Dizionario del restauro. Tecniche, diagnostica, conservazione 8840441891, 9788840441894

Tecniche, metodi e principi del restauro, uniti a un repertorio completamente aggiornato della diagnostica applicata all

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Dizionario del restauro. Tecniche, diagnostica, conservazione
 8840441891, 9788840441894

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DIZIONARIO DEL RESTAURO TECNICHE DIAGNOSTICA CONSERVAZIONE

a cura di Cristina Giannini

testi di Cristina Giannini, Roberta Roani, Marcello Picollo, Giancarlo Lanterna, Deodato Tapete presentazione di Giorgio Bonsanti

NARDINI EDITORE

CRISTINA GIANNINI, laureata a Firenze in Storia dell’Arte, svolge studi di storia del restauro e del collezionismo. È titolare dell’insegnamento di Storia delle Tecniche Artistiche e di Storia del Restauro presso il II Ateneo di Napoli. ROBERTA ROANI, laureata in Storia dell’Arte a Firenze e specialista di storia del restauro e della statuaria antica, è titolare dell’insegnamento di Teoria e Storia del Restauro nel Corso di Laurea in Storia e Tutela dei Beni Archeologici, Artistici e Storici dell’Università degli Studi di Firenze. GIANCARLO LANTERNA, laureato a Firenze in Chimica, è Direttore del Laboratorio di Chimica 1 dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze; si occupa di diagnostica e analisi applicate alle opere d’arte, ricerca e sviluppo di materiali e metodologie di restauro. È membro della commissione di normativa europea CEN/TC346/WG2 e partecipa a progetti europei e italiani. MARCELLO PICOLLO, laureato in Geologia presso l’Università degli Studi di Firenze, ha iniziato la sua attività di ricerca nel campo diagnostico per la conservazione delle opere d’arte nel 1991. Dal 2001 è ricercatore presso l’Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara” del CNR. DEODATO TAPETE, scienziato per la conservazione dei Beni Culturali, dottorando in Scienze della Terra presso l’Università degli Studi di Firenze, partecipa a progetti internazionali relativi alla conservazione e al restauro di siti archeologici e monumentali.

ISBN 9788840441894 Copertina di Maria Adele Trande su progetto originale di Andrea Biancalani Impaginazione Maria Adele Trande Segreteria redazionale Marco Zucchini

© 2010 – Nardini Editore - Firenze www.nardinieditore.it [email protected] In copertina: Museo Episcopale di Vic, frontale ligneo privo della policromia.

PRESENTAZIONE DELLA NUOVA EDIZIONE

G

ià nella presentazione della precedente edizione di questo Dizionario avvertivo che quel libro, lungi da qualificarsi unicamente come oggetto di riferimento cui attingere saltuariamente per soddisfare una curiosità specifica o riceverne un’informazione mirata, poteva diventare un “livre de chevet” da maneggiare come un romanzo. In effetti, tutti sanno che il libro migliore da portare seco in un’isola deserta è l’elenco del telefono, come quello che scatena l’immaginazione e sollecita un inoltro verso percorsi inimmaginati. La stessa funzione è rivestita da un Dizionario; ove si corre il rischio di addentrarsi e non uscire più, rimanendo inviluppati in eterno entro un labirinto invincibile. Nessun altro testo quanto un Dizionario ci mostra quanto e come la definizione, ossia la reductio ad unum di un concetto articolato, sia il risultato finale di un lavoro spaventosamente allargato. Ogni definizione così rimanda a mille e mille altre, e corre impazzita qua e là lungo le maglie di una rete che si amplia a dismisura e della quale non si intravede la fine. Se solo Wikipedia offrisse una maggiore affidabilità (ma la criticità non sta nel servizio, sta in come lo si utilizza) si potrebbe additarla a modello per un Dizionario, perché se esiste un’opera aperta di default (manteniamo la terminologia informatica) questa è proprio il libro cui ognuno si sentirebbe di aggiungere, precisare, modificare qualcosa. Il lettore sappia che qui dentro troverà risposte per i suoi interrogativi, ma soprattutto stimoli per rivolgersene altri; e non dica che non l’avevamo avvertito.

Agosto 2010

GIORGIO BONSANTI già Ordinario di Storia e Tecnica del Restauro alle Università di Torino e Firenze

PRESENTAZIONE* (edizione 2000)

D

a piccoli, credevamo che un Dizionario si confezionasse immaginando di seguito tutte le parole che cominciano con la A, poi quelle con la B, e così via. Dopo, abbiamo constatato che un Dizionario è un simbolo dell’Universo, perché contiene tutto e il suo contrario, la precisione e l’approssimazione, la pedanteria e l’immaginazione al potere (certo, anche questa). È un concentrato di contestualizzazioni, di storicità (il Dizionario interviene orizzontalmente su un processo precariamente in atto antico quanto le lingue), di equilibrio fra il molto e il poco conosciuto, fra l’assestato e il provvisorio. È l’antidoto migliore che abbiamo inventato contro la Torre di Babele, un po’ vince lei e un po’ vinciamo noi. È un caso in cui conta comunque lo sforzo più del risultato, perché il risultato è effimero al cospetto dell’eternità, ma a quel momento ciò che ci serve e di cui faremo parassitariamente uso è proprio lo sforzo, l’impegno a confezionare e produrre. È un atto in cui l’autore, o gli autori, esprimono un’ambiziosa professione d’umiltà; fuori dell’ossimoro, pensare di essere così umili è atto di orgoglio, gli autori si sforzano di annichilirsi, ma il bello è proprio che non ci riescono. Infine, si rivolgono ad un pubblico che non esiste, perché non sono miscelabili, tanto da stringerli in unità, pubblici tanto diversi. Perché diversi? Perché questo Dizionario del restauro rispecchia ovviamente il restauro, un’attività composita, recente per certi aspetti e antica per altri, sempre in evoluzione, sempre nuova su una base antica, che richiede competenze specifiche in troppi settori diversi, che fa comunque appello insieme al rigore scientifico come a quella subdola faina che è il gusto. Si gustava nel Settecento, si è gustato nell’Ottocento, si gusta ancor oggi; ma si tratta ovviamente di una sagra del personalismo e dell’individualità, dell’arbitrario e del soggettivo. Chi licenzia un Dizionario, sa già che molti lettori lo riporranno insoddisfatti; ognuno avrebbe voluto una confezione su misura, per il suo grado di conoscenze, per le sue esigenze particolari, e invece c’è da inventarsi quel lettore medio che non esiste se non come ipotesi astratta, araba fenice, come scommessa perduta. Ognuno avrebbe da aggiungere, correggere, modificare, ridurre; e non è infrequente che un Dizionario, ovviamente oggetto di riferimento, mero strumento saltuario, divenga invece “livre de chevet”, e lo si prenda in mano per una consultazione particolare che risponda ad una curiosità di un momento, per continuare però a scorrerlo avanti e indietro, e infine lo si cominci davvero dalla A fino alla Z, lo si tratti insomma come un’opera di narrativa, un romanzo, o un saggio che va seguito nel proprio sviluppo di ragionamento. Molto apprezzamento dunque per le Autrici, e onori sinceri. Auguro nuove edizioni cui far confluire le osservazioni che potranno giungere, siano decine o legioni: perché un Dizionario che si rispetti di edizione deve prevederne e poi averne molte. “Oggi, scriveva quel tale che ci aveva messo tutta una vita, ho finito il mio Dizionario”, understatement fra i più leggiadri. Voi sapete di aver prodotto quanto di più eterno esista nella umana finitezza.

GIORGIO BONSANTI Sovrintendente dell’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze

* Dal Dizionario del restauro e della diagnostica, a cura di Cristina Giannini, con testi di Cristina Giannini e Roberta Roani e con la collaborazione di Giancarlo Lanterna e Marcello Picollo per la diagnostica applicata al restauro dei beni culturali, Nardini Editore, 2000.

PREFAZIONE

N

el 2006 Giorgio Bonsanti pubblicava su “Kermes” il saggio Per una definizione di ”restauro”, una riflessione di metodo, analitica e complessa, sui lemmi restauro, conservazione e manutenzione e sulle definizioni che sono state date loro nel corso del tempo, a partire da quella di Cesare Brandi del 1963, che resta alla base di qualsiasi ricognizione critica sull’insieme delle problematiche proprie al nostro lavoro. Come incipit Bonsanti indicava un suo pensiero, datato 2004, pulito, coerente, certo non critico nei confronti di quelli formulati da altri maestri (Brandi, Michele Cordaro), ma per così dire “cresciuto” e accresciutosi delle sfumature prodotte dal passare di cinque decadi di storia della conservazione. Quella definizione, che non credo superata, e che mi piace ricordare adesso, è quella indicata alla voce “restauro” di questo libro: Il restauro è un’attività finalizzata alla trasmissione al futuro di un bene culturale per mantenerne l'esistenza e assicurarne la funzione, nel rispetto della sua identità particolare (somma di originalità più integrità) e all'interno di un progetto pluridisciplinare di conservazione. Esso consiste in un’operazione materiale richiedente una professionalità specifica ottenuta grazie ad un percorso formativo dedicato, tale da conferire un'adeguata capacità sia di progettazione che di realizzazione manuale dell'intervento. Il Dizionario del Restauro. Tecniche Diagnostica Conservazione, nato dal lavoro di studiosi diversi per formazione e luogo di esercizio della professione, ma uniti dal profondo rispetto per il manufatto artistico e per i suoi materiali costitutivi, non è solo aggiornato, è cambiato, come la definizione di restauro, adeguandosi a tutto ciò che si è fatto, pensato, capito, sperimentato, nei dieci anni intercorsi fra la prima edizione e questa. Gli argomenti, trattati e “narrati” – sia pure nella forma serrata e sintetica di questo approccio metodologico, nel quale domande e risposte si coniugano attraverso un sistema di rimandi – sono il restauro e la diagnostica, le tecniche artistiche, i loro materiali costituenti e i procedimenti esecutivi che le qualificano sotto il profilo estetico. Questo lavoro, fatto di integrazioni, associazioni, aggiornamenti, nuove consapevolezze, già anticipato da Bonsanti nella presentazione all’edizione del 2000 come inevitabile necessità, ha affrontato anche il peso della decifrazione del cosiddetto “sapere collettivo” in materia di tecniche e restauro. Le applicazioni di web 2.0 ci avvisano in maniera inquietante di quanto sia difficile

distinguere le informazioni vere da quelle false: di fronte all'immensa enciclopedia rappresentata da Wikipedia non posso che condividere il pensiero di Kevin Kelly: sono meno interessato alla verità e più interessato alle verità. Ho la sensazione che la soggettività svolga un ruolo importante nel mettere insieme i dati oggettivi (Kevin Kelly, Il pensiero fluido, in “Internazionale”, 2010, 831). Quando ho proposto ad Andrea Galeazzi l’idea di fare un libro nuovo, anziché ristampare il volume in esaurimento, sapevo di affrontare un impegno non quantificabile. Gli amici e colleghi Roberta Roani, Giancarlo Lanterna, Marcello Picollo hanno condiviso con me l’entusiasmo per questa avventura, e le responsabilità offerte da questa occasione. Il fatto che a distanza di dieci anni gli stessi professionisti, ancora più specializzati nei singoli settori, si siano raccolti attorno a questo libro, vero e proprio tavolo di discussione e di verifica, prova la solidità scientifica di un approccio interdisciplinare. Infine, alle ricerche ha partecipato un giovane studioso, Deodato Tapete, che ha contribuito a tutto ciò che riguarda i materiali e le tecniche degli antichi: un auspicio a porre fiducia nelle energie e nell’entusiasmo più giovani. Agosto 2010

CRISTINA GIANNINI

IZIONARIO DEL RESTAURO

Tecniche Diagnostica Conservazione

NOTA ALLA CONSULTAZIONE La letteratura che ciascuno di noi ha letto, consultato e prodotto negli ultimi dieci anni è ampia e complessa, legata alle singole competenze di scienziati e storici dell’arte: se fosse confluita in un apparato bibliografico e di note si sarebbe vanificato il senso della costruzione del Dizionario, un patrimonio di riflessioni concepite e circoscritte con un metodo diverso da quello che si applica alle ipotesi formulate in un saggio. Mi sia concesso rimandare alla mia bibliografia sulla storia del restauro e delle tecniche artistiche fra Seicento e Ottocento e a quello degli autori indicandone le “regioni” di ricerca: per le tecniche e la storia del restauro della scultura antica gli studi di Roberta Roani; per lo studio e le applicazioni di metodi e materiali di pulitura e di protezione dei dipinti e di manufatti lapidei, ai lavori di Giancarlo Lanterna; per le applicazioni diagnostiche allo studio e al monitoraggio di materiali artistici (dalle policromie di alta epoca al contemporaneo) rimando ai lavori di Marcello Picollo; infine segnalo le ricerche di Deodato Tapete sui materiali e le tecniche artistiche e costruttive di epoca classica. Una nota doverosa riguarda il riferimento alle fonti; abbiamo citato quelle abitualmente “frequentate” da un pubblico eterogeneo come crediamo sia quello di un Dizionario: il Libro dell’Arte di Cennino Cennini, scritto alla fine del XV secolo, le Vite di Giorgio Vasari (con riferimento all’edizione del 1568), il Vocabolario toscano dell’arte del disegno, di Filippo Baldinucci del 1681, che è il primo Dizionario di tecniche artistiche, pensato e scritto da un conoscitore. Per il XIX secolo il riferimento è a due volumi divenuti classici per chi si occupi di restauro e conservazione, il Manuale del pittore restauratore di Ulisse Forni del 1866, di cui ricordo l’edizione a cura di Giorgio Bonsanti e Marco Ciatti e quella in formato elettronico a cura di Vanni Tiozzo, e Il Ristauratore di dipinti di Giovanni Secco Suardo, nelle edizioni del 1866 e del 1894 (parziale la prima, completa la seconda, uscita postuma). Fra le righe del Dizionario, nei singoli lemmi, compaiono altri nomi, da Plinio a Vitruvio all’Armenini, al Piccolpasso, ad Andrea Pozzo: in questi casi abbiamo indicato il titolo dell'opera e la sua prima edizione, come riferimento per il fruitore. Ci perdonerà il lettore colto. Lavorare a un Dizionario impone sempre scelte difficili, come quella di non avere lo spazio per un repertorio delle fonti antiche e moderne per il quale rimando al volume Materiali e procedimenti esecutivi della pittura murale, dove, oltre alla trattatistica specifica, sono indicate opere insuperate per l’analisi e la ricchezza delle fonti riportate, nonché per il valore critico e scientifico dei curatori. C. G.

a AAs  spettrofotometria di assorbimento atomico AB57 miscela solvente costituita da una soluzione di sali leggermente basici (bicarbonati di ammonio e sodio), con agenti complessanti (  EDTA),  tissotropici (  carbossimetilcellulosa), fungicidi e tensioattivi (Desogen®). Formulata a Roma nell’Istituto Centrale del Restauro (ICR), attualmente Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (ISCR), trova impiego nella pulitura chimica di dipinti murali e superfici lapidee per l’eliminazione di efflorescenze saline, croste nere e annerimenti superficiali. abbassamento delle tinte nel restauro pittorico è un accorgimento in uso per attenuare le abrasioni sulle superfici e uniformare i ritocchi per mezzo di stesure di vernice colorata.

abbassamento tonale attenuazione del tono cromatico generale di un dipinto per effetto leggermente filtrante della vernice. Nel restauro pittorico un intervento di abbassamento tonale si può operare sulle lacune di piccola dimensione adoperando colori ad acquerello, in modo da limitare il disturbo visivo.

abbozzatore termine arcaico usato per indicare l’artigiano incaricato dei lavori di sgrossatura della pietra mediante  subbia e  martellina, preliminari alle successive fasi di scultura.

abete o abeto, abezzo, avezzo. Specie arborea della famiglia delle Pinaceae diffusa nelle varietà dell’abete bianco o comune (Abies alba) e rosso (Picea excelsa); dalla corteccia si ricavano resine come la  trementina e la  colofonia largamente impiegate nelle tecniche artistiche. Il legno ha fibre diritte ed elevata resistenza meccanica; tuttavia è facilmente soggetto all’attacco di insetti

xilofagi e a fessurazioni in seguito a sbalzi termici. Diverso dall’abete bianco per il colore della corteccia esterna e per la durabilità inferiore, l’abete rosso consente lavorazioni di migliore finitura. Resistente all’umidità, ha trovato impiego anche per la realizzazione di utensili per la stesura delle malte ( frattazzi, spianatoi, pialletti).

abezzo o trementina veneta, avezzo; il lemma ricorre in antichi ricettari; deriva dalla radice latina abies con significato botanico di  abete.

abiotico indica assenza di organismi viventi e quindi assenza di vita, in contrapposizione a biotico. In biologia si intende l’intero complesso delle caratteristiche fisiche e chimiche dell’ambiente inorganico che influenza gli organismi viventi (fra cui temperatura, umidità, composizione chimica dell’aria e del terreno). Un processo abiotico è quindi controllato da fattori non riconducibili a forme viventi. ablazione asportazione meccanica indotta da azioni di tipo fisico. Nel campo del restauro si intende l’asportazione di depositi e incrostazioni superficiali mediante mezzi fisici tradizionali (sabbiatrici),  ultrasuoni o di più recente applicazione come il  laser. abrasione fenomeno di degrado superficiale di tipo meccanico indotto da perdita di materiale. Nel caso di superfici lapidee esposte indica l’erosione e l’asportazione superficiale dovute a logoramento e/o sfregamento per attrito o per impatto di particelle. Il termine si riferisce anche all’asportazione superficiale della pellicola pittorica da un dipinto, da una pergamena, dalla superficie di una scultura lignea o marmorea provocata da attrito accidentale, da logorio, oppure dovuta a una cancellatura intenzionale per raschiamento o

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ABRASIVO

con sostanze abrasive. Può essere anche il risultato di puliture troppo energiche, da cui i lemmi  spatinare, ‘spellare’.

abrasivo sostanza granulare, naturale o artificiale, di durezza variabile, che serve ad abradere, raschiare, pulire e levigare superfici per sfregamento. Fra gli abrasivi naturali si ricordano il quarzo, il diamante, l’arenaria, lo  smeriglio, la  pietra pomice, la sabbia, la farina fossile, il granato, l’allumina. Fra gli artificiali i più comuni sono gli ossidi di alluminio, di cromo, di ferro, l’azoturo di boro, il vetro, il carburo di silicio. L’impiego di abrasivi di origine sintetica (disponibili in tavolette, in forma pastosa, pulverulenta o fissati con adesivi su carta o tela) è aumentato in ragione della maggiore purezza e costanza delle proprietà abrasive e della possibilità di incorporare additivi. Gli abrasivi in polvere si applicano in sospensione in un fluido disperdente (acqua o olio) oppure impastati con una massa agglomerante. Nelle tecniche artistiche gli abrasivi sono stati adottati nelle fasi di preparazione dei supporti pittorici. Usati anche nelle puliture con aria compressa dei monumenti lapidei, metallici e facciate ( ‘airbrasive’). abraso aggettivo con il quale si allude allo stato di una superficie affetta da  abrasione o di una superficie policroma o lapidea sottoposta a pulitura eseguita con solventi aggressivi e abrasivi. Può indicare anche una superficie danneggiata da azione meccanica casuale o intenzionale.

accartocciamento fenomeno di deformazione dei supporti cartacei, che tendono a incurvarsi sul lato minore arrotolandosi su se stessi, per effetto della dilatazione o contrazione differenziale dei due lati del supporto e per lo più in assenza di equilibrio igrometrico con l’ambiente circostante. L’accartocciamento causato da igroscopicità si manifesta frequentemente nelle carte ben collate, che assorbono l’umidità lentamente e in modo non uniforme, e nelle carte sottili a causa della bassa resistenza alle forze che tendono a incurvare il foglio. Tendenzialmente le carte dure e compatte si incurvano maggiormente delle soffici, in ragione della differente natura dell’impasto.

accelerante o agente accelerante. Qualsiasi sostanza capace di aumentare la velocità di reazione riferita a processi chimico-fisici di presa, polimerizzazione e altri. Il termine viene impiegato per indicare la proprietà di alcuni additivi delle malte (allume, cloruro di calcio, resine epossidiche) che ne velocizzano le fasi di presa e indurimento.

acciaio fin dal XVIII secolo per acciaio si intende una lega ferro-carbonio, prodotta allo stato fuso, con una percentuale di carbonio inferiore al 2%; in antico era un tipo di ferro particolarmente resistente - “ferro che doma ogni altro metallo” (Filippo Baldinucci, 1681) - e malleabile, adatto per fabbricare armi, armature e strumenti da taglio. Nel restauro di sculture in marmo e gesso e di apparati lapidei architettonici, barre di acciaio possono sostituire gli antichi  perni interni in ferro che, arrugginendo, provocano gravi fenomeni di degrado al manufatto. accorpamento  assemblaggio accuratezza stima del divario di una misura dal valore reale riguardante l’entità di errori sistematici. Quando riferita a strumentazione analitica, l’accuratezza viene determinata mettendo a confronto i valori letti dallo strumento con quelli di uno standard di riferimento noto. acero specie arborea delle Aceraceae. Il suo legno, compatto con belle venature, “serve per gli edifizi, per lavori di tornio, e d’intaglio” (Filippo Baldinucci, 1681) e per intarsiature; impiegato dal Settecento per mobili di pregio e lavori di ebanisteria, acquista un bel polimento. Ha avuto vasto impiego nell’arte della liuteria, che realizza in acero elementi armonici di strumenti ad arco e a corda come violini e viole.

aceto di vino liquido che si ricava dalla fermentazione acetica del vino da parte di Acetobacter o per lenta ossidazione del vino all’aria; ha avuto applicazione nella preparazione della tempera d’uovo e colla come fluidificante e conservante in grado di evitare putrefazioni. Ben noto è l’impiego dell’aceto nella preparazione dei pigmenti  verderame (Cennino Cennini) e  biacca (o 

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cerussa per gli antichi) (Filippo Baldinucci, 1681). Giorgio Vasari (1568) ricorda l’uso dell’aceto presso certi scultori per patinare di colore verde i manufatti in bronzo. È citato come solvente impiegato nelle puliture di dipinti murali insieme ad altre sostanze da Ulisse Forni (1866). La sua azione, essendo un acido debole, si attua sul carbonato di calcio che lega i pigmenti o la malta. Nel lavaggio dei tessuti e arazzi veniva aggiunto ai  saponi per neutralizzarne l’alcalinità.

acetone o propanone. Nome comune del dimetilchetone; è un liquido incolore, infiammabile, volatile, di bassa viscosità a basso punto di ebollizione; solvente adatto a sciogliere molte vernici, resine naturali (mastice, dammar) e depositi grassi. A causa della volatilità tende a provocare l’effetto  bloom. L’olio di acetone, ricavato dalla distillazione del legno, è usato per la preparazione di lacche; serve anche per ‘lavare’ l’argento liberandolo da vecchie vernici sintetiche.

acetosella nome volgare di specie botanica Oxalis Acetosa, vegetale delle Oxalidaceae dal cui succo viene ricavato un sale impiegato in tintoria come mordente di materiale di finitura superficiale. Il succo è ricco di acido ossalico, con capacità complessanti per gli ioni bivalenti (calcio, ferro); anticamente l’acetosella era usata nella patinatura e nella pulitura superficiale della scultura in marmo. In passato il ‘sale di acetosella’ o ‘di acetosa’ era un composto preparato dai droghieri usato per la lucidatura di oggetti metallici in rame e bronzo.

ACQUA DISTILLATA

tutti deboli. Una molecola acida può contenere uno, due o più idrogeni acidi da dissociare; in questo caso si distinguono acidi monoprotici (es. nitrico, HNO3), biprotici (es. solforico, H2SO4), triprotici (es. l’ortofosforico, H3PO4), poliprotici (es. acido poliacrilico). Anche aggettivo per indicare una categoria in cui si dividono i solventi impiegati per le puliture delle superfici pittoriche, i reattivi acidi (si usano solo quelli deboli, più volatili) provocano la denaturazione delle proteine. Sono del tutto controindicati nella pulitura dei dipinti murali a calce e a fresco. Talvolta viene riportato dalle fonti come monumenti in marmo siano stati puliti con acidi anche forti, come l’acido muriatico.

acqua atomizzata acqua ridotta in goccioline minutissime mediante atomizzatori; all’interno di camere di miscelazione vengono mescolati aria e acqua consentendo l’atomizzazione. Rispetto all’acqua nebulizzata ( nebulizzazione), la maggiore superficie di contatto tra le goccioline d’acqua e i depositi consente una maggiore azione solvente, con ridotto impatto meccanico, minori tempi di lavoro e minore quantità di acqua, da cui consegue un minore rischio di infiltrazione di acqua nel materiale trattato.

acqua deionizzata acqua depurata delle impurezze solubili presenti in forma ionica; è usata nelle operazioni di pulitura di dipinti murali e di lavaggio e nelle soluzioni di deacidificazione per il restauro dei materiali cartacei. La deionizzazione avviene attraverso colonne di resine a scambio ionico. acqua di calce soluzione acquosa, satura (o so-

acido specie chimica capace di impartire la colorazione rossa alla cartina di  tornasole e di generare sali per neutralizzazione con basi. Gli acidi si dividono in acidi inorganici o minerali (i più comuni sono gli acidi solforico, carbonico, nitrico e cloridrico) e organici come gli acidi ossalico, palmitico e linoleico. Il potere reattivo degli acidi, la forza acida, dipende da numerosi fattori chimico-fisici; nella teoria di Arrhenius dalla quantità di ioni H+ dissociati in soluzione acquosa (in realtà in acqua si hanno ioni H3O+). Si distinguono acidi forti (es. cloridrico) e deboli (es. carbonico); gli acidi organici sono praticamente

prasatura) di  idrossido di calcio (calce idrata), limpida. La concentrazione a temperatura ambiente è circa dello 0,5%. Adottata come legante per interventi a secco su intonaci a calce, è sostitutiva dell’acqua per stemperare i pigmenti nelle tecniche della pittura murale. Nel Sei e Settecento la stesura di pigmenti miscelati con acqua di calce o latte di calce (con applicazione anche su basi stese a fresco) contribuiva a potenziare gli effetti ottenuti con la  granitura degli intonaci.

acqua distillata acqua privata del contenuto di sostanze non volatili (sali, solidi ecc.) mediante

ACQUAFORTE

passaggi di stato tra la fase liquida e di vapore (ebollizione) e viceversa (condensazione). Trova impiego nelle operazioni di pulitura, lavaggio e estrazione di sali, oltre che in laboratorio per la preparazione di soluzioni.

acquaforte tecnica di incisione destinata alla stampa; su una lastra metallica, generalmente in rame o zinco, ricoperta da uno strato di cera (o vernice), si riporta il disegno incidendo la superficie con una punta d’acciaio, asportando la cera e scoprendo così il metallo. Immersa la lastra in percloruro ferrico (se di rame) o in acido nitrico (se di zinco) ( bagno di morsura), questo, corrodendo il metallo non protetto nei solchi incisi, forma il disegno sulla lastra. Tolta dall’acido e liberata dalla cera, la lastra è pronta a ricevere l’inchiostro nei solchi e riportarlo sulla carta. Rispetto all’incisione a  bulino, l’acquaforte, in relazione ai tempi di esposizione all’acido, alle punte e alla quantità dell’inchiostro, crea nella stampa effetti di varietà, di profondità e di ampiezza di linea che danno luogo a risultati formali più vari e complessi. Secondo Filippo Baldinucci (1681) “l’acquaforte da intagliare in rame” è l’acqua composta di aceto bianco, sale armoniaco bianco trasparente, sale comune e verderame bollito. Nata come tecnica decorativa per le armature in metallo, fu adottata come forma artistica autonoma alla fine del XV secolo.

‘acqua maestra’  ‘mista’ acqua ossigenata chimicamente perossido di idrogeno, è un solvente reattivo con proprietà ossidanti che si decompone in prodotti innocui e volatili (acqua e ossigeno). Viene commercializzata sotto forma di soluzione acquosa con concentrazione espressa in “volumi”, ovvero numero di litri di ossigeno che possono essere sviluppati in condizioni normali da un litro di soluzione acquosa di acqua ossigenata. Nel restauro è stata impiegata per lo più per operazioni di sbiancamento e ossidoriduzione, per schiarire legni sottoposti poi a tintura e per la riconversione della biacca annerita nelle pitture murali (Giovanni Secco Suardo, ed. 1894). L’acqua ossigenata con concentrazioni da 35 a 120 volumi è caustica per la pelle.

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acqua regia miscela di acidi forti, composta da 1 parte di acido nitrico e 3 di cloridrico, nota fin dall’antichità per la sua capacità unica di dissolvere l’oro, ritenuto il re dei metalli. acquaragia solvente di origine vegetale. Frazione della distillazione di resine di alcune conifere, intermedia tra la più leggera essenza di  trementina e la  colofonia. L’acquaragia è incolore, limpida ed ha odore penetrante, ingiallisce e resinifica all’aria; si utilizza pura o in miscela con l’  alcol come solvente per vernici e per pulire tessuti. Esiste anche una cosiddetta ‘acquaragia minerale’, ricavata dalla distillazione di idrocarburi, che può sostituire quella vegetale come solvente per vernici. acquatinta tecnica di incisione su lastra metallica in uso dal XVII secolo, spesso associata ad altre come l’  acquaforte; incontrò particolare apprezzamento per la varietà di tonalità conseguibili. La lastra di rame viene cosparsa di una preparazione a base di  bitume o  colofonia (detta ‘grana’) che per fusione aderisce alla superficie; l’esposizione in fasi successive all’azione corrosiva degli acidi intacca la superficie negli interstizi fra le particelle della grana e crea cavità minuscole di varia profondità che riproducono, in fase di stampa, toni diversi con un effetto simile all’acquerello.

acquerello o acquarello. Tecnica pittorica che usa sostanze idrosolubili stemperate in acqua con aggiunta di sostanze agglutinanti come la gomma arabica per fare aderire il colore al supporto. I pigmenti devono essere stabili alla luce, come terre e ocre, cobalti e oltremare; i supporti più frequenti sono carta, pergamena, avorio, alabastro, che, grazie alla loro colorazione, potenziano le trasparenze e i chiari. Attestato da Cennino Cennini: “Se vuoi, poi che hai collo stile disegnato, chiarire meglio il disegno … pòi aombrare le pieghe d’acquerelle d’inchiostro; cioè acqua quanto un guscio di noce tenessi, dentro due gocce d’inchiostro …”, e da Filippo Baldinucci (1681), il termine indicava in origine un procedimento di ombreggiatura per schizzi e disegni. In virtù della loro reversibilità e solubilità in acqua o  medium acquosi, gli acquerelli sono impiegati nelle fasi di reintegrazione pittorica di pitture murali, dipinti

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su tela e tavola, carta e pergamena. I fenomeni di invecchiamento delle integrazioni realizzate ad acquerello sono oggetto di ricerche diagnostiche.

‘acquetta Lechi’conosciuta impropriamente anche come  beverone, è una miscela a base di acqua, fiele bovino, sapone e allume di feccia usata negli ambienti del restauro amatoriale dall’inizio del XIX secolo in poi per restituire vivacità ai pigmenti opacizzati. È citata come invenzione del conte Teodoro Lechi da Giovanni Secco Suardo (ed. 1866 e 1894).

acrilico sinonimo di colore sintetico, composto da pigmenti o coloranti e da una resina acrilica come legante, utilizzato a partire dal XX secolo per le tinteggiature e successivamente anche per la pittura murale e su tela; viene prodotto in soluzione e in emulsione: le emulsioni non sono tossiche e hanno un’essiccazione rapidissima. La pittura acrilica è stata adottata in sostituzione della tecnica tradizionale ad olio, in virtù delle proprietà di rapida essiccazione, facilità di stesura, brillantezza, lucentezza, insolubilità e perfetta adesione al supporto. Il termine, che per estensione indica anche il prodotto pittorico della pittura acrilica, deriva dall’acido acrilico, il più semplice degli acidi organici alifatici insaturi con un doppio legame carbonio-carbonio. Gli esteri dell’acido acrilico (acrilati) reagiscono a livello del doppio legame molto rapidamente e formano catene polimeriche. Sinonimo anche di fissativo o consolidante della famiglia acrilica. Le resine acriliche ( Paraloid® e Primal® tra le più note) sono prodotti della polimerizzazione di monomeri acrilici (acido acrilico, esteri acrilici o metacrilici) che nel campo del restauro, a partire dagli anni Trenta del XX secolo, hanno trovato impiego nelle operazioni di protezione (proprietà filmogene), velinatura, foderatura, verniciatura e consolidamento (per lo più di pietre e intonaci).

adattamento modifica di formato; dall’epoca barocca veniva spesso praticato nelle collezioni di dipinti mobili unificando, tramite aggiunte o riduzioni, le misure e i formati delle tele e delle tavole per rispondere a esigenze di simmetria espositiva, per creare serie uniformi, per adattamenti

ADESIVO

cultuali, o per facilitarne lo smistamento sul mercato antiquario.

addensante o agente addensante. Sostanza di varia natura aggiunta allo scopo di aumentare la viscosità di un preparato. additivo materiale di varia natura aggiunto in piccole e dosate quantità alle componenti essenziali di un preparato perché quest’ultimo modifichi, migliori o acquisisca particolari proprietà. adesione effetto prodotto da fenomeni fisicochimici dovuti all’attrazione molecolare tra due materiali di diversa natura posti a contatto. Con riferimento alle tecniche pittoriche, si intende il legame per contatto superficiale delle pellicole e degli strati pittorici ai relativi supporti; nel restauro è importante valutare il grado di adesione fra questi elementi che può condurre al degrado di dipinti su intonaco, legno, tela. Nella scelta dei prodotti di restauro per interventi di riadesione di pellicole pittoriche, frammenti scultorei, ceramici, metallici distaccati occorre valutare le proprietà adesive in relazione alla compatibilità con il materiale originale, alla resistenza all’invecchiamento e alla persistenza nel tempo dell’efficacia adesiva. adesivo sostanza in grado di stabilire una unione tenace fra due superfici a contatto. Gli adesivi si raggruppano in naturali o sintetici. Gli adesivi naturali sono di origine organica, vegetale (resine vegetali) o animale (colla di pesce), quelli sintetici sono per lo più  polimeri. La classificazione degli adesivi avviene in base alle proprietà peculiari. Gli adesivi elastomerici (come i  mastici naturali e sintetici) possono subire, senza rompersi, allungamenti pari a più volte la propria lunghezza iniziale, per effetto dell’applicazione di una forza relativamente piccola, e di riassumere rapidamente dimensioni e forma originarie, una volta cessata l’azione di questa forza. Gli adesivi termoplastici, come le resine viniliche, hanno la capacità di tornare plastici per effetto del riscaldamento anche dopo aver polimerizzato nella fase di raffreddamento, mentre gli adesivi termoindurenti, come la  resina epossidica, diventano prodotti infusibili e insolubili se fusi e successivamente raffreddati. Gli

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ADRAGANTE

adesivi possono essere usati sotto forma di soluzioni, emulsioni, gel che richiedono l’acqua come veicolo solvente (per esempio per l’amido o la gomma arabica) o idrocarburi per la gomma naturale o la gomma sintetica e le resine sintetiche.

adragante o dragante, tragacante. Lattice biancastro prodotto dall’essudazione di alcune leguminose (Astragalus tragacantha) diffuse in tutto il Medio Oriente, da cui si ricava la gomma adragante, costituita da polisaccaridi ad alto peso molecolare. A differenza della gomma arabica, non si scioglie completamente in acqua, bensì rigonfia e forma soluzioni colloidali molto dense. Molto impiegata nella tecnica della miniatura, è stata utilizzata come legante per i colori a tempera, guazzo e acquerello. Se sciolta in acqua, forma una mucillaggine nota in passato col nome di Water Colour Megilp, che, mescolata con i colori ad acquerello, ne consentiva la lavorazione a corpo. Piccole dosi di gomma adragante aggiunte ai pigmenti, insieme a latte o glicerina, sono indicate per la fabbricazione di pastelli.

dagli intonaci deumidificanti, in virtù della struttura macroporosa che creano all’interno della malta.

aerazione rinnovamento di aria in un interno. Il ristagno d’aria e di polvere favorisce gli agenti biologici, mentre un buon livello di aerazione aiuta a mantenere i parametri ideali di umidità e temperatura. La ‘respirazione’ dei materiali va assicurata anche quando le opere d’arte sono custodite in teche di vetro o di materiale sintetico. La progettazione e la scelta dei materiali del mobilio contenitore rientrano nel campo specifico della museotecnia. aerobiologia disciplina che studia le particelle sospese costituenti la componente biotica vivente (batteri, alghe, funghi, pollini, spore, acari, insetti ecc.) e non (particelle e gas da attività naturali e antropiche) dell’atmosfera, le fonti che le producono, i meccanismi di trasporto aereo e di diffusione, gli effetti sull’ambiente interno ed esterno e sui manufatti esposti. AES  spettroscopia elettronica Auger

adsorbimento fenomeno per cui un liquido o un gas (adsorbati) vengono fissati su una superficie solida (o liquida) con cui vengono a contatto (adsorbente), per effetto di interazioni molecolari che si innescano sulle superfici. Assume particolare rilievo nell’ambito del comportamento igroscopico del legno; molecole di vapore acqueo vengono attratte dai gruppi ossidrilici delle catene di cellulosa ed emicellulosa delle pareti cellulari, con cui formano legami a ponti di idrogeno. Ne consegue il rigonfiamento del legno per allontanamento dei cristalliti, con formazione di strati molecolari di vapore acqueo adsorbito sulla superficie delle fibre del legno fino a totale saturazione. La reversibilità dei fenomeni di adsorbimento/desorbimento è legata ai cicli termoigrometrici ambientali.

aerante o agente aerante; materiale di varia natura che consente la formazione di un sistema di macroporosità all’interno dell’impasto della malta, incrementando le proprietà di resistenza ai cicli di gelo/disgelo allo stato indurito. Il termine può riferirsi anche all’effetto di accelerazione degli scambi di vapore con l’esterno prodotto

afflosciamento o  creep, festonatura; deformazione degli arazzi, delle tele e dei supporti cartacei di grandi dimensioni dovuto all’azione prolungata del proprio peso. Ne consegue una perdita di tensione o di rigidità, accompagnata spesso da un peggiore stato di conservazione delle fibre del supporto lungo i bordi e agli angoli, per effetto della maggiore tensione. affocalistiare “Parola usata tra’ Pittori, per esplicazione d’un certo macchiare, che fanno i poco pratici con matita o colori, disegno o pittura, nelle parti e dintorni più difficili a circonscriversi in disegno: acciò poco o non punto apparisca esso dintorno, e rimanga più occulto l’errore” (Filippo Baldinucci, 1681). Il termine, arcaico e desueto, indicava in tono spregiativo il tentativo, di artisti mediocri nell’arte della pittura e del disegno, di nascondere errori di esecuzione, ripassando e macchiando i contorni delle linee del disegno. affrancatura intervento di pulitura di  materiali eburnei, attaccati da sali solubili, applicato su

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oggetti in buone condizioni strutturali. Consiste in una serie di bagni in acqua distillata, poi in alcol e in etere, che favoriscono l’eliminazione dei liquidi assorbiti.

affresco termine generico con il quale si intende impropriamente tutta la pittura murale. La pittura a ‘buon fresco’, in uso dal XIII secolo in poi, è una tecnica di pittura su supporto murale che utilizza come legante la calce dell’intonaco con cui il muro è preparato. I pigmenti, diluiti in acqua, si fissano sulla superficie muraria durante il processo di  carbonatazione dell’idrossido di calcio, che avviene quando questo, asciugandosi, si combina con l’anidride carbonica presente nell’aria. Si produce una pellicola dura e compatta di carbonato di calcio che ingloba il colore. Ricordato da Cennino Cennini perché “lavorare in muro è ’l più dolce e ’l più vago lavorare che ci sia”, l’affresco richiede particolare esperienza in quanto non consente correzioni, né permette di apprezzare immediatamente il tono dei colori, percepibile solo ad asciugatura completa dell’intonaco. L’esecuzione su intonaco fresco è requisito imprescindibile; ne consegue un’attenta valutazione dell’ estensione dell’intonaco da stendere in relazione ai tempi di lavoro (metodi della  giornata e  pontata). Giorgio Vasari (1568) sostiene che “il dipingere in muro è più maestrevole e bello, perché consiste nel fare in un giorno solo quello che nelli altri modi si può in molti ritoccare dopo lavorato”; il processo di carbonatazione che si innesca fra colore e malte crea un saldo legame fra i due componenti con straordinari effetti di trasparenza e luminosità.

agata pietra semipreziosa; è una varietà di quarzo traslucido (calcedonio) che mostra alternanza di bande di diverso colore. Filippo Baldinucci (1681) ricorda varie specie come l’agata orientale, sardoniata, di Siena bianca e nera e di colori diversi. Serve nei lavori di commesso, per suppellettili decorative e apparecchi scientifici. Impiegata come supporto per dipinti a olio di piccole dimensioni, sui quali il colore ha scarsa tenuta, è usata anche per brunire nella tecnica della doratura e per lucidare le imprimiture su tavola.

agemina tecnica di decorazione delle superfici

AGENTI ESOGENI

metalliche che prevede la battitura a freddo di sottili lamine di metalli più preziosi (oro o argento) all’interno di vuoti ricavati su una superficie metallica di materiale meno pregiato lavorato a cesello e scalpello (rame, bronzo, ferro ecc). Diffusa nell’antichità in area mediterranea, è notevole la produzione di Bisanzio e Damasco (da cui i termini  damaschinatura o damaschina); l’agemina di armi e armature ebbe ampio uso in epoca rinascimentale.

agenti atmosferici componenti dell’aria e dell’atmosfera che interagiscono con i manufatti artistici esposti. Si distinguono le componenti di tipo chimico (es. ossigeno, anidride carbonica, vapore acqueo) e di tipo fisico (es. vento, precipitazioni, radiazione solare). A questi sono da aggiungere gli agenti inquinanti facenti parte dello smog, dovuti per lo più ad attività antropica (es. ossidi di zolfo, ossidi di azoto,  ozono, anidride carbonica, acidi derivati, composti di metalli pesanti,  composti organici volatili,  particolato atmosferico). Queste sostanze interferiscono variamente con la conservazione di manufatti artistici, innescando processi chimici o alterazioni fisiche assai dannosi e talvolta irreversibili. Studi recenti suggeriscono un’evoluzione dei fenomeni di degrado in relazione alla modificazione delle percentuali relative degli inquinanti atmosferici e del relativo impatto sulle superfici, con una tendenza maggiore allo  sporcamento delle superfici legato alla deposizione del particolato atmosferico.

agenti biotici agenti di degrado del legno, della carta, dei tessuti, della pietra ecc., legati all’opera di organismi viventi come funghi, batteri, alghe, insetti, uccelli (es. piccioni) e roditori.

agenti endogeni forze, sostanze o organismi che agiscono sulla conservazione di un manufatto artistico dall’interno o all’interno della sua materia costituente, innescando processi degenerativi.

agenti esogeni fattori meteorologici, termoigrometrici e biologici come acqua, vento, calore, gelo, umidità, microrganismi, che provocano alterazioni fisiche, chimiche e biologiche cui seguono fenomeni di degrado di vario genere ed entità, in

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AGGLUTINANTE

particolare a danno di manufatti artistici esposti all’aperto, specie se privi di protezioni. L’opportunità di ricorrere al ricovero in ambienti museali (musealizzazione) quale intervento di protezione dagli agenti esogeni è un tema di grande attualità, che ha stimolato negli ultimi anni studi diagnostici per la valutazione dell’efficacia di trattamenti protettivi che consentano la permanenza delle opere all’aperto.

agglutinante colla o sostanza adesiva di origine vegetale capace di addensare una fase fluida preesistente. aggrappaggio termine di conio recente per indicare le operazioni di fissaggio di componenti edili a una superficie. Nell’ambito delle tecniche degli intonaci e delle pitture murali, il primo strato ( rinzaffo) costituisce lo strato di aggrappaggio e collegamento fra il supporto murario e i successivi strati. A tale scopo contribuiscono la granulometria grossolana e l’abbondanza relativa dell’aggregato impiegato nell’impasto della malta; operazioni di scalpellatura, picchiettatura e irruvidimento sono state adottate per favorire l’aggrappaggio di intonaci e strati pittorici.

aggregato materiale granulare di diversa consistenza, ricavato da materiali lapidei naturali o artificiali, che mescolato con il legante fornisce uno scheletro all’impasto della malta, compensandone il ritiro in fase di presa. La natura, la dimensione, la classazione granulometrica, il grado di arrotondamento degli spigoli e la porosità dell’aggregato definiscono il grado di lavorabilità della malta allo stato fresco e ne determinano le caratteristiche chimico-fisiche, meccaniche, di aspetto e durabilità allo stato indurito. L’aggregato favorisce l’aumento della resistenza meccanica e contrasta la formazione di crepe nella fase di ritiro. aggressione termine generico che allude all’azione deteriorativa prodotta da agenti biologici (insetti, batteri, muffe), chimici, fisici o dovuta a brusche variazioni termoigrometriche con azione sui materiali lignei, lapidei, tessili, cartacei ecc., costituenti i manufatti, alterandone lo stato originario e pregiudicando la loro conservazione.

‘air-brasive’ apparecchio con cui si esegue l’operazione di microsabbiatura detta ‘di precisione’, usata nella pulitura dei marmi e dei materiali lapidei per eliminare incrostazioni particolarmente dure; può essere caricato a polvere di varia granulometria e natura (polvere di vetro, di quarzo, allumina) e a pressione di uscita regolabile. Consente una pulitura a secco. Più in generale il termine qualifica tutte le tecniche di pulitura mediante particelle di materiali abrasivi direzionate con un getto di aria compressa. alabastro termine impiegato per indicare sia una roccia sedimentaria calcarea formatasi per precipitazione chimica di carbonato di calcio in forma di calcite sia una varietà di rocce solfatiche (gesso e anidrite). È usato come materiale ornamentale e per decorazioni per le sue caratteristiche fisiche di lucentezza e lavorabilità. Di particolare pregio è l’alabastro estratto dalle cave di Jano presso Montaione (Firenze); sono note le specie dell’alabastro gessoso detto di Volterra, tenero, che si usa in lastre anche per vetrate e rivestimenti. Filippo Baldinucci (1681) lo definisce “specie di marmo finissimo e trasparente”, e ricorda la varietà di Montalcino, “vaghissima che riceve ogni sorta di pulimento”, di Montalto, di Sicilia, e di Volterra, aggiungendo che dall’alabastro cotto si ricava “il gesso da oro il quale serve per dorare e fare imprimitura a tele o tavole per dipignervi sopra”. Altra varietà è l’alabastro egiziano, detto Cotognino, calcareo, di colore giallo, impiegato nella tecnica del  commesso. alberese calcare marnoso il cui uso è limitato in opere architettoniche; impiegati come supporto per la pittura, questi calcari comprendono la ‘pietra paesina,’ o ruiniforme, il ‘verde d’Arno’ e il ‘lineato d’Arno’ che, tagliati e lucidati, simulano delicati colori e paesaggi fantastici. Sono stati utilizzati nella produzione di tarsie, di commessi e nelle incrostazioni di mobili. albume  uovo, bianco di alburno da albus (bianco), il termine si riferisce agli strati esterni del fusto legnoso degli alberi; si forma tra  cambio e  durame (cuore del

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legno) durante il periodo di ripresa annuale delle attività vitali della pianta, contribuendo all’accrescimento dei tronchi. Conduce la linfa dalle radici alle foglie, è più chiaro e tenero del durame e risulta più attaccabile dagli insetti xilofagi.

alcali  base; lemma di etimo arabo (Al-Quali, pianta rivierasca dalle cui ceneri si otteneva la soda) che indica una specie chimica capace di impartire la colorazione blu alla cartina di  tornasole, e di salificare mediante neutralizzazione con acidi. Alcuni solventi possono essere alcalini, come ammoniaca, soda e potassa caustiche; queste ultime sono aggressive e furono impiegate nella pulitura delle superfici policrome fino al XIX secolo; il loro uso è oggi abbandonato. alcalino (sinonimo: basico); aggettivo per descrivere la tendenza, le proprietà o il comportamento acido/base di una sostanza. I saponi tradizionali sono alcalini poiché per idrolisi dissociano ioni ossidrile (gruppi ossidrilici). Nel lavaggio di tessili (es. arazzi), infatti, era buona norma aggiungere un po’ di  aceto per neutralizzare le proprietà alcaline dei saponi.

alcalosolubile si dice di sostanza solubilizzata da solventi basici.

alcol o alcool; composto organico della famiglia degli alcoli, caratterizzato dalla funzione ossidrile (gruppi ossidrilici). Comunemente per alcol si intende l’alcol etilico (o etanolo), liquido, incolore, volatile. Nel restauro si usa insieme all’ammoniaca come solvente di sostanze organiche (colle, vernici) o resine viniliche e nelle operazioni di pulitura. Giovanni Secco Suardo (ed. 1866 e 1894) consigliava di unirlo all’acquaragia per sverniciare i dipinti su tela.

alcol denaturato formulazione merceologica di alcol etilico e metilico denaturato con piridina, coloranti e composti solforati, allo scopo di impedire l’uso alimentare del prodotto, gravato da alte imposte, rendendolo utile in qualità di solvente o agente della pulitura. Può essere talvolta decolorato con carbone per sciogliere senza sfumature cromatiche la  gommalacca.

ALLUME DI ROCCA

alizarina principio colorante rosso che si ricava dalle radici della robbia, pianta indiana; è la componente principale del colorante naturale omonimo ( robbia). Utilizzata dall’antichità nella tintura dei tessuti, fu sintetizzata per la prima volta nel 1868 dai chimici tedeschi C. Graebe e C. Lieberman.

allentamento termine con il quale si allude al fenomeno che interessa un arazzo, tela o un supporto tessile in rapporto al telaio cui è fissato e che ne pregiudica la planarità. Sinonimo di  allettamento delle pietre in una muratura. allestimento il termine comprende le operazioni di progettazione e sistemazione di un interno museale o di una mostra permanente o temporanea. Questi lavori prevedono la disposizione secondo criteri cronologici, topografici o tematici di dipinti e oggetti, la congrua collocazione del relativo sistema di illuminazione, di  aerazione e deumidificazione, dei sistemi di antifurto e di allarme, la redazione e l’allestimento degli apparati illustrativi e iconografici di corredo. Tali aspetti confluiscono nella  museotecnia. allettamento strato di materiale legante inteso ad accogliere e fissare un elemento in posizione stabile, impiegato storicamente nella tecnica del distacco degli affreschi. Strati di allettamento di  malta sono usati per il fissaggio di blocchi lapidei e mattoni in murature, tessere musive su pavimento parete o volta, lastre lapidee pavimentali o parietali. L’allettamento si degrada per disidratazione oppure a causa della povertà dell’impasto, provocando la caduta dei rivestimenti. alloggiamento operazione di messa in opera di blocchi lapidei o laterizi in filari di una tessitura muraria ( allettamento); anche inserimento di elementi architettonici e scultorei in una muratura, o di elementi lignei, lapidei e di altro materiale a integrazione di lacune e mancanze strutturali in un manufatto artistico. allume di rocca o allume di potassio. Solfato doppio di alluminio e potassio che si ricava dall’alunite; dall’antichità e fino al tardo XIX secolo fu usato per la concia delle pelli; nel Medioevo

ALLUMINATURA

trovò larga applicazione come  mordente per fissare i colori sulla pergamena, nella tintura di stoffe e nella preparazione di coloranti. Fra le potasse si annovera l’allume di feccia che si forma nei tini nel corso della vinificazione e che, addizionato con acqua, serviva a pulire le superfici dipinte dai depositi di polvere (G. Secco Suardo ed. 1866 e 1894).

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nazione, inquinanti chimici e biologici, che agiscono in maniera diversa su materiali a base organica e inorganica.

alterazione a stella forma di degrado tipica del vetro dovuta alle macchie venutesi a creare all’interno della pasta vitrea; queste formano una sorta di reticolo che provoca il cambiamento dell’intonazione cromatica del materiale.

alluminatura lemma che deriva dall’antico uso di combinare coloranti organici con allume di rocca per renderli insolubili, al fine di ottenere lacche fra loro diverse. Il termine ‘miniare’ deriva, invece, da  minio. Anche sinonimo di  argentatura.

aloe specie vegetale del genere delle Gigliaceae dalle cui foglie si ricava una sostanza colorante che, secondo le fonti tecniche antiche, temperata in olio o in composti oleo-resinosi, costituiva una vernice dorata; sciolta in alcol o trementina di Venezia serviva per ottenere velature brune con effetti simili a quelle di resinato di rame. alterazione modificazione di un materiale che non implica necessariamente un peggioramento delle caratteristiche del manufatto dal punto di vista della conservazione. Il mutamento può intervenire nell’aspetto, nella forma, nei materiali costitutivi, nella struttura, a causa di fattori diversi, fra cui il degrado naturale dovuto al trascorrere del tempo, la mancanza di manutenzione, gli effetti di precedenti restauri, le alterazioni chimiche, fisiche e biologiche indotte dagli  agenti esogeni. Esistono alterazioni spontanee della materia nel tempo e alterazioni della composizione originale, che possono tradursi in cambiamenti cromatici ( alterazione cromatica). Il termine è codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88 e nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008). alterazione ambientale mutamento delle condizioni di un determinato ambiente che può avere riflessi sulla conservazione dei manufatti artistici. È conseguenza dell’interazione di temperatura, umidità relativa, particolato atmosferico, illumi-

alterazione dei colori mutamento dei valori cromatici in un dipinto dovuto a incompatibilità chimica dei pigmenti fra loro o con il legante, a interazioni con agenti inquinanti, oppure all’effetto dell’esposizione alla luce e all’aria (es. azzurrite virata a verde, biacca annerita, smaltino decolorato) ovvero all’iscurimento causato dal  legante impiegato (specialmente l’olio di lino) e dalle  vernici che ingialliscono e si opacizzano modificando i rapporti cromatici dell’opera o rendendo del tutto illeggibile il dipinto.

alterazione cromatica lemma che esprime la variazione di almeno uno dei tre parametri che definiscono il colore, cioè tinta, saturazione e luminosità. Il termine è codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88 e nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008). Come fenomeno di degrado solitamente interessa gran parte della superficie esposta; mentre, laddove l’alterazione sia localizzata, è più corretto il termine  macchia. alveolizzazione o alveolatura. Fenomeno di degrado riscontrabile sulla superficie di pietre e marmi in cui si formano cavità (alveoli), distribuite in modo non uniforme, che possono essere interconnesse e assumere forma e dimensione variabili (generalmente centimetrica, eccezionalmente metrica). Si deve all’azione combinata di  agenti atmosferici quali il vento e la pioggia; nel travertino appare come un peggioramento della caratteristica macroporosità superficiale di questa pietra. Se estesa in profondità con andamento a diverticoli viene definita alveolizzazione a cariatura o vermicolare. Il termine è codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della

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Commissione NorMaL, 1/88 e nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008).

amalgama lega metallica a freddo di uno o più metalli col  mercurio. Sinonimo di combinazione di due o più sostanze eterogenee che non prevede una reazione chimica.

amalgama di mercurio tecnica di doratura dei metalli che consisteva nel liquefare il mercurio insieme all’oro e nell’applicarlo sulla superficie da dorare. Questa veniva riscaldata per far evaporare il mercurio in modo che l’oro aderisse perfettamente alla superficie metallica. ambra resina fossile proveniente da varie specie di pino e da una di abete, oggi estinte. Ha colore che varia dal giallo chiaro, al giallo scuro rossastro, al bruno e può contenere inclusioni diverse; la trasparenza ne determina il valore venale. I principali giacimenti si trovano lungo le coste del mar Baltico, la cui varietà mineralogica è comunemente chiamata  succinite. Si può lavorare a intaglio. Dall’ambra, per distillazione, si ottiene un olio solubile in alcol usato per preparare vernici, in particolare in area tedesca. Le vernici d’ambra sono molto scure e di difficile rimozione.

ametista o amatesto, amatisto, amatito, diaspro rosso. Varietà di quarzo che deve il suo colore viola alla presenza di manganese e ossidi di ferro; se dotata di bella trasparenza si usa come pietra semipreziosa; viene impiegata nella lavorazione dei commessi o come supporto per dipinti a olio di piccole dimensioni sui quali il colore ha scarsa tenuta. Usata anche per la preparazione di pigmenti, potrebbe essere la “prieta fortissima e soda … di colore di pagonazzo, o ver morello ed ha un tiglio come cinabro” di cui parla Cennino Cennini per indicare un pigmento rosso naturale. amido carboidrato polisaccaridico composto da un polimero lineare (amilosio) e da un polimero ramificato (amilopectina), entrambi costituiti da unità di glucosio concatenati per mezzo di legami glicosidici; rappresenta la principale riserva energetica delle specie vegetali. Ricavato da vari cereali (riso,

AMMORSATURA

frumento), quando purificato si presenta come polvere bianca, finissima, inodore e igroscopica. Immerso in acqua bollente rigonfia e forma masse gelatinose colloidali. La colla leggera che se ne ricava è utilizzata nelle imprimiture e come materiale di restauro; a livello industriale vengono prodotte soluzioni di varia viscosità impiegate per il loro potere adesivo. L’amido, come  additivo delle malte, ne accelera la fase di indurimento.

ammaltare azione con cui si aggiunge ulteriore sabbia all’impasto di una malta. Per estensione è sinonimo di impastare una malta.

ammannitura o ammonimento, apprettatura. Il termine assume i significati di allestimento, preparazione, messa a punto, e si riferisce alla fase di preparazione di un supporto con uno o più strati omogenei. Nelle tavole dipinte di epoca medievale era la stesura di uno strato di gesso che equilibrava il supporto ligneo e ne regolarizzava le imperfezioni, costituendo una superficie liscia preparatoria per il colore; talvolta era utilizzata in unione a pigmenti quali il  minio per proteggere il retro delle tavole da insetti e umidità. L’ammannitura è anche la prima fase della doratura e consiste nella stesura di gesso; la varietà migliore è il  gesso da doratori.

ammollo immersione in liquidi appositi che conferisce morbidezza o solubilità a varie sostanze come la colla animale. Spesso è un’operazione preparatoria all’uso definitivo della sostanza. ammoniaca idruro dell’azoto sotto forma di gas incolore, dall’odore penetrante, è irritante e tossico. Ha caratteristiche leggermente alcaline e complessanti. In soluzione acquosa, l’idrossido di ammonio, secondo la pratica ottocentesca (G. Secco Suardo, ed. 1866 e 1894) e ancor oggi in uso, serve a pulire le superfici dei dipinti dai depositi di polvere. Ha azione solvente su tempere proteiche e sui grassi invecchiati come certi oli siccativi. Date le sue capacità complessanti reagisce facilmente con gli ioni rame, pertanto è usata in formulazioni per la rimozione di patine dai bronzi.

ammorsatura  immorsatura

AMMUFFIRE

ammuffire guastarsi per azione della  muffa; si usa, in particolare, per le tele e la carta.

analisi studio dei componenti o della composizione di un insieme, anche complesso, tramite procedimenti specifici. I risultati delle analisi si considerano dati oggettivi. Nel campo delle opere d’arte le analisi sono rivolte allo studio della composizione o delle modificazioni dei materiali costituenti i manufatti. Per convenzione esse si distinguono in  analisi distruttive,  analisi modificative,  analisi non distruttive,  analisi non invasive.

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analisi o addirittura il suo recupero e la sua ricollocazione.

analisi non invasive tecniche di indagine che possono essere eseguite senza prelevare o asportare materiale dal manufatto. Nella sua accezione più stretta l’espressione può indicare tutte quelle tecniche in cui non ci sia contatto materiale con l’oggetto in fase di studio, come ad es. le tecniche spettrofotometriche con sonde remote e le tecnologie di telerilevamento come il  laser scanner. analisi osteoarcheologiche tecniche di indagine

analisi archeozoologiche tecniche di indagine per lo studio dei resti animali rinvenuti in scavi archeologici e all’interno di sequenze stratigrafiche archeologiche e geologiche, da cui si ricavano informazioni sulle relazioni fra il mondo animale e l’uomo nelle epoche passate.

analisi distruttive tecniche analitiche che comportano la distruzione del campione prelevato durante la sua preparazione o nel corso dell’analisi stessa. analisi granulometrica analisi statistica eseguita su materiali frammentari o in polvere (sabbie, ghiaie ecc.) mediante setacciatura differenziale con vagli a maglie note. In campo artistico viene impiegata una serie di microsetacci per la determinazione della distribuzione granulometrica di inerti, generalmente minerali ricavati da malte o stucchi, dopo disgregazione ed eliminazione del legante. In genere l’analisi granulometrica si esegue in parallelo con la  calcimetria. analisi modificative tecniche analitiche nel corso delle quali la natura fisica o chimica del campione prelevato può essere soggetta a modificazione durante la preparazione o durante l’analisi. In ogni caso le analisi modificative consentono il reimpiego del campione per ulteriori analisi.

afferenti alla biologia umana e animale, all’antropologia e alle scienze forensi applicate allo studio dei reperti ossei di individui animali e umani rinvenuti in contesti di scavo archeologico, che forniscono informazioni di carattere anatomico, paleopatologico, tafonomico, ergonomico, nutrizionale ecc., e più in generale di carattere culturale. Le determinazioni che se ottengono contribuiscono a chiarire, ad esempio, il sesso, l’età, lo stile di vita, le attività svolte, le cause del decesso ecc. di individui umani i cui scheletri e resti ossei vengono recuperati in situ, accuratamente imballati per evitarne la dispersione e l’alterazione, trasportati in laboratorio, opportunamente ripuliti, ricomposti e infine analizzati. Tali analisi possono anche avvalersi dell’ausilio di tecniche di indagine di tipo chimico, fisico e di rilievo e modellazione tridimensionale.

analisi paleobotanica o archeobotanica. Tecniche di indagine afferenti alla paleontologia, mirate allo studio delle alghe e delle piante fossili presenti nei sedimenti e nelle sequenze stratigrafiche geologiche ed archeologiche. Consentono la ricostruzione degli ecosistemi e dei climi fossili, nonché l’uso che l’uomo ha fatto delle specie vegetali nel passato. Se ne deducono anche informazioni relative ai cambiamenti nella vegetazione e agli effetti dell’interazione fra ambiente e attività umane.

analisi non distruttive tecniche analitiche nel corso delle quali il campione prelevato non viene né modificato né distrutto durante la preparazione o durante l’analisi. Le analisi non distruttive consentono il reimpiego del campione per ulteriori

analisi palinologica tipo di analisi biologica applicata che consente la determinazione della specie vegetale attraverso l’identificazione della morfologia dei grani di polline. In campo artistico

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è usata per scoprire o confermare certe localizzazioni geografiche di un’opera (spostamenti, destinazioni) attraverso l’analisi palinologica dei grani rimasti intrappolati nella struttura. I settori di applicazione più frequenti sono i manufatti tessili. Da ricordare gli studi palinologici effettuati sulla Sacra Sindone di Torino.

analisi termica differenziale (Differential Thermal Analysis, DTA) analisi del comportamento al riscaldamento controllato di un  analìta nei confronti di uno standard inerte. Registra le temperature di trasformazione o il passaggio di fase di sali o molecole organiche; indica se le transizioni sono esotermiche o endotermiche.

analisi termogravimetrica (Thermo Gravimetric Analysis, TGA) analisi delle variazioni percentuali del peso di un campione sottoposto a riscaldamento controllato; le variazioni di composizione o di fase indotte dall’incremento della temperatura vengono registrate in un diagramma peso/temperatura; l’analisi è sia qualitativa che quantitativa: particolarmente importante quest’ultima nella determinazione dei sali presenti nel campione analizzato. analìta si definisce analìta il soggetto di un’analisi. Può essere un campione tal quale oppure trattato appositamente per essere sottoposto a una tecnica particolare.

ANNERIMENTO

micron, attualmente non più utilizzata nel Sistema Internazionale di misura. La grandezza Ångström veniva usata in particolare per definire distanze tra piani reticolari in mineralogia e dimensioni atomiche o distanze di legame in chimica.

anidro sostanza, minerale o composto chimico privo di acqua sia reticolare di cristallizzazione sia adsorbita; più genericamente, materiale privo d’acqua.

anilina o amminobenzene, fenilammina. Ammina aromatica in uso per la preparazione di molti  coloranti; già estratta dall’  indaco, poi dal catrame, oggi per via chimica dalla riduzione del nitrobenzene. ‘anima’ nucleo di argilla sul quale veniva plasmato il modello in cera nella tecnica di fusione dei metalli. anisotropia proprietà per cui in una sostanza il valore di una grandezza fisica non è uguale in tutte le direzioni; si contrappone a  isotropia. Un tipico materiale fortemente anisotropo è il legno, in considerazione della struttura fibrosa; l’anisotropia del ritiro dimensionale con differenze lungo le tre direzioni, assiale tangenziale e radiale, rappresenta un fattore non trascurabile per la stabilità dei manufatti lignei in relazione ai parametri termoigrometrici ambientali.

ancoraggio operazione di fissaggio di un elemento ad una superficie o un supporto. Nell’ambito delle tecniche artistiche lo strato di ancoraggio (anche  rinzaffo) consente la regolarizzazione del supporto murario e l’applicazione dei successivi strati di una pittura murale; varie tecniche e strutture di ancoraggio sono state messe a punto per l’applicazione di lastre lapidee su pareti e volte. In carpenteria, l’ancoraggio di una tavola si esegue con traverse mobili o tasselli. Nel restauro è un’operazione di aggancio che tende a dare stabilità o tensione conveniente a un dipinto murale, su tavola (es. col sistema a ‘ponticello’ che raccorda le traverse), su tela o a una scultura.

Ångström (Å) unità di lunghezza del valore di 10-8 cm corrispondente a 0,1 nanometri o 0,0001

annatto arbusto indiano e centroamericano (Bixa orellana) dai cui semi si estrae un principio colorante, la bixina, di colore rosso-arancio impiegata nella tintura dei tessili. annerimento o  inscurimento, iscurimento,  scurimento. È uno dei fenomeni di degrado più comuni nei dipinti a olio, già rilevato dalla letteratura artistica cinque-settecentesca. L’annerimento dovuto a depositi di particolato di varia origine e composizione si registra comunque anche su materiali lapidei, lignei, metallici ecc. Può essere sollecitato dalle preparazioni brune ampiamente usate nel XVII secolo. In relazione ai manufatti artistici e architettonici esposti, studi recenti sugli inquinanti atmosferici e i meccanismi di de-

ANOBIDI

posizione del particolato atmosferico suggeriscono di adottare più propriamente il termine  sporcamento, di cui l’annerimento rappresenta una tipologia particolare.

anobidi insetti xilofagi appartenenti alla famiglia dei Coleotteri; allo stadio di larva si nutrono di amidi e proteine contenuti nel legno dove scavano gallerie che causano gravi danni ai manufatti sia sul piano strutturale che estetico. L’insetto anobide più comune è l’Anobium punctatum, più noto come ‘tarlo dei mobili’, che attacca principalmente l’  alburno dei legni sia di conifere che di latifoglie impiegati in strutture e manufatti lignei, oltre che nei supporti dei dipinti su tavola, con effetti talora devastanti per la conservazione.

antibiotico sostanza di origine naturale prodotta da microrganismi viventi (muffe e batteri) che inibisce la proliferazione di batteri. Si distinguono in batteriostatici (impediscono la scissione cellulare e quindi bloccano il ciclo riproduttivo dei batteri) e battericidi (uccidono il microrganismo). Le prime applicazioni nel restauro furono sperimentate nella disinfestazione batterica di pitture murali.

anticato in età barocca, il “fingere antichità nel marmo” a quanto attesta Filippo Baldinucci (1681), era un passaggio delle operazioni di restauro integrativo di sculture antiche; le parti aggiunte realizzate in marmo nuovo venivano ‘tinte’ per uniformarle cromaticamente all’originale con una mistura di fuliggine o cannella e garofani cotti in orina o aceto secondo le indicazioni dello scultore-restauratore romano Orfeo Boselli (sec. XVII). Per estensione il termine indica oggetti di produzione moderna sottoposti a leggeri processi di invecchiamento (cornici, gioielli, metalli, ceramiche). antifungino o antimicotico. Sostanza di varia natura capace di inibire lo sviluppo di colonie fungine o persino di distruggerle.

antigraffiti sinonimo di trattamento di superfici architettoniche con prodotti che impediscono il contatto di sostanze coloranti, inchiostri, lacche e smalti con i substrati e ne inibiscono la diffusione all’interno dei materiali.

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antigraffiti sacrificali prodotti impiegati per realizzare uno strato protettivo invisibile con funzione di barriera antigraffiti allo scopo di impedire alle vernici imbrattanti di penetrare nel substrato; sono derivati da protettivi elastomerici fluorurati, cellulosici o siliconici. antimonio elemento chimico caratterizzante alcuni pigmenti quali il  giallo di Napoli; si trova anche come impurezza nella marcassite (solfuro di ferro) di colore grigio-nero cui impartisce bei riflessi metallici. Colore ceramico giallo, citato nel ricettario di Cipriano Piccolpasso Li tre libri dell’arte del vasaio (1548). L’etimo deriva dal greco anti monakon poiché era ritenuto la causa dell’avvelenamento dei monaci-alchimisti del monte Athos che ne studiavano i presunti composti, ricchi invece del letale  arsenico, di cui l’antimonio è isomorfo. ‘antiquariale’ si dice dell’aspetto assunto da un manufatto artistico in seguito a rimaneggiamenti eseguiti sul modellato, a ridipinture e patinature artificiali che interferiscono sulla leggibilità in quanto agenti falsificanti. appiattimento si dice dell’effetto percepibile nell’aspetto cromatico di un dipinto dopo una pulitura troppo energica, che asporta la vernice annullando l’effetto di omogeneità tonale e coloristica. Sulla superficie di un materiale dipinto o scolpito può essere originato da depositi di polveri coerenti. applicazione nel restauro si intende la stesura di sostanze atte a migliorare o risanare una situazione di degrado riscontrata in un manufatto artistico. apprettatura o appretto. Termine con molteplici significati, indica genericamente l’operazione di saturazione della porosità di una superficie atta a impedire un eccessivo assorbimento del liquido che verrà poi applicato. Può riferirsi all’impasto di gesso e colla impiegato per il fondo preparatorio delle dorature e all’incollatura leggera che serviva per favorire l’adesione degli strati di preparazione al supporto ligneo nei procedimenti di lavorazione delle sculture policrome. Il termine allude anche alla serie di operazioni finali di rifinitura di tessuti

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ARGENTO

mediante l’applicazione di appretto (amido o cera) che conferisce proprietà di maggiore durabilità e consistenza.

cio-economico di appartenenza. Tali informazioni contribuiscono alla definizione di migliori strategie di conservazione e restauro dei manufatti.

approccio angolatura dalla quale, nella fattispecie, si può affrontare un intervento di restauro. I punti di vista devono essere molteplici e specialistici, da quello scientifico, a quello storico, a quello storico artistico. L’applicazione di tecnologie sofisticate all’interpretazione materica dei manufatti consente un approccio multi-sensoriale.

arcuatura tipo di deformazione del legno segato che dipende da anomalie di forma del tronco, anisotropia dei ritiri, gradiente di umidità, presenza di difetti e anomalie, sollecitazioni meccaniche, deformazioni permanenti. Nei dipinti su tavola provoca movimenti o dissesti nell’imprimitura e nel colore soprastanti. La presenza di legno di reazione su una delle facce della tavola può indurre un incurvamento a ‘doga di botte’, contenuto in un piano perpendicolare alla faccia della tavola.

Araldite® classe di resine formulate a base epossidica, poliuretanica e acrilica, disponibili in forma solida o in soluzioni di solventi organici; è un adesivo molto tenace, resistente, duraturo e idrofobo; viene utilizzato anche per integrare lacune in sculture in legno, stucco, terrecotte, materiali lapidei, specialmente se caricato con gli inerti appropriati.

arancio di cadmio solfuro di cadmio di origine

ardesia varietà di scisti argillosi dal colore grigiastro, compatta, non permeabile per porosità, che si suddivide facilmente in lastre; è nota la lavagna estratta in Liguria, usata, particolarmente nel XVII secolo, come supporto per dipinti. L’acqua è responsabile dei processi di degrado dell’ardesia che viene attaccata negli strati superficiali o in zone fessurate dividendosi in lamine sottili lungo i piani di  scistosità.

naturale o artificiale scoperto da Stromeyer nel 1817 e raccomandato come pigmento per pittura; viene usato in tutte le tecniche pittoriche, ha buona resistenza alla luce e agli agenti atmosferici.

arena  rena, sabbia

arazzo secondo la definizione di Filippo Baldinucci

arenaria roccia sedimentaria costituita da materiali

(1681) è un “panno tessuto a figure per parare stanze”. Eseguito a mano su telai, è un tessuto costituito dai fili dell’ordito, di solito in lana, cotone o lino, attraverso cui passano i fili colorati della trama, in lana o seta e anche in oro e argento, che formano la decorazione condotta seguendo un disegno preparatorio detto  cartone. I problemi di conservazione degli arazzi sono legati a una loro corretta esposizione che eviti la tensione eccessiva e prolungata del manufatto appeso e il contatto diretto con fonti di luce troppo forti che agiscono sulla stabilità dei colori.

incoerenti detti sabbie, cementate per diagenesi. Fra le arenarie sono comuni le grovacche, di colore grigio, facilmente lavorabili, di cui in Toscana è diffuso il  ‘macigno’, nelle varietà di  pietraforte e  pietra serena, usate per costruzioni e per elementi architettonici fin dal Rinascimento.

archeometria disciplina scientifica che si avvale di indagini fisiche, chimiche, biologiche, geologiche, matematiche, informatiche, ambientali, antropologiche ecc., per lo studio dei beni storico-artistici e archeologici, allo scopo di comprenderne gli aspetti materici, tecnologici, cronologici, conservativi e di contestualizzarli nell’ambito storico, culturale e so-

argentatura o  alluminatura. Processo di rivestimento di un oggetto metallico con uno strato sottile di argento; sui supporti metallici si ottiene per placcatura e per elettrolisi. Su altri supporti l’argentatura viene eseguita con modalità simili alla  doratura. Nell’ambito delle tecniche pittoriche l’argento in foglia si applica col sistema a  missione (adesivo a base di olio di lino addizionato di pigmenti fini). Preparazioni scure rafforzano la tonalità fredda dell’argento. argento metallo nobile utilizzato per monili, specchi e decorazioni fin dall’antichità. È caratte-

ARGENTO MECCATO

rizzato da buona duttilità e conducibilità termica ed elettrica. Per effetto di vapori sulfurei nell’aria, seppure in piccola quantità, e delle radiazioni luminose annerisce nel tempo coprendosi di una patina di solfuro d’argento stabile e insolubile. Per questo motivo si trova di rado integro nelle decorazioni metalliche dei dipinti murali, dove spesso era sostituito dallo stagno.

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preparazione e del colore. Nel restauro delle ceramiche l’armatura è l’infissione di fili metallici nelle zone da integrare; sulla lacuna si applica una ‘sponda’ di carta che viene stuccata ed eventualmente dipinta. Questa tecnica ha avuto vasto impiego nel XVIII e XIX secolo.

argento meccato particolare tipo di  argentatura, in cui la superficie metallica viene trattata con una vernice trasparente, di tonalità gialla o arancio ( mecca), per simulare la doratura.

armatura di sostegno struttura usata per rinforzare l’anima interna di materiali modellati di cui impedisce il cedimento. Griglie metalliche e  incannicciati sono stati impiegati per intonaci e stucchi come armature di sostegno e  ancoraggio al supporto murario.

argilla con questo termine si possono intendere

arriccio o arricciato, corpo, strato di livellamento.

i minerali argillosi, le rocce argillose e i sedimenti di minerali argillosi ancora dotati di capacità plastiche (argilliti). L’argilla come sedimento o roccia è costituita principalmente da minerali argillosi (quali illite, caolino, montmorillonite e clorite) e quarzo. Secondo il contenuto di caolino che ne determina le proprietà, e quindi gli impieghi, l’argilla si suddivide in grassa (argille da porcellana) e magra (argille refrattarie, argille da laterizi). Il colore varia dal rossastro al giallo, al grigio scuro in funzione del contenuto di materia organica e di pirite e del grado di ossidazione del ferro presente. Unita all’acqua diviene plastica e lavorabile. Ha proprietà impermeabili. In ambito artistico è usata per la realizzazione di modelli preparatori per sculture e rilievi, o come materia prima per manufatti ceramici. Seppure con modeste capacità leganti, può essere impiegata per confezionare malte, per lo più adottate per realizzare rivestimenti di muri in terra pressata o mattoni crudi.

Nella costruzione di un supporto murale è lo strato più grossolano di malta, la cui funzione principale è quella di livellare la superficie del muro e, nel caso specifico degli affreschi, di costituire una riserva di umidità funzionale a un corretto processo di carbonatazione. Su di esso si stende l’intonaco pittorico. Sull’arriccio veniva tracciato il disegno preparatorio detto  sinopia. Con il termine arriccio si può intendere o lo strato grossolano con funzioni di livellamento della superficie oppure, più propriamente, lo strato intermedio fra  rinzaffo e  intonachino. In questo secondo caso, l’arriccio è “quella seconda incalcinatura rubida, che si dà alle muraglie, alla quale s’aggiugne l’intonaco per dipingervi sopra a fresco” (Filippo Baldinucci, 1681).

armatura sistema di incrocio dell’ordito e della trama secondo regole definite per la costruzione di un tessuto. Dipende dall’ordine di inserimento dei fili di ordito nelle maglie dei  licci. I primi supporti pittorici di lino erano tessuti ad armatura ‘tela’, molto serrata, ordinata e regolare, con filato leggero e sottile. Dalla metà del XVI secolo cominciano a diffondersi le prime armature diagonali e a spina di pesce, robuste e più rispondenti alle dimensioni dei dipinti. La loro superficie è elastica e granulosa e garantisce una buona adesione della

arrotatura anche orsatura, rotatura. Operazione di levigatura di una superficie mediante un blocco di materiale lapideo più duro del materiale da arrotare. Il termine trova impiego principalmente per le operazioni di battitura e levigatura dei pavimenti a battuto (terrazzo) come i pavimenti alla veneziana, mediante l’uso di un utensile in pietra arenaria (orso) e/o di polveri di sabbia silicea o pietra pomice. Può riferirsi anche a un trattamento superficiale degli intonaci.

arrugginire processo di corrosione dinamica del ferro e dei metalli ferrosi che, formando ossidi idrati del metallo parzialmente solubili, corrode il ferro fino a provocare la completa consunzione del metallo.

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arsenico elemento chimico noto in campo artistico specialmente per i suoi solfuri utilizzati come pigmenti, estremamente tossici. Il  realgar, il bisolfuro di arsenico, è stato impiegato come pigmento di color rosso-rubino; il trisolfuro costituisce l’  orpimento, pigmento giallo abbastanza stabile e coprente, usato fin dall’antichità, specialmente per dare verdi brillanti ( indaco).

ASSEMBLAGGIO

usato per la velatura finale dei dipinti e per ottenere patine di tono marrone luminoso. Se mescolato con resine non si distingue facilmente da una vernice di protezione. Il lemma è usato impropriamente come sinonimo di  bitume.

aspersione lemma con il quale si intende l’azione di cospargere sostanze quali, per esempio, la paraffina e la cera su superfici pittoriche.

artigianale in relazione al restauro di bottega, l’aggettivo qualifica il livello dell’attività di specialisti in settori specifici del restauro (falegnami, doratori, rintelatori); con una professionalità ‘artigianale’ assicurata dalla pratica costante e ripetitiva, spesso di alto livello, essi contribuivano in modo sostanziale al compimento di restauri di ambito ‘tecnico’, come le foderature, o di vera e propria integrazione ricostruttiva.

arzica colorante organico giallo, di origine vegetale, contenente il principio colorante luteolina. Noto sin dall’antichità, è stato usato a partire dal Medioevo per la tintura dei tessuti. È tra i coloranti naturali più resistenti alla luce. Filippo Baldinucci (1681) lo menziona come “color giallo, che serve per i miniatori”.

ascrivere attribuire un’opera ad un artista o a una scuola. Nel caso di dipinti murali, su tavola o su tela, le indagini diagnostiche consentono spesso di acquisire elementi quali disegni preparatori, incisioni, pentimenti, modifiche eseguite in corso d’opera, che favoriscono la precisazione della paternità di un dipinto. asfalto sostanza di colore bruno-nero, composta principalmente di carbonio e idrogeno, che si può considerare un idrocarburo dalla catena lunghissima; è il residuo di tutte le distillazioni e le raffinazioni del petrolio, è solubile in olio, trementina, nafta e solventi idrocarburici pesanti ed ha una lenta essiccazione. In pittura l’asfalto è stato spesso impiegato come pigmento di origine minerale per ottenere un tono bruno-seppia; tuttavia, poiché non indurisce completamente, provoca negli strati cromatici sovrastanti, movimenti e incrinature che formano scaglie e crettature caratteristiche, il che spiega il suo mancato uso come legante. Viene

aspiratore apparecchiatura di aspirazione di aria e vapori nocivi per l’eliminazione di esalazioni dannose per la salute degli operatori di restauro. È raccomandata la sua installazione nei laboratori e nei cantieri. Anche piccolo strumento per la pulitura del particolato di superfici plastiche o tessili.

asportazione rimozione di parti gravemente degradate o di elementi estranei all’originale (inseriti o aggiunti, per esempio, nel caso di restauri precedenti) che compromettano la sopravvivenza o la corretta leggibilità dell’intero manufatto artistico ( de-restauro). Nel  ‘restauro di rivelazione’ si intende la rimozione di stesure pittoriche successive a quella primitiva; nelle operazioni di pulitura è la rimozione meccanica di depositi superficiali di varia origine, precedentemente trattati con solventi. asse tavola di legno che si ottiene dal tronco di un albero con due principali metodi di taglio: tangenziale e radiale; a seconda del punto da cui è ricavata, dall’esterno verso il centro del tronco, la tavola prende il nome di sciavero, mezzone, mezzone quasi radiale, asse centrale; quest’ultima è l’unica che non subisce il fenomeno di  imbarcamento. Altri fenomeni di degrado di un’asse di legno sono la  falcatura, l’  arcuatura o il ritiro in relazione a variazioni termoigrometriche o in seguito ad attacchi da parte di batteri, funghi, insetti xilofagi. Un insieme di assi unite in senso verticale o orizzontale mediante colla, sistemi a incastro o traverse, costituiva, già dall’antichità e fino al XVI secolo, una tavola destinata a essere preparata e quindi dipinta. assemblaggio è l’operazione con cui si connettono elementi omogenei o meno, destinati a costituire una sola unità. L’assemblaggio delle assi che for-

ASSEMBLARE

mano il supporto di un dipinto su tavola può essere eseguito col sistema a giunti vivi incollati, con il metodo a ‘chevilles’, a  coda di rondine e altri; è tecnica costruttiva di una scultura lignea, in terracotta, in metallo o in vetro. Nel contesto del restauro della statuaria antica, si intende l’assemblaggio di frammenti scultorei di diversa provenienza ed epoca che formavano una ‘nuova’ scultura. Il lemma indica anche la tecnica di costruzione di opere polimateriche; si differenzia dal  ‘collage’ perché i singoli pezzi non sono incollati su un supporto, ma vincolati fra loro con colla, chiodi, bulloni ecc.

assemblare mettere insieme parti costituenti un medesimo manufatto realizzate separatamente; l’indagine sulla tecnica di assemblaggio di una scultura può fornire notizie su origine e autografia dell’opera per analogia con altre. L’operazione può ovviare, sia in senso reale che come ricostruzione critica ideale, allo smembramento di un polittico dovuto a eventi storici, commerciali, di gusto o vandalici.

assestamento si intende il fenomeno di stabilizzazione di supporti lignei o l’assestamento del legante oleoso in un dipinto su tela, fenomeno che si sviluppa nell’arco di qualche anno dal compimento dell’opera ( ‘rodaggio’).

assorbimento capillare velocità di assorbimento di un volume di acqua o altro fluido da parte di un corpo poroso (pietra, intonaco ecc.) in un dato tempo attraverso una superficie nota e determinata. È usato come tecnica di controllo dello stato di conservazione (decoesione, frammentazione, disgregazione) di manufatti lapidei naturali o artificiali, specie in funzione di interventi che prevedano l’uso di protettivi superficiali che ne modificano la porosità. L’assorbimento per capillarità è normato dal documento UNI-Normal 10859 gennaio 2000. assorbire si dice della proprietà di alcuni materiali di impregnarsi di altre sostanze fluide o gelatinose (carta assorbente e  attapulgite). Nella fase di pulitura (o meglio di riduzione dei depositi di superficie) la valutazione dell’assorbimento del sol-

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vente permette di selezionarne qualità diverse, funzionali a microsuperfici di applicazione.

assottigliare pratica connessa al risanamento di supporti lignei o al trasferimento di dipinti su tavola e di affreschi su nuovi supporti; nel passato consisteva nel ridurre lo spessore del legno per eliminare gli strati degradati o nel consumare progressivamente i supporti fino a raggiungere il retro della pellicola pittorica. astrazione cromatica tecnica di integrazione pittorica delle lacune che mira ad alleggerirne l’invadenza ottica; si applica quando le dimensioni della mancanza non consentono di stabilire sul piano formale una continuità con la pittura superstite circostante. L’astrazione si esegue con stesure a tratteggio incrociato dei tre colori fondamentali (blu, giallo, rosso) con aggiunta del nero, o dei colori principali del dipinto. Lo scopo è creare una tessitura cromatica che si armonizzi con l’intonazione del resto della composizione. Insieme a quello della  selezione cromatica, il metodo fu elaborato negli anni ’70 del XX secolo nei laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze da Umberto Baldini. ATR (Attenuated Total Reflectance). Sigla per riflettanza totale attenuata; tecnica di  spettrofotometria infrarossa in grado di rilevare lo spettro infrarosso direttamente su solidi, liquidi e polveri. Il campione è interfacciato da una sonda contenente un cristallo di germanio o seleniuro di zinco, talvolta di diamante. La tecnica è non invasiva e scarsamente modificativa.

atelier lemma di origine francese entrato nell’uso ad indicare lo studio di un artista; è un ambiente solitamente spazioso e luminoso in cui si svolge il lavoro di pittori, scultori, incisori e altri artefici. Nell’atelier si conservano gli strumenti, i materiali, i bozzetti, le opere in preparazione, posano i modelli, si espongono al giudizio di committenti e possibili acquirenti i lavori finiti. Sono noti numerosi dipinti e incisioni che illustrano studi di artisti e documentano il persistere nei secoli di strumenti e tecniche esecutive. Il lemma è stato inserito tra i beni culturali “oggetto di specifiche

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disposizioni di tutela” nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (2004).

AZOTO

razione gli aspetti formali, stilistici, iconografici, iconologici, tecnici e conservativi nella loro complessità.

atmosfera anossica metodo per la disinfestazione del legno da insetti xilofagi. Consiste nell’inserire l’opera in una camera a tenuta stagna dalla quale sia stato eliminato l’ossigeno. Il sistema, di recente sperimentazione, evita l’impiego del  bromuro di metile, che comporta un alto rischio per la salute dei lavoratori.

aureolina  giallo di cobalto

riferimento alle tecniche pittoriche e al restauro, può trattarsi di un colorante o di una sostanza usata nei procedimenti di pulitura di opere d’arte.

autenticità autografia di un’opera d’arte. Le operazioni di restauro di un manufatto artistico e l’impiego delle più moderne tecniche di indagine diagnostica di tipo fisico (tecniche multi- e iperspettrali, fluorescenza ultravioletta con lampade a raggi ultravioletti) spesso rivelano elementi tecnici e formali che ne attestano l’autenticità e consentono di distinguerlo da eventuali repliche, copie o falsi.

atramentum pigmento nero, nerofumo. Vitruvio

avorio costituente di denti e di corni di grandi

nel De Architectura (I secolo a.C.) ne illustra la preparazione dalla fuliggine prodotta dalla combustione di resina, o dalla brace di legno resinoso; dal nerofumo con aggiunta di gomma si ricavava inchiostro, mentre addizionato a colle era usato come colore nella pittura murale. L’atramentum di cui parla Plinio nella Naturalis Historia (I secolo d.C.) in riferimento al pittore Apelle di Coo, era probabilmente una vernice o una velatura finale con funzione estetica e protettiva. L’atramentum librarium identificava l’ inchiostro.

mammiferi; particolarmente pregiato è quello delle zanne di elefante proveniente dal Siam. L’avorio è chimicamente un fosfato di calcio, ha durata eccezionale, grana densa e compatta con venature radiali, si lavora facilmente e acquista ottima politura e lucentezza. Filippo Baldinucci (1681) ne ricorda l’uso per realizzare “figure d’ogni rilievo e tarsie”. I documenti attestano l’uso dell’avorio in Grecia per la realizzazione di statue crisoelefantine, mentre nel mondo romano venne usato per dittici e oggettistica di uso liturgico. Ridotto in sottili tavolette di piccole dimensioni fu utilizzato in età barocca e oltre come supporto pittorico per ritratti e altri soggetti di carattere miniaturistico. La polvere ottenuta per calcinazione, detta  nero d’avorio, è stata impiegata come pigmento e per lucidare.

atossico non velenoso o dannoso alla salute; in

attapulgite materiale argilloso, allumosilicato di magnesio (palygorskite) del gruppo dei fillosilicati, dall’enorme capacità adsorbente, usato come supportante nella pulitura di manufatti artistici (dipinti murali, marmi e terrecotte).

attivazione neutronica (Neutron Activation Analysis, NAA) analisi della radioattività indotta tramite bombardamento con particelle (neutroni) su materiali studiati. In campo storico-artistico, questa tecnica analitica viene impiegata come ausilio nella datazione di manufatti. Analisi qualitativa e quantitativa altamente sensibile di tracce di  oligoelementi in matrici quali pigmenti, ceramiche, leghe. attribuire, attribuzione riferire un’opera d’arte ad un periodo storico, a una scuola o a un artista in base a una indagine che ne prende in conside-

avorio vegetale  materiali eburnei azoto elemento chimico e gas inerte, incolore e inodore che costituisce il maggiore componente dell’aria. In chimica organica è importantissimo nella composizione e nelle proprietà degli amminoacidi, dei coloranti porfirinici ( clorofilla, eme) e delle ammine. In chimica inorganica è diffuso negli alcali deboli derivati dall’ ammoniaca e come ione nitrato in numerose manifestazioni di degrado salino nei materiali lapidei naturali e artificiali. Le tinture all’ anilina sono composti organici dell’azoto.

