone. Si tratta dunque di una struttura molto articolata, che presenta una molteplicità di spazi

Fig. 6 | Vista dello sbalzo dal fronte sud.

Fig. 7 | Vista dello logge del fronte est.

sia chiusi che aperti. Il piano inferiore (figura 10) è dedicato alla zona notte, maggiormente riservata e radicata al terreno, e contiene principalmente le camere da letto matrimoniali e i relativi spazi di servizio, uno spazio tvlavoro, la lavanderia e il garage. Il fronte principale verso est, affacciato sul paesaggio, allude a una volume puro quadrangolare, ma in realtà il basamento penetra parzialmente nel terreno e si espande in forma trapezoidale verso ovest. Le camere (5 camere matrimoniali) sono contenute lungo il fronte est, all’interno di moduli regolari prospicienti la natura: ogni camera è dotata del proprio bagno privato e di una loggia aperta sul panorama, riservata e separata l’una dall’altra grazie a setti divisori. Verso ovest, il volume si integra e penetra nel terreno e accoglie spazi di servizio, tra cui i garage. Una ulteriore camera da letto matrimoniale collocata da questa parte usufruisce dell’affaccio su un patio che permette l’ingresso della luce e dell’aria e in cui sono anche stati collocati degli alberi, garantendo dunque la qualità anche di questi spazi interrati. Il patio scava il volume solido del basamento (figura 11), enfatizzandone la monoliticità e allo stesso tempo creando una connessione verticale visiva con gli spazi aperti sovrastanti (figura 12). In contrasto con questa base dura e pesante, i due volumi in acciaio sovrastante sembrano atterrare con leggerezza su di essa, e la copertura viene sfruttata come pavimentazione calpestabile per percorsi e terrazze. Il piano superiore (figura 13) è destinato alla zona giorno, con parti chiuse e spazi aperti integrati fra di loro. La copertura della zona notte diventa un’ampia terrazza abitabile affacciata sul paesaggio, attrezzata anche con una piscina integrata nella copertura stessa. Al di sopra della copertura e in continuità con essa si appoggiano i due volumi, il volume allungato a sbalzo che delimita il fronte sud e un piccolo volume cubico collocato a nord-ovest, sospeso sulla piscina. Entrambi questi volumi sono connotati dal cambio materico della struttura, che diventa in acciaio. Gli spazi chiusi di questo piano ospitano gli spazi collettivi: i soggiorni e le zone pranzo con cucine annesse.

Fig. 8 | Vista del fronte sud e dell’appoggio della trave in acciaio sul basamento in calcestruzzo. | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 43

Fig. 9 | Vista da sud-ovest della trave metallica a sbalzo.

Fig. 10 | Pianta del piano inferiore, parzialmente interrato (basamento in calcestruzzo).

Fig. 11 | Vista del patio e del volume di servizio a nord.

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Fig. 12 | Vista da sud del patio e del volume di servizio a nord.

Fig. 13 | Pianta del piano superiore, con copertura a terrazza e volumi in struttura metallica.

Fig. 14 | Sezione verticale longitudinale dell’edificio, lungo lo sviluppo del volume in struttura metallica.

Il volume principale, che costituisce la grande trave a sbalzo (cantilever), presenta le parti terminali aperte, verso nord accogliendo l’ingresso, verso sud caratterizzandosi come grande terrazza coperta (figura 14). Nel primo tratto il volume di ingresso si configura come una passerella aperta di collegamento, accompagnando lungo il percorso di accesso (figura 15), in corrispondenza dell’appoggio del volume longitudinale verso il terreno (figura 16). La struttura metallica viene spogliata dell’involucro e rimane la sola intelaiatura strutturale e gli anelli tubolari, con la funzione di delimitare il percorso e sostenere il solaio di camminamento.

Il volume cubico più piccolo che si trova sul bordo della piscina rimane un volume aperto ma protetto, e offre ombra per un tavolo e una cucina con barbecue e forno per pizza (figura 12). Interessante la soluzione a sbalzo sulla piscina (figura 17), che enfatizza la percezione di volume autonomo appoggiato, con dunque una sua struttura metallica inferiore che lo delimita. Viene così a crearsi una sorta di terrazza protetta e ombreggiata, a contatto con l’acqua. Il progetto si confronta anche con il controllo del microclima e del comfort termico. Il volume basamentale, costituito da pesanti setti massivi e prevalentemente opaco, presenta aperture vetrate protette da logge arretrate o affacciate su patii: di conseguenza le | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 45

superfici trasparenti e gli spazi interni presentano una significativa protezione dalla radiazione solare. I volumi leggeri superiori, con telaio in acciaio, sono protetti dalla presenza costante della copertura schermante, anche in corrispondenza delle terrazze aperte e dei percorsi, in modo che rimangano ombreggiati. In questo caso gli spazi interni sono racchiusi da vetrate scorrevoli opportunamente apribili nelle ore più calde, protette sui lati maggiormente esposti alla radiazione solare da pareti verdi e lamelle di schermatura (figura 19).

Proprio gli elementi metallici tubolari che avvolgono con passo fitto ma irregolare l’intero sviluppo dei volumi in acciaio (figura 20), diventano da un lato elemento decorativo, per il loro sviluppo a filo esterno rispetto allo scheletro strutturale, a configurare una sorta di anello esterno che alleggerisce la scatolarità del volume, dall’altro acquistano una funzionalità di elemento schermante, in quanto lame verticali sporgenti a bandiera lungo i fronti verticali, diventando adatte come elementi di schermatura dei fronti est e ovest, riducendo l’ingresso della radiazione solare (figura 18). A differenza di molti progetti in cui la schermatura risulta essere un elemento aggiuntivo poco integrato e spesso effimero, in questo caso tali elementi sono costituiti da profili tubolari in acciaio, solidi e durevoli e integrati con la struttura portante in acciaio dell’edificio (figura 21), pur dichiarando la loro alterità strutturale per il fatto di essere posti a filo esterno rispetto ai profili strutturali e di essere caratterizzati da una colorazione diversa (marrone scuro e non nera).

SBALZO STRUTTURALE IN ACCIAIO

Fig. 15 | Vista frontale della testata nord del volume di ingresso.

Il piano superiore dell’edificio si configura come una lunga trave a tutta altezza, sporgente a entrambe le estremità rispetto al basamento in calcestruzzo (figura 22). Si tratta di una sorta di ponte a sbalzo, con un comportamento strutturale a mensola, definito cantilever. Tale trave si appoggia sulla struttura in calcestruzzo del volume basamentale nella parte centrale, rimane parzialmente a sbalzo a causa del pendio del terreno dalla parte di ingresso verso nord con un aggetto di circa 12 m, pari a tre moduli strutturali

Fig. 16 | Vista del volume di ingresso e del percorso longitudinale all’interno della trave reticolare.

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Fig. 17 | Vista del volume di servizio a sbalzo sulla piscina.

Fig. 18 | Vista degli anelli metallici esterni con funzione schermante.\

Fig. 19 | Vista verso nord-ovest lungo il percorso interno alla trave reticolare e vetrate scorrevoli di separazione con gli spazi interni. | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 47

Fig. 20 | Vista del lato nord del volume in struttura metallica.

Fig. 21 | Vista del lato sud del volume in struttura metallica. In evidenza gli anelli metallici esterni con funzione schermante e decorativa.

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Fig.22 | Sezione verticale longitudinale dell’edificio, lungo lo sviluppo del volume in struttura metallica.

Fig.23 | Vista frontale del portale trasversale del volume in struttura reticolare.

(anche se alcune travi vanno poi in appoggio all’estremità), e sporge totalmente a sbalzo verso sud con un aggetto di circa 9 m, pari a due moduli strutturali. La struttura reticolare di tale trave, che delimita il volume abitativo, è costituita in lunghezza da 8 campate, per uno sviluppo complessivo di circa 35 m. Ogni campata ha un interasse strutturale in pianta di 3.43 m nello sviluppo longitudinale ed è costituita nello sviluppo trasversale da portali con luce libera di 7.24 m, con un’altezza complessiva di 3.80 m (figura 23). Il telaio è costituito da travi superiori e inferiori IPE di dimensioni 360x260 mm (W360x110, dove W sta per wide flange section, ossia sezione ad ali larghe, 360 è l’altezza del profilo in mm e 110 è il peso in kg del profilo a metro lineare), pilastri HE da 256x256 mm (W250x89) e controventi diagonali in tubolari cavi di 82,5 mm che corrono in asse con travi e pilastri (figura 24). I diagonali non hanno un disegno regolare, ma si alternano per giacitura, e saltano in alcuni

moduli corrispondenti alle vetrate di apertura e di passaggio tra spazio interno e camminamento perimetrale esterno. I profili strutturali sono rivestiti con una vernice poliuretanica color nero. In testata, i nodi tra pilastro e trave in corrispondenza della copertura sono stati rifiniti con dei piatti di chiusura della testa della trave, in modo da definire una superficie uniforme in continuità con l’ala del pilastro. I solai, sia inferiori sia di copertura, sono il lamiera grecata collaborante con getto di calcestruzzo. Tra il solaio di copertura e il solaio di calpestio esistono piccole differenze legate ad alcune bucature presenti nelle singole campate (figura 25). Nel solaio di copertura il secondo e terzo modulo presentano una trave secondaria (W360x110) che separa la parte di volume chiuso dalla parte che rimane invece aperta, in corrispondenza del camminamento di ingresso. Nel solaio di interpiano rispetto al volume basamentale sono presenti delle travi secondarie (W360x39) che delimitano le | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 49

Fig.24 | Disegni costruttivi in pianta del volume longitudinale in struttura metallica.

parti di solaio del camminamento di ingresso dalle parti aperte sul terreno sottostante. Nella prima campata sono infatti presenti solo delle porzioni di solaio laterali e poi il volume rimane totalmente aperto lasciando a vista il solo telaio strutturale e i tubolari ad anello (figura 23). Nella terza e quarta campata, ulteriori travi secondarie (W360x89) delimitano la porzione senza solaio (figura 18) dallo spazio chiuso dove viene realizzato il solaio interpiano. La coerenza materica viene mantenuta anche negli elementi non strutturali. I tubolari esterni che avvolgono ad anello la struttura sono in acciaio corten e non svolgono ruolo strutturale, ma sono fissati alla struttura portante. I parapetti sono anch’essi in acciaio e sono dei piatti esili e minimali, che disegnano il perimetro del parapetto fungendo superiormente da corrimano. Il volume basamentale si distingue per il forte cambiamento materico ed è completamente in calcestruzzo. Il volume ha

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un’altezza di 3.45 m al netto del solaio inferiore e superiore: l’altezza effettiva dello spazio interno è 2.80 m, definita dalla presenza di un controsoffitto che definisce una intercapedine attrezzabile. Il solaio di separazione tra volume inferiore e superiore fa parte della struttura metallica, la quale appoggia sui setti in calcestruzzo armato. Lo spazio interno del volume superiore è di 3.05 m, dal momento che il solaio inferiore e la pavimentazione arrivano a filo superiore della trave strutturale inferiore, mentre il solaio di copertura prevede un controsoffitto che arriva fino all’ala inferiore delle travi, che viene però volutamente lasciata a vista per rendere visibile l’andamento del telaio strutturale nello spazio interno (figure 26-27). Le due parti dell’edificio hanno richiesto una gestione di cantiere articolata in due fasi. Si è proceduto prima a realizzare il basamento in calcestruzzo armato gettato in opera, predisponendo i punti di

Fig. 25 | Dettagli costruttivi dei nodi trave-pilastro.

Fig. 26 | Vista dello spazio interno al volume metallico.

Fig. 27 | Vista dello spazio interno al volume metallico.

ancoraggio della successiva struttura in acciaio. La struttura in acciaio è poi quindi stata realizzata tramite saldatura dei profili strutturali (figure 29-30). Le travi costituiscono la base d’appoggio del telaio sui setti in calcestruzzo e sui pilastri in calcestruzzo. I pilastri sono poi stati saldati al di sopra delle travi perimetrali, ai vertici della campata.

con il terreno. Dall’altro la leggerezza e il librarsi nell’aria dell’acciaio, che ripropone in un edificio residenziale l’arditezza delle strutture per ponti, anche se a scala ridotta. Un contrappunto accentuato dalla chiusura e opacità del calcestruzzo, contrapposta alla apertura e trasparenza della struttura in acciaio. Viene così a crearsi una articolazione di spazi che ben corrisponde alla diversità funzionale degli ambienti ospitati. Un progetto dunque semplice ma articolato, che riesce a sperimentare nuove soluzioni distributive e tipologiche e a proporre interessanti declinazioni strutturali, dimostrando la forte relazione tra caratteristiche dello spazio e scelte strutturali, materiche e costruttive.

RADICAMENTO E ARDITEZZA L’esito architettonico dei temi progettuali affrontati evidenzia le peculiarità dei due materiali strutturali utilizzati, così divergenti nelle loro caratteristiche. Da un lato la pesantezza e radicamento al suolo del calcestruzzo, che ben svolge il ruolo di basamento e appoggio a terra, a contatto

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Fig. 28 | Dettagli costruttivi dei nodi trave-pilastro

Fig. 29 | Fase di costruzione e assemblaggio della carpenteria metallica.

Fig. 30 | Fase di costruzione e assemblaggio della carpenteria metallica.

DATI DI PROGETTO E CREDITI Area del sito: 2.534,53 m² Area costruita: 782,00 m² Inizio del progetto: marzo 2017 Conclusione dell’opera: novembre 2019 Architetti: FGMF Arquitetos - Fernando Forte, Lourenço Gimenes, Rodrigo Marcondes Ferraz Gamma Z Engenharia Progetto strutturale: Costruttore: Foz Fornitore struttura metallica: MCC Fotografo: Pedro Mascaro

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Monica Lavagna Architetto e dottore di ricerca, è professore associato presso il Politecnico di Milano, dove svolge attività di ricerca presso il Dipartimento ABC e attività didattica nei corsi di laurea triennale e magistrale in Architettura della Scuola AUIC, nei corsi di master, formazione permanente e dottorato. Si occupa di sostenibilità ambientale e valutazione Life Cycle Assessment nel settore edilizio.

INGEGNERIA

Ideare, progettare Facciate Continue Devise solutions, Design Curtain Walls Façade Ing. Davide Chesini*, Ing. Stefano Nicolis Giugiaro Engineering & Project Management S.r.l. L’evoluzione delle facciate continue porta alla necessità di nuove idee e soluzioni che nascono dall’incrocio di diverse esigenze architettoniche, progettuali e di fabbricazione. Ingegneria e innovazione devono poter soddisfare requirement di design ma soprattutto di fabbricazione e cantierizzazione. The evolution of curtain walls leads to the need for new ideas and solutions that arise from the intersection of different architectural, design and manufacturing needs. Engineering and innovation must be able to satisfy design requirements but above all manufacturing and construction site requirements.

Introduzione Nel corso degli ultimi anni l’iter di progettazione degli edifici si è fatto più rapido: ristretto è l’intervallo decisionale e veloci sono gli strumenti di calcolo a disposizione dei progettisti. Software di modellazione permettono di inquadrare rapidamente l’edificio e poterlo vestire popolando uno scenario virtuale con elementi ripetitivi e rappresentativi. Metodi di modellazione e parametrizzazione permettono di definire rapidamente e precisamente la maglia ed il perimetro di gioco individuando rapidamente e con criterio le interfacce. Nuovi materiali vengono sempre più adottati per i rivestimenti e una attenzione alla loro durabilità e compatibilità con gli spostamenti della struttura

divengono sempre più fondamentali nella scelta delle soluzioni. Ogni edificio è differente dagli altri: vi sono dei comuni denominatori che si identificano nella firma di architetti che posseggono la capacità e talento da farne riconoscere lo stile; in altri casi la firma viene lasciata dal costruttore che sposa un sistema costruttivo; in altri casi le geometrie portano da edifici iconici unici nel loro genere. La fase di progettazione delle facciate continue può essere riassunta in una melodia che si compone di differenti strumenti/approcci e attinge le idee da edifici passati e le esperienze maturate. Il momento cruciale è sempre la partenza: i primi mesi in cui vi è il processo di ideazione del sistema e della soluzione tecnica rappresentativa. Qui l’ingegneria si trova a comporre i nodi principali rappresentando e riassumendo in un numero serrato di indicazioni la matrice con cui sviluppare il progetto. L’engineering è chiamato, in primis, ad analizzare il metodo di posa ed il processo di fabbricazione partendo quindi dalla foce e risalendo la corrente. In questo percorso diversi scenari sono analizzati a livello di studi di fattibilità, spesso tramite schizzi e schemi a mano, che possano individuare e risolvere le principali variabili del sistema. Questo è il momento in cui viene ideata la soluzione tecnica. Nel seguito dell’articolo passeremo in rassegna alcuni esempi di progettazione e di soluzioni tecniche.

Fig. 1 | Ancoraggi fronte solaio post posa tramite cassero rampante

*Corresponding author. Email: [email protected] | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 53

Fig. 2 | Studi di fattibilità delle estrusioni realizzate fronte solaio

Progettazione al servizio del cantiere Diverse soluzioni possono essere adottate per realizzare una facciata: cellule, montanti-traversi, window-wall, stong-back. Ovvero soluzioni tramite elementi preassemblati in officina modulari che possono essere realizzati tramite cellule aventi struttura portante oppure serramenti da fissare su tamponamenti opachi. Soluzioni tramite strong-back orizzontale permettono di ricreare il fronte solaio tramite elementi pre-assemblati di officina a cui poter in seguito fissare i serramenti. Tutte queste soluzioni sono valide e per molte di esse è possibile trovare una coerenza sia normativa che di design architettonico. La scelta della soluzione migliore passa dall’analisi delle seguenti variabili:

Fig. 3 | Analisi della pelle esterna e individuazione degli elementi rappresentativi

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• accessibilità per la posa: ovvero la movimentazione dei materiali e la logistica di cantiere;

• priorità di posa: impostazione della WBS orizzontale o verticale o per categorie;

• accessoristica e livello di customizzazione: una customizzazione elevata più portare a benefici economici ma da valutare in base ai quantitativi, tempistiche, accessoristica presente; • alternative di mercato dei fornitori e gammisti sono importanti per tarare il livello e la semplicità di preassemblaggio: prefabbricazioni di facciate a cellule o serramenti a nastro sono spesso da valutare in base all’attrezzaggio dell’officina. Analisi di outsourcing per l’assemblaggio al fine di adattarsi alla migliore soluzione tecnica sono sempre più importanti già dall’origine del progetto. Queste variabili viaggiano parallele alle verifiche di ingegneria classiche che portano ad analisi statiche, termiche, choc-termico e acustiche degli elementi. Particolare cura viene posta, già nelle prime fasi del progetto, a aspetti di durabilità e trattamenti superficiali per garantire la resistenza alla corrosione: trattamenti che permettono già di riflettere sul system design più appropriato in base alla supply chain che sarà poi organizzata a valle. Pertanto, non sempre le soluzioni ingegneristicamente ottimali a livello statico-termico-acustico, ovvero le verifiche canoniche, sono sufficienti ad individuare la soluzione ottimale. Per esemplificare le metodologie fin qui descritte si veda la foto, in figura 1, del cantiere situato a Monaco progettato dal nostro team tecnico, in cui fin

dal principio si è identificato un metodo di posa congegnale alla logistica di cantiere, a settori salendo con casseri esterni di tre piani. Uno studio dell’habillage dei nez-de-dalle, ovvero degli oltre 3 km perimetrali di balconi, ha permesso fin dalle prime fasi del progetto di analizzare l’opportunità di sostituire la soluzione originaria basata su rivestimenti a “cassette” con un sistema articolato di estrusi di alluminio. In quest’ottica una definizione del metodo

di lavorazione, trattamenti superficiali e iter di fabbricazione ha permesso di identificare la soluzione più efficiente a livello tecnico ma anche aderente alla logistica ed alla fabbricazione (figura 2). La sagoma degli elementi è stata ingegnerizzata per permetterne l’estrudibilità, la calandratura e la posa in opera con l’ausilio di ancoraggi realizzati da estrusi aventi zigrinatura che ne potessero permettere la posa e regolazione agevole. Le stesse staffe di ancoraggio puntuali sono state realizzate tramite estrusi di

Fig. 4 | geometria dell’elemento ripetitivo individuato

Fig. 5 | Schema di fattibilità dei componenti: elemento preassemblato con cellulino vision inserito | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 55

Fig. 6 | Schema del nodo di cappello / gutter / copertura con predisposizione elementi per la manutenzione

Fig. 7 | Schema dello skylight pre-assemblato con elementi di connessione

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Fig. 8 | Geometria di raccordi fra serramento incassato, guaine e controtelaio

alluminio con particolari lavorazioni e zigrinature: in questo modo tutte le regolazioni e messe a punto possono essere realizzate post posa in modo agevole. Semplificazione geometrica e razionalizzazione: Spesso edifici complessi appaiono come labirinti di mix di soluzioni tecniche differenti e interfacce di diversi tipi. La capacità di ideare la soluzione tecnica sta nell’individuare metodi di prefabbricazione risolvendo le modalità di connessione alle carpenterie primarie.

