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Italian Pages [116] Year 2022
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SOMMARIO COSTRUZIONI METALLICHE - FONDATA NEL 1949 REDAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE: BRUNO FINZI EDITOR IN CAPO: ELIDE NASTRI Università di Salerno, Italia COMITATO DI REDAZIONE:
NADIA BALDASSINO Università di Trento, Italia ANDREA CAMPIOLI “Politecnico” di Milano, Milano, Italia PAOLO CASTALDO “Politecnico” di Torino, Torino, Italia MARIO DE MIRANDA IUAV Università di Venezia MAURO EUGENIO GIULIANI Redesco Progetti srl, Milano, Italia RAFFAELE LANDOLFO Università di Napoli “Federico II”, Italia EMANUELE MAIORANA Isolcomit Srl, Legnaro (PD), Italia ELENA MELE Università di Napoli “Federico II”. Italia GIOVANNI METELLI University of Brescia, Italia PAOLO NAPOLI “Politecnico” di Torino, Torino, Italia EMIDIO NIGRO Università di Napoli “Federico II”, Italia VINCENZO PILUSO Università di Salerno, Italia SHAHAB RAMHORMOZIAN University of Auckland, New Zealand ATSUSHI SATO Nagoya Institute of Technology, Japan SERGIO SCANAVINO Istituto Italiano di Saldatura, Italia MARCO SIMONCELLI “Politecnico” di Milano, Milano, Italia LUCIA TIRCA Concordia University of Montreal, Canada
COMITATO EDITORIALE ESECUTIVO: GIANCARLO CORACINA,
BENEDETTO CORDOVA, RICCARDO DE COL, ALBERTO VINTANI
COMITATO SCIENTIFICO:
GIULIO BALLIO “Politecnico” di Milano, Milano, Italia CLAUDIO BERNUZZI “Politecnico” di Milano, Milano, Italia MARIO D’ANIELLO Università di Napoli “Federico II”, Italia LUIGINO DEZI Università Politecnica delle Marche, Ancona, Italia ERIC DUBOSC Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Paris, France DAN DUBINA Polytechnic University of Timisoara, Timisoara, Romania MASSIMO MAJOWIECKI Università di Bologna FEDERICO M. MAZZOLANI Università di Napoli “Federico II”, Italia ROSARIO MONTUORI Università di Salerno, Salerno, Italia RENATO MORGANTI Università degli Studi dell’Aquila, Italia VITTORIO NASCÈ “Politecnico” di Torino, Italia D.A. NETHERCOT Imperial College London, London, UK MAURIZIO PIAZZA Università di Trento, Trento, Italia COLIN ROGERS McGill University, Montreal, Canada LUÌS SIMOES DA SILVA University of Coimbra, Portugal ENZO SIVIERO Università Telematica E-campus, Italia CARLO URBANO “Politecnico” di Milano, Milano, Italia RICCARDO ZANDONINI Università di Trento, Trento, Italia SEGRETERIA: VALERIA PASINA EDITORE: GIANGIACOMO FRACCHIA EDITORE Srl Via C. Goldoni 1, 20129 Milano, tel. 02 49524930 C.F./P.Iva: 07153040964 - CCIAA Milano REA nº 1939256 UFFICIO ABBONAMENTI: CTA Collegio Tecnico dell’Acciaio, 20129 Milano, Viale dei Mille, 19 tel. 02 784711; [email protected] http://www.collegiotecniciacciaio.it/costruzionimetalliche/ CONCESSIONARIA PUBBLICITÀ: Agicom srl, Viale Caduti in Guerra, 28, 00060 Castelnuovo di Porto (RM) Tel. +39 069078285 www.agicom.it Dott.ssa Manuela Zuliani, Cell: +39 3467588821 [email protected] IMPAGINAZIONE E GRAFICA: Hutter Edgardo | SINAPSI | www.sinapsiweb.info STAMPA: GIERRE PRINT SERVICE Srl, Via Carlo Goldoni, 1 20129 MILANO Tel. 02 49524930 e-mail: [email protected] ABBONAMENTI PER L’ANNO 2021 (6 NUMERI): Italia: € 60,00 - Estero: € 150,00 - Studenti: € 20,00 Prezzo a copia: € 15,00 Garanzia di riservatezza per gli abbonati: l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico dell’Editore verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati eventuali proposte commerciali (legge 675/96 tutela dati personali) La rivista non assume alcuna responsabilità delle tesi sostenute dagli Autori e delle attribuzioni relative alla partecipazione nella progettazione ed esecuzione delle opere segnalate dagli stessi Autori La rivista è inviata ai soci del Collegio dei Tecnici dell’acciaio (C.T.A.) Iscrizione al Tribunale di Milano in data 8 febbraio 1949, n. 1125 del registro. Iscrizione ROC n. 020654 (Art.16 Legge 62 - 7/03/2001) ISSN n. 0010-9673
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[email protected] In copertina: Il Ponte San Michele è una struttura ad arco reticolare a via superiore, realizzato tra il 1887 ed il 1889. L’impalcato è a doppia via, superiormente stradale e inferiormente ferroviaria. Capolavoro dell’archeologia industriale italiana, tra il 2018 e il 2020 è stato oggetto di un importante intervento di adeguamento strutturale e funzionale ed è attualmente l’unico ponte di questa tipologia ed epoca ad essere in esercizio. Progetto di Seteco Ingegneria S.r.l. (www.seteco.com) e dello Studio Prof. Malerba.
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EDITORIALE IL COMITATO DI REDAZIONE
10 INGEGNERIA MARINA D’ANTIMO, MARION CHARLIER, OLIVIER VASSART, WALTER SWANN 21 INGEGNERIA FRANCESCO MUTIGNANI, BENEDETTO CORDOVA 44 INGEGNERIA LORENZO BANDINI 57 ARCHITETTURA ANNA DALLA VALLE 70
INGEGNERIA NICOLA BRIZZI, MANUEL MARTINI, DAVIDE BELLEGONI, GIULIO BAIARDI, ADA ZIRPOLI, STEFANO FARINA
86 BEST THESIS AWARDS LORENZO TONIONI 91 Da CTICM – Revue Construction métallique PIERRE-OLIVIER MARTIN 105 Dalla RIVISTA ITALIANA della SALDATURA GIANCARLO CANALE 112 LE AZIENDE INFORMANO SETECO
#costruzionimetalliche WHY OPTIMISED STEEL STRUCTURES WILL HELP REDUCING EMBODIED CARBON IL CALCOLO DELLE CONNESSIONI TRAVE-COLONNA A MOMENTO FLANGIATE E BULLONATE. PARTE 1: IL METODO PER COMPONENTI GMNIA - ANALISI NON LINEARE GEOMETRICA E PER MATERIALE CON IMPERFEZIONI PER STRUTTURE IN ACCIAIO (SECONDA PARTE) “THE TWIST”: SOLUZIONE 3.0 DI MULTIFUNZIONALITÀ Museo Kistefos, Norvegia, 2019 CONSOLIDAMENTO DEL PONTE LUNGO LA SP17 NEL COMUNE DI BEVERINO (LA SPEZIA)
PROGETTO DI UNA PASSERELLA PEDONALE AD ARCO IN ACCIAIO E VALUTAZIONE DELLA RISPOSTA DINAMICA Application of the EN 1993-1-5 reduced stress method for the buckling check of an unstiffened cross-section La vita di un'infrastruttura in acciaio: i meccanismi di danno, le ispezioni e i controlli, le competenze del personale. Parte III. SETECO INGEGNERIA PREMIATA AGLI IABSE AWARDS 2022
Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27.02.14 N. 46) - Art. 1 comma 1 CNS PD
Questo numero della rivista è stato chiuso in redazione e stampato nel mese di Gennaio 2023
È vietata e perseguibile per legge la riproduzione totale o parziale di testi, articoli, pubblicità ed immagini pubblicate su questa rivista sia in forma scritta, sia su supporti magnetici, digitali, ecc.
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EDITORIALE
#costruzionimetalliche Un grazie di fine anno. Anche se questo numero, l’ultimo del 2022, arriverà sulle vostre scrivanie a feste finite, vogliamo comunque ringraziare tutti coloro che ci hanno sostenuto ed aiutato in questo anno trascorso: voi che ci state leggendo, voi che avete scritto gli articoli e voi che avete creduto in Costruzione Metalliche, facendo della nostra rivista una “parola chiave”, un hashtag come si direbbe adesso, per entrare nel campo dello studio, della progettazione e della realizzazione delle costruzioni in acciaio. È stato un anno buono nonostante pandemie e guerre. Un anno di ripresa anche se non per tutti. Ci vuole tanta voglia di pace e di speranza per credere nel futuro. La nostra rivista è come un vecchio tronco segnato dal tempo che però ha tanti rami nuovi e sta riprendendo forza. L'età media di coloro che hanno contribuito con i loro articoli è abbastanza bassa: significa che i giovani credono nella nostra rivista. Di loro abbiamo bisogno come l'acqua. Veniamo a qualche numero. Riusciamo a tenere la nostra cadenza bimensile, produciamo circa 600 pagine all'anno, gli autori del 2022 sono stati ben 127 e anche i lettori aumentano. Gli argomenti toccati sono principalmente legati alla professione, ma riusciamo ad avere anche contributi dal mondo universitario che però è costretto a pubblicare prevalentemente su riviste indicizzate (leggete l’articolo del prof. Bernuzzi sul n. 5/2022 della rivista che illustra bene la situazione). La nostra rivista, per ora, non è indicizzata, nonostante sforzi che durano da anni per avere il riconoscimento legale: continueremo ad adoperarci per ottenerlo. Ma, lo ribadiamo, il nostro interesse principale è il lavoro, le realizzazioni e tutto ciò che ha a che fare con una buona progettazione. L'ingegneria italiana è sempre apprezzata e primeggia dovunque nel mondo, sia che si tratti di progettazione, sia che si parli di realizzazioni. Dobbiamo essere pronti ad accettare le sfide nuove che ci vengono da un mondo che cresce sia come numero di abitanti che come esigenze di confort e sicurezza. Prima tra tutti la salvaguardia del nostro habitat e la sostenibilità di quanto realizziamo. Con queste attese facciamo a tutti i migliori auguri per l'anno che verrà e vi aspettiamo all’appuntamento col prossimo numero (il primo del 2023, già in lavorazione) che tratterà di ponti ed infrastrutture. Il Comitato di Redazione
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INGEGNERIA
WHY OPTIMISED STEEL STRUCTURES WILL HELP REDUCING EMBODIED CARBON OTTIMIZZARE LE STRUTTURE IN ACCIAIO PER RIDURRE LE EMISSIONI DI CO2 Dr. PhD Marina D’Antimo* | Steligence ArcelorMittal, Milano, Italy Eng. PhD Marion Charlier | Steligence ArcelorMittal, Esch-sur-Alzette, Luxembourg Prof. Dr. Olivier Vassart | Steligence ArcelorMittal, Esch-sur-Alzette, Luxembourg Eng. Walter Swann | Steligence ArcelorMittal, Solihull, United Kingdom
The constant increase in the global population is leading to a severe exploitation of our natural resources, a more rational use of these resources is becoming an unavoidable necessity. Almost everything we use daily is entirely or partially made of/with steel. The use of steel is expected to increase to meet the demographic upsurge and the evolving needs of society. Primary steel making is responsible for high emissions and designers must strive to reduce the embodied carbon of the built environment to stem the climate crisis. Decarbonizing material production not only seems to be the only solution, but it is already underway. This alone may not be enough, as design choices also play an important role, lean, and sustainable design needs to be understood and supported. Design is already evolving from “take, make, use and dispose” to a more reasonable “take, make, use, reuse multiple times and then (eventually) recycle”. When viewed this way, steel is not only the most versatile material but also the most reusable and recyclable, it can be recycled indefinitely without losing its mechanical properties. Efficient design, exploiting a holistic approach, specifying low carbon alternatives (already available today) is the only way to impact less. In this framework, this work gives an overview on the decarbonization journey of the steel industry and on what designers can do to build in a more sustainable way. L’incremento esponenziale della popolazione mondiale ha portato ad un irreparabile sfruttamento delle risorse naturali, un uso più razionale sta diventando indispensabile per arginare gli effetti sul pianeta. I materiali, e nello specifico quelli da costrizione, sono in parte responsabili dell’uso di risorse primarie ed emissioni di CO2. L’acciaio, per esempio, è componente fondamentale di molto di quello che ci circonda, anche se non sempre visibile. L'uso di questo materiale è destinato ad aumentare per soddisfare la domanda e per stare al passo con l’evoluzione tecnologica e sociale. Va riconosciuto che la produzione primaria di acciaio è responsabile di elevate emissioni. Ma in generale, il costruito incide notevolmente sulle emissioni globali di CO2, questo spiega perché i progettisti sono chiamati ad impegnarsi per ridurre l’impatto del costruito e per arginare la crisi climatica. In questo contesto, la decarbonizzazione della produzione dell’acciaio non solo è un’inevitabile necessità, ma è già in corso. Agire solo sul fronte della produzione non è sufficiente, anche le scelte progettuali giocano un ruolo importante, bisogna ripensare all’approccio progettuale in un’ottica circolare e più sostenibile. La progettazione, e in generale l’approccio al costruito, sta evolvendo da un modello lineare "prendere, produrre, utilizzare e smaltire" a un più ragionevole modello di circolarità: “prendere, produrre, utilizzare, riutilizzare più volte e poi (eventualmente) riciclare". In quest’ottica, l'acciaio non è solo il materiale più versatile, ma anche il più riutilizzabile e riciclabile (riciclato infinite volte senza perdere le proprietà meccaniche). È necessaria una progettazione efficiente di strutture in acciaio, concepire i progetti utilizzando un approccio olistico, progettare pensando al fine vita e specificare alternative a bassa impronta carbonica (ad oggi già disponibili sul mercato). Questo lavoro offre una panoramica sul percorso di decarbonizzazione dell'industria siderurgica e su ciò che i progettisti possono fare per valutare alternative più sostenibili.
*Corresponding author. Email: [email protected]
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1. INTRODUCTION The global construction industry is the world’s largest consumer of raw materials and the built environment accounts for between 25 and 40 percent of total carbon emissions in the world. The sector is also responsible for nearly 40% of raw material use annually and around 39% of the total primary energy use. These shares are expected to grow and consequently the impact of emissions from the production of construction materials will increase [1]. Considering that the world’s building stock is expected to double by 2060, this will add 100-200 gigatons of embodied carbon from construction materials, and it will be the equivalent of building a city as big as New York every 34 days until 2060 [2]. Accounting for, increase in population, the need of new and efficient urbanization, and the fact that almost 75 percent of the infrastructure that will exist in 2050 has yet to be built, the construction industry is only expected to expand, thus providing a significant opportunity to improve its efficiency and transition toward a low-carbon future [2]. Manufacturers and industry in general have engaged to reach net zero carbon within 2050, in line with the European and international strategic objectives. In response to these trends and to the growing demand for green, sustainable, and low-carbon constructions, the construction industry is making efforts to address emissions. Consumers of newly constructed buildings and infrastructure increasingly require the industry to meet standards of energy efficiency, green building rating systems (like LEED and BREEAM), responsible resource management, and resilience. It seems dramatically clear with these forecasts that the journey towards decarbonization of construction material must speed up to meet requirements such as the target of the Paris Agreements. The most promising construction material in terms of low emissions and increasing circularity is steel. Although the steel industry has the stigma of being among the highest-emitting industries (about 7% of global carbon dioxide emissions), the carbon footprint of its manufacturing process has decreased by 37 percent per ton since 1990 [2], and today new low carbon alternatives are cutting emissions faster than before. The circularity of steel, enhanced
Fig. 1. | BS EN 159783 Life cycle stages LCA stages
by the possibility to upcycle, unlike other materials, and its low carbon alternatives have encouraged its use in ambitious projects driven by sustainability and facilitated higher ratings than would otherwise have been possible. A big disadvantage of this great popularity gained by sustainability topic is the amount of data available today and the chaos caused by contradictory information. It is more and more difficult to understand what can be practically done in design to reduce the emissions of construction in general. Starting from this consideration, this work tries to give a brief and non-exhaustive overview on decarbonization of steel production and to present an easy way to estimate the embodied carbon of structural elements with different materials.
1.2 LCA in construction Life Cycle Assessment (LCA) is the only scientifically based technique for assessing the potential environmental impacts associated with a product or a service. It is the main operational tool of "Life Cycle Thinking" approach. LCA is an objective method of evaluating and quantifying energy, environmental loads, and potential impacts along the entire life cycle, from the acquisition of raw materials to the end of life ("from the cradle to the grave") and beyond (“cradle to cradle”). The tool can be used at different “scales”: for the single product (steel, cement, etc.), for a solution (steel beam, composite flooring) or for a building, a group of buildings or even a city. Designers can use LCA to choose between alternative solutions, while manufacturers use LCA to define the impact of a product, however, for both it can be a useful tool to optimize and reduce the environmental impacts. Several indicators are used in the assessment, but the current focus is on the Global Warming Potential (GWP), which expresses the contribution to the greenhouse effect from a suite of greenhouse gasses relative to the effect of CO2, whose reference potential is equal to 1. It is expressed in units of CO2e, where the "e" stands for equivalent. The relevance of the LCA technique lies mainly in its approach which consists of evaluating all the phases of a production process as related and dependent. The use of the LCA method is defined and regulated by the technical committee CEN TC 350 (in particular, EN 15978: Sustainability of construction works – Assessment of environmental performance of buildings – Calculation method). LCA also breaks down the impacts into stages and modules that represent the magnitude of the impacts throughout the life of a product – see figure 1. An important aspect of carrying out an LCA is to define the goal and scope, and which boundaries are included in the analysis, for example, the analysis can be “cradle to gate”, “cradle to practical completion” or “cradle to cradle” (i.e., including module D) [3]. These aspects are crucial when different products or structural solutions are compared to select a more sustainable option. If all COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 11
the stages of the LCA are not included, the comparison could be inconsistent and therefore misleading. It is worth emphasising that conclusions reached on a cradle to gate analysis could be different to those on a cradle to grave or cradle to cradle LCA. At European level, LCA supports for the development of Environmental Labeling schemes, which provide information about a Fig. 2. | EPD XCarb® recycled and renewably produced ArcelorMittal product or service in terms of its overall environmental benefits, such as the recyclability of its packaging, or the absence of noxious ingredients. Three type of labels exists: Type I (ecolabel), Type II (Ricoh Recycle Label) and Type III (EPDEnvironmental Product Declaration). Type III environmental declarations (EPD), shown in figure 2 for low carbon structural steel, quantify the environmental information for the life cycle of a product and represent the most reliable and transparent data to develop an LCA assessment at the scale of the building [4].
2. STEEL AND SUSTAINABILITY Building emissions often refer to two types of emissions: embodied carbon and operational carbon. Embodied carbon includes construction product manufacturing, building construction, material replacement and end of life and in Life cycle analysis modules, these are modules A, C and D. Operational carbon includes the in-use operation of the building such as heating, hot water, cooling, ventilation, and lighting systems, cooking, equipment, and lifts (module B). To reduce building emissions, three strategies need to be combined: 1. r educing energy demand (individual behaviour and energy efficiency) 2. d ecarbonization of the energy supply 3. r educing carbon in building materials [1]. The first two are closely linked to the decarbonisation of the energy grid, and it is expected that increasingly effective policies and solutions will be implemented by 2050. The third strategy is of fundamental importance and envisages wider synergies between producers, supply chains and designers. As stated, steel is a key material for technological evolution and in the circular economy. Many advances are currently taking place in the steel industry, increasing the rate of recycling (and potential reuse), implementation of decarbonization strategies [8], industry standards and certification programs (such as ResponsibleSteel), improved productivity and efficiency of process (from energy
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Fig. 3. | Steel circularity from [8].
efficiency to increased use of scrap). Steel recycling is a well-established and efficient practice with capture rates as high as 99% at end of life (figure 3). Steel production from scrap is already a mature steelmaking process. However, the predicted increase in global steel demand, means a transition to steelmaking entirely based on scrap will not be possible for some time and so there will still be a need for primary steelmaking, and an urgent need to decarbonise the primary production too. If manufacturers are engaged in the decarbonization process to reduce the carbon footprint of production, designers have an important role to play in the transition. It is no longer enough to simply design efficiently, it is also necessary for designers to understand and engage with the supply chain and be aware of the latest developments and the availa ble alternatives with lower embodied carbon, if they are to successfully deliver low impact buildings. 2.1 Steel making routes and emissions There are currently three main technologies to produce steel: • BF-BOF (Blast Furnace-Basic Oxygen Furnace) steelmaking. • Scrap based EAF (Electric Arc Furnace) production and • DRI-EAF (Direct Reduced Iron followed by an EAF). In BF-BOF steelmaking, as a first step, primary materials (iron ore and coke) are used to make iron. Carbon, in the form of coke, is used as a reductant to win the iron from the ore resulting in direct carbon dioxide emissions from the chemical reaction (table 1). Once iron is produced, primary steel can be made either in a Basic Oxygen Furnace (BOF), or in an Electric Arc Furnace (EAF). In the BOF, steel is made by injecting oxygen into the liquid BF iron to remove excess carbon. Scrap steel is used as a coolant, the percentage varying from plant to plant, but typically 10 to 15%, with a technical maximum of around 30% (table 1). When steel is produced entirely from melting recycled scrap in an EAF, the process is often referred to as secondary steelmaking. Iron ore can also be directly reduced in solid state using reducing
Table 1. | Steel making routes
gasses (CO and H2) derived from natural gas (CH4) to produce “sponge iron” in the Direct Reduced Iron process. This can then be used to charge the EAF. The two reducing gasses, carbon monoxide and hydrogen, contribute to the reduction process in roughly equal amounts, resulting in respective emissions of CO2 and H2O. This illustrates one of the potential transition pathways to carbon neutral steelmaking, 100% hydrogen reduction using hydrogen from the electrolysis of water using 100% renewables [9]. As demonstrated steel is a highly circular and recyclable material. In fact, recycling and reuse are already implemented in the production model. End of life (EOL) recycling rates for steel have been estimated at between 70-90%. This value is one of the highest end-of-life recycling rates among all industrial materials [5]. However, even though most scrap steel arisings are captured and recycled or reused, steel demand is three times higher than the supply of scrap available. Consequently, there will continue to be a need for primary steelmaking to balance supply with demand and this explains why technologies as hydrogen DRI are quite promising. Making one tonne of crude primary steel with the BF/BOF method takes on average, 1400 kg of iron ore, 800 kg of coal, 300 kg of limestone, and 120 kg of recycled steel. At the same time, for every tonne of endlessly recyclable steel, made at an integrated steelwork, there are 600 kg of valuable coproducts produced, for example, 400kg of blast furnace slag, which has many different applications, notably as a cement replacement to reduce the carbon footprint of concrete manufacture. The process is more complex than the simple schematization made and there are many variables that contribute to the carbon footprint of primary production. Globally around 1200 mt of iron is produced annually in the Blast Furnace (BF) while around 100 mt of iron is made by Direct Reduction (DRI) [6]. According to World Steel [6], in 2020 the world crude steel production was estimated at around 1877,5 million tons, of which was 73,2% BOF and 26,3% EAF. However, if we look to Europe, 139,2 million tons were produced, 57,6% via BOF and 42,4% with EAF. Regarding products in construction,
cladding, decking, hollow sections, and plates are almost entirely BF-BOF, whereas reinforcement, open sections and sheet piling are manufactured using either BF-BOF or scrap-EAF. To understand the order of magnitude of the emissions associated with the various processes, the [A1-A3] embodied carbon factor (ECF), or cradle to gate LCA, will be mainly used in this work. For steel produced via the BF-BOF route there are approximately 2500 kg of CO2e emissions per tonne of steel [7]. The EAF can be used to produce steel from DRI (DRI-EAF route), 100% scrap steel (scrap-EAF route/secondary steel making), or a mixture of both. Steel produced though the scrap-EAF process has an [A1-A3] ECF of approximately 500 kgCO2e/t, while steel produce from DRI-EAF route emits approximately half that of BF-BOF, 1225 kgCO2e/t [8]. These emissions values can have a variable range, depending on the efficiency of the production process, the technology used, the quantity of scrap, the electricity supply (fossil or renewable), among others; therefore, they must be considered as indicative. For specific processes and products, and manufacturers, the values indicated in a manufacturers' EPD will be more reliable. 2.2 Decarbonization of the steel productions and challenges As presented in table 1, different steel production methods have different sources of emissions and therefore require completely different technological efforts and decarbonization strategies to reach emission reduction targets. EAF steel is already relatively low in carbon. When the feedstock is 100% scrap, the main source of emissions are those indirect emissions due to electricity generation. Over time, as the proportion of renewable electricity in the grid mix increases, the impacts of scrap-EAF steel will reduce. Different strategies are needed for the primary steelmaking journey toward carbon neutral steel. Among these, green hydrogen can be used to completely replace the use of natural gas in DRI-EAF manufacture (see equation in table 1) bringing the process close to carbon neutrality. Green hydrogen can only be produced with clean energy and the infrastructure to support this shift is not yet ready, however, the steel industry is already moving in this COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 13
Fig. 4 | XCarb® recycled and renewably produced process, using 100% green electricity and up to 100% recycled scrap
direction [8]. The existing DRI-EAF plant at ArcelorMittal Hamburg will see the first industrial scale production and use of Direct Reduced Iron (DRI) using 100% hydrogen. The process of reducing iron ore with hydrogen will first be tested using grey hydrogen generated from gas separation. The aim is to achieve H2 with a purity of more than 97% from the waste gas of the existing plant, using a process known as ‘pressure swing absorption’. This will allow the development of technological solutions at industrial scale to reduce iron ore with hydrogen in the absence of carbon, and to better understand how that product performs downstream in the EAF. Another possibility, implemented by ArcelorMittal, to decarbonize primary steel making is the Smart Carbon route. This has the potential not only to provide carbon-neutral steel, but also carbonneutral cement and carbon-neutral biomaterials, more details can be found in [8]. Briefly, fossil carbon in the blast furnace will be displaced initially with circular carbon from waste streams, and the resulting carbon emissions captured for reuse and/or storage. This process has the potential to be carbon negative, and the flexibility to use green hydrogen as it becomes available. To summarise, the strategies being implemented for the decarbonisation of the steel supply chain are based on five major millstones: (i) Steelmaking transformation, from coal to natural gas as a precursor to green hydrogen DRI; (ii) Energy transformation (including green hydrogen, circular forms of carbon and carbon capture usage and storage technologies); (iii) Increased use of scrap; (iv) Sourcing clean electricity; and (v) Offsetting residual emissions. 2.3 Low carbon steel Many manufacturers have developed low carbon alternatives to their products and processes. An example is the XCarb® umbrella brand, which brings together all of ArcelorMittal’s reduced, low and zero-carbon products and steelmaking activities, as well as wider initiatives and green innovation projects, into a single effort focused on achieving demonstrable progress towards carbon
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neutral steel. The XCarb® recycled and renewably produced (RRP) steel products have a CO2 footprint as low as 0.33 tonne per tonne of finished steel [10]. All the electricity needed to transform scrap into steel in the EAF comes from renewable sources such as solar and wind power (figure 4). In this way, by supporting the transition through investment in renewables, the decarbonization of several sectors is combined and accelerated. For blast furnace produced steel the transition is more complex and involves a broad range of initiatives to reduce carbon emissions. These initiatives range from Smart Carbon technologies (figure 5), such as Torero and Carbalyst®, to capturing hydrogen-rich waste gases from the steelmaking process and injecting them into the blast furnace to reduce the use of coal [8]. All together, these efforts have resulted in considerable CO2 savings, which have been aggregated, independently verified, and converted into XCarb® green steel certificates (GSC). The certificates can be used to account for, and report, a reduction in Scope 3 carbon emissions in accordance with the Greenhouse Gas Protocol Corporate Accounting and Reporting Standard [11]. To estimate the value of a green steel certificates, the CO2 savings from investment projects is calculated by studying the CO2 impact of different consumables in the blast furnace (for example, when coal is replaced with an alternative reductant). Then the total CO2 savings are aggregated at company level, independently verified, and converted into a volume of XCarb® green steel certificates (GSC). The calculation uses a coefficient which represents the average Scope 1, 2, and 3 CO2 intensity of blast furnace-based steelmaking. The calculated volume of XCarb® GSC is expected to grow over the years with the ever-increasing implementation of decarbonisation technologies.
