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Italian Pages 136 [138] Year 2016
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Willer Montefusco e Mimmo Sersante
Dall'operaio sociale alla moltitudine La prospettiva ontologica di Antonio Negri ( 1980-2015)
A Luciano
Le lotte determinano davvero l'essere. lo costituiscono. ANTONIO NEGRI,
Inventare il comune
Introduzione
Quando si vuole affrontare la produzione di pensiero di un filosofo tradizionalmente si hanno a disposizione due linee metodologiche: una «storico-evolutiva», che si muove su un asse cronologico e tenta di ricostruire le varie fasi di pensiero dall'inizio fino al punto di arrivo, individuandone continuità o eventuali punti di frattura e di svolta; l'altra «sistematica»', in cui più che il processo di formazione, si intende delineare la struttura complessiva e il ruolo che le diverse parti o temi si trovano ad avere. La scleta per l'una o l'altra dipende dalle tendenze di chi si accinge all'opera, secondo criteri più o meno arbitrari, mentre talvolta è determinata anche dalla particolarità dell'oggetto in questione. Nel nostro caso, volendo completare il percorso della vicenda intellettuale di Antonio Negri, sembra impossibile non tener conto dell'eccezionalità della scansione biografica: carcere, esilio, carcere, esistenza libera, i periodi si alternano in modo pesantemente marcato, e tali che non possono non riflettersi in qualche modo sullo sviluppo del pensiero. Per questo si è spinti a scegliere la prima opzione. Tanto più che essa è tutta determinata da scadenze dello stesso tenore giudiziario, che peraltro rinviano a determinati e nevralgici contesti politici. Il che non vuol dire tentare di comprimere l'evoluzione di pensiero in uno schema temporale di stadi e fasi che si susseguono con la chiarezza e la precisione determinata da una necessità interna. Si tratta piuttosto di definire un quadro generale di riferimento in cui collocare i diversi momenti di sviluppo, rilevando di volta in volta even1.
P. Godani, Bergson e lajilosojìa. Edizioni Ets, Pisa 2008, p. 9.
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tuali connessioni o divergenze. «Sintesi disgiuntiva-», piuttosto che ima inossidabile - quanto inverosimile - coerenza o corrispondenza. Essenzialmente si ha a che fare quindi con momenti profondamente distinti. Domanda immediata: definiscono essi diverse fasi di pensiero, del tutto o parzialmente eterogenee, o è possibile individuare - oltre alla ovvia matrice biografica - elementi che comunque legano o collegano i diversi segmenti della ricerca filosofica e politica di Negri? È possibile. Si può sostenere che esista una sorta di centro di gravitazione, una specie di attrattore intorno al quale si organizza e si muove la riflessione. Ed è fontologia. Con alcune precisazioni importanti. poiché il tennine è carico di significati e soprattutto di problerni dalla cui impostazione possono derivare effetti rilevanti sul piano storico-politico. Il riferimento ineludibile è al primato che l'ontologia con Heidegger assegna alla cosiddetta «questione dell'essere» nel fondamentale testo del 1927\ Sollevata a metà degli anni Venti nel pieno della crisi poi i ticoistituzionale della giovane Repubblica di Weimar, essa ha alle spalle una guerra mondiale, la fine di un impero e una sofferta guerra civile ora aperta, ora strisciante, combattuta e persa dalla classe operaia tedesca (1919-1921), fino a impattare quella rivoluzione dall'alto (1924-1929)\ con cui il capitale introduce le linee di montaggio nelle fabbriche, massificando la produzione e dando forma a quella figura che poi sarà definita «operaio massa». «Essere» e processo di razionalizzazione economica. ontologia ecapitalismo, dunque. E «tempo» come figura costitutiva deiresserci heideggeriano, cioè del nostro agire e interagire in un mondo di cose e di persone. La forma che questo rapportarsi assume è la «cura», concetto che rischia di mettere in ombra la presenza inquietante del lavoro operaio. Si potrebbe affermare che Essere e tempo registra non solo il passaggio al tempo nusso della produzione di massa ma anche il suo debordare fino a costituire il tessuto della vita stessa. In tal caso la questione dell'essere e del tempo (Seinsfrage), oltre che intercettare e intersecare 2. A. Amendola, Introduzione, in C. Lavai, Marxcomhattrnte, La 'falpa - Manilt-stolibri, Castel San Pietro Romano 2014, nota 2, p.25: «Strume11to fondamentale. com'è noto, in Drleuze e Guattari, per immaginare rn1111essio11i senza sintesi ultima e differenze non autoreferenziali». 3. M. Heidegger, Esseree tempo, Longanesi, Milano ll)76. 4. K. H. Roth, L'altro movimento operaio, Feltrinelli. Mila110 1976, Cap. 11, par. 4.
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la questione operaia (Arbeitetfrage) centrale per la Germania del tempo, costituirebbe anche un'anticipazione di taluni temi in discussione oggi. La nostra sorpresa finisce qui perché quando dal tema generale della cura si passa al tempo come dimensione storica, Heidegger ci catapulta in un mondo che percepiamo estraneo e ostile. Riappacificatosi negli anni Trenta con la Germania che sente finalmente sua perché libera dalla minaccia operaia, la domanda sull'Essere cambia di segno; in essa ne andrà solo del futuro della Germania ritrovata. LEssere si farà carico di realizzarne il destino dominando le masse troppo libere con le catene del partito e dello Stato, trasformandole in popolo e garantendone il radicamento nel suolo patrio. Nel contesto europeo del secolo appena trascorso la «questione dell'essere» non poteva che perdere la sua innocenza\ Quale la «colpa» di Heidegger? Il suo filo-nazismo ostentato in questa ricerca di un Essere che irrompe con prepotenza nella storia tedesca'' o piuttosto l'aver aperto alla possibilità di un'altra fondazione di cui possano farsi carico- perché no?-quanti il capitalismo condanna alla quotidianità deiettiva e a una esistenza inautentica? Propende per la prima chi, facendo oggi. di tutt'erba un fascio, accomuna l'assalto al Palazzo d'inverno all'incendio del Reichstag. i campi di sterminio ai gulag, la dittatura del proletariato allo stato totalitario. Non promettevano entrambi, nazisti e comunisti, la rottura col capitalismo, forme radicali di giustizia sociale perseguitando le classi elevate, anzi annientandole fisicamente? Da noi il punto di convergenza è stato trovato nella tesi che «non si dà una fondazione unica, ultima. normativa»', il che ha comportato l'adagiarsi in un pensiero «debole>> a cui si ,, Esempio ovvio e rilevante è la discussione intorno all'ontologia ll('ideggeriana, sollecitata anche ultimamente dalla pubblicazione dei Qiwdcmi neri. Si tratterebbe 11{> più né meno di una ontologia politica dai risvolti decisamentt' inquietanti. tali da giustifìcare il titolo italiano del lavoro di P. Bourdieu: Heidegger Fii/irer dt'/111.filosofìa?, li Mulino, Bologna 1989. Ma vedi anche T W. Adorno, Il gr,-go dd/'irntniticità, Bollati Boringhieri, Torino 1989: P. l.acouP-l.ibarthe L11fi11zione del politico, li Melangolo, Genova 1991; E, Lévinas, Alnme rifimio,ai mila filosc(fìa dell'ltitle,-ismo, Quodlibct, Macerata 1996: V. Farias, Heideggerc' il nazismo, Bollati Boringhieri. Torino 1988; D. Di Cesare, Heideggaegli ebrd. I «Quaderni ,uri». Bollati Boringhieri. Torino 2014. 6. M. I leidi>gger. Contribuii alla filosofia, Adelphi, Milano 2007. 7. G. Vattimo- P. A. Rovatti, a cura di, llpr.nsiaodcbolc, Feltrinelli, Milano 1983, p. 7.
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sono conformati tutti gli anni Ottanta. Il passaggio da un'ontologia con il programma di indebolimento della nozione di essere, alla sua cancellazione in nome di un «nuovo realismo» in questo ultimo decennio, era prevedibile8 • Nata a suo tempo come scienza dell'ente, l'ontologia si presenta come la dottrina che fonda ciò che c'è, e quindi come l'affermazione convinta «che il mondo ha le sue regole e le fa rispettare»9. Si torna alle origini, a Wolff e Suarez'", con l'ente che addirittura determina l'essere, lo produce. Come non vedervi una resa alla nuova ragione neoliberista e al suo mondo?" È questa ragione a esigere una buona ontologia, ad avere bisogno «di una buona teoria dell'oggetto» perché finalmente si smetta di sognare «un mondo a totale disposizione della costruzione sociale di soggetti onnipotenti»'·. Siamo lontani dall'ontologia negriana, questa sì una «cattiva» ontologia che insiste a porre domande indiscrete in primo luogo sul mondo che abitiamo e sulle ragioni e sul come si è giunti a tanto. Perché questa ontologia si vuole politica e non a caso rivendica il primato dell'essere sugli enti, nei termini della riaffermazione della possibilità di trasformazione rispetto alla datità degli oggetti (fisici, ideali e sociali). E pertanto nessun discorso astratto sulla natura dell'ente che noi stessi siamo, nessun pensiero separato dal mondo e dalla realtà pratica. Lungi dall'essere calma acquiescenza e contemplazione, l'ontologia di Negri mostra la stessa caratteristica che marca il processo di pensiero deleuziano, una pratica mediante la quale «cerchiamo la verità quando siamo indotti a farlo in funzione di una situazione con8. M. Ferraris, Manifesto del nuovo realismo, Latcrza, Roma-Bari. 2012. 9. M. Ferraris, a cura di, Storia ddl"ontologia, Bompiani, Milano .z.008, p. 13. Convinto assertore di un siffatto realismo è oggi in Italia proprio il Ferraris, autore di uno studio di successo sul telefonino (Dovr-sei? Ontologia dd tdrftmino. Bompiani, Milano 2005). Alla luce della sua pervasività, si dovrebbe «riscrivere daccapo e seriamente Essere e tempo[ ... ], ossia [... J ridefinire i modi canonici in cui si manifesta il nostro stare al mondo» (ivi, p. 54). 10. Sul tema P. Kobau, Ontologia, ivi, pp.98-130. 11. P. Dardot e C. Lavai ne La nuova ragione del mondo. DenveApprodi, Roma 201 ~sostengono che il neoliberismo non è scmplicl:"mente un ricettario di politka economica ma anche una forma di govemancc cht' per il perseguimento dci propri fini ha bisogno di una soggettività ad hoc, neoliberista appunto. che va prodotta con un determinato processo di soggettivazione. Da qui !"importanza e !"utilità del nuovo realismo. 12. Dove sei? Ontologia del telefonino, cit., p. 72.
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creta, quando subiamo una specie di violenza che ci spinge a questa ricerca»". Creazione di nuovi concetti' 4 oppure - ma è lo stesso - «costruzione del nome comune che è lo strumento (e l'operatore) centrale della conoscenza»''. Anche per Negri è la situazione concreta a rinnovare questo bisogno di verità quando essa è fatta sparire dalle bugie del potere. E a richiamarla in vita provvederanno le lotte e le rivolte degli sfruttati, eventi che «si danno nel presente, sull'orlo del tempo, dove cioè la temporalità si apre all'avvenire»: è il motivo per cui questi nomi semplici. questi nomi comuni sono Uniwrsity l'rt'ss, l)urham& London2002, p.103. 22. P. Macherey, /I soggetto produttivo. Da Fournull a Marx, ombre- corte-, Verona
2013. p. 38. 41. 23. M. Hardt ·A.Negri, Moltitudine, Rizzali. Milano 2004. p. 126. 24. Prefazione, in A. !..esce, Un'ontologia muteriulistu. Gilln Dde1ur fil XXI stnilo. cit.. p. 6. 12
C.:ambivalenza del lavoro vivo fa sì che esso possa muoversi nello stesso tempo dentro e fuori questo rapporto: dentro, in quanto il capitale si appropria di quella eccedenza, ma anche fuori, perché «l'eccedenza del lavoro vivo è unica e potente, e fa vivere il lavoro vivo oltre la capacità capitalistica di sfruttamento»"'. Un aspetto determinante delf elaborazione di questa prospettiva ontologica è allora l'immersione nelle lotte che attraversano il movimento del lavoro vivo. Non possiamo perderle di vista sevogliamo seguire il farsi di questa ontologia, dai primissimi amori bruniani e spinoziani fino alla scoperta della coeva filosofia francese e allo sh1dio dello storicismo tedesco'". Chi oggi riconosce a Negri la dignità del filosofo, lo fa solo in quanto filosofo politico, teorico del potere costituente e della democrazia assoluta laddove è invece l'attributo «politico» a costituire problema, poiché nasconde e insieme neutralizza proprio quell'ontologia in cui consiste il suo pensiero di filosofo senza aggettivi. Qualche dubbio, perciò, a convocarlo nel pantheon delJa filosofia politica riservandogli la stessa sorte toccata non a caso a tutti quelli che vengono citati come i suoi antesignani, da Machiavelli a Gramsfr7 • Qualunque manuale di storia della filosofia politica è costruito su questo atto di spoliazione, più esattamente sulla riduzione del pensiero vivente alla ratio del Politico come se il Politico debba fare a meno del gioco delle passioni, fino a espellerlo da sé''. Insomma una sorta di Spinoza con il Trattato politico ma senza l'Etica. Per Negri. una filosofia degna di questo nome cerca la verità ed è per questo motivo che la vuole critica e preferibilmente impegnata a dccostruirc il trascendentale. È la sua idea fissa, fin dagli anni dell'università. I..:Italia del dopoguerra non era certamente nella condizione di offrirgli una filosofia siffatta. È sufficiente A. Negri - J. Revel. Posijàziont', in P. Macherey, Il soggetto produttivo. Da Fouicauli Marx, cìt. p. 86. Sul tema. anche se in una chiave leggermente diversa, vedi anche
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r. Guéry- D. Ddeule, T11e Productivr Body, Zero Books, Alresford 2014. 26. Per un racconto dell'intreccio tra vita e attività politica e intellettuale di Negri lino al 1979, vedi T. Negri, Storia di un rnmu11ista, a rnra di Girolamo De Michele, Ponte alle Grazie, Milano 2015. 27. Vedi in proposito la ricostruzione di R. Esposito della filosofia italiana come pensiao vivente, una ricostruzione in cui Negri occupa una sua pci.~izione accanto a Machiavelli e a tutti gli altri che hanno avuto seri problemi con il potere costituito alrru:no fino a Gramsci: Pensiero 1,ivent~. Einaudi, Torino 2010. 28. Vedi I.. Strauss- J. Cropsey, Storia ddla filosofia politica, Il Melangolo, Genova 2000.
scorrere i nomi dei nostri professori universitari per accorgersene: quelli di storia e di letteratura tutti crociani; quelli di fìlosofia, un tempo gentiliani, ora cattolici spiritualisti. Neppure il pensiero filosofico legato in qualche modo alla tradizione socialista soccorre. Si pensi a Gramsci, letteralmente ignorato dal giovane Negri, e a tutta la pletora dei filosofi-amministratori che facevano capo al partito di Togliatti. Gli è che crocianesimo, cattolicesimo e gramscismo presentano un tratto comune indigeribile per un giovane che aveva fatto esperienza del fascismo e della sua orgia di nazionalismo. Questo tratto comune è l'internità alla vita nazionale, il progetto di una forma di cultura a carattere nazionale. Da questo punto di vista Gramsci èun campione della continuità, la coltiva esattamente come tutto lo storicismo nostrano"''. Di fatto con Gramsci scompare l'internazionalismo socialista e comunista del primo Novecento e si entra in una nuova fase nella quale la realtà italiana acquista sempre più peso. Parallelamente emerge il problema della lingua della filosofia. La babele di lingue che incontriamo nella formazione filosofica di Negri può essere ricondotta alla sostanziale miseria del contesto culturale italiano, sospeso tra ricostruzione capitalistica e restaurazione clerico-fascista dello Stato; ma a decidere per la lingua della filosofia è l'esperienza del conflitto e della lotta di classe'°. Dove cercare dunque la verità? Precisamente nel luogo dove il conflitto e la lotta di classe sono di casa, vale a dire in fabbrica. Pensiamoci su un attimo. Intanto ci voleva una buona dose di sfrontatezza per lanciare la sfìda su questo terreno perché molto probabilmente nessun filosofo l'avrebbe raccolta; non solo non l'avrebbe raccolta per ovvie ragioni il filosofo del prima29. A. Gramsci, Il Risorgimento, Einaudi, Torino 1955. l'.idca stessa di un Risorgimento incompiuto come di una rivoluzione mancata (à lu Cuoco)4. Kairòs, Alma Ve11us. Mulliludo, cit., p. 78. 55. lvi, p. 105. 56. lvi, p. 96. 57. In proposito di S. Mezzadra - R. Neilson, Confini eJronlit're, Il Mulino, Bologna 2014.
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migranti permettono di apprezzare quanto accade a monte del processo di produzione di soggettività che solitamente si studia a valle. Da questo punto di vista lo spazio della frontiera si configura come un vero e proprio laboratorio utile per mettere a fuoco sia la strategia dei confini proliferanti orchestrata dal (bio)potere che la produzione della forza lavoro come merce;K_ Ma amore e povertà diventano categorie politiche a tutti gli effetti quando dallo spazio della frontiera ci spostiamo sul terreno della metropoli capitalistica in cui quella stessa forza lavoro entra nei circuiti di una nuova struttura della lotta di classe. È su questo terreno che la produzione di soggellività acquista una dignità ontologica particolare; la potenza corporea si scopre allora potenza di conoscenza mentre la ragione diventa sempre più corporea 1''. Lo spazio metropolitano è infatti quello in cui agiscono le strategie non solo della resistenza ma quelle più direttamente funzionali alla costruzione