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Italian Pages 731 Year 2001
GIORDANO BRUNO
CORPUS ICONOGRAPHICUM LE INCISIONI NELLE OPERE A STAMPA
A cura di Mino Gabriele
ADELPHI
GIORDANO BRU
O
CORPUS ICONOGRAPHICUM LE INCISIO
I
ELLE OPERE A STAMPA
A cura di Mino Gabriele
ADELPHI
Giordano Bruno De umbris idearum Ruote mnemoniche
Adelphi
/
Giordano Bruno Corpus iconographicum Le incisioni nelle opere a stampa
Adelphi
Catalogo, ricostruzioni grafiche e commento di Mino Gabriele.
Fra le opere di Giordano Bruno apparse a stampa in edizioni cinquecentesche, diciasset te contengono xilografie (spesso inserite nel testo, talvolta fuori testo), per un totale di cir ca 240 incisioni, in gran parte realizzate dallo stesso Bruno. A questo insieme di figure com plesso e articolato il filosofo affida un compito basilare: poiché sono proprio le umbrae, le i magines interiori coniate sulle vestigia delle cose del creato, ad assumere quelle forme ico niche e quegli schemi mentali, simbolicamen te efficaci, che divengono veicoli atti a condur re l'intelletto alla gnosi. Affiancando il testo, l'immagine racconta infatti in maniera diver sa, approfondisce e integra lo scritto a cui è ri ferita, e in qualche caso finisce per sostituirlo del tutto, divenendo essa stessa il testo. So stenuto da una poderosa capacità immagina tiva, Bruno realizza un corpus unico nel suo genere: e anche quando si tratta di rielabora zioni di temi geometrici o cosmografici già no ti, le peculiarità tecniche e concettuali che so no alla base del processo compositivo rendono queste incisioni, caratterizzate da una straor dinaria originalità formale e iconografica, per sonalissimi prodotti del suo genio. Qui, per la prima volta, Mino Gabriele (uno dei massimi studiosi italiani di iconografia e ico nologia) ci offre il ricco Corpus iconographicum bruniano nella sua interezza, esaminando tut te le xilografie in ordine cronologico, rintrac ciandone le fonti, chiarendo il rapporto con il testo e proponendo, nel caso in cui tale rap porto si presenti particolarmente oscuro, un'er meneutica che fornisca una risposta consona e rispettosa, anche filologicamente, dei detta mi dell'autore.
Di Giordano Bruno sono apparse presso Adel phi le Opere magiche (2000), nell'edizione diret ta da Michele Ciliberto.
Sull'astuccio: Illustrazioni tratte dagli Articuli cen tum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos atque philosophos di Giordano Bruno.
GIORDANO BRUNO
CORPUS ICONOGRAPHICUM LE INCISIONI NELLE OPERE A STAMPA
Catalogo, ricostruzioni grafiche e commento di Mino Gabriele
ADELPHI EDIZIONI
Questa pubblicazione è promossa dal Comitato Na zionale per le celebrazioni di Giordano Bruno nel quarto centenario della morte, in collaborazione con l'Isti tuto Nazionale di Studi sul Rinascimento .
© 2001 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO ISBN
88-459-1667-7
Dedicato alla memoria degli amici Sandra Bussu Arnaldo Pini Fraterne peramanter
PREMESSA
Con questo studio si intende affrontare un singolare vuoto nella pur vasta bibliografia di studi su Giordano Bruno: infatti sino ad oggi il ricco Corpus iconographicum, che orna e correda le edizioni bruniane cinquecente sche, non era stato oggetto di indagine sistematica, forse per una sorta di diffusa e latente ars oblivionis in contrap passo alla celebrata ars memoriae del Nolano. Si tratta di un insieme di figure complesso e articolato, a cui Bruno affida un compito basilare per spiegare la sua visione del mondo, in quanto l'immagine racconta in maniera diver sa, integra e approfondisce lo scritto a cui è riferita e, in qualche caso, lo sostituisce del tutto, divenendo essa stes sa il testo. L'illustrazione non è che una finestra mentale, spalancata sull ' orizzonte speculativo e immaginale del l'autore. Qui si considerano, attraverso l'esame iconologico, tut te le illustrazioni che compaiono nelle opere a stampa di Bruno, rintracciandone le fonti e cercando di cogliere quelle valenze formali e concettuali che ne costituiscono le ragioni significanti. In primo luogo si tiene sempre presente il legame che in Bruno correla e coniuga la sin gola xilografia al testo; in secondo luogo, quando tale
PREMESSA
x
simbiosi testo-immagine tace o si presenta particolar mente oscura, si propone un ' ermeneutica delle figure che, comunque e per quanto possibile, porga una rispo sta iconologica consona e rispettosa, anche filologica mente, dei dettami del Nolano. A questo scopo, alla ri produzione degli originali, quando risultano non ben comprensibili graficamente, viene accostata la ricostru zione geometrica, elaborata con cura sugli archetipi. Il lavoro segu e un criterio cronologico: prende in esa me la successione di tutte le immagini - escludendo le mere composizioni o sequenze letterali e sillabiche con funzione mnemonica - che compaiono nella teoria dei testi a stampa bruriiani illustrati, editi tra il 1 582 ed il 1 59 1 ; d'ogni specifica opera si considerano le xilografie e figure, numerandole secondo la progressione nel volu me. Tale cronologia bibliografica si basa sul fondamenta le lavoro di Virgilin Salvestrini, Bibliografia di Giordano Bruno (1582-1950),�2· edizione postuma a cura di Luigi Firpo, Firenze, 1956, e sulle integrazioni e correzioni che allo stesso sono st:tte fatte da Rita Sturlese, Bibliografia, censimento e storia dllle antiche stampe di Giordano Bruno, Fi renze, 1987. Firenze, estate 2(f01 M. G.
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
OPERE DI GIORDANO BRUNO
OPERE ITALIANE
Giordano Bruno, Dialoghifilosofici italiani, a cura e con un saggio introduttivo di M. Ciliberto, Milano, 2000 Abbreviazioni delle singole opere:
Cabala Causa Cena Furori Infinito Spaccio
Cabala del cavallo pegaseo De la causa, principio et uno La cena de le Ceneri De gli eroici furori De l 'infinito universo e mondi Spaccio de la bestia trionfante
Altre edizioni:
Candelaio
G. Bruno, Candelaio, a cura di panato, Bari, 1 923
V.
Spam
XIV
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
OPERE LATINE
Jordani Bruni Nolani Opera latine conscripta, publicis sumptibus edita, recensebat F. Fiorentino [F. Tocco, H. Vitelli, V. lmbriani, C.M. Tallarigo] , Neapoli - Floren tiae, 1 879- 1 891 L'edizione consiste di tre volumi divisi in otto tomi: il nu mero romano dopo l'opera abbreviata indica il volu me, il numero arabo il tomo. Abbreviazioni delle singole opere:
Camoeracensis acrotismus Acrotismus Artificium Artificium perorandi Cantus Cantus Circaeus De compendiosa De compendiosa architectura et complemento artis Lullii De imaginum compositione De imaginum, signorum, et idearum composi tione De immenso De innumerabilibus, immenso et infigurabili De lampade combinatoria Lulliana De lampade De triplici minimo et mensura De minimo De monade De monade, numero et figura De progressu et lampade venatoria logicorum De prog;ressu De scrutinio De specierum scrutinio et lampade combina toria Raymundi Lullii Dialogi duo Dialogi duo. Mordentius - De Mordentii cir czno Explicatio Explicatio triginta sigillorum Figuratio Figuratio Aristotelici Physici auditus Libri Phys. Libri Physicorum Aristotelis explanati Oratio cons. Oratio consolatoria Oratio val. Oratio valedictoria Sigillus Sigillus sigillorum Summa terminorum metaphysicorum Su mma Altre edizioni:
Idiota De somnii int.
G. Bruno, Due dialoghi sconosciuti e due Dialoghi noti. Idiota triumphans - De som-
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
xv
nii interpretatione - Mordentius - De mor dentii circino, a cura di G. Aquilecchia, Roma, 1957
Praelectiones Ars def
G. Bruno, Praelectiones geometricae e Ars deformationum, testi inediti a cura di G. Aquilecchia, Roma, 1 964 De umbris idearum, a cura di R. Sturlese, Firenze, 1991
De umbris
Giordano Bruno, opere magiche, edizione diretta da M. Ci liberto, a cura di S. Bassi, E. Scapparone, N. Tirinnanzi, Milano, 2000 Abbreviazioni delle singole opere:
De magia De magia math. De principiis De vinculis Lampas Medicina Theses
De magia naturali De magia mathematica De rerum principiis et elementis et causis De vinculis in genere Lampas triginta statuarum Medicina Lulliana Theses de magia
OPERE DI ALTRI AUTORI* Agrippa Cornelius Agrippa, De occulta philosophia libri tres, a cura di V. Perrone Compagni, Leiden - New York - Koln, 1992
* Per i volumi a stampa dei secoli XV e XVI citati nel corso del lavoro, si è adottata una trascrizione abbreviata (autore, titolo, luogo di stampa e anno) , in quanto altri dati tipografici, nella maggior parte dei casi, non risultano particolarmente signi ficativi alla funzione critica del commento.
XVI
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
Aristotele Aristotelis Opera cum Averrois commentariis, Venetiis, apud Junctas, voli. I-XII, 1 562-1 574 Charles de Bovelles Carolus Bovillus, Que in hoc volumine continentur: Liber de
intellectu. Liber de sensibus. Liber de nihilo. Ars oppositorum. Liber de generatione. Liber de sapiente. Liber de duodecim nu meris. Epistolae complures. Liber de numeris perfectis. Libel lus de Mathematicis rosis. Liber de Geometricis corporibus. Li bellus de Geometricis supplementis, Parisiis, ex officina Henrici Stephani, 1 5 1 0 Ficino Marsilii Ficini Fiorentini Opera, Basileae, ex officina Hen ricpetrina, voli. 1-11, 1 576
INTRODUZIONE D I M I N O GABRI ELE
La fresca sorgente del respiro, più intatta della brezza quando sale dal mare aperto per sereni cieli, è simile in tutto, non eguale a questa purissima fontana di luce che s'allarga in tutto il cielo e lenta crescendo già discopre dal manto della notte il nuovo sole e i monti rivela, netti, sopra il mare. A.
PINI*
Cos'è un'immagine? Qualcuno potrebbe rispondere una montagna o il gesto di un passante, oppure una fo tografia, altri il ricordo di un volto, un numero o ciò che sognano. La risposta più solida, e che meglio ci soccorre per intendere il Corpus delle illustrazioni bruniane, è che > , 2 successivamente le cose naturali che conservano impresse le « vestigia ' 'di quel mondo ideale, infine la ragione, il mondo mentale dell'uomo che intende e conosce attraverso le ''ombre >> di tali idee.3 Come le idee sono le forme archetipiche, i princìpi formatori delle cose che nascono e periscono, si milmente noi diamo forma in noi stessi ad immagini, os sia alle '' ombre >> di quelle idee. 1 Questo mundus triplex, dove in sostanza gli attori prin-
l.
Cfr. L. Spruit, Il problema della conoscenza in Giordano Bruno, Napoli, 1988, pp. 66-67, 101 sgg.; A. Eusterschulte, Analogia en tis seu mentis. Analogie als erkenntnistheoretisches Prinzip in der Phi losophie Giordano Brunos, Wiirzburg, 1997, pp. 177 sgg., 185 sgg., 279 sgg.; T. Dragon, Unité de lE tre et dialectique. L'idée de philo sophie naturelle chez Bruno, Paris, 1999, pp. 143 sgg., 205 sgg.; si veda sotto la nota 9. 2. . 3. Cfr. Cantus, Il, l, p. 235; De imaginum compositione, Il, 3, pp. 94-98, 101-104, 164; De magia, pp. 172-74; De monade, l, 2, pp. 358-60; De umbris, pp. 25-26, 28-29, 43-44, 59-60, 103; Lampas, p. 1040; Oratio val., l, l, pp. 14-15; Sigillus, II, 2, pp. 164-65, 203204; Theses, pp. 338-40; Causa, p. 207; Furori, p. 946; qui sotto le note 10, 13, 25. 4. De umbris, pp. 59-60: , intesa in ogni sua possibile valenza. Per lui la vi sta è il > filosofica. Tematica che perdurerà nel Medioevo e suc cessivamente, come in Boezio o nel neoplatonico Liber de causis, dove il processo conoscitivo si sviluppa secondo le stesse modalità della visione/5 oppure nel De coniecturis di Cusano/6 nei libri De intellectu, De sensibus, De sapiente di Charles de Bovelles, �7 nella Theologia Platonica o In Theophrastum di Ficino,38 tanto per citare autori cari a Bruno, nei quali, in sintesi, la teoria della visione e il pri mato del senso della vista è conseguente ad una conce zione del mondo in cui la causalità degli esseri e dell'in tero creato, antologica, cosmologica e gnoseologica, si basa sulla luce. L' umbra si propone quale strumento interiormente " visibile >> , imago che nutre di noetiche figurazioni l'ani ma, impegnata nella sua caccia�9 sofianica: "L' ombra pre para quindi lo sguardo alla luce. L'ombra tempera la lu ce. Con l'ombra la divinità tempera e porge all'occhio oscurato dell'anima affamata e assetata40 le immagini che 35. Cfr. G. Federici Vescovini, Studi sulla prospettiva medioevale, Torino, 1 965, pp. 2 1 -23, ma anche 32, 37 sgg., 231 . 36. Ibid., pp. 2 1 , 30. 37. Nell'edizione citata rispettivamente alle cc. 3 r sgg., 10r sgg. , 22r sgg., 1 39v-1 42r. 38. In Opera, pp. 89-9 1 , 181 1 . 39. Furori, p . 918: « Conviene dunque che l'anima umana abbia il lume, l 'ingegno e gli strumenti atti alla sua caccia. Qua soc corre la contemplazione, qua viene in uso la logica, attissimo organo alla venazione della verità, per distinguere, trovare e giudicare'' · La metafora della caccia come venatio sapienziale è esposta da Bruno con il mito di Atteone, ibid., pp. 819 sgg., e di cui si discute in. fra. 40. L'occhio obnubilato come metafora di chi vede solo l'in gannevole realtà sensibile è in Platino, V, 5, 1 1 (cfr. gli « occhi mortali » di l, 6, 8 e VI, 2, 8) ; più in generale: W. Deonna, Le symbolisme de l'oeil, Paris, 1965, pp. 233-300. L'immagine dell 'a nima dolente e assetata è un topos della mistica aeg;ritudo amoris
INTRODUZIONE
XXXIII
rivelano le cose. Allora osserva attentamente quelle om bre che non si estinguono, ma conservano e custodisco no in noi la luce, e per mezzo delle quali siamo innalzati e condotti all 'intelletto e alla memoria » .4 1 Le immagini dell'universo materiale e naturale percepite e viste di nuovo con l 'occhio interiore sono imprescindibili umbrae di altro, ultime impronte della luce sublime:42 grazie al-
medioevale e umanistica (di matrice classica) , che sottolinea l'affannosa e ardente cerca del refrigerium spirituale, della co noscenza divina: cfr., anche per le fonti bibliografiche, F. Co lonna, Hypnerotomachia Poliphili, introduzione, traduzione e commento di M. Ariani e M. Gabriele, Milano, 1 998, vol. Il, p. 534, nota 4, p. 538, nota 6 e p. 666, nota 2; M. Sandaeus, Pro theologia mystica clavis, Coloniae Agrippinae, 1 640, pp. 210, 32829; Ficino, Dialogus inter Paulum et animam, quod ad Deum non ascenditur sine Deo, et defide, spe, charitate, in Opera, vol. I, p. 703: « Attende, anima sitibunda liquoris aeterni >> (cfr. De raptu Pau li, in Prosatori latini del Quattrocento, a cura di E. Garin, Milano Napoli, 1 952, p. 954) . Il lemma « refrigerio •• , nel significato ap pena detto, ricorre più volte nei Furori bruniani, in particolare alle pp. 793 ( « Il spirito [ . . . ] ha refrigerio per esser rapito da quell' oggetto che dà gioia al core » ) , 830 ( « refrigerio de mie pene >> ) e 845 ( « per di mio spirto refrigerio e scampo » ) . 4 1 . De umbris, pp. 3&-37: « Umbra igitur visum preparat ad lu cem. Umbra lucem temperat. Per umbram divinitas oculo esu rientis, sitientisque animae caliganti nuncias rerum species temperat, atque propinat. Eas igitur umbras quae non extin gunt, sed servant, atque custodiunt lucem in nobis, et per quas ad intellectum, atque memoriam promovemur, atque perduci mur, recognoscere », Traduco species con « immagini » : cfr. i Conceptus XI e XXVIII del De umbris, pp. 52 e 60. De principiis, pp. 596-98: ,, Lux est [ . . . ] vehiculum specie rum seu imagi num >>; Furori, p. 947. Altri luoghi in M. Ciliberto, Lessico di Gior dano Bruno, Roma, 1 979, vol. Il, pp. 1 1 4&-5 1 ; per la dottrina delle species nell'ambito della visione esteriore e interiore si ve da Federici Vescovini, op. cit., pp. 58 sgg., 65, 70, 245 sgg.; Park, op. cit., pp. 1 00 sgg., 1 1 1-14; G. Stabile, Teoria della visione come teoria della conoscenza, in « Micrologus >>, 5 ( 1 997) , pp. 225-46. 42 . Sigillus, II, 2, p. 1 7 1 : « Desinamus igitur, desinamus eas, quae veluti rerum sunt umbrae, a sensibus obiectas species ad-
XXXIV
INTRODUZIONE
l'ombra, che partecipa di quella luce,43l'anima può risali re nella conoscenza, dalla stessa ombra immaginale al ba gliore divino. L'ombra, la pictura mentis,44 nella sua dinamica propor zionalità e processione tra luce e oscurità, testimonia il graduale legame di bellezza nell'ordine delle cose,45 in
mirari »; Furori, p. 807: « e sotto l'imagini sensibili e cose mate riali va comprendendo divini ordini e consegli [ . . . ] perché la lezion principale che gli dona Amore, è che in ombra contem ple (quando non puote in specchio) la divina beltade ••. 43. De umbris, p. 26: « Non est umbra tenebrae, sed vel tenebra rum vestigium in lumine, vel luminis vestigium in tenebris, vel particeps lucis et tenebrae, vel compositum ex luce et tenebris, vel mixtum ex luce et tenebris [ . . . ] Habeatur autem in propo sito, ut lucis vestigium, lucis particeps, lux non p lena " ( ,, L' om bra non è tenebra, ma o vestigio della tenebra nella luce o del la luce nella tenebra, o un composto di luce e tenebra " ) ; Furo ri, p. 848: « Li gradi della contemplazione son come li gradi della luce, la quale nullamente è nelle tenebre; alcunamente è ne l'ombra » ; cfr. Charles de Bovelles, c. 1 39v (cap. 37) : « Um bra luminis est aut refractio aut reflectio [ . . . ] Lume n lucis est species, umbra luminis vestigium " 44. Cantus, Il, l, p. 220: « [scriptura intrinseca atque pictura] serviun t oculis intrinsecis " . 45. De vinculis, pp. 492-94: « Vinculum pulchritudinis apud Pythagoricos et Platonicos dicitur fulgor, radius et actus quidam, vel umbra et simulachrum illius saltem atque vestigium, primo diffusum in mentem quam rerum ordine decoret, secundo in animam quam rerum serie compleat, tertio [in] naturam quam seminibus distinguat et suffulciat, quarto in materiam quam for mis exornet. Hic radius clarissime est in mente, dare in anima, obscure in natura, obscurissime in rerum naturalium subiecto aiun t " (« Il vincolo della bellezza presso i Pitagorici e i Platonici viene detto fulgore, raggio o un certo atto, o ombra e simulacro o per lo meno traccia di essa, prima di tutto effuso nella mente che adorna con l'ordine delle cose, secondariamente nell'ani ma che colma con la catena delle cose, in terzo luogo nella na tura che distingue e sostiene con i suoi semi, in quarto luogo nella materia con abbellisce con le forme. Questo raggio è chia rissimo nella mente, chiaro nell'anima, oscuro nella natura, ·
INTRODUZIONE
xxxv
quanto le ombre che si pongono dinanzi agli occhi inte riori hanno, per così dire, percorso e intrecciato il ma crocosmo con il microcosmo: esse difatti discendono quali idee dall'unità del piano metafisica a quello fisico o naturale, dove si manifestano come « vestigia >> , e poi a quello mentale,46 dove propriamente appaiono umbrati li. Il punto di partenza, per risalire una simile processio ne fino al principio, risulta allora il livello mentale o ra zionale, sede delle ombre, che è collocato nella testa del l'uomo, dove si trovano le quattro cellule delle facoltà o sensi interiori, dove l'immaginazione, come meglio ve dremo più avanti, svolge una funzione fondamentale.47 L'ordine del mondo razionale - spiega Bruno -48 è fatto a oscurissimo nella materia che è il sostrato delle cose naturali così essi affermano >> ) ; sulla « bellezza-armonia >> : Furori, pp. 80910; cfr. Ficino, In Conv. , in opera, vol. Il, p. 1326. 46. De umbris, p. 28: « Umbras eas in proposito maxime consi deramus quae sunt appetituum, et cognitive facultatis obiecta [ . . . ] quae sensim ab unitate illa supersubstantiali decedentia, per crescentem multitudinem in infinitam multitudinem [ . . . ] progrediuntur; quae quantum ab unitate recedunt, tantum ab ipsa quoque veritate elongantur. Fit enim ab ipso superessen tiali ad essentias, ab essentiis ad ipsa quae sunt, ab iis ad eorum vestigia, imagines, simulachra, et umbras excursus >> . Dall'unità > alla molteplicità: passaggio che si compie dal > ali' > e dall ' > ) sono gradualmente, analogicamen te inanellate attraverso la natura e il divino. L'ininter rotta catena delle umbrae che unisce il mondo del « mol teplice >> all ' > e viceversa5° è conseguente all' omo loga onnipresenza delle idee (ci sono idee di tutte le co se) , sulla dinamica delle quali è strutturata la realtà. 51 49. Lampas, p. 1022: > ) ; p. 2 1 6: •• Symme triae tandem conceptione sola quodcumque compositum, complexum, copulatum, mixtum, unitum, ordinatum cogno scimus. Quantumvis enim partem post partem, membrum post membrum, speciem post speciem distincte exterius intimius contemplemur, non tamen nisi harmonica consonanteque col latione omnium ad omnia, vel saltem praecipuorum ad praeci pua, perfecti rationem erimus adepti >> . Notevole anche 1'/nten tio VII nel De umbris, pp. 29-31 . Cfr. Nicola Cusano, De docta ignorantia, I, l sgg., 1 1 sgg.; A. Bònker-Vallon, Metaphysik und Mathematik bei Giordano Bruno, Berlin, 1 995, pp. 18 sgg., 66 sgg., 1 1 3 sgg.; Eusterschulte, op. cit. 64. Cfr. De umbris, pp. 81-82; De imaginum compositione, Il, 3, pp. 197-98; De magia math., pp. 4-6. 65. Sull'argomento si vedano i significanti passi nella Causa, pp. 210-12, 25 1-53, 269, 277-82.
INTRODUZIONE
XLI
specie, non riusciamo a comprendere tuttavia la ragione della perfezione del tutto, se non grazie all'armonica e consonante analogia di tutte le cose con tutte le cose, o almeno delle precipue con le precipue >> . 66 Nel Conceptus XIX67 si riferisce della scala neoplatonica di sette gradini per la quale si ascende al principio, fin quando si ha la « trasformazione di sé nella cosa [ . . . ] e della cosa in se stesso '' ( « transformatio sui in rem [ . . . ] transformatio rei in seipsum '' ) , coincidentia che costituisce il fine della sa pienza « interiore '' bruniana, per la quale l'intelletto e la cosa conosciuta si uniscono,68 secondo una reciprocità re sa possibile dalla scalarità, dalla proporzione che cifra e relaziona l' ascensus animi con il tutto e viceversa: il sog getto tende a unirsi con l 'oggetto, in un cammino estati co. Tale congiungimento viene mirabilmente espresso dal Nolano, nelle ultime pagine del « Dialogo secondo, Parte seconda '' dei Furori, attraverso la metafora della ve natio sapientiae, connessa al mito di Atteone. Nel De im menso si afferma altresì: « Pertanto perseguiamo quella contemplazione che non è futile né vana, ma profondis-
66. Sigillus, II, 2, p. 216: il passo latino è citato sopra, alla nota 63. 67. De umbris, p. 56: « Septem gradibus - quibus duos addimus - constare intellexit Plotinus [ma la fonte è Ficino, In Enn., VI, 7, 36, in Opera, vol. II, p. 1 793; cfr. M.L. Gatti, Platino e la me tafisica della contemplazione, Milano, 1982, pp. 1 1 4-69, in partico lare p. 1 30] schalam qua ascenditur ad principium. Quorum primus est animi purgatio, secundus attentio, tertius intentio, quartus ordinis contemplatio, quintus proportionalis ex ordi ne collatio, sextus negatio, seu separatio, septimus votum, oc tavus transformatio sui in rem, nonus transformatio rei in se ipsum. Ita ab umbris ad ideas patebis aditus, et accessus, et in troitus '' Sulla conoscenza che ascende all'unità, cfr. Sigillus, II, 2, pp. 1 76, 2 1 6. 68. Cfr. Plotino, III, 8, 6-7; e ancora nei Furori, p. 906: « Ma do ve l'affetto intiero è tutto convertito a Dio, cioè all'idea de le idee, dal lume de cose intelligibili la mente viene exaltata alla unità super essentiale, è tutta amore, tutta una, non viene ad sentirsi sollecitata da diversi oggetti che la distrahano '' ·
·
XLII
INTRODUZIONE
sima e la più degna dell'uomo perfetto, quando cerchia mo lo splendore, l'effusione e la partecipazione della di vinità e della natura [ . . . ] Allora l'uomo verrà detto un grande miracolo da Trismegisto: l'uomo che si trasforma in dio, quasi fosse egli stesso dio, che cerca di divenire ogni cosa come dio è ogni cosa; tende verso un oggetto senza limite [ . . . ] come infinito è dio, immenso, ovunque tutto •• . 69 Nondimeno è significativa, come espressione della omoiosis theo bruniana, la conclusione del > .73 Il ritmo di questa ascesa e discesa cognitiva del filo sofo, nella quale il mondo sensibile si congiunge e tra smuta gerarchicamente in quello divino e viceversa, è ga rantito e certificato dalla sua speculare, proporzionata aderenza alla catena macrocosmica dell'essere, all' ordo cosmico, secondo la simmetrica analogia che lega il mi ero al macrocosmo nella filosofia antica, come nel Me dioevo e nel Rinascimento/4 tradizione che Bruno non esita ad accostare a quella cabbalistica. Scrive il Nolano: « Dio esercita il suo influsso sugli angeli, gli angeli sui cor pi celesti, i corpi celesti sugli elementi, gli elementi sulle sostanze miste, le sostanze miste sui sensi, i sensi sull'ani mo, l'animo sull'essere vivente; l'essere vivente ascende attraverso l'animo ai sensi, attraverso i sensi alle sostanze ad quem species stellarum veniunt. Perspectiva and Astrologia in Late Medieval Thought, in « Micrologus •• , 5 ( 1 997) , pp. 2 1 1 sgg.; Bru no tratta esplicitamente dei sensi interni (senso comune, fan tasia, facoltà cogitativa e memorativa) nel Cantus, Il, l, pp. 2 1 7 sgg.; sulle concezioni a proposito del Nolano cfr. Klein, op. cit. 72. In Timaeum, pp. 248 sgg. (Diehl) : aisthesis, doxa, logos, noesis. 73. Furori, p. 833. Nel De umbris, p. 56 ( Conceptus XIX) si ricor dano sette gradini per ascendere al « Principio >> : . La fon te principale di questo brano, se si escludono i riferimenti ad Omero e Giacobbe di cui alle note successive, è Agrippa, De oc culta philosophia, I, l, p. 85. 76. Od., XIII, 1 02-1 2.
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delle due porte o aperture, poste nei due punti solstiziali del Cancro e del Capricorno, attraverso cui, secondo l'e segesi neoplatonica di Porfirio77 e Macrobio/8 le anime discendono nella generazione di questo mondo, nella carne e nella manifestazione individuale, e risalgono a stati sovraindividuali e divini, perciò dette rispettivamen te " porta degli uomini >> e " porta degli immortali ,, . La se conda appare nel celebre sogno di Giacobbe/9 e per il cabbalista cristiano Johann Reuchlin80 - la fonte più pro babile del Nolano - allude, proprio con il suo toccare ter ra e cielo, unire uomo e dio attraverso il moto ascensivo e discensivo degli angeli sui gradini, alla possibilità che ha l'uomo di trascendere il mondo corporeo fino all'altro mondo . Il viaggio dell'anima verso la sapienza si configura così per Bruno incorniciato tra due estremità che, in qualsi voglia modo si chiamino, porte solstiziali o primo e ulti mo gradino della mistica scala, sanciscono la dignità del l'uomo a percorrerle cercando in se stesso le radici ed il seme divino, ma partendo pur sempre dalle umbrae, dalle immagini interiori che riflettono quel principio: " Se in77. Cfr. Porfirio, L'antro delle Ninfe, testo greco a fronte, intro duzione, traduzione e commento di Laura Simonini, Milano, 1986, pp. 36 sgg., 1 89 sgg. 78. In Somn. Scip., l, 12. 79. Gen., 28, 1 2-13. 80. op. cit., cc. 20r, 30v, 52r-v. Pare che Bruno non conoscesse l'ebraico, ma avesse appreso la Cabbala soprattutto attraverso il De occulta philosophia di Agrippa e, quasi certamente, il De arte cabalistica di Reuchlin (cfr. Yates, Giordano Bruno, cit., pp. 282300; K.S. De Leon:Jones, Giordano Bruno and the Kabbalah, Lon don, 1 997, pp. 1 4 sgg. ) . Giacobbe ,, cabalisticus ,, e il significato della sua scala, nella specifica accezione cosmologica presenta ta da Bruno, non compare in Agrippa, ma ricorre in Reuchlin. Anche un confronto testuale tra il passo bruniano (per esem pio " Deus est in cacumine schalae >> ) e quelli di Reuchlin ap pena citati (per esempio c. 20r : " per scalam Iacob, cacumine tangentem caelus cui deus ipse innitatur •• ) suggerisce una di pendenza del primo dai secondi; si veda inoltre la nota 7 1 .
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fatti >> afferma il Nolano «è un dono beato imparare a co noscere Dio stesso dentro di noi, senza dubbio appren dere attraverso l'immaginazione è il dono di una intro spezione più antica e personale » . 81 Memorabile a propo sito l' incipit del De immenso: > scrive Bruno « volendo insegnare la perfezione dell'uomo e il conseguimento di ciò che di meglio si pos sa avere in questo mondo, presenta la sua amica,s6 che parla così: "Mi sono seduta all'ombra di colui che avevo desiderato",, _s7 In che cosa consista questo insegnamento viene spiegato nella Intentio VI del De umbris,88 dove la ses sio all 'ombra dell'amato del Cantico dei Cantici diviene me tafora del processo psicologico-cognitivo dell'uomo: « nel85. De umbris, p. 1 : « Umbra profunda sumuS >> ; nell'uomo si ac cordano la « diafanicità >> o trasparenza dell'anima con l ' « opa cità » del corpo: sulla correlazione tra diafano e anima per la valenza eterea di quest'ultima, cfr. J. Pépin, Théologie cosmique et théologie chrétienne, Paris, 1964, pp. 221-38; A. Vasiliu, Du diapha ne, Paris, 1997, pp. 76-1 18. 86. La sposa del Cantico dei Cantici. 87. Cant., 2, 3; cfr. De monade, l, 2, p. 389. 88. De umbris, p. 29: « Umbra in materia seu natura, in naturali bus ipsis, in sensu interno atque externo, ut in motu et altera tione consistit. In intellectu vero, intellectumque consequente memoria est ut in statu. Ideo sapiens [Salomone] ille virginem sopranaturalem et soprasensualem quasi notitiam consequ tam, sub illius primi veri bonique desiderabilis umbra seden tem inducit. Quae sessio seu status quia in naturaliter degenti bus non multum perseverat - mox enim atque statim sensus isti nos insiliunt atque deturbant, ipsique nostri duces phanta smata nos circumveniendo seducunt -, sessio illa potius prae terito absoluto vel inchoato, quam praesenti tempore designa tur. Dicit enim: "sub umbra sedi", vel "sedebam"».
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la materia o natura, nelle stesse cose naturali, nel senso interno e in quello esterno, l'ombra è presente come in moto o in mutamento. Invece nell'intelletto, o nella me moria che è conseguente all'intelletto, l'ombra è come stabile. Perciò quel sapiente introduce la vergine che, co me se avesse conseguito una conoscenza sovrannaturale e sovrasensibile, siede all'ombra di quel primo breve e vero desiderabile. Ma poiché un simile stare a sedere o condi zione di stabilità, non dura a lungo in chi vive natural mente - subito infatti, all'istante, questi sensi ci assalgono e ci abbattono, e queste stesse rappresentazioni fantasti che (phantasmata) che ci guidano, circondandoci ci svia no -, tale essere seduti viene meglio indicato con il passa to remoto o con l'imperfetto che dal tempo presente. Di ce infatti: "Mi sono seduta all'ombra", oppure "sedevo"•• . 89 Non sfugga che qui la differenza tra il presente « siedo al l' ombra >> ed il passato ) vuole sottolineare che l'anima gusta così repentina mente e atemporalmente l'evento soprannaturale, prima di tornare al corpo sensibile, da non poterlo mai riferire mentre accade, dunque al presente, ma di poterne parlare solo dopo, nel passato del ricordo. In questo modo si dichiara che le umbrae, affinché pos siamo innalzarci nella speculazione, vanno colte dall'in89. Furori, pp. 8 1 7-18: > è propria del « Creatore » e il movimento della « creazione >> (ma sulla non mutevolezza della divinità, cfr. Plato ne, Resp., 382e ) , dicotomia presente sia nella processione co smologica che nell'attività dell'anima umana e della contem plazione (ancora chiarificatrici rimangono, in merito anche al la problematica della visio nella contemplazione in Platone e Plotino, le pagine di V. Cilento, Contemplazione, in « La parola del passato •• , 2, 1946, pp. 197-22 1 ) ; cfr. Asclepius, 3 1 , in Corpus Hermeticum, cit. , vol. II, p. 339.
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telletto in uno stato di immobilità, di quiete distaccata dal moto e dalla mutevolezza dei sensi, altrimenti le ve diamo solo come oscillanti fantasmi. > .90 Il lemma bruniano phantasmata significa l'im magine prodotta dalla facoltà immaginativa: una figura o astrazione interiore91 elaborata sui dati sensibili esterni, necessaria alla rappresentazione della dinamica mentale. Si tratta di immagini, per così dire, 'positive' se utilizzate strumentalmente nella creazione ordinata e discorsiva della visione ( « Bisogna pertanto disporre in ordine ar monioso92 le immagini dei "fantasmi">> la cui contempla zione risulta necessaria « affinché tu sia fecondo negli at ti delle potenze che da questi derivano >> ) ,9� mentre risul90. Furori, p. 787; De umbris, p. 1 2: . 92. Sigillus, II, 2, p . 203: > . 1 06 Preziosa, per la dettaglia descrizione dell'esperienza, un'a nonima, cinquecentesca Prattica deU'estasifilosofica del B. : 107 . . .
Giamblico, De vita Phyt., 65, 96, 1 1 4, 197. Cfr., anche per i pen satori latini e greci, sia pagani che cristiani: O. Casei, De philo sophorum r;raecorum silentio mystico, Giessen, 1919, pp. 51 sgg., 70 sgg., 1 45 sgg.; E.R. Dodds, The Greeks and the lrrational, Berke ley - Los Angeles, 1951 (trad. it. I Greci e l'irrazionale, Firenze, 1973, pp. 152 sgg. ) ; L. Rossi, !filosofi r;reci padri dell'esicasmo, To rino, 2000, pp. 232 sgg., 306 sgg. 1 06. VI, 9, 1 1 (cito dalla versione in Plotino, Enneadi, a cura di G. Faggin, Milano, 1 992, p. 1 361 . Sul rapporto tra contempla zione, quiete interiore e indiamento in Plotino, si veda: Porfirio, Vita Platini, 23 (cfr. Porphyre, La vie de Plotin, voli. I-II, a cura di L. Brisson, J-L. Cherlonneix, M.-0. Goulet-Cazé, R. Goulet, M.D. Germek, J.-M. Flamand, S. Matton, D. O'Brien,J. Pépin, H.D. Sa:ffrey, A.-Ph. Segonds, M. Tardieu, P. Thillet, Pa ris, 1992, vol. II, pp. 294-96) ; Casei, op. cit., pp. 1 1 5 sgg.; H. Lewy, Chaldaean Oracles and Theurgy, Paris, 1 978, pp. 368-75, 487-89; Gatti, op. cit., pp. 83 sgg., 92 sgg., 98, 124 sgg., 1 62 sgg.; ragguardevole anche Lucrezio, V, 1203: « sed [pietas] mage pa cata posse omnia mente tueri '' ( « ma [la pietas] è soprattutto poter contemplare tutto con mente acquietata » ; cfr. V, 37-55; VI, 58-79 e Cicerone, De fin., V, 29, 87. Si veda anche Agrippa, De occulta philosophia, pp. 545-46. 107. Il testo compare alle cc. 503r-504v del ms. cartaceo, se gnato Magi. VIII. 6, della Biblioteca Nazionale di Firenze. Si tratta di una miscellanea a più mani, dell' inizio del XVII seco lo, contenente soprattutto opere del Campanella. L'amanuen se che redasse queste ultime è lo stesso che copiò la Prattica. Al-
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> e della . 1 �0 La quiete della sessio del De umbris che consente una « conoscenza soprannaturale e sovrasensibile >> , e la « mor te >> e « rinascita >> di Atteone, appaiono dunque come due modalità, psicologicamente omologhe, di una stessa tec nica meditativa, protesa innanzi tutto a far tacere i « fan tasmi >> del mondo sensibile, per poi rivolgere l'anima ver so la visione della verità. 1 3 1 Semmai, si può rilevare che la descrizione del processo psicologico del > inte gra e arricchisce di particolari fisiologici, esperienziali ed umani il significato della sessio del De umbris. Questa appa re, se consideriamo che proprio il De umbris costituisce l' incipit nella cronologia delle edizioni e del pensiero bru niani, come una sorta di > anticipatore e pro grammatico di ciò che verrà sviluppato, tre anni dopo, nelle pagine dei Furori, dove si descrivono, per così dire, 1 29. Cfr. Furori, p. 788. 1 30. Dialoghi d 'amore, a cura di S. Caramella, Bari, 1 929, 1 77-78. 1 3 1 . Spaccio, p. 537; Furori, p. 918.