3 ADDRESSING CONSTRUCTIONS
CARBON
EMISSION
IN
Although it is well known that the impact of the construction sector, on the global share of emissions is high, the source of these emissions is often unclear. Figure 6 shows the repartition
Fig. 5 | Smart Carbon Decarbonisation projects 2021-2030 from [8]
in percent of the GWP over the lifetime of a prototype building. The highest impact on the emissions is given by the operational carbon (energy consumption), followed by construction materials and their production processes. If this data is spread over the life of a structure (figure 7), three main “impacts” can be recognized: one constant over the life of the structure (B6) and two peaks, one at time zero (erection time [A1-A3]) due to materials, transport, and construction (eventually commissioning) and one at year 2530 for renovation/replacement. The constant emissions over the lifetime of the structure are given by the user phase or operational carbon (module B6 of the LCA) while the impact at time 0 is called upfront embodied carbon and is linked to construction materials. Even if the energy impact seems to be predominant today, this impact can be reduced by designing energy efficient buildings with well-designed insulation, efficient HVAC, photovoltaic roofing, etc. Additionally, as the energy supply shifts to renewables, one can assume that this impact will decrease over the next 30
Fig. 6. | Percentage of GWP in a building lifetime
years. Briefly, energy efficiency and renewables drastically reduce operational carbon. On the contrary, the material impact (at time zero and for replacement) remains unchanged and over time will
be the major source of CO2 emissions. An important point for designers is to understand how the carbon emission in buildings and construction can be reduced. It is often difficult to select the most appropriate approach. Should the focus be on lean design, or on material sourcing and selection, is the outcome the same if the analysis is Cradle to Gate [A1-A3] or Cradle to Cradle (all stages included) and how should different solutions and materials be compared? The answers are not straight forward and often the solution is not obvious. Designers should be able to compare in a simple but coherent way different solutions and environmental impacts, with the aim of choosing the most appropriate for their project. 3.1 Build with less embodied carbon: the shift toward a circular model There is an urgency to reduce the emission of materials and construction, especially because a building built today will face many changes in the coming 50 years. Reducing emission also means refurbishment instead of building, design using a life cycle approach, minimizing upfront embodied carbon (lean construction, low carbon materials, low carbon process, etc.), but also thinking about end of life. This last point is crucial in modern design, buildings must be flexible, reduce the embodied carbon for renovation and maintenance, adaption and reconversion of spaces, circularity of materials, including demountability, etc. The approach to sustainable design and life cycle thinking is a complex process and involves all the actors of the construction process, producers, and their engagement in decarbonization, investor, designer, and construction companies. Many authors and studies are devoted to the reduction of impacts, as for example, the concept of 5R’s [12], which is a way to decrease the quantity of material used and simultaneously decrease the amount of waste. The 5R’s being refuse, reduce, reuse, repurpose, and recycle. According to the 5 R's, four actions should be taken, if possible, prior to 'recycling': refuse, reduce, reuse and repurpose. Reusing and reducing means using less in our daily life and it is even more impactful in the construction sector. It is well known that approximately 75% of modern steels have COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 15
Fig. 7. | Example of an LCA for office building Steligence® ArcelorMittal
been developed in the past 20 years. In fact, if the Eiffel Tower were to be rebuilt today, with the new steel types, it could be built with one-third of the steel that was originally used. This is true not only in construction but in all the sectors where steel is a key material, modern cars are built with new steels that are stronger and up to 35% lighter than in the past [14]. Over the past decades, technology, knowledge, and research have led to a more efficient use and exploitation of steel and materials in general. In a nutshell, this means that the first rule to impact less on the environment, and therefore emit less CO2, is to use is to “use less stuff”. Engineers must rethink the usual way of building; refurbish instead of building from scratch, reduce the amount of material used, use the right material in the right place, use low carbon material, when possible, build having in mind end of life (EoL) and beyond (what will happen to the building after is service life?). This translates, in terms of design procedure, to using appropriate loads, design for least weight, avoid oversizing of elements, manage deflection and then reviewing all of this through the lenses of cost and carbon impacts. More holistically, flexibility and end of life are an old-new way to approach construction. Flexibility in design and space allows for better utilisation of the building potential and can be realized using long spans to create clear spaces that can easily accommodate change of use, allowing for demountable solutions, which allow possible reuse of elements and ensuring a life of the structure far behind the service life. A project and its impacts must always be analysed using a life cycle approach, otherwise there is a risk of missing all the benefits that some sustainable choices bring to the design. For example, the benefits of reducing the weight of structural elements does not only bring a direct benefit (less material = less CO2) but also many indirect benefits. Among these, less impact due to transportation of materials (therefore less CO2 from transport and less cost), less weight in the foundations (therefore less material, less excavations, lower cost in construction), lower impact of the construction site (in terms of duration, size, and cost), etc. This simple example explains how without considering the whole picture (LCA) it is not possible to make informed choices and compare solutions or alternatives in terms of sustainability. A project and its impacts must always be analysed using a whole life cycle approach, this is the principle on which the LCA approach is based.
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3.2 Reducing embodied carbon of beam elements Embodied carbon is important through the entire design process. To calculate it, the quantity of material is multiplied by carbon factor (in kgCO2 per kg of material), as shown below: Embodied carbon (EC) = quantity × carbon factor
(1)
The carbon factor varies for the different LCA modules. The quantities, especially in early-stage evaluation or feasibility study, might be approximate. However, it is still a good way to assess impacts [7]. In this work, only emissions covering the production processes [A1-A3] (cradle to gate) are considered for the comparison of five alternative column solutions of a tall building. The column type (CT) elements compared are subjected to the same design assumptions, same length (4m) and, although it is a theoretical exercise, the methodology can be used for different cases and structural solutions. The column types compared, are as follows: • • • • •
T1: Circular reinforced concrete Φ 850 c40/50 C CT2: Circular steel hollow section 508/30 CT3: Open welded profile (400 x 287) CT4: Hot-rolled profile (HD 400 x 287- Histar®) CT5: Hot-rolled & low carbon steel profile (HD 400 x 287XCarb® recycled and renewably produced)
To estimate the value of equation (1), embodied carbon factors (ECF) from relevant EPD can be used or other equivalent sources. Attention must be paid in the calculation because the same materials, from different manufacturers, can have different environmental impacts. For example, the A1-A3 factor for structural steel section varies from 2.45 (British steel EPD) to 0.33 (ArcelorMittal XCarb® recycled and renewably produced EPD for sections and merchant bars). In Table 2 2 the EPD used in this work are reported with the ECF for [A1-A3], which, when multiplied by the material quantity gives an estimate of the embodied carbon. For example, for CT1 the calculation according to (1) accounting for the contribution of the concrete and the steel rebars is as follows: ECconcrete + ECRBars= 0.42 tCO2e/m3 ∙ 0.57 m2 + 0.135 t/m ∙ 1.23 t
Table 2. | Used EPD and values
CO2e/ t = 405 kgCO2e/m (2)
profile) are presented in the table 3.
While for CT4, a hot rolled steel profile with high strength steel S460 (HISTAR®), the embodied carbon is as follows:
3.3 Reducing embodied carbon of flooring elements Following the same approach presented in the previous paragraph, different flooring solutions are compared estimating the EC associated with each solution. For the sake of brevity, the compared solutions are schematically presented in table 4: (a) flat slab, (b) flooring composed of a cellular or smart beam and steel composite deck and (c) a slim floor beam (SFB) with additive steel floor. For each element of the solution, an EPD or equivalent database (namely [13] for the concrete) have been used to establish a relevant ECF and summed to obtain the total embodied carbon. Contrary to the previous column comparison, here the functional unit is expressed in m2 (and not in m) thus the EC will be expressed in kgCO2e/m2.
EC= 0.287 kg/m ∙ 0.524 t CO2e/ t steel=151 kgCO2e/m
(3)
To make comparison easy, the embodied carbon in this case is expressed in kg per m of column. Quantities can be representative of the functional unit considered, however, when confronting different functional units, the coherence of results must be ensured. All the inputs and the results for the analysed cases are reported in table 3. In the reference project, the initial studied solutions were CT1 and
Table 3. | EC Results
CT2 (BF/BOF production) with an associated embodied carbon of 405 kgCO2e/m and 807 kgCO2e/m. However, to optimize the design, an open rolled profile in high-strength steel was proposed (CT4), which led to a considerable reduction in weight and dimensions and to a reduction of 80% in embodied carbon compared to CT2. To optimize further, an alternative low carbon material is added (case CT5) and a total reduction of 651 kgCO2e/m (87%) can be obtained. For comparative purposes also CT1 and CT3 (welded
Two scenarios are considered: ordinary steel elements which give the EC (1) value and low-emission steel from the XCarb® family which returns the EC (2) value of the solution (b) and (c), nothing changes for (a). For the sake of consistency, reinforcing rebars are considered to be the same in all solutions (EPD: ArcelorMittal with an ECF of 1.23 tCO2e/t). For case (a) cellular or smart beams with steel deck, using equation (1) for all the elements comprising the flooring solution, it is possible to obtain the embodied carbon following the procedure in figure 8.
Fig. 8. | Calculation of the EC (1) for flooring solution (a) COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 17
Fig. 9. | Calculation of the EC (2) for flooring solution (a) with XCarb®
The total embodied carbon in this case is 89.47 kgCO2e/m2. Here, using high strength steel the material has been already optimised in term of use and weight. However, with the use of a low carbon alternative, we can obtain a further reduction of CO2 of about 30% (figure 8).
Comparing the same cases with the flat slab option where rebars are kept the same (EC of 139.5 kgCO2e/m2 is constant) embodied factor can be reduced of 55 % passing from (a) to (b) while the reduction is 41% passing from (a) to solution (c).
Table 4. | Embodied Carbon of Flooring solution
All the results obtained for the three solutions are summarised in table 4. Using low carbon steel, case EC (2), for solutions (b) and (c) can bring a reduction of about 30-33% of the embodied carbon.
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4 CONCLUSIONS This work provides a brief overview of the pathways that are being rolled out to decarbonize steelmaking, additionally the impact of the construction sector on global emissions is examined and
discussed. The main purpose of the work is to provide easy to use tools to help designers reduce the embodied carbon in their projects and how to effectively compare different solutions in terms of sustainability. A project or a solution must always be analysed using a life cycle approach, the usual way of conceiving a project must change accordingly: if possible do not build but adapt (renovate); reduce the amount of material used; use the right material in the right place; select low carbon alternatives when possible; build for end of life and beyond and with flexible, clear spaces that are easy to convert, employ demountable solutions using circular materials.
Using life cycle thinking and specifying low carbon alternatives can reduce the carbon footprint of the built environment and help to meet sustainability targets. Low carbon alternatives, such as XCarb®, can help reduce the footprint of construction, and this reduction can be even greater if accompanied by the efficient lean design of high-performance buildings.
ACKNOWLEDGMENT I would like to thank all the colleagues who have supported this work with data and knowledge.
REFERENCES
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Marina D’Antimo She works as Steligence Construction engineer for ArcelorMittal global R&D since 2020, she is business development leader for the Italian construction market supporting engineers, architects, and investors in the design process, to find the most optimised and sustainable solution for their projects. She is passionate about steel and decarbonisation of the built environment; she provides technical support, and she promotes training and dissemination activities in her areas of expertise. She holds a PhD in Applied Sciences from University of Liege (Belgium), a master’s degree in Civil and Enviromental Engineering from the University of Salerno (Italy) and she is a Chartered Engineer. Her research was devoted to steel joints under exceptional action with a focus on advanced FEM simulations in the framework of different European projects. She authored and co-authored several scientific publications and international conference proceedings.
Marion Charlier She holds a PhD in Structural Fire Engineering from Ulster University (United Kingdom) and a Master’s degree in Civil Engineering from the University of Louvain-la-Neuve (Belgium). She started her career in ArcelorMittal Global Research & Development, as Research Engineer. She led several research projects with a particular focus on the structural fire engineering topics. She was appointed Senior Research Engineer, then joined the Steligence Engineering department of ArcelorMittal in 2021. For this new role, she provides technical assistance to engineers, mainly related to structural fire engineering and sustainability, and is involved in the decarbonization initiatives for the steel construction products. She regularly teaches trainings for practitioners and is an active member of several technical committees in charge of the revision of Eurocodes (new generation).
Olivier Vassart He has been working at ArcelorMittal since 2002 when he joined the R&D team in Luxembourg. He held several roles in ArcelorMittal Global R&D, specifically in the field of applied construction research and development. In 2015, he joined the leadership team of ArcelorMittal Global R&D, taking the responsibility for the portfolio dedicated to construction, infrastructures, and Long Products. Since November 2018, Olivier Vassart is the CEO of Steligence®, the new Business division of ArcelorMittal devoted to Construction solutions. In addition to his activities with ArcelorMittal, he is Professor of Steel, composite construction, and Fire Engineering at the University Catholic of Louvain in Belgium. Olivier Vassart is a graduate in civil engineering in construction and environment and holds a PhD in structural fire engineering.
Walter Swann He is a Chartered Engineer and Member of the Institution of Structural Engineers. He has over 30 years experience in construction that spans design consultancy, steelwork fabrication and steel manufacture, and a specialism in long span composite construction. At ArcelorMittal he is the Steligence Construction Engineer for the UK providing technical support and advice on all aspects of structural steel design and supply. As the climate agenda has emerged in the UK and Europe he has played a leading role in coaching designers on the nuances of steel manufacture and supporting their delivery of practical low carbon solutions to meet increasingly demanding embodied carbon targets.
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INGEGNERIA
IL CALCOLO DELLE CONNESSIONI TRAVECOLONNA A MOMENTO FLANGIATE E BULLONATE. PARTE 1: IL METODO PER COMPONENTI DESIGN OF FLANGED AND BOLTED BEAM-COLUMN MOMENT CONNECTIONS. PART 1: THE JOINT COMPONENT METHOD Francesco Mutignani, Benedetto Cordova | Cultori della materia In questo articolo si affronta il dimensionamento delle connessioni trave-colonna, caratteristiche dei telai a momento, limitatamente a quelle con flangia bullonata estesa, in telai che non sono dimensionati con i criteri del “Capacity Design” o Gerarchia delle resistenze. Nell’articolo si fa riferimento al “Metodo per componenti”, indicato dall’Eurocodice 3 come il principale approccio consigliato per questa tipologia di unioni, illustrando i concetti che sono alla base del metodo piuttosto che i lunghi e complessi algoritmi che lo costituiscono e che in genere sono nascosti nei fogli excel o nei programmi software dedicati, aiutandosi anche con procedure semplificate derivate da quelle dell’inglese Steel Construction Institute, per consentire al progettista di comprendere il funzionamento di queste connessioni. In un secondo articolo si tratterà dei metodi semplificati utilizzati in passato e dei metodi ad elementi finiti che si stanno sviluppando in questi anni.
This article deals with the design of beam-column connections typical of sway frames, limited to those with extended bolted flange, for frames not sized according to the criteria of Capacity Design. The article refers to the Joint Component Method, the main approach for this type of connection as indicated by EC3, with the aim to illustrate the concept behind the method rather than the long and complex algorithms it is based upon which are generally hidden within excel spreadsheets or dedicated software programs. The article will also make use of simplified procedures derived from the ones used by SCI (Steel Construction Institute) to allow the designer to understand how these connections work. A follow up article will deal with the simplified methods used in the past and the finite element methods that have been growing and developing in recent years. 1. Introduzione Il calcolo delle connessioni è parte fondamentale del calcolo delle strutture in acciaio. A rendere complesso tale calcolo è la difficoltà, se non l'impossibilità, di conoscere l’andamento reale degli sforzi e delle deformazioni all’interno di una connessione, non solo perché gli elementi che la compongono (piatti, bulloni, saldature, etc.) non sono neppur lontanamente aste di de Saint-Venant, per le quali la determinazione teorica dello stato di sforzo è molto facile, ma anche perché si verificano all’interno di una connessione fenomeni per nulla lineari, quali plasticizzazioni locali, scorrimenti dovuti al superamento delle forze interne di attrito, giochi foro-bullone. Questa notevole complessità spingerebbe ad eseguire calcolazioni
laboriose nell’intento di determinare con buona approssimazione il reale stato di sforzo. Per fortuna, grazie al teorema statico dell’analisi limite, si può affermare che, per progettare una connessione, basta ipotizzare all’interno di essa una qualsiasi distribuzione equilibrata di forze, trascurando la congruenza, e dimensionare per queste forze i vari elementi che la costituiscono, purché si garantisca la duttilità dei vari componenti. Si otterrà così una connessione che è più sicura (cioè che porta un carico maggiore) di quella ottenuta tenendo conto non solo dell’equilibrio ma anche della congruenza delle varie parti. In virtù di quanto s'è detto sono state sviluppate molte procedure di calcolo delle connessioni ad hoc, tarate cioè sulla singola tipologia, che consentono di calcolare gli sforzi all’interno
*Corresponding author. Email: [email protected] COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 21
degli elementi costitutivi con semplici considerazioni di equilibrio, trascurando la congruenza. Si tratta di procedure semplici e rapide, che tutti siamo abituati ad impiegare, facilmente utilizzabili con calcoli manuali e sicuramente a favore della sicurezza, ma che non sempre conducono a soluzioni economiche. Infatti, più la distribuzione di forze interne si scosta dall’unica possibile che salva sia l’equilibrio sia la congruenza, maggiore sarà il costo della connessione (perché avrò più bulloni, saldature più lunghe, piatti più estesi etc.). Per cercare di coniugare semplicità di calcolo ed economicità, in taluni casi sono state svolte indagini sia teoriche sia sperimentali per mettere a punto procedure di calcolo semplici, ma che determinassero distribuzioni di sforzi il più possibile vicine all’unica equilibrata e congruente, che è certamente la più economica. Un aiuto è venuto anche dallo sviluppo di software sempre più potenti che da un lato hanno consentito di velocizzare le procedure di calcolo semplificate e dall’altro hanno permesso, tramite metodi FEM, di trovare la “vera” distribuzione di azioni interne, il che salva sia l’equilibrio sia la congruenza. I software che si trovano sul mercato appartengono ad una delle due categorie sopra esposte. Un’ultima considerazione va fatta circa la duttilità. Una connessione duttile è sicuramente da preferire, perché le plasticizzazioni consentono una redistribuzione delle azioni interne prima di giungere alla rottura della connessione stessa, conferendole quindi una resistenza maggiore rispetto a quella di una connessione che presenti meccanismi di rottura fragili. Inoltre una rottura duttile si associa in genere a grandi spostamenti prima del collasso, ciò che invece non avviene per le connessioni fragili. Progettare connessioni duttili è obbligatorio, quando si impiega il Capacity Design, e comunque è sempre raccomandabile anche in caso di progettazione che preveda di mantenere in campo elastico tutte le membrature. Oggetto di questo articolo sono le connessioni flangiate travecolonna con flangia estesa e bullonata, una delle tipologie più impiegate per collegare travi e colonne con attacchi a momento in telai multipiano o anche in portali monopiano. Rispetto alle connessioni con flangia non estesa superiormente, esse consentono momenti resistenti molto più alti in rapporto al momento plastico della trave collegata, sino alla possibilità di realizzare il completo ripristino della resistenza flessionale della trave. Circa le procedure di calcolo, quelle tradizionali si basano prevalentemente sull’ipotesi di flangia infinitamente rigida e conseguente distribuzione lineare degli sforzi che in trazione sono sostenuti dai bulloni e in compressione dalla parte compressa della flangia. Si assimila quindi il comportamento della flangia a quello di una sezione in c.a. Un'alternativa altrettanto comune è quella di considerare sempre la flangia infinitamente rigida, quindi sempre con distribuzione lineare degli sforzi nei bulloni, ma ipotizzando che le compressioni si concentrino in un unico punto, cioè in corrispondenza della flangia compressa della trave, e ovviamente le trazioni siano portate dai bulloni in zona tesa. Avere flange rigide e quindi molto spesse rende però più probabili meccanismi di rottura del bullone in trazione, piuttosto che meccanismi di plasticizzazione della flangia in flessione, il che implica un comportamento più fragile della connessione. Sono allora sorte ipotesi di calcolo che prevedono una distribuzione
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non lineare degli sforzi nei bulloni, prevedendo una flangia deformabile e consentendo così spessori di flangia minori, mentre viene mantenuta l’ipotesi di azioni di compressione puntuali in prossimità del baricentro dell’ala compressa della trave. È nato così il “Metodo per componenti” che affronta il problema del dimensionamento della connessione, tenendo conto di molti fattori, e che è attualmente il metodo di calcolo per queste connessioni proposto dall’Eurocodice 3 (UNI EN 1993-1-8) [ 1 ]. Chiunque abbia tuttavia provato ad applicarlo manualmente (o a sbirciarne applicazioni didattiche su qualche testo) si sarà reso conto della sua notevole complessità, che impone pagine e pagine di calcolazioni per dimensionare una sola flangia. Alla fine, per applicarlo, è assolutamente necessario affidarsi al software, il che però non consente al progettista di controllare il flusso degli sforzi, di capire come la connessione funzioni, esponendolo al rischio di non cogliere eventuali errori che egli dovesse commettere. Occorre allora poter disporre di procedure di controllo alternative, siano esse calcoli manuali semplificati, quale quelli ricordati prima, siano tabelle di connessioni precalcolate, come quelle approntate dagli inglesi dello SCI [ 2 ] [ 3 ] o dai francesi del CTICM [ 4 ]. Soprattutto nel caso dello SCI, la definizione di connessioni calcolate e tabellate ha un duplice scopo: • fornire ai progettisti connessioni ben calcolate e quindi sicure; • consentire una standardizzazione delle connessioni. La standardizzazione giova molto al Costruttore, che così riduce le tipologie di bulloni e gli spessori dei piatti da impiegare e può approvvigionarsi con tranquillità dei componenti standard. Essa è stata attuata soprattutto perché l’impiego delle costruzioni metalliche in Gran Bretagna è molto più ampio di quello nel nostro Paese, ma anche perché è pratica abbastanza diffusa tra i progettisti inglesi lasciare la scelta delle connessioni al Costruttore, fornendogli solo gli sforzi che le connessioni devono sostenere. La scelta, abbiamo scritto, e non il dimensionamento, perché il Costruttore ricorrerà appunto a connessioni precalcolate nella maggioranza dei casi. In Italia, invece, ogni progettista di solito dimensiona le proprie connessioni, cosicché i Costruttori si trovano a doverne realizzare una discreta varietà di simili, ma non uguali. Poiché il poter usufruire di connessioni standardizzate sarebbe utile anche nel nostro Paese, con questo articolo proponiamo, nell’ambito delle connessioni con flangia estesa, delle standardizzazioni, derivate da quelle inglesi, che riguardano spessori e dimensioni delle flange, distanza tra i bulloni, tipologia dei bulloni stessi. Proponiamo, quindi, una serie di connessioni precalcolate con lo scopo di fornire al progettista dei riferimenti da confrontare con i propri dimensionamenti, per confermarne la bontà. Il compito di standardizzare non è facile, essendo molte le variabili in gioco, non ultimo il profilo della colonna, che influenza certamente la portata della connessione stessa; pertanto, delle semplificazioni sono state necessarie. In ogni caso speriamo che quanto proposto sia di ausilio e di riferimento.
