201 23 7MB
Italian Pages [358]
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
SCIENZE STORICHE 23
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Maria Gioia Tavoni
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO Gli indici in età moderna
Liguori Editore
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Le ricerche confluite in questo volume sono state effettuate grazie al cofinanziamento Miur, Cofin 2003 dal titolo «Oltre il testo», e all’analogo cofinanziamento, Prin 2005 «Testo e immagine nell’editoria del Settecento».
Questa opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore (Legge n. 633/1941: http://www.giustizia.it/cassazione/leggi/l633_41.html). Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla citazione, alla riproduzione in qualsiasi forma, all’uso delle illustrazioni, delle tabelle e del materiale software a corredo, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla registrazione analogica o digitale, alla pubblicazione e diffusione attraverso la rete Internet sono riservati, anche nel caso di utilizzo parziale. La riproduzione di questa opera, anche se parziale o in copia digitale, è ammessa solo ed esclusivamente nei limiti stabiliti dalla Legge ed è soggetta all’autorizzazione scritta dell’Editore. La violazione delle norme comporta le sanzioni previste dalla legge. Il regolamento per l’uso dei contenuti e dei servizi presenti sul sito della Casa Editrice Liguori è disponibile al seguente indirizzo: http://www.liguori.it/politiche_contatti/default.asp?c=legal L’utilizzo in questa pubblicazione di denominazioni generiche, nomi commerciali e marchi registrati, anche se non specificamente identificati, non implica che tali denominazioni o marchi non siano protetti dalle relative leggi o regolamenti. Liguori Editore - I 80123 Napoli http://www.liguori.it/ © 2009 by Liguori Editore, S.r.l. Tutti i diritti sono riservati Prima edizione italiana Novembre 2009 Tavoni, Maria Gioia :
Circumnavigare il testo. Gli indici in età moderna/Maria Gioia Tavoni
Napoli : Liguori, 2009 ISBN-13 978 - 88 - 207 - 4929 - 3
1. Paratesto, stampa, editoria 2. Bibliologia, bibliografia I. Titolo Aggiornamenti: ———————————————————————————–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 15 14 13 12 11 10 09 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
SOMMARIO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
1 17
Introduzione Capitolo primo Legere piu in un locho che in un altro: indici fra manoscritti e libri a stampa I parenti poveri dei bibliografi 17; Nuovi prodotti, nuove tecniche 20; Difficoltà della mise en page 24; Tabula o index? Dai rubricati ai sommari 35; Una terminologia appropriata 38; Aggirare gli ostacoli 47; Un indice per tutte le stagioni: Il libro dei perché 48; Nascita di un modello: gli indici del commento di Ilicino ai Trionfi del Petrarca 50.
57
Capitolo secondo Utilitas e utile fra prassi e teoria Gli indici, una comodità per non dimenticare 57; Forti consapevolezze nella Repubblica delle lettere 61; Il versante dei bibliofili e bibliografi 66; Utili e perfino necessari per la professione 70; La struttura degli indici e i loro compilatori 73; Adire ai Consilia nel Cinquecento 80; Utili per l’“educazione” delle donne dentro e fuori dai chiostri attraverso un campione 82; Perché le donne 84; La tipologia indicale come chiave di lettura dei testi 87; Per viaggiare con cognizione 95; Indici di viaggiatori nel sapere per curiosità, per scienza, per riforme 97; Viaggi fatti ad arte 99; Indicizzare il cammino: itinerari, percorsi e altre utilità per il viaggiatore 105.
111
Capitolo terzo Gli indici negli Indici e nelle Bibbie in volgare Gli Indici: guide per non leggere 111; Gli Indici e la loro evoluzione 114; Il Libro all’Indice 120; Quando gli indici sono pestilentissimi 122; Non solo Bibbie: proibire oltre il testo 130; Un indice di un’opera di storia all’Indice 132; Gli indici in un nuovo Indice della macchina censoria 136; Il problema della lingua per la Bibbia 140; Quali e quante Bibbie 144; Gli indici delle Bibbie nel volgare italiano (14701566): a) la forma 150; b) i contenuti 156.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
viii
161
INDICE
Capitolo quarto Persone e personalità dietro gli indici Tra i mestieri del libro, quello del fare gli indici? 161; Si parva licet: protagonisti nel microcosmo di Bologna 166; Un lavoro non solo per campare 175; Indici d’autore 183; Resuscitare i morti 187; Un indice fai da te: Leopardi alle prese con lo Zibaldone 193; Dizionario e Enciclopedia 197; L’Indice 200; Gli Indici parziali 201; Polizzine e Polizzine a parte 205; Il piacere di leggere l’Indice 207; A proposito del sistema 212.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
215
Capitolo quinto La Table dell’Encyclopédie e il suo autore L’Encyclopédie ovvero il Dictionnaire raisonné des Sciences, des Arts et des Métiers 215; I lemmi del proibito 221; Precauzioni italiane nei lemmi del proibito 228; I camouflages 233; La Table 237; La tecnica della Table 237; Il percorso di Mouchon tra Table e Encyclopédie 239; La Table. Operazione dannosa, utile, indispensabile? 247; Il pastore Pierre Mouchon di fronte all’opera 251; Una città e un pastore 255; Dalla corrispondenza di un fratello apprensivo 259; Il côté amministrativo 262; La genesi dell’opera 264; Di fronte agli enciclopedisti 267; Il confronto con un amico 269; Il metodo o l’originalità del pensiero 272; In previsione del lancio della Table: il Prospectus 276; Le avventure editoriali della Table 278.
285
Indice delle citazioni
309
Elenco delle biblioteche citate
311
Indice delle localizzazioni
317
Indice analitico
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Ad Aldo Berselli, mio marito e «compagno di una lunga, lunghissima storia», con profonda nostalgia e gratitudine
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INTRODUZIONE
Gli indici interessano non solo il campo della memoria ma anche quello della “reminiscenza”, nella distinzione che ha prevalso per tutto il medioevo e l’età moderna. La memoria, come Paolo Rossi ha invitato spesso a considerare, è infatti «quel fenomeno per cui ci vengono alla mente cose del passato» mentre la reminiscenza «è quando cerchiamo di riafferrare nel passato un pezzo scomparso». Gli indici, frutto di una elaborazione – a volte rielaborazione – cosciente e consapevole, sono volti al recupero dei luoghi del sapere, “pezzi” che possono scomparire se non si offre la concreta possibilità di riesumarli. Tale consapevolezza ci sembra sia vitale anche nel presente, in forme e in modi sempre più elaborati, e oggetto di continue e specialistiche verifiche. Non è solo all’utilità derivata da un corretto loro allestimento che pensano coloro che si apprestano oggi a indicizzare testi anche di non facile lettura. Dobbiamo a Thomas Fuller, autore dell’indice di un volume di Ernst Robert Curtius, finalmente tradotto, la suggestiva metafora che associa gli indici alle «salmerie di un esercito»,1 ovvero al corredo indispensabile, neppure di retroguardia, a sostenere la battaglia intrapresa da ogni libro, all’indomani della sua pubblicazione. Utilizzando metodi che si avvicinano alle potenzialità tecnologiche che sorreggono la più attuale indicizzazione, Georges Sarton, il grande sociologo belga, “padre” della storia della scienza, espresse il suo vigoroso impegno, nell’esame delle norme – a nostro avviso non solo pratiche – necessarie per la preparazione di un indice. Per Sarton corredare i saggi di indici era un «dovere sacro».2 Molti autori sono, infatti, dal notissimo sociologo, ritenuti «negligenti» per non aver apposto ai propri libri un indice al punto da in1 E. R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, Firenze, La Nuova Italia, 1992 (ed. orig.: Bern, A. Francke A.G. Verlag, 1948). 2 Sugli indici si veda in particolare R. Merton, Georges Sarton: Episodic Recollections by an Unruly Apprentice, «Isis», 76, 1985, pp. 470-486, in particolare pp. 481-482.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
2
INTRODUZIONE
durlo a rivolgersi alle loro opere screditandole, considerandole «inutili» ai fini della lettura. Un indice, insomma, era per lui non solo lo strumento che esprime una regola tecnica, ma è altresì il simbolo che esprime a sua volta una norma morale, atta a supportare quella tecnica. Sono questi alcuni dei motivi che mi hanno indotto a tentare di approfondire il tema, insieme con lo sguardo rivolto alla disinvoltura della moderna editoria che sempre più raramente affina strumenti e tecniche per rendere più agevole la consultazione di un volume. Rimanendo ancorati al presente, ci si accorge, infatti, che in Europa, e soprattutto in Italia, molti libri racchiusi anche in numerose collane vengono apprestati senza una guida indicale, neppure con la scelta di quelle semplici e più percorse: ovvero l’indice per nomi. Così è per rivisitazioni di edizioni di classici scientifici sia ancora per una notevole parte del giacimento di altre pubblicazioni delle scienze umane. Perfino alcune edizioni nazionali fanno uscire i singoli volumi, che è il momento più stringente dell’utilizzo di un testo, senza alcun corredo indicale. Accadde anche per l’edizione nazionale di Galileo Galilei, progettata da Antonio Favaro, il cui primo volume uscì nel lontano 1890 e che solo al termine dell’opera, nel 1909, si dotò pure del volume degli indici, il XX. Ma se l’iter dell’edizione nazionale di Galilei si spiega all’interno di un progetto che affonda le radici lontano nel tempo, quella recente di Goldoni (iniziata nel 1993), il cui formato ha il pregio di contenerne il prezzo, la mancanza di apparati indicali appare quasi una provocazione: il lettore è, infatti, messo nell’impossibilità di individuare attraverso il nome un personaggio e la frequenza con cui egli viene citato, così come è privato della possibilità di rinvenire nel testo luoghi o passi oggetto del suo interesse. Sebbene nell’ultimo bel volume, a cura di Roberta Turchi,3 appaia un indice dei «nomi che si trovano nei testi», non c’è traccia in questa edizione nazionale di un ricorso ad indici nominali completi né tanto meno ad indici ragionati, che mancano quasi dovunque. Non sembra che nel piano dell’opera di tutte le edizioni nazionali, così come Mario Scotti e Flavia Cristiano hanno con competenza messo in luce, sia previsto, neppure alla fine assai lontana dell’intero progetto, un corredo di indici che consenta una sorta di inversione di tendenza. Scotti e Cristiano denunciano la difformità delle varie edizioni affidate ai singoli Comitati scientifici con queste parole: «Quando incominciavano a istituirsi le Edizioni Nazionali, la cultura italiana era dominata dal positivismo, di cui in ambito letterario era espressione la scuola del metodo storico, che intendeva dare basi scientifi3 C. Goldoni, Memorie italiane: prefazioni e polemiche, III, a cura di R. Turchi, Venezia, Marsilio, 2008.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INTRODUZIONE
3
che agli studi letterari».4 Da qui deriva che le edizioni nazionali risultano in buona parte assai curate, che la filologia italiana ha avuto notevoli sbocchi verso l’ecdotica, che le edizioni sono approdi e non strumenti e quindi che offrono spesso testi improntati alla massima serietà, ma non indici soprattutto ragionati e corredo di apparati altrettanto congrui. Gli indici nominali vi sono in diverse edizioni nazionali, ma in molti casi allestiti con metodi differenti, ovvero senza una uniformità prevista dal progetto iniziale. Non è diverso il settore degli studi giuridici. Per quanto riguarda le materie giuridiche si può affermare che nelle monografie delle discipline prettamente tecniche – diritto civile, penale, costituzionale, commerciale, etc. – prevalgono indici analitici per soggetto, sul modello delle opere anglosassoni che presentano indici di questo tipo molto particolareggiati. Se numerose sono le bibliografie di riferimento, rarissimi invece sono gli indici per nome. Il campo si presenta simile anche per pubblicazioni straniere: tra quelle più recenti, si prenda il nuovissimo Lewin on Trusts, by John Mowbray, 18. ed. (London, Sweet & Maxwell, 2008) che contiene un index per argomento di oltre sessanta pagine, come comprensibilmente vuole la trattazione indirizzata anche alla professione, ma che non prevede alcuno strumento per orientarsi nella selva di bibliografia presente a piè di pagina nel corposo volume; i due volumi dell’italiano Trust, a cura di Mariagrazia Monegat, Giuseppe Lepore, Igor Valas (Torino, Giappichelli, 2008) portano invece una bibliografia finale per ogni tomo ed un indice analitico di solo sei pagine alla fine del secondo. Non si tratta di scelte editoriali isolate, ma di un comportamento diffuso almeno nelle più grandi case editrici giuridiche italiane: i volumi della Giuffrè, ad esempio, come quelli di Giappichelli, Ipsoa e Cedam, non indugiano su indici nominali, bensì su rapidi indici per argomento (Augusto Cerri, Corso di giustizia costituzionale, 5. ed. e Oronzo Mazzotta, Diritto del lavoro, 3. ed., entrambe Milano, Giuffrè, 2008). Diversamente, nelle materie più affini all’ambito umanistico, come storia del diritto, diritto romano e diritto medievale si riscontra un comprensibile impianto più tradizionale degli strumenti d’approccio al testo. Dal classico Federico Patetta, Studi sulle fonti giuridiche medievali (Torino, Bottega d’Erasmo, 1967) ai due tomi di Ennio Cortese, Scritti (Spoleto, Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1999) all’Altiero Spinelli di Piero S. Graglia, (Bologna, Il Mulino, 2008) grande attenzione è posta agli indici dei nomi, in cui forme di rinvio e di rimando permettono di districarsi anche nei casi di citazione di autori latini e greci. Si tratta di volumi inseriti in collane ad alto 4 M. Scotti e F. Cristiano, Storia e Bibliografia delle Edizioni Nazionali, Milano, Bonnard, 2002, pp. 260-263.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
4
INTRODUZIONE
spettro culturale in cataloghi di editori attenti all’utilizzo che può derivare da una corretta indicizzazione. Scoperto appare gran parte del settore delle riviste. Fra le poche che offrono indici, preme segnalare quelle di filologia classica. Non è inconsueto, infatti, che i classicisti che usano con molta pertinenza i termini sommario e indice, distinzione messa in luce dalla mia ricerca, accompagnino anche le loro riviste con indici specialistici. Si distingue, ad esempio la rivista «Anabases», che in calce, seguendo la tipica metodologia filologica, offre ben tre indici: l’index des sources anciennes; l’index des auteurs modernes che ai lemmi più usati congiunge toponimi e nomi citati compresi quelli dell’età classica fino ad arrivare a quelli dell’età moderna, ed infine l’index thématique che tuttavia esclude gli autori citati in nota. «Anabases» non è unica nel suo genere: il periodico «Hagiographica» presenta tre indici: il primo, quello dei nomi di persona e delle opere anonime, si suddivide in quattro parti: la prima, per i nomi dei santi; la seconda, per quelli di persona; la terza, per gli autori antichi, medievali e moderni; l’ultima, per i nomi degli studiosi. Seguono, poi, gli indici dei nomi di luogo e l’indice dei manoscritti. Nel comparto dell’italianistica, oltre ad «Albertiana» e «Studi secenteschi», edite da Olschki e «Seicento & Settecento» edita da Fabrizio Serra, spicca la recente testata «Humanistica», corredata di un accurato Index nominum in cui preziosi rimandi dalle forme varianti dei nomi propri consentono di non faticare nel reperimento delle informazioni soprattutto inerenti agli autori classici. A parte le eccezioni, il panorama delle riviste si arricchisce solo in tempi lunghi quando si escogitano sussidi in grado di consentire percorsi mirati fra le annate e i fascicoli che nel tempo si sono succeduti. Di inestimabile precisione sono gli indici del «Giornale storico della letteratura italiana», dovuti alla perizia e all’acribìa di Carlo Dionisotti, che passò in rassegna i primi cento volumi, compresi i supplementi (1883-1932), della più autorevole rivista di italianistica.5 Fra gli esempi meritori di recenti indici cumulativi si rileva il quinto della rivista «La Bibliofilia», delle annate dal 1979-2000, portato a compimento da Antonella Orlandi, dopo la felice esperienza degli «Annali» e «Nuovi annali della scuola speciale per archivisti e bibliotecari».6 Nonostante alcuni esempi di una piccola parte dell’editoria di cultura, estendendo la campionatura, emerge tuttavia che la stragrande maggioranza delle tesi di dottorato, parte consistente delle riviste di scienze umane, testi letterari, numerosi libri e quasi tutti i cataloghi d’arte, gli atti di convegni, molta 5
Giornale storico della letteratura italiana: Indici. Volumi 1-100 e supplementi. (1883-1932), a cura di C. Dionisotti. Torino, A. Chiantore, 1948. 6 La Bibliofilia: Indici 1979-2000, a cura di A. Orlandi, Firenze, Olschki, 2004.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INTRODUZIONE
5
saggistica, al di là del sommario, sono privi di sussidi atti a isolare porzioni testuali. La lunga tradizione anglosassone, che vuole e persegue ancora la corretta differenza fra Index e Summary, fa sì che la sua editoria doti spesso di indici i testi di saggistica. Così si comportano anche i paesi di lingua tedesca, con ovviamente la prevalenza della Germania, con alcune eccezioni fra le quali preme ricordare quelle della collana edita dalla Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel,7 e il fondamentale strumento di consultazione Historisches Wörterbuch der Philosophie, che, iniziato nel lontano 1971, ha visto pubblicato il colossale volume del Register solo nel 2007, a conclusione dell’opera. L’Italia non è comunque sola, come si è accennato: in altri paesi si rileva la medesima disattenzione da parte di alcuni editori. In Francia collane di saggistica di buona cultura si presentano anche all’interno della stessa serie con indici o prive di indici senza un motivo apparente. Così per editori del calibro di Seuil, Fayard, Albin Michel, Gallimard che ad intermittenza, forse per la sola volontà e per il lavoro degli autori, offrono indici, in qualche caso, di qualità. Altrettanto può dirsi per la Spagna che non sempre fa seguire importanti testi culturali da altrettanto buoni apparati. Negli Stati Uniti, dove tutte le pubblicazioni universitarie sono corredate di indici soprattutto per nome e in alcuni casi per toponimi, la sensibilità per una più facile consultazione nasce anche dal basso perfino in un interscambio fra i poteri del Congresso e le necessità democratiche che provengono direttamente da una parte della popolazione. Strettamente intrecciata a un momento ad alto livello di pathos della recente storia USA è la vicenda degli indici dei materiali prodotti dalla prima President’s Commission on the Assassination of President Kennedy, detta Commissione Warren. La Commissione, le cui conclusioni furono oggetto di infinite polemiche e controinchieste, nel 1966, pubblica una relazione finale di oltre ottocento pagine, più ventisei volumi di documenti e materiali vari, quasi privi di indici e perciò, a giudizio unanime, difficilmente utilizzabili. È una ricercatrice dell’OMS, Sylvia Meagher, a pubblicare, come privata cittadina (il suo datore di lavoro sono le Nazioni unite, non il governo USA, e il suo campo la ricerca sanitaria) il primo subject index dei lavori della Commissione, che si estende per 150 pagine.8 Un secondo indice, molto più ampio e complesso, che integra tra loro i materiali prodotti dalle varie commissioni d’inchiesta 7
«Wolfenbütteler Schriften zur Geschichte des Buchwesens». S. Meagher, Subject index to the Warren report and hearings & exhibits, New York, Scarecrow Press, 1966. Oggi i documenti della Commissione sono disponibili online all’url: (ultima consultazione gennaio 2009). 8
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
6
INTRODUZIONE
sull’assassinio di Kennedy, vedrà la luce nel 1980 sempre grazie a Meagher, coadiuvata da Gary Owens.9 Fra le pubblicazioni che invece sono sprovviste di indice risultano inoltre molte miscellanee sia straniere sia italiane, le meno intelligibili se non raccordate perché spesso sono di natura multi disciplinare: non solo manca il collegamento fra i saggi in esse contenuti, lasciati solo all’ambivalenza di titoli sempre più astratti e a volte fuorvianti, ma perfino i sommari sono aridi e assai poco espressivi, privi come spesso accade delle articolazioni al loro interno. Questo aspetto si rileva anche nel settore della scienza, dove tuttavia, i ricercatori si muovono in un diverso e più friendly contesto. Le loro riviste sono oggi tutte provviste di abstract. Non è sempre stato così: su una campionatura di circa una quarantina di testate, le più autorevoli, si riscontra il grande salto del metodo. Dal 1901 al 1925 la percentuale di articoli con abstract era del 14%; sale al 22% nel periodo 1926-1950 e svetta al 81% fra il 1951 e il 1975, raggiungendo in questi ultimi anni il 100%.10 Gli stessi autori delle tabelle citate informano anche come si è addivenuti a queste risultanti: sono stati i protocolli standardizzati degli editori, che a partire dall’inizio del XX secolo hanno permesso si affermasse progressivamente in tutte le discipline scientifiche una struttura dell’articolo che include Abstract, Introduzione, Risultati, Discussione e Conclusioni. Sono sezioni sempre più spesso suddivise in paragrafi con relativi titoli, e si diffonde contemporaneamente l’uso sempre più frequente di equazioni numerate, Tabelle e Figure corredate di legende. Questa struttura dell’articolo, che si sviluppa durante la prima metà del secolo, subendo poi poche variazioni, consente di reperire con sempre maggiore facilità e rapidità informazioni specifiche riguardanti il metodo, la teoria, i risultati o le conclusioni, evitando una lettura integrale. L’evoluzione culmina in anni recenti nell’elaborazione di ‘format’ elettronici obbligati reperibili sul World Wide Web, corredati di dettagliate istruzioni per la redazione, a cui l’autore è tenuto ad attenersi. In questo modo l’articolo può essere immesso direttamente sul Web, spesso con modestissimi rimaneggiamenti.11 Sia agli abstract sia agli articoli si perviene efficientemente con parole chiave. All’atto della submission del lavoro per il referaggio un numero di 9 S. Meagher, in collaboration with G. Owens, Master index to the J. F. K. assassination investigations, the reports and supporting volumes of the House Select Committee on Assassinations and the Warren Commission, Metuchen, N.J., Scarecrow Press, 1980. La scheda della Library of Congress precisa: «Includes indexes». 10 A. G. Gross, J. E. Harmon, M. Reidy, Comunicating Science: the Scientific Article from the 17th Century to the Present, Oxford, Oxford University Press, 2002, Tabella p. 173. 11 Ivi, p. 186.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INTRODUZIONE
7
parole chiave, variabile da 5 a 6, sono scelte liberamente dall’autore, parole che non dovrebbero appartenere al titolo dell’articolo. Sicuramente questo insieme di parole chiave viene poi integrato dall’editore in modo da formare una griglia, secondo i propri protocolli e attraverso specifici software per poter rintracciare on-line parti di testo da utilizzare. I ricercatori che si avvalgono prevalentemente di banche-dati, hanno quindi la possibilità di utilizzare approcci che tengono conto della specifica autonomia, anche quando la titolografia assume forme le più strane. Credo possa affermarsi che in ambito scientifico, sia per la ricerca sperimentale sia per quella teorica, la fonte primaria di informazione siano le riviste a diffusione universitaria on-line. Gli strumenti tecnologici per la letteratura scientifica sono infatti quelli che danno il maggior «senso di onnipotenza informazionale» tanto la produzione on-line è sterminata e non sempre sottoposta ad un filtro, ovvero al vaglio di una validazione affidabile, come è stato rilevato.12 Le monografie di singoli autori e le raccolte di contributi su temi specifici di diversi autori giocano un ruolo abbastanza secondario, fatta eccezione forse per gli atti di convegni internazionali. Ciò è testimoniato fra l’altro dal fatto che il budget impiegato dalle biblioteche di dipartimenti scientifici in opere monografiche è approssimativamente il 10% del totale, essendo la parte restante dedicata a riviste, realtà assai diversa da quella di ambito umanistico. Un punto nodale, finanche ovvio, in ambito scientifico, è non perdere il passo su quanto viene pubblicato. La rapidità (misurata in mesi o anche settimane) nel tenere sotto controllo le informazioni pubblicate (o in via di pubblicazione) è spesso importante, in vista della competizione un po’ sfrenata del settore. Non meraviglia pertanto che le più importanti riviste scientifiche rendano disponibili in rete la maggior parte dei lavori, appena accettati dai referees, con qualche mese di anticipo rispetto alla effettiva pubblicazione sulla rivista. A richiesta del ricercatore, le maggiori case editrici inviano in tempo reale i sommari delle riviste selezionate in via di pubblicazione, con possibilità di accesso agli abstract. Sono pertanto gli indici ad agevolare il ricercatore che, in molti casi, ne riceve settimanalmente una quindicina di numeri da riviste diverse, cioè qualche centinaio di lavori, fra i quali, sulla base dei titoli (e degli abstract), seleziona generalmente non più di 2-3 lavori. È la mole di informazione, dunque, a risultare impressionante tanto che distinguere ciò che può essere rilevante da ciò che non lo è sta diventando un problema ancor più grave che non per gli umanisti anch’essi tuttavia impegnati sul fronte della selezione in un panorama editoriale che si sta facendo non 12 G. Solimine, La biblioteca: scenari, culture, pratiche di servizio, Roma-Bari, Laterza, 2004, pp. 27-29.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
8
INTRODUZIONE
solo sempre più frastagliato, ma che propone eccessive risorse informative, non sempre di buona qualità, il più delle volte strettamente aggrappate ai concorsi universitari. Non c’è dubbio che il lavoro proprio delle scienze sia assai diverso da quello svolto dai ricercatori delle scienze umane e che le risultanze cui pervengono gli umanisti, anche quando astruse e poco circostanziate, provochino assai meno danni di quanto non accade nell’altro versante. Gli umanisti, che ora si avvalgono delle risorse anche on-line, attraverso una moltitudine sempre crescente di banche-dati, alcune delle quali offrono in rete, full text, articoli e saggi apparsi in riviste di molti paesi, risultano pertanto anch’essi facilitati nella ricerca. Ma vi è un dato su cui vale la pena riflettere: che la grande vendemmia per l’umanista si fa ancora, oltre che con gli archivi, con le monografie e le miscellanee che, quando non sono dotate di apparati indicali, obbligano ad una lettura totale dei testi, spesso improntata alla fretta di trovarvi la notizia costituita da un brano o da un autore più volte cercato nella moltitudine delle pagine che finisce per sviare dagli approdi che si intendono raggiungere. Se ciò viene incontro alla giustificata pretesa di autori ed editori che insistono per la lettura intera ed unitaria dei volumi, è anche vero che si è di fronte ad un metodo che intralcia spesso la ricerca finalizzata alla contestualizzazione di dati e aspetti particolari frutto di un percorso personale. Progetti partecipati fra biblioteche universitarie, che vanno nella direzione di supplire in parte alle deficienze dell’editoria, offrono sussidi di indicizzazione diretti ad agevolare la ricerca. Gli esempi sono tuttavia pochi e circoscritti. Per ovviare alla lacuna che spesso rende ardua la costruzione di bibliografie esaustive su particolari argomenti di studio, progetto di spoglio e di indicizzazione analitica è il recente «Indici e sommari» dell’Ateneo bolognese che si propone di ampliare e potenziare l’accesso al contenuto delle collezioni cartacee disponibili nelle biblioteche dell’Università rendendo consultabili dall’OPAC locale del Servizio Bibliotecario Nazionale gli indici e i sommari dei documenti catalogati, in particolare degli atti di convegni e di altre miscellanee. Vi è inoltre un altro aspetto non di secondaria importanza: quello degli indici assai poco curati. Perché non è solo importante dotare un volume di indici, ma il costruirli nel migliore dei modi dovrebbe rappresentare un fine per la cosiddetta editoria di cultura, onde evitare di imbattersi in omonimie non riconosciute e in altre distorsioni che generano a volte sconcerto e fanno perdere di vista l’oggetto o la persona cercata. Non è un caso che pure un non addetto ai lavori, Sandro Gerbi, sul domenicale del «Sole 24 ore» del 29 marzo di quest’anno, abbia posto il dito sulla piaga nel rilevare il «virus» di cattivi indici che serpeggia in molti testi di saggistica anche della “buona”
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INTRODUZIONE
9
editoria, virus che l’autore lega all’errata consuetudine di porre in fine del volume l’apparato di note. La fretta, o il demandare ad altri l’allestimento delle liste di riferimento, provoca nel consultatore un profondo sconcerto. Si prenda ad esempio l’indice al termine della meritevole opera Lettere dal Regno ad Antonio Magliabechi.13 Le vistose omonimie e gli errori di attribuzione dovuti all’imperizia degli estensori degli indici non sono passate inosservate, ma sono divenute oggetto di una succosa nota di recensione.14 Qualche perla: Scooter Francesco al posto di Van Schotten Franz; Monaco per Le Moyne; Guillaume Lamy riferito sia al medico che porta questo nome sia all’erudito Giovanni Lami e sia ancora al benedettino francese François Lamy, oltre all’uso di alcune forme del nome assolutamente improprie. Meritevoli editori, quali Olschki, evitano di fare uscire testi sprovvisti di accorgimenti indicali, anche se l’antica casa fiorentina da tempo ha affidato le monografie alla totale cura degli autori così che, nel lasciare la responsabilità a coloro che stendono il testo, essa si trova nell’impossibilità di verificare la congruità degli apparati paratestuali. Un caso è rappresentato dall’edizione nazionale del carteggio di Ludovico Antonio Muratori, nonostante che per i suoi apparati si siano tenuti ben due convegni, come ha ricordato il suo editore.15 Alcuni dei volumi presentano forme di indice segnatamente improprie e frutto di vistosi fraintendimenti. Nel volume di Argelati indicizzato come D’Ognissan è il celebre giurista e politico francese Henri François d’Aguesseau, per esempio. L’errore appare anche nella lettera trascritta: nel testo a p. 551 (lettera 625) si legge: «[...] o monsieur d’Ognessan cancelliere di Francia glene avrà parlato [...]»; nell’indice, di conseguenza, a p. 650, vi è il rimando a Ognessan. La mancanza di note nell’edizione ha indotto chi ha indicizzato a non riconoscere la forma corretta.16 Viene pertanto spontaneo domandarsi: quale lettore andrà mai a cercare il cancelliere d’Aguesseau a Ognissan? Un’altra prassi purtroppo in uso è quella di costruire l’indice con i nomi propri puntati e non sciolti, ovvero espressi non per esteso o aprire i nomi senza opportune verifiche. È un espediente che prende origine dalle note e che provoca errori grossolani nel riandare ai testi, dove vi si scoprono omonimi anche della prima lettera del nome di persone tuttavia diverse, spesso 13 Lettere dal Regno ad Antonio Magliabechi, a cura di A. Quondam e M. Rak, Napoli, Guida, 1978. 14 F. Waquet, Antonio Magliabechi: nouvelles interprétations nouveaux problèmes, «Nouvelles de la République des Lettres», 1982, I, pp. 173-188, cfr. n. 9. 15 Vedi nota 6. Cfr. la Premessa di A. Olschki. 16 Edizione Nazionale del Carteggio di L. A. Muratori, III, Carteggio con Filippo Argelati, a cura di C. Vianello, Firenze, Olschki, 1976.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
10
INTRODUZIONE
vissute in epoche differenti. Scegliendo fior da fiore, si veda nel volume di Marc Fumaroli, L’età dell’eloquenza, sia nella versione originale sia nella traduzione italiana (2002), come si confonde Peregrini Mario con Peregrini Matteo. Nell’ultimo volume di Marina Roggero il mio nome, come peraltro in altre sedi, viene aperto in Maria Grazia, più che plausibile mancata conoscenza da parte dell’autore, che tuttavia, senza saperlo, tributa a mia sorella, che così si chiama, responsabilità mie personali. Ma per restare nel mio settore, quello della storia del libro, che ora anche nel nostro paese si qualifica per essere molto diversificato e specialistico, e che ha visto pure editori coraggiosi immergersi in pubblicazioni da sempre considerate di nicchia, brillano assai poco gli indici per nomi e soprattutto quelli analitici o ragionati. Bisogna volgersi indietro: un caso esemplare è rappresentato dall’indice di Marino Berengo a Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione17 che fin da subito ha visto la luce in una edizione economica che ha premiato lo slancio dello storico moderno che ha esteso la sua ricerca anche agli ambiti della storia del libro e degli aurorali moderni mestieri ad esso intrinseci. Lo ha seguito Mario Infelise, che anch’egli dai nomi e dai toponimi, nel suo indice analitico, rinvia alle istituzioni e alle caratteristiche proprie delle singole attività tipografico-editoriali e ai loro operatori.18 Quasi nessun accorgimento si rinviene poi nella manualistica bibliografica e biblioteconomica soprattutto là dove i temi trattati si presentano di difficilissima interconnessione. Il destinatario di un’opera sembra scomparire e affiora una ulteriore riflessione: sebbene il lettore oggi venga fidelizzato attraverso accorgimenti sofisticati del moderno marketing, ci sono frange di pubblico, che a nostro avviso avrebbero più bisogno di altre nell’essere guidate nei labirinti di testi a volte fra di loro solamente giustapposti. Se questo è un assunto valido in assoluto soprattutto per i giovani, lo diviene ancora di più quando si pensa che vi è un’editoria che si rivolge anche alle aule dell’università. Assai sporadicamente e, sempre meno, l’editoria specializzata nei testi che compaiono nei programmi per gli esami anche in preparazione dei concorsi per bibliotecari, si è avventurata nel creare legami che facilitassero lettori più sprovveduti, meno acculturati di quanto siano i docenti, ovvero gli studenti, coloro che dovrebbero essere considerati i primi referenti. Lo stesso autore, moderno proto e curatore dei propri testi, in virtù di un’editoria che sempre più gli delega molti dei compiti una volta svolti al suo interno, non è immune dall’aver scartato l’ipotesi di corredare gran parte 17 18
M. Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Torino, Einaudi, 1980. M. Infelise, L’editoria veneziana nel ’700, Milano, Angeli, [1999], 2. Ed. (I ed. 1991).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INTRODUZIONE
11
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
delle prove del suo ingegno mettendosi nei panni di coloro che si apprestano alla lettura o anche solo alla consultazione di una sua opera. Si prenda un autore conosciuto e tradotto in numerosissime lingue quale Piero Camporesi: i suoi testi, un campionario di personaggi tutti dietro le quinte della cultura per così dire “alta”, sono stati cuciti avendo a metro edizioni ed operette che neppure la Biblioteca volante di Cinelli Calvoli ebbe l’avventura di registrare. Lo studioso romagnolo, noto in tutto il mondo e conteso da storici e italianisti, non si è mai avventurato nel corredare le sue opere, anche tradotte in varie lingue, da indici. Non è un caso che, nel primo bilancio storiografico della produzione camporesiana, uno storico della cultura classica, Renato Badalì, abbia posto l’accento su questa lacuna: Sarebbe auspicabile – informa chi ha dovuto muoversi alla cieca per tentare di scovare i luoghi della cultura classica del notissimo autore – che l’opera di Piero Camporesi venisse ripubblicata integralmente (con le necessarie correzioni di errori materiali e con l’eventuale aggiornamento bibliografico) e corredata di indici precisi e dettagliatissimi, che già da soli costituirebbero una griglia ineludibile per l’inquadramento e la localizzazione storica del vastissimo campo di indagine cui egli si è dedicato.19
Le istantanee sul contemporaneo aiutano a districarsi nei percorsi, o meglio nei meandri, di una storia ancora molto criptica per quanto attiene alla pregnanza proprio delle forme e dei modi con cui gli indici vennero costruendosi lungo l’arco dei secoli. Costituiscono però più che una traccia per immergersi con maggiori cognizioni in un passato che solo a prima vista sembra assai remoto. Aspetti evidenziati nel cercare di mettere a fuoco la realtà attuale erano già presenti a chi in età moderna si accingeva a costruire o far allestire indici come strategia per meglio circumnavigare il testo. Ciò che ha sempre prevalso è il dato da cui si è partiti per questa trattazione: l’utilità indiscussa degli indici che richiama l’utilitas che già i primi teorici e trattatisti sottolineavano e che intendevano come una priorità. Che dall’avvento della stampa e per tutta l’età moderna, senza indulgere tuttavia a rigide periodizzazioni che non siano quelle a suo tempo indicate da Roger Chartier per il libro prodotto con le casse dei caratteri che dà luogo ad una sua particolare fenomenologia, il problema fosse molto più avvertito che non oggi, è un dato, alla luce delle mie ricerche, che risulta incontrovertibile. È nell’ancien régime typographique, ovvero in quel lungo 19