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le vicissitudini dell'anima e le sue « battaglie », 1 32 che por ta all'acquietamento o mortificazione dei sensi e delle passioni, ossia lungo la gradazione dei mistici incendi d'> per l ' « amato >> verso il fine della deificatio. 1 33 Esemplare l'inizio del « Dialogo terzo >> della « Parte se conda >> dei Furori, dove il « furioso >> , proprio « posando sotto l'ombra d'un cipresso >> (il lemma « posare >> indica qui lo stato di quiete dell'anima, 1 34 mentre il cipresso sim boleggia la condizione di « morte >> del filosofo che prelu de alla sua « rinascita >> 1 35) si « accende >> di spiri tale eroti smo che lo innalza, attraverso varie tappe fisiologiche, al simbolico colloquio tra gli « occhi >> ed il « cuore >> , fino all' « assorbimento >> beatifico nella luce, nel bene, nel bel lo. 1 36 La sessio, in questo senso, annuncia l'entusiasmo ra1 32. Cfr. Furori, pp. 763 sgg. ( « guerra civile >> , ,, milizia >> ) ; 786-87 e sgg. ( « guerrieri ) ; 798-99 sgg. ( > . 1 35 . La metafora, ma con valenza poetico-esortativa e retorica, già ricorre ibid., alle pp. 78 1-85: « O monte [Parnaso] o dive [Muse] o fonte [eliconio] l ov'abito, converso e mi nodrisco; l dove quieto imparo et imbellisco; l alzo, avviv' orno, il cor, il spirto e fronte: l morte, cipressi, inferni l cangiate in lauri, in astri eterni [ . . . ] monte dove ascendendo "inalzo" il core; Muse con le quali versando "avvivo" il "spirito"; fonte sotto li cui ar bori poggiando adorno la "fronte"; "cangiate" la mia "morte" in "vita", gli miei "cipressi" in "lauri", e gli miei "inferni" in "cieli"•• : cioè destinatemi immortale, fatemi poeta, rendetemi illustre, mentre canto di morte, cipressi et inferni. 1 36. Ibid. , pp. 923-34.
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zionale del « furioso » : 1 37 essa annichilisce gli eserciti dei « bassi pensieri >> e l'anima contemplante può farsi rapire dagli > , , l ' > il mistico e vi rimane ,, affiso >> , cioè intensa mente fisso, immobile, perché più potente di tutti e governatore della universale simpatia magica delle cose: De vinculis, p. 492: . Per Bruno « Cupido >> è straordi nario > che accende il desiderio dell ' •• amante >> verso l ' > , li mescola in una sola metamorfosi, in cui quello > e dimora in questo. 148 Il motivo del « calore >> o « fuoco >> che con il suo fervo re innalza il •• furioso >> riprende la fisiologia aristotelica e galenica che vede nel cuore il caloris fans, la sede del ca lore innato, la cui vitalità percorre l'intero organismo umano, i sensi, le passioni e i moti dell'animo. 149 Dal cuo re gli spiriti animali, sostanza pura e tenuissima, afflui scono al cervello e sono causa degli effetti psichici più 145. L'immagine delle ali che innalzano l'anima è platonica, cfr. sopra la nota 84. 146. L'oro come me tafora della condizione di suprema ric chezza interiore, propria del sapiente è in Platone, Phaedr. , 279b-c; cfr. Plotino, l, 6, 5. 1 47. Alla p. 924, ma si vedano anche le pp. 785 sgg.; cfr. Cande laio, pp. 48-49: del filosofo, del sapiente, del mago, che " contrahasi quanto è possibile in se stesso, di sorte che non sia simile a molti », 153 tecnica che può indurre a > il divino. 1 54 Bruno inserisce la propria pratica della contractio animi155 in una nobilissima tradi zione paradigmatica di celebri personaggi che l'avrebbe ro attuata, ritirandosi e raccogliendosi in eremi solitari. 156 The Allegory ofLove, Oxford, 1 95 1 , pp. 44 sgg.; Wind, Misteri pa gani nel Rinascimento, cit., pp. 67 sgg., 1 75 sgg. Si veda in parti colare il citato El libro dell'amore di Ficino. 153. Furori, pp. 888-89. 154. Ibid., p. 82 1 : « perché già avendola contratta in sé, non era necessario di cercare fuor di sé la divinità •• ; p. 932: « avendo contratta in sé la divinitade, è fatto divo ». Cfr. i vari luoghi di scussi in Tocco, op. cit., pp. 76-81 . 1 55. La terminologia in quanto tale è di vulgata tradizione psi cologica latina: Zac., 1 1 , 8: « con tracta est anima mea " ; Lucre zio, V, 1 2 1 8: « animus contrahitur »; Cicerone, Q. Fr. , l, l , 1 : •• ne contrahas ac demittas animum ». 1 56. Cfr. Spaccio, p. 645: •< l'Eremo, la Solitudine: che sogliono parturir quel divino sigillo ch'è la buona Contrazzione ».
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Pitagora, dopo dieci anni di vita in solitudine, fu capace di contemplare la natura; Zoroastro, dopo un ventennio in simile condizione, poté perfezionare tutte le arti magi che e divinatorie; Mosè, tornato dal deserto, vinse i ma ghi del faraone; Gesù cominciò ad operare cose meravi gliose dopo che nel deserto aveva sconfitto le diaboliche tentazioni; anche Raimondo Lullo e Paracelso poterono eccellere nelle loro arti grazie all'esercizio della contra zione. La contrazione che scaturisce dalla fede può spo stare le montagne, la speciale contrazione che rende l'a nima capace di varcare i limiti corporei permette alla stessa di errare liberamente e vedere altrove, come ac cadde alla psiche di Clazomenio e a quella del sacerdote Cornelio. La contrazione che nasce dal vivido desiderio permise a Giacobbe di far partorire agnelli di diverso co lore. San Tommaso Aquinate, uomo di « eminente capa cità contemplativa >>, si sollevò nell'aria grazie ad un'in tensa contrazione; Polemone accademico era così con tratto in sé da non accorgersi dei morsi dei cani che lo di laniavano, e Lorenzo stava sui rovi arden ù come su un giaciglio di rose. 1 57 Questi episodi ed altri sono tratti e in terpretati da diverse fonti classiche e bibliche, mediate soprattutto dai testi di Ficino e Agrippa, 1 58 e che il Nolano riporta nel Sigillus sigillorum/59 dove sono inseriti all'in terno dei quindici tipi di contractio elencati. La contrazione si presenta così come uno strumento 157. Considerati certi esempi mi domando (e il lettore mi con ceda l' azzardo di questa mera ipotesi) se Bruno, che era natu ralmente dotato della capacità di contrarsi fin dalla tenera età ( Sigillus, II, 2, pp. 184-85) e praticava simili tecniche interiori di estraneazione, non ne abbia fatto estremo uso nel suo tragi co supplizio. Significativi a proposito i Furori, p. 893 (cfr. qui sotto la nota 1 62) , dove si afferma che la contrazione eroica in duce a non temere la morte né a soffrire « dolor di corpo >> . 1 5 8 . Rinvio per l e fonti e d i riscontri storici d i questi personag gi ed episodi a: G. Bruno, Le ombre delle idee. Il canto di Circe. Il si gillo dei sigilli, introduzione di M. Ciliberto, traduzione e note di N. Tirinnanzi, Milano, 1 997, pp. 378-80, 383-84 387-89. 159. Il, 2, pp. 1 80-93.
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potente, artificialmente ottenuto grazie ad un'intensa concentrazione, che da un lato è compartecipe dell'atto contemplativo e della sua sessio, mistica stasi, ma da un al tro costituisce il veicolo psicologico per l'ascesa, il piedi stallo per l' agire del « furioso » . Chi ne è in grado ne potrà poi fare l'uso più opportuno secondo le proprie capacità, come dimostrano le diverse, straordinarie imprese di Pita gora o di Mosè, di Cornelio o di Giacobbe, ecc. La con trazione bruniana si caratterizza pertanto come una sorta di condizione fisiologica adatta al raptus mistico - Bruno cita espressamente il raptus Pauli -, 160 connotata da un for te stato emozionale e di esaltazione: « ecco il Furor divino, Entusiasmo, Rapto, Vaticinio e Contrazzione, che versano nel campo dell 'Inspirazione '', 161 condizioni che evocano pratiche magico-te�rgiche, di trance e invasamento. Si legge nei Furori: « E tanta la virtù della contemplazione (come nota Iamblico) che accade talvolta non solo che l'anima ripose da gli atti inferiori, ma et oltre lascie il cor po a fatto. Il che non voglio intendere altrimenti che in tante maniere quali sono esplicate nel libro De' trenta sigil li, dove son prodotti tanti modi di contrazione. De quali alcune vituperose, altre eroicamente fanno che non s'ap prenda tema di morte, non si soffrisca dolor di corpo, non si sentano impedimenti di piaceri: onde la speranza, la gioia, e gli diletti del spirto superiore siano di tal sorte intenti, che faccian spente le passioni tutte che possono aver origine da dubbio, dolore e tristezza alcuna » . 1 62 1 60. Ibid. , II, 2, p. 1 9 1 . La citata operetta di Ficino De raptu Pau li commenta l' iter estatico al terzo cielo di san Paolo, in riferi mento a 2 Cor., 1 2 , 2-4. 1 6 1 . Spaccio, pp. 615-17; cfr. De monade, I, 2, p. 457: Mosè, Giob be, David, Salomone, Esiodo, Orfeo e le Sibille spiegarono i si gnificati della parola divina perché « presi da repentino furore si resero ricettacoli ( vasa) della divinità che parla ». Notevole an che la Lampas, p. 1 232 (si veda qui la nota 1 65) : l' enthusiasmus è una sorta di irradiazione, fulgore, calore bruciante dello spirito che spinge l' > ; 1 63 e ancora: > si espellono i demoni maligni. 1 64 N ella Lampas 165 è detto che si può accedere a stati di conoscen za superiori per mezzo di > ; « quod [orda mundi rationalis] est veluti speculum quoddam vivens, in qua est imago erum naturalium et umbra divinarum >> . 1 75. È la teoria degli eidola della fisica atomistica: cfr. Zeller e
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osserva che la percezione sensoriale delle cose naturali avviene perché, per influenza della luce che costituisce il veicolo delle immagini (forme e colore) , 176 la superficie di una qualsiasi cosa emana un effetto che riproduce la forma della stessa cosa, che viene così recepita come im magine dall' occhio esterno; 1 77 b) la luce, « che è una certa sostanza spirituale •• , 178 im mette nei sensi interni, tramite la vista, tali immagini. Queste vengono ) . 184. In Enn. , IV, 3, 30, in opera, vol. II, p. 1 739 (cfr. Plotino, III, 6, 4; IV, 3, 23-3 1 ) ; si veda Klein, op. cit., pp. 62-66; Canone, Phan tasia/imaginatio, cit., pp. 239-40: De Rosa, op. cit. , pp. 39-47. 185. Sul > e i sensi interni, cfr. sopra le note 1719 e 71. 186. Il filosofo di Nola, sia nella terminologia che nei concetti, riprende tutte queste tematiche inerenti l ' imaginatio e la phan tasia dal De insomniis del neoplatonico Sinesio, testo che cono sce nella versione latina (De somniis) dì Ficino, realizzata intor no al 1488, apparsa per la prima volta presso Aldo Manuzio a Venezia nel 1 497, e successivamente ristampata (nel 1 5 1 6 an cora presso Aldo, insieme al De mysteriis di Giamblico e ad altre
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mente nei primi capitoli, che il Nolano spiega con mag giore chiarezza il senso della sua ' imaginatio razionale' e ne d,e finisce funzioni e fini. Qui Bruno ripropone più volte la metafora sinesiana dello specchio, riferendola al lo stesso modo sia alla ratio sia ali' imaginatio: tale coinci denza stabilisce che unico è lo specchio (appunto l'im maginazione razionale) che riceve e riflette le immagini o « ombre '' delle idee, indipendentemente e al di sopra dell'esperienza del mondo sensibile. Il motivo è quel lo dello speculum animae platonico e neoplatonico 187 ed esprime il concetto dell'omologia o corrispondenza o concordanza tra il « modello '' metafisico e la sua « imma gine ••, tra l'originale e la sua riproduzione, specularità immaginale che accorda il visibile interiore con l'invisibi le divino. Chi pone in atto un simile processo è, in ultima analisi, la stessa anima 188 che, avendo in sé i princìpi ra zionali di tutte le cose, li proietta sulla fantasia o immagitraduzioni ed opere di Ficino) , e n eli' Opera omnia ficiniana di Basilea del 1576 (vol. Il, pp. 1968-78) ; per i riferimenti biblio grafici in merito cfr. A. Rabassini, Il De somniis di Sinesio tradotto da Ficino, in « Accademia •• , l ( 1 999) , pp. 153-54. Sulla dipen denza bruniana da Sinesio si confrontino in particolare i capi toli 1-2 e 1 2-16 della prima parte del De imaginum compositione (Il, 3, pp. 94-98 e 1 1 8-22 ) , con i capitoli 2-7 e 14-15 del tratta tello sinesiano (nella versione ficiniana, in Opera, vol. Il, pp. 1969-72 e 1975-76 ) . Cfr. Bundy, op. cit., pp. 147-53; Klein, op. cit. , pp. 52-56; M. Di Pasquale Barbanti, Ochema-Pneuma e Phan tasia nel Neoplatonismo, Catania, 1998, pp. 1 57-86. 187. Platone, Tim. , 71 a-b; Plotino, l, 4, 10; Proclo, In Eucl. , 121 e 141; cfr. A. Charles, L'imagination, miroir de l'iime selon Proclos, in Le néoplatonisme, Colloques internationaux du CNRS: Scien. Hum. (Royaumont, 1969) , Paris, 1971, pp. 241-48; J. Trouil lard, La mystagogie de Proclos, Paris, 1982, pp. 37-69; E. Moutso poulos, Le problème de l'imaginaire chez Plotin, cit. , pp. 47-48, e Parcours de Proclus, Athènes, 1 994, pp. 38-39. 188. De imaginum compositione, Il, 3, p. 1 20: « Ex hisce manifestum est potentiam istam imagin_um esse effectricem, vel qua anima imaginum est effectrix » (> e « discorsività >> che sancisce e rende stabile la vitalità dei processi del pensiero come la veridi cità delle più alte speculazioni intellettuali. Per contro ogni disordine delle immagini, ogni loro caotica agitazio ne dinanzi all' oculus mentis non può che produrre un > confuso e infruttuoso. Si può meglio capire ora quanto dicevamo sopra circa l' opportunità nella contemplazione di rifuggire i disarti colati « fantasmi >> , ed invece seguire lo stato della sessio sub umbra, quella quiete interiore che permette alla fanpi margine quicquam >> ( •.
Matematiche astrazioni Il tipo di immagine mentale che più di ogni altra ga rantisce un veritiero incontro, se non uno sposalizio, tra l'intelletto e l'intellegibile, è l'immagine astratta, mate matica, ossia figurata attraverso numeri o linee. 196 In que sto modo l'intelletto, in una sorta di ascesa aniconica, di cui si è già detto, è come se abbandonasse le innumere voli figurazioni inventate dall'immaginazione per astrarsi ulteriormente. 1 97 L'astrazione riguarda difatti una facoltà rivolta verso operazioni superiori a quelle proprie della stessa fantasia. 1 98 Bruno addirittura distingue due tipi di contractio: la prima per contemplare immagini prodotte e inventate su forme materiali, la seconda su quelle nume riche. 1 99 Si legge nel Sigillus che Apollo ispira i numeri ai vati, « cosicché tu comprenda che i numeri non sono al tro che certi limpidi princìpi metafisici, fisici e razionali, che sia la materia che l'intelletto, quando si dispiegano e si espongono alla forma superiore o luce, sono in grado di concepire in sé secondo l'una o l ' altra modalità di co noscenza '' . 200 Un simile denudamento o liberazione progressiva delle 196. Cfr. , oltre a Bonker-Vallon op. cit. , anche S. Otto, Figur, Imagination, Intention. Zu Brunos Begriindung seiner Konkreten Geometrie, in Die Frankfurter Schriften Giordano Brunos und ihre Vo raussetzungen, a cura di K Heipke, W. Neuser e E. Wicke, Weinheim, 199 1 , pp. 37-50. 197. Sigillus, II, 2, p. 2 1 3: « Sic enim per concretionem intelligi bile unum et verum ad nos ascendit, quemadmodum necessa rium est nos ad ipsum per abstractione ascendere »; ma cfr. pp. 196-97, 2 1 2-17; qui sotto la nota 202. 198. Cantus, II, l , p. 229: « abstractio pertinet ad superiorem fa cultatem, quam sit ipsa phantasia >> . 199. Sigillus, Il, 2, pp. 2 1 3-15. 200. Ibid., Il, 2 , pp. 2 1 4-15: > .
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immagini mentali, che privilegia l'aniconismo numerico e geometrico in una sorta di apofatica ricerca della luce, viene affermato nella Causa201 in due formidabili brani: « l'intelletto, volendo liberarse e disciorse dall'imagi nazione alla quale è congiunto, oltre che ricorre alle ma tematiche et imaginabili figure, a fin che o per quelle o per la similitudine di quelle comprenda l'essere e la su stanza de le cose, viene ancora a riferire la moltitudine e diversità di specie a una e medesima radice: come Pitago ra che puose gli numeri principii specifici de le cose, in tese fundamento e sustanza di tutti la unità: Platone et al tri che puosero le specie consistenti nelle figure, di tutti il medesimo ceppo e radice intesero il punto come su stanza e geno universale »; « quando l'intelletto vuoi comprendere l' essentia di una cosa, va simplificando quanto può: voglio dire, dalla composizione e moltitudine se ritira rigittando gli acci denti corrottibili, le dimensioni, i segni, le figure, e quel lo che sottogiace a queste cose. Così la lunga scrittura e prolissa orazione non intendono, se non per contrazzio ne ad una semplice intenzione: l'intelletto in questo di mostra apertamente come ne l'unità consista la sustanza delle cose, la quale va cercando o in verità o in similitu dine >> . La motivazione filosofica di tutto ciò consiste nel fatto che per Bruno la guida sicura e irri i mnciabile della sua ascesa gnoseologica è la > , la « misura >> (di cui la > è il principio) , che pervade, pur in di verso grado ma unitariamente, sia la somma Mente divi na che la Natura e l'Intelletto umano: ratio che trama dunque per intero la molteplicità, la diversità, ma anche le analogie e l 'unità di quel mundus triplex di cui si è par20 1 . Alle pp. 285 e 287. Cfr. Sigillus, II, 2, p. 2 1 1 : > - e che la luminosità ideale compenetra la nostra ragio ne attraverso la funzione mediatrice dei numeri - « sicut et illa rum claritas nostrae rationis per media mathemata sese intru dit » ) e Proclo (In Eucl. , Prol. , 5-6, ricordando Platone, Resp., 514a sgg.; cfr. Platino, l, 3, 3 ) , il quale osserva come la scienza matematica conduca alla contemplazione, e guidi dalle tene bre alla luce intellettuale. Sulla geometria quale strumento gnoseologico in riferimento ad Aristotele e san Tommaso: P. Hoenen, De noetica geometriae origine theoriae COf:�titionis, Romae, .
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umano, ecco che le forme, qualsiasi manifestazione, i deale, fisica o mentale sottendono o esplicitano la logica di una simile ratio. « Tutti i sapienti ,, si dice nel Sigillus203 « concordano nel sostenere che anche la matematica contribuisce alle ope razioni dell'animo, perché quello che è visibile è imma gine di ciò che è invisibile. Così, come in uno specchio, gli enti che sono nel mondo intelligibile divengono ma nifesti nel mondo sensibile. Qui si muovono, si differen ziano, là invece rimangono immobili, secondo una ragio ne perpetua e immutabile. La matematica insegnando ad astrarci dalla materia, dal moto e dal tempo, ci rende ca paci di intendere e contemplare le specie intelligibili. Perciò Pitagora, Platone e tutti quelli che cercarono di insegnarci cose difficili e profonde non usarono altri strumenti se non la matematica •• . È evidente che l a concezione della matematica bru niana, potente strumento astrattivo per la gnosi con templativa e cifra essenziale del creato, su cui scrive straordinarie e appassionate pagine soprattutto nel De minimo e nel De monade, niente ha a che fare con la quantità volgarmente intesa.204 Il numero, la monade e il 1 954, pp. 8-1 5 , 223 sg., 260 sgg.; si veda in.fra il commento alle figure del De minimo e del De monade. 203. II, 2, pp. 1 94-97: « Videto primum quatuor internos ac tuum rectores: amorem, arte m, magiam, mathesim [ . . . ] Mathesis quoque conferre ad opus animi omnes sapientes con sensere; visibilia namque invisibilium sunt imagines. Velut enim in speculo ea, quae sunt in mundo intelligibili, praesen tia fiunt in mundo sensibili. Hic sunt in motu, in varietate; ibi vero in perpetua stabilique quidam ratione consistunt. Mathe sis docens abstrahere a materia, a motu et tempore, reddit nos intellectivos et specierum intelligibilium contemplativos. Ideo que Pythagoras, Plato et omnes, qui res profundas atque difficiles nobis sunt insinuare conati, aliis quam mathematicis mediis non unquam usi sunt >> ; cfr. De immenso, I, l , pp. 297-99; De umbris, pp. 52 ( Conceptus XI) , 56-57 ( Conceptus XX e XXI) ; Lampas, III, pp. 1 200-1 202 (« unde bene dicitur species rerum esse sicut numeros " ) ; Tocco, op. cit., p. 1 72. 204. De monade, l, 2, pp. 332-34; Sigillus, Il, 2, p. 2 1 4.
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minimo sono realtà ontologiche che si moltiplicano ed espandono secondo un movimento che investe tutti i mondi, costituendo così lo scheletro dinamico del cor po dell'universo. Questa scala di numeri, linee, poliedri e così via, coniuga e lega il microcosmo con il macroco smo, facendo sì che la numerologia e la geometria di vengano anche il linguaggio simbolico per eccellenza dell'immaginazione creatrice e dell 'intelletto, perché esse di fatto ne esprimono la vera essenza e nel contem po ne rappresentano il più segreto lessico. Nel De mona de 205 si precisa che i numeri di questo genere furono quei princìpi che permisero ai maggiori saggi dell'anti chità, come Pitagora, Aglaofamo, Zoroastro ed Ermete, di cooperare con l' « operante natura '' , e che « Platone pose figure di questo tipo al di là delle cose sensibili » . Il Nolano, riprendendo Ficino, 206 celebra con questi alti sonanti nomi la prisca theologia, presentandosi come il più nobile epigono di quell'antica e autorevole tradizio ne filosofica. Bruno applica le modalità o tecniche > . « Onde ,, raccon ta il Ciotti « quando fui a Francoforte, parlai con diversi scolari, che erano andati alla sua lezione in quella città mentre è stato lì, e che avevano avuto una pratica e conversazione; da quali mi fu detto in surnrna, che [ . . . ] Iordano faceva ben professione di memoria e d'aver altri secreti simili, ma che non si era mai visto ch'egli avesse fatto opera con alcuno, anci, che tutti coloro che avevano a far seco per simili cose, erano stati mal sotisfatti ''· 208. Cfr. soprattutto il De vinculis, pp. 4 1 4 sgg.; De magia math. . pp. 134 sgg.; De magia, pp. 1 62 sgg. 209. De magia math., pp. 1 3 sgg.; De magia, pp. 223 sgg.; le fonti del Nolano sono soprattutto Psello (De daemonibus: cfr. la ver sione di Ficino, in Opera, vol. Il, pp. 1939-45 ) , Triternio ( Stega nog;raphia) e Agrippa. 210. De magia math. , pp. 1 1 8-38 ( « De septern electis plantis, sep tern planetarurn influentiarn habentibus, et virtutern a superiori bus naturalibus virtutibus percipientis et largientibus >> ; « De lapi durn virtutibus >> ; « De anirnaliurn virtutibus » ) ; le fonti di Bruno sono Alberto Magno (De mineralibus) , lo pseudo-Aiberto Magno (De mirabilibus; De vegetabilibus; Liber secretorum) e Agrippa.
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secondo una visione del tutto consona ai suoi tempi. Tut tavia, pur ripercorrendo motivi magico-teurgici già pre senti nel De radiis e nel Picatrix, in Ficino e in Agrippa, il Nolano costruisce i suoi sigilli2 11 in maniera del tutto par ticolare, perché in essi fa confluire il disegno immagina tivo e la ratio matematica, 212 la sua geometria noetica2 1 3 e, soprattutto, li costruisce con le proprie mani. Nel De imaginum compositione214 si precisa che, per quanto concerne il « luogo » ( « Quod ad locum attin tet » ) , l'esperienza dimostra che •de immagini sono me glio inserite dentro e trattenute negli angoli e nei ricetta2 1 1 . De magia, p. 196: " ita et no bis cum certo numinum genere, non nisi per definita quaedam signa, sigilla, figuras, characteres, gestus et alias ceremonias, nulla potest esse participatio. Qui ma giae ergo praesertim ea specie, quae theurgica est, sin e huiusmo di vocibus et scripturis vix quippiam poterit magus promovere >> (« così per noi non ci può essere alcuna partecipazione con un certo tipo di divinità, se non attraverso certi determinati segni, si gilli, figure, caratteri, gesti e altre cerimonie. Pertanto, senza for mule magiche e scritture di tal fatta, a stento qualche mago potrà riuscire, specialmente in quel tipo di magia che è la teurgica >> ) . 212. De magia, p. 1 68: " [magia mathematica] habet enim simili tudinem cum geometria propter figuras et characterismum; cum musica propter incantationem; cum arithmetica propter numeros, vices; cum astronomia propter tempora et motus; cum optica propter fascinia, et universaliter cum universo mathematices genere, propter hoc quod ve! mediat inter ope rationem divinam ve! naturalem, ve! participat de utraque, ve! deficit ab utraque >> ( " [la magia matematica] ha infatti somi glianza con la geometria per le figure ed i caratteri; con la mu sica per gli incantamenti; vicendevolmente con l'aritmetica per i numeri; con l'astronomia per i tempi e i moti; con l'ottica per le fascinazioni, e generalmente con ogni genere di matematica, perciò o media fra l'opera divina e quella naturale, oppure par tecipa di entrambe, o si sottrae a entrambe >> ) ; cfr. Agrippa, De occulta philosophia, pp. 249 sgg. (Libro II, capitoli 1-4 e 23) . Si ve da la nota 38 dell'Explicatio. 2 1 3. Sui poteri magici dei numeri e delle forme geometriche cfr. Agrippa, De occulta philosophia, pp. 249 sgg., 3 1 9-2 1 . 2 1 4. II, 3 , p . 1 24.
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coli scavati » ( « et experimur imagines in angulis incavis que susceptaculis melius immitti et retineri » ) . Il brano testimonia come il solco dell'incisione, con la sua spe cifica profondità e cavità, sia importante per rendere più ricettivo il sigillo o il talismano che deve recepire, ren dersi >, ovvero: « Intra presa l'opera, per condurla a termine nel modo più ac curato, non solo incise di propria mano le figure, ma si prestò anche a curarne personalmente la revisione >> . Si noti che il verbo sculpere è specifico lemma tecnico, nelle antiche stampe, per indicare il lavoro di chi incide con bulino o sgorbia su metallo o legno, ossia riporta il dise gno sulla lastra. Le xilografie del De triplici minimo sono dunque auto grafe di Bruno e costituiscono di conseguenza il termine artistico di paragone per riconoscere, attraverso un ade guato confronto critico e stilistico, quali altre tavole pos sono attribuirsi alla sua mano, tra le numerose che com paiono nell'insieme dei suoi libri, e quali invece furono eseguite da artisti diversi. Dal punto di vista stilistico non possiamo che constatare, anche ad un primo sguardo, la cattiva qualità di tali xilografie. Devo sottolineare a tale proposito che, avendo personalmente esaminato con len ti e lampade speciali tutte le stampe originali del Corpus iconographicum bruniano, queste del De triplici minimo (co me d'altra parte tutte quelle attribuibili al Nolano) ap paiono nell'esecuzione manuale e grafica assai imprecise e approssimative. Infatti, sempre ad un'attenta osservazio ne lenticolare , si nota che il solco dell'intaglio dovuto alla sgorbia, nelle 33 xilografie del De minimo, presenta conti nuamente numerosi graffi laterali, che fuoriescono dallo stesso solco centrale, denunciando così come la mano di 224. l, 3, p. 123; nell'edizione originale c. a2v; si veda Spampa nato, op. cit., p. 66; Salvestrini, op. cit. , pp. 143-44.
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Bruno correva incerta sul legno che incideva, deviando continuamente dal senso rettilineo del taglio. Inoltre l'ampiezza dei solchi delle linee risulta disomogenea, a te stimoniare che la pressione della sgorbia che scavava il le gno era incostante. La maldesua imperizia del Nolano co me « artista >> risulta pertanto palese: egli non padroneg gia affatto l'arte incisoria, eppure sceglie di essere lui stes so l'artista che realizza le stampe che illustrano il De mini mo, come accade del resto anche per numerose immagini di altri suoi volumi. En passant si può inoltre considerare che il Nolano non era digiuno della prassi tipografico-edi toriale se a Ginevra, nel 1 578, alcuni esuli italiani gli ave vano trovato un lavoro in tipografia quale correttore di bozze.225 Esperienza che, mi pare, avrebbe dovuto dargli una qualche dimestichezza con il mestiere e suggerirgli, per una migliore riuscita delle « sue >> illustrazioni, di affidarne l'esecuzione ad un incisore vero e proprio. Ma non fu così per la maggior parte del Corpus. La diversa scelta di Bruno si configura dunque come deliberata, e ri flette quelle motivazioni magiche e operative della teoria e della pratica filosofica bruniana sopra considerate, non ché la sua concezione di un'espressività estetica che poco concede all'eleganza formale.226 Il pensiero del Nolano sembra completamente assorto nelle sue ricerche > e nella loro immediata, veemente227 rappresentazio ne, più che rivolto ad un' espressività ponderata: lo inte ressa soprattutto il fine, il pronto risultato della sua spe culazione, più che il mezzo con cui la racconta o descri ve. Lo strumento dunque, verbale o iconico che sia, non necessita di belletti o di speciale eleganza per comunica re i rapidi processi del pensiero bruniano, bensì serve a 225. Cfr. Spampanato, op. cit. , p. 700 (Documenti vene ti, IX) . 226. Cfr. A. Mariani, La negazione bruniana dell 'estetica, in > ) , 228 se le lettere della tavola XX (Atrium Minervae; ma lo stesso accade nelle tavole VII, VIII e XVIII) 229 sono ottenute con i caratteri tipografici del testo e non intagliate con la sgorbia come solitamente succede.230 Si tratta di evidenti sostituzioni di lettere incise con quelle prodotte dai piombi tipografici, fatto che emerge anche dalla collocazione di alcuni caratteri tipo grafici (L, T, I, H, N, M) . Tant'è che questi caratteri sono posti su piccole abrasioni del legno (fenomeno inusuale alla tecnica grafica di Bruno) , le quali, nella xilografia, appaiono come una sorta di bianche aureole intorno a ciascuno di tali caratteri. Tutto ciò lascia intendere che qui la qualità formale delle lettere incise da Bruno fosse risultata così scadente da rcnderle incomprensibili, per cui non sarebbe rimasta altra possibilità che quella di so stituirle (perciò le piccole abrasioni che le hanno 'can cellate' ) , ponendo al loro posto le nitide lettere tipo-
228. Cfr. in fine al commento della tavola I dei Dialogi duo. 229. Cfr. la numerazione delle immagini riprodotte e ricostrui te nel commento al De minimo. 230. Si vedano, ad esempio, le lettere alfabetiche nelle altre, di verse figure del De minimo, oppure, caso emblematico, si noti che nella tavola III ( Quadra Mordentii) , in alto, la lettera A ri sulta scolpita, mentre F e G sono tipografiche.
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grafiche, probabilmente per non perdere del tutto il le gno ormai compromesso. Le svariate mende e le loro parziali correzioni che s'incontrano tra le lettere e i nu meri dei legni bruniani - come dimostrano in particolare le due versioni della tavola I del Mordentius e la tavola VII del De lampade combinatoria - documentano che Bruno non faceva disegni preparatori delle sue stampe, ma inci deva direttamente sul legno la sua immagine mentale, salvo poi rettificare certe pecche prodotte dalla sua im perizia. In secondo luogo si nota che le lettere incise presenta no specifiche particolarità, per dir così, grafologiche: ad esempio la forma delle lettere G e M. Nella prima il se gno della parte superiore è solitamente caratterizzato, ri spetto al corpo della lettera, da un tratto un po' agget tante, mentre la parte inferiore tende a chiudersi in se stessa a mo' di chiocciola; nella seconda le due aste ester ne maggiori tendono a divaricarsi in modo esagerato. Inoltre è tipico della mano di Bruno marcare le estremità delle singole linee che compongono una lettera con una maggiore pressione della sgorbia, la cui punta incavata lascia così quelle piccole forme triangolari che concludo no, per esempio, le aste laterali delle lettere H o N, op pure le estremità della K, della T o della V, o di altre let tere ancora. L'insieme di questi dati, meramente tecnico-grafici, che si traggono dalle xilografie del De minimo, costituisco no, in effetti, la firma " artistica » del Nolano e, nel con tempo, assurgono a modello della sua techne. Grazie ad essi mi è stato possibile - studiando e confrontando graficamente e con gli strumenti appropriati, come detto sopra, ogni singola incisione del Corpus iconographicum bruniano - individuare, con notevole margine di certez za, quali xilografie si debbano alla mano del filosofo e quali ad altra. Di ciò si darà ragione, di volta in volta, nel commento iconografico a ciascuna di esse. Infine, consideriamo la funzione delle xilografie bru niane nel rapporto testo-immagine. Innanzi tutto si deve constatare che spesso il testo bruniano non spiega affat-
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to, o lo fa in maniera oscura, il senso dell'immagine a cui si riferisce, e quest'ultimo aiuta ben poco a comprendere quello (basti ricordare le incisioni dei Triginta sigilli e le loro spiegazioni, oppure quelle degli Articuli adversus mathematicos e del De insomniis) . Una simile discrasia tra testo e immagine, di cui si ignorano obbiettivamente le ragioni, ci obbliga alla seguente riflessione : o in Bruno tale carenza di rapporto è conseguente ad una cattiva ela borazione e composizione dell'opera in quanto tale (ipo tesi francamente poco credibile, considerando le notevo lissime capacità intellettuali e organizzative di Bruno, nonché il fatto che seguiva personalmente la cura delle proprie opere) , oppure tale carenza è calcolata in base al fatto che sia il testo che le immagini sono indipendenti, ovvero l'uno può assolvere la propria funzione didattica a prescindere dall'altro. Il testo pertanto esplica concetti e ragionamenti in maniera autosufficiente, così come fa l'immagine. In questo caso (che ritengo più verosimile) l'immagine assume, nel libro, uno statuto di messaggio e di linguaggio autonomo. Ma come è possibile (e questa è la domanda chiave) che da un'immagine, composta da un semplice schema geometrico e da qualche lettera, certamente di per sé assai poco comprensibile, possa ri sultare un chiaro messaggio o un insegnamento per chi la osserva? La risposta mi pare sia proprio lo stesso Bruno a darcela, quando nel De umbrism afferma che, nella sua 231 . Cfr. p. 1 1 7: « Tu prout tibi commodius videbitur, ordinabis atque statues » ( « Tu ordinerai e collocherai le lettere [mnemo niche] come ti sembrerà più opportuno » ) ; p. 1 22: « Consulto piane industriae tuae committere placuit inveniendas con gruentes actiones, et organa, sive insigna: sicut enim singulis peculiares determinatorum hominum sunt magis notae et ce lebres effigies, ita etiam - cum trahat sua quemque voluptas [cfr. Virgilio, Ecl., II, 65] habent singuli quibus operibus in strumentis et insigniis, sollicitentur magis, magisque in affectus concitentur » ( « Dopo averci riflettuto ci è sembrato opportu no affidare interamente alla tua ingegnosità il compito di tro vare azioni convenienti e strumenti, ovvero insegne. Come in fatti a certuni sono più note e consuete le immagini di deter-
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ars, la disposizione e l'invenzione delle immagini menta li, come la combinazione dei subiecta con gli adiecta, gode di libertà applicativa, dipende cioè dal soggetto che pra tica questi tipi di esercizi interiori. In tal modo gli schemi bruniani, rispettate le coordinate ordinatrici dettate dal l' ars, non vincolano oltre il processo creativo delle imma gini e non necessitano, dunque, di un testo che li palesi apertamente. Ogni psicologia deve produrre i propri « fantasmi ••, dal momento che la memoria è sensibile sol tanto a quegli oggetti che intimamente « commuovono >> la nostra affettività. m Difatti ulteriori definizioni o regole scritte finirebbero per limitare e imprigionare tale creati vità, impedendole di nutrirsi liberamente dell'esperienza individuale, componente essenziale per l'apprendimen to di certe pratiche mnemonico-psicologiche e speculati ve. Semmai possiamo credere che le xilografie del Nola no costituiscano delle modalità esemplari, eccellenti: so no infatti il risultato dell'esperienza dello stesso Bruno, che si stima sommo maestro nell'arte della creazione del le immagini, e che non a caso realizza di persona gran minati uomini, così pure - poiché ognuno è attratto dal pro prio piacere - ciascuno di noi ha alcune azioni, strumenti e in segne da cui viene maggiormente stimolato e indotto a prova re degli affetti » ) ; p. 1 28: « Quam celebre si t hoc inventum me lius per usum et applicationem [ . . . ] poteris comprendere » (« Quanto magnifica sia quest'invenzione [la mnemotecnica bruniana] potrai comprenderlo attraverso l' esercizio e l' appli cazione » ) ; p. 1 7 4: « Quod si lubet adiecta ipsam in subiectorum rationem et vicem convertere, quid est quod te possit impedi re? » ( « Se poi preferisci convertire gli adiecta alla stessa ragione e impiego dei sostrati, cosa c'è che possa impedirtelo? » ) ; cfr. ancora p. 1 28 ( « non modicam ti bi tribuo facultatem » ) , p. 175 (« de bes eligere species »; « hoc ipsum tibi poteris adcommoda re >> ) e p. 176 ( « tuo o amice studio poteris provide re ) ; ma an che pp. 1 30-3 1 (si veda la nota 1 32 del De umbris ) ; Sigillus, II, 2, p. 1 93: « quot modis [ . . . ] novasque per teme t formandum et concipiendum impressiones valeas >> ( « e in quanti modi [ . . . ] tu possa essere capace da te stesso di formare e concepire nuo ve impressioni » ) . 232. Cfr. A d Herennium, III, 23, e , sopra, le note 40 sgg.