2. Giunzione a flangia estesa a parziale ripristino della resistenza flessionale della trave Nel paragrafo precedente si è fatto riferimento alla “standardizzazione” delle flange e dei bulloni (per i giunti come quello in esame) proposta in Gran Bretagna e riportata nei
documenti SCI_P398 [ 3 ] e SCI_P207 [ 2 ], editi a cura dello Steel Construction Institute. In essi sono indicate per travi UKB [ 5 ] due tipologie relative alla geometria delle flange (una avente spessore pari a 20 mm, l’altra a 25 mm) con passo verticale dei bulloni in zona tesa uguale per entrambe. Sono previsti due soli diametri per i bulloni ad alta resistenza (classe 8.8 – UNI EN 15048 (*)) [ 6 ] [ 7 ] e precisamente: M20 per le flange di spessore 20 mm e M24 per quelle spesse 25 mm. Le dimensioni principali delle flange sono riportate nelle figure 3 e 4. L’accoppiamento delle due tipologie di flange con le travi è indicato nelle tabelle 1 e 2. I citati documenti dello SCI riportano anche le resistenze flessionali di progetto della giunzione in forma tabellare (per un esempio vedi figure 5 e 6) o curve in forma grafica (figura 7). In considerazione del fatto che le caratteristiche dimensionali dei profili UKB e IPE sono molto simili (vedi tabelle 1 e 2 e figura 2), adottando il medesimo criterio di standardizzazione e le medesime dimensioni delle flange proposte in letteratura tecnica inglese con la sola variante del diverso valore per la distanza w tra gli assi verticali dei bulloni (110 mm anziché 90 mm per la flangia larga 200 mm, 120 mm anziché 100 mm per quella larga 250 mm) (**) (figure 3 e 4), sono stati calcolati i valori del momento resistente di progetto dei giunti per le travi IPE. I risultati sono stati ottenuti ipotizzando che: • ci si riferisca ad un collegamento trave-trave o ad un collegamento travi-colonna. In quest’ultima situazione i momenti trasmessi dalle travi siano uguali ed opposti (vedi figura 10) e le dimensioni della colonna (cioè sostanzialmente spessore e larghezza dell’ala) non entrino in gioco nella resistenza della giunzione; • non siano previsti irrigidimenti dell’anima della colonna; • gli acciai strutturali siano S275 e S355. Nelle tabelle 3 e 4 sono riassunti le dimensioni più significative dell’unione, i materiali e il momento resistente del giunto confrontato con quello flessionale della trave IPE. Nelle figure 9a e 9b sono riportati in forma grafica il momento resistente delle travi e quello dei giunti per i profili IPE dal 300 al 600. Il calcolo è stato eseguito con l'ausilio di un foglio elettronico che ha una estensione di oltre 1000 linee di programma (file EXCEL allegato al libro [ 8 ]): il che fa capire quanto complesso sia l'impiego del metodo per componenti. Per le dimensioni dei giunti indicate nelle citate tabelle si veda anche la figura 8. Osservando le tabelle 3 e 4 è interessante rilevare che il momento resistente del giunto ottenuto con l’impiego di flange “standard”, confrontato con quello flessionale della corrispondente trave, varia dal 92% al 71% (IPE 300 – 400, bulloni M20) e dal 91% al 66% (IPE 450 – 600, bulloni M24) per membrature di acciaio S275, e dall’82% al 57% e dal 68% al 47% per quelle di acciaio S355, valori
in linea con quelli presentati in letteratura inglese per i profili UKB. Perché, ad esempio, considerando travi in S275, la connessione dell’IPE 450 porta il 91% del momento massimo della trave e l’IPE 600 solo il 66%? Perché nei due casi le flange e il diametro dei bulloni sono gli stessi e chiaramente perdono efficacia all’aumentare del profilo. Se si volesse mantenere costante la percentuale di resistenza della connessione rispetto al momento massimo del profilo, bisognerebbe cambiare spessore della flangia e anche diametro dei bulloni ad ogni incremento del profilo. Ma questa scelta annullerebbe ogni standardizzazione con i relativi vantaggi per le officine. Le stesse considerazioni si possono fare per spiegare la perdita di portata percentuale della connessione passando dall’acciaio S275 all’S355. Allora conviene avere connessioni con la stessa portata percentuale, ma non standardizzate, oppure connessioni standardizzate, ma con portata che diminuisce al crescere del profilo e/o all’aumentare della qualità dell’acciaio? La risposta che hanno dato gli inglesi è la seconda: meglio privilegiare la standardizzazione dello spessore delle flange e del diametro dei bulloni, perché così la realizzazione costa meno. E se servisse un momento maggiore? Allora, piuttosto che perdere la standardizzazione, è meglio ricorrere a connessioni flangiate con haunch inferiore che consentono di ottenere una portata maggiore (vedi figura 1). Va bene in UK, ma da noi, in Italia, cosa conviene fare? Difficile rispondere a questa domanda. Noi, a differenza degli Inglesi, non abbiamo un'associazione di costruttori interessata a standardizzare,
Fig. 1 | Connessione flangiata con haunch inferiore
* I bulloni 8.8 fabbricati, secondo la UNI EN 15048 e proposti dalle standardizzazioni SCI, sono bulloni non adatti al precarico. Essi vanno bene in connessioni di strutture non sismiche. In caso di strutture soggette a sisma, invece, l’Eurocodice 8 impone il serraggio dei bulloni, quindi la scelta di bulloni adatti al serraggio secondo la UNI EN 14399 [ 9 ], [ 10 ]. ** L’aumento del valore della distanza w per i profili IPE è legata al fatto che il raggio di raccordo tra anima e ala dei profili della serie europea è quasi il doppio di quello dei corrispondenti profili UK e quindi si rende necessario prevedere un maggiore interasse trasversale tra i fori. COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 23
3. Giunzione a flangia estesa a completo ripristino della resistenza flessionale della trave
Fig. 2 | Sezione tipica dei profili IPE e UKB
anche perché la quantità di strutture in acciaio realizzate in Italia è molto inferiore a quelle realizzate oltremanica. Quindi da noi ci si muove in ordine sparso e ogni progettista fa come ritiene più opportuno. Nondimeno, a giudizio di chi scrive, uno sforzo di standardizzazione sarebbe utile anche nel nostro Paese.
Tab. 1 | Dimensioni e aree delle sezioni dei profili IPE e UKB
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Abbiamo visto come le soluzioni a piastra estesa superiormente presentate al paragrafo precedente diano dei tassi di resistenza buoni e nel contempo consentano una certa standardizzazione. Adesso, conservando sempre l’ipotesi che la colonna non costituisca l’elemento debole della giunzione, prendiamo in esame il dimensionamento a completo ripristino della resistenza flessionale della trave, che otteniamo variando opportunamente spessore della flangia di estremità, diametro e classe di resistenza dei bulloni. Anche in questo caso consideriamo l’anima della colonna priva di rinforzi. Gli acciai strutturali delle membrature sono S275 e S355. Le geometrie dei giunti sono illustrate in figura 11. I risultati delle analisi numeriche sono riassunti nelle tabelle 5 e 6. Per le travi IPE 550 e IPE 600 in acciaio S355 non si raggiunge il completo ripristino, avendo imposto il limite di 30 mm per il diametro dei bulloni. È opportuno evidenziare che sono state analizzate solo alcune delle possibili soluzioni geometriche e dimensionali, che rispettano per l’unione la condizione di completo ripristino flessionale della resistenza della trave. Inoltre, i momenti resistenti sono stati calcolati riferendosi ad un collegamento travetrave o ad un collegamento travi-colonna con travi da entrambi i lati che trasmettono momenti uguali ed opposti, situazione nella quale la resistenza a taglio del pannello d’anima della colonna non è dimensionante; in tal caso le dimensioni della colonna (cioè sostanzialmente spessore e larghezza dell’ala) non entrano in gioco nella resistenza della giunzione. Come era del resto implicito in quanto detto prima, per poter raggiungere il completo ripristino, abbiamo dovuto introdurre più diametri di bulloni, diversi materiali per i bulloni e più spessori delle flange, abbandonando sostanzialmente il criterio di una forte standardizzazione.
Tab. 2 | Momenti resistenti plastici a flessione delle sezioni dei profili IPE e UKB
Fig. 3 | Flange “standard”; larghezza = 200 mm, spessore = 20 mm
Fig. 4 | Flange “standard”; larghezza = 250 mm, spessore = 25 mm COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 25
Fig. 5 | Tabella desunta dal doc. SCI_P207 (profilo acciaio strutturale S275, flangia S275, bulloni M20-8.8) per travi UKB 305x165
Fig. 6 | Tabella desunta dal doc. SCI_P207 (profilo acciaio strutturale S355, flangia S275, bulloni M20-8.8) per travi UKB 305x165
Fig. 7 | Rappresentazione del momento resistente M j,Rd dei giunti a flangia estesa per alcuni profili UKB (cfr. SCI_P398) – acciaio strutturale S355 per le travi, S275 per le flange – bulloni M20 e M24, classe 8.8 (UNI EN 15048)
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Fig. 8 | Dettagli del giunto a flangia estesa
Tab. 3 | Momenti resistenti di progetto per i giunti a flangia estesa di profili IPE (acciaio S275) COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 27
Fig. 9a | Rappresentazione dei momenti resistenti di progetto del giunto Mj.Rd confrontati con quelli delle travi Mpl.y.b.Rd (S275)
Fig. 9b | Rappresentazione dei momenti resistenti di progetto del giunto Mj.Rd confrontati con quelli delle travi Mpl.y.b.Rd (S355)
Tab. 4 | Momenti resistenti di progetto per i giunti a flangia estesa di profili IPE (acciaio S355)
4. Confronto tra le possibili soluzioni relative alla colonna per il giunto a flangia estesa Nei paragrafi precedenti abbiamo considerato la connessione flangiata trave-colonna, con estensione della flangia all’estradosso della trave e con 3 file di bulloni in zona tesa, e ne abbiamo investigato la portata, muovendoci tra due esigenze contrastanti tra loro: garantire la massima portata possibile rispetto a quella della trave e standardizzare classe, diametro dei bulloni e dimensioni delle flange. Ma in tutto questo discorso entrava, purtroppo, un “convitato di pietra”, del quale non abbiamo fino ad ora parlato: la colonna. Una connessione flangiata, infatti, serve per trasmettere il momento da una trave (o da due travi) di un telaio ad una colonna. E dunque, la connessione deve essere in grado di far transitare il momento della trave, ma la colonna deve essere in grado di riceverlo. Quali sono i meccanismi di trasmissione degli sforzi attraverso i quali il momento passa dalla trave (o travi) alla colonna? Sono sostanzialmente tre:
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1. l a flessione dell’ala della colonna dal lato dell’ala della trave in trazione e la trazione dei corrispondenti bulloni; 2. lo schiacciamento dell’anima della colonna in prossimità dell’ala della trave in compressione; 3. il taglio sul pannello d’anima della colonna. Il meccanismo (1) dipende dallo spessore dell’ala della colonna che, se è un profilo laminato, non può essere cambiato; se, invece, si trattasse di un composto saldato, allora potrebbe essere scelto per massimizzare la forza che riesce a passare. Se si inserisce un irrigidimento in prossimità dell’ala tesa della colonna, questo dovrebbe far aumentare la portata dell’ala della colonna. Il meccanismo (2) dipende sostanzialmente dallo spessore dell’anima della colonna. Un miglioramento decisivo si ha se si introduce un irrigidimento in prossimità dell’ala compressa della trave, in modo da far passare da esso tutto lo sforzo, evitando di schiacciare l’anima. Un adeguato spessore dell’anima della colonna (ottenuto ovviamente solo impiegando profili composti saldati) può risolvere ugualmente il problema.
Fig. 10 | Giunzioni travi-colonna con flangia estesa soggetti a momenti ug uali ed opposti
Fig. 11 | Flange per giunti a completo ripristino della resistenza flessionale di travi con profili IPE
Tab. 5 | Dimensioni delle flange a pieno ripristino di resistenza a flessione di profili IPE (acciaio S275) COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 29
Tab. 6 | Dimensioni delle flange a pieno ripristino di resistenza a flessione di profili IPE (acciaio S355)
Infine, il meccanismo (3) dipende anch’esso dallo spessore dell’anima della colonna. Di solito è il meccanismo più critico, quello cioè che abbassa la portata della connessione flangiata. L’eventuale uso di irrigidimenti (lato teso e lato compresso), ai quali abbiamo accennato prima, non aumenta che di poco la portata del pannello dell’anima. L’unico intervento che migliora sensibilmente il meccanismo (3) è quello di saldare sull’anima della colonna uno o due piatti di rinforzo oppure di abbandonare i profili laminati e ricorrere ai composti saldati, nei quali l’anima può avere lo spessore che ci serve. C’è da osservare che nei telai non calcolati secondo il Capacity Design, cioè quelli nei quali le connessioni sono calcolate per le azioni date dal calcolo, spesso il dimensionamento è governato dalla loro deformabilità trasversale per le forze del vento o del sisma (in telai appartenenti ad edifici industriali gli spostamenti orizzontali ammissibili possono essere molto bassi). Per limitare tale deformabilità, un metodo efficace è quello di alzare il rapporto tra l’inerzia delle travi e quella delle colonne. Si hanno così travi con momento resistente molto alto rispetto a quello delle colonne, ma verosimilmente con momenti di calcolo più bassi; che la connessione sia penalizzata significativamente dalla colonna potrebbe non essere un problema. Se invece operiamo con il Capacity Design, per cui le connessioni non sono dimensionate per il momento di calcolo ma per il momento plastico delle travi (ulteriormente maggiorato), allora la colonna deve essere in grado di assorbire tale momento. Il capacity design impone di realizzare “colonne forti e travi deboli” e questo, se non aiuta molto a contenere la deformabilità trasversale, aiuta però a non penalizzare la portata della connessione, spingendo all’impiego di colonne che non solo hanno un momento d’inerzia alto, ma anche un’anima spessa per soddisfare il meccanismo (3). Ci si potrà domandare: conviene usare una colonna laminata e dover magari ricorrere a rinforzare i pannelli nei nodi con un piatto saldato o è preferibile usare una colonna composta saldata nella quale si può definire un’anima spessa quanto serve, per evitare
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di saldare i pannelli di rinforzo? Si tratta di una valutazione economica: nel primo caso ci sarà meno acciaio, ma più saldature, nel secondo l’opposto, cioè più peso, ma lavorazioni meno onerose. La scelta va fatta tenendo presente questi aspetti. A tale proposito le tabelle 7, 8, 8bis e 9, riportano un confronto che si ritiene utile tra le seguenti soluzioni per il giunto a flangia estesa (con riferimento alla sola colonna): • colonna con anima non rinforzata (figura 12a); • colonna con irrigidimenti d’anima (figura 12b); • colonna con piatto di rinforzo saldato sull’anima da un solo lato (figura 13a); • colonna a sezione composta saldata (figura 13b). Il calcolo è stato eseguito per giunti relativi a 3 coppie di profili trave-colonna e precisamente: • colonna HEB 200 con trave IPE 300 (tabella 7); • colonna HEB 300 con trave IPE 500 (tabella 8); • colonna HEB 400 con trave IPE 600 (tabella 9). La tabella 8bis mostra i risultati delle analisi numeriche relative alla coppia HEB 300 - IPE 500 nel caso di trave singola (colonna di estremità); le restanti tabelle si riferiscono, invece, al caso di due travi (colonna intermedia). Per tutti i casi si è ipotizzato che colonne, travi e flange siano realizzate in acciaio strutturale S275. Le dimensioni delle flange, il diametro, la classe ed i passi dei bulloni sono indicati nelle relative tabelle. Il confronto è stato proposto in termini di momento resistente della connessione.
5. Esempi di tabelle per il predimensionamento dei giunti con l’uso di flange standard Abbiamo detto che il dimensionamento di una connessione flangiata trave-colonna va fatto secondo il metodo per componenti illustrato nell’Eurocodice 3 parte 1-8. La portata di una connessione flangiata dipende dalla trave, dal tipo (flangia a filo o estesa o con haunch inferiore etc.) e dalla colonna, in particolar modo dal
pannello nodale della colonna, sia perché esso deve consentire il passaggio del taglio, nel quale il momento della trave si trasforma, sia perché non deve schiacciarsi in prossimità dell’ala compressa della trave. Il calcolo di dimensionamento della connessione è molto laborioso, se eseguito manualmente, e perciò richiede lo sviluppo di un foglio di calcolo (o di un programma software) per ogni tipologia di connessione impiegata. Nelle tabelle 7, 8, 8bis e 9, come detto prima, si trovano degli esempi di dimensionamento di connessioni, tutte a flangia estesa superiormente e senza haunch inferiore, per varie coppie di travi e colonne, con diversi valori di portata, a seconda che la colonna sia con o senza irrigidimenti e con o senza pannello aggiuntivo sull’anima. Pertanto, se in un telaio ho scelto come colonna una HEB 300 e come travi (a destra e sinistra della colonna) delle IPE 500, posso utilizzare un foglio di calcolo (o un programma software creato ad hoc) e, agendo su alcuni parametri (irrigidimenti, piatto aggiuntivo sull’anima della colonna) verificare se la connessione è
correttamente dimensionata. Se non mi interessa standardizzare la connessione, posso agire anche su spessore della flangia, diametro del bullone etc. Il procedimento sopra illustrato è quello corretto, ma ha il difetto di non lasciarmi capire come i vari parametri che posso cambiare influenzino il calcolo: devo sostanzialmente andare per tentativi, finché ottengo una soluzione corretta. Gli inglesi dello SCI, nel loro documento [ 2 ], accanto a questo metodo rigoroso avevano proposto un metodo approssimato, basato sullo sviluppo di tabelle che davano, per ogni tipologia di connessione (flangia, flangia estesa, flangia con haunch), le portate lato trave, e di altre tabelle che davano la portata lato colonna. Mettendo insieme i dati dalle due tabelle in modo molto semplice, si arrivava ad un dimensionamento approssimato, ma che aveva il vantaggio di far capire di più il meccanismo di funzionamento di una connessione flangiata e quindi di far fare al progettista scelte più ragionate, invece che farlo agire per tentativi. Che cosa vuol dire trovare le portate lato trave? Vuol dire
Fig. 12 | Giunto senza (a) e con (b) irrigidimenti d’anima per la colonna
Fig. 13 | Giunto con piatto di rinforzo saldato all’anima della colonna (a) e colonna con sezione composta saldata (b) COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 31
Tab. 7 | Confronto tra quattro diverse tipologie per la colonna (senza irrigidimenti (Fig. 12a), con piastra saldata di rinforzo nell’anima (Fig. 12b), con irrigidimenti (Fig. 13a), con soluzione composta saldata della colonna stessa (Fig. 13b)) – Colonna HEB 200 – Trave IPE 300
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Tab. 8 | Confronto tra quattro diverse tipologie per la colonna (senza irrigidimenti (Fig. 12a), con piastra saldata di rinforzo nell’anima (Fig. 12b), con irrigidimenti (Fig. 13a), con soluzione composta saldata della colonna stessa (Fig. 13b)) – Colonna HEB 300 – Trave IPE 500
individuare, per ogni fila di bulloni, il T-stub (formato da una porzione di anima della trave e una di flangia di estremità) corrispondente a ciascuno dei 3 modi di rottura possibili (modo 1: per plasticizzazione della flangia con i bulloni in campo elastico; modo 2: per contemporanea plasticizzazione della flangia e rottura dei bulloni; modo 3: per rottura dei bulloni con la flangia sostanzialmente in campo elastico), e quindi prendere la minore delle 3 portate. Che cosa vuol dire trovare le portate lato colonna? Fare esattamente la stessa cosa lato trave, considerando i T-stub che si formano nella colonna (anima colonna e flangia colonna) e trovando la portata minore delle tre. Le portate delle varie file di bulloni saranno generalmente diverse tra lato trave e lato colonna, perché diversi sono gli spessori in gioco, i raggi di raccordo e/o i cordoni di saldatura, e diversi gli eventuali irrigidimenti che possono irrigidire la flangia e/o l’ala della colonna.
Abbiamo provato a sviluppare delle tabelle nello spirito del lavoro degli inglesi e con le loro stesse ipotesi, limitandoci ad alcuni profili IPE per le travi ed HE per le colonne e a connessioni con flangia estesa e con 3 file di bulloni in zona tesa. È chiaro che, per applicare il metodo a molti più casi, occorrerebbe sviluppare più tabelle, tenendo conto delle altre tipologie di flange e di un numero di file di bulloni superiore a 3, ma questa attività uscirebbe dagli scopi di questo articolo, che è quello di mostrare le strategie di calcolo possibili, senza sviluppare in modo compiuto gli strumenti per attuarle. Sottolineiamo ancora che un metodo del genere, che divide il calcolo lato trave da quello lato colonna, non può che basarsi su una standardizzazione delle connessioni (passi dei bulloni, diametri, etc.). Abbiamo quindi sviluppato, per gli acciai strutturali S275 e S355 e per due diversi tipi di flange standard le seguenti tabelle:
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Tab. 8bis | Confronto tra quattro diverse tipologie per la colonna (senza irrigidimenti (Fig. 12a), con piastra saldata di rinforzo nell’anima (Fig. 12b), con irrigidimenti (Fig. 13a), con soluzione composta saldata della colonna stessa (Fig. 13b)) – Colonna HEB 300 – Trave IPE 500. L’ipotesi è di una sola trave collegata alla colonna diversamente da tutte le altre tabelle che prevedono l’unione con due travi.
10 e 11 per le sole colonne in profili HE; 12 e 13 per le sole colonne in profili HE con le anime rinforzate con un piatto saldato; 14 e 15 per le sole travi e flange. Tutte le tabelle relative alle colonne forniscono le forze di trazione trasmissibili da ciascuna delle tre file di bulloni insieme a quelle di compressione, calcolate nel caso di due travi e di una trave, e a quelle di taglio dell’anima delle colonne. Per quanto riguarda le travi e flange sono indicati solo i valori delle portate a trazione per le tre file di bulloni. Le flange standard prescelte, in linea con quanto in precedenza esposto, sono: • l a prima larga 200 mm e spessa 20 mm con bulloni M20, classe 8.8;
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• l a seconda larga 250 mm, spessa 25 mm con bulloni M24, classe 8.8. I passi delle forature sono quelli mostrati nelle figure inserite nelle citate tabelle. Infine, si precisa che la scelta dei profili delle colonne (serie HE da 200 a 400) e delle travi (serie IPE da 270 a 600) è stata fatta in relazione a quelle che si ritengono le dimensioni di uso più frequente; nel caso delle prime e in particolare per le tabelle 11 e 13 il minore dei profili elencati è l’HE 260, nell’ipotesi che la larghezza della flangia (250 mm) non risulti mai superiore a quella dell’ala della colonna. L’uso delle tabelle è dimostrato negli esempi del paragrafo 6.
Tab. 9 | Confronto tra quattro diverse tipologie per la colonna (senza irrigidimenti (Fig. 12a), con piastra saldata di rinforzo nell’anima (Fig. 12b), con irrigidimenti (Fig. 13a), con soluzione composta saldata della colonna stessa (Fig. 13b)) – Colonna HEB 400 – Trave IPE 600
6. Esempi di predimensionamento delle connessioni flangiate con l’ausilio di tabelle Immaginiamo di dover dimensionare le connessioni mostrate in figura 14: 1. C onnessione delle due travi IPE 500 S275 sulla colonna centrale HEB 300 S275; 2. C onnessione della trave IPE 500 S275 di destra sulla colonna laterale HEB 300 S275. Le piastre di estremità sono piatti di larghezza 250 mm e spessore 25 mm, i bulloni sono M24 - 8.8.
