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Italian Pages 427 [435] Year 2010
Michael Hardt Antonio Negri
Comune Oltre il privato e il pubblico
Rl_zzoli
Proprietà letteraria riservata © 2009 by Michael Hardt and Antonio Negri © 2010 RCS Libri S.p.A., Milano
ISBN 978-88-17-03841-6 Titolo originale dell'opera COMMONWEALTII
Prima edizione: settembre 2010 Traduzione e cura di Alessandro Pandolfi
Reali:aazione editoriale a cura dello studio Macchia Umana
Comune
Proprietà letteraria riservata © 2009 by Michael Hardt and Antonio Negri © 2010 RCS Libri S.p.A., Milano
ISBN 978-88-17-03841-6 Titolo originale dell'opera COMMONWEALTII
Prima edizione: settembre 2010 Traduzione e cura di Alessandro Pandolfi
Reali:aazione editoriale a cura dello studio Macchia Umana
Comune
Prefazione Il Divenire Principe della moltitudine Gli uomini hanno la libertà che il loro coraggio ha sottratto alla paura. Stendhal, Vz"ta di Napoleone Power to the peaceful. Michael Franti, Bomb the World
Guerra, sofferenza, miseria e sfruttamento caratterizzano sempre di più il mondo globalizzato. Ci sono troppe ragioni per cercare rifugio in un'altra dimensione, «al di fuori», in un luogo lontano dalla disciplina e dal controllo dell'Impero, in principi e valori trascendenti o trascendentali capaci di indirizzare le nostre vite e di fondare l' azione politica. La prima conseguenza della globalizzazione è la creazione di un mondo comune, un mondo che, bene o male, ci riguarda tutti, un mondo rispetto al quale non c'è alcun «fuori». Insieme ai nichilisti, dobbiamo renderci conto che, per quanto lo si giudichi con intelligenza critica e radicalità, siamo destinati a vivere in questo mondo, non solo perché siamo sottomessi al suo dominio, ma anche perché siamo contagiati dalla sua corruzione. Abbandoniamo dunque i sogni di una politica incontaminata e i «grandi valori» che ci permetterebbero di restarne fuori! Questo rilievo di sapore nichilistico per ora ci fornisce comunque uno strumento, un punto di passaggio verso la costruzione di un progetto alternativo. In questo libro cerchiamo per l'appunto di articolare un progetto etico, un'etica dell'azione politica democratica all'interno e contro l'Impero. Analizziamo quali sono stati i movimenti e le pratiche della moltitudine e cosa possono diventare per animare le relazioni sociali e le forme istituzionali di una possibile democrazia globale. «Divenire Principe» è il processo attraverso cui la moltitudine apprende l'arte del1' autogoverno e crea forme durature di organizzazione sociale. La democrazia della moltitudine è concepibile e possibile nella misura in cui tutti condividono e partecipano insieme al comune. Con il termine «comune» intendiamo, in primo luogo, la ricchezza comune del mondo materiale -1' aria, l'acqua, i frutti della terra e 7
Comune
tutti i doni della natura - che nei testi classici del pensiero politico occidentale è sovente caratterizzata come l'eredità di tutta l'umanità da condividere insieme. Per comune si deve intendere, con maggior precisione, tutto ciò che si ricava dalla produzione sociale, che è necessario per l'interazione sociale e per la prosecuzione della produzione, come le conoscenze, i linguaggi, i codici, l'informazione, gli affetti e così via. La cognizione del comune non presuppone la separazione dell'umanità dalla natura, come se l'umanità fosse il suo sfruttatore o il suo custode, bensì essa mette in evidenza le pratiche dell'interazione, della cura e della coabitazione in un mondo che è oltremodo comune, pratiche che contribuiscono a incrementare gli aspetti e le forme più feconde del comune e a limitare quelle più nocive. Nell'età della globalizzazione, i temi della conservazione, della produzione e della distribuzione del comune, in entrambi i significati che abbiamo indicato, divengono sempre più centrali. 