Del perturbante. Simmel e le emozioni 8889422572


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Del perturbante. Simmel e le emozioni
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Sociologica-mente Collana curata e diretta da M. Caterina Federici – 10 –

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SILVIA FORNARI

Del perturbante Simmel e le emozioni

Morlacchi Editore

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In copertina: A. Rodin, L’idolo Eterno, 1889, gesso, h. 73 cm.; Parigi, Musée Rodin.

L’Idolo Eterno venne esposto al Salon del 1896 insieme ad altre quattro sculture in marmo. Il gruppo celebrava quel sentimento di superiorità della donna nei confronti dell’uomo che era stato eletto a protagonista di tanta narrativa romantica prima e simbolista poi. In una celebre lettura del poeta Rainer Maria Rilke, che dal 1905 fu segretario di Rodin, il senso più profondo della scultura era ritrovato nel rapporto tra la chiusura a triangolo del corpo della donna (il braccio abbandonato, il corpo reclinato, la gamba posata a terra), nel quale «è racchiusa la vita col suo mistero», e il gesto di totale resa dell’uomo, con le braccia sul dorso «come due cose misere e vuote» e il volto «immerso tra i seni come un fascio di fiori».

ristampe:

1. febbraio 2006 (riveduta)

2.

ISBN: 88-89422-57-2

Copyright © 2005 by Morlacchi Editore, Perugia. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione non autorizzata. www.morlacchilibri.com | [email protected] Finito di stampare nel mese di febbraio 2006 da Digital Print – Service (Segrate).

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«L’amore non cesserà mai di stupirci, cangiante e inafferrabile com’è, mutevole e imprevedibile nel suo essere sentimento, impenetrabile per la sua dimensione di mistero. Disvelare cosa in realtà sia l’amore è un compito che sin dai primi istanti si configura come un’impresa impossibile, come un intento sì ambizioso ma, proprio per questo, pressoché utopico.» Aldo Carotenuto

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Il lavoro che qui si edita è frutto di ricerche pubblicate in versioni preliminari ed ora ampiamente rielaborate. Le indicazioni bibliografiche dei precedenti lavori sono: Georg Simmel: la filosofia della vita e i processi educativi, in M.C. Federici (2001) (a cura di), Georg Simmel e la sociologia omnicomprensiva, Morlacchi, Perugia, pp. 75-119; La cultura soggettiva: femminilità e sessualità in Georg Simmel, in A. De Simone (2004) (a cura di), Leggere Simmel. Itinerari filosofici, sociologici ed estetici, QuattroVenti, Urbino, pp. 113-138; Le perturbanti carezze. La sessualità e l’amore nell’opera simmeliana, in M. C. Federici, F. D’Andrea (2004) (a cura di), Lo sguardo obliquo. Dettagli e totalità nel pensiero di Georg Simmel, Morlacchi, Perugia, pp. 3-32; La vita quotidiana: la normale follia. Transiti sociologici, in A. De Simone (2005) (a cura di), Identità, spazio e vita quotidiana, QuattroVenti, Urbino, pp. 179-222.

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Indice

prefazione di Fabrizio Fornari L’inesorabile aperto .................................................................... ix introduzione Il viaggio delle emozioni .............................................................. 1 primo capitolo La filosofia della vita e il conflitto della cultura moderna ........... 21 1. L’esercizio della “Filosofia della vita” e il relativismo simmeliano ......... 2. Il conflitto delle forme sociali ............................................................. 3. La cultura soggettiva e la cultura oggettiva ......................................... 4. La diade: maschile e femminile .........................................................

26 41 55 66

secondo capitolo La relazionalità e la reticolarità sociale ....................................... 83 1. La relazionalità sociale ..................................................................... 86 2. Il pensiero reticolare .......................................................................... 92 3. Le cerchie sociali ............................................................................. 102 4. Reti di scambio .............................................................................. 125

terzo capitolo L’amore come “passione fredda” .............................................. 135 1. Le emozioni narcotizzate ................................................................ 2. L’instabilità della relazione ............................................................. 3. Le relazioni generate dalla passione fredda ....................................... 4. L’alienazione della relazionalità sociale ............................................ Un breve corollario .............................................................................

140 149 160 180 184

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quarto capitolo L’amore come “passione calda” ................................................ 187 1. L’amore e le passioni ....................................................................... 2. L’erotismo e la sessualità .................................................................. 3. Il pudore e il sentimento amoroso .................................................... 4. Annotazioni conclusive ...................................................................

195 215 230 235

Bibliografia ............................................................................. 241 1. Traduzioni italiane ........................................................................ 243 2. Critica italiana .............................................................................. 258 3. Bibliografia generale ....................................................................... 291

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prefazione

L’inesorabile aperto Georg Simmel e la sociologia delle emozioni nella lettura di Silvia Fornari

Come si volgerà Agathe, si chiede Robert Musil in un abbozzo dell’Uomo senza qualità dedicato al viaggio in paradiso, ossia all’estasi della perfetta unione amorosa, come sorriderà verso la riva? Con leggiadrìa, egli annota, corrispondendo alla gestualità propria ad ogni vera perfezione. Ma quando, ancora Musil, si domanda cosa sia la bellezza, che è sempre bellezza di una parte, di un aspetto particolare della realtà, egli osserva che, ad esempio, una curva può essere chiamata bella solo perché si conosce o si presuppone la totalità del cerchio di cui essa è parte, e che dunque, al tempo stesso, la delimita, la definisce e la trascende1. Ma se dietro l’infinito di mare e cielo non vi fosse nulla, si chiede di nuovo Musil, se esso fosse inesorabilmente aperto? Rifugiati in una spiaggia deserta, sospesa fra cielo e mare, i due amanti musiliani vivono la loro indicibile pienezza affacciati su quell’infinito che si presenta loro come uno squarcio sul nulla. Senza confini e, dunque, senza contenuti – ha scritto Claudio Magris – quello spazio appare loro l’immenso brandello di una totalità irraggiungibile, un’apertura illimitata che va sempre più somigliando ad una ferita. La loro nostalgia si protende, struggente e feroce, oltre quell’infinito, per sapere se 1

Cfr. Magris 1978.

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esso celi un senso oppure il niente. L’aperto fa male, consuma e rischia di spegnere l’amore dei due amanti, incapaci di sopportare il lacerante sentimento prodotto dalla nostalgia di un intero non più ricomponibile2. Seppure maturati in un contesto culturale diverso, perché costantemente caratterizzato dal richiamo agli autori della tradizione sociologica – nonché a pensatori e psicologi contemporanei –, i temi sviluppati nel saggio di Silvia Fornari su Simmel e il «perturbante» trovano nelle domande musiliane una loro possibile cornice di riferimento. Secondo quanto qui mostra assai bene la Fornari, anche Simmel, del resto, come Musil, si era sempre battuto nel tentativo di difendere il mobile senso della vita e dell’esperienza emozionale da ogni visione assoluta, da ogni superamento dialettico delle particolarità individuali. Il sociologo berlinese e lo scrittore austriaco, scoperta la natura relazionale che regge la stessa vita sociale, si sono cioè trovati a condividere la stessa decisione, ossia di non scegliere mai uno dei due termini della relazione, oscillando nell’antitesi, al fine di non farli mai incontrare in una loro presunta sintesi che li annulli. Georg Simmel, tuttavia, è stato un pensatore ed in tale veste ha contribuito a cambiare il nostro modo teorico di concepire l’individualità, non più pensata come sostanza stabile, bensì come soggettività che trova la sua vera identità in quella continua mobilità che permette all’individualità stessa di essere sempre altrove. Per Simmel, del resto, la modernità, con i suoi conflitti, rappresenta e porta con sé, in ogni caso, una frantumazione delle vecchie barriere geo-politiche, produce una densa mesco2

Cfr. ibidem.

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L’inesorabile aperto. Prefazione | xi

lanza di concezioni del tempo tra loro fortemente diversificate, trasforma il mondo, tramite il denaro, in un grande mercato oppure – per usare, ancora una volta, una felice formulazione di Claudio Magris – in un grande magazzino in cui tutte le epoche sono affiancate l’una accanto all’altra, come in un negozio di antiquariato e “produce quel tipo d’uomo eclettico e storicistico, in realtà post-storico, che è l’individuo contemporaneo, l’individuo nietzscheano schiacciato dalla memoria storica e dalla simultaneità di tutto il passato o l’uomo senza qualità di Musil, il quale abita in una casa che è un’ibrida sovrapposizione e mescolanza di stili di varie epoche”3. Nel saggio che qui presento, il percorso simmeliano è indicato con chiarezza, soprattutto alla luce di un tema guida, quello della differenziazione sociale. Un tema, questo, particolarmente caro a Simmel, anche in ragione del suo milieu culturale e dell’ambiente nel quale si trovò ad operare4. Già in altri lavori, la Fornari – che, nonostante la sua giovane età, ha una lunga e puntale frequentazione dell’opera simmeliana, indagata anche in senso storiografico e filologico – ha messo in luce le singolari circostanze biografiche che hanno condizionato l’iter teorico dello stesso Simmel, illustrandone al contempo il contesto storico e la forza teoretica5. Già professore straordinario a Berlino nel 1901, ordinario a Strasburgo soltanto nel 1914, quattro anni prima della sua scomparsa, Simmel svolge il suo pensiero lungo un percorso che la Fornari – seguendo una tradizione esegetica ormai consolidata – descrive come caratterizzato da tre fasi. Nella prima fase, Simmel prende le mosse dal tentativo di innestare la prospettiva del critici3

Magris 2001, p. 125. Cfr. Simmel 1890. 5 Cfr. Fornari 2001; 2002; 2004a; 2004b; 2004c. 4

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smo kantiano nel tronco della concezione evoluzionistica espressa dal positivismo di Herbert Spencer e di Charles Darwin6. Nella seconda fase, invece, che coincide con la reazione della cultura europea soprattutto d’area tedesca, al positivismo, Simmel cerca di far interagire le sue precedenti analisi con l’orientamento neokantiano (fondato da Wilhelm Windelband e Heinrich Rickert) e fenomenologico (istituito da Edmund Husserl). Si tratta di una fase in cui emerge, dal punto di vista conoscitivo, una visione sostanzialmente relativistica della realtà sociale, sebbene il molteplice empirico di kantiana memoria, non riconducibile ai principi della causalità naturalistica, sia pure ricondotto nell’alveo di forme che, sole, consentirebbero l’intelligibilità della stessa realtà sociale. La loro validità sarebbe giustificata da una tendenza, di matrice organica, a selezionare quelle conoscenze che favoriscono l’affermazione della vita, secondo una logica pragmatica per la quale essa assume come vero ciò che la potenzia e rifiuta come falso ciò le risulta dannoso7. Nell’ultima fase del suo pensiero, invece, Simmel elabora una «filosofia della vita» volta a superare il momento relativistico pur sempre contenuto nella sua riflessione sulle «forme»8. Oggetto di indagine del primo capitolo, la vita, qui, non è più selezione, bensì contrasto tra il flusso vitale e le forme che esso stesso produce. Un tema, questo, sul quale la Fornari, nel suo nuovo saggio, si sofferma a lungo9, nella convinzione che esso debba considerarsi il punto di partenza dal quale si dira-

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Cfr. Simmel 1890; 1892; 1894; 1900. Cfr. Simmel 1904; 1906; 1907a; 1910. 8 Cfr. Simmel 1918. 9 Cfr. qui sotto, cap. I. 7

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L’inesorabile aperto. Prefazione | xiii

mano le fondamentali analisi simmeliane sul carattere sostanzialmente dualistico e reticolare dell’interazione sociale10. In proposito, la Fornari scrive: “La caratteristica metodologica di base, che si evidenzia ad un’attenta rilettura della successione delle opere e dei saggi, mostra come la costruzione del pensiero simmeliana sia una struttura reticolare, definita da un nucleo centrale che rappresenta il tema di base, una questione generale da cui di diramano i fili della rete, gli aspetti più particolari che rappresentano di per sé argomentazioni e trattati complessi”11. Proprio tenendo fermo il quadro concettuale complessivo dell’opera simmeliana, la Fornari cerca di sondare in profondità quella tonalità emotiva di fondo che sembra attraversare – a volte in modo del tutto trasversale e obliquo – gran parte della produzione simmeliana e che la stessa Fornari esemplifica, con una scelta particolarmente felice, sotto l’espressione di «perturbante». Con quest’operazione, la Fornari si spinge coraggiosamente in un territorio perlopiù inesplorato e anche pieno d’insidie, in quanto abitato da quel senso di spaesamento e di perdita dell’intero cui ho alluso, tramite le citazioni musiliane, nell’incipit di questa Prefazione. Del resto, il richiamo a Musil, ma la cosa si potrebbe estendere anche a tutta la grande tradizione letteraria mitteleuropea – da Musil a Kafka, da Rilke a Hofmannsthal, da Broch a Canetti –, non è meramente occasionale. In effetti, Simmel è forse tra gli autori tedeschi quello che più di ogni altro si può avvicinare per sensibilità culturale e acume critico all’humus intellettuale e all’operari critico e artistico della cosiddetta «gran10 11

Ivi, cap. II. Ivi, p. 86.

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de Vienna», così come questi si affermarono tra fine secolo e finis Austriae (senza con ciò sottovalutare le assonanze tematiche tra la produzione simmeliana e quella di grandi scrittori contemporanei come Joyce e Proust, Mann e Hesse, Borges e l’ultimo Jünger). In quest’ottica, la rivisitazione condotta dalla Fornari dell’opera simmeliana ha il merito di riscoprire, nel cuore di questa stessa opera, la problematica nietzscheana nel momento della sua massima generalizzazione e maturazione. Ed è appunto tale problematica ciò che costituisce il riferimento che accomuna la sociologia simmeliana – anche la sua sociologia delle emozioni e delle passioni – e il tema mitteleuropeo di un’identità umana che si è congedata da ogni forma di stabilità (quell’odissea rettilinea nella quale l’individuo non torna a casa ma procede in linea retta verso l’infinito o verso il nulla “perdendosi per strada e mutando costantemente la propria fisionomia, diventando un altro, distruggendo ogni frontiera della propria identità”)12. Come scrive ancora Magris, “dietro tutta questa letteratura c’è, esplicita o implicita, la grande lezione di Nietzsche, esploratore e distruttore di ogni fittizia identità individuale, da lui dissolta in una «anarchia di atomi», nella quale la tradizionale e millenaria struttura del soggetto individuale, che da tempo immemorabile ha costruito faticosamente le proprie frontiere, appare già in procinto di dissolversi, di perdere i propri confini e di trasformarsi in una pluralità ancora non precisamente definita, quasi in un nuovo stadio antropologico”13. In questa prospettiva, la posta in gioco, nel saggio della Fornari, diventa il tentativo di capire se, dopo Nietzsche e il nau12 13

Magris 2001, p. 59; Simmel 1907. Ivi, p. 60; cfr Cacciari 1976; Gargani 1993.

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L’inesorabile aperto. Prefazione | xv

fragio epistemologico del soggetto, sia ancora possibile dare un senso alla fenomenologia della relazione amorosa. Se l’intero si sottrae, se il soggetto individuale fa naufragio nell’oceano di una massa inconscia e si scinde in una vertiginosa molteplicità di nuclei psichici, che ne sarà della spinta emotiva verso l’alterità? La Fornari, tra l’altro, mostra di essere ben consapevole del fatto che in Simmel non ha luogo alcuna chiusura dell’intero; dal punto di vista simmeliano, infatti, ogni ricomposizione dell’intero è solo un surrogato, poiché l’unica nostra verità è il frammento, non già la totalità. Tuttavia, per la Fornari, come si evince dal secondo capitolo del suo lavoro, nelle pagine simmeliane emerge anche un senso del sentire irriducibile al tema mitteleuropeo del congedo da ogni verità, giacché lo sfacelo di ogni ordine finisce con il risolversi nella ricerca di «nuovi ordini» e di «nuove possibilità di senso» (anche qualora questo nuovo attingimento di orizzonti di senso resti qualcosa d’indicibile, d’incomunicabile). Il legame emotivo tra esseri umani, nonché la ricerca della perfetta unione amorosa degli amanti musiliani, diventano così per la Fornari il filo rosso attraverso il quale rileggere il tema dell’interazione di Simmel, al cui interno assume rilevanza non tanto il gioco delle macrointerazioni (Stato, famiglia, metropoli e via dicendo), quanto ciò che interagisce in modo fluido, fugace, periferico, effimero14. Giacché l’amore, la passione, il perturbante si collocano proprio nello spazio in cui si dipana quell’ordito di fili invisibili che lega una persona all’altra15. Secondo la Fornari, tuttavia, che qui si richiama, tra gli altri, anche ai lavori teorici di autori come Ulrich Beck, Remo Bodei, Aldo Carotenuto, Umberto Galimberti, e Christopher 14 15

Cfr. qui sotto, cap. II, p. 83 e sgg. Cfr. ivi, cap. IV; Simmel 1907; Simmel in Frisby 1992, p. 77 e sgg.

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Lasch, quest’ordito invisibile può profilare dimensioni dell’agire emotivo costruite con geometrico controllo e con matematica esattezza. Quando ciò accade, il sentimento viene a determinarsi come «passione fredda», nella quale l’emotività è sì presente, ma come condizionata da interessi esterni e da calcoli volti ad ottimizzare l’interazione in senso utilitaristico. Da qui, peraltro, secondo la Fornari, la narcotizzazione delle emozioni16 e l’incapacità della scienza e della conoscenza sociologica di annoverare tra i propri temi la complessa sfera dell’emotività – dei sentimenti, dei sensi, dei desideri, nonché delle passioni17. Nel mondo contemporaneo – in ciò che Zygmunt Bauman, come ricorda la Fornari, ha chiamato «modernità liquida»18 –, l’incertezza diviene la cifra dominante. La parola, del tutto insufficiente a dire l’esperienza vissuta e ad ordinare l’indistinto fluire della vita, viene abbandonata in favore di una razionalità strumentale tutta protesa al possesso, all’utile e al controllo tecnico-scientifico della natura: “La passione – annota la Fornari – diviene fredda poiché si è prodotta una nuova forma di desiderio, meno elevata rispetto ai desideri del premoderno, che allontana l’idea della trascendenza per divenire una forma smisurata di possesso. Desiderare diviene sinonimo di possedere; volere, bramare ciò che non abbiamo e vorremmo avere, sia esso visibile, sia esso invisibile, questa è la nuova forma del desiderio. Siamo diventati avidi di oggetti, ma anche di sentimenti, emozioni, sensazioni, che desideriamo in senso quantitativo e non in senso qualitativo e trascendente”19.

16

Cfr. qui sotto, par. 1, cap. III, pp. 140-149. Cfr. ivi, p. 2. 18 Cfr. Bauman 2000. 19 Cfr. qui sotto, cap. III, p. 141. 17

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L’inesorabile aperto. Prefazione | xvii

Al contrario, vi sono fili invisibili che legano una persona all’altra in modo non strumentale. È qui che entrano in gioco le «passioni calde», ossia, secondo la Fornari, quello stato dell’anima che, non vincolato alla mera ragione, lascia emergere l’orlo di un’esperienza pienamente vissuta e sentita. Tra queste, la più immediata è quella che si concretizza, appunto, nel rapporto amoroso. A questo tipo di passioni è dedicata l’ultima parte del saggio in questione. Per la Fornari, nel discorso amoroso, così come esso si delinea in Simmel, può ancora trovare spazio una dimensione dell’agire in cui il senso della vita possa tralucere, sebbene tale senso non possa consegnarsi al linguaggio e resti legato ad una tensione irresolubile verso l’altro. Nella Coscienza di Zeno di Italo Svevo, la più grande scena d’amore è senz’altro la partenza di Ada, con gli occhi sporgenti della donna malata del morbo di Basedow, in un clima di afa e nel quadro di una giornata fiacca e grigia. Una scena d’amore non detto; un amore probabilmente anche finito, passato, ma che appunto permane come ciò che dà un senso alla vita. Ricorda ancora Magris che la massima allusione che Svevo concede a quel significato latitante, in perenne contumacia, è un soffio di pigro scirocco o una nervosa boccata di sigaretta; ma è proprio questa reticente obliquità a far risaltare, in negativo, il senso nella sua ineffabilità e irreperibilità20. Per Simmel, il senso irreperibile si origina invece dall’esperienza dell’occhio: “Tra i singoli organi di senso l’occhio è fatto per offrire una prestazione sociologica assolutamente unica: la connessione e l’azione reciproca tra individui, che consiste nel guardarsi l’un l’altro”21. L’azione straordinaria dello sguardo è 20 21

Cfr. Magris 1978. Simmel 1907b, p. 534.

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da vedersi nel fatto che l’unità posta in essere da quest’atto – dal reciproco incontrarsi degli occhi – non si cristallizza in nessuna forma oggettiva22. In altri termini, l’unità che il suddetto atto pone in essere si risolve immediatamente nell’accadere: “questo legame è così forte e fine che viene sorretto soltanto dalla linea più breve, la linea retta tra gli occhi, e la minima deviazione da questa, il più leggero guardare di fianco, distrugge del tutto l’elemento caratteristico di tale legame”23. Ciò significa che, per Simmel, l’azione reciproca attivata dallo sguardo, proprio perché oggettivamente non determinabile, muore nell’attimo stesso in cui viene meno l’immediatezza dell’atto del guardarsi. In questa prospettiva, “tutti i rapporti tra gli uomini, il loro comprendersi e il loro respingersi, la loro intimità e la loro freddezza sarebbero mutati in maniera incalcolabile se non esistesse il guardarsi negli occhi – che, a differenza del semplice vedere e osservare l’altro soggetto, significa una relazione completamente nuova e incomparabile tra di loro”24. Così, lo sguardo che assume in sé l’altro manifesta, al contempo, se stesso. Scrive Simmel: “con il medesimo atto con cui il soggetto cerca di conoscere il suo oggetto, egli si offre qui all’oggetto. Non si può prendere con l’occhio senza dare contemporaneamente: l’occhio svela all’altro l’anima che cerca di svelarlo”25. In conclusione a queste brevi note introduttive, che certo non rendono ragione di un lavoro complesso, articolato e puntale qual è quello svolto da Silvia Fornari, può dirsi che il fascino delle pagine che seguono risiede precisamente non solo nel-

22

Cfr. ivi, p. 535. Ibidem. 24 Ibidem. 25 Ibidem. 23

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L’inesorabile aperto. Prefazione | xix

l’originalità del tema che esse affrontano, ma anche nell’«energia passionale» con la quale la stessa Fornari evoca costantemente, da una parte, la post-moderna perdita dell’intero, e, dall’altra, la mai rinnegata nostalgia di quel significato cui allude musilianamente l’estasi della perfetta unione amorosa. E ancora una volta può, infine, dirsi che lo studio di un classico resta pur sempre una modalità d’accesso privilegiata per leggere in filigrana i problemi della contemporaneità. Pensatore e sociologo profondo e diseguale, acuto lettore del moderno e della sua tragicità, Simmel resta pur sempre una voce – ineliminabile – che ci aiuta a comprendere il nostro presente. Dal canto suo, invece, Silvia Fornari ci aiuta, con questo saggio, a liberare la lettura di Simmel da ogni pregiudiziale irrazionalistica. Il percorso intellettuale di Simmel, del resto, è costantemente guidato dalla ricerca di nuovi linguaggi e dal tentativo di rivitalizzazione di una civiltà. In effetti, la reticenza, a volte ironica, del sociologo tedesco nei confronti della “ragione” non può essere assunta nei termini di una sua incondizionata adesione al nichilismo di un’epoca dominata, irrazionalmente, dalla crisi di tutti i valori. Piuttosto, la sua radicale messa in discussione di una Ragione, è la via per dare riconoscimento effettivo a ciò che, di fatto, nella dimensione della prassi, l’attore sociale continuamente costruisce e ricostruisce per sopravvivere e vivere: le molte ragioni, ciascuna animata da una sua interna e irriducibile passione. Fabrizio Fornari

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L’inesorabile aperto. Prefazione | xxi

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introduzione

Il viaggio delle emozioni

Come accade nello svolgimento di ogni lavoro di ricerca s’incontrano Autori, libri, luoghi, emozioni con i quali si avvia un viaggio, un viaggio che rappresenta se stessi e le proprie scelte. Questo lavoro si è determinato sulla scia di uno stimolo intellettuale ed emotivo, non solo perché i personaggi principali della storia sono le emozioni, i sentimenti, le agitazioni e le passioni, ma perché per quanto il ricercatore debba mantenere la pura oggettività dello studio, ognuno si lega al prodotto creato, sia esso un libro, una ricerca empirica o un oggetto in sé. Una parte di noi entra a far parte del progetto, del viaggio, ponendo i propri punti di vista o scegliendo la visione di Autori che ripropongono la nostra immagine della realtà che stiamo studiando. Il nostro modo di fare scienza in sociologia, ma lo stesso si può affermare per tutte le altre discipline che pongono al centro della riflessione il soggetto, come per la filosofia, la psicologia o l’antropologia, rende difficile mantenere il distacco oggettivo che la scienza richiede, soprattutto se, come in questo caso non si osserva una realtà lontana dalla nostra stessa vita, ma si va ad analizzare un aspetto vitale e profondo del nostro essere. Max Weber nel suo testamento spirituale, la conferenza tenuta nell’inverno 1918-19, dal titolo Wissenschaft als Beruf 1, evidenzia tra gli altri temi la necessità per lo scienziato sociale di partecipare totalmente, di sentire una dedizio1

Cfr. Weber 1997.

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ne appassionata, definibile “intima vocazione per la scienza”2. Continuando nella sua dissertazione, egli invita gli scienziati “all’esercizio della scienza come professione [poiché] la scienza è entrata in una fase di specializzazione in una forma finora sconosciuta, e che tale dimensione rimarrà per sempre in futuro. Non solo esteriormente, no, ma proprio interiormente le cose stanno in maniera tale che l’individuo può arrivare ad avere la sicura coscienza di realizzare qualcosa che sia realmente del tutto compiuto sul campo scientifico solo nel caso della più rigorosa specializzazione […] soltanto attraverso una rigorosa specializzazione chi lavora nelle scienze potrà dire effettivamente a se stesso in piena coscienza, una volta e forse mai più nella vita: Questa volta ho prodotto davvero qualcosa che durerà. Un’opera realmente solida e definitiva è, oggi, sempre un’opera specialistica. E chi, dunque, non ha la capacità di mettersi, per così dire, i paraocchi e di convincersi dell’idea che il destino della propria anima dipende dal fatto che proprio la tale congettura in questo preciso passo di questo manoscritto è quella giusta, rimanga pure lontano dalla scienza. Non gli accadrà mai, infatti, di maturare in se stesso quella che potrebbe essere definita l’«esperienza vissuta» della scienza. Senza questo fremito deriso da chiunque stia di fuori, questa passione, questo poter dire «Dovevano passare migliaia di anni prima che tu venissi alla luce, ed altri millenni aspettano in silenzio», nel caso che questa tua congettura si dimostri veritiera, non si ha vocazione per la scienza ed è meglio attendere ad altro. Per l’uomo come tale, infatti, nulla ha valore di ciò che egli non può fare con passione”3. 2 3

Ivi, p. 42. Ivi, pp. 42-43.

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Pur nella scelta di perseguire uno studio scientifico e di non cancellare le tracce del viaggio di ricerca intrapreso, il volume non possiede tuttavia una struttura rigida, non racconta semplicemente la storia delle passioni umane e non vuole essere solo un compendio intorno al pensiero di Georg Simmel. Esso ha come intento quello di chiarire problemi, di tracciare una linea interpretativa plausibile e di elaborare alcune soluzioni relative allo statuto del perturbante (das Unheimliche)4, di tutta l’emozionalità che accomuna tutti coloro che appassionatamente muovono il proprio agire, avendo un punto di riferimento filosofico-sociologico, quello del pensiero simmeliano. Le emozioni, i sentimenti per lungo tempo sono stati relegati ai settori scientifici della filosofia, della psicologia e dell’antropologia, considerate le scienze che meglio riescono ad indagare le profondità delle manifestazioni irrazionali della vita5. Così si è pensato che riuscire a comprendere la peculiarità delle emozioni e di quanto incidono sullo sviluppo della personalità dell’uomo spetti solo all’ambito dello studio psicoanalitico o psicologico, così come si è ritenuto che l’antropologia con le sue ricerche sugli elementi puri e primitivi dell’azione degli individui e della collettività sia in grado di fare emergere il lato emozionale degli attori sociali. In quest’ottica l’unica scienza che, pur occupandosi dell’uomo in chiave sociale, non ha trovato alcun riferimento scientifico in questo campo d’azione era proprio la sociologia. Andando ad indagare più in profondità gli Autori classici, è possibile, invece, mostrare quanto le emozioni e i sentimenti rappresentano più di una semplice intuizione o un singolo richiamo all’argomento. Tra gli altri possia4 Si rimanda ad un interessante testo in cui si discute del perturbante nella scrittura delle donne: Cfr. Chiti, Farnetti, Treder 2003.

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mo citare Émile Durkheim quando tratta delle emozioni come fattori ed agenti di coesione nella formazione del concetto di solidarietà e della morale sociale; Vilfredo Pareto quando distingue tra azioni logiche e azioni non logiche e considera queste ultime, insieme all’analisi dei residui e delle derivazioni, l’ambito d’indagine della sociologia come scienza e lascia invece l’ambito logico-razionale alla scienza economica; Weber quando realizza una profonda analisi del fattore emozionale come elemento di rilievo nella formazione dello spirito capitalistico e non solo; Werner Sombart quando si occupa delle sfumature che caratterizzano il lusso nei processi economici che portano allo sviluppo del capitalismo moderno; non da ultimo Simmel, il referente scientifico in questa sede, il quale pone al centro della organizzazione sociale proprio la capacità degli individui di stabilire relazioni sociali fondanti, in cui la vitalità emotiva rappresenta il punto di vista privilegiato, potendolo così considerare l’Autore che ha posto le basi per la formulazione della teoria sociologica delle emozioni. È possibile però riferirci anche al pensiero di altri Autori, soprattutto quelli della scuola americana (Georg Herbert Mead, Charles Wright Mills ed Erving Goffman), o Norbert Elias nel panorama europeo, che partendo dalle analisi sociologiche simmeliane hanno approfondito ed ampliato il dibattito intorno alle emozioni e ai sentimenti. Se questo è lo stato dell’arte quando ci preoccupiamo di comprendere l’approccio sociologico negli Autori classici e nei moderni, non si dimentichino gli Autori della Scuola di Francoforte6, il referente del neo-funzionalismo Niklas Luh5

Cfr. Magri 1999. In particolare: H. Marcuse (1955), Eros and Civilisation. A Philosophical Inquiry into Freud; E. Froom, The Art of Loving (1956); E. Froom, Liebe, Sexualität und Matriarchat (1994). 6

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mann che scrive Liebe als Passion7. Gli Autori contemporanei non sono lontani dalle stesse tematiche e soprattutto non hanno relegato la realtà emotiva ad un momento secondario delle proprie analisi sociali: Beck, Giddens, Bauman, Maffesoli per citare quelli più conosciuti nel panorama sociologico contemporaneo, che si sono occupati in momenti diversi delle emozioni, dei sentimenti o dell’amore8. È necessario, per tale ragione, comprendere il perché la sociologia manifesta chiaramente la propria attenzione all’emotività sociale e soprattutto è importante comprendere da quale punto di vista sono individuate queste stesse problematiche. Occorre contenere le motivazioni che hanno originato questo lavoro e capire la struttura di questa ricerca per riuscire a rispondere ad una prima domanda che serpeggia dalle prime righe dell’introduzione: perché la sociologia ed i suoi Autori si avvicinano in parte o totalmente alle tematiche dell’emozionalità o della sessualità? Perché la sociologia ancora oggi si avvicina a questi temi e soprattutto cosa è cambiato nell’approccio odierno rispetto a più di centocinquanta anni fa, quando la sociologia muoveva i primi passi? Per rispondere a queste ed altre domande si è editato questo lavoro. Il campo dei sentimenti, dell’amore è un ambito di ricerca in cui molti degli Autori tra classici, moderni e contemporanei della sociologia, come sopra indicato, si sono cimentati, hanno cercato di spiegare e trovare una risposta sociale alla sfera privata e personale dell’emotività umana. Alcuni lo hanno fatto sorvolando velocemente il tema, altri si sono dedicati a queste riflessioni in modo più approfondito, ricercando rife-

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Cfr. Luhmann 1982. Per i riferimenti bibliografici agli Autori contemporanei citati, si rimanda alla bibliografia conclusiva del testo. 8

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rimenti e motivazioni peculiari, proprio perché anche se siamo di fronte alla sfera dell’intimità e dell’emotività individuale è possibile rintracciare e comprendere il nascere dei legami sociali e penetrare la complessità della relazionalità sociale. Tra tutti coloro che hanno affrontato questi temi, Simmel è l’antesignano, è il primo Autore che tra sociologia e filosofia ha indagato la realtà emotiva e la sessualità degli individui delle società moderne; ed è per questa ragione che le opere, il pensiero dell’Autore tedesco rappresenta il punto di vista privilegiato per comprendere la trasformazione della realtà emozionale odierna. Nelle trattazioni saggistiche Simmel si è occupato, com’è noto, di diversi argomenti, definiti in termini moderni, analisi di micro sociologia. L’attenzione verso aspetti di vita lontani dalle indagini scientifiche universitarie, forniscono l’occasione all’Autore di interessarsi alle forme sociali minori, in cui la soggettività è un elemento caratterizzante nel processo della differenziazione sociale, come acutamente osserva uno dei suoi più promettenti allievi, Kracauer: “Egli scompone, per esempio, l’essenza della femminilità o descrive l’intima struttura di determinati tipi come l’avaro o l’avventuriero [...] mai Simmel considera suo compito registrare la causale compresenza di singole caratteristiche essenziali come invece fa il puro empirico”9. Indagare i legami sociali ha significato per Simmel la possibilità di comprendere la profondità dell’animo umano, afferrare le ambivalenze della nostra vita attraverso un’ottica minimale. Questo lavoro ha così come obiettivo principale quello di comprendere le dinamiche più intime e fondanti, di cui Simmel ha trattato argomentando intorno alla sfera dei sentimen9

Kracauer 1982, pp. 39-40.

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ti, parlando soprattutto di amore, femminilità e sessualità. È importante però precisare che l’interesse di Simmel per le tematiche femminili, emotive non è una bizzarria del momento, ma si intersecano in tutta la produzione simmeliana. Come ci viene fatto notare il problema dei sessi, la distanza tra la cultura maschile e la cultura femminile devono e possono essere letti come dei capitoli essenziali sia per quanto attiene le dinamiche culturali, sia nelle analisi della relazionalità sociale, ed è proprio in queste stessa luce che è possibile dare una nuova interpretazione di alcuni dei temi fondamentali dell’Autore come: la tragedia della cultura, le logiche del dominio, il passaggio da una cultura oggettiva ad una soggettiva10. Gli interessi scientifici e culturali simmeliani trovano una conferma anche nella lettura di un estimatore di Simmel, Ortega y Gasset il quale si occupa dell’amore evidenziando come “da due secoli a questa parte si è parlato molto di amori e poco di amore. Mentre tutte le età dei tempi d’oro della Grecia, hanno avuto la loro grande teoria dei sentimenti, gli ultimi due secoli ne sono stati privi [...] noi non possediamo alcun saggio in grande stile per sistemare i sentimenti. Solo recentemente i lavori di Pfander e di Scheler tornano a proporre il tema. Nel frattempo la nostra anima si è fatta sempre più complessa e la nostra percezione più sottile”11. Sentimenti ed emozioni, che con diverse accezioni ci potrebbero far pensare ad interessi lontani dagli studi teorici della sociologia, soprattutto quando chi ne parla è considerato uno dei padri fondatori del pensiero sociologico moderno. Ma anche in questo senso, chi ha già un piano di lettura dell’Autore tedesco si renderà conto che non ci stiamo occupando di aspetti secondari del vivere sociale, ci si 10 11

Cfr. Battaglia 1992, pp. 273-285. Ortega y Gasset 1994, pp. 13-14.

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addentra nella profondità di tematiche che caratterizzano la vita di ogni individuo, influenzando profondamente nelle scelte personali di ognuno di noi. Nello svolgere le mie ricerche ho trovato una gran varietà di materiali, non tutti a carattere sociologico, ma anche storico, psicologico, antropologico e filosofico che si occupavano secondo la propria chiave di lettura dei modi di comunicare, provare, esprimere i sentimenti più intimi, le passioni più smisurate, attraverso una lettura volta ad esplorare le differenti fasi storico-culturali. L’emozionalità è stata interpretata in modo diverso poiché si tratta di un processo che investe la cultura di un popolo, così il modo di sentire ed esprimere l’emozionalità al tempo dei Greci, dei Romani è ben diversa dalle espressioni che prendono vita successivamente con l’avvento del Cristianesimo, religione che ha proposto una rilettura delle emozioni e della sessualità portando un profondo cambiamento culturale e sociale12. Dovendo così operare una scelta determinata dalla motivazione sopra addotta, va ribadito che il presente lavoro tiene in forte considerazione il pensiero sociologico e filosofico simmeliano, e Simmel resta il referente principale anche per comprendere le trasformazioni sociali che hanno determinato il passaggio da una società tradizionale ad una moderna, ma soprattutto si evidenzieranno i tratti tipici di un Autore che ha anticipato tematiche, elementi fondamentali anche nel panorama odierno, per una lettura della società postmoderna. In questa sede, i primi due capitoli, sono dedicati alla presentazione del pensiero simmeliano: dalla “Filosofia della vita” 12 In questa sede, non potendomi occupare nello specifico di come si è realizzata questa trasformazione, si rimanda allo studio di importanti lavori dedicati ai cambiamenti emotivi e sessuali nelle diverse epoche, in parte presenti anche in bibliografia. Cfr. Foucault 1984a, 1984b, 1985.

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alla distinzione tra cultura femminile e cultura maschile (primo capitolo); alle problematiche relazionali e della reticolarità sociale (secondo capitolo). La prima parte del lavoro è quindi una riflessione intorno all’aspetto metodologico dell’Autore, per giungere alla comprensione di come ha operato e strutturato le ricerche sociologiche e filosofiche in un momento storico e culturale in cui si stava preparando la radicale trasformazione della società moderna. Questi primi capitoli sono nati da lavori già editati, frutto del mio interesse scientifico per il pensiero simmeliano maturato nel corso del tempo e che ha preso avvio dalla tesi di dottorato e che ha visto già la pubblicazione di un opera monografica dedicata all’Autore13. Nella seconda parte il lavoro si indirizza verso la descrizione della realtà sociale odierna, per comprendere come oggi vengano interpretati i sentimenti e che ruolo assumono nell’epoca definita di passaggio – e come tale critica ed instabile nelle sue caratteristiche peculiari. Si cerca, in questo senso, di comprendere come dall’interpretazione dell’emozionalità sociale simmeliana sia possibile descrivere e spiegare il passaggio da uno stato emotivo definito “passione calda” ad un successivo sviluppo che porta ad una forma di “passione fredda”. Si è rilevato necessario proporre una distinzione per riuscire a comprendere il grado di differenziazione, che esiste tra le manifestazioni emotive degli individui che vivono la realtà delle società premoderne e moderne, caratterizzata da una natura romantica e dalla necessità di stabilire relazioni stabili e consolidate dalle istituzioni sociali, dagli individui che vivono invece, la realtà emotiva delle società postindustriali o postmoderne, che si distinguono per una passionalità “fredda”. 13

Cfr. S. Fornari 2002.

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Le due forme passionali così rappresentate schematicamente sono però emblematicamente esemplificative di una trasformazione sociale che ha interessato non solo l’ambito economico o politico, ma è andata marcatamente ad incidere anche nel nostro modo di pensare alla vita, alle emozioni e alle passioni. Diversi sono gli Autori, non solo sociologi, che si sono occupati di spiegare questo evidente cambiamento di direzione dell’emotività e pulsionalità sociale, si potrebbero citare romanzieri, poeti, psicologi, psichiatri, antropologi, filosofi e sociologi, naturalmente, che dalla fine del Settecento ad oggi, in relazione al passaggio radicale da una società semplice, tradizionale, ad una realtà complessa ed oggi difficilmente definibile, hanno tentato di farsi interpreti dei motivi profondi o superficiali che portano l’uomo a domandarsi e tentare di comprendere le motivazioni di tali profondi cambiamenti. Simmel è quindi, ripeto, l’interprete principale, poiché nelle sue opere descrive e si fa interprete di quel particolare tipo di emotività, che in questa sede è definita come “passione calda”, ma nello stesso tempo è possibile evidenziare in alcuni passaggi anche la trasformazione della passionalità calda nella “passione fredda”, evoluzione della struttura sociale moderna nel suo successivo progresso. La distinzione, qui mostrata, del modo in cui è possibile intendere le passioni ha radici ancora più lontane dell’Illuminismo, è presente già nel pensiero dell’empirista classico inglese David Hume14. Il filosofo inglese tenta di estendere il meto14 David Hume (1711-1776) distingue le percezioni in due classi: le impressioni (cioè tutte le sensazioni, i sentimenti degli uomini, le passioni nel momento che appaiono alla nostra mente) e le idee (cioè le immagini o le copie indebolite delle impressioni), ogni idea è la copia di un’impressione che gli corrisponde.

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do sperimentale di Isaac Newton ai problemi dell’uomo, applicandolo allo studio della natura umana. Le sensazioni e i sentimenti che caratterizzano la natura umana sono il punto d’appoggio da cui è possibile comprendere il senso del mondo e contenere le motivazioni che spingono l’uomo ad agire in questa realtà, poiché è nella nostra natura umana il “sentire” le cose, intese come sensazioni indipendenti dalla nostra volontà e dal nostro libero arbitrio. Hume con il suo empirismo libera l’uomo dalla pretesa della ragione, poiché la natura umana non può essere controllata, misurata, determinata dalla ragione intesa come unica misura dell’uomo. I sentimenti, le passioni sono per Hume la verità che può destare l’interessare dell’uomo, intesa come molla dell’azione. Le diverse forme della ragione devono adeguarsi ai sentimenti “nell’amore, nel matrimonio e nella famiglia, nella fede religiosa, nel rapporto con la natura, nell’educazione dell’individuo, nella organizzazione dello Stato il vero sapere non deve reprimere la natura dell’uomo, ma lasciare che essa si sviluppi liberamente seguendo il proprio istinto, che non mira al dominio delle cose, ma alla felicità interiore”15. Hume crea una distinzione di due tipi per descrivere le impressioni di riflessione “cioè quelle calme e quelle violente. Al primo tipo appartengono il senso del bello e del brutto in un’azione, in una composizione e negli oggetti esterni; al secondo tipo appartengono le passioni di amore e odio, tristezza e gioia orgoglio e umiltà. Questa suddivisione è ben lungi dall’essere rigida: i rapimenti della poesia e della musica si innalzano spesso alle più grandi altezze, mentre quelle altre impressioni, che propriamente si chiamano passioni, possono ridursi a una emozione tanto tenue da diventare, in un certo modo, impercettibili. Ma dal momento che le passioni sono, 15

Severino 2000, p. 148.

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in genere, più violente delle emozioni che sorgono dal bello e dal brutto, queste impressioni sono state comunemente distinte le une dalle altre”16. Le passioni sono la parte delle impressioni che muovono le azioni riottose, vivaci, che non seguono la ragione e per questo motivo Hume introduce questa sottile distinzione “poiché la mente umana costituisce un tema tanto vasto e vario, mi avvarrò di questa distinzione grossolana e speciosa, pur di procedere con il maggior ordine possibile; e avendo ormai detto tutto ciò che ritenevo necessario sulle nostre idee, inizierò ora a spiegare queste violente emozioni o passioni, la loro natura, origine, cause ed effetti”17. Il secondo tipo delle impressioni di riflessioni (le passioni violente) sono per il filosofo inglese, la parte più vitale e meno condizionata dalla razionalità, suddivise a loro volta “in dirette e indirette”18. Le passioni dirette sono quelle “che dipendono immediatamente dal bene o dal male, dal dolore o dal piacere. Per passioni indirette, quelle che discendono dagli stessi principi, ma in unione con altre qualità […] in generale, fra le passioni indirette comprendo: orgoglio, umiltà, ambizione, vanità, amore, odio, invidia, pietà, malignità, generosità, e i loro derivati; fra le passioni dirette comprendo: desiderio, avversione, tristezza, gioia, speranza, paura, disperazione e senso di tranquillità”19. Pur tenendo in considerazione la distinzione operata nell’ambito delle passioni da Hume, in questo lavoro si è scelto di perseguire e di utilizzare la distinzione tra “passione calda” e “passione fredda”, procedendo a tracciare una linea interpreta16

Hume 1971, p. 290. Ibidem. 18 Ibidem. 19 Ivi, pp. 290-291. 17

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tiva in grado di spiegare come ancora oggi sia possibile elaborare alcune soluzioni relative alla capacità relazionale degli individui in rapporto alla sfera sociologica e culturale della società postmoderna. Si tenterà però di partire dal tipo di passionalità in cui è più forte la contraddizione: la “passione fredda”, per tornare poi all’analisi della “passione calda”. La “passione fredda”, si inserisce criticamente all’interno del dibattito sorto intorno al concetto di seconda modernità o di postmodernità. Se è possibile affermare che il mondo postmoderno avverte l’attrazione del tema dell’Altro, così come il mondo antico è stato dominato dall’essere e il mondo moderno dal soggetto; le società moderne, ed ancora di più quelle della seconda modernità, sono caratterizzate dalla differenziazione nei diversi settori sociali e culturali, tali da far emergere il concetto di “pluralismo culturale” o “polline culturale”, cui si affianca la ricerca intorno alle tematiche dell’identità e dell’alterità. Le società occidentali contemporanee non sono omogenee nelle loro caratteristiche sostanziali, poiché i moderni stati-nazione nascono dall’unificazione politica di gruppi e popolazioni spesso molto eterogenei per quanto riguarda l’etnia, la lingua e la religione professata. Differenze e divisioni che generano una disuguale distribuzione sociale della conoscenza: pensiamo da un lato al diverso ruolo assunto dagli intellettuali e dagli esperti in ogni settore della vita sociale, dall’altro all’ineguaglianza per quanto concerne i valori e le norme sociali di riferimento. In questo senso ciò che rende ambivalente e riflessivo il rapporto dell’individuo con la cultura della società in cui vive è la costante esposizione ai diversi tipi di messaggi, informazioni ed interpretazioni della realtà nella coesistenza di differenti sistemi simbolici. L’individuo, di fronte alla pluralità delle possi-

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bilità è portato a riflettere e a pensare che la scelta tra valori contrastanti sia un aspetto irrinunciabile (anche se costoso in termini di certezza) della propria e dell’altrui libertà. Il pluralismo culturale e la ricerca intorno ai temi dell’identità non sono dunque solo concetti descrittivi, ma assumono l’accezione progettuale ideale delle società postmoderne. In questa realtà conflittuale e volubile si assiste, apparentemente in contrasto con essa, ad una rivalutazione delle emozioni, dei sentimenti di contro ad una realtà che ha vissuto l’epoca moderna attraverso l’esaltazione della tecnica e della ragione. Questo cambiamento nell’orizzonte sociale e culturale potrebbe far pensare che realmente oggi è possibile pensare all’amore, alla passionalità in senso positivo, nel suo significato più maturo; eppure ci scontriamo poi con la realtà vera, quella dei vissuti, della vita quotidiana degli uomini e delle donne che si dibattono intorno a questi temi, alla ricerca di una soluzione ad uno stato di malessere esistenziale che non è solo apparente, è concreto, è vivo intorno alle vicende di cui veniamo a conoscenza in maniera diretta o indiretta tramite i mezzi di comunicazione. Siamo certamente tutti testimoni dell’interesse che ruota intorno alle problematiche dell’emotività, dei sentimenti umani, ma oggi forse se non possiamo più parlare di amor cortese, di amore romantico, il tipo di amore che ci circonda è ancora più difficile da definire perché pur essendo fatto dello stesso materiale degli altri tipi di amore, ovvero di sentimenti, di emozioni e di passioni, quest’amore ha perso la sua identità più pura. È possibile affermare, quindi, che la “passione fredda” è il prodotto di un amore che si è raffreddato, che non riesce o, meglio, è incapace di esprimere puramente la sua vera natura. Si evince chiaramente una contraddizione di fondo, poiché se parliamo di sentimenti, emozioni, come possiamo

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definirli “freddi”? Nel corso di questo lavoro si cercherà di dare una risposta anche a questa domanda: l’assunzione di questa caratteristica di freddezza, di distacco, da parte delle passioni s’introduce nel momento in cui le stesse passioni ed emozioni sono misurate, calcolate, studiate al microscopio, nel tentativo di comprenderne il funzionamento più intimo, più profondo, tentando di capire le quantità necessarie per la costruzione di un buon rapporto d’amore. In effetti, l’amore è diventato un ambito di studio e di ricerca da parte dei biologi, dei neurologi, delle discipline che studiano il nostro cervello alla ricerca dei neuroni dedicati all’espressione della realtà emotiva e passionale degli uomini e delle donne. Queste ricerche utilizzano i metodi quantitativi, nel tentativo di individuare la formula perfetta capace di risolvere qualsiasi problema sentimentale o emotivo. Nel momento in cui la tecnologia, la razionalità delle ricerche scientifiche e degli studiosi vogliono rispondere ai perché delle nostre scelte emotive è chiara non solo la contraddizione, ma la difficoltà di giungere ad una risposta plausibile dei perché dell’amore e del perturbante. Lo stato di confusione e l’insicurezza del terzo millennio hanno indicato nella necessità del sentimento “una necessità […] funzionale alla nostra stessa sopravvivenza. Soprattutto in virtù dei grandi «miglioramenti» e delle evoluzioni che ci attendono, potremmo sentirci disarmati, sprovvisti degli strumenti più utili per affrontare il mondo così come il terzo millennio ce lo presenterà. Da soli non possiamo farcela, la forza richiestaci per fronteggiare questo futuro così sfuggente e astuto, esula dalle nostre risorse e persino dalla volontà di migliorarci, di adeguarci per stare al passo frenetico del tempo che verrà [e che per noi è già arrivato, ma ciò è possibile] solo se tutti noi saremo in grado di aprirci a una straordinaria e scon-

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finata capacità di tolleranza nei confronti delle emozioni”20. Siamo così di fronte ad una necessità, quella di aprirci alla comprensione dell’aspetto più vitale ed energetico che è l’amore, inteso nella capacità degli individui di vivere consapevolmente il proprio stato emotivo più profondo, ed anche per questo motivo che l’analisi presentata in questo lavoro mi ha portato ha scegliere di chiudere, questo viaggio intorno alle emozioni, dedicando l’ultimo capitolo alla “passionalità calda” e non viceversa. Di contro, infatti, alla definizione di “passione fredda” la “passione calda” è la rappresentazione più ampia dell’amore, dei sentimenti più puri, di quella che è possibile riconoscere come “amour-passion”, una forma di passionalità che sembra non incontrare ostacoli lungo il proprio cammino se non quelli dei rivali in amore, o della gelosia e malignità di chi non ha avuto la fortuna di incontrare il proprio amore appassionato. Quella passione che è ricerca della trascendenza nell’altro da sé. L’amore romantico che tenta di conciliare la passionalità amorosa con la forma istituzionale del matrimonio, in opposizione all’amore cortese che non crede nell’unione della passionalità con il rigore del legame costituito. Non dobbiamo poi dimenticare che la forma letteraria del romanzo tra il Settecento e l’Ottocento aprirà la strada alle vicende del “romanzo borghese”, in cui i suoi massimi esponenti John Milton, Dorothy Richardson, Stendhal e Jane Austen sono la più alta rappresentazione dell’amore come sentimento puro, in cui gli eroi dei romanzi sono alla ricerca dell’uomo o della donna ideale, fonte di ogni bene con lo scopo di contrarre un matrimonio d’amore e non d’interesse. In questi romanzieri si manifesta apertamen20

Carotenuto 2003, pp. 338-339.

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te la critica ad una società aristocratica che vede nel matrimonio solo l’istituzione in grado di stabilire un contratto tra le parti, in vista d’interessi economici o sociali. Nei romanzi della Austen l’amore trionfa contro ogni scelta razionale e logica d’interessi e casati, garantendo così la felicità individuale, eppure in questo tipo di descrizione non vi è vera passione, non incontriamo trame eccessive ed alienanti della passione, ma siamo in presenza di una partecipazione mitigata e trattenuta da un Io non coinvolto emotivamente come invece è evidente nei romanzi dei trovatori21. In questi romanzi la passionalità non è “calda”, anche se non è nemmeno del tipo “freddo”, ma si tratta di un’emotività che deve fare sempre i conti con un “coinvolgimento emozionale, lucido, padrone di sé; capace quindi di valutare razionalmente la propria scelta in base a quelle coordinate morali, socialmente approvate e collettivamente condivise, che esso ha interiorizzato e fatto proprie”22. L’amore romantico opera una riconciliazione tra aspetti e dimensioni dell’amore che in precedenza si erano separati; così, ora è possibile evincere una pacificazione determinata proprio dall’amore, il quale diviene il trait d’union tra il sensibile e lo spirituale, tra la possibilità concreta di fondere se stessi con l’altro da sé, rappresentata dalla donna nella sua piena femminilità. In questo processo di ricostruzione del senso della passione, l’amore perde il tratto adulterino, tipico del codice cortese, conciliandosi e rilevando l’eventualità che l’amore passionale non debba necessariamente negare la realizzazione all’interno della realtà istituzionale della famiglia, sancita dalla solennità del matrimonio. Ci sembra quindi di aver trovato una 21 22

Cfr. De Rougemont 2001. Pulcini 1990, p. XVIII.

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risposta conclusiva alle vicende emotive degli uomini e delle donne delle società moderne, poiché l’amore romantico, capace di vincere al di sopra del più losco intrigo e sotterfugio è il superamento di ogni conflittualità dualistica, principalmente quella esaminata da Simmel nella differenziazione tra “cultura soggettiva” e “cultura oggettiva”. In questa sede si tenterà di spiegare se ciò si è realizzato, se in altre parole l’amore ha vinto la sua battaglia contro la quotidianità del vivere sociale che ci allontana da qualsiasi esaltante emozionalità individuata nei romanzi sopra citati. Non possiamo però dimenticare che nelle società moderne è presente oltre al matrimonio anche la tutela legislativa che decreta la fine del matrimonio, la separazione e il divorzio. Da sociologi è necessario ricordare che i puri dati statistici presentano uno spaccato sociale in cui sono in forte aumento il numero delle separazioni non solo nel nostro Paese, ma soprattutto nei Paesi del Nord Europa, mostrando una situazione certamente non confortante circa la vitalità dell’istituzione matrimoniale. Simmel anche in questo processo è l’Autore che meglio riesce a spiegare l’impossibilità di poter concepire questo tipo di approccio, proprio perché il mondo delle emozioni è una realtà che vive della propria energia vitale, di una forza e di una profondità che non è possibile spiegare attraverso gli strumenti della pura razionalità, altrimenti si rischia di far perdere di vista il carattere originario della nostra capacità di provare emozioni e sensazioni al più alto grado, facendo invece, diventare fredda e spuria ogni nostra manifestazione emotiva.

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Una riflessione a margine L’introduzione è di per sé un’evidenziazione dell’impossibilità di riuscire a trarre risposte conclusive, poiché si tratta di un lavoro ancora tutto da realizzare e perché come tale ha la caratteristica di un viaggio intorno all’emotività sociale. Esso vuole, invece, essere una dimostrazione scientifica dell’importanza e della profondità di osservazioni che è possibile far emergere dalla lettura della vasta produzione simmeliana, per evidenziare come l’Autore riesca a condurre i lettori e i suoi giovani allievi a comprendere il significato e la tragedia insita nei processi sociali e culturali della civiltà moderna partendo anche dalle analisi dei più minuti tratti caratteriali degli attori sociali. Nelle figure e nei simboli, lucidamente tratteggiati dalla sua penna, si evidenziano le nuove tipologie di ruoli sociali, così le donne, come lo straniero, il povero o l’avventuriero, non sono solo dei ritratti dettagliati di individualità che si differenziano dal resto della massa. I personaggi principali descritti nei suoi saggi, manifestano nei comportamenti, negli atteggiamenti, nelle difficoltà, nelle mistificazioni, la contraddizione del vivere sociale moderno. Gli uomini e le donne della modernità indossano una maschera, quella del loro ruolo e basta quindi togliere quest’inganno per mostrare il vero volto di una realtà complessa e distinta, ma nello stesso tempo audace e affascinante. Ogni figura, ogni ruolo sociale rappresentato simmelianamente non si chiude mai in una scettica ed oppressiva investigazione e il superamento del conflitto e della tragedia che investe gli uomini della metropoli trova conferma nell’analisi duale, nella scissione fra emozioni e ragione: “Il soggetto a cui si riferisce Simmel è a pieno titolo il soggetto della modernità e della crisi perché è tutt’uno, un’insieme eternamente contrad-

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dittorio, un intreccio inestricabile di pulsioni, ragioni, emozioni, sentimenti. Ed è proprio il differente mescolarsi di tutti questi elementi a porsi come principio d’individuazione. Non c’è una parte che possa erigersi a guida di un’altra parte, [...] ma piuttosto c’è un continuo e perenne conflitto fra parti tutte ugualmente costitutive del soggetto”23.

23

Turnaturi 1994, p. 21.