file di bulloni (tabella 16). Il momento portato dalla connessione sarebbe di 497,4 kN maggiore dei momenti di progetto delle travi (100 e 370 kNm). I tre T-stub individuati lato trave, che danno le portate per fila riportate sopra, arrivano a rottura secondo il modo 1, il modo 2 o il modo 3? Difficile distinguere il modo 1 dal 2, guardando semplicemente la tabella, ma è facile individuare la portata del modo 3, quella che governa la resistenza a rottura dei 2 bulloni di una fila. Essa infatti sarà:
Connessione 1. Le due IPE 500 hanno come momenti massimi 100 e 370 kNm; dimensioniamo ovviamente il tutto per il valore maggiore. Andiamo sulla tabella 14 e copiamo le azioni di trazione delle 3
Si vede quindi che la seconda fila è governata dal modo 3, mentre la prima e la terza arrivano alla crisi secondo i modi 1 oppure COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 35
Tab. 10 | Dati relativi alle portate a trazione per le tre file di bulloni e portate a taglio e compressione tutti riferiti alle sole colonne HE prive di irrigidimenti d’anima (acciai S275 e S355), flangia da 200 mm di larghezza (F1tb, F2tb, F3tb = portata a trazione delle 3 file di bulloni; Fcwc1 = portata in compressione anima colonna con 2 travi; Fcwc2 = portata in compressione anima colonna con 1 trave; Vwc = portata a taglio anima colonna)
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Tab. 11 | Dati relativi alle portate a trazione per le tre file di bulloni e portate a taglio e compressione tutti riferiti alle sole colonne HE prive di irrigidimenti d’anima (acciai S275 e S355), flangia da 250 mm di larghezza (F1tb, F2tb, F3tb = portata a trazione delle 3 file di bulloni; Fcwc1 = portata in compressione anima colonna con 2 travi; Fcwc2 = portata in compressione anima colonna con 1 trave; Vwc = portata a taglio anima colonna)
2. È importante individuare le eventuali rotture secondo il modo 3, perché questo è un modo fragile, mentre i modi 1 e 2 sono modi duttili e quindi preferibili. Ma riprenderemo questo concetto a breve. La nostra connessione, dunque, porterebbe 497,4 kNm di momento, se la colonna fosse un profilo con ali ed anima talmente robusti da non costituire essa l’anello debole del problema. Consideriamo
adesso le forze che la nostra colonna, HEB 300 S275, è in grado di portare, come leggiamo in tabella 11 e, fila per fila, consideriamo la forza minima che trave e colonna possono portare e quindi calcoliamo il momento resistente della connessione che tiene ora conto dei contributi sia della trave sia della colonna (tabella 17). Il momento resistente che, lato trave, vale 497,4 kNm si riduce a 421,9 kNm, considerando l’interazione con la colonna, valore che è
Fig. 14 | Caso di calcolo COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 37
Tab. 12 | Dati relativi alle portate a trazione per le tre file di bulloni e portate a taglio e compressione tutti riferiti alle sole colonne HE con rinforzo d’anima saldato (acciai S275 e S355), flangia da 200 mm di larghezza (F1tb, F2tb, F3tb = portata a trazione delle 3 file di bulloni; Fcwc1 = portata in compressione anima colonna con 2 travi; Fcwc2 = portata in compressione anima colonna con 1 trave; Vwc = portata a taglio anima colonna)
comunque maggiore del momento di progetto di 370 kNm. A questo punto bisogna fare una verifica, secondo quanto prescritto dall’Eurocodice 3 parte 1-8 al paragrafo 6.2.7.2(9), e cioè che di file di bulloni che arrivano a rottura secondo il modo 3 ce ne sia solo una al massimo. E ciò, come dicevamo prima, per garantire una
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buona duttilità alla connessione. Il paragrafo citato della norma, entrando nel dettaglio, dice che, se, partendo dalla prima fila di bulloni in alto e scendendo in basso, la resistenza di una fila supera il valore di 1,9Ft,Rd, allora la resistenza di una generica fila inferiore 2Fr deve essere tale che:
Tab. 13 | Dati relativi alle portate a trazione per le tre file di bulloni e portate a taglio e compressione tutti riferiti alle sole colonne HE con rinforzo d’anima saldato (acciai S275 e S355), flangia da 250 mm di larghezza (F1tb, F2tb, F3tb = portata a trazione delle 3 file di bulloni; Fcwc1 = portata in compressione anima colonna con 2 travi; Fcwc2 = portata in compressione anima colonna con 1 trave; Vwc = portata a taglio anima colonna)
dove h è la distanza della prima fila con resistenza non minore di 1,9Ft,Rd, dal centro di compressione (il baricentro dell’ala compressa
della trave), e hr è la distanza della fila r. Se per la generica fila r si trovasse che la sua resistenza supera il valore massimo dato dalla disuguaglianza, allora la resistenza andrebbe fatta uguale a tale valore massimo; se invece avesse un valore inferiore, la si prenderebbe con tale valore. Nel nostro caso le 3 file hanno tutte COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 39
Tab. 14 – Dati relativi alle portate a trazione per le tre file di bulloni riferiti alle sole travi (acciaio S275) ) (F1tb, F2tb, F3tb = portata a trazione delle 3 file di bulloni; Mpl,y,Rd = momento plastico della trave)
Tab. 15 – Dati relativi alle portate a trazione per le tre file di bulloni riferiti alle sole travi (acciaio S355) (F1tb, F2tb, F3tb = portata a trazione delle 3 file di bulloni; Mpl,y,Rd = momento plastico della trave)
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Tab. 16 | Connessione 1 – Trazioni lato trave
Tab. 17 | Connessione 1 - Trazioni lato trave e lato colonna
resistenza inferiore a 1,9Ft,Rd = 1,9 × 203,4 = 386,5 kN; pertanto, non ci sono riduzioni da operare. Che cosa succede all’anima della colonna in prossimità dell’ala compressa della trave? La forza di compressione esercitata sull’ala della trave è pari a 948,7 kN, cioè è ovviamente uguale alla somma delle trazioni. Ma la tabella 11 ci dice che l’HEB 300 porta in compressione, con trave sia a sinistra che a destra, al massimo 851,5 kN. Quindi, in assenza di rinforzi sulla colonna, la portata sarà inferiore a 421,9 kNm. Per trovarla, dobbiamo scalare le forze di trazione, sottraendo da esse: 948,7 – 851,5 = 97,2 kN. Seguendo l’Eurocodice, questa quantità va sottratta alla fila 3, che porterà quindi: 283,4 – 97,2 = 186,2 kN. Il momento resistente allora sarà: 375,5 × 0,532 + 289,8 × 0,432 + 186,2 × 0,342 = = 388,6 kNm > 370 kNm Quindi il momento di calcolo di 370 kNm sarebbe sopportato dalla connessione senza necessità di inserire un irrigidimento sulla colonna in prossimità dell’ala compressa della trave. Se il momento di calcolo fosse stato di 400 kNm, allora avremmo dovuto inserire l’irrigidimento che consente di mantenere la portata in flessione di 421,9 kN. Adesso dobbiamo anche domandarci: che cosa accade al pannello d’anima della colonna? Questo è assoggettato ad un taglio generato dalla differenza tra i momenti di progetto delle sue travi che si collegano alla colonna. Se i due momenti fossero perfettamente uguali, il pannello d’anima non sarebbe soggetto a taglio (a parte gli eventuali tagli derivati dal comportamento a telaio della struttura). Nel nostro caso il pannello è soggetto al taglio generato dal momento: 370 - 100 = 270 kNm Qual è il taglio massimo che l’anima della colonna può portare? Il taglio sopportabile dall’anima dell’HEB 300 (vedi tabella 11) vale 645,5 kN. E qual è quindi il momento massimo, cioè la massima differenza tra i momenti delle 2 travi confluenti sulla colonna, che la connessione può portare? Per trovarla, scaliamo il massimo
taglio compatibile col momento di 421,9 kNm, cioè 948,7 kN, sino ad ottenere 645,5 kN, cioè diminuiamo le forze di trazione delle 3 file di bulloni, partendo dalla terza fila, di: 948,7 – 645,5 = 303,2 kN Le 3 forze di trazione allora diventano: Fila 3: 283,4 – 283,4 = 0,0 kN File 2: 289,8 – (303,2 – 283,4) = 270,0 kN File 1: 375,5 – 0,0 = 375,5 kN Abbiamo cioè azzerato la terza fila e ridotto la portata della seconda, mentre la prima è rimasta inalterata. Allora la differenza di momento compatibile con la portata al taglio del pannello d’anima della colonna è: 375,5 × 0,532 + 270,0 × 0,432 + 0,0 × 0,342 = = 316,4 kNm > 270 kNm Se si va a guardare nella tabella 8, costruita con un foglio excel che applica il metodo “esatto”, si scopre che il momento massimo compatibile con la portata a taglio dell’anima della colonna (senza rinforzi) è di 316,4 kNm, quindi con perfetta coincidenza col metodo approssimato. Quindi la nostra connessione riesce a portare agevolmente la differenza dei due momenti pari a 270 kNm, perché appunto tale differenza è piuttosto bassa. Ma cosa accadrebbe se questa differenza fosse più alta di 316,4 kNm, cosa che per esempio può accadere facilmente per una colonna d’angolo?
Connessione 2. Per rispondere alla domanda precedente, passiamo alla connessione dell’IPE 500 con la colonna laterale HEB 300, per la quale il momento di progetto vale sempre 370 kNm e la differenza di momenti applicati sulla colonna è ovviamente ancora 370 kNm. La portata a momento della connessione, tenendo conto sia della colonna sia della trave, si ricava allo stesso modo di prima (tabella 18). Il momento resistente di 421,9 kNm è maggiore del momento di progetto di 370 kNm. Che cosa succede all’anima della colonna in prossimità dell’ala COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 41
compressa della trave? La forza di compressione esercitata dall’ala della trave è pari a 948,7 kN (cioè è ovviamente uguale alla somma delle trazioni). Ma la tabella 11 ci dice che l’HEB 300 porta in compressione, con trave da un solo lato, al massimo 659,0 kN. Quindi, in assenza di rinforzi sulla colonna, la portata sarà inferiore a 421,9 kNm. Per trovarla, dobbiamo scalare le forze di trazione sottraendo da esse: 948,7 – 659,0 = 289,7 kN. Seguendo l’Eurocodice, questa quantità va sottratta alle file 2 e 3, che porteranno quindi: Fila 3: 283,4 – 283,4 = 0,0 kN File 2: 289,8 – (289,7 – 283,4) = 283,5 kN Il momento resistente allora sarà:
calcolo manuale. Il pannello è dunque sufficiente per consentire alla connessione di portare il momento di 421,9 kNm. Se si applica la procedura rigorosa (tabella 8bis), si vede che la portata della connessione con pannello d’anima è di 374,4 kNm, inferiore di circa il 12% rispetto al 421,9 kNm trovato con la procedura semplificata, ma pur sempre maggiore del momento di progetto pari a 370 kNm. Da notare che l’introduzione del pannello d’anima fa aumentare anche la portata in compressione della colonna da 659,0 kN (tabella 11) a 806,7 kN (tabella 13), che è sempre minore di 948,7 kN. Quindi, se si aggiunge il pannello d’anima, la portata in compressione della colonna aumenta, ma è sempre necessario
Tab. 18 | Connessione 2 - Trazioni lato trave e lato colonna
375,5 × 0,532 + 283,5 × 0,432 + 0,0 × 0,342 = = 322,2 kNm < 370 kNm Quindi il momento di calcolo di 370 kNm non sarebbe sopportato dalla connessione senza inserire un irrigidimento sulla colonna in prossimità dell’ala compressa della trave. Tale irrigidimento consente infatti di mantenere la portata in flessione di 421,9 kNm. Che cosa accade al pannello d’anima della colonna? Il taglio sopportabile dall’anima dell’HEB 300 (vedi tabella 11) vale 645,5 kN, come sappiamo, valore compatibile con un momento massimo sulla connessione di 316,4 kNm < 370 kNm (vedi calcolo connessione 1), quindi in questo caso l’anima della colonna non è in grado di sopportare il taglio applicato. Possiamo rinforzare l’anima saldando un pannello che, come prescritto dall’Eurocodice 3, non può superare lo spessore dell’anima della colonna, quindi il suo spessore può al massimo essere di 11 mm. Il lato del pannello sarà: 300 – 2 × 19 – 2 × 27 = 208 mm Abbiamo cioè tolto all’altezza del profilo lo spessore delle ali e dei raccordi. Allora la resistenza aggiuntiva a taglio, con un pannello 208 × 11 in S275, sarà: Pertanto la resistenza a taglio del pannello rinforzato sarà: 645,5 + 311,4 = 956,9 kN > 948,7 kN
Abbiamo riportato il calcolo manuale, perché semplice e didattico, ma sarebbe bastato andare sulla tabella 15, relativa alle colonne con anima rinforzata, per leggere il valore di resistenza al taglio di 956,8 kN, in ottimo accordo con il valore di 956,9 kN trovato con
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mettere un irrigidimento sulla colonna in corrispondenza dell’ala compressa della trave. Che cosa si potrebbe fare, se il pannello d’anima, sia pur rinforzato, non riuscisse a portare il taglio dovuto? Si potrebbero fare sostanzialmente due cose: passare ad una connessione con haunch inferiore, che alza il braccio di leva tra trazioni e compressione e quindi riduce il taglio sul pannello d’anima oppure cambiare la colonna, prendendo un profilo, laminato o composto saldato, con uno spessore d’anima maggiore. In conclusione, l’esempio svolto fa vedere come, sviluppando delle tabelle relative ai vari tipi di connessione opportunamente standardizzati e divisi tra contributo della trave e contributo della colonna, si possa operare un predimensionamento veloce delle connessioni a momento di un telaio, mantenendo un certo controllo delle variabili in gioco.
Conclusioni Nell’articolo si è esaminato il problema del dimensionamento delle connessioni dei telai a momento, limitandosi a quelle bullonate con flangia estesa superiormente e 3 file di bulloni in zona tesa, il tutto calcolato senza i criteri della Gerarchia delle Resistenze. Basandosi sul lavoro svolto dallo SCI - Steel Construction Institute - in Gran Bretagna, sono stati esplorati i pro e i contro di una standardizzazione nella definizione di tali connessioni: l’uso di soltanto uno e due diametri per i bulloni e di pochi spessori per le flange fa sì che le portate delle connessioni raggiungano una percentuale della portata della trave che collegano tanto minore quanto più grandi sono i profili di trave collegata. Per converso, creare connessioni che risultino a completo, o quasi, ripristino della portata della trave collegata costringe al sostanziale abbandono di ogni criterio di standardizzazione delle connessioni.
Si è quindi investigato il comportamento delle connessioni flangiate in rapporto alla colonna collegata e alla situazione geometrica (connessione di due travi a una colonna centrale o di una sola trave ad una colonna laterale), mostrando come la reale portata di una connessione del genere trattato dipenda anche dalla colonna. Si sono, infine, prodotte delle tabelle, sulla scia di quanto fatto dallo SCI in Gran Bretagna, sempre basate sul metodo per componenti, sia pur limitate a pochi casi, per consentire un predimensionamento manuale e rapido delle connessioni: con questo metodo si riesce a comprendere meglio come le unioni in esame “funzionano”, evitando di affidarsi fideisticamente, senza alcun calcolo preliminare, ad applicazioni software che lasciano il progettista estraneo alla comprensione dei meccanismi di comportamento.
In un prossimo articolo si esploreranno i vecchi procedimenti manuali, precedenti all’introduzione del metodo per componenti, e le analisi numeriche degli elementi finiti, la cui diffusione sta aumentando in questi anni.
8. Ringraziamenti Gli Autori intendono esprimere la loro gratitudine al Prof. Filippo Berto e agli Ingegneri Ettore Gregorelli ed Enrico Tomasi per il qualificato contributo offerto nell’esame del testo. Un ringraziamento particolare va all’Ing. Simone Beggio per i preziosi suggerimenti relativi all’elaborazione dei file excel utilizzati per la stesura delle tabelle.
9. Riferimenti bibliografici [1]
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SCI_P398 - Joints in Steel Construction - Moment-Resisting Joints to Eurocode 3 – Steel Construction Institute - 2013.
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Mutignani, F. - Unioni bullonate e saldate per strutture in acciaio. Concezione e verifica - Maggioli – 2021.
[9]
UNI EN 14399 - 1 - Assiemi di bulloneria strutturale ad alta resistenza da precarico - Parte 1: Requisiti generali - 2015.
[ 10 ] UNI EN 14399 - 2/3/4/5/6/7/8/9/10 - Assiemi di bulloneria strutturale ad alta resistenza da precarico - 2015, 2018.
Francesco Mutignani Laureato in Ingegneria all’Università di Padova, si è occupato nella sua carriera professionale di progettazione di strutture metalliche. Per due lustri è stato responsabile della progettazione nella Galtarossa Padova SpA, all’epoca una delle più importanti carpenterie metalliche italiane; successivamente è stato progettista e consulente per opere di acciaio ferroviarie (soprattutto ponti) in attività nazionali ed internazionali. Docente a contratto nelle Università di Padova e Venezia (Iuav) per più di 10 anni. Ha fatto parte del comitato tecnico TC 11 Composite Structures (Eurocodice 4) di ECCS.
Benedetto Cordova Laureato al Politecnico di Milano in Ingegneria civile ad indirizzo strutturistico. Ha lavorato alla SAE – Società Anonima Elettrificazione, e poi all’ENEL, dove si è occupato della progettazione e realizzazione delle strutture in acciaio per le centrali elettriche. È stato relatore in corsi di aggiornamento per ingegneri organizzati da vari Ordini provinciali, ACAI, ATE, UNICMI, CTA, Politecnico di Milano. È autore o coautore di alcuni testi relativi alle strutture in acciaio, pubblicati da Hoepli, Grafill, Wiley Blackwell. Collabora con la redazione di Costruzioni Metalliche.
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INGEGNERIA
GMNIA - ANALISI NON LINEARE GEOMETRICA E PER MATERIALE CON IMPERFEZIONI PER STRUTTURE IN ACCIAIO (SECONDA PARTE) GMNIA – GEOMETRICALLY AND MATERIALLY NONLINEAR ANALYSIS WITH IMPERFECTIONS FOR STEEL STRUCTURES (SECOND PART) ing. Leonardo Bandini* | CSi Italia
La prima parte dell’articolo è stata pubblicata sul n. 5/2022 di Costruzioni Metalliche. Le figure da 1 a 16 si trovano sulla prima parte dell’articolo. The first part of the article was published in n. 5/2022 of Costruzioni Metalliche. Figures 1 to 16 are found on the first part of the article.
CASO 3: PORTALE PIANO Si proceda, come nel caso 1, a una modellazione a frame della struttura, geometricamente rappresentata da un portale piano e quadrato. Altezza e lunghezza del portale 4000 mm, profilo colonna e trave HEB300 (figura 17). Si introduca una suddivisione automatica dei montanti del portale. Si applichi un carico esploratore di 1 kN in corrispondenza della sommità delle due colonne (consideriamo questo carico come l’unico carico applicato al sistema). Si proceda ad una predizione dei risultati attesi. Utilizzando gli alignment chart, precisamente quelli di figura 2, corrispondenti alla configurazione a nodi spostabili (strutture non controventate) e riferendosi alle equazioni (1), si ha quanto segue. GA=1 (stessa rigidezza della colonna e della trave al nodo superiore); GB=∞ (rigidezza della colonna finita e zero rigidezza trave). Dalla figura 2 utilizzando GA e GB, si ha un K-Factor=2,4. Utilizzando l’espressione di Eulero, riportata in eq. (4), con una L0=2,4 x 4000 = 9600 mm, si arriva ad un carico critico, Ncr=5660 kN. Eseguendo l’analisi di buckling si determina un autovalore di primo modo, αcr= 5644 che, moltiplicato per il carico esploratore, *Corresponding author. Email: [email protected]
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Fig. 17 | Portale piano
restituisce un risultato sostanzialmente coincidente del carico critico.
condizione 0,8EA e 0,8EJ. Si proceda adesso all’analisi GMNIA, in controllo di spostamento. I risultati sono riportati nella figura 18. Valgono le stesse considerazioni di quelle effettuate sul caso 1.
Caso 4: arco a tre cerniere, struttura spingente
Fig. 18 | Risultati di una GMNIA, portale piano
Fig. 19 | Arco a 3 cerniere, struttura spingente
Luce, L=6000 mm; Monta in chiave, H=500 mm; Sezione scatolare quadrata, 200x8 mm; Carico esploratore di 1 kN, in chiave d’arco. Si proceda ad una suddivisione degli elementi frame in 5 parti, di egual lunghezza. Si esegua un’analisi modale e si attribuisca un’imperfezione basata sul primo modo, scalata con una ampiezza massima pari a L/500. Si fa notare che questa volta, a differenza dei casi precedenti, l’imperfezione è stata assegnata su base modale. Il motivo è che l’analisi di buckling restituirebbe due forme distinte per il semi arco di sinistra e quello di destra, mentre l’analisi modale distorce entrambi i semi archi. Anche se non visibile, i nodi dei due semi archi non risulteranno più allineati. Questo corrisponde all’aver dato contemporaneamente un’imperfezione Δ0 ed una δ0. Si effettui una prima analisi di buckling volta a determinare il valore critico del carico applicato. Il moltiplicatore associato al primo ed al secondo modo sono uguali tra loro e corrispondono a: acr,1=acr,2=2500. Questo produce la condizione di Pcr=2500 kN, che corrisponde al raggiungimento di Ncr delle due aste d’arco. Si proceda con analisi GNIA, eseguite sia in controllo di
Fig. 20 | Deformata modale, di primo e secondo modo di buckling
Si proceda adesso come nel caso 1, si applichi un’imperfezione geometrica basata sulla prima forma di buckling con una magnitudo pari a L/500, corrispondente a 8 mm. Si proceda all’inserimento di una cerniera a fibre come quella di figura 13, nell’ultimo concio di colonna, in corrispondenza dell’attacco con la trave. In entrambe le colonne. Si selezionino tutti gli elementi restanti (gli altri conci di colonna e la trave) e si applichi un fattore correttivo delle rigidezze nei termini assiali e flessionali pari a 0,8, in modo che si abbia la
forza che di spostamento. In questo caso, si è voluto procedere anche ad analisi includenti il solo PΔ e Pδ, ed analisi complete, con l’introduzione anche dei Grandi Spostamenti, questo per evidenziarne e commentarne le differenze. Come ultima analisi, è stata condotta anche un’analisi nel dominio del tempo, un’analisi TH. I risultati sono sovrapposti in un grafico riportato nella figura 21. Le analisi in controllo di forza sono state eseguite applicando una forza di 4500 kN, maggiore del Pcr, l’analisi si arresterà al COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 45
Fig. 21 | Risultati analisi su arco a 3 cerniere
valore massimo di carico supportabile. Nelle analisi in controllo di spostamento si è applicato uno spostamento massimo di oltre 1000 mm, monitorando la chiave dell’arco. Come primo risultato, si vede che il carico restituito dall’analisi di buckling (LBA) di 2500 kN non viene raggiunto da nessuna analisi, se non in configurazioni post-critiche (snap through), questo a rafforzare le parole di White, già citate precedentemente. L’analisi a controllo di forza, eseguita con solo PΔ (curva “pdelta” del grafico), in assenza quindi di grandi spostamenti, termina per mancata convergenza al valore critico. La successiva analisi, sempre a controllo di forza, ma in grandi spostamenti (“pdeltaLD” del grafico), perde gradualmente più rigidezza della prima, raggiunge il carico critico e successivamente aggancia la soluzione in configurazione post-critica, plateau di forza, il c.d. snap through. Nella prima analisi in piccoli spostamenti, la perdita di rigidezza ad ogni step dell’analisi, è attribuibile al solo PΔ Si immagini, ad ogni step, l’applicazione di una forza via via crescente. La rigidezza elastica è quella calcolata in piccoli spostamenti, corrispondente cioè all’indeformata. Questa forza produce un incremento dello stato di compressione dei due semi-archi. Questo stato di compressione per effetto di rigidezza geometrica, sottrae rigidezza alla componente elastica, come indicato in eq. (2). Quando si arriva alla condizione per cui la rigidezza elastica è uguale al termine di perdita di rigidezza geometrica, si ha l’azzeramento della rigidezza del sistema (tangenza orizzontale della curva). Si ha in quel punto la perdita della soluzione e l’impossibilità di procedere oltre (siamo in controllo di forza, l’unico modo sarebbe proseguire a forza costante o addirittura inferiore). Nel caso di grandi spostamenti, la seconda curva, si ha una perdita di rigidezza per effetto PΔ ma anche una per effetto del cambio di forma: l’arco si abbassa gradualmente, perde la monta iniziale, quindi la rigidezza del sistema si abbatte. Si sottolinea che, quando l’arco azzera la monta, le tre cerniere sono allineate: questo produce una labilità generale, fino a che l’arco non inverte la forma. Questa labilità, questo attraversamento della configurazione di labilità è proprio lo snap through. Successivamente, nella configurazione post-critica, arco invertito, il carico produce trazione, questo fa aumentare la rigidezza del sistema; ma anche i grandi spostamenti,
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in questa configurazione, producono un ulteriore aumento di rigidezza. Il risultato è che la pendenza della configurazione post-critica (la derivata prima) è maggiore rispetto a quella iniziale. Più si aumenta il carico, più si ha un incremento di rigidezza, ovviamente se non si supera lo snervamento, in tal caso interverrebbe una perdita di rigidezza per materiale, ma questa considerazione non è contenuta in una GNIA, occorrerebbe una GMNIA. Passiamo alla terza curva: la “pdeltaLD-DC”. Nella prima parte della curva si ha una risposta identica a quella precedente. La differenza si ha al raggiungimento del carico critico, raggiunto il quale si ha una diminuzione della forza applicata. Durante l’instabilità, la rigidezza di questi elementi diventa zero, la forza che esercitano in deformazione è quindi nulla, di conseguenza la forza si azzera ed addirittura sembra invertirsi di segno, diventa negativa. Questo apparentemente sembra contrario alla logica ed alla fisica. Certo è un risultato numerico di una condizione complessa, la condizione di attraversamento di una biforcazione. Qual è l’analisi più accreditata per restituire la risposta reale nello stato transitorio, rappresentato dall’instabilità? Senza dubbio l’analisi successiva, quella denominata nel grafico “pdelta-LD-TH”. Questa analisi è un’analisi condotta nel dominio del tempo. Si integrano le intere equazioni di moto derivanti dalla nota espressione seguente.
M̿ ∙ X¨( t) + C̿ ∙ X˙( t) + K̿ T ∙ X(t) = F(t) (5) Dove: M è la matrice di massa; C è la matrice di smorzamento; KT è la matrice di rigidezza totale (somma della matrice di rigidezza elastica e geometrica); F(t) è il vettore delle forze applicate all’istante temporale X¨( t) è il vettore delle accelerazioni al tempo t, X¨( t) è il vettore delle velocità all’istante t; X(t) è il vettore degli spostamenti. La storia temporale della forza esterna è rappresentata da una rampa, raffigurata in figura 22. La curva di risposta presenta l’instabilità, simile a quella ottenuta in controllo di deformazione, con l’inversione delle forze. In questo caso, l’inversione della forza si ha anche nei cicli successivi all’instabilità, il rimbalzo che si ha nella configurazione postcritica. Sono le forze d’inerzia a invertire il segno della forza complessiva. In altre parole, nel momento in cui la struttura si instabilizza, le forze decadono rapidamente ed invertono il segno per effetto delle forze inerziali del sistema. Si vede che la parte di destra di tale curva viene ripercorsa più e più volte durante il rimbalzo. Si denota anche un incremento della forza applicata, quella massima nel plateau della rampa di figura 22. Anche questo è giustificato dall’incremento dinamico.
Fig. 22 | Funzione temporale della forza applicata
Qual è questo K-factor? La struttura è a telaio o controventata? Quanto incide il nucleo di controvento sulla rigidezza complessiva? Quanto quella del sistema telaio? Un’analisi diretta è preferibile, si può approcciare alle verifiche utilizzando una lunghezza libera degli elementi pari alla lunghezza reale dei medesimi. Le analisi includeranno PΔ e Pδ, non sarà necessario calcolare alcun K-factor. Il primo test da eseguire su questa struttura è una LBA, volta a determinare la necessità di analisi del second’ordine. Il primo autovalore dell’analisi di buckling corrisponde ad una forma globale, l’instabilità in direzione longitudinale. In questa direzione si ha la minima rigidezza della struttura, il sistema sismo resistente è governato essenzialmente dalla presenza dei due sistemi telaio di bordo, la presenza degli knee brace non produce un significativo incremento di rigidezza. Il primo autovalore, αcr=8, è minore di 10 (figura 3), quindi viene richiesta un’analisi del secondo ordine. Pur rappresentando una condizione borderline è emerso che effettivamente le analisi condotte con il metodo GNIA e successivamente verificate in resistenza (figura 27) hanno prodotto un aggravio su alcuni elementi rispetto ai risultati sulla stessa struttura analizzata con LA e verificata con ELM (figura 28). Alcuni di questi elementi risultano verificabili con analisi al primo ordine e processo di verifica tradizionale basato su K-factor e metodo ELM, ma non verificabili con il metodo GNIA. Naturalmente nel caso del metodo GNIA si è adottato il coefficiente correttivo delle rigidezze per effetti plastici, 0,8EA e 0,8EJ. Per un confronto dettagliato tra le due condizioni si rimanda ai modelli forniti con il presente articolo.