R. Badalì, Piero Camporesi e la cultura classica, in “Academico di nulla academia”: saggi su Piero Camporesi, a cura di E. Casali; prefazione di G. M. Anselmi, Bologna, BUP, 2006, pp. 23-44, in particolare, p. 39.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
12
INTRODUZIONE
periodo che va dalla apparition du livre, per rifarsi al titolo di un maestro mai dimenticato, fino all’introduzione e alla diffusione su larga scala dei torchi meccanici, che gli uomini maggiormente impegnati nella soluzione di problemi tecnici e poi squisitamente finalizzati a trovare modelli per campi di applicazione disparati, inventano e si attardano a sperimentare sempre nuovi e sofisticati congegni che permettano al lettore di soddisfare le sue istanze di conoscenza fra le pagine di un libro. Più si affievolisce la capacità mnemonica di riandare anche visivamente ad un passo o ad un nome, più ci si ingegna per trovare soluzioni che vengano in aiuto a processi che la stampa, se non annulla, sicuramente riduce di frequenza.20 Ma c’è di più. Gli indici si rivelano detonatori importanti relativamente al genere scientifico o letterario per cui vengono studiati e applicati: sono le opere a decretare quali accorgimenti indicali possono essere applicati a seconda anche di coloro che ad essi si applicavano, ovvero di chi escogitava parametri e procedure per il loro allestimento. Diversi erano gli indici per i testi di diritto da quelli rivolti a prescrivere alle donne le regole del buon vivere; altrettanto dicasi per quelli che aiutano ad orientarsi nei volumi di viaggio e dei viaggiatori, che in età moderna sprigionano sempre novità e ardimentose scoperte le quali impongono di sapervi navigare al proprio interno. Per tutta l’età moderna si è ben lontani da ogni suggestione che inviti ad omologare strutture indicali che invece restano solo similarmente costruite, con numerose e specifiche varianti, all’interno di ciascun genere di libro per i cui apparati a volte si lavora direttamente in tipografia. Anche nei secoli passati gli errori erano all’ordine del giorno, e spesso essi vengono denunciati da numerosi bibliografi e attenti lettori. Gli indici sembrano a prima vista essere neutri, ispirati unicamente da logiche costruttive. Non sempre lo sono, invece, e non sempre sono stati considerati a questa guisa. C’è stato in questo lungo arco temporale un periodo in cui anche gli indici, così come la maggior parte dei testi ai quali essi si riferiscono, sono stati ritenuti perniciosissimi al punto da essere proibiti assieme o separatamente dai testi con i quali erano strettamente congiunti. Non vennero proibiti solo indici delle Bibbie più lontane dal dettato della Chiesa di Roma, ma essi ebbero forse un peso anche per l’interdizione delle Bibbie in volgare italiano che, fin dal primo Indice dei libri proibiti (1558), subirono la stessa sorte: essere messe dapprima al bando della lettura e dopo l’Indice clementino (1596) addirittura al rogo. Se Gigliola Fragnito, nelle sue dense e stimolanti monografie, ci ha raccontato il lungo travaglio 20 Si veda in particolare La memoria del sapere: forme di conservazione e strutture organizzative dall’antichità a oggi, a cura di P. Rossi, Roma-Bari, Laterza, 1988.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INTRODUZIONE
13
delle Bibbie in volgare e la persecuzione della Chiesa a libri ritenuti eretici,21 poco è stato detto sui loro elementi paratestuali. Nelle maglie della censura degli Indici nazionali incappò anche un laico, lo storico ed erudito Carlo Sigonio. Il perché della interdizione di un suo indice è ciò che si è tentato di verificare ponendo in evidenza come i censori, assai pratici nella costruzione degli Indici dei libri proibiti, sapessero valutare il potere dirompente di un apparato ordinato secondo le scansioni della storia. Il Sigonio ha permesso poi di porre l’accento su coloro che gli indici li facevano come mestiere fuori dai torchi o dentro alle tipografie, e sugli autori che i propri libri collaudavano per la messa in circolazione dotandoli di personali indici perché arbitri, almeno così pensavano, del loro pensiero e in grado pertanto di suggerire piste di lettura. Alcuni indici, come quelli di Sannazaro e di Leopardi per lo Zibaldone, non sono solo un modello che richiama metodi antichi quanto al loro allestimento, ma sono altresì la prova tangibile di come essi servissero per primo all’autore, già in corso d’opera, per aiutarlo a rintracciare pensieri sparsi e a collegarli l’un con l’altro. L’Encyclopédie, con cui si chiude il mio excursus, è la summa del pensiero settecentesco che ha avuto bisogno di una sofisticata tavola per destreggiarsi al suo interno. Trattato di voci, che giustamente vengono chiamate al suo interno articles, l’Encyclopédie può essere considerata una grande miscellanea ben al di sopra di altri più semplici dizionari e enciclopedie del tempo. La Table dell’Encyclopédie, strumento ingegnoso per metodo assai vicino ai moderni mezzi con cui si compiono le più ardite indicizzazioni, fu il risultato di oltre cinque anni di lavoro di Pierre Mouchon, un pastore protestante che arrotondò così il magro bilancio della cura d’anime. La Table è un libro nel libro; è una fonte inesauribile per leggere e rileggere i numerosi volumi con anche la possibilità non solo di trovarvi i passi cercati, ma di congiungere rami sparsi all’interno delle voci dei vari volumi, con pure la capacità di reinventarsi alcuni assunti fondamentali enunciati dagli enciclopedisti qua e là, nei vari tomi di cui si compone l’opera più ardita dell’età dei Lumi; è inoltre un invito a proseguire il lavoro scientifico, laddove si sono arrestate le indagini dei philosophes, perché nulla vada dimenticato, ossia distrutto. Un aiuto poi a scoprirvi ciò che si volle anche occultare; un vademecum dell’opera nella sua complessità, di per sé un’altra opera ad essa ispirata. Quanto alla ispirazione e al metodo seguiti non c’è dubbio che dietro le spalle del mio lavoro c’è il Genette di Seuils anche se l’approccio è diversis21
G. Fragnito, La Bibbia al rogo: la censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura, 1471-1605, Bologna, Il Mulino, 2003; Ead., Proibito capire: la Chiesa e il volgare nella prima età moderna, Bologna, Il Mulino, 2005.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
14
INTRODUZIONE
simo: lo strutturalista francese ha avuto poco o niente a che fare con un impianto diacronico; le sue implicazioni sono per lo più strettamente letterarie mentre ciò che sta alla base del mio circumnavigare il testo è la volontà di calare nella loro evoluzione storica i fenomeni che sono stati registrati di un unico elemento paratestuale, peraltro quasi dimenticato in Seuils. Delimitati i temi, anch’io sono partita dai volumi a stampa prima ancora che dal corredo bibliografico. Sono stati gli esemplari consultati a guidarmi: mi è sembrato infatti importante stabilire un approccio immediato con i testi passati sotto la platina, soprattutto per quanto riguarda il libro degli esordi anche per rendermi conto sul campo delle profonde differenze, ma anche delle assonanze fra centri e centri. Ho considerato gli esemplari rintracciati in molti luoghi alla stregua di documenti d’archivio, ovvero come fonti primarie. Ho poi intrapreso uno scandaglio delle fonti bibliografiche. Molte sono state tuttavia avare per non dire aride: nonostante abbia percorso alcuni importanti epistolari di umanisti, che fra l’altro, quando sono di stampa recente, sono fra le opere meglio indicizzate, solo rare volte mi sono trovata a leggere frasi che riferissero sulla costruzione degli indici e su problemi relativi al loro allestimento. Sia tuttavia chiaro che non mi sono posta il problema di una vera e propria storia degli indici anche se ho seguito fin dove ho potuto una diacronia che tenesse nel debito conto il loro evolversi e il loro utilizzo, partendo dalle difficoltà che ebbero i primi mestieri del libro dietro al torchio nell’apprestarli e congiungerli al testo stampato o farne di esso parte integrante. Dalla trattazione sono stati esclusi gli indici manoscritti (tipologia molto ampia che include, fra i tanti, gli indici d’archivio), salvo quando fossero il frutto di particolari autori, che li stendevano, ad esempio, a corredo di proprie opere, frutto di elaborazione non sempre destinata alla pubblicazione. Parimenti si sono tralasciate le forme di indicizzazione proprie dei repertori bibliografici. Mi sono infatti riservata di leggere e far “leggere” forme indicali, entrando pure nelle dinamiche del loro allestimento, ma sempre legate ad una o a più opere monografiche date alle stampe, con l’unica eccezione dell’Encyclopédie. Ho cominciato a lavorare sugli indici nel 2001 e il primo articolo è apparso nel 2004. La maggior parte dei miei lavori ha avuto a riferimento soprattutto il libro dei primordi: mi è sembrato infatti quello un campo dove si è indagato poco e prevalentemente con ricognizioni dettate dal volere mettere in rilievo un prima e un dopo, senza accostarsi né alle opere né agli autori, da cui scaturiscono invece le scelte per dotare i testi di specifici apparati. Dai precedenti interventi ho tratto spunto per alcune parti del mio lavoro.22 22
Da un inedito di Albano Sorbelli: il Corpus chartarum e l’indice al commento di Bernardo Ilicino
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INTRODUZIONE
15
Fin dove mi è stato possibile non ho appesantito il testo con eccessive note. Ho provveduto a tradurre tutto ciò che costituisce citazione di un certo spessore, rimandando ad un indice speciale in appendice i brani delle varie lingue in originale con riferimento alle pagine del testo. Le frasi in latino e in altre lingue, ma soprattutto le innumerevoli pagine dell’Encyclopédie di cui mi sono avvalsa hanno costituito il più decisivo deterrente che mi ha indotto a questa scelta per favorire una lettura più agile, seppur sempre circostanziata, alla quale ha fatto seguito quella di dare, del noto Dictionnaire, alcuni stralci e frasi in originale tuttavia con gli accenti attuali e non con quelli usati all’epoca degli enciclopedisti. È forte inoltre la consapevolezza di aver indugiato soprattutto su autori italiani e produzione a stampa del mio paese: è in Italia che ho svolto gran parte delle mie ricerche ed è qui che mi sono sempre mossa con maggiore cognizione. Ho contratto debiti con molte persone, perché un libro è un viaggio fatto di tappe e di felici incontri avvenuti in ogni luogo fisico e virtuale che ha costituito il lungo e, a volte, faticoso tragitto. In ognuna delle tappe e in ognuno degli incontri ho ricevuto consigli e incitamenti a continuare nella difficile impresa. Sono grata pertanto a molti compagni di viaggio così come sono grata a molte istituzioni straniere e italiane che mi hanno accolto ed aiutato. Vorrei ricordare almeno alcuni di coloro che hanno reso più percorribili alcuni tratti, sollevandomi a volte dai fardelli del mio non sempre appropriato bagaglio di conoscenze: Carlo Galli, Anna Morisi Guerra, Rafael Lozano Miralles, Graziella Nesi, Brigitte Pasquet, Paolo Prodi, Adriano Prosperi, Ugo Rozzo, mons. Antonio Samaritani, Giovanni Venturoli. Ha raddrizzato il mio sui Trionfi, in L’Europa del libro nell’età dell’Umanesimo: atti del XIV Convegno Internazionale: Chianciano, Firenze, Pienza 16-19 luglio 2002, a cura di L. Secchi Tarugi, Firenze, Cesati, 2004, pp. 621-644; Avant Genette fra trattati e “curiosità”, in Sulle tracce del paratesto, a cura di B. Antonino, M. Santoro, M. G. Tavoni, Bologna, BUP, 2004, pp. 11-18 (si veda anche la sezione del catalogo dedicata agli indici, pp. 77-83); Sull’utilitas degli indici, «Paratesto», I (2004), pp. 13-22; “Per aconcio de lo lectore che desiderasse legiere più in un luocho che nell’altro”: gli indici nei libri a stampa, in I dintorni del testo: approcci alle periferie del libro, a cura di M. Santoro e M. G. Tavoni, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 2005, pp. 723-729; Nella tipografia di Bologna fra la fine del XVI e gli inizi del XVIII secolo: la letteratura silenciada degli indici, in Escrituras silenciadas en la época de Cervantes, M. Casado Arboniés, A. Castillo Gómez, P. Numhauser, E. Sola (editores), Alcalá de Henares, Universidad de Alcalá, 2006, pp. 297-312; Elementi del paratesto nelle edizioni dei Trionfi con il commento dell’Ilicino (secoli XV e XVI), in Il Petrarchismo: un modello di poesia per l’Europa, vol. 1, a cura di L. Chines, Roma, Bulzoni, 2007, pp. 349-371; Il proibito nelle edizioni italiane dell’Encyclopédie, in Testo e immagine nell’editoria del Settecento, a cura di M. Santoro e V. Sestini, Roma, Serra, 2008, pp. 11-26.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
16
INTRODUZIONE
incerto incedere, soprattutto in un capitolo, Gigliola Fragnito alla quale esprimo profonda gratitudine. Tutta una famiglia mi ha spesso soccorso, appianandomi la strada: Giuseppe Olmi, Silvia Munari, Federico Olmi ne sono i membri ai quali va tutta la mia riconoscenza, che estendo con medesimo affetto a Luisa Castelli e a Paolo Tinti, che mi hanno accompagnato in luoghi e spazi della ricerca. Nelle biblioteche di Neuchâtel, nell’Archivio di Stato e nella Biblioteca universitaria di Ginevra, nell’Universitaria di Basilea così come nella Nazionale francese, sia di Tolbiac sia di rue de Richelieu, e in quella inglese; nella Herzog August di Wolfenbüttel, nella Municipale di Nancy, e nella Bodleiana di Oxford, ma anche in Italia, in numerose istituzioni, in particolare a Firenze nella biblioteca Nazionale, a Roma nella Corsiniana e dei Lincei; così come nella Regionale panormitana, nella Provinciale di Foggia, nella Manfrediana di Faenza e a Bologna nella biblioteca di Discipline umanistiche in quella del Dipartimento di Italianistica, ho trovato sempre persone pronte a sorreggermi nei guadi spesso insidiosi che ho attraversato. Ai loro direttori e a tutti i preposti ai fondi antichi, che hanno reso meno difficile il peregrinare nei meandri e nelle maglie sempre più strette della conservazione, la mia più sincera gratitudine, gratitudine che indirizzo anche ai miei allievi Eleonora Azzini, Alberto Beltramo, Federica Rossi, Davide Ruggerini, Barbara Sghiavetta; e ad Annarosa Berselli, Livia Castelli, Anna Rosa Gentilini, Franco Pasti, Astrid Ploner, Piero Scapecchi e Marco Serra che hanno costruito ponti sicuri affinché potessi traghettare in diversi testi di altre biblioteche italiane, in particolare in quelli conservati nell’Archiginnasio, nell’Universitaria e nell’Istituto di scienze religiose della mia città. Un attestato di stima e di riconoscenza lo indirizzo anche a Sergio Reyes che ha abbracciato da subito il mio circumnavigare facendolo approdare alle sapienti e ospitali rive dell’editore Liguori. Il pensiero più grato lo riservo a due guide d’eccezione, Françoise Waquet e Andrea Battistini, amici e colleghi che non mi hanno mai abbandonato, che, anzi, mi hanno seguito passo a passo in ogni forma e in ogni modo, leggendo i capitoli quasi in simultanea alla loro uscita dal computer, spronandomi nelle numerose difficoltà incontrate con l’offrirmi costantemente l’appiglio giusto cui aggrapparmi. Strada facendo ho perso mio marito. Mi è venuto pertanto a mancare il dialogo serrato con il compagno di viaggio più importante. Con lui ho potuto solamente abbozzare qualche itinerario, soprattutto quello dei primordi della stampa che, sebbene fosse il più lontano dai suoi interessi, lo ha trovato, come sempre, interlocutore vigile e partecipe. A mio marito, che mi ha forgiato e di cui ricordo il monito: «cerca di scrivere per farti leggere», è dedicato questo libro, con l’assoluta consapevolezza di non essere riuscita, neppure questa volta, a meritare appieno il suo plauso. Bologna, agosto 2009
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
I
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO INDICI FRA MANOSCRITTI E LIBRI A STAMPA I parenti poveri dei bibliografi Gérard Genette ebbe a precisare il termine di paratexte in Palimpsestes.1 Tentando una semplificazione dei suoi concetti, il paratesto può essere definito come il rapporto che l’insieme formato dall’opera letteraria, il testo propriamente detto, mantiene con ogni elemento segnico che gli fa da “corona”. Teorico della letteratura e strutturalista, Genette è attento alla evoluzione letteraria, alla personalità del libro più che alla sua oggettualità, che tuttavia insegue col calarsi in alcuni aspetti salienti delle più rilevanti manifestazioni, riservandosi un approccio inteso a svelare i messaggi degli enunciati verbali o d’ordine visivo di un testo. Dalla Introduzione di Seuils si coglie il suo profondo convincimento di essersi dedicato al tema in modo «sincronico». Il suo proposito infatti «non è ispirato da alcun disprezzo per la dimensione storica, ma – ancora una volta – dalla sensazione che si debbano definire gli oggetti prima di studiarne l’evoluzione».2 Non è quindi un limite del libro la mancanza di una diacronia, ma una scelta meditata e quasi una necessità. È un assunto che porta lo studioso francese a limitare il campo e a tener soprattutto conto delle espressioni letterarie proprie di molti preliminari del testo in funzione della loro ricezione, del loro «consumo». Seppure con una visione sistematica che a volte può apparire perfino dogmatica e con un insistito accento sulla produzione francese, Genette è comunque il primo, unico e insostituibile trattatista contemporaneo a consegnarci un quadro organico di tutto ciò che contorna e prolunga la vita di 1
G. Genette, Palimpsestes. La littérature au second degré, Paris, Seuil, 1982. Id., Soglie. I dintorni del testo, a cura di C. M. Cederna, Torino, Einaudi, 1989 (ed. orig. Paris, Seuil, 1987), p. 15. 2
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
18
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
uno scritto quando diviene pubblicazione con gli espedienti che si annidano nella confezione di un prodotto, appunto il libro. L’originalità e la struttura logica sempre sottese al suo pensiero sono imprescindibili per capire, ad esempio, come si elaborassero, e ancora si elaborino, le “esche” per incidere sulla coscienza collettiva con le precise e incalzanti strategie legate alla sfera del mercato. Leggendo e rileggendo Genette, si può senz’altro affermare che il libro si pubblicizzava da sé con frontespizi, lettere di dedica, avvisi ai lettori, ma anche immagini e formati, coniugando in un solo linguaggio la vocazione di dare una forma capace di avvicinare o, al contrario, di allontanare il lettore, o meglio il destinatario, fosse ad esempio solo collezionista nell’accezione anche più maniacale del termine. Forse perché Genette non si spinge troppo addietro nel tempo, forse perché le manifestazioni dei libri antichi non entrano nella sua incisiva speculazione, gli indici rimangono gli unici elementi paratestuali decisamente in sordina nella sua trattazione. Ad essi dedica un breve paragrafo unendo gli indici ai titoli correnti. Si esprime in proposito asserendo che «l’indice, in linea di massima, non è altro che uno strumento di richiamo all’apparato titolare – o di presentazione quando si trova all’inizio, come spesso succedeva una volta, e ancor oggi nei libri tedeschi o angloamericani».3 Poco di più su di un aspetto che invece è all’origine dell’indagine che ho inteso svolgere. Se perfino uno strutturalista quale Genette ha riservato poche frasi al problema, non deve meravigliare che bibliografi di provata levatura abbiano considerato assai poco il particolare elemento paratestuale che non a caso ha una storia che coincide con l’apparition du livre e segna un cammino contrassegnato dalle conquiste tecniche della tipografia dentro al libro a stampa così pure nella sua autonoma fenomenologia. Proprio quanto alla loro struttura, mancano studi approfonditi in merito. Hans Wellish, che ha fornito una indagine tassonomica di rilievo, si è attardato a fornirci dati utili, ma disgiunti dalla conoscenza della fisionomia specifica degli indici della sua ampia campionatura rinvenuta prevalentemente a Washington in varie biblioteche e in altre prestigiose libraries del nord America. Lo studio, che si basa su 970 titoli, di cui 63 elencati nell’Appendix – una vera miniera – porta l’autore a fornire con precisione le percentuali delle presenze suddivise per ambiti disciplinari, inducendolo tuttavia a concludere, non senza forte semplificazione, che vi si trovano le due più importanti tipologie, quella dei nomi o degli indici tematici, tolti i casi in cui si presentano in entrambe le soluzioni. Nessuna indicazione per come in realtà gli indici si presentano, per quale sia la loro
3
Ivi, p. 311.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
19
architettura, quali le macroscopiche differenze fra le due diverse tipologie.4 970 titoli sono un congruo paniere, ma un dato certo è che i libri antichi sono un numero maggiore di quanto si possa immaginare e che di tutti non si è mai dato sufficiente spazio ai vari elementi che li contraddistinguono. Mentre è nei libri dei primordi che si celano molte delle innovazioni che stanno alla base della struttura indicale. La miriade di incunaboli non è segnalata nella sua interezza, neppure dalle grandi bibliografie e dalle banche dati più ragguardevoli. Il repertorio anglosassone allestito dalla British Library, oggi il più completo esistente,5 dichiara di aver censito circa trentamila edizioni, che tuttavia rappresentano solo ciò che di quel vastissimo portato è giunto sino a noi.6 Stando infatti ad una stima, confortata da studiosi di notevole acribìa, occorre aumentare il numero delle edizioni effettivamente uscite dai torchi nel Quattrocento, sino a sfiorare le trentacinquemila unità. E un tale incremento del novero dei nuovi prodotti librari, a ben guardare, non deriva solo, come scrivono autorevoli bibliografi, dal fatto che di molte intraprese tipografiche non sopravvive oggi neppure un esemplare. Accade, invece, che talune edizioni, soprattutto quando accorpano testi di celebri autori, ad uno sguardo più accurato rispetto al passato rivelano caratteristiche proprie di distinte manifestazioni, dotate di contrassegni individuali. Edizioni prima concepite come unitarie, risultano cioè separate, in virtù della presenza, ad esempio, di indici autonomi e indipendenti, evidentemente escogitati per corredare stampe diverse. Proprio questi elementi del paratesto, per dirla sempre con Genette, così utili all’esame concreto degli esemplari giunti sino a noi, sembrano essere stati i parenti poveri delle trattazioni bibliologiche, perfino delle esplorazioni più agguerrite e ritenute più complete.7 Gli indici, invece, sono abbigliamenti del testo assai importanti perché consentono di circumnavigarlo e agevolano non poco la sua compulsazione, in particolare quando esso raggiunge una mole imponente. Ricorrere all’indice permette allo studioso, al professionista, al lettore nel senso più generale e generico del termine, di ritrovare con 4
H. Wellish, Incunabola indexes, in Mercurius in trivio: studi di Bibliografia e Biblioteconomia per Alfredo Serrai nel 60° compleanno (20 novembre 1992), a cura di M. Cochetti, Roma, Bulzoni, 1993, pp. 203-221, ripubblicato in «The indexer», XIX, 1994, pp. 3-12. 5 Si tratta del The Illustrated ISCT, 2. ed., Reading, Primary Source Media, 1998. Una versione aggiornata della banca dati, tuttavia priva di immagini, dell’Incunabula Short-Title Catalogue è consultabile anche dal sito della British Library (http://www.bl.uk/catalogues/istc). 6 Si veda per quanto si è perso del patrimonio incunabolistico N. Harris, La sopravvivenza del libro, ossia appunti per una lista della lavandaia, «Ecdotica», IV, 2007, pp. 24-65. 7 In Italia si ricordino almeno L. Baldacchini, Lineamenti di bibliologia, Roma, NIS, 1992; V. Romani, Bibliologia: avviamento allo studio del libro tipografico, nuova ed. riveduta, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2004.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
20
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
rapidità un capitolo, un brano, un nome, un personaggio oggetto della sua curiosità. E, come si vedrà disteso nei vari capitoli, soprattutto là dove ci si attarda sulle strutture formali e concettuali degli indici, essi si pongono quale ausilio per la memoria, che nel Medioevo si avvaleva di schemi visivi, se non di vere e proprie immagini. Gli indici sono, in molti casi, la pietra angolare del testo e, di necessità, dell’edizione che ne riporta il dettato. Basti pensare che la loro storia tipografica ha origine fin dagli albori della stampa, che ancora una volta trascina in tipografia forma e sostanza dei codici manoscritti. Va infatti rilevato che intorno alla metà del XV secolo, con l’avvento dei caratteri mobili, gli indici si elaborarono fin da subito, seppur con organizzazioni meno complesse rispetto a quelle del manoscritto, un prodotto che perdurerà lungo tutta l’età moderna. L’esigenza di offrire accessi sempre più rapidi al testo, in armonia con la loro richiesta da parte dei lettori, era divenuta assai diffusa ben prima dell’invenzione del nuovo prodotto dell’ars artificialiter scribendi. Il libro a stampa, con uno sguardo puntato ai supporti scrittorii che lo avevano preceduto, altro non farà se non portare alle estreme conseguenze bisogni da tempo avvertiti.
Nuovi prodotti, nuove tecniche Procedere tenendo presente che cosa vi è alle spalle degli indici a stampa, consentirà di meglio inquadrare il problema. Si prenda le mosse da quando la cultura si insediò stabilmente nelle città, in forme anche laiche e disgiunte dalle gerarchie ecclesiastiche, in particolare all’interno degli Studia, le antiche università europee. Nel XIII secolo poté registrarsi un forte incremento dei dispositivi per ridurre a categoria, ordinare e dunque rendere evidente e recuperabile un numero sempre più vasto di informazioni. L’autonomia degli indici, maturata negli oltre dieci secoli di storia del codex, con elaborazioni ottenute attraverso loci e imagines, sviluppa infatti tutte le sue potenzialità in epoca vicina alla stampa.8 Basti pensare che vi furono perfino autori, che vissero prossimi alla nuova invenzione, capaci di teorizzare l’assetto paratestuale assunto dalla propria pagina, certi che l’edizione manoscritta di un’opera non dovesse trascurare neppure questi aspetti. Lorenzo Valla (1405/07-1457) è annoverato fra gli umanisti che per primi impartirono precise disposizioni ai propri copisti in merito alla dispo8 L’arte della memoria per figure, a cura di M. Gabriele, postfazione di U. Rozzo, Trento, La Finestra, 2006.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
21
sizione e all’articolazione che doveva assumere la trasmissione di proprie opere. Tra i dettagli passati al vaglio dell’autore delle Elegantie figurano anche gli indici, che non furono mai oggetto di esplicite dichiarazioni da parte del Valla, ma che tuttavia appaiono con vistosa e non casuale frequenza nei suoi manoscritti. Gli apparati riguardano sia caratteri formali di mise en page del testo (ad esempio vi sono indici per capitoli o per altre partizioni interne, che, come si vedrà nel prossimo paragrafo, saranno più propriamente detti sommari) sia attributi sostanziali, come sono gli elenchi di vocabula oggetto dell’acribìa del lessicologo.9 E non sarà un caso che proprio le Elegantie del Valla apparvero quasi simultaneamente in prima edizione presso tre officine tipografiche in separati assetti editoriali, associati ad altrettanti indici, che furono rielaborati a partire da diversi modelli manoscritti, ma forse anche – e lo proveremo in seguito – da professionisti di diversi livelli. Tra il 1471 e i primi mesi dell’anno seguente il capolavoro filologico di Valla, come è noto, fu stampato a Roma, a Venezia e a Parigi. Tutte e tre le edizioni, pur essendo prive di segnatura, cartulazione, richiami e altri espedienti di orientamento tipografico, non rinunciarono all’apparato degli indici, che assunsero forme e aspetti completamente differenti. Nella stampa romana, la princeps stampata da Giovanni de Lignamine, l’indice si presenta in forma di sommario, ossia organizzato per titoli dei capitula e delle rubricae in cui è scandito il testo. Assai più ricco è invece l’indice della raffinata stamperia di Nicolas Jenson, il quale nel proemio all’indice stesso si premura di illustrare al lettore il «compendiosae collectionis in ordinem alphabeti directae principium» che presiede al sorvegliato funzionamento dei suoi lemmi, congiunti sempre ai capitoli e alquanto numerosi (non solo i vocaboli commentati da Valla, ma anche perifrasi e loci communes), eppure in ordine non rigidamente alfabetico. Ma la maggiore articolazione l’indice delle Elegantie la tocca, sempre in quel brevissimo torno di anni, per la stampa parigina voluta da Jean Fichet e da Johann Henylin (o Jean La Pierre o Giovanni a Lapide), socii sorbonisti entrambi docenti e umanisti dell’università e «direttori letterari» della prima tipografia della capitale francese, non a caso impiantata nei pressi della Sorbona. In un abile contrappunto Pier Paolo Senile e Heynlin, la cui corrispondenza accampa le prime carte delle Elegantie parigine, si scambiano notizie per noi preziosissime perché portano a definire chi in verità attese alla interpretazione e correzione delle molte mende nelle copie manoscritte 9 M. Regoliosi, Il paratesto dei manoscritti, «Paratesto», III, 2006, pp. 9-33, part. pp. 26-27. Si è scelta la forma del titolo usata per l’Edizione nazionale delle opere di Lorenzo Valla.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
22
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
delle Elegantie che giravano a Parigi a quell’altezza cronologica. Senile fu il correttore degli errori lasciati nelle carte dai copisti definiti, da lui stesso, «barbari»; Heynlin, il costruttore del fascicolo con la successione dei capitoli all’interno dei sei libri, ovvero del sommario, e del mirabile indice allestito affinché «quisque possit quod sibi volet vocabolum sine labore desumere». Richiamandosi espressamente all’indice di Jenson, la «compendiosa collectio» che Henylin volle destinata alla sua edizione di Valla, si distribuisce in tre livelli. Dapprima compare il sommario con l’elencazione rapida dei libri in cui si sviluppa il trattato; poi una sommarizzazione più approfondita, che passa in rassegna tutti i capitoli di ciascun libro con i relativi titoli; da ultimo l’indice vero e proprio, ordito con un rigido schema alfabetico (quasi perfetto), dove si infittiscono i lemmi valliani, ricondotti sempre alla «librorum capitolorumque annotatione». La necessità di associare alle Elegantie un valido accesso indicale, preannunciato già dal loro autore nella manifestazione manoscritta, fu talmente avvertita anche dai lettori che esemplari delle stampe quattrocentesche mutile del fascicolo contenente l’indice, sin dal secolo XV furono contornate di marginalia e indici scritti a mano.10 Tuttavia la continuità tra tradizione manoscritta e tradizione a stampa non è processo scontato. Escogitare tecniche per ottenere la mappatura del testo ut facilius inveniantur i passi oggetto di ricerca, per usare la formula con cui si commentava l’utilitas degli indici, protagonista di un altro capitolo, prevedeva l’uso di coloriture più chiare o più scure, la visualizzazione di schemi grafici, la riduzione di capitoli a lemmi che ne definivano sinteticamente il contenuto, i rinvii a capitoli, carte o colonne, i registri alfabetici e molti altri orditi logici particolarmente elaborati. Da tempi assai remoti, i manoscritti avevano escogitato e praticavano con abbondanza i segni di attenzione, ossia espedienti grafici (quando non vere e proprie figurazioni),11 quali graffe e maniculae, che la cassa dei caratteri provvederà a riproporre con equivalenti in metallo. Lo scopo sotteso ad ogni operazione di evidenziazione e di indicizzazione era quello di raggiungere con il minimo sforzo porzioni testuali sempre più minute, valendosi di una rete capillare di simboli e rimandi, iconici quanto testuali. Rinvenire un passo, trovare un nome citato, offrire chiavi per esimere il lettore dallo scorrere tutto un volume per scovare ciò che in realtà gli serve, senza attardarsi in altre indicazioni sparse nel testo e non pertinenti ai propri 10 M. G. Tavoni, Il paratesto delle Elegantie tra manoscritti e primi libri a stampa, in Valla e l’umanesimo bolognese, a cura di G. M. Anselmi e M. Guerra, in corso di stampa. 11 Celebri sono quelli petrarcheschi: M. Fiorilla, Marginalia figurati nei codici di Petrarca, Firenze, Olschki, 2005.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
23
bisogni, è fine proprio anche della stampa di antico regime tipografico, per usare la traduzione di una felice definizione di Roger Chartier, che così ha identificato il periodo tipografico manuale dai primordi fino ai primi decenni del XIX secolo. Un indice, nella sua architettura logica, soprattutto all’altezza cronologica dei primi incunaboli, rappresentava dunque uno spazio essenziale per rinvenire i passi oggetto di riconoscimento, incontrando un lettore meno provveduto di memoria rispetto al passato, e in grado di utilizzare anche solo i riferimenti indicali per aver chiari i contenuti di un volume. Stabilito che gli indici manoscritti erano già al tempo un elemento imprescindibile per la storia della lettura, soprattutto quando permettevano l’individuazione degli interessi di chi si accingeva a usare del testo una parte anziché un’altra, va ribadito che nella loro forma a stampa – lo ricordano anche Guglielmo Cavallo e Roger Chartier –12 restano tributari, anzi eredi diretti, dell’assetto dei codici soprattutto del periodo immediatamente precedente l’avvento della stampa. L’annosa quaestio della continuità o frattura fra libri manoscritti e libri a stampa trova, quanto agli indici sotto il torchio, rispondenza in un codice semplificato, seppur sempre dipendente dai modelli del passato. L’asserzione di Francis A. Yates, molto a latere del suo profondo assunto, la quale si esprime con queste parole volutamente non tradotte: «The schematic layouts of manuscripts, designed for memorisation, the articulation of a summa into ordered parts, all these are disappearing with the printed book which need not to be memorised since copies are plentiful»,13 non può trovare sostenitori. Già con i pionieristici studi di Mary e Richard Rouse,14 oltre che con Fabula in tabula,15 è stato significativamente rilevato che il codex di età basso medievale era spesso dotato di indici e che proprio in ambiente manoscritto grande fu la preoccupazione degli accessi, resi praticabili dalla libertà concessa dalla pagina tutta manuale. Il ricorso a forme di indicizzazione per agevolare processi mnemonici organizzati in appositi spazi risulta infatti imprescindibile anche con i caratteri tipografici. La ripartizione del materiale trattato diventa ripartizione del volume che 12 Si veda l’Introduzione, in Storia della lettura nel mondo occidentale, a cura di G. Cavallo e R. Chartier, 2. ed., Roma-Bari, Laterza, 1999, pp. V-XLIV. 13 Cito dall’edizione originale per evitare fraintendimenti: F. A. Yates, The art of memory, London, Routledge and Kegan Paul, 1966, p. 124; ed. italiana Torino, Einaudi, 1972. 14 M. A. e R. H. Rouse, La naissance des index, in Histoire de l’édition française. Le livre conquérant. Du Moyen Âge au milieu du XVII siècle, Paris, Promodis, 1982, pp. 77-85 e Id., Concordance et index, in Mise en page et mise en texte du livre manuscript, sous la direction di H.-J. Martin e J. Vezin, préface de J. Monfrin, Paris, Promodis, 1990, pp. 219-228. 15 Fabula in tabula: una storia degli indici dal manoscritto al testo elettronico, a cura di C. Leonardi, M. Morelli e F. Santi, Spoleto, Centro italiano di studi sull’alto Medioevo, 1995.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
24
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
si manifesta nell’index o meglio nella tabula, termini desunti anch’essi dalla codicologia e usati come sinonimi. Appare ancora valida l’osservazione di Walter J. Ong a proposito dell’indice alfabetico che «si trova […] all’incrocio fra la cultura orale-aurale e quella che si fonda sulla vista».16 I sistemi di riferimento, volti a soccorrere e agevolare la memoria di epoca antica, si traducono in scelte tipografiche che privilegiano gli assetti più semplici, quelli soprattutto verbali. Semmai escogitano tecniche che portano alle estreme conseguenze prassi già adottate dal testo scritto a mano, in modo episodico e, forse, con finalità in parte differenti. La cerchia dei lettori si è di molto ampliata e la duplicazione del codice non è da sola sufficiente a soddisfare le esigenze di lettura e di approfondimento. Poter disporre di copie grazie al sistema meccanico che permette alte tirature, diventa una necessità. Va da sé che è antieconomico, e ormai anche anacronistico, dare chiavi d’accesso iconiche. Se è vera la felice definizione per cui ai primordi del libro tipografico si può parlare della analogia fra «manuscript and print»17 perché nelle funzioni e nel pubblico non vi erano sostanziali differenze fra i due prodotti, è pure importante precisare che quanto agli indici si procedette dando la precedenza ai più semplici dispositivi di accesso al testo. Perché non tutte le conquiste del manoscritto, frutto di una sperimentazione plurisecolare, furono immediatamente accolte nella forma tipografica. Perché ciò avvenne? Cosa spinse i tipografi ad abbandonare la strada intrapresa dal libro uscito dallo scriptorium del copista? Tra i tanti fattori, sicuramente quelli tecnici giocarono un ruolo preminente, non solo per gli indici.