Fig. 9 | Sintesi del dettaglio alla base della bavette di un serramento scorrevole

Un esempio è la razionalizzazione dei rivestimenti esterni è riportato in figura 3: un edificio in Arabia Saudita in cui la skin esterna necessitava di una armonizzazione delle sue forme. Per questo edificio è stato possibile realizzare uno studio di fattibilità partendo dalla geometria architettonica riportata nella figura. Tramite una analisi geometria si è individuato un elemento rappresentativo e ripetitivo con le relative regole geometriche che ne permettessero un adattamento all’edificio (figura 4). Nello specifico, è stato ideato un metodo semplice di connessione alla carpenteria primaria permettendo di assorbirne sia le tolleranze di fabbricazione che, soprattutto, i possibili errori di posa e deflessioni per live load. Esempi di preassemblaggio dei componenti vetrati e lastre di fibrocemento si sono rivelati opportuni per una posa in opera rapida e sequenziale. Le stesse lamiere di finitura interne, mai da sottovalutare essendo elementi che concorrono al pregio dell’involucro, possono essere realizzate tramite estrusi specifici che ne permettano una precisa posa in opera e un ottimale allineamento (figure 5-7). Tavole di concetto, idee di base e piani direttori Spesso ci si trova a dover mescolare i “colori primari” che sono alla base delle verifiche di fattibilità di tipo ingegneristico: quadro normativo, durabilità dei materiali, certificazioni dei sistemi, esperienze dirette su cantieri passati. Questi devono poter risolvere problematiche locali di sistema che necessitano di analisi di dettaglio in scala 1:1 ma che si ripetono sull’edificio anche di dimensioni sopra la media senza apparente sistematicità. Un esempio tipico è nel mondo della serramentistica, dove particolare cura e vigilanza viene posta in cantiere al sistema di tenute fra serramento-controtelaio-muro per garantire i vari livelli di tenuta in modo semplice e verificabile. Fin da primi passi del progetto, indicazioni a livello schematico permettono di identificare e risolvere le interfacce fra le differenti società che concorrono nell’opera, come impresa generale / società che realizza le coibentazioni / impiantistica per attraversamenti puntuali . Una buona soluzione deve poter anticipare i fuori tolleranza degli altri lotti e rendere accessibili e facilmente controllabili le tenute e le sigillature: ottenendo rapidamente un’approvazione da parte degli Enti di controllo e della committenza. Un esempio viene riportato a seguire nella realizzazione di serramenti scorrevoli a tutta altezza oppure fissati su imbotti perimetrali per una realizzazione luxury in costa azzurra (figure 8-10). Le soluzioni possono poi, nelle applicazioni più particolari, inseguire il design architettonico e permettere una industrializzazione e ottimizzazione dei materiali. In questi casi una customizzazione tipica, previa analisi delle quantità di materiali e | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 57

della congruenza con le metodologie di assemblaggio dell’officina, diviene la strada ottimale. Si riportano nelle figure 11-13 esempi di facciata modulare a doppia pelle durante un tender design: schemi realizzati inizialmente a mano ma che permettono di individuare e caratterizzare le soluzioni tecniche di un elemento modulare di riferimento.

Design for Manufacturing Altro aspetto importante da considerare sin dalle prime fasi del progetto è dato dalla “producibilità” di quanto si è “pensato”. Questo aspetto se non correttamente valutato nella fase iniziale rischia spesso di compromettere l’esito economico del progetto alla pari della posa di cantiere analizzata in precedenza. Su questo tema si apre un orizzonte infinito di variabili che possono influire sulle scelte, la cui completa identificazione non è sempre possibile nelle fasi iniziali del progetto. Alcune sono chiaramente definite nel progetto Fig. 10 | Schemi di raccordi perimetrali e barriere di tenuta e sormonti delle guaine da verificare durante la posa in architettonico, altre invece sono opera originate dai vincoli normativi, altre ancora dai vincoli tecnologici, altre dall’esperienza. A tal proposito basti solo pensare cosa sia diventato possibile ingegnerizzare e produrre grazie alle evoluzioni tecnologiche degli impianti di lavorazione dei profili di alluminio unite alle potenzialità offerte dai moderni software di modellazione, rendendo “producibili” facciate di grandi superfici di geometrie estremamente complesse che solo pochi anni fa rendevano tal impresa impossibile.

Vincoli Normativi Il significato intrinseco del concetto di “rispetto dei vincoli normativi” viene dato spesso per scontato. È ovvio che le normative tecniche vadano rispettate e seguite, ma la realizzazione di involucri edilizi customizzati spesso conduce ad aspetti non normati, o vincoli da normative locali poco conosciute ai più. Errate valutazioni iniziali su questo tema portano inevitabilmente a conseguenze. Si pensi ad esempio cosa accade quando si propone una soluzione non contemplate dalle norme vigenti: si è soggetti all’obbligo di certificare le scelte adottate non solo per tramite documentale (Report Ingegneristici, descrizione della soluzione, etc.) ma spesso, anche per mezzo di test di laboratorio. Ovviamente sarebbe opportuno evitare di rientrare in tale casistica, ma spesso sono scelte imposte dal progetto, che comportano la necessaria conoscenza delle procedure da adottare e dei costi da sostenere, che variano sensibilmente da Paese a Paese. Fig. 11 | geometria della cellula di riferimento e modularità

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Giugiaro Engineering and Project Management S.r.l Nata dal background di numerosi anni di esperienza nel mondo del facade contractor, Giugiaro Engineering and Project Management è uno studio di progettazione e consulenza in grado di affiancare i general contractor / Façade contractor. Rispondiamo ad esigenze di Façade engineering e disegnazione con particolare attenzione a tematiche di project management e migliorie del processo produttivo, gestione della commessa nell’anticipare e risolvere le problematiche tecniche ed economiche. Fig. 12 | Immagine dell’elemento rappresentativo e traverso di giunto

Davide Chesini Head of Technical Department. 15 anni di esperienza nel settore come ingegneria, capocommessa e studi di fattibilità.

Stefano Nicolis

Fig. 13 | Geometria del nodo tipico verticale realizzato tramite assemblaggio di elementi sequenziali

Commercial Director. 20 anni di esperienza nel settore come responsabile di produzione, direttore delle operazioni e direzione generale. | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 59

REALIZZAZIONI

Architettura in movimento:

l’edificio del Padiglione Italia a Expo Dubai 2020

Architecture in motion: the Italian Pavilion building at Expo Dubai 2020 Ing. Sandro Favero, Ing. Federico Zaggia, Ing. Luigi Ranzato* F&M ingegneria Il Padiglione Italia per Expo Dubai 2020 si presenta come un esperimento di architettura riconfigurabile e circolarità. Si compone di tre scafi di navi che formano il tetto della struttura, una facciata multimediale realizzata con 70 chilometri di corde nautiche in plastica riciclata, e un sistema naturale di mitigazione del clima che sostituisce l’aria condizionata. Il Padiglione Italia è stato progettato da CRACarlo Ratti Associati e Italo Rota Building Office, con F&M Ingegneria e Matteo Gatto. The Italian Pavilion for Expo Dubai 2020 presents itself as an experiment in reconfigurable architecture and circularity. It consists of three ship hulls that form the roof of the structure, a multimedia facade made with 70 kilometers of nautical ropes in recycled plastic, and a natural climate mitigation system that replaces air conditioning. The Italian Pavilion was designed by CRA-Carlo Ratti Associati and Italo Rota Building Office, with F&M Ingegneria and Matteo Gatto.

*Corresponding author: Luigi Ranzato. Email: [email protected]

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Fig. 1 | Padiglione Italia - © Ph. Michele Nastasi

1 Premessa Il progetto del nuovo padiglione Italia concepito per l’evento Expo 2020 di Dubai, poi posticipato di un anno causa la pandemia mondiale Covid19, ebbe sin dalla sua nascita un obiettivo: essere unico. I progettisti si promisero di realizzare un’opera senza eguali, un’opera che non sia il classico edificio temporaneo bensì un’idea unica ed originale (figura 1). Grazie alla professionalità di tutti i

tecnici coinvolti, della Stazione Appaltante Invitalia e dell’Impresa RAQ, il padiglione è stato inaugurato senza imprevisti all’apertura dell’evento Expo.

2 Principi alla base della progettazione L’unicità del padiglione doveva catturare l’interesse dei visitatori e della stampa grazie al suo forte impatto visivo. Senza dubbio la fluidità delle forme, a richiamare il moto ondoso del mare, conferisce al padiglione Italia un carattere unico ed immediatamente riconoscibile (figura 2). La continuità delle colonne con archi e catenarie, tutte a curvature variabili senza cuspidi ed angoli vivi, è la massima rappresentazione della fluidità delle forme che caratterizza il padiglione (figura 3). Unica al mondo è l’idea di completare la copertura con scafi rovesciati, sorretti da archi a raggio variabile, e colorati di rosso, bianco e verde come la bandiera italiana (figura 4). Grazie alle mirate scelte progettuali, è stato possibile ottenere leggerezza sia fisica e sia visiva delle strutture. Gli ampi spazi a disposizione sul primo impalcato, chiamato “la grande duna”, sono il frutto di copertura a grande luce senza pilastri intermedi (figura 5). I pilastri sono tutti concentrali sotto i bordi degli scavi e disposti ad un interasse studiato secondo una regola ben precisa: la regola di Fibonacci (figura 6).

Fig. 2 | Geometria fluida del tetto ed il moto ondoso | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 61

3 Criticità alla base del progetto

Fig. 3 | Archi nei punti di minore raggio

La prima delle criticità alla base del progetto è stata la necessità di ampli spazi flessibili, liberi da pilastri, in grado di garantire grandi portate. Grandi luci e grandi portate sono i requisiti fondamentali per un impalcato destinato ad eventi pubblici con elevata affluenza. La seconda criticità è stata la geometria fluida delle aste, che passano da un andamento rettilineo delle colonne ad uno sviluppo curvilineo a raggio variabile di archi e catenarie senza angolature vive. L’obiettivo del progetto architettonico era così ambizioso come critico per la fattibilità tecnica dell’opera. Non di secondaria importanza sono i vincoli urbanistici imposti da Expo: limiti di edificabilità in pianta e limiti di edificabilità in altezza. Detti limiti di ingombro sono tassativi pertanto il progetto ha dovuto attenersi scrupolosamente a queste prescrizioni (figura 7). I progettisti delle strutture hanno dovuto affrontare una duplice problematica di snellezza e grandi campate. L’impossibilità di poter introdurre una maglia di pilastri ravvicinati, per esigenze espositive, e l’impossibilità di scegliere una reticolare classica, che richiederebbe maggiori ingombri, ha portato a scegliere una soluzione alternativa, ossia una “tensostruttura” leggera.

4 Metodologia BIM

Fig. 4 | Gli scafi

Fig. 5 | Gli ampi spazi espositivi

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La modalità BIM (Building Information Modeling) è stata adottata ed ampiamente sfruttata durante tutto il processo, dalle origini della progettazione alla realizzazione del cantiere. Questa modalità di progettazione è la moderna gestione dei processi nell’ambito dell’edilizia e rappresenta l’avanguardia del settore delle costruzioni. Tutti i progettisti, nello specifico architetti, ingegneri strutturisti ed ingegneri impiantisti, hanno sviluppato il progetto con il software Revit attraverso l’utilizzo della metodologia BIM, lavorando da uffici dislocati in luoghi geograficamente diversi. L’origine della modellazione virtuale è stata opera di Studio Ratti, incaricato alla progettazione architettonica. Mediante l’uso di geometrie complesse, gli architetti hanno dato forma all’opera, decidendo la forma sinuosa della copertura e la posizione delle colonne strutturali con l’affiancamento degli ingegneri strutturisti di F&M Ingegneria. Definita la geometria, i progettisti delle strutture hanno costruito nello spazio 3D di Revit il modello analitico delle strutture, importando e facendo proprio il modello Revit architettonico. In figura 8 un’immagine del modello Revit delle strutture portanti. Il terzo passaggio, anche questo a cura dei progettisti strutturali di F&M Ingegneria, è stata la costruzione del modello di calcolo

agli elementi finiti mediante il software MIDAS GEN. Per la costruzione del modello di calcolo strutturale è stato sfruttato il modello analitico dell’ambiente Revit grazie al quale sono stati riprodotti fedelmente ogni asta ed ogni solaio. Grazie al vantaggio dell’interfaccia tra la modellazione tridimensionale analitica e la modellazione tridimensionale con il software di calcolo strutturale, è stato possibile costruire un modello molto accurato ed affidabile. In figura 9 un’immagine del modello di calcolo MIDAS GEN. Altro vantaggio della modalità di progettazione in Revit è stato la stima accurata delle quantità dei materiali impiegati per la costruzione, grazie alle quali sono stati sviluppate le stime di costo ed i computi metrici estimativi. Grazie all’interfaccia tra il software Revit dei progettisti ed il software delle macchine a controllo numerico, è stato possibile collaborare in modo estremamente efficace e veloce con la carpenteria, com sede a Dubai, che ha acquisito l’appalto delle strutture in acciaio, consentendole di produrre con accuratezza ed esaustività tutti gli elaborati costruttivi di officina ed avviando la produzione delle carpenterie con congruo anticipo rispetto alla posa. Le potenzialità dell’approccio BIM sono state decisive per F&M Ingegneria per il trasferimento delle informazioni sia in sede di progetto e sia al momento della produzione. La metodologia BIM ha altresì permesso la gestione dell’avanzamento dei lavori, monitorando in tempo reale le operazioni di cantiere.

5 Soluzioni progettuali

Fig. 6 | Colonne affiancate ai vertici del padiglione e giunzione archi-colonne

L’attenta analisi delle ambizioni del progetto architettonico e delle prescrizioni normative imposte da Expo, hanno condotto la progettazione strutturale sulla scelta dell’acciaio come unico

Fig. 7 | Limite di edificabilità | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 63

Fig. 8 | Modello tridimensionale delle strutture nell'ambiente Revit

Fig. 9 | Modello tridimensionale di calcolo MIDAS GEN

materiale in grado di soddisfare le molteplici esigenze. La scelta finale ha puntato quindi su archi rovesci, ossia archi appesi alle estremità, stabili grazie allo stato di tensoflessione; questi archi non generano elevate azioni orizzontali come invece avrebbe determinato una tensostruttura tradizionale. In altre parole il principio che ha ispirato i progettisti di F&M Ingegneria a trovare la soluzione per una copertura tanto grande

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quanto snella è stato l’arco catenario, già diffusamente utilizzato dal noto architetto spagnolo Antoni Gaudì y Cornet, in particolare nella Sagrada Familia a Barcellona. Gaudì costruì dei modelli in scala di archi con carichi appesi e ne studiò la geometria assunta, arrivando ad intuire la stabilità dell’arco chiamato arco catenario (figura 10).

Fig. 10 | Modelli in scala di archi catenari

Fig. 11 | Scheletro strutturale in acciaio composto da colonne, archi e catenarie

Fig. 13 | Giunzione tra archi e catenarie

Fig. 12 | Illustrazione dello schema statico alla base del progetto del padiglione Italia

La soluzione a catenarie è stata ritenuta la più performante per coprire grandi campate senza colonne intermedie. Grazie alla scelta di elementi tensoinflessi, con netta prevalenza della trazione rispetto alla flessione, è stato possibile impiegare per le catenarie gli stessi tubi diametro 244 mm già previsti per le colonne, ossia tubi molto esili. Le catenarie sono tutte in continuità con gli archi, mentre gli archi sono gli elementi che hanno il compito di collegare le sommità delle colonne garantendo un comportamento a telaio nel piano degli archi stessi (figure 11-14). Tutte le catenarie sono trasversalmente collegate da aste incernierate nascoste dietro alla lamiera della copertura (figura 15). Archi e catenarie sono tutti orditi parallelamente al lato lungo | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 65

Fig. 16 | In blu le travi reticolari che conferiscono rigidezza alla copertura nel piano orizzontale

Fig. 14 | Le catenarie dopo la rimozione delle puntellazioni provvisorie

Fig. 15 | Collegamento trasversale delle catenarie mediante aste incernierate e celate dietro la lamiera

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del padiglione e sono stabilizzati nel loro piano dalle colonne. Considerata la snellezza delle colonne, quindi il loro modesto apporto alla stabilizzazione orizzontale della copertura stessa, è stato necessario conferire un più efficace collegamento trasversale e si è puntato su robuste travi reticolari nascoste nei gusci, rappresentate in blu nella figura 16. Risolta la problematica della rigidezza nel piano orizzontale, si è scelto di sfruttare al meglio i corpi scale per stabilizzare tutto il sistema di copertura, coadiuvati dai quattro vertici di estremità che si configurano come “nuclei” in acciaio ottenuti da affiancamento di più colonne trasversalmente collegate alla “Vierendeel”. Le elevazioni sono infatti in gran parte costituite da esili colonne in acciaio a sezione circolare diametro 244 mm spessore 12 mm, che da sole non sarebbero idonee a far fronte ai carichi orizzontali (figura 17). Le stesse colonne piegano alla quota degli scafi di copertura trasformandosi gradualmente in “archi”, per poi invertire la concavità e diventare “catenarie”, ossia archi rovesciati con comportamento paragonabile a quello delle funi appese. Le reticolari rappresentate in blu in figura 18 sono state nascoste dentro i gusci quindi non hanno alcun impatto estetico. In figura 19 una foto delle reticolari scattata durante il montaggio. Le coperture con la concavità verso l’alto sono completate da

Fig. 17 | Il sistema strutturale resistente con nuclei scala in calcestruzzo e colonne in acciaio

Fig. 18 | Soluzione progettuale per la stabilizzazione orizzontale: i corpi scale in calcestruzzo ed i vertici rigidi tipologia Vierendeel

Fig. 19 | Trave reticolare irrigidente ed impianti nascosti dentro i gusci

cuscini di ETFE gonfiati con aria compressa. Ciascun cuscino ha la peculiarità di essere provvisto di un proprio telaio autoportante che confina le spinte dell’aria compressa dei cuscini annullando le spinte orizzontali sulle catenarie (figura 20). I cuscini sono parzialmente mascherati all’intradosso da fogli di lamiera d’acciaio opportunamente tesati e ritagliati in modo tale da filtrare la luce solare diurna, creare un effetto di luci chiaroscuro ma senza gravare eccessivamente sulle catenarie in termini di peso. Le fondazioni, che trasmettono sul terreno i carichi derivanti dalle sovrastrutture, sono state concepite come fondazioni superficiali

Fig. 20 | Sezione di progetto dei cuscini di ETFE

a plinti collegati da cordoli. Grazie a questa scelta, in luogo di fondazioni estese a platea, è stato possibile ottimizzare la cementificazione di suolo allo stretto necessario per garantire le necessità strutturali (figura 22).