CASO 5: INSTABILITÀ A TAGLIO DEI PANNELLI DI TRAVE AD ANIMA PIENA
Fig. 23 | Struttura in acciaio con sistema sismoresistente ibrido
CASO 4: STRUTTURA A TELAIO TRIDIMENSIONALE Questo esempio è tratto dal corso del Prof. Don White, “Understanding the AISC Direct Analysis Method of Design”. Si tratta di un telaio tridimensionale complesso, un caso reale. In fondo nella realtà le strutture sono sempre costituite da sistemi ibridi realizzati mediante sistemi a telaio e sistemi controventati. La pianta tipo della struttura in esame è riportata in figura 23, mentre una vista tridimensionale del modello FEM è riportata in figura 24. La domanda che si pone White in questa struttura è se, volendo adottare un metodo semplificato, occorra definire un K-factor per ogni elemento verticale.
Per concludere i casi studio presentati per questo percorso di migrazione da metodi di analisi lineari al primo ordine, LA, a metodi di analisi includenti gli effetti del secondo ordine e non linearità di materiale, GMNIA, si riporta un caso studio che ha il compito di ripercorrere dei test sperimentali condotti sull’instabilità a taglio di travi ad anima piena. Si tratta di un lavoro presentato nell’articolo: “Numerical and experimental investigation on the post-buckling behavior of steel plate girders subjected to shear” di A. Mamazizi, H. Mehri, R. Crocetti. Le prove sperimentali a corredo dell’articolo, sono eseguite su una trave parete ad anima piena, in due configurazioni: con e senza gli irrigidimenti terminali della trave. La modellazione FEM, come sarà riportato di seguito, permette di ripercorre i meccanismi di resistenza (saranno visibili la nascita delle bande diagonali di trazione). Partiamo dalla definizione geometrica della trave oggetto dei test: figure 29-30. COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 47
Fig. 24 | Vista tridimensionale del modello FEM
Fig. 25 | primo autovalore analisi LBA
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Fig. 26 | LBA e test del θ
Fig. 27 | Rapporti Domanda/Capacità - verifica con GNIA
Fig. 28 | Rapporti Domanda/Capacità - verifica LA con ELM COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 49
Fig. 29 | Tabella definizioni geometriche
Fig. 30 |Doppio test trave parete, senza nervature di testa (NPG), con nervature (RPG)
Fig. 31 | Primo autovettore dell'analisi LBA
Dopo la modellazione, avvenuta con le caratterizzazioni di materiali ed elementi finiti, come già descritto, si è proceduto all’applicazione di un carico esploratore di 1 kN in mezzeria. Da un punto di vista vincolare, verificando le condizioni degli appoggi, visibili nelle foto di test, disponibili nell’articolo, si sono disposti carrelli (traslazione longitudinale permessa), in corrispondenza di tutti i nodi di mesh sugli appoggi, e si è vincolata alla traslazione longitudinale, per evitare labilità generali longitudinali, la fila dei
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nodi in mezzeria. Questo è stato possibile a causa della simmetria del problema. Questa disposizione dei vincoli, rispetto alla condizione classica, di appoggio fisso ad una delle due estremità e carrello all’altra, consente di simmetrizzare esattamente la risposta della trave. Successivamente si è inserita un’imperfezione geometrica basata sul primo autovettore dell’analisi di buckling, con ampiezza massima pari ad a/500, visibile in figura 30. Si sottolinea che l’autovettore
Fig. 32 | Curva di risposta Forza-Spostamento, confronto tra FEM e dati sperimentali
Fig. 33 | Deformata al collasso, scala colorimetrica riferita alle deformazioni trasversali in mm COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 51
Fig. 34 | Foto a deformazione completa del test
riguarda entrambi i pannelli d’anima contemporaneamente, una disposizione antimetrica dei vincoli di appoggio (cerniera-carrello) avrebbe prodotto un interessamento di uno solo dei pannelli per forma d’instabilità. Si è poi provveduto ad un’analisi GMNIA eseguita in controllo di spostamento, monitorando l’abbassamento del nodo caricato dal carico P. Come è possibile vedere dai risultati, sia la forma al collasso, per instabilità del pannello d’anima, sia la curva Carico-Spostamento ottenuti dal modello FEM sono uguali a quelli ottenuti per prova sperimentale. Nella figura 31 è riportata la sovrapposizione tra dati sperimentali e simulazione FEM, dove è evidente la perfetta sovrapposizione (sia in termini di rigidezza, di duttilità e di incrudimento).
NON LINEARITÀ COMPLETE IN MEMBRATURE Le analisi GMNIA possono essere utilizzate efficacemente anche per lo studio FEM di singole membrature: nodi, giunti strutturali particolari, porzioni di membrature soggetta a forti deformazioni e sollecitazioni. Un esempio di utilizzo è visibile nella figura 35, nella
Fig. 35 | Esempio di un nodo flangiato modellato in SAP2000
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quale è riportata l’immagine di un modello numerico riproducente un’unione flangiata Trave-Colonna. Al fine di mostrare l’utilizzo di GMNIA in questo contesto e sempre nell’ottica di mostrare un approccio graduale agli strumenti analitici fino a qui presentati, si è voluto riprodurre i singoli meccanismi resistenti, che concorrono alla resistenza ed al comportamento complessivo di un’unione. Quindi, per esempio T-Stub e Block-Shear vengono investigati su modelli costruiti ad hoc. Anche in questi casi i risultati numerici ottenuti sono stati confrontati con quelli sperimentali e quelli ottenuti da note formulazioni di verifica.
Definizioni generali L’approccio è sempre il medesimo dei casi precedentemente descritti. Si parte dalla modellazione geometrica, utilizzando, prevalentemente, gli elementi finiti bidimensionali a strati. Dove necessario si esegue un’analisi LBA atta alla determinazione di forme d’instabilità utili all’inserimento di imperfezioni geometriche iniziali. Oltre agli elementi finiti non lineari, precedentemente
Fig. 36 | Meccanismo T-Stub, configurazione intermedia
descritti, si sono utilizzati elementi per riprodurre il contatto, per esempio elementi NLLINK di tipo gap, presenti nella libreria degli elementi non lineari del codice di calcolo utilizzato. Per un maggior dettaglio si rimanda a guide e tutorial passo-passo, messe a disposizione dallo scrivente.
Meccanismi T-Stub Si sono modellate due elementi a T, inizialmente in contatto con elementi shell non lineari. Le unioni bullonate sono state modellate mediante elementi monodimensionali (frame) con cerniera plastica a fibre per cogliere gli effetti parassita e la plasticizzazione conseguente. Si sono modellati tutti e tre i meccanismi: fragile, intermedio e duttile, secondo la classica nomenclatura dei meccanismi T-Stub. Qui si riporta, a titolo esemplificativo, il caso intermedio, i cui risultati sono stati confrontati sia con prove sperimentali, sia con formulazioni di calcolo manuali (figura 36). Si noti la plasticizzazione delle flange di attacco e dei bulloni soggetti a momento parassita.
Block-Shear
Fig. 37 | Meccanismo resistente Block-Shear, come descritto in EC3
Anche in questo caso (figura 37) si è provveduto ad una modellazione geometrica dell’elemento soggetto a test. Gli elementi finiti ed il materiale sono i COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 53
Figura 38 | Modellazione di un collegamento bullonato, con produzione del meccanismo di Block-Shear.
Fig. 39 | Riproduzione del comportamento di un nodo a momento
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Fig. 40 | GMNIA Dinamica in un controvento EBF
Fig. 41 | Dispositivo ADAS, soggetto a deformazione ciclica COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 55
medesimi di quelli visti fino ad ora. Anche lo strumento analitico è lo stesso: GMNIA in controllo di spostamento. Nell’immagine del modello numerico, nella condizione di collasso, riportato in figura 38, è visibile chiaramente il meccanismo resistente, compreso il fenomeno di strizione a rottura, le sollecitazioni parassita a seguito di un’applicazione del carico eccentrica a quella di truschino, il fenomeno di rifollamento.
geometrica ed imperfezioni geometriche di partenza. A mero titolo di esempio si riportano le immagini di una modellazione di un controvento di tipo EBF (figura 40), con la risposta dinamica ottenuta e quelle di un dispositivo di dissipazione supplementare di energia, ad isteresi metallica, di tipo ADAS (figura 41).
Modellazione FEM di connessione a momento
In questo articolo è stato presentato un percorso didattico allo scopo di condurre verso analisi a non linearità geometrica (GNIA) e non linearità completa (GMNIA). Come noto, in molti casi, risulta necessario (secondo un quadro normativo internazionale) includere gli effetti del second’ordine nell’analisi delle nostre strutture. Le analisi GNIA consentono di mettere in conto correttamente tali effetti e consentono di poter poi approcciare alle verifiche delle membrature, mantenendo una lunghezza libera di inflessione pari a quella della membratura stessa (K-Factor unitari). Possiamo asserire che l’analisi GNIA rappresenta un approccio molto più razionale, rispetto ad analisi LA, seppur affiancate da analisi LBA. Le analisi GMNIA costituiscono la naturale evoluzione del calcolo computazionale delle strutture in acciaio. In conclusione, possiamo dichiarare che, la spinta normativa (AISC, EC3 e NTC) data a questi approcci diretti, basati su analisi FEM, risulta più che motivata da aspetti teorici e sperimentali e sufficientemente supportata dalla nostra comprensione di questi strumenti di calcolo.
Dopo lo studio dei meccanismi separati, si può procedere alla modellazione di interi collegamenti o porzioni di struttura, che saranno governati dall’unione di tutti i singoli meccanismi resistenti. Si vuole qui riportare in modo sintetico la modellazione di un’unione bullonata a momento, soggetta a prova sperimentale. I dati di test ed i risultati delle prove, sono stati gentilmente forniti dalla Prof. Maria Pia Repetto di UNIGE. Si riporta in modo sintetico (figura 39) la modellazione eseguita ed i risultati ottenuti sovrapposti a quelli dei dati sperimentali. Analisi condotta GMNIA a controllo di spostamento.
Studio della risposta a carichi dinamici L’approccio GMNIA può essere utilizzato anche per riprodurre il comportamento della risposta dinamica di una membratura o di una porzione di essa. Le tecniche di modellazione risultano le medesime fino a qui presentate. Le analisi condotte sono analisi dinamiche non lineari, includenti non linearità di materiale e
CONCLUSIONI
Bibliografia (in ordine di citazione) - La bibliografia è riportata alla fine della prima parte dell'articolo.
Leonardo Bandini È laureato in Ingegneria Civile, indirizzo strutture, all'Università di Firenze con tesi sperimentale sul tema della dissipazione supplementare di energia ad opera di controventi dissipativi. Appassionato di metodologie avanzate di protezione sismica delle strutture e di controllo della risposta dinamica delle stesse, inizia da subito collaborazioni con diverse Università. Nel 2003, le esigenze di calcolo lo spingono a fare la conoscenza dell’Ing. Brunetta, con il quale da allora collabora per la diffusione, l’assistenza ed il potenziamento dei programmi di calcolo strutturale prodotti dalla CSi America e per le attività di progettazione strutturale. Socio di CSi Italia srl e dello studio associato Brunetta Bandini. Numerose sono le pubblicazioni che lo riguardano, tutte incentrate sul calcolo, la modellazione numerica e le tecniche di protezione sismica; co-autore della monografia dal titolo “Protezione sismica delle strutture” ed edita CISM. Molteplici anche le consulenze presso altri colleghi, tutte incentrate a risolvere problemi di modellazione numerica ed in generale di calcolo di edifici e di ponti protetti sismicamente, mediante sistemi suddetti, o per lo svolgimento di valutazioni sismiche di strutture esistenti. Attualmente fa parte della commissione strutture del GLIS/ANTEL ed è nel coordinamento scientifico della rivista Lo Strutturista.
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“THE TWIST”: SOLUZIONE 3.0 DI MULTIFUNZIONALITÀ Museo Kistefos, Norvegia, 2019
“THE TWIST”: 3.0 SOLUTION OF MULTIFUNCTIONALITY Kistefos Museum, Norway, 2019
Architect, PhD Anna Dalla Valle* Politecnico di Milano, Department of Architecture, Built environment and Construction engineering Milano, Italy La soluzione è The Twist, un’opera costruttiva che si slancia con un movimento plastico e ricurvo per congiungere gli argini del fiume Randselva e proporsi come naturale estensione del parco delle sculture a Kistefos, in Norvegia. The solution is The Twist, a constructive work that leaps with a plastic and curved movement to join the Randselva riverbanks, as a natural extension of the sculpture park in Kistefos, Norway.
Figura 1 | Vista panoramica di The Twist.
*Corresponding author. E-mail address: [email protected] COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 57
Progettare oltre i limiti convenzionali Un modello iconico e innovativo in ottica di multifunzionalità è il complesso The Twist (figura 1), progettato dallo studio di architettura danese BIG – Bjarke Ingels Group e dalla società di ingegneria strutturale inglese AKT II. Qui, l’architettura non solo assolve alla sua funzione di ponte pedonale coperto, composto dai nuovi spazi espositivi realizzati in sospensione sul fiume, ma addirittura diventa un’opera scultorea, grazie alla forte componente plastica che la contraddistingue. Il connubio tra architettura e arte va quindi oltre, richiamando la bellezza della tridimensionalità in congiunzione alla funzionalità, fino a trasformarsi in un’infrastruttura da vivere. Non è un caso che The Twist appartenga al complesso museale di Kistefos in Norvegia, commissionato da clienti afferenti al mondo dell’arte e sviluppato da progettisti orientati all’innovazione e alla sperimentazione. Da tempo, infatti, si sentiva l’esigenza di creare una struttura museale più grande e moderna, atta a mostrare arte internazionale di alta qualità ormai non più esponibile all’interno del Museo Kistefos esistente. Inoltre, dato che con gli anni il parco delle sculture si era naturalmente espanso a valle, su entrambi i lati del fiume che costeggiano il museo, si avvertiva il bisogno di realizzare un secondo ponte per collegare e chiudere i percorsi. L’idea di fondere queste due esigenze in un unico edificio è stata proposta dagli architetti di BIG, conquistando con i disegni di concept la committenza e innescando il processo di progettazione integrato. Obiettivo era di realizzare il nuovo edificio espositivo tale da fungere anche da secondo ponte nel parco delle sculture, formando un anello continuo lungo le sponde del fiume (figura 2). Nasce così The Twist, perfetta sintesi tra galleria d’arte, ponte e scultura, che trova espressione in un unico complesso architettonico (figura 3). Come allude il nome, la soluzione è data da una semplice
Figura 2 | Vista aerea del complesso museale.
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torsione di 90° del volume dell’edificio, che consente alla struttura di sollevarsi dalla riva inferiore e boscosa del fiume a sud fino alla zona collinare a nord. A circa 3 km a valle di Randsfjorden e 40 km a nord di Oslo, si concretizza quindi un percorso continuo nel paesaggio, ove entrambi i lati dell’opera fungono da ingresso principale, mentre la forma scultorea attraversa il fiume Randselva. Tale espediente consente ai visitatori, dopo aver ammirato nel parco le opere site-specific di artisti internazionali, di apprezzare e attraversare The Twist, quale naturale estensione del parco, accrescendo l’esperienza immersiva degli ospiti e raddoppiando lo spazio espositivo interno di Kistefos. Il nuovo museo di circa 1.000 metri quadrati complessivi si estende per 60 metri attraverso il fiume, configurandosi come una successione di tre spazi espositivi, chiamati: Closed Gallery, Twist Gallery e Panorama Gallery. Accedendo dall’ingresso a sud, i visitatori entrano nello spazio a doppia altezza della Closed Gallery, una galleria priva di luce diurna ma con visuali chiare sull'intero edificio fino all'ingresso nord (figura 4). La Twist Gallery costituisce la parte centrale dell’edificio dove, grazie alla torsione del volume, i soffitti diventano pareti e le pareti si trasformano in soffitti, mettendo in connessione i due spazi espositivi adiacenti. All’estremità nord dell’edificio, si trova invece la Panorama Gallery, contraddistinta da ampie superfici trasparenti che offrono una vista sul fiume e sul paesaggio, mettendo in stretta relazione il visitatore alla natura circostante (figura 5). La grande facciata vetrata a tutta altezza posta a nord, si assottiglia mentre curva verso l’alto fino a formare un lucernario. La diversa angolazione delle finestre determina così la varietà della luce diurna che penetra nel museo, distinguendo nettamente le tre gallerie: un'ampia galleria illuminata naturalmente con vista panoramica sul lato nord; una galleria alta e buia con illuminazione artificiale sul lato sud; e, nel mezzo, uno spazio scultoreo con una lama di luce che filtra dal lucernario. È proprio in questo punto di snodo che si colloca anche l’elemento di distribuzione verticale, una scala in vetro che collega il livello inferiore del museo della Panorama Gallery al livello superiore della Closed Gallery, al di sotto della quale sono presenti le aree di servizio e i servizi igienici (figura 6). Nonostante le differenti quote d’altezza, la possibilità di compartimentare, dividere o unire gli spazi del museo crea condizioni di flessibilità per la programmazione artistica di Kistefos. La torsione determina un’illusione percettiva di linee curve, laddove The Twist è formato esclusivamente da elementi rettilinei accostati l’un l’altro per dare vita al movimento plastico della struttura. Il sistema di involucro è infatti costituito da pannelli in lamiera di alluminio anodizzata, larghi 40 cm e disposti come in un mazzo di carte aperto in modo da formare un ventaglio. Lo stesso principio è utilizzato all'interno con doghe di abete larghe 8 cm che rivestono il pavimento, la parete e il soffitto creando uno sfondo uniforme per le mostre allestite presso Kistefos. All’interno di una struttura così complessa, infatti, l’intento dei progettisti
Figura 3 | Vista dalla sponda del fiume.
era conferire agli ambienti un aspetto quanto più omogeneo possibile, eliminando qualsiasi dettaglio superfluo che potesse distrarre l’attenzione dalle opere d’arte (figura 7). Tutte le superfici di finitura sono state verniciate di bianco, nascondendo l’intero apparato tecnologico dietro il rivestimento in listelli di legno. Il risultato è che, a prescindere dalla direzione di percorrenza, i visitatori sperimentano la galleria ritorta come se camminassero attraverso il diaframma di una macchina fotografica. L’efficacia della progettazione è generare l’illusione di percepire come curve, superfici in realtà perfettamente piane.
Struttura metallica come sintesi strategica Se la torsione può apparentemente sembrare un movimento semplice, in quanto intesa come uno degli sforzi elementari cui può essere soggetto un corpo, essa diventa estremamente complessa quando viene applicata a un edifico. La sfida di realizzare l’effetto di torsione su un corpo edilizio sospeso sul fiume aumenta ulteriormente la complessità intrinseca del progetto, non solo durante le fasi di progettazione ma anche per quanto concerne i lavori di costruzione. L’obiettivo di creare un edificio ibrido architettonico-infrastrutturale-strutturale si concretizza solo tramite un processo di progettazione integrata, coinvolgendo, in questo caso particolare, il team di architetti e strutturisti volti a cooperare in strettissima collaborazione. La sinergia tra architettura e struttura è elemento imprescindibile del progetto, ove la struttura
si manifesta come forma espressiva dell’architettura. In quest’ottica, l’acciaio risulta essere il materiale da costruzione più idoneo per fornire al sistema la rigidità necessaria, conferendo all’insieme un peso minimo (figura 8). La struttura, infatti, si sviluppa come una grande trave reticolare, fabbricata nei suoi elementi base in stabilimento (off-site) e poi semplicemente imbullonata sul luogo di cantiere (on-site). Essa è concepita in senso longitudinale con profili cavi circolari, per risolvere la torsione attraverso l’area di sezione, mentre in senso trasversale con profili aperti, per semplificare le connessioni nodali verso entrambe le estremità. Il sistema poggia su ambo i lati del fiume su un basamento in calcestruzzo armato, irrigidito da contrafforti laterali e ancorato al sotto-strato roccioso tramite pali. L’intelaiatura viene poi completata con una soluzione mista di orizzontamento, costituita da una lamiera metallica con getto in calcestruzzo. In particolare, il corpo museale, che si slancia per congiungere gli argini del fiume, deriva dalla successione di 18 campate, aventi un modulo di 4,80 m per un totale di 86,40 m di lunghezza di cui circa 60 m sospesi sull’acqua (figura 9). In entrambi i lati, le prime sei campate sono dedicate alle sale espositive, contraddistinte da diverse larghezze dovute alla torsione del volume (figura 10). Così la Closed Gallery a sud si configura come un’ambiente più stretto, collocato al secondo piano sopra i locali di servizio e formato in larghezza da un’unica campata strutturale di 8,10 m, alta circa 5,80 m per uno sviluppo lineare di 28,80 m. Tali COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 59
Figura 4 | Pianta Piano Primo.
Figura 5 | Pianta Piano Terra.
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Figura 6 | Modello del complesso architettonico e strutturale.
Figura 7 | Vista interna della galleria. COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 61
Figura 8 | Assonometria del sistema strutturale.
Figura 9 | Prospetti del sistema strutturale.
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Figura 10 | Sezioni del sistema strutturale. COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 63
Figura 11 | Dettagli tecnologico-costruttivi (pre-construction drawings).
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Figura 12 | Vista interna della struttura.
proporzioni cambiano radicalmente a seguito della torsione di 90° del volume per formare la cosiddetta Panorama Gallery a nord, un ampio spazio espositivo completamente privo di pilastri intermedi. Essa presenta una larghezza complessiva di 13,90 m, determinata dall’accostamento in larghezza di due campate di 6,95 m l’una e in lunghezza di sei campate di 4,80 m ciascuna, per un’altezza del volume pari a 6,55 m totali. Lungo tutto il complesso edilizio, la parete muraria, progettata come una lunga trave reticolare, è data dalla successione di pilastri HE e profili diagonali, fissati alle travi principali disposte in senso
longitudinale. Come anticipato, questi profili sono costituiti da tubolari metallici a sezione circolare CHS. In corrispondenza dei pilastri e al centro di ogni campata, la struttura presenta travi secondarie, realizzate con profili HE, su cui viene posata la lamiera grecata completata da un getto in calcestruzzo per formare i solai (figura 11). Poiché le strutture di orizzontamento si estendono su un ponte anziché poggiare su pilastri, le simulazioni di analisi dinamica hanno svolto un ruolo fondamentale al fine di trovare l’equilibrio strutturale con un design capace di attenuare le vibrazioni. COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 65
Figura 13 | Distribuzione dei carichi.
Molteplici sono i temi di interesse sottesi alla produzione del progetto di The Twist, vista la complessità intrinseca di coniugare in un unico sistema architettonico la bellezza dell’arte e della scultura con l’efficienza delle strutture e dei percorsi. La ricerca dell’equilibrio è resa manifesta dall’opera finale, frutto di un’intensa collaborazione tra le diverse parti coinvolte. A testimonianza di ciò, viene di seguito restituito il punto di vista degli ingegneri strutturali di AKT II, il cui contributo è stato cruciale per trasformare l’idea del movimento plastico in realtà.
Intervista agli esperti L’esperienza del progetto The Twist per AKT II nell’intervista con gli ingegneri strutturisti Richard Parker, associate director, Alessandro Margnelli, tecnichal director, e Rob Partridge, design director. 1. La progettazione integrata svolge un ruolo cruciale per ottenere un edificio ibrido architettonico-infrastrutturalestrutturale come The Twist: com’è avvenuta l’interazione tra
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AKT II e BIG? Com’è stato gestito il flusso di lavoro? Abbiamo capito fin dall'inizio che il progetto avrebbe richiesto una specifica capacità di controllare ogni aspetto della struttura in modo tale da poter comprimere e integrare sia il rivestimento, i sistemi MEP e la struttura in un unico involucro. Il progetto è stato concepito nel 2016 dove è stata adottata una soluzione lowtech per lo scambio ed il controllo della posizione degli elementi strutturali. Tra le parti è stata condivisa una definizione di Grasshopper (Rhino) per combinare sia la geometria architettonica che gli elementi strutturali, assicurando che il coordinamento fosse fatto su un approccio preciso e basato su regole. L'approccio è stato altamente automatizzato: una serie di parametri geometrici fondamentali sono stati impostati per essere controllati dall'intero team di progettazione. Tali parametri sono stati i driver chiave del design della forma, all'interno del complesso modello parametrico. Ad ogni modifica di tali parametri, la geometria cambiava e automaticamente il software FEM ad essa collegato,
Figura 14 | Processo costruttivo.