Difficoltà della mise en page Circa la complessità di costruire la pagina tipografica con inseriti note, commenti e altri riferimenti interni, numerose sono le testimonianze, rintracciabili sin dal XV secolo e provenienti da tipografi, editori e autori, tutti implicati nei molti aspetti della fenomenologia dei primi libri a stampa. Nel 1469 Giovanni Andrea Bussi (1417-1475), ad esempio, nella prefazione alle Noctes Atticae di Gellio, fra le opere più edite in assoluto,18 rileva l’insormontabile 16 W. J. Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Bologna, Il Mulino, 1986, p. 178 (ed. orig., London-New York, Routledge, 1982). 17 L. Hellinga, The codex in Fifteenth century: manuscript and print, in A potencie of life: books in society: the Clark Lectures 1986-1987, ed. by Nicolas Barker, London, The British Library, 1993, p. 63. 18 Aulio Gellio, Noctes Atticae, Roma: in domo Petri de Maximis, 11 Apr. 1469 (ISTC ig00118000).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
25
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
difficoltà dei prototipografi tedeschi Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz di posizionare correttamente le chiose riservate al vescovo di Aleria a fianco del testo gelliano corrispondente. Bussi così risponde alle critiche mossegli per la mancanza di una chiara distinzione tipografica, spiegando a papa Paolo II, destinatario dell’epistola prefatoria, alcuni dei motivi per cui non ha potuto procedere in modo da intrecciare con maggior chiarezza i suoi scritti con quelli gelliani, nonostante ne avesse avvertito l’esigenza per facilitare la lettura dell’edizione che veniva predisponendo: Era anche mia intenzione – sebbene vedessi che sarebbe stato difficile – che le mie cose fossero interposte a quelle di Gellio nel modo più indolore possibile; ma era del tutto impossibile ai nostri stampatori collocare alcunché ai margini e le cose che riguardavano la necessità di comprendere l’opera non potevano essere in nessun modo separatamente collocate in un piccolo commento.
Il vescovo di Aleria tuttavia non si arrese e, anzi, ideò uno stratagemma per aggirare l’ostacolo: Tuttavia, affinché anche da noi fosse ben testimoniata la distinzione (sebbene non sia difficile riconoscere le cose aggiunte anche soltanto guardando al filo e alle linee del testo in sé, come il pino si distingue dalle tamerici) io ho indicato le aggiunte frutto del mio lavoro con un segno particolare e sempre ho anteposto l’espressione “id est”, in modo che sia coloro che fossero di ingegno più acuto e di orecchie più sensibili nel giudicare, sia coloro che non potessero valutare con la stessa bilancia, fossero in grado tutti quanti di discernere le cose aggiunte e riconoscessero agli autori la loro purezza, a noi la nostra volontà di rendere un servizio a tutti gli studiosi.
Subito dopo invita i lettori ad aguzzare lo sguardo e a personalizzare il ritrovamento delle traduzioni e di altre osservazioni apposte alle Noctes Atticae: Poiché non è possibile agli stampatori fare altrimenti, non dispiacerà ai lettori distinguere ciascuno nel proprio volume, per mezzo delle linee, le traduzioni segnalate con l’indicazione “id est”.19
19 G. A. Bussi, Prefazioni alle edizioni di Sweynheym e Pannartz prototipografi romani, a cura di M. Miglio, Milano, Il Polifilo, 1978, p. 25. Il testo, in latino, è stato tradotto da chi scrive; la trascrizione differisce di pochissimo rispetto a quella magistralmente eseguita da Massimo Miglio.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
26
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
La soluzione del problema trova conferma nella pagina tipografica dell’incunabolo, che risulta essere un groviglio di caratteri fra i quali spunta appunto la formula id est, a seguito sempre di termini in greco, per tenere ben distinte, senza possibilità alcuna di confusione, le parole di Gellio da quelle di Bussi. La separazione dei ruoli non è solo legata alla volontà di ottenere un prodotto di agevole fruizione da parte degli acquirenti, ma tradisce tutta la consapevolezza con cui Bussi riveste il proprio ruolo di curatore, ovvero di editor, nel significato ancora in uso nelle lingue anglosassoni. Non è un caso che nel primo atelier parigino i due docenti che ne furono i promotori, Fichet e Heynlin, escogitassero un modo semplice per articolare meglio la lettura: la divisione dei libri e dei capitoli e l’aggiunta di indici. Siamo nei primissimi anni settanta, ma ancora nel 1492 Heynlin dalla Certosa di Basilea, dove era riparato, seguiva con il medesimo entusiasmo di Parigi un suo allievo anch’egli sorbonista, quel Johann Amerbach che nella città renana impiantò una famosa tipografia. È ancora il problema di rendere più appetibili i testi che induce Heynlin a proporre ad Amerbach di dividere il testo per libri e per capitoli e farli precedere da brevi sintesi degli argomenti «perché così risultino al lettore meno noiosi e più comprensibili».20 Vengono cioè escogitati marchingegni che avranno una continua applicazione nel tempo ancor prima che siano altri stratagemmi a permettere di meglio fruire delle pagine a stampa quando se ne volevano fermare le impressioni. Quanto ai riferimenti interni, ancor più direttamente legati agli indici e al loro corretto funzionamento, si ricordi l’uso tardo delle segnature, ovvero delle cifre (numeri, lettere o simboli che fossero) impresse in genere al recto della prima metà delle carte costituenti il fascicolo. La necessità principale di ogni mappatura del testo, infatti, si dovrebbe tradurre anzitutto nell’apposizione di segni inequivocabili a definire con certezza gli spazi tipografici e le loro unità di produzione e/o di lettura: segnature dei fascicoli, apposizione di numeri o altre serie in sequenza a carte, pagine o colonne. Nei primi incunaboli, che opportunamente vengono chiamati paleotipi, al contrario, non vi è nulla che possa identificare il passaggio da un fascicolo o da una carta a quelli successivi, dal recto al verso di una pagina, da una colonna all’altra. La produzione del testo e la sua lettura sono tuttavia assicurate: ecco la ragione per cui tali contrassegni tardano ad affermarsi definitivamente. L’assenza di quei segni, infatti, – lo ricorda Henri-Jean Martin, caposcuola della storia del libro – non inficia nessuna delle modalità di lettura e quando le segnature 20
Johann Amerbach, Die Amerbarbachkorrespondenz, bearbeitet und herausgeben von A. Hartmann, Basel, Verlag der Universitätsbibliothek, 1942-1995, vol. 1, p. 31, (lettera 23, datata Basilea, 1492).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
27
dei fascicoli appariranno, saranno un ausilio solo per l’ultimo degli artieri che svolge un mestiere antico, quello del legatore, ovvero di colui che conosce l’arte di cucire insieme i fascicoli ottenuti dalla piegatura e dall’assemblaggio dei fogli impressi, così da formare il libro. Le segnature dei fascicoli, che rappresentarono per tutto l’antico regime tipografico indispensabili punti di riferimento per i professionisti del libro, non apparvero, com’è noto, prima degli anni settanta del Quattrocento. Basti pensare che in molti paleotipi perfino il richiamo, ovvero la parola in fondo alla pagina messa in evidenza in quanto prima parola della pagina successiva, troverà impreparati gli artieri della Bologna del Quattrocento. Riproducendo richiami manoscritti di antichi codici, i tipografi posizioneranno i loro equivalenti tipografici con estrema difficoltà, con l’abile e rocambolesco ricorso a quadrati e quadratini, imposti nella forma con particolare maestria, già rilevata nel Settecento dal bibliografo francese Gervais-François Magné de Marolles.21 La latitanza di ogni forma di numerazione per carte, pagine e colonne, requisito che faciliterà di molto i meccanismi indicali di rinvio, non mise a dura prova i lettori dei paleotipi. Essi, infatti, nei primi decenni della stampa non lamentarono una simile carenza mentre, ad esempio, accusarono molto precocemente gli stampatori di infarcire le forme tipografiche di errori, tanto da trasformare tale accusa in una sorta di topos dei preliminari al testo. La prima edizione del De architectura di Vitruvio, apparsa a Roma a cura del grammatico Giovanni Sulpizio da Veroli tra il 1486 e il 1487, non è cartulata né paginata, come non si registra alcuna presenza di segnature e di richiami.22 Il grammatico umanista, autore dell’errata corrige e dell’index non si è minimamente preoccupato di tali assenze e ha costruito l’apparato indicale secondo la partitura del testo, senza alcuna numerazione di rinvio. I lemmi dell’indice, con spazi per lettere capitali miniate, a volte riempiti da lettere guida, scandiscono la successione dei capitoli e si traducono in brevi regesti di porzioni del trattato dell’architetto augusteo, brevi o articolati enunciati in forma di complementi d’argomento (ad es. De hostiis operum & balnearum fenestris, De calce, etc.). Si potrebbe ipotizzare che la semplicità della griglia allestita nell’index del Vitruvio romano dipendesse dall’anonimo stampatore (l’incunabolo è infatti sine notis) e dalla arretratezza della sua officina tipo21
Gervais-François Magné de Marolles, Recherches sur l’origine et le premier usage des registres, des signatures, des réclames, et des chiffres de page dans les livres imprimés, tradotte e curate da M. G. Tavoni, Sala Bolognese, Forni, 2008 (rist. anast. ed. Paris, chez Barrois l’ainé, 1783), pp. XVI-XVII, 49, 40. 22 Cfr. Sulle tracce del paratesto, a cura di B. Antonino, M. Santoro, M. G. Tavoni, Bologna, BUP, 2004, p. 79, scheda di M. Guardo e M. G. Tavoni.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
28
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
grafica. In verità vi sono valide ragioni per ritenere che non si tratti di una difficoltà tecnica propria di una bottega o di specifiche categorie di operatori tipografici non sufficientemente attrezzati. Neppure il principe degli stampatori umanisti, Aldo Manuzio, farà pronto ricorso alla paginazione, introdotta, ma senza continuità, solo a partire dalle Cornucopiae di Niccolò Perotti, nel 1499.23 Il secolo non era trascorso invano e dal pubblico degli acquirenti della merce libraria presero forse a sollevarsi le prime, timide, rivendicazioni. Una parte dei compratori del libro chiedeva agli editori di apporre la numerazione su carte, pagine o colonne tipografiche, e al grande editore umanista non restò che prendere atto di questa necessità. I compositori al suo servizio trovavano ancora inutile, o difficilmente praticabile, un simile requisito. Così l’editore romano perseverò nella tradizionale assenza di riferimenti e, fiero del proprio prestigio indiscusso, esortò i lettori stessi a far fronte alle dichiarate necessità. Se le pagine non erano numerate, i lettori potevano con facile esercizio conteggiarle manualmente, apponendo i numeri ai margini: «nota tibi in extremitate libri arithmeticis numeris singulas chartas», così afferma Aldo nel Dictionarium Graecum edito nel 1497.24 Manuzio fu peraltro fra i primi, se non proprio il primo, ad apporre indici ai testi greci e latini alla fine del Quattrocento, superando anche la difficoltà della mancanza di una paginazione continua e dovendo quindi rinviare alle segnature dei fascicoli, al foglio di ogni segnatura, o ai capitoli.25
L’altezzoso suggerimento aldino, dovuto evidentemente alla «fatica tipografica di calcolare e apporre numeri sul foglio»,26 oggi più che comprensibile, incontrò in passato la sorpresa, se non lo sdegno, di famosi bibliografi, fra i quali il Renouard che definì «singulier» il monito di Aldo al punto da farlo sbottare nella frase: «Comme s’il n’eut pas été plus simple de le chiffrer à l’impression!», in piena consapevolezza delle accezioni del verbo chiffrer per essere non solo bibliografo, ma anche tipografo avvertito.27 Eppure ancora nel 1680 gli errori di numerazione, proprio in rapporto ai riferimenti degli in23 N. Perotti, Cornucopiae linguae Latinae, Venezia, A. Manuzio, Lug. 1499 (ISTC ip00296000). 24 Lexicon Graeco-Latinum, Venezia, A. Manuzio, Dic. 1497 (ISTC ic00960000). 25 Fabula in tabula, cit., pp. 3-4. 26 C. Vecce, Aldo e l’invenzione dell’indice, in Aldus Manutius and Renaissance culture. Essays in memory of Franklin D. Murphy, ed. by D. S. Zeidberg [et al.], Firenze, Olschki, 1998, pp. 109-141. 27 A. A. Renouard, Annales de l’Imprimerie des Alde, 3. ed., Paris, J. Renouard, 1834 (1. ed. 1803).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
29
dici, dovevano essere abbastanza comuni se lo stampatore madrileno Alonso Víctor de Paredes nell’ottavo capitolo della sua Istitución y origen del arte de la imprenta, contenente anche regole generali per i compositori, ammoniva i componedores a prestare molta attenzione alle sequenze dell’imposizione su due colonne degli «Indices de cosas notables, ò Lugares de Escritura, y para las citas que hazen los Autores de otros libros». Nulla è più spiacevole per un lettore, proseguiva Paredes, di ritrovare indicizzati un concetto (cosas notables), un passo biblico (Lugares) o una citazione (citas) desiderati per poi non rinvenirli più nella carta, nella pagina o nella colonna registrate dall’Indice stesso a causa di una scorrettezza «por el numero».28 I tipografi dei primi libri a stampa, che non possono neppure fare affidamento sulla numerazione delle carte e meno che mai su quella delle pagine, trovano comunque sempre più avvertiti stratagemmi per dotare di indici i paleotipi, senza costringere gli acquirenti alla numerazione manuale che con la stampa si avverte sempre più anacronistica. Non solo l’assenza di riferimenti e di partizioni tipografiche precise caratterizza il peculiare assetto del testo tipografico, come ereditato dallo scritto manuale. Si continui a sfogliare un incunabolo dei primordi e si troverà che alla fine del XV secolo molti tipografi non conoscevano neppure l’interruzione delle linee tipografiche. Nessun paragrafo, nessuna divisione. L’antico assetto della scriptio continua, in origine dettata dalla penuria degli spazi scrittori, affidati a supporti tanto costosi quanto limitati, nel libro tipografico risulta un meccanismo ormai immotivato. Esso comportava che si leggesse con la penna in mano, pronti ad intervenire con annotazioni o anche semplicemente con segni per sottolineare passi sui quali ritornare.29 Le pratiche si confondono: un blocco di linee di caratteri tipografici di difficile lettura si armonizza quindi con indicazioni manoscritte di riorganizzazione. Occorrerà affinare molto i meccanismi di marcatura del testo – per usare un’espressione presa a prestito dai contemporanei linguaggi di programmazione informatica –, spingendosi anche all’interno dell’unità minima di lettura rappresentata dalla pagina, procedendo a scomposizioni minute in paragrafi, sottoparagrafi, enunciati ancor più limitati sia concettualmente sia dal punto di vista spaziale. È evidente che la pagina come siamo soliti oggi consultarla, è ben diversa da quella del lontano passato. 28
A. Víctor de Paredes, Istitución y origen del arte de la imprenta y reglas generales para los componedores, ed. y prologo de J. Moll, nueva noticia editorial de V. Infantes, Madrid, Calambur, 2002, p. 37. 29 H.-J. Martin, Les métamorphoses du livre: entretiens avec Jean-Marc Chatelain et Christian Jacob, Paris, Albin Michel, 2004, part. pp. 89-92.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
30
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Oltre a numerazioni e altri espedienti di mappatura testuale, la nota a piè di pagina consente altre riflessioni. Le annotazioni poste nel bas de page non costituiscono solo la sede dove riferire, ad esempio, elementi probatori di tesi o concetti, ma sono, anzitutto per i lavoranti al torchio, una sequenza di caratteri mobili che occupano uno spazio fisico nella forma tipografica e richiedono il posizionamento secondo riferimenti precisi, non equivocabili. Conficcare nelle note le citazioni o quant’altro sia di spiegazione e di complemento ad un testo, senza alterare né sovraccaricare lo specchio di stampa, è una conquista dell’editoria che comincia a generalizzarsi solo nel pieno Cinquecento. Come per gli indici, anche le righe tipografiche a piè di pagina coinvolgono aspetti tecnici della mise en page. Eppure anche validissimi studiosi che ne hanno trattato, deludono chi vada in cerca di convincenti delucidazioni.30 Tanto maggiore è l’importanza dei problemi tecnici legati all’indice nel nuovo prodotto librario, quanto più connessi a questi problemi appaiono la comparsa e lo sviluppo degli stessi indici. Perché il testo a stampa dei primordi è un reticolato di segni tipografici per cui facili erano gli sconvolgimenti e le relative contraddizioni, così come appaiono in numerosi testi messi sotto il torchio. Nella princeps della Roma instaurata di Biondo Flavio (1471) l’anonimo stampatore, identificato con quello della Tebaide di Stazio (1470 circa), non è riuscito a riproporre nella forma tipografica i notabilia presenti ai margini. Gaspare, figlio dello storico e dell’umanista forlivese, solerte e attento curatore delle opere paterne, è profondamente dispiaciuto per l’assenza dell’importante integrazione «quod auctor ipse in omnibus voluminibus eius fieri curare erat solitus». A Gaspare, costretto a rinunciare ai consueti marginalia paterni, non resta dunque che corredare il testo stampato di indices, anteposti ai singoli libri, con a lemma gli stessi notabilia manoscritti predisposti dall’autore. Così Massimo Miglio chiosa l’espediente del ricorso agli indici: Le capacità tecniche si vanno affinando di anno in anno, ma rimane ancora improponibile, a quella data, la trasposizione a stampa della pagina del manoscritto così come si era articolata nei secoli nelle sue diverse componenti. La guida visiva al lettore della topografia romana e delle regioni italiane, con tanta attenzione programmata da Biondo Flavio e con altrettanta convinzione desiderata da Gaspare, non può essere realizzata.31 30 Neppure Grafton aiuta ad affrontare il problema tecnico: cfr. A. Grafton, La nota a piè di pagina: una storia curiosa, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2000. 31 Per la questione, sollevata sin dal 1927, si veda ora M. Miglio, Incunaboli come fonte: il manoscritto utilizzato in tipografia della Roma instaurata del Biondo (H *3242), in Id., Saggi di
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
31
Tra le fatiche tipografiche in cui incorre la trasposizione dell’indice fra manoscritto e stampa si staglia netta la necessità di imprimere evidenza decorativa alle rubriche, utilizzate per separare la sequenza dei lemmi che altro non sono che la titolazione del paragrafo cui gli indici rimandano. Quelli costruiti mediante segno di paragrafo e rubricazione si servono di aspetti solo apparentemente ornamentali che rivestono invece valori funzionali legati, sin dalle origini, alla memorizzazione del testo e al reperimento di sue porzioni. Per i tipografi la rubricazione su due colori, ovvero il rosso e il nero, praticata col torchio sin dal Quattrocento, rappresentava costi elevati perché imponeva la tiratura del medesimo foglio due volte, la prima con il “rubro”, la successiva con l’inchiostro nero. Il metodo implicava anche la realizzazione di due forme, o meglio di due stati complementari di una medesima composizione; dopo la prima tiratura – solitamente quella in rosso –, la forma era lavata e privata dei caratteri già impressi, rimpiazzati da quadrati e quadratini per mantenere salda la composizione stessa. Nel XV secolo sono assai rari i casi di doppia inchiostrazione con una singola impressione, prassi che richiedeva una perizia particolare nel distinguere, all’interno della forma, i tipi da ricoprire con inchiostro rosso da quelli in nero. A fronte di questo dispendio di tempo, cui non corrispondevano sempre eccellenti risultati, il metodo pertanto più utilizzato consisteva nell’integrare il nero con rubricazioni manuali, che alternavano talvolta il rosso al blu ed evitavano sbavature e imprecisioni nel foglio di stampa.32 Ecco che gli indici degli incunaboli, dunque, risultano spesso completati da colorazioni apposte artigianalmente, al modo dei copisti, come provano molti esemplari superstiti. Superare le difficoltà proprie del nuovo prodotto significò anche aprire strade che evitassero complicazioni, idonee altresì a contenere ulteriormente i costi di produzione. Il libro a stampa manuale, esitato ancora sciolto, ovvero piegato in fascicoli non sempre tagliati, può avere, così come può esserne privo, un fascicolo aggiuntivo all’interno del quale vi siano i riferimenti di congiunzione con il testo. Va da sé che il sistema prevede che l’indice possa essere composto separatamente, a volte perfino non nella stessa tipografia, così come fanno credere alcune composizioni di caratteri assai differenti dal testo. Nella maggior parte degli incunaboli si rinviene il fascicolo sciolto poi legato con il testo; anche se più raramente, tuttavia, avviene pure che stampa: tipografi e cultura a Roma nel Quattrocento, a cura di A. Modigliani, Roma, Roma nel Rinascimento, 2002, pp. 115-128, part. p. 121. 32 P. Gaskell, A new introduction to bibliography, New Castle, Oak Knoll Press, 1995 (1. ed. 1972); G. Zappella, Il libro antico a stampa, Milano, Editrice Bibliografica, 2001, vol. 1, pp. 246-248.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
32
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
l’indice è contemplato nell’assetto stesso di tutto il testo, determinando una casistica che di volta in volta occorre precisare Gli indici potevano precedere o seguire il testo vero e proprio, a seconda della confezione e della legatura (o della rilegatura) di un volume, che, almeno per la prima volta, avveniva generalmente al momento dell’acquisto. Gherardt Powitz informa che una tabula in fascicolo separato dal testo era già stata costruita, in quattro fogli, per la celeberrima Bibbia di Gutenberg. La Bibbia, il libro più diffuso nell’Occidente, proprio per la complessità dei contenuti era stato ampiamente indicizzato in età medievale, a cominciare dal lavoro di gruppo dei domenicani del convento di Saint-Jacques, a Parigi. Sin dall’inizio si avvertì infatti la necessità di corredare il testo sacro di ingressi molteplici per facilitarne una lettura non sequenziale, ossia una compulsazione mirata a penetrare passi specifici, raggiunti attraverso percorsi guidati dall’indicizzazione di loci, di nomi dei personaggi, etc. Anche la Bibbia delle 36 linee era affiancata da un fascicolo separato contenente la tabula, di cui sopravvivono tuttavia solo frammenti, realizzati con il ricorso a rubriche. In verità sussiste il dubbio che la tabula della Bibbia delle 36 linee altro non sia che una ristampa dell’indice approntato per la Bibbia mazarina, tradizionalmente considerata il primo libro a stampa. Estendendo l’esame ad altri prodotti magontini di quei mitici primordi dell’ars artificialiter scribendi si registra immediatamente quella variabilità di rapporti testo-indice, che si è anticipata. Dopo aver passato in rassegna più di un terzo dei 75 esemplari conosciuti, ancora Powitz dimostra che per la tabula del Catholicon di Giovanni Balbi, impresso, forse da Gutenberg, prima del 1461, furono impiegati diversi rubricatori, come appare evidente dalla collazione delle copie, le quali portano stati diversi proprio negli accessi al testo, fenomeno che si registra su vasta scala anche in epoche successive. Ma sia per il Catholicon di Magonza sia per tutti gli esemplari da me visionati del De doctrina Christiana di S. Agostino, edito a Magonza da Johann Fust e Peter Schöffer non dopo il marzo 1467, quando il banchiere magontino morì, è dato richiamare la possibilità di un indice integrato alla composizione del testo.33 Il De doctrina Christiana, che, come è noto, costituisce la quarta parte del De arte praedicandi, è considerato il paleotipo che presenta per primo un indice,34 il quale appare sulla scena 33 Aurelio Agostino, De arte praedicandi, Mainz, J. Fust e P. Schoeffer, non dopo Mar. 1467 (ISTC ia01227000). Di questa edizione, su 32 superstiti, ho visionato i seguenti 7 esemplari: Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale; Nancy, Bibliothèque Municipale; Parigi, Bibliothèque Nationale de France (2 esemplari); Parigi, Bibliothèque Sainte-Genèvieve; Londra, The British Library; Oxford, Bodleian Library. 34 Indexers and indexes in fact and fiction, ed. by Hazel K. Bell, with a foreword by A. S. Byatt, London, The British Library, 2001.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
33
tipografica tutt’uno col testo, senza occupare un fascicolo a sé stante. Si vede che lo stampare separatamente l’indice per accorparlo in un secondo tempo al volume è scelta che riguarda ciascun prodotto librario esaminato come un unicum, magari messo in rapporto con particolari strategie di produzione e di vendita adottate da alcune officine, ad esempio quella di Aldo Manuzio, a Venezia, o quella di Johann Amerbach a Basilea, assai attenti nel costruire apparati paratestuali anche con lo scopo di invogliare la lettura delle edizioni da loro confezionate, nonché di arricchire l’offerta editoriale. Con il passare del tempo l’indice occuperà con disinvoltura sempre maggiore lo spazio assegnato ai fascicoli di testo, talvolta modificando profondamente il suo assetto persino da una pagina all’altra, pur di rispettare le esigenze tecniche legate alla composizione tipografica per forme e fascicoli. Può così accadere che, ad esempio, il compositore – sulla base del preciso modello indicato dall’autore – predisponga un indice su una colonna e, al termine del fascicolo, si renda conto di aver terminato lo spazio a sua disposizione, magari anche per pochi righi tipografici. Nella necessità di terminare la forma entro lo spazio prescritto, e nella consapevolezza dell’alto costo di scomposizione e ricomposizione dell’intero indice, riproposto con il ricorso a un carattere in corpo minore, non resta che passare alla disposizione su due colonne, compattando così la composizione dell’ultima pagina, stravolta nel suo ordine primigenio. Al tempo del manoscritto, una simile limitazione fisica, avrebbe consigliato di evitare modifiche tanto decise della mise en page. Il copista avrebbe superato l’ostacolo adottando una scrittura più compatta, diminuendo lo spazio interlineare, nel tentativo di presentare all’occhio del lettore una pagina armonica e coerente nel suo impianto scrittorio. Un esempio tardo, rispetto al secolo su cui ci siamo sinora soffermati, è offerto da una traduzione olandese delle Metamorfosi di Ovidio, stampata ad Amsterdam nel 1671. Il bladwyzer finale, ossia l’indice, composto dallo stampatore secondo il modello manoscritto del traduttore e curatore del testo, Joost van den Vondel (1587-1679), è impostato su una colonna sino alla pagina finale che chiude l’ultimo fascicolo del volume, pagina dove l’indice si dispone su due colonne e adotta un carattere di corpo inferiore per aggirare «un problema de espacio» tipografico, come si è facilmente osservato a partire da quella stessa pagina finale, dove sono stipati anche l’errata corrige e il colophon.35
35 S. Garza Merino, El “original” de imprenta: el diseño del libro impreso antiguo según su autor, «Ecdotica», III, 2006, pp. 153-174, part. pp. 168-170.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
34
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Tra i dettagli tecnologici del testo impresso con i caratteri mobili occorre infine menzionare alcuni necessari accorgimenti ampiamente adottati solo a partire dal XVI secolo da parte dei compositori per elaborare tabulae e altri strumenti indicali dotati di riferimenti a carte, pagine, colonne o altro. Martin Dominique Fertel è il primo a darne conto nella sua Science pratique de l’imprimerie, ormai a Settecento inoltrato. Così precisa nel paragrafo intitolato De la construction des Tables d’un Livre: Le tavole di un libro possono comporsi con carattere romano, ma spesso si usa l’italico e più piccolo carattere rispetto a quello dell’opera; e quando vi sono due tipi di Tavole, l’una dei Capitoli, Sezioni o Articoli, etc. e l’altra delle materie, è conveniente fare quella delle materie in romano e l’altra in italico. Quando le cifre dei rinvii di un Indice non possono essere compresi alla fine della linea tipografica, è necessario trasportarle tutte alla fine della linea seguente, che sarà tutta di quadrati; allo stesso modo, quando la materia di qualche Lemma di un Indice conterrà diverse linee, si devono comporre le dette linee della giustezza della pagina, senza lasciare del bianco nello spazio che le separa dalle cifre che servono di rinvio e che sono alla fine di ogni linea, come si può vedere nella Tavola dei Capitoli di questo libro.
Dopo aver enumerati i possibili caratteri utilizzati nel comporre la table di un volume (romano o, come si suole più comunemente, il corsivo), distinta in due tipologie sostanziali, Fertel rende esplicito uno stratagemma, che dovette farsi largo tra la cassa del compositore in epoca assai lontana, per favorire la leggibilità dell’indice, minata dalla lunghezza fissa della linea tipografica. Nel testo manoscritto lo specchio di scrittura consente maggiore elasticità nel delicato collegamento tra la voce d’indice e il suo riferimento cifrato (in numeri, lettere o altro). Nella linea tipografica, invece, quando il lemma d’indice supera per ampiezza del suo dettato lo spazio disponibile, occorre passare al rigo sottostante, a volte occupato unicamente da quelle che Fertel chiama «chiffres des renvoys». Si rivelano preziosi i consigli forniti dallo stampatore di Saint-Omer, che, dotato di forte senso pratico, rinvia agli esempi concreti offerti direttamente dalla Table des principales matières da lui stesso creata a corredo del proprio trattato.36 Costruire tavole, oltre che risolvere problemi tecnici di confezione materiale del testo tipografico, significa poi conoscere il significato esatto con cui esse erano individuate sin dall’epoca manoscritta, per scongiurare rischi 36 Martin Dominique Fertel, La science pratique de l’imprimerie, a Saint Omer, par Martin Dominique Fertel, 1723, p. 119.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
35
di incomprensione e di uso eccessivamente disinvolto dei lemmi, sia fuori sia dentro l’officina dello stampatore.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Tabula o index? Dai rubricati ai sommari Prima ancora di passare al vaglio alcune tipologie di indici, nel tentativo di cogliere la complessità delle ragioni che li rendevano utili e a volte indispensabili per talune opere e per taluni fruitori, gli studiosi che hanno trattato di tabulae, indici, sommari e altri elenchi ad essi affini vi si sono cimentati quasi esclusivamente per provarne lo sviluppo cronologico e le particolarità delle loro configurazioni, senza tuttavia porsi problemi circa la diversa struttura anche all’interno di una medesima tipologia. Analoghe tipizzazioni di indici possono invece dar luogo a casi assai differenti in successive edizioni di una stessa opera, ovvero possono originare modalità di indicizzazione fra di loro lontanissime. Primo riferimento di ogni indice, a qualunque altezza cronologica lo si rinvenga, sono l’opera e l’edizione con i loro caratteri peculiari, con i propri destinatari, tali da indurre a forme indicizzatorie valide soprattutto per esse. Un indice dei nomi può essere differente da un altro, non solo in virtù di chi lo abbia allestito, ma può presentare specificità da opera a opera sulla quale è avvenuto il processo di indicizzazione dei lemmi. È Tullio Gregory ad invitare a considerare la «fatica di indicizzare», ben nota a compilatori del rilievo di Erasmo da Rotterdam, il quale per i suoi Adagia ideò criteri particolari, facendo del suo indice una sorta di enciclopedia specialistica.37 Le differenti forme che tale apparato paratestuale assume, anche solo nel primo secolo della stampa, si intrecciano persino con altri abbigliamenti del testo, in un magmatico processo che porta allo stabilizzarsi di alcune convenzioni tipografiche, mentre altre faticano a imporsi. Si pensi all’affascinante vicenda della nascita e della lenta affermazione del frontespizio, che appare sin dal 1476 nella celeberrima edizione veneziana del Calendarium del matematico e astronomo Johann Müller, noto anche come Regiomontano. Eppure scorrendo il dettato di quella primordiale page de titre si osserva che, anziché un semplice titolo, l’incunabolo dichiara con ordine i contenuti del testo pubblicato, qualificandosi come un vero e proprio sommario. Sarà sufficiente riportarlo di seguito per rendersene ben conto:
37
T. Gregory, in Fabula in tabula, cit., p. 5.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
36
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Questa opra da ogni parte è un libro d’oro Non fu più preciosa gemma mai D’il kalendario, che tratta cose asai Con gran facilità, ma gran lavoro Qui numero aureo, e tutti i segni fuoro Descripti d’il gran polo da ogni lai: Quante terre se reçe a sto thexoro. In un istanti tu sai qual hora sia: Qual sarà l’anno, giorno, tempo, e mexe: Che tutti ponti son d’astrologia.38
Il protofrontespizio del Calendarium appartiene a quella tipologia di titoli illustrativi che gli studiosi del secolo aurorale della stampa definiscono «titoli-sommario», già ampiamente rappresentati dalla primissima epoca manoscritta. Il capostipite sarebbe addirittura impersonato da un codice viennese risalente circa all’anno 512, l’Erbario di Dioscoride, dotato di un tondo con l’intitolazione e l’indice.39 Ma ampia fortuna godette il modello anche nei secoli successivi, e soprattutto in età umanistica, come provato dai tondi miniati di Attavante degli Attavanti per molti codici corviniani, che in raffinate miniature fanno bella mostra di sommari del contenuto tràdito dalle regali pergamene.40 Se è difficile fissare la cronologia precisa del manifestarsi di edizioni, cartulate o paginate in rapporto soprattutto alla diversa evoluzione dei vari centri di produzione, è assai opportuno sottolineare che anche nei primi testi delle “tre corone” dati alle stampe, perfino in quelli impressi a distanza di due decenni e oltre dalle rispettive principes l’assetto tipografico del testo rimane sostanzialmente invariato e il rinvio testo/indice è legato a veri e propri marchingegni di congiunzione. Sono a fondamento delle mie asserzioni due incunaboli italiani del Decameron, quello forse fiorentino del 1470 circa41 e quello veneziano del 20 giugno 1492,42 sopravvissuti in Italia in soli tre esemplari. Entrambi hanno 38
Johann Müller, Calendarium, Venezia, B. Maler, P. Löslein, E. Ratdolt, 1476 (ISTC ir00103000). Per una migliore leggibilità la trascrizione, qui come in seguito, rispetta l’uso attuale di accenti, punteggiatura e distinzione tra u vocalica e v consonantica. 39 F. Barberi, Il frontespizio nel libro italiano del Quattrocento e del Cinquecento, Milano, Il Polifilo, 1969, vol. 1, p. 21. Sporadici riferimenti al titolo-sommario anche in L. Baldacchini, Aspettando il frontespizio, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2004. 40 Nel segno del corvo: libri e miniature della biblioteca di Mattia Corvino re d’Ungheria (14431490), presentazioni di N. Bono; saggi di A. Dillon Bussi [et al.], Modena, Il Bulino, 2002. 41 Giovanni Boccaccio, Decameron, Napoli o Firenze, impressore del Terenzio?, 1470 ca. (ISTC ib00725200). 42 Id., Decameron, Venezia, G. e G. de’ Gregori, 20 Giu. 1492 (ISTC ib00728000).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
37
la tabula in fascicoli separati dal testo. I rispettivi indici prevedono che la pagina sia numerata manualmente, come ebbe a esortare il grande Aldo. L’elenco delle voci è diverso quanto alla impostazione, segno di un lavoro affidato a esecutori differenti. Nella tabula del 1470 si privilegiano nomi comuni e di personaggi; si indicano altresì le giornate con cui è scandita la narrazione. Nell’indice del 1492 un succinto proemio precede la tabula alla quale seguono brevissime sintesi degli argomenti esposti, ad esempio: «Come Pampinea conforta le compagne ad | uscir della terra». Le stringhe sono disposte in ordine alla successione delle carte, vale a dire sono state ricavate procedendo nella lettura per novella. Se si sposta lo sguardo al Cinquecento, quando l’indice dei nomi assume tutta la pregnanza dovuta all’essere congiunto a importanti opere letterarie, vi è un passo di Girolamo Ruscelli che molto fa riflettere. Ne I fiori delle rime de’ poeti illustri, dell’edizione sessiana del 1558, Ruscelli così si esprime nella lettera di dedica a Aurelio Porcelaga relativamente alla Tavola de’ nomi degli autori, et de’ principii di tutti i componimenti: Io ho poi nell’ordinar gli autori, voluto venirli mettendo per l’ordine stesso dell’Alfabeto, perché la malignità in molti, che si stanno fuori senza far nulla del loro, et cicalan sempre momescamente nelle cose altrui, gli farebbero trovar nudrimento alla loro invidia, con cinguettar che non si fosse ben tenuta la dignità de’ meriti in metter l’uno prima che l’altro.
