Corso di logica modale proposizionale 8843095269, 9788843095261

Le logiche modali rappresentano uno dei campi più ricchi e innovativi della logica contemporanea, e date le loro moltepl

231 95 11MB

Italian Pages 193 [198] Year 2019

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Table of contents :
Pagina vuota
Recommend Papers

Corso di logica modale proposizionale
 8843095269, 9788843095261

  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

STUDI SUPERIORI / 1169 FILOSOFIA

I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Corso Vittorio Emanuele II, 229 00186 Roma telefono 06 42 81 84 17 fax 06 42 74 79 31

Siamo su: • • www.carocc1.1t www.facebook.com/ caroccieditore www.twitter.com/ caroccieditore

Eugenio Orlandelli

Giovanna Corsi

Corso di logica modale proposizionale

Carocci editore

edizione, aprile 2019 © copyright 2019 by Carocci editore S.p.A., Roma 1

a

Impaginazione: CompoMat srl, Configni (RI) Servizi editoriali: Pagina soc. coop., Bari Finito di stampare nell'aprile 2019 da Grafiche VD srl, Città di Castello (PG) ISBN 978-88-430-9526-1

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

9

Prefazione Introduzione

13

1.

Linguaggio modale e semantica

23

I.I. 1.2.

Linguaggio Semantica per C�

23 25

1.3. 1.4. 1.5. 1.6.

1.2.1. Strutture relazionali / 1.2.2. Modelli/ 1.2.3. Verità e validità

Schemi validi e non validi Regole che conservano la validità Che cos'è una logica modale normale? Chiusura riflessiva e transitiva

28 29 32 33

2.

Corrispondenza e non esprimibilità

37

2.1.

Risultati di corrispondenza Proprietà non esprimibili

38 44

2.2.

2.2.1. Sottomodelli generati / 2.2.2. p-morfìsmi / 2.2.3. Pro­ prietà non esprimibili

3.

Logiche modali normali

53

3.1. 3.2. 3.3.

La logica K Alcune estensioni di K Validità

53 59 63 5

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

3.4.

Modalità

65

4.

Completezza via modello canonico

73

4.1. 4.2. 4.3.

Proprietà di insiemi di formule Modelli canonici Completezza via canonicità

75 77 79

5.

Corrispondenza vs completezza e incompletezza

87

5.1. 5.2. 5.3.

Incompletezza Strutture generali Incompletezza di KVB

88 89 92

6.

Modelli finiti e decidibilità

95

6.1. 6.2.

Nozioni preliminari Filtrazione e modelli finiti

95 97

7.

KW: la logica della dimostrabilità

105

7.1. 7.2.

Completezza di KW Modalità in KW e il predicato TeorPA (x)

109 112

8.

Diagrammi per estensioni di K4.3

117

8.1.

Diagrammi finiti per estensioni di K4.3

125 138

8.3.

Completezza per alcune estensioni di K4.3 8.2.1. K4.3.Z Sulle estensioni di K4.3 che dimostrano T

9.

Sequenti etichettati

149

9 .1. 9.2. 9.3.

Nozioni introduttive Il calcolo G3.K Alcune estensioni di G3.K

150 151 154

8.2.

3.4.1. Modalità nelle estensioni di K / 3.4.2 Modalità in 54 / 3.4.3. Modalità in 55

8.1.1. Lemmi generali / 8.1.2. Costruzione iniziale / 8.1.3. Costruzione dei diagrammi di base f0, f1 ••• fn I 8.1.4. Grovigli

6

142

INDICE

9.4. 9.5. 9.6. 9.7. 9.8.

Elementi base di metateoria Validità e completezza 9.5.1. Validità/ 9.5.2. Completezza Proprietà strutturali Decidibilità Identità e proprietà inesprimibili 9.8.1. Identità/ 9.8.2. Proprietà inesprimibili

158 161 170 178 184

Bibliografia

189

Indice analitico

191

7

Prefazione

Le logiche modali sono divenute negli ultimi decenni un settore ricco e fiorente della logica, settore che abbraccia tutte le estensioni della logica classica con operatori intensionali. Ci occuperemo solo delle logiche mo­ dali proposizionali; le loro versioni predicative, ancorché estremamente interessanti, esulano completamente dagli scopi di questo libro. La varie­ tà delle interpretazioni degli operatori intensionali ha favorito applica­ zioni in campo filosofico, informatico, matematico. Le logiche aletiche, temporali, dinamiche, epistemiche, doxastiche, deontiche rappresenta­ no alcune delle diverse declinazioni della modalità, ovvero del modo in cui un enunciato viene qualificato: in senso temporale, in senso episte­ mico, in senso aletico, deontico, teorematico. Tipici esempi di enunciati modali sono: '

E necessario che A ' E possibile che A Sempre in passato A Talora in futuro A Si crede che A Si sa che A ' E obbligatorio che A ' E permesso che A ' E dimostrabile nell'aritmetica di Peano che A ' E consistente con l'aritmetica di Peana che A Dopo ogni esecuzione del programma che termini, A è vero Esiste almeno un'esecuzione del programma che termina, ed A è vero

Questo testo non intende in alcun modo offrire al lettore una pano­ ramica delle varie specificazioni delle logiche modali come le troviamo nella letteratura, intende invece offrire al lettore gli strumenti base per affrontare ognuna di queste specificazioni qualora ne abbia curiosità e interesse. La cosiddetta semantica dei mondi possibili, la teoria della cor­ rispondenza e la presentazione assiomatica di alcune logiche modali co-

9

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

stituiscono un prerequisito imprescindibile per entrare nello spirito dei problemi e dei temi tipici delle logiche modali. Questi temi fanno parte dei primi tre capitoli del libro. Una tecnica metateorica divenuta stru­ mento onnipresente per affrontare il problema della completezza delle logiche modali è la costruzione del cosiddetto modello canonico. A que­ sta tecnica è dedicato il CAP. 4. I CAPP. 5 e 6 mettono a confronto pro­ prietà metateoriche delle logiche modali quali corrispondenza, comple­ tezza, incompletezza, decidibilità, proprietà del modello finito. Il CAP. 7 presenta una particolare logica modale, la logica della dimostrabilità, che detiene un posto tutto speciale nel panorama delle logiche modali e che gode di proprietà metateoriche assai peculiari. Il metodo dei dia­ grammi cui è dedicato il CAP. 8 introduce una tecnica nuova per dimo­ strare la completezza di un'ampia classe di logiche modali caratterizzate da strutture connesse. In opposizione al modello canonico che presenta profonde criticità quando lo si voglia applicare a logiche caratterizzate da strutture connesse, il metodo dei diagrammi sembra essere uno stru­ mento duttile ed efficace e assai sorprendente nella sua semplicità. Il CAP. 9 è dedicato alla presentazione di calcoli di seguenti per le logiche mo­ dali, in particolare ai calcoli di seguenti con etichette. Questi calcoli so­ no entrati assai di recente nella letteratura ed offrono una presentazione assiomatica di un'ampia gamma di logiche modali in modo uniforme at­ traverso l'internalizzazione della semantica nella sintassi delle regole del calcolo. In questo contesto vengono forniti teoremi di validità, comple­ tezza, decidibilità e non esprimibilità di alcune proprietà della relazione semantica di accessibilità. Questo libro è inteso per studenti di filosofia che abbiano seguito solo un corso di logica classica proposizionale e che conoscano il linguaggio del primo ordine. Si è cercato quindi di tenere il formalismo entro limiti ragionevoli, senza utilizzare strumenti matematici avanzati, ma al con­ tempo senza rinunciare a una trattazione rigorosa dei vari argomenti in termini formali. Con una minima familiarità del linguaggio del primo ordine, il libro è scritto, almeno nelle intenzioni degli autori, in modo tale che "si legge e si capisce". Approfondimenti di teoria dei modelli, di teoria della dimostrazione, di teoria della decisione che avrebbero richiesto l'uso di strumentazione matematica più sofisticata sono stati esclusi. In ogni caso il testo fornisce tutti gli strumenti utili per affrontarli nella letteratura cui spesso si ri­ manda. Il metodo dei diagrammi è l'unico tema che non è trattato, a no­ stra conoscenza, nella manualistica in lingua inglese sulle logiche modali 10

PREFAZIONE

e che è stato invece qui inserito vuoi per la sua valenza innovativa vuoi per la sua valenza teorica. I temi trattati nei CAPP. 1-7 sono invece dei te­ mi classici che troviamo negli storici manuali di George Hughes e Max­ well Cresswell, Introduetion to Moda! Logie (l 963), A New lntroduction to Moda! Logie ( 1996), A Companion to Moda! Logie ( 1984), così come nei bellissimi e ricchi trattati di Alexander Chagrov e Michael Zakharya­ schev, Moda! Logie ( 1997), oppure di Patrick Blackburn, Maarten de Ri­ jke e Yde Venema, Moda! Logie (2001). Uno snello ancorché fondamen­ tale manuale è quello di Robert Goldblatt, Logies of Time and Computa­ tion ( 1987). Il CAP. 9 si avvale delle metodiche introdotte da Sara Negri nell'articolo ProofAnalysis in Moda! Logie (2005). La manualistica sulle logiche modali in lingua italiana è pressoché inesistente, fatta eccezione per le traduzioni dei volumi di Hughes e Cresswell e vogliamo pensare che il presente libro colmi una lacuna per troppo tempo trascurata. Percorsi didattici Si possono prevedere tre diversi corsi da 30 ore: 1. Capitoli 1 + 2 + 3 + 4 Logiche modali presentate in modo assiomatico alla Hilbert e teorema di completezza via modello canonico. 2. Capitoli 1 + 2 + 3 + 8 Logiche modali caratterizzate da strutture lineari e teorema di completezza via metodo dei diagrammi. 3. Capitoli 1 + 2 + 3 + 9 Logiche presentate via calcoli di sequenti etichettati e teorema di completezza via costruzione di alberi saturi. Per un corso da 60 ore si possono avere varie combinazioni, fra cui: 4. Capitoli 1 + 2 + 3 + 4 + 5 + 6 + 7 5. Capitoli 1 + 2 + 3 + 4 + 8 6. Capitoli 1 + 2 + 3 + 4 + 9 Ringraziamenti Questo libro nasce da un nucleo piccolo e antico relativo a un corso sulle logiche modali dell'a.a. 2005-06 che è stato poi rielaborato completamente, sviluppato con l'aggiunta di nuovi temi e redatto da Eugenio Orlandelli. Solo il CAP. 8 sui diagrammi è stato redatto da Giovanna Corsi. Gli studenti e i colleghi che in vari momenti e in varia misura hanno con­ tribuito con i loro commenti ed osservazioni sono stati tanti, un particolare ringraziamento va a Melissa Antonelli, Erica Calardo, Guido Gherardi, Paolo Maffezioli, Wilmer Ricciotti, Eleonora Signorini, Francesco Spegni, Alessia Tosi, Valeria Vignudelli.

Bologna, dicembre 2018

11

Introduzione

Sono moltissime le esperienze che si lasciano descrivere come eventi inseriti in una struttura dotata di un ordine. Si pensi all'ordine determi­ nato dallo scorrere del tempo: c'è un prima e c'è un dopo. Il linguaggio naturale si è dotato dei tempi verbali proprio per esprimere le relazioni temporali: 'ieri sono andata al cinema: 'domani andrò a teatro'. L'evento 'andare al cinema' oppure 'andare a teatro' ha luogo in un preciso ordine temporale. Espressioni come dopodomani, l'altro ieri, in futuro, in passato stabiliscono un ordine tra eventi che può essere schematizzato con un grafo del tipo:

) i------) · · · · · · ----oi------)o.i------)oi------o oggi

domani

dopodomani

ove la relazione temporale prima di è indicata dalla freccia >. L'enunciato 'Da domani smetto di fumare' chiama in causa tutti gli istanti futuri a partire da domani. La logica modale studia quegli enunciati del linguaggio naturale il cui valore di verità non dipende solo dallo stato (mondo, istante) in cui l'enunciato è proferito, ma anche da altri stati. 'Eva sposerà Giorgio' è vero nel mondo attuale, se in un mondo futuro rispetto a quello attuale, Eva sposa Giorgio. Mondi alternativi a quello attuale erano già stati autorevolmente evo­ cati per render conto della nozione di necessita; secondo Leibniz, una ve­ rità si dice necessaria se è vera in tutti i mondi possibili. I mondi possibili sono modi in cui il mondo attuale avrebbe potuto essere, alternative possi­ bili del mondo attuale, e il mondo attuale è solo uno (il migliore!) dei mondi possibili. In Leibniz tra i mondi possibili non intercorre alcuna relazione:

13

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Ciò che li accomuna è che in ognuno di essi si realizzano tutte le verità . necessarie. L'analisi dei concetti di necessario, possibile, impossibile, contingen­ te hanno occupato logici e filosofi sin da Aristotele. Basti pensare alle discussioni intorno alle condizioni di verità dei futuri contingenti ('Do­ mani ci sarà una battaglia a Salamina') oppure alla teoria dei sillogismi modali. Scopo di questa introduzione non è quello di tracciare una storia, an­ corché sintetica, delle logiche modali quanto quello di mostrare la varie­ tà degli ambiti che trovano un'analisi significativa attraverso la metafora dei mondi possibili, ovvero dal considerare simultaneamente insiemi di situazioni, mondi, istanti, stati di cose. Inoltre gli elementi di questi in­ siemi non sono, in generale, costituiti da monadi, bensì sono in relazione fra di loro. Ci occuperemo quindi di strutture relazionali costituite da un insieme W di elementi di base (mondi, istanti ecc.) e da una relazione bi­ naria R che connette questi elementi. R è detta relazione di accessibilita e se il mondo w è relato al mondo v, in simboli wRv, allora v è detto ac­ cessibile rispetto a w. Una struttura è, pertanto, una coppia (W, R) che graficamente possiamo disegnare con cerchietti (i mondi) e con frecce che rappresentano la relazione R.

/

14

• • •

INTRODUZIONE

La presenza della relazione R è di fondamentale importanza, come ve­ dremo. Notiamo subito che se R è la relazione vuota, ritroviamo, co­ me caso limite, le monadi leibniziane; se invece W contiene un solo mondo ed R è riflessiva, ritroviamo una struttura classica in cui la mo­ dalità non gioca alcun ruolo, non si distingue tra l'esser vero e l'essere necessariamente vero.

Per parlare di questo tipo di strutture dotate di relazione di accessibilità occorre un linguaggio più ricco del linguaggio della logica classica. Un tale linguaggio si ottiene, nel caso più semplice, aggiungendo al linguag­ gio della logica proposizionale classica un connettivo unario, solitamente indicato con Il linguaggio così ottenuto è detto linguaggio modale ed in esso, se A è una formula ben formata, lo è anche []A. Di conseguenza, espressioni del tipo []A -+ A, A V -.[]A, []A -+ DA, -.A V o-.A) sono formule ben formate. Il termine modale risale ad una terminologia medievale secondo la quale gli enunciati sono proferiti secondo varie modalita: dichiarativa, negativa, della possibilità, dell'impossibilità, della necessità. Di fatto, con linguaggio modale si intende un qualsiasi linguaggio che estende quello classico e che contiene uno o più connettivi non vero-funzionali. L'idea che sta alla base di tutto l'impianto delle logiche modali è molto semplice:

□.