Figura 15 | Vibrazioni da calpestio. COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 67
rieseguiva il modello aggiornato, mostrando l'impatto della modifica proposta. La produzione dei disegni è stata gestita al termine della fase di coordinamento del progetto, eseguendo la geometria, la definizione delle sezioni e le proprietà del materiale tramite Dyanmo in Revit. 2. La forma plastica diventa l’essenza del museo nonché una nuova scultura organica del parco: perché si è deciso di optare per una struttura in acciaio, rispetto ad altre tecnologie costruttive? Quali sono i benefici e quali gli svantaggi della torsione? La struttura intelaiata in acciaio è stata scelta come materiale preferito per via dell'elevato rapporto rigidità/peso che un traliccio in acciaio offriva al team di progettazione (figura 12). La struttura intelaiata in acciaio è stata scelta anche per garantire che potesse essere preassemblata in fabbrica per mitigare il rischio di errori in sito o problemi di tolleranza. Questa struttura leggera ha offerto anche una soluzione temporanea più economica per sostenere il ponte durante la costruzione. La torsione era l'aspetto chiave della percezione dello spazio. Strutturalmente questa forma aggiungeva compressione e tensione negli elementi diagonali che ne formavano le pareti laterali. Questo è insolito per una struttura semplicemente appoggiata e quindi la decisione di sviluppare un sistema di frame spaziali 3D che avesse potuto funzionare bene in tale situazione. 3. La facciata vetrata consente di ottenere una vista panoramica sul lato nord e di mettere in relazione il ponte, il fiume e il paesaggio: che implicazioni ha dal punto di vista strutturale? Come è stato risolto il dislivello esistente tra le due sponde del fiume? La facciata panoramica in vetro rivolta a est lungo il ponte ha fornito una transizione mozzafiato e dinamica della geometria; tuttavia, ha compromesso in modo significativo la rigidità alla flessione della struttura all'estremità nord (figura 13). Abbiamo studiato diverse opzioni per introdurre colonne che lavorassero con le travi come come struttura tipo vierendeel, lungo l'elevazione e soluzioni alternative di risparmio di materiali/costi come le diagonali che sono state infine adottate come schema costruito. I tiranti sono stati selezionati in quanto fornivano il minimo compromesso per le viste panoramiche mentre trasferivano il carico attraverso l'intera profondità della facciata come un sistema di tralicci. The Twist non è un tipico ponte ma è una costruzione ibrida tra un ponte e un edificio. In tal modo comporta problemi per entrambe le tipologie combinate. I ponti hanno movimenti verticali più rilassati, mentre gli edifici richiedono un valore più rigoroso di deflessione verticale. Questo è ancora più importante per le grandi facciate in vetro come la facciata panoramica. Il controllo dei movimenti in quella particolare posizione era un mix di modellazione FE e comprensione della sequenza di costruzione, per adattare correttamente l'elemento strutturale giusto e ridurre al minimo il movimento. 4. Il design elegante ed apparentemente molto semplice si rivela tecnicamente assai complesso da realizzare: come le tecnologie
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digitali hanno consentito di passare dalla geometria alla fabbricazione off-site? Com’è avvenuto il processo di costruzione on-site attraverso il fiume? Fin dalle primissime fasi del progetto abbiamo studiato il terreno, l'accesso e le possibili strategie per costruire il ponte in modo sicuro, rapido ed economico. Abbiamo proposto una piattaforma di costruzione temporanea nel fiume, consentendo così ai lavoratori di rivestire e finire la struttura in sicurezza dopo l'installazione della struttura primaria (figura 14). Abbiamo modellato ciascuna delle connessioni strutturali per garantire che potessero essere combinate all'interno dello stretto involucro di rivestimenti, finiture e condotti di servizio che attraversano l'edificio. L'intera struttura è stata modellata all'interno di una piattaforma BIM fornendo così un trasferimento continuo e coordinato di informazioni dal team di progettazione ai team che eseguono le fasi di costruzione. Come detto precedentemente, a causa delle acque poco profonde del fiume, è stata utilizzata una piattaforma di lavoro temporanea per consentire la costruzione del ponte direttamente sul fiume. Questa è stata l'opzione preferita considerando il costo inferiore e la flessibilità che questa soluzione ha reso in considerazione del complesso sistema di facciata che è stato installato dopo il completamento della sovrastruttura. 5. All’interno la struttura complessa viene trasformata in un ambiente espositivo omogeneo, privo di dettagli superflui al fine di non distogliere l’attenzione dalle opere d’arte: con quali tecniche sono state simulate le vibrazioni da calpestio? Come garantire ai visitatori livelli di comfort adeguati? Abbiamo intrapreso un'analisi delle vibrazioni da calpestio della struttura secondo le linee guida riconosciute dall’industria (figura 15). Un impalcato in calcestruzzo su travi a circa 4,8 m di interasse ha fornito rigidità e massa sufficienti per soddisfare i criteri di risposta in termini di accelerazioni che erano state concordate con il cliente. Era fondamentale garantire che la struttura non sostenesse vibrazioni sgradevoli o fastidiose quando qualcuno camminasse davanti a una persona ferma ad osservare un'opera d'arte. La sofisticata modellazione FE nel tempo e nella frequenza ha consentito al progetto di essere accurato mantenendo la giusta proporzione tra massa e rigidezza.
Ringraziamenti Si ringrazia per le informazioni di progetto e la documentazione tecnica lo studio di ingegneria strutturale AKT II. In particolare, Federica Taglietti, per il supporto e i contatti diretti con gli esperti, mentre per la disponibilità a rilasciare l’intervista: Richard Parker, Alessandro Margnelli, Rob Partridge ed il design team strutturale di AKTII: Serena Vinciguerra e James Magbanua. Si ringrazia inoltre lo studio di architettura BIG – Bjarke Ingels Group per le informazioni architettoniche di progetto.
Riferimenti bibliografici
[1] Bachmann, H., Ammann, W., 1987. Vibration in structures: induced by man and machines. International Association for Bridge and Structural Engineering, IABSE Publication, vol. 3. [2] ISO 10137:2007. Serviceability of buildings and walkways against vibrations. [3] IStructE Joint Working Group, 2008. Dynamic performance requirements for permanent grandstands subject to crowd action: recommendations for management, design and assessment. The Institution of Structural Engineers. [4] Paoletti, I., 2012. AKT II: progettazione avanzata di strutture in acciaio. Costruzioni Metalliche, novembre-dicembre 2012. [5] Smith et al., 2009. Design of Floors for Vibration: A New Approach. The Steel Construction Institute, SCI Publication P354.
Credits Anno: 2019 Luogo: Jevnaker, Norvegia Committente: Kistefos Museum Progetto architettonico: Bjarke Ingels Group – BIG Progetto strutturale: AKT II Produttori: din Sicherheitstechnik, Aloxide by Coil
Anna Dalla Valle Architetto, PhD e ricercatrice presso il LifeCycleTEAM del Dipartimento ABC, Politecnico di Milano. Si occupa di sostenibilità ambientale e di ottimizzazione delle risorse in ottica di economia circolare nel settore delle costruzioni.
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INGEGNERIA
CONSOLIDAMENTO DEL PONTE LUNGO LA SP17 NEL COMUNE DI BEVERINO (LA SPEZIA) CONSOLIDATION OF THE BRIDGE ALONG SP17 IN THE MUNICIPALITY OF BEVERINO (LA SPEZIA) Ing. Nicola Brizzi1, Ing. Manuel Martini1, Ing. Davide Bellegoni1, Ing Giulio Baiardi1 Ing. Ph.D. Ada Zirpoli2*, Ing. Stefano Farina2 1 Società Fabrica Scrl; 2Harpaceas s.r.l.
Il presente articolo tratta del progetto di consolidamento del ponte esistente lungo la SP17 in località Cavanella di Vara nel comune di Beverino (La Spezia). La struttura esistente risale al 1972 con struttura a cassone in c.a.p. a cavi post tesi. Il lavoro, ad oggi ancora da realizzare, si è focalizzato sul consolidamento dell’impalcato del ponte che ha mostrato segni di carenze strutturali e di degrado. Per l’esecuzione dell’incarico, per prima cosa, è stata reperita la documentazione progettuale presso gli uffici della Provincia della Spezia. Partendo da quanto reperito è stato realizzato il modello tridimensionale del ponte che, per quanto riguarda la parte grafica, è stato svolto con il software BIM Tekla Structures mentre per la parte di calcolo FEM con modello realizzato mediante MIDAS Gen. Si è proceduto, successivamente, ad eseguire l’analisi strutturale del ponte esistente da cui sono emerse criticità rilevanti, soprattutto a taglio, che, in aggiunta allo stato di degrado in cui versa l’impalcato, hanno suggerito la sostituzione dello stesso con un nuovo impalcato metallico con struttura mista in acciaio-cls con 4 travi longitudinali. Le pile e le spalle, al contrario, non presentano sintomi di degrado né hanno manifestato problematiche per quanto riguarda la resistenza strutturale; è stato, pertanto, deciso di mantenerle in opera e poggiare sopra esse il nuovo impalcato isolandolo mediante isolatori elastomerici in gomma armata. L’unico intervento previsto sulle pile è il rinforzo dell’attuale pulvino poiché l’appoggio delle nuove travi non coincide con quello del vecchio impalcato a cassone. This paper deals with the consolidation design of the existing bridge along the SP17 in Cavanella di Vara in the Municipality of Beverino (La Spezia). The existing structure dates back to 1972 with a caisson structure in c.a.p. with post tensioned cables. The work, still to be carried out to date, focused on consolidating the bridge deck which showed signs of structural deficiencies and degradation. For the execution of the assignment, first of all, the project documentation was found at the offices of the Province of La Spezia. Starting from what was found, the three-dimensional model of the bridge was created which, as regards the graphic part, was carried out with the Tekla Structures BIM software, while for the FEM calculation part with a model created using MIDAS Gen. Subsequently, a structural analysis of the existing bridge was carried out, from which significant critical issues emerged, especially in shear, which, in addition to the state of degradation of the deck, suggested replacing it with a new metal deck with mixed steel-concrete structure with 4 longitudinal beams. The piers and abutments, on the other hand, do not show any signs of deterioration nor have they shown problems in terms of structural strength; it was, therefore, decided to keep them in place and rest the new deck on top of them, isolating it by means of reinforced rubber elastomeric insulators. The only intervention envisaged on the piers is the reinforcement of the current pulvinus, since the support of the new beams does not coincide with that of the old caisson deck. *Corresponding author. Email: [email protected]
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Fig. 1 | Vista del ponte
1. Introduzione – La struttura esistente
Fig. 2 | Appoggio delle travi cassone sopra le pile
Fig. 3 | Mensole che dipartono dai tratti in appoggio sulle pile
Il ponte, realizzato nei primi anni Settanta (19721973) su progetto dell’Ing. Sergio Musmeci, permette l’attraversamento dell’alveo del fiume Vara e del relativo tratto golenale garantendo il collegamento tra la Val Graveglia (lato Beverino) e la Val di Vara (lato Cavanella Vara). Allo stato attuale l’impalcato si estende su 5 campate di luce pari a 30,75 m, ad eccezione delle campate di riva che hanno luce 24.60 m. La lunghezza complessiva del ponte è pari a 166 m. Come si può vedere dalla figura 1, le campate sono tutte della medesima lunghezza. Lo schema statico è quello di campate a travata isostatica, formate da elementi prefabbricati in cemento armato precompresso con sezione a doppio cassone. I cassoni sono precompressi longitudinalmente mediante cavi scorrevoli post tesi. Le travate (figura 2) poggiano sopra pile costituite da telai spaziali in cemento armato formati da 4 colonne ottagonali iscrivibili in un rettangolo 80x80 cm, collegate tra loro da travi longitudinali di sezione pari a 50x80 cm e da travi trasversali (pulvini di appoggio dell’impalcato) di sezione 50x100 cm. L’interasse tra i pilastri costituenti la pila è pari a 5,90 m in senso trasversale e 6,15 m in senso longitudinale. Da ciascuna pila (figura 3) dipartono tratti di travata a doppia mensola, di lunghezza complessiva pari a 18,45 m, con sbalzi di luce 6,15 m. La precompressione degli sbalzi è realizzata in opera mediante cavi annegati nella soletta superiore. In sede di ispezione sono stati individuati evidenti segni di degrado in corrispondenza dell’intradosso dell’impalcato (figura 3) che si manifestano con marcate fessurazioni diagonali in prossimità COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 71
Fig. 4 | Sezione longitudinale ponte
Fig. 5 | Sezioni delle pile
Fig. 6 | Sezioni delle pile
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Fig. 7 – Armatura cassone campata
Fig. 8 | Modello FEM (elementi plate)
delle giunzioni a sella Gerber. Tali lesioni testimoniano le gravi criticità della struttura nei confronti delle azioni di taglio come dimostrato dall’analisi FEM che è stata condotta. La campagna di indagini effettuata ha confermato le criticità ed evidenziato una situazione di degrado molto più grave di quanto ipotizzabile in via preliminare. Non si rilevano, al contrario, criticità evidenti sulle pile, che si presentano ben manutenute (figura 2). L’immagine di figura 4 estratta da una tavola del progetto originario, riporta la sezione longitudinale del ponte. Le tavole riportate nelle figure 5 e 6 raffigurano invece la carpenteria delle pile. L’armatura delle travi prefabbricate in campata è estratta dalla tavola rappresentata in figura 7.
2. La modellazione strutturale – Struttura esistente La modellazione della struttura è avvenuta partendo dagli elaborati reperiti presso l’ufficio sismica della Provincia della Spezia. Per confermare la bontà di quanto riportato negli elaborati sono stati effettuati vari sopralluoghi in situ da cui è emersa la perfetta corrispondenza tra quanto rappresentato negli elaborati grafici
reperiti e quanto realizzato. I sopralluoghi, come anticipato, hanno mostrato, in particolare, segni di degrado nell’impalcato e lesioni a taglio in corrispondenza delle selle Gerber. Sono stati messi a punto due modelli agli elementi finiti della struttura esistente, uno con l’impalcato realizzato con elementi plate e uno con l’impalcato realizzato con elementi beam; con questi due modelli sono state analizzate le zone in corrispondenza delle selle Gerber, oltre alla verifica a flessione e a taglio (figure 8-9). Le sollecitazioni massime in mezzeria e agli appoggi risultano pertanto (figura 10): MEd- = -13024 kNm [massimo momento negativo] MEd+ = 8149 kNm [massimo momento positivo] La struttura non è risultata verificata per il momento negativo, mentre le verifiche a momento positivo hanno avuto esito positivo. Le sollecitazioni taglianti massime agli appoggi e sulla sella Gerber risultano pertanto (figura 11): VEd,appoggio = 2751 kN [taglio massimo sollecitante all’appoggio] VEd,gerber = 1967 kN [taglio massimo sollecitante in prossimità delle selle Gerber]
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Fig. 9 | Modello FEM (elementi beam)
a. Verifica a flessione
Fig. 10 | Diagramma del Momento Flettente – Inviluppo
b. Verifica a taglio
Fig. 11 | Diagramma del Taglio – Inviluppo
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L’armatura a taglio è costituita da 4 barre ϕ8/28 cm. VRd,appoggio = 866 kN VRd,Gerber = 866 kN Le verifiche sono risultate ampiamente non soddisfatte.
3. La modellazione strutturale – La struttura nuova Il progetto (figura 12) prevede la realizzazione di un nuovo impalcato a travata continua con sezione mista acciaio-calcestruzzo composta da quattro travi a sezione composta saldata appoggiate su pile e spalle per un totale di n. 40 apparecchi di appoggio (8 per ogni pila e 4 per spalla). In corrispondenza degli appoggi sono stati introdotti isolatori elastomerici per limitare le azioni orizzontali sulle sottostrutture esistenti. Il nuovo impalcato metallico si svilupperà su una lunghezza complessiva di circa 166 m e sarà composto da n. 4 travi in acciaio S355J2W. Ogni trave è suddivisa in conci, denominati “Concio A – B – C – D” di lunghezze e sezione variabili. I vari conci saranno saldati tra loro in opera. Il “Concio A” (figura 13), Connessione Spalla-Pila, avrà una lunghezza complessiva di 17,45 m, con un’altezza costante pari a 950 mm. Il “Concio B” (figura 14), Connessione Pila-Spalla, avrà una lunghezza complessiva di 10,225 m, con un’altezza variabile da 950 a 1200 mm.
Il “Concio C” (figura 15), Connessione Pila-Campata, avrà una lunghezza complessiva di 10,225 m, con un’altezza variabile da 1200 a 800 mm. Il “Concio D” (figura 16), Trave Campata, avrà una lunghezza complessiva di 16,45 m, con altezza costante di 800 mm. Si riportano, in figura 17, le sezioni delle travi composte in acciaio S355J2W. Si precisa che la Trave di altezza pari a 1200 mm presenta un irrigidimento dell’anima mediante l’inserimento di un profilo angolare di sezione L120x80x10. Le travi a sezione composta saranno dotate di n. 3 Pioli Ø22 ad un passo costante di 25 cm e di altezza pari a 15 cm. Per la realizzazione dell’impalcato metallico è stato previsto, inoltre, l’inserimento di controventi (figura 18) inferiori e superiori mediante l’utilizzo di profilati metallici angolari di sezione L60x40x6. A concludere le strutture in acciaio, ogni concio sarà collegato mediante traversi di Sezione HEA 300 a passo 3,075 m. In corrispondenza degli appoggi sulle Spalle e sulle Pile i traversi di collegamento saranno realizzati con travi a sezione composta di altezza rispettivamente pari a 950 e 1200 mm. I controventi superiori di montaggio previsti per le fasi di posa delle Lastre Predalles, si svilupperanno per tutta la lunghezza del ponte, mediante profili singoli di sezione L60x40x6 con disposizione a croce di Sant’Andrea; solo in corrispondenza delle unioni tra conci
Fig. 12 | Nuovo impalcato
Fig. 13 | Concio A – Lunghezza 17,45 m – Peso Circa 17.700 kg
Fig. 14 | Concio B – Lunghezza 10,225 m – Peso Circa 14.800 kg COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 75
Fig. 15 | Concio C – Lunghezza 10,225 m – Peso Circa 12.500 kg
Fig. 17 | Sezioni di progetto delle travi in acciaio
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Fig. 16 | Concio D – Lunghezza 16,45 m – Peso Circa 13.600 kg
Fig. 18 | Controventi L60x40x6
Fig. 19 | Irrigidimento travi in corrispondenza degli appoggi
differenti verranno inseriti anche dei collegamenti perpendicolari mediante profili accoppiati sempre di sezione L60x40x6. In corrispondenza degli appoggi si realizzeranno nervature (figura 19) mediante piastre in acciaio. Tutti i collegamenti delle travi saranno saldati in officina, ad eccezione della connessione tra i vari conci che sarà realizzata in
opera. Il collegamento tra i traversi HEA300 sarà eseguito in quota mediante un giunto bullonato, lo stesso per il collegamento dei controventi, anch’esso bullonato. I controventi inferiori (figure 20-21), disposti a croce di Sant’Andrea, verranno realizzati solamente in prossimità degli appoggi sulle pile laddove il momento è negativo e potrebbero esserci problemi di instabilità sull’ala inferiore; solo in corrispondenza delle unioni tra conci differenti verranno inseriti anche dei collegamenti perpendicolari mediante profili accoppiati sempre di sezione L60x40x6 Allo stato attuale la struttura è vincolata in semplice appoggio sopra le pile. Allo stato di progetto vengono inseriti i vincoli riferiti agli isolatori elastomerici previsti. Tali vincoli, data la tipologia di isolatore, prevedono una rigidezza orizzontale delle molle inserite nel modello FEM variabile da un’azione all’altra. Con il software MIDAS Gen è stato possibile, COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 77
Figura 20 | Controventi inferiori L60x40x6 accoppiati
Fig. 21 | Controventi inferiori L60x40x6 accoppiati
Fig. 22 | Finestra di impostazione di una "Boundary change" in Midas Gen
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Fig. 23 | Modello solo acciaio (Tekla)
all’interno della singola analisi, inserire differenti condizioni di vincolo e successivamente sommare gli effetti con il principio di sovrapposizione. Per tenere conto della differenza di vincolo in funzione dell’azione si utilizza la funzione “Boundary Change” di MIDAS Gen mediante la quale si può assegnare una differente rigidezza elastica alle molle in funzione dell’azione sollecitante (figura 22). La modellazione dell’impalcato nella situazione di progetto è stata eseguita utilizzando elementi monodimensionali tipo beam per travi, cordoli e pilastri ed elementi bidimensionali tipo plate per le solette. Per collegare tra loro gli elementi sono stati utilizzati degli elastic link di tipo rigido. L’impalcato è modellato con lo schema statico di trave continua. Gli isolatori elastomerici sono schematizzati con vincoli di semplice appoggio infinitamente rigidi nei confronti delle azioni verticali. Nel piano, la rigidezza del vincolo è funzione dell’azione sollecitante come descritto in precedenza. L’impalcato del ponte è di tipo a sezione mista acciaio – calcestruzzo; per l’analisi strutturale verranno quindi esaminate le 3 fasi esecutive, ovvero: Fase 0: Getto della soletta La sezione resistente è composta dalla sola struttura in acciaio (figura 23). I carichi agenti sono il peso proprio delle strutture metalliche e il peso del getto della soletta in calcestruzzo.
Fase 1: Getto maturo – Azioni permanenti - (a lungo termine) Si considera (figura 25) un coefficiente di omogeneizzazione acciaio–cls pari a 15. Le azioni sono quelle permanenti dovute al peso della pavimentazione, dei marciapiedi, dei sicurvia e dei parapetti. In aggiunta si hanno i carichi legati all’azione del ritiro del calcestruzzo. Fase 2: Getto maturo – Azioni variabili - (a breve termine) Si considera un coefficiente di omogeneizzazione acciaio–cls pari al rapporto dei moduli elastici ovvero Es/Ec ≈ 6. Le azioni sono quelle accidentali dovute alle azioni eccezionali. In particolar modo, al transito dei veicoli, alle azioni del vento, termiche, della neve, della folla compatta. Sono stati, pertanto, implementati 3 distinti modelli corrispondenti alle tre fasi esecutive. Le sollecitazioni derivanti dall’analisi sono poi state combinate linearmente in fase di verifica mediante un foglio di calcolo. Per tenere in considerazione la collaborazione della soletta in calcestruzzo, il modello per le fasi 1 e 2 è stato realizzato considerando nelle zone a momento negativo la sola trave metallica mentre nelle zone a momento positivo è stata modellata la sezione composta tenuto conto della larghezza collaborante della soletta in calcestruzzo. L’analisi della struttura è stata condotta in campo elastico lineare statico e dinamico. Per quest’ultimo caso (fase sismica) è stata effettuata un’analisi dinamica lineare modale con spettro COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 79
Fig. 24 | Modello solo acciaio (Midas Gen)
Fig. 25 | Sezione mista acciaio-cls (Tekla)
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Fig. 26 | Sezione mista acciaio-cls (Midas Gen)
Fig. 27 | Sezione longitudinale dell'impalcato
di risposta combinando gli effetti mediante la combinazione quadratica completa (CQC). La combinazione degli effetti dei vari carichi, come esposta poco sopra, è avvenuta in campo lineare andando a sommare algebricamente gli effetti derivanti dai vari modelli. Le figure 24-26 rappresentano il modello di calcolo FEM. I modelli della fase 1 e 2 sono graficamente uguali (figura 26),
con la sola distinzione dei parametri relativi al coefficiente di omogeneizzazione acciaio – cls che, come detto sopra, passa da 15 a 6. Le immagini in figura 26 rappresentano una vista del modello di calcolo da sotto. La sezione dell’impalcato varia lungo l’asse longitudinale e in funzione della fase considerata (figura 27). COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 81
Fig. 28 | Sezione di mezzeria - campata centrale - trave interna
Tabella 1
Di seguito si riporta, a titolo di esempio, la verifica di una trave (vengono omesse dal presente articolo le altre travi): Sezione di mezzeria - campata centrale - trave interna (figura 28) La verifica è stata condotta sulle sezioni più significative. Si riportano in tabella 1 i dati in forma tabellare delle sollecitazioni e delle combinazioni delle azioni allo SLU suddivisi per sezione di verifica. In aggiunta è riportata la verifica effettuata in campo elastico.
modellazione FEM con MIDAS Gen. Con quest’ultimo sono stati realizzati 3 distinti modelli per le varie fasi di costruzione, fase 0 (solo acciaio e getto della soletta in c.a.), fase 1 (sezione mista con azioni a lungo termine) e fase 2 (sezione mista con azioni a breve termine). L’analisi è stata condotta in campo elastico lineare statico e sismico. Le sollecitazioni sono state, quindi, combinate con il principio di sovrapposizione degli effetti mediante un foglio di calcolo, analizzando diversi punti della sezione della trave.
4. Conclusioni
5. LE NUOVE LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DEI PONTI ESISTENTI
L’articolo ha presentato il progetto di consolidamento del ponte sulla SP17 in località Cavanella Vara nel comune di Beverino (La Spezia). Il progetto di consolidamento è relativo a un ponte eretto nei primi anni ’70 del secolo scorso. Il ponte esistente presenta pile a cavalletto in c.a. e una sezione a doppio cassone in c.a.p. a cavi post tesi. L’impalcato è l’elemento critico del ponte esistente poiché ha manifestato gravi segni di degrado e lesioni a taglio in corrispondenza delle selle Gerber. L’analisi FEM condotta con il software MIDAS Gen ha permesso di individuare chiaramente le problematiche ed ha portato all’intervento di consolidamento che prevede la sostituzione dell’intero impalcato a cassone con uno metallico a sezione mista acciaio-cls. Le sottostrutture, contrariamente, non hanno manifestato particolari segni di degrado e sono state mantenute. Al fine di limitare le azioni sulle sottostrutture, il nuovo impalcato è collocato sopra isolatori elastomerici in gomma armata. Per effettuare l’analisi della struttura esistente è stato svolto un lavoro di ricerca degli elaborati progettuali presenti presso l’ufficio zone sismiche della provincia della Spezia, è stata, quindi, verificata in situ la corrispondenza tra gli elaborati e il costruito. Il progetto del nuovo impalcato ha visto la modellazione delle strutture metalliche con il software BIM Tekla Structures e la
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Il 6 maggio 2020, l’assemblea generale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha approvato le Linee Guida per la classificazione e la gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti. Harpaceas ha sviluppato uno strumento software interoperabile, denominato PontiSicuri, che implementa le principali richieste delle LL.GG. UN PROCESSO INTEROPERABILE Nell’ambito della procedura proposta dalle LL.GG., le attività ispettive costituiscono il primo step di indagine e si concludono con la categorizzazione dell’opera. Per la classe di attenzione Medio-Alta ed Alta le Linee Guida suggeriscono di adottare un approccio totalmente interoperabile, che preveda l’applicazione della metodologia BIM in tutte le fasi della riverifica e da parte di tutte le figure professionali coinvolte. Una volta calcolata la CdA, sulla base delle informazioni relative alla documentazione originaria, viene condotta una ricerca volta a recuperare i dati georeferenziati relativi all’area di progetto. Nella piattaforma BIM infrastrutturale Trimble Quadri, i dati del terreno
Tabella 1 | segue
Fig. 29 | Esempio di scomposizione WBS, automatizzata mediante il WBS Controller COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 83
dell'intera provincia sono triangolati limitatamente alla specifica area di interesse. È possibile sfruttare il link diretto con l’ambiente di condivisione dati Trimble Connect per trasferirvi la modellazione del territorio, da usare come base di riferimento georeferenziata per la successiva modellazione strutturale del ponte. Per la modellazione BIM strutturale, il pacchetto PontiSicuri prevede l’utilizzo del tool Bridge Creator, plug-in del modellatore strutturale Tekla Structures, che supporta lo specialista BIM nella modellazione di diverse tipologie di ponti. Una volta terminato, il modello viene poi condiviso attraverso il servizio Tekla Model Sharing per consentire a tutti i BIM Specialist e Coordinator di lavorare sullo stesso modello in tempo reale. Una volta condiviso il modello, è possibile preparare all’interno di Tekla Structures tutti gli attributi Utente personalizzati necessari per accogliere la WBS di progetto e la classificazione degli oggetti. Il pacchetto PontiSicuri è corredato da uno strumento specifico, chiamato WBS Controller, sviluppato per Tekla Structures da Harpaceas. Successivamente, in Trimble Connect viene realizzato un progetto dedicato in cui sono caricati tutti i dati disponibili, cosicché tutti gli Stakeholder (ciascuno secondo specifici accessi/autorizzazioni) possano fare affidamento su un database attendibile e unico dei processi di ispezioni, rilievo, controllo strutturale, gestione, manutenzione, etc. Harpaceas ha, inoltre, sviluppato un plug-in per Trimble Connect denominato Document Controller, che garantisce sulla piattaforma collaborativa il caricamento e il collegamento di documenti ai singoli oggetti del modello. Infine il modello georeferenziato viene importato in Trimble Connect da Tekla Structures insieme al contesto geograficoterritoriale, a sua volta importato dalla piattaforma collaborativa infrastrutturale, Trimble Quadri. La visualizzazione del modello in Trimble Connect permette di verificare i dati provenienti dalle varie discipline, soprattutto in termini di mutue interferenze. Ultima, ma non meno importante, è l'esportazione del modello da Tekla Structures verso il software FEM scelto per il calcolo, che può avvenire tramite un’interoperabilità aperta e fruibile da tutti, l’approccio openBIM, esportando il modello in formato IFC di tipo
Analysis Domain. In alternativa, Tekla Structures è dotato anche di link diretti con i più diffusi programmi di calcolo presenti sul mercato. I risultati delle analisi strutturali possono infine diventare parte integrante del modello BIM, associando i report di verifica ai singoli elementi dell’opera all’interno dell’ambiente di condivisione dati tramite il plug-in Document Controller. Un flusso di lavoro BIM digitale, visto essenzialmente come archivio informatico interattivo ed interoperabile, può supportare il Professionista nelle diverse attività descritte dalle LL.GG.: raccolta dei dati, determinazione della classe di attenzione, modellazione, georeferenziazione, integrazione e condivisione dei dati, gestione dei documenti, classificazione strutturale, generazione e organizzazione di WBS, analisi FEM. Grazie all’uso del BIM applicato ai ponti è possibile effettuare analisi strutturali più accurate, garantendo: • una gestione più efficace delle informazioni storiche sui materiali; • una gestione più efficace per la collaborazione ispettiva/ manutentiva; • una banca dati documentale e cronologica unica; • una base dati adatta all’estrazione dei modelli di calcolo necessari; • l’integrazione con le piattaforme di condivisione dati del gestore dell’opera; • la disponibilità comparativa dei dati di rilievo; • un modello 3D navigabile per integrazione in real time in cantiere.
6. Ringraziamenti Si ringrazia la società Fabrica s.c.r.l. per aver concesso il progetto esecutivo dell’opera e i relativi dati necessari per la stesura del presente articolo e in particolare l’Ing. Nicola Brizzi, l’Ing. Davide Bellegoni, l’Ing. Manuel Martini, l’Ing. Davide Bellegoni e l’Ing Giulio Baiardi. Per il supporto tecnico in merito ai software Tekla Structures e Midas Gen si ringrazia l’azienda Harpaceas s.r.l.
Adalgisa Zirpoli Ingegnere Civile Geotecnico e Ph.D. in Ingegneria Strutturale, Sismica e Geotecnica, dopo un periodo di ricerca e docenza presso il Politecnico di Milano ha lavorato come progettista geotecnico presso Rocksoil S.p.A; nel 2009 è entrata a far parte della famiglia Harpaceas con il ruolo di tecnico di supporto per i programmi di calcolo strutturale e geotecnico; dal 2014 al 2019 ha ricoperto il ruolo di Coordinatore del Team di Supporto Tecnico; dalla metà del 2019 prosegue la sua attività in Harpaceas come Direttore Tecnico della Divisione di Calcolo Strutturale e Geotecnico. Dal 1° gennaio 2022 è Responsabile dello sviluppo del software Paratie Plus e del solutore Xfinest.
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Stefano Farina
Si laurea in Ingegneria Civile presso il Politecnico di Milano nell'anno 2018. Conclude il suo ciclo di studi con la Laurea Magistrale in Ingegneria Strutturale nel 2021 sempre presso il Politecnico di Milano. Durante gli studi ha approfondito le conoscenze nell'ambito della meccanica computazionale implementando, come lavoro di tesi, il Metodo degli Elementi Virtuali (VEM) in un codice Matlab. Dal 2021 collabora con Harpaceas occupandosi di assistenza tecnica, formazione e assistenza allo sviluppo, portando la sua esperienza a favore di coloro che vogliano accrescere le proprie conoscenze sui software Midas Gen, Midas Civil e Paratie Plus.
Nicola Brizzi
Libero professionista, socio fondatore e presidente di Fabrica Scrl, attualmente vice presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia della Spezia. Laureato in ingegneria civile, indirizzo strutture, presso l’Università degli studi di Pisa, vanta una consolidata esperienza progettuale in ambito strutturale, in vari settori, dal consolidamento di strutture esistenti alla progettazione di nuove opere. Tra gli interventi di consolidamento e di recupero di edifici storici si annoverano le Caserme della Guardia di Finanza di Susa, Bardonecchia, Pinerolo, Lanzo Torinese e Ivrea e la scuola Alfieri-De Amicis in La Spezia. In ambito infrastrutturale si è occupato del collaudo del viadotto Manzile per SALT Tronco Ligure Toscano. Tra gli altri interventi si annoverano le verifiche sismiche di due viadotti lungo la A6 Torino—Savona. Assieme all’Ing Martini è il progettista dell’intervento di consolidamento del ponte sulla SP17 nel comune di Beverino (SP).
Manuel Martini
Libero professionista, socio fondatore e direttore tecnico di Fabrica Scrl. Laureato in ingegneria civile, indirizzo strutture, presso l’Università degli studi di Pisa, vanta una consolidata esperienza progettuale in ambito strutturale. Numerosi gli interventi di consolidamento e di recupero di edifici storici, anche di interesse storico-culturale, tra cui si può citare il Teatro Teobaldo Ciconi a San Daniele del Friuli, il Palazzo Studi Principe Umberto in La Spezia, il Teatro Impavidi a Sarzana, le Caserme della Guardia di Finanza di Susa, Bardonecchia, Pinerolo, Lanzo Torinese e Ivrea, la scuola Alfieri-De Amicis e il Miglioramento sismico dell’area Ex-Fitram in La Spezia. Tra gli interventi di maggior spicco, la progettazione la Direzione Lavori del Centro Direzionale Coop Reno in Castelguelfo di Bologna, complesso di edifici isolati sismicamente. Assieme all’Ing Brizzi è il progettista dell’intervento di consolidamento del ponte sulla SP17 nel comune di Beverino (SP).
Davide Bellegoni
Libero professionista e socio di Fabrica S.c.r.l. Laureato in Ingegneria delle Costruzioni Civili presso l’Università di Pisa. Ha collaborato per 3 anni con la società ITEC engineering S.r.l. di Sarzana (SP) dove ha partecipato alla progettazione di opere civili tra cui ponti e viadotti. Ha poi collaborato con la società Elios engineering S.r.l. di Massa (MS). Nel 2018 è entrato in Fabrica S.c.r.l. Nel 2019 ha svolto i “Sopralluoghi per le verifiche di sicurezza dei ponti sulle strade di competenza della Provincia di Massa-Carrara”. Per Fabrica Scrl si occupa, principalmente di modellazione FEM, analisi e verifica strutturale di opere civili tra cui le verifiche sismiche delle Caserme della Guardia di Finanza di Susa, Bardonecchia, Pinerolo, Lanzo Torinese e Ivrea, ponti e viadotti. Ha partecipato al gruppo di lavoro per il consolidamento del ponte sulla SP17 nel comune di Beverino (SP). Si è occupato delle verifiche di sicurezza di due viadotti autostradali lungo l’A6 Torino-Savona.
Giulio Baiardi
Libero professionista, socio di Fabrica Scrl. Laureato in ingegneria civile nel 2016 presso l’Università degli studi di Parma. Nei primi anni di professione ha partecipato come giovane professionista al progetto di restauro e riqualificazione di Palazzo Rosso a Carrara. Dal 2019, per Fabrica Scrl si occupa principalmente di modellazione grafica 2D/3D strutturale e supporto alla Direzione Lavori. Ha partecipato a differenti gruppi di lavoro tra cui il consolidamento del ponte sulla SP17, le verifiche sismiche di n°5 Caserme della Guardia di Finanza, il nuovo Centro Direzionale Coop Reno e a diversi progetti di vulnerabilità sismica di edifici a destinazione scolastica.
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BEST THESIS AWARDS
PROGETTO DI UNA PASSERELLA PEDONALE AD ARCO IN ACCIAIO E VALUTAZIONE DELLA RISPOSTA DINAMICA DESIGN OF PEDESTRIAN STEEL ARCH BRIDGE AND EVALUATION OF THE DYNAMIC RESPONSE Ing. Lorenzo Tonioni*
Il presente articolo è stato premiato al congresso CTA di Francavilla al Mare 2022 nell’ambito del concorso per laureandi Best Thesis Awards. Il progetto realizzato per la tesi di laurea magistrale ha riguardato il caso reale di un attraversamento sul fiume Arno in provincia di Firenze, sviluppando una soluzione progettuale alternativa a quella realizzata. L’analisi comparata delle tipologie strutturali più adatte ha condotto alla soluzione di un ponte ad arco in acciaio a via inferiore a spinta eliminata con sospensione Network e impalcato in acciaiocalcestruzzo. Con l’obiettivo di realizzare un’opera gradevole esteticamente e di costo contenuto è stata allestita una procedura di ricerca della massima efficienza strutturale del sistema arco-trave-pendini, che ha permesso di confrontare un elevato numero di soluzioni garantendo comunque un controllo diretto dei risultati e guidato dalle scelte progettuali. L’opera presenta un buon comportamento dinamico in relazione ai possibili problemi di vibrazione dovuti al transito di una folla di pedoni, tuttavia, con l’obiettivo di raggiungere il massimo livello di comfort per gli utenti della passerella, sono state progettate le caratteristiche dinamiche di un Tuned Mass Damper.
Figura 1 | Prospetto e pianta della struttura
*Corresponding author. Email: [email protected] 86 | COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022
This paper presents the design of the pedestrian bridge developed for my master's degree thesis. Starting from the real case of a crossing on the Arno river, near Florence, alternative design solutions have been evaluated. The chosen structural design, resulting from the comparative analysis of different structural types, is the Network tied-arch bridge made by steel and with a steel-concrete solution for the deck. An optimization analysis has been performed to create an agreeable and cheap bridge. This specific assessment required the compare of several solutions usable for the arrangement of the suspension. In addition, this study has kept a direct control of the results that has been the guideline to the design of the structural solution. Finally, further evaluations have been made with regards to the dynamic behaviour under pedestrian loads. The proposed solution shows a good response to possible vibration problems. Otherwise, to obtain a higher comfort level, the characteristics of a Tuned Mass Damper have been designed.
Figura 2 | Sezione trasversale in mezzeria (a sx) e prospetto trasversale lato San Donnino (a dx) COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 87
1. DESCRIZIONE DELL’OPERA La passerella presenta una lunghezza di circa 180 m, suddivisa in due campate con schema statico di arco a via inferiore, con una pila disposta nella zona golenale del fiume, al riparo da fenomeni di erosione e di scalzamento. La campata più lunga ha una luce di 135 m e una freccia dell’arco di 18 m. La campata più corta è progettata con un rapporto uno a tre, con una luce di 45 m e una freccia di 6 m. Per la tipologia di opera da progettare e con l’obiettivo di ottenere una soluzione snella ed elegante, il sistema principale arco-trave sarà interamente in acciaio, con gli archi realizzati con profili tubolari e contenuti in piani convergenti inclinati verso l’interno. Gli archi sono collegati da profili tubolari disposti come controventi “a K”, che presidiano il rischio di instabilità degli archi fuori dal piano. L’impalcato è portato da due travi longitudinali di bordo in composizione saldata, con piattabande orizzontali e l’anima inclinata, disposta nel piano degli archi. Le due travi sono collegate da traversi disposti a passo 5 m, che, insieme alle travette longitudinali rompitratta, costituiscono il reticolo metallico d’impalcato collegato mediante piolatura diffusa alla soletta in calcestruzzo e in grado di costituire un sistema con notevole resistenza e rigidezza nel piano orizzontale. Il sistema di sospensione è realizzato con funi chiuse disposte con schema Network, con capocorda fisso sull’arco e regolabile lato impalcato. I pendini collegano in modo diretto l’arco e la trave,
permettendo una scelta libera del passo dei punti di attacco che facilita la ricerca di una disposizione ottimizzata in grado di restituire una soluzione particolarmente leggera della passerella.
2. RICERCA DELLA MASSIMA EFFICIENZA E ANALISI DELLA STRUTTURA L’innovazione del lavoro di tesi ha riguardato la procedura di ricerca della massima efficienza strutturale del sistema arco-travependini. La procedura è stata allestita in due fasi, avvalendosi di modelli piani di analisi costituiti da elementi frame, che hanno permesso di valutare un elevato numero di soluzioni possibili. Nella prima fase si mantengono fissate la forma del sistema arco-trave e le sezioni dei due elementi principali determinate nel predimensionamento. Si fa variare solamente la sospensione, valutando tipologie e disposizioni diverse di questa. Come si vede nelle figure 3 e 4, confrontando i tiri nelle funi e la flessione nella trave, in base alle valutazioni progettuali si è operato accettando tre soluzioni ritenute più convenienti, che sono state portate nella seconda fase. Nella seconda fase si è cercato di ottenere la massima efficienza, mantenendo costante la forma del sistema arco-trave e della sospensione. Si sono fatte variare le sezioni di tutti gli elementi e quindi il peso economico della soluzione, valutato considerando il rapporto tra il costo dell’acciaio delle funi e il costo dell’acciaio da carpenteria metallica. Confrontando le tensioni negli elementi, si è scelto la sospensione Network allestita secondo il sistema Tveit che
Figura 3 | I fase di ricerca della massima efficienza strutturale – Confronto tensione nei pendini. Risultati di analisi di modelli piani: sospensione Langer (3a), sospensione a raggiera (3b), sospensione Nielsen (3c), sospensione a rete secondo Tveit (3d). Confronto al variare della tipologia di sospensione (3e)
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Figura 4 | I fase di ricerca della massima efficienza strutturale - Confronto dei momenti flettenti nella trave catena. Risultati di analisi di modelli piani: sospensione Langer (4a), sospensione a raggiera (4b), sospensione Nielsen (4c), sospensione a rete secondo Tveit (4d). Confronto al variare della tipologia di sospensione (4e)
si è dimostrata la più efficiente. La sospensione trovata è in grado di ridurre notevolmente le flessioni nel sistema arco-trave, la deformabilità, il rischio di instabilizzazione dell’arco e la perdita del tiro nei pendini, per cui è stato possibile adottare profili più snelli per l’arco e la trave, ottenendo un notevole risparmio della quantità d’acciaio da carpenteria. L’analisi della struttura completa è stata quindi svolta con più modelli tridimensionali, in grado di rappresentare il comportamento complessivo dell’opera in tutte le fasi, dalla costruzione fino all’esercizio. Un primo modello realizzato con i soli elementi in acciaio, modellati come frames, è stato utilizzato per verificare le condizioni di stabilità e determinare gli effetti delle azioni agenti prima dell’indurimento della soletta. Gli effetti di tutte le azioni successive e le condizioni di stabilità in esercizio sono stati valutati in due condizioni limite, assumendo la soletta completamente fessurata o integra e modellata a shell.
3. ANALISI DELLE VIBRAZIONI Data la leggerezza e la tipologia di servizio dell’opera, sono state condotte delle valutazioni sul comportamento dinamico in riferimento al problema di sincronizzazione pedoni-struttura, che in primo luogo riguardano il comfort degli utilizzatori della passerella. Seguendo l’approccio di analisi della guida tecnica del Sètra per i ponti pedonali, le risposte dinamiche per i modi significativi hanno fornito un livello di comfort medio. Con l’obiettivo di raggiungere la condizione di massimo comfort sono state quindi progettate, secondo l’approccio classico alla Den
Hartog, le caratteristiche dinamiche di un Tuned Mass Damper (TMD) capace aumentare lo smorzamento e abbattere la risposta dinamica.
CONCLUSIONI La scelta di adeguati parametri progettuali e dell’acciaio come materiale strutturale hanno permesso di ottenere un impalcato molto sottile e un arco ribassato, che forniscono all’opera un aspetto slanciato e una forma moderna. Attraverso l’accurato studio della disposizione del sistema di sospensione si è arrivati ad una configurazione strutturale che, nonostante il maggior quantitativo di acciaio da destinare alle funi, presenta una quantità complessiva di acciaio contenuta rispetto alla luce superata. Questo risultato assume oggi ancora maggior rilievo, visto il periodo di forte crescita del prezzo dell’acciaio e la maggiore sensibilità per un uso sostenibile delle risorse. Il collegamento diffuso tra arco e trave portato dalla sospensione Network determina una maggiore rigidezza del sistema nel piano verticale rispetto ad altre pendinature. Nel caso studio questo ha determinato un rischio ridotto di sincronizzazione con la forzante dinamica dei pedoni e la non necessaria installazione di un TMD per avere un buon risultato compositivo.
RINGRAZIAMENTI A conclusione di questo articolo vorrei ringraziare i miei relatori, il Prof. Ing. Salvatore Giacomo Morano e il Prof. Ing. Claudio Mannini, che mi hanno accompagnato nel lavoro di tesi.
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Figura 5 | II fase di ricerca della massima efficienza strutturale – Confronto al variare del peso economico compensato della soluzione: Verifiche del sistema piano Arco-Pendini-Trave (5a), Confronto incidenza acciaio (5b)
Figura 6 | Analisi delle vibrazioni e progetto caratteristiche dinamiche TMD: livello di comfort senza TMD (6a), modo di vibrare verticale (6b), accelerazione massima con TMD (6c), spostamento massimo del TMD (6d)
BIBLIOGRAFIA • Brunn, B., & Schanack, F. (2003). Calculation of a double track railway network arch bridge applying the European standards. Grimstad, Norvegia.
• De Miranda, F. (1972). Ponti a struttura d'acciaio. Italsider. • Den Hartog, J. (1956). Mechanical Vibrations. McGraw-Hill. • Millanes Mato, F., Ortega Cornejo, M., & Nebreda Sanchez, J. (2011). Design and construction of composite tubular arches with
network suspension system: recent undertakings and trends. Volume 5. Articolo del Journal of Civil Engineering and Architecture.
• Tveit, P. (2014). The Network Arch - Bits of manuscript in March 2014 after Lectures in 50+ Countries. Grimstad, Norvegia.
Lorenzo Tonioni Laureato con lode in Ingegneria Civile all’Università degli Studi di Firenze a Novembre 2021. Subito dopo la laurea inizia la collaborazione con lo studio tecnico del Prof. Ing. Salvatore Giacomo Morano come ingegnere strutturista, lavorando alla progettazione di ponti e passerelle pedonali. Nel corso della carriera universitaria ha svolto un’attività di tirocinio presso la galleria del vento del CRIACIV, dove ha maturato conoscenze di base per la quantificazione delle azioni del vento su strutture civili.
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Dalla
RIVISTA ITALIANA della SALDATURA - 5 settembre/ottobre 2021
Immagine in anteprima. Western High Speed Diameter (WHSD), San Pietroburgo.
La vita di un'infrastruttura in acciaio: i meccanismi di danno, le ispezioni e i controlli, le competenze del personale. Parte III. Giancarlo Canale, Direttore Coordinamento Commerciale, Istituto Italiano della Saldatura.
Prosegue il viaggio che ripercorre la vita di una infrastruttura in acciaio. Nel primo articolo della serie dal titolo “La vita di un’infrastruttura in acciaio: le fasi della vita utile come le puntate di un unico racconto”, sono state introdotte alcune considerazioni generali riguardanti le peculiarità del materiale acciaio e le relative implicazioni nell’ottica della manutenzione di un’infrastruttura. Nella seconda parte è stato affrontato un primo approfondimento sull’influenza delle scelte progettuali iniziali e in particolare sui criteri di scelta e progettazione dei giunti saldati, atti a garantire integrità ed affidabilità nel tempo dell’opera metallica, con una riflessione in merito alla sicurezza delle strutture metalliche realizzate facendo ricorso alla saldatura per le giunzioni tra i loro elementi. Questo articolo affronta il tema dei danneggiamenti, delle ispezioni e dei controlli sulle parti strutturali delle opere, un tema di grandissima attualità per il ruolo che le tradizionali tecniche diagnostiche rivestono negli accertamenti iniziali del livello di qualità e in quelli periodici dello stato di danneggiamento, ma
anche per la grande importanza della qualificazione del personale addetto, fattore determinante per garantire l’efficacia dei controlli. Le attività di ispezione delle infrastrutture, oggi tema di grandissima attualità, si affianca a quello, altrettanto all’avanguardia, del monitoraggio. Per riprendere il filo del viaggio che stiamo percorrendo per seguire la vita di una infrastruttura occorre sottolineare l’importanza di entrambi questi approcci con un cenno alle rispettive prerogative e finalità. Le ispezioni dirette, anche remotizzate, visive o strumentali, che utilizzano i cosiddetti controlli non distruttivi (CND), rappresentano un insostituibile strumento per accertare, in un dato momento e con un approccio deterministico, l’effettivo livello di integrità di una struttura. I sistemi di monitoraggio oggi disponibili, che si avvalgono delle più moderne tecnologie nell’ambito della sensoristica, dei relativi sistemi di rilevazione e degli sviluppi più recenti in termini di digitalizzazione, integrazione dei dati e IoT, costituiscono un passo avanti fondamentale per il monitoraggio delle infrastrutture con COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 105
finalità preventive e predittive. In questo articolo si tratterà il tema delle ispezioni approfondendone le finalità, le tecniche e l’efficacia della loro applicazione su una infrastruttura metallica. Per legarci al tema della puntata precedente occorre riprendere il concetto di ispezionabilità e l’importanza di tenere conto di questo importantissimo fattore nelle fasi di progettazione esecutiva delle opere. Non esiste tecnica o modalità di controllo che risulti sufficientemente efficace se non si è tenuto in considerazione, in fase di progettazione, il fattore ispezionabilità, soprattutto per i controlli in opera. Infatti i controlli non distruttivi sono innanzitutto impiegati anche per il collaudo delle nuove realizzazioni, per verificarne la conformità alle norme tecniche applicabili in termini di integrità strutturale e livelli di qualità. Considerare l’ispezionabilità in sede di progettazione significa prevedere: • Q UALI saranno i meccanismi di degrado che interesseranno la struttura durante il periodo di esercizio (fatica, corrosione, ecc.). • C OME si manifesteranno i danneggiamenti e in quali forme (assottigliamenti, cricche, corrosioni localizzate, ecc.). • D OVE saranno localizzate le aree nelle quali i segnali di degrado si manifesteranno inizialmente. Una volta date le risposte a queste domande occorrerà definire quali saranno le tecniche di controllo idonee per evidenziare le varie tipologie di danneggiamento e quali esigenze sarà necessario rispettare per rendere efficaci tali metodologie di controllo (necessità di accesso diretto, ingombri delle attrezzature diagnostiche, distanze minime dalle superfici, ecc.).
1. I meccanismi di danneggiamento I principali meccanismi di danneggiamento che affliggono un’opera infrastrutturale metallica e che possono portarla al collasso sono sostanzialmente tre: i fenomeni ossidativo-corrosivi, la fatica meccanica, le anomale condizioni di carico anche locali. La presenza di fenomeni ossidativo-corrosivi e soprattutto la severità con cui possono aggredire e danneggiare in tempi rapidi
Fig. 1 | Esempio di grave fenomeno ossidativo-corrosivo.
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le strutture sono legate a: • le condizioni ambientali e la loro severità; • le condizioni di protezione superficiale; • la forma geometrica delle membrature e dei dettagli costruttivi. Selezionare forme e geometrie idonee a prevenire infiltrazioni e zone di ristagno, garantire sistemi di drenaggio ed aerazione, garantire la pulizia delle strutture e l’efficienza del sistema di protezione superficiale sono misure essenziali che non solo consentono di mitigare i rischi di corrosione delle membrature, prevenendo o ritardando i fenomeni di ammaloramento, ma permettono anche di facilitare le ispezioni e di rendere possibile una individuazione tempestiva dei difetti, in particolare quelli dovuti a fatica. La fatica meccanica è un fenomeno di danneggiamento che si manifesta sulle strutture metalliche in presenza di carichi variabili. La variabilità dei carichi e, conseguentemente, la severità dei cicli di fatica vanno messe in relazione ad aspetti sia progettuali che costruttivi. Per quanto concerne gli aspetti progettuali i fattori influenzanti sono: il rapporto fra i carichi portati e i carichi propri (strutture • soggette al traffico veicolare); • la presenza di dettagli costruttivi concentratori degli sforzi (singolarità geometriche). Per quanto concerne gli aspetti costruttivi: • regolarità e finitura delle superfici; • presenza di difetti di fabbricazione che possono rappresentare punti di innesco privilegiato di difetti di esercizio. Le anomale condizioni di carico rappresentano un terzo importante meccanismo di danneggiamento che può avere, alla base, dei vizi progettuali, eventi occasionali o un anomalo utilizzo dell’infrastruttura. Per questa tipologia di danneggiamenti è rassicurante poter contare su quella straordinaria caratteristica degli acciai che ci consente di raccogliere i segnali di sovraccarico, con un semplice esame visivo: come è noto infatti l’acciaio, laddove le azioni superino il limite elastico del materiale, non cede strutturalmente, “non si rompe” ma fornisce dei segnali molto chiari e premonitori manifestando delle deformazioni plastiche e, caratteristica importantissima, tendendo ad incrudire, cioè ad aumentare la propria resistenza proprio in virtù della deformazione subita. Ciascuno dei tre principali meccanismi di danneggiamento presenti nella vita di una opera metallica si manifesta con “segnali” e difetti tipici. Nel caso della corrosione: colorazioni diverse, presenza di prodotti di corrosione, aree corrose, assottigliamenti delle membrature e altre forme di alterazione superficiale. Nel caso della fatica: cricche o rotture, inizialmente di piccolissima dimensione. Nel caso dei sovraccarichi: deformazioni oltre lo stato limite di servizio, come abbiamo visto poco sopra. Una osservazione molto importate riguarda il progredire dei danneggiamenti a fatica. La nucleazione di un difetto di fatica, a partire da un innesco, ha un tempo di incubazione molto superiore al tempo impiegato dal difetto per propagarsi fino a raggiungere dimensioni critiche: ecco perché risulta di fondamentale importanza cogliere la presenza di difetti di fatica, anche molto piccoli, il più tempestivamente possibile. Per riassumere: “ispezionabilità” significa rendere accessibili
da 1 a 1,35 (Tabella 4.2.XI) con conseguenze anche rilevanti sulla verifica a fatica. Da qui l’importanza di adottare, per quanto possibile, dettagli facilmente ispezionabili al fine di assicurare una opportuna durabilità al componente (ovviamente se l’ispezione è realmente effettuata).
2. Cenni sui metodi di controllo non distruttivo delle saldature
Fig. 2 | Cricca di fatica evidenziata all'esame magnetoscopico.
durante la vita operativa della struttura le zone che saranno preferenzialmente e prematuramente aggredite dai meccanismi di danno, in modo da consentire l’applicazione dei sistemi diagnostici previsti, efficaci nella rilevazione dei danneggiamenti. Come è evidente queste informazioni e valutazioni debbono essere disponibili ed analizzate in fase di progettazione per modificare, se necessario, i disegni dei particolari costruttivi e talvolta le forme, per adeguare le procedure di protezione superficiale e verniciatura e spesso per prevedere sistemi e vie di accesso quali passerelle o passi d’uomo. Il D.M. 17/01/2018 “Norme tecniche per le costruzioni” impone di tener conto del fatto che nella verifica a fatica, oltre alla conseguenza che il cedimento di un dettaglio strutturale può avere sulla funzionalità e sulla sicurezza della struttura, gioca un ruolo rilevante l’ispezionabilità del dettaglio stesso nella struttura, cioè la possibilità di individuare prematuramente delle rotture. Il valore del coefficiente parziale di sicurezza γMf, che va a ridurre la resistenza di progetto a fatica dell’elemento strutturale, può variare
Le strutture metalliche saldate, nelle quali le saldature sono oggetto preferenziale dei controlli, hanno la caratteristica di poter essere efficacemente ispezionate con l’ausilio di strumenti affidabili e da parte di personale adeguatamente istruito, con percorsi formativi che possono avere durate variabili da qualche settimana a qualche anno a seconda delle metodologie. Il loro grado di efficacia sulle strutture in acciaio è molto superiore a quelli raggiungibili per altri materiali ed altre tecniche di giunzione. Qui, a nostro parere, risiede la ragione fondamentale per la quale le opere metalliche saldate sono approfonditamente controllate e le altre molto meno: non perché presentino livelli di sicurezza inferiori ad altri modelli costruttivi ma perché i giunti saldati e le strutture metalliche si possono e si sanno controllare in modo molto efficace e quindi vale la pena di farlo. Sussistono differenze importanti sul campo di applicazione e sul grado di efficacia delle diverse metodologie di controllo non distruttivo, sia in relazione al metodo adottato che al tipo di giunto saldato, tanto che, senza pretendere di entrare nei dettagli operativi dei singoli metodi, è opportuno brevemente ricordarle . I metodi di controllo diretti, ovvero quelli che possono essere eseguiti sul giunto effettivamente realizzato, sono piuttosto numerosi. Ve ne sono di tipo “superficiale” e di tipo “volumetrico”. In generale tali metodi vengono applicati in particolare ai
Fig. 3 | Influenza del livello di ispezionabilità sulla resistenza a fatica. COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 107
Fig. 4 – Evento accidentale causato da una cricca di fatica originatasi in corrispondenza di una doppiatura e conseguente rottura fragile che ha interessato l’elemento corrente e il diagonale.
giunti saldati - che rappresentano le sedi preferenziali anche se non le sole per l’innesco di diverse forme di danneggiamento - per la ricerca di discontinuità strutturali, cioè soluzioni di continuità metallica che si localizzano in superficie o all’interno del materiale. Nelle fasi di costruzione di una nuova opera tali discontinuità o imperfezioni vengono identificate come “difetti” quando assumono dimensioni superiori a quelle definite come limite di accettabilità dalle norme applicabili al prodotto. Nel caso delle strutture metalliche realizzate in Europa ed in particolare in Italia, dove si applicano le Norme Tecniche sulle Costruzioni (D.M. 17/1/2018), il riferimento normativo per il criterio da adottare per l’accettabilità delle imperfezioni, in fase di collaudo, è la norma internazionale UNI EN ISO 5817, nelle classi di accettabilità C e B, rispettivamente per elementi soggetti a sollecitazioni statiche o soggetti a fatica meccanica ad alto numero di cicli. Per quanto riguarda invece il caso dei controlli e delle ispezioni periodiche in servizio, l’accettabilità di una imperfezione sarà maggiormente legata alla sua origine e alla sua evoluzione nel tempo. Generalmente un approccio ispettivo integrato per determinare lo stato di integrità di una infrastruttura in servizio, dal punto di vista della presenza di imperfezioni, prevede: • l ’esame visivo indirizzato a tutte le membrature e saldature; • u n esame superficiale a campione (generalmente l’esame magnetoscopico) su una campionatura di saldature testa a testa ma soprattutto a T, a piena penetrazione e con cordoni d’angolo; • u n esame volumetrico, generalmente il controllo ultrasonoro, sulle saldature testa a testa a piena penetrazione; • u n esame spessimetrico a campione per la verifica degli spessori residui delle membrature più importanti;
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• i n alcuni casi rilievi dimensionali strumentali con tecniche laser scanning.
3. Metodi di controllo non distruttivo superficiali I metodi di controllo superficiali applicati alle strutture metalliche sono il controllo o esame visivo VT, il controllo o esame con liquidi penetranti PT e per gli acciai ferritici, largamente impiegati per le strutture metalliche, il controllo o esame magnetoscopico MT. Tali metodi di controllo sono fondamentali e applicabili su giunti a completa o parziale penetrazione. La limitazione principale alla loro efficace applicabilità è la condizione della superficie da ispezionare: irregolarità della maglia della saldatura, sporcizia, ossido, vernice sono altrettanti elementi di ostacolo o di totale impedimento ad un controllo efficace. Esame visivo Il controllo visivo assume una rilevanza grandissima nell’approccio ispettivo. L’esame visivo può essere diretto o remotizzato attraverso telecamere o droni. Può talvolta essere agevolato o integrato da strumenti quali illuminatori, teleobiettivi, endoscopi. La sua funzione è determinante per rilevare tutte le anomalie che si manifestano in superficie e che possono essere visibili all’esame diretto. Ma la sua importanza si estende ben oltre questa finalità. In aggiunta alle imperfezioni e difettosità visibili l’esame visivo consente di rilevare altre anomalie quali deformazioni, inflessioni, aree danneggiate da fenomeni corrosivi, presenze estranee di materiali, oggetti, percolamenti, infiltrazioni che possono accelerare il degrado dell’opera, e molte altre situazioni. Infine l’esame visivo è di fondamentale importanza per indirizzare correttamente i successivi esami non distruttivi, spesso condotti a campione, selezionando ed individuando le aree più opportune
Fig. 5 | Controllo con liquidi penetranti.
in funzione dell’impegno strutturale delle membrature e delle criticità emerse proprio a fronte dell’esame visivo. Appare chiara l’importanza determinante della competenza degli addetti a questo esame, in assenza della quale viene compromessa l’efficacia dell’approccio ispettivo nel suo complesso. Ci siamo dilungati forse più del necessario nel descrivere il ruolo dell’esame visivo sulle strutture. La ragione sta nel fatto che tradizionalmente in Italia l’esame visivo, non solo nel settore delle infrastrutture, non gode di adeguata considerazione, contrariamente a quanto avviene in altri contesti normativi internazionali come ad esempio negli USA e in Canada e conseguentemente nell’approccio normativo americano, diffuso in moltissime parti del mondo (si pensi all’applicazione dei codici di costruzione AWS - American Welding Society); in questi paesi i criteri e le modalità di qualificazione del personale addetto all’esame visivo sono particolarmente severi, proprio a testimoniare il ruolo decisivo che questo esame riveste. Esame con liquidi penetranti L’esame con liquidi penetranti consente di rilevare difettosità superficiali difficilmente rilevabili all’esame visivo, quali cricche, porosità, incisioni. Dopo una adeguata pulizia della superficie della saldatura un liquido apposito con particolari proprietà penetranti, generalmente di colore rosso intenso, viene utilizzato per irrorare la superficie da controllare (fase di applicazione); dopo avere atteso un tempo sufficiente al liquido per penetrare all’interno di eventuali difettosità che sfociano in superficie (tempo di penetrazione), l’eccesso di liquido penetrante sulla superficie viene eliminato (fase di rimozione del liquido in eccesso o lavaggio); rimane il liquido all’interno delle difettosità, che viene aiutato a fuoriuscire applicando un rivelatore (fase di rivelazione) costituito da una polvere bianca assorbente depositata in strato sottile che tende ad assorbire il liquido dalle discontinuità rendendole particolarmente evidenti anche per il contrasto di colore rosso su bianco. Il controllo con liquidi penetranti non trova grandi spazi di applicazione sulle strutture in opera poiché risulta piuttosto lento nella sua applicazione e richiede una preparazione e una pulizia
molto spinte delle superfici. Ha il vantaggio di non richiedere nessuna apparecchiatura elettrica o elettronica e pertanto è particolarmente versatile per l’esame di aree difficilmente raggiungibili. Esame magnetoscopico L’esame magnetoscopico è il tipo di controllo strumentale maggiormente utilizzato sulle strutture in acciaio, sia nelle fasi di collaudo, per controlli in officina e in opera, sia per le fasi successive in occasione di ispezioni periodiche. Unisce una buona versatilità di impiego con una notevole rapidità di utilizzo. Inoltre consente di rilevare rapidamente difettosità anche subsuperficiali oltre a quelle aperte in superficie. La porzione di area da esaminare viene magnetizzata localmente con un elettromagnete le cui espansioni polari vengono appoggiate sulla superficie (fase di magnetizzazione). La magnetizzazione del materiale, in corrispondenza di singolarità che disturbano l’andamento regolare delle linee di flusso magnetico, tipicamente i difetti e le imperfezioni, subisce delle dispersioni locali di linee di forza che si comportano come piccole calamite e sono in grado di attirare piccolissime particelle di polvere di ferro. Durante la magnetizzazione l’area da esaminare viene irrorata con polvere magnetica secca o più frequentemente in sospensione spray in un veicolo liquido (fase di applicazione della polvere magnetica). Mantenendo la magnetizzazione per pochi secondi le particelle di polvere magnetica (di colore nero) migrano sui difetti presenti e ne fanno risaltare, sulla superficie precedentemente imbiancata con lacca di contrasto, la posizione, la forma e le dimensioni. Il controllo richiede una buona preparazione della superficie ma è in grado di essere eseguito, talvolta con sensibilità ridotta, anche in presenza di sottili strati di vernice, previo accertamento del livello di sensibilità d’esame. Generalmente è necessario disporre di alimentazione elettrica anche se in casi estremi si può ricorrere all’impiego di magneti permanenti.
4. Metodi di controllo non distruttivo volumetrici I metodi di controllo volumetrici sono impiegati per la rilevazione di eventuali discontinuità all’interno del volume del giunto saldato o dell’elemento sotto indagine, soprattutto al di sotto della superficie dalla quale si esegue il controllo. Si impiegano per la ricerca di discontinuità planari o tridimensionali; i metodi di maggiore applicazione industriale sono il controllo radiografico RT e il controllo ultrasonoro UT, quest’ultimo largamente predominante nel settore delle infrastrutture. Le due metodologie sono concettualmente e tecnologicamente molto diverse tra loro. 4.1 Esame ultrasononoro Nella carpenteria metallica è ormai quasi sempre previsto il controllo UT per varie ragioni fra le quali elenchiamo la sicurezza per le persone (nel caso del controllo RT si impiegano radiazioni ionizzanti), la grande versatilità di impiego, l’applicabilità non solo a giunti testa a testa (CJP) ma anche a giunti a T a completa penetrazione. Nel controllo ultrasonoro, nella versione a contatto, utilizzata per il controllo dei giunti saldati, il giunto è investito da COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 109
metalli. Nel controllo radiografico di una membratura di un certo spessore una sorgente emette radiazioni da un lato dello spessore mentre sul lato opposto viene posizionata una pellicola sensibile alle radiazioni elettromagnetiche (pellicola fotografica) che viene impressionata dalla radiazione emergente. Nel caso in cui all’interno dello spessore siano presenti discontinuità (generalmente imperfezioni contenenti aria) queste opporranno una minore resistenza al passaggio delle radiazioni le quali emergeranno più intense dal lato opposto proprio in corrispondenza delle imperfezioni, annerendo più intensamente la pellicola. Il controllo radiografico è adatto per il controllo dei giunti testa a testa a piena penetrazione. Per la pericolosità delle radiazioni ionizzanti, le conseguenti misure di sicurezza da adottare e la limitazione d’uso che non consente di esaminare giunti a T il controllo radiografico è scarsamente utilizzato nei controlli delle strutture metalliche. Fig. 6 | Cricca di fatica evidenziata all’esame magnetoscopico.
un fascio di onde meccaniche ad elevata frequenza (ultrasonore appunto) che viene emesso da una sonda emittente/ricevente collegata ad una apparecchiatura (oscilloscopio e generatore di impulsi). La sonda viene appoggiata sulla superficie interponendo un mezzo di accoppiamento acustico (gel). Il fascio di onde ultrasonore tende a propagarsi in direzione rettilinea all’interno del materiale fino a che non incontra un ostacolo costituito da un mezzo fisico diverso da quello che sta percorrendo; quando ad esempio raggiunge la superficie opposta a quella di partenza o investe una discontinuità, una imperfezione, un difetto che contiene aria, il fascio viene riflesso in una o più direzioni, a seconda della giacitura del riflettore, ed in parte viene riflesso ritornando verso la sonda emittente/ricevente che raccoglie il segnale (eco) e lo invia sullo schermo dall’apparecchiatura rilevando la presenza di una anomalia della quale è nota, con buona precisione, la profondità. Lo studio dinamico della forma dell’eco al variare delle angolazioni della sonda consente all’operatore esperto di identificare la natura del difetto. Questo esame richiede sempre operazioni di taratura preliminare e una qualificazione spinta degli operatori che lo conducono. Il controllo UT si applica con piena efficacia ai giunti testa a testa a piena penetrazione e ai giunti a T a completa penetrazione. Non è applicabile ai giunti a T con cordoni d’angolo. Dotato di una buona versatilità di impiego si applica sia per controlli in officina che in cantiere. Il controllo spessimetrico, anch’esso basato sul principio degli ultrasuoni, viene effettuato per verificare lo spessore reale delle membrature più importanti e verificare che, a causa di fenomeni ossidativo-corrosivi, non siano intervenute riduzioni di spessore che comportino inaccettabili riduzioni delle sezioni resistenti. 4.2 Esame radiografico L’esame radiografico si basa sul principio che le radiazioni ionizzanti (raggi X o raggi γ) sono in grado di attraversare i
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4.3 Esame dimensionale Gli esami dimensionali, oltre al già citato esame spessimetrico, possono essere condotti anche con sistemi laser scanning. L’impiego di queste tecniche consente rilevazioni di notevole precisione per la misura di frecce, ingobbamenti, inflessioni, cedimenti e deformazioni in genere.
5. Il personale addetto alle ispezioni e ai controlli La professionalità del personale addetto risulta fondamentale per assicurare l’efficacia e l’affidabilità delle attività di ispezione e di controllo in servizio, contribuendo al raggiungimento della sicurezza e della durabilità dell’infrastruttura. Da un lato occorre quindi garantire una adeguata competenza, in coerenza con il livello di responsabilità assegnato al soggetto incaricato delle attività; d’altra parte, lungi dal ritenere che la componente umana e soggettiva dell’attività possa essere eliminata, è necessario riferirsi a modalità di qualificazione che aiutino a limitare le differenze nei criteri di ispezione/controllo o di giudizio. Per fare ciò occorre riferirsi ad opportuni riferimenti per la formazione specialistica e per la valutazione del grado di apprendimento, che permettano di qualificare in modo normalizzato la professionalità del personale. 5.1 La figura dell’Addetto ai controlli non distruttivi I criteri di qualificazione degli addetti ai controlli non distruttivi si concentrano sulla capacità dei soggetti di impiegare correttamente gli strumenti e le procedure applicabili per la rilevazione di anomalie, in funzione delle diverse metodologie di controllo. Per le strutture metalliche è ormai consolidata a livello internazionale l’applicazione della norma ISO 9712 «Prove non distruttive - Qualificazione e certificazione del personale addetto alle prove non distruttive» che prevede, nel settore industriale di riferimento (nel caso specifico le prove pre-servizio e in servizio) e per ogni metodo applicabile, tre livelli di competenza e di capacità di giudizio (Liv. 1, Liv. 2, Liv. 3), definendo i percorsi formativi, le modalità di esame e l’esperienza per potere raggiungere la
Fig. 7 | Fase di un esame con tecnica ad ultrasuoni.
qualificazione e la relativa certificazione. Per le strutture in calcestruzzo l’attuale riferimento nazionale è il documento UNI/PdR 56:2019 «Certificazione del personale tecnico addetto alle prove non distruttive nel campo dell’ingegneria civile», basato sui principi della ISO 9712 ed integrato con specificazioni tecniche proprie dei metodi di controllo del calcestruzzo e della muratura. 5.2 La figura dell’Ispettore Gli ispettori di infrastrutture cui sono affidate le attività di verifica e monitoraggio devono avere una visione d’insieme della “storia” del prodotto che vanno ad analizzare, in modo da potere comprendere anticipatamente eventuali criticità connesse alla vita della struttura, utilizzando come strumento metodologico il solo esame visivo “non strumentale”. Inoltre devono possedere competenze specifiche sulle cause e lo sviluppo dei meccanismi di danno, sulle tipologie di anomalia che si possono sviluppare già nelle fasi di incubazione del degrado e devono essere in grado di comprendere le metodologie di “gestione del rischio”, applicate alle attività ispettive sui differenti elementi strutturali del ponte. Diversamente da quanto disponibile per le qualifiche del personale ispettivo coinvolto durante le fasi di fabbricazione della struttura, non esistono al momento norme di riferimento consolidate,
nazionali o europee, per la qualificazione e la certificazione di figure professionali deputate all’ispezione di infrastrutture in esercizio. In attesa che venga emanato uno specifico regolamento che stabilisca i requisiti per la qualifica delle competenze degli operatori incaricati delle attività ispettive e valutative sui ponti esistenti (ai sensi del §1.7 delle Linee Guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti, emanate di recente dal MIT) sono comunque disponibili già oggi alcuni schemi di qualificazione “privati”, che sostanzialmente individuano 3 livelli di competenza, modellati in funzione di conoscenza, esperienza e responsabilità, in generale secondo lo schema seguente: 1. Competenza di Base, definita come capacità di eseguire l’ispezione in servizio e di registrare correttamente i parametri significativi per l’effettuazione dell’ispezione; a questo livello, l’operatore deve inoltre dimostrare di avere la capacità di compilare le schede di ispezione con riferimento a documenti specifici come il catalogo dei difetti, la scala di danneggiamento, le caratteristiche dei materiali. 2. Competenza Specialistica, che aggiunge, a quella di base, la capacità di comprendere se i parametri registrati nelle schede siano accettabili o no, con riferimento ad una eventuale soglia di allarme o alla valutazione qualitativa dell’evoluzione del fenomeno. 3. Competenza Estesa, che integra ulteriormente il livello precedente (specialistico) con la capacità di interpretare l’insieme delle registrazioni effettuate, da implementare in una periodica stesura della relazione di ispezione; il livello più avanzato richiede inoltre, all’operatore: • la capacità di definire e programmare gli eventuali interventi integrativi di indagine che si rendessero necessari per acquisire la coerente capacità di verifica, rispetto ai requisiti da valutare; • la capacità di progettare il programma di indagine scegliendo la tipologia e l’estensione dei controlli da realizzare e riferire a figura terza gli elementi oggettivi per la valutazione della sicurezza della struttura e degli eventuali interventi di ripristino. Per fare un esempio di come i tre livelli sopra definiti si calano nell’operatività quotidiana delle attività di ispezione, il livello intermedio (competenza specialistica) si pone come quello più attinente alle attività ispettive correnti e rispondente alle esigenze professionali ed operative corrispondenti ai livelli di ispezione 1 e 2 previsti dalle Linee Guida ministeriali, utili ad avere tempestivamente informazioni affidabili sullo stato complessivo dell’opera. L’Istituto Italiano della Saldatura ha creato un proprio schema di qualificazione e certificazione accreditato per gli “in service inspector” nel settore delle opere civili ed edili (CISI), applicabile alle attività ispettive di ponti e viadotti stradali e ferroviari, edifici, passerelle, pipe-rack, ecc., differenziati anche per tipologia costruttiva, ovvero per strutture metalliche e in calcestruzzo.
Fig. 8 | Rilievo dimensionale con tecnica laser scanner. COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 111
LE AZIENDE INFORMANO
Un riconoscimento mondiale all'eccellenza dell'ingegneria italiana
SETECO INGEGNERIA PREMIATA AGLI IABSE AWARDS 2022 La Seteco ha ricevuto il prestigioso premio nella categoria “Riabilitazione strutturale” per il progetto esecutivo di adeguamento strutturale e funzionale del Ponte San Michele sull’Adda*.
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La descrizione dell’opera e la motivazione della Giuria per l’assegnazione dello IABSE Award al Ponte San Michele sull’Adda
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’International Association for Bridge and Structural Engineering, IABSE, si occupa da quasi un secolo di diffondere e far progredire l’ingegneria strutturale. Fondata nel 1929 a Zurigo, è oggi una delle più importanti e riconosciute associazioni di ingegneria a livello globale, con una particolare attenzione alla progettazione di ponti. Il 17 novembre 2022, a Zurigo nella cornice della Volkhaus Theatre Hall, si è tenuta la serata di gala per la consegna degli IABSE Awards 2022, riconoscimenti per l’eccellenza dell’ingegneria strutturale assegnati a progetti provenienti da tutto il mondo. Tra questi era presente il premio per la categoria “Rehabilitation”, riservata alla riabilitazione e al rinnovamento di strutture recenti, storiche o del patrimonio, in cui una parte importante della sfida era la conservazione della struttura originale. Seteco Ingegneria, società specializzata nelle strutture metalliche e leader nel campo della progettazione di ponti con grandi luci o di particolare complessità, è stata insignita dell’Award for Rehabilitation per il miglior progetto al mondo, relativo all’adeguamento strutturale e funzionale del Ponte San Michele, tra Paderno e Calusco sull’Adda. La Giuria dello IABSE ha riconosciuto e premiato “la cura ed il rigore adottato dagli ingegneri nel ripristinare e preservare questa struttura storica”. Il Ponte San Michele è una struttura ad
arco reticolare a via superiore, costruito integralmente in ferroagglomerato e realizzato tra il 1887 ed il 1889. L’impalcato è a doppia via, superiormente stradale ed inferiormente ferroviaria. Capolavoro dell’archeologia industriale italiana, è una struttura unica nel suo genere in quanto è attualmente l’unico ponte di questa tipologia ed epoca ad essere in esercizio. Nel settembre 2018 il Ponte è stato chiuso a seguito delle risultanze della verifica strutturale e del sopralluogo sull’opera svolti dai tecnici di RFI, Rete Ferroviaria Italiana La struttura è quindi stata oggetto di un’importante attività di indagine, modellazione, progettazione e adeguamento al fine di ripristinarne La consegna dell’Award for Rehabilitation a Seteco Ingegneria da parte del Presidente dello IABSE, Tina Vejrum i necessari livelli di sicurezza per la riapertura al traffico, dapprima stradale e, due anni dopo la sua chiusura, alla circolazione ferroviaria. Il pregio architettonico dell’opera, la presenza di un materiale base originale non saldabile e le prescrizioni progettuali tipiche dei ponti ferroviari hanno rappresentato una sfida per la concezione e la realizzazione dei rinforzi, nonché per l’ottimizzazione dei dettagli di collegamento tra gli elementi di nuova progettazione e quelli della struttura storica originale. Per Seteco Ingegneria, lo IABSE Award for Rehabilitation rappresenta un riconoscimento a livello globale dell’eccellenza del lavoro svolto ed è stata l’occasione per confrontarsi con alcuni tra i migliori progettisti di ponti provenienti da tutto il mondo. Seteco ringrazia i propri ingegneri e tutto lo staff per il grande lavoro di squadra che è stato fatto, RFI Ente gestore e proprietario del ponte, lo Studio Malerba con cui è stata condivisa la progettazione esecutiva, l’impresa Luigi Notari che ha realizzato i lavori e tutti coloro che hanno messo a disposizione dell’opera il proprio know-how. * Il Ponte, il progetto e lo svolgimento dei lavori di rinforzo sono stati descritti in uno specifico articolo pubblicato sul numero 6/2021 di Costruzioni Metalliche.
I soci di Seteco Ingegneria con lo IABSE Award 2022 for Rehabilitation. Da sinistra a destra: Marcello Vaccarezza, Paolo Maestrelli, Pierangelo Pistoletti, Simone Varni e Luca Crespo. COSTRUZIONI METALLICHE | NOV_DIC_2022 | 113
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