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Fig. 22 | Strutture di fondazione in fase di esecuzione

Fig. 21 | Cuscini in ETFE in fase di installazione

Particolare attenzione è stata posta all’integrazione tra impianti e strutture, non solo per ottimizzare costi e lavorazioni di cantiere, ma specialmente per raggiungere la massima bellezza estetica. Il progetto degli impianti è stato sviluppato in parallelo al progetto delle strutture con l’intento di inserire/integrare tubazioni, linee elettriche, canali, etc., all’interno di volumi rivestiti (figura 23). A titolo esemplificativo, sono state introdotte tubazioni antincendio e linee elettriche all’interno delle intercapedini degli scafi, in modo da risultare completamente nascoste alla vista dei visitatori.

6 Analisi strutturali e verifiche

Fig. 23 | Gusci in fase di costruzione

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L’analisi del comportamento strutturale del padiglione è stata condotta con accurata modellazione tridimensionale agli elementi finiti mediante l’uso del software MIDAS GEN. Il primo passo è stato l’individuazione del comportamento sismoresistente complessivo mediante riconduzione a schemi statici semplici: nuclei irrigidenti, colonne, archi, catenarie e reticolari di collegamento. Dopo aver individuato il comportamento d’insieme gli ingegneri progettisti hanno riprodotto virtualmente le strutture mediante elementi finiti tipici del calcolo automatico delle strutture. Il modello di calcolo è stato costruito con più di 20.300 nodi, più di 12.800 aste a due nodi tipo beam e 10.300 elementi bidimensionali plate a 3 o 4 nodi. I carichi di progetto accidentali e i carichi del vento sono desunti dalla norma americana ASCE7, mentre l’azione sismica è desunta dalla norma americana UBC97 seppur con l’accelerazione al suolo desunta dalle norme locali dubaine. L’uso delle norme americane è scaturito dal regolamento Expo. Il carico accidentale di progetto è 5 kN/m2, intenzionalmente incrementato a 6 kN/m2 per l’incertezza ad inizio progetto in tema di allestimenti espositivi. Particolare attenzione è stata posta nella determinazione delle pressioni da vento tenuto in considerazione che il padiglione è sostanzialmente un edificio aperto e pertanto la copertura è sottoposta non solo all’aspirazione da estradosso ma anche alla pressione da intradosso. Il vento di progetto considerato ha velocità di 45 m/s mediato su 3 secondi a 10 m dal suolo.

Fig. 24 | Spettro in accelerazione orizzontale di progetto

Fig. 25 | Primo modo di vibrare | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 69

Fig. 25 | Primo modo di vibrare

Fig. 27 | Esempio di una delle indagini di instabilità di buckling condotte sulle colonne

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Dubai è un sito a modesta sismicità, con accelerazione al suolo di progetto di 0,72 m/s2 con tempo di ritorno 475 anni. L’azione sismica di progetto è stata dedotta dallo spettro di accelerazione orizzontale di figura 24. L’analisi statica condotta è stata di tipo elastico lineare in quanto si è preliminarmente appurato, attraverso modelli semplificati, che le fasi di montaggio non incidevano sullo stato tensionale delle aste; in altre parole lo stato tensionale è proporzionale all’entità dei carichi pertanto non sono state implementate analisi tridimensionali con costruzione per fasi. L’analisi sismica condotta è stata di tipo lineare con spettro di risposta. Il controllo critico del modello ha riguardato reazioni vincolari alla base in prima battuta ed a seguire i modi di vibrare. In figura 25 si

riporta il primo modo. La prima verifica locale ha coinvolto naturalmente la copertura essendo l’elemento più critico. Sono stati verificati stato tensionale e deformazioni (figura 26). Fig. 26 - Massimo stato tensionale di catenarie ed archi Molta attenzione è stata posta nella verifica all’instabilità per pressoflessione delle colonne essendo elementi molto esili. Oltre alle verifiche delle singole aste secondo i dettami normativi, assumendo schema statico di incastro al piede e cerniera fissa all’estremità superiore (copertura stabilizzata dai corpi scale e dai vertici rigidi d’angolo), sono state condotte a parte analisi spinte per la ricerca dell’instabilità di buckling al fine di indagare tutte le criticità (figura 27).

CREDITS Padiglione Italia Expo Dubai 2020 - Dubai, UAE | 1 Ottobre 2021-31 Marzo 2022 Un progetto architettonico di CRA-Carlo Ratti Associati e Italo Rota Building Office, con F&M Ingegneria e Matteo Gatto Foto: Michele Nastasi CRA team: Carlo Ratti, Francesco Strocchio (Project manager), Monika Löve (Project manager), Luca Bussolino, Mario Daudo, Serena Giardina, Ina Sefgjini, Nicola Scaramuzza, Giovanni Trogu CRA Graphic Team: Gary di Silvio, Pasquale Milieri, Gianluca Zimbardi Coinvolti in fasi precedenti: Saverio Panata, Andrea Fasolo, Alberto Geuna, Gerolamo Gnecchi, Francesca Marino, Lucia Miglietta, Marco Maria Pedrazzo, Davide Ventura Italo Rota Building Office team: Italo Rota, Francesca Grassi Coinvolti in fasi precedenti: Francesco Lato, Omid Mohammad, Gilberto Piano, Sammy Zarka F&M Ingegneria team: Sandro Favero, Federico Zaggia, Luigi Ranzato, Lorenzo Colarusso, Nicola Ros, Federico Moro, Antonio Nuzzo, Mauro Baessato, Davide Pizzolato, Dino Casagrande, Marco Furlanetto. Coinvolti in fasi precedenti: Francesca Favero, Luca De Antoni, Dhebora Gambaro, Francesco Mason, Alessandro Palamidese, Luca Sangiorgi, Paola Zisa, Mirco Zuin, Alessandro Bonaventura, Marco Bonaldo, Francesca Bertuzzo. Matteo Gatto team: Matteo Gatto, Stefano Monaco, Barbara Corli, Valentina Rizzo Coinvolti in fasi precedenti: Paolo del Toro, Edoardo Perani Consulente per il progetto scenografico: Alessandro Camera Consulente Video e Multimedia: AGMultivision (Tiziano Alessandro Testoni) Consulente per l’illuminotecnica: Luminae Lighting Design (Lorenzo Bruscaglioni) Consulente per l’acustica: P2A Design (Alessandro Pasini, Simone Fagnani, Paola Renda) Consulente per la segnaletica: 100km studio (Luigi Farrauto) Consulente grafico: studio FM milano Landscape Consultant: CNR (Silvia Fineschi, Roberto Reali, Francesco Carimi), GMP Studio (Flavio Pollano, Rachele Griffa) Sandro Favero Fondatore di F&M ingegneria. Capo progetto progettazione strutture del Padiglione Italia

Federico Zaggia Partner, Responsabile del Settore Project Management di F&M ingegneria. Capo progetto Progettazione e Direzione Lavori di Ingegneria del Padiglione Italia

Luigi Ranzato Responsabile progettazione strutture del Padiglione Italia

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NORMATIVE

New weathering steel grades according EN10025-5:2019 Le nuove qualità di acciaio auto-passivante previste dalla norma EN10025-5:2019 Dennis RADEMACHER | ArcelorMittal Steligence Luxembourg Riccardo ZANON* | ArcelorMittal R&D Luxembourg

Weathering steel is a well-established solution which, under appropriate conditions, allows for economic, sustainable and maintenancefree steel solutions. The new European standard enlarges the range of available steel grades, in particular allowing the use of highstrength steel (S460). This contribution will enlighten the main novelties introduced by the latest version of the standard. L’acciaio auto-passivante (detto impropriamente anche CORTEN) é ormai entrato nella prassi della costruzione metallica e permette, utilizzato in condizioni adeguate, di risolvere in maniera sostenibile, economica e definitiva il problema della corrosione atmosferica. La nuova edizione (2019) della norma europea di prodotto prevede un’estensione delle qualità disponibili, in particolare introducendo l’uso di acciaio alto-resistenziale (S460). Questo articolo ripercorre le novità principali introdotte nell'ultima versione.

Introduction After its development in the 1920s originally for railway wagons, weathering steel has also been established worldwide for many decades for the use in bridge construction and other steel structures, as well as a facade material and for sculptures [1]. In Europe, weathering grades are present in the harmonised standard product EN 10025-5 [2]. In the meantime, there are many individual licensed brand names for weathering steel from the various steel manufacturers, such as CORTEN®, SSAB Weathering® [11], Arcorox®, Indaten® [9] or DIWETEN®[10]. Some of the available steels also differ slightly from the defined grades of EN 10025-5, in terms of chemical composition, mechanical properties or delivery condition. Plates of weathering steel in grade S355 are available from stock in various thicknesses, while the newly introduced weathering steel in grade S460 is currently being produced to order. For long products, the industrial production of rolled sections in weathering grades began in Europe in the 1970s. Nowadays, most of the section range according to EN 10365 is available in S355W and S460W. The principle of weathering steel is known from several months up to two-three years: thanks to its specific chemical composition, steel forms in the first period of weather exposure (estimated from some months up to two years) a natural, tightly adherent, protective oxide layer (patina), which under normal weather condition remains attached to the base material (figure 1). This patina strongly reduces further oxidation of the base material and thus makes the *Corresponding author. Email: [email protected]

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application of any corrosion protection system superfluous. This phenomenon may be prevented by particular weather condition (e.g. marine salty environment, steadily wet environment, etc.). For correct application of weathering steel in bridges, a good review is given in [1].

Material specification In Europe, weathering steel plates and rolled sections are produced in accordance with European Standard EN 10025-5 and this should be used to specify the appropriate grades of weathering steel for use in bridges. Currently (2021) there is no published European Standard for structural hollow section made of weathering steel, so other references (for example, BS 7668 [8] in the United Kingdom) have to be used. Weathering steel gains its corrosion resistance from alloying elements, main components being usually copper, chromium, nickel, molybdenum and silicon. The total content of such alloys is between 1% and 3%. EN 10025-5 also includes some grades with a comparatively high percentage (0,06 to 0,15%) of phosphorus. But these increased phosphorus steels have a limited toughness and are difficult to weld, therefore are not recommend for heavy duty load bearing structure [1]. There are four general grades in EN 10025-5:2019: beside the grades S235 and S355 already available in the previous 2004 version, there are now grades S420 and S460 (figure 2). The reduction of minimum yield strength with increasing thickness is the same as

Fig. 1 | Formation of protective patina on weathering steel samples during weather exposure

Fig. 2 | Evolution of EN10025-5 from 2004 to 2019 in term of high-strength steel

that for non-alloyed steel according to EN 10025-2 [4], so the same design rules for strength apply. There are up to five sub-grades related to impact toughness: J0, J2, K2, J4 and J5. These indicate, respectively, impact values of 27 Joules at 0°C, 27 Joules at -20°C, 40 Joules at -20°C, 27 Joules at -40°C and 27 Joules at -50°C. In bridge construction, a minimum subgrade of J2 for impact toughness is required for steel thicknesses t ≤ 30 mm. For thicknesses t > 30 mm a minimum of K2 is recommended, while J2 may also be allowed, if no national standards contradict or the maximum thickness according to EN

1993-1-10 [7] is not exceeded. The designation is then completed with the letter “W” to indicate that the steel has improved atmospheric corrosion resistance. For the higher phosphorus steels the letter “P” is also added. Finally, the symbol for the delivery condition is added with +AR for as rolled, +N to indicate normalised rolling or +M for thermomechanical rolling. An example of the new correct designation of a weathering steel grade is therefore: “S355J2W+M according EN 10025-5”. In versions prior to 2019, EN 10025-5 specified weathering steels | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 73

Fig. 3 | Extract of EN 10025-5, Table 1: Product forms for the different steel grades with improved atmospheric corrosion resistance depending on their thickness

Fig.4 | (Left) Weathering steel girders at the erection of the composite bridge in Wirkowice (Poland) with a light orange-brown oxide layer after short exposure for several weeks; (right) after completion with an orange-brown oxide layer after exposure for six months

whose characteristics other than chemistry were very close to conventional steels of EN 10025-2. Eurocode 3 in its 2005 version therefore treated steels from EN 10025 parts -2 and 5 in the same way. However, there are now some differences other than chemistry between the weathering steels defined in EN 10025-5 [2] and the fine grain structural steels specified in parts EN 10025-3 [5] and EN10025-4 [7], especially with regard to sub-grades. Table 1 shows

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the relationship between the grades and qualities of structural steels amongst the different parts. This correspondence shall be considered for the verification of the toughness in function of the material thickness according EN1993-1-10 [7].

Table 1| Correspondence between the characteristics of weathering steels according to EN 10025-5:2019 [2] and conventional steels according to EN 10025-2/-3/-4:2019 [4][5][6] Structural steels Standard

EN 10025-2

EN 10025-3

EN 10025-4

Grade, quality and delivery condition S235J2 +N/+M* S355J2 +N/+M* S355K2 +N/+M* S460J2 +N/+M* S460K2 +N/+M* S355N S355NL S420N S420NL S460N S460NL S355M S355ML S420M S420ML S460M S460ML

Weathering steels Standard

Grade, quality and delivery condition

EN 10025-5

S235J2W +N/+M S355J2W +N/+M S355K2W +N/+M S460J2W +N/+M S460K2W +N/+M S355K2W +N S355J5**W +N S420K2W +N S420J5**W +N S460K2W +N S460J5**W +N S355K2W +M S355J5**W +M S420K2W +M S420J5**W +M S460K2W +M S460J5**W +M

Additional requirements

- Guaranteed fine grain*** - Impact test on longitudinal specimens taken in quarter thickness **** - Guaranteed fine grain*** - Impact test on longitudinal specimens taken in quarter thickness ****

* Delivery condition +M (thermomechanical) is not defined for plates in EN 10025-2:2019. ** J5 quality is not defined for long products in EN 10025-5:2019. *** Producer’s guarantee in accordance with Section 3.3 of EN 10025-3:2019 for steels in the normalized/normalizing rolled condition and Section 3.2 of EN 10025-4:2019 for thermomechanical steels. This guarantee must be indicated on the test document. **** This impact test (impact bending) is performed in addition to the one specified in EN 10025:2019 and only for flat products of thickness ≥ 40mm. The test method is that defined in Section 10.2.2. of EN 10025-5:2019.

First bridges in Europe using High-strength weathe- high strength heavy plates in weathering steel grade S460K2W+M were used for the welded main girders for the first time (figure 5). ring steel Designers and contractors have immediately found great interest in the use of the high-strength steel. In particular for infrastructure work, the first shipments started factually just after the formal approval of the standard. The composite bridge in Wirkowice in the Lubelskie (Lublin) province of Poland on the Wieprz River, completed in early October 2020, is the first road bridge in Europe constructed with high strength grade weathering steel rolled sections (figure 4). The main girders are HEA 900 rolled sections with the new steel grade S460J2W+M. For the new Carrington Bridge in Worcester, England,

The 205metre-long steel composite bridge is a three-span structure with spans between 64 and 72 metres and crosses the River Severn. After the welded main girders were prefabricated in the fabrication shop in individual girder sections made of the higher-strength weathering steel, the assembly on the construction site was done with bolted connections at the end of 2020. For both projects, due to its higher strength compared to the originally planned weathering steel grade S355W, significant material, time and cost savings were possible. For both bridges more details are given in [1].

Fig. 5 | Erection of the Carrington Bridge in Worcester, England. | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 75

References [1]

ECCS N°143 (2021), European design guide for the use of weathering steel in bridge construction, 2nd Edition.

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EN 10025-5, (2019). Hot rolled products of structural steels - Part 5: Technical delivery conditions for structural steels with improved atmospheric corrosion resistance. Brussels: CEN European Committee for Standardization.

[3] EN 10365, (2017). Hot rolled steel channels, I and H sections - Dimensions and masses. Brussels: CEN European Committee for Standardization. [4] EN 10025-2, (2019). Hot rolled products of structural steels - Part 2: Technical delivery conditions for non-alloy structural steels. Brussels: CEN European Committee for Standardization. [5]

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[6] EN 10025-4, (2019). Hot rolled products of structural steels - Part 4: Technical delivery conditions for thermomechanical rolled weldable fine grain structural steels. Brussels: CEN European Committee for Standardization. [7]

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[8] BS 7668, (2016). Weldable structural steels. Hot finished structural hollow sections in weather resistant steels. Specification. BSI British Standards Institution.

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ten/.

[11] SSAB, SSAB Weathering - Optimized for you and low maintenance. Stockholm: SSAB. https://www.ssab.com/brands-and-products/ssab-weathering

Dennis RADEMACHER

Riccardo ZANON

Steligence Bridge Development Leader, ArcelorMittal Steligence Luxembourg. Focus on design and execution of steel and composite bridges and building structures.

Senior Research Engineer, ArcelorMittal R&D Luxembourg. Focus on design and execution of steel and composite bridges and building structures.

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INGEGNERIA

LE TECNOLOGIE UTILIZZABILI PER IL FISSAGGIO DELLE BARRIERE STRADALI DI SICUREZZA E ANTIRUMORE DIFFERENT TECHNOLOGIES FOR THE FASTENING OF ROAD SAFETY AND NOISE BARRIERS Ing. Fjordi Memaj | National Specifier Engineer Infrastructure HILTI ITALIA S.P.A Ing. Chiara Magnani | Structural Field Engineer HILTI ITALIA S.P.A

Visti i continui interventi di miglioramento ed adeguamento della rete stradale e autostradale, l’utilizzo degli ancoranti post-installati per il fissaggio delle barriere è un argomento sempre più rilevante. Nell’articolo si approfondiscono tematiche ricorrenti ed aspetti utili alla corretta progettazione del collegamento tra dispositivi di ritenuta e strutture in c.a. Questo articolo si rivolge ai professionisti coinvolti, con l’obiettivo di dare una panoramica del framework normativo, dei metodi di calcolo e dei vari fattori che influenzano la corretta progettazione degli ancoranti post-installati. Considering the continuous safety improvement and renovation works on the road and highway network, the use of post-installed anchors is becoming a more and more relevant topic for the barrier base plate fastening. Following, a deep dive on some of the most frequent and useful topics related to the structural design for fastening of the safety and noise barrier base plate on the concrete structure. This article is addressed to the professionals involved in the design process, with the aim to provide a general overview of the code framework, calculation methods and factors that influence the correct post-installed anchors design.