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primo capitolo

La filosofia della vita e il conflitto della cultura moderna

L’indagine filosofica simmeliana si lega e supera l’analisi sociologica, per poi intrecciarsi in altri campi come l’educazione, l’estetica, ma anche la politica e l’etica. Simmel è criticato per la vastità dei suoi interessi e la policromia delle posizioni elaborate nell’ampia produzione, accusato di non seguire un percorso regolare nell’esposizione delle sue idee, di assecondare l’istinto e una curiosità personale. A questa critica è possibile rispondere affermando che Simmel non ci fornisce una visione della realtà unitaria ed univoca, perché non considera la vita dell’uomo tale da poter essere incasellata in rigidi schemi prestabiliti. Simmel sostiene l’impossibilità di sintetizzare o condensare i saperi della vita, poiché non esiste nessun meccanismo artificiale in grado di irrigidire, legare la capacità vitale di ogni individuo. La vita è intesa come eterno fluire, come un fiume arginato solo dalle regole sociali, che tendono a limitare le nostre azioni, ma questi argini non sono mai troppo alti per riuscire a sedare l’espansione nel momento della piena: non esistono quindi trasposizioni letterali, concetti in grado di frenare la fluidità del nostro vitalismo1. A partire da queste premesse, viene qui utilizzato, il pensiero filosofico e sociologico di Simmel come referente teorico per discutere dei sentimenti, poiché il merito di quest’Autore 1

Vozza 1988, pp. 78-79.

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classico è di essere riuscito ad analizzare il vivere sociale moderno muovendo dal concetto di Wechselwirkung. Il termine, utilizzato da Simmel è stato tradotto in italiano evidenziando l’effetto di reciprocità delle influenze, “un campo di forze e di relazioni reciproche”2. L’oggetto della sociologia, come argomentato anche nel primo capitolo, sono le relazioni sociali, in questo caso la declinazione del termine è Vergesellschaftung, con cui si “indica il processo mediante il quale si instaurano e si mantengono le relazioni di azione reciproca tra elementi sociali (individui, gruppi, ma anche intere società) […] al concetto di Gesellschaft si sostituisce quindi quello di Vergesellschaftung, a un’entità collettiva le relazioni reciproche tra singoli attori sociali”3. La società, nella definizione simmeliana, nella diade manifesta la forza della relazionalità, poiché nel gruppo più piccolo, nella coppia, si estrapolano i germi dell’interazione sociale, riuscendo a rendere concettualmente attive le emozioni delle relazioni tra gli individui “l’azione reciproca ed ogni forma di sociazione divengono così concetti chiave nel pensiero di Simmel, per cui non esiste un ordine gerarchico d’interesse per questa o quell’altra forma di far società, ma tutto è ugualmente importante ed ogni interazione da società”4. La straordinaria sensibilità, l’acume, la profondità intellettuale con la quale l’Autore riesce a volgere il proprio sguardo alla complessa realtà sociale, a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, sono il referente teorico per quest’indagine sociologica nel mondo delle emozioni, divenendo “un tentativo assolutamente inedito, di riflettere sull’esperienza sociale nel suo

2

Cavalli 1998, p. XVI. Ivi, pp. XVI-XVII. 4 Turnaturi 1997, p. 13. 3

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stesso farsi, spesso dialogando direttamente con i suoi attori”5. L’intreccio del punto di vista simmeliano, capace di spaziare tra filosofia e sociologia, se per alcuni critici è la dimostrazione della debolezza intellettuale dell’Autore, per i prosecutori del suo pensiero è la manifestazione analiticamente più sognante del nostro stesso modo di gettare uno sguardo alla realtà emotiva odierna. Non deve quindi meravigliare il dar voce a forme di relazionalità apparentemente insignificanti, come possono essere l’intimità, la civetteria, la socievolezza o la moda. Ancora una domanda forse si potrebbe porre riguardo alla vasta produzione simmeliana; quando inizia l’interesse di Simmel per la tematica delle emozioni? Quali sono i testi in cui è possibile evincere questo studio? Da una breve analisi dei saggi e delle diverse raccolte riguardanti il tema della cultura, della soggettività femminile, delle emozioni e della sessualità, il primo saggio è del 1890, Zur Psychologie der Frauen, pubblicato dalla rivista «Zeitschrif für Völkerpsychologie und Sprachwissenschaft» (XX, pp. 6-46)6. Il 1890 è anche l’anno di pubblicazione della Über soziale Differenzierung. Soziologische und psychologische Untersuchungen7, opera fondamentale per comprendere il pensiero sociologico simmeliano, da cui parte il filo rosso di tipo concettuale e non già di orientamento sistematico che collega tutte le successive opere, sia quando si analizzano quelle a carattere sociologico, sia quando ci interessiamo solo della produzione più propriamente filosofica e saggistica. Simmel in questo percorso scientifico scrive anche Fragment über die Lie-

5

Antinolfi 2004, p. 7. Traduzione italiana: Per una psicologia delle donne, in Simmel 2001, pp. 3-32; ed anche in Simmel 2004, pp. 31-65. 7 Cfr. Simmel 1890. 6

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be8, pubblicato postumo nella rivista «Logos», nel 1921-22, un’opera interamente dedicata al tema dell’amore, che può definirsi come summa delle considerazioni simmeliane intorno ai sentimenti. Nella prima rilettura del percorso scientifico simmeliano, il filosofo tedesco Landmann individua prima tre e poi quattro fasi delle opere di Simmel9, oggi dopo poco più di cento anni dalle prime pubblicazioni si può parlare più che di fasi, di interessi tematici e disciplinari, i cui nuclei centrali “corrono paralleli quasi senza interruzioni [anche se] ciò non vuol dire però che non si possa individuare una periodizzazione in base alle influenze che di volta in volta risultano prevalenti nello sviluppo del suo pensiero”10. Ma se genericamente la produzione simmeliana viene suddivisa in diverse fasi, da tre a quattro: in un primo momento Simmel è l’influenzato dell’evoluzionismo sociale; poi nel primo decennio del Novecento si percepisce l’influenza della scuola neokantiana; così come nell’ultima fase è forte il richiamo alla “Filosofia della vita” di matrice bergsoniana e al suo relativismo; non tutti sono concordi con questa scansione teorica e temporale. Queste componenti sono presenti totalmente nella manifestazione del suo pensiero ed una testimonianza di ciò è data proprio dal fatto che nel momento in cui cerchiamo di estrapolare quando ed in quali opere specifiche si avvia il dibattito intorno ad uno specifico argomento, come in questo caso possono essere le problematiche riguardanti la cultura femminile e l’emozionalità, il percorso prende avvio dalle prime pubblicazioni sino agli ultimi anni dei suoi

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Cfr. Simmel 1921. Cfr. S. Fornari 2002, pp. 86-87. 10 Cavalli 1998, p. X. 9

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lavori. Lo stesso Vozza afferma che questo tipo di “ricostruzione pare del tutto inaccettabile, sia perché le opere del primo decennio (che culmina nella Filosofia del denaro) esprimono già visibilmente un paradigma postpositivista (in direzione del prospettivismo ermeneutico), sia perché il relativismo è tutt’altro che una tappa provvisoria nel percorso simmeliano, bensì il principio che orienta anche la conclusiva dialettica tra vita e forma, il cui rapporto viene concepito ancora sotto l’egida della categoria di azione reciproca. Si potrà in tal modo argomentare tanto a favore di una sostanziale continuità del pensiero di Simmel, escludendo fratture significative tra il relativismo del primo periodo e l’ontologia della vita degli ultimi anni, quanto a favore di una contiguità tra filosofia e sociologia, discipline solidali nel porre la Wechselwirkung al centro dell’indagine fenomenologica ed esistenziale”11. Simmel non abbandona gli interessi intorno alle diverse tematiche che investono tutta la relazionalità sociale, poiché l’interazione sociale è presente anche quando non ci parla direttamente di argomenti sociologici, anche quando affronta e si interessa di arte o di filosofia. Simmel è un sociologo ante litteram, ed è certamente più semplice ascriverlo all’ambito filosofico che non a quello sociologico, ma non dobbiamo dimenticare che il Nostro fonda insieme a Max ed Alfred Weber, Ferdinand Tönnies, Werner Sombart la «Deutsche Gesellschaft für Soziologie» e in occasione del congresso del 1910 tiene la sua prolusione sulla socievolezza12, divenuto poi uno dei saggi più apprezzati. Simmel stesso, non accetta la distinzione tra i due

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Vozza 2002, pp. 12-13. Cfr. Simmel 1997b.

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ambiti teorici, poiché la filosofia si occupa di “ciò che non può essere sottoposto al vaglio dei metodi rigorosi della scienza e che tuttavia ne costituisce il presupposto e l’esito […] la scienza deve sempre andare oltre se stessa, oltre lo stadio di volta in volta raggiunto, deve porsi incessantemente nuovi interrogativi, deve quindi sempre ricorrere alla filosofia. Non vi è ricerca scientifica senza presupposti, senza a priori, quindi senza filosofia”13. Alla luce di quanto esposto, la filosofia è un presupposto inscindibile poiché è parte di ogni scienza, è la determinazione di ogni sapere e non è in una posizione di concorrenza, ma di contingenza. I confini fra scienza e filosofia sono mobili, facilmente superabili e Simmel è l’Autore che meglio riesce ad interpretare questa mobilità, che è poi ricerca, movimento, poiché “la scienza va sempre oltre se stessa poiché è animata da una necessità interna, da un principio metafisico che la spinge a perseguire la meta del sapere per il sapere”14. Con marcato vigore è così possibile affermare che Simmel è uno dei più apprezzabili interpreti della sociologia classica, ed il più importante esegeta della realtà emotiva della società moderna, forte dei presupposti sopra esposti.

1. L’esercizio della “Filosofia della vita” e il relativismo simmeliano La riflessione di Simmel sulla “filosofia della vita” si attua dagli scritti filosofici della cultura, le cui origini, per il critico Landmann, fanno parte della terza fase “metafisica” simmeliana, 13 14

Cavalli 1998, p. XII. Ivi, p. XIII.

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rintracciabili nelle opere che vanno dal 1908 (anno di pubblicazione di Soziologie), sino alle pubblicazioni dell’ultimo anno di vita dell’Autore (1918). In questi dieci anni Simmel elabora un’indagine filosofica sul concetto di vita, in senso “vitalistico”, si pensi alla raccolta di saggi filosofici Philosophische Kultur 15 e ai diversi saggi apparsi tra il 1916-17 nella rivista «Logos», dove l’Autore supera il pensiero relativista per avvicinarsi alla complessità delle aperture vitalistiche ed irrazionaliste, espresse in modo completo nel 1918 in Lebensanschauung16, il più raffinato progetto sul tema17. Il concetto di senso della personalità e di universalità interiore nasce nella seconda parte della sua riflessione filosofica, sviluppatasi anche nell’analisi delle personalità dominanti la cultura o nello studio dei diversi campi in cui si è articolato il concetto di Kultur. Di questo periodo sono i lavori più importanti su Kant, Nietzsche, Schopenhauer, Goethe, Rembrandt, Rodin ed altri. Il concetto dinamico della realtà è la concezione filosofica di Nietzsche che Simmel fa propria, unendola alla speculazione filosofica di Goethe e di Kant, cui dedica oltre i volumi anche le sue prime lezioni libere all’Università di Berlino18. Per giungere alla definizione di metafisica della vita, Simmel parte dalle opere di Schopenhauer e Nietzsche: in questi Autori s’intrecciano i significati del valore della vita, come principi costitutivi del reale e c’è accordo nel considerare la vita dominata da principi irrazionalistici. Per Simmel, Nietzsche

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Cfr. Simmel 1911. Cfr. Simmel 1918b. 17 Schmidt 1992, pp. 264-265. 18 Cfr. Simmel 1904; Simmel 1906; Simmel 1913; inoltre si cita la tesi di dottorato di Simmel dedicata al pensiero di Kant: Das Wesen der Materie nach Kants Physischer Monadologie. 16

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rappresenta un’apertura verso il riconoscimento dell’intrascendibilità della vita, ricercando nell’uomo, nella sua vita, le fondamenta di tutte le sue manifestazioni. L’incontro con la filosofia di Nietzsche si realizza anche grazie alla frequentazione di Simmel del circolo culturale di Stefan George19, uno dei più importanti salotti di Berlino, un vero e proprio centro divulgativo e ricettivo dei movimenti culturali più all’avanguardia, dalle istanze della letteratura filosofica della borghesia berlinese del tempo, alle felici intuizioni della “filosofia della vita”. All’impostazione della “Filosofia della vita” si lega tutta la cultura tedesca d’inizio Novecento, senza però svilupparsi in una vera e propria scuola filosofica. L’interesse filosofico simmeliano, porta l’Autore nel vivo della discussione tra scienze della cultura e della morale, criticando le correnti filosofiche imperanti, in un ambito di studio le cui scelte non sono condivise dal mondo accademico ufficiale, accusando così l’Autore di “relativismo”. Si parla di una tendenza che fa sentire la propria voce e trova dei seguaci, i quali se ne fanno interpreti. Il significato semantico del termine è ovvio, non abbisogna d’ulteriori spie-

19 Stefan George (1868-1933), poeta tedesco, sentiva incarnata nella sua persona il “vate”, il difensore dell’ideale germanico, il profeta della bellezza assoluta e guida spirituale della civiltà. Subisce l’influenza del simbolismo francese, grazie ai suoi numerosi viaggi in Francia, a Parigi, dove conosce S. Mallarmé e P. Verlane e in Italia. Nel 1892, fonda a Berlino Blatter für die Kunst (Fogli per l’arte), una corrente nata in opposizione al movimento letterario del naturalismo, che si rivolge all’arte con un carattere espressamente aristocratico. Il suo circolo si costituisce di una ristretta cerchia di persone, tra cui i suoi discepoli: Bertram, Derleth, Gundolf, Klein, Lecther, Perls, Schuler, Wolfskehl, ed altri amici tra cui Simmel, Bloch, Lukács. Le opere di George nella maturità acquistano uno stile classicheggiante, in forme più rigide.

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gazioni e cela un fondamento, spiegato da Gert Schmidt: “la filosofia è il ricordarsi di sé della vita che si riproduce continuamente, se quindi in senso lato la filosofia non può essere intesa senza la «vita», allora l’aver coniato il termine «filosofia della vita» indica un’emergenza, un’emergenza della filosofia che, come pare, dopo Hegel e con Schopenhauer sfocia nella necessità di rivedere il programma della pretesa affermativa della filosofia, una revisione che seguendo Dilthey fino alla sua forsennata prosecuzione compiuta da Klages, denominiamo appunto «filosofia della vita»”20. Il pensiero che traspare nella “Filosofia della vita” è frutto della tramontata fiducia nei confronti del progresso. Gli autori che pensavano di riuscire a mutare la realtà sociale con l’ausilio del razionalismo positivista hanno assistito al proprio insuccesso. Il positivismo, per spiegare i comportamenti umani secondo il rigore scientifico professato, deve creare dei principi permanenti ed universali, impossibili da realizzarsi all’interno dei processi della vita quotidiana21. È importante però spiegare che le origini di questa corrente filosofica, non sono casuali; i referenti teorici sono Henry Bergson22 e l’intuizione filosofica dell’élan vital 23 in Francia, l’empirismo inglese ed il successivo sviluppo del pragmatismo. Co-

20

Schmidt 1992, pp. 258-259. Di Giovanni 1968, p. 20. 22 Cfr. Simmel 1984a. 23 Si tratta dell’impulso interno che determina la specificità della realtà, in forma dialettica tra energia e materia. Come flusso vitale non può essere preso in considerazione dalle correnti di stampo positivista, ma fa parte del mondo delle intuizioni e quindi è percettibile solo a livello soggettivo. 21

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loro che elaborano e si fanno interpreti della corrente vitalistica sono i filosofi e gli studiosi della fine del XIX secolo, i quali vivono la drammaticità della trasformazione epocale e la grave crisi che colpisce il mondo intellettuale europeo. In tutti i settori dell’agire umano si manifestano gravi ripercussioni, prodotte dal repentino cambiamento politico-sociale realizzatosi a cavallo fra il XIX e l’inizio del XX secolo. Simmel conosce questa corrente di pensiero già nella prima fase dei suoi studi, quando segue le lezioni del prof. Wilhelm Dilthey. La filosofia della vita espressa da Dilthey è fortemente influenzata dalle prime riflessioni della Völkerpsychologie (psicologia del popolo) e Simmel pur non condividendone in toto l’interpretazione del maestro, riprende quest’orientamento per creare uno studio sociopsicologico e la contrapposizione tra scienza e filosofia: “opposizione questa che, tuttavia, solo alla fine dell’Ottocento assumerà i caratteri di un vero e proprio Methodenstreit, al cui interno verrà delineandosi la netta contrapposizione tra scienze dello spirito e scienze della natura”24. Ricordando invece come gli storici di Simmel difficilmente citano Dilthey come il primo maestro anche nella direzione della filosofia della vita. Il concetto vitalistico si diffonde così al di fuori dei comitati scientifici, tramite i seminari privati, poiché le Accademie tedesche, come accennato, non condividono le teorie di questa corrente filosofica. Accarino si riferisce alla Filosofia della vita come corrente ideale cui associare una ristretta rosa di nomi, cerchia ristretta in cui Simmel occupa la posizione di co-fondatore e non di epigono o di discepolo25. Successivamente nella direzione di una ricomposizione filosofica si muovono: Er24 25

F. Fornari 2004, p. 325. Accarino 1998, p. XX.

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nst Cassirer26 e nel primo dopoguerra Edmund Husserl27, per citare coloro che riaprono il dibattito. Il loro accordo si realizza nella riaffermazione del primato della filosofia sulla ricerca scientifica. Nel periodo compreso tra il 1890 ed il 1910, si diffonde la percezione di un’incapacità di comprendere nella loro complessità i processi sociali e “la filosofia della vita” si fa interprete di questo malessere scientifico, dichiarando l’impossibilità di dare delle risposte risolutive alla complessità umana. Con la pura razionalità non è possibile contenere le reazioni sociali dell’uomo, dalle più semplici, alle più complesse e Simmel propone un’analisi non a carattere puramente trascendentale, ma un’indagine in cui è evidente l’atteggiamento fenomenologico. Al centro dell’interesse è posto l’uomo, o meglio l’individuo, il quale rappresenta la spontaneità dell’agire, con una tensione originale tra realtà e valore, tra vita ed idea; poiché “la vita è creazione ininterrotta e fluida di novità non ancora esistenti – essa non si esaurisce in un rapporto di causa ed effetto, che in definitiva sviluppa sempre l’uguale dall’uguale, bensì è un movimento creativo assolutamente originario, che non può venire calcolato come un meccanismo, ma solo vissuto. Io vedo qui una profonda affinità con Nietzsche. Ciò che si può ricondurre alla formula: la vita e la sua altezza non devono essere fondate su ciò che giace sotto di loro. Soltanto, ciò che nel caso della filosofia della natura di Bergson spetta alla realtà della vita, in Nietzsche, filosofo della morale, spetta al suo valore”28. La razionalità scientifica è superata dalla ricerca di una conoscenza soggettiva, in cui l’interesse si centra sull’emotività e l’irrazio26

Ernst Cassirer (1874-1945). Edmund Husserl (1859-1938). 28 Simmel 1984a, p. 18. 27

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nalità dell’uomo moderno. Il mondo scientifico si pone il problema di come realizzare la costruzione sociale, se i metodi razionali del positivismo siano più in grado di rispondere alla complessità della realtà sociale. Si assiste ad un rivolgimento delle scienze verso la soggettività, agli aspetti emotivi ed irrazionali, allontanando da sé l’oggettività rigorosa dell’Ottocento. In questo passaggio anche la scienza sociale deve formalizzare il suo metodo di studio su basi soggettive, superando l’idea di una realtà oggettiva. I teorici che non condividono questa visione della scienza, accusano i soggettivisti d’irrazionalismo, con una conseguente perdita del valore scientifico dei loro studi. Si afferma l’interpretazione dell’uomo moderno come soggetto mosso da forze irrazionali ed incontrollabili, incapace di razionalizzare le sue azioni. La realtà non è più un prodotto razionale dell’uomo, ma egli ne può essere solo l’interprete29. Simmel, grazie al legame con la Scuola del Baden e alle decisioni emerse dal 1° Congresso dell’Associazione Tedesca di Sociologia, manifesta una tensione filosofica verso una teorizzazione valoriale. Si tratta di un pensiero filosofico inizialmente di stampo “relativistico”, in cui Simmel attribuisce al dover essere l’indipendenza dalle situazioni storiche. Nell’opera Hauptprobleme der Philosophie30, individua altri due regni oltre a quelli rappresentati dal “soggetto” e dall’“oggetto”: un terzo regno (dritte Reich) delle “idee”, in cui si coglie il problema morale ed un quarto regno del “dover essere”. Nel regno delle norme e del dover essere i concetti e i valori non hanno pretesa di oggettivazione duratura, poiché sono dei contenuti ideali. L’essere dei mondi ideali li fa rientrare in una 29 30

Izzo 1994, pp. 149-150. Cfr. Simmel 1910.

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dimensione pluralistica e relativistica. Questi mondi hanno tali caratteristiche poiché i valori che li determinano non sono dei valori trascendentali e non caratterizzano intellettualmente in modo stabile la realtà umana. Si tratta di valori relativi la cui origine si riscontra nella formazione degli aspetti psichici, base delle relazioni intersoggettive. Le categorie di riferimento non sono date una volta per sempre, ma si formano solo grazie all’abilità dei singoli soggetti di ricercare, nella propria forza vitale, la capacità di interagire con la vita. L’oggettivazione culturale partecipa alla definizione formativa delle singole personalità. Si tende a formare, così, una struttura filosofica complessa in cui partecipano nello stesso tempo: soggetto, oggetto, trascendenza ed immanenza, generati da un processo d’osmosi; “Con ciò intendo designare quei contenuti la cui realizzazione, in forma psichica che fisica non può rappresentarsi sotto la categoria dell’essere e del non essere, ma sotto quella del dover essere”31. Si ritiene, che se nel nostro quotidiano esiste una forma esatta, geometrica, che non trova nessun corrispondente nelle forme che esistono nella realtà, queste “rimangono isolate l’una di fronte alle altre”32. Si sancisce il relativismo della vita dell’uomo, ma anche di tutte le verità filosofiche poiché lo spirito è mutabile e creatore d’eterni mutamenti, tali da generare diverse visioni della vita, capaci di coesistere in una realtà altamente conflittuale. Le categorie di riferimento non si possono considerare dei paradigmi codificati, arginati in sedi prestabilite, ma si tratta di categorie in grado di rinnovarsi, cambiando gli strumenti concettuali di riferimento, come i valori e le norme. Il relativismo 31 32

Simmel 1972, p. 125. Ibidem.

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simmeliano è un “ismo” che rappresenta un atto di coraggio per Simmel, per aver tentato di uscire dagli schemi filosofici consolidati delle Accademie, ed è proprio Windelband a descrivere il relativismo come “la «filosofia» della persona blasé che non crede più a nulla […] oppure del ragazzaccio metropolitano che fa spallucce e irride con fare insolente qualunque cosa”33. Per Köhnke, che riporta in un suo saggio quest’affermazione, si tratta di un’evoluzione del pensiero filosofico tedesco importante, per comprendere lo sviluppo della riflessione simmeliana. Lo stesso scrive che il relativismo in Simmel si presenta con “quel particolare carattere che fa sì che esso abbia come presupposto la critica scettico-corrosiva e come obiettivo la creazione di nuovi punti fermi in modo da situarsi quindi nel senso letterale della parola fra positivsmo e neokantismo”34. Nell’ultimo anno di vita, Simmel configura la relatività dei saperi filosofici, compresi i contenuti e le “esigenze ideali”, teorizzando la relatività d’ogni singolo aspetto della vita, tanto che diviene impossibile pensare oltre la vita e ciò, nonostante l’impostazione relativistica, finisce per concepire un carattere assoluto alla vita stessa. Pietro Rossi delinea con molta chiarezza questo passaggio dal relativismo alla filosofia della vita, poiché “il riconoscimento della relatività di ogni aspetto della vita umana conduce così all’affermazione dell’impossibilità di andar oltre la vita e ciò che in essa si rivela; ma in tale maniera la relatività designa il carattere assoluto della vita stessa. La vita si avvia a divenire il principio incondizionato dal quale traggono origine tutte le manifestazioni dell’attività dell’uomo; e la pro-

33 34

Citazione tratta da: Köhnke 1992, p. 229. Ivi, p. 230.

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spettiva relativistica tende a trasformarsi in una filosofia della vita”35. Simmel passa dunque, nelle ultime riflessioni, da un’analisi a carattere storico-sociale alla Lebensanschauung (metafisica della vita). Il principio di riferimento incondizionato è la vita, tutte le altre manifestazioni sono studiate in relazione a questo presupposto. Nei Quattro capitoli metafisici, Simmel sintetizza la Vitaltheorie (teoria della vita), che si caratterizza di due parti in grado di generare dinamismo vitale. Coser parla di esaltazione lirica di Simmel per la vita e la sua capacità di produrre energia vitale. La vita è in grado di rompere gli argini della forma-vita, tanto da creare Mehr-Leben (più-vita) e la trascendenza definita Mehr-als-Leben (più-che-vita)36. Il lavoro di Simmel supera l’isolamento delle idee, per liberarle da false catene che tendono ad irrigidire il pensiero in strade già ben determinate. Egli riesce a comporre e scomporre i rapporti personali, allargando o restringendo le maglie del suo reticolato di pensieri. La funzione assegnata da Simmel al concetto di “vita” è essenzialmente critica. Il desiderio di superare la visione evolutiva, mista ai temi romantici e naturalistici, si realizza nell’affermazione filosofica vitalistica. Con questo passaggio Simmel supera la ragione storica espressa da Dilthey che Simmel stesso aveva accolto all’inizio dei suoi studi; riconoscere la storicità dell’uomo significa individuare di volta in volta i condizionamenti che su di essa agiscono. Al superamento di questa concezione Simmel presenta la relatività come designazione dell’intrascendibilità della vita, che diviene il principio incondizionato per spiegare tutte le at35 36

Rossi 1971, p. 228. Coser 1997, pp. 247-248.

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tività dell’uomo37. Nel momento in cui Simmel propone diversi modi di guardare la realtà, si scopre l’Autore del pluralismo filosofico, della lettura asistematica e conseguentemente del filosofo relativista. Ma, Simmel non è un relativista solo perché crede nella pluralità dei modi in cui si manifesta a noi la realtà, poiché se per relativismo intendiamo il “dubitare della validità incondizionata delle singole posizioni possibili (per esempio: scienza, arte) ed è perciò del tutto indipendente dalla domanda se la nostra immagine del mondo abbia un carattere monastico o pluralistico. Simmel invece si attiene saldamente all’assolutezza di ogni singola posizione, egli ne considera ognuna come necessaria e incondizionata, soltanto non crede che esista al mondo una qualche presa di posizione che abbracci realmente la totalità della vita […] l’ultima istanza rimane sempre qualcosa che è al di là delle posizioni: la vita, della quale le posizioni possono offrire solo aspetti […] questi singoli aspetti hanno tra loro le più varie e complesse relazioni e, per districarle, Simmel impiega tutta la delicata sensibilità e acutezza del suo pensiero”38. La manifestazione più chiara dell’apertura verso la filosofia della vita è rintracciabile nella raccolta già citata Philosophie Kultur, in cui Simmel supera il relativismo attraverso la drammatizzazione di un rinnovato processo metafisico per avvicinarsi alla concezione vitalistica. Per spiegare questo passaggio, Simmel utilizza la metafora del contadino che in punto di morte dice ai suoi figli che nel campo è sepolto un tesoro. I figli iniziano a scavare in tutto il campo senza trovare nessun tesoro, ma il tesoro lo trovano l’anno successivo quando il raccolto di quel campo da loro tre volte i prodotti degli anni precedenti, 37 38

Ivi, p. 229. Lukács 1996, pp. 67-68.

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poiché è stato arato profondamente. Per Simmel ciò “è la funzione della metafisica: il tesoro non lo troveremo mai, ma il fatto di cercarlo sviluppa la nostra conoscenza, poiché «la necessità e la determinazione interna del nostro spirito consiste a appunto nello scavare»”39. È la vita che si contraddistingue per questa sua capacità di produrre dal suo interno “più vita”, nuovi flussi vitali, capaci di dare forma alla propria individualità in “più che vita”: “Questo «più» non si aggiunge alla vita come elemento accidentale a qualcosa di già finito in sé e qualitativamente stabile; al contrario vita è il processo che in ogni sua posizione – anche la più infima – attrae a sé qualcosa per trasformarlo in vita. La vita, qualunque sia il suo valore assoluto, esiste solo in quanto è «più vita»; finché la vita è essa crea vita; infatti anche l’autoconservazione fisiologica è continua creazione di nuova vita”40. La vita dell’uomo diviene un eterno fluire, in cui il tempo non può essere scisso, dove non esistono scansioni temporali, in ogni istante la vita dell’uomo si caratterizza di passato, presente e futuro. Nello stesso tempo si creano forme vitali, con proprie ragioni individuali precise, scisse da altre forme. Il fluire eterno e la presenza di una forma concreta sono i due aspetti distinti della vita: “definita, obbiettivata in mille soggetti e contenuti, (che) lungi dal potersi astrattamente contrapporre, sono, per Simmel, complementari”41. È possibile notare come la critica di Simmel alla cultura scientifica ed accademica del tempo “ci mostra – come appunta Fabrizio Fornari – il confine intrascendibile della vita, nel quale

39

Cavalli 1998, p. XIII. Simmel 1938, p. 30. 41 Calabrò 1968, p. 28. 40

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viene custodita la matrice di ogni conoscenza, di ogni certezza e di ogni dubbio […] una linea di pensiero, questa, che, elaborando più raffinati e complessi strumenti di riflessione, porterà alla disgregazione del sistema del sapere in molteplici punti di di vista e visioni del mondo, ciascuno dei quali costituisce un differente universo di discorso, a sua volta concepito come un organismo vivente che trova al suo interno le ragioni del proprio ciclo vitale di nascita, esistenza e morte, nel quadro di un perpetuum mobile irriducibile al determinismo astratto delle leggi di natura”42. In questo contesto Simmel sviluppa una filosofia della vita in cui la vita diviene un assoluto. Un assoluto, tuttavia, che non è mai un dato perché esso è pure legato alla ricerca di una propria dimensione personale: “La vita creativa genera continuamente qualcosa che non è di per sé più vita, qualcosa contro cui la vita muove, qualcosa che si oppone a essa con esigenze sue proprie e che non può esprimere se non in forme che sono e significano qualcosa di loro proprio diritto e indipendentemente da essa”43. Tra i critici al pensiero relativistico e della “Filosofia della vita” è possibile citare diversi Autori; in questa sede ricordiamo, uno dei maestri di Simmel, il filosofo tedesco Rickert44 e 42

F. Fornari 2004, pp. 332-333. Citazione ripresa da: Izzo 1994, p. 170. 44 Gli studi di Rickert sono volti al raggiungimento della validità oggettiva e universale della conoscenza, dimostrando l’indipendenza dalle condizioni soggettive che la determinano. La filosofia sistematica rickertiana ha il compito di distinguere il piano della realtà da quello dei valori, spiegando la relazione che esiste tra i due livelli a garanzia della capacità relazionale, e dei significati dei soggetti sociali. Questo passaggio è evidente soprattutto in Die Philosophie des Lebens (1920), dove Rickert polemizza aspramente contro tutti gli esponenti della “filosofia della vita” da Nietzsche a Simmel, da James a Bergson. Autori che con le loro opere affermano 43

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uno degli allievi a lui più vicini, Lukács. Quest’ultimo contesta a Simmel di aver proposto un’analisi astratta ed indefinita parlando della vita come forma, senza riuscire a rintracciare in questa le ripercussioni economiche e politiche della realtà sociale del suo tempo. Simmel, secondo Lukács, ha accettato passivamente lo status quo del momento, e soprattutto è stato ideologicamente superficiale non muovendo nessuna accusa nei confronti delle istituzioni preposte. Lukács ricorda il profondo spirito che animava il suo maestro e non riesce ad accettare l’atteggiamento dimesso che Simmel, invece, mostra nei confronti della classe dominante; egli lo ricorda come un “essere-riccodi-spirito [che] significa l’intuizione fulminea e l’espressione frappant – pregnante di una fattispecie filosofica ancora inedita, la capacità di vedere con tanta forza il più piccolo e inessenziale fenomeno della vita quotidiana sub specie philosophiae, che esso diviene trasparente e nella sua trasparenza si fa visibile una relazione formale eterna del senso filosofico”45. Poi però nel suo ricordo affiora l’immagine rimasta nelle menti dei tanti critici simmeliani, in cui Lukács definisce Simmel “il più grande filosofo di transizione della nostra epoca, per racchiudere in una frase la sua grandezza e i suoi limiti; egli è il vero filosofo dell’impressionismo […] la sua opera è molto di più di una formulazione concettuale della visione del mondo impressionistica; è la configurazione filosofica di quel sentimento del mondo (Weltgefühl ), dal quale sono sorte le opere più grandi di questa corrente, è precisamente una così problematica conil primato della vita contro le sclerotizzazioni della filosofia e dei suoi sistemi, incapaci di comprendere la vita stessa. È una critica rivolta anche alla problematica dei valori e in particolare alla polemica contro la storicizzazione dei valori stessi. 45 Lukács 1996, pp. 61-62.

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figurazione dell’essenza dell’epoca che sta immediatamente alle nostre spalle, quale si presenta nelle opere di un Monet o di un Rodin, di un Richard Strauss o di un Rilke. Ogni impressionismo è per sua essenza una forma di transizione, respinge la conclusione, la configurazione ultima che è fatale e crea un fato, ma lo fa in linea di principio e non per incapacità a raggiungerla […] L’impressionismo sente e valuta le forme grandi, rigide ed eterne, come violatrici della vita, della sua ricchezza e della sua policromia, della sua pienezza e della sua polifonia: è sempre un magnificatore della vita e pone ogni forma al suo servizio […] ogni grande movimento impressionistico non è nient’altro che la protesta della vita contro le forme che si sono troppo irrigidite in sé e che in questa rigidità sono divenute troppo gracili per poter incorporare la sua pienezza modellandola […] La situazione storica di Simmel può essere formulata da questo punto di vista così: egli era un Monet della filosofia, al quale finora non è ancora seguito nessun Cézanne”46. Lukács esalta ed accusa ad un tempo il suo maestro, soprattutto nel momento in cui definisce la sociologia della cultura “possibile solo sul terreno creato da Simmel [ma è] certo [che questa] sociologia di Simmel è soltanto un «esperimento» e non una conclusione; la sua Soziologie porta in sé il marchio del suo impressionismo ancora più fortemente che non il grande saggio sul denaro; anche i suoi saggi nel campo della filosofia della storia sono in modo ancor più palese già concepiti come frammenti”47. A Simmel riconosce il valore della vasta produzione sul piano dello sviluppo della sociologia della cultura, ma Lukács considera l’Autore tedesco il fondatore di un impressionismo filosofico capace di creare immagini uniche 46 47

Ivi, pp. 62-64. Ivi, pp. 67-68.

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degli elementi e delle figure che rappresenta nei suoi lavori, indicandolo come il filosofo della storia cui non sono ancora seguiti degli epigoni. Questa definizione, come sappiamo, sino alla fine degli anni Settanta del Novecento, quando è seguita una rilettura di tutto il pensiero simmeliano, ha allontanato Simmel da qualunque interpretazione sociologica. Si è così continuato a lungo ad interpretare Simmel come il filosofo della crisi, l’impressionista della realtà, il relativista, evidenziando una forte carenza di strutture metodologiche di riferimento. Oggi, alla luce di tutto il lavoro di rilettura e critica del complesso pamplet simmeliano è possibile “riconoscere i tratti di un impianto teorico fatto di enunciati ipotetici empiricamente rilevanti, una concezione della sociologia come impresa scientifica teoricamente orientata e capace di sottoporre a controllo le sue posizioni”48.

2. Il conflitto delle forme sociali È proprio l’attenzione di Simmel verso interessi tematici diversi e spesso lontani dalle indagini scientifiche universitarie, che gli permette di determinare una metodologia di stampo gnoseologico-euristico distinta dalle metodologie ufficiali. Le indagini sociologiche di Simmel realizzano un’osservazione della realtà “a fuoco variabile”49, ed “una potente critica al concetto di spiegazione scientifica, il quale, a sua detta, non riesce a rendere conto del carattere non naturalistico delle forme del sociale, dell’arte, della letteratura e del costume”50 in grado così di 48

Cavalli 1998, p. XXVII. Ibidem. 50 F. Fornari 2004, p. 332. 49

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determinare considerazioni innovative e quanto mai realistiche sui fenomeni sociali come lo studio delle relazioni, del denaro e nel raccontare di forme sociali minori, in cui la soggettività è l’elemento caratterizzante insieme ai sentimenti, alle emozioni più intime ed individuali. Simmel rinuncia così ad una concezione della verità in cui trova corrispondenza l’indagine sociologica e l’attualità, ponendo invece, l’accento soprattutto su ciò che rappresenta una conoscenza marginale della realtà, poiché “se si intende promuovere una reale conoscenza della realtà sociale e storica, ai modi della spiegazione bisogna sostituire quelli della comprensione delle forme vitali, che, proprio come tali, costituiscono una modalità del darsi degli oggetti del tutto particolare”51. L’essenza della totalità si identifica con il particolare, con la concretezza dell’irriducibilità dell’esperienza individuale ai sistemi totalizzanti della metafisica e della morale di fine Ottocento, e come commenta Fabrizio Fornari, “la domanda kantiana «come è possibile la natura?» deve convertirsi nella domanda, a quest’ultima simmetrica ma opposta, «come è possibile la società?»”52. La sociologia come scienza con Simmel assume un valore distinto dalla visione positivista in cui i fatti sociali sono gli oggetti primi d’indagine; poiché “come in Dilthey e in Weber, anche nella prospettiva simmeliana, si procede alla relativizzazione delle forme a priori del conoscere kantiane in tipi, ai quali, però, corrispondono non già «vissuti» o «descrizioni psicologistiche del vissuto» (Dilthey) oppure «idealtipi» che valgano come spiegazione di possibilità oggettive (Weber), bensì forme della coscienza storica individuali e collettive”53. Simmel sviluppa un concetto 51

Ibidem. Ibidem. 53 Ibidem. 52

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di sociologia formale, “di una scienza distinta tanto dalla psicologia sociale quanto dalla filosofia sociale e dalla storiografia. La sociologia pura o formale tratta la geometria delle forme di interazione sociale”54, ricercando così i modi e le forme della socializzazione. Il termine in sé “forma” è fatto oggetto di critica, tanto che gli studi contemporanei di sociologia utilizzano la parola “struttura”, per indicare la forma delle organizzazioni sociali. Gli studi di Simmel nei riguardi dei concetti di status, norma, ruolo e sulle aspettative sociali, ancora oggi sono gli elementi strutturali dell’odierna disciplina relazionale e delle ricerche sui gruppi sociali, poiché “l’indagine sociologica è tenuta a prendere in considerazione l’insieme delle interazioni fra singoli individui, con la conseguenza di doversi confrontare con problemi che si snodano in una fitta e mutevole rete di rapporti sociali”55. Simmel ha così il merito di aver dato forma ai concetti sociali, che solo successivamente si sono riempiti di contenuti specifici, con riferimenti a casi concreti della vita moderna. Nella società non si trovano però forme pure, poiché queste non possono esistere come sono teorizzate da Simmel; si tratta piuttosto di forme tipizzate, ossia perfezioni concettuali di una forma specifica, che rappresenta un tipo di realtà sociale, ma impossibile da trovare così teorizzata. L’interesse dell’Autore nel voler comprendere la struttura organizzativa delle forme che creano un fatto sociale, lo porta a distinguere la forma dal suo contenuto. Si preoccupa cioè di comprendere la struttura esterna dell’evento sociale, non il contenuto, analizzando la diversità delle relazioni sociali e come le forme stesse entrano in relazio54 55

Jonas 1975, p. 535. F. Fornari 2004, p. 334.

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ne tra loro, senza però esporre il suo pensiero nei riguardi dei contenuti, come specifiche rappresentazioni delle distinte sfaccettature della realtà sociale concreta. Simmel “è stato in effetti il sociologo che, invece di considerare il divenire e il mutamento come perturbazioni di una cosa normalmente stabile chiamata società, ha visto nella stabilità stessa un equilibrio temporaneo tra forze opposte che la modellano [poiché] alla base di qualunque società c’è un conflitto da cui essa nasce e che la dissolve [e Simmel] ad ogni modo, non è divenuto un eroe della cultura, circondato, idolatrato da mucchi di discepoli, ma, al contrario, uno dei suoi dimenticati”56. Gli strumenti d’indagine metodologica utilizzati da Simmel per indagare la conflittualità e la dualità presenti nella società moderna sono così rappresentati dalle forme, le quali perdono ogni intento di penetrazione esaustiva e conclusiva della realtà sociale, poiché la sua tecnica consiste essenzialmente nel differenziare le forme generali della socializzazione dal contenuto particolare della società57; in questo processo il ruolo delle forme è quello di svelare, anche se parzialmente la dialettica, il legame esistente, così come il legame tra l’individuo e la propria identità. Simmel è l’interprete capace di spostare l’interesse per il contenuto della forma, alle considerazioni sulla fluidità del processo formale, di come avvengono gli scambi e le relazioni tra i diversi contenitori, rappresentazioni delle vite, ricercando gli elementi che rendono liberi i legami vitali, sciogliendoli dalle costrizioni contenutistiche della forma. La complementarità porta all’autotrascendenza della vita stessa; ogni istante di vita si realizza in un eterno presente, ed in questa concezione che si esplica il legame con la filosofia di Bergson. Il senso della vita simmelia56 57

Moscoviti 1991, p. 332. Cfr. F. Fornari 2004, pp. 332-337.

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no non si manifesta in un eterno fluire, nel senso di un panta rei (del tutto scorre)58, la vita al contrario è un processo che si concretizza per antinomie, nella continua contrapposizione delle infinite forme generate dalla vita: “non si può parlare soltanto di flusso, ma del duplice movimento per cui il processo vitale scorre e si irrigidisce in forme, per procedere oltre”59. Il divenire come “più che vita” di Simmel, trascende la vita biologica, estendendosi a tutte le forme dell’espressione umana, artistica ed etica. Pensiero che supera le posizioni di Nietzsche e di Bergson. Si pensi all’uso degli apriori, utilizzato per definire l’io ed il mondo, il loro rapporto antitetico, nell’irrisolvibilità di queste relazioni bipolari. In ciò si dispiega il significato della vita, nella sua legge universale in cui le relazioni antinomiche fondamentali si risolvono, s’intrecciano in un processo infinito. La dialettica tra forme e vita tra individuo e società si esplica nel concetto di conflitto, cui Simmel dedica una conferenza, pubblicata postuma, Il conflitto della civiltà moderna60. Il tema 58 Al filosofo greco Eraclito è stata attribuita la formula del “tutto scorre”, indicandolo come il filosofo della dottrina dell’eterno divenire, di cui non si ritrova traccia nei suoi frammenti. Quest’attribuzione è realizzata da gran parte della storiografia filosofica moderna per spiegare il carattere delle sue opere in un unico logos, che si esprime nella tensione che tiene uniti i contrari (come vita-morte, notte-giorno, ecc.), in una discorde armonia. L’espressione in questione è ripresa successivamente da Hegel per spiegare il fuoco che vive mutando continuamente se stesso e le cose con cui crea un contatto. È grazie a Hegel che la filosofia tedesca ne è venuta a conoscenza, per dare poi il via alla comprensione del divenire storico. La realtà per Eraclito si può caratterizzare sia come identità di opposti, sia come eterno fluire di una parte nell’altra. 59 Dal Lago 1993, p. 89. 60 Cfr. Simmel 1999. È importante ricordare che successivamente quest’opera fu tradotta e curata da C. Mongardini con il titolo: Il conflitto della cultura moderna (1976); traducendo il termine tedesco Kultur, con

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del conflitto è un tema fondamentale degli studi simmeliani rintracciabile già nella prima pubblicazione Über soziale Differenzierung, in cui è già evidente l’influsso filosofico vitalistico e i primi aspetti relativistici. Si tratta di un’opera in aperta polemica con i neo kantiani. Successivamente con la pubblicazione di Schopenhauer und Nietzsche61 nel 1907, e di Hauptprobleme der Philosophie, Simmel si avvicina al più alto relativismo, ritenendo che la sola scienza sociale non sia in grado di spiegare le complesse motivazioni che portano ai conflitti sociali. Una società complessa, dinamica e plurale, crea una molteplicità di “dover essere”, in cui il singolo soggetto partecipa al gioco delle interazioni sociali, modificando la sua costituzione psicologica. Le categorie dell’essere e del dover essere tendono ad allontanarsi dai contenuti specifici e dalle esigenze ideali, per creare l’insieme delle forme spirituali, che servono a Simmel per spiegare l’esistenza di un mondo di valori capaci di indirizzare e dare senso all’attività umana: “Il conflitto di doveri è cioè come fenomeno tipico, il prodotto di un’alta e differenziata evoluzione, dell’interesse e della responsabilità dell’individuo nei confronti di forme sociali, religiose, intellettuali e professionali sempre più varie e in continuo sviluppo”62. Nell’ambito di nostro interesse, quello relativo alle forme sociali, Il conflitto della civiltà moderna rimane l’opera in cui è possibile evidenziare le caratteristiche più mature del pensiero conflittualista simmeliano. Il conflitto e la scissione sono le due componenti che contraddistinguono la natura essenzialmente “cultura” e non “civiltà” come fece invece Rensi nel 1925. In questa sede io utilizzerò la traduzione italiana di Rensi nella rinnovata edizione della casa editrice SE. 61 Cfr. Simmel 1907. 62 Simmel 1996a, p. 114.

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dualistica dell’uomo, in cui è chiara la manifestazione del contrasto tra il processo creativo della vita e i prodotti dell’evento medesimo. La civiltà moderna è contrassegnata dalla lotta contro ogni forma d’irrigidimento e fissazione delle sue forme, in tutti i campi di azione dell’uomo: “il contrasto tra la vita che, dopo aver generato le forme, cerca di risolverle di nuovo in sé e di impedire il loro consolidarsi in prodotti irrigiditi e fissati, e le forme che si ribellano al divenire da cui sono sorte”63, tanto che il dramma della civiltà moderna risiede “appunto nell’impossibilità di fare a meno delle forme che essa tende a eliminare. Pertanto, il significato dell’antinomia della civiltà moderna non è determinato nella sua particolare fisionomia storica; in effetti, il contrasto interno della civiltà è un contrasto eterno della vita – e il modo in cui esso si rivela nel mondo moderno è secondario rispetto alla radice metafisica del contrasto”64. Per Simmel si tratta del modo in cui l’uomo percepisce “i contenuti del proprio mondo e la sua intera tragicità”65, così come nello stesso tempo si può parlare di una condizione necessaria per lo sviluppo della stessa vitalità umana, un processo che si è andato determinando dal Rinascimento in avanti. È nella modernità che si è generato il contrasto soggetto-oggetto, dove l’io diviene il nodo centrale del pensiero moderno, il cogito ergo sum cartesiano, che pone al centro del mondo l’io pensante, un io frutto dell’oggettivazione del mondo. La dualità e il contrasto generato porta ad una scissione presente non solo sul piano naturale, ma anche su quello sociale e Simmel si rende conto che proprio nella perdita dell’unità tra natura e spirito, tra realtà oggettiva e realtà soggettiva risiede il senso della conflittuali63

Rossi 1971, p. 231. Ibidem. 65 Simmel 1995a, p. 10. 64

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tà moderna, in cui l’oggettività, la razionalità come forma di risposta allo scientismo distingue due diversi modi di comprendere la realtà, due mondi contrastanti, in cui è evidente soprattutto l’opposizione tra il materialismo e la visione spiritualistica della vita66. La vita rappresenta la difficoltà di convogliare i significati della vita spirituale con le forme culturali. La vita che originariamente si caratterizza di un eterno fluire, di un processo vitale fluido, deve trovare una forma di riferimento, un’oggettivazione culturale che produca i confini, le linee di demarcazione del suo flusso vitale, cristallizzando il processo. La cultura nell’analisi simmeliana blocca il processo vitale, dando una forma alla vita, divenendo la sintesi tra la vita e la forma, ma incapace di rappresentarne l’organicità del processo, poiché i “prodotti dei processi vitali hanno la particolarità che già nel momento del loro nascere posseggono una loro propria permanente fissità, la quale non ha più nulla a che fare con l’incessante ritmo della vita stessa, col suo salire e discendere, col suo continuo rinnovarsi, col suo inesausto ramificarsi e riunificarsi”67. La forma non è statica, fissa, ma è la rappresentazione del cosciente travaglio interiore dell’individuo, il conflitto dell’uomo del tempo presente, risiede proprio nella sua incapacità di dominare la complessità della vita moderna, il quale per riuscire a varcare anche solo per un istante quest’oscurità, in modo da poter illuminare la nostra esistenza, non ha altro a disposizione se non la transitorietà variegata e fluttuante delle forme. Riuscire a cogliere l’essenza di un fenomeno, la totalità del-

66 Per un approfondimento si rimanda a: Cfr. De Simone 2002, pp. 35-90. 67 Simmel 1976b, p. 105.

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l’evento è possibile nell’analisi simmeliana solo attraverso una conoscenza frammentaria, nell’espressione delle piccole parti, che con la loro apparente superficialità e sfuggente manifestazione si mostrano a noi. Nella dispersione della nostra esperienza, indugiando nella mutevolezza dei frammenti è possibile afferrare di volta in volta la vita dell’uomo moderno: “quando il moto creatore della vita ha espresso certe formazioni in cui esso trova la propria estrinsecazione e le fogge della sua realizzazione, e che dal canto loro sussumono in sé le fluttuazioni della vita se segue e danno ad esse contenuto, forma, sfera di azione, ordine. Tali sono le costituzioni sociali e le opere d’arte, le religioni e le conoscenze scientifiche, i sistemi di tecnica e le leggi civili e innumerevoli altre”68. I prodotti di questi processi vitali sono però caratterizzati, come ci dice Simmel, “da una loro propria permanente fissità”69, in cui viene meno la vitalità ed il ritmo della vita stessa, “col suo salire e discendere, col suo continuo rinnovarsi, col suo inesausto ramificarsi e riunificarsi”70. Le forme sono le formazioni, il rivestimento di cui si avvolge la vita stessa, ma nella costituzione di queste forme statiche la vita continua a scorrere, ad andare oltre, così che se le forme sono le rappresentazioni delle nuove formazioni di civiltà, divenendo oggetto della storia, servono a rappresentare e descrivere le fasi di mutamento della civiltà. Simmel in questo processo diviene il teorico della conflittualità dell’uomo moderno, individuando nei tratti della lotta tra la vita e la forma, la crisi del vivere quotidiano, che riproduce il dramma e l’angoscia della vita moderna. La tragedia della nostra esistenza Simmel riesce a rappresentarla 68

Simmel 1999, p. 11. Ibidem. 70 Ibidem. 69

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nel momento in cui afferma che la vita non è in alcun modo riducibile nelle sue transitorie e ambigue forme, “il lato profondo della cosa sta in ciò, che la vita, in forza della sua essenza, che è il moto, lo sviluppo, lo scorrere oltre, lotta di continuo contro i suoi propri prodotti diventati rigidi e non procedenti insieme con essa”71. Nell’incommensurabile inadeguatezza delle sue forme e soltanto nelle loro manifestazioni dileguanti che l’uomo moderno è in grado di cogliere il senso e la profondità della vita stessa: “Il mutamento continuo dei contenuti della civiltà, e da ultimo dell’intero stile di questa, è l’indice o piuttosto la conseguenza dell’infinita fecondità della vita, ma anche della profonda contraddizione in cui sta il suo eterno divenire e mutarsi con l’obbiettiva validità e l’affermazione delle sue manifestazioni e forme, con le quali o nelle quali essa vive. Essa si muove tra morire e divenire, divenire e morire”72. In questo processo, la realtà sociale così come quella storica e naturale sono inespugnabili nel significato ultimo e definitivo, in quanto conoscenze frammentarie e molteplici, svincolate da qualsiasi categorizzazione che voglia dirsi definitiva e conclusiva. Le forme tradizionali sono morte, si assiste ad una mancanza di forme e conseguentemente alla perdita di principi di riferimento, che sono però sostituiti, nella visione positiva simmeliana, da impulsi vitali innovativi, capaci di dare origine ad altre forme, così da superare anche quel senso di malessere tipico degli uomini della civiltà moderna, “in cui non si tratta assolutamente più d’una nuova forma che intraprende la lotta contro una vecchia, ma si tratta della vita che in ogni possibile

71 72

Ivi, p. 13. Ibidem.

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sfera si ribella contro questo suo dover scorrere in forme fisse di qualsiasi specie”73. La forma e la vita si caratterizzano di quest’opposizione presente in tutte le manifestazioni dell’oggettivazione culturale, in cui la vita si muove, creando forme sempre nuove, che portano al mutamento delle forme culturali precedenti. La sostituzione delle forme si realizza poiché la vita ha bisogno di una forma esterna che la contenga. La base d’ogni civiltà per Simmel è rappresentata dalla capacità di produrre forme, in grado di acquisire una propria autonoma e di contrapporsi alla vita da cui sono nate. La produzione delle forme spirituali è resa possibile grazie alla soggettività insita in ogni individuo, ma la vita non può in ogni modo impedire alle forme di rendersi poi indipendenti dalla vita stessa. La civiltà moderna non determina i contrasti nella struttura storica, ma il conflitto è interno alla stessa civiltà e come tale porta ad uno scontro eterno in seno alla vita, che trova la sua radice nella metafisica. La necessità di una forma crea un processo vitale, un movimento interno per sostituire la vecchia forma con una nuova: “Essa si muove tra morire e divenire, divenire e morire”74. Un eterno fluire cui Simmel si riferisce per spiegare il conflitto esistente nella cultura moderna, in cui la vita è sempre più costretta in forme stabilite rigide, cornici della vitalità che chiedono di manifestarsi. In quest’ottica è possibile pensare anche alle forme artiste del tempo, alle avanguardie, all’espressionismo tedesco come manifestazioni di forme culturali nuove che chiedono di potersi manifestare liberamente, opponendosi alla

73 74

Ivi, pp. 16-17. Ivi, p. 107.

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cristallizzazione delle forme artistiche accademiche. L’interesse dell’Autore per le forme artistiche della modernità sono il segno di una partecipazione attiva alla vita culturale del suo tempo ed è “così tenacemente convinto dell’insolubile contraddizione fra vita e forma da non restare imbrigliato nella visione dell’impressionismo che comunque finiva con l’ancorarsi ad una forma. Sarà il modernismo, ed in particolare l’espressionismo col radicale rifiuto di ogni stile e forma, a meglio rappresentare il suo pensiero […] in particolare fu l’espressionismo che tentò di rappresentare un mondo in cui ogni cosa contiene il suo contrario, in cui conflitto, tensione e contraddizione sono ineliminabili”75. A tale riguardo non possiamo esimerci dal ricordare l’ammirazione di Simmel per lo scultore francese August Rodin, che ebbe poi modo di conoscere in una sua visita a Parigi nel 1905 e a cui dedicherà dei saggi76. La questione del temperamento vitale e la continua tensione tra forma e contenuto conducono Simmel a distaccarsi dalle generalizzazioni della problematica tra “spirito oggettivo” e “spirito soggettivo”77, pur proponendo una lettura diversificata della forma in rapporto alla vita: “La vita crea sempre forme stabili nelle quali rimane vincolata, ma è allo stesso tempo più di se stessa, più che vita: tende continuamente a superare queste forme vincolanti”78. Lo spirito dell’uomo tende a rimanere imprigionato in una forma chiusa, una gabbia precostituita, che egli stesso si è creato, mentre dall’altra parte tende a superare questa chiusura della forma stessa, attuando un continuo processo di apertura 75

Turnaturi 1997, p. 11. Cfr. Simon 2005. 77 Si rimanda al paragrafo 3 di questo capitolo. 78 Izzo 1994, p. 170. 76

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e chiusura della struttura. Il singolo individuo, per essere libero deve uscire dalla chiusa forma che lo incasella nella struttura sociale, per superare le regole stabilite dal ruolo svolto all’interno di una società costretta da relazioni regolate da rapporti prestabiliti da altri, predisponendo gli individui all’interno di convenzioni sociali rigidamente schematizzate. Ma la vita non riesce a rimanere incasellata in schemi prestabiliti, perché è nel suo significato manifestarsi in forme sempre nuove ed è proprio secondo questa concezione vitalistica che Simmel mostra le peculiarità della nostra personalità, in cui l’io si forma grazie al conflitto fra forma e vita. Nella nostra vita sociale, più sono strette le relazioni che instauriamo e più complessa diviene la dominazione dei conflitti: “quanto più ci sforziamo di foggiare armonicamente la vita, quanto più strette relazioni cerchiamo di porre tra le due parti, quanto più passionalmente insomma la coscienza dell’io tende a dominare i suoi contenuti, tanto più la vita deve diventare ricca di conflitti”79. La conflittualità sociale è un referente per la valutazione della cultura, ma anche della propria capacità di sperimentare la vita e dare risposte alla vita stessa. Se un soggetto con i suoi sentimenti, segue le impressioni della realtà, cerca delle mediazioni alla capacità relazionale, anche al suo interno sarà caratterizzato da conflitti. Più ampi si fanno i conflitti interni, maggiore è la capacità di sperimentare il conflitto di doveri e di riuscire ad interpretare la profondità delle richieste “che gli rivolgono le cose, gli uomini, le idee”80. Per Simmel il conflitto etico si realizza sull’estensione e l’approfondirsi dei processi culturali. La diretta conseguenza di 79 80

Simmel 1972, pp. 162-163. Ivi, pp. 114-115.