Per asserire poi che: […] essendo così l’ordine dell’Alfabeto non havrà alcuno da poter mettere questa magra zizania nel cervello, ò nella lingua di se ò d’altri, quasi che chi dà in luce un volume di cose tutte perfette, possa (com’io soglio dire in tali occasioni) ridurre i libri in forma rotonda, perché l’uno non istia doppo l’altro; ò quasi che chi abbia detto esser tutti buoni, intenda poi che di quel tutto egli ha per buono solamente il principio, e non l’altre parti.
Gli indici delle opere letterarie invitano ad una ulteriore considerazione. La loro presenza può portare a nuove forme di ricezione del testo. Per rimanere ancorati al pensiero di Ruscelli, non è forse vero che esso va nella direzione di abolire la dimensione gerarchica dell’autorialità, privilegiando un nuovo approccio agli autori, non distinti tra minori e maggiori, ma ordinati in una schiera paritaria? E ancora, la mappatura del testo, offerta dagli indici, non è forse un passo verso l’utilizzo più disinvolto di porzioni testuali da parte dei lettori, che possono costruire percorsi personalizzati, affrancati dal giogo degli scrittori?
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
38
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Sono interrogativi che sorgono spontanei soprattutto se si pensa a quanto poco si sia tentato in un recente passato di interpretare il nesso indicetesto assai presente invece nella trattatistica di età moderna. Se dunque è difficile stabilire come vennero a configurarsi gli indici, senza cadere nelle velleità di provarne un susseguirsi logico e uniforme, va rilevato che anche le voci usate per contraddistinguerli spesso portano a riflettere se esse possano considerarsi equivalenti o invece abbiano significato proprio. La necessità di un chiarimento terminologico è poi assai avvertita, anche perché ancor oggi si assiste spesso a una certa confusione, persino negli scritti di esperti bibliografi, circa il significato del termini «indice», «tavola», «sommario». Molti studiosi del libro tipografico sono forse stati tratti in inganno da fonti autorevoli, fra cui mi limito a citare il Vocabolario bibliografico di Giuseppe Fumagalli, edito postumo a Firenze nel 1940, poi più volte ristampato. L’illustre bibliotecario fiorentino ha approntato unicamente la voce «indice» (pp. 218-219), alla quale attribuisce due accezioni: «la serie di titoli delle varie parti di un libro con l’indicazione delle pagine, alle quali ciascuna parte comincia» e l’Index librorum, ossia l’Indice per antonomasia, quello dei libri proibiti o espurgandi. In verità il primo significato, che corrisponderebbe al termine di sommario, è ulteriormente precisato. Tale definizione, infatti, prosegue Fumagalli, è appropriata per l’«indice generale che è il più comune», mentre diversa natura possiedono «gl’indici alfabetici dei nomi delle persone ricordate, delle materie o cose notevoli, l’indice delle figure», che contemplano il significato proprio dell’indicizzazione, sia essa alfabetica o basata su altri criteri di ordinamento. Neppure la voce «tavola» (p. 383) chiarisce l’ambiguità del termine, «sinonimo di indice», addirittura nell’accezione di tavola «degli errori», di errata corrige. A chiusura della voce Fumagalli rileva inoltre che l’uso di tale termine, solo in apparenza legato al francese Table, è assai antico anche in Italia.43 Infatti per comprendere l’ambiguità terminologica che ancora grava sugli indici, sui sommari e sulle tavole dei libri è assai istruttivo risalire indietro nel tempo, quanto meno alla prima età moderna, dove assai diffusi sono i vocaboli latini e i corrispondenti volgari.
Una terminologia appropriata I termini index e tabula, ampiamente attestati nella produzione manoscritta soprattutto del XIV e XV secolo, non stanno ad indicare una diversa tipologia 43 G. Fumagalli, Vocabolario bibliografico, a cura di G. Boffito e di G. De Bernard, Firenze, Olschki, 1940 (corsivo dell’autore).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
39
indicale: nella maggior parte dei casi i due lemmi sono considerati sinonimi, con una continuità che fa pensare che già in ambiente manoscritto non implicassero precise differenziazioni. L’incertezza semantica del latino tabula si fa strada anche nel libro impresso del XV secolo, dove con l’espressione di Tabula chartarum o Tabula rubricarum (che risale addirittura alle Bibbie delle 42 e delle 36 linee) si intende comunemente il registro delle segnature, ossia l’elenco – come gli indici congiunto o separato dal testo – che consente di conoscere numero, sequenza ed entità dei fascicoli costituenti l’edizione. E già Konrad Haebler, nel primo Novecento tra i padri fondatori della moderna incunabolistica, nel suo Handbuch der Inkunabelkunde (1925) poneva mente a questa ambiguità terminologica, per cui in area tedesca il termine registrum finiva per rivestire «generalmente il valore di sommario».44 Neppure l’indugiare sulla terminologia in dizionari di latino dell’alto e del basso medioevo dà risultati intesi a identificare significati differenti tra index e tabula,45 refrattari ad assumere accezioni specifiche che aiutino a fissare il significato loro proprio nel libro tipografico. In Italia, per la dizione in volgare bisogna poi fare ricorso alla definizione che si rinviene nella prima edizione del dizionario della Crusca (1612) e in alcune stampe successive: tutte rimasticano quella data dalla princeps, che vuole la totale equivalenza dei due termini: «Indice si dice anche a’ repertorj de’ libri, detti altrimenti tavole», così infatti recitano entrambe le voci, sia «Indice» sia «Tavola». Identico appiattimento semantico registra Forcellini, per il quale «In libris est summa, seu elenchus, quo res, quae in iis continentur, sumatim indicantur» con il significato equivalente di «indice, tavola», ossia «sommario, compendio, ristretto».46 Eppure, se si discende dalle definizioni dei dizionari alla materialità degli esemplari a stampa, fra indice e/o sommario una differenza s’impone già negli incunaboli. Un esempio illuminante è rappresentato da alcuni libri scientifici che sembrano avallare l’ipotesi di una maggiore precisione nell’uso dei lemmi. Il De arithmetica e geometria e proportionalità di Luca Pacioli o Luca di S. Sepolcro (1445-1517) dato in luce una prima volta nel 1494 a Venezia da 44
Si deve ad Alessandro Ledda la cura attenta e intelligente, insieme con la prima traduzione italiana, del manuale di Haebler: cfr. Konrad Haebler e l’incunabolistica come disciplina storica, introduzione e traduzioni di A. Ledda, Milano, CUSL, 2008, part. pp. 42-50. Haebler non dedica particolare attenzione agli indici negli incunaboli. 45 Ringrazio con affetto, l’allora Presidente della Fondazione Franceschini, Claudio Leonardi, e la sua équipe per l’aiuto concessomi nella ricerca delle voci, oggetto del mio intervento. 46 E. Forcellini, Totius Latinitatis Lexicon, consilio et cura Jacobi Facciolati, Patavi, typis Seminarii, 1828, vol. 2, voce «Index».
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
40
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Paganino de Paganini,47 trattato noto alla maggior parte dei repertori con il titolo Somma di arithmetica, così come appare nella prima e in successive edizioni del Cinquecento, consente di meglio precisare la terminologia così vaga per quanto riguarda i testi umanistici.48 Non solo la princeps, ma pure due ravvicinate riproposte, che costituiscono vere e proprie filiazioni quattro-cinquecentesche della prima edizione, seguono medesimi modelli indicali e soccorrono così a un’analisi diretta del significato profondo di tali termini, colti nel loro uso. Come molti altri incunaboli, anche il De arithmetica è stato passato al vaglio già da studiosi ottocenteschi di notevole acribìa filologica e bibliologica. Il più impegnativo intervento va senza dubbio ascritto a Baldassarre Boncompagni (1821-1894), principe di Piombino,49 bibliotecario e archivista, promotore di avanzati studi italiani sulla matematica e bibliofilo agguerrito, la cui ricchissima biblioteca specialistica, sopravvissuta unicamente grazie a puntuali cataloghi a stampa,50 fu in parte messa all’incanto e dispersa dopo la sua morte. Il Boncompagni di fronte ai moltissimi esemplari visionati direttamente (ben 99), compreso l’elevato numero di copie da lui possedute (che ammontavano a 30 unità), fornisce sempre la collazione e il registro e soprattutto il prospetto di quelle che definisce «varietà» tra gli esemplari, le quali sembrano avvalorare l’esistenza di differenze fra le copie, che infatti sussistono, come egli dimostrò attraverso il rilevamento delle varianti sia tipografiche sia testuali. Tali «varietà» tuttavia non portano alterazioni sostanziali nel corpus delle pagine. Il fatto non è marginale perché è proprio del libro di antico regime tipografico presentare all’interno della tiratura varianti che attestano diversi stati compositivi della forma di stampa, dovuti a errori sia consci sia inconsci, nonché a vere e proprie modifiche, non sempre desiderate e apportate dall’autore, come ha dimostrato da ultimo Francisco Rico nella sua recente e nota edizione del capolavoro di Cervantes. Intervenuta una modificazione della composizione, 47
Luca Pacioli, Somma di arithmetica, geometria, proporzioni e proporzionalità, Venezia, P. de Paganini, 1494 (ISTC il00315000). 48 Il trattato ha avuto grande fortuna anche nei secoli successivi ed è stato studiato da valenti autori. Cfr. A. Ciocci, Luca Pacioli e la matematizzazione del sapere nel Rinascimento, Bari, Cacucci, 2003. Su Paganino de Paganini cfr. A. Nuovo, Alessandro Paganino (1509-1538), Padova, Antenore, 1990. 49 B. Boncompagni, Intorno ad un trattato d’aritmetica stampato nel 1478, «Atti dell’Accademia pontificia de’ nuovi Lincei», XVI, 1862-63, pp. 1-64, 101, 228, 301-364, 389-452, 503-630; del De Arithmetica si inzia a parlare a partire da p. 64 e in numerose pagine successive. Si veda anche: E. Narducci, Intorno a due edizioni della Summa de arithmetica di fra Luca Pacioli, Roma, Tip. delle Scienze Matematiche e Fisiche, 1863. 50 Il più completo è il Catalogo della insigne biblioteca appartenuta alla chiara memoria del Principe D. Baldassarre Boncompagni, Roma, Cecchini, 1895-1898, 2 voll.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
41
i fogli precedentemente tirati non erano certo distrutti né tanto meno ricomposti o emendati, se non in rarissimi casi; nuovi fogli erano messi sotto il torchio, ad attestare la forma per così dire rinnovata dal momento della correzione. Va da sé che spesso le copie ottenute assemblando i fascicoli riuniti da fogli di stampa recanti stati differenti della forma presentano pertanto divergenze, a volte lievi a volte di notevole entità, difformità che concorrono non poco a fare dei singoli esemplari quasi degli unica. Per tornare a Pacioli, dei quattro esemplari esaminati della princeps 51 ho concentrato l’attenzione soprattutto su quello conservato nella Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, considerando in particolare il fascicolo che apre l’edizione, il quale risulta progettato per la stessa anche nell’ultima parte, come vedremo. La scelta della copia bolognese è anche dovuta al fatto che essa si propone con un fitto intreccio di note manoscritte che consentono in gran parte di agevolare il più possibile il reperimento di argomenti trattati nel testo. Tutto il fascicolo iniziale52 costituisce un ricco paratesto che potrebbe essere scandagliato ulteriormente rispetto a ciò che hanno tramandato bibliografi e bibliologi del passato. Esso è separato dai restanti fascicoli contenenti il testo, e si presenta in forma autonoma. È tuttavia previsto nel registro delle segnature, lo spazio del libro tipografico dove sono elencati i fascicoli componenti l’edizione, con le relative consistenze di carte. Ciò significa che tale indice è parte integrante dell’architettura editoriale del testo, denunciata appunto dal registro che fa la sua comparsa già nel verso della prima carta. Qui il fascicolo indicale è individuato dall’editore esplicitamente con il termine di «Tabula», a differenza dell’indicazione dei restanti fascicoli del trattato matematico-geometrico, presentati, come di consueto, con riferimento alle cifre che li caratterizzano secondo la norma. Sempre nel tergo della prima carta, a suffragare l’impostazione globale dei trattati, il tipografo-editore appone una singolare indicazione destinata al lettore. Vi si legge, infatti, l’invito ad andare alla fine della Geometria per rinvenirvi il suo proprio registro. Il fascicolo segnato come «Tabula» ospita dapprima la «Continentia de tutta l’opera» (come non ricordare analoghe espressioni, coniate a partire dalla formula in hoc volumine continentur?), preceduta dal titolo; in successione esso offre una breve lettera di dedica al patrizio veneziano Marco Sanudo, astronomo e matematico amico del Pacioli, che fu da lui spronato alla pubblicazione dell’opera, nonché sollevato dai 51 Biblioteca Vallicelliana, Roma; Biblioteca nazionale centrale «Vittorio Emanuele II», Roma; Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, Roma; Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio Bologna. 52 Il fascicolo è segnato con numeri arabi (da 1 a 4).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
42
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
costi della stampa;53 una lunga e sostanziosa prefatoria, diretta a Guidubaldo duca di Urbino, prima in volgare poi in latino; due epigrafi, di cui la prima in latino («Fa. Pompilij Epigramma ad lectorem.»), l’altra in volgare, nonostante l’incipit in latino («Clarissimi domini Giorgi Summarippa Veronensis patricij Epigramma ad auctorem.»); chiudono il «Summario» e la «Tavola». Come apparirà chiaro tra breve, soffermarsi sull’articolata confezione paratestuale di questo fascicolo non è una digressione inutile: la sua complessa organizzazione e l’intreccio con il testo ne fanno un incunabolo per il quale sicuramente sono state previste strutture di composizione tali da ingabbiare i molti elementi dando ad essi una successione non solo logica, peraltro seguita per numerosi incunaboli, ma in grado di costituire topoi e schemi che sarà arduo abbandonare in edizioni successive della Summa. Fra le espressioni che si evincono da tutto il fascicolo può essere preso a modello il lessico, frutto sapiente dell’autore, che sorvegliò attentamente l’impressione della sua opera e la cui precisione invita a considerare i termini adottati ad uno ad uno, con riferimenti interni assai significativi, termini di importanza assai rilevante per chi voglia studiare le modalità con cui ci si accingeva a costruire a tavolino la fortuna di una propria opera. Esempi nel testo ve ne sono molti, compresi anche in varie occasioni, come, ad esempio, gli ultimi distici. Se all’inizio del componimento, sempre in distici elegiaci, si fa riferimento ad oscure tenebre nelle quali erano avviluppate le conoscenze scientifiche – probabile allusione alla oscurità dei tempi di mezzo – l’invito conclusivo a immergersi nella matematica si tramuta, più che in una esortazione, in un segno inequivocabile del sapiente porsi dell’autore nei confronti dei suoi possibili acquirenti. L’esortazione, topica per la stampa già a queste date, è infatti ad acquistare il volume, fatto vitale per la riuscita di tutta l’operazione editoriale. «Compra, o lettore, questo libro. Qualunque cosa sarà, questo libro gioverà a chi lo fa. Ciò che più libri non danno, questo solo libro darà», così si legge in libera traduzione. Volendo tuttavia riferire sulle forme di indicizzazione, ritaglierò poche altre considerazioni, la prima delle quali invita ad avvalorare la tesi che sia stato proprio il Pacioli ad ispirare tutto il lavoro tipografico, così come sembra dalle ultime righe del colophon. Con buona dose di attendibilità il Pacioli fu dunque l’autore dell’indice, aspetto da non trascurare, sul quale rinvio al capitolo IV. La seconda osservazione verte sull’impaginato: la rinnovata numerazione del trattato relativo alla Geometria non sta ad indicare, come in altri casi, la possibilità di vendere separatamente le due opere (in ISTC infatti non si ri53
Cfr. A. Ciocci, Luca Pacioli e la matematizzazione, cit., p. 35.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
43
levano esemplari comprendenti singole parti distaccate). Il disegno dell’opera è, dunque, unitario e pertanto l’edizione va considerata nella sua interezza. Scendendo ora dal piano dell’edizione a quello delle singole copie oggi sopravvissute, va osservato che l’esemplare bolognese reca molte postille manoscritte: manoscritta è anche l’ultima indicazione nella «Continentia», dove si precisa: «Tutte le abbreviature delle misure, pesi, […] sono a cart. 67». Siamo di fronte ad un esempio della costruzione di un rinvio personale, frutto di lettura individuale, aspetto sul quale si tornerà, necessario all’attività di consultazione di colui che lo ha creato spinto sicuramente da motivi di utilizzo del testo di Pacioli. Lo stesso dicasi per la cartulazione anch’essa manoscritta e posta accanto ad ogni stringa della «Continentia». I rinvii apposti individualmente in forma manoscritta sono anch’essi una spia dell’uso del trattato e della parziale utilità della mappatura a stampa, la cui struttura trova riscontro nella organizzazione stessa dell’opera fortemente strutturata in moduli per così dire componibili, assai più semplici da indicizzare. Il lavoro di Pacioli risulta, infatti, distribuito in parti, a loro volta divise in distinzioni, ancora ripartite in trattati, ed infine in articoli. Quattro, dunque, i livelli, ben esplicitati nell’ultimo paragrafo del «Summario». Ad essi corrispondono altrettanti apparati indicali: la «Continentia», il sommario, la tavola e la tavola interna. Brevi sommari a stampa si rinvengono anche lungo la trattazione (si veda ad es. c. 197v e seguenti). L’incunabolo reca una numerazione delle carte, indispensabile alla piena funzionalità dell’apparato indicale, la quale, tuttavia, in molti luoghi risulta errata, includendo ripetizioni o salti nella sequenza che si registrano non sempre uguali nelle altre copie esaminate. Per questa ragione il possessore dell’esemplare dell’Archiginnasio, o chi per lui, ha rivisto molte numerazioni sulle carte, correggendo le frequenti imprecisioni con altrettante e puntuali indicazioni manoscritte. La numerazione delle carte non è tuttavia l’unico mezzo per accedere alle partizioni prestabilite; anche il titolo corrente assicura una pista per la consultabilità del trattato di Pacioli. Il «Summario», che inizia a c.[4r] è lo svolgimento della «Continentia». Nella sua articolata precisione riferisce sulla suddivisione del trattato nelle cinque parti principali. La parola sommario nel significato usato con consapevolezza nel fascicolo periferico all’Arithmetica del frate minore, trova una propria spiegazione in pochissimi dizionari alto e basso medievali e solo nella sua versione latina. Sono in particolare quelli di area germanica mediae et infimae Latinitatis, o di storia della Chiesa a precisare che si tratta di «compendio», di un «breve contenuto» (ad esempio Sleumer; Diefenbach, Lorenz, etc.). Nella dizione volgare, la Crusca gli assegna un unico significato, in campo giuridico. Il sommario e la tavola pacioliani acquistano pertanto
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
44
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
una fisionomia ben precisa: l’uno è, per così dire, l’ossatura, ovvero il piano minuzioso individuato dall’autore sicuramente all’atto di accingersi a stendere il trattato, mentre l’altra è l’indice vero e proprio, ancora strutturato secondo il modello a quell’altezza cronologica più accreditato, seppure in forma più analitica rispetto a espressioni coeve. È la scaletta della «Continentia» che prende forma e, come solitamente si fa per un libro complesso, è intesa ad esprimere il piano dell’opera, secondo un capillare prospetto per ragguagliare su che cosa si tratterà nelle varie parti della stessa. Esaminare la «Continentia», in assenza di quarte di copertina o altri paratesti volti a sunteggiare contenuto e metodo del testo, equivale a sorvolare il laboratorio intellettuale dell’autore e a scoprire la sua metodologia di ricerca e di presentazione del testo, ad osservare da vicino l’ordine di trattazione degli argomenti, quindi la loro sequenzialità logica, le procedure del loro esame. La presentazione della «quinta parte principale» del trattato, relativa alla geometria, è un ulteriore segno del progetto che Pacioli ha voluto fosse unitario. Essa reca tuttavia una indicazione poi contraddetta nell’ultimo paragrafo, dedicato alla guida della «Tavola», come si è visto il vero e proprio indice: «Commo se intenda l’ordine de la sequente tavola» costituisce un autentico proemio dell’indice stesso, circoscritto però al solo De arithmetica. Si legge, infatti, per quanto concerne la geometria: «E in fin de tutta l’opera sia la tavola ordinatamente de tutto ditto tractato divi|sa per distintioni capitoli e carte commo vedrai», distinzione che però non appare in nessuno degli esemplari esaminati. La tavola del De arithmetica divisa come si è detto e composta su due colonne, si apre con i rinvii alle partizioni del testo e comprende brevi, ma sostanziali stringhe di soggetto espresse in forma di regesto con l’indicazione della carta a lato. Pacioli o chi per lui procede seguendo la successione delle carte, un metodo che porta a confortare maggiormente la presenza del «Sommario» che introduce all’interno delle parti del trattato in modo capillare e sequenziale. Par di capire che in ambito scientifico la terminologia indicale adoperata nei paratesti si riempia di significati più avvertiti, circostanziati e convincenti, rispetto alla produzione letteraria, dove al contrario i termini di sommario, tavola, indice, continentia e simili confondono il proprio senso e finiscono per essere trattati come fossero sinonimi. I trattati scientifici, in altri termini, fanno intravedere una strada che guida nel sostenere, dopo opportune verifiche, una maggiore precisione terminologica di quella particolare letteratura anche nell’ambito della sfera paratestuale e, in particolare, degli indici. Come si è anticipato, la complessità della costruzione dell’opera di Pacioli e dei suoi articolati apparati di indicizzazione e di sommarizzazione
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
45
è destinata a rimanere un punto fermo anche nelle successive riproposte editoriali del testo del matematico aretino. Il fascicolo con gli indici, impropriamente detti, costituisce un riferimento obbligato per gli altri due stati e per la nuova edizione.54 Le varianti degli altri due stati si rilevano in alcuni fogli di stampa. Si tratta di differenze desunte dall’analisi macroscopica di alcuni corredi decorativi, quali ad esempio le cornici xilografiche, ma anche derivate da più minute osservazioni dei caratteri e di varianti introdotte soprattutto nell’uso delle abbreviazioni, anche se qualche modifica interessa pure i testi. David A. Clarke,55 al quale si devono l’individuazione dei caratteri e la datazione più precisa degli stati, rilevò che vi sono fogli reimpressi per cui l’IGI 7133 (quello privo di cornice xilografica) fu stampato circa nel 1509; l’IGI 7134 invece, anch’esso senza cornice, può essere datato dopo il 13 agosto 1502. Che fossero stati differenti si ebbe, come si è visto, consapevolezza a partire dal De Morgan e successivamente, con maggiore precisione, dal Boncompagni, che operò una severa collazione delle copie. Le varianti, introdotte al fine di immettere sul mercato nuove copie del testo, rivelano quindi autentiche emissioni, intendendo per emissione una nuova tiratura solo di alcuni fogli (del dopo 1502 e del 1509) a riprova della tenuta dell’opera in quell’arco cronologico che ne vede il fortunato ritorno. Sembra quasi che le due successive emissioni siano richieste in copie meno preziose, non abbigliate di cornici xilografiche, più consone ad essere acquistate per il valore strumentale dell’opera, destinata non solo a studiosi di matematica e geometria, ma anche al pubblico dei mercanti, in primis quelli della Serenissima, che dal capitolo della Summa intitolato dal Pacioli De computis et scripturis traevano le basi della ragioneria moderna, ossia la prima apparizione del concetto di partita doppia, noto in tutta Europa con il nome di «metodo veneziano». Forse un successo inaspettato o una domanda più forte, da parte di una maggiore cerchia di lettori, si assiepavano a Venezia in quegli anni intorno al trattato, buona parte del quale, con ogni 54 Per stato si intende, in bibliografia analitica, la condizione della composizione tipografica di una forma di stampa, condizione provata dal foglio di stampa da essa derivato. A un primo stato possono far seguito stati successivi (secondo, terzo, etc.), corrispondenti alle varianti compositive via via introdotte, dette appunto varianti di stato (sorte per errori inconsci, quali quelli meccanici connessi al procedimento di stampa, oppure per l’introduzione di modifiche della forma composta in modo consapevole). Non mi soffermerò sulle prove addotte per i tre stati che nell’Indice generale degli incunaboli (IGI) recano i seguenti numeri: alla princeps che come si è visto porta il numero 7132, si aggiungono il 7133 e il 7134 (entrambi con l’incipit su quattro linee stampate in rosso), che tuttavia risultano cinquecentine peraltro non segnalate nella banca dati Edit 16 (ultima consultazione: 21.5.2009). 55 D. A. Clarke, The first edition of Pacioli’s Summa de Arithmetica, (Venice, Paganinus de Paganinis, 1494), «Gutenberg Jahrbuch», 1974, pp. 90-92.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
46
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
probabilità, giaceva in albis e non esitato nell’officina di Paganini. Va da sé che nelle due emissioni, uscite a così poca distanza di tempo, il fascicolo iniziale rimaneva valido per entrambe. Ma nel 1523, anno in cui giunse a maturazione una vera e propria nuova edizione, sempre per i tipi di Paganini, ci si sarebbe potuto attendere che fossero intervenuti mutamenti strutturali sia nell’impaginato del testo sia, ovviamente, nel fascicolo che contiene il numero maggiore degli elementi peritestuali. Dall’esemplare dell’Archiginnasio e anche da quello della Corsiniana risulta invece una sorpresa, non così inattesa. Non solo la medesima cornice lignea, sebbene ritoccata, campeggia nell’incipit del testo, ma ritorna, fedele alla princeps, lo stesso capolettera xilografico con il ritratto di Pacioli, ormai morto da alcuni anni; e, alla medesima carta, la 82, la stampa in nero e in rosso. Il trattato mantiene la stessa impaginazione56 anche per la Geometria, mutando, come è naturale, il solo colophon.57 Il fascicolo delle carte preliminari, nuovamente composto e stampato, rispetta esattamente quello della prima edizione, mantenendone inalterate persino le date. Sicuramente le cause della mimesi sono tante, ad alcune abbiamo accennato. Forte in questo caso è anche quella dell’indice che quasi sicuramente è frutto della perizia dell’autore e che, pertanto, gode di una fortissima auctoritas, un ossequio postumo tale, forse, da consigliare prudenza agli editori nel mettere mano all’ordito di quel primo fascicolo, negli esemplari visionati direttamente non sempre congiunto al testo. Anche il permanere del sommario può risultare un’operazione corretta: la sua riproposta è infatti funzionale in quanto esso continua a dar conto di come il Pacioli abbia concepito il suo trattato. Va rilevato che il fenomeno riscontrato nella Summa di Pacioli non è certo un caso isolato, pur meritando la dovuta attenzione visto il delicato rapporto tra l’opera e gli apparati indicali. Spesso, o comunque più del previsto, le edizioni cinquecentesche portano il corredo peritestuale molto simile alle principes da cui hanno tratto la nuova stampa. La preoccupazione è di natura sia filologico-storica sia di comodo, per così dire. Gli editori preferiscono seguire infatti una procedura già intrapresa e che ha già dato i suoi frutti; si agevola il consultatore offrendogli chiavi in parte già conosciute e 56 Sulle copie tipografiche/ristampe, con le implicazioni di contraffazioni e piraterie, cfr P. Trovato, Con ogni diligenza corretto: la stampa e le revisioni editoriali dei testi letterari italiani, 1470-1570, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 30-37. 57 Il trattato termina con il seguente colophon: «Et per esso Paganino di nouo impressa. In Tusculano sula riua dil laco Benacense:|nel proprio luoco et Sito: doue gia esser solea la nobile cita ditta .Benaco. Regnan-|te il Serenissimo principe. D.D. Andrea Britti inclito duce di Venezia||Finita adi. XX.Decembre. 1523.»
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
47
collaudate; si evita il ricorso ad un nuovo indicizzatore, anche in previsione della ricerca, quasi ossessiva nella stampa di ieri come di oggi, di un contenimento delle spese. Resta da valutare se il mercato ha suggerito questa soluzione assai praticata, ovvero se la fatica di intraprendere una nuova tavola non sia solo di natura tipografica, ma contempli pure molte difficoltà nel trovare un altro valido indicizzatore, che conoscesse alla perfezione il testo, così come il Pacioli conosceva il proprio.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Aggirare gli ostacoli Sin dai primi secoli della sua storia la tipografia, forte di alcune significative esperienze maturate perlopiù nell’ambito della letteratura tecnica e scientifica, comincia quindi ad attrezzarsi e, da centro a centro di produzione, si rilevano differenze e soluzioni sempre più personalizzate di accesso al testo tramite gli apparati indicali. Senza dover ricorrere, come pedissequamente era stato fatto, al manoscritto, l’ars artificialiter scribendi si concede una propria elaborazione che in ambito veneziano ha la sua massima esplicazione, anche in considerazione dell’altissimo numero di edizioni uscite tra Quattro e Cinquecento dai torchi della Serenissima, sede di una «davvero straordinaria […] attività tipografico-editoriale», come rilevato, dati alla mano, da Marco Santoro.58 Una forma riscontrabile in molte edizioni stampate sul finire del XV secolo prevalentemente a Venezia è costruita in modo da superare i molti ostacoli tecnici connessi al rimando indice-testo. Un caso assai eloquente è rappresentato dagli indici di molte edizioni dei Trionfi del Petrarca, in particolare delle maggiori uscite date fuori nella città lagunare. Si tratta del ricorso alla segmentazione del testo, o meglio, delle linee tipografiche del testo, secondo una scansione alfabetica dei capoversi o dei paragrafi oggetto di indicizzazione, scansione che viene ad essere il vero collegamento in quanto le medesime lettere dell’alfabeto sono poste a rinvio delle voci indicizzate che portano alla consultazione del brano, mantenendo inalterato il layout della pagina tipografica.59 I rinvii non sempre presentano il richiamo anche alla carta. L’espediente ha moltissimi vantaggi: è un impianto che permette, con grande agio, la ristampa di un testo con 58
Per dati statistici si veda M. Santoro, Storia del libro italiano: libro e società in Italia dal Quattrocento al nuovo millennio, nuova ed. riveduta e ampliata, Milano, Editrice Bibliografica, 2008, part. pp. 79-81, 160-168. 59 Cfr. M. G. Tavoni, Elementi del paratesto nelle edizioni dei Trionfi con il commento dell’Ilicino (secoli XV e XVI), in Il Petrarchisimo, a cura di L. Chines, Roma, Carocci, 2006, vol. 2, pp. 119-141.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
48
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
a modello una stampa precedente,60 senza dover ricorrere a codici a volte di difficile reperibilità in loco; e, in età sempre più esigente quanto alla correttezza dei testi pubblicati, che gli umanisti avevano collazionato spesso in molti ed antichi esemplari manoscritti, un simile riferimento è di per sé una forte garanzia filologica; è un modo per stampare con più agilità e in tempi più snelli, ed è altresì un mezzo per aggirare la difficile circolazione del libro nelle diverse nazioni e in Italia nei numerosi stati della penisola, tutti gravati da dazi e balzelli di non poco conto. In questi casi, quando cioè si dà luogo a vere e proprie ristampe, a determinare la pagina a stampa sarà comunque l’indice, come vedremo.
