Commentario al libro di Zosimo «Sulla forza», alle sentenze di Ermete e degli altri filosofi 8884835445, 9788884835444

L'alchimia è l"'arte sacra" per eccellenza. Una cosmologia incentrata sulla ricerca e sull'estr

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OLIMPIODORO

COMMENTARIO AL LIBRO DI ZOSIMO "SULLA FORZA", ALLE SENTENZE DI ERMETE E DEGLI 1 ALTRI FILOSOFI A CURA DI EZIO ALBRILE

� MIMESIS

- JSBN 978.88.84.83544.4

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OLIMPIODORO

COMMENTARIO AL LIBRO DI ZOSIMO «SULLA FORZA», ALLE SENTENZE DI ERME TE E DEGLI ALTRI FILOSOFI a cura

di

Ezio Albrile

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MIMESIS Abraxas

f 2008

-

MIMESIS EDIZIO"'I

Sede operativa e ammini�·tratil'a Via Mario Pichi, 3-20l..J.3 Milano

Telef . imo e fax: +39 02 89403935 E-mail: mimcsised@'tiscali.it Sede legale MIM b.liLioni Srl Via Chiamparis, 94-33013 Gemona del friuli (Udine)

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Layout grafico della copertina a cura di Marco Brollo l Mimesis Communication s.r.l.

Sito internet: www.mim-c.net

INDICE

PREMESSA

p.

7

INTRODUZIONE

p.

9

COMMENTARIO AL LIBRO DI ZoSIMO «SULLA FORZA», ALLE SENTENZE DI ERMETE E DEGLI ALTRI RLOSOFI

p.

51

PREMESSA

Olimpiodoro è noto agli adepti di Ermete principalmente per il suo commento alle opere di Zosimo e di altri alchimisti alessandrini: summa di tali incursioni ermetiche è il commen­ to al Km:' ÈvÉpyEtav di Zosimo, noto anche come trattato «Sull'arte sacra», opera enigmatica e complessa. Uno scritto, contrariamente a un trattato sistematico di alchimia, che si presenta come un insieme apparentemente confuso di glosse a margine di opere attribuite ai Maestri dell'arte ermetica. Nel tentativo di snellire e rendere più comprensibile il faticoso incedere del testo, ho integrato alcune sequenze tra parentesi quadre; nel caso di passi molto intricati, ho scelto una traduzione più libera che rendesse il senso della dottrina ermetica lì enunciata. La lettura di questo e di altri scritti di alchimia greca per­ mette di capire come il lessico, a volte totalmente frainteso, dei trattati di alchimia medievali e poi rinascimentali dipenda in parte proprio da queste fonti. Bisogna sottolineare «in parte» poiché ad una alchimia speculativa e compilatoria, nota dalla mediazione bizantina, si contrappone un'alchimia operativa frutto di un rapporto diretto fra Maestro e discepolo. In essa il supporto scritto è solo un mero strumento mnemonico, è plausibile infatti che in una fase arcaica la prassi alchemica 7

venisse illustrata e tramandata unicamente attraverso diagram­ mi e non per iscritto. Il testo di Olimpiodoro utilizzato è quello di M. BERTHE­ LOT-CH. ÉM. RuELLE (ed.), Collection des anciens alchimistes grecs, Il, Paris 1 888, pp. 69 -1 04 ( abbreviato in BERTHELOT­ RuELLE ) ; annunciata nella Collezione «Les Alchimistes Gre­ cs» (per i tipi di «L es Beli es Lettres») una nuova e definitiva edizione a cura di Cristina Viano. Si sono tralasciate le due appendici (pp. l 04-1 06) che non fanno parte del commentario originale e da noi ritenute ininfluenti nel corpo dottrinale del testo. Nelle note esplicative e di commento sono citati lessici, dizionari e repertori enciclopedici utilizzando il sistema di abbreviazioni in uso nella letteratura specialistica. In questi anni ho accumulato un debito di riconoscenza verso chi ha incoraggiato e sostenuto le mie ricerche, prima fra tutti Emanuela Turri. Un caro ringraziamento va inoltre a Guido Carlucci, Hans-Thomas Hakl, Franco Michelini Tocci, Riccardo Valla, Michele Vallaro, Irma Piovano, Giancarlo Mantovani, Massimiliano Casacci, Luca Ragagnin, Ilaria Rarnelli, Chiara Tommasi Moreschini, Roberto Carena, Die­ go Sobrà, Giovanni Garbini, Pier Dalla Vigna, Giampiero Marano, Giuseppe Acerbi, Claudio Bonvecchio, Silvia Lanzi, Andrea Piras, Grazia Marchianò, Fabrizio Pennacchietti e Giovanni Casadio. Ezio Albrile Torino Novembre 2007

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INTRODUZIONE

L'alchimia è l'«arte sacra>> per eccellenza1, una cosmologia2 incentrata sulla ricerca e sull'estrazione di una meravigliosa sostanza invisibilmente presente nell'universo e racchiusa nella cosiddetta prima materia: tutto ciò che esiste nel cosmo è in perenne movimento, l opus alchemico lo traspone in forma permanente, «corporificando» a suo modo il tempo. Olimpiodoro è un esegeta neoplatonico del sesto secolo dopo Cristo, appartenente alla cosiddetta «Scuola di Alessandria». Co­ spicua la serie di commentari a lui ascritti, in piena sintonia con le tradizioni erudite della scuola: all'Alcibiade primo, al Filebo, al Fedone, al Gorgia per quanto riguarda le opere platoniche, alle Categorie e ai Meteorologica, per quelle aristoteliche. Ma Olimpiodoro è noto agli adepti di Ermete principalmente per il suo commento alle opere di Zosimo e di altri alchimisti ales­ sandrini3: summa di tali incursioni ermetiche è il commento al '

Cfr. M. PEREIRA, Arcana sapienza. L 'alchimia dalle origini a Jung (Studi Superiori/395 T Studi Storici), Roma 200 1 , pp. 47 ss. 2 lbid., pp. 79 ss. 3 Sulle ramificazioni dell 'alchimia alessandrina vd. C.J. St�GER, s. v. «Alchimia», in Dizionario d 'Antichità Classiche di Oxford, l , ed. it. a cura di M. Carpitella, Alba-Roma 1 963, p. 57b.

9

Kcd ÉvÉpyEtav di Zosimo4, opera enigmatica e complessa5 ver­ gata in un greco farraginoso, il cui stile corrotto farebbe pensare ad una ritraduzione da una copia forse in siriacd. L'indagine sulle origini del l ' alchimia segue due linee inter­ pretative, a loro modo complementari. La prima, usualmente ritenuta fantasiosa, fa risalire gli esordi dell' arte ermetica al mago persiano Ostanes7, rappresentato addirittura quale ini-

4

5

6

7

L'identità tra Olimpiodoro alchimista e Olimpiodoro neoplatonico è accettata anche da L. BRISSON, s. v. «Oiympiodoros. 4)), in DNP, 8, Stuttgart-Weimar 2000, coli . 1 1 87- 1 1 88 ; su Olimpiodoro v d. anche J. LJNDSAY, Le origini del/ 'alchimia nel/ 'Egitto greco-romano (Orizzonti dello Spirito, 4 1 ), Roma 1 984, p. 368 ss. L'edizione da noi util izzata è quella classica di M. BERTHELOT-CH. ÉM. RuELLE (ed.), Collection des anciens alchimistes grecs, Il, Paris 1 888, pp. 69- 1 04 (d'ora in poi abbreviato in BERTHELOT-RUELLE); annunciata nel la Collezione «Les Alchimistes Grecs>> (per i tipi di «Les Beli es Lettres))) una nuova e definitiva edizione a cura di Cristina Viano; vd. per ora della stessa «Les alchimistes gréco­ alexandrins et le Timée de Platon)), in C. ViANO (ed.), L 'alchimie et ses racines phi/osophiques. La tradition grecque et la tradition arabe, Paris 2005, pp. 9 1 - 1 07. Una ipotesi che dovrebbe far riflettere sulla funzione svolta dalla comunità cristiana nella trasmissione della disciplina alchemica: la parola «alchimia)) è una combinazione dell'articolo arabo al- con la parola greca XTJj.J.ia, il tutto attraverso la mediazione del siriaco kTmTyii, cioè dall 'aramaico di Edessa, un idioma sostanzialmente cristiano; la cosa poi è complicata dal fatto che gran parte dei testi alchemici siriaci in nostro possesso sono tali solo da un punto di vista linguistico, in quanto la grafia usata è l ' arabo, secondo un si­ stema di scrittura adoperato dagli arabi cristiani che prende il nome di karshuni; cfr. anche J. RuSKA, Tabula Smaragdina. Ein Beitrag zur Geschichte der hermetischen Literatur ( Heidelberg Akten der Von-Portheim-Stiftung 1 6/Arbeiten aus dem 1nstitut ftir Geschichte der Naturwissenschaft IV), Heidelberg 1 926, pp. 28 ss. Ho approfondito la tematica nel mio «Le magie di Ostanes)), i n AA.V v . , Ravenna da Capitale imperiale a Capitale esarca/e, Atti

IO

ziatore dei sacerdoti-alchimisti egiziH. E in tale alveo si colloca una seconda linea interpretativa, legata alla

vexata quaestio

della evidente grande presenza di materiali mitologici egizi nella prassi alchemica. Tuttavia è nostra convinzione che gli elementi egizi presenti nel l 'ennetismo alchemico siano pura­ mente esteriori, avventizi, comuni a tutto un mondo letterario greco che usa i moduli espressivi dell' egittomania9• Il cardine dell'opera alchemica è la ricerca di una «sostan­ za» universale 1 0, l' «essenza» indifferenziata che può tramu­ tarsi in ogni cosa: la

uypà oùcria, la «sostanza liquida» che

si estrae dal piombo, la prima

materia. Un'«anima» che passa

dalla virtualità del mondo invisibile

aAì..coç ÈV aÀÀ.q> > ( way lo spazio atmosferico). Altre tradizioni, «cielO>>,

o metallo lucente

=

=

probabilmente anch 'esse trasmigrate n eli' alchimia ellenistica, parlano di una volta celeste eburnea e sferica quanto un im­ menso uovo di uccello49• Nella strategia demiurgica di Ohrmazd, le costellazioni

getlg5°: il loro Spihr è un'enorme

zodiacali fanno parte della prima creazione nome collettivo è spihr, dal greco crcpaìpa.

ruota di dodici raggi che si mette in movimento al grado zero del l 'Ariete. La Vergine, sesto segno dello Zodiaco, corrisponde al medio-persiano H6sag, nome che personifica le due costel­ lazioni della Spiga e della Vergine5 1 • Non a caso, poiché nel linguaggio comune

hosag designa la «spiga di

grano»52• Una

terminologia che si è trasmessa al mondo astrologico aramai­ co, dove il siriaco

subulta

e il mandaico

sumbu/ta,

«spiga di

grano», indicano entrambi la costellazione della Vergine53•

Cfr. A . TAFAllDLT, s. v. picrKEtat Èv tiì o ùp(i tfiç 1tap8Évou>)78• Il «latte virginale» corrisponderebbe ali' «acqua di litargirio», composto eburneo la cui posterità si ritrova nel medievale De

essentiis,

pseudoepigrafo alchemico ascritto a San Tommaso

d' Aquino79• In altri miei scritti ho dimostrato come la contro­ parte botanica sia il fluido di una pianta dalle ben note virtù magiche e psicotrope, il papaver somniferum80• La sostanza psicoattiva contenuta nella capsula del papa­ vero è estratta tramite piccole incisioni, una sorta di «mun­ gitura» del vegetale che induce gli autori antichi a singolari

75 Cfr. Diosc. 5, 1 32 (WELLMANN). 76 Cfr. Dam. Ev. 34, 3 in HALLEUX-SCHAMP, Les lapidaires grecs, p. 272; PREISENDANZ, «0stanes», col. 1 623. 77 Cfr. G. TESTI, Dizionario di Alchimia e di Chimica A ntiquaria, riedizione a cura di S. A ndreani, Roma 1 9982, p. I I I b. 78 Chrys. 78, 2 (ed. A. Coline! [Les alchimistes grecs, Tome X: L'ano­ nyme de Zuretti, Paris 2000], p. 1 40, 1 5- 1 6). 79 Cfr. CouNET, p. 1 40 in nota; p. 340 n. 573. 80 Cfr. E. ALBRILE, «Il corpo immagi nato», in Arclueus, 8 (2004), pp. 25-40; e «L'estraniazione creatrice. Momenti di un'antropologia gnostica», di prossima pubblicazione in M. ScoPELLO (ed.), Che­ minements de /'Etranger dans la Gnose; vd. inoltre CH. RATSCH-C. MOLLER-EBELING, Lexikon der Liebesmittel, Aarau (Schweiz) 2003, pp. 530-532 (con ampia bibliografia).

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avvicinamenti tra piante psicoattive e animali mammiferi81 ; il fluido lattiginoso che fuoriesce vi ene in se�uito raccolto, . essiccato e pressato in pani di oppio. E quindi ovvio che esiste una stretta relazione tra questo «latte» minerale alchemico e lo stato di torpore catalettico suscitato dal fluido psicotropo, esordio di un' esperienza enteogena incentrata sulla visione interiore. Ma c'è di più. Plinio, nel tentativo di sciogliere gli enigmi delle cose portentose non svelate dai Xttp6KflT}'ta di Democrito, parla di un' erba miracolosa chiamata

Aglaophotis,

«Luminescente»,

che i Magi mazdei utilizzerebbero per evocare gli dèi (hac Magos

uti, cum velint deos evocare)82• C'è chi ha voluto riconoscere in questo vegetale la peonia (paeonia officinalis)83, ma è ancora più singolare che un nome affine ali' enigmatica pianta appartenga ad

'AyA.aéxpaf.ioç, il sacerdote che la tradizione vuole iniziatore A.6yoç, scritto dallo

di Pitagora84• Secondo il perduto 1ttpì ee&v

stesso Pitagora, ad Aglaophamos andrebbero infatti ascritte la dottrina pitagorica sul numero quale essenza eterna dell'armonia cosmica85• Pianta magica ed origini della sapienza coincidono nel quadro di una iniziazione estatica86 che presenta singolari

8 1 Vd. ALBRILE, «Il corpo immaginato». 82 Cfr. Plin. Nat. hist. 24, 1 02, 1 60. 83 Cfr. W. H.S. JoNES (ed.), Pliny. Natura/ HistOIJ', VII: Libri XXIV­ XXVII, London-Cambridge (Mass.) 1 956, p. 1 1 3 nota a; sul l 'argo­ mento è tornato SIMO�E CRISTOFORETTI , «Legno della Croce e Peonia bizantina: un rimedio iranico all'epilessia tra Avicenna e Biruni», in Atti del Convegno internazionale sul tema La Persia e Bisanzio (Atti dei Convegni Lincei), Roma 2004, pp. 953-967. 84 Cfr. CH.A. LoBECK, Aglaophamus sive de theologiae mysticae Graecomm causis, l, Kon igsberg 1 829, p. 722; E. WELLMANN, «Aglaophamos», in P WRE, l, Stuttgart 1 894, col . 824. 85 Cfr. !ambi. Vìt. Pythag. 1 46 (GIANGI LLIO [Milano 2000] 1 1, pp. 424426); vd. anche Procl. In Tim. 2898; Procl. Plat. theol. l, 5. 86 Cfr. W. BuRKERT, Lore and Science in Ancient Pythagoreism, Cam-

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analogie etnografiche con il culto mesoamericano del peyotl: il peyotl non è solo una pianta dalle virtù psicoattive utilizzata dai nativi Huicholes nelle transe sciamaniche, ma la personificazione di un'entità cosmica che guida l ' iniziato al rito estatico verso una differente modalità di esistenza, una «realtà separata>>87• Democrito è noto nella storia del pensiero antico per aver elaborato la teoria atomistica di Leucippo in prospettiva gno­ seologica. Da ogni oggetto proviene un effluvio di atomi che ne riproduce i contorni: sono i cosiddetti doooÀa, le «immagini»88 che per contatto «impressionano» gli atomi simili dei nostri organi sensoriali, producendo la percezione, che da sensoria si trasforma in mentale89• Il professar Gherardo Gnoli ha rile­ vato come una concezione analoga sia attribuita da Diogene Laerzio ai Magi mazdei: un' idea che rimanda sicuramente al

gyan wenisn, ['«occhio dell ' anima», cioè agli insegnamenti dei Mayoucrai.ot riguardanti la visione interiore90• Una congettura

87

88 89

90

bridge (Mass.) 1 972, pp. 1 20 ss.; I . P. CuuANC, «latroi kai manteis. Sulle strutture dell 'estatismo greco», in Studi Storico Religiosi, 4 ( 1 980), pp. 290 ss. La frase è presa a prestito dal famoso romanzo deli 'ancor più fanto­ matico Carlos Castaneda; vd. inoltre B. G. MYERHOFF, Peyote Hunt. The Sacred Journey of the Huichol lndians, lthaca-London 1 9969, pp. 73 ss.; W. L A BARRE, «Hallucinogens and the Shamanic Origins of Religion», in P.T. FcRST (ed.), Flesh of"the Gods. The Ritual Uses ofHallucinogens, New York 1 972, pp. 97 ss. Cfr. anche H. DIELS (ed.), Doxographi graeci, Berlin-Leipzig 1 929, Register s. v. dBwJ..a . Sulla natura onirica e «fantasmatica» degli EtBwJ..a, vd. G. CAM­ BIANO, «Democrito e i sogni», in Siculorum Gymnasium, N .S. 33 ( 1 980), pp. 437-450; ed anche S. RoTo:-.:DARO, Il sogno in Platone. Fisiologia di una metafora ( crKÉ\jltç 1 2), Napoli 1 998, pp. 78 ss. Cfr. GH. GNou, Asavan. Contibuto allo studio del libro di Arda Wiraz, in GH. GNou-A.V. Ross1 (cur.), /ranica (IUO - Seminario di Studi Asiatici, Series M inor, X), Napoli 1 979, p. 4 1 9 e n. 1 62.

27

in perfetto accordo con le ascendenze iraniche del pensiero di Democrito9 1 • Alla luce di questa dottrina della percezione animica si possono rileggere diverse testimonianze su Democrito. Par­ ticolare interesse riveste un frammento, documentato da uno

stuolo di autori antichi92, che assimila l ' amplesso (cruvoucri.a)

ad una «piccola morte», IJ.tK:pà ÈmÀT]'lfi.a: infatti &vepomoç È/; àvepùmou ÈK: qnA.ocroqn']craç· aUat oÉ q>acrt v dv a t aù-còv Il ucrnx:rotEpov ayyEAOV n va ... miA. t v nvÈç Oùpavòv aù-còv Èx:aA.Ecrav· x:aì. -caxa rooE EXEt A.6yov Otà "tÒ KOOIJ.tKÒV IJ.LIJ.TJIJ.a . . . '

E attendi c o n solerzia, t u c h e conosci ogni cosa e comprendi chi è Agatodemone: qualcuno narra che sia un antenato i l lustre, uno dei più vecchi fi losofi d ' Egitto. A l tri ritengono sia un angelo mistico ... Altri ancora lo hanno chiamato "Cielo". Forse si usa questa espressione perché [il Serpente] è la rappresentazione del mondo 127• Da tenere presente anche l ' ipotesi di un vagheggiamento orfico: nella teogonia di Ieronimo ed Ellanico, Cielo è figlio

Zosime de Panopolis. Mémoires authentiques (Les A lchimistes Grecs, IV /pt. l ), Paris 1 995, p. 1 78. 1 25 Cfr. H. LE IS EGA NG La gnose, trad. frane. J. Goui l lard, Paris 1 95 1 , p. 8 1 ; MERTENS, Zosime de Panopolis, p. 1 79. 1 26 Vd. W. DEONNA, «La descendance du Satume à l 'Ouroboros de Mar­ tianus Capella», in Symbolae Osloenses, 3 1 ( 1 955), pp. 1 70-1 89. 1 27 Hiera Tech. 1 8 (BERTHELOT-RUELLE I l , p. 80, 3-9). ,

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della Notte, ma la Notte è sia sposa che madre e figlia di Pha­ nes, un personaggio meraviglioso, androgino, teriomorfo e con le ali d'oro, nato da un Uovo splendente1 28, probabile modello ispirativ o dell ' Agatodemone ermetico. Nel mito orfico Phanes è scaturigine del cosmo e «seme degli dèi». Ma il dato palese è l'identità soterica fra Agatodemone e l'Ouroboros, applicabile anche al Redentore per eccellenza, Gesù Cristo: una pietra incisa, attribuita ai seguaci di Basilide gnostico, reca un Ouroboros con i segni del crisma eristico, cioè il monogramma formato dal i ' intersezione delle lettere greche

I (iota) e X (chi)129• E ancora, prosegue il testo:

'IEpoypaiJ.IJ.Utf:tç yétp tt VEç troV A Ì YU1ttirov j30UÀ.61J.EVOl KÒO"IJ.OV EYXapétl;at [v totç òj3EÀicrKotç ìì [v totç ÌEpattKo t:ç YPUIJ.IJ.UO"lV, opétKOVta EYKOÀU1ttOUO"LV oùpoj36pov· tò OÈ cr&IJ.a aùtou KatétcrttKtov imétpXEt npòç titv otét9Ecrtv t&v étcrtÉprov. Tauta OÉ IJ.Ol Etp1"(tat roç Otà titv àpxrw oç KaÌ. j3ij3Àov EKti91"(crt v X111J.EUttKftv ... A lcuni scultori egizi di gerogl ifici hanno scolpito sugli obe­ lischi il Serpente Ouroboros per rappresentare il mondo o per manifestarlo in caratteri sacri, poiché il suo corpo è cosparso di astri . Tali cose egli [= Agatodemone] mi ha detto riguardo al principio; e lo ha esposto nel "Libro sul l 'alchimia" . . . .

È

il senso del i ' Ouroboros quale perpetuità della forza

che agisce in lui, non solo in quanto, ricurvo in cerchio, può rotolare come una ruota, ma soprattutto perché si muove con rapidità, grazie ad una combinazione di movimenti dei fian­ chi e delle placche ventrali, che si traduce in una sequenza di

1 28 Cfr. Orph.frag. 70 e 85 (KERN). 1 29 Cfr. H. LECLERCQ, s. v. «Basilidiens», in DACL, 1 11 1 , Paris 1 9 1 O, coli. 5 1 7 ss.

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ondulazioni laterali e propulsive. Una forza interiore, auto­ motrice, che spinse gli Egizi a ritenere l' Ouroboros un' im­ magine del moto circolare degli astri attorno al polo celeste e, di conseguenza, del fluire ciclico del tempo, inteso quale successione ininterrotta di istanti. Ed è sicuramente in questa forma circolare che, secondo Plutarco, gli Egizi paragonavano il Serpente agli astri 1 30• L'identità astrale dell'Ouroboros è ribadita da un importante documento gnostico già noto prima delle sensazionali scoper­ te di Nag-Hammadi, la

Pistis Sophia:

questo testo menziona

il «Drago delle Tenebre esteriori>> quale forma epifanica del

male, effigiata astrologicamente dalla linea dei nodi lunari u 1 ,

ovverossia dalla linea che congiunge i punti in cui l 'orbita della Luna interseca il piano dell'eclittica1 32• Il Drago delle Tenebre esteriori è nominato diverse volte nella

Pistis Sophia 1 3\

ma è

solo dal Cap. 1 26 del terzo libro che Gesù, rivolto alla Maddale­ na, ne dà una descrizione dettagliata: «Le Tenebre esteriori sono un grande Drago con la coda in bocca, sono fuori dal mondo e circondano tutto il mondm> 13\ egli dice, utilizzando la classica immagine dell'Ouroboros gnostico.

È

un chiaro riferimento

zodiacale: il Drago ha «dodici camere» in cui abitano dodici Archonti, e «ognuno ha un nome e cambia d'aspetto a seconda delle ore» 135; si tratta dell'allusione al

dodelaioros elaborato da

Teucro di Babilonia, scandito in un periodo di dodici ore in cui si

1 30 Cfr. STRICKER, De Grate Zeeslang, pp. 7-1 O. 1 3 1 Cfr. G. FcRLANI, «Tre trattati astrologici siriaci sulle eclissi solare e lunare», in Rendiconti dell 'Accademia Nazionale dei Lincei, Classe di Scienze Moral i, Storiche e Filologiche, Ser. V I J I , Vol. I I , fase. 1 1 - I 2, I 947, pp. 569 ss. 1 32 Cfr. PS I I I , 1 3 I (ScHMIDT-MAcDERMOT, p. 332, 3 - 1 0). 1 33 lbid. I I I , 1 02; 1 05; 1 06; 1 08; 1 1 9. 1 34 /bid. J l l, 1 26 (SCHMIDT-MACDER�OT, p. 3 1 7, 1 6-2 1 ). 1 35 lbid. (p. 3 1 9, 1 0- 1 8).

38

susseguono dodici immagini di animali, corrispondenti ai segni zodiacali, ognuna delle quali comprende due ore. Le anime condotte dal Drago sono quelle di peccatori, omicidi, adulteri, etc . : egli le inghiotte e poi le espelle dalla coda, in un ciclo che si ripete sino alla purificazione defini­ tivam. Il «soffio» delle Tenebre, cioè la foschia notturna, è il nutrimento del Drago che si stende, come un velo, sul Sole 1 37; lì risiede il suo segreto, poiché «quando il Sole ritrae i suoi raggi, il mondo non è in grado di sopportare il vero aspetto delle Tenebre del Drago, perché ne sarebbe distrutto e andreb­ be in rovina» m. Il «fumo» e la foschia notturne alimentano l 'essenza lunare del Drago, sono il nutrimento oscuro per mezzo del quale egli si ciba delle anime impure: è il mistero di «mammona di ini­ quità» J J9 , che la Pistis

Sophia

spiega con il potere arcano del

Logos. Liberarsi dai vincoli del Drago significa - non a caso - conoscerne il

nomen secretum :

. . . colui che conosce uno dei nomi del Drago delle Tenebre esteriori, qualora rimanga superstite nelle Tenebre esteriori o qualora abbia terminato i cicli delle trasformazioni , se pronuncia il nome del Drago sarà salvato, uscirà dalle Tenebre e sarà accolto nel Tesoro della Luce140• Nel primo trattato del noto come

Poimandres,

Corpus hermeticum,

comunemente

la Tenebra che si estende sul mondo

inferiore, «terribile e oscuro», ha sembianze uroboriche. Tenendo conto dell ' integrazione al testo fatta dal Reitzen-

1 36 1 37 1 38 1 39 1 40

lbid. 1 1 1 , 1 27 (p. 320, 1 3-2 1 ). lbid. 1 1 1 , 1 3 1 (p. 332, 3-7). lbid. (p. 332, 7-1 0). Cfr. Le. 1 6, 9. PS I l i , 1 30 (ScHM J DT-MAcDERMOT, p. 33 1 , 1 2- 1 9).

39

stein 1 4 1 , essa appare in «sinuose spirali, simile ad un drago» 1 42 :

).

Nel secondo, tratto dal Parisinus graecus 2327 (folio 1 96),

il serpente è suddiviso in tre parti; si tratta di tre anelli con­ centrici dall'aspetto squamoso, di cui il primo, il più esterno, reca la testa sormontata da tre orecchie colorate di un rosso brillante, mentre l ' occhio è bianco, con una pupilla nera. L'anello mediano è dipinto in giallo, mentre il successivo, il più interno, fornito di quattro zampe, è colorato di verde. Secondo la descrizione che ne dà il manoscritto, le quattro zampe rappresenterebbero i quattro elementi, cioè la «tetra­ somim), mentre le orecchie rappresenterebbero i tre differenti sublimati (zolfo, mercurio, arsenico). Il folio 279 dello stesso

1 58 Cfr. MERTENS, Zosime de Panopolis, pp. XXI-X LV I . 1 59 Cfr. F. SHERwooo TAYLOR, «A Survey ofGreek Alchemy», i n Jour­ nal ofHellenic Studies, 50 ( 1 930), pp. 1 1 1 - 1 1 3 . 1 60 C fr. SHEPPARD, «The Ouroboros and the U nity o f Matter i n A l ­ chemy», pp. 85-86.

44

manoscritto mostra un altro serpente, questa volta composto di soli due cerchi (uno rosso, l ' altro verde).

Il terzo è un Ouroboros stilizzato, tratto ancora dalla «Criso­ (Marcianus graecus 299 [folio 1 8 8 verso]).

pea di Cleopatra>>

Consiste di tre anelli concentrici; quello centrale racchiude una serie di simboli planetari. I restanti recano al loro interno delle scritte. La più esterna recita:

EV 'tÒ 7téiV 1\:aÌ. ot' aU'tOÙ 'tÒ 7téiV KaÌ. Elç autò 'tÒ 7téiV KaÌ. El IllÌ EXOt tò 1téiv oùOÉV Ècr'ttv tò 1téiv. l 'uno è il tutto e per mezzo de l i 'uno il tutto è; in lui è il tutto e se il tutto non ha [ l ' uno], il tutto non esiste. e, continua nell'anello successivo:

dç Ècr'ttv 6 oq>tç 6 EXWV 'tÒV iòv IJ.E'tà ouo cruv9É1J.a'ta. uno è il serpente il cui veleno si trova assieme ai due com­ posti. Ogni autore ermetico utilizza quattro stadi di colore

gredo, albedo, rubedo, citrinitas)

(ni­

ali ' interno di una visione

cosmologica volta a mostrare come nel cuore oscuro della materia si celi l 'eterno principio dell ' illuminazione. Siamo in presenza di un gioco di parole, tipicamente alchemico 1 6 1 , sul greco i6ç, «veleno» ma anche «ruggine» 1 62, l ' enigmatica sostanza trasmutativa che dà il nome ali ' «opera al rosso», la

1 6 1 Un espediente linguistico - peculiare della dottrina alchemica - che ricorda molto da vicino i giochi di parole dei Surrealisti francesi (cfr. G. FAZZINI [cur.], Gioco tra parole e immagini in Marcel Duchamp [«Archivio della poesia del '900», Vol . 8], Mantova 200 1 , pp. 1 5 ss.); cfr. anche MERTENS, Zosime de Panopolis, p. 1 83. 1 62 C fr. F. MoNTANARI, G/. Vocabolario della Lingua Greca, Torino 1 995, p. 948c.

45

twatç 163, cioè la rube do. La presenza del «veleno» serpentino che è tutt 'uno con il perfezionamento cromatico, allude alle possibilità di mutazione racchiuse nella prima

materia,

alla

necessità di operare una separazione tra i due «composti», la

nigredo

e

l'albedo;

quale sostanza trasmutativa, lo i6ç è

celata in entrambi gli stati. Il primo momento de l i ' Opus alchemico è la

nigredo

o

I.J.EAavroatç, in cui la privazione di colore rimanda allo stato oscuro e indifferenziato della prima

materia,

che subirà nu­

merosi trattamenti purificatori. La tappa iniziale di questo processo è la dissoluzione o «uccisione» di tale amalgama confuso (versione caotica del 1tA. llPWI.J.a iniziale). La seconda fase del magistero è

l 'albedo o A.Ei:JKWatç, che

nel l 'unione di tutti i colori riflette l 'uscita dal buio primordia­ le e indistinto. Come in tutti gli itinerari spirituali a carattere iniziatico, anche nell'alchimia il punto cruciale è rappresenta­ to da una soglia, da un limite che segna il passaggio netto fra un prima e un dopo antologicamente diversi. Questo limite non sta certo tra albedo e

rubedo,

tra bianco e rosso, ma piut­

tosto tra le prime due fasi del l ' Opus, la

nigredo

e

l 'albedo,

cioè là dove si verifica la trasformazione radicale della mate­ ria. Una significativa variante in questo senso è rappresentata

dal Parisinus graecus 2325 (folio 82) e dal Parisinus graecus 232 7 (folio 220) e consiste in un diagramma uroborico ulte­ riormente semplificato in due soli anelli concentrici recanti. dall 'esterno all ' interno, le seguenti iscrizion i :

EV tò 1tUV oi' ou tò 1tUV - lWÌ oi' aùtoiì tò 1tUV ­ KUÌ ÉV aùtcp tÒ 1tUV.

1 63 I l termine in maniera generica designa l'arrossamento di una superficie metallica per il formarsi di una patina di ruggine (cfr. H. SrErHANL S, Thesaurns Graecae Linguae, V, Paris 1 842-1 846, col. 741 ).

46

l 'uno è il tutto per mezzo del quale il tutto è - e il tutto è da lui - e in lui è il tutto. e Eiç Ècrtìv ò oq>tç ò EXOOV tà ouo cruv9È�ata lCUÌ tòv i6v. uno è il serpente in cui si trovano i due composti e il veleno. L' identità fra «veleno» e

rubedo

è sottolineata in un'altra

sequenza del Parisinus graecus 2327 (folio 80): si tratta di una variante grafica, priva del diagramma circolare, nella quale troviamo solo i due assiomi scritti con inchiostro

rosso;

ac­

canto i segni planetari accompagnati da altri simboli metallici e dall' Uovo filosofico. Il corpo dell'Ouroboros è il luogo in cui è celato il prin­ cipio della trasmutazione, ciò che gli alchimisti chiamano

uypà oucria, la «sostanza liquida>> virtualmente racchiusa in ogni corpo che in altri contesti magico-ermetici è omologata al «magnesi0>> 1M o «magnete» 1 65• Una prassi ermetica riflesso di un ben più articolato sincro­ nismo cosmico, che troviamo in un cruciale testo gnostico, la

Parafrasi di Seem .

Secondo quest' apocalisse visionaria, nei

tempi ultimi:

. . . Ayw eBo.\ �N TAMATo.\w qnHy eBo.\ �HTq llll 'b.pAKWM"

i161

o'(li.Aiuwn �n

. . . da Oriente, un demone sorgerà dal ventre del Drago 166•

1 64 Vd. anche Olimpiodoro, Hiera Tech. 47 (BERTHELOT-RUELLE I l , p. 98, 8- 1 0). 1 65 Cfr. TH. RoMMEL, s. v . «Magneb>, in PWRE, XIV/ l , Stuttgart 1 928, col i . 483-485 . 1 66 Par. Seem V I I , 44, 30-32 (p. 1 1 6).

47

Un creatura diabolica, affine all'Anticristo giovanneo 1fi7, la cui manifestazione e le cui funzioni taumaturgiche1fi8 possono essere chiarite alla luce della comparazione con i materiali ira­

nici. In svariati studi 1 69 è stato infatti sottolineato l ' apporto de­

terminante del mazdeismo zoroastriano nelle origini e nell' ela­ borazione della mitologia alchemica e gnostica170• Nella cosmo­ gonia dei testi pahlavi (principalmente Bundahisn e Ziidspram) appare una controversa figura ahrimanica, Gozihr1 7 1 , descritto

(do-pahikar) e la (nemasp), cosicché in ogni momento vi sono

«simile a un serpente, con il capo in Gemelli coda in Sagittario

sei costellazioni tra il capo e la coda.» 1 72 Il Drago qui rappresen­ ta l ' arco ascendente e discendente dell 'anno, cioè il periodo in cui il Sole si porta dal Tropico del Capricorno (Sud) al Tropico del Cancro (Nord) e viceversa. Il suo è un moto retrogrado : ogni

72 anni cambia posto; quindi moltiplicando 72 per i gradi di 1 67 Cfr. Ap . 1 3, 1 1 - 1 8. 1 68 Par. Seem V I I , 45, 2-3 (p. 1 1 6). 1 69 Compendiati nei miei articoli «Le magie di Ostanes», in A A. Vv . , Ravenna da Capitale imperiale a Capitale esarca/e, Atti del XVII Congresso I nternazionale di Studio sull'Alto Medioevo ( Ravenna, 6- 1 2 giugno 2004), Spoleto l Fondazione CISAM 2005, pp. 1 0691 083; «l pargoli di Agatodemone», in Aries, 6 (2006), pp. 1 80-204; «Aichymica et i ranica», in Bizantinistica, (2005), pp. 63-7 1 . 1 70 U n recente lavoro del sempre magistrale Antonio Panaino ha preso in esame una serie di nerang zoroastriani, testi a carattere divinato­ rio, specificamente dedicati all' immagine del serpente; cfr. «Lunar and Snake Omens among the Zoroastrian», in SH. SHAKED (ed.), Qffìcina magica. Essays on the Practice o{Magic in Antiquity ( I J S Studies i n J udaica 4 ) , Leiden-Boston 2005, pp. 73-89. 1 7 1 Cfr. il prezioso P. O. SKJERVT, s. v. «Azdahii l . In O Id and Middle Iranian», in E. YARSHATER (ed.), Encyclopaedia /ranica, I I I , Lon­ don-New York 1 989, p. 1 97a. 1 72 Cfr. D.N. MAcKENZIE, «Zoroastrian Astrology in the Bundahisn», in Bulle/in ofthe Schoo/ ofOriental and A.fi'ican Studies, 27 ( 1 964 ) pp. 5 1 5-5 1 6. ,

48

spostamento dell'asse equinoziale (= punto vemale), cioè 1 80, otterremo un periodo di circa 1 2.000 anni, il «Grande Anno>>, il periodo in cui il capo e la coda invertono la reciproca posi­ zione.

È una semi-precessione equinoziale che corrisponde ai

1 2.000 anni della cosmologia narrata nei testi pahlavi, suddivisa in quattro periodi di 3 .000 anni ciascuno, logica conseguenza dell'incontro tra religione iranica e cultura babilonese1 73, per il tramite di quella che è considerata una specie di «eresia» zoroa­ striana, cioè lo zurvanismo 174, le cui origini possono rintracciarsi nella seconda metà del periodo achemenide. S ' intravede, sullo sfondo, l ' ispirazione cosmologica della

Parafrasi di Seem :

il demone che fuoriesce dal ventre del

Drago può infatti alludere a una delle sei costellazioni che stanno tra la testa (Gemelli) e la coda (Sagittario).

È probabile

si tratti dell'Acquario, costellazione a cui l 'astrologia antica riconosce la profezia dei tempi ultimi 1 75• Nel l ' ermetismo alchemico il confine che separa «spirito» e «materia» è impercettibile: il serpente che si mangia la coda, l 'Ouroboros, è simbolo di questa sostanziale indistinzione. In esso si manifestano tutte le forme dell'essere m, ad un livello di percezione usualmente ritenuto «immaginativo» 177, nel quale

1 73 Cfr. GH. G:-.:ou, s. v. «Babilonian lnfluences on Iran)), in YARSHATER (ed.), Encyclopaedia /ranica, l l l , pp. 334a-336b. 1 74 Fondamentale a riguardo R.C. ZAEHNER, Zurviin. A Zoroastrian Dilemma, Oxford 1 95 5 (repr. New York 1 972); e G. WIDENGREN, Hochgo//g/aube im alten Iran. Eine religionsphiinomenologische Untersuchung ( U U A 1 938: 6), U ppsala 1 938, pp. 274-308. 1 75 V d. anche RAFFAELLI, L 'oroscopo del mondo, pp. 92-93. 1 76 Cfr. le rappresentazioni racchiuse negli Ouroboros magici raccolti in C. BoNNER, Studies in Magica/ Amu/ets chiejly Graeco-Egyptian, University of Michigan Press, Ann Arbor 1 950, nn. l 7; l 42; l 72; 286; 340. 1 77 Cfr. F. MICHELINI Tocc1, ((Mundus imaginalis)), in AA . V v , Un ricor­ do che non si spegne. Scritti di docenti e collaboratori del/ 'Istituto .

49

tutte le forme e le creazioni sono percepite come epifanie del divino («l'uno è il tutto per mezzo del quale il tutto è, e in lui è il tutto»). I l mondo intermedio delle immagini è per sua natura un mondo del simbolo e l ' organo della conoscenza simbolica è in qualche modo celato nelle tortuosità dell 'Ouroboros. In esso sono racchiuse le facoltà indispensabili per attuare ciò che i moderni chiamano «immaginazione attiva», ovvero ciò che nel pensiero arcaico è il desiderio ardente, l ' i ntenzione, il concepire, il visualizzare e il proiettare. Tutto costituisce l ' attività dell'alchimista, che in sincronia con la prima materia compie un 'opera essenzialmente imma­ ginativa e contemplativa, soggetta a precise regole di attua­ zione. Come ben si vede, siamo qui su un piano di analogia, ma anche di relativa lontananza da ciò che sono le immagini nella moderna psicologia analiticam, dal momento che per l ' alchimista tali immagini hanno una veridicità che è «reale» quanto la realtà di tutti i giorni 1 79•

Universitario Orientale di Napoli in memoria di Alessandro Bausa­ ni ( I stituto Universitario Orientale - Dipartimento di Studi Asiatici, Series Minor L), Napoli 1 995, p. 250. 1 78 lbid., p. 25 1 . 1 79 lbid. ; è quanto pensava Henry Corbin i n polemica con J ung.

50

0LIMPIODORO FILOSOFO ALESSANDRINO

COMMENTARIO AL LIBRO DI ZOSIMO «SULLA FORZA1», ALLE SENTENZE DI ERMETE E DEGLI ALTRI FILOSOFI

l . «La mummificazione2 si porta a compimento dal ven­ ticinque del mese di mese di

mesori (=

mechir

(= febbraio) al venticinque del

agosto). Ogni cosa che puoi mummificare

e purificare3, l asciala sedimentare in recipienti adatti. Così potrai operare e produrre la mummificazione della forza, o eletto tra i sapienti». Era consuetudine presso gli antichi celare attraverso alle­ gorie e attraverso il linguaggio del l ' arte dei filosofi la verità e tutto ciò che è utile agli uomini.

l 2

3

Così traduco un termine cruciale del lessico aristotelico: EVÉpyEta. I l termine 'taptxEi.a designa la salamoia (Diod. 1 9,99,3) nel senso di imbalsamazione (cfr. STEPHA!\US, V I I , Paris 1 848- 1 854, coli. 1 8421 843); ho scelto di tradurre «mumm ificazione» poiché qui l 'opera alchemica è intesa come sospensione della vita, in una forma di immortalità terrena strettamente relata alla conservazione del corpo. Probabilmente con il medesimo significato l 'opera era recepita dagli Gnostici, che demonizzano la pratica nel Secondo Libro di Jeu (cap. 43 [ScHMIDT-MAcDERMOT, p. l 00, 25-26]) facendo di Taricheas una potenza diabolica che sovrintende ad oscure pratiche sessuali; la cosa è più che logica dal momento che gli Gnostici predicano una forma di immortalità anticosmica e immateriale. Così traduco 1tÀUVat che letteralmente significa «lavare».

51

Di fatto essi non solo hanno nascosto con oscure e nebulose spiegazioni tali nobili e filosofiche arti, ma hanno anche so­ stituito gli usuali termini con altre parole4 ; così come avviene quando si muta ciò che è contenuto nel sostrato5 con quanto non vi è compreso. Tu stesso, mio filosofo e maestro, sai che Platone e Aristote­ le si esprimevano tramite allegorie, modificando il senso delle parole. Aristotele infatti dice che nel sostrato non si trova la sostanza, bensì l' accidente6• Per parte sua, Platone postula una opposizione simile: da un lato non colloca nel sostrato la sostanza, mentre da un altro vi inserisce l ' accidente. Essi, seguendo i ragionamenti che a loro sembravano più opportuni, hanno esposto molti di questi argomenti e a modo loro si sono anche applicati in questa pregevole arte con l 'unico intendimento e fine di esporre la prassi attraverso precise allusioni ed enigmi. Il loro proposito era di indurre chi ricerca ad andare oltre la percezione degli eventi natura­ lF. Così, infatti, avviene. Ciò è quanto verrà dimostrato nel presente trattato.

4

Un espediente l inguistico - peculiare del la dottrina alchemica - che ricorda molto da vicino i giochi di parole dei Surreal isti francesi (cfr. G. FAZZINI [cur. ] , Gioco tra parole e immagini in Marcel Duchamp [«Archivio della poesia del ' 900» , Vol . 8], Mantova 200 l, pp. 15 ss.). 5 Lett. Ù1tOKEtJ.LÉvwv «ciò che sta sotto», una delle definizioni aristo­ teliche di sostanza (cfr. Metaph. V I I , 3, l 028 b 33-1 029 a 1 4); inizia qui una digressione in cui si espongono per sommi capi i principi aristotelici di «materia>> e «forma» qual e opposizione tra «potenza» e «atto», tra ouvaJ.Ltç ed ÉvÉpyEta. 6 Ciò è più che logico se si considera il sostrato non come realtà ultima, peculiarità che com pete solo alla sostanza. 7 Lett. qn.>crtKà npayJ.Lata, oltre cioè la percezione della > designa la forma ottenuta per essiccazione, che è la fonte principale dell 'opera. In tal modo si porta a compimento la purificazione; e le parole circa forma che contiene la sostanza hanno rivelato al mio maestro che cos'è realmente la mummificazione, la purificazione, l 'essiccazione e l ' evaporazione. Democrito 19 nei suoi scritti parla dell' allume20 decomposto: il filosofo ha volutamente confuso i lettori facendo perdere loro tempo nella ricerca di questo specifico tipo di allume, disorientandoli di fronte alla grande varietà di preparati. Vi sono due generi di purificazione: la purificazione mistica e quella vera e propria. Si parla quindi di purificazione mistica e di purificazione nel vero senso della parola. La purificazione mistica si com-

1 7 Cioè dopo il lavaggio. 1 8 Traduco così il greco dooç dalle molteplici impl icazioni e dal pregnante significato di «immagine». 1 9 Sulla fortuna di Democrito nell 'alchimia ellenistica, mi permetto di rinviare al mio «Le magie di Ostanes», in AA.VV., Ravenna da Capitale imperiale a Capitale esarca/e, Atti del XVI I Congresso Internazionale di Studio sul!' Alto Medioevo (Ravenna, 6- 1 2 giugno 2004), pp. l 072 ss .. 20 Per «allume», crtU1t'tllPia, è da intendersi non tanto un preparato specifico quanto la sostanza disidratante (cfr. STErHANUS, V I I , coli. 9 1 4-9 1 5).

55

pie con l ' acqua divina2 1 • Tale è la purificazione delle puri­ ficazioni, il cui buon esito è propiziato da un atteggiamento favorevole, seguendo diligentemente le regole. Attraverso un fluire omogeneo che è la rigenerazione dei corpi privati dello

pneuma22

e del l ' anima. Questa opera si compie con la

sola azione della natura e non per mano degli uomini, come invece credono alcuni. Ermete a proposito afferma: «Otterrai il conseguimento dopo il grande magistero 2 3, ovvero [dopo] la purificazione della sabbia». Quindi la sabbia è la sostanza e la purificazione il grande magistero. Agatodemone 24 si esprime nel medesimo modo.

L'espressione «acqua divina)), 9Eiou uBatoç dà luogo a una curiosa e suggestiva ambiguità di significato tra l'aggettivo 9Etoç «divino)) e il sostantivo 9Ei:ov >, ciò signi­ fica che è ancora intrisa di rugiada. Il Sole che sorge allontana

monde (NH 2, 5 et X I I I, 2 et Brit. Li br. Or. 4926 [ l ]) (B ibl iothèque Copte de Nag Hammadi - Section «Textes)) 2 1 ) Québec (Cana­ da)-Louvain-Paris 1 995, pp. 1 70- 1 72); vd. anche G. MANTOVA�!. «Il valore del sangue in alcuni testi gnostici di Nag Hammadi». in F. VATTIONI (cur.), Sangue e Antropologia Biblica (Centro Studi Sanguis Christi - l ), l, Roma 1 98 1 , p. 1 43 . 94 I I termine è j.t.tyj.t.ata, specifico in certe correnti gnostico-sethiane nel designare il «miscuglio)) dei tre principi Luce, Tenebre e pneu­ ma. 95 È l 'universo germinale delle virtualità, che Zosimo riconosce nel mistero della lettera n, cioè lo '0Kwv6ç, il mare caotico percepito come prima materia e miscuglio originario. ,

78

con i suoi raggi la rugiada sparsa sulla terra, per nutrirsene. La terra si ritrova quindi vedova e priva del suo sposo, come sostiene anche Apollo96• Per acqua divina97 mi riferisco alla rugiada, l'acqua volatile98• Tutte queste testimonianze indicano che il composto necessita per prima cosa dell'acqua, affmchè - dice [Zosimo] - la materia, essendo corrotta, mantenga inalterata la sua specificità. Con le parole «essendo corrotta» fa capire che è necessario [scegliere] un momento preciso, affinchè la putrefazione abbia luogo. Ora, la putrefazione non avviene mai senza l 'ausilio di una qualche acqua. Infatti - dice [Zosimo] - il mistero è celato nel catalogo dei liquidi.

34. Per quanto riguarda le sabbie, tutti gli antichi se ne sono occupati . Dal momento che parliamo agli Egizi, poiché ti vedo incredulo, eccoti una loro ulteriore testimonianza.

35. Zosimo, dunque, nella sua opera «Sul computo finale» si rivolge a Teosebeia, dicendo: «L' intero regno d' Egitto, o donna, si regge su queste tre arti99». Solo gli Ebrei riuscirono a conoscerne la pratica, nonché a descriverla ed esporla na­ scostamente. Per tale motivo Teofilo, figlio di Teogene, ha tracciato le mappe delle miniere d'oro, Maria ha descritto le fornaci e così hanno fatto gli altri [autori] ebrei.

36. Sinesio, rivolgendosi a Dioscoro, parla del mercurio e del sublimato d 'oro100 sostenendo come tutti gli antichi

96 97 98 99

l 00

In realtà si allude al mito di lside e Osiride, o meglio alla sua recezione ellenistica. Oppure « acqua sulfurea)). Lett. «acqua aerea)), àÉptOV uooop. Si tratta di arti cosmologiche, probabi lmente astrologia, filosofia naturale e alchimia; segue la lunga citazione dal libro di Zosimo, che non è riportata nel testo greco di BERTHELOT-RliELLE ( I l , p. 90); per una versione italiana vd. Toi\ELLI, pp. 1 1 3 - 1 1 5 Così traduco tfìç Étl]criaç tfìç VE>, ma anche «arcobaleno)). È la sostanza ricercata dall 'alchimista, l 'essenza indifferenziata che può tramutarsi in ogni cosa.

81

estrae dalla natura del piombo, così come afferma il divino Zosimo basandosi su tutta la verità e la conoscenza che pro­ vengono da Dio. Tale anima, passa dalla virtualità del mondo invisibile, a manifestarsi in altri corpi quali l ' argento, e nel­ l 'argento ne manifesta il sangue rosso, ovverossia l ' oro.

39. Amico mio, sii generoso: spendi per me qualche buona parola: giudica con onestà il mio lavoro, non per la sciatteria e la trasandatezza dello stile in cui è scritto, bensì per il contenuto. Il bianco quindi divide, poiché esso non è propriamente un co­ lore. Ogni colore infatti contiene e distingue alcune potenzialità: il nero è effettivamente un colore, poiché ne esistono differenti gradazioni. La mente degli iniziati è confusa quando gli antichi parlano dei colori, ma noi non ci allontaneremo dal buon senso. Il piombo possiede dunque una sostanza liquida: verifica l'esattezza di quanto abbiamo detto prima circa l ' anima attrat­ ta dalla sostanza liquida1 1 0• Tale sostanza tende a scendere a causa del suo peso e attrae ogni cosa a sé. Ecco dunque come tutti i misteri ti sono stati rivelati.

40. Passiamo in rassegna innanzi tutto una serie di testimo­ nianze, per poi tornare al nostro asserto. Secondo Maria il piombo è nero sin dall'inizio e dice : «Se parliamo della produzione del piombo nero, eccone il signifi­ cato: poiché il piombo comune è nero sin dall' inizio». Quindi [Maria] non si riferisce al piombo comune, bensì al piombo prodotto con i mezzi del l ' arte. E allora: «Come viene prodotto?», dice Maria. «Se tu non fai i corpi incorporei e gli incorporei corporei, e se di due corpi non ne fai uno solo, non otterrai nessuno dei risultati sperati» 1 1 1 •

I l O Si tratta del principio del magnete. I I I L'affermazione di Maria l ' ebrea sembra essere la trasposizione somatica e «minerale>> o «metallica)) del /ogìon 22 del Vangelo di Tomaso ritrovato a Nag-Hammadi (NHC I l , 37, 25-35 [LAYTO� l ( Leiden-Koln 1 989), p.62]).

82

Quindi: «Se tutti i corpi non sono disgregati dal fuoco e se il vapore sublimato, mutato in pneuma, non si innalza, niente si compirà» . E inoltre: «La lega di rame e piombo

(xaA.KojJ.6A.u�ooç)

è la pietra etesia1 1 2». Tutto ciò che viene fuso assieme ad essa è mutato in oro attraverso l ' azione del fuoco. Poten­ zialmente cuoce le cose crude e raddoppia quelle cotte. Ma se tu riuscirai nell ' opera al bianco giallo

(A.E'l>Krocrtç) o in quella al (l;av8rocrtç) ciò non si compirà solo in potenza, bensì

passerà in atto. Dice Maria: «Ecco io affermo che la lega di rame e piombo esiste grazie al trattamento 11 3». Ci si riferisce al trattamento delle scorie. L' insegnamento è il seguente: tratta con l ' aceto la pietra etesia o la pietra frigia 1 14, dapprima immergila per ammorbidirla, poi frantumala e conservala. Democrito diceva: «Dall'antimonio e dal litargirio estrai il piombo», e osservava: «Non parlo in senso letterale, nel timore di confonderti, bensì intendo riferirmi al nostro piom­ bo nero». Agatodemone tramite il nostro piombo compie l ' imporporamento 1 1 5: prepara un brodo nero con il piombo polverizzato e le acque, esso renderà friabile l ' oro1 1fi.

1 1 2 Vd. supra n. 1 00; ma in senso cosmologico può anche leggersi: la congiunzione di Venere (rame) e Satumo (piombo) è l' Airov, i l Saeculum. 1 1 3 Cioè alla oiKOVOj..tiaç, la manipolazione demiurgica (vd. supra n. 25). 1 1 4 Lett. At9ocpp1.>ytov, gioco di parole con cpp\>ytoç «frigio» ma anche «secco, asciutto». 1 1 5 11 termine è irocrEtç, interpretato anche con «raffinature, pul iture» ( BERTHELOT-RUELLE 1 1 1 , p. 1 02 ) al singolare designa l'opera al rosso, la rubedo; in maniera generica esso designa l ' arrossamento di una superficie metallica causa il formarsi di una patina di ruggine (cfr. STEPHANUS, V, Paris 1 842- 1 846, col. 74 1 ). 1 1 6 Si tratta del cosiddetto «oro potabile», che tanta fortuna ebbe nel­ l 'alch imia medievale e rinascimentale. ,

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4 1 . Generalmente il piombo nero dev 'essere preparato, poi­ ché come s ' è detto, se il piombo fosse comune, allora sarebbe nero sin dali 'inizio; il nostro invece è un nero di fabbricazione, poiché non lo era prima. L'esperienza ci guiderà e tornando al punto di partenza mi sforzerò di esporre nuovamente la tematica adducendo fatti veritieri. L' asem 1 1 7 non diventa oro da solo, come si dice, e non lo diventerà senza l ' ausilio della nostra opera.

È

ingiusto sottovalutare gli antichi solo perché «la lettera

uccide, mentre lo spirito dà vita» 1 1 8• Questa frase, rivolta dal Signore a chi lo interpellava in modo irragionevole, è applicabile a tutto ciò che gli antichi hanno detto su questi argomenti. Chiunque conosca l ' arte celata dell'alchimia1 1 9 direbbe loro: «Come compiere dunque la trasformazione? In che modo acqua e fuoco, ostili e contrari, naturalmente opposti, si sono uniti assieme in concordia e amicizia? Che incredibile miscu­ glio! Di dove giunge tale inaspettata amicizia tra nemici?».

42. Qui gli oracoli di Apollo dicono ancora la verità, poiché parlano del sepolcro di Osiride.

1 1 7 Vd. supra n. 43. 1 1 8 Citazione diretta di Il Co r . 3 , 6: circostanza che dovrebbe far riflet­ tere sulla funzione svolta dalla comunità cristiana nella trasmissione della disciplina alchemica: la parola ((alchimia» è una combinazione del l'articolo arabo al- con la parola greca Xllllia, il tutto attraverso la mediazione del siriaco kfmfyii cioè dall' aramaico di Edessa, un idioma sostanzial mente cristiano; la cosa poi è complicata dal fatto che gran parte dei testi alchemici siriaci in nostro possesso sono tali solo in quanto alla lingua, poiché la grafica usata è l ' arabo, secondo un sistema di scrittura adoperato dagli arabi cristiani che prende il nome di karshuni. 1 1 9 Lett. l(UJ.l.Eiaç.

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Che cos'è il sepolcro di Osi ride?

È un defunto

legato e avvolto nelle bende, con solo il viso

scoperto. L' oracolo, indicando Osiride, dice: «Osiride è il sepolcro sigillato che cela tutte le membra d ' Osiride e non lascia intravedere ai mortali nient' altro che il suo viso. Celandone il corpo, la natura ha voluto suscitare il nostro stupore, dal momento che Osiride è il principio della sostanza liquida; è lui che opera il fissaggio nelle sfere del fuoco.

È così che dal

piombo amalgama e racchiude il Tutto». E così via.

43 . Un altro oracolo dello stesso Dio, si esprime così: «Prendi il crisolito. Quello che è chiamato maschio della crisocolla e uomo che compirà il mescolamento1 20• Le sue gocce partoriscono l ' oro sulla terra etiopica 1 21 • Là un genere di formica estrae l ' oro, lo porta alla luce del giorno e se ne diletta. Mettigli accanto la donna di vapore 1 22, sino a quando non sia mutato: è l ' acqua divina, amara e astringente, quella che è chiamata la ruggine1 2 3 di Cipro e succo dell ' egiziana dalle trecce dorate. Con tale prodotto ricopri le foglie della dea luminosa, quelle di Cipride124 la rossa e poi falle fondere includendo l ' oro nella fusione». A sua volta il filosofo Petasio, trattando deli 'inizio dell' ope­ ra, si trova d 'accordo con quanto s ' è detto sul nostro piombo

1 20 Inizia qui una sezione del testo in cui le metafore si fanno palese­ mente sessuali. 1 2 1 1 1 termine è cd8ioljl dal duplice significato di «etiope}), come so­ stantivo e di «scuro}) come aggettivo, cfr. G l , p. 9 1 b. 1 22 Ma anche «um ida}) (atJ.Lilìoç). 1 23 11 termine è tiòvtat, la «ruggine}) che dà il nome alla toocrtç, quale rubedo e «opera al rosso}). 1 24 Cioè di Afrodite, qui il gioco di parole è con l'isola di Cipro, i cui giacimenti a cielo aperto di rame nell'antichità ne fanno un sinoni­ mo del metallo.

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e dice: «La sfera di fuoco è compresa e racchiusa in quella del piombo». E lo stesso, commentando quanto appena detto, ag­ giunge: «Ciò significa che si parte dall'acqua maschile». Ora, il maschile è ciò che lui [

=

Petasio] chiama sfera di fuoco. Ha

anche detto che il piombo è talmente posseduto dal demone e abbandonato all ' impudenza, che chiunque voglia apprendere cade nella follia, poiché ne ignora le proprietà.

44. Ecco quanto s ' è detto sin dal principio sugli elementi e che è stato ribadito qui. Ho detto che il piombo è l 'uovo filo­ sofico formato dai quattro corpi. Anche Zosimo lo sostiene in alcuni passi della [sua opera] . In definitiva il tutto culmina nel piombo. Di fatto qualunque sia la forma conosciuta nel catalogo, essa fa parte del tutto 1 2 5 : « l quattro sono uno», dice Maria. Se senti parlare della sabbia, intendi con ciò le forme; se senti parlare delle forme, intendi la sabbia: infatti i quattro corpi formano la tetrasomia. Circa la tetrasomia, Zosimo dice: «In seguito, la sventurata1 26, caduta e incatenata nel corpo dei quattro elementi, subito mutò co­ lorandosi secondo la volontà di chi l'aveva assoggettata con l' au­ silio del' arte: ad esempio in nero, in bianco e in giallo. Poi, dopo aver ricevuto i colori, a poco a poco cresce sino a raggiungere la vecchiaia, fmendo nel corpo dei quattro elementi, cioè l'insieme di rame, ferro, stagno e piombo. Con essi si compie la ntbedo

(=

opera al rosso)127 quale dissoluzione, avvolta con essi senza potersi liberare. Ed ella si rimescola con loro all'interno dello strumento circolare, attraendo a sé ciò che la muove dal di fuori». Ma che cos'è tale strumento circolare? Il fuoco causa nella coppa sferica una evaporazione senza uscita: come nel corso di

1 25 Cioè la parte contiene il tutto. 1 26 Ci si riferisce probabi lmente alla «sostanza liquida» o «magnete» virtualmente racchiusa in ogni corpo. 1 27 Ovverossia la ì:oxnç.

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una malattia si forma del sangue nuovo durante la guarigione giacchè quello vecchio era corrotto, allo stesso modo esso [= il fuoco] manifesta nell'argento il sangue rosso, cioè l'oro.

45. Queste sono tutte le testimonianze. Le ho compendiate per quanto mi è stato possibile, estraendole da molti discorsi. Non che ci manchi la carta, ma quanta carta sarebbe necessaria per descrivere i così grandi poteri dell 'arte? Anche se approntassi un foglio di papiro grande quanto il cielo, non potrei esporvi che una minima parte di quanto concerne la materia resa corporea. In questo la nostra arte è del tutto simile all' Intelletto perfetto e ineffabile. Ecco perché secondo i l divino Democrito noi dobbiamo allenarci (affinchè non sembri faticoso); egli dice: «Per tale motivo dobbiamo allenarci e avere un intelletto aperto e penetrante». Anche Zosimo afferma: «Se sei allenato possiedi i l frutto dei tuoi esercizi; l ' arte infatti richiede intelligenza e si sviluppa attraverso di essa» 128•

46. Osserva come tutto ti sia diventato di facile compren­ sione. Ciò che ti ho esposto sino ad ora è l'esito di una cernita fatta su tutto quanto è stato detto dagli antichi a riguardo. Il fatto che essi abbiano parlato di sostanze liquide e secche induce i lettori in errore. Il termine «liquido» ha infatti un doppio referente: da un lato indica un liquido propriamente detto, come ad esempio l ' acqua, da un altro, come avviene tra gli artigiani, indica la qualità oleosa delle pietre. Tuttavia è impossibile esprimere con un unico termine di due cose opposte. Qui è applicata veramente la parola di Petasio, il filosofo, che dice: «Ii piombo è talmente posseduto dal demone e arro-

1 28 1 1 verbo qui più volte usato è yuJlvaçw «allenare, esercitare» pre­ suppone un esercizio costante e una prassi sostanzialmente fisica.

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gante, che chiunque voglia apprendere diventa folle e perde il senno». Mio buon amico, illuminami in questi meandri oscuri.

È necessario

che ogni falsità si dissolva, affinchè i filosofi,

modelli di generosità, apprendano tutta la verità. Perdonatemi dunque, poiché è fattibile che voi dobbiate correggere i miei errori: in ogni caso ciò sarà provvidenziale, poiché costituirà un velo per coloro ai quali non ci è consentito rivelare alcunchè.

47. Al piombo si ascrivono i due opposti, poiché esso è percepito come un liquido e come un solido. In se stesso è suddiviso in tre: bianco, giallo, nero ed è anche liquido. Anche con il piombo quindi si producono i quattro, nonché i colori differenti dal giallo. Inoltre [ il piombo] possiede due «economie» 1 29 •

Giustamente gli si ascrive l 'arte, mentre in modo erroneo

è ritenuto chimerico 1 30 e appariscente, così come in verità lo è una stella1 3 1 • È a motivo di questa sua natura che la maggior parte degli antichi ascrivono l 'arte al piombo. Così infatti dice Zosimo: «Il tutto culmina nel piombo», altrove: «Il piombo è il nostro magnesio, esso è liquido per natura» 1 3 2 • Inoltre le

1 29 Per il signi ficato della parola vd. supra n. 25. 1 30 Lett. tl1t01CptnK6v, «simulatore», term ine di origine teatrale che designa la finzione scenica (cfr. G l , p. 2 1 04 b). 1 3 1 La parola è àcrtÉpt, che può designare un astro in senso generico oppure una pietra preziosa, la «pietra asteria» (così BERT HELOT­ RuELLE I 1 1, p. l 06 n. l O ; v d. anche Rocc1, p. 284a); io propendo per il primo significato: nell ' alchimia l ' elaborazione di valori gno­ seologici e iniziatici relativi ai metalli trae in parte origine dal ferro meteoritico, che per la sua provenienza celeste è ritenuto forse più prezioso dell'oro, oltre che più raro; un legame anche l inguistico: in greco criòEpoç significa sia «stella» che «ferro». 1 32 In questa frase è riassunta l ' intera prassi ermetica: nella prima materia, il piombo è racchiusa la sostanza trasmutativa universale. il «magnesio» o «sostanza liquida».

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scorie del piombo assomigliano alle scorie prodotte dalla fu­ sione della sabbia d ' oro. Ed è principalmente per questo che si ascrive l ' arte al piombo.

48. In tale modo il corpo delle scorie, ritenuto da tutti un prodotto inutile, vile e disprezzato, al contrario merita gli elogi che gli abbiamo riconosciuto. S i deve pensare ad esso come facevano gli antichi, gloriosamente, trattandolo secondo i canoni deli ' arte. «Non farti intimorire dall'inesperienza - dice Zosimo - e quando vedrai che tutto è diventato cenere, sappi che tutto va bene . . . e troverai ciò che cerchi 1 33». Questa è una tematica che siamo incapaci di descrivere e siccome è difficile lodare quanto si vorrebbe la gloria dell 'arte, in ossequio ad essa poniamo fine al discorso. Egli [

=

Zosimo] allude inoltre alla dimora delle anime dei

filosofi, e dice «Esisteva una dimora sferica, ovoidale, volta a Occidente, lì si apriva la sua soglia a forma di spirale134». Ne troverai la descrizione in quanto detto precedentemente.

49.

È consuetudine relazionare l ' arte al

Sole e alla Luna: il

Sole sorge a Oriente, la Luna a Occidente. La dimostrazione questo è quanto è stato detto riguardo alla sabbia, ovverossia alle sostanze che se ne ricavano. Alcuni mummificano le forme divine 135: quando giunge il mese di pharmouthi

(=

aprile) mettono ciascuna forma in un

pezzo di stoffa di lino, solida e dal tessuto compatto. Fanno bollire il tutto in acqua di mare; gettano l ' acqua di cottura e riprendono il bagno in [altra] acqua marina. L'esito non è

1 33 Lacuna integrata da BERTHELOT-RUELLE ( 1 1 1 , p. 1 07 n. 3), con un passo parallelo di Zosimo. 1 34 Secondo il Timeo platonico l'Anima cosmica (37 c) e l 'Anima individuale (42 c-d) sono sferiche. 1 35 Oppure «forme sulfuree».

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percepibile a prima vista, bensì tramite i segni di cui Ermete parla in più punti [della sua opera], dicendo: «Fallo bollire in una stoffa di lino solida». Lui stesso sostiene di far bollire la pianta, e giustamente : «poiché in tal modo cresce». S i ffatta crescita non è vana, dal momento che le piante attecchiscono per recare nutrimento e semenza. Un gran numero di antichi ha parlato delle bolliture. Maria e Democrito hanno detto: «Lava e rilava, sinchè l 'antimonio non abbia perso il suo colore nero». Con tale lavaggio mi riferisco all ' imbiancamento

(albedoi'AeuKrocrtç),

come s ' è detto nelle

righe precedenti.

50. Trattando della sostanza gialla, essi catalogano tutte le forme gialle.

È per tale motivo

che si dice: «Esistono due

imbiancamenti e due ingiallimenti, ci sono inoltre due mistu­ re, una solida e l 'altra liquida». Con ciò vuoi significare che troverai piante e metalli nel catalogo del giallo. Inoltre troverai delle pozioni 1 3\ una nel giallo, l 'altra nel bianco. Tra le pozioni gialle compaiono i prodotti ricavati dalle piante gialle, quali il croco1 37, la celidonia e altre simili. Tra le misture bianche e tra i solidi vi sono tutti i bianchi, come la terra di Creta, la terra di Cimolo13� e altre analoghe. Ancora tra i liquidi bianchi ci sono le acque bianche, quali la birra, le linfe e i succhi prodotti dalle piante. Essi [= gli antichi] hanno ordinato con cura tutto secondo i colori. Dopo esservi esercitati in queste cose, o saggi, a voi il giudizio. Quanto a noi, scostandoci da queste conclusioni,

1 36 Lett. çwiJ.o'Ìlç «brodaglie, sughi». 1 37 Cioè lo zafferano, all'uso alchemico di questa pianta ho dedicato il mio «Il silenzio degli dèi», in P. G. BoRBONE - A. M ENGOZZI M. Tosco (cur.), Loquentes linguis. Studi linguistici e orientali in onore di FA. Pennacchietti, Wiesbaden 2006, pp. 1 - 1 1 . 1 38 Cimolo è un'isola delle Cicladi (cfr. Strab. I O, 5 , 1 ), l a cui terra è usata per lavare (cfr. Aristoph. Ran. 7 1 3 ). -

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diciamo con Democrito: «Conosciamo le varietà della materia, scegliendo ciò che più è utile». Leggi quanto è scritto circa l'imbiancamento

(albedo) nel

secondo capitolo del libro [di Zosimo] «Sulla forza» : «Vi sono due imbiancamenti

(albedo) come due

ingiallimenti, l'uno si

effettua per diluizione, l 'altro per cottura. Ecco il modo di operare per diluizione: l ' operazione non è semplice, poiché si effettua in un luogo consacrato. All 'ester­ no di questa dimora consacrata si trovano paludi e giardini, distribuiti uniformement é in tutte le direzioni, affinchè il soffio dello Zefiro 1 39 non secchi la polvere e ne provochi la fuoriuscita dal mortaio» . Così [Zosimo] ha raccontato il senso mistico del luogo in cui si compie la polverizzazione. «E voi, saggi, comprendete dove sia il centro della dimora", e ancora il senso di queste parole: «le paludi e i giardini» 1 40• 5 1 . Ermete ritiene l 'uomo un piccolo mondo 14 1 quando dice che le cose del grande mondo sono anche nell'uomo. Il grande mondo ha animali, terrestri e acquatici, mentre l 'uomo ha pi­ docchi e pulci, quali animali terrestri, e vermi intestinali, quali animali acquatici. Il grande mondo ha fiumi, sorgenti e mari,

1 39 Cioè il Vento d'Occidente. 1 40 Ci si riferisce al duplice significato che questi luoghi hanno nella tradizione antica: Platone parla di una palude ctonia, soglia del mondo infero i n cui si dibattono le Anime maculate (Phaed. 1 1 3 a), figura di quella palude Stigia che altre narrazioni vogliono sgorgare da un ramo di 'QKwv6ç; ed è sempre Platone a riferire di un giar­ dino celeste (Symp. 203 b) quale dimora archetipica e paradisiaca. 1 4 1 Si tratta della specularità ermetica tra macrocosmo e microcosmo: qui preferisco tradurre letteralmente «piccolo mondo» e «grande mondo»; per le interferenze con il mondo iranico, c fr. PH.GIGNOUX, «Microcosm and Macrocosm», apparso nella versione elettronica di E. YARSHATER (ed.), Encyclopaedia ]ranica (www. iranica.com/ articles/sup/Microcosm and Macrocosm).

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l 'uomo ha l ' intestino. Il grande mondo ha i volatili1 42, l'uomo le zanzare. Il grande mondo è percorso dallo spirare dei venti, l 'uomo ha le flatulenze. Il grande mondo ha il Sole e la Luna, l 'uomo ha due occhi, dei quali il destro è consacrato al Sole, il sinistro alla Luna. Il grande mondo ha monti e colline, l 'uomo ha le ossa. Il grande mondo ha il cielo, l 'uomo ha la testa. Nel cielo vi sono i dodici segni dello Zodiaco, dal i 'Ariete che cor­ risponde alla testa ai Pesci, che corrispondono ai piedi. Questo è quanto è detto [sull'uomo] come immagine del mondo ed è ricordato da Zosimo nel suo libro «Sulla Virtù». Lo stesso dicasi della terra come [immagine del] mondo.

52. E non riusciamo a polverizzare 1 43 e gettare l'uomo? - Dice il filosofo rivolto a Zosimo. Quindi afferma: «Abbiamo dimostrato che l' Uovo è figura del cosmO>). Ancora, ne «La Piramide)) 14\ Ermete adombra per enigmi l 'Uovo; diceva che l 'Uovo era, propriamente parlando. la sostanza della crisocolla e della Luna145• L'Uovo è chiamato mondo dai capelli d'oro14� ed Ermete designa la gallina quale uomo maledetto dal Sole.

1 42 Lett. tà aÉpta çq:,a «animali d'aria)). 1 43 Il lessico di questa enigmatica domanda sembra presupporre un cul­ to funerario in cui le ceneri del defunto sono ritualmente disperse; occasione che ha fatto ipotizzare a L. BR1sso� l ' origine "alchemica" del mito degli uomini nati dalle ceneri dei Titani (cfr. «Le corps "dionysiaque")), in Orphée et / "orphisme dans l 'antiquité gréco­ romaine, Aldershot 1 995, pp. 492 ss.) 1 44 S i tratta di un testo ermetico perduto; da sottolineare come tale fi­ gura geometrica sia cruciale nelle speculazioni ermetiche e neopla­ toniche, cfr. A.-J. FEsTt.:GIERE, «La piramide ermetica)), in Ermetismo e mistica pagana, trad. di L. Maggio,Genova 1 99 1 , pp. 1 3 5 - 1 40. 1 45 Forse O"EATJVl] «Luna)) è metafora per «Argentm). 1 46 Tale strana definizione risente di un influsso orfico (cfr. Orph. Hymn. 34, 9).

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Ecco ciò che ti sta a cuore [ed è scritto] nel «Libro antica>> 147.

È qui che menziona la talpa: anche questo animale - dice - era un uomo, il quale fu maledetto da Dio poiché aveva rivelato i misteri del Sole e per questo venne privato della vista. Infatti accade che se la talpa sale sino al cospetto del Sole, la terra non l ' accoglie più sino a sera. Egli [= Zosimo] dice «ciò avvenne poiché [l'uomo] conobbe qual è la forma del Sole». Venne esiliato nella terra nera, come colui che ha trasgredito la legge e ha rivelato il mistero agli uomini.

53. Riassumiamo brevemente tutto.

È risaputo che il genere animale esiste in virtù della genera­ zione ed è distinto in specie, quali i volatili e gli altri, che sono a portata di mano e non hanno altra difesa che se stessi. Nel medesimo modo i rettili e i quadrupedi si distinguono come «specie» 1 4R, ma si assomigliano nella potenza riproduttiva. L'uomo, però, è superiore a tutti gli animali privi di ragione, così come scrive Sinesio a Dioscoro: «L'uomo è il più impor­ tante di tutti gli animali della terra» . Propriamente parlando, l'intera arte, dice Horus «è nel pren­ dere 149 segretamente lo sperma maschile, poiché all 'inizio tutto è

1 47 Si tratta di uno scritto ermetico di cui s'è persa ogni traccia: lette­ ralmente il titolo suona àpxa'lKi] �i�Aoç «Libro arcaico)), in cui «arcaico)) si riferisce ai «principi)), ricordato anche dal «Trattato sulla peonia)); se ne trovano, però, tracce nella materia di un'ampia raccolta, il Kyranide, il che ci permette di osservare come il « Libro arcaico)) fosse un bestiario, probabilmente composto verso l 'inizio della nostra èra, molto prima, dunque, del famoso Fisiologo. Le origini del Kyranide, nonostante il titolo lo ascriva a un inesistente monarca egiziano dal nome di Kyranos, appartengono ali' ermetismo: il corpo stesso dell'opera si presenta come una rivelazione di Ermete a Kyranos. 1 48 Lett. dooç, cfr. supra n. 1 8. 1 49 I l verbo è EÌÀl]