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parte delle sue illustrazioni. Sarà dunque la pratica di chi le metterà di nuovo in atto a conferire il senso di quelle mute figure. In altre parole, l'intelligenza delle immagini bruniane non dipende dal loro rapporto con il testo che le accompagna, ma dall'esperienza di chi le pratica. Tutte queste peculiarità tecniche e concettuali, che so no alla base del processo compositivo delle xilografie bruniane, le rendono inevitabilmente personalissimi prodotti del genio nolano, e ne giustificano l'originalità formale e iconografica che le caratterizza, spesso anche quando sono delle rielaborazioni di temi geometrici o cosmografici già noti. Infatti le incisioni con le caratteri stiche dei " sigilli '' o " diagrammi " che troviamo, per esempio, nel De minimo, nel De immenso, negli Articuli ad versus mathematicos, nell' Explicatio triginta sigillorum, nella Cena, non trovano riscontro iconografico nel panorama dei libri illustrati del Cinquecento inerenti l'arte della memoria, la filosofia, la cabbala, la criptografia, o temi astronomici e cosmologici. Basti confrontare le edizioni di Lullo o dijacobo Publicio, di Agrippa o di Tritemio, di Delminio Camillo, di Romberch o di Cosma Rosselli e di Giovanni di Sacrobosco, della Virga aurea, di Cusano o di Charles de Bovelles, che citiamo nel corso di questo lavo ro, per rendersi conto della singolarità dell'invenzione iconica di Bruno. Certo egli conosce queste opere e le il lustrazioni che le ornano, e sicuramente, come dimo strerà il commento alle immagini del Nolano, si ispira, ri prende, rielabora alcune di queste figure, ma sempre con quella libertà creativa che vola a comporre gli straor dinari disegni eh' egli vuoi vedere nella sua ascesa cono scitiva. Sostenuto da una poderosa capacità immaginale, il sophos di Nola produce così un Corpus iconographicum unico nel suo genere, che, per le astrazioni formali che sviluppa ed i significati gnoseologici e psicologici che as sume, non ha precedenti, né avrà epigoni nella storia della grafica e dell'illustrazione europea.
CORPUS ICONOGRAPHICUM
DE UMBRIS IDEARUM
De umbris idearum . , Parisiis, apud Aegidium Gorbinum, 1582 (Salvestrini, n. 32; Sturlese, n. 1 ) 1 . .
l . Al piede del contro-occhiello si troveranno i dati biblio grafici di ogni opera: si rimanda, indicandone i relativi nume ri di catalogo, ai lavori di V. Salvestrini e R. Sturlese citati nella Premessa. Il De umbris è composto da una prima parte, dove si ragiona della mnemotecnica in generale, stabilendone i fon damenti teorici, e di una seconda parte, intitolata Ars memo riae, dove se ne affrontano gli aspetti pratici e le regole combi natorie.
Il De umbris è il primo libro di Bruno con xilografie:2 apparve nel 1 582 a Parigi, nell'anno in cui vennero stam pati anche il Cantus Circaeus, il Candelaio e il De compendio sa architectura et complemento artis Lullii. Si tratta del testo fondamentale della mnemotecnica bruniana, composto per il sovrano francese Enrico III, il quale - racconterà Bruno - « mi fece chiamare un giorno, ricercandomi se la memoria che avevo e che professava, era naturale o pur per arte magica; al quale diedi sodisfazione; e con quello che li dissi e feci provare a lui medesimo, conobbe 2. La critica ha accertato, grazie ad esplicite ammissioni bru niane, che prima del De umbris sarebbero state stampate alme no altre tre opere: l'Arca di Noè ( tra il 1 568 e il 1 5 71 ) , un libret to intitolato De ' segni de' tempi, pubblicato a Venezia nel 1 577 o 15 78, e la Clavis magna, un trattato di mnemotecnica più volte citato nel De umbris. Non sono noti esemplari di questi libri: la Clavis magna avrebbe dovuto, quasi sicuramente, contenere il lustrazioni mnemoniche, così come accade nei consimili testi del Nolano sull'arte della memoria. In merito, anche per la bi bliografia e le fonti, rinvio a Spampanato, op. cit. , pp. 1 5 1-57, 274, 306; Salvestrini, op. cit. , pp. 47-64, 1 75-77; Sturlese, in Bru no, De umbris idearum, cit., pp. IX-XI.
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che non era per arte magica ma per scienzia. E doppo questo feci stampar un libro de memoria, sotto titolo De umbris idearum, il qual dedicai a Sua Maestà; e con questa occasione mi fece lettor straordinario e provisionato ». � La memoria di Bruno, che stupì il re di Francia, era senz'altro portentosa e coniugava doti naturali ad una di sciplina appresa e praticata fin dalla giovane età. Bruno, ancora « puer » , 4 cominciò a studiare il Phoenix, il trattato sulla mnemotecnica di Pietro da Ravenna/ autore che in seguito ricorderà, elogiandolo con ammirazione e come costante punto di riferimento della sua arte. Sulle ecce zionali doti memorative del Nolano, unanimemente rico nosciute, 6 scrive Leonardo Olschki: « Sappiamo da testi monianze e asserzioni irrefutabili che il Bruno fu dotato di una memoria prodigiosa. Egli rientra nella schiera dei dotti e pensatori che, come Pietro Ravennate, Pico della Mirandola e Tommaso Campanella, si distinsero nel Ri nascimento per questa caratteristica attitudine >> .7 Bruno, come narra il suo discepolo Raphael Egly, aveva una mente « rapidissima >>, che pensava e dettava nello stesso momento: > .8 Bruno è pienamente consa3. Spampanato, op. cit., p. 701 (Documenti veneti, IX) . 4. Cfr. Explicatio, II, 2, p. 1 30. 5. Cfr. più avanti il commento alle tavole VI, VII, VIII. 6. Si veda Spampanato, op. cit. , pp. 3 1 4 sgg., 701 ; Tocco, op. cit. , pp. 91 sgg. 7. L. Olschki, Giordano Bruno, Bari, 1 927, pp. 1 0 1 sgg. 8. Summa, l, 4, p. 5. Si legge in F. Fiorentino, Studi e ritratti della Rinascenza, Bari, 1 9 1 1 , pp. 268-69: « Nell'Ars reminiscendi pub blicata a Napoli nel 1 602, il Porta [Giovan Battista della Porta] racconta di aver conosciuto a Napoli un tale [che il Fiorentino identifica in Giordano Bruno, il cui nome l 'autore ha « paura di profferire ,, ] che recitava fino a mille versi, cominciando dal primo, dall 'ultimo, dalla metà, dondeché si volesse, che aveva fatto arrossire oratori e poeti, perché le orazioni e i carmi ap pena uditi, ei tosto recitava come composti da sé; che dettava fino a dieci lettere ad un tempo in più lingue, e con tal velocità
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pevole del suo alto ingegno, tanto da considerarsi colui che ha portato a perfezione l'arte della memoria, a dif ferenza - e ben oltre - di quanto avevano fatto tutti i più celebrati, antichi maestri dell' ars.9 Significativo è il suo autoinserimento tra i personaggi famosi dell'elenco mnemonico inerente la tavola VIII del De umbris: 10 qui . Il discorso allusivo di Giovan Battista della Porta compare nella prefazione al lettore del suo trattato sull'arte della memoria, sia nella versione lati na del 1 602 che in quella volgare (L 'arte di ricordare) , stampata a Napoli nel 1 566 ( riedita nel l 583) . Nel Sigillus (Il, 2, pp. 1 8485) il Nolano rammenta con vivi particolari un episodio auto biografico risalente a quando era in fasce: ricordo che, se vero e non inventato per finzione letteraria e autocelebrativa, ha dell'incredibile. 9. Cfr. De umbris, pp. 1 1 2-14, 1 77-78 ( «Tertia pars III-VI '' e « De duobus egregiis inventiis in hac arte, et encomium ipsius >> ) ; De imaginum compositione, Il, 3, p. 1 1 4: « Mihi sic hanc artem prio ribus annis accedi t ad magis speciales differentias attrectare '' · l O. Si veda p. 1 38: « Iordanus in clavis et umbras '' ; cfr. Yates, L'arte, cit., p. 204. 1 1 . Argomento su cui il Nolano dedicherà altri importanti scritti, come quelli riguardanti l' ars lulliana (il De compendiosa architectura, il De lampade combinatoria e il De progressu et lampade venatoria, l' Artijicium perorandi e il De specierum scrutinium) , op pure opere specifiche quali il Cantus Circaeus, l'Explicatio trigin ta sigillorum, il Sigillus sigillorum e il De imaginum compositione; cfr. Tocco, op. cit. , pp. 4-1 0 1 ; P. Rossi, Clavis universalis, Milano Napoli, 1960, pp. 1 09-34; C. Vasoli, Umanesimo e simbologia nei primi scritti lulliani e mnemotecnici del Bruno, in Umanesimo e sim bolismo, Atti del IV convegno internazionale di studi umanistici, Padova, 1958, pp. 25 1-304; Yates, L 'arte, cit., pp. 183-246.
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delle illustrazioni che arricchiscono e accompagnano il te sto. Sono in tutto 32 xilografie di buona fattura, dove an che le lettere alfabetiche delle ruote risultano incise con cura, così come pregevoli appaiono le figure dei segni zo diacali e astrologici: qualità che rinvia alla mano di un arti sta provetto e ne esclude, per quanto detto sopra nella No ta al Corpus iconographicum, la paternità dello stesso Bruno. Il succedersi delle xilografie (eccetto la tavola l) segue la suddivisione in due parti del testo, come viene dichia rato alla fine del Dialogus praelibatorius: « Trattiamo que st'arte secondo due forme e per due vie. La prima è più alta e generale: serve a ordinare tutte le operazioni del l'animo, ma è anche il principio di molti metodi, attra verso i quali, come con diversi organi, si può sperimenta re e apprendere la memoria artificiale. Essa consiste in primo luogo nelle trenta intenzioni delle ombre [tav. II] , in secondo luogo nei trenta concetti delle idee [tav. III] , in terzo luogo nelle innumerevoli combinazioni tra in tenzioni e concetti, che si possono ottenere corrispon dendo diligentemente le lettere della prima ruota con le lettere della seconda. L'altra [tavv. IV, V, VI, ecc.] che se gue è più con tratta ( est contractior) 12 e serve a procurare, attraverso l'arte, un genere sicuro di memoria >> .U Le prime due ruote (tavv. II e III) , dalle quali nasce poi una terza, che però non viene raffigurata nel testo, 1 4 costi1 2. Sul significato psicologico del termine « contrazione » m Bruno si veda l 'Introduzione. 13. Si vedano le pp. 23-24: « Artem istam sub duplici forma tractamus, aque via: quarum altera est altior et generalis tum ad omnes animi operationes ordinandas, tum etiam est caput multarum methodorum, quibus tamquam diversis organis ar tificiosa potest pertentari et inveniri memoria. Et consistit ipsa primo in triginta intentionibus umbrarum. Secundo in triginta conceptibus idearum. Tertio in pluribus complexionibus, quae fieri possunt ex intentionibus et conceptionibus per industrio sam adaptationem elementorum primae rotae ad elementa se cundae. Altera quae sequitur, est contractior ad certum memo riae per artificium comparandae genus » . 1 4 . De umbris, p. 63.
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tuiscono dunque gli strumenti per l' ars memoriae generale, mentre le successive illustrazioni (tavv. IV, V, VI, ecc.) ri guardano la pratica mnemonica e le sue specifiche appli cazioni.15 A questo punto, per meglio procedere nella compren sione dell' ars bruniana, sia nelle sue valenze tradizionali che in quelle originali e innovative, si rende necessaria una breve disamina dei princìpi canonici dell' arte della memoria ed un confronto con quelli elaborati dal Nola no. La mnemotecnica, nel mondo classico come nelle età successive, serve ad addestrare la facoltà naturale del la memoria, cosicché il retore, il filosofo, il politico, in somma, chi deve tenere un lungo ed articolato discorso, un'esposizione ricca e complessa di pensieri, sia in grado di padroneggiare l 'argomento ricordandolo puntual mente ed esponendolo in maniera chiara, efficace e logi ca. Mfinché ciò accada è necessario memorizzare i dati secondo un criterio ordinato e prestabilito, tale che per metta di riportarli alla memoria facilmente e prontamen te quando occorra. Come scrive Cicerone: « coloro che vogliono esercitare la memoria, devono stabilire dei luo ghi immaginari, raffigurarsi mentalmente le immagini delle cose da ricordare e collocarle in questi luoghi, in modo tale che l'ordine dei luoghi conservi l'ordine delle cose, e le immagini delle cose denotino le cose stesse: i luoghi fanno così le veci delle tavolette di cera, e le im magini delle lettere che vi scriviamo sopra » . 16 La me m o1 5 . Loc. cit.: « Iam applicationem, et intentionis universalis con tractionem, ad artem memoriae aggrediamur >> . Sulle rotae alfa betiche bruniane si veda il commento alle tavole V-VIII. 1 6 . De or., Il, 86, 354. La spiegazione è ribadita nell'Ad Heren nium, III, 1 7: « Come coloro che conoscono la scrittura posso no leggere ciò che viene dettato e leggere quanto scrivono, ugualmente coloro che conoscono l' arte della memoria posso no collocare nei luoghi ( in locis) quello che odono, e da questi recitarlo a memoria (ex his memoriter pronuntiare) . Perché i luo ghi sono del tutto simili a una tavoletta di cera o alla carta, le immagini alle lettere, la disposizione e la collocazione ( disposi tio et conlocatio) delle immagini alla scrittura, e l'esposizione
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ria artificiale si fonda dunque, come sancisce la trattati stica classica e medioevale, 17 su > ( locz) e '' imma gini >> ( imagines) : 18 quelli sono un'ordinata distribuzione di posti agevolmente memorizzabili (ad esempio una se rie di spazi o di membri architettonici, quali le stanze di un edificio, le colonne di un colonnato, ecc. ) , queste so no i simboli, le forme o rappresentazioni di ciò che si vuole rammentare (ad esempio: per memorizzare un di scorso su una battaglia navale e il conseguente esito mili tare, basta fissare nella memoria le figure di un'àncora e di una spada, 19 collocando la prima nel vestibolo di una casa e la seconda nella stanza successiva; sarà sufficiente ricordare i due simboli e la loro distribuzione spaziale, per farsi tornare a mente il tema del discorso sullo scon tro navale e la sua progressione espositiva) . Naturalmen te questo esempio, elementare nel suo binomio mnemo nico, può trasformarsi in un articolato e più ampio siste ma di luoghi e di immagini, tale da permettere, all'occa sione, il pronto e chiaro ricordo di ragionamenti assai più complessi, anche di natura filosofica e scientifica. Inoltre nell'Ad Herennium20 si precisa che, una volta fissa ta l'ordinata disposizione dei luoghi necessaria a richia mare la successione logica dei concetti, si possono utiliz(pronuntiatio) alla lettura » . Questo paragone tra ars e scrittura verrà puntualmente ripreso e ampliato da Bruno, cfr. la nota 14 dell'Introduzione. 1 7. Oltre al De oratore (Il, 86-88, 350-60) ciceroniano, i testi lati ni fondamentali sull 'arte della memoria, celebrati come mo delli anche nel Medioevo, furono l 'anonimo Ad Herennium (III, 1 6-24) , l' Institutio oratoria (Xl, 2, 17-22) di Quintiliano e Marziano Capella, V, 538-39; cfr. Tocco, op. cit., pp. 21-43; P. Rossi, op. cit. , pp. 7 sgg.; Yates, L'arte, cit., pp. 3 sgg., 47 sgg., 76 sgg.; ma si veda anche De umbris, pp. 70-7 1 , 75-76. 18. Queste devono essere di particolare efficacia (imag;ines agen tes) sì da rimanere meglio impresse nella memoria, come figure insolite e straordinarie, personaggi di eccezionale bellezza o bruttezza. Lo stesso in Bruno, cfr. Cantus, II, l, pp. 328-29. 19. Cfr. il citato Quintiliano, Xl, 2, 1 9-20. 20. III, 20-2 1 ; cfr. Cicerone, De or., Il, 87-88, 358-60.
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zare due tipi di immagini, uno per ricordare le « cose » ( memoria rerum) ed un altro per le « parole >> ( memoria ver borum) .21 Nel primo caso le immagini o simboli inventati devono ricordare i concetti, le « cose >> del discorso, nel secondo le singole > che lo compongono. Su quest'ultimo, di più difficile applicazione in quanto pre vede un'immagine-simbolo per ogni parola, il giudizio dell'anonimo compilatore dell'Ad Herennium è critico, proprio perché, considerando l'innumerevole quantità delle parole possibili, trova > dover accordare e mettere insieme tante immagini quante ne richiede un migliaio di parole.22 Diversamente Bruno nel De umbris, come stiamo per vedere, elabora un innovativo sistema di ruote mnemoniche, che consente di memorizzare centi naia di immagini utili alla memoria verborum. Secondo il Nolano l' ars memoriae si fonda, rispetto ai dettami della precedente, su tre componenti: subiectum, adiectum e organum.2� Il subiectum corrisponde al locus del la memoria artificiale classica, mentre l' adiectum o subiec tum proximum all' imago. Si legge nel De umbris:24 > in forme colorate30 o immagini mentali, ossia di tra sformarsi da subiectum in subiectum proximum, insomma di estrinsecarsi in vivide immagini o adiaecta. Il passaggio da tale > alla > (Liber de anima seu sextus de naturalibus, a cura di S. Van Riet, Introduzione di G. Verbeke, voli. I-11, Louvain-Leiden, 1 968-1 972, vol. I, p. 89 [I, 5 , f. 5rb] ; cfr. pp. 99 [I, 5, f. 6ra] . 270-71 [III, 8 , f. 23va 9] ; cfr. Fe derici Vescovini, op. cit., pp. 83-84. 37. De umbris, p . 1 0 1 : « Genus actuum scrutinio prosequutorum in quinque distribuitur species: applicationem, fonnationem, immutationem, adunationem, et ordinationem >> .
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appena detto, va colta la differenza tra la mnemotecnica bruniana e quella classica: quest'ultima procede, come sappiamo, per accostamenti tra « luoghi >> e « immagini >>, in quanto vincolata e finalizzata ad una funzionalità reto rica, ed è un meccanismo rivolto ad una comunicazione, ad un' espressività esterna all'uomo; diversamente l' ars bruniana si rivolge con grande intensità all'uomo inte riore, per cui l' ars si propone come un artificio che ri guarda soprattutto le potenze dell'anima e la visione mentale. Da ciò la necessità - nell'ottica antropologica e gnoseologica di Bruno - di un nuovo strumento mnemo nico, come lo scrutinium, che soddisfa esigenze pneuma tologiche e immaginali che vanno al di là di quelle reto riche o letterarie. Si ricordi quanto sta scritto proprio sul citato frontespizio del De umbris: « Le ombre delle idee, che contengono l'arte di cercare, trovare, giudicare, or dinare e applicare: esposte per una scrittura interiore ( ad internam scripturam) e per non comuni operazioni mne moniche >> . Il Nolano36 rivendica con orgoglio l'invenzio ne del suo scrutinium, strumento fino ad allora ignorato. Tuttavia il filosofo, in questo caso, esagera un po' , dal momento che i pregi del suo scrutinium sembrano in vero la riproposizione, mutatis mutandis, di quelli propri della facoltà cogitativa, di cui si è già detto nell'Introduzione: anch'essa nel cervello è posizionata non a caso tra l'im maginazione e la memoria, e viene qualificata da sicure virtù razionali e capacità di giudizio. Adesso, benevolo lettore (come si scriveva una volta) , dopo avere discusso, spero a sufficienza, delle regole mnemoniche antiche e bruniane, proviamo ad indagare i significati delle machinae memorative che illustrano il De umbris, armati, è proprio il caso di dirlo, di subiecta, adiecta e scrutinium, ossia di « luoghi >> , « immagini >> e « strumen to » e, non secondariamente, di pazienza e attenzione.
38. Si veda in particolare il terzo paragrafo del capitolo « De or gano » nel De umbris, pp. 96-97.
Tavola 1:
c.
i7r; p. 4439
Tavola I
39. Nelle opere latine, i titoletti riguardanti la successione delle tavole nei singoli testi indicano, oltre al numero roma no della tavola commentata (secondo una numerazione pro gressiva che rispetta la sequenza con cui le illustrazioni com paiono nell'opera presa in esame ) , quello della pagina o car ta con l' incisione (in questo caso si cita la serie letterale del la fascicolazione) come compare nell'edizione originale; se gue il numero della pagina dell 'edizione moderna di riferi mento come dalla tavola delle Abbreviazioni. Per il De umbris si rinvia all'edizione Sturlese. Segue la riproduzione della xi lografia o figura originale accompagnata (dove si richiede per una migliore comprensione geometrica della stessa) da una sua ricostruzione dovuta al curatore. Cfr. la nota l del commento alla Cena. Il catalogo prevede soltanto l' elenco commentato delle xilografie e di alcune figure non xilo grafiche di particolare importanza iconologica, delle quali si dà specifica notizia di volta in volta. Per l'intelligenza del Corpus nel suo insieme, si introducono alcune opere, come nel caso del De umbris o del De compendiosa, dell'Explicatio o degli Articuli, con un breve discorso di carattere più genera le, teso a delucidare tematiche e concetti che tramano, in parte o per intero, l' opera bruniana e non solo il singolo te sto preso in esame. Si noti bene che la numerazione romana delle tavole è riferita sempre e soltanto alle illustrazioni ori ginali e ne costituisce la catalogazione, mentre la numera zione araba rinvia alle ricostruzioni e all' apparato critico figurativo del commento.
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L'inclinarsi del segmento CD (perpendicolare alla li nea AB ) verso il punto B (moto scandito dalla successio ne nei punti E, F, G, ecc.) genera, per evidente ragione geometrica, infinite differenze d' angoli supplementari ottusi e acuti:40 analoga è l'unità delle infinite differenze delle cose.41 Similmente Bruno si esprime nella tavola II della Causa e nella tavola I del De minimo.42 La fonte con cettuale e l' exemplum geometrico vanno ricerçati nel De beryllo43 di Nicolò Cusano, il quale coniuga un dato gem mologico (la concavità e convessità del berillo: la tradi zione medioevale in merito si basa sull'accostamento tra berillo e smeraldo data da Plinio44) con la speculazione dello pseudo-Dionigi Areopagita45 sul rapporto tra Dio, la causa universale, e la molteplicità dei singoli esseri. Bru no nutre una grande stima per le elaborazioni geometri co-simboliche del Cusano/6 e attribuisce loro una grande utilità propedeutica e gnoseologica alla comprensione
40. De umbris, p. 45: « ldeoque in ipso D infinitae simul, et u num sunt angulorum differentiae » . 4 1 . /bid., p. 44: « Adest paradigma unius ideae actu infinitas re rum differentias habentis, et unius umbrae in facultate infini tarum differentiarum » . 42. S i vedano infra i commenti a riguardo; cfr. i l De minimo e la Summa, rispettivamente in l, 3, pp. 1 47-48 e I, 4, p. 1 1 7. 43. 9-10, 19. 44. Nat. hist., XXXVII, 64 e 76 sgg.; cfr. Marbodo, Lap., VII, 1 45; Albertus Magnus, Book of minerals, trad. di D. Wyckoff, Oxford, 1967, pp. 1 1 8-19. 45. DN, V, 7 sgg.; cfr. Alberto Magno, Super Dyonisium De divinis nominibus, XIII, 1 1 -12 (P. Simon ) . 46. Causa, p. 289: « come divinamente notò il Cusano, inven tor di più bei secreti di geometria »; delle dipendenze bru niane a riguardo si discute, di volta in volta, negli specifici luoghi del commento. Cfr. H. Védrine, L 'influence de Nicolas de Cues sur Giordano Bruno, in Nicolò Cusano agli inizi del mon do moderno, Atti del Congresso internazionale in occasione del V centenario della morte di Nicolò Cusano, Firenze, 1 970, pp. 2 1 1-23.
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del mondo intelligibile e metafisica, con cui però non vanno identificate, costituendone solo l' aspetto « signi ficante '' e non il « significato " · Si legge nella Causa: « cer te geometriche nominazioni come di punto e uno, son prese per promovere alla contemplazione de lo ente e uno, e non sono da per sé sufficienti a significar quel lo " . 47
47. Alla p. 1 73.
Tavola Il: c. i8r; p. 46
Tavola II
Con queste tre illustrazioni (tavv. II, III e IV) Bruno vuole iniziare il neofita della sua ars ai primi rudimenti psicologici, grazie ai quali è possibile prendere confiden za con la creazione delle immagini mentali, di cui si è parlato più in generale nell'Introduzione. Le lettere alfa betiche distribuite sulle ruote vanno intese come exempla propedeutici all 'esercizio memorativo: esse indicano ge nericamente l'oggetto da memorizzare ed i suoi significa ti, 48 e possono considerarsi sia subiecta che adiecta. La loro successione circolare corrisponde psicologicamente ad altrettanti modi di intendere le ombre ( triginta intentiones umbrarum) , di cui si discute nella prima parte del tratta48. Causa,
p.
63.
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to:49 da ciO l' immagine simbolica del cono d' ombra al centro della fi gura, il quale indica, con il suo vertice pun tato verso la corona delle lettere, quasi fosse una lancetta d' orologio in movimento,50 le diverse intentiones. Il cono d' ombra causato dalla massa terrestre si deve, formal mente e concettualmente, alla luce del Sole posto al cen tro della seguente tavola III, secondo una scansione di dattico-astronomica che accomuna e ritma le due imma gini come se fossero sovrapposte. Difatti, dal punto di vi sta dell'arte della memoria, le tavole II e III, inerenti ri spettivamente le « intenzioni '' e i « concetti '' delle idee, vanno lette unitariamente.5 1 La doppia iconografia così intesa risulta del tutto consueta a quella astronomica di un 'eclisse, come veniva raffigurata nei secoli XVI e XVIJ.52 Ma che cosa sono le intentiones per Bruno? L' ars bruniana è rivolta, come più volte detto,5� ad
49. Ibid., pp. 25-45. 50. Una simile iconografia compare nelle numerose xilografie delle ruote (con al centro il Sole che addita i luoghi del gioco) nel Triompho di Fortuna di Sigismondo Fanti (Venegia, 1 527) . 5 1 . Causa, p. 47: « Iam ad triginta idearum conceptus primo simpliciter, secundo cum intentionibus umbrarum complexe concipiendis concequenter progrediamur " ( « Andando avanti passiamo ora ai trenta concetti delle idee, che prima si devono concepire in modo semplice, poi in connessione con le inten zioni delle ombre " ) . 52. Basti confrontare gli exempla emblematici in Henkel e Schone, op. cit. , coli. 22, 31, 35; ma anche le incisioni che, nel capitolo sulle eclissi del Sole e della Luna, ornano le diverse edizioni cinquecentesche della Sphaera di Giovanni Sacrobo sco, opera di cui Bruno aveva approfondita conoscenza e sulla quale tenne lezioni in diverse occasioni (cfr. C. Carella, Le lezio ni sulla " Sphaera " e il primo soggiorno a �nezia, in Giordano Bru no. Gli anni napoletani e la "peregrinatio " europea, a cura di E. Ca none, Cassino, 1992, pp. 79-82 ) . 53. Cfr. l'Introduzione; De umbris, p. 3 1 : •• per intrinseca opera tio » , p. 1 1 3: « in trinseca lectio >> ; cfr. Oratio val., I, l , p. 12. Para digmatici sia lo stesso frontespizio dell'opera: De umbris idearum [ . . ] Ad internam scipturam, et non vulgares per memoriam operatio.
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un'esperienza psicologica, e la pratica dell' ars memoriae si svolge attraverso un'industriosa, ingegnosa organizzazio ne del pensiero. Si tratta della « scrittura interiore ••: l'ar te è radicata nell' essenza stessa di tutta l'anima, e grazie ad essa siamo " regolati ed rivolti ad intendere, a ragiona re, a ricordare, ad immaginare, a desiderare, ed anche a sentire come vogliamo •• .54 In questo contesto il termine intentio esprime l'avvio del processo conoscitivo dell'ani ma. L' ) , sia l' incipit (p. 88) del capitolo > . 54. De umbris, pp. 65-66: > . 55. Ibid., p. 44: « In intentione, et ratione per umbrae mo dum » . 56. Summa, l , 4, pp. 49-50: , 66 che, unico e immutevole, illumina i > del le idee (come in questa tavola III) e le > delle ombre delle stesse idee (come nella tavola Il) . 67 Il Sole quale metafora della somma Intelligenza e dell'Uno, mo tivo di genesi platonica, 68 ricorre in Plotino,69 come nello pseudo-Dionigi Areopagita70 e Ficino,7 1 ma è a Giulio Del minio Camillo che molto probabilmente Bruno guarda. Camillo infatti, nell'Idea del theatro,72 la sua straordinaria machina in cui la ragnatela di loci e imaffines vuoi memo rizzare ogni sapere, conferisce al Sole un'assoluta centra lità, facendo sposare nell'astro valenze mnemoniche pri marie, rispetto a ogni altra imago, e significati esaltanti 66. Furori, pp. 806-807, 850-54; cfr. gli epiteti eliaci nel Cantus, Il, l, pp. 186-87; Lampas, pp. 1026-44; De principiis, pp. 596-614; si vedano, in particolare nel De umbris, sia il '' Dialogus praeliba torius apologeticus » (p. 14: > ) . 67. De umbris, pp. 42 sgg. (Intentiones XXIX sgg. ) . 68. In particolare è immagine del sommo Bene nel mito della caverna (Resp., 508 sgg., 5 1 4a-5 1 9b; cfr. Proclo, In Remp., l, 293 sgg. [Kroll] ) , più volte ricordato da Bruno: si veda la nota 56 dell'Introduzione. Si veda anche il parallelismo metaforico in telletto/luce in Aristotele (De an., 430a) . 69. IV, 3, 1 1 ; V, 6, 4; V, 5, 7-8. 70. DN, IV, 4. 71 . Cfr. Orphica comparatio Solis ad Deum e De sole, in opera, vol. I, pp. 825-26, 965 sgg. 72. Fiorenza, 1 550, pp. 60-64; cfr. Yates, L 'arte, cit., pp. 1 38-42; sull'opera di Camillo, più volte edita nel Cinquecento, cfr. L. Bolzoni, Lo spettacolo della memoria, in Giulio Camillo, L 'idea del teatro, Palermo, 1 99 1 , pp. 35-38; sulla conoscenza della medesi ma da parte di Bruno: Yates, L'arte, cit. , pp. 183 sgg.; Giordano Bruno 1548-1 600, Mostra storico documentaria, Biblioteca Ca sanatense, Roma, 7 giugno-30 settembre 2000, Firenze, 2000, pp. 23-24, 28.
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l'intelletto e la ragione, analogamente a quanto accade al Sole nelle ruote bruniane. Tavola non rappresentata nel testo: c. 15r; p. 89 La xilografia, benché esplicitamente annunciata nello scritto e indicata come Figura prima, non compare nell' e dizione. Bruno parla di un'immagine circolare, con lette re e numeri posti in convenienti intervalli sulle circonfe renze e sui raggi percorsi dal « formatore >> (formator) , che vi imprime le figure di segni zodiacali e planetari. Il « for matore >> , che viene indicato dalla lettera A, dovrebbe campeggiare al centro del tondo. Pare trattarsi pertanto di una sorta di cosmografia o cosmogramma mnemoni co, probabilmente simile, nell 'impostazione grafica, alle tavole XXX e XXXI del De umbris, di cui si discute a suo luogo e dove compaiono lettere, numeri e simboli astrali. Sia la funzione ordinatrice e cosmogonica del formator, che ne caratterizza le valenze divine e demiurgiche,73 sia il denominarlo con la lettera A, sembrano ispirarsi a Lui lo, il quale, con la stessa lettera, nell'ambito delle sue «figure >> mnemoniche, indica appunto la «figura >> divi na: « sciendum est igitur, quod A, est quaedam figura si gnificans Deum >> . 74 Tuttavia il significato iconico di questa figura « man cante >> , in base alle sommarie indicazioni testuali,75 rinvia allo specifico tema del chaos « fantastico >> o primo subiec-
73. A proposito del « formatore » quale « intelletto universale >> , « distintore >> e « dispensator» delle « forme >> , cfr. Causa, pp. 210-12, 224. 74. Cfr. Liber principiorum philosophiae e Liber principiorum ]uris, in opera, Moguntiae, 172 1 , tomo l, rispettivamente alle pp. 62 e 30; lo stesso per la lettera A posta da Lullo al centro della Fi gura A quae est imperatrix et domina omniumfigurarum (fig. 3 ) : Ars magna, in opera, tomo I, cit., p. 2; si veda più avanti il commen to al De compendiosa architectura. 75. De umbris, pp. 88-90.
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Figura 3
tum, il cui stato « informe » prende « forma » 76 in modo or dinato grazie alle immagini « formatrici >> degli adiecta, co sicché, da un punto di vista mnemonico, la lettera A può bene significare l' adiectum stesso, ovvero la '' forma » che è « ordine delle specie pensabili »,77 di cui si parla proprio 76. La generazione degli adiecta nel primo subiectum, intesa con valenza sia gnoseologica che cosmologica, viene ribadita da Bruno nel De imaginum compositione ( Il, 3, p. 1 26: « prius cogno scimus unum quoddam immensum et interminatum obiec tum, tum spacium atque receptaculum, tum corpus in eo re ceptaculo atque spacio, tum specierum ex tali materia coale scentium multitudinem ,. ) , e nel De principiis, pp. 586-90. 77. De umbris, p. 88: •• Adiectum vero seu forma [ . . ] Forma [ . . ] est depromptus et explicatus ordo cogitabilium specie rum » . .
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nelle pagine in cui doveva comparire la xilografia « man cante »: non a caso Bruno vuole rappresentare qui l' orga nica processione di come « Hoc est informe chaos infor mare » .78 Sturlese identifica questa immagine assente con l'incisione che nel De umbris si trova alla c. 29v, ossia con la tavola IV di cui si ragiona qui di seguito. Tale interpre tazione non mi pare condivisibile: infatti, come ha osser vato Manuela Maddamma,79 le discordanze formali e con cettuali tra questa figura « mancante >>, iconograficamente imperniata su simboli e immagini astrali, e la successiva tavola IV, caratterizzata dal sistema alfabetico, rende im pensabile uno scambio dell'una con l'altra.
78. Su questa « formazione » logico-fantastica del caos, rimane basilare il contributo di A. Noferi, op. cit., pp. 367 sgg.; P. Rossi, op. cit., pp. 1 1 7-18. 79. Giordano Bruno, L'arte della memoria. Le ombre delle idee, a cu ra di M. Maddamma, Milano, 1996, pp. 107-109.
Tavola IV: c. 29v; p. 89
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Tavola IV
L'illustrazione mostra uno dei motivi cardine dell'arte della memoria del Nolano, ossia come si generano i bi nomi letterali che coniugano ciascuna delle singole lette re dell'alfabeto, poste sulla ruota, con una vocale, qui la lettera A posta al centro, in un accordo che produce: AA, BA, CA, DA, EA, ecc. Tale processione ci indica il movi mento che deve compiere l'occhio interiore nella sua concatenazione delle figure alfabetiche: prima soffer marsi su una lettera della ruota, poi spostarsi al centro e unirla alla vocale. Tuttavia, in questo accostamento tra la vocale e le lette re dell'alfabeto, si può incorrere nel pericolo di produr re un certo disordine nella trama mnemonica. Bruno 80 ci 80. De umbris, pp. 1 07-109; cfr. Ctmtus, Il, l,
p.
237.