Un indice per tutte le stagioni: Il libro dei perché Un espediente interessante lo si ravvisa anche quando si confrontano indici elaborati per una stessa opera, stampata in tempi differenti. Alcuni testi furono indicizzati ex novo in successive edizioni; ma vi furono tabulae utilizzate invece uguali, seppur sottoposte a nuova composizione, in centri tipografici che diedero vita a riproposte editoriali di medesime opere, stratagemma che avrà nei secoli futuri i suoi lungimiranti teorizzatori in celebri trattati ad uso dei tipografi.61 Sono pratiche che testimoniano come il modello in tipografia non fu sempre un manoscritto, bensì una stampa. Circa la somiglianza degli indici in riedizioni distinte appare significativo il caso del fortunato trattato di impostazione enciclopedica De homine. Conosciuto più comunemente sotto il titolo parallelo de Il libro dei perché (anche, più semplicemente, come Il Perché ), il trattato deve tale titolazione alla sua struttura interna, che svolge un corpus di ben 565 quesiti di natura scientifica relativi ai problemi più diversi, molti dei quali ancora di scottante attualità, per i quali l’autore offre altrettante risposte. Ne fu autore il filosofo, medico e astrologo bolognese Girolamo Manfredi (1430 ca.-1493), docente presso lo Studio cittadino, impegnato a realizzare questa sorta di enciclopedia del sapere medico-astrologico con ogni probabilità allo scopo di fornire risposte certe ad un pubblico eterogeneo, costituito non solo da specialisti, ma anche da semplici curiosi, facilitati nella consultazione dall’utilizzo della lingua volgare.62 Il successo 60
Si veda su questo aspetto P. Trovato, Con ogni diligenza corretto, cit. Cfr. M. G. Tavoni, Avant Genette fra trattati e ‘curiosità’, in Sulle tracce del paratesto, cit., pp. 11-18. 62 Girolamo Manfredi, Liber de homine: il Perché, a cura di A. L. Trombetti Budriesi e F. Foresti, Bologna, Parma, 1988. Si vedano anche P. Zito, Un testo ‘tanto caro’ al Sacratissimo Re: il Liber de homine e il sodalizio Del Tuppo-Geraldini, in Le carte aragonesi: atti del convegno 61
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
49
dell’opera è testimoniato dalle numerose edizioni che, a partire dalla princeps bolognese del 1474,63 si protrassero fino al XIX secolo, dando luogo anche al rilevante fenomeno di versioni alleggerite degli interrogativi più audaci perché meglio si adattassero alla mentalità post-tridentina. Considerando anche la natura del testo, ben si comprende l’utilità che fin dagli inizi vi rivestirono sue forme di indicizzazione, da annoverarsi anch’essa tra i rubricati. L’indice della princeps, stampata da Ugo Ruggeri e Domenico Bertocchi appare già molto accurato, sintomo di una sua probabile stabilizzazione sin da epoca manoscritta, seppure il confronto con la tradizione antecedente la stampa non sia quello che qui interessa affrontare. Assai eloquente, invece, ai fini del tentativo di provare come stessi indici avessero valore, purché opportunamente escogitati, per più di un’edizione, risulta il confronto con quello dell’edizione napoletana di Francesco del Tuppo, datata 1478.64 Prima di presentare l’esito del raffronto fra gli indici che corredano le due edizioni, quella bolognese e quella napoletana, vale la pena soffermarsi su altri aspetti editoriali. Entrambi gli incunaboli sono privi di segnature, nonché di ogni forma di mappatura del testo, quali la cartulazione o la foliazione. Tabula rasa, dunque, quanto alla possibilità di costruire all’interno dei fascicoli impressi rimandi certi, ancorati a spazi tipografici ben segnalati da numeri o altre cifre di riferimento. Come non bastasse a distinguere le due edizioni, è bene precisare che esse appartengono persino a due formati differenti. In folio è la stampa di Ruggeri, mentre in quarto si rivela il formato prescelto dall’editore di Napoli. Eppure gli indici che corredano entrambe le stampe risultano pressoché identici, fatte salve minime variazioni, che assomigliano più a varianti di stato che non a vere e proprie ricomposizioni per progetti editoriali distinti e separati. I quesiti del Manfredi figurano, infatti, nella stessa forma e nello stesso ordine, a tal punto che collimano persino i passi del testo al quale i lemmi dei due indici si richiamano. La similitudine (Ravello, 3-4 ottobre 2002), a cura di M. Santoro, Pisa-Roma, IEPI, 2004, pp. 237-243. Per un profilo critico aggiornato cfr. T. Duranti, Mai sotto Saturno. Girolamo Manfredi, medico e astrologo, Bologna, CLUEB, 2009. 63 G. Manfredi, Liber de homine, Bologna, U. Ruggeri e D. Bertocchi, 1 Lug. 1474 (ISTC im00191000). Di questa edizione, su 44 superstiti, ho visionato il solo esemplare della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna. 64 Girolamo Manfredi, Liber de homine, Napoli, [F. del Tuppo], ed. B. Gerardini, 31 Ago. 1478 (ISTC im00192000). Ho visto l’esemplare di Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III. Per la sua descrizione cfr. M. Santoro, La stampa a Napoli nel Quattrocento, Napoli, presso l’Istituto nazionale di studi sul rinascimento meridionale, 1984, scheda n. 183. Sono grata alla collega Paola Zito per avermi offerto tutta la sua disponibilità nel corso della ricerca.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
50
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
della mise en page è pressoché vicina all’identità, fatti salvi i segni di paragrafo che scandiscono la successione dei lemmi, segni manoscritti nell’esemplare bolognese, a stampa in quello napoletano. In conclusione, tra i molti mezzi per aggirare gli ostacoli che gli indici vedono pararsi innanzi sempre più numerosi, non manca quello del parassitismo bibliografico, che consiste nel riproporre un’architettura indicale ben riuscita e già costruita da altri, sfruttandone così i molti pregi, al fine di risparmiare tempo, energie e, quindi, risorse finanziarie.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Nascita di un modello: gli indici del commento di Ilicino ai Trionfi del Petrarca Se nel caso de Il libro dei perché di Manfredi abbiamo assistito a una mera duplicazione, fondata sulla meccanica riproposizione di indici per una identica opera, seppur in differenti edizioni, i Trionfi del Petrarca con il commento di Bernardo da Siena, o Bernardo Ilicino, costituiscono una sorta di modello per quanto riguarda i primi indici a corredo di un’opera fortunata anche grazie al suo commento. Un modello che si è venuto elaborando con fatica e con esercizio di spirito critico da parte degli stampatori, in dialogo con i responsabili della cura editoriale del testo e con i lettori, ai quali ogni operazione coi torchi – lo si rammenti sempre – è, in fondo, destinata. La princeps del commento petrarchesco fu stampata a Bologna nel 1475, separatamente dal Canzoniere che nella città felsinea sortì dai torchi di un altro tipografo l’anno successivo. Oggetto di alcune rivisitazioni, i Trionfi commentati non hanno avuto grande fortuna per quanto riguarda puntuali riscontri bibliologici, particolarmente istruttivi per gli indici. Fra coloro che hanno preso a riferimento l’Ilicino e la sua esegesi preme far riaffiorare almeno le osservazioni di Carlo Dionisotti, il quale vi ha dedicato pagine come sempre di grande rilevanza, ricordando che il commento dell’opera in volgare del Petrarca si pone fra le prime a stampa, quando ancora non si era materializzato in tipografia «alcun commento alla Commedia di Dante».65 L’opera dell’Ilicino, la quale ha meritato una fortuna tipografica straordinaria (sicuramente 24 edizioni, non unicamente italiane, fino al 1522), fu
65 C. Dionisotti, Fortuna del Petrarca nel Quattrocento, «Italia medioevale e umanistica», XVIII, 1974, pp. 61-113, part. p. 70.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
51
soppiantata solo nel 1525 dal commento del Vellutello.66 Per l’entità del commento, essa ha avuto anche una singolare avventura bibliografica: nel 1889 Luigi Frati, bibliotecario e studioso bolognese, ha descritto l’incunabolo ponendo quale suo autore Bernardo Ilicino, e non già Petrarca, come era antica consuetudine.67 L’indice della princeps suscita interesse e prova, ce ne fosse ancora bisogno, come fra centro e centro di produzione le differenze fra gli usi che i tipografi, i quali lavoravano rapportandosi alle proprie attrezzature e agli esemplari manoscritti o alle stampe di cui potevano servirsi, fossero spesso assai dissimili e alimentati dalla cultura e dalla tradizione locale manoscritta. È necessario pertanto calarsi all’interno della produzione di quel testo per tentare di cogliere le complesse articolazioni per la sua fattura in tipografia, non senza misurarsi con i manoscritti, ancora conservati, di quel commento. Pochi ma necessari dati devono essere posti in via preliminare: l’edizione è in folio e l’esemplare bolognese consta di 244 carte non numerate.68 La copia dell’Archiginnasio, che reca alla prima carta lo stemma miniato della toscana famiglia dei Capponi, riferisce a c. [244]v, appositamente rubricata, l’indicazione topica e cronologica, che appare dopo il finis e che trascriviamo fedelmente: «BONONIAE IMPRESSVM M.CCCC.Lxxv. DIE. XXVII. MEN | SIS APRILIS». Uscito dunque nella primavera del 1475, con buone ragioni è stato da tempo attribuito ai tipi usati da Annibale Malpigli,69 contemporaneo dell’Ilicino e a lui simile per formazione, entrambi medici non provenienti stricto sensu dalle fila dei letterati-umanisti. Annibale non agì da solo nell’impresa, ma in una societas, che anche a Bologna costituiva una formula assai collaudata, forse con Niccolò Beroaldo e Lazzaro della Penna.70 Nel 1476 Malpigli, 66
V. Merry, Una nota sulla fortuna del commento di Bernardo Ilicino ai “Trionfi” petrarcheschi, «Giornale storico della letteratura italiana», CLXIII, 1986, pp. 235-246, part. p. 238. Per un’ulteriore prova della fortuna del Petrarca, compresi i tre importanti codici della traduzione in lingua francese con il commento di Ilicino conservati a Parigi, si veda G. Bertoni, Per la fortuna dei Trionfi del Petrarca in Francia, Modena, Vincenzi, 1904. 67 L. Frati, Opere della bibliografia bolognese, Bologna, Zanichelli, 1889, vol. 2, p. 883, scheda n. 7221. 68 Concordo appieno con l’invito, che Denise Hillard muove dalle «Nouvelles du livre ancien», printemps 2002, n. 108, p. 11, di attenersi a descrizioni short-title degli incunaboli, fornendo solo i dati che non affiorano neppure dalle registrazioni dei repertori più autorevoli. 69 Cfr. A. Sorbelli, Su la vita e su le edizioni di Baldassare Azzoguidi, «Atti e memorie della R. Deputazione di Storia patria per la Romagna», III s., XXII, 1904, pp. 253-380, scheda XXVII. 70 L. Vendruscolo, Baldassarre Azzoguidi, in Incunaboli stampati a Bologna (1471-1500):
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
52
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
attraverso una convenzione, si strinse in società con Francesco Puteolano, Carlo Visconti e Sigismondo de’ Libri, come prova un documento datato a quell’anno e interamente trascritto da Sorbelli.71 La certezza che la princeps sia frutto proprio dell’officina di Malpigli è offerta sempre da documentazione archivistica, dove si rinviene il medico-stampatore intento a dirimere una controversia sorta a proposito della spartizione degli esemplari fra sé e «inter egregium virum ser Nicolaum de Beroaldis et Lazarum della Pena notarium super occasione stampature quorundam librorum videlicet: Comentum Petrarce et Repetitio Canonum statuta et Capituli Postulasti», controversia per la quale è necessario il ricorso all’arbitraggio del notaio Nicolò Fasanini.72 Probabilmente, come già osservato da Balsamo, che ha tenuto presente una suggestione dello stesso Sorbelli, Malpigli evitò di farsi riconoscere nel colophon come protagonista dell’arte meccanica, per favorire l’adozione del testo all’interno dell’Università, eludendo imbarazzanti conflitti di interesse.73 In altri termini, per riprendere parole dello stesso Sorbelli: Annibale non sottoscrisse mai, perché la sua qualità di professore alla Università non glielo consentiva, e specialmente per il fatto che se sottoscriveva le edizioni non poteva poi adottarle nel proprio insegnamento, giacché ostava una evidente comunione di interessi.74
La particolarità dell’edizione bolognese ha indotto alla visione di tutti i manoscritti dei Trionfi con il commento di Ilicino, già segnalati da precedenti studi.75 Tutti i codici sono sprovvisti di indici o di qualunque altro elemento che possa rimandare o ai versi petrarcheschi o al commento dell’Ilicino. Data l’importanza del passaggio fra manoscritto e libro a stampa e, qualche volta, perfino del suo contrario, si è resa necessaria pertanto una caccia alla copia da cui si è originata la princeps, nella speranza di imbattersi in uno dei rari e fortunati casi di antigrafi di stamperia, di esemplari cioè posti sul censimento fotografico dei colophon: lettera A, a cura di M. Dantini e L. Vendruscolo, Bologna, IBC, Università di Bologna, Dipartimento di Italianistica, ARUB, [1989], p. 36. 71 Cfr. A. Sorbelli, Corpus chartarum Italiae ad rem typographicam pertinentium ab arte inventa ad ann. MDL, a cura di M. G. Tavoni con la collaborazione di F. Rossi e P. Temeroli, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 2004, doc. n. LXXXVI; L. Sighinolfi, Francesco Puteolano e le origini della stampa, «La Bibliofilia», XV, 1913, pp. 459-460. 72 Ivi, doc. n. CLV, 30.11.1479. 73 L. Balsamo, Produzione e circolazione libraria in Emilia (XV-XVIII sec.), Parma, Casanova, 1983. 74 A. Sorbelli, Storia della stampa, cit., p. 9. 75 In particolare in F. Petrarca, Die Triumphe Francesco Petrarcas in kritischen Texte, herausgegeben von C. Appel, Halle a. S., Niemeyer, 1901; V. Merry, Una nota sulla fortuna del commento, cit.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
53
visorio del compositore, modello della delicata fase di traduzione dal testo manoscritto a quello in caratteri mobili. È la Biblioteca Estense Universitaria di Modena a conservare il codice ferrarese che molte spie inducono a supporre debba essere stato quello entrato nell’officina di Malpigli. Nella prima carta di un manoscritto non eccelso per bellezza, tanto da crederlo una copia di studio più che di ornamento della importante casata d’Este, apposto con inchiostro più scuro, lo stesso usato per riempire altri spazi di appartenenza, si legge, sciolte le abbreviazioni: «Ad Illustrissimum Mutine duce[m] Dominu[m] Borsiu[m] estense[m] | B[er]nardi Ilicini Medicine ac phi[losophi]e discipuli in triumphos | CL[arissimi] poet[ae] fra[ncisci] petrarce Expositio Incipit».76 Favorita da una macchia d’inchiostro addensatasi nel manoscritto sulla iniziale del nome del commentatore, la lettura di «Ilicini» in «Glicini» ha generato non pochi equivoci, creando il fantasma di un Bernardo Glicino, entrato a pieno diritto nella tradizione tipografica, proprio a cominciare dalla princeps bolognese di Malpigli. Questo unico elemento è sufficiente a giustificare tutta una sequela di errori bibliografici e catalografici, dal catalogo degli incunaboli modenesi di Domenico Fava77 fino a quello del British Museum,78 passando per molte altre qualificate registrazioni, basate sull’errata forma «Glicini», ironico frutto di una sorte che passa per una sbavatura dell’inchiostro e dà vita così all’incipit di quasi tutti gli incunaboli visionati. Ciò ha perpetuato sviste e disattenzioni anche fra studiosi contemporanei, che sarebbe troppo lungo elencare, e costituisce ampia testimonianza di come non una parola manoscritta, bensì una parola a stampa assurga a protagonista indiscussa e generi perfino una tradizione. Basterà al riguardo ricordare che fra i capitelli e le nervature della legatura, tardo ottocentesca, del dorso di un esemplare della British Library si legge ancora con evidenza e in lettere tutte maiuscole: «Petrarche Trionphi con la expositione di Ber-
76 Bernardo Ilicino, Commento ai Trionfi di Francesco Petrarca, sec. XV; cart.; cc. 180, in 18 quinterni; mm 338x236. Cc. numerate mod. a lapis; segnatura dei fascicoli a penna coeva al ms. Testo a piena pagina in scrittura umanistica. Legatura tiraboschiana (sec. XVIII), con stemma estense e titolo (Lapinvs Sposizione del Petra[r]ca) impressi in oro al dorso. Errore nella legatura: [d]10 legato tra [s]10 e [t]10. Prov.: antico fondo estense. Coll.: α.H.3.2=it. 397. 77 D. Fava, Catalogo degli incunaboli della R. Biblioteca Estense di Modena, Firenze, Olschki, 1928, p. 190, scheda n. 1035. In Estense l’errore si protrae almeno dal Settecento, come risulta dal cartiglio cartaceo apposto al ms. durante la catalogazione antica presso la Biblioteca Ducale che porta «Bernardus Glicinius in Triumphos Fran.ci Petrarce», errore corretto in «Ilicinus» forse nel secolo successivo. 78 British Museum, Catalogue of books printed in the XVth century now in the British Museum, London, British Museum, 1930, part. VI, p. 811.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
54
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
nardo Glicini Bononiae B. Azzoguidi 1475»,79 non solo quindi con il nome del commentatore errato ma anche con l’attribuzione a diverso stampatore rispetto a Malpigli, colui che ebbe a stampare, come si è detto, la princeps del primo commento ai Trionfi del Petrarca. Gli errori in bibliografia sono i più contagiosi, così invitava a considerare già nel Settecento Magné de Marolles.80 La princeps dei Trionfi con il suo primo commento è una spia presa a modello che invita ancora ad altre considerazioni. Nonostante la difficoltà data dall’assenza di numerazioni e altri segni tipografici, assenza che abbiamo visto essere comune a moltissimi testi del primo secolo della stampa, i rinvii sono comunque organizzati e il tentativo di aggirare gli ostacoli nel ricostruire il rapporto testo/indice è perfettamente riuscito. La formula collazionale, desunta per la prima volta nel 1930 sulla copia del British Museum, per quanto molto utile, non è tuttavia l’unico mezzo per la compulsazione del libro. E neppure la mano coeva che ha paginato la copia dell’Archiginnasio è la sola chiave per facilitarne la lettura. L’indice dell’Ilicino, infatti, rispetto al Dictionarium Graecum aldino, è strutturato in modo da poter consultare il commento, se non con facilità, senz’altro attraverso la stretta logica che ad esso presiede. Dopo alcune indicazioni indicali che rinviano alle principali partizioni paratestuali, seguono i primi versi del Petrarca che rimandano alle carte dove naturalmente essi ricompaiono uniti al relativo commento. Non è raro il caso in cui i versi attestati nell’indice presentino differenti lezioni rispetto a quelle presentate dal testo petrarchesco. Ciò spalanca le porte ad una vera e propria filologia paratestuale, in questo caso degli indici, che provano un’antica stratificazione testuale e lasciano libero il campo alla metodologia dell’ecdotica prima ancora che a quella della bibliografia. Ipotesi attendibile è che la tavola andasse letta per esteso e progressivamente, anche prima di procedere alla lettura integrale del testo.81 Essa anzi proporrebbe al lettore un percorso alternativo, non sequenziale, ma intermittente, incentrato solo sui passi di suo interesse. Ne sarebbe prova il fatto che i rinvii alle carte aumentano via via con il dispiegarsi dell’indice, che quindi non obbedisce a un ordine alfabetico. Al rigore della serie, che presiede gli indici alfabetici moderni, è sostituita la vincolante sequenza delle carte del testo e del suo fisso ed immutabile svolgimento. Il principio ordinatore è 79
BL, IB.28593. G.-F. Magné de Marolles, Recherches, cit., p. 33. 81 Anche A. Blair, Annotating, cit., p. 72, suggerisce l’ipotesi che per taluni indici il modo più efficace di fruizione fosse rappresentato proprio dalla loro lettura completa e sequenziale. 80
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LEGERE PIU IN UN LOCHO CHE IN UN ALTRO
55
quello tipico del sommario, di cui si è detto, più che dell’indice, come molti oggi lo intendono. Corredare il commento ai Trionfi di un indice risponde quindi all’esigenza di porre l’accento non tanto sull’insieme, ma solo su alcuni versi, che individuano contenuti di particolare interesse per il lettore, spesso relativi alle vicende storico-mitologiche dei personaggi evocati, gli stessi sui quali l’Ilicino si preoccupa di fornire documentati ragguagli. Il meccanismo concettuale indice-testo è un embrione di indice che oscilla fra il rimando ai nomi così come alle parti paratestuali e ai loci, ovvero ad alcuni argomenti di cui si vuole che il compulsatore si avveda. Si può anche supporre invece che la «tavola de li triumphi», prodotta una sola volta da profondi conoscitori del testo e del suo pubblico82 – fossero essi gli stessi autori, talora in veste di traduttori, commentatori ed editori –, venisse poi duplicata insieme con il testo, senza essere ricorretta ed adattata alle differenti edizioni. Ma non è il caso della tavola della princeps bolognese, come mostra il puntuale riscontro dei rimandi. Proseguendo nell’analisi del rapporto tra tavola e testo si notano apparenti sfasature, in prima battuta interpretabili come il frutto della sua composizione tipografica su un testimone differente. In verità esse trovano spiegazione nella particolare sequenza della paginazione, ovvero nella singolare percezione dello spazio tipografico caratteristica di un’epoca, il Quattrocento, nella quale ancora non erano giunte a maturazione le convenzioni spaziali che presiedono alla definizione della pagina moderna, scandita dalla numerazione. Il rimando alle carte non utilizza i riferimenti spaziali propri della cartulazione recto/verso o della paginazione dispari/pari cui siamo avvezzi, pur avvalendosi della numerazione apposta manualmente e non tipograficamente alle carte dell’incunabolo, per quanto forse di mano successiva. Quella cartulazione manoscritta delinea uno spazio in cui, pur contrassegnando con un numero il solo lato destro,83 si intende attribuire il medesimo numero alle due facciate contigue. In altre parole la cifra indicata al recto è valida anche per il verso della carta precedente, in modo tale che, aprendo il volume, la 82 Che il responsabile della confezione della tavola fosse un buon conoscitore del commento dell’Ilicino è provato dal fatto che, mentre nel testo i versi di Petrarca sono rubricati proprio come quelli di altre auctoritates chiamate a correo dall’Ilicino per il suo lavoro ermeneutico, solo ed esclusivamente i Trionfi siano stati correttamente riportati nei lemmi della tavola, trascurando altre rubriche non pertinenti. 83 La cartulazione, della stessa mano alla quale si devono numerosi altri interventi, anche di commento, di correzione e di integrazione al testo, è apposta in alto a destra. La sequenza manoscritta, che non include l’incipit, inizia a c. 2 (corrispondente ad [a]2) e prosegue numerando correttamente 240 carte. Significativi interventi di integrazione del testo a cc. [k]3v; [n]5v; [n]6r.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
56
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
carta di sinistra e quella di destra hanno, almeno nell’idea di colui che ha allestito l’indice, il medesimo riferimento numerico. Seppure il testo venne messo sotto il torchio in un anno che in termini di stampa è lontano dagli esordi, pur tuttavia gli espedienti usati dimostrano – se mai ce ne fosse bisogno – che vi sono centri in cui ancora si annaspa alla ricerca di soluzioni tipografiche atte a rendere meglio comprensibile un testo. Non solo in centri diversi, ma pure in laboratori della stessa città si hanno comportamenti non analoghi quanto alla mise en page. A volte dipende dalla preparazione tecnica degli artigiani che vi lavorano all’interno, ma soprattutto da coloro che sovrintendono al lavoro, i quali non sono attrezzati nel medesimo modo soprattutto là dove maestri e artieri non sono coesi in una corporazione che preveda prove di ingresso e scuole di apprendistato. Appare con evidenza che gli indici si qualificarono fin da subito come un necessario corredo per i libri a stampa e che autori e stampatori/editori capirono il vantaggio che poteva derivare da un loro corretto allestimento. Lo intesero anche molti di quella vasta gamma di eruditi comprensiva di uomini che guardavano con insistenza a che la nuova arte, perfino paragonata al cavallo di Troia, si affrancasse dalla soggezione del manoscritto, predicando, fra l’altro, che tutti gli apparati paratestuali, a cominciare dagli indici, la cui utilità non fu mai messa in discussione, divenissero una priorità anche per un certo tipo di lettura.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
II
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA Gli indici, una comodità per non dimenticare L’utilità degli indici è un elemento che si impone con immediata evidenza a coloro che per primi si accingono a realizzarli e che resta nel corso del tempo un tratto distintivo e profondo della loro natura. Ogni opera presenta indici particolari, in alcune circostanze ad essa sola propri, perché è nella capacità di restituire il vantaggio per il lettore che si misura la validità dell’indice. E la convenienza deriva di volta in volta in maniera differente, a seconda della capacità dell’indicizzatore di mettersi in rapporto all’autore del testo. Gli amanuensi e tutti coloro che via via, a vario titolo, sono responsabili della gestazione degli indici, della loro crescita e del loro sviluppo, mostrano di essere consapevoli del valore intrinseco alla fatica di unire a un testo la sua mappa indicale. Soprattutto nell’ambito della cultura universitaria tra XIII e XIV secolo, le tabulae esprimono il crescente interesse per recuperare informazioni anche su questioni specifiche, consentendo di evitare lunghe e dispendiose ricerche. Il lavoro di indicizzazione è profittevole perché permette di far trovare rapidamente e comodamente un soggetto, un nome proprio, un passaggio all’interno di un testo. Dal capitolo complesso della produzione storiografica manoscritta rimasta inedita per centinaia di anni, sempre per ragionar di indici, l’esempio della Cronica di Benedetto Dei (1418-1492), mercante ed agente politico mediceo, appare illuminante. Rinserrata nei faldoni dell’Archivio di Stato di Firenze e data in luce solo negli anni ottanta del secolo appena trascorso,1 fu scritta in epoca in cui la stampa a Firenze si era già affermata da tempo, e costituisce, come molte altre analoghe narrazioni storiche, un côté della 1 Benedetto Dei, La cronica dall’anno 1400 all’anno 1500, a cura di R. Barducci; prefazione di A. Molho, Firenze, Papafava, 1985.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
58
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
produzione manoscritta che mai si arrestò, neppure di fronte all’invadenza dei torchi tipografici. Nella trascrizione moderna ci si imbatte nella «Tavola del libro». Essa denuncia a chiare lettere i progressi conseguiti nell’indicizzazione da un autore il quale la concepì come una sorta di cronotassi, con rinvii a date e argomenti trattati nel testo, dando priorità alle guerre attraverso quel «Comincia», così strettamente ancorato agli incipit di antica data, con cui si aprono tutte le registrazioni. Di tutto disquisisce il Dei, e tutto viene meticolosamente annotato per confluire nella Tavola, che ha la particolare vocazione di essere strutturata come testo a sé stante, non tanto per essere letta nella sua interezza, quanto per offrirsi alla compulsazione, a seconda degli interessi di chi si accinge a conoscere anche solo un aspetto della vita fiorentina di quel torno di tempo. L’esempio, sebbene di una unica opera, testimonia la matura autonomia raggiunta dagli indici nei manoscritti, maturità che prosegue anche in epoca tipografica, sorretta da una caratteristica che accomuna gli indici indipendentemente dalla soluzione tecnologica adottata per la scrittura del testo, sia esso manoscritto o a stampa: l’utilitas. L’utilitas si congiunge sin dagli albori della storia degli indici alla commoditas, ossia al modo migliore per fruire della pagina, tanto a stampa quanto manoscritta. Come si è visto in precedenza, le principali tappe dell’affermarsi degli indici in ambiente manoscritto sono state, in gran parte, già individuate. Alle molte testimonianze già richiamate si affianca anche quella sulla diffusione della lettura nel basso Medioevo, responsabile secondo alcuni dell’allestimento di sempre nuove partizioni del libro manoscritto perché «occorre che il lettore possa ritrovare ciò che cerca in un libro, senza doverne sfogliare ad una ad una le pagine».2 E il modo più opportuno ed utile, ossia commodus, per innervare il bisogno di letture limitate a porzioni definite del testo sono senza dubbio le forme della sua indicizzazione. L’indice è, insomma, la miglior terapia davanti al crescente e sempre più smisurato bisogno di lettura che caratterizza l’età moderna. Non è un caso che commoditas nella sua origine etimologica, ossia *med-, faccia riferimento proprio alla medicina e a tutti i termini che hanno a che fare con la misura, con la moderazione, ossia con la giusta misura (modus).3 È Sisto da Siena, che chiameremo in causa a proposito della sua demonizzazione degli indici pestilentissimi, a sancire il legame tra il concetto di utilitas e quello commoditas degli indici, allorché, proprio nello spazio dell’Index rerum memorabilium 2
J. Hamesse, Il modello della lettura nell’età della Scolastica, in Storia della lettura, a cura di G. Cavallo, R. Chartier, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 91-115, part. p. 92. 3 E. Riganti, Lessico latino fondamentale, Bologna, Pàtron, 1989, p. 118.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
59
annesso alla sua Bibliotheca sancta, lapidariamente sentenzia: «Indicum in libris quanta commoditas». Il riferimento è a un breve passo dove l’autore rimanda all’utile che si può ricavare dalle edizioni della Bibbia fornite di questo particolare apparato paratestuale.4 Un utile che trascina con sé anche una conseguente pericolosità della parte del testo che più di ogni altra si candida, nel libro a stampa di antico regime tipografico, a divenire la chiave di volta di rischiose, perché libere e talvolta decontestualizzate, modalità di lettura. Con la convinzione di offrire solo esempi tratti da un mare magnum dove molto resta ancora da disvelare, è giunto il momento di avvicinare i lettori a pagine poco note nelle quali eruditi, bibliografi, ed anche tecnici del libro nei momenti apicali della sua diffusione in antico regime tipografico, lasciarono impresse loro considerazioni sugli strumenti nati per facilitare la “immersione” in testi corposi, molti dei quali assai complessi nella loro architettura. E nel ragionare di indici si soffermarono su quello che si è ritenuto di additare quale elemento ricorrente e forse ad essi connaturato: l’utilitas. Va altresì precisato che l’ascolto delle voci dei diretti interessati – lettori prima ancora che esperti del libro e dei suoi apparati – si è reso necessario giacché anche i maggiori dizionari, quando indugiano sulle definizioni con cui gli indici erano conosciuti, tardano ad elaborare accurate spiegazioni del lemma, negando spesso la funzione eminentemente pratica dell’indicizzazione. Nessun conforto viene, come si è visto, dal primo Vocabolario degli Accademici della Crusca né tantomeno dall’etimo della sua voce «Indice», ricondotta a: «Lat. Index, Elenchus, Syllabus. Grec. ελεγχος».5 Lacuna che si ritrova in dizionari anche di epoche più recenti, quasi che per i “localizzatori” di una opera non sia importante offrire descrizioni facendo ricorso a termini più pertinenti, e dando anche per scontata la loro funzione essenziale, quella di rendere utile e fruttuosa la ricerca, sovente, ma non unicamente (come avremo modo di vedere in questo stesso capitolo), intrapresa per motivi di studio. Molto attenti all’uso che degli indici gli studiosi dovevano fare, per la loro preziosa funzione di guida, furono alcuni bibliografi e trattatisti, a cominciare da Conrad Gesner “padre della bibliografia”, che molto ebbe a cuore il problema di come redigerli. Hans Wellisch per primo ha conse4
Cito dall’editio princeps: Sisto da Siena, Bibliotheca sancta, Venetiis, apud Franciscum Franciscium Senensem, 1566, vol. 2, p. 241d. 5 Vocabolario degli Accademici della Crusca, con tre indici delle voci, locuzioni, e proverbi latini, e greci, posti per entro l’opera, in Venezia, appresso Giovanni Alberti, 1612. La voce meglio si precisa nell’edizione del 1791 (Firenze, stamperia della Crusca, 3 voll.).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
60
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
gnato alla letteratura specialistica il passo eloquente tratto dalle Pandectae del bibliografo svizzero, per offrirlo in traduzione nella sua lingua.6 Gesner nel Titolo 13 delle Pandectae, dove confluiscono le sue riflessioni De indicis librorum, riconosce ben sette punti dai quali si evince la comodità degli indici, nati «maxima nuper studiosorum utilitate». Gli indici possono riunire o distinguere parti o la totalità dei termini presenti in un testo, siano essi semplici parole o soggetti. Il lettore separa così i termini sulla base della lingua (ad esempio ritrovando accostati i vocaboli greci o latini). L’utilità pratica del rimando alla carta o alla pagina è potenziata da ulteriori precisazioni (la riga del testo o la zona della pagina segnata con numeri o lettere). Gesner è già consapevole che il rinvio a partizioni testuali (libri, capitoli, paragrafi, etc.) anziché tipografiche (pagine, carte, colonne, etc.) consente di redigere indici validi per numerose edizioni, anche molto diverse tra loro dal punto di vista tipografico-editoriale.7 Nella esauriente disamina, forse ciò che al bibliografo sfugge sono soltanto l’utilità e l’utile anche commerciale che derivavano all’editore, al libraio e al tipografo abili nel corredare di indici le proprie edizioni davanti alla forte concorrenza che anima l’editoria europea del Cinquecento. Un vantaggio di natura economica per il responsabile dell’impresa editoriale e di natura intellettuale per chi, come il lettore, beneficia degli effetti positivi del libero (per non dire selvaggio) mercato.8 Oltre al bibliografo zurighese, altri disquisirono con sapienza in termini teorici sugli indici e sulla loro utilità, derivando regole precise per la loro “confezione”, onde evitare di dar luogo a nuove forme di indicizzazione in riedizioni di medesime opere, regole che erano divenute prassi consolidate fin dagli albori del libro a stampa in alcune tipografie e che prevedevano composizioni simili dei testi affinché gli indici combaciassero perfettamente. Per quanto riguarda non una “familiarità”, ma una vera e propria corrispondenza di voci e di impaginati, basti richiamare le due edizioni dei Trionfi, commentati da Bernardo Ilicino (1491; 1494) su cui ci è soffermati nel capitolo precedente. Fu Juan Caramuel Lobkowitz (1606-1682), a quanto risulta, tra i primi a ribadire l’utilità che gli indici avessero i rimandi ai libri e ai capitoli, e non alle carte o alle pagine, quando queste ultime furono di uso generalizzato, 6
H. Wellisch, How to make an index-16 th century Style. Conrad Gesner on Indexes and Catalogs, «International Classification», VIII, 1981, pp. 10-15. 7 A. Serrai, Storia della bibliografia, vol. 2: Le enciclopedie rinascimentali (II). Bibliografi universali, a cura di M. Cochetti, Roma, Bulzoni, 1991, pp. 345-351. 8 Cfr. P. Trovato, Con ogni diligenza corretto, cit., p. 114.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
61
in modo da lasciare libertà agli stampatori quanto ai formati per edizioni di stesse opere.9 Seguendo la scansione per parti e porzioni del testo, come l’autore suggerisce, l’«Indice potrà servire per ogni edizione, e sia che il libro venga ristampato in quarto o in folio, più grande o più piccolo, potrà esservi aggiunto invariato». (Articolo VIII).