□(

l'enunciato '[]A' è vero in un mondo w se e soltanto se 'A' è vero in tutti mondi che stanno nella relazione R con w Come spesso capita con le idee semplici, anche la definizione appena da­ ta ha una storia lunga e complessa. Non vogliamo ripercorrere i passag­ gi che hanno portato a considerare le modalità, ad esempio 'è necessario che', come facenti parte del linguaggio oggetto piuttosto che del metalin­ guaggio, né di come si sia arrivati a considerare insiemi di mondi interre­ lati fra loro piuttosto che insiemi di monadi. Ci interessa solo ricordare che la semantica dei mondi possibili ha trovato la sua formulazione de­ finitiva in una serie di articoli del logico americano Saul Kripke a partire dal 19 59 e che per questo va anche sotto il nome di se1nantica kripkeana. 15

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Ma torniamo al linguaggio modale. Caratteristica interessante è che l'operatore D ammette più letture. La formula 04 può leggersi non solo come 'A è necessario', ma anche 'A è obbligatorio: 'Si sa che A:, 'Si cre­ de che A', 'Sempre in futuro A', 'Sempre in passato A' ecc. Combinan­ do l'operatore D con la negazione, possiamo definire un nuovo operato­ re,◊, l'operatore duale di D, ponendo ◊A := -. □ -.A. Dalla definizione dell'operatore◊ appena data discende che: l'enunciato '◊A' è vero in un mondo w se e soltanto se 'A' è vero in almeno un mondo che sta nella relazione R con w Diamo qui di seguito alcune letture dell'operatore D insieme al suo duale◊.

◊A

DA '

'

E possibile che A

E necessario che A

Sarà sempre vero che A

Sarà talvolta vero che A

'

E sempre stato vero che A

Talvolta è stato vero che A

E obbligatorio che A

E permesso che A

Si sa che A

E plausibile che A

E dimostrabile nell'aritmetica di Peano che A Dopo ogni esecuzione del programma, A e vero

E consistente con l'aritmetica di Peano che A Esiste almeno una esecuzione del pro­ gramma che termina, ed A è vero

'

' '

'

'

Leggiamo alcune formule modali. Lettura aletica: 04 �A 04�◊A 04� □◊A

-.◊A

04 +-+ -.0-.A ◊04� □◊A Lettura deontica: 04 v □ -.A

se A è necessario, A è vero; se A è necessario, A è possibile; se A è necessario, A è necessariamente possibile; A è impossibile; A è necessario se e solo se è impossibile che A sia falso; è possibile che A sia necessario solo se è necessa­ rio che A sia possibile. è obbligatorio A oppure è obbligatorio non A;

16

INTRODUZIONE

DA� □DA

□ (A�B) A[JA�[JB

se è obbligatorio A, allora è obbligatorio che sia obbligatorio A; se A è permesso, allora A è obbligatoria­ mente permesso; se è obbligatorio che A implichi B e A è obbligatorio allora B Io è a sua volta.

Caratteristica della semantica kripkeana, che ne ha determinato la grande fortuna, è la sua versatilità. Al variare vuoi delle proprietà della relazione R, vuoi dell'interpretazione stessa di R, riesce a offrire modelli astratti per costrutti linguistici tutt'affatto diversi. Vediamone alcuni. Linguaggio aletico Possiamo considerare diverse concezioni di necessi­ tà: la necessità logica piuttosto che la necessità.fisica. In quest'ultimo caso v è un mondo accessibile rispetto a w, ovvero wRv, se in esso valgono tutte le leggi della fisica che valgono in w e quindi []A sta a significare che 'A è conseguenza delle leggi della fisica'. In particolare, []A è vero nel mondo attuale se A è vero in tutti quei mondi che soddisfano le leggi fisi­ che del mondo attuale. Ne segue che nel mondo attuale D(x ; e) le parentesi ( , ) . DEFINIZIONE 1.2 L'insieme F m t , delle formule ben formate (jbf in breve) di e t , è così definito: 1. se Pi E � ' allora P i E F m t ; 2. _l E F m t ; 3. se A E F m t allora -,A , []A, ◊A E F m ; 4. se A, B E F m , allora (A ----. B ) , (A I\ B ) , (A v B) E F m t ; 5. nient'altro è in F m . Un insieme così definito si dice definito per induzione. Useremo le lettere p , q , r come metavariabili per variabili enunciative e A , B, C come metavariabili per formule. Le variabili enunciative, ovvero gli elementi di � sono anche dette ' atomi. DEFINIZIONE 1.3

Simboli logici ausiliari. T :(A +-+ B ) : -

( 1- � 1- ) ( (A � B ) A ( B � A) )

23

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Convenzione sulle parentesi: - si omettono le parentesi più esterne; - si stabilisce un ordine di precedenza fra i connettivi, in base al quale: 1. -., D e◊ legano più di tutti gli altri connettivi; 2. /\ , v legano più di ---+; - si omettono le parentesi che sono superflue sulla base dell'ordine di precedenza; - si scrive associando a sinistra: invece di AVB V e V ... VD ( . . . ((A V B ) V C ) V . . . V D ) ( . . . ( (A I\ B ) A C ) A · · · A D ) invece di A A B I\ C I\ · · · A D Esempio 1. 1

pvq�p

sta p er

(( p v q ) � p )

Introduciamo alcuni concetti attraverso definizioni per ricorsione che saranno utili in seguito. - La lunghezza di una formula A, lg (A ) , è così definita: lg (p i ) = O, per ogni atomo P i ; lg (l_) = O; lg ( -.B ) = lg ([]B) = lg ( ◊B) = lg (B ) + 1; lg (B ---+ C ) = lg (B /\ C) = lg (B v C ) = lg (B ) + lg ( C ) + 1. - L'insieme delle sottojòrmule di una formula A, Sf(A) , è così definito: S f (pi ) = { P i }, per ogni atomo P i ;

Sf ( 1-) = { 1- } ; S f( �B) = S f(B ) u { �B } , ove � E { -,, □,◊}; s f(B * e) = s f(B) u s f(e) u { (B * e) } , ove * E { ---+' /\ ' V } • Diciamo che B è sottoformula di A se B E S f (A) .

- Sostituzione uniforme. Sia p una variabile enunciativa e D una for­ mula. Definiamo l'operazione di sostituzione uniforme di D al posto di p in unajbfA. Con A [D / p] indichiamo la formula ottenuta da A ove ogni occorrenza di p è stata sostituita con D : 1. p [D /p ] = D ; 2. q [D / p] q, se q =I= p ;

=

3. 1- [D /p ] = 1-;

( � B ) [D /p ] = � (B [D/ p] ) , ove � E { -., □,◊}; ( B * C ) [D / p] = ( B [D / p ] * C [D / p] ) , ove * E { ---+ , A , v } . A [D 1 / p 1 , • • • , Dk / Pk ] denota la formula ottenuta a partire da A sosti­ 4. 5.

tuendo simultaneamente ogni occorrenza di Pi con D i , per ogni i tale che 1 � i � k e p i =I= pi se i # j .

24

1 . LINGUAGGIO MODALE E SEMANTICA

1.2 Semantica per ,C ii> Iniziamo con l'introdurre la cosiddetta semantica relazionale (detta an­ che semantica dei mondi possibili), introdotta da Kripke nel 1959 e che si è dimostrata molto efficace e naturale per attribuire un significato ai linguaggi modali. 1.2. 1. STRUTTURE RELAZIONALI DEFINIZIONE 1 .4

Una struttura relazionale F è una coppia:

( W , R) ove W è un insieme non vuoto, detto universo, e R e W x W è una relazione binaria detta relazione di accessibilita. Se w E W diciamo che 'w è un mondo dell'universo W' o che 'w è un punto dell'universo (o spazio) W'. Se wRv diremo che 'il mondo v è accessibile a partire dal mondo w ' o che 'w vede v '. Vediamo ora alcune strutture molto semplici. La prima è:

F = ({w}, 0) graficamente rappresentata dalla FIG. 1.1 (a) . Il secondo caso è molto si­ mile al primo, dove però la relazione R è rifl,essiva. Formalmente tale struttura è così descritta:

F = ({w }, {(w, w)}) e graficamente essa sarà rappresentata come in FIG. 1.1 (b) . Una ter­ za struttura è quella rappresentata nella FIG. 1.1 (e), ed è formalmente definita da:

FIGURA

1.1

Tre semplici strutture relazionali w



a)

b)

e)

25

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

1.2.2. MODELLI Data una struttura F = ,

I(p ) e W Intuitivamente, la funzione di interpretazione stabilisce in quali mondi un atomo e vero. Con l'espressione F-modello indichiamo un modello basato su F. '

'

1.2.3. VERITA E VALIDITA DEFINIZIONE 1.5 (Verità in un mondo di un modello) Dato un mo­ dello M = P. In sintesi, ci chiediamo se la proprietà che definisce una certa classe di strutture relazionali, ad esempio la riflessività della relazione R, o c rri­ sponda ad una formula modale, ovvero se per qualche formula modale A, si abbia che: per ogni F (F F A sse F t> wRw, per ogni w E W ) Generalizziamo quanto detto sopra per qualsiasi proprietà P. DEFINIZIONE 2. 1

(Corrispondenza)

Se vale che:

per ogni F ( F F A sse F t> P ) diciamo che A o c rrisponde a P. In questo capitolo considereremo solo proprietà P che possono es­ sere espresse mediante una qualche formula di un linguaggio del primo ordine con identità contenente un simbolo per la relazione R 1 .

1 . Si veda il CAP. 7 per un risultato di corrispondenza rispetto a una formula del secondo ordine.

37

CORSO DI LO GICA MODALE PROPOSIZIONALE

TABEL LA 2 . 1

Alcune proprietà della relazione R Proprietà di

R

Definizione

Riflessività Transitività Serialità Densità debole Simmetria Euclidea Convergenza debole Convergenza Connessione debole Connessione Funzionalità parziale Funzionalità Isolamento Cecità mnkj-Lemmon

\/ s (s Rs ) \f s\/t\/u (sRt I\ t Ru --+ s Ru ) \/s 3 t (sR t ) \fs\/t (sRt --+ 3 w (s Rw I\ wRt ) ) \/s \f t (sRt --+ tRs ) \f s\/t\/u (sRt I\ sRu --+ tRu ) \fs\/t\/u (s Rt I\ sRu --+ 3 v ( t Rv " u Rv ) ) \f s\/t 3 u (s Ru I\ tRu ) \f s\/t\/u (s Rt I\ sRu --+ tRu v u Rt v t = u ) \/ s \/ t ( s R t v t Rs v s = t ) \f s\/t\/u (s Rt I\ sRu --+ t = u ) \/s 3 ! t (sRt ) \f s\/t (sRt +-+ s = t ) \fs \f t -i (s Rt) \f S \f t \f U ( S R m t I\ S Rk U --+ 3 V ( t R n V I\ U R,i V ) )

2. 1

Risultati di corrisp ondenza In questo paragrafo mostriamo le corrispondenze elencate nella T AB. 2.2. TE OREMA 2.2

Lo schema T corrisponde alla riflessivita.

F F DA ---+ A sse F r:> Vs ( sRs ) Dimostrazione

( ==>) Sia s

E

W. Definiamo un F-modello M ponendo

I ( p ) = { w E W : sRw }

Allora

M Fs

□p , da cui M F

s

p , poiché F F []A � A, quindi s

E

I(p ). Possiamo allora concludere che sRs . ( �) Sia F riflessiva, M un F-modello e M F 5 []A. Allora M F s A, dunque M F s □A�A.



38

2. CORRISPONDENZA E NON ESPRIMIBILITÀ

TABELLA 2.2

Schemi e proprietà corrispondenti R

Nome

Schema

Proprietà di

T

DA --+ A DA -+ ITJA DA --+ ◊A ITJA --+ DA A --+ D◊A ◊A --+ D◊A ◊DA --+ D◊A □ (A I\ DA --+ B) V □ ( DB /\ B --+ A ) ◊A --+ DA ◊A +-+ DA A +-+ DA DA ◊ m □ n A --+ □k ◊i A

riflessività .. .' trans1t1v1ta serialità densità debole .s1mmetr1a . euclidea convergenza debole connessione debole funzionalità parziale funzionalità isolamento . ' cec1ta m n kj-Lemmon

4

D X B 5

2 3 PF F Tr i v Ve r Le m m o n TE OREMA 2.3

Lo schema 4 corrisponde alla transitivita.

F t== DA -+ ITJA sse F t> \/s\/t\/u ( s R t

A

t Ru -+ sRu )

Dimostrazione ( � ) Per mostrare che R è transitiva, siano s , t , u tali che sRt e tR u . Consideriamo un F-modello M , tale che:



I ( p ) = { w E W : s'Rw }

□□

p, poiché F F 04 ---+ D04, da Allora M F s p e quindi M F s cui M F t p, e M F u p . Ne segue che u E I ( p ) , e quindi s R u . ( �) Sia R transitiva. Sia M un F-modello. Per mostrare che M F 04 ---+ [IJA , si consideri un qualsiasi s E M tale che M F s 04 . Dob­ biamo mostrare che M F s D04, ovvero che s Rt implica che M F t 04, in altre parole, sRt implica che ( tR u implica che M F u A) . Così si supponga che s Rt e tR u . Abbiamo s R u grazie alla transitività, così M F u A , poiché M F s 04 per ipotesi. □



TE OREMA 2.4

Lo schema D corrisponde alla serialita. F F DA -+ ◊A sse F t> "vs � t ( s'Rt )

Dimostrazione

( � ) Sia s

E

W. Definiamo un F-modello M ponendo

I ( p ) = { w E W : s'Rw } Allora M F s p, da cui M F s ◊p, poiché F F 04 ---+ ◊A; quindi esiste un t, tale che sRt .



39

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Sia F seriale e sia M un F-modello ove per qualche s , M F s 04. Poiché F è seriale, s Rt per qualche t , e dunque M F t A; ne segue che M F s ◊A , da cui M F s 04 ---+ ◊A. □ ( �)

Lo schema X corrisponde alla densita debole.

TE OREMA 2.5

F t== [][]A --+ DA Dimostrazione

sse

\:/ s \:/ t ( s R t

--+ � u ( s R u

I\

uRt) )

( ==>) Supponiamo che s Rt. Sia M un F-modello ove I( p ) = { w E w : w # t }

□□ □



Allora M lf t p, così M lf s p. Quindi M lf s p poiché F F D04 ---+ 04; ne segue che esiste un u , s Ru e M lf u p . Allora per qualche v , u Rv e M lf v p; dunque data la definizione di I (p), v = t , così che R è debolmente densa. ( �) Esercizio. □ TE OREMA 2.6

Lo schema B corrisponde alla simmetria.

F t== A --+ □ ◊A sse F r> \:/ s\:/ t ( sRt

--+

t Rs )

Dimostrazione ( ==> ) Siano s e t tali che s Rt. Consideriamo un F-modello M in cui I(p ) = { s }





Allora M F s p . Poiché F F A ---+ ◊A , M F s ◊ p , da cui M F t ◊ p . Quindi esiste v tale che t Rv e M F v p . Ne segue che esiste v , con t Rv , e v = s , da cui t Rs. Dunque R è simmetrica. ( �) Esercizio. □ TE OREMA 2.7

Lo schema 5 corrisponde alla proprieta euclidea.

F t== ◊A --+ D◊A sse F r> \:/s\:/ t \:/u ( sRt

I\

s R u --+ t Ru )

Dimostrazione ( ==>) Siano s , t ed u tali che s Rt e s Ru. Consideriamo un F-modello M tale che: I(p ) = { u }





Allora, M F u p , M F s ◊ p , M F s ◊ p , poiché F F ◊A ---+ ◊A , quindi M F t ◊ p . Allora esiste v tale che t Rv e M F v p , da cui t Rv e v = u , quindi tR u . ( �) Esercizio. □

40

2. CORRISPONDENZA E NON ESPRIMIBILITÀ

TE OREMA 2 . 8

Lo schema 2 o c rrisponde alla o c nvergenza debole.

F t== ◊DA -+ □◊A sse F t:::> VsVtVu ( sRt

A

s Ru -+ 3 v ( t R v

A

u Rv ) )

Dimost razione (==>) Supponiamo che s Rt e sRu. Consideriamo un F-modello M in cui I ( p ) = { w : u Rw}

□p e quindi, poiché s Ru , M F ◊□p . Poiché F t== ◊□A� □◊A, si ha che M F □◊p, e dunque M F ◊p . Questo im­

Allora M F u

5

5

t

plica che esiste un v tale che t Rv e M F v p , ovvero v u Rv, come desiderato. ( � ) Esercizio. TE OREMA 2.9

E

I (p ) , da cui



Lo schema 3 o c rrisponde alla o c nnessione debole.

F t== □ ( DA A A -+ B ) v □ (08 A B -+ A ) F t:::> VsV tVu ( sRt

A

sse

sRu -+ t Ru v uRt v t = u )

Dimost razione ( ==>) Siano s , t ed u tali che s Rt e s R u . Consideriamo un F-modello M in cui I ( p ) = { w : tRw} u { t }

I(q ) = { w : u Rw } u { u }

Allora, M F t p I\ p e M F u q I\ q . Poiché F F ( DA A A � B ) v D ( DB /\ B � A ) , in particolare M t== s □ ( □ p I\ p � q ) v D ( Dq /\ q � p ) . Assumiamo che M F s ( p I\ p � q ). Allora M F t p I\ p � q e M F t q . Da cui u Rt oppure t = u. Analogamente se M F s ( q I\









□□

q � p ).

□□

( �) Procediamo per assurdo. Sia F una struttura debolmente con­ nessa tale che per qualche formula A, B , F lf (A I\ A � B) v D (DB /\ R, I) ed esiste un mon­ B � A). Allora esiste un F-modello M = do w E W tale che M lf w □ (A I\ A�B) v D (DB /\ B�A) , ovvero M lf w (A I\ A � B) e M lf w (DB /\ B�A). Quindi esistono due mondi v ed s tali wRv e wRs tali che M t== v A, M t== v []A, M lf v B , M F s B, M F s []B e M lf s A. Queste condizioni di verità escludono che si abbia vRs oppure sRv oppure v = s , contrariamente al fatto che F è debolmente connessa. □





□ □

41

□ □ Vs3! t (sRt )

Segue dai Teoremi 2.6 (serialità) e 2. 10 (funzionalità



Lo schema T r i v o c rrisponde ali'io s lamento.

F 'F A +--+ DA Dimost razione

sse

Sia s

E

sse

F r> rls\:/t (sRt +--+ s = t )

W. Costruiamo il seguente F-modello

M in

I(p ) = { s }

Allora M t== 5 p e di conseguenza M F 5 □ p poiché F t== A +-+ []A . Quindi per ogni mondo t relato ad s, si ha che M t== t p, da cui t = s . ( � ) Esercizio. □ TEO REMA 2. 1 3

Lo schema V e r o c rrisponde alla cecit a.

F 'F DA

sse

F r> Vs\/t -, (sRt )

Dimost razione ( ⇒) Se F t== []A, allora F t== O_l, quindi nessun mondo può essere relato a qualche altro mondo. ( � ) Esercizio. □

42

2. CORRISPONDENZA E NON ESPRIMIBILITÀ

TE OREMA 2. 14

mnkj-Lemmon.

Lo schema m nkj -Le m m o n corrisponde alla proprieta

F 'F ◊ m □n A --+ Dk ◊ jA sse F r:> VsVt Vu ( sR m t

sRk u --+ :Jv ( t R n v I\ u R1 v ) ) I\

Dimostrazione ( �) Supponiamo che esistano s , t ed u tali che (s Rm t I\ s Rk u ). Costruiamo il seguente F-modello M in cui



Allora M t= t o n p per def. di I (p) e M t= s ◊ m n p , poiché s R m t . Poiché F I== ◊ m n A - k ◊ i A , M I==� k◊ i p . Quindi M l== u ◊ i p . Questo implica che esiste un v, con u RJ v e M F v p, ovvero v E I (p) , da cui tR n v. ( �) Esercizio. □







FIGURA 2.1

mnkj-Lemmon

Esercizio 2. 1 Mostra che lo schema M V := 04 v ◊04 corrisponde alla proprietà che ogni mondo o è un punto cieco o è relato ad un punto cieco .

43

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Esercizio 2.2 Mostra che tutte le formule considerate fin qui, eccetto gli schemi 3 e V e r , sono casi particolari di formule di Lemmon.

2.2 Prop rietà non esp rimibili I risultati positivi che abbiamo fin qui esposti, e addirittura generaliz­ zazioni del teorema mnkj-Lemmon quale il teorema di Sahlqvist, non devono indurci a pensare che non esistano proprietà del primo ordine non esprimibili da formule modali. Invero proprietà quali l'irriflessività e l'antisimmetria non sono esprimibili. Per mostrare ciò abbiamo bisogno di introdurre dei concetti nuovi relativi alla trasformazione di modelli, in genere da modelli 'complessi' a modelli più 'semplici' purché conser­ vino certe proprietà modali, in particolare quella di essere 'modalmente equivalenti'. Cominciamo col presentare due tecniche per trasformare modelli o per metterli in relazione con altri che potremmo dire 'simili'. Queste due tecniche prendono il nome di generazione di sottomodelli e p-morfismo fra modelli. 2.2. 1. SOTTOMODELLI GENERATI La costruzione del sottomodello generato nasce dalla constatazione che il valore di verità di un enunciato A in un punto v di un modello dipende esclusivamente da 'ciò che accade' nei mondi raggiungibili a partire da v con un numero finito di R-passi. DEFINIZIONE 2. 15 (Sottomodello generato)

Dato un modello

M = (W, 'R, I) chiamiamo il seguente modello

sottomodello generato da v E W dove: - w v = { z E W : vR* z }, ove R * è la chiusura riflessiva e transitiva di

R;

- RV = R n (Wv X w v ) ; - I v (p) = I (p) n w v . 44

2. CORRISPONDENZA E NON ESPRIMIBILITÀ

La struttura F v := (W v , Rv ) è la sottostruttura di F = (W, R) generata da v, anche detta struttura con radice v. LEMMA 2.16

Dati A E F m� e z E w v .-

M v p= 2 À sse M F 2 À Dimostrazione La dimostrazione è per induzione sulla lunghezza di A E F m�. Dimostriamo, come esempio, il caso in cui A OB, cioè dimostriamo che:

=

M v Fz [JB sse M F 2 0B ( �) Supponiamo M F 2 0B . Consideriamo un qualsiasi u E w v tale che zRv u . Allora zRu vale immediatamente per definizione di Rv in v quanto R e R. Per Definizione 1. 5 vale M F u B , da cui, per ipotesi di induzione, ricaviamo M v F u B. Possiamo così concludere M v F 2 0B per Definizione 1.5. (==>) Supponiamo M v F z OB, e dunque che per ogni u, (zR v u ==> M v F u B ). Dobbiamo far vedere che per ogni u (zRu ==> M F u B ) . Consideriamo un qualsiasi u E W tale che zRu e facciamo vedere che vale zRv u . Infatti vR* z si dà giacché z E w v , ed in più zRu vale per ipotesi. Da questo segue vR* u per la Definizione 2. 1 5. Questo significa che u E w v . Allora z, u E w v , zRu, e quindi zRv u per definizione di Rv , da cui M v F u B . Per ipotesi di induzione si ha dunque che M F u B , possiamo così concludere M F z 0B per Definizione 1.5. □ Osservazione 2 Attraverso l'utilizzo di opportuni sottomodelli ge­ nerati mostreremo che le proprietà di convergenza e connessione non corrispondono ad alcuna formula modale. Vedi i Teoremi 2.25 e 2.26. 2.2.2. P-MORFISMI DEFINIZIONE 2. 17 (p-morfismo fra strutture) Date due strutture rela­ zionali F1 = (W1 , R 1 ) e F2 = (W2 , R2 ) , chiamiamo p-morfismo tra F1 e F2 2 una funzione f : W1 � W2 che gode delle seguenti proprietà: 2. Anziché p-morfismo, alcuni chiamano questa particolare funzione morfismo limitato (dall'inglese: bounded morphism).

45

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

1.

(forth condition)

Vw, v E W1 (wR 1 v ==> f ( w ) R2f ( v ) )

Questa proprietà è descritta graficamente dalla FIG. 2.2. F IGURA 2.2

Forth condition V

R1

w 2.

I I

>

f (v)

>

f ( w)

A i R2

(back condition)

Vw E W1 Vy E W2 (/ ( w ) R2 y ==> :l v E W1 (wR 1 v

I\

f (v) = y ) ).

Questa proprietà è descritta graficamente dalla FIG. 2.3. F IGURA 2.3

Back condition

- - - - - -+ y fYl2

f_..... f (w) w___

Osservazione 3 La condizione 2 dice che y è immagine sotto la fun­ zione f di almeno un mondo relato a w. Ovviamente possono esserci altri mondi relati allo stesso w che non vengono mappati sull'elemento y del codominio, come possono esserci mondi di W1 non relati a w che vengono mappati su y. Dati i modelli M 1 = (p-morfismo fra modelli) F1 l;f A

Sia F2 = \:/ w \:/ v ( wRv v vRw v w = v ) Dimostrazione Esercizio. La dimostrazione è del tutto analoga a quella del lemma precedente. □ TEOREMA 2.27 (L'irriflessività non è esprimibile) A E F m� tale che

FFA

sse

Non esiste unafonnula

F r> \:/ w -, ( wRw )

Dimostrazione Supponiamo per assurdo che esista una tale formula A. Si consideri la struttura F2 = r- L A cioè le formule valide sulle strutture per L sono teoremi di L. Il più delle volte siamo interessati a mostrare la completezza di L rispetto a parti­ colari sottoinsiemi di C L , determinati da proprietà della relazione R o costituiti addirittura da una singola struttura. La completezza di L rispetto a C può essere formulata equivalente­ mente dicendo che ogni non teorema di L è falsificabile in modello ba­ sato su una struttura di C. Poiché A non è teorema di L sse -,A è L­ consistente, un modo per mostrare che una logica è completa, consiste nel far vedere che ogni formula L-consistente ha un modello basato su una struttura di C, cioè che è vera in qualche punto di qualche modello basato su una struttura di C.

73

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

E questa sarà la strategia che seguiremo in questo capitolo e lo fare­ mo attraverso una costruzione molto generale che si applica a qualsiasi logica modale normale. La strategia consiste nel costruire per ogni logica L un modello, detto modello canonico per L, che gode delle seguenti due . ' propr1eta: 1. esso è un modello per L, i teoremi di L sono veri in ogni mondo del modello canonico per L; 2. per ogni non-teorema di L esiste un mondo del modello canonico per L in cui è falso. In realtà faremo molto di più perché cercheremo di mostrare con la tecnica del modello canonico che una logica L è fortemente completa ri­ spetto ad una data classe di strutture C, ovvero che per ogni fbf A ed insieme di fbf r, f F c A => r � L A Ciò significa che se A è vera in ciascun punto di ciascun modello basato su una struttura di C che renda vere le formule di r allora A è derivabile in L da r. Equivalentemente

Poiché r lf L A se e soltanto se r u { -,A} è L-consistente (cfr. Definizione 4.2), faremo vedere che ogni insieme L-consistente è vero in un punto del modello canonico per L. Luci ed ombre del modello canonico. Che il modello canonico per L falsifi­ chi tutti i non-teoremi di L è sicuramente una grande virtù del modello canonico, così come che renda vere in un qualche suo mondo tutte le formule di un insieme L-consistente, ma per dimostrare che L è comple­ ta (fortemente completa) rispetto ad una classe C di strutture abbiamo bisogno che i non-teoremi siano falsificati (gli insiemi L-consistenti sia­ no verificati) in modelli basati su strutture di C. E non si dà sempre che il modello canonico sia basato su una struttura di C.

DEFINIZIONE 4.1 Una logica L è detta canonica se la struttura M L lf w B � (ip. ind.) ⇒ B ( Lem. 4.5.6) ⇒ -,B E w.

78

1

W �

4. COMPLETEZZA VIA MODELLO CANONICO

A = B ---+ C . M L F w B ---+ e < > M L lf w B oppure M L F w C B � w oppure C E w B ---+ C E w. L A = []B . M F w [J.8 per ogni t (wRc t ==> M L F t B ) per ogni t ( wRc t ==> B E t ) [J.8 E w . A = B I\ C , A = B v C , A = ◊B Esercizio. □ TEOREMA 4. 1 1

Il modello canonico per L e un modello per L .

Ogni teorema di L appartiene ad ogni insieme L­ Dimostrazione massimale e dunque appartiene ad ogni mondo del modello canonico per L . Per il lemma fondamentale del modello canonico, ogni teorema di L è vero in ogni mondo del modello canonico per L. □ TEOREMA 4.12 Sia f un insieme diformule. Se f e L-consistente, allora ha un modello che e anche un modello per L. Dimostrazione Se r è L-consistente, per il lemma di Lindenbaum esiste una estensione L-massimale w => f. Ma w è per definizione di modello canonico un elemento di W L . Per il lemma fondamentale del modello canonico, M L F w A, per ogni A E w, quindi in particolare per ogni A E r. Che M L sia un modello per L segue dal Teorema 4. 1 1. □ TEOREMA 4. 13 Sia f un insieme di formule L-consistente. Se f lf L A, allora esiste un modello M per L, tale che per qualche w,

Dimostrazione Se r lf L A, allora r u { -.A} è L-consistente, quindi, per il Teorema 4. 12, M L è un modello per L tale che per qualche w, M L F w r e M L F w -.A, dunque M L lf w A. □ 4.3

Completezza via canonicità In questo paragrafo prendiamo in considerazione varie logiche e per ognuna di esse mostriamo che il suo modello canonico è basato su una

79

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

struttura per la logica. Faremo ciò mostrando che tale struttura appartie­ ne alla classe di strutture rispetto alla quale abbiamo dimostrato che la logica è valida. TE OREMA 4. 14

K e completa rispetto alla classe di tutte le strutture.

Dimostrazione

Immediato perché ogni struttura è una struttura per

K.



TE OREMA 4. 1 5

T e completa rispetto alla classe delle strutture riflessive.

TE OREMA 4. 1 6

D e completa rispetto alle strutture seriali.

Dimostrazione Facciamo vedere che la struttura (W T , R e ) è riflessiva, ovvero che per ogni w, wRc w , e dunque che per ogni A , se []A E w allora A E w. Ma ciò è immediato perché r-- KT []A � A , dunque ( DA � A) E w da cui A E w se []A E w, essendo w chiuso sotto MP (cfr. Lemma 4. 5.3). □ Dimostrazione Facciamo vedere che (W 0 , R e ) è seriale, ovvero che per ogni w E 0 esiste un mondo t E 0 tale che wR e t . Cominciamo col mostrare che □- ( w) è O-consistente. Supponiamo per assurdo che non lo sia e dunque che esistano formule D 1 , • • • , D n E □- ( w) tali che:

w

w

Allora (II) (III) (IV)

(v) (VI) (VII)

r-- o DD1 /\ · · · /\ □Dn -+ □1[JD 1 , . . . , DDn E W []Dt /\ . . . /\ []Dn E W □1- E W □1- -+ ◊1- E W ◊1- E W

I, RK /\

Def. □ - ( w ) III, Prop. 4.5.7 II, IV Prop. 4.5.3 Ax. D V, VI, Prop. 4.5.3

contrariamente al fatto che r-- D -.0 l_ e che w sia O-consistente. Dun­ que □- ( w ) è O-consistente e per il lemma di Lindenbaum esiste una estensione O-massimale t. Ma t E W 0 e wR e t per costruzione. □

80

4. COMPLETEZZA VIA MODELLO CANONICO

TEOREMA 4. 17

X eo c mplet a rispet to alle st rut t ure debolment e dense.

Dimost razione Dobbiamo dimostrare che (Wx , R e ) è una struttura debolmente densa, ovvero che per ogni s , t E w x se

sR/ t

allora esiste uno z tale che

sR/ z

e

zR/ t

□- (

Cominciamo col mostrare che s ) u ◊+ ( t ) è X-consistente. Suppo­ niamo che così non sia e dunque che

Allora

r- x ◊ ( T1

Tn ) --+ ( ◊ T1 I\ · · · I\ ◊ Tn ) r-x S1 /\ · · · /\ Sm I\ ◊ ( T1 I\ · · · I\ Tn ) --+ 1r-x S1 /\ · · · /\ Sm --+ -. ◊ ( T1 I\ · · · I\ Tn ) r- x D S 1 /\ · · · /\ □sm --+ □ -. ◊ ( T1 I\ · · · " Tn ) r- x D S 1 /\ · · · /\ □sm --+ □□ -. ( T1 " · · · " Tn )

(II) (III) (IV)

(v) (v I )





I\ · · · I\

teorema di K I, II, taut III, taut IV, RK I\ V, -. ◊ - □ -.

□□-. (

Ma s1 ' . . . , sm E s allora per il Lemma 4.5.3, T1 I\ . . . I\ Tn ) E s ' e per l'assioma X, -. ( T1 I\ . . . I\ Tn ) E s . V isto che s R c t , abbiamo che -. ( T1 I\ . . . I\ Tn ) E t , in contraddizione con l'ipotesi che T1 , . . . , Tn E t . Dunque esiste una estensione X-massimale z di s ) u ◊ + ( t ). Ma z E w x e s R c z e zRc t per costruzione. □



□- (

TEOREMA 4. 1 8

K4 e o c mplet a rispet to alle st rut t ure t ransit ive.

Dimost razione Facciamo vedere che ( W K 4 , R e ) è una struttura tran­ sitiva. Siano s , r, t E W K 4 tali che ( 1 ) s R c r e ( 11 ) r R c t . Vogliamo di­ mostrare che s R e t , ovvero che per ogni A, se []A E s allora A E t . Sia []A E s, allora, per M P con l'assioma 4, ODA E s. Da questo, per (1) segue che []A E r e per ( 11 ) che A E t . □

81

CORSO DI LO GICA MODALE PROPOSIZIONALE

TEOREMA 4. 19

B e completa rispetto alle strutture simmetriche.

Dimostrazione Facciamo vedere che (W 8 , Re ) è una struttura simme­ trica. Sia (I) s R c t . Dobbiamo mostrare che t R c s, ovvero che per ogni A, se A E s allora ◊A E t . Sia A E s, allora □◊A E s grazie all'assioma B. Da (1) segue che ◊A E t e quindi che t R c s. □ TEOREMA 4.20

54 e completa rispetto alle strutture riflessive e transitive.

Dimostrazione

Segue dai Teoremi 4.18 e 4.15.



TEOREMA 4.21 54. 2 e completa rispetto alle strutture riflessive, transitive e debolmente convergenti. Dimostrazione Sarà sufficiente mostrare che (W54 · 2 , Re ) è debolmen­ te convergente, ovvero che per ogni s , t , u se sRc t e sR' u allora esiste un v tale che t Rc v e u R' v FIGURA 4.1

Relazione debolmente convergente

Cominciamo col mostrare che □ - ( t ) u □ - ( u ) è 54. 2-consistente. Supponiamo, per assurdo, che non lo sia e dunque che esistano OA 1 , • . • , □A m E t e [JB1 , • • • , DBn E u tali che: allora A l /\ . . . /\ A m ---+ -, (B 1 /\ . . . /\ Bn ) r 54 _ 2 D (A 1 " . . . " A m ) ---+ □ -, ( B 1 " • • • " Bn ) r 54 _ 2

82

taut RM

4. COMPLETEZZA VIA MODELLO CANONICO

Visto che t è chiuso sotto M P e che D (A 1 abbiamo che:

/\ . . • /\

Am )

E

t (per K ( l ) ) ,

da cui ◊O-, ( B i

A ••• A

Bn ) E s

□◊ -, (Bi A • • • A Bn ) E s

◊ -, ( B i

A ••• A

Bn ) E u

-, □ (Bi A • • • A Bn ) E u

poiché sR e t per Ax. 2 poiché sR' u poiché ◊ --, = -,O

contrariamente al fatto che D(B 1 /\ . . . /\ Bn ) E u . Dunque esiste una esten­ sione 54. 2-massimale v di □ - ( t ) u □ - ( u ) . Ma v E W 54 · 2 e t R c v e u Re v per costruzione. □ TE OREMA 4.22

mente connesse.

K4. 3 e completa rispetto alle strutture transitive e debol-

Dimostrazione Dimostriamo che la struttura ML Fv B)

LEMMA 6.7 La relazione "' r e una relazione di equivalenza. Dimostrazione Esercizio. DEFINIZIONE 6.8 (f-classe di equivalenza) Indicheremo con l w lr per brevità) la classe di equivalenza di w rispetto a "' r , ovvero:

lwl

□ (lwI

= { v E W L : w "'r v }

DEFINIZIONE 6.9 (Modelli filtrati) Dato un modello canonico L L e c M ( W , R , I ), chiamiamo modello filtrato un modello M r = (Wr , Rr , I r ) definito come segue: 98

6. MODELLI FINITI E DECIDIBILITÀ

- wr = { l w l : w E W L }

- Per ogni p E r e per ogni

l w l E wr pEw

r E i w (p ) l l

- Rr soddisfa le due seguenti condizioni: (F1) Per ogni I s I , I t I E wr

sR c t (F2) Per ogni ls I, I t I E w r : I s I Rr I t I



r ls lR l t l

per ogni []8 E r ( M L F s []8 � M L F t B )

Ogni Rr che soddisfi (F l ) e (F2) è detta una [-.filtrazione. (F1) dice quali frecce devono obbligatoriamente essere messe in M r . (F2) , invece, rappresenta il limite massimo di frecce inseribili nel model­ lo filtrato. Difatti in M r non possiamo aggiungere frecce da un mondo I s I a un mondo I t I se nel modello originario M L esiste una fbf B, tale che M L F s □B e M L lf t B. Ne segue che una f-filtrazione non è unica: si devono inserire le frecce richieste da (F 1) e se ne possono aggiungere al­ tre purché la condizione (F2) sia soddisfatta. Questo è il punto delicato di questa procedura perché a seconda delle frecce inserite, ovvero della [-filtrazione scelta, si ottiene o meno un modello per la logica L. Ecco due filtrazioni notevoli, dette rispettivamente minima e massima. DEFINIZIONE 6. 10 (Minima filtrazione) definita:

La minima filtrazione è così

Dobbiamo dimostrare che Rr è una [-.filtrazione. (F 1) Sia s R e t. Allora I s I Rr I t I segue immediatamente ponendo s ' = s e t' = t. (F2) Sia ls IRr I t I- Allora per la definizione di minima filtrazione :Js' E ls I :J t' E I t I ( s 'Rc t '). Quindi per ogni []8 E r ([]8 E s ' ⇒ B E t'). Poiché s � r s' e t � r t ', per ogni []8 E r ([]8 E s ⇒ B E t ) . DEFINIZIONE 6. 1 1 (Massima filtrazione) definita: r ls lR l t l

< >

La massimafiltrazione è così

per ogni []8 E f (M L F 5 []8 � M L t== t B )

99

CORSO DI LO GICA MODALE PROPOSIZIONALE

Anche in questo caso dimostriamo che Rr è una [-filtrazione. Innan­ zitutto (F2) coincide con ==>. Quanto a (F l ), sia sRc t. Allora per ogni [J.8 E r ([J.8 E s ==> B E t ) . Da questo segue che 1 s I Rr I t I per il verso R è un ordine dualmente ben fondato. Dimostrazione ( � ) Supponiamo per assurdo che F sia un ordine dualmente ben fondato e che F lf W. Questo significa che esiste un F-modello M ed un

1 . In letteratura tale logica è spesso chiamata G L o anche logica di Godei-Lob.

105

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

mondo w tale che:

M tf w □ ( DB ---+ B ) ---+ 0B M F w D ( OB ---+ B ) M tf w DB 3 v ( wRv I\ M lf v B )

(1 ) (2 ) (3) (4)

(da 1 ) (da 1 ) (da 3)

Sia v il mondo la cui esistenza è asserita in (4). Si consideri il seguente insieme X = { x E W : � n E N ( wR n x ) I\ M lf x B } . X non è vuoto, infatti w, v E X (poiché wR0 w e wR 1 v, rispettivamente). Dato che F è un ordine dualmente ben fondato, l'insieme X deve avere un elemento massimale; sia esso w* e sia wR k w*, k E N. Allora (5) M lf w • B (6) M F�- • []B ---+ B (7) M tf w • 0B (8 ) 3z ( w * Rz I\ M lf 2 B )

(poiché w * E X )

(da 2 poiché wRk w * e R è transitiva ) (da 5 e 6) (da 7) k k+ 1 Da wR w* e w*Rz, segue che wR z. Allora z E X, ma questo è in contraddizione con l'ipotesi che w* fosse elemento massimale di X. Dunque F F W. ( ==>) Dobbiamo mostrare che se F F W allora F è 1. priva di R-catene infinite ascendenti; . . 2. trans1t1va; 3. irriflessiva.

1. Facciamo vedere che F e priva di R-catene infinite ascendenti. Proce­ diamo per assurdo. Sia X una R-catena infinita ascendente e sia w E X. Consideriamo il seguente modello in cui: I ( p ) = {z E W : z � X } ovvero Poiché w E X e X è infinito allora esiste un v E X, tale che wRv. Per definizione di I, M lf v p, da cui

M lf w □P M tf w □ ( □p ---+ p ) 3 x ( wR x I\ M F x Op

I\

M tf x p ) 106

poiché W è valida su F

7. KW: LA L O GICA DELLA DIMOSTRABILITÀ

Dal fatto che M lf x p si ha che x E X . Essendo X una successione in­ finita crescente, deve esistere un y E X tale che x Ry . Per definizione di I( p ), M !f y p . Questo è in contraddizione col fatto che M t== x □p . Dunque F è priva di R-catene infinite ascendenti. 2. Facciamo vedere che F e transitiva. Sia data una struttura F tale che F t== W. Fissato w, definiamo un F-modello M = (W , R, I) in cui I ( p ) = { x E W : per ogni y ( x R *y ==> wRy ) } Questo equivale a porre: (t )

M F x p per ogni y ( x R *y ==> wRy )

Iniziamo col far vedere che

M t== w □ ( □p --+ p )

(tt)

Se così non fosse, per qualche mondo v avremmo (1 ) (2 ) (3 )

lf v □p --+ p M t== v □P e M lf v p wRv e M

(da 1) (da 2)

p er o g ni t ( vRt solo se M t== t p )

Per definizione di I(p) dal fatto che M lf v p (cfr. (2) ) segue che esiste un mondo, che chiameremo s , tale che : (4 )

Mostriamo per induzione su n che ciò porta a contraddizione: - n = O. Allora, vRO s e quindi (per Definizione 1. 12) v = s . Da questo e da ( 1 ) otteniamo che wRs . Ma questo è in contraddizione con (4) . - n Allora v n m + l s e quindi per qualche X , m + l. v Rx e x R m s . Ma vRx implica, per (2 ) , che M t== x p e dunque per ( t ) che per ogni y ( x R*y solo se w Ry ) . Poiché x R m s implica x R* s , segue che w Rs , in contraddizione con (4 ) . Dunque non esiste un n E N che soddisfi ( 4 ). ( t t ) risulta così dimostrato. Possiamo procedere sapendo che:

(1)

M t== w □(□p � p ) 107

(tt )

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Allora

( 2 ) M F w □P

per MP con W (da 2) ( 3 ) per ogni x (wRx ⇒ M F x P ) ( 4 ) per ogni x (wRx ⇒ 't/y (xR* y ⇒ wRy ) ) (da 3 , per (t) ) ( 5 ) per ogni x e y (wRx I\ xRy ⇒ wRy ) Ma ( 5 ) ci dice che F è transitiva . 3. Ora mostriamo che lo schema W è falso su ogni struttura che con­ tenga un mondo riflessivo. Sia F una tale struttura e w* un tale mondo . Si definisca una interpretazione I tale che: I ( p ) = { v : v # w* }

Si vede facilmente che M

�w*

□ ( □p � p ) � □p.



Dal Teorema 7.2 segue che: KW e valida rispetto alle strutture irriflessive, transitive e prive di R-catene infinite ascendenti. In particolare KW e valida rispetto alla classe degli ordini parziali strettifiniti. TE OREMA 7.3

TE OREMA 7.4

r- Kw [JB �

□DB

Dimostrazione2

(I ) (II ) (II I) (IV)

(v ) (VI) (VII)

r- Kw B -+ ( ( 08 " □08) -+ (B " 08) ) r- Kw B -+ ( □ (B " 08) -+ (B " 08) ) r- Kw 08 -+ □ ( □ ( B " 08) -+ (B " 08) ) r- Kw □ ( □ (B " 08) -+ (B " 08) ) -+ □ (B " 08) r- Kw 08 -+ □ (B " 08) r- Kw 08 -+ 08 " D08 r- KW 08 -+ [IJB

taut I , K ( l ) , taut

RM

Ax . W III, IV' taut V, K ( l ) , taut VI, taut



Altri teoremi di KW :

( ( DA �A) " □ ( DA�A)) �A

◊ T� -. □◊ T

2. Questa dimostrazione è divenuta standard e si può trovare in Hughes, Cresswell ( 1984, p. 1 O 1 ) . Che ogni struttura per W sia transitiva segue banalmente dal fatto che lo schema 4 è teorema di KW.

1 08

7. KW: LA L O GICA DELLA DIMOSTRABILITÀ

◊ T � ◊D1D1- � ◊ T



Non sono teoremi di KW :

04 � A, ◊ T , -. □1- , D ◊ T

7. 1 Completezza di KW La dimostrazione del teorema di completezza che qui presentiamo è a nostra conoscenza la più semplice presente nella letteratura e si trova in Cresswell ( 1983) . Sia A una formula data. Poniamo Sf' (A) = {B : B è sottoformula di A } u { -.B : B è sottoformula di A } . DEFINIZIONE 7.5 (A-modello canonico per KW) Un A-modello w canonico per KW è una tripla M : = R, 'L) così definita: - W è la classe dei sottoinsiemi di Sf' (A) che sono KW-consistenti e massimali rispetto all'insieme Sf' (A) , ovvero per ogni formula B E Sf' (A) , B è elemento dell'insieme o -. B è elemento dell'insieme; - R è una relazione binaria tale che wRv se e solo se per qualunque formula [J.8 E w si ha B E v e [J.8 E v, e inoltre esiste una fbf C tale che OC � w e OC E v; - I è tale che I (p ) = { w E W : p E w } .

B, f ⇒ �

Supponiamo che u t== w : A�B e che u t== r. Dobbiamo far vedere che (t)

u F F per qualche F E �

Consideriamo i seguenti due casi: - a t== w : B. (t) segue immediatamente dall'ipotesi di induzione che u t== w : B, f ⇒ �; - a lf w : B . Dunque u lf w : A poiché abbiamo supposto che u t== w : A�B . Allora ( t ) segue dall'ipotesi di induzione che a F r ⇒ �, w : A. 2. Supponiamo che Reg sia la seguente istanza di R

r

w : A , ⇒ � , w : B R� -------

r ⇒ �, w : A

--i>

�=

B

Supponiamo che u t== f; dobbiamo far vedere che

(tt)

u F F per qualche F E � oppure u F w : A --i> B

163

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Consideriamo i seguenti due casi: - a t== w : A. Allora dall'ipotesi di induzione, vale ( tt ) oppure a t== w : B , ma da a t== w : B segue che a t== w : A ---+ B. Quindi a F r ⇒ �, w : A ---+ B. - a lf w : A. Allora a F w : A ---+ B. Quindi a t== r ⇒ �, w : A ---+ B. 3. Supponiamo che Reg sia la seguente istanza di LO: V

: A, w Rv, w : [JA, r ⇒ � w Rv, w : [JA, f ⇒ �

--------- L



Se a F w Rv e a t== w : 04, allora a F v : A. Quindi dal fatto che a t== w R v, w : 04, r e dall'ipotesi di induzione segue che a F F, per qualche F E �4. Supponiamo che Reg sia la seguente istanza di RD: w Ru , f ⇒ �, u : A ------ R f ⇒ �, w : []A



ove u non occorre in r ⇒ �, w : 04 . Sia M = (W, R, I ) e sia a una M-realizzazione tale che a F r. Se a F F per qualche F E �, allora a F r ⇒ �, w : 04 ed il lemma è dimostrato. Supponiamo dunque che ciò non sia, ovvero che

(:f:) Due sono i casi: - Esiste t E W tale che a (w )Rt. Si consideri una M-realizzazione a' che si comporta come a per ogni etichetta diversa da u e tale che a' ( u ) = t. Allora a' t== w R u e a' t== r. Per ipotesi di induzione a ' t== F per qualche F E � oppure a ' t== u : A. Ma per la supposizione fatta, ( t), non vale che a' t== F per qualche F E �' quindi a' F u : A. Essendo a' ( u ) un generico elemento di W tale che a ( w ) Ra' ( u ) , segue che a F w : 04 . - Non esiste t E W tale che a ( w ) Rt. Banalmente a F w : 04. Passiamo ora a mostrare che le regole non-logiche preservano la va­ lidità sui modelli basati sulle strutture appropriate. Consideriamo solo alcuni casi e lasciamo gli altri come esercizio. 5. Supponiamo che Reg sia la seguente istanza della regola universale Trans: w Ru, w Rv, v Ru, f ⇒ � --------- Trans w Rv, v Ru, f ⇒ � 164

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

Sia M un modello basato su una struttura transitiva e sia u una M­ realizzazione che verifica tutte le formule in w Rv, v Ru , f. In partico­ lare abbiamo che u ( w ) Ru ( v) e u ( v) Ru ( u ) . Essendo R una relazio­ ne di accessibilità transitiva, abbiamo che u ( w ) Ru ( u ) e, dunque, u t== w R u . Grazie all'ipotesi di induzione possiamo concludere che u verifica qualche formula in Ll. 6. Supponiamo che Reg sia la seguente istanza della regola esisitenziale ConvDeb: v Rw', u Rw', w Rv, w Ru , f ⇒ Lì ------------ C o n vDe b w Rv, w Ru , r ⇒ Lì ove w' non occorre in w Rv, wR u , f � Ll. Sia M un modello basato su una struttura debolmente convergente e sia u una M -realizzazione che realizza tutte le formule in w Rv, v R u , f. Dato che R è debolmente convergente e dato che u ( w ) Ru ( v) e u ( w ) Ru ( u ) , abbiamo che esiste un s E W tale che u ( v) Rs e u ( u ) Rs . Sia u' una M -realizzazione definita come u salvo che u' ( w' ) = s . Dall'ipotesi induttiva segue che u ' verifica qualche formula in Ll e, dato che u' e u coincidono per le etichette che occorrono in w Rv, v R u , r, Ll, □ lo stesso vale per u . 9.5.2. COMPLETEZZA

Passiamo ora a dimostrare la completezza di G 3. L, ovvero che Se un sequente è valido sulla classe delle strutture per L allora esso è derivabile in G3. L.

Dimostreremo il teorema per contrapposizione, ovvero dimostreremo che è possibile definire una procedura tale che se il sequente in questione non è derivabile nel calcolo G3. L, allora permette di costruire un modello basato su una struttura per L che falsifica tale sequente. La dimostrazione si articolerà nei seguenti passaggi: 1 . definiremo quando un tentativo di costruzione di un albero di deri­ vazione per un sequente contenga un ramo saturo rispetto alle regole di G3. L (ovvero un ramo la cui foglia non è un sequente iniziale e nel quale ogni istanza applicabile di una regola di G3. L è stata applicata); 2. definiremo una procedura che permetta di ottenere una derivazione o un ramo saturo per un arbitrario sequente nel calcolo G3. L; 3. definiremo un modello relazionale a partire da un ramo saturo;

1 65

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

4. faremo vedere che tale modello falsifica il sequente alla radice dell'albero; S. infine, faremo vedere che tale modello è basato su una struttura per L. (Ramo L-saturo) Un ramo di un albero di sequenti etichettati è L-saturo se è tale che, se r e il sono rispettivamente l'unione di tutte le formule occorrenti nei suoi antecedenti e nei suoi succedenti (e w, v sono delle arbitrarie etichette), 1. nessuna formula etichettata atomica w : p occorre sia in r che in il, w : 1- non occorre in r e w Rv non occorre in r se la regola Cieca appartiene a G3. L; 2. se w : A ---► B occorre in r allora w : A E il oppure w : B E f; 3. se w : A ---► B occorre in il allora w : A E r e w : B E il ; 4. se w : []A e w Rv occorrono in r allora anche v : A occorre in f; S. se w : []A occorre in il allora, per qualche u , wR u E r e u : A E il ; R j se R j è una regola non-logica di G3. L e le formule principali di una sua istanza occorrono in r, allora anche le sue formule attive occorrono in r4 . DEFINIZIONE 9.1 1

(Costruzione di un L-albero ) Un L-albero per un sequente r ⇒ � è definito dalla seguente procedura induttiva: Passo O. Costruiamo l'albero costituito da un solo nodo a cui è associato r ⇒ �. Passo n + 1. Abbiamo tre casi: Caso 1 : se la foglia di ciascun ramo dell'albero costruito al passo n è un sequente iniziale o un'istanza della regola O-aria Cieca e tale regola appartiene a G3. L, allora la costruzione finisce e il sequente è derivabile; altrimenti Caso 2: se a nessuna foglia dell'albero generato al passo n è applicabi­ le qualche regola del calcolo G3. L, allora la costruzione finisce e l'albero contiene un ramo finito e L-saturo; altrimenti Caso 3: costruiamo l'albero del passo n + 1 applicando ad ogni foglia che non soddisfa le condizioni dei casi 1 e 2 ogni istanza applicabile di ciascuna regola del calcolo G3. L. Se G3. L contiene k regole non-logiche non O-arie, applichiamo a ciascun ramo estendibile la seguente proceduDEFINIZIONE 9.12

4. Per almeno una etichetta w' nel caso delle regole esistenziali. Inoltre, per le regole Rife Ser è sufficiente che w Rw e w Rw' occorrano per ciascuna etichetta w che occorre nel ramo.

1 66

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

ra di 4 + k passi che, a ciascun passo, estende il ramo in esame applicando in parallelo ogni istanza applicabile della regola associata a tale passo. 1. Consideriamo tutte le istanze applicabili di L �. Supponiamo che la foglia abbia la forma:

dove r non contiene alcuna formula etichettata implicativa. In questo caso aggiungiamo i seguenti 2 n nodi (distinti) al di sopra di tale foglia: wi 1 : Bi 1 , . . . , w im : Bi m f ⇒ �, w1-m + l : A 1-m - 1 , • • • , w1-n : A 1-n

dove i 1 , • • • i m E { 1 , . . . , n } e fm + t , · · · ln E { 1 , . . . , n } - { i 1 , . . • , i m }. Si noti che questo è equivalente ad applicare in successione le n istanze della regola L � che sono applicabili alla foglia in questione. 2. Consideriamo tutte le istanze applicabili di R �. Supponiamo la foglia abbia la forma:

dove � non contiene alcuna formula implicativa. Aggiungiamo il seguente nodo al di sopra di tale foglia: Consideria­ 3. Consideriamo tutte le istanze applicabili di L mo ciascuna coppia di formule w i : []A e w i Rwj che occorrono nell'antecedente della foglia e aggiungiamo al di sopra di tale foglia una copia di essa contenente anche le formule wj : Bi . 4. Consideriamo tutte le istanze applicabili di R Assumiamo la foglia abbia la forma:

□.

□.

□.

e in � non occorra alcuna formula il cui operatore principale sia Con­ sideriamo le etichette nuove w� , . . . , w� e aggiungiamo il seguente nodo al di sopra di tale foglia:

167

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

5. Sia R k una regola non-logica (diversa da Cieca) del calcolo G3. L. Allora applichiamo alla foglia in questione ogni istanza applicabile di tale regola. Nel caso delle regole Rif e Ser aggiungiamo, rispettivamen­ te, wi Rwi e wi Rw; per ogni etichetta wi che occorre nella foglia in questione (ciascuna w; è un'etichetta nuova rispetto al ramo). Si noti che tale procedura potrebbe non terminare in un numero fini­ to di passi. Infatti, se un sequente non è G3. L-derivabile, due casi sono possibili: - Dopo un numero finito m di passi non è più possibile estendere alcun ramo dell'albero dato che a nessuna foglia è applicabile una regola del calcolo G3. L. In questo caso almeno uno dei rami dell'albero è un ramo L-saturo e finito. - A ciascun passo m E N è possibile continuare a estendere l'albero ap­ plicando, dal basso verso l'alto, regole del calcolo G3. L. In questo caso al limite otterremmo un albero che, per il lemma di Konig5 , ha almeno un ' ramo infinito. E immediato vedere che tale ramo è L-saturo. (Modello da un ramo L-saturo) Sia r (Ll) l'unione di tutte le formule occorrenti negli antecedenti (succedenti) dei nodi di un ramo L-saturo. Il modello M = (W, R, I ) è così definito : - W è l'insieme di tutte le etichette che occorrono in r u Ll; - R è la relazione di accessibilità definita da : w Rv se e solo se wRv E f; - I è l'interpretazione definita da : w E I (p) se e solo se w : p E r. DEFINIZIONE 9. 1 3

LEMMA 9 . 14 Siano r, Ll e M come in Definizione 9. 13, allora: 1. Se w : A e in f, abbiamo che M t== w A; 2. Se w : A e in a, abbiamo che M � U) A.

Dimostrazione La dimostrazione (simultanea per le due proprietà) è per induzione sulla lunghezza della formula etichettata w : A. Se lg ( w : A) = O, allora A è un atomo oppure _l . Nel primo caso entrambe le proprietà valgono per costruzione di I e, grazie alla clausola di saturazione 9 . 1 1 . 1, siamo certi che w : A non possa essere sia in r

5. Il lemma di Konig stabilisce che se un albero ha un numero infinito di nodi e ciascun nodo ha un numero finito di nodi immediatamente sopra esso, allora l'albero contiene un ramo infinito.

168

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

che in !::a. Nel secondo caso, invece, abbiamo che la prima proprietà è vacuamente soddisfatta dato che, sempre grazie a 9. 1 1. 1, l'antecedente è sempre falso; la seconda proprietà è soddisfatta dato che 1- è falso in ciascun punto di ciascun modello. Se lg ( w : A) = n + 1 ragioniamo sull'operatore principale di A. Sup­ poniamo che A sia B ---+ C. Se w : A E f, allora, per la clausola di sa­ turazione 9 . 1 1.2, sappiamo che w : B E !::a o w : C E f. Per ipotesi di induzione otteniamo che M lf w B oppure M t= w C. In entrambi i casi possiamo concludere che M t= w B ---+ C. Se A E !::a, allora dalla clausola 9 . 1 1.3 otteniamo che w : B E f e w : e E a. Per ipotesi d'induzione da questo segue che M t= w B e M lf w C. Perciò possiamo concludere che M lf w B ---+ C. Consideriamo ora il caso in cui A sia [JB e w : [JB E r. Per definizione di R abbiamo che, per ciascuna etichetta v, wRv implica che wRv E f. Da questo, per 9. 1 1.4, otteniamo che v : B E f e, per ipotesi di induzione, M t= v B. Possiamo concludere che M t= w [JB dato che B è vera in ogni mondo accessibile a partire da w. Infine se w : [JB E !::a, sappiamo, per 9. 1 1.5, che per almeno un'etichetta u abbiamo allo stesso tempo che wRu E r e u : B E a. Dal secondo fatto per induzione otteniamo che M lf u B e, dal primo, otteniamo che wRu . Possiamo perciò concludere che M lf ,w []B. □ TEOREMA 9. 15 ( Completezza) Se un sequente e valido sulla classe delle strutture per L allora esso e derivabile in G3. L. Dimostrazione Sia r ⇒ � un sequente non derivabile in G3. L. Ap­ plicando la procedura di costruzione di un L-albero data in Defini­ zione 9. 12 otteniamo un albero contenente almeno un ramo L-saturo (altrimenti avremmo trovato una G3. L-derivazione di r ⇒ �). Sia M il modello costruito a partire da tale ramo L-saturo e sia a i d la M-realizzazione che mappa ogni etichetta su se stessa. È immediato vedere che a i d t= wRv per ogni atomo relazionale wRv che occorre in r. Inoltre dal Lemma 9. 14 segue che a i d t= w : A vale per tutte le formule in r e per nessuna formula in �- Dunque la M­ realizzazione a i d falsifica il sequente r ⇒ �Questo è sufficiente a dimostrare la completezza per G3. K dato che in questo caso M può essere basato su una struttura arbitraria. Negli altri casi, per poter concludere che il sequente r ⇒ � non sia L-valido, dobbiamo mostrare che M è basato su una L-struttura. Ma questo segue 169

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

immediatamente dalla saturazione sotto le regole non-logiche di G3.L ( 9 .1 1.5 k ) . Ad esempio, se consideriamo il calcolo G3.K4, dobbiamo far vede­ re che M è basato su una struttura transitiva. Siano w, v, u tre generici mondi di tale modello tali che wRv e vRu . Per definizione di R sap­ piamo che gli atomi relazionali wRv e v R u occorrono in f e, dunque, a partire dal j-esimo passo della costruzione dell' L-albero, occorreran­ no nell'antecedente di qualche nodo del ramo L-saturo. Per la proprietà di saturazione 9. 1 1 . S T ra ns sappiamo che al passo j + 1 della costruzione dell'albero abbiamo aggiunto nell'antecedente del ramo in esame l'atomo relazionale w R u e, dunque, per definizione di R, sappiamo che wRu . Possiamo così concludere che M è basato su una struttura transitiva. Se, invece G3. L contiene la regola O-aria Cieca, abbiamo che, se valesse wRv per qualche coppia di mondi, avremmo che wRv E f. Ma questo sarebbe in contraddizione con la proprietà di saturazione 9 .1 1.1. Per tutti gli altri calcoli si procede in modo analogo a quanto fatto per G3.K4. □

9.6 Proprietà strutturali Faremo ora vedere che le regole strutturali di indebolimento, contrazione, e cesura sono ammissibili in G3.L e che tutte le regole di tale calcolo sono invertibili. Per brevità, considereremo il frammento del linguaggio .C� contenente i soli operatori _l,�, e I rimanenti casi sono lasciati al lettore come esercizio.

□.

LEMMA 9. 16 (Indebolimento) pp-ammissibili in G3.L: f⇒� w Rv, f ⇒ �

LW

Le seguenti regole di indebolimento sono

f⇒� w : A, f ⇒ �

LW

f⇒� f ⇒ �, w : A

RW

Dimostrazione La dimostrazione è per induzione sulla profondità del­ la derivazione V della premessa r ==> �- Se h (V) = O, allora r ==> � è un sequente iniziale o una conclusione della regola O-aria Cieca, e lo stesso vale per il sequente ottenuto a partire da f ==> � applicando una delle tre regole di indebolimento. 170

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

Se h (V) = n + 1, allora assumiamo per induzione (I.I.) che le tre rego­ le siano ammissibili per derivazioni di profondità al più n e ragioniamo per casi a seconda dell'ultima regola Reg applicata in V. Se Reg è L �, allora V è: r' ⇒ �, v : B v : e, r' ⇒ � L -+ v : B � C, f' ⇒ � In questo caso è sufficiente applicare l'ipotesi induttiva alle premes­ se e poi un'istanza di L � per ottenere la conclusione della regola di indebolimento in esame. Ad esempio per RW abbiamo:

r' ⇒ �, v : B

v : e, r' ⇒ � I. I. ' v : e, r' ⇒ �, w :A r--------------⇒ �, w : A, v : B v : B � e, r' ⇒ �, w : A

I.I.

L -+

Per le regole R � e LO possiamo procedere come per L � applicando l'ipotesi induttiva alle derivazioni della premessa e poi un'istanza della regola che stiamo considerando. Se l'ultima regola applicata in V è un'istanza di R D, abbiamo: v Ru , f ⇒ �', u : B □ r ⇒ �', v : []8

------- R

In questo caso la formula introdotta per indebolimento potrebbe con­ tenere l'etichetta u che non può occorrere nella conclusione dell'istanza di R D che stiamo considerando. Per evitare questo problema prima di applicare l'ipotesi di induzione dobbiamo applicare alla premessa di R D un'istanza della regola di sostituzione di etichette, pp-ammissibile gra­ zie al Lemma 9.8, per rimpiazzare u con una etichetta nuova u ' che sia diversa da ogni etichetta occorrente nella formula introdotta via indebo­ limento. Tale sostituzione non ha effetto su r, �, né su v dato che u non occorre in f ==> tl.', v : []8 . A questo punto possiamo procedere come negli altri casi applicando l'ipotesi di induzione seguita da un'istanza di ' R E importante notare che tale istanza di RD è sicuramente applicabile dato che abbiamo rinominato l'etichetta u con un'etichetta che non occorre nel sequente ottenibile via ipotesi di induzione. Ricapitolando, nel caso di RW trasformiamo V nella seguente derivazione:

□.

v Ru , f ⇒ �', u : B [u '/u ] v Ru ', f ⇒ �', u' : B I. I . I I I v Ru , f ⇒ � , w : A, u : B ---------- R □ r ⇒ �', w : A, v : OB

17 1

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Se l'ultima regola Reg applicata in V è un'istanza di una regola non-logica universale (esistenziale, rispettivamente) di G3. L, allora procediamo co­ me per L --+ (R □ ) applicando (una rinomina delle eigenvariable della re­ gola esistenziale Reg seguita da) l'ipotesi di induzione e un'istanza della regola Reg. □ COROLLARIO 9. 17 La regola di necessitazione e ammissibile in G3. L, ovvero G3. L r-- ==> w : A

implica G3. L r-- ==> w : DA

come mostrato dalla derivazione seguente: ==> w : A [V W J 1 ==> V : A LW w Rv ==> v : A R□ ==> w : DA

LEMMA 9.18 Tutte le regole di G3. L sono invertibili preservando la profondita della derivazione, ovvero: 1. Se G 3. L � n w : A --+ B , f ⇒ Ll, allora G3. L � n f ⇒ Ll, w : A e G3. L � n w : B , f ⇒ Ll 2. Se G3. L � n r ⇒ Ll, w : A --+ B, allora G3. L � n w : A, f ⇒ Ll, w : B 3. Se G3. L � n w : [JA, wR u , [ ⇒ Ll, allora G3. L � n u : A, w : []A, wRu , r ⇒ Ll 4. Se G3. L � n r ⇒ Ll, w : [JA, allora G3. L � n wR u , f ⇒ Ll, u : A f' ⇒ Ll' 5. Se G3. L � n r ⇒ Ll ed esiste un 'istanza cosifatta r ⇒ Ll di una regola non-logica di G3. L , allora G3. L � n [' ⇒ Ll'. Analogamente per una regola a piu premesse. Dimostrazione Per ciascun caso la dimostrazione è per induzione sulla profondità della derivazione V della premessa. I casi 3 e 5, ovvero i casi di LO e delle regole non-logiche seguono immediatamente dal Lemma 9. 16 di pp-ammissibilità delle regole di indebolimento dato che tutte le formule che occorrono nella conclusione di un'istanza di tali regole sono ripetute nella/e sua/e premessa/e (la regole Cieca è invertibile in senso lato dato che non ha premessa). Consideriamo ora il caso 4, ovvero la regola R □. Il caso in cui il se­ quente r ⇒ Ll, w : D ha una derivazione di profondità O vale dato che

172

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

sia la premessa che la conclusione dell'istanza di R □ in questione so­ no sequenti iniziali. Questo dipende dal fatto che la formula principa­ le di un sequente iniziale è atomica e dunque non può essere modificata invertendo la regola. Supponiamo, allora, che la profondità della derivazione di r ⇒ �, w : 04 sia n + 1 . Se w : 04 è la formula principale dell'ultimo passo via Reg in V, allora abbiamo già una derivazione di altezza n di w Rv, [ ⇒ �, v : A, per un qualche v diverso da w che non occor­ re in r, �- Possiamo applicare il Lemma 9 .8 per sostituire v con u e abbiamo finito. Se, invece, w : 04 non è principale in Reg, allora Reg è una qualche regola a una o due premesse, r' ⇒ �', w : 04 e f" ⇒ �", 04. Appli­ chiamo l'ipotesi di induzione alle derivazioni di tali sequenti e otteniamo w Rv, r' ⇒ �', V : A e wRv, r" ⇒ �", V : A, dove V è un'etichetta com­ patibile con eventuali condizioni sulle variabili di Reg. A questo punto possiamo applicare un'istanza di Reg per ottenere una derivazione di al­ tezza n + 1 di w Rv, [ ⇒ �, v : A e concludere utilizzando il Lemma 9 .8 • • per sost1tu1re v con u . L'invertibilità delle regole per l'implicazione si dimostra in modo analogo al caso di R D, ma senza bisogno di ricorrere al lemma di . . sost1tuz1one. □ (Contrazione) am1nissibili in G3.L: TE OREMA 9. 19

Le seguenti regole di contrazione sono pp­

w Rv, w Rv, f => � w : A, w : A, f => � f => �, w : A, w : A L ------ L C -----C ------- R C w Rv, f => � w : A, f => � f => �, w : A

Dimostrazione La dimostrazione, simultanea per le tre regole di con­ trazione, è per induzione sulla profondità della derivazione V della premessa. Se h ( V ) = O, sia la premessa che la conclusione di ciascuna regola di contrazione sono sequenti iniziali o conclusioni della regola O-aria Cieca. Se h ( V ) = n + 1, assumiamo il teorema valga per le derivazioni di profondità al più n e consideriamo tre casi esaustivi: 1. nessuna, oppure 2. una, oppure 3. entrambe le istanze della formula che vogliamo contrarre sono principali nell'ultimo passo Reg applicato in V.

173

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Nel caso ( 1 ) possiamo semplicemente applicare l'ipotesi di induzio­ ne alla premessa di Reg e poi un'istanza di Reg per ottenere il seguente contratto. Nel caso (2) abbiamo casi a seconda dell'ultima regola applicata in V. Ad esempio, se tale regola è R �, la derivazione V è: w : A, r ==> �, w : A -+ B, w : B � ----------r ==> �, w : A -+ B , w : A -+ B R

Grazie all'invertibilità di R �, Lemma 9.18.2, dalla premessa otteniamo che G3. L r- n w : A, w : A, r ==> �, w : B, w : B A questo punto possiamo applicare l'ipotesi induttiva sulle regole LC e RC a tale seguente per ottenere G3. L

r-

n

w : A, f ==> �, w : B

e possiamo concludere G3. L r-- n + t

r ==> �, w : A -+ B

applicando un'istanza di R �. Infine, nel caso (3) entrambe le occorrenze della formula che voglia­ mo contrarre sono principali. In questo caso Reg è per forza una regola non-logica tra Trans, Euclid, ConvDeb dato che queste sono le uniche regole che possono avere due occorrenze principali della stessa formu­ la. Nel caso Reg sia un'istanza di Euclid o di ConvDeb, possiamo appli­ care l'ipotesi di induzione alla derivazione della premessa e poi conclu­ dere applicando un'istanza della regola Reg' al posto dell'ultima regola Reg applicata nella derivazione originale6 . Ad esempio, se Reg è Euclid, abbiamo la seguente derivazione v Rv, w Rv, w Rv, r ==> � --------w Rv, w Rv, [ ==> �

Euclid

6. In letteratura Reg' è chiamata istanza contratta di Reg proprio perché serve a dimostrare l'ammissibilità della contrazione rispetto a tale regola, cfr. Negri, von Plato (20 1 1 ).

174

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

che viene trasformata in: v Rv, w Rv, w Rv, [ ⇒ � 1.1 . [ ⇒ � v Rv, w Rv, E u c l id' A W RV , r ⇒ u Nel caso di Trans, invece, possiamo mostrare la pp-ammissibilità della regola di contrazione applicando due volte l'ipotesi di induzione alla premessa di tale regola, ovvero trasformiamo w Rw, w Rw, w Rw, f ⇒ � ---------w Rw, w Rw, f ⇒ �

Tra n s

1n

w Rw, w Rw, w Rw, r ⇒ � w Rw, w Rw, r ⇒ � I.I. A ⇒ u W R w, r



Perciò la regola Trans' non è necessaria. TEOREMA 9.20 (Cesura) G3. L:

1.1.

La seguente regola di cesura e ammissibile in

r ⇒ �, w : A w : A, II ⇒ I: r, II ⇒ �, I:

Cut

Dimostrazione Consideriamo un'istanza di cesura il cui sottoalbero di derivazione non contenga altre istanze di cesura e mostriamo che tale istanza di cesura è ammissibile. Questo è sufficiente per concludere che ogni istanza di tale regola è ammissibile. Procediamo per induzione sulla lunghezza della formula di cesura w : A con una induzione secondaria sulla somma della profondità delle derivazioni delle due premesse della cesura (profondità della cesura). La dimostrazione è organizzata in 5 casi esaustivi: 1. la premessa sinistra della cesura ha una derivazione di altezza O; 2. la premessa destra della cesura ha una derivazione di altezza O; 3. la formula di cesura non è principale nell'ultimo passo della deriva­ zione della premessa sinistra; 4. la formula di cesura non è principale unicamente nell'ultimo passo della derivazione della premessa destra; 5. la formula di cesura è principale in entrambe gli ultimi passi. Si noti che la formula di cesura non può essere un atomo relazionale in quanto questi non occorrono mai a destra del simbolo ⇒ e che le regole non-logiche sono escluse dagli ultimi due casi dato che esse non hanno mai formule principali occorrenti a destra del simbolo ⇒.

175

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Nel caso (1), la premessa sinistra è un'istanza della regola O-aria Cieca, oppure è un sequente iniziale della forma v : _l, r' ⇒ �, w : A, o della forma v : p , [' ⇒ �', v : p e abbiamo due sottocasi: o la formula di cesu­ ra w : A coincide con v : p (e �, coincide con �), oppure essa è in �'. Nel primo sottocaso la conclusione dell'istanza di cesura è v : p , II, r ⇒ �, I: ed è possibile ottenerla (senza usare la regola di cesura) a partire dalla pre­ messa destra applicando le regole di indebolimento. Nel secondo sotto­ caso la conclusione della cesura è v : p , II, r ⇒ �, I:, v : p e ha una deri­ vazione senza cesura dato che è un sequente iniziale. Possiamo procedere analogamente a questo secondo sottocaso quando la premessa sinistra è un'istanza della regola O-aria Cieca, o della forma v : _l, r' ⇒ �, w : A. Nel caso (2) procediamo in modo simile al caso ( 1 ) . Nel caso (3) ragioniamo a seconda di quale sia l'ultima regola applicata nella derivazione della premessa sinistra. Se essa è L ---► abbiamo:

r'

e, r' ⇒ t1, w :

⇒ t1, w : A, v : B v : A --------------- L�

v : B � e, r' ⇒ t1, w : A w : A, IT ⇒ I: v : B � e, r', rr ⇒ t1, 1:

Cu t

Possiamo trasformare tale derivazione permutando la cesura con l'istanza di L ---► • In questo modo otteniamo una derivazione in cui abbiamo due istanze di cesura che sono ammissibili avendo una profondità della cesura inferiore: [' ==> tl., w : A, V : B w : A, II ==> L v : e, r' ==> tl., w : A w : A, II ==> :E ----------- C u t ------------ C u t v : c , r', II ==> tl., :E r', II ==> tl., :E, v : B -------------------- L � v : B ---... e , r', II ==> tl., :E

,

Se l'ultima regola è R ---►, L □ o una regola non-logica universale pos­ siamo procedere in modo analogo al caso di L ---► • In tutti questi casi, infatti, permutando la cesura con l'ultima regola, otteniamo una deriva­ zione con una cesura di minore profondità che è ammissibile per ipotesi di induzione. Se l'ultima regola è R D , allora abbiamo:

r ⇒ t1',

v R u, w : A, u : B R ---------



w : A, rr ⇒ I: AI r, II ⇒ u , L, V : []B

r ⇒ t1', w : A, v : DB

Cut

In questo caso prima di permutare la cesura con R □ dobbiamo sostituire l'etichetta u con una etichetta u ' che non occorre né in r ⇒ �,, w : A, v : 176

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

08 né in II � L. Ovvero trasformiamo la derivazione di partenza nella seguente derivazione: V Ru '

r ==> l:l.'' u : B' w : A

---------- [u ' / u ]

:A v Ru ' , f ==> l:l.', u ' : w : A, IT ==> I: V R u ' ' r, Il ==> l:l.'' L, u ' : B R□ I r, rr ==> l:l. , I:, v : OB

B, w ------------------ C u t

Si noti che la sostituzione [ u ' / u ] non può avere effetto su r, �', w : A (e neppure su v) dato che u non occorre in tale multinsieme e che essa non aumenta la profondità della derivazione dato che la regola di sostituzione è pp-ammissibile. Procediamo in modo analogo se l'ultima regola è una regola non-logica esistenziale. Nel caso (4) procediamo in modo analogo al caso (3). Infine, nel caso (5) la formula di cesura w : A è principale in entrambe le premesse, dunque essa è o della forma w : B ----. C o della forma w : 08. Nel primo caso abbiamo la seguente derivazione:

r

e r ==> l:l., w : B ---+ e

w : B ' ==> l:l., w : R� -------

e'

II ==> L, w : B w : II ==> L L � -----------

f, II ==> l:l., L

w : B ---+ e ' II ==> L

Cu t

Possiamo trasformare tale derivazione nella seguente derivazione in cui abbiamo due cesure ammissibili su formule di minore lunghezza : II ==> L, w : B w : B' r ==> l:l., w : e Cut w : e ' II ==> L r' II ==> l:l., L, w : e -----------------f, II, II ==> l:l., I:, I: LC, R C r, Il ==> l:l., I:

Cut

Nel secondo caso la formula di cesura è w : 08 e abbiamo la seguente derivazione: w Ru , r ==> l:l., u : B f ==> l:l., w : []8

B, w : []8, w Rv, Il' ==> L L □ I w : []8, w Rv, IT ==> L Cut r, w Rv, Il' ==> l:l., I: R



V :

che possiamo trasformare nella seguente derivazione :

r ==> l:l., w : OB w : []8 , v : B , w Rv, IT' ==> I: w Ru , f ==> l:l., u : B [ v/ u ] w Rv, r ==> l:l., V :B V : B, r, w Rv, II' ==> l:l., L ----------------------- C u t f, f, w Rv, w Rv, II' ==> l:l., l:l.,I: ---------LC, R C f, w Rv, II' ==> l:l., I: 177

Cui

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

, In quest ultima derivazione ci sono due istanze di cesura che sono en­ trambe ammissibili per ipotesi di induzione: la prima istanza (dalralto) ha una minore profondità e la seconda ha una formula di cesura di minore lunghezza. □ COROLLARIO 9.2 1 ovvero:

La regola di Modus ponens

e ammissibile in G3. L,

⇒ w : A ⇒ w : A -+ B ⇒ w :B

come mostrato dalla seguente derivazione: ⇒ w : A -+ B ⇒ w :A w :A ⇒ w :B -------w :B

Lem.9. 18.2 Cu t

COROLLARIO 9.22 ( Completezza indiretta) Se una .C èb -Jonnula A e de­ rivabile nel calcolo assiomatico per la logica L, allora laformula etichettata w : A, dove w e un'etichetta arbitraria, e derivabile nel calcolo di sequenti G3. L, ovvero G3. L � ⇒ w : A implica Da questo e dal teorema di completezza per L segue immediatamente che G3. L e completo rispetto alla classe delle strutture per L. Dimostrazione La dimostrazione è per induzione sulla costruzione del­ la dimostrazione di A nel calcolo assiomatico L. Se A è un assioma di L allora la derivabilità di w : A in G3. L segue dagli esempi di derivazioni presentati nei PARR. 9 .2 e 9 .3. Altrimenti A è stata ottenuta a partire da formule che lo precedono nella derivazione attraverso una tra la regola di necessitazione e la regola di Modus ponens. In questo caso la derivabilità di w : A in G3. L segue dalrammissibilità di suddette regole nei calcoli di sequenti etichettati, ovvero dai Corollari 9. 17 e 9.2 1. □ 9.7

Decidibilità In generale la procedura di costruzione di un L-albero non è una proce­ dura finitaria dato che in alcuni casi essa genererebbe un ramo L-saturo solamente dopo un numero infinito di passi. In particolare sono due i motivi per cui la procedura può andare avanti alrinfinito: 178

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

1. se al passo m è possibile applicare, dal basso verso l'alto, la regola LO a una coppia di formule w Rv e w : []A, allora tale regola deve essere riapplicata anche al passo m + 1 (e ad ogni passo successivo) dato che tali formule vengono ripetute nella premessa7 ; 2. se un'istanza di una regola non-logica è applicabile a una foglia ot­ tenuta al passo m, allora essa rimarrà applicabile su tale ramo ad ogni passo successivo dato che le formule principali vengono ripetute nelle premesse delle regole non-logiche (le regole Rife Ser non hanno formule principali e, dunque, tali regole sono sempre applicabili). Possiamo però mostrare, almeno in alcuni casi, che la procedura di co­ struzione di un L-albero può essere trasformata in una procedura di de­ cisione per la derivabilità nella logica L. Ovvero possiamo modificare la procedura in maniera tale che essa termini necessariamente in un nume­ ro finito di passi. Per fare questo, mostreremo che se un seguente è deri­ vabile, allora esiste una sua derivazione minimale, ovvero una derivazione di profondità minima in cui nessuna regola è applicata più di una volta alle stesse formule principali. Questo comporta che, per alcune logiche, sia possibile imporre nella costruzione di un L-albero che un'istanza di una regola sia applicabile a un ramo al passo m solo se essa non sia già stata applicata su quel ramo a un passo precedente. (Derivazione minimale) Se un seguente r ⇒ � è derivabile in G3.L, una sua derivazione minimale (in tale calcolo) è una sua derivazione di profondità minore o uguale ad ogni altra sua G3.L­ derivazione. DEFINIZIONE 9.23

Una proprietà fondamentale delle derivazioni minimali è la seguente. (Proprietà del sottotermine) Ogn, i etichetta che occorre in una derivazione minimale di un sequente [ ⇒ � in G3.L e un'etichetta che occorre in [ ⇒ � oppure e l 'eigenvariable di una regola usata in tale derivazione. LEMMA 9.24

Osservazione 9 Che valga la proprietà del sottotermine è banale per i calcoli che non contengono le regole Rif e Ser. Per quelli che le con-

7. Analogamente per contenente solo _l, ---+ e

□.

R◊, ma stiamo considerando il frammento del linguaggio

17 9

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

tengono, invece, dipende dal fatto che è possibile eliminare le istanze di tali regole con formula attiva, rispettivamente, wRw o wRw' se w è un'etichetta che né occorre nella conclusione di tale derivazione né è l' eigenvariable di qualche regola applicata in tale derivazione. Dimostriamo ora che è possibile ottenere una procedura di decisione per G3. K. Per fare questo iniziamo mostrando che, se in un ramo di una derivazione la regola LO è applicata due volte alle stesse formule princi­ pali, allora possiamo rendere queste due applicazioni di LO consecutive. Questo, unito alla pp-ammissibilità della contrazione, ci permetterà di mostrare che in una G3. K-derivazione minimale LO non viene mai ap­ plicata più di una volta con le stesse formule principali. Da questo segui­ rà immediatamente che possiamo dare una procedura di decisione per G3. K. È possibile pennutare verso il basso un'istanza della regola L avente come atomo relazionale principale w Rv rispetto ad ogni istanza delle regole L -+, R -+ e L e rispetto ad ogni istanza di R in cui l'atomo relazionale w Rv non sia unafonnula attiva. LEMMA 9.25







□ □

Dimostrazione La permutazione è banale per le regole R -+ , L e R (nel caso in cui la formula relazionale principale nell'istanza di LO non sia la formula attiva dell'istanza di R in questione). Ad esempio, per RO abbiamo:



v : A, w Ru , w Rv, w : [JA., f ==> �, u : B □ w2 Ru , w 1 Rv, w 1 : [JA., f ==> �, u : B □ -----------R W 1 Rv, W 1 : []A., f ==> �, W2 : [J8

2 1 1 -------------- L

e possiamo invertire l'ordine di applicazione di tali regole ottenendo: W Ru , v : A, w RV, W : [JA., r ==> �, u : B □

2 1 1 --------------R V : A , W 1 Rv, W 1 : []A., f ==> �, W2 : [J8 -------------- L

W 1 Rv, W 1 : []A., f ==> �, W2 : [J8



Nel caso della regola L -+ la permutazione è possibile grazie alla pp-am­ missibilità della regola di indebolimento LW. Ad esempio, se abbiamo: , w Rv, w : []A., r ==> □ w Rv, w : []A., r ==> �, u : B u : C , w Rv, w : []A., r ==> � ---------------------u : B � C, w Rv, w : [JA., f ==> �

�, u : A B L ----------V :

180

L�

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

prima di permutare le regole dobbiamo applicare LW alla premessa destra della derivazione originale per rendere uguali i contesti, come mostrato dalla seguente derivazione: u : C , w Rv, w : 04, f => � v : A, w Rv, w : 04 , r ⇒ �, u : B u : e, v : A, w Rv, w : 04, r ⇒ � -----------------------V : A, u : B � e ' w Rv, w : []A, r => � L□ u : B � C , w Rv, w : 04, f => �

------------ LW

L�



Se r ==> � e G3. K-derivabile, allora in una sua deri­ vazione minimale ciascuna coppia diformule dellaforma w Rv e w : 04 e principale in un'unica istanza di LO C OROLLARIO 9.26

Dimostrazione Supponiamo che w : 04 e wRv siano le formule prin­ cipali di due istanze differenti di LO in una G3.K-derivazione minimale di II ==> � ovvero che una porzione della derivazione sia: w Rv, w : 04, v : A, f' => � ' w Rv, w : 04, f' => � '

---------- L • • •

: A, r => � w R v, w : 04, f => �

w Rv, w : 04, v ---------L





Per il Lemma 9.25 possiamo permutare verso il basso l'istanza superiore di LO fino a renderla immediatamente successiva all'altra istanza di LO in considerazione. Otteniamo in questo modo la seguente porzione di derivazione avente la stessa profondità: w Rv, w : []A, V : A, r' => � ' • • •

r⇒� □

v : A, v : A, w R v, w : 04, ---------- L V : A, w Rv, w : []A, => � ---------L

r

w Rv, w : 04, f => �



(t)

A questo punto sarebbe possibile rimpiazzare l'istanza superiore di LO (quella segnata con t) con un'istanza della regola di contrazione a sinistra LC ottenendo così una derivazione di profondità minore del sequente II ==> �, abbiamo infatti mostrato che la regola LC è pp-ammissibile nel Teorema 9.19. Ma questo è in contraddizione con l'ipotesi che la deri­ vazione originale fosse minimale. Dunque in una derivazione minimale la regola LO non può mai essere applicata più di una volta con le stesse formule principali. □ 18 1

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

TEOREMA 9.27

Il calcolo etichettato G3. K e decidibile. '

Dimostrazione E sufficiente mostrare come sia possibile rendere finita la procedura di costruzione di un K-albero imponendo la seguente restrizione nella procedura data nella Definizione 9 . 1 2: - A ciascun passo n della procedura di costruzione di un K-albero un'istanza della regola LO con formule principali w : []A e w Rv è appli­ cabile solo se in nessun passo m < n è stata applicata un'istanza di tale regola avente le stesse formule principali. Che tale restrizione non interferisca con la dimostrazione del teorema di completezza segue dal lemma precedente. Infatti sappiamo che se r � � è derivabile, allora esso ha una derivazione minimale in cui la regola LO non è mai applicata più di una volta con le stesse formule principali. Che tale restrizione assicuri che nella procedura di costruzione di un K-albero non sia possibile generare un albero con rami infiniti segue dalle . . . seguenti osservaz1on1: - Le regole L �, R � e RO, se lette dal basso verso l'alto, generano formule attive di lunghezza strettamente minore rispetto alla formula principale su cui lavorano. - La regola LO (oltre a generare una formula attiva di lunghezza infe­ riore) riscrive la formula principale []A. Però essa è principale un'unica volta rispetto a ciascun atomo relazionale w Rvi e il numero di tali atomi è limitato dal numero (finito) di atomi relazionali wRvi che occorrono nella radice dell'albero e dal numero (finito) di atomi relazionali intro­ dotti nel ramo da istanze della regola RO . Dunque, w : []A è principale in un numero finito di istanze di LO. Possiamo perciò concludere che la procedura di costruzione di un K-albero in un numero finito di passi genera o una derivazione o un contromodello finito per il sequente alla sua radice. □ Passiamo ora a mostrare la decidibilità dei calcoli G 3.T, G3. B e G 3. D . LEMMA 9.28 È possibile pennutare verso il basso un'istanza della regola LO avente come atomo relazionale principale wRv rispetto a ogni istanza delle regole non-logiche Rif, Ser e Sim in cui l'atomo relazionale w R v non sia una fonnula attiva.

Dimostrazione La dimostrazione è analoga a quella per la permutazio­ ne di LO con RO nel Lemma 9.25. □ 1 82

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

Se r � � e derivabile in una delle est ensioni di G3. K t ramit e le regole Rif, Ser e Sim, allora in una sua derivazione minimale cia­ scuna o c ppia diformule dellaforma w R v e w : 04 e principale in un 'unica ist anza di LO COROLLARIO 9.29

Dimost razione La dimostrazione è analoga a quella del Corollario 9.26: si fa vedere che se così non fosse, sarebbe possibile rendere le due istanze di LO consecutive e rimpiazzare una delle due con un'istanza del­ la regola di contrazione LC. Ma questo genererebbe una derivazione più corta, contro l'ipotesi che la derivazione originale fosse minimale. □ '

E possibile permutare verso il basso un 'ist anza di una qualsiasi t ra le regole Rif, Ser e Sim rispet to a ciascuna regola che abbia una diversaformula at t iva. Dimost razione Vedi Lemma 9.28. □ LEMMA 9.30

Se r � � e derivabile in una delle est ensioni di G3. K t ramit e le regole/e regole Rif, Ser e Sim, allora in una sua derivazione mini­ male ciascun atomo relazionale e at t ivo in al piu una ist anza di una delle regole Rif, Ser e Sim. COROLLARIO 9.3 1

Dimost razione

Vedi Corollario 9.29.



I calcoli et ichet t ati che est endono G3K t ramit e le regole Rif, Ser e Sim o s no decidibili. TE OREMA 9.32

Dimost razione Come fatto nella dimostrazione del Teorema 9 .27, mo­ striamo come rendere finita la procedura di costruzione di un L-albero. Per fare questo aggiungiamo le due seguenti restrizioni nella procedura data: 1. A ciascun passo n della procedura un'istanza della regola LO con formule principali w : 04 e w Rv è applicabile solo se in nessun passo m < n è stata applicata un'istanza di tale regola avente le stesse formule principali. 2. A ciascun passo n della procedura un'istanza di una delle regole Rif, Ser e Sim è applicabile solo se la formula attiva di tale istanza non occorre già nella foglia in esame. E immediato vedere che queste restrizioni non interferiscono con la dimostrazione del teorema di completezza (dati i Corollari 9 .29 e 9 .3 1). 183

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

Allo stesso tempo è facile vedere che, grazie a tali restrizioni, la proce­ dura di costruzione di un L-albero termina in un numero finito di passi. Infatti, esse assicurano che al più un numero finito di istanze delle regole L Rif, Ser e Sim sia applicato dal basso verso l'alto. □

□,

Osservazione 1 O Abbiamo presentato alcuni dei risultati di decidibili­ tà per i calcoli etichettati presentati in Negri, von Placo (20 1 1). Abbia­ mo considerato solo i casi più semplici, ovvero quelli in cui sia possibile direttamente rendere finita la procedura di costruzione di un L-albero. Non abbiamo considerato i casi di decidibilità in cui occorre, ad esem­ pio, la regola Trans poichè essa assieme a R D potrebbe generare catene infinite di nuove etichette rispetto alle quali sia applicabile la regola L Per questo problema e per la sua soluzione rimandiamo il lettore a Negri, von Placo (20 1 1, pp. 208-9).

□.

9.8

Identità e proprietà inesprimibili 9.8. 1 . IDENTITÀ

Alcuni dei risultati di corrispondenza presentati nel CAP. 2 fanno uso del predicato di identità tra mondi. Facciamo ora vedere come sia possibile estendere il linguaggio etichettato al fine di ottenere calcoli etichettati per logiche modali, quali P F, F, T riv e 3, che corrispondono a proprietà semantiche in cui occorre il predicato di identità. Innanzitutto si estende il linguaggio etichettato aggiungendo atomi di identità tra etichette della forma: W = V

e si impone che cali atomi possano occorrere nell'antecedente, ma non nel succedente, di un sequente. Bisogna poi introdurre delle regole non-logiche che impongano che = sia un predicato di identità tra mondi. Tali regole sono riportate qui di seguito:

w = w, r � � �� f

184

R i f ld

9. SEQ U ENTI ETICHETTATI

( u 1 = u2 ) [v/ u i ] , w = v , ( u 1 = u2 ) [w/ u i ] , f ⇒ � ----------------W = v , ( u 1 = u2 ) [ w/ u i ] , r ⇒ �

Re p ld

=

( u 1 Ru2 ) [v/ u i ] , w v , ( u 1 Ru2 ) [ w/ u i ] , f ⇒ � Re Rel ----------------p w = v , ( u 1 R u2 ) [ w/ u i ] , r ⇒ � V : p, w = V, W : p, f ⇒ � ---------- Re pAt

w = v, w : p , r ⇒ �

Mostriamo subito che le regole Rifld e Repld rendono = una relazio­ ne di equivalenza (tra etichette) nei calcoli etichettati. Per fare questo, assumiamo di avere sequenti iniziali la cui formula principale sia un ato­ mo di identità tra etichette e mostriamo che = è una relazione riflessiva, . . . . trans1t1va e s1mmetr1ca. 1. � ⇒ w = w W = W ==> W = W R ifld -----==> W = W

2. � ⇒ W =

V I\ V

=U�W=U

( w = w 1 ) [ u / w 1 ] , ( w = w 1 ) [ v / w 1 ] , v = u ==> w = u e R p lld ( w = w 1 ) [ v / w 1 ] , v = u ==> w = u ------------LA ( w = w 1 ) [ v / w 1 ] A v = u ==> w = u -------------R� ==> ( w = w 1 ) [ v / w 1 ] I\ v = u ---+ w = u

3. � ⇒ W = V � V = W

( w 1 = w) [ v / w 1 ] , ( w 1 = w ) [w / w 1 ] , w = v ==> v = w e ------------------R pld ( w 1 = w) [ w / w 1 ] , w = v ==> v = w R ifld -----------W = V ==> V = W ------- R � ==> W = V ---+ V = W

Inoltre è possibile dimostrare che la regola di rimpiazzamento per formule etichettate di lunghezza arbitraria è ammissibile: v : A, w = v, w : A, r ⇒ � R e p --------w = v, w : A , r ==> �

A questo punto possiamo introdurre i seguenti calcoli etichettati: - Il calcolo G3.P F è ottenuto estendendo G3.K con la seguente regola: V = u , w Rv, w Ru ,

r ==> �

--------- F u nPa r

w Rv, w R u , r ==> �

1 85

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

- Il calcolo G3. F è ottenuto estendendo G3. K con le regole Ser e FunPar. - Il calcolo G3. T riv è ottenuto estendendo G3. K con le regole Rif e FunPar. - Il calcolo G3. K3 è ottenuto estendendo G3. K con la seguente regola: v Ru , w Rv, w Ru , r � �

u Rv, w Rv, w R u , r � � w Rv, w Ru , r � �

V =

u , w Rv, w R u , r � �

-------------------------- C o n n

Facciamo ora vedere che tali regole sono sufficienti a derivare gli assiomi corrispondenti. - G3. P F r--- ==> w : ◊A -. 04 V : A, u = V ' w R u ' w R V ' u : A ⇒ V : A -------------- R e p u = v, w Ru , w Rv, u : A ⇒ v : A ------------ F u n Pa r

w Ru , w Rv, u : A ⇒ v : A L◊ --------w Rv, w : ◊A ⇒ v : A R □ -------w : ◊A ⇒ w : []A R � -----⇒ w : ◊A ---+ []A

- G3. F r--- ==> w : ◊A +--+ 04 - G3.Triv r--- ==> w : 04 +--+ A

Esercizio.

v : A, w v, w Rw, w Rv, w : ⇒ v : w = v, w Rw, w Rv, w : A ⇒ v : A ------------ F u nPa w : A, w Rw, w : []A ⇒ w : A w Rw, w Rv, w : A ⇒ v : A R i f ------------------ L□ w Rw, w : []A ⇒ w : A w Rv, w : A ⇒ v : A ------- R□ -------- R i f w : [JA ⇒ w : A R � w : A ⇒ w : [JA R � ----------⇒ w : OA ---+ A ⇒ w : A -+ DA - RA ------------------⇒ w : ( OA ---+ A) " (A -+ DA)

= A A ReJ ______________

- G3. K3 r--- ==> w :

□ (A A 04 ---+ B ) v D(B A [J.8 -+ A)

'

Esercizio.

Osservazione 1 1 E immediato estendere i teoremi di validità e completezza presentati nel PAR . 9.5 ai calcoli con identità tra etichette. L'unica novità è che nella definizione del modello basato su un ramo L-saturo (cfr. Definizione 9. 13), l'insieme W sarà costituito non dall'insieme di tutte le etichette occorrenti nel ramo, ma dalle classi di identità di tutte le etichette w, v tali che w = v occorre nel ramo considerato.

186

9. S E Q U ENTI ETICHETTATI

Anche i risultati di ammissibilità delle regole strutturali presentati nel PAR . 9.6 si estendono facilmente ai calcoli con identità tra etichette8 . 9. 8.2. PROPRIETÀ INE S PRIMIBILI

Faremo ora vedere come sia possibile utilizzare i calcoli etichettati per mostrare che alcune proprietà della relazione di accessibilità non sono modalmente esprimibili. Per fare questo sarà sufficiente mostrare che la regola che esprime tali proprietà può essere aggiunta a G3. K senza rendere alcun nuovo sequente del tipo ==> w : A derivabile9 . In particolare considereremo la regola per l' irriflessivita della relazione di accessibilità: ----- I r r ef

w Rw, f ⇒ �

e la regola per l' intransitivita: --------- ln t rans

w R u , w Rv, v Ru , f ⇒ �

e faremo vedere che entrambe le regole sono ammissibili in G3. K. Da questo segue immediatamente l'inesprimibilità modale delle proprietà corrispondenti. LEMMA 9.33

L'irriflessivita non e esprimibile.

Dimostrazione Assumiamo che ==> w : A sia derivabile in G3. K + { lrref} . Gli atomi relazionali che occorrono in tale derivazione sono tut­ ti atomi introdotti, dal basso verso l'alto, da un'istanza della regola R Dunque essi saranno del tipo w1 Rw2 con w1 -=/= w2 e, perciò, non è possibile che in tale derivazione sia applicata la regola Irref. Dunque la derivazione di ==> w : A è una derivazione anche in G3. K. □

□.

L'intransitivita non e esprimibile. Dimostrazione Assumiamo che ==> w : A sia derivabile in G3. K + { lntrans}. Gli atomi relazionali che occorrono in tale derivazione sono LEMMA 9.34

8. Per dimostrare la pp-ammissibilità della contrazione non serve aggiungere l'istanza contratta delle regole Repld, FunPar e ConnDeb (ovvero il caso in cui si elimina una delle due formule principali identiche) dato che la sua conclusione si può ottenere direttamente dalla premessa ( destra nel caso di ConnDeb) applicando la regola Rifld. 9 . Ovvero mostreremo che tali regole sono conservative rispetto alla derivabilità di formule etichettate.

1 87

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

tutti atomi introdotti, dal basso verso l'alto, da un'istanza della regola R Dunque non è possibile che, in uno stesso nodo, due di essi siano della forma v Rwi e u Rwi , dato che questo vorrebbe dire che in uno dei due casi è violata la restrizione sulle etichette della regola R Perciò, non è possibile che in tale derivazione sia applicata la regola lntrans; la derivazione di � w : A è una G3. K-derivazione. □

□.

□.

1 88

Bibliografia

BLACKBURN P., DE RIKJE M., VENEMA Y. (2001), Moda/ Logie, Cambridge University Press, Cambridge. BOOLOS G. (1993), The Logie o/ Provability, Cambridge University Press, Cambridge. CRE SSWELL M. J . (1979), B Seg Has the Finite Model Property, in "Bullettin of the Section of Logie", 8, pp. 164-70. ID. (1983), The Completeness o/KWand Kl . 1 , in "Logique et Analyse", 102, pp. 123-7. ID . (1987), Magari's Theorem Via the Recession Frame in "J ournal of Philosophi­ cal Logie", 16, pp. 13-5. CHAGROV A., ZAKHARYASCHEV M. (1997), ModalLogic, Oxford University Press, Oxford. GABBAY D. M. (1976), Investigations in Moda/ and Tense Logics with Applications to Problems in Philosophy and Linguistics, Reidel, Dordrecht-Boston. GOLDBLATT R. (1980), Diodoran Modality in Minkowski Spacetime, in "Studia Logica", 39, pp. 219-36. ID . (1992), Logics o/Time and Computation, CSLI, Stanford (2nd ed.). ID . (1993), Mathematics o/Modality, CSLI, Stanford. HUGHES G. H ., CRESSWELL M . J . (1968), An lntroduction to Moda/ Logie, Methuen, London. ID . (1984), A Companion to Moda/ Logie, Methuen, London. ID . (1996), A New Introduction to Moda/ Logie, Routledge, London. NE GRI S . (2005), ProofAnalysis in Moda/ Logie, in "Journal of Philosophical Logie", 34, pp. 507-44. NE GRI S., VON PLATO J . (2011), ProofAnalysis, Cambridge University Press, Cambridge. RESCHER N., URQUHART A. (1971), Tempora/ Logie, Springer, Berlin. SEGERBERG K. (1971), An Essay in Classica/ Moda/ Logie, in "Filosofiska Stu­ dier utgivna av Filosofiska Foreningen och Filosofiska lnstitutionen vid Uppsala Universitet", 13. SMORYNSKI C. (1985), SelfRefèrence and Moda/ Logie, Springer, Berlin.

1 89

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

SOLOVAY R. M. (1976), Provability Interpretations o/Moda/ Logie, in "Israel Journal of Mathematics", 25, pp. 287-304. TROE SLSTRA A. S., SCHWICHTENBERG H. (2000), Basic Proof Theory, Cambridge University Press, Cambridge (2nd ed). URQ UHART A. (1981), Decidability and the Finite Model Property, in "Journal of Philosophical Logie", 40, pp. 367-70.

190

Indice analitico

alfabeto, 23 aritmetica di Peana, 1 1 2 back condition, 46

calcolo di sequenti G3. B, 1 5 5 G3. D, 1 56 G3. F, 1 86 G3. K, 1 5 1 G3. K2, 1 57 G3. K3, 1 86 G3. K4, 1 54 G3. K5, 1 5 5 G3. L, 1 58 G3. P F, 1 8 5 G3.T, 1 54 G3.Triv, 1 86 G3.Ver, 1 5 5 G3.X, 1 56 cesura, 175 chiusura riflessiva, 33 transitiva, 33 completezza, 73 B, 82 D, 80 G3. L, 1 69, 178 K, 80 K4, 8 1 K4.3, 83, 1 25, 1 38 K4.3. D, 1 39 K4.3. D.X, 1 25 K4.3. D.Z, 1 39

K4.3.W, 141 K4.3.Z, 142 K5, 8 5 KW, 1 09 m n kj-Lem mon, 86 54, 82 54.2, 82 54.3, 84, 1 25, 143 54.3.C�, 1 46 54.3. D u m , 143 54.3.G rz, 146 55, 8 5, 147 55.Alt n , 148 T, 80 Triv, 85 Ver, 86 X, 8 1 conseguenza semantica, 27 contrazione, 173 corrispondenza, 37 risultati di, 39 decidibilità, 96, 178 derivabilità in G3. L , 1 5 1 in L, 57 diagramma, 1 17 canonico, 1 36 iniziale, 1 30 punti base di, 1 30 L-coerente, 1 1 9 L-saturo, 1 20 massimale, 1 20 ricco, 1 20

19 1

CORSO DI LOGICA MODALE PROPOSIZIONALE

supporto di, 1 1 8 dimostrazione in L, 53 filtrazioni, 97 formula, 23 attiva, 1 58 etichettata, 1 5 1 principale, 1 58 sottoformula di, 24 forth condition, 46 g-conseguenza semantica, 90 incompletezza, 88 indebolimento, 170 interpretazione, 26 invertibilità, 172 L-massimale, 75 lemma box-lemma, 78 del modello canonico, 78 di Lindenbaum, 7 6 diamond-lemma, 78 logica B, 59 D, 59 G3. L, 1 69, 178 K, 53, 80 K4, 59 K4.3, 59 K4.3. D, 1 39 K4.3 . D .X, 1 25 K4.3 . D . Z, 1 39 K4.3.W, 141 K4.3.Z, 142 K5, 85 K G H, 93 KVB, 92 KW, 59, 1 05 m n kj - Lem mon, 86 54, 59 54.2, 59 54.3, 59 54.3.C� , 1 46 54.3. D u m, 143

54.3.G rz, 146 55, 59 55.Alt n , 1 48 T, 80 Triv, 59 Ver, 59 X, 59 canonica, 74 caratterizzata, 73 completa, 73 consistente, 75 decidibile, 95 finitamente assiomatizzabile, 95 fortemente completa, 74 incompleta, 88 inconsistente, 75 modale normale, 32 lunghezza di una formula, 24 di una formula etichettata, 1 5 8 massimale insieme, 75 modalità, 65 modello, 26 F-modello, 26 M -realizzazione, 1 62 canonico, 77 da un ramo L-saturo, 1 68 filtrato, 98 p-morfismo, 45 profondità di una G 3. L-derivazione, 1 58 proprietà di R cecità, 37 connessione, 37 connessione debole, 37 convergenza, 37 convergenza debole, 37 densità debole, 37 euclidea, 37 funzionalità, 37 funzionalità parziale, 37 isolamento, 37 mnkj-Lemmon, 37

192

I ND I CE ANAL I T I CO

non esprimibile, 49, 1 87 ordine dualmente ben fondato, 1 05 riflessività, 37 serialità, 37 simmetria, 37 transitività, 37 regola RK� , 56 RK A , 56 RKdef ' 56 o RM, 5 5 SE, 58 ammissibile in G 3. L, 1 59 ammissibile in L, 5 5 di G 3. K, 1 52 modus ponens, 29 necessitazione, 30 per l' identità tra etichette, 1 84 pp-ammissibile in G 3. L, 1 59 sostituzione di etichette, 1 60 sostituzione uniforme, 30 relazione di accessibilità, 25 saturazione, 1 66 schema 2, 38 3, 38 4, 38 5, 38 Al tn , 1 48 B, 38 146 D, 38 D u m , 63, 143

c::i,

F, 38 G r z, 146 K, 28 KW, 1 05 Le m m on, 38 M V, 43 PF, 38 T, 38

Tr i v, 38 Ve r, 38

X, 38 1 05 Z, 63, 1 39 sequente, 1 5 1 sostituzione uniforme, 24 sottomodello generato, 44 struttura generale, 89 per L, 63 relazionale, 2 5

w,

teorema di L, 53 di Solovay, 1 1 5 universo, 2 5 validità di G 3. L, 1 62 su una classe di strutture, 27 su una struttura, 27 teorema di, 63 . ver1ta' in un modello, 27 in un mondo, 26

1 93