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Italian Pages 368 [372] Year 1985
anno lituigico
CELEBRARE LA PASQUA Guida delle messe del tempo di Pasqua A cura di Enzo Lodi
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eop edizioni messaggero padova
L. 1 4 .0 0 0
(I.C .)
ISB N
8 8 -7 0 2 6 -5 8 4 -6
La collana «ANNO LITURGICO» offre agli operatori di pastorale alcune pro poste di utilizzazione dei testi litur gici delle feste e dei tempi forti del l’anno, per incontri di preghiera o di meditazione che affianchino o prepa rino le celebrazioni liturgiche della Chiesa.
EN ZO LODI
CELEBRARE LA PASQUA G U ID A DELLE MESSE PASQUALI
e fflP - edizioni messaggero padova
Con approvazione ecclesiastica ISBN 88-7026-584-6 © 1985 Prov. Pad. F.M.C. Editrice Grafiche Messaggero di S. Antonio
INTRODUZIONE Premessa metodologica Questo terzo volume completa la serie delle due precedenti Guide liturgiche ai due tempi forti defFAvvento e della Quaresima: Celebrare la manifestazione del Signore, Edizioni Messaggero, Padova 1982, pp. 190; Celebrare la Quaresima, Edizioni Messaggero, Padova 1983, pp. 274. Il metodo scelto per presentare i testi biblici dei giorni festivi e feriali è lo stesso. Perciò si richiamano gli elementi di questo schema che ci sembrano più appropriati per una attualizzazione celebrativa, dopo la presentazione teologica iniziale: 1. didascalia introduttiva, per inquadrare ogni singola cele brazione del giorno; 2. tre invocazioni per l’atto penitenziale ispirate alle letture bibliche; 3. didascalia introduttiva alle singole letture bibliche, storico esegetica; 4. due piste per la riflessione tratte dalle letture; 5. quattro intenzioni della preghiera dei fedeli con rispettivo invitatorio e orazione conclusiva (l’orazione per le domeni che è dal nuovo Messale Romano-Italico); 6. monizione al Padre nostro, pure ispirata alla tematica biblica del giorno; 7. impegno di vita, per tradurre in senso esistenziale i frutti della celebrazione; 8. è stato aggiunto qualche testo patristico ad apertura di ogni settimana, per esplicitare qualche tematica che la tradizione cristiana antica ha spesso commentato nella catechesi; 9. inoltre, per la settimana della Pentecoste, si offre un breve commento sia delle orazioni-collette, come del prefazio della festa, per cogliere la ricchezza di questa teologia dello Spirito Santo, così carente nella coscienza occiden tale. a) Il criterio-base di questa articolazione di momenti e temi è di guidare ad una celebrazione veramente unitaria, perché 5
tutti i testi della parola di Dio e della liturgia siano fra loro armonizzati sulle tematiche principali offerte dalle letture bibliche. Perciò sia le invocazioni per l’atto penitenziale che le intenzioni per la preghiera dei fedeli, come pure le didascalie e monizioni (introduttiva, al Padre nostro e conclusiva), sono desunte dai contenuti stessi della parola di Dio. b) Il linguaggio e la formulazione di tali preghiere potranno sembrare troppo ricalcati sui testi biblici, e perciò di non facile attualizzazione ed uso per assemblee non familiari con il lessico scritturistico. È noto che la creatività liturgica classica si rivelava tanto più ricca quanto più sapeva “traslitterare” e adattare un testo biblico, senza però allontanarsi dalla sua tematica. Sarà compito perciò di ogni utente di questa guida attualizzare e semplificare i formulari, qui soltanto proposti, adattandoli alle singole assemblee. Ciò che importa è mante nere la fedeltà al contenuto biblico, senza evasioni di sorta. c) Le piste per la riflessione, qui sviluppate anche nelle domeniche, non sono tracce per l’omelia ma soltanto spunti di meditazione che possono essere utilizzati per trarre dalle letture alcuni temi più significativi per sé e per gli altri. Esistono non pochi sussidi per preparare l’omelia festiva (cf. la rivista specializzata “Servizio della Parola”, ed. Queriniana, Brescia); come pure per l’omelia quotidiana, che è pur tanto raccomandata (cf. Principi e norme del MR: n. 42) anche per le ferie del tempo pasquale si può ricorrere ai vari lezionari commentati. d) Le collette nuove del MR-Italico (MRI, II ed. 1984), sono state utilizzate come conclusione delle preghiere dei fedeli delle domeniche del ciclo triennale. e) Per le preghiere dei fedeli, le intenzioni nelle domeniche possono essere utilmente sostituite con quelle dell’Orazionale che accompagna la nuova edizione del Messale, anche se non sono così specificamente derivate dai singoli testi biblici di ogni domenica. Occorre però rispettare la gerarchia nella successione delle intenzioni (cf. premessa all’Orazionale, CEI, 1984). f) E stato omesso il commento alla veglia pasquale, che pure inaugura il tempo pasquale, perché trova miglior spazio nel contesto dell’intero Triduo, di cui è il vertice. Quasi a 6
compensare tale lacuna, è stata commentata la messa vigiliare della Pentecoste, che nel MRI si è arricchita anche delle singole orazioni dopo le varie letture, analogamente allo stile della veglia pasquale da cui deriva. g) Sono stati aggiunti, specie per le domeniche, alcuni brevi testi patristici che concernono il mistero pasquale e pentecostale, rinviando per altri testi patristici all’Ufficio di lettura nella Liturgia delle ore. h) Alcune tavole, collocate all’inizio di ogni settimana, contengono il quadro delle letture bibliche. i) Una breve sintesi tematica della stessa settimana, a partire dalla sua domenica, ha lo scopo di caratterizzare il contenuto nell’itinerario mistagogico di questo tempo. Esso può essere così delineato nelle sue tematiche più significative per le singole domeniche: I - L’evento salvifico della Risurrezione II - La fede pasquale nel Risorto III - La Risurrezione come compimento delle Scritture IV - Il Signore nostro pastore V - L’esperienza mistica del credente VI - La nuova presenza del Signore VII - Lo Spirito Santo principio vitale della Chiesa. Occorre però ricordare che la scelta delle letture per i giorni feriali del tempo pasquale non armonizza direttamente la lettura semicontinua degli Atti degli apostoli con quella del Vangelo di Giovanni. La veduta di insieme delle varie temati che, alla luce del mistero pasquale, perciò assumerà come binario direttivo queste due manifestazioni della Parola: l’una più storico-ecclesiale negli Atti; l’altra più teologico-misterica nel Vangelo di Giovanni, sullo sfondo di un’ecclesiologia pentecostale. La presentazione storico-teologica introduttiva è necessa ria per scoprire le ricchezze di questo tempo liturgico nella tradizione ecclesiale l. 1 Bibliografìa essenziale: A. N ocent, Celebrare Gesù Cristo, v. 4 - Tempo pasquale, Assisi 1977; J. L opez M artin , El don de la Pascua del Senor, Burgos 1977; E. L odi , Liturgia della Chiesa, EDB 1981, pp. 1172-1190 (Domeniche del T.P.); A. B ergamini, Cristo, festa della Chiesa, EP 1982, pp. 260-300; C.J.
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1. Sviluppo storico della Festa dei cinquanta giorni
Alla fine del secolo II appaiono le prime testimonianze di una Pentecoste cristiana 2: sant’Ireneo in Gaìlia, Ippolito a Roma, gli Atti di Paolo nell’Asia Minore, Origene in Alessan dria e anche per la Palestina, Tertulliano in Africa: essi testimoniano questo periodo unitario del tempo di sette settimane che inizia da Pasqua e globalmente si chiama “Pentecoste”. Dal secolo IV inizia un cambiamento in questa concezione monolitica diffusa universalmente, eccetto che nella Chiesa Alessandrina che ha conservato questa forma unitaria. Lo spazio di Pentecoste è chiamato anche: “solennità dell’esultanza” 3, giorno propriamente festivo, “tempo gioiosissimo” 4; e, in quanto è il prolungamento dell’unico giorno di Pasqua, si denomina pure “grande domenica” e “tempo-simbolo del secolo futuro” 5. Le caratteristiche princi pali di questo periodo festivo derivano dalla sua equiparazione con la domenica, considerata sotto l’aspetto escatologico “giorno ottavo” (Pseudo-Barnaba). Infatti il cinquantesimo giorno è il risultato della somma del numero uno - la monade sacra immagine dell’unicità di Dio - per il prodotto di sette giorni per sette settimane (7 x 7+1 = 50); così come il giorno ottavo è la somma di 1 ai 7 giorni della settimana (7 + 1 = 8). Dunque il nuovo ordine escatologico, espresso dal giorno ottavo, che sta sopra al sabato come settimo giorno del riposo di Dio, è prolungato nel periodo di cinquanta giorni per esprimere la pienezza del Regno. In questo tempo, come nell’ottava di Pasqua, la tradizione ha proibito il digiuno e la preghiera in ginocchio: si deve infatti pregare con gioia (Atti di Paolo); sospendere ogni attività per N esmy, La spiritualità della Pentecoste, Brescia 1964; R. C antalamessa , La Pasqua della nostra salvezza, Marietti, Torino 1971; C.J. N esmy, La spiritualità di Pentecoste, Brescia 1964; G. F rancescani, Una lettura teologico-liturgica dei
Prefazi pasquali del Messale Romano, in “Riv. Lit.” 2 (1975) pp. 207-229; F. B rovelli, Le orazioni del Tempo Pasquale, in RL 2 (1975), pp. 191-206.
2 Per la pasqua annuale, la prima testimonianza è ne\Y“Epistola Apostolorum” 15 (cf. J. Q uasten , Patrologia I, 139, Marietti 1967); per la Pentecoste, cf. R. Cabié, La Pentecóte, Desclée 1975. 3 T e r t u l l i a n o , De Orat. 23, 2. 4 T ertulliano, De bapi. 19, 2. 5 A ta n a s io , Ep. festalis 1.
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fare festa (Tertulliano); prepararsi con piena gioia con Cristo nella casa di Dio, aiutare i poveri e mantenere la pace (Atanasio); amare Dio e il prossimo (Teofilo di Alessandria); fare amnistia e condonare i debiti (ancora Atanasio e Teofilo); rinnovarsi e purificarsi (Origene); celebrare i battesimi (Ter tulliano); fare l’anniversario deir anno giubilare (Lev 25). L’oggetto di questo tempo unico è l’insieme degli eventi salvifici: risurrezione, apparizioni del Risorto, ascensione, discesa dello Spirito, e parusia (Tert., De bapt. 19, 2). In sostanza, la “Pentecoste” della cinquantena è la sola solennità dell’anno liturgico che celebra in modo globale come la Pasqua domenicale - il mistero della Nuova Alleanza.
2. Teologia del tempo di un «giorno senza tramonto» Il tempo pasquale, che si estende dal triduo pasquale fino alla domenica di Pentecoste, si può definire come il “tempo di un giorno unico prolungato, cioè senza tramonto”. La tensio ne spirituale, che ha caratterizzato l’impegno ascetico della quaresima, e la ricchezza dei riti liturgici del “Triduo santissi mo del Signore morto-sepolto e risorto” (sant’Agostino), sembrano essere sottoposte all’usura del tempo che si prolun ga; anzi quasi destinate ad esaurirsi durante questo periodo dei cinquanta giorni che pur dovrebbe costituire il culmine di tutto l’anno liturgico. Dopo aver raggiunta la vetta del cammino penitenziale e mistagogico della quaresima nella veglia pa squale, si stenta ad approfondire questo mistero così insonda bile che sfugge alla nostra esperienza sensibile. Infatti la vita del Cristo risorto è nascosta in Dio (Col 3,1-5); e appartiene all’ordine delle realtà di cui possiamo fare esperienza soltanto se noi ci lasciamo pervadere dalla novità di un evento unico e condizionante tutta la prospettiva dell’esistenza cristiana. Oc corre perciò comprendere come questa “nuova creazione” (2 Cor 5,17), che è la vita nel Cristo divenuto Signore (Kyrios), sia un inizio assoluto di una vita che deve esprimersi realmente nelle nostre opere (colletta del giovedì dell’ottava). Questo spiega perché la Chiesa primitiva, dopo aver celebrato nel triduo pasquale i tre aspetti dell’unico mistero della redenzio ne (morte - sepoltura - risurrezione), prolungasse in unica 9
festa ininterrotta, celebrata nella pienezza della gioia, anche i misteri complementari dell’Ascensione e della Pentecoste già inclusi teologicamente nella tematica della stessa veglia pa squale. L’indivisibilità di questa unica festa risultava dallo stesso prefazio pasquale (I attuale) completato dalla parte finale dell’attuale prefazio del giorno di Pentecoste («Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale l’umanità esulta su tutta la terra»); come pure dall’unica colletta di pasqua che faceva riferimento (come oggi nel nuovo Messale) alla nuova infusione dello Spirito come frutto dello stesso evento pasqua le. Questa è la testimonianza più chiara di una globalità intensiva concentrata nella potenza del «giorno che ha fatto il Signore» {Sai 117) e che non può avere tramonto: il cinquante simo giorno (Pentecoste) della Pasqua è il simbolo di pienezza sia della festa annuale della mèsse {Lev 23,14 ss.), sia del giubileo ogni cinquant’anni {Lev 25,8 ss.). La differenziazione delle feste, universalmente già estesa alla fine del secolo IV (si tratta della festa del quarantesimo giorno: Ascensione, e del cinquantesimo giorno: Pentecoste), ha permesso un approfon dimento del significato di ogni singolo evento salvifico; ma nello stesso tempo ha potuto dare occasione alla perdita del senso unitario di quell’unico evento che incentra e condensa in sé tutta la ricchezza del mistero cristiano. La seguente lettura dello Pseudo-Ippolito è significativa per questa tematica. «Ecco, i raggi sacri della luce di Cristo risplendono, i puri fulgori dello Spirito Santo erompono, i tesori celesti e gloriosi della divinità si espandono. La lunga notte oscura è stata inghiottita, le dense tenebre in questa luce si sono dissolte e l’ombra triste della morte è scomparsa. La vita si è estesa a tutti gli esseri e tutti gli esseri sono stati investiti d’immensa luce. L’Oriente degli orienti occupa l’uni verso, e colui che era prima della stella del mattino e prima degli astri, immortale e immenso, il grande Cristo risplende su tutti gli esseri più del sole. Per tutti noi che crediamo in lui nascevun giorno di luce, lungo, eterno, che non conosce tramonto. È la Pasqua mistica, celebrata in figura nella Legge e pienamente realizzata in Cristo, prodigio della virtù superna e opera della divina potenza; festa vera e memoriale perpetuo, impassibilità che sorge dalla passione e immortalità che sorge dalla morte, vita 10
che sorge dalla tomba e guarigione che viene dalla ferita, risurrezione che sorge dalla caduta e ascensione che sorge dalla discesa agli inferi. Ecco le meraviglie operate da Dio, che dairimpossibile fa scaturire l’incredibile, perché si sappia che lui solo può fare tutto ciò che vuole». [Pseudo-Ippolito, Omelia pasquale, I, 1-2] 3. Struttura tematica della Pasqua dei cinquanta giorni A) La struttura tematica può essere evidenziata anzitutto dalla successione domenicale delle letture. a) Nella II domenica la liturgia festiva ci invita a compren dere come la fede pasquale sia un’esperienza non tanto sensibile (occorre “credere senza aver visto”, come Tommaso apostolo, dal quale la domenica prende nome) ma di natura trascendente ogni verifica strumentale. b) Ma nello stesso tempo la liturgia della III domenica ci porta a comprendere i segni rivelatori della stessa fede pasqua le: la frazione del pane e i pasti del Risorto. c) Nella TV domenica inizia una tematica caratteristica del Cristo-Pastore: la realtà del Risorto si manifesta in questo rapporto intimo e irrinunciabile del Pastore con le pecore del suo gregge. d) Nella V domenica l’approfondimento del rapporto col Cristo è offerto dal discorso dell’ultima cena, ove il tema della glorificazione di Gesù appare in modo chiaro dal vangelo di Giovanni: rimanere in Cristo e portare frutti di vita eterna sono i segni della pasqua nei fedeli che partecipano alla vita nuova del Risorto. e) Con la VI domenica si entra già nel clima di attesa della Pentecoste: anzitutto è rievocata l’attesa stessa che Cristo ha suscitato durante il discorso delPultima cena; poi si esplicitano i doni che lo Spirito porterà ai credenti in Cristo. La festa d6ÌVAscensione (ora trasferita in domenica) è come la manife stazione pubblica della gloria del Risorto, dove l’assenza fisica dal nostro mondo è compensata dalla nuova forma di presenza in mezzo ai suoi. 11
f) Gli accenti toccanti della preghiera così detta “sacerdota le” (Gv 17) nell’ultima cena, evocati dalle letture della VII domenica (purtroppo ora sostituita dalla festa dell’Ascensio ne), sono la migliore preparazione alla festa della Pentecoste. g) Così nella settima settimana il giorno cinquantesimo della Pasqua viene a costituire come un nuovo “giorno ottavo” (primo dopo il settimo delle sette settimane) che conclude nel fuoco dello Spirito, donato a tutti, la rivelazione del Cristo risorto che si era comunicato nelle apparizioni fatte soltanto a testimoni prestabiliti. Questa è in sintesi la struttura tematica di questo tempo, dove l’unità del “giorno fatto dal Signore” (Sai 117) deve essere sottolineata con forza per non frantuma re la densità di un mistero unico e indivisibile che la liturgia fa rifrangere nella nostra psicologia con tonalità diverse. B) La Chiesa degli Atti come opera del Cristo Risorto 'È pure interessante tracciare un breve quadro storico dello sviluppo di questa Chiesa descritta dagli Atti, quale ci viene offerto dalla liturgia delle domeniche pasquali. È una guida per leggere questo grande documento di prassi. a) Nella seconda domenica, la salvezza introdotta nella vita e storia di Gesù si prolunga nella Chiesa attraverso le guarigio ni e l’accoglienza delle folle dei bisognosi. b) Nella terza domenica, la Chiesa si consolida attraverso la testimonianza degli apostoli, che si contrappongono alle minacce dei pagani per rimanere fedeli a Dio. c) Nella quarta domenica, è il momento dell’apertura del vangelo ai pagani, dopo il rifiuto opposto dai giudei. d) Nella quinta domenica, la Chiesa si struttura gerarchica* mente, perché la sua leadership direttiva garantisce la sua fedeltà al piano di Dio. e) Nella sesta domenica, la missione ai pagani diventa il segno rivelatore che la Chiesa è chiamata alla libertà dalla legge, per mezzo della fede in Cristo. f) Nell’Ascensione, la Chiesa appare sotto la guida perenne del Cristo, che in cielo rimane sacerdote in eterno. g) Nella Pentecoste infine, la Chiesa si rivela nella ricchezza del dono dello Spirito che opera il perdono dei peccati e guida il suo riconoscimento della signoria del Cristo. 12
C) Tematica eucologica Una sintesi della tematica eucologica del tempo pasquale può meglio farci comprendere la ricchezza teologica del mistero pasquale (MP). La dispersione e la varietà di temi delle collette possono dare l’impressione che non ci sia un’idea coerente ed unitaria nella liturgia eucologica del tempo pasquale. Certamente nella liturgia quaresimale è più evidente lo sviluppo di una tematica che ha il carattere di un itinerario catecumenale spirituale e ascetico verso la pasqua, con fasi identificabili (le due domeni che introduttive - le tre domeniche di scrutinio). Ora nel tempo pasquale predomina l’idea di pienezza già in atto, che è quindi meno traducibile in termini evolutivi di sviluppo. Però da questo abbozzo di sintesi, che si limita ai temi domenicali e che ne enuclea le idee essenziali, scaturisce uno sviluppo organico di temi. a) la natura del MP: messaggio e rinnovamento (I-dom.): b) la conoscenza simbolica del MP nei segni: acqua, sangue, Spirito (II-dom.); c) il valore del MP: dignità filiale-speranza di risurrezione (III-dom.); d) la potenza del MP: la fortezza del pastore trasforma la debolezza del gregge (IV-dom.); e) i frutti del MP: vera libertà - eredità eterna (V-dom.); f) refficacia del MP: farne memoria efficace nelle opere (VI-dom.); g) il punto di arrivo della speranza pasquale: la gloria anticipata del Capo (Ascensione); h) Vattualità del MP: la presenza del Cristo sempre vivente in mezzo a noi (VII-dom.); i) Vuniversalità del MP: la santificazione di tutti i popoli nella rinnovazione dei carismi primitivi (Pentecoste). Dai prefazi 1. Il mistero pasquale in sé (I: Ge 458) è: - distruzione dei peccati del mondo e della nostra morte; - restaurazione della vita. 2. La nuova vita nel Cristo (II: Ge 466) è: - rinascita a vita nuova nella luce; 13
- apertura delle porte del regno dei cieli; - redenzione della nostra morte; - risurrezione universale di tutti i morti. 3. Cristo vivente mediatore di salvezza (III: Go 296) è: - offerta continua per noi; - perpetua intercessione di difesa; - presentazione dei segni della sua passione. 4. Restaurazione cosmica (VI: Ge 487) è: - distruzione della decadenza antica del peccato; - rinnovazione dell’universo decaduto; - restituzione dell’integrità orginaria dell’umanità. 5. Il sacerdozio sacrificale del Cristo (V: Ge 476) è: - offerta personale del Cristo; - compimento dei sacrifici antichi; - donazione per la nostra salvezza in qualità di sacerdote, altare e vittima (agnello). 4. Una scuola di preghiera nello Spirito
Il rapporto del dono dello Spirito con la pasqua di Cristo è affermato nella teologia paolina con chiarezza (Rm 8,11), perché con la risurrezione Cristo è divenuto Spirito datore di vita (1 Cor 15,45). Cristo, secondo Giovanni, ha inaugurato la nuova creazione, comunicando lo Spirito nella sera di Pasqua (20,22). L’unità della “Cinquantena” dunque va ricuperata, per potere comprendere meglio il nuovo stato di vita del Risorto che alla destra del Padre continua a guidare la Chiesa e i credenti in lui perché contemplino la sua gloria (Gv 17,2.24). L’intercessione permanente del Cristo (Eb 7,24-25) è una continua epiclesi per noi presso il Padre, perché ci venga donato lo Spirito Santo. «Se Dio si è fatto sarcoforo perché l’uomo possa diventare pneumatoforo» come dice Atanasio (De ine. c. Ar. 8), è soprattutto nella glorificazione della sua ascensione, che ha ottenuto dal Padre questa potenza di effusione dello Spirito per l’umanità, ormai chiamata a far parte della vita nuova di Dio. «Già qui, per mezzo dello •Spirito Santo, veniamo riammessi in paradiso, possiamo salire nel regno dei cieli, ritorniamo allo stato di adozione di figli, ci viene dato il coraggio di chiamare Dio nostro Padre (Basilio, 14
Lib. de Sp.S. XV, 36). Da queste premesse teologiche nasce la ricerca delle fonti eucologiche della dottrina dello Spirito Santo nel clima e nel contesto del mistero pasquale, che rimane sempre la fonte di questa teologia pneumatologica. Questo breve esame sceglierà fra le ventiquattro preghiere del messale, di cui quindici sono collette e otto orazioni eucaristi che (sulle offerte e dopo la comunione), solo le orazioni festive (del tipo colletta), con qualche riferimento a testi infrasettimanali. Per le orazioni della settimana pentecostale, si rinvia all’ultima parte che prenderà in esame i formulari dal lunedì alla domenica di Pentecoste. Le collette festive a) La colletta della domenica di pasqua, che si trova già nei sacramentari antichi (nel sacr. gregoriano-adrianeo: 383) con alcune varianti, ci presenta nella struttura attuale la grande tematica della vittoria della vita sulla morte nella risurrezione di Cristo, che è opera del Padre. Questa vittoria sulla morte (At 2,24), che ha per mediatore il Cristo nei confronti con il Padre (cf. E f 2,18), non è solo un evento del passato ma mantiene la sua attualità nell’oggi liturgico («in questo gior no») che ne attualizza la memoria; ed inoltre si manifesta nella stessa celebrazione («a noi che celebriamo la pasqua di risurrezione»). Ma è interessante osservare come si innesti la menzione dello Spirito Santo in questo protocollo iniziale di impostazione già tendenzialmente trinitaria. Infatti l’oggetto della petizione è la rinascita (latino: “risurrezione”) nella luce del Signore risorto (lat. “nella luce della vita”); ma tale effetto pasquale è attribuito allo Spirito Santo con una espressione che allude all’effetto interiore del battesimo (“essere rinnovati nel tuo Spirito”). In sostanza, la risurrezione nostra che compie una delle promesse fatte da Gesù durante la festa dei tabernacoli (Gv 8,12: «Io sono la luce del mondo... avrà la luce della vita») e che richiama il nostro inserimento nel regno della luce (E f 5,8-13) per mezzo del battesimo (chiamato nella tradizione come “fotismòs” = illuminazione), è attribuita allo Spirito perché crea in noi questo rinnovamento che pure (cf. Tt 3,5) è effetto specifico del lavacro battesimale. Il legame fra il battesimo e lo Spirito, che in 2 Cor 4,16 è il protagonista di 15
questo rinnovamento quotidiano dell’“uomo interiore”, men tre vien meno l’uomo esteriore perché ci rinnova secondo l’immagine dell’uomo nuovo (ad immagine di colui che l’ha creato: Col 3,10), appare evidente in questo testo. In questo senso si può dire che l’efficacia in noi del mistero pasquale, che costituisce per noi il passaggio dalle tenebre alla luce, è opera dello Spirito che ci rinnova per mezzo del battesimo rivissuto nella celebrazione eucaristica. Su questo fondamento pasquale-battesimale nello Spirito si può costruire tutto l’edifi cio della vita cristiana. b) La colletta della II domenica di Pasqua (di origine gallicana: GaG 309) ci presenta una nuova categoria per collegare i misteri sacramentali al mistero pasquale, ora celebrato nella ricorrenza pasquale. Questa “ricorrenza” della pasqua nell’ottavo giorno, che fonda la teologia della domeni ca, non è fine a se stessa ma è orientata a ravvivare la fede del popolo di Dio (il testo originale dice: “accendi”). Ora questa fede è la forza cooperatrice della grazia che scaturisce dal mistero pasquale: infatti a questa grazia pasquale, quasi “riaccesa” dalla fede della ricorrenza ebdomadaria dell’evento della risurrezione, noi attingiamo la conoscenza (“intelligentia comprehendant”) adeguata dei tre effetti del battesimo nello Spirito: la purificazione (“lavacro abiuri”); la rigenerazione (“regenerati”) e la redenzione (“redempti”). Il riferimento al testo di 1 Gv 5,6-8 è evidente per i tre testimoni chiamati in causa: acqua, Spirito e sangue; in questo modo la tematica battesimale si allarga alla stessa eucaristia (“sangue” come parallelo di acqua), tramite l’azione dello Spirito che produce in noi la rigenerazione (“palingenesìa”: cf. Tt 3,5 = lavacro di “palingenesìa”). Questo termine, che in Mt 19,28 designa il rinnovamento messianico con cui sarà inaugurato il tempo della salvezza (è usato solo qui nel vangelo), è riferito da Paolo al battesimo; dunque questo rinnovamento nel suo sfondo di riconciliazione messianico-escatologica è opera del battesimo nello Spirito Santo, operatore indispensabile di questa nuova generazione del credente. La ricorrenza settima nale della pasqua dunque è la continua celebrazione di questa memoria battesimale ed eucaristica, evocata dai segni dell’ac qua e del sangue, in cui lo Spirito interviene come artefice della “palingenisia” (rigenerazione), che si abbina al “rinnova16
mento” già richiamato nella colletta di pasqua. Nella III settimana di Pasqua troviamo due collette in cui la menzione dello Spirito è esplicita sia nel testo del martedì («nati a nuova vita dall’acqua e dallo Spirito Santo») che in quello del venerdì («fa’ che risorgiamo a nuova vita per la forza del tuo Spirito di amore»). Nella colletta del martedì, con l’allusione a Gv 3,3-5, si sottolinea la grazia della filiazione adottiva, che pure viene evocata all’orazione del lunedì («fa’ crescere in noi lo Spirito di figli adottivi»); questa grazia non può che essere opera dello Spirito, che nel battesimo ci dà la forza per «risorgere a nuova vita» (orazione del venerdì). Anche in questi testi infrasettimanali dunque si può notare che è sempre la mistagogia battesimale che spiega il riferimento allo Spirito attraverso il battesimo, che secondo Rm 6,4 (testo battesimale per eccellenza della veglia pasquale) ci fa cammi nare nella novità di vita. Ma si noti la denominazione speciale dello Spirito attraverso un genitivo causale “per amorem Spiritus” (= per la forza del tuo Spirito di amore). Il carattere di memoria battesimale di questa orazione del venerdì è stato poi rafforzato dalla correzione del nuovo Messale (II ediz.), che ha sostituito al letterale “risorgiamo” un verbo più battesimale: “rinasciamo”; all’intenzione di evitare una ripeti zione del vocabolo (come nel latino) si associa questa maggio re esplicitazione della fede pasquale come conoscenza di un evento (“lieto annunzio”) già realizzato (in latino c’è un perfetto: cognovimus) ma sempre attualizzato attraverso la potenza di amore dello Spirito. È lui che ci fa rinascere, attraverso la fedeltà alla grazia battesimale, alla vita nuova. c) La colletta della V domenica di Pasqua non menziona, nel testo originale, lo Spirito Santo, trattandosi di un’orazione vespertina del sacramentario Gelasiano (522); ma nella versio ne del messale porta questa esplicitazione pneumatologica che arricchisce il testo. Infatti se la redenzione (nel testo è personalizzata nel “Salvatore”) è opera del Cristo, l’adozione filiale è attribuita giustamente allo Spirito (non menzionato nell’originale). È interessante notare che in Rm 8,23 (cf. pure Gal 4,3-5) i due effetti abbinati della nostra condizione di battezzati, che possiedono le primizie dello Spirito, sono: quello della adozione filiale (nel testo latino i fedeli sono chiamati figli dell’amore agapico: dilectionis; cf. Gv 17,6.26) e 17
quello della redenzione del corpo. Il rapporto fra questi due doni, che coinvolgono insieme con il Padre anche il Figlio e lo Spirito, attraverso una esplicita teologia trinitaria, e i due beni richiesti nella orazione (“la vera libertà e l’eredità eterna”), ci richiama al fatto che dallo stesso Spirito dobbiamo attingere la libertà (2 Cor 3,17). La pneumatologia pasquale è essenzialmente misterica Questo esame delle orazioni festive del tempo pasquale pur con l’omissione delle collette della settimana feriale privilegiata precedente la Pentecoste, ci ha fatto cogliere alcune linee essenziali di questa pneumatologia eucologica. Anzitutto emerge il carattere del compimento attribuito al dono dello Spirito, rispetto al mistero pasquale celebrato durante la santa cinquantena, veramente lo «Spirito del Signore riempie l’universo, abbracciando ogni cosa, e conosce ogni voce» (Sap 1,7). La pienezza di questi doni e carismi, attualizzata nella Chiesa di oggi attraverso il sacramento del battesimo che ci rende figli di Dio, concerne anche l’universa lità dei popoli chiamati a rivivere gli stessi prodigi di quegli inizi prodigiosi nell’unità della fede confessata in potenza di fede e di amore. Ma l’efficacia di questa azione dello Spirito si manifesta anche nell’ambito della stessa celebrazione del sacrificio eucaristico, poiché si chiede - nell’orazione sulle offerte della messa di Pentecoste - che essa riveli pienamente ai nostri cuori il mistero (“arcanum”) del sacrificio in atto. Il contenuto misterico del sacramento esteriore è la morte gloriosa del Cristo, che si è offerto per mezzo di Spirito eterno (Eb 9,14). Così la teologia pneumatologica del tempo pasqua le ci aiuta ad attualizzare nella nostra vita, per mezzo dell’azione dello Spirito Santo, il sacrificio spirituale della Chiesa; questa invoca Dio perché riconosca nella sua offerta vivente (Rm 12,1-3; Ef 5,18; 1 Pt 2,1-10) «la vittima immolata per la nostra redenzione» (III preghiera eucaristica). Senza quest’azione dello Spirito, la liturgia nel suo culmine eucaristi co non sarebbe più quel vero culto in spirito e verità (Gv 4,23) che dunque si alimenta principalmente dalla comunione al “cibo spirituale per la vita eterna” (come conclude l’orazione dopo la comunione della Pentecoste: l’espressione deriva dalla 18
liturgia ispanica: LMS 793). In sostanza, si può dire che la tematica pneumatologica del tempo pasquale è essenzialmente sacramentale, cioè battesimale-eucaristica, ed ecclesiale. 5. Pienezza mistica della vita cristiana Il tempo pasquale è dunque la pienezza della “mistagogia”, intesa come iniziazione cristiana al mistero: questa è già iniziata nel tempo quaresimale, ma si compie negli eventi del triduo pasquale e si consuma nel dono dello Spirito penteco stale. Questa pienezza misterica si traduce anche neirefficacia della grazia redentrice del Cristo risorto: la perfezione della vita cristiana dipende dalla ricchezza di questo prolungamento del giorno del Signore, che a motivo della nostra natura di uomini soggetti alla legge inesorabile del tempo e quindi della progressività perfettiva di sviluppo, non può essere vissuto immediatamente e simultaneamente. Poiché “portiamo que sto tesoro in vasi di creta” (2 Cor 4,7), abbiamo bisogno di progredire giorno dopo giorno, di vivere la vita di risorti attraverso un continuo progresso spirituale che deve sfociare nella vita mistica. Proprio a causa di una certa svalutazione dell’importanza liturgica di questo tempo pasquale, dopo l’impegno più sostenuto dell’itinerario ascetico della quaresi ma, si è perso anche il senso di questa continuità ineliminabile fra le vie e gli stati di perfezione che devono sfociare per ogni cristiano nella vita “mistica”. Vita mistica non significa vita espressa da segni soprannaturali sensibili, dal momento che è una “vita nascosta con Cristo in Dio” (Col 3, 2); ma non per questo deve essere meno efficace sul piano della trasformazio ne integrale dell’uomo che deve essere, come quella del Cristo risorto, una vita per Dio. Come la risurrezione di Gesù non è stata un colpo di scena, ma il prolungamento dell’atto salvifico compiuto sulla croce, per cui il Cristo, consumato nella gloria dello Spirito che ha invaso e trasformato il suo stesso corpo, è ormai rivolto totalmente verso il Padre (vive per Dio); così anche il cristiano risorto con Cristo deve prolungare questa potenza di risurrezione nello Spirito attraverso tutti gli atti della sua vita, che sono il tessuto del tempo. «Sono risorto e sono sempre con te: tu hai posto su di me la 19
tua mano, è stupenda per me la tua saggezza. Alleluia» (Sai 118): questa antifona di ingresso della messa del giorno di Pasqua esprime la mistica pasquale della continuità dell’unico mistero che dalla passione e morte del Signore fino alla Pentecoste, attraverso la risurrezione, si prolunga nei cristiani. Esso ha due note caratteristiche: anzitutto l'unità agapica (cf. orazione dopo la comunione della messa della Veglia: “vivia mo concordi nel vincolo dell’amore”); e poi la gioia pasquale, espressa dal canto delXAlleluia, come manifestazione della gioia di vivere come Cristo per Dio e di donarsi agli altri. La tonalità del giubilo pasquale, che perdura durante i cinquanta giorni, deve trovare anche forme espressive che non si limitano alla liturgia (nel tempo pasquale soprattutto - come ogni domenica dell’anno, secondo la norma del primo concilio di Nicea, can. 5, - non ci si inginocchia ma si sta in piedi), ma si traducono in trasparenza di atteggiamenti: concordia, pace, unità, condivisione alle gioie altrui oltre che alle sofferenze, ottimismo autentico, diffusione dei valori della speranza, richiamo alla vocazione universale alla vita mistica. Anche la prassi antica, per cui nel tempo pasquale si celebrano generalmente i sacramenti dell’iniziazione cristiana: battesimo, cresima, eucaristia (messa di prima comunione), deve essere considerata come una manifestazione di questa “festa” continua che pervade resistenza cristiana chiamata a vivere nel tempo, progressivamente, la grazia unica dell’unico evento, celebrato nell’unico giorno, prolungato nel giorno della pienezza pentecostale. Solo così sarà possibile compren dere che questo tempo pasquale è il vertice di tutto l’anno liturgico. Questa realtà è bene espressa da un brano del Sermone (PL 38,1190) di sant’Agostino di commento al v. 24 del Salmo 117 che è pasquale per eccellenza (e che potrebbe essere ripetuto nel canto come versetto responsoriale di ogni salmo della liturgia, come prevede lo stesso ordinamento del Lezionario: n. 89), data la sua forza tematica incisiva e sintetica. «Di quello che a gloria di Dio abbiamo cantato: “Questo è il giorno che ha fatto il Signore”, diciamo quanto egli stesso ci dona di dire. Certo che la Scrittura profetica vuole che noi intendiamo che non è un giorno ordinario visibile agli occhi della carne, un giorno che nasce e tramonta, ma un giorno che è bensì potuto sorgere ma non può tramontare... Questo è 20
appunto il giorno che fece il Signore. Intendi tutto il giorno, capo e corpo: il capo Cristo, il corpo la Chiesa. Questo è il giorno che ha fatto il Signore... A questo giorno l’Apostolo dice: “Un tempo eravate tenebre; ora invece siete luce nel Signore” (E f 5,8). Dice forse: “Eravate tenebre nel Signore”?. “Tenebre” in voi, ma luce nel Signore. Ma Dio nominò giorno la luce (Gn 1,2-4): perché questo è opera della sua grazia. Essi di per sé poterono solo essere tenebre; non sarebbero potuti divenire luce, se non per opera del Signore. Poiché “questo è il giorno che ha fatto il Signore”: non il giorno ha fatto se stesso, ma il Signore». 6. La Guida pedagogica del Lezionario liturgico Dall’esperienza ecclesiale (Atti) alla vita credente nello Spirito (Vangelo) Dalla veglia pasquale e dalla domenica di pasqua inizia il tempo dei cinquanta giorni del “lietissimo spazio” (Tertullia no, De bapt. 19,2) in cui la Chiesa celebra la gioia della risurrezione del Signore come un’unica festa. La missione di coloro che sono stati prescelti come testimoni della risurrezio ne si prolunga nella comunità dei fedeli chiamati “a credere per la loro parola” (Gv 17,20). A) Per questo motivo, nel tempo pasquale si leggono in continuità gli Atti degli apostoli, dove noi possiamo constatare i frutti della predicazione compiuta nel nome del Signore Gesù risorto e i doni dello Spirito Santo comunicati in abbondanza alla Chiesa nascente. In questo “Vangelo dello Spirito”, come sono stati chiamati gli Atti - il cui titolo attuale non risale all’autore del terzo vangelo e amico e compagno di Paolo in alcuni suoi viaggi missionari perché, nella II parte dal cap. 16 si usa la prima persona plurale - , le origini della Chiesa apostolica sono descritte come un modello dell’evangelizzazio ne destinata a durare sino alla fine dei tempi. La legge permanente della vita della Chiesa, che deve sempre realizzare la sua missione di cattolicità, cioè di universalità, si riflette nelle parti stesse che costituiscono la struttura di questo libro; esso non è perciò composto secondo criteri storiografici rigo rosi di ordine cronologico, di completezza di avvenimenti 21
riportati e di citazione scrupolosa delle fonti. Nella I parte di cinque capitoli (1-5), la Chiesa-madre di Gerusalemme diventa il modello ideale (più che reale) di ogni comunità cristiana, che realizza la sua comunione attorno a tre poli: deirinsegnamento apostolico (didascalia), della frazione del pane (eucaristia) e delle preghiere (2,42-46; 4,29-31). Nella l i parte (capp. 6-8), la dispersione dei credenti in Giudea e Samaria è il segno che contraddistingue ogni evange lizzazione dove la persecuzione (martirio di Stefano) e il superamento delle barriere razziali (conversione del ministro pagano di Etiopia) saranno sempre due componenti essenziali. Nella III parte (capp. 9-12), la conversione di Paolo da persecutore in apostolo e la visione di Pietro chiamato a legittimare la cattolicità della salvezza offerta gratuitamente a tutti (battesimo di Cornelio) sono proposte come manifesta zioni dello Spirito che agisce con potenza nell’opera della redenzione. Nellultima parte (capp. 13-28), questa traiettoria dello Spirito si manifesta attraverso i viaggi missionari di Paolo che, partendo da Gerusalemme e superando ogni difficoltà, porta il vangelo fino a Roma, diventa nuovo polo di diffusione e testimonianza apostolica. B) Accanto alla lettura degli Atti, nelle domeniche del tempo pasquale che compiono il “settenario di settimane” nel cinquantesimo giorno (Pentecoste), ha luogo anche la lettura della I lettera di Pietro, considerata per la prima parte come un’omelia pasquale; come pure delle lettere di Giovanni che sono sempre una testimonianza privilegiata della maturazione raggiunta dalla fede apostolica della Chiesa primitiva. C) Il vangelo di questo tempo - dopo la prima settimana dedicata a riportare i racconti delle apparizioni che fondano la nostra fede pasquale - è quello dell’apostolo Giovanni. È il vangelo più pasquale di tutti, perché centrato sui sette “segni” fondamentali che strutturano questa teologia della rivelazione della gloria del Padre nel Figlio di Dio. Infatti la settima parte, celebrativa della pasqua dèll’Agnello di Dio che dona lo Spirito (Ap 11-21), è presentata come la conclusione che porta a compimento le fasi dell’antica alleanza, evocate rispettiva mente da una festa liturgica: a partire dalla II parte (2,12 4,54) sono evocate le varie pasque, la festa delle capanne e la festa della dedicazione. 22
In questa triplice guida pedagogica delle letture del tempo pasquale noi troveremo gli spunti più validi per ridare a questo tempo forte dell’anno il suo valore primario, dato che in esso si celebra il mistero culminante della fede e della vita ecclesiale. D) Per coloro che celebrano la Liturgia delle ore, almeno le maggiori della giornata (lodi e vespri), la lettura della I lettera di Pietro nell’ottava di pasqua e poi la lettura quasi continua dell’Apocalisse fino alla sesta settimana costituiscono un necessario complemento del lezionario della messa. Nella sesta e settima settimana poi la lettura delle tre lettere di Giovanni costituisce un ulteriore arricchimento della tematica pasquale, che sbocca nella manifestazione dello Spirito Santo nel giorno finale della Pentecoste. E) In questo contesto unitario di letture e di tematiche, il tempo pasquale riceve una configurazione inconfondibile. E il tempo della vita nuova: sia ecclesiale-apostolica (Atti degli apostoli) che individuale-mistica, attraverso l’esperienza dei segni ove il Cristo si rivela (vangelo di Giovanni) sacramental mente nella potenza di grazia dei misteri celebrati, che ci comunicano le energie divine dello Spirito del Risorto (lettere degli apostoli). In sostanza, il vangelo di Giovanni ci offre la teologia della Chiesa della risurrezione; gli Atti degli apostoli ci dimostrano nella prassi come la Chiesa primitiva abbia vissuto la duplice relazione col Cristo risorto e con lo Spirito mandato dal Padre; l’Apocalisse ci presenta la sintesi della storia della salvezza, già realizzata nella Pasqua e celebrata nella liturgia terrestre e celeste. La vita sacramentale della Chiesa come espressione della fede pasquale diventa ora l’esperienza di questa nuova condizione in cui il Cristo risorto introduce la comunità. 7. La grande ottava di Pasqua
La tematica di questa ottava è inseparabile dalla domenica di Risurrezione. In origine era un tempo dedicato alla inizia zione dei neofiti ai sacramenti, con le Catechesi mistagogiche per coloro che erano già stati iniziati nella notte pasquale: cf. Cirillo Geros., Catech 1-5; Crisostomo (SC 50); Ambrogio (SC 25 bis); Agostino, Serm 232; Teodoro di Mopsuestia (Studi e 23
(iStudi e Testi 145); Eteria, Itin. 39-40. Il carattere festivo dell’ottava, già osservato a Gerusalem me nel V secolo, fu riconosciuto dalla legislazione imperiale (Codex Theodosianus 2, 8, 19) e dalle Costituzioni Apostoli che siriache (V, 20); e diventerà sempre più prevalente come prolungamento della solennità pasquale quando i battesimi di adulti incominciarono a diminuire (già all’epoca di Gregorio Magno non si fa più allusione ai neofiti). Nel rito romano la liturgia di questa ottava ha sempre avuto una grande unità tematica, anche se non aveva una struttura logica prestabilita: sono i temi del mistero della risurrezione e dei suoi segni; i temi battesimali e altri temi attualizzanti del mistero in noi per la nostra vita e l’edificazio ne del popolo di Dio. Si possono però distinguere due momenti nella sua storia: a) quando essa terminava al sabato; b) e quando si incluse nell’ottava la domenica seguente, nel 681 secondo il “Liber Pontificalis” (1, 354, 13: Giovanni, vescovo di Pòrto cantò in latino la messa a Santa Sofia di Costantinopoli il 26 aprile 681). Quando l’ottava terminava al sabato, le domeniche si contavano dopo di esso (“post albas; post clausum paschae”). La denominazione: “nell’ottava di Pasqua” è divenuta poi abituale. L’altro modo invece parte dalla domenica di Pasqua considerata prima della serie; e così la domenica “in albis” nell’ottava di Pasqua diventa la II domenica di Pasqua. Il tema dominante è quello delle apparizioni o manifesta zioni del Risorto, come emerge dai vangeli (che non sono scelti in rapporto alla I lettura degli Atti), davanti ai testimoni: le donne, i discepoli di Emmaus, i discepoli del lago di Tiberiade. Ma ci sono altre linee secondarie che si sviluppano da questo tema della testimonianza oculare: a) l’opera divina attuata nel Cristo; b) il valore soteriologico della sua morte; c) il Cristo-pasqua immolata e celebrata con gli azzimi d) il compimento del disegno di Dio e) gli aspetti ecclesiali della Pasqua come il battesimo e la fede. Con la domenica di Tommaso (vangelo unico per il ciclo), la fede nella risurrezione diventa il momento culminante della tematica di questa grande e per sé unica vera ottava. 24
PRIMA SETTIMANA DI PASQUA
Tematiche delle Letture (J.L. M artin , El don de la pascua del Sehor, Burgos 1977, p. 261-262). 1. Testimoni della risurrezione I Lettura domenica: A t 10,34-43 (Siamo testimoni) I Lettura lunedì: A t 2,23 (testimoni del Risorto) Vangelo lunedì: Mt 28,10 (Mi vedranno in Galilea) Vangelo martedì: Gv 20,18 (Ho visto il Signore) Vangelo mercoledì: Le 24,35 (Lo riconobbero allo spezzar del pane) I Lettura giovedì: At 3,15 (Dio lo ha risuscitato) I Lettura sabato: A t 4,20 (Non possiamo tacere) Vangelo sabato: Me 16,15 (Predicate il vangelo) 2. Compimento delle Scritture Vangelo domenica: Gv 20,9 (Doveva risuscitare...) Vangelo giovedì: Le 24,46 (Bisogna che si compiano) 3. Potere I Lettura I Lettura I Lettura
sosteriologico del nome di Gesù martedì: A t 2,38 (Pentitevi...) mercoledì: A t 3,6 (Nel nome di Gesù...) venerdì: A t 4,12 (Non vi è altro nome...)
4. Conseguenze morali del battesimo II Lettura domenica: Col 3,1 (Se siete risorti in Cristo) II Lettura dom.: 1 Cor 5,7 (Cristo nostra pasqua...) 5. Banchetto eucaristico I Lett. domenica: A t 10,41 (Abbiamo mangiato e bevuto con lui) 25
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LETTURE DELLA DOMENICA E DELL’OTTAVA DI PASQUA (cf. A. Nocent, v. 4, pp. 216 ss.)
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