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Forti consapevolezze nella Repubblica delle lettere Anche fra eruditi e letterati in genere fu molto avvertito il problema: dalla loro corrispondenza, in particolare da quella che si sviluppò in anni cruciali della metà del Cinquecento e confluì in raccolte, come ha ben inquadrato Lodovica Braida,10 il ricorso agli indici fu percepito come una comodità necessaria da quanti affidavano alle lettere nel «buon volgare», vero medium dell’epoca, la maggioranza dei pensieri, compreso qualsiasi tipo di notizia, perfino le transazioni. Indici tuttavia poco curati solo per nome di autore e non per genere o argomenti delle lettere; approssimativi dove i nomi erano spesso elencati per gerarchie e ruoli sociali e indicizzati sotto la carica coperta; incompleti con tante omissioni. Nei decenni successivi al 1540 iniziano a comparire indici per «capi», cioè argomenti delle epistole, che diventano spesso degli «schemi visivi» della raccolta, utili per chi usava gli epistolari come spunto per scrivere a sua volta lettere di vario genere. Queste raccolte di lettere tuttavia spesso non volevano essere soltanto “modelli retorici”, ma proposte di contenuto, quindi esempio di pensieri e valori che si volevano veicolare al pubblico: da qui l’utilità degli impianti ancorché imprecisi dei loro indici. E che fossero pure depositi di polivalenze semantiche a sfamare la necessità di capire fra le righe, messaggi pure arditi, troverà conferma fra le mie pagine. Mano a mano che si procede nel tempo, ritroviamo la Repubblica delle Lettere sempre più sensibile alla questione, tanto da invitare tipografi ed editori, sia nell’accezione di curatori sia in quella di chi sceglie un testo e si appresta a darlo fuori, a farne uso costante. Le pubblicazioni di corrispondenze epistolari aumentano in maniera esponenziale, come invita acutamente a considerare Françoise Waquet, dopo una attenta e scrupolosa disamina di molti testi sei-settecenteschi, per i quali «notes et index s’imposent», 9 Il “Syntagma” de arte typographica di Juan Caramuel ed alti testi secenteschi sulla tipografia e l’edizione, a cura di V. Romani, Roma, Vecchiarelli, 1988. 10 L. Braida, Le raccolte epistolari del Cinquecento tra inquietudini religiose e “buon volgare”, Roma-Bari, Laterza, 2009.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
62
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
perché rappresentano la chiave di volta per una buona e corretta edizione. È Burkhard Gotthelf Struve (1671-1738), sempre percorso da Waquet, ad ammirare le numerose note di cui Burman aveva dotato la sua Silloges, deplorando che lettere di Grotius fossero sprovviste di indice mentre stendeva «l’éloge de la table monumentale qui couronnait l’édition que Prosper Marchand avait donné des lettres de Bayle», come l’autrice precisa riferendo il pensiero del grande erudito.11 L’aggettivo nel superlativo utilissimus comincia ad accampare un posto di rilievo anche nei frontespizi soprattutto delle opere di diritto che, come si vedrà, fanno degli indici la chiave di volta per destreggiarsi fra norme e sentenze. Si deve a un altro Struve, George Adam (1619-1692), docente di rare qualità, l’Index tripartitus in Syntagma juris ciuilis, un apparato sciolto frutto di una lunga fatica, nato come terzo volume dell’opera che usci in quinta edizione nel 167212 e per la quale fu concepito e distribuito pure nella sua autonomia. L’indice di Struve riguarda una raccolta nominativa giurisprudenziale di diritto civile disposta in ordine alfabetico (Index rerum et verborum) che snellisce e consente di recuperare da un nome un concetto, una norma. Porta in calce al titolo la profonda consapevolezza che l’autore ebbe del suo parto laborioso: l’indice viene infatti detto lectoribus utilissimus per aver posto il lettore nelle condizioni migliori per affrontare la consultazione del Corpus iuris.13 Ma per tornare alla lettura di opere di altri importanti studiosi, ben messi a fuoco dalla storiografia per la loro infaticabile attività bibliografica e per il peso che essi esercitarono nel concerto settecentesco, in testi che vorrei definire classici, è bene sottolineare che, per quanto riguarda l’utilità degli indici, rimangono ancora spazi da riempire. Procedendo sempre per exempla, appare doveroso rifarsi al Polyhistor di Daniel Georg Morhof (1639-1691).14 Il letterato e storico il cui pensiero va calato nella historia letteraria di matrice baconiana, che a Kiel ricoprì la cattedra di storia e nel contempo esercitò anche le funzioni di bibliotecario, interviene sulle raccolte di epistole fin dal 11
F. Waquet, Les éditions de correspondances savantes et les idéaux de la République des Lettres, «xviie siècle», Janvier-Mars 1993, 178, pp. 99-118, part. p. 107. 12 Georg Adam Struve, ... Syntagma jurisprudentiae ... Editio quinta, tabulis synopticis, indice ac sectionum commoda subdivisione instructior, curante per otium Philippo Mullero ..., Jenae, typis & sumptibus Johannis Nisi, 1672-3 v. 13 Id., Index tripartitus in Syntagma juris ciuilis, Jenae, typis Johannis Nisi, 1682. 14 Su Morhof cfr. A. Serrai, Storia della bibliografia, cit., vol. 6. La maturità disciplinare, con contributi di M. Cochetti, a cura di G. Miggiano, Roma, Bulzoni, 1995, p. 41-89; T. Gregory, Introduzione a Fabula in tabula, cit., p. 6. F. Waquet, Introduction, in Mapping the World of Learning: The Polystor of Daniel Georg Morhof, Edited by F. Waquet, Wiesbaden, Harrassowitz Verlag, 2000, pp. 7-11.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
63
tomo primo, capitolo xxiii, nel libro non a caso denominato Bibliothecarius perché, a suo avviso è proprio ai preposti alle istituzioni bibliotecarie che è affidato il compito di attingervi per le «molte cose che riguardano ogni elemento della storia letteraria». Ecco il brano estrapolato:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Gli scrittori di epistole sono assolutamente da ascrivere all’insieme dei bibliotecari: da essi infatti, una volta che li avremo distinti dagli scrittori di biografie, possono essere desunte molte informazioni bibliografiche e di storia letteraria.15
E subito oltre, occupandosi da vicino delle corrispondenze, anche con l’intimare agli scrittori e agli editori che ad esse «fossero sempre aggiunte le risposte relative ad ogni epistola», loda in particolare Manuzio, Eucario Silber e Marcus Zuerius Boxhorn per aver ordinato le lettere di Cicerone con estrema cura e profitto per i lettori, concludendo con una frase davvero rimarchevole sull’importanza degli indici: È infine assai da biasimare il fatto che alla maggior parte degli scrittori di epistole non sia aggiunto nessun indice che possa rendere edotti dei principali contenuti delle lettere. Sono davvero pochi i volumi di epistole che si possono raccomandare per gli indici: quelli di Erasmo, di Richter, di Boxhorn (nell’edizione di Lipsia).16
Ancora prima che il paratesto indicale nel suo complesso trovi una sua pregnante definizione nell’Encyclopédie c’è chi, in Francia, dall’interno delle tipografie, si pone il problema dell’utilità degli indici e delle scelte tecniche necessarie a potenziarle, come si è visto ricorrendo a un brano di Fertel. È proprio il caso di dire che niente venne trascurato affinché gli indici si potessero imporre all’attenzione di quanti avrebbero dovuto farne consapevole uso, compresa la loro mise en page che è aspetto di forte rilievo icastico. 15
Ho utilizzato l’edizione: Daniel Georg Morhof, Polystor, literarius, philosophicus et practicus ... Editio quarta/ cui praefationem, notitiamque diariorum litterariorum Europae praemisit Io. Albertus Fabricius…, Lubecae, sumptibus Petri Boeckmanni, 1747, 2 v., in particolare p. 271. Sempre nel Tomo i, ma nel libro ii (Methodicus, capitolo xxiv, alle pp. 294-295) nel paragrafo dedicato a Herman Conring, un brano informa anche su di un altro elemento del paratesto, precisamente la dedica. Vale la pena riferire l’importante ecxursus: «Non è assolutamente da disprezzarsi il proposito di chi volesse approntare una qualche raccolta delle più scelte dediche di vari autori. Si vuole infatti radunare in esse, con stile brillante, considerazioni encomiastiche proprie specialmente dei panegirici; per non parlare del loro utilizzo nel conoscere il contenuto dei libri, come per mezzo di una notizia per così dire sommaria». 16 Ivi, pp. 272-273.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
64
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Nell’Encyclopédie, che come si sa segna il culmine dei saperi di un’epoca di cui è l’icona, con i limiti di presentarsi pure quale contenitore di conoscenze da tempo acquisite, si trova codificata, come ho anticipato, alla voce Livre, espressa nel modo più esauriente che mi è dato conoscere, la precisazione circa alcuni importanti elementi del paratesto che vengono definiti incidens accessoires: «Les incidens accessoires d’un livre – recita infatti l’Encyclopédie – sont le titre, l’épître dédicatoire, la préface, les sommaires, la table des matières, qui sont la partie de l’éditeur; à l’exception du titre, de la première page ou du frontispice, qui dépend quelquefois du libraire».17 Con opportune distinzioni sulle responsabilità proprie di mestieri del libro fra loro a volte assai differenti, si precisano alcune definizioni: da quelle relative ai sommari, scambiati spesso per indici, alla tavola delle materie, configurazione già seguita in epoca antica e, con regolarità, nel Seicento, secolo nel quale gli esempi appaiono assai numerosi. E che i mestieri siano all’epoca difficili da inquadrarsi sembra emergere dalle utili osservazioni di Jacques Rychner volto a precisare che: «Le XVIIIe siècle ne connaît en effet le mot éditeur que dans son acception scientifique ou littéraire. Celui dont le métier est de faire fabriquer, puis de diffuser un livre, s’appelle libraire, comme le détaillant».18 Nel cuore del Settecento vi è chi riconosce come l’utilità degli indici sia frutto di una fatica a volte improba, di cui si sobbarca generosamente il libro per restituire tutti i vantaggi ai suoi lettori. Basta scorrere le Effemeridi del noto patrizio fiorentino Giuseppe Bencivenni Pelli, oggi disponibili nella splendida realizzazione elettronica,19 per ritrovarvi ben 36 occorrenze alla voce indice, quasi tutte proprie al significato che ho inteso mettere a fuoco in questo libro. La più pertinente di esse, che non a caso fa degli indici «opere di schiena», è quella che compare indicata nel Diario dell’11 settembre 1763: Vi è già chi con ragione desidera un indice esatto per ordine di materie, e per alfabeto de’ nomi degli autori di tutti gli opuscoli inseriti nelle gran collezioni come in quella degli Anecdoti del Martène, e del Pez, nella Biblioteca ascetica di quest’ultimo, nella collezione dei Padri, ne’ trattati 17
Cito dall’edizione dell’Encyclopédie livornese (à Livorne, de l’imprimerie des éditeurs, 1773, vol. 9, p. 544, 2a col.). La voce, da una compulsazione del paratesto e anche dell’epitesto, sembra essere stata stesa redazionalmente. 18 J. Rychner, Le travail de l’atelier, in Histoire de l’édition française, vol. 2: Le livre triomphant 1660-1830, Paris, Promodis, 1984, p. 54. 19 http://www.bncf.firenze.sbn.it/pelli/it/progetto_ext.html (ultima consultazione 28 marzo 2008). Edmond Martène (1654-1739) e Bernhardt Pez (1683-1735) sono entrambi eruditi benedettini.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
65
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
magni, ed in mille altri corpi simili di cui pochi conoscono i tesori che racchiudono. Ancora sarebbe utile un indice degli opuscoletti che sono inseriti ne’ tanti moderni giornali. Queste opere paiono opere di schiena, ma quando sono fatte, o quando si trova uno in bisogno di averle, allora si conosce l’utile infinito che apportano. Oggigiorno che cresce a dimisura il numero dei libri ch’escono, cresce ancora la necessità degli indici, delle biblioteche, in fine di tutta quella classe di opere che danno astuzia di ciò ch’è al pubblico. La difficoltà è di farle bene, poiché spesso queste non sono imprese da privati, né da persone mancanti di aiuti, di compagni e di gran librerie. La diligenza ancora di cui hanno bisogno è grande, siccome la pazienza, giacché il pregio di tali libri consiste principalmente nell’esattezza.20
Saltabeccando fra secoli e testi, una vera miniera di informazioni, che denuncia la piena consapevolezza dell’impossibilità di stendere uno strumento di consultazione ragionato se gli indici non aiutano a comporlo, è espressa in particolare, a cavaliere fra Sette e Ottocento da Carlo Denina (17311813) nella sua Bibliopea, opera dedicata all’Arte di compor libri, come recita il titolo alternativo.21 Tutto incentrato a soccorrere gli autori nel difficile cammino dei diritti e dei doveri legati alla composizione di un’opera e alla sua messa in stampa, l’abate cuneese costituisce per il Settecento un «codice comportamentale».22 Più di un trattato letterario la Bibliopea è infatti un discorso inteso a stabilire l’etica degli scrittori e il loro legame con il mondo dell’editoria, ma anche con se stessi, scavando in profondità per scorgere le vere motivazioni che li hanno indotti a elaborare un testo in grado di dare ai lettori certezze sui buoni contenuti delle proprie opere. Quanto ai sommari, l’erudito e poligrafo, la cui posizione contro i philosophes è nota, sempre attento alla formazione degli scrittori, pone l’accento prevalentemente sulla necessità che «dee l’autore fare egli stesso», approntandoli prima della stesura dell’opera «per l’ordine della composizione guisa di ossatura e di selva»; una moderna scaletta, se mi è permesso attualizzare i termini. I sommari sono, inoltre,
20
11 settembre 1763, vol. 10, pp. 157-158 (il corsivo è mio). Carlo Denina, Bibliopea o sia l’Arte di compor libri, Torino, appresso i fratelli Reycends, 1776. L’edizione da me utilizzata è quella anastatica, curata da Emilio Mattioli che riproduce la seconda edizione del 1827, uscita a Milano nella «Biblioteca scelta» del Silvestri. Su Denina è ancora valida la voce nel Dizionario Biografico degli Italiani (vol. 38, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1990), stesa da Guido Fagioli Vercellone. 22 L. Braida, Il commercio delle idee. Editoria e circolazione del libro nella Torino del Settecento, Torino, Olschki, 1995, part. pp. 315-322. 21
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
66
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
importantissimi alla divulgazione di un’opera; perocché è certo che il primo giudizio che se ne fa dalla gente, procede dalla tavola de’ sommarj più ancora che dalla prefazione, due parti, che da tutti si leggono le prime, e da’ molti si leggon sole.23
Gli indici, invece, sono «opera tipografica» anziché «letteraria»; la loro «natura» è «inutile» dal punto di vista letterario perché non rappresenta l’espressione di una creativa originalità. Eppure alle «tavole alfabetiche» Denina non può non tributare l’onore di una definizione lapidaria: «invenzione veramente comoda». L’ultimo capitolo della terza – e ultima – parte della Bibliopea, dopo aver trattato della scelta delle citazioni, delle note, delle postille, spese documentate parole sul problema della censura preventiva e dei necessari permessi, rileva: L’indice, o vogliam dire la tavola alfabetica, (poiché di quella de’ capitoli, come di parte necessaria, si è parlato abbastanza) è invenzione veramente comoda per molti riguardi, ma è di una natura inutile, e non usata dagli antichi; ed è anche questa piuttosto opera tipografica che letteraria. Cuiacio24 diceva che chi non sa servirsi de’ libri senza questi indici non sa servirsene assolutamente. Tuttavia nelle opere voluminose e sopra tutto nelle storie, qualora non sieno divise in capitoli con proprie intitolazioni, è necessario l’indice alfabetico almeno de’ nomi propri.25
Il versante dei bibliofili e bibliografi Dell’utilità degli indici e dei sommari sono consapevoli in primo luogo coloro che scrivono sull’ordinamento libri – si è visto già con Gesner – ma pure coloro che collezionano le edizioni e mettono insieme raccolte librarie preziose anche per la presentazione editoriale dei testi in esse contenuti. Nel Catalogo ragionato dei libri di Gaetano Fantuzzi (1744-1815) docentebibliotecario reggiano, da poco tempo trascritto e curato con passione e nel modo più rigoroso, si rinvengono molte occorrenze.26 Quarantuno sono i richiami agli indici offerti dalle postille alle opere descritte nel catalogo, 23
Cfr. C. Denina, Bibliopea, cit., p. 291. Jacques Cujas (1520-1590) fu un giurista francese, noto soprattutto per i Paratitla, ossia i sommari desunti dal Digesto, da cui estrasse alcuni principi giuridici definiti con chiarezza e originalità. 25 Cfr. C. Denina, Bibliopea, cit., p. 371. 26 Gaetano Fantuzzi, Catalogo ragionato dei libri di me Gaetano Fantuzzi, trascritto e curato da F. Olmi, Bologna, Pàtron, 2004. Per le edizioni a cui si fa riferimento si veda il testo e l’incipit di ciascuna registrazione. 24
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
67
sorta di diario bibliografico che non trascura neppure le stime attribuite ad esemplari di rilevante rarità. Il catalogo fu concepito per essere, assieme ai volumi dell’imponente raccolta, con tanto amore e zelo accumulata dall’erudito, la sola eredità che egli avrebbe lasciato al nipote, non senza il timore di veder vanificato e disperso quell’unico suo tesoro. Riandando alle precise note, a proposito delle Orationes (Venezia, 1607) di Marc-Antoine Muret, il bibliofilo-bibliotecario, svilendo il libro in suo possesso con assegnargli una stima estremamente bassa, si lascia sfuggire a mo’ d’invettiva: «Quest’edizione è scorrettissima e perfida» e a proposito di errori macroscopici conficcati nell’indice che non registra personaggi e opere che appaiono nel testo, sbotta nella frase: «Quell’indice è poi falsissimo».27 Quasi che il difetto dell’indice minasse alle fondamenta l’intero libro, così da darsi l’equazione tra utilità dell’indice e utilità del testo. Riferendosi poi alle Dissertazioni sulla Sacra Scrittura (Firenze, 1756) di Alfonso Niccolai, il bibliofilo non può fare a meno di rilevare: «È peccato, che l’opera tutta non abbia un copioso indice ben fatto alla tedesca; che l’opera servirebbe di un Magazzino da pescarvi dentro, e tanto più, che l’Autore ha la bontà di citare gli Autori, e i luoghi, donde egli ha tratto le cose».28 Fra queste due considerazioni estreme passa tutto il rigore ed anche l’ironia del collezionista, grande conoscitore degli apparati paratestuali come denunciano anche le annotazioni accurate sulle lettere di dedica presenti nei volumi della sua ricca biblioteca privata. E sull’avanguardia degli indici latino-tedeschi è sufficiente citare tutte le edizioni del De re metallica dell’Agricola, i cui accessi ordinati, alfabeticamente, si caratterizzano per essere un «ricchissimo lessico di mineralogia nel senso più ampio», come invita a riflettere ancora Gregory.29 La felice asserzione di Fantuzzi porta a dare risalto alla sua metafora: l’indice è proprio un magazzino dove si depositano importanti e stimolanti informazioni sui luoghi da raggiungere nel libro anche solo per meglio assaporarlo e contestualizzarlo. Di ciò avevano coscienza molti bibliografi anche di quella fortunata stagione. Fra i tanti cataloghi, attenti agli apparati paratestuali e scrupolosamente precisi nelle registrazioni, si segnala quello, dovuto all’acribia descrittiva del bibliotecario della Biblioteca Pontificia bolognese Giambattista Canterzani (1767-1846), della propria ricchissima raccolta personale. Riguarda il posseduto dei mirabili prodotti dei torchi dei Dalla Volpe e si presta ad essere base imprescindibile per chiunque voglia dedicarsi agli annali dei 27 28 29
Ivi, p. 244. Ivi, p. 259. T. Gregory, Introduzione a Fabula in tabula, cit., p. 7.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
68
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
più importanti stampatori e editori della Bologna del secolo dei Lumi.30 In numerose descrizioni viene fatta menzione degli indici, a volte con l’importante precisazione che essi si trovano in fascicoli sciolti giustapposti al testo, come nel caso dell’esemplare di Pier Jacopo Martello, Della Tragedia antica e moderna di dialogo, stampata da Lelio nel 1735 in cui in «due carte non numerate» appare «l’indice delle cose notabili».31 Dalla scuola ottocentesca che, come si sa, ha investito nella bibliografia molte energie e ha dato fuori esempi fra i più luminosi di repertori ai quali ancora è bene far riferimento, ho attinto pochi esempi. Sono chiamate in causa alcune forti personalità, che offrono stimoli a partire dalla densità delle note con cui essi presentano le loro descrizioni in quelli che vengono anche chiamati «i libri sui libri». Circa i cataloghi dei librai del XIX secolo – ormai repertori a tutti gli effetti –, dirò soltanto che sia il Brunet che il Graesse sottolineano sempre la presenza di indici, con la registrazione anche delle carte (o dei fogli) di cui essi si compongono e, quando sono espliciti, i nomi dei compilatori. Pochi riferimenti tratti dal Brunet dell’insostituibile Manuel 32 risultano eloquenti: le Romanae urbis topographia et antiquitates di Jean Jacob Boissard,33 di cui Brunet dà notizie molto analitiche del testo e nella parte terza, risultano composte di «11 ff. prél. 42 pages et 108 pl. cotées de 43 à 150, 11 pp. pour l’index et 1 f. pour la souscription». Ancora più eloquente è il Brunet per l’opera di Ramusio, nella terza edizione dei Giunta veneziani, in 3 volumi, della quale sono segnalati tutti gli indici e la loro corposità espressi nel numero dei fogli che li contengono. Sugli annali si eviti di trattare quelli dei Manuzio, stesi dal Renouard, già perlustrati in tutte le sue pieghe,34 ma si prenda a campione il meno utilizzato dei Giunta, cui attese Paolo Camerini (1868-1937)35 che della scuola ottocentesca è figlio e interprete. Il curatore si sofferma su tutti gli elementi paratestuali e, per le opere di maggior rilievo, riporta anche il contenuto dei volumi e qualche indicazione sugli apparati di corredo, nella consapevolezza dell’importanza di segnalare. Un unico riferimento è utile a comprendere 30
G. Canterzani, Catalogo dei libri pubblicati da Lelio e Petronio Dalla Volpe, a cura di M. Bortolotti, A. Serra, Bologna, CLUEB, 1979. 31 Ivi, p. 69, n. 12, 1735. 32 Cito dalla quinta edizione, uscita per i fratelli Didot (1860-1865): rispettivamente vol. i, p. 1069, Ia col. e vol. 4, p. 1101, IIa col. 33 Jean Jacob Boissard, Romanae vrbis topographiae & antiquitatum ... Tabula chorografica totius Italiae: figurae aliquot eleganter in aere incisae: artifice Theodoro de Bry Leod. ..., Francofurti, impensis Theodori de Bry, 1597-1562, 2 voll., [cfr. Brunetn. 29396]. 34 Aldo e l’invenzione dell’indice, in Aldus Manutius and Renaissance culture: essays in memory of Franklin D. Murphy, edited by D. S. Zeidberg, Firenze, Olschki, 1998, pp. 109-141. 35 P. Camerini, Annali dei Giunti, Firenze, Sansoni antiquariato, 1962-1963, 2 voll.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
69
l’attenzione concessa ad aspetti dai quali un buon costruttore di strumenti bibliografici non dovrebbe mai prescindere proprio in nome dell’utile che essi comportano per il lettore. Il commento di Camerini all’edizione di Galeno (Omnia opera, Latine reddita, 1550, 7 v., 2a) è assai eloquente e vale la pena riportarlo nella sua interezza:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Rispetto alla prima edizione del 1541, questa seconda è migliorata e contiene taluni trattatelli nuovi. L’Indice che l’accompagna non è più quello del Siluano, ma uno tutto nuovo e assai più dotto e copioso, compilato dal celebre Musa Brasatoli.36
L’utilitas e l’utile che si possono trarre dagli indici, avvertiti sin dai primordi della stampa da bibliografi ma anche dagli intellettuali in genere, non si spense certo con la fine dell’età moderna, quando l’indicizzazione assunse forme sempre più volte a potenziarne i vantaggi per i lettori dei testi. Richiamando qui la distinzione, posta sin dalle prime pagine del libro, tra memoria volontaria e memoria involontaria, va rilevato che la percezione dell’utilità degli indici, nel secolo della scoperta della psicologia del profondo, studiata da Freud, sottolineò aspetti e problemi già noti molti secoli prima. Quando si sfoglia un indice, tematico o onomastico, il lettore va in cerca spesso anche di cose che non sa ma che lo interessano e di cui non è del tutto consapevole. Quindi l’utilità degli indici e dei sommari risiede proprio in quel tentativo di far emergere, o meglio riemergere, alla memoria qualcosa che sta nascosto dietro la soglia della consapevolezza o che va comunque al di là dell’oggetto che in quel momento sta studiando. Sono moltissimi gli esempi che dimostrano come l’utilità degli indici continui ad essere espressa, percepita e declinata anche dopo la fine dell’antico regime tipografico. Basti citare qui Thomas Fuller, l’autore dell’Indice delle parole e delle cose posto in calce all’opera di Ernest Robert Curtius; in quella sede Fuller affida il suo pensiero alla stampa col rimarcare che: Un indice è uno strumento necessario di un libro, e non un impedimento, se non nel senso in cui si chiamano impedimenta le salmerie di un esercito. Senza di esso, un autore ricco è soltanto un labirinto privo di un bandolo che guidi al suo interno il lettore.37
Oltre l’utile, il necessario. 36
Ivi, p. 381. E. R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, cit., p. 701. Per l’avvertita consapevolezza dell’utilitas degli indici nei testi letterari contemporanei, rinvio a M. Di Fazio, Dal titolo all’indice. Forme di presentazione del testo letterario, Parma, Pratiche Editrice, 1994. 37
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
70
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Moderni e antichi sono quindi orientati tutti a sottolineare l’utilità degli indici, inverata anche nelle professioni, a cominciare da quella dei giuristi quando essa è rivolta a soccorrere chi è alle prese con una controversia o desidera fare chiarezza per rivendicare propri diritti.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Utili e perfino necessari per la professione Non in tutte le opere di diritto si rinvengono indici, e non in tutte le edizioni essi appaiono di spessore tale da dover essere presi in considerazione. Volendo sondare in special modo i consilia, ci si deve muovere comunque in un mare magnum noto nella sua interezza solo agli specialisti di storia del diritto, ragion per cui si rende necessario qualche distinguo. Abbiamo rilevato la presenza di indici limitatamente ad alcune opere, scegliendone tuttavia solo alcuni fra quelli che sono sembrati particolarmente interessanti e che costituiscono una pista per riuscire a decifrare la giurisprudenza tardo medievale e cinquecentesca. Ma che cosa sono i consilia? Attingendo alla definizione di un esperto, possono considerarsi i pareri legali che si materializzano «in un testo più o meno lungo (perché argomentato o anche privo di motivazione esplicita), con cui uno o più giuristi espongono il loro pensiero (che può essere anche ridotto all’essenziale: «nella causa tra... ha ragione Tizio») su una o più questioni di diritto emerse nelle circostanze più varie».38 Raccolte in materia civile e criminale sono un «prodotto […] tipico dei giuristi dell’età intermedia, chiamati sempre più spesso ad esporre il proprio parere (si diceva allora pro veritate) sulla lite pendente dietro richiesta delle parti interessate o, addirittura, dello stesso giudice che preferiva cautelarsi nella pronuncia della sentenza», come osserva Andrea Padovani.39 I consilia nascono pertanto all’interno di un sistema che valorizza la figura dell’esperto e considera utile il suo contributo nelle questioni giuridiche. È come dire che con l’applicazione dei consilia si sia al cospetto della professionalizzazione del diritto, per dirimere le molte controversie che già nel tardo medioevo erano all’ordine del giorno. Svincolato dai limiti imposti dalla odierna giurisdizione con le 38 M. Ascheri, I «consilia» dei giuristi: una fonte del tardo Medioevo, «Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medio evo», 105, 2003, pp. 305-326, part. p. 309. 39 A. Padovani, La biblioteca Zauli Naldi: uno specchio della civiltà europea a metà del Seicento, in La repubblica dei giuristi: edizioni giuridiche del ’500 della libreria Zauli Naldi, a cura di A. R. Gentilini; contributi di: A. R. Gentilini, I. Oriani, A. Padovani, D. Simonini, F. Zambelli (catalogo della mostra), Faenza, Palazzo delle Esposizioni 29 maggio-26 giugno 1994, Faenza, Comune di Faenza, 1994, pp. 9-18, part. p. 16.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
71
sue rigide regole di competenza per materia e territoriale e libero dall’obbligo di appartenenza ad albi professionali, il giurista di consilia rivestiva un ruolo importante e poteva esercitare le proprie competenze anche fuori dai confini del proprio paese. La sua consulenza era tanto più necessaria quanto più i pareri, di cui si avvaleva, risultavano autorevoli. I consilia acquistano una grande rilevanza soprattutto a partire dalla seconda metà del Quattrocento, in anni considerati di snodo riguardo al declino della giurisprudenza del commento, quando si diffuse il principio della communis opinio dei giuristi. L’auctoritas di cui godeva un giurista poteva essere valutata in base ad un metro qualitativo, con attenzione al cosiddetto argumentum ab auctoritate, che consentiva alla sua opinione di far testo sia nella giurisprudenza accademica e speculativa sia nella stessa pratica dei tribunali; la sua azione poteva altresì assumere aspetti meramente quantitativi: quanto più erano le auctoritates portate, tanto più era evidente la communis opinio sul tema. Da qui la proliferazione, ad esempio nei consilia sapientium, di sterminate enumerazioni di opiniones degli interpreti del diritto. Per destreggiarsi nella moltitudine delle “opinioni” si avvertì l’esigenza di indici, che si esprimevano in sintesi di cui si servivano molti avvocati. Gli indici costituivano infatti raccolte di massime, sentenze, brocardi, talvolta vere e proprie regole di diritto estrapolate dal contesto delle opere, utili sia al giurista, perché potevano essere consultate direttamente, senza il ricorso al trattato, sia al cliente, a sostegno o a sfavore delle controdeduzioni di parte avversa, sia, infine, in comparse, libelli, arringhe. In sostanza gli indici avevano un valore a sé stante: rappresentavano una documentazione a sostegno dell’attività del giudice. Si verificava dunque un uso polivalente del testo giuridico e del suo corredo indicale: la consultazione degli indici si prestava sia ad un utilizzo rapido, per il professionista così come per la parte in causa che a lui si rivolgeva, sia ad una lettura più meditata che favoriva la possibilità di riandare al testo qualora il professionista avesse voluto approfondire la materia oggetto del suo intervento. Lo studioso più motivato non si arrestava agli indici: per mezzo di essi puntava al testo, che offriva ulteriori conforti sul tema che premeva conoscere. L’indice era pertanto una sorta di passaggio obbligato, un ponte di collegamento con le sentenze, in quanto permetteva di circoscrivere una opinio attingendo con maggiore facilità alle ponderose trattazioni tipiche della giurisprudenza del tempo, oltre a ricoprire una parte importante nel processo di razionalizzazione del diritto, che nel suo procedere per accumulazioni successive aveva finito per divenire un vero ginepraio. Un’altra considerazione si impone, al fine di capire come gli indici giuridici fossero congegnati e a chi in realtà fossero diretti: non sempre era
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
72
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
il giurista che elaborava i consilia a provvedere alla loro raccolta, né tanto meno a redigerne l’indice. La maggior parte dei consilia stampati in epoca incunabolistica fu raccolta anteriormente all’avvento della stampa, quando i loro autori erano già morti. Le raccolte, approntate prevalentemente nelle sedi universitarie, soprattutto del nord dell’Italia, necessitavano di un corredo per la consultazione: si ricorreva perciò a celebri giuristi perché attendessero alla compilazione degli indici, al fine di completare il testo con appositi dispositivi atti a rinvenire gli autorevoli pareri. Ma per capire come si pervenisse all’allestimento degli indici, fra i vari repertori di consilia se ne sono scelti alcuni nei quali il corredo indicale riflette ancora lo stato di utilizzo nel tardo medioevo, ed altri di cui è stato possibile stabilire a quali autori questo stesso corredo si debba. Va ulteriormente precisato che gli apparati dei libri giuridici non sono un fenomeno che si manifesti solo con la stampa: come nel caso dei primi incunaboli di altre discipline anch’essi affondano le loro radici già nel libro manoscritto, di cui sono tributari. Nei codici si rinvengono infatti i notabilia, fenomeni segnici rilevanti che si esprimono anche con elementi convenzionali come l’immagine dell’indice di una mano puntato sul capitolo oggetto dell’indicizzazione, ovvero con la manicula. Grazie a tali segni l’esecutore della tabula era avvertito d’essere al cospetto di un punto notevole nella trattazione giuridica ai fini dell’allestimento del rinvio. L’influenza dei notabilia e il loro evolversi in veri e propri indici giustificano l’attenzione dei tipografi e/o editori che, fin dagli albori dell’editoria giuridica, vollero dotare certe opere di apparati in soccorso di chi vi attingeva, tenuto conto della funzione pratica che la materia giuridica rivestì fin dal suo apparire. I codici ebbero una notevole influenza sui procedimenti di composizione degli indici con i caratteri mobili: la stampa non poteva non tener conto dei modelli, che in molti casi furono utilizzati per costituire gli antigrafi di cui i tipografi potevano disporre, ma dovette ben presto far ricorso anche ad esperti chiamati a collaborare perché interpretassero ex novo i trattati, per meglio attingere alle celebri opiniones. Da un punto di vista scientifico gli indici a stampa hanno dunque una notevole importanza sotto il profilo storico, relativamente all’epoca nella quale vennero approntati, dal momento in cui si impose il loro utilizzo che giustificava certi allestimenti. Un esempio interessante di commistione fra stampa e manoscritto è dato dall’esemplare conservato nella Biblioteca comunale di Imola dell’edizione del primo libro dei Consilia del Tartagni, pubblicata a Bologna da Enrico di Colonia il 31 ottobre 1480. L’esemplare contiene una tavola molto estesa e accurata, sebbene anonima, organizzata secondo l’ordine alfabetico, ma non delle rubriche, come di consueto, bensì dei lemmi (es. Actor, alienare, alimenta, appellatio, Casus fortuitus, civitas, etc.).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
73
L’antico possessore ha corredato gli ampi margini con numerose ulteriori segnalazioni, scritte con splendida grafia umanistica, testimonianza di come nascessero i grandi apparati indicali che corredavano le edizioni del Cinquecento.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
La struttura degli indici e i loro compilatori Il primo dizionario giuridico ad essere pubblicato e che costituì un notevole punto di riferimento nelle materie giuridiche, già composto in forma manoscritta circa nel 1453, fu il poderoso Repertorium utriusque iuris di Pietro da Monte, la cui princeps è del 1475. L’edizione è dotata di una tabula in cui le rubriche del Repertorium sono disposte secondo l’ordine alfabetico, nonostante che, all’interno delle medesime, i vari richiami paiano susseguirsi disordinatamente o tutt’al più secondo un alquanto vago ordine cronologico rispetto alle opiniones, con un inserimento in indice che si presuppone avvenisse mano a mano che essi venivano derivati dal dizionario. Al proposito si segnala – ma senza volere né potere attribuirvi un valore particolare – che i richiami al Decretum di Graziano e/o al Corpus iuris civilis tendono, nel lavoro di Pietro da Monte, ad occupare i primi ranghi dell’elenco, rispetto a citazioni di giuristi, interpreti e maestri del diritto.40 Un’opzione di priorità che, se confermata da ulteriori studi, potrebbe certamente non sorprendere e portare conoscenze utili per approfondimenti sulle auctoritates prese a modello. Per quanto riguarda la sua tavola il Repertorium di Pietro da Monte costituisce un modello: ad essa si ispireranno infatti, generalmente, altri indici allestiti in tipografia. Se la tavola del Repertorium trae origine dal manoscritto, la prima tabula giuridica di un libro a stampa frutto di nuova elaborazione, almeno come gli storici del diritto affermano, è quella annessa ai Consilia di Niccolò de’ Tedeschi (1386-1445), abbas Panormitanus,41 a partire dalla princeps ferrarese edita da Andrea Belforte il 22 febbraio 1475 e riproposta in due edizioni successive, ovvero in quella ancora ferrarese del 9 maggio dello stesso anno per i tipi di Pietro de Aranceyo e Giovanni de Tornaco, e la successiva, composta subito a ridosso, con ogni verosimiglianza in una 40 Per una esaustiva disamina del Repertorium si veda soprattutto D. Quaglioni, Dal manoscritto alla stampa: agli inizi della tipografia giuridica bolognese, in Juristische Buchproduktion im Mittelalter, a cura di V. Colli, Frankfurt, Klostermann, 2002, pp. 599-632. 41 La sua opera di giurista copre quasi per intero il Corpus iuris canonici, e comprende anche quaestiones, disputationes etc., oltre a un centinaio di consilia molto considerati e dunque continuamente riediti. Cfr. Niccolò Tedeschi (abbas Panormitanus) e i suoi Commentaria in decretales, cura di O. Condorelli, introduzione di M. Bellomo, Roma, Il cigno Galileo Galilei, 2000.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
74
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
tipografia di Strasburgo dopo il 9 maggio sempre del 1475. Ferrara è all’epoca un centro importante per il diritto ed anche per le sue tipografie: quando furono impresse queste opere lavoravano nella città estense cinque stampatori che pubblicarono anche una folta messe di libri in ebraico. I tipografi erano pertanto assai avvertiti, tanto che gli esemplari esaminati delle due edizioni ferraresi risultano tutti dotati di tavola. Ma solo nell’edizione di Pietro de Aranceyo e Giovanni de Tornaco si trova una additio tabulae di quattro consilia – opera del reverendo abate – que deficiebant et addita fuerunt, che consente di affermare che per questa edizione si provvide affinché il testo fosse corredato di un indice d’autore. La tabula è opera infatti di Ludovico Bolognini, famoso giurista bolognese, cui si deve anche l’altro apparato indicale apposto in calce, così come si presenta negli esemplari visionati, all’edizione dei Consilia del suo maestro Alessandro Tartagni (1424 (o 1423)-1477), pubblicata a Bologna da Enrico da Colonia il 24 marzo 1481.42 Un’altra tavola, eseguita per l’occasione e annessa ad un’edizione del tardo Quattrocento, è apposta alla Repetitio super titulo De verborum obligationibus, di Andrea Barbazza, giurista celeberrimo ai suoi tempi, successivamente un poco sottostimato.43 La tavola allegata all’opera di Barbazza, stampata a Bologna per i tipi di Giustiniano Rubiera, presso il quale apparve il 6 novembre 1497, è anch’essa frutto di un giurista insigne, ovvero di Giovanni da Monferrato, che fu quarto nella lista dei professori più pagati dello Studium per l’anno 1515.44 È quella che maggiormente si ispira al modello del Repertorium di Pietro da Monte, anche se qui è evidente che l’ordine seguito è relativo all’apparizione del consilium all’interno delle rubriche. Come si evince anche solo da questi pochi esempi, l’indice nel libro giuridico palesa il suo autore più di quanto accada in altre tipologie librarie, nelle quali spesso l’apparato di corredo è anonimo. Il giurista, pienamente consapevole dell’utilitas del suo indice, informa anche sui modi con cui ha proceduto nell’indicizzazione delle più importanti trattazioni del Corpus iuris. Alle tavole attesero personaggi che sottoscrissero la propria fatica, come si può rilevare dalla descrizione analitica delle loro produzioni reperibile sui 42
Non è l’editio princeps ma mantiene comunque un suo primato. Per la storia della stampa dei Consilia del Tartagni si veda A. Sabattani, De vita et operibus Alexandri Tartagni de Imola, Milano, Giuffrè, 1972, in particolare pp. 98-100. 43 Su questo giurista cfr. A. L. Trombetti Budriesi, Andrea Barbazza: la carriera di un giurista messinese a Bologna, «Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le Province di Romagna», n.s., XXXV, 1986, pp. 121-161. 44 Cfr. L. Simeoni, Storia della Università di Bologna, II, L’Età Moderna (1500-1888), Bologna, Zanichelli, 1947, p. 32.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
75
più importanti repertori di incunaboli e cinquecentine, i quali non tacciono mai sugli autori degli indici. A proposito dell’importanza che rivestirono tali autori e di come gli indici costituissero quasi un’opera a sé stante, basterà ricordare che perfino giuristi di grido si occuparono del loro smercio. Si dispone in merito di una testimonianza incontrovertibile: Enrico Dalen di Colonia, stampatore ed editore al contempo, giunto a Bologna nel 1477, commissionò a Ludovico Bolognini, il 28 marzo 1481, 400 copie della Tabula Consiliorum del Tartagni, di cui lo stesso Bolognini si affrettò a curare in parte la vendita, esitandone 261 copie l’anno successivo a certo Antonio Tamarozzi al prezzo di «L.352».45 Gli indici dei libri giuridici sono dunque essi stessi un esempio di capacità professionale perché per il loro allestimento si fece ricorso ad autori famosi quanto quelli che avevano riunito le sentenze, in alcuni casi pure più conosciuti. Rivestivano una importanza assai rilevante, al punto che giravano anche sciolti per confortare con la loro presenza in caso di assenza del trattato di riferimento. Non solo perché gli indici potevano essere letti indipendentemente dall’opera cui erano connessi, ma anche perché disporre della sola tavola aiutava in ogni caso nel lavoro interpretativo. All’epoca in cui tali indici vedevano la luce con la stampa, succedeva che i giuristi se li procurassero rinunciando alle opere per le quali essi erano stati allestiti e a cui erano destinati, prevenendo il momento della legatura, quando si congiungeva il testo con il suo paratesto per la confezione del volume. Così è ancora per gli storici del diritto quando possono disporre dei soli indici sciolti custoditi nelle istituzioni pubbliche. La Bibliothèque Nationale di Parigi, povera di opere giuridiche del XV secolo, pur non possedendo il testo di riferimento, ha avvertito la necessità di dotarsi almeno della versione elettronica della Tabella in consilia Alexandri de Tartagnis, che conserva nella sua Réserve des livres rares. Quanto ai compilatori, di cui sono rimaste tracce visibili nei documenti a stampa, alcuni indici di Consilia parlano la loro lingua. Per il Quattrocento spicca sugli altri il nome di Bolognini. Una intera monografia illumina su questo singolare e controverso giurista,46 definito da Albano Sorbelli anche «editore», nell’accezione più filologica del termine. Personaggio ai suoi tempi riverito e ricchissimo, rivestì numerosi e importanti incarichi, politici 45
A. Sorbelli, Corpus chartarum Italiae ad rem typographicam pertinentium ab arte inventa ad ann. MDL, cit., docc. CLXVII (28 marzo 1481) e CLXXX (4 febbraio 1482). Si veda altresì la voce Bolognini nell’Indice del Corpus per i restanti documenti che lo vogliono coinvolto in qualità di editore. 46 S. Caprioli, Indagini sul Bolognini. Giurisprudenza e filologia nel Quattrocento italiano, Milano, Giuffrè, 1969.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
76
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
(Senatore di Roma), giuridici (avvocato concistoriale) e diplomatici (diverse ambascerie di prestigio), presso la corte papale (ebbe legami di parentela sia con Innocenzo VIII sia con Giulio II); come maestro fu attivo a Bologna dal 1469, a Ferrara dal 1473 o ’74, di nuovo a Bologna a partire dal 1480. Non dovettero mancargli nemici, se si presta ascolto alla notizia, riportata da Luigi Frati,47 della proibizione della vendita di alcune sue opere fatta nel 1461 dai Sedici Riformatori, la potente magistratura bolognese. Sebbene in vita ricevesse elogi per la sua opera – ma va detto che molti apprezzamenti gli pervenivano da allievi dai nobili lombi in cerca di prebende – non sempre ebbe a godere della simpatia dei suoi contemporanei. Il Diplovatazio, nel Liber de claris iuris consultis,48 disegna dal canto suo un ritratto del nostro Ludovico dal quale nemmeno un accenno traspare che possa mettere il «clarus iuris consultus» fuori della schiera dei bartolisti, cioè di quei giuristi considerati arroccati, per metodo, alla retroguardia; l’Alciato lo bollò come «Ludovicus Bologninus, cuius interpretationes perlegendas ociosis tantum relinquimus», e non è affatto detto – sempre secondo il suo maggior biografo – che l’insigne umanista intendesse limitarsi alla “malfamata” repetitio sul De verborum obligationibus.49 Certo il personaggio non sembra fatto per risultare simpatico, ma doveva essere un lavoratore infaticabile, a giudicare dall’attività assidua nelle stamperie bolognesi, con cui rimpolpava il già lauto stipendio percepito dallo Studio di Bologna, all’epoca considerato uno dei più importanti centri tipografici d’Italia50 e il più rilevante per le pubblicazioni giuridiche.51 Proprio da un confronto degli indici negli incunaboli giuridici è possibile rivalutare positivamente le capacità del Bolognini, forse non così ancorato a posizioni antiquate come certi giudizi taglienti che si sono riferiti farebbero sospettare. Se si osserva la tabula dal Bolognini allegata ai “pareri” del Panormitanus (Ferrara, 1475, come si è visto), si noterà che essa segue sostanzialmente il 47
L. Frati, Ludovico Bolognini, «Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna», I, 2, 1908, pp. 117-141 e il recente profilo di F. Rossi, Dalla storia della stampa alla storia di Bologna: nomi e personaggi desunti da un indice, in A. Sorbelli, Corpus chartarum, cit., pp. 55-83. 48 T. Diplovatatius, Liber de claris iuris consultis (pars posterior), a cura di F. Schulz, H. Kantarowicz, G. Rabotti, «Studia Gratiana», X, 1968, pp. 226-228. 49 S. Caprioli, Indagini sul Bolognini, cit., p. 35. 50 Il quinto, secondo la tavola riportata nel pionieristico lavoro di A. Quondam, La letteratura in tipografia, in Letteratura italiana, vol. 2: Produzione e consumo, Torino, Einaudi, 1983, pp. 555-686, part. p. 580. 51 Si veda la statistica riportata da C. F. Bühler, The University and the Press in FifteenthCentury Bologna, Notre Dame, Indiana, Medieval Institute University of N.D., 1958, p. 34: dei 519 libri stampati a Bologna in quel periodo, 136 sarebbero di argomento giuridico, il 26% della produzione totale bolognese.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
77
principio organizzativo del Repertorium utriusque iuris; quando invece, pochi anni dopo (1481), il Bolognini fornisce di una tabula i responsa del suo maestro Tartagni, escogita una indicizzazione affatto originale e molto articolata, adottando una suddivisione delle rubriche in cinque libri sulla base di quella tipica dei testi del Corpus iuris canonici a partire dalle Decretales Gregorii IX (1234). Un ordinamento che Ludovico ricalca sulla scia di quello che aveva ideato in una sua operetta giovanile, il Syllogianthon (1472), sedicente flos Decretorum, da lui pubblicata durante il primo anno d’insegnamento sulla cattedra bolognese ordinaria di iura civilia. Come si può riscontrare anche per una parte di opere analoghe stampate nel Cinquecento, l’ordinamento all’interno delle rubriche segue, in linea di massima, la progressione dei consilia. Il rimando di ogni lemma è al consilium, secondo il numero d’ordine, con l’indicazione del luogo specifico (ossia la colonna) in cui è trattata la questione (esempio: sub «Rubrica de rescriptis De virtute clausule ex certa scientia et plenitudine potestatis. Allex. in co(nsilio) i., in ii., vi., vii colum.)». Non si segnala la carta, ma sono richiamati il consilium e la relativa colonna, in modo da rinvenire il passo con facilità, indipendentemente dall’edizione – sia manoscritta sia a stampa – di volta in volta in rapporto con la tabula. Lo schema del Bolognini, benché meticolosamente escogitato e nuovo nella struttura, non ha tuttavia goduto di universale fortuna. Certo non era utilizzabile in testi diversi – e meno tematicamente compositi – dalle raccolte di consilia. Gli è stato rimproverato come, anche nel caso dei consilia, il suo metodo non sempre si prestasse ad essere facilmente esportato e che, pertanto, «entro la vecchia botte gregoriana trovi a fermentare un vino che spesso con le Decretali ha poco da spartire», dato che il significato della partizione dell’indice nei Consilia era troppo ancorato al Syllogianthon, ovvero ricalcava le ragioni che l’avevano resa appropriata per l’opera giovanile. Pur tuttavia gli indici di Bolognini furono copiati e presi a modello da altri successivi, anche se in alcuni di questi si notano differenze dovute a giuristi che avevano escogitato nuovi approcci al testo. Se si esamina, ad esempio, la già citata Repetitio super titulo De verborum obligationibus di Andrea Barbazza,52 soffermandosi sull’annessa tabula di Giovanni di Monferrato ritroveremo l’approssimativo ordine alfabetico per prima lettera alfabetica dei vari lemmi, ma verificheremo pure un diverso modo di rinvio ai passi relativi. Il rinvio è infatti, per forza di cose, alla legge giustinianea (evidenziata nel testo dal 52
L’esemplare consultato è quello dell’Archiginnasio di Bologna, ove la tavola si trova all’inizio del volume. Sempre all’Archiginnasio si trova anche l’esemplare dei Consilia del Tartagni, in cui la tabula si trova alla fine, come nella copia della Comunale di Imola.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
78
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
tipografo), individuata con la prima parola della legge stessa, con il rimando poi alla colonna e al luogo in cui essa si trova nel testo. Per esempio si veda il minuzioso rinvio di questa voce:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Beneficium indultum libertati extenditur ad piam causam multa vide in l. si ita stipulatus, in .xv. col. Versiculo ultimo in quantum.