AZZURRITE

azzurrite detta anche azzurro della Magna, è un minerale naturale a base di carbonato basico di rame. Usato come pigmento, se macinato non molto finemente è di colore azzurro intenso e, dato a corpo, ha buon potere coprente. Dall’antichità e fino al XVII secolo l’azzurrite è stata utilizzata in tutte le tecniche pittoriche, in particolare nella tempera su tavola e su intonaco. È un pigmento stabile salvo in presenza di cloro che lo fa virare

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al verde. In pittura murale, sotto l’azione dell’umidità e dell’alcalinità degli strati a fresco o a calce, può modificarsi in bruno o verde, e per questo viene impiegata a secco, sebbene tale accorgimento non ne eviti il viraggio. Cennino Cennini la elenca fra i colori che “in fresco non si può lavorare”; in pittura murale si usava stenderla a tempera su un fondo a  morellone o grigio.

b bagnabilità o potere bagnante. Capacità di superfici solide di essere bagnate quando poste in contatto con un liquido. Se la bagnabilità è buona, il liquido si spande agevolmente sulla superficie. L’impiego dei  tensioattivi facilita il potere bagnante delle soluzioni impiegate nelle operazioni di pulitura delle superfici lapidee e delle pitture murali. bagno di morsura soluzione acquosa di  mordente usata, nelle tecniche calcografiche, per corrodere il metallo, non protetto, della lastra in corrispondenza del disegno da incidere. La denominazione della tecnica dell’  acquaforte deriva dal nome con cui era nota in passato la soluzione di acido nitrico utilizzata come mordente.

balsa specie arborea della famiglia delle Bombacaceae, diffusa nell’America centro-meridionale, il cui legno è poco sensibile alle variazioni termoigrometriche e viene impiegato come isolante termico e nel restauro dei supporti.

balsamo o oleoresina. Sostanza resinosa, ricavata quale essudato vegetale e usata, a partire dal Settecento, come componente di vernici e lacche. Oggi se ne sconsiglia l’uso per gli effetti deteriorativi che provoca, quali l’imbrunimento e la formazione di crettature. I balsami più diffusi sono il balsamo di Copaive, una  resina oleosa, usata per rendere più elastiche vernici e lacche e impiegata nel  metodo Pettenkofer, il balsamo del Canada, resina terpenica impiegata come legante, la trementina veneziana e il balsamo di Strasburgo.

barbottina colatura di argilla allo stato liquido che serviva per saldare insieme elementi ceramici modellati separatamente. bardiglio come il marmo bianco ordinario delle Alpi Apuane, il bardiglio è derivato da un evento metamorfico su sua roccia carbonatica sedimentaria di origine marina. Presenta un fondo grigio azzurro, grigio cenere e bluastro. A seconda di come si effettua il taglio, si ottiene al contro una colorazione più fiorita, al verso un colore più omogeneo.

bario elemento chimico alcalino terroso. Nei pigmenti si trova sotto forma di solfato  bianco fisso e nei vari  litoponi. Nel campo dei trattamenti minerali dei manufatti porosi (affreschi, materiali lapidei) l’  idrossido di bario può essere applicato a impacco, esercitando un’azione consolidante, desolfatante e fissativa. base composto chimico sia inorganico che organico che colora di blu la cartina di  tornasole. Sinonimo di sostanza alcalina (basica), talvolta utilizzate nei trattamenti di pulitura, le basi agiscono sulle sostanze grasse e acide.  soda e  potassa caustiche sono basi molto forti; la  calce stessa è una base. Nei restauri possono essere impiegate basi deboli come l’  ammoniaca. ‘basse taille’ antica tecnica di lavorazione dello smalto su lamina d’oro e d’argento. Sul supporto metallico veniva inciso con segno variamente profondo il disegno, che poi veniva ricoperto di pasta vitrea colorata ( ‘champlevé’ e ‘cloisonné’).

bambagia cotone di scarto o cascame di cotone

bassorilievo

tradizionalmente impiegato nella lavorazione della cartapesta per aumentare i volumi delle figure a tutto tondo.

lavorazione ottenuta con una lieve sporgenza della parte scolpita o modellata rispetto alla superficie di fondo.

BATTILORO

battiloro nome attribuito agli artigiani specializzati nella produzione di oro in foglia. Utilizzavano gli scarti della monetazione aurea e da una moneta ricavavano più di cento lamine di ca. un decimetro quadrato. Una volta pronte “alla giusta sottigliezza, e tagliati in quadro sur un guancialino di pelle impolverato, per impedirne l’adesione, si ripongono fra altri fogli di carta senza colla, soffregati prima con sottilissima argilla ocracea affinché l’oro non vi si appiccichi”, ottenendo così i “libretti del battiloro”, “poi venduti al mettiloro” (Giacinto Carena, Vocabolario metodico d’arti e mestieri, 1853).

batteri microrganismi che sono diffusi agenti di  biodeterioramento dei manufatti artistici, capaci di colonizzare supporti di varia natura e di proliferare nelle più diverse condizioni ambientali, in ragione della loro biodiversità e in relazione alle specifiche reazioni metaboliche. Provocano processi di alterazione e degrado in supporti pittorici, come le tele, sulla loro preparazione e sulla pellicola pittorica. Ceppi particolari di solfobatteri possono rendersi responsabili di alterazioni che producono gesso in materiali lapidei naturali o artificiali. I batteri sono tra i principali microrganismi coinvolti nella formazione dei  biofilm.

bendatura antica tecnica di restauro di oggetti ceramici frantumati ancora in uso nel XVI secolo. Il manufatto veniva foderato dall’interno con bende di stoffa fortemente incollate e successivamente restaurato.

benzene o benzolo, il più semplice idrocarburo aromatico; ha un notevole potere solvente per cere, resine e grassi. Estremamente tossico, è cancerogeno ed è proibito nell’uso comune.

berillo minerale silicatico che si rinviene spesso in cavità di rocce granitiche. Si possono avere cristalli singoli di berillo di dimensioni eccezionali (dell’ordine dei metri) con peso di alcune tonnellate. Le varietà limpide e trasparenti possono essere usate come gemme molto preziose, quali lo smeraldo (varietà verde), l’acquamarina (varietà azzurra) e, secondariamente, il crisoberillo (varietà giallooro) e la morganite (varietà rosa).

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betulla specie arborea appartenente alla famiglia delle Betulaceae, con fusto alto e corteccia bianca che tende a sfogliarsi; il legno è duro e compatto, resistente ai tarli, ragione per cui trova impiego in edilizia (per esempio per realizzare travi). Nel nord Europa è stato impiegato come supporto per i dipinti su tavola, lavori al tornio, intagli e mobilio. Rientra fra le specie legnose impiegate nella tarsia lignea. Beva® dispersione acquosa di resine acriliche e etilvinilacetato (e.v.a.), ottimo adesivo, puro o diluito con acqua, con buon scorrimento e aderenza a vari tipi di superfici. È reversibile con acqua o alcol isopropilico. Viene impiegato in operazioni di foderatura e ancoraggi su supporti in fibra di vetro. Negli anni ‘70 del XX secolo il restauratore Gustav Berger ha contribuito alla formulazione del BEVA Film®, una pellicola termoplastica da rifodero aderibile mediante  termocauterio o per attivazione con solventi poco polari. beverone termine gergale che indica un miscuglio di soluzioni organiche a base proteica (emulsioni di uovo, colla, caseina, aceto e altri componenti) o cere, oli e resine, citato dalle fonti fino dal XVII secolo; la sua composizione era spesso legata al segreto di bottega. Applicato su superfici pittoriche a fresco o a olio, serviva per consolidare e ravvivare i colori resi opachi dalla presenza di sali o iscuriti dallo sporco.

biacca carbonato basico di piombo, detto anche cerussa e bianco di piombo, è il più antico e famoso pigmento artificiale; Filippo Baldinucci (1681) ricorda che è “color bianchissimo cavato dal piombo a forza d’aceto, che serve a dipignere non a fresco; ma dato a tempera in su i muri dove sia aria scoperta diventa nero e guasta le pitture”; oggi sappiamo che questo tipo di degrado dipende dalla reazione che si innesca in presenza dei gas solforosi dell’atmosfera. La biacca è densa e opaca, ha forte potere coprente e asciuga facilmente. La biacca temperata con olio era impiegata per la preparazione delle tele e raccomandata per la sua elasticità. Non è più in uso a causa dell’elevata tossicità dei sali di piombo.

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biadetto nelle fonti (varianti: biadecto, biadeti, biadeto, biadetta, biaveto, blaveta) indica un pigmento azzurro chiaro o celeste, anche sinonimo di oltremarino sbiadito. Si tratta di un azzurro ottenuto da lapislazzuli di seconda scelta, finemente triturati e con minor potere coprente. Le  ‘ceneri’ ne sono una variante più economica. ‘biancastro’ si usa per indicare l’aspetto delle superfici murali solfatate che siano state ripassate a secco con conseguenti fenomeni di degrado e alterazione cromatica. bianchire “Termine proprio degli Argentieri, i quali rendono bianche le figure, ed altri lavori d’argento; con quel composto che essi chiamano bianchimento” ovvero un composto di “acqua, sal comune, e gruma di botte”. Il metallo (argento, rame, bronzo, ottone) veniva messo a bollire in un recipiente di rame, così che trattato “con tali ingredienti à forza di levargli quella pelle di sudiciume ch’e’ potesse avere attorno” (Filippo Baldinucci, 1681), veniva poi sottoposto a una fase di lavaggio.

bianco di antimonio triossido di antimonio; pigmento di origine artificiale in uso dalla prima metà del XX secolo nelle tecniche a tempera e a olio; tende a ingiallire e annerisce a contatto con i solfuri; non ha vantaggi rispetto agli altri pigmenti bianchi.

bianco di calce (pigmento) o bianco di Firenze, bianco sangiovanni,  bianco di San Giovanni, gesso di Firenze. Pigmento naturale minerale ottenuto per carbonatazione dell’idrossido di calcio (calce spenta). Di antichissima origine, per secoli è stato l’unico bianco usato nella pittura murale a fresco e a tempera, per la sua eccellente stabilità e compatibilità con gli intonaci. Andrea Pozzo (1698) lo ritiene “il miglior di tutti per mescolarlo con i colori sì per le carnagioni, come per i panneggiamenti, purché la calce sia stata bagnata di sei mesi, o un anno”.

bianco di calce  latte di calce bianco di gusci o  bianco d’uovo. Pigmento bianco prodotto per macinazione di gusci d’uovo,

BIANCO DI ZINCO

successivamente bolliti in acqua di calce, polverizzati finemente, sino ad ottenerne “piccioli pani” da fare asciugare al sole. Citato da Raffaello Borghini (1584) e da Filippo Baldinucci (1681), Gian Paolo Lomazzo (1584) lo consiglia per mantenere stabili i pigmenti applicati su calce fresca; Andrea Pozzo (1698) lo ricorda adatto “a fresco, ed a secco, e per comporre i pastelli per ritoccare”.

bianco di piombo  biacca bianco di San Giovanni o  bianco di calce (pigmento); carbonato di calcio che si ottiene per precipitazione all’aria di soluzioni sature di calce spenta; è usato come pigmento principalmente nella pittura murale. Menzionato da Cennino Cennini che descrive il procedimento di fabbricazione.

bianco di Spagna nitrato basico di bismuto; è un pigmento adatto per le tecniche a tempera e a olio e per la miniatura; è velenoso e tende ad annerire a contatto dell’aria. Con questo nome veniva inteso il bianco di calce e/o un pigmento bianco ottenuto da rocce calcaree, scarsamente coprente, usato per realizzare l’intonaco per le pitture su muro, o per schiarire le tinte stese ad affresco.

bianco di stagno ossido di stagno; pigmento bianco artificiale, prodotto per riscaldamento all’aria del metallo. Discretamente stabile, è stato in uso dal XVI al XVII secolo per le tecniche a tempera, a olio e per la miniatura. bianco di titanio pigmento sintetico molto stabile e coprente, a base di ossido di titanio, in uso dal 1920. In pittura è stato usato prima nella forma cristallina di anatasio, successivamente dopo la seconda guerra mondiale, nella forma di rutilo che, avendo un maggiore  indice di rifrazione, ha un maggiore  potere coprente. bianco di zinco pigmento sintetico a base di ossido di zinco in uso dal 1920-30. Ha un ottimo potere coprente ed è inerte. Se usato nelle tecniche a olio deve essere addizionato perché non ha proprietà siccative autonome. Il bianco di zinco ha una caratteristica fluorescenza gialla se sottoposto a irraggiamento ultravioletto.

BIANCO D’UOVO

bianco d’uovo o  albume, chiara d’uovo; è anche una soluzione acquosa colloidale di proteine (in quantità maggiore rispetto al rosso,  uovo, rosso di), soprattutto albumina, con piccole quantità di grassi e sali minerali. Viene addizionato con miele, melassa e zuccheri per aumentarne la flessibilità. Meno adatto come legante rispetto al rosso d’uovo poiché privo di oli e grassi, tende a formare film fragili e variamente sensibili all’acqua e all’umidità. È stato usato come legante dei colori nella tecnica della tempera magra e nella miniatura, per gli inchiostri, per le dorature e, nel Settecento, soprattutto in Toscana, per verniciature al posto della vernice di mastice e trementina.

bianco d’uovo (pigmento) carbonato di calcio; pigmento ricavato dal guscio d’uovo bollito con calce viva e polverizzato ( bianco di gusci). Dal Medioevo si usa per affreschi e tempere; ha ottima stabilità. bianco fisso solfato di bario (barite); pigmento bianco artificiale, stabile e dal notevole potere coprente. Disponibile a partire dal 1830, è stato impiegato nella pittura murale, a tempera e a olio. In virtù della sua trasparenza in medium oleosi, è stato usato come additivo di altri pigmenti e supportante per la preparazione di lacche, nonché per ottenere effetti opachi nei colori a guazzo. biodegradabile si dice di un materiale che può essere metabolizzato e decomposto dall’azione di batteri e altri microrganismi in sostanze non inquinanti o tossiche.

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nutritivo per le reazioni metaboliche. Trattamenti di pulitura di tipo meccanico e chimico vengono impiegati per la loro eliminazione.

biodeterioramento processo di degrado attivato da organismi viventi ( biodeteriogeno). Provoca danni di tipo estetico e strutturale. biofilm biocenosi costituita principalmente da acqua (fino al 70-95% del peso fresco), sostanze polimeriche extracellulari e microrganismi. Microrganismi fototrofi (alghe, cianobatteri, diatomee) ed eterotrofi (batteri, funghi, protozoi, nematodi) costituiscono una comunità strutturata racchiusa in una matrice polimerica idrata autoprodotta, che consente l’adesione e lo sviluppo su superfici inerti o viventi. In quanto sistema vitale, il biofilm è continuamente in evoluzione e contiene detrito cellulare, particelle aerotrasportate, batteri e spore, insieme a materiale inorganico derivato dalla degradazione del substrato colonizzato. Le sostanze polimeriche extracellulari proteggono i microrganismi, creando condizioni ambientali favorevoli (umidità, temperatura, pressione osmotica e pH).

biopitting fenomeno di degrado naturale simile al  pitting, dovuto all’attività di colonizzazione microbiologica su materiali lapidei naturali e artificiali, riscontrato anche sul vetro. Consiste nella formazione di cavità crateriformi quale prodotto di processi erosivi; è possibile farne una classificazione in relazione alla grandezza (micro-, meso-, macro- e mega-biopitting) e all’organismo che lo ha prodotto (biopitting batterico, cianobatterico, fungino, lichenico).

biodeteriogeno termine di conio recente con cui si indicano organismi quali batteri, muschi, licheni, alghe, funghi e organismi superiori (insetti, roditori, piccioni) responsabili dei processi del degrado biologico dei materiali artistici, sia nei materiali lapidei naturali o artificiali sia nei materiali di natura organica, quali legno, tele, tessuti, carta. Generalmente fattori termoigrometrici sfavorevoli alla conservazione dei manufatti (forte umidità, ristagno di acqua, esposizione alla luce ecc.) facilitano il prosperare di questi organismi, che sfruttano il manufatto artistico quale substrato

biosuscettibilità proprietà di un materiale di essere attaccato e colonizzato da specie biologiche. Il termine può riferirsi sia ai materiali delle opere d’arte sia ai prodotti impiegati negli interventi di restauro. Sono sempre più diffusi gli studi di laboratorio volti alla valutazione del grado di suscettibilità alla colonizzazione biologica (per lo più fungina e lichenica) dei prodotti polimerici di restauro impiegati su pietre e vetri.

biossido di manganese  sapone dei vetrai

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biossido di titanio  bianco di titanio biscotto anche bisquit. Manufatto ceramico sottoposto a una prima cottura, dopo la quale può essere dipinto e smaltato tramite una seconda cottura.

BLU

KLEIN

nel verde. È usato in tutte le tecniche come alternativa economica all’azzurrite.

blu ceruleo pigmento sintetico a base di stannato di cobalto; come il  blu di cobalto è stato commercializzato all’inizio del XIX secolo. Ha buona resistenza alla luce, all’umidità e alla calce.

bistro fuliggine di legno di faggio in sospensione acquosa che si può trovare in varie concentrazioni, in relazione all’effetto da ottenere ( inchiostro).

bisturi strumento chirurgico; coltello molto affilato con una piccola lama, intercambiabile o fissa, affilata, usata nelle puliture a secco di superfici di varia natura per asportare meccanicamente depositi di particolato e vernici alterate; impiegato nei restauri ‘di rivelazione’ per liberare un affresco dallo  scialbo o un dipinto da stesure cromatiche non originali. È parzialmente sostituito dal  laser nelle operazioni di  descialbo. bitume miscela di idrocarburi pesanti, molto viscosa, di colore nerastro. Usato come pigmento dà un colore bruno trasparente che tende a scurire; è solubile in trementina, nafta, solventi organici. A causa della lenta essiccazione, una volta steso non è stabile e dà luogo a movimenti in risposta a cambiamenti termoigrometrici, da cui conseguono crettature nei film pittorici. Secondo le fonti fu usato nella pittura a olio per velature colorate. Fra il XVIII e il XIX secolo venne impiegato anche per patinature dorate che tuttavia annerivano facilmente. È detto anche  catrame e talvolta viene confuso con l’  asfalto. bloom termine inglese entrato nel lessico del restauro per indicare l’opacità o  ‘sbiancamento’ che può verificarsi su una superficie verniciata. Nelle vernici di finitura può manifestarsi in seguito a fenomeni di condensa; anche l’uso di un solvente troppo volatile può causare l’opacizzazione della superficie per effetto del suo rapido raffreddamento durante l’evaporazione del solvente medesimo.

blu Bice carbonato basico di rame, noto anche come blu di Brema, è un succedaneo dell’  azzurrite. Ha un colore azzurro impuro con un sottotono verde pallido; è poco stabile e tende a virare

blu di cobalto alluminato di cobalto; pigmento artificiale scoperto all’inizio del XIX secolo noto anche come blu di Thénard. Ha un colore azzurro intenso, buon potere coprente, resistenza agli agenti esogeni. Viene utilizzato in tutte le tecniche e abitualmente è preferito al  blu ceruleo.

blu di manganese manganato di bario; pigmento artificiale in uso dal 1935; di colore azzurro brillante con sottotono verdastro, è trasparente nonostante la granulazione grossolana. È chimicamente stabile e può essere usato nelle tecniche a fresco.

blu di Prussia ferrocianuro ferrico, noto anche come blu di Berlino. È un pigmento sintetizzato nel 1705 in Germania. Poco adatto alla pittura murale perché si altera in presenza di calce, è utilizzato soprattutto per la pittura a olio; è peraltro poco stabile alla luce. Ampiamente utilizzato nei secoli XVIII e XIX per interventi di restauro e ridipinture. blu di Thénard  blu di cobalto blu egiziano o pompeiano, detto anche fritta d’Alessandria, è un pigmento azzurro artificiale composto di silicato di rame e calcio, molto stabile, è adatto alla pittura murale. Fu utilizzato nell’antico Egitto, nella Grecia classica e in età romana. Scompare dopo il X secolo. blu ftalocianina complesso azotato macrociclico del rame. Pigmento sintetico scoperto da Dandridge nel 1928; entrato in uso tra il 1935 e il 1938, ha un colore azzurro scuro con sottotono verdastro ed elevato potere coprente. Ha buona resistenza ed è adatto a tutte le tecniche di pittura. blu Klein pigmento blu brevettato nel 1960 dal-

BLU

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MAYA

l’artista francese Yves Klein (1928-1964) con il nome International Klein Blue (IKB). Ampiamente utilizzato dall’artista, questo pigmento è scomparso dopo la morte dell’artista. Era preparato utilizzando una resina polivinilica, “Rhodopas M” della Rhone Poulenc, diluita in una soluzione di alcool etilico e acetato d’etile al 95%, cui veniva aggiunto il pigmento blu oltremare.

blu Maya pigmento di colore azzurro verdastro; la composizione più probabile è a base di indaco adsorbito in  attapulgite (palygorskite) mediante un processo di fusione a caldo. È stato ritrovato nelle pitture Maya e viene usato per la pittura di oggetti di artigianato. blu ottico miscela di nero carbone e bianco di piombo che risulta blu grazie alla maggiore diffusione, da parte della miscela, della radiazione blu-violetto rispetto alle componenti verde, gialla e rossa.

minio), fu impiegato anche come preparazione per i dipinti su tela cui conferiva un’intonazione scura e tenebrosa.

bonifica risanamento di superfici murarie o in stucco minate da forme di degrado tipiche, come le efflorescenze saline; ma anche bonifica di carta, legno, marmo ecc. da infestazioni fungine, da muffe o da attacchi di insetti xilofagi.

bottacciolo o calcinarolo, calcinello, calcirolo, palombella. Nuclei di calce o di magnesia non spenta che rappresentano un difetto tipico degli intonaci a calce, causando decoesione ( bottaccione o  bottone) degli strati e piccoli sollevamenti circolari (pochi centimetri di diametro) dello strato di intonaco superficiale, a sezione conica. Il nucleolo di calce viva si idrata grazie all’umidità ambientale, carbonata aumentando di volume e, premendo sulla superficie, la solleva.

bottaccione fenomeno di rigonfiamento dell’inbolla o  sbollatura. Termine gergale impiegato per indicare il sollevamento della superficie pittorica in un dipinto con la formazione di un vuoto a forma semisferica.

bollitura è il processo che trasforma sostanze organiche di origine animale e sostanze vegetali in gel colloidali ( colla). bolo silicato idrato di ferro; argilla colloide, conosciuta anche come ‘bolo armenico’ (dalla regione di estrazione, l’Armenia). Nella varietà più pregiata, secondo Filippo Baldinucci (1681), è di colore “rossigno scuro”, ma può essere giallo, marrone o nero. Venne usato dal XIV secolo come mordente per la doratura di superfici lignee tramite l’applicazione di sottili foglie d’oro (detta anche doratura a guazzo); il colore del bolo influiva sulla trasparenza della doratura, rendendo il tono dell’oro molto caldo. Il bolo, macinato finemente, veniva temperato in chiara d’uovo battuta a neve con aggiunta di poca acqua e quindi steso più volte con un pennello sulla tavola nei punti prescelti sui quali si faceva aderire l’oro. La tecnica è descritta da Cennino Cennini. In epoca barocca, col nome di bolo veneziano (composto di ocra rossa, biacca e

tonaco dovuto alla carbonatazione tardiva di  bottaccioli presenti all’interno dell’impasto della malta stesa sulla parete. Corrisponde allo “sbullettare” (Filippo Baldinucci,1681).

bottega fin dal Medioevo era il luogo di lavoro di un artista e dei suoi collaboratori, dai più giovani garzoni impiegati nella macinazione dei colori, agli apprendisti, agli allievi. In accezione critica, per bottega di un artista si intende quanti vi hanno operato acquisendo elementi dello stile del maestro. bottone  bottaccione o  spolverizzo bozzetto modello grafico o plastico, in genere di piccole dimensioni, realizzato con tecnica veloce, in cui l’artista fissa la prima idea per un’opera da sviluppare in altri lavori via via più compiuti, fino alla redazione del vero  modello, destinato a essere tradotto nell’opera definitiva.

brecce rocce sedimentarie da classificare fra i conglomerati, costituite da elementi diversi per dimensioni e forme; si dicono monogeniche se formate da una sola qualità di roccia come la

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breccia di Serravezza o breccia medicea (conosciuta con il nome di ‘marmo mischio’) e il  pavonazzetto, di origine apuana, noti per la loro bellezza e usati per decorazioni.

brillanza attributo della sensazione visiva per cui un’area risulta inviare all’osservatore più o meno luce. Termine inglese ‘brightness’. broccatello varietà di marmo giallo estratto nella provincia di Siena.

bromuro di metile composto gassoso impiegato nella disinfestazione per fumigazione dei legni dagli insetti xilofagi. È estremamente tossico e perciò deve essere impiegato in ambiente attrezzato e da personale qualificato. ‘bronzatura’ coloritura a olio applicata a sculture in marmo per imitare l’effetto del bronzo. Anche coloritura nera ottenuta con nitrato di rame molto resistente; può essere applicata al rame o all’ottone. bronzo lega di rame e stagno (lega binaria) con altre piccole quantità di metalli, prodotta artificialmente fin dall’antichità e apprezzata per i caratteri di fusibilità, colabilità e bellezza della patina che assume. Tramite un processo di fusione (il metodo fusorio più antico e comune è quello a  ‘cera persa’, in uso per la statuaria monumentale fin dal VI-V secolo), se ne ricavarono sculture di varie dimensioni e altri oggetti ornamentali, monete, armi e utensili. Una prevalenza di rame conferisce al bronzo malleabilità (adatta al conio di monete) e ne caratterizza la sfumatura cromatica; una percentuale maggiore di stagno aumenta la sua durezza e determina una colorazione giallodorata; per fluidificare i getti veniva aggiunto del piombo (lega trinaria). A protezione delle superfici bronzee veniva impiegata e tuttora viene usata, la cera. Il bronzo è un materiale estremamente reattivo ad  agenti esogeni che provocano fenomeni chimico-fisici di corrosione e di trasformazione dei componenti metallici della lega.

brossatura pulitura superficiale su intonaco con spazzola metallica; è operazione funzionale anche all’irruvidimento della superficie.

BRUNO VERONESE

bruffato  rinzaffo brunire operazione di accuratissima spianatura e levigatura della superficie di foglia metallica applicata su una tavola dipinta frequente in epoca medievale e rinascimentale, che ha per effetto anche di scurire l’oro; è illustrata da Cennino Cennini. brunitoio o brunitore; strumento con cui si procedeva alla levigatura della superficie dorata di una tavola; secondo le indicazioni di Cennino Cennini si trattava di una pietra d’agata o di un dente di lupo o di cane. Si usava anche per levigare lo stucco. brunitura o burnitura. Operazione di levigatura e lucidatura di una superficie mediante sfregamento usando il  brunitoio. A partire dal XVI secolo il termine allude alle operazioni di lucidatura delle superfici in oro o dorate ( doratura). Con brunitura si intende anche la colorazione superficiale del metallo, che, scaldato su una fiamma, veniva immerso in una soluzione salina, da cui derivava un inscurimento, ottenendo effetti di patinatura con colorazioni trasparenti variabili dal nero, al blu, al bruno.

bruno di alizarina colorante organico artificiale antrachinonico, sintetizzato nel 1881. bruno di manganese o bistro minerale; è un pigmento bruno artificiale quale precipitato finissimo di biossido di manganese. In uso dal XIX secolo per tecniche ad affresco, a tempera, ad acquerello. Ha buona resistenza. bruno van Dyck noto anche come terra di Kassel (o Cassel), è un pigmento terroso formato da sostanze organiche come lignite bituminosa e torba con piccole percentuali di ossido di ferro e argilla. Viene estratto da giacimenti di area tedesca vicino Colonia. Ha mediocre resistenza alla luce e alla calce; non è un buon materiale per la pittura murale, salvo che nelle applicazioni a secco. Fu utilizzato dal XVI al XIX secolo. bruno veronese pigmento bruno ottenuto per calcinazione della  terra verde; essendo semitrasparente viene usato per le velature. Stabile, è

BSE

adatto a tutte le tecniche pittoriche.

BSE  elettroni retrodiffusi bulinatura tecnica di incisione di superfici metalliche tramite uno strumento d’acciaio a punta ( bulino); in epoca medievale fu largamente impiegata nella decorazione della foglia d’oro applicata su dipinti su tavola. Adottata nella decorazione dei metalli e delle armature.

bulino piccolo strumento d’acciaio terminante

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con una punta acuminata o a sezione arrotondata e quadrata (detto in questo caso anche sgorbia), che serve per incidere a mano su legno o su lastre di metallo, “a niellare, intagliare in rame, rinettare getti di metallo, e altro” (Filippo Baldinucci, 1681). Nelle tecniche pittoriche il bulino è stato usato per la  bulinatura e per l’incisione del disegno preparatorio.

‘buon fresco’ nelle fonti e nella letteratura artistica indica la tecnica dell’  affresco intesa nella sua forma classica, senza ritocchi a secco.

c cadmio elemento chimico dei metalli di transizione, tossico; i suoi solfuri sono intensamente colorati e vengono usati come pigmenti giallo, arancio e rosso.

caduta perdita o mancanza parziale di colore o di

di calcio, o calce spenta, da cui si ricava, per aggiunta di acqua,  il grassello, principale componente della malta per costruzioni e per la preparazione di intonaci pittorici. Altri derivati sono il  latte di calce, usato come legante nella pittura a secco, e il  bianco di San Giovanni.

altro materiale costituente un manufatto artistico.

calcagnolo tipo di scalpello a quattro facce usato nella sgrossatura dei materiali lapidei.

calcare (roccia e tecnica) roccia sedimentaria costituita quasi esclusivamente da calcite (carbonato di calcio), con eventuali impurezze di quarzo, feldspati, minerali argillosi. Con l’aumentare della componente argillosa si hanno calcari marnosi, marne calcaree, marne propriamente dette; se è presente il minerale dolomite (carbonato di calcio e magnesio), si parla di dolomie (calcari dolomitici e dolomie calcaree). Anche procedimento di riporto del disegno consistente nell’ ”aggravare colla punta d’uno stile d’avorio o di legno duro, i dintorni d’alcun disegno, fatto sopra carta ordinaria o trasparente, a effetto di far comparire sopra altra carta, o tela, o muro, esso dintorno, per poi farne altro disegno, o pittura” (Filippo Baldinucci, 1681), ovvero eseguire un  calco. calce termine per indicare forme fisiche e chimiche di differenti varietà in cui si può presentare l’ossido e l’idrossido di calcio e magnesio (Norma UNI EN 459-1). Materiale ricavato dalla cottura dei calcari (pietre da calce), può contenere impurezze di silice, allumina e ossido di magnesio. Per un processo di calcinazione che avviene a 8001000 °C in appositi forni, il  calcare (roccia) (carbonato di calcio) si scinde in anidride carbonica e ossido di calcio, ossia calce viva. Quest’ultima, sottoposta a idratazione, si trasforma in  idrossido

calcedonio varietà compatta di quarzo microcristallino. Si rinviene in masse traslucide generalmente bianco grigiastre; molto pregevoli le sue varietà  agata (con alternanza di bande di diverso colore) e onice (con alternanza di bande bianche e nere). Secondo Filippo Baldinucci (1681) è gemma di “color della carne fra ’l bianco e ’l rosso”. Il calcedonio di Volterra e il calcedonio orientale, rispettivamente pietra dura e durissima, furono usate nella realizzazione di commessi. calcimetria determinazione del contenuto di carbonato di calcio, sotto forma di  calcare (roccia) o di  calcite, effettuato su campioni solidi in forma preferibilmente pulverulenta. Viene usata per la determinazione del rapporto legante/aggregato nella caratterizzazione delle malte storiche. La calcimetria è normata dal documento UNINormal 11140 del 2004. calcite una delle fasi cristalline del carbonato di calcio; è il principale componente dei marmi calcitici e di molte rocce carbonatiche. É la fase cristallina in cui si trasforma la calce degli intonaci e delle pitture murali a seguito del processo di  carbonatazione. calco impronta in negativo, o forma, generalmente di una scultura o di un rilievo, realizzata in gesso, cera o materiali sintetici (es.  siliconi) con un’operazione di ricalco destinata a trarne delle copie. L’intervento può causare danni all’originale:

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CALCOGRAFIA

tipica la patinatura giallastra acquisita dalle superfici marmoree, indizio di ripetute  saponature. Descritta anche da Filippo Baldinucci (1681), è la tecnica di riporto da un originale su carta, tela o muro, apponendovi sopra un foglio di carta su cui si esegue il ricalco ( calcare tecnica).

calcografia procedimento di stampa che impiega lastre generalmente di rame incise in cavo; le matrici vengono inchiostrate e pressate sulla carta, dove resta riprodotta l’incisione. Le tecniche più diffuse di incisione della lastra sono quelle a  bulino, alla punta secca, all’  acquaforte e all’  acquatinta. La Calcografia è anche l’istituto che raccoglie, conserva e stampa le lastre di rame originali incisi da artisti. calicò anche calicotto, tessuto di cotone, stampato o meno, così detto da Calicut, città indiana del Sud-ovest, sulle coste del Malabar, da dove venne importato per la prima volta in occidente ( ‘cencio di nonna’). cambio strato di tessuto elastico, non apprezzabile alla visione macroscopica, localizzato tra  libro e  alburno, formato da cellule con sottile membrana cellulosica. Costituisce l’area di generazione di nuovo legno, formando gli anelli di accrescimento durante la stagione della crescita della pianta.

dall’ambiente e di controllare l’  umidità relativa tramite appropriate quantità di  gel di silice.

camicia anche mantello, tonaca, cappa. Il termine indica lo strato di argilla con cui veniva ricoperto il modello in cera nel corso dei procedimenti di fusione. cammeo pietra dura o gemma in agata, onice, sardonica, intagliata a risalto o incavata, ove le differenze cromatiche del materiale sono sfruttate ai fini del disegno. La lavorazione in  stiacciato e  bassorilievo valorizza le cromie degli strati delle pietre.

camminamento galleria lasciata dal passaggio delle  termiti, insetti che si insediano nel legno in prossimità di strutture murarie o di materiali metallici. I camminamenti hanno l’aspetto di una striscia di polvere appena in rilievo; se esterni, spesso non vengono rilevati perché si confondono facilmente con il colore delle pareti. camosciare o camucciare,  granire. Termine usato da Filippo Baldinucci (1681) per i lavori di cesello: “perquotere la figura, che voglion finire nel suo panneggiamento, con un martelletto che pesi per lo più per due scudi sopra un ferro sottilissimo a tutta tempera, dopo averlo spezzato in mezzo, perche così impronta una grana sottile”.

‘camaieu’ tecnica decorativa eseguita per applicazione sui materiali ceramici. Un’immagine precedentemente incisa viene premuta su un oggetto con stampi di legno: l’effetto cromatico finale ricorda la tecnica del  cammeo.

camotta  impannatura camottatura  impannatura campeggio legno di un albero della specie delle

camera al timolo contenitore sigillato impiegato nel trattamento disinfestante applicato agli avori attaccati da agenti biodeteriogeni. Il manufatto viene esposto per alcuni giorni a vapori di timolo, olio essenziale ottenuto dalla distillazione frazionata dell’olio di timo; il trattamento ha energiche proprietà disinfettanti, antisettiche e antimuffa.

camera d’aria si ottiene con la chiusura della parte posteriore di una tavola dipinta con un pannello di compensato ancorato a sistemi di traversatura o a un telaio; consente di isolare il dipinto

Leguminose (Haematoxylon campechianum), che trae il nome da Campeche (Messico). Il principio colorante che si estrae dal legno è l’ematossilina; questa, in combinazione con altre sostanze, può dare vari colori come azzurro scuro, rosso cupo, violetto e nero, caratterizzati da scarsa stabilità e impiegati principalmente nella tintura di filati.

campione porzione rappresentativa di un insieme da analizzare del quale si vogliono determinare composizione o proprietà. Nella diagnostica artistica può essere porzione microscopica di un manufatto.

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CARBONATAZIONE

di un campo definito da un contorno.

secolo e prodotto generalmente dall’alterazione di altri silicati (altri silicati alluminiferi, feldspati e feldspatoidi). Impiegato come materia prima per porcellane e maioliche, come riempitivo e/o inerte in pigmenti, come materiale di carica nella produzione della carta. Il nome deriva dalla località di Kao Ling in Cina.

canapa tessuto di origine vegetale ricavato dalle

caolino  argilla

Il campione può essere analizzato senza alcuna preparazione o manipolazione, oppure prelevato e adattato alle specifiche esigenze analitiche ( anche analisi).

campitura stesura uniforme di un colore all’interno

fibre della pianta omonima e utilizzato, al pari del  lino, per intelare le tavole di epoca medievale e, fino al secolo XIX, come supporto per la pittura su tela. Le tele di canapa erano apprezzate per la scarsa densità e per gli effetti di granulosità che si ottenevano con una preparazione densa che penetrava negli interstizi della tela. È impiegata anche per la  rintelatura.

capillarità azione esercitata dalle pareti di un solido sulla superficie di un liquido per cui il  menisco del liquido può innalzarsi o abbassarsi. La capillarità è una proprietà dei materiali porosi di assorbire acqua o altri fluidi per risalita capillare; è responsabile dei movimenti di umidità e soluzioni saline nelle murature e nei materiali lapidei naturali e artificiali.

canfora olio essenziale bianco, cristallino, traslucido, volatile, di origine vegetale, impiegato come antitarme; l’olio di canfora si usa anche come solvente di resine e grassi.

cangiante che cambia sfumatura, riferito al  colore.

‘canniccia’ o  incannicciato; stuoia di materiale vegetale (canne) usata in passato come supporto per intonaci anche in casi di controsoffittature; preparata a gesso o calcina fresca costituiva anche un supporto per affreschi staccati. Il trasporto sull’incannicciato ha una ricca tradizione a Firenze nell’Ottocento per opera dei restauratori Gaetano Bianchi e Giovanni Battista Ricci. cantiere ambiente mobile all’interno del quale si compiono operazioni di restauro; nelle chiese e negli edifici civili lo spazio riservato al cantiere è recintato, provvisto di ponteggi, di strumenti tecnici, macchinari per le indagini scientifiche e corredi grafici (rilievi, mappature) e fotografici che consentono la creazione di un laboratorio itinerante. Per estensione lo spazio fisico e cronologico nel corso del quale un artista con la sua bottega ha realizzato un esteso ciclo pittorico. caolinite minerale, idrossilicato di alluminio, descritto per la prima volta all’inizio del XIX

Carbogel® prodotto a base di acido poliacrilico salificato con idrossido di potassio; già a concentrazioni inferiori all'1% forma un gel, con pH debolmente alcalino (circa 7.8). Usato nella pulitura delle pitture murali come supportante le soluzioni di carbonato d’ammonio o di  EDTA. carbonatazione reazione di neutralizzazione tra anidride carbonica e soluzioni alcaline. Nella tecnica della pittura murale è la reazione chimica di precipitazione del carbonato di calcio a partire da idrossido di calcio ( calce spenta) e anidride carbonica, che crea un legame fra l’intonaco e il colore che vi si applica sopra; l’idrossido di calcio contenuto nella malta, a contatto con l’anidride carbonica presente naturalmente nell’aria e in condizioni di umidità, reagisce formando carbonato di calcio che ingloba saldamente i pigmenti formando lo  strato pittorico. Differenze nel processo e nel risultato finale dipendono dalla composizione della malta, dall’umidità ambientale e dal contenuto di acqua dell’impasto. La conformazione della struttura muraria e dell’intonaco e le condizioni climatiche e ambientali influenzano le fasi e i tempi della carbonatazione e possono provocare variazioni nella resistenza delle stesure cromatiche. I recipienti di soda o potassa non ermetici si bordano di una spessa incrostazione di sali bianchi, i carbonati corrispondenti. Anche il  bianco di

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CARBONATO DI AMMONIO

San Giovanni si forma sulla superficie di soluzioni sature di calce per carbonatazione.

della materia che rende il sistema viscoso.

carbossimetilcellulosa o CMC. Polimero organico carbonato di ammonio composto chimico ottenuto dalla neutralizzazione di ammoniaca con acido carbonico. Le sue soluzioni sono utilizzate a impacco nel trattamento dei dipinti murali e delle sculture in marmo, per rimuovere scialbature, solfatazioni ed eliminare sostanze organiche di natura proteica, resinosa e polisaccaride (gomme). Nel caso di dipinti murali alterati dal gesso presente in superficie (solfatazione), le soluzioni di carbonato di ammonio lo trasformano in solfato di ammonio solubile tramite una reazione di doppio scambio. Gommalacca, cera e altre sostanze idrofobe sono resistenti all’azione del carbonato di ammonio e sono responsabili della disomogeneità della sua azione sulle superfici trattate, ad es. sulle pitture murali.

della classe degli eteri di cellulosa, solubile in acqua e in soluzioni alcaline, con cui forma prodotti molto viscosi dotati di proprietà addensanti, emulsionanti, detergenti e stabilizzanti. Trova impiego come legante nella fabbricazione della carta e nelle operazioni di pulitura; è un componente della formulazione dell’  AB57.

carie alterazione biologica del legno provocata da attacchi fungini, definita “carie bianca” se interessa prevalentemente la lignina. Nel caso in cui il degrado sia esteso alla cellulosa, il conseguente ritiro della lignina provoca fenomeni di fessurazione generando un caratteristico  pattern a cubetti, per cui si parla di “carie bruna” o “a cubetti”.

‘carnicci’ ritagli di  cartapecora dalla cui ebolcarbonato di calcio composto chimico che può trovarsi in natura sotto forma di  calcite, aragonite e vaterite (polimorfi). Concrezioni di carbonato di calcio (calcare) possono formarsi sulla superficie di affreschi e di materiali lapidei e vengono eliminate con applicazioni di agenti complessanti specifici, quali la miscela  AB57, il  carbonato di ammonio e le  resine a scambio ionico.

carboncino Filippo Baldinucci (1681) lo definisce “ramoscello di salcio cotto in forno adatto a disegnare in carta e cartone”. Si ottiene portando a mezza carbonizzazione in un recipiente chiuso ermeticamente pezzi di legno di salice, prugno, tiglio, betulla. Per estensione si intende la tecnica grafica a carboncino. Il tratto del carboncino è leggero e debole, fa poca presa sul supporto e scompare con uno sfregamento. carbonio 14  radiocarbonio Carbopol® famiglia di omopolimeri a base del monomero acido acrilico, a vario grado di polimerizzazione. Usati come base nei  solvent gel. Nella forma acida le macromolecole sono “raggomitolate” in una struttura pseudo-elicoidale, mentre la neutralizzazione, ad esempio con una base amminica, le fa distendere ottenendo un addensamento

lizione si ricavava una colla detta di ‘carnicci’.

carota o carotaggio. Termine gergale che indica un campione di materiale estratto da un manufatto artistico tramite punte e apparecchiature di trivellazione appropriate chiamate carotatori. Su una carota di materiale si possono compiere analisi scientifiche utili a determinarne la composizione, la successione stratigrafica e gli eventuali processi di degrado in atto. Ha un elevato indice di invasività.

carotene molecola organica lineare di derivazione terpenica, fortemente insatura e coniugata. É un colorante naturale rosso-arancio, capostipite di una classe molto diffusa di coloranti rossi naturali e arancio, detti carotenoidi, che si ricavano da petali, frutti, fusti ecc.

carpenteria tecnica di costruzione di strutture portanti in legno e in metallo, e per estensione l’attività artigianale legata alla produzione di supporti, anche molto complessi sul piano tipologico. Maestri di queste tecniche costruttive erano legnaiuoli, falegnami e carpentieri. La conoscenza dei supporti è base dell’approccio metodologico al restauro dei dipinti e della loro  conservazione preventiva.

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carta supporto polisaccaride tradizionalmente impiegato in varie tecniche (disegno, acquerello, stampa di incisioni, pastello, tempera, olio). In antico veniva fabbricata con gli scarti dei tessuti (specialmente di  cotone che contiene quasi esclusivamente cellulosa) ed era meno soggetta alle alterazioni cromatiche di quanto lo sia la carta moderna, fabbricata con pasta di cellulosa con impurezze di lignine che tende a ingiallire e diventare fragile. La sua assorbenza dipende dalla quantità di colla. Fra i diversi tipi ricordiamo la carta assorbente o bibula, la carta cerata, da ricalco, giapponese, smerigliata, trasparente, con impieghi anche nel campo del restauro. Come supporto di un medium grafico (scrittura, disegno, miniatura, stampa ecc.) si diversifica per  grammatura, aspetto superficiale, presenza di filoni, vergelle e  filigrane; anche le colorazioni ottenute nell’impasto sono variabili a seconda del periodo di fabbricazione e delle fibre impiegate. Ogni variazione della carta comporta una tensione sui materiali che supporta, che subiscono distorsioni, rotture, distacchi.

CARTONE

dall’antichità per produrre supporti cartacei. Immersa nella calce e lasciata essiccare in trazione su un telaio, veniva assottigliata con dei coltelli ricavandone dei fogli sopra ai quali “si scrive, si disegna, si minia, e si dipigne” (Filippo Baldinucci, 1681).

cartapesta o carta pesta, papier mâché. Tecnica povera di plastificazione che consiste nel far macerare carta e stracci intrisi di colla di farina. La poltiglia così ottenuta (da cui si ricavavano anche fogli), veniva lavorata a mano e, nel caso di realizzazione di sculture a tutto tondo, montata intorno a un’anima di sostegno in filo di ferro e paglia. Nell’impasto possono essere aggiunti fili di saggina, trucioli di sughero e altri additivi. La cartapesta poteva essere sottoposta a cottura, perfezionata con l’impiego di ferri caldi, stirata e dipinta. Spesso associata allo stucco, alla terracotta e al legno, nel XVIII secolo fu usata a imitazione dello stucco nelle decorazioni di soffitti e volte per la sua leggerezza, dipinta e decorata a imitazione di marmi e bronzi. Famosa è l’arte della cartapesta leccese, di origine seicentesca, per la statuaria di soggetto religioso e i presepi.

‘carta del restauro’ documento che contiene dichiarazioni di intenti che devono orientare nelle operazioni di restauro ma che non hanno valore legislativo o vincolante in senso stretto. Un’ampia e approfondita trattazione delle varie carte del restauro è disponibile in Rocchi, G. (1985) Istituzioni di restauro dei beni architettonici e ambientali e in Boschi R., Segala P. (2008) Codici per la conservazione del patrimonio storico. Cento anni di riflessioni, «grida» e carte. Per l’importanza e il valore storico che ancora rivestono si ricordano la “Carta di Atene” del 1931, che rappresenta la prima carta del restauro, e la “Carta italiana del Restauro” del 1972 emanata dal Ministero della Pubblica Istruzione.

cartamo equivalente del Carthamus tinctorius, pianta erbacea che cresce spontanea nella regione mediterranea. Un tempo sfruttata per l’estrazione di un colorante giallo impiegato nella tintura di stoffe;  zafferano.

cartapecora o carta pecora, carta pecorina,  pergamena. Pelli animali, soprattutto di vitello, capra, pecora e agnello, sono state utilizzate sin

carta smerigliata o carta smeriglio. Carta sulla quale vengono applicati con collanti idonei abrasivi in polvere, usata nelle fasi di lucidatura di materiali lignei, lapidei e metallici.

cartina al tornasole  indicatore. Striscia di carta che rivela l’alcalinità o l’acidità di un analìta per reazione chimica con la sostanza di cui è imbevuta. In particolare il tornasole ha un colore rosso in soluzioni acide, verde alla neutralità e blu in soluzioni basiche. La determinazione del  pH si effettua comparando la sfumatura di colore ottenuto rispetto a una scala cromatica di riferimento. cartone elaborazione progettuale di un’opera d’arte al suo stadio definitivo, in scala 1:1 rispetto a questa. Il cartone è costituito da più fogli di carta aggiuntati insieme per raggiungere la misura di superficie desiderata e la tecnica di esecuzione grafica prevede l’utilizzo di  carboncino o matite. Il riporto del disegno sul supporto definitivo si ottiene per  spolvero, incisione diretta o ricalco. Oltre che per opere pittoriche, si facevano disegni

CARTONE ‘BEN FINITO’

per arazzi, mosaici, vetrate, tarsie, scagliole. Anche materiale simile alla carta nella fabbricazione salvo che per l’altezza del cascio e per la maggior densità della pasta. È considerato tale quando il peso supera i 400 mg al metro quadro (da 150 a 400 mg si parla di cartoncino). Si utilizza nel campo della conservazione dei beni culturali; a questo scopo sono stati introdotti sul mercato cartoni di puro cotone contenenti una riserva alcalina di carbonato di calcio.

cartone ‘ben finito’ cartone che diventa esempio e modello di riferimento di un intero repertorio stilistico e iconografico. La maggior parte di queste opere sono andate distrutte perché troppo copiate, frazionate e calcate.

cartone da presentazione studio definitivo realizzato per presentare un progetto alla committenza, o come esempio del curriculum di un artista. cartone replica copia d’artista di un cartone originale, già famoso, che si voleva conservare. cartone sostitutivo assemblaggio di fogli a formare un cartone bianco che, sovrapposto a quello definitivo, veniva traforato insieme all’originale e serviva per realizzare lo  spolvero sull’intonaco. Alla fine dell’operazione, solo il cartone bianco (anche esecutivo) si sciupava, e l’originale poteva essere conservato.

‘cartonnage’ lemma del linguaggio tecnico francese usato nell’Ottocento in relazione alla prassi del trasporto o trasferimento della pellicola pittorica di un dipinto su tela e alla sua applicazione su un nuovo supporto. L’operazione preparatoria del distacco o ‘enlevage’ era costituita dall’approntamento di un ‘cartonnage’: stesa una garza sulla superficie pittorica vi si incollavano sopra alcuni fogli di carta; quando la pellicola aveva aderito alla carta, si asportava la vecchia tela che veniva poi sostituita da una nuova. Per compiere lo stesso tipo di intervento, Giovanni Secco Suardo (ed. 1866 e 1894) consigliava l’  intelaggio, compiuto applicando sul film pittorico tre strati di stoffa di cotone.

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caseina sostanza organica di natura proteica con alto potere collante, ricavata dal latte scremato. È utilizzata per il fissaggio di pellicole pittoriche murali, e in antico come legante nelle tempere e nella preparazione dei supporti in legno e come adesivo per falegnameria. Può provocare iscurimento e crettature sulla superficie pittorica ed è attaccabile da microorganismi. caseinato di calcio forte adesivo utilizzato per incollare le tavole di legno o, nel caso di dipinti murali, per ripristinare la coesione della malta interessata da fenomeni di distacco e nelle operazioni di riadesione di affreschi staccati e strappati. Cennino Cennini riferisce di una “colla di calcina e di formaggio”.

castagno specie arborea appartenente alla famiglia delle Fagaceae; il legno, utilizzato come supporto per i dipinti su tavola, è particolarmente resistente agli insetti xilofagi a causa del suo alto contenuto in  tannini.

catalizzatore elemento o sostanza chimica che determina una variazione della velocità di una reazione permessa da un punto di vista termodinamico ma sfavorita cineticamente. Il catalizzatore influenza positivamente o negativamente (in questo caso si chiama inibitore) una reazione chimica senza parteciparvi direttamente. In campo biochimico gli enzimi sono catalizzatori biologici. Esempi di catalizzatori nel campo artistico sono alcuni ioni di metalli bivalenti (piombo, arsenico, cobalto, manganese) che agevolano la polimerizzazione degli oli, aumentando la velocità di essiccamento.

catodo semielemento di una cella elettrolitica caricato negativamente da un eccesso di elettroni, dove vengono attratti e si scaricano gli ioni di carica positiva, detti cationi. Componente di apparecchiature opto-elettroniche in grado di emettere elettroni o  raggi X. Nel  SEM e nello spettrometro  XRF il catodo è rappresentato dal filamento che emette gli elettroni.

catodoluminescenza fenomeno di luminescenza indotto dall’irraggiamento di elettroni accelerati,

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per esempio, nella  microscopia elettronica a scansione. Alcuni materiali, come cristalli, vetri e altri con difetti reticolari, appaiono luminescenti e quindi riconoscibili.

catrame sostanza semifluida, vischiosa, nera, ricavata dal petrolio da cui derivano molti coloranti. È stato impiegato per le sue proprietà impermeabilizzanti.

caustico sinonimo di aggressivo; si dice di sostanze basiche forti, quali  soda e  potassa, usate nei restauri storici come agenti reattivi energici nelle puliture di dipinti.

CEN

puntuale, lineare o areale in grado di accumulare una carica elettrica proporzionale all’intensità della radiazione elettromagnetica incidente. Il segnale analogico può essere utilizzato direttamente per riprodurre l’immagine su di un monitor o può essere convertito in formato digitale. I sensori CCD sono alla base dell’attuale tecnologia digitale di acquisizione di immagini e di altri tipi di segnali elettromagnetici.

cedro specie lignea appartenente alla famiglia delle Pinaceae, usata anche per ricavarne supporti lignei. cellulosa sostanza organica naturale, appartenente

cavalletto supporto in legno a tre piedi su cui si

cavillo fessurazione, tipica forma di degrado dello smalto applicato sulla terracotta, che ne favorisce la caduta. È dovuto all’incongruenza fra il coefficiente di dilatazione dello smalto e quello del supporto.

alla famiglia dei polisaccaridi. Costituisce la base di tutte le fibre vegetali; è il principale componente della carta e del legno; si ricava dal legno e da piante vegetali che ne sono ricche (lino, canapa, cotone ecc.); è igroscopica data la sua natura polisaccaride (grande presenza di gruppi ossidrili che formano legami a idrogeno con le molecole d’acqua). La cellulosa è solubile solo in acidi minerali forti. Nell’ambito del restauro, è il materiale supportante per impacchi più diffuso nelle puliture; si usa in pasta addizionata di acqua. Varie tecniche industriali possono modificare la struttura della cellulosa ricavandone materiali dagli impieghi più svariati e dalle interessanti proprietà (celluloide, viscosa,  carbossimetilcellulosa,  nitrocellulosa).

cavillatura difetto (o effetto estetico intenzionale)

cemento legante artificiale ricavato dalla cottura

dello smalto di rivestimento delle maioliche con un tipico  pattern di venature capillari. Forma di degrado degli intonaci che si manifesta come una rete di fessure superficiali di larghezza inferiore ad 1 mm, a causa del ritiro dovuto a una velocità di essiccamento della malta troppo rapida.

di miscele di calcari, argilla e  silice. Un tempo aveva vari impieghi: nella realizzazione di copie di sculture da collocare in ambiente aperto non protetto, nel restauro di robbiane, nel consolidamento di intonaci dipinti lesionati. Miscelato con gesso e calce riempiva le sacche interne prodotte per effetto di distacchi fra arriccio e muro o intonaco pittorico. Abbandonato nel campo del restauro, trova impiego nell’arte moderna e contemporanea.

appoggia e si fissa una tela da dipingere.

cavicchio elemento a forma di fuso che ha la funzione di tenere sullo stesso piano le tavole in fase di incollaggio e di irrobustire la commettitura nella costruzione di un supporto ligneo. È di legno duro e viene posto con la fibratura in modo contrario rispetto al supporto.

cazzuola o cazzola, mestola. Strumento impiegato per rimestare e applicare la malta su una superficie. È una lama piatta di forma trapezoidale, semirigida, con spigoli arrotondati o vivi; un manico di legno, ad angolo retto con la base, ne consente un’agevole manipolazione.

CCD acronimo per Charge-Coupled Device. Sensori a stato solido costituiti da un circuito integrato

CEN Comitato Europeo di Normazione. Riunisce gli enti e i comitati normativi delle nazioni dell’Unione Europea. Dal 2002 il Technical Committee 346 (CEN TC/346) svolge la sua attività di armonizzazione delle norme dei vari stati in materia di beni culturali e conservazione. I cinque Gruppi di

‘CENCIO DI NONNA’

lavoro (Working Groups) sono: WG 1 General guidelines and terminology, WG 2 Materials constituting cultural property; WG 3 Evaluation of methods and products for conservation works; WG 4 Environment; WG 5 Transportation and packaging methods.

‘cencio di nonna’ o  calicò, cotonina. Tela di cotone, sottile e rada; si impiega nell’operazione di stacco di un dipinto murale applicandola per mezzo di colla animale sulla superficie interessata.

cenere secondo la definizione di Filippo Baldinucci (1681) è “quella polvere nella quale si risolve la materia che abbrucia”, cioè il residuo della combustione completa. La cenere è composta prevalentemente da ossidi di metalli alcalini e alcalino terrosi (sodio, potassio, magnesio, calcio); aggiungendole acqua si formano gli idrossidi corrispondenti, che sono basi forti. La soluzione alcalina di cenere di legna arsa, stemperata in acqua, è detta  lisciva o  ranno. ‘ceneri’ variante di  biadetto, pigmento azzurro di qualità economica, prodotto per macinazione di varietà impure di  lapislazzuli. Ampiamente usate nella pittura murale dal XVI al XVIII secolo.

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realizzate con un impasto di cera. Mescolata a resine e ad altri adesivi e consolidanti la sostanza trova applicazione nel consolidamento del legno e di pellicole pittoriche, nella  foderatura ‘a cera’ delle tele, nella preparazione di vernici e altro. Grazie alle sue proprietà idrorepellenti costituisce ancora oggi il materiale più in uso per rivestimenti protettivi di superfici lapidee, intonaci, manufatti lignei e metallici, dove è impiegata anche la cera microcristallina diluita in essenza di petrolio. Nel restauro ha vasti impieghi, per risarcire i fori dei tarli o per rendere stabili gli assemblaggi di manufatti lignei che abbiano una cattiva coesione. La cera è stata usata anche nella realizzazione di calchi di sculture e rilievi.

ceramica materiale inorganico ottenuto da materie prime minerali, foggiato a freddo e consolidato in modo irreversibile mediante cottura. Include: terracotta, grès, maiolica, porcellana ecc. Può essere bianca o colorata, porosa o compatta, e avere i seguenti rivestimenti: nessuno (terracotta), patina (figulina), vetrina (terracotta invetriata), ingobbio (terracotta ingobbiata), smalto (maiolica), smalto turchese (faenza silicea). Fra le ceramiche bianche si ricordano il grès (compatto, con o senza rivestimento), la terraglia (porosa, con o senza rivestimento), la porcellana (compatta, con o senza rivestimento).

ceneri d’azzurro lemma ampiamente usato dalle fonti per indicare un pigmento azzurro chiaro ( biadetto).

cera sostanza di origine animale (cera d’api), vegetale (carnauba e candelilla) e minerale (paraffina e cere microcristalline, derivate da idrocarburi). Genericamente è un estere di acidi grassi e alcoli a lunga catena; ha caratteri di duttilità, penetrabilità e adesività; in pasta può essere colorata, già modellata viene dipinta e verniciata ( ceroplastica). Come ricorda Filippo Baldinucci (1681), la cera d’api si usava per fare modelli di medaglie, monete o sigilli e per plasmare figure grandi e piccole, oltre a bozzetti preparatori. Temperature troppo elevate causano nelle opere in cera deformazioni del modellato e rotture. In epoca classica, e poi nel XVIII secolo, la cera fu usata come legante dei pigmenti nella pittura a  encausto; nella pittura murale gotica le dorature a rilievo erano

‘cera persa’ tecnica già in uso in età classica per la fusione di leghe metalliche in bronzo, oro, argento ecc. L’oggetto da riprodurre veniva modellato in cera intorno ad un’  ‘anima’ di terra refrattaria, quindi rivestito dello stesso materiale e provvisto di canali di colata e di sfiato; di seguito si procedeva alla cottura in forno; la cera sciogliendosi fuoriusciva e al suo posto si colava il metallo ottenendo così la copia della forma precedentemente modellata in cera. Il manufatto artistico realizzato con questo metodo rimane un unicum perché non può essere riprodotto in maniera seriale.

ceroplastica arte di modellare la cera di antichissima origine praticata già in Egitto e in Grecia. Per le qualità mimetiche rispetto al carnato umano, fin da epoca classica, e particolarmente in età barocca, la cera è stata usata per modellare maschere

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o ritratti e scene macabre (come le ‘pesti’ di Gaetano Giulio Zumbo), particolarmente realistici, e in seguito per raffigurazioni anatomiche (famose quelle del museo della Specola a Firenze, eseguite dallo Zumbo e da Clemente Susini) e modelli biologici (piante, animali). Nel XIX secolo nacquero in Europa ‘musei delle cere’, gallerie di personaggi storici rappresentati a grandezza naturale. La cera fu impiegata dagli scultori anche per realizzare bozzetti e nella tecnica della fusione in metallo detta a  ‘cera persa’.

CHIODO

chiara d’uovo  albume chiarezza in  colorimetria, il lemma indica l’intensità della sensazione che determina il grado di luminosità di un colore, cioè la sua posizione tra i due estremi: bianco (chiarezza massima) e nero (chiarezza minima). Termine inglese ‘lightness’.

chiazza macchia; deterioramento che si può riscontrare su dipinti o sculture, spesso per effetto dell’azione di batteri, o per alterazioni di vecchie vernici.

cerussa  biacca chimica analitica settore della chimica che si cesellatura anche  cesello dal nome dello strumento. Tecnica di lavorazione delle lamine di metallo (adatti quelli duttili e malleabili come oro, argento, bronzo e rame) attraverso un martelletto chiamato cesello che, martellando e seguendo un disegno, ne riproduce in profondità i motivi decorativi. La lastra viene lavorata su un supporto cedevole e modellata a colpi di martelletto; sono state adottate entrambe le varianti: lavorazione dal verso e lavorazione dal recto, con effetti finali diversi.

occupa di tutti gli aspetti relativi alla caratterizzazione qualitativa e/o quantitativa di atomi, ioni, molecole, aggregati molecolari; si basa sulla reattività specifica dei singoli individui chimici nei confronti di opportuni reagenti.

china  inchiostro

cesello (strumento) strumento orafo in forma di piccolo scalpello usato per modellare, decorare e rifinire manufatti in metallo.

chine-collé o cina applicata. Termine francese che indica un supporto cartaceo per la stampa di matrici grafiche (xilografiche, calcografiche o litografiche) composto da una carta molto leggera, stampata e collata su una carta più spessa. La colorazione propria della carta cina fornisce un fondo colorato omogeneo alla stampa.

cesello (tecnica)  cesellatura

chiodo elemento metallico acuminato, inseribile

‘champlevé’ tecnica impiegata nella lavorazione dello smalto; è detta ad alveoli scavati, ricavati cioè direttamente nella lamina metallica di supporto in cui andavano ad alloggiarsi le paste vitree colorate mediante ossidi metallici (di cobalto, di rame, di ferro), stese in vari strati, lasciate asciugare e quindi cotte in forno a calore moderato; si otteneva in tal modo un effetto a mosaico. Una produzione di smalti champlevé particolarmente raffinata si ebbe in Francia (smalti mosani, renani, limosini), e in Italia settentrionale. Elemento che ingenera degrado negli smalti è l’acqua sotto forma di condensa che attacca sia la pasta vitrea che il supporto metallico.

chermes  kermes

a percussione con martelli o altri attrezzi, utilizzato per giunture di elementi finiti (travi, tavole, lamine metalliche). Nella costruzione dei supporti è il mezzo usato per l’ancoraggio quando sul retro venivano applicate le traverse per rinforzare la costruzione e controllare le deformazioni da  imbarcamento. Il chiodo da legno è in metallo di recupero, con forma quadrangolare e piramidale in lunghezza. Nelle costruzioni più accurate i chiodi metallici venivano ricoperti con un tassello di legno per isolare il metallo dagli strati di preparazione. Chiodi in ferro o rame venivano usati fin dal XVII secolo per ancorare l’intonaco staccato, a causa di lesioni o fenomeni di degrado, al muro sottostante. Attualmente, per produrre fermature a punti si usano resine termoplastiche.

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CIAPPOLA

ciappola piccolo scalpello simile al  bulino usato per la lavorazione di metalli e pietre.

cimasa elemento di finitura che conclude architetture o polittici. Può essere anche il bordo laterale della tela intesa come supporto pittorico; nella cimasa il tessuto è più fitto e resistente.

Sono caratterizzati da un’ampia gamma cromatica e tessiture che si manifestano al taglio di cava. Molto usato, per elementi portanti quali colonne e per rivestimenti parietali, dai Romani che lo cavavano dall’isola di Eubea in Grecia; una varietà apprezzata proviene dalle Alpi Apuane in Toscana.

cipresso conifera della famiglia delle Cupressaceae, cimatura mistura di stracci che si aggiunge alla creta per rendere più elastico l’impasto. Citata dalle fonti anche per il suo impiego nelle tecniche di fusione.

cinabrese secondo Cennino Cennini è il colore rosso chiaro che serve per dipingere a fresco gli incarnati: composto di sinopia chiara e bianco sangiovanni. Filippo Baldinucci (1681) citando il “cinabrese detto modernamente ponsò”, ne ricorda l’impiego nella pittura a olio. Nell’antica Roma il cinabro era chiamato anche ‘minium’. Successivamente venne indicato con il termine greco ‘cinnabaris’. cinabro chimicamente solfuro mercurico. Pigmento rosso naturale minerale, impiegato sin dall’antichità, e artificiale ( vermiglione), probabilmente sintetizzato da alchimisti cinesi e successivamente portato in Occidente dagli Arabi. Ha tonalità brillanti tendenti all’arancione. La varietà naturale proviene dal Monte Amiata, dall’Istria e dalla Spagna. Molto apprezzato per le sue qualità cromatiche, non è stato usato nella tecnica del ‘buon fresco’ pur avendo una buona resistenza alla luce, perché non è compatibile con la calce e l’umidità. Ha un alto potere coprente e viene impiegato per i ritocchi a secco. cipollatura o incipollatura. Distacco, totale o parziale, fra due anelli di accrescimento consecutivi del legno, provocato dal gelo o da sollecitazioni meccaniche durante la crescita del fusto. Tale difetto può evidenziarsi durante la  stagionatura; il legno di castagno ne è particolarmente soggetto. cipollino roccia metamorfica, ovvero calcescisti e marmi a clorite da grigio-verdi a verdi, con alternanza di livelli di filladi carbonatiche e filladi muscovitiche da verde scuro a rosso violaceo.

di ottima qualità; fin dall’antichità fu usato come supporto per dipinti su tavola (un esempio è rappresentato dalla Madonna della Clemenza della chiesa romana di Santa Maria in Trastevere), le fonti ne menzionano l’impiego per la costruzione di infissi e arredi e la resistenza all’attacco degli insetti xilofagi, poiché gli estrattivi che gli conferiscono il particolare profumo manifestano un’efficace azione antimicotica e anti-insetto.

cirmolo  pino cembro ‘cleaning controversy’ polemica che si accese negli anni cinquanta-sessanta del XX secolo a proposito della pulitura di dipinti antichi e del valore da attribuire al termine ‘patina’ in relazione al suo mantenimento o alla sua rimozione dalla superficie pittorica. Il dibattito si svolse con toni accesi fra Cesare Brandi, direttore dell’allora Istituto Centrale per il Restauro di Roma e i restauratori della National Gallery di Londra; questi ultimi, ritenendo la  patina mero accumulo di sporco e di verniciature dovute a precedenti restauri, sostenevano la legittimità delle puliture integrali di superfici dipinte anche in base ai dati – ritenuti gli unici certi – forniti dalle indagini chimiche sulla materia e sulle tecniche pittoriche. Brandi, al contrario, valorizzava la patina come elemento costituente e non estraneo all’opera, come insieme materico di velature e vernici antiche e al tempo stesso come testimonianza della sua vita nel tempo. clima con il termine si definisce l’insieme delle caratteristiche meteorologiche di un dato luogo e in un determinato arco di tempo. Il clima è in rapporto non solo alla posizione geografica (longitudine, latitudine), ma anche alla morfologia del territorio e alle variazioni atmosferiche, termiche e igrometriche, fattori, questi ultimi, che influiscono

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sulla conservazione delle opere d’arte in genere, e specialmente di quelle conservate all’aperto.

COESIONE

cloroformio o triclorometano. Idrocarburo alogenato, tossico e per questo poco usato nel restauro; serve a sciogliere le resine naturali.

climatizzare regolare secondo date esigenze il microclima di un ambiente, per esempio la climatizzazione di luoghi espositivi destinati ad accogliere opere d’arte, per renderli stabili e adatti alla conservazione di manufatti di pregio; si possono realizzare climatizzazioni per singoli pezzi in apposite vetrine, oppure approntare sul retro dei dipinti strutture chiuse in cui l’aria può essere climatizzata per mezzo di sostanze stabilizzatrici come il  gel di silice, in modo da contrastare le alterazioni igrometriche e termiche dell’ambiente circostante.

climatologia disciplina che ha notevoli ricadute nel settore della conservazione; in quanto studio del clima ambientale ad ampio raggio e del microclima di una data area (sito archeologico, museo, chiesa) è strettamente legata alla messa in atto di quelle misure di prevenzione per una corretta conservazione delle opere d’arte e per rallentarne il degrado. ‘cloisonné’ tecnica di lavorazione dello smalto; detta anche ad alveoli riportati, prevede l’inserzione delle paste vitree colorate mediante ossidi metallici (di cobalto, di rame, di ferro), entro cellette ottenute saldando sulla lamina metallica che fa da supporto piccoli listelli (cloison), e ottenendo in tal modo un effetto a mosaico  ‘champlevé’.

cloro elemento chimico dei non metalli, appartenente al VII gruppo degli alogeni; gassoso a temperatura ambiente, ha un colore verdastro, da cui il nome (dal greco chloros = verde): molto tossico, si usa per sbiancare fibre tessili vegetali. È un ossidante energico e ha una grande affinità con i metalli; è il responsabile della corrosione dei bronzi attraverso un ciclo di complesse reazioni chimiche.

Coade stone denominazione di un materiale ceramico, classificato come pietra artificiale, inventato da Eleanor e George Coade in Inghilterra e commercializzato, con grande successo, fra il 1769 e il 1843. È un tipo di ceramica vetrificata, il cui nome originale era ‘lithodipyra’ (dal greco ‘pietra cotta due volte’): argilla già cotta (‘grog’) veniva mescolata e impastata con argilla cruda, selce, sabbia e vetro smerigliato, quindi sottoposta a cottura. Se ne ricavava un impasto capace di contenere il ritiro nelle fasi di essiccamento e cottura, con un migliore controllo sulle dimensioni finali dei prodotti in uscita dal forno. Di colore da grigio chiaro a giallo luminoso fino a beige, è stata usata per decorazioni architettoniche e statuaria, da interno e esterno, in virtù della buona resistenza agli agenti atmosferici e per il buon grado di simulazione della pietra. cocciniglia insetto coccide (Dactylopius coccus L. Costa) proveniente dal Messico e da alcune regioni del Sud America. Dagli insetti femmine era ricavato, per essiccamento e macinazione, il principio colorante rosso (acido carminico). La lacca carminio veniva preparata precipitando un estratto di cocciniglia in acqua calda con allume senza ferro. cocciopesto materiale argilloso ricavato da frammenti e polvere di mattone, terracotta, tegole; aggiunto ai componenti degli intonaci a calce e degli stucchi (calce, sabbia, polvere di marmo o gesso) serviva a colorare l’impasto e a conferire un carattere pozzolanico alla malta; venne usato anche per conferire intonazione cromatica all’intonaco da decorare col metodo a  graffito. coda di rondine tipo di incastro che nei dipinti

clorofilla sostanza colorante naturale che conferisce ai vegetali il colore verde. È un complesso macrociclo con uno ione magnesio al centro di un eme. Presente nei cloroplasti, presiede alla importante reazione biochimica della  fotosintesi clorofilliana.

medievali su tavola serviva a connettere saldamente le assi; poteva provocare tensioni nel legno con conseguenti movimenti del film pittorico.

coesione forza attrattiva tra molecole o particelle della stessa specie. Si tratta di forze intermolecolari

COLLA

di vario tipo, dai legami a idrogeno alle interazioni dipolari fino alle interazioni deboli. In una policromia la coesione di uno strato, sia esso preparazione o pittura o finitura, mantiene le particelle nello stato di aggregazione proprio; se viene meno si innesca un fenomeno di decoesione che può causare grave pregiudizio alla conservazione dell’opera.

colla genericamente è una sostanza che ha il potere di aderire e far presa su vari materiali. Le colle sono di origine animale (proteica) e vegetale; le prime sono ottenute per bollitura di tessuti connettivi di bovini, pecore, conigli, in forma di gelatina che viene poi purificata e disciolta a bagnomaria; di natura proteica sono le colle a base di tuorlo d’uovo ( uovo, rosso di), albume ( uovo, bianco di),  caseina. Essendo prive di conservanti le colle animali hanno notevoli problemi di conservazione dal momento che imputridiscono facilmente e sono attaccabili da muffe e insetti. Le colle vegetali sono a base di glutine, preparate con farine e amidi, e cellulosa. Fra le più note si annoverano la colla di caseina (proteina ricavata per cagliatura dal latte scremato) detta in gergo ‘colla di formaggio’, con ottime proprietà adesive; la colla caravella, meno pregiata, derivata dalle pelli e cartilagini di capre e pecore; la colla di pesce (ottenuta per ebollizione delle vesciche natatorie dei pesci, fra cui molto apprezzata quella di storione); d’ossa, utilizzata in falegnameria; di pergamena, ricavata dalla pelle di capretto o vitello, fine e costosa; la colla tedesca. La colla vinilica ha una relativa elasticità, ma contiene acqua e può causare rigonfiamenti e successivi ritiri della superficie su cui viene applicata; la colla ureica, composta da urea e formaldeide, usata nei pannelli di truciolato, è tossica poiché alterandosi rilascia formaldeide. Nell’ambito delle tecniche artistiche le colle hanno molteplici impieghi: sono fondamentali nella realizzazione dei supporti e delle imprimiture di tavole e tele, sia come leganti di altri materiali come gesso o bolo, sia da sole, come strato impermeabile tra supporto e preparazione; sono inoltre fra i leganti più diffusi dei pigmenti, si usano come fissativi, vernici, nelle operazioni di foderatura di dipinti ecc.

collage tecnica che consiste nel posizionare

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ritagli di vari tipi di materiali e incollarli, o comunque fissarli, su un supporto bidimensionale. Il termine indica sia la tecnica che la tipologia dell’opera.

collante lemma usato in alternativa a  colla. collasso pittorico espressione che allude a uno stato di conservazione della pellicola pittorica estremamente compromesso.

collatura operazione eseguita sulla carta non ancora del tutto asciutta, che serviva a renderla meno permeabile e a impedire all’inchiostro di spandere.

colletta termine che indica comunemente una colla fatta con materiali proteici. Una soluzione diluita di colla animale in acqua veniva impiegata nella ‘saldatura’ e nella ‘stiratura’ dei sollevamenti delle pellicole pittoriche. Applicandola a caldo e con adeguata pressione, si ottiene una discreta riadesione dei materiali.

colofonia o pece greca. Resina naturale diterpenica; è il residuo della raffinazione delle resine terpeniche prodotte da varie specie di conifere; ha un colore che varia dal giallo chiaro al bruno ed è semitrasparente. Non si usa per produrre vernici perché si altera cromaticamente ed è fragile; nel restauro trova un vasto impiego nella realizzazione di adesivi. Unita alla cera le conferisce durezza e aumenta le sue proprietà adesive e consolidanti.

colorante composto chimico formato da molecole organiche macrocicliche insature oppure da complessi metallorganici di metalli di transizione di origine naturale o artificiale. Il principio colorante è classificato in base al metodo di applicazione (colorante acido, colorante basico ecc.) o in base alla sua struttura (diazo-, antrachinonico, carotenoide ecc.). Solubile in acqua o nei principali solventi, è in grado di conferire il proprio colore ad altre sostanze non colorate per inclusione, adsorbimento o creazione di legami chimici con esse. Un colorante è capace di dare colore anche in piccolissima concentrazione. Coprecipitando per mezzo di gel di allumina i coloranti dalle loro soluzioni si ottengono le cosid-

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dette  lacche che, oltre che per la tintura delle stoffe, venivano utilizzate in pittura per campiture di colore brillanti e intense.

colore attributo della luce così come percepita dall’occhio umano. La luce, emessa da sorgenti luminose o riflessa da oggetti non auto-luminosi, produce nell’occhio umano la sensazione del colore; l’occhio umano percepisce una gamma vastissima di sfumature di colore. È un’impressione fisiologica e soggettiva. Il colore si può descrivere come  sintesi additiva e  sintesi sottrattiva. Col termine colore si intende anche pigmento, ossia un materiale colorato finemente suddiviso capace di impartire il colore.

colorimetria disciplina che definisce e misura in modo oggettivo il colore apparente di sorgenti luminose e oggetti illuminati. Esprime univocamente i dati misurati sotto forma di coordinate dello  spazio cromatco. La colorimetria è nata dall’interazione di più discipline quali l’ottica, la fisiologia, la psicologia e altre più a carattere scientifico-applicative.

combaciare nell’ambito del restauro è l’operazione che mira a ricongiungere perfettamente parti o frammenti di uno stesso manufatto (lapideo, ceramico, vitreo ecc.) lesionato o infranto, prima di procedere alla definitiva ricomposizione tramite incollaggio.

commesso tipo di mosaico a sezioni nel quale gli elementi sono tagliati con grande precisione e accostati fra loro in modo che le commettiture risultino quasi invisibili. Le pietre sono scelte in modo da sfruttare le macchie di colore proprie del materiale per ottenere effetti di chiaroscuro, di ombre e di sfumato.

commesso fiorentino di pietre dure tipo di commesso realizzato a Firenze dalla fine del XVI secolo in poi, che ha la particolarità di impiegare pietre molto dure e rare. I materiali litici raccolti dai Medici sono confluiti nella collezione del Museo dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che comprende materiali rari e non più in commercio, come il porfido rosso antico, il porfido verde antico, il

COMPENDIARIA

granito rosa d’Egitto e il legno silicizzato.

‘commetta di pezzi’ espressione usata da Giorgio Vasari funzionale all’esecuzione di una figura tridimensionale in legno. Dal punto di vista costruttivo è eseguita dallo scultore lavorando lungo sezioni complanari, che sfruttavano il parallelepipedo del blocco di legno ottenuto da masselli sovrapposti. L’intaglio veniva eseguito dopo l’assemblaggio dei pezzi.

commettitura perfetto incastro o unione fra elementi lignei (di una tavola dipinta, di una cornice) o lapidei; la giuntura poteva essere a  incastro o per incollaggio.

committenza col termine si intende indicare la figura e il ruolo di colui che ordina un’opera ad un artista. La persona o l’istituzione può intervenire sulle scelte iconografiche e formali, su quelle dei materiali da impiegare e delle tecniche esecutive, e influenzare altresì le modalità stilistiche. compasso “strumento geometrico, che forma il cerchio, detto volgarmente le seste” (Filippo Baldinucci, 1681). Nelle fasi preparatorie di un dipinto murale serve a definire gli spazi di una composizione; un’osservazione accurata della superficie pittorica, specie se in luce radente, può a volte rivelare le tracce della tracciatura a compasso. Si usa anche nella trasposizione delle misure (‘mettere i punti’) di un modello in gesso al marmo sbozzato da cui verrà ricavata la scultura. compatibilità affinità chimico-fisica tra i materiali usati in un restauro e quelli originali dell’opera; nel caso di interventi su manufatti lapidei, per es., i primi non devono provocare danni di tipo meccanico (causati da reattività termica o coefficienti di dilatazione diversi), fisico (per differente permeabilità o porosità), chimico (per formazione di sali). È uno dei requisiti di cui tenere conto nella scelta dei  materiali di restauro.

compendiaria ars o pittura. Pittura con pennellate veloci e macchie di colore giustapposte a definire in modo sintetico e rapido la scena rappresentata. Il termine si ritrova in Plinio e Petronio (I sec.

COMPENSATO

d.C.) con accezione negativa, a indicare una pittura sommaria e sbrigativa che si diffuse in epoca ellenistica fino all’età paleocristiana.

compensato derivato del legno costituito di più strati o fogli incollati insieme; si usa per costruire mobili, per imballaggi; nel restauro di tavole antiche, talvolta è stato usato come nuovo supporto. È impiegato come supporto nell’arte moderna e contemporanea, che predilige materiali industriali, seriali e riproducibili.

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l’attuale legislazione contenente le norme in materia ambientale.

concia, conciare processo di fissazione del collagene che trasforma la pelle in cuoio; i metodi noti sono cinque: al fumo e con i grassi (i più antichi); minerale, con l’allume combinato con olio (scamosciatura); vegetale con i tannini (estratti da betulla, salice e mimosa), l’unico con effetti irreversibili; la concia al cromo (sale minerale). Per il cuoio destinato ad usi decorativi si usa la concia vegetale.

complessante molecola contenente un atomo elettronegativo caratterizzato da una coppia elettronica mediante la quale può formare un legame con un atomo elettropositivo (es. cationi metallici o atomi elettropositivi di una molecola); tali legami e i composti che ne derivano sono detti di coordinazione. Agenti complessanti trovano impiego nel campo del restauro nelle operazioni di pulitura, ad es. nella rimozione selettiva di sali metallici quali prodotti di corrosione.

completamento nel restauro integrativo si intende la ricostruzione delle parti mancanti in modo da ricomporre l’unità dell’immagine;  integrazione. composti idrofobi sostanze senza alcuna affinità con l’acqua o con composti ossidrilati; protettivi impiegati nel trattamento di opere collocate all’aperto. Devono avere le seguenti caratteristiche: idrorepellenza, tendenziale reversibilità, resistenza alla luce, opposizione chimica agli agenti atmosferici inquinanti, invariabilità cromatica, adesione, permeabilità al vapore presente all’interno dell’oggetto. composti organici volatili o VOC, acronimo inglese di Volatile Organic Compounds. Composti organici afferenti a gruppi di sostanze organiche diverse per proprietà chimiche e fisiche; comprendono idrocarburi costituiti solo da carbonio e idrogeno (alcheni e composti aromatici) ma anche idrocarburi contenenti ossigeno, cloro e altri elementi chimici (aldeidi, eteri, alcoli, esteri, clorofluorocarburi - CFC, idroclorofluorocarburi HCFC). Tali sostanze sono considerate componenti inquinanti dell’aria e sono definite VOC secondo

concrezione termine codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88; indica un deposito sviluppato preferenzialmente in una sola direzione non coincidente con la superficie lapidea e può assumere forma stalattitica o stalagmitica. Concrezioni di carbonato di calcio sono frequenti in fontane ed elementi architettonici interessati da costante flusso di acque che possono favorire la deposizione degli ioni carbonato disciolti in acque dure. A volte può essere il prodotto di processi di dissoluzione/ricristallizzazione del carbonato di calcio del substrato, e in tal caso costituire veri e propri strati che occultano la superficie; sono attestati casi anche su pitture murali ipogee soggette a percolazione di acque. condensa acqua che si forma in seguito al fenomeno di condensazione, cioè in seguito al passaggio dallo stato di vapore allo stato liquido del vapore contenuto in una massa d’aria. Il fenomeno della condensa è particolarmente dannoso per i dipinti murali in quanto agisce sui meccanismi di solubilizzazione dei sali presenti nel supporto murario che portano a migrazioni dei sali solubilizzati con successiva ricristallizzazione in superficie e formazione di efflorescenze saline o cristalli dannosi per lo strato pittorico. Provoca forme di inquinamento acido e salino.

‘confusione stratigrafica’ si usa per indicare superfici pittoriche molto degradate dove i colori superstiti sono come un puzzle di frammenti appartenenti anche a epoche diverse. Situazioni di questo tipo sono riscontrabili sia negli affreschi

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sottoposti a interventi di  trasporto, sia nelle policromie delle sculture lignee che hanno di norma subito molte ridipinture.

conservation scientist  scienziato per la conservazione

‘conservato’ termine del lessico artistico già in uso nella letteratura dal XVI secolo per indicare lo stato di conservazione soddisfacente di un manufatto; un’opera giudicata in buone condizioni si definiva anche “ben mantenuta, ben condizionata o conservata con diligenza”; in caso contrario era detta ‘guasta’.

conservazione atto responsabile che comprende l’insieme delle misure e degli interventi programmati e mirati a mantenere integra la condizione fisiologica contestuale dei materiali costituenti il manufatto artistico monitorandone il naturale declino. conservazione preventiva secondo il codice ICOM-CC, qualsiasi azione mirata a rallentare o prevenire il deterioramento o il danno ai beni culturali, tramite il controllo dell’ambiente dove essi si trovano, e/o tramite un trattamento alla loro struttura svolto per mantenere gli stessi beni in uno stato più stabile possibile. consolidamento operazione di ripristino della coesione e della stabilità di un materiale. Si compie in caso di perdita di coesione ( decoesione) di un elemento o strato omogeneo componente la struttura di un’opera che provoca riduzione di consistenza, di elasticità e resistenza a sollecitazioni meccaniche. Consiste nell’impregnare la materia di sostanze consolidanti; fra queste si ricordano le resine acriliche (es.  Paraloid® e Primal®) e viniliche ( Vinavil®,  BEVA®), l’idrossido di bario, i silicati di etile e i siliconi. Per i dipinti murali, su tavola e su tela, il consolidamento è attualmente la pratica più diffusa poiché mira a ridurre i casi di  trasporto e a salvaguardare e conservare quanto più possibile l’opera in tutti i suoi componenti costitutivi originali. Per i materiali di scavo può essere provvisorio o preventivo.

consolidamento ‘a cucito’ riguarda il restauro

CONSUNZIONE

dei tessili di interesse storico e artistico; consiste in un intervento meccanico di applicazione a cucito di un tessuto interessato da lacerazioni o lacune, su un supporto anch’esso tessile. Il supporto può essere di estensione locale, e in questo caso ha la funzione di ricostituire l’equilibrio delle tensioni interrotto nelle parti degradate, oppure totale quando i danni sono molto diffusi e l’assorbimento di ogni sollecitazione viene affidato completamente al supporto.

consolidamento per adesione intervento impiegato nel restauro dei tessili storici ( consolidamento ‘a cucito’); si applica nel caso in cui un tessuto è in condizioni di estrema fragilità e friabilità (sete, tessuti dipinti o particolarmente sottili come bandiere e vessilli) e non tollererebbe un intervento ‘a cucito’; esso pertanto viene applicato su un supporto per mezzo di adesivi di varia natura. Con questo tipo di consolidamento la flessibilità del manufatto diminuisce. consolidante sostanza fluida adesiva che ha la capacità di rendere coesione a materiali di accresciuta porosità e disgregazione causati da processi di alterazione in atto; deve essere dotata di buona capacità di penetrazione, diffusione e bassa viscosità, caratteristiche che la differenziano dall’  adesivo. In passato erano usati come consolidanti anche la cera d’api o miscele di oli e vernici. Silicati alcalini, fluosilicati, idrossido di bario, sono alcuni tra i consolidanti inorganici per pietra e materiali lapidei. Le resine acriliche ed epossidiche hanno trovato impiego come consolidanti organici dei suddetti materiali.

consunzione forma di degrado per sfregamento cui sono soggette pavimentazioni con decorazioni musive, lapidee, ceramiche ecc., dovuta al continuo calpestio; può indurre la totale perdita del rivestimento. Il termine è usato anche in relazione allo stato di conservazione di dipinti o per indicare l’alterazione di un’opera, legata a un culto religioso particolare, sottoposta al tocco o allo sfregamento continuo dei fedeli su uno o più punti della superficie. Può riferirsi più in generale all’usura di oggetti di valore artistico in conseguenza dell’uso che originariamente ne veniva fatto.

CONTRAZIONE

contrazione fenomeno di restringimento o riduzione di un supporto ligneo dovuto a variazioni termoigrometriche, o di un supporto metallico, ovvero di raggrinzimento di una superficie pittorica. controforma nella fusione dei metalli e nell’esecuzione di copie in marmo si intende il negativo del  modello. Nelle operazioni di stacco di una pittura murale, ci si serve della controforma come di un nuovo supporto entro il quale viene fatto colare del gesso e sul quale si fa riaderire un dipinto staccato. Può essere inserita in un telaio di legno o di altro materiale. Per la realizzazione oggi si usa molto la  vetroresina.

contusione insieme di piccoli avvallamenti concavi che coprono estensivamente i supporti lignei e che possono esser dovuti anche ad abitudini devozionali ( ‘vaiolo’). Da esse traspaiono la preparazione e la pellicola pittorica; sono comunque una testimonianza delle vicende storiche dei dipinti.

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cornice telaio ligneo che inquadra un dipinto; può avere funzione strutturale per controllare i movimenti e le deformazioni di una tavola dipinta, oppure essere puro elemento decorativo che dà risalto all’opera che racchiude: in questo caso è intagliata, dorata o argentata e dipinta. corpo di fondo residuo di soluto non disciolto che si trova nelle soluzioni sature. corpo nero modello ideale di corpo materiale che scaldato non brucia ma emette energia radiante la cui distribuzione spettrale è funzione della sola temperatura (espressa in gradi Kelvin) ed è indipendente dalla natura del corpo stesso. L’applicazione della radiazione del corpo nero per l’illuminazione deriva dal fatto che sia il colore sia la saturazione (la forza del colore) di ciascuna radiazione luminosa possono essere comparati al colore di un corpo nero radiante operante a una temperatura stabilita. correnti indotte fenomeno indotto da bobine

copaive  balsamo copale nome generico con cui viene indicata un’ampia varietà di resine dure naturali, quali essudati vegetali, o rinvenute allo stato fossile. La copale si estrae da diverse specie di alberi e può essere molle o dura. Tra le copali morbide sono famose quelle di provenienza asiatica (famosa la copale di Manila); se ne ricavano molte vernici che risultano dure e resistenti, scuriscono e sono difficilmente eliminabili a causa della scarsa solubilizzazione nella maggior parte dei solventi. copia riproduzione per lo più fedele di un’opera di cui è riconosciuto e apprezzato il particolare valore formale e/o iconografico; a differenza del  falso, non ha intento fraudolento, ma viene usata a scopi didattici nelle accademie d’arte o, nel caso di sculture, in sostituzione degli originali nella collocazione all’aperto.

copolimero polimero composto dalla concatenazione di due diversi monomeri. Il  Paraloid B72, ad esempio, è un copolimero composto da etil metacrilato (70%) e metil acrilato (30%).

ad alta frequenza che tramite un campo magnetico alternato induce in materiali conduttivi (metalli e leghe) correnti parassite misurabili. In base al tipo di metallo si può risalire allo studio dei difetti e delle discontinuità presenti sulla superficie o immediatamente all’interno. Sono note anche come eddy current (correnti di vortice) e vengono impiegate per monitorare la dinamica dei processi di corrosione in atto nei manufatti bronzei.

corrosione processo di degrado chimico e fisico di materiali lapidei (marmi, pietre) e metallici (bronzo, ferro) provocato da agenti atmosferici (piogge, venti) o da sostanze corrosive che con essi vengono a contatto; provoca alterazioni dapprima superficiali e progressivamente più profonde, irreversibili. Sui metalli si verifica per contatto con agenti chimici presenti nell’atmosfera in condizioni normali e inquinate. L’umidità rappresenta il fattore indispensabile del processo corrosivo e provoca l’attacco elettrochimico del metallo. corrosione uniforme si verifica quando il metallo a contatto con l’ambiente presenta una ossidazione o una dissoluzione omogenea in tutti

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i suoi punti, come lo strato sottile di  cuprite sul rame.

corrosivo sostanza capace di reagire con un substrato dando composti solubili che assottigliano la struttura del substrato originale. In genere si tratta di una reazione  redox o acido-base che consuma il materiale. Hanno azione corrosiva, conosciuta fin dall’antichità, l’aceto per i marmi e il  vetriolo per i metalli. Nella pratica sette-ottocentesca del restauro di dipinti su tela e su tavola, per le puliture si usavano ‘corrosivi’, ossia solventi forti come ‘l’acqua maestra’ (soda), o una ‘mista’ composta di ‘spirito di vino e acqua ragia’ (alcol e trementina).

cosmolloid altro nome commerciale di cera microcristallina tipo  multiwax.

cosolvente uno di due o più solventi di una miscela capace di sciogliere una data sostanza solida in virtù dell’azione sinergica dei solventi miscelati. cote o pietra cote. Strumento per affilare lame in pietra abrasiva naturale, dura, ricavata da rocce ricche di silice. cotone pianta della famiglia delle Malvaceae, dai semi ricoperti di peli formati da cellulosa purissima, più o meno lunghi, generalmente bianchi, che costituiscono la bambagia da cui si ricava la fibra tessile. Questa fibra è meno robusta di quella della canapa o del lino, deformabile e per il suo alto contenuto di cellulosa (90%) igroscopica, sensibile ad acidi, alcali e agenti ossidanti. Per queste caratteristiche, la tela di cotone, benché talvolta utilizzata, non è fra le più adatte come supporto per la pittura. Filati, stracci e cascami di cotone erano la materia prima per l’ottenimento di cellulosa purissima per la manifattura della  carta. Cardato in fiocchi, se ne ricavano tamponi (cotone idrofilo) utili per rimuovere i residui dell’azione delle soluzioni solventi nelle operazioni di pulitura. cotonina  ‘cencio di nonna’

CRETA

dovuta a trazioni meccaniche indotte da fenomeni fisici o chimici. In base alle cause che le hanno originate, si distingue in pittura fra ‘craquelures’ da invecchiamento nobile, che documentano il passaggio nel tempo, o da essiccamento, dovute appunto a essiccamento non omogeneo del colore e quindi deturpanti. Fra le seconde si annoverano diverse tipologie: a chiocciola, a pelle di coccodrillo, a scodelline.