Tipologia di barriere stradali maggiormente utilizzate errori di posa che ne conseguono. Inoltre, è possibile l’utilizzo I principali sistemi di ritenuta stradale sono generalmente scelti, tenendo in considerazione molteplici elementi che determinano la tipologia di barriera più idonea. Infatti, a seconda della loro destinazione ed ubicazione si distinguono in: - barriere da spartitraffico; - barriere bordo strada, in rilevato o scavo; - barriere per opere d’arte, quali ponti, viadotti, sottovia, etc.; - barriere o dispositivi per punti singolari. Le barriere di sicurezza sono quindi elementi che hanno lo scopo di evitare la fuoriuscita dei veicoli dalla piattaforma o comunque di ridurne le conseguenze dannose. Oltre dunque alla valutazione ed all’omologazione del dispositivo di ritenuta più idoneo caso per caso, è opportuno porre particolare attenzione anche al collegamento tra il dispositivo di sicurezza ed il materiale base. In questo caso la scelta può ricadere su tirafondi gettati in opera o su ancoraggi post-installati. L’utilizzo di ancoraggi post-installati, in particolare l’utilizzo di resine strutturali per ancoraggio delle barriere agli elementi strutturali in c.a., è ampiamente diffuso poiché evita le lavorazioni tipiche della preinstallazione del tirafondo e l’elevato rischio di

anche su materiali base preesistenti. La flessibilità delle resine strutturali e le elevate prestazioni che garantiscono, permettono dimensionamenti ed usi specifici. Le resine chimiche ad uso strutturale sono classificate come tali solo se adeguatamente qualificate per l’applicazione di riferimento e conseguentemente possono essere progettate secondo il corretto metodo di calcolo. Sia che si tratti di resine epossidiche a lento indurimento (tipo Hilti RE500v4), sia che si tratti di resine vinilestere a rapido indurimento (tipo Hilti HY200-A), l’iter di qualifica dell’ancorante postinstallato per un’applicazione prevede specifici test e valutazioni del prodotto, utili a permettere un dimensionamento conforme alle normative vigenti.

Normative e linee guida di riferimento per il dimensionamento degli ancoraggi Le resine chimiche ad iniezione usate per l’ancoraggio delle barriere al cordolo di fondazione, si possono considerare al confine tra il prodotto barriera e l’elemento strutturale dell’opera. Il framework normativo che segue il prodotto barriera nel suo complesso in termini di qualifica, marcatura e dimensionamento non è oggetto | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 77

di questa trattazione. Nella descrizione di cui sotto l’ancorante è inteso come il collegamento di due elementi strutturali, ossia l’elemento che permette l’ancoraggio della piastra di base in acciaio al cordolo di calcestruzzo dell’opera d’arte. Secondo le NTC2018 par. 11.1, tutti i materiali ed i prodotti ad uso strutturale devono essere obbligatoriamente qualificati. Poiché non esiste una norma EUROPEA armonizzata per sistemi di ancoraggio, essi ricadono nel punto C) del paragrafo 11.1 delle NTC2018, dunque per la qualifica degli stessi è assolutamente necessaria una certificazione ETA o un certificato di idoneità tecnica. L’ETA (European Technical Assessment) di un ancorante per uso strutturale deve, quindi, sottostare a definite linee guida (EAD) rilasciate dall’EOTA a livello europeo, che regolamentano la procedura e i test che un prodotto deve superare per ottenere una specifica certificazione. Solo i prodotti idoneamente qualificati possono essere calcolati e dimensionati come da normativa vigente sul tema, ossia secondo l’Eurocodice 2-4 (che dal 2018 ha superato le linee guida ETAG001 richiamate dalle NTC2018). Uno schema riassuntivo di quanto precedentemente indicato è riportato in figura 1. L’iter di qualifica e progettuale chiarito precedentemente è ovviamente il medesimo per tutti gli ancoranti post-installati sia meccanici che chimici; di conseguenza, il progettista è tenuto a prescrivere prodotti conformi secondo gli obblighi del DLgs 16 giugno 2017 n. 106 sul regolamento dei prodotti da costruzione. Secondo lo stesso decreto legislativo anche il Costruttore e il Direttore Lavori dovranno assicurarsi di utilizzare ed accettare prodotti che rispettino quanto definito.

Carichi ai quali le barriere sono sottoposte per il dimensionamento degli ancoraggi A seconda della tipologia di barriera di sicurezza utilizzata si avranno carichi differenti ai quali essa può essere sottoposta, carchi per i quali sarà stata opportunamente scelta, dimensionata ed omologata.

Fig. 1| Iter normativo di riferimento per ancoranti post-installati

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Conseguentemente, le azioni che essa può trasferire al materiale base (ad esempio un cordolo in c.a.), possono variare caso per caso, in funzione della barriera adottata. Le barriere di sicurezza metalliche bordo strada o bordo ponte, o le barriere prefabbricate tipo new-jersey, possono essere sottoposte, durante la loro vita utile, a carichi eccezionali da urto che devono trasferire al c.a. di base tramite il sistema di collegamento previsto. Le barriere fonoassorbenti sono, invece, soggette per la maggior parte della loro vita utile ad azioni dinamiche date dal vento, per cui a loro volta trasferiscono le azioni del vento al materiale base tramite il nodo di collegamento. Le barriere acustiche integrate, utilizzate sia come dispositivi di sicurezza, sia come protezione acustica, possono trasferire al sistema di connessione alla base sia forze di urto che forze date dall’azione del vento. Le forze trasmesse dalla barriera sul cordolo bordo ponte o lato carreggiata stradale, sono generalmente valutate secondo diversi criteri; la definizione delle condizioni e delle combinazioni di carico sono ovviamente conseguenti alla progettazione della barriera stessa. Normalmente, il momento e il taglio trasmessi generano sollecitazioni importanti nel gruppo di ancoranti e quindi la richiesta di capacità resistente dell’ancoraggio è molto elevata. È quindi importante utilizzare, come prodotti di ancoraggio strutturale, sempre prodotti idonei e certificati, che consentano di ottenere alti livelli di prestazioni e che possano essere dimensionati secondo idonei metodi di calcolo. La progettazione di un ancorante strutturale, infatti, prevede diverse verifiche che riguardano la resistenza dell’ancorante e del materiale base (otto tipologie di rottura), il quale può essere spesso soggetto a maggiore criticità. Nel prossimo paragrafo vedremo più in dettaglio quali sono le principali verifiche da condurre per il dimensionamento di ancoraggi post-installati. La tipologia di ancoranti maggiormente adottata per il collegamento della piastra base di una barriera al cordolo in c.a.,

è il tirafondo ancorato chimicamente, poiché molto flessibile per quanto riguarda la profondità di infissione, interasse e distanze dal bordo e con capacità portante comparabile ai tirafondi preinstallati.

Verifiche e tipologie di rottura degli ancoraggi Il dimensionamento degli ancoranti delle barriere è particolarmente importante nei casi in cui le condizioni al contorno siano diverse dalle condizioni previste nell’omologazione della stessa, ossia quando siano diverse dalle configurazioni del crash test (ad esempio variazione della qualità del calcestruzzo, larghezza cordolo, altezza cordolo etc.). Le verifiche da condurre per gli ancoranti post-installati sono le verifiche a trazione e taglio normate dall’Eurocodice UNI EN 1992-4, verifiche che riguardano sia la rottura dell’ancorante, sia le rotture del materiale base che accoglie l’ancorante. In particolare, delle otto tipologie di rottura per le quali la UNI EN 1992-4 richiede le verifiche, tre riguardano la rottura dell’acciaio a taglio e trazione, mentre le restanti considerano la rottura del c.a. di base. In figura 2 sono rappresentate le otto principali tipologie di rottura a taglio e trazione a cui può essere tipicamente sottoposto un ancorante post-installato. Le tipologie di rottura a taglio, trazione o taglio-flessione dell’acciaio, riguardano la rottura della barra scelta. La resistenza data dalla barra metallica scelta, dipende quindi dalla classe dell’acciaio, dal suo diametro e dalla natura dei carichi. Particolare attenzione va posta alla scelta della tipologia di barra ed al diametro; all’interno della certificazione sono sempre riportate informazioni dettagliate su quali diametri e classi di acciaio possano essere accoppiate ad una resina strutturale, in funzione della categoria di carico (statico, sismico). Le altre tre tipologie di rottura a trazione, riguardano il calcestruzzo, ossia il materiale base di connessione ed anche l’aderenza del prodotto.

La rottura per estrazione della barra (pull-out), per gli ancoranti chimici si manifesta con lo sfilamento dell’ancoraggio accompagnato da un cono superficiale di calcestruzzo (rottura combinata conica-sfilamento). Questa tipologia di rottura è, quindi, strettamente legata alla classe di calcestruzzo, al suo stato di fessurazione, alle prestazioni del prodotto ed alla qualità di installazione: ad esempio l’assenza di pulizia del foro per gli ancoranti chimici aumenta del 70% la rottura per estrazione. La rottura conica del calcestruzzo si verifica quando si ha l’estrazione dell’ancorante insieme al cono di calcestruzzo che lo circonda e dipende principalmente dalla classe del calcestruzzo e dalla vicinanza con cui l’ancorante è installato rispetto ai bordi o ad altri ancoranti. Per migliorare la resistenza alla rottura conica del calcestruzzo, si consiglia quindi sempre di distanziare gli ancoranti il più possibile e di ridurne il numero (minore interferenza), aumentando la distanza dai bordi e la profondità di ancoraggio. La rottura per fessurazione (splitting), che approfondiremo più in dettaglio di seguito, è considerata solo per calcestruzzo non fessurato quando si hanno distanze dal bordo limitate e spessori dell’elemento in calcestruzzo ridotte. Vedremo nelle prossime pagine quali fattori condizionano questa tipologia di rottura e quali possono essere le soluzioni per migliorarne la verifica. Le ultime due tipologie di rotture a taglio riguardano ancora la rottura del materiale base, ossia del calcestruzzo a cui andiamo a collegare la piastra metallica della barriera. La rottura di bordo si verifica tipicamente quando si hanno distanze dal bordo ridotte ed azioni di taglio elevate, a partire dall’asse di installazione dell’ancorante. Questa rottura dipende anch’essa dalla classe del calcestruzzo, oltre che certamente dalla distanza dal bordo e dall’interferenza tra ancoranti. La rottura per scalzamento (pry-out) si verifica tipicamente per ancoraggi. Anche in questo caso, la capacità resistente per pryout dipende dalla classe del calcestruzzo, dalla profondità di posa degli ancoranti e dall’eventuale effetto di gruppo.

Fig. 2: Tipologie principali di rottura in ancoranti post-installati | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 79

Fig. 3 | Immagini rappresentative delle tipologie di rottura

In figura 3 sono presentate alcune immagini rappresentative delle rotture analizzate. In elementi sottili o stretti, come possono essere cordoli bordo ponte, o solette in c.a. con spessori ridotti oppure aventi classi di calcestruzzo ridotte, le verifiche del bordo a taglio e la rottura conica del calcestruzzo sono tipicamente le più critiche.

L’effetto della flessibilità della piastra nella distribuzione delle sollecitazioni al gruppo di ancoranti Un importante tema da prendere in considerazione riguarda la flessibilità della piastra di base e l’effetto che essa può avere nella distribuzione del carico sugli ancoranti. Di seguito cerchiamo di fare chiarezza su questo punto. Si parte sempre dalla normativa di riferimento per l’ancoraggio di piastre base su calcestruzzo che è l’ormai ben consolidato Eurocodice EN 1992-4. Questo Eurocodice afferma (§6.1) che, in generale si può applicare la teoria elastica per determinare la distribuzione delle forze nei singoli ancoranti. Per il calcolo delle trazioni nei singoli ancoranti, l’assunzione principale di questa teoria è che la piastra rimanga piana sotto lo sforzo applicato. In genere ci si riferisce ad una piastra “sufficientemente rigida”. Secondo l’Eurocodice questa assunzione si considera valida quando la piastra rimane in campo elastico e quando le deformazioni della stessa sono trascurabili rispetto agli spostamenti degli ancoranti. Il passaggio delicato è proprio questo. Se da una parte, nella pratica progettuale, ad oggi tendenzialmente si procede con l’ipotesi di piastra rigida, dall’altra il comportamento reale della piastra non sempre coincide con quanto assunto. Questo può avere delle conseguenze molto importanti per quanto riguarda le forze che effettivamente vanno a gravare sugli ancoranti. A titolo illustrativo, nella figura 4 mostriamo il confronto di una piastra senza deformazioni (rigida) e una con ampie deformazioni

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(non-rigida). Come si può notare, un comportamento flessibile della piastra comporta la nascita di effetti di secondo ordine ossia delle forze di leva “prying”, che vengono equilibrate da un incremento locale della trazione nell’ancorante. Effetti simili si possono osservare anche nel caso di una piastra soggetta ad un momento flettente come illustrato nella figura 5. Alla luce di quanto sopra, si può affermare che assumere una piastra rigida e non assicurarsi che essa si comporti effettivamente come tale, potrebbe portare a considerare nelle verifiche, sollecitazioni molto più basse rispetto a quelle a cui è effettivamente sottoposto l’ancorante.

Fig. 4 | Confronto di piastra senza deformazioni (rigida) e uno con ampie deformazioni (non-rigida) soggette ad una forza di trazione

Fig. 5 | Confronto di piastra senza deformazioni (rigida) e uno con ampie deformazioni (non-rigida) soggette ad un momento flettente

Fig. 6 | Configurazione tipica di una piastra per barriere bordo ponte presa in esame

Fig. 7 | Confronto tra modello di una piastra infinitamente rigida (sx) con un modello avanzato di comportamento flessibile realistico (dx). | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 81

Volendo quantificare, per un caso tipico, la variazione in percentuale delle forze reali da quelle che derivano da un’assunzione di piastra rigida, si faccia riferimento all’esempio riportato nella figura 6. Il caso in esame è una tipica configurazione di un ancoraggio post-installato di barriere bordo ponte. La piastra di dimensioni 350x400 mm e di spessore 20 mm è ancorata con quattro barre M20 distanziate rispettivamente 200 e 240 mm. Il posizionamento è su di un cordolo in cls largo 50 cm e profondo 50 cm. Il montante è saldato sulla piastra ed il taglio di progetto di 35 kN è applicato nella direzione del bordo. Il momento flettente è di 35 kNm come mostrato in figura 6. Per quantificare la variazione percentuale delle forze nei quattro ancoranti si mettono a confronto due modelli. Nella figura 7, il modello a sinistra si riferisce al caso ideale di una piastra infinitamente rigida, quello a destra ad una modellazione avanzata di piastra flessibile con comportamento realistico. Il risultato a confronto è che gli ancoranti in trazione nr. 1 e nr. 3 passano da 61 kN a 90,1 kN con una variazione percentuale del 48% per ogni ancorante. Questo esempio consente di evidenziare le conseguenze che potrebbe avere una progettazione che ha alla base l’assunzione di una piastra rigida e non si assicura poi che lo sia effettivamente. La rigidezza dipende sicuramente da tantissimi fattori che possono essere: le dimensioni, lo spessore, il diametro, il tipo e la posizione degli ancoranti, la dimensione e il tipo di profilo, etc.

Ogni piccola variazione di questi parametri ha un effetto nella sollecitazione degli ancoranti. È compito del progettista assicurarsi della effettiva rigidezza della piastra. Valutazioni di questo tipo si possono fare con l’aiuto di software che adottano modelli avanzati non-lineari. Il confronto del caso in esame è stato fatto con l’ausilio del software Hilti PROFIS Engineering sulla base di un’analisi CBFEM (Component-Base Finite Elementi Model).

I fattori principali che influenzano la resistenza dell’ancorante post installato Per quanto riguarda le rotture lato calcestruzzo che tipicamente sono quelle più sfidanti per le barriere fonoassorbenti e di sicurezza, la fessurazione del calcestruzzo è uno dei fattori che influenza di più. Infatti, la possibilità che la fessura intercetti l’ancorante è molto alta. Questo perché la presenza del foro riduce la sezione resistente del calcestruzzo e perché l’ancorante crea tensioni locali in aggiunta a quelle del materiale base. Vediamo l’influenza che ha l’ipotesi di considerare il calcestruzzo fessurato oppure non fessurato nelle verifiche secondo UNI EN 1992-4. La resistenza combinata a sfilamento e conica (v. §7.2.1.6) è funzione della tensione di aderenza caratteristica τ Rk. Questo valore è diverso nel caso il di calcestruzzo fessurato τ Rk,cr rispetto a quello

Fig. 8 | Extract ETA-20-0415 della resina epossidica Hilti RE500v4

Fig. 9 | Confronto schematico della distribuzione delle tensioni in calcestruzzo non fessurato (sx) con un calcestruzzo fessurato (dx)

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Fig. 10 | Rappresentazione schematica della forza di splitting del calcestruzzo

non fessurato τ Rk,ucr e dipende dalla resina chimica utilizzata. Infatti, il suo valore è riportato nella specifica tecnica europea del relativo prodotto (ETA). Per avere un’idea della variazione della tensione di aderenza nei due casi, possiamo prendere come riferimento i valori riportati nell’ETA-20-0541 della resina epossidica Hilti RE500 V4. Come si può notare nella figura 8, la variazione della τ di aderenza può superare il 50%. Questa variazione così importante è dovuta proprio al processo di qualifica della resina secondo il relativo protocollo EAD-330499-01-0601. Per il calcestruzzo fessurato l’EAD prevede test molto più impegnativi: non solo test di riferimento con fessure da 0,3 mm che attraversano l’ancorante nel provino, ma anche test con fessurazione ciclica del provino. La rottura del cono di calcestruzzo dipende fortemente dalla

fessurazione, infatti, la riduzione della capacità è dovuta alla diversa distribuzione delle tensioni nel caso della presenza delle fessure come mostrato schematicamente nella figura 9. Nella formulazione secondo l’Eurocodice (v. §7.2.1.4) questo effetto, viene tenuto in conto introducendo un coefficiente k1 con valore indicativo di 7,7 nel caso di calcestruzzo fessurato e 11 nel caso di calcestruzzo non fessurato. Questo vuol dire che in condizioni al contorno ideali, la capacità nel caso di rottura conica per il calcestruzzo fessurato è mediamente il 70% della capacità del calcestruzzo non fessurato. Anche la rottura per splitting del calcestruzzo, come visto precedentemente, dipende dalla fessurazione essendo essa legata alle rotture di cui sopra. Per gli stessi motivi, anche le rotture a taglio per pry-out e quella di bordo dipendono in modo significativo

Fig. 11 | Disposizione delle armature supplementari secondo l’Eurocodice | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 83