È il frammento del Digesto, tratto da Paolo, che ancora oggi si individua con il rimando a D. 45.1.126.3. Talvolta il rinvio è fatto al numero della legge, ma generalmente questo sistema vale solo per le prime leggi (prima, secunda). Vedi ad esempio il caso: «An beneficium abstinendi sit de iure pretorio in 1. prima in secunda col.», in cui la voce d’indice è posta sotto la lettera “b”, dato che la parola di riferimento è «beneficium». Gli autori di indici non vollero mai passare inosservati, non solo nel Quattrocento ma pure nel Cinquecento: dapprima ebbero un proprio campo di visibilità, che si esplicò soprattutto nei proemi delle tabulae. È qui infatti che il giurista si palesa e dove, a volte per bocca degli editori, fornisce delucidazioni sulla strutturazione dell’indice. Il proemio serve dunque per farsi conoscere e per dare al lettore le coordinate con cui affacciarsi all’utilizzo dell’indice, indicandogli i modi per potere giungere con facilità al testo. Particolarmente eloquente è quello del quarto volume dei Consilia del Tartagni. Così recitano le frasi sul Bolognini che il tipografo imprime per facilitare la lettura e la compulsazione della raccolta: Comincia la tavola aurea compilata in modo nuovo dall’eccellentissimo dottore dell’uno e dell’altro diritto e insigne cavaliere, il signore Ludovico Bolognini di Bologna, al presente lettore di diritto civile nello Studio di Bologna, al fine di recuperare con un mirabile e rigoroso criterio di ordinamento tutte le questioni e i casi principali, nonché tutto quanto è precipuamente e singolarmente contenuto in questo quarto volume dei Consilia di questo straordinario portento nell’interpretazione di ambedue i diritti, dottore famosissimo in tutto il mondo, maestro del suddetto Ludovico e uomo davvero unico, il signore Alessandro da Imola, ora portati alla luce dall’edizione del suddetto signore Ludovico, in precedenza invece nascosti nell’ombra. La tavola è abbellita con sapienza giuridica dai consigli e dalle decisioni contenuti nell’opera e ornata dal colore tipico della acribia di Alessandro; risplende ed è ornata a tal punto che colui che abbia gustato questi Consilia e abbia intinto non dirò la mano ma per lo meno il dito nel suddetto colore caratteristico di Alessandro, potrà estrapolare facilmente – delle decisioni in quasi tutte le questioni occorrenti nelle fallacie e altrove – ciò che prima della composizione della presente tavola si otteneva solo con grande difficoltà e non lieve fatica, ora invece brevemente e quanto più rapidamente possibile senza
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
79
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
bisogno di sfogliare a lungo le carte, nella forma più sotto riportata che comprende sia i numeri dei consigli sia le colonne; a lode e gloria di Dio onnipotente e di tutta la corte celeste trionfante, amen. 53
Il tipografo, oltre a mettere in evidenza la facilità della forma di rinvio voluta dallo stesso Bolognini, approntata con poca spesa di tempo e «sine magna cartarum revolutione» si attarda in una brillante metafora per rilevare l’importanza della edizione della tavola che scopre ciò che prima era celato e necessitava faticose ricerche per essere “ripescato”. Non è solo dai proemi che si ricavano notizie sulle modalità con cui i tipografi, in accordo con i giuristi, andavano confezionando gli indici. Lo stesso Enrico di Colonia offre una spiegazione convincente delle ragioni per le quali ha stampato la tavola delle questioni di Giovanni d’Anagni con larghi spazi vuoti tra l’una e l’altra questione nell’explicit della Tabula, in data 10 gennaio 1481, in cui si legge: Dall’ammirevole ordinamento del contenuto della medesima tavola, non solo puoi cogliere l’argomento principale sul quale verté la quaestio, ma potrai anche facilmente estrapolarne tutti gli elementi particolarmente importanti e degni di rilievo contenuti nei detti Consilia, attentamente raccolti ed accuratamente estratti dal medesimo dottor Ludovico Bolognini il quale promette […] di proseguire gradualmente, coi medesimi criteri, l’ordinamento [nel senso di indicizzazione] dei successivi Consilia di Giovanni d’Anagni. E non stupirti degli spazi vuoti lasciati tra l’una e l’altra quaestio e tra l’una e l’altra rubrica all’interno della presente tavola. Questo accorgimento infatti è stato realizzato appositamente affinché se tu desiderassi aggiungere qualche elemento, avresti la possibilità di farlo, con gli stessi criteri o in modo simile, così che questa tavola possa servirti per così dire anche come indice personale.54
Un indice dunque che si prestava ad essere ulteriormente personalizzato, come si può riscontrare in alcuni esemplari di incunaboli che, nei margini, offrono diverse e nuove chiavi d’accesso espresse, come peraltro si è visto con i codici, con annotazioni manoscritte, le quali costituivano riferimenti per altri tipografi che si accingevano a ricostruire le tavole o ad ampliarne gli accessi.
53 Proemio della Tabula del Bolognini annessa a Alessandro Tartagni, Consilia, Bologna, Enrico da Colonia, 1481 (ISTC it0023400). 54 Explicit della Tabula del Bolognini annessa a Giovanni d’Anagni, Consilia cum additionibus et tabula Ludovici Bolognini, Bologna, Enrico da Colonia, 1481 (ISTC ij00250000).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
80
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Adire ai Consilia nel Cinquecento Il sistema delle tavole dei Consilia si perfeziona nel Cinquecento, quando l’indice viene ancora più utilizzato rispetto al secolo precedente. Il principio che informa la sua presenza è tuttavia sempre lo stesso: consentire un rapido riscontro con il testo. Resta inteso che più autorevole è il giurista maggior peso avrà la sua opinione. Il giurista continua, infatti, a redigere i consilia in regime di imparzialità, tenendo conto del diritto vigente, statuti compresi. Considerato che il libro a stampa nel Cinquecento assume una forma simile a quella attuale e che il frontespizio è il luogo privilegiato in cui si rilevano le maggiori informazioni relative all’autore, al titolo dell’opera e in molti casi anche agli esecutori materiali del libro, quali il tipografo e/o l’editore (spesso accompagnati pure dal luogo di produzione), non meraviglia che anche gli indici colonizzino questo spazio, data la rilevanza dell’elemento paratestuale. Non c’è infatti opera di diritto dell’età moderna sul cui frontespizio non si faccia riferimento, nelle forme e nei modi più eloquenti, al fatto che la trattazione sia comprensiva di un indice «locupletissimus», «novus», «copiosus» o descritto con altri aggettivi che rendono ragione dell’ausilio che l’acquirente può trovare unito al testo per meglio circum-navigarlo.55 Alcuni esempi, tratti da un catalogo esemplare,56 aiutano a penetrare in alcune opere, scelte fra le più utilizzate di quella stagione. Vi sono edizioni in cui anche la veste grafica è un indizio della loro serietà e appetibilità. Nei Consilia di Barthélemy de Chasseneuz (1480-1541), in caratteri gotici, vi è un frontespizio in caratteri rossi inserito in una importante cornice xilografica, col giglio della marca dei Giunta lionesi, che la stamparono nel 1551, che annuncia l’«Index rerum, ac verborum locupletissimus». L’indice precede il testo: dopo la lettera di dedica comincia il sommario che dopo il «V Elenchus Capitum omnium que in toto volumine habentur», termina con il «Finis» del repertorio.57 I Consilia di Dino del Mugello58 – civilista del XIII secolo, rappresentante del movimento scientifico dei postaccursiani – annotati da Benedetto Vadi e stampati dagli eredi di Giacomo Giunta nel 1551, portano anch’essi al frontespizio l’indicazione dell’aggiunta di un indice dei «summa rerum & vocum capita», cioè dei “luoghi notevoli”. Aprendo il volume si nota che 55
Un cenno sull’importanza degli indici nei frontespizi dei libri giuridici si rileva da A. R. Gentilini, La raccolta giuridica Zauli Naldi: annotazioni, in La repubblica dei giuristi, cit., pp. 19-30, part. p. 27. 56 La repubblica dei giuristi, cit. 57 Ivi, n.° 148. 58 Ivi, n.° 218.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
81
l’indice è in fine e che è preceduto dai sommari che sono particolarmente chiari e precisi. Un esempio: «Statutorum verba dubia reducuntur ad interpretationem et intellectum iuris communis». Il rimando è ai Consilia LIII. Segue il Consilium, poi l’Additio. L’Index è rigorosamente diviso per lettera dell’alfabeto. Si è poi indugiato anche sulle Decisioni del Sacro Regio Consiglio di Napoli, redatte summa cura da Tommaso Grammatico (1473-1556), alle quali sono aggiunti anche consigli e questioni elaborati dallo stesso Grammatico.59 Si tratta prevalentemente di sentenze su liti e controversie in base alla legislazione del Regno di Napoli. L’«Index locupletissimus», menzionato sin dal frontespizio, mantiene le promesse: risulta composto di ben 12 fascicoli, per un totale di oltre novanta carte. L’ordine è alfabetico, rigido fino alle prime lettere, anche se non mancano sviste nella sequenza. Il rinvio è dato al numero o ai numeri (in forma araba) interni alla decisione, che è distinta in parti, secondo quanto dichiarato dal sommario che precede ciascuna decisione, consiglio o questione. Al riferimento interno segue, in numero romano, la decisione e, da ultimo, il rinvio alla pagina dell’edizione. Ancora una volta l’indice fa riferimento all’edizione a cui è congiunto, perché il proliferare, nel Cinquecento, di volumi di consilia, frutto di una moltitudine di giuristi, obbliga a legare l’indice all’edizione per la quale è stato congegnato. Il confronto tra le tavole permette di stabilire che varie sono le forme di indicizzazione delle opere giuridiche, i cui modelli sono da ricercarsi tuttavia nei primi autori che ad esse si applicarono. I pochi esempi addotti confermano inoltre quanto si è posto a fondamento dell’indagine: gli indici giuridici costituiscono documenti in grado di svolgere una loro autonoma funzione e diventano col tempo strumenti sempre più in grado di rendere il testo facilmente percorribile. I compilatori di indici cinquecenteschi tengono nel dovuto conto quelli dei grandi giuristi della stagione precedente ma, dovendosi misurare con un campo assai più vasto, si vedono costretti a migliorare le griglie di indicizzazione, per rendere il percorso indice-testo più agevolmente praticabile. La rete di collegamenti con cui si coniugano le varie forme di un indice giuridico è fra le più avanzate: eguaglia, infatti, quella assai sofisticata creata, ad esempio, per le edizioni scientifiche, che risulta fra le maggiormente elaborate quanto all’approccio metodologico. Il giurista avanza, nel suo campo di applicazione, la richiesta di strumenti che ne agevolino il lavoro: la sua è una figura di esperto interpellato da una sempre crescente moltitudine di clienti, il che lo induce ad avvalersi di repertori sempre più agili e modernamente costruiti per una quotidiana e rapida consultazione. 59
Ivi, n.° 293.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
82
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Non è diverso il lavoro del giurista del passato da quello dell’avvocato di oggi che si destreggia in una moltitudine di fonti sempre per trovare un principio giuridico che si adatti al problema pratico sottopostogli dal “cliente”: è questa la sua dichiarata ed espressa attività di consulenza. Le funzioni che svolgevano gli indici di un tempo, ora in parte le svolgono i “massimari”, raccolte che contengono le “massime” estraibili dalle più ampie sentenze di organi prestigiosi. Il problema è dunque sempre uguale: trovare principi giuridici che si adattino a quel particolare fatto. Nonostante l’esistenza di altri strumenti che nel passato non vi erano, un massimario oggi, così come un indice di ieri, organizzato per materia o per ordine alfabetico, è il punto di partenza utile e spesso un ausilio imprescindibile. È forse, quella del giurista, la professione in cui meglio si staglia l’utilità degli indici, che si è più volte richiamata.
Utili per l’“educazione” delle donne dentro e fuori dai chiostri attraverso un campione Alla costruzione dell’identità femminile e dei modelli comportamentali improntati sul concetto di «creanza cristiana» proposti e imposti alle donne nella prima metà del XVII secolo, ha contribuito la trattatistica normativa di destinazione femminile, come risulta dallo studio degli indici presenti nei libri di argomento agiografico. In particolare l’ampia ricerca bibliografica curata da Gabriella Zarri60 la quale ha lo scopo di individuare il ruolo rivestito dalla stampa a carattere religioso e didattico nel processo di disciplinamento delle donne nella prima età moderna, costituisce un punto di riferimento imprescindibile in quella direzione.61 Sia la parte dei saggi sia ancora il repertorio sono infatti un materiale prezioso per desumere quali modelli siano stati trasmessi indirettamente offrendo ad esempi le vite di sante e di donne illustri e direttamente con l’elaborazione di regole spirituali per vergini, monache, spose e vedove. E dato che la tendenza al disciplinamento dei comportamenti femminili, già presente nelle epoche precedenti, si accentua nella prima età moderna grazie alla comparsa e alla diffusione di testi specificamente educativi e comportamentali indirizzati ad un ampio 60
Donna, disciplina, creanza cristiana dal XV al XVII secolo, a cura di G. Zarri, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1996. 61 Questo paragrafo è tributario di una buona ricerca di una tesi di laurea che ho avuto il piacere di orientare e seguire. Si veda E. Zanellato, Creanze religiose per le donne in convento attraverso gli indici (1600-1650), tesi di laurea in Lettere moderne, Facoltà di Lettere e Filosofia, relatore prof.ssa M. G. Tavoni, Bologna, a.a. 2006-07.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
83
pubblico attraverso le volgarizzazioni a stampa, si è proceduto incentrando la ricerca su di una unica tranche temporale. Va innanzi tutto detto che per il referente principale, la donna, la letteratura censita nel repertorio è esclusivamente quella volgare e privilegia i testi rivolti alla condizione femminile. È invece inclusa una sezione di testi comprendenti avvertimenti morali e spirituali che, pur non avendo come specifico destinatario la donna, rientrano in una produzione religiosa volta a diffondere norme pratiche. Si rilevano nel repertorio tre campi tematici in cui si suddividono le opere: Modello: testi come biografie o autobiografie femminili, in forma agiografica o del panegirico, mirati a proporre modelli comportamentali acquisibili attraverso l’imitazione; Regola: testi normativo – giuridici finalizzati a regolare le convivenze monastiche e congregazionali; testi emanati dalle autorità ecclesiastiche volti a regolamentare la disciplina monastica o matrimoniale; Norma: testi destinati a trasmettere una precettistica comportamentale rivolta direttamente alle donne. Dei tre secoli di pubblicazioni censite nel repertorio, il campione ha preso in esame il periodo 1600-1650, caratterizzato dal clima fortemente impregnato di spirito post conciliare, in cui si registrano alte percentuali nella produzione dei testi individuati che segnano la letteratura edificante in modo assai evidente. Se l’intento educativo esercitato verso le donne era per tradizione orientato a far emergere le virtù della “differenza” come si potrebbe dire con linguaggio di oggi, in epoca post-tridentina si porgono o si impongono modelli che appiattiscono i personaggi, eliminando caratteri individualizzanti per sacrificarli alla loro funzione esemplare. Una moralità specificamente religiosa diventa pertanto il modello per le vite delle sante, così come di donne illustri. Senza mitizzare epoche precedenti che pur hanno conosciuto e predicato sottomissione e umiltà delle donne, va detto che tanto più ora si intensifica l’intento moralistico e l’educazione diventa catechismo, l’esortazione precetto. Ordini di superiori ecclesiastici e controlli dei confessori sulle coscienze inducono uniformità di comportamenti e nuovo vigore a quelle agenzie della soggezione femminile che sono i monasteri e la famiglia. Sta qui la base dell’utilità di queste scritture e dei loro corredi paratestuali. Seguendo l’ordine alfabetico del repertorio, l’attenzione è stata posta, tra le prime 840 voci su 258 opere comprese nel periodo interessato; una ulteriore limitazione è dovuta al rinvenimento delle opere nelle biblioteche bolognesi: 30 opere e 45 esemplari presenti nell’Archiginnasio e Universitaria. Spingendo la ricerca nei cataloghi storici sempre delle biblioteche bolognesi si sono identificate inoltre opere non presenti nel repertorio della
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
84
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Zarri ma in linea con le caratteristiche della ricerca (argomento, intervallo temporale, etc.), per un totale di altri due esemplari all’Archiginnasio e di cinque all’Universitaria. Il nucleo risultante, composto di 52 esemplari che potrebbero rappresentare una «biblioteca ideale femminile», di un donna alfabetizzata vissuta nella prima metà del XVII secolo, è stato passato al vaglio al fine di individuare gli esemplari corredati di indice e/o sommario, giungendo così a un ulteriore restringimento del nucleo a 27 esemplari; le rimanenti infatti sono prive di indice, forse a causa dell’esiguo numero di pagine che presentano.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Perché le donne Il repertorio curato dalla Zarri ci presenta effettivamente una sorta di ideale biblioteca femminile? Una serie di elementi di riflessione che vertono sulla produzione e sulla diffusione libraria, affrontata dagli autori dei saggi, sembra dar ragione a questa affermazione. Basti pensare alla potentissima spinta alla lettura rappresentata dalla scrittura dei testi in volgare, all’accorta propaganda mirante a suggerire o a prescrivere tali “guide” come indispensabili per un corretto cammino nella vita, all’emotività suscitata con la paura del peccato, della colpa e della punizione per chi non si uniformava ai precetti, al fascino che doveva comunque rivestire una lettura ove contemporaneamente alla virtù della modestia venivano incoraggiati comportamenti apparentemente contraddittori – vedi la cura della bellezza e della persona – il potere, la realizzazione di sé, dove il “sé” coincideva con la volontà di Dio ma anche dell’uomo. Insomma un abile bilanciamento di divieti e concessioni, di speranza e di disperazione, di incitamento e di freno che circondano come messaggi quotidiani le donne, e produrranno conseguenze anche a di là delle singole persone. Una “cultura” femminile così formata inciderà infatti, in modo più o meno avvertibile, nei diversi ambiti di vita, dalla famiglia alla corte, al chiostro, dalla vita alla morte. Se stabilire quali libri fossero posseduti da donne è possibile grazie al rinvenimento di inventari di biblioteche monastiche o aristocratiche, quali libri fossero letti da donne è dato riscontrabile solo in alcuni casi. Tuttavia è certo che la diffusione del testo a stampa a carattere popolare, di facile lettura e a basso costo, indica la presenza di un mercato esteso caratterizzato da un pubblico anche femminile. Su questo pubblico si appunta lo studio di Tiziana Plebani62 che ne 62 T. Plebani, Nascita e caratteristiche del pubblico di lettrici tra medioevo e prima età moderna, in Donna, disciplina, creanza, cit., pp. 23-44.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
85
analizza le caratteristiche di omogeneità e difformità. Confermato che la figura della donna come lettrice nasce con la trasformazione del volgare in lingua letteraria già nel Duecento, e considerando questo dato unitamente a quello successivo della diffusione della stampa, si spiega come l’approccio femminile alla lettura conosca impennate considerevoli. Codici di piccolo formato, come quelli censiti nel catalogo, permettono un rapporto più agevole e intimo con la lettura: il libro trova il suo posto senza difficoltà, anche nel corredo della sposa. Libri di lettura, di preghiere, di creanza cristiana, già presenti in versione ricca nelle biblioteche delle dame dell’aristocrazia, ora assumono forma più semplice per entrare nella cassapanca delle donne di umile condizione. I centri tipografici registrano incrementi anche in centri minori della penisola, che vivono soprattutto grazie al consolidato mercato religioso. Pure nella iconografia che segue al diffondersi del volgare si segnala un rapporto più stretto tra donna e libro. Un esempio lo fornisce la raffigurazione dell’Annunciazione in cui spesso proprio la Madonna è intenta alla lettura tanto da non accorgersi forse dell’angelo. È chiaro che i libri di cui si sta parlando sono libri devoti, spirituali che vogliono offrire “conforto” ad una categoria di lettori che stenta a emanciparsi. Non stupisce pertanto che si addivenga al copioso volgarizzamento di testi edificanti, quali leggende di santi e libri di preghiere, particolarmente destinate alle comunità femminili che entravano in contatto con gli Ordini mendicanti. Da qui prende inizio una nuova produzione elaborata da padri spirituali, come ancora Plebani informa. Ma quali messaggi leggono le donne nei loro libri? Devono entrare nell’immaginario femminile specialmente le leggende e i leggendarii riguardanti la vita di una Santa o di una pluralità di sante, beate e vergini, che costituiscono già un patrimonio di devozione al di fuori del libro, e che ora hanno uno strumento in più per accompagnare lo scorrere della vita quotidiana come anche la scansione degli avvenimenti più importanti. Non meno diffuse le storie della vita di donne illustri, altrettanto interessanti al fine di costruire un’idea della donna che partecipa alla società da uno spazio indubbiamente influente e quindi necessario di uno sguardo attento. Le donne illustri sono dunque, sia come protagoniste del libro, sia come lettrici, figure o pubblico interessante, dato il loro peso sociale e la loro disponibilità economica. Un’analisi puntuale sarà ripresa più avanti; qui basti sottolineare come, per quanto riguarda la tipologia di testi analizzati, si affermi una letteratura che sovrasta per numero i testi di altro tipo: alla categoria del modello fanno parte più della metà delle opere censite. La direttrice su cui si snodano “le storie” è coerentemente tracciata. Per quanto riguarda le vite di sante e beate, esse sono proposte attraverso una trama tipica, ben identificabile,
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
86
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
con punti salienti che oscurando la personalità specifica della protagonista, propongono un modello chiaro, non equivocabile, volto a mettere in risalto le virtù archetipiche che si vogliono raccomandare. Sulle storie di donne illustri Beatrice Collina63 si diffonde in una analisi della logica che presiede le scelte di politica editoriale in merito. Il ritratto di donna illustre non si discosta dal modello di Santa proposto negli stessi anni: muovendo da situazioni culturali e ambientali diverse, insieme esse vanno a delineare un modello di creanza cristiana che si vuole imporre a tutte. Infatti ciò che della Santa o della donna illustre viene esaltato è l’eccezionalità delle stesse virtù che la donna comune deve avere. Ma rispetto alle virtù comuni, quelle della donna famosa, “clara”, eccezionali per decisione divina generano sempre timore perché ribaltano l’ordine costituito, assumendo caratteristiche virili che non competono al genere femminile e dunque maggiore è l’esigenza di controllo e di indirizzo. Attivissima, la predicazione controriformistica opera per eliminare dubbi e incertezze, per affermare nette distinzioni tra bene e male, con campagne di catechizzazione volte a omologare i comportamenti entro limiti chiaramente definiti. Se in tal modo si padroneggia il campo della diffusa offerta di figure esemplari resta però scoperto il terreno della costruzione di una traccia di comportamenti per ogni occasione della vita delle donne e in particolare di quelle donne che a loro volta, ispirate all’ortodossia morale, saranno di esempio alle altre. Anche per questa esigenza è approntata una risposta che si traduce nella produzione di prontuari dettagliatissimi di regole per ogni condizione e situazione. Così come sono attrezzati dispositivi, quali il confessore e l’assistente spirituale, volti a disciplinare anche le frange socialmente più basse della popolazione religiosa femminile, norme giuridiche e apparati disciplinari si moltiplicano e si perfezionano, dando luogo a una massa impressionante di testi preposti a regolare la vita delle comunità: edizioni di regole e testi esemplari hanno lo scopo di definire le pene da impartire per le diverse trasgressioni o di fornire ampie dichiarazioni sulla regola stessa. Brilla in questo campo l’elaborata classificazione delle colpe connesse con la professione monastica, di cui monache e confessori devono far tesoro per la costruzione di una disciplina interiore che li preservi dall’errore e li eserciti alla subordinazione.64 L’edizione di regole e costituzioni monastiche rappresenta solo una spia del complesso processo d’imposizione della disciplina 63 B. Collina, L’esemplarità delle donne illustri fra umanesimo e controriforma, in Donna, disciplina, creanza, cit., pp. 103-119. 64 Gio. Pietro Barco, Specchio religioso per le monache…, Specchio religioso per le monache…, in Milano, appresso Giov. Battista Bidelli, 1619.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
87
femminile che comporta in molti casi l’azione congiunta di chierici e laici. Processo complesso e differenziato dunque: da un lato regole rivolte alle varie categorie di donna o ai diversi status vitae femminili propongono modi di vivere socialmente e religiosamente approvati; dall’altro prescrizioni relative al compito della sposa e della madre contenute nei trattati “economici”, pur esulando dalla prospettiva religiosa, impongono discipline indiscutibili; e ancora scritti di più generico contenuto spirituale e morale trasmettono una dottrina fortemente orientata a influenzare pratiche di vita.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
La tipologia indicale come chiave di lettura dei testi Se si sposta lo sguardo dalla lettrice all’oggetto libro, o meglio, se si legano entrambi i protagonisti, emerge un elemento a fare da cerniera tra i due ed è l’indice. E infatti a corredo paratestuale della maggior parte di queste opere spicca un sommario descrittivo che ben svolge la funzione di mettere immediatamente in luce quei tratti comuni, quelle caratteristiche, quelle virtù esemplari che si vogliono proporre, quei comportamenti e quelle inclinazioni che si devono evitare e condannare. In tutti e 27 testi su cui si è indagato, come precisato, è presente l’indice o il sommario, apparato che è stato suddiviso in quattro categorie: sommario descrittivo, sommario prescrittivo, indice delle citazioni bibliche, indice delle cose notabili. Di alcuni di questi indici darò le più significative coordinate non senza aver dapprima spiegato come è stata costruita la griglia degli indici visionati. I sommari descrittivi lasciano cogliere la trama del libro nei suoi eventi principali da cui desumere le qualità morali proposte o imposte alla lettrice. Si tratta in questo caso di undici testi-modello di cui sette vite di sante, quattro vite di donne illustri e un panegirico, destinati ad esaltare virtù e tempra morale delle donne prescelte per suggerire – più o meno categoricamente – il dovere di imitazione. L’impaginazione del sommario si ripete con poche variazioni: il titolo dei capitoli è accompagnato dall’indicazione del numero del capitolo e della pagina di riferimento, ad eccezione di due esemplari in cui manca il numero dei capitoli. Carità, umiltà, pratica di misericordia caratterizzano le figure femminili tra cui santa Francesca Romana o suor Iacinta Marescotti che può vantare una presentazione di rara chiarezza nel sommario del testo a lei dedicato,65 ma non mancano episodi di tribolazione 65 Francesco De Amatis, Vita della reverenda Madre, suor Iacinta Marescotti, nel Monastero di S. Bernardino in Viterbo, Viterbo, [s.e.], 1642.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
88
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
pazientemente sopportati e tentazioni valorosamente sconfitte e superate con l’aiuto divino. Naturalmente questi sommari danno spazio anche agli aspetti di pudicizia e castità che guidano i passi delle donne nei rispettivi mondi. Sono infatti gli ambienti di vita che le distinguono, non le virtù che sono elementi di comunanza e di omogeneità tra loro. È importante infatti che il maggior numero di lettrici possa identificarsi nei destini delle protagoniste di queste vite, aspirando alla stessa qualità morale ripetutamente messa in luce. Di coloro che saranno sante i sommari riportano anche le indicazioni delle canonizzazioni, i miracoli post mortem, lo sviluppo del loro culto. Nei sommari dei libri dedicati alle donne illustri si ripercorre la loro vita con accentuazione su matrimonio, vedovanza e voti monacali e, infine, sul momento importante della morte, cui deve essere data particolare rilevanza anche se manca “l’odore di santità”. Nel panegirico66 sono presenti, con la stessa impaginazione tipografica, tre sommari descrittivi e tre indici delle cose notabili, uno per ogni parte dell’opera. Soltanto la terza parte però riguarda le donne e precisamente le dame di corte che, dotate delle solite canoniche virtù, giungono però, grazie alla loro autorevolezza, a realizzare una «corte santa», e certamente si presentano alle lettrici con ancor più forte suggestione. È questo il caso ad esempio di Clotilde moglie di Clodoveo e di sua figlia Indegonda. Donne illustri, donne di corte, mogli di capi, giocano un ruolo evangelizzatore e di governo di potenti famiglie. I sommari prescrittivi individuano direttamente l’obiettivo di indicare alle donne precetti da seguire nelle varie situazioni della vita civile. Una sorta di linea di condotta illustrata in nove esemplari che la Zarri nell’introduzione suddivide per campi tematici: cinque avvertimenti rivolti alla salvezza per le vedove (le Opere spirituali di Fulvio Androzzi, che nel titolo completo si dichiarano «Utile ad ogni sorte di persone, che desiderano vivere spiritualmente»)67 e per le monache, tre precetti di comportamento, (Institutione civile e cristiana di Bernardino Castori),68 un ordine rivolto alle monache. Lievi le varianti nell’impaginazione dei sommari e nei riferimenti alle pagine; da notare che nell’opera di Androzzi appare in tutta la sua importanza la figura della «buona» vedova, di cui sono catalogati i giusti comportamenti in par66 Paolo Aresi, Panegirici fatti in diverse occasioni, in Milano, ad istanza di Francesco Mognaga, [1644]. 67 Fulvio Androzzi, Dello stato lodevole delle vedove, in Venetia, appresso Lucio Spineds, 1606, 3 voll. 68 Bernardino Castori, Instutione civile e christiana per uno, che desideri vivere tanto in corte, come altrove honoratamente, e christianamente, in Roma, appresso Alessandro Zanetti, 1622; simile all’altra edizione, stampata sempre a Roma, ma da Manelfi, nel 1642.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
89
ticolare con i figli e la servitù, e tutti quegli atti da evitare per non cadere nel peccato. Tanto decisivo doveva essere ritenuto questo argomento che si richiamano i comandi autorevoli dei padri della Chiesa per perorare la causa della castità delle vedove. Esemplare per la tipologia dell’indice, tra le opere destinate alle monache, quella di Voldramo Castinelli: Pratica spirituale per sollevare il cuor della monaca a Dio Signor nostro in ciascuna sua facenda del giorno 69 ove l’indice, suddiviso in nove parti chiamate «affetti», anticipa una minuziosissima casistica di situazioni in cui una monaca si può trovare e un dettagliato ricettario di comportamenti da assumere. Ancora per le monache il Trattato spirituale di Avila è dotato di due sommari: uno dell’autore che accorpa più capitoli in base all’argomento esposto, ma qui la casistica si riferisce a eventi spirituali che si dilatano fino a prendere in esame il primato della religione cattolica nei confronti della protestante, e un secondo sommario che comprende argomenti simili al primo, ma trattati con forte generalizzazione. La famiglia è presa in considerazione nei «precetti»: così nelle opere di Bernardino Castori e di Silvio Antoniano. In particolare il sommario del testo di Antoniano Dell’educatione christiana de’ figliuoli 70 si distingue perché non si limita alle pagine e ai capitoli, ma rimanda alle tre parti in cui l’opera è suddivisa e ne propone il riassunto. Si è in presenza di una offerta di lettura educativa che non è diretta alle donne, ma che le coinvolge poiché le sintesi, pur senza nominare il ruolo materno, si riferiscono all’educazione dei figli, alla santità del matrimonio e alla Christiana Educatione. E in effetti nella prima parte del libro si trova anche il modo di illustrare i meriti di una «Santa madre» la cui attenzione e cura verso il figlio hanno fatto sì che questi raggiungesse la santità, mentre nella terza parte ampio spazio è dedicato alla diversa educazione da impartire ai maschi e alle femmine. Comunque non si può negare che le opere esaminate nella categoria dei precetti registrino una presenza più defilata dell’interlocutore femminile, a favore di uno svolgimento degli argomenti tendente ad avere un carattere universale, rivolto sia alle donne sia agli uomini, limitando la distinzione precettistica in base al sesso ad alcuni capitoli soltanto. Specchio religioso per le monache di Giovanni Pietro Barco,71 esempio della tematica degli «ordini», è un’opera che la Zarri riporta nel sottogruppo di 69