‘craquelure’ della maiolica  crettatura che consiste in una serie di microfratture presenti sullo smalto dovute alla diversa dilatazione della pasta e del rivestimento dell’oggetto.

cratere particolare morfologia di sollevamento dello strato pittorico di dipinti ad affresco, su tavola, su tela o forma di fenomeni corrosivi a danno dei materiali lapidei. craterizzazione fenomeno di sollevamento e rottura della superficie cromatica di un dipinto invasa da crateri e vesciche originati da trazioni meccaniche seguite a fenomeni di alterazione fisica o chimica del supporto, della preparazione o dei pigmenti stessi. ‘creep’ fenomeno di degrado che riguarda i supporti in tela di grandi dimensioni che per effetto del loro stesso peso tendono ad allentarsi, formano ‘borse’ o  imborsature e presentano il segno della parte superiore del telaio ove si esercita la pressione; in seguito a queste alterazioni il film pittorico si screpola e cade.

crepa fessura o fenditura che si produce in un intonaco o in un manufatto lapideo. cresta sollevamento e rottura della pellicola cromatica che appare in vari punti di una superficie dipinta allorché è in atto un cedimento dell’adesione del film dalla preparazione sottostante. Nel caso dei dipinti su tavola le creste seguono la direzione delle fibre del legno dal cui movimento dipende la loro formazione. Sui metalli resta in vista all’interno delle sculture ottenute per fusione.

‘craquelure’ lemma francese per  crettatura, screpolatura di una superficie pittorica o lapidea

creta comunemente si indicano con il termine

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CRETTATURA

creta sostanze calcareo-argillose contenenti in varia misura carbonato di calcio e alluminosilicati. Friabile, si riduce in polvere e si stempera in acqua per essere poi decantata più volte fino a ottenere un prodotto fine e bianco. La creta più adatta a impieghi artistici, come la preparazione di intonaci per affresco e di dipinti, è quella proveniente dal nord della Francia detta ‘bianco di Parigi’.

crettatura fenomeno di degrado di una superficie pittorica,  ‘craquelure’. Tipica spaccatura del legno legata alla scelta del taglio o porzione da lavorare e alla sua stagionatura. Può essere radiale, centrale o periferica. cretto termine in uso per indicare una microfrattura del film pittorico che può derivare da fenomeni di essiccamento del legante oleoso. In genere il cretto è più marcato in corrispondenza di colori scuri e bruni perché le terre sono tra i colori che assorbono più legante. Crilat® dispersione acquosa di un  copolimero stirolo acrilico che dà un film trasparente, flessibile e non appiccicoso, resistente all’acqua.

cristallizzazione processo che porta alla formazione di  cristalli a partire da un fuso magmatico, da soluzione, da gas ecc. In campo artistico la cristallizzazione di sostanze chimiche determina la ‘cementazione’ di malte e intonaci, ma può essere legata a fenomeni di alterazione della superficie e anche della struttura interna di dipinti murali e materiali lapidei; influisce sia sul loro aspetto estetico che sulla loro conservazione. Se il fenomeno consiste nella precipitazione di un composto precedentemente disciolto si usa il termine ‘ricristallizzazione’. cristallo corpo solido costituito da atomi, molecole, gruppi di molecole disposti in modo ordinato e ripetitivo a formare il reticolo cristallino. Lemma usato per definire il vetro al piombo, più duro e assolutamente incolore rispetto ai vetri ordinari.

cristallogenesi in mineralogia, l’insieme dei processi che portano alla formazione di un cristallo.

crociera elemento ligneo a forma di croce utilizzato per rinforzare e stabilizzare un telaio specie se di grandi dimensioni. croco  zafferano croma in  colorimetria attributo di un colore che indica lo scostamento dal colore grigio avente stessa  chiarezza. Termine inglese ‘chrome’.

cromare rivestire di cromo la superficie di un oggetto metallico mediante placcatura chimica o elettrolitica; si forma una superficie lucida, dura e resistente al calore. cromatografia a scambio ionico  cromatografia ionica

cromatografia ionica (Ion Chromatography, IC) tecnica di separazione analitica che utilizza una fase stazionaria (la colonna di separazione a base di resine scambiatrici di ioni) e una soluzione come eluente; è indicata per analisi qualitativa e quantitativa di sostanze ioniche solubili. È nota anche come cromatografia a scambio ionico. cromatografia liquida (Liquid Chromatography, LC; High Performance Liquid Chromatography, HPLC) tecnica di separazione analitica che utilizza una fase stazionaria (la colonna di separazione) e un eluente liquido; è indicata per analisi qualitativa e quantitativa di sostanze organiche solubili. In generale, la strumentazione ad alta pressione (HPLC) garantisce sensibilità e precisione migliori rispetto alla cromatografia liquida.

cromatografia su strato sottile (Thin Layer Chromatography, TLC) tecnica di separazione analitica che utilizza come fase stazionaria uno strato di pochi millimetri di spessore di materiale inerte (silice, allumina, acetato di cellulosa) e come eluente un solvente (o una miscela) che si muove per risalita ( capillarità) provocando la ripartizione ad altezze diverse dei componenti la sostanza analizzata. Trova impiego nell’identificazione di sostanze organiche (cere, leganti, oli, resine ecc.) e nell’analisi di pigmenti e coloranti organici. È in particolare utile nello studio dei singoli composti

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organici facenti parte di una miscela.

cromatura processo di rivestimento di manufatti metallici (ferro, acciaio) con uno strato di  cromo con funzione estetica e di protezione dalla corrosione. La deposizione dello strato di cromo per via elettrolitica prevede l’immersione del pezzo da cromare in un bagno elettrolitico all’interno di un circuito elettrico, al cui polo positivo (anodo) si trova una piastra di cromo, immersa anch’essa nel bagno. Lo spessore del film di cromo che si forma sulla superficie del manufatto è funzione del tipo di applicazione cui è destinato l’oggetto e delle condizioni ambientali di esposizione. La rottura e/o formazione di porosità del film protettivo espone il metallo sottostante a corrosioni localizzate e particolarmente dannose. cromia termine usato in pittura come sinonimo di  colore. Come suffisso in termini scientifici ha il significato di colorazione (dicromia, quadricromia, policromia, ecc.). cromo metallo della prima serie di transizione, duro e lucente. Tra le sue applicazioni come metallo si ricordano la  cromatura e il suo impiego in leghe ferrose ad alta resistenza (acciai speciali); come composto (ossido, cromato) rientra nella composizione di numerosi pigmenti verdi e giallo-arancio e nei vetri verdi.

CUOIO

una nuova superficie al deterioramento; il substrato solitamente si presenta disgregato e/o pulverulento. Il corrispondente termine inglese ‘crust’ è stato recentemente definito, nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008), come accumulo coerente di materiale sulla superficie di un manufatto, cui potrebbero contribuire sia materiale proveniente dal substrato degradato sia quello esogeno derivato dall’ambiente circostante. Riconoscibile nella forma di ‘croste nere’ e croste saline, è da distinguersi dal termine ‘encrustation’ (‘incrostazione’), preferito quando il processo di formazione è chiaramente riferibile a infiltrazione di acqua seguita da una fase di precipitazione di cristalli.

‘crosta’ (dispregiativo) il lemma si usa nell’accezione dello spesso strato di sporco depositato su un manufatto, dipinto e scolpito, ma anche per opere di cattiva qualità, oppure le copie e le repliche di capolavori. cucitura antica tecnica di assemblaggio degli oggetti ceramici frantumati i cui pezzi venivano cuciti con fili metallici di rame e di ferro. Nota anche come  puntatura, sebbene in questo caso si usino di preferenza lacci di cuoio o di crine. La puntatura era ancora in uso nel XIX secolo quando si tornò all’uso dei fili di metallo che venivano fatti passare attraverso fori eseguiti con il trapano ad archetto. Come fissativo si usava la  gommalacca.

cromoforo raggruppamento caratteristico di molecole organiche (ma anche di sostanze ioniche complessate) capace di interagire con la radiazione ultravioletta o visibile modificandola o assorbendone alcune componenti. I gruppi cromofori sono tipici dei coloranti, di alcuni pigmenti e delle sostanze fluorescenti.

cross-section  sezione stratigrafica crosta termine codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88, indica una modificazione dello strato superficiale del materiale lapideo, di spessore variabile, ben distinguibile per caratteristiche morfologiche e cromatiche dal substrato originale. Può dare luogo a distacchi esponendo

cuneo elemento ligneo utilizzato nel restauro di tavole dipinte o sculture per risanare fenditure o spaccature del supporto, oppure per conferire rinnovata stabilità e planarità a tavole incurvate.

cuoio pelle d’animale trasformata in seguito a un processo chimico di concia ( conciare) che fissa le sostanze proteiche del collagene presenti nel tessuto connettivale e genera una trasformazione irreversibile. La sua lavorazione artistica (tramite incisione o goffratura, sbalzo, doratura) ha avuto numerosi settori di applicazione: abbigliamento, arredamento, armi, come supporto per la pittura generalmente a olio; viene impiegato anche per lustrare le superfici marmoree. Per la sua natura organica il cuoio è sottoposto a degrado biologico;

‘CUORE ECCENTRICO’

le operazioni di restauro più comuni sono la pulitura a secco e l’ingrassatura o lubrificazione.

‘cuore eccentrico’ difetto tipico del legno dovuto alla crescita anomala del singolo tronco, che presenta il  durame in zona decentrata. cuprite strato sottile di ossido rameoso (rame monovalente) di colore rossiccio che si forma per ossidazione uniforme del rame. Se è caratterizzato da una densità maggiore rispetto a quello del

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metallo sottostante, acquisisce una funzione protettiva bloccando l’evoluzione della corrosione. È considerata una patina protettiva di corrosione passiva.

curcuma originaria dell‘Asia, la Curcuma longa è una pianta dai cui rizomi si ricava un colorante giallo, il cui principio colorante è la curcumina, di mediocre stabilità, usata per la tintura di filati. È menzionata nel ricettario tecnico De arte illuminandi (XIV secolo) come giallo impiegato in miniatura.

d dagherrotipia antico processo fotografico che

danneggiare deteriorare, peggiorare le condizioni

usava lastre di rame argentato come supporto e ricoperte di ioduro d’argento come materiale fotosensibile.

di un manufatto artistico con azioni dirette o in conseguenza di inadempienze, in modo riprovevole o decisamente condannabile sul piano etico. Si può danneggiare un’opera d’arte per incuria e mancanza di manutenzione, con un errato intervento di semplice pulitura oppure con un complesso restauro di recupero e integrazione, in base a motivazioni ideologiche o a scelte di gusto, per vandalismo, per mero disinteresse o ignoranza.

dagherrotipo immagine fotografica unica, ottenuta direttamente in positivo, non stampabile e non duplicabile, per ottenere la quale si usava il rame come supporto.

damaschinatura varietà di  agemina; in questo caso la superficie del metallo veniva incisa con solchi sottili a intervalli regolari e in questi solchi si martellavano fili o fogli d’oro e d’argento. Qualora sul manufatto si riconoscano i segni della lima, ci troviamo di fronte a una falsa damaschinatura.

damasco di lino tessuto di lino operato a disegni geometrici (losanghe, scacchi) che si evidenziano per la diversa riflessione della luce sull’ordito e sulla trama e presentano un doppio dritto. La lavorazione a damasco, in origine applicata alla seta, fu estesa ai filati di lino nel XVI secolo. Fra Cinque e Seicento i tessuti usati per tovaglie, per la loro robustezza, furono spesso impiegati dagli artisti come supporti di grandi dimensioni per dipingere, dei quali si sfruttavano a fini ottico-luministici anche gli effetti del disegno della stoffa. dammar resina terpenica naturale composta dall’acido dammarolico e da due resine; prodotta da piante tropicali (Dipterocarpaceae), ha un colore giallo paglierino chiaro; si scioglie in essenza di trementina; l’olio di lino crudo le conferisce resistenza ed elasticità. In pittura è utilizzata come medium per velature ed è considerata una delle migliori resine per le vernici. Ha una buona reversibilità e una spiccata azione protettiva nei confronti dell’umidità.

deacidificazione intervento di restauro dei materiali cartacei finalizzato ad annullare o ridurre l’acidità presente nella struttura della cellulosa, costituendo una barriera che tamponi ulteriori reazioni di acidificazione. Occorre tenere presente che le sostanze alcaline per lo più impegnate in tali operazioni possono causare una dilatazione delle fibre, provocando la rottura dei legami interessati o favorendo l’ossidazione e certi fenomeni di fotoossidazione. decadere  deperire decoesione è la perdita di  coesione fra gli elementi che compongono la struttura di un manufatto, da cui deriva l’alterazione dei suoi caratteri originari. Nel caso di dipinti murali definisce la mancanza di aderenza fra l’intonachino e l’arriccio; per i dipinti su tela e su tavola è la decoesione tra la preparazione e il supporto, il film pittorico e la preparazione; si può ovviare a questo fenomeno con l’iniezione di consolidanti adesivi o con il  trasporto, già in uso dal Settecento, che comporta la perdita e la conseguente sostituzione del supporto insieme alla preparazione o del solo supporto, originali.

decomposizione processo chimico di suddivisione in parti più semplici o in elementi di una sostanza.

DECONTESTUALIZZAZIONE

Il carbonato di ammonio, ad es., si decompone spontaneamente in anidride carbonica, acqua e ammoniaca. Per organismi e materiali organici, il lemma assume anche il significato di putrefazione ( imputridire).

decontestualizzazione perdita di funzione dovuta alla musealizzazione o al ‘ricovero’ di un’opera d’arte trasferita dal suo ambiente originale per ragioni conservative.

deformazione termine codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88 e nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOSISCS (2008), come cambiamento nella forma del materiale senza perdita dell’integrità e senza interessare lo spessore. Si manifesta in lastre di pietra (lastre tombali, rivestimenti lapidei, targhe commemorative) esposte alle variazioni termoigrometriche e alla radiazione solare; può risultare concava o convessa. Nell’ambito dei dipinti su tavola si rilevano deformazioni delle assi del supporto ( svergolamento) dipendenti da fattori intrinseci, come la qualità del legno, ambientali e climatici. Per le tele si intendono fenomeni di allentamento ( ‘creep’), o tensionamento eccessivo. degassare è l’operazione con cui si eliminano i gas da fluidi o corpi porosi; per es., nei metalli da colare per impedire la formazione di bolle o soffiature che ne possano pregiudicare le proprietà meccaniche; in solventi o fluidi per togliere anidride carbonica o altri gas reattivi.

degenerazione a macchia tipica forma di degrado dei vetri soffiati medievali, dove i processi degenerativi della struttura cristallina provocano macchie color bruno al di sotto di una superficie apparentemente intatta. degradabile si dice di materiale esposto a degrado, ossia peggioramento del suo stato nativo, per motivi intrinseci alla sua natura chimicofisica o per azione di  agenti esogeni.

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nario. Il termine è trattato esaurientemente nelle raccomandazioni Normal e UNI-Normal, nonché nel Capitolato Speciale di appalto per il restauro delle opere d’arte.

demolire in relazione alla pratica del restauro si intende lo smantellamento completo di precedenti interventi di ricostruzione e completamento o di ridipintura di qualsiasi manufatto artistico, giudicati non congrui, invasivi o comunque fuorvianti, in vista di un recupero filologico dell’opera. denaturazione propria di sostanze proteiche, consiste nella distruzione della conformazione spaziale di una proteina, con rottura dei legami a idrogeno e ponti a disolfuro responsabili delle strutture tridimensionali delle proteine; tale effetto può essere conseguito con acidi o basi (variazione del pH), riscaldamento ad alta temperatura, radiazioni e, in certi casi, semplice agitazione. Una proteina denaturata, pur mantenendo la sua struttura primaria, perde la sua specifica funzionalità. È un effetto collaterale conseguente all’impiego di materiali di restauro aggressivi per i materiali originali di natura proteica. Nel caso di supporti membranacei la denaturazione del collagene è il danno strutturale subìto dalle pergamene che si trovano ad una temperatura non idonea alla loro conservazione. Il termine allude anche all’aggiunta di tracce di sostanze estranee (denaturanti) effettuata per alterare la purezza di un prodotto da una diversa sua destinazione d’uso; ad es., l’etere di petrolio viene denaturato aggiungendo diacetonalcol. dendrocronologia metodo di determinazione dell’età e delle modificazioni di un organismo vegetale adulto (albero) attraverso lo studio degli anelli di accrescimento. Consente di stabilire l’età del tronco nonché i trascorsi derivanti dalla latitudine e dall’ambiente di accrescimento. È utile per confermare ipotesi di provenienza dei materiali legnosi. È da tenere presente che un manufatto può essere stato realizzato in un periodo più recente rispetto a quello indicato dalla datazione del legno.

degrado alterazioni fisiche, chimiche o biologiche di un manufatto che ne peggiorano lo stato origi-

deperibilità tendenza o suscettibilità a non

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conservarsi nel tempo. Sotto il profilo conservativo è caratteristica di molte opere d’arte moderne e contemporanee, spesso conseguente a precise scelte ideologiche dell’artista; è dovuta alla qualità scadente o volutamente ‘povera’ dei materiali utilizzati dall’autore, alla sua volontà sperimentalistica, al rifiuto o al mero disinteresse per le tecniche tradizionali.

DIAGNOSTICA

duzione degli ioni disciolti in acqua o, più genericamente, della componente salina presente in materiali che devono essere impiegati come prodotti di restauro. Il termine può riferirsi anche alla rimozione di efflorescenze saline dalla superficie di manufatti artistici e da reperti archeologici recuperati dal mare.

manufatto artistico, si intende il progressivo venir meno della condizione originaria; a questo degrado, che può essere causato da fattori cronologici, storici, ambientali ecc., deve tentare di porre un freno prima un intervento di restauro mirato, quindi una periodica verifica delle condizioni dell’oggetto.

descialbo operazione di rimozione dello scialbo, ossia dell’imbiancatura con idrato di calcio con la quale, in passato, era stata ricoperta una superficie murale dipinta o una scultura. Nel XIX secolo si eseguiva col  bisturi; oggi si interviene con impacchi sia di acqua deionizzata che di soluzione satura di carbonato di ammonio. L’applicazione dell’  ablazione laser per la rimozione delle scialbature dalle pitture murali ha dato buoni risultati.

‘deperito’ nel lessico del restauro storico, si diceva di un manufatto artistico in cui appariva evidente uno scadimento dello stato di conservazione.

desorbimento fenomeno di cessione di un fluido da parte di un corpo poroso. È il contrario dell’  adsorbimento. Talvolta con questo termine viene intesa la perdita d’acqua da parte del legno.

deposito termine codificato nel lessico delle al-

detector  rivelatore

deperire in relazione alla conservazione di un

terazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88 e nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008), come un accumulo superficiale di materiali estranei al materiale del substrato (esogeno), spesso polvere, terriccio, aerosol salino, particolato atmosferico ecc. Di spessore variabile, ha generalmente scarsa coerenza e aderenza al substrato e, a seconda delle sostanze presenti nel deposito, può ingenerare un processo di alterazione dei componenti materici dell’opera.

de-restauro o derestauro. Intervento di rimozione di restauri precedenti, specie nel campo dei manufatti scultorei e architettonici. Più in generale allude a tutti gli interventi volti a eliminare gli effetti di alterazione, superfetazione, mimetizzazione e incongruità con l’originale dovuti a restauri eseguiti in passato. Il ricorso al de-restauro, sebbene giustificato in nome dell’originalità dell’opera, rischia di cancellare irreversibilmente testimonianze della storia conservativa dell’opera.

desalinizzazione processi chimico-fisici di ri-

detergente sostanza in grado di disperdere lo sporco o materiali insolubili in un solvente. Il  sapone naturale e i  tensioattivi naturali e sintetici hanno proprietà detergenti.

deumidificare ridurre tramite un sistema di condizionamento il grado di umidità dell’aria in un ambiente, portandolo a valori adattati alla conservazione di specifici manufatti artistici.

devetrificazione tipica forma di degrado degli smalti che provoca la formazione di frammenti tendenti a staccarsi dalla lamina metallica di supporto e a sostenersi meccanicamente al frammento attiguo. È un processo irreversibile che comporta la perdita della pasta vitrea. È fenomeno osservato anche nei vetri archeologici con trasformazione, parziale o totale, della struttura amorfa in cristallina. dew point  punto di rugiada diagnostica insieme di tecniche e di procedure manuali, strumentali e di laboratorio che consente

DIASPRO

la formulazione di un giudizio analitico in grado di definire un fenomeno o una patologia. I dati ricavabili devono essere interpretati alla luce dei dati contestuali di riferimento. In materia di beni culturali, la diagnostica è l’insieme delle tecniche di indagine attraverso le quali è possibile studiare la costituzione materica e la qualità tecnica di un materiale e definirne i comportamenti caratteristici.

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osservato su statue, superfici architettoniche, dipinti murali e intonaci esposti all’azione di scorrimento e ruscellamento dell’acqua piovana e delle precipitazioni; si configura come una decolorazione delimitata da un alone che ne marca l’area di diffusione. È frequente riscontrarlo sulla superficie esposta di colonne, pilastri e statue, che sul lato opposto protetto presentano incrostazioni, croste nere e depositi.

diaspro formazione rocciosa di vario colore e durezza costituita principalmente da silice. Secondo Filippo Baldinucci (1681) è una pietra dura semipreziosa, di vari colori e specie: il diaspro detto granito rosso o orientale, durissimo, macchiato, impiegato solo per “lavori di quadro”; diaspro detto “Melochite”; diaspro di Barga, pietra dura di colore rosso scuro utilizzata per lavori di commesso; di Boemia, di vari colori. Come minerale, è la varietà viola del quarzo ( ametista).

diffrattometria di raggi X (X-Ray Diffraction, XRD) analisi mineralogica qualitativa o semiquantitativa di fasi cristalline; usa la diffrazione dei raggi X, aventi lunghezza d’onda confrontabile con la distanza tra i piani cristallini, da parte dei piani reticolari della sostanza analizzata. Può essere anche una tecnica microanalitica. Non fornisce risultati in presenza di sostanze amorfe o di fasi deliquescenti. Attualmente sono reperibili XRD portatili da cantiere.

diluente sostanza fluida capace di disperdere e diluire soluti o altri fluidi. Termine legato sia alla tecnica pittorica che alla pratica del restauro: i diluenti sono oli o altre sostanze capaci di fluidificare l’impasto pittorico ritardando l’indurimento della pellicola. Dal XVI secolo in poi sono stati usati oli come essenza di trementina, di spigo e di lavanda, e petrolio. Diluente nitro (per vernici nitrocellulosiche): miscela di solventi utilizzata anche per puliture di superfici policrome.

diluire abbassare la concentrazione di una sostanza o aumentarne la dispersione tramite un  diluente.

disegno preparatorio è la redazione considerata definitiva dell’iter ideativo e progettuale di un’opera, che può presupporre serie di schizzi precedenti che fissano e sviluppano un’idea iniziale. Anche in riferimento al disegno presente sotto la stesura pittorica di un dipinto su tavola o tela.

diffusione deviazione e propagazione nello spazio di una radiazione incidente in un mezzo diffondente. È il fenomeno responsabile della perdita di saturazione delle campiture cromatiche di una superficie pittorica non piana e irregolare: quando un dipinto viene sverniciato, i colori perdono vividezza. È uno dei parametri che concorre a produrre l’opacità di un materiale o il  potere coprente di un pigmento.

dilatazione aumento delle dimensioni di un corpo per effetto del calore. Nell’ambito della conservazione di manufatti artistici in legno o marmo, la dilatazione provoca fessure e spaccature che danno adito a fenomeni di ulteriore  degrado. dilavamento fenomeno di degrado superficiale,

disgregazione termine codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88, come decoesione con caduta di materiale sotto forma di polvere o minutissimi frammenti; ‘polverizzazione’ può essere un sinonimo. Il corrispondente inglese ‘disaggregation’ è riconosciuto, nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008), come termine equivalente a ‘disintegration’, inteso come distacco di singoli grani o aggregati di grani.

disidratazione perdita di acqua da parte di materiali o organismi. Può intendersi anche una tipica forma di degrado delle pergamene conservate in ambienti con umidità relativa inferiore al 50%;

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la pergamena tende a cedere la sua umidità all’ambiente, quindi a disidratarsi divenendo più fragile.

disinfestare liberare i materiali (legni, carta, tessuti, materiali lapidei ecc.) da infestazioni di organismi (quali insetti xilofagi, alghe, funghi ecc.) che possono trovare le condizioni ideali per insediarsi e prosperare. L’operazione di disinfestazione da tarli e altri insetti si compie per gassazione con  bromuro di metile o altre sostanze adatte, in camere stagne e richiede da parte degli operatori particolari accorgimenti e attrezzature per la protezione individuale e ambientale.

dispersione in chimica si intende un sistema (stabile o instabile) costituito da due o più fasi, in cui una funge da disperdente ed è predominante, e l’altra o le altre sono disperse. Solitamente le fasi sono eterogenee. Se la fase disperdente è liquida si hanno schiume (con fase dispersa gassosa), emulsioni (con fase dispersa liquida), sospensioni (con fase dispersa solida); se la fase disperdente è gassosa si ha una nebbia con fase dispersa liquida mentre il fumo ha una fase dispersa solida.

dissuasore dispositivi di uso comune nelle facciate degli edifici, lungo balconi, sporgenze architettoniche, e a volte anche su gruppi scultorei, che impediscono ai volatili di appoggiarsi e di poter danneggiare le superfici. Comunemente in policarbonato e dotati di spilli in acciaio inox, sono in commercio anche dispositivi a più basso impatto estetico. distacco termine codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88, come soluzione di continuità tra strati superficiali del materiale, sia tra loro sia rispetto al substrato, che solitamente prelude alla caduta degli strati stessi, dovuta a cause naturali o accidentali. Frequente negli intonaci e nei mosaici, può essere riscontrato anche nei manufatti ceramici e vitrei come soluzione di continuità tra rivestimento ed impasto oppure fra i componenti del rivestimento. Nel caso di manufatti lapidei le parti distaccate possono assumere

DORATURA

morfologie specifiche che vengono indicate con termini quali ‘scagliatura’, ‘delaminazione’ ed ‘esfoliazione’, che trovano corrispondenza nella terminologia descrittiva delle forme di ‘detachment’ codificata nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008).

distruggere  demolire documentazione in relazione a un intervento di restauro su un manufatto di interesse artistico, la documentazione è costituita dall’insieme dei risultati di ricerche storiche, di analisi scientifiche e di prove tecniche compiute sull’oggetto prima di sottoporlo all’intervento, cui si vanno poi ad aggiungere la descrizione del metodo di lavoro seguito e delle sostanze impiegate, il materiale fotografico che attesta lo stato del manufatto prima, durante e al termine dell’operazione e una riflessione sul risultato ottenuto sul piano formale e funzionale. Queste informazioni sono la testimonianza di una fase della storia conservativa di un’opera e del gusto dell’epoca in cui l’intervento è stato eseguito.

documento può essere elemento storico, cronologico, scientifico, tecnico, utile alla ricostruzione della storia, anche tecnica e conservativa, di un manufatto che è necessario acquisire prima di porre mano a un restauro. doppiaggio della tela  rintelatura doratura applicazione di foglia o polvere d’oro su dipinti, legni, metalli, materiali lapidei ecc. Sugli intonaci pittorici l’adesione avveniva col metodo detto ‘a missione’, applicando l’oro su una stesura di olio di lino misto ad altri ingredienti precedentemente sottoposti a bollitura, o ‘a conchiglia’, cioè con oro in polvere addizionato di gomma arabica. Per i dipinti su tavola la foglia era applicata ‘a mordente’ quando non si prevedeva di ricorrere alla successiva brunitura ( brunire), stendendola direttamente su un mordente untuoso. Si utilizzavano anche tecniche di doratura a olio, a bolo o guazzo (in questo caso, secondo Filippo Baldinucci, il supporto era preparato con una stesura di gesso da doratore, quindi di bolo tem-

‘DRIPPING’

perato con chiara d’uovo, essiccato e poi bagnato su cui veniva applicata la foglia brunita), a fiamma, a chiara d’uovo. Nella pittura murale le dorature erano eseguite in particolare facendo aderire la foglia d’oro ad una lamina di stagno mediante un mordente oleo-resinoso; ritagliato poi il particolare voluto, lo si applicava sull’intonaco, talvolta potendolo anche brunire. La doratura era anche impiegata per impreziosire opere realizzate in metalli meno nobili dell’oro come il bronzo o il rame, o per porre in risalto alcune parti di manufatti in argento; fino al XIX secolo fu impiegata la tecnica ad  amalgama di mercurio.

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qualsiasi materiale, naturale artificiale o di sintesi.

durame è la parte più interna del tronco di un albero dove il legno è maturo e compatto, adatto per ricavare le  assi per le tavole destinate alla pittura perché le cellule dei tessuti legnosi non partecipano più al processo vitale. Gli estrattivi (tannini, fenoli ecc.) contenuti nel durame, del quale modificano la colorazione, possono creare qualche problema all’  imprimitura e al colore.

durezza proprietà meccanica del legno misurabile con apposite prove di laboratorio, che non coincide con la sua  durabilità.

‘dripping’ espediente tecnico per evitare l’uso del pennello per la stesura dei colori, che vengono fatti sgocciolare direttamente sul supporto.

DTA  analisi termica differenziale durabilità capacità (naturale o conferita) del legname di resistere agli organismi xilofagi come funghi e insetti. Anche resistenza nel tempo di

duttile proprietà di un materiale di essere tirato in fili sottili. Alcuni metalli come l’oro e l’argento sono molto duttili, quindi lavorabili. La duttilità in genere è associata alla malleabilità. Più in generale la duttilità è la proprietà fisica di un materiale a deformarsi sotto carico prima di giungere a rottura, quindi la capacità di subire deformazioni plastiche; è proprietà contrapposta alla fragilità.

e ‘easel painting’ voce inglese per dipinto da cavalletto.

ebano Dyospiros ebenum, pianta appartenente alla famiglia delle Ebanaceae; legno pregiato, esotico, di colore nero, molto compatto, pesante, duro e con tessitura fine. Per le sue caratteristiche trova impiego particolare per lavori fini, intarsi, impiallacciature ornamentali; di qui il termine ‘ebanista’, ovvero l’artigiano specializzato nella lavorazione dell’ebano nelle tarsie.

eburneo relativo all’  avorio.  Materiali eburnei

caniche esterne che hanno indotto le deformazioni. È contrapposta alla  plasticità. In relazione al restauro è importante che supporti diversi quali quelli tessili, le pergamene, i cuoi e le pellicole pittoriche conservino il giusto grado di elasticità in funzione di una loro corretta conservazione.

elastomero fluorurato polimero sintetico di varia formulazione che va dal ‘teflon’ (politetrafluoroetilene - PTFE), polimero compatto, fino a oli fluorurati fluidi; si ricordano anche Akeogard CO e Akeogard Stucco tra i più noti. Alcuni elastomeri fluorurati sono stati impiegati nella fermatura della patina sui marmi, stuccature e interventi di consolidamento superficiale.

EDS, EDX  spettrometria X a dispersione di energia

EDTA acido etilendiamminotetracetico; energico complessante che compone la miscela  AB57. Viene impiegato come solvente per efflorescenze saline costituite di carbonato di calcio su dipinti murali e per complessare ioni metallici bivalenti come il ferro nelle macchie ferruginose o il rame nelle macchie blu-verdastre.

elemi resina naturale oleosa prodotta da diverse piante (Canarium luzonicum, famiglia delle Burseraceae). Si trova nella formulazione delle vernici per dipinti, in funzione di plastificante, in alcune lacche e usata nella preparazione di vari colori litografici. elettroni retrodiffusi (Back Scattered Electrons,

elasticità proprietà di alcuni materiali che

BSE) o elettroni primari; nella  microscopia elettronica a scansione gli elettroni del fascio che vengono respinti dal primo spessore (circa 1 μm) della superficie di un campione indagato. In relazione alla composizione, alla fase cristallina e alla densità degli elementi investiti dal fascio incidente, si ha una risposta differenziata nella ricostruzione dell’immagine: zone più chiare corrispondono a elementi più pesanti o a fasi più compatte (reticoli cristallini, leghe metalliche ecc.), mentre zone più scure corrispondono ad elementi leggeri o fasi amorfe. Utile per evidenziare fasi a composizione diversificata per analizzarle puntualmente mediante  spettrometria X a dispersione di energia.

permette loro di riacquistare la forma originale nel momento in cui cessano le sollecitazioni mec-

embrice Filippo Baldinucci (1681) descrive gli

eddy current  correnti indotte efflorescenza cristallizzazione superficiale di sali. Le efflorescenze avvengono più frequentemente su superfici lapidee o murarie in quanto hanno una porosità che consente la migrazione superficiale di flussi di umidità che veicolano i sali in soluzione. Le efflorescenze saline, oltre che produrre danni estetici, possono alterare o disgregare le superfici stesse.

EMISSIONE DI RAGGI GAMMA INDOTTA DA PARTICELLE

embrici come “lastre di terra cotta, colle quali si cuoprono gli edifizi. Anno da’ lati una piccola sponda, la quale appunto su la commettitura dell’uno coll’altro, si copre con lastre pure di terra cotta, torte a doccia, che i Toscani chiamano, tegoli e tegolini”. Sono tegole di forma trapezoidale, “da una testa un poco più stretti, e dall’altra un poco più larghi” con una tipica conformazione a vaschetta, che, come per le gronde, ne ha favorito l’impiego come supporti pittorici tra Quattrocento e Seicento, con esempi anche nel XX secolo, adottando tecniche proprie della pittura murale; furono impiegati soprattutto per la ritrattistica e soggetti religiosi o allegorico-mitologici.

emissione di raggi gamma indotta da particelle (Particle Induced γ -Ray Emission, PIGE) tecnica di analisi spettroscopica qualitativa e semiquantitativa molto sensibile; sfrutta l’emissione indotta di raggi gamma (γ) caratteristici degli elementi presenti, causata dall’impatto con particelle cariche (protoni) accelerate. Sebbene molto sensibile e precisa nella determinazione di oligoelementi, trova tuttavia scarsa applicazione in analisi nel settore dei beni culturali a causa della scarsa diffusione delle apparecchiature e dei costi elevati delle analisi.

emissione di raggi X indotta da particelle (Particle Induced X-Ray Emission, PIXE) tecnica di analisi spettroscopica qualitativa e semiquantitativa molto sensibile; sfrutta l’emissione indotta di raggi X caratteristici degli elementi presenti, causata dall’impatto con particelle cariche (protoni) accelerate. È un’apparecchiatura molto sofisticata, costosa, ingombrante e inamovibile, che richiede operatori specializzati e prevede norme di sicurezza. Ha il pregio di essere estremamente sensibile e di eseguire analisi non invasive, a patto che sia possibile trasportare il manufatto davanti all’apparecchiatura. Presso i sotterranei del Louvre (Parigi) è attrezzato un laboratorio (AGLAE: Accelerateur Grand Louvre) appositamente adattato per l’analisi dei dipinti tramite il PIXE. È possibile rilevare gli elementi chimici di numero atomico superiore a quello del fluoro; quindi la tecnica analitica è maggiormente indirizzata all’analisi di composti o fasi inorganiche.

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emulsione dispersione di un liquido sotto forma di gocce minutissime (fase dispersa) in un altro liquido non miscibile (fase disperdente). La stabilità dipende da vari fattori quali la densità dei due liquidi e la presenza di sostanze stabilizzatrici colloidali dette emulsionanti, per esempio la gomma arabica.

encaustificazione o encaustificatura. Secondo le fonti antiche (Vitruvio nel De Architectura, I secolo a.C., e Plinio nella Naturalis Historia, I secolo d.C.), era la stesura di uno strato di cera su un intonaco o su un dipinto e la successiva lucidatura con panni di lino; l’operazione era compiuta con finalità estetiche per conferire ai dipinti murali brillantezza (ottenuta anche con l’arrotatura dell’intonaco ancora fresco), e a scopo protettivo. Trova corrispondenza nella ‘kausis’ vitruviana; da non confondere con la pittura a  encausto. encausto tecnica pittorica che si basa sull’impiego della cera applicata a caldo come legante del colore. Conosciuta in antico, è descritta da Plinio, che distingue la pittura a cera dall’  encaustificazione. La tecnica fu impiegata su supporti lignei e tessili e apprezzata per la buona resistenza alle variazioni igrometriche. L’encausto fu scoperto, studiato e nuovamente utilizzato dal Settecento in avanti sia come tecnica pittorica che nel restauro dei dipinti. endoscopia tecnica per l’osservazione di zone difficilmente accessibili mediante sonde a  fibre ottiche. Usata per l’osservazione di cavità, di recessi di sculture in bronzo, di ceramiche e di oggetti archeologici, oltre che all’interno di sondaggi in murature. Le fibre ottiche convogliano sia la radiazione illuminante che l’immagine riflessa. enzima polipeptide avente funzione di catalizzatore biologico altamente specifico. Ogni enzima è capace di operare su un substrato specifico, in ambienti definiti (pH, temperatura) e di apportare delle trasformazioni uniche; come esempi si possono citare la lipasi, enzima che scinde i grassi, la amilasi, enzima che scinde l’amido, e la proteasi che scinde i materiali proteici. In campo conservativo sono state tentate applicazioni di puliture

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di tipo enzimatico per la rimozione di strati e di ridipinture, sfruttando la selettività di azione degli enzimi.

equilibrio cromatico si intende l’armonica calibratura tonale o dei valori cromatici di un dipinto che, nell’ambito di un restauro, può essere recuperata tramite un’accorta operazione di pulitura che valuti correttamente e rispetti le naturali alterazioni e la patina della superficie pittorica. ermetico impenetrabile, a tenuta stagna. Il lemma ha una derivazione alchemica riferita al dio Mercurio (in greco ‘Hermes’), ma è anche riferito alle opere iniziatiche e filosofiche di Ermete Trismegisto. erosione a cratere forma di degrado del vetro attaccato da alghe e licheni che trovano nei vetri potassici contenenti fosfati un terreno di coltura idoneo. Producono erosioni a forma di cratere. erosione ad anello fenomeno di degrado del vetro che si forma in corrispondenza dei punti deboli della fusione raffreddata, dove sono presenti bolle o fratture preesistenti. Al centro è visibile un punto scuro da cui si diramano cerchi concentrici coperti da una sottile pellicola di vetro che tende a craterizzarsi. esfoliazione termine codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88, come fenomeno di degrado che si manifesta con sollevamento seguito da distacco, di uno o più sottili strati superficiali paralleli tra loro (sfoglia). Le singole sfoglie hanno spessore uniforme, generalmente dell’ordine di qualche millimetro. Sono costituite da materiale sia apparentemente integro che alterato. Nel caso di dipinti murali e intonaci consiste nel sollevamento di lamelle di colore o di lamelle superficiali; nelle ceramiche esposte all’aperto è fenomeno dovuto alla pressione esercitata dall’acqua contenuta nell’impasto con il variare della temperatura. Il corrispondente termine inglese ‘exfoliation’ è stato definito nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008) come sottotipo della ‘delamination’.

ESTRAZIONE

essenza sinonimo di olio essenziale; soluzione di olio essenziale in alcol. Fra le più frequenti, l’essenza di trementina (frazione terpenica leggera della distillazione di resine di conifere) usata per facilitare l’essiccazione dei colori a olio che può favorire il formarsi di screpolature sulla superficie pittorica; l’essenza di petrolio (incolore quasi come l’acqua, impiegata nella preparazione delle vernici); l’essenza di spigo (monoterpene e distillato in corrente di vapore da lavanda: se unita ad alcune gocce di ammoniaca diventa un ottimo solvente per la pulitura delle superfici lignee).

essiccamento processo di compattazione dei materiali dovuto sia a perdite di fluidi dal corpo del materiale, sia a reazioni chimiche ( olio, polimeri termoindurenti). Spesso il lemma è utilizzato impropriamente per indicare perdita di acqua, più propriamente anidrificazione o  disidratazione. Il processo provoca contrazioni, talvolta anche deformazioni e crettature, fino a causare rotture.

essudato materiale che si accumula nei tessuti adiacenti le cellule viventi che lo hanno prodotto. Sono altresì prodotti dell’essudazione delle piante (gomme, resine), ma anche liquidi prodotti da ferite o da attacchi biologici sulle piante. Nel campo del restauro e delle tecniche artistiche gli essudati vegetali hanno rivestito un ruolo importante prima dell’avvento dei processi di sintesi. estrattista con il termine diffuso nel lessico storico del restauro si indicavano gli operatori specializzati nel trasferimento di un dipinto su un supporto diverso da quello originale mediante operazioni di  stacco o  strappo.

estrattivi vari tipi di molecole organiche (terpeni, fenoli, tannini, composti azotati, acidi grassi, fosfati, ossalati ecc.) presenti a vario titolo nelle specie legnose vive. Si possono modificare durante la  stagionatura. Sono responsabili di odore, colore, resistenza agli attacchi di funghi e insetti, tra i pregi, ma anche delle difficoltà di verniciatura e incollaggio e di tendenza a corrodere i supporti metallici.

estrazione in ambito analitico si intende il trat-

ETERE

tamento di un campione o di una superficie finalizzato alla ripartizione di molecole o ioni presenti mediante  solventi opportuni che ne determinino la solubilizzazione.

etere sostanza chimica ottenuta dalla condensazione di due molecole di  alcool. Gli eteri sono molto volatili, infiammabili e immiscibili con acqua; hanno spiccato potere solvente sui grassi. Nella terminologia merceologica, classe di solventi idrocarburici ottenuti dal petrolio, di bassissima polarità, come l’etere di petrolio.

eterogeneità in ambito artistico l’eterogeneità può alludere alla diversa natura fisica o chimica dei materiali costitutivi di un’opera; nel caso dei manufatti polimaterici prodotti dall’arte contem-

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poranea, essa può rendere difficile la loro conservazione.

evaporazione passaggio di fase dallo stato liquido allo stato di vapore; diversamente dall’ebollizione, è un fenomeno superficiale, indipendente dalla temperatura. La velocità di evaporazione di un solvente è un parametro importante ai fini dell’impiego di questi prodotti negli interventi di pulitura. Una troppo rapida evaporazione del solvente impedisce una completa azione di solubilizzazione e può comportare effetti indesiderati come il  bloom; d’altra parte, tempi lenti di evaporazione favoriscono la penetrazione del solvente nel substrato con problemi di ritenzione, oltre a una prolungata azione di solubilizzazione che potrebbe rivelarsi dannosa.

f faenza materiale ceramico a impasto poroso, colorato, spesso decorato con l’applicazione di un rivestimento (da cui i lemmi ‘faenza ingobbiata’, ‘faenza con vetrina’, ‘faenza smaltata’). Può essere indicata con il termine francese  faience, da non confondere con le faiances antiche, di scavo archeologico.

prodotta imitando lo stile di un dato artista, o riproducendone un lavoro, che si vuol far passare per autografa in modo fraudolento e a fini commerciali. La produzione di falsi ha storia molto antica che si lega all’evoluzione del gusto, al persistere di determinate iconografie, alla riproposizione di tecniche non più in uso e alle esigenze del mercato antiquario.

faggio specie arborea delle Fagaceae; il legno ha caratteristiche di porosità diffusa, durezza e resistenza. In ambito artistico venne impiegato, specialmente nel nord Europa, per supporti destinati alla pittura.

faïence o faience. Deriva dal nome francese della città di Faenza famosa in epoca rinascimentale per la produzione artistica e artigianale della ceramica  ‘faenza’; solitamente il termine indica la maiolica, caratterizzata da una vetrina di rivestimento a base di stagno (stannifera). In archeologia il lemma è usato nell’accezione di ceramica smaltata, ovvero materiale ceramico non argilloso invetriato, costituito da quarzo o sabbia mescolato a ossidi di sodio, potassio, calcio, magnesio e/o rame. Amuleti, gioielli, pendenti, spesso di colorazione blu a simulazione di pietre dure, erano diffusi in Egitto e nel Vicino Oriente (‘Egyptian faience’).

falcatura tipo di deformazione del supporto ligneo dei dipinti che si manifesta con la curvatura in forma di falce delle assi della tavola; si deve a variazione del tasso di umidità del legno e altre anomalie come l’irregolarità della fibratura.

falso fresco lemma che indica una pittura murale eseguita su intonaco in fase di avanzata carbonatazione, quindi ancora non del tutto asciutto, ma neanche completamente fresco; l’applicazione dei colori avviene previa diluzione in  acqua di calce, funzionale a favorire l’adesione dei pigmenti. Diversamente dal  ‘buon fresco’, l’effetto finale è la sovrapposizione dello strato pittorico sull’intonachino dal quale è possibile distinguerlo in sezione stratigrafica. farina fossile silice (biossido di silicio) idrata di origine organogena che forma depositi prodotti dall’accumulo di diatomee (organismi a guscio siliceo) in antichi bacini lacustri. Può essere ridotta in polveri finissime per macinazione e viene impiegata come agente filtrante per purificare oli e cere, come carica inerte per altri pigmenti e per la preparazione di lacche.

falce tipo di  raschiatoio usato nel XIX secolo (per esempio dal restauratore fiorentino Gaetano Bianchi) per rimuovere gli  scialbi dagli affreschi.

fenditura frattura longitudinale che si produce nel supporto di un dipinto; ha origine da una cattiva stagionatura del legno, ma può essere anche conseguenza del distacco delle assi che lo costituiscono. Come forma di assestamento del legno può apparire accettabile ed essere trattata con una integrazione a campitura. Le fenditure interessano anche le sculture lignee, lapidee e in stucco e gli intonaci in fase di assestamento.

falso in ambito artistico il falso è un’opera

fermatura intervento localizzato inteso a ovviare

FERRO

nel caso di dipinti su tela o tavola, a un fenomeno di perdita di adesione del colore che si sia separato dalla preparazione; il ripristino avviene con l’iniezione di un adesivo nel punto critico.

ferro è il più importante fra i metalli di uso industriale; in lega con il carbonio (tra il 2 e il 5%) prende il nome di  ghisa, tra l’1 e il 2% si hanno gli  acciai; ha ottime proprietà meccaniche, ma scarsa malleabilità e tempi brevi di lavorazione dovuti alla necessità di forgiarlo quando è incandescente. Dall’antichità venne impiegato per armi e utensili; in seguito per cancellate o grate e lampade, spesso di notevole pregio artistico. Il ferro ha colore grigio-argenteo ed è soggetto a rapidi e notevoli processi di corrosione ( arrugginire), dovuti all’azione degli agenti atmosferici, e particolarmente dell’umidità, che alterano la superficie e la struttura dei manufatti e risultano irreversibili. Si può proteggere con operazioni di stagnatura, zincatura o con vernici che sono a loro volta deperibili e vanno rinnovate.

ferro caldo strumento con cui si eseguono stirature, impiegato nella tecnica del restauro fin dall’Ottocento; il suo uso è descritto da Giovanni Secco Suardo (ed. 1866 e 1894) in relazione alla  foderatura di dipinti su tela; la stiratura con ferro “assai moderatamente caldo” è ritenuta “necessaria” per fare aderire meglio la nuova tela alla vecchia. Lo strumento si usa altresì nella rimozione di depositi di cera su dipinti murali.

fessura o fessurazione; piccola spaccatura che si forma su superfici lapidee, lignee ecc.; può essere conseguente a movimenti di assestamento dei materiali, o dovuta all’esposizione dei manufatti in ambiente esterno, ovvero alla mancanza di manutenzione; le fessure danno l’avvio a ulteriori e più vasti fenomeni di degrado con alterazioni fisiche (vere e proprie fratture), chimiche e biologiche (per infestazione di microflora). ‘feticismo del frammento’ bisogno interiore di ricerca e recupero di parti anche frammentarie di dipinti e affreschi, sviluppatosi nel XX secolo in seguito alla rinnovata fortuna dei primitivi. L’espressione indica il gusto dei collezionisti anglosassoni

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e più generalmente stranieri stabilitisi in Italia; si devono ai loro restauratori di fiducia le prime grandi operazioni di  descialbo di intere pareti alla ricerca di frammenti, purché primitivi. Esemplare l’intervento eseguito a Firenze nella chiesa del Carmine alla ricerca della Sagra di Masaccio descritta dalle fonti, ma effettivamente perduta.

‘feticizzare’ atteggiamento nei confronti del manufatto artistico o del reperto archeologico che viene considerato e ‘trattato’ come simbolo di una cultura perduta, diventandone il feticcio. Si associa a interventi conservativi che possono essere decontestualizzanti ( ‘ruderizzazione’).

fibra prodotto di origine naturale, artificiale o sintetica che, mediante la filatura e tessitura, può essere trasformato in filato e quindi in tessuto. Per quanto concerne l’ambito artistico, se ne ricavano tele per la pittura,  arazzi, stendardi, paramenti e  tappeti. Fra le fibre naturali si annoverano quelle vegetali (cotone, lino, canapa) composte da polimeri cellulosici, animali (lana e seta), polimeri proteici e minerali (oro, argento, rame) che non sono propriamente fibre, ma essendo trasformabili in strette lamine avvolgibili a spirale sui filati, si possono utilizzare come materiali tessili specie nella lavorazione degli arazzi. Alle fibre artificiali (derivanti da sostanze presenti in natura) appartengono la viscosa e la  fibra di vetro; alle fibre sintetiche, prodotte mediante processi di polimerizzazione, appartengono rayon, nylon, orlon, dacron e altri poliesteri. Nell’ambito del restauro trovano applicazione sia la fibra di vetro trattata con resina, come nuovo supporto per affreschi staccati leggero e stabile agli agenti atmosferici, sia il dacron per effettuare foderature di dipinti con resine sintetiche ( BEVA®, acriliche). fibra di vetro materiale prodotto dall’industria chimica che trova applicazioni anche nel restauro, per esempio nella realizzazione di supporti in  vetroresina, neutri rispetto alle sollecitazioni esterne, oppure anche sotto forma di minuscoli pennelli usati nelle puliture per  abrasione di superfici dure (statuaria, affreschi).

fibra ottica mezzo trasparente a determinate

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regioni dello spettro elettromagnetico. In genere piuttosto flessibile, permette di direzionare o convogliare le radiazioni dalla  sorgente o superficie indagata verso il  rivelatore. Fibre ottiche trasparenti alla radiazione visibile dello spettro elettromagnetico sono impiegate per particolari illuminazioni di vetrine espositive. Le fibre ottiche possono venire impiegate nella spettroscopia di riflettanza (Fiber Optics Reflectance Spectroscopy - FORS) dove, grazie al loro uso, è possibile inviare la radiazione elettromagnetica dalla sorgente dello strumento (spettrofotometro) alla zona dell’oggetto investigata e, sempre mediante fibre ottiche, riprenderne la componente riflessa e portarla al detector dello spettrofotometro per la sua registrazione. In questo modo è possibile effettuare misure spettroscopiche su opere d’arte in maniera non invasiva.

fibratura lemma utilizzato nell’accezione di  marezzatura o venatura di marmi, legni o tessuti. fibre miste fibre tessili prodotte dall’industria utilizzate come supporto nel restauro dei tessili, come il cotone poliestere, resistente, stabile e leggero.

fiele di bue o bile bovina. Sostanza liquida, più o meno densa, vischiosa, prodotto di secrezione delle cellule epatiche bovine. Sottoposta a depurazione e decolorazione, è stata usata in qualità di tensioattivo anionico nelle tecniche pittoriche e miscelata a soluzioni acquose per interventi di pulitura su superfici grasse o untuose. È stata inoltre impiegata come mordente nel processo di doratura a missione in unione alla gomma arabica.

filigrana o marca. Filo di rame, modellato in maniera da formare un’immagine, un segno o una lettera, cucito nel piano filtrante di un telaio impiegato nella fabbricazione della carta. Questa cucitura rappresentava il marchio di fabbrica della cartiera ed è elemento importantissimo per la datazione. La filigrana è una tecnica orafa che consiste nell’intrecciare sottili fili di metalli preziosi formando disegni e arabeschi decorativi. Nell’oreficeria gotico-rinascimentale smalti cloisonné si trovano spesso inseriti in alveoli di filigrana.

FISSAGGIO

film, film pittorico sinonimo in uso per  pellicola pittorica costituito da stesure di colori che si sovrappongono e aderiscono alla preparazione. Il lemma film è usato anche nell’ambito della tecnica pittorica, per indicare lo strato protettivo finale, e nel campo del restauro come stesura finale di sostanze protettive; ad esempio, nel caso di una tavola dipinta per ridurre la velocità di scambio fra legno e ambiente rendendo più stabile il supporto, si applica sul retro una miscela di cera vergine, paraffina e colofonia, o di resina acrilica  Paraloid B72 diluita. filmogeno proprietà di una sostanza di formare pellicole continue (film); è un requisito fondamentale perché una sostanza naturale, artificiale o di sintesi possa essere impiegata come legante pittorico (film pittorico) o come protettivo (film protettivo).

filo a piombo o piombo, piombino. Strumento utilizzato in edilizia per verificare la verticale; nell’ambito delle tecniche di scultura è impiegato nel processo di trasposizione delle misure dal modello al marmo. filtro ottico mezzo ottico (solido, liquido o gassoso) impiegato principalmente nelle tecniche fotografiche, che assorbe o riflette parte della radiazione incidente così che la radiazione trasmessa è della qualità spettrale desiderata. Il filtro ottico può essere realizzato in materiale plastico, vetroso, gelatinoso ecc. finitura operazione conclusiva nella realizzazione di un manufatto artistico che può essere costituita, a seconda dei materiali, dalla verniciatura o dalla stesura di sostanze protettive (cere, resine ecc.), dalla politura, levigatura, lucidatura ecc. Può essere sinonimo di  intonachino. FIR  infrarosso lontano fissaggio lemma in uso nell’Ottocento nel contesto del trasporto di dipinti su tela e della loro riapplicazione su un nuovo supporto. Oggi si intende un intervento di fermatura e riadesione di piccoli distacchi di pellicola pittorica attuato per mezzo di  adesivi.

ABBINAMENTO - ABBUONO

fissativo nel restauro è una miscela di solvente e sostanze adesive che esercitano una azione di fissaggio di sconnessioni o distacchi di modesta entità. Nell’ambito della tecnica pittorica si intende generalmente una soluzione di gommalacca in alcol che fissa e protegge colori ad acquerello, pastelli, carboncini; si applica a spruzzo o a pennello; può essere nebulizzata.

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ralmente, queste fluorescenze aumentano d’intensità con il procedere dell’invecchiamento delle sostanze stesse. Alcuni esempi di applicazione del metodo nello studio di oggetti artistici sono: il colore di fluorescenza del  bianco di zinco (giallo) rispetto a quello del  bianco di titanio (non fluorescente, quindi nero); la fluorescenza tipica di materiali proteici superficiali, vernici o ritocchi; la caratteristica fluorescenza rossa della lacca di robbia.

flessibilità  elasticità fluosilicati sostanze di origine inorganica utifluorescenza decadimento radiativo di una molecola eccitata a un livello quantico di minore energia, con emissione di radiazioni elettromagnetiche di  lunghezza d’onda maggiore (o uguale) a quella delle radiazioni eccitanti. Diversamente dalla  fosforescenza, l’emissione di radiazione si interrompe al cessare dell’eccitazione. Tale proprietà è alla base di diversi tipi di tecniche diagnostiche, fra cui la  fluorescenza di raggi X e la  fluorescenza ultravioletta. In campo artistico solitamente gli strati più esterni di dipinti emettono per fluorescenza, specie nel caso di vernici protettive e strati pittorici contenenti leganti e materiali coloranti fluorescenti come il  bianco di zinco e la lacca di  garanza.

fluorescenza di raggi X (X-Ray Fluorescence, XRF) tecnica di analisi spettroscopica qualitativa e semiquantitativa che sfrutta l’emissione caratteristica di raggi X degli elementi investigati; essa è indotta dall’interazione di radiazioni X di alta energia incidenti sulla superficie da analizzare. Può essere resa portatile così da divenire una tecnica di  analisi non invasiva ed essere utilizzata direttamente sul manufatto. fluorescenza ultravioletta metodo diagnostico che si basa sul fenomeno superficiale di emissione di radiazione visibile da parte di raggruppamenti detti  cromofori indotta da irraggiamento con raggi ultravioletti. Tra le sorgenti ultraviolette più comunemente usate va ricordata la  lampada di Wood. Il fenomeno della fluorescenza ultravioletta riguarda prevalentemente i materiali organici e, in alcuni casi, quelli inorganici. I materiali fluorescenti possono dare risposte diverse (fluorescenze colorate) secondo la loro natura chimica e, gene-

lizzate per ‘indurire’ la pietra; i fluosilicati di zinco e magnesio furono usati a partire dal XIX secolo per il consolidamento della pietra, in particolare la  arenaria. Non adatti al marmo, vennero tuttavia largamente impiegati per consolidare superfici architettoniche – ma anche opere d’arte –, fino agli anni Sessanta del Novecento quando ancora non era del tutto nota e valutata sotto il profilo chimico l’interazione negativa fra i fluosilicati ed i supporti. Possono provocare sbiancamenti superficiali dovuti a concrezioni di fluoruri di calcio e magnesio e alterazioni cromatiche.

foderatura o  rintelatura; è il più diffuso intervento di consolidamento di un supporto pittorico in tela; consiste nell’applicare a tergo di un dipinto una o più tele di rinforzo tramite un adesivo che ‘impregna’ il vecchio supporto e al tempo stesso ripristina o rinforza l’adesione della preparazione e della pellicola pittorica (queste operazioni oggi si effettuano separatamente). Esistono vari metodi di foderatura: a colla (il più antico e diffuso), a pasta, cera, a  tavola calda, quest’ultimo introdotto per eliminare gli inconvenienti causati dall’uso del ferro da stiro.

foglia sottilissima lamina, in cui anticamente si riducevano l’oro, l’argento e lo stagno, da applicare su tavole dipinte o su affreschi. La battitura della foglia era compiuta dal  battiloro che otteneva, nel caso dell’oro, spessori anche di 0,001 mm che rendevano più facile la sua applicazione e limitavano le spese per la doratura.

fondente sostanza capace di abbassare la temperatura di fusione. Per le leghe metalliche a base di rame, l’uso di antimonio, piombo, bismuto,

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contribuiva a ottenere temperature di fusione inferiori; nei vetri e negli smalti ceramici, ossidi di piombo, borace, carbonato di sodio e carbonato di potassio sortivano lo stesso effetto.

fonti insieme dei testi manoscritti, a stampa, figurativi, iconografici, orali, da cui si ricavano notizie utili a ricostruire la storia di un manufatto. In relazione al restauro, l’analisi delle fonti è utile a percorrere la storia conservativa e tecnica di un’opera, e di conseguenza a valutare correttamente il tipo di intervento da compiere.

forgiatura tecnica di lavorazione a caldo dei metalli, in particolare del ferro che può essere plasmato per mezzo di battitura solo quando è incandescente. forma o cavo, è l’impronta che si crea nel gesso che viene applicato sul modello definitivo di una scultura o di un rilievo; gettando ( getto) l’impronta si ricava il modello in gesso; per mezzo del sistema detto dei ‘punti’ questo viene trasposto sul blocco di marmo nel quale sarà realizzata l’opera. formaldeide (aldeide formica). La più semplice delle aldeidi alifatiche, detta anche metanale. Prodotto gassoso, facilmente solubile in acqua, la soluzione al 37% è conosciuta come  formalina. Usata per la produzione di resine fenoliche e con urea nelle colle per i pannelli di  truciolato.

formalina soluzione acquosa al 37% di formaldeide. Potente battericida e agente anti-putrefazione, ha proprietà conservanti per i tessuti viventi, animali e vegetali. È usata come liquido di conservazione di parti anatomiche umane, animali, e vegetali di numerose collezioni e musei scientifici e anatomici. È un liquido di fortemente sospetta azione cancerogena.

formare in relazione alle tecniche di riproduzione di manufatti lapidei, plastici e di metallo, si intende la realizzazione tramite gesso di forme in negativo da cui trarre copie. fornace impianto in muratura che serve per la

FOSFORESCENZA

cottura di calcari, gesso, impasti in argilla (mattoni, tegole, materiali ceramici, vetro ecc.).

forno impianto nel quale per mezzo di combustione (oggi per trasformazione di corrente elettrica o altri mezzi) si produceva calore che, a temperature stabilite e per il tempo necessario, determinava trasformazioni chimico-fisiche, per esempio dei manufatti argillosi (cottura della ceramica), o processi di fusione (metallurgia e preparazione del vetro). L’atmosfera all’interno del forno (ossidante o riducente) contribuiva alla colorazione finale dei prodotti ceramici e dei rispettivi rivestimenti.

foro di sfarfallamento piccoli fori che rappresentano l’uscita delle gallerie scavate nel legno dalle larve di insetti xilofagi che, completato il loro ciclo biologico, escono fuori (sfarfallano) in forma di insetto adulto. FORS acronimo di Fiber Optics Reflectance Spectroscopy (spettroscopia di riflettanza a fibre ottiche). Tecnica di indagine non invasiva che permette di eseguire misure su oggetti mobili e non, utilizzando un sistema a  fibre ottiche, per l’identificazione dei pigmenti, l’analisi del colore e delle sue modificazioni; può essere infatti impiegata anche come tecnica di monitoraggio degli effetti di interventi di pulitura. Grazie alla collaborazione fra l’Istituto IFAC-CNR di Firenze e l’Opificio delle Pietre Dure è stato realizzato a partire dal 1994 un database di spettri di riflettanza su campioni di materiali pittorici caratterizzati anche in spettroscopia infrarossa, allo scopo di disporre di una collezione di spettri di riferimento a supporto dell’identificazione degli stessi materiali su campioni reali. forza tingente (‘tinting strength’) esprime la capacità di una sostanza colorante (coloranti e pigmenti) di impartire il colore a un substrato o a un inerte. Sinonimo di potere tintorio.

fosforescenza decadimento radiativo caratteristico di alcune sostanze chimiche che emettono radiazioni elettromagnetiche a seguito di eccitazione elettronica, passando da uno stato eccitato a un

FOTOCHIMICO

livello quantico di minore energia. Differisce dalla  fluorescenza perché l’emissione di radiazione non si interrompe al cessare dell’eccitazione, in conseguenza della diversa natura degli stati elettronici coinvolti nelle transizioni energetiche responsabili dell’emissione di radiazione (per cui la fosforescenza è definita come decadimento radiativo fra stati elettronici di diversa molteplicità). Nei dizionari di merceologia il solfuro di zinco precipitato è ricordato per la preparazione di pigmenti fosforescenti.

fotochimico aggettivo relativo alla reattività chimica indotta o catalizzata dall’assorbimento di radiazioni elettromagnetiche nel  visibile o in  ultravioletto. Le reazioni fotochimiche sono di diverso tipo: ossidoriduzioni, depolimerizzazioni, sintesi e altre.

fotodegradazione eccitazione di un sistema elettronico per mezzo della luce determinante una trasformazione dinamica interna alla struttura delle sostanze. Nel caso specifico di tessili e coloranti, la fotodegradazione causa un’alterazione o un affievolimento dei colori. Alcuni processi di fotodegradazione noti sono la  fotolisi, la fotoossidazione e la fotosensibilizzazione.

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fotolisi processo di fotodegradazione consistente nella decomposizione di una sostanza chimica per azione della radiazione luminosa; comporta la scissione di legami chimici.

fotomontaggio tecnica di manipolazione della fotografia simile al  collage; si dice diretta quando le foto vengono ritagliate e incollate sulla superficie, indiretta quando si lavora sui negativi. fotone è il  quanto d’energia, cioè l’unità d’energia, elettromagnetica associata a una specifica frequenza (o  lunghezza d’onda) d’emissione. Il fotone è l’unità elementare, priva di carica elettrica e di massa, che si propaga esattamente alla velocità della luce; trasporta l’energia elettromagnetica.

fotosensibile dicesi di materiale, composto o molecola che reagisce quando è investito da  fotoni luminosi della regione compresa dal vicino ultravioletto al vicino infrarosso. Le emulsioni fotosensibili sono state usate per pellicole, lastre e carte fotografiche ( fotografia). Aggettivo per definire materiali che si alterano con una prolungata esposizione alla luce, ad es. inchiostri, arazzi, acquerelli, tessuti.

fotosintesi reazione biochimica che, attraverso fotografia disciplina di acquisizione e registrazione di immagini attraverso apparecchiature ottiche. Può intendersi anche come il risultato della tecnica fotografica, comprendente qualsiasi immagine osservabile per riflessione (stampa) o per trasmissione (diapositiva) ottenuta tramite un processo fotochimico o registrata e riprodotta con mezzi elettronici (fotografia digitale). Oggetto composito costituito da materiali di origine organica e inorganica; carta, nitrato di cellulosa (commercializzato come celluloide), poliesteri, vetro e materie plastiche sono impiegati come supporti; gelatina e collodio come leganti.

fotogrammetria restituzione stereoscopica di un oggetto tridimensionale o di una superficie non piana. Si basa sulla ricostruzione binoculare dell’oggetto osservato da due posizioni contigue. Usata in campo archeologico ma anche per la registrazione delle deformazioni di una superficie dipinta.

una reazione enzimatica promossa dall’energia solare, fa reagire anidride carbonica e acqua per la sintesi di carboidrati, sostanze organiche essenziali a funzioni cellulari fondamentali quali quelle del metabolismo e della respirazione. Nella fotosintesi clorofilliana le piante, tramite i cloroplasti (centri dove risiede la  clorofilla), sintetizzano zuccheri emettendo ossigeno gassoso come sottoprodotto.

fototrofo organismo vivente che trae le proprie fonti di nutrimento tramite la  fotosintesi. Nel settore della conservazione, quando sono compresenti delle situazioni di alta umidità e illuminazione, tendono a formarsi delle infestazioni di organismi fototrofi (alghe, muschi) che chiazzano di verde le superfici di edifici, scavi archeologici, ambienti ipogei. foxing alterazione cromatica di supporti cartacei contenenti residui di ferro, che si manifesta con

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FUSIONE A STAFFA

macchie e puntinature, di estensione varia e caratteristica pigmentazione bruno-rossastra. È il prodotto di fenomeni di alterazione chimica, cui non si esclude il contributo di una componente biotica (attacchi fungini e batterici) e/o un effetto di alti tassi dell’umidità relativa ambientale.

fuliggine o nero fumo. Residuo di sostanze incombuste accumulato sulle pareti dei camini, costituito prevalentemente da carbone puro, molto fine e leggero; un pigmento nero con buon potere coprente si ricava dai fumi della combustione di legna resinosa.

frattazzo o fratazzo, pallettone, spianatoio. Ta-

fumigazione si utilizza nel processo di disinfe-

voletta di legno munita di un’impugnatura centrale che ne consente la manipolazione, usata per pressare e spianare un intonaco steso a cazzuola.

stazione sottoponendo gli oggetti, preferibilmente posti sotto vuoto, a gas come il  bromuro di metile, velenosi per gli agenti infestanti.

frequenza (ν) numero di eventi per unità di

fungicida sostanza chimica biotossica, come la

tempo. Generalmente indica un parametro delle radiazioni elettromagnetiche, precisamente il numero di oscillazioni per secondo. L’unità di misura con cui si esprime è l’Hertz (sec-1). L’energia associata è direttamente proporzionale: maggiore è la frequenza, maggiore la quantità di energia.

formaldeide o il timolo, impiegata per eliminare lo sviluppo di funghi su manufatti artistici costituiti di vari materiali.

friabilità proprietà di alcuni materiali e minerali di disaggregarsi. Stato di degrado dei  materiali ceramici consistente in una tendenza alla polverizzazione dei margini delle lacune e dei frammenti.

fritta o blu egiziano, fritta d’Alessandria. Materia azzurra cotta in forno, polverizzata come pigmento ( blu egiziano) e usata nella decorazione della ceramica. Cipriano Piccolpasso, ne Li tre libri dell’arte del vasaio (1548) cita diverse fritte, materiali vetrificati che, macinati, servivano per ottenere smalti colorati. ‘frottis’ impasto leggero; si usa in contrapposizione all’espressione ‘pittura a corpo’ per la pittura a olio.

FT-IR acronimo di spettro-Fotometria Infrarossa a Trasformata veloce di Fourier; per la generazione dello spettro IR della sostanza lo strumento non utilizza un reticolo di diffrazione ma un interferometro; applicando la funzione matematica “trasformata di Fourier”, un calcolatore permette di ottenere lo spettro infrarosso. La FT-IR garantisce prestazioni più elevate, elevata disponibilità di energia che si traduce in un rapporto segnale/rumore nettamente migliore rispetto alla classica spettroscopia infrarossa. Inoltre i tempi di analisi risultano sensibilmente ridotti.

fungo microorganismo che solitamente si sviluppa in seguito a umidità e attacca principalmente la tela, la carta, le superfici lapidee naturali e artificiali; forma colonie di colore nero, verdastro o giallo preferibilmente in presenza di colle e sulle parti dipinte che quindi si alterano. Studi micologici hanno dimostrato la grande capacità di adattamento delle specie fungine a diversi microclimi, confermandone la dannosità per diverse tipologie di manufatti artistici.

fusione passaggio di stato da solido a fluido per mezzo di fornitura di calore. Processo di ottenimento dei metalli allo stato liquido mediante una fonte di calore. Può essere ottenuta con il metodo diretto e indiretto, o a tasselli. Nel primo caso la modellazione della cera viene eseguita direttamente sull’  anima di argilla, a sua volta sostenuta da un’armatura interna in ferro, dello spessore di cui si vuole ottenere il bronzo. Nella tecnica indiretta si impiegano calchi in gesso del modello originale che, rimanendo integro, può essere riprodotto in modo seriale. La fusione delle cere, che solitamente hanno punti di fusione relativamente bassi, è trattamento preliminare indispensabile per la loro applicazione a caldo.

fusione a staffa tecnica che consiste nel realizzare una controforma del modello originale immergendolo in una cassa metallica (staffa) che conteneva un impasto di sabbia e argilla.

g galleria sinonimo di foro di sfarfallamento degli

gascromatografia (gas chromatography, GC)

insetti xilofagi nel legno;  camminamento

tecnica di separazione analitica che utilizza una fase stazionaria (la colonna di separazione) e un eluente gassoso inerte; indicata per analisi qualitativa e quantitativa di sostanze organiche vaporizzabili eluite mediante un gradiente di temperatura. Nelle analisi applicate agli oggetti di interesse storico-artistico, la tecnica è molto indicata per l’identificazione precisa delle sostanze organiche impiegate come leganti, vernici, adesivi, protettivi ecc.

galvanizzazione metodo che ostacola il fenomeno della corrosione nei manufatti metallici; consiste nel ricoprirli di uno strato di zinco sia col sistema a caldo, immergendo l’oggetto in un bagno di zinco fuso, sia a freddo con deposizione elettrolitica. gambogia colorante organico vegetale noto anche con il nome di gommagutta; usato in area fiamminga ha una tonalità ambrata. Fu impiegato nella tecnica a olio e a tempera e in miscela con le lacche per le velature. gammagrafia metodo di restituzione fotografica su lastra o pellicola della permeabilità ai raggi γ di uno spessore di materia particolarmente densa, quali manufatti ceramici o metalli; la gammagrafia si differenzia dalla radiografia perché utilizza sorgenti di radiazioni più energetiche. ‘ganosis’ secondo le fonti era un trattamento a cera delle superfici marmoree e delle terrecotte praticato in epoca classica. La colorazione e la protezione delle statue è attestata nel mondo romano con il termine ‘circumlitio’, corrispondente al greco ‘agalmaton enkausis’, da cui gli ‘agalmaton enkaustai’, ovvero artisti specializzati nell’esecuzione di queste finiture.

garanza pianta erbacea della Rubiaceae, nota anche come robbia, dalle cui radici si estraeva in passato il principio colorante corrispondente all’  alizarina. Per reazione chimica e precipitazione con allume se ne ottiene una lacca di colore rosso-viola. Impiegata sin dall’antichità, è stata usata come sostitutiva della porpora e nell’arte della miniatura, mescolata ad altri pigmenti.

gattice specie arborea (Populus alba) della famiglia del  pioppo. Molto usato in Italia fin dal Medioevo per ricavare supporti per dipinti su tavola.

GC  gascromatografia gel forma di aggregazione della materia allo stato colloidale. Il gel è uno stato di fluido condensato elastico. È una fase solida dispersa in un liquido, può fluidificare passando allo stato di  ‘sol’ o solidificare per perdita del liquido. Può avere natura sia organica (proteine, polimeri sintetici) o inorganica (silice, argille).

gelatina sostanza colloide di origine animale (ottenuta dal collagene separato dalla pelle e dalle ossa degli animali o dalla vescica natatoria di vari pesci), oppure vegetale (estratta da radici, tuberi, semi).

gel di silice biossido di silicio amorfo, incolore, con una struttura porosa che gli conferisce un’ampia superficie di assorbimento del vapore acqueo, tanto da essere utilizzato come materiale chimicamente inerte per il condizionamento passivo dell’umidità relativa all’interno di teche e vetrine espositive o di imballaggi di trasporto delle opere

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d’arte. Dopo una fase di precondizionamento all’umidità relativa desiderata, funge da stabilizzatore mantenendo l’umidità relativa a un valore pressoché costante. Molto impiegato anche in laboratorio soprattutto nell’essiccamento di campioni e provini e per l’esecuzione di prove a umidità controllata, viene comunemente rigenerato per esposizione in forno areato a 100 °C. Trova impiego anche come supportante nelle operazioni di pulitura.

gelificazione processo tipico delle sostanze colloidali che passano da uno stato di  ‘sol’, più fluido, a quello di  ‘gel’, più compatto. Anche meccanismo col quale un adesivo colloidale di origine animale, dallo stato fluido di una soluzione calda tende ad indurire per raffreddamento. La formazione del gel provoca una solidificazione apparente perché discrete quantità di acqua restano contenute nella colla. Il processo può essere ostacolato dalla presenza di sali. gessetto da sarti secondo Filippo Baldinucci (1681), il gessetto da sarti serviva ai pittori per tracciare il disegno sulla tela preparata a gesso, e per “fare i chiari” nei disegni a matita rossa o nera su carta colorata. gesso solfato di calcio biidrato; correntemente si intende sia il minerale (gesso) che i prodotti derivati per riscaldamento. Le diverse temperature di cottura determinano differenti gradi di idratazione del gesso: la bassanite (solfato di calcio semiidrato) impiegata per stucchi o per modellare; l’anidrite (solfato di calcio anidro) noto anche come ‘gesso spento’. La pratica di bottega trecentesca codificata da Cennino Cennini alla fine del Trecento, utilizzava due tipi di gesso per la preparazione delle tavole da dipingere: ‘gesso grosso’ (consisteva in polvere di gesso impastata con colla animale), e ‘gesso sottile’ o ‘da oro’ dalla granulometria più fine. Il gesso era anche definito ‘di Volterra’ perché ricavato dall’  alabastro cotto; il gesso di Tripoli si utilizzava per lustrare il marmo. gesso da doratori o gesso a oro, gesso da oro, gesso di Bologna. Noto sin dall’antichità, Cennino Cennini ne menziona l’uso per l’ ammannitura e la preparazione dei supporti pittorici e da dorare.

GIALLO DI COBALTO

Chimicamente è la forma stabile del gesso (solfato di calcio biidrato) ricavato per calcinazione della pietra da gesso la cui polvere viene macinata, spenta e ulteriormente macinata. La formulazione più comune è con colla animale, ma sono attestate anche emulsioni con colla, oli e pigmenti. Filippo Baldinucci (1681) lo definisce “una sorta di gesso sottilissimo e delicato fatto d’alabastro cotto; e chiamasi anche gesso di Volterra, perché quivi se ne fa in abbondanza … serve per dorare, e dipignere, stendendolo prima sopra la tavola, o altra superficie, che dovrà essere dorata o dipinta; dipoi asciutto che sia, va stropicciato con pelle di pesce, o pomice, finché si riduca interamente pulito e liscio. La sua tempera per lo più è colla di libellucci”.

getto operazione e tecnica del gettare, cioè del colare metallo fuso, gesso, cera, in apposite forme. Il getto è anche il manufatto stesso che si ottiene per fusione; nel lessico tecnico antico vale anche per copia (negli stessi materiali) che si ottiene dalle forme o ‘cavi’ di sculture e rilievi.

getto a incastro tecnica di restauro di opere in bronzo impiegata in età rinascimentale, in sostituzione del sistema di saldatura a colata in uso in epoca romana; serviva a riparare lacune o per il montaggio sul supporto originale di parti mancanti e ricostruite.

ghisa lega di ferro e carbonio (tra il 2% e il 5%); più fragile del  ferro, ma più resistente alla corrosione; non si presta a lavorazioni a freddo con  bulino o cesello, ma le caratteristiche di facile fusibilità e colabilità fin dal tardo Settecento ne favorirono l’impiego in architettura; in seguito sostituì il bronzo, più costoso, nella realizzazione di statuaria e arredi urbani (ringhiere, tettoie, balaustre, lampioni).

giallo di cadmio chimicamente solfuro di cadmio; pigmento artificiale usato nella pittura a olio con buona attitudine coprente; resiste alla luce e all’aria. giallo di cobalto cobaltinitrito di potassio; è un pigmento artificiale di color giallo oro, resistente

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GIALLO DI CROMO

alla luce e agli agenti atmosferici e discretamente coprente; per le velature sostituisce alcune lacche gialle.

giallo di cromo cromato di piombo; è un pigmento la cui tonalità varia dal giallo limone all’arancio; prodotto artificialmente dal 1818, si scurisce con l’invecchiamento. Impiegato nella tecnica a olio.

giallo di Napoli pigmento artificiale composto da antimoniato di piombo. Nei documenti storici è identificato anche con il termine ‘giallorino’, ma anche ‘giallolino’ creando ambiguità con il pigmento  giallo di piombo e stagno. Si ritrova in opere del Cinquecento ma è probabile che sia stato usato anche in precedenza. Ha un colore variante dal giallo pallido al giallo arancio ed è impiegato preferibilmente a olio. giallo d’India colorante organico composto da euxantato di magnesio, ottenuto da orine di bovini nutriti con foglie di mango; è impiegato in Europa dall’Ottocento; usato come lacca è discretamente resistente. giallo di ossido di piombo  massicot giallo di piombo e stagno in chimica si definisce stannato di piombo; è un pigmento artificiale la cui intonazione varia dal giallo pallido al giallo medio; identificato nelle fonti storiche anche con i termini ‘giallolino’ o ‘giallorino’; ( giallo di Napoli). Si conoscono due varietà di giallo di piombo e stagno denominate tipo I e II, aventi leggere differenze stechiometriche nella formula chimica. La più antica (giallo di piombo e stagno tipo II) si riconosce inoltre per la presenza di silicio all’interno della sua formulazione chimica. È di impiego molto antico nelle tecniche a tempera, a olio e in pittura murale oltre che per colorare vetri e ceramiche. giallo di zinco chimicamente si definisce cromato di zinco; è un pigmento giallo limone, di origine artificiale, impiegato dalla metà del XIX secolo per dipinti a olio e acqua. Per effetto della luce vira al grigio verde.

giallorino  giallo di Napoli giallo zafferano colorante organico naturale, di origine vegetale di tonalità giallo dorata, già conosciuto e usato dai Romani; si usa a tempera sulla pergamena.

giornata nella tecnica della pittura a fresco, per giornata si intende la stesura sopra l’arriccio di una porzione di intonaco destinata a essere dipinta entro otto ore circa, arco di tempo in cui l’intonaco mantiene il grado di umidità utile al corretto sviluppo dei processi di carbonatazione che fisseranno il colore al supporto murario. giunto nella tecnica di assemblaggio delle assi costituenti una tavola da dipingere, i giunti sono i profili di unione delle assi; in età medievale le assi a ‘giunti vivi’, cioè non predisposte per giunzioni ad incastro, venivano unite incollandole con colla di  caseina.

‘glacis’ lemma francese, sta per  velatura. glicerolo o glicerina, alcol trifunzionale molto diffuso in natura come esterificante dei grassi (trigliceridi). È solvente di molte sostanze organiche; ha notevolissima igroscopicità e permane a lungo negli strati pittorici rendendo non molto raccomandabile il suo impiego. Viene usato come plastificante per sostanze filmogene. glittica arte di intagliare e di incidere a bulino pietre dure secondo due metodi di lavorazione: a cammeo, con figure a rilievo, e a intaglio, con figure o decori incisi; in questo caso la pietra era adoperata anche come sigillo. La glittica è anche la disciplina che studia le gemme incise.

glutine complesso di proteine contenuto nei cereali; in ambito extra alimentare, sfruttando le sue caratteristiche colloidali, si usa per apprettare la carta e i tessuti; anticamente era sinonimo di  colla. gomma caucciù, sostanza elastomera naturale polimerica, di origine vegetale e di natura terpenica, viscosa, ricavata dalla corteccia di alcuni alberi

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tropicali. Col termine gomma si intendono anche altri tipi di essudati vegetali o animali (di diversa natura chimica), tra i quali: la gomma arabica, la più comune, estratta dall’acacia; la gomma di tragacanth, la  elemi, la gomma gutta, la  gommalacca usate anticamente come fissativi di dipinti murali. Hanno proprietà colloidali e si utilizzano come leganti nelle tecniche a tempera e ad acquerello.

gommalacca lacca rossa di origine animale proveniente dall’India; è solubile in alcol e fornisce un colore caldo caratteristico delle essenze legnose. Decerificata e decolorata viene usata come fissativo dei dipinti murali dal XX secolo. È utilizzata anche sui dipinti mobili per vernici e per  meccature. gommapane o gomma pane. Gomma elastomerica particolarmente morbida, impiegata nella pulitura di superfici dipinte per rimuovere con lieve azione meccanica i depositi di sporco.

gouache  guazzo

GRANITURA

delle umidità del legno in due zone adiacenti e la distanza fra le due zone. A causa della inevitabile variazione delle condizioni termoigrometriche ambientali, all’interno dei manufatti lignei si instaurano spesso gradienti di umidità.

graffito tecnica di incisione per mezzo di uno stilo di un intonaco colorato, prevalentemente di nero, ma anche di altri colori, e quindi dipinto a bianco di calce; (graphium, da cui il nome), si incide il disegno sullo strato chiaro portando così alla luce il sottostante intonaco colorato. Fu impiegata nel XVI secolo per decorare facciate di palazzi. Nell’uso moderno, il termine indica le scritte e le immagini tracciate con colori acrilici a spruzzo su edifici pubblici, treni e anche monumenti d’arte, che costituiscono un’espressione di degrado e vandalismo. grammatura peso di una tela per metro quadro. La grammatura ideale deve essere di almeno 390 g per metro quadro. A valori inferiori la tela risulta troppo molle e può essere usata senza rischi di conservazione solo per sfondi teatrali.

gradiente il termine, di ben più complesso significato matematico, allude più semplicemente alla differenza di una certa grandezza fisica (es. temperatura, umidità) misurata lungo una certa direzione.

gradina strumento a percussione proprio della tecnica scultoria su pietra, di forma piana come uno scalpello ma con bordo dentato; la superficie lavorata con gradina appare solcata da una trama di linee parallele e regolari, spesso usata per definire mimeticamente particolari come capelli o stoffe o per conferire tenui variazioni cromatiche al marmo.

granare secondo le indicazioni che dà Cennino Cennini è l’operazione compiuta su una superficie dorata che, a scopo decorativo, viene punteggiata con un ferro acuminato. Filippo Baldinucci (1681) ricorda quella “certa rozzezza che si chiama grana” fatta con un “ceselletto di punta sottile” su superfici metalliche. In epoca barocca il lemma indicava il procedimento di sollevamento di minuti granelli di sabbia sull’intonaco in modo da migliorare l’adesione del colore ( granire) (Andrea Pozzo, 1698).

gradinatura procedimento di lavorazione della pietra, successivo alla sgrossatura, ed eseguito con la  gradina, ferro piano e sottile con due tacche al centro, che permetteva di tratteggiare la figura. Anche sistema di connessione delle assi costituenti una tavola, più semplice del sistema ad incastro.

granire o granitura. Tecnica di lavorazione degli intonaci, descritta da Andrea Pozzo (1698): “spianata che sia ugualmente l’intonacatura, sarà bene con un pennello sollevare i minuti granelluzzi di arena, acciocché più facilmente si attacchino i colori. Questo sollevare l’arena noi chiamiamo granire, e si fa nelle opere grandi e rimote all’occhio”. Il termine è anche sinonimo di  camosciare.

gradiente di umidità rapporto fra la differenza

granitura  granire

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GRANULOMETRIA

granulometria  analisi granulometrica

di vetro) e nella decorazione degli smalti.

grappe in uso già nel XVII-XVIII secolo, le

guano deposito costituito dalle deiezioni di uccelli e ricco di nitrato di potassio; in ambienti urbani, le deiezioni di piccioni, gabbiani e altri volatili possono accumularsi su superfici lapidee o metalliche provocando processi di degrado per corrosione e, in caso di accumuli sopra volte o soffitti, collassi dovuti al peso.

grappe in rame o in ottone venivano impiegate per fissare intonaci pericolanti.

grassello legante aereo minerale componente della malta. È ottenuto dalla  calce viva spenta in acqua e si presenta come composto pastoso, di colore bianco e consistenza morbida e untuosa, costituito da circa il 50% di idrossido di calcio (o calce idrata) e acqua. Viene mantenuto costantemente sotto un velo di acqua anche per degli anni per impedirne l’essiccamento e la carbonatazione: i maestri affrescatori ne avevano costantemente una riserva a ‘maturare’ nelle conche per ottenere una calce perfettamente ‘spenta’ che non desse adito al fenomeno dei  bottaccioli. grasso termine usato per indicare sostanza lubrificante. Il grasso animale era un legante primitivo mescolato con  terre colorate e  caseina. grès termine francese in uso dal XIX secolo per indicare un materiale ceramico a pasta compatta, di ridottissima porosità e con buone doti di impermeabilità ai gas e ai liquidi. L’impasto argilloso, bianco o colorato, viene sottoposto a un processo di ‘greificazione’, ovvero una sinterizzazione a temperature di cottura fra 1200 e 1350 °C. Può presentare un rivestimento (smalto o vetrina, applicati in crudo o in cotto). ‘grisaille’ o grisaglia. Termine francese che indica un tipo di pittura a monocromo in grigio, che simula illusionisticamente la scultura; usata già da Giotto nel ciclo della cappella degli Scrovegni a Padova. Dal Cinquecento la tecnica è stata impiegata anche nella pittura su vetro (in questo caso condotta a freddo, direttamente sulla lastra

‘guasto’ nella terminologia storica relativa al restauro, già dal XVI secolo il termine allude ad uno stato di conservazione alterato, o agli effetti di danneggiamenti di varia origine. guazzo o ‘gouache’. Termine in uso a partire dal XVI secolo, indica una pittura in cui i colori sono stemperati con colla e gomma arabica e diluiti in acqua. Filippo Baldinucci (1681) lo definisce “un modo di stemperare i colori con colla di limbellucci, o gomma arabica, o altre simili cose viscose e tenaci”. A partire dal Settecento si diffonde il termine francese ‘gouache’ con l’accezione di tecnica simile all’acquerello, differenziandosi dal guazzo, per l’uso delle superfici risparmiate del supporto cartaceo per ottenere le luci; il guazzo tende inoltre a essere maggiormente opaco. Nel restauro il guazzo costituisce la base per il ritocco pittorico con colori a vernice.

gusto secondo Filippo Baldinucci (1681) il gusto è “quella facultà, che prendendo piacere dell’ottimo, lo sa riconoscere, e scegliere in tutte le cose”. Più in generale è l’insieme delle tendenze estetiche che connotano la sensibilità e il modo di esprimersi e di giudicare di una società. Nell’ambito delle scelte ideologiche relative al tema del restauro il gusto espresso in una data epoca da un ambiente culturale, da un artista o da una scuola, acquista un ruolo fondamentale.

hi HPLC  cromatografia liquida ialografia tecnica di pittura e incisione su vetro. Nell’ambito delle tecniche calcografiche è l’incisione su lastre di vetro, eseguita meccanicamente o chimicamente. I futuristi russi impiegarono spesso tale tecnica, incidendo direttamente testi e disegni su lastre di vetro ricoperte con un fondo fotosensibile. IC  cromatografia ionica ICP  spettrofotometria di emissione al plasma idrocarburi sostanze organiche binarie composte solo da carbonio e idrogeno: possono essere saturi, insaturi, alifatici, ciclici e aromatici. Come solventi hanno ampia applicazione nel campo del restauro; fra i più noti l’etere di petrolio, una miscela di idrocarburi leggeri distillati dal petrolio, e la  cera microcristallina, una cera paraffinica derivata dal petrolio.

idrofilo si dice di una sostanza in grado di assorbire acqua o di legarsi con molecole di acqua. Si dice anche del  cotone.

idrofobo opposto di  idrofilo; si dice di sostanza che respinge l’acqua. idrorepellente caratteristica di resistenza all’acqua importante per vernici, consolidanti e protettivi impiegati nella tutela di opere esposte agli agenti atmosferici (per esempio silicone e derivati). Anche sostanza organica o inorganica capace di creare uno strato protettivo sulle superfici di pietre e marmi. In passato si usavano cere, oli siccativi come l’olio di lino e scialbi; oggi si impiegano resine acriliche fra cui la più diffusa è il  Paraloid B72, usato anche per i dipinti murali;

per il trattamento dei marmi si usa una serie di  perfluoropolieteri.

idrossido di bario o acqua di bario. Sostanza chimica alcalina impiegata nel consolidamento di superfici murali dipinte; si applica mediante un impacco di pasta di cellulosa e agisce in base ad una reazione che trasforma il solfato di calcio, composto che tende a disgregare il dipinto, in solfato di bario, insolubile. Generalmente non viene usato da solo, ma dopo applicazione di impacchi di carbonato di ammonio, che asporta la maggior parte del gesso formatosi (il gesso costituisce l’agente di degrado), per bloccare il solfato residuo. Non è adatto per dipinti eseguiti con tecnica mista o su campiture di colore sensibili agli alcali, poiché il trattamento può provocare degli imbianchimenti superficiali, comunque facilmente asportabili. idrossido di calcio o idrato di calcio. Composto poco solubile in acqua con reazione fortemente basica, si presenta come cristallo incolore o sottoforma di polvere bianca. Veniva prodotto per idratazione dell’ossido di calcio (‘calce viva’) dopo una fase di ‘spegnimento’ o ‘estinzione’ all’interno di recipienti chiamati ‘bagnoli’ o in ‘fosse di spegnimento’, con una quantità di acqua in eccesso rispetto a quella minima sufficiente per idratare la calce. Se ne otteneva quindi l’idrossido di calcio (detto ‘calce spenta’ o ‘ calce idrata’). Componente essenziale delle malte a base di calce, reagisce con l’anidride carbonica per produrre  carbonato di calcio cristallino con la reazione di  carbonatazione.

ignifugo lemma con il quale si definisce la proprietà di una sostanza di non essere combusta. Queste sostanze o loro formulazioni sono utilizzate come additivi nel trattamento superficiale di arredi e oggetti espositivi.

IGROMETRO

igrometro strumento che misura l’umidità assoluta e relativa dell’aria. È fondamentale per il monitoraggio ed il conseguente controllo dell’umidità relativa negli ambienti di conservazione e di esposizione dei manufatti artistici. igroscopicità capacità di assorbimento dell’acqua che interessa alcuni materiali fra i quali legno, carta, tessili, materiali ossei ed eburnei, pergamenacei; dei quali è necessario monitorare le condizioni termoigrometriche di esposizione e conservazione.

igrostato apparecchiatura o insieme di accessori che mantiene ad un livello costante e determinato la percentuale di umidità relativa negli ambienti espositivi.

illuminare termine usato per indicare la pittura su pergamena, che si riteneva derivato dal latino ‘inluminare’ (donar luce); è probabile che il lemma (anche ‘alluminare’) derivi dall’uso di miscelare i coloranti organici usati per la decorazione con  allume di rocca per ottenere  lacche insolubili. illuminatura  alluminatura illuminazione temporizzata sistema di illuminazione impiegato in museotecnia; la durata dell’illuminazione di un manufatto è regolata da un interruttore attivo per un tempo stabilito. È sconsigliata nell’esposizione di oggetti fotosensibili. imbarcamento detto anche imbarcatura, è una tipica deformazione delle tavole di legno dovuta ad  anisotropia, irregolarità della fibratura, variazioni di umidità. Questo rigonfiamento provoca irregolarità, fessurazioni e ondulazioni della superficie lignea, oltre a frequenti dissesti e sollevamenti nell’  impannatura, nella preparazione e nel colore soprastanti.

imbarcato si dice del legno deformatosi a causa delle variazioni igrometriche, provocando sollevamenti della preparazione e della pellicola pittorica. Nelle fonti sul restauro si trovano anche le espressioni ‘gonfiato’, ‘strapazzato’ o ‘leso’ usate nella stessa accezione.

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imbarcatura usato in alternativa al lemma  imbarcamento, si riferisce di norma alla tavola dipinta. imbiancatura termine moderno per  scialbatura, usato per indicare le pareti affrescate che, non più corrispondenti al gusto di un determinato periodo, venivano imbiancate e non di rado ridipinte. Tipiche le imbiancature dei cicli pittorici primitivi eseguite in epoca barocca e eliminate nel XIX secolo in seguito alla nuova fortuna della pittura medievale.

‘imbianchimento’ opacizzazione della pellicola pittorica (intesa come insieme di strati pittorici e leganti), causata dall’umidità e dalle sue conseguenze, o dall’alterazione delle vernici. Nel XIX secolo al termine italiano si preferiva il francese ‘chanci’, usato impropriamente come sinonimo di muffa. L’‘imbianchimento’ inteso come impoverimento del colore si verifica spesso dopo una pulitura (lisciviazione, saponificazione). I solventi provocano la formazione di microdiscontinuità nella pellicola pittorica, alterando l’indice di rifrazione del sistema pigmento-legante-vernice e determinando diffusione della luce ed effetto di opalescenza. Queste alterazioni possono essere eliminate per  ‘imbibizione’ o verniciatura. È tipico l’imbianchimento dell’azzurro oltremarino, che sembra appannato; probabilmente il fenomeno è dovuto alla presenza di sostanze alcaline nel colore conservato in una pasta di sostanze resinose. Per ‘imbianchimento’ si intende anche il trattamento di decolorazione dei prodotti tessili, comunemente chiamato ‘sbianca’, che li libera da impurità colorate. imbibizione nel trattamento conservativo dei manufatti artistici, intervento di fermatura e consolidamento che consiste nel far penetrare sostanze consolidanti in un manufatto che presenti fenomeni di decoesione; nel caso di opere lapidee su cui si siano prodotte fessurazioni o erosioni si usano, tra le altre, resine siliconiche ( resina); resine acriliche come il  Paraloid B72 sono impiegate per consolidare i supporti lignei di dipinti. imborsatura o afflosciamento,  ‘creep’, festo-

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natura. Tipica forma di degrado della tela che in un ambiente eccessivamente umido tende a perdere tensione, con la conseguente formazione di sacche di allentamento (borse), visibili soprattutto nei quadri di grande dimensione.

‘imbrattato’ si dice di un dipinto la cui superficie sia stata più volte ripassata con vernici alteratesi nel tempo e variamente ritoccata. L’imbratto è anche un tipo di decorazione parietale preistorica, che veniva eseguita con la punta delle dita o con un tampone.

imbratto  rinzaffo imbrunire termine usato per le alterazioni cromatiche cui sono soggette le vernici. Nessuna vernice è in assoluto trasparente per quanto per la finitura di un dipinto si possano usare vernici colorate. Quelle più usate, a base di olio di lino o di ambra, tendono comunque ad ingiallire fino ad acquistare un tono così caldo da essere piuttosto simile a un bruno. L’imbrunimento dà alla vernice quella caratteristica uniformità che è considerata uno degli effetti romantici del  ‘tempo pittore’. imitazione manufatto realizzato secondo un criterio di somiglianza rispetto all’originale; può avere o meno l’intenzione del falso. Il lemma si impiega anche per indicare oggetti che non abbiano avuto una patinatura adeguata, come un marmo non trattato, o che siano stati puliti a fondo: si dice che sembrano delle imitazioni perché hanno una superficie troppo regolare, senza tracce di invecchiamento.

immorsatura o ammorsatura. Collegamento, tramite incastro, di sporgenze e rientranze (morse) presenti in una struttura muraria o lignea. Il lemma indica anche le due parti, rispettivamente sporgente e rientrante. Trova applicazione nel restauro di scale, finestre e altri elementi costruttivi in legno, e in genere nelle strutture architettoniche per interventi di piccola manutenzione. immunofluorescenza analisi di tipo istochimico condotta su sezione lucida sfruttando reazioni specifiche di tipo immunologico per identificare i

IMPANNARE

materiali proteici presenti nei campioni analizzati. L’informazione che se ne ottiene è di tipo stratigrafico, ovvero sono determinazioni relative alla posizione nella stratigrafia del campione.

impacco metodo usato per l’applicazione di fluidi su superfici confinate e per intervenire in opere di risanamento di superfici dipinte, lapidee o di altri materiali. Il supportante può essere costituito da materiali di varia natura (pasta di cellulosa, silice micronizzata,  attapulgite,  sepiolite ecc.): viene imbevuto di solvente e applicato sulla superficie da pulire direttamente o sopra un foglio di carta giapponese, che ne rende più agevole la rimozione; è importante che esso sia capace di rilasciare le soluzioni con estrema gradualità. L’impacco può essere adattato alla forma della zona dove si deve intervenire e applicato per il periodo voluto; può anche avere una superficie di separazione rispetto a quella del manufatto dovuta all’interposizione di fogli di altri materiali (carta giapponese,  tessuto non tessuto, ecc.). impalcatura struttura provvisoria realizzata in legno o metallo i cui piani sono collegati da tubi verticali e orizzontali, che consente l’accesso ad una zona da restaurare situata ad un’altezza altrimenti non raggiungibile. Deve avere ampiezza sufficiente per garantire sicurezza sul lavoro e l’eventuale trasferimento di un microlaboratorio. Le impalcature, dette anche ponteggi o ‘ponti’, sono state da sempre usate per realizzare affreschi e altre decorazioni in altezza. Dal lemma ponte deriva l’espressione  pontata. ‘impallidito’ si dice del film pittorico che ha perso vivacità cromatica. Le ragioni del degrado variano in relazione alla tecnica (affresco, tavola, tela), alla vicenda conservativa e agli interventi di pulitura subiti dal manufatto. impannare in Cennino Cennini il termine è sinonimo di incamottare: “Incollato che hai, abbi tela, cioè panno lino vecchio, sottile, di lesco bianco, senza unto di nessun grasso. Abbi la tua colla migliore; taglia o straccia listre grandi e piccole di questa tela; inzuppale in questa colla;

IMPANNATURA

valle distendendo colle mani su per li piani delle dette ancone; e leva via prima le costure, e colle palme delle mani la spiana bene, e lasciale seccare per due dì”. È l’operazione di intelaggio delle tavole ( impannatura).

impannatura o incammottatura. Intelaggio delle tavole destinate a essere dipinte (secc. XII-XVI), la cui definizione fu data da Cennino Cennini; si eseguiva incollando sulla tavola tele di lino o di canapa, intere per garantire una maggiore stabilità delle assi e nascondere eventuali difetti di giunzione, oppure in strisce sulle zone critiche del supporto. Serviva anche a preservare la preparazione soprastante dai movimenti del legno. L’impannatura in tela di lino era praticata anche sulle sculture lignee.

imparchettatura  parchettatura impasto miscuglio omogeneo impiegato nella prima fase della modellazione delle terre; è costituito da una base argillosa miscelata ad altri composti minerali e acqua. La preparazione avviene per manipolazione. Il termine indica anche la consistenza del colore, denso o magro, nella pittura a olio. Gli impasti magri, più trasparenti, tipici del XVIII secolo, si ottengono per aggiunta di oli essenziali, quelli a corpo presentano viceversa una particolare compattezza, hanno densità e spessore. Il termine si applica anche alle malte, come insieme di legante, aggregato e acqua (ed eventuali additivi). impermeabilità proprietà di un materiale di non farsi imbibire da fluidi. Qualora difetti, l’impermeabilità può essere fornita grazie a trattamenti con sostanze adeguate; per l’impermeabilità all’acqua si utilizzano prodotti idrorepellenti.

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impiallacciatura sistema di rivestimento con fogli di legno pregiato delle superfici di mobili costruiti con materiali di qualità inferiore. La superficie viene ricoperta con uno strato di gesso su cui si applica un sottile foglio di legno. Il metodo, il cui nome deriva da quello dei fogli ( piallacci), è tipico dell’ebanisteria europea del XVIII e del XIX secolo. L’impiallacciatura si applica anche ai marmi che vengono rivestiti di un materiale lapideo più pregiato come il porfido, potenziando gli effetti cromatici e luministici dell’opera.

impianto di condizionamento apparecchiatura capace di conferire particolari caratteristiche (temperatura, umidità, aerazione, purezza) all’aria di un ambiente ( climatizzare). Il condizionamento è particolarmente importante nelle diverse fasi del restauro, che sovente richiedono situazioni igrometriche o di temperatura particolari, e nelle sale di esposizione; in questo contesto bisogna tener conto anche dell’impatto prodotto dalla presenza dei visitatori che altera le caratteristiche microclimatiche degli ambienti.

‘imporrato’ voce frequente nel lessico del collezionismo e nella letteratura sul restauro come sinonimo di imbarcato per imbibizione. impoverimento si usa per indicare strati pittorici dilavati da puliture troppo forti, che hanno attenuato la vivacità e il timbro cromatico della superficie.

impregnazione intervento di fermatura di un materiale decoeso, per esempio della pellicola pittorica, impiegato in alternativa al trasporto ed eseguito con una sostanza ausiliaria consolidante. Si utilizza nel caso di decoesione di frammenti per evitare il ricorso a stuccature o ancoraggi.

impermeabilizzazione trattamento finalizzato a rendere impermeabile una superficie o un oggetto. In campo architettonico si impermeabilizzano coperture, murature, fregi o altro. Nella lavorazione delle terrecotte l’impermeabilizzazione dà all’oggetto un carattere di funzionalità (per es. come contenitore di liquidi) rendendolo idrorepellente. A seconda del materiale può essere ottenuta per brunitura, verniciatura, ingobbio ecc.

imprimitura strato superficiale e di finitura della preparazione di un supporto pittorico, quando questa sia costituita da più stesure, generalmente colorata, liscia e uniforme; Giorgio Vasari (1568) usa i lemmi imprimitura e mestica senza fare distinzioni; nel XIX secolo Giovanni Secco Suardo individuò la componente oleosa come elemento caratterizzante la mestica rispetto all’imprimitura.

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impronta detta anche  ‘secondo strappo’, è la traccia rimasta sull’intonaco dopo lo  strappo di una pittura murale che può essere a sua volta staccata. In antico le impronte venivano distrutte per non dare l’impressione di un restauro mal riuscito; in seguito sono state immesse sul mercato antiquario. Le impronte non corrispondono, come la  sinopia, ad un momento preciso della progettualità dell’artista ma possono dare informazioni interessanti sulle tecniche impiegate, per esempio sulla convivenza fra pittura a secco, a fresco e a calce.

imputridire processo di alterazione del legno, della colla o di altri materiali organici, che provoca la putrefazione. Il lemma indica forme di degrado in stadio molto avanzato e difficilmente recuperabili; impropriamente usato anche per indicare grave e avanzato processo di degrado, spesso irreversibile, di murature o altro.

inalazione termine improprio per introduzione di sostanze volatili o liquide a scopo protettivo o di disinfestazione su supporti o superfici degradate. Il termine si riferisce più propriamente alla respirazione ed è riferito, per le norme di protezione e di sicurezza, alla inalazione di vapori tossici che possono svilupparsi nel corso di alcuni interventi di restauro, come la pulitura a solvente e la disinfestazione dei legni.

incamiciatura primo strato di malta, o  rinzaffo, applicato sulle pareti di pietra grezza o di mattoni che vengono come si suol dire ‘incamiciate’. incamottatura  impannatura ‘incannicciato’ traliccio di canne (commesso a spranghe incrociate), usato come supporto per gli affreschi staccati, che vi venivano applicati con uno strato di calcina fresca ( ‘canniccia’). Il trasporto sull’incannicciato ha una ricca tradizione a Firenze per opera di restauratori come Gaetano Bianchi e Giovan Battista Ricci, attivi nel XIX secolo. Il termine si usa anche per indicare particolari architettonici di volte e soffitti ribassati e sagomati.

INCHIOSTRO

incastro sistema di connessione usato in lavori di carpenteria lignea; si conoscono incastri a mezzo legno, a farfalla, a  coda di rondine, a mortasa e tenone, a  cavicchi. L’incastro è anche una tecnica di intarsio ligneo che consiste nel sovrapporre due lamine di legni di qualità e colore diverso ma identico spessore, tenendole unite per mezzo di morse e ritagliandone i contorni secondo un disegno stabilito. incavo concavità presente su una superficie, per esempio un supporto ligneo o in tela, formatasi in seguito alle vicende conservative dell’oggetto. Nella tecnica della scultura crea un effetto di contrapposizione rispetto al profilo della superficie, particolarmente efficace se associato ad elementi in rilievo.

incerare impregnare un oggetto per lucidatura, eseguita a cera o con sostanze analoghe, per ottenere impermeabilità, scorrevolezza e lucentezza. L’operazione, eseguita anche a fini estetici sulle superfici delle sculture e sugli intonaci dipinti, può provocare alterazioni del colore sul manufatto trattato ( ingiallimento). ‘incerata’ supporto tessile impiegato nell’arte moderna e contemporanea, impermeabilizzato con uno strato di gomma o di vernice. Fu utilizzata da vari artisti, fra i quali Giorgio De Chirico senza aggiunta di preparazione. inchiostro detto impropriamente anche bistro, è una miscela liquida o pastosa, costituita da un principio colorante o un pigmento e da un diluente, utilizzata per la produzione di disegni in molte varietà. Fra le più note l’inchiostro di china (nerofumo, olio, gomma, agglutinanti) di colore nero brillante, che non si altera alla luce; l’inchiostro di noce di galla, di color marrone, addizionato con  gomma arabica e  vetriolo (tende a corrodere la carta per la presenza di acido tannico e solfati acidi); il bistro (fuliggine di legno di faggio in sospensione acquosa); il  seppia (ricavato da una sostanza contenuta nella ghiandola della seppia). Gli inchiostri vengono stesi con stili a punta di argento, di piombo o con la penna d’oca, che ha un segno nitido e facilmente modulabile. Nella letterattura

INCIPOLLATURA

latina era detto atramentum librarium.

incipollatura  cipollatura incisione tecnica di produzione di stampe ricavate da matrici di legno ( xilografia), o di rame ( bulino,  acquaforte), il cui nome deriva dal fatto che la matrice viene preparata incidendovi l’immagine con punte di acciaio oppure con acido. Non va confusa con le tecniche dalle quali si ricavano impressioni derivate da matrici in pietra ( litografie). In questo caso la matrice viene preparata con un disegno eseguito a matita, a penna e a pennello. In tutti i casi l’immagine si ottiene premendo un foglio di carta sulla matrice inchiostrata, a mano o a macchina. Xilografia, incisione su rame e litografia hanno in comune il carattere seriale nel senso che l’ideazione si concentra nella preparazione della matrice, dalla quale possono essere tratte serie cospicue di esemplari.

incollaggio nell’ambito del restauro, metodo impiegato per ottenere, per esempio, la riadesione di una superficie policroma trasportata su di un nuovo supporto. Se si tratta di una tavola, spesso si impiega una miscela di cera e resina naturale (applicata sulla tela che salvaguarda il film pittorico) e Paraloid® unito a bianco di titanio e polvere di pomice sul legno. Il termine allude anche all’insieme delle tecniche usate in antico per far aderire una superficie cromatica sul supporto originale, ovvero su quello nuovo, nel caso fosse stato eseguito un  trasporto o uno  strappo. Per i tipi di colle impiegate si rimanda alle voci: trasporto, distacco, strappo, colla. Nel restauro del vetro e della ceramica, l’incollaggio è la tecnica di ricostruzione dell’assetto dei frammenti. Consiste nel far collimare e aderire i bordi di frattura. Va eseguito con adesivi che abbiano le seguenti caratteristiche: presa, reversibilità, resistenza all’invecchiamento, ripulsa agli attacchi microbiologici, trasparenza, inerzia chimica, minimo spessore, elasticità, applicazione a freddo, minimo ritiro, solidità meccanica. L’incollaggio viene applicato, con criteri analoghi, nella ricostruzione di altri materiali.

incorniciare racchiudere un dipinto entro una bordura per lo più di legno, variamente elaborata,

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spesso dipinta, dorata e intagliata, con l’intento di evidenziarlo e arricchirlo anche esteticamente. L’uso di incorniciare i quadri è documentato fin dall’antichità e nel tempo ha acquisito importanza sempre maggiore; nel Rinascimento e in età barocca, la cornice divenne un vero e proprio prodotto artistico alla cui ideazione contribuivano pittori, scultori e maestri legnaioli. Per le opere di grande dimensione la cornice diventa un elemento stabilizzante.

‘incotto’ nel lessico del collezionismo e nella letteratura sul restauro il lemma allude a dipinti completamente anneriti per alterazione delle vernici e per un eccessivo essiccamento. Si usa anche nel gergo del restauro per indicare le tele che hanno subito processi di ossidazione, o che sono diventate quasi inconsistenti per effetto di mestiche oleose. incrostazione il termine è codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88 come deposito stratiforme di una certa estensione, compatto e generalmente molto aderente al substrato, composto da sostanze scarsamente solubili, prevalentemente carbonati, depositati da acque dure. Corrisponde al termine ‘encrustation’ definito, nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008), strato coerente adeso al substrato quale accumulo a seguito di processi di precipitazione. Infatti su materiali calcarei, su intonaci a calce e pitture murali, l’incrostazione è più spesso dovuta a fenomeni di ricristallizzazione del carbonato di calcio del substrato, precedentemente disciolto da acque ricche di acido carbonico. Se sviluppato preferenzialmente in una sola direzione, non coincidente con la superficie lapidea, si definisce  concrezione. Si rimuove per via meccanica ( bisturi, aghi, microceselli,  microsabbiatrice), fisica ( sonde a ultrasuoni,  laser) o chimica. Nelle fonti il termine incrostazione compare come sinonimo di intonacatura (anche ‘incrostatura’) ed è inteso come forma di degrado degli affreschi sui quali si depositano sali (es. carbonato di calcio e silice) che sedimentano sopra lo strato pittorico. Si dice anche degli interventi a secco degradati.

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INERTE

incunabolo il termine indica i primi prodotti a stampa dalle origini della tecnica al XVI secolo incluso, realizzati sul modello dei manoscritti.

alla variazione del potenziale di una reazione chimica. Gli indicatori vengono per lo più impiegati in soluzione o supportati su strisce di carta.

incuneatura operazione di risanamento delle parti di connessione dei supporti lignei mediante l’inserimento di elementi lignei, opportunamente sagomati a forma di cuneo, all’interno di tracce appositamente realizzate; tasselli e cunei possono essere impiegati anche per riconnettere elementi lignei separati da una fenditura.

indice di rifrazione Fattore per cui la velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica diminuisce all’interno di un materiale rispetto alla velocità nel vuoto. Normalmente espresso con la lettera n, varia al variare della  lunghezza d’onda. In ottica geometrica, la luce bianca con le varie lunghezze d’onda, viene rifratta da un prisma nei colori dell’iride, mentre il cammino ottico di un raggio di luce che attraversa due mezzi aventi indici di rifrazione diversi, appare spezzato in quanto all’interfaccia cambia l’indice di rifrazione. Leganti e vernici hanno usualmente indici di rifrazione inferiori rispetto alle particelle di pigmento o colorante inglobati, altrimenti essi risulterebbero trasparenti. Tra i leganti più usati, l’olio di lino ha n=1,45-1,47, mentre la calcite ha n=1,60-1,65. Il  potere coprente dei pigmenti è proporzionale al loro indice di rifrazione.

incuria atteggiamento di disinteresse nei confronti di un manufatto o di un ambiente interno ed esterno che, se protratto nel tempo, può provocarne il degrado e rendere necessario un intervento di restauro conservativo. indaco o endico, indico. Colorante di origine vegetale insolubile in acqua, ricavato dalle foglie di Isatis o Indigofera tinctoria, di origine europea la prima, asiatica la seconda. Impiegato sia come colorante diretto in tintura che come pigmento per la pittura, spesso utilizzato con  orpimento per ottenere dei verdi molto brillanti e caldi; in qualche caso compare come sottofondo di altri pigmenti azzurri, in altri lo si trova mescolato a lacche rosse per ottenere  cangianti violacei. Cennino Cennini lo cita come ingrediente nella composizione di miscelazioni di colori, a causa dello scarso potere coprente; miscelato con  biacca e bianco di San Giovanni, se ne ottenevano miscele azzurre molto colorate, a imitazione dell’ azzurrite.

indice resa di colore sistema di valutazione dell’effetto che una  sorgente luminosa ha sull’apparenza del colore di un oggetto rispetto a quella che lo stesso presenta sotto una sorgente illuminante considerata di riferimento. La resa di colore della sorgente illuminante può influenzare la resa cromatica degli oggetti nelle riprese fotografiche. indurente o agente indurente. Sostanza che,

indebolito si dice del colore che ha perso vivacità cromatica in seguito ad una pulitura poco prudente.

mescolata a un composto, ne accelera l’indurimento. Indurenti vengono aggiunti in proporzione opportuna anche nella formulazione della miscela resinosa con cui vengono preparate le sezioni lucide stratigrafiche ( cross-section).

indicatore composto chimico o miscela di più

inerte sostanza di varia natura che viene aggiunta

sostanze che mostra modificazioni, per lo più cromatiche (viraggio), facilmente apprezzabili, in funzione delle caratteristiche dell’ambiente in cui si trova. Tra i vari tipi, i più comuni sono gli indicatori di  pH (es. cartina al  tornasole) per la determinazione dell’alcalinità o acidità di un analìta e gli indicatori di ossido-riduzione (o  redox), questi ultimi costituiti da sostanze sensibili

a un impasto o a un prodotto affinché conferisca, modifichi o migliori le proprietà. Il termine allusivo del carattere di inerzia, ovvero di assenza di reattività chimica della sostanza impiegata all’interno dell’impasto, è stato impropriamente utilizzato per indicare gli aggregati delle malte ( aggregato). Con riferimento alla Raccomandazione UNI-NorMaL 10924:2001 – ‘Malte per elementi costruttivi e

INERZIA

decorativi: classificazione e terminologia’ è più appropriato l’uso del termine ‘aggregato’.

inerzia chimicamente si intende la reattività scarsa o assente di alcune sostanze in determinate condizioni. È un requisito importante nella scelta dei materiali impiegati nel restauro, soprattutto nei confronti dei materiali originali dell’opera.

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infrarosso (Infrared, IR) regione dello  spettro elettromagnetico compresa tra 0,78 μm e 100 μm. Convenzionalmente questa regione viene divisa in  infrarosso vicino,  infrarosso medio,  infrarosso lontano, ma le definizioni e le delimitazioni delle tre suddivisioni non sono né rigide né universalmente accettate. La radiazione infrarossa fu scoperta nel 1800 da William Hershel (17381822).

infeltrimento tipica forma di degrado della lana di cui è responsabile lo strato esterno della fibra, costituito da cheratina ricoperta da squame embricate invisibili a occhio nudo.

infrarosso fotografico bianco/nero tecnica

infestazione parassitazione o esteso attacco di un manufatto artistico da parte di organismi vegetali (muffe, funghi, alghe, licheni) e animali (insetti xilofagi, tarme) che si stabiliscono in loco provocando indebolimenti strutturali nei supporti e alterazioni sulle pellicole pittoriche o plastiche. In fase di restauro si può intervenire con insetticidi, antibiotici, radiazioni ionizzanti, sterilizzazioni. Nel caso dei legni, dopo la disinfestazione si procede ad un trattamento preventivo con sostanze come la  Permetrina per evitare nuovi attacchi.

diagnostica fotografica in riflessione nell’  infrarosso vicino che sfrutta la capacità di specifiche emulsioni fotografiche di essere impressionabili dalla radiazione infrarossa. Queste pellicole hanno una sensibilità spettrale che copre tutto il  visibile e l’infrarosso vicino fino a circa 900 nm. La ripresa fotografica nell’infrarosso richiede l’uso di un filtro che blocchi la componente visibile ma allo stesso tempo lasci passare quella infrarossa. Nel settore della diagnostica per la conservazione, questa tecnica è stata impiegata a partire dal 1930, in particolare su dipinti mobili (tele, tavole) per mettere in evidenza l’eventuale presenza di disegni preparatori, pentimenti, ridipinture ecc.

infiammabilità tendenza dei vapori sviluppati

infrarosso fotografico falso colore tecnica

da alcuni liquidi a formare con l’aria miscele capaci di incendiarsi o di esplodere a contatto con una fiamma o una scintilla. Il punto di infiammabilità è importante nella scelta di prodotti sicuri impiegati nel restauro; tale valore è riportato nelle rispettive schede tecniche. Talvolta viene intesa estensivamente anche per i materiali solidi combustibili (rivestimenti, imbottiture, tendaggi) frequenti negli ambienti espositivi, per i quali vige una legislazione antincendio che prevede il trattamento con sostanze  ignifughe.

diagnostica fotografica in riflessione nell’  infrarosso vicino in cui la pellicola fotografica (pellicola invertibile) a colori ha una sensibilità che copre il  visibile e l’infrarosso vicino fino a circa 900 nm. Al fine di ottenere un’immagine a colori, la pellicola è costituita da tre strati di emulsioni di cui due sensibili al visibile (regione del verde e del rosso) e il terzo all’infrarosso. Dalla combinazione di queste tre componenti si ottiene un’immagine fotografica nella quale i colori risultanti non sono quelli reali dell’oggetto fotografato, perché la componente cromatica rossa presente è data dalla componente infrarossa riflessa dall’oggetto: per questo motivo la tecnica fornisce immagini in falso colore. La ripresa fotografica richiede l’uso di un filtro giallo che impedisca alla radiazione blu di impressionare la pellicola. Nel settore della diagnostica applicata alla conservazione questa tecnica è impiegata in particolare su dipinti mobili (tele, tavole) per evidenziare e circoscrivere la presenza di ridipinture.

infiltrazione termine riferito alla capacità di penetrazione di un fluido in un materiale attraverso le sue discontinuità e anisotropie. Le infiltrazioni più comuni sono quelle di acqua. infragilimento si dice dei filati che subiscono un effetto di abrasione. Il termine traslato è utilizzato in molte accezioni che si riferiscono ad una perdita di resistenza meccanica.

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infrarosso lontano (Far Infrared, FIR) sottoinsieme dello spettro  infrarosso indicativamente compreso tra 25 μm e 100 μm. infrarosso medio (Mid Infrared, MIR) sottoinsieme dello spettro  infrarosso indicativamente compreso tra 2,5 μm e 25 μm.

infrarosso termico (Thermal Infrared) sottoinsieme dello spettro  infrarosso, viene suddiviso in due intervalli spettrali indicativamente compresi tra 3,0 e 5,0 μm e tra 7,0 μm e 10 μm. infrarosso vicino (Near Infrared, NIR) sottoinsieme dello spettro  infrarosso contiguo alla radiazione rossa del visibile, indicativamente compreso tra 0,78 μm e 2,5 μm. ‘ingessare’ nella lingua vasariana (XVI secolo), la preparazione stesa sulle tavole prima della collatura, del riporto del disegno e della stesura degli strati pittorici. ingiallimento alterazione cromatica di sostanze superficiali indotta da trasformazioni chimiche. Nella pittura interessa principalmente le vernici dove l’invecchiamento provoca fotoossidazioni che danno una tonalità gialla; questa influenza anche in maniera molto pesante il bilanciamento cromatico dell’insieme. In molti casi, sia per la manifattura che per il restauro, sono state usate vernici parzialmente colorate, con tonalità giallo-ambra, proprio per amalgamare il timbro del colore. Nella pulitura di un dipinto occorre tener presente anche l’apporto che l’ingiallimento produce nella cromia generale abbassando e scurendo i toni.

INSETTICIDA

ingrigimento forma di degrado superficiale che produce l’abbassamento della saturazione dei colori. Generalmente è prodotto da particolato atmosferico depositato e inglobato sulle superfici. Ben evidente l’effetto sui tessili e sugli arazzi, strutture notoriamente molto ricettive al pulviscolo. iniezione immissione di sostanze consolidanti in manufatti che presentino processi di decoesione o di distacco; un esempio tipico è rappresentato dai distacchi dell’intonaco pittorico dall’ arriccio nei dipinti murali.

inquinamento alterazione della composizione originaria di un qualsiasi elemento organico o inorganico. Con questo termine ci si riferisce comunemente all’inquinamento atmosferico e delle acque, prodotto dall’accumulo di sostanze volatili o miscibili derivate da fenomeni naturali o antropici che ne alterano la qualità standard. Oltre che a risvolti sulla salute delle persone e sulla salubrità degli ambienti, l’inquinamento può far venire a contatto tali sostanze, nocive ai fini della conservazione, con le architetture e i manufatti esposti, provocandone o accelerandone i fenomeni di degrado. Analiticamente, con il termine inquinamento ci si riferisce alla contaminazione, accidentale o incidentale, di un campione con sostanze estranee.

‘inscurimento’ nella letteratura artistica e nelle fonti sul restauro il lemma indica l’alterazione cromatica delle vernici che assumono tonalità giallo-marroni tendenti al nero, in relazione alle componenti e al tipo di preparazione e di stesura pittorica sottostante.

ingobbio rivestimento di materiali ceramici opaco ( ‘mat’), poroso, di varia colorazione; a seconda del processo di cottura può risultare cristallino o amorfo, poco o non greificato. Di composizione argillosa o silicea, può essere realizzato con lo stesso impasto del corpo ceramico che riveste. Un successivo strato di rivestimento vetroso gli conferisce impermeabilità; se applicato quando l’oggetto è allo stato di durezza cuoio (ovvero quando l’argilla non è più plasmabile) può essere lucidato.

inserimento termine che indica uno dei metodi di restauro di supporti lignei che presentino spaccature; consiste nell’inserimento di essenze lignee omologhe, che colmano la lacuna e ristabiliscono la planarità della tavola. insetticida sostanza o miscela tossica, per lo più commercializzata e impiegata in forma liquida o gassosa, che permette la disinfestazione di materiali attaccati da insetti.

INSOLUBILITÀ

insolubilità proprietà di una sostanza di non trasformarsi in un soluto, cioè disperdersi omogeneamente a livello molecolare o ionico in un mezzo fluido, detto  solvente. installare operazione di montaggio di un generico impianto (per es. di condizionamento o di illuminazione) o di strumentazione di rilevazione e monitoraggio. Viene riferita anche all’alloggiamento o alla collocazione di un manufatto in un ambiente espositivo. installazione tecnica artistica ibrida, al limite fra scultura, allestimento, architettura, teatro e ‘performance’.

intaglio tecnica decorativa propria dell’ebanisteria, diffusa in ogni epoca con forme e tecniche diverse, il cui nome deriva dal caratteristico motivo a pergamena usato in epoca gotica. Può essere eseguito a rilievo con lo scalpello per ottenere un risultato simile alla scultura a tutto tondo; la tecnica a fondo incassato consiste nel disegnare la decorazione sul legno asportando le porzioni di superficie prescelte con arnesi acuminati; può essere realizzato a sgorbia, a scalpello a punta semicircolare scavata, per ottenere scanalature parallele.

intarsio termine spesso usato come equivalente di  tarsia, in realtà si riferisce a combinazioni polimateriche che possono coincidere anche con altre tecniche e che interessano pietre dure, metalli, ebanisteria, oreficeria, lavorazione dell’avorio, smalti. L’intarsio ligneo può essere eseguito con varie tecniche: ‘alla certosina’ (per associazione di legni diversi a osso, avorio e madreperla), eseguito con tasselli piccolissimi di forma poligonale fissati su una superficie lignea di fondo col mastice; ‘a secco’, con una tecnica che consiste nel disporre i tasselli su un supporto di legno inserito in un telaio senza mastice; ‘a toppo’, unendo vari tasselli poliedrici di legni e colori diversi col mastice. integrazione rifacimento di una lacuna; il lemma viene impiegato per ogni tipo di manufatto artistico e quindi l’integrazione viene eseguita nel materiale ritenuto pertinente. In antico il termine integrare

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era quasi un sinonimo di restaurare o, addirittura, di rifare ex novo; oggi le integrazioni vengono eseguite con criteri diversi, selezionati in base alla grandezza e alla quantità delle lacune, nonché alla tipologia e alle caratteristiche dell’opera danneggiata. In genere prevale il principio della  reversibilità. Nella prassi del restauro pittorico contemporaneo, l’integrazione ha lo scopo di ricreare l’unità di immagine alterata o perduta. Ove possibile, tende a ricostruire su basi rigorosamente filologiche il tessuto figurativo o ornamentale mancante al fine di restituire leggibilità e comprensione all’opera; sul piano dell’esecuzione è sempre distinguibile dall’originale per tecnica ( selezione o astrazione cromatica, rigatino) e materiali impiegati. Nel XIX secolo l’integrazione, imposta da considerazioni estetico-ideologiche e, in ambito amatoriale, da moventi commerciali, era volta a ricostruire le lacune in maniera mimetica. Da un punto di vista conservativo l’integrazione può avere anche una funzione stabilizzante.

integrazione ‘a puntinato’ tecnica di integrazione impiegata nel completamento delle lacune di opere in terracotta: dopo la stesura di un colore di base di tonalità media rispetto all’originale, si procede ad applicazioni successive di puntinature di colori compresi nella gamma di variazione della terracotta originale. integrità caratteristica di un manufatto artistico che abbia conservato quasi completamente i materiali con i quali è stato realizzato.

intelaggio lemma usato in alternativa a intelatura per intendere l’applicazione del supporto di sicurezza transitorio su cui si faceva aderire la superficie cromatica di un affresco o di un dipinto, nella fase preliminare al trasporto dal supporto originario. Consisteva nell’applicare con colla animale due tele sulla superficie pittorica da sostenere, durante le operazioni di trasferimento. In Francia questa imbottitura veniva preparata con diversi tipi di carta e cartone ( ‘cartonnage’) mentre in Italia si preferivano cotone o mussola. Per questo tipo di operazione la fonte principale resta il volume di Giovanni Secco Suardo (ed. 1866 e 1894).

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‘intelaiare’ nel XIX secolo il lemma indicava l’insieme delle operazioni di intelaggio. Il termine compare per la prima volta nell’edizione del 17291738 del Vocabolario della Crusca con l’accezione di ”mettere sul telaio”. Anche alla voce ‘intelaiata’ si dava il significato di tela “posta in telaio”. Nel lessico tecnico del restauro è sopravvissuto il termine intelaggio che indica l’operazione per la quale fu coniato originariamente, cioè “rivestire di tela”. intelaiatura applicazione di una nuova tela sul verso di quella originale, impiegata nei casi in cui la tela è lasciata in vista, senza imprimitura o con preparazione troppo sottile, con tramatura visibile. Comporta quasi sempre il cambiamento del telaio che, se possibile, dovrebbe essere conservato. intercapedine esigua porzione di spazio compreso fra due superfici o pareti ravvicinate e di solito parallele. In architettura, cunicolo costruito all’esterno delle parti interrate di un edificio per proteggerlo dal contatto col terreno e dalle infiltrazioni di umidità. Funziona anche come camera d’aria che garantisce l’isolamento termico e igrometrico di un dipinto o di un intonaco da oscillazioni dannose alla conservazione.

interferometria olografica studio delle variazioni dimensionali, registrate tramite due  ologrammi presi in tempi diversi, di una superficie sottoposta a differenti sollecitazioni termiche o meccaniche; dalla loro sovrapposizione si ottengono delle frange di interferenza utili per lo studio delle deformazioni e delle discontinuità non visibili. Nello studio di oggetti artistici è impiegata per la determinazione delle tensioni strutturali della superficie di un dipinto (tela o tavola) o nella evidenziazione di comportamenti anisotropi nella dilatazione di oggetti metallici (statue, formelle).

intonachino o arenino,  finitura, intonaco fine, polimento, pulimento, strato di finitura, tonachino,  velo. Strato superficiale dell’intonaco caratterizzato da una superficie uniforme e levigata, che veniva bagnato prima di cominciare a lavorare in affresco o, più semplicemente, dipinto quando ancora fresco.

INVECCHIAMENTO

intonaco rivestimento di un’opera muraria la cui etimologia deriva dal termine ‘tonaca’ (vestito, vestire); comunemente è una malta composta di due parti di sabbia fine e una di calce spenta, legate da acqua. La parte più superficiale può essere costituita, oltre che da calce, sabbia o altri inerti, da cemento, gesso e altri leganti. L’intonaco pittorico, detto  intonachino, cioè quello destinato ad essere dipinto a fresco, viene steso al di sopra di un primo strato di malta, detto anche  rinzaffo, applicato sulle pareti di pietra grezza o di mattoni abbondantemente bagnate ( incamiciatura); su questo si stende con la cazzuola un secondo strato di calce mista ad acqua e sabbia, comunemente definito  arriccio. Una volta asciugato, l’arriccio viene nuovamente bagnato per ricevere la stesura dell’intonachino o direttamente del colore.

intonaco che tira superficie intonacata da poco tempo che, ancora umida, si compatta grazie alla carbonatazione. In questa fase può essere applicato il colore a fresco. intonaco di calce è composto solo di calce; era usato nella pittura murale delle civiltà più antiche (cretese, greca, macedone) per dipinti murali. È citato anche da fonti rinascimentali, fra le quali Giovanni Battista Armenini nel De’ veri precetti della pittura (1587). intonaco stanco voce gergale in uso per definire una superficie intonacata troppo asciutta che non assorbe il colore. In questo caso, in passato, si ricorreva all’impiego di un legante organico per fissare i pigmenti. intonazione operazione tesa a conferire omogeneità a una stesura cromatica considerata nella sua complessa stratificazione (preparazione, imprimitura, stesure pittoriche, velature, vernici). Le vicende conservative dei dipinti provocano spesso la perdita di queste associazioni tonali, che possono essere parzialmente recuperate attraverso puliture prudenti e con l’uso di solventi mirati e selezionati in relazione alle caratteristiche chimiche dei materiali impiegati in origine. invecchiamento alterazione naturale delle ca-

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INVECCHIARE

ratteristiche e delle proprietà dei materiali di cui è costituito un manufatto artistico, dovuta al passaggio del tempo, accelerato dall’azione degli agenti esogeni, nel caso si tratti di oggetti collocati all’aperto, o da interventi di restauro. Nel restauro storico era frequente l’invecchiamento artificiale di opere, per esempio spatinate da puliture grossolane o non corrispondenti al gusto dell’epoca. L’invecchiamento artificiale è una procedura controllata di alterazioni indotte da cicli termoigrometrici, luce, radiazioni ultraviolette ed agenti inquinanti, generalmente condotta in camere climatiche, utile per i test su modelli e provini rispondenti ai materiali originali, avente lo scopo di valutare meccanismi di degrado e comportamenti di prodotti di restauro in condizioni particolarmente estreme che stressano i materiali e le loro strutture.

invecchiare nel caso dei cosiddetti restauri di rifacimento, che fino al XIX secolo completavano con brani o elementi opere mutile, era la prassi indurre artificialmente un invecchiamento nelle parti aggiunte, per uniformarle all’originale. invetriare metodo di impermeabilizzazione delle terrecotte ottenuta per immersione dell’oggetto nella cristallina o vetrina (vernice trasparente che si ottiene mescolando silice pura ed ossido di piombo macinati e disciolti in acqua).

IR  infrarosso iridescenza fenomeno di alterazione del colore di vetri e smalti dovuto alla variazione dell’indice di rifrazione. Può essere causato da invecchiamento naturale o dalla formazione di patine e avere un effetto di apparente qualificazione estetica. irreversibile termine con il quale si intende l’impossibilità di cancellare un intervento di restauro e gli effetti secondari, indesiderati, imprevisti o imprevedibili che possono conseguirne.

Nell’ambito del restauro moderno, particolarmente attento a questo aspetto, l’irreversibilità dipende dai materiali e dalle sostanze chimiche impiegate. In passato, adattamenti dell’iconografia e del formato dei dipinti, ridipinture e operazioni di pulitura troppo energica delle superfici che cancellavano patine e vernici, erano spesso interventi irreversibili.

irrigidimento nel restauro, evoluzione tecnica che ha portato a preferire supporti rigidi per il trasporto dei dipinti murali. In passato l’irrigidimento si otteneva con l’aggiunta di una seconda tela e, per i dipinti su tavola, con l’uso di traverse e di  parchettature.

IS  spettroscopia d’immagine isolamento intervento che tende a escludere un oggetto da contatti con l’ambiente circostante per ragioni di sicurezza; per esempio isolamento termico. isolare interdire il contatto di un manufatto con l’ambiente circostante che risulti non idoneo alla sua conservazione; ovvero isolare dalle escursioni climatiche (umidità, calore), dall’atmosfera (polvere, inquinamenti), e dall’azione dell’uomo (atti vandalici), con una serie di interventi di tipo meccanico (spostamenti e più adeguate collocazioni, approntamento di contenitori o ambienti protetti), oppure di tipo preventivo (regolazione del microclima, stesura sulle superfici pittoriche o plastiche di sostanze protettive). isotropia proprietà di un corpo o una sostanza per cui le proprietà fisiche considerate e misurate sono le stesse in tutte le direzioni; si contrappone alla  anisotropia.

ittiocolla termine usato per la tradizionale colla di pesce ( colla).

jk jos trattamento di pulitura delle superfici lapidee basato sul getto elicoidale di acqua mista a polvere finissima di carbonato di calcio.

kauri resina proveniente dalla Nuova Zelanda simile alla famiglia delle resine  copale. kerema altra denominazione della lacca rossa di

juta tipo di fibra vegetale cellulosica, ruvida e grossolana; trova impiego come supporto tessile anche se viene prevalentemente usata per la manifattura di cordami e di filati, utilizzabili per l’intreccio di stuoie. Rispetto a quella della canapa e del lino, la fibra ha una minore capacità di allungamento; è particolarmente resistente all’umidità. È impiegata come supporto per la pittura dalla fine del XIX secolo in poi, quando il suo aspetto grossolano e ispido venne sfruttato a fini estetici, e usata come supporto tessile per il  linoleum. Nell’arte moderna e contemporanea questo materiale è compresente nelle tecniche polimateriche e di assemblaggio.

 kermes.

kermes o kerema. Lacca rossa di origine animale ricavata per essiccazione e macinazione di insetti coccoidi esistenti nel bacino del Mediterraneo (Coccus ilex), nota anche come ‘cremisi’. Cennino Cennini parla di una “lacca di cimatura di drappo o ver di panno” che si otteneva estraendo il colore dai tessuti tinti con il chermes, servendosi di lisciva e urina. La soluzione ottenuta veniva filtrata e il colorante era precipitato sotto forma di lacca con  allume di rocca.

l laboratorio ambiente destinato ad accogliere

lacerazione o strappo. Termine che si riferisce

una attività specifica, in genere tecnica e scientifica (restauro, diagnostica ecc.) e attrezzato adeguatamente. È anche il luogo dove si eseguono i restauri su manufatti artistici mobili, spostati dalla loro usuale collocazione.

alla rottura di un supporto pittorico tessile dove i margini della lesione risultano sfilacciati, ma ancora ricongiungibili.

lacca materiale con caratteristiche intermedie fra il pigmento e il colorante; le lacche sono insolubili come i pigmenti e hanno la trasparenza dei coloranti. Sono formate da una base inorganica (in genere idrato di alluminio derivato dalla precipitazione con alcali di soluzioni di  allume di rocca) che complessa un colorante, formando un gel colorato e trasparente che viene utilizzato in questa forma, oppure macinato dopo un periodo di essiccazione. Le lacche hanno limitata resistenza alla luce e agli agenti atmosferici. Filippo Baldinucci (1681) la definisce “una sorta di colore per dipingere a olio, che fa una rosso scuro meraviglioso: cavasi questo artificiosamente dai panni chermisi con allume di rocca, e si conduce a diverse bontà e perfezioni”.

‘lacca ordinaria’ lemma citato da Filippo Baldinucci (1681) per indicare “un colore simile per dipingere a tempera, e si cava dai brucioli del  verzino, nel modo che si fa la lacca fine, dalla cimatura dello scarlatto, e fa rosso scuro”.

lacuna discontinuità profilata riconoscibile in una tessitura materica altrimenti strutturalmente e formalmente continua. Nel campo, quanto mai sfaccettato, delle opere d’arte, il termine evoca una mancanza, un vuoto o una perdita delle superfici pittoriche (pitture murali, dipinti su tela e tavola, materiale cartaceo), del colore e del volume (scultura lapidea, metalli, scultura lignea, materiali ceramici) e in manufatti complessi come commessi, mosaici, arazzi, tessili, oreficerie. lamiera in antico il lemma indicava l’armatura o la corazza di lamiere metalliche. lamina lastra di metallo di spessore sottile che veniva martellinata, decorata a freddo e applicata su di un’anima di legno o di metallo, prima che si generalizzasse l’impiego delle tecniche di fusione dei metalli (Oriente, Grecia arcaica, Etruria). I fogli di stagno, piombo, rame, oro e argento sono particolarmente adatti a essere ridotti in lamine e lavorati. Dal XVI secolo in poi la produzione di lamine di rame divenne seriale. laminazione tecnica di produzione seriale di la-

laccatura tecnica usata in ebanisteria, sviluppatasi in seguito all’apprezzamento per gli arredi orientali dal XVII secolo in poi. Consiste nel sovrapporre a una superficie lignea vari strati sottilissimi di lacca orientale (vernice colorata, talvolta opaca, ottenuta per reazione enzimatica, insolubile e irreversibile), lasciandoli asciugare uno a uno. Lo strato più esterno viene levigato con la pietra pomice, decorato e verniciato.

mine di rame impiegata per scopi artistici dal XVI secolo in poi. Più in generale indica la lavorazione di un metallo, a caldo o a freddo, mediante laminatoio in modo da ricavarne fogli, lamiere e nastri, sfruttando la proprietà di malleabilità tipica dei metalli. Il termine può essere impiegato anche per indicare la formazione di lamine o lamelle lungo piani di scistosità per degrado del materiale lapideo.

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lampada agli infrarossi lampada al litio rosso impiegata negli interventi di  fermatura per l’imbibizione delle colle o della cera. lampada di Wood sorgente di radiazioni UV a vapori di mercurio avente massimo di emissione intorno a 365 nm; è dotata di un vetro di rivestimento nero a base di ossido di nichel. Questo ha la funzione di filtro della radiazione visibile emessa dalla  sorgente mentre è trasparente alla componente ultravioletta. Questa sorgente fu realizzata dal fisico statunitense Robert William Wood (18681955) alla fine degli anni Venti. La lampada di Wood, o sorgente di luce nera, viene impiegata nell’indagine diagnostica delle opere d’arte per indurre fenomeni di  fluorescenza ultravioletta nei materiali superficiali dei manufatti artistici, sia originali che di restauro.

lana fibra tessile proteica di origine animale, più elastica, ma meno tenace delle altre fibre naturali. Fortemente igroscopica, in ambiente saturo di umidità può assorbire acqua fino al 40% del suo peso. Prima di essere lavata ha un colore giallastro o grigiastro, dovuto al sudicio e alla presenza di  lanolina; dopo il lavaggio assume un colore bianco grezzo. Per le sue caratteristiche trova raramente impiego come supporto per la pittura e nella tessitura di arazzi.

lanolina grasso naturale contenuto nella lana grezza della pecora. È chimicamente simile alle cere ed ha un aspetto giallo-bruno; è untuosa, pastosa, appena colorata. Ha spiccate proprietà ammorbidenti e viene impiegata nel trattamento e nel restauro della pelle e del cuoio, nonché come emolliente della tempera.

lapis pietra bigia arenaria di colore avana, da non confondersi con la pietraforte. Impiegata nei restauri di facciate. Anche sinonimo del pigmento azzurro lapislazzuli.

lapislazzuli minerale naturale, conosciuto anche come oltremare, di colore variabile dal ceruleo all’azzurro intenso (se non troppo finemente macinato altrimenti perde saturazione del colore). Più propriamente andrebbe chiamato ‘lazurite’, nome del

LASER SCANNER

minerale blu intenso da cui si ricava il pigmento (‘lapislazzuli’ è una roccia composta da vari minerali, il principale dei quali è proprio la lazurite, con impurezze cristalline di calcite, spesso come venature, e di pirite). È il pigmento blu più noto e pregiato, usato dall’antichità al XVII secolo. Ha notevole stabilità, ma tende a decolorarsi nelle pitture murali specialmente per azione dell’umidità; è stato impiegato in tutte le tecniche, in particolare nella tempera su tavola. A causa della sua preziosità era spesso fornito agli artisti direttamente dal committente dell’opera.

larice conifera delle Pinacee (Larix decidua) dal legno tenero e leggero, resistente al tarlo perché resinoso, ampiamente utilizzato nella scultura lignea policroma. Da legno, scorza ed altre parti si ricava la  trementina. larva primo stadio di sviluppo di alcuni insetti che nel passaggio allo stato adulto devono subire una serie di trasformazioni. Qualora le larve si siano insediate in un materiale organico lo possono facilmente colonizzare; le larve di insetti xilofagi ( anobidi) si nutrono di cellulosa e nelle tavole attaccano preferibilmente l’ alburno del legno. ‘lasagna’ tecnica di fusione indiretta, descritta da Benvenuto Cellini, che consisteva nello spalmare i pezzi del calco originale con uno strato di cera, terra o pasta, detto lasagna. laser acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation (emissione di radiazione stimolata da assorbimento luminoso). Il laser è un amplificatore di luce ed è una  sorgente di luce molto intensa e monocromatica, detta anche ‘coerente’. Viene utilizzata in diverse tecniche di indagine ( spettrofotometria Raman e olografia) e in procedimenti conservativi (pulitura di superfici architettoniche e monumentali mediante  ablazione laser).

laser scanner strumenti che consentono di generare modelli tridimensionali (3D) degli oggetti ripresi, attraverso l’emissione  laser di un impulso elettromagnetico monocromatico, deflesso mediante un meccanismo di specchi ruotanti ed

LASTRA

oscillanti, e la ricezione del segnale riflesso dalla superficie dell’oggetto. Misurando l’intervallo di tempo trascorso e conoscendo gli angoli orizzontali e verticali di scansione, è possibile risalire alla distanza fra lo strumento e i punti rilevati sulla superficie dell’oggetto, ricavandone una nuvola di punti georiferita nello spazio tridimensionale con coordinate x,y,z, con associati i rispettivi valori di intensità riflessa. La tecnica è adatta a ottenere una documentazione tridimensionale di dettaglio di manufatti artistici e opere d’arte e trova applicazione, con opportuna strumentazione, anche nel rilevamento di siti archeologici e monumentali e superfici architettoniche. I prodotti 3D possono essere usati anche per simulazioni a fini di restauro e per monitorare nel tempo le modificazioni morfologiche e tessiturali di un oggetto; favorisce lo studio delle opere d’arte evitandone la manipolazione diretta.

lastra nella tecnica incisoria ( incisione), la lastra è matrice metallica ottenuta per martellinamento e dotata di una superficie perfettamente piana, di spessore variabile da 1 a 2 mm.

latta sottile lamiera di ferro morbido la cui superficie è ricoperta da uno strato di stagno. latte emulsione acquosa di sostanze grasse, zuccherine e proteiche di origine animale, esclusiva dei mammiferi. Nella storia delle tecniche artistiche il latte è stato usato come fonte di  caseina, ottenuta per acidificazione del siero (latte senza grassi), che ha avuto un notevole impiego come legante. La pittura ottenuta disperdendo i pigmenti nel latte è stabile ed ha un aspetto simile a quello della  tempera all’uovo. Il latte è stato impiegato come fissativo e additivo nel restauro ed è citato in molti ricettari.

latte di calce si ottiene con lo spegnimento della  calce viva con notevole eccesso di acqua oppure per diluizione del  grassello di calce; la percentuale in massa dell’idrossido di calce (e/o di magnesio) varia dall’1 al 25%; è stato utilizzato come legante pittorico. Tale pittura minerale inorganica beneficia del processo di  carbonatazione analogamente alla tecnica dell’  affresco; le

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particelle di pigmento risultano inglobate in uno strato pittorico sovrapposto allo strato più esterno dell’intonaco.

lattice o latice; succo lattiginoso e vischioso prodotto da varie piante, come il fico o l’Hevea brasiliensis, l’albero della gomma, che contiene grassi, cere, resine ecc. Il latice di fico è ricordato da Plinio (I secolo d.C.) come ingrediente di ricette di tempera all’uovo; avrebbe avuto la proprietà di ritardare l’essiccazione del film pittorico. È definito anche ‘lattificcio’ da Filippo Baldinucci (1681), che parla di “quell’umor viscoso, e bianco come latte, che esce da’ rami teneri, dal gambo delle foglie verdi, e dal picciuolo del fico acerbo, colti dal suo albero. Serve a’ Pittori, per temperare i colori, per dipignere a guazzo”.

lavaggio metodo di asportazione dello scialbo dagli affreschi con acqua deionizzata. Nelle fonti sul collezionismo e sul restauro per lavaggio si intende anche la pulitura dei dipinti, indipendentemente dal supporto. In alternativa compaiono i lemmi ‘lavacro’ e ‘lavatura’: hanno tutti un’accezione negativa perché alludono all’uso di solventi forti che provocano la spellatura delle superfici. Nel restauro dei tessili la pulitura si esegue per lavaggio quando i tessuti hanno una buona consistenza, altrimenti si procede per vaporizzazione e tamponamento.

lavaggio degli arazzi il lavaggio è la prima fase del restauro degli arazzi: in genere si usa il metodo dell’immersione in acqua addizionata di sostanze tensioattive (recupero della qualità del colore e della consistenza materica del manufatto); in questa fase si facilita la riacquisizione della posizione originale dei filati. Fra i detergenti più usati vi sono le saponine naturali ed alcuni sintetici, senza additivi (ammorbidenti, profumazioni, colorazioni). Tra i possibili effetti indesiderati sono da tener presenti: le variazioni dimensionali durante l’immersione, le possibili reazioni chimiche o elettrochimiche dei rivestimenti metallici e dei filati, il viraggio o la solubilizzazione del colore e la  ritenzione di eventuali additivi. lavagna in geologia si intende una varietà calca-

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rifera di  ardesia molto usata per la copertura di tetti, il rivestimento di pareti esterne, le tavole o piani su cui si scrive con gessetti bianchi o colorati e come supporto pittorico. Il nome deriva da Lavagna, centro estrattivo della Liguria.

LC  cromatografia liquida lega soluzione solida di due o più metalli con proprietà diverse in grado di facilitare i processi di fusione. Nella tecnologia fusoria una lega può contenere molti elementi metallici, anche in piccole percentuali, che hanno la funzione di conferire precise proprietà meccaniche (durezza, resistenza) o di lavorabilità (fluidità, ritiro). Nelle leghe a base di rame, questo è sempre associato a metalli bianchi che hanno un punto di fusione più basso (stagno, zinco, piombo), con un maggior grado di fluidità e getti omogenei, che consentono un migliore riempimento delle forme. Fra le leghe più note in campo artistico si ricordano il bronzo, l’ottone, il peltro, l’elettro. I bronzi si differenziano nelle percentuali del rapporto rame/stagno a seconda del campo di utilizzo e dell’epoca dell’oggetto: il bronzo statuario del rinascimento ha percentuali rame/stagno mediamente 80/20, quello da conio circa 95/5, quello da campane 70/30, quello da specchi 60/40. Nel linguaggio tecnico le leghe che contengono più del 90% di rame si definiscono povere. Nella manifattura di metalli preziosi si trovano anche oro e argento a vari gradi di purezza e in percentuali variabili (oro bianco, rosato o rosso). Per le saldature delle opere in metallo veniva usata una particolare lega detta “lega dei saldatori”, composta da stagno e piombo in rapporto 62/38 e ottenuta fondendo i minerali di piombo con la cassiterite; il suo punto di fusione è circa 185 °C.

LEPISMATIDI

stica. Tra i leganti tradizionali più noti si ricordano gli oli siccativi, il rosso e il bianco d’uovo e la caseina, fra quelli moderni le resine acriliche.

legatura assemblaggio in un unico volume di un libro, un manoscritto o altra tipologia di manufatto cartaceo o pergamenaceo costituito di più fogli separati.

legnaiolo maestro di legname o ‘maestro di quadro’ specializzato nell’arte della tarsia, che lavorava in stretto contatto con pittori e architetti. Con la fine del Rinascimento il termine si generalizza a indicare quei maestri-artigiani che conoscevano le specie lignee, specializzati nella costruzione e nel restauro di supporti e sculture. legno del Brasile legno che deriva il suo nome dal francese ‘brasil’, cioè legno rosso, simile alla brace. Il suo principio colorante, la brasilina, può assumere varie tonalità rosse. Fu impiegato fin dal Medioevo come colorante di filati (lana e seta) utilizzati nella tessitura degli arazzi. Caratterizzato da scarsa persistenza, è impiegato anche nella produzione di inchiostri e come pigmento in lacca prima dell’uso della  robbia. legno di Cuba legno giallo, detto anche ‘moro dei tintori’, che indica un albero delle Moraceae che cresce nelle Antille, nell’America centrale e in Brasile. La qualità migliore è quella che proviene da Cuba. Fu introdotto in Europa dagli spagnoli dopo il 1510. Il suo principio colorante è la morina, che contiene anche un acido tannico. Da solo o con l’impiego di mordenti, serviva per tingere di giallo lana, seta e cotone. Il colore tende a virare all’arancio. Pur avendo scarsa resistenza alla luce e al lavaggio, ha trovato vasto impiego nella tintura degli arazzi.

legante materiale filmogeno che produce coesione fra i granuli di pigmento in forma di polvere. Il legante impartisce le sue proprietà coesive ed adesive tra il colore e lo strato sottostante. Si definisce anche  medium. L’insieme legante-pigmento deve risultare stabile, fluido ma viscoso in modo da poter essere steso con i pennelli, e deve seccare trasformandosi in una stesura compatta, resistente, non appiccicosa, sufficientemente ela-

lepismatidi comunemente detti ‘pesciolini d’argento’, sono insetti lunghi 8-10 mm di colore grigio, che si nutrono di materiali contenenti acqua e amido di carta, tessuti di lino e cotone. La carta più attaccabile è quella ad alto contenuto di cellulosa alla quale possono provocare erosioni della superficie, che si presenta a contorni irregolari.

LETTERATURA ARTISTICA

letteratura artistica insieme delle testimonianze letterarie che si riferiscono alle arti figurative in senso storico, teorico, estetico e tecnico. Esprimono la volontà di stabilire una periodicità dello sviluppo artistico che coincide con il pensiero rinascimentale. ‘leuatura’ termine arcaico per indicare la finitura superficiale dei bronzi, oggi definita lucidatura, un tempo eseguita con  pietra pomice e  brunitoio.

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stituiti da un unico tipo di cellula eucariote, di forma ellittica o sferica, dotati di un corredo enzimatico che svolge un ruolo fondamentale nel processo di fermentazione.

lignina complesso polimero organico costituito principalmente da composti fenolici; è il secondo componente più abbondante del legno dopo la  cellulosa la cui funzione è quella di cementare le fibre e conferire rigidità al tessuto.

levantina tipo di tela saia a lavorazione diagonale usata come supporto pittorico e molto apprezzata in ambiente veneto per la sua resistenza. Rispetto all’armatura tela, presenta nervature fitte e marcate, ad andamento diagonale, che creano una tessitura capace di interferire con la policromia.

levigatura trattamento delle superfici lapidee alternativo all’uso della policromia (impiegata anche per stucchi, scagliole, ceramiche, legni). Dopo la  gradinatura, le cui tracce venivano tolte con lime di vario genere (raspa, torta) e scuffine, si procedeva alla levigatura delle pietre con abrasivi naturali, come la sabbia di mare e la pomice, o artificiali.

licheni organismi autotrofi formati da una associazione simbiotica fra un’alga e un fungo; presentano un tallo che può essere foglioso, fruticoso o crostoso; sono classificati sulla base della tassonomia delle specie fungine. Si sviluppano su pietre esposte all’aperto, così come sui manufatti lapidei (tabernacoli, terrecotte, sculture, ma anche su intere strutture architettoniche). I licheni sono considerati ottimi indicatori ambientali in virtù della loro capacità di assorbimento di una grande quantità di metalli dispersi nell’aria, la cui concentrazione può essere determinata analizzando i talli. Molte specie licheniche sono colorate e da alcune ( roccella) sono tratti coloranti per tingere i tessuti ( oricello).

libro strato tra  cambio e corteccia contenente i vasi fibrosi nei quali discende la linfa dalle foglie alle radici.

liccio parte di un telaio da tessitura contenente maglie, che serve ad aprire il passo, ovvero creare un varco fra i fili dell’  ordito. L’apertura del passo nelle armature a tela consiste nel dividere le due serie dei fili dell’ordito portando la serie pari verso l’alto e parallelamente quella dispari in basso, da cui la necessità di usare due licci; nella costruzione del tessuto viene così fissato il filo della  trama tra quelli dell’ordito. lictidi insetti xilofagi appartenenti alla famiglia dei Coleotteri, che allo stato larvale si nutrono del legno e scavano gallerie che, diversamente dagli  Anobidi, si sviluppano in tutte le direzioni, parallelamente alla fibratura del legno. Attaccano preferibilmente supporti lignei mobili.

lievito insieme di più microrganismi fungini co-

lima strumento usato nella scultura lapidea insieme ad abrasivi naturali come la  pietra pomice e lo  smeriglio per eseguire la lucidatura finale dell’opera. La lima era impiegata anche nelle operazioni di rinettatura e di finitura a freddo dei bronzi, che dopo la fusione conservavano imperfezioni di vario genere, e nella tecnica della tarsia in pietra.

limatura intervento di finitura di superfici lapidee, metalliche e delle tarsie in pietra realizzato con vari tipi di lime e abrasivi naturali. Il lemma indica anche i trucioli residui del lavoro di lima sul metallo.

lino fibra tessile ottenuta da linum usitatissimum, impiegata insieme alla canapa per la realizzazione di supporti pittorici. Si trova in due varietà, una più sottile, simile a quella impiegata per fazzoletti e camicie, e una più grossolana, simile alla canapa. In passato la più raffinata era considerata la

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‘batista’; mentre il ‘canovaccio’ era scabro ma resistente. Il lino rimase in uso fino a tutto il XIX secolo anche grazie alla sua produzione industriale.

lino renso detto anche ‘renso’, ‘rensa’ o ‘tela di rensa’, è una tela pregiatissima fabbricata a Reims, caratteristica per la sua bianchezza, inusuale nella preparazione delle tele impiegate in pittura. Il colore chiaro poteva tuttavia essere utilizzato come superficie luminosa da far risaltare attraverso strati trasparenti di colore.

linoleum materiale sintetico composito, ottenuto per stampaggio a caldo di una miscela di olio di lino, colofonia, farina di legno, farina di sughero e coloranti su un supporto di materiale tessile ( juta). Presenta una superficie liscia, compatta, che si può facilmente incidere con le sgorbie; viene commercializzato in fogli di varie dimensioni, resistente ed elastico. La tecnica di incisione su linoleum è la  linoleumgrafia. linoleumgrafia o linoleografia. Tecnica di incisione su  linoleum, solitamente in rilievo, con caratteri molto simili alla xilografia. Più facile a lavorarsi rispetto al legno, poichè privo di venature e relativamente plastico, il linoleum è stato impiegato per stampe in rilievo dai primi anni del XX secolo.

liofilizzazione processo di disidratazione di sostanze organiche mediante raffreddamento sottovuoto a temperature inferiori allo 0 °C.

liquefazione passaggio di stato da gas a liquido; talvolta è usato il sinonimo ‘condensazione’.

lisciare termine usato dalle fonti sulle tecniche artistiche e sul restauro per indicare la  lucidatura e la  levigatura dei marmi. ‘liscivazione’ operazione effettuata per sgrassare e ammorbidire i tessuti, un tempo eseguita con acqua calda e cenere, più recentemente con calce o soda. Procurava un leggero, gradito sbiancamento dei colori.

liscive soluzioni alcaline di carbonati e bicarbonati

LITOGRAFIA

di potassio e sodio, in uso nel XVIII e nel XIX secolo per la pulitura dei dipinti e delle ridipinture. Tossiche e aggressive, sono ottenute stemperando in acqua della cenere contenente ossidi di metalli alcalini e alcalinoterrosi, come potassio, magnesio e calcio. Cennino Cennini parla diffusamente della “lisciva” per la preparazione dell’  oltremare e del  giallo zafferano.

listello elemento ligneo che può servire da collegamento fra le commettiture di una tavola o di un mobile, a sezione squadrata o rettangolare, abitualmente usato in carpenteria. litargirio ossido di piombo di colore giallo, usato talvolta come pigmento, ma più specialmente per preparare l’olio di lino cotto e per aumentarne la siccatività. Chiamato anche litargirio d’oro, e dai francesi ‘litharge de plomb’ o ‘baume de saturne’, era una miscela di ossido di piombo, sostanze resinose e grasso animale. Fin dal XVIII secolo la mistura così ottenuta veniva applicata a caldo sul verso dei dipinti, ai cui colori restituiva una straordinaria vivezza, anche se a distanza di pochi mesi essi annerivano ed essiccavano. Nel XIX secolo veniva più genericamente chiamato  beverone. litofania tecnica di decorazione di oggetti di porcellana, vetro opaco, marmi e alabastri con caratteristici effetti di trasparenza. Le lastre di materiale traslucido vengono lavorate in modo da riprodurre immagini visibili in luce trasmessa proveniente da una sorgente luminosa posta dietro al manufatto; in virtù della perizia esecutiva, immagini bidimensionali apparentemente indefinite a luce diffusa vengono percepite con effetti di tridimensionalità. litografia tecnica di stampa in piano inventata Aloys Senefelder nel 1797, in cui il disegno è ottenuto con materiale grasso (matite grasse) su una matrice di pietra calcarea o lastra di zinco granita e viene trattato con gomma arabica e acido nitrico. Il passaggio di un rullo inchiostrato sulla matrice precedentemente lavata con acqua distribuisce l’inchiostro solo nelle aree grasse (ovvero nelle aree disegnate), al contrario delle

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LITOPONE

aree restanti. Quindi l’applicazione di un foglio di carta sulla matrice e la pressione esercitata da una pressa consentono di riprodurre il disegno sul supporto cartaceo, riproducendolo in serie. Un vantaggio della litografia è la possibilità di riuso della matrice, poiché il disegno può essere eliminato con una soluzione acidula.

litopone generalmente si intende una miscela di un pigmento con circa il 40-60% di solfato di bario ( bianco fisso). Sono noti il bianco (ossido di zinco e solfato di bario) e il rosso di cadmio litopone, un pigmento artificiale commercializzato dopo il 1910 in varie tonalità di rosso.

d’onda compresa approssimativamente tra 380 nm (violetto) e 780 nm (rosso).

luce naturale radiazione luminosa fornita dal sole. La luce naturale emessa dal disco solare ha una  temperatura di colore di circa 5500 K. In funzione dell’orientazione, dell’altezza del sole all’orizzonte e della massa nuvolosa la ripartizione spettrale dell’illuminazione può variare tra valori di temperatura di colore compresi tra 5000 e 40000 K. luce nera  lampada di Wood luce polarizzata radiazione elettromagnetica

litostrato o litostroto. Decorazione musiva, quasi esclusivamente pavimentale, che per alcuni autori potrebbe essere identificata con il  mosaico a sezioni (opus sectile), per altri invece una variante di questa tecnica. Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) ne attribuisce l’invenzione ai Greci.

avente un unico piano di vibrazione (ortogonale alla direzione di propagazione), al contrario della luce normale che ha innumerevoli piani di vibrazione preferenziali. La luce polarizzata si ottiene ponendo un filtro  polarizzatore davanti alla sorgente luminosa.

livellare operazione che tende a portare un ma-

luce radente (‘raking light’) metodo di illumina-

teriale ad una configurazione ideale di livello: per esempio una superficie muraria, quella di un intonaco o il verso di un supporto ligneo.

zione di superfici in cui la sorgente è posizionata a lato dell’oggetto illuminato con una piccola elevazione rispetto alla verticale sulla superficie stessa. Il lemma intende la tecnica fotografica nel  visibile in cui l’oggetto fotografato è illuminato da un solo lato con angoli di incidenza della radiazione sempre superiori a 80° rispetto alla perpendicolare all’oggetto stesso. Nello studio di oggetti artistici piani, l’osservazione in luce radente consente di ottenere informazioni sulla tecnica esecutiva di un’opera e sul suo stato di conservazione. In particolare, mette in evidenza, tramite l’ombra proiettata, i  sollevamenti della pellicola pittorica e le  deformazioni della superficie o altre forme di alterazione che producono scostamenti dalla planarità.

luce si intende la radiazione che stimola la retina dell’occhio umano e rende possibile la vista. In illuminamento la componente visibile della radiazione elettromagnetica si esprime in  lux. In ambiente museale sono stati definiti alcuni valori limite di illuminamento in esposizione (50 lux e 200 lux) per diverse categorie di oggetti allo scopo di non provocare processi  fotochimici in funzione di una corretta conservazione. luce artificiale lemma che indica la luce proveniente da  sorgenti luminose artificiali. Queste sono normalmente classificate in base al metodo di produzione di luce (sorgente a incandescenza, sorgente a scarica di gas, sorgente a fluorescenza ecc.), alla loro distribuzione spettrale, alla loro  temperatura di colore e al loro  indice resa di colore.

luce bianca è la somma delle radiazioni equienergetiche dello  spettro visibile, con lunghezza

luce trasmessa o transilluminazione. Tecnica di indagine impiegata per lo più per dipinti su tela o su carta in virtù della relativa trasparenza di questi manufatti, ovvero della capacità di farsi attraversare da un fascio di luce proveniente dal retro dell’opera. Solitamente se ne ottengono informazioni sulla preparazione e sulla tecnica di stesura dei pigmenti; possono essere rilevate di-

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somogeneità e distacchi, nonché possono apparire i pentimenti dell’artista. Luce trasmessa si riferisce anche alla modalità di osservazione in microscopia (microscopia ottica in luce trasmessa) di campioni che possono essere attraversati dalla radiazione utilizzata.

lucidatura tecnica di finitura delle sculture lapidee, in particolare dei marmi, eseguita strofinando energicamente la superficie con un panno umido e una miscela di pomice polverizzata mista a zolfo, che ha un effetto specchiante; da ricordare anche la lucidatura a gommalacca. La lucidatura può essere associata alla  levigatura, ma è sempre preferibile nel caso degli stucchi e delle scagliole. lumen (lm) unità di misura del flusso luminoso. Corrisponde al flusso luminoso emesso da una sorgente dell’intensità luminosa di una candela in una unità di angolo solido. Il lumen per metro quadro definisce l’unità di illuminamento ( lux). Si usa per la misurazione della radiazione visibile.

lunatura o doppio alburno. Difetto del legno do-

LUXMETRO

vuto ad atrofizzazione delle cellule dell’ alburno a causa del freddo: il processo di crescita si arresta e si forma il cosiddetto  durame. La formazione di un altro strato di alburno attorno alle cellule morte ne spiega il nome ‘doppio alburno’.Tale difetto tende ad esporre maggiormente il legno all’attacco fungino e di insetti xilofagi, oltre a costituire un punto di debolezza strutturale.

lunghezza d’onda (λ) grandezza fisica dei fenomeni oscillanti (le onde) che rappresenta la distanza metrica tra due oscillazioni. A velocità di propagazione costante essa è legata alla  frequenza da proporzionalità inversa: a lunghezza d’onda maggiore corrisponde una frequenza minore.

lux unità di misura dell’intensità della luce espressa come  lumen per metro quadro, usata come parametro di riferimento per l’esposizione dei manufatti. Unità di misura impiegata esclusivamente per la radiazione visibile. luxmetro strumento di misurazione dell’intensità luminosa. È essenziale nel monitoraggio dei livelli di illuminazione in ambienti museali o espositivi.

m macchia alterazione cromatica localizzata della superficie di un manufatto artistico, dovuta a fenomeni chimici, fisici o biologici; è termine codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88. Filippo Baldinucci (1681) attesta l’uso del termine “per esprimere la qualità d’alcuni disegni, ed alcuna volta anche pitture, fatte con istraordinaria facilità, e con un tale accordamento, e freschezza, senza molta matita o colore, e in tal modo che quasi pare, che ella non da mano d’Artefice, ma da per sè stessa sia apparita sul foglio o su la tela”. L’autore riferisce il vocabolo anche a peculiarità cromatiche di certe pietre che “di quì chiamansi le stesse pietre macchiate”. ‘macigno’ roccia appartenente alle  arenarie, a grana da fine a media, con cemento calcareo o calcareo-argilloso, di colore variabile dal grigiogiallastro (pietraforte) al grigio-azzurro (pietra serena). Litotipo caratteristico dell’Appennino Tosco-Romagnolo, molto usato nell’architettura in area fiorentina.

macinare si dice dei pigmenti che vengono ridotti di granulometria; per macinare i colori si usavano mortai, ‘macinelli’ e ‘macinacolori’. Le polveri venivano conservate in vasetti di terracotta, soprattutto le ocre, ma anche in sacchettini fatti con scarti di pelle conciata. “E macinare dicono i pittori, per stritolare minutissimamente i colori sopra d’una pietra col macinello, e poi incorporarli con acqua, e con olio di noce o di lino, per renderli atti a poter dipingere” (Filippo Baldinucci, 1681).

macrofotografia tecnica fotografica impiegata per ottenere immagini ingrandite di oggetti o loro dettagli di dimensioni ridotte. Si impiegano speciali obiettivi, lenti addizionali o altri accessori che permettono la focalizzazione dell’immagine

avvicinando la macchina fotografica a pochi centimetri di distanza dall’oggetto ripreso. Più genericamente il lemma si impiega in riferimento al risultato della tecnica fotografica.

malachite minerale di carbonato basico di rame. Si presenta come pietra zonata caratterizzata da una colorazione verde a zone concentriche grigie e nere alternate, di varia intensità. Utilizzata per l’intarsio in pietra dura, venne impiegata anche come pigmento; Cennino Cennini lo definisce di un colore verde azzurro. malepeggio o malimpeggio. Nome di utensili dalla forma particolare, composti da un manico corto e da due taglienti, uno orizzontale e uno verticale, come una piccola ascia, usati in carpenteria per la sgrossatura del legname da lavorare o rifinire successivamente, o per interventi su opere in muratura; in questo caso il malepeggio veniva usato per la  martellinatura. malleabile si dice di un metallo che può essere lavorato con facilità e ridotto in lamine sottili (per esempio l’oro e l’argento trasformati in foglia). Il lemma deriva dal latino ‘malleus’, martello, e indica la proprietà di alcuni metalli di poter deformare la struttura cristallina senza rompere i legami del reticolo.

malta miscela omogenea costituita da legante, aggregato e acqua che rappresentano i componenti fondamentali; l’acqua, opportunamente dosata, consente di impastare e amalgamare ottenendo un insieme plastico, sufficientemente malleabile e fluido; additivi e/o aggiunte sono funzionali a impartire particolari proprietà. La malta è il legante essenziale delle opere murarie. Sono da ricordare la malta aerea, con legante a calce, che fa presa e indurisce tramite il processo di  carbonatazione

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in aria; le malte idrauliche, a legante cementizio che fanno presa in presenza di acqua; la malta pozzolanica, usata principalmente in epoca romana, che possiede entrambe le proprietà (idraulicità e carbonatazione).

mancanza termine generico per indicare la perdita o caduta di parti di un manufatto, non descrivibile con altre voci del lessico delle forme del degrado. Per le pitture murali e gli intonaci si preferisce il termine  lacuna.

mano termine gergale per strato, indica la  stesura di un prodotto fluido, semifluido, plastico applicato su di una superficie.

MARMO

marcire processo di degrado di un materiale organico che porta alla putrefazione e alla decomposizione, compromettendo gravemente la conservazione dei manufatti artistici. Di solito il fenomeno è accentuato dalla presenza costante di umidità e colpisce in particolare supporti come legno, carta e tela.

‘marciume’ detto anche  carie del legno, è il risultato dell’attacco di muffe che ne compromette la durabilità. Utilizzato anche nell’accezione di strato di sporcizia superficiale, misto a verniciature e ritocchi, ovvero per indicare supporti in gesso e in legno degradati per infiltrazione di umidità. In genere è il risultato di un processo di decomposizione.

manutenzione complesso di operazioni destinate

mappatura termine in uso nel campo diagnostico

marezzatura aspetto dei legni e dei marmi la cui superficie presenta linee e venature di colore diverso da quello del fondo. Le marezzature naturali vengono imitate su tessuti, carte da parati e intonaci. La venatura del materiale ne definisce anche il pregio, soprattutto in ebanisteria. Dal XVIII secolo in poi le venature vennero imitate con la tecnica dello stucco marmorizzato ( scagliola). Filippo Baldinucci (1681) definisce la venatura marezzo, “lavoro fatto a onde … dall’Arte vengono tinti, quei fogli ripieni d’onde di varj colori, che perciò si dicono comunemente marezzati; ed a noi vengono di Francia, e di Fiandra”.

per indicare la localizzazione spaziale, sulla superficie analizzata, di un analìta o di un elemento di studio (parametro fisico, chimico, biologico ecc. misurato, stimato o osservato; forma di degrado; materiale costruttivo o di restauro; sostanza o elemento chimico rilevato; ecc.), da cui si ricava un’idea immediata della distribuzione e concentrazione. La mappatura degli elementi chimici, per esempio, è un tipo di informazione ottenibile per campioni analizzati in  microscopia elettronica a scansione, ma anche con altre tecniche di ‘imaging’ ( spettroscopia di immagine).

marmina nome dato alla polvere di marmo da Cennino Cennini, da Giorgio Vasari (1568), da Giovan P. Lomazzo nel Trattato dell’arte della pittura (1584) e da Andrea Pozzo nella Perspectiva Pictorum et Architectorum (1693-1702). Di colore variabile dal grigio al rosa, secondo il tipo di marmo utilizzato, veniva impiegata come pigmento. Ha scarso potere coprente e modesta trasparenza; è usata, fra l’altro, come componente dello stucco e delle malte, conferendo levigatezza e brillantezza.

marca o filigrana. Segno grafico che viene impresso

marmo roccia metamorfica con struttura cristallina,

sulla carta; fornisce informazioni sulla cartiera di produzione o sul committente. È stato un marchio di certificazione degli artigiani di Fabriano a partire dalla fine del XIII secolo.

tessitura granulare e aspetto saccaroide. Relativamente facile da lavorare e da lucidare. Fra le varietà più preziose quello di Carrara o statuario lunense, di colore bianco e grana fine, che si

ad assecondare le capacità di durata intrinseche a un manufatto artistico e intese a evitare interventi stressanti. È una forma di attenzione conservativa costante che tiene conto anche dell’ambiente nel quale l’oggetto è collocato. Comprende puliture periodiche (anche semplici spolverature, o passaggi di cera nel caso dell’ebanisteria, disinfestazioni da piante e organismi vegetali nei siti archeologici), verniciature, anche ridipinture leggere soprattutto nel caso delle tempere antiche e delle sculture lignee policrome.

MARMORATO

ricava da varie località delle Alpi Apuane (è uno dei cosiddetti marmi puri, formati da sola calcite),  bardiglio, di colore grigio azzurro, il marmo  cipollino delle Apuane, il marmo mischio o ‘portasanta’; infine tutti i marmi provenienti dalle cave greche, come il marmo di Paros, candido e cristallino. Anche le venature del marmo furono apprezzatissime per la possibilità di essere sfruttate sotto il profilo estetico. Diversamente dalla classificazione petrogenetica, la classificazione merceologica secondo la Norma Uni 8458 - Prodotti Lapidei considera “marmi” sia i marmi propriamente detti (calcari metamorfici ricristallizzati) sia tutte le rocce cristalline, compatte e lucidabili, prevalentemente costituite da minerali di durezza Mohs dell’ordine di 3-4 (calcite, dolomite, serpentino): quindi marmi metamorfici, serpentiniti e oficalciti, calcari compatti lucidabili, alabastri e rocce evaporitiche.

marmorato o marmorizzato. Termine generico che indica una superficie trattata a imitazione del marmo; intonaci a base di calce e polvere di marmo, lucidati, a volte anche opportunamente pigmentati, possono assumere tale aspetto finanche a simulare le venature e le policromie naturali dei marmi. marmorino o marmorina, è un tipo di malta preparata con un impasto di calce e polvere di marmo, usata come stucco per superfici di rivestimento, zoccoli, gradini ecc. e come intonaco nella pittura murale romana. marmorizzazione tecnica con la quale si riproduce artificialmente l’aspetto dei marmi, delle  brecce e delle pietre dure utilizzando prevalentemente stucco colorato e marezzato, ottenuto con processi di lavorazione che variano in relazione alle aree geografiche e alle singole botteghe. Il termine marmorizzazione si usa anche per indicare un tipo di lavorazione del vetro con caratteristiche simili.

‘marmo rosso’ tipo di marmo impiegato come pietra da costruzione prevalentemente a Firenze (è presente nel complesso di Santa Maria del Fiore e nel Battistero), composto mineralogicamente da marne del Sugane con venature di notevole

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ampiezza, di materiale torbido, bruno-rossastro. Sotto il profilo conservativo tende a trattenere rilevanti quantità di acqua, favorendo i processi di degrado legati all’imbibizione; si osservano anche diffusi fenomeni di dilavamento e decolorazione.

marra utensile, di forma simile alla zappa, impiegato nei lavori di muratura per la preparazione e manipolazione delle malte. ‘marouflage’ tecnica di distacco degli affreschi impiegata in Francia nel sec. XIX; il nome deriva dal verbo ‘maroufler’ nell’accezione di fissare una pittura sulla tela con la colla di ‘maroufle’; di questo collante, il cui uso è ricordato dalle fonti francesi fin dal 1688, non si conoscono gli ingredienti. martellina o martellino, utensile da muratore composto da un manico corto e una testa bipenne, una a taglio e una a punta, usata nella sbozzatura delle pietre da spacco e nella picchiettatura di pareti intonacate, decorate o meno, per l’  ancoraggio di nuovi intonaci di finitura. martellinatura o picchiettatura, spicchettatura. È una tecnica di leggera picchiettatura eseguita con un utensile appuntito o tagliente come la  martellina o il  malepeggio, volta a rendere scabrosa una superficie muraria intonacata, spesso dipinta, per creare punti di ancoraggio per un nuovo intonaco o una nuova pittura. martello strumento di origine antichissima caratterizzato da un massello metallico forato da un ‘occhio’, nel quale si innesta l’impugnatura. Ha svariati campi di applicazione, dalla cavatura di pietre a strumento di carpenteria lignea e metallica, per scultori, orafi, fabbri e fonditori, per la tappezzeria.

maschera o mascherina, elemento protettivo costituito di garze di cotone montate su una struttura sagomata, che si trattiene sul viso per mezzo di una cinghia elastica; protegge dall’inalazione di particelle di polvere ma non è efficace nei confronti delle sostanze tossiche, per le quali sono state realizzate maschere di gomma fornite di capsule filtranti.

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maschio porzione di incastro destinato a essere inserito in modo solidale nel pezzo corrispondente; molto usato in lavori di carpenteria e falegnameria, evita l’impiego di chiodi e viti. masonite materiale costituito da fibre di legno compresse, usato per l’isolamento degli interni e commercializzato in forma di pannelli che sono stati impiegati, fra l’altro, per la risupportazione di affreschi staccati. Per masonite si intende anche un minerale (alluminosilicato di magnesio e ferro), anche se attualmente il termine è andato in disuso, e il minerale si identifica più propriamente con il nome cloritoide.

massicot chimicamente monossido di piombo, è un pigmento artificiale giallo simile al  litargirio. Alcuni autori li ritengono sinonimi, ma abitualmente per massicot si intende il monossido di piombo ottenuto scaldando a circa 300 °C il bianco di piombo, mentre il litargirio è il prodotto diretto dell’ossidazione del piombo fuso. Il massicot ha le stesse caratteristiche chimiche del  bianco di piombo. mastice resina naturale ricavata da una pianta anacardiacea, Pistacia lentiscus, che viene commercializzata in lacrime, piccole gocce di colore paglierino chiaro. È solubile in trementina, etere, alcol e idrocarburi. È stato impiegato come componente resinoso di base per la produzione di vernici trasparenti, giallo chiare ed elastiche. La resina mastice tende a ingiallire col tempo. È usata come medium di pigmenti nel restauro pittorico o in emulsione con tempere. Nell’arte musiva, nella tarsia (lignea, tradizionale e ‘a toppo’) e nell’intaglio viene usata come collante per l’adesione delle tessere sul supporto. Sinonimo di adesivo molto tenace.

MATERIE COLORANTI

durezza, elevato modulo elastico, bassa densità e bassa tenacità. Molto fiorente la ricerca e la produzione di materiali ceramici per applicazioni industriali avanzate, tra i materiali tradizionali si ricordano le terrecotte, i laterizi, le faïences, le maioliche, le terraglie, le porcellane e il grès. Per la classificazione dei prodotti ceramici si tiene conto dei criteri storici e tecnologici.

materiali di restauro tutti i materiali naturali, artificiali e sintetici impiegati per le attività di restauro (consolidamento, rintelatura, foderatura, pulitura, ecc.). La scelta dei materiali di restauro deve tenere conto dei principi di  reversibilità, compatibilità chimico-fisica con i materiali originali dell’opera, inerzia chimica e durabilità; occorre anche valutare l’effetto dell’invecchiamento nel tempo e la  biosuscettibilità. Le schede tecniche di accompagnamento riportano tutte le caratteristiche del prodotto di restauro, con annotazioni circa le modalità di applicazione e le possibili controindicazioni. materiali eburnei classe di materie organiche (in realtà composte per 2/3 da sostanze minerali e per 1/3 da sostanza organica), cui appartengono l’  avorio e i denti di alcuni mammiferi e altre sostanze di aspetto simile. Sono lavorati con tecniche artigianali come l’intaglio e l’incisione, anche associate a tinture e decorazioni pittoriche della superficie. Occorre ricordare anche l’avorio vegetale, che ha un aspetto molto simile a questi materiali, ma è ricavato da alcune piante tropicali. I materiali eburnei sono soggetti a vari tipi di alterazioni: lacune, fratture, fenditure, scheggiature, fenomeni di decoesione, deformazioni, degradi entomatici, microbiologici, alterazioni cromatiche e macchie.

una superficie opaca.

materiali lapidei artificiali si definiscono i prodotti ottenuti per lavorazioni tecnologiche di materie prime minerali; sono le malte, i calcestruzzi, i  materiali ceramici, i vetri ecc.).

materiali ceramici tutti i prodotti ottenuti per

materie coloranti termine generale comprendente

cottura ad elevata temperatura (900-1400 °C) di impasti minerali composti principalmente di argilla e acqua. In generale sono caratterizzati da elevate temperature di fusione, inerzia chimica, elevata

tutte le sostanze capaci di impartire colore ai supporti utilizzati a fini artistici e non (tessuti, dipinti, mosaici, maioliche ecc.). Si dividono in naturali e artificiali. I materiali naturali possono

‘mat’ termine francese entrato nell’uso per indicare

MATRICE

essere minerali (inorganici), vegetali e animali (organici). Un’ulteriore suddivisione è quella in pigmenti, coloranti e lacche. I  pigmenti comprendono una grande varietà di composti chimici generalmente sotto forma di polvere che devono essere sospesi, come particelle discrete, in un mezzo disperdente detto  legante o  medium senza reagire chimicamente. I  coloranti, viceversa, sono sostanze usate in soluzione acquosa o disperse nei principali leganti in modo da reagire chimicamente con questi. Le  lacche sono costituite da un colorante organico precipitato assieme a un substrato che è normalmente insolubile, semitrasparente, inorganico, inerte e funge da supporto che dà corpo.

matrice può essere considerata il supporto nella tecnologia di stampa: è infatti la lastra di legno, di metallo o di pietra su cui viene scolpito, inciso o dipinto il disegno che si vuole riprodurre. Può essere preparata in negativo o in positivo a seconda della tecnica impiegata ( incisione). Nell’incisione a  bulino il metallo preferito per la matrice è il rame, per le sue caratteristiche di durezza, malleabilità e facilità di lavorazione.

mazzuolo strumento usato sia per la scultura lapidea che in falegnameria. Di forma analoga alla mazza, ma più leggero e maneggevole, può essere costruito con materiali diversi: rispetto al martello ha una superficie di percossa maggiore. È citato da Filippo Baldinucci (1681): “e con tal nome chiamano li scultori e scalpellini, quel martello di ferro senza tempera, col quale essi lavorano”.

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olio di lino in uso nel XIX secolo. È conosciuta anche come ‘vernice inglese’, imita la patina e compensa gli squilibri dovuti alle verniciature antiche.

melassa liquido denso estratto dal succo della canna da zucchero e della barbabietola, adoperato come emolliente nella preparazione delle imprimiture e della pasta da  rintelatura. Come additivo delle malte ha funzione ritardante sui tempi di presa e indurimento. Melinex® o mylar. Polimero acrilico sintetico, disponibile in fogli di vari spessori che nel campo del restauro possono venire applicati sulla superficie di un manufatto o su un impacco superficiale, per mantenere umide piccole porzioni sottoposte a trattamenti di pulitura con supportanti. È comunemente usato anche per disegnare per trasparenza profili, rilievi e mappature di stati di conservazione (difetti, cadute, lacune, abrasioni) dalle superfici di dipinti o altri oggetti.

membranaceo sinonimo di pergamenaceo. Il termine identifica tutti i materiali e i supporti in  pergamena.

menisco nella meccanica e dinamica dei fluidi si definisce menisco la superficie libera di un liquido in prossimità delle pareti del contenitore, curvata a causa della  tensione superficiale. Il menisco di un liquido bagnante (acqua) è concavo mentre quello di un liquido non bagnante (mercurio, olio) è convesso. mercurio metallo pesante che a temperatura

mecca vernice trasparente di varia composizione impiegata per ripassare superfici argentate, per dar loro l’aspetto dell’oro ( argento meccato). È stata impiegata fino dal Rinascimento.

meccatura tecnica di stesura della vernice detta  mecca su superfici di stagno o di argento per ottenere un effetto ottico simile alla doratura ( oro).

ambiente si trova allo stato liquido. Il simbolo chimico che lo contraddistingue, Hg, ha etimo latino ‘hidrargirium’; conosciuto fin dall’antichità col nome di ‘argento vivo’, scioglie molti metalli formando un  amalgama; in natura si trova unito all’oro e all’argento in forma nativa e come solfuro nel  cinabro. Il nome deriva da quello del pianeta Mercurio con cui gli alchimisti mettevano in relazione il metallo; è stato impiegato nella tecnica della doratura per sciogliere l’oro.

medium  legante mestica erroneamente indicato come strato su‘megilp’ mistura di vernice e mastice sciolta in

perficiale colorato della preparazione di un dipinto

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( imprimitura), è una vera e propria preparazione, ottenuta con aggiunta di materie grasse alle colle, che produce una maggiore flessibilità del supporto in tela. Nelle mestiche il gesso è sovente sostituito dalle terre.

‘mesticare’ uso di aggiungere o mescolare sostanze di natura grassa, come oli siccativi, resine, amidi o farine alle colle, per ottenere preparazioni grasse flessibili, più adatte ai supporti in tela che, non essendo rigidi, sono per loro natura più soggetti ad essere piegati e deformati.

metallizzazione termine generico per indicare l’applicazione di foglie d’oro o di altro metallo su fondi pittorici o su superfici decorative ( doratura e  argentatura). Nell’ambito della tecniche di indagine diagnostica, il termine allude alla fase di copertura (‘coating’), con oro o in alternativa con polvere di grafite, di campioni non conduttivi per propria natura, da sottoporre ad analisi in  microscopia elettronica a scansione. metallografia indagine tesa a rivelare le caratteristiche strutturali e la costituzione dei materiali metallici. Si esegue su campioni in sezione lucida sotto microscopio in luce riflessa normale o polarizzata mediante attacco chimico selettivo degli elementi strutturali. metamerismo fenomeno ottico per cui due materiali che appaiono di colore identico sotto certe condizioni di illuminazione risultano diversi al cambiare dello spettro illuminante. Nel campo del restauro è un fenomeno da tenere in considerazione nella scelta dei materiali e delle modalità di esecuzione dei ritocchi pittorici: un’integrazione può risultare non percepibile alla luce bianca, ma sotto illuminazione artificiale può avere effetti ottici diversi, rivelandosi all’osservatore.

metodica dei cunei nel restauro dei supporti lignei soggetti a deformazioni e spaccature, inserimento di tasselli sagomati in aperture provviste di un profilo a V.

metodo procedimento logico-analitico basato sullo studio del manufatto, dei suoi materiali e

MICA

della sua vicenda conservativa, attraverso il quale viene impostato un problema conservativo o un intervento di restauro. Nella Teoria del restauro di Cesare Brandi (1963) il restauro era definito “momento metodologico di riconoscimento delle caratteristiche materiche dell’opera d’arte”. Inteso anche come procedura di trattamento: per esempio il ‘metodo Pettenkofer’ ( Pettenkofer, metodo), il ‘metodo del bario’ ecc.

messa in sicurezza insieme degli accorgimenti, interventi e prescrizioni che servono a garantire la conservazione di un manufatto artistico o di un sito storico e monumentale proteggendolo da fattori di pericolosità che ne possono minacciare l’integrità o aggravare il precario stato di conservazione. Il termine si riferisce anche alla sicurezza sui cantieri di restauro, secondo le vigenti normative. ‘mezzo fresco’ lemma in uso nelle fonti e nella letteratura artistica per indicare dipinti murali parzialmente eseguiti a fresco e ritoccati a secco.

mezzotinto o mezzatinta. Tecnica calcografica diretta, detta anche ‘incisione alla maniera nera’ o ‘stampa a fumo’, la cui invenzione è attribuita a Ludwig von Siegen di Utrecht nel 1642. La lastra di rame viene granita e irruvidita con una mezzaluna dentata che produce sulla superficie un denso reticolo di segni e barbe, per cui, se la lastra venisse inchiostrata in questa fase, ne risulterebbe in stampa un foglio nero. Il disegno risulta da un processo in negativo: l’incisore disegna sul fondo scuro, raschiando e asportando le barbe con un raschietto a dentatura molto fitta (fino a 40 dentini per centimetro), ottenendo infinite sfumature di grigio. I bianchi si ottengono levigando ancora la lastra con un brunitoio. mica nome generico di minerali appartenenti a un gruppo di fillosilicati di alluminio e di metalli alcalini o di magnesio e di ferro, contenenti anche gruppi ossidrili e fluoro. Hanno la proprietà di sfaldarsi in lamine sottili e brillanti, untuose al tatto. Le miche sono presenti in molti tipi di rocce; marcano spesso i piani di  scistosità di rocce quali le ardesie.

MICRO-

micro- prefisso che indica la milionesima parte;

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in notazione scientifica si indica come 1·10-6. Presente in moltissime parole per indicare una dimensione molto piccola.

alla millesima parte del millimetro. La grandezza micron si usa in particolare per esprimere le lunghezze d’onda nell’  infrarosso e, più raramente, nel  visibile.

microcarotatrice strumento di guida di una

microonde onde elettromagnetiche comprese nella

piccola punta cava che si utilizza ruotandolo e affondandolo nel materiale da prelevare ( carota). Questo attrezzo è impiegato per eseguire prelievi globali da un materiale stratificato: la punta si riempie e il campione viene successivamente estruso e selezionato; la rotazione della punta può essere manuale o azionata da un motorino elettrico.

regione tra 1 e 1000 mm. In campo artistico le microonde sono attualmente allo studio per valutarne l’utilizzazione nell’eliminazione di insetti xilofagi.

microclima lemma che comprende tutti i parametri climatologici che determinano lo stato di un ambiente limitato, sia esterno che interno. Il clima di un laboratorio, di un ambiente espositivo permanente o temporaneo può avere un’incidenza fondamentale nella conservazione di un manufatto. Gli oggetti possono anche essere conservati per lunghi periodi in ambienti nei quali venga mantenuto un microclima artificiale idoneo alla loro conservazione. Tendenzialmente i danni maggiori sono dovuti ad escursioni repentine e non controllate dei parametri termoigrometrici ambientali.

microorganismi lemma generico che riunisce tutti gli organismi biologici, sia vegetali che animali; si dividono in autotrofi (alghe e licheni) e eterotrofi (funghi e batteri). Quando incontrano un ambiente ideale sia come composizione del substrato che per condizioni climatiche, si insediano su reperti archeologici, opere collocate all’aperto e in ambienti umidi, manufatti conservati in microclimi non controllati, formando vere e proprie colonie.

microsabbiatrice apparecchiatura per la  sabbiatura di precisione utilizzata per la pulitura di superfici solide di estensione limitata (statue in marmo, numismatica archeologica, metalli).

microscopia elettronica a scansione (Scanning microfotografia tecnica fotografica che permette di ottenere immagini fotografiche di oggetti o dettagli con dimensioni molto ridotte grazie all’associazione di una macchina fotografica o di un corpo macchina ad un microscopio.

microidrosabbiatrice sabbiatrice che consente di realizzare interventi di pulitura di precisione mediante un doppio getto a pressione continuo di polvere abrasiva e acqua. Il mezzo acquoso attenua l’effetto abrasivo delle polveri favorendone un maggior controllo; inoltre contribuisce a raffreddare la superficie di lavoro, riscaldata per effetto dell’attrito delle particelle.

microlacune lacune appena visibili a occhio nudo o solo grazie all’ausilio di uno strumento di magnificazione (lente, microscopio).

micron o micrometro (μm), unità di lunghezza corrispondente alla milionesima parte del metro o

Electron Microscope, SEM) tecnica di microscopia che impiega come sorgente illuminante un fascio focalizzato di elettroni accelerati. Può superare i 200.000 ingrandimenti; l’impatto degli elettroni sulla superficie del campione genera una serie di fenomeni caratteristici degli elementi presenti che possono venire registrati ( catodoluminescenza, elettroni retrodiffusi, spettrometria X a dispersione di energia, spettrometria X a dispersione di lunghezza d’onda). Necessita che campioni non conduttivi per propria natura vengano sottoposti preventivamente a  metallizzazione.

microscopia ottica tecnica di osservazione ravvicinata di oggetti. Il microscopio permette di ingrandire i campioni investigati tramite un sistema di due o più lenti (oculare e obiettivo). È necessario che il campione sia illuminato. In base alla sua posizione rispetto alla sorgente, esso può riflettere la luce (microscopia ottica in luce riflessa in campo chiaro e scuro) o esserne attraversato (mi-

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‘MINIMO INTERVENTO’

croscopia ottica in luce trasmessa). In campo artistico la microscopia ottica, oltre che per lo studio di campioni prelevati dall’opera ( analisi), può essere utilizzata sia per l’osservazione diretta dell’opera ( analisi non invasiva) che come mezzo ausiliario di ingrandimento durante fasi particolarmente delicate di operazioni conservative.

secolo in poi come ingrediente plastificante per la preparazione delle colle, dei leganti, anche di imprimiture, cui conferisce maggiore flessibilità, in alternativa alla cera. Giovanni Secco Suardo (ed. 1894) ne suggerisce l’impiego come emolliente nella pulitura dei dipinti. Come la  melassa, è un additivo ritardante per le malte.

microscopia ottica al polarizzatore o in luce polarizzata. Sfrutta un fascio di  luce polarizzata passante per un primo filtro (nicol polarizzatore) che attraversa il campione osservato e viene intercettato da un secondo filtro polarizzatore (nicol analizzatore); entrambi i filtri sono orientabili secondo due modalità: nicols paralleli o incrociati (in questo caso con orientazione reciproca a 90°). Molto usato per le analisi petrografiche in  sezione sottile, consente di classificare una roccia, osservandone le componenti minerali e le fasi di alterazione, nonché di stimarne la porosità. È una tecnica di ampio impiego anche per lo studio di malte e manufatti ceramici; può essere complementare all’osservazione di sezioni lucide in microscopia ottica per lo studio degli intonaci e delle pitture murali.

‘miglioramento’ espressione frequente nella letteratura sul restauro per indicare un intervento di conservazione che tende a ‘migliorare’ la godibilità di un dipinto. Corrisponde al gusto amatoriale e sottintende l’impiego di ridipinture e correzioni dell’originale.

miniatura o alluminatura, illuminatura. Tecnica di pittura a tempera su supporti pergamenacei e cartacei, spesso arricchita con dorature, che prevede anche l’uso di inchiostri. Il termine deriva dall’uso del cinabro (noto anticamente come ‘minium’) per dipingere di rosso le iniziali dei codici. L’uso di lacche alluminate, ovvero di principi coloranti supportati da allume di rocca, pare aver originato i sinonimi di alluminatura e illuminatura.

‘minimo intervento’ orientamento di metodo midolla di pane o mollica, fino al sec. XIX si usava nella pulitura degli affreschi dalla polvere, direttamente strofinata secondo la lezione di Giovanni Secco Suardo (ed.1866 e 1894), intrisa d’acqua o di altri ingredienti come aceto, ‘latte sburrato’, acqua di calce ecc. secondo la descrizione data da Ulisse Forni (1866).

midollo parte centrale del tronco di un albero, interno al  durame dal quale è poco differenziabile, di dimensione variabile in relazione alla specie legnosa e all’età della pianta. L’eccentricità del midollo con conseguente ovalizzazione della sezione è una delle anomalie di forma del fusto di un albero; nei legni a struttura anomala il midollo (parenchima primario) è da considerarsi un ‘difetto’, caratterizzato da modeste resistenza meccanica e durabilità. miele alimento fluido prodotto dalle api, gli zuccheri semplici, fruttosio e glucosio, ne costituiscono la maggior parte (85-95 %); usato dal XVIII

nel restauro di beni culturali mobili, policromie, superfici architettoniche, strutture monumentali, manufatti archeologici, che mira alla conservazione e al mantenimento dell’integrità dell’opera senza comprometterne la leggibilità e la veridicità storica e artistica: limitando l’invasività dell’intervento di restauro; calibrando attentamente l’introduzione di materiali e procedimenti tecnici estranei all’opera d’arte in relazione alla loro efficacia e necessità applicativa; controllando quantitativamente e qualitativamente le diverse tipologie di intervento adottate; preferendo interventi modificativi del contesto ambientale di esposizione del manufatto a interventi diretti su di esso. Più in generale e da un punto di vista tecnico, la scelta meno invasiva relativa a materiali e metodi di conservazione consiste nel privilegiare la selezione di prodotti di intervento più calibrati (agenti di pulitura, adesivi, consolidanti, protettivi), metodi meno drastici di tensionamento (ad esempio la foderatura perimetrale a strip delle tele e dei tessili, traverse ammortizzate per i supporti delle tavole), l’uso di

MINIO

protettivi temporanei come il ciclododecano per aree sensibili e tutti gli accorgimenti relativi all’ambiente di conservazione. In tal senso, ad es., è da intendersi il ricorso al monitoraggio e controllo microclimatico dei parametri termoigrometrici ambientali ai fini della stabilità strutturale di un supporto pittorico evitando così interventi diretti sul supporto stesso. La filosofia del minimo intervento si intreccia con le strategie della  conservazione preventiva. Nella scelta delle modalità di intervento più appropriate, l’operazione critica del minimo intervento presuppone un’approfondita conoscenza del manufatto (caratteristiche materiche e tecniche, valenze storico-artistiche, stato di conservazione, storia conservativa) e deve perseguire la riconoscibilità dell’intervento di restauro che non deve mai risultare imitativo, falsificante o predominante nei confronti dell’opera.

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con effetti nelle operazioni di pulitura non sempre ottimali a causa di una non omogenea azione solvente sulla superficie trattata.

mistura miscela di pece greca, cera gialla e polvere di marmo bianco impiegata nel restauro integrativo della statuaria. Più genericamente, qualsiasi miscela usata per restaurare manufatti artistici; per gli oggetti lignei di scavo si usa, fra l’altro, alcol misto a etere e resine. misura rapporto tra una grandezza (fisica, matematica, temporale) e una grandezza, omogenea con la prima, scelta come riferimento. A quest’ultima grandezza viene convenzionalmente attribuito il valore unitario, divenendo l’unità di misura per quella determinata grandezza.

modellare tecnica di lavorazione di un materiale minio miscela di ossido e biossido di piombo preparata artificialmente, di colore arancione opaco; in uso nei dipinti dal XIII al XIX secolo, ma non nella pittura murale perché non ha resistenza all’ambiente alcalino della calce e all’umidità. Cennino Cennini avverte: “... chè sse l’adoperi in muro, chome vede l’aria subito diventa nero e perde suo cholor”. Non va confuso con il ‘minium’ latino, che corrisponde al  cinabro.

MIR  infrarosso medio miscelare mescolare insieme sostanze di natura diversa per ottenere composti o effetti omogenei (il termine si usa in relazione a colori, pigmenti, vernici ecc., dai quali si ottiene una miscela).

miscibilità proprietà di due sostanze di solubilizzarsi completamente l’una nell’altra, senza costituire nuove fasi; proprietà particolarmente importante per la scelta dei solventi da impiegare nel restauro.

missione  oro a missione ‘mista’ soluzione di alcol e trementina frequentemente applicata nel XVIII e nel XIX secolo sui dipinti a olio per asportarne le vernici. Più genericamente allude a mescolanze di diversi solventi,

plastico, come cera, argilla, stucco, plastilina; si contrappone al lemma scolpire col quale si intende propriamente l’azione di lavorare un materiale duro come pietra, osso e avorio, o di intagliare il legno.

modello in generale ciò che l’artista intende ritrarre o riprodurre: “Modello dicesi anche propriamente a uomo, o donna, che nell’Accademia del disegno nudo, o vestito stà fermo per esser … ritratto al naturale” (Filippo Baldinucci, 1681). Nella scultura in pietra si intende un manufatto in terracotta o cera, di piccole dimensioni, eseguito dall’artista (ed eventualmente elaborato in diverse redazioni o bozzetti), dal quale si riportano sul blocco di pietra le misure in scala maggiore; talvolta anche modello in gesso a scala reale. In pittura il disegno preparatorio costituisce la prima idea creativa di un’opera, elaborata a partire dallo schizzo al disegno finito, che ne costituisce il modello da riportare su tela o tavola, oppure per realizzare il cartone.

‘modello magro’ ne è stato ipotizzato l’uso nella tecnica della fusione diretta relativamente ai bronzi di Riace: si tratta del passaggio dal modello originale al modello per la fusione. modulo misura sulla quale si basavano fin dal-

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l’antichità le caratteristiche compositive di un manufatto o di una architettura (rapporto fra le varie parti di un edificio); modulo per la scultura è la dimensione anatomica media del corpo umano. Secondo lo storiografo Giorgio Vasari i pittori e gli scultori del XV e XVI secolo si costruivano piccoli manichini di legno per studiare le caratteristiche dei corpi umani.

mogano grande albero tropicale della famiglia delle Meliaceae; legno esotico impiegato in ebanisteria per lavori di impiallacciatura; ebbe grande fortuna nel XVIII secolo. Non attaccabile dai tarli, possiede una ottima lavorabilità: opere di intaglio di precisione si conservano molto bene nel tempo.

MORELLONE

gnetica costituita da fotoni della stessa frequenza. La luce coerente emessa dai  laser è monocromatica.

monocromo caratteristica di un materiale o manufatto dipinto con un solo colore utilizzandone le sfumature. Stesura cromatica caratterizzata dall’impiego di un solo colore o di una sola tonalità con forti effetti di chiaroscuro, nota come ‘grisaille’. Nel restauro dei dipinti le integrazioni a monocromo ( integrazione,  ‘neutro’), oggi quasi del tutto abbandonate, consistevano nel lasciare la lacuna in vista qualora essa non interferisse nella recezione dell’immagine. montaggio serie di operazioni che permettono

mola utensile di materiale abrasivo utilizzato per la lavorazione di manufatti in metallo di piccole dimensioni, ma anche per l’asportazione di residui truciolari (per esempio di oro in foglia); strumento impiegato nell’intaglio dei cammei e in genere nella glittica, nell’incisione di vetri e cristalli, degli smalti, della tarsia in pietra.

molatura intervento di abrasione, incisione o taglio eseguito con la  mola. mollica parte interna e molle del pane. Utilizzata per cancellare il tratto a matita e per attenuare colorazioni troppo intense, è usata nelle operazioni di pulitura dei dipinti.

monitoraggio attività di controllo nel tempo dello stato di conservazione e delle proprietà materiche, morfologiche, estetiche e strutturali di manufatti artistici e architettonici e delle eventuali modificazioni occorse in un dato intervallo temporale, mediante l’impiego di strumentazioni singole o sistemi e reti costituite da più strumentazioni, anche di tipo diverso. Il monitoraggio può consistere anche nell’esecuzione periodica, secondo una data procedura, di misurazioni e sperimentazioni di tipo chimico, fisico o biologico, avvalendosi anche di fasi di campionamento, sebbene si prediligano sempre più tecniche di indagine non invasive e/o di telerilevamento.

monocromatica dicesi di radiazione elettroma-

di mettere insieme i vari elementi di un oggetto, ovvero di un manufatto (montare un dipinto sul telaio, per esempio). Il termine si usa anche in alternativa a incorniciatura.

montante elemento di un supporto ligneo tavolato composto di varie traverse, che ha una direzione parallela rispetto alle tavole. morchia residuo dell’olio di oliva usato per la preparazione di saponi e di grassi. Lemma in uso per descrivere residui di olio minerale o vegetale di lubrificazione di parti in movimento. A causa della varietà di sostanze contenute (particolato, sostanze ossidate e acide) può essere molto dannoso per manufatti che vi vengono in contatto (campane, strumenti scientifici d’epoca, armi e armature).

mordente sostanza usata per impregnare fibre vegetali e animali (tessuti, pelli ecc.) prima della tintura: i coloranti impiegati devono essere capaci di reagire con essa per dare un composto insolubile. I mordenti più usati sono alcuni idrossidi metallici e il  tannino. Per mordente si intende anche una sostanza impiegata per far aderire i metalli su un supporto (per esempio l’oro sul legno) oppure un solvente usato per la pulitura delle superfici metalliche. Nella tecnica dell’  acquaforte è la soluzione usata per l’incisione delle lastre. morellone minerale a base di ossido di ferro simile all’ematite, che corrisponde a una miscela

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MORSURA

di ocra rossa naturale e nero di carbone. Era usato nella pittura murale medievale come fondo preparatorio a fresco sul quale veniva stesa l’ azzurrite, il cosiddetto ‘azzurro dei cieli’. È conosciuto anche come ‘caput mortuum’, vetriolo cotto o bruno inglese.

tagliati e accostati a formare un disegno.

mosaico minuto o romano, composto da tessere in pasta vitrea di piccolissime dimensioni, prodotto a Roma tra la fine del Settecento e la metà del XIX secolo, per decorare oggetti di dimensioni ridotte, come tabacchiere e medaglioni.

morsura azione del  mordente su una superficie preparata per la stesura del metallo in foglia o in polvere. Nelle tecniche incisorie è l’azione di incisione per azione di un acido in cui è immersa la lastra metallica ( bagno di morsura). In antico l’acido più usato era l’ ”acqua forte”, da cui il termine  acquaforte per indicare la tecnica.

mortaio recipiente usato per contenere minerali, pigmenti o altre sostanze durante la triturazione mediante il pestello. Mortai e pestelli potevano essere di legno, di pietra, di marmo, di bronzo ecc. secondo gli impieghi e i materiali con cui venivano in contatto.

mosaico o arte musiva, opus musivum. Tipologia decorativa, molto usata in età romana e bizantina, ottenuta seguendo un disegno prestabilito, con materiali diversi e di diversi colori (ciottoli, paste vitree, frammenti di pietre, di laterizio ecc.) fissate al supporto con stucco, mastice o malta cementizia. Oltre all’applicazione diretta sul supporto da decorare, è diffusa anche la tecnica della rivoltatura; il mosaico viene realizzato su un supporto temporaneo (legno o lavagna) e le tessere vengono alloggiate su un leggero strato di gesso, quindi, una volta pronto, l’insieme viene ribaltato e collocato sul supporto definitivo, rimuovendo lo strato di gesso usato per il fissaggio temporaneo. È occasionalmente documentato l’inserimento di conchiglie, materiali semipreziosi e preziosi, vetri.

mosaico a tessere varietà di mosaico composta di piccoli elementi a forma approssimativamente cubica, di circa un cm di lato, accostati insieme per formare un disegno (detto anche opus tesselatum o alexandrinum). mosaico a sezioni anche opus sectile. Varietà di mosaico ottenuto mediante diversi elementi di marmo, pietre o vetri di varie dimensioni e colori,

MS  spettrometria di massa muffa lemma generico che indica alcune specie di funghi parassiti che possono attaccare manufatti in legno, carta, tela ecc., provocando pericolose forme di degrado. Le muffe attaccano gli adesivi di origine vegetale come la pasta di amido e la colla di farina (costituenti importanti dei manufatti e dei prodotti impiegati nel restauro); se vi si aggiungono sostanze in grado di aumentarne la viscosità gli attacchi delle muffe possono essere limitati. Ulisse Forni (1866) ricorda che anche “un affresco può essere muffato; la muffa può essere tolta con spugna bagnata con ammoniaca molto allungata”.

‘muffato’ termine usato da Ulisse Forni (1866) per indicare lo strato di sporco depositato sugli affreschi ( muffa). multiwax cera microcristallina, miscela paraffinica di idrocarburi pesanti derivati dal petrolio; ha punto di fusione compreso tra 72 °C e 85 °C; forma una pellicola impermeabile usata per proteggere manufatti restaurati, specie oggetti di ebanisteria, eburnei, archeologici, strumenti scientifici.

‘mundator’ lemma latino con il quale a Roma nel XVI secolo si indicavano operai addetti alla spolveratura degli affreschi e dei dipinti, eseguita con panni di lino o lunghe canne di bambù, al cui apice venivano applicate code di volpe. Il pontefice Paolo III aveva affidato la manutenzione degli affreschi della Cappella Sistina a un gruppo di ‘mundatores’ che lavoravano con continuità in Vaticano. Fonti vaticane riportano che la condizione di ‘mundator’ era il primo gradino dell’apprendistato per divenire curatore e restauratore. muratura o muro, parete. Struttura architettonica

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costituita da blocchi lapidei o laterizi o materiale misto, giustapposti in filari regolari o ammorsati in modo irregolare, con o senza l’impiego di malte, secondo tecniche costruttive diverse a seconda dell’epoca, dell’area geografica, dei materiali disponibili e della destinazione d’uso. Nel campo delle tecniche artistiche costituisce il supporto di elezione della pittura murale; la superficie può essere rivestita da intonaci e stucchi che la nobilitano e qualificano.

muriatico acido muriatico. Nome gergale che indica una forma di acido cloridrico impura di cloruro ferrico. Usato fin dal Medioevo in Islam, deriva il suo nome dal latino ‘muria’, salamoia. museotecnia o museotecnica. Disciplina che soprintende a tutti gli aspetti legati alla progettazione e all’allestimento per l’esposizione di manufatti artistici e archeologici in ambienti museali e nel corso di mostre. Comprende la progettazione dei supporti e delle teche, l’articolazione dei percorsi, la scelta e l’orientazione dell’illuminazione,

MYLAR

la climatizzazione delle sale e la predisposizione dei sistemi antifurto, allo scopo di consentire una piena e ottimale fruizione da parte del pubblico nel rispetto delle esigenze conservative.

mussola tessuto leggerissimo e morbido costituito di filati di cotone e di lana. Ha vaste applicazioni nel restauro, soprattutto nelle tecniche di  distacco dei dipinti e delle pitture murali. È raccomandata da Giovanni Secco Suardo (ed. 1866 e 1894) per le operazioni di  intelaggio.

mutilazione il termine allude agli interventi di modifica eseguiti su dipinti e altri manufatti artistici allo scopo di modificarne il formato per ragioni di gusto o di collocazione, o per inserirli vantaggiosamente sul mercato antiquario (predelle, teleri, ante di armadi, tele); anche smembrare se si tratta di un’opera di grosse dimensioni e con una struttura varia e complessa, per esempio un altare. mylar  Melinex®

n NAA attivazione neutronica nafte solventi idrocarburici ampiamente utilizzati nel campo del restauro, che hanno un’azione molto forte ma sono tossici e infiammabili. nano- prefisso che indica la miliardesima parte; in notazione scientifica si indica come 1·10-9. Usato in molte parole per indicare una dimensione molto piccola, inferiore a  micro.

nanocalce sospensione di idrossido di calcio di dimensioni nanometriche, sciolto in alcool isopropilico; dispersione messa a punto dal Consorzio per lo sviluppo di Sistemi a Grande Interfase (CSGI) dell’Università di Firenze, brevettato come  Nanorestore® per il consolidamento e la protezione delle superfici dei dipinti murali. Il sistema supera le difficoltà del consolidamento di intonaci basato sulla sola  acqua di calce poiché la concentrazione di idrossido di calcio è nettamente maggiore, pur restando ottimale il grado di penetrazione nella porosità dell’intonaco.

nanometro (nm) unità di lunghezza corrispondente alla miliardesima parte del metro o alla milionesima parte del millimetro o alla millesima parte del micron. La grandezza nanometro si usa in particolare per esprimere le lunghezze d’onda nel  visibile e nell’  ultravioletto. Nanorestore®  nanocalce nano-particelle particelle dell'ordine di grandezza del miliardesimo di metro; sono un esempio le particelle di idrossido di calcio nella  nanocalce. nebbie saline fenomeni di condensa che avvengono prevalentemente in ambienti marini salmastri o in altri fortemente inquinati da sali come solfatare e stazioni termali. Possono produrre fonti di inqui-

namento particolarmente dannose per la conservazione dei manufatti. L’azione congiunta di umidità, agenti complessanti e acidi accresce e accelera il degrado dei metalli, in particolare dei bronzi, dei materiali lapidei porosi e delle murature. Camere di corrosione o a nebbia salina sono utilizzate per determinare la resistenza di campioni di laboratorio alla corrosione, sotto l’azione di un ambiente altamente salino e corrosivo ricreato all’interno della cella di esposizione. Tali test consentono valutazioni sulle proprietà di materiali (metalli, leghe, rivestimenti metallici, vernici) impiegando processi di  invecchiamento artificiale.

nebulizzatore strumento impiegato per la distribuzione di un liquido in gocce minutissime (‘nebulizzato’) su una superficie da trattare. Costituisce l’ugello dei sistemi di trattamento di pulitura delle superfici architettoniche mediante acqua nebulizzata ( nebulizzazione). I nebulizzatori possono essere utilizzati anche per l’applicazione di vernici e fissativi con la tecnica a spruzzo o per nebulizzazione. nebulizzazione riduzione di un liquido in gocce minutissime ottenuta facendo passare il liquido attraverso un ugello con sezione di passaggio molto ristretta, creando così un getto ad alta pressione. È impiegata nei trattamenti di pulitura di superfici architettoniche con acqua nebulizzata, per la rimozione di depositi superficiali poco coerenti o coerenti, più o meno adesi al substrato. Una pioggia di goccioline d’acqua con diametro di circa 80-120 μm viene distribuita mediante ugelli orientabili, fissi o rotanti; l’azione si esplica per ruscellamento sulle superfici da trattare. Impiegata anche per rimuovere i residui di trattamenti chimici e di impacchi, è affiancata anche da altri metodi di pulitura (microsabbiatura di precisione, impacchi ad azione chimica e biologica) per una maggiore efficacia su varie tipologie di depositi e nelle zone di sottosquadro.

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NIELLATURA

neri animali pigmenti a base di composti car-

nero di vite pigmento appartenente al gruppo

boniosi, ottenuti dalla carbonizzazione di ossa o corna di animali; contengono fosfato di calcio e carbonato di calcio. Hanno vasto impiego nella pittura murale.

dei  neri vegetali; nei ricettari antichi veniva descritta la carbonizzazione a fuoco basso di sarmenti di vite potati, interrotta dalla brusca aspersione con acqua fredda di pozzo. Cennino Cennini lo descrive come “colore negro e magro ed è de’ perfetti colori che adoperiamo...”.

neri minerali pigmenti a base di composti carboniosi di origine minerale, che contengono anche ossido di manganese; hanno ampia applicazione nell’affresco. Cennino Cennini definisce questo pigmento “pietra negra”.

neri vegetali pigmenti che provengono dalla carbonizzazione controllata di sostanze diverse, principalmente sarmenti di vite e noccioli di frutta; hanno tonalità tendenti al bluastro e sono impiegati nella pittura murale.

nero d’avorio appartenente al gruppo dei  neri animali, è un pigmento derivato dalla carbonizzazione in ambiente anossico di carni e avorio. “Fatto d’avorio arso, che fa un nero profondissimo: serve per dipignere a olio”, così Filippo Baldinucci (1681).

nero d’ossa pigmento artificiale appartenente al gruppo dei  neri animali; diversamente dal  nero d’avorio non contiene carbonati e fosfati di calcio.

nero di lampada noto anche come nerofumo, appartiene al gruppo dei  neri vegetali ed è formato da minutissime particelle di fuliggine e di peci di idrocarburi incombusti. Nei ricettari antichi veniva descritta la sua produzione ottenuta condensando su un vetro, o una lastra metallica, il fumo carbonioso di una lampada a olio. Cennino Cennini avverte: “sottilissimo colore ... non bisogna triarlo [macinarlo]”. nero di noccioli pigmento artificiale appartenente al gruppo dei  neri vegetali, derivato dalla carbonizzazione di noccioli di frutta. nero di seppia pigmento appartenente alla categoria dei  neri animali. È il colore contenuto in una vescichetta del mollusco omonimo, da cui veniva estratto ed essiccato.

nerofumo o fuliggine, nero di lampada. Pigmento artificiale appartenente al gruppo dei  neri animali, ottenuto per carbonizzazione di gas, sostanze oleose e materiali organici le cui fuliggini venivano poi raccolte (condensazione su vetro o lastra metallica); in passato era prodotto con la combustione delle candele.

‘nettàre’ lemma in uso nelle fonti e nella letteratura sul restauro col significato di pulire dipinti e sculture. Filippo Baldinucci (1681) lo usa per “ripulire, levar via le macchie e le brutture’. ‘neutro’ termine con cui si indica un tipo di integrazione delle  lacune, che vengono ricoperte di un solo colore, e non prevede alcuna  ricostruzione del tessuto figurativo originale.

nichelatura tecnica di rivestimento di materiali metallici con un sottile strato di nichel; può avere scopo protettivo o decorativo. Da un punto di vista tecnico-funzionale, tale rivestimento rende le superfici più durevoli, maggiormente resistenti al degrado, invecchiamento, ossidazione, corrosione e usura; rivestimenti sottili migliorano le qualità estetiche e proteggono dalla corrosione; spessori maggiori proteggono dall’abrasione e dall’usura. Un tempo eseguita per placcatura, può essere realizzata per processo elettrolitico (solo su metalli) o per riduzione chimica (anche su materiali non conduttori, come vetro e plastica). niellatura tecnica affine all’intarsio metallico e tipica dell’oreficeria, che consiste nell’incidere col bulino una lastra d’oro o di argento e riempire i solchi con un amalgama fuso di argento, rame, piombo e zolfo ( niello). Una volta che l’impasto si è raffreddato, la lastra viene levigata per far risaltare il disegno, la cui tonalità cromatica varia in relazione alla quantità dei materiali disciolti

NIELLO

nella lega. Manufatti niellati non possono essere sottoposti a battitura, stiratura o altri trattamenti che presuppongano stress meccanici, senza danneggiare di conseguenza la niellatura.

niello lega metallica (amalgama) di colore nero a base di argento, rame, piombo e zolfo, adottata nella tecnica della niellatura, fusibile a temperature relativamente basse. Macinato e ridotto in polvere, viene inserito all’interno dei solchi della lastra metallica incisa, dove viene fuso avvicinando il manufatto ad un fuoco “di legne verdi” così che “per la virtù del calore fondendosi e scorrendo, riempie tutti gl’intagli che aveva fatti il bulino” (G. Vasari, 1568); una volta raffreddato ed eliminando l’eccedenza con lime, raschiatoi, pomice e cuoio, appare il disegno. Per estensione il termine è sinonimo di  niellatura e dei prodotti di tale lavorazione.

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l’acido gallico, le cui soluzioni acquose a contatto con l’aria ossidano acquistando colore bruno. Decorticate e polverizzate con un pestello, le galle venivano trattate con solfato di ferro e gomma arabica per ottenere inchiostri ferrogallici.

nodo difetto del legno dovuto a un ramo morto e indurito ricoperto dagli anelli di accrescimento annuale; attraversa il fusto in senso radiale. Durante la stagionatura manifesta modalità di ritiro diverse da quelle del legno circostante; i nodi passanti, non di rado, si distaccano e lasciano veri e propri buchi. In passato le tavole destinate alla realizzazione di supporti pittorici venivano ricavate cercando di evitare la presenza di questi difetti, che Cennino Cennini chiama “groppi, o ver nodi, o altre mancanza ch’avesse il piano della tavola” proponendo un metodo per risanarne i buchi.

NIR  infrarosso vicino

non woven acronimo di  tessuto non tessuto

nitrocellulosa estere nitrico della cellulosa. Derivato artificiale della  cellulosa ottenuto per reazione di acido nitrico con la  bambagia, carta o paste di legno. Può avere uno, due o tre gruppi nitro sulla molecola, avendo proprietà molto diverse, sia come consistenza che come reattività. Utilizzata un tempo per i supporti delle pellicole, oggi lo è ancora come base per smalti e vernici sintetiche molto dure.

NORMAL Acronimo di NORmalizzazione MAnufatti

NMR  spettrometria di risonanza magnetica nucleare

noce o noce comune, noce europeo; legno di specie arborea della famiglia delle Iuglandaceae (Juglans regia), di media durezza, poco sensibile alle variazioni di temperatura, impiegato nella scultura lignea policroma, nella preparazione di tavole e polittici, in ebanisteria. In Italia gli viene abitualmente preferito il pioppo. Da non confondersi con il noce nero americano. noce di galla o cecidio. Escrescenza prodotta dalla puntura di insetti della famiglia Cynipidae sul tronco, foglie o radici di alcune piante nella fase di deposizione delle uova. Al suo interno si trova

Lapidei. Commissione istituita dal Ministero per i Beni Culturali nel 1982, formata da esperti provenienti da Università, CNR e Ministero dei Beni Culturali, interessati alla definizione di standard metodologici per la caratterizzazione dei materiali e del loro degrado, nonché per la valutazione dell’efficacia e nocività di prodotti e metodologie da impiegare nel corso di un intervento conservativo. Inizialmente articolata in 5 gruppi, rispettivamente NORMAL C, norme chimiche, P, petrografiche, B, biologiche, F, fisico-meccaniche, M, malte, nel 1984 la Commissione è stata incaricata di redigere un Capitolato Generale di Appalto per gli interventi conservativi sulle opere d’arte (di cui una parte è stata pubblicata in “Restauri dei dipinti murali, su tavola e tela: Linee guida per la redazione dei capitolati speciali d’appalto”, DEI ed. 2007, ISBN: 9788849625615). Nel corso degli anni e con l’ampliarsi delle problematiche affrontate, i Gruppi sono aumentati in numero e, dal 1997, essi sono confluiti nell’  UNI, assumendo la denominazione di gruppi di lavoro UNI-Normal.

—) reciproco della frequenza numero d’onda (ν (1/cm). Usato come unità di misura per le ascisse degli spettri infrarossi.

o ocra bruna argilla colorata da ossidi di ferro e manganese idrati e anidri. La varietà più apprezzata come pigmento è la cosiddetta ‘terra d’ombra’, che può essere naturale o bruciata. È opaca, resistente alla luce, all’umidità e alla calce.

ocra gialla pigmento naturale composto da una base di natura argillosa e ossidi di ferro idrati che producono sfumature variabili dal giallo al beige carico. Stabile nei confronti degli agenti atmosferici e della calce, ha vasto impiego nell’affresco e nella pittura in genere per il discreto potere coprente che le è proprio. A questo gruppo di terre appartiene la ‘terra di Siena’ estratta dalle cave del Monte Amiata e dell’Isola d’Elba. Il colore bruciato si ottiene per disidratazione scaldando la terra naturale. Coi moderni metodi di pulitura al laser, occorre fare particolare attenzione alle campiture che contengono ocre, poiché possono disidratarsi e scurire.

base alluminosilicatica: ocre brune, gialle e rosse ( ocra bruna, ocra gialla, ocra rossa). Sono impiegate nella pittura murale e in tecniche affini, come lo stucco marmorizzato e la  scagliola.

‘offprint’ impressione in sostanza oleosa eseguita dalla pittura; il contorno di una parte del dipinto viene ripassato con colori a olio, trasferito per sfregamento su un foglio di carta umido e, una volta ripulito il quadro, se ne abbellisce l’impressione con gesso e acquerelli. ‘offuscamento’ nelle fonti sul restauro il lemma indica la tonalità scura acquisita dai dipinti a olio per sovrapposizione di ritocchi e soprattutto di vernici sulla superficie cromatica. A questo tipo di degrado si cercava di riparare fino dal XVII secolo con ‘lavaggi’, ‘lavature’, ‘lavacri’, ‘nettature’, un insieme di termini con cui si alludeva alla  pulitura.

ocra rossa ha una composizione simile a quella

oleografia processo cromolitografico che imita la

gialla, ma un maggior contenuto di ossidi, con tonalità che variano dall’arancio al rosso violaceo; è indicata anche come ‘rosso pompeiano’, ‘rosso indiano’ e ‘rosso inglese’; in antico era nota come ‘rubrica’. Fra le ocre rosse più impiegate abbiamo la  sanguigna, utilizzata in pezzetti per il disegno, il  bolo rosso, usato per far aderire la foglia d’oro sulle tavole, la  sinopia, un tipo di ocra proveniente da Sinope, località del Ponto Eusino, sul Mar Nero, utilizzata per tracciare l’omonimo disegno preliminare sull’arriccio prima della stesura definitiva dell’intonaco nella tecnica dell’affresco. In genere le ocre rosse hanno grande stabilità, sono compatibili con la calce e per questo particolarmente adatte alla pittura murale.

pittura a olio, in uso alla metà del XIX secolo e oggi abbandonato, che consiste nello stampare l’immagine su tela o carta, sul cui verso siano state in precedenza impresse le impronte della trama della tela. Si intende anche la riproduzione stessa. Il termine ha assunto significato spregiativo alludendo a un dipinto (e per estensione un’opera letteraria, un film ecc.) privo di originalità o banale.

oligoelemento specie chimica presente in minima concentrazione o a livello di impurezza in un composto o in una matrice complessa. Lo studio degli oligoelementi è molto importante per la caratterizzazione di leghe, minerali, ceramiche e terrecotte, per determinarne provenienza, manifattura ed eventuale datazione.

ocre pigmenti di natura argillosa che si dividono in tipologie secondo i minerali mischiati con la

olio fluido di varia composizione chimica, tipica-

OLIVO

mente un estere della glicerina (trigliceride) di acidi grassi saturi e insaturi a catena lineare lunga di atomi di carbonio (da 12 a 20). Liquido a temperatura ambiente, untuoso, ha una densità minore rispetto a quella dell’acqua. Gli oli utilizzati come leganti pittorici, per la preparazione delle vernici e nel restauro sono i più vari; in realtà il termine allude genericamente a qualsiasi sostanza ottenuta per pressione: i più impiegati come medium sono i cosiddetti oli  siccativi, estratti da vari semi di vegetali. Gli oli essenziali sono diluenti che tendono a ridurre l’opacizzazione dei colori e ne facilitano l’essiccazione. I più usati sono a base di lavanda, spigo e rosmarino; talvolta vengono impiegati nella pulitura di vernici resinose.

olivo o ulivo. Albero appartenente alla famiglia delle Oleaceae usato come supporto pittorico in area italiana e spagnola. Il legno, duro e compatto, è impiegato per la fabbricazione di mobili perché poco attaccabile dagli insetti e resistente all’umidità. olografia acustica tecnica di misura delle vibrazioni o spostamenti prodotti in un oggetto attraversato da radiazioni acustiche negli ultrasuoni (> 20 KHz). Può essere effettuata anche per oggetti in immersione in un liquido che viene perturbato, generando frange di interferenza caratteristiche della massa e delle discontinuità dell’oggetto. Usata per determinare discontinuità di manufatti metallici e/o archeologici. olografia ottica o più comunemente olografia. Tecnica di registrazione tridimensionale di un oggetto il cui prodotto è l’  ologramma che si ottiene dalla registrazione in unica esposizione dell’interferenza tra un fascio di luce  laser di riferimento e quello riflesso dall’oggetto. L’immagine, monocromatica, viene ricostruita illuminando l’ologramma con un raggio laser. L’olografia ottica è stata inventata da Dennis Gabor (1900-1979) nel 1948.

ologramma registrazione fotografica (fotoemulsione) tridimensionale di una figura di interferenza tra due fasci di luce  laser emessi da un’unica 

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sorgente. L’ologramma è molto complesso e contiene sia le informazioni sulla luminosità dell’oggetto, sia i rapporti di ampiezza e di fase dell’onda uscente da ogni punto che permettono di riprodurre in modo tridimensionale la morfologia superficiale del manufatto. La riproduzione degli ologrammi, che sono generati da una sorgente laser monocromatica, è a sua volta monocromatica.

oltremare pigmento naturale, noto anche come oltremare francese o ‘permanent blu’, ricavato dalla macinazione di una pietra semipreziosa, il  lapislazzuli, importata dall’Afghanistan e dal Medio Oriente. Fu utilizzato in Occidente fin dall’XI secolo: particolarmente costoso, era riservato a opere di pregio particolare. Chimicamente è un silicato misto di sodio, alluminio e zolfo che contiene scorie di calcite e pirite (‘ganga’) che devono essere eliminate con un sistema di raffinazione complessa per ottenere il blu intenso. Ha una buona stabilità alla luce, mentre applicato a fresco sbiadisce a contatto con la calce fresca a causa della reattività dello ione solfuro in alcali. Per questa ragione si stendeva a secco con leganti organici, sopra un substrato a fresco di tono grigio, rossastro o nerastro. È un pigmento piuttosto trasparente, poco coprente, con una tonalità tendente al violaceo. L’oltremare artificiale ha una formulazione chimica identica a quello naturale, ma se ne distingue per due fattori: sono assenti le impurità della ganga e i suoi granuli hanno una forma più regolare e stondata. Fu introdotto dal 1830 in Francia e sostituì subito quello naturale per il suo basso costo. Molti artisti erano soliti stendere un finissimo strato di oltremare sopra una base a corpo di azzurrite o di smaltino, ottenendo un risultato ottico equivalente con un costo minore.

ombreggiatura tecnica di tratteggio impiegata per ottenere l’effetto del rilievo nel disegno, nell’incisione e nelle tecniche pittoriche. Con lo stesso scopo l’ombreggiatura viene usata anche nelle integrazioni mimetiche delle lacune. onda elettromagnetica fenomeno di trasporto di energia mediante perturbazione del campo elettrico e magnetico della materia. L’onda elettroma-

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ORO SU BOLO

gnetica si propaga in linea retta ed è definibile da due parametri principali: la  frequenza e la  lunghezza d’onda. La velocità di propagazione è costante in mezzi omogenei e l’energia trasportata è direttamente proporzionale alla frequenza.

replica, dalla  copia e dalla  versione. Lo stato originale dovrebbe essere conservato, per quanto possibile, anche nella circostanza del restauro e nel corso delle indagini diagnostiche ad esso preliminari.

opacità  potere coprente

oro metallo nobile, pesante e prezioso; in natura si trova allo stato di elemento; è inerte e resistente a tutti gli agenti ossidanti. Elemento di vasto impiego in campo artistico, oltre che nell’oreficeria e nel mosaico, usato in foglie sottilissime o in polvere nella pittura, nella miniatura e per le decorazioni; nel costume e negli arazzi, lamine finissime venivano ritorte a spirale su fibre di seta per ottenere i filati dorati. Essendo molto  duttile e  malleabile, fin dall’antichità se ne sono potute tirare foglie sottilissime (circa 2 μm di spessore): se utilizzato in foglia, ne è sufficiente una quantità molto modesta per coprire grandi superfici. Il colore varia in relazione alla preparazione su cui è applicato e al trattamento di finitura cui viene sottoposto ( brunitura). A Firenze i  ‘battiloro’ avevano l’obbligo di ricavare la foglia d’oro dagli scarti della coniatura dei fiorini. Le tecniche antiche (oro su bolo, a missione ecc.) sono rimaste in uso.

opacizzazione perdita di trasparenza e di lucentezza delle superfici cromatiche o di quelle di materiali levigati e lucidati a causa delle vicende conservative subite. Per l’opacizzazione su superfici verniciate si veda  bloom. Nella tecnica ceramica e nell’arte vetraria l’opacizzazione può essere un effetto desiderabile, ottenuto per aggiunta di sostanze opacizzanti (per esempio opalina) nella preparazione degli smalti e delle paste vitree.

orceina principio colorante derivato dall’  oricello, che si ottiene per ossidazione all’aria di una soluzione ammoniacale di orcina. Ha un colore violetto ed è impiegato per tingere tessuti di lana e di seta. oreficeria termine con il quale si identificano oggetti spesso multimaterici in metallo (oro, argento, argento dorato, rame argentato e dorato, bronzo e varianti della lega) associato a vetri, smalti, cristalli, pietre ecc., legati all’uso sacro (reliquiari) e a quello profano (gioielli).

oricello lichene di origine balcanica ed esteuropea, famoso e pregiato per il suo colore rosso-violaceo, usato nelle tinture; se ne ricavava l’  orceina. Nei primi anni del XV secolo la famiglia fiorentina dei Rucellai, il cui nome deriva appunto da ‘coltivatori di oricello’ lo importò dai Balcani e trovò il modo di coltivarlo in quegli appezzamenti di terreno entro le mura cittadine, fra il Prato e Santa Maria Novella, detti ‘orti oricellari’.

oro a missione tecnica di doratura detta anche ‘mistione’, con significato di mistura o miscela, usata quando le superfici da trattare sono molto ridotte. L’adesivo (missione) è a base di olio di lino addizionato di pigmenti fini colorati; la foglia vi si applica quando è ancora appiccicoso. oro falso con questo termine si intendono tutti i composti utilizzati per imitare l’oro. Fra questi il più noto è l’oro musivo o  porporina.

oro in polvere detto anche ‘a conchiglia’, viene

ordito insieme dei fili verticali stesi sul telaio,

applicato con tempera acquosa nella decorazione dei manoscritti miniati, manufatti di vario genere e, nel caso di particolari raffinati, anche in pittura.

sui quali si intreccia la trama, destinati a determinare la lunghezza del tessuto.

oro su bolo tecnica di doratura con la quale la

originale condizione di opera dell’autore che significa unica, con i suoi aspetti materici e la sua storia fisica. In quanto tale si distingue dalla 

foglia d’oro viene applicata su una preparazione ben levigata (gesso-colla o bolo macinato finemente in una soluzione di colla animale). L’oro così applicato viene di solito brunito (lucidatura eseguita

ORPIMENTO

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quando l’adesivo è asciutto ma non ancora secco, con agata o dente di cinghiale). Per ottenere effetti decorativi particolari si esegue la  bulinatura, un tipo di decorazione ottenuta per compressione del materiale con attrezzi appuntiti ( bulino).

il solfuro e sviluppando idrogeno gassoso, mentre il rame metallico si ricopre di patine dal colore rosso/bruno quando viene ossidato. L’ossidoriduzione agisce anche sui pigmenti: i gialli di cromo sono facilmente riducibili a ossido di cromo (verde), l’  oltremare scolora, la  biacca annerisce.

orpimento pigmento disponibile sia in natura sia in forma sintetica a base di solfuro di arsenico. Ha un colore giallo dorato splendente e viene usato per simulare la doratura; il nome deriva dal latino ‘auripigmentum’. Fu impiegato dal XII al XVII secolo; non è adatto alla pittura murale perché instabile nei confronti della calce e dell’umidità, ha una granulometria finissima e spesso è stato impiegato insieme all’indaco nella preparazione dei verdi. Ha tossicità molto elevata.

ossigenazione trattamento eseguito con ossigeno o con  acqua ossigenata.

ossalato di calcio patina che si forma sulle superfici probabilmente per effetto della mineralizzazione spontanea di sostanze organiche. I più diffusi nelle opere d’arte sono gli ossalati di calcio e di rame: quelli di calcio ( weddellite) creano delle patine pregiatissime sulle sculture lapidee e in particolare sui marmi.

ottone lega metallica a base di rame e zinco in proporzioni variabili, cui possono venir aggiunte anche piccole percentuali di altri metalli per facilitare la fusione. Le leghe di ottone, dette anche ottoni, hanno un piacevole colore giallo e un’ottima resistenza agli agenti atmosferici; conservano a lungo l’aspetto metallico e si prestano alla doratura. Il vasto impiego dell’ottone in alternativa al bronzo è confermato da Vannoccio Biringuccio nel De la pirotechnia (1540) e da Giorgio Vasari (1568). L’ottone viene lavorato come tale per la produzione di manufatti di vario genere, in particolare di strumenti a fiato.

ossidazione reazione mediante la quale un ele-

ottundimento scomparsa della sottile sfumatura di tono fra due colori adiacenti, derivata dall’ingiallimento della vernice. Prima di intervenire con una pulitura occorre sempre verificare le condizioni di luce in cui si verifica la diminuzione di godibilità della stesura cromatica.

mento o un composto cede elettroni. In presenza di una reazione di questo tipo si dice che l’elemento si ossida; contemporaneamente e necessariamente un altro elemento acquista elettroni e si riduce (reazione di  ossidoriduzione, detta anche  ‘redox’). Nei metalli provoca la perdita della lucentezza e il formarsi di incrostazioni e di ruggine per esposizione all’umidità. Per esempio, l’argento annerisce all’aria contenente acido solfidrico, formando

ozono modificazione molecolare dell’ossigeno. Ha struttura triatomica molto reattiva e si forma per azione dei raggi ultravioletti negli alti strati dell’atmosfera. A livello del suolo, in atmosfere urbane inquinate, si forma per azione degli ossidi di azoto sull’ossigeno. Ha un forte potere ossidante, è nocivo per la salute ed è considerato uno degli agenti di degrado più temibili per i manufatti artistici.

ossidato elemento o composto chimico che ha subìto un processo di ossidazione.

p paletta da doratore o paletta da oro. Pennello largo e piatto, di solito di pelo di  vaio, usato nella  doratura, per trasferire la foglia dal guanciale da oro alla superficie che si vuole trattare.

palinsesto documento manoscritto, per lo più pergamenaceo, scritto, cancellato e riutilizzato più volte; tale prassi di riuso dei supporti è attestata anche per la carta e il papiro, ma la maggior parte dei palinsesti ad oggi conservati sono pergamene. Rimosse con latte e crusca d’avena, le vecchie scritture potevano riaffiorare nel tempo; più efficace è invece la cancellazione del testo mediante raschiatura e abrasione con pietra pomice. Le tecniche di imaging multispettrale consentono la documentazione di questi materiali ed evitano l’impiego di prodotti chimici dannosi per il manufatto. Il termine può riferirsi anche a dipinti altomedievali su tavole, a lastre di pietra ribaltate e incise sul retro e a intonaci dipinti interessati da sovrapposizioni di aggiunte, correzioni o sostituzioni.

palliatura verniciatura della foglia d’oro anche punzonata, eseguita per uniformarla sotto il profilo cromatico alla stesura pittorica delle parti a tempera. È una tecnica tipica dei polittici medievali; nel Quattrocento è stata usata per abbassare il fondo o altre parti in foglia metallica per accordarle alle pitture prospettiche. La sua rimozione nel corso della pulitura può alterare visibilmente i rapporti cromatici dell’insieme.

palombella  bottacciolo pannellatura rivestimento di un ambiente, di una parete, di un mobile ecc. per mezzo di pannelli. Può essere eseguita con intenti isolanti. pannello elemento piano di una struttura com-

plessa che può essere delimitato da una cornice; si usa per decorazioni parietali, di mobili, porte ecc. In pittura e in scultura il termine indica ciascuno dei riquadri che compongono un’opera. Il lemma si usa anche per indicare nuovi tipi di supporti (a nido d’ape, a sandwich ecc.) sui quali vengono rimontati i manufatti sottoposti a restauro.

panno tradizionale strumento di spolveratura degli affreschi; doveva essere di lino e si chiamava anche ‘panno lino’; serviva anche per l’  impannatura delle tavole. In antico il lino era la fibra più raccomandata per la realizzazione di supporti in tela, come testimonia Cennino Cennini. pantografo strumento usato per riportare un disegno in scala diversa da quella originale; è costituito da quattro aste unite a formare un parallelogramma tramite snodi la cui regolazione consente di aumentare o ridurre la scala di riproduzione del disegno; il nuovo disegno viene tracciato con una punta scrivente che segue il movimento di una punta secca lungo il contorno del disegno originale. È usato dai copisti per riprodurre in scala originale o ridotta statue e bassorilievi.

paraffina miscuglio ceroso di idrocarburi solidi di colore bianco, caratterizzati da una elevata inerzia agli agenti chimici, scoperto nel catrame di legno da Reichenbach intorno al 1829. Può considerarsi di origine minerale perché viene estratta dagli scisti, dalle ligniti e dal petrolio. La sua elevata inerzia chimica ne fa un materiale di interesse per il restauro, anche se le sono di norma preferite sostanze cerose che hanno qualità meccaniche e adesive migliori, come le cere microcristalline. Fusa, viene impiegata per impregnare il ferro di scavo, ma può produrre scurimenti e lucentezze oleose.

PARALOID B72

Paraloid B72 resina sintetica della classe acrilica (copolimero di etilmetacrilato e metilacrilato) utilizzata come fissativo e consolidante, per impregnazione, nel restauro di affreschi, ceramiche, vetri, manufatti archeologici ecc., e come vernice, a pennello e a spruzzo. È insolubile in acqua, alcol e petrolio, mentre è solubile in solventi chetonici, esteri e idrocarburi aromatici. Ha un’ottima stabilità alla luce e alle radiazioni ultraviolette. Veniva commercializzata come soluzione al 5% in toluene, mentre oggi è disponibile in soluzione in solventi meno tossici o in perle da solubilizzare.

parametri climatici insieme dei parametri fisici, chimici e biologici che caratterizzano un determinato ambiente in relazione alla presenza di un manufatto artistico, sia nel suo luogo di origine che in quello in cui venga trasferito, o momentaneamente collocato (per esempio nel caso di un’esposizione temporanea). Tra i principali si ricordano: pressione, temperatura, umidità relativa, umidità specifica, distanza dal punto di rugiada, ventilazione, sorgenti di illuminazione e illuminamento, componenti chimici dell’aria, sostanze inquinanti aerodisperse, particolato sospeso, componenti aerobiologiche (batteri, alghe, funghi, pollini, spore, acari, insetti, ecc.). Mappe spaziali e temporali in forma di sezioni orizzontali e verticali forniscono rispettivamente, mediante rappresentazione di isolinee, la distribuzione nello spazio e nel tempo dei valori dei parametri microclimatici (specie per temperatura, umidità relativa e umidità specifica), in relazione anche agli effetti dovuti alla destinazione d’uso degli ambienti monitorati. parassita organismo animale o vegetale che vive a spese di un altro. I manufatti artistici sono facilmente attaccabili da tarli, muffe, alghe, licheni, miceti che ne possono danneggiare anche irreparabilmente le componenti materiche. Al problema si può ovviare con interventi di disinfestazione o trattamenti chimici eseguiti sui materiali infestati. parchettatura graticcio di sbarre di legno a incastro scorrevole orientate secondo la venatura del legno, applicato sul retro di una tavola; è destinato ad assecondarne i movimenti, mantenendola in piano e evitandone la deformazione; il termine

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indica anche l’operazione del parchettare. Una descrizione esemplare delle parchettature ottocentesche si trova in Giovanni Secco Suardo (ed. 1866 e 1894). Qualora si creino nuove tensioni nel supporto, il risultato è il formarsi di bolle di colore per effetto della contrazione del legno, oppure di una nuova  ‘craquelure’. Viceversa, nel caso che la tavola si dilati l’unica conseguenza è un aumento delle crettature del colore. La tendenza attuale è quella di limitare l’intervento, e, laddove necessario, di rimuovere la parchettatura in ambiente controllato.

‘parchettatura alla fiorentina’ erroneamente ritenuta messa a punto nel 1830 a Firenze, è un sistema molto fitto e rigido di traversatura a reticolo composta da regoli verticali incollati lungo la venatura, all’interno dei quali scorrono traverse orizzontali. particolato atmosferico o ‘particulate matter’ (PM), polveri totali sospese (PTS). Insieme delle particelle disperse in atmosfera, allo stato solido e liquido, con diametro da pochi nanometri a decine/centinaia di micron. Complessa miscela di sostanze, di natura inorganica e organica, che per le piccole dimensioni rimane sospesa nell’atmosfera (sabbia, ceneri, polveri, fuliggine, sostanze vegetali, composti metallici, sali, ecc.). Sulla base del diametro aerodinamico il particolato viene classificato nelle seguenti categorie: PTS, PM10, PM2,5, ovvero particelle con diametro aerodinamico rispettivamente inferiore a 100 μm, uguale a 10 μm, uguale a 2,5 μm. Il particolato è soggetto a diversi meccanismi quali la condensazione, evaporazione, coagulazione, ecc. che ne favoriscono la deposizione sulle superfici, che può avvenire per via secca o per via umida. Sia il controllo microclimatico di ambienti espositivi sia lo studio dell’esposizione in ambienti esterni delle superfici artistiche devono prevedere la determinazione e il monitoraggio della natura, concentrazioni e meccanismi di deposizione del particolato atmosferico per la valutazione dell’impatto sulla conservazione.

passe-partout o passepartout. Doppio cartone correntemente usato per conservare ed esporre disegni, stampe, incisioni, fotografie e qualsiasi

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altro tipo di materiale grafico; la parte superiore è ritagliata a forma di cornice e permette la riquadratura e la visualizzazione dell’immagine. Consente la manipolazione del manufatto evitandone il contatto diretto e previene eventuali danneggiamenti meccanici. Si impiegano di preferenza carte e cartoni non acidi, con pH neutro, a volte ricoperti con pellicole protettive di acetilcellulosa.

pasta o colla pasta. Adesivo a base di colla impiegato nella  rintelatura; ha varie formulazioni secondo l’epoca o la localizzazione (‘pasta romana’, ‘pasta fiorentina’, ‘pasta bolognese’) ed è generalmente composta di farina di grano, farina di semi di lino, acqua, colla, trementina veneta, melassa e agenti biostatici; gli ingredienti scelti si fanno cuocere a bagnomaria e la pasta così ottenuta viene passata calda sulla tela per farla aderire a quella nuova. Il termine si usa anche come sinonimo di materiale vetroso o ceramico, per mosaici (‘pasta vitrea’) e intarsi.

‘PATCHWORK’

un substrato favorevole allo sviluppo delle spore di microorganismi. La principale difficoltà di trattare il pastello sul supporto cartaceo deriva proprio dalla sua fragilità intrinseca, poiché anche la più leggera manipolazione può provocare la polverizzazione del pigmento.

pastellone tipo di intonaco al quale veniva mescolato il cocciopesto come espediente contro l’umidità, perché consentiva di ottenere tonalità più calde, tendenti al rosso. È stato impiegato da molti artisti soprattutto in area veneta.

‘pastiche’ il lemma, dedotto dal francese e in uso fino dal XVIII secolo, indica dei falsi parziali, ovvero manufatti ricostruiti usando in parte frammenti originali, in parte imitazioni che possono essere quasi perfette se la conoscenza delle tecniche artistiche è adeguata. Un esempio tipico è quello della ricostruzione ‘a pastiche’ di vetrate medievali e di rilievi composti di frammenti antichi di provenienza varia.

pasta abrasiva impasto di materiale con funzione abrasiva; per operazioni di lucidatura di superfici lapidee, può contenere anche componenti cerose.

pasta diamantata pasta abrasiva composta da olio misto a particelle di diamante industriale; particolarmente idonea per operazioni di lappatura o finitura di precisione di taglienti e lame, ma anche per superfici di cui si voglia ottenere una lucidatura a specchio.

‘pastel’ nome francese dell’  indaco, prodotto in grande quantità nei secoli XVI e XVII nel sudovest della Francia, in particolare nella zona di Tolosa. pastello tecnica di disegno a matita colorata. Il pastello si ottiene mescolando il pigmento in polvere in acqua che viene resa agglutinante con un decotto di orzo o lino, gomma arabica, sapone di Marsiglia ecc. La pasta viene modellata in forma di cilindretti e lasciata essiccare. In alcuni casi si usano la cera o la paraffina, ma i leganti impiegati nel pastello sono i più vari, per esempio la gomma arabica, soggetta all’azione disgregante delle muffe. Il pastello, di natura porosa, è in sé

‘pasticheur’ termine francese, entrato nell’uso anche in Italia, con il quale nel XVIII secolo si indicavano restauratori operanti sul mercato antiquario, la cui attività era al limite con quella del falsario. Erano specializzati nelle patinature e nella trasformazione dei dipinti, cui davano l’aspetto delle opere dei maestri più in voga: un caso esemplare è quello della falsificazione dei paesaggi di Claude Lorrain. pastiglia materiale di natura simile allo stucco, impiegato nella decorazione delle superfici lignee; è un impasto di gesso, polvere di marmo e colla che viene steso su una tela e applicato sulla superficie. Su questo supporto si esegue la decorazione a pittura o a stampo. Successive fasi di doratura e verniciatura colorata rendono la pastiglia un elemento decorativo che impreziosisce il supporto di applicazione. Nella statuaria in legno serve a nascondere le suture delle varie parti. La pastiglia ebbe impiego anche in ebanisteria e nella produzione di cornici.

‘patchwork’ termine usato per descrivere l’aspetto assunto da tessili di uso, la cui vicenda ha portato

‘PATENA’

all’assemblaggio di pezzi disomogenei, impiegati come toppe, rammendi e integrazioni. Spesso eseguiti con fibre e colori diversi dagli originali, non sono con questi compatibili né esteticamente né sotto il profilo conservativo.

‘patena’ accezione storica del lemma  patina; compare per la prima volta nel Vocabolario toscano dell’arte del disegno di Filippo Baldinucci (1681): “Voce usata da’ Pittori, e diconla altrimenti pelle, ed è quella universale scurità che il tempo fa apparire sopra le pitture, che anche talvolta le favorisce”.

patina insieme dei processi di adattamento della superficie di un manufatto nei confronti dell’ambiente, implicante l’invecchiamento dei materiali organici e inorganici di cui è costituita l’opera. È provocata da fenomeni di ossidazione e trasformazione chimica (per esempio della pietra e del metallo) e può sviluppare sedimentazioni e incrostazioni. Nella storia del restauro e del gusto la patina ha acquisito un significato di qualificazione estetica, prima legato alle patine dei dipinti ( ‘patena’) poi ai metalli e, per estensione, a tutti i manufatti artistici. Nella storia e nella prassi del restauro la patina, la sua analisi, la sua valutazione ed eventualmente la sua riduzione restano uno dei problemi centrali. patinatura applicazione di una patina artificiale su di un manufatto per valorizzarlo esteticamente. È tipica la patinatura del bronzo e in genere dei metalli, che a differenza di altri materiali non possono essere dipinti. Non va confusa con forme di rivestimento della superficie come l’argentatura e la doratura, o nel caso di scultura in pietra, la tinteggiatura bianca a imitazione del marmo, che vogliono nascondere la natura povera del materiale usato. Patine artificiali sono state applicate su tutte le tipologie di manufatti, sia per esaltarne le caratteristiche quasi anticipandone il processo di invecchiamento o, nel contesto del restauro amatoriale, per conferirgli un effetto di maggior pregio. Giorgio Vasari (1568) annota: “Questo bronzo piglia col tempo per se medesimo un colore che trae in nero e non in rosso come quando si lavora. Alcuni con olio lo fanno venir nero, altri con l’aceto lo fanno venire verde, et

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altri con la vernice li danno il colore di nero ...”. La patinatura e la rinettatura dei bronzi erano caratteristiche di tutti i getti e solo nel XX secolo diventa accettabile, se non ricercata, la fusione allo stato grezzo. Nel Rinascimento un bronzo non patinato era considerato ‘non finito’; le patinature più amate erano quelle nere, quelle dorate che viravano nella caratteristica tonalità rossastra, e quelle verdi, predilette per i bronzetti ‘all’antica’, che imitavano, copiavano o falsificavano lavori classici. Nell’ambito dei supporti cartacei la patinatura, ancora oggi, allude all’applicazione di uno strato di patina uniforme sulla superficie del foglio di carta o di cartone allo scopo di migliorarne l’aspetto superficiale (lisciatura, lucido, uniformità) e la stampabilità; consiste per lo più in dispersioni acquose di pigmenti e leganti, eventualmente arricchiti da additivi. Processi industriali di patinatura consentono di ottenere ‘carta patinata’ con minore penetrazione dell’inchiostro nel foglio e conseguente migliore nitidezza della stampa; ne risulta anche un risparmio nella quantità di inchiostro rispetto alla carta non patinata.

patologia termine mutuato dalle discipline mediche che allude alle ‘malattie’ dei materiali impiegati nei manufatti artistici e architettonici, ovvero i processi di deterioramento chimico, fisico e biologico dovuti a fenomeni naturali e/o antropici e per interazione con l’ambiente di esposizione e/o precedenti restauri. Il termine allude anche all’analogia con l’ambito medico nelle metodologie di studio dei fenomeni di degrado: osservazioni e indagini diagnostiche per la loro caratterizzazione (‘esami preliminari e sintomi della patologia’), attribuzione delle forme riscontrate a uno o più fenomeni di degrado con ipotesi sui meccanismi di accadimento (‘cause e sviluppo della patologia’), identificazione del fenomeno e proposta di appropriati interventi di restauro ai fini della conservazione (‘diagnosi e cura’). ‘patroni’ tipi di sagome usate per il trasferimento del disegno preparatorio o di trasposizione dell’immagine in epoca medioevale che (secondo l’ipotesi formulata da Bruno Zanardi) venivano posizionate sui ponteggi per verificare la resa illusionistica di una scena. Non si esclude che fossero fatti in

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carta, cartone, ma anche legno e tela.

‘pattern’ sinonimo di  ‘patroni’. Il termine, di origine inglese (‘modello’, ‘esempio’, ‘campione’) allude a un elemento di regolarità riscontrabile nello spazio e/o nel tempo in riferimento sia ad un’azione o processo sia a caratteristiche morfologiche e/o strutturali di un oggetto o materiale. Nell’ambito dello studio dei processi di degrado il termine viene usato nell’accezione di ‘forma’, ‘fenomenologia’, ‘modalità di apparizione’, sulla base del concetto che un dato processo di degrado tende a verificarsi con gli stessi effetti e a presentarsi con la stessa sembianza, consentendo così un’immediata attribuzione del dato pattern al rispettivo fenomeno. In architettura e nel design il termine indica la ripetizione geometrica di un motivo grafico su un piano. pavonazzetto breccia, roccia detritica da classificare fra i conglomerati e da un punto di vista merceologico come marmo, è composta con elementi di calcare cristallino bianco di dimensioni diverse in un cemento calcareo di colore rosso-violaceo oppure rosso-bruno. Estratto in antichità nella regione della Frigia (Asia Minore), fu usato dai Romani per colonne, statue, rivestimenti parietali e pavimentali.

pece sostanza vischiosa ottenuta dalla distillazione del carbon fossile che si impiega in interventi di impermeabilizzazione; molto usata in passato dai calafati. Cennino Cennini allude al suo impiego per isolare gli affreschi dagli attacchi dell’umidità. Non deve essere confusa con la pece greca o  colofonia. ‘pece greca’  colofonia ‘peintre-restaurateur’ termine francese con cui dal XVIII secolo in poi si allude alla figura del restauratore di dipinti, entrato nell’uso per indicare il restauratore di pennello. L’espressione viene ancora usata in un’accezione negativa anche se in realtà corrisponde al codificarsi della professione e alla nascita delle prime botteghe. Qui lavoravano artisti che si erano formati nelle accademie e che esercitavano il mestiere, a volte solo saltuariamente,

PELTRO

sia per il collezionismo privato che per il mercato antiquario e il cui lavoro corrispondeva alle esigenze e alle richieste espresse dalla clientela.

‘pelle’ termine arcaico per  patina, usato soprattutto per indicare le patine delle sculture; Filippo Baldinucci (1681) la descrive così: “... e anche chiamano pelle un certo colore che dà il tempo alle pitture, con che favorisce assai le carnagioni, e falle apparire più naturali”. ‘pelle di pesce’ abrasivo naturale usato nel Medioevo per eseguire puliture e lavori di falegnameria, ma anche per rimuovere stesure cromatiche non più corrispondenti al gusto del tempo.

pellicola membrana sottile poco consistente che viene distesa sulle superfici a scopo protettivo; da ricordare le pellicole ad ossalato impiegate per fermare il degrado del marmo (per produzione di ossalato di calcio monoidrato) e quelle siliconiche ( silicone). Il termine si riferisce anche al prodotto ottenuto per essiccazione di materiali filmogeni, come i  leganti organici, che compongono i vari strati della  pellicola pittorica. Il termine è codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88 e indica uno strato superficiale di sostanze, coerenti tra loro ed estranee al materiale lapideo, di spessore molto ridotto, che può distaccarsi dal substrato il quale si presenta integro.

pellicola pittorica o film pittorico. Stesura del colore applicata su un supporto pittorico opportunamente preparato (o più raramente direttamente su di esso); è composta da pigmenti dispersi in un legante. Nelle tecniche a secco della pittura murale, più propriamente indica un film pittorico apposto al di sopra dell’intonaco o dello strato di finitura, dal quale è possibile distinguerlo in sezione stratigrafica. peltro anticamente lega bassofondente di piombo e stagno, è oggi secondo lo Standard Europeo EN 611/1-2 una lega a base di stagno (95%) con aggiunta di metalli quali rame, piombo, antimonio, atta a simulare il ben più costoso argento.

PENNELLATA

Utilizzato per oggetti artistici, monili, stoviglie e suppellettili metalliche.

pennellata ‘ductus’ o tratto del pennello le cui caratteristiche dipendono dal tipo di strumento (setole, pancia, ghiera ecc.) e dalla tipologia del colore (tempera, olio, acquerello ecc.) impiegati. pennellessa tipo di pennello a sezione rettangolare, piatto e largo, impiegato per la stesura di colle e di imprimiture.

pennello strumento usato sia per le tecniche pittoriche che per il disegno. Sono importanti sia le dimensioni che il tipo di pelo: i più frequenti sono quelli di setola, di  vaio o scoiattolo russo, di tasso, di martora; alcuni maestri hanno usato pennelli di seta. I pennelli, che, come la maggior parte degli strumenti di lavoro, si fabbricavano in bottega, erano così delicati da porre da soli problemi di conservazione; sono da ricordare le pennellesse e le spatole. Nel disegno si usava di norma il pennello di scoiattolo, con inchiostri puri o diluiti in acqua, da solo o per aggiungere ombreggiature e lumeggiature su linee tracciate in precedenza con altri strumenti. Il vaio si impiegava per le velature, la martora per la tempera; per la stesura delle vernici si prediligevano le pennellesse.

pentimento variante di stesura individuabile nell’originale (e che aiuta a distinguerlo dalla replica), talvolta visibile anche a occhio nudo per aumentata trasparenza degli strati di colore, ovvero quando “il primo colore scappa col tempo sul nuovo, e fa conoscere il pentimento” (Francesco Milizia, 1797). Può essere rivelato anche a seguito di puliture e, naturalmente, attraverso indagini diagnostiche. Da non confondere con le varianti eseguite nel corso della stesura pittorica, spesso riconoscibili solo attraverso riflettografia e indagini multispettrali. Il termine mantiene la stessa accezione anche nel lessico anglosassone. perfluoropolieteri classe di sostanze chimiche fluorurate di consistenza oleoso-cerosa, prodotte dal gruppo Montedison (poi Montefluos) e commercializzate con vari nomi secondo la formulazione

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del monomero di partenza (Fomblin®, Akeogard®). Sono usate come protettivi di materiali lapidei per le loro caratteristiche di idrorepellenza, stabilità chimica, resistenza alle radiazioni luminose e ai processi fotoossidativi, in virtù della presenza di atomi di fluoro legati alla catena polimerica. La loro reversibilità è legata al tipo di polimero impiegato e alla tipologia del substrato lapideo di applicazione: una più duratura efficacia protettiva su materiali ad alta porosità è stata ottenuta con prodotti più aggrappanti, ovvero perfluoropolieteri funzionalizzati con gruppi terminali capaci di interagire con le superfici lapidee stabilendo forze di tipo chimico; ne è conseguita una minore reversibilità dei prodotti di restauro.

perforato si dice di un manufatto trapassato da una serie di fori; può essere il caso di una tavola, di un polittico, di un mobile, ma anche di una tela. In relazione alla tipologia dell’oggetto vanno selezionati eventuali interventi di restauro conservativo o integrativo. performance azione-rappresentazione svolta generalmente dall’artista secondo uno schema predefinito, senza il coinvolgimento del pubblico.

pergamena o carta pecora, cartapecora, carta pecorina. Materiale in genere ottenuto dalla concia accurata del derma degli ovini, è un supporto proteico tradizionalmente legato alla tecnica della miniatura, usato a partire dal III-IV secolo fino a tutto il XVIII. Ha un fondo luminoso che dà pastosità alla pennellata per la presenza dei pori della pelle. Viene dipinta a tempera e ad acquerello, ma non si adatta all’olio. È sensibile agli sbalzi termoigrometrici che ne deformano la planarità. Secondo le fonti classiche, fra le quali Plinio il Vecchio, l’uso della pergamena come materiale scrittorio fu introdotto da Eumene II re di Pergamo (197 ca.-159 ca. a.C.), in seguito alla proibizione dell’esportazione del papiro da parte del re egiziano Tolomeo V Epifane. Il trattamento di pulitura della pergamena può essere eseguito a secco o per immersione: nel primo caso ci si serve di una spazzola morbida di seta o di aspirapolveri ad azione blanda. Anche una gomma molto morbida a grana fine come la  gommapane può dare risultati

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soddisfacenti. Altrimenti la pergamena viene immersa in una soluzione di alcol e acqua che tende ad ammorbidirla e a disinfettarla.

permeabilità proprietà di un materiale di lasciarsi attraversare da un fluido (liquidi e gas). È una proprietà importante per i materiali polimerici impiegati nel restauro, specie se impiegati come sostanze filmogene. Specifici test di laboratorio sono volti a determinare la permeabilità al vapore (quantità di vapore che attraversa in un intervallo di tempo definito un film di spessore e area unitaria) e la permeabilità a un liquido (acqua) dei materiali di restauro; analogamente vengono testati i materiali artistici tal quali e dopo trattamento con protettivi e/o consolidanti. Un buon protettivo dovrebbe consentire di impermeabilizzare il substrato lapideo impedendo l’infiltrazione dell’acqua dalla superficie esposta, permettendone al tempo stesso la traspirazione. La permeabilità dei materiali lapidei è quindi un vantaggio, ma al tempo stesso è un fattore di esposizione al degrado: ne sono un buon esempio tufi e calcari con i relativi problemi di infiltrazione, circolazione dei fluidi, formazione di efflorescenze saline, fenomeni di gelo/disgelo.

Permetar® soluzione antitarlo a base di  permetrina al 20% usata per il risanamento e la prevenzione contro tutti gli insetti  xilofagi.

permetrina sostanza attiva antiparassitaria appartenente alla famiglia dei piretroidi utilizzata come insetticida ed antitarlo; ha una bassa tossicità per l'uomo ed ha sostitutito lo Xilamon, in quanto meno pericolosa. perno asticciola di metallo o di legno usata per la ricostruzione e la fermatura dei marmi frammentari, ma anche delle terrecotte e di manufatti in argilla. Nella ricostruzione della statuaria è elemento con funzione portante delle parti assemblate. Perni in acciaio inox saldati con resine epossidiche o fissati con malte sono di ampio uso nella statuaria e nei restauri architettonici, anche in sostituzione dei vecchi perni in ferro; garantiscono migliori proprietà meccaniche e maggiore resistenza a processi di ossidazione e formazione di ruggine.

PETTENKOFER, METODO

pero legno usato per la scultura policroma soprattutto nell’Europa settentrionale, per le sue caratteristiche di media durezza, di resistenza al tarlo e di relativa sensibilità alle variazioni igrometriche. È stato impiegato anche per intarsi, intagli e matrici xilografiche.

pesciolini d’argento  lepismatidi ‘pesto ’miscela di stracci di cotone ridotti quasi a cellulosa pura e finemente triturati, destinati alla produzione della carta.

peste dello stagno il fenomeno è responsabile del degrado e disgregazione delle canne d’organo che viene favorito da impurità di alluminio e zinco presenti nel metallo. Consiste in una transizione di fase cristallina dello stagno solido dalla forma α (detto stagno grigio, stabile a temperature inferiori a 13,2 °C) alla forma b, (stagno bianco, stabile sopra ai 13,2 °C). Sotto i 13,2 °C è stabile la forma α (stagno grigio), cubica, che si presenta appunto come una polvere grigia; la trasformazione, assai lenta, avviene con aumento di volume (che spiega la minore densità dello stagno α) e con forte diminuzione delle proprietà metalliche. Per questa ragione le canne d’organo si degradano progressivamente in ambienti freddo-umidi, finanche a collassare. Pettenkofer, metodo sistema di restauro dei dipinti a olio su tela sperimentato dal chimico tedesco Maximilian von Pettenkofer fra il 1861 e il 1863 sulle tele delle collezioni di Monaco di Baviera. Lo studioso riteneva che l’imbianchimento dei dipinti non fosse dovuto alle muffe (una forma di degrado definita ‘Ultramarinkrankheit’), ma da una decomposizione dei legami molecolari che poteva reagire positivamente all’esposizione a vapori d’alcol all’interno di una cassetta a tenuta ermetica. Il metodo, noto anche come rigenerazione dei dipinti, fu brevettato dal commerciante Karl Vogt e sperimentato alla National Gallery di Londra. L’interesse dei contemporanei al metodo e alla teoria del Pettenkofer sulla formazione dell’imbianchimento dei dipinti è testimoniato anche dalla descrizione fornita da Giovanni Secco Suardo (1866).

PETTINATURA

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pettinatura intervento preliminare con cui viene

‘pidocchio del libro’ o Psocidi spp. Nome

trattata la lana prima di essere filata, che consiste nella separazione delle fibre, che devono rimanere parallele. Con lo stesso lemma si indica anche la preparazione dell’intonaco di  malta e/o di gesso dei supporti delle  scagliole, che veniva eseguito passando sulla superficie i denti allungati di pettini appositamente fabbricati, per far aderire meglio gli strati di stucco successivi.

comune di un insetto della famiglia dei Liposcelidi, appena visibile ad occhio nudo, di colore giallobruno quasi trasparente, lungo 1-2 mm. Predilige gli ambienti umidi e si nutre di funghi microscopici. Per questa ragione attacca con facilità i materiali cartacei, provocandone il degrado; molto diffusi nei magazzini dove sono conservati al buio materiali di imballo.

pettine strumento usato per rendere ruvida la malta, l’arriccio o il supporto murario. In particolare per la preparazione dei supporti delle scagliole intarsiate. Può essere realizzato in vari materiali e ha denti molto lunghi.

pietra artificiale materiale naturale, artificiale

pH unità di misura dell’acidità o dell’alcalinità di una soluzione acquosa. Misura l’antilogaritmo della concentrazione idrogenionica in soluzioni acquose; la scala pH va da 0 (acidi forti) a 14 (alcali forti); a pH 7 si ha la cosiddetta neutralità. Questa notazione è stata introdotta dal chimico Sörensen per designare agevolmente il carattere acido, neutro o basico di una soluzione. pialla utensile da falegname impiegato per spianare e portare a spessore la superficie del legno. Nel Medioevo le pialle, come gli altri strumenti impiegati per la scultura lignea policroma e per la preparazione delle tavole, venivano fabbricate in bottega e facevano parte dell’attrezzatura del maestro. La pialla ha un ceppo parallelepipedo nel quale viene inserito obliquamente uno scalpello, sporgente da una feritoia centrale.

piallaccio foglio sottile di legno (di spessore variabile da 0,8 a 2 mm) impiegato in falegnameria e in ebanisteria ( impiallacciatura) per rivestire legni comuni con specie legnose più pregiate al fine di un miglioramento estetico; è detto anche compensato.

picchiettatura  martellinatura picchiettato termine impiegato per intonaci e superfici murarie che sono stati sottoposti a  picchiettatura.

o di sintesi, lavorato e messo in opera in modo da simulare nell’aspetto un materiale lapideo naturale. Inizialmente a base di malte di calce aerea, gli impasti di pietra artificiale hanno sempre più fatto ricorso a materiali cementizi in virtù della maggiore versatilità in termini di applicazione, pigmentazione e manipolazione. Molto impiegata tra XIX e XX secolo per superfici architettoniche ed elementi decorativi, la pietra artificiale è stata utilizzata anche nell’ambito del restauro architettonico per la sostituzione di elementi lapidei deteriorati. Oggi vengono riproposti materiali compositi a base di resine epossidiche di varia durezza, caricate con polveri di vari tipi di pietra e laterizio, per ottenere degli impasti indurenti per stuccare, risarcire e anche modellare a calco degli elementi decorativi.

pietrabigia appartiene alla stessa formazione dell’arenaria macigno e in particolare della  pietra serena presente a Fiesole e ne ripete le caratteristiche litologiche, salvo il colore, che è marrone o ‘leonato sudicio’ (Giovanni Targioni Tozzetti, 1773). Buona la sua scolpibilità; tuttavia, se esposta, si degrada facilmente per sfarinamento dei granuli delle zone superficiali. pietra di paragone varietà di diaspro nero; secondo Vasari e poi Baldinucci (1681) “sorta di pietra nera, che si cava nell’Egitto, e in alcuni luoghi della Grecia. Serve per saggiar l’oro e l’argento sfregandovisi sopra”. Da ricordare che fino dal Cinquecento è stata impiegata anche in scultura e come supporto per pitture di piccolo formato. Un marmo nero detto “paragone di Fiandra” o “nero del Belgio” era in uso presso l’Opificio mediceo delle Pietre dure.

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pietra d’Istria roccia sedimentaria calcarea, classificabile da un punto di vista merceologico come marmo, poiché calcare compatto lucidabile; spesso presenta frequenti laminazioni e superfici stilolitiche. Le cave più importanti sono nei pressi di Orsera (di qui il nome di Orsera d’Istria), Rovigno e Pola. Impiegata per eseguire elementi decorativi di edifici architettonici in alternativa al marmo, era molto apprezzata a Venezia. Viene facilmente alterata dagli agenti atmosferici dando luogo a fenomeni di dilavamento e si ricopre di croste superficiali (gesso, polvere di deposito, materiali organici). pietraforte o pietra forte. Arenaria carbonatica a grana fine, petrograficamente classificabile come arenite litica con cemento carbonatico, appartenente all’omonima formazione geologica affiorante nei pressi di Firenze. Le prime cave furono aperte sulla riva sinistra del fiume Arno e nel giardino di Boboli presso la residenza medicea di Palazzo Pitti. Impiegata nelle costruzioni civili e religiose fino dall’XI secolo, o per decorazioni architettoniche, è particolarmente diffusa in ambito toscano. La matrice silicea contiene dei composti di ferro che le impartiscono la caratteristica colorazione calda tendente all’ocra. Già Filippo Baldinucci (1681) ne osservava “le sottilissime vene bianche” di calcite spatica che sono causa di distacchi di frammenti, in certi casi anche di dimensioni rilevanti, per effetto della loro solubilizzazione a contatto con soluzioni acide; inoltre “nel valersene per gli edifizi, si deve aver’avvertenza di posarla sopra la muraglia per lo piano naturale della falda; altrimenti col tempo si sfalda e fende”. pietra pomice o pomice, è una roccia eruttiva effusiva di natura prevalentemente silicatica; vetrosa, ruvida al tatto, molto porosa per la presenza di numerosissime cavità e leggera, usata come abrasivo naturale. Le pomici si formano generalmente da lave acide. La polvere può essere utilizzata come ingrediente dell’impasto dello stucco o aggregato pozzolanico delle malte (funzione idraulicizzante), mentre la pietra è impiegata nella lucidatura finale di stucchi marmorizzati e scagliole, o come abrasivo per la pulizia delle superfici lapidee e di legno (pomiciatura); nelle costruzioni

PIGMENTO

si usa per agglomerati leggeri con proprietà isolanti e coibentanti.

pietra serena roccia delle  arenarie appartenente alla formazione geologica Macigno estesamente affiorante nell’Appenino Settentrionale. Cavata storicamente nei pressi di Firenze, oggi viene estratta la varietà affiorante presso Firenzuola. È impiegata come materiale da costruzione, per decorazioni architettoniche, modanature, rifiniture, rivestimenti e sculture in virtù della buona lavorabilità. La matrice è essenzialmente silicea e ha una caratteristica colorazione grigia. In passato era nota come ‘macigno’ (Dante, Inf. XV, 51-54). Giorgio Vasari ricorda anche la varietà della ‘pietra del fossato’, limitatamente alla varietà escavata nei pressi di Settignano. Esposta agli agenti atmosferici è soggetta a esfoliazioni, polverizzazione, distacchi.

pietre dure materiali lapidei di natura prevalentemente silicea. Le pietre dure più usate per il commesso fiorentino sono diaspri, calcedoni, quarzo, legno silicizzato, graniti e porfidi.

pietre tenere materiali lapidei di natura prevalentemente calcarea. Nel commesso si impiegano calcari, marmi, brecce e alabastri.

PIGE  emissione di raggi gamma indotta da particelle

pigmentato aggettivazione usata per indicare vernici, malte per intonaco e qualsiasi materiale artistico cui siano stati mescolati pigmenti.

pigmento materia colorata, opaca, insolubile in acqua e nei principali leganti impiegati nella tecnica della pittura (oli, tempere ecc.). Si presenta generalmente sotto forma di polvere fine o molto fine. I pigmenti possono essere artificiali, come la biacca (carbonato basico di piombo) e sali di acidi organici (per esempio verdigris, che è un acetato basico di rame) o di origine minerale. In genere sono caratterizzati da buon potere coprente, consistenza, stabilità alla luce, al calore, agli agenti chimici, all’umidità, alla calce presente negli intonaci ecc. Per la loro stabilità sono stati

PINACOSCOPIO

impiegati in tutte le tecniche pittoriche. I pigmenti, a partire dal XIX secolo, vennero anche addizionati di una o più sostanze inerti (filler) per ridurne i costi di produzione.

pinacoscopio microscopio usato durante gli interventi di restauro e nella fase diagnostica di dipinti e superfici policrome in virtù dell’alto numero di ingrandimenti tali da consentire la visione di minimi residui di vernici e prodotti di restauro, graffi e abrasioni altrimenti non rilevabili.

pino legno della famiglia delle Pinaceae, dolce, tenero e leggero, resinoso ma resistente al tarlo, che trova largo impiego nella scultura policroma. Essudati di diverse specie di pino sono stati utilizzati come resine per le tecniche pittoriche ( trementina e  colofonia). pino cembro o cirmolo. Legno della famiglia delle Pinaceae (Pinus cembra), dolce, tenero e leggero, resinoso, ma molto resistente al tarlo. Per la sua buona lavorabilità è stato impiegato in ebanisteria, per lavori di intaglio e nella scultura.

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pioppo legno ricavato da alberi ad alto fusto della famiglia delle Salicaceae; la varietà del pioppo bianco o gattice (Populus alba) è stata usata in tutta l’Europa meridionale per la preparazione di tavole e polittici e per l’esecuzione di sculture policrome. È impiegato nella tecnica dell’  intarsio.

pirografia tecnica di incisione ottenuta attraverso una punta metallica incandescente, usata per realizzare un disegno su cuoio, pelle, velluto e legno. Attualmente vengono impiegate punte metalliche mantenute roventi con un sistema elettrico o alimentato a benzina. pirolisi il lemma significa ‘separazione col fuoco’ ed è un processo di trasformazione termica indotto da un rapido gradiente di temperatura, in ambiente riducente, con scissione dei legami chimici originari e formazione di molecole più semplici. È usata nella frammentazione caratteristica e riproducibile di materiali organici polimeri che vengono introdotti in un apparecchio di separazione o di riconoscimento ( gascromatografia e spettrometria di massa), consentendo l’identificazione di sostanze impiegate come leganti, adesivi, protettivi, ecc.

pinza strumento costituito da due braccia di acciaio unite a cerniera, impiegato nel campo del restauro per tenere i cotoni imbevuti di sostanze solventi evitando il contatto con le mani.

‘piogge acide’ lemma comunemente usato per intendere precipitazioni atmosferiche ad acidità superiore a quella naturale, causate dalla presenza di sostanze inquinanti (negli strati bassi dell’atmosfera), in gran parte derivate dalla combustione di materiale fossile. Bagnando le superfici con cui vengono in contatto attivano reazioni di corrosione e di alterazione chimica dei materiali. piombo metallo pesante grigio a basso punto di fusione conosciuto fino dall’antichità e utilizzato in lega con il rame. Le leghe a base di piombo e di stagno ( peltro) sono molto fluide e ripetono fedelmente il modello di cera e di argilla ( fusione). Fra le tante applicazioni va ricordata anche la produzione di grafite (mina di piombo), conosciuta dalla fine del XVII secolo e la confezione delle cosiddette ‘punte secche’.

pistola a spruzzo strumento impiegato nel restauro, nella verniciatura finale dei dipinti, che ha il vantaggio di ottenere una vaporizzazione leggera e controllata. È impiegata anche nelle cosiddette puliture a freddo di superfici lignee eseguite con microparticelle di ghiaccio secco.

pitting il termine è codificato nel lessico delle alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88 e indica la formazione di fori ciechi, numerosi e ravvicinati, di forma tendenzialmente emisferica con diametro massimo di pochi millimetri. Trova corrispondenza nel glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008), in cui si precisa che i fori sono solitamente non interconnessi, sebbene possano essere riscontrate forme di transizione a strutture interconnesse. È tipico dei materiali di recupero che hanno subìto lunghi periodi di abbandono e in gran parte dovuto alla colonizzazione di muschi che corrodono le superfici del materiale.

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PLASTICITÀ

pittura a calce tecnica di pittura murale usata in alternativa e contemporaneamente al  ‘buon fresco’; i pigmenti venivano stemperati in  latte di calce anziché in acqua e stesi anche più volte sopra una mano di calce, generalmente già carbonatata e lisciata. Si tratta di una pittura coprente che si riconosce per il corpo della pennellata.

di asportazione.

pittura a secco tecnica di pittura murale in cui i pigmenti vengono applicati su intonaco asciutto per mezzo di un legante di natura organica, naturale o di sintesi, con proprietà filmogene; alternativamente i colori possono essere stemperati e applicati con  acqua di calce. Utilizzate come tecniche a se stanti, sono state adottate anche per le operazioni di finitura delle pitture a fresco ricorrendo a colori e tecniche proprie della pittura mobile, a olio, a tempera, lacche ecc., per ottenere effetti particolari che la tecnica del ‘buon fresco’ non poteva raggiungere. I pigmenti sono spesso disciolti in colla e in uovo. Le stesure eseguite a secco non sono mai corpose perché la pittura si cretterebbe troppo facilmente; si riconoscono perché sono quasi sempre scagliate e hanno una luminosità diversa rispetto alla trasparenza opaca dell’affresco. I vantaggi della pittura a secco sono la possibilità di utilizzare una gamma maggiore di pigmenti, di verificare l’effetto cromatico ottenuto e di apportare correzioni raschiando o sovrapponendo il colore. Per contro, è soggetta a sollevamenti, frantumazioni e cadute della pellicola pittorica. Anche le tecniche di restauro devono tener conto della sua maggiore sensibilità agli agenti alcalini e reattivi.

PIXE  emissione di raggi X indotta da particelle

pittura murale termine che include tutte le tecniche di stesura pittorica sul muro e sull’intonaco, fra cui la  pittura a calce e l’  affresco, quest’ultimo erroneamente e impropriamente usato come sinonimo di pittura murale. Include impropriamente la pittura greca (nota attraverso le fonti), quella tombale etrusca (che si avvicina di più all’affresco), quella romana e pompeiana. Si usa generalmente per indicare tutte le stesure pittoriche eseguite sul muro o sull’intonaco già asciutti, come la tempera e l’olio. Per la decorazione murale sono stati usati anche il  pastello e lo  ‘sgraffito’, che si basa su di un procedimento

piumacciolo grosso batuffolo di ovatta impregnato di una miscela di alcol e  acquaragia che, secondo le indicazioni date da Giovanni Secco Suardo (ed. 1866 e 1894), era usato per sfregare le superfici dei quadri da sverniciare.

pixel lemma derivato dalla contrazione e deformazione delle parole inglesi PICTure ELement. Singolo elemento indivisibile costituente la parte più piccola di un’immagine data dalla matrice di elementi fotosensibili di una telecamera o dal singolo elemento costituente l’immagine in un monitor.

plaga isola di colore che tende a staccarsi e a dar luogo a una microlacuna. planarità condizione di origine di un supporto che può essere modificata da deformazioni dovute a stress meccanici: la tendenza, in passato, è stata quella di riportare in piano i supporti dei dipinti mobili; attualmente la si ricerca solo nei casi in cui sia indispensabile alla corretta percezione dell’immagine, altrimenti ci si limita a una riduzione delle deformazioni. Analogamente, nei supporti tessili si evita la foderatura e si preferisce la nebulizzazione unita ad una leggera stiratura a  termocauterio. ‘plastron’ supporto preparato per accogliere la superficie cromatica di un dipinto o di un affresco staccati, che veniva tolto solo dopo l’applicazione su di un nuovo supporto. È costituito da uno strato di garza sul quale si procedeva a sovrapporre più fogli di carta, di spessore e qualità variabili. Il lemma è usato in Francia dal XVIII secolo in poi come sinonimo di  ‘cartonnage’. plasticità proprietà di un corpo di mantenere una deformazione al cessare dell’azione che l’ha prodotta (deformazione permanente). Tale proprietà consente la modellazione delle argille con il solo impiego dell’acqua allo scopo di ottenere, dopo cottura, manufatti ceramici. Il termine si riferisce anche alla lavorabilità delle malte.

PLASTIFICANTE

plastificante materiale capace di migliorare la lavorabilità di un impasto o composto; il termine è spesso usato per indicare additivi di malte e calcestruzzi.

platino metallo di transizione nobile, di colore bianco grigio, molto pesante, lucente, duttile e malleabile. È usato in oreficeria in lega o da solo, ma non può essere impiegato come supporto per esempio per gli smalti perché le componenti vitree non vi aderiscono. Il platino fu scoperto nel 1735 nelle sabbie aurifere colombiane. PM  particolato atmosferico polarizzatore filtro ottico che seleziona un unico piano di vibrazione della radiazione elettromagnetica impiegata ( luce polarizzata). In fotografia l’effetto del filtro polarizzatore determina una maggiore saturazione delle immagini riducendo il contributo della radiazione diffusa e dei riflessi. Filtri polarizzatori si usano nella microscopia mineralogica-petrografica per riconoscere fasi cristalline diverse. policromia effetto ottico prodotto da una serie di colori (a tempera, a olio, tessere musive ecc.) giustapposti su di un supporto, per associazione di materiali diversi (marmi), per effetto della lavorazione (materiali lapidei), per patinatura (metalli), per costruzione di intagli e tarsie ecc. polimento  intonachino polimerizzazione reazione di associazione di monomeri per ottenere polimeri. Le reazioni di polimerizzazione possono formare legami tra due molecole in due direttrici distinte: poliaddizione (peso del polimero multiplo di quello del monomero), che produce polimeri termoplastici, e policondensazione dove due monomeri si uniscono eliminando piccole molecole (acqua, alcol, acido acetico ecc.). Questa genera polimeri termoindurenti.

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nel restauro appartengono a questa categoria, analogamente a molte sostanze animali e vegetali usate in campo artistico (colla, gomme vegetali ecc.). I polimeri si classificano in naturali, artificiali (se modificati chimicamente dall’uomo) e sintetici, qualora siano ottenuti per sintesi chimica.

polisaccaridi polimeri naturali o artificiali costituiti dalla condensazione di più molecole di zuccheri semplici o di loro derivati, con l’eliminazione di molecole di acqua. Fra i polisaccaridi più comuni si ricordano la cellulosa, l’amido e le gomme; le gomme vegetali (arabica,  adragante e di ciliegio) sono state impiegate come leganti delle tempere a costituzione polisaccaride.

politura fase finale della lavorazione della pietra che, liberata da ogni impurità, veniva lucidata con gesso di Tripoli o paglia di grano.

polpa di cellulosa derivato cellulosico, naturale o sintetico, molto igroscopico, composto da fiocchi, usato come supportante per impacchi, generalmente a base acquosa, utilizzati per la pulitura di superfici lapidee o affrescate. Talvolta è impastata con gesso e colla o resina acrilica, è usata anche per integrare lacune profonde che interessano le sculture lignee.

polvere insieme di particelle microscopiche incoerenti che si formano al suolo e vengono trasportate dagli agenti atmosferici. Tendono a ridepositarsi per gravità o per processi elettrostatici sugli oggetti creando uno strato di sporcizia che, se non rimosso attraverso regolari interventi di manutenzione, può imparentarsi con le stratificazioni preesistenti, formando una crosta più o meno dura, talvolta difficilmente rimuovibile. Lemma usato anche come sinonimo di materiale suddiviso finemente, spesso in seguito a macinazione, come polvere di marmo o di mattone.

polyphilla materiale inerte impiegato, insieme polimero composto di alto peso molecolare; sostanza naturale o sintetica formata di macromolecole, ciascuna delle quali deriva dalla ripetizione di unità strutturali tenute insieme da legami covalenti (catena polimerica). Molte resine sintetiche impiegate

alla scagliola, per integrare le lacune sotto il livello del marmo e per integrazioni dei materiali eburnei, e ritenuto preferibile alle resine sintetiche. Queste vengono riprodotte per calco ed eventualmente dipinte, infine applicate per  incollaggio.

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pomata preparazione di consistenza soffice usata

POTASSA

in antico anche nella cosmesi e impiegata impropriamente nel gergo del restauro a indicare miscele di consistenza simile.

matrice e dei fenocristalli di feldspato per azione degli agenti esogeni. Da un punto di vista merceologico è considerato un granito, sebbene tale denominazione sia erronea.

pontata antica tecnica di pittura murale tipica

porosità presenza di piccoli spazi vuoti nella

del Paleocristiano e del Medioevo, caratterizzata dalla stesura dell’intonachino sull’arriccio per porzioni corrispondenti all’andamento dei ponteggi o  impalcature, secondo fasce orizzontali lunghe anche vari metri e alte fino a un metro e mezzo (altezza pari a un semiponteggio). Deve il nome alle linee di congiunzione delle zone dipinte (eseguite dall’alto verso il basso). È una tecnica che si abbina spesso all’uso della  pittura a calce.

massa di un corpo (come materiali lapidei, intonaci, legni). La porosità totale (n) di una roccia è il rapporto percentuale fra il volume dei vuoti e il volume totale della roccia; diversamente la porosità efficace (ne) tiene conto del volume dei vuoti interconnessi. Mentre la porosità primaria consegue dalla petrogenesi, la porosità secondaria è dovuta a modificazioni chimico-fisiche e deterioramento della roccia. In metallurgia è un difetto dovuto al getto non sufficientemente compatto. Può essere determinante per il degrado di un manufatto, in quanto lo rende permeabile ai fluidi (principalmente umidità) che possono provocare alterazioni anche molto profonde, direttamente o mediante sostanze in soluzione o sospensione.

ponteggio o impalcatura, ponte. Struttura provvisoria, in passato lignea, oggi in tubi Innocenti, finalizzata a creare, a quote anche rilevanti da terra, un piano di calpestio per operai, artisti, intonacatori, restauratori, diagnosti, ecc. In alcuni casi può costituire un vero e proprio laboratorio temporaneo di restauro e diagnostica. porcellana prodotto ceramico a pasta compatta, bianco e a volte traslucido, costituito da materiale prevalentemente vetroso con componenti cristalline (per lo più mullite). L’impasto, cotto a temperature fra 1200 e 1400 °C, contiene caolino e feldspati; si distinguono la ‘porcellana dura’ e la ‘porcellana tenera’. Il rivestimento viene applicato in crudo o dopo una prima cottura del corpo ceramico a bassa temperatura. Prodotta per la prima volta in Cina e importata in Europa a partire dal XVI secolo, la porcellana venne riprodotta con esiti più o meno soddisfacenti. porfido roccia magmatica eruttiva (porfido quarzifero e porfido non quarzifero) o filoniana (porfido granitico e porfido sienitico) a struttura cristallina, con fenocristalli di feldspato potassico. Se trattato, il porfido ha una superficie di estrema durezza, liscia e lucidabile, che ne spiega il vasto impiego nella scultura e come materiale ornamentale. Il porfido rosso antico (presente nell’Alto Egitto) e il porfido verde antico (cavato nel Peloponneso) hanno avuto largo uso nell’architettura classica; il loro colore deriva in parte dall’alterazione della

porpora colorante organico di origine animale, estratto da una specie di molluschi (Murex), composto dal principio colorante dibromoindaco, molto resistente, di colore rosso acceso; in epoca romana era usata per la tintura di tessuti di pregio e per decorare i manoscritti miniati bizantini. Era conosciuta e apprezzata anche dalle civiltà amerinde. porporina materiale impiegato per imitare l’oro dal XIII al XIV secolo, è una polvere gialla composta da una lega di rame e zinco ( ottone), generalmente stesa con legante oleoso. Dal XIX secolo è stata sostituita da polveri di bronzo, che peraltro si ossidano, assumono toni verdastri (ossidazione del rame) e perdono brillantezza. Le imitazioni dell’oro si ottenevano anche utilizzando altri materiali bianchi meno costosi, rivestiti con vernici di tonalità gialla, come stagno e argento con vernice a base di zafferano e aloe ( mecca).

potassa nome comune del carbonato di potassio; la potassa caustica è l’idrato o idrossido di potassio. Il carbonato, ricavato in passato dalle ceneri di legno, ha un vasto impiego in ceramica, nell’arte vetraria (come fondente) e nella preparazione di saponi; questa sostanza basica in soluzione con

POTERE BAGNANTE

acqua è consigliata nei ricettari ottocenteschi (Giovanni Secco Suardo, ed. 1866 e 1894), per pulire le superfici pittoriche dai depositi di polvere.

potere bagnante  bagnabilità potere colorante (‘colouring power’) proprietà di pigmenti e coloranti di impartire colorazione.

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bottega si tramanda per apprendimento tecnico e per tradizione orale. Esemplare il Libro dell’Arte di Cennino Cennini, che supera per completezza e impostazione il concetto di ricettario, ma si attiene ancora alla descrizione tecnica delle operazioni. La sua fortuna è testimoniata dalle numerose trascrizioni di cui l’opera è stata oggetto.

precipitare in chimica il processo di precipitazione potere coprente (‘hiding power’) valore che esprime la capacità di una pittura di nascondere la superficie su cui è stesa; indica anche il grado di opacità di una stesura o di un determinato pigmento.

potere solvente (‘dissolving power’) capacità di un liquido (solvente) di sciogliere un solido (soluto); le scale di misura del potere solvente dipendono dalla sostanza considerata. Combinando i tre fattori che regolano il potere solvente di un liquido (forze di dispersione – fd, forze polari – fp, possibilità di formare legami idrogeno – fh) si ottiene il diagramma dei solventi che, associato al diagramma equivalente per il soluto da sciogliere, forma il  triangolo delle solubilità. Nel caso di una miscela di solventi, il potere solvente è la somma dei contributi percentuali dei diversi componenti. pozzolana (dal latino ‘puteolana’ = di Pozzuoli). Roccia vulcanica, poco coerente, a grana fine, originata da lapilli e ceneri vulcaniche debolmente cementate, estratte in origine nei pressi di Pozzuoli da cui il nome di pozzolana. Il termine si riferisce più in generale a poveri vulcaniche e tutti quei materiali che, per reazione con idrossido di calcio, impartiscono idraulicità all’impasto della malta, ovvero la proprietà di far presa e indurire in ambiente umido. pozzolana artificiale materiali artificiali che, analogamente alla  pozzolana naturale, consentono la presa e l’indurimento di una malta a base di calce in ambiente umido (idraulicità). Laterizi macinati ( cocciopesto) e, più recentemente, scorie di ferro e d’altoforno sono stati ampiamente usati a tale scopo. precettistica memoria scritta di quanto in una

consiste nel trasformare un soluto in soluzione in un composto insolubile, per reazione con reagenti specifici. Molti pigmenti sintetici sono stati ottenuti per precipitazione anche in antico (per esempio  bianco di San Giovanni,  giallo di piombo e stagno).

precisione in campo analitico, la precisione fornisce una stima della  riproducibilità dei risultati ottenuti con una specifica tecnica analitica e riguarda l’entità degli errori casuali. La precisione esprime la consistenza tra le misure effettuate con uno specifico strumento ed è influenzata anche dalle condizioni operative in cui vengono effettuate le analisi. prelievo asportazione di materiale in forma concreta o suddivisa dall’oggetto in esame a scopo analitico. Nel settore dei beni culturali si hanno i seguenti tipi di prelievi: il prelievo globale, in caso di stratificazioni, consiste nell’asportazione in un unico frammento comprensivo di tutti gli strati o tipologie che compongono l’oggetto; il prelievo selettivo è l’asportazione di materiale omogeneo, appartenente a un unico strato o tipologia, generalmente in forma suddivisa; il prelievo multigraduale comprende una sequenza di prelievi selettivi contigui per lo studio della distribuzione in profondità di specie chimiche; infine il prelievo biologico, che è di tipo selettivo e si differenzia secondo il tipo di  biodeteriogeno presente; quest’ultimo deve essere eseguito di norma con materiali sterili. preparazione stesura utilizzata con lo scopo di uniformare il supporto e per assorbirne i movimenti; ha funzione protettiva ed estetica. La preparazione può bloccare o assecondare il movimento del supporto; deve proteggere il colore dall’umidità deri-

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vante dal muro, da sostanze pericolose come resine, tannini e sali di rame, dagli insetti, dagli acidi dell’olio e dai diluenti dell’olio. Le preparazioni si distinguono in chiare e scure. Fra le più comuni la preparazione a biacca, un carbonato basico di piombo, miscelato con olio di lino o di papavero applicato sulla tela. È una preparazione morbida ed elastica che si adatta ai movimenti del supporto, che ha difficoltà di essiccazione se l’olio è abbondante o di qualità scadente. La preparazione colorata, in uso dalla seconda metà del XVI secolo, è composta di biacca, olio e pigmenti. La cosiddetta preparazione rigida è a base di gesso o di carbonato di calcio mescolati a colla, mentre quella morbida è costituita di biacca e terre colorate, miste a olio. Le preparazioni moderne sono a base di bianchi di zinco, di bario e di titanio, oppure gessi a legante acrilico.

PROSCIUGO

del carbonato di calcio); la sua formazione può implicare la partecipazione di altre sostanze, provenienti dall’ambiente di esposizione o dai materiali di restauro, oppure trasformazioni dei materiali originali (es.  fotolisi per azione della radiazione luminosa). Il termine può intendere più genericamente qualsiasi prodotto o fenomeno di deterioramento. In termini conservativi può comportare effetti di tipo strutturale e/o estetico.

profilato metallico tipo di copertura impiegata, in alternativa alle lastre di vetro, per proteggere temporaneamente manufatti o interi monumenti lignei esposti all’aperto in attesa di restauro, per salvaguardarli dall’acqua piovana. Possono provocare un effetto serra che accelera lo sviluppo dei funghi e degli insetti xilofagi e aumentare l’escursione termica, determinando processi di infezione e infestazione.

presa processo chimico-fisico che induce un incremento di coesività di un impasto plastico (ad es. malta, gesso, colla) a cui corrisponde un minore grado di plasticità e un aumento di durezza; si realizza in due fasi. Per la malta prima avviene l’essiccazione della malta e il suo ritiro, quindi la carbonatazione per azione dell’anidride carbonica dell’ambiente e la conseguente eliminazione di acqua.

preservare termine impiegato anche come sinonimo di conservazione, che allude più specificamente all’impiego di mezzi tesi a minimizzare il degrado di un manufatto o di un monumento in relazione all’ambiente e al passare del tempo. prevenzione insieme delle azioni dirette ad impedire il degrado dell’ambiente, delle strutture architettoniche, dei materiali archeologici e di quelli costituenti ogni genere di manufatto artistico.

profilometria tecnica non invasiva di tipo interferometrico per il rilievo tridimensionale di rugosità superficiale di oggetti. Nel campo della conservazione la profilometria consente di rilevare dettagli micrometrici relativi alla ‘craquelure’, spessori del colore, impronte di trame di tela, ecc. Usata anche per monitorare finemente gli esiti di interventi di pulitura, assottigliamento, consolidamento, ecc.

progettualità nel restauro di un manufatto, di un ambiente o di un sistema architettonico, l’analisi delle problematiche in oggetto, la documentazione, le finalità, i metodi e le tecniche di intervento che si presume di impiegare nel corso del lavoro. Il progetto deve essere realizzato da un’équipe di tecnici con professionalità diverse e complementari e avere dei termini di sviluppo e di conclusione oggettivi. Si parla di progettualità del restauro anche in antitesi al cosiddetto ‘restauro di routine’.

procedimento metodica di esecuzione di un intervento di restauro, di conservazione o di semplice manutenzione.

prodotto di degrado composto chimico che si forma in seguito all’alterazione dei materiali di un manufatto artistico, dai quali solitamente differisce per natura chimica (es. il gesso per solfatazione

‘prosciugamento’ nella letteratura artistica e nella lingua del collezionismo indica l’essiccazione delle vernici e la fragilità della ‘craquelure’ dei dipinti a olio. I dipinti mobili sono definiti anche ‘scortecciati’, ‘scrostati’, ‘raggrinziti’. prosciugo voce gergale indicante l’anomalia di

PROTEINA

assorbimento del legante dei colori a olio da parte del supporto, cui consegue l’  opacizzazione della zona interessata. Può verificarsi per un eccesso di legante in rapporto ai pigmenti o per esagerata assorbenza della preparazione.

proteina polimero naturale alla base di tutti gli organismi viventi: le proteine sono concatenazioni dei 21 α amminoacidi naturali, hanno molteplici strutture a seconda della loro specializzazione, e hanno la proprietà di formare dispersioni colloidali ( gelificazione). Hanno avuto un vastissimo utilizzo nelle tecniche artistiche sia come adesivi (colle animali, di pesce, caseina) che come leganti, soprattutto nella pittura e nella miniatura (latte, caseina, bianco e rosso d’uovo ecc.). protettivo sostanza filmogena stesa in forma fluida sulla superficie di un manufatto; ha il compito di preservarne la parte superficiale dal contatto con l’ambiente. A differenza delle vernici (aventi comunque una funzione anche protettiva) che migliorano le caratteristiche ottiche, i protettivi devono risultare quasi invisibili e non produrre aumenti sensibili del contrasto cromatico. Non devono saturare i colori né avere effetti riflettenti. Un idrorepellente, come esempio di protettivo, dovrebbe impedire l’ingresso dell’acqua dall’esterno ( impermeabilizzazione) e consentire, allo stesso tempo, la traspirazione del substrato poroso (pietra, intonaco, legno).

protocollo di indagine insieme di osservazioni, indagini e analisi riferito a un manufatto artistico nella sua completezza e compreso nel suo ambiente conservativo e/o espositivo. Il protocollo di indagine deve necessariamente tenere conto della tempistica delle varie operazioni da effettuare sull’opera in funzione della finalità delle indagini stesse in termini cronologici e propedeutici. PTS  particolato atmosferico ‘pulce’ forma di degrado dello smalto ceramico

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pulitura intervento di carattere estetico e conservativo che consiste nel rimuovere da qualsiasi tipologia di oggetto i depositi di superficie, le eventuali vernici opacizzate e ingiallite, recuperando valori di maggiore leggibilità. Nel restauro dei dipinti l’operazione può essere preliminare a fissaggi di colore e foderature; viene eseguita con  solventi che portano i materiali resinificati a uno stato colloidale facilmente rimovibile, o con reagenti che rompono i legami molecolari degli strati che si vogliono eliminare: l’intervento si conclude con una nuova verniciatura. Fra le tecniche di pulitura vanno ricordate quella a freddo, a getto di ghiaccio secco, a laser, per estrazione acquosa, per aspirazione e le puliture meccaniche. Gli interventi di pulitura devono agire selettivamente sulle sostanze da rimuovere, senza intaccare il substrato e i materiali originali. pulitura ‘alla fiamma’ tecnica impiegata da Giuseppe Guizzardi e descritta da Giovanni Secco Suardo per l’asportazione delle vernici. Consisteva nello stendere due mani di colletta sulla superficie del dipinto in modo che l’alcol non venisse assorbito, e nel bagnare con alcol la superficie seccata; i depositi si asportavano immediatamente con una garza impregnata d’acqua.

pulitura, tassello di prove di pulitura propedeutiche all’intervento di restauro eseguite per sperimentare i solventi più adatti e la loro reattività sulla stratigrafia dei film pittorici e delle policromie, nelle zone più neutre dell’opera (cieli, fondi di paesaggio non figurati ecc.), su superfici scultoree e architettoniche. Tale operazione risponde al concetto che la pulitura deve essere programmata ed eseguita sulla base di indagini diagnostiche, valutazioni critiche e di buon senso. Utilissima per le sculture policrome, soggette a vicende conservative molto complesse, per valutare quanto di originale si può trovare sotto le numerose stratificazioni pittoriche.

caratterizzata dal minuto affossamento della superficie smaltata.

‘pulizia’ termine prevalentemente usato per la pittura, che in antico alludeva a una superficie cromatica trattata con solventi troppo forti.

pulimento  polimento

pulverulenza termine che indica il deterioramento

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di un manufatto artistico che si riduce progressivamente a polvere e particelle finemente suddivise e disaggregate. Viene usato per superfici cromatiche il cui legante ha perso il potere coesivo e che tendono a diventare incoerenti, frantumandosi in microparticelle. Nel caso del legno indica oggetti o porzioni di manufatti completamente infestati dai tarli che si sbriciolano e franano alla minima pressione.

pulviscolo microparticelle in sospensione nell’atmosfera dovute all’azione concomitante del vento, a processi di combustione e di evaporazione. In un ambiente inquinato il pulviscolo atmosferico aumenta e diventa un ulteriore deposito che interessa le opere esposte all’aperto e quelle architettoniche, innestando processi deteriorativi. Il pulviscolo può provenire anche dal basso per calpestamento del pavimento e depositarsi sullo zoccolo o sulle parti inferiori di un manufatto. È da tener presente che questo fenomeno può essere indotto anche dalla circolazione forzata di aria.

punica lemma riferito alla cera punica. Cera d’api bollita più volte in acqua di mare, cui veniva aggiunto salnitro (nitrato di potassio), impiegata nella tecnica dell’ encausto.

punta strumento acuminato che serve per tracciare l’incisione del disegno voluto sulla  preparazione o sulla matrice. puntasecca tecnica incisoria attestata a partire dal XV secolo in area tedesca che prevede l’incisione diretta di matrici metalliche con una punta di acciaio, che solleva sottili filamenti metallici (barbe) in prossimità dell’incisione da cui si ricava, al termine della stampa, un segno morbido. La tecnica, adottata anche a complemento della tecnica a  bulino e dell’  acquaforte, consente un numero molto limitato di tirature conformi all’idea originale dell’incisore, poiché le barbe vengono ben presto schiacciate dalla pressione del torchio in fase di stampa, con perdita irreversibile degli effetti desiderati. puntatura tecnica di aggiustatura dei manufatti ceramici che consisteva nel praticare due fori nei frammenti da connettere, per poi unirli con filo di ottone.

PUNTO DI FUSIONE

punteggiatura tecnica di incisione realizzata con speciali bulini a punta corta, punzoni e rotelle dentate. Possono essere utilizzati direttamente sulla lastra di rame oppure con la vernice e acquaforte. Si tracciano tanti puntini irregolari che producono l’effetto di un segno a matita o a carboncino su carta rugosa. Il termine viene usato per estensione anche nelle tecniche pittoriche e nel restauro per ciò che riguarda gli interventi di ricostruzione. Un caso esemplare è il riempimento delle lacune a  ‘neutro’. La tecnica è nota anche come ‘puntinismo’. In arazzeria la punteggiatura consiste nell’usare insieme due fili di seta (fibra che al contrario della lana riflette la luce) per ottenere effetti di  marezzatura delle superfici di grandi dimensioni.

puntinatura tipica forma di degrado dello smalto (anche associato alla formazione di bolle e crateri), dovuto alla temperatura di cottura troppo bassa e alla conseguente perdita di anidride carbonica.

punto di ebollizione o ‘boiling point’. Temperatura alla quale si verifica il passaggio dallo stato liquido a quello gassoso, eguagliando la pressione esterna. Generalmente per i liquidi (solventi ecc.) si riporta il punto di ebollizione alla pressione di una atmosfera (condizioni standard). Il passaggio di stato era conosciuto fin dall’antichità e veniva impiegato per le distillazioni, le purificazioni ecc. Nel campo della conservazione influenza la velocità di evaporazione di solventi della stessa classe: per esempio tra due alcoli o tra due esteri metilici il più volatile è quello con punto di ebollizione minore. punto di fusione o ‘melting point’. Temperatura alla quale si verifica il passaggio dallo stato solido a quello liquido. Coincide col punto di solidificazione del quale rappresenta il passaggio inverso. Il passaggio di stato era conosciuto già in antico ed è stato oggetto dei progressi della metallurgia. Ogni qual volta si raggiungevano conoscenze tecnologiche tali da poter costruire fornaci più efficienti (ovvero con temperature più alte), la tecnologia metallurgica ha prodotto leghe e metalli con punti di fusione, e quindi proprietà meccaniche ed estetiche migliori. Queste hanno influenzato il perfezionarsi delle tecniche artistiche e l’evoluzione delle singole civiltà.

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PUNTO DI INFIAMMABILITÀ

punto di infiammabilità o ‘flash point’. Temperatura minima alla quale i vapori sviluppati da alcuni liquidi manifestano la tendenza a formare con l’aria (quindi in presenza di ossigeno e di un innesco) miscele capaci di incendiarsi e di esplodere. L’infiammabilità delle sostanze va sempre tenuta presente, specialmente nel caso di prevenzioni personali e ambientali; è uno dei parametri riportati nella scheda tecnica dei prodotti chimici impiegati in laboratorio e nelle operazioni di restauro.

punto di rammollimento intervallo di temperatura al quale si verifica il passaggio graduale dallo stato condensato a quello fluido. È usato per quelle sostanze compatte, ma non cristalline (come il vetro o la cera) che non subiscono la fusione del reticolo cristallino per collasso termico.

punto di rugiada o ‘dew point’, temperatura di rugiada. Temperatura alla quale l’aria, intesa come miscela di aria e vapore acqueo, inizia a condensare spontaneamente in condizioni di umidità specifica e pressione atmosferica stazionarie; viene misurata attraverso il diagramma psicrometrico. Se il punto di rugiada è inferiore a 0 °C allora si parla di punto di brina. Uno dei parametri microclimatici misurati e monitorati in ambienti di esposizione e conservazione è la distanza dal punto di rugiada ovvero la distanza della temperatura dell’aria dal

punto di rugiada.

punto posato nel restauro tessile, applicazione dei tessuti degradati su un supporto tessile per mezzo di una tecnica di cucito dedotta dal ricamo antico. punzonatura tecnica di decorazione dei materiali nobili (oro e argento, o dorati come fondi oro e legni), basata sull’uso di uno strumento detto  punzone. È stata usata anche per riportare marchi di riconoscimento della bottega artigiana su oggetti di oreficeria e per attestare la qualità della materia prima lavorata.

punzone si tratta di un’asta di ferro o di bronzo fatta a punta, a timbro o a rotella, su cui è scolpito il disegno, simbolo o sigla da riprodurre, che, premuta su di una superficie metallica, lascia l’impronta. purpurina principio colorante antrachinonico di colore rosso-arancio ricavato, insieme all’  alizarina, dalle radici della  robbia. Il termine è anche sinonimo di  porporina.

putredine in gergo il lemma indica l’aspetto di supporti completamente marciti per infiltrazione di umidità e parassitazione.

q quadrettatura disegno in scala proporzionale

quadronna anche colla di caravella o di carnicci, è una colla ottenuta per cottura delle cartilagini di vari animali: nei ricettari è nominata anche come ‘colla forte’.

cristallo di rocca (varietà incolore e trasparente utilizzata in oreficeria per realizzare pendagli, ornamentazioni applicate a codici miniati ecc.), il quarzo citrino (simile al topazio), il quarzo oro (con inclusioni simili a pagliuzze); il quarzo polverizzato (silice) è componente fondamentale della porcellana di pasta dura, di alcune paste vitree, di intonaci, supporti per opere in stucco e scagliola ( silice). Non è usato come pigmento anche se i cristalli di quarzo sono presenti come impurità nelle terre e nelle ocre, mentre è impiegato nella preparazione di lacche e di altri pigmenti.

quanto unità energetica della meccanica quanti-

quercia pianta di alto fusto del genere Quercus,

stica. Indica una quantità discreta e indivisibile di una grandezza. Per l’energia delle onde elettromagnetiche, un quanto corrisponde ad un  fotone. Dal termine derivano tutti gli aggettivi correlati: quantistico, quantizzato ecc.

diffusa soprattutto nella fascia boreale, temperata e continentale. Legno di media durezza, alta densità, resistente al tarlo, e meno sensibile di altri alle variazioni di umidità. Usato per la realizzazione di tavole e polittici, sculture lignee policrome, in ebanisteria e in carpenteria. Cerro, leccio, farnia, rovere, roverella sono tra le più note specie europee della famiglia delle Fagaceae.

che consentiva di portare alle dimensioni volute il disegno preparatorio per un affresco. È impiegata anche per altre tecniche artistiche. Giorgio Vasari (1568) la chiama “rete la qual’è una graticola di quadri piccola, ringrandita nel cartone, che riporta giustamente ogni cosa”.

quarzo minerale incolore e trasparente a base di silice. Dei quarzi fanno parte pietre che hanno una struttura cristallina evidente ( ametista), il

r rabbocco  rinzaffo ‘rabberciare’ secondo Filippo Baldinucci (1681) “rattoppare, aggiugner pezzi a cose rotte, o guaste. E fra’ nostri Artefici vale propriamente, per racconciare una cosa malandata affatto, così come si può e non del tutto”. raddrizzamento metodo impiegato per ottenere superfici lignee perfettamente piane ( parchettatura); nel XIX secolo il retro della tavola veniva piallato e assottigliato, pensando di ridurre la tendenza alla deformazione. Col passare del tempo si realizzarono parchettature sempre più complesse. Giovanni Secco Suardo (ed. 1866 e 1894) sostiene che il raddrizzamento delle tavole è una delle operazioni che spettano al parchettatore insieme all’assemblaggio e alla realizzazione di aggiunte e di rinforzi. Nel XIX secolo sono stati sperimentati i metodi dell’imbibizione delle tavole e dell’incisione eseguita sul retro del supporto, per riportare il legno alla planarità, con risultati non soddisfacenti.

radiazione elettromagnetica  onda elettromagnetica

radica tipo di legno tratto dalle radici di alberi e arbusti o dalle protuberanze del tronco. Molto compatto, con belle venature una volta tagliato e lavorato, è impiegato come rivestimento in ebanisteria per le sue  marezzature casuali di grande effetto estetico, specialmente nelle essenze di noce, rosa, ulivo e pero.

dice di una giornata che, non sovrapponendosi a nessun’altra, può considerarsi iniziale; la cosiddetta ‘foglia’ è una giornata a cui nessun’altra si sovrappone e come tale può essere considerata quella finale.

radiocarbonio metodo di datazione isotopica, altrimenti detto del ‘carbonio 14’. Indagine che determina il rapporto isotopico fra gli isotopi 12 e 14 del carbonio (C). Quest’ultimo è naturalmente radioattivo e decade spontaneamente con periodo di dimezzamento di 5730 anni; è prodotto continuamente nell’alta atmosfera e il suo rapporto con l’isotopo stabile del carbonio è relativamente costante e uguale nell’atmosfera e nei mari e quindi tale si mantiene negli organismi viventi (animali, vegetali). Alla loro morte l’apporto di C14 si interrompe e la sua quantità relativa inizia a diminuire per decadimento radioattivo, per cui il rapporto si impoverisce in C14. Tramite il confronto tra la misura effettuata su un campione passato, se non sopravvengono contaminazioni con carbonio recente e un campione analogo attuale, è possibile determinare, con una certa approssimazione, l’età del campione. Per una corretta datazione sono necessari meno di 4 g di materiale prelevato dall’oggetto e le precisioni che si possono ottenere per datazione comprese tra 200 e 10.000 anni possono avere un’incertezza di circa 35 anni. Di conseguenza non si impiega nella datazione di materiali molto recenti.

radiografia metodo di restituzione fotografica

delle superfici di credenze o armadi, troppo grosse per essere eseguite in massello. Il procedimento è simile all’  impiallacciatura.

su lastra o pellicola della permeabilità ai raggi X di uno spessore di materia; l’immagine per trasparenza dell’oggetto e di quanto si trova al suo interno è formata dalla diversa  radiopacità dei materiali.

radice con riferimento all’affresco moderno, si

radiopacità proprietà dei materiali di essere più o

radicatura rivestimento con fogli di  radica

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meno permeabili alle radiazioni X. La diversa radiopacità dei materiali costituenti, per esempio, una pittura (legno, tela, chiodi, preparazione, pigmenti) sono rilevabili nella radiografia; metalli o elementi pesanti come il piombo, hanno un’elevata radiopacità e schermano le radiazioni X. Nella ripresa di lastre radiografiche, i materiali appaiono tanto più bianchi quanto più è alta la loro radiopacità.

raggi gamma radiazioni elettromagnetiche di altissima energia, molto penetranti e ionizzanti, con lunghezze d’onda compresa tra 0,0005 e 0,3 nm. I raggi gamma (γ) sono il prodotto di decadimento di sostanze radioattive.

raggi X radiazioni elettromagnetiche di alta energia, penetranti e ionizzanti con lunghezza d’onda piccola, compresa indicativamente tra 0,3 nm e 20 nm. Convenzionalmente il campo dei raggi X è diviso in  raggi X molli (o deboli) e  raggi X duri (o penetranti). Queste delimitazioni non sono rigide e universalmente definite. I raggi X furono scoperti da Wilhelm Röntgen (18451923) nel 1895 e nei paesi di lingua tedesca sono noti come raggi Röntgen. raggi X duri sottoinsieme dei  raggi X con lunghezze d’onda comprese indicativamente tra 0,1 nm e 5 nm.

raggi X molli sottoinsieme dei  raggi X con lunghezze d’onda comprese indicativamente tra 5 e 20 nm.

‘raggrinzimento’ terminologia ottocentesca usata per indicare l’allentamento della tela e la conseguente formazione di scodelle, vesciche e crateri sulla superficie cromatica. Si usa anche nella lingua attuale e indica un tipico degrado dei dipinti su tela, dovuto alla stesura di nuovi strati di colore su altri non bene asciutti. Lo strato cromatico superficiale slitta su quelli sottostanti formando una sorta di pieghettatura. ragia minerale miscela non codificata di idrocarburi saturi e insaturi che ha proprietà simili alle  ragie naturali ma è più volatile.

RANNO

ragia naturale solvente appartenente al gruppo dei derivati terpenici; anche miscela naturale derivata dalla lavorazione e dalla purificazione delle  trementine.

rame noto anche come ‘bronzo di Cipro’, è un metallo presente in natura sia libero sia in associazione con altri minerali. Ha un colore rosso chiaro, è abbastanza duro e molto duttile, e si usa oltre che come metallo decorativo, per ottenere leghe come bronzi e ottoni. È presente in numerosi pigmenti antichi e moderni, sia naturali ( azzurrite,  malachite) che artificiali di origine inorganica ( blu egiziano) e metallorganica ( verderame,  blu ftalocianina); i toni vanno generalmente dal blu all’azzurro, al verde più o meno acceso. Il rame ha avuto vasto impiego come supporto per la pittura dal XVI secolo in poi; in antico le lamine di rame venivano ottenute per liquefazione e successiva battitura a martello. Nel Cinquecento la tecnica della laminazione incentivò la produzione per usi artistici. Oltre che per la pittura a olio, fu impiegato come supporto per la tecnica a smalto e per l’incisione ( bulino e  acquaforte). ‘rancio’ termine in uso nel XIX secolo per indicare sostanze grasse che hanno subìto un processo di deterioramento. ranghetta tipo di incastro utilizzato fin dal Medioevo nell’assemblaggio di assi destinate a costituire il supporto di un dipinto. Fra gli elementi lignei da unire si ricavavano due alloggiamenti per la ranghetta, piccolo inserto rettangolare con funzione di guida per l’incastro delle parti. ranno sostanza utilizzata per l’  ‘imbianchimen to‘ dei tessuti. Si tratta di una lisciva ottenuta da ceneri di legna disciolte in acqua bollente, talvolta alternata con un bagno a base di siero di latte. Gli ossidi dei metalli alcalini sodio e potassio, nonché quelli di calcio e magnesio presenti nella cenere, danno a questa sostanza una spiccata alcalinità (pH anche superiore a 12); il ranno è stato considerato un vero e proprio reattivo basico e usato in restauri molto datati nella rimozione di ridipinture e di vernici molto dure. Un indizio del

‘RAPPICCARE’

suo impiego su panneggi o altre campiture con colori sensibili all’alcalinità, è lo stato degli strati residui, molto abrasi e ampiamente ridipinti.

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nel restauro una pratica di finitura e risarcimento anche pittorico delle opere.

‘rattoppare’ lemma ricorrente nelle fonti a ‘rappiccare’ nella letteratura sul restauro il lemma allude all’integrazione delle sculture. Raffaele Borghini ne Il Riposo (1584) usa l’espressione nel senso di “rappiccar le membra insieme”, proprio quando descrive la ricomposizione di frammenti antichi e la loro integrazione.

indicare il restauro di un manufatto degradato, in particolare la ricostruzione e l’integrazione delle sculture; nel restauro moderno si riferisce al restauro dei tessili, siano essi supporti pittorici o meno, tramite l’applicazione di toppe.

rattoppo detto anche ‘rammendo’, è un intervento rarola tipologia di tela a maglie rade usata a doppio strato per la  rintelatura di tele di grandi dimensione, altrettanto rade.

raschiare secondo le fonti uno degli interventi eseguiti dai restauratori meno accreditati: così Francesco Milizia alla voce “ritoccare” del Dizionario delle belle arti del disegno (1802): “il ciarlatano ... scoria, impiastra, strofina, raschia ...”. Il lemma allude alle operazioni di pulitura meccanica eseguite con vari tipi di  bisturi o  spatole.

raschiatoio o raschino, raschietto, raspino. Tipo di bisturi usato nel XVIII e nel XIX secolo per rimuovere ritocchi o vernici troppo indurite. È uno strumento di metallo con una punta che termina a uncino, utilizzato in ogni tipo di pulitura meccanica. Si usa anche per asportare porzioni o residui di gesso.

non traumatico di recupero dei materiali cartacei, che non interferisce chimicamente con il materiale e non ne altera la struttura. Con questa tecnica vengono risarciti gli strappi che potrebbero compromettere la consultazione del documento, mentre le parti mancanti possono essere sostituite o meno. La sostituzione viene eseguita solo nel caso che il documento rischi di perdere la sua funzione, e il nuovo elemento deve inserirsi nell’originale come una protesi, restando visibile anche se deve obliterare la  lacuna.

ravvivare ridare lucentezza alla policromia con

raschietto  raschiatoio

nuove verniciature. Tipo di intervento di manutenzione frequentissimo nel XIX secolo, preferito per ragioni di praticità e convenienza a interventi di restauro completi, che solitamente sortiva effetti gradevoli nell’immediato ma nel tempo si dimostrava ulteriore fonte di degrado fino alla perdita di leggibilità della superficie pittorica; anche ‘rinfrescare’ e ‘rifiorire’.

raschino  raschiatoio

realgar solfuro di arsenico in fase cristallina, di-

raspa “quella lima con la quale gli scultori di marmo e legno puliscono le loro figure” (Filippo Baldinucci, 1681). Strumento simile alla lima, rastremato in punta e con denti acuminati. Si usa per i lavori di sgrossatura di materiali come legno, marmo, corno, osso.

raspino  raschiatoio ‘rassettare’ nelle fonti sul restauro termine usato nell’accezione di restaurare e integrare un manufatto artistico, ‘rimettendolo in ordine’, secondo la concezione prevalente nel XVIII secolo che vedeva

sponibile in natura e prodotto chimicamente, di tonalità rossa. Fu utilizzato soprattutto nella pittura a olio su tela fino al XVII secolo anche se più raramente dell’  orpimento. In alcune ricette è citato come conservante per miscele di oli, verosimilmente per le sue proprietà bioacide. È poco stabile e tende a diventare giallo arancio (erroneamente si crede che si converta in orpimento, trasformandosi in una fase cristallina più stabile detta para-realgar). Nei ricettari antichi è citato come  risalgallo.

‘rebouiseur’ termine francese entrato nell’uso nel XIX secolo che significa contraffattore o

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falsario; le fonti e la letteratura sul restauro ricordano sovente l’attività di questi personaggi specializzati nelle patinature e nell’invecchiamento dei dipinti. Sono definiti anche  pasticheurs.

recto parte anteriore di un foglio di pergamena o di carta e, per estensione, di monete, medaglie e manufatti. recupero normalmente usato in alternativa al lemma restauro, può essere inteso come recupero estetico o filologico delle componenti materiche di un manufatto. Si usa anche nel senso della riacquisizione di dettagli che sono altrimenti coperti dalle stratificazioni depositate sulle opere, per esempio il recupero di una campitura, per quanto essa riacquisti significato solo se anche quelle adiacenti ritrovano una vivacità cromatica analoga (recupero cromatico).

redazione filologicamente ogni stesura di un’opera originale e, per estensione, ogni variante eseguita da un artista sullo stesso soggetto ( versione).

redox reazione chimica di ossidoriduzione ( ossidazione,  riduzione) regolo  staggia

RESINA

reps tipo di tessuto con armatura tela, caratterizzato da un rilievo a costa, detto anche ‘canneté’.

resecare nella costruzione e nel restauro storico delle tavole e delle sculture lignee indica la riduzione dello spessore o un intervento di aggiustamento del formato. residuo in chimica è ciò che rimane dopo un trattamento: residui di combustione, parti non disciolte dopo la dissoluzione di un minerale, dopo la distillazione ecc. I residui dei trattamenti chimici e delle operazioni di pulitura meccanica devono essere correttamente e prontamente rimossi (lavaggio). resin soap sistema di acidi organici complessi, acido abietico (ABA, un terpene) e acido deossicolico (DCA, uno steroide), saponificati con trietanolamina (TEA, base organica); i composti ottenuti hanno un potere  tensioattivo anionico e sono utilizzati come agenti di pulitura, usati per rimuovere strati di vernici invecchiate e altri composti resinosi. Riuniscono le due proprietà di maggiore bagnabilità (tensioazione) e potere dispersivo in quanto le strutture molecolari sono chimicamente molto simili a quelle “terpeniche” delle resine naturali. Fanno parte dei sistemi di pulitura selettiva a umido.

reimpiego o riuso. Termine che indica la riutilizzazione di oggetti, materiali edilizi e artistici, opere d’arte, ambienti e strutture architettoniche, spesso con destinazione d’uso diversa da quelle originali. Può provocare decontestualizzazione o snaturamento di un manufatto. Anche impiegato per indicare materiali provenienti dalla dismissione di edifici antichi.

rena  sabbia replica riproduzione di un manufatto eseguita dallo stesso autore. Non va mai confusa con l’originale. Nella storia del restauro del dopoguerra rifacimenti di edifici distrutti dai bombardamenti, ma fino ad allora discretamente conservati, possono essere considerate repliche e non falsi se non sono stati eseguiti interventi arbitrari.

resina termine riferito a composti polimerici naturali e sintetici. In passato per i manufatti artistici si usavano solo resine naturali per produrre film protettivi, trasparenti e isolanti e per preparare stucchi, miscele adesive, consolidanti. Sono insolubili in acqua e solubili in solventi organici (alcoli, esteri, idrocarburi), bruciano e hanno struttura amorfa allo stato solido. Le resine naturali si classificano in oleoresine o  balsami, resine, resine fossili, resine animali. Le resine sintetiche sono state prodotte dal 1950 in poi: vanno sempre selezionate con attenzione. Fra le sintetiche più impiegate le resine poliviniliche, acriliche e metacriliche, cianoacriliche, poliuretaniche, polietilene, polipropilene, poliuretani. Fra le resine di policondensazione abbiamo le fenoliche, le poliesteri sature e insature, le epossidiche (collanti tenaci che non si alterano nel volume e non sono sensibili

RESINATO DI RAME

all’umidità) e i  siliconi. Le resine epossidiche sono ancora ampiamente impiegate come mastice nel restauro del vetro e della ceramica; queste vanno incontro ad un forte ingiallimento che può essere eliminato solo con grosse difficoltà: dovrebbero essere utilizzate solo sui margini delle fratture anche se sono da preferire le cere, stabili e più facilmente reversibili. Molte resine sintetiche, apparentemente incolori, trovano impiego come vernici, oppure nell’integrazione dei vetri. Le protesi così realizzate hanno un indice di rifrazione alla luce molto diverso rispetto a quello del materiale originale, e una diversa lucentezza. Interventi di questo tipo si eseguono solo quando sia indispensabile una funzione stabilizzante.

resinato di rame colore ottenuto sciogliendo il  verderame o verdigris a caldo in vernici resinose naturali (trementina, colofonia); è un materiale viscoso molto trasparente, relativamente poco stabile, impiegato nella miniatura e nella pittura, in particolare a olio, raramente nella pittura murale. resine a scambio ionico polimeri organici a granulazione fine rivestiti di composti chelanti capaci di scambiare con una soluzione ioni semplici quali idrogenioni e ossidrili. Si dividono in tre tipi principali: resine cationiche, capaci di sottrarre ioni positivi (ferro, calcio, sodio) scambiando idrogenioni; resine anioniche, capaci di scambiare ioni negativi (solfati, cloruri, nitrati ecc.) con ossidrili; resine a letto misto, che hanno le specificità di entrambe. Nella conservazione vengono utilizzate come impacco umidificato in acqua distillata e steso su di un supporto di carta giapponese per la desalificazione localizzata di materiali lapidei naturali e artificiali. Sono utilizzate anche per ottenere  acqua deionizzata.

restauratore figura professionale di difficile e ambigua definizione, la cui fisionomia può essere seguita, per ciò che riguarda il dopoguerra, attraverso il dibattito sulla sua formazione. In passato il restauratore e la sua professionalità sono da leggere e interpretare nel contesto della storia del restauro. Il tipo di lavoro che un restauratore è in grado di eseguire e la documentazione del suo operato sono due termini di riferimento es-

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senziali per definirne la professionalità. Ad esso, e all’équipe con cui eventualmente lavori, spetta comunque l’analisi dei manufatti originali che costituiscono l’opera, la loro conoscenza e valutazione, quella delle fonti sulle tecniche artistiche, la conservazione ed eventualmente il restauro conservativo dell’oggetto, nella consapevolezza che ogni intervento di questo genere rappresenta un’alterazione. In assenza di un albo professionale dei restauratori, il decreto ministeriale 26 maggio 2009, n. 86 (G.U. 13 luglio 2009, n. 160) definisce le figure professionali del ‘restauratore di beni culturali mobili e di superfici decorate di beni architettonici’ e del ‘tecnico collaboratore’ indicandone i rispettivi ruoli e competenze settoriali nell’attività di conservazione delle suddette tipologie di beni culturali, cui concorrono anche “professionalità di carattere scientifico, quali quelle del chimico, del geologo, del fisico e del biologo, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze”. Le strutture istituzionalizzate si preoccupano della formazione dei professionisti che operano all’interno o a fianco dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma, dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e dei Laboratori delle Soprintendenze. In tal senso il decreto ministeriale 26 maggio 2009, n. 87 (G.U. 13 luglio 2009, n. 160) regolamenta in materia di “criteri e livelli di qualità cui si adegua l’insegnamento del restauro” nel quadro del vigente ordinamento dell’insegnamento universitario.

restauro il restauro è un’attività finalizzata alla trasmissione al futuro di un bene culturale per mantenerne l’esistenza e assicurarne la funzione, nel rispetto della sua identità particolare (somma di originalità più integrità) e all’interno di un progetto pluridisciplinare di conservazione. Esso consiste in un’operazione materiale richiedente una professionalità specifica ottenuta grazie ad un percorso formativo dedicato, tale da conferire un’adeguata capacità sia di progettazione che di realizzazione manuale dell’intervento. ‘restauro di antiquariato’ anche restauro estetico, è un intervento che non ha finalità conservative ma arriva a una sorta di ‘non autenticità’, che porta a risultati tanto godibili quanto falsificanti.

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‘restauro imitativo’ o restauro competitivo, mimetico. Intervento di restauro in cui non è possibile distinguere la parte di reintegrazione dal materiale originale. Si contrappone al principio della  riconoscibilità dell’intervento di restauro. L’intento di nascondere e mimetizzare l’intervento, conseguito anche attraverso l’imitazione e la riproposizione di caratteristiche formali e materiche dell’opera originale finanche alla mimesi dello stile dell’artista, determina quasi una sorta di competizione fra il restauro e l’opera d’arte. ‘restauro di rivelazione’ nell’ambito fiorentino della metà del XX secolo furono eseguiti una serie di restauri rivelatori che miravano a liberare dipinti due e trecenteschi da tutte le stratificazioni che vi erano state apportate nel corso dei secoli, per motivi di gusto o devozionali, in base alle tendenze della critica d’arte coeva. Supporto di queste operazioni furono le prime indagini radiografiche applicate per la prima volta a Firenze da Otto Vermehren nel restauro delle opere d’arte.

restringimento modificazione delle dimensioni e della forma dei legni per effetto delle variazioni igrometriche. Il lemma si incontra per lo più nelle fonti sul restauro. rete di cretto crettatura del film pittorico da invecchiamento, caratterizzata da maglie chiuse e andamento regolare prevalentemente verticale. rete termosaldata elemento impiegato per supportare le zone più degradate dei tessili prima del lavaggio. Si tratta di una rete sintetica con un’armatura particolare: gli orditi sono fili sottili ma resistenti, in fibra sintetica, mentre la trama, più grossa, è costituita da una sostanza simile al  lattice, senza anima rigida. La rete non sfilaccia i bordi e non presenta asperità superficiali perché i fili sono termosaldati fra loro. reticolato aspetto assunto da una superficie policroma realizzata a tempera all’uovo, caratterizzata da un tipico cretto dovuto all’invecchiamento. reticolazione tipo di  ‘craquelure’ della superficie pittorica con larghe crettature che coin-

RICALCO

volgono gli strati cromatici adiacenti, causata dai bitumi che non seccano mai completamente. Intesa anche come polimerizzazione incrociata (‘cross-linking’) per polimeri come oli siccativi, acrilati ecc.

rettificare serie di distillazioni successive che aumentano la purezza di un componente nel caso di miscele liquide. Per esempio, distillando il vino (acqua 88%, alcol 12%) si ottiene una soluzione contenente circa il 40-45% di alcol. Con la rettifica applicata a livello industriale si ottiene alcol al 90-95%.

rettificazione processo chimico di distillazione frazionata che consente di separare un componente di una miscela al massimo grado di purezza.

reversibilità principio secondo il quale l’oggetto può essere riportato allo stato precedente l’intervento di restauro. Una reversibilità assoluta non esiste (si pensi ai perni che vengono utilizzati nel rimontaggio delle sculture frammentarie). Anche requisito necessario a un prodotto, specialmente nel caso di materiali sintetici, per essere utilizzato nel campo del restauro. Questo principio fu formulato nella prima  ‘carta del restauro’: la velinatura, per esempio, deve essere eseguita con adesivi reversibili. Operazioni, come la pulitura, alcuni tipi di consolidamento (specie quelli che comportano la penetrazione dei consolidanti in profondità) e la sverniciatura, non sono reversibili. Va quindi considerata come un principio etico di orientamento.

riadesione intervento conservativo applicato su superfici cromatiche decoese, come le tempere. La riadesione si può ottenere con tipologie di intervento diverse.

ricalco o calco. Tecnica di riporto di un disegno originale, che consiste nel sovrapporre al modello un nuovo foglio di carta su cui, esercitando una forte pressione, viene ottenuta la riproduzione al negativo dell’originale (immagine rovesciata). La tecnica è stata adottata anche dai frescanti per il riporto dal disegno finito sul muro intonacato. Baldinucci (1681) definisce  calco “quel deli-

RICAMO

neamento, che vien fatto sopra la carta, tela, o muro, nel calcare”, descrivendolo come “quell’impressione che vien fatta per avere il rovescio d’un disegno di matita”. In scultura il termine allude all’operazione eseguita su sculture per trarne l’impronta, da cui possono derivare danni all’originale; oggi tale prassi è sostituita dall’esecuzione di rilievi digitali con strumentazione non invasiva e ad alta risoluzione (ad es.  laser scanner).

ricamo lavoro di cucito che consiste nell’esecuzione di punti decorativi su un tessuto, seguendo un disegno predisposto. La presenza di ricami deve essere ben valutata prima di procedere a qualsiasi operazione di pulitura di un tessile, del quale bisogna analizzare la natura delle fibre, il numero di fili di ordito e di trama e l’eventuale aggiunta di applicazioni.

ricettario testo contenente ricette legate a particolari tecnici impiegati nell’elaborazione di un manufatto e nel suo restauro, di solito frammentario e lacunoso. Di uso spesso personale, il ricettario si distingue dalla precettistica tecnica perché non si basa sulla volontà di completezza, ma sul principio dell’annotazione. Diffusi già dalla prima metà del XIV secolo, possono essere interpretati anche come raccolte di segreti, ma vanno comunque letti con estrema cautela. Infatti non è facile stabilire quando una ricetta sia il risultato di un’esperienza tecnica e quando quello di una semplice trascrizione. Ne erano autori pittori, scultori, restauratori, medici, speziali e alchimisti. Sono fonti preziosissime nell’odierna interpretazione dei materiali costituenti le opere d’arte antica.

ricino olio estratto dai semi del Ricinus communis, non essiccante, non volatile, quasi incolore e vischioso, che può essere impiegato come emolliente nella pulitura dei dipinti o utilizzato come plastificante. ricomposizione intervento ricostruttivo di manufatti frantumati (vetri, terrecotte, porcellane, vasi di scavo) caratterizzato dalla difficoltà di far coincidere esattamente i frammenti e dal fatto che i collanti provocano comunque un aumento del volume (sia le colle da falegname usate in passato

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che le resine moderne). La sutura resta spesso visibile anche perché i collanti hanno un indice di rifrazione alla luce diverso rispetto a quello del materiale originale. Questa problematica è fondamentale nel restauro dei vetri (incollaggio).

riconoscibilità requisito indispensabile di qualsiasi intervento di restauro, in accordo al concetto tipico del restauro moderno che ogni intervento (ritocco pittorico, reintegrazione, ecc.) debba poter essere distinguibile dall’originale a una visione ravvicinata dell’osservatore. Tale principio si contrappone al  restauro imitativo, anche detto competitivo o mimetico. riconversione chimica processo chimico per cui si può tornare ad ottenere la molecola originale attraverso una serie di reazioni. Sono esempi efficaci l’idrossido di rame nero che, con immissioni di grandi quantità di carbonato di potassa può riformare del carbonato di rame verde, e la biacca annerita delle pitture, che può essere riconvertita. ricostruzione intervento di restauro integrativo delle lacune, teso a restituire l’effetto ottico d’insieme almeno nella visione a distanza. In questo senso la ricostruzione diventa un intervento filologico. Nel caso della pittura è preceduta dalla rimozione delle ridipinture falsificanti e, ove necessario, dal consolidamento. Fra gli interventi di ricostruzione va ricordato quello eseguito secondo il principio dell’astrazione: gli elementi ricostruiti sono in realtà semplificazioni volumetriche astratte dalla realtà dell’oggetto e si diversificano visibilmente dalle parti originali ( riconoscibilità), senza lasciare lacune bianche o, nel caso dell’affresco, ripassate a intonaco. Per non diventare  restauro imitativo, questo intervento si basa sull’uso di tre colori, giallo, rosso e verde, che vengono stesi a tratteggio o a  punteggiatura al posto delle lacune. Essi possono tendere all’oro o a un altro timbro coloristico rimanendo nitidi, limpidi e identificabili. Questa tecnica di ricostruzione – che può essere storicizzata con riferimento ai restauri eseguiti a Firenze dopo l’alluvione del 1966 – evita che l’opera rimanga allo stadio di frammento e al tempo stesso rispetta il principio di  reversibilità. Si definisce anche ricostruzione a tratteggio

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( selezione e astrazione cromatica). Viceversa, la ricostruzione mimetica, non di rado impiegata solo per le microlacune, è un intervento imitativo che deriva dalla tradizione del XVIII secolo di integrare le perdite dei manufatti o di completarli quando fossero frammentari. Ha il limite evidente di tradire il gusto dell’epoca in cui viene realizzata e pone una serie di problemi relativi alla compatibilità dei materiali usati con quelli originali. Tecniche di ricostruzione diverse possono essere associate fra loro.

RIFIORIRE

In certe culture, ad es. quelle dell’Estremo Oriente, la ridipintura, e più in generale il rifacimento, è considerata un’operazione volta a ripristinare l’originaria funzionalità delle opere d’arte, specie se di carattere religioso e devozionale. In tal caso la scelta dell’intervento di restauro da eseguire dovrà tenere conto non solo del valore storico ma anche del significato intrinseco e culturale della ridipintura, trovando una soluzione possibilmente in accordo anche con le esigenze conservative.

riduzione termine che indica la stuccatura di ricostruzione plastica intervento integrativo spesso indispensabile per restituire leggibilità a manufatti in gesso fortemente degradati. L’armatura viene preferibilmente ricostruita in acciaio inox (non attaccabile dall’umidità), i perni di sostegno saldati nei fori di alloggiamento con soluzioni idonee e rinforzati con cotone e stoppa, i frammenti consolidati per  imbibizione e puliti con semplice spolveratura o per assorbimento, qualora le lacune non siano altrimenti rimovibili. L’incollaggio conclude l’intervento.

ricottura antica tecnica di restauro del vetro (poi sostituita dall’  assemblaggio), che provoca la perdita di nitidezza del disegno e della colorazione originaria. ‘ricovero’ termine con cui si allude alla musealizzazione, anche temporanea, di manufatti esposti all’aperto per renderne possibile la conservazione. ridipintura dal XII secolo metodo di restauro corrente dei dipinti, poi sostituito da interventi di minore estensione ma comunque tesi a camuffare lacune, modificare iconograficamente il soggetto, nascondere forme di degrado. Era impiegata dai restauratori attivi sul mercato antiquario per ‘migliorare’ la qualità di un dipinto. La ridipintura va distinta dall’integrazione delle lacune perché è un intervento eseguito su una superficie cromatica preesistente e non va confusa con il rifacimento autografo. In genere si ritiene che le ridipinture debbano essere rimosse, anche se occorre sempre tener presente il rapporto fra la storia conservativa dell’oggetto nel suo insieme e il valore storico ed estetico della ridipintura in confronto all’originale.

una crepa, ma anche la riduzione di spessore di un supporto ligneo che ne favorisce il  raddrizzamento, o delle consistenze di depositi di superficie su un dipinto. Anche processo chimico associato all’  ossidazione. . In chimica, reazione mediante la quale un elemento o un composto acquista elettroni. In presenza di una reazione di questo tipo si dice che l’elemento si riduce; contemporaneamente e necessariamente un altro elemento cede elettroni e si ossida (reazione di  ossidoriduzione, detta anche  redox).

‘rifacimento’ lemma in uso dal XVII secolo in poi nelle fonti sul restauro e nella lingua del collezionismo per indicare la presenza di una o più ridipinture. Un dipinto poteva anche essere del tutto ‘rifatto’.

rifare termine usato nella letteratura artistica e nella lingua dei collezionisti come sinonimo di restauro. Il concetto di restauro implicava l’integrazione dell’oggetto fosse esso una scultura, un dipinto, un mobile. Nella prima edizione del Vocabolario della Crusca (1612) alla voce ‘restaurare’ si legge: “rifare ad una cosa le parti guaste e quelle che mancano”.

rifiorire riaffiorare di macchie o di muffe invasive. Il termine è usato da Filippo Baldinucci (1681) per indicare ridipinture pesanti e verniciature che venivano date ai dipinti a olio scuriti dalle vernici per farli ‘rifiorire’: “Quasi di nuovo fiorire; termine volgarissimo che usa la minuta gente esprimere ... di far talvolta ricoprir di nuovo colore, anche per mano di maestro imperito, qualche antica pittura”. In alternativa si usava l’espressione ‘rinfrescare’.

RIFLETTOGRAFIA INFRAROSSA

riflettografia infrarossa metodo di osservazione di una superficie dipinta effettuata mediante l’uso di una telecamera sensibile all’infrarosso, generalmente equipaggiata con un tubo  vidicon o sensori allo stato solido, quali arseniuro di indio e gallio (InGaAs). Questi tipi di sensore sono sensibili fino a circa 2 μm e permettono di ottenere informazioni sugli strati più interni del dipinto stesso, mettendo in evidenza disegni preparatori, pentimenti e ridipinture.

rifunzionalizzazione intervento conservativo che sia capace di restituire al manufatto la sua funzione originaria. riga strumento usato per tracciare linee rette costituito da un’asticella piana di legno con un bordo rettilineo e graduato. Impiegata nella scultura lapidea (anche regolo) per eseguire la ‘messa ai punti’, cioè il riporto delle misure.

rigatino tipo di integrazione pittorica impiegata presso l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (già ICR) di Roma dall’anno della sua costituzione (1939); è un tipo di ricostruzione che permette di identificare la lacuna. Si chiama anche ‘righettino’ ed è eseguito tramite un tratteggio verticale in sintonia con i valori cromatici locali; a distanza l’intervento risulta impercettibile, mentre è visibile alla visione ravvicinata, in accordo con il principio di  riconoscibilità. Rispetto alla  selezione cromatica è caratterizzato dall’uso di pigmenti anche miscelati e dal tratteggio verticale anziché direzionale. rigenerazione  Pettenkofer, metodo rigetto nella tecnica di lavorazione della scultura in bronzo, era un frammento di piccole dimensioni fuso a parte dall’opera e poi saldato al getto principale quando questo, dopo la fusione, presentava difetti che venivano in tal modo nascosti e riparati. Per rigetto si eseguivano anche le giunzioni di parti di figure fuse separatamente (per esempio il San Ludovico di Donatello) o di lembi di metalli scollegati. rigonfiamento processo secondo il quale le mi-

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cromolecole di un solvente possono accedere alle maglie della struttura macromolecolare sulla quale si vuole intervenire, provocandone la variazione di volume (rigonfiamento); si tratta della prima fase di solubilizzazione di un materiale pittorico. Gradualmente si rompono i legami molecolari più forti e superficiali. L’acqua, che ha notevole impiego come solvente, esercita un’azione rigonfiante molto forte e può trasformarsi in causa di degrado. Trattamenti di restauro di tipo umido devono essere attentamente valutati per evitare rigonfiamenti di materiali argillosi espandibili eventualmente presenti sul substrato di intervento.

rimozione asportazione di uno o più strati di deposito, ridipinture, verniciature che interessano un manufatto artistico. Può essere eseguita in maniera meccanica, avvalendosi di mezzi chimici, o associando diverse metodologie. Nel caso di ridipinture, prima della rimozione è opportuna l’interpretazione filologica degli interventi eseguiti nel passato, che restano comunque una testimonianza per la conoscenza della storia del restauro. Cautela è necessaria anche nella scelta dei solventi che spesso impoveriscono la pittura sottostante i depositi; infine bisogna tener presente che le ridipinture possono a loro volta aver abraso il colore originale. rimpello soprammattone messo in opera a ridosso di una parete. Termine usato come sinonimo di  rinzaffo. ‘rinettare’ lemma usato dalle fonti sul restauro quasi come alternativa a ‘restaurare’: i pittori rinettavano i dipinti, i marmisti le sculture lapidee, gli artigiani specializzati i bronzi. Questi interventi erano considerati normale manutenzione delle opere ritenute importanti.

‘rinfrescare’ nel lessico del collezionismo e delle fonti indica l’uso di riverniciare i dipinti in tavola e in tela per ravvivarne i colori. L’effetto ottenuto aveva una durata breve e procurava nuove alterazioni perché nessuna vernice è trasparente, ma ha un colore che tende comunque a scurirsi. Con lo stesso significato si usa il termine  ravvivare. Bisogna anche ricordare che la verniciatura era

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più economica di un intervento di pulitura.

ringranatura intervento di integrazione pittorica eseguito a tocchi piccolissimi su zone abrase ma ancora leggibili, che restituisce una cromia più compatta e omogenea. rinsaldo intervento eseguito sui materiali cartacei, destinato a limitarne la fragilità, ovvero a renderli più solidi. Il trattamento dipende dal tipo di carta e dai medium grafici presenti, oltre che dall’uso specifico che ne viene fatto. Di solito si procede con la  collatura, e se questa non si rivela sufficiente si passa alla  velinatura, che fornisce un’ottima resistenza al foglio, anche se ne cambia l’aspetto esteriore. In questo caso è di grande importanza valutare la dilatazione che subiscono le carte giapponesi di supporto a quella originale quando sono bagnate, e l’orientamento delle fibre delle due carte, che dovrebbe avere un andamento parallelo. L’adesivo più utilizzato è una soluzione acquosa a base di metilcellulosa. rintelaggio sinonimo di  rintelatura, è un’operazione che consiste nell’applicazione di una seconda tela su quella originale; si usano tele di canapa, di lino, oggi anche sintetiche (poliestere, dacron), di spessore leggermente maggiore rispetto a quella originale e a trama molto fitta. Il rintelaggio può essere eseguito ‘a pasta’ secondo il cosiddetto metodo fiorentino, bolognese e romano tradizionale, o con resine sintetiche.

RIPENSAMENTO

foderatura. In questo caso si usa il termine doppiaggio della tela.

rinzaffare stesura del primo strato di intonaco di una pittura murale o di una intonacatura comunemente denominata  rinzaffo. Filippo Baldinucci (1681) usa il termine per indicare lo strato stesso. rinzaffo o ancoraggio, bruffato, imbratto, inzaffo, rabbocco, sbruffato, strato di ancoraggio. Costituisce “il primo intonaco di calcina, sopra le muraglie … che dee darsi alquanto aspro, con calcina, e rena di fosso, e mattoni spezzati. Questo direttissimamente s’attacca, perché riempie i vani; qual riempitura non potendo uscir dal muro, tien ferma anche quella calcina che resta fuori di essi vani distesa” (Filippo Baldinucci, 1681). Il rinzaffo, chiamato con termini diversi a seconda dell’area geografica e dell’epoca, era composto da una malta grassa, ovvero contenente una quantità di legante superiore a quella necessaria a riempire i vuoti dell’aggregato grossolano (mediamente in rapporto volumetrico 1:3); aveva funzione di livellamento del supporto murario e di ancoraggio dell’intera stratigrafia dell’intonaco. Il livellamento, che non va inteso come lisciatura della superficie, spesso si accompagnava alla realizzazione di incisioni diagonali usando di taglio la cazzuola; ne conseguiva una migliore adesione dei successivi strati. Anche riempimento di gesso delle parti assemblate delle sculture, applicato nell’interno cavo per dare solidità ai rinforzi metallici ivi inseriti. Si usa nel restauro dei  materiali ceramici.

rintelatura intervento di foderatura di un supporto tessile sul quale viene applicata una seconda tela, detto anche intelaggio o  foderatura. La tecnica, in uso nel XVIII e nel XIX secolo, si sviluppò a scopo conservativo e veniva applicata a tele allentate. Poteva essere eseguita come foderatura preliminare da affidare a rintelatori di professione o nel corso di un restauro. Le tele applicate le une sulle altre possono essere più di due. Si usa un adesivo che viene applicato per impregnazione e che consente anche di fissare gli strati della preparazione e quelli pittorici. Il nuovo insieme viene applicato su di un telaio che lo mantenga in tensione costante. Le tecniche più recenti distinguono l’intervento di consolidamento da quello di

‘riparazione’ intervento di manutenzione eseguito su un manufatto artistico che abbia anche una funzione, e che nel passato può essere stato deturpante.

‘ripassare’ nel gergo del collezionismo e nelle fonti sul restauro il lemma allude alle verniciature con cui venivano trattati i dipinti prima di essere venduti. Il risultato era la stratificazione di film non sempre compatibili l’uno con l’altro e il loro successivo degrado, sotto forma di vetrificazione, ingiallimento, scurimento. ripensamento variante rispetto all’impostazione

RIPORTO DEL DISEGNO

iniziale della sintassi di un dipinto, eseguita dal maestro nel corso del lavoro. In opere di grande dimensione i ripensamenti possono essere anche numerosi, ma non devono essere confusi con i pentimenti, perché corrispondono a una forma di elaborazione ‘in progress’. Sono visibili e interpretabili attraverso analisi come radiografie, fotografie a infrarosso e riflettografie.

riporto del disegno operazione di trasposizione di un disegno su un nuovo supporto, ovvero sul supporto per la realizzazione definitiva dell’opera o, in altri casi, su un supporto intermedio quale ulteriore fase progettuale. Fra le varie tecniche adottate si ricordano la  quadrettatura e il  pantografo (entrambe laddove necessaria una variazione di scala), lo  spolvero, l’incisione indiretta, il  calco (o  calcare (tecnica)) e la carta carbone per trasposizioni in scala 1:1. Giorgio Vasari (1568) parla della tecnica del riporto dal disegno finito sul muro mediante il  cartone. Tutti questi metodi potevano sovrapporsi ed essere associati all’incisione diretta dell’intonaco con uno stilo o con un compasso e alla battitura a corda per le architetture e la resa prospettica di elementi geometrici.

‘ripristino’ nelle fonti sul restauro il lemma è impiegato in alternativa a restauro ed è inteso come intervento completo che consisteva nel ‘rifoderare, rivedere, ripulire e rinfrescare i dipinti’. Ancora nel XVIII e nel XIX secolo questi si definivano ‘guasti’, ‘deperiti’ o ‘pregiudicati’; esistono moltissime varianti locali e dialettali. riproducibilità coincidenza della misura su un dato campione eseguita in tempi, con operatori e strumenti diversi. Riferita a strumentazione analitica, la riproducibilità definisce quanto vicine tra loro risultano le misure di un singolo test, mantenendo le stesse procedure di misura ma cambiando gli operatori, le strumentazioni e/o i laboratori presso i quali vengono effettuate le misurazioni. Talvolta il lemma è impiegato come attributo riguardante una tecnica analitica. Gli spettri infrarossi, per esempio, possono essere confrontati con atlanti e raccolte standard di altri spettri: ciò indica che la tecnica analitica è altamente riproducibile.

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riproduzione replica di un manufatto eseguita intenzionalmente per poter trasferire l’originale in una sede più idonea alla sua conservazione. Lavori di questo tipo sono stati recentemente eseguiti per bassorilievi, pulpiti, sculture, formelle e manufatti da sempre esposti all’aperto. Il  calco può essere realizzato con tecniche tradizionali o con i prodotti messi a disposizione dall’industria chimica applicata alla conservazione dei beni culturali. Le più avanzate tecnologie di rilevamento ( laser scanner,  olografia, ecc.) consentono la realizzazione di riproduzioni fedeli sino ai minimi particolari evitando il contatto diretto con l’opera.

risalgallo vecchia denominazione del  realgar, un pigmento di colore rosso aranciato di cui Cennino Cennini scrive: “... vuole essere macinato assai con acqua chiara ...”. risanamento intervento di restauro di un supporto ligneo che prevede la sostituzione delle parti degradate con integrazioni. Il lemma è usato anche in senso più generale ad indicare interventi diretti sul manufatto artistico volti all’eliminazione di fenomenologie di degrado che ne pregiudicano la conservazione (disinfestazione, deumidificazione, desalinizzazione). risanare operazione finalizzata al  risanamento del manufatto artistico. Il termine è usato per i supporti murali e gli ambienti espositivi e di conservazione in relazione agli interventi di deumidificazione e risanamento di perdite e infiltrazioni di acqua; anche per gli interventi di disinfestazione dei supporti lignei. risarcitura intervento di restauro delle tele tagliate e lacerate; in passato si utilizzavano adesivi applicati lungo i margini della lesione; attualmente si interviene con aghi e fili di uso microchirurgico.

‘rischiarimento’ si dice dei marmi che per ragioni di gusto invalso sono stati riportati al bianco e in seguito ripatinati con l’impiego di sostanze oleose. Queste provocano i cosiddetti ‘lustri’ in certe zone della superficie; per ottenere lo

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stesso risultato nel XIX secolo si faceva uso di foglie di tè e di tabacco, che col tempo hanno provocato la formazione di maculature brune difficilmente rimovibili.

‘ristaurare’ il lemma compare nella prima edizione del Vocabolario della Crusca (1612) nell’accezione di “rifare ad una cosa le parti guaste, e quelle che mancano, o per vecchiezza, o per altro accidente simile; il che diremmo anche, ma in modo basso rabberciare, rinnovare”. Luigi Crespi nel 1756 e Francesco Algarotti nel Saggio sopra la Pittura (1762) sostengono che lo scultore restauratore di statuaria antica deve imitare una cosa sola: “la maniera del contorno” di una statua, al contrario del restauratore pittore che ne deve imitare “molte” (disegno, colorito, chiaroscuro). ‘ristauratore’ il lemma compare in questa forma dal XVII secolo in poi; è da notare che si distingue già dall’accezione di pittore-restauratore o di  ‘peintre-restaurateur’. Non viene definito dai dizionari, che lo includono come voce ma si limitano a fare riferimento alle fonti. ‘ristauro’ la voce compare in questa forma nelle fonti e nella letteratura sul restauro dal XVII secolo in poi. Non è contemplata nella prima edizione del Vocabolario della Crusca (1612). In alternativa si incontra la voce ‘restaurazione’ e si parla di ‘arte del restauro’, espressione in evidente sintonia con il gusto amatoriale e con il tipo di interventi che questo sottintende.

risupportazione intervento di sostituzione del supporto originale di un dipinto sottoposto a un intervento di  trasporto.

ritenzione o ritensione, tendenza da parte di un materiale o una struttura porosa a trattenere dei fluidi. Fra il fluido e la sostanza che lo ritiene si instaurano interazioni attrattive o veri e propri legami reversibili che influenzano la volatilità intrinseca del fluido stesso. In alcuni casi si può avere ritenzione per intrappolamento del fluido in porosità o microstrutture particolari ( attapulgite). Nelle operazioni di pulitura occorre prevedere il tempo in cui il solvente rimane a contatto con il

RITOCCO

materiale trattato affinché l’azione solvente si esplichi solo sulla parte da rimuovere e non a danno del substrato originale. La curva di ritenzione fornisce per i principali solventi impiegati nel restauro una misura del tempo di contatto e permanenza sul substrato trattato.

ritessitura intervento di restauro integrativo delle lacune degli arazzi che può essere coniugato al principio dell’ astrazione o della  selezione cromatica. ritiro fenomeno di diminuzione dimensionale di un corpo dovuto all’interazione con i parametri termoigrometrici di esposizione (temperatura, umidità relativa). Tipico dei supporti lignei per effetto di una diminuzione dell’umidità dell’aria, si verifica in modo anisotropo lungo le tre direzioni (assiale, tangenziale e radiale); è spesso causa di deformazioni e danneggiamenti del legno. Nel campo delle malte e degli intonaci è la riduzione dimensionale conseguente alla perdita di acqua nei processi di presa e indurimento del legante; fra le altre, l’aggregato ha funzione di contenimento delle crepe in fase di ritiro. Analogamente si possono usare fibre vegetali (paglia, fibre di juta, lino, canapa) ma anche trucioli di legno e segatura, specie nelle malte a base di argilla e nell’impasto dei mattoni crudi da essiccare al sole. ritoccare intervento pittorico destinato all’integrazione di una lacuna o al miglioramento delle condizioni estetiche di un dipinto. Era un’operazione tipica del restauro amatoriale, che non si poneva obiettivi conservativi in senso stretto; ridipinture e ritocchi comportano sempre modificazioni interpretative e alterazioni della pellicola pittorica. Nel Dizionario delle belle arti del disegno (1802) di Francesco Milizia alla voce ‘ritoccare’ si legge: “il ciarlatano ... ripetutamente scoria, impiastra, strofina, raschia, lava, rimpiastra, vernicia”. Nelle tecniche pittoriche il termine indica un intervento finale su un dipinto o su un dipinto murale (per esempio ritoccare a secco superfici affrescate).

ritocco stesura non originale sovrapposta a una superficie cromatica nel corso della sua vicenda conservativa. Può essere più o meno estesa,

RIVELATORE

visibile a occhio nudo, aumentare l’effetto patina ecc. Anche il tocco finale dato all’opera dal maestro. Filippo Baldinucci (1681) alla voce ‘rifiorire’ scrive: “... i ritocchi che sono gli ultimi colpi, ove consiste gran parte di lor perfezzione”, ma anche di “scrostarsi tutte a un tratto”.

rivelatore apparecchiatura di rivelazione di segnali (elettrici, ottici, magnetici, acustici ecc.) interfacciata con periferiche di memorizzazione o di restituzione grafica. In genere fa parte di strumenti analitici. rivestimento materiale usato per coprire una superficie a scopo decorativo, conservativo e di consolidamento. rivetto graffa metallica che serviva per connettere parti di manufatti in ceramica da restaurare, secondo una pratica in uso dal XVIII secolo. Sui bordi dei frammenti si praticavano due fori in corrispondenza l’uno dell’altro e si riempivano di materiali integranti come  gesso e  gommalacca in cui si affondava la graffa. Rivetti e fili metallici erano usati come supporti delle integrazioni in gesso su ceramica.

robbia pianta erbacea perenne (Rubia tinctorum), dalle cui radici si estrae un colorante naturale i cui principi sono l’  alizarina e la  purpurina. La pianta era coltivata estensivamente in Europa e in Asia Minore; usata come colorante rosso a mordente per tessili e arazzi, se ne ricavava anche una lacca rossa, nota in inglese come ‘madder’ impiegata in pittura e conosciuta come ‘garanza’. La sua coltivazione è rapidamente calata dopo la scoperta di due chimici tedeschi, Graebe e Lieberman, nel 1868, del metodo per produrre sinteticamente il principio colorante alizarina. È stato il primo colorante naturale riprodotto per sintesi. ‘rodaggio’ periodo di aggiustamento alle condizioni ambientali, che nel caso dei supporti lignei corrisponde ai primi cento anni di vita, nel corso dei quali si determinano le contrazioni fisiologiche del materiale in un ambiente dato, e le conseguenze sulla stratigrafia esterna. Di seguito questi fenomeni possono divenire più vistosi ma non cambiare sede.

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rosa legno pregiato di origine orientale utilizzato soprattutto nel XVIII secolo in ebanisteria per lavori di  impiallacciatura.

rosso carminio ( cocciniglia) lacca rossa di origine animale ottenuta da larve di insetti femmine coccidi essiccate e macinate. Il carminio si ottiene dall’insetto Coccus cacti, originario del Messico, Centro e Sud America. Fu importata in Europa nel XVI secolo e soppiantò in parte l’uso del  kermes. Si tratta di una lacca poco stabile se esposta alla luce, in particolare nella tecnica dell’acquerello. rosso di cadmio solfo-selenuro di cadmio. Pigmento artificiale in uso dall’inizio del XX secolo, di colore variabile dall’arancio al rosso scarlatto fino al marrone, secondo la metodologia di preparazione seguita e la percentuale di zolfo e selenio presente. È resistente alla luce e agli agenti atmosferici e viene impiegato in tutte le tecniche moderne; ha sostituito il tradizionale cinabro, tanto che viene commercializzato anche come rosso cinabro.

rosso di cromo cromato basico di piombo, è un pigmento di composizione simile al giallo di cromo (cromato di piombo), prodotto artificialmente dal XIX secolo in poi. Ha avuto scarso impiego in pittura a causa della modesta stabilità chimica. rosso di Marte pigmento artificiale (ocra artificiale) ottenuto per precipitazione di una miscela composta da sali di ferro solubili e altri composti. È in uso dalla metà del XIX secolo e, sebbene molto omogeneo e fine, non possiede proprietà superiori rispetto all’ocra rossa naturale, in alternativa alla quale viene peraltro venduto.

rosso d’India detto anche ‘rosso indiano’ è una varietà di ossido ferrico minerale (ematite) originario dell’India. Ha un colore che varia dal rosso porpora chiaro allo scuro. Attualmente è ottenuto per calcinazione del solfato ferroso, un prodotto di scarto di alcune procedure industriali. È noto anche come ‘caput mortuum’. rosso di Sinope tipo di ocra rossa originaria

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della città di Sinope sul Mar Nero nel Ponto Eusino (attuale Turchia); era utilizzata per tracciare il disegno preparatorio sull’arriccio prima della stesura dell’intonaco definitivo, nella tecnica dell’affresco ( sinopia). È stabile e compatibile con la calce. Cennino Cennini lo definisce “rosso è un color naturale che si chiama sinopia, o ver porfido. El detto color è di natura magra e asciutta. Sostien bene il triare; ché quanto più si tria, tanto più vien fine. È buono a lavorallo in tavola o ver in ancone o in muro, in fresco e in secco”.

RULLO

rovere varietà di  quercia, è specie legnosa della famiglia delle Fagaceae diffusa nell’Europa del nord e sulle Alpi e gli Appennini; è la quercia per eccellenza ed è stata utilizzata come supporto per dipinti su tavola. rovere nero varietà di legno adatta alla macerazione impiegata nella tecnica della tarsia; veniva scurito artificialmente e si trova citato nei documenti come “legname nero da fare tarsie”.

‘ruderizzazione’ il termine indica la deconterosso d’uovo  uovo, rosso di rosso porpora  porpora rosso veneziano pigmento a base di ossido di ferro di origine naturale e artificiale, usato fin dal Medioevo; di colore rosso mattone, si adatta a tutte le tecniche. I rossi veneziani più puri potevano contenere fino al 50% di ossido di ferro (minerale ematite) e una miscela di carbonato di calcio e di solfato di calcio come inerte.

rosso vermiglione  vermiglione rosume escrementi prodotti dalle larve di insetti xilofagi che possono essere depositati nelle gallerie scavate nel legno, o allontanati all’esterno. L’abitudine di mantenere la galleria sgombra si rivela un indizio dell’infestazione in atto: il rosume che fuoriesce dai fori si deposita sulle superfici sottostanti formando piccoli cumuli crateriformi di materiale farinoso a colorazione chiara, che indicano la localizzazione dell’infestazione e in qualche caso anche la sua entità.

rotatura  arrotatura

stualizzazione di un manufatto dall’ambiente per il quale è stato creato, motivata da ragioni conservative. Per quanto si tratti di un intervento destinato alla conservazione dell’oggetto, lo trasforma in una sorta di rudere, difficilmente comprensibile in se stesso ( decontestualizzazione).

ruga nel lessico arcaico del restauro indica le crettature del colore dovute alla contrazione del supporto; in questo contesto si incontra anche l’espressione ‘superficie rugosa’. ruggine prodotto di corrosione del ferro e delle leghe ferrose costituito da ossidi ferrosi e ferrici idrati; è un processo di corrosione dinamica che arriva alla distruzione completa del metallo; il termine è usato anche come sinonimo di patina del ferro. rullo strumento a struttura cilindrica variamente impiegato; vi venivano arrotolati gli affreschi strappati dall’intonaco fin dal XIX secolo. Avvolti sui rulli, questi potevano essere facilmente trasportati da un luogo all’altro. Oggi utensile costituito da un rullo inserito su di un’armatura, impiegato per la verniciatura di grandi superfici.

s sabbia deposito di frammenti provenienti dalla disgregazione di rocce preesistenti delle dimensioni comprese tra 1 mm e 63 μm. Generalmente costituita da un’alta percentuale di granuli di quarzo, in base ai minerali che sono presenti viene classificata in vario modo. Si hanno sabbie silicee, calcaree, glauconitiche, micacee. Le sabbie vengono distinte anche in base alle dimensioni (fini, medie, grossolane) e alla loro origine (alluvionali, lacustri, marine, eoliche). In edilizia si dice anche rena. Le fonti storiche ne specificano la qualità precisando se si tratti di ‘rena di cava’, ‘di mare’ o ‘di fiume’. Viene impiegata come aggregato nella realizzazione di intonaci e stucchi.

sabbia di quarzo  silice sabbiatura metodo di pulitura delle sculture lapidee e dei marmi mediante getto a pressione variabile, secondo gli usi e le destinazioni, di particelle più o meno fini di sabbia, allumina, altri inerti, con lo scopo di abradere dalle superfici depositi, patine e concrezioni. Talvolta le superfici così pulite assumono un aspetto cosiddetto ‘sabbiato’. Nella pulitura del marmo la sabbiatura è da usarsi con cautela perché riduce la capacità di resistenza della materia all’ambiente, anche se evita il ricorso a ripetute applicazioni di sostanze chimiche ( ‘air-brasive’). saldatura procedimento usato in oreficeria e in metallurgia per unire pezzi omogenei ed eterogenei di materiali fusi separatamente; permette di ottenere un assemblaggio solido utilizzando una lega che presenta un punto di fusione inferiore a quello delle parti da fissare. Sotto l’azione del trattamento termico la lega fonde e si spande in un interstizio, collegando le due parti costitutive dell’oggetto. Il primo procedimento di saldatura noto risale al IV millennio a.C. I bronzi rinasci-

mentali mostrano spesso tracce di saldature, rifusioni o montaggi. La saldatura veniva eseguita con una specie di martello di rame dotato di manico riscaldato sulla fucina, detto saldatore.

saliva secrezione ghiandolare del tutto innocua, tradizionalmente usata dai restauratori come solvente per eseguire puliture leggere; è molto efficace perché contiene, oltre ad acqua, enzimi con funzione emolliente su alcuni strati di depositi superficiali. Recentemente è stata approntata anche una soluzione enzimatica, detta saliva artificiale, che ha il vantaggio di non contaminare biologicamente il manufatto artistico. salvaguardia termine che indica l’insieme degli interventi di tutela e di prevenzione tesi a prevenire il degrado dell’ambiente, e in genere dei beni architettonici e culturali che con esso convivono. sandalo legno pregiato usato in ebanisteria con una variante chiara e una rossastra. Colorante rosso per tessuti estratto dal legno omonimo, il principio colorante è la molecola di santalina. Dal sandalo si estrae anche un olio essenziale usato nella preparazione delle vernici.

sandracca resina naturale molle, prodotta da una specie di conifere sotto forma di lacrime secche, trasparenti e friabili, di colore giallo chiaro e bruno. Facilmente solubile in oli essenziali e in alcol, viene impiegata nella produzione delle vernici perché garantisce risolubilità e reversibilità prolungate. Tende a ingiallire e il film che produce è fragile. È impiegata anche come solvente per vernici.

sangue di drago resina naturale essudata da una famiglia di palme delle Indie orientali (Dracena Draco), caratterizzata da un colore rosso bruno tra-

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sparente. In antico era usata insieme alla  gommalacca e alla  curcuma per ottenere la ‘meccatura’, cioè l’effetto oro sull’ottone, e come pigmento per le miniature. Oggi è impiegato come additivo di lacche e mordenti per il legno. In passato la denominazione ‘cinnabaris’ ha generato l’erronea identificazione della resina con il cinabro.

sanguigna matita rossa prodotta con argilla ferruginosa, usata dal XV secolo in poi per il disegno su pergamena e su carta, da sola o insieme alla matita nera. È un pigmento di origine minerale ottenuto per calcinazione delle ocre gialle; il suo uso è così frequente che, per estensione, si intende anche il solo disegno eseguito con questo tipo di matita.

saponatura patinatura giallastra tipica delle superfici marmoree che può essere provocata dai residui di saponi impiegati per il distacco dei tasselli di gesso dal marmo, quando se ne traevano dei calchi. I saponi alcalini riattivandosi con l’acqua usata in successivi interventi di pulitura possono provocare sbiancamento e inaridimento della superficie lapidea. sapone estere alcalino di un acido grasso alifatico a lunga catena. Sostanza  tensioattiva che riduce la  tensione superficiale dell’acqua e porta quindi a una grande  bagnabilità delle particelle di sporco, favorendone così la rimozione. Il sapone tradizionale si ottiene da sostanze grasse animali o vegetali anche di scarto (pelli, cascami, sanse, residui) per bollitura con soda o potassa (alcali forti) ( detergente).

sapone dei vetrai biossido di manganese che aggiunto nella massa vetrosa fusa, ha un duplice effetto: con una reazione  redox ossida gli ioni ferroII (vetro verde, più intensamente colorato) a ferroIII (vetro giallo, meno intenso); in più il manganeseII dà una leggera colorazione rosa che, essendo complementare del verde, ne estingue la luce, per cui il vetro appare incolore.

‘SBIANCATURA’

causticità. Anche alterazione che si verifica in ambienti eccessivamente umidi e che porta alla trasformazione dei grassi in saponi insolubili.

saponina sostanza polisaccaride di origine vegetale, composta da glucosidi. Ha proprietà  tensioattive e  detergenti ed è capace di emulsionare sostanze insolubili (oli, idrocarburi, resine). Viene usata ancora oggi per il lavaggio degli arazzi, che è un’operazione particolarmente delicata, e per la pulitura di tessuti delicati o rivestimenti di mobili. sarcocolla colla ricavata da una gommaresina in polvere o in grani che si ottiene dal latice di una pianta esotica (Phenoea sarcocolla), in antico usata nella medicina popolare come cicatrizzante. Plinio la consiglia nella Naturalis Historia (I secolo d.C.) per fissare i colori a tempera sugli intonaci, insieme all’uovo o al latice. saturazione in  colorimetria il lemma definisce la purezza di un colore, cioè la sua distanza dal colore grigio di uguale  chiarezza. Chimicamente si intende la soluzione che ha esaurito la capacità solvente nei confronti di un soluto. Le soluzioni sature contengono sempre il  corpo di fondo. sbavatura imperfezioni della colatura dei metalli; in passato considerati errori di fusione e finiti a freddo, sono effetti ricercati dalla scultura moderna e contemporanea. ‘sbiancamento’ opacizzazione della policromia o della superficie di un manufatto, dovuta a cause diverse legate alla tipologia dei materiali, alla loro collocazione, a fattori ambientali. L’effetto visibile è quello di una superficie biancastra. Nel XVIII e nel XIX secolo il lemma veniva usato per indicare l’opacizzazione dei dipinti a olio in alternativa alla parola ‘sbianchimento’; nelle fonti è frequente l’espressione ‘dipinto sbiadito’.

‘sbiancatura’ intervento di pulitura eseguito saponificazione trasformazione in sapone di sostanze grasse e oli naturali; in antico con il termine saponificazione si intendeva l’aggiunta di materie grasse alla calce per neutralizzarne la

sulle superfici eburnee, considerato indispensabile secondo gli antichi canoni del gusto e tuttora in uso a livello amatoriale, che provoca gravi forme di degrado delle superfici.

SBOLLATURA

sbollatura o bolla. Fenomeno caratterizzato dalle bolle di colore che si sollevano per effetto della contrazione del legno. Il danno avviene quando la tavola si ritira e, se si vuole evitare il trasporto, occorre far riaderire il colore con l’iniezione di colle e prodotti sintetici; in questo caso la superficie cromatica ha un’estensione maggiore rispetto alle particelle di supporto cui deve riaderire. Il termine si usa per indicare forme di degrado analoghe presenti su pitture murali, per dipinti a olio di destinazione ecclesiastica (la sbollatura spesso si verifica per effetto del calore delle candele) e da cavalletto ( sollevamento).

sbrecciatura scheggiatura marginale di un materiale lapideo, di scavo, anche del legno. Nel XIX secolo il lemma era usato come sinonimo di  scalfittura e riferito alle pitture murali.

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assume l’aspetto del marmo; può essere dipinta, levigata, lucidata o verniciata a seconda delle aree geografiche, del periodo e delle singole botteghe. È stata utilizzata dalla fine del XVI secolo in Baviera e a Carpi per l’esecuzione di rivestimenti di elementi strutturali (colonne, lesene, pilastri) nel tipo della scagliola marmorizzata. Si imitavano anche tutti i tipi di pietre dure e i commessi (mosaico di scagliola), la tartaruga e i legni pregiati. La scagliola può essere impiegata per ottenere manufatti simili a dipinti anche nella struttura e nella tecnica di esecuzione (supporto, preparazione di malta, pettinatura, preparazione, disegno preparatorio, stesura dei colori, velature, levigatura finale). Le ricette sono numerosissime, come le applicazioni. Alla fine del XIX secolo si usava per le integrazioni delle ceramiche e dei buccheri antichi in miscela con colla animale. Nel restauro degli intonaci può essere impiegata in alternativa allo stucco.

sbruffato  rinzaffo scalfittura lieve incisione superficiale che interessa scaglia tipo di tela spinata con armatura diagonale, utilizzata a Venezia nel XV e XVI secolo.

le superfici murali dipinte e i legni. Deriva da stress meccanici di varia origine.

scagliatura termine codificato nel lessico delle

scalino deformazione delle ceramiche e dei vetri

alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei della Commissione NorMaL, 1/88 che indica il distacco totale o parziale di parti, scaglie, spesso secondo soluzioni di continuità nel materiale originario. Di forma e spessore irregolari e dimensioni variabili, le scaglie avvengono prevalentemente lungo i bordi e in concomitanza di tessiture più massive e compatte; sono costituite generalmente di materiale in apparenza inalterato. Efflorescenze e colonizzazioni biologiche sono non di rado osservate sul retro. Può trovare corrispondenza nel termine ‘scaling’ del glossario illustrato delle forme di deterioramento della pietra ICOMOS-ISCS (2008) che lo distingue nettamente dal termine ‘delamination’. Anche tipica forma di degrado della ceramica porosa e della terraglia dovuta all’aria che rimane inclusa nel supporto.

derivante da un errato intervento di  assemblaggio dei frammenti eseguito nel corso di vecchi restauri, per cui le pareti non combaciano perfettamente.

scagliola miscela di gesso cotto e selenite polverizzati uniti a sostanze collose (glutine, colla animale, colla di pesce) e ai pigmenti desiderati, che forma una pasta facilmente lavorabile che si essicca rapidamente. Una volta indurita, la scagliola

scalpellare il lemma si usa nell’accezione di sgrossare e intagliare (legno e pietra) facendo uso dello  scalpello.

scalpellino accezione arcaica con la quale si indicano gli artigiani che sgrossano e intagliano pietre e marmo. In senso dispregiativo indica uno scultore di capacità mediocri.

scalpello strumento fondamentale nella lavorazione di vari materiali (legno, pietra, metalli), che in genere si usa nella prima fase del lavoro, cioè per far saltare dal blocco schegge più o meno grandi. In relazione alle epoche in cui è usato può essere di rame, di ferro o di acciaio; è costituito da una barretta tagliente a una estremità, mentre dall’altra parte è formato in modo da poter sfruttare l’effetto di una forza battente. Lo scalpello di bronzo era impiegato per la lavorazione delle pietre dure,

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mentre i calcari venivano lavorati con gli scalpelli a taglio. Nel XVI secolo era usato per la finitura a freddo dei metalli fusi e in genere per la lavorazione di leghe destinate alla produzione di oggetti di piccole dimensioni. Nella prassi del restauro, per ammorbidire superfici gravemente indurite da stratificazioni di materiali e sostanze diverse si impiega lo scalpello a ultrasuoni.

scanalatura incavo con poca profondità e con profilo variabile, caratterizzato dallo sviluppo in lunghezza, eseguito su metalli, legni e altri materiali a scopo ornamentale. In architettura, elemento formale e ornamentale che si sviluppa sulle superfici delle singole strutture (colonne, pilastri ecc.). scanner infrarosso strumento impiegato nella tecnica di ripresa nell’infrarosso. Lo scanner è costituito da un sensore per la radiazione infrarossa, un sistema di focalizzazione e un sistema di illuminazione, che costituiscono la testa dello scanner, il tutto montato su di un sistema di traslazione XY che permette alla testa di indagare la superficie investigata con movimenti verticali e passo di avanzamento in orizzontale costante. Tutto il sistema deve essere servoassistito da un computer. In generale si ottengono immagini infrarosse con risoluzione spaziale superiore alla  riflettografia infrarossa tradizionale. Lo scanner è impiegato per mettere in evidenza la presenza di disegni preparatori, pentimenti, ridipinture ecc. esistenti sui dipinti. scartavetratura operazione di sfregamento eseguita con una carta abrasiva su superfici di legno, metallo, stucco ecc. o per eliminarne le asperità o per renderle ruvide.

scattering  diffusione. Termine inglese, entrato nell’uso, che significa riflessione diffusa della luce. Questa si verifica quando una superficie non è regolare e il raggio incidente viene diffuso in diverse direzioni nello spazio. È uno dei parametri che concorre a produrre l’opacità o il  potere coprente di un pigmento. schiuma dispersione di un gas in un liquido in cui siano state aggiunte sostanze tensioattive, come i

SCIENZA DELLA CONSERVAZIONE

saponi. Le schiume poliuretaniche si ottengono per polimerizzazione degli uretani nella cui massa si creano condizioni adatte allo sviluppo di gas che crea delle celle vuote; possono essere ottenute in forma rigida, semirigida o flessibile, come il poliuretano espanso. Si tratta di materiali preziosi nel campo dell’imballaggio, dell’isolamento termico e acustico. Nel restauro le schiume si impiegano con cautela perché sono irreversibili e tossiche.

schizzo abbozzo realizzato con un ‘ductus’ rapido ed essenziale, che serve per fermare un’immagine o un’idea; ha vasto impiego nella progettualità architettonica oltre che in scultura e in pittura. Non deve essere confuso con il disegno, anche se gli strumenti e i supporti usati sono spesso gli stessi: carta e pergamena, stili a punta d’argento e di piombo, penna, carboncino ecc. scialbatura imbiancatura eseguita sull’intonaco di pitture murali preesistenti non più apprezzate dal gusto corrente; tipiche le scialbature delle opere degli artisti primitivi, riscoperti dall’inizio del XIX secolo in avanti. Può essere rimossa meccanicamente o facendo uso di solventi che, reattivi per altri tipi di interventi, sono invece compatibili con gli intonaci.

scialbo strato di calce steso su affreschi non più corrispondenti al gusto di un determinato periodo o alle esigenze devozionali del luogo ( scialbatura). scienza della conservazione espressione che allude all’insieme delle discipline e delle professionalità che cooperano nella ricerca destinata alla conservazione dell’ambiente e di tutti i settori della produttività umana secondo un orientamento culturale sovranazionale. La sua formulazione si deve all’intervento massiccio e ormai indispensabile di discipline come chimica, fisica, geologia e biologia applicate al settore dei beni culturali e al prevalere, almeno a livello istituzionale e di orientamento etico, del principio del restauro conservativo inteso come identificazione e conservazione dei materiali che costituiscono il manufatto artistico e dell’ambiente con il quale essi e i loro fruitori devono convivere.

SCIENZIATO PER LA CONSERVAZIONE

scienziato per la conservazione o ‘conservation scientist’. Termine di conio recente per indicare il profilo professionale di un esperto che a una solida conoscenza nelle discipline scientifiche e tecnologiche (chimica, fisica, geologia, biologia, scienze applicate, architettura, ingegneria ecc.) abbina un’altrettanto approfondita conoscenza delle discipline della conservazione, della teoria e pratica del restauro e di storia dell’arte, allo scopo di studiare e conservare il patrimonio culturale nell’ambito di attività di ricerca e applicative di tipo interdisciplinare. La diagnostica applicata ai beni culturali è uno dei campi principali di applicazione dello scienziato per la conservazione. scisto termine con cui si indica un insieme di rocce metamorfiche. Gli scisti più importanti e diffusi sono quelli cristallini che hanno subìto uno specifico tipo di metamorfismo (metamorfismo regionale), responsabile della  scistosità delle formazioni rocciose e della ricristallizzazione dei minerali. La composizione mineralogica degli scisti cristallini dipende sia da quella della roccia da cui derivano sia dal grado di metamorfismo che hanno subìto. Gli scisti tendono a sfaldarsi secondo piani approssimativamente paralleli (si prenda per esempio la  lavagna, un tipo particolare di scisto impiegato anche come supporto pittorico). scistosità proprietà di alcune rocce di sfaldarsi secondo piani paralleli dividendosi in lastre. Tale proprietà è tipica di rocce ( ardesia e gneiss) a granulometria relativamente fine o argillosa, che hanno subito una deformazione in fase petrogenetica con formazione di piani di scistosità quali piani di debolezza e anisotropia meccanica. Tali piani possono essere marcati dalla presenza di cristalli di minerali di forma allungata, fibrosa, lamellare, come le miche. Laddove non molto pronunciata, la scistosità viene definita più propriamente ‘foliazione’. scodella tipico sollevamento del colore a forma di scodella che produce una  ‘craquelure’ particolare, fatta di tante isole a forma di ciotola o di scodellina. scolatura lemma impiegato ad indicare macchie

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derivate dal passaggio di sostanze liquide, estranee al manufatto.

‘scolorimento’ lemma in uso nel lessico del collezionismo per indicare forme di degrado che alludono genericamente alla perdita di vivacità cromatica o del timbro della pellicola pittorica.

scoria residuo dell’estrazione di un metallo da un minerale o dei processi di rifusione dei metalli e delle leghe. Il termine allude in genere a residui inutili o dannosi. Scorie di ferro e d’altoforno sono state usate come additivi idraulicizzanti delle malte ( pozzolana artificiale).

‘scortecciatura’ il lemma indica fin dal XVII secolo una grave forma di degrado del manufatto artistico che può essere riferita solo in parte ai danni delle puliture (anche ‘lavaggi’, ‘lavacri’, ‘pulizie’). Si usa impropriamente anche per la depellicolazione delle fibre tessili e per indicare la prima fase di preparazione del legno. ‘scorticato’ nel gergo del collezionismo indica la tendenza della pellicola pittorica alla crettatura anche per effetto essiccante delle vernici: “Questa tavola è bella, ma si comincia a scorticare da sè, benchè l’offesa non sia quasi che ne’ panni della Vergine” (dal Carteggio di Filippo Baldinucci, sec. XVII). Il lemma è ancora usato per indicare dipinti spatinati da puliture imprudenti; Roberto Longhi ha spesso citato nei suoi scritti superfici “scorticate”, “pelate”, “arrotate”.

screpolatura termine ancora in uso per indicare il tipo di degrado del film pittorico che si deve ad uno stiramento del supporto o alla mancanza di coesione con la preparazione sottostante. Nel XIX secolo si usavano anche i lemmi ‘grinza’, ‘ruga’, ‘scaglia’. In riferimento agli intonaci e alle pitture murali intende la comparsa di fenditure per effetto di un essiccamento non omogeneo degli strati di intonaco. scurimento o annerimento, inscurimento. Alterazione delle vernici dei dipinti a olio con conseguente ingiallimento o annerimento dell’intera superficie cromatica.

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‘secondo strappo’ termine che indica l’asportazione dell’  impronta lasciata sull’intonaco da una precedente operazione di strappo di una pittura murale.

SERIALITÀ

stato formulato da Umberto Baldini nel 1977 e applicato nei Laboratori di Restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze all’epoca da lui diretti.

SEM  microscopia elettronica a scansione sedimento deposito formato dalla precipitazione di una sostanza o del materiale non solubile in sospensione in un liquido. In geologia si intende un deposito formatosi per processi di sedimentazione. In materia di conservazione tutti i materiali presenti nell’atmosfera o in un ambiente, che tendono a depositarsi sulla superficie dei manufatti. Erroneamente vengono detti sedimentazioni i depositi che si accumulano sulle superfici esposte all’aperto (materiali lapidei, metalli) o sulle superfici cromatiche di dipinti e sculture policrome, che possono determinare stratificazioni difficilmente asportabili o provocare alterazioni dei materiali originali.

segatura truciolato del legno di scarto utilizzato per stuccare le tavole in miscela con colla animale. Agli inizi del XX secolo veniva disciolta nella colla forte per rimodellare parti perdute di sculture lignee.

sego sostanza grassa spesso addizionata alla cera d’api, come la  paraffina. La cera così trattata a livello chimico può modificarsi dando luogo per esempio alla formazione di saponi. selezione cromatica principio di intervento sulle  lacune che tende ad evitare sia l’imitazione che la competizione, basato sull’astrazione del segno e sull’uso dei colori fondamentali. Consiste nel colmare le perdite usando un tratteggio divisionistico che si fonda sull’impiego del giallo, del rosso e del verde. Il ‘ductus’ della pennellata consente di individuare le zone integrate rispettando il principio della  riconoscibilità ed esalta la materia originale intatta. Il tratteggio, applicabile su tavole, sculture policrome, cornici, tele e pitture murali, può avere andamento verticale, circolare o orizzontale. Il metodo canonico vuole che la selezione sia ottenuta mediante un reticolo di stesure incrociate che seguono il senso del modellato, ma la scelta deve essere fatta caso per caso, tenendo conto che un tratto verticale può corrispondere meglio al principio della riconoscibilità. Il principio dell’  astrazione e della selezione cromatica è

semensato varietà di breccia usata per la realizzazione di commessi. sensibilità riferito a una misura, il lemma indica la discriminazione dell’ultima cifra significativa. Nel caso in cui ci si riferisca a una tecnica di indagine, significa la capacità di discriminare un segnale dal rumore di fondo o da altri segnali. sensore parte di uno strumento di misura che può rilevare differenze di grandezze fisiche derivate, trasformandole tramite  trasduttori in segnali misurabili in opportune scale di unità di misura (rivelatore,  sonda).

sepiolite o schiuma di mare. Silicato idrato di magnesio; tipo di argilla assorbente proveniente dall’Asia Minore, dall’Europa e dall’America settentrionale. Materiale con un’altissima microporosità; si usa come supportante di acqua, sistemi reattivi e solventi nella pulitura delle superfici ad affresco e dei marmi. seppia colorante organico naturale conosciuto fino dall’epoca romana e usato soprattutto nella seconda metà del XVIII secolo in sostituzione del  bistro. Ha un colore bruno rossastro, caldo. Si impiega soprattutto come inchiostro, in dipinti a tempera o ad acquerello, ma non è ben lavorabile con l’olio. I pigmenti moderni chiamati seppia sono miscele di altri pigmenti quali terra d’ombra bruciata, bruno van Dyck ecc. Il termine indica, per estensione, opere grafiche realizzate in seppia. serialità caratteristica di oggetti e manufatti che possono essere prodotti in serie; tipico l’esempio delle incisioni e di decorazioni in gesso o eseguite con l’uso di stampi. Si parla di ‘serialità’ anche per la scultura in bronzo in quanto fra la fase di ideazione e quella di finitura esiste un processo di fusione che teoricamente può essere ripetuto in maniera seriale.

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SERICINA

sericina proteina presente nella seta. Sostanza vischiosa che avvolge e tiene insieme le due ‘bavelle’ di fibroina secrete dalle ghiandole delle larve dei bachi da seta. Costituisce una sorta di protezione naturale della fibra. Viene rimossa con processi chimici di  sgommatura.

sfaldamento tipica forma di degrado degli smalti che si presenta come caduta di uno strato di vetrina in superficie, lasciando in vista gli strati più stabili, aderenti al metallo. Lo sfaldamento può essere una forma di degrado caratteristico di alcuni materiali lapidei e di metalli lavorati, che tendono a dividersi lungo superfici piane.

serico si dice di un manufatto che trasmette la sensazione tattile o ottica della seta.

seta fibra tessile di origine animale, costituita da un filo continuo molto sottile secreto dal baco da seta (Bombyx mori). La fibra è lunga e molto elastica, meno tenace del lino e della canapa, ma più della lana. Si intende anche un tessuto fabbricato con filati di seta. La seta è stata prodotta anche artificialmente da H.B. de Chardonnet nel 1884; questo filato si chiama rayon. La fibra naturale è molto igroscopica e può assorbire acqua fino al 30% del suo peso di umidità senza dare sensazione di bagnato; esposta all’aria tende a ossidarsi e ingiallire (questo processo è accelerato dalla temperatura, dall’umidità e dalla carica cui è stata sottoposta); l’ingiallimento della seta è inoltre attivato dalla luce. Per queste ragioni ha scarso impiego come supporto pittorico.

sezione sottile o ‘thin section’. Trattamento speciale di un campione solitamente inglobato in resina compatta, consistente nell’assottigliamento dello spessore della sezione fino a pochi micron (solitamente 30 μm), così da renderla trasparente e quindi utilizzabile per osservazioni in microscopia di trasmissione ( microscopia ottica al polarizzatore).

sezione stratigrafica o ‘cross-section’. Tecnica di preparazione mediante inglobamento in un materiale indurente e trasparente (resine di inglobamento) di frammenti di campioni stratificati; successivamente, per abrasione della faccia perpendicolare alla superficie del campione, si ottiene l’esposizione del frammento permettendone la lettura della successione dei singoli strati. Generalmente i campioni vengono osservati mediante microscopia. Il lemma viene utilizzato anche per indicare l’indagine effettuata su campioni stratificati di terreni di scavo.

sfaldatura particolare tipo di frattura che si verifica per piani, cui sono soggetti alcuni materiali lapidei a struttura cristallina. Genericamente si usa anche come sinonimo di frattura o degrado dei materiali, o per indicarne la riduzione in lamine sottilissime.

sfarfallamento  foro di sfarfallamento sfiatatoio canale di sfiato, realizzato con un tubicino in cera o materiale fusibile, applicato all’’anima’ in terra refrattaria, rivestita di cera, di una statua o oggetto da realizzarsi con la tecnica della  ‘cera persa’. Durante la cottura in forno la cera si scioglie e attraverso lo sfiatatoio cola all’esterno lasciando il posto al metallo fuso.

sfoderare liberare una tela da una foderatura di restauro qualora quest’ultima non sia compatibile con il suo stato di conservazione. Attualmente l’impiego della foderatura è sostituito da tecniche di conservazione basate sul  ‘minimo intervento’.

sfregamento anche ‘sfregazione’ o ‘sfregagione’, il termine indicava un metodo di rimozione delle vernici usato nel XVIII e nel XIX secolo, eseguito per sfregamento di batuffoli di cotone imbevuti dei solventi più vari, come acquaragia e spirito di vino. Questa tecnica veniva impiegata anche con la mollica di pane ( smidollatura), con la sabbia in Francia e con la crusca in Toscana. Oltre al cotone si usavano pennelli e spugne.

sfregazzo tecnica di stesura cromatica impiegata sui supporti vitrei con pennelli a pelo corto e duro con i quali si picchiettava lo strato pittorico ancora fresco. Per estensione si usa anche nella descrizione della tecnica a olio. Gli ultimi strati di colore della pittura vengono stesi per ‘sfregatura’ del colore povero di legante su una base pittorica

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SIGLATURA

già secca, da cui deriva una pittura che aderisce alla tessitura superficiale del fondo pittorico.

tela dominante sulla stesura cromatica o che la lascia trasparire.

sgommatura intervento chimico che serve a pu-

sgrossatura o sbozzatura. Fase di lavorazione di un materiale ligneo o lapideo impiegata per dargli una prima forma, durante la quale si fanno saltare dal blocco schegge di diverse dimensioni con scalpelli di varie forme e misure (subbie, subbiette, calcagnoli). Per il legno si usano asce, seghe, scortecciatoi, piallacce e attrezzi da spacco.

rificare le fibre tessili. Impiegata in particolare per il lino e il ramiè che diventa bianco e lucido, simile alla seta con il vantaggio che non ingiallisce con l’esposizione al sole. Nell’industria serica la sgommatura serve a eliminare parzialmente (68%) o totalmente la  sericina dalla fibra grezza mediante ripetuti bagni tiepidi o caldi di soluzioni saponose.

sgorbia tipo di scalpello con lama a doccia (incavata), usato per l’intaglio dei materiali lignei o lapidei dopo la fase della scalpellatura vera e propria. Trova impiego anche nella tarsia e in tutte le tecniche di incisione.

sgraffito anche graffito o sgraffio, è una tecnica di incisione del disegno sull’argilla, sul metallo, sull’intonaco ecc., che consiste nel tracciare le linee di contorno con strumenti che scavano il materiale. Proprio della decorazione ceramica, questo tipo di incisione viene eseguita sull’ingubbiatura, che si dice ‘risparmiata’. In epoca rinascimentale la tecnica ebbe vasto impiego anche nella decorazione degli esterni di palazzi storici, “incavando lo ‘ntonaco prima tinto di color nero, e poi coperto di bianco fatto di calcina di travertino” (Filippo Baldinucci, 1681), cosicché ne conseguisse una decorazione bianca su fondo nero. ‘sgraffito’ anche  graffito, termine con cui si allude a una forma di voluto degrado delle superfici urbane, che interessa mura, porte, corrimano, finestre ecc., costituito da un amalgama di sfregi privi di significato (non è da confondere con le scritte di ispirazione politica diffuse negli anni Settanta del XX secolo). Il fenomeno è ormai così diffuso che aziende chimiche hanno messo a punto una serie di protettivi ecologici adatti a rimuovere i graffiti da superfici lapidee, metalliche, plastiche ecc. e una serie di ‘protettivi antiscritta’ da applicare preventivamente. sgranatura estrema frammentazione e labilità della pellicola pittorica che rende la trama della

siccatività capacità dei leganti oleosi di origine vegetale di formare una pellicola tenace ed elastica in tempi relativamente brevi; caratteristica degli oli poliinsaturi di polimerizzazione per reticolazione. siccativo detto di sostanze filmogene ( oli) che tendono a polimerizzare producendo film più o meno rigidi, trasparenti e idrofobi. In pittura sono stati ampiamente usati per facilitare l’essiccazione dei colori e delle vernici: alcuni, come l’olio di lino, si trasformano in film con ottime proprietà meccaniche. Oggi si impiegano siccativi linoleati o catalizzatori di sintesi. Da ricordare un tipo di olio di lino di produzione industriale impiegato nel restauro, lo  stand oil che produce film duraturi e meno soggetti all’ingiallimento. Fra i più usati, gli oli di noce e di papavero ingialliscono meno ma formano una pellicola poco resistente e con la tendenza a screpolarsi.

sigillatura chiusura ermetica che può essere utilizzata nella fase di costruzione e di restauro di grosse superfici lignee, come parquet storici, scale e scalinate. sigillo oggetto caratterizzato da motivi decorativi incavati sulla superficie, che può essere a timbro (a superficie piana) o cilindrico (con superficie curva ruotante). Variamente incisi, i sigilli sono stati a lungo usati come pietre semi-preziose. Se applicati su ceralacca fusa, lasciano un’impronta a rilievo; sono quindi importanti elementi di attribuzione e di datazione di documenti diplomatici e archivistici. Non di rado tracce di sigilli o sigilli integri si rinvengono anche a tergo di manufatti artistici. siglatura apposizione di una sigla idonea a iden-

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SILICATI ALCALINI

tificare frammenti riportati in luce nel corso di uno scavo, che indica la provenienza stratigrafica del pezzo. Anche i campioni prelevati per eseguire indagini diagnostiche devono essere opportunamente siglati per favorirne un’agevole e indubbia identificazione.

la saturazione del colore che provocano nei materiali porosi in cui vengono fatte assorbire per il consolidamento, non sempre corrisponde alle esigenze estetiche della conservazione. Hanno buona adesione e compatibilità col vetro, ma anche in questo caso non c’è reversibilità.

silicati alcalini nel XIX secolo erano impiegati

silografia  xilografia

come leganti inorganici per restituire coesione alle pietre aggredite dagli agenti atmosferici con un processo di silicatizzazione; avevano peraltro varie controindicazioni, infatti i sali prodotti dalla reazione di consolidamento sono inadeguati nel caso di materiali porosi.

silicato di etile estere dell’acido ortosilicico che tende a idrolizzare, rilasciando alcol etilico, formando silice colloidale; questa da  gel evolve verso una forma compatta. È utilizzato come consolidante di materiali lapidei e intonaci.

simulazioni di laboratorio operazioni eseguite su campioni artificiali in camere di invecchiamento accelerato o opportunamente condizionate, per comprendere le fenomenologie di degrado che avvengono nella realtà, isolando o facendo coagire le diverse cause. Il successo di tali sperimentazioni risiede nella scelta dei parametri e delle condizioni al contorno (quanto più simili al contesto reale di studio) e nel controllo di queste durante lo svolgimento della simulazione.

sinopia nella tecnica dell’affresco la sinopia è il silice biossido di silicio, presente in natura allo stato cristallino ( quarzo) o amorfo ( gel di silice o la silice costituente il vetro). Può intendersi anche la pietra focaia usata nel passato per l’accensione della carica esplosiva di armi (fucili, pistole, cannoni). Nel gergo edilizio si può riferire alla sabbia in senso lato. Poteva essere addizionata come inerte in altri pigmenti cristallini per aumentarne la trasparenza senza modificarne il colore o per abbatterne i costi di produzione. La silice è costituente fondamentale degli intonaci e trova utilizzo come abrasivo per levigature e puliture.

siliconi polimeri di sintesi a matrice silicica. Sono derivati da molecole di silano (equivalente silicico del metano) sostituite con ossidrili e residui alchilici. Hanno applicazioni nel campo del restauro. Vengono commercializzati in forma di oli, resine, elastomeri e possono essere usati per il consolidamento e la protezione dei materiali lapidei e degli intonaci; in concentrazioni più diluite sono idrorepellenti. Scarsamente influenzabili dalla temperatura, presentano buona resistenza agli agenti chimici. Gli elastomeri, o gomme siliconiche, vengono utilizzate, previo impiego di film protettivi a effetto barriera, per il rilievo dei calchi. Le resine siliconiche non sono reversibili e

disegno preparatorio eseguito sull’arriccio, che consente una precisa delimitazione degli spazi da coprire con l’  intonachino della giornata. Il nome deriva dal pigmento usato, cioè il  rosso di Sinope. Il disegno a sinopia poteva essere preceduto da una stesura a carboncino, facilmente cancellabile; la sopravvivenza della sinopia, anche laddove disegno finale e pittura siano compromessi, si deve alla sua realizzazione sull’arriccio fresco. Conseguentemente alle campagne di distacco degli affreschi, le sinopie, già apprezzate dal mercato antiquario, acquistarono un valore storico-artistico e diagnostico importante. La sinopia ha un precedente nell’arte musiva.

sintesi additiva combinazione dei tre colori fondamentali (rosso, verde, blu; in inglese siglati RGB) che genera tutte le altre tonalità e sfumature di colore. La sintesi additiva equienergetica dei tre colori fondamentali dà come risultante il bianco. È usata nei colori ottenuti per trasparenza (luce trasmessa) ed è la base per la codifica nella ricostruzione dei colori nei monitor, nei sistemi televisivi ecc. sintesi sottrattiva combinazione sottrattiva delle tre componenti complementari (ciano, magenta,

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giallo; in inglese siglate CMY) alle componenti RGB. Il ciano è ottenuto per sintesi additiva del verde e del blu ed è complementare del rosso; il magenta è ottenuto per sintesi additiva del rosso e del blu ed è complementare del verde; il giallo per sintesi additiva del verde e del rosso ed è complementare del blu. La sintesi sottrattiva equienergetica dei tre colori CMY dà come risultante il nero. È usata nei colori ottenuti per riflessione e per miscelazione (stampanti a colori) e influenza in modo determinante la resa cromatica delle superfici dipinte. Per esempio, una vernice ingiallita, complementare del blu, abbassa moltissimo la resa cromatica di una campitura blu, facendola apparire molto più scura e virata verso tonalità verdastre.

sintetico lemma qualificante le sostanze preparate per sintesi chimica, come resine acriliche, oli, coloranti adesivi, fibre tessili, pietre preziose. smacchiamento operazione di pulitura dei materiali tessili e cartacei che può essere eseguita con metodi chimici, per solubilizzazione o per azione di reagenti specifici. La solubilizzazione non deve procurare alterazioni ai materiali trattati, né creare problemi di tossicità ambientale. Spesso la macchia viene estratta per tamponamento, cioè con un batuffolo di cotone imbevuto di solvente, dopo aver posizionato una carta assorbente al di sotto del manufatto. Per quanto riguarda l’uso di reagenti si ricorda lo smacchiamento di macchie a base ferrosa effettuato con soluzioni di  EDTA.

smaltare processo di rivestimento di materiali ceramici conosciuto in Europa fin dal XIV secolo, in cui lo smalto viene steso sull’oggetto dopo la prima cottura (ingobbio), quindi cotto nuovamente in forno (biscotto), producendo la cosiddetta maiolica. Può essere applicato sia all’interno che all’esterno dei manufatti. Lo smalto a base stannifera di Luca della Robbia (sec. XV), nonostante la limitazione della tavolozza dovuta alla difficoltà di resistenza alla cottura delle sostanze coloranti utilizzate, si distingue per l’avanzata tecnologia e l’ottima qualità. Per smalto si intende una tecnica di applicazione della pasta vitrea su superfici metalliche. Si realizza in due fasi distinte: la preparazione delle componenti (silice, minio, soda, potassa e

SMERIGLIO

sostanze coloranti) e l’applicazione sul supporto. L’adesione avviene per rifusione indiretta, la lucidatura è eseguita a  mola o a  smeriglio.

smaltino pigmento artificiale blu, prodotto con vetri silicati addizionati di  potassa o  lisciva (secondo l’epoca e le aree geografiche) e ossidi di cobalto, che danno il colore blu al vetro. I pani di questo materiale venivano bruscamente raffreddati, frantumati e ridotti in polvere non troppo fine usata come pigmento in tutte le tecniche, specialmente in affresco (quale alternativa economica all’azzurrite e al lapislazzuli), avendo una spiccata resistenza all’ambiente alcalino. Usato con leganti oleosi o proteici ha la tendenza a perdere saturazione del colore e potere coprente a causa della migrazione dello ione potassio dalla matrice vetrosa, abbassando ulteriormente il suo già basso indice di rifrazione.

‘smalto’ pigmento artificiale blu (silicato di potassio vetroso contenente ossido di cobalto in proporzioni variabili dal 2 al 18%), noto nel Vicino Oriente fino dall’XI secolo, impiegato nella colorazione del vetro a Venezia e in Germania. Per gli smalti ceramici  smaltare. smalti sintetici colori di produzione industriale molto lucidi, simili agli smalti vetrosi, usati nella tecnica del  ‘dripping’.

smantellare demolizione o asportazione di cantieri e apparecchiature impiegate per un certo lasso di tempo, non più utilizzabili o utili (impalcature, ponteggi, laboratori obsoleti ecc.). smeraldo varietà minerale di  berillo di colore verde per la presenza di cromo e vanadio all’interno del reticolo cristallino. Pietra preziosa usata in oreficeria, abitualmente trattata con la tecnica della sfaccettatura per accentuare le qualità di rifrazione dei cristalli. smerigliare intervento di levigatura di una superficie in pietra o in smalto con pietra o polvere di smeriglio o altri abrasivi fini; lo  smeriglio è una valida alternativa alla  pietra pomice. smeriglio abrasivo naturale a base di carburo di

SMIDOLLATURA

silicio (o quarzo  silice), usato per levigare la superficie delle sculture in pietra e degli smalti. La polvere di smeriglio è impiegata nella tecnica dell’incisione su vetro in forma di miscela semiliquida introdotta fra la parete vitrea e la mola per evitare incrinature e rotture. Mista ad acqua produce una miscela abrasiva che può essere impiegata per tagliare le pietre dure.

smidollatura antico sistema di manutenzione dei dipinti che consiste nello sfregare le parti più sporche e indurite delle superfici con pezzettini di mollica di pane bagnati; in alternativa alla mollica si usavano anche crusca e polvere di steatite, in gergo dette ‘pietra da sarti’ o ‘polvere di micio’.

smontaggio disassemblaggio di un’opera composita in sottounità o elementi (polittico, tabernacolo, croce, scultura lignea, altare ecc.). Nel restauro delle oreficerie fase delicata che separa e individua le parti allo scopo di intervenire in maniera efficace sui singoli elementi costitutivi. smusso o smussatura. Angolo o spigolo che presenta un’acutezza diversa da quella normale (smusso di un gradino, di uno stipite, di un muro). Usato estensivamente anche per indicare angoli di metalli e strumenti impiegati nelle tecniche artistiche. Anche operazione di attenuazione di un angolo vivo.

soda idrossido di sodio, è uno degli alcali più forti che si conoscono, noto anche come soda caustica. Ha una vasta gamma di impieghi in miscela con altre sostanze, per esempio come fondente per la preparazione della pasta vitrea, della porcellana e dello smalto. La soda veniva usata anche nella precipitazione di lacche da soluzioni di allume e, addizionata con saponi, come detergente usato per il lavaggio dei tessili. Spesso il lemma è usato per identificare il carbonato di sodio. Utilizzata in passato nelle operazioni di pulitura dei dipinti, oggi se ne sconsiglia l’uso per l’aggressività e la persistenza nel tempo.

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solfatazione processo di formazione di solfati; formazione di sali ossigenati dello zolfo con ioni metallici, in particolare calcio, in grado di produrre gesso. La solfatazione è provocata dall’azione di ossidi acidi di zolfo (anidride solforosa e solforica) presenti nell’aria, più concentrati in atmosfere inquinate; questi, combinandosi con l’acqua, si trasformano nei corrispondenti acidi forti e possono reagire con substrati sensibili. La solfatazione è provocata anche dalle reazioni di scambio con solfati solubili presenti nel particellato atmosferico di deposito. Tipica la solfatazione degli intonaci di carbonato di calcio dei dipinti murali, che produce efflorescenze saline, e quella dei marmi e dei materiali calcarei che porta alla formazione di patine e croste gessose. È diffusa anche su pietre silicee, bronzi, strati esterni di pitture, tessili ecc.

sollevamento rigonfiamento della pellicola pittorica particolarmente pronunciato; frequente sui dipinti su tavola per sollecitazioni derivanti dai movimenti del supporto ( igroscopicità). Il processo di degrado può essere tamponato con interventi di  fermatura del colore, mentre nei casi in cui il film risulta fortemente decoeso rispetto alla preparazione è necessario intervenire con il  trasporto della superficie dipinta e con un’eventuale risupportazione.

solubilità proprietà di una sostanza di disciogliersi in un’altra dando luogo a una soluzione in cui i componenti non siano più distinguibili. Si possono individuare sostanze più o meno solubili secondo la quantità (in peso, in volume, in concentrazione) che se ne può sciogliere a parità di volume di solvente. Tutte le sostanze, anche le più insolubili come metalli e ceramiche, hanno una infinitesima solubilità. solubilizzazione processo secondo il quale una sostanza solida, amorfa, fluida o gassosa, viene dispersa omogeneamente in un solvente a formare una  soluzione.

soluzione sistema chimico-fisico omogeneo cosol sospensione colloidale di particelle solide in un liquido.

stituito da miscele di due o più componenti. Si possono considerare soluzioni quelle gassose

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perché sono sempre omogenee, quelle di due o più liquidi miscibili, alcune miscele solide come le leghe metalliche. Nel caso delle soluzioni allo stato liquido, il componente presente in maggiore quantità è detto  solvente, quello in esso disciolto ‘soluto’.

soluzione tampone soluzione che si oppone alla variazione del  pH per aggiunte moderate di acidi o basi. Sistema chimico spesso formato da una soluzione di un acido debole e un suo sale con una base forte (per esempio il sistema acido acetico / acetato di sodio) o di una base debole e un suo sale con un acido forte (per esempio il sistema ammoniaca / cloruro d’ammonio). Tali soluzioni trovano applicazione nei metodi di pulitura a umido dei dipinti per mantenere l’attività del sistema solvente entro limiti definiti di pH. solvent gel sistema supportante per solventi condensato in forma di gel molto viscoso; sperimentato da Richard Wolbers alla fine degli anni ‘80, è usato nella pulitura a umido dei dipinti; tale sistema consiste in un polimero idrofilo, l'acido poliacrilico ( Carbopol®), parzialmente salificato con ammine polietossilate (Ethomeen®) in grado di supportare e disperdere numerosi solventi, dai meno polari ai più polari. L'alta viscosità del gel limita fortemente la diffusione dei solventi liquidi in esso dispersi nelle porosità del substrato.

solvente fluido di varia natura che disperde omogeneamente sostanze solide, liquide o gassose, dette soluti, per formare le soluzioni. I solventi preferibilmente utilizzati nelle operazioni di restauro e conservazione sono acqua e sostanze di natura organica, prive di azione reattiva. I parametri da tenere in considerazione sono: volatilità, possibile  ritenzione da parte dei supporti, miscibilità con altri liquidi solventi e diluenti, viscosità allo stato puro e in miscela, polarità, reattività. Nella pulitura dei dipinti la prima esigenza è la selettività del solvente in quanto è opportuno asportare solo alcuni strati, vecchie vernici, ridipinture, senza compromettere la stabilità chimica del film pittorico. I solventi più impiegati sono gli  idrocarburi, come l’etere di petrolio, le nafte, anche se sono tossiche e infiammabili, le trementine, gli alcoli e gli esteri.

SPANCIO

sommacco (Rhus coriaria) pianta che contiene un principio colorante rosso-bruno, impiegato nella tintura delle stoffe.

sonda accessorio esterno di un’apparecchiatura analitica destinato a convogliare segnali dalla sorgente e raccogliere i segnali di interazione con il campione o l’oggetto analizzato. In generale si tratta di accessori impiegati in indagini non invasive.

sonde a ultrasuoni strumentazione impiegata nella rimozione meccanica delle incrostazioni dure, per esempio laddove la superficie di un metallo si sia mineralizzata. Anche accessorio di apparecchiature che impiegano gli  ultrasuoni.

sorgente emettitore di radiazioni elettromagnetiche o acustiche, utilizzato nelle apparecchiature diagnostiche e analitiche come generatore di segnali. Le sorgenti sono specifiche di ristrette regioni spettrali, come le sorgenti in ultravioletto, in infrarosso, di raggi X, raggi gamma e altri. sospensione sistema eterogeneo dato dalla dispersione di due fasi distinte, per esempio un solido in un liquido; tipico il sistema pigmentolegante. La sospensione deve rimanere stabile durante la stesura pittorica e il successivo essiccamento; in pratica non si deve verificare separazione tra le due fasi (solida e liquida), poiché altrimenti sarebbe impossibile dipingere.

spaccatura termine usato come sinonimo di  fenditura, indica fratture di materiali lignei, lapidei e di intonaci soggetti a variazioni igrometriche, ovvero a sollecitazioni esogene.

spallazione fenomeno fisico di espulsione di materia da una superficie sottoposta ad una intensa sollecitazione. Tipico fenomeno di assottigliamento di micro-spessori di superficie provocato dall'irraggiamento di un laser che lavori sotto la soglia di vaporizzazione della materia.

spancio o spanciatura. Tipo di sollevamento degli intonaci dipinti a forma di gobba dovuto alla formazione di una sacca di aria tra gli strati,

SPATINARE

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che provoca la perdita di planarità.

‘spellare’ nel lessico del collezionismo e della

spatinare si dice dell’asportazione delle patine

letteratura sul restauro si dice di dipinti e sculture cui sia stata asportata la patina nel corso di una pulitura.

dalle superfici dei manufatti artistici; il lemma è generalmente usato in un’accezione negativa. È nota la spatinatura delle opere primitive, sovente riverniciate in seguito al variare del gusto.

spatola strumento di forma piatta che serve per stendere in modo uniforme la pasta adesiva sulla superficie delle tele da rintelare. È utilizzata per la stesura dei colori a olio, negli impasti cosiddetti ‘a corpo’ ed è impiegata per stendere e lisciare intonaci, stucchi e scagliole, oltre che per raschiare lo strato più superficiale della preparazione applicata sulla tela; la spatola è uno degli strumenti dello stuccatore. La spatola calda è uno strumento riscaldante, impiegato nel restauro per appianare sollevamenti di colore o per sciogliere e far penetrare nei materiali lignei sostanze di varia natura.

spazio cromatico sistema convenzionale di coordinate che determina univocamente il colore. Vengono usati comunemente vari spazi cromatici ciascuno dei quali è specializzato in settori particolari (tinture, tipografia, elettronica, pigmenti). I principali sono: CIELab76, Munsell, RGB, CMYK, Hunterlab, Pantone. spazzolatura intervento di manutenzione degli intonaci dipinti che in passato veniva eseguito nelle chiese per asportare la polvere ed evitare interventi di restauro più costosi. Poteva causare danni involontari, come l’asportazione delle velature e delle finiture a secco, le cosiddette ‘tinte di passaggio’. spegnimento o estinzione. Processo di trasformazione della  calce viva (ossido di calcio) in calce spenta ( idrossido di calcio) per reazione con l’acqua. Questa veniva posta in eccesso rispetto a quella minima sufficiente per idratare la calce e la reazione, esotermica, avveniva all’interno di recipienti chiamati ‘bagnoli’ o ‘fosse di spegnimento’. Le fonti consigliano di lasciare la calce in fase di spegnimento anche per alcuni anni; calce non spenta può dar luogo al fenomeno dei  bottaccioli.

‘spengere il timbro’ espressione in uso nel gergo del collezionismo e del restauro per indicare la perdita di omogeneità tonale di un dipinto dovuta all’asportazione della vernice, e in genere a puliture poco prudenti. spennellatura tipo di stesura rapida e sommaria, usata per le vernici o per la distribuzione di altre sostanze su una superficie da trattare.

spettro energia radiante riemessa da una sostanza eccitata sotto forma di righe o di bande di lunghezze d’onda caratteristiche. Attraverso l’interpretazione delle righe o delle bande di uno spettro si può identificare la natura chimica della sostanza. Lo spettro può essere ‘di assorbimento‘, quando un insieme di radiazioni di diversa lunghezza d’onda viene assorbito in maniera differenziata da una sostanza, o ‘di emissione’, quando vengono eccitate da una sorgente di energia esterna alcune transizioni atomiche o molecolari di energia tipica emessa sotto forma di  radiazione elettromagnetica.

spettrofotometria letteralmente misura di uno  spettro ottenuto mediante eccitazione tramite una  sorgente di  radiazioni elettromagnetiche della sostanza indagata. spettrofotometria di assorbimento atomico (Atomic Absorption spectroscopy, AAs) tecnica spettroscopica di analisi quantitativa che sfrutta gli assorbimenti specifici della radiazione visibile da parte di un elemento allo stato fortemente eccitato (fiamma, fornetto). Una lampada dello stesso elemento funziona da sorgente emettendo le righe spettrali che attraversano una fiamma molto calda dove viene fatto passare l’elemento in soluzione. Le radiazioni vengono assorbite in maniera quantitativa e si può determinare con precisione l’ammontare dell’analìta in esame. È un’analisi distruttiva del campione, ma è una delle tecniche più sensibili e precise.

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SPETTROMETRIA

MOSSBAÜER

spettrofotometria di emissione al plasma

spettrofotometria visibile tecnica di analisi

(Inductively Coupled Plasma Spectrometry, ICP) tecnica di analisi degli elementi caratterizzata dall’uso di una sorgente molto energetica (un gas di Argon a temperatura elevatissima: > 5000 °C) capace di eccitare simultaneamente e quantificare la presenza di un grandissimo numero di elementi presenti anche in tracce nel campione. Caratterizzata da rapidità di analisi e alta sensibilità, è utile nella determinazione quantitativa di oligoelementi in manufatti metallici o ceramici per stabilirne la provenienza o la manifattura.

spettrale qualitativa e semiquantitativa che sfrutta gli assorbimenti selettivi della radiazione visibile da parte delle varie sostanze che coinvolgono principalmente processi elettronici (effetto di campo cristallino, centri di colore, fenomeni di trasferimento di carica, transizioni a bande di conduzione). In relazione al tipo di materiale analizzato si può avere una spettrofotometria in trasmittanza o in riflettanza. La spettrofotometria nel visibile applicata nel campo delle opere d’arte viene principalmente utilizzata in riflettanza e, se accoppiata all’uso di una sonda esterna collegata allo strumento mediante delle  fibre ottiche, permette di effettuare delle analisi non invasive.

spettrofotometria infrarossa tecnica di analisi spettrale qualitativa e semiquantitativa che sfrutta gli assorbimenti selettivi della radiazione infrarossa da parte delle varie sostanze che coinvolgono principalmente le vibrazioni molecolari della struttura e dei gruppi funzionali sia organici (ossidrili, ammine, carbossilati, esteri ecc.) che inorganici (carbonati, nitrati, solfati ecc.). In relazione al tipo di materiale analizzato e alla tecnica impiegata si può avere una spettrofotometria nell’infrarosso in trasmittanza o in riflettanza. La spettrofotometria nell’infrarosso è comunemente impiegata in analisi di routine in particolare su campioni o microcampioni prelevati da opere d’arte. Applicazioni particolari consentono di eseguire misure nell’  infrarosso vicino e  infrarosso medio direttamente sulla superficie del manufatto tramite una sonda, rendendola un’analisi non invasiva. spettrofotometria Raman tecnica analitica simile alla  spettrofotometria infrarossa ma basata sull’effetto Raman, che consiste nella diffusione con angoli molto grandi della luce incidente sul campione; nello spettro di luce diffusa raccolto si individuano delle righe più intense, caratteristiche di livelli vibrazionali quantizzati e proporzionali alla polarizzabilità del legame molecolare. Gli spettri Raman forniscono informazioni strutturali complementari alla spettrofotometria infrarossa sulla tipologia e geometria delle molecole, sia organiche che inorganiche. Nella diagnostica applicata alle opere d’arte è usata una tecnica associata a un microscopio per analisi topiche di pigmenti in sezioni stratigrafiche o microcampioni.

spettrometria letteralmente misura di uno  spettro ottenuto mediante eccitazione tramite assorbimento di energia prodotta da una  sorgente. Diversamente dalla  spettrofotometria, l’eccitazione può avvenire mediante trasferimento di energia sulla sostanza indagata per mezzo di scariche elettriche, plasma, calore. Abitualmente si ottengono spettri di emissione. spettrometria di massa (Mass Spectrometry, MS) metodo di identificazione di una sostanza, generalmente organica, attraverso lo studio della frammentazione caratteristica dopo una forte sollecitazione. La spettrometria di massa si basa sulla frammentazione riproducibile ottenuta tramite bombardamento con particelle o cariche elettriche di una sostanza vaporizzata. spettrometria di risonanza magnetica nucleare (Nuclear Magnetic Resonance, NMR) tecnica analitica basata sull’assorbimento di energia radiante nel campo delle onde radar (GHz) da parte di nuclei atomici con peso atomico dispari (somma di protoni e neutroni). Viene applicata principalmente allo studio della conformazione di molecole organiche grazie ai segnali generati dagli isotopi 1 dell’idrogeno, 13 del carbonio, 19 del fluoro, 31 del fosforo.

spettrometria Mossbaüer tecnica di analisi basata sulla capacità di un nucleo atomico di assorbire per risonanza nucleare un raggio gamma emesso da un nucleo eccitato di un uguale isotopo.

SPETTROMETRIA

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X A DISPERSIONE DI ENERGIA

Lo spettro di assorbimento è caratteristico dell’elemento, del suo o dei suoi stati di ossidazione, del suo stato di coordinazione e delle interazioni con altri elementi del suo intorno. Si usa in particolare in  archeometria.

spettrometria X a dispersione di energia (Energy Disperded X-ray Spectrometry, EDX o EDS) tecnica di analisi spettrale basata sulla dispersione di energia dei raggi X emessi da un elemento eccitato da elettroni accelerati. È usata generalmente in associazione al  microscopio elettronico a scansione, che in questo caso ha funzioni di  sorgente di elettroni accelerati, mentre l’EDX riveste funzioni di  detector per la rivelazione della composizione di punti o aree della superficie del campione analizzato.

(spettro di riflettanza) in ciascun  pixel della zona ripresa.

spettroscopia elettronica Auger (Auger Electron Spectroscopy, AES) analisi strumentale molto complessa della composizione di elementi di una superficie. Si basa sull’effetto omonimo di emissione secondaria di elettroni da parte di una radiazione di fluorescenza X indotta da fotoni ad alta energia o da elettroni accelerati. La spettroscopia elettronica Auger interessa il primo strato molecolare di una superficie e fornisce informazioni sulla sua composizione. È impiegata per eseguire analisi di tracce di patine o di trattamenti su materiali lapidei, dipinti murali, legno e strumenti musicali.

WDX o WDS) tecnica di analisi spettrale basata sulla dispersione della lunghezza d’onda dei raggi X emessi da un elemento eccitato da elettroni accelerati. È usata in genere in associazione al  microscopio elettronico a scansione, che in questo caso ha funzioni di  sorgente di elettroni accelerati, mentre la WDX riveste funzioni di  detector per la rivelazione della composizione di punti o aree della superficie del campione analizzato. Rispetto alla  spettrometria X a dispersione di energia ha sensibilità e risoluzione maggiori.

spianatura metodo tradizionale di raddrizzamento delle tavole imbarcate (ora abbandonato), consistente nel far imbibire d’acqua, anche sotto forma di vapore, il verso del supporto in modo che gonfiandosi si dilati, riacquistando una forma piana. L’effetto di spianamento è parziale perché legato al mantenimento del livello di umidità. Per le tavole convesse si interviene con l’essiccamento, ma anche in questo caso l’effetto ottenuto si mantiene per poco, il che spiega il ricorso alla parchettatura. Infine le variazioni igrometriche hanno effetti negativi sulla stabilità della superficie cromatica. Nelle fonti sul restauro il lemma è frequente per indicare la fermatura del colore sollevatosi in vesciche.

spettroscopia lemma che definisce l’osservazione

spicchettatura  martellinatura

di uno  spettro ottenuto mediante eccitazione della sostanza indagata tramite trasferimenti di alte energie.

spirito di trementina nome gergale che indica

spettrometria X a dispersione di lunghezza d’onda (Wavelength Disperded X-ray Spectrometry,

la frazione più purificata delle trementine; è sinonimo di essenza di trementina.

spettroscopia d’immagine (Imaging Spectroscopy, IS) tecnica diagnostica spettrale, solitamente in riflettanza, nelle regioni dell’  ultravioletto, del  visibile e dell’  infrarosso. La spettroscopia d’immagine si basa sull’impiego di una telecamera accoppiata a una serie di filtri ottici interferenziali o reticoli disperdenti, in modo da ottenere una sequenza di immagini quasi monocromatiche della stessa inquadratura a diversi intervalli spettrali. Dalla combinazione della sequenza di immagini via software si ottiene la caratterizzazione spettrale

splendente nel gergo del restauro si usa per indicare colori troppo vivaci, privati delle velature e della patina del tempo.

spolveratura tecnica di manutenzione di pitture murali, dipinti e sculture usata per evitare il deposito di materiali estranei e il loro accumulo con la conseguente formazione di strati di sporcizia o di incrostazioni, altrimenti difficilmente rimuovibili. Gli oggetti venivano spolverati usando ma-

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teriali di vario genere, come pennellesse di coda di volpe, di scoiattolo e di puzzola, montate anche su lunghe aste per raggiungere gli affreschi a quote elevate.

spolvero o bottone, battispolvero. “Chiamano spolvero lo strumento, che adoperano per introdurre la polvere; che è un pannicello rado fatto in foggia di bottone, e ripieno di essa” (Filippo Baldinucci, 1681) impiegato nella tecnica di  riporto del disegno comunemente nota come tecnica dello spolvero (più propriamente definita  spolverizzo o  spolverizzare). Impiegata in pittura murale fino dal XV secolo in sostituzione della  sinopia come alternativa al disegno eseguito con la punta secca, prevedeva l’esecuzione del disegno preparatorio su fogli di carta di grandezza uguale a quella del dipinto da realizzare (scala 1:1). La linea di contorno veniva perforata con punte metalliche, veniva stesa la parte giornaliera di intonaco e veniva tagliato dal cartone la parte corrispondente, che, applicata all’intonaco fresco, veniva battuta lungo il profilo perforato con lo spolvero riempito di polvere di carbone. Questa, passando attraverso i fori, segnava sull’intonaco le linee della composizione, che potevano quindi essere ripassate a pennello. Diversamente dalla sinopia, tale tecnica consentiva al maestro di delegare il riporto del disegno ai collaboratori e agli aiuti. spolverizzare o spolverizzo. Procedimento esecutivo di riporto del disegno mediante la tecnica dello  spolvero. Filippo Baldinucci (1681) lo definisce come l’operazione per cui “volendo segnare sopra mestica, o imprimitura di gesso, … forano minutamente i dintorni di essi cartoni, e sopra quelli fanno passare, o biacca, o gesso, o brace polverizzata, che arrivando alla tela, o tavola, lascia in essa il contorno dell’opera”. La tecnica ha trovato impiego sia in pittura murale sia su supporti mobili. spolverizzo  spolverizzare sporcamento insieme di fenomeni di variazione cromatica delle superfici dei manufatti delle quali l’  annerimento è un caso particolare. È causato dalla deposizione di particelle di origine naturale

SPUGNATURA

o antropogenica, che, a seconda delle loro dimensioni natura e forma, provocano un graduale inscurimento delle superfici, affievolendone o modificandone la cromia originale. Ne consegue un’alterazione della leggibilità complessiva delle superfici di beni architettonici e monumentali, pitture e sculture esposte. La velocità di deposizione è un fattore di controllo, legato a sua volta alla natura delle particelle, ai parametri microclimatici e alle proprietà intrinseche del manufatto (es. contenuto d’acqua degli strati superficiali del materiale esposto). Studi recenti confermano un’evoluzione dei fenomeni di degrado legati alla deposizione di  particolato atmosferico, per cui è preferibile il termine sporcamento ad annerimento.

sporco strato di polvere, cera, sostanze untuose, particolato atmosferico che si depositano sugli oggetti formando stratificazioni che, se non metodicamente rimosse, possono subire trasformazioni chimiche o aggredire i materiali, provocandone il degrado. Nelle fonti si incontrano anche i lemmi ‘sporcizia’ e ‘sporchezza’. Le stratificazioni di sporco non devono essere confuse con la  patina. spranga sbarra di legno o di ferro usata come traversa di rinforzo per i supporti lignei. Ulisse Forni (1866) raccomanda che le spranghe applicate a tergo delle tavole imbarcate non siano inchiodate o avvitate, per poter assecondare il movimento del legno. Nel XIX secolo si usavano anche spranghe di ferro il cui numero e spessore era proporzionato alla grandezza della tavola; queste erano assicurate al supporto con vari sistemi di avvitatura. spruzzamento operazione che permette di proiettare un fluido in gocce minutissime su una zona da trattare. Tecnica impiegata anche negli interventi di disinfestazione dei supporti lignei.

spugnatura applicazione di un liquido su una superficie utilizzando una spugna. Nell’ambito delle tecniche decorative delle superfici intonacate consiste nella battitura discontinua di materiali spugnosi imbevuti di sostanze colorate diluite, da cui il nome del particolare tipo di finitura che se ottiene. Il lemma indica anche l’operazione eseguita nel corso del lavaggio dei manufatti tessili, in par-

‘SPULITO’

ticolare dei tappeti, che serve per distribuire manualmente e nelle dosi volute la soluzione detergente ritenuta idonea. Il risciacquo viene eseguito per nebulizzazione di  acqua deionizzata.

‘spulito’ nel gergo e nella letteratura sul restauro il termine allude a un dipinto pulito in profondità con conseguente asportazione delle velature e della patina. squadratura anche messa ai punti. È la tecnica di riporto delle misure dal modello in creta al blocco da scolpire. squama termine frequente nelle fonti sul restauro per indicare la forma assunta dal film pittorico per effetto di contrazione del supporto. Questo tipo di degrado è descritto con un vocabolario abbastanza eterogeneo: ‘squamma’, ‘vescica’, ‘borsa’, ‘ruga’, ‘rigonfiamento’. In questi casi i dipinti venivano foderati e la superficie cromatica assicurata facendo ‘rassodare’ i sollevamenti. Le squame venivano bucate con canne di bambù, spilli, temperini o aghi da lana e riempite di colla. squilibrio termoigrometrico la variazione, rispetto all’equilibrio, delle condizioni di stabilità fra temperatura e pressione di vapore in sistemi macro e microclimatici. È una delle cause più diffuse del degrado dei materiali impiegati nell’esecuzione di manufatti artistici.

stabilità immutabilità nel tempo sotto sollecitazioni; nel campo dei materiali artistici il termine si usa per qualificare la resistenza intrinseca dei manufatti o dei loro accostamenti, in relazione alle sollecitazioni normali dell’ambiente di conservazione. Si parla di stabilità dimensionale, fisica e chimica. stacco distacco della superficie cromatica di una pittura murale insieme all’intonaco sul quale i pigmenti si sono carbonati. Si impiega quando il film è ancora ben conservato e rappresenta un insieme unico con l’intonaco. Il colore viene fermato provvisoriamente facendovi aderire un  intelaggio e con una lama si procede a separare gradualmente e con molta cautela l’intonaco dall’arriccio, fino

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alla separazione totale. L’affresco viene disteso su un piano per continuare a rimuovere la  malta e la calcina finché si raggiunge il punto stratigrafico dove i materiali hanno buona consistenza. In seguito la pittura, che deve poter aderire bene sul nuovo supporto, viene liberata dall’intelaggio e montata in modo adeguato, usando di preferenza materiali isolanti. Attualmente è un tipo di intervento non più in uso, se non in casi assolutamente eccezionali, imposti da necessità conservative.

stacco parziale metodo impiegato per il fissaggio degli intonaci, per ovviare alla difficoltà di penetrazione delle malte nel muro. L’intonaco dipinto, parzialmente staccato, viene fatto riaderire alla parete.

stagionatura per i materiali lignei la stagionatura consiste nella perdita dell’acqua di impregnazione e di imbibizione, fino al raggiungimento di un equilibrio igrometrico con l’umidità ambientale. La stagionatura può richiedere anche diversi anni; i segati vengono esposti all’aria al di sotto di tettoie che li riparano dall’azione degli agenti atmosferici. Anche fase in cui un materiale o un prodotto acquisisce caratteristiche e proprietà definitive che ne permettono un impiego ottimale in campo artistico ed edilizio. La  calce con cui vengono realizzate le malte per gli intonaci subisce una fase di stagionatura detta anche maturazione o invecchiamento, che consente il completamento dell’idratazione (spegnimento) e la trasformazione in grassello di calce. stagno metallo bianco a basso punto di fusione. Utilizzato nella metallurgia in lega con il rame ( bronzo, con una percentuale variabile dal 5 al 30%) e col piombo (peltro). Le leghe di rame e stagno sono fluide e il getto risulta omogeneo; le fusioni delle campane erano in bronzo anche in ragione della buona sonorità della lega. È impiegato come lamina di supporto in metallo, vile ma duttile, nelle tecniche di doratura parietale, in quanto è difficoltoso applicare foglie d’oro e d’argento su un supporto murario, come nella tecnica usuale della brunitura ( brunire). Utilizzato anche come mezzo ausiliario nelle operazioni di taglio, nella glittica e in tecniche affini. In miscela con il piombo è un ottimo smalto bianco coprente

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per la porcellana; nella tecnica del vetro a smalto lo stagno calcinato provoca la voluta opacità.

stampa procedimento di riproduzione di testi, disegni su vari supporti, la cui tecnica è stata perfezionata attraverso i secoli. Il termine è usato impropriamente per indicare il prodotto dell’incisione a bulino, xilografica, del mezzotinto, della litografia ecc.

stampigliatura tecnica usata per riprodurre più volte un motivo decorativo su di una lamina, che si basa sul principio della  punzonatura. stampo forma di argilla cotta o di altro materiale nel quale si fanno colare il metallo, lo stucco, la pasta vitrea e altri materiali allo stato fluido per riprodurli in serie. Lo stampo viene dedotto da un modello e diventa una sorta di matrice. Lo stampo da tessitura è un blocco di legno inciso e spalmato di colore che viene compresso sul tessuto, come in un sistema di stampa.

STIACCIATO

nufatto artistico in un preciso momento cronologico e in una determinata collocazione ambientale e microclimatica. Include anche la valutazione dello stato fisiologico o patologico degli eventuali materiali sovrapposti all’oggetto nel corso della sua vicenda conservativa. Esso va valutato, descritto e analizzato prima di procedere a qualsiasi forma di intervento conservativo o di restauro. Si contrappone allo ‘stato di degrado’, suo complementare.

steatite o pietra saponaria, è una roccia sedimentaria, composta essenzialmente di talco, quindi tenera e di semplice lavorazione, ma facilmente soggetta a fenomeni di degrado. stellatura tipico difetto del legno dovuto alla crescita del singolo tronco; a questo e ad altri difetti del materiale gli artigiani ovviavano con lo svuotamento e la smidollatura del manufatto, se si trattava di una scultura. stereomicroscopia tecnica di osservazione di

‘stancata’ nel gergo del restauro il termine indica una tela già rintelata e più volte sottoposta a trazione su telai provvisori.

immagini bidimensionali di oggetti mediante l’accoppiamento di due microscopi monoculari per consentirne la visione stereoscopica tridimensionale.

stand oil denominazione commerciale di oli sic-

stesura applicazione dello strato pittorico su di

cativi prodotti a partire dalla fine dell’Ottocento sottoposti a trattamento termico in ambienti anossici a temperature comprese fra 250-300 °C, che comporta una prepolimerizzazione dell’olio che si traduce in tempi di essiccazione più rapidi e in una minore suscettibilità all’ingiallimento.

un supporto adeguatamente preparato; più genericamente usato come sinonimo di  mano, a indicare l’applicazione di uno strato di materiale su una superficie.

stato nel gergo del restauro il lemma si riferisce allo stato di conservazione di un manufatto che può essere, per esempio, frammentario (opere effimere come le statue in cartapesta, stoppa, gesso, le tele a tempera, di solito malamente conservate), incompiuto, danneggiato, consunto. Per ‘stato fisiologico’ si intende l’insieme dei materiali costituenti l’oggetto in un preciso momento storico. Per ‘stato patologico’ l’insieme delle alterazioni e delle forme di degrado cui un’opera è soggetta.

stato di conservazione indica il complesso delle condizioni dei materiali originali di un ma-

stiacciato o rilievo schiacciato. Tecnica scultorea in cui il materiale lapideo o metallico viene lavorato a rilievo scarsamente sporgente rispetto al livello di fondo, con uno spessore del rilevato decrescente dal primo piano verso il fondo, tale da sortire un effetto illusionistico di profondità. Filippo Baldinucci (1681) lo descrive come “una sorta di basso rilievo, che non contiene se non il disegno della figura con un rilievo stiacciato ed ammaccato. Et è un certo che di mezzo fra ‘l disegno e ‘l basso rilievo: e per condurlo è necessario gran disegno, ed invenzione”, convinzione espressa anche da Giorgio Vasari (1568). La tecnica si applica anche alla lavorazione di cammei, medaglie e monete.

STILO

stilo o stile. Strumento a punta acuminata impiegato per eseguire incisioni nella pittura parietale antica; successivamente usato nel disegno preparatorio dell’affresco (il disegno eseguito sul cartone applicato al muro veniva ripassato con lo stilo, detto anche ‘stiletto da calco’) e per incidere direttamente il disegno sull’intonaco.

stiramento si dice della tela che in un clima umido si restringe fino a un eccessivo tensionamento che può provocare la deformazione del dipinto, evidente nella formazione delle impronte delle barre o degli spigoli del telaio. Queste variazioni sono più sensibili se il tessuto è giovane e il suo effetto si ripercuote sulla preparazione e sul colore, provocandone la crettatura e la caduta in frammenti. stiratura operazione che si esegue col ferro a circa 45 °C sul davanti della tela da rintelare, protetta da stoffe e feltri per non alterare e appiattire la superficie originale del colore. È stata sostituita da tecniche più moderne e sicure per la conservazione della policromia ( tavola calda).

stóppa sottoprodotto della pettinatura del lino e della canapa che può essere a sua volta lavorato. Negli intonaci veniva mescolata alla calce (così come paglia, setole animali, torba) per evitare la formazione di fessurazioni nello strato di calce durante la fase di essiccazione. Allo stesso scopo veniva aggiunta al gesso colato nelle forme ricavate dai  calchi. Si trova come elemento di rinforzo dei supporti lignei e era impiegata, insieme alla  bambagia, nella produzione di ‘sculture vestite’ per aumentare panneggi e volumi.

strappo distacco della superficie cromatica di una pittura murale (ma anche di una tavola e di una tela) che, diversamente dallo  stacco, implica la separazione della pellicola pittorica dall’intonaco. In questo caso la forza di adesione dell’intelaggio deve essere maggiore di quella esistente fra colore e intonaco sottostante. Nel caso di intonaci debolissimi l’adesione è comunque minima. Quando l’intelaggio è ben secco si comincia a tirare da un lato, gradatamente e con estrema cautela l’  intelaggio, che si porta automaticamente dietro la pellicola pittorica. Questa viene distesa su un

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piano e da tergo rimosso ogni residuo di calcina rimasta aderente. Il film viene applicato sul nuovo supporto, e solo dopo la sua stabilizzazione si procede alla rimozione degli intelaggi. Lo stesso metodo viene applicato anche a dipinti in tavola e in tela. Sotto il profilo storico la sua elaborazione e sperimentazione si deve a Giovanni Secco Suardo (sec. XIX). Questo tipo di intervento è ormai impiegato solo in casi eccezionali, considerando il rischio per l’integrità della pittura e lo snaturamento dell’opera che comporta.

stratificazione complesso degli strati di materiali e composti diversi che si sovrappongono o a formare un manufatto artistico o sul manufatto medesimo. Un dipinto, per esempio, ha una sua stratificazione intrinseca data dal supporto, dalla preparazione, dal film pittorico e dalla vernice. Sulla sua superficie si trovano peraltro strati e incrostazioni di altri materiali che si sono depositati col tempo o che si devono alla vicenda conservativa dell’opera (polvere, cera, ritocchi, vernici, beveroni ecc.). Analogamente, e più specificamente, per altri manufatti artistici, come le sculture lapidee e metalliche conservate all’aperto, si hanno notevoli stratificazioni tra depositi superficiali che vengono solubilizzati in parte e veicolati verso il materiale originale dove possono interagire con altri prodotti di corrosione o di trasformazione: il risultato è una stratificazione complessa correlata alla presenza di sostanze specifiche e primarie per ogni strato. strato pittorico quasi tutti i dipinti, indipendentemente dalla tecnica di esecuzione, hanno una struttura articolata in strati, di cui almeno uno è quello pittorico. Questo ha uno spessore variabile nell’ordine di alcune decine di micron ed è composto da una o più sostanze coloranti disperse in un medium trasparente entro il quale si distribuiscono in maniera omogenea.

stress meccanico termine usato per indicare le sollecitazioni di natura meccanica interne ed esterne subite da un manufatto e, per estensione, qualsiasi tipo di sollecitazione che risulta alterante lo stato originario (trasporto, tensioni, vibrazioni dovute all’inquinamento acustico o da traffico, aggressioni, interventi di restauro inadeguati ecc.).

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Il lemma è usato abitualmente nel restauro dei tessili per indicare il degrado degli arazzi che restano appesi troppo a lungo.

‘strip lining’ termine inglese che significa rintelatura a strisce, e indica l’applicazione di strisce di tela sui bordi di quella originale per evitare un’operazione di rintelatura completa. strumentazione complesso degli strumenti e dei macchinari destinati ad ambienti di lavoro specializzati come i laboratori di restauro e di indagine diagnostica; anche strumentazione destinata a particolari tipologie di intervento che si eseguono in situ. strumento attrezzo destinato a un’attività specifica sia nel campo del restauro che nella produzione dei manufatti (lima, sgorbia, pettine, pennelli). Nella diagnostica e nelle analisi scientifiche si intende un’apparecchiatura che, sfruttando effetti caratteristici della materia nelle sue espressioni (aggregati, molecole, atomi, particelle) causati da sollecitazioni opportune e commisurate, riesce a distinguerle e a identificarle.

struttura a tela si dice di una tela con semplice intreccio a trama e ordito.

struttura diagonale tessuto caratterizzato dall’intreccio diagonale; era il supporto tessile preferito dai pittori veneti ( levantina). struttura saia o diagonale, levantina, saglia. Supporto tessile apprezzato dai pittori veneti del Cinquecento, è stato usato diffusamente in Europa nel XIX sec. Dotata di maggiore resistenza rispetto all’armatura tela, veniva utilizzata per l’effetto che la tessitura impartiva allo strato pittorico.

stuccatura procedimento di livellamento di superfici contigue, normalmente eseguita sugli affreschi con malte pozzolaniche, gesso o cemento. I materiali impiegati devono poter essere reversibili e facilmente rimuovibili. stucco termine generico che indica un materiale composito costituito da una grande varietà di in-

SUCCINITE

gredienti che sono riportati dai ricettari antichi e dai manuali merceologici. Le sostanze comunque ricorrenti nell’impasto sono: gesso inerte o riempitivo, carbonato di calcio, polveri macinate estratte dalle rocce calcaree o dal marmo, sabbia e rena. Vi sono miscelate terre, ocre e polveri di carbone, usate per dare allo stucco una precisa intonazione cromatica, e un legante (colla animale, caseina o caseati e oli siccativi). In campo artistico è stato usato per apparati decorativi architettonici in rilievo e a tutto tondo e per la preparazione dei supporti per la pittura. Dove non sussiste l’esigenza della reversibilità si impiegano anche leganti epossidici, siliconici e poliesteri; altrimenti quelli vinilici e acrilici che sono reversibili.

stucco lustro tecnica di pittura murale eseguita mescolando sapone di calcio all’intonaco e ripassando la pittura ancora fresca con un ferro caldo; la lucidatura viene eseguita a cera per ottenere un effetto simile a quello dell’  encausto. subbia scalpello a punta impiegato nella scultura lapidea che serve a dare al blocco una prima  sgrossatura. subbio elemento della struttura del telaio che può essere fisso o mobile. subefflorescenza o criptoefflorescenza. Cristallizzazione che avviene in profondità, all’interno del materiale del manufatto, spesso negli strati immediatamente sottostanti la superficie, che provoca il distacco delle porzioni più superficiali. È frequente negli intonaci delle murature. sublimazione passaggio di stato da solido a gassoso senza passare per lo stato liquido. Il termine deriva dal latino ‘sub limen’ a indicare qualcosa che tende a distribuirsi verso l’alto (vapore). Sublimano, per esempio, naftalina e ghiaccio secco. Il brinamento è il passaggio di stato opposto.

succinite o succino, ambra gialla, karabé. Varietà di  ambra prodotta dalla conifera fossile Pinites succinifera, presenta un caratteristico colore da giallo ad arancio scuro da cui il particolare apprezzamento sin dall’antichità per la produzione

SUGHERO

di monili e gioielli. Il principale componente è l’acido succinico.

sughero nome comune di un tipo di quercia dalla cui spessa corteccia si ricava un materiale elastico, spugnoso e impermeabile che viene variamente lavorato. Per il suo effetto isolante e coibente il sughero era impiegato nella parchettatura delle tavole, di cui assecondava il movimento, come additivo nella lavorazione della cartapesta, come materiale di riempimento in soluzioni murarie che prevedono l’alloggiamento di sculture o elementi decorativi e nella produzione di sculture lignee ‘vestite’. superfetazione termine entrato nell’uso per indicare rifacimenti di vario genere, che si sono aggiunti nel tempo a un materiale originale e ad esso non sempre pertinenti; ne sono un esempio le aggiunte in calce, gesso e polvere di mattoni accumulatesi su di una scultura in terracotta, che possono dare l’illusione di integrità. supportante sistema ausiliario per l’applicazione e la veicolazione di fluidi, consente di mantenere i solventi in superficie e di lavorare su zone localizzate garantendo selettività di azione. I supportanti sono impiegati nei trattamenti a  impacco. Fra quelli più comunemente usati nei trattamenti conservativi la pasta di legno o di cellulosa, la  sepiolite e l’  attapulgite.

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prevalentemente per le tecniche grafiche; i supporti lapidei (monocromi e policromi) sono simili concettualmente alla tavola, ma possono essere sfruttati per ottenere effetti particolari. I supporti metallici si diffondono nel XVII secolo ma sono poco resistenti all’umidità, si prestano solo all’esecuzione di opere di piccole dimensioni, risentono dell’inquinamento atmosferico, infine il colore vi aderisce con maggiore difficoltà. Nel caso della pittura murale il supporto è una superficie parietale di roccia naturale o roccia tagliata oppure, più comunemente, una muratura lapidea, laterizia o realizzata in altro materiale edilizio. Supporti mobili (tegole, embrici, gronde, terrecotte, stuoie, incannicciati) sono stati utilizzati nei vari secoli per pitture eseguite con tecniche di pittura murale.

supporto ausiliario supporto moderno rispetto all’originale, applicato per sostenere una tela, o altro materiale, in caso di detensionamento, o comunque di un fenomeno di degrado; frequente l’impiego del cartone come ausiliario di una tela.

supporto doppio supporto costituito da due o più materiali associati, come tela su tela e carta su tela. L’applicazione di una tela sull’altra sovente è legata a necessità di conservazione ( rintelatura e  foderatura). Il cartone telato è un supporto di cartone recante su una sola faccia una tela preparata di dimensioni equivalenti. Maneggevole e facilmente trasportabile, è adatto all’esecuzione di bozzetti.

supporto lemma in uso a partire dal XIX secolo, che trova riscontro nel termine francese ‘support’, con il quale si intende ogni tipo di superficie destinata ad accogliere un rivestimento policromo (supporti per la pittura, disegno, incisioni, scagliole, mosaici, tarsie ecc.). I principali supporti per la pittura sono il muro, la tavola, la tela, la pergamena, la carta, cui vanno aggiunti quelli lapidei e metallici, vetro e ceramica, quelli sintetici e, per l’arte contemporanea, i supporti virtuali. In ordine storico i primi ad essere usati sono stati quelli lignei; i supporti tessili furono impiegati dal XV secolo in poi: rispetto ai primi hanno un costo minore, facile reperibilità, buona resistenza fisico-meccanica e una discreta resistenza all’aggressione di sostanze chimiche corrosive; carta e pergamena sono usate

supporto tessile nel restauro degli arazzi assolve a una funzione di sostegno senza trasferire tensione sul manufatto antico. Il termine si riferisce anche a supporti pittorici realizzati con fibre di origine vegetale, animale o sintetica (tele). svelinatura intervento di rimozione delle veline applicate nelle operazioni di fermatura, di solito eseguita con solventi leggeri o con acqua tiepida.

svirgolatura o svirgolamento. Deformazione torsionale dell’asse della tavola lignea che subisce un’imbarcatura sia trasversale che longitudinale. Il fenomeno si riscontra anche nelle tavole parchettate.

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sverniciatore sistema costituito da miscele di solventi e addensanti o supportanti. Uno sverniciatore tipo comprende solventi decapanti, polari, apolari, ionizzanti e ossidrilati, uniti a un mezzo gelificante. Ancora in tempi recenti la lisciva o la soda, insieme alla segatura, costituivano un forte agente sverniciante, usato per riportare a legno mobili o infissi; questa miscela è da evitare nel restauro dei dipinti per la scarsa controllabilità e selettività dei solventi impiegati.

SVERNICIATURA

sverniciatura intervento di rimozione della vernice da un manufatto; il lemma è usato per tutti i lavori di falegnameria, ebanisteria ecc. Recentemente si sono sviluppate tecniche di rimozione delle vernici basate sul getto di ghiaccio secco. Sono applicabili sia su grandi superfici, come i parquet storici, che su manufatti di dimensioni ridotte.

t TAC  tomografia assiale computerizzata ‘tack’ proprietà di un adesivo di mantenersi appiccicoso per un certo lasso di tempo.

tagliente specificazione usata per il bordo di strumenti molto affilati, come lame, coltelli e bisturi variamente impiegati nella lavorazione del legno; si dice che hanno il tagliente asce, pialle, scalpelli, subbie, sgorbie.

taglio espressione usata per indicare la sezione del legno, che può essere radiale, intermedia, tangenziale. Anche rottura lineare netta delle fibre di un supporto tessile dove i margini della lesione si avvicinano perfettamente. talco silicato idrato di magnesio, noto anche come  steatite, usato in alternativa al bolo bianco come additivo di pigmenti, o per diminuire il potere coprente delle preparazioni per la doratura. È impiegato nei manufatti ceramici.

tamponare intervento provvisorio mirato a fermare una forma di degrado in atto, in attesa di un intervento conservativo appropriato; un esempio è l’applicazione di fogli di melinex su una pellicola cromatica, su un vetro o su un materiale ceramico. Chimicamente ha il significato di usare un sistema composto da acidi o basi deboli e loro sali per limitare le variazioni del  pH. tampone strumento costituito da un bastoncino al quale vengono applicati stoffa o cotone imbevuti di varie sostanze. Può essere impiegato per supportare liquidi di pulitura, per l’applicazione del mordente su una lastra, del colore sulle stampe, sul muro (nella pittura parietale antica), nel restauro per eseguire applicazioni di sostanze

idonee su superfici di piccole dimensioni e per rimuovere residui dei trattamenti di pulitura. Sistema chimico costituito da un acido o una base debole in soluzione con un suo sale ( tamponare).

tannino sostanza organica complessa, di formula incerta, che si estrae in quantità da alcuni tipi di legno come il castagno, il rovere ecc. Ha caratteristiche acide ed è usato principalmente nella concia delle pelli ( conciare). Il tannino è impiegato anche nella produzione di inchiostri neri e in tintura; spesso contribuisce alla depolimerizzazione di fibre tessili proteiche, della pergamena e della carta. tappeto tessuto di dimensioni variabili, monocromo o con decorazione policroma, impiegato nell’arredamento. I tappeti possono essere eseguiti con la tecnica applicata ai normali tessuti, oppure con l’annodatura, a mano o a macchina. Il loro restauro fino a oggi si è allineato in maniera generica a quello del tessile, ma l’esecuzione tecnica, i materiali che lo compongono, l’aspetto tridimensionale e alcune forme di degrado derivate dall’uso, insieme al rischio di infestazioni biologiche, ne fanno una problematica a se stante. Trattandosi di un oggetto d’uso, la sua vicenda conservativa risulta particolarmente complessa. La tendenza prevalente è quella di conservare gli interventi di manutenzione, il che comporta il problema di distinguere l’originalità delle componenti; in questo senso occorre anche valutare se l’oggetto è in uso, parzialmente in uso (tipico il caso delle dimore storiche) o musealizzato.

tappezzeria qualsiasi tessuto impiegato nell’arredamento di edifici civili ed ecclesiastici (arazzi, tappeti ecc.), stoffe per imbottitura o per il rivestimento delle pareti. Intesa come rivestimento,

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la tappezzeria può essere anche lignea o realizzata con carta da parati. In antico l’uso dei tessuti negli ambienti domestici aveva una funzione isolante. Le forme di degrado e di restauro sono quelle delle singole tipologie di tessuto e di carta utilizzate.

tarlatura forma di degrado prodotta dall’azione dei tarli del legno; va ricordata anche la tarlatura artificiale, una forma di invecchiamento di mobili e cornici eseguita a scopo di falsificazione. tarlo nome comune dei coleotteri  Anobidi, che trova in alcune parti del legno ( alburno) il suo ambiente ideale. Il legno, di conifera o di latifoglia, non stagionato, troppo giovane o attaccato dall’umidità si presta più di altri a essere infestato. I tarli possono attaccare ogni genere di supporto ligneo, di mobile, di struttura portante (travi dei soffitti, scale) fino a distruggerli completamente. Esistono vari metodi di disinfestazione ( disinfestare), come gli insetticidi fumiganti, fino a trattamenti con sostanze impregnanti, fra le quali il  bromuro di metile. Recentemente sono state impiegate tecniche con effetto di disinfestazione e disinfezione, come radiazioni ionizzanti o insetticidi organofosforici.

TASSO

‘tarso’ varietà di marmo siliceo utilizzato a Venezia in miscela con calce, soda e coloranti per la produzione del vetro.

tartaruga tipo di materiale pregiato ricavato dal carapace (guscio) dell’animale omonimo. Impiegato, insieme alla madreperla in campo orafo, per oggetti, rivestimenti e intarsi di cofanetti, e in ebanisteria. Ha applicazione anche nella  tarsia.

‘tasca’ nel gergo del restauro indica le zone di stacco di una superficie affrescata, dovute a mancanza di coesione fra  intonachino e  arriccio o fra arriccio e muro. Anche punto di fuoriuscita delle sostanze resinifere presenti nei legni di conifera. La presenza di resina nascosta nei supporti lignei può provocare il distacco della preparazione, macchiarla, e persino modificarne la policromia. tassellatura inserimento o applicazione di tasselli, per lo più lignei, specie nel caso di supporti in tavola non più integri in cui si sia dovuto procedere alla rimozione di legno tarlato o degradato e ormai compromesso. Un’operazione analoga si esegue su materiali lapidei e metallici per sostituire o riparare parti danneggiate o deteriorate. tassello blocchetto di pietra, di metallo o di

tarma detta comunemente tignola, è un lepidottero che si nutre di sostanze vegetali e animali e che attacca di preferenza stoffe, tappeti e pellicce.

tarsia indica, oltre al commesso ligneo, quello di pietre di vari colori. Giorgio Vasari (1568) e Filippo Baldinucci (1681) usano il termine solo con riferimento all’intarsio di legni diversi. Viceversa nella tarsia si combinano più precisamente elementi dello stesso materiale ma di colore diverso. La tarsia in pietra è caratterizzata dalla forma variabile degli elementi che la compongono e dalle dimensioni, maggiori rispetto a quelle delle tessere musive. Questa tecnica, sviluppatasi in epoca greco-romana, è descritta da Plinio nella Naturalis Historia (I secolo d.C.). La tradizione si prolungò nel Medioevo grazie alla consuetudine di eseguire rivestimenti architettonici di gusto decorativo e continuò per tutto il XVII secolo con la tarsia marmorea figurativa e geometrica.

legno di forma geometrica che viene inserito in una cavità della stessa forma, nel corso di un intervento di manutenzione o di restauro ( tassellatura). Nella scultura in metallo, la tecnica del negativo a tasselli consentiva il recupero del  modello e la sua riproduzione. Sull’anima di argilla si applicava una forma in gesso divisa in tasselli, che potevano essere smontati e ricomposti a parte. Tasselli di legno sono impiegati anche nella xilografia a formare la matrice su cui veniva eseguita l’incisione. Nelle tavole di supporto per la pittura i tasselli si chiamano anche  cavicchi e vengono inseriti negli spessori di congiunzione del legno. In epoca medievale venivano usati per proteggere le teste dei chiodi dalla ruggine.

tasso legno ricavato dalla pianta Taxus baccata, usato in ebanisteria insieme all’ebano e al bosso e nell’intarsio ligneo in associazione a materiali preziosi come avorio, osso, pietre dure e paste vitree.

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TAVOLA

tavola supporto ligneo preparato per essere dipinto a tempera, e dal XV secolo anche a olio, sul quale si applicava una tela di lino su cui veniva stesa la preparazione. Le tavole possono avere taglio radiale (dal cuore dell’albero) o tangenziale, ma potevano essere associati anche pannelli a sezione diversa. Per realizzare quadri di grandi dimensioni le tavole venivano assemblate ( assemblaggio): il numero dei pannelli dipende dalle misure dell’opera, dal tipo di legno utilizzato e dalle scuole. Le principali deformazioni del supporto ligneo derivano dalle variazioni igrometriche: ne sono causa l’anisotropia, l’irregolarità della fibratura e i gradienti di umidità. Il termine tavola viene più genericamente usato per indicare un dipinto eseguito su supporto ligneo.

dei materiali e la climatizzazione delle teche di contenimento sono alcune delle valutazioni proprie di un allestimento museale ed espositivo ( museotecnia) che mira ad accordare le esigenze della fruizione da parte del pubblico con le istanze della conservazione dei manufatti esposti.

tavola calda tecnica che ha sostituito la tradi-

tecniche di riporto  riporto del disegno

zionale  stiratura nelle operazioni di foderatura manuale, ovviando alla difficoltà di distribuire il calore in maniera uniforme e di mantenerlo entro limiti di sicurezza. La vecchia e la nuova tela, preparate, vengono stese sulla tavola: il calore è distribuito uniformemente da resistenze elettriche, la pressione viene generata da pompe che aspirano l’aria rimasta fra la tavola e la coltre impermeabile stesa sopra. Si definisce più propriamente tavola di termoincollaggio a vuoto.

tavolozza strumento usato in pittura e nel restauro per mescolare i colori a olio, a tempera, ad acquerello ecc. È una tavoletta sottile ovale o rettangolare, in legno o in metallo, con un foro laterale nel quale si inserisce il pollice. Con il termine tavolozza si allude anche all’insieme dei pigmenti, delle lacche e dei materiali prediletti da un determinato artista che oggi sono identificabili con vari metodi analitici e diagnostici. La conoscenza della tavolozza di un maestro è di ausilio, oltre che nel restauro, nella risoluzione di problemi attributivi.

teca di contenimento tipo di vetrina idonea alla conservazione di manufatti collocati in ambienti non climatizzati. Strutturalmente è composta di tre parti: il contenitore in plexiglass, un secondo contenitore con gel di silice (sostanza in grado di mantenere costante l’umidità relativa) e un supporto con funzione statica. La progettazione, la scelta

tecniche grafiche si distinguono in tecniche a secco (dry media) e liquide (liquid media). Le prime utilizzano carboncini, sanguigne, pastelli e grafiti nella forma di matite o bastoncini compatti e appuntiti; le tecniche liquide utilizzano  medium acquosi, pennelli e penne (acquerelli e inchiostri). Le tecniche grafiche moderne fanno uso di carta di produzione industriale, pennarelli, biro, cere e acrilici.

tela supporto tessile di origine vegetale, animale o sintetica impiegato dal XV secolo in poi nella pittura a tempera e a olio. Lino e canapa risultano i materiali storicamente più utilizzati; l’armatura è composta di fili di  ordito che passano alternativamente sopra e sotto le trame. Filippo Baldinucci (1681) la descrive come “invenzione trovata dagli Artefici da centottanta anni in quà in circa (benchè nelle nostre parti più modernamente)”. Per tutto il Medioevo (fatta eccezione per gli stendardi) fu utilizzata come parte integrante della preparazione dei pannelli, oppure applicata sulle tavole che dovevano essere dipinte ( ammanitura e incamottatura). Le prime tele erano di un tessuto di lino fine e fitto e la loro preparazione fu mutuata da quella della pittura su tavola: del resto vi si continuò a dipingere a tempera. L’innovazione tecnica deriva infatti dalla concomitanza dell’uso della tela come supporto e di sostanze oleose come medium. L’uso della tela libera l’artista dalle consuetudini artigianali imposte dalla bottega, gli permette di lavorare almeno parzialmente nel proprio atelier ed eventualmente di eseguire le finiture dopo la collocazione del dipinto. Infine le tele avevano il vantaggio di poter essere avvolte in rulli e trasportate. Condizioni microclimatiche considerate ideali per la conservazione dei supporti in tela sono una temperatura di 18 °C e un’umidità relativa del 50-60%, comunque non superiore al

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65-70%. Per densità della tela si intende la somma dei fili di ordito e di trama calcolata per centimetro quadro. Nella tela rada abbiamo per esempio circa 7x7 fili per cm2; se il filato è grossolano consente di lavorare su pezze di grandi dimensioni senza ricorrere a giunte. Questo tipo di tela fu molto apprezzato a Roma nel XVII secolo.

tela di recupero tessuti di lino, nati con diverse destinazioni, reimpiegati dagli artisti per risparmiare sui costi. Si riconoscono per l’armatura.

tela di rifodero supporto ausiliario applicato sul verso di una tela dipinta in interventi di  tensionamento.

telaio struttura portante rigida usata come ossatura per supporti lignei, o mobile su cui viene tesa e fissata la tela, il cui nome deriva dalla forma dello strumento impiegato nella lavorazione dei tessuti. È costituto da quattro regoli con il bordo interno smussato, uniti a incastro e muniti di biette per l’espansione in modo da assecondare i movimenti del supporto. In passato si usavano telai semirigidi. Il telaio che corre lungo una tavola può essere costituito da una o più traverse, la cui direzione longitudinale è orientata secondo la direzione trasversale del pannello. Fra le varie tipologie va ricordato il telaio di riduzione o graticola (telaio su cui sono tesi dei fili a intervalli regolari), il telaio fisso, le cui dimensioni non sono modificabili e che non permette di controllare il tensionamento della tela, il telaio interinale o provvisorio, che si usa durante gli interventi di restauro per tenere la tela in trazione, il telaio di contenimento, che asseconda i movimenti del supporto agendo solo sui bordi esterni, come una protesi di sostegno. Oggi si usano anche telai di alluminio per evitare l’imbarcamento del legno.

TEMPERARE

presenti nell’aria. I teleri, di varie dimensioni, ma concepiti secondo un preciso programma iconografico, venivano realizzati in bottega e poi montati come veri e propri rivestimenti di soffitti e pareti.

tempera tecnica di stesura pittorica caratterizzata dall’uso di pigmenti, che usa come agglutinante (legante o medium) sostanze grasse non oleose, come emulsioni di uovo, latte, lattice di fico, gomme, cere, colle ecc. Il termine deriva da ‘temperare’, cioè stemperare i colori, mescolarli in giusta misura. I supporti usati per la tempera sono: legno, metallo, pietra, cartone, tela, carta, ecc. La tempera fu usata per tutto il Medioevo, prima della diffusione della pittura a olio su tela. La fonte principale per lo studio della tempera e della sua preparazione e stesura resta il Libro dell’Arte di Cennino Cennini.

tempera ausiliaria normale tempera, impiegata per dare resistenza alla calce nella tecnica dell’affresco, nel caso di una carbonatazione scadente o insufficiente. Usata in associazione alla pittura a fresco o mezzo fresco, la tempera ausiliaria stesa a secco permette di ottenere effetti cromatici particolari. Non sempre una tempera aggiunta si dimostra meno efficace del buon fresco, soprattutto se il pigmento è miscelato opportunamente e steso nell’intervallo di tempo più idoneo.

tempera grassa variante della tecnica della tempera tradizionale: in questo caso ai leganti vengono addizionate sostanze oleose e resinose che rendono il colore fluido e trasparente. La tempera grassa comincia a essere usata fra il XIV e il XV secolo. tempera magra miscela nella quale il  legante

tela olona tipo di tela di cotone, fitta, densa e resistente, usata soprattutto dopo la diffusione del colore  acrilico.

è una gelatina, una colla vegetale o una sostanza derivata dalla caseina, che presenta un film opaco tendente a schiarire durante l’essiccamento. Il termine si usa anche per indicare una pittura povera di legante.

telero tipo di dipinto su tela, documentato a Venezia dal XV secolo, che sostituisce l’affresco, più facilmente attaccabile dall’umidità e dalla salinità

temperare anche stemperare, è l’azione di mescolare i pigmenti con il medium o  legante, da cui la voce  tempera.

TEMPERATURA DI COLORE

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temperatura di colore riferita a una sorgente

‘tempo scultore’ espressione usata per analogia

luminosa, il termine definisce la temperatura cui è scaldato il filamento metallico costituente la sorgente stessa ed è indicativa della sua distribuzione di energia spettrale ( corpo nero). Viene espressa in gradi Kelvin: una temperatura di 3000 K corrisponde a un colore caldo, intorno ai 6000 K corrisponde alla luce solare, una temperatura di 9000 K a una luce fredda. Per sorgenti luminose a fluorescenza e/o a scarica, dal momento che non operano per incandescenza, si preferisce usare la definizione di temperatura di colore correlata o prossimale.

con quella di  ‘tempo pittore’ usata dallo storico dell’arte James Beck a proposito del restauro della scultura raffigurante Ilaria del Carretto del Duomo di Lucca, attribuita, anche se non concordemente, a Jacopo della Quercia. Secondo questa interpretazione anche gli scultori avrebbero previsto consapevolmente che la polvere potesse depositarsi su certi piani o in certi interstizi dell’opera, producendo effetti plastico-cromatici particolari.

temperatura di contrazione soglia di riscaldamento dell’ambiente al di sopra della quale un materiale tende a contrarsi; ad esempio per le tele è di 18 °C, per il cuoio di 70-85 °C. temperatura di rugiada o punto di rugiada. Temperatura (TR) espressa in gradi centigradi, alla quale l’aria, satura di acqua, inizia la condensazione spontanea in condizioni di umidità specifica e pressione atmosferica stazionarie.

tensioattivo sostanza solubile che, addizionata a un liquido, ne altera la  tensione superficiale. Fra i tensioattivi più noti, i  saponi abbassano la tensione superficiale dell’acqua permettendo una grande estendibilità della superficie sotto forma di schiuma. L’impiego di tensioattivi aumenta la  bagnabilità di un liquido su di una superficie. Le  soluzioni che contengono tensioattivi hanno proprietà emulsionanti e detergenti, inoltre penetrano i materiali porosi. Nel restauro i tensioattivi vengono di solito aggiunti ai  solventi organici.

tempo di azione tempo impiegato da un materiale per raggiungere un determinato parametro o effetto; per esempio, il tempo di indurimento di uno stucco impiegato per colmare le lacune dell’intonaco, il tempo di presa di un adesivo nella fase di consolidamento di due superfici, la proprietà e la lavorazione di alcuni metalli e leghe ferrose.

tensionamento intervento di trazione della tela sul telaio necessario in seguito a un fenomeno di allentamento; può provocare la deformazione permanente del dipinto, evidente nella formazione dei segni delle barre e degli spigoli del telaio. Ne conseguono la crettatura del colore e la sua caduta in frammenti. Di recente si è sperimentato il tensionamento con sistema a elastici, combinato con un apporto controllato di umidità, oppure con telaio a sospensione unito alla  tavola calda.

‘tempo pittore’ espressione con la quale si

tensione forza lineare che si manifesta fra due

allude all’assestamento e all’alterazione dei materiali sui dipinti a olio e alle conseguenze che queste modifiche comportano (trasparenze, ingiallimento delle vernici ecc.). Col passare del tempo il timbro del colore e l’effetto d’insieme di un dipinto sono destinati a modificarsi; di questo fenomeno sono ben consapevoli gli artisti, che iniziarono a usare imprimiture colorate o ad aumentare la quantità di biacca impiegata, cercando di prevedere l’effetto che il tempo avrebbe avuto sulle loro opere. L’espressione, nata all’epoca del collezionismo barocco, non coincide con il gusto per la patina, ma ne rappresenta un aspetto.

superfici diverse provocando un fenomeno di  decoesione.

tensione superficiale forza agente sulla superficie di un liquido che tende a minimizzare l’area della superficie stessa. Questa forza è responsabile per esempio dell’aggregazione dell’acqua in gocce e controlla il potere bagnante di un liquido. Mediante l’aggiunta di un  tensioattivo è possibile modificare la tensione superficiale di un liquido.

tenuta capacità di impedire la fuoriuscita di un

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fluido in pressione; per esempio una chiusura a tenuta stagna o a tenuta di gas. Il termine ricorre nella strumentazione legata alle sperimentazioni in laboratorio e al restauro.

termite nome di un insetto dell’ordine degli Isotteri che vive in comunità organizzate e che è in grado di metabolizzare la cellulosa del legno, dove si insedia soprattutto se il materiale è associato a strutture murarie o metalliche. Le termiti amano i climi caldi e gli ambienti umidi; sono insetti fotofobi (rifuggono la luce) quindi agiscono all’interno fintanto che il danno è totalmente irreversibile (crollo o collasso della struttura lignea).

termocauterio spatola calda impiegata per abbassare i sollevamenti di colore durante l’operazione di fermatura o per far penetrare sostanze idonee in un legno da consolidare. La distribuzione del calore è regolata da un termostato. Lo strumento, ampiamente usato nel restauro delle cere, è stato sostituito da impasti di cera colorata modellabili a una temperatura di soli 34 °C, che permettono di rispettare i criteri di reversibilità, riconoscibilità e minimo intervento.

TERRACOTTA

viene misurata mediante un fotomoltiplicatore. Questa tecnica consente di ottenere datazioni con un’approssimazione media del 10%.

termospatola strumento usato per fissare gli strati di colore mediante stiratura, dopo l’infiltrazione di colla animale su sculture lignee dipinte. termovisione sistema di visualizzazione della temperatura di un oggetto mediante telecamere nell’infrarosso ( infrarosso termico). Queste telecamere sono equipaggiate con speciali ottiche e sensori per rilevare e registrare la radiazione termica irradiata o emessa da un corpo avente temperatura diversa da quella dell’ambiente che lo circonda. Nel settore dei beni culturali questa tecnica trova impiego soprattutto nella diagnostica di pitture murali e nell’architettura, per evidenziare discontinuità o differenze strutturali interne alle strutture, non visibili a occhio nudo. Consente di rilevare tamponamenti, ponti termici, umidità di risalita capillare, perdite di umidità, canalette di impianti elettrici, canalizzazioni di impianti idrico-sanitari e termici ecc.

terpene idrocarburo ciclico o aliciclico avente termografia tecnica diagnostica non invasiva per immagini che misura la radiazione infrarossa emessa dalla superficie di un corpo. Vengono generate delle mappe, in falsi colori, rappresentative delle zone indagate in cui vengono associati dei colori alle temperature rilevate. La mappatura della temperatura superficiale è utile per poter valutare lo stato di conservazione di murature ed elementi architettonici e dettagli nascosti, quali crepe, aperture celate, ecc.

delle insaturazioni, presente negli oli essenziali e nelle resine naturali (per esempio nell’olio di trementina). In natura si forma per addizione di molecole di isoprene. I terpeni sono una classe molto vasta di composti organici naturali, sia vegetali che animali e si dividono in sottoclassi in base alla complessità molecolare (monoterpeni, sesquiterpeni, diterpeni, triterpeni); comprendono sia molecole leggere (oli essenziali, aromi) che molto grandi e pesanti (steroidi), fino a polimeri naturali come guttaperca e caucciù.

termogravimetria  analisi termogravimetrica termoluminescenza tecnica analitica impiegata per la datazione di materiali inorganici (reperti ceramici, vetri antichi, statue bronzee) per riscaldamento in modo lineare del campione prelevato dall’oggetto (almeno 5 g) partendo da temperatura ambiente fino a 450 °C. Durante il riscaldamento si ha la liberazione degli elettroni intrappolati in livelli ad alta energia; essi emettono questo eccesso sotto forma di radiazione luminosa che

terpeni composti organici reperibili in natura, componenti di oli essenziali commercializzati come profumi, alla base di gomme naturali e sintetiche. terpentina  trementina terracotta materiale ceramico poroso, di colore variabile dal giallo al rosso scuro, ottenuto dalla cottura di argille contenenti minerali di ferro a temperature inferiori a 1000 °C.

TERRA DI

ARMENIA

terra di Armenia terra impiegata nella doratura, nota con questo nome per la sua tipica colorazione rossastra ( bolo). terra di cattù pianta, nota anche come guaderella, dalla quale si produce un colorante giallo e bruno impiegato nella tintura delle stoffe. terra di fusione residuo presente nella parte interna dei getti di fusione di sculture metalliche. Può essere indicativo della tecnologia fusoria e delle tecniche di esecuzione dei getti. Talvolta può essere sede e causa di alterazioni dei manufatti metallici. terra di Siena pigmento da giallo a bruno, composto da ossidi di ferro idrati, silicati e pochi ossidi di manganese, la cui tonalità bruciata si ottiene per disidratazione, arrostendo la terra naturale. Luoghi di provenienza tipici erano i territori a sud di Siena fino al Monte Amiata e l’Isola d’Elba.

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tessera in un mosaico è il singolo elemento dell’insieme. Le tessere dei mosaici hanno la più varia natura in funzione dei cromatismi che si ricercano. Sono note tessere di pasta di vetro dagli effetti di trasparenza e dai colori vivi; la ceramica smaltata, che ha una grande gamma di colori ma è un materiale assai deperibile; i marmi colorati e infine le tessere dorate o argentate, costituite da una foglia d’oro o di argento inclusa in una tessera di vetro, dalla grande luminosità.

tessuto prodotto finito ottenuto dall’intreccio di filati; si differenzia dall’arazzo e dal tappeto per la tecnica di esecuzione e per la destinazione. Stoffe, arazzi e tappeti hanno in comune alcune operazioni preliminari che consistono nella scelta, nella preparazione e nella tintura dei materiali e nell’uso del telaio come strumento di lavorazione. I materiali possono essere di origine animale, vegetale o sintetica. Dal punto di vista della conservazione occorre tener presente che le fibre animali contengono cheratina, quelle vegetali cellulosa. Per questo i tessuti sono particolarmente soggetti agli attacchi di muffe e parassiti in condizioni umide o di scarsa ventilazione. In passato i tessuti venivano rinforzati mediante trasporto su tela forte, cucitura o incollaggio. Per evitarne la deformazione è consigliabile tenerli in posizione orizzontale.

terraglia materiale ceramico bianco, poroso e a pasta fine. Si distinguono ‘terraglie tenere’, ottenute cuocendo a circa 1000 °C argilla, calcare e sabbia quarzifera, e ‘terraglie forti’, da argilla, sabbia quarzifera e feldspato cotti a circa 1250 °C. È un materiale adatto a essere rivestito di  smalti o  vetrine.

tessuto di recupero tessuto di uso domestico

terra verde pigmento a base di silicati ferrosi e

reimpiegato dai pittori come supporto per la pittura a olio.

ferrici (glauconite, celadonite), di origine sedimentale, con granulometria finissima. La terra verde ha un colore che può variare da un tono freddo, azzurrognolo fino a tonalità giallastre, dipendenti dal contenuto di altri minerali (ossidi, idrossidi ecc.). Le qualità più pregiate e rinomate erano la terra verde di Verona, altrimenti detta ‘terra veronese’, e qualità provenienti dall’Europa centro-settentrionale (verde d’Alemagna, verde boemo). Per la sua stabilità il pigmento ha applicazione in tutte le tecniche pittoriche.

terre pigmenti di natura argillosa che si dividono in varie tipologie in relazione ai minerali presenti (goetite, ematite, glauconite, pirolusite ecc.) nella matrice argillosa.

tessuto non tessuto prodotto sintetico industriale costituito da una miscela polimerica di viscosa e poliestere in varie percentuali reciproche, prodotto di basso costo utilizzato nel restauro per strati di interposizione in sostituzione della carta giapponese, qualora i reattivi con cui viene in contatto lo consentano.

test di indurimento del colore metodo tradizionale, ma sempre valido, per accertare l’età di un dipinto: si provvede a bucare con cautela con uno spillo la superficie del film: se questo è morbido, cioè giovane, lo spillo vi affonda, mentre se è antico incontra una pellicola compatta e vetrosa sulla quale scivola.

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test di solidità prova effettuata per valutare la solidità di una fibra colorata ai trattamenti usuali di lavaggio e pulitura. Il test viene effettuato su campioni di filati prima di sottoporli all’operazione di lavaggio. I singoli campioni vengono immersi in provette da saggio contenenti la soluzione detergente; le provette vengono scaldate a bagnomaria fino a una temperatura di 45 °C e lasciate in ammollo per un’intera notte. Una volta estratti, i filati vengono depositati su carta assorbente bianca, tamponati e lasciati asciugare. Anche se il test non può dare una sicurezza totale, garantisce un buon margine di sicurezza.

TGA  analisi termogravimetrica tiglio legno ricavato da alberi della famiglia delle Tigliaceae, di media durezza, a porosità diffusa, resistente al tarlo ma non all’attacco fungino e meno sensibile di altri alle variazioni di temperatura e di umidità, usato nella preparazione di supporti per tavole e polittici e nella scultura lignea policroma. Ha avuto vastissimo impiego in Austria e in Germania; secondariamente anche in Francia e in Italia.

TOLUENE

tintura operazione che conferisce una colorazione stabile e uniforme a fibre e prodotti tessili oppure a pellami, facendo uso di sostanze coloranti ( colorante). tiratura nelle tecniche di stampa indica il numero di copie stampate per una singola opera.

tissotropia (anche tixotropia); fenomeno chimico-fisico per cui alcuni fluidi viscosi o in forma gelificata, per effetto meccanico di agitazione o vibrazioni, passano allo stato liquido, tornando a coagulare al cessare dell'azione meccanica. Tale fenomeno interessa specialmente colori e vernici per la loro stendibilità. I colori a olio, ad esempio, hanno proprietà tissotropiche: in tal modo la tecnica di pittura si è rivoluzionata rispetto al dipingere a tempera, che prevedeva la stesura dei colori per velature successive, poiché è possibile sia stratificare che mescolare stesure diverse, secondo l'azione più o meno decisa del pennello. Rubens e altri fiamminghi hanno potuto così dipingere grandi tele in pochi giorni. La tissotropia è propria anche di miscele composite che fanno presa per reazione con acqua (colla, malte cementizie e idrauliche).

timbro usato come alternativa a ‘tono’ per indicare la particolare sfumatura e la luminosità di un colore o di una policromia ottenuta dal maestro con accorgimenti particolari (velature, accostamenti di colori e vernici); può essere gravemente alterato da una pulitura disattenta nei confronti dei materiali e della tecnica di esecuzione. È frequente anche l’espressione  ‘spengere il timbro’.

tinta in  colorimetria, caratterizza la famiglia di appartenenza di un dato colore come quella dei blu, dei rossi, dei verdi. tinteggiatura tecnica di stesura di un colore sulla preparazione o sulla superficie cromatica come finitura prima della vernice. Nel XIX secolo si usava tinteggiare le superfici affrescate con i cosiddetti  beveroni, miscele colorate con varie componenti che davano al dipinto un  timbro uniforme, che di solito spegneva o modificava quello originale.

TLC  cromatografia su strato sottile TLV ‘threshold limit value’ (“valore limite di soglia”). È la soglia di concentrazione espressa in parti per milione (ppm) di una sostanza nociva per inalazione al di sotto della quale non vi sono problemi di sicurezza per le persone esposte. Parametro definito dall’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH), deve essere riportato nella scheda tecnica dei prodotti di restauro (solventi) che potrebbero risultare nocivi per la salute umana. La definizione tiene conto del tempo di esposizione, considerando un’esposizione prolungata o breve; tuttavia ipersensibilità individuali possono tradursi in un effetto dannoso anche a concentrazioni inferiori.

TNT acronimo di  tessuto non tessuto toluene anche toluolo o metilbenzene, è un solvente aromatico di alta tossicità presente nelle

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TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA

frazioni leggere della distillazione del catrame di carbon fossile, da cui si può ottenere per distillazione frazionata. Ha vasto impiego, nelle percentuali previste dalla legislazione, nei solventi per vernici, sverniciatori ecc., buone proprietà solventi per moltissime resine sia naturali che acriliche, cere oli e grassi. Moderatamente volatile, produce scarsi fenomeni di  ritenzione.

tomografia assiale computerizzata (TAC) ricostruzione delle differenze di radiopacità in sezioni contigue di un corpo solido, effettuata mediante apparecchiatura radiografica speciale. Il soggetto o il campione da indagare, immobile, è posto lungo un suo asse mentre la  sorgente X e il  rivelatore si muovono solidali radialmente rilevando la radiopacità. Nella diagnostica artistica è stata usata per delucidare strutture complesse di telai originali dei dipinti, oppure impiegata in strumenti da banco per lo studio di reperti e manufatti tridimensionali cavi e chiusi; si rivela uno strumento utile per una conoscenza preliminare del manufatto propedeutica alle operazioni di smontaggio. tono termine gergale per indicare il grado di luminosità di un colore ( chiarezza); anche come risultato ottico dato dal colore originale in relazione a fattori modificanti (verniciature, condizioni ambientali, tipo di esposizione alla luce). Un intervento di pulitura può intervenire in modo deviante sui toni della superficie cromatica.

colorazione azzurra). Può essere usato come soluzione oppure imbevendo nella stessa listelli di carta da filtro, le cosiddette cartine al tornasole.

tornio strumento per la lavorazione a freddo di pezzi meccanici o artistici usato in carpenteria e falegnameria; apparecchio costituito da un piatto rotante impiegato nella formatura dell’argilla per la ceramica (tornio del vasaio). La modellazione al tornio è conosciuta dalla fine del III millennio a.C. e veniva usata per eseguire oggetti utilizzando un unico pezzo di argilla. Cipriano Piccolpasso ne Li tre libri dell’arte del vasaio (1548) ricorda “tutto ciò che si fa con il giro perfetto”. Nel caso di oggetti di maggiori dimensioni i singoli pezzi ottenuti al tornio venivano assemblati fra loro e poi rifiniti con strumenti in legno o in metallo. tornire lavorare al tornio, ma anche modellare materiali morbidi come la creta e l’argilla.

tossicità proprietà di una sostanza di produrre intossicazioni. Dal punto di vista chimico la costituzione di sostanze tossiche risulta variabile: possono essere assorbite e metabolizzate dall’organismo umano oppure trasformate. Per quanto riguarda i solventi, che hanno un vasto impiego nel restauro, occorre valutarne la tossicità intrinseca, la concentrazione nell’ambiente di lavoro e la durata dell’esposizione ( TLV). TR  temperatura di rugiada

torbido propriamente si dice di un liquido che contiene in sospensione sostanze che ne offuscano la limpidezza. Per estensione si applica alle policromie che hanno subìto annerimenti o ingiallimenti, o a materiali degradati che hanno perso la trasparenza originale, come i vetri.

tornasole in botanica è il nome volgare della pianta Chrozophora tinctoria usata per produrre una tinta azzurra utilizzata nel Medioevo e nel Rinascimento come colorante per tessuti e nelle miniature. Si intende anche una miscela di sostanze coloranti ottenuta per fermentazione da licheni (Roccella e Lecanora), utilizzata soprattutto come  indicatore di  pH (in presenza di acidi si tinge di rosso mentre in presenza di basi assume

trama in un tessuto è l’insieme dei fili orizzontali del telaio sui quali viene tessuto l’  ordito; può essere fitta o rada in relazione alla quantità dei fili. Una tela di supporto a trama fitta assorbe meglio la preparazione, mentre in una trama rada la preparazione tende a penetrare nei buchi con risultati di conservazione peggiori.

transilluminazione o luce trasmessa. Tecnica di osservazione nel  visibile dove l’oggetto della ripresa è posto tra la  sorgente di illuminazione e l’osservatore. La transilluminazione può essere impiegata solo su materiali parzialmente o totalmente trasparenti alla radiazione visibile (dipinti su tela, su carta, su tessuto ecc.). L’immagine ac-

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quisita in transilluminazione può fornire informazioni sullo stato di conservazione del supporto e sullo spessore degli strati preparatori e pittorici.

transirradiazione tecnica di osservazione nell’  infrarosso vicino dove l’oggetto della ripresa è posto tra la  sorgente e l’osservatore. trapano utensile di varie misure, usato fin dal Medioevo in falegnameria, che lavora in modo rotatorio praticando fori cilindrici. Nella lavorazione del marmo è usato per ottenere effetti di chiaroscuro particolarmente intensi, per precisare i sottosquadri (parti rientranti in profondità sotto la superficie) e i cosiddetti ‘isolamenti’, cioè le parti in forte aggetto rispetto al corpo di una scultura. Se lo strumento è particolarmente sottile si chiama ‘violino’.

trapano ad archetto tipo di trapano un tempo impiegato nel restauro delle ceramiche e dei vetri ( cucitura). trasduttore apparecchiatura generalmente elettrica che trasforma sollecitazioni fisiche e chimiche in segnali elettromagnetici codificati e riprodotti dagli strumenti di misura.

traslucido grado di trasparenza che permette di vedere un’immagine senza percepirne i contorni con precisione, senza attenuarne eccessivamente l’intensità e la cromia. Si dice dei rivestimenti di smalto che hanno particolari effetti di chiaroscuro legati alla tecnica di lavorazione del disegno, inciso in diversi spessori sul metallo. Erano traslucide le lastre sottili di onice o alabastro utilizzate in epoca gotica al posto delle vetrate. trasparenza proprietà fondamentale delle sostanze filmogene usate per la finitura superficiale. La trasparenza ideale sarebbe quella che trasmette la componente visibile e risulta opaca alle altre radiazioni, soprattutto a quelle ultraviolette. La perdita di trasparenza dipende da fenomeni connessi al degrado delle sostanze filmogene, che sono anche funzione della loro composizione, dei parametri di esposizione e dell’impatto ambientale. Esistono vernici antiche estesamente crettate ma ancora molto trasparenti.

TRATTAMENTO INIBENTE

trasporto trasferimento di una pittura murale, di una tavola o di una tela dal supporto originale, qualora il suo stato di conservazione sia particolarmente degradato. Può essere eseguito con la tecnica dello  stacco e dello  strappo. Si usa, insieme al termine trasferimento, anche per indicare le forme più rudimentali di trasporto, come nel caso di affreschi che venivano spostati con tutta la muraglia, citati dalle fonti fin dal XVI secolo. Più tardi si svilupparono le tecniche del trasporto a massello, a massello di gesso, o sull’incannicciato. A prescindere dal metodo impiegato, che dipende dalla capacità di adesione della pellicola pittorica rispetto al supporto, oggi si ritiene molto importante la risupportazione, eseguita anche con stesure di fibre di vetro idonee nel caso di affreschi staccati o comunque separati dal supporto originale. Questi vengono ricollocati con adesivi adeguati sulla nuova ‘sede’, che può essere rigida o avvolgibile a seconda dello spessore. Il trasporto di un dipinto provoca comunque alterazioni della condizione fisica, anche se tendenzialmente non altera lo stato chimico dei colori che lo compongono.

trasudamento forma di degrado del vetro che consiste nella secrezione di gocce di soda e potassa che, sottoposte all’azione dell’anidride carbonica presente nell’aria, si trasformano nei rispettivi carbonati. Questi sono igroscopici (sottraggono acqua all’aria) e l’acqua torna a reagire con la massa vetrosa: ne derivano corrosione e offuscamento del materiale. trattamento lemma che raggruppa le applicazioni di metodi e procedimenti diversi – che variano col modificarsi delle tecniche e in relazione ai manufatti da restaurare – tese a intervenire in senso migliorativo sulla struttura, sulla superficie e sulle componenti di un manufatto di interesse storico artistico e archeologico (impermeabilizzazione, trattamento per velinatura, per impregnazione ecc.). Si intendono come trattamenti la pulitura, il consolidamento e la protezione delle opere d’arte. trattamento inibente metodo di protezione dei manufatti restaurati da ricollocare in situ, allo scopo di sottrarre il materiale all’azione dell’ambiente e di rallentare i processi di deterioramento che ne

TRATTATO

derivano. I protettivi dovrebbero essere fatti penetrare al di sotto della superficie perché non interferiscano con l’immagine, che potrebbe essere alterata da macchie o scurimenti, oppure trasparenti e inerti nei confronti dei materiali della superficie. In genere si usano composti idrofobi. Il termine può riferirsi a trattamenti finalizzati all’inibizione di colonizzazioni biologiche.

trattato opera che svolge in maniera sistematica un determinato argomento, artistico, tecnico, scientifico ecc. I trattati sono fonti importantissime per lo studio del restauro e delle tecniche artistiche. Si distinguono dai ricettari e dai cosiddetti ‘libri d’arte’ perché non sono frammentari come i primi e, al contrario dei secondi, eludono in parte la trattatistica tecnica. tratteggio tecnica grafica propria del disegno e dell’incisione, impiegata anche nel restauro di completamento delle  lacune; consiste in un tracciato discontinuo costituito da linee parallele o incrociate più o meno fitte. Consente di ottenere notevoli effetti di chiaroscuro. Nelle  integrazioni pittoriche per tratteggio si intende la stesura di trattini accostati e sovrapposti di colore, tesi a ricreare un collegamento cromatico fra i margini della lacuna. trave tronco d’albero squadrato a sezione regolare impiegato come elemento di sostegno in strutture edilizie, per esempio nelle impalcature. In senso traslato, trave indica anche altri tipi di sostegno architettonico (pietra, calcestruzzo, metallo).

traversa trave o regolo di legno disposta trasversalmente rispetto a una struttura anch’essa in genere di legno; viene utilizzata per rinforzare o raddrizzare da tergo tavole e pannelli composti di vari pezzi e per contrastare deformazioni della planarità. Nel XIX secolo le traverse si usavano per restaurare i supporti incurvati o  imbarcati; le tavole venivano poggiate su un pancone e compresse con traverse di legno o di ferro. Le traverse possono esser divise in tre tipologie secondo il loro impiego storico: inchiodate, semiscorrevoli, scorrevoli; queste ultime sono incastrate nel supporto in una traccia a coda di rondine e rastremate in senso longitudinale.

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travertino roccia calcarea concrezionata formata per precipitazione chimica di carbonato di calcio in sorgenti, bacini lacustri e bacini termali; la sua struttura a macropori, discontinuità e fessurazioni naturali ne fanno un materiale resistente ai fenomeni gelivi. I travertini presentano colore bianco, giallastro, grigiastro, rossiccio e sono usati come pietra da costruzione per rivestimenti e per pavimentazione di interni. Sono teneri all’atto dell’escavazione e facilmente lavorabili, ma tendono a diventare più duri e compatti col passare del tempo; sono ben lucidabili. Molto diffusi nell’Italia centrale (Lazio, Toscana, Umbria) e in Sicilia. Le varietà più note sono il travertino romano (Tivoli) e quello toscano (Rapolano, Siena). trementina (da terebinthus) termine che definisce le oleoresine ottenute da vegetali appartenenti alla famiglia delle Conifere. Composto della classe dei  terpeni è impiegato nel restauro come solvente. La frazione volatile si chiama  essenza, quella meno volatile è detta  acquaragia, il residuo non volatile è costituito da altre resine parzialmente polimerizzate, fra cui la  colofonia. La trementina di Borgogna si ottiene dall’abete rosso, la trementina di Strasburgo dall’abete bianco e la trementina Veneta si ottiene dal larice comune. Le trementine sciolgono le resine, ma anche alcune cere; sono reattive e possono polimerizzare e assorbire ossigeno, trasformandosi a loro volta in sostanze resinose e determinando l’essiccazione dei dipinti. La trementina, mischiata a oli più grassi e a pigmenti può facilitare l’essiccazione del colore e dargli maggiore trasparenza. È impiegata come ingrediente delle vernici insieme ad altri oli essenziali di petrolio, mischiati con mastice o dammar. Le trementine si essiccano rapidamente e devono essere stese sul dipinto già asciugato. La trementina veneta era usata nella preparazione del  resinato di rame o verderame trasparente. triangolo delle solubilità diagramma triangolare che consente di rappresentare tutti i solventi e le loro miscele considerando tre parametri: forze di dispersione – fd, forze polari – fp e possibilità di formare legami idrogeno – fh. Ogni lato del triangolo equilatero rappresenta il valore di uno

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dei tre parametri su una scala da 0 a 100; per ogni solvente la somma dei tre valori è pari a 100. Il diagramma è uno strumento utile nelle operazioni di restauro perché consente di scegliere il solvente più adatto a solubilizzare un dato materiale.

trielina tricloroetilene, idrocarburo clorurato con proprietà solventi simili a quelle del cloroformio, ma meno volatile e decomponibile; è relativamente tossico e può provocare gravi disturbi epatici nel caso di una prolungata esposizione ai vapori; deve essere manipolato con cautela ed è stato recentemente messo al bando. Viene utilizzato per il lavaggio ‘a secco’ dei tessuti, per sgrassare superfici metalliche e come solvente in alcune preparazioni di resine per il restauro.

‘trito’ lemma gergale per tritume, usato per indicare i materiali polverizzati che venivano impiegati nelle più varie tecniche artistiche e di restauro.

TURCHESE

truciolo scarto della lavorazione del legno i cui conglomerati venivano, fra l’altro, impiegati per realizzare finti marmi, porfidi e serpentine nella tecnica della  tarsia lignea, mentre il tratteggio grafico veniva utilizzato facendo uso di  sgorbie arroventate. Trucioli di legno e segatura sono usati come additivi delle malte a base di argilla e nell’impasto di mattoni crudi per compensare il ritiro, rispettivamente, in fase di presa e indurimento e di essiccazione. ‘tüchlein’ parola tedesca che significa piccolo pezzo di stoffa e allude a una tecnica pittorica eseguita a tempera su tessuto di lino leggero, senza preparazione. Deriva dalla tradizione degli stendardi e dei paliotti; gli oggetti di questo tipo sono soggetti a un degrado rapido per le loro caratteristiche tecniche. tumefazione aspetto delle superfici intonacate

‘triare’ veniva usato fino dal Medioevo per indicare la triturazione del gesso, delle terre e di minerali da cui si ricavavano i pigmenti: il lemma si incontra in Cennino Cennini.

dipinte a fresco dove il carbonato di calcio si sia parzialmente trasformato in solfato di calcio. Il tipo di degrado varia in relazione ai pigmenti utilizzati e al rapporto calce-sabbia dell’intonaco. Gli intonaci tumefatti tendono a formare scaglie in falde precariamente sospese con una superficie appena convessa.

tronco svuotato tecnica di lavorazione della

‘tung oil’ olio siccativo di natura vegetale ottenuto

scultura lignea usata in particolare per le figure frontali. Il tronco intero veniva scavato fino a eliminare il midollo, in modo da evitare in seguito, deformazioni e spacchi sulla statua finita.

dai semi delle piante Aleurites cordata, Aleurites fordii e Aleurites montana presenti in Cina. È usato come legante in pittura o come ingrediente per la preparazione di vernici; di origine orientale, si chiama anche olio di legno cinese ed è paragonabile all’olio di soia, di cartamo e di ricino.

triturare ridurre in frammenti minutissimi; l’arcaico

‘truccato’ nel gergo del restauro e del collezionismo il lemma allude ai dipinti da cavalletto sottoposti a restauri amatoriali eseguiti senza scrupolo, con integrazioni mimetiche, rifacimenti, modifiche di formato. Nel XVIII e nel XIX secolo molti dipinti di media qualità furono sottoposti ad abili ‘maquillage’, firmati e invecchiati nei supporti, e venduti come opere di artisti più antichi o comunque più ricercati sul mercato antiquario.

truciolato materiale ottenuto con gli scarti del legno, in genere sotto forma di lastre o pannelli, pressato e tenuto insieme da colle ureiche, impiegato nell’arte moderna e contemporanea.

tuorlo  uovo, rosso di turchese fosfato idrato di alluminio e di rame, opaco, di colore chiaro variabile dall’azzurro a varie tonalità di verde, usato come gemma o pietra semipreziosa impiegata nella glittica, cui si dava una forma convessa o semiovoide. La superficie veniva in genere lucidata e di solito ne era prevista l’incastonatura. La varietà azzurra è la più pregiata. In antico il turchese veniva utilizzato nella tarsia in pietra dura per i poteri soprannaturali che gli si attribuivano.

TUTELA

tutela insieme dei provvedimenti e delle norme tecnico-giuridiche che tendono alla manutenzione dei beni culturali e dell’ambiente intesa come salvaguardia e prevenzione. Le norme giuridiche e

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gli organismi pubblici che sovrintendono alla tutela variano da paese a paese, evolvono nel tempo e, in Italia, hanno una storia ben documentata anche prima dell’Unità.

u UA  umidità assoluta ugnatura orlo dell’intonaco steso per realizzare una giornata in affresco, smussato dall’alto verso il basso per agevolare la giunzione con la successiva giornata o porzione di intonaco adiacente.

ultravioletto riflesso tecnica diagnostica nella regione dell’  ultravioletto vicino che si basa sulla riflessione selettiva della radiazione UV da parte dei materiali. Il suo impiego nel campo della conservazione produce informazioni non facilmente decifrabili.

ultramarino  oltremare

ultravioletto vicino (near ultraviolet, UVa) sot-

ultrasuoni radiazioni acustiche con frequenza

toinsieme della regione spettrale dell’  ultravioletto compreso indicativamente tra 0,30 μm e 0,38 μm.

maggiore di 20.000 Hz, che superano la soglia superiore di udibilità dell’orecchio umano. Ablatori ad ultrasuoni di derivazione dentistica sono usati nella pulitura di incrostazioni superficiali di materiali lapidei, reperti archeologici, avori e oreficerie. Nelle applicazioni diagnostiche in campo artistico vengono utilizzati per identificare eventuali discontinuità nei materiali grazie alla loro propagazione all’interno di essi ( olografia acustica e  sonde a ultrasuoni).

ultravioletto (ultraviolet, UV) regione dello  spettro elettromagnetico compresa tra i  raggi X molli (circa 0,02 μm) e la parte terminale violetta della regione del  visibile (0,38 μm). Convenzionalmente questa regione viene divisa in  ultravioletto vicino (UVa),  ultravioletto medio (UVb) e  ultravioletto lontano (UVc), ma queste definizioni e delimitazioni non sono universalmente accettate. L’ultravioletto fu scoperto nel 1801 da Johann Ritter (1776-1810). ultravioletto lontano (far ultraviolet, UVc) sottoinsieme della regione spettrale dell’  ultravioletto compreso indicativamente tra 0,19 μm e 0,24 μm.

ultravioletto medio (mid ultraviolet, UVb) sottoinsieme della regione spettrale dell’  ultravioletto compreso indicativamente tra 0,24 μm e 0,30 μm.

umettare applicazione di sostanze umettanti, come il miele e la glicerina, su film pittorici a base di  gomme per ottenere un grado di idratazione che le renda flessibili. umidificatore apparecchio utilizzato per l’umidificazione di interni (laboratori di restauro, sale di esposizione museale) al fine di mantenere costante la percentuale di umidità relativa idonea ai manufatti esposti. umidità contenuto percentuale di vapore acqueo in un volume di gas o di acqua liquida in una struttura porosa; è uno dei principali parametri ambientali. Non è di per sé un agente aggressivo, ma associata ad altri ne esalta l’azione e le reazioni. Le sue variazioni provocano il movimento dei legni (con conseguenti fenditure e imbarcature) e nei materiali cartacei e membranacei ( carta e  pergamena), è agente di produzione delle patine dei metalli, aggressivo nei confronti del  peltro; è causa del degrado della pergamena se non mantenuta a valori costanti, essendo il materiale igroscopico (invasione di muffe, parassiti, ingiallimento), dell’alterazione di tutte le strutture murarie non solo per azione meccanica e cicli di gelo/disgelo, ma anche perché avvia processi di alterazione del carbonato di calcio, di dissoluzione e di cristallizzazione di sali solubili presenti nel

UMIDITÀ ASSOLUTA

muro o montanti nel muro per  umidità di risalita. In genere, anche i processi degenerativi delle  colle e delle  tempere a base di uovo derivano da un eccesso di umidità. Può interagire con la luce e l’aria provocando alterazioni cromatiche dei  pigmenti. L’umidità del substrato è condizione favorevole alla proliferazione di colonizzazioni di organismi biologici.

umidità assoluta (UA) definisce la quantità di vapore acqueo, espressa in grammi, contenuta in un dato volume di aria. L’umidità assoluta dipende dalla quantità di vapore acqueo presente in atmosfera, dal volume, dalla pressione parziale del vapore e dalla temperatura.

umidità di risalita processo di risalita dell’umidità nella porosità di una struttura muraria da zone di ristagno e maggior accumulo (terreno) a zone di maggior  evaporazione. Provoca nel tempo dissesti statici nelle strutture, collasso dei materiali ed alterazioni degli intonaci o decorazioni (affreschi, dipinti, pannelli, tinteggiature ecc.) eventualmente presenti.

umidità relativa (UR) rappresenta il grado di saturazione dell’aria e dipende dalla temperatura e dalla quantità di vapore acqueo presente in atmosfera. Viene espressa come il rapporto tra la quantità di vapore acqueo presente in un volume d’aria e la quantità di vapore presente nello stesso volume d’aria necessario per raggiungere la  saturazione completa alla medesima temperatura. L’umidità relativa è espressa in percentuale. È noto che le variazioni repentine di umidità sono dannose alla conservazione dei manufatti, quindi i valori di umidità relativa sono oggetto di monitoraggio e controllo. umidità specifica (US) esprime la quantità di vapore (in grammi) dispersa in un chilo di aria. L’umidità specifica è data dal rapporto tra la massa di vapore acqueo e la massa complessiva di quello dell’aria in cui è disperso. L’umidità specifica è indipendente dalla temperatura dell’aria e dal volume ma è funzione solo della reale quantità di vapore acqueo presente.

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UNI Ente Nazionale Italiano di Unificazione. Dal 1997 i gruppi  Normal sono confluiti nell’Ente assumendo la denominazione di gruppi di lavoro UNI-Normal.

uniformare rendere uniforme nel senso di livellare un supporto o una superficie lignea; il termine è usato anche nel senso di restituire un timbro cromatico omogeneo alla superficie dipinta, per applicazione di una nuova vernice con valore estetico e protettivo.

uovo legante classico impiegato nella pittura a tempera su tavola medievale e rinascimentale e nella scultura policroma, miscelato con acqua. Per la preparazione dei pigmenti si usava in genere il rosso, mentre il bianco era preferito nelle tempere impiegate per i manoscritti miniati, addizionato con gomme vegetali e colle animali. Nella tarda pittura su tavola e su tela si fa uso di oli emulsionati con uovo ( tempere grasse). Di conseguenza si distinguono due tipi di tempera: quella a base proteica (uovo) e quella di natura polisaccaride ( gomma vegetale). uovo, bianco di detto anche albume, è una dispersione acquosa colloidale di proteine, soprattutto albumina, con piccole quantità di grassi, emulsionanti e sali minerali. Rispetto al rosso dell’uovo, nell’albume abbiamo una percentuale preponderante di proteine. Caratteristici del bianco sono gli aminoacidi solforati che, per azione del calore o per perdita d’acqua ed essiccamento, si trasformano in un gel irreversibile, cioè non più idrosolubile anche dopo un invecchiamento minimo. Per questo l’albume, meno ricco di grassi con effetto plastificante, risulta più fragile come medium pur avendo ottime proprietà ottiche. Ha una vastissima utilizzazione nella tecnica della miniatura e viene addizionato con miele, melasse e zuccheri per aumentarne la flessibilità. È usato come legante per gli inchiostri e per le dorature. Si degrada per azione attiva o passiva dell’umidità e per attacchi biologici. uovo, rosso di altrimenti detto tuorlo, è una emulsione acquosa colloidale e stabile di proteine fosforilate (lecitina) con grassi e oli saturi. I

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processi degenerativi che interessano il rosso dell’uovo sono simili a quelli del bianco, in linea di massima riconducibili all’effetto dell’umidità e ad attacchi biologici. Il rosso risulta però un materiale meno aggredibile, sia per l’insolubilità delle sue proteine sia per l’azione protettiva che i grassi e le sostanze proteiche esercitano naturalmente. Il rosso, nonostante il colore, tende a ingiallire meno degli oli e infatti molte pitture a tempera devono il loro ingiallimento a quello delle  vernici. La presenza di sostanze ad effetto plastificante consente di ottenere film più flessibili e resistenti, e spiega l’apprezzamento del rosso d’uovo come legante nelle tecniche a tempera.

UVC

UR  umidità relativa US  umidità specifica utensile strumento, arnese o attrezzo impiegato in ogni campo artistico e del restauro, dall’ebanisteria alla lavorazione dei metalli. UV  ultravioletto UVa  ultravioletto vicino UVb  ultravioletto medio UVc  ultravioletto lontano

v vaio pelliccia ottenuta dalla pancia di una sottospecie dello scoiattolo comune nordico (Sciurus vulgaris exalbidus), di colore bianco o grigio. Nel passato è stata impiegata per produrre pennelli morbidi, di notevole qualità; lo consigliano Cennino Cennini, Giovanni Battista Armenini nel De’ veri precetti della pittura (1587) e Filippo Baldinucci (1681). Nel Medioevo il vaio era usato per foderare i mantelli del re e dei consiglieri di corte; più tardi venne riservato alla borghesia. Si dice anche di un colore tendente al nero. ‘vaiolo’ termine entrato nell’uso per indicare le contusioni delle tavole che traspaiono attraverso la pellicola pittorica, che appare quasi punteggiata. Questa forma di degrado può essere conseguente all’usura e derivare dalla destinazione d’uso, per esempio liturgico, dell’opera pittorica.

valore termine con il quale si indica sia il valore documentario che quello di investimento di un manufatto. In entrambi i casi è importante stabilire se si tratta di un  originale, di una  replica, di una  imitazione, di una  copia o di un  falso. Dal punto di vista commerciale è fondamentale, oltre all’originalità e alla qualità estetica, lo stato di conservazione. Viceversa una conservazione anche frammentaria non toglie valore di documento storico-artistico all’opera. Scientificamente il numero della misura di una grandezza.

valutazione determinazione del valore commerciale di un manufatto artistico, ma anche del suo stato di degrado e delle relative cause, propedeutica a un intervento conservativo o di restauro.

vapore stato fisico della materia aeriforme, differente dallo stato gassoso; si parla di vapore quando la temperatura cui si trova la fase gassosa è inferiore alla temperatura critica; il vapore è in

grado di condensare per compressione o raffreddamento. Si può sviluppare da un liquido per  evaporazione e per ebollizione, da un solido per  sublimazione. Usualmente è sinonimo di vapor d’acqua.

vaporizzare cospargere di vapore una superficie. In genere la vaporizzazione è utile per dilatare materiali lignei di varie dimensioni in fase di essiccazione avanzata. Da non confondere con l’evaporazione, la cui velocità si definisce nella chimica del restauro volatilità di un liquido. La disinfestazione dai parassiti viene normalmente eseguita per vaporizzazione di sostanze idonee, in interventi di fumigazione.

variazione igrometrica modifica della percentuale di  umidità relativa di un ambiente. Quasi tutte le sostanze di cui sono costituiti i manufatti artistici sono sensibili, anche se in diversa misura, alla variazione percentuale di umidità, il legno e i materiali cellulosici in particolare. Questi tendono a dilatarsi con l’aumento di umidità e a restringersi in caso inverso. I movimenti del legno vengono logicamente trasmessi agli eventuali strati di preparazione e al film pittorico. Per quanto riguarda i materiali inorganici porosi (intonaci, materiali lapidei), le variazioni igrometriche innescano inoltre cicli di cristallizzazione/dissoluzione che portano alla formazione di efflorescenze saline in superficie e cicli di gelo/disgelo in presenza di umidità nel substrato. velare si dice della stesura delle velature nella tecnica della pittura a olio. Per analogia il termine svelare indica l’involontaria o inconsapevole rimozione delle velature nel corso di una  pulitura.

velatino tipologia di tessuto di seta applicato nel restauro delle sculture lignee.

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velatura strato di colore oleoso diluito che si lega con quello pittorico asciugando rapidamente e formando con questo un insieme unico, che in genere contrasta con la vernice di finitura per la diversa consistenza materica. Le velature possono essere applicate anche sotto forma di resine, in pratica usando delle vernici colorate, e in questo caso hanno lo stesso grado di solubilità della vernice finale.

velcro materiale sintetico costituito da due strati complementari: uno conformato a uncino e l’altro a staffa. La loro unione genera un giunto abbastanza tenace ma reversibile. Viene utilizzato per riappendere gli arazzi restaurati perché consente di aggiustare il margine superiore fino a ottenere la corretta caduta del tessuto e può essere risistemato nel corso dell’esposizione. In alternativa si impiega un manicotto ottenuto da due strati di tessuto robusto, fissato al margine superiore. velina carta sottilissima prodotta da residui tessili senza colla, utilizzata nel corso di interventi di  rintelatura e  fermatura come alternativa alla carta giapponese. velinatura sistema di protezione temporaneo delle superfici cromatiche sofferenti che devono essere sottoposte a una  foderatura, a un intervento di consolidamento, a una movimentazione o a un ricovero. La velina viene tagliata in strisce di dimensioni leggermente superiori a quella della superficie interessata e fatta aderire con un liquido non solvente. Può essere eseguita anche con carta giapponese. Nelle fonti sul restauro l’operazione viene definita ‘fermatura del colore’.

velino pergamena tratta da un vitello ‘nato morto’ usata nel Settecento nella tecnica a pastello per la sua capacità di far risaltare il “fiore dei pigmenti”.

velo voce gergale per intendere l’intonachino, o più propriamente il tonachino, quale strato più superficiale, particolarmente sottile, degli intonaci di ambienti interni.

VERDE DI

ai legni e ai marmi (anche delle pietre impiegate per superfici decorative e pavimentazioni). Nel caso dei legni il contrasto è determinato dalle intersezioni degli strati di accrescimento (parti di crescita primaverile e di crescita estiva). Il colore, il disegno e la regolarità della venatura determinano il pregio del materiale. È stata imitata a partire dal XVII secolo con la tecnica dello stucco marmorizzato e dipinto ( scagliola).

veneda substrato di intonazione per la pittura murale a base di calce e nero di carbone vegetale. Usato come sottofondo cromatico grigio scuro per esaltare il tono delle campiture blu e verdi, è citato anche da Teofilo (De diversis artibus, cap. xv). ventilazione il lemma indica il ricambio dell’aria di un ambiente per mantenerla pulita o almeno per non superare determinati livelli di nocività. La ventilazione può essere naturale o artificiale. Quest’ultima può ottenersi localmente con l’uso di ventilatori disposti nei singoli ambienti, o può essere affidata a impianti centralizzati (termoventilazione e condizionamento)  aerazione. verdaccio strato verde di intonazione sottostante gli strati pittorici di incarnato, specialmente impiegato nella tecnica a  buon fresco. Terra verde impiegata nella tecnica dell’affresco per ripassare i contorni delle figure, modellandone gli incarnati. verde di cobalto pigmento sintetico a base di ossidi di cobalto e di zinco, abbastanza opaco. Entrato in uso alla metà del XIX secolo, si adatta alla pittura murale. Attualmente si trova in commercio anche con il nome di verde di Rinmann, una soluzione solida di ossido di cobalto in ossido di zinco. Questo pigmento ha un colore verde tendente al giallo, di basso potere coprente e opacizzante, stabile e inerte chimicamente. verde di ftalocianina pigmento verde, costituito da un complesso rameico con un macrociclo azotato organico, molto spesso clorurato. È insolubile nei solventi organici e negli oli ed è molto resistente.

venatura evidenza delle fibre vegetali e delle stratificazioni geologiche proprie rispettivamente

GUIGNET

verde di Guignet  verde smeraldo

VERDE DI

RINMANN

verde di Rinmann  verde di cobalto verde di Scheele pigmento verde artificiale preparato nel 1778 dal chimico svedese Carl W. Scheele; è stato il primo pigmento artificiale verde costituito da arsenito di rame. Altamente tossico, ha una tonalità verde tendente al giallo; si altera facilmente a contatto con il piombo e gli acidi.

verde di Schweinfurt noto anche come verde di Parigi o verde smeraldo, è un pigmento verde artificiale preparato per la prima volta a Schweinfurt (Germania) nel 1814. È un acetoarsenito di rame ottenibile con varie procedure a partire dal rame, acido acetico ( verderame), bianco d’arsenico e carbonato di sodio. Altamente tossico, ha una tonalità verde tendente al blu; è facilmente alterabile a contatto con pigmenti e atmosfere solforose; non ha avuto particolare fortuna a causa della sua tossicità. verde di zinco quasi sinonimo di  verde di cobalto, perché composto di ossido di cobalto e di ossido di zinco, è un pigmento sintetico noto dalla fine del XVIII secolo, ma commercializzato solo alla metà del XIX. Ha un colore verde bluastro con scarso potere coprente. Stabile e inerte, è compatibile con tutte le tecniche. Attualmente può essere commercializzato come mescolanza ottenuta per via secca di giallo di zinco e blu di Prussia, normalmente addizionata con solfato di bario, solfato di calcio e caolinite. Si tratta di un prodotto con buona resistenza alla luce e che non viene considerato tossico. verde inglese pigmento verde ottenuto per miscelazione di giallo cromo e blu di Prussia. È ottenuto sia per via secca, macinando insieme i due pigmenti, sia per via umida, precipitando il giallo cromo sul blu in pasta o in soluzione. Il secondo metodo è più costoso ma permette di ottenere un verde più vivo. Ha un ottimo potere opacizzante, è poco resistente alla luce e tende ad alterarsi cromaticamente virando al blu a causa del giallo cromo. Tossico, viene frequentemente commercializzato in associazione al solfato di bario o di calcio ( litopone) per diminuirne il costo.

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verde oltremare pigmento verde sintetico preparato per la prima volta da Kötting a Meissen nel 1828. La sua composizione è simile a quella del blu oltremare. Ha buona resistenza alla luce, basso potere opacizzante e coprente. verde ossido di cromo pigmento sintetico reperibile in due varianti: il verde di cromo idrato, a base di ossido di cromo idrato (triossido di dicromo idrato) trasparente, e il verde di ossido di cromo anidro (triossido di dicromo anidro), opaco. Il secondo si ottiene scaldando il primo. Commercializzati nella prima metà del XIX secolo, sono adatti alla pittura murale. Il verde ossido di cromo anidro è un pigmento assolutamente inalterabile alla luce, resistente alle alte temperature, agli acidi e alle basi, di basso potere opacizzante ma di elevato potere coprente. Il verde ossido di cromo idrato, per la sua alta trasparenza, ha un basso potere coprente pur mantenendo inalterate le proprietà descritte per il verde ossido di cromo anidro.

verderame pigmento sintetico a base di acetato basico di rame, preparato in maniera artigianale facendo agire vapori caldi di aceto su pezzi di rame. Il colore è molto brillante e intenso, ma poco stabile, con scarsa resistenza alla luce, all’umidità e alla calce. Tende a cambiare colore diventando brunastro perché si trasforma in ossido di rame e non è adatto alla pittura murale, a causa dello scarso potere coprente. Disciolto a caldo in vernici resinose si otteneva, già nel XIII secolo, il precursore del  resinato di rame, materiale molto trasparente, ma ancora meno stabile. verde smeraldo termine con il quale si indicano diversi pigmenti a base di aceto arsenito di rame. È stato utilizzato nella prima metà del XIX secolo e ha una tossicità elevata. Molto costoso, presenta una tonalità verde particolarmente viva, è poco resistente al calore ma non reagisce agli alcali e, a freddo, agli acidi; è stabile alla luce e di basso potere opacizzante. Con questo nome si può trovare in commercio anche il triossido di dicromo idrato ( verde ossido di cromo) contenente anidride borica in proporzioni variabili. verde Veronese terra verde a base di silicato

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ferroso, detta anche terra di Verona; in antico era denominata ‘verdeterra’ (Cennino Cennini). Costituito principalmente dai minerali silicatici glauconite e celadonite, con questo termine, riferito però al pittore Paolo Veronese, si può intendere anche un pigmento verde a base di arseniato di rame.

verde Vittoria pigmento verde moderno dato dalla mescolanza, per via secca, di verde smeraldo (nella sua composizione moderna) e di giallo di zinco. Ha potere coprente superiore a quello del  verde smeraldo, buona resistenza alla luce e tonalità viva.

VESCICA

naturali che artificiali, hanno una durata limitata nel tempo. Le vernici oggi in uso sono costituite da una componente volatile, il solvente, e da una non volatile che è di solito una  resina naturale o artificiale. Dopo un certo lasso di tempo la vernice appare asciutta al tatto e inizia un processo irreversibile di degrado a carico della resina che tende a colorarsi, opacizzarsi e a diventare fragile, perché il film perde la sua tensione uniforme. Le proprietà ottiche e quelle protettive per le quali la vernice era stata applicata si alterano tanto che se ne rende necessaria la rimozione.

verniciatura stesura di uno o più strati di verdigris  verderame vermiglione pigmento artificiale costituito da solfuro di mercurio. Fu utilizzato fin dal Medioevo al posto del  cinabro. vernice il lemma definisce la soluzione di un legante (olio, resina naturale o sintetica) in una miscela di solventi con l’eventuale aggiunta di diluenti, plastificanti e agenti siccativi. Si può anche intendere come strato di materiale protettivo costituito da sostanze filmogene trasparenti. Oltre ad avere la funzione primaria di protezione del dipinto, la vernice agisce otticamente sullo strato pittorico uniformando l’indice di rifrazione e attenuando la  diffusione. L’effetto è quello di diminuire o eliminare la diffusione biancastra e di far apprezzare meglio la tonalità del singolo pigmento. Sotto il profilo conservativo l’azione degli agenti atmosferici è rallentata sia dalla vernice che dal legante pittorico. Si distingue dal  protettivo che non deve avere funzione estetica, ma deve preservare la superficie dal contatto con l’ambiente. In origine le vernici venivano prodotte per miscelazione a caldo di resine naturali e oli siccativi; queste si possono definire vernici a olio e vernici grasse. Il film che producono è insolubile. La vernice a solvente è una soluzione colloidale di  resine naturali o sintetiche in solventi organici volatili. Ne deriva un film rimovibile e reversibile. Il termine ‘vernice a spirito’ si usava per riferirsi alle vernici a base di gommalacca solubilizzate in alcol etilico. Nella prassi del restauro le vernici sono destinate ad essere sostituite in quanto gli oli e le resine, sia

vernice con lo scopo di mantenere la lucentezza del colore, del metallo ecc., o per stabilizzare le  patine. In genere si considera destinata alle opere pittoriche, mentre è indispensabile per ogni genere di manufatto, soprattutto per quelli conservati all’esterno (materiali lapidei) e per gli ottoni. Verniciatura provvisoria o temporanea: a causa dei diversi tempi di essiccazione dei colori, spesso nell’Ottocento i pittori, per vendere o esporre rapidamente le loro tele, le proteggevano con stesure di vernici provvisorie a chiara d’uovo, che andavano rinnovate o eliminate frequentemente perché non danneggiassero le superfici e poi sostituite.

versione redazione di un manufatto artistico con varianti di mano del maestro. Non va confusa con una  replica o con un’opera iniziata da un artista e finita dalla bottega.

verso parte posteriore di un foglio di carta, di pergamena di un manoscritto e per estensione parte tergale di monete e manufatti artistici. Il termine è utilizzato impropriamente per indicare la parte posteriore di un dipinto. verzino colorante ottenuto dal cosiddetto legno del Brasile (Caesalpina Sappan) proveniente dalle Indie orientali. È ricordato da Cennino Cennini e noto anche come ‘verci’ o ‘berci’.

vescica sollevamento della pellicola pittorica di un dipinto, dovuto a interazione di umidità proveniente dalla preparazione o dal supporto. La forma-

VETRATA

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zione di vesciche può essere fermata eliminando la causa del degrado e trattata con vari metodi di  consolidamento. Il termine è in uso fino dal XVIII secolo per indicare il sollevamento del colore. Ulisse Forni (1866) definisce le vesciche “spanci”. Nel XIX secolo il lemma indicava anche contenitori per pigmenti fatti con la pelle del maiale e rudimentali membrane semipermeabili, usate per la dialisi e la purificazione di pigmenti e lacche.

vetriolo lemma arcaico col quale in passato si definivano tutti i solfati dei metalli di transizione. Classe di solfati eptaidrati di metalli bivalenti che producono idrolisi acida e quindi sono noti come corrosivi. Il vetriolo è stato uno dei primi acidi forti disponibili nell’antichità e ne è noto l’impiego nell’alchimia e nell’incisione; era usato anche nella formulazione di alcuni inchiostri gallo-tannici anche se provocava il degrado del supporto cartaceo.

vetrata schermatura delle finestre ottenuta con materiali trasparenti e realizzata con lastre di vetro di piccole dimensioni sostenute da un sistema di telai in piombo. La produzione di vetrate policrome ebbe la sua massima diffusione fra il XII e il XIII secolo. Per la produzione vengono impiegati vari sistemi: la soffiatura in stampi dalle pareti quadrate, il cilindro, la corona, la colatura semplice. Le vetrate avevano anche uno scopo conservativo perché mantenevano l’ambiente in una semioscurità che tutelava le opere collocate nelle chiese. Come il vetro, sono soggette a varie forme di degrado: corrosione, annerimento, butteratura in bianco e butteratura con annerimento. In sede di restauro sono trattate con procedimenti chimici e meccanici, per quanto questi ultimi siano sempre da preferire.

vetro massa fusa raffreddata caratterizzata da

vetrificazione processo di trasformazione di una sostanza cristallina finemente suddivisa in una vetrosa, che avviene generalmente per cottura dei materiali (fusione del materiale di partenza) e successivo raffreddamento più o meno rapido. In ceramica si intende la cottura delle terre che ne caratterizza le qualità estetiche (ceramica invetriata); il termine è usato anche per indicare particolari forme di essiccazione delle vernici o aspetti della  ‘craquelure’.

vetrina struttura protettiva di vario formato impiegata in museotecnia per la protezione di manufatti particolarmente delicati o preziosi o esposti temporaneamente. Esistono vetrine climatizzate, antiriflesso, antiproiettile ecc. Anche rivestimento trasparente incolore o colorato usato nella tecnologia ceramica; generalmente è a base di  silice e di piombo; può essere applicata direttamente sull’impasto, sull’ingobbio o sullo smalto.

uno stato di aggregazione solido non cristallino (amorfo). È una miscela di sabbia silicea (quarzo),  soda o  potassa con la presenza di sostanze bassofondenti quali l’ossido di piombo, che dà luogo a un silicato di sodio o di potassio, entrambi solubili in acqua. L’indurimento si ottiene con l’aggiunta di stabilizzanti. Sui vetri antichi, spesso di scavo, si formano delle reazioni alcaline che producono la cosiddetta patina del vetro, caratterizzata da strati di cristalli iridescenti. Anche il vetro è soggetto alla formazione di ‘craquelure’, che è uno stato degenerativo caratterizzato da screpolature e crettature prodotte dalle tensioni generate dal progressivo ordinamento del reticolo verso lo stato cristallino. I vetri moderni, realizzati con alte temperature di fusione, sono meno sensibili. L’aggiunta nella massa fusa di ossidi metallici o di particelle metalliche finissime dà luogo ai vetri colorati (ad es. vetro al cromo verde, vetro al cobalto blu). I vetri antichi difficilmente sono puri ed esenti da impurezze metalliche (specie ferro e rame nelle sabbie usate), pertanto presentano tenui tonalità verdastre o azzurrine; per ottenere un vetro bianco trasparente i vetrai usavano aggiungere il cosiddetto  “sapone dei vetrai”, il biossido di manganese, che ha la proprietà ottica di estinguere la luce colorata delle impurezze. Vetri finemente macinati si ritrovano in pittura nelle stesure di lacche trasparenti poiché danno corpo e trasparenza, quindi profondità di colore, alla campitura pittorica e in più, a causa del manganese contenuto, accelerano e omogeneizzano il processo di reticolazione dei medium pittorici.

vetroresina materiale composito rigido, leggero e resistente, costituito da una trama di  fibra di

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vetro immersa in  resine termoindurenti, tipo epossidiche. La fibra di vetro è molto fragile ma flessibile, pertanto viene adagiata su stampi, strutture o calchi e quindi incorporata in resina. A essiccamento avvenuto, il pannello in vetroresina è in grado di essere usato come supporto. Possono sostituire del tutto quelli originali ove sia il caso, oppure essere usati come strati intermedi tra la pellicola pittorica e il suo supporto naturale nel caso di affreschi staccati, per tessere di mosaici ecc.

vetro soffiato tecnica di lavorazione del vetro (sviluppata con risultati di grande eleganza a Venezia e a Murano): per mezzo di una canna da soffio in rotazione si effettuano più “levate” consecutive di vetro fuso che progressivamente viene lavorato e foggiato allo stato fuso e consolidato a freddo. Lo sviluppo della tecnologia del vetro è all’origine della manifattura degli specchi e delle superfici riflettenti.

vetro solubile (in inglese ‘waterglass’); silicati di metalli alcalini amorfi e idrosolubili che hanno l’aspetto di un vetro trasparente. I più comuni e più usati sono i silicati alcalini di sodio. I silicati alcalini sono stati utilizzati in passato in interventi di consolidamento di materiali lapidei; a causa della loro idrolisi alcalina determinavano una alterazione delle superfici lapidee trattate con estese concrezioni saline.

videoarte termine corrispondente all’inglese ‘videoart’, in uso dal 1960 ca., che allude a espressioni creative e sperimentali che si avvalgono dei mezzi televisivi, di strumentazioni, supporti elettronici e computer (da cui ‘computer art’).

VITE

allo studio diagnostico dei dipinti ( riflettografia infrarossa).

Vinavil® emulsione acquosa stabilizzata di acetato di polivinile, prodotta dalla Montedison (Italia). Resina polivinilica; nome commerciale dell’emulsione acquosa di acetato di polivinile, utilizzato in falegnameria e talvolta come consolidante per pitture murali. viola di cobalto pigmento artificiale a base di fosfato e arseniato di cobalto in uso dalla metà del XIX secolo; varia dal violetto bluastro al rossastro e ha scarso potere coprente. È stabile ma tossico e si adatta a tutte le tecniche.

viraggio alterazione del colore, più propriamente del  tono; alterazione tipica dell’arazzo, dovuta al fatto che i fili di trama, che sono quelli che si alterano più facilmente, vengono tinti e costruiscono la parte figurata. Il termine si usa anche per indicare modificazioni dei colori in altri manufatti; per i vetri è tipico il viraggio del blu intenso in nero, del bianco nel brunastro oppure del rosa e del violetto. Nella pittura è noto il viraggio dell’  azzurrite verso il verde (atacamite) e del  realgar verso il giallo (para-realgar).

viscosità proprietà dei liquidi e delle soluzioni che deriva dall’attrito esistente fra gli strati della massa liquida. Unità di misura è il poise (P). La viscosità diminuisce con l’aumento della temperatura; è importante per la preparazione dei medium pittorici e delle vernici utilizzate nel restauro e nelle operazioni di  consolidamento e  impregnazione.

visibile regione dello spettro elettromagnetico videoinstallazione strumento espressivo e di comunicazione della  videoarte che prevede l’impiego di supporti elettronici, video, diapositive, forme grafiche digitali, registrazioni sonore ecc.

compresa tra 0,38 μm (violetto) e 0,78 μm (rosso). Comprende i tradizionali sette colori dell’iride (violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancio e rosso).

vite macchina semplice, secondo la definizione vidicon sensore per la visione nel  visibile e nell’  infrarosso vicino, fino a circa 2 mm, che equipaggia telecamere speciali sviluppate e impiegate inizialmente in campo militare. Dal 1970 circa, questo tipo di telecamera è stato applicato

della meccanica classica; trasforma una coppia di forze rotanti in moto rettilineo perpendicolare al piano della coppia; invertendo la direzione della coppia di forze, il moto si inverte. Strumento usato in ebanisteria in epoca romana e poi ab-

VIVIANITE

bandonato fino al XIII secolo, quando divenne patrimonio della carpenteria (in antico il mobilio consisteva in poche tipologie realizzate con legni facilmente reperibili). Le viti sono state fabbricate a mano fino al XVIII secolo e il loro segno è facilmente riconoscibile. Anche pianta delle Vitaceae dalla quale si ottiene il cosiddetto  nero di vite per carbonizzazione dei sarmenti, un pigmento utilizzato nella tecnica dell’affresco per le sue doti di resistenza all’azione caustica della calce.

vivianite minerale composto da fosfato idrato di ferro, dal nome del mineralogista inglese John Henry Vivian. Impiegato come pigmento azzurro in tutte le tecniche pittoriche e chiamato alternativamente ocra azzurra, terra azzurra, azzurro di ferro e blu di Prussia naturale. Vira al grigio se degradato. Da ricordare anche la formazione di cristalli di vivianite sulle superfici murarie affrescate.

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volatilità sono la temperatura a cui avviene l’evaporazione, l’area della superficie esposta del liquido e la ventilazione. Se l’evaporazione, anziché avvenire dalla singola fase liquida, avviene da un liquido applicato su un supporto (per es. pellicola pittorica) bisogna tener conto anche delle interazioni che si stabiliscono fra le molecole del solvente e quelle del materiale. Questi legami possono rallentare l’evaporazione e produrre fenomeni di  ritenzione. La ritenzione di un solvente da parte di una superficie sottoposta a restauro è particolarmente delicata, infatti il solvente deve agire quanto evaporare rapidamente per non penetrare nei leganti e substrati pittorici.

vulnerabilità nelle fonti e nella letteratura sul restauro si dice di manufatti (supporti, pigmenti, vetri) che per le loro caratteristiche intrinseche sono particolarmente soggetti a forme di degrado.

vuoti di fusione o soffiature. Difetti riscontrabili volatilità velocità di evaporazione di un liquido; dipende da fattori legati alla sua natura e dalle condizioni esterne. Parametri che favoriscono la

nelle fusioni in bronzo dove si creano porosità o piccole cavità dovute a bolle d’aria o di gas sviluppatisi durante la solidificazione del metallo.

w wawa detto anche ‘obece’, è un legno tropicale usato in via sperimentale nella costruzione di supporti lignei da impiegare nella fase di risupportazione. Non si è rivelato adatto allo scopo, per la durata limitata e per la facilità con cui viene attaccato dagli insetti.

‘wet-on-wet’ procedimento pittorico che consiste nell’applicazione di un nuovo strato di colore su precedenti stesure ancora non asciutte, ‘bagnate’ appunto. Tale tecnica richiede una rapida esecuzione per evitare l’asciugatura dello strato di fondo; è attestato l’uso di lumeggiature a tempera a uovo su strati a olio ‘bagnati’.

WDS, WDX  spettrometria X a dispersione di lunghezza d’onda

weddellite minerale naturale formato da sedimentazione di ossalato di calcio nella forma biidrata. Questa fase cristallina viene rilevata abbastanza comunemente come patina di alterazione di sostanze organiche superficiali su moltissimi manufatti artistici di diversa tipologia; tipica dei materiali lapidei calcarei, la si ritrova anche su intonaci affrescati, dipinti, mobili, legni e perfino metalli. È chimicamente e termodinamicamente molto stabile e probabilmente è uno dei composti terminali del processo di mineralizzazione di sostanze organiche invecchiate quali oli, gomme vegetali e materiali proteici.

Wishab® nome commerciale di spugne speciali utilizzate nella pulitura di manufatti lapidei e di superfici affrescate prodotte dalla Akemie GMBH, sostituto moderno della  midolla di pane o  gommapane. Wood  lampada di Wood Xilamon® prodotto antitarlo a base di 2-cloronaftalene; efficace ma estremamente tossico, necessita di moltissime precauzioni, pertanto gli vengono preferiti altri prodotti meno tossici ( permetar).

x xilene o xilolo, solvente aromatico di media tossicità. Insieme al  toluene è usato nelle formulazioni industriali di solventi e sverniciatori, e impiegato per la reversibilità di resine naturali e artificiali (come le acriliche), sulle cere, sugli oli e sui grassi. Moderatamente volatile, produce scarsi fenomeni di  ritenzione. La sua tossicità, inferiore a quella del benzene, non è peraltro trascurabile.

xilofago anche silofago, categoria di insetti appartenenti a numerosi ordini e famiglie (lepidotteri cossidi, coleotteri bostricidi, scolitidi, cerambicidi, buprestidi, imenotteri siricidi); si nutrono di legno anche dopo l’abbattimento della pianta e rappresentano una delle cause del degrado dei supporti dei manufatti lignei, nei quali scavano gallerie anche molto profonde che rendono il materiale poroso e fragile, destrutturandolo.

xilografia o silografia. Tecnica di stampa tratta da una matrice incisa a rilievo, per lo più di legno, da cui il nome; le parti rilevate risultano colorate di nero al termine del processo di stampa. È il più antico fra i procedimenti di stampa e si sviluppa agli inizi del XV secolo nelle Fiandre, in Germania e in Francia. La  matrice è una tavoletta di legno duro; gli strumenti usati per in-

cidere sono il coltello e vari tipi di  sgorbie. Viene abbandonata con la diffusione dell’incisione su rame e su  linoleum, e ripresa alla metà del XIX secolo.

xilografo strumento che esegue meccanicamente e in modo seriale le incisioni in legno. xilologia insieme alla più specifica xilocronologia, è la disciplina che studia i manufatti lignei e ne trae informazioni studiando i tessuti della pianta originaria da cui gli oggetti sono stati ricavati; consente una definizione cronologica dell’opera e dell’ambito geografico e artistico di provenienza, oltre a indicazioni tecniche sulla lavorazione del legno, utili anche per eventuali restauri.

xiloteca collezione di campioni di specie legnose, per lo più a scopo didattico e di studio botanico e tecnologico. Oltre alla varietà delle specie, può comprendere anche campioni esemplificativi delle fenomenologie di degrado più comuni e peculiari, nonché campioni lavorati a testimonianza delle proprietà di lavorabilità dei legni. XRD  diffrattometria di raggi X XRF  fluorescenza di raggi X

z zafferano pianta erbacea originaria dell’Asia Minore (Crocus sativus) che cresce spontanea nei paesi del Mediterraneo, ove si coltiva fin dall’antichità. Sono famose le coltivazioni presenti in Abruzzo, in provincia dell’Aquila. Dagli stimmi maturi del fiore, essiccati e ridotti in polvere, si ottiene una sostanza amarognola e piccante, contenente crocina usata come aroma e colorante, definito giallo zafferano, impiegato nella tintura delle stoffe; è stato utilizzato anche sulle argentature per simulare l’effetto della doratura. Cennino Cennini annota: “si fa d’una spezia che ha nome zafferano ... bello da tignere panno lino, o ver tela”, mentre Filippo Baldinucci (1681) osserva: “del colore dello zafferano, fra giallo e rosso”. È un colorante molto labile e poco resistente alla luce e ai raggi ultravioletti. zapon vernice nitrocellulosa, protettivo usato per la protezione di manufatti metallici e smalti restaurati. zeppa tassello di legno usato in ebanisteria e in falegnameria per otturazioni o sostituzioni provvisorie. Negli angoli interni di un telaio consentono leggere espansioni funzionali al tensionamento della tela. zinco metallo bianco impiegato in fusione con il rame per ottenere l’ottone; questa lega ha un’altissima fluidità che ne consente la circolazione all’interno della forma e l’adesione alle pareti. Il getto finale solido è duro e fragile ed ha un bel colore dorato.

Lo zinco si ossida, come lo stagno e il piombo, sia per azione degli agenti atmosferici (specialmente cloro), che per la presenza di acidi nell’ambiente. In caso di corrosione viene trattato con cera d’api liquida, ovvero con paraffina e Paraloid®. I composti ossidati insolubili dello zinco sono bianchi e stabili (ossido, solfato, carbonato di zinco) per questa ragione è utilizzato come passivante per il ferro (lamiera zincata). Il  bianco di zinco è un pigmento stabile, usato in epoca moderna; ha una caratteristica fluorescenza giallo-limone quando illuminato da una  sorgente  ultravioletta.

zolfo elemento non metallico diffuso in natura sia allo stato nativo che in forma di minerali (solfuri e solfati). Ha un colore giallo limone e si estrae dalla ganga per fusione. È stato usato fin dall’antichità per ottenere pigmenti ( vermiglione) fino a quelli moderni (rosso cadmio); in oreficeria per il  niello, per produrre coloranti artificiali dalla seconda metà de XIX secolo, nella vulcanizzazione della gomma e come fungicida. zucchero termine che comunemente indica il saccarosio, disaccaride formato da due unità polisaccaridiche (glucosio e fruttosio), diffuso nel regno vegetale ed estratto dalla canna e barbabietola da zucchero. Di colore bianco e aspetto cristallino, è facilmente solubile in acqua. Addizionato alle malte e agli stucchi funge da anticongelante, accelerante e plastificante.

NARDINI EDITORE PER LA CONSERVAZIONE E IL RESTAURO www.nardinieditore.it [email protected] PERIODICI

KERMES. LA RIVISTA DEL RESTAURO trimestrale BOLLETTINO DELL’ISTITUTO CENTRALE RESTAURO (ICR) semestrale

PER IL

ARKOS. SCIENZA E RESTAURO DELL’ARCHITETTURA

trimestrale (2003-2006) disponibile presso l’editore JACQUARD, Fondazione Lisio – Arte della seta semestrale KERMESQUADERNI Tecniche e sistemi laser per il restauro dei beni culturali, a cura di Roberto Pini, Renzo Salimbeni I restauri di Assisi. La realtà dell’utopia (con CD-rom), a cura di Giuseppe Basile Conservazione preventiva delle raccolte museali, a cura di Cristina Menegazzi, Iolanda Silvestri The Painting Technique of Pietro Vannucci, called il Perugino, a cura di Brunetto G. Brunetti, Claudio Seccaroni, Antonio Sgamellotti

bronzee del Battistero di Firenze, a cura di Piero Tiano, Carla Pardini Pulitura laser di bronzi dorati e argenti, a cura di Salvatore Siano Raphael’s Painting Tecnique: Working Pratique before Rome, a cura di Ashok Roy, Marika Spring Il Laser. Pulitura su materiali di interesse artistico. Attività sperimentale, a cura di Annamaria Giovagnoli Sebastiano del Piombo e la Cappella Borgherini nel contesto della pittura rinascimentale, a cura di Santiago Arroyo Esteban, Bruno Marocchini, Claudio Seccaroni QUADERNI DEL BOLLETTINO ICR Restauri a Berlino. Le decorazioni rinascimentali lapidee nell’Ambasciata d’Italia, a cura di Giuseppe Basile (in italiano, tedesco e inglese) SPECIALI E DOSSIER DI ARKOS AA. VV., Genova. Il restauro dei palazzi dei Rolli AA. VV., Genova Capitale Europea della Cultura 2004. Le opere di rinnovamento della città

Villa Rey. Un cantiere di restauro, contributi per la conoscenza, a cura di Antonio Rava

AA. VV., Duomo di Trento, Giubileo 2000: I restauri

Le patine. Genesi, significato, conservazione, a cura di Piero Tiano, Carla Pardini

ARCHITETTURA E RESTAURO

Patrimonio monumentale. Monitoraggio e conservazione programmata, a cura di Paola Croveri, Oscar Chiantore Impatto ambientale. Indagine sulle porte

AA.VV., Dalla Reversibilità alla Compatibilità AA.VV., Il recupero del centro storico di Genova

AA.VV., Il Minimo Intervento nel Restauro

Tampone Voll. I-II

AA.VV., La fruizione sostenibile del bene culturale

Heinz Althöfer, Il restauro delle opere d’arte moderne e contemporanee

AA. VV., Il quartiere del ghetto di Genova. Studi e proposte per il recupero dell’esistente

Cristina Giannini, Lessico del restauro. Storia, tecniche, strumenti

QUADERNI DI ARCHITETTURA

AA.VV., Conservare l’arte contemporanea

diretta da Nicola Santopuoli e Alessandro Curuni

AA.VV., Archeologia. Recupero e conservazione

Federica Maietti, Dalla grammatica del paesaggio alla grammatica del costruito. Territorio e tessuto storico dell’insediamento urbano di Stellata

AA.VV., Restauro di strumenti e materiali. Scienza, musica, etnografia

Il rilievo per la conservazione. Dall’indagine alla valorizzazione dell’altare della Beata Vergine del Rosario nella chiesa di S. Domenico a Ravenna, a cura di Nicola Santopuoli ARTE E RESTAURO diretta da Andrea Galeazzi Umberto Baldini, Teoria del restauro e unità di metodologia Voll. I-II Ornella Casazza, Il restauro pittorico nell’unità di metodologia Mauro Matteini, Arcangelo Moles, Scienza e restauro. Metodi d’indagine Alessandro Parronchi, Botticelli fra Dante e Petrarca Roberto Monticolo, Meccanismi dell’opera d’arte. Da un corso di disegno per il restauro

AA.VV., Le professioni del restauro. Formazione e competenze

Giovanni Montagna, I pigmenti. Prontuario per l’arte e il restauro Giovanna C. Scicolone, Il restauro dei dipinti contemporanei. Dalle tecniche di intervento tradizionali alle metodologie innovative Bruno Fabbri, Carmen Ravanelli Guidotti, Il restauro della ceramica Giulia Caneva, Maria Pia Nugari, Ornella Salvadori, La biologia nel restauro AA.VV., Conservazione dei dipinti su tavola Americo Corallini, Valeria Bertuzzi, Il restauro delle vetrate AA.VV., Arte contemporanea. Luciano Colombo, I colori degli antichi Sergio Palazzi, Colorimetria. La scienza del colore nell’arte e nella tecnica

Thomas Brachert, La patina nel restauro delle opere d’arte

Benedetta Fazi, Nuove tecniche di foderatura. Le tele vaticane di Pietro da Cortona a Urbino

Mauro Matteini, Arcangelo Moles, La chimica nel restauro. I materiali dell’arte pittorica

Vishwa Raj Mehra, Foderatura a freddo. I testi fondamentali per la metodologia e la pratica

Il restauro del legno, a cura di Gennaro

AA.VV., Ambiente, città e museo

AA.VV., Organi storici delle Marche. Gli strumenti restaurati Francesco Pertegato, Il restauro degli arazzi Giulia Caneva, Maria Pia Nugari, Daniela Pinna, Ornella Salvadori, Il controllo del degrado biologico Cristina Ordóñez, Leticia Ordóñez, Maria del Mar Rotaeche, Il mobile. Conservazione e restauro AA.VV., Teatri storici. Dal restauro allo spettacolo Heinz Althöfer, La radiologia per il restauro Paolo Fancelli, Il restauro dei monumenti Maria Ida Catalano, Brandi e il restauro. Percorsi del pensiero AA. VV., Aerobiologia e beni culturali. Metodologie e tecniche di misura AA. VV., Ripristino architettonico. Restauro o restaurazione? AA. VV., Restauro dei dipinti su tavola. I supporti lignei Claudio Seccaroni, Pietro Moioli, Fluorescenza X. Prontuario per l’analisi XRF portatile applicata a superfici policrome Monumenti in bronzo all’aperto. Esperienze di conservazione a confronto (con CD-rom), a cura di Paola Letardi, Ilva Trentin, Giuseppe Cutugno Tensionamento dei dipinti su tela. La ricerca del valore di tensionamento, a cura di Giorgio Capriotti e Antonio Iaccarino Idelson, con contributi di Giorgio Accardo e Mauro Torre, ICR, e un’intervista con Roberto Carità Cristina Giannini, Roberta Roani, Giancarlo Lanterna, Marcello Picollo, Dizionario del restauro e della diagnostica

Manufatti archeologici. Studio e conservazione (solo CD-rom), a cura di Salvatore Siano Cesare Brandi, Theory of Restoration, edited by Giuseppe Basile La biologia vegetale per i Beni Culturali: Vol. I: Biodeterioramento e Conservazione, a cura di Giulia Caneva, Maria Pia Nugari, Ornella Salvadori Vol. II: Conoscenza e Valorizzazione, a cura di Giulia Caneva Lo Stato dell’Arte3, a cura di IGIIC Lo Stato dell’Arte4, a cura di IGIIC Lo Stato dell’Arte5, a cura di IGIIC Lo Stato dell’Arte6, a cura di IGIIC Lo Stato dell’Arte7, a cura di IGIIC Codici per la conservazione del patrimonio storico. Cento anni di riflessioni, “grida” e carte, a cura di Ruggero Boschi, Pietro Segala La protezione e la valorizzazione dei beni culturali, a cura di Giancarlo Magnaghi La teoria del restauro nel Novecento da Riegl a Brandi, a cura di Maria Andaloro L’eredità di John Ruskin nella cultura italiana del Novecento, a cura di Daniela Lamberni AA. VV., La dignostica e la conservazione dei manufatti lignei (solo CD-rom) Meteo e Metalli. Conservazione e Restauro delle sculture all’aperto. Dal Perseo all’arte contemporanea, a cura di Antonella Salvi Marco Ermentini, Restauro Timido. Architettura Affetto Gioco Leonardo. L’Ultima Cena. Indagini,

ricerche, restauro, a cura di Giuseppe Basile, Maurizio Marabelli Dendrocronologia per i Beni Culturali e l’Ambiente, a cura di Manuela Romagnoli Valentina Russo, Giulio Carlo Argan. Restauro, critica, scienza Cristina Giannini (a cura di), Dizionario del restauro. Tecniche Diagnostica Conservazione ARTE E RESTAURO/PITTURE MURALI direzione scientifica: Cristina Danti - Cecilia Frosinini Alberto Felici, Le impalcature nell’arte per l’arte. Palchi, ponteggi, trabiccoli e armature per la realizzazione delle pitture murali Il colore negato e il colore ritrovato. Storie e procedimenti di occultamento e descialbo delle pitture murali, a cura di Cristina Danti, Alberto Felici

e il suo degrado Elena Cristoferi, Gli avori. Problemi di restauro Francesco Pertegato, I tessili. Degrado e restauro Michael G. Jacob, Il dagherrotipo a colori. Tecniche e conservazione Gustav A. Berger, La foderatura Sergio Palazzi, Analisi chimica per l’arte e il restauro AA.VV., Dipinti su tela. Metodologie d’indagine per i supporti cellulosici Giorgio Guglielmino, Le opere d’arte trafugate Chiara Lumia, Kalkbrennen. Produzione tradizionale della calce al Ballenberg / Traditionelle Kalkherstellung auf dem Ballenberg (con DVD) Anna Gambetta, Funghi e insetti nel legno. Diagnosi, prevenzione, controllo

ARTE E RESTAURO/FONTI

ARTE E RESTAURO/@NTEPRIMA

Ulisse Forni, Il manuale del pittore restauratore, introduzione e note a cura di Vanni Tiozzo – e-book

Federica Dal Forno, La ceroplastica anatomica e il suo restauro. Un nuovo uso della Tac, una possibile attribuzione a G.G. Zumbo – e-book

Ricette vetrarie muranesi. Gasparo Brunoro e il manoscritto di Danzica, a cura di Cesare Moretti, Carlo S. Salerno, Sabina Tommasi Ferroni Il mosaico parietale. Trattatistica e ricette dall’Alto Medioevo al Settecento, a cura di Paola Pogliani, Claudio Seccaroni

Luigi Orata, Tagli e strappi nei dipinti su tela. Metodologie di intervento – e-book Collana edita con l’Associazione Giovanni Secco Suardo

ARTE E RESTAURO/STRUMENTI

QUADERNI DELL’ARCHIVIO STORICO NAZIONALE E BANCA DATI DEI RESTAURATORI ITALIANI

Vincenzo Massa, Giovanna C. Scicolone, Le vernici per il restauro

diretta da Giuseppe Basile e Lanfranco Secco Suardo

Giovanni Liotta, Gli insetti e i danni del legno. Problemi di restauro

Restauratori e restauri in archivio – Vol. I: Profili di restauratori italiani tra XVII e XX secolo, a cura di Giuseppe Basile

Maurizio Copedè, La carta

Restauratori e restauri in archivio – Vol. II: Nuovi profili di restauratori italiani tra XIX e XX secolo, a cura di Giuseppe Basile Collane edite con il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” dirette da Carla Enrica Spantigati ARCHIVIO Restauri per gli altari della Chiesa di Sant’Uberto alla Venaria Reale, a cura di Carla Enrica Spantigati Delle cacce ti dono il sommo imperio. Restauri per la Sala di Diana alla Venaria Reale (con DVD interattivo), a cura di Carla Enrica Spantigati

CRONACHE Restaurare l’Oriente. Sculture lignee giapponesi per il MAO di Torino, a cura di Pinin Brambilla Barcilon e Emilio Mello RESTAURO IN VIDEO Duccio e il restauro della Maestà degli Uffizi // Giotto e il restauro della Madonna d’Ognissanti // Guglielmo de Marcillat // e l’arte della vetrata in Italia // Il Volto Santo di Sansepolcro // La vetrata di San Francesco ad Arezzo // Cimabue e il restauro della Maestà di Santa Trinita

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