Fig. 12: Esempio di barriera; Verifiche senza le armature supplementari

dalla fessurazione del calcestruzzo. Secondo l’Eurocodice (v. §4.5), la specifica di progetto dovrebbe sempre contenere l’indicazione per cui il calcestruzzo è stato assunto fessurato oppure non fessurato. Nel caso di ipotesi di calcestruzzo non fessurato, questa si dovrebbe dimostrare con una verifica dello stato tensionale in cui si trova il calcestruzzo nella zona del fissaggio (v. §4.5), tenendo conto della sollecitazione nel calcestruzzo dovuta a contenimento di deformazioni imposte intrinseche (per es. contrazione del calcestruzzo) oppure a deformazioni imposte estrinseche (per es. dovute allo spostamento del supporto o a variazioni di temperatura). Oltre a ciò si deve tenere conto anche delle tensioni dovute alle sollecitazioni nel calcestruzzo indotte da carichi esterni compresi carichi dei fissaggi. È responsabilità del progettista considerare il calcestruzzo fessurato oppure no, in funzione del caso specifico che si sta affrontando. L’assunzione di calcestruzzo fessurato è sicuramente a favore di sicurezza. Come discusso precedentemente questa ipotesi è molto impegnativa per le verifiche lato calcestruzzo, ma allo stesso tempo permette di “attivare” l’effetto positivo che possono avere le armature supplementari già predisposte all’interno del cordolo oppure in generale nell’elemento in calcestruzzo. Riprendendo per esempio il caso di rottura per splitting del calcestruzzo dovuto ai carichi, nel caso in cui si predispone di armatura sufficiente per resistere alle forze di splitting e limitare l’ampiezza delle fessure a 0,3 mm, non sono necessarie ulteriori verifiche (v. §7.2.1.7). La forza di splitting è rappresentata in modo

schematico nella figura 10. Come già riportato precedentemente, in questo caso le verifiche per la rottura conica e quella a sfilamento devono essere effettuate nell’ipotesi che il calcestruzzo sia fessurato. Anche altre rotture tipicamente sfidanti nel caso delle barriere, come la rottura di bordo e quella conica, potrebbero essere verificate considerando l’effetto di “cucitura” di armature supplementari. Il posizionamento di queste armature deve essere fatto ad hoc con regole specifiche, così come dettagliate nel relativo paragrafo dell’Eurocodice (v. §7.2.1.2 e §7.2.2.2) e come rappresentato schematicamente nella figura 11. Quando ci si affida alle armature supplementari per la verifica conica e quella di bordo, queste ultime vengono sostituite da altre verifiche riguardanti le armature e il loro ancoraggio. Per contestualizzare quanto sopra riprendiamo l’esempio di barriera studiato precedentemente. Nella figura 12 vengono riportati i risultati nel caso in cui per la verifica conica (break-out) e per quella di bordo (edge break-out) non si consideri l’effetto di armature supplementari. Nella figura 13, invece, vengono riportati i risultati nel caso in cui per la verifica conica (breakout) e per quella di bordo (edge break-out) si consideri l’effetto di armature supplementari opportunamente dettagliate. Come si può notare la verifica combinata, passa da un utilizzo del 148% all’ 88%, perciò le armature supplementari riescono a contenere il cono di espulsione. Per beneficiare dell’effetto positivo

Fig. 13 | Esempio di barriera: verifiche considerando le armature supplementari opportunamente dettagliate

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Fig. 14 | Extract ETA-20-0415 della resina epossidica Hilti RE500v4

delle armature, il calcestruzzo deve essere considerato fessurato, come precedentemente discusso. Il confronto del caso in esame è stato fatto con l’ausilio del software Hilti PROFIS Engineering. Altro importante fattore, legato alla sicurezza del fissaggio postinstallato di una barriera è il coefficiente di sensibilità durante l’installazione γinst. Diversamente da quanto abituati nella progettazione di elementi strutturali standard, dove il metodo dei coefficienti parziali prevede l’abbattimento della resistenza caratteristica solo tramite il coefficiente parziale di sicurezza del materiale, nel caso di ancoranti si aggiunge anche il coefficiente γinst (v. §4.4.2.1). Esso trae origine dalla prequalifica del prodotto ed è specificato nella specifica tecnica europea del relativo prodotto (ETA). Un valore unitario del γinst significa che il prodotto è affidabile e che non c’è bisogno di abbattere ulteriormente la resistenza caratteristica. A titolo di esempio nella figura 14, vengono riportati i valori di questo coefficiente riportati nell’ETA-20-0541 della resina epossidica Hilti RE500v4. Si può notare come per perforazioni eseguite con rotopercussione (hammer drilling) e carotaggio irruvidito (diamond coring with roughening tool), il coefficiente mantenga valori unitari, evidenziando l’affidabilità di queste tipologie d’installazione.

Conclusioni

particolare interesse per i professionisti che affrontano queste tematiche. In particolare, la flessibilità della piastra, lo stato di fessurazione del calcestruzzo e la presenza di armature supplementari, possono influenzare significativamente la capacità portante. È importante che questi aspetti vengano presi in considerazione dalle parti coinvolte, per una corretta progettazione.

Riferimenti Bibliografici · UNI EN 1992-4: 2018 – Eurocodice 2 – “Progettazione delle · · · ·

strutture di calcestruzzo – Parte 4: Progettazione degli attacchi per l’utilizzo nel calcestruzzo”; D.M. delle infrastrutture e dei Trasporti 17 gennaio 2018 Norme tecniche per le costruzioni; Stahlbau, 87: 2018,Issue 12 (Reprint): Comprehensive base plate and anchor design based on realistic behavior – new design software based on realistic assumptions: Fitz, M. , Appl, J. and Geibig, O. fib bulletin 58: 2011 - Design of anchorages in concrete: guide to good practice prepared by fib special activity: Group 4 Hilti PROFIS Engineering with add-on: base plate module: https://profisengineering.hilti.com/

L’utilizzo degli ancoranti post-installati per il fissaggio delle barriere è un argomento sempre più rilevante, visti i continui interventi di miglioramento ed adeguamento nella rete stradale ed autostradale. La conoscenza del framework normativo, dei metodi di calcolo e dei vari fattori che influenzano la corretta progettazione, è di

Fjordi Memaj Fjordi Memaj consegue nel 2010 la Laurea magistrale in Ingegneria Civile-Strutture presso l’università dei studi di Roma “La Sapienza”. Dal 2010 al 2013 svolge varie attività di ingegneria strutturale presso importanti studi di progettazione di Roma, sviluppando progetti e calcoli statici di vari impianti industriali nel settore Oil & Gas. Dal 2013 al 2016 si trasferisce in Slovacchia presso il cantiere dell’impianto nucleare di Mochovce svolgendo attività di ufficio tecnico di cantiere. Dal 2016 entra nell’ organico di un’azienda leader nel settore dei sistemi e prodotti professionali per l’edilizia, nell’organico dei Field Engineer, prima in qualità di referente tecnico per le regioni del Nord-Ovest d’Italia e dal 2019 come referente le applicazioni Infrastrutturali.

Chiara Magnani Chiara Magnani consegue nel 2015 la Laurea magistrale in Ingegneria Civile-Strutture presso l’università dei studi di Padova. Dal 2015 al 2019 ha collaborato con studi di progettazione della Romagna nella progettazione di interventi strutturali su edifici esistenti e di nuova realizzazione in Italia e all’estero. Dal 2020 è entrata nell’ organico di un’azienda leader nel settore dei sistemi e prodotti professionali per l’edilizia, come Field Engineer strutturale e referente tecnico per la regione Emilia Romagna.

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PILLOLE DI CORROSIONE

Impiego degli acciai con migliorata resistenza alla corrosione atmosferica (Cor-Ten) per strutture in acciaio Use of weather resistant steels (Cor-Ten) for steel structures M. Gastaldia*, M. Carsanaa, F. Lollinia, E. Redaellia, A. Brennab, F. Bolzonib Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” Politecnico di Milano a Laboratorio Materiali Cementizi e Durabilità - mCD (http://mcd.chem.polimi.it) b Laboratorio di Corrosione dei Materiali “Pietro Pedeferri” Gli acciai con migliorata resistenza alla corrosione atmosferica, o patinabili o Cor-Ten, sono acciai strutturali basso legati che garantiscono caratteristiche meccaniche analoghe a quelle dei comuni acciai al carbonio per impieghi strutturali, ma con una migliorata resistenza alla corrosione se esposti ad atmosfere a bassa aggressività (rurali, urbane e industriali poco aggressive) e a cicli di asciutto/ bagnato. Questa caratteristica è associata alla formazione, nel tempo, di una patina protettiva, uno strato di prodotti di corrosione denso e aderente, sulla superficie dell'acciaio che ne riduce il consumo, indotto dalla corrosione, a pochi micrometri all'anno. Per ottenere i vantaggi legati alla maggior vita di servizio che questi acciai possono garantire è tuttavia necessario conoscere le condizioni che portano ad ottenere la corretta formazione della patina protettiva. Il non corretto uso di questi acciai può portare a vanificare i benefici legati al loro impiego. In questo articolo inizialmente si illustra questa tipologia di acciai e, in seguito, si forniscono linee guida per un loro corretto impiego. Weathering steels, or Cor-Ten steels, are low alloy structural steels that guarantee similar mechanical characteristics compared to common carbon steels for structural uses, but with an improved resistance to corrosion when exposed to low-moderate aggressive atmospheres (rural, urban and mild industrial) and to wet/dry cycles. This characteristic is associated to the formation, over time, of a protective patina, a dense and adherent layer of corrosion products, on the steel surface that reduces its consumption, induced by corrosion, to few micrometres per year. To obtain the advantages related to the longer service life that these steels can guarantee, however, it is necessary to know the conditions that lead to the correct protective patina formation. The incorrect use of these steels can lead to make null the benefits associated with their use. In this paper, initially this type of steels is described and, afterwards, guidelines for their correct use are provided.

1. INTRODUZIONE Gli acciai con migliorata resistenza alla corrosione atmosferica sono acciai strutturali con una migliore resistenza alla corrosione in atmosfera rispetto ai comuni acciai per impieghi strutturali, ottenuta tramite aggiunta di elementi di lega in bassi tenori. Questi acciai sono chiamati anche acciai patinabili o, in inglese, weathering steel (weather resistant steel) e sono commercialmente noti come acciai Cor-Ten (Cor = corrosion resistance, che identifica la loro caratteristica di resistenza a corrosione; Ten = Tensile strength, che evidenzia le loro buone caratteristiche meccaniche). Fanno parte degli acciai basso legati; in questi acciai il contenuto di carbonio (C) è inferiore a 0,2% in massa e sono aggiunti altri elementi di lega quali rame (Cu), cromo (Cr), nichel (Ni) e fosforo (P) in tenore totale inferiore al 3-5% in massa [1-3]. Le “Norme tecniche per le costruzioni” [4] ne prevedono l’impiego per la realizzazione di strutture metalliche e specificano che *Corresponding author. Email: [email protected]

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devono essere conformi agli acciai riportati nella norma armonizzata EN 10025-5 [5]. La tabella 1 riporta gli acciai previsti in questa norma e la loro composizione chimica. La norma prevede acciai di tipo S235, S355, S420 e S460 (come i comuni acciai per impieghi strutturali). La presenza della lettera W nella designazione indica che sono acciai patinabili (Weathering). Del tipo S355 è presente anche una variante con un maggiore contenuto di fosforo (in cui è aggiunta alla designazione la lettera P; chiamati Cor-Ten A negli Stati Uniti d’America), che può essere impiegato solo in spessori nominali inferiori a 40 mm (la maggiore presenza di fosforo comporta problemi di infragilimento quando vengono saldati elementi con spessore superiore a 40 mm [1]). Questi acciai presentano caratteristiche di resistenza meccanica analoghe rispetto ai comuni acciai al carbonio per impieghi strutturali. La caratteristica connessa alla migliorata resistenza alla corrosione atmosferica è dovuta alla presenza degli

Tab. 1 | Composizione chimica degli acciai con migliorata resistenza alla corrosione atmosferica previsti nella norma EN 10025-5 [5]. (CEV = contenuto di carbonio equivalente)

elementi di lega che portano alla formazione, in atmosfere con bassa o moderata aggressività (classi di corrosività C2 o C3, definite in tabella 2), di uno strato di ossidi (prodotti di corrosione) compatto e ben aderente che rallenta la velocità di corrosione dell’acciaio sottostante (figura 1), per cui non risulta necessario l’impiego di rivestimenti protettivi. Il criterio che in genere si considera per l’uso di questi acciai non verniciati nelle costruzioni è che la velocità di corrosione sia minore di 5-6 µm/anno per 50-100 anni di esposizione [3,6].

Fig. 1 | Confronto tra la corrosione in atmosfera industriale (Kearny, USA) nel tempo di un acciaio Cor-Ten (Cor-Ten B, con basso contenuto di fosforo), di un acciaio al rame e di un comune acciaio al carbonio per impieghi strutturali [3].

Questo strato di ossidi viene indicato con il nome di patina [7] e, quando si forma correttamente, presenta una colorazione bruna, apprezzata, in genere, anche da un punto di vista estetico. La patina protettiva si può sviluppare solo se gli elementi sono esposti a cicli di bagnatura e asciugatura, nei quali l’asciugatura è di fondamentale importanza [8]. Le condizioni ideali sono quelle in cui gli elementi sono esposti all’azione di lavaggio dell’acqua piovana, senza punti di ristagno dell’acqua, e si ha una veloce asciugatura (ad esempio grazie all’esposizione al sole). Per la formazione della patina possono essere necessari alcuni mesi o anni, in funzione delle condizioni di esposizione [3].

Fig. 2 | Perdita di spessore nel tempo per un acciaio Cor-Ten (ASTM A-242) esposto in differenti atmosfere (rurale, industriale e marina) [3]. | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 87

Tab. 2 | Classi di corrosività atmosferica ed esempi di ambienti tipici [14]

La patina non si forma nel terreno, in acqua, negli ambienti che presentano prolungata esposizione in condizioni umide (ad esempio, nelle zone schermate umide, nelle zone in prossimità al terreno, etc.) e in ambienti che presentano inquinanti, in particolare cloruri e anidride solforosa (figura 2). In queste condizioni se si intende utilizzare un acciaio Cor-Ten, è necessario proteggerlo con verniciatura. Uno dei casi più celebri di insuccesso degli acciai Cor-Ten è l’Aloha Stadium di Halawa (isole Hawaii). Lo stadio fu realizzato, con acciai patinabili, nel 1975 ad un costo di 37 milioni di dollari. Già dopo pochi anni lo stadio cominciò a manifestare problemi di corrosione degli elementi in Cor-Ten non rivestiti, a causa dell’elevata presenza di cloruri. Tra il 1989 al 1995 furono spesi 88 milioni di dollari per la riparazione e la manutenzione; nel 2008-09, furono spesi altri 60 milioni di dollari circa e ad oggi sono previsti interventi per altri 30 milioni di dollari [9-11]

2. CONDIZIONI D’IMPIEGO Per un corretto impiego degli acciai Cor-Ten è, innanzitutto, di fondamentale importanza la definizione della classe di corrosività atmosferica [12]. In base alla norma ISO 9223 [13] sono definite sei classi di corrosività atmosferica (riportate anche nella norma EN ISO 12944-2 [14]): - C1 molto bassa; - C2 bassa; - C3 media;

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- C4 alta; - C5 molto alta; - CX estrema. In tabella 2 sono riportate le classi di corrosività atmosferica, con indicati anche esempi di ambienti tipici [14]. La classe di corrosività è definita in base alla perdita di massa o di spessore subita da provette di acciaio al carbonio (o di zinco) dopo il primo anno di esposizione nell’ambiente considerato. Pertanto per una corretta definizione della classe di corrosività sarebbe necessario essere in possesso di dati ottenuti dall’analisi dei risultati di provette di riferimento esposte nell’ambiente in cui sarà realizzata l’opera (figura 3). In assenza di questi dati la classe di corrosività può essere stimata considerando gli esempi di ambienti tipici riportati in tabella 2 e considerando l’umidità atmosferica, la concentrazione di anidride solforosa (SO2) e di cloruri (Cl-) della zona di utilizzo (valori medi annui). Tuttavia si deve sottolineare che in questo caso la corrosività è solo stimata e una corretta classificazione potrà essere conseguita solo mediante le misurazioni della perdita di massa o di spessore. L’impiego di un acciaio patinabile non rivestito si può considerare in ambienti con classi di corrosività C2 o C3 (non si considera la classe C1 per cui è possibile l’impiego anche del comune acciaio al carbonio), in cui la presenza di inquinanti, principalmente cloruri o anidride solforosa, risulta modesta (figura 2). I tenori soglia per questi inquinanti, che in genere si considerano per l’utilizzo di acciai Cor-Ten non protetti con verniciatura, sono di

Fig. 3 | Provette per la determinazione della classe di corrosività atmosferica posizionate nella piattabanda inferiore di una trave di ponte (Moore Drive Bridge; foto da rapporto della Federal Highway Administration (FHWA), Publication Number: FHWA-HRT-11-062, novembre 2011).

Fig. 4 | Distribuzione degli spessori di prodotti di corrosione, dopo 13 anni di vita di servizio, su travi in Cor-Ten di un ponte esposto in atmosfera a 2 km dalla foce di un fiume (in ordinata è riportata la resistenza dello strato di ruggine, questa aumenta all’aumentare delle caratteristiche protettive della patina) [1].

circa 20 mg SO2/m2xgiorno e di 3 mg Cl-/m2xgiorno [3]. Tuttavia, anche in questi ambienti, è di fondamentale importanza valutare le condizioni microclimatiche, cioè le specifiche condizioni presenti in diversi punti della struttura. Infatti, in una struttura possono essere presenti zone più asciutte, zone più umide e zone in cui è favorita la presenza di inquinanti; pertanto in alcuni punti si può avere una non corretta formazione della patina protettiva e, quindi, una maggiore corrosione degli acciai Cor-Ten. Come indicato in precedenza, per avere la corretta formazione del film protettivo è necessario che gli elementi siano esposti a cicli di asciutto/bagnato. Anche solo nel caso in cui sull’elemento le condizioni di bagnato persistano per un tempo lungo, la corretta formazione della patina è compromessa. Ad esempio, se si considerano le travi di ponti, vi sono parti che sono in zone più protette (quelle verso l’interno e ben riparate dalla soletta) e parti che sono più esposte alla pioggia (quelle verso l’esterno). Inoltre nelle piattebande inferiori possono accumularsi polveri (che favoriscono la presenza di condizioni di umidità prolungate nel tempo) e inquinanti. La figura 4 mostra i risultati di misure effettuate per valutare le prestazioni delle travi in CorTen di un ponte dopo 13 anni di vita di servizio, posto a 2 km dalla foce di un fiume. Le parti indicate con le lettere D, E, A e H risultano ancora ricoperte da un sottile strato di ruggine (a causa della bassa umidità presente in questi punti). Le parti più esposte all’azione dilavante della pioggia, in posizione B e G, presentano sulla superficie la patina protettiva. Le parti verso l’interno delle piattebande inferiori, in posizione C e F, presentano uno strato di ossidi che non è protettivo e che è superiore a quello rilevato nelle altre posizioni, questo a causa dell’accumulo di polvere e inquinanti, non dilavati dalla pioggia [1]. A titolo d’esempio, in figura 5 si mostrano le condizioni all’interno di una struttura scatolare in acciaio patinabile in cui è entrata acqua. Le condizioni di elevata umidità che si sono mantenute nel tempo hanno causato una severa corrosione. Con una corretta progettazione dei dettagli costruttivi e un’opportuna manutenzione è possibile evitare molte delle possibili cause che portano al non corretto funzionamento degli acciai patinabili e garantirne l’efficacia nel tempo. In commercio negli ultimi anni sono stati proposti degli acciai Cor-Ten in cui è stato aumentato il contenuto di nichel in tenori fino al 3% in massa con lo scopo di migliorare la resistenza alla corrosione in ambienti con cloruri. Alcuni studi, svolti principalmente in Giappone, hanno evidenziato che acciai Cor-Ten con 3% Ni possono essere utilizzati efficacemente anche con concentrazione di cloruri più elevata (soglia critica di cloruri di 18 mg/ m2x giorno) rispetto a quella in genere stabilita per i tradizionali acciai Cor-Ten [6]. Tuttavia si deve considerare che in una struttura reale esposta in un ambiente con cloruri si possono verificare fenomeni di concentrazione che possono portare al superamento di questi valori. Questo dipende dall’ambiente, dall’esposizione dei vari elementi (o dalle parti di un elemento) e dalla geometria. Inoltre, l’utilizzo di questi acciai non è ad oggi previsto nelle “Norme tecniche delle costruzioni” e non sono disponibili dati relativi ad esperienze consolidate relative all’impiego di questa nuova tipologia | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 89

Fig. 5 | Condizioni di corrosione all’interno di una struttura scatolare in acciaio Cor-Ten.