Voldramo Castinelli, Pratica spirituale per sollevare il cuor della monaca a Dio Signor nostro in ciascuna sua facenda del giorno, in Roma, per Giuseppe Luna, 1651. 70 Silvio Antoniano, Dell’educatione christiana de’ figliuoli… Seconda editione…, in Cremona, appresso Mario Antonio Belpiero, 1609. 71 Giovanni Pietro Barco, Specchio religioso per le monache posto in luce d’ordine dell’illustris. & Reverendis. Sig. il Sig. Card. Federico Borromeo, Milano, appresso Gio. Battista Bidelli, 1618.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
90
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
ordini dati da papi, vescovi, o superiori ecclesiastici. Il sommario presenta l’elencazione dei titoli dei capitoli con riferimento sia alla numerazione dei capitoli sia alla pagina. La monaca destinataria dello Specchio è accompagnata nella gestione dei momenti salienti della vita in monastero da una serie di precetti che, specialmente ai primi passi di fanciulla novizia, avranno avuto lo scopo di rafforzarne la volontà, o di piegarla, quando sia stata, come accadeva, monacata per forza. Ci sono quindi da affrontare l’adesione ai principi: la Regola, i Voti di ubbidienza, povertà e castità, la clausura, la partecipazione alla liturgia e ai sacramenti. Gli ultimi 15 capitoli trattano dei ruoli, dei singoli uffici che la monaca può dover ricoprire. La brevità dei titoli non permette una più approfondita comprensione di quanto è trattato nel testo, ma dà comunque una idea precisa del rilievo attribuito alla canonizzazione e alla regolamentazione della vita in monastero da parte della Chiesa controriformata. Altra interessante forma di tipologia indicale è quella chiamata Indice delle citazioni bibliche, strumento per rintracciare facilmente le citazioni della Bibbia inserite nel testo. Le tre opere esaminate sotto questo aspetto sono: Panegirici fatti in diverse occasioni da Paolo Aresi;72 Ragionamenti sopra la sacra Sindone di N.S. Gesù Cristo di Camillo Balliani,73 la cui terza parte parla della beata Margherita e del [...] P.F. Salvatore Cadana,74 in due edizioni i cui indici non presentano differenze. Una differenza sostanziale invece risiede nella lingua che in questi casi è il latino. Scelta dovuta forse alla tematica particolarmente dotta? Che, proprio per questo, avrebbe trovato maggior interesse presso i lettori usi a questa lingua? Comunque i testi godono di un apparato informativo ben articolato; infatti, all’indice citato, è accostato quello delle cose notabili. L’impaginazione è uniforme per le tre opere: la citazione del versetto biblico con l’indicazione sia del capitolo della Bibbia in cui è collocato, sia della pagina e, nel caso del Mariale di Cadana anche della colonna. Tutto ciò arricchisce le informazioni in merito ai testi, ma può incoraggiare anche una lettura ulteriore di altri libri, come la Bibbia. Modalità interessante è rappresentata dalle compilazioni dell’indice delle cose notabili, definizione data a quegli indici che presentano l’elencazione, ordinata secondo varie tipologie, degli argomenti che si è ritenuto utile mettere in evidenza all’interno dell’opera. La maggior parte degli esemplari 72
Paolo Aresi, Panegirici fatti in diverse occasioni, in Milano, ad istanza di Francesci Mognaga, [1644]. 73 Camillo Balliani, Ragionamenti sopra la sacra Sindone di N.S. Gesù Cristo, in Torino, Per Luigi Pizzamiglio, 1624, 3 voll. 74 Salvatore Cadana, Mariale, in Venezia, & Bologna, presso Gio.Battista Ferroni, 1642.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
91
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
(9 su 11) che presenta questa tipologia indicale, registra anche la presenza o di un indice delle citazioni bibliche o di un sommario. Si verifica quindi che l’indice delle cose notabili è affiancato: – da un indice delle citazioni bibliche nei Panegirici fatti in diverse occasioni di Aresi, nei Ragionamenti sopra la Sacra Sindone di N. S. Gesù Cristo di Balliani, e in entrambi gli esemplari delle due edizioni visionate del Mariale di Cadana; – da un sommario prescrittivo nell’Institutione civile e christiana per uno che desideri vivere tanto in corte, come altrove honoratamente e christianamente di Castori, sia nell’edizione del 1622 sia in quella del 1642; – da un sommario descrittivo nell’opera di Nicolas Caussin La corte Santa75 e nei due esemplari dell’edizione della Vita di S. Franca vergine e badessa di Pietro Maria Campi;76 mentre i due esemplari della stessa edizione dell’opera di Benedetto Benedetti Trattato del timor di Dio77 presentano solamente questa tipologia indicale. Come si vede il corredo di cui sono dotati questi testi è ricco e articolato. La lettrice ha a disposizione, al momento di servirsi di questi indici, quasi un dizionario per esaminare alcune opere in suo possesso. Anche l’uso di parole chiave si muove in questa direzione, come ben prova l’indice del panegirico di Aresi che ne presenta l’elencazione in ordine alfabetico con i rinvii alle pagine ove trovare gli argomenti principali. Le parole chiave sono composte da nomi propri di santi/e, beati/e e di ecclesiastici, oppure da nomi comuni quali elemosina, fiamma, lancia, sale, etc. Particolarmente efficaci le voci relative agli elogi di Sante e Beate, in particolare di Chiara da Montefalco e Rita. L’indice sottolinea quegli aspetti della vita della beata Chiara che ne fanno esempio per le altre donne, sia attraverso l’esibizione, nella narrazione della sua vita, di una serie di virtù archetipiche, quali la sua vocazione a essere serva di Dio fin dalla giovinezza e le sue qualità di monaca (il silenzio, gli esercizi di carità), sia attraverso il racconto di miracoli, come l’impressione nel suo cuore dei segni della passione di Cristo. Nelle voci concernenti la beata Rita, invece, sono esibite qualità insolite rispetto alle precedenti: in particolare atipico è l’elogio della bravura 75 Nicolas Caussin, La corte Santa che contiene l’Huomo di Stato, il Cavaliere & la Dama..., in Bologna, presso Carlo Zenero, 1648. 76 Pietro Maria Campi, Vita di S. Franca vergine e badessa dell’ordine cistercense…, in Piacenza, appresso Alessandro Bazachi, 1618. 77 Benedetto Benedetti Trattato del timor di Dio… ad istanza delle Venerabili Monache e Sorelle Suor Serafica e Suor Benedetta de’ Benedetti nipoti dell’auttore, in Bologna, presso Gio. Battista Bellagamba, 1609.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
92
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
oratoria della Beata, abilità così straordinaria da consentire il paragone con quella di Giovanni Battista. Motivi canonici di lode sono invece la capacità di perdonare – in questo caso per la morte del marito –, la decisione di farsi monaca in seguito alla vedovanza e le virtù monacali: la rinuncia totale ai beni terreni, l’obbedienza verso i superiori, l’assiduità nella preghiera e il desiderio di ricevere le stigmate di Cristo. Benché le figure delle due beate siano ben delineate e caratterizzate nell’indice dell’opera di Aresi, ove spiccano per qualità che si discostano in parte dal modello agiografico abitualmente adottato, gli esempi di donne sante e beate sono minoritarie rispetto a quelli di uomini santi. Ancora nella tipologia indicale delle cose notabili, si evidenzia l’opera di Balliani Ragionamenti, in particolare nella terza parte in cui tratta della Beata Margherita e della sua vita senza peccato. Il merito più grande? La vedovanza, che nell’indice viene sottolineata con la presenza di una voce elogiativa di questo status. Margherita infatti, come rivela l’indice delle cose notabili, è stata una «perla» nei quattro stati della sua vita, in particolare in quello vedovile che ha voluto mantenere rifiutando nuove nozze con il duca di Milano per entrare invece in monastero, consacrando la sua vita al servizio del Signore. L’indice del Mariale di Salvatore Cadana, l’unico testo ad appartenere al gruppo che la Zarri ha definito «vite della Vergine», presenta un’impaginazione particolare rispetto a quelle fin qui analizzate; infatti la prima macrodivisione non è data, come nell’indice di Aresi, da parole ordinate alfabeticamente, ma in base alle festività dedicate alla vergine (8 dicembre, 15 aprile, 2 luglio, 15 agosto, 8 settembre). All’interno di ognuna di queste suddivisioni vengono riportati, seguendo l’ordine con cui si presentano nell’opera, gli eventi che caratterizzano la festività unitamente a trattazioni pertinenti e ad argomenti da utilizzare nei sermoni di quella giornata Le stringhe si succedono ordinate e si sviluppano a volte in ampi regesti col chiaro intento di offrire, fin dalle Tavole i più alti esempi di moralità salvifica. Esaltate le virtù esemplari di Maria Vergine, ispirate dal mistero dell’immacolata concezione, l’indice si diffonde sulla sua nascita senza peccato originale e sulla potenza divina che si manifesta nella sua umiltà, virtù a cui, come si è visto, è dato grande rilievo anche nelle vite di sante e di donne illustri. Ma il modello-Maria deve essere eccezionale e così l’umiltà diventa «il zuccaro e il miele» con cui Cristo ha addolcito i dolori della Passione, la virtù «sublime» che le ha fatto meritare il «bel dono» della maternità di Dio e infine il «carro felice» sopra il quale ella è stata assunta trionfante in Paradiso. I santi padri le hanno riconosciuto doti eccezionali al punto di as-
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
93
sumere il ruolo di avvocata dei peccatori. Infatti la sua protezione «sviluppa il peccatore da’ lacci de’ peccati, e disfanga la peccatrice dal luto delle colpe», e per di più sfida il diavolo togliendo le catene della sua prigione, difende dalla spada della giustizia divina e libera dal fuoco dell’ira di Dio. Il potere che Maria esercita in prima persona – si potrebbe quasi definire maschile – giunge al punto di introdurre una competizione tra grandi se, come recita ancora Cadana, Cristo «si preggia» più di essere chiamato figlio temporale di Maria che figlio eterno di Dio, anche perché in lei si compie il miracolo di essere contemporaneamente vergine e madre, madre e vergine. E dunque Maria, nella sua poliedrica figura, raccogliendo l’audace pronunciamento di Cristo, a lui lo rimanda gloriandosi maggiormente di essere chiamata Regina delle Vergini che Madre di Dio. Esaltazione della retorica amorosa madrefiglio? O della verginità? O di ciò che non deve essere compreso? In ogni caso, di straordinario impatto con il lettore, questo indice lascia ben capire il livello di trascinamento verso l’immaginario di un lettore forse attonito, ma sicuramente esaltato di fronte a un modello difficilmente proponibile. Sembra esser lontana l’umiltà da cui l’indice era partito, anche perché, si dice, altra virtù eccezionale di Maria è la sua bellezza, paragonata a quella di Elena del mito greco, paragone pagano ma subito temperato dall’affermazione che la bellezza di Maria è invisibile all’occhio mortale e deriva da Dio. Esemplare è anche il martirio a cui Maria è stata sottoposta, un martirio di 33 anni: dal momento in cui ha concepito il Figlio di Dio fino alla sua morte in croce. Dolori e sofferenze di Maria sono incommensurabili, ma ella con rinnovata umiltà e pazienza ha accettato la volontà di Dio. Ecco dunque recuperata l’umiltà prima della chiusura della vita terrena. L’indice si conclude con il trionfo per la festività del 15 agosto, quando Maria Vergine è assunta alla gloria dei cieli, per prestare giuramento di fedeltà e di gran consigliera del concistoro del Paradiso per gli affari e i bisogni della terra e prendere l’investitura del Regno dei Cieli, giorno di massima gloria in cui neanche le anime dei dannati sono tormentate. Molto si potrebbe ancora dire per una valutazione di questo indice, ponendosi dalla parte del lettore; in questa sede si può fermarsi di fronte alla scena dell’apoteosi di una vicenda umano-divina che il compilatore ha condotto con abile dosaggio di crescendo fino alla vittoria di un personaggio tribolato, ma ormai ripagato di ogni sofferenza e celebrato con modalità tutta terrestre. L’unico esemplare tra quelli analizzati a presentare a fianco dell’indice delle cose notabili un sommario prescrittivo è l’opera di Castori. Organizzato in modo rigorosamente alfabetico, riporta a fianco dell’argomento la pagina in cui è possibile reperirlo. Dalla lettura delle parole iniziali di ogni titolo, considerando le parole che ricorrono con una frequenza maggiore, è
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
94
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
possibile stendere un elenco dei vizi e delle virtù di cui si parla nell’opera e individuare gli argomenti più importanti, già trattati a proposito di sommari prescrittivi. Affiancano invece l’indice delle cose notabili con un indice descrittivo l’opera di Caussin La corte Santa, e i due esemplari dell’opera di Campi S. Franca. La Corte Santa è divisa in tre parti, l’ultima delle quali è dedicata alla dama di corte. L’indice è strutturato a un primo livello secondo l’ordine alfabetico mentre a un secondo livello, relativo all’ordinamento degli argomenti all’interno della suddivisione alfabetica, segue la progressione delle pagine; per ogni argomento si ha infatti il rinvio alla pagina del testo. Inoltre è possibile individuare un terzo livello, relativo soprattutto alle voci costituite dai nomi propri di persona: ogni personaggio è seguito in sintesi dagli eventi che ne caratterizzano la vita, sempre disposti secondo l’ordine con cui sono presentati all’interno dell’opera. L’indice consente di conoscere molte notizie sulla vita delle persone vicine alle due protagoniste Clotilde e Indegonda, così si viene a conoscere la storia di Clodoveo marito di Clotilde e Ermenegildo suo genero. Per quanto riguarda le voci non costituite da nomi propri, significativo è l’ampio spazio dato alla voce «donna» sotto cui sono raggruppati i rinvii a donne famose che hanno introdotto la fede in diversi regni, il concetto di donna come «impedimento» e «incantatrice innocente», il ruolo della donna nello «stabilimento degli stati», il paragone della donna cattiva a vari animali (porco, volpe, gatto, scimmia, etc.) e della donna saggia all’ape. Fantasie abituali nei ritratti delle donne. Il Trattato spirituale di Giovanni da Avila,78 opera appartenente al gruppo degli avvertimenti, presenta due sommari: il primo di grande interesse in quanto vi si legge essere scritto dal «medesimo autore» – prassi non consueta – con l’intento dichiarato di fornire al lettore «un breve sommario di quanto si tratta». La peculiarità del sommario è data dal fatto che non vi si trova l’elencazione dei capitoli ma questi sono accorpati in base all’argomento trattato. Dal sommario dell’autore è evidente il carattere meno pratico dell’opera rispetto alle tante rivolte alle monache. Gli avvertimenti qui non riguardano le azioni quotidiane della vita in monastero ma si riferiscono alla sfera spirituale, agli «inganni», alle tentazioni, ai mali del mondo e della natura umana che possono corrompere la monaca e verso i quali la monaca è messa in guardia. Sono sottolineate la bassezza, la debolezza, la peccaminosità della carne, tentata dal Diavolo, in contrapposizione alla nobiltà e alla bellezza dell’anima. Che questo testo presenti elementi originali rispetto 78
Giovanni da Avila, Trattato spirituale, in Milano, appresso Ludovico Monza, 1650.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
95
alla tradizionale comunicazione alle monache appare anche dall’ampiezza tematica del suo contenuto impegnato a sostenere la chiesa cattolica contro gli attacchi di quella protestante. E qui naturalmente soccorre un’ampia casistica di esemplari conversioni dei peccatori. Il secondo sommario che correda l’opera, si ripresenta nella tipologia tradizionale già vista per le opere precedenti: l’elencazione dei titoli dei capitoli con riferimento sia al numero del capitolo sia alla pagina. Gli argomenti trattati sono ovviamente quelli già visti nel sommario dell’autore, anche se in forma più estesa. Si è notata l’assenza del riferimento esplicito, in entrambi i sommari, alle virtù archetipiche della donna prescritte nelle altre opere visionate: il discorso resta in questo caso più generale, i riferimenti alla monaca e alla sua vita sono meno frequenti, i dettami tendono all’universalità femminile. Non fa meraviglia che tutti i testi esaminati siano stati scritti da uomini e quindi rappresentino la donna attraverso la loro mentalità e il loro sguardo, come si esprime Collina.79 Viene spontaneo chiedersi se gli indici che permettono di raggiungere porzioni testuali in cui si esplora, si valuta la situazione femminile, si interpretano bisogni e personalità delle donne, immaginando le loro domande e dando una organizzazione alle risposte siano stati sempre uomini a costruirli. Non è mai dato sapere se dietro all’indicizzazione si celi una donna. Certo è che fra le opere perlustrate in questo paragrafo l’unico indice sicuramente d’autore non a caso risulta essere stato allestito da un uomo, ovvero da Giovanni Avola. I tempi sono fortemente mutati: chi scrive oggi di queste cose, di queste storie, chi indicizza i propri testi sono donne come nel caso del volume curato dalla Zarri. Donne che hanno proposto alla conoscenza di tutti i risultati di una ricerca che riguarda tutte.
Per viaggiare con cognizione «Nel Settecento il Grand Tour è ormai un grande fiume rigoglioso che attraversa la letteratura e le arti»: così si apre un magistrale saggio di Cesare de Seta, che con la metafora fluviale tenta ancora una volta di ricondurre ad un comune alveo le varie e numerose testimonianze, sia letterarie sia visive, volte a conservare nella memoria un’esperienza non solo biografica ma anche culturale nel senso più pieno del termine. Un percorso, quello 79 B. Collina, L’esemplarità delle donne illustri fra Umanesimo e Controriforma in Donna, disciplina, creanza cristiana, cit., pp. 103-119.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
96
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
dei viaggi e dei viaggiatori del secolo XVIII, che ha contribuito non poco a forgiare il senso di comune appartenenza a una civiltà, racchiusa entro i confini sempre più labili dell’Europa, chiamata a trarre, dal confronto con paesi a volte assai lontani, stimolo e linfa vitali.80 Il tema è stato declinato da molti punti di vista, che assegnavano la messa a fuoco da un lato sul soggetto (viaggiatori italiani, francesi, tedeschi, stranieri, etc.) dall’altro sull’oggetto (il paese europeo o la regione o la singola città visitati).81 Spesso il viaggio e il suo resoconto si caratterizzano fortemente in base allo scopo precipuo: sono strumento di conoscenza delle bellezze dei monumenti storico-artistici; rappresentano il completamento della formazione culturale; si qualificano come sperimentazioni e ricerche scientifiche en plein air, esame critico della realtà sociale, economica e politica di un particolare territorio, soggetto all’interesse riformatore di governi illuminati. Data l’ampiezza delle testimonianze giunte sino a noi, siano esse in forma manoscritta o a stampa, sin dalla fine dell’Ottocento non sono neppure mancati affondi bibliografici di fondamentale importanza per orientarsi nella produzione editoriale scaturita dai viaggi e dai viaggiatori,82 qui percorsa con una intenzionalità nuova. Dinanzi all’eterogenea forma espressiva (testo ma anche immagine) assunta dai ricordi di viaggio, ci si è limitati a occuparsi dei resoconti di viaggio pubblicati a stampa nel corso del Settecento, analizzandone una particolare componente paratestuale, ossia gli indici. Incuranti del testo, ossia delle notizie spesso inedite e sempre curiose depositate nelle pagine di quei voyageurs, l’attenzione si è appuntata sulla presenza e sul valore degli apparati indicali annessi ai libri di viaggio. Grazie a valide e aggiornate guide bibliografiche83 si è potuto intraprendere così un metacammino, un viaggio in mezzo ai viaggi, dove la meta finale fosse rappresentata dagli indici e dai sommari, che sovente li corredano, nel tentativo di coglierne l’utilità.
80 Cfr. C. de Seta, Vedutisti e viaggiatori in Italia tra Settecento e Ottocento, Torino, Bollati Boringhieri, 1999, part. p. 15. 81 Cfr. Id., L’Italia nello specchio del «Grand Tour», in Storia d’Italia, vol. 5: Il paesaggio, Torino, Einaudi, 1982, pp. 127-263. 82 Cfr. P. Amat di S. Filippo, Bibliografia dei viaggiatori italiani ordinata cronologicamente e illustrata, Roma, Salviucci, 1874. 83 L. Clerici, Viaggiatori italiani in Italia 1700-1998: per una bibliografia, Milano, Sylvestre Bonnard, 1999; Viaggi e viaggiatori del Settecento in Emilia e in Romagna, a cura di G. Cusatelli, Bologna, Il Mulino, 1986, 2 voll. Si veda anche Les Guides imprimés du XVI e au XX e siècle, Paris, Belin, 2000.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
97
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Indici di viaggiatori nel sapere per curiosità, per scienza, per riforme Il viaggio è spesso mosso dal desiderio di scoprire luoghi lontani, spinti dal desiderio di conoscenza. Si intraprende un itinerario per tensione a un sapere che spinge lontano la mente e a volte i passi degli uomini che accettano pericolosi e a volte inusitati cammini, su cui stendono poi ragguagli per informare, ma anche per riordinare le idee. La necessità della conoscenza può assumere le forme insinuanti della curiosità, sentimento che in passato, proprio come accade nel presente, stimola tanta parte della produzione editoriale, e in particolare decreta il successo di molti resoconti in terre d’Oriente, avvolte dal fascino della lontananza e della indeterminatezza. Altre volte il resoconto di viaggio matura entro l’esperienza di ricerca sempre più proiettata fuori dalle accademie e dai loro laboratori, come dimostrano le spedizioni scientifico-erudite dei grandi uomini di scienza del Settecento italiano, fra cui spiccano i nomi di Lazzaro Spallanzani o di Giovanni Targioni Tozzetti. Nell’Italia delle riforme il viaggio è occasione per acquisire elementi di conoscenza non fine a sé stessa o indirizzata a un generale progresso scientifico, ma rivolta al miglioramento della società nel suo complesso attraverso una politica di riforme saldamente ancorata alla realtà sociale, economica e culturale del territorio sottoposto all’azione politica dei governi illuminati. Jean de La Roque (1661-1745), membro dell’Accademia di belle lettere di Marsiglia, nel suo Viaggio nell’Arabia Felice,84 uscito dapprima ad Amsterdam e a Parigi nel 1716, ebbe modo di mettere a frutto non tanto i suoi viaggi in Oriente, che infatti non toccarono mai l’estrema penisola araba dello Yemen, oggetto del suo scritto; piuttosto si avvalse della corrispondenza scambiata con numerosi mercanti, impegnati in continui attraversamenti di quelle lontane terre, sulla via del commercio del caffè, che il padre Pierre aveva introdotto nel porto francese sin dal 1664. Il racconto del Viaggio è affidato a cinque lunghe lettere del «Capitano di Nave, e […] direttore d’una Compagnia di Negozianti» francesi, alle quali si aggiunge una missiva del sultano Maometto Bendeinj, tradotta da François Petit de La Croix, docente di arabo presso il College Royal di Parigi. Contribuiscono a rendere la narrazione ancor più ricca di dettagli sia la «Relazione del viaggio di Moka alla Corte del Rè d’Ye84
Jean de La Roque, Viaggio nell’Arabia Felice per l’Oceano Orientale, e lo Stretto del Mar Rosso, fatto per la prima volta da’ Francesi negli anni 1708.1709. e 1710. Con la relazione particolare d’un Viaggio dal Porto di Moka alla Corte del Re d’Yemen nella seconda spedizione degli anni 1711. 1712. & 1713. Finalmente una Memoria spettante l’albero e frutto del Caffè, in Venezia, presso Sebastian Coleti, 1721.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
98
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
men» organizzato nel 1711, 1712 e 1713 dalla Compagnia dei negozianti di caffè di Saint-Malo, in Bretagna, sia un «Trattato storico dell’Origine, e del progresso del Caffè», al quale sono dedicate anche alcune calcografie, incise da Antonio Luciani, a illustrare il Viaggio. Il racconto di La Roque si conclude con una ricca Tavola delle materie che dà evidenza alfabetica ai principali luoghi, nomi di persona, concetti e temi menzionati nel Viaggio. Le voci, con rivio alle pagine, sono spesso articolati in brevi, ma illuminanti, commenti in forma di regesto, assai utili quindi ai lettori europei, particolarmente impreparati a misurarsi con la cultura araba. Ad esempio il riferimento ad Abdalcader si completa con l’informazione che si tratta dell’«Autore Arabo d’un’opera sopra il Caffè, ch’è nella Libreria del Re di Francia». Ancora la voce «Califi» è integrata dalla seguente precisazione: «Vicari, e primi successori di Maometto: il Re d’Yemen ne prende i titoli». Assai articolata è la voce «Caffè», suddivisa in ben 18 sottovoci da «Caffè, historia favolosa della sua scoperta» a «preteso esser stato piantato e coltivato in Francia». Molti viaggi furono intrapresi per la necessità di affrontare impegnativi processi di riforma che richiedevano conoscenze maturate a stretto contatto con i territori interessati dal vento di novità che scuoteva la penisola italiana nell’Europa dei lumi. Il molisano Giuseppe Maria Galanti (1743-1806)85 fu educato nella sonnolenta provincia, che lasciò a nove anni per raggiungere la capitale del Regno borbonico, dove avvenne il decisivo incontro con Antonio Genovesi. Con la Descrizione dello Stato antico ed attuale del Contado di Molise nel 1781 e con il Saggio storico sulla costituzione del Regno di Napoli l’avvocato Galanti consacrò la sua fama di economista e di statista, che gli valse l’affidamento di una inchiesta nei territori del Regno. Dal viaggio intrapreso derivò la sua opera maggiore, ossia la Descrizione geografica e politica delle Sicilie, dove invocò urgenti riforme per lo Stato: uguaglianza dei ceti sociali dinanzi alla legge, lotta agli arbitrii e soppressione delle violenze feudali, incentivi all’agricoltura e al commercio, centralità dell’istruzione pubblica, rinnovo dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa. L’incompiuta Descrizione apparve in numerosi tomi, che ebbero titoli anche leggermente diversi in successive, parziali edizioni, fra il 1786 e la morte dell’autore.86 La Repubblica Napoletana non trovò in lui un 85 Cfr. A. Pizzaleo, Galanti Giuseppe Maria in Dizionario biografico degli italiani, vol. 51, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1998, p. 343; V. Trombetta, Storia e Cultura delle biblioteche napoletane: librerie private, istituzioni francesi e borboniche, strutture post unitarie, Napoli, Vivarium, 2002, p. 44 e n. 68. 86 Cfr. L. Clerici, Viaggiatori italiani, cit., pp. 59-60. Se ne veda anche l’edizione moderna: G. M. Galanti, Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, a cura di F. Assante, D. Demarco, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1969.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
99
acceso sostenitore, anche se il Commissario organizzatore Abrial lo chiamò a far parte della Commissione legislativa. Con il ritorno di Ferdinando IV, la sua partecipazione alla Commissione fu considerata un «delitto capitale» e, per scampare alla reazione, Galanti visse nascosto in casa del conterraneo marchese Francesco De Attellis.87 Il «riformista deluso»88 affidò alle Tavole poste in fondo ai tomi della sua Descrizione il compito di tenere insieme riflessioni critiche e dati oggettivi, riuniti con intelligenza nella sua trattatazione, così che nella Tavola degli articoli che conclude ogni tomo si possono toccare con mano la novità e la ricchezza della proposta riformatrice. Si veda, ad esempio, la Tavola degli articoli contenuti nel secondo tomo, tutto incentrato sull’esame dello Stato economico del Regno.89 In essa si susseguono i 24 capitoli, dettagliatamente distinti in numerosi paragrafi, che trattano le finanze, i provvedimenti fiscali, le riforme economiche e la contabilità di Stato sino al commercio con l’estero. La pregnante funzione dei sommari non sfuggì nel 1830 ad un autorevole recensore, il molisano Gabriele Pepe, che nella fiorentina «Antologia», presentando la seconda edizione di Napoli e contorni, non poté non richiamare la fondamentale Descrizione, riproponendo ai lettori le tavole dell’opera galantiana con «esplicita sollecitazione a leggere e studiare Galanti rivolta ad un ambiente disponibile ad acquisirne la rigorosa e appassionata lezione culturale e politica», passata anche e soprattutto attraverso i sommari.90
Viaggi fatti ad arte Molta parte della letteratura di viaggio nasce e cresce in rapporto alla sua dimensione storico-artistica. Nel Settecento il «curioso viaggiatore» si muove in lungo e in largo per l’Europa alla ricerca dei capolavori di pittura, scultura e architettura, con cui desidera intrattenere un rapporto diretto e immediato, una esigenza comprensibile non solo per la crescente importanza delle «Belle Arti» nel secolo dei Lumi ma per la diffusione del sensismo di Condillac. Il resoconto di viaggio diviene allora una delle modalità per diffondere la 87
Sull’esperienza riformistica del Galanti resta fondamentale F. Venturi, Illuministi italiani, vol. 5: Riformatori napoletani, Milano, Ricciardi, 1961, pp. 941-985. 88 Cfr. L. Biscardi, Per la bibliografia di Giuseppe M. Galanti, in Giuseppe Maria Galanti nella cultura del Settecento meridionale, Napoli, Guida, 1984, pp. 161-168, part. p. 161. In realtà si tratta di un contributo storiografico su Galanti. 89 Giuseppe Maria Galanti, Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie ... Tomo secondo, in Napoli, nel Gabinetto letterario, 1788. 90 Cfr. L. Biscardi, Per la bibliografia, cit., p. 163.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
100
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
conoscenza della storia dell’arte e dei suoi protagonisti tra i savants, che talvolta ripercorrono sulle pagine dei volumi esperienze già vissute. Le forme di indicizzazione, dai semplici e nudi sommari ai più articolati indici analitici, sono spesso protagoniste del paratesto di questa letteratura odeporica. Tra i resoconti di viaggi pubblicati nella prima metà del XVIII secolo, quello del protestante Maximilien Misson (1650 ca.-1721),91 è tra i più ampi e notevoli per la ricchezza e l’originalità delle informazioni in esso confluite. Di professione avvocato, Misson divenne consigliere del Parlamento di Parigi, fino a quando, revocato l’editto di Nantes, fu costretto a ripiegare in Inghilterra. Tra il 1687 e il 1688 Misson accompagnò il giovane Charles, conte di Arran, lungo le tappe del Grand Tour in Italia, in Svizzera e Germania e in Olanda; al suo rientro diede alle stampe il Nouveau voyage d’Italie,92 pubblicato nel 1691 e immediatamente accresciuto con le impressioni ricevute dai paesi visitati insieme con la penisola. Da allora uscirono numerosissime edizioni, versioni e traduzioni in lingua inglese, olandese, tedesca. Almeno dalla seconda traduzione inglese, edita nel 1699 con il titolo di A New Voyage to Italy,93 il resoconto odeporico in forma epistolare è corredato di due Tables, una per ciascuno dei tomi che compongono l’edizione. La prima, che si intitola «A Table of the Principal Matters of the First Volume» si compone di circa un migliaio di voci, che danno evidenza a fatti storico-artistici, a nomi di pittori, architetti e scultori, a concetti e ad altro ancora possa risultare di interesse sia per il viaggiatore, cui il Voyage è destinato, sia per il lettore erudito. Oltre ai lemmi – spesso arricchiti da qualificazioni o altri brevi regesti informativi – che evidenziano nomi propri, di persone, personaggi e di luoghi (ad es. si vedano i rimandi: «Adige, a River», «Andernach, a City», «John Guttenberg, Inventer of Printing», «Lavinium of Aeneas», etc.), sono molto abbondanti le voci che rinviano ai più noti monumenti e ai famosi artisti le cui opere sono meritevoli di essere ricordate anche attraverso la loro riproduzione nella sequenza della Table. Non mancano voci per così dire tipologiche, rivolte ai «Cabinets of Curiosities», alle «Churches», alle «Cathedrals», alle «Libraries», 91
Cfr. C. de Seta, L’Italia nello specchio del «Grand Tour», cit., pp. 183-202; Viaggi e viaggiatori, cit., a cura di G. Cusatelli, vol. 1, pp. 36-41. 92 Maximilien Misson, Nouveau voyage d’Italie, fait en l’année 1688, avec un mémoire contenant des avis utiles à ceux qui voudront faire le mesme voyage, La Haye, H. Van Bulderen, 1691, 2 voll. 93 Id., A New Voyage to Italy: with curious observations on several other countries, as Germany, Switzerland, Savoy, Geneva, Flanders, and Holland together with useful instructions for those who shall travel thither. Done out of French, the second edition, enlarg’d above one third, London, printed for T. Goodwin at the Queen’s Head; M. Wottom, at the Three-Daggers in Fleetstreet; S. Manship, at the ship in Cornhil; and B. Took at the Middle-Gate in Fleet-street, 1699, 2 voll.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
101
alle «Synagogues». Misson elenca poi in ordine le tombe, le epigrafi, le statue, le iscrizioni esaminate e ricondotte ad una analisi per così dire comparata dall’ordinata raccolta nella Table. Molte sottovoci specificano, a proposito, la voce «Inscription», di particolare interesse antiquario, che include ben ventidue diverse occorrenze. Sono così indicizzate quella sull’Arco di Traiano ad Ancona, quella sulla porta della casa natale di Erasmo, quella «Aenigmatical» di Bologna (Aelia Lelia), su cui Misson ebbe il piacere di disquisire con Carlo Cesare Malvasia. La Table rivela poi l’originalità dell’opera, che fu molto osteggiata dagli ambienti cattolici, offesi da non poche pagine del ragguaglio epistolare, allorché dà spazio a voci come «Habits extraordinary», «Imprecations» oppure «Mothers who let and sell their Daughters», quando non si spinge, come accade nell’indice analitico del secondo volume, a richiamare il fatto che l’«Inquisition is not establish’d in Flanders». Il confronto con le edizioni in lingua francese, ad esempio con la quarta pubblicata all’Aia nel 1702, rivela la centralità della Table des principales matières, indice che completa utilmente tutti e tre i tomi della proposta editoriale e che si fa sempre più ampio e articolato.94 Il confