Arte medievale. Le vie dello spazio liturgico 8816604182, 9788816604186

Funzioni e «segni» sono elementi interpretativi indispensabili per la lettura storico-artistica di un monumento. Leggend

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Table of contents :
Copertina
Indice
Le vie dello spazio liturgico
In vista della luce. Un principio dimenticato nell’orientamento dell’edificio di culto paleocristiano
La questione dell’orientamento
L’orientamento architettonico
L’orientamento liturgico
Uno spazio di luce
Il declino dell’orientamento
Edilizia cultuale dell’alto medioevo. Contesti storici e percorsi liturgici
Roma (476-750)
Il resto d’Italia (476-568)
Longobardi 568-774
Gallia e Germani 476-751
Nord 751-900
Roma 750-1000
Il resto d’Italia 774-900
Impero e Italia 900-1000
L’ambulacro e i «tragitti» di pellegrinaggio nelle chiese d’Occidente, secoli X-XII
Strade «di pellegrinaggio», architettura «di pellegrinaggio», chiese «di pellegrinaggio»: dei concetti ambigui e il loro (difficile) superamento storiografico
Tragitti di pellegrinaggio
L’abside a «doppio guscio» (ambulacro): forma «strutturale» o struttura «funzionale»?
Il tragitto con deambulatorio in età ottoniana e gli ambulacri «doppi»
Ambulacri semplici e «doppi» nella Francia dell’XI secolo
Deambulatori romanici e gotici
Tragitti «trasversali»: il sistema transetto-ambulacro
Tragitti nei bracci del transetto
Tragitti «strutturali«: percorsi trasversali nelle cripte a navate
Varianti dei tragitti
Il tragitto rettilineo longitudinale
Conclusioni. La motivazione «discriminante» dei tragitti: l’accesso dei pellegrini al santuario
Scultura romanica e liturgia
Lo spazio liturgico come figura del Cielo o del Paradiso
I temi eucaristici dei cori liturgici
Le teofanie
Le prefigurazioni veterotestamentarie
I soggetti neotestamentari
Le teofanie
Gli episodi biblici e gli animali che si dissetano a un calice
Altri riti
La liturgia della parola
La liturgia funebre
La pubblica penitenza
Le processioni
Il culto dei santi
Il dramma liturgico
Il decoro dipinto degli edifici romanici. Percorsi narrativi e dinamica assiale della chiesa
L’edificio di culto in epoca romanica: uno sguardo strutturale
La volta a botte dipinta di Saint-Savin
Della facciata all’abside: polarizzazione attraverso il decoro dipinto
Cattedrali gotiche e portali scolpiti. Le connessioni contestuali del culto delle reliquie
La scultura dei portali di Amiens
Chartres
I portali occidentali della cattedrale di Strasburgo
Il portale della Passione
In sintesi
Note
Bibliografia
Indice dei nomi e dei luoghi
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Arte medievale. Le vie dello spazio liturgico
 8816604182, 9788816604186

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Funzioni e «segni» sono elementi interpretativi indispensabili per la lettura storico-artistica di un monumento. Leggendo l'arte medievale, in stretto rapporto con il contesto culturale che l'ha prodotta, questo libro interpreta al meglio la nuova stagione che la storia dell'arte sta vivendo. Senza la relazione con il contesto, le chiese medievali, dal tardoantico al Gotico, rischiano infatti di non essere colte nel loro pieno significato. Nel caso specifico questo contesto è costituito da spazi liturgici che ne svelano orientamento, percorsi, complessi scultorei e pittorici. La funzione più importante di una chiesa, sia questa una costruzione dedicata ad un martire o una grande cattedrale metropolitana, è infatti il culto. Prendendo le mosse dagli studi di de Blaauw sulle prime tre basiliche romane, si giunge con questo volume, sontuosamente illustrato da una campagna fotografica realizzata appositamente, cui hanno collaborato insigni studiosi della disciplina, a dare un quadro interpretativo a tutto tondo dell'arte medievale. Se l'orientamento della basilica paleocristiana è spesso quello in direzione dell'altare, come suggeriscono le figure musive di Sant'Apollinare a Ravenna, ancora prima i pavimenti delle aule teodoriane della cattedrale di Aquileia rimandano a direzioni diversificate e a diverse fruizioni degli spazi, che rendono così l'interpretazione complessa e multisfaccettata. Allo stesso modo, lo sguardo delle chiese-santuario non può prescindere dalla ricostruzione del percorso alla tomba del santo, itinerario che sarà gradualmente enfatizzato, attraverso il costruirsi delle cripte a corridoio, specificamente ideate per la visita alle reliquie, fino alla comparsa, in età romanica, delle cripte ad oratorio e dei grandi santuari monumentali. Da questo punto di vista assumono differente significato anche gli apparati decorativi: dai mosaici alle sequenze di pitture murali giunte fino a noi, alle sculture di epoca romanica, fino alle vetrate del Gotico. Lungi dall'essere esclusivamente dei messaggi rivolti ai fedeli laici, essi costituiscono il completamento iconografico della funzione liturgica per cui l'edificio è stato costruito. Così, ad esempio, i capitelli istoriati e figurati di epoca romanica non sono più soltanto dei moniti per i fedeli laici, ma, posti anche là dove l'accesso ai laici non era concesso, costituiscono un riferimento alla liturgia e agli atti rituali che vi venivano celebrati, uno specchio dunque de «le vie dello spazio liturgico».

Dal catalogo Jaca Book P. Piva (a cura di) ARCHITETTURA MEDIEVALE LA PIETRA E LA FIGURA

J. -R. Gaborit LA SCULTURA ROMANICA R. Cassanelli, P. Piva (a cura di) LOMBARDIA ROMANICA

Y. Christe IL GIUDIZIO UNIVERSALE NELL'ARTE DEL MEDIOEVO X. Barrai i Altet (a cura di) VETRATE MEDIEVALI IN EUROPA

R. Cassanelli (a cura di) CANTIERI MEDIEVALI L. Castelfranchi Vegas LO SPLENDORE NASCOSTO DEL MEDIOEVO ARTI MINORI: UNA STORIA PARALLELA

B. Schiitz L'EUROPA DELLE CATTEDRALI N.Dacos LE LOGGE DI RAFFAELLO L'ANTICO, LA BIBBIA, LA BOTTEGA, LA FORTUNA

H. W. Pfeiffer, S.J. LA SISTINA SVELATA ICONOGRAFIA DI UN CAPOLAVORO

T. Velmans (a cura di) BISANZIO, COSTANTINOPOLI, ISTANBUL

R. Cassanelli, J. Sureda (a cura di) I MONDI DELL'ARTE ASIA, AFRICA, AMERICHE E PREISTORIA

R. Cassanelli, J. Sureda (a cura di) L'ARTE OCCIDENTALE EUROPA, MEDITERRANEO E MONDO CONTEMPORANEO

V. Franchetti Pardo L'INVENZIONE DELLA CITTÀ OCCIDENTALE G. Ulrich GroEmann CASTELLI MEDIEVALI D'EUROPA

In copertina: Cripta della chiesa abbaziale di Saint-Savin. Sul retro di copertina: Maiestas Domini, lastra scolpita nel deambulatorio della chiesa di Saint-Sernin, Toulouse.

M. ANGHEBEN,J. BASCHET, S. DE BLAAUW, B. BOERNER, W. JACOBSEN, P. PIVA

ARTE MEDIEVALE LE VIE DELLO SPAZIO LITURGICO

A CURA DI

P AOLO P IVA

Il Jaca Book Il

© Internazionale, 2010 Editoriale Jaca Book SpA, Milano Tutti i diritti riservati Prima edizione italiana settembre 2010 Traduzioni dal francese: Elisa Emaldi (M. Angheben), Fabio Scirea CT. Baschet); dall'olandese: Cecilia Tavanti (S. de Blaauw); dal tedesco: Livia Giordano (B. Boerner, W. Jacobsen) Revisione del curatore e, per il testo di W. Jacobsen, Serenella Castri Questo volume si avvale della campagna fotografica effettuata da BAMS-photo Rodella sulla base delle indicazioni degli Autori

ISBN 978-88-16-60418-6 Per informazioni sulle opere pubblicate e in programma ci si può rivolgere a Editoriale Jaca Book SpA, Servizio Lettori Via Frua 11 , 20146 Milano Tel. 02/ 48561520-29 ; fa x 02/ 48193361 e-mail: [email protected]; internet: www.jacabook.it

Indice

Introduzione LE VIE DELLO SPAZIO LITURGICO Paolo Piva pag. 7

IN VISTA DELLA LUCE UN PRI CIPIO DIMENTICATO NELL'ORIENTAMENTO DELL'EDIFICIO DI CULTO PALEOCRISTIANO

Sible de Blaauw pag. 15

EDILIZIA CULTUALE DELL'ALTO MEDIOEVO CO TESTI STORICI E PERCORSI LITURGICI

Werner Jacobsen pag. 47

L'AMBULACRO E I «TRAGITTI» DI PELLEGRINAGGIO NELLE CHIESE D'OCCIDENTE SECOLI X-XII

Paolo Piva pag. 81

SCULTURA ROMANICA E LITURGIA Marcello Angheben pag. 131 IL DECORO DIPINTO DEGLI EDIFICI ROMANICI PERCORSI NARRATIVI E DINAMICA ASSIALE DELLA CHIESA

Jéròme Baschet pag. 181

CATTEDRALI GOTICHE E PORTALI SCOLPITI LE CONNESSIO I CONTESTUALI DEL CULTO DELLE RELIQUIE

Bruno Boerner pag. 221 Note pag. 262 Bibliografia pag.273 Indice dei nomi e dei luoghi pag.286

Introduzione

LE VIE DELLO SPAZIO LITURGICO Paolo Piva

1. Cristo in Maestà, affresco absidale della basilica di Sant'Angelo in Formis (XI secolo).

L'idea di questo libro nasce dalla volontà di proporre in modo il più possibile innovativo e organicoi temi dell'orientamento, della fruizione «dinamica» e della connotazione figurativa dello spazio liturgico, inteso come architettura e come «rappresentazione». Si può specificare che le «vie» coinvolte sono dunque sia percorsi reali che percorsi ideali o visuali, come quelli che si materializzano rispettivamente nei portali e nelle navate/ transetti/ambulacri da un lato, negli orientamenti e nelle sequenze figurative e narrative dall'altro. Ho creduto più utile focalizzare l'attenzione sullo spazio liturgico concepito non in senso astratto, ma come luogo percorso da «vettori» che si configurano o riflettono nell'architettura, nei rituali, nei complementi figurativi, nell'arredo, e che non necessariamente coincidono con l'orientamento principale della chiesa. Nell'essenza, il problema sarebbe quello della destinazione e della funzione degli spazi liturgici, della loro reciproca connessione (mediante le «vie»), del modo in cui i sistemi pittorici e plastici assecondano e documentano tali connessioni «dinamiche». Cinque tra i maggiori studiosi internazionali hanno risposto positivamente all'invito di collaborazione a un volume che desse anche un quadro significativo e metodologicamente aggiornato degli attuali orien-

tamenti della ricerca in proposito. Ne sono scaturite ricerche a loro volta originali, qui pubblicate secondo l'ordine temporale dei relativi argomenti. L'orientamento della chiesa cristiana fu percepito come un problema (dagli aspetti molteplici), ma non necessariamente la basilica paleocristiana sottende solo l'idea di un percorso in direzione dell'altare, almero a giudicare dalle sequenze istoriate. Se la cattedrale di Roma al Laterano era dotata di una «via all'altare» pontificale che con/erma la direzionalità dalla facciata all'abside, in Santa Maria Maggiore a Roma, nel V secolo, i pannelli musivi delle storie bibliche procedono in sequenza temporale addirittura in direzione opposta all'altare, sui due lati (la Lavin usa la definizione di Double Parallel Apse-to-Entrance pattern 1 ): in primo luogo per far «cadere» due prefigurazioni eucaristiche (Abramo, Melchisedech) ai lati dell'altare, un procedimento che ritroveremo amplificato in età romanica, per esempio a Sant' Angelo in Formis (Campania) e a Saint-Savin nel Poitou, dove produce «sequenze spezzate». La direzionalità parallela dall'abside alla facciata si ripete nelle historiae cristologiche di Sant' Apollinare Nuovo a Ravenna: qui però solo per i pannelli evangelici superiori, ma non per i Martiri e le Vergini del registro inferiore. Tutto ciò ha un significato? Pro-

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babilmente, i miracoli e la passione di Cristo emanano da Dio e vanno «verso i fedeli», mentre i martiri e le vergini («proiezioni» dei fedeli) procedono verso il Cristo e la Vergine della zona orientale, e verso l'altare (in quanto «imitarono» Cristo nel sacrificio). Diversamente potrebbe essere connotata la narrazione orientata di Roma, dove le chiese più antiche avevano l'abside a ovest e la facciata a est: gli eventi e i patriarchi dell'Antica Legge di Santa Maria Maggiore si dirigerebbero verso l'oriente - come lo sguardo del celebrante-, e verso l'immagine musiva un tempo collocata in controfacciata (la Vergine con i martiri, verso cui procederebbero gli «antenati»). Poiché tuttavia la principale immagine della Vergine in trono col Figlia si trovava nell'abside e l'Incarnazione/ Infanzia di Cristo sull'arco absidale, risulterebbe plausibile soprattutto il concetto che l'Antica Legge emana dal Dio successivamente incarnato. Anche nelle altre grandi chiese romane delle origini era adottato il vettore narrativo dall'abside alla facciata. Nel!' antica San Pietro le storie dell'Antico e del Nuovo Testamento (cristologiche) si confrontavano sulle due pareti della navata centrale - senza alcun intento «tipologico» - e procedevano verso oriente. Qualcosa di simile esisteva forse anche nella cattedrale Lateranense (dove la solea pontificale - seppure più antica degli affreschi - procedeva all'incontrario verso l'altare! ), e in San Paolo fuori le mura, dove era il racconto della vita di Paolo a fronteggiare le storie bibliche: qui era il messaggio salvifico dell'apostolo ad essere direzionato «verso i fedeli», e in questo caso le historiae procedevano verso ovest. Dunque: Paolo, «ricevuto il mandato» da oriente, si «proietta nel mondo» verso occidente. La Lavin ha cautamente supposto che le ragioni del Double Parallel Apse-to-Entrance pattern siano da cercare nella volontà di sottolineare l'immagine divina absidale come «fuoco generatore», oppure scaturiscano dal desiderio di assecondare i movimenti della liturgia. Il secondo movente non può però che essere la conseguenza del primo: il «punto di vista» dei ministri del culto - che nelle chiese più antiche di Roma (tranne San Paolo) non era solo la direzione della celebrazione liturgica ma anche la proiezione verso Oriente, verso il simbolico sole nascente - configurava l'emanazione da Dio del mondo e della storia sacra, ma anche la «discesa» del Verbo/ parola tra i fedeli. Dio, con la Creazione e attraverso Cristo, è venuto «verso gli uomini»; i suoi ministri ne proseguono l'opera evangelizzatrice; i fedeli, d'altra parte, rivolti e «in

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cammino» verso l'altare di Cristo (come fa il clero durante l'introito della messa), intraprendono il loro ritorno alla fonte divina. Nelle pitture carolinge di San Giovanni a Miistair, i cicli sovrapposti di David (in alto) e di Cristo (tre registri sottostanti), pur sulle pareti perimetrali di una chiesa ad aula unica, iniziano presso la zona absidale a sud, procedono verso la facciata , e a nord «ritornano» verso la zona absidale2 . Questa dinamica sequenziale si ripete quattro volte in senso orario, dall'alto verso il basso, più o meno come awerrà più tardi a Sant'Angelo in Formis. I cicli pittorici di età romanica si fondano soprattutto sui precedenti altomedievali, mentre è rara la sequenza «verso la facciata» su ambedue i lati (se non in contesto di «imitazione» dei prototipi paleocristiani). La formula più frequente è quella dell' «andata» su una sola parete con «ritorno» sulla parete opposta, anche quando ciò si ripete su più registri. La coesistenza, e anzi addirittura «sovrapposizione», dei due orientamenti est-ovest e ovest-est è particolarmente evidente nelle pitture di San Pietro al Mante di Civate3. Ma certo in età romanica la casistica è assai più composita delle poche e-semplificazioni citate. In San Vincenzo a Galliano, sulla parete nord, in alto, il racconto del libro della Genesi va dall'abside alla facciata (concludendosi con Cacciata e Lavoro dei Progenitori), ma le storie di Giuditta e Margherita dei due registri sottostanti vanno verso l'altare. Si tratta di un percorso duplice di caduta e risalita analogo a quello delle porte bronzee di Hildesheim (1015): il peccato procede verso occidente (cioè verso il portale della chiesa, coinvolto dalla Cacciata=uscita dall'Eden), gli exempla dei giusti e dei santi procedono verso l'altare (come accadeva secoli prima in Sant'Apollinare Nuovo)4. A San Pietro in Valle a Ferentillo (fine XII secolo), se anche il referente del ciclo pittorico è quello dell'antica chiesa vaticana, con Antico e Nuovo Testamento «confrontati» sulle due pareti della navata centrale e su più registri5 , le sequenze non sono più «parallele»: l'Antico Testamento «cammina» in direzione dell'altare (perché non può che «compiersi» in Cristo), il Nuovo in direzione della facciata (perché va «verso i fedeli») . In sintesi, si può riconoscere che alla logica della «proiezione» aperta dell'immagine/ parola «verso i fedeli» , che connotò i primi secoli cristiani (Double Parallel Apse-to-Entrance pattern), il Medioevo si sia piuttosto prodotto a concepire una logica «circolare» chiusa, quasi autoreferenziale: tutto emana da Dio (e dalla Chiesa) e vi ritorna.

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2. I.;offerta di Melchisedech, mosaico della navata centrale della basilica di Santa Maria Maggiore, Roma (v secolo). 3. L'ospitalità di Abramo, mosaico della navata centrale della basilica di Santa Maria Maggiore, Roma (v secolo).

Riguardo ali' architettura, nelle chiese/ santuario martiriali o memoriali paleocristiane - longitudinali o centralizzate - poteva già essere previsto un percorso alla tomba o alla memoria venerata, che è di caso in caso da individuare, come acutamente Beat Brenk ha proposto ad esempio per la rotonda dell' Anastasis di Gerusalemme o per il San Demetrio di Salonicco. L'alto Medioevo - soprattutto con la definizione delle cripte semianulari e poi di quelle a corridoi angolari - accentuerà la prospettiva di un percorso programmato e delimitato per la visita alle reliquie, finché l'età romanica conclamerà interi edifici concepiti come santuari monumentali, pur essendo contemporaneamente chiese monastiche o cattedrali. Ma già nella pianta di San Gallo (830), e nella chiesa della stessa abbazia costruita poco dopo (modificando il progetto), si constata un grande santuario, ideato sia per i percorsi processionali dei monaci agli altari (previsti già nel Saint-Riquier a Centula) che per la visita dei pellegrini al corpo santo (tramite le navate laterali, «proiettate» verso la cripta) 6 . Dall'età paleocristiana (chiese ad absidi opposte) e carolingia (Colonia, Fulda, e la stessa pianta di San Gallo) fino ali' età ottoniana e al romanico era stata presa in considerazione anche l'eventualità di chiese a doppia direzionalità, o meglio a poli cultuali opposti, con connotazioni liturgico-funzionali distinte. La pittura e il mosaico realizzarono le «integrazioni» figurative dell'edificio di culto fin dalla prima età cristiana, mentre per la scultura lapidea si do-

vrà attendere l'esplosione romanica, preceduta dall'utilizzo altomedievale dello stucco. I complementi figurali conferivano significato allo spazio liturgico, con cui interagivano dialetticamente. I soggetti della pittura murale romanica hanno una precisa pertinenza agli spazi funzionali della chiesa; i capitelli lapidei dell'interno (figurati e/ o istoriati) adeguano i temi simbolici agli spazi liturgici7; l'iconografia delle facciate scolpite configura programmi monumentali, «manifesti» ecclesiologici e «messaggi» rivolti ai laici, ma intrattiene anche rapporti leggibili - al capo opposto di un filo rosso - con l'iconografia eucaristica del santuario (cfr. Angheben), se non con i percorsi processionali8 e gli Spielen semiliturgici. Nelle grandi cattedrali gotiche (secoli XII e XIII) non viene meno la prospettiva della facciata come pagina-manifesto né la sua relazione con le pratiche cultuali legate al santuario (Eucaristia, reliquie: cfr. Boerner), ma viene introdotta una nuova dialettica semantica mediante la vetrata. Invece, nelle chiese gotiche italiane è la pittura murale a «riformulare» le pareti con sequenze narrative che implicano una ricezione in movimento da parte dei laici, come dimostra innanzitutto il caso delle storie di san Francesco sia nella chiesa inferiore che in quella superiore di Assisi. Mentre la narrazione biografica della chiesa inferiore, su ambedue i lati, si dirige verso la tomba del santo (con intento allusivo evidente al cammino verso la morte) , quella della chiesa alta è di tipo «circolare» e obbliga i

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pellegrini alla consultazione delle due pareti rn successione. Qui sembra davvero recuperato l' antico programma didattico/ esortativo insito nelle parole di Gregorio Magno (arte come «bibbia degli illetterati»), che nel Medioevo era stato per lo più disatteso e che ora assumeva l'enfasi «propagandistica» di un'eccelsa oratoria agiografica. Il volume si apre con i due saggi, correlati cronologicamente ma anche per contenuti, di Sible de Blaauw e Werner J acobsen. Ambedue di lungo periodo, gravitano attorno al tema dell'orientamento della chiesa, di cui de Blaauw evidenzia magistralmente almeno un triplice aspetto (orientamento dell'asse esterno, orientamento interno in rapporto all'altare, orientamento del celebrante). Lo studioso olandese, uno dei massimi specialisti internazionali dell'interazione architettura-liturgia e autore del testo referenziale Cultus et decor sulle chiese pontificali di Roma, riprende un suo saggio edito solo in olandese, aggiornandolo, e dimostra come l'orientamento a est sia sempre stato privilegiato, a scapito delle eccezioni e varianti consentite, dovute a ragioni di natura molteplice. Werner J acobsen, autorità indiscussa negli studi sull' architettura altomedievale europea9, si cimenta qui soprattutto sul caso italiano, anzi, più propriamente sulle relazioni dialettiche fra edilizia cultuale romano/ italica e architettura europea (da quella merovingica a quella longobarda), fino al recupero non unilaterale! - neoromano/ cristiano dei periodi tardolongobardo, tardomerovingico, carolingio e ottoniano. Non emerge soltanto in questo contesto il ruolo di trait-d'union dell'Italia settentrionale, ma soprattutto emergono le differenti concezioni - in relazione ai contesti storici - dei «percorsi» liturgici, intendendo con questo termine i percorsi interni alla chiesa che riflettono differenti cursus liturgici. Emblematico, ad esempio, il caso della solea, che se a Roma, fin dalla cattedrale Lateranense, è una «via ali' altare», in Europa si trova come percorso opposto, chiuso a occidente con un ambone. Ancora una volta, se la tradizione paleocristiana accentuava una relazione aperta fra navata liturgica e presbiterio/ altare, le innovazioni europee - ben più influenti in rapporto al Medioevo - condussero a tutta una serie di frazionamenti (recinzioni ben evidenti nella pianta di San Gallo dell'830)10 . Non sono assenti dal saggio di Jacobsen il tema dell'orientamento, in modo sostanzialmente parallelo alle posizioni di de Blaauw, e quello della doppia polarità cultuale (chiese a «cori» opposti) , messa in rapporto a una distinzione di

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«occasioni» liturgiche festive: da celebrare «alla romana», con abside a ovest che obbligava i fedeli a guardare a ovest; oppure «alla maniera franca», con abside a est che obbligava il celebrante a girare le spalle ai fedeli. Il contributo dello scrivente chiude la prima parte del volume - dedicata ali' architettura - cercando di isolare una casistica possibile per i percorsi o «tragitti» di pellegrinaggio nelle chiese romaniche europee. È bene sottolineare che si tratta di un primo tentativo di classificazione provvisoria in una materia complessa e ancora in gran parte da indagare. Ma intanto sembrano emergere alcune linee di tendenza comuni, che non implicano affatto l'esistenza di un piano preordinato del pellegrinaggio europeo. Anzi, nessuna chiesa ha avuto origine solo come «chiesa di pellegrinaggio», ma è stato assai frequente che una chiesa fosse tentata di programmare almeno un «tragitto» di pellegrinaggio. Rari sono gli esempi in cui la pittura murale si è conservata quasi interamente all'interno della chiesa romanica. Due fra i più significativi sono le chiese monastiche di Sant'Angelo in Formis (Campania) e di Saint-Savin-sur-Gartempe (Poitou), qui trattata con la consueta profondità e finezza da J éròme Baschet. Il saggio dello studioso evidenzia magistralmente le dinamiche interattive fra cicli pittorici e spazio liturgico 11 , più che quelle fra cicli e utenti potenziali (chierici, laici), che infatti non sempre e non necessariamente erano in gioco, cioè «parte in causa prevista» 12 . Il suo accenno a Sant'Angelo in Formis mi induce ad aggiungere alcune riflessioni e segnalazioni su questo ciclo, che forse non ha ancora avuto una monografia esaustiva, pur considerando i notevolissimi saggi di Helène Toubert 13 . Chi visita la chiesa monastica di Sant' Angelo in Formis (1072-1087 circa) , con le ampie superfici continue dipinte, ha la sensazione di trovarsi in una versione ridotta dell'antica basilica vaticana di San Pietro (ma senza transetto! ), e in effetti la dipendenza da Montecassino spiega perfettamente questa relazione. La stessa chiesa cassinese aveva assunto come modello le basiliche romane a transetto continuo: il committente ne era stato il famoso abate Desiderio, che è raffigurato come tale anche nell'abside di Sant'Angelo. Sotto il vestibolo esterno, san Michele è affrescato nel timpano del portale (una lunetta dipinta con il titolare della chiesa e non scolpita con un Cristo/Porta! ). Nel1' estradosso del portale, Maria, regina orante in clipeo, è sorretta da due angeli mentre, a lato del

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4. Porta bronzea del duomo di Hildesheim (1015).

portale, quattro lunette raccontano vicende dei santi eremiti egiziani Paolo e Antonio: un tema adeguato alla chiesa monastica. La decorazione dell'atrio è però posteriore di quasi un secolo a quella dell'interno. L'Antico Testamento figurava sulle pareti delle navate laterali (oggi sopravvive solo a nord ), assieme a figure di santi. Nella navata centrale, un ampio ciclo evangelico costituisce il decoro di ogni parete su tre registri sovrapposti. Si inizia a destra del1'abside, dall'alto, per proseguire verso la facciata e poi si continua sulla parete sinistra, dalla facciata verso l'abside. Per ogni registro si ripete questo

percorso: dunque non si tratta di una sequenza lineare ma spezzata e iterata, tuttavia «incatenata» in «percorsi circolari» (Lavin, Baschet) , come già era accaduto in San Giovanni a Miistair nel IX secolo. È purtroppo perduta la fascia alta a destra, cioè l'Infanzia di Cristo, a partire dall'Annunciazione. Il ciclo termina con l'Ascensione. La zona centrale della chiesa era dunque riservata al trionfo di Cristo, che appariva nella sua incarnazione terrena (pareti), come re eterno sul trono e «docente» fra i simboli tetramorfici della Parola divina (Evangelisti) nell'abside, e come Giudice finale (controfacciata). Una splendida Crocifissione è collocata fra il terzo e il quarto arco della parete sinistra. Viene alla mente il soggetto analogo, circa a metà della navata, dell'antica San Pietro in Vaticano, cui corrispondeva un sottostante altare della Croce. Si può immaginare qualcosa di simile a Sant'Angelo, ma già prima in San Giovanni a Mi.istair: forse l'altare della Santa Croce, che nelle navate monastiche era sempre quello destinato alle messe dei laici, era ubicato in prossimità dell'affresco. La colonna sotto la Crocifissione evidenzia un foro , e due fori sono nella colonna simmetrica: qui doveva essere innestata la recinzione ovest del coro monastico - assai più lungo della zona riservata ai laici (prime tre campate) - , all'esterno del quale era presumibilmente ubicato l'altare della Croce 14 . Questa osservazione ci offre una spiegazione plausibile dell'andamento «spezzato» del racconto evangelico: probabilmente si fece in modo che determinati soggetti venissero a «cadere» in determinate zone, in rapporto con gli spazi liturgici. Che è quanto accade a Saint-Savin, ma accadeva molti secoli prima già in Santa Maria Maggiore a Roma nei mosaici del V secolo. La Crocifissione, ad esempio, doveva corrispondere alla posizione dell'altare della Croce; l'Ascensione, invece, doveva porsi in vicinanza dell'abside, dove Cristo è seduto sul suo trono di gloria. L'Ultima Cena e Cristo che lava i piedi agli apostoli (giovedì santo) vennero posizionati vicino alla facciata, come assai più tardi a Bominaco negli Abruzzi (1263), perché il Mandatum connotava la disciplina penitenziale; anche l'Ingresso a Gerusalemme non per caso viene a trovarsi a lato del supposto ingresso al coro; più in generale, le scene della Passione (dal Getsemani fino alla Crocifissione) corrispondono alla zona dei laici, mentre quelle dalla Deposizione alle apparizioni del Risorto corrispondono al coro. I rilevati nessi con la «strategia narrativa» di SaintSavin inducono a pensare a una cultura e a una mentalità comune dell'Europa cristiana.

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L'Antico Testamento era dipinto nelle navate laterali, quasi in un' «anticamera» rispetto alla più ampia luce reale e significante della navata centrale (l'equazione era dunque: l'Antico Testamento sta al Nuovo come la conoscenza velata sta alla Luce rivelata). La soluzione «tipologica» era stata scartata, ma la Vecchia Legge compariva nei pennacchi degli archi verso la navata centrale (Mosè, Salomone, Davide, Isaia, Daniele, Ezechiele, Geremia, Sibilla ed altri). Questi personaggi sopra le colonne (precursori, antenati e profeti di Cristo) sono come i «pre-supposti» delle storie evangeliche. Nelle zone di controfacciata relative alle navate laterali esistono anche gli episodi di Adamo ed Eva, Caino e Abele, Noè (i temi 'penitenziali' che a Modena figurano in facciata ma comunque sulla corrispondente parete), oltre a due storie 'prefiguranti' del giudice Gedeone 15 . Nella navata sinistra il racconto prosegue dall'Arca di Noè fino alla torre di Babele, ad Abramo, Isacco e Melchisedech. Le absidiole laterali sono affrescate con i titolari degli altari: la Vergine e le sante martiri (a destra), gli apostoli Pietro e Paolo e i santi martiri (a sinistra). Sulle due pareti corte opposte il Cristo troneggiante della Parola fronteggia il Cristo Giudice, e numerose figure di angeli sottolineano la titolarità dell'arcangelo Michele. Nel registro inferiore del1' abside Michele è al centro fra Gabriele e Raffaele, con a lato le figure di san Benedetto e di Desiderio che offre la chiesa. In controfacciata, in alto, i quattro angeli tubicini di (Mt 24,31) risvegliano i morti dai sepolcri, mentre più sotto altre schiere angeliche affiancano il Giudice «dissimmetrico» (che premia con la destra e condanna con la sinistra). I due angeli più vicini a lui indossano il loros degli imperatori bizantini, lunga sciarpa adorna di pietre preziose e perle. Questo però non è un Giudizio 'bizantino', mancandone quasi tutti gli elementi connotanti: il torrente di fuoco (da Daniele), i cherubini (da Ezechiele), la Terra e il Mare che restituiscono i morti (Ap. 20,11-15), la Deesis. Anzi, la resurrezione dei morti innaturalmente posta sopra la testa di Cristo richiama piuttosto il precedente carolingio di Miistair 16 . Tre angeli sotto il Cristo reggono cartigli: i due laterali con le parole di punizione e premio (Mt 25). Non figura invece la cosiddetta «pesatura delle anime» (in realtà delle azioni umane), che pur sarebbe attribuzione di Michele. Beati e dannati sono nei due registri laterali inferiori. Nel più basso, al giardino paradisiaco degli eletti corrispondono Satana incatenato e le torture dei dannati. I beati seguono

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una sorta di gerarchia: sopra stanno monaci, monache e vescovi, sotto, chierici e laici. Quanto alla scultura, infine, Marcel Angheben ci offre una rigorosa e documentatissima rassegna sulle relazioni fra iconografia e spazio liturgico 17 , coinvolgendo la stessa pittura murale e le arti suntuarie. Le sue considerazioni sull'importanza del tema eucaristico, anche come nesso di collegamento tra facciate e «cori liturgici», si accordano molto bene con le osservazioni di Jéròme Baschet a proposito della pittura murale di Saint-Savin. Ci saremmo aspettati una finalità sostanzialmente diversa delle sculture della facciata (aperta a una dialettica con i laici) rispetto a quelle del santuario, ma Angheben evidenzia relazioni strutturali che non impediscono, di contesto in contesto, di leggere sottolineature e messaggi specifici (spesso tuttavia impropriamente o incautamente proposti, come lo studioso giustamente segnala). Ho parlato prima di «coro liturgico», poi di «santuario», e questo richiede una spiegazione precisa, dato che il lettore potrebbe essere disorientato dalla discrasia fra la terminologia degli spazi liturgici di Angheben e quella da me utilizzata nel contributo sui tragitti di pellegrinaggio. Credo che ambedue siano pienamente legittime, purché sia chiara la 'tavola di comparazione'. Sia Baschet che Angheben optano per esprimere la duplicità strutturale di fondo dello spazio cultuale: quella che nel Medioevo vedeva da una parte la zona dei laici (solitamente a ovest: «navata liturgica»), divisi fra uomini e donne, e dall'altra la zona dei chierici. Questa duplicità emerge vigorosamente nei testi medievali (Baschet) ed era espressa materialmente, nelle chiese dell'Occidente, da un tramezzo murario o da una tribuna o jubé (a partire da fine XII secolo), che separava sempre le due zone 18 . Angheben definisce la zona dei chierici come «coro liturgico», oppure tout court come «spazio liturgico», cioè spazio specifico della liturgia 19. Questo spazio era tuttavia diviso al suo interno in due luoghi «funzionalmente complementari» (Angheben), cioè il «santuario» (con l'altare maggiore, spesso sopraelevato di qualche gradino, ed eventuali altari secondari) e il «coro» vero e proprio. Il primo era riservato alla messa, il secondo, alle salmodie degli uffici quotidiani. Mentre il primo può coincidere con il «coro architettonico» (termine usato dagli storici dell'architettura - ma non molto appropriato per indicare la zona absidale) , il secondo è uno spazio «fluttuante»: può situarsi nella parte est della navata, nell'incrocio del transetto, o persino

nelFabside se è molto profonda, ma anche coinvolgere due di questi spazi. Chi scrive ha dunque optato per riflettere nella terminologia questa distinzione ulteriore, intendendo per «santuario» la zona dell'altare, per «coro liturgico» la sola zona del coro vero e proprio, e per «spazio liturgico» l'intero contesto della chiesa: esisteva una liturgia anche nella «navata liturgica», che i monaci percorrevano con processioni e relative stazioni, e dove, ali' altare della Croce, i chierici celebravano la messa a beneficio dei laici. La duplice terminologia potrà creare qualche disorientamento, ma la precisazione - d'altronde effettuata dallo stesso Angheben - dovrebbe soccorrere adeguatamente. Il saggio, infine, di Bruno Boerner chiude degnamente il volume con una panoramica su tre delle maggiori cattedrali gotiche francesi (Amiens, Chartres, Strasbourg), più precisamente sulla «relazione contestuale» fra culto delle reliquie, liturgia e iconografia dei portali20 . La puntuale disamina delle fonti lo conduce in una direzione che ha punti di contatto sia con il contributo di Angheben (relazioni contestuali fra scultura dei portali romanici e liturgia) sia con quello di chi scrive (facciate scolpite come anticipazione «segnaletica» dei tragitti di pellegrinaggio nel coro architettonico21 ). Soprattutto nel caso di Amiens ritroviamo il deambulatorio di pellegrinaggio attorno al reliquiario, posto nell'abside interna e «pubblicizzato» dal portale occidentale di San Firmino. Il contributo tocca le intime corde psicologiche della «costruzione del messaggio» (e del consenso) da parte del clero medievale, e della ricezione o risposta emotiva dei fedeli. Dunque le «vie dello spazio liturgico» che emergono dal libro sono gli «orientamenti» di cui tratta de Blaauw, i «per-corsi» liturgici di Jacobsen, i «tragitti di pellegrinaggio» di chi scrive, la «dinamica assiale» della navata dipinta di Baschet, le connessioni iconografico-liturgiche tra portali di facciata e santuario che emergono dai saggi di Angheben e Boerner. Forse non tutte le «vie» concepite nel Medioevo (oppure «restituite» dalla ricerca contemporanea) emergono dal volume, né sarebbe stato facile farle venire a galla. Penso ai cir-

cuitus orationum di età carolingia e ai percorsi processionali del periodo romanico in rapporto all'iconografia22, cui fa pur cenno Angheben, oppure ad altre forme di «sequenze dinamiche» delle pitture medievali, incluse nella ricerca della Lavin23. La «fruizione attiva» dello spazio liturgico nel Medioevo è forse avvenuta più in relazione agli scorrimenti longitudinali, come già evidenzia la pianta di San Gallo (altari nelle navate laterali per i circuiti delle orazioni, percorso dei laici in direzione della cripta con deflusso nella navata opposta), che non in rapporto al santuario e al coro, ove celebrazioni e uffici non richiedevano spostamenti significativi. Questa osservazione è però temperata dal fatto che, nella stessa pianta di San Gallo, la navata centrale è frazionata in «cellule» liturgicofunzionali (ambone, altari, fonte battesimale, coro ovest) e non consente scorrimenti aperti, ma anche dal fatto che la presenza di due ali di coro nei bracci del transetto e di più altari nel santuario richiedeva pur sempre dei collegamenti «dinamici». Ancor più in età romanica, e in ambito monastico, come rivelano processioni e visite/ celebrazioni agli altari (pertinenti al proprio dei Santi e alle festività per circulum anni), è esistita una forte propensione per un'azione liturgica di movimento che «aggredisse lo spazio» al di là delle azioni liturgiche pur sempre fondamentali e centrali del rito eucaristico (richiamato nelle stesse facciate scolpite) e degli uffici di coro. Non è da trascurare che, se i frazionamenti delle recinzioni di coro apparentemente impedivano la comunicazione fra «chiesa del clero» e «chiesa dei laici», non mancavano mai uno o due portali - ricavati nel tramezzo o nel jubé - che consentissero ai celebranti di recarsi a uno o più altari nella navata liturgica, così come, d'altra parte, i pellegrini potevano in più occasioni circum-ire il santuario per raggiungere da vicino le reliquie. Il presente volume, tenendo conto di un concetto allargato di «spazio liturgico» - in cui gli «attori» non sono soltanto i «professionisti del culto», ma anche i fedeli comuni e quelli più o meno occasionali come i pellegrini -, intende anche rilanciare un versante di indagine passibile di risultati ulteriori.

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IN VISTA DELLA LUCE UN PRINCIPIO DIMENTICATO NELL'ORIENTAMENTO DELL'EDIFICIO DI CULTO PALEOCRISTIANO Sible de Blaauw

La questione dell' orientamento 1 È là dove sorge il sole che si trova il Paradiso, luo-

1. Cristo-He!ios, particolare del mosaico del mausoleo dei Giulii, Necropoli Vaticana.

go in cui ha avuto inizio la storia dell'umanità e in cui ogni essere umano spera un giorno di tornare. Dove il sole si leva sopra l'orizzonte, lì è apparso Dio all'inizio dei tempi e lì apparirà di nuovo alla fine del mondo 2 . Questa credenza dei primi cristiani affondava le radici in una tradizione religiosa antichissima. Dove ogni giorno si dispiegava il miracolo dell'alba, là gli uomini hanno costantemente pensato di trovarsi vicino al loro dio immaginandovi una dimora felice, lontana dalla demoniaca oscurità della notte. Molti cristiani distinguevano probabilmente a fatica quella che era una metafora teologica della luce dall'identificazione «pagana» del sole con Dio stesso. Il simbolismo del sole era tuttavia tanto potente e familiare da farsi assimilare integralmente nella tradizione cristiana: ebbe la meglio sulle riserve nutrite da fedeli ortodossi riguardo a una concezione troppo concreta, quanto all'aspetto e al luogo di permanenza, della presenza di Dio e inoltre sul timore delle autorità ecclesiastiche di una ripresa strisciante del culto pagano del sole. Gli autori del Nuovo Testamento e i primi esegeti definivano il Redentore luce del mondo e sole della resurrezio-

ne. Esisteva dunque un complesso di significati simbolici che i seguaci di Cristo potevano associare ali' oriente e che, raramente definiti in maniera esplicita, erano comunque tutti insieme abbastanza efficaci come filo conduttore in occasione della preghiera3 . Per i cristiani era ovvio volgersi verso oriente per la preghiera. Dal momento che i cristiani erano soliti pregare rivolti a Oriente, non sorprenderà che presso di loro si affermasse anche l'uso di disporre gli edifici di culto in direzione delle plaghe celesti, dove si credeva fosse il Paradiso e da dove era atteso il ritorno del Signore. Rilevabile in ambito cristiano solo a partire dal IV secolo, questa pratica risaliva però, al pari della direzione adottata durante la preghiera, a tradizioni religiose molto antiche. Tradizioni assai multiformi: se raramente l'asse principale di un edificio sacro aveva un orientamento arbitrario, esistevano comunque nella modalità di realizzazione notevoli differenze tra BabiIonia e l'Egitto, nel mondo ebraico, in quello greco e in quello romano 4. Diversi erano i princìpi operanti nel determinare la direzione dell'asse: princìpi di carattere cosmologico, come la posizione del sole e delle stelle, o di carattere geografico, come l'ubicazione rispetto a Gerusalemme. Stabilita la direzione, esistevano poi diverse soluzioni

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3. Veduta dall'alto della città di Bologna, con la cattedrale di San Pietro (centro sinistra) e la basilica di San Petronio (centro destra).

nel Medioevo l'orientamento verso est era una regola assoluta; in secondo luogo la convinzione che nel periodo paleocristiano, ma anche nell'Italia medievale, l'orientamento non avesse grande importanza nella pratica. La contraddizione tra le due osservazioni ha il suo fascino, ma quale potrebbe essere il legame tra le due è questione raramente sollevata. Per questo l'orientamento appariva in effetti tema non tanto interessante per la storia della liturgia e dell'architettura e poteva tranquillamente essere lasciato all'approccio più speculativo degli studiosi di cosmologia. Il disinteresse per il tema era ancora più pronunciato nell'ambito della scienza della liturgia, dove l'attenzione andava concentrandosi in misura crescente sulla questione della posizione del celebrante all'altare. L'esponente più noto di questo approccio è Otto Nussbaum, con la sua opera apparsa nel 1965 , Der Standort des Liturgen am christlichen Altar vor dem Jahre 10006 . Malgrado le smentite dell'autore, l'opera appare non solo informata ma anche metodologicamente determinata da un interrogativo anacronistico: a che epoca risale l'usanza secondo cui l'officiante

sta all'altare con il viso rivolto verso i fedeli? E quanto era diffusa? La risposta di Nussbaum era: la celebrazione versus populum, con la faccia verso il popolo, è antica quanto i primi edifici di culto cristiani ed era molto frequente prima dell'anno Mille pressoché in tutte le regioni del mondo cristiano. Queste conclusioni risultavano di grande attualità negli anni della generale riorganizzazione delle chiese dopo il Concilio Vaticano II ed erano soprattutto estremamente gradite. Da storico serio quale era, Nussbaum era ben consapevole che ideali come la visibilità del culto e il dialogo tra officiante e assemblea dei fedeli non erano in alcun modo collegati con le concezioni liturgiche del lontano passato mentre lo erano strettamente con i desiderata pastorali del suo tempo. Il suo libro infatti non è tanto una legittimazione storica della posizione versus populum, quanto una tacita negazione dell'orientamento ad est come principio guida. Il fatto che su 560 monumenti considerati quasi il 92 % appaia orientato verso est è di poca importanza agli occhi dell'autore. Non sarà allora un caso se gran parte delle planimetrie, facenti parte del materiale di base della ri-

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cerca, risulta priva di frecce indicanti il nord. Non sono mancati colleghi di storia della liturgia che hanno contestato a Nussbaum l'aver estrapolato il problema della posizione del celebrante e dato un'interpretazione di parte delle evidenze archeologiche, tuttavia negli ambienti dell'archeologia cristiana e della storia dell'arte medievale i loro interventi hanno avuto un'eco più che modesta7 . La sintesi di Nussbaum sarà stata molto influente, ma il suo approccio comunque non era nuovo e aveva dei precedenti sia nell'archeologia cristiana che negli studi di storia della liturgia. Le basi erano già state poste nell'importante volume di Joseph Braun sull'altare cristiano pubblicato nel 1924. Se Braun riconosce appieno il significato dell'orientamento ad est e ammette anche il legame che sarebbe esistito, almeno temporaneamente, fra orientamento e posizione dell'officiante al1' altare, giunge però poi a considerare orientamento e collocazione dell'officiante come fattori tra loro indipendenti: l' occidentazione di una chiesa non era che una delle ragioni a determinare il posizionamento del celebrante dietro l'altare. Altre ve ne erano a suo avviso: la presenza della cattedra vescovile e di banchi per i presbiteri dietro l'altare, oppure la presenza di una con/ essio o una / enestella con reliquia sul lato navata, sotto o all'interno dell' altare 8 . Ad un certo momento - non unanimemente definito nella letteratura - nella storia si sarebbe avviato un processo di inversione della posizione, al termine del quale «il celebrante dà le spalle ai fedeli» 9 . La confusione che oggi regna sull'argomento verte su supposizioni di cui sfugge sempre più il carattere ipotetico. In primo luogo viene supposta una certa arbitrarietà riguardo alla direzione dell'asse dell'edificio di culto durante il cristianesimo delle origini, in determinate regioni. «Le basiliche romane erano state edificate senza alcun riguardo ali' orientamento» affermò Michel Andrieu, tra i massimi storici della liturgia del xx secolo 10 . Poggia tra l'altro su questa stessa supposizione un'ipotesi in forma implicita presente in opere di Braun, di Nussbaum e di molti altri studiosi: non vi sarebbe rapporto tra direzione dell'asse dell'edificio di culto e direzione nella quale il sacerdote celebra la messa all'altare. Andrieu partì dal presupposto che a Roma l'officiante stesse sempre dietro l'altare, «in modo da avere l'assemblea dei fedeli sotto i propri occhi ... »; solo in seguito, ad opera dei Franchi, il principio dell'orientamento ad est sarebbe stato introdotto nella liturgia romana 11 .

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L'archeologo Noel Duval, che ha indagato l'architettura cultuale paleocristiana nelle regioni sud e est del bacino del Mediterraneo, considerando lo spazio esistente intorno all'altare, conclude che la «celebrazione verso il popolo» appare in molti casi probabile, l'orientamento dell'edificio non vi aveva comunque alcun ruolo 12 . Tutte queste idee tuttavia tradiscono subito il loro essere prodotti di una storia critica relativamente giovane. L'impasse che si registra nel dibattito scientifico dipende da una visione distorta del rapporto tra l'orientamento architettonico e quello liturgico, vale a dire tra direzione dell'asse dell'edificio di culto e collocazione dell'officiante. È di fondamentale importanza distinguere questi due concetti. Il termine orientamento ha acquisito in molte lingue un senso figurato di determinazione di posizione e direzione. Del fatto che in origine il termine indicasse esclusivamente la direzione orientale sono in pochi ormai a rendersi conto ma prova, ad abundantiam, il significato archetipico dell'orientamento ad est. A scanso di equivoci, per indicare la specifica direzione dell'asse verso oriente verrà usata l'espressione orientamento ad est. Per orientamento architettonico dell'edificio di culto si intenderà qui la direzione dell'asse spazia-

4. Templi presenti nei Fori Imperiali, Roma: A) tempio di Traiano; B) tempio di Venere; C) tempio di Marte; D) tempio di Minerva; E) tempio della Pace. 5. Ricostruzione della pianta del tempio di Zeus, Olimpia.

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Gerusalemme

6. Pianta della sinagoga di Eshtemoa, IV-V secolo (da Milson) .

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le e ottico desumibile dalla planimetria. L'asse principale di per sé coincide di solito con l'asse longitudinale immediatamente visibile, ma il puntamento dinamico di tale asse verso un determinato lato deve essere dedotto in una chiesa cristiana dall'articolazione dell'architettura, soprattutto quella interna. Entrando nella casa di Dio, anche da un ingresso laterale, lo sguardo è indirizzato verso un punto-limite dello spazio, l'abside in genere, e su questa traiettoria incontra al tempo stesso il fulcro del culto, solitamente l'altare. L'obiettivo spaziale e quello cultuale sono in collegamento ottico diretto tra loro. Quanto sia naturale tale direzione dell'asse emerge, spesso, solo lì dove sia stata spezzata la connessione concepita in origine, come avviene nella chiesa gotica urbana convertita in aula di culto calvinista, con pulpito addossato al colonnato della navata, o nella chiesa a cupola, bizantina, adattata a moschea, con mihrab in posizione asimmetrica in un angolo dell'abside. La mancata presenza del fulcro del culto sull'asse spaziale principale genera disorientamento. L'orientamento liturgico è categoria puramente funzionale, ricavabile soltanto dalla disposizione dell'arredo liturgico o da fonti scritte. Il punto è ricostruire se determinati atti o preghiere vengano eseguiti nel corso della funzione religiosa in una direzione prescritta. Le definizioni sopra riportate si riferiscono al1'edificio cultuale cristiano. Già da un rapido confronto con il tempio greco o romano e con la sinagoga ebraica, emerge che in questi casi i termini da usare sono in parte diversi. L'orientamento architettonico del tempio classico è nella letteratura solitamente messo in relazione con il lato d 'accesso: il Partenone è rivolto verso oriente, il che significa che il sole nascente attraverso la porta centrale poteva giungere fin nella cella e illuminare con i suoi raggi la statua della divinità 13 . A proposito dell'edificazione del tempio romano Vitruvio propende per la disposizione della facciata verso ovest, che consentiva al visitatore di accedervi procedendo verso oriente, per portare al tempo stesso le proprie offerte all'ara (che doveva essere orientata verso est) e vedere la statua di culto nella cella 14 . Nel caso della sinagoga la confusione terminologica esistente è direttamente legata alla varietà che caratterizza i primi monumenti: infatti a volte il lato d'ingresso guarda ad est, a volte invece in direzione di Gerusalemme, a volte poi è addirittura un'altra la parete - magari con nicchia contenente la Torah - che è stata rivolta verso Gerusa-

lemme 15 . E poi esistono sinagoghe in Giudea, per esempio in Eshtemoa, che mostrano un «doppio» orientamento: il lato d'ingresso rivolto ad est corrisponde ali' orientamento cosmico del tempio di Gerusalemme mentre la disposizione interna guarda alla parete nord rivolta verso Gerusalemme. Negli antichi templi pagani l'orientamento liturgico non è necessariamente connesso all'allestimento interno, dal momento che l'ara era ubicata in genere ali' esterno dell'edificio di culto. L'orientamento della preghiera nella sinagoga non appare considerata la varietà delle relazioni tra struttura architettonica e direzione di Gerusalemme - correlato per principio con l'orientamento architettonico. Tutte queste differenze mettono in evidenza la specificità dell'orientamento nell'architettura cultuale cristiana, che è determinato da tre fattori indissolubilmente legati tra loro: l'asse principale dell'edificio (alignment), il limite dello spazio interno (A usrichtung) e la direzione in cui viene celebrata la liturgia (sacred direction) . Quando questo nesso diviene consuetudine anche nell'architettura sinagogale si ha l'impressione che ciò avvenga per influenza dell'edilizia cultuale cristiana 16 . Un'ultima osservazione riguardo alla «tecnica» dell'orientare. Non esistevano metodi di validità generale per individuare l'orientamento architettonico ad est in occasione dell'edificazione di una chiesa. Le ricerche condotte sui modelli medievali di orientamento impiegati nell'edilizia cultuale hanno evidenziato nell'ambito di una stessa area scarti dell'asse, in entrambi i sensi, ampi anche decine di gradi rispetto all'est astronomico. Un dato che non può spiegarsi ipotizzando princìpi vincolanti di orientamento ad est sulla levata del sole nel solstizio d'inverno o d 'estate, in occasione della posa della prima pietra, della consacrazione della chiesa o della festa del santo patrono 17 . Il fattore «oriente» nell'edilizia cultuale cristiana pertanto non è che un'indicazione sommaria della direzione della bussola. Lungi dall'essere un metodo cosmologico, l'orientamento ad est è l'espressione di una vasta tradizione di simbolismo cultuale. Nel discorso che segue si intende anzitutto individuare il grado di sistematicità nell'applicazione dell'orientamento architettonico dell'edificio di culto paleocristiano. Successivamente si esamineranno fonti e monumenti alla ricerca di informazioni sulla collocazione del celebrante, verificando quindi in che misura questa è connessa con l'orientamento dell'edificio di culto. Dal collegamento che è possibile istituire tra queste due cate-

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Basilica patriarcale Chiesa titolare Chiesa di altra categoria

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7. Direzione assiale delle chiese di Roma dal 312 al 900: 1) San Lorenzo fuori le mura; 2) Santa Croce in Gerusalemme; 3) San Giovanni in Laterano; 4) San Sebastiano; 5) San Paolo fuori le mura; 6) San Pancrazio; 7) Santo Stefano Maggiore; 8) San Pietro in Vaticano; 9) Sant'Apollinare; 10) San Lorenzo in Lucina; 11) Sant'Agnese

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fuori le mura; 12) Santa Susanna; 13) Santa Maria Maggiore; 14) Santa Prassede; 15) San Martino ai Monti; 16) San Clemente; 17) Santi Quattro Coronati;- 18) Santo Stefano Rotondo; 19) San Giovanni a Porta Latina; 20) San Sisto Vecchio; 21) Santi Nereo e Achilleo; 22) Santa Balbina; 23) Santa Sabina; 24) Santa Cecilia;

25) San Crisogono; 26) San Lorenzo in Damaso; 27) Santa Maria ad Martyres; 28) San Marcello; 29) San Vitale; 30) Santa Pudenziana; 31) Santa Maria in Domnica; 32) Santi Giovanni e Paolo; 33) Santa Maria in Cosmedin; 34) Sant'Angelo in Pescheria; 35) San Marco; 36) Santi Apostoli;· 37) Sant'Agata dei Goti; 38) San Pietro

in Vincolz;- 39) Santa Anastasia; 40) San Giorgio in Velabro; 41) Sant'Adriano; 42) San Teodoro; 43) Santa Maria Antiqua; 44) Santi Cosma e Damiano; 45) Santa Maria Nuova; 46) Santa Maria in Trastevere.

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8. Direzione assiale delle chiese di Roma dal 312 al 400: 2) Santa Croce in Gerusalemme; 3) San Giovanni in Laterano; 8) San Pietro in Vaticano; 10) San Lorenzo in Lucina; 16) San Clemente; 17) Santi Quattro Coronatz;- 20) San Sisto Vecchio; 22) Santa Balbina; 25) San Crisogono; 26) San Lorenzo in Damaso; 30) Santa Pudenziana; 35) San Marco; 39) Santa Anastasia. 9. Direzione assiale delle chiese fuori le mura di Roma dal 312 al 550: 1) San Lorenzo fuori le mura; 4) San Sebastiano; 5) San Paolo /uon· te mura; 8) San Pietro in Vaticano; 11) Sant'Agnese fuori le mura; 21) Santi Nereo e Achilleo; 47) Basilica di Tor de' Schiavz;48) San ti Marcellino e Pietro; 49) Santo Stefano in via Latina; 50) Basilica sulla via Ardeatina; 52) San Valentino.

gorie di orientamento è ricavabile una dimensione simbolica, che formerà l'oggetto della terza fase del nostro discorso. Il paragrafo conclusivo illustra in breve come l'antico nesso esistente tra i tre fattori menzionati si dissolva verso la fine del Medioevo. L'orientamento architettonico

Quando negli studi moderni di storia dell' architettura è suggerita l'idea che nell'edilizia della chiesa cristiana l'orientamento cultuale ad est non avesse inizialmente un ruolo fondamentale, l'argomento più rilevante a sostegno della tesi è spesso la gran diversità di orientamenti attestata nelle chiese tardoantiche di Roma. Se nella capitale del mondo paleocristiano era tanto marcata la mancanza di uniformità nell'orientamento delle chiese, è evidente che il principio nel suo complesso doveva essere di modesta importanza. Guardando la pianta della città di Roma se ne ricava in effetti l'impressione che le chiese puntino in tutte le direzioni della bussola 18 . Tuttavia sarebbe avventato dedurre da questo scenario l'assenza di qualunque regola. In primo luogo occorre tenere conto del margine di libertà a disposizione nel processo di progettazione. Alcune basiliche paleocristiane sono state concepite, in assoluta autonomia rispetto a costruzioni precedenti, su un terreno edificabile interamente sgombro. Altre invece sono state inserite in

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edifici già esistenti senza determinare modifiche sostanziali della struttura. Questi due casi costituiscono gli estremi di una gamma che comprende tante gradazioni intermedie. Ordinando la direzione degli assi secondo questo criterio di gradualità, si delinea un quadro decisamente più coerente di quanto la pianta summenzionata lasciasse supporre. Una coerenza che risulta ancor più cospicua ove si adotti anche un criterio cronologico. La serie di piante di Roma qui allegata raffigura l'ordina~ento su base cronologica 19 . Sulle 21 chiese precedenti il 400, fuori e dentro le mura, note in ambito archeologico, solo due presentano un forte scarto rispetto ali' asse est-ovest (San Marco e San Lorenzo in Lucina). Esse sono state chiaramente costrette in questa posizione dal preesistente assetto della rete viaria. Su 19 chiese posizionate sull'asse est-ovest, la grande maggioranza, 15 chiese, si mostra accidentata, vale a dire con abside rivolta a occidente. Nella maggior parte dei casi si tratta di progetti architettonici relativamente privi di condizionamenti. La rappresentante più significativa del gruppo è la basilica del Laterano, la chiesa vescovile della città. Gli assi della basilica sono paralleli a quelli della preesistente caserma, divenuta piano di posa della costruzione, ma la disposizione della facciata verso oriente e dell'abside verso occidente sono il frutto di una scelta ben precisa. La collocazione dell'ingresso principale sul lato nord sarebbe stata forse

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da un punto di vista urbanistico di maggiore effetto. Anche nel caso della basilica sepolcrale di recente scoperta sulla via Ardeatina l' occidentazione appare l'esito di una decisione ben ponderata. Solamente in quattro chiese, tra cui la nuova costruzione di San Paolo fuori le mura, l'asse punta verso est: sono casi nei quali la situazione topografica sembrerebbe aver impedito un'abside ad ovest. Si rivela a tal proposito illuminante un confronto tra le due grandi basiliche martiriali di San Pietro e di San Paolo, l'una del secondo e terzo decennio del IV secolo e l'altra risalente al 386-395. In ambedue le situazioni, la tomba preesistente di un apostolo diviene fulcro cultuale di un'imponente basilica munita di transetto. Nel caso della basilica di San Pietro la direzione occidentale dell'asse era la soluzione più immediata ai fini dell'auspicata integrazione del monumento sepolcrale. E malgrado la pendenza del terreno richiedesse gigantesche opere di terrazzamento per posizionare la basilica in modo tale che il monumento sepolcrale venisse a trovarsi centralmente davanti all'abside, si trattò comunque sotto tutti gli aspetti di una soluzione felice. La facciata con gli ingressi principali si apriva

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verso la città e poteva in tal modo accogliere diret tamente i grandi flussi di pellegrini. Allo stesso tempo era possibile mantenere la direzione occidentale dell'asse già attestata nel prototipo del Laterano. Allorquando, settanta anni dopo, si procede ad erigere sulla tomba di san Paolo una basilica di uguali forme e dimensioni, i costruttori si imbattono in una serie di limitazioni inesistenti nel caso della tomba di san Pietro. La distanza tra il monumento sepolcrale di san Paolo e l'importante via di comunicazione con Ostia non era sufficiente per sviluppare una basilica delle dimensioni desiderate sul modello di quella di San Pietro con l'abside verso ovest e l'ingresso sul lato della strada. Con il proposito di rispettare comunque l'asse est-ovest, l'abside fu costruita a ridosso della strada e la facciata venne a trovarsi sulle zone paludose del Tevere: la soluzione, la peggiore che fosse concepibile sotto il profilo urbanistico, non faceva che mettere in risalto la superiorità di altri criteri. Ecco quella che fu verosimilmente la sequenza delle decisioni: la tomba dell'apostolo doveva divenire in situ il fulcro del nuovo edificio di culto; forma e dimensioni sarebbero state esemplate sul modello

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10. Planimetria urbanistica del Laterano, 3 12-320. In rosso: basilica e battistero di Costantino; in nero: strutture preesistenti. 11 . Direzione assiale delle chiese di R oma dal 400 al 500. 1)-San Lorenzo fuori le mura; 13) Santa Maria Maggiore; 18) Santo Stefano Rotondo; 19) San Giovanni a Porta Latina; 23) Santa Sabina; 29) San Vitale; 32) Santi Giovanni e Paolo; 37) Sant'Agata dei Goti; 38) San Pietro in Vincoli. 12. Direzione assiale delle chiese di R oma dal 500 al 790.· 6) San Pancrazio; 9) Sant'Apollinare; 11) Sant'Agnese fuori le mura; 27) Santa Maria ad Martyres; 33) Santa Maria in Cosmedin; 34) Sant'Angelo in Pescheria; 36) Santi Apostolz;41) Sant'Adriano; 42) San Teodoro; 43) Santa Maria Antiqua; 44) Santi Cosma e Damiano. 13. Direzione assiale delle chiese di R oma dal 790 al 900. 7) Santo Stefano Maggiore; 12) Santa Susanna; 14) Santa Prassede; 15) San Martino ai Montzi 17) Santi Quattro Coronati;- 21) Santi Nereo e Achilleo; 24) Santa Cecilia; 31) Santa M aria In Domnica; 35) San Marco; 40) San Giorgio in Velabro .

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di San Pietro; volendo mantenere la direzione estovest dell'asse l'unica possibilità era porre l'abside sul lato est. Quanto all'infelice collocazione della facciata , come forse anche quella del monumento apostolico isolato nel transetto, non restava che accon tentarsi20 . Al V secolo risalgono le prime basiliche la cui abside viene liberamente posizionata non più ali' estremità occidentale ma a quella orientale dell'asse. Santa Sabina (422-440) è il primo esempio di una deliberata inversione dell'orientamento architettonico. Se l'inclinazione dell'asse principale verso nord derivava dall'incorporamento parziale di

strutture murarie più antiche, quella di collocare la facciata sul lato approssimativamente ovest e l'abside sul lato est appare una decisione consapevole. Purtuttavia non mancano i casi in cui viene ancora impiegata la variante ovest. Forse non a caso la scelta cadde sull'orientamento ad est lì dove l'edificazione della chiesa avvenne in qualche modo sotto influenze orientali, come per esempio San Giovanni a Porta Latina e Sant'Agata in Suburra/ dei Goti (seconda metà del V secolo). Queste chiese si riallacciano al sistematico orientamento ad est delle chiese di Costantinopoli e di Ravenna. Questo scenario eterogeneo contraddistingue anche i secoli successivi, nei quali però vedono la luce solo pochi progetti architettonici «privi di condizionamenti». All'epoca della rifioritura dell'attività edilizia intorno ali' anno 800, si evidenzia nuovamente una marcata preferenza per la direzione ovest. Delle 11 chiese di nostra conoscenza che datano alla prima metà del IX secolo, ben 8 presentano l'abside rivolta verso ovest, seppure latamente inteso. Una chiesa è orientata verso est e le altre due, condizionate dalle costruzioni preesistenti, sono disposte lungo l'asse nord-sud. A differenza degli edifici religiosi dei secoli precedenti, nel caso di questi monumenti sorti durante la rinascita carolingia si tratta quasi sempre di riedificazioni di chiese preesistenti che possono aver lasciato traccia, sotto il profilo sia architettonico che

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cultuale, nel disegno di quelle nuove. Altrettanto awiene nelle basiliche altomedievali come San Clemente, San Crisogono e Santa Maria in Trastevere della prima metà del XII secolo che, come le loro antecedenti, furono orientate verso ovest. Queste constatazioni portano a formulare due conclusioni. La prima riguarda l'asse principale in sé e per sé: l'asse est-ovest è fin dall'inizio obiettivo perseguito per principio nell'architettura cristiana di Roma. Soltanto l'angolo relativamente ampio sotto il quale viene assunto l'est può spie-

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garsi con le particolari condizioni architettoniche o urbanistiche del luogo. La seconda concerne la direzione dell'asse: nel IV secolo viene preferita l'abside ad ovest, nei secoli successivi orientamento ad est e ad ovest convivono uno accanto all'altro come varianti equivalenti, finché nel IX secolo non riaffiora una spiccata propensione per l'asse puntato a occidente. La scelta dell'asse est-ovest seguiva una tradizione cristiana universale. Roma, infatti, non era diversa da altre città e regioni nell'osservare il principio,

14. Direzione assiale delle chiese di Milano prima del 500. 15. Pianta della chiesa di Santa Eufemia, Costantinopoli.

se non per l'entità dello scarto dall'asse ritenuta accettabile. Chiaramente, gli usi regionali erano determinanti al riguardo. A Cartagine gli assi appaiono a una prima occhiata caratterizzati dalla medesima varietà attestata a Roma, mentre le grandi basiliche di Milano e Costantinopoli sono tutte coerentemente orientate ad est. Significativa è anche la diversità d'approccio per quanto riguarda la consacrazione a chiesa di edifici già esistenti, nel corso del VI e del VII secolo. A Roma il Pantheon conservò il vecchio asse principale anche se questo comportò il posizionamento a sud dell'altare maggiore. A Costantinopoli, al contrario, un triclinio palatino esagonale destinato a santuario della Santa Eufemia fu sottoposto ad un radicale adattamento, per il quale l'altare, invece che sul1' asse principale, venne collocato nella eccentrica nicchia orientale21 . La preferenza accordata a Roma all'asse rivolto ad ovest è dawero notevole, ma nemmeno sotto quest'aspetto Roma costituisce un 'eccezione. La disposizione dell'abside a occidente .caratterizza la prima fase, quella sperimentale, dell'architettura cultuale cristiana ed è attestata anche nella fondazione di chiese in Palestina, Siria e Nord Africa 22 .

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In Oriente, lo sperimentare con la direzione del1' asse architettonico si concluse già prima del 400 a favore dell'orientamento ad est. Anche in tal caso le tradizioni locali sembrano aver avuto un ruolo decisivo. Nel V e nel VI secolo, in Cirenaica vengono edificate, una accanto all'altra, le chiese orientate ad est e quelle accidentate mentre, nelle regioni più occidentali del Nord Africa, si assiste a una netta evoluzione verso l'orientamento ad est. Roma mostra come una simile tradizione locale acquisisse ben presto i tratti di quella che è definita «iconografia dell'architettura»: l' occidentazione divenne un «topos in un sistema segnico». Le più illustri fondazioni dell'imperatore Costantino, la basilica del Laterano e la basilica sepolcrale di San Pietro, erano entrambe orientate verso ovest. Molto probabilmente la basilica del Laterano aveva da questo punto di vista già posto la norma per quella Vaticana. Queste due chiese insigni furono nei secoli seguenti modelli autorevoli nell'edilizia di culto, tanto che insieme alle loro caratteristiche architettoniche nelle nuove chiese venne spesso adottata anche l' occidentazione. Ciò si rese particolarmente vistoso in età carolingia, non solo nella stessa Roma ma anche nel regno franco a nord delle Alpi.

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18. Pianta del sito archeologico di Umm al-Rasas, Giordania: 1) castrum; 2) chiesa della Tabula Ansata e chiesa del Prete Wa'il; 3) chiesa dei Leonz;4) cappella dei Pavonz;· 5) complesso di Santo Stefano.

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16. Pianta del XVII secolo, Pantheon, Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana. 17. Pavimento con mosaici della chiesa di Santo Stefano (VIII secolo). Davanti ali'abside (est) tracce del!'altare e delle recinzioni del presbiterio, Umm al-Rasas, Giordania.

Allorché nel cuore dei territori carolingi la chiesa già orientata ad est vede aggiungersi un coro o un'abside sul lato ovest ciò sembra avvenire per il principio del more romano23 . Il fenomeno di edificare «secondo il costume romano» fu di breve durata e interessò soltanto alcuni monumenti particolari, ma proprio per questo motivo diffuse uno specifico messaggio di associazione con la basilica di San Pietro: un esempio per tutti, il duomo di Colonia che venne dotato nel IX secolo di un coro occidentale dedicato a san Pietro. Quando il coro occidentale ricompare poi in epoca ottoniana, restando in auge per alcuni secoli in Gei-mania, Francia e Italia, l'assetto con doppio coro appare

quasi sempre concepito già in sede di costruzione della chiesa24 . Dal momento che esistevano modelli più antichi di assetto con coro doppio, l'influenza di Roma potrebbe essere stata in questa fase molto indiretta. Ciò nondimeno la deliberata occidentazione come motivo romano continua ad essere attestata pure in epoca ottoniana, come per esempio nella chiesa abbaziale di Petershausen, nei pressi di Costanza, edificata tra 983 e 1000 con coro unico rivolto verso ovest «in analogia con la forma della basilica del principe degli apostoli a Roma ... », alla quale il convento deve anche il suo nome 25 . Nell'Occidente latino, oltre i confini dell'Italia, l' occidentazione

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fu peraltro nel Medioevo del tutto eccezionale. A Parigi l'unica chiesa accidentata, degli inizi del Medioevo, si chiamava Sanctus Benedictus male versus, «San Benedetto mal orientato»26 . Fin dagli inizi dell'architettura cultuale paleocristiana è dunque universalmente perseguita la disposizione dell'edificio di culto sull'asse est-ovest. In talune regioni vi era maggiore tolleranza che altrove nell'accettare i condizionamenti topografici. Due erano le varianti ammesse per la direzione dell'asse: tra queste si affermò ben presto l' orientamento ad est. Il fatto che a Roma venissero impiegate entrambe le soluzioni una accanto all'altra conferma tuttavia che fondamentale era l'asse in sé mentre il suo essere indirizzato verso est o verso ovest era questione secondaria. L'orientamento liturgico

Se è vero che nelle descrizioni del culto di epoca paleocristiana e medievale si incontrano scarsi riferimenti espliciti all'orientamento del celebrante, e ancora meno in merito a quello degli altri partecipanti, questo non può essere impugnato come argomento ex silentio contro l'importanza dell'orientamento cultuale ad est. Proprio dai casi sparsi nei quali si precisa invece che certi atti o preghiere devono eseguirsi guardando in direzione orientale, emerge quanto owio fosse per i contemporanei il principio dell'orientamento ad est. L'usanza di pregare verso est veniva fatta risalire agli apostoli e le sue conseguenze rispetto allo svolgimento del culto regolamentato nell'edificio della chiesa non richiesero evidentemente fin dagli inizi particolari spiegazioni27. D'altronde anche nel rito del battesimo, che esula dalla presente trattazione, l'orientamento riveste un ruolo di rilievo28. I libri liturgici concernenti il rito romano introdotto nel regno carolingio erano necessariamente più espliciti delle loro fonti redatte a Roma. Si trattava infatti di testi per l'istruzione di persone designate a celebrare i rituali romani negli edifici di culto franchi, e che in questa veste avrebbero potuto incontrare difficoltà impreviste29 . Le prescrizioni della Chiesa di Roma relative alla liturgia papale erano formulate in funzione di chiese aventi l' abside ad ovest. I curatori franchi ebbero il compito di adattare la «scenografia» liturgica a chiese dove l'altare sorgeva ad est ed elaborarono regole specifiche sulla direzione dello sguardo del celebrante a integrazione del testo base romano. Tali regole appaiono rappresentate in maniera

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programmatica nei rilievi eburnei che ornano la copertina del sacramentarium del vescovo Drogone di Metz (835-855 )30 . L'oriente figura sempre a destra nelle varie scene. Durante l'Eucaristia il celebrante sta davanti all'altare, viso rivolto verso l'abside ad est e quindi spalle alla navata, come appare nella scena centrale del registro inferiore. Quando l'abside sorge ad est e la cattedra vescovile, alla maniera romana, è addossata alla parete dell'abside in posizione centrale, il vescovo siede sul suo seggio con lo sguardo verso occidente. Le regole franche prescrivono ora in modo esplicito che nei momenti importanti della liturgia, come all'intonazione del Gloria , il vescovo si volga comunque verso oriente. La scena centrale del sacra-

19. Vescovo davanti alla cattedra durante il Gloria. Sacramentarium del vescovo Drogane di Metz (835-855), avorio. Bibliothèque Nationale, Parigi.

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te, durante gran parte della messa, e la seconda sguardo verso il popolo in occasione di una serie di saluti (Dominus vobiscum) e della benedizione. Dipendeva dall'orientamento della chiesa se per la seconda variante, per guardare il popolo quindi, il sacerdote doveva voltarsi o invece, coincidendo le direzioni, rimaneva nella stessa posizione. Per il franco Amalario (ca. 830) la chiesa orientata ad est era la norma: il sacerdote stava davanti ali' altare con il viso ad orientem e si voltava ad populum per i saluti31 . In questo contesto l'espressione versus populum non allude alla visibilità della liturgia ma fa riferimento ad un atto rituale ben specifico. Allorché Durandus, ancora nel 1296, osserva che nelle chiese «con portale sul lato orientale» il celebrante officia sempre rivolto verso il popolo e non è costretto a voltarsi per i saluti, questa celebrazione versus populum è esclusivamente la conseguenza dell' occidentazione dell'edificio di culto32 . I reperti archeologici confermano le indicazioni scritte riguardo alla collocazione dell'officiante. L'assetto di San Pietro intorno al 600, per esempio, non lascia dubbi circa la posizione del celebrante: questi non aveva modo di stare all'altare sul lato navata, in quanto in quel punto vi era la fronte diritta di un podio con finestrella sulla camera sepolcrale. Il papa officiava dunque dal podio absidale con lo sguardo rivolto a oriente. Si potrebbe argomentare che tale disposizione non



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20. Vescovo davanti alt'altare durante l'Offertorio. Sacramentarium

del vescovo Dragone di Metz (835-855), avorio. Bibliothèque Nationale, Parigi. 21. Le piante illustrano le possibili varianti della posizione del celebrante.

mentarium di Dragone mostra proprio questo momento: voltatosi verso oriente dinanzi al suo seggio, il vescovo si trova con la faccia quasi a contatto con la parete dell'abside e le spalle ali' altare. Una configurazione poco felice sotto il profilo del protocollo, accettata tuttavia in vista di un impiego conseguente del simbolismo dell'orientamento ad est. Tutto questo si spiega unicamente ammettendo che tale simbolismo era un dato acquisito in modo inequivocabile. I momenti liturgici che più spesso davano occasione di precisare la posizione del sacerdote officiante erano i saluti ai fedeli. Le regole contemplavano per il celebrante all'altare due varianti funzionali. La direzione primaria era viso rivolto verso orien-







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era che la conseguenza delle condizioni esistenti in situ, e precisamente della necessità di situare l'altare sopra l'esistente monumento dell'apostolo lasciando accessibile la Jenestella sulla fronte del podio, proprio sotto l'altare. L'obiezione appare però priva di fondamento nel caso delle imitazioni dell'assetto di San Pietro realizzate entro contesti dove non vi era traccia di tombe originali33 . Dal momento che la collocazione dell'altare sull'orlo della ripida parete di un podio consentiva al celebra_nte di stare solo dietro l'altare, con lo sguardo verso la navata, questo schema costituisce un eccellente criterio per verificare l'importanza del principio liturgico dell'orientamento ad est. Fino al XII secolo l'assetto liturgico di San Pietro fu ripetutamente copiato a Roma, con o senza cripta anulare, sempre però con l'altare sul bordo del podio e la finestra della camera delle reliquie sulla fronte del podio. Si noti che tali imitazioni di San Pietro si produssero solo nell'ambito di chiese orientate, con maggiore o minore approssimazione, verso occidente. Questo vale per tutte le chiese di Roma di età carolingia; un esempio per tutti, degli inizi del XII secolo, è la basilica superiore di San Clemente. La direzione dell'asse fu dunque chiaramente intesa come elemento integrante del modello. Qualora l'asse architettonico non avesse consentito l'orientamento liturgico ad est, la disposizione in questione non veniva imitata. È quanto si constata per esempio a Santa Sabina dove, malgrado un radicale rinnovamento dell'arredo liturgico in epoca carolingia e malgrado il ruolo di rilievo rivestito da questa chiesa nell'ambito della liturgia papale, la predetta sistemazione non venne adottata. Tale recepimento selettivo consente inoltre una precisazione riguardo ai modi d'applicazione dei princìpi dell'orientamento a Roma. Nelle chiese caratterizzate da asse deviante da ovest, la tipologia dispositiva di San Pietro è attestata solo là dove l'abside guardi a nord, mai quando questa si trovi a sud. Il nord era pertanto considerato come ovest e il sud come est. Visto dalla prospettiva del simbolismo solare questo non può in alcun modo meravigliare. L'analogia simbolica tra est e sud è esplicitata fin da Remigio di Auxerre (t 908 ca.) pure nei commentari allegorici della liturgia, per esempio nella dichiarazione che Cristo giunse a Gerusalemme dal sud (veniva infatti da Betlemme)34. Viene insomma ribadito quello che già le constatazioni formulate sull'orientamento architettonico inducevano a supporre: la liturgia roma-

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na non poteva dirsi astronomicamente ortodossa; era però, entro un margine ideale d'azione relativamente ampio, assolutamente conseguente. Ovest poteva anche essere nord, ma ovest e nord, da un lato, non erano intercambiabili con est e sud, dal1' altro. La riedificazione della antica chiesa titolare di San Marco sotto papa Gregorio IV (827-844) è a questo proposito illuminante. In tale occasione si procedette a un'inversione della direzione dell' asse della chiesa, da sud a nord35 . E nella nuova chiesa venne attuata una disposizione tomba-altare che riproduceva esattamente quella di San Pietro. Quest'inversione di orientamento fu un effetto collaterale di mutate condizioni urbanistiche o fu invece dettata dalla volontà di dare alle reliquie una sistemazione sul genere di quella di San Pietro? Sia come sia, trovò attuazione un assetto che

22. Ricostruzione dell'assetto intorno al 600 dell'altare e del podio absidale di San Pietro, Roma (da Toynbee!Wardl Perkins). 23. Interno, verso l'abside, della chiesa superiore della basilica di San Clemente, Roma.

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non era parso possibile nella situazione precedente con abside a sud. Negli stessi anni, a Santa Maria in Trastevere viene realizzata una disposizione similare, con un chiaro ricorso all'ubicazione occidentale dell'abside3 6 . Sebbene liberamente utilizzabili - est poteva dunque essere sud - simbolismo e iconografia architettonica conservavano in definitiva la loro forza espressiva solo nel rispetto di certi criteri essenziali. In altre parole, non era possibile obbligare il celebrante ad officiare con lo sguardo rivolto verso ovest o, in alternativa, verso nord. Un impiego tanto coerente dell'orientamento liturgico ad est deve essere stato un a priori valido pure nelle disposizioni in cui l'altare risultava accessibile da ogni lato. Anche nella basilica del Laterano orientata ad ovest il celebrante officiava da dietro l'altare maggiore guardando in direzione della navata37. Proprio perché l' occidentazione dell'abside contraddistingueva le principali chiese di Roma, la posizione del celebrante dietro l'altare è tacitamente assunta come norma nei libri liturgici altomedievali riguardanti la liturgia papale. Per questo motivo la liturgia romana, alla sua introduzione nel regno franco, richiese un adattamento al contesto degli edifici cultuali d'Oltralpe, in genere orientati verso est. D'altra parte, anche Roma possedeva basiliche orientate verso est e lì il celebrante stava dinanzi ali' altare con il viso verso l'abside in direzione est. I cerimoniali papali tardomedievali menzionano in modo esplicito questa variante di posizionamento. Quando l'altare sia disposto «secondo il costume romano», e dunque ubicato sul lato ovest, il papa sta sempre «con il viso rivolto verso il popolo», «come nelle chiese patriarcali del Laterano, di San Pietro e di Santa Maria Maggiore». Quando invece l'altare sia collocato «alla maniera che è in uso ovunque (altrove)», e si trovi quindi all'estremità est dell'asse principale, «come nelle due chiese patriarcali di San Paolo e San Lorenzo», il papa deve voltarsi per i consueti saluti verso l'assemblea dei fedeli 38 . Nel cerimoniale del cardinale Stefaneschi (1300 ca. ) è prescritto inoltre che in chiese come «San Paolo e simili», in occasione del Gloria e di determinate preghiere, il papa, in piedi dinanzi alla cattedra, si volti verso l'abside dando quindi le spalle all'altare39 . Mentre altrove in Europa la cattedra in genere non era più nell'abside e veniva ormai sistemata di fianco all'altare, a Roma vigeva ancora l'osservanza della singolare soluzione che cinquecento anni prima era stata raffigurata sul sa-

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cramentario di Dragone vescovo di Metz. Questa differenza è senza dubbio la ragione principale per cui nella chiesa di San Paolo orientata ad est, perfetta gemella di San Pietro per molti altri aspetti formali, non fu possibile riprendere il fortunato schema dispositivo della basilica Vaticana. I monumenti di Roma concordano con il quadro generale dell'orientamento liturgico nel mondo paleocristiano. Due esempi differenti illustreranno quanto affermato. Nella basilica di HaYdra (Nord Africa), con doppio coro, il presbiterio occidentale è più antico di quello orientale; tuttavia, all'epoca in cui il secondo venne realizzato (VI secolo? ), il coro occidentale rimase in funzione. La logistica intorno ai due altari indica che il celebrante stava sul lato ovest dell'altare sia nel coro occidentale che in quello orientale, con il viso dunque rivolto verso est40 . Che in un caso officiasse versus populum e nell'altro spalle al popolo non era evidentemente rilevante. In diversi altri luoghi in Nord Africa (e altrove) la collocazione dell'altare sotto una struttura a baldacchino di pietra (ciborium) e la presenza di una particolare lastra pavimentale provano in modo decisivo la posizione del celebrante sul lato occidentale dell' altare41 . Il secondo esempio riguarda la basilica di Sant'Apollinare in Classe presso Ravenna, dove venne realizzato, forse nel IX secolo, un podio absidale con cripta palesemente derivato dal modello di San

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24. Pianta schematica della chiesa di San M arco a Roma prima e dopo la ristrutturazione del/'827-844 che ne ha invertito l'orientamento.