1 Con i paraocchi delle ideologie dominanti è difficile vedere il comune, anche se è ovunque intorno a noi. Negli ultimi decenni, le politiche di stampo neoliberista hanno cercato in tutte le parti del mondo di privatizzare il comune e di trasformare i prodotti culturali, l'informazione, le idee, persino le specie animali e vegetali, in proprietà privata. Sosteniamo, in sintonia con molti altri, che occorre resistere a queste privatizzazioni. Di solito si ritiene che l'unica alternativa al privato sia il pubblico, che è l'insieme di tutto ciò che è amministrato e regolato dagli Stati e da altre agenzie governative, come se il comune fosse irrilevante o si fosse dissolto. Non c'è dubbio che nel corso di un lungo processo di appropriazioni la superficie della terra sia stata quasi completamente spartita tra la proprietà pubblica e quella privata, al punto che le strutture agrarie, come quelle delle civiltà autoctone delle Americhe o dell'Europa medioevale, sono state distrutte. Nonostante tutto, tanta parte del mondo è ancora comune, accessibile a tutti e arricchita da un'attiva partecipazione. Il linguaggio, gli affetti e le espressioni umane sono per la maggior parte comuni. Se il linguaggio fosse privatizzato o reso integralmente pubblico - se le parole, le frasi o intere parti dei nostri discorsi fossero sottomessi alla proprietà privata o ai pubblici poteri - esso perderebbe la sua espressività, la sua creatività e la capacità di comunicare. Questo esempio non ha lo scopo di rassicurare i lettori che i guasti provocati dal controllo della proprietà privata e pubblica non sono così gravi come sembrano, quanto di sollecitarli a riqualificare il loro giudizio al fine di riconoscere l'esistenza e la potenza del co8
Prefazione
mune. Questo è il primo passo di un progetto per la riconquista e l'espansione della potenza del comune. L'alternativa tra pubblico e privato è simmetrica all'alternativa, altrettanto politicamente perniciosa, tra capitalismo e socialismo. Si dice spesso che l'unica cura per i mali della società capitalistica sia la regolazione pubblica e un governo dell'economia di tipo keynesiano e/o socialista, mentre, allo stesso modo, i mali del socialismo possono essere curati soltanto dalla proprietà privata e dal controllo capitalistico. Il socialismo e il capitalismo, che talvolta si sono amalgamati e altre volte si sono aspramente combattuti, sono entrambi dei regimi della proprietà che escludono il comune. Il progetto politico di istituzione del comune che sviluppiamo in questo libro, proprio perché taglia trasversalmente queste false alternative - né privato, né pubblico, quindi né capitalista ma neppure socialista - apre un nuovo spazio per la politica. Le attuali forme della produzione e dell'accumulazione capitalistica, nonostante la loro sistematica tendenza a privatizzare le risorse e la ricchezza, rendono paradossalmente possibile e persino esigono l'espansione del comune. Il capitale non è soltanto una forma di comando, ma una relazione sociale. Per questo il capitale dipende, sia per la sua sopravvivenza sia per il suo sviluppo, dalle soggettività produttive che sono al suo interno, ma che sono allo stesso tempo antagoniste. Con i processi della globalizzazione, il capitale non solo riduce tutta la terra sotto il suo comando, ma crea, investe e sfrutta tutte le società imponendo alla vita di ognuno le gerarchie della valorizzazione economica. Nelle forme di produzione attualmente predominanti, in cui sono integrati le informazioni, i codici, le conoscenze, le immagini e gli affetti, i produttori hanno bisogno sia di una notevole libertà sia del libero accesso al comune, in particolar modo alle reti della comunicazione, alle banche dati, ai circuiti culturali. L'innovazione e la comunicazione in rete dipendono direttamente sia dall'accesso a codici comuni e alle risorse dell'informazione sia dalla capacità di connessione e interazione collettiva in un sistema di partecipazione comunicativa libero e aperto. Le forme di produzione che operano in rete, anche se non sono direttamente incorporate in sofisticate tecnologie informatiche, hanno bisogno di libertà di accesso al comune. I contenuti della produzione - le idee, le immagini e gli affetti - sono riprodotti sempre più facilmente, e così tendono a diventare comuni, resistendo in modo energico a tutti i tentativi giuridici ed economici di privatizzarli e sottometterli al con9
Comune
trollo pubblico. La transizione è ancora in corso. Le esigenze della produzione capitalistica rendono possibile la creazione delle basi di un ordine economico e sociale fondato sul comune. Se passiamo a un altro livello di astrazione, osserviamo che il nucleo della produzione biopolitica non è tanto la produzione di oggetti per il consumo dei soggetti, come la produzione di merci, ma la produzione della stessa soggettività. Questo è il terreno su cui deve essere edificato il nostro progetto politico ed etico. Ma come è possibile radicare la costituzione di un'etica su un terreno così sdrucciolevole come quello della produzione della soggettività, in cui le stesse soggettività e i valori sono in continuo mutamento? Riflettendo sul concetto di dispositivo formulato da Michel Foucault (i procedimenti e le strutture materiali, sociali, affettive e cognitive della produzione di soggettività) Gilles Deleuze scrive: «Apparteniamo ai dispositivi e agiamo al loro interno». Se effettivamente agiamo all'interno dei dispositivi, allora l'orizzonte etico non è più quello dell'identità, ma del divenire e della creazione dell'attuale. «L'attuale» prosegue Deleuze «non è ciò che siamo, ma piuttosto ciò che diveniamo, ciò che stiamo divenendo, cioè l'Altro, il nostro divenire altro.»2 Da questo punto di vista, il terreno attualmente più risolutivo dell'azione politica è quello su cui si svolgono le lotte per il controllo o per l'autonomia della produzione di soggettività. La moltitudine diviene tale ricomponendo nel comune le singolarità prodotte in questo processo. Siamo consapevoli che il nostro lessico politico è spesso insufficiente per cogliere le nuove condizioni e le possibilità del mondo contemporaneo. Per affrontare questa sfida talvolta siamo costretti a inventare nuovi concetti, ma, perlopiù, ci adoperiamo per rianimare dei concetti politici in disuso, sia perché possiedono un notevole indice storico sia perché destabilizzano i luoghi comuni permettendoci di vedere la realtà sotto una nuova luce. In questo libro ci sono due concetti di questo genere che giocano un ruolo assai significativo: povertà e amore. La povertà è un concetto molto importante nella storia europea tra il Medioevo e il XVII secolo. Tuttavia, benché sia estremamente utile ricavare degli insegnamenti dalla storia della povertà, siamo più interessati a capire che cosa è diventata oggi la povertà e chi sono attualmente i poveri. In primo luogo, assumere il punto di vista della povertà produce il potente effetto di mettere in questione le tradizionali distinzioni di classe; significa riuscire ad analizzare con uno sguardo più acuto i mutamenti della composizione di classe e descrivere l'inconsueta tipologia delle attività produttiIO
Prefazione
ve ancora caratterizzate dalle relazioni salariali o a esse irriducibili. In secondo luogo, da questa prospettiva, la povertà non appare sinonimo di mancanza, ma di possibilità. I poveri, i migranti e i lavoratori precari sono spesso considerati degli esclusi. In realtà, nonostante siano dei lavoratori subordinati, sono completamente all'interno dei ritmi globali della produzione biopolitica. Le statistiche economiche possono continuare a presentare le condizioni della povertà in termini negativi, ma non possono fare altrettanto con le forme di vita, i linguaggi, i movimenti e la capacità di innovare generati dalla povertà. La nostra sfida sarà quella di trovare il modo di trasporre la produttività e le possibilità dei poveri in potere. Con la consueta eleganza e intelligenza, negli anni Trenta Walter Benjamin ha colto il mutamento del concetto di povertà. Certo, in un'ottica nichilistica, Benjamin lo scova nell'esperienza della generazione che aveva visto e subito le distruzioni della Prima guerra mondiale. Dalle ceneri delle rovine del passato Benjamin vede nascere una nuova e positiva forma di barbarie.