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questo pensiero si manifesta nell’idea che l’integrazione degli individui nell’organizzazione sociale, rende tipica, non assolutistica ed esclusiva, ogni considerazione della realtà: la vita diviene “un principio regolativo della ragione, si scompone in innumerevoli sequenze, tante quante sono le reazioni delle anime di fronte alla totalità dell’essere”81. Nella profondità delle nostre esperienze, si evince il significato del pensiero formale simmeliano: le forme si mostrano a noi per riuscire a determinare una certa stabilità e rassicurazione, ma solo nel fluttuare incessante nelle increspature della superficie della vita, siamo in condizione di rincorrere la nostra stabilità personale. La vitalità del vivere quotidiano si manifesta a noi nella profondità dell’inconscio, nell’oscurità degli abissi interiori, in quella parte che tendiamo a celare a noi e agli altri, in cui sono conservate le “cose ultime”, tale da rendere sempre più difficile conoscere e rappresentare le diverse forme, ma soprattutto l’altalenante fluire della vita. Come nitidamente osserva Bodei, in un suo saggio dedicato alle emozioni: “L’irrigidimento delle questioni nella forma dell’ovvietà, la decomposizione del linguaggio che dovrebbe esprimerle, l’incertezza dei saperi che si assumono l’onere di parlare di quel che si pone oltre la linea mobile del già detto (percepito, compreso o assimilato) è alla base della possibilità stessa di sopravvivere nella vita quotidiana, ma anche dell’ottundimento delle emozioni e del complementare bisogno di uscire dalla piatta bidimensionalità dell’ovvio alla ricerca di un più alto spessore di senso”82. Simmel ha avuto questo grande merito, oggi ampiamente riconosciuto da più parti, di essere riuscito a cogliere la molte81 82

Di Giovanni 1968, p. 38. Bodei 1999, p. 187.

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plicità del vissuto senza creare “nessun artificio che irrigidisca il fluire della vita imbrigliandolo in una travatura di concetti”83, divenendo il filosofo capace di intuire le analogie, cogliendo i rapporti tra gli oggetti, rivelandone le uniformità, senza però trascurarne le differenze, riuscendo a svellere “i bagliori della totalità, i segni di quella unità precategoriale che è la vita, di cui la molteplicità delle relazioni fenomeniche è vibrante testimonianza: il filosofo può cogliere soltanto i riflessi della totalità, osservando e divagando tra i fenomeni, in tutte le direzioni di indagine cui la curiosità lo induce”84. Ed è proprio “su queste premesse [che] il pensiero di Simmel appare espressione non tanto di una sociologia formale, né di una psicologia sociale, né di una metafisica pura, bensì di una filosofia sociale, dedicata all’analisi dei fenomeni contingenti nella loro costitutiva condizione di reciprocità. La sociologia si dissolve in filosofia dell’esistenza singolare, ma quest’ultima non può che riappropriarsi del suo attributo sociale se intende comprendere la fondamentale interazione delle singolarità, la dinamica dell’essere uno accanto agli altri”85.

3. La cultura soggettiva e la cultura oggettiva È chiaro ormai che la sociologia di Georg Simmel è una realtà dai confini aperti, mobili, che si apre verso la filosofia, la storia e la psicologia. In quest’ottica mi accingo ad analizzare uno dei temi simmeliani caratterizzanti per la comprensione tout court

83

Vozza 2002, p. 11. Ivi, p. 12. 85 Ibidem. 84

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del suo pensiero, il confronto tra la cultura oggettiva e la cultura soggettiva. Simmel evidenzia come la cultura rappresenti “una sintesi tutta particolare dello spirito soggettivo e dello spirito oggettivo, il cui senso ultimo risiede senza ombra di dubbio nel perfezionamento dell’individuo”86, rivestono però ambiti d’interesse distinti, tanto da considerare la cultura oggettiva l’insieme delle idee, dei saperi e delle conoscenze tramandate da una generazione a quella successiva, mentre il problema della misurazione, dell’ampiezza e dell’intensità con cui gli individui partecipano ai suoi contenuti investe il problema della “cultura soggettiva”87. L’opera in cui s’individuano i tratti caratteristici di questo specifico tema simmeliano è sicuramente Philosophische Kultur (1911), in cui Simmel raccoglie alcuni saggi dedicati a figure ed esperienze della cultura, con i toni filosofici tipici del suo stile saggistico. Una prima interpretazione pone l’accento sulla dimensione soggettiva della cultura; ed una seconda sulla dimensione oggettiva. La dimensione soggettiva si delinea nell’individuazione di una serie di elementi il cui centro è rappresentato dal soggetto, con i suoi valori di riferimento, i modelli comportamentali e dall’insieme dei riferimenti normativi interiorizzati, come i modi di pensare, sentire, credere, orientare. Nella dimensione oggettiva prevalgono i riferimenti alle forme che la cultura assume come portato di memoria collettiva, determinata dalla tradizione, dall’insieme di saperi e di esperienze cumulate nel corso del tempo. La complessità del concetto di cultura si evidenzia, quindi, nella difficoltà di riuscire a trar-

86 87

Simmel 1998c, p. 213. Ibidem.

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re una definizione completa capace di rappresentare il fenomeno stesso in tutte le sue sfaccettature. Gli avvenimenti dei primi del Novecento, che preludono allo scoppio del Primo conflitto Mondiale, allontanano la celebrazione impressionistica della vita dall’orizzonte intellettuale di Simmel. I caratteri salienti dello stile simmeliano, come teorico della conflittualità dell’uomo moderno, sono sapientemente tratteggiati nella lotta tra la vita e la forma, lotta in cui si evince la crisi del vivere quotidiano, che riproduce il dramma e l’angoscia della vita moderna, e proprio del 1911 sono i saggi in cui il Nostro riesce meglio a tratteggiare questa conflittualità. Si pensi a L’avventura, La civetteria, Il relativo e l’assoluto nel problema dei sessi e la Cultura femminile. La forma-saggio gli permette di affrontare, con la forma stilistico-letteraria che più gli è propria, questi temi, in cui emerge il pensiero più profondo riguardo alle tematiche del vivere sociale. In Italia recentemente sono state pubblicate due raccolte di saggi relative alle tematiche in oggetto, dal titolo Filosofia dell’amore e Filosofia e sociologia dei sessi, in cui i curatori, Marco Vozza e Gabriella Antinolfi, presentano i lavori più significativi di Simmel intorno alle problematiche dell’erotismo, della femminilità e dell’amore88. L’oggetto della sociologia simmeliana è così rappresentato dai modi e dalle forme della socializzazione, in cui l’azione reciproca e la centralità dell’individuo sono per il sociologo tedesco lo spazio in cui poter ritagliare una nuova metodologia sociologica, nonché una nuova visione antropologica, dove i sen-

88 Cfr. Simmel 2001. In Francia è stata pubblicata una raccolta similare con lo stesso titolo: Simmel 2002, con saggi tradotti dal tedesco da S. Cornille e P. Ivernel; cfr. Simmel 2004.

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timenti e le passioni trovino una posizione centrale, grazie alla loro capacità di guidare il processo che porta non solo alla riaffermazione dell’uomo, ma, come sarà analizzato in questo lavoro, anche della figura femminile. La tragedia della nostra esistenza Simmel riesce a rappresentarla nel momento in cui afferma che la vita non è in alcun modo riducibile alle sue transitorie e ambigue forme; anzi, è proprio nell’incommensurabile inadeguatezza delle sue forme e soltanto nelle loro manifestazioni dileguanti che siamo paradossalmente in grado di cogliere il senso e la profondità della vita stessa. Come abbiamo già osservato, Simmel cerca con il suo lavoro di indagare gli aspetti più profondi dell’uomo moderno e si accorge che la manifestazione di questi anfratti misteriosi è visibile e si presenta a noi in quegli atteggiamenti e comportamenti superficiali che utilizziamo per rincorrere la nostra stabilità personale. Simmel, cosciente di questo travaglio interiore, sa che per riuscire a varcare anche solo per un istante quest’oscurità, e dunque illuminare la nostra esistenza, non abbiamo altro a disposizione se non la transitorietà variegata e fluttuante delle forme89. Per riuscire a cogliere l’essenza di un fenomeno, la sua totalità, non abbiamo altra possibilità che la conoscenza dei frammenti, l’espressione delle piccole parti, con la loro ap-

89 Quest’analisi potrebbe far pensare ad un legame intellettuale con lo studio psicoanalitico di Sigmund Freud, ma la mancanza di una completa biografia dell’Autore ci impedisce di sapere se realmente esisteva una conoscenza diretta del pensiero freudiano e delle sue teorie. Da uno studio attento della produzione simmeliana, è possibile affermare che esiste uno spazio per indagini sull’inconscio, ma che lo stesso non analizza in profondità l’argomento individuandone solo i confini.

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parente superficialità e sfuggente manifestazione. È così possibile afferrare di volta in volta la vita, indugiando nella mutevolezza dei frammenti in cui si disperde la nostra esperienza. La cultura femminile rientra nel dibattito sul significato e il valore della cultura oggettiva e di quella soggettiva: «La cultura è dunque una sintesi peculiare di spirito soggettivo e spirito oggettivo, il cui senso ultimo può naturalmente risiedere soltanto nel perfezionamento degli individui»90. Se la cultura è di conseguenza una sintesi, i due elementi soggettivi ed oggettivi rivestono ambiti d’interesse distinti, tanto da considerare la cultura oggettiva l’insieme delle idee, dei saperi e delle conoscenze tramandate da una generazione a quella successiva, mentre “il problema della misurazione, dell’ampiezza e dell’intensità con cui gli individui partecipano dei suoi contenuti: è il problema della «cultura soggettiva»”91. In questa distinzione, il ruolo delle donne è solitamente legato all’aspetto soggettivo della cultura, in cui la loro presenza interviene non nella creazione e produzione di nuovi beni culturali, ma solo nella partecipazione a realtà già esistenti, create dall’uomo, poiché “la donna è una creatura che per sua natura ha il suo centro d’azione in se stessa, un essere i cui impulsi e i cui pensieri si concentrano più strettamente attorno ad uno o pochi punti, e sono più direttamente eccitabili da parte di questi ultimi che nell’uomo, più sfaccettato ed i cui interessi e le cui attività si sviluppano maggiormente secondo un’autonomia determinata obiettivamente e in ossequio ad una ripartizione che separa il lavoro dal complesso e dall’intimo della personalità”92. In questa ripetizione

90

Simmel 2001, p. 123. Ibidem. 92 Simmel 1993, p. 27. 91

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di valori esistenti, Simmel si chiede se le donne saranno poi in grado solo di moltiplicare o accrescere una produzione culturale già esistente, oppure saranno capaci di introdurre una produzione originale. Per riuscire a capire questo processo è necessario indagare il rapporto che il mondo femminile intrattiene con la cultura oggettiva. In questo senso Simmel si preoccupa di comprendere il rapporto che il mondo femminile intrattiene con la cultura oggettiva, per riuscire a tratteggiare e dare una spiegazione alle problematiche relazioni che investono la società moderna, poiché solo nella comprensione delle fondamenta di questi rapporti si riuscirà a dare una risposta concreta in ordine ai problemi posti dal ruolo delle donne. Sul finire dell’Ottocento, le mutate condizioni sociali influenzarono profondamente i rapporti fra uomo e donna, ed in questo clima si sviluppa un primo movimento femminile e femminista. La più grande trasformazione è rappresentata dal passaggio dalla struttura familiare di tipo patriarcale legata alla produzione agricola ad una struttura familiare nucleare, inurbata nelle città industrializzate, con profonde conseguenze sul piano sociale e psicologico. L’interesse pionieristico di Simmel per queste tematiche aprirà la via ad altri studiosi, si pensi ad esempio ad Ortega Y Gasset, il quale intorno agli anni venti del Novecento si occupa della traduzione in Spagna dei saggi simmeliani dedicati alla cultura femminile93 e per lungo tempo dimenticati da gran parte degli esegeti simmeliani94. Il materiale prodotto da Simmel rappresenta, infatti, un importante punto di partenza per l’analisi

93 94

Cfr. Simmel 1923a; cfr. Simmel 1923b; cfr. Simmel 1925. Cfr. Battaglia 1992, pp. 257-267.

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del tema femminile: quelle che all’inizio del secolo scorso apparivano come considerazioni inutili, difficili da comprendere, ardue da decifrare per la radicale novità dell’impostazione e l’audacia dell’analisi, divengono ora di un’attualità singolare. In una nota al saggio Lo masculino y lo feminino95 Ortega scrive: “No creo que se haya hecho hasta ahora analisis mas agudo y penetrante de las differencias entre la psicologia del hombre y de la mujer que el presente ensayo del filosofo Jorge Simmel”96. L’argomento insolito e la riflessione nei confronti delle trattazioni di temi relativi all’intimità o alla sessualità, nel periodo in cui opera il Nostro, sono stimolati anche dalle richieste da parte dei lettori tedeschi, d’ambito accademico o extra accademico. Alla fine del XIX secolo, molte sono le pubblicazioni legate al problema della sociologia della famiglia e a quello delle origini del matriarcato, per merito di alcuni autori come Bachon, Morgan e Tylor, in cui sono chiari i riferimenti alla visione evoluzionistica di stampo spenceriano. La sociologia utilizza così i dati che arrivano dalle ricerche a carattere antropologico ed etnologico, arricchite da notazioni relative ai rapporti di viaggi in paesi esotici, lontani dalla cultura borghese ottocentesca. In questi testi sono presentati dettagliati resoconti di viaggi, che mostrano culture e mondi diversi, lontani da quelli europei, suscitando una certa curiosità verso l’analisi dei rapporti esistenti fra i sessi, di cui si vengono a conoscere gli usi e i costumi, attraverso peculiari notazioni. Si parla così di promiscuità, poligamia, di ratto delle donne, infanticidio ed altri aspetti ritenuti riprovevoli ed indecenti per la mentalità occidentale. 95 96

Cfr. Simmel 1923b. Citazione tratta da: Battaglia 1992, p. 257, nota 2.

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Sono questi temi cari anche agli espressionisti tedeschi, rappresentanti di una delle più rilevanti avanguardie artistiche del Novecento. Il cambiamento della società sembra possibile solo occupandosi delle origini della relazionalità sociale, alla cui base è posto il rapporto uomo-donna. Negli espressionisti c’è un interesse di rilievo per la sessualità. Il motivo di quest’attenzione degli artisti tedeschi è determinato principalmente dalla struttura sociale della classe borghese moderna, la quale considera la sessualità alienante, negativa, perversa97. Possiamo così spiegare la preoccupazione ed a volte l’ossessione per le tematiche sessuali, per le problematiche riguardanti la struttura della famiglia. Simmel tratteggia la passione verso l’analisi dei rapporti più intimi, intensi che nascono nella relazionalità duale spiegando il passaggio, ma soprattutto il cambiamento che si è realizzato nei rapporti intimi e personali all’interno della società moderna: “Nel mutare delle forme di cultura, le proposte di sostituire il matrimonio con l’amore libero sono conformi alle tendenze del futurismo, del misticismo religioso contemporaneo, eccetera. La vecchia forma si è esaurita, quella nuova non è stata ancora creata, così si crede che l’espressione adeguata per la vita che incalza si trovi nell’elemento informe. Rimane, però, la stessa contraddizione che appare nell’espressionismo”98. Dobbiamo però ricordare che oltre a questa curiosa attenzione per gli argomenti più intimi, esistevano anche veri e propri tabù; soprattutto era evidente in ambito universitario una

97 Sullo sviluppo della classe borghese tedesca esiste una vasta letteratura, a tale riguardo si rimanda ad alcuni lavori che affrontano tale problematica: Cfr. Cavalli 1985; Cavalli 1987; Lepenies 1987; Poggi 1978, 1998; Schiera 1987. 98 Simmel 1995c, pp. 90-91.

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profonda difficoltà ad accettare l’interesse degli accademici verso tali tematiche, e coloro che vi si cimentavano lo facevano a discapito della propria carriera. Tra questi si ricorda Gustav Schmmoller, che insieme a Georg Simmel rappresenta l’eccezione; i due studiosi sono i primi accademici dell’Università di Berlino che si avvicinano alla sociologia attraverso lo studio delle forme di matrimonio e della famiglia. La grande differenza fra i due studiosi è che quando iniziano a proporre questi argomenti il primo è un eminente docente e membro del consiglio di stato prussiano, mentre il secondo ha da poco terminato il dottorato e il suo diretto superiore è Dilthey, noto per la sua avversione verso la sociologia e tutte le teorizzazioni a carattere naturalistico e collettivistico. Simmel, interessato alle questioni sopra menzionate, ne parla riproponendo i temi della “Teoria del diritto materno” e presentando il lavoro di Herbert Spencer sui Principi di sociologia99, in cui sono espresse le analisi scientifiche sull’evoluzione delle “relazioni domestiche”, oltre all’esame delle forme di matrimonio. La teoria del diritto materno nell’indirizzo evolutivo mette in discussione la “santità” del matrimonio e della famiglia: non a caso, forse come reazione a tali destabilizzanti idee, in quegli anni sono promulgate delle nuove leggi per penalizzare il vilipendio delle istituzioni sociali tedesche, quali, tra le altre, il matrimonio, la proprietà e la monarchia. In quest’ottica, il problema della differenza sessuale si evidenzia come processo legato alle trasformazioni della storia dell’umanità, tematiche che non possono più essere considerate di secondario interesse. È proprio negli scritti simmeliani degli

99

Cfr. Spencer 1967.

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anni ’90 del XIX secolo che l’Autore si avvicina ai temi della psicologia femminile, della prostituzione in una visione storicistico-evolutiva dei rapporti tra i sessi, intrecciando la questione con l’uso del denaro ed evidenziando in questa prima fase il carattere evoluzionistico dei suoi studi. La cultura femminile è il titolo di un saggio del 1911 in cui Simmel tratta le questioni femminili da un punto di vista sociologico e filosofico. È questo un interesse autenticamente sentito, con conseguenze a livello pratico-didattico: Simmel è uno dei primi docenti universitari che apre i suoi corsi anche ad un pubblico femminile da quando inizia il suo lavoro di libero docente. È significativo ricordare a riguardo la richiesta che lo stesso fece al ministro della cultura prussiano in una lettera del 1 giugno 1895, in cui chiese che la giovane moglie, Geltrud, sposata nel 1890, “possa assistere alle mie lezioni nella locale università. Per parte dei miei lavori sociologici ho urgente bisogno di un aiutante […] Quindi avrei molto a cuore che ella potesse assistere alle mie lezioni per essere accuratamente introdotta agli obiettivi e ai metodi delle mie ricerche”100. Accordato il permesso, Geltrud Simmel sarà la prima assistente in sociologia in un’università prussiana. Un vero scandalo per l’epoca, se si considera che le donne riusciranno ad ottenere il permesso per la libera iscrizione nelle università della Prussia solo nel 1908101. Simmel si occupa della femminilità e della sessualità sia nei trattati e nei saggi scientifici, sia negli articoli dedicati alle problematiche di politica sociale. Interventi in merito sono pre-

100 101

Köhnke 1992, pp. 226-227. S. Fornari 2002, p. 50.

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senti anche nelle opere monografiche, nelle parti dedicate all’analisi delle forme di matrimonio e delle strutture familiari, considerando l’evoluzione dei rapporti fra i sessi come base tematica per tesi filosofiche e sociologiche più specifiche. Il lavoro sulla «sociologia e filosofia dei sessi» non rimane un mero prodotto intellettuale, ma è recepito dallo stesso movimento femminile borghese tedesco, grazie all’interpretazione simmeliana del concetto di “cultura femminile”102. L’Autore si occupa del “rapporto fra i sessi” già nella prima fase degli studi sociologici, intorno al 1880, per poi tornare ad approfondire l’argomento in Soziologie (1908), con un interesse squisitamente sociologico, poiché i rapporti tra i sessi sono soggetti a mutamenti sociali e presentano i caratteri di variabilità e relatività tipici di altri fenomeni sociologici. Simmel spiega lo sviluppo dei rapporti sociali a partire dalle singole e intime interazioni fra soggetti, che vanno a definirsi in un’organizzazione sociale più ampia: sono le singole soggettività che con il loro vissuto portano alla formazione del proprio sé. Non a caso, successivamente, egli sviluppa l’argomento nell’opera Schulpädagogik, in cui riconosce l’importanza dell’istruzione sessuale nelle scuole, dedicando un’appendice al tema.

102 Cfr. Dahme 1992, pp. 234-256; cfr. Giacomoni 1995a, 1995b; cfr. Simmel 2004.

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4. La diade: maschile e femminile Per Simmel il maschile ed il femminile sono due poli ambivalenti della nostra vita; il rapporto tra le due realtà crea una relazione intersoggettiva, dove una parte non può fare a meno dell’altra. Il concetto simmeliano della “diade”, espressione della contrapposizione presente in tutte le opere dell’Autore, ben esplicita il rapporto teorico tra il soggetto e l’oggetto. Secondo Simmel analizzare questo prototipo relazionale significa riuscire a superare la distanza che si crea nella vita, la separazione dall’altro. I due esseri suggeriscono: “che la natura dell’uomo in generale sia dualistica, che la vita e il pensiero si muovano nella forma della polarità, che ogni contenuto reale si trovi e si definisca in opposizione al suo contrario, tutto ciò potrebbe riferirsi in ultima istanza a quella divisione della specie umana in due elementi che si cercano eternamente, si completano a vicenda, ma non riescono a superare la loro opposizione”103. Come ben si coglie in altri saggi, Simmel ha dato prova di una grande capacità di analisi dualistica, dove oltre alla ricognizione dei sentimenti, l’Autore, argomentando di pensatori e studiosi, per lui insuperati maestri Kant e Goethe104, ci presenta la manifestazione di due mondi, due modi di osservare la realtà; del resto, come annota acutamente Sola nell’introduzione al Frammento sull’amore, “la viva coscienza dei contrari è una caratteristica [di Simmel]; essi sono la stoffa stessa della sua speculazione; egli li vede, li analizza in un superamento che sa bene creerà nuove contraddizioni e nuovi superamenti: così la vita”105. 103

Simmel 1998c, p. 96. Cfr. Simmel 1995a. 105 Sola 1927, p. 7. 104

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Simmel riprende da Kant l’istanza del soggettivismo, esposto al culmine dell’età moderna, in cui l’autorità dell’io non si riduce mai a tutto ciò che è materiale, senza però rinunciare alla solidità e al significato del mondo oggettivo. Tutti gli oggetti sono alla nostra conoscenza per Kant, poiché grazie alla loro rappresentazione noi li conosciamo. Ma il vero problema per Kant, come ci dice Simmel, non risiede tanto nelle cose, ma nel nostro sapere di esse. Riuscire ad unificare i grandi contrasti già evidenziati, come natura e spirito, corpo e anima, ciò è possibile solo nel momento in cui saremo in grado di accettare la limitazione che tale unificazione comporta: “all’immagine che di esse la coscienza scientifica produce; l’esperienza scientifica, con l’universalità delle sue leggi, è la cornice che comprende tutti i contenuti dell’esistenza in una sola forma, quella cioè che li rende conformi alle leggi dell’intelletto”106. In questa descrizione manca un’altra analisi duale di Simmel, quella che meglio ci aiuta a comprendere il suo legame con i sentimenti e le passioni, e che apre non a caso il Frammento sull’amore, ed è il rapporto Io-Tu, che serve a spiegare la relazionalità uomo-donna, l’ambivalenza del rapporto e della soggettività delle due parti. Si tratta di un’ambivalenza che trova spiegazione nella vita stessa, poiché “la vita è movimento, oscillazione fra due poli: siano disperazione e giubilo, virtù e felicità [...] infinità e forma, conoscenza e azione, [...] monismo e dualismo, soggetto e oggetto, o uno e molteplice fino all’io e tu dello scritto presente”107. È nel dualismo che Simmel cerca la sua posizione, nell’oscillazione tra due punti, senza mai ricercare l’unione del106 107

Simmel 1995a, p. 17. Sola 1927, p. 8.

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l’idea, poiché è proprio nell’unità che si ritrova il senso del molteplice108. Molti critici hanno voluto cogliere in quest’eterno dualismo simmeliano, in questo oscillare tra due piani e non dare soluzioni definitive, l’aspetto negativo della sua teoria, da qui la sua passione per il contrasto, per i paralleli, i due poli opposti, integranti in una personalità complessa109. Il collegamento tra il molteplice e l’unità è la vita stessa, alla ricerca di nuovi equilibri, che in lui e con lui si svolge la verità “che è divenire, processo, e la vita sempre più pienamente si realizza, vita insieme e più vita”110. La relatività dei contrari appare con forza, nella descrizione dei sessi, come arricchimento per la vita stessa. Il mondo femminile e quello maschile sono presi in considerazione da Simmel per dare un ulteriore espressione alle trasformazioni della società moderna. Con il modificarsi delle relazioni sociali, dei ruoli, anche le indagini sulla sessualità umana evidenziano il principio della diversità. Per Simmel l’uomo è un essere “transitivo” che ha la necessità di completare il suo stato rapportandosi al mondo dell’altro, rappresentazione della polarità “differenziata”; la donna è invece un essere “intransitivo” che trova in sé la manifestazione della propria vita, il completamento intorno al proprio centro, raffigurando la polarità “indifferenziata”.

108

Cfr. D’Andrea 2004, pp. 39-75. Per un approfondimento del concetto di ambivalenza nella sociologia di Simmel si rimanda al saggio della Nedelmann, in cui questa caratteristica stilistica è posta in relazione al procedimento sociologico weberiano. Cfr. Nedelmann 1992. 110 Sola 1927, p. 15. 109

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Tuttavia nella correlazione reciproca di due realtà polari, così come esse sono analizzate da Simmel (uomo-mondo, soggettooggetto, singolo-società e come opposizione più marcata maschile-femminile), la cultura oggettiva è sostanzialmente di tipo maschile. Lo stesso concetto di “maschile”, nella nostra società moderna non è analizzato come parte di uno dei due poli (maschile/femminile), ma assume un valore culturale universale, non si percepisce la relatività della propria posizione, divenendo norma universale, riferimento oggettivo. La donna in questo quadro diventa completamente dipendente dall’uomo, soprattutto nella sua esistenza simbolica e non solo biologica, mentre l’uomo sente forte l’autosufficienza del proprio ruolo e difficilmente riesce ad accettare un principio di indipendenza del concetto femminile. La natura dei sessi è analizzata in seno alle differenze rispetto al metro di misura “uomo”: “Quasi sempre l’uomo sembra pensare in modo puramente oggettivo, senza che la sua virilità svolga contemporaneamente alcun ruolo nella sua coscienza; la donna al contrario non sembra mai abbandonata dalla consapevolezza, ora più chiara, ora più oscura, di essere una donna; questa consapevolezza costituisce lo sfondo, mai del tutto cancellato, sul quale trascorrono tutti i contenuti della sua vita”111. Questo dato emerge soprattutto quando Simmel si occupa della psicologia femminile, il cui tratto distintivo rispetto a quello maschile risiede nella minore differenziazione. Già nella struttura fisica questo dato è evidente: le donne si avvicinano maggiormente alla struttura del bambino, per quanto attiene lo scheletro e la muscolatura, meno sviluppata e meno differenziata rispetto a quella maschile. La minore differenziazione femminile, che si rileva anche sul piano psicologico, por111

Simmel 2001, p. 92.

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ta dei vantaggi non secondari per la donna, la quale può godere di una vita emotivamente più attiva, tendere ad una partecipazione più completa rispetto agli avvenimenti che caratterizzano la sua vita. La personalità femminile riesce così a vivere in una maggiore unità, a vantaggio del completamento psicologico, favorito proprio dalla minore differenziazione che la caratterizza rispetto all’uomo, il quale a causa della sua natura differenziata si scopre slegato rispetto al centro, ritrovandosi a vivere in modo separato le diverse parti della personalità che lo determinano. La figura femminile nell’analisi simmeliana è per antonomasia una outsider, una straniera, all’interno di una realtà culturale dominata dalla visione maschile; “le donne hanno vissuto per secoli contemporaneamente dentro e fuori – ai margini – della civiltà dominante”112. Per Simmel parlare del femminile è un modo per riflettere non solo sul concetto di estraniazione, ma anche per rivendicare il distacco culturale, quella “tragedia della cultura” presente quando si affronta un tema così peculiare. Il mondo femminile e quello maschile, all’apparenza così vicini sono profondamente lontani, per ragioni storico-culturali, che Simmel presenta con queste parole: “le esigenze artistiche e il patriottismo, allo stesso modo del cosmopolitismo, dell’etica universale e delle idee sociali particolari, dell’equità del giudizio pratico e dell’obiettività della conoscenza teoretica, pur essendo in un certo senso universalmente umane nella loro forma e nel loro diritto, sono del tutto maschili nella loro effettiva configurazione storica. Se definiamo queste idee che si presentano come assolute l’oggettività pura e semplice, nella vita storica della nostra specie vale l’equazione: oggettivo=ma112

Cfr. Battaglia 1992, pp. 257-267; p. 284.

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schile”113. La donna percorre un cammino di tipo soggettivo avvicinandosi alla propria interiorità; l’uomo al contrario, ricerca la propria oggettivazione nell’esternazione del proprio essere. La differenziazione tra i sessi, tuttavia, non è analizzata da Simmel dal punto di vista fisiologico, il quale naturalmente è evidente, ma è sul piano culturale che si definisce il distacco tra i due sessi, poiché “il sesso maschile non si limiti a una superiorità relativa su quello femminile, ma si trasformi nell’universalmente umano che governa ugualmente le manifestazioni del solo elemento maschile e del solo elemento femminile, è dovuto, con molteplici mediazioni, alla posizione di potere degli uomini”114. In altre parole, si discute di una diversità generata da un rapporto non paritario tra i due sessi, che Simmel paragona al rapporto tra padrone e schiavo, in cui la disparità di posizioni nella relazione porta ad un modo completamente diverso di vivere la propria natura di uomo (padrone) o di donna (schiava), e se il primo non ha bisogno di ricordarsi continuamente di essere il padrone ed essere oggettivamente distaccato rispetto a questo dato culturale, la donna difficilmente perde il senso di realtà rispetto al proprio ruolo, tanto che “è innegabile che la donna perda di vista il fatto di essere donna molto più raramente che non l’uomo di essere uomo […] la donna al contrario non sembra mai abbandonata dalla consapevolezza, ora più chiara, ora più scura, di essere donna; questa consapevolezza costituisce lo sfondo, mai del tutto cancellato, sul quale trascorrono tutti i contenuti della sua vita”115. Il rapporto non è paritario soprattutto nel senso di una “superiorità” psicologica, poiché è frutto di una forma relazionale di 113

Simmel 2001, p. 91. Ivi, p. 92. 115 Ibidem. 114

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dominio, in alcuni casi sancita anche con atti brutali e violenti, in cui l’oggettività della morale e della legge riconoscono l’egemonia del maschile. Le donne hanno però il vantaggio, in quanto gruppo oppresso, di avere coscienza della propria femminilità, poiché “la coscienza della femminilità […] non nasce da uno stato di natura, né deriva da un dato biologico, bensì emerge dal concreto tessuto delle relazioni sociali e si costruisce, in particolare, sull’esperienza di un rapporto asimmetrico di potere”116. È propria della coscienza di sé e del suo essere estranea alle logiche maschile, che il femminile è in grado di guardare oltre, di vedere e comprendere con maggiore pathos la realtà circostante, poiché pur stando ai margini, l’essere estranea la pone in una posizione privilegiata. Gabriella Andolfi nell’accurata edizione della Filosofia e sociologia dei sessi117 sottolinea, introducendo l’opera, come per Simmel “il Sé femminile a tal punto intrinsecamente aderente alle «profondità della vita», non avrà altro riferimento se non la vita stessa e quindi la propria potenza di relazione con altro […] come una sorta di potenza che non transiti mai compiutamente in atto”118. Una chiusura a priori, come una scelta femminile di non manifestare mai totalmente la propria interiorità, ma la stessa nota, come forse l’interpretazione simmeliana porta a considerare il Wesen (essere/essenza) femminile secondo una condizione ontologica e non come “un problema di ontologia posto dalla donna, vale a dire il compito di pensare l’essere-al-mondo in modi che non siano già predefiniti dall’ontologia della presenza, dal primato dell’atto sulla potenza, dall’og-

116

Battaglia 1992, p. 260. Cfr. Simmel 2004. 118 Antinolfi 2004, p. 15. 117

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gettività dei valori e da altre strutture ontologiche tipicamente «maschili»”119. L’elemento della differenziazione, che può apparire come secondario rispetto alla tematica dei rapporti tra i sessi, assume, invece, nella figura femminile un valore aggiunto, essenziale per stimolare l’attrazione dell’uomo nei propri riguardi. La donna, nell’analisi simmeliana, è però il modello ideale e la rappresentazione più pura della società pre-moderna, tenendo ferma la differenza presente nel modello spenceriano tra società militare e società industriale. Nella società moderna la figura femminile, se mantiene i tratti caratteristici di indifferenziazione e soggettività, non trova più un riferimento sociale e facilmente si troverà ad assumere un valore sociale minore rispetto all’uomo. È questa la preoccupazione di Simmel, che la donna per adeguarsi ai cambiamenti sociali perda le peculiarità tipiche del suo genere e si avvicini sempre più ad un modello maschile oggettivo e differenziato, ma anche così frammentato e lacerato dalla complessità della realtà sociale moderna, tanto da non trovare più nella figura femminile quei tratti capaci di rappresentare ancora una possibile risposta di unità e compattezza. Certamente oggi alla luce delle più profonde trasformazioni che hanno caratterizzato lo stile di vita e le conseguenze che queste hanno avuto nella struttura fisica non solo degli uomini, ma anche delle donne, questa peculiare analisi simmeliana per quanto attenta ed esaustiva nella descrizione del ruolo delle donne rispetto a quello degli uomini, non trova più completa adesione. Nella società odierna le donne hanno cercato di avvicinarsi alla struttura fisica dell’uomo, di apportare dei cambiamenti strutturali attraverso lo sport, si pensi alle bodybuilder, alle boxer e così via, segno tangibile di questo cambia119

Ibidem.

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mento fisico e sociale. Non possiamo però dimenticare che si tratta di esempi, di particolari comportamenti e scelte di alcune donne, perché ancora oggi l’analisi simmeliana a riguardo ci fornisce delle ottime integrazioni alla problematica. Il tema di un eccesso di emancipazione era affrontato anche dalle antesignane del femminismo, ricordiamo in proposito le parole utilizzate da Lou Andreas-Salomé120, la “virilizzazione della donna […] è il termine giusto per l’emancipazione della donna. Esse cioè modellano se stesse secondo l’immagine che oggi l’uomo fornisce e desiderano i suoi diritti. In ciò io scorgo una degenerazione nell’istinto delle donne attuali: dovrebbero sapere che, su questa via, distruggono la loro potenza”121. Tutto ciò interpretato come l’emancipazione femminile non sia altro che il segno di creare un uniformismo livellatorio dei generi, tale da determinare una perdita della forza, dell’energia vitale femminile. In riferimento al ruolo delle donne nella società moderna, Simmel elabora lucidamente un’analisi nel saggio dedicato alla Moda, poiché è proprio nell’ambito del costume, della Sitte, che l’individualità e la singolarità tipiche del mondo femminile trovano un collegamento con il generale. Egli scrive in proposito: “È dalla debolezza della posizione sociale alla quale le donne sono state quasi sempre condannate nel corso della storia che deriva il loro rapporto vincolante con tutto ciò che ap120 Lou Andreas-Salomé (Pietroburgo 1861-Göttingen 1937), ritenuta l’erede spirituale di Nietzsche, cui dedicò un’importante bibliografia intellettuale [L. Andreas-Salomé, Nietzsche. Una biografia intellettuale, a cura di M. Campa/ N. Fusini, Ed. Savelli, Roma 1979], conosce Simmel nel salotto di Stefan George. Sarà la stessa Salomé a presentare a Simmel ed introdurre nel salotto berlinese il giovane poeta austriaco Rainer Maria Rilke. 121 Citazione tratta da: Battaglia 1992, pp. 269-270.

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partiene al «costume», con «ciò che si conviene», con la forma di esistenza generalmente valida e approvata. Infatti, il debole evita l’individualizzazione, il basarsi oggettivamente su se stesso, con le proprie responsabilità e la propria necessità, il difendersi con le proprie forze. Soltanto la forma di vita tipica di una collettività, gli assicura quella protezione che impedisce a chi è forte di utilizzare il sovrappiù delle sue energie. Mantenendosi sul terreno solido del costume, della media, del livello generale, le donne aspirano intensamente all’individualizzazione e alla distinzione della personalità che sono ancora relativamente possibili. La moda offre loro una felice combinazione: da un lato un campo di imitazione generale, un nuotatore nella più ampia corrente sociale, una liberazione dell’individuo dalla responsabilità del suo gusto e delle sue azioni, dall’altro una distinzione, un’accentuazione, un ornamento individuale della personalità”122. Quest’inserto, insieme a tanti altri esempi che è possibile presentare, è la testimonianza di quanto le tematiche affrontate da Simmel siano di una profonda attualità, trovando conferma nella spiegazione che oggi è possibile dare per comprendere la ciclicità della vita umana. La vita umana sin dalle sue origini si presenta come una realtà caotica, disordinata, in cui il dispendio e lo spreco di energie caratterizza le prime fasi vitali. In seguito, con il processo di socializzazione, con l’interiorizzazione di norme, leggi, con i processi di integrazione sociale e la presenza delle agenzie di socializzazione, gli individui incanalano tutto questo dispendio energetico nel principio di realtà. È possibile spiegare come questa tensione di energia vitale si ripresenti in fasi successive, con l’erotismo, il cui ambito è quello dell’effrazione, la quale riporta il disordine come trasgressione 122

Simmel 1996a, p. 37.

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della legge e fornisce agli individui il mezzo per placare l’ossessione di una totalità originaria. La figura femminile vive anche l’energia sessuale secondo il proprio canone. La sessualità per la donna non rappresenta una realtà separata dal resto della sua persona; non si tratta di puri elementi fisici, c’è un coinvolgimento totale, di tutta la complessa personalità femminile, tanto che il tratto caratteristico diventa la relazione monogamica, legame che la società borghese moderna predilige. Così l’amore non è disgiunto dalla relazione sessuale, la quale rappresenta il supremo ideale da raggiungere. La donna, a differenza dell’uomo, riesce a trovare nella propria sessualità la rappresentazione della sua pura essenza. In questo senso la differenza anche sul piano della sessualità fra i due generi è molto profonda: diversamente dalla donna, l’uomo ha bisogno della relazione con la donna come completamento del proprio mondo spirituale e l’Assoluto non risiede nella relazione sessuale. Per questa diversità che caratterizza la figura femminile, nell’analisi simmeliana si evidenzia la richiesta di un processo unitario, un’immersione profonda nella vita, un’unità totale, in cui il processo ed il suo risultato sono due facce di una stessa medaglia. Quando Simmel giunge a quest’interpretazione si sta avvicinando a grandi passi verso l’ultima fase del suo percorso intellettuale, in cui è forte l’influenza del pensiero di Goethe e della corrente filosofica vitalistica. Il riferimento al carattere unitario, al forte legame della donna con il proprio centro, questo senso vitalistico, carico di simboli, colma di significati la profondità del pensiero simmeliano verso la forza vitale del mondo femminile. Il particolare sentimento che caratterizza il comportamento degli uomini quando sono di fronte alle donne è determinato, come scrive Simmel, dal fatto “che queste

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creature sono calate nel loro essere in modo più saldo, più completo e unitario di quanto non lo sia l’uomo; […] In genere l’uomo, muovendo dal proprio dualismo, per quanto spesso lui stesso, la cultura e il destino possano trascinare in esso anche la donna, percepisce quest’ultima come un essere chiuso in se stesso, cioè un essere le cui singole componenti essenziali non formano partiti contrapposti, ma esprimono l’unità che sta sotto ogni singolarità, e che non è ulteriormente definibile, come una stretta e immediata connessione associativa”123. Simmel anche quando si dedica alla riflessione su Goethe124, nel lavoro monografico, collega il pensiero del letterato al concetto di formazione, come ambito di crescita, di esperienza, nell’attraversamento del molteplice che consente nella costruzione di una specifica forma l’individuazione del soggetto, un processo, una Bildung. Per Goethe l’individuo si realizza attraverso un processo di autocostruzione, in un’esperienza della molteplicità grazie alla quale riesce a strutturare la propria personalità. In Goethe opere e personalità non sono due momenti distinti: Simmel “individua, nell’unità della personalità di Goethe con la sua produzione spirituale, e nell’unità della sua vita con le sue creazioni, un esempio concreto di conciliazione tra l’«elemento universalmente umano» e la componente individuale, irripetibile e unica, del soggetto”125, si tratta della “costruzione della sua vita e la composizione delle sue opere sono da considerare come una sola operazione, eseguita con un solo gesto, con un’identica intenzione”126. Un altro elemento per noi fondamentale in relazione all’analisi sui sentimenti è come 123

Simmel 2001, p. 118. Cfr. Simmel 1913. 125 Portioli 2003, p. 99. 126 Giacomoni 1995b, p. 98. 124

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Goethe parli dell’amore, rappresentato come il centro dei rapporti sentimentali ed erotici dell’individuo, nella relazione con la figura femminile, in specifico con il tema sulla donna. Goethe rappresenta così uno spunto per Simmel per affrontare questo plesso problematico: ciò di cui egli tratta nelle riviste, nei giornali lo troviamo poi condensato nell’opera dedicata al poeta tedesco. L’amore è un sentimento egoistico, è il luogo della formazione, una realtà che serve per la crescita e l’esperienza dell’uomo, nella costruzione di una specifica forma. Nelle diverse opere di Goethe, il tema dell’amore acquista una valenza creativa, emotiva ed erotica, come esperienza capace di determinare la costruzione individuale attraverso un percorso di formazione, prendendo così una forma. In questa prospettiva la distinzione tra figura maschile e femminile è determinata dai tratti di passionalità, libertà, volubilità, mobilità dell’uomo, il quale nell’esperienza dei diversi rapporti e quindi di molti amori ricerca una propria identità libera ed indipendente. Si tratta di rappresentazioni delle figure maschili, siano esse deboli o forti, fondamentalmente instabili, infedeli e leggere, sono sempre gli uomini, nelle opere di Goethe a provocare passioni, a ricercare nuove storie, sempre al centro dell’azione, incarnando con questi vissuti sentimentali un continuo stimolo per ricercare un sé che non è mai unitario, ma molteplice. Così i personaggi maggiori descritti dal poeta, Werther, Wilhelm o il Faust, sono le rappresentazioni dell’eroe moderno, il quale ricerca nel rapporto con il femminile la possibilità di una crescita personale. Simmel riprende questo concetto goethiano, poiché la vita vera del poeta non è mai scissa dal momento della produzione letteraria, in essa confluiscono le sue personali esperienze, dando così forma ad un processo vitale continuo. Il tipo femminile diventa Ewigweibli-

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ches (eterno femminino goethiano), proiezione delle donne amate nella vita vera dal poeta e poi trasferite nelle sue opere, e proprio su quest’esempio Simmel si occupa dell’amore e della relazione fra i sessi, riprendendo l’analisi goethiana, ma anche schilleriana della venerazione della figura femminile (tema dominante delle opere del periodo classico-romantico); fornendoci una visione del “tipo-donna” come trasposizione, soprattutto quando ci parla della donna come anima bella goethiana, un’immagine presente anche in Schiller, il quale definisce l’idea della donna una compensazione della passionalità maschile127. Il dualismo maschile e femminile, è utilizzato dall’Autore per spiegare due modi diversi di concepire la vita, l’uomo soggetto inquieto, passionale e libero, e la donna soggetto che compensa l’instabilità maschile con la persistenza, la costanza e la dedizione del suo animo, tanto che dal disequilibrio dei due stati sentimentali l’uomo ricerca nella donna la possibilità di un momento di pace, una stabilità determinata dalla moderazione femminile, dalla fedeltà e la saldezza dei suoi sentimenti, capace così di sedare l’eccesso dell’agitato animo maschile. È possibile, anche in quest’ottica, spiegare l’attenzione di Simmel per forme di vita così intime e personali, come la sessualità e l’amore. In effetti, attraverso l’analisi delle manifestazioni superficiali egli evidenzia gli aspetti minimali della nostra personalità, riuscendo a cogliere il senso profondo della nostra esistenza, nella vorticosa costellazione delle forme troppo sbrigativamente considerate dai filosofi realtà secondarie, puro ornamento della vita – relazioni superflue come l’eccitazione, le perturbanti carezze, i baci mozzafiato, gli sguardi obliqui, i sospiri, le gelosie e le civetterie, i desideri appena sussurrati e i corteggiamenti. 127

Cfr. Ivi, pp. 102-103; cfr. Giacomoni 1995a.

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La complessità della vita, il suo eterno fluire, si interpretano attraverso quegli atti vitali che l’uomo e la donna manifestano più liberamente, in cui dovrebbero avere maggiori possibilità di esprimere la loro vera profondità (anche se questo non sempre trova corrispondenza nella realtà). Gli atti d’amore, di erotismo, sono atti creativi, manifestazioni dei nostri atti vitali e senza le espressioni dell’eros, della sessualità, senza le mutevolezze e provvisorietà di queste configurazioni superficiali, ci sarebbe precluso ogni accesso a tutto ciò che conferisce senso – e perché no, anche un pizzico di piacere – alla nostra esistenza. A chiusura di questo primo capitolo dedicato alla comprensione del percorso storico-culturale realizzato da Simmel è possibile superare la critica proposta dall’allievo Lukács, che lo indica come “filosofo della storia”, poiché come acutamente sottolinea Cavalli, la sua non è una filosofia della storia: “il processo di differenziazione sociale non è né lineare, né orientato ad un fine, indica soltanto un processo di continuo divenire verso forme sempre più elevate di complessità sociale: ogni singola forma è in relazione con l’insieme delle forme ed è mossa da fattori endogeni (auto-dinamici) ed esogeni di adattamento e di scambio, passa attraverso fasi di stabilizzazione in cui tende omeostaticamente all’equilibrio e fasi di rottura e di destabilizzazione”128. In quest’ottica si andrà a realizzare la lettura del pensiero simmeliano in relazione al suo fare scienza per comprendere la complessità della relazionalità sociale, poiché “la dimensione dinamico-processuale della vita sociale attraversa tutta la sociologia simmeliana, sia che si tratti di analizzare il processo macro-sociale di differenziazione, sia che al cen128

Cavalli 1998, p. XXVI.

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tro dell’analisi siano i rapporti di amore, di fedeltà o di fiducia, la trasformazione dei ritmi della vita urbana, oppure le forme della cultura, della religione o dell’arte”129.

129

Ibidem.

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secondo capitolo

La relazionalità e la reticolarità sociale

Per Simmel, come sottolineato nel primo capitolo, lo studio della società si rivolge alla comprensione di quelle relazioni sociali che egli considera interrelazioni di unità psichiche differenti. Ogni relazione, ogni interrelazione si caratterizza per quel particolare contenuto psichico celato dietro la facciata relazione. In questo senso per l’Autore le relazioni sociali non sono semplicemente azioni razionali, poiché “esistere significa avvalersi degli effetti dello scambio relazionale, confrontarsi con un tu, originario quanto l’io, al fine di costituire un noi”1. Il soggetto della modernità di per sé incarna la forma eternamente contraddittoria, che nasce dall’intersecazione di pulsioni, passioni e di ragione. La primaria esigenza di relazione nasce, come evidenzia lo stesso Marx, dal rapporto uomo-donna, in quel primo rapporto dell’uomo con la natura che crea l’alterità nella vita. Si tratta di un rapporto a carattere naturalistico, ma non si può non considerare l’aspetto storico-umano, che si evidenzia “tanto (nell’) urgenza naturalistica e (nell’) indilazionabilità dell’elemento naturalistico incarnato nelle differenze di sesso, quanto (nell’) ineliminabile connessione che con tale elemento presenta la natura umana e storica del rapporto: l’essere tanto l’uomo quanto la donna membri di un tipo storico di società”2. L’intricante legame delle diverse parti diviene il principio 1 2

Vozza 2002, p. 13. Cerroni 1975, p. 125.

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d’individuazione, in cui nessun frammento dell’Io può erigersi a guida sicura dell’altra parte. Non esiste uno stadio di purezza, ma una continua contaminazione, un incessante incontro e scontro tra le parti costitutive del soggetto. In questo eterno conflitto l’individuo o è in grado di partecipare nella sua completezza di soggetto agente o non è in grado di produrre azione sociale3. Simmel non usa i toni e le dissertazioni scientifiche per descrivere e definire i termini moderni della sociologia in quanto scienza, ma attraverso l’uso delle analogie, degli esempi più diretti presi da avvenimenti di vita vissuta, estrapola e mostra i fili più sottili che tessono la tela della relazionalità sociale, poiché come lo stesso scrive: “Muovendo dal significato sociologico del concetto di interazione (Wechselwirkung), mi sono reso conto che questo era per me gradualmente diventato un principio metafisico onnicomprensivo. Mi sembra che l’attuale dissolvimento di tutto ciò che appare sostanziale, assoluto ed eterno nel fluire delle cose, nella possibilità storica del mutamento, nella realtà meramente psicologica, possa essere preservato da un soggettivismo e uno scetticismo incontrollati, a patto che si ponga al posto di quei valori permanenti e sostanziali l’interazione vitale e la reciprocità di elementi che a loro volta sono soggetti allo stesso infinito dissolvimento”4. Così anche quando sceglie di descrivere ed indagare un ambito così intimo come 3 In questa visione sicuramente le riflessioni successive di Mead trovano un profondo legame con quanto affermato prima da Simmel, soprattutto riguardo alla costruzione delle concezioni della mente e del sé, considerati prodotti delle interazioni e dei processi sociali, così come quando Mead parla dei diversi stati emotivi come il risultato dell’esposizione e dell’esperienza di un particolare sé in una specifica situazione sociale. 4 Citazione tratto da: Vozza 2002, p. 14.

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quello dei sentimenti, dall’intimità, al pudore e all’amore, lo fa con una tale leggerezza da giungere a soluzioni particolari, ma capaci di cogliere la “profondità della superficie”. Il contrasto dei due termini nasce proprio dal voler evidenziare come la superficie rappresenti ciò che ci appare, che riusciamo a cogliere solo attraverso le sensazioni più superficiali, e la profondità ci serve invece per approfondire la parte epidermica e scavare tra le creste delle manifestazioni di superficie. In quest’analisi tutta l’opera simmeliana pone in risalto il contrasto di due realtà in opposizione, come il conflitto esaminato nel primo capitolo tra forma e vita, che possiamo considerare il punto di partenza, dal quale si diramano tante altre e diverse analisi dualistiche che portano al famoso saggio Ponte e porta5, in cui forte è il dato dell’apertura, dell’unione, con quello della chiusura e della separazione: “Poiché l’uomo è l’essere che collega, che sempre deve separare e che senza separare non può unire – noi dobbiamo prima concepire spiritualmente nella loro separatezza il mero esserci indifferente delle due rive, per poterle poi collegare attraverso un ponte”6. In questa descrizione è possibile capire come anche l’amore, considerato da Simmel innanzi tutto un atto creativo, non si determini semplicemente nella capacità relazionale tra due individui, ma insieme alla relazione erotica, non si limiti a ridurre o cancellare la distanza tra due amanti, poiché come il ponte si getta tra l’io e il tu, non crea solo l’unione, ma tende a mantenere intatto lo stesso atto della separazione. Questo saggio ci aiuta ad interpretare l’approccio filosofico simmeliano, poiché rappresenta il legame/ separazione tra due mondi, tra due culture, tra due modi di interpretare la realtà; Simmel è proprio tutto questo, è il ponte 5 6

Cfr. Simmel 1970, pp. 1-8. Ivi, p. 8.

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che può aiutare il transito per giungere dall’altra parte e poter continuare il nostro cammino. La relazione sociale si caratterizza proprio di questo, del transito, della possibilità di andare oltre se stessi ed oltre il proprio sguardo.

1. La relazionalità sociale Negli studi fondamentali di Georg Simmel, come già affermato, dalla prima pubblicazione del 1890 Über sociale Differenzierung, così come in Philosophie des Geldes, in Soziologie, sino alle ultime pubblicazioni del 1918, sono evidenti le caratteristiche stilistiche e costruttive tipiche dello stile espositivo e dissertativo che si caratterizzano nella possibilità di espandere, ramificare ed esplorare in profondità, ogni paragrafo, ogni argomento presentato. La caratteristica metodologica di base, che si evidenzia ad un’attenta rilettura della successione delle opere e dei saggi, mostra come la costruzione del pensiero simmeliano sia una struttura reticolare, definita da un nucleo centrale che rappresenta il tema di base, una questione generale da cui si diramano i fili della rete, gli aspetti più particolari che rappresentano di per sé argomentazioni e trattati complessi, che riescono a vivere anche di luce propria, come testimoniato dalla vasta bibliografia personale7. Gli scritti di Simmel evidenziano un complesso lavoro costruttivo, articolato in modo da risultare vivo ed autonomo in ogni singola ramificazione, tale da potersi ulteriormente sviluppare e dare origine ad un altro testo, come del resto lo stesso Autore fece spesso8. Pensiamo ad alcuni capitoli presenti in 7 8

Cfr. S. Fornari 2004b. Cfr. S. Fornari 2002, pp. 279-299.

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Sociologia come: “Il problema della sociologia”, “Il segreto e la società segreta” o “L’intersecazione di cerchie sociali”, i quali possono vivere anche al di fuori del testo, tanto che in alcuni casi sono stati pubblicati come lavori autonomi, come approfondimenti di tematiche specifiche, in grado di attuare un’indagine indipendente rispetto al nucleo centrale della trattazione simmeliana. Questo schema metodologico, che si è evidenziato nell’approfondimento dello studio sulla produzione simmeliana, mostra il superamento stilistico della cultura positivistica ottocentesca ed il desiderio dell’Autore di avvicinarsi a nuove correnti di pensiero. Simmel si accosta in questo modo alla filosofia relativista e soprattutto alle concezioni filosofiche della vita. ma soprattutto “lo stile argomentativo riflette un chiaro orientamento sperimentale alla conoscenza, una strategia sistematica di produzione di ipotesi e di confutazioni. Al di là dell’effervescenza dello stile, dell’estetismo, della frammentarietà, dell’impressionismo che a prima vista sembrano caratterizzare la sua sociologia, è possibile […] riconoscere i tratti di un impianto teorico fatto di enunciati ipotetici empiricamente rilevanti, una concezione della sociologia come impresa scientifica teoricamente orientata e capace di sottoporre a controllo le sue proposizioni”9. Il superamento del pensiero positivista si determina nel dare forma e contenuto alla dimensione del tempo, dello spazio, dei numeri; i tre ordini di riferimento in cui si organizza la sociologia simmeliana. Così come annota acutamente Moscovici “la società [per Simmel] non è un tutto autonomo, antecedente o esterno ai rapporti che legano fra loro i membri, si tratti di 9

Cavalli 1998, p. XXVII.

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lavoro o di religione, di potere o di scambio. Essa si sviluppa contemporaneamente ad essi, come un corpo non preesiste alle cellule, al tronco o alle braccia. Sapere se venga prima la società o l’individuo non ha senso e non comporta una risposta chiara. E le strutture o le funzioni collettive che ci sembrano autonome sono, in realtà, azioni reciproche tra uomini che sono riuscite ad oggettivarsi”10. Anche in quest’ottica la ramificazione di idee sviluppate da Simmel nelle diverse opere necessitano di svilupparsi, ma anche di stabilire e mantenere saldo il proprio punto vitale, centrale, nucleo della ricerca; così rappresentato dallo studio sociologico e la comprensione delle dinamiche sociali. Le ricerche di Simmel, gli studi, le idee, l’esposizione argomentativa delle sue tematiche, possono apparire disgregate, senza un evidente filo conduttore; quando invece ogni singolo riferimento trova una sua motivazione d’essere nel collegamento agli scritti precedenti, ai saggi, ad un paragrafo esposto in un capitolo già concluso. Nessun’idea rimane disgregata e chiusa rispetto a quanto sviluppato negli antecedenti lavori. Simmel mostra una capacità di aprirsi verso nuove forme mentali, che testimoniano l’uscita dagli schematismi razionali classici; tale apertura risente dei nuovi studi sulla psiche umana, la «rottura epistemologica dell’io» filtra nei suoi pensieri e si rintraccia negli scritti, tanto da rendere arduo il lavoro di registrazione ed analisi della complessità espositiva dell’Autore. David Frisby evidenzia in proposito come il lettore “dei saggi sociologici e filosofici di Simmel non può non essere colpito dalla sua abilità di individuare connessioni tra i più diversi fenomeni tali che nella

10

Moscovici 1991, pp. 343-344.