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mette in guardia. In effetti, poiché in una simile genera zione sillabica bielementale la vocale A è prevalente ri spetto a tutte le lettere dell' alfabeto, dal momento che è " essa >> sola a sposarsi con tutte le altre > (la A si trasforma in AA, la B in BA, la C in CA, e così via) , c'è il rischio che tanto predominio faccia > o > , nell'insieme della nuova sequenza bino miale, la specificità simbolica di ciascuna delle lettere al fabetiche. Ciò non deve accadere, perché la diversità, l'autonomia e la specifica qualità di ogni singola lettera sono fondamentali per conservare le proprie, rispettive valenze mnemoniche, soprattutto quando si accoppia con un'altra. Il Nolano ammonisce in sostanza a non so vrapporre o accostare confusamente, nella meccanica as sociativa dell' ars, né i luoghi né le immagini, affinché non perdano quella distinta chiarezza che li rende effica cemente memorizzabili. Per meglio intendere, propon go il seguente esempio: se alla vocale A associamo la figu ra di un cavallo e alle rispettive lettere A, B, C, ecc. della ruota quelle di oggetti ad esso riferibili (A sta per il fre no, B per la sella, C per le briglie, ecc. ) , nel momento in cui componiamo la sillaba BA noi ricordiamo l'icona di un « cavallo con freno >>, ma se in questa operazione la A coniugata ad una logica successione di luoghi, soli tamente rappresentati da concatenati spazi architettoni ci. Bruno in merito è esplicito: 98 all'interno della tradizionale suddivisione tra la me moria delle parole e quella delle cose.99 Tale bipartizione, come si è de tto sopra, ma giova ripeterlo, deriva dalla mnemotecnica classica, che prevede due specie di imma gini: una per ricordarsi le cose ( res) , ossia i concetti o ar gomenti del discorso, e una per le parole ( verba) con le quali ci si esprime, ovvero il linguaggio con cui si porgo no i concetti. Per Bruno100 la prima è necessaria di per sé, 97. Venetiis, 1 49 1 , cc. lr, b4 v: « Quarta est conclusio, ut imagi nes alphabeti, seu nomina demonstrativa litteras bene memo ria teneantur et saepe repetantur » ; l'opera fu ben conosciuta e lodata da Bruno, cfr. Tocco, op. cit. , pp. 35-37; P. Rossi, op. cit., pp. 27-30, 1 1 1-1 3. 98. Cfr. Explicatio, II, 2, p. 1 3 1 : « Quo igitur facilius certaque se rie succedentia quaedam, ut alia suo succedere possint ordine, efficiant, plura sensibilia facileque memorabilia per ordinem alphabeti ve! syllabici in catalogum redacta docuit [Pietro da Ravenna] apparanda » . 99. De umbris, p. 1 1 2: > rammentiamo i tre elementi AAA , con quella di > si allude a BBB, con quella di , 127 ma prendono le forme delle valenze significanti di 1 25. De umbris, pp. 1 82-83. 1 26. Cantus, Il, l , p. 243: « Aliquando ex circumstantia locum atque subiectum, ut ex certo habitu Theutonicum seu Germa niam, Mricanum, seu Mricam » . 1 27. De umbris, p. 1 8 1 : « Talis qualitas, per ipsum cui proprius inest. Sic substantia per ea quibus subisse se fingitur acciden tia. Accidentia quae inhaerent, per ea quibus inhaerent, sicut
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quelle cose alle quali stanno accanto. Difatti un acciden te qualsiasi, qual è una circostanza, viene espresso attra verso un'immagine aderente per semplice analogia alla cosa, al soggetto a cui si aggiunge e si associa, in quanto dipende iconologicamente del tutto da quel soggetto. Nel De imaginum compositione128 le immagini circostanti al la figura di Giove sono « Paternità, Dominazione, Dittatu ra, Impero, Regno, Principato, Ducato, Presidenza, Go verno, Moderazione, Potere, Redini >> : tutte icone che de clamano per analogia la sovranità del sommo dio. Si trat ta di associazioni formali, più volte citate da Bruno129 e et per haec inhaerentia [per] ipsa quibus inhaerent. Acciden tia quae adsunt, per ea quibus adsunt vicissim. Accidentia quae consistunt cum iis quibus consistunt convertibiliter. Accidentia circumstantialia cum seipsis non valeant figurari, per haec quorum sunt circumstantiae aut quibus circumstare ponuntur, figurantur » ( « Una certa quantità si raffigura mediante ciò in cui essa è più propriamente insita. Perciò la sostanza si raffigu ra mediante quegli accidenti per i quali si immagina che essa ne sia il sostrato. Gli accidenti che si aggiungono si raffigurano mediante quelle cose a cui si aggiungono, così come queste stesse cose a cui si aggiungono sono raffigurate dagli accidenti che aderiscono loro. Gli accidenti che si pongono vicini, si raffigurano mediante quelle cose a cui stanno vicendevolmen te vicini. Gli accidenti che si presentano [nelle cose] sono raffigurati scambievolmente attraverso quelle cose in cui com paiono. Gli accidenti circostanziali, che non possono essere raffigurati di per se stessi, si raffigurano mediante quelle cose di cui sono circostanze, ovvero intorno alle quali si stabilisce che stiano accanto ,, ) ; cfr. anche pp. 182-83. 128. II, 3, p. 203 ( '' Circumstantes » ) ; cfr. pp. 257-58, 270; Lam pas, p. 1406: « Subiecti formas et arma, sive armenta seu cir cumstantias, discurrendo per Gygantum membra " ( « Percor rendo il discorso [mnemonico] attraverso le membra dei Gi ganti [osserva] le forme del sostrato e le sue armi o armenti, ossia gli elementi circostanti » ) ; Summa, l, 4, p. 4 1 . 1 29. De umbris, p . 92: « Adferet illi sagittarius sagittam, scriptor calamum, sutor acum. Tanta virtus est in connexione, adnexio ne, antecedentia, concomitantia et consequentia, ut invisibilia faciant visibilia, intelligibilia per universum sensibilia, difficilis
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comuni alla tradizione dell' ars memoriae, 130 fondate su un'elementare associazione analogica o trasposizione metaforica: l'immagine dell' « astrolabio >> in mano ad un uomo ci dice che si tratta di un « astrologo » , mentre quella di un « abitante » indica la > in una singola ruota alfabetica (la seconda o quella più interna delle due che coronano la tavola VIII; della prima ruota, la più esterna, ragioniamo a parte più avanti) che ne con tiene 30, ossia un solo, intero alfabeto rispetto ai 5 che si susseguono nella ruota « estesa >> . In altre parole Bruno ha lasciato nella ruota « contratta » lo stesso numero di vocali ( 1 50) contenute in quella « estesa >> e, nel contem po, ha ridotto a Ys (30) il numero delle 1 50 lettere alfa betiche che cifrano la « estesa >> . In questo modo si capisce il senso della '' contrazione >> e la semplicità del suo meccanismo combinatorio, finora rimasto incompreso e ritenuto del tutto enigmatico. In fatti, per formare con la figura « contratta >> le 150 sillabe e le annesse immagini di quella « estesa >> , è sufficiente muovere la seconda ruota alfabetica (l'interna tra le due) in senso orario. Come emerge utilizzando la rico struzione (fig. 8, fuori testo in astuccio) , cioè l'applica zione mobile della tavola VIII, accade che la lettera A (della ruota alfabetica) forma con la vocale a (della ruo ta sottostante) la sillaba AA, ma se la spostiamo gradual mente verso destra, da un settore ad un altro, la troviamo abbinata di conseguenza alla sottostante vocale e, per cui abbiamo AE, poi con la i avremo AI, con la o AO, con la u 1 4 1 . In realtà nella xilografia le ruote sono 7, ma di questa ap parente contraddizione testo/immagine diremo fra poco.
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AU. Tale ritmo risulta contemporaneo a tutte l e lettere che si accoppiano in successione con le 5 vocali perché queste ultime (come si vede chiaramente nella tavola VIII e nella figura 8) , sono poste a scalare, di ruota in ruota, verso il centro (ricordo il testo: « et subalternata singulorum quinque ordinantur in scalas a singulis ad medium '' ) , 142 per cui mentre la lettera A (colorata di gial lo nella ricostruzione della figura 8 per una migliore in telligenza visiva del processo combinatorio) sta percor rendo le « sue >> vocali (gialle) della prima ruota (delle cinque interne) , la lettera B (colorata di rosso) sta facen do altrettanto con le vocali (rosse) della seconda ruota, la C (verde) con quelle (verdi) della terza ruota, la D (arancione) con quelle (arancioni) della quarta ed in fine la E (azzurra) con le vocali (azzurre) della quinta. Con la lettera F (di nuovo colorata di giallo) si ricomin cia un'analoga congiunzione con le vocali (gialle) della prima ruota, mentre la G (di nuovo rossa) si sposa con quelle (rosse) della seconda, e così via. Il simbolismo cro matico, ora applicato in funzione didattica nella ricostru zione della figura 8, non è affatto peregrino agli insegna menti dell'arte combinatorio-mnemonica medioevale e successiva, bensì vi compare quale attivo strumento visivo e distintivo, già ricorrendo nelle ruote di Lullo, 1 43 come 142. Tale dinamica mnemonica è dichiarata in due passi del De umbris, di cui non è mai stato afferrato l'esatto significato, per ché non se ne coglieva la correlazione con il meccanismo com binatorio della ruota « contratta '' ora scoperto; p. 1 29: " ita nunc ordinate disponas centum quinquaginta, quod fit singula ad sistentium elementorum per quinarium subsistentium de ducendo ,, ( « così ora tu disponi centocinquanta elementi in modo ordinato: cosa che si ottiene conducendo ciascuna delle lettere che stanno sopra attraverso le cinque lettere che stanno sotto >> ) ; cfr. p. 1 30: « Nunc ad amplissimam operationem, sin gulis propositorum vexillorum, per quinarium quinque subsi stentium elementorum deducendis, alia quinque substerna mus vexilla >> . 143. Ars generalis ultima, a cura di A . Madre, Turnholti, 1 986, pp. 1 4-1 7: . 1 44 E evidente che nella tavola VIII bastano cinque « mosse >>, ovvero è sufficiente spostare gradualmente la lettera A sulle '' sue >> cinque vocali affinché ciò accada, in modo simultaneo, a tutte le altre lettere alfabetiche con le rispettive vocali. In sostanza questo marchingegno « contratto >> permet te, muovendo unicamente la seconda ruota alfabetica, la più interna delle due, di soli cinque gradi o settori, e mantenendo fisse le 5 ruote interne con vocali, un sin cronico abbinamento tra ciascuna delle 30 lettere con le « proprie >> 5 vocali e la ovvia conseguente generazione delle 1 50 sillabe e consociate immagini o viceversa. A questo punto si deve parlare della ruota alfabetica più esterna, la prima delle due, alla quale si è accennato sopra. A riguardo il testo tace e, a prima vista, sembre rebbe superflua, considerando che il congegno combi natorio appena esposto (che trova conferma sia nel testo che nella incisione) non necessita, per il suo funziona mento, di questa ulteriore ruota. Perché dunque Bruno l ' ha voluta nella sua xilografia? Credo per darci un preci so e significativo exemplum di come questa macchina, ca pace di « contrarre >> in sé una singola ruota di 1 50 sillabe, triangulum croceum » ; cfr. A. Llinarès, in R. Lulle, L 'Art bref, Paris, 199 1 , pp. 35, 87. Gli stessi triangoli colorati in Bruno, Me dicina, pp. 828-30. 144. « [ . . ] quasi a centro materie figuras explicans, tum quasi in superficie illius figurata colorans » (De imaginum compositione, Il, 3, p. 1 25) . Il colore è fondamentale nella creazione memo rativa delle immagini (ancora nel De imaginum compositione, Il, 3, p. 1 90: « In iis [ loci quali « campi » , « atrii » , « Case •• ] inquam requiruntur certa perspicuitas, color, ordo, varietas, distantia, magnitudo, selectio, numerus, distinctio, compositio » ) ; i colo ri sono le qualità estrinseche delle cose: De umbris, p. 1 79; cfr. Lampas, p. 1 3 1 4; De vinculis, p. 539: « species figuram, linea menta et colores significat » . .
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può, se ampliata opportunamente, « contrarre » l'intero, grande sistema mnemonico a 5 ruote con 750 sillabe e al trettante raffigurazioni di cui si è già detto. Difatti, se muoviamo gradatamente in senso orario anche questa prima ruota alfabetica, esattamente come si è fatto finora con la sottostante, ci accorgiamo che le sue lettere (ac coppiandosi anch'esse con le corrispettive vocali poste nelle 5 ruote interne) producono altre 1 50 sillabe. E evi dente che ciò vale per qualsiasi altra ruota alfabetica che si vuole aggiungere alle preesistenti: in altre parole l'am pliamento del sistema combinatorio della tavola VIII di pende soltanto, restando invariato il numero e la posizio ne delle 5 ruote centrali con vocali, dall'aumento del nu mero delle ruote alfabetiche. Tale dinamica spiega per ché queste ultime, nel meccanismo compositivo delle ruote concentriche, devono essere sistemate sulle orbite esterne, aperte oltre il limite dell'ultima circonferenza (dove niente impedisce di aggiungerne altre) , mentre quelle vocaliche rimangono chiuse, fisse all'interno. Immaginiamoci allora che la xilografia sia composta dalle 5 ruote interne con vocali (come di fatto lo è) e da ben 5 ruote esterne con le lettere (delle quali per como dità grafica l' incisione bruniana riproduce soltanto le due che vediamo) , ebbene il moto uniforme di queste , coniugandosi con le vocali di quelle (5 ruote X 30 lettere x 5 vocali) , genera le 750 sillabe e le altrettante immagini connesse. Ma c'è di più. Infatti, se si considera un simile congegno (5 ruote mobili alfabetiche e 5 fisse di vocali) alla luce delle cinque modalità iconiche (AGENS-AC TIO-INSIGNE-ADSTANS-CIRCUMSTANTIA) che rappre sentano le sillabe, se ne trae che, per esempio, la ruota al fabetica più esterna, grazie all'unione delle sue lettere con le rispettive vocali, secondo la regola che conoscia mo, viene contrassegnata dalle 150 sillabe e dalle rispetti ve figure AGENTES, la seconda ruota dalle proprie 1 50 sillabe e annesse ACTIONES, similmente nella terza per ogni sillaba avremo un INSIGNE, nella quarta un AD STANS, nella quinta una CIRCUMSTANTIA. In tale mo do la sequenza combinatoria delle 5 ruote alfabetiche
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che, l'una dopo l'altra, si sposano con le vocali e genera no le sillabe, rispecchia la processione memorativa delle immagini, che vanno appunto di 5 in 5, dall'AGENS alla CIRCUMSTANTIA. Si tenga infine presente che il ricorso al numero 5, fin qui più volte incontrato nelle elaborazioni dell' ars bru niana, fa parte delle regole auree della mnemotecnica. Infatti, a proposito dei loci, nell'Ad Herennìum 145 si consi glia di procedere mnemonicamente di 5 > degli astantes) è fallace e inutilizzabile, lo corregge e, nella sua edizione critica del De umbris, propone tutte le serie sillabiche se condo la loro canonica successione, ossia associando cia scuna lettera dell' alfabeto bruniano alle cinque vocali. Come ha rilevato con acume Francesco Torchia, 148 l'in terpretazione della Sturlese non è sostenibile. Discutia mone le ragioni. Innanzi tutto la questione della carenza di caratteri greci ed ebraici è inficiata dali' elenco sillabi co della quarta ruota degli astantes, tutta composta, come sappiamo, dal gruppo aa -ae-ai-ao-au ripetuto. In questo caso, se seguiamo il ragionamento della Sturlese, do vremmo dedurne che l'affermata tipografia Gourbin era sprovvista non solo di lettere greche ed ebraiche, ma an che di quelle latine. Non pare certo credibile, evidente mente le ragioni di tutto ciò vanno cercate altrove. In se condo luogo, sappiamo con certezza 1 49 che già in corso di stampa i fascicoli del De umbris subirono revisioni e corre zioni, per esempio il fascicolo K venne ricomposto inte gralmente per due volte, così come numerosi furono gli interventi dei due revisori, che la Sturlese identifica in un impiegato della tipografia Gourbin e nello stesso Bru no. Le nuove tirature, spiega ancora la studiosa, furono « un'operazione estremamente dispendiosa sia per il co sto del lavoro che per il costo della carta finita al macero, e che appare tanto più singolare se consideriamo che Bruno era allora, a Parigi, quasi uno sconosciuto, mentre l'editore aveva già alle sue spalle una solida attività •• . '"" « Certo Bruno '' prosegue la Sturlese « approfittò della ri composizione per correggere refusi e migliorare qualche 148. La chiave delle ombre, in > , l ( 1 997) , pp. 1 3 1-5 1 . 149. Lo dimostra la stessa Sturlese, in Bruno, De umbris idearum, cit., pp. XXIV sgg., XLIV sgg. 150. /bid., pp. XLV-XLVII.
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verso )) . Ma non solo. « Se si considera infatti il fregio usa to come testata in capo all' Ars brevis et expedita a c. 73v, si nota subito che la modesta ornamentazione a foglie che compare nella prima composizione A (mai usata nel cor so del De umbris) è sostituita, in B [cioè nella seconda composizione] da un imponente fregio a grottesca >>. La domanda che ci poniamo a questo punto, e che rende vana l'ipotesi della Sturlese, appare scontata: ma come è possibile che una simile mole di correzioni e di interventi tesi a migliorare la redazione finale del testo, dovuti anche allo stesso Bruno, abbia partorito decine di serie sillabiche incongruenti, sbagliate e non corrette, ta li da rendere inefficiente e incomprensibile il meccani smo mnemonico delle cinque ruote? Pertanto gli elenchi di sillabe, così come compaiono nell'originale, non pos sono essere che quelli stabiliti dal Nolano e quindi sono esatti. Ma che senso hanno allora le varianti e oscillazio ni? La risposta, mi pare, va cercata nel modo con cui il Nolano porge il proprio insegnamento dell' ars: da un la to egli lo affida ad una scrittura ricca di esempi e di sche mi talvolta oscuri, da un altro lo delega al reale riscontro che il lettore o l'allievo può trarne, mettendolo personal mente in pratica, riuscendo così a decifrare quelle oscu rità attraverso l'esercizio, a rendere viva e verace la dot trina scritta grazie alla sua applicazione interiore. 1 5 1 Una simile prassi didattica giustifica pienamente la presenza delle varianti negli elenchi: grazie ad essi si vogliono in fatti mostrare, a chi segue l' ars del Nolano, diverse ma niere di utilizzazione sia degli elementi sillabici e iconici che delle loro combinazioni, fermi restando i meccani smi di base che li regolano. Bruno infatti, pur sempre nell'ottica della sperimentazione individuale e rispetto alle norme stabilite, scrive152 che gli elementi mnemonici 1 5 1 . Bruno ribadisce più volte l' importanza docetica di certe pratiche, cfr. la nota 1 75 dell'Introduzione e la nota 132 del De umbris. 152. De umbris, pp. 1 1 6-17, 1 22-23, 1 28, 1 30-31 ; cfr. la nota pre cedente. A proposito della moltiplicazione degli elementi let terali Bruno osserva che, se ce n'è bisogno, si può « dilatare im-
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si possono cambiare l'uno con l'altro, modificare e di sporre a piacimento, che le ruote si possono muovere in questo o quel senso, che le sillabe si possono formare sia legando ogni elemento alfabetico a ciascuna vocale, sia viceversa, come nella tavola XXIX, e che l 'impiego e la composizione degli elementi possono essere adattati alle necessità combinatode del momento o dell'occasione. In questo contesto emerge la vivace funzionalità delle va rianti negli elenchi sillabici, i quali, non più intesi rigida mente vincolati e vincolanti, come invece propone la ri costruzione in merito della Sturlese, testimoniano la pos sibilità di diversi giochi combinatori all'interno degli stessi elenchi, ed esemplificano la mirabile versatilità del l'invenzione bruniana. Allora, per esempio nella prima ruota, si può ipotizzare che immagini diverse, le quali rinviano a gruppi sillabici uguali, possano dimostrarsi ne cessarie alla creazione di specifici gruppi di parole tra loro foneticamente similari. La sostituzione, nella terza ruota, dei gruppi con le lettere greche ed ebraiche, for se significa semplicemente che, una volta fissata mental mente una qualsiasi serie di immagini (come gli ultimi 35 insignia della terza ruota) , questa può essere collegata a quell' insieme di gruppi di sillabe (o anche con lo stesso gruppo ripetuto) che riteniamo più opportuno, indipen dentemente dall'elenco complessivo. In una simile pro spettiva anche l ' " enigmatica >> serie della quarta ruota può essere spiegata. Prendiamo di nuovo in considera zione la tavola VIII e la sua ricostruzione mobile (fig. 8) : si nota immediatamente che l'elenco sillabico di lettere in caratteri minuscoli della quarta ruota trova puntuale riscontro nella parte centrale della figura, ossia nel corpus delle minuscole che , nelle cinque ruote interne, indica no la teoria delle vocali. Se questa concordanza è simensamente la pagina ''• cioè il subiectum, e il luogo mnemoni co, e di conseguenza moltiplicare in maniera innumerevole gli elementi da aggiungere ( ibid., p. 128: > . Evidente la mancanza di qualsiasi pro porzione mnemonica tra immagini e sillabe, esorbitante il carico di immagini necessario a memorizzare un di scorso complesso. Tanto più che con questo inserimento di figure astrali, ciascuna delle quali presenta come pri ma immagine un personaggio agente (uomo, donna, sol dato, fanciullo, centauro, ecc. ) , si interrompe e confon de (proprio per la duplicazione dell' agens) quel sistema di scatole cinesi che regola e semplifica il meccanismo
159. Cfr. Torchia, op. cit. , pp. 135- 36. 1 60. De umbris, p. 1 68: « Quarta est mulier super hydram tres cervices e quarum singulis septem exiliunt capita habentem, vacuas antrorsum tandens manus >>.
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figurativo delle cinque ruote, fondato appunto sul pri mato di quell 'unico agens (Regima, Osiride, Cerere, Trit tolemo, ecc. ) , sotto e intorno al quale, come ad una figu ra guida, sono correlate, o se si vuole iconologicamente « incastrate " , tutte le successive immagini dell' actio, del l' insigne, ecc., ossia azioni, epiteti, attributi, ecc. ad esso pertinenti. Gioco, appunto, di " incastri >> e di concatena zioni analogiche, nel quale un 'immagine richiama l'al tra, proprio come gli anelli in una catena o - se il para gone è permesso - come una scenetta segue e rinvia ad un'altra in un cartone animato, secondo una vivida dina mica figurativa che rende il meccanismo mnemonico di Bruno meno difficile di quanto sembri, ma che divente rebbe impossibile seguendo la Yates. Quarto, ovvero alcune brevi considerazioni che, al contrario dall'ipotesi della Yates, negano ogni valenza magica alla machina del De umbris. Innanzi tutto si ricordi che l'opera venne concepita espressamente per dimo strare al re di Francia, come si è detto sopra, che la straordinaria padronanza mnemonica del Nolano « non era per arte magica ma per scienzia » . Affermazione do vuta allo stesso filosofo e di cui non c'è ragione di dubi tare: ne consegue che il De umbris è un manuale dove si espone « scientificamente " l' ars e non altrimenti. Bruno è attento a certe distinzioni se nel De imaginum compositio ne, 1 6 1 a proposito delle immagini dei 30 sigilli esposte da un punto di vista meramente tecnico-mnemonico e grafico-compositivo, sente l'esigenza di precisare che, in questo caso, non si discute di « immagini magiche " . Ci soccorre poi in proposito il riscontro che, per contrasto, ci viene offerto dalle altre opere di Bruno, nelle quali si palesa invece la sua !: i r- . ma soltanto >, conveniente e comodo nella sua ap plicazione mnemonica: ben altrimenti avrebbe dovuto essere l'espressione bruniana se, come vuole la Yates, tale insieme fosse stato il perno magico dell'intero sistema combinatorio delle cinque ruote. Precisato tutto questo, torniamo alle pagine dell'originale. Si può supporre che la studiosa inglese sia stata tratta in inganno da una lettu ra un po' affrettata delle suddette pagine, in particolare dal passaggio dalla c. 50 v alla 51 r, i testi (e le immagini) delle quali costituiscono rispettivamente: da un lato la conclusione degli elenchi mnemonici delle cinque ruote della machina, dall'altro l'inizio di un nuovo insieme di elenchi. Non distinguendo come dovuto i contenuti del le due pagine, ma considerandoli di seguito, soprattutto
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perché in entrambe corrono le solite liste sillabiche ac canto alle immagini, è inevitabile che si possa credere l'una la naturale continuazione dell'altra e, di conse guenza, le figure zodiacali facenti parte del sistema iconi co-mnemonico precedente. C'è da aggiungere che sulla svista della Yates pesa comunque un' errata valutazione del significato delle circumstantiae.
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5 1 r- 64v; pp. 1 50-71
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Terminati gli elenchi inerenti le cinque ruote, il Nola no propone, come appena detto, le immagini degli aspetti dei segni zodiacali tratte da Teucro Babilonese. Nel complesso si tratta di 150 figure astrologiche: 36 de cani che rappresentano le sillabe da AA ad HA, 49 imma gini dei pianeti (sillabe da HE a RU) , un 'immagine del drago della Luna (sillaba SA) , 28 immagini delle mansio ni della Luna (sillabe da SE a ZO) , 36 immagini delle 1 2 case dell'oroscopo. In quest'ultimo caso, a parte la prima figurazione che denota la sillaba ZU, ritroviamo, al posto delle serie di sillabe con lettere greche ed ebraiche, il gruppo AA-AE-AI-AO-AU ripetuto sette volte. Tutte le immagini sono soltanto descritte nel testo ma non rappresentate con illustrazioni. La fonte letteraria di un simile corpus iconografico astrale (escluse le 36 figure delle 1 2 case) è stata individuata da Eugenio Garin 163 nel De occulta philosophia di Cornelio Agrippa. 164 Ogni immagine è costruita secondo il sistema quinario già esaminato per le cinque ruote della tavola VIII. 165 Fac ciamo qualche esempio. La prima figura, o primo decano del segno dell'Ariete, è « un uomo nero di statura smisurata, con gli occhi ar denti, dal volto severo, cinto di una candida veste ». 166 Scomponendo l'iconografia si nota che essa è costituita 1 63. Magia ed astrologia nella cultura del Rinascimento, in « Belfa gor », 5 (1950) , p. 663, nota 6. 1 64. Libro Il, capitoli 37-46, pp. 354-65. 1 65. Come già accaduto in precedenza per le figure dell' agens e dell' actio, dove le due immagini, essendo riferite ad una me desima forma sillabica (per esempio AA) , venivano denotate insieme da questa stessa unica sillaba (cfr. sopra la nota 1 35) , così qui, sempre nella stampa originale (cc. 51 r-67r) , ogni se rie di cinque immagini ( agens, actio, insigne, ecc.) viene accosta ta unitariamente alla comune sillaba di riferimento, senza che questa venga inutilmente ripetuta ogni volta per ciascuna im magine. 166. De umbris, p. 1 50: «Ascendit in prima facie Arietis homo niger, immodicae staturae, ardentibus oculis, severo vultu, stans candida precinctus palla •• .
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da un personaggio agens (uomo nero) la cui actio consiste nel mostrare la statura smisurata, il cui insigne sono gli occhi ardenti, l' adstans il volto severo, la circumstantia l'a bito bianco che lo cinge. Naturalmente gli abbinamenti che ora propongo tra la singola immagine e i rispettivi in signe, adstans e circumstantia sono interpretativi, e dunque in qualche caso opinabili, in considerazione di una certa intercambiabilità che Bruno assegna loro e di cui si è par lato sopra. Tuttavia, a parte certe oscillazioni, appare in discutibile che tutte queste 1 50 immagini, o meglio com posizioni iconografiche, risultino scomponibili in cinque icone più semplici che danno corpo all'insieme. La seconda figura, o secondo decano, mostra ancora una rappresentazione composita suddivisibile in cinque immagini semplici: « una donna non priva di bellezza [prima] , vestita di una tunica bianca [seconda] , ricoper ta da un pallio tinto di vero color porpora [terza] , con la chioma sciolta [quarta] e coronata d'alloro [quinta] " . 167 Il terzo decano dell'Ariete è personificato da « un uo mo pallido dai capelli rossi [prima] , vestito con vesti ros se [seconda] , che porta nella sinistra un bracciale d'oro [terza] , nella destra un bastone di rovere [quarta] , mo strando un volto turbolento e iracondo, perché non può conseguire né conservare i beni desiderati [quinta ] >> . 168 Il primo decano del segno del Toro è . 1 68. Loc. cit.: « In tertia homo pallidus ruffi capilli rubris indu tus vestibus, in sinistram auream gestans armillam, et ex roba re baculum in dextra, inquieti et irascentis prae se ferens vul tum cum cupita bona nequeat adi pisci nec praestare » . 1 69. Ibid., p . 1 5 1 : « In prima Tauri facie nudus arans, d e palea pileum intextum gestans, fusco colore, quem sequitur rusticus alter semina iacens '' ·
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[prima] , sopra un carro [seconda] tirato da draghi [ ter za] , che scaglia una freccia [quarta] nella testa di un dra go [quinta] >> . 1 70 La seconda immagine di Mercurio è « un bel giovane [prima] barbuto [seconda] , coronato d'olivo [terza] , che impugna uno scettro [quarta] , e un fuoco acceso da vanti a lui [quinta] >> . 1 71 La ventesima delle case della Luna è « un centauro [prima] cacciatore [seconda] , con la faretra [ terza] , ha un arco nella sinistra [quarta] , una volpe morta nella de stra [quinta] >> . 172 Considerando così che queste 1 50 immagini sono composte da 5 figure ciascuna, ne deriva che siamo di fronte ad un catalog;us di 750 imagines da collocare, secon do i criteri già considerati, sui 750 settori del marchinge gno mnemonico delle cinque ruote. Si tratta soltanto di una « Variazione >> sul tema, di un altro insieme di imma gini vincolate e correlate analogicamente, ma stavolta da significanti astrologici, e non, come in precedenza, dalla sequela dei mitici inventori dell'antichità. Una simile tra ma di iconologia astrale è del tutto consona alla tradizio ne dell' ars memoriae. Metrodoro di Chio, di cui sopra, di venne celebre campione di mnemotecnica perché ideò un sistema combinatorio fondato su 360 luoghi posti nei dodici segni zodiacali percorsi dal Sole. Il mondo delle immagini celesti quale strumento mnemonico ricorre co munemente nei più noti manuali del Rinascimento, 1 73 e lo stesso Bruno lo ripropone sia nella seguente tavola XXX che nelle numerose figure planetarie del Libro II del De imaginum compositione, dove si elencano in maniera 170. Ibid., p. 1 60: > ; p. 238: « quod tales eligendae sunt formae, qua les admirationem, timorem, amorem, spem, abhominationem, similesque alios eius generis affectus valean t accire [ . . . ] Hinc si ex hominum genere magis tibi notos, atque celebres, mon struosos, pulchros, dilectos, exosos omnes adsumas: melius usu venire poterunt >> ; Sigillus, Il, 2, p. 1 66. Si veda la nota 33 del Si gillus. 178. II, 3, pp. 206-268. 179. H. Liebeschiitz, Fulgentius Metaforalis. Ein Beitrag z.ur Ge schichte der Antiken Mythologie in Mittelalter, Leipzig-Berlin, 1926, pp. 2 1-43, 1 1 3 sgg.; J. Seznec, La survivance des dieux antiques, ed. rivista, Paris, 1980 ( trad. i t. La sopravvivenza degli antichi dei, Torino, 1 98 1 , pp. 1 88 sgg. ) .
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rici, rappresentanti i trionfi dei pianeti, che percorreva no le strade cittadine in occasioni di speciali feste e cele brazioni signorili presso le corti italiane. Superbi esem plari a riguardo furono i carri e gli addobbi astrali esibiti a Pesaro nel 1 475, durante le celebrazioni delle nozze tra Costanzo Sforza e Camilla d'Aragona, e dei quali riman gono, fedele e mirabile testimonianza, le miniature (fig. 9: i carri di Marte e Giove; fig. 10: i carri della Luna e di Mercurio) del codice Urbinate Latino 899 della Bibliote ca Apostolica Vaticana, realizzato nel 1480.1 80 Altrettanto si può dire delle xilografie (fig. 1 1 : il pianeta Vene re) at tribuite a Maso Finiguerra (dette anche > . Sulle immagini del De compendiosa, cfr. anche De Bernart, op. cit., pp. 104-2 1 . 31 . Cubile: termine tecnico per > , ricettacoli rnnerno nici, lo stesso che la > lulliana (cfr. Ars compendiosa, pp. 1 8 sgg. ) , luoghi dove collocare le > ; su questo lemma, si veda l'Introduzione e il commento alle tavole del De imaginum compositione. 32. >: cfr. Cantus, II, l, p. 255: > . 33. Cfr. i l commento alla tavola I I del Cantus.
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liano, con i significati che denota.34 Una simile sistema zione, che ritroviamo nella tavola IV, fa sì che ogni lette ra divenga il concetto di riferimento su cui « ragionano >> (collocandosi appunto ai quattro angoli del cubile e dia logando logicamente tra loro) le 4 componenti discorsi ve, ovvero queste divengono degli adiecta e quella il rela tivo subiectum, intesi secondo l'arte bruniana. In altre pa role Bruno riduce il complesso schema di tipo lulliano vi sto sopra ad una sola, semplice figura geometrica qua drata, questa tavola II, facilmente rappresentabile e «visi bile >> nella interiore pratica mnemonico-immaginativa dell'operante. Infatti in essa gli elementi compositivi ven gono tutti tra loro coniugati attraverso la centralità geo metrica del concetto che si vuole analizzare e la logica correlazione che questo instaura (o viceversa) con i quat tro angoli, dove albergano le basi discorsive. Costui può dunque « guardare >> mentalmente sia una collana di 9 eu bilia, ciascuno con le rispettive componenti agli angoli (le 4 vocali) e notae centrali (alfabeto lulliano) , sia un so lo cubile, dove si possono inserire e combinare, di volta in volta, tutte le componenti e le rispettive lettere-notae che li simboleggiano (basta sostituire una lettera-nota centrale con un 'altra, che mutano anche i corrispettivi subiecta, praedicata, ecc. ) : in entrambi i casi, per così dire, il risultato non cambia.
34. De compendiosa, II, 2, pp. 1 2-1 3: « B significat Deurn, bonita tern, differentiarn, utrurn? C significat angelurn, rnagnitudi nern, concordantiam, quid? •• , ecc.
Tavola III: c. 9r; II, 2, p. 15
Tavola
III
Nel testo questa incisione viene detta « Prima figura » , i n quanto corrisponde alla prima figura lulliana discus sa sopra. Due delle tre figure di Lullo che si trovano nel De compendiosa (qui tavv. V e VIII) sono identiche, nel senso che sono state impresse usando la stessa matrice !ignea, a quelle che appaiono sui fogli sciolti inseriti nell' Opusculum de auditu kabbalistico attribuito a Lullo, e stampato a Parigi nel 1578 « apud Aegidium Gorbi num >> , ovvero dallo stesso stampato re del De umbris e del De compendiosa, il quale evidentemente riutilizzò in quest'ultima i legni che gli erano serviti per l' Opuscu lum. L' iconografia delle figure lulliane nei libri a stam pa segue comunque modelli grafici canonici, tant'è che uguali alle nostre, anche se di dimensioni diverse, le ri-
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1 45
troviamo, per esempio, sia nell 'Ars magna generalis et ul tima (Lugduni, 1 5 1 7 ) , sia nell' Opera (Argentorati, 1 6 1 7 ) stampata dai fratelli Zetzner.
Tavola IV: c. 1 1
r;
II, 2, p. 1 7
Tavola IV
Come per la precedente tavola II, che serviva a tenere meglio a mente l'alfabeto di Lullo, anche qui l'immagi ne, di invenzione bruniana, serve a ricordare con più efficacia il sistema combinatorio lulliano della tavola III appena considerata.35 Di fatto Bruno trasferisce, come già nel c aso appena citato della tavola II (Ad alphabeti re tentionem ) , il sistema circolare proprio delle fig;urae di Lullo su una struttura quadrata, ossia colloca gli elemen ti letterali agli angoli, sui lati e al centro di un quadrato,
35. Ibid. , II, 2, p. 1 7.
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CORPUS ICONOGRAPHICUM
rifacendosi ancora una volta al meccanismo subiecta-adiec ta dei punti cardinali, tra loro combinabili e moltiplicabi li, esposto nella tavola II del Cantus Circaeus. 36 La motiva zione di questo passaggio dalla figura « rotonda » lulliana a quella « quadrata >> si deve al fatto che Bruno individua, nella trama di correlazioni di una tale « rotonda >>, un li mite alle possibilità del meccanismo combinatorio.37 In fatti in quest'ultima le lettere o elementi distribuiti sulla circonferenza, a causa dei distinguo filosofici e teologici insiti nella logica di Lullo, non risultano sempre e co munque tutti coniugabili o « convertibili >> tra loro, in al tre parole si possono produrre soltanto certe associazioni tra determinati elementi letterali, ovvero tra i sei gruppi di significati e secondo le ragioni di cui si è detto sopra. 38 Nella figura « quadrata >> invece tali limitazioni possono scomparire perché Bruno riconduce il meccanismo alla dialettica dei subiecta e degli adiecta già visto nel Cantus Circaeus, dove ciascun elemento può essere correlato al l'altro o agli altri e viceversa/9 con la conseguente conca tenazione logico-mnemonica o «fissazione >> di tutti gli elementi, in una dinamica dove l'ordine delle « conver sioni >> non prevede restrizioni concettuali di sorta. . 37. Cfr. De compendiosa, II, 2, pp. 14-16. 38. Cfr. Ars generalis, p . l 0: > . 39. De compendiosa, Il, 2, p . 1 7: > . .
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questa figura [quadrata] '' dice Bruno « si avrà di conse guenza l'ordine fisso delle conversioni, delle denomina zioni di tutti attraverso ciascun elemento e di ciascuno at traverso tutti. Disdegniamo la figura rotonda, nemica della memoria, e si elegga quella angolare che è ad essa la più familiare '' · In tal modo il Nolano, che - come ben sappiamo dalle figure circolari e dalle ruote mobili del De umbris -40 sa fare buon uso della «figura rotonda '', vuol sottolineare non tanto la supremazia di quella « quadra ta >> , bensì la sua sintetica funzionalità ( « memoriae fami liarissima » ) nella pratica dell' ars rispetto alla '' rotonda '' lulliana. Si tratta di una felice variante alternativa, nel l'immediato più semplice dei complessi moti delle ruote di Lullo, la quale pertanto, come già notò Johannes Paepp,4 1 può facilitare l'apprendimento mnemonico. Del resto Bruno, nell'elaborazione della sua ars memoriae, pur senza mai trascurare né sottovalutare quelle « rotonde '' • dedicò speciale attenzione alle forme « quadrate '' , come provano i particolari loci quadrangolari ( atria e cubilia) discussi nel De imaginum compositione,42 il suo ultimo trat tato mnemonico, che riassume e conclude i precedenti: qui il locus quadrato o rettangolare costituisce uno spazio « visivo '' e « mentale '' privilegiato, dove si può esercitare l'attività mnemonico-creativa dell'immaginazione. Si deve infine notare che nella xilografia mancano le linee di congiunzione tra C e I e tra B e G: probabilmen te si tratta di una semplice svista dell'incisore, in quanto tale carenza contrasta graficamente con il sistema combi natorio bruniano, di cui sopra, che prevede la correlazio ne tra tutti gli elementi: basti confrontare l ' analoga figu ra nel De imaginum compositione.43
40. Nel Cantus e nell'Explicatio è presente sia la tipologia qua drata che quella circolare. 4 1 . Eisagoge, seu introductio Jacilis in praxim artificiosae memoriae, Lugduni, 1 6 1 9 , p. 69. 42. II, 3, pp. 1 25 sgg. , 163 sgg. 43. Il, 3, p. 197.