Fig. 7 | Dettagli degli intagli tra irrigidimento verticale e trave a doppia T.

3. LINEE GUIDA PER LA DURABILITÀ

Fig. 6 | Dettagli costruttivi delle piattabande inferiori delle travi.

di acciai. L’utilizzo di acciai Cor-Ten in condizioni di esposizione appropriate e in combinazione con adeguati dettagli costruttivi, porta a benefici economici e ad un minore impatto ambientale rispetto all’impiego dei comuni acciai per impieghi strutturali. I vantaggi economici sono legati in parte ai risparmi iniziali connessi al fatto che non è necessaria la verniciatura e, principalmente, alla riduzione dei costi di manutenzione (costi diretti, legati alla rimozione e alla nuova applicazione della verniciatura dopo circa 15-20 anni, e costi indiretti, connessi alla riduzione della fruibilità della struttura durante le manutenzioni) durante la vita di servizio della struttura. Il minore impatto ambientale è anch’esso legato alla non necessità di verniciatura e manutenzione di questa, ottenendo così un risparmio di materie prime, di energia spesa durante la messa in opera, di minori emissioni e riduzione di rifiuti prodotti (si pensi ad esempio ai rifiuti prodotti durante le operazioni di rimozione della verniciatura). Recenti ricerche indicano che la vernice è la seconda più grande fonte di microplastiche nell'oceano. Si è stimato che la quantità di microplastiche derivanti dalla vernice rilasciata nell'oceano ogni anno è pari a circa 60.000 t/anno, che è l'equivalente di sei miliardi di bottiglie di plastica vuote [15]). Si devono valutare, inoltre, i vantaggi connessi alla sicurezza e alla salute degli operatori.

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Anche nel caso di un corretto impiego degli acciai patinabili dal punto di vista della classe di corrosività atmosferica (classe C2 e C3), per garantire la durabilità degli elementi è necessario che si effettui una corretta progettazione dei dettagli costruttivi e che si esegua un’opportuna manutenzione, in modo da assicurare il mantenimento delle prestazioni nel tempo di vita previsto, in fase di progetto. Innanzitutto per una corretta formazione di una patina uniforme è fondamentale inizialmente sabbiare la superficie dell’acciaio, per rimuovere l’ossido di laminazione formatosi durante la produzione a caldo degli elementi. I dettagli costruttivi devono promuovere le condizioni per cui si formi correttamente la patina protettiva, quindi vengano favorite le condizioni in cui gli elementi sono esposti a cicli di asciutto/ bagnato. I dettagli devono innanzitutto evitare che siano presenti zone di ristagno d’acqua (o umidità), detriti, polvere o inquinanti, e promuovere l’asciugatura delle superfici, favorita anche da un’adeguata ventilazione. Di seguito si forniscono alcune utili indicazioni riportate in [1, 16-18]: • eliminare i giunti, ove possibile, mediante l'utilizzo di elementi continui; • evitare perdite d’acqua dai giunti presenti nei viadotti/ponti e dai giunti in corrispondenza alle spalle; • in presenza dei giunti, si deve effettuare la verniciatura degli elementi all’estradosso, e sulle loro estremità, per una lunghezza di almeno 1,5 volte lo spessore degli elementi; • eliminare tutte le geometrie che possono portare a trappole per l’acqua e i detriti; • per quanto riguarda le piattabande inferiori delle travi, per evitare i problemi di eventuali ristagni d’acqua si può o inclinare le piattabande o saldare (con saldatura continua) delle piastre inclinate, in cui sono presenti anche dei fori di accesso sigillati (per effettuare controlli) (figura 6); • inclinare gli irrigidimenti orizzontali sulle travi (di circa il 5%);

Fig. 8 | Effetto di graffiti su lastre in acciaio Cor-Ten.

• inclinare leggermente anche eventuali traversi orizzontali (o

che presentano superfici in orizzontale) di collegamento tra le travi; • sugli elementi di irrigidimento verticali delle travi, realizzare intagli con un raggio non minore di 50 mm (figura 7); • evitare collegamenti con altri materiali metallici (per evitare possibili problemi di accoppiamento galvanico); utilizzare bulloni, dadi e rondelle anch’essi in acciaio Cor-Ten o altro materiale metallico avente caratteristiche di durabilità compatibili con esso e resistenza meccanica idonea a soddisfare i requisiti strutturali [18]. • prevedere la sigillatura (mediante un sigillante) dei bordi degli elementi giuntati tramite bullonatura (questi rappresentano possibili punti di ristagno dell’acqua); • il bordo di qualsiasi interfaccia tra l’acciaio e il calcestruzzo deve essere sigillato; • ridurre il più possibile il numero di scarichi dell’acqua sui viadotti (meno scarichi danno una maggiore quantità di flusso d’acqua, riducendo la possibilità di blocchi); • predisporre barriere per impedire l’accesso alle strutture, in modo che non vengano fatti graffiti sulla struttura (questi possono impedire la corretta formazione della patina; figura 8). • evitare i percolamenti d'acqua che viene dagli elementi (macchiature) (figura 9); • sigillare ermeticamente gli elementi scatolari quando possibile, o prevedere la presenza di fori di scarico per consentire un corretto drenaggio e circolazione di aria (o verniciare internamente gli elementi); • proteggere (ad esempio con verniciatura) tutte le strutture vicine al suolo o che possono rimanere bagnate (giunzioni, elementi sovrapposti…); • provvedere alla pulizia delle superfici con frequenza almeno annuale (per eliminare gli eventuali accumuli di depositi/inquinanti). Per quanto riguarda le verniciature, le prestazioni dei sistemi di verniciatura applicati sulla superficie, sabbiata e pulita, di un acciaio Cor-Ten sono analoghe o superiori a quelle di una verniciatura realizzata su un comune acciaio per impieghi strutturali (diversi autori hanno riscontrato che alcuni sistemi di verniciatu-

Fig. 9 | Macchiatura delle strutture sottostanti ad una trave in acciaio Cor-Ten.

ra hanno evidenziato una maggiore durabilità su acciai Cor-Ten) [18]. Per la verniciatura degli elementi in acciaio Cor-Ten si può fare riferimento alla serie di norme UNI EN ISO 12944 - parti da 1 a 8 o al documento [19]. Oltre ai dettagli costruttivi, per garantire la durabilità degli elementi in Cor-Ten si devono effettuare anche opportuni controlli e manutenzione. Per quanto riguarda i controlli e le manutenzioni si forniscono le seguenti indicazioni: • pianificare delle ispezioni visive per verificare le condizioni generali degli elementi (formazione e colore della patina, presenza di detriti, vegetazione in prossimità delle strutture, nidi di uccelli, etc.); • posizionare provette in acciaio Cor-Ten per effettuare una corretta determinazione della classe di corrosività atmosferica (figura 3); in particolare nelle zone più critiche della struttura in cui si prevede si possano presentare problemi per la corretta formazione della patina; • verificare l’efficacia nel tempo degli appositi sistemi di drenaggio dell’acqua; • programmare la pulizia degli scarichi dell’acqua; • pianificare la pulizia, con acqua, di tutti gli elementi orizzontali in cui può esserci accumulo di sporcizia, eventuale deposito di sali, detriti o deiezioni di uccelli (eliminare anche | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 91

eventuali nidi di uccelli);

• rimuovere regolarmente la vegetazione che può evitare l’a• •

sciugatura, e promuovere il mantenimento di dannose condizioni umide, degli elementi in acciaio; verificare le condizioni dei giunti; ripristinare le zone pitturate alla fine della sua vita di servizio

• •

ed effettuare le manutenzioni in base a quanto riportato nelle norme UNI EN ISO 12944; ispezionare, se installate, le piastre inclinate (attraverso gli appositi fori, ripristinando in seguito le sigillature) saldate alle piattabande inferiori delle travi principali; ripristinare le sigillature deteriorate.

Bibliografia [1] R.W. Revie, Uhlig’s Corrosion Handbook, Electrochemical Society series, John Wiley and Sons, 2000. [2] L.L. Shreir, R.A. Jarman, G.T. Burstein, Corrosion, Vol. 1 & Vol. 2, Butterworth-Heinemann, Oxford, 2000. [3] M. Morcillo, B. Chico, I. Díaz, H. Cano, D. de la Fuente, Atmospheric corrosion data of weathering steels. A review, Corrosion Science 77 (2013) 6–24.

[4] Norme Tecniche per le Costruzioni, D.M. LL.PP. 17 gennaio 2018. [5] EN 10025-5:2019. Prodotti laminati a caldo di acciai per impieghi strutturali - Parte 5: Condizioni tecniche di fornitura di acciai con resistenza migliorata alla corrosione atmosferica per impieghi strutturali.

[6] I. Diaz, H. Cano, D. de la Fuente, B. Chico, J.M. Vega, M. Morcillo, Atmospheric corrosion of Ni-advanced weathering steels in marine atmospheres of moderate salinity, Corrosion Science 76 (2013) 348–360.

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[13] ISO 9223:2012, Corrosion of metals and alloys - Corrosivity of atmospheres - Classification, determination and estimation. [14] EN ISO 12944-2:2017. Pitture e vernici - Protezione dalla corrosione di strutture di acciaio mediante verniciatura - Parte 2: Classificazione degli ambienti.

[15] Quanto contribuisce l'industria delle vernici e dei rivestimenti all'inquinamento degli oceani?, ipcm_International Paint&Coating Magazine, 10 settembre 2020.

[16] Design manual for roads and bridges - Weathering Steel for Highway Structures, BD 7/01, 2000. [17] Technical Advisory 5140.22 - Uncoated Weathering Steel in Structures, Bridges & Structures, Federal Highway Administration, October 3, November 2001.

[18] Performance of weathering steel in bridges – report 272, Transportation Research Board, 1984. [19] Maintenance Coating of Weathering Steel: Field Evaluation and Guidelines, FHWA-RD-92-055 U.S Department of Transportation Federal High Administration March 1995.

Matteo Gastaldi Professore Associato in Scienza e Tecnologia dei Materiali al Politecnico di Milano dove tiene corsi sui materiali da costruzione, tradizionali ed avanzati e sulla loro durabilità. La sua attività di ricerca, svolta all’interno del gruppo mCD - Materiali Cementizi e Durabilità del Politecnico di Milano (http://www.chem.polimi.it/mcd), è incentrata sulla durabilità dei materiali da costruzione e in particolare del calcestruzzo armato. È responsabile del laboratorio del gruppo mCD.

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Maddalena Carsana Professore Associato di Scienza e Tecnologia dei Materiali al Politecnico di Milano, dove tiene insegnamenti dedicati ai materiali da costruzione e alla loro durabilità. Svolge attività di ricerca nell’ambito dei materiali cementizi e dei fenomeni di degrado e corrosione del calcestruzzo armato presso il laboratorio di Materiali Cementizi e Durabilità (mCD) del Dipartimento CMIC “Giulio Natta”.

Federica Lollini Professore Associato in Scienza e Tecnologia dei Materiali al Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano. La sua attività di ricerca, che si svolge all’interno del gruppo mCD - Materiali Cementizi e Durabilità (http://www.chem.polimi.it/mcd), riguarda la durabilità dei materiali da costruzione e, in particolare, i meccanismi di degrado del calcestruzzo armato.

Elena Redaelli Professore associato di Scienza e Tecnologia dei Materiali al Politecnico di Milano, dove tiene corsi di Materiali da Costruzione per studenti di ingegneria edile e civile. Svolge attività di ricerca nel laboratorio Materiali Cementizi e Durabilità del Dipartimento CMIC “Giulio Natta”, principalmente riguardo ai fenomeni di degrado e corrosione del calcestruzzo armato.

Andrea Brenna Ricercatore nel settore scienza e tecnologia dei materiali, collabora all’interno del gruppo PoliLaPP (Laboratorio di Corrosione dei Materiali “Pietro Pedeferri”) del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “G. Natta” del Politecnico di Milano. L’attività scientifica si colloca nell’ambito della corrosione dei materiali metallici e sua prevenzione. I principali interessi sono: la corrosione dei metalli in ambienti naturali e industriali, con particolare riferimento al terreno e all’atmosfera, la protezione catodica, le tecniche di monitoraggio della corrosione, la corrosione delle opere in calcestruzzo armato.

Fabio Bolzoni Professore associato al Politecnico di Milano, presso il Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “G. Natta”. Svolge attività di ricerca all’interno del gruppo PoliLaPP (Laboratorio di Corrosione dei Materiali “Pietro Pedeferri”). I principali ambiti di ricerca sono legati alla corrosione dei materiali metallici e sua prevenzione, con particolare interesse alla durabilità delle opere in calcestruzzo armato, alla corrosione in ambito industriale, in particolare infragilimento da idrogeno nel settore oil and gas, alla protezione catodica di strutture metalliche e in c.a.

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CULTURA DELLE COSTRUZIONI METALLICHE

La "Serenissima" a Milano Fatti e antefatti di un edificio in acciaio

“La Serenissima” in Milan, Italy Facts and background of a steel building

Alessandra Tosone, Matteo Abita, Danilo Di Donato, Renato Morganti* Dipartimento di Ingegneria Civile Edile-Architettura e Ambientale, Università degli Studi dell’Aquila All’inizio degli anni Sessanta lo studio di Eugenio ed Ermenegildo Soncini progetta un edificio per uffici e abitazioni collocato in Via Turati, arteria urbana del centro di Milano che vive una stagione di profondo rinnovamento formale. Nel Palazzo, all’avanguardia per organizzazione funzionale e scelte costruttive, la struttura metallica risponde all’esigenza di flessibilità dello spazio interno, attraverso l’adozione di telai a campata unica e ne definisce l’immagine: una facciata caratterizzata da pilastri binati e superfici di vetro rintraccia diverse relazioni con il contesto urbano. Il recente intervento di riqualificazione dello studio Park con la società di ingegneria General Planning, mosso dalla necessità di adeguamento tecnologico, assicura il raggiungimento degli standard contemporanei di sostenibilità e ne rilegge in modo coerente i caratteri distintivi, riconoscendone il valore di testimonianza. Il contributo intende riannodare la storia dell’edificio evidenziando come la sperimentazione della costruzione prima e del recupero poi, restino strettamente legate alla sua natura metallica che, duttile, risponde al costante mutamento dei parametri di complessità. In the early 1960s Eugenio and Ermenegildo Soncini designed a building for offices and dwellings placed in Via Turati, one of the main urban roads of Milan that is interested by a season of deep formal renovation. In the building, characterised by avant-gard typological layout and construction techniques, the choice of the steel structure in order to foster the flexibility for interior spaces, allowed the use of single span frames and also defined its architectural image, according to precise relationships with the urban context, through exposed twin columns and glass surfaces. The refurbishment designed by the Park studio with the engineering company General Planning due to a necessary technological update, ensured the achievement of contemporary sustainability standards, and consistently reinterpreted the original features, in order to recognize the value of historical heritage. The paper intends to rely the two phases in the history of the building showing how the experimentation of the construction and the following restoration are strictly linked to its steel nature which conforms to constant changes of complexity parameters.

“Essere conservatori italiani in architettura (e nel resto), non significa conservare i pensieri negli stili antichi, io penso, ma significa solo conservare l'antica energia italiana di trasformarsi continuamente. Questa energia in fatto di costruzioni c'è in tutta Italia, ed in sommo grado a Milano, espressa anche modernamente con quella asciuttezza, o quasi esilità, che distingue per tradizione storica l'architettura lombarda, specie dalla romana.” Gio Ponti, Milano è la cosa più italiana d’Italia, in Id., Amate l’Architettura, Vitali e Ghianda, Genova 1957, p. 98 [1].

Fig. 1 | “La Serenissima”: scorcio dei fronti su Via Turati e Via Cavalieri (© Andrea Martiradonna)

*Corresponding author. Email: [email protected]

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1 I fratelli Soncini nella costruzione della “gran” figuratività dell’architettura che ben incarna i valori della nuova imprenditoria [8-9]. Milano Milano, da sempre città produttiva e mercantile, nel corso del Novecento assurge a centro di riferimento dello sviluppo economico del Paese seguendo dinamiche contraddistinte da tre fasi fondamentali relative alla sua crescita in ambito finanziario, industriale ed economico-demografico. Alla prima fase risale il primato milanese nella gestione dei flussi finanziari della sua Borsa Valori a discapito di quella di Genova, la più importante del Regno fino a poco prima della Grande Guerra, cui segue negli anni Venti un’ulteriore crescita operata nella nuova sede di Piazza degli Affari, non a caso realizzata a pochi passi dal Duomo [2]. Alla seconda corrisponde la sua posizione di rilevo acquisita nel periodo post-bellico all’interno del cosiddetto “triangolo industriale”, il primo in Italia, che attiva la concentrazione nella città meneghina dei centri amministrativi e di rappresentanza delle aziende la cui attività produttiva era collocata in quell’area geografica [3]. Nella terza fase che ha l’avvio a partire dalla metà degli anni Settanta, la città si consolida quale crocevia di due delle principali dorsali europee, definite dagli studiosi del settore “blue banana” o “gold banana o Sunbelt” [4]. Queste dinamiche hanno ripercussioni evidenti sull’architettura e concorrono all’attivazione di interventi che nel corso del Novecento “ne mutano profondamente e in modo contraddittorio l’immagine” e vedono in campo un buon numero di professionisti che si specializzano nella progettazione di edifici per il terziario e per l’industria [5]. Tra questi i fratelli Eugenio ed Ermenegildo Soncini che, insieme a Piero Portaluppi, Giò Ponti, Franco Albini, Ignazio Gardella, BBPR, Marco Zanuso, Guido Canella - solo per citarne alcuni - concorrono a plasmare il volto della città tra gli anni Trenta e gli anni Settanta. Anche se meno celebrati dalle cronache, i Soncini operarono quasi esclusivamente nel capoluogo lombardo. Negli anni Trenta è attivo in particolar modo Eugenio che, dopo la laurea al Politecnico nel 1929 e l’avvio alla professione con l’architetto Emilio Lancia, fonda con Giò Ponti e Antonio Fornaroli uno studio nel 1933. Durante questa esperienza si confronta con il progetto di abitazioni unifamiliari e di interventi di edilizia residenziale, nonché uffici per committenti italiani e stranieri che trovano larga eco nella pubblicistica del tempo [6-7]. Subito dopo la guerra, Eugenio apre un nuovo studio con il fratello Ermenegildo con cui in vent’anni di professione progetta e realizza più di cinquanta edifici tra cui uffici, hotel, cliniche e stabilimenti industriali, cogliendo le grandi opportunità offerte dal boom economico. Nelle architetture per il terziario, con edifici a blocco e a torri, i Soncini mostrano grande interesse per le nuove tecnologie ispirandosi perlopiù ai modelli dell’International Style. Con il progetto della Torre Breda e della Torre Tirrena, i due sono infatti coinvolti a pieno titolo nella progressiva fascinazione dell’architettura milanese per la tipologia del grattacielo, “simbolo della rinnovata vitalità produttiva” della città [5]. Tuttavia non mancano di distinguersi anche in altri interventi quali ad esempio quelli del Palazzo Galbani e del complesso della Compagnia di Assicurazione di Milano dove, anche nel tessuto storico della città, adottano sistemi di facciata continua in metallo e vetro, assumendo la dissonanza quale registro espressivo determinante la moderna

L’attività di progettazione rallenta gradualmente all’inizio degli anni Settanta, circostanza che comporterà la definitiva chiusura dello studio nel 1973, dopo aver portato a termine interventi di nuova costruzione e ristrutturazione tra Piazza della Repubblica, Porta Garibaldi e Piazza Cavour. Le loro opere nella Milano assurta ormai a “economic city” di livello internazionale, spiccano sia nei distretti di maggiore interesse finanziario, sia in altre parti di città, a riassumere l’excursus professionale dei due progettisti meneghini.

2 Via Filippo Turati: il rinnovamento di un’arteria urbana L’attuale assetto della via che collega Piazza della Repubblica con Piazza Cavour è il risultato di una lunga serie di interventi susseguitisi a partire dalla metà del diciannovesimo secolo. La strada - una spezzata di due segmenti di uguale lunghezza utili ad evitare la demolizione del Palazzo del Duca Lodovico Melzi d’Eril - rientra tra quelle previste dal Piano Regolatore di zona del 1863 redatto dall’Ing. Garavaglia: secondo le previsioni dello strumento urbanistico avrebbe dovuto stabilire un collegamento diretto tra la Stazione Centrale e gli Archi di Porta Nuova [10]. Il suo tracciato prevedeva la demolizione di un tratto dei bastioni spagnoli, nonché l’inserimento di un cavalcavia in ghisa e ferro, necessario a ripristinare la continuità del camminamento sulle antiche fortificazioni, ribattezzato “Barriera Principe Umberto” e rimasto in funzione fino al 1946 (figure 2-3). Nel nuovo quartiere “umbertino”, la costruzione di edifici residenziali e della sede di rappresentanza della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, comporta la saturazione del tessuto edilizio già nei primi anni del Novecento, ma subito dopo la prima Guerra Mondiale la configurazione della via cambia nuovamente a seguito di tre ulteriori interventi: il primo, del 1922, riguarda l’ultimazione della Ca' Brutta, un edificio residenziale progettato da Giovanni Muzio, la cui eccezionalità - anche in altezza per gli standard del quartiere - attira l’attenzione di critici, non solo milanesi, sia per la sua mole che per il linguaggio eclettico delle facciate [11]; il secondo è la costruzione della nuova Stazione Centrale tra il 1925 e il 1931, uno scalo monumentale di dimensioni eccezionali, progettato da Ulisse Stacchini secondo “modelli tipologici teutonici”, che comporta la demolizione dei bastioni spagnoli e del relativo cavalcavia [12]; il terzo ed ultimo è la realizzazione, nel 1936, del Palazzo della Montecatini ad opera dello Studio Ponti-Fornaroli-Soncini che subito si distingue non solo per flessibilità spaziale e impiantistica, ma anche per le facciate lisce e compatte affidate a un rivestimento in marmo con finestre filo muro che fanno da contrappunto alle eclettiche discontinuità della Ca' Brutta (Fig. 4), aspetti per i quali la critica architettonica lo eleva a modello della nuova edilizia per il terziario e ne consacra le qualità, nel 1938, sulle pagine di Casabella [13]. Questi episodi attestano dell’incessante attività di trasformazione che investe Via Turati a partire dalla metà degli anni Venti e che nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta si intensificherà notevolmente, favorita da altri interventi di sostituzione edilizia, con incremento della cubatura, già previsti nel piano di | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 95

Fig. 2 | Cavalcavia sulla breccia aperta nei bastioni spagnoli per collegare la Stazione Centrale a Via Principe Umberto, oggi Via Turati (Cartolina Modiano n. 965, 1900 circa)

Ricostruzione del 1949 e dal Prg del 1953. In accordo a questi indirizzi di pianificazione gli studi di progettazione coinvolti, già attivi nell’area, privilegiano lo sviluppo in verticale dei nuovi edifici: al trio Ponti- FornaroliSoncini si deve nel ’51 la torre di tredici piani della Montecatini, proprietaria anche dell’omonimo Palazzo; Giovanni Muzio e Luigi Mattioni, suo allievo, firmano due torri poste all’imbocco di Via Turati costruite nel decennio successivo, di cui una realizzata dalla Grassetto, impresa padovana, attiva nel contesto milanese. Lo stesso Mattioni compare a fianco dei Soncini nel progetto della Torre del Centro Diaz e della Torre Breda, rispettivamente realizzate dalla Grassetto e dalla Mazzalveri & Comelli (SCIC) anch’essa veneta, come veneta è La Serenissima, società immobiliare che avvia la sostituzione dei due edifici residenziali posti a fianco della Torre Turati. Da questo quadro di relazioni che legano progettisti milanesi a imprese e società provenienti dal nord-est del Bel Paese, si evince il forte interesse nella trasformazione del tessuto urbano meneghino anche da parte di soggetti estranei alla geografia del triangolo industriale, a confermare il ruolo della città quale attrattore strategico di investimenti anche nel settore edilizio.

3 Il Palazzo “La Serenissima”

Fig. 3 | Edifici del quartiere “umbertino” di Via Principe Umberto (Cartolina Modiano n. 6704, 1905)

Fig. 4 | La Ca’ Brutta e il Palazzo Montecatini all’incrocio tra Via Turati e Via della Moscova (Cartolina Edizioni Giesse, 1955)

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La vicinanza di Via Turati al nuovo Centro Direzionale di Milano motiva La Serenissima a scommettere su un nuovo investimento immobiliare: la costruzione di un edificio per uffici “allineato dal punto di vista della dotazione degli impianti e delle finiture con le migliori opere fino ad allora realizzate” a sostituzione di due preesistenti di fine dell’Ottocento prospicienti la via. L’incarico è affidato all’abilità progettuale di Eugenio ed Ermenegildo Soncini, già messa in campo a partire dagli anni Trenta su aree non distanti [14]. Il progetto fa propria una strategia di attuazione per fasi: l’acquisizione e la successiva demolizione dei palazzi ottocenteschi infatti, avviene in tempi diversi, sicché si va avanti per lotti a partire da quello intercluso per poi avviare il completamento dell’intervento su quello d’angolo di Via Cavalieri. Il primo lotto si risolve in un organismo edilizio organizzato su tre corpi di fabbrica: due, di profondità diversa, adibiti a spazi di lavoro - il primo tutto interno al lotto affacciato sulla corte, il secondo, anch’esso a doppio affaccio, prospiciente via Turati - il terzo, posto tra i due contiene i collegamenti verticali, i servizi e i connettivi principali che consentono l’accesso alle aree di lavoro. Il secondo lotto comprende il prolungamento del blocco ad uffici su via Turati e l’ala residenziale più bassa lungo via Cavalieri anch’essa affacciata sulla corte interna (figura 5). L’impianto planimetrico del primo lotto e la parte del secondo che amplia il blocco ad uffici sono organizzati a partire da una griglia quadrata di 95 centimetri di base che costituisce l’utile premessa per un controllo del progetto affidato, per gli aspetti dimensionali dei singoli componenti edilizi, alle semplici regole del coordinamento modulare e per l’organizzazione degli spazi di lavoro al modello funzionale open space la cui flessibilità meglio poteva essere potenziata ricorrendo ad un sistema resistente privo di sostegni verticali interni (figure 6-7). Con queste premesse la scelta del materiale era obbligata. Solo l’acciaio avrebbe potuto garantire le luci libere richieste – poco

Fig. 5 | Pianterreno del primo e del secondo lotto di intervento (Archivio professionale Eugenio e Ermenegildo Soncini , “La Serenissima”, © Comune di Milano – CASVA)

meno di 14 metri per il corpo su Via Turati e di 11 per quello interno - assicurando al tempo stesso la riduzione dello spessore degli impalcati in modo da sfruttare al meglio la volumetria disponibile. Solo l’acciaio inoltre, avrebbe potuto garantire quella ricercata esilità delle membrature e consentire ai progettisti di decidere quando e dove lasciarle a vista così da concorrere “in modo determinante al risultato estetico dell’edificio” [14]. I Soncini, “al fine di raggiungere quell’equilibrio tra forma e struttura, indispensabile in un edificio nel quale la struttura si identifica con l’architettura”, mettono a punto il progetto del sistema resistente in acciaio avvalendosi dell’ausilio dell’ufficio tecnico della Sae - la Società Anonima Elettrificazione di Lecco - con cui entrano rapidamente in perfetta sintonia anche durante il montaggio della struttura, interamente saldata in opera, che l’impresa fornisce in ogni sua parte [15]. I Soncini affidano il progetto alla reiterazione di una soluzione

strutturale, sempre esibita, di volta in volta adattata in primo luogo alla profondità dei corpi di fabbrica, alla loro destinazione d’uso, al numero dei piani fuori terra (figura 8). Nell’edificio su via Turati questa soluzione consiste in telai trasversali ad una sola campata posti tutti ad interasse di 3,70 metri, ad eccezione di quello di testata. La prima elevazione è diversa da quelle soprastanti ed è costituita da portali rigidi realizzati con colonne composte binate e travi accoppiate e tra loro distanziate, che mediante robuste mensole corte sorreggono i piani superiori (figura 9). Le elevazioni successive ripetono lo schema precedente, seppur modificato nelle singole componenti strutturali: le coppie di colonne riducono la propria sezione resistente senza mutare in larghezza; la coppia di travi varia la propria sezione mediante la sostituzione dei profili e una diversa disposizione degli stessi che ne favorisce la configurazione chiusa, facendo sì che il collegamento saldato trave-colonna non sia più diretto, ma posto in corrispondenza del

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Fig. 6 | Pianta del primo piano con l’organizzazione degli spazi di lavoro e residenziali (Archivio Soncini - © Comune di Milano – CASVA)

calastrello di irrigidimento delle colonne alla quota del solaio. Soluzioni del tutto analoghe sono proposte anche per il blocco ad uffici tutto interno alla corte, pur con un diverso utilizzo delle sezioni in ragione di una luce strutturale più contenuta. Alla scelta di esibire in facciata la struttura corrisponde quella di utilizzare i calastrelli di irrigidimento e le travi secondarie di bordo come marcapiano e appoggio dei serramenti in alluminio, fissi e a tutt’altezza o apribili a bilico orizzontale con sottofinestra, gli uni e gli altri contenuti all’interno della trama strutturale modulata sui rapporti pieno-vuoto degli edifici adiacenti (figura 10). La serialità di questa soluzione costruttiva ammette eccezioni in corrispondenza delle discontinuità geometriche dei volumi che compongono il secondo lotto d’intervento, sia per il corpo di fabbrica più basso delle residenze, che per la soluzione d’angolo del blocco destinato agli uffici, costruiti a partire dal 1964, in cui l’arretramento dei telai lascia spazio alla continuità dell’involucro

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trasparente (figura 11). In particolare per gli alloggi a blocco, il telaio è asimmetrico: le colonne non presentano interruzioni sulla verticale lungo il fronte prospiciente la via, mentre sul lato interno sono caratterizzate dalla stessa soluzione adottata per i corpi su Via Turati con l’aggiunta di mensole, a sostegno dei balconi, poste in corrispondenza dei due solai intermedi. Un’ulteriore differenza è data dall’inserimento di due tiranti a contenere la luce libera delle travi principali del secondo solaio, un espediente che permette di ridurne lo spessore. Congruente a questa soluzione è quella degli elementi resistenti di copertura con l’elegante disegno delle travi principali a sezione variabile (figura 12). Tutte le componenti strutturali principali e secondarie sono a profilo aperto DIN e IPE ad eccezione dei controventi di piano realizzati con piatti.

Fig. 7 | Sezione sulla corte interna con indicazione delle fasi realizzative (Archivio Soncini - © Comune di Milano – CASVA)

Fig. 8 | Carpenteria del primo solaio fuori terra e del successivo nella porzione relativa all’angolo tra Via Turati e Via dei Cavalieri (Archivio Soncini - © Comune di Milano – CASVA) | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 99

Fig. 9 | Disegni di dettaglio del curtain wall (Archivio Soncini - © Comune di Milano – CASVA)

Fig. 10 – Secondo lotto in costruzione e sezione del sistema resistente dell’edificio per uffici su Via Turati (Archivio professionale Eugenio e Ermenegildo Soncini, “La Serenissima” (AS.12), © Comune di Milano – CASVA)

Fig. 11 | Edificio in costruzione nel primo lotto d’intervento (Archivio professionale Eugenio e Ermenegildo Soncini, “La Serenissima” (AS.12), © Comune di Milano – CASVA)

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Fig. 12 – Secondo lotto in costruzione e sezione del sistema resistente dell’edificio residenziale su Via Cavalieri (Archivio professionale Eugenio e Ermenegildo Soncini, “La Serenissima” (AS.12), © Comune di Milano – CASVA, sul retro a penna “30/03/67, stato dei lavori”)

Anche la soluzione di facciata distingue il volume degli uffici da quello delle abitazioni (figure 13-15). Alla trasparenza dell’involucro dei primi fa da contrappunto l’opacità delle seconde, scelta dai Soncini per limitare problemi di introspezione e risolta con l’ausilio di “pannellature metalliche porcellanate, nelle quali si aprono, nelle posizioni e nelle dimensioni strettamente necessarie, le finestre dei vari locali” [14]. Soluzione comune a tutti i corpi di fabbrica è il coronamento, affidato ad un elemento continuo aggettante, sostenuto da mensole, che cela le falde lievemente inclinate della copertura [16]. L’intervento dei Soncini non si esaurisce con il progetto degli edifici, ma comprende anche un elegante disegno degli spazi liberi coperti al piano terra e della corte interna, caratterizzati dalla costante ricerca di una equilibrata compresenza tra le membrature metalliche lasciate a vista, opere d’arte e il giardino privato, visibile dalle vetrate che separano il pian terreno dalla strada e nel cui disegno ben si integrano gli “oculi” funzionali alla ventilazione del parcheggio interrato (figura 16). La soluzione dell’attacco a terra lungo Via Turati scaturisce dalla decisione de La Serenissima di rinunciare “all’utilizzazione dell’intero piano […] di grande valore commerciale destinabile a negozi, nel preciso intento di realizzare nel cuore di Milano un edificio che attribuisce più decoro all’ambiente urbano circostante” [14]. Ultimato nel 1969 l’intervento di sostituzione edilizia, nella parte ad uffici, ha ospitato diverse società di livello internazionale - tra le quali la Campari - fino al recente acquisto ad opera di un fondo immobiliare straniero che ne ha promosso il recupero.

4 Il progetto di restyling Nel 2008 il complesso entra a far parte del patrimonio immobiliare della società Morgan Stanley Sgr che bandisce un concorso di progettazione per un completo restyling degli edifici, funzionale anche al suo adeguamento strutturale ed energetico. La procedura ristretta di concorso si conclude a gennaio dell’anno successivo con l’aggiudicazione dell’incarico allo studio milanese Park Associati, mentre il coordinamento dell'intervento e la progettazione strutturale e impiantistica è affidata alla società di ingegneria General Planning [17]. Il progetto, realizzato in soli 14 mesi, si pone in continuità con altre esperienze maturate dallo studio Park e nelle intenzioni degli stessi architetti assume il valore di “riferimento metodologico nei casi, sempre più frequenti in questo periodo, di ristrutturazione di molti edifici a vocazione terziaria caratterizzati da un elevato valore immobiliare” [18]. Già nell’intervento di riconversione del vecchio edificio delle Generali, in via Tiziano, completato nel 2009 insieme a Cino Zucchi, i Park infatti, in risposta alle richieste del bando circa una radicale ottimizzazione distributiva e funzionale degli spazi, mettono a punto alcune strategie progettuali – spostamento dell’atrio e recupero di spazi da destinare a uffici, riconfigurazione della facciata con integrazione di elementi metallici e realizzazione di una nuova soluzione di coronamento – le stesse che trovano piena maturazione nelle soluzioni progettuali proposte per “La Serenissima” (figura 17). In modo solo apparentemente paradossale sono le maggiori condizioni di vincolo poste dalla singolarità di un edificio dal | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 101

Fig. 13 | Facciata dell’edificio per uffici su Via Turati (Archivio professionale Eugenio e Ermenegildo Soncini, “La Serenissima” (AS.12), © Comune di Milano – CASVA, © foto Aldo Ballo)

Fig. 14 | Sistemi di facciata per gli uffici e le residenze (Archivio professionale Eugenio e Ermenegildo Soncini, “La Serenissima” (AS.12), © Comune di Milano – CASVA, sul retro a matita “Uffici – abitazioni”)

Fig. 15 | Scorcio dell’edificio residenziale su Via Cavalieri (© Park Associati)

Fig. 16 | Corte interna (Archivio professionale Eugenio e Ermenegildo Soncini, “La Serenissima” (AS.12), © Comune di Milano – CASVA, © foto Martinotti)

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Fig. 17 | La Serenissima dopo il restyling del 2012 (© Andrea Martiradonna)

forte valore icastico e simbolico a garantire gli esiti di un progetto di “riqualificazione evocatrice” che opera non solo alla scala architettonica ma anche a quella urbana, in una complessiva messa in valore della dimensione materiale e immateriale di un’architettura del ‘900 [19]. Il progetto parte dalla considerazione delle peculiarità dell’edificio: la sua conformazione fisica connessa alla scelta di un sistema resistente in acciaio funzionale non solo alle esigenze di flessibilità d’uso dello spazio interno, ma alla configurazione di una sua diversa immagine, che bruna e ferrigna è testimone del felice connubio di eleganza e di innovazione proprio della sperimentazione progettuale dei Soncini. Lo stesso progetto rispetto a queste peculiarità modula gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di ottimizzazione dell’impianto spaziale e distributivo-funzionale, in relazione ad un aggiornato quadro esigenziale: di efficientamento energetico del sistema tecnologico, in particolare dell’involucro edilizio e della qualità ambientale indoor, come di quello impiantistico, sia in termini di risparmio dei consumi che di migliori modalità di gestione (figura 18). L’arretramento della nuova soluzione di facciata oltre ad aprire lo spazio della sperimentazione progettuale, permette il pieno raggiungimento dell’obiettivo di efficientamento dell’involucro: l’insieme del modulo opaco e di quello trasparente garantisce una trasmittanza complessiva di 1.46 W/m2K e un abbattimento acustico di 42 dB in opera. Il contenimento delle risorse energetiche è suggellato dall’ottenimento della certificazione LEED Gold e dal passaggio dalla classe cened G iniziale a quella B attuale con un dimezzamento dei consumi specifici [20]. L’espediente dell’arretramento complessivo dell’involucro, dalla originaria posizione che lo vedeva inserito nella luce strutturale, finalizzata alla risoluzione dei ponti termici, insieme alla rimozione di alcuni balconi presenti nell’edifico residenziale, consente di recuperare 360 mq di Slp che viene diversamente distribuita:

Fig. 18 | Nuova organizzazione del pianterreno e della corte interna (© Park Associati)

nell’edificio interno sul cortile e in quello su via Cavalieri, con due volumi sopraelevati; in quello su via Turati, al piano terra con l’inserimento di moduli vetrati. Nell’edificio principale questa “pelle vetrata”, posta secondo giaciture differenti rispetto a quelle del sistema strutturale, definisce la nuova distribuzione degli spazi sotto il portico e la realizzazione di un unico grande atrio, lasciando al contempo piena permeabilità e visibilità verso il giardino interno, riprogettato con la consulenza dell’architetto paesaggista Marco Bay [21]. Anche per il giardino il progetto di Bay recupera tutti gli elementi “residuali” della sistemazione della vecchia corte, a partire dalle originali essenze arboree conservate e dalle griglie metalliche di areazione del parcheggio sottostante, realizzate su disegno di dettaglio dei Soncini. É l’artificio architettonico, - disegno della facciata, materiali e colori - a stabilire le regole dello spazio naturale del giardino, e su un fondo di ghiaia grigio vengono introdotte “nuove linee di vegetazione che specchiando lo schema della facciata, creano assi prospettici e una nuova spazialità” che gioca tra la forma razionale del verde e quella libera delle griglie variegate per dimensione e disposizione; un nuovo “giardino astratto” in grado di suscitare “l’emozione della sorpresa e dell’estraniamento” [22]. L’aggiornato organigramma funzionale de “La Serenissima”, su una superficie di circa 15.000 mq per l’ipogeo e poco meno di 8.000 per i volumi in elevato, prevede due livelli sotterranei destinati a parcheggio, accessibili dalle due rampe poste all’estremo dei corpi di fabbrica su via Turati e via Cavalieri; un piano terra, per gli edifici posti sul perimetro del lotto, con i nuovi volumi vetrati destinati a funzioni di rappresentanza, e per i due edifici che si affacciano sulla corte, con gli snodi distributivi dei collegamenti verticali; infine nei piani soprastanti, per tutti i corpi di fabbrica, con spazi caratterizzati da un assetto open space, per gli uffici (figura 19). | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 103

Fig. 19 | Nuova organizzazione degli spazi di lavoro (© Park Associati)

Dopo uno studio meticoloso della struttura metallica condotto attraverso l’analisi della documentazione d’archivio che ha consentito una conoscenza “dei nodi tecnici, della loro qualità, dei singoli dettagli”, rimosso il curtain wall originale, considerato come “un enorme ponte termico”, messo a nudo il sistema resistente è stato possibile rimuovere tutte le componenti contenenti amianto (figura 20). Il riassetto e l’ampliamento degli spazi non ha implicato modifiche rilevanti nel sistema strutturale a meno di localizzati interventi di rinforzo in alcune zone di singoli solai e il taglio di quelli sull’edifico in via Turati utile all’inserimento della nuova scala interna, posta a destra dell’atrio a rafforzarne il ruolo distributivo lasciandolo completamente libero; un fornice che come in un “imbuto prospettico” inquadra il giardino. Nei piani superiori è proprio la struttura in acciaio ad assicurare nuovamente la flessibilità degli spazi di lavoro riconfigurati, sulla base delle nuove esigenze d’uso, attraverso tavolati leggeri, prevalentemente in cartongesso, funzionali anche all’integrazione impiantistica. La stessa struttura, liberata dai pannelli inseriti del curtain wall, opportunamente manutenuta anche attraverso una coloritura delle membrature metalliche che conservasse enfatizzando la natura di “edificio nero”, riorganizza mediante le sue componenti resistenti, diversamente esposte, le nuove soluzioni di facciata, secondo codici che rileggono, non solo le originarie destinazioni d’uso dei diversi edifici, ma anche ricercate relazioni con gli elementi emergenti e caratterizzanti l’immediato contesto urbano [23].

5 Riconfigurazione dell’involucro edilizio Il ridisegno delle facciate è il punto di forza del progetto dei Park e rappresenta sicuramente l’indicazione di quella che può definirsi una best practice; i progettisti infatti, tra gli estremi opposti di una “conservazione” tout court e un disinvolto “ammodernamento” rintracciano una terza via che opera sull’edificio attraverso una lettura del testo e una sua coerente sovrascrittura che lo

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Fig. 20 | Elementi strutturali messi a nudo dopo la rimozione delle finiture (© Park Associati)

trasforma in un palinsesto architettonico in grado di rappresentare e testimoniare il complesso dei suoi valori simbolici e identitari senza alcuna rinuncia rispetto a quelli d’uso e di mercato [24]. La rimozione dell’originale curtain wall non corrisponde alla prassi operativa che agendo sulla condizione di “fragilità” connessa alla natura tecnico-costruttiva dell’edificio, riporta a una semplicistica sostituzione di elementi architettonici e tecnologici a fronte della necessità di un adeguamento prestazionale e normativo. Nel caso de “La Serenissima” la rimozione dell’involucro lascia segni e tracce, lette e riproposte nel progetto di un “nuovo vestito architettonico” che pur adattandosi alla metrica dimensionale e proporzionale dell’edificio dei Soncini e in particolare del suo sistema resistente metallico, trova soluzioni non standardizzate secondo articolazioni differenti sui fronti strada e uniche per quelli della corte. L’edificio su via dei Cavalieri, caratterizzato prima da una facciata prevalentemente opaca appena segnata in superficie da lunghe asole vetrate interrotte da singoli moduli finestra verticali, viene riconnesso a quello principale, nella soluzione di attacco a terra, mediante il riallineamento dell’altezza del portico (figura 21). Per il fronte più basso viene progettata una nuova facciata in vetro, piatta e riflettente che, tutta giocata su una equilibrata composizione di opacità e trasparenza, ripropone l’immagine della superficie continua dei Soncini, stabilendo però, una relazione dialogante più diretta con il fianco della Ca’ Brutta (figura 22). Il nuovo partito architettonico conferma la scelta del pilastro binato come metrica normatrice nella definizione del modulo finestra, che viene però reiterato secondo regole differenti; a segnare ritmicamente la facciata con asole verticali, per l’altezza dei due piani, in corrispondenza dei pilastri del portico e a rompere la serialità dei pannelli retroverniciati, che chiudono la campata strutturale, duplicandolo per l’altezza di un solo piano e combinandolo all’asola verticale secondo opposti ribaltamenti [25]. Si opera in modo diverso lungo via Turati: la leggera trama che caratterizzava la facciata dell’edifico Campari viene trasformata in

Fig. 21 | Dettagli costruttivi della soluzione di facciata per l’edificio su Via Cavalieri (© Park Associati)

un reticolo metallico totalmente estroflesso rispetto alla superficie vetrata che, in un’aggiornata composizione di elementi verticali e orizzontali, ne riconfigura un’immagine in contrasto rispetto alle regole stereotomiche dell’edificio di Muzio e in una rinnovata analogia con quelle tettoniche degli edifici contigui (figura 23). Il sistema resistente stabilisce la modularità compositiva della nuova facciata, interrotta e articolata dall’integrazione di un pannello in alluminio forato, coordinato dimensionalmente con il pilastro binato, la cui reiterazione introduce l'asimmetria e la dissonanza quali nuove regole formali. Il partito di facciata si configura

attraverso una integrazione equilibrata e dinamica tra l’originale struttura metallica, completamente ridipinta, le nuove componenti opache in lamiera forata di uguale coloritura e l’aggiornata metrica delle specchiature vetrate (figura 24). La disposizione dei nuovi elementi metallici oltre a garantire un ulteriore grado di flessibilità nella disposizione delle partizioni interne, rispetto alla scansione del sistema resistente, consente di trasformare, integrando un sistema di illuminazione a led, l’immagine dell’edificio durante le ore notturne in quella di una “grande lanterna” in cui la trama scura del reticolo è contrastata dalla luce delle superfici trasparenti | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 105

Fig. 22 | Facciata dell’edificio su Via Cavalieri (© Andrea Martiradonna)

(figura 25). Un’analoga composizione della facciata viene riproposta su tutti i fronti della corte, secondo però una diversa articolazione del piano qui riportato a una superficie laminare in cui tutte le componenti hanno una giacitura complanare, che assicura la massima penetrazione della luce naturale ed esalta il rapporto visuale con il giardino e con le diverse parti dell’edificio (figura 26).

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A completamento della riconfigurazione architettonica de “La Serenissima” il progetto prevede il ridisegno dell’elemento di coronamento che viene proporzionato alla nuova volumetria; il maggior aggetto della pensilina oltre a consentire l’integrazione del sistema dei carrelli perimetrali utili alla pulizia dell’involucro, segna e conclude le diverse facciate con una profonda linea d’ombra.

Fig. 23 | Dettagli costruttivi della soluzione di facciata per l’edificio su Via Turati (© Park Associati)

6 Conclusioni Acciaio e città sembra essere il binomio cui poter ricondurre il progetto dell’edifico dei Soncini come quello dello studio Park. In due momenti diversi della storia meneghina a questo materiale è affidato il compito di rappresentare la sua immagine “moderna e contemporanea” a partire da una ricercata condizione di dissonanza materica, che solo apparentemente non mostra relazioni con il contesto urbano, configurandosi nelle diverse soluzioni di facciata. Nell’edificio dei Soncini l’uso dell’acciaio corrisponde ad un principio conformativo che mette in evidenza forma e costruzione dell’elemento resistente verticale celando

dietro un “curtain wall all’italiana” il resto della sua natura ferrigna [26]. La teoria di colonne diventa l’elemento che organizza una griglia astratta che pur rilegge le metriche degli edifici limitrofi a ribadirne la necessaria condizione di palazzo nella costruzione del palinsesto urbano. Nel restyling lo studio Park accoglie questo sistema di regole portandolo alle estreme conseguenze attraverso la messa in evidenza della concezione strutturale dell’edificio. Al criterio regolatore individuato dall’esoscheletro i progettisti contrappongono la disposizione asimmetrica e irregolare dei nuovi componenti metallici su via Turati e di specchiature trasparenti su via Cavalieri che restituiscono un carattere dinamico alle facciate. | COSTRUZIONI METALLICHE | GEN_FEB_2022 | 107

Fig. 24 | Fronte su Via Turati (© Andrea Martiradonna)

Alessandra Tosone, Matteo Abita, Danilo Di Donato, Renato Morganti Dipartimento di Ingegneria Civile Edile-Architettura e Ambientale, Università degli Studi dell’Aquila

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Ringraziamenti La nostra riconoscenza va all’Archivio CASVA di Milano (Centro di Alti Studi sulle Arti Visive) e in particolare alla Dott.ssa Elisabetta Pernich per la disponibilità mostrata in tutte le fasi della consultazione del Fondo Soncini. Siamo grati a Filippo Pagliani e Michele Rossi dello studio Park Associati per aver fornito la documentazione del progetto di restyling fatto per conto della società Morgan Stanley Sgr.

Fig. 25 | Trama scura in acciaio e trasparenza delle superfici vetrate a restituire l’immagine di una “grande lanterna” (© Andrea Martiradonna)

Fig. 26 | Fronti sulla corte interna (© Andrea Martiradonna)

Bibliografia [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8] [9] [10] [11] [12] [13] [14] [15] [16] [17] [18] [19] [20] [21] [22] [23] [24] [25] [26]

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CREDITI

Progetto architettonico Direzione artistica

Nome progetto La Serenissima Indirizzo Via Turati 25-27, Milano Cliente Morgan Stanley Sgr S.p.A. in qualità di società di gestione del Fondo “Morgan Stanley Italian Office Fund” Tipologia Edificio per uffici Concorso: 2008 primo classificato Progetto: 2009-2010 Realizzazione: 2011-2012 Area 8.500 mq Certificazioni energetiche LEED Gold Premi 2013 Rebuild (National Convention on rehabilitation and sustainable management of real estate), 3° Premio e Menzione Speciale nella categoria ‘Confort and Building Quality’ 2014 IQU (Innovation Urban Quality) Prize, 1° Premio nella categoria ‘Architecture and the City’ 2014 IDA, Silver Prize nella categoria ‘Refurbishment’ Prestazioni Concept

Design team Filippo Pagliani, Michele Rossi Marco Panzeri (Project Leader) Alice Cuteri, Andrea Dalpasso, Stefano Lanotte, Marco Siciliano, Paolo Uboldi, Marinella Ferrari (grafica), Fabio Calciati (rendering) Consulenti Strutture, Impianti meccanici ed elettrici, Direzione Lavori General Planning, Milano Gestione Progetto ECHarris Built Asset Consultancy, Milano Progetto Paesaggistico Marco Bay Architetto, Milano Consulenza Antincendio General Planning, Milano Impresa costruzioni Mangiavacchi e Pedercini, Milano Gestione Sicurezza PRO.JE.CO Engineering, Dalmine Certificazione LEED Habitech Distretto Tecnologico Trentino S.c.a.r.l. Foto by Andrea Martiradonna

Alessandra Tosone

Renato Morganti

Danilo Di Donato

Matteo Abita

Associato di Architettura Tecnica e membro del collegio del Dottorato di Ricerca (ICEAA - L’Aquila), svolge attività didattica nel corso di Laurea magistrale in Ingegneria EdileArchitettura dove insegna Materiali e Tecniche per il Recupero e coordina il laboratorio integrato di tesi di laurea dei corsi inerenti il recupero e la conservazione degli edifici. Il lavoro di ricerca interessa la cultura tecnologica e in particolare quella relativa alla costruzione metallica. È autrice di numerosi contributi sul recupero del costruito e la cultura della costruzione metallica pubblicati in volumi collettanei, riviste e atti di convegno a carattere nazionale e internazionale.

Associato di Architettura Tecnica e membro del collegio del Dottorato di Ricerca (ICEAA L’Aquila), svolge attività didattica nell’ambito dei corsi di Laurea magistrale in Ingegneria Edile-Architettura e Ingegneria Civile. Il lavoro di ricerca riguarda diversi ambiti di studio relativi alla cultura della costruzione metallica e in particolare l’architettura per l’industria. È autore di monografie e articoli sulla cultura della costruzione metallica e sul recupero e sulla conservazione del costruito pubblicati in riviste e atti di convegno a carattere nazionale e internazionale.

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Ordinario di Architettura Tecnica e Presidente del Consiglio di Corso di Studi in Ingegneria Edile-Architettura UE, è membro del collegio del Dottorato di Ricerca (ICEAA - L’Aquila) e del comitato scientifico di riviste e collane editoriali. Dal 2006 coordina a L’Aquila ricerche sui temi della cultura della costruzione metallica e del recupero del costruito. È autore di monografie, saggi e articoli e le sue opere, più volte premiate, sono state pubblicate su riviste, monografie e rassegne di architettura in Italia e all’estero.

PhD in Ingegneria Civile, Edile-Architettura e Ambientale, svolge in qualità di assegnista presso il Dipartimento DICEAA (L’Aquila), attività di ricerca sulla cultura della costruzione metallica e sugli strumenti digitali utili alla sua valorizzazione e divulgazione, i cui esiti sono stati pubblicati in riviste e atti di convegno a carattere nazionale e internazionale. Dall’a.a. 2019-2020 è docente a contratto del laboratorio progettuale di Architettura Tecnica I (Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile-Architettura UE).

LE AZIENDE INFORMANO

F&M INGEGNERIA SPA: UNA SOCIETÀ DI INGEGNERIA MULTIDISCIPLINARE ED INTERNAZIONALE AL SERVIZIO DELL’ AMBIENTE COSTRUITO D

a quasi 40 anni F&M Ingegneria è leader in soluzioni progettuali all’avanguardia nei campi dell’ingegneria civile, delle infrastrutture, del project management e della sostenibilità. L’azienda è operativa negli ambiti più ampi, dalla riqualificazione di grandi aree al restauro di importanti edifici storici; dalle opere infrastrutturali (centri logistici, terminal aeroportuali e ferroviari, porti, strade, ponti ed opere in sotterraneo) alla realizzazione di edifici prestigiosi (strutture sanitarie, sportive, luoghi di culto e per l’istruzione) e grandi poli commerciali

F&M Ingegneria è in continua espansione. A Colonia nel 2002 è nata F&M Retail, specializzata nei servizi al mondo del retail. Nel 2010 F&M Ingegneria decide di ampliare gli orizzonti verso il Medio Oriente ed istituisce l’Oman Branch con sede a Muscat che nel 2015 diventa F&M Middle East Engineering Consultancy. Nel 2018 nasce F&M Divisione Impianti per approfondire la già consolidata esperienza nel settore impiantistico ed energetico. Sempre nel 2018, F&M apre a Parigi F&M France, una filiale francese per seguire importanti commesse e consolidare la propria presenza in Francia. Nel 2021 nasce F&M East Europe, con sede a Tirana, per sviluppare progetti ed iniziative nelle regioni orientali europee, gestendo in maniera efficace i diversi interventi sul territorio. Nello stesso anno viene fondata anche F&M Infrastrutture dedicata alla progettazione di opere stradali ed infrastrutturali

F&M Ingegneria ha sviluppato know-how specifici in vari settori, sia in Italia che all’estero: - Edilizia - Management Consulting - Infrastrutture F&M Ingegneria offre soluzioni complete nell’ambito della progettazione BIM. Il Building Modeling Information (BIM) è un processo basato su modelli 3D che consente agli ingegneri di F&M, in collaborazione con gli architetti e altri consulenti di progetto, di generare un modello federato del progetto, contenente tutte le informazioni delle diverse discipline. Questo modello permette ai nostri clienti di visualizzare il loro investimento prima che il progetto sia realizzato. Il BIM per sua natura, è in grado di offrire, a tutte le parti, la possibilità di controllare e coordinare il progetto come mai prima d’ora. F&M INGEGNERIA SPA Via Belvedere, 8/10 30035 Mirano (VE), Italia T +39 041 5785711 | [email protected] | w ww.fm-ingegneria.com

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