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sua opera i modelli dei rapporti nella società appaiono sempre come una rete intricata. Il pericolo è che il lettore si perda in questo eterno vagabondare da un aspetto all’altro della vita sociale”11. Nelle opere di Simmel non troviamo un punto di chiusura che conclude definitivamente gli elaborati; non è possibile affermare che il lavoro si risolva con quanto esposto, esiste sempre la possibilità di agganciarsi ad altre idee, di continuare ad entrare in un vortice di passaggi mentali, di cui la rete è la rappresentazione più esemplificativa. Il metodo di Simmel presenta delle innovazioni stilistiche ed espositive evidenti, rispetto alle definizioni formali e all’approccio metodologico applicativo, usato a quel tempo dai suoi colleghi accademici. Simmel è particolarmente attento alla vitalità delle sue esposizioni; come dimostra la forza suggestiva delle metafore utilizzate nel seguente passo: “Tra gli innumerevoli fili che formano la testura della realtà e il cui complesso dà al filosofo il suo caratteristico problema, la forma determinata del suo tipo spirituale gliene fa trascegliere uno; egli lo interpreta come quello che connette il tutto e da cui tutti gli altri derivano, egli lo segue, per quanto esso appaia alla superficie solo frammentariamente e spesso avvolto in altri, come l’unico che si continui per tutto l’intreccio, e lo intesse, oltre la relativa misura della sua manifestazione finita, nell’infinito e nell’assoluto”12. Anche Troeltsch, con le sue parole rende ancora vive le vibrazioni che Simmel riusciva a suscitare nei suoi studenti, i quali anche a distanza di tempo sentono maturare le sensazioni di quegli incontri di stu-

11 12

Frisby 1985, p. 11. Simmel 1972, pp. 55-56.

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dio “in cui innumerevoli fili che vibrano e modificano la luminosità riempiono tutta l’aria senza principio e senza fine”13. Quanto affermato sopra, in collegamento anche con quanto già esaminato nel primo capitolo, è una conferma, se ancora fosse necessario, di come Simmel sia un personaggio di passaggio tra la cultura tedesca e quella europea, e proprio anche per questo motivo non è in nessun modo possibile ribadire una lettura frammentata e settoriale delle sue opere. Non si può continuare a distinguere tra Simmel raffinato critico d’arte, profondo conoscitore della relazionalità sociale ed infine filosofo. Simmel è tutto questo e il suo contrario, il suo pensiero si realizza nella contemporanea presenza di ognuno di questi aspetti peculiari e in apparenza lontani. La nostra è semmai una presa di coscienza di quanto sia difficile avvicinarci al pensiero di quest’Autore con la pretesa di giungere ad una visione specialistica, forse l’unica visione possibile è proprio quella relazionale, riuscire in altre parole ad unire le diverse parti sotto un’unica visione reticolare, frutto di un’unitaria visione della vita. Si è andati così ad accennare brevemente com’è possibile il legame di Simmel con le reti, una connessione che non forza il suo pensiero, ma lo introduce all’interno di un modo nuovo di analizzare la società, un modo determinato dalla complicazione degli scambi tra i soggetti. Le reti relazionali sono spesso caratterizzate da legami che non rispondono ai meccanismi individuati dagli studi sui processi di socializzazione primaria e secondaria della sociologia classica, ma da complesse reti esterne dalle quali possiamo capire il tipo di soggetti e quali caratteristiche li determinano. 13

Lepenies 1987, p. 293.

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Si vuole intendere con questa definizione l’interazione del soggetto singolo nel gruppo, piccolo o grande, che va indagata analizzando il suo grado relazionale, il modo di realizzare il rapporto di socializzazione, attraverso l’uso della terminologia simmeliana di “socievolezza”. L’interesse di Simmel per le relazioni nasce dal desiderio di comprendere gli aspetti della vita quotidiana, dai micro rapporti, come struttura di base utile poi per la comprensione dei rapporti relazionali più ampi che s’inseriscono nelle analisi macro. Cavalli evidenzia proprio questa grande dote di Simmel, di essere riuscito a proporre una sociologia dai confini aperti verso la filosofia, la storia e la psicologia, creando il passaggio tra le analisi “micro” e gli sviluppi “macro” della sociologia delle relazioni sociali14. L’attenzione per i concetti di interazione sociale, relazione, dei gruppi, l’analisi di aspetti peculiari delle forme relazionali sino allora mai individuati, come i temi riguardanti la cultura femminile distinta da quella maschile, tutte le problematiche del mondo femminile, i riferimenti agli aspetti emotivi e sessuali dello sviluppo individuale degli attori sociali, così come lo stesso interesse per i processi educativi, fanno di Simmel un autore classico della scienza sociale. Per Simmel la sociologia è “una scienza che descrive i fatti prodotti dalla società e non solo nel quadro della società. Solo grazie alle interazioni, ai conflitti e alle associazioni, un insieme di individui si trasforma in una massa, in un movimento o un un’organizzazione di tipo particolare”15, riuscendo così a cogliere gli elementi fondamentali, la vitalità e l’energia che ogni individuo pone in essere nel momento in cui stabilisce una relazione sociale. La società esiste perché gli individui creano delle interazioni sociali, dalla 14 15

Cavalli 1992a, p. 9. Moscovici 1991, p. 340.

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diade al gruppo sociale più complesso; la socialità non è pura azione sociale del singolo, ma è la stessa interazione sociale: “in altre parole, la socievolezza è una passione o un desiderio che spezza la schizofrenia individuale e si situa al di là della costrizione o dell’utilità che ci aspettiamo dalla vita in comune. Indipendentemente dalle circostanze, gli individui cercano sempre di creare questo modo di esistenza e di trarne un godimento che dà loro una specie di plusvalore. Cercano insomma di socializzare l’universo visibile e invisibile che popolano”16. In Simmel, questa duplicità di lettura trova un diretto collegamento con il concetto filosofico di Nietzsche, dove la «volontà di sistema» è «volontà di menzogna», non esiste un’unica verità assoluta, veritiera e soprattutto unitaria, ma è necessario presentare le idee, nel loro insieme, il reticolato che possono creare, l’unione di diverse idee con altre, lasciando aperta la strada per nuove scoperte e per l’approfondimento degli argomenti. I nodi della rete rappresentano le spiegazioni dei legami, e nello stesso tempo ciò non determina la necessità di chiudere l’argomento, ma offre spunti per allargare ed approfondire lo studio.

2. Il pensiero reticolare La rivalutazione odierna del pensiero simmeliano è riscontrabile nell’analisi della prima pubblicazione di Georg Simmel, Über soziale Differenzierung 17, in cui si rintracciano le basi epistemologiche delle sue asserzioni, chiaramente esplicitate so16 17

Ivi, p. 349. Cfr. Simmel 1890.

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prattutto in un capitolo, “L’intersecazione delle cerchie sociali”18, dedicato all’analisi delle relazioni sociali. In questo capitolo sono anticipate importanti riflessioni sulle relazioni sociali, fondamentali per gli odierni studi sulla metodologia relazionale in sociologia, in particolare per l’esplicita teoria della network analysis19. La differenziazione sociale si inserisce sulla teoria sociologica della relazionalità sociale e sulle basi della scienza sociale. La sociologia è definita scienza eclettica, prodotta dall’intersecazione di più dottrine scientifiche, che “non si volge direttamente al materiale grezzo elaborato da altre scienze, ma in quanto scienza per così dire alla seconda potenza crea nuove sintesi partendo da ciò che per quelle scienze è già una sintesi”20. La sociologia è scienza capace di offrire un nuovo punto di vista; uno scibile in grado di trovare il suo specifico stato proprio nell’elaborazione di tale nuova prospettiva, che non può contare su di un materiale scientifico proprio, poiché come scienza si avvale dei prodotti di altre scienze. Le altre scienze prendono forma dal materiale di studio; la sociologia, al contrario, deve riuscire a dare una forma al proprio materiale di studio. Simmel si preoccupa di spiegare quali sono i motivi della necessità di creare il materiale da studiare; in proposito si legge: “Quando una scienza dev’essere portata alla luce, bisogna partire dai problemi immediatamente dati, che sono sempre estremamente 18 Cfr. Simmel 1982, cap. V, pp. 119-138; anche in Simmel 1908; cfr. Simmel 1998, cap. VI, pp. 347-391. In Italia Die Kreuzung sozialer Kreise, tradotto da V. Forzoni è presente anche in «Nuova Collana di Economisti» (a cura di) R. Michels, vol. XII, UTET, Torino, 1934, pp. 263-306. 19 Cfr. Donati 2002; Di Nicola 1986, 1993, 1998; Piselli 1995; Scott 1997. 20 Simmel 1998a, p. 4.

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complessi e che solo gradualmente possono essere scomposti nei loro elementi. Il risultato più semplice del pensiero non è affatto il risultato del pensiero più semplice”21. L’orientamento teorico espresso da Simmel è importante per evidenziare come per scomporre una realtà complessa occorra un’elaborazione epistemologica d’alto livello. In questo senso, la differenza tra il materiale della scienza e la scienza stessa è alla base dell’affermazione da parte di Simmel dell’impossibilità per la sociologia di postulare delle leggi, poiché gli elementi che compongono la società nel suo complesso, gli individui presi nella loro individualità, sono caratterizzati da fattori naturali che non si mantengono nel momento in cui entrano in relazione con altri membri della società. La società nel suo complesso non coincide con la somma degli individui sociali, il tutto non è solo la somma delle parti: “Non si può quindi parlare di leggi dello sviluppo sociale. Non c’è dubbio che ogni elemento di una società si muova in base a leggi naturali; solo per il tutto non c’è una legge […] pertanto non possiamo sapere, di fronte a due situazioni sociali che appaiono identiche, se in ciascuna di esse non siano latenti forze che nel momento immediatamente successivo facciano emergere da quelle situazioni fenomeni completamente diversi”22. Quest’affermazione ci porta a concludere che, se la società fosse solo una sintesi d’individui, il vero oggetto della scienza sarebbe costituito dai singoli e dal loro comportamento, eliminando ogni rimando al concetto di società generale. L’uomo, come elemento primo della società, “è invece la somma e il prodotto dei più svariati fattori”23, i quali si differenziano per 21

Ivi, pp. 5-6. Ivi, p. 13. 23 Ivi, p. 15. 22

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qualità e funzionalità delle loro singole parti costitutive; l’individuo è costituito dall’insieme di cellule e di singoli atomi che compongono l’organismo nella sua complessità. Simmel parte da questa considerazione sulla complessità dell’organismo umano, per evidenziare l’impossibilità di fermarci davanti all’individuo, poiché “dobbiamo considerare anche questo come una sintesi soggettiva, mentre l’oggetto della scienza sarebbe costituito solo dalle componenti unitarie ed atomistiche della stessa”24. Dalle sue origini la sociologia si è scontrata con due versione contrastanti, l’una restrittiva, per la quale l’esistenza della società “sia da attribuire solo agli individui (consistendo delle loro proprietà ed esperienze) e che la «società» non sia altro che un’astrazione, indispensabile per fini pratici, di grande utilità in vista di una sistemazione globale (ancorché temporanea) dei fenomeni e tuttavia inesistente, come oggetto, al di là di quegli individui e di quelle esperienze”25; l’altra eccessiva nelle sue determinazioni, ritenendo che “tutto ciò che gli uomini sono o fanno – così si dice – è interno alla società, è determinato da essa ed esiste come parte costitutiva del suo vivere. Per questo, in generale, non c’è scienza umana che non sia anche scienza della società […] in luogo di tante scienze particolari (storiche, psicologiche, normative), isolate l’una dall’altra in maniera artificiale, dovrebbe subentrare una scienza della società, capace di riunire in sé la moltitudine degli interessi, dei contenuti e dei processi umani, fino a dimostrare che il loro manifestarsi in unità concrete può aver luogo solo attraverso l’associazione (Vergesellschaftung)”26.

24

Ivi, p. 16. Simmel 1983a, p. 34. 26 Ibidem. 25

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Sono due visioni che condividono lo stesso eccesso metodologico, in quanto entrambe unilaterali. Se tutto è oggetto della sociologia, e se nell’altro senso alla stessa non si riconosce niente, essa resterebbe una scienza meramente tautologica (sapendo bene, peraltro, che con l’etichetta “scienze umane” s’inglobano ambiti molti diversi di ricerca sull’uomo ed oggi che ogni diverso ambito ha un proprio statuto epistemologico valido). Per questo Simmel è alla ricerca di un metro di misura per la società che superi sia la visione esclusivamente individuale sia la visione che non è in grado di assegnare un oggetto di studio per la scienza sociologica; “l’ovvia affermazione per cui ci sono degli individui umani e nulla, all’infuori di questi, può fungere da oggetto concreto per la scienza, non può infatti impedirci di parlare di una storia del cattolicesimo o della socialdemocrazia, delle classi o degli imperi, del movimento delle donne, della condizione operaia e di mille altri eventi o formazioni collettive, ivi compresa, non ultima, la società […] definita in questo modo, la società è nient’altro che un concetto astratto, ma occorre ammettere che ogni formazione e ogni gruppo in essa incluso è di per sé un oggetto di ricerca, composto non soltanto di esistenze singole ed individuali”27. L’approccio teorico simmeliano in quest’ottica si distacca sia dalla posizione di Weber, il quale attribuisce agli individui “solo un’autonomia astratta e metodica”28, sia da una sociologia intesa come scienza delle istituzioni in cui “gli individui sono integrati al suo interno – grazie ad una serie di regole e ad una disciplina sociale – e da essa ricevono l’essenziale e perfino

27 28

Ivi, pp. 36-37. Moscovici 1991, p. 347.

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i tratti più intimi”29. Per Simmel “la sociologia è una scienza delle relazioni e delle associazioni: vi si elabora tutto, sia l’individuale sia il collettivo […] egli mostra che i sentimenti e i comportamenti degli individui che dipendono dall’ambiente, i rapporti di scambio e di potere e perfino la coscienza collettiva – formule che costituiscono motivo di ammirazione verso alcuni sociologi – non esauriscono la nozione di società. È forse comodo pensare che la società si costruisca fuori di noi, senza il nostro intervento. Ma un’altra parte, chissà, forse la più importante, è frutto della nostra propensione a riunirci, a comunicare e a trovare piacere in presenza di altri”30. L’oggetto di studio della società sono quindi le associazioni, le formazioni, in generale ogni tipo di gruppo che nasce dalle relazioni sociali, dalla capacità dei singoli elementi di interagire tra loro, di creare “l’interazione delle parti”31. La sociologia non può considerare come elemento primo, proprio oggetto di studio semplicemente l’individuo, poiché “a ben guardare, neppure gli individui sono elementi ultimi, veri e propri «atomi» del mondo umano. L’unità forse inscindibile che si designa col concetto di individuo non è oggetto della conoscenza, ma solo dell’esperire vivente. Il modo in cui ciascuno «fa conoscenza» di sé o degli altri non è paragonabile a nessuna specie del sapere. In campo scientifico, la nostra conoscenza dell’uomo verte su caratteri singolari, che forse esistono solo in quel momento e magari si influenzano a vicenda, ma richiedono necessariamente una conoscenza e una derivazione separate. Tale derivazione chiama in causa una quantità imprecisabile di influenze esterne – psichiche, culturali e personali – che entrano in con29

Ibidem. Ivi, pp. 347-349 31 Simmel 1998a, p. 17. 30

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tatto in vari modi e in intervalli di tempo non calcolabili”32; la società esiste solo in presenza di una relazionalità reciproca e dinamica tra le parti. L’unità si realizza in presenza di un elemento sociale capace di stabilire una relazione dinamica tra le parti costitutive, tanto che le stesse, che noi consideriamo come singoli, non è detto che siano degli individui; possono essere anche dei gruppi che dinamicamente creano le relazioni sociali e quindi costituiscono una società intesa come “un’unità che consta di unità”33. L’interesse simmeliano in questo rapporto si concretizza nello studio delle dinamiche sociali, dei movimenti che costruiscono l’unità “società”, nome che utilizziamo per descrivere le interazioni tra le singole parti: “per una concezione come questa, le molecole di colore, le lettere dell’alfabeto e le particelle d’acqua «esistono» di fatto, mentre il dipinto, il libro e il fiume sono sintesi che, come unità, non hanno una consistenza oggettiva, ma esistono soltanto per una coscienza che sia disposta a recepirle come tali […] è dunque arbitrario affermare che la scomposizione debba aver termine con l’individuo: anch’esso, ad un’analisi più approfondita, appare come una somma di qualità singole, destini individuali, forze e condizionamenti storici, che nei suoi riguardi si pongono come entità elementari, allo stesso modo degli individui di fronte alla «società»”34. Simmel non è il primo studioso ad occuparsi delle relazioni sociali, poiché lo studio sulla relazionalità nasce insieme alla scienza sociale; il merito di Simmel è di aver concentrato il proprio interesse sulla costruzione dei “legami sociali”, superando la visione di cosa vi sia prima o sotto ogni relazione so32

Simmel 1983a, p. 37. Simmel 1998a, p. 18. 34 Simmel 1983a, pp. 37-38. 33

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ciale, perché bisogna “parlare di società solo in presenza di una reciprocità continua e durevole – quella che, ad esempio, si è oggettivata in configurazioni unitarie come lo Stato, la famiglia, le corporazioni, le chiese, le classi, le unioni finalizzate ecc. –, significa attenersi superficialmente a un uso linguistico che, spesso per prassi esterna, può anche dimostrarsi efficace”35. Non si può certo parlare di associazione quando la reciprocità è episodica e superficiale, se “due persone si lanciano un’occhiata furtiva o si spingono di fronte allo sportello di una biglietteria, non si può ancora dire che siano «associate» [occorre] presumere una futura intensificazione di quei contatti e un aumento della loro frequenza e coesione”36. Le associazioni principali, quelle costitutive della società, le istituzioni sociali, i gruppi di riferimento come lo Stato, la famiglia, la chiesa ecc., sono sicuramente importanti e fondamentali per l’andamento della società, ma Simmel riconosce che la società esiste in quanto la nostra disposizione relazionale supera la visione delle più importanti istituzioni, poiché “oltre a queste forme, esistano altri tipi di reciprocità e relazione, di numero incalcolabile, di entità minore e, in alcuni casi, persino insignificanti, ma ugualmente presenti nella vita degli uomini. Pur occupando una posizione secondaria rispetto alle formazioni più vaste (quelle cosiddette ufficiali), spetta soltanto ad essi il merito di far esistere la società per come noi la conosciamo. Limitarsi alle prime equivale a ripercorrere il cammino di una scienza «prima maniera», che, nello studio del corpo umano, teneva conto solo degli organi maggiori (quelli più facilmente riconoscibili, come il cuore, il fegato, i polmo35 36

Ivi, p. 40. Ibidem.

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ni, lo stomaco ecc.), trascurando gli innumerevoli tessuti – ignoti a quei tempi e privi di un corrispettivo nella lingua comune -, senza i quali gli organi suddetti non potrebbero mai coesistere in un organismo vivente”37. Riferirsi solo alle grandi associazioni, a quelle formazioni che tradizionalmente sono oggetto di studio della scienza sociale, significa far perdere alla nostra esperienza la possibilità “di attingere alla vita pulsante della società”38. È la società stessa che ha bisogno anche delle parti più piccole che la costituiscono, vitalizzando la struttura sociale. Simmel ci ricorda con la sua prosa che “fra gli esseri umani, l’associazione ha luogo incessantemente, ora riunendo, ora separando e poi riunendo di nuovo, in un eterno fluire e pulsare che tiene avvinti gli individui, anche laddove non dà origine a organizzazioni vere e proprie. Il fatto che gli uomini si lancino occhiate o si dimostrino gelosi l’un dell’altro, che si scrivano lettere o pranzino insieme, che al di là di ogni interesse materiale si trovino simpatici o antipatici, che per gratitudine reciproca siano spinti a frequentarsi e a scambiarsi dei favori, che l’uno chieda all’altro dove stia una strada o che sussista fra loro una forma d’attrazione: tutti questi rapporti, insomma, che interessano migliaia di persone e si manifestano in forme episodiche o durevoli, consapevoli o inconsapevoli, stabili o effimere, ci tengono costantemente uniti gli uni agli altri. È in essi il luogo di una reciprocità fra elementi, cui spetta il compito di sopportare la durezza, l’elasticità, la molteplicità e l’unità di un vivere sociale tanto intelligibile quanto enigmatico”39.

37

Ivi, pp. 40-41. Ivi, p. 41. 39 Ibidem. 38

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Vivere in società implica la capacità di creare relazioni sociali, significa mettersi in relazione con altri individui. È dal continuo movimento delle parti, dal modo in cui stabiliamo le nostre relazioni e dinamiche di influenza reciproche che sorge la società. Simmel è ancora più preciso, forse il vero nome da dare alla società è quello di associazione, poiché “società, infatti, è solo il nome con cui si indica una cerchia di individui, legati l’un l’altro da varie forme di reciprocità, la cui unità è la stessa che si osserva in un sistema di masse corporee, tali da influenzarsi a vicenda e comportarsi secondo la determinazione che ricevono […] la società non è una sostanza e, di per sé, non è nulla di concreto; è un evento, è la funzione dell’«agire e patire», è il destino e la forma cui ciascuno va soggetto per via degli altri […] ma se è vero che le uniche «esistenze» in senso stretto sono gli individui, è anche vero che l’accadere, la dinamica dell’agire e patire (con cui questi individui si trasformano a vicenda) continua a darsi come qualcosa di «reale» e di indagabile”40. Le relazioni sociali, nell’analisi simmeliana, sono quindi caratterizzate dalla capacità degli individui di stabilire rapporti con altri attori sociali, e la reciprocità con gli altri uomini, poiché per Simmel “il punto di partenza di ogni formazione sociale è soltanto l’interazione sociale tra persona e persona. Per quanto le origini storiche della vita sociale, così come erano effettivamente configurate, siano avvolte nelle tenebre, l’analisi genetica e sistematica di tale vita deve partire da questa relazione semplicissima e immediata, dalla quale vediamo ancor oggi scaturire innumerevoli nuove formazioni sociali. Lo sviluppo successivo sostituisce l’immediatezza delle forze intera40

Ivi, pp. 42-43.

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genti con la creazione di formazioni superindividuali di ordine più elevato, che appaiono come portatrici autonome di quelle forze, e assorbono e mediano i rapporti reciproci degli individui tra di loro. Queste formazioni appaiono nelle configurazioni più svariate: nella realtà tangibile come nelle pure idee e nei prodotti della fantasia, nelle organizzazioni complesse come nelle rappresentazioni degli individui”41. Elementi questi che ci aiutano a pensare ed “introdurre una prospettiva nuova nel campo delle cosiddette scienze dello spirito”42.

3. Le cerchie sociali Simmel realizza questo studio mostrando il nesso tra le relazioni sociali e la capacità degli individui di allargare la propria area di riferimento sociale. Il grado di libertà dipende dalla capacità degli individui di creare il maggior numero di relazioni sociali; con il diminuire delle relazioni sociali aumenta il legame con il proprio gruppo sociale d’appartenenza e ciò comporta una diminuzione della propria libertà e della capacità di compiere delle scelte autonome rispetto al gruppo. Ciò è riscontrabile anche quando Simmel affronta il problema del “livello sociale e livello individuale”43, in cui si afferma quanto le azioni individuali sono meno solide e funzionali rispetto alle caratteristiche delle azioni della società, in quanto “il singolo, si dice, è combattuto fra una quantità di istinti, sensazioni e idee conflittuali, al punto di non poter mai decidere con certezza sog-

41

Simmel 1984b, pp. 257-258. Simmel 1983a, p. 44. 43 Ivi, pp. 60-74. 42

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gettiva (e tanto meno con oggettiva precisione) in favore dell’una o dell’altra possibilità di comportamento. I gruppi sociali, invece, anche se i loro obiettivi possono spesso cambiare, sono capaci di decidere in ogni momento e senza esitazioni, di procedere imperterriti sulla loro strada e soprattutto di distinguere, di volta in volta, chi debba essere considerato un nemico e chi un amico”44. Esiste una differenza di rapporti, di pesi tra il senso del gruppo e l’individuo, soprattutto in riferimento all’agire, Simmel considera le azioni dell’individuo “libere”, mentre quelle del gruppo o della “massa” sono azioni definite da “leggi di natura”45. Si tratta di un’affermazione cui è possibile replicare, ma in senso generale mostra il divario esistente tra i due fenomeni. Il divario è di livello e di fini, nell’individuo esiste un conflitto duale tra impulsi egoistici o altruistici, che lo spingono a compiere delle scelte alle quali molto spesso soggiace, mentre il gruppo, la massa riesce a fare delle scelte secondo i propri fini senza dover tenere in considerazione le spinte emotive o nel trovare delle giustificazioni alle proprie scelte, ciò è dato “dal fatto che i fini pubblici (o più in generale, quelli di una collettività) corrispondono alle mete che, nell’individuo, sono designate come semplici e primitive […] il gruppo sociale è tanto sicuro e determinato quanto sa esserlo l’individuo, in rapporto alle sue mete più elementari. La garanzia dell’esistenza, la conquista di nuovi possessi, la brama di affermare ed estendere il proprio potere, la difesa di ciò che si è conquistato, sono per lui degli impulsi fondamentali che lo accomunano a molti suoi simili e possono indurlo ad allearsi con loro. E visto che in questi suoi impegni elementari egli si mostra deciso e determinato, anche l’impegno sociale, che unifica 44 45

Ivi, pp. 60-61. Ivi, p. 61.

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i precedenti, è tale da non ammettere né scelte né indugi. Ne deriva allora che la sicurezza del singolo (in caso di azioni puramente egoistiche) è la stessa manifestata dalla massa in rapporto ad ogni suo obiettivo”46. Al centro dell’analisi simmeliana è posta la capacità del singolo di farsi interprete della propria vita, di compiere delle scelte personali a fronte di un legame con un unico gruppo di riferimento. I tipi di relazione che si stabiliscono tra le diverse forme sociali, sono dette cerchie; ogni cerchia sociale si definisce in base alle azioni reciproche che i soggetti del raggruppamento realizzano sulla spinta motivazionale e/o dei loro interessi personali. La forma e il contenuto della cerchia sono dati dai principi strutturali dell’associazione, in base alle azioni reciproche interne al gruppo ed in relazione con gli altri raggruppamenti esterni, generando un processo di comunicazione relazionale. Le forme sociali che Simmel individua come portanti sono lo stato, la patria, ecc.; le minori possono essere la famiglia, le professioni, le associazioni sportive, religiose, ecc. Le diverse forme associative, si caratterizzano in base al tipo di rapporto che s’instaura tra i membri all’interno della cerchia. Per spiegare questo passaggio Simmel propone come primo esempio il gruppo d’appartenenza più importante per ogni individuo, la famiglia, la quale “racchiude una quantità di individualità eterogenee, che in un primo tempo sono legate strettissimamente a questo vincolo”47. La famiglia è una cerchia fondamentale per la società, poiché è in essa che si stabiliscono le relazioni sociali primarie, successivamente la formazione personale avrà bisogno di allargare i propri orizzonti entrando in contatto con altre cerchie 46 47

Ibidem. Simmel 1998a, p. 120.

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sociali, stabilendo così relazioni con individui esterni alla famiglia, sino a quando “ciascun singolo costruisce un legame con altre persone, che si trovano al di fuori di questa cerchia associativa originaria e che la sostituiscono stabilendo con lui una relazione fatta di identità oggettiva di disposizioni, inclinazioni, attività”48. Il movimento delle cerchie permette la comunicazione tra i diversi tipi di associazioni, instaurando relazioni più concrete tali da permettere lo scambio tra le parti in causa. La disposizione delle cerchie sociali è di tipo “sincronico” quando queste si dispongono in una relazione concentrica49: pur se nate da una diversa struttura normativa, le cerchie sociali, anche se ampliano la propria forma, tendono a non soffocare o cancellare le cerchie minori50. Si tenga presente che la famiglia è una cerchia di riferimento; la coesione interna al gruppo familiare si modifica nel momento in cui instaura un rapporto di scambio, di relazione sociale con altre cerchie di diverso genere. La linea di tendenza che porta alla modernità conduce ogni individuo a stabilire relazioni sociali diverse, e a partecipare a molte 48

Ibidem. Il termine “concentrico” serve per configurare le relazioni tipiche delle società meno evolute, quelle primitive. 50 In questo tipo di cerchie sociali, un individuo non può partecipare direttamente ad una cerchia sociale più vasta, ma può entrare in rapporto con essa solo in virtù del fatto di essere membro di una cerchia piccola. Un esempio è rappresentato da una tribù primitiva, la quale non è composta da singoli membri, ma da bande, clan, tribù, ecc. cui i singoli prendono parte direttamente. Il singolo è considerato per il gruppo originario di appartenenza, e non nella sua individualità. Esistono diversi principi organizzatori tra le cerchie sociali: organizzazione per “cerchi concentrici” (società premoderne e meno evolute), e per “cerchi intersecantisi” (società moderne o evolute). 49

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cerchie sociali ben definite, nessuna delle quali però può controllare la personalità degli individui per intero o coinvolgerli integralmente. In tal modo si assiste ad una diminuzione della dipendenza dai vincoli imposti dalla tradizione, tipici del mondo premoderno, e l’individuo ha l’opportunità di una propria autonomia di evoluzione. Non a caso, Simmel rileva in proposito, come “il numero delle varie cerchie nelle quali si trova il singolo è uno degli indici della civiltà. L’uomo moderno appartiene in prima istanza alla famiglia dei genitori, poi a quella fondata da lui stesso e perciò anche a quella della moglie, poi alla sua professione che già di per sé lo inserisce spesso in numerose cerchie di interessi”51. Ogni individuo nel vivere ha come riferimenti cerchie sociali di base, come la famiglia e l’ambiente di lavoro, cui si aggiungono numerose altre cerchie minori rappresentate dagli interessi esterni ai primi gruppi. Gli individui socializzati tendono a far parte d’organizzazioni associative che li identificano come loro soci, amici, affiliati. Organizzazioni sportive, ricreative, culturali che rilasciano tesserini, gagliardetti, simboli a testimonianza della partecipazione a questa o altra associazione. Appartenere ad un unico gruppo, per Simmel, significa ostacolare l’espressione della propria individualità che tende a coincidere con quella degli altri membri, ma nel momento in cui cresce il numero dei gruppi di riferimento, e ciascun individuo va ad occupare nello spazio sociale una posizione determinata dall’intersecazione di molte cerchie, “tanto più improbabile è che altre persone mostrino la stessa combinazione di gruppi e che le numerose cerchie si incrocino ancora una volta in un solo punto”52. Ciò evidenzia chiaramente come ogni individuo ten51 52

Simmel 1998a, p. 121. Ivi, p. 122.

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de ad occupare nella sfera sociale una posizione unica e specifica. L’individualità simmeliana si differenzia sulla base delle distinte qualità che ogni individuo è in grado di acquisire tramite le relazioni sociali. Nella complessità del contesto sociale, che contrassegna le società moderne, Simmel evidenzia il problema del condizionamento sociale, riconducibile alla responsabilità del singolo. Distaccandosi dalle posizioni teoriche organicistiche, in cui la responsabilità personale dipende esclusivamente dalla complessità sociale, l’individuo, in questo tipo di organizzazione sociale unitaria, non gode di una propria responsabilità, la sua formazione dipende dalle colpe o dal bene che la società tutta è in grado di creare. Con il superamento delle teorie sociali positiviste, il singolo è visto come artefice del proprio agire, sia in una lettura positiva delle sue azioni sia in un contesto negativo, deviante. Questo passaggio si mostra nel pensiero simmeliano quando il Nostro si occupa del dualismo uguaglianza/diversità rispetto anche alla visione che un individuo ha dell’altro: “l’uguaglianza, tendenzialmente come di fatto, è importante non meno della differenza: entrambe, assumendo le forme più svariate, sono i principi di ogni evoluzione interiore ed esteriore, tanto che la storia della cultura umana può esser letta come storia del loro conflitto e dei tanti tentativi di conciliazione. La differenza è più importante dell’uguaglianza solo in rapporto alla sfera individuale e alle azioni che ne derivano. Gran parte di ciò che facciamo ha come scopo quello di distinguerci dagli altri: gli stessi di cui dobbiamo osservare le diversità, per trarne profitto o per assumere la giusta posizione rispetto a loro […] in generale, si può dire che l’uguaglianza con gli altri e la distinzione rispetto ad essi abbiano la stessa importanza oggettiva, ma che, da un punto di vista soggettivo, la prima esiste più che altro in

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forma inconscia, mentre la seconda esiste soprattutto al livello della coscienza”53. La diversità si genera anche in quegli ambiti che non sembrano avere grandi interessi di natura sociale, come ci fa notare Simmel, anche dove non sembra esistere un motivo oggettivo si assiste ad una tensione alla distinzione, alla ricerca di diversità, così anche “le associazioni – dalle corporazioni statali ai comitati ricreativi –, pur fondandosi su di un’identità di interessi e obiettivi, tendono a suddividersi in fazioni, che si comportano l’una rispetto all’altra come l’associazione intera nei riguardi di un gruppo esterno e concorrente. Accade, cioè, come se il singolo si sentisse importante solo in opposizione agli altri, laddove però questa opposizione è solo artificiale (manifestandosi in un secondo tempo), mentre la comunità – entro la quale dovrebbe già trovarsi – si fonda sull’unità e sull’opposizione rispetto ad altre unioni. Il fatto che il nuovo, il raro, l’individuale (tre diversi aspetti di uno stesso fenomeno) valgono come qualcosa di prezioso (tale è, infatti, la situazione documentabile in tutta la storia della cultura e della società) serve soltanto a far luce sul suo opposto: che cioè le qualità e i modi di comportamento, che accomunano gli individui e ne fanno una massa, appaiono sempre come qualcosa di infimo. È questo, se si vuole, il lato tragico della sociologia”54. La tragedia della sociologia è frutto della stessa evoluzione della società, la quale assiste al passaggio da una forma “tradizionale”, in cui l’individuo esisteva solo in relazione alla cerchia di riferimento, di appartenenza, ad una forma “moderna”, nella quale si mostra il lato individuale in contrapposizione al suo opposto, la massa, cre53 54

Simmel 1983a, pp. 64-65. Ivi, pp. 65-66.

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ando questo dualismo che rende instabile le categorie di riferimento e il metodo d’indagine per poter ricercare ed analizzare la società stessa. Il conflitto dell’individuo rispetto alla società moderna risiede nel veder crescere la sua libertà di azione, d’intervento nella società, ma nello stesso tempo “l’individuo può possedere le qualità più fini ed evolute: ma ogni volta che ciò accade, diventa anche meno probabile la sua uguaglianza rispetto agli altri (ossia la formazione di unità), mentre le sue caratteristiche divengono sempre più incomparabili e, infine, si riducono quei margini di sensibilità primitiva che lo accomunano agli altri, fino a dar vita ad una massa unitaria. Può allora accadere che il «popolo» sia erroneamente inteso come una «massa», senza che gli individui se ne sentano partecipi, anche perché, così facendo, di individui non si parla affatto. L’individuo, se considerato come tale e come un tutto, possiede delle qualità superiori rispetto a quelle che lo accomunano ad un collettivo”55. Se ci interessiamo di associazioni, di gruppi, di come si realizzano le formazioni sociali, è imprescindibile l’analisi del concetto di massa, poiché, come è stato più volte ribadito da Simmel, la società moderna ci offre l’opportunità di farci sentire individui capaci di compiere scelte, di partecipare alla vita sociale, ma nello stesso momento mostra quanto lo stesso individuo non è l’elemento fondamentale della massa. Per questo motivo Simmel ci spiega che “quando i giornalisti, gli attori o i demagoghi dichiarano di operare solo «nell’interesse della massa» il loro intento sarebbe certo lodevole, se con «massa» si intendesse la somma di tante esistenze individuali, e dunque qualcosa per cui valga la pena di impegnarsi. Ma la massa non è 55

Ivi, p. 66.

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nulla del genere: è una formazione nuova, che non si fonda sulla personalità dei suoi membri, ma solo su quelle parti che accomunano l’uno a tutti gli altri ed equivalgono alle forme più primitive e infime dell’evoluzione organica. Quelle persone, dunque, eticamente e culturalmente discutibili, operano nell’interesse di questa massa (ossia ad un livello che dev’essere accessibile a ogni suo membro), non certo in favore dei singoli individui”56. La massa non può comprendere la compresenza di caratteristiche specifiche come la vicinanza e la reciprocità di opinioni diverse, le azioni della massa devono essere le più semplici possibili, pochi obiettivi e scopi, ma chiari rispetto al modo in cui raggiungerli, tanto che “capita assai di rado che, nelle loro coscienze, i membri di una grande massa abbiano un vasto campionario di idee in comune con gli altri. Inoltre, data la complessità della realtà contemporanea, ogni idea semplice deve essere la più radicale ed esclusiva. Ciò spiega il successo dei partiti radicali nei periodi di grandi turbolenze di massa e la debolezza dei partiti moderati, nel loro sforzo di risolvere le vertenze con gli strumenti del diritto”57. La massa è un insieme di individui, ma in cui l’individuo non esiste rispetto alle sue specificità e peculiarità, ma in quanto parte di un gruppo indistinto, il cui tratto distintivo riconosciuto risiede nel fatto che “la massa non mente né simula mai, anche perché, data la sua struttura psichica, le manca il benché minimo senso della responsabilità”58.

56

Ivi, p. 68. Ibidem. 58 Ivi, p. 69. 57

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In quest’ottica, se si accoglie il diverso grado di relazionalità di questo particolare gruppo di riferimento “la massa”, che non ha le caratteristiche psichiche e sociali del gruppo, né dell’individuo, si evince una nuova costruzione sociale di riferimento che supera la nostra analisi relazionale. Nella massa le relazioni sono spersonalizzate, senza profondità, non presentano i tratti di affinità tipici dei legami stretti tra le parti, si caratterizzano invece, nei tratti della sedimentazione dei cambiamenti e dei passaggi di prospettiva: “se si ammettesse una gradualità genetica e sistematica delle manifestazioni psichiche, non c’è dubbio che, di fronte all’intelletto, il sentimento (ma, ovviamente, non tutti i sentimenti) sia anche quella primaria e fondamentale. Il piacere, il dolore e ogni altro sentimento istintivo – utile alla conservazione dell’Io e della specie – si sono sviluppati in anticipo rispetto a quei processi che avvengono con l’uso di concetti e conducono a giudizi o a deduzione. Per questo, se nella formazione dell’intelletto il livello sociale finisce per soccombere a quello individuale, nel campo delle sensazioni accade assai spesso il contrario”59. I sentimenti sono il punto di contatto, il modo in cui poterci avvicinare alla massa “chiunque abbia voluto agire sulla massa lo ha sempre fatto con un appello al sentimento e solo di rado si è servito di argomenti teorici […] tipica della grande massa è assai spesso una passione, un’eccentricità, un’irritabilità che difficilmente compare nei suoi membri singolarmente presi […] l’effetto alle volte abnorme di impulsi d’odio e d’amore, la suscettibilità quasi incomprensibile della massa, che la spinge a un’azione dirompente e annulla ogni distanza individuale tutto questo, insomma, deriva dall’effetto congiunto di 59

Ibidem.

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molteplici effusioni del sentimento che, propagandosi fra gli individui, si sommano in un’eccitazione collettiva che il singolo non basta a spiegare”60. Oggi assistiamo a molte di queste forme estreme di espressività emotiva delle masse, si pensi agli spettatori di un concerto o di una partita di calcio, i manifestanti di un corteo, rappresentazioni all’apparenza tranquille di una massa che assiste ad un evento condividendo con il resto del pubblico lo stesso interesse, il medesimo apprezzamento verso quello spettacolo. Il problema si manifesta nel momento in cui l’emotività non è di condivisione positiva, ma si tratta di utilizzare la massa come copertura per sfogare le proprie repressioni ed istintualità più nascoste, in forme di violenza, ed odio verso tutto ciò che è contro il proprio obiettivo condiviso, allora in quest’occasione la massa diventa un campo d’indagine sociologica importante poiché “l’individuo è posseduto dalla massa – e dal suo «stato d’animo» turbinoso – come da un potere esterno, che lo oppone a se stesso e al suo volere. Ciò, nonostante il fatto che la massa consista solo di individui, delle loro forme di reciprocità, e sviluppi una dinamiche che, date le dimensioni, appare come qualcosa di oggettivo, capace di nascondere a ciascuno il relativo apporto individuale. Di fatto, l’individuo ne è partecipe proprio perché trascinato nel suo stesso vortice”61. Per quanti sono gli esempi che si possono mostrare per spiegare le caratteristiche distintive della massa, l’elemento fondamentale e capace di determinare il collegamento con la nostra analisi, risiede proprio nel fatto che è “l’intelletto individuale a

60 61

Ivi, pp. 69-70. Ivi, p. 70.

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venir meno di fronte al crescere dell’emotività, quasi che il numero delle persone a contatto fungesse da moltiplicatore per una potenza di sentimento che è l’individuo stesso a trasmettere. A teatro o nelle assemblee capita più volte di ridere per delle battute che, in privato, non si ascolterebbero nemmeno: le stesse di cui, con vergogna, ci informano i resoconti parlamentari, quando riportano un’espressione come: ilarità! In simili momenti di eccitazione collettiva, a soccombere non sono solo le istanze critiche dell’intelletto, ma anche quelle della moralità”62. La perdita di responsabilità individuale è uno degli aspetti più complessi che caratterizzano la massa, così com’è possibile spiegare “i cosiddetti crimini collettivi: quelli in cui ciascuno si proclama innocente con piena certezza soggettiva e buon diritto oggettivo, poiché, dilatandosi oltremisura, le vibrazioni del sentimento assorbono anche la quota di energia psichica che provvede, di regola, a mantenere unita la personalità e a farne qualcosa di responsabile. Questo coinvolgimento nella massa, pur possedendo anche una dimensione etica – che si manifesta in un nobile fervore e nella più completa disponibilità al sacrificio –, non può che apparirci abnorme e irrazionale: in sua presenza, l’individuo è spinto al di là delle norme valutative da cui, più o meno attivamente, aveva tratto impulso la sua coscienza”63. Quest’interpretazione si lega non solo al concetto di differenziazione simmeliano, ma anche alla tematica del dominio e del possesso. L’affermazione che segue rileva come ciò “che è comune a tutti, può solo appartenere a chi possiede di meno

62 63

Ivi, p. 71. Ibidem.

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[poiché] quello che tutti danno in egual misura non può che essere la quota dei più poveri. È questo il motivo (puramente sociologico) per cui un tiranno, volendo porsi a capo di una società divisa in classi tende preferibilmente ad allearsi con quella inferiore […] è dunque illusorio credere che il livello di una comunità unitaria (o per lo meno tale da un punto di vista pratico) sia per davvero il livello «medio». Per calcolare questa «media» bisognerebbe sommare le posizioni di tutti gli individui e dividere il risultato per il loro numero. Ma ciò equivarrebbe ad elevare la posizione dei più umili, con un’operazione tanto irreale quanto improduttiva […] per sua natura, il comportamento collettivo tende a coincidere con quello delle persone più umili e, a meno di non confondermi a mia volta, penso sia esatto parlare di «mediocrità» quando si vuole intendere non il valore medio di una totalità d’individui e prestazioni, ma una qualità di gran lunga inferiore”64. In Simmel il senso di appartenenza alla società rende i singoli membri consapevoli della propria capacità relazionale, di far parte di una specifica classe sociale, e di gruppi distinti e lontani dalla prima cerchia di riferimento, che rimane sempre la famiglia. I diversi gruppi tra loro possono essere coordinati, mentre altri si coordinano in modo da creare nuove relazioni e contatti, mantenendo come riferimento fondante quel gruppo che costituisce “il legame più originario partendo dal quale l’individuo, sulla base delle sue particolari qualità che lo distinguono dagli altri componenti della prima cerchia, si indirizza verso una cerchia più lontana”65.

64 65

Ivi, pp. 71-72. Simmel 1998a, pp. 121-122.

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Il mantenimento del legame con la cerchia originaria è fondamentale per non perdere la connessione spazio-temporale, soprattutto, come nota Simmel, l’analisi del concetto di massa rispetto alle scelte del singolo, individua una serie di costrutti teorici di sociologia importanti, sottolineando le differenze tra l’atteggiamento del gruppo e quello del singolo di fronte ad un’azione di scelta, poiché “le azioni di una associazione (Gesellschaft) hanno, rispetto a quelle dell’individuo, una sicurezza di orientamento e un’adeguatezza allo scopo prive di oscillazioni”66. Il singolo, come individuo libero di agire, è sottoposto ad una serie di condizionamenti forti, soprattutto all’interno di una realtà sociale complessa e diversificata, ed è in questo contesto che Simmel si preoccupa di comprendere come nella società moderna si possano raggiungere mete stabilite. Molto spesso le decisioni prese dal singolo al di fuori del gruppo risentono di forti oscillazioni determinate dalla tensione della scelta. La possibilità d’azione individuale può essere influenzata sia positivamente sia negativamente da questa tensione, trovandosi anche in forte disaccordo rispetto alle decisioni assunte all’interno del gruppo di riferimento. Il gruppo quando agisce riesce a mantenere una maggiore stabilità decisionale, poiché nell’unità persegue lo scopo e l’obiettivo stabilito dall’associazione. Le cerchie sociali simmeliane sono distinte in seno alla direzione presa: “orizzontale” e “verticale”. Le cerchie di appartenenza orizzontali individuano le costruzioni dei legami tra gli individui, che possono essere legami più o meno forti; la costruzione verticale evidenzia la differenziazione sul piano della 66

Ivi, p. 101.

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stratificazione sociale (o dell’appartenenza a classi sociali), elemento esaminato anche dai teorici dell’élite 67. Nello schema verticistico, i gruppi che appartengono ai livelli più elevati, si caratterizzano in un numero inferiore di membri, mentre ai livelli inferiori della piramide sociale, la base si allarga ed i gruppi che ne fanno parte sono maggiori. Nella concezione piramidale della differenziazione sociale, gli individui delle classi emergenti presentano dei tratti distintivi innovativi, capaci di differenziarli nei confronti dei livelli inferiori, soprattutto sono più indipendenti rispetto alle decisioni prese dal gruppo. All’interno di un gruppo numeroso, i singoli membri del gruppo non sono in grado di perseguire delle mete autonomamente, sono più insicuri; qui è il gruppo con la sua struttura che aiuta nel perseguimento di obiettivi comuni di riferimento, tanto che “il singolo è trascinato di qua e di là da sensazioni, impulsi e pensieri contraddittori: al suo spirito si offrono ogni momento molte possibilità di azione, tra le quali egli non sa sempre scegliere con esattezza oggettiva o anche solo con certezza soggettiva. Il gruppo sociale, invece, ha sempre le idee chiare su chi considerare amico e chi nemico, e non tanto in senso teoretico, quanto nei casi in cui si tratta di agire”68. Il rapporto all’interno dei gruppi varia anche in relazione al tipo d’organizzazione gruppale. Si pensi alla cerchia della famiglia, in cui i rapporti sono basati su di una relazionalità forte, su un legame primigenio indipendente dalle qualità estrinseche del singolo. Con l’uscita da questa cerchia, la capacità di stabilire relazioni è determinata da legami, da disposizioni, in67 68

Vedi i teorici italiani dell’élite: V. Pareto, R. Michels e G. Mosca. Simmel 1998a, p. 101.

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clinazioni, e dalle attività dei singoli, sostituendo la relazionalità esteriore con una relazionalità di contenuto, ovvero con una relazionalità consapevole, determinata dalla libera scelta d’ogni individuo in cui “la determinatezza della personalità diventa maggiore quando le cerchie che la determinano si trovano l’una accanto all’altra più di quanto siano concentriche”69. Simmel in questo capitolo evidenzia la capacità dell’individuo di vivere in una cerchia sociale ristretta; in questo contesto, l’emergere dell’individualità dipende sia dalla ristrettezza del gruppo, sia dalla costruzione di un reticolato di legami più forte. Con l’ampliarsi della cerchia, i legami originari si allentano, si allontanano le cerchie di riferimento tanto da rendere più ampia la diversità tra gli individui che ne fanno parte. Il passaggio da una cerchia all’altra di ogni individuo, il posto che occupa all’interno delle cerchie, serve a comprendere le caratteristiche di ogni individualità, la personalità degli attori sociali. La costituzione interiore degli attori sociali, crea la moltiplicazione e la differenziazione delle stesse cerchie sociali, le quali “non sono distinte, ma sovrapposte: se così non fosse la società moderna non sarebbe «complessa», ma solo costituita da un gran numero di società minuscole e separate. Ciò che fa la complessità è esattamente il fatto che ogni individuo è contemporaneamente membro di una pluralità di gruppi, che si intersecano e si sovrappongono”70. L’appartenenza a diversi gruppi sociali genera la differenziazione sociale, porta alla costituzione di una società complessa, in cui la complessità è data dalle aumentate possibilità di stabilire relazioni più o meno stabili, con persone vicine, ma anche 69 70

Ivi, p. 123. Jedlowski 1995, p. 25.

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molto lontane da noi e dalla nostra realtà sociale di riferimento. La crescita delle interazioni sociali, grazie anche all’uso di tecnologie avanzate per la comunicazione, sono diventati fattori di stimolo per gli scambi, favorendo l’evoluzione sociale e la radicale trasformazione delle società moderne e postmoderne. Simmel si riferisce, in sostanza, alla capacità relazionale dei soggetti sociali, specificando alcuni tratti caratteristici che possono aiutare a comprendere il concetto di “rete di relazioni”. Per fare questo è possibile distinguere due livelli di riferimento: “statico” e “dinamico”. Fanno parte del livello statico in primis la società come insieme di cerchie sociali, differenti per contenuto. Il contenuto d’ogni singola sfera o cerchia è dato dalle motivazioni, dalle aspirazioni, dagli interessi degli individui quando si relazionano fra loro. Ogni singola cerchia è caratterizzata da una forma con confini “mobili”, perché ogni individuo che entra a far parte di una o di un’altra con il suo portato personale influenza le relazioni interne, modificando il sistema d’azione reciproca. I confini sono però importanti per dare forma e contenuto ad ogni cerchia; sono gli scopi, i fini che identificano i membri della sfera, con dei propri codici distintivi. All’interno d’ogni cerchia si rintracciano delle componenti strutturali determinate dal grado d’appartenenza, dai livelli occupati, dalla capacità d’integrazione e di conflitto d’ogni singola sfera. L’ultimo elemento che caratterizza il livello statico delle cerchie sociali, è dato dalla possibilità per ogni individuo di appartenere a più di una sfera sociale, occupando nello spazio di riferimento diverse posizioni in base alle proprie scelte relazionali ed associative. Si può far parte di una cerchia centrale ed anche di una cerchia minore, occupando al suo interno ruoli diversi per grado ed

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importanza, evidenziando in ognuna di queste diverse cerchie peculiarità distinte71. Il livello statico è rappresentativo delle strutture organizzative sociali di tipo primitivo, le quali si caratterizzano di cerchie sociali differenti circa il loro contenuto. Queste cerchie sono determinate dagli interessi e dagli scopi perseguiti al loro interno, poiché l’entrata o l’azione di un individuo estraneo ad una specifica cerchia apporta dei cambiamenti nel sistema di azione relazionale. In questo sistema statico, ogni individuo appartiene ad una cerchia sociale specifica, se fa parte di cerchie sociali diverse il suo ruolo e la sua posizione sociale variano in base al tipo di cerchia72. Il livello dinamico individua il passaggio da cerchie concentriche (rappresentative delle strutture sociali primitive) a cerchie sociali attigue, allargando lo spazio di riferimento. Le cerchie sociali, che assumono il carattere specifico delle società complesse, si distinguono da quelle primitive per la vicinanza o lontananza spaziale tra le diverse sfere, le quali si possono unire dando origine a forme intersecanti tra loro, tanto che ogni individuo può far parte contemporaneamente di più cerchie sociali diverse, liberandosi dal vincolo del locale, aumentando la capacità di scelta personale73. La dinamicità sociale si legge anche nei termini di un aumento del numero delle cerchie di riferimento d’ogni individuo. Se nella società tradizionale il numero delle sfere di riferimento è basso, ridotto all’appartenenza a cerchie di base di ogni organizzazione sociale (famiglia, lavoro, religione, stato), in una struttura sociale moderna il numero delle cerchie au71

Di Nicola 1998, pp. 42-43. Ivi, p. 43. 73 Ibidem. 72

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menta in rapporto ai criteri di crescita culturale degli individui. L’uomo non può più definirsi solo in base all’appartenenza ad una specifica ed indifferenziata cerchia sociale, ma la sua specificità sociale è data dalla capacità di scegliere liberamente, stimolato da motivazioni, attitudini personali, distinte da quelle di altri individui. Nel passaggio dal semplice al complesso le azioni degli individui sono determinate da un processo di selezione, ossia di libera scelta individuale e non più dall’iscrizione generazionale ad una data classe sociale. In questo processo di trasformazione sociale, per Simmel, come individuato anche da Émile Durkheim74 in De la division du travail social 75, incidono i processi di differenziazione e divisione del lavoro, i quali “in un primo momento […] distribuiscono le cerchie di attività in modo tale che ad un individuo corrisponda un altro individuo o ad un gruppo un altro gruppo, ma ciascuno di essi comprenda una somma di relazioni qualitativamente diverse”76. Simmel interpreta questa visione evolutiva, data dalla trasformazione della società, come un processo che continuamente produce nuove cerchie sociali, capaci di attrarre ed eliminare dalla loro influenza individui che possono appartenere anche a sfere di riferimento distinte. Si genera un processo di continua trasformazione e movimento sociale che Paola De Nicola individua “all’interno di un più ampio processo di liberazione e ricollocazione degli individui che, in alcuni casi, è stato anche pesantemente osteggiato: processo che, in ultima analisi, altro non è che un processo di differenziazione sociale”77. 74

Cfr. S. Fornari 2002, pp. 65-66. Cfr. Durkheim 1893. 76 Simmel 1998a, pp. 128-129. 77 Di Nicola 1998, p. 45. 75

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Nel processo di differenziazione sociale Simmel distingue anche il luogo, lo spazio in cui si collocano le singole individualità. È proprio nel punto d’intersezione tra le diverse cerchie sociali che si incontra l’individualità del singolo, il quale è influenzato da ogni diversa sfera cui è collegato, generando un conflitto dato dalla pluralità delle appartenenze sociali, “di natura esteriore e interiore che minacciano l’individuo con un dualismo psichico, anzi con una lacerazione […] che rafforza l’unità personale”78. La difficoltà di gestione del conflitto interno all’individuo, nel trovarsi scisso tra due parti distinte, porta al rafforzamento della personalità del singolo, il quale nella relazione tra dualità e unità trova un adeguato sostegno: “proprio perché la personalità è unità, essa è suscettibile di scissione; quanto più molteplici sono i gruppi di interessi che vogliono incontrarsi e trovare un accomodamento in noi, tanto più decisamente l’io diventa consapevole della sua unità”79. Da quanto riportato sopra, traspare il senso vitalistico e di fiducia nell’idea soggettiva dell’uomo moderno. Si evidenzia un Autore che considera il conflitto e l’interazione con parti differenti della società come momento di crescita, d’evoluzione d’ogni individuo. Solo colui che non cerca l’interazione con l’altro diverso da sé rimane ancorato ad un’unica visione della vita. Il collegamento con le nuove metodologie sociologiche offerte dall’applicazione della network analysis si basa proprio su queste considerazioni in merito alla relazionalità sociale offerte dall’Autore. 78 79

Simmel 1998d, p. 356. Ibidem.

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Simmel è il teorico della sociologia relazionale e “filosofo relazionale”, come si evidenzierà soprattutto nella Filosofia del denaro, dove verrà alla luce una maturazione dello studio sulla relazionalità sociale ed un distacco dalle posizioni organicistiche di Spencer, il quale considera la società come un organismo, una struttura unitaria. L’oggetto della sociologia è così lo studio dei processi di interazione e delle forme nate dall’azione reciproca tra gli attori sociali, nella capacità “di istituire relazioni, connessioni analogiche di significato, sottraendo così i fenomeni al loro falso isolamento”80. La società è possibile solo se c’è interazione tra i soggetti sociali, i quali nei loro scambi vitali, di reciprocità condivisa, realizzano una fitta rete, “interpretata come il punto d’intersecazione di innumerevoli fili sociali, come il risultato di elementi ereditati dalle cerchie più diverse e di periodi di adattamento, e la sua individualità è stata interpretata come la particolarità dei quanta e delle combinazioni in cui essa si ritrovano gli elementi della specie”81. Da questa visione del pensiero sociologico simmeliano, è possibile giungere alle teorizzazioni metodologiche sul network, e ciò solo rifacendosi ai concetti di Wechselwirkung (interazione e reciprocità) e di Vergesellschaftung (associazioni-sociazioni), termini di cui si è discusso nel primo capitolo. In proposito, Cavalli parla di sostituzione del termine Gesellschaft (società) con Vergesellschaftung, evidenziando il passaggio da una concezione unitaria all’analisi delle relazioni reciproche tra gli individui sociali. Simmel segna il passaggio, secondo alcuni critici, dalle analisi “macro-sociali”, che s’inte80 81

Vozza 1988, p. 81. Simmel 1998d, p. 356.