Tavola V: c. l l v; Il, 2, p. 1 8 B
Tavola V
L'immagine copia fedelmente quella della seconda fi gura di Lullo esaminata sopra (perciò anche nel testo del De compendiosa è detta Secunda figura) . La xilografia deriva dall'edizione del citato Opusculum de auditu kabbalistico. Bruno, seguendo Cornelio Agrippa,44 spiega la T al centro della figura come abbreviatura di « Triangulum » .
44. In artem brevem Raymundi Lullii, in Opera, Lugduni, s.a. [ 1 570 ca] , vol. II, p. 347.
Tavola VI: c. 13v; II, 2 , p. 20
Tavola VI
Come nel caso delle xilografie precedenti, Bruno esco gita, anche qui, una sua nuova figura per migliorare la ri tenzione dello schema lulliano appena visto. Il testo45 precisa che la pratica mnemonica consiste nel porre in ciascun angolo di un triangolo una singola, vivida imma gine, che abbia vicino a sé altre due immagini collaterali. Chi vuole memorizzare deve poi procedere (attraverso
45. De compendiosa, II, 2, pp. 20-2 1 : >; sul lemma " atrio », si veda l'Introduzione e il commento al De ima[finum compositione. 49. Il, 3, pp. 125 sgg., 1 56-57.
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA
151
ga il ternario/0 nel senso che, per esempio, un " atrio », quadrato o rettangolare che sia, è opportuno presenti a ciascuno degli angoli una disposizione ortogonale di tre immagini o lettere .51 Nell'incisione che stiamo discuten do il locus-subiectum è dato dal cerchio con il quadrato in scritto, mentre il triangolo interno esprime il gioco di correlazioni che, nelle altre due figure, era dato dalle li nee. Infatti, come si evince dal testo sopra citato (nella nota 45 ) che accompagna questa tavola VI, ai tre angoli del triangolo stanno tre immagini corrispondenti alle let tere B, C, D , cioè immagini e lettere coniugate secondo la ovvia, geometrica correlazione interna che lega gli stessi angoli e i lati del triangolo: per esempio, dall'ango lo al vertice B possiamo collegarci sia a C che a D, ma ciò vale anche per C con B e D, come per D con B e C. Se poi la B, la C e la D divengono esse stesse, come si insegna nel Cantus, dei subiecta, ed intorno mettiamo in correla zione collaterale altri adiecta, cioè le immagini, ossia le lettere EF (intorno a B) , GH (intorno a C) , IK (intorno a D) (tutte insieme, non dimentichiamolo, formano il no to alfabeto lulliano) , ecco che da ogni angolo si sviluppa una concatenazione fra tutte le lettere delle tre terne con simmetria geometrica, con una dinamica logica rigorosa, sempre determinata com'è dalla chiara posizione spazia le che rispettivamente occupano.
50. Il, 3, p. 15 6: « qui in universis nurnerurn trigenariurn ob servarnus '' . 5 1 . Il, 3; cfr. le illustrazioni alle pp. 1 27 e 156.
Tavole VII e VIII:
cc.
1 6r e 1 6v; Il, 2, pp. 24-25
B C. C D. D E . EF. F G. G H. HI. Ik. B D . C E . DF. EG. FH. GI. H k. B E. C F . D G .F H. F I . Gk. BF . C G. D H .EI. Fk. B G. C H. D l. Ek. B H. C I . D k. BI. Ck. Bk. Tavola VII
Tavola VIII
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA
153
S i tratta della terza e quarta figura di Lullo discusse so pra: una è la griglia triangolare a scale (nell'edizione bruniana la tavola VII non è xilografica, ma formata da semplici caratteri tipografici accoppiati e sovrapposti, identica alla precedente figura 3 ) , l'altra (tav. VIII) è quella con le tre ruote alfabetiche concentriche. Il legno di quest'ultima (anzi i legni, trattandosi di tre ruote indi pendenti, di misure diverse, che vanno poi sovrapposte) è lo stesso già usato per il citato Opusculum de auditu kab
balistico.
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM
Explicatio tri{finta si[fillorum ad omnium scientiarum et artium in ventionem, dispositionem et memoriam. Quibus adiectus est si[fillus si {fillorum. . , s.n.t. (Salvestrini, n. 60; Sturlese, n. 6) .
In quest'opera, che riguarda l an reminiscendi e venne pubblicata a Londra nel 1583, sono descritti 30 sigilli, 1 dei quali soltanto 1 1 illustrati con xilografie: 8 presentano figu re geometriche (ossia i sigilli Il, III, XVIII, XIX, XXI, XXVI, XXIX e la Figura sigiUi sigillorum) , 3 invece l'alfabeto ebraico disposto e numerato secondo schemi radiali e ortogonali. Le tavole sono inserite fuori testo e in sequenze diverse.2 Nel volume sono stampate pure alcune combinazioni di lettere e numeri che compongono figure mnemoniche, ma non si tratta di xilografie. La qualità tecnico-artistica delle incisioni è assai scadente e, per le assonanze grafiche e stilistiche con quelle del Mordentius e del De triplici minimo, vanno attribui te alla mano dello stesso Bruno. 3 Sul significato iconologico dei gruppi di piccoli punti e linee che nelle xilografie incor niciano, come elementi decorativi, i sigilli II, XVIII, XXI e XXIX, si veda infra e l'Introduzione. '
l. Delle immagini di questi sigilli si parla sinteticamente, ac compagnandole con un parziale corredo iconografico costitui to da schemi grafici, nel Libro III del De imaginum compositione, Il, 3, pp. 278-322. 2. Cfr. Salvestrini, op. cit. , p. 68. 3. Si veda la Nota al Corpus iconographicum.
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CORPUS ICONOGRAPHICUM
La parola guida che caratterizza l'opera è sigillum, ter mine che Bruno spiega nel De imaginum compositione : « Il sigillo (che è un diminutivo di segno) significa la parte più eccellente del segno, ovvero il segno preso in modo più contratto, come significhiamo con la sola testa o con la sola mano l'uomo o l' opera dell'uomo >> .4 Consideran do che per Bruno il signum altro non è che l'idea, il vesti gio, l'ombra della cosa significata/ se ne trae che per lui il sigillo costituisce, nella sua essenzialità, il lessico più nobile: un sigillo ideale, un'icona sintetica e schematica, una sorta di simbolo-sineddoche che pure contiene e riassume in sé tutte le più ampie valenze significanti del la « cosa >> che vuole rappresentare. In questo senso il si gillo diviene tramite di perfetta analogia tra l'intelletto e l'intelligibile, tra il conoscente e il conoscibile, è una mo dalità gnoseologica che va oltre i limiti delle comuni pa role e immagini, perché sintetizzando in sé l ' « ombra del le idee >> , della « luce >> , ne esprime il « vestigio >> , ne con tiene il germe, l'accenno di quelle stesse idee, di quella stessa luce verso cui tende la conoscenza umana. « Il com pito dell' indizio, del segno, del sigillo non è tanto quello di rappresentare e significare, quanto di mostrare, come l'indice non significa o connota in sé la cosa che indica, bensì invita o sollecita a intuirla o guardarla >>.6 Bruno scrive che « le immagini, i sigilli e i caratteri ser vono ad agire, percepire e significare ora nel mondo fisi co [naturale ] , ora in quello matematico, ora in quello ra4. Il, 3, p. 98: > (si veda il capitolo 3 del Libro l ) ; cfr. Tocco, op . cit. , pp. 67 sgg. 5. De imaginum compositione, Il, 3, p. 98: > . 6 . lbid., Il, 3 , pp. 98-99: > (sul concetto di •• sigillo >> in Bruno, cfr. De Bernart, op. cit. , pp. 15-62; Spruit, op. cit., pp. 57-67; Ciliberto, Umbra profunda, cit., pp. 1 1 1-23) . 7. De imaginum compositione, II, 3, pp. 94 sgg.: « Ens in tria capita distributum intelligitur, metaphysicum, physicum, et logicum universaliter dictum; ut tria sunt omnium principia, Deus, na tura atque ars; et tres sunt effectus divinus, naturalis, artificia lis »; cfr. l'Introduzione e Spruit, op. cit., pp. 101 sgg. 8. Cfr. Spaccio, p . 635: " sette lumi chiamati erranti; a gli quali, come ad originai principio e feconda causa, [gli Egizi] redu ceano le differenze delle specie in qualsivoglia geno: dicendo de le piante, de li animali, de le pietre, de gl'influssi, e di altre et altre cose, queste di Saturno, queste di Giove, queste di Mar te, queste e quelle di questo e di quell'altro. Cossì de le parti, de membri, de colori, de sigilli, de caratteri, di segni, de imagi ni destri bui te in sette specie " ·
1 60
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nano, procedono, si infondono in quelle inferiori, le quali li concepiscono, trattengono e conservano >>.9 Si noti che nella definizione di sigillo data sopra si dice che si tratta di un segno contractius, contrazione speciale che procede dalla capacità di concentrazione mentale, se condo una pratica ascetica e di raccoglimento interiore per contemplare le cose con l'occhio della ragione, 1 0 di 9. De imaginum compositione, II, 3, pp. 1 01-102: « Conferunt ima gines, sigilla et characteres ad agendum, percipiendum et si gnificandum tum physice, tum mathematice, tum logice. Natu rae enim comparatum est per praesentem seu inexistentem ideam ac formam ex indefinita materia definitam educere spe ciem; indefinita inquam materia non prima in proposito sed proxima, quale est commune nutrimentum, quod in certae spe ciei substantiam atque semen convertitur. Mathematice sub inde simulacra, imagines et characteres ad multa producenda atque comparanda conducunt, cum observatum sit triplice es se mundum, archetypum , physicum et umbratilem, ut a primo detur per medium descensus ad tertium, et a tertio per me dium ascensus ad primum, sicut a sole descendimus ad aspec tum lucis lunae, astris et aeri communicatae, et ab hac ad lu cem umbratilem, seu ut in speculo, non obstante quod et a so le immediate in speculum valeat immitti, et a speculo ad solem directo et immediato tractu retorqueri. Ita animus sensusque noster species atque favores quosdam immediate a superno mundo sibi procurat, comparat et recipit, quosdam vero per medium rerum naturalium atque sensibilium. Quae omnia, si ve uno sive alio modo sit, non nisi certis signis, archetypis, ge stibus et, ut aiunt, sacramentis comparamus et assequimur. lta que formae, simulacra, signacula vehicula sunt et vincula velu ti quaedam, quibus favores rerum superiorum inferioribus tum emanant, procedunt, immittuntur, tum concipiuntur, con tinentur, servantur ». 10. Sigillum, Il, 2, pp. 192-93: « Ea tandem laudabilissima vere philosophis propria animi contractio est [ . . . ] vere enim sapiens et virtuosus, cum dolorem non sentiat, est perfecte (ut praesen tis vitae conditi o ferre potest) beatus, si rem rationis oculo velis aspicere ,, ( « È infine lodevolissima la contrazione dell'animo veramente propria dei filosofi [ . ] in vero infatti l'uomo sa piente e virtuoso, senza sentire dolore, è perfettamente beato per quanto può offrire la condizione della presente vita - se . .
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cui Bruno nel Sigillum sigillorum offre quindici tipi.1 1 Rag guardevole a proposito nello Spaccio12 l'affermazione che « l'Eremo, la Solitudine [ . . ] sogliono parturir quel divino sigillo eh' è la buona Contrazzione >> . Il > che coniugano, rendono intercomunicanti i tre piani: quello archetipico o divino, quello fisico o naturale e quello umbratile o ar tificiale. 1 7 In questo senso i sigilli esprimono le più nobili umbrae idearum. Autorevole nel De magia, 1 8 dove ; il Nolano se gue qui il De occulta philosophia di Agrippa, p. 86) , partizione che segue i gradi dei tre mondi: « archetipo, fisico e razionale o matematico '' (cfr. ibid. , p. 1 72: bruniano è capace, una volta svincolate le potenze dell'anima dai legami cor porei, di ascendere ad uno stato oltre il tempo e lo spazio e di unirsi alle " idee >> . 3 1 A similitudine degli Egizi, scrive il Nolano,32 " oggi i Maghi, costruite immagini e descritti caratteri e cerimonie, che consistono in certi gesti e in certi riti, esprimono le loro preghiere come attraverso determinati cenni, e questa è quella lingua degli Dei che, mentre tutte le altre si sono mutate mille volte e quoti dianamente si modificano, rimane sempre la stessa, co me sempre la stessa resta la specie della natura >> . Le fon ti magiche, teurgiche,33 connesse a certe pratiche, vanno mihi contigit eos vidisse ad montes Liberi et Lauri, nec mihi so li, se d frequen ter apparen t incolis lo ci illius >> . 29. Sui temi magici in Bruno, si veda A. Corsano, Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, Firenze, 1940; il fon damentale lavoro della Yates, Giordano Bruno, cit., pp. 21 2-366; M. Ciliberto, Giordano Bruno, Roma-Bari, 1990, pp. 242-5 7. Per quanto riguarda il sapere degli antichi filosofi e teologi, che si esprimevano attraverso arcani e figure naturali, Bruno rivendi ca di essere, nel suo tempo, il primo a « risuscitare >> simili dot trine e pratiche: si veda Lampas, pp. 938-40. 30. De magia, p. 1 66: «A philosophis ut sumitur inter philoso phos, tunc magus significat hominem sapientem cum virtute a gendi '' · 3 1 . De umbris, p . 49: « Cui sententiae - sine controversia - Theo logus ille [il riferimento è a san Paolo, cfr. Rom., 7, 22 e Eph., 3, 16] adstipulatur maxime, qui perfectiori eam intitulans, nomi ne "interiorem hominem" appellavit. Quod si pro huius con firmatione operationes sine corpore eidem possibiles exqui rans, ecce certo loco temporique non adstrictis copulatur ideis, quotiescumque mente animove solutus homo materiam de stituit atque tempus " · 32. Per i l testo latino, si veda sopra, nota 1 8. 33. È soprattutto la scuola neoplatonica che trasmette al mon do rinascimentale la teurgia antica e il suo modus operandi: cfr.
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ricercate nel De radiis di Al-Kindi,'4 nel Picatrix,'5 in Fici no'6 come in Agrippa,37 dove la realizzazione dei talismaDodds, op. cit., pp. 335-69; opus Procli De sacrificio et magia, in terprete Marsilio Ficino, a cura di W. Kroll, Greifswald, 190 1 , pp. 5-1 1 e note alle p p . 1 2- 1 4; m a anche D .-P. Walker, La magie spirituelle et angélique de Ficino à Campanella, Paris, 1 988, pp. 3756. 34. Quest'opera, attribuita al filosofo e scienziato arabo Al Kindi, che morì a Baghdad intorno all'870 ed il cui originale arabo è andato perduto, venne tradotta in latino fin dal XII se colo. In Occidente godette di grande fortuna sotto il titolo di Theorica artium magicarum, tanto da costituire, insieme al Pica trix, il più autorevole e diffuso manuale di magia naturale, nonché un importantissimo riferimento per le dottrine astro logiche medioevali: cfr. Thorndike, op. cit. , vol. l, pp. 642-46; vol. Il, pp. 443 sgg. ; Al-Kindi, De radiis, a cura di M.T. D 'Al verny e F. Hu> (in riferi mento alle stelle con sei raggi) con intorno (in posizione tra loro ortogonale) altrettante « stelle di seconda gran dezza >> (con riferimento a quelle cruciformi) ; inoltre, a sua volta, ogni stella secondaria può essere circondata da altre quattro, di ancora minore lucentezza, e così via, sequesto caso (rispetto alla consuetudine del catalogo) anticipo la tavola III (seguirà la consueta numerazione ) , perché dalla sua comprensione dipende quella di tutte le altre. 44. Il, 2, p. 88: « Quandoque dum ad latera quattuor stellarum primae magnitudinis, aliis secundae magnitudinis quattuor ap posiùs, eadem forma tertiae magnitudinis quattuor accessis sent, quaternarium mihi primo migrabat in duodenarium, se cundo duodenarium in 48narium extendabatur, terùo 48na rium in 1 92narium amplificatum universae descriptioni deser vissent, ulteriora pari adtentassem serie » .
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EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM a
c A d b a
A
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c D d b c B d b
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Figura 2
condo una progressione geometrico-stellare che da 4 passa a 12, e cresce fino a 48, poi a 1 92, ecc. ;45 segue, nel testo, questo schema alfabetico46 (fig. 2) basato sull'ordi nato sviluppo delle prime quattro lettere. 45. La corretta progressione numerica delle stelle, in ragione di quattro, come si deduce anche dallo schema alfabetico annesso al testo e qui riproposto, è 4, 16, 64, 256, ecc., sequenza che Bruno propone invece attraverso la successione 4, 12, 48, 192 ( 4; 4 + 12 16; 4 + 12 + 48 64; 4 + 12 + 48 + 64 + 1 92 256, ecc. ) . 46. Explicatio, II, 2, p. 88; la ricostruzione (fig. 2 ) tiene presen te, oltre allo schema originale, anche la xilografia ( tav. III) ed il testo medesimo. Nella parte inferiore dello schema alfabeti co originale si nota, in due casi, che una lettera b è decentrata rispetto alla A di riferimento secondo il solito ordine ortogo nale, così come non compare sotto la C (ma potrebbe essere al contrario, non compare sotto la A ed è decentrata rispetto alla C) : o si tratta di una svista tipografic assu me basilare importanza nella costruzione e composizione spaziale dei suoi sigilli o immagini mnemoniche:54 l' espe rienza insegna che « le immagini sono meglio immesse e trattenute negli angoli e nei ricettacoli incavati >> . Nel De magia 55 Bruno stabilisce che il movimento attrattivo delle cose è un movimento rettilineo,56 « in linea retta il simile
53. l, 2, p. 400: « Et quia quatuor ista caeli puncta duobus colu ris distinguuntur, ubi hinc et inde ad angulos rectos circuii in tersecantur; relinquitur ut locis solstitiorum et aequinoctiorum figura quadrangula necessario conveniat: unde characteri ex duabus se recta intersecantibus lineis, cui quatuor anguli in unum concurrunt punctum, quem caracterem Isidis fronti Se rapidisque pectori fertur Aegyptios olim insculpsisse, vim quan dam inesse magica concluditur >> . 54. Basti confrontare i numerosi passi a riguardo nel De imagi num compositione, Il, 3, pp. 1 24 ( « et experimur imagines in an gulis incavisque susceptaculis melius immitti et reteniri » ) , 1 2 630, 156, 1 63-69 , 1 90-93, 1 95 e passim. Si veda l'Introduzione. 55. Alla p. 206: (in somma tutte quelle forme che, opportunamente realizza te secondo i princìpi naturali, matematici e logici, servo no ad agire, percepire e significare)60 costituiscono segni raggio >> alla scala dell'essere neoplatonica ed alla « conversione >> delle cose inferiori alle superiori, e la « provvidenza» di queste su quelle (De vinculis, pp. 418-20, 545-47, 492-96) . 57. II, 3, pp. 1 2 2-24: « Laborat enim quodammodo spiritus at que sensus internus, et confusione quadam obnoxius facile efficitur, ubi reflexa duplicique specie rem visibilem deprehen dit perpendiculariter iactus visibili radio ad visibile non per pendiculariter iacto maxime et manifestissime praestat » . 58. III, 3 , p. 9 8 : « Character quod certo linearum tractu vel punctorum situati aliquid significant, sicut elementa >> . 59. Il, 3, p . 99: « Nota, character, signum, sigillum e t indicium dici possunt tum lineae, tum puncta, tum omnia quae spacium non concludunt••. 60. Segni, sigilli, simulacri, indizi, caratteri, note, ecc. sono ter mini che in Bruno indicano forme espressive naturali tra loro diverse: le loro specificità possono essere distinte, comprese e utilizzate da colui che si applica a certe forme con le proprie facoltà interiori: cfr. soprattutto i capitoli 12 e 1 3 della seconda parte del Sigillum (II, 2, pp. 204-205 ) e il capitolo 3 del Libro I del De imaginum compositione (II, 3, pp. 98-100) . Si tratta co munque di una nomenclatura che, da un punto di vista gene-
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magici che possono calamitare speculannente gli influssi celesti, risultando operativamente « veicoli '' • e > (ovvero mettere per il momento da parte) l'operazione alla lettera (o atrio) da cui si era
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iniziato il procedimento e ricominciare con un'altra ope razione. Non diversamente dovrebbe accadere con la ta vola X: qui l'alfabeto (con i relativi numeri) è uno solo, mentre il sigillo circolare si mostra scomposto agli angoli come un binomio di loci complementari. Mi chiedo se non vi sia in questa disposizione angolare un riferimento alla maggiore potenza magica dello stesso sigillo e delle immagini che vi vengono accolte, secondo quanto detto sopra. In questo caso la tavola X rappresenterebbe il na turale sviluppo « magico » della tavola IX, che appare fun zionale alla specifica maestria della mnemotecnica. La tavola Xl, come meglio si coglie dalla sua ricostru zione (fig. 13) , è costituita da un quadrato, il cui lato è composto in ragione di 2 2 piccoli quadrati uguali, per cui la griglia dell'intera superficie quadrata risulta di 484 piccoli quadrati. Sulla diagonale, anch'essa geometrica mente scandita dal numero 2 2 , corrono le lettere dell'al fabeto ebraico. Il significato dell 'immagine risulta enig matico. 1 00 Si noti che la disposizione diagonale delle let tere e la conseguente posizione che assumono nella gri glia fa sì che, se inseriamo (cominciando dall'alto verso il basso e procedendo da destra verso sinistra) nella prima fila orizzontale di 2 2 caselle le rispettive lettere dell' alfa beto ebraico (la prima, cioè la aleph, è già al suo posto nell'angolo in alto a destra) , e altrettanto facciamo con le sottostanti file sino in fondo, accade quanto segue: 100. Anche a confronto con quelle pagine dell'Explicatio ( > : II, 2, pp. 98-99, 15 1-52) in cui si parla di un sistema mnemonico con 22 ele menti ( ma si tratta dell'alfabeto latino, e non si danno indica zioni geometrico-compositive) , oppure con quelle analoghe del De imaginum compositione (Il, 3, pp. 310-1 1 ) dove si trova un quadrato ABCD con all'interno 22 colonne composte di 22 elementi numerici (nel testo vi è sì un esplicito riferimento al l 'alfabeto ebraico: « ABCD quadratum est figura duorum et vi ginti atriorum, iuxta elementorum Hebraeorum numerum >> ) , tuttavia lo sviluppo ortogonale e diagonale non sembra con cordare con quello della tavola Xl.
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CORPUS ICONOGRAPHICUM
orizzontalmente l'intera griglia risulterà riempita da 22 alfabeti ebraici che si succedono l'uno sotto l'altro; verti calmente la prima fila di quadrati sulla destra conterrà 22 aleph , la seconda 22 beth, la terza 22 gimel, la quarta 22 da leth, e così via fino all'ultima fila a sinistra con 22 tau . 1 0 1 La struttura quadrata della griglia e l'ordinata disposizione degli alfabeti appena detta fa in modo che le lettere della sequenza diagonale della tavola XI occupino il posto che numericamente loro spetta nella successione alfabetica: per esempio la aleph, che è la lettera numero l , sta nella prima casella delle linea orizzontale che è anche la prima di quella verticale; la daleth, che è la lettera numero 4, sta nella quarta casella della quarta fila orizzontale che è la stessa della quarta della verticale, e così via fino alla tau , la ventiduesima lettera, che si trova nella casella 22 della li nea orizzontale e di quella verticale. Dunque le 22 lettere posizionate in diagonale, e non casualmente evidenziate nella xilografia, costituiscono per certo una successione di loci privilegiati, una sorta di perni di riferimento imma ginativo, da cui possono dipendere le relative caselle ed elementi letterali che si sviluppano accanto a loro. Quale marchingegno mnemonico voglia intendere Bruno con tutto ciò ci sfugge, anche perché, da un punto di vista combinatorio, in un reticolo quadrato di 484 lettere ordi nate e coniugabili (in ragione di 22) sia da destra a sini stra che dall' alto in basso e diagonalmente oppure vice versa, si manifesta una miriade di sistemi di subiecta, prati cabili solo attraverso scelte e delimitazioni operative, im maginative, che Bruno però non ci indica. Infine, un'ultima considerazione che potrebbe suggeri re una lettura magica di una simile iconografia. Griglie quadrate identiche a quella bruniana, costruite in ragio ne delle 22 lettere ebraiche, alfabeticamente disposte se condo diverse successioni (per esempio da destra a sini stra oppure all' inverso) , sono raffigurate già nel De occulta
1 0 1 . La stessa composizione si può ottenere inserendo gli alfa beti secondo le file verticali, dall'alto verso il basso e da destra a sinistra.
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Figura 15
philosophia di Agrippa:1 02 si tratta di tabulae (formate sia 102. Capitolo 25 del Libro III ( pp. 472-81 ) . Cfr. il De arte cabalisti ca di Reuchlin, cit., cc. 71 v sgg., dove si parla della permutazione e combinazione delle 22 lettere ebraiche in riferimento alla temu rah ( « ubi mutua fit literae pro litera positivo, et totiens fit quo tiens alphabeta pennutantur. Pennutantur autern iuxta nume rum literarum bis et vigesies » ) , e vi è riportato un esempio grafico che ricomparirà in Agrippa, De occulta philosophia, p. 478. Griglie criptografiche simili a quelle di Agrippa e Bruno in Blaise de Vigenère, Traité tks Chif.fres, Paris, 1586, cc. 9 1 r sgg., 184r sgg.
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Figura 1 6
con singole lettere che con sillabe bielementali) che ser vono a (( comporre tutti i nomi divini e angelici » 103 attra verso un procedimento di commutazione delle stesse let103. «[ . . . ] et quondam hae tabulae omnibus tum divinis tum angelicis nominibus inserviunt •• (p. 473; cfr. pp. 468-90, in par ticolare i capitoli 26-28 del Libro III ) ; su queste mistiche com binazioni: Reuchlin, op. cit. ; si veda pure J. Reuchlin, La Kabba le, Introduzione, traduzione e note a cura di F. Secret, Paris, 1995, pp. 226, 238, 246, 284, 287, 308.
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tere. Ne ho proposte due subito sopra con le figure 1 5 e 1 6: la prima è la > , la se conda quella delle > . Appare evidente che la tavola XI, considerata con la griglia interamente occupata dagli elementi alfabetici come detto sopra, si presenta quale una elaborazione grafico-compositiva delle tabulae di Agrippa, la cui opera, come si sa, era ben nota al Nolano. Tanto più che nel De occulta philosophia i nomi degli « spiriti celesti '' • calcolati su tabulae specifiche, possono essere poi applicati su tali smani o anelli ( « pro fabricanda immagine ve l anulo seu ali o quovis opere sub certa costellatione peragendo >>) 104 sì da riceverne gli opportuni benefici ed effetti, proprio come accade con certi sigilli bruniani. Ma non avendo a disposizione altri dati o indicazioni da parte di Bruno, non resta che considerare questa tavola XI quale potente strumento mnemonico-magico e teurgico solo in via ipo tetica.
1 04. Si veda p. 482, ma cfr. pp. 483-87 e il capitolo 47 del Libro 1: « De annulis et eorum compositionibus >>.
LA CENA DE LE CENERI
La cena de le Ceneri, s.I., s.e., 1 584 (Salvestrini, n. 63; Sturlese, n. 7)
Tavola 1: p. 561 La stessa immagine ritorna nel De immenso, 2 dove appa re graficamente più nitida e comprensibile per la miglio re esecuzione artistica dell'incisione. Le xilografie della Cena (eccetto la tavola VII) sono di scadente qualità for male e, da un punto di vista grafico, sono tutte attribuibi li a Bruno, per le ragioni già espresse nella Nota al Corpus iconographicum. In particolare si osserva che le linee, sia dritte (come nelle tavole I, III, IV) , sia curve (come nelle tavole V, VII, IX) , mostrano, per i numerosi graffi che ne contornano la traccia, come l'autore premesse la sgorbia sul legno in maniera malferma e discontinua. Certi limiti esecutivi fanno sì che, nella Cena, le composizioni geol. Nelle opere italiane di Bruno, a differenza di quelle latine (cfr. la nota 39 del commento al De umbris) , il titoletto indica la progressiva numerazione delle figure, cui segue il numero di pagina dell' edizione originale che contiene la xilografia. Al trove ogni citazione dell'opera rinvia sempre e soltanto all'e dizione di riferimento come dalla tavola delle Abbreviazioni. 2. l, l, p. 327; nell'edizione originale a p. 275.
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Tavola I
metriche, con le rispettive cifre o lettere, spesso non ri sultino ben leggibili, e non sempre, d'altra parte, concor dino con il testo.3 Le ricostruisco integrando l'archetipo secondo le indicazioni testuali (per esempio, qui nella ta vola I, inserisco le lettere DD, indicanti l'arco più grande, che non si rilevano nell'incisione bensì nello scritto) . Per ridisegnare questa prima immagine tengo presente an che la citata, analoga incisione del De immenso. Lascio vi sibili al lettore, per una migliore comprensione della figura, le linee indicanti i vari passaggi geometrici del3. Cfr. Giordano Bruno, Dialoghi italiani, voli. 1-11, nuovamente ristampati con note da G. Gentile, 3" ediz., a cura di G. Aqui lecchia, Firenze, 1 985, vol. l, p. 95, nota l.
LA CENA DE LE CENERI
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Figura l
la ricostruzione, come ad esempio quelle che escono a raggiera dal circolo: tali linee sono disegnate più sottili delle altre. Dal punto di vista grafico-compositivo si deve infine os servare che, nell'incisione originale, le linee e le propor zioni tra le varie componenti geometriche risultano assai imprecise. Infatti non si riscontra alcuna logica simmetri ca nella successione delle corde AA, BB, CC, DD, le qua li, essendo generate dalla calibrata progressione dell'o c-
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CORPUS ICONOGRAPHICUM
chio che si allontana (ritmo che nella xilografia segue una scansione regolare, come analogamente accade nel la seguente tavola III ) , dovrebbero mantenere tra loro una corrispettiva e proporzionata distanza. Per questi motivi la ricostruzione che propongo, così come accadrà con le prossime della Cena, cerca soprattutto di seguire una logica corrispondenza tra le varie componenti geo metriche del disegno, pur senza perdere di vista le nor me testuali e i dati della stessa xilografia originale. La xilografia vuole illustrare il seguente concetto:4 se l'occhio umano potesse guardare la terra da altezze cele sti, accadrebbe che, man mano che l'occhio si innalza nello spazio etereo, tanto più si restringe l 'angolo di vi suale, tanto più aumenta l'ampiezza dell'arco emisferico sottostante e tanto più piccolo risulta l'orizzonte artificia le. Bruno tratteggia nella parte inferiore del disegno la semisfera terrestre (nel De immenso il globo appare per in tero) , mentre ricorre a due composizioni geometriche tra loro distinte che poi, per illustrare meglio il proprio pensiero, sovrappone e coniuga nella figura che vedia mo. La prima composizione riguarda il rapporto inversa mente proporzionale tra il decrescere dell'angolo di vi suale e l'aumentare dell'arco emisferico. La figura è co stituita dai quattro triangoli equilateri, l'uno nell'altro, che si ergono sull'emisfero terrestre: i loro quattro verti ci (rispettivamente tangenti al centro i segmenti paralleli 1 - 1 , 2-2, 3-3, 4-4 e con l'angolo che, aumentando progres sivamente l'altezza di ogni triangolo, si restringe) indica no l'ipotetico occhio che, salendo in altezza, si allontana dalla terra e riduce l'angolo di visuale. L'ampiezza delle quattro basi, segnata dalla scansione crescente delle cor de AA, BB, CC, DD (alle quali corrispondono i rispettivi archi) , rappresenta invece il progressivo aumento visivo dell'arco emisferico. La seconda composizione concerne il rapporto diretta mente proporzionale tra il decrescere dell'angolo di vi4. Cfr. Cena, pp. 63-70; De immenso, l, l, pp. 326-28.
LA CENA DE LE CENERI
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suale e la diminuzione dell' orizzonte artificiale. Quest'ul tima viene esemplificata con l'immagine della scala dei segmenti paralleli 1-1 , 2-2, 3-3, 44 (denotanti le successi ve misure decrescenti dell'orizzonte) , i quali si accorcia no secondo quanto il cono visivo s'innalza e si riduce, as sottigliamento che viene espresso in modo didattico dal triangolo più alto e sottile di tutti, posto al centro della figura, ed al cui vertice si può immaginare l 'occhio. La dinamica concettuale proposta dalla xilografia del Nolano sembra rivisitare, nel suo insieme e in modo arbi trario, sia un passo dell' Ottica di Euclide, sia certe regole ottiche proprie della prospettiva artificiale del Rinasci mento, specialmente quelle inerenti il quadrato prospet tico a scacchiera e la diminuzione proporzionale delle pi ramidi visive, studiate e sistemate negli scritti di Leon Battista Alberti e di Piero della Francesca, come di Leo nardo.5 Circa Euclide si può osservare che secondo il Teorema 24 della sua Ottica più l'occhio si avvicina ad una sfera e più la parte vista risulterà piccola:6 è quanto accade con l ' « occhio •• bruniano che avvicinandosi alla terra ne vede 5. L.B. Alberti, Della pittura, a cura di L. Mallè, Firenze, 1 950, pp. 72-73, e De pictura, in opere volgari, a cura di C. Grayson, Ba ri, 1 973, vol. III, pp. 38 sgg. {l, 20 sgg. ) ; Piero della Francesca, De prospectiva pingendi, edizione critica a cura di G. Nicco-Faso la, Firenze, 1984, pp. 70 sgg., 1 25 sgg., 1 33-34; Klein, op. cit. , pp. 25 1-315; C. Grayson, L. B. Alberti 's 'Costruzione Legittima ', in Studi su Leon Battista Alberti, a cura di P. Claut, Firenze, 1 998, pp. 2 1 5-29; M. Kemp, La scienza dell'arte, Firenze, 1 990, pp. 38, 43, 55 sgg. 6. Euclide è ben noto a Bruno, che più volte lo cita (cfr. Cili berto, Lessico di Giordano Bruno, cit., vol. I, pp. 421-22; C. Lefons, Indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli nelle opere la tine di Giordano Bruno, Firenze, 1998, p. 43 ) , ovvero, come scri ve F. Tocco a proposito del De triplici minimo ( op. cit. , pp. 1 59 sgg., 1 65 ) : « frequentemente e minutamente •• ; cfr. Bonker-Val lon, op. cit., pp. 5 1 sgg., 1 86 sgg., 2 1 2 sgg.; per questo teorema, si veda I. Danti, La prospettiva di Euclide, Fiorenza, 1 573, p. 46; Euclide, Ottica. Immagini di una teoria della visione, a cura di F. Incardona, Roma, 1996, pp. 1 1 9-20.
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CORPUS ICONOGRAPHICUM
porzioni sempre minori, come dimostra il decrescere successivo delle corde DD, CC, BB, AA rispetto alle sta zioni visuali che scendono ad altezze sempre minori, os sia dal vertice o punto mediano del segmento 4-4, a quel lo cifrato da 3-3, fino ai due successivi.
Tavola II: p. 58
Tavola II
La figura vuole esemplificare che il « sole, non solo è grande, ma anco più grande che la terra ».7 Ciò si dimo stra attraverso considerazioni soprattutto di natura astro nomica, in particolare connesse al fenomeno delle eclis si. Gli astronomi, ricorda Bruno, insegnano che il cono d'ombra, prodotto dalla Terra illuminata dal Sole, ha il vertice nella sfera di Mercurio e per base l'emisfero ter reste non rischiarato. Tali contorni o limiti del cono d'ombra terrestre sanciscono che il Sole è assai più gran7. Cena,
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70.
LA CENA DE LE CENERI
221
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Figura 2
de della Terra. Infatti l' ottica delle ombre stabilisce che se un corpo luminoso (nella xilografia contrassegnato con A) sparge la sua luce su un corpo opaco più piccolo (C) , produce inevitabilmente un cono d' ombra che si conclude in un punto (l) determinato e finito (nell'inci sione ciò viene espresso dall'angolo acuto HIF) , ed ha per base il corpo opaco stesso. Se invece il corpo lumino so (B) è minore dell' opaco (C) , il conseguente cono d'ombra si dilata all'infinito, come le rette D ed E che de limitano tale cono. Bruno aveva affrontato la questione già nel De umbris 8 e si ispira a una tradizione astronomica trasmessa dal filosofo medioplatonico Teone di Smirne9 e dal neoplatonico Calcidio, 10 laddove parlano della gran dezza del Sole e della Luna, stabilendo la maggiore gran dezza di quello in base al cono d'ombra che questa proietta sulla Terra durante l'eclisse.
8. Alla p. 41 (lntentiones XXV e XXVI ) : cfr. Alberto Magno, De natura boni, 1 88 (E. Filthaut) ; Alessandro Piccolomini, La sfera del mondo, Vinegia, 1 564, p. 2 1 1 . 9 . Expos. rer. math. ad leg. Plat. util. , pp. 192-98 (E. Hiller) . 10. In Tim., pp. 1 39-44 Q.H. Waszink) .
Tavola III: p. 60
Tavola III
L'immagine e il testo connesso, pur tra qualche disso nanza, si integrano a vicenda, porgendo l 'uno dei dati che l'altra ignora e viceversa: la ricostruzione grafica che propongo tiene conto di entrambi. L'illustrazione vuole rappresentare che un piccolo corpo sferico lucente (N) può illuminare un altro corpo opaco più grande (A) fin oltre la metà della sua circonferenza. 1 1 Man mano che il
1 1 . Cena, p. 59: ,, il corpo lucido B [ma si intenda N] [ . . . ] po trà, col molto discostarsi, comprendere al fine arco maggior
LA CENA DE LE CENERI
223
Figura 3
corpo minore N (nella xilografia la lettera, dichiarata nel testo, non è segnata, pertanto la integro nella ricostruzio ne della figura 3 ) si allontana da A, secondo la sequenza dei punti bt, b2 , b3 , b4 , la superficie emisferica di A, che ne viene illuminata, si ingrandisce secondo la successione
che il semicircolo '' · Sulla diversa visibilità di un corpo opaco e di uno luminoso, cfr. De immenso, I, 2, pp. 132 sgg.; Tocco, op. cit., pp. 272 sgg.
224
CORPUS ICONOGRAPHICUM
crescente degli archi c-d, e-f, g-h, i-k, 1 2 delimitati dalle ri spettive corde B 1 , B2 , B3 , ecc. (la sequenza letterale è igno rata nell'incisione, lo scritto cita soltanto le prime tre) . La quinta corda/3 al centro dell'illustrazione e non se gnata da alcuna lettera, corrisponde al diametro e deli mita l'emisfero del corpo opaco. Bruno, dal punto di vista grafico-compositivo, adatta qui lo schema ottico-geometrico già proposto sopra per la tavola I. L'affermazione che un corpo luminoso possa rischiara re non solo tutto l'emisfero di un corpo opaco rivolto verso la sua luce, ma anche l'emisfero opposto, è insoste nibile da un punto di vista sia fisico che astronomico. Ma non si dimentichi che Bruno per le sue convinzioni ri corre ad un empirismo diretto e personale, 1 4 lontano dal-
1 2 . Queste ultime due lettere si riscontrano solo nella xilo grafia, dove sono collocate, per la maldestra capacità dell'inci sore (che delinea qui in modo altrettanto impreciso la posizio ne delle lettere g e h; si veda la nota successiva) , all'altezza del le estremità del diametro: accostamento improponibile per ché, se così fosse, si lascerebbe indeterminata (senza cifre) la quarta corda e si interromperebbe, senza alcun senso, la logi ca della doppia sequenza (b1/ c-d, b2/ ef, ecc. ) . Inoltre i due punti i e k, se veramente indicassero le estremità del diametro, dovrebbero, come tutti gli altri, essere toccati da due linee tan genti, le quali, in que'ito caso, per ovvie ragioni geometriche, non potrebbero essere che due parallele (perpendicolari al diametro in i e k) , che invece mancano: cfr. la tavola IV. A ri guardo si deve rilevare che nella figura ridisegnata nell' edizio ne di Guzzo e Amerio (Milano, 1 995, p. 238: la stessa viene ri presa nell' edizione di Aquilecchia e Hersant, Paris, 1994, p. 148) si denota erroneamente tale diametro con le lettere i-k. 1 3 . Nel testo (p. 73) il diametro è indicato per sbaglio (refuso o fraintendimento del manoscritto che sia) con g-h, dato che viene smentito chiaramente sia dalla xilografia sia dalla logica sequenza dei binomi letterali, che si concludono, non a caso, con la corda i-k, la più grande di tutte, e non con la preceden te, minore, g-h. 1 4. Basti l' exemplum dello « stecco » posto tra l 'occhio e il > di A e potrà con i suoi raggi contor narne il corpo e, come avvolgendolo, illuminarlo anche nell'emisfero ad essi opposto.
me de la candela , che Bruno ci porge proprio nella Cena, pp. 74-75. 15. Cena, pp. 71-73.
Tavola N: p. 62
Tavola IV
L'immagine costituisce una sorta di corollario o ulte riore esemplificazione della figura precedente e vuole raffigurare come un corpo opaco tende a ridursi, fino a scomparire, man mano che ci si allontana da esso, men tre un corpo luminoso diminuisce solo parzialmente. Si vuole dimostrare con riga e compasso come la mi sura del semidiametro AN di un corpo opaco sferico, espresso nella xilografia dal circolo più piccolo con cen tro N, tenda ad annullarsi con la progressiva diminuzio ne dell 'angolo retto NAI (quest'ultima lettera, assente nello scritto e nell'illustrazione bruniani, viene aggiunta nella ricostruzione della figura 2 ) , il quale, spostandosi N in N 1 , poi in N2 , in Ns e così via sulla retta K, diviene sempre più acuto (N 1 AI, N:AI, N3AI, ecc.) , finché sparirà (come pure la misura di AN) , quando AN (con N alla ennesima) coinciderà con la medesima retta AI: conver genza possibile solo all'infinito. Se questo vale per il se midiametro AN - scrive Bruno - , 16 altrettanto dicasi per l'intero diametro AO e dunque per il corpo opaco. 16. Ibid. , pp. 73-74.
LA CENA DE LE CENERI
227
K
Figura 4
L' argomentazione così com'è posta, nel suo sincreti smo ottico-astronomico e geometrico, appare paralogica e fantasiosa. 1 7 Si può constatare, per quanto riguarda l'a spetto meramente grafico e soltanto per questo, che l'im magine (il disegno del piccolo cerchio, del suo diametro e delle tre linee ad esso perpendicolari) configura una composizione geometrica uguale a quella descritta nel Teorema 25 dell ' Ottica di Euclide, 1 8 così come il fascio di linee che esce da A e che va a cadere sulla linea NK ta gliandola secondo segmenti equivalenti (NN1, N 1 N2 , N2N3 , ecc.) , se considerato otticamente - ossia se A corri sponde all'' occhio', le linee ai raggi visivi e la linea NK al piano orizzontale -, ricorda la dinamica del cono visivo nella prospettiva artificiale del Rinascimento. 1 9
1 7. Cfr. Tocco, op. cit. , p. 272. 1 8. Si veda l'edizione a cura di F. Incardona, cit. , p. 1 20; « Theorema ventesimosesto "• in Danti, op. cit., pp. 41-42. 19. Cfr. sopra la nota 5; si veda anche Leonardo da Vinci, Libro di pittura, a cura di C. Pedretti, trascrizione critica di C. Vecce, Firenze, 1995, vol. l, pp. 226-27.
Tavola V: p. 75
Tavola V La xilografia rappresenta con il cerchio più piccolo la sfera terrestre, e con quello maggiore la volta celeste. Un osservatore posto in M può vedere l'emisfero celeste nei punti A, B, C, D (ma in quest'ultimo caso è impossibile, perché è situato oltre i limiti del suo oriz�onte visivo, ov vero al di sotto della tangente AC al punto M) , anche se eventuali montagne si frappongono tra lui e il cielo. Co me osserva Firpo: (( Anche qui il disegno non è molto esatto [ . . . ] Bruno vuoi dire in sostanza che le depressioni terrestri, quando sono profonde, sono solitamente an che molto vaste, e chi si trova in esse non perde la visione dell'intero emisfero celeste, perché le alture circostanti,
229
LA CENA DE LE CENERI B
D
Figura 5
Figura 6 per la cunratura terrestre, non recano impedimento. Ciò entro certi limiti può essere vero, ma non ha alcun carat tere di rigorosa generalità >> . 20 Il testo dichiara: « come si può alquanto considerare nella presente figura, dove la vera superficie de la terra è A B C, entro la quale su20. Scritti scelti di Giordano Bruno e di Tommaso Campanella, a cu ra di L. Firpo, Torino, 1968, p. 1 1 8, nota 28.
230
CORPUS ICONOGRAPHICUM
perfide vi sono molte particolari del mare et altri conti nenti, come per esempio M, dal cui punto non meno veggiamo l'intiero emisfero, che dal punto A et altri de l'ultima superficie. Del che la raggione è da dui capi: e dalla grandezza de la terra, e dalla convessitudine cir cumferenziale di quella, per il che M punto non è intan to impedito che non possa vedere l'emisfero: perché gl'altissimi monti non si vengono ad interporre al punto M come la linea MB [ ] ma come la linea MC, MD, la quale non viene a caggionar tale impedimento, come si vede in virtù de l'arco circonferenziale; e nota d'avantag gio che sì come si referisce M ad C et M ad D , così anco K si riferisce ad M: onde non deve esser stimato favola quel che disse Platone delle grandissime concavità e seni de la terra '' · 21 L'incisione presenta diversi dati geometrici poco com prensibili, vediamo i più palesi: l ) è impossibile, per le ovvie e suddette ragioni, che un segmento unisca D a M e sia tangente allo stesso M; 2) del punto C, segnato in basso all' esterno del cerchio più grande, non si fa cenno nel testo e non se ne coglie il senso. Forse vuole indicare il diametro AC (fig. 5) , oppu re, ma è m era ipotesi, un altro punto (dopo il « primo » C e dopo D: quest'ultimo, nella geografia del cerchio più piccolo o globo terrestre, risulta situato all' altezza dell'e quatore : ED nella figura 6) , verso il quale volge lo sguar do un osservatore che da M, spostandosi in senso orario sulla superficie terrestre (M, M 1 , M2 nella figura 6) , va da ad osservare l'emisfero australe; 3) il significato della relazione tra M e K non è esplici to: forse si vuole indicare un luogo dentro la terra, sotto la sua superficie, da dove, come accade in M, si può co munque osservare il cielo. . . .
. . .
2 1 . Cena,
p.
85.
Tavola VI: p. 79
Tavola VI Si ha qui un singolare esempio di discrasia testo/imma gine; mentre questa raffigura un vascello a vele spiegate che, visto di poppa, solca i marosi sospinto dai venti, quel lo descrive il seguente esempio: « Con la terra dunque si muoveno tutte le cose che si trovano in terra; se dumque dal loco extra la terra qualche cosa fusse gittata in terra, per il moto di quella perderebbe la rettitudine. Come ap pare dalla nave AB, la qual passando per il fiume, se alcu no che se ritrova ne la sponda di quello C venga a gittar per dritto un sasso, verrà fallito il suo tratto per quanto comporta la velocità del corso. Ma posto alcuno sopra l'arbore di detta nave, che corra quanto si voglia veloce, non fallirà punto il suo tratto di sorte: che per dritto dal punto E, che è nella cima de l'arbore o nella gabbia, al punto D, che è nella radice de l' arbore, o altra parte del ventre e corpo di detta nave, la pietra o altra cosa grave gittata non vegna. Cossì se dal punto D al punto E alcuno
Figura 7
Figura 8
Figura 9
Figura
10
234
CORPUS ICONOGRAPHICUM
che è dentro la nave gitta per dritto una pietra, quella per la medesma linea ritornarà in basso, muovasi qualsivoglia la nave >> . 22 L'esempio, che tratta del principio della com posizione dei moti, verrà ripreso da Galileo. 23 La xilografia dunque, oltre a non contenere alcuna ci fra o lettera esplicativa di quelle date nel testo, non pre senta neppure caratteristiche didattico-iconografiche (al di là del naviglio, che tuttavia non solca certo un fiume) che soccorrano il senso dell'argomentazione scritta: vi mancano i " gravi >> , chi li lancia, le loro traiettorie, la " sponda >> , e la dinamica spaziale tra i due « moti » è im possibile a intendersi. Sulle ragioni di tali incongruenze propongo la seguente ipotesi. Si noti innanzi tutto la buona qualità artistica della xi lografia, disegnata e incisa con mano sicura ed esperta (basti osservare il gioco delle spume dei marosi, la pro spettiva con gli edifici in terra ferma, la personificazione del vento, ecc . ) ; dunque chi l'ha realizzata non è sicura mente lo stesso che ha eseguito gli altri, scadenti legni della Cena, i quali sono da attribuirsi allo stesso Bruno per le ragioni già considerate. Proprio certi limiti del No lano (se così manifesti nei semplici disegni geometrici, figuriamoci quali risultati avrebbero dato in scenari ico nografici compositi come in questo) possono aver indot to il tipografo o lo stesso Bruno a ricorrere per l' occasio ne ad un competente xilografo. Tuttavia ciò non spiega perché nell'immagine siano asse n ti le « lettere ,, , i '' sas si >> , il « moto >> dei gravi, ecc. di cui sopra: particolari che il bravo artista avrebbe dovuto ben rappresentare. La ra gione, e con ciò arrivo alla sostanza della mia ipotesi, consiste nel fatto che, secondo un costume corrente nel la prassi editoriale di allora e non solo, si sia qui riutiliz zato un legno che già era servito per illustrare un prece dente libro, ossia una xilografia che dal punto di vista 22. Ibid., pp. 87-89. 23. Dialogo, Il, 1 80-8 1 (cfr. l 'edizione a cura di L. Sosio, Torino, 1 970, p. 1 9 1 , nota l) ; si veda p. 364, nota 73 della citata edi zione della Cena, a cura di Aquilecchia e Hersant.
LA CENA DE LE CENERI
235
figurativo risultasse vicina al testo bruniano (qui infatti si parla di una nave, là appare un vascello) , ma inevitabil mente priva di quei particolari richiesti dal testo medesi mo perché approntata per illustrare un altro scritto. Non sono riuscito ad individuare l'opera precisa da cui è stata tratta l'incisione, ma ritengo possa trattarsi di un testo di emblematica o di imprese, genere letterario-iconico dove il tema della nave, sospinta dai venti nel mare, godette di notevole fortuna nei secoli XVI e XVII per le sue impli cazioni etiche e concettuali (figg. 7 e 8) ,24 in riferimento alla buona speranza dell'uomo nel futuro nonostante le avversità della vita, alla sua virtuosa costanza che sa sconfiggerle: la nave che resiste alle procelle marine. Il capostipite di questa tradizione iconologica sono gli Em blemata di Andrea Alciati, editi per la prima volta nel 1531 e più volte ristampati. 25 Un emblema, in sostanza, è un'immagine o raffigurazione simbolica, detta « corpo >> , che contrassegna un concetto, coniugata ad un motto, una sentenza detta > che richiama quello stesso concetto; li accompagna inoltre un breve componimen to poetico, un epigramma su tale soggetto, secondo le implicazioni semantiche dell'equazione oraziana « Ut pie tura poesis >> . 2 6 L' « anima >> , nel trentacinquesimo emble ma ( fig. 9) 2 7 di Alciati, è costituita dal motto spes proxima ( « speranza vicina >> ) , e il « corpo >> dall' immagine di un 24. Rispettivamente tratte da: G. Ruscelli, Le imprese illustri, Ve netia, 1 572, cc. 158-64; G. de La Perrière, Le theatre des bons en gins, auquel sont contenus cent Emblemes, Paris, 1539, embi. 43. 25. Si veda H. Green, Andreae Alciati and his Books of Emblems, London, 1 8 72; H. Homann, Studien zur Emblematik des 16. jahrhunderts, Utrecht, 1971, pp. 25-35; Praz, op. cit. , vol. l, pp. 248-52; vol. Il , pp. 53 sgg.; Henkel e Schone, op. cit. , pp. xxxm-xxx1v; ma anche RJ. Clements, Picta Poesis, Roma, 1960, pp. 1 0 sgg., 21 sgg. e passim. 26. Cfr. Praz, op. cit. , vol. Il, pp. 1 1 sgg.; Clements, op. cit., pp. 13 sgg., 61 sgg., 173 sgg. ; Klein, op. cit. , pp. 1 19-49; G. Inno centi, L'immagine significante, Padova, 198 1 , pp. 3 sgg., 53 sgg. 27. Emblematum liber, Augustae Vindelicorum, 1 5 3 1 , c. B6v; cfr. Los Emblemas de Alciato, Lyon, 1549, embi. 34 (fig. 10) .
236
CORPUS ICONOGRAPHICUM
vascello nel mare tempestoso, con le vele spiegate e so spinta dai venti, proprio come nella xilografia della Cena. A ulteriore sostegno di una lettura emblematica della > della Cena, si può rilevare come Bruno dia prova, nei Furori, 28 di conoscere bene l'arte del >, inventando una serie di emblemi, altamente simbolici e accuratamente compositi, i quali tuttavia, per motivi che ignoriamo, sono privi delle xilografie che ne avrebbero dovuto raffigurare il « corpo », che invece viene solo de scritto nel testo. Tra questi ve n'è uno, la cui invenzione adotta quella già proposta dall'Alciati. Si tratta dell'im magine di un'aquila che con > :29 iconografia che allude al conflitto tra l'ascesa dell'anima verso il divino e gli ostacoli che le frappongono gli istinti più bassi. Analogamente, nel sedi cesimo emblema di Alciati, tale ossimoro iconico,30 raffi gurato da un uomo che ha la mano destra alata e la sini stra tenuta giù da una pietra, significa che il peso, il far dello della > è d'impedimento all'innalzarsi del l ' > . Infine una riflessione sulla discrasia testo/immagine, sì accentuata in questa immagine del naviglio. Niente esclude, anche alla luce delle considerazioni fin qui svol-
28. Cfr. F.A. Yates, The Emblematic Concept in Giordano Bruno 's 'De gli eroici Furori ' and in the Elizabethan Sonnet Sequences, in , 6 ( 1 943) , pp. 101-2 1 . Si veda anche la tavola XII degli Articuli. 29. Furori, p. 896. 30. La piena e colta formulazione iconologica di queste figure retoriche che accostano concetti contrari si ebbe nell' Hypnero tomachia Poliphili ( ed. cit., cfr. vol. I, p. 1 33; vol. II, pp. 615-16) , dove, nel caso specifico, una matrona con la mano destra « ala ta >> e con la sinistra che impugna una '' tartaruga » ( quest'ulti ma fa le veci della > bruniana o di quella di Alciati ) , esprime l a dinamica morale e psicologica del festina tarde, cioè della necessità di coniugare armoniosamente e superare così il dualismo contrapposto degli estremi.
LA CENA DE LE CENERI
23 7
te, che l'illustrazione sia stata concepita da Bruno pro prio con tali caratteristiche, cioè di totale autonomia dal testo, per ragioni di mnemotecnica. Difatti, se la conside riamo come un subiectum mnemonico (come l'albero, per intenderei, della tavola II del Cantus) , essa viene a svolgere una funzione di locus, sul quale poi l'immagina zione potrà disporre come vuole le varie fasi (con i per sonaggi, i movimenti dei > ) . È nei libri V e VI degli Elementi di Euclide che si dimostra come il rapporto tra due grandezze è proporzionalmente lo stesso di quello che intercorre tra due loro parti simili, multiple o sot tomultiple che siano. 15. Cfr. Idiota, p. 13; le Sententiae Il, III e XIII del De somnii in terpretatione; De minimo, l, 3, pp. 2 1 2-14, 266-67.
DIALOGI DUO. MORDENTIUS
301
Tavola i: c. 1 0r; I, 4, p. 242
Tavola I
La prima xilografia ( tav. I; seconda tiratura tav. I bis) 1 6 del Mordentius riguarda appunto il compasso del Salerni tano e la sua applicazione; subito dopo propongo la sua ricostruzione (fig. l), la quale segue e interpreta il testo, 17 non sempre congruo e chiaro rispetto al disegno. In me rito tengo presente anche le indicazioni grafiche sugge ri te dal Camerota 8' e dal foglio di Mordente su menziona1 6. Sulle varianti che si riscontrano tra le due incisioni, si veda il commento qui di seguito. Cfr. la tavola XIII del De minimo. 1 7. l, 4, pp. 242-44; cfr. l' edizione di Aquilecchia, cit., pp. 4546. 18. Cfr. Camerota, op. cit. , pp. 46-48.
CORPUS ICONOGRAPHICUM
302
Tavola I bis
to. Infatti l'incisione riprende abbastanza fedelmente la .fig;ura geometrica visibile nel foglio parigino del 1585, ri prodotto più avanti (fig. 2 ) . Il disegno esprime come, grazie allo speciale compasso (qui considerato nella sua nuova versione: > .8 Tu tto ciò, nella con cezione bruniana, mi pare riba dis ca la rela tivi tà di fondo dello s trumen to me ccani co, per ché è il suo servizio, la sua so ttomissione alle fa col tà in telle ttuali che ne garan tis ce la digni tà e san cis ce la veri di ci tà dei risul ta ti o ttenu ti , geome tri ci, as tronomi ci o geode ti ci che siano. Dunque un sempli ce compasso o quello di proporzione si « equivalgono » , la differenza s ta nell'in telligenza di chi li guida.
8. Edizione Aquilecchia, p. 20: " nos tamen non late t haec om nia non minus facile et magis arùficiose per circinum commu nem praestari posset » .
DE LAMPADE COMBINATORIA LULLIANA
De lampade combinatoria Lulliana. Ad in.ftnitas propositiones et me dia invenienda ... , Witerbergae, s.e., 15 87 (Salvestrini, n. 15 9; Sturlese, n . 17)
L'opera è un commento al i ' Ars magna lu l iana che , co me puntual izzò il Tocco, 1 > e ad esso riconduce mnemonicamente. Qui la S sta a significare la > e la frase > (corrispondente al l'inizio del Primo Libro dei Salmi) vuoi dire che la pru denza conserva e conduce l 'uomo maturo ( vir) verso la beatitudine ( beatus) , mentre gli impedisce, facendolo procedere rettamente, di finire ( qui non abiit) nelle vie della perdizione; la prudenza dell'anima trova quiete in consilio (consiglio, prudenza, riflessione, avvedutezza) , che non teme lo strepito e le insidie degli empi ( impio rum) . 1 4
1 2 . II, 2, pp. 302-305. 1 3. Sull'uso di frasi compiute o versi poetici con funzione me morativa, cfr. il commento alle tavole VI, VII e VIII del De um bris. 14. Sull'uso mnemotecnico di frasi o versi estrapolati ad hoc da opere canoniche come la Bibbia o da celebri autori classici quali Omero, Ovidio, Virgilio, oppure dalla stessa Commedia dantesca, cfr. la nota 1 1 1 e la nota 1 1 2 del De umbris.
Tavola IX: c. Gl v; II, 2, p. 309
Tavola IX
L'immagine esprime con le lettere sulla corona le 9 quaestiones lulliane (B. Utrum, C. Quid, D. De quo, E. Qua re, ecc. ) , con le corde che si intrecciano ordinatamente nel centro le loro rispettive correlazioni logico-mnemo niche. 1 5
15. In merito cfr. il commento al De compendiosa architectura; per il confronto iconografico si veda anche la tavola V a p. 436 del citato In artem brevem Raymundi Lullii Commentaria, dove è raffigurata la ruota delle quaestiones.
Tavola X: c. G5r; II, 2, p. 3 1 6
Tavola X
Nell'originale è raffigurata una sola ruota, mentre - lo esplicita il testo -16 ve ne dovrebbero essere tre concentri che, come si vede nella tavola VIII del De compendiosa ar chitectura.
1 6. De lampade, Il, 2, pp. 3 1 6-17.
DE PROGRESSU ET LAMPADE VENATORIA LOGICORUM
De pro�essu et lampade venatoria logicorum. Ad prompte atque co piose de quocumque propositio problemata disputandum, s.I., s.e., 1587 (Salvestrini, n. 1 67; Sturlese, n. 18)
Tavole l, II, III:
cc.
A4v- A5r; II, 3, p. 10
B B
C
Tavola I
Tavola II
B Tavola III
354
CORPUS ICONOGRAPHICUM
Le illustrazioni riguardano schemi logici di matrice aristotelica, 1 in particolare dei Topica e degli Analytica priora e Analytica posteriora, connessi alla costruzione di sillogismi. 2 Infatti nella tavola I si indica con BA la pro posizione maggiore, con CB la minore, con CA la con clusione diretta, con AC l' indiretta. Nella tavola II la proposizione maggiore è AB, la minore CB, la conclu sione diretta CA, l' indiretta AC. Nella tavola III la mag giore BA, la minore BC, la diretta CA, l'indiretta AC. L'iconografia delle tre tavole, come del resto quella del le seguenti, copia fedelmente l'usuale grafica illustrati va che correda le citate opere aristoteliche nelle stampe cinquecentesche: basti confrontare le numerosissime incisioni di triangoli e mezzelune a tre corni che ricor rono, per raffigurare le diverse modalità e soluzioni sil logistiche, nel primo volume del Priorum Resolutoriorum liber primus (secundus) cum Averrois media expositione, stam pato a Venezia nel 1 562.�
l. Il filosofo viene più volte menzionato nel testo, cfr. Il, 3, pp. 1 3, 37, 57, 70, 74, 83 e passim. Cfr. Tocco, op. cit. , pp. 1 2-18. 2. Come spiega Aristotele ( Top., l OOa sgg. [cfr. Aristotelis ope ra, I, 3, cc. 3r sgg. ] , ma l'argomento è ampiamente esaminato anche in Anal. pr. e Anal. post.) il sillogismo è, nella logica, quel tipo di ragionamento deduttivo perfetto, in base al quale, posti alcuni elementi, altri ne conseguono per necessità. L'ar gomentazione è costituita da tre proposizioni: dalle prime due, dette l'una « maggiore », l'altra « minore » , grazie ad un comune ,, termine medio », si deduce necessariamente la ter za. 3. In Aristotelis opera, I, l , cc. 6r sgg., 25r sgg., 80r sgg., l l l r sgg. e passim.
Tavola IV: c. A6v; II, 3, p. 1 2
Tavola IV
L'immagine coordina e riunisce in sé le tre precedenti, con B che rappresenta il medium comune.4 La stessa ico nografia ricomparirà, ma con valenze cosmologiche e filosofiche, nel De monade.5 In questo caso la fonte figura-
4. Cfr., anche per l 'articolata dialettica argomentativa, Il, 3, pp. 10-12. 5 . l, 2, p. 373.
356
CORPUS ICONOGRAPHICUM
tiva è la seguente incisione (fig. l ) che illustra il capitolo 23 del Libro I degli Analytica priora:6
Figura l
Tavola V: c. A7r; Il, 3, p. 1 3
Tavola V
6. Alla c. 68r della citata edizione del Priorum Resolutoriorum li ber.
DE PROGRESSU ET LAMPADE VENATORIA
357
L'incisione esprime, attraverso la dialettica del sillogi smo, come risolvere le questioni " se ogni piacere (sog getto) sia bene (predicato) >> , 7 " se nessun piacere sia be ne >>, « se qualche piacere sia bene >> , " se qualche piacere non sia bene >> ,8 in questo senso già poste da Aristotele.9 Lo schema grafico ricalca quello che esemplifica in mo do sinottico (fig. 2) il capitolo 28 del Libro I degli Analy tica priora, inerente la costruzione dei sillogismi estensivi. Questa figura 2, che traggo dalla menzionata edizione del Priorum Resolutoriorum liber, 1 0 si trova per la prima vol ta nel neoplatonico e cristiano Giovanni Filopono, 1 1 e co nosce notevole fortuna presso i commentatori medioeva li di Aristotele, 12 prendendo il nome di " pons asinorum >> . La xilografia e l'annesso testo di Bruno, che spiegano sia figurativamente sia logicamente la questione suddetta tra voluptas e bonum, dipendono direttamente da tale imma gine. 1 3
7. « Bonum est praedicatum problematis, voluptas est subiec tum » (11 , 3, p. 14) . 8. Il, 3, pp. 1 3-14: « lbi ad definiendum an omnis voluptas sit bonum, an nulla voluptas sit bonum, an aliqua voluptas sit bo num, an aliqua voluptas non sit bonum, bonum est praedica tum problematis, voluptas est subiectum >> . 9. Top. , 1 08b. 1 0 . Alla c. 78r: « Figura metodi, pro medio in singulis coniuga tionibus et utilibus et inutilibus inveniendo, ex Antiquis ex cerpta » . 1 1 . In Aristotelis Analytica priora, a cura di M . Wallies, i n Com mentana in Aristotelem Graeca, XIII, 2, Berolini, 1905, pp. 274 sgg. 1 2 . Cfr. I.M. Bochenski, Formale Logik, Miinchen-Freiburg, 1962, pp. 1 64-65. 1 3. Cfr. II, 3, pp. 1 2-15 e Aristotelis Priorum Resolutoriorum liber, cit. , cc. 7 1 v- 8 1 v.
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Figura 2
Tavola VI : c. B5r; II, 3, p. 23
Tavola VI
L'iconografia è composta da un rombo indicante il Campi typus. 14 Quest'ultimo rappresenta quello spazio im maginativo, quel subiectum generale e semplice, dove si svolgono i processi cognitivi e mnemonici attuati dalle facoltà intellettualiY Una superficie piana quadrangola1 4. Sul lemma campus , cfr. il paragrafo « Matematiche astrazio ni •• d eli 'Introduzione. 1 5 . De progressu, Il, 3, p. 19: « Campus est universale spacium, recessus et atria multa complectens, in quibus venari et inveni re tentandum. Huius primae, mediae ultimaque partes ea suis
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re, come qui il rombo, su cui emergeranno le immagini, gli elementi o adiecta, ordinatamente collocati dall' > , secondo partizioni simmetriche propor zionali della superfìcie.16 Il « campo >> viene suddiviso in maniera didattica secondo cinque losanghe minori: le quattro (dette agri : nel lessico di Bruno ager è una parte del campus) poste agli angoli contengono i quattro predi cabili di Aristotele:17 >, ed
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la stella a cinque punte è Figura Amoris.22 I tre simboli si ri trovano di continuo e discorsivamente nelle pagine del testo, svolgendo la funzione propria delle abbreviature o sigle convenzionali, pur all'interno dei diversi teoremi e dimostrazioni geometriche non sempre comprensibili. Il loro significato pare quello di invitare chi si impegna nel la composizione mentale di tali teoremi a non perdere mai di vista le cifre simboliche ed eccellenti della Mens, dell'Intellectus e dell'Amor, che informano l'universo e ne tramano i legami. I tre simboli sembrano così esercitare, con la loro presenza nei discorsi, una sorta di interazione magica e armonica con questo o quel teorema che si sta dimostrando. D' altra parte, giova ribadirlo, le tre piccole cifre (il cerchietto solare, la luna falcata e la stella) allu dono, secondo la sintesi propria del simbolo, ai contenu ti delle tre grandi xilografie o composizioni geometriche che raffigurano appunto la Mens, l' /ntellectus e l'Amor. Queste tavole I, II e III, sole tra tutte quelle degli Articuli, racchiudono, nelle loro superfici disegnate, i paradigmi di ogni misura e forma, la regola di ogni numero: ognu no può riconoscere nel « volto misterioso dell'archetipo >> il « proprio sigillo >> ed i « segreti delle cose >> ; esse servono ad innalzarsi verso la divina « mente '' • l' •< intelletto >> e l ' > .23 Come si costruiscono le tre figure, da un 22. La stella a cinque punte richiama il pentagono che in Agrippa, De occulta philosophia, pp. 328-3 1 , rappresenta la per fetta e armonica simmetria del microcosmo, simbolismo che rievoca le virtù salvifiche, soteriche del pentalpha pitagorico, cfr. ancora Agrippa, De occulta philosophia, pp. 495-97; Reuch lin, De arte cabalistica, c. 78v; Valeriano, op. cit. , pp. 507-508, 639; CJ. De Vogel, Pythagoras and Early Pythagoreanism, Assen, 1 966, pp. 28-49, 297-305. In Bruno il pentagono assume anche valenze magiche: cfr. nel De monade la tavola IX, detta ( Scutum Magorum) , e negli Articuli la tavola XXIII, lo ( Speculum Magorum) , composta da due figure pentagonali affrontate (si veda comunque il capito lo 6 del Libro VI del De monade) . 23. De minimo, l, 3, p. 274: « Sunt tres principio archetypi, quo rum in facie omnia l momenti norma est mensuraque atque
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punto di vista mnemonico e immaginativo, il Nolano lo spiegherà nelle corrispettive tavole XIX, XX e XXI del De minimo, di cui parleremo più avanti. Adesso tuttavia ci preme cogliere il significato di tutti quei signa che ritro viamo nelle xilografie degli Articuli e a cui si è accennato sopra, perché essi formano una singolare trama che per corre gran parte dell'iconografia dell'opera. Innanzi tut to distinguiamo i signa secondo le quattro tipologie grafiche che li denotano e che nelle incisioni risultano sovente interconnesse:24 l ) punti o elementi puntiformi (per esempio ai margi ni o sui bordi delle tavole XIII, XIX, XX, XXIV, XXVII, XXIX, XXXI, ecc. ) : questa decorazione è tecnicamente ottenuta con un leggero, sfuggente colpo di sgorbia sul legno, una sorta di picchiettatura estemporanea, che non segue uno schema prefissato; 2) stelle cruciformi o a più raggi (tavole XXIII, XXIX, XXXIII, XXXVI, ecc. ) ; 3) quarti di Luna (tavole II, VI, VII, XVI, XXXV, ecc. ) ; 4 ) foglie, fiori, racemi stilizzati di diverse forme (in quasi tutte le tavole ) . Le prime tre di queste tipologie esprimono sicure va lenze magiche, riconducibili, per la loro identità formale con quelle deli' Explicatio, ali 'incidenza ortogonale dei raggi astrali, alla potenza della > e degli influssi ce lesti. Significativi nelle tavole XXXV e XXXVI i grafemi dei signacula o characteres planetari, che trovano le loro
figurae. l Do primam Phoebo, quadratque seconda Minervae, l Tertiaque est Veneris, siquidem propriumque sigillum l agno scun t harum in vultu et secreta profundo » ; p. 277: « En velut in sacrae speciem te extollere mentis l possis, qua videas quibus atria Apollinis apte l ordinibus constent » ; cfr. pp. 27483. 24. La varietà dei signa o delle composizioni che nascono dal loro incontrarsi è del tutto consona alla pratica magica de scritta da Agrippa, secondo cui le diverse posizioni e modalità d'incontro tra i raggi astrali produce differenti influssi, che vengono raffigurati secondo diversi caratteri e segni (De occul ta philosophia, p. 374) .
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composizioni omologhe in Agrippa. Frequente la positu ra dei signa agli angoli retti dei quadrati figurativi, collo cazione che, come insegnano le tavole dell'Explicatio, ga rantisce una migliore recezione magico-astrale dell'im magine. Altrettanto dicasi per il simbolo della Luna, os sia un quarto di Luna, comunissimo alla tradizione astro logica pagana e cristiana fin dall'antichità, ma anche spe cifico simbolo magico del potente influsso dell'astro, ele mento che può giustificare il ripetuto uso che ne fa Bru no nei suoi diagrammi (si vedano le tavole II, III, V, VI, VII, XVI, XXI, XXIX, XXXV) . Difatti la Luna, come spie ga Agrippa,25 essendo l'astro più prossimo alla Terra e per la velocità del suo moto, si unisce mensilmente con il Sole, gli altri pianeti e le stelle, ricevendone, come fecon data, tutti i molteplici influssi che poi riversa sulla vicina Terra. Pertanto la Luna costituisce una sorta di ricettaco lo di energie cosmiche e nel contempo un emittente che profonde nel microcosmo tutte le energie dei cieli. Da ciò il potere del suo simbolo tracciato, scritto o scolpito sul talismano o sigillo. La componente magica nei dia grammi degli Articuli risulta così considerevole. Significa tivo il fatto che, se si uniscono consecutivamente ed in senso orario le 5 lettere che sono incise nella tavola II (Fi gura Intellectus) , scaturisce la parola MA GIC: 26 in questo caso figura geometrica ed evocazione verbale sembrano convergere in un comune significato, vale a dire in quel25. De occulta philosophia, p. 374: « Characteres etiam habent communitatem suam ex radiis coelestium secundum certum numerum in se invicem peculiari quadam proprietate coniec tis; quae quidem coelestia sicut in diversis radiorum quorum ictibus inter se aliter atque aliter incidentibus diversas conspi rant virtutes, sic etiam characteres iuxta diversos eiusmodi ra diorum concursus aliter atque aliter protracti diversas subito nanciscuntur operationes - saepe etiam multo efficaciores quam physicalium commixtionum proprietates ». Cfr. l'intero capitolo 5 1 del Libro II. 26. Nella corrispondente xilografia del De minimo, ossia I'A trium Veneris, questa parola non risalta più, perché la figura vie ne diversamente cifrata da 2 1 elementi letterali.
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lo di una magia praticata con le potenze intellettuali del l'anima, con la sua componente « razionale >> e noetica, di cui si è parlato nell'Introduzione. La quarta tipologia è di difficile giustificazione: se ne possono proporre delle ipotesi interpretative anche se, co me vedremo, essa sembra soddisfare esigenze correlate so prattutto all' ars memoriae. Questa quarta tipologia è espres sa da elementi fitoformi, e da un punto di vista meramen te iconografico siamo di fronte ad una vulgata invenzione figurativa, propria della decorazione gotica e rinascimen tale. 27 Bruno inserisce nelle xilografie tale tipologia in pie na libertà compositiva e associativa, senza alcuna sistemati cità, sì da non rendere credibile l'esistenza di un lessico e di una grammatica simbolica degli stessi, come vorrebbe la citata Yates. Basti confrontare le numerose illustrazioni geometriche degli Articuli con quelle analoghe del De mini mo per accorgersi che, restando identico il disegno geome trico, la decorazione dei vari signa cambia.28 Questi dun que, con la loro impermanenza, non incidono in alcun modo sui teoremi geometrici dei diagrammi, anche quan do sono inseriti nella composizione dello stesso disegno, come nelle tavole XXXIII e XL. In altre parole gli schemi geometrici assolvono il loro compito dottrinale indipen dentemente dai signa che li accompagnano, pertanto questi vanno considerati un'aggiunta contingente voluta da Bruno, dunque non necessaria nella definizione concettuale delle immagini. 29 Abbiamo così una composizione geometrico matematica che funge da fulcro, da perno dell'immagine, mentre intorno ad essa, di solito incorniciandola, sono po sizionati senza schemi prestabiliti i suddetti segni, secondo diverse aggregazioni formali e componendo vari giochi decorativi di conio vegetale. Tornando ora al quesito già espresso (quale significato 27. Si veda il commento alla tavola VII. 28. Esemplare la tavola XVIII (Hortus Solis) , qui contornata agli angoli da quattro foglie, mentre nel De minimo (tavola XXX: sempre la stessa Hortus Solis) mostra agli angoli altrettante stelle. 29. Cfr. l' incipit del commento al De minimo.
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ha tale mondo floreale nelle xilografie del Nolano? ) , proviamo a rispondervi attraverso due ipotesi. La prima considera che Bruno abbia voluto coniuga re i signa astrali, che numerosi cifrano le incisioni degli Articuli, con i signa del mondo terreno, per sposare gli uni con gli altri secondo quella simbiosi propria della si gnatura rerum cinquecentesca/0 cosicché il regno vege tale, topos simbolico di feconda vitalità e rinascita, divie ne specchio naturale delle virtù emanate dal mondo si dereo. Se così fosse potremmo leggere un simile connu bio quale testimonianza iconica di come Bruno preve desse un 'elaborazione dei suoi schemi anche in un ' otti ca di simpatia micro-macrocosmica. In questo caso i va ri grafemi fitoformi concorrerebbero, unitamente ai corrispettivi signa astrali, a conferire più potere magico evocativo ai disegni geometrici. Quest'ipotesi è confor tata non solo dalla teoria magico-simpatica trattata nel De magia e nel De vinculis, ma soprattutto da quella con cezione di stretta connessione e speculare simmetria che esiste tra tutte le cose, tra i corpi superiori e quelli inferiori, più volte ribadita da Bruno.� 1 La seconda ipotesi, che non esclude la prima, si basa su alcune indicazioni tecnico-visive di Bruno, che raccoman dano di arginare, limitare l'immagine che l'occhio inte riore deve osservare nella composizione delle picturae mentis, perché una visione che diviene troppo estesa per osservare un corpo assai ampio si disperde, mentre il luo-
30. Cfr. M.L. Bianchi, Signatura rerum. Segni, magia e conoscenza da Paracelso a Leibniz, Roma, 1987, pp. 1 1 sgg., 87 sgg.; sulla tra dizione antica e medioevale inerente la botanica magico-astra le: A.:J. Festugière, La révélation d 'Hermès Trismégiste, voli. I-IV, Paris, 1950-1 954, vol. I, pp. 1 23 sgg.; A. Delatte , Textes latins et vieux .français relatifs aux Cyranides, Liège-Paris, 1942, pp. 35 sgg. e Herbarius. Recherches sur le cérémonial usité chez les anciens pour la cueillette des simples et des plantes magiques, Paris, 1961, pp. 62 sgg.; A. Pazzini, Virtù delle erbe secondo i sette pianeti, Roma, 1959, pp. 76 sgg., 101 sgg., 1 27 sgg. 3 1 . Si veda l'Introduzione.
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go visivo conchiuso, come tra due braccia, diviene accessi bile per ciò che desideriamo vedere.32 I margini della fine stra immaginale sono essenziali da una buona e chiara vi sia, 33 come dimostrano i limiti spaziali e grafici dei loci bru niani, > .43 Le due incisioni illustrano didatticamente il du plice insegnamento bruniano:44 la prima (tav. X) raffigu-
42. Cfr. De minimo, l, 3, p. 1 37: « Senus est oculus in carcere te nebrarum [ . . . ] Intellectus in aperto et quasi ex alta specula undique oculus super omnem particularitatem, turbam et confusionem in universo, et distinctione specierum ipsum praefulgentem solem contemplatur >> . 43. De imaginum compositione, II, 3 , p. l 06: « De modis quibus variae fiunt figurationes et indicationes. Figuramus ergo ali quid et describimus ad externum oculum seu ad internum: I. Ex eo quod singulare est in eo et propriam facit differentiam, sicut serpentem ex spirali tractu seu lineae ductu » . 44. Cfr. quanto detto sopra nell'Introduzione e, circa il sigillo, nell'Explicatio : l'immagine mentale è il risultato di una sem plificazione e depurazione iconica di quella sensibile; De mini mo, I, 3, pp. 189-9 1 ; Tocco, op. cit. , pp. 1 50-5 1 .
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA
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Figura 1 6
ra un serpente nella sua naturale sinuosità come lo pos siamo comunemente immaginare basandoci sul dato sensibile dell'occhio esterno, la seconda ( tav. Xl) come invece lo possiamo razionalizzare con l' occhio interiore. Nel primo caso le sue volute divengono gli " attributi ,, iconici atti a connotare il significato dell'immagine, nel secondo è la griglia mnemonico-immaginativa, fondata da predisposte simmetrie, a regolare tale qualità serpen tina, trasformando la figura sensibile e naturalistica in un segno simbolico, in una stilizzazione mentale, commisu rabile in ogni sua parte grazie alla griglia quadrata dove viene disegnato, e dove le contorsioni del serpe divengo no un geroglifico chiaramente memorizzabile nei pro cessi dell' ars memoriae.45 Il serpente è tra gli animali del l'alfabeto zoologico e mnemonico di jacobo Publicio, di Cosma Rosselli, di Romberch46 e di Giovan Battista della Porta (fig. 1 6) .47
45. Si veda il capitolo XIX ( « Come possiamo ricordarci per la scrittura degli Egizzii ,, ) del citato Ars reminiscendi di Giovan Battista della Porta. 46. Cfr. la figura l e la nota 4 del Cantus. 47. Ars reminiscendi, cit., p. 41 .
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raggi dei punti neri uscenti dall 'unico punto centrale, come dall'immagine qui sopra. Se in questa figura del D'Etaples la simmetrica disposi zione dei punti neri indica soltanto, come si evince dal testo, le tre diagonali (Jc, eb, dg) ovvero i 6 raggi dell'esa gono regolare bcdefg, in Bruno esprime anche la perfetta suddivisione di una circonferenza secondo l'accresci mento progressivo del minimum in un cerchio. Infatti, co me sappiamo dalla tavola IV - l' « Area di Democrito >> esa minata sopra -, intorno ad un circolo possono tangere solo altri 6 cerchi di raggio uguale, ossia se abbiamo 6 cir coli alla circonferenza (si veda la ricostruzione: figura 19, circonferenza a) , l'area relativa risulterà di 7 tondi; se i cerchi alla circonferenza sono 1 2 (figura 19, circonferen za b) , l'area sarà di 19 ( 1 2 + 7) ; se ne avremo 1 8 (figu ra 19, circonferenza c) l'area verrà occupata da 37 circo li ( 1 8 + 1 2 + 7) , e così via.55 Ne consegue, come pre55. De minimo, I, 3, p. 242: « Si circumferentia constet octode cim partibus, area erit partium septem et triginta. Duodecim partibus circumferentia aream decem et novem partium com plectitur, illa sex partibus istam septem partium. Una tandem pars se ipsam aut nihilum comprehendens homogeneum re stat •• ( « Quando rimane soltanto una parte, questa comprende
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA
475
Figura 19
eisa il Nolano,56 che l'unica suddivisione che rispetti l'e satto sviluppo del minimum nel cerchio è quella che pro cede dal minimum centrale lungo i 6 raggi simmetrici (si veda la ricostruzione delle figure 19 e 20 con le relati ve divisioni alla circonferenza 1-2-3-4-5-6) , secondo uno schema puntiforme esagonale che ricalca quello della suddetta figura del D 'Etaples.
solo se stessa e nessun'altra grandezza omogenea » ) ; cfr. pp. 241-45. 56. lbid., p. 245: « cum ex toto gyro non plus quam a sex com paribus minimis valeat attingi? » ; " quantamcunque tamen ac cipias vel concipias partem, quae tibi media inter aequales par tes constituatur, ea procul dubio, sicut in Democriti area, non plus quam tribus diametris communis poterir esse pars, que madmodum neque plus quam sex radiis attingitur » .
Figura 20
Tavola XI: p. 1 1 4; I, 3, p. 253
Tavola XI
CORPUS ICONOGRAPHICUM
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Figura 21
Questa curiosa iconografia, denominata Plectrum Mor dentii ( « Plettro di Mordente » ) , in riferimento al meto do elaborato con il suo compasso dal Mordente, raffigu ra il tentativo di determinare la misura di una parte ri spetto ad un tutto. Dal momento che esiste un minimo e che un intero consta di un numero determinato di parti,57 considerando inoltre il primo assioma del Mor dentius,58 secondo cui il rapporto tra due interi è lo stes so di quello che esiste tra due parti simili di essi, ne ri57. Ibid., pp. 252-53. 58. l, 4, p. 234 (capitolo 3; G. Aquilecchia, in Bruno, Due dialo ghi sconosciuti, ci t., p. 38) ; cfr. Atanasijevic, op. cit. , pp. 80-82; Camerota, op. cit., pp. 85-86, 99-1 04. Il tema è il seguente: sta bilita l'uguaglianza tra il minimo arco e la minima corda, è possibile misurare una grandezza continua fino alle sue ultime parti in rapporto al diametro e alla circonferenza. Gli assiomi di questa " scienza dei residui ,, sono due: il primo stabilisce che il rapporto tra due interi è lo stesso che esiste tra due par ti simili di essi; il secondo che il minimo ed il massimo sono li miti oltre i quali non si può procedere. Contrariamente alla te si aristotelica (Phys., VI ) , che prevede la divisibilità all 'infinito, Bruno sostiene l' esistenza di un minimo come fondamento di tutte le cose, parte ultima e indivisi bile della specie, del nume ro e della materia. Al contrario non pone limiti all'estensione infinita dei mondi.
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA
479
sulta che " qualsiasi parte della prima parte sta a tutta la prima parte come questa al tutto, ugualmente qualsiasi parte della seconda parte (ovvero la terza) sta a tutta la seconda parte, come questa sta alla prima e la prima al tutto. La stessa ratio vale per le quarte, quinte, seste, ed altre parti delle parti >> .59 Il procedimento è illustrato dalla xilografia dove, data una retta AB suddivisa in 1 2 parti e alcune linee ad essa parallele, possiamo trovare su queste la reiterazione delle frazioni di quella secon do una successione per cui la metà ( nella figura corri sponde al segmento CB) di una parte di AB produce una suddivisione in 24 parti (seconde parti) , il suo terzo in 36 parti ( terze parti) e così via.
59. De minimo, I, 3, p. 253: ,, est notandum ita se habere quam libet partis primae partem ad totam partem primam, sicut pri ma pars ad totum; item sic quamlibet secundae partis partem (quae est termia) ad totam secundam partem, sicut tota se conda pars se habet ad primam et prima ad totum. Eadem ra tio est de quartis, quintis, sextis, et aliis deinceps partium par tibus '' ·
Tavola XII: p. 1 1 5; I, 3, p. 254 c
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Tavola XII
Non si tratta di una xilografia in senso proprio, in quan to le lettere e i numeri sono ottenuti con piombi tipo grafici, così come con stampi lo sono i tre elementi florea li apposti in basso al triangolo, per altro comuni all'orna mentazione libraria cinquecentesca. Tuttavia il geometri co inquadramento del tutto ne fa un'immagine compiuta, significativa dell'uso iconografico-didattico con cui Bruno esibisce soggetti anche di stretta valenza numerologica. La raffigurazione, sufficientemente chiara da non rendere necessaria la ricostruzione, rappresenta la « Scala del duo denario >>, ovvero la progressione numerica delle parti, di cui alla tavola precedente, in ragione di 1 2 .60 Nel triango lo ABC, dal basso: 1 2, 1 44, 1 728 . . . gli ultimi ·due numeri sono inesatti, perché 35 .831 .808 X 12 = 429.981 .696 (e 60. Lo stesso, ma in ragione di 60, ancora nel De minimo, l, 3, p. 268.
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non 429.987.696) e 429.981 .696 non 5.259.780.352) .
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Tavola XIII: p. 1 1 7; I, 3, p. 256
Tavola XIII
L'immagine, chiamata Quadra Mordentii (« Quadrante di Mordente �� ) , riguarda ancora il procedimento visto per il « Plettro di Mordente ��, e riprende la prima e la seconda dimostrazione della > ) , una xilografia vera e propria. Il testo che accompagna l'immagine è oscuro e frammenta rio come non mai, tant'è che si è ipotizzato che Bruno non l'abbia corretto.87 Stando così le cose si può solo os servare che la figura rappresenta senz'altro un sistema mnemonico, come lasciano intendere alcuni accenni del testo e le lettere distribuite in alto sul triangolo e la sotto stante teoria di caselle. L'iconografia sembra anticipare i processi memorativi, basati su griglie combinatorie di elementi letterali, che compaiono proprio nelle pagine successive a questo Scrutinium.
87. Cfr. l, 3, p. 350, nota l; altrettanto C. Monti, in Bruno, Ope re latine, cit., p. 279, nota 63.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA DE IMMENSO
De monade, numero et Jìf5Ura liber consequens quinque De minimo magno et mensura. ltem de innumerabilibus, immenso et infif5Urabili; seu de universo et mundus libri octo... , Francofurti, apud Ioan. Wechelum et Petruro Fischerum consortes, 1 591 (Salvestrini, n. 201; Sturlese, n. 25)
Il volume contiene il De monade e il De immenso, 1 per cui cataloghiamo di seguito tutte le incisioni. Per distinguere quelle che illustrano un'opera da quelle che si trovano nell'altra, le numeriamo separatamente: il primo gruppo di tavole I-XXIII riguarda il De monade, mentre il secondo gruppo di tavole I-XXV appartiene al De immenso.
Tavola 1: p. 25; l, 2, p. 349 Il testo che accompagna l'immagine è frammentario e non ben comprensibile. I due cerchi, secanti in C e D e di uguale raggio, rappresentano il « Digono figura della Diade >> (Diadis fiiJUra Digonus). Nella pagina l 'incisione è stampata alla rovescia, forse per sottolineare, come si ac cenna nello scritto, che il > («Molti so no i misteri della tetrade contenuti veramente negli arcani si gilli dei maghi e dei sacerdoti: Pitagora la celebra come fonte e principio della decade. Infatti ciò che questa è in atto, quel la sembra esserlo in potenza; siccome ogni parte della tetrade va considerata distintamente, attraverso la monade, la diade, la triade e la tetrade si ha la decade»). Si veda Bungus, op. cit., pp. 235 sgg.; Kucharski, op. cit., pp. 1 1 sgg., 55 sgg.; ancora prezioso per l'analisi delle fonti antiche: Ioan. Meursius, Dena rius pythagoricus, Lugduni Batavorum, 1 631, pp. 45-62. 4. De monade, I, 2, pp. 414-16; si veda p. 327: «Nihilum vetat at tamen esse, l ut quandoque fuere viri, qui ascendere sensu l hac potere tenus, qua certis multa sigillis l atque characterum tractu docuere parari, l temporibus certis, vestigia, cunctipa rentis l naturae intento lustrantes lumine vultus: l nempe ita colloquio fungi potere deorum, l istius et generis bene com-
522
CORPUS ICONO GRAPHICUM
gico-matematica, pansofica, delle leggi naturali, perché se la struttura del mondo creato rispecchia l'ordine del principio creatore, saper riproporre i disegni che trama no tale ordine significa conoscere l'infinita e segreta po tenza dello spirito che lo pervade.5 Osserva il Nolano6 che l'uomo, indagando i numeri e le figure che la natura dipinge e scolpisce sulla superficie delle cose come fosse ro dei nomi, dimostra di essere il più sapiente degli ani mali. Chi percepisce la forza delle immagini, che emer gono e compenetrano tutte le cose, e scopre come un unico spirito si propaga nell'universo, troverà che ogni cosa obbedisce e corrisponde ad un determinato ordine. Le imagines o sigilli bruniani, speculari di quest'ordine perché ne riproducono le sottese geometrie e i numeri, divengono così intermediari « magici'' tra il mondo natu rale e quello archetipico, veri e propri specchi che riflet tono e vincolano l'uno all' altro.' Appare allora evidente come mai la sequenza delle ta vole del De monade si presenti ardua da spiegare : da un la to troviamo un testo, spesso frammentario e assai poco discorsivo, tessuto secondo significati filosofici e numero-
pellare tabellis l numina naturae >> («Tuttavia niente vieta di essere come furono una volta gli uomini, che di qua poterono ascendere con il senso fino a insegnare che molte cose si ma nifestano con determinati sigilli e con il tratto dei caratteri, in certi tempi, considerando mentalmente con la luce intenta dello sguardo le impronte della natura madre di tutte le cose. Così dunque gli uomini poterono colloquiare con gli dèi e ri volgere la parola ai numi della natura con scritture di tal ge nere >>). 5. lbid., I, 2, pp. 328-34, 380-82. 6. lbid., l, 2, pp. 333-34. 7. lbid., l, 2, p. 328: «Lux mentis, sophiaque vias pertexere, certas l quae adsciscunt species, numerum fusasque per am plum. l Nam varie in variis eadem est impressa figura, l ut speculi varia est sors, vis, positura tomorum, l materies, magis atque minus per imaginis actum » ; cfr. De imaginum compositio ne, Il, 3, pp. 96-98; De umbris, p. 58 .
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
523
logici non sempre palesi, dall'altro immagini descritte at traverso continue metafore (basti dire che le lettere che cifrano le costruzioni geometriche sono sempre espres se per metonimia mitologica,8 per cui invece di dire sem plicemente « si prenda la retta AB>> , Bruno scrive che « Apollo lascia la sua regione per dirigersi al tempio di Bacco>> ) , dove il « normale>> senso geometrico o, se si vuole, viene fagocitato da una sovrapposizio ne di valenze concettuali e simboliche e da non pochi pa ralogismi. La successione delle figure vuole infatti rap presentare i più riposti sensi della Monade e del Cerchio, della Diade e del Digono (cioè la Diade geometrica o bi dimensionale) , della Triade e del Triangolo, della Tetra de e del Tetragono, e così via fino alla Decade e al Deca gono.9
8. Fenomeno di cui si è parlato a proposito delle tavole XIX, XX e XXI del De minimo. 9. Notevole, per i significati che Bruno conferisce ai primi die ci numeri, il capitolo 1 1 del Libro XI del De monade, I, 2, p. 459.
Tavola Il: p. 38; l, 2, p. 362
Tavola II
L'incisione esprime la Charitum mensa ( «Tavola delle Grazie> >), l'eccellenza del numero 3 e della triade e la perfezione delle sue interconnessioni. La dinamica spe culativa è raffigurata dai 3 circoli all'interno del triango lo equilatero e dalle elementari relazioni geometriche tra raggi, diagonali e corde, che permettono di coniuga re triangoli equilateri proporzionalmente sempre più crescenti. L'immagine allude, con i 3 cerchi, alla cono scenza sensibile, a quella discorsiva della ragione ed in fine all'atto intellettivo della mente.10
10. Cfr. ibid. , I, 2, pp. 358-64, in particolare l'Annulus Apolli nzs.
Figura 2
Tavola III: p. 42; I, 2, p. 366
Tavola III
Figura 3
Figura 4
Figura 5
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
527
L'iconografia con i tre soli vuole rappresentare la scala della triade bruniana: l'Essenza, la Vita e l'Intelletto: l'Es senza è paragonata alla sostanza del Sole, la Vita alla sua luce, l'Intelletto alla luce che si diffonde e procede. 1 1 Ta le metafora trinitaria, di genesi neoplatonica e connessa al Sole e alla sua luce, viene rappresentata da tre astri so lari sovrastati da una sorta di arco. Una simile iconografia è tipica dei libri di prodigi astronomici e di portenti so prannaturali, già celebrati nel Prodigiorum liber di Giulio Ossequente, opera del IV secolo d.C. che, nell'edizione di Lione del 1 555,12 venne illustrata da eleganti xilogra fie, tra le quali troviamo vignette con straordinarie appa rizioni celesti di due Soli e di tre Lune. Numerosi sono gli esempi di questa letteratura che si incontrano nell'e ditoria dell' epoca/3 e proprio a testi del genere si rifà l'i conografia bruniana. Infatti la tavola III è identica sia al l'immagine (fig. 3) che orna il frontespizio dell'anonimo libretto Eyn Warmung des Sundtjluss . . . mit samptaussleg;ung der grossen wunderz.eychen z.u Wien in Osterreich am Hynnel er schinem im XX iar, 14 nel quale si parla appunto di prodigi
1 1 . lbid., l, 2, pp. 364 sgg.; si veda la tavola III del De umbris; cfr. i capitoli 2, 9, 1 0-13 del De sole e il De lumine di Ficino, rispetti vamente in opera, vol. l, pp. 965 sgg., 976 sgg.; Spruit, op. cit. , pp. 44 sgg., 224 sgg.; Bònker-Vallon, op. cit., pp. 92 sgg.; Eu sterschulte, op. cit. , pp. 51 5-24. 1 2. Edita per la prima volta a Venezia da Aldo Manuzio nel 1508, venne poi integrata con «supplementi» nell'edizione di Basilea del 1 552 dall'erudito alsaziano Corrado Licostene (Corrado Wolffhart). Ancora preziosi i dotti apparati e le note in Valerius Maximus, De dictisfactisque memorabilibus, et]ul. Ob sequens, De prodif!:iis, cum supplementis Conradi Lycosthenis, ree. Car. Benedictus Hase, Parisiis, 1822-1823, Il, 2, pp. 1-207. 1 3. Cfr. Firenze e la Toscana dei Medici nell'Europa del Cinquecento. La corte, il mare, i mercanti. La rinascita della Scienza Editoria e So cietà. Astrolof!:ia, maf!:ia e alchimia, ordinatori G. Pansini, P. Gal luzzi, L. Perini, P. Zambelli, Firenze, 1980, pp. 318-24, 403 sgg. ; Eusterschulte, op. cit. 14. Senza luogo di stampa, ma apparso nel 1520 e ristampato
528
CORPUS ICONOGRAPHICUM
celesti come l' apparizione di più Lune e di più Soli, sia ad una di quelle (figg. 4 e 5) che, nel Prodigiorum ac ostentorum chronicon1 5 di Corrado Licostene, mostrano l' apparizione simultanea di tre soli circondati da archi e aloni.
Tavola IV: pp. 48-49; I, 2, pp. 373-74
A
TERTJA
A
c
c
Tavola IV
più volte: G. Hellmann, Beitriige z.ur Geschichte der Meteorologie, Berlin, 1 9 1 4, pp. 64-65. 15. Basileae, 1557, pp. 219, 525, 531, 662, si veda il capitolo 4; cfr. M.L. Chionetti, Corrado Licostene e le antiche osservazioni sui fenome ni naturali d'interesse geografico, Torino, 1960, pp. 5-25, 62-77.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
529
L'illustrazione, probabilmente per errore, viene stam pata due volte, a pagina 48 e a pagina 49 dell'originale, all'interno del capitoletto sull' « Applicatio triadi ». Con questo schema, identico a quello per le costruzioni sillo gistiche già visto nella tavola IV del De progressu et lampade venatoria logicorum, Bruno applica le regole del ragiona mento della logica aristotelica al suo sistema triadico-co smologico: (< in tutte le cose l'ordine è dato dal Principio, dal Mezzo e dal Fine, cioè dall'Agente, dalla Materia e dalla Formazione))' dinamica che corrisponde a quella si gnificata dalle lettere A, B e C della tavola, 16 con B che esprime il «termine medio)) del sillogismo.
Tavola V: p. 51; l, 2, p. 376
Tavola V 1 6. De monade, I , 2,
pp.
373-75.
530
CORPUS ICONOGRAPHICUM
Dopo avere trattato delle diadi e della triadi, Bruno passa ora a ragionare della tetrade,17 di cui propone una incisione alla quale, secondo suo costume, conferisce un nome altisonante: Oceani sigillum. Il disegno di questo « Sigillo dell' Oceano >> riprende la costruzione di un qua drato su una retta data. 18 La descrizione geometrica viene attuata dal Nolano secondo la consueta terminologia mi tografica, esaminata per la tavole XIX, XX e XXI del De minimo: qui la lettera A è indicata da Apollo, B è Bacco, C la Charis, D la dea Diana.
Tavola VI: p. 53; l, 2,
E
B
p. 377
F
A
D
G
c
H
Tavola VI
1 7. lbid., l, 2, pp. 375 sgg. 18. Cfr. Tocco, op. cit. , p. 182; cfr. Euclide, Elementa, I, 46.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
G
c
531
H
Figura 6
Un quadrato/9 detto Nereidum sigillum, per esprimere la tetrade. La costruzione è inesatta perché si tratta di cir coscrivere un quadrato ad un cerchio dato,20 pertanto i lati di quello devono essere tangenti alla circonferenza di questo, e non discosti come nella tavola. L'incisione è composita: il circolo e le diagonali sembrano stampati da una matrice lignea, mentre le lettere e il quadrato sono ottenuti con elementi tipografici.
19. De monade, I, 2, pp. 380-85. 20. lbid., I, 2, p. 378; cfr. Tocco, op. cit., pp. 182-83; Euclide, Ele menta, IV, 7.
Tavola VII: p. 55; l, 2, p. 383
Tavola VII
Figura 7
Altra variante geometrica del quadrato-tetrade. La co struzione ripete quella della tavola V.
Tavola VIII: p. 63; l, 2, p. 388
l
Il
Ili
l fil
Tavola VIII
Schema della tetrade. Questa non è una xilografia in senso proprio, per le stesse ragioni inerenti alle tavola VI del De monade, e alle tavole XII e XXXIII del De minimo.
Tavola IX: p. 77; I, 2, p. 403
Tavola IX
Inscrizione del pentagono-pentade dentro il cerchio. Il senso della costruzione è di difficile intendimento.21
21. De monade, I, 2, pp. 402-404; cfr. Tocco, op. cit. , pp. 188-89.
Figura 8
Tavola X:
p.
80; l, 2,
Tavola X
p.
406
536
CORPUS ICONOGRAPHICUM
Per Bruno la mano, in particolare il palmo dove si leg ge, come vuole la chiromanzia, il destino dell'uomo, è l'effigie della pentade.22 Nella xilografia le linee AA, AB, CD, EF, GH sono quelle comuni della lettura chiromanti ca, secondo un'iconografia che ripropone un'analoga il lustrazione del De occulta philosophia di Agrippa.23 Il Nola no, citando le antiche speculazioni filosofiche sulla pen tade menzionate da Ficino24 e rielaborando la teoria dei cinque gradi dell'essere di quest'ultimo, nota le corri spondenze tra la pentade e i cinque gradi dell'essere: nell'angolo superiore del pentagono sta Dio, nel destro superiore l'intelligenza, nel sinistro l'anima, nel destro inferiore la forma del corpo, nel sinistro inferiore la ma teria del corpo. La mano è per Bruno la prova del primato dell'uomo, in quanto strumento e presupposto naturale della sua operatività, che introduce e sviluppa il progresso civile, il quale pertanto può considerarsi frutto del quinario o della pentade.25
22. De monade, l, 2, pp. 404-407. 23. Alle pp. 336-38. 24. Soprattutto il capitolo l del Libro I e il Libro III della Theo logia platonica, in opera, vol. l, pp. 79, 1 1 5 sgg. 25. Cabala, pp. 717-19; cfr. A. Montano, La mente e la mano. Aspetti della storicità del sapere e del primato del fare in Giordano Bruno, Napoli, 2000, pp. 85-1 32.
Tavola Xl: p. 87; I,
2,
p. 4 1 3
Tavola XI
Il disegno mostra in modo didattico e semplice che
«ogni numero è termine medio dei numeri equidistanti posti intorno ad esso•• :26l'esempio si sviluppa in ragione di 4. Il nesso dell' immagine con il quinario è concettua le: come « ogni numero è termine medio dei numeri equidistanti ••, così l'anima, che occupa il quinto posto nella scala quinaria della natura, si pone nel grado me diano rispetto agli altri, cosicché verso essa convergono gli estremi.
26. De monade, l, 2, pp. 412-13: «Sicut simpliciter omnis nume rus circum se positorum numerorum aequidistantium est me dietas».
Tavole XII, XIII, XN: pp. 90, 9 1 , 92; l, 2, pp. 416-17
Tavola XII
La magia degli antichi attribuiva grande potere alla pentade.27 A proposito Bruno, riprendendo puntualmen te le Noctes Acticae26 di Aulo Gellio, ricorda i simulacri di Diovis o Diespiter e di �iovis, entrambi immagini e nomi arcaici di Giove. Il primo indica l'aspetto paterno, lumi noso del dio che gratifica e aiuta l'uomo, mentre il se condo quello minaccioso che non soccorre alcuno.29 Gli attributi di Veiovis, secondo le fonti classiche e rinasci mentali, sono delle saette, impugnate dal dio con la ma no destra, ed una capra ai suoi piedi.30 L'immagine bru27. Ibid. , l, 2, pp. 415-16. 28. V, 12: De nominibus deorum populi Romani Dijovis et Vtjovis. 29. Cfr. Mythographus III, in Scriptores rerum mythicarum latini tres, a cura di Bode, cit., p. 174: «Vejovis, id est rnalusJovis». 30. È i l citato Gellio l'archetipo dell'iconografia del dio: cfr. Auli Gellii Noctium Atticarum libri XX, perpetuis notis J. Frede-
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
539
Figura 9 ricus et J. Gronovii, Lugduni Batavorum, 1 706, p. 325; A.S. Pease, in Cicero, De natura deorum, cit., vol. Il, pp. 1 1 36-37; per la tradizione umanistico-rinascimentale: L.G. Giraldi, Historiae Deorum Gentilium, in Opera, Basileae, 1 580, vol. l, p. 85; A. D'A lessandro, Genialium dierum libri sex, Lugduni Batavorum, 1 673, vol. II, p. 1024; V. Cartari, Imagini delli dei de gl'antichi, Venetia, 1647, p. 86.
540
CORPUS ICONOGRAPHICUM
niana ( tav. XII) trasforma tale iconografia consegnando al simulacro di Veiovis delle frecce, una spada/1 un peri zoma stellato e una sorta di berretta, cioè una rappresen tazione che, salvo alcuni particolari, ricalca quella del pianeta Giove, così quale appare nelle personificazioni medioevali e rinascimentali dei pianeti, come ritroviamo in una xilografia del l 460 circa (fig. 9)32 oppure nel cele bre codice De sphaera della Biblioteca Estense di Mode na.33 Infatti nell'iconologia tradizionale dell'astro gli at tributi canonici sono le saette, un copricapo (talvolta una corona, altre una berretta o una fascia sui capelli) , la stel la posta sul perizoma oppure che ne fa le veci, un basto ne di comando o scettro, e i segni zodiacali dei Pesci e del Sagittario posizionati di solito intorno ai fianchi o ai piedi del dio-pianeta. Rispetto a questa corrente tipolo gia, l 'illustrazione del De monade è priva dei segni zodia cali ed esibisce una « spada >> - come la chiama Bruno. Ta li differenze, in apparenza curiose e singolari, sono pre sto spiegate. Difatti ad un attento esame dell'incisione originale si scorgono degli strani segni grafici, sia in bas so a sinistra (sovrapposti alla linea di terra), dove si intra vede un piede con una parte di gamba, sia sulla destra, dove delle tracce emergono appena dalla linea della co scia del personaggio, mentre altre tagliano un po' confu samente la parte inferiore della « spada». Ebbene, si trat ta di ciò che rimane dei due segni zodiacali che contor navano i fianchi del dio-pianeta: a sinistra il Sagittario, di cui il suddetto piede, a destra i Pesci che, probabilmente disposti in orizzontale, toccavano, con le teste e con le code, la coscia e la « spada '' . Ciò significa che dalla matri ce lignea della xilografia, che in origine raffigurava il pia neta Giove secondo l'iconografia di cui sopra (e che cer to era già stata impiegata per illustrare un'opera astralo3 1 . Il testo fa solo riferimento a questi due attributi, I, 2, p. 4 1 6. «qui altera manu sagittas, altera ensem habebat » . 32. I n Saxl, op. cit., p. 287, fig. 1 90 , cfr. le figg. 1 65-67. 33. Cfr. S. Samek Ludovici, Il "De sphaera, estense e l'iconografia astrolo(fica, Milano, 1958, tav. IV, pp. 30-32.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
541
gica) , vennero abrasi i due segni zodiacali per trasforma re tale immagine astrale in quella di Veiovis, perché venis se così adattata alle esigenze del testo del De monade, che esclude appunto la presenza del Sagittario e dei Pesci. Questa modificazione è anche all'origine dell'apparen te " equivoco> > bruniano che chiama < spada >> quello che è invece il bastone o scettro di comando impugnato dal dio-pianeta. Evidentemente il Nolano, per connotare in modo manifesto la sua immagine di Veiovis e cancellare ogni possibile riferimento a quella astrologica, non esita ad attribuire al dio infausto e minaccioso quella spada guerresca, che invece altro non è che un simbolo di au torità astrale. Un lungo brano del De monade�4 è dedicato alle corre lazioni possibili tra il quinario/pentade e il corpo uma no: si menzionano i cinque sensi, le cinque dita, la mano, il grado del nutrimento, ecc. Le tavole XIII e XIV mo strano un particolare tipo di queste concordanze, ovvero la quintuplice azione sull'uomo sia della (tav. XIII) che della ( tav. XIV) , dualismo dipen dente dall'influenza « infausta >> oppure di Diio vis e di Veiovis. Il modello iconico è il corpo umano, mi surato secondo le sue armonie e proporzioni, del De oc culta philosophia�5 di Agrippa (fig. 10) : rispetto a questo, Bruno, introducendo il motivo dell' infortuna e della for tuna, apporta alcune originali varianti al tema icono grafico. L' > sfortunato è colpito alle e stremità degli arti e alla testa dalle frecce crudeli di Veio vis e volge le spalle, incapace di vedere e di parare i colpi della cattiva sorte; quello fortunato invece guarda davan ti a sé e l' armoniosa distribuzione delle membra sul pen tagono viene ribadita dalla distribuzione numerica del quinario, sia all'esterno della figura che all'interno.
34. I, 2, pp. 41&-19. 35. Alle pp. 328-31; cfr. il commento alla Figuratio.
Tavola XIII
Tavola XIV
Figura 10
Tavola XV: p. 96; I, 2, p. 421
Tavola XV
544
CORPUS ICONOGRAPHICUM
Raffigurazione dell'esade e dell'esagono, di cui Bruno esalta i significati cosmologici, connessi alla generazione delle cose e alla creazione mosaica avvenuta in sei giorni.36
Tavola XVI:
p. 1 0 7; I, 2, p. 4 3 3
Tavola XVI
36. Cfr. Bovillus, Liber de duodecim numeris, in Que in hoc volumi ne continentur, c. 15 3r -v; Bungus, op. cit. , pp. 264 sgg.; sul se nario sacro a Venere e simbolo della generazione secondo la tradizione pitagorica, menzionata anche da Bruno, si veda Meursius, op. cit. , pp. 71-79.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
545
L'ettagono come immagine dell'ettade, di cui il testo elenca numerosi significati simbolici, elaborati su richia mi pitagorici e platonici come su valenze numerologi che, magiche e astrologiche (ai sette angoli dell'ettagono corrispondono i sette dei planetari) , ricavate soprattutto dal Libro II del De occulta philosophia di Agrippa.37 La co struzione geometrica è descritta secondo il consueto les sico mitico: « quando l'Opera gira intorno all'Ingegno», ossia si tracci un cerchio di centro O e di raggio OI, e co sì via.38
Tavola XVII: p.
1 1 8;
I, 2, p. 445
Tavola XVII
37. De monade, l, 2, pp. 433-42; cfr. De occulta philosophia, 272-82. 38. Cfr. Tocco, op. cit. , pp. 195-96.
pp.
546
CORPUS ICONOGRAPHICUM
Figura 11
Il Tocco dimostra�9 che questa costruzione dell'ottago no è « artificiosa e fallace >>, rispetto alla più comune del la duplicazione del quadrato. Come nel caso delle prece denti figure geometriche, Bruno40 riveste ora di moltepli ci significati anche l'ottagono, secondo un sincretismo mistico e simbolico che accomuna le valenze soteriche e rigenerative dell'ogdoade,41 inerenti al battesimo cristia no, con il tema della giustizia e della perfezione del pri mo cubo di matrice pitagorica.42
39. Op. cit., p. 197. 40. De monade, l, 2, pp. 443-46. 41. Cfr. Bungus, op. cit., pp. 322 sgg.; A. Quacquarelli, L'ogdoa de patristica e i suoi riflessi nella liturgia e nei monumenti, Quader ni di ••Vetera Christianorum••, 7, Bari, 1973; Meyer e Suntrup, op. cit., coli. 567-80. 42. La fonte bruniana è Macrobio, In Somn. Scip., I, 5, 11-17; cfr. Meursius, op. cit., pp. 92-98.
Tavola XVIII: p.
1 20;
I,
2,
p.
447
Tavola XVIII
Ancora in riferimento al numero 8 il Nolano presenta quest'immagine didattica degli 8 modi o accordi musica li: ipodorico, ipofrigio, ipolidio, dorico, frigio, lidio, mio lidio, ipermiolidio.
Tavola XIX: p. 124; I, 2, p. 45 1 o
l
p Tavola XIX
Costruzione inesatta43 dell'enneagono inscritto in un cerchio: dato il cerchio con centro M (fig. 1 2) e costruito l'esagono ABCDEF, si tracci il diametro AD e si costruisca il rettangolo OISP, con i lati PS e IO tangenti alla circon ferenza, ed i lati OS e lP ottenuti sui rispettivi prolunga menti dei lati dell 'esagono BC e FE. La distanza tra il punto G (dato dall'intersezione di PM sulla circonferen za) e il punto di contatto D corrisponde per difetto al la to dell'enneagono GO.
43. Cfr. Tocco, op. cit. , p. 199.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
549
Figura 12
L'enneade, scrive il Nolano,44 è il numero della sapien za e della conoscenza degli intelligibili; i Platonici cele brano una triplice trinità: produttiva, convergente e per fettiva. I Maghi, i Cabalisti e i Platonici cristiani ricono scono 3 gerarchie di angeli e altrettante di demoni mal vagi, che si articolano secondo i 9 ordini angelici dello pseudo-Dionigi Areopagita. Bruno elenca poi i simboli delle 9 gemme, delle 9 piante, dei 9 animali, dei 9 influs si benefici e di quelli malefici, seguendo un sincretismo che coniuga diversi passi di Agrippa45 sulle scalae dell ' «ot tonario », del « novenario » e della « decade '' .
44. De monade, l, 2, pp. 450-58. 45. Alle pp. 283-90; cfr. Bungus, op. cit.,
pp.
332 sgg.
Tavola XX: p.
130;
l,
2,
p. 458
Tavola XX
L'incisione esprime l'applicazione mnemonica del l'enneade, attraverso uno schema combinatorio circola re di impianto lulliano, di cui Bruno ha già dato vari esempi, come nella tavola XXIX del De umbris e nelle ta vole III e N del De compendiosa. Alla circonferenza, 9 con cetti siglati dalle rispettive lettere (A è la Storia, B la Fisi ca, C la Metafisica, D l'Etica, E la Legge, F l'Allegoria, G l'Analogia, H la Profezia, I il Segreto) , da collegarsi tra loro, come suggeriscono le numerose corde di congiun zione; al centro un monogramma composto, a quanto si può osservare, dalle prime 9 lettere dell'alfabeto (A, B, C, D, E, F, G, H, l) : unendo queste a quelle nasce un sil labario fondato sull'enneagono e sull'enneade.
Tavola XXI: p. 1 33; I, 2, p. 460
Tavola XXI
Figura 13
552
CORPUS ICONOGRAPHICUM
La decade è la meta della monade, racchiude il nume ro di tutte le cose e di tutti gli infiniti numeri pari e di spari.46 Con la tavola XXI si presenta la costruzione geo metrica del decagono: dividendo in due parti uguali il la to AK del pentagono AlBEK si trova la misura AL corri spondente al lato del decagono. Le indicazioni del testo riguardo alla figura non risultano delucidanti.
Tavola XXII: p.
1 4 2; I, 2,
p.
4 70
Tavola X XII 46. De monade, l, 2, pp. 459-60; sugli altri, molteplici significati della decade, si vedano le pp. 461-68 (cfr. Agrippa, De occulta philosophia, pp. 287-90; Bungus, op. cit., pp. 355 sgg.). Bruno fa riferimento in queste pagine soprattutto al commento di Cee co d'Ascoli alla Sphaera Mundi di Giovanni Sacrobosco (edito per la prima volta a Venezia dal Bevilacqua nel 1499 e più vol te ristampato): cfr. Yates, Giordano Bruno, ci t., pp. 350-51.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
553
Figura 14
Il senso di questa immagine, anche per una certa oscu rità del testo relativo, non risulta del tutto comprensibile. Simile alle tavole VII degli Articuli e XXIII del De minimo, sembra rappresentare il frazionamento progressivo della retta AB e del corrispondente arco.
Tavola XXIII: p. 1 45; I, 2, p. 473
Tavola XXIII
Viene ora rappresentato un triangolo equilatero in scritto in un cerchio, con 3 elementi filiformi arricciati (delle specie di viticci o nastri serpentiformi) , 47 che fuo riescono dalla metà di ciascuno dei lati del triangolo. L'immagine non trova alcuna spiegazione nel testo. Il si47. È opportuno precisare che questi elementi filiformi non possono essere delle piccole serpi, né qualcosa di simile, non solo perché privi di testa, ma soprattutto in quanto una simile iconografia non mostra quella sinuosità regolare dettata dalle norme iconiche del serpente-geroglifico bruniano, espresso nelle tavole X, XI e XXXVIII degli Articuli. La Yates, Giordano Bruno, cit., p. 35 1, ne dà un'interpretazione magica, vedendo vi dei segni indicanti i «legami» con i demoni, ma senza ad durre alcuna motivazione a riguardo.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
555
gnificato di tali elementi viene invece evidenziato dalla stessa funzione che svolgono nell'immagine, dove assol vono il compito di riempire visivamente i 3 segmenti cir colari intorno al triangolo, propagandosi sulla superficie con il loro andamento sinuoso e contorto. Proprio in una tale, marcata invadenza dello spazio che circonda l'immagine geometrica si può cogliere dunque la loro va lenza perché essi rappresentano così l' estensione natura le e concettuale del subiectum, come nel caso dei racemi della tavola II del Cantus, o degli elementi floreali nella tavola XXVIII degli Articuli, o nelle tavole XVII e XXXII del De minimo, e di molte altre. In questo senso la loro forma, apparentemente strana, va identificata con quella di comuni viticci che, come i similari elementi vegetali diffusi nelle xilografie bruniane, concorrono all'esatta definizione dello spazio mnemonico-immaginale.48 Seguono le illustrazioni del De immenso.
48. Cfr. il commento alla tavola II del Cantus, quello alle tavole I, II e III degli Articuli e le relative note 28 e 30.
Tavola 1: p. 202; I, l , p. 255
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4
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Tavola I
Bruno49 sta argomentando sulla sua concezione dello spazio e della materia infiniti, contrapponendola alla co smologia finitistica aristotelica, basata sull'idea che il mo to consiste nel passaggio da un luogo ad un altro e che questa condizione non può essere soddisfatta dall'infini to ma solo in un mondo finito.50 In questo contesto la ta vola I mostra51 che né il tempo né lo spazio in cui avviene il moto vanno considerati finiti. Difatti - se interpreto be ne i dati bruniani -, prolungando all'infinito le rette AD e GE in direzione D ed E, accade che nello spazio « infini to » che si genera tra D ed E, non può esservi nessun tem po «finito '' • in cui il moto si possa esaurire. La grafica 49. De immenso, l, l , pp. 25 2 sgg.; cfr. Tocco, op. cit. , pp. 211 sgg. 5 0. De coelo, l, 5 sgg., 27lb sgg.; Phys. , III, 3 sgg., 202b sgg.; cfr. Mondolfo, op. cit., pp. 119-39. 51. De immenso, I, l , pp. 255-56.
DE IMMENSO
557
dell'immagine interpreta le figure simili che appaiono nel De coelo aristotelico/2 edito da Giunta a Venezia nel 1562.
Tavola II: p. 212; I, l , p. 265
Tavola II
52. In Aristotelis opera, vol. V, cc. 26v -31 v.
558
CORPUS ICONOGRAPHICUM
La raffigurazione sembra voler dimostrare che nel ca so in cui due corpi celesti fossero contigui l'uno all'altro con le loro superfici, le parti dell'uno non potrebbero tendere all'altro e viceversa. I due circoli della figura in dicano con il centro A la Terra e con il centro B la Luna. Il testo53 che dovrebbe spiegare l'immagine è alquanto approssimativo e intricato.54 La xilografia è la stessa della tavola XX.
Tavola III: p.
A
224;
I, l , p.
P l\
277
S Q... O D
Tavola III
Se un corpo mobile percorre un determinato spazio (nel disegno il corpo corre lungo il tratto A-e sulla semi circonferenza maggiore) in un tempo « minimo >>, le per correnze di spazi minori e proporzionali a quello (cioè le distanze sempre più brevi B-f, C-g, ecc.) non potranno av venire in tempi ancora più brevi, in quanto non esiste un tempo minore di quello " minimo ,, . 55 53. De immenso, I, l, pp. 263-66. 54. Cfr. C. Monti, in Bruno, Opere latine, cit., 55. De immenso, l, l , pp. 276-78.
p.
472, nota 1 3.
Tavola IV: p. 239; I, 2, p. 292
f Tavola IV
L'illustrazione intende mostrare che, rispetto ad un corpo dato, l'azione di un corpo ad esso più vicino è maggiore di quella di un altro corpo più lontano, così co me l'azione del corpo più grande è maggiore di quella del più piccolo. Per esempio, stabilito che il corpo lumi noso e si trova - come in questa tavola IV - al centro del cerchio, e il suo fuoco riscalda Jsecondo la distanza ef, al lora il fuoco del corpo d (quattro volte più potente di quello di e) , che riscalda e relativamente alla distanza de, riscalderà f con intensità doppia.
Tavola V: p. 273; I , l , p. 327
Tavola V
La stessa immagine della tavola I della Cena, a cui si rinvia per il commento; diversa tra le due la qualità del l' esecuzione xilografica.
Tavola VI: p. 281 ; I, l , p.
335
Tavola VI
La rappresentazione esemplifica56 il tema della visione oculare dell' orizzonte, dipendente non solo dai limiti na turali della vista umana ma anche dalla curvatura della terra. Infatti man mano che l'occhio sale da A ad E, poi a F, fino ad H, progressivamente si accrescono gli archi de gli orizzonti visivi (BC, DG, IK) secondo i crescenti coni ottici, delimitati prima dalle rette EL ed EM, poi dalle successive.
56. Ibid. , I, l ,
pp.
334-36.
Tavola VII:
p.
281 ; I, l ,
Tavola VII
Figura l
p.
338
563
DE IMMENSO
Si raffigura qui l'epiciclo della Luna (rappresentato dal circolo più piccolo siglato GHNM ed espressione del corpo lunare) che corre sul deferente nelle posizioni A, B, C, D. Al centro il corpo F, ossia la Terra.
Tavola VIII: p. 30 1 ; I,
l,
p. 354
Tavola VIII
La relazione tra il testo e l'immagine non è affatto per spicua.57 Il disegno vuole dimostrare che le zone più fred de della Terra sono tali perché più lontane dall' azione dei raggi solari, così come le linee AB e AD sono più lun ghe della linea AC. Forse si può intendere che G ed E in dicano i poli, mentre AF la linea equatoriale, dove il Sole colpisce più direttamente con i suoi raggi la superficie terrestre. 57. lbid. , l, l ,
pp.
353-55.
Figura 2
Tavola IX:
p. 334; l, l , p. 387
Tavola I X
DE IMMENSO
565
Figura 3
Dimostrazione del triplice moto della Terra secondo Copernico,S6 che Bruno trae fedelmente dal capitolo 1 1 del Libro I del De revolutionibus orbium coelestium libri W, apparso a Norimberga nel 1 543.59 Al centro dell'icono grafia il Sole, segnato con la lettera E, intorno il circolo della rivoluzione della Terra, colta nelle posizioni solsti ziali (B = Autunno; D = Primavera) ed equinoziali (A = Estate; C = Inverno) . Il cerchio ABCD rappresenta il giro 58. Rotazione diurna, rivoluzione annua e il moto che spieghi il costante parallelismo dell'asse della rotazione diurna. Cfr. ibid., I, l , p. 385, note 2-3, p. 386, note 1-3 (ma anche pp. 389 sgg.); C. Monti, in Bruno, opere latine, cit., p. 567, note 33 e 34; Michel, op. cit., pp. 206 sgg.; Ingegno, Cosmologia e filosofia nel pensiero di Giordano Bruno, ci t., pp. 46 sgg. , 63-70 (" Bruno, Co pernico e i moti della Terra» ) ; D. Knox, Ficino, Copernicus and Bruno on the Motion of the Earth, in " Bruniana & Campanellia na», 5 ( 1992) , pp. 351-66. Fondamentale ancora oggi, anche per la disamina astronomica della critica bruniana a Coperni co, il contributo di Tocco, op. cit., pp. 311-26. Si veda la tavola IX della Cena. 59. La xilografia bruniana copia fedelmente la figura di Co pernico: cfr. l'edizione di Basilea, 1566, c. 11r.
566
CORPUS ICONOGRAPHICUM
annuo del centro della Terra sul piano dell 'eclittica. Di videndo il circolo in quattro parti abbiamo: nel punto A l'inizio del Cancro, nel punto B della Bilancia, in C del Capricorno, in D dell'Ariete. FGHI rappresenta la fascia equinoziale. Il diametro FAH (ma anche FBH, FCH, FDH) , perpendicolare a GAI (ma anche GBI, GCI, GDI) , è in F il limite della maggiore declinazione verso sud e in H verso nord.
Tavola X: p. 335; I, 2, p. 388
Tavola X N
M
E
L
Figura 4
Altra dimostrazione, ripresa nel testo bruniano, del tri plice moto della Terra, data da Copernico nel citato capi tolo 1 1 del Libro I della sua opera. Questa tavola X, come la precedente, ricalca quella copernicana.60 60. Cfr. la c. 11 v nella citata edizione di Basilea.
Tavola XI:
p.
345; I, l ,
Tavola X l
Figura 5
p.
397
568
CORPUS ICONOGRAPHICUM
L'incisione, già comparsa negli Articuli,61 esprime, in polemica con Copemico62 e secondo una « geometria » celeste del tutto arbitraria, che le orbite di Mercurio e di Ve nere (cifrate dalla lettera B) sono uguali a quelle della Terra e della Luna (lettera A) : al centro il Sole (E) . Le varie linee che congiungono i punti N, A, L con i rispetti vi I, B, G scandiscono le varie distanze dei pianeti sia tra loro che rispetto al Sole. Le spiegazioni testuali del dise gno « astronomico » sono cervellotiche. In questo caso è consolante per chi scrive (dopo avere affrontato, e cerca to di decrittare, non poche costruzioni geometriche di questo genere) incontrare un brano del Nolano in cui, per dir così, il filosofo « confessa » certi suoi limiti « geo metrico-espositivi ». Si legge infatti a proposito dello « schema » di questa tavola XI che esso è stato realizzato in modo « confuso e abbreviato » perché « per noi [cioè per Bruno] non è facile, a causa della moltiplicazione dei cerchi o spirali [ . . . ] poter raggiungere una felice compo sizione » . 6s
61. I, 3, pp. 76-77, 109: cfr. la tavola XXXIII. 62. Cfr. Tocco, op. cit., p. 248; W. Wildgen, Kosmologische Meta phern vor und nach Giordano Bruno, in « Bruniana & Campanel liana », 2 ( 1998), pp. 407-409. 63. De immenso, I, l , pp. 397-98: « quod in hoc schemate, ut compendiosiore, ita et confusione ratione designamus quan doquidem neque facile est nobis circulorum multiplicatione vel [ . . . ] spiralium, felicem compositionem ut possimus addu cere '' ·
Tavola XII: p. 372; I, l , p. 29
c
B
D
F
E
A
Tavola XII
c
B
D
Figura 6
Viene ora ripreso un motivo già affrontato con la tavo la III della Cena: un corpo opaco, allontanandosi alla vi sta, finisce per scomparire, mentre uno luminoso man tiene, anche nella più grande distanza, il suo bagliore,
570
CORPUS ICONO GRAPH ICUM
pur divenuto piccolissimo e incerto. Nella tavola XII è rappresentato un corpo di forma semicircolare: CDEF ne delimita la sua parte opaca, le altre (DCB e EFA) sono lu minose. Ad una certa distanza, sempre più lontano, il corpo opaco tenderà a scomparire e le due parti lumino se sembreranno unirsi, connotando così l'intero corpo come un unico corpo luminoso, anche se più piccolo. &4
Tavola XIII: p. 380; I, 2, p. 37
Tavola XIII
64. Ibid., I, 2, p. 29. La grafica dell' immagine sembra ripropor re, pur in altro senso, gli schemi copernicani sulla precessione degli equinozi: cfr. la citata edizione del De revolutionibus or bium coelestium libri W , cc. 75 r -76r .
571
DE IMMENSO
Iconografia di un corpo sferico composto di parti i gnee e acquee. Le prime, corrispondenti ai settori BC, DE, FA, sono opache e umide, mentre le seconde, deno tate dai settori AB, CD, EF, sono luminose e calde. Se condo Bruno65 la condizione ottimale di un tale corpo si ha laddove le energie del fuoco e dell'acqua si contem perano e si uniscono: opinione che contrasta con la teo ria aristotelica dei quattro elementi, che ritiene inconci liabile l'unione diretta del fuoco con l'acqua. 66
Tavola XIV: p. 438; I, 2, p.
96
Tavola XIV
65. De immenso, I, 2, pp. 37-38. 66. De gen. et corr. , 329 a - 336a; Meteor., 378b- 390b; cfr. I. Dur ing, Aristotle 's Treatise Meteorologica, Book Iv, Goteborg, 1 944.
572
CORPUS ICONOGRAPHICUM
L'incisione è la stessa della tavola VIII, ma qui il si gnificato è diverso, poiché si vuole dimostrare la falsità dell'opinione secondo cui il Sole, lungo l'arco dell'emi sfero diurno, sorge e tramonta secondo linee perpendico lari. Il testo che accompagna la figura è alquanto oscuro.
Tavola XV: p. 439; I, 2, p. 97 A
Tavola XV
Niente vieta di immaginare la Terra in forma pirami dale, di cui gli angoli A, B, C indicano le estremità. Il ra gionamento del Nolano è il seguente: la visibilità d'in sieme della Terra piramidale non si ha riducendo le di mensioni della stessa in triangoli più piccoli come DEF, poi DGH e DIK, bensì smussando sempre più gli angoli e trasformando progressivamente la sua forma triango lare in quadrata, poi in poligonale, sino alla forma cir colare.67 67. De immenso, I, 2, pp. 97-98.
Tavola XVI: p. 447; I, 2, p. 105
Tavola XVI
Viene impiegata di nuovo la precedente tavola III, per? privata delle lettere in basso e con un altro significa to. E una sorta di cosmografia aristotelica: in basso la let tera m allude alla convessità sferica del fuoco (che con tiene le regioni degli altri elementi) ,68 sopra sta la lettera l che denota la concavità dell' orbe della Luna. Gli altri semicerchi e relativi elementi letterali indicano le orbite planetarie equidistanti.69
68. Il mondo sublunare aristotelico è composto dai quattro elementi: sotto la sfera ignea vi è quella aerea, sotto ancora la terra e l'acqua: De gen. et corr: , 328b sgg.; De mundo, 391a sgg. 69. De immenso, I, 2, pp. 1 05-106.
Tavola XVII: p. 448; I, 2, p.
Tavola XVII
Figura 7
106
575
DE IMMENSO
Bruno propone70 in questo caso un'altra cosmografia di genesi aristotelica per criticarne l'architettura che pre vede sfere concentriche, con in basso quella degli ele menti. Qui il Nolano, con un discorso non certo lineare né di facile interpretazione, fa presente quanto segue: ASB rappresenta la sfera convessa dell'aria e ADB quella della Luna, la retta ED esprime il calore massimo dell'e quatore che va man mano a ridursi verso i poli A e B. In modo analogo ATB disegna un 'altra linea-limite dell'a ria, cioè di quella non aderente al cielo: in questa linea concava ATB il calore dell'aria risulta invece massimo al le estremità polari A e B e nullo all'equatore nel punto T. Ne consegue, secondo il filosofo, che l'aria avrebbe u na specie di forma cilindrica (data dall 'unione degli ar chi ASB e ATB) , e non sferica.
70. lbid., I, 2,
pp.
1 05-1 09; cfr. Tocco, op. cit.,
pp.
266-67.
Tavola XVIII:
p.
474; I, 2,
....
Tavola XVIII
p. 1 3 3
(J
Figura 8
578
CORPUS ICONOGRAPHICUM
La lettera A denota un corpo luminoso e B un corpo opaco maggiore di A. Poiché la distanza tra i due è mini ma, accade che il corpo opaco occulti quello luminoso più piccolo, rispetto alla parte opposta allo stesso A, se condo le due linee K, ovvero, come scrive Bruno,71 secon do l'angolo KAK. Se il corpo opaco si allontana da quello luminoso, in una successione che nella figura è segna ta dai circoli C, D, E, F, si ridurrà il suo diametro e pro gressivamente anche l'angolo KAK che diverrà LAL, poi MAM, NAN e così via, fin quando il corpo opaco, ormai annichilito dall'enorme distanza, non sarà più in grado di oscurare la luce del corpo A. Una simile questione era stata già affrontata con la tavola IV della Cena.
71 . De immenso, l, 2,
pp.
133-34.
Tavola XIX: p. 477; I, 2, p. 1 36
Tavola XIX
580
CORPUS ICONOGRAPHICUM
La xilografia rappresenta il fenomeno per il quale la Luna, posta tra il Sole e la Terra (nell'immagine questa è in basso e quello in alto ) , può oscurare l'uno o l'altra se condo la distanza che la separa da questa o da quello. Al l'osservatore posto in RQ , sul suolo terrestre, la Luna ap parirà più grande in MN che in LK e nulla in I, produ cendo eclissi solari sempre di minore ampiezza man ma no che si allontana dalla Terra. Se la Luna viceversa si av vicina al Sole, da I fino a BA, essendo un corpo opaco, lo eclissa agli occhi dell'osservatore, sempre posto dalla parte della Terra, per grandezze via via maggiori, come indica la progressiva sequenza dei segmenti GH, EF, CD e AB.72
Tavola XX: p. 5 1 6; I, 2, p. 1 76
Tavola XX
Stessa xilografia della tavola II. 72. Ibid., l, 2, pp. 135 -37.
Tavola XXI: p. 570; l, 2, p. 231
b
'
Tavola XXI
Nel capitolo in cui compare questa figura Bruno pole mizza con Aristotele sull'origine delle comete.73 Lo sche ma esemplifica perché le comete siano caudate. Il Nola no sostiene che ciò dipende dall'angolo di rifrazione, e propone il seguente esempio: se in a si trovano l'occhio dell'osservatore e l'immagine che si riflette perpendico larmente nel punto d dello specchio be, gli angoli adb e ade non fluttuano e l'immagine viene restituita nitida nei suoi contorni, per cui il corpo della cometa così riflesso appare rotondo e senza coda, ma se l'occhio e l'immagi ne si spostano nel punto di visuale e, e la riflessione sullo specchio be avviene secondo l'angolo acuto ede, allora ne segue l'apparizione della coda, conseguente al defluire e allo scorrere dell'immagine non più ortogonale, tant'è che più si restringe l'angolo edb, cioè il punto di vista e
73. Ibid., l, 2,
pp.
223-35; cfr. Tocco, op. eit. ,
pp.
287-89.
582
CORPUS ICONOGRAPHICUM
tende a c, tanto più si allunga l'immagine della coda del la cometa.
Tavola XXII: p. 572; l, 2, p. 233
Tavola XXII
Il rapporto tra l'iconografia ed il testo è del tutto invo luto, 74 soprattutto nei particolari. Il contesto astronomico concerne i diversi movimenti dei pianeti (raffigurati dai tre circoli) , i quali percorrono orbite differenti ritornan do poi nella medesima posizione iniziale. 74. De immenso, I, 2, pp. 232-34.
Figura 9
Tavola XXIII:
p.
589; I, 2,
Tavola XXIII
p.
250
584
CORPUS ICONOGRAPHICUM
Lo schema geometrico rappresenta sei mondi (siglati con le lettere H, I, K, L, M, N) tangenti ad un settimo mondo loro centrale, ma è impossibile che ciò si verifichi. Infatti, se così fosse, considerato che dal centro alla peri feria di un corpo planetario corre la massima distanza, il centro di A disterebbe dai punti di contatto della sua pe riferia (B, C, D, E, F, G) tanto quanto dalla periferia degli altri mondi. 75
Tavola XXIV: p. 604; I, 2, p. 266
e
b
'
Tavola XXIV
Ancora lo schema della precedente tavola XXI, ora con valenze riguardanti la contrapposizione tra l'acqua ed il fuoco aristotelici, espressa dalla divergenza geome trica tra l'angolo acuto e quello ottuso.76 75. Cfr. Tocco, op. cit. , p. 296. 76. De immenso, l, 2, pp. 266-67.
Tavola XXV: p. 610; I, 2, p. 271
Tavola XXV
Ripetizione della tavola XXIII. In questo caso si sottoli nea che tra i mondi è interposto un unico spazio etereo e infinito, per cui essi non possono toccarsi tra loro. Inol tre una parte o un punto, per esempio B, della superficie del mondo H, non può tendere sia verso un altro mon do che verso il proprio, perché ciascun mondo è distinto dall'altro.
DE IMAGINUM, SIGNORUM, ET IDEARUM COMPOSITIONE
De imaginum, signorum, et idearum compositione. Ad omnia inven tionum, et memoriae genera libri tres , Francofurti, apud Ioan. Wechelum et Petrum Fischerum consortes, 1591 (Salvestrini, n. 207; Sturlese, n. 27) . . .
Questa è l'ultima opera pubblicata da Bruno, che ne curò la stampa: in essa si riprendono e riassumono tutti i trattati mnemonici precedenti.1 Si tratta di un testo ine rente il processo di formazione delle immagini e dei sim boli delle idee, per rendere più efficace e facile la pratica dell' ars memoriae,2 dunque di un trattato che porge i fon damenti teorici e pratici della mnemotecnica, che Bruno aveva descritta ed elaborata nei suoi primi testi, fin dal De umbris idearum del 1582. Vi sono contenute 12 xilografie, di cui 5 (ma due di queste sono lo stesso legno ripetuto) di mediocre fattura, attribuibili al Nolano per le ragioni più volte considerate, raffiguranti schemi geometrico-mnemonici, e 7 di altra mano, di notevole qualità artistica, rappresentanti i 7 car ri astrali. Di queste ultime incisioni non ho individuato la fonte grafica diretta, ma non escluderei, anche in consil. Cfr. Tocco, op. cit., pp. 84-91 ; Spampanato, op. cit., pp. 44142, 709. 2. De imaginum compositione, II, 3, p. 89: «Propositum est de ima ginum, signorum et idearum compositione principale, propter universalis inventionis, dispositionis et memoriae finem » .
590
CORPUS ICONOGRAPHICUM
derazione di quanto detto per la tavola XII del De mona de, che si possa trattare di immagini già impiegate per il lustrare qualche libro astrologico, coevo o precedente al De imaginum compositione. L'iconografia delle divinità pla netarie e dei loro veicoli, con gli specifici attributi, è co munque del tutto comune alla tradizione in merito, sia medioevale che rinascimentale.3 Del De imaginum compositione, dei suoi contenuti e della sua dottrina si è discusso ampiamente nell'Introduzione, come, per quanto concerne le componenti dell' ars memo riae presenti nel testo, se ne è parlato nel commento al De umbris. Pertanto non rimane che concludere il catalogo delle illustrazioni bruniane elencando, soprattutto dal punto di vista iconografico, le incisioni che ornano que st'ultimo volume.
3. Cfr. il commento alle tavole IX-XXVIII del De umbris.
Tavola 1: p. 32; II, 3, p. 1 27
Tavola I
Figura l
592
CORPUS ICONOGRAPHICUM FORMA ATRH
ET NOMINA LOCORUM PARTlCULARIUM D
R Y
ANGULUS ORIENTlS
ATRIUM ALTARIS
X l
G
A
ANGULUS MERIDIEI
ORIENS
Q
Aqua Aratrum
La1111crum
Palma
Thorax
Cathena
Amphora
Anchora Currua
K
u
s
Scrlnlum
ATRII IMAGO
E SEPTENTRIO
MERIDIES
F
v
Scapha Sollum
Stabulum ALTARE
Frugea Fumua
T p
N
ANGULUS SEPTEN-
ANGULUS OCCIDENTlS
OCCIDENS
TRIONIS
B
M Z
H
L O
Carear
Fomax
Cadua Sella
Enala lgnla
Arboa Globua Epulae
c
Figura 2
Figura 3
È la forma dell'atrio4 (tav.
l) , ovvero di uno speciale lo mnemonico quadrato, composto da 24 luoghi deno tati dagli elementi letterali, dove vanno collocati ordina tamente gli adiecta, ossia altrettante immagini, seguendo le simmetriche e speculari suddivisioni dello spazio, de terminate sia dalle linee diagonali e ortogonali sia dalla corona centrale.5 Si noti la predilezione angolare per la disposizione degli elementi letterali o figurativi, di cui si è parlato nell' Explicatio. Il Nolano invita a costituire dei gruppi di lettere, agli angoli e sulla metà dei lati, tenen do sempre presente la meccanica spaziale dei quattro orizzonti, di cui alla tavola II del Cantus: est, ovest, nord, cus
4. De imaginum compositione, II, 3, pp. 125 sgg. 5. lbid., Il, 3, pp. 126-27: «Atrium ergo quadrangolare effor matum intelligatur, cuius centrum est tellus et oculus; quatuor angulorum unus sit orientis, oppositus est occidentis; et duo rum reliquorum diametraliter oppositorum alter anguli sep tentrionis, alter meridiei titulum suscipiat. In spaciis 4 inter mediis, nempe laterum seu costarum in medio, intelligatur ibi oriens, ibi occidens, ibi septentrio, ibi meridies » . Si veda la ri costruzione grafica della figura l .
DE IMAGINUM COMPOSITIONE
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sud. Infatti la forma quadrata dell'atrio viene scandita se condo la seguente disposizione spaziale, da sinistra a de stra e dall'alto in basso (si osservi la figura 2 : « Forma del l'atrio e nomi dei luoghi particolari >>) : angolo est, est, an golo sud (nella parte superiore) ; nord, corona centrale con il nome dell'atrio (nella tavola I: Atrium Altaris) , sud (nella parte centrale) ; angolo nord, ovest, angolo ovest (nella parte inferiore) . Senza un locus determinato non è possibile né percepire, né speculare, né immaginare le rappresentazioni mentali, perché viene meno l' ordo della « pagina >> spaziale su cui comporre e '' scrivere >> il discor so analogico.6 L'atrio configura un sistema di memoria che serve a in ventariare rapidamente immagini, attraverso una ritmo sequenza in cui l'occhio dell'immaginazione si sposta da un angolo all'altro e vi pone le lettere o immagini in suc cessione alfabetica e scorrevole, creando così un percor so mnemonico-geometrico e iconico che può essere ripe tuto più volte e in varie occasioni. Per esempio, conside rando solo la sequenza alfabetica (nella tavola I e nelle figure l e 2 ) , si può cominciare con l'osservare la lettera A sull'angolo destro in alto, poi si sposti l'occhio sulla B in basso a sinistra, poi si guardi verso la C in basso a de stra e ancora si posi l'occhio immaginativo sulla D, e di seguito sulla E nel centro del lato sinistro, e verso la F a destra, e sopra verso la G, per scendere in basso verso la H, e così via. Un simile viaggiare con l' oculus mentis co struisce inevitabilmente una simmetrica e disciplinata ra gnatela di linee, di cui sono espressione le seguenti tavo le IV e XII, e sulla cui trama si stagliano in successione gli elementi mnemonico-figurativi. Gli atrii possono essere diversi e numerosi, e ciascuno di essi assume un nome ed un'immagine simbolica particolare, predominante, a cui
6. lbid., II, 3, p. 125: « imagines atque species, de quibus prae sens est intentio atque speculatio, in materia omnino consi stunt et comperiuntur, quam informent. Quodque geminis ex bisce principiis est conflatum, neque intelligi neque imaginari potest sine loco » .
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vengono correlati per libera analogia gli altri elementi mnemonici. Ne nasce in tal modo una catena che rende meccanica e facile la disposizione dei loci e delle imagines o literae, che impedisce ogni confusione e sovrapposizio ne immaginifica. 7 Prendiamo ad esempio questo primo atrio, denominato Atrium Altaris, nella corona al centro del quadrato; ecco che Bruno ci porge figure e simboli da disporre, sempre seguendo la norma degli assi cardi nali (fig. 2) sopra menzionata, nei 24 luoghi dell'atrio (fig. 3) , in corrispondenza delle lettere alfabetiche (fig. 2) :8 nell'angolo est c'è l'immagine dell'acqua che scorre (corrispondente alla lettera D ) , sulla destra quella di un aratro (corrispondente alla lettera R) , sulla sinistra appa re una catena (lettera Q) ; all'angolo ovest c'è un albero (lettera C ) , sulla destra un ariete (lettera P)9 e sulla sini stra dei banchetti (lettera O ) , e così di seguito.
7. lbid., Il, 3, p. 1 57: «Tenendum ut imagines imaginibus ad confusionem evitandam concatenentur». 8. lbid., Il, 3, p. 1 32. 9. Nel testo ( ibid., Il, 3, p. 1 29) è aries, mentre nella tavola (fig. 4) Bruno scrive globus. La contraddizione è solo apparente, perché si tratta di due immagini intercambiabili per analogia: il primo è un noto strumento bellico impiegato dai Romani per praticare brecce nelle mura nemiche, il secondo, detto appunto globus, è un manipolo compatto di giovani soldati adatto ad un'azione di forza (Tito Livio, l, 6, 7; l, 12, 9; Tacito, Ann., XIV, 6 1 ; XII, 43).
Tavola Il:
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61 ; Il, 3,
p.
1 56
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Tavola II
Figura 4
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La forma dell'atrio o locus memoriae deve essere tale che le sue parti corrispondano in assetto simmetrico, di mo do che vi si possano collocare e aggiungere gli adiecta di tre in tre. Le sedi dove questi vanno posti sono gli angoli, le metà dei quattro lati - come nell'atrio della figura pre cedente - ed il centro, dove due adiecta vanno distribuiti uno a destra e uno a sinistra del medesimo centro dove s'incontrano le diagonali. 1 0 Una simile composizione geo metrica con 24 piccole stelle, che simboleggiano gli adiec ta, riunite in 8 gruppi di 3, e disposte come appena detto, rappresenta la forma dell'atrio nella sua estrema sintesi iconica.
10. Cfr. De imaginum compositione, Il, 3, p. 1 56: « Sit figura loci ut eius membra ad aequalitatem et conformitatem eorum, quae ulterius iuxta nostram viam apponuntur [ . ] sufficere possint; ut in proposito atrio ab angulo utroque ad utrumque oppositum duplici coniecta diametro quatuor in intervallo rum medio, quae a centro et angulo quadruplici aequaliter di stent, sedes et adiecta intelligantur, in centro vero duobus adiectis dexteram sedem atque sinistram tribune ». .
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Tavola III: p. 69; II, 3, p. 164
Tavola III
Figura 5
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Se gli atrii costituiscono un eccellente strumento combi natorio per la " memoria delle cose >>, i cubili sviluppano so prattutto la " memoria delle parole >>. Il termine cubile, lette ralmente " giaciglio », " letto >> (ma per sineddoche si può intendere anche " camera >> ) , così come atrium, soddisfa la norma dell'arte della memoria classica, di cui si è già di scusso commentando il De umbris, secondo la quale è op portuno scegliere quale s�biectum o locus mnemonico un determinato e circoscritto spazio architettonico. Non a ca so Bruno cita ad esempio lo spazio di un tempio, quello di un chiostro o di una basilica, come pure di un triclinio. Necessario alla buona pratica dell' ars è che tali luoghi, sia quello templare che quello di un letto, mostrino ben di stinte le differenti parti spaziali che li compongono, owe ro gli angoli e le superfici intermedie e laterali, considera ti come membra o articolazioni di un unico corpo. 1 1 Nei cubili, come dimostrano la tavola III e la relativa ri costruzione (fig. 5 ) , abbiamo un sistema di elementi alfa betici collocati, con lo stesso ordine e simmetria, su cin que spazi triangolari (composti da un triangolo maggiore ed uno interno minore) racchiusi e disposti in un quadra to secondo il solito coordinamento assiale: il triangolo in alto, con la vocale E al centro, è rivolto verso est, quello con la vocale I verso sud, il triangolo in basso è indirizzato verso ovest, e quello a sinistra a nord. Il meccanismo com binatorio è simile a quello esemplificato nella tavola II del Cantus: si devono comporre sillabe per poi formare paro le grazie a coordinate associazioni di immagini. 1 1 . Ibid., Il, 3, p. 1 29: «Heic per loca communia intelligimus unam locorum particulariam coordinationem, sicut exempli gratia templum unum vel templi aream unam, claustrum u num, basilicae unius vel magni triclinii conceptaculum, quod in preadictos angulos et spada angulorum et spaciorum diffe rentias poteris distinctum intelligere. Per loca vero particula ria substantiva intelligimus ipsum angulum, ipsam anguli dex tram vel sinistram, ipsum spacii lateralis medium vel quodcun que sigillatim aliorum. Quae partes, articoli seu membra quae dam communis loci perhibentur >> ; cfr. il commento alla Figu ratio.
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Bruno presenta dei cubili per le vocali, impiegaù cioè per memorizzare vocaboli (sostanùvi, aggetùvi, avverbi) che iniziano per vocale, e dei cubili per ricordare termini che cominciano per consonante. I giochi combinatori dei due sistemi sono simili e il Nolano ci offre lo schema ùpo ( tav. III) soltanto del secondo, ma le spiegazioni che ce ne dà sono approssimative. 12 Tuttavia, tenendo presenti le analoghe machinae memoriae del De umbris e del Cantus, si può credere che il funzionamento di questo secondo tipo di cubile sia il seguente: dato che ogni spazio triangolare è composto da un triangolo maggiore, con ai verùci tre lettere (R, S, T ) , e da uno interno minore che ne conùe ne quattro (L, M, N, più una vocale) , si sistemi nel trian golo minore di mezzo, al suo centro, una consonante (B, C, D, F, ecc.) da coniugare con le cinque vocali distribuite al centro di tutti i triangoli (si veda per esempio la figura 5 con al centro la B e la A) , sì da poter comporre sia la pri ma sillaba bielementale di un vocabolo (per esempio BA, ma anche BE, BI, BO, BU) , sia quella trielementale (BAL, BAM, BAN ... BEL, BEM, BEN ... BOL, BOM, BON, ecc.) quando vi si aggiungano anche le relative consonanti an golari. Le altre lettere mancanù della parola vengono pre se in successione ordinata dal centro e dagli angoli degli altri triangoli maggiori e minori. Inoltre ciascuno spazio triangolare può essere considerato come contenente, al centro del triangolo interno, una consonante alfabeùca contornata dalle cinque vocali. Naturalmente questo pro cesso di memoria verborum è strettamente vincolato alla me moria delle immagini che rammentano quelle determina te lettere e sillabe, le quali, nell'insieme, generano la pa rola. Per esempio BONITAS viene rappresentata da .
Tavola IV: p. 1 0 1 ; II, 3, p. 197
l
K
L
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M
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l l IG l l
D
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A
B
l
--
Tavola IV
Questa xilografia raffigura una (( forma della combina zione �� ( compositionis forma) , e in effetti vi si fondono due tipologie combinatorie esaminate in precedenza: quelle espresse dalle tavole VII e VIII del De umbris, dalle tavole III e IV del De compendiosa, e dalla tavola VIII dell' Explica tio. Ogni terna di lettere (A, B, C; D, E, F; G, H, I; K., L, M) è denotata da tre immagini: per esempio A (così D, G, K) simboleggia un agens, un soggetto agente; B (così E, H, L) un instrumentum, una circumstantia ad esso ine-
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Figura 6
rente; 1 4 C (così F, I, M) una operatio, cioè una sua azione. In altre parole: la D è significata dalla figura di un sog getto, per esempio da un « soldato », la E da una sua ) , la F dalla sua azione (