25. Sezione est-ovest del.presbiterio della basilica di San Paolo fuori le mura, Roma (da Tolottz). 26. Pianta della basilica nordafricana di Haidra con doppio coro (da Duva/). 27. Pianta della basilicf di Sant'Apollinar} in Classe presso Ravenna con ricostruzione ipotetica del presbiterio del IX secolo.

Pietro a Roma. La basilica di Classe però è orientata ad est e questo comportò un adattamento dello schema al quale a Roma non si era mai voluto procedere. Il podio absidale venne munito, sul lato navata dell'altare, di un pavimento sporgente sopra la finestra della reliquia, che rendeva l'altare accessibile anche da ovest42 . Una variante, questa, spiegabile unicamente con il proposito di attenersi rigorosamente ali'orientamento liturgico ad est entro una disposizione concepita da un contesto di occidentazione architettonica. Non vi è dunque alcun motivo per supporre, nelle chiese dove su entrambi i lati dell'altare esiste spazio sufficiente per trattenersi, che il sacerdote avrebbe effettuato la celebrazione in direzione ovest. Eppure Nussbaum e Duval l'hanno ipotizzato in una gran quantità di casi, in particolare quando vi era una cattedra e un banco per i presbiteri nella curva dell'abside. Evidentemente, appariva imbarazzante l'idea che, nello spostarsi tra cattedra e altare, il celebrante dovesse passare intorno ali' altare. Che questa preoccl]pazione per il protocollo sia del tutto anacronistica emerge non solo dalle fonti scritte, riguardanti per esempio San Paolo fuori le mura a Roma, ma anche da tanti indizi archeologici circa la posizione del sacerdote sul lato navata dell'altare nelle chiese orientate ad est43 . In una serie di cattedrali francesi la cattedra continua a essere collocata dietro l'altare maggiore, in asse con questo, ancora a lungo dopo

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la fine del Medioevo44. Anche in questi casi ciò non era d'impedimento alla celebrazione della liturgia verso oriente. In questa prospettiva è da interpretare anche la tanto citata lettera di Paolino di Nola del 401-402 relativa alla Basilica Nova da lui fatta costruire da poco. Per la topografia del complesso circostante la tomba di san Felice e i collegamenti voluti dal committente Paolino, alla Basilica Nova venne conferito un orientamento anomalo: «invece di essere orientata ad est, come è uso piuttosto diffuso, la facciata della basilica è rivolta verso la basilica del beato Felice, mio signore, e si apre sul suo monumento sepolcrale»45 . Le strutture superstiti confermano che la facciata della nuova chiesa guardava alla tomba di san Felice e che l'abside era quindi disposta a nord. Il futuro vescovo allude alla direzione occidentale dell'asse ancora d'uso comune ai suoi tempi, dalla quale egli per ragioni particolari intese discostarsi. È evidente inoltre che egli fa riferimento alla situazione generale esistente nell'Occidente latino visto che la Basilica Vetus di Cimitile aveva l'abside a oriente. Paolino era disposto in questo caso a rinunciare non solo all'occidentazione cieli' abside ma anche all'asse est-ovest nel suo complesso. Quando le circostanze lo esigevano era dunque ammessa un'applicazione elastica dell'orientamento architettonico, e questa ne è un'ulteriore dimostrazione; dalla sua lettera emerge altresì che questo aveva poi conseguenze dirette sull'orientamento liturgico: «Un'abside ad arco si sviluppa generando due nicchie, a destra e a sinistra, all'interno del grande spazio. Una nicchia è riservata al sacerdote come luogo per l'offerta, mentre l'altra accoglie la comunità orante dietro il sacerdote, in una generosa curvatura». La struttura absidale giunta ai giorni nostri è costituita in effetti da una profonda nicchia centrale che si apre su entrambi i lati in una nicchia laterale più piccola. Paolino lascia intendere dunque che il celebrante officiava in una nicchia laterale, mentre lo spazio alle sue spalle, incluso quello dell'altra nicchia laterale, era destinato ai fedeli. La soluzione esposta da Paolino parrebbe unica tanto sotto il profilo liturgico che sotto quello architettonico46. Essa può spiegarsi solo se si pone mente alle difficoltà certamente incontrate nel mantenere l'orientamento liturgico ad est nel contesto di una chiesa non disposta sull'asse est-ovest. L'altare venne collocato ali' interno o dinanzi alla nicchia orientale, in modo tale che il celebrante poteva officiare con lo sguardo rivolto a oriente, men-

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tre i fedeli si trovavano alle sue spalle e, presumibilmente, alla sua destra nella navata della chiesa. La spiegazione che Paolino, nella lettera a un amico, fornisce in merito alla soluzione escogitata, evidentemente insolita anche nel suo ambiente, attesta pertanto il legame diretto tra l'orientamento architettonico e quello liturgico nell'edilizia cultuale. A Roma, tra parentesi, lo stesso problema sarebbe stato risolto probabilmente in modo diverso. Un aspetto che complica la questione dell'orientamento liturgico è la collocazione dei fedeli , alla quale Paolino accenna brevemente. Se anche i fedeli si fossero per principio rivolti verso oriente, nell'edificio occidentato questo avrebbe comportato mezzo giro su se stessi, una volta entrati, in modo da dirigere lo sguardo in direzione della facciata. Questo inconveniente si sarebbe presentato anche in quella schiera di sinagoghe con facciata orientata verso Gerusalemme47. Pur mancando ogni testimonianza diretta della prassi rituale in una simile disposizione tanto nella funzione sinagogale che nella liturgia cristiana, la struttura architettonica delle basiliche costantiniane non lascia dubbi al riguardo. Essa indirizza in modo ineludibile lo sguardo del visitatore verso lo spazio dell'altare. Il protocollo del rito non avrebbe mai consentito che nel momento culminante dell'Eucaristia i fedeli mostrassero le spalle all'altare. Sotto quest'aspetto la norma era rappresentata non dalla sinagoga ma dal tempio biblico di Gerusalemme. Il profeta Ezechiele lo aveva detto a chiare lettere: coloro che nel tempio orientato ad ovest avessero voltato le spalle ali' altare per inginocchiarsi dinanzi al sole a oriente, avrebbero commesso il più terribile dei sacrilegi (Ez 8,16). La comunità ecclesiale postcostantiniana era un organismo clericale. Mentre abbondano le indicazioni contrarie, non esistono elementi a sostegno dell'ipotesi che i fedeli fossero tenuti ad osservare in maniera autonoma l'orientamento ad est48. Gli uomini e le donne trovavano posto nella navata con lo sguardo verso altare e cattedra; era sufficiente che il celebrante, anche a nome loro, rispettasse l'orientamento ad est. Dipendeva solo dalla direzione dell'asse dell'edificio di culto se anche i fedeli guardavano verso oriente o, al contrario, verso occidente. Il fatto che in quest'ultimo caso si trovassero con le spalle a oriente, comunque, non deve essere stato facile per tutti. Più d'uno, nel dubbio, prima di entrare nella basilica occidentata di San Pietro, si voltava ancora un attimo per porgere un saluto al sole nascente. Quando, intorno

28. Varianti nel!'orientamento della chiesa e della posizione del popolo (in rosso).

alla metà del V secolo, papa Leone Magno, in occasione del Natale (un tempo la festa imperiale del Sol invictus), si lamenta di questo atavismo pagano, egli ha modo di citare alla lettera le parole di Ezechiele49 . Il papa, dal canto suo, stava all'altare maggiore della basilica con il «sole negli occhi», e questo secondo la migliore tradizione cristiana. La liturgia era dunque organizzata su uno spazio coordinato dai punti cardinali. Il culto prescriveva che preghiere e atti di cruciale importanza fossero eseguiti in direzione dell'oriente. Al sacerdote non occorrevano bussole ali' altare giacché la direzione dell'asse della chiesa era scelta in modo tale da non lasciare dubbi su dove, almeno idealiter, si trovasse l'est: verso l'abside o verso la facciata. Molte ipotesi sono state formulate sui motivi per i









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quali parte delle prime basiliche fu orientata ad ovest invece che ad est50 . La coesistenza delle due soluzioni è propria della fase iniziale dell'edilizia cultuale pubblica, quando il genere architettonico «edificio-chiesa» non si era ancora delineato completamente rispetto ali' eterogeneo insieme degli antecedenti, ovvero domus ecclesiae, tempio biblico, sinagoga ed edifici per il culto pagano. Allorché Tertulliano, nel 206 circa, paragona la domus ecclesiae ad una colombaia orientata ad lucem (verso il sole nascente), sembra stia parlan~o del vano della porta51 . Eusebio di Cesarea,-testimone della consacrazione di uno dei primi edifici chiesastici monumentali in assoluto, descrive la sua chiesa vescovile a Tiro ancora molto dalla prospettiva dell'architettura esterna: «il sole radioso del mattino illuminava la facciata con i tre portali, sì che la bellezza della facciata splendente era un assaggio della magnificenza dell'interno»52 . La scelta di situare la facciata sul lato est era dunque sia tipologicamente che simbolicamente del tutto opportuna. Qui riecheggia palesemente la tradizione di un edificio di culto considerato anzitutto architettura esterna, come la maggior parte dei templi greci e romani. Da questo punto di vista, però, l'edilizia cultuale cristiana prende una direzione decisamente diversa. L'edificio di culto diviene architettura interna, il che significa che anche l'orientamento sarà vissuto più dall'interno che dall'esterno. Il fatto che sia prevalsa l' assialità dell'interno con l'altare come fulcro e si optasse per orientare l'abside - tipica architettura interna - verso oriente ci dice molto riguardo al concetto di edificio di culto cristiano. Analoga evoluzione si produsse anche nell'edilizia sinagogale; quella che viene definita sinagoga basilicale absidata del V e VI secolo ne è l'eloquente risultato53 . L'orientamento liturgico trovava evidentemente la sua realizzazione più appropriata quando la direzione del culto coincideva con il fulcro architettonico dell'interno e il centro funzionale della liturgia. Il fatto che in tal caso sacerdote e fedeli potessero disporsi nella medesima direzione per la preghiera non fu probabilmente mai l'obiettivo primario, ma doveva certo apparire significativo sotto il profilo liturgico oltre che pratico ai fini del rito . Eppure anche in pieno Medioevo viene ancora adottata la direzione occidentale dell' asse54 . In parte il fenomeno è riconducibile senz'altro alla persistenza di tradizioni locali paleocristiane. A volte si trattava della situazione già attestata nella chiesa preesistente, come nel caso delle basiliche

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di Roma del xII secolo, per l'appunto orientate ad ovest. Altrove la scelta deve essere stata effettuata in modo più consapevole come deliberata imitazione di prototipi paleocristiani, in maniera diretta o indiretta, per il tramite di modelli carolingi. L'orientamento ad ovest divenne così, con l'andare del tempo, un motivo di pura iconografia architettonica. Ancora in età ottoniana, comunque, sembrano esservi connesse delle conseguenze dirette per l'orientamento liturgico. La chiesa abbaziale di Petershausen già dotata di un'abside disposta ad ovest, sul modello della basilica Vaticana, venne poi munita di un altare maggiore dove era possibile officiare solo sul lato occidentale, il che significa con il viso rivolto a oriente. Pure in San Pietro al Monte a Civate (seconda metà dell'XI secolo) , l'orientamento ad ovest viene recepito insieme all'implicazione liturgica della celebrazione verso la navata55 . In entrambi i casi è il santo patrono a rendersi tramite di una associazione particolare con la basilica Vaticana.

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29. Interno verso l'abside (ovest) della chiesa di San Pietro al Monte, Civate. 30. Interno, verso est, della navata della chiesa di San Pietro al Monte, Civate.

La fortuna dell'orientamento dell'abside ad est rimane tuttavia l'esito secondario di una questione primaria. Cruciale era la scelta intenzionale dell' asse architettonico est-ovest in funzione dell'orientamento liturgico ad est. E la collocazione del celebrante ali' altare non fu che la conseguenza di questi fattori determinanti. L'orientamento architettonico aveva due direzioni a disposizione, quello liturgico invece soltanto una.

Uno spazio di luce L'esperienza dello spazio dell'aula dei, la sala di Dio, era in gran misura determinata dalla marcata assialità sia dell'architettura inerte che del culto vivente. Il principio dell'orientamento ad est ne rivela la dimensione spiccatamente simbolica. Per quanto la basilica paleocristiana fosse come tipo architettonico il prodotto di antiche convenzioni dell'edilizia civile, la sua deliberata disposizione sull'asse est-ovest aggiungeva alla genericità della sala pubblica per riunioni un elemento proveniente dalle tradizioni dell'edilizia cultuale. In questo modo una forma costruttiva già sperimentata divenne portatrice di un nuovo significato. Tale precoce dimensione simbolica dell'edificio di culto va adeguatamente sottolineata perché non era concepita a posteriori ma era parte integrante del programma costruttivo originario. Dal momento che il simbolismo dell'orientamento ad est modellava in modo tanto evidente lo spazio sacro, è legittimo supporre che nella sua percezione fosse riconosciuto un ruolo anche all'illuminazione. La «esperienza» dell'oriente, in effetti, poggia non tanto sulla bussola quanto sulla concretezza della luce del giorno e della posizione del sole sull'orizzonte. Fin dagli inizi dell'edilizia della chiesa l'interno pervaso di luce, oltre ad essere una realtà architettonica ricorrente, è anche una metafora fertile per il significato dell'aula di culto56 . Già in numerose occasioni la finestratura abbondante è stata segnalata come uno dei tratti distintivi dell'architettura tardoantica57 . Difficile credere che i finestroni inondanti di luce la navata centrale nelle basilicae paleocristiane siano fenomeno rimasto privo di esiti metaforici. Soprattutto quando si constata che le aperture per la luce sul lato corto orientale e occidentale dell'aula avevano spesso un ruolo di primo piano nella regia della luce dello spazio nel suo complesso. Le absidi munite di ampie finestre a tutto sesto furono fin dal principio addirittura un elemento peculiare della basilica

cristiana. Altrettanto tipiche sono le facciate rese pressoché diafane da gruppi di finestre e talvolta da ingressi porticati. Queste due caratteristiche appaiono esemplificate dalla chiesa di Santa Sabina e dai Santi Giovanni e Paolo a Roma risalenti alla prima metà del V secolo. Una variante particolare è rappresentata dall'apertura nel catino absidale di Resafa58 . La funzione del dare luce svolta dai portali riecheggia anche in diverse iscrizioni che hanno sì un intento simbolico ma utilizzano non a caso l'entrata della chiesa come elemento metaforico59 . Facciata e abside costituiscono le due estremità luminose dell'asse longitudinale della basilica che, messo in risalto dalla lunga serie di finestre del claristorio, diviene un vero e proprio asse della luce. In effetti, l'antichissima interpretazione cristologica della luce e l'orientamento intenzionale dell'edificio di culto devono essere stati i componenti di un linguaggio figurato della luce evidente quanto semplice. Una metafisica elementare della luce nella quale avevano un ruolo anche la luce artificiale, i materiali, i colori delle pareti. Ne sono una testimonianza i versi di Prudenzio su San Paolo fuori le mura: «Lamina d'oro egli fissò ad assi e travi: perché all'interno vi fosse luce dorata come del sole al mattino»60 . Ma il sole del mattino in sé deve essere stato l'essenza, come Paolo Silenziario descrive nel suo poema dedicato alla chiesa di Santa Sofia voluta da Giustiniano: «Dalle finestre di una valva fortemente bombata [la semicupola orientale] l'aurora dal piede rosato irrompe come un fulmine» 61 . Perfino in una costruzione a pianta centrale dalla marcata assialità verticale della cupola - anche come asse della luce - la linea simbolica est-ovest è ineludibile62 . L'idea di un asse spaziale della luce, formato dai raggi del sole che al mattino entrano radenti, eraricondotta da certi autori cristiani al tempio di Gerusalemme. Intorno all'840 Valafrido Strabone realizza a questo proposito una sintesi di quello che già scrivevano i suoi predecessori e sottolinea che la luce del sole nascente, attraverso le tre porte in asse dei cortili consecutivi del tempio, aveva modo di entrare in linea retta nel Sancta Sanctorum63 . Già prima della nascita dell'edilizia cultuale monumentale tra le comunità cristiane era diffusa la convinzione che occorresse indirizzare la preghiera, innalzata da un ambiente chiuso, di preferenza su un'apertura verso il cielo aperto, a oriente64 . Origene considera questo tema nel trattato De oratione (230-235) in termini che avrebbero conser-

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vato per secoli la loro attualità nell'edilizia cultuale65. La direzione da preferire in assoluto per la preghiera, secondo lo scrittore, è quella orientale. Anche se la casa che la ospita è priva di finestre o porte esposte ad est, la preghiera andrà ugualmente rivolta verso oriente. Perfino il muro cieco orientato ad est può indicare la vera luce! Origene riconosce comunque che, laddove un'apertura in direzione est sia invece presente, questo supporta in modo significativo l'orientamento della preghiera. Sebbene non ne sia un presupposto, la regia della luce è comunque un mezzo efficace per rafforzare il simbolismo cieli' orientamento ad est. Nella basilica accidentata dei Santi Giovanni e Paolo la luce del mattino, entrando per il portico e le finestre della facciata, investiva il celebrante all'altare. Nella vicina Santa Sabina i fedeli al mattino vedevano l'altare nella controluce delle finestre absidali. In entrambe le varianti, l'asse della luce tra facciata e abside intersecava il fulcro liturgico, in entrambe le varianti la luce del mattino entrava nella chiesa da oriente, in entrambe le varianti il 33

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31 Abside della chiesa di Santa Sabina, Roma. 32. Navata centrale della chiesa di Santa Sabina, Roma. 33. Facciata con ingresso porticato della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, Roma. 34. Interno della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli in cui la luce e l'orientamento giocano un ruolo rilevante.

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celebrante stava - come pars pro toto - con la sorgente della luce negli occhi. Se inizialmente porte d'accesso, o portici e finestre della facciata da una parte, e finestre absidali, dal1' altra, erano equivalenti come estremità iniziale e terminale dell'asse della luce, alla fine anche sotto quest'aspetto l'abside si rivelò il mezzo architettonico più potente per esprimere il simbolismo del1' orientamento. L'edilizia della chiesa aveva fin da principio esplicitamente mutuato l'abside finestrata dalla tradizione architettonica profana, il cui esempio più significativo è l'aula palatina di Treviri66. Gradualmente, l'abside divenne strumento per eccellenza della regia della luce nell'edificio basilicale. Sotto questo profilo non aveva più nulla in comune con l'abside senza aperture della grande basilica di Massenzio al Foro Romano, dove era stata collocata la gigantesca statua dell'imperatore Costantino. Questa era una buia nicchia, uno sfondo decorativo per statue, mentre le prime absidi, che le sono coeve, delle chiese cristiane diffondevano al contrario luce generatrice di spazio. Concretamente esse chiudevano in effetti lo spazio, per poi riaprirlo però, solo su un altro livello. Valafrido Strabone dà alla parola una spiegazione etimologica che presuppone l'associazione absideluce come una proprietà intrinseca al termine: il corrispettivo latino del greco absida sarebbe lucida, perché questa «fa entrare attraverso un arco la luce ricevuta» 67 . All'epoca in cui egli scriveva queste parole, l'abside si era già da tempo dimostrata la formula architettonica più produttiva per dare forma al simbolismo della luce68 . La sua standardizzazione, come punto di riferimento orientale nell'orientamento, ne consolidò il ruolo di protagonista nella regia della luce. Anche nelle chiese accidentate l'abside era elemento portante dell' asse della luce; solo in caso di orientamento architettonico ad est, però, essa diveniva la compiuta raffigurazione della sorgente di luce. Il declino dell'orientamento

Nella sua opera Rationale divinorum o//iciorum del 1296, Durandus riporta una tradizione ancora viva ai suoi giorni: «il sacerdote sta all'altare sempre rivolto verso est e si gira in direzione dei fedeli solo in occasione di alcuni saluti, salvo nelle chiese con ingresso sul lato orientale perché in quel caso egli guarda tutto il tempo in direzione dell' assemblea»69. Tuttavia, questa rappresentazione delle cose costituiva già a fine XIII secolo una semplifica-

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zione. Da tempo ormai nell'Occidente latino il principio dell'orientamento stava perdendo terreno a causa della progressiva disgregazione della liturgia comunitaria. Fin dal primo Medioevo, per la nascita dèlla messa privata, delle cappelle e degli altari laterali, che relegarono in secondo piano l'idea di compiere il sacrificio al solo altare esistente, risultò spesso impossibile già solo per ragioni pratiche osservare l'orientamento liturgico ad est. La Rotonda della chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme possedeva nel VII secolo altari orientati verso tre punti cardinali70 . Valafrido Strabone menziona questo dato nel IX secolo aggiungendo che anche nel Pantheon e a San Pietro a Roma vi erano altari disposti in ogni direzione. Nella chiesa grande con numerosi altari o in quella a pianta centrale a volte era evidentemente inevitabile rinunciare al simbolismo collaudato. Secondo Valafrido questo non comprometteva in alcun modo la validità della liturgia all'altare interessato, giacché i Padri della Chiesa avevano affermato che Dio non si trova solo a oriente, Dio è dappertutto 71 . Il simbolismo è ancora una volta definito come un derivato e non un presupposto della liturgia. La stessa collocazione degli altari laterali, del resto, presenta grandi differenze regionali rispetto alla tradizione. In molte chiese gotiche urbane, gli altari laterali sono intenzionalmente addossati al lato più orientale nelle cappelle radiali poligonali (per esempio Colonia, Saint-Denis), o gli altari sono appoggiati ai pilastri per quanto pGssibile secondo un angolo retto rispetto ali' est (per esempio Stralsund, Sankt Nikolai). In Italia la varietà di posizionamento, invece, sembra pressoché illimitata. Nel tardo Medioevo l'altare maggiore andò progressivamente assimilando le caratteristiche degli altari laterali più frequentati dal popolo. Anche l'altare maggiore divenne oggetto di servizio liturgico e di finanziamento di carattere privato e fu sempre più spesso provvisto di un retablo dipinto o scolpito72 . Se si considera la somiglianza istituzionale e formale sempre più pronunciata tra altari delle cappelle e altare maggiore, sarà chiaro che praticamente più nulla impediva di abbandonare il principio dell'orientamento ad est anche nel fulcro liturgico della chiesa. Forse questo accadde la prima volta nelle chiese degli ordini mendicanti delle città italiane73 . Il papa stesso diede un esempio eclatante di deroga al principio nella Cappella Sistina del palazzo Vaticano. Nella cappella edificata tra 1475 e 1483, l'altare venne a trovarsi fron-

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35. Direzione assiale delle chiese principali di Arezzo costruite prima del 1400. 1) cattedrale; 2) pieve Santa Mana; 3) badia Sante Fiora e Lucilla; 4) Santa Maria in Gradz;5) San Michele; 6) San Domenico; 7) San Francesco.

talmente all'ingresso sulla parete corta di fondo. Tale disposizione riproduceva quella della grande cappella papale del palazzo di Avignone, quest'ultima era però orientata ad est mentre la parete d'altare della Cappella Sistina guardava ad ovest. Consumatasi la separazione tra orientamento architettonico e orientamento liturgico, emerse un aspetto fino a quel momento rimasto in secondo piano: la posizione del celebrante all'altare. La collocazione dell'officiante versus populum, come veniva tramandata nelle antiche chiese accidentate, destò l'attenzione degli studiosi di liturgia come curiosità, l'origine della quale era meno importan-

te delle sue conseguenze sul piano rituale 74 . La disposizione del sacerdote con le spalle ai fedeli, comune nel Medioevo, era frattanto divenuta la norma, tanto da essere adottata anche nelle disposizioni non orientate ad est, come nella Cappella Sistina. Questo accadde sicuramente anche per il fortunato abbinamento dell'altare con un retablo. Il risultato fu che nel XVI secolo non esisteva più regola liturgica cui fosse riconosciuta validità generale75 . La combinazione fissa altare-con-retablo, inizialmente prodottasi dove consentito dall'orientamento liturgico, nel XVI secolo divenne un forte motivo per abbandonare l'orientamento liturgico ad est.

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Come rovescio della medesima medaglia, accadeva che la celebrazione versus populum venisse adottata in base a considerazioni che con l'orientamento ad est non avevano più alcun legame. Così, nelle cappelle di Santo Spirito a Firenze (1434) , Filippo Brunelleschi progettò gli altari a sé stanti sotto gli archi d'ingresso, dimodoché il sacerdote dietro l'altare potesse officiare con lo sguardo rivolto verso la chiesa76 . Questo progetto dell' architetto fu peraltro abbandonato durante l' esecuzione dei lavori in favore della consueta disposizione

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degli altari contro la parete di fondo. Nella collegiata di Castiglione Olona (consacrata nel 1425) il committente, il cardinal Branda Castigliani, sembra aver voluto imitare una configurazione attestata a Roma, con altare a sé stante senza pala e celebrazione in direzione della navata, sebbene la chiesa fosse orientata ad est77 . La variante della celebrazione versus populum poteva essere adottata anche per motivi rituali. Il cerimoniere pontificio Johannes Burckhardt fece per esempio costruire in San Paolo fuori le mura un altare provvisorio in

36. Celebrazione della messa su un altare con retablo, partzcolare del!' affresco della sala capitolare (XIV secolo), Pistoia, San Francesco.

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3 7. Deambulatorio del coro def!a chiesa abbaziale di Saint-Denis, su cui si aprono le cappef!e radiali con altari secondari; laterali.

legno per poter celebrare la messa in presenza del papa «come nella basilica di San Pietro»78 . In questo contesto l'espressione versus populum compare per la prima volta per indicare la celebrazione nel suo complesso. Frattanto in Messico i missionari spagnoli sperimentavano la messa versus populum come strumento pastorale tra gli Aztechi che avevano da poco convertito79 . Allorché non fu più una necessità della liturgia, venne meno ogni motivo per attenersi ali' asse estovest nell'edilizia cultuale. Serlio e Palladio affer-

mano apertamente che i cristiani sono liberi da preoccupazioni pagane per l'orientamento e possono tranquillamente costruire le loro chiese in modo tale che la disposizione della facciata sia la migliore dal punto di vista urbanistico80 . Quanto queste affermazioni corrispondano alla pratica del tempo è possibile constatarlo in numerosi luoghi. A Pienza, per esempio, nel 1458 la nuova cattedrale fu posizionata con la facciata verso la piazza principale per cui l'abside venne a trovarsi a sud, e questo senza tenere conto dell'orientamento ad est della chiesa precedente. In tal modo l'orientamento ad est, già in declino per gli sviluppi della liturgia, venne definitivamente messo da parte dalla nuova estetica del Rinascimento e del Barocco italiani. Ali'esterno il cambiamento ebbe luogo per la supremazia dell'urbanistica e all'interno per l'imporsi dello schema altare-con-retablo addossato alla parete di fondo, indipendentemente dall'orientamento. L'epicentro di questo sviluppo fu l'Italia, ma ne risentì l'Occidente intero. Solamente l'Oriente cristiano ha continuato ad osservare con coerenza la tradizione dell'orientamento ad est81. La liturgia post-tridentina relativa alla consacrazione di una chiesa rispecchia questo processo. Nel rituale medioevale veniva fatto costante riferimento ai punti cardinali. Quando il vescovo tracciava per esempio una croce sul pavimento della nuova chiesa, egli doveva iniziare a sinistra, sul lato est82 . Nel Pontificale Romano del 1595, invece, non vi è più alcuna menzione dei punti cardinali e le rubriche si limitano all'indicazione