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ressano dell’unità sociale nel loro complesso, alle teorie riduttivistiche “micro-sociali”, occupandosi degli individui considerati come singoli, atomi del sistema sociale unitario82. Il passaggio è reale: Simmel introduce un punto di vista nuovo nell’indagine sociale, centrato sull’individuo, colui che agisce nell’organizzazione sociale. Questo cambio di prospettiva è fondamentale, per ritenere a maggiore ragione Simmel uno dei più importanti teorici classici della sociologia e per affermare la rilevanza delle sue felici intuizioni sulla società moderna. Usando le parole di Pierpaolo Donati, possiamo affermare che Simmel aiuta a fornire una “visione della società come realtà relazionale”83, dal momento che la società moderna non può più essere descritta attraverso la distinzione strutturale per classi o per ceti; in questo progetto di trasformazione sociale s’inserisce la necessità di dare una nuova veste allo studio sociologico, in particolare al lavoro nelle organizzazioni che operano in specifico nel campo del sociale. La società che si offre a noi: “è «relazionale» non perché veda le relazioni, semmai accade il contrario, o perché le sappia affrontare in modo adeguato, ma perché differenzia le relazioni e gioca con esse secondo codici simbolici che le fanno implodere ed esplodere continuamente”84. Questo gioco della relazionalità, analizzato da molti settori delle comunicazioni e della cultura, è in stretto rapporto con un nuovo requisito, che si è evidenziato nel pensiero di Simmel e che oggi distingue le società moderne, ossia la reticolarità, che possiamo descrivere come “diffusione di «giochi relazionali»; affermazione delle identità sociali attraverso una specie di distruzione creativa delle solidarietà precedenti; creazione e ge82

Cavalli 1998, pp. XVI-XVII. Donati 1995, pp. 39-40; cfr. Donati 2002. 84 Donati 1995, p. 42. 83

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stione delle caratteristiche di «appartenenza» delle persone non come costruzioni di relazioni su basi stabili o ascritte, ma come negoziazione continua di relazioni scelte attraverso percorsi che non corrispondono a logiche funzionali o della prima modernità; crescita di forme associative, e anche «gruppali», che mescolano e combinano fra loro elementi informali e formali nell’uso e consumo delle relazioni”85. Su questa base si concretizza una relazionalità dei membri della società complessa e diversificata, così sviluppata da rendere difficile la comprensione dei processi relazionali stessi, che oggi si caratterizzano di specificità proprie, rispetto alla capacità relazionale degli individui delle società preindustriali. Alla domanda se Simmel sia il teorico del pensiero reticolare, la risposta è insita nella negazione della dicotomia individuo-società. Simmel supera questa dicotomia poiché, quando si occupa del problema dell’individualità nella società moderna, non considera l’individuo al centro della società, ma al centro della rete di relazioni sociali. L’individuo, in tale prospettiva, appare come “il punto geometrico dove si intersecano molteplici cerchie sociali e la sua identità si costituisce in un’opera incessante di attivazione e disattivazione, di darsi e di negarsi, di parole e di silenzi, di espressioni e di riservatezza”86. Dall’altra parte, non c’è una società in contrapposizione all’individuo, che si oppone alle sue azioni, poiché la società “non è altro che la somma di tutte le relazioni sociali”87. La società e l’individuo non sono quindi due realtà contrapposte tra loro, ma partecipano reciprocamente alla costituzione dell’unità sociale, tanto che l’una non può esistere senza l’altra parte. 85

Ibidem. Cavalli 1998, p. XXVI. 87 Ibidem. 86

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4. Reti di scambio La scienza, dopo aver esplorato il campo dei fenomeni fisici e biologici, è giunta, negli ultimi cento anni, ad interessarsi di ciò che è più propriamente umano; l’uomo ha rivolto lo strumento d’indagine scientifica su se stesso, a livello individuale e a livello comunitario88. Nello sviluppo dell’epoca moderna ci si è resi conto dell’importanza di dominare e controllare le abilità di manipolazione della natura; il rischio sarebbe stato quello di giungere all’autodistruzione dell’intera umanità se solo si fosse continuato a pensare ed interessarsi esclusivamente dello sviluppo tecnologico, industriale, senza rivolgere nessuna premura all’uomo, alle contraddizioni e soprattutto alle reazioni di fronte ai grandi cambiamenti che doveva affrontare nella società di appartenenza. Nascono a tale scopo nuove discipline: “La psicologia col suo preminente orientamento verso l’individuo, e la sociologia col suo preminente orientamento verso il gruppo, sono rispettivamente il centro e la circonferenza di questa ricerca scientifica sui problemi della vita umana. Esse non possono essere perseguite fruttuosamente se isolate l’una dall’altra”89. L’importanza di queste scoperte psicanalitiche risiede nel mettere in luce, il fatto che l’individuo e il gruppo si compenetrano reciprocamente, tanto da non poter essere scissi e misurati come due entità separate. Non possiamo considerare un individuo formato e completo in sé, e secondariamente il gruppo, come due realtà che si giustappongono. Si può affermare che il gruppo (sia esso famiglia, o gruppo più vasto) influenza 88 89

Guntrip 1971, p. 11. Ivi, p. 13.

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l’individuo, così come gli individui, attraverso le proprie relazioni interpersonali, vanno a costituire il gruppo: la relazione tra i due si crea attraverso complessi meccanismi relazionali che mostrano ancora di più la dipendenza tra l’individuo ed il gruppo. Il passaggio dalla concezione della psicologia intesa come “scienza della psiche” a quella di “scienza del comportamento”, evidenzia la necessità di valutare non solo l’individuo e la sua psiche, ma l’intero suo mondo di vita, rilevando così un interesse sempre più marcatamente sociologico: “Un organismo «che si comporta» è un organismo che reagisce al suo ambiente, mentre la «mente» può essere troppo facilmente considerata come un sistema chiuso in sé stesso”90. Essere sociale ed essere sociabile, sono due variabili indipendenti, le quali creano un’infinità di variabili dipendenti che vanno a costituire la dinamica dei rapporti sociali, fondando ed animando le società. Le due qualità possono originare sia variabili positive, sia variabili negative come la devianza o l’emarginazione. I due gruppi sociali che si vanno a generare (benpensanti e fuorvianti), sono tali in relazione alla struttura sociale e politica nella quale vivono, poiché la definizione si crea in rapporto al soggetto considerato, al suo essere più o meno ligio alle norme dettate dalla società. Occorre in proposito tenere presente che il prerequisito fondamentale del costituirsi di ogni società e di ogni tipo di educazione va ricercato nella socialità dell’essere umano. Il gruppo diventa per prima cosa una forma di difesa che si attua nella costituzione di gruppi più piccoli e primari come la famiglia, ma anche di gruppi più complessi come lo stato, la nazione, la chiesa, od organizzazioni internazionali. Così come 90

Ivi, p. 14.

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l’arte, frutto di una raffinata sociabilità, svolge una funzione di socializzante degli uomini, poiché è il prerequisito fondamentale della civilizzazione, divenendo essa stessa un vero progresso culturale. Il movimento dallo status di essere sociale allo status di essere sociabile e di conseguenza alla socializzazione non è un moto automatico. È un passaggio obbligato per la formazione dell’attore sociale, per divenire vero essere sociale e come tale nucleo centrale ad un tempo della cultura e degli oggetti culturali da lui stesso prodotti e usati come mondo simbolico, senza i quali non si formerebbe pensiero e linguaggio come produzione sociale. Il risultato, il prodotto del lavoro mentale e dell’esperienza umana, ha portato alla formulazione di norme e valori che hanno così concesso all’attore sociale il passaggio dalla pura socialità alla sociabilità, facendolo diventare un soggetto capace di comunicare e di instaurare rapporti sociali complessi per conoscenza, giudizio, linguaggio, comunicazione, diritti e doveri. La società moderna, caratterizzata da una struttura complessa e diversificata, ha trasformato la rappresentazione grafica della società. Da una suddivisione verticistica, piramidale, si è passati nel corso del tempo a modificare i riferimenti teorici della stratificazione sociale. La stratigrafia sociale deriva dalla cultura piramidale egizia, ma si ritrova in molte realtà sociali successive in cui la società creava una stratificazione di ruoli per indicare l’insieme dei comportamenti attesi dai membri di quello specifico strato, tale da porlo in fondo o alla cima della piramide. La diffidenza ed il senso di instabilità rendevano ancora più complesso il rapporto tra i diversi strati soprattutto dal più basso verso il più alto. La stratificazione sociale si basa

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essenzialmente sul concetto di inferiorità razziale e sull’accanita difesa del potere politico costituito. Nelle società moderne, con la fine della stratificazione sociale piramidale, si è arrivati alla costituzione di una struttura sociale di riferimento complessa, frutto della frammentarietà e differenziazione sociale a causa della complessità dei rapporti tra i membri della società. Le relazioni fra soggetti si realizzano sempre più raramente con rapporti faccia a faccia diretti, in interazioni con scambi anche di forme simboliche in uno stesso spazio condiviso; per di più i rapporti di viso sono spesso schermati da video (computer, televisori, videocitofoni e videofonini). Si è creata una realtà di rapporti e consumi a distanza sempre più complessa che ci permette di conoscere persone in tutto il mondo, di riconoscere ed affrontare diverse realtà. L’espansione delle nuove forme comunicative e di trasmissione delle informazioni influenza lo sviluppo e la creazione di nuovi tipi di interazione, tanto da generare nuove forme relazionali. Il profondo cambiamento che si è determinato in tutte le società a sviluppo tecnologico avanzato ha visto crescere e modificare il concetto delle dimensioni fondamentali della nostra vita: il “tempo” e lo “spazio”91. Si passa così da relazioni tradizionali, in cui è essenziale la condivisione dello stesso spazio e tempo per riuscire ad avviare il processo comunicativo-relazionale, ad una situazione sociale in cui non occorre più condividere il medesimo spazio e tanto meno lo stesso tempo per comunicare con gli altri. La comunicazione e la diffusione d’immagini comuni si realizza tramite mezzi tecnici che accrescono le possibilità di divulgare in tempi e spazi lontani da noi92. 91 92

Cfr. Bauman 2001a, pp. 33-61. Cfr. Thompson 1998, pp. 121-168.

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Tutto questo ha generato rapporti molto complessi e strutturati, rapporti reticolari, tutti su uno stesso piano collegati l’uno all’altro attraverso una fitta rete di rapporti, di relazioni. La relazionalità odierna può essere esaminata anche attraverso il confronto con il campo di indagine e lo sviluppo multimediale, l’uso di Internet basato sulla relazionalità di rete. I legami della rete di Internet si attuano con lo stesso sistema di una relazione tra diversi componenti sociali, dove non esiste una relazionalità diretta faccia a faccia, ma il rapporto è determinato dallo scambio comunicativo mediato dal mezzo meccanico, il computer. Si passa così da una relazionalità diretta, dalla possibilità di comunicazione tra due o più soggetti, ad una comunicazione tra uno o più navigatori della rete digitale. Le possibilità offerte dall’odierna rete telematica e tutte le nuove forme di comunicazione mediata, non fanno altro che accrescere la comprensione della fitta rete di scambio, rappresentando il carattere “macroscopico” della relazionalità, quando le relazioni sociali comuni tra due o pochi altri individui a noi vicini, con i quali è possibile una comunicazione diretta senza mediazione, lasciano il posto a contatti mediati potenzialmente infiniti. Se oggi possiamo usufruire dei mezzi tecnologici che hanno accresciuto le possibilità e i traguardi della nostra potenzialità comunicativa, sono utilizzati per spiegare e semplificare la complessità sociale, senza dimenticare che già da un secolo Simmel aveva proposto, per la comprensione delle problematiche sociali e della relazionalità, una soluzione basata sull’interdipendenza relazionale: “La connessione casuale che intesse ciascun elemento sociale nell’essere e nell’agire di ogni altro, dando così luogo alla rete esteriore della società, si trasforma in una connessione teleologica non appena la si considera dal punto di

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vista dei portatori individuali, di coloro che la producono, i quali si sentono come io e il cui atteggiamento cresce sul terreno della personalità che è per sé e si determina da sé”93. Non possiamo più studiare così per fasce, per classi differenti, così come non possiamo più studiare la realtà del singolo; il pendolo dell’interesse sociologico si è spostato verso il gruppo, le considerazioni, le problematiche riguardano l’intero reticolato. Ciò accade poiché oggi non possiamo più considerare le classi sociali come aggregazioni determinate solo dalle differenze di reddito, ma si tratta di network di relazioni tra coppie di persone le quali si attribuiscono reciprocamente uno stesso status sociale. Il network personale costruisce “una fitta rete di rapporti fluttuanti, mutevoli, polivalenti che interseca l’organizzazione gerarchica e autoritaria”94. Si tratta di stabilire la centralità del gioco che ogni individuo interpreta nella gestione dell’insieme di ruoli che ricopre, in relazione agli altri attori sociali. In questo senso, quando ci occupiamo delle reti sociali, non è centrale capire il ruolo che ogni punto della rete è chiamato a svolgere, ma soprattutto la struttura reticolare aiuta a comprendere come ogni membro interpreta e ricopre i suoi tanti ruoli, mentre tesse la rete delle sue relazioni sociali, relazioni che possono essere più o meno profonde. È possibile presentare, a tale riguardo, anche il pensiero del filosofo tedesco Ernst Cassirer, il quale già all’inizio del Novecento si occupa delle strutture conoscitive che consentono di costituire oggetti della conoscenza, ampliando l’indagine dalla scienza alle attività in generale. Nel 1929 pubblica Philosophie

93 94

Simmel 1998d, p. 38. Piselli 1995, pp. XIII-XIV.

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der symbolischen Formen95: le strutture di cui parla sono individuate nelle espressioni simboliche e nel linguaggio che da semplice strumento comunicativo diventa momento costitutivo dell’oggetto stesso, in un processo di organizzazione simbolica del pensiero. In An Essay on Man96 del 1944, Cassirer riassume i risultati delle sue ricerche, definendo l’uomo non solo come animal rationale, frutto della tradizione filosofica classica, ma come animal symbolicum, perché proprio il linguaggio e la produzione simbolica è ciò che lo rende dissimile dagli animali: “l’uomo non vive più in un universo soltanto fisico ma in un universo simbolico. Il linguaggio, il mito, l’arte e la religione fanno parte di questo universo, sono i fili che costituiscono il tessuto simbolico, la aggrovigliata trama della umana esperienza. Ogni progresso nel campo del pensiero e della esperienza rafforza e affina questa rete”97. Quest’affermazione filosofica serve a comprendere come la produzione dell’essere sociale non si possa considerare esclusivamente razionale, frutto di una ragione scevra da riferimenti alla complessità sociale, evidenziando invece la ricchezza e la varietà delle forme della vita culturale dell’uomo. Forme che nel nostro tempo amplificano l’aspetto e la valenza simbolica. In questo senso considerare l’uomo un essere simbolico significa dare forma all’espressione culturale dell’uomo. Il linguaggio e tutto il nostro portato culturale arricchiscono ed accrescono le funzioni e soprattutto la nostra capacità di comunicare e di stabilire relazioni sociali con gli altri attori.

95

Cfr. Cassirer 1929. Cfr. Cassirer 1944. 97 Citazione di E. Cassirer tratta da: Reale, Antiseri, Laeng, 1986, p. 301. 96

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Tutti noi, attraverso la comunicazione e l’educazione dei significati organizzati della cultura di riferimento, siamo in grado di accedere alle diverse forme di conoscenza. Le forme culturali ci forniscono i referenti di senso per contestualizzare le diverse informazioni cui nell’arco di tutta la vita siamo soggetti; è la comunicazione che ci permette d’interiorizzare e fare nostre le informazioni: “L’uomo è un animale impigliato nelle reti di significato che egli stesso ha tessuto, […] la cultura consiste in queste reti”98. La capacità dell’uomo è anche quella di oltrepassare i sistemi culturali di riferimento, di aggiungere altro alle informazioni ricevute, così da determinare una rete di conoscenze, caratterizzata da diversi piani di generalità. La contestualizzazione di ogni processo comunicativo, evidenzia la necessità di riferimenti che fanno da sfondo alle informazioni che cambiano, si modificano, come i fondali di una rappresentazione teatrale. Il contesto sociale di riferimento rappresenta tutto il portato, i richiami per la crescita personale, che si realizza su due piani frapposti: da una parte la regolarità dell’invio d’informazioni, la stabilità e l’organizzazione cognitiva; dall’altra il movimento delle informazioni tende ad aprirsi verso l’elaborazione di nuove informazioni che creano passaggi irregolari, che denotano la necessità di un cambiamento, di una crescita99. La reticolarità della società trova spiegazione anche nell’uso delle attività di gruppo, nei “giochi relazionali diffusi”; come ricostruzione di situazioni di vita reali o immaginarie in cui ogni individuo ricopre una parte precisa, seguendo un copione rappresentativo di quello specifico ruolo sociale. È un’attività 98 99

Geertz 1987, pp. 152-153. Sorzio 1992, pp. 21-24.

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La relazionalità e la reticolarità sociale | 133

messa in campo soprattutto per le scuole di formazione, in cui si vogliono evidenziare alcuni specifici aspetti che ogni membro dello staff, deve saper rivestire. Il processo di messa in gioco dei ruoli può essere studiato evidenziando l’importanza dello scambio relazionale fra soggetti, ma anche facendo risaltare la distruzione creativa delle solidarietà precedenti; in questo secondo caso non si tratta di creare e costruire relazioni stabili, ma di negoziare continuamente relazioni scelte attraverso percorsi che non trovano una corrispondenza con logiche funzionali o della prima modernità. Si rileva così lo sviluppo di forme associative diverse o anche gruppali, che mescolano e combinano fra loro elementi informali e formali nell’uso e consumo delle relazioni100.

100

Cfr. Donati 1995, p. 42; cfr. Di Nicola 1986.

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terzo capitolo

L’amore come “passione fredda”

La società attuale potrebbe essere descritta come un “odierno esercizio di sopravvivenza”, caratterizzata da turbamenti e complessità sociali tali da rimandare un’idea dell’avvenire carico di congiunture, situazioni imprevedibili e incontrollabili. La cultura postmoderna si caratterizza per i toni dell’instabilità e dell’insicurezza propri della perdita di fiducia verso il futuro tali da mettere “in atto una sorta di ritirata emotiva di fronte agli impegni a lungo termine, che presupporrebbero un mondo stabile, sicuro e tranquillo”1. Quando poi anche il nostro passato non riesce a darci esempi, ma solo un senso di nostalgia, rischiamo di diventare soggetti passivi di un eterno presente, incapaci di costruire e progettare la nostra vita. Una società, definita da Lasch “narcisistica”, è una società che non ha nessun interesse verso il futuro, ma che non riesce neppure a fare i conti con il proprio passato poiché “incontra grosse difficoltà a interiorizzare le esperienze felici o a crearsi un patrimonio di ricordi cari a cui attingere negli anni della sua vita, che anche nelle migliori condizioni portano tristezza e dolore”2. Una società capace solo di mettere in risalto le caratteristiche narcisistiche riesce poi solo a svalutare il valore culturale del passato facendo “della «nostalgia» un prodotto commerciale del mercato culturale [rifiutando] immediatamente l’idea che in pas1 2

Lasch 2004, p. 7. Lasch 2001, p. 11.

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sato la vita fosse, per certi aspetti rilevanti, migliore di quella di oggi”3. La negazione del passato assume i connotati negativi di una dolente incapacità di affrontare il futuro, creando una sorta di “ironia protettiva”, un “disimpegno emotivo” che si connota sia nell’atteggiamento di vita quotidiano sia nelle manifestazioni più intime della propria emotività, tanto da mostrare la “riluttanza a contrarre legami affettivi a lungo termine [in cui] il senso di impotenza e l’atteggiamento vittimistico, il fascino delle situazioni estreme e il desiderio di applicarne la lezione alla vita di ogni giorno, la visione delle organizzazioni su larga scala come sistemi di controllo totale [non] ci aiuterà a distinguere tra il narcisismo e la normale ricerca di sé [poiché] l’io minimo o io narcisistico è innanzitutto un io incerto dei propri contorni, che aspira a riprodurre il mondo a sua immagine o a fondersi con esso in felice comunione. La preoccupazione oggi così diffusa per l’‘identità’ rivela in parte questa difficoltà nel definire i confini dell’individualità”4. Ancora più difficile è pensare che “il mondo postmoderno si sta preparando a vivere una condizione di incertezza permanente ed irresolubile”5, in cui come afferma Bauman “il sentimento dominante è ora la percezione di un nuovo tipo di incertezza, non più limitata alla sorte o alle attitudini personali del singolo ma allargata anche all’immagine del mondo futuro, al modo di vivere in esso e ai criteri per stabilire i comportamenti corretti e quelli sbagliati. Nella versione postmoderna, l’incertezza (che comunque non era una novità nel mondo del passato moderno) non è più vista come un semplice fastidio

3

Ibidem. Lasch 2004, pp. 9-10. 5 Bauman 1999, p. 61. 4

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temporaneo, che può essere mitigato o addirittura risolto con i giusti sforzi”6. Con questa prospettiva, il capitolo si propone di analizzare il problema della “passionalità fredda”, di comprendere il significato assegnato al concetto di “freddo”, alla luce delle più recenti teorie sociologiche e senza dimenticare il pensiero di Simmel. L’esigenza di comprendere l’andamento dei processi sociali è fondamentale per riuscire a decifrare i mutamenti che investono le società odierne, appuntando la propria attenzione principalmente su ciò che appare come scontato, implicito, in relazione ai vissuti degli individui, precisando le strategie e le scelte che ognuno di noi è in grado di determinare nel corso della propria vita. Sappiamo, infatti, quanto le scelte quotidiane o di lungo corso sono influenzate sia dal contesto emotivo e relazionale, sia dall’ambiente di vita sociale, economico e politico. Il nostro stile di vita è fortemente condizionato dalla relazionalità sociale, in particolare dai modi della relazione e dalle persone con le quali interagiamo. Le relazioni sociali, dalle più semplici alle più complesse, possono far nascere in noi il desiderio di dare spiegazione alle motivazioni, agli stimoli che ci inducono ad agire o sollecitano la nostra riflessione. Nella realtà odierna, della seconda modernità o della società globale, “il vecchio lessico sociologico – imperniato su ‘valori’, ‘norme’, ‘ruoli’, ‘classi’, ‘strutture’ e così via – va sempre più stretto. Studiare questa società comporta, oggi più di ieri, il ricorso a linguaggi e stili creativi e non una rassicurante applicazione della giurisprudenza sociologica”7. 6 7

Ibidem. Dal Lago, De Biasi 2002, pp. IX-X.

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Con questa percezione si realizza il viaggio intorno alla comprensione del nostro stato emotivo, della conflittualità che emerge dai sempre più improponibili accostamenti che realizziamo intorno al mondo dei processi vitali, per capire se veramente è ancora vicino a noi e quanto è in grado di rappresentare il nostro modo di percepire l’emozionalità. È di aiuto fare un richiamo ad uno degli Autori della scuola americana, Erving Goffman, che spiega, nella sua ultima conferenza, qual è il ruolo della sociologia come scienza, ma soprattutto perché questa può offrirci, con i suoi strumenti metodologici, una comprensione della complessità sociale. “Per quel che mi riguarda” – scrive Goffman – “credo che la vita sociale umana debba essere studiata naturalisticamente, sub specie aeternitatis. Dal punto di vista delle scienze fisiche e biologiche, la vita sociale umana è solo una piccola crosta irregolare sulla faccia della natura, non particolarmente adatta ad una profonda analisi sistematica. In effetti è così. Ma è nostra. Con poche eccezioni, solo gli studiosi del nostro secolo sono riusciti a inquadrarla stabilmente in questo modo, senza pietismi o la necessità di trattare problemi tradizionali […] non sono uno che pensa che finora le nostre pretese possano basarsi sul raggiungimento di magnifici risultati. Anzi, ho sentito dire che dovremmo essere contenti di scambiare ciò che abbiamo finora prodotto con qualche distinzione concettuale veramente buona e una birra fredda. Ma non c’è niente al mondo con cui dovremmo scambiare ciò che già abbiamo: la propensione a mantenere nei confronti di tutti gli elementi della vita sociale uno spirito di indagine libero e imparziale e la saggezza di non cercare questo mandato se non in noi stessi e nella nostra disciplina. Questa è la nostra eredità e questo finora è ciò che abbiamo da tramandare. Se si deve per forza avere una giustificazione del nostro studio motivata da

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bisogni sociali facciamo sì che essa consista nell’analisi non sponsorizzata della situazione sociale di cui godono coloro che hanno autorità istituzionale – sacerdoti, psichiatri, insegnanti, poliziotti, generali, capi di governo, genitori, maschi, bianchi, cittadini, operatori dei media e tutte le altre persone con una posizione che permette loro di dare un imprimatur ufficiale a versioni della realtà”8. Questa citazione è utile per mostrare il legame tra Goffman e Simmel; quando il primo descrive la vita sociale umana come “una piccola crosta irregolare sulla faccia della natura, non particolarmente adatta ad una profonda analisi sistematica”, in cui l’irregolarità delle manifestazioni sociali nel procedere della natura sono date proprio dalle nostre sensazioni, emozioni, da tutti i modi che siamo in grado di utilizzare e fare nostri per rapportarci agli altri astanti nella scena della vita, l’assonanza con il sociologo tedesco appare in tutta la sua evidenza. Le emozioni, i sentimenti, i sensi, i desideri e le passioni sono stati a lungo tenuti fuori da tutti i discorsi sociologici, la razionalizzazione della vita sociale ha portato a trascurare tutto ciò che non poteva essere definito, chiarito attraverso la razionalità della mente. Anche quando negli anni Settanta del Novecento si assisteva all’uscita di una serie di pubblicazioni aventi per oggetto temi come il desiderio e le sue immagini9, si trattava comunque di analisi avulse da qualsiasi legame con l’aspetto più profondo del desiderio, con i sensi che le producevano. La sensibilità, la sensualità, l’uso dei cinque sensi sono rientrati nei dibattiti, negli interessi delle scienze, nel momento in cui la

8

Goffman 1998, pp. 95-97. Si cita al riguardo: J. F. Lyotard (1970), L’economia libidinale, Colportage, Firenze; M. Foucault (1985), Storia della sessualità, III vol., Fel9

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tecnica e la fredda razionalità non sono state più in grado di rispondere alle domande della vita.

1. Le emozioni narcotizzate Da questa breve analisi delle problematiche che investono gli studi e le ricerche sociali è essenziale ripercorrere il pensiero di Simmel, per comprendere quando inizia lo stato di malessere che caratterizza le società postmoderne. I sentimenti, le emozioni per quanto oggetti di nuovi interessi di studio acquistano un significato altro rispetto alle connotazioni psicologiche, sociologiche e filosofiche dell’età premoderna e moderna. L’emotività e le sfumature di facciata dei sentimenti allontanano oggi l’idea dell’amore come “passione calda”, poiché l’andamento romantico assume un valore altro che in questa sede definisco “passione fredda”. Il transito da uno stato emotivo “caldo” ad uno “freddo”, si è realizzato nel momento in cui alla “passione amorosa” si è sostituita la “patologia amorosa”, quando cioè si assiste all’avvicendamento degli antichi cantici che esaltavano l’amore ed ai poeti ed ai romanzieri si è passati agli specialisti dell’amore, ai tecnici dei sentimenti, agli psicologi, ai sessuologi ed ai sociologi, i quali “perseguono non la composizione dell’uomo con il cosmo, ma la pura e semplice soddisfazione del desiderio, dimenticando che il desiderio, per quel che ancora le parole significano, rimanda alle stelle: de-sidera”10. Perdere il desiderio significa dimenticare ogni elevazione dell’anima, trinelli, Milano; U. Eco (1983), Sette anni di desiderio, Bompiani, Milano; G. Deleuze, F. Guattari (2000), L’anti-Edipo: capitalismo e schizofrenia, Mondadori, Milano. 10 Galimberti 2004, p. 24.

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facendoci rimanere in uno stato terreno e statico in cui viene meno ogni possibilità di trascendenza, sino a perdere il significato vero dell’amore che è invece “faccenda d’anima”11 e non di materialità. Il senso di perdita della natura altra dell’amore è sempre più evidente, in senso sociologico, soprattutto quando l’amore assume i connotati di un problema di individualizzazione, quella che Beck definisce come necessità di costruzione della propria biografia che da normale “si trasforma in biografia di scelta”12. Così “gli individui stessi che vogliono vivere insieme sono o, più esattamente, diventano sempre più i legislatori della propria forma di vita, i giudici delle loro mancanze, i sacerdoti che assolvono con un bacio la loro colpa, i terapeuti che allentano e sciolgono le catene del passato […] amore diventa una formula vuota che gli stessi amanti devono riempire, superando i fossati delle biografie; anche se a condurre la regia sono il testo della canzone, la pubblicità, la sceneggiatura pornografica, la letteratura erotica, la psicoanalisi”13. La passione diviene fredda poiché si è prodotta una nuova forma di desiderio, meno elevata rispetto ai desideri del premoderno, che allontana l’idea della trascendenza per divenire una forma smisurata di possesso. Desiderare diviene sinonimo di possedere; volere, bramare ciò che non abbiamo e vorremmo avere, sia esso visibile, sia esso invisibile, questa è la nuova forma del desiderio. Siamo diventati avidi di oggetti, ma anche di sentimenti, emozioni, sensazioni, che desideriamo in senso quantitativo e non in senso qualitativo e trascendente. Siamo mossi dal desiderio per il solo fatto di possedere questi beni, di 11

Ibidem. Beck, Beck-Gernsheim 1996, p. 14. 13 Ivi, p. 15. 12

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farli nostri, anche senza un fine eminentemente economico, ma esclusivamente per il senso di benessere (anche se momentaneo) che ricaviamo dal puro possesso. Il termine stesso possedere ha diverse valenze, perché è utilizzato sia quando intendiamo il possedere degli oggetti, dei beni materiali, ma sta anche ad indicare il possedere carnalmente, possedere forzatamente un’altra persona, possederla al pari di un oggetto, facendole perdere il valore qualitativo, soggettivo, personale. Il possesso mostra l’impersonalità del legame, evidenzia l’avere materialmente un bene, avere una persona, ma non mostra il contenimento, il sentirsi parte di questo bene, materiale o spirituale che sia, non c’è partecipazione, ma solo acquisizione. È un atto, quello del possesso che mostra una freddezza, una povertà di dare significato e valore a ciò che possediamo, che abbiamo fatto ormai nostro. Questo passaggio è ciò che porta naturalmente al consumo, poiché se ho bisogno di desiderare, di avere, sono anche spinto a consumare14, sino ad affermare che “non esiste niente che io non voglia! Voglio questo, voglio quello, voglio – certo, tutto!”15. Un consumo che è ostentazione senza riferimenti soggettivi all’effettiva necessità del consumare, sfruttare e ricercare nuovi beni, perché si consumano in questo modo anche sentimenti, emozioni, esperienze, rapporti sessuali e quindi passioni, sino a pensare che proprio “l’imbonimento consumistico e il mito della 14 Si citano a riguardo alcuni studi di Autori classici che si sono occupati di tale tematica: W. Sombart (1922), Lusso e capitalismo; T. Veblen (1899), Teoria della classe agiata; G. Simmel (1895-1905), La moda; G. Simmel (1903), La metropoli e la vita dello spirito; per i contemporanei italiani si citano: F. Alberoni (1964), Consumi e società; G. Fabris (a cura di) (1971), Sociologia dei consumi. 15 Citazione ripresa da: Lasch 2001, p. 34.

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bella vita hanno legittimato la gratificazione delle pulsioni e l’Es non deve più scusarsi dei suoi desideri, o dissimularne la portata”16. Si evidenzia così l’incapacità di gestire tutti questi beni che ruotano intorno alla nostra vita quotidiana, perché sono forzature, induzioni consumistiche, sono il prodotto di un travolgimento del nostro modo di intendere la vita, il suo valore e significato più profondo. I sociologi classici hanno saputo con arguzia mostrare il lato negativo dello sviluppo industriale, quando ancora era alle sue origini. I frutti di questo passaggio epocale sono evidenti ai nostri occhi oggi con più chiarezza perché siamo noi gli uomini e le donne che vivono la quotidianità dei paesi occidentali e postindustriali, abbiamo ora chiaro il processo, ma ne siamo comunque preda, ne facciamo parte, ma non siamo in grado dal di dentro di poter operare un cambiamento: “l’indigenza materiale e spirituale aveva gettato la stragrande maggioranza degli uomini (soprattutto quelli meno protetti dalle intemperie dell’esistenza) in balia delle passioni più tumultuose o gelide, delle speranze più esaltate o della rassegnazione più cupa. L’economia politica, mirando alla «ricchezza delle nazioni» e anche alla soddisfazione di bisogni sempre meno urgenti, procede oltre le colonne d’Ercole della pleonexia antica. Sposta così, implicitamente, i confini della limitazione o dell’autolimitazione dei desideri, provocando mutamenti radicali nella loro organizzazione, poiché non tende semplicemente a soddisfarli, quanto a moltiplicarli”17. Remo Bodei, nella ricerca di una geometria delle passioni, mostra non solo la varietà delle passioni, ma soprattutto la trasformazione di queste, il modo in cui esse sono cambiate nel 16 17

Ibidem. Bodei 2003, p. 16.

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corso del tempo, ed oggi nella realtà contemporanea, la nostra vita caratterizzata “dall’ottundersi del desiderio, dall’indifferenza reciproca e dall’individualismo di massa, che segnerebbe il passaggio dall’homo hierarchicus delle società di casta e di ordine all’homo aequalis che si è affermato nelle civiltà dell’Occidente. Rifiutando il diretto contatto e il completo distacco dagli altri, tale ‘giusto mezzo’ avrebbe condotto all’avvizzimento emotivo e alla scomparsa della solidarietà. Venuto meno il bisogno di essere partecipi delle vicende collettive, si essiccherebbe alla radice il senso di appartenenza alla comunità. La ragione, fattasi calcolatrice o ‘strumentale’, si allontanerebbe così dalle passioni e dai sentimenti, ormai narcotizzati”18. La narcotizzazione delle emozioni e dei sentimenti possono essere interpretati, alla luce di un processo più vasto che si è compiuto sia con la razionalizzazione dei processi di produzione sia con lo sviluppo illimitato della tecnica. Un processo tradotto in realtà attraverso “il disincantamento, inteso come progressiva depurazione dell’immagine del mondo da elementi magici, antropomorfici o anche semplicemente pregni di senso, diviene un momento preliminare di questo processo di razionalizzazione”19, che Max Weber aveva acutamente analizzato già all’inizio del Novecento. La razionalizzazione dei processi produttivi e poi di vita si determina nella costruzione dell’immagine “scientifica moderna del mondo come mero meccanismo causale in cui nulla è più dotato di alcun significato intrinseco [così che] l’agire e la cultura possono venire razionalizzate – nel senso dell’esplicitazione e sistematizzazione degli assunti valoriali e delle premesse – virtualmente ad infinitum”20. 18

Ivi, p. 11. Ferrara 1995, p. 14. 20 Ivi, pp. 14-15. 19

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L’assegnamento dell’uomo alle possibilità illimitate della scienza e nella tecnica nella società moderna ha prodotto due effetti opposti; da una parte si assiste ad una fiducia indiscriminata nei confronti delle stesse, mentre dall’altro si assiste all’incapacità di riuscire ad immaginare e mantenere il contatto tra l’uomo e la natura, poiché “nella misura in cui si è accresciuta la nostra comprensione scientifica, il nostro mondo è stato disumanizzato. L’uomo si sente isolato nel cosmo perché non è più collegato con la natura e ha perso la sua «identità inconscia» emozionale con i fenomeni naturali. Questi hanno perso gradualmente il loro contenuto simbolico. Il tuono non è più la voce di un dio irato e il fulmine non è più il suo dardo punitivo […] non vi sono più voci che parlano agli uomini dalle pietre, dalle piante e dagli animali, e lui stesso non parla più a loro nella credenza che essi lo comprendano. Il suo contatto con la natura è andato perduto e insieme anche la forte energia emotiva che aveva effettuato questo collegamento simbolico”21. La tecnica è invece di per sé “limitata, e comunque tale da non consentirci più di comprendere, e al limite di considerare «nostri», gli effetti che l’inarrestabile sviluppo tecnico è in grado di provocare. A paralizzare la nostra forza di immaginazione non è solo la grandezza delle prestazioni tecniche, ma anche l’infinita parcellizzazione dei processi lavorativi, meglio nota come «divisione del lavoro», dove, dopo un certo numero di passaggi, in qualsiasi prestazione industriale, commerciale, amministrativa ci troviamo, non siamo più in grado di seguirne la trama, con conseguente destituzione di senso in ordine a quanto andiamo facendo”22. Un motivo della nostra incapacità di per21 22

Citazione ripresa da: Beck, Beck-Gernsheim 1996, p. 71. Galimberti 1999, p. 712.

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cepire la complessità della realtà circostante è dato dallo scarto esistente tra ciò che siamo in grado di realizzare tecnicamente e quanto siamo capaci di assorbire in termini di sensorialità. Simmel, al riguardo, lucidamente descrive l’incapacità degli uomini e delle donne della società moderna, soprattutto di coloro che vivono lo stress della metropoli, a percepire totalmente i rapidi mutamenti e le diverse sollecitazioni sensoriali e materiali e ciò a causa dell’“intensificazione della vita nervosa, che è prodotta dal rapido e ininterrotto avvicendarsi di impressioni esteriori e interiori”23. L’uomo ha bisogno di riuscire a conoscere i mutamenti siano essi oggettivi o soggettivi, che riguardino il profondo o solo la superficie delle nostre impressioni, la nostra psiche abbisogna una regolarità dettata dalla gestualità quotidiana, dalla ritualità della vita quotidiana, poiché questo processo rende più facile per noi riuscire a mantenere un contatto con ciò che ci appartiene nel senso di oggetti, strade, attività quotidiane, ma anche rispetto alle sensazioni che siamo in grado di vivere e sentire. In questo senso la “regolarità abitudinaria” ci fa consumare meno energie psichiche e fisiche, mentre con “l’accumularsi veloce di immagini cangianti, o il contrasto brusco che si avverte entro ciò che si abbraccia in uno sguardo, o ancora il carattere inatteso di impressioni che si impongono all’attenzione. Nella misura in cui la metropoli crea proprio queste ultime condizioni psicologiche – ad ogni attraversamento della strada, nel ritmo e nella varietà della vita economica, professionale, sociale – essa crea già nelle fondamenta sensorie della vita psichica, nella quantità di coscienze che ci richiede a causa della nostra organizzazione come esseri che distinguono, un profondo contrasto con la città di provincia e 23

Simmel 1998b, p. 36.

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con la vita di campagna, con il ritmo più lento, più abitudinario e inalterato dell’immagine sensorio-spirituale della vita che queste comportano”24. La nostra vita quotidiana è quindi scandita da ritmi, suoni, sapori, sensazioni che fanno uso di tutti i nostri sensi a cui si aggiungono tutte le percezioni, le immagini che ci rimandano la vitalità della realtà nella quale viviamo. Più questa realtà è stimolante, come la metropoli per Simmel, e più abbiamo la necessità di sviluppare un intelletto capace di adeguarsi rapidamente alla stimolazione costante della nostra mente. In contrapposizione, più viviamo in contesti di vita semplici, come possono essere le piccole città di campagna o di provincia, dove le stimolazioni sono minori e dove soprattutto esiste un legame tra gli individui dettato dalla vicinanza, dalla condivisione maggiore è la capacità di avere contatto diretto con le proprie emozioni e sentimenti: “L’intelletto è la più adattabile delle nostre forze interiori: per venire a patti con i cambiamenti e i contrasti dei fenomeni non richiede quegli sconvolgimenti e quei drammi interiori che la sentimentalità, a causa della sua natura conservatrice, richiederebbe necessariamente per adattarsi ad un ritmo analogo di esperienze”25. Si va quindi rafforzando l’idea che l’uomo moderno a causa della sovra stimolazione intellettiva ha maggiori problemi rispetto all’individuo che vive all’interno di un contesto meno stimolante, caratterizzato invece che dai rapidi mutamenti alla ripetizione, alla consuetudine della quotidianità: “così il tipo metropolitano – che naturalmente è circondato da mille modificazioni individuali – si crea un organo di difesa contro lo sradicamento di cui lo minacciano i flussi e le discrepanze del suo ambiente esteriore: anziché con l’insieme dei sentimenti, reagisce essen24 25

Ibidem. Ivi, p. 37.

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zialmente con l’intelletto, di cui il potenziamento della coscienza, prodotto dalle medesime cause, è il presupposto psichico. Con ciò la reazione ai fenomeni viene spostato in quell’organo della psiche che è il meno sensibile ed il più lontano dagli strati profondi della personalità. Questo intellettualismo, che intendiamo come una difesa della vita soggettiva contro la violenza della metropoli, si ramifica e si interseca con molti altri fenomeni”26. La differenza tra le relazioni affettive e quelle intellettuali è data dalla razionalità, che è manchevole nel primo tipo di relazione ed è presente invece, nel secondo tipo. Ciò nell’analisi di Simmel è dato dal fatto che “tutte le relazioni affettive tra le persone si basano sulla loro individualità, mentre quelle intellettuali operano con gli uomini come se fossero dei numeri, come se fossero elementi di per sé indifferenti, che interessano solo per il loro rendimento oggettivamente calcolabile. È in questo modo che l’abitante della metropoli si rapporta con i suoi fornitori o con i suoi clienti, con i suoi servi e spesso anche con le persone che appartengono al suo ambiente sociale e con cui deve intrattenere qualche relazione, mentre in una cerchia più stretta l’inevitabile conoscenza delle individualità produce una altrettanto inevitabile colorazione affettiva del comportamento, che va al di là del mero inquadramento oggettivo della relazione in termini di prestazione e controprestazione”27. Ancora più marcatamente possiamo “ricordare che le metropoli sono i veri palcoscenici di questa cultura che eccede e sovrasta ogni elemento personale. Qui, nelle costruzioni e nei luoghi di insegnamento, nei miracoli e nel comfort di una tecnica che annulla le distanze, nelle formazioni della vita comu26 27

Ibidem. Ivi, p. 38.

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nitaria e nelle istituzioni visibili dello Stato, si manifesta una pienezza dello spirito cristallizzato e fattosi impersonale così soverchiante che – per così dire – la personalità non può reggere il confronto. Da una parte la vita le viene resa infinitamente facile, poiché le si offrono da ogni parte stimoli, interessi, modi di riempire il tempo e la coscienza, che la prendono quasi in una corrente dove i movimenti autonomi del nuoto non sembrano neppure più necessari. D’altra parte, però, la vita è costituita sempre di più di questi contenuti e rappresentazioni impersonali, che tendono a eliminare le colorazioni e le idiosincrasie più intimamente singolari; così l’elemento più personale, per salvarsi, deve dar prova di una singolarità e una particolarità estreme: deve esagerare per farsi sentire, anche da se stesso”28. La necessità della distinzione è la contraddizione che si genera nelle “due forme di individualismo, entrambe alimentate dalle condizioni quantitative della grande città (l’indipendenza individuale e lo sviluppo dell’originalità o peculiarità personale), la metropoli acquista un valore del tutto nuovo nella storia universale dello spirito”29; in questa contraddizione che è possibile interpretare la lettura intorno alla “passionalità fredda”, poiché nell’uso di questo termine è realizzabile una spiegazione di questo particolare conflitto relazionale.

2. L’instabilità della relazione In questo contesto di oggettivazione della vita è ancor più difficile pensare alla stabilità di una relazione di coppia. La razionalizzazione dei comportamenti sociali, ma anche di quelli 28 29

Ivi, pp. 54-55. Ivi, p. 55.

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emotivi e relazionali hanno determinato il formarsi di un’incapacità di sentire pienamente le emozioni o un dettame che porta all’indifferenziazione degli individui all’interno di un contesto sociale troppo ampio perché sia compreso nelle diverse e molteplici forme. Il rischio di vivere in una realtà moderna metropolitana è quello di avere la possibilità di avere tanti contatti relazionali diversi, ma “se al continuo contatto esteriore con una infinità di persone dovesse corrispondere la stessa quantità di reazioni interiori che si verifica in una città di provincia, dove ciascuno conosce quasi tutti quelli che incontra e dove si ha un rapporto effettivo con ognuno, ciascuno di noi diverrebbe interiormente del tutto disintegrato, e finiremmo per trovarci in una condizione psichica insostenibile”30. Il risultato di un sistema di relazioni troppo esteso induce irrimediabilmente all’indifferenza, ma anche “così ciò che in questa forma di vita appare immediatamente come dissociazione è in realtà soltanto una delle forme elementari di socializzazione”31. È chiaro come il prodotto nella modernità è innanzi tutto un grado di libertà del quale non si può godere in società ristrette e comunitarie, dove la reciprocità degli scambi ha bisogno soprattutto di un riconoscimento dell’altro che sembra venir meno in una grande realtà indistinta come quella metropolitana. Ma la libertà personale, l’individualismo se da una parte ci libera dalle pressioni dell’appartenenza ad una cerchia sociale ristretta, dall’altra rende più scisse ed indistinte le potenzialità che ci sono offerte dal supermercato delle opportunità: “in un senso sublimato e raffinato, l’uomo metropolitano è «libero» in confronto alle piccinerie e ai pregiudizi che limitano l’oriz30 31

Ivi, pp. 44-45. Ivi, p. 46.

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zonte di chi vive nella città di provincia. Il riserbo e l’indifferenza reciproci – i presupposti spirituali delle cerchie più ampie – non sono mai avvertiti più fortemente nei loro effetti sull’indipendenza dell’individuo che nella più densa confusione della metropoli, dove la vicinanza e la angustia dei corpi rendono più sensibile la distanza psichica. Ed è solo l’altra faccia di questa libertà il fatto che a volte non ci si senta da nessuna parte così soli e abbandonati come nel brulichìo della metropoli: qui come altrove, non è detto affatto che la libertà dell’uomo si debba manifestare come un sentimento di benessere nella sua vita affettiva”32. Nella società moderna il grado di libertà apparentemente illimitata di cui godiamo si ripercuote anche nella vita relazionale, ed è proprio in quest’ambito di nostro interesse che è possibile rimarcare i suoi possibili effetti. Aldo Carotenuto, a tale proposito, si riferisce alla relazione di coppia per indagare i motivi per i quali oggi siamo così stimolati a ricercare nella società multiforme ed instabile, la certezza temporale di un legame emotivo, il quale rimane però troppo vincolato alla scelta individuale e non a quella relazionale. Si propone al riguardo un paragone tra i rapporti di coppia e una grande struttura architettonica: “sarebbe bello che potessero durare in eterno, ma sono purtroppo destinati a subire l’insulto del tempo. Coloro che confidano in una passione sempre cocente e in un inesauribile desiderio di rimanere l’uno accanto all’altra, dovrebbero prepararsi alla delusione. I legami sentimentali non possiedono gli strumenti per rimanere vivi e saldi: siamo noi a doverci impegnare giorno dopo giorno per renderli tali. Le coppie che si aspettano che un buon rapporto vada avanti da sé e 32

Ivi, p. 49.

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rimanga tale nonostante il susseguirsi delle stagioni, quindi, si sono già immesse sulla strada sbagliata, su un sentiero che, di certo, le condurrà verso la separazione o, quanto meno, il silenzio e l’incompatibilità”33. Il vero problema non è quindi rappresentato dalla fase dell’innamoramento, sia se parliamo di passione calda o fredda. L’innamoramento è un viaggio che ognuno di noi compie autonomamente; esistono delle dinamiche che non sempre siamo in grado di controllare e forse un giorno riusciranno ad inventare una pillola capace di indurre l’innamoramento o di evitarlo34; ad oggi siamo ancora in balia di un processo incontrollabile, ma ciò che preoccupa le coppie risiede nel come mantenere vivo l’amore e la struttura architettonica della relazione. Nella realtà odierna la passione fredda rappresenta l’incapacità di compiere questo percorso, che prevede un impegno, manifesta “un forte dispendio di energie, una grande disponibilità al dare piuttosto che al ricevere e, naturalmente, l’essere sempre in attività e all’erta per vigilare sul rapporto che intendiamo proteggere e rafforzare”35. Se i nostri sentimenti sono così intensi, se l’amore che proviamo è così forte perché viene meno tutto il nostro progetto avviato con l’innamoramento? Se il nostro amore è ricambiato,

33

Carotenuto 2003, pp. 114-115. Si cita a riguardo lo studio dell’antropologa americana Helen Fisher che dopo aver pubblicato Anatomy of Love: A Natural History of Mating, Marriage, and Why We Stray (1992) e The First Sex:The Natural Talents of Women and How They Are Changing the World (1999), si è cimentata in una ricerca tesa ad individuare se esiste una relazione tra le sostanze chimiche prodotte dal nostro organismo e la nascita delle pulsione emotive e passionali: Why We Love: The Nature and Chemistry of Romantic Love (2004). 35 Carotenuto 2003, p. 116. 34

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cosa accade nel momento in cui sembra non soddisfare più le nostre emozioni e sensazione? E spesso molto presto finisce senza risposte, ma anche senza domande, nella maniera più semplice, inspiegabile e definitiva. Facendo ancora nostra l’analisi di Simmel se l’amore è un investimento, un processo vitale, pervaso da un’energia vitale, da una forza propulsiva capace di avviare l’innamoramento, è allora necessario conoscere, in forma conscia o inconscia, i meccanismi capaci di mantenere viva questa forza vitale, per rendere possibile lo sforzo e riuscire a sconfiggere tutti gli eventuali ostacoli che potrebbero intralciare il nostro cammino in due; gelosie, invidie, debolezze personali, non da ultime paure, insicurezze che non aiutano ad avere una visione della realtà. E se è possibile definire l’amore un progetto, ma anche un impegno che ha bisogno di forza e vitalità per mantenersi vivo, l’impegno è il termine che può descrivere meglio cosa veramente significa stabilire una relazione emotiva a due. L’impegno di cui si parla è di tipo fisico e mentale, è la capacità di mettere da parte i propri egoismi e pensare all’altro da sé. È un investimento importante, un impegno pesante, significa rinunciare ad un equilibrio che ci siamo costruiti nel corso del tempo, un equilibrio che può essere anche l’instabilità che caratterizza il nostro modo di vivere l’affettività. Anche se questa non è la sede, sappiamo quanto l’espressione dei sentimenti, delle emozioni ha una relazione diretta con le vicende di attaccamento che abbiamo vissuto nei primi anni della nostra vita. Il legame con i genitori o con le figure che hanno svolto questa funzione di cura nell’infanzia hanno influenzato profondamente la nostra capacità di amare, poiché “ci sono tanti modi di amare, tante maniere di sentire ed esprimere l’attaccamento ad una persona specifica. Modi contorti, complicati,

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modi che possono perfino creare disagio in chi è l’oggetto di questo affetto. Modi che producono dolore, anziché felicità, in chi ama. E molti sono i percorsi che portano all’infelicità!”36. In quest’epoca di conflitti ed instabilità emotive ci sembra quindi ormai conclusa l’epoca dell’amore eterno, ma forse sarebbe più giusto affermare che l’idea di amore eterno è frutto di un’idea di passionalità tragica che non ci appartiene più; il prodotto di una costruzione poetica, religiosa che non ha nulla a che fare con la concretezza dei rapporti di coppia, quelli veri, che hanno formato la nostra persona, quei rapporti che abbiamo vissuto direttamente nella nostra vita vera. Il rapporto di coppia, quello reale, fatto di gesti quotidiani, di emozioni più o meno forti, si caratterizza di tutte le sfumature emotive che ci fanno gioire e soffrire, quelle con le quali siamo costretti fare i conti quando dobbiamo costruire, investire in un rapporto a due, eterosessuale o omosessuale. In quest’ottica la coppia per poter mantenere viva l’unione deve fare mille sforzi quotidiani, perché l’amore non è quello elogiato, esaltato dai romanzieri, le nostre storie non sono romanzi rosa, l’esaltazione dell’idea d’amore si scontra con la realtà quotidiana, ed oggi nel postmoderno quando due persone si mettono insieme, direi meglio, si mettono “in gioco” lo fanno con la speranza del meglio possibile, ma quando ci si accorge che non funziona, che lo stare insieme non rende più felici la scelta di lasciarsi è un opzione possibile e non improbabile. Erich Fromm lucidamente descrive in maniera incisiva la nostra incapacità di manifestare pienamente i sentimenti rispetto alla realtà che abbiamo reso insignificante, priva del suo reale valore soggettivo, ma mostrando solo l’oggettivazione di ogni evento vitale. L’oggettivazione, di cui Simmel aveva chiaramente denunciato i 36

Attili 2004, pp. 96-97.

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limiti, ha determinato un processo di astrattizzazione evidente anche nell’uso del nostro linguaggio, soprattutto “quando le parole non si riferiscono a oggetti reali ma a percezioni interne, come per esempio l’amore. Cosa intendiamo quando parliamo di amore? Una cosa stupenda certo, ma ormai non esiste praticamente nulla sulla faccia della terra che non venga chiamato amore: crudeltà, dipendenza, dominazione, amore vero, paura, comportamenti convenzionali, quasi tutto viene chiamato amore. L’affermazione «lo amo» può significare qualunque cosa, da una blanda simpatia o da un modo cortese per evitare di dire che lo si odia, fino a quei sentimenti di cui hanno parlato i grandi poeti. L’intera gamma viene coperta da una sola parola”37. Analizzato da questo punto di vista è reale parlare di “passionalità fredda”, se con questa espressione vogliamo intendere una razionalità della propria emotività, un considerare i desideri personali così importanti da indurci, nel momento in cui il “gioco” non funziona più, a lasciar stare e porre termine alla relazione. Quest’atteggiamento chiaramente evidenzia un grado di egoismo determinato anche dall’incapacità di vivere senza calcolare e soppesare ogni avvenimento secondo il metro dell’oggettività materiale, figlio di uno “spirito moderno […] sempre più calcolatore. All’ideale delle scienze naturali, quello di trasformare il mondo intero in un calcolo, di fissarne ogni parte in formule matematiche, corrisponde l’esattezza calcolatrice della vita pratica che l’economia monetaria ha generato; solo quest’ultima ha riempito la giornata di tante persone con le attività del bilanciare, calcolare, definire numericamente, ridurre valori qualitativi a valori quantitativi”38. Simmel descrive 37 38

Fromm 2005, p. 52. Simmel 1998b, p. 40.

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la fredda reciprocità degli scambi relazionali, proprio perché “il carattere calcolatore del denaro ha introdotto nelle relazioni fra gli elementi della vita una precisione, una sicurezza nella definizione di uguaglianze e disuguaglianze, una univocità negli impegni e nei contratti, come quella che è prodotta esteriormente dalla diffusione generalizzata degli orologi da tasca”39. Non possiamo poi dimenticare la figura paradigmatica che Simmel individua per descrivere l’incapacità nel provare le sensazioni più profonde, determinando quell’impersonalità dell’essere “blasé […] conseguenza di quella rapida successione e di quella fitta concentrazione di stimoli nervosi contraddittori, dai quali ci è sembrato derivare anche l’aumento dell’intellettualismo metropolitano; tanto è vero che le persone sciocche e naturalmente prive di vita intellettuale non tendono affatto a essere blasé ”40. Ma ciò che effettivamente può rendere gli uomini ed oggi anche le donne dei tipi blasé, non è né la smoderatezza nei piaceri né tanto meno l’incapacità di cogliere la contraddizione della vita nella società moderna. Il blasé è essenzialmente incapace di reagire agli stimoli che la società gli procura, con la giusta energia, e secondariamente “nell’attutimento della sensibilità rispetto alle differenze fra le cose, non nel senso che queste non siano percepite – come sarebbe il caso per un idiota – ma nel senso che il significato e il valore delle differenze, e con ciò il significato e il valore delle cose stesse, sono avvertiti come irrilevanti. Al blasé tutto appare di un colore uniforme, grigio, opaco, incapace di suscitare preferenze. Ma questo stato d’animo è il fedele riflesso soggettivo dell’economia monetaria, di quanto questa sia riuscita a penetrare fino in fondo. Nella misura in cui il denaro pesa tutta la varietà delle cose 39 40

Ibidem. Ivi, p. 42.

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in modo uniforme ed esprime tutte le differenze qualitative in termini quantitativi, nella misura in cui il denaro con la sua assenza di colori e la sua indifferenza si erge ad equivalente universale di tutti i valori, esso diventa il più terribile livellatore, svuota senza scampo il nocciolo delle cose, la loro particolarità, il loro valore individuale, la loro imparagonabilità. Le cose galleggiano con lo stesso peso specifico nell’inarrestabile corrente del denaro, si situano tutte sullo stesso piano, differenziandosi unicamente per la superficie che ne ricoprono”41. La freddezza, la mancanza di colore, di sfumature sono i termini attraverso i quali Simmel descrive l’incapacità dell’uomo moderno di riuscire a rapportarsi alla realtà se non attraverso l’uso del denaro e del raziocinio calcolatore, tanto che “a volte questa coloritura – o sarebbe meglio dire scoloritura – delle cose, che è prodotta dalla loro equivalenza col denaro, può essere impercettibile; si percepisce bene però nel rapporto che ha il ricco con gli oggetti che può comperare, e forse già nel carattere complessivo che lo spirito pubblico ora dappertutto attribuisce a tali oggetti”42. La vita tranquilla degli individui, non soggetta a sovra stimolazioni esterne, li spinge ad avere reazioni circoscritte, poiché è attraverso la cultura e le tradizioni che essi hanno appreso il modo per reagire fisicamente e psicologicamente alla propria vita sociale. Ma ora la società moderna e soprattutto quella urbana, dei grandi centri cittadini, “ha trasformato la lotta con la natura per il cibo in una lotta per l’uomo: che la posta in palio non viene data dalla natura, ma dall’uomo”43. L’uomo il costruttore primo della propria vita, tale da condurre “alla individualizzazione spirituale delle qualità 41

Ivi, p. 43. Ibidem. 43 Ivi, p. 52. 42

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psichiche in senso stretto, cui la città dà occasione in virtù della sua ampiezza. Una serie di cause è evidente. Innanzitutto, la difficoltà di mettere in risalto la propria personalità all’interno delle dimensioni della vita metropolitana. Dove l’aumento quantitativo del valore e dell’energia ha toccato il limite, si ricorre alla particolarizzazione qualitativa per poter attirare su di sé in qualche modo, grazie alla stimolazione del senso delle differenze, l’attenzione del proprio ambiente: ciò che finisce per portare alle eccentricità più arbitrarie, alle stravaganze tipicamente metropolitane della ricercatezza, dei capricci, della preziosità, il cui senso non sta più nei contenuti di tali condotte, bensì solo nell’apparire diversi, nel distinguersi e nel farsi notare – il che in definitiva rimane per molti l’unico mezzo per salvare, attraverso l’attenzione degli altri, una qualche stima di sé e la coscienza di occupare un posto”44. È chiaro, del resto, anche dalla lettura di altri lavori simmeliani, che i tratti caratteristici degli uomini e delle donne che vivono la modernità sono quelli dell’essere sovra esposti ad un bombardamento di stimolazioni oggettive e sensoriali che facilmente possono causare l’incapacità e la paura di non riuscire a gestire tutto quanto hanno innanzi. Questo stato di esitazione ed incertezza si determina anche, e vorrei aggiungere soprattutto, nelle relazioni dirette, poiché “la brevità e la rarità degli incontri che, in confronto alle relazioni quotidiane della piccola città, sono concessi a ciascuno. La tentazione di presentarsi in modo arguto, conciso, possibilmente caratteristico, è infatti straordinariamente più forte in questo caso che là dove la frequenza e la durata degli incontri fornisce a ciascuno un’immagine inequivocabile della personalità dell’altro”45. 44 45

Ivi, pp. 52-53. Ivi, p. 53.

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L’egoismo dell’epoca odierna deve essere necessariamente rapportato ai caratteri che definiscono la società postmoderna. La rappresentazione della società attuale, veloce e in continuo mutamento è definita metaforicamente “liquida” da Bauman. Una società liquida, senza margini e in continuo divenire, un mare mai quieto, in preda ad una continua burrasca, in cui ciò che qualifica la modernità è di conseguenza l’individualizzazione, la privatizzazione “in cui l’onere di tesserne l’ordito e la responsabilità del fallimento ricadono principalmente sulle spalle dell’individuo. Sono i modelli di dipendenza e interazione per i quali è oggi scoccata l’ora di essere liquefatti. Oggi tali modelli sono malleabili in una misura mai sperimentata o finanche immaginata dalle generazioni passate, ma al pari di tutti i fluidi non conservano mai a lungo la propria forma. È molto più facile plasmarli che mantenerne la foggia”46. La modernità liquida produce soggetti individualizzati, egoisti, ma soprattutto incerti nelle scelte e quando queste scelte riguardano un altro da noi, con il quale formiamo una coppia, dobbiamo anche fare i conti con una realtà instabile e poco incline alla persistenza e alle certezze della terra ferma. In questo mare i due partners nuotano insieme, ma può accadere che il movimento dell’uno ad un certo momento non sia più sincronizzato con l’altro, tanto da diventare difficile incontrarsi e riuscire a riprendere la stessa direzione. La metafora del mare è di aiuto per spiegare e descrivere l’andamento delle coppie moderne. Si evidenzia chiaramente come i processi di emancipazione abbiano creato un contesto di vita complesso in cui, secondo l’analisi della coppia Beck-Gernsheim, i processi di individualizzazione della società moderna mostrano una doppia faccia; 46

Bauman 2005, p. XIII.

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“Da un lato vi è in essi la possibilità di maggiore libertà, intesa come allargamento dell’ambito di vita, come acquisizione di spazi di azione e possibilità di scelta. Dall’altro, però, nel corso della vita sorgono rischi, conflitti e fratture nuovi. Questa doppia faccia dei processi di emancipazione, la dialettica tra le promesse e il rovescio della libertà, si mostra in particolare anche nel campo dei rapporti tra i sessi”47. I rapporti a due sono oggi i rapporti a più alto rischio, che soffrono di quest’ambivalenza poiché “se il matrimonio viene sgravato dalle restrizioni, dai controlli, dalle costrizioni della società premoderna, se diventa una comunità, liberamente scelta, di due individui, nello spazio interno del rapporto a due sorgono contemporaneamente irritazioni, lotte, conflitti nuovi. O, detto altrimenti, se alla fine vince, l’amore deve subire molte sconfitte”48.

3. Le relazioni generate dalla passione fredda Nel passaggio da una società premoderna ad una moderna che cosa è accaduto? Ulrich Beck ci parla di tre epoche che hanno definito il rapporto relazionale tra uomini e donne. Il primo è quello della famiglia intesa come “comunità economica” (non vi era per nessuno dei partners una biografia autonoma); la seconda epoca è quella della “famiglia allargata che inizia a dissolversi”, nella cui vita dell’uomo si manifesta sempre più marcatamente il processo dell’individualizzazione, in cui però il ruolo della famiglia è ancora centrale, anche se il peso ricade sulle donne; l’ultima epoca è quella che caratterizza il XX secolo, nella quale entrambi i sessi (anche se ancora in misura di47 48

Beck, Beck-Gernsheim 1996, p. 106. Ibidem.

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versa), iniziano a sperimentare i benefici e gli oneri della propria vita. In quest’ultimo passaggio, si determina la condizione di assistere alla nascita di nuove forme di relazioni sociali e, di conseguenza, anche di nuove conflittualità, in cui i due sessi si scontrano e s’isolano nella difesa delle proprie posizioni. Nell’analisi di Beck si sottolinea la fragilità della relazionalità tipica dei rapporti tra gli uomini e le donne. Due sono gli elementi che causano la debolezza dei rapporti; il primo è dato dall’incapacità di riuscire a manifestare pienamente i desideri di autonomia ed indipendenza, necessari agli uomini e alle donne di oggi ad assumere il proprio ruolo d’individuo (uomo o donna); il secondo nasce dall’esigenza di stabilire una comunanza durevole con altre persone. Si tratta di un dualismo non semplice, non solo da esplicare, ma soprattutto da risolvere, a causa delle forti spinti emotive e sociali che caratterizzano la conflittualità relazionale; tanto che per Simmel: “per questa via il conflitto diviene la scuola in cui si forma l’io. E al contrario, quanto più ci sforziamo di foggiare armonicamente la vita, quanto più strette relazioni cerchiamo di porre tra le sue parti, quanto più passionalmente insomma, la coscienza dell’io tende a dominare i suoi contenuti, tanto più la vita è destinata a diventare ricca di conflitti”49. Il conflitto tra le parti assume toni sempre più esplosivi e la risposta che sembra ergersi innanzi è la riscoperta di un rapporto, di una disponibilità al compromesso, nel trovare il coraggio di affrontare il processo di negoziazione, per riuscire a rivalutare ed esaltare le potenzialità insite in entrambi i contendenti della relazione sociale (gli uomini e le donne della nostra epoca)50. È chiaro il mutamento profondo che caratterizza que49 50

Simmel 1996a, p. 115. Cfr. Beck, Beck-Gernsheim 1996, pp. 104-105.

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sto tempo, il nostro tempo, in cui sono in gioco non solo i processi economici o politici delle società e i loro effetti, ma sono messi in discussione soprattutto gli individui, quegli attori sociali che determinano con le loro azioni l’andamento delle società. In questo breve spaccato di problematiche relazionali che caratterizzano le società odierne, pensare ed utilizzare l’impostazione simmeliana, che così grande rilievo ha dato alla relazionalità sociale, diviene una chiave di lettura possibile per tentare di decifrare/comprendere il perché proprio le relazioni più intime e fondanti assumano un’importanza decisiva. Sono proprio queste relazioni, nate dal desiderio di condividere la nostra unicità con un’altra unicità diversa da noi, che, entrando in crisi, sottolineano la conflittualità tra due mondi (quello maschile e quello femminile), ormai incapaci di riuscire a comunicare le proprie sensazioni e di confrontare i propri desideri; poiché come mostra Beck “le persone sono rilasciate dalle certezze del progresso e dalle forme di vita della società industriale in una solitudine dell’autoresponsabilità, dell’autodeterminazione e dell’autominaccia del vivere e amare, alla quale non sono preparate e neanche attrezzate dalle condizioni esterne, dalle istituzioni. Individualizzazione vuol dire: le persone sono emancipate dai ruoli sessuali interiorizzati, quali sono previsti nel progetto di costruzione della società industriale […] e si vedono nello stesso tempo costrette […] a costruire una esistenza propria, sotto pena di pregiudizio materiale […] e a imporre e mantenere questa all’occorrenza contro i legami familiari, di coppia e di vicinato”51. Dovendo dare una risposta a questi mutamenti, quando e quali sono state le condizioni che hanno determinato questo cambio di prospettiva relazionale? 51

Ivi, p. 15.

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Si è già affermato che le motivazioni risiedono proprio nel passaggio che si è indicato da una società di tipo tradizionale alla società moderna. Se poi, come sappiamo, il movimento è stato delimitato principalmente da spinte economico-industriali, è proprio nel mercato del lavoro che risiede la recente immagine del singolo e della singola, intesi come nuovi tipi sociali con caratteristiche distinte rispetto agli individui della società tradizionale. I nuovi singoli sono, secondo la definizione di BeckGernsheim, totalmente mobili, senza nessun riguardo per i legami sentimentali, in stretta correlazione con il tipo di lavoro fungibile, flessibile, cosciente della prestazione e della concorrenza, in cui gli individui sono come riescono ad apparire in quest’immagine stereotipata, al cui interno non v’è spazio per la famiglia tradizionale che impone legami troppo costrittivi rispetto alle richieste del mercato. L’individuo di quest’epoca “veste abiti firmati, vola di qua e di là e cambia casa come vogliono la domanda e chi la formula sul mercato del lavoro”52, incapace o forse meglio, disabituato a pensare in termini stabili e duraturi. L’individualizzazione, pertanto, va intesa come fenomeno cangiante, contrastante. Da una parte l’autoresponsabilità dell’individuo e dall’altra l’incapacità a comprendere processi che creano nei soggetti dipendenza e condizionamenti sociali, difficili da spiegare completamente: “Gli individui emancipati diventano dipendenti del mercato del lavoro e perciò dipendenti dell’istruzione, dipendenti da regolamenti e previdenze di diritto sociale, da pianificazione del traffico, posti e orari nei giardini d’infanzia, dai versamenti per l’istruzione da modelli pensionistici”53. Siamo così innanzi ad una trasformazione storico52 53

Ivi, p. 16. Ivi, p. 17.

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sociale del rapporto uomo-donna, ma tra le due figure, quella femminile è la figura che sin dall’inizio si è dovuta confrontare con la necessità di ridiscutere il proprio ruolo sociale alla luce di tali cambiamenti. È la donna alla ricerca di un’indipendenza economico-sociale e familiare, è la donna che deve mettersi alla prova con i numerosi problemi identitari, è la donna che lavora nella ridefinizione della propria capacità di costruire relazioni affettive. L’uomo in questo processo di trasformazione identitaria non è costretto a ridefinire in modo radicale il significato ed il valore del ruolo sociale maschile, perché pur essendo mutato in parte il suo ruolo, il cambiamento non ha intaccato la propria capacità di mantenere una posizione di privilegio, di controllo sociale e di prestigio; l’homo oeconomicus non ha dovuto ridefinire radicalmente le proprie caratteristiche all’interno dell’ambito familiare (anche se questo non è del tutto veritiero, si pensi alle lotte dei padri divorziati nei confronti dei giudici che sempre, incondizionatamente, ritengono le madri le uniche in grado di dare il giusto e necessario contenimento emotivo per i figli). In questo scenario di redifinizione dei ruoli sociali, qual è la figura, la persona autonoma che meglio riesce a sopravvivere nel mantenimento di quest’indipendenza? Soprattutto quando il passaggio crea delle fratture all’interno della vita comune e di quelle istituzioni sociali che sino a pochi anni fa servivano al mantenimento della coesione sociale; queste figure risultano essere il matrimonio e la famiglia. La messa in evidenza, operata dai sociologi contemporanei della conflittualità insita nello stato delle società attuali, era già presente anche negli Autori della Scuola di Francoforte, i quali avevano lucidamente mostrato l’instabilità delle società industriali e distinguendo anche nell’analisi relazione il conflitto tra soggetti incapaci di dare ordine all’interno di un sistema socia-

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le razionale ed individuale, ma altrettanto incerto ed incline all’instabilità. Fromm rispetto ai sentimenti parla dell’alienazione del pensiero e dei sentimenti più profondi, così che il provare emozioni è un esercizio sempre più avulso dalle nostre capacità relazionali tanto da poter parlare di sentimentalismo, ovvero un “sentimento subordinato alla mancanza di relazionalità: il sentimento trabocca ma è vuoto, poiché nonostante il bisogno di provare emozioni non vi è nulla cui tali emozioni possano riferirsi”54. Il pessimismo che sembra emergere da quest’analisi non vuole in nessun modo farci credere che non ci sia nessuna speranza per la vita di coppia, ma oggi la vita e la vitalità della coppia non sono più determinate da fattori esterni, coercitivi come poteva essere il matrimonio per tutta la vita, fino che morte non ci separi, o dalle convenzioni sociali. Nel momento in cui si è superato il confine dell’amore eterno, l’amore diviene libero, un amore che può resistere all’usura del tempo solo ed esclusivamente se i due partners decidono che vale la pena investire e progettare la propria vita in due. Il rapporto di coppia, è ormai chiaro, si caratterizza per una struttura emotiva fragile, instabile, incerta, a volte effimera, in cui le ragioni, i motivi che ci spingono a fare quest’investimento sono diversi e mai uguali a se stessi, ma soprattutto ciò ha determinato un profondo cambiato nel rapporto di coppia è come soprattutto viene pensata e vissuta l’istituzione del matrimonio e di tutte le diverse forme che servono al riconoscimento sociale dalla coppia. È un argomento di attualità in molti paesi occidentali ed anche il governo italiano, proprio in questa legislatura, si sta chiedendo, sot-

54

Fromm 2005, p. 63.

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to il peso di altre scelte politiche europeiste, cosa è cambiato nell’istituto della famiglia e della sua celebrazione55. Simmel si occupa in diversi lavori delle relazioni istituite, come è per esempio il matrimonio. L’idea del matrimonio simmeliana si rintraccia anche nel saggio La Moda, in cui evidenzia la dualità di quest’istituzione “la cui doppia funzione è di comprendere in sé una cerchia e nello stesso tempo di separarla dalle altre […] come l’energia unitaria di queste istituzioni non si può esprimere che componendola nella sua doppia efficacia verso l’esterno e verso l’interno, il matrimonio deriva il proprio carattere e soprattutto i propri diritti morali, diritti che molto spesso vengono sentiti come ingiustizie da quanti sono esclusi da una determinata classe, dal fatto che il singolo rappresenta e conferma con il suo matrimonio quello della sua cerchia e del suo strato sociale”56. Ogni istituzione sociale è la manifestazione di una forma di vita sociale, che contiene e si caratterizza di 55 A riguardo ci si riferisce all’atteggiamento dei governi europei nei confronti delle coppie stabili, eterosessuali o omosessuali, che scelgono forme altre rispetto al matrimonio, chiedendo il riconoscimento dei diritti principali per la tutela della coppia. Si parla così di PACS (Pacte civil de solidarité), istituto introdotto nell’ordinamento francese nel novembre 1999. In forza di uno specifico contratto, la legge riconosce a due persone conviventi, anche dello stesso sesso, una serie di diritti connessi alla loro vita in comune. I diritti previsti sono: regolazione del regime patrimoniale e degli acquisti fatti in comune; attribuzione ai contraenti di diritti e doveri di mutua assistenza morale e materiale; riconoscimento dello status di eredi legittimi, con libertà di disporre diversamente nel testamento; diritto di soggiorno al partner straniero; pensione di reversibilità quando la convivenza ha avuto una durata di almeno tre anni; estensione al partner dell’assistenza sanitaria; diritto di visita in ospedale; diritto di visita in carcere; diritto di successione nel contratto di affitto; facoltà di prendere decisioni in caso di malattia del partner. 56 Simmel 2005, pp. 16-17.

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elementi duali, una “tendenza all’eguaglianza sociale e quella alla differenziazione individuale e alla variazione si congiungono in un fare unitario”57. Il nostro sentirci parte della realtà sociale contraddistingue ogni istituzione; ciò vale per il matrimonio, per la famiglia o per lo stato, ma ciò entra anche in forme di vita che possono apparentemente sembrare estranee a questo processo, come la moda o l’opera d’arte. Invece, la visione d’insieme che ci propone Simmel è la dimostrazione della necessità sociale da parte degli individui di trovare un referente, una giustificazione al proprio agire, un significato dato dalla società. Per questo motivo anche la moda assume un valore fondamentale nella comprensione della relazionalità sociale, poiché non riguarda esclusivamente un oggetto, un abito, un arredamento di moda in questo o in un altro periodo storico-culturale, tutto trova una sua corrispondenza nel significato dell’astrattezza o nella sua organizzazione. Separazione/ imitazione, eguaglianza/differenziazione, così “anche nella vita dello spirito siamo dominati in parte dall’aspirazione all’universale, in parte avvertiamo la necessità di cogliere il particolare: se il primo dà al nostro spirito la quiete, il secondo lo costringe a percorrere tutti i singoli casi. Non diversamente, nella vita del sentimento, cerchiamo la quieta sottomissione a uomini e cose non meno dell’energica autoaffermazione nei confronti di entrambi. Tutta la storia della società si svolge nella lotta, nel compromesso, nelle conciliazioni lentamente conquistate e rapidamente perdute che intervengono fra la fusione con il nostro gruppo e il distinguersene individualmente. Filosoficamente, l’oscillazione della nostra anima tra questi due poli può prendere corpo nel contrasto fra la dottrina dell’unità del tutto e il dogma dell’incomparabilità, dell’essere-per-sé di ogni 57

Ivi, p. 16.

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elemento del mondo […] ogni forma essenziale di vita nella storia della nostra specie rappresenta nel proprio ambito un modo particolare di unire l’interesse alla durata, all’unità, all’uguaglianza con la tendenza al cambiamento, al particolare, al caso unico”58. È possibile in questo caso richiamare l’analisi di Moscovici, il quale propone un’interpretazione del pensiero simmeliano riguardo alle istituzioni; si legge: “la stabilità delle istituzioni sociali deriva dal movimento di migliaia o milioni di individui che scambiano, scelgono, si amano, si odiano o si combattono […] egli non mira a ricondurre la legge degli insiemi sociali a quella degli elementi personali, ma a scoprire il tessuto delle interazioni tra tali elementi”59. Idea che confermiamo attraverso una citazione diretta di Simmel, il quale a proposito della stabilità delle istituzioni nel 1907 scrive: “Conformità agli scopi sociali, che al giorno d’oggi forse risultano ancora indispensabili, alimentano spesso la fede che in questo campo si diano unioni e appartenenze incondizionate, laddove lo sviluppo effettivo comincia già a scomporre e a renderne autonomi gli elementi. Lo sviluppo esercita la sua critica reale innanzitutto nei confronti della forma della monogamia. Se due persone si amano nell’assoluta profondità e purezza del loro essere, di là da ogni mera infatuazione sensuale momentanea e da ogni illusione su se stessi e sull’altra persona, sembra del tutto naturale che il matrimonio per la vita debba essere l’espressione adeguata alla loro relazione interiore”60.

58

Simmel 2005, pp. 12-13. Moscovici 1991, p. 344. 60 Simmel 2004, pp. 232-233. 59

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È possibile al riguardo citare anche il saggio di Thomas Mann Sul matrimonio, in cui lo scrittore nel 1925 realizza un’apologia del matrimonio nel periodo della restaurazione morale compiuto nella Germania di Weimar. Il saggio fa parte di un libroinchiesta sul matrimonio curato da H. Keyserling, in cui Mann si cimenta per dare un suo contributo alla campagna moralizzatrice. Come nota la curatrice della traduzione italiana, Anna Maria Carpi, il saggio di Mann rileva “la crisi del matrimonio, provocata dalla dissoluzione del «concetto epico di comunità domestica», è la crisi dell’epicità stessa. E la causa evidente della crisi è l’insubordinazione di coloro che per tradizione erano i subordinati, rispettivamente la donna, i figli, i servi. I quali oggi reclamano il loro personale diritto alla felicità, il famigerato principio del bourgeois uscito dalla Rivoluzione francese e protagonista dell’assai poco tedesca politicizzazione della società”61. Mann confronta il matrimonio all’arte, poiché in entrambi è presente l’eterno umano “che si modifica ma non perisce, in quanto in entrambi l’inclinazione, il capriccio, l’ispirazione soggettiva si sottomettono a una specie di patto eticoformale: sono Lebensbürgelichkeit, ossia «servizio borghese alla vita», ed entrambi un sacramento, perché è nei sacramenti che lo spirito si fonda sulla materia, la carne, il sangue”62. Mann si confronta con una società, quella moderna tedesca, in cui si assiste ad un cambiamento radicale del modo di considerare il femminile ed il maschile63, e conseguentemente l’istituto borghese del matrimonio entra in crisi divenendo un “problema”: “Il matrimonio, dunque […] un problema. Dive-

61

Carpi 1999, pp. 55-56. Ivi, p. 55. 63 Si rimanda al primo capitolo di questo volume. 62

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nuto problematico, ai giorni nostri, come tutto il resto. I nostri nonni, beati loro, non l’avrebbero capito. Son brutti tempi, i nostri, in cui le cose più necessarie, gli ordinamenti più elementari sembrano divenire impossibili, impossibili dal di dentro, dall’intimo stesso dell’uomo, che è di per se stesso un essere problematico, legato alla natura, obbligato verso lo spirito, una creatura vessata dalla propria coscienza, costretta all’ideale e all’assurdo, con la tendenza a segar sempre il ramo sul quale è seduta […] il matrimonio, infatti, non è un’istituzione «borghese» (a meno che non si dia alla parola il più alto dei significati, quello di «cittadino di questo mondo»), ma esso ha delle fondamenta borghesi, sociali, che sono state scosse”64. Il matrimonio come istituzione sociale ha dei legami profondi con la struttura di riferimento, quella classe sociale borghese che è entrata in piena crisi rispetto ai valori, ai codici di relazione. Che cos’è dunque il matrimonio, un legame sociale, istituzionale, religioso o è la base di una relazione d’amore, intensa, matura, vera? Per rispondere a questa domanda possiamo riferirci anche alla vivace discussione che Tolstòj propone nel La sonata a Kreutzer, in cui uno dei personaggi della storia si chiede: “Ma cos’è dunque questo amore… amore… amore…, consacra forse il matrimonio? […] ma cosa si deve intendere per «amore autentico»? […] L’amore? L’amore significa preferire esclusivamente uno, o una, a qualunque altra persona […] Preferire per quanto tempo? Per un mese? Per due giorni, per mezz’ora? […] il matrimonio dovrebbe basarsi in primo luogo sull’affetto, sull’amore, se si vuole, e che se esistesse un sentimento del genere, allora, e soltanto allora, il matrimonio apparirebbe come un qualcosa, diciamo di sacro. Perciò un matri64

Mann 1999, p. 14.

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monio che non sia basato su affetti spontanei, sull’amore, se si vuole, non avrebbe in sé nulla di moralmente vincolante”65. Simmel e Mann, a distanza di pochi anni, riflettono sul matrimonio come istituzione, per comprendere se sia determinato dalle proprie libere scelte emotive, dall’amore profondo, o invece sia esclusivamente un’istituzione sociale, regolata dalle relazioni sociali; una cerchia di riferimento da cui si origina la famiglia, una struttura di base della società, sino a quando non sia realizzabile una diversa struttura sociale di riferimento. Il conflitto tra il matrimonio come istituzione e il bisogno di una relazione coniugale basata sull’amore trova le sue radici nel romanzo borghese, nel momento in cui “nell’approvare il sentimento come base del matrimonio, il romanzo borghese supera la dicotomia tradizionale tra l’amore e l’istituzione familiare, tra la sfera individuale dell’affettività e l’universo sociale della norma; ma, allo stesso tempo, approfondisce la frattura tra l’amour-passion e l’amore coniugale, preparando il terreno all’emergere di quella conflittualità […] che sopravviverà anche al tentativo romantico di conciliare i due momenti in una sintesi perfetta”66. Il matrimonio, inteso nella sua valenza culturale ed istituzionale, non è poi un problema così recente. Prima di Simmel e Mann si è discusso intorno a quest’istituzione, tanto che già nel 1644 John Milton scrisse un libro dal titolo emblematico: Dottrina e disciplina del divorzio, un’opera pubblicata nell’epoca della rivoluzione puritana che il filosofo Olivier Abel definisce come il testo che segna l’inizio del matrimonio moderno67.

65

Tolstòj 2001, pp. 11-12. Pulcini 1990, p. XIX; cfr. Luhmann 1982. 67 Cfr. Abel 2005. 66

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La differenza tra il matrimonio tradizionale, rispetto a quello moderno differisce sul piano della comunicazione, la struttura di riferimento, sociale, culturale è la medesima, ma ciò che cambia radicalmente è la capacità delle due parti in gioco di mettersi in discussione, parlare, litigare, confrontarsi l’uno di fronte all’altro. Se si avesse la possibilità di costruire una ricerca per studiare il mondo dei separati degli ultimi vent’anni, si avrebbe forse l’opportunità di comprendere le motivazioni che hanno portato alla decisione di lasciarsi, per prova o definitivamente. Sicuramente una delle motivazioni principali, se non proprio scatenante, si potrebbe rintracciare nella mancanza di comunicazione, nell’incapacità di parlare con l’altro, o più semplicemente nell’impossibilità di accettare il nostro e l’altrui cambiamento. Non bisogna, infatti, dimenticare che l’amore è il più semplice dei sentimenti, reso complesso dai meccanismi e dalle parole con le quali cerchiamo di dare significato a ciò che per sua natura non ha bisogno di tanti chiarimenti. L’amore è un processo che si realizza nella comunicazione diretta ed indiretta di emozioni, sensazioni e parole68. La fine di quest’emozione è da imputare principalmente alla fine della comunicazione delle 68 A tale riguardo non possiamo esimerci dal citare il sociologo tedesco Luhmann, il quale ha evidenziato l’importanza della comunicazione nei processi di formazione dei sistemi sociali. In L’amore come passione, l’amore assume i connotati di un medium: l’amore “non è un sentimento, bensì un codice di comunicazione, secondo le cui regole si possono esprimere, formare, simulare sentimenti, subordinarne, negarne altri e con tutto ciò ci si possono aspettare le conseguenze che esso ha quando viene realizzata un’adeguata comunicazione. Già nel XVII secolo […] è del tutto noto che, ogni qualvolta si sottolinei l’amore come passione, si tratta di un modello comportamentale che può essere giocato e si ha davanti agli occhi prima che ci s’imbarchi a cercare l’amore”; Luhmann 2001, p. 21.

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emozioni un tempo comuni. Ci accorgiamo di non amare più l’altro perché non siamo più capaci di confidarci, di esprimere le nostre sensazioni più profonde, ma anche quelle più superficiali, quelle quotidiane, che caratterizzano la nostra giornata. La fine di un rapporto è pensare che tutto possa interrompersi perché non siamo più d’accordo, con le nostre idee, perché l’altro non è più in armonia, non c’è più accordo, conseguentemente il primo contrasto capace di incrinare l’intesa, oggi nel tempo dell’instabilità e liquidità, ci porta rapidamente a pensare alla soluzione estrema ed apparentemente risolutiva: la separazione, chiudendo con frasi del tipo “«siamo adulti, lasciamoci da amici» chiede il giocatore che si ritira dal gioco del matrimonio, con l’abilità di chi è capace di vincere, carpendo la buona fede dell’altro, in giochi senza pietà”69. Più volte è stato ripetuto in questo lavoro, utilizzando le parole di Simmel e di altri filosofi e sociologi, che l’amore è un processo vitale che nasce dal desiderio di costruire; è un viaggio, se vogliamo usare questa metafora, un viaggio attraverso il quale conosciamo l’altro da noi e noi stessi e nel momento in cui l’altro non ci appare più simile a noi, non lo riconosciamo più, chiedendoci come è stato possibile amarlo. Nel momento stesso in cui ci poniamo queste domande non facciamo altro che dimostrare la nostra incapacità di rimetterci in discussione, di ridefinire i confini di questo rapporto; soprattutto perché come afferma Lasch “il culto dei rapporti personali […] nasconde una assoluta diffidenza nei rapporti umani, esattamente come il culto della sensualità implica un rifiuto della sensualità in tutte le sue manifestazioni tranne le più primitive. L’ideologia della crescita personale, superficialmente ottimistica, lascia trapelare profondo sconforto e rassegnazione. È la 69

Bauman 1999, p. 48.

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fede di chi non ha più fede”70. L’amore e i rapporti personali sono quindi i soggetti di cui più si discute, ma ciò che non vogliamo, o forse, non riusciamo ad accettare, è che nella sua semplicità l’amore e le relazioni devono essere alimentate, arricchite, non possono essere lasciate a loro stesse, aspettarsi che riescano a mantenere la propria vitalità semplicemente conservando intatto le fasi iniziali della conoscenza e dell’innamoramento che segue. Dopo le osservazioni fatte circa la fragilità delle relazioni personali e il prevalere di una cultura narcisistica ed edonistica sorgono delle domande circa la sopravvivenza del matrimonio. Innanzitutto il matrimonio ha un futuro? È ancora credibile l’idea dell’istituzione sociale arcaica basata su di un modello di unione per tutta la vita, indissolubile e sacra nell’epoca dell’eterno presente? I dati statistici confermano l’instabilità del matrimonio, l’aumento dei divorzi e delle separazioni nel mondo occidentale e soprattutto il proliferare di nuove realtà familiari nate da relazioni personali diverse, interne o esterne allo stesso nucleo familiare. Non dimenticando che la cultura del narcisismo ha trasformato non solo gli individui, ma la stessa struttura familiare che noi sappiamo essere una struttura fondamentale anche per la costruzione della personalità del singolo71. Per questo motivo “una società che teme di non avere un futuro non può essere molto attenta ai bisogni delle nuove generazioni, e il senso sempre presente di discontinuità storica – il flagello della nostra società – ricade sulla famiglia con effetti particolarmente devastanti”72. Anche per questi motivi oggi la famiglia è sotto controllo costante, psicologi, sociologi, religiosi, 70

Lasch 2001, pp. 65-66. Cfr. Durkheim 1999. 72 Lasch 2001, p. 64. 71

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ma anche economisti ed esperti di marketing sono tutti pronti a fare la propria indagine e stilare la propria classifica dei problemi che affliggono le famiglie del nuovo secolo, quali sono i modi per intervenire e trovare una soluzione per questo annoso problema relazionale, affettivo, ma soprattutto sociale e se vogliamo aumentare il grado di cinismo, anche economico. Gli economisti, gli esperti di marketing hanno bisogno di conoscere l’evoluzione della struttura familiare per individuare il nuovo target di riferimento così da consigliare, dispensare prodotti in grado di essere recepiti dai soggetti delle nuove famiglie. Non si tratta quindi di demonizzare il matrimonio in sé o la famiglia, poiché come afferma Simmel “nel mutamento delle forme culturali, le proposte di sostituire il matrimonio con il libero amore corrispondono alla tendenza del futurismo, all’odierna mistica religiosa etc. Quando la vecchia forma ha perduto vitalità e la nuova non è ancora stata creata, si crede di trovare nell’assenza di forma l’espressione adeguata per l’incalzare della vita”73. La struttura sociale si alimenta delle azioni degli attori sociali, non dimenticando che “tramite la famiglia, i modelli sociali si riproducono nella personalità. Gli ordinamenti sociali sopravvivono nell’individuo, sepolti nella sua psiche sotto il livello del conscio, anche dopo che sono diventati oggettivamente indesiderabili e non necessari […] la percezione del mondo come di un luogo pericoloso e inaccessibile, sebbene nasca dalla realistica consapevolezza della precarietà della vita sociale contemporanea, è rinforzata dalla proiezione narcisistica delle pulsioni aggressive verso il mondo esterno. La convinzione che la nostra società è senza futuro, se da un lato si basa su una visione realistica dei pericoli che ci attendono, di73

Simmel 2004, p. 341.

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pende anche da una incapacità narcisistica di identificarsi con le generazioni future o di sentirsi inseriti nel corso della storia”74. In questo contesto, relazionale e sociale, i componenti della coppia sono coloro che hanno in mano le redini del loro amore e del loro futuro. Possono così decidere che ne vale la pena, che investire nella storia può portare a rianimare anche un amore spento, oppure decidere che non ha senso parlare, discutere, e la soluzione è ha portata di mano, separarsi e poi divorziare. Il matrimonio moderno però sembra offrire una possibilità in più, non in meno, rispetto al matrimonio tradizionale. Oggi è ancora possibile pensare al matrimonio solo se lo si concepisce come l’unione di due persone (uomini o donne) che decidono di provare ad intraprendere un viaggio insieme, ma a patto di ridiscutere in corso d’opera l’itinerario di viaggio, perché tutti noi siamo soggetti a cambiamenti, più o meno radicali, la nostra quotidianità, i nostri vissuti sono lì a spingerci e a riconsiderare di ridefinire la nostra vita. Tutto questo tumulto se non si è da soli, ma in compagnia di un’altra parte da noi, spesso si può rischiare di perdere la sintonia dei movimenti, delle gambe, ed allora è possibile che uno dei due o tutti e due non riconoscendosi più nell’altro si allontanino, sino ad arrivare all’incapacità di riannodare i fili e riuscire a parlare, magari litigare con l’altro. Il matrimonio e la vita della famiglia, che si è formata, può avere una speranza solo ed esclusivamente se si accetta di mettere in discussione e capire come costruire la propria relazione. Dobbiamo poi considerare che è in questo tipo di società che “la famiglia perde non soltanto le sue funzioni produttive, ma anche molte delle sue funzioni riproduttive, gli uomini e le donne non riescono neppure più ad 74

Lasch 2001, p. 65.

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allevare i loro figli senza l’assistenza di esperti qualificati”75. È nel conflitto, nel litigio, nelle parole dette e non nel silenzio e nella mancanza di confronto che è possibile mantenere vivo il desiderio di stare insieme, di ridefinire la propria vita di coppia e di conseguenza anche quella della famiglia. Nella realtà odierna ciò che manca nel matrimonio è proprio la mancanza di conflitto. La separazione, il divorzio sono intesi come elementi costitutivi del matrimonio stesso. Noi tutti sappiamo che non si è più uniti per tutta la vita, ma sino a quando decidiamo che deve finire, sino al momento in cui decidiamo di non ridiscutere più niente e che la soluzione più rapida ed indolore sia il pensare di chiudere una storia che si pensa ormai finita. Non si tiene in giusta considerazione il conflitto come possibilità di ridefinizione del proprio pensiero, ma viviamo in una società emotivamente apatica e consensuale, perché ha di fronte a sé mille possibilità, non più un solo uomo o una sola donna, ma tanti soggetti con i quali è possibile dare vita ad una nuova storia. La lucidità con la quale decidiamo delle nostre emozioni e sensazioni, anche quelle più intime è imbarazzante, però pienamente in accordo con la situazione attuale (postmoderna, liquida, ecc.)76. Una fredda analisi che si ripercuote sulle generazioni future, soprattutto quando, come osserva Lasch: “Gli sforzi dei genitori moderni perché i loro figli si sentano amati e desiderati non riescono a nascondere una freddezza di fondo – l’indifferenza di chi ha ben poco da trasmettere alla generazione successiva e vede in ogni caso come prioritario il proprio diritto alla realizzazione di sé. Il distacco emozionale unito ai tentativi per convincere il bambino della sua posizione di privilegio all’interno della famiglia, costitui75 76

Ivi, p. 21. Cfr. Bauman 2004.

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scono una base eccellente per la formazione di una personalità narcisistica”77. Pensare alla nostra società come una realtà dove non vi è conflitto sembra quindi una contraddizione, se pensiamo alle guerre, agli scontri tribali tra parti diverse culturalmente, socialmente ed economicamente, ma se consideriamo soprattutto lo stato di guerra inerente alla stessa struttura sociale, si pensi come “l’etica dell’autoconservazione e della sopravvivenza psichica ha le sue radici non solo, dunque, nelle condizioni oggettive della contesa economica, negli indici crescenti della criminalità e nel disordine sociale, ma nei sentimenti soggettivi di vuoto e di isolamento. Essa riflette la persuasione – originata dalla proiezione di angosce interiori tanto quanto dalla percezione esatta della realtà delle cose – che anche nei rapporti più intimi dominano l’invidia e la sopraffazione”78; eppure l’estrema violenza esterna ha creato nel nostro immaginario la necessità di vivere un’immagine stereotipata dell’amore. Un buonismo che vuole allontanare da sé ogni idea del conflitto e del disaccordo, meglio quindi non domandarsi e non mettere in discussione ciò che ci circonda. In questo è possibile leggere una richiesta da parte degli uomini e delle donne delle nostre società, la ricerca della perdita di emotività che ci induce a pensare alla passionalità fredda, frutto anche della struttura psicologica che gli stessi hanno eretto “per difendersi da emozioni intense [ed avendo] investito in questo processo tanta parte dell’energia pulsionale […] hanno quasi dimenticato cosa si prova a lasciarsi invadere dal desiderio. Tendono, piuttosto a rodersi di una rabbia inespressa, che nasce dalle difese erette 77 78

Lasch 2001, pp. 64-65. Ivi, p. 65.

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contro il desiderio e che a sua volta genera nuove difese. Anche se in apparenza sono persone miti, remissive e socievoli, internamente sono sconvolti dall’ira, che in una società compatta, burocratica e sovrappopolata non può disporre di molti sbocchi legittimi”79. Questo passaggio è frutto anche degli avvenimenti che hanno caratterizzato gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, in cui si sono vissuti grandi cambiamenti sociali, la stagione delle contestazioni e delle rivolte, tali da comportare uno stravolgimento delle strutture di riferimento sociale, come la famiglia, la scuola, la religione, il matrimonio, e conseguentemente aperto il dibattito intorno ai temi dell’amore, della pace e del sesso. Ma il passaggio successivo, avvenuto alla fine degli anni Settanta e negli anni Ottanta, ha visto una riconsiderazione del privato, mettendo in crisi le posizioni figlie del marxismo teorico cui si sono agganciati gli eventi storici della fine dei regimi comunisti, rappresentati dalla caduta del muro di Berlino. In questo contesto il pensiero non si è più interessato alle problematiche radicali di riforma sociale, facendoci giungere al nuovo secolo senza più spinte e motivazioni tali da desiderare di ridiscutere, o almeno ripensare ad alcuni temi della nostra vita più intima, poiché, come descrive acutamente Lasch, “abbandonata la speranza di migliorare la vita in modo significativo, la gente si è convinta che quel che veramente conta è il miglioramento del proprio stato psichico: aderire alle proprie sensazioni, nutrirsi con cibi genuini, prender lezioni di ballo o di danza del ventre, bagnarsi nel mare della saggezza orientale, fare jogging, imparare a «entrare in rapporto», a vincere la «paura del piacere»”80. L’economia, come la politica, ma anche il 79 80

Ivi, p. 23. Ivi, p. 16.

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mondo sociale ed emotivo, hanno allontanato così ogni possibilità di conflitto, alla ricerca di un benessere che non è solidale o collettivo, ma esclusivamente personale ed egoistico “vivere per il presente è l’ossessione dominante – vivere per se stessi, non per i predecessori o per i posteri”81. Il narcisismo che pervade la nostra cultura ci porta a non considerare le diversità, le divergenze, le paure determinate dal cambiamento, spingendoci invece solo verso un appagamento fittizio, irrisorio, figlio del momento e che non sa maturare e condividere altri spazi se non quelli del qui ed ora, risolvendo le piccole difficoltà contingenti, senza riuscire ad affrontare le problematiche di fondo, quelle che ti paralizzano, ma che non siamo in grado o forse è meglio dire non desideriamo profondamente risolvere. Usando le parole di Fromm: “Non abbiamo più alcun rapporto con i nostri sentimenti, con quello che proviamo veramente: la nostra felicità o infelicità, la paura, il dubbio, e tutto ciò che si verifica nell’uomo. Abbiamo perso ogni contatto con i nostri simili e con la natura, e siamo in rapporto esclusivamente con quel frammento di mondo che noi stessi abbiamo creato. In realtà, la sola idea di entrare in contatto con qualcosa di più profondo ci riempie di angoscia”82.

4. L’alienazione della relazionalità sociale Il nostro più profondo malessere odierno risiede proprio nella coscienza di essere i protagonisti di una vita scandita da ritmi alienanti ed invasivi che hanno profondamente sollecitato un’interpretazione momentanea ed instabile della vita individuale, 81 82

Ivi, p. 17. Fromm 2005, p. 54.

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tanto che “invece di essere in relazione e in contatto con il nostro amore, il nostro odio, la nostra paura, i nostri dubbi, e con tutte le emozioni fondamentali dell’uomo, ce ne teniamo a debita distanza. Siamo in rapporto con un’astrazione, vale a dire siamo privi di relazionalità. Viviamo in un vuoto e, per trarci d’impaccio, riempiamo questo vuoto, questo buco, con parole, astratti segni di valore, routine”83. I processi di alienazione ed oggettivazione della società odierna, determinati dalla razionalizzazione dei processi produttivi, hanno successivamente ed invasivamente modificato non solo la sfera lavorativa, ma anche quella più profonda ed intima del nostro inconscio, tanto da generare uno stato di passione fredda e razionale anche nella vita affettiva e relazionale. Bauman parla di “culto dell’intimità interpersonale”, come uno dei tratti che caratterizzano la coscienza postmoderna, una contraddizione solo apparente poiché “il culto non è niente di più di una compensazione psicologica (illusoria e generatrice d’ansia) per una solitudine che inevitabilmente affligge i soggetti del desiderio, che sono orientati esteticamente; e, inoltre, si annulla da solo, visto che la interpersonalità a prova-di-conseguenze ridotta a «pure relazioni» può generare poca intimità e non regge alcun ponte degno di fiducia sulla cava di sabbia dell’alienazione”84. Così anche la gioia, l’energia e la felicità, pur dipendenti dalla nostra capacità relazionale e dal nostro grado di coinvolgimento emotivo, sono divenuti dei sentimenti senza intensità, poiché è proprio “dall’intensità della relazione che abbiamo con la realtà dei nostri sentimenti e con gli altri, che non dob-

83 84

Ivi, p. 55. Bauman 1999, p. 50.

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biamo percepire come astrazioni, come merci sui banchi del mercato”85. La fredda oggettivazione della realtà ha prodotto individui incapaci di rapportarsi con le proprie emozioni più profonde e vive, facendo continuamente i conti con una frenesia che si manifesta nell’incapacità di porsi delle domande, di mettersi in discussione, di utilizzare il proprio tempo anche solo per stare in pace con se stessi, non dimenticando che se “il capitalista del XIX secolo, condannato alla laboriosità coatta per liberarsi dalle tentazioni, era dilaniato dai tormenti che gli infliggevano i suoi demoni interiori [oggi] l’uomo contemporaneo, il cui supplizio è rappresentato invece dalla coscienza di sé, si aggrappa a nuovi culti e a nuove terapie non per liberarsi dalle ossessioni ma per trovare un senso e uno scopo nella vita, per trovare qualcosa per cui vivere, un’ossessione cui abbandonarsi per l’appunto, magari la passion maîtresse della terapia stessa. Baratterebbe volentieri la sua coscienza di sé con l’oblio e la sua libertà a dar vita a nuovi ruoli con qualche forma di imposizione esterna, la più arbitraria possibile”86. Il pensare ci rende schiavi di dubbi ed incertezze, e ciò che apprendiamo già nei primi anni della nostra vita è di non approfondire, di non tentare di rispondere ad ogni stato di incertezza, forse più chiaramente quest’esercizio di sopravvivenza quotidiana cela la paura, come afferma Fromm, della “noia”. La noia è un nemico mortale per l’uomo razionale moderno. Chi si annoia dimostra di non aver imparato a gestire il proprio tempo, un tempo che deve essere sempre impegnato in attività lavorative, produttive, ed anche nel tempo libero non bisogna mai perdere tempo. Abbiamo 85 86

Fromm 2005, p. 57. Lasch 2001, p. 114.

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razionalizzato ogni fase della vita ed ogni momento della giornata, che proprio quando ci ritroviamo con del tempo libero a nostra disposizione il problema è come poterlo investire. In questo modo la società industriale è riuscita a far diventare un lavoro anche l’impegno del tempo libero, così che fare sport, bricolage o avere un animale da accudire ha il valore di un impegno a tempo, ogni giornata è ritmicamente scandita, tanto che anche i giorni di festa assumono i connotati di giornate sprecate perché improduttive; in questi giorni, tutte le attività sono ferme, i negozi chiusi e troppo tempo a nostra disposizione, magari da passare in famiglia. Il processo di consumo e produzione di massa ha così permesso di non demordere: l’afflizione di giornate festive vuote si è risolta con l’apertura dei centri commerciali, soprattutto nei giorni di festa, così che abbiamo tutto il tempo per poter fare e mantenere il nostro status di uomini produttivi e consumatori. La paura di annoiarci è un timore molto più forte della paura di soffrire, perché in fondo per gli uomini e le donne del nostro tempo la noia è sofferenza, è la paura di percepire il dolore che viviamo, poiché la noia non è altro che l’incapacità di relazionarci “con il mondo e con l’amore. Il termine noia definisce forse la forma più comune e normale di quella patologia chiamata depressione o melanconia. La noia è la condizione melanconica nell’uomo medio, normale, mentre la melanconia è la condizione patologica della noia, riscontrabile in particolari individui”87. Fromm nella sua lucida analisi della società moderna individua nella routine la soluzione al problema della noia e l’angoscia che produce. Quando le nostre giornate sono regolate ritmicamente, da azioni quotidiane che si ripetono sem87

Fromm 2005, p. 59.

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pre uguali a se stesse, esse producono in noi un senso di sicurezza determinato dalla sensazione di avere tutta la giornata sotto controllo, ogni momento scandito da un impegno, un compito da svolgere, tanto che “la routine è l’unico rimedio efficace, poiché la noia si manifesta e diventa insopportabile solo se si ha del tempo a disposizione. Chi si organizza la giornata in modo da essere sempre occupato, non viene sopraffatto dalla noia. Se non esistesse questa possibilità di sfuggire alla noia, dovremmo costruire in brevissimo tempo cliniche psichiatriche per milioni di persone”88.

Un breve corollario Si può affermare in chiusura di questo capitolo, senza la pretesa di proporre asserzioni conclusive, come le problematiche legate allo stato emotivo siano turbate da trasformazioni sociali e culturali profonde. Riprendendo le parole di Carotenuto, oggi, in un’epoca di “isolamento”, siamo in grado di comprendere ancora di più questo stato di confusione ed insicurezza, poiché il “non avere relazioni è la peggiore condanna che possa essere inflitta a un essere umano e questo per ragioni che vanno ben oltre il problema della solitudine. Certo, in questi ultimi anni abbiamo assistito al dilagare della sofferenza provocata dalla grande solitudine, che ormai dimora stabilmente nelle nostre anime, eppure la ragione per cui le unioni diverranno in futuro ancor più importanti di quanto già non siano, è un’altra. La vita non potrebbe avere senso se noi non avessimo al nostro fianco una persona con la quale condividere i nostri moti dell’anima più profondi, autentici, e per questa ragione, in assen88

Ibidem.

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za di un rapporto significativo, vivere sarebbe non solo doloroso, ma addirittura inutile”89. Questa citazione è utile per rimarcare, ancora una volta, come i prodotti del razionalismo e dell’individualismo delle società occidentali ci hanno impedito di rapportarci con il mondo delle emozioni e dei sentimenti. Se poi per rilevare questa realtà si citano le parole di un grande Autore classico della sociologia come Weber, non facciamo altro che confermare la complessità della problematica di cui sino a qui si è discusso. Il teorico del razionalismo moderno scrive: “colui che ama sa di essere in contatto col nucleo della vita autentica, un nucleo eternamente inaccessibile ad ogni sforzo razionale, e di sfuggire del tutto alle fredde mani scheletriche degli ordinamenti razionali come pure all’ottusità della vita quotidiana. Sapendosi legato a «ciò che esiste di più vivo», colui che ama si pone di fronte all’esperienza (per lui) priva di oggetto del mistico come di fronte a un pallido reame che sta di là dal mondo”90. In questo senso una speranza è ancora plausibile, poiché la salvezza del mondo moderno risiede nella capacità dell’individuo “di trasformarsi da creatura a creatore. Dobbiamo imparare a convivere con l’idea che dei nostri beni più venerati non si dà sintesi né gerarchia, che la salvezza è nell’imparare a vivere nella pluralità: una pluralità che si apre persino all’esperienza del limitato reincantamento del mondo”91. Weber crede nella forza dell’amore come strumento per una redenzione laica che si realizza nella vita quotidiana, poiché “l’amore ci libera, prima ancora che dall’ottusità della vita quotidiana, dall’ottusità dell’homo faber mo-

89

Carotenuto 2003, p. 338 Weber 1995, p. 82. 91 Ferrara 1995, p. 33. 90

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derno, e ci restituisce le chiavi del giardino incantato nel mezzo della vita razionalizzata e disincantata”92. La società contemporanea figlia della modernità sembra offrirci un’opportunità, quella di aprirci alla comprensione dell’aspetto più vitale ed energetico di quella emozione che è l’amore, inteso come capacità degli individui di vivere consapevolmente il proprio stato emotivo più profondo. Anche per questo motivo, ho scelto di chiudere questo viaggio intorno alle emozioni, dedicando l’ultimo capitolo alla “passionalità calda” e di affermare quindi che è ancora possibile avere fiducia, dal momento che “il nuovo millennio porterà con sé la necessità del sentimento, una necessità che noi avvertiamo come funzionale alla nostra stessa sopravvivenza. Soprattutto in virtù dei grandi «miglioramenti» e delle evoluzioni che ci attendono, potremmo sentirci disarmati, sprovvisti degli strumenti più utili per affrontare il mondo così come il terzo millennio ce lo presenterà. Da soli non possiamo farcela, la forza richiestaci per fronteggiare questo futuro così sfuggente e astuto, esula dalle nostre risorse e persino dalla volontà di migliorarci, di adeguarci per stare al passo frenetico del tempo che verrà [e che per noi è già arrivato, ma ciò è possibile] solo se tutti noi saremo in grado di aprirci a una straordinaria e sconfinata capacità di tolleranza nei confronti delle emozioni”93.

92 93

Ivi, p. 34. Carotenuto 2003, pp. 338-339.

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quarto capitolo

L’amore come “passione calda”

Il mondo occidentale, come si è visto nel terzo capitolo, da pochi anni ha scoperto che l’amore non è più quello di un tempo. La perdita del conformismo ha evidenziato, infatti, i tratti distintivi di una trasformazione che ha sostenuto il cambiamento dei modi di amare, così come i rapporti tra uomini e donne sono stati oggetto di un profondo mutamento relazionale. Modificazioni complessive che hanno inciso intimamente nella relazionalità familiare, sconvolgendo la civiltà moderna “molto più di tutti quei sussulti che abitudini di linguaggio ci spingono a ritenere delle rivoluzioni”1. Roland Barthes, nell’introdurre una delle sue più importanti pubblicazioni, dedicata agli aforismi amorosi, per spiegare perché è così importante oggi affrontare il tema dell’amore, scrive: “il discorso amoroso è oggi d’una estrema solitudine. Questo discorso è forse parlato da migliaia di individui […] ma non è sostenuto da nessuno; esso si trova ad essere completamente abbandonato dai discorsi vicini: oppure è da questi ignorato, svalutato, schernito, tagliato fuori non solo dal potere, ma anche dai suoi meccanismi (scienze, arti, sapere). Quando un discorso viene, dalla sua propria forza, trascinato in questo modo nella deriva dell’inattuale, espulso da ogni forma di

1

Duby 1986, p. 7.

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gregarietà, non gli resta altro che essere il luogo, non importa quanto esiguo, di un’affermazione”2. Il timore del parlare di amore nasce forse dalla paura di comprendere pienamente i propri sentimenti, riguardo la sfera più intima e profonda del nostro Io, e non sempre, e non tutti, soprattutto, hanno il coraggio di contenere la propria emozionalità, sino a mettere in luce gli scenari più nascosti e penetranti. L’elaborazione di un complesso processo parte da un principio, come ci ricorda Barthes, “che non [bisogna] ridurre l’innamorato a un puro e semplice soggetto sintomatologico, ma piuttosto dar voce a ciò che in lui vi è d’inattuale, vale a dire d’intrattabile”3; tentare di enucleare un discorso amoroso, mostrare “qualcuno che parla dentro di sé, amorosamente, di fronte all’altro (l’oggetto amato), il quale invece non parla”4. Lo sforzo nel parlare delle emozioni, ed in particolare del sentimento “amore”, è motivo nell’epoca moderna, di una trasformazione sociale complessa, in cui i concetti di “individuo”, “libertà” e “ruolo” sono cambiati radicalmente a causa della razionalità dei processi produttivi e dall’inesauribile fiducia nella tecnica5. L’amore, in questa realtà tecnologicamente avanzata, sembra rimanere l’unico spazio a disposizione degli uomini per manifestare ancora una profondità di espressione, poiché si mostra come l’ultimo spiraglio di libertà per l’individuo, diventando “il luogo della radicalizzazione dell’individualismo, dove uomini e donne cercano nel tu il proprio io, e nella relazione non tanto il rapporto con l’altro, quanto la possibilità di realizzare il proprio sé profondo, che non trova più espressione 2

Barthes 2001, p. 3. Ivi, p. 5. 4 Ibidem. 5 Cfr. Galimberti 2004b. 3

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in una società tecnicamente organizzata, che declina l’identità di ciascuno di noi nella sua idoneità e funzionalità del sistema di appartenenza”6. La nostra epoca, foriera di un cattivo presagio nei confronti dei sentimenti, crea una frattura fra un’estrema fiducia nei confronti della ragione e della tecnica e l’aspetto emozionale, mostrando l’incapacità di riuscire a rispondere completamente alle pressanti richieste individuali. Il sociologo polacco Zygmunt Bauman, costruisce le proprie osservazioni sull’amore da una domanda: “L’amore ha bisogno della ragione? […] L’amore teme la ragione, la ragione teme l’amore. Entrambi si sforzano di fare a meno dell’altro, ma quando questo accade, prima o poi cominciano i guai. Questo, nella maniera più stringata possibile, è il dilemma dell’amore. E della ragione”7. Se esiste, dunque questo conflitto, il tema non è di certo innovativo8, però si può manifestare l’esigenza di un rinnovamento, poiché ancora oggi si continua a ragionare intorno al tema “amore”, evidenziando come le parole, i romanzi, le canzoni e tutte le restanti definizioni impiegate per spiegare l’emozionalità umana non riescono a svelare sino in fondo il vero risvolto del gioco delle trepidazioni umane. Lo stesso Bauman rileva come “tutti sappiamo cos’è l’amore, almeno fintanto che non cerchiamo di dirlo forte e chiaro. L’amore non si riconoscerebbe nelle parole, che sembrano di proprietà della ragione e un territorio alieno e ostile all’amore. Imputato nel tribunale della ragione, l’amore è condannato a perdere la causa; anzi, la causa è persa ancor prima del processo”9. 6

Galimberti 2004a, p. 11. Bauman 2002, p. 207. 8 Si ricordi tra gli altri il romanzo di Jane Austen, Sense and Sensibility (1811). 9 Bauman 2002, pp. 207-208; cfr. Baumann 1995; cfr. Bodei 2005. 7

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L’amore è, dunque, l’imputato in questo processo alla società individuale e la “relazionalità” ha il compito principale di suggerire una fattibile difesa dell’amore, tentando di palesare se la profondità dell’emozionalità umana è ancora viva o se invece la trasformazione sociale nell’epoca del postmoderno ha delineato un mutamento anche nel nostro modo di percepire la realtà emotiva. Per questa ragione dopo aver mostrato nel capitolo precedente lo stato delle emozioni nelle società contemporanee, postmoderne, definito come stato della “passione fredda”, in quest’ultimo capitolo saranno invece analizzati i sentimenti nel loro stato più puro, riferendoci soprattutto ad una delle opere dedicate a questo tema da Simmel Sull’amore, in cui si legge: “Solo l’amore dell’uomo moderno, il quale ha capito che il suo vero scopo è l’affetto ricambiato mentre tutto il resto è soltanto secondario e accidentale, solo questo tipo d’amore ha compreso – ovvero è conseguenza della comprensione – che l’amato si trova qualcosa di irraggiungibile; che l’assolutezza di ogni singolo io innalza tra una persona e l’altra un muro che anche la più appassionata volontà di entrambi non è in grado di abbattere, rendendo illusione ogni “avere” che propriamente voglia essere qualcosa di più rispetto all’evidenza e alla consapevolezza di essere riamati”10. L’amore in Simmel acquista un significato sociologico, riflessione presente sia nell’analisi dualistica definita nella distinzione fondamentale tra il concetto di cultura soggettiva ed oggettiva11 e sia quando lo stesso lo inserisce nell’ambito dell’azione, parlando dell’agire “per amore”12. Ma prima di questa spin10

Simmel 1995e, pp. 52-53. Oggetto d’indagine del primo capitolo cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. 12 Simmel 2004, p. 288. 11

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ta si ricorda come “l’esistenza di interessi, sentimenti, intrecci interni accanto a un sentimento d’amore, credo non si possa in fondo raffigurare correttamente con la suddivisione in diverse province spirituali; ritengo piuttosto che l’amore sia in ogni caso una funzione della totalità relativamente indifferenziata della vita, e tutto il resto sia solo l’esibizione di un suo minore grado di intensità”13. L’amore è un prodotto dinamico della vita, determinato da una spinta all’azione, definito da Simmel “come il lato emotivo del comportamento ai suoi esordi”14, poiché nel momento in cui noi sentiamo questa spinta a compiere un’azione “significa che l’azione internamente ha già avuto inizio e il suo compiersi non è nient’altro che l’ulteriore sviluppo degli stimoli iniziali: quando non procediamo all’azione nonostante l’impulso provato, ciò significa o che l’energia dall’inizio non è sufficiente a sostenere altro che questi primi momenti di essa, oppure che l’azione è stata intralciata da forze opposte prima che questi stimoli iniziali, che hanno già raggiunto lo stato cosciente, possano essere trasformati in comportamento manifesto”15. L’energia che porta all’azione è nello stato stesso dell’amore, il quale ha una “natura fondamentalmente spirituale” e spesso erroneamente secondo Simmel, l’amore viene confuso con la manifestazione esterna “una specie di scossa o di esperienza violenta proveniente dall’esterno che trova il suo simbolo più adatto nel «filtro d’amore», anziché un modo di essere, un determinato trasformarsi e orientarsi della vita in quanto tale verso l’esterno; come se provenisse dal suo oggetto, mentre, in realtà, si dirige su di esso”16. Quali sono quindi le motivazioni 13

Simmel 1995e, pp. 20-21. Ivi, p. 21. 15 Ibidem. 16 Ivi, p. 22. 14

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che spingono l’individuo a compiere quest’azione: è un’istanza “egoistica” o “altruistica”? Simmel sottolinea come non sia possibile ridurre il tutto ad un semplice problema d’alternanza o di mescolanza, poiché l’agire per amore in sé ha una fonte troppo profonda, in più “la motivazione dell’amore [è] una motivazione peculiare e primaria, non riconducibile alla consueta riduzione all’alternativa tra egoismo e altruismo. Che in tal caso sia erroneo porre la questione nei termini di questa alternativa lo si evince proprio dalla circostanza che una psicologia razionalistica può, con apparente pari diritto, incoronare l’agire per amore come un agire altruistico o declassarlo a un agire fondamentalmente egoistico. A ciò si aggiunga che, nel caso dell’amore, il rapporto tra scopo e impulso è assolutamente particolare”17. L’egoismo è un sentimento che caratterizza l’amore, è insito nella sua manifestazione, nel suo tratto descrittivo, “spesso si esalta l’amore come radice di ogni altruismo umano. Bene, ne sarà magari la radice, ma non potrà mai esserne il frutto. Io non posso mai amare una persona per amor suo, perché in tal caso dovrei averla già amata prima di amarla! Se io ti amo, questo amore potrà forse purificare la mia anima da qualsiasi traccia di egoismo nei tuoi confronti, ma il fatto che io ti ami non può verificarsi per amor tuo. Oppure l’origine dell’amore dovrebbe risiedere nell’egoismo – e l’amore può provenire solo dall’egoismo, se la sua idea non vuol finire in un circolo vizioso e far sì che l’effetto si trasformi in causa. Ma in tal caso l’origine dell’amore non dovrebbe poi lasciar infiltrare anche nei suoi effetti e nei suoi frutti qualcosa della sua fonte, dato che la sua radice è inevitabilmente l’egoismo?”18. 17 18

Simmel 2004, p. 288. Ivi, p. 232.

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Simmel denuncia già all’inizio del Novecento il mutamento dei modi di amare nelle società moderne, descrivendone i sintomi, i segni tipici dai quali “si potrebbe dedurre [quanto] il processo di differenziazione della cultura moderna separerà sempre più nell’amore la qualità della durata dalle sue altre qualità, e garantirà a queste ultime un’esistenza sempre più indipendente dalla prima. Se dovesse risultare giusto, ciò produrrà forse un punto di vista più profondo e più interiore che porterà a una trasformazione della forma attuale del matrimonio e probabilmente a nuove configurazioni il cui carattere oggi non si può ancora immaginare e ancor meno profetizzare, così come all’epoca della schiavitù, nell’antichità, non si sarebbe potuto immaginare il lavoro salariato dell’industria meccanica. Ciò che si può forse affermare con sicurezza è solo che questa forma futura non sarà quanto al giorno d’oggi viene celebrato come «libero amore». Questo infatti ha esclusivamente il significato culturale di una critica della situazione esistente, esprime solo un senso molto diffuso di insoddisfazione per tale situazione e, in modo tanto unilaterale quanto insoddisfacente, fa di questo semplice rifiuto un ideale positivo: della mera mancanza di forma una forma”19. Le forme istituzionali dell’amore sono sottoposte a stimoli interni alle stesse, poiché i sentimenti, le emozioni vivono di un processo vitale che si realizza in un’evoluzione continua, tale da incidere soprattutto sul piano dell’intensità e dell’estensione del sentimento amoroso. L’intensità dell’amore non giustifica la sua durata; si tratta infatti di un’illusione, dice Simmel, “forse inevitabile, del punto di vista psicologico-soggettivo credere di non poter esprimere l’intensità e la profondità di un sentimento se non attraverso la sua «eternità», oppure al 19

Ivi, pp. 233-234.

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contrario, dedurre dalla limitatezza della durata la mancanza di intensità e di purezza”20. Il sentimento dell’amore è un’emozione con delle peculiarità, che lo distinguono dagli altri sentimenti, in primis la necessita di sentirsi libero di manifestare il suo stato per riuscire nella determinazione della propria forma. Il voler far dipendere questo sentimento dalla durata, diviene una limitazione: “forse non è più corretto che far dipendere il valore estetico di un vaso dalla sua fragilità o dalla sua solidità (laddove naturalmente è fuori discussione che la durata di un sentimento è un valore che non è incluso nel sentimento più fugace). Quanto vorrei contestare è solo che i valori posseduti dal sentimento amoroso siano compromessi nella loro profondità e nella loro solennità, nella loro passione e nella loro verità dal fatto che non vi si aggiunga anche la qualità della durata”21. In questa visione, l’autenticità del sentimento amoroso si compone di altri elementi e circostanze che non comprendono quello della fissità, poiché “è completamente sbagliata la deduzione secondo cui ogni amore puro e autentico dovrebbe trovare la sua unica espressione naturale nel matrimonio”22, in quanto quest’istituzione non è la garanzia del mantenimento della forza e del vigore del sentimento amoroso. La cultura moderna, con il suo alto grado di differenziazione, sarà la causa di un cambiamento radicale nel modo di intendere l’amore, e della maniera in cui sino ad oggi abbiamo inteso le forme di relazione sociale (matrimonio, famiglia)23. Con l’acutezza dell’espressività filosofica, Simmel riesce a ragionare sulla relazionalità sociale, cogliendo i segni tangibili del passaggio dalla 20

Ivi, p. 233. Ibidem. 22 Ibidem. 23 Si rimanda al capitolo terzo di questo lavoro. 21

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società tradizionale a quella industriale. Le società moderne hanno fatto della ragione, del logos il punto di forza per organizzare, definire l’andamento delle stesse, ma nel momento in cui l’estremo razionalismo, l’individualismo e la crisi dell’organizzazione industriale mostrano chiaramente il lato debole e le tante incrinature del tessuto sociale, si rincorrono scelte diverse, ci si orienta verso una direzione che riscopre il senso ed il valore della relazionalità sociale, come ampiamente analizzato nel secondo capitolo.

1. L’amore e le passioni In termini generali, ritornando al nostro tema più specifico, parlare di amore significa comprendere la realizzazione di una scissione della persona nella creazione dell’immagine dell’altro, in una costante evoluzione di unione, perdita e riunificazione, secondo i modi e le energie di una perenne scoperta ed invenzione dell’altro e di se stessi. Bataille definisce l’amore “la trasparenza del mondo”, poiché questo sentimento porta alla manifestazione del desiderio di stabilire una relazione pura nel suo darsi. Ma anche se si parla di trasparenze alcune parti della nostra emotività rimangono in ombra. Si tratta di zone in cui ognuno di noi mantiene un distacco, una parte che non siamo in grado di condividere con l’altro; zone d’ombra comunque positive, poiché nessuno di noi riesce a condividere totalmente se stesso, facendo trasparire le nostre emozioni più profonde ed intime che investono le nostre debolezze personali, le quali possono rimanere solo confinate. In quest’ottica è possibile introdurre l’ipotesi della dimensione tragica dell’amore come passione “calda”, poiché l’amore

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è ricerca, è un tentativo, “cerchiamo l’altro in noi, nel nostro peculiare sentire. Questa ricerca si chiama amore. Non è che prima amiamo l’altro poi lo cerchiamo”24, come è stato già affermato. L’imponderabilità dell’amore è evidente nella storia di ogni amore; l’amore sceglie delle strade per manifestarsi che a volte permettono l’incontro ed altre invece che quei due individui si sfiorino soltanto per un attimo senza riuscire ad intrecciare le proprie vite. La vita si caratterizza quindi di incontri e di mancati incontri, di vicende amorose decise dall’andamento capriccioso e bizzarro del destino e noi non siamo altro che attori comprimari nella storia della nostra stessa vita. La passione calda si anima di questa fatalità, del nostro bisogno di sentirci amati, alla ricerca dell’intesa perfetta. Negli individui è presente un bisogno insopprimibile di trascendersi nell’Altro, cui non corrisponde una reale possibilità, soprattutto nell’uomo, poiché il suo modo di pensare presenta dei tratti distintivi rispetto a quelli della donna25. Simmel individua nella “cultura femminile” e conseguentemente nelle vitalità della sfera femminile, più aperta e svincolata da rigidi schematismi, le potenzialità per adattarsi alle trasformazione della società moderna, che da uno stato comunitario-tradizionale ha assunto i tratti razionali-individualistici determinanti una realtà ipercomplessa in cui sfugge il dato della semplicità. Non dobbiamo poi dimenticare che nelle stesse società moderne si è andato delineando un interesse verso lo statuto delle donne che pone in evidenza “una loro identificazione non tanto con la passione quanto piuttosto con il sentimento: vale a dire con una nuova forma di affettività che nasce 24 25

Simmel 2004, p. 338. Si rimanda al capitolo primo di questo lavoro.

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appunto nell’ambito della moderna «cultura del sentimento», sulla base di una inedita valorizzazione del «privato» e di un riconoscimento valoriale delle qualità «femminili»”26. In questa visione, lo schematismo del soggetto universale maschile, che continua ad analizzare la realtà e a governare con un’impostazione mentale tipicamente razionale e narcisistica, non riesce a cogliere i nodi referenziali e soprattutto ad afferrare la varietà delle possibili soluzioni di fronte ad una qualsiasi situazione relazionale problematica. È importante però precisare che l’analisi simmeliana non è del tutto innovativa, poiché tutta la letteratura romantica dell’Ottocento evidenzia questa caratteristica dell’amore, come emozione che porta alla perdita dell’Io nell’Altro, del giungere con l’innamoramento alla perdita della propria individualità nell’Altro, inteso come “soggetto amato”. Le passioni in sé racchiudono il dato dell’ambivalenza di una conflittualità dell’Io, nel momento in cui espongo me stesso verso un Altro da me: “la conoscenza dei fenomeni psicologici è un gioco reciproco tra l’Io e il Tu, ognuno rimanda all’altro in un processo di trasferimento e scambio continuo e reciproco”27. Rapporto a cui ci siamo più sopra riferiti e con il quale Simmel non a caso apre successivamente il Frammento sull’amore, in cui si evince la caratteristica dualità dei sentimenti “in fondo ogni tendenza della nostra condotta si è esaurita nell’alternativa di egoismo e altruismo, che si estendono, si sa, in innumerevoli modificazioni e mezzi, travestimenti e conseguenze”28. L’amore trasmette passione per un altro da sé in quanto persona, il

26

Pulcini 2003, p. IX. Simmel 1984b, p. 170. 28 Simmel 1927 p. 16. 27

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legame con un’altra cosa da sé in generale: un’immagine collettiva o un’immagine concettuale. L’amore è sempre inteso come desiderio di trascendersi nell’altro, in ciò risiede la tragicità del pensiero simmeliano, perché nella relazione più intima e fondante questa trascendenza non si realizza mai pienamente. Si tratta di una violazione, usando le parole di Umberto Galimberti, “dell’integrità degli individui, è toccare con mano i limiti dell’uomo”29. È possibile parlare di creazione dell’amore, poiché si ama non tanto l’Altro da noi, ma ciò che si crea con la materia che l’Altro ci fornisce, per questo motivo quando Simmel definisce l’amore un processo sollecitato dall’energia vitale presente nella natura stessa della vita, un atto creativo, esprime fortemente il senso della costruzione del significato stesso dell’amore. Nello stesso processo della socializzazione, quando si discute della costruzione dell’identità, mettiamo in gioco un processo di riconoscimento [Charles Cooley (1902): il ruolo centrale dell’interazione per lo sviluppo del Sé e dell’identità è ben espressa dal concetto di “looking-glass self ”, in base al quale il Sé emerge come “valutazione riflessa” dei giudizi e opinioni che riteniamo gli altri si siano fatti di noi]; Georg Herbert Mead ha evidenziato la costruzione sociale del “Sé”, definendolo un processo in cui “Io” esisto in quanto soggetto solo nel momento in cui si realizza il mio rispecchiamento nell’Altro. A tale riguardo Simmel scrive: “Ogni uomo di fronte a noi, in rapporto all’esperienza diretta, è soltanto un automa che produce suoni e gesti; che ci sia un’anima dietro questa percezione e quali siano i suoi processi lo possiamo determinare in base ad analogia con il nostro stesso essere, che costituisce l’unica entità psicologica 29

Galimberti 2004a, p. 16.

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che conosciamo direttamente. D’altro lato, la conoscenza dell’Io cresce soltanto in relazione alla conoscenza dell’altro, la dissociazione fondamentale tra l’Io che osserva e l’Io che è osservato sorge in analogia al rapporto tra l’Io e le altre personalità. Questa conoscenza deve orientarsi verso coloro che stanno fuori di noi e che noi possiamo interpretare soltanto mediante la conoscenza di noi stessi […] allargando ancora lo sguardo, possiamo dire che l’idealismo moderno deriva il mondo dall’Io”30. Che la questione dell’Alterità come “cifra” del mondo postmoderno sia un argomento a noi molto vicino è emerso, d’altronde, già a proposito della “passione fredda”. In questo senso si avvia un dibattito legato alla questione della differenziazione ed alla costruzione dell’identità, in seno ad una disquisizione puramente sociologica, che Simmel individua ne La differenziazione sociale31 (come precisato ampiamente nel primo e nel secondo capitolo), che grande importanza riveste per l’innovazione tematica che riesce a proporre, poiché si legge: “L’identità con altri è certamente, sia come fatto che come tendenza, di importanza non inferiore alla differenziazione nei loro confronti [...] la differenza nei confronti degli altri è di un interesse di gran lunga maggiore dell’identità con essi [...] questo interesse al carattere differenziato del possesso si estende comprensibilmente a tutte le altre relazioni dell’io. In generale si può dire che, quando l’identità con una universalità e l’individualizzazione nei suoi confronti hanno un importanza oggettivamente eguale, per lo spirito soggettivo l’identità esisterà più nella forma inconscia, l’individualizza-

30 31

Simmel 1984b, p. 170. Cfr. Simmel 1998a.

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zione più nella forma conscia”32. L’individualità si definisce all’interno di un processo dialettico tra il bisogno di autonomia del soggetto ed il bisogno di socializzazione. Si parla di amore e società, di sentimenti e società, di come la passione, l’amore o l’intimità, ma anche la prostituzione o la civetteria, considerati tratti lontani dal senso vitalistico e dal mondo della natura, assumono un significato culturale. Dalla penna di Simmel si raffigurano quei fattori sociali tipici della modernità in una strutturazione e pulsionalità originale, individuandoli nel momento in cui si uniscono alle vicende della società e della cultura, riuscendo a tratteggiare ciò che è l’amore, il sentimento e la passione. La domanda che ci possiamo porre ora è: quale fine e quale senso ha l’amore nel sociale, nel processo vitale degli individui, nel loro stare insieme? Superata la risposta ovvia che l’unico fine sia riproduttivo, nelle società moderne e postmoderne il suo significato cambia in senso positivo e negativo “perché la scelta del partner non è più soggetta a influssi e poteri estranei, ma dipende soltanto dall’assenso delle due persone della cui unione si tratta”33. Simmel con i suoi saggi si è avvicinato a questi temi, ha trattato tali problematiche così intime ed individuali teorizzando i sentimenti e le passioni che da sempre forniscono di linfa vitale uomini e donne di ogni epoca e di ogni tempo. Per Simmel, l’amore assurge al ruolo di guida per comprendere la nostra vita autentica e non si tratta di un diabolico inganno che la natura utilizza per illudere gli uomini e per indurli alla riproduzione della specie, come affermava Scho32 33

Ivi, pp. 84-85. Beck, Beck-Gernsheim 1996, p. 113.

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penhauer. Nel pensiero schopenhaueriano il centro è rappresentato dalla sofferenza che in termini assoluti supera la condizione della felicità della vita, nella cui descrizione il mondo è rappresentato come una valle di lacrime, in cui la vita non è degna di essere vissuta e la felicità si presenta solo con fatue manifestazioni. La sofferenza è l’a priori di Schopenhauer, sostanza che determina la vita stessa, in questo senso Simmel analizza questo pensiero per evidenziarne gli errori di impostazione al problema della sofferenza e della felicità della vita umana. Proprio attraverso l’esempio dell’amore che Simmel supera il concetto di volontà schopenhaueriana “diretta al possesso sia interiore che esteriore della persona amata, che procura una determinata misura della felicità, mentre è libera dal tormento che accompagna il desiderio per l’intera durata del possesso non ancora raggiunto. Nella realtà effettuale l’esperienza mostra incontestabilmente che in molti casi l’amore in sé e per sé, anche dove deve rinunciare al raggiungimento della sua meta autentica e fermarsi dunque al gradino iniziale, è già sentito come una felicità: la felicità dell’amore infelice è un dato di fatto spesso testimoniato”34. Rimanendo fedeli alla visione simmeliana ed accettando la visione critica che lo contrappone a Schopenhauer, è possibile affermare come l’amore sia una forma contingente, che nelle sue diverse espressioni vitalizza la nostra esistenza interiore; senza la possibilità di conoscere la vitalità di quest’atto, non potremmo fare esperienza di ciò che conferisce senso alla nostra stessa esistenza. Allontanato così ogni fine riproduttivo, poiché oggi viviamo, nei paesi occidentali, eventi sociali che hanno radicalmen34

Simmel 1995e, p. 90.

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te trasformato il nostro rapporto con il senso della vita in tutte le sue diverse sfumature, si afferma la consapevolezza del fatto che noi siamo gli attori sociali che hanno portato ad una natalità che spesso scende sotto lo zero e nello stesso tempo abbiamo creato nuove forme di rapporto con la nostra capacità riproduttiva naturale. Se da una parte il concepimento diventa sempre più una scelta consapevole e decisa a priori dalla coppia, dall’altra aumentano le richieste di assistenza per la riproduzione, si pensi soprattutto alla banca del seme ed alla fecondazione assistita, in cui la scelta molto spesso è affidata al singolo e non più alla coppia, tanto da non richiedere nemmeno la compresenza dello stesso spazio per la riproduzione fisica in sé. In questo senso sono molte le domande e la necessita di trovare risposte concrete a tale problematica ormai spostata dal piano etico e valoriale a quello politico e sociale. La riproduzione come scelta consapevole, molto spesso egoista e secondaria rispetto ad altri valori di riferimento come la professione e la necessita di raggiungere una propria stabilità personale, non solo da parte dell’uomo, ma sempre più determinata da una decisione della donna, la quale vuole sentire di essere pronta a desiderare di volere un bambino e non di subirlo35. Soprattutto per una donna l’autonomia nella scelta della

35 “Un recente rapporto dell’Office of Population Censures and Surveys […] prevede che il 20 per cento delle donne nate tra il 1960 e il 1990 non avrà figli – e questo per scelta. Le donne in Gran Bretagna affrontano oggi la decisione di avere figli o no nel quadro di altre motivazioni che esse hanno nella vita, compresi gli obiettivi di successo professionale e di autonomia nella vita privata. I tassi di fecondità sono scesi fortemente negli ultimi trentacinque anni in tutti i paesi dell’Europa. È sorprendente che la Spagna e l’Italia sino oggi i paesi dell’Unione Europea con il più basso numero di figli per donna”; Giddens 2000, pp. 142-143.

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procreazione significa “affermare la sua libertà di scelta”36; tuttavia è anche possibile leggere in questa consapevolezza femminile un tratto negativo, frutto di una mancata crescita a livello politico e sociale di provvedimenti assistenziali volti alla tutela della famiglia e dell’infanzia, ed in questo senso le preoccupazioni verso il futuro, le forti probabilità di divorzi e di instabilità economica, possono rappresentare forti deterrenti nei confronti di questa scelta. In questo panorama nel momento in cui la maternità assume un significato di consapevolezza, viene a chiarirsi anche il rapporto tra l’amore come sentimento ed il processo sociale in sé. L’amore si grava pienamente di un significato positivo e valoriale, poiché viene a mancare il bisogno, la spinta motivazionale verso altri fini, rimane solo il valore, il senso profondo della parola amore. Siamo di fronte ad un radicale processo di costruzione per il rinnovamento del valore culturale di riferimento, l’amore come scelta cerca di inventarsi, scoprirsi nell’altro da sé, s’innesca un lavorio di conoscenza e di riconoscimento nella sfera del rapporto a due, nella capacità di compiere una scelta soggettiva e non di dover subire un legame-dovere. Nella teorizzazione del percorso amoroso tutto sembra trovare un suo giusto piano di lettura, ma noi, come Simmel, sappiamo che non è così, poiché in questo complesso socio-culturale postmoderno “la ricerca di amore è il fondamentalismo della modernità. A essa hanno ceduto quasi tutti, proprio anche perché hanno assunto una posizione contraria a professioni di fede fondamentalistiche. L’amore è la religione dopo la religione, il fondamentalismo dopo il superamento del fondamentalismo”37. Nelle società moderne l’individualismo si è so36 37

Ivi, p. 143. Beck, Beck-Gernsheim 1996, p. 26.

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stituito all’idea comunitaria di radice tradizionale, nel momento in cui la ragione è diventata il punto di forza per organizzare, definire l’andamento delle stesse creando un tessuto sociale debole e frammentario a causa dell’estremo razionalismo e della perdita di riferimenti emotivi ed irrazionali. Siamo di fronte ad un processo di liberazione nella sfera del rapporto a due, all’interno di un andamento più ampio quello che si definisce tra l’individuo e la società, così che è possibile affermare che “l’amore, come si mostra nelle condizioni moderne, non è un evento che si afferma una volta per tutte, ma qualcosa che deve piuttosto essere riconquistato ogni giorno”38. Ogni diverso tipo di amore prevede uno scambio, dominio e dedizione nell’amore come passione, universalità e fanatismo nell’amore come ragione, tenerezza e possesso nell’amore coniugale; ma in ogni diverso tipo di amore è presente un’energia vitale, una forza, che dalla continuazione della specie passa a quella della cultura, in un rapporto astratto non solo con l’altro, ma con gli altri. La capacità propositiva dell’amore, la capacità di trasformare se stessi e i propri rapporti con gli altri non è un dato scontato o acquisito in partenza, si tratta di una potenzialità costretta a misurarsi con infiniti ostacoli39. L’amore in questo tratto non è disgiunto dal civettare, poiché rappresenta un altro segno caratteristico dell’essere femminile, dell’ambivalenza “tra Avere e Non-avere (Haben und Nichthaben), sembra toccare non tanto l’intimo della sua essenza quanto piuttosto una delle forme in cui esso si manifesta [...] Questa coerenza di fondo dell’amore in quanto desiderio di avere da parte di chi non ha, non elimina il fatto che esso rina38 39

Ivi, p. 131. Cfr. Paolozzi 1981.

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sca con ogni probabilità nel momento stesso della sua scomparsa: stando al suo significato, esso resta costretto ad una sorta di alternanza ritmica nelle cui pause si trovano i momenti di soddisfacimento. Ma laddove l’amore è radicato nei più profondi recessi dell’anima, l’avvicendarsi fra Avere e Non-avere esprime soltanto l’aspetto della sua manifestazione esteriore e superficiale. L’essenza dell’amore, di cui il desiderio costituisce il fenomeno più immediato, non può venire annullata dall’appagamento di questo”40. Per questo motivo non possiamo esimerci dal seguire la riflessione che Simmel ci propone anche nel breve saggio dedicato alla civetteria Phychologie der Koketerie41, in cui l’Autore si occupa di azione sociale tipizzata “l’arte del flirtare [intesa come] forma d’interazione in cui l’incontro fra donne e uomini può darsi come un gioco ancora possibile, una forma d’interazione gratuita, senza scopi e quindi libera”42, soprattutto se quest’azione è ascritta alla dimensione ludica, del gioco che caratterizza questo particolare comportamento del flirt 43, percepito come “interagire fuori dai ruoli e senza la rete protettiva dei modelli di comportamento che immobilizzano donne e uomini”44. Simmel per dare forza al senso della civetteria esprime un semplice paradosso capace di mostrare l’essenza di questo atto: “dove c’è l’amore allora c’è – tanto in profondità quanto in

40

Simmel 1993, pp. 21-22. Cfr. Simmel 1909. 42 Turnaturi 1994, p. 27. 43 Il termine flirt è la traduzione inglese di koketterie (Cfr. Oakes 1984); in italiano lo stesso vocabolo è stato tradotto con amoreggiamento o civetteria; cfr. Turnaturi 1994, pp. 27-69. 44 Ivi, p. 27. 41

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superficie – Avere e Non-avere e per tale motivo dove c’è Avere e Non-avere – sebbene non nella forma della realtà, ma piuttosto in quella del gioco – là c’è amore, o qualcosa che lo sostituisce”45. Nelle forme in cui si esprime la civetteria possiamo fare esperienza diretta di questo atto, nelle sue manifestazioni più semplici, come “lo sguardo con la coda dell’occhio, il capo voltato a metà, in modo caratteristico”46, in cui è possibile scorgere il desiderio di allontanarsi ed allo stesso tempo di “concedersi furtivamente, un indirizzare l’attenzione verso quell’altro al quale pure nello stesso momento, per via della direzione opposta della testa e del corpo, simbolicamente ci si rifiuta”47. Si tratta di un atteggiamento giocoso che ci serve per capire meglio la componente erotica ed emotiva: proprio in questo atto di concedersi all’altro e di resistere allo stesso tempo si fa esperienza “delle cose furtive, che non possono durare a lungo, e nelle quali di conseguenza il Si e il No sono intimamente fusi”48. Questo comportamento determina una forma di erotismo definibile nell’alternanza di dinamiche come il richiamo e il rifiuto o l’esibizione e l’occultamento del corpo, espressioni massime del si e del no osservabili soprattutto sul piano dell’abbigliamento femminile, in un gioco fisico e psicologico capace di sedurre nella proposizione positiva del concedersi ed in quella negativa del rifiutarsi, stimolando energicamente l’altro attraverso la fantasia senza mai dimenticare che per Simmel “rifiutarsi e concedersi sono le due cose che le donne sanno fare alla perfezione, e che solo loro sanno fare alla perfezione”49. 45

Simmel 1993, p. 24. Ibidem. 47 Ibidem. 48 Ivi, p. 25. 49 Ivi, p. 28. 46

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L’analisi simmeliana della civetteria mostra ancora una volta l’attualità del suo pensiero, soprattutto in relazione all’odierna realtà culturale, la quale rispetto al passato, ed al periodo storico in cui ne tratta lo stesso, evidenzia un’accresciuta potenzialità di stimoli esterni, in cui l’esigenza di soddisfazione erotica è molto accentuata, di conseguenza il carattere civettuolo descritto da Simmel mostra la funzione psicologica e sociale di questo ruolo. Funzione sociale del gioco dei ruoli, il civettare è il gioco allusivo e simbolico in cui è possibile riconoscere i tratti caratteristici della figura femminile: “la relazione tra i sessi è sintetizzata da questo piacere del civettare, dal gioco dell’avvicinarsi e dell’allontanarsi, del darsi e del sottrarsi, la cui contrapposizione fa risaltare in modo più nitido le due alternative”50. Nel saggio in questione si comprende chiaramente come l’ambivalenza per Simmel sia una forma di interazione, divenendo un contributo per comprendere le diverse forme di interazione sociale indipendentemente dall’analisi del rapporto tra i sessi e rispetto al tema dell’amore51. Ogniqualvolta gli attori sociali si pongono il problema di quale forma di interazione è in grado di produrre un effetto di ritorno in senso di piacere rispetto alla propria interazione, la risposta simmeliana è riposta nella civetteria. In questo senso il saggio di Simmel “non è affatto peregrino o addirittura storicamente superato ma appartiene senza dubbio all’ambito delle teorie sociologiche generali dell’interazione”52. Non dimenticando che forse Simmel identifica in questa strategia femminile una corrispondenza con

50

Squicciarino 2000, pp. 214-215. Si rimanda al primo capitolo di questo lavoro. 52 Nedelmann 1992, p. 239. 51

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un atteggiamento o una condotta che noi spesso usiamo anche al di fuori del contesto amoroso, in cui il giocare e il fingere sono certamente tattiche di dilazione e di alleggerimento dei conflitti, ma talvolta addirittura forme di sperimentazione di altri Sé e dunque di risposte differenziate ai dilemmi della vita53. I caratteri che distinguono la civetteria sono quindi definibili nell’alternarsi, nell’oscillazione dualistica del sì e del no, e proprio questo carattere passivo ed attivo dell’azione umana, è presente anche nel saggio che Simmel dedica all’esperienza dell’avventura54, in cui la casualità delle esperienze, si definiscono in due processi autonomi, con un proprio processo dinamico. Usando le parole di Vozza “l’avventura è la metafora o la mise en abîme della filosofia di Simmel, capace di rappresentare [...] la relazione fra totalità e particolarità, significato e configurazione fenomenica, profondità e superficie; l’avventura è l’immagine della vita sospesa tra caso e necessità, tra la molteplicità dell’esperienza e il senso unitario”55. Così Simmel riesce anche in questo lavoro a mostrare la forza e le componenti presenti nella relazione amorosa, poiché “il rapporto d’amore racchiude in sé quei due elementi che si trovano riuniti anche nella forma dell’avventura: forza che conquista e concessione che non si può estorcere, acquisto con i propri mezzi e abbandono alla fortuna che ci viene dispensata dall’imponderabile”56. L’avventura è un tratto caratteristico del gioco dell’amore, si realizza nel desiderio mai sopito nell’uomo e nella donna di oltrepassare ciò che è semplicemente dato, stabile. L’amore con-

53

Antinolfi 2004, pp. 24-25. Cfr. Simmel 1998c, pp. 15-28. 55 Vozza 2002, p. 91. 56 Simmel 1998c, p. 22. 54

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tiene in sé due concetti opposti il desiderio e la stabilità, una lotta tra la nostra aspirazione di trascendere l’altro e la paura di perdere la nostra stabilità e certezza cui tutti noi bramiamo. Se attraverso l’amore mettiamo in discussione tutto noi stessi aprendoci all’altro, la passione e il desiderio perdono il loro più alto impatto con il nostro senso di realtà che ci costringe alle logiche razionali del quotidiano, del familiare. Il disincanto della persona amata si realizza proprio quando la ripetizione di gesti e momenti condivisi ci spingono a dimenticare la fascinazione del primo incontro, di quel processo iniziale in cui idealizziamo l’altro. In questo passaggio dall’idealizzazione al disincanto si genera la stabilità e la sicurezza cui aneliamo, ma che genera negli uomini e nelle donne un amore che non è più spinta passionale, ma pura disillusione quotidiana, poiché è nella natura stessa degli eventi che nulla nel trascorrere del tempo riesce a mantenersi uguale a se stesso. Il cambiamento assume in questo senso un elemento di negazione dei propri sentimenti più puri e trascendenti, i quali hanno invece definito il sorgere del sentimento amoroso. Nel momento in cui i nostri sentimenti passionali si trasformano in un amore tenero, intimo e sicuro, sono state superate tutte le forme dell’avventura, di uno stato emotivo che è tensione, rischio di perdere l’altro. Esiste in questa visione la possibilità di amare mantenendo viva la continua scoperta dell’altro, rappresentata dal non dare nulla per scontato, nel non far diventare l’amore un atto passivo, privo della vitalità che è esaltazione della vita stessa. In questo senso Simmel afferma: “come la conservazione divina del mondo è una continua creazione, così la conservazione dell’amore di un’altra persona è un continuo riconquistarla; la conservazione del proprio amore invece è un continuo ri-crearlo”57. 57

Simmel 2004, p. 347.

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L’amore che si determina nella stabilità, nella sicurezza, tende a spengere ogni senso di avventura e di vitalismo, divenendo un sentimento scontato, di accettazione passiva dell’altro ormai non più celato e trascendente, perdendo il senso d’immaginazione che anima i momenti dell’incontro e della scoperta dell’altro diverso da noi in cui vorremmo perderci. Sappiamo però che se il desiderio è trascendenza e il gioco dell’avventura accelera il processo di immaginazione dell’altro, in noi c’è anche la continua ricerca di una stabilità emotiva e fisica, del bisogno di poter contare nell’altro, nella necessità di una continuità che ci aiuta anche nella costruzione di un’identità che ha bisogno di certezze e sicurezze rappresentate anche dall’avere un luogo ove poter riparare, un luogo familiare, una casa. Sono questi i motivi che ci spingono verso due direzioni opposte, da una parte il bisogno di riparo e di riposo e dall’altro il desiderio di conquista ed avventura, direzioni che non devono portare ad un’interpretazione falsata della nostra quotidianità. Infatti “non sono la quotidianità, la familiarità, l’abitudine a estinguere nella casa la passione amorosa, ma siamo noi a usare la quotidianità, la familiarità e l’abitudine per estinguere nella casa la passione amorosa, allo scopo di difendere il nostro nido dal rischio destabilizzante dell’avventura, che potrebbe sottrarci la sicurezza e l’accoglienza di cui, al pari dell’avventura, abbiamo un assoluto bisogno”58. E se noi pensiamo ancora alla distinzione della natura maschile e di quella femminile, individuando nella prima i tratti caratteristici dell’avventura e nella seconda la detentrice della stabilità e della familiarità, ciò non è altro che un retaggio culturale come lo stesso Simmel dichiara: “l’attività della donna 58

Galimberti 2004a, p. 68.

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nel romanzo d’amore è permeata in modo tipico dalla passività che la natura e la storia hanno conferito al suo essere. D’altra parte la sua maniera di accogliere ciò che la rende felice è, immediatamente, un concedere e un regalare. Per la donna i due poli della conquista e del favore, esprimibili in svariatissime colorazioni sono più ravvicinati”59. Le donne però nella loro complessa natura ambivalente sono determinate anche dal caratteristico senso dell’avventura il quale però non è stimolato dal tradizionale schema educativo, così come non è veritiero voler definire la natura maschile solo con i tratti del predatore, dell’avventuriero e quindi instabile e delatore del senso della casa e della stabilità. Rimarcando con le parole di Simmel, “nella donna sembra prevalere la soggettività, ciò indica appunto l’intima fusione del singolo fenomeno psichico o del singolo valore con il complesso della personalità: in virtù di questa congiunzione immediata, ogni punto della periferia interiore viene coinvolto nel destino e nella disposizione di spirito del centro. Viceversa, la totalità nel suo carattere assolutamente personale vibra insieme con i singoli impulsi e vissuti, i quali acquistano invece nell’essere maschile una certa indipendenza e si sviluppano più secondo le leggi proprie e particolare dei loro singoli contenuti che non secondo la legge del soggetto preso nel suo complesso”60. I due soggetti del discorso amoroso non sono così esenti dalle stesse instabilità ed incertezze, ma soprattutto dalla evidente frattura che si crea tra il desiderio di passione e il bisogno di sicurezza che un rapporto stabile sembra offrire alla coppia. Siamo di fronte ad un conflitto di desideri e spesso ciò ci spinge a barattare il nostro bisogno di stabilità 59 60

Simmel 1998c, p. 22. Simmel 2004, p. 223.

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emotiva con il sovvertimento dei sentimenti passionali che hanno portato all’innamoramento dell’altro. Questo schema, oggi, ancora più che nella società tradizionale, è il prodotto della nostra incapacità di accettare il cambiamento, non solo nostro, ma anche dell’altro. Il cambiamento è invece segno vitale della vita, è l’energia che ci spinge a scorgere nuovi orizzonti e ha dare vitalità ad una vita che altrimenti si banalizza nella gestualità quotidiana, nella ripetizione di giornate sempre uguali a se stesse, ricercando il senso dell’avventura in momenti fugaci, spesso al di fuori della quotidianità condivisa. Il superamento di questa caduta risiede nel riuscire a far nostra l’idea che il cambiamento è parte fondante della nostra vita e non è indice di precarietà e di caducità, in questo modo si riuscirebbe forse a non tentare dopo la conquista dell’altro di relegarlo all’interno di uno schema prefissato. Spesso invece si tende a dimenticare che nell’incontro ci siamo persi nell’immagine che abbiamo creato, facendola diventare disillusione, poiché è proprio nella realtà che il senso dell’avventura riesce a promuovere un continuo desiderio dell’altro61. Tante sono le citazioni ed i riferimenti che è possibile presentare in questa sede circa l’esposizione brillante, che Simmel ripercorre nel breve saggio dedicato alla civetteria, ed in quello sull’avventura (in questo senso si rimandano i curiosi ad una lettura completa degli stessi), è però importante sottolineare un altro elemento; esiste una grande differenza tra l’atto del civettare e l’azione della cocoterie, che rimane legata all’ambito del puro mercimonio, all’amore di corte o anche alla prostituzione.

61

Cfr. Galimberti 2004a, pp. 70-75.

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Simmel dedica alcuni saggi al tema della prostituzione, si pensi a Einiges über die Prostitution in Gegenwart und Zukunft (1892)62 e Die Rolle des Geldes in den Beziehungen der Geschlechter. Fragment us einer Philosophie des Geldes (1898)63, in cui la prostituta svolge un ruolo dal quale è possibile ricavare un valore intellettuale aggiunto, quanto quello presente nella civetteria, naturalmente in relazione ad una prostituzione di alto rango, che trova un riferimento anche nella cortigianeria e certamente non nella prostituzione di strada o infantile che deturpa le strade di tante città occidentali o nei paesi del terzo mondo oggi. Per Simmel la donna ha tra le sue caratteristiche quella di non porre nessuna distanza tra sé e l’amore, il quale diviene suprema realizzazione e non è disgiunto dalla prostituzione, la quale nelle società primitive non destava scandalo e si poteva accompagnare anche al concetto di dignità femminile, idea che scompare nelle civiltà moderne. La prostituzione, come sappiamo, si connota per l’impersonalità del pagamento della prestazione da parte dell’uomo, creando una distanza tra i due soggetti, una distinzione tra l’atto sessuale e il sentimento dell’amore, che nell’animo femminile non sono distinti poiché la donna è meno differenziata rispetto all’uomo64. Simmel nell’occuparsi di questo tema evidenzia come la prostituzione ci restituisca l’esempio più puro di degradazione, poi62

Cfr. Simmel 2002, pp. 11-31. Cfr. ivi, pp. 59-121. 64 A riguardo si ricorda il capitolo V della Filosofia del Denaro, intitolato L’equivalente in denaro dei valori personali, in cui Simmel si dedica in specifico al ruolo del denaro nei rapporti tra i sessi: Il matrimonio per compravendita e il valore della donna (pp. 527-533); La divisione del lavoro tra i sessi e la dote (pp. 534-535); Il rapporto tipico tra denaro e prostituzione (pp. 536-542); Il matrimonio per denaro (pp. 542-546); Cfr. Simmel 1984b. 63

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ché è l’atto in cui l’uomo utilizza l’altro/a come puro mezzo in cui “il rapporto tra i sessi è limitato in modo del tutto inequivocabile all’atto sessuale [ma soprattutto] può essere visto come il momento più forte e più profondo che storicamente collega la prostituzione in modo assai stretto all’economia monetaria, l’economia dei «mezzi» nel senso più stretto della parola [e] questa è la base del fatto che la paurosa degradazione intrinseca alla prostituzione trova la più chiara espressione nel suo equivalente in denaro”65. La prostituzione in quest’analisi pone in essere due elementi distinti; da una parte l’aspetto personale del rapporto sessuale tra due persone, e dall’altra l’impersonalità del denaro utilizzato per il pagamento della prestazione sessuale. Uno scambio che offre chiaramente ai nostri occhi il senso del degrado e della perdita di ogni dignità, un senso di oppressione “da cui le prostitute si salvano immediatamente rendendo impersonale la propria sessualità […] separandola dal loro cuore. Ne nasce un rapporto senza ieri e senza domani, nella più assoluta non comunicazione, che le mogli e le fidanzate, senza ammetterlo, sono molto più disposte a concedere ai loro uomini di quanto sarebbero disposte a concedere se si trattasse di una vera storia d’amore”66. Questa breve analisi della prostituzione, nella trattazione di Simmel, ci offre l’opportunità per una riflessione sulle condizioni nella società contemporanea della prostituzione, la quale assume, invece, i connotati di una piaga sociale, con duri riflessi sulla condizione delle prostitute, siano esse donne o bambine o giovani ragazzi, troppo spesso alla mercé di uomini e 65 66

Simmel 1984b, p. 537. Galimberti 2004a, p. 60.

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donne senza scrupoli, mossi solo da guadagno sicuro. Non possiamo infatti dimenticare, come annota Galimberti, che oggi “il problema della prostituzione non è un problema che riguarda le prostitute, e la sua soluzione non sta né nelle strade, né nelle case chiuse, né negli appartamenti di cui si passa parola, né nelle cooperative del sesso, ma nel fatto che tutti, uomini e donne, ritengono meno pericoloso un incontro impersonale con una prostituta, che un incontro personale con un altro uomo o con un’altra donna”67. Ciò per ribadire come oggi il modo di concepire il sesso e le relazioni personali è profondamente influenzato dai cambiamenti radicali riguardanti i rapporti tra persone, soprattutto nel momento in cui il sesso è concepito separatamente rispetto ai sentimenti, poiché perde ogni referente personale diventando ancora più pericoloso. In questo senso si può solo rimarcare il fatto che “sotto la parola «amore» ciò che si nasconde è anche possesso dell’altro, sicurezza economica, presentabilità sociale, assicurazione per la vecchiaia e quant’altro [che] con l’amore proprio non ha nulla da spartire”68.

2. L’erotismo e la sessualità “Si potrebbe dire: gli uomini sono più sensuali, le donne più sessuali – infatti la sensualità non è altro che una sessualità che ascende alla coscienza e si condensa in singoli stimoli. La sessualità nell’uomo, essere dualistico e psichicamente più differenziato, tiene una contabilità molto più separata che non nel67 68

Ibidem. Ivi, p. 61.

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le donne, la cui unitarietà non consente a questo impulso centrale, ancor più che a tutti gli altri, di avere un’esistenza a sé stante, uno sviluppo indipendente da tutto il resto della personalità”69; così come “ci sono troppe poche categorie, come ci sono troppo pochi sessi”70, sono due citazioni riportate per introdurre il tema della sessualità. Quest’argomento è importante per i riferimenti e per la difficoltà d’interpretazione in rapporto al clima culturale tedesco ed europeo del periodo in cui scrive Simmel, ma soprattutto per aver affrontato la questione femminile in termini culturali e non solo entro confini politici. Quando Simmel si avvicina al tema della sessualità ha chiaro il piano di lettura secondo la cultura maschile e secondo la cultura femminile della società moderna ed in questi termini si occupa della problematica così intima, ma fondante per la società tutta71. In questo senso, possiamo citare in margine anche il pensiero di Engels il quale si occupa della storicità dell’eros, evidenziando come nella società moderna l’eros si differenzia proprio sul piano di una maggiore carica soggettiva, in presenza di un’intensità spirituale capace di unirsi al desiderio sessuale, ed in questo processo si assiste anche ad un autonomizzazione rispetto ai ruoli e alle istituzioni sociali72. Si tratta di una precondizione, Simmel individua l’unità della coscienza come capacità dello studioso di effettuare, una corrispondenza tra la vita psichica degli altri e la propria. La sessualità si organizza in funzione di un bisogno fisico, biologico e mentale e l’erotismo vi applica le sue regole. L’erotismo è considerato una forza a volte liberatoria, altre trasgres69

Simmel 2004, p. 225. Lukács 1996, p. 65. 71 Si rimanda al primo capitolo di questo lavoro. 72 Cerroni 1975, p. 120. 70

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siva, altre ancora rivoluzionaria. Per comprendere la presenza energetica della sessualità ci si scontra spesso con il confinamento e la repressione attuata dai veli del pudore. Si ipotizza l’utilizzazione dell’erotismo solo ai fini riproduttivi, oppure lo si confina in un lato oscuro della mente, poiché i brutali piaceri rischiano di infrangere il buon andamento sociale. Per dare significato e svelare questa tematica è importante riferirci al pensiero del filosofo francese Michel Foucault, il quale si è occupato della problematica sessuale realizzando un minuzioso lavoro a carattere storico, individuando le motivazioni che hanno determinato l’evoluzione della riflessione sulla sessualità nel corso del tempo. Spaziando dai greci ai romani, dal mondo cristiano alla modernità, si incontrano le storie, le vicende che hanno portato ai movimenti sessuali dell’epoca di Simmel. Il XIX secolo, per Foucault, si caratterizza negli ampi dispositivi di saturazione sessuale, determinati dal cambiamento spazio/temporale ed a causa della ritualizzazione della vita quotidiana, nuovo prodotto di questo secolo. La società moderna ha cercato per lungo tempo di negare la sessualità parlando solo della coppia, eterosessuale e possibilmente legale, sposata. Foucault si chiede se veramente la famiglia del XIX secolo è una cellula monogamica e coniugale, ed analizza la struttura familiare, la sessualità delle diverse componenti, i genitori, i figli: “tutto ciò fa della famiglia, anche ridotta alle sue più piccole dimensioni, una rete complessa, satura di sessualità multiformi, frammentarie e mobili. Ridurle alla relazione coniugale, a costo di proiettarla, sotto forma di desiderio vietato, sui figli, non può render conto di questo dispositivo che è, rispetto a queste sessualità, piuttosto un meccanismo incitatore e moltiplicatore che un principio d’inibizione”73. 73

Foucault 1984b, pp. 45-46.

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La società moderna non ha creato piaceri nuovi e non ha scoperto nuovi vizi, ma all’interno dello spazio societario moderno ha creato nuove regole nel gioco dei poteri e dei piaceri, ed in questo spazio si è assistito ad un irrigidimento delle perversioni. Mai in nessun altro periodo si è guardato allo sviluppo di così numerosi centri di potere che portano al proliferare ed intensificare i piaceri. Quando si pensava che la società borghese, industriale, moderna, si profilasse come una società repressa sessualmente, essa ha mostrato una concatenazione di profitti economici che si legano alla sessualità. Si è così avviato un processo di gestione e controllo del sesso, divenendo una parte dei processi economici, si parla, si studia, si analizza, facendo perdere di vista il dato essenziale che caratterizza il termine sesso, in altre parole quello di rivestire un aspetto della natura umana. Il campo medico, psichiatrico, la prostituzione, la pornografia, si sono intrecciati fornendoci una moltiplicazione di piani di lettura ed interpretazioni diverse. Utilizzando le parole di Foucault: “Piacere e potere non si annullano, non si ritorcono l’uno contro l’altro; s’inseguono, si accavallano e si rilanciano. Si connettono secondo meccanismi complessi e positivi di eccitazione e d’incitazione”74. La sessualità acquista un’importanza, un valore anche alla presenza di leggi atte a disciplinarla. Essa permette in ogni modo la proliferazione di piaceri specifici e la moltiplicazione di sessualità disparate. Il cambiamento radicale che investe il XIX secolo è interpretato dal filosofo francese attraverso l’analisi del movimento sociale mosso dal capitalismo, in cui i medici, gli analisti, i maestri, i genitori, servendosi della psicanalisi e della sessuologia, prospettano uno scardinamento della morale, di74

Ivi, p. 48.

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latando lo stimolo alla confessione sul sesso. Nasce così un piacere nuovo: il piacere delle verità sul piacere, con la trasposizione del sesso in discorso. I comportamenti sessuali divengono oggetto di sapere, di conoscenza, in un rapporto di potere e sesso. Si è circondata la sessualità di esasperata curiosità, illudendosi ipocritamente che la costruzione di una scienza della sessualità fosse capace di liberare il sesso dalla soffocante censura operata. In questo modo l’Eros ha subito uno spostamento dal campo della sessualità a quello meno pericoloso della creazione intellettuale e scientifica. Le considerazioni di Foucault consentono una migliore comprensione della stessa indagine simmeliana sulla sessualità. Non è un caso che proprio un pensatore formatosi nella seconda metà dell’Ottocento (quindi nel pieno di mutamenti sociali ad ampio raggio), come è Simmel, abbia avvertito l’esigenza di avviare una riflessione filosofica e sociologica sul sesso e sull’erotismo. Simmel non si ferma al piano speculativo: verso la fine della sua carriera accademica ritiene utile svolgere un compito didattico più profondo rivolgendosi ai futuri insegnanti, spiegando loro le problematiche che si troveranno a dover affrontare nel corso del loro futuro lavoro educativo, attraverso un corso di lezioni dedicate alla “Pedagogia scolastica”75. Il nostro Autore nell’impostazione di queste lezioni non dimentica nessun argomento, evidenzia tutti gli elementi a fondamento di un proficuo lavoro didattico cui sono chiamati i suoi giovani studenti76, mostrando chiaramente come l’inte75

Cfr. Simmel 1922. Max Weber, collega ed amico di Simmel, si rivolge ai futuri docenti universitari nella conferenza Wissenschaft als Beruf, tenuta nell’inverno 1918’19 considerata il testamento spirituale dello studioso tedesco. Weber e Simmel, si trovano così a condividere una scelta comune: giunti alla piena 76

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resse pionieristico rispetto alle tematiche riguardanti il sesso, la sessualità, ma anche il pudore, l’amore, l’intimità, sono considerate sollecitazioni fondanti nello studio e nell’analisi dei processi sociali legati alla modernità ed alla cultura soggettiva. In questo senso possiamo considerare Simmel il precursore di un nuovo filone di ricerca: la “sociologia di genere”. Nelle società moderne e post-moderne, il concetto di genere acquista una valenza nuova rispetto agli enormi cambiamenti che hanno investito le società. Spesso la parola “sesso” raccoglie un significato ambivalente nella nostra lingua, ci riferiamo al sesso per definire una categoria di persone (maschile e femminile), ma anche per indicare una pratica, quella del “fare sesso”. La distinzione nel primo caso si riferisce alle differenze di genere biologiche ed anatomiche, nel secondo caso all’attività sessuale in genere. Nell’approfondimento della terminologia è possibile distinguere il sesso dal genere, identificando il primo solo come distinzione fisica degli organismi ed introducendo il genere per specificare le differenze psicologiche, sociali e culturali: “Viviamo in un’epoca in cui è immensa l’ansia del genere (maschile e femminile), un’epoca in cui sia le donne sia gli uomini cercano nuove definizioni di “genere”; e c’è racchiusa tanta stizza, tanto rancore, nell’argomento maschilitàfemminilità che, spesso, sembrerebbe che i sessi non sappiano maturità della loro carriera accademica si preoccupano di far conoscere alla futura classe docente, anche se per ambiti di lavoro diversi (Simmel per i docenti della scuola secondaria superiore, Weber per i docenti dell’università), la loro esperienza maturata sul campo, lavorando a stretto contatto con gli studenti. Per un’analisi del rapporto Weber-Simmel si rimanda ad alcuni lavori che affrontano tale problematica: cfr. Cavalli 1989, pp. 503-524; Cfr. Cavalli 1992b, pp. 117-123; Cfr. Picchio, 2001, pp. 151220; Cfr. Segre 1987.

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regolarsi l’uno con l’altro, affatto. Si pensi alle polemiche in corso sulla definizione di «stupro», «molestia sessuale», «femminismo» e «riflusso»”77. L’interesse per la sociologia del genere (gender sociology) si è sviluppato come nuovo filone di ricerca sulla disuguaglianza negli ultimi trent’anni. I paesi anglosassoni sono stati i primi ad avviare il percorso di ricerca con un approccio di tipo storico-comparativo per approfondire ed evidenziare le differenze tra il maschile ed il femminile. Per questo motivo, ritengo l’appendice sull’istruzione sessuale, contenuta in Schulpädagogik, un importante esempio per comprendere pienamente il pensiero simmeliano a conclusione di quest’analisi sui temi della femminilità e della sessualità trattati dallo stesso. Il Nostro, già nell’introduzione all’argomento, evidenzia un dato fondamentale, la mancanza di parole per spiegare un processo naturale che investe la vita d’ogni singolo individuo. I bambini non sono preparati alla conoscenza del proprio corpo e la mancanza d’informazioni e la deficienza di conoscenze portano ad un’educazione inadeguata, poiché essi cercano d’acquisire in ogni modo conoscenze ed esperienze ed in mancanza di interventi mirati lo fanno in maniera autonoma, con i rischi che ciò può comportare. É lo stesso Simmel a metterci in guardia: i bambini “non vivono in un totale isolamento”, e se non sono preparati dagli adulti alla presa di coscienza della propria sessualità, ricevono queste informazioni “comunque in modo ancora più dannoso, (con uno scambio) con i coetanei”78. Le parole ci sono, ma non sono quelle giuste di un educatore; non bisogna attendere il tempo delle inquietudini più vive, quando nella fase adolescenziale il corpo subisce quelle trasfor77 78

Jong 2001, p. 209. Simmel 1995b, p. 161.

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mazioni naturali e vitali, ma far conoscere, spiegare questi eventi prima che si manifestino nel proprio corpo, rendendo più semplice la comprensione ed in alcuni casi l’accoglimento dei cambiamenti fisiologici e psicologici. Simmel scrive in proposito che un’accettazione serena dell’istruzione sessuale “può avvenire prima di tutto se il bambino viene a conoscere questa sfera in un tempo, in cui non la investe ancora con questi accenti, che provengono dai suoi impulsi oscuri e ha quindi tempo di inserirla nella sfera generale della coscienza, coordinandola con tutto il resto”79. La naturalezza con cui affrontare il tema è fondamentale per una piena comprensione e spostamento verso l’interno della problematica. Simmel pensa di inserire l’argomento della sessualità non in una disciplina didattica indipendente, ma legandolo alla storia naturale, che trova corrispondenza nell’odierno insegnamento delle scienze naturali per i futuri insegnanti, ritenendo l’educazione sessuale un importante momento di conoscenza e crescita per gli studenti, ma soprattutto per sottolineare il meno possibile la differenza sul piano culturale tra il maschile ed il femminile80. 79

Ivi, p. 162. È significativo notare che queste considerazioni simmeliane risalgono al 1916, mentre in Italia solo in questi ultimi anni le istituzioni scolastiche hanno cominciato a recepire come elemento indispensabile per completare il bagaglio di conoscenze degli studenti d’ogni ordine e grado l’introduzione dell’educazione sessuale, svincolata dalle lezioni di biologia o delle scienze naturali. L’interesse per il tema è oggi sollecitato anche dalle dure problematiche presentate nei fatti di cronaca nera riportati dai quotidiani. La consapevolezza del problema da parte dell’opinione pubblica, sembra non bastare per riuscire ad attuare questo nuovo indirizzo e le tante scelte fatte nella scuola per analizzare e far conoscere il problema non hanno fornito risposte concrete. 80

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L’istruzione sessuale deve poter assumere un tono oggettivo, eliminando la soggettività che può far pensare al singolo (il bambino), evidenziando i particolari dell’argomento. Non possono le singole famiglie farsi carico di quest’insegnamento, perché solo poche sono in grado di operare nella maniera più giusta, ma soprattutto perché se sono i genitori a svolgere questo compito i bambini sono portati ad attribuire un significato particolare, troppo sentito, rispetto alle informazioni che ricevono dalle persone che hanno di fronte, i propri genitori. È fondamentale, invece, creare una generalizzazione su tale argomento sul piano oggettivo, legandola al concetto di natura universale “nell’idea che noi siamo circondati in ogni istante da innumerevoli inizi di vita”; e sul piano sociologico in modo da liberare le informazioni sulla sessualità dai legami della propria “realtà personale ed intima”81. Ogni singolo scolaro deve poter percepire nelle lezioni scolastiche sulla sessualità il puro dato oggettivo, poiché ogni più piccolo accenno soggettivo rende imbarazzante la comunicazione e crea quel fascino segreto di argomenti così intimi e personali che rappresenta il vero pericolo per i ragazzi, i quali all’interno dell’aula devono condividere allo stesso modo le informazioni che ricevono, senza fare paragoni e specifici riferimenti personali. Nel processo educativo, la distinzione tra “spirito” e “natura” non deve essere così rigida, poiché la pretesa di educare i giovani solo al tempo ed a pensieri spirituali, per superare i turbamenti naturali del loro corpo non risolve il problema di fondo che riguarda proprio come raggiungere la meta della conoscenza sui temi della sessualità. Per Simmel si tratta di una tematica unitaria che non possiamo scindere, tanto da portarlo 81

Simmel 1995b, p. 163.

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ad affermare che: “La richiesta rivolta alla sessualità di essere perfetta, per amore di se stessa, a partire da se stessa come sessualità, conduce ai comandamenti singoli del dominio di sé, del rispetto di sé, del decoro esteriore e interiore, che anche lo «spirito» le rivolge”82. La “natura” rispetto allo “spirito” non è cieca, sa esattamente la strada da percorrere a differenza dello spirito che a causa della sua grandezza si trova mosso da mille forze opposte che creano una situazione di pericolo. In quest’ottica non è comunque opportuno considerare la natura spregevole ed antagonista al senso spirituale della vita, relegando la sfera della sessualità in un piano valoriale nullo, poiché è proprio questo atteggiamento che per l’Autore porta ad un lassismo ed irresponsabilità tale da determinare una mancanza di coscienza del problema sessuale in sé “proprio come il disprezzo a cui è soggetto il sesso femminile ha come effetto ovunque una mancanza di coscienza nella sua trattazione”83. È solo nell’innalzamento allo spirito della sessualità e delle considerazioni intorno al sesso femminile, che è possibile trovare una giusta collocazione e riuscire a spezzare il contrasto e rendere accettabile la loro posizione sul piano della conoscenza: “La richiesta spirituale non deve porsi di fronte alla sensualità come a un nemico, ma deve penetrare in essa, per formarla, affinché possa inserirsi nella tensione di una vita unitaria universale”84. La sessualità è una materia autonoma. Essa non deve considerarsi scissa dalla totalità di ogni vita, così come possiamo: “concepire in termini diversi il rapporto tra la sensibilità e lo spirito: non bisogna mai disconoscere però che appartengono

82

Ibidem. Ivi, p. 166. 84 Ivi, p. 165. 83

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ad una vita”85. La vita ha impliciti in sé la sensibilità e lo spirito, e come tale non può allontanarli, lavorano verso un senso comune, unitario. Allo stesso modo la sessualità, intesa come materia didattica, nel pensiero simmeliano non si deve scindere dagli altri insegnamenti e deve evitare il distacco dalle trattazioni scolastiche. La sessualità è un compendio, una manifestazione della vita “che si intreccia a parità di diritto con tutte le altre nell’esistenza universale, essa è sottoposta agli ideali universali e alle norme della vita che puntano al suo innalzamento e alla sua armonia”86. Una materia d’insegnamento che a parità di tutte le altre materie, non deve considerarsi eccezionale, distaccata, ma una guida al completamento della formazione educativa degli alunni, insieme a “tutto ciò che si leva dall’essere di questa sfera come sua esigenza autoctona, suo immanente perfezionamento, solo la corrente della vita – individuale e sociale – scorre verso la meta che noi di volta in volta le fissiamo”87. Il docente lavora per lo sviluppo completo del discente, per una crescita del soggetto nel senso fisico e psicologico. Pensare alla formazione completa del soggetto, in quanto agente in una realtà differenziata come quella moderna, significa sviluppare una formazione ai valori, all’etica dell’individuo. La sessualità è una problematica che Simmel analizza in rapporto ai principi regolatori che fanno parte della vita stessa dell’uomo, in senso spirituale e fisiologico a completamento della complessità umana. A fondamento della trattazione troviamo lo spirito, come potenza della vita stessa, che non va considerato come un canale costruito esternamente alla vita “nel quale la sua corrente

85

Ibidem. Ivi, p. 166. 87 Ibidem. 86

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viene imprigionata e guidata, bensì [come] uno dei suoi letti fluviali, che ha scavato per se stessa, la cui forma determina sì il suo corso, ma non è che il simbolo permanente della sua forza, della sua ritmica e direzione”88. La vita è capace di dominare se stessa, ordinando e significando il proprio cammino, solo quando è in grado di gestire la parte oggettiva e soggettiva della sua natura. Le due forze lavorano al raggiungimento di un obiettivo comune, quello della vita. Simmel, parlando delle due forze apparentemente contrastanti, ma che operano per il medesimo scopo, introduce il significato ed il valore alla sessualità, come parte fondante della totalità della vita, che come tale va vissuta con disinvoltura e spontaneità senza preoccupazioni di genere: “lo spirito non deve trionfare sulla natura con la castità e l’ordine, e quindi il dualismo […] non deve ancora legittimarsi e idealizzarsi, ma con tali tratti questo elemento della vita deve conquistare la consacrazione a cui, raggiunta o no, la vita universale è chiamata”89. La sessualità non è una sfera “malvagia”, da mettere da parte e trascurare, come ancora parte degli studi pedagogici fanno. Con il rifiuto di questo specifico ed importante aspetto della vita umana, si rischia di generare uno sviluppo incompleto, ed incentivare un atteggiamento psicologico di negazione di una parte essenziale per il completamento della personalità di un qualsiasi individuo. Simmel evidenzia le difficoltà d’atteggiamento presenti in tutte le realtà storico-sociali che si sono alternate nel tempo: ogni società ha creato una sua forma di riferimento in cui non tutte le vite sono riuscite ad integrarsi completamente. La vita nella concezione simmeliana deve conce88 89

Ivi, p. 167. Ibidem.

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dersi un’apertura per riuscire “[ad] assorbire in sé questo contrasto, per sentire le leggi e i divieti, che in un primo momento ci appaiono come qualcosa di esteriore, estraneo, casuale, come una realtà, alla fine, interiore, come qualcosa che è compreso nel cerchio più ampio della vita e del suo significato, e che è unito al suo centro”90. La vita in Simmel assume il significato di un cammino nel quale ogni individuo incontra situazioni, realtà e conflitti inevitabili. Nessun giovane è esente, nel suo percorso di crescita educativa e formativa, dall’incontro con lotte e difficoltà diverse e nello stesso tempo, questi incontri devono tener conto delle “prediche morali”, delle regole stabilite dagli uomini che tendono spesso a limitare la forza vitale del soggetto. Però è possibile incoraggiare i giovani facendogli comprendere che anche se i conflitti sono inevitabili nel corso della vita, si tratta di una lotta non sospesa e slegata dalla vita stessa, ne è parte integrante, ed è proprio in questa unità di intenti che è possibile superare le difficoltà e le lotte per l’esistenza. Gli interventi sulla morale pongono in luce il diverso atteggiamento nei confronti dell’educazione sessuale, soprattutto in rapporto alle diverse classi d’appartenenza. In quest’ottica l’istruzione sessuale nelle prime classi si realizza in senso pubblico ed universale, mentre nelle ultime classi possono essere di aiuto degli incontri privati con i singoli scolari: “perché se vi è già vita sessuale, essa è naturalmente individuale, e proprio in questa sfera il giovane sente le proprie necessità e i propri problemi, forse perché hanno un carattere segreto, come qualcosa di assolutamente proprio – come Goethe dice quando parla della gioventù nella quale si pensa di essere «gli unici ad amare e che nessuno uomo abbai 90

Ivi, p. 168.

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mai amato così, né potrà mai amare»”91. Riuscire a superare le barriere ideologiche, per Simmel è possibile grazie all’intervento del docente che, con la capacità di instaurare un dialogo fruttuoso con i suoi alunni, “dà al giovane l’impressione di una sicurezza morale e al tempo stesso di una libertà priva di pregiudizi, [e può] in questo caso essere molto efficace. Per ottenere la fiducia necessaria, il docente non deve fare prediche morali dall’alto; così ritorna subito il dualismo di fronte al quale il giovane è disorientato e a partire dal quale non può essere aiutato”92. La possibilità di aiutare l’altro risiede nella nostra capacità di porci sullo stesso piano, nella stessa direzione, di essere “accanto a lui” e “ non di fronte a lui”, lasciando intuire che ognuno di noi si è trovato dinanzi una difficoltà ed ha avuto bisogno di aiuto. Nel pensiero simmeliano il rapporto tra docente e discente si contraddistingue per il carattere di parità, nel momento del bisogno, poiché, come si legge: “Più il giovane si sente uguale al docente nel punto di partenza, tanto più sarà pronto a farsi condurre alla sua meta”93. Le considerazioni simmeliane sul processo educativo terminano con quest’ultima indicazione, a conclusione della trattazione della sessualità. Il giovane nell’avventura della vita ha la necessità di sentire al proprio fianco una guida, un aiuto concreto per riuscire a superare le difficoltà insite nel cammino. Il percorso educativo tracciato da Simmel si lega alla concezione filosofica della vita, nella ricerca di una propria finalità, per il completamento di un’individualità educativo-formativa.

91

Ivi, p. 169. Ibidem. 93 Ibidem. 92

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In relazione alla trattazione è possibile evidenziare come Simmel appunti il proprio interesse anche sugli aspetti più fisiologici del tema. Le analisi simmeliane si riferiscono per esempio al corpo, per comprendere come gli agenti sociali concepiscano la parte esterna della loro persona e come questa si ponga a rappresentazione dello specchio dell’anima: “attraverso la percezione sensibile la corporeità giunge all’anima; attraverso le innervazioni che fanno capo al volere, l’anima si protende nel mondo dei corpi – entrambe le cose appartengono all’anima e all’intimità della sua coscienza, che è l’Altro della corporeità, anche se ora si intreccia a queste due funzioni”94. Un’educazione che voglia dirsi completa plausibilmente deve poter tenere conto del rapporto tra il corpo e il movimento del soggetto nella sua complessità, fisica e psicologica. Occorre pensare alla formazione completa del soggetto soprattutto nella società odierna, che premia il valore estetico rispetto ad una formazione ai valori e all’etica individuale, si tratta di una Bildung. In altre parole significa pensare ad un processo integrativo di tutti i diversi elementi che danno forma alla vita del giovane che dovrà ricevere gli strumenti per sviluppare la propria soggettività, ma l’atteggiamento intellettuale più consono è quello del ragazzo che sa che in questo cammino infinito le sue conoscenze sono una parte di un mondo di conoscenze più vaste ed avvicinandosi alla vita con la coscienza di dover continuare questo costante lavoro di formazione. In questo senso, lo scolaro non è più un contenitore vuoto da riempire con nozioni e saperi, diffondendo informazioni distaccate, “sospese nel vuoto”, ma è necessario sviluppare i saperi legati alla vita e all’esperienza del soggetto in primis, poichè “l’essenza del Moderno in genere è lo psicologismo, il vivere e l’interpretare il 94

Simmel 1998c, p. 105.

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mondo in conformità alle reazioni del nostro interno e proprio come se fosse un mondo interno, la dissoluzione dei contenuti solidi nell’elemento fluttuante dell’anima, da cui si distacca ogni sostanza e le cui forme sono soltanto forme di movimenti”95.

3. Il pudore e il sentimento amoroso È possibile quindi affermare, dopo l’analisi della sessualità, che la storia dell’amore e della sessualità riserva sorprese inesauribili, ma che esiste anche una forte reticenza delle società del passato a lasciare testimonianza sull’amore e sul sesso, che forse converrebbe interessarsi alla “storia appassionante, illuminante, del pudore”96. Anche in questo senso Simmel rappresenta un precursore, per aver scritto nel 1901, un saggio Sulla psicologia del pudore97. Il tema del pudore è trattato dall’Autore per mostrare come questo carattere soggettivo peculiare rappresenti un passaggio fondamentale per la costruzione dell’individualità98. Il pudore è un mezzo difensivo dell’intimità degli individui, un argine contro gli attacchi esterni degli altri attori socia95

Simmel 1998c, p. 155. Duby 1986, p. 7. 97 Cfr. Simmel 1996c, pp. 63-78. 98 È importante ricordare come nel periodo tra il 1912-16, anche il filosofo tedesco Max Scheler pensa la pubblicazione di un saggio sul pudore dal titolo Das Schamgefühl, che sarà invece pubblicato postumo solo nel 1933, con il titolo di Vom Scham und Schamgefühl. Questo riferimento è utile anche per spiegare l’interesse intorno alle problematiche emozionali ed affettive di cui Scheler è un importante referente. In questa sede non sarà possibile approfondire o realizzare un raffronto tra i saggi dei due filosofi tedeschi, ma molte sono le analogie circa l’analisi delle emozioni e i dei sentimenti più intimi. Cfr. Scheler 1979. 96

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li. Se noi consideriamo per intimità tutto ciò che investe l’aspetto puramente personale, difficilmente accessibile da altri, dal punto di vista sociologico, la difesa della sfera intima, della privacy, è importante poiché la perdita di questa sfera potrebbe causare la disfatta o la dissoluzione dell’individuo e perciò la conclusione di quel polo dialettico su cui sorge e si regge il processo di sviluppo sociale. Il pudore tuttavia può anche essere considerato come segno della rivolta dell’individuo al processo di depersonalizzazione, compiuto dall’intrusione dell’altro nella sfera più intima degli individui: “Fin dove posso scorgere le singole manifestazioni del sentimento di pudore, in tutte loro trovo una forte affermazione del senso dell’Io, la quale si accompagna con una sua negazione. Nel provare pudore, si sente il proprio Io esposto all’attenzione degli altri e nello stesso tempo si avverte che tale esposizione è legata alla trasgressione di qualche norma [...] La molteplicità dei motivi di pudore [così come] Ogni violazione di questa sfera [...] viene avvertita come una rottura tra la norma della personalità e la sua condizione momentanea”99. Il pudore siamo ora in grado di definirlo “sentimento di rivolta”, poiché si ribella contro la privatizzazione del proprio io, dell’intimità come sfera soggettiva. È il meccanismo di difesa dello sguardo altrui, il pudore costituisce l’unico atteggiamento autentico dell’uomo che voglia costituirsi come individuo socialmente inserito, ma anche autonomamente configurato. È importante precisare come lo stesso Autore definisce lo sguardo “Prescindendo da molte modificazioni, ciò che noi vediamo nell’uomo è ciò che è durevole in lui; nel suo viso è disegnata, come in una sezione attraverso gli strati geologici, la storia della sua vita e ciò che sta alla base come dote atempo99

Simmel 1996c, pp. 65-66.

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rale della sua natura. Le oscillazioni delle espressioni del viso non si avvicinano, per molteplicità di differenziazione, a ciò che noi constatiamo mediante l’orecchio. Ciò che noi udiamo è il suo aspetto momentaneo, è il fluire del suo essere”100. Lo sguardo è la capacità esteriore di penetrare l’interiorità dell’altro, proprio mentre l’altro penetra la nostra, in cui “la prossimità di questa relazione è sorretta dal fatto singolare che lo sguardo rivolto all’altro e che lo percepisce è esso stesso espressivo, e ciò proprio per il modo in cui si guarda all’altro. Nello sguardo che assume in sé l’altro si manifesta se stesso; con il medesimo atto con cui il soggetto cerca di conoscere il suo oggetto, egli si offre qui all’oggetto”101. Il pudore come rispetto per il possesso di sé diviene il segno della rivolta alla logica depersonalizzante diffusa nella società moderna. In questo senso, l’atteggiamento del blasé, il quale per il suo essere non ha coscienza di sé e della propria individualità, non proverà mai pudore, così come non potrà provarla la prostituta che si concede ad un cliente. Colui che prova pudore è l’individuo cosciente della propria identità, intesa come termine in perenne legame dialettico con la società, tanto da sperimentare lo stesso sentimento che può provare in questo caso una prostituta davanti al suo amato, la quale riconquista la propria identità al di fuori del suo stato lavorativo. Simmel è in grado così di salvaguardare e di elogiare il sentimento di pudicizia, segno difensivo dell’istanza individuale contro ogni logica depersonificante tipica della società moderna, e sintomo, allo stesso tempo, della produzione di quel processo di rinnovamento esistenziale. Il sentimento del pudore è possibile definirlo anche come il banco di 100 101

Simmel 1998d, p. 554. Ivi, p. 551.

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prova sul quale poter stabilire il grado di autoaffermazione critica dell’uomo rispetto al contesto sociale di vita. Non a caso nelle società contemporanee il pudore e l’intimità, stanno assumendo i tratti di un processo di omologazione che tende a porci tutti sullo stesso piano, evidenziando la mancanza di differenze intime e pudiche, che non sono poi altro che la rappresentazione del nostro naturale desiderio di distinzione e differenziazione, contro una realtà sociale e politica, che vorrebbe invece farci perdere il proprio nome, e quindi la propria individualità soggettiva: “siccome agli altri siamo irrimediabilmente esposti, e dallo sguardo degli altri irrimediabilmente oggettivati, il pudore è un tentativo di mantenere la propria soggettività, in modo da essere segretamente se stessi in presenza degli altri”102. In questo senso, si apre una tematica legata non tanto alla questione della differenziazione, ma alla costruzione dell’identità, in seno ad una disquisizione puramente sociologica, che Simmel individua nel La differenziazione sociale103, in cui si legge: “L’identità con altri è certamente, sia come fatto che come tendenza, di importanza non inferiore alla differenziazione nei loro confronti [...] la differenza nei confronti degli altri è di un interesse di gran lunga maggiore dell’identità con essi [...] Questo interesse al carattere differenziato del possesso si estende comprensibilmente a tutte le altre relazioni dell’Io. In generale si può dire che, quando l’identità con una universalità e l’individualizzazione nei suoi confronti hanno un’importanza oggettivamente eguale, per lo spirito soggettivo l’identità esisterà più nella forma inconscia, l’individualizzazione più nella forma 102

Galimberti 2004a, p. 86. Opera di cui si è discusso ampiamente nel primo e nel secondo capitolo. 103

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conscia”104. L’individualità si definisce all’interno di un processo dialettico tra il bisogno di autonomia del soggetto ed il bisogno di socializzazione. Quando noi amiamo, infatti, ci abbandoniamo alla forma passionale, dimentichi di chi eravamo prima di questo stato emotivo, erotico, poiché nell’atto dell’amore non si crea una separazione tra le singole parti del nostro corpo, ma c’è una combinazione totale alchemica dell’intera persona. La persona amata, allo stesso modo sarà un essere diverso da colui o colei che conoscevamo prima: “La grande antitesi che definisce il mondo come anima e l’anima come mondo, quella tra essere e divenire, si rivela anche nell’amore. Accanto agli individui per i quali l’amore è qualcosa che esiste, che persiste, che è una volta per tutte, ve ne sono anche altri per i quali esso diviene continuamente, è uno sviluppo incessante, un divenire altro, un riconquistare; non solo si guadagna «la libertà quanto la vita» soltanto chi deve conquistarsele quotidianamente, ma anche l’amore”105. Ad una lettura attenta dei saggi simmeliani, cui ci si è riferiti, è sempre più evidente come Simmel riesca a condurre i lettori e i suoi giovani allievi a comprendere il significato e la tragedia insita nei processi sociali ed economici della civiltà moderna partendo anche dalle analisi dei più minuti tratti caratteriali degli attori sociali. Nelle figure e nei simboli, lucidamente tratteggiati con la sua scrittura, si evidenziano i caratteri dei ruoli sociali; così le donne, come lo straniero, il povero o l’avventuriero, non sono solo dei ritratti particolareggiati di individui che si differenziano dal resto della massa. Si tratta, 104 105

Simmel 1998a, pp. 84-85. Simmel 2004, p. 347.

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invece, di attori sociali che sono rappresentati per evidenziare nei loro comportamenti, negli atteggiamenti, le difficoltà, le mistificazioni e le contraddizioni del vivere sociale moderno. Essi indossano una maschera, quella del loro ruolo, togliendo la quale si mostra il vero volto di una realtà complessa e distinta, ma nello stesso tempo audace e affascinante. Ogni figura, ogni ruolo sociale rappresentato simmelianamente non si chiude mai in una scettica ed oppressiva investigazione e il superamento del conflitto e della tragedia che investe gli uomini della metropoli trovano conferma nell’analisi duale, nella scissione fra emozioni e ragione: “Il soggetto a cui si riferisce Simmel è a pieno titolo il soggetto della modernità e della crisi perché è tutt’uno, un insieme eternamente contraddittorio, un intreccio inestricabile di pulsioni, ragioni, emozioni, sentimenti. Ed è proprio il differente mescolarsi di tutti questi elementi a porsi come principio d’individuazione. Non c’è una parte che possa erigersi a guida di un’altra parte, non c’è una lotta fra purezza e contaminazione, fra un’astratta volontà e la pulsione del corpo, ma piuttosto c’è un continuo e perenne conflitto fra parti tutte ugualmente costitutive del soggetto”106.

4. Annotazioni conclusive Vorrei chiudere questo capitolo, dedicato all’aspetto pulsionale delle emozioni, alla passione calda, ricordando un’indagine sull’amore realizzata da Pier Paolo Pasolini dal titolo “Comizi d’Amore”. Si tratta di un film inchiesta del 1965, in cui il regista attraverso la raccolta di centinaia di testimonianze realizza 106

Turnaturi 1994, p. 21.

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una ricerca per conoscere l’aspetto più intimo della vita degli italiani, facendo domande su argomenti all’epoca considerati ancora dei tabù (il divorzio, il tradimento, la prostituzione). Il film-inchiesta, grazie alla capacità di Pasolini di mettere in discussione e far emergere i sentimenti più profondi e umani degli intervistati, conclude con queste parole: “il mio augurio sia che al vostro amore si aggiunga la coscienza del vostro amore”. La “coscienza dell’amore” può essere interpretata come la possibile risposta simmeliana alla problematica del vissuto emotivo della società contemporanea. La ricerca sociologica intorno al pensiero di Simmel e alla realtà emotiva odierna che qui si è presentata, evidenzia come in ogni diversa fase della vita è presente un problema di conoscenza, di consapevolezza. I sentimenti che proviamo, le emozioni, le passioni che muovono le nostre scelte emotive sono sempre le stesse, i tumulti del cuore, la frenesia della passione, non sono cambiate, oggi come cento o mille anni fa. I nostri organi funzionano nello stesso modo, il cuore accelera i suoi battiti ad ogni alterazione emotiva, positiva o negativa, l’unico organo che influenza differentemente gli altri organi preposti alla manifestazione fisica ed esterna del nostro stato emotivo (il rossore del viso all’improvviso, il riso, il pianto, la gioia, il dolore, i fremiti del corpo) è il cervello. Quest’organo, nella sostanza, ha lasciato immutate le proprie funzioni, in quanto il suo modo di pensare ha sempre inciso positivamente o negativamente nell’andamento delle nostre emozioni; ma ciò che oggi prevale nello stato passionale freddo, rispetto a quello caldo, è la razionalità, il calcolo delle emozioni, il gestire logicamente i nostri più profondi stati emotivi. Così anche il sentimento più sincero e sentito, quelle emozioni che si provano negli incontri inattesi, negli sguardi obliqui di memoria simmeliana, in quegli incontri stabiliti dal destino

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che possono portare alla storia profonda o solo farci percepire l’altro, con il quale non formeremo mai un noi, in questa speciale avventura che è la nostra vita, quella vera, fatta della quotidiana più semplice e comune vita, abbiamo la possibilità di comprendere, capire ed avere coscienza dell’amore incontrato. Il passo più difficile è quindi non tanto rendersi conto dei propri sentimenti, ma il riuscire ad accettare emotivamente, profondamente che le nostre emozioni, quelle forti, vere, sincere allo stato puro sono altrettanto importanti e necessarie per il nostro stato fisico e psichico, quanto la capacità di razionalizzare e sintetizzare, che ci rimanda a quanto già affermato nel capitolo terzo dedicato all’amore freddo. Una riflessione nella fase conclusiva di questo lavoro è solo un modo per evidenziare ancora una volta, se fosse necessario, quanto questo viaggio, come figurato nell’introduzione, non può avere una conclusione se non quella del ritorno al punto di partenza, proprio perché è un viaggio e come tale si caratterizza anche dei ricordi del viaggio stesso, dell’esperienza maturata, delle persone incontrate, dei paesaggi, delle città, dei luoghi mai visti prima, delle impressioni che cambiano lo stato d’animo, la nostra disposizione a capire, comprendere ciò che abbiamo intorno a noi. La “coscienza dell’amore” è la chiave di lettura, poiché il nostro stato emotivo, passionale, freddo o caldo, si riflette sempre e comunque su di noi, sulla nudità della nostra persona, sull’intimità, su quel pudore simmeliano che ci rende più deboli e fragili innanzi all’emotività e alla condivisione di spazi sociali comuni. Abbiamo imparato ed oggi siamo maestri nell’arte della simulazione, a costruire barriere psicologiche, sociali e culturali capaci di celare la nostra nudità fisica, l’intimità emotiva più profonda.

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L’opera di Simmel è così stata il tramite per realizzare questo viaggio-ricerca di un rapporto armonioso del soggetto con la società, per scoprire un amore per la vita capace di assumere un significato particolare, poiché “l’amore per la vita che non desidera la vita, è quello fuori del tempo. Ogni volontà ha qualcosa di temporale, si tende fra l’ora e il poi. L’amore che non vuole nulla, ha raccolto in sé ogni separatezza dei momenti di tempo”107. É un amore che supera i toni pessimistici che alcuni critici hanno riscontrato nelle opere simmeliane, poiché “il mio amore per la vita […] è appunto un procedimento vitale, il sentimento comprende tutto, perché tutto ciò che è in me, è pregno di vita. In questo amore la vita ritorna in se stessa, come Dio ritorna in se stesso nell’amor dei di Spinoza”108. Ora alla luce dei tanti esempi esposti in questa trattazione sulle emozioni è possibile affermare come l’amore sia per Simmel principalmente un atto creativo, una categoria, di tipo primario ed irriducibile, in cui non sono gli amanti capaci di accendere l’eros, ma la loro capacità di fare esperienza erotica a farli diventare amanti. Il senso dell’atto creativo compare ora, in questo senso unitario, nell’incapacità di dedurre elementi preesistenti, tanto da poter definire l’amore come una totalità indifferenziata della vita, una forma seducente attraverso la quale noi siamo in grado di esprimere la nostra interiorità, poiché “nel nostro viaggio verso l’amore abbiamo bisogno di una guida che ci indichi la strada da seguire: il punto di partenza è sapere cosa intendiamo quando parliamo d’amore”109. Dare significato alle parole, com-

107

Simmel 1927, pp. 98-99. Ivi, p. 99. 109 Hooks 2000, p. 29. 108

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prendere il senso più profondo e vero dei discorsi che facciamo, cercando di ricomporre la nostra capacità di provare emozioni, stati d’animo veri e non di plastica, perché difficilmente si può “affibbiare un’identità a relazioni che sono esse stesse irreparabilmente slegate”110; riuscendo magari anche a superare “l’età della «pura relazionalità» […] l’età dell’«amore confluente» che «stona con le qualità “per sempre”, “uno-e-solo” del complesso dell’amore romantico»; l’età della «sessualità plastica», che significa il piacere sessuale «separato dalla sua vecchia unione con la riproduzione, la parentela e le generazioni»”111. Al di là di ogni inutile e compiaciuto scetticismo, è forse necessario pensare all’amore come ad una ferita superficiale che lacera l’involucro della nostra esteriorità, consentendoci di poter ascoltare le richieste della natura più intima e profonda dell’Io, poiché “l’amore, rispetto a molti, forse alla maggior parte dei sentimenti, è più intimamente legato alla vita come realtà universale nella sua globalità. Il maggior numero dei nostri sentimenti di piacere e dolore, venerazione e disprezzo, paura e interesse, sorgono e vivono a una più grande distanza dal punto in cui le correnti della vita soggettiva si incontrano, o più esattamente: dal quale, in qualità di centro, esse si dipartono”112. Credere e sperare nella passionalità calda, nel valore dei sentimenti ci porta a ribadire ancora una volta, usando le parole di Simmel, che “solo colui che ama è uno spirito veramente libero. Perché solo lui va incontro a ogni persona con quella capacità e inclinazione ad accettare, a giudicare partendo dalla per-

110

Bauman 1999, p. 37. Ibidem. 112 Simmel 1995e, p. 20. 111

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sona stessa e a percepire pienamente tutti i suoi valori; una capacità che non viene limitata da nulla di precedente o di altrimenti già stabilito […] la persona che ama è colei che non si lascia ostacolare da nulla nel rapporto intimo con l’altra – il che nella vita pratica si può riscontrare solo in una persona priva di scrupoli. L’odio non è altrettanto completamente libero nei confronti dei valori positivi dell’altro, come invece lo è l’amore nei confronti dei suoi valori negativi”113.

113

Simmel 2004, pp. 342-343.

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Bibliografia 1. Traduzioni italiane 2. Critica italiana 3. Bibliografia generale

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1. Traduzioni italiane * 1896 Il problema della sociologia (Das problem der Soziologie, 1894), dal «Rinnovamento» marzo-aprile 1896, in Miscellanea Giuridica, Bergamo 1896, pp. 167-174. 1899 Il problema della sociologia (Das problem der Soziologie, 1894), tr. it. di A. Bartolomei, in «Riforma sociale», VI, vol. IX, fasc. 7, 15 luglio 1899, pp. 629-637; ora in G. Simmel (1976), Il conflitto della cultura moderna e altri saggi, a cura di C. Mongardini, Borla, Roma. 1900 Il problema della sociologia (Das problem der Soziologie, 1894), in «Rivista Italiana di Sociologia», IV, II, Marzo-Aprile 1900, pp. 214216. 1906 Sociologia della povertà, in «Rivista Italiana di Sociologia», X, II, Marzo-Aprile 1906, pp. 261-262. 1919 I problemi fondamentali della filosofia (Hauptprobleme der Philosophie, Göschen, Leipzig, 1910), tr. it. e intr. di A. Banfi, Vallecchi, Firenze 1919–19202–19224. Ristampa a cura di A. Banfi con la prefazione * Elenco per anno di pubblicazione

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di F. Papi, ILI, Milano 1972; nuova edizione a cura di F. Andolfi, con traduzione riveduta da P. Costa, Laterza, Roma-Bari 1996. 1922 I1 Relativismo, (florilegio di estratti da varie opere di Simmel), tr. it. di G. Perticone, Carabba, Lanciano. 1923 Schopenhauer e Nietzsche (Schopenhauer und Nietzsche. Ein Vortragszyklus, Leipzig, 1907), tr. it. parziale e pref. di G. Perticone, Paravia, Torino. Nuova traduzione integrale, a cura di A. Olivieri, Ponte alle Grazie, Firenze 1995. 1925 Il conflitto della civiltà moderna (Der Konflikt der modernen Kultur. Ein Vortrag, 1918), tr. it. e pref. di G. Rensi, Bocca, Torino. Nuova edizione, Se, Milano 19995. 1927 Frammento sull’amore (Fragmente über die Liebe. Aus dem Nach-lass Georg Simmel, in «Logos» X, 1, 1921), tr. it. e cura di E. Sola, Athena, Milano. Nuova traduzione a cura di S. Belluzzo, Sull’amore (Fragmente über die liebe. Der Platonische und der moderne eros), Anabasi, Milano 1995. 1931 Rembrandt. L’arte religioso-creatrice (Rembrandt. Ein Kunstphilosophischer Versuch, a cura di K. Wolff, Leipzig 1916; nuova ed. con intr. di B. Wyss, 1985), tr. it. parziale di E. Goldstein, intr. di A. Banfi,

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F.lli Pallotta, Roma; nuova tr. it. integrale a cura di G. Gabetta, Rembrandt. Un saggio di filosofia dell’arte, Se, Milano 1991; Abscondita, Milano 2001. 1934 Intersecazione dei cerchi sociali (Capitolo VI: Die Kreuzung sozialer Kreise, pp. 305-344, di Soziologie. Untersuchungen über die Formen der Vergesellschaftung, 1908), tr. it. di V. Forzoni, in «Nuova Collana di Economisti» a cura di R. Michels, vol. XII, Utet, Torino, pp. 263306. 1938 Intuizione della vita. Quattro capitoli metafisici (Lebensanschauung. Vier metaphysische Kapitel, München-Leipzig 1918), tr. it. di F. Sternheim, contiene: La legge individuale (1913), con una nota introduttiva di A. Banfi, Bompiani, Milano. Nuova tr. it. a cura di G. Antinolfi, Intuizione della vita. Quattro capitoli metafisici, Guida, Napoli 1990; Edizioni Scientifiche 19972. 1953 Kant. Sedici lezioni tenute all’Università di Berlino (Kant. 16 Vorlesungen gehalten an der Berliner Universität, Leipzig 1904), tr. it. e intr. di G. Nirchio, Cedam, Padova; nuova traduzione di A. Marini e A. Vigorelli, Kant. Sedici lezioni berlinesi, Unicopli, Milano 1986 –19994. 1965 La metropoli e la vita mentale (Die Großstädte und das Geisteleben, in «Jahrbuch der Gehe-Stiftung», 1903), in T.C. Wright Mills (a cura di), Immagini dell’uomo, Comunità, Milano, pp. 525-540.

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1967 Il denaro e lo stile della vita, in F. Ferrarotti (a cura di), La sociologia, Garzanti, Milano (trad. parziale del VI capitolo della Philosophie des Geldes); riportato poi in G. Fabris, Sociologia dei consumi, Hoepli, Milano 1971, pp. 161-171. 1968 L’etica e i problemi della cultura moderna (Georg Simmel Vorlesung «Ethik und Probleme der modernen Kultur» 1913, 1949), tr. it. di P. Pozzan e intr. di G. Calabrò, Guida, Napoli. Metropoli e personalità (Die Großstädte und das Geisteleben, in «Jahrbuch der Gehe-Stiftung», 1903), in G. Martinotti (a cura di), Città e analisi sociologica, Marsilio, Padova, pp. 275-289. 1970 Saggi di estetica, tr. it. di M. Cacciari e L. Perucchi, intr. di M. Cacciari, Liviana, Padova. Contiene la traduzione italiana dei seguenti saggi e di alcune pagine del diario di Georg Simmel: Il diaro postumo (tratto da Brücke und Tür, 1909); Il cristianesimo e l’arte (Das Christentum und die Kunst, 1907); Stile germanico e stile classico-romanico (Germanischer und klassisch-romanischer Stil, 1918); L’attore e l’effettualità (Der Schauspieler und die Wirklichkeit, 1912); L’art pour l’art, (L’art pour l’art, 1914); Normatività dell’opera d’arte, Sul problema del naturalismo, Frammenti sul naturalismo [sono saggi e note frammentarie sul problema del naturalismo tratti da Fragmente und Aufsätze aus dem Nachlass und Veroeffentlichungen der letzen Jahre, a cura di G. Kantorowicz, 1923: Gesetzmässigkeit im Kunstwerk (pp. 213-228); Zum Problem des Naturalismus (pp. 269-304)].

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1973 Roma (Rom. Eine ästhetische Analyse, 1898), Firenze (Florenz, 1906), Venezia (Venedig, 1907), (ristampati in Zur Philosopie der Kunst, Potsdam, 1922), tr. it. parziale, in M. Cacciari, Metropolis. Saggi sulla grande città di Sombart, Endell, Scheffler e Simmel, Officina, Roma, pp. 188-197. 1974 Individuo e società [Grundfragen der Soziologie (Individuum und Gesellschaft) capitolo IV: Individuum und Gesellschaft in Lebensanschauungen des 18. und 19. Jahrhunderts (Beispiel der philosophischen Soziologie), 1917], a cura di D. Cofrancesco, tr. it. di L. Battaglia, in «Controcorrente», n. 4 ottobre-dicembre. 1975 Il problema della sociologia (Das problem der Soziologie, 1894), in A. Izzo (a cura di), Storia del pensiero sociologico, voll. II, il Mulino, Bologna, pp. 85-104. La metropoli e la vita mentale (Die Großstädte und das Geisteleben, in «Jahrbuch der Gehe-Stiftung», 1903), in A. Izzo (a cura di), Storia del pensiero sociologico, voll. II, il Mulino, Bologna, pp. 73-85. 1976 Arte e civiltà, a cura di D. Formaggio e L. Perucchi, tr. it. di L. Perucchi, Isedi, Milano. Contiene le traduzioni italiane dei seguenti saggi: La moda (Die Mode, in Philosophische Kultur, 1911); Estetica sociologica (Soziologische Ästhetik, 1896); Nietzsche e Kant (Nietzsche und Kant, 1906); La terza dimensione nell’arte (Über die dritte Dimension in der Kunst, 1906); Metafisica della morte (Zur Metaphisik

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des Todes, 1910-1911); L’ansa del vaso (Der Henkel, in Philosophische Kultur, 1911); Concetto e tragedia della cultura (Der Begriff und die Tragödie der Kultur, 1910-1911). Appendice 1: Lettera a Rainer Maria Rilke (9 agosto 1908); Appendice 2: Ricordo di Simmel, di G. Lukács (2 ottobre 1918); Appendice 3: Georg Simmel, di L. Perucchi. Il conflitto della cultura moderna e altri saggi (Der Konflikt der modernen Kultur. Ein Vortrag, 1918), a cura di C. Mongardini, Borla, Roma. Contiene i seguenti saggi: Il problema della sociologia (tratto da «La Riforma sociale», 15 luglio 1899; tr. it. di Das problem des Soziologie, 1894); Com’è possibile la società? (Wie ist die Gesellschaft möglich? in G. Simmel, Soziologie 1908, pp. 27-46); Come si conservano le forme sociali (Comment les formes sociales se maintiennent, in «L’Année Sociologique», 1897, pp. 71-109); Il conflitto (Der Streit, in G. Simmel, Soziologie 1908, pp. 247-259); Il conflitto della cultura moderna (Der Konflikt der modernen Kultur. Ein Vortrag, MünchenLeipzig 1918. Revisione della traduzione pubblicata in Italia da G. Rensi con il titolo: Il conflitto della civiltà moderna, Bocca, Torino 1925); in appendice É. Durkheim, La sociologia e il suo dominio scientifico, (tratto dalla «Rivista Italiana di Sociologia», marzo-aprile 1900). 1977 I presupposti psicologici della ricerca storica (Die Probleme der Geschichtsphilosophie, cap. I: Von den Psychologischen Voraussetzungen in der Geschichtsforschung, 1892), tr. it. di S. Barbera e Pietro Rossi, in Pietro Rossi (a cura di), Lo storicismo tedesco, Utet, Torino, pp. 433464. Il problema della sociologia (Das problem der Soziologie, tratto da Soziologie: Untersuchungen über die Formen der Vergesellschaftung, 1908), tr. it. di G. Giordano, in Pietro Rossi (a cura di), Lo storicismo tedesco, Utet, Torino, pp. 465-510.

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L’essenza del comprendere storico (Vom Wesen des historischen Verstehens, 1918); tr. it. di S. Barbera e Pietro Rossi, in Pietro Rossi (a cura di), Lo storicismo tedesco, Utet, Torino, pp. 511-537. 1978 Il dominio (Soziologie der Über-und Unterordnung, 1907), a cura di C. Mongardini, Borla, Roma. 1979 Le metropoli e la vita spirituale (Die Großstädte und das Geisteleben, in «Jahrbuch der Gehe-Stiftung», 1903), tr. it. di R. Solmi, in T. Maldonado (a cura di), Tecnica e cultura: il dibattito tedesco fra Bismark e Weimar, Feltrinelli, Milano 19872, pp. 65-79. 1981 La rovina (Die Ruine, 1911), tr. it. di G. Carchia, in «Rivista di Estetica», XXI, n. 8, pp. 121-127. Sulla psicologia del pudore (Zur Psychologie der Scham, 1901), B. Accarino (a cura di) in «Il piccolo Hans: rivista di analisi materialistica», n. 32, pp. 40-53. 1982 I problemi della filosofia della storia. Uno studio di teoria della conoscenza (Die Probleme der Geschichtsphilosophie. Eine erkenntnistheorethische Studie, Leipzig, 1892), tr. it. di G. Cunico, intr. V. d’Anna, Marietti, Casale Monferrato 19962, Marietti, Genova 20014.

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Il futuro della nostra cultura (Die Zukunft unsere Kuktur, «Frankfurter Zeitung», 1909), tr. it. di M. Keller, in F. Dal Co, Abitare nel moderno, Laterza, Roma-Bari. La differenziazione sociale (Über soziale Differenzierung. Soziologische und psychologische Untersuchungen, Leipzig, 1890), tr. it. e cura di B. Accarino, pref. di F. Ferrarotti, Laterza, Roma-Bari 19984. 1983 Forme e giochi di società. Problemi fondamentali della sociologia (Grundfragen der Soziologie. Individuum und Gesellschaft, Berlin 1917), tr. it. di C. Tomassoni, intr. di A. Dal Lago, Feltrinelli, Milano. Sulla discrezione (Psychologie der Diskretion, 1906), tr. it. parziale, in «Il Manifesto», n. 305, p. 7. 1984 Filosofia del denaro (Philosophie des Geldes, Leipzig 1900; 19072 ampliata), a cura di A. Cavalli e L. Perucchi, Utet, Torino. Henry Bergson [Henry Bergson (1914), in Zur Philosophie der Kunst. Philosophische und kunstphilosophische Aufsätze, Potsdam, 1922, pp. 126-145], in «aut aut», n. 204, pp. 14-26. 1985 Il volto e il ritratto. Saggi sull’arte, tr. it. e cura di L. Perucchi, il Mulino, Bologna. Contiene i seguenti saggi: Il significato estetico del volto, Il problema del ritratto, La caricatura, Filosofia del paesaggio, I paesaggi di Böcklin, Il tempo dell’arte. Il «Cenacolo di Leonardo», La cornice, Michelangelo, Rodin, Rembrandt. La moda (Zur Psychologie der Mode. Soziologische Studie, 1895), a cura di D. Formaggio e L. Perucchi, Ed. Riuniti, Roma; (ediz., ac-

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cresciuta con il titolo Die Mode in Philosophische Kultur. Gesammelte Essais, 1911), ristampa a cura di L. Perucchi, con uno scritto di G. Lukács, Se, Milano 1996; Mondadori, Milano 1998. La moda e altri saggi di cultura filosofica (Philosophie der Mode, PanVerlag, Berlin, 1905), tr. it. e cura di M. Monaldi, Longanesi, Milano; nuova edizione dal titolo: Saggi di cultura filosofica, Guanda, Parma 1993; Neri Pozza, Vicenza 19983; contiene: “Concetto e tragedia della cultura”. 1987 Il dominio della tecnica in T. Maldonado (a cura di), Tecnica e cultura: il dibattito tedesco fra Bismark e Weimar, Feltrinelli, Milano, pp. 3746. La forma della storia (Das Problem der historischen Zeit, 1916; Die historische Formung, 1917-18), a cura di F. Desideri, pres. G. Cantillo, Edizioni 10/17, Salerno 1987-19882. 1989 Sociologia (Soziologie.Untersuchungen über die Formen der Vergesellschaftung, Duncker & Humblot, Leipzig, 1908) tr. it. di G. Giordano, intr. di A. Cavalli, Comunità, Milano. Nuova edizione economica, Comunità, Milano 1998. 1990 Intuizione della vita. Quattro capitoli metafisici (Lebensanschauung. Vier metaphysische Kapitel, München-Leipzig 1918); nuova tr. it. a cura di G. Antinolfi, Edizioni Scientifiche, Napoli 19972.

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1991 Il problema del destino, tr. it. di M. Ophäldnrs, introduzione di P. Necchi, in «Estetica»; poi in S. Zecchi (a cura di), Sul destino, il Mulino, Bologna, pp. 173-183. Rembrandt. Un saggio di filosofia dell’arte, tr. it. di G. Gabetta, Se, Milano. 1992 Il segreto e la società segreta (Das Geheimnis und die geheime Gesellschaft, 1906/08), tr. it. di G. Quattrocchi, a cura di A. Zhok, SugarCo, Carnago. 1993 Istantanee sub specie aeternitatis (Momentbilder sub specie aeternitatis, articoli pubblicati tra il 1897 e il 1907 nella rivista « Jugend», di Monaco) in «aut aut», n. 257, pp. 15-19. Il problema dello stile (Das Problem des Stiles, 1908), in «aut aut», n. 257, pp. 7-14. Lo straniero (Exkurs über den Fremden, in Soziologie Untersuchung über die Formen der Vergesellschaftung (1908), Berlin 19685, pp. 509512), tr. it. in S. Tabboni (a cura di), Vicinanza e lontananza. Modelli e figure dello straniero come categoria sociologica, Franco Angeli, Milano, pp. 147-154. Saggi di cultura filosofica (Philosophische Kultur. Gesammelte Essays, Klinkhardt, 1911, ristampa con postfazione di J. Habermas, Berlin 1983), tr. it. di M. Monaldi, Guanda, Parma 1993; Neri Pozza, Vicenza 19983. Contiene la traduzione italiana dei seguenti saggi: L’avventura; La moda; Il relativo e l’assoluto nel problema dei sessi; La civetteria; L’ansa del vaso; Le rovine; Le alpi; Michelangelo; Rodin; La

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personalità di Dio; Il problema della situazione religiosa; Concetto e tragedia della cultura; Cultura femminile. Saggi di sociologia della religione (Gesammelte Schriften zur Religionssoziologie, Berlin 1989), tr. it. di M. Marroni, pref. di R. Cipriani, intr. di H. J. Helle, Borla, Roma. Psicologia della civetteria (Psychologie der Koketerie, 1909), a cura di R. Di Vanni, Graphos, Genova. 1994 La religione (Die Religion, 1906/19122), tr. it. e intr. di C. Mongardini, Bulzoni, Roma. 1995 Kant e Goethe. Una storia della moderna concezione del mondo [Kant und Goethe. Zur Geschichte der modernen Weltanschauung 1906 (a cura di K. Wolff, 19163)], tr. it. di A. Iadicicco, Ibis, Como-Pavia. L’educazione in quanto vita (Schulpädagogik. Vorlesungen, 1922), tr. it. di F. Coppellotti, intr. di A. Erbetta, Il Segnalibro, Torino. La legge individuale e altri saggi, tr. it. di G. Barbolini, intr. e cura di F. Andolfi, Pratiche, Parma. Le metropoli e la vita dello spirito (Die Großstädte und das Geisteleben, in «Jahrbuch der Gehe-Stiftung», 1903), tr. it. a cura di P. Jedlowski e R. Siebert, Armando, Roma. Simmel: la terza dimensione dell’arte, in S. Zecchi – E. Franzini, Storia dell’estetica. Antologia di testi, il Mulino, Bologna, pp. 745-750. Sull’amore (Fragmente über die Liebe. Der platonische und der moderne Eros, parte del materiale inedito lasciato da G. Simmel), tr. it. di S. Belluzzo, Anabasi, Milano.

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1996 La moda (Zur Psychologie der Mode. Soziologische Studie, 1895), a cura di L. Perucchi, con uno scritto di G. Lukács, Se, Milano; Mondadori, Milano 19982. Sull’intimità (Zur Psychologie der Scham, 1901; Psychologie der Diskretion, 1906; Dankbarkeit. Ein soziologischer Versuch, 1907; Psychologie des Schmuckes, 1908) tr. it. di M. Sordini, intr. di V. Cotesta, Armando, Roma. 1997 La socievolezza (Die Gesellingkeit, 1917) tr. it. di E. Donaggio, intr. di G. Turnaturi, Armando, Roma. Intuizione della vita. Quattro capitoli metafisici (Lebensanschauung. Vier metaphysische Kapitel, München-Leipzig 1918); nuova tr. it. a cura di G. Antinolfi, Edizioni Scientifiche, Napoli. 1998 Filosofia dell’attore (Zur Philosophie des Schauspielers, 1908; Zur Philosophie des Schauspielers. Aus dem Nachlaß herausgegeben, 1920-1921; Georg Simmel as Sociologist, 1980/81); con un commento di Max Weber, a cura di F. Monceri, ETS, Pisa. Friedrich Nietzsche. Un profilo filosofico-morale (Friedrich Nietzsche. Eine moralphilosophische Silhouette), a cura di P. Costa, in «La società degli individui», I, n. 1/1, pp. 87-101. Il denaro nella cultura moderna (Psychologie des Geldes, 1889; Das Geld in der modernen Cultur, 1896), a cura di N. Squicciarino, tr. it. di P. Gheri, Armando, Roma.

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1999 Il conflitto della cultura moderna (Der Konflikt der modernen Kultur. Ein Vortrag, 1918), a cura di G. Rensi, Se, Milano. 2000 La tecnica e modernità nella Germania di fine Ottocento (Tendencies in German Life and Thought since 1870, 1902), a cura di N. Squicciarino, Armando, Roma. 2001 Filosofia dell’amore, a cura di M. Vozza, tr. it. di P. Capriolo, Donzelli, Roma. Contiene la traduzione italiana dei seguenti saggi: Per una psicologia delle donne (1890); Sociologia della famiglia (1895); Frammenti di una psicologia delle donne (1904); Frammenti di una filosofia dell’amore (1907); L’avventura (1911); La civetteria (1911); Il relativo e l’assoluto nel problema dei sessi (1911); Cultura femminile (1911); Frammento sull’amore (dall’opera postuma). Forme dell’individualismo, a cura di F. Andolfi, Armando, Roma. Contiene la traduzione italiana dei seguenti saggi: Le due forme dell’individualismo (Die beiden Formed des Individualismus, 1901/2); L’individuo e la libertà (Das Individuum und die Freiheit, 1957); Stile germanico e stile classico-latino, (Germanischer und klassisch - romanischer Stil, 1918); L’individualismo (Individualismus, 1917/19). Il conflitto della cultura moderna. Una conferenza (Der Konflikt der modernen Kultur. Ein Vortrag, 1918), tr. it. a cura di F. Ingravalle, Ar, Salerno. Il povero (1906), a cura di G. Iorio, Armando, Roma.

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La legge individuale. Un saggio sul principio dell’etica (Das individuelle Gesetz. Ein Versuch über das Prinzip der Ethik, 1913), a cura di F. Andolfi, Armando, Roma. 2003 L’individualismo di Goethe (Goethes Indidualismus, in «Logos», 1912), tr. it. e cura di C. Portioli, in «La società degli individui», n. 16 - VI, 1, pp. 99-128. Michelangelo, a cura di L. Perucchi; con uno scritto di G. Lukács, Abscondita, Milano. Schopenhauer e Nietzsche (Schopenhauer und Nietzsche «Vossische Zeitung», 1906), tr. it. di C. Portioli, presentazione di O. Rammstedt, in «La società degli individui», n. 16 - VI, 1, pp. 87-98. Sulla guerra (Der Krieg und die geistigen Entscheidungen), a cura di S. Giacometti, Armando, Roma. Ventura e sventura della modernità. Antologia degli scritti sociologici, a cura di P. Alferj e E. Rutigliano, Bollati e Boringhieri, Torino. 2004 Estetica sociologica (Soziologische Ästhetik, in «Die Zukunft»,1896), tr. it. integrale e presentazione di V. Mele, in. A. De Simone (a cura di), Leggere Simmel. Itinerari filosofici, sociologici ed estetici, QuattroVenti, Urbino, pp. 175-191. Filosofia e sociologia dei sessi, a cura di G. Antinolfi, Cronopio, Napoli. L’etica e i problemi della cultura moderna (Georg Simmel Vorlesung «Ethik und Probleme der modernen Kultur» 1913, 1949), tr. it. di P. Pozzan e intr. di G. Calabrò, Guida, Napoli.

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L’individuale nell’arte (estratto da Bruchstücke aus inere Philosophie der Kunst, 1916), tr. it. parziale di C. Portioli, in A. De Simone (a cura di), Leggere Simmel. Itinerari filosofici, sociologici ed estetici, QuattroVenti, Urbino, pp. 193-200. Studi Psicologici ed etnologici sulla Musica (Psychologische und ethnologische Studien über Musik, 1882), in M.C. Federici – F. D’Andrea (a cura di), Lo sguardo obliquo: dettagli e totalità nel pensiero simmeliano, Morlacchi, Perugia, pp. 393-425.

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2. Critica italiana * 1907 Zoccoli E., La concezione formale della sociologia secondo Simmel, Bologna, (estr. dalla «Rivista di Filosofia e scienze affini», fasc. 1-2, gen-febb, a. IX). 1922 Banfi A., Il relativismo critico e l’intuizione filosofica della vita nel pensiero di G. Simmel, in G. Simmel, I problemi fondamentali della filosofia, Vallecchi, Firenze (ILI Milano 19722, pp. 3-31); ora anche in A. Banfi, Opere, vol. I, La filosofia e la vita spirituale e altri scritti di filosofia e religione (1910-1929), a cura di L. Eletti, con la collaborazione di L. Sichirollo, Ist. A. Banfi, Regione Emilia Romagna, Bologna 1986, pp. 275-300. Gentile G., Recensione a G. Simmel, I problemi fondamentali della filosofia, in «La Critica». Perticone G., Introduzione, in G. Simmel, I1 Relativismo, Carabba, Lanciano. 1923 Perticone G., La Filosofia di G. Simmel, in G. Simmel, Schopenhauer e Nietzsche, G.B. Paravia, Torino. Id., La filosofia di Giorgio Simmel, Paravia, Torino.

* Elenco per anno di pubblicazione

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1925 Rensi G., Prefazione, in G. Simmel, Il conflitto della civiltà moderna, Bocca, Torino; nuova edizione, SE, Milano (1999). 1927 Sola E., Introduzione, in G. Simmel, Frammento sull’amore, Athena, Milano. 1931 Banfi A., Introduzione a G. Simmel, in G. Simmel, Rembrandt. L’arte religioso-creatrice, Doxa Roma; ora anche in Id., Opere, vol. V, Vita dell’arte. Scritti di estetica e filosofia dell’arte, Ist. A. Banfi, Regione Emilia Romagna, Bologna 1988, pp. 327-337. Id., Il pensiero filosofico e pedagogico di G. Simmel, in «Rivista Pedagogica», XXIV, luglio-ottobre, fasc. IV, pp. 481-521; ristampato con il titolo: Georg Simmel e la filosofia della vita, in Id. (1961), Filosofi Contemporanei, a cura di R. Cantoni, Parenti, Firenze, pp. 161-212; poi ristampato anche con il titolo: La problematicità dell’educazione e il pensiero filosofico e pedagogico di G. Simmel, in Id. (1973), La problematicità dell’educazione e il pensiero pedagogico, La Nuova Italia, Firenze, pp. 196-257; ora anche in Id. (1986), Opere, vol. VI, Pedagogia e filosofia dell’educazione, a cura di G.M. Bettin e L. Sichirollo, Ist. A. Banfi, Regione Emilia Romagna, Bologna, pp. 127172. Luzzatto G.L., Georg Simmel e la questione dell’unità di tempo nel Cenacolo vinciano, Vallecchi, Firenze. 1938 Banfi A., Introduzione, in G. Simmel, Intuizione della vita. Quattro capitoli metafisici, Bompiani Milano, pp. 5-7.

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1940 Morselli E., La nostra inquietudine, Garzanti, Milano. 1944 Giusso L., Lo storicismo tedesco: Dilthey, Simmel, Spengler, Bocca, Milano. 1953 Nirchio G., Introduzione, in G. Simmel, Kant. Sedici lezioni tenute all’università di Berlino, Cedam, Padova. 1954 Banfi A., Il problema sociologico, in N. Abbagnano et al., Filosofia e sociologia, il Mulino, Bologna, pp. 51-57. Luongo M. R., Il relativismo di Simmel e di Pirandello. L’opposizione della forma e della vita, pref. A. Aliotta, Libreria Scientifica Editrice, Napoli. Semerari G., Kant interpretato da Simmel, in «Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto», XXXI, Serie III, pp. 289-296. 1956 Rossi Pietro, L’eredità del neocriticimo e la filosofia della vita (Georg Simmel), in Id., Lo storicismo tedesco contemporaneo, Einaudi, Torino, 19712, pp. 185-245;

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1963 Calabrò G., La legge individuale, Morano, Napoli; nuova edizione 1997. 1968 Calabrò G., Introduzione, in G. Simmel, L’etica e i problemi della cultura moderna, Guida, Napoli, pp. 7-34. Di Giovanni G., Teoria della conoscenza e filosofia della vita in G. Simmel, De Luca, Roma. Gassen K., Premessa, in G. Simmel, L’etica e i problemi della cultura moderna, Guida, Napoli, pp. 35-37. Martinotti G., Georg Simmel: La psicologia dell’urbanità, in Id. (a cura di), Città e analisi sociologica, Marsilio, Padova, pp. 37-43. Perticone G., Ricordando Giorgio Simmel (1858-1918), in «Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto», 3-4, pp. 609-614. Rossi Pietro, Storicismo e neocriticismo (Windelband – Rickert – Simmel), in Id. (a cura di), Lo storicismo contemporaneo, Loescher, Torino, pp. 51-89. 1969 Perticone G., Filosofia e storiografia nel pensiero di Giorgio Simmel (1858-1918), in «Storia e politica», VIII, n.1, pp. 3-13. 1970 Banfi A., Tre Maestri, in Id., Scritti Letterari, a cura di C. Cordié, Ed. Riuniti, Roma, pp. 245-251.

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Cacciari M., Introduzione ai saggi estetici di Georg Simmel, in G. Simmel, Saggi di estetica, Liviana, Padova, pp. IX-XLVII. Calabrò G., Etica e cultura moderna in Georg Simmel, in Id., La società «fuori tutela», Guida, Napoli. 1971 Cacciari M., Note sulla dialettica del negativo nell’epoca della metropoli (saggio su Georg Simmel), in «Angelus Novus», n. 21. Rossi Pietro, L’eredità del neocriticimo e la filosofia della vita (Georg Simmel), in Id. (a cura di), Lo storicismo tedesco contemporaneo, Einaudi, Torino, pp. 185-245. 1972 Papi F., Simmel: la filosofia del mito riflesso, in G. Simmel, I problemi fondamentali della filosofia, ILI, Milano, pp. IX-XLVI. 1973 Cacciari M., Dialettica del negativo e metropoli, in Id. (a cura di), Metropolis. Saggi sulla grande città di Sombart, Endell, Scheffler e Simmel, Officina Edizioni, Roma, pp. 7-97. 1974 Calabrò G., Situazione e decisione sui «conflitti morali» in G. Simmel, in P. Piovani (a cura di), L’etica della situazione, Guida, Napoli. Dal Lago A., Alienazione sociale e crisi dell’intelletto, in «Il Politico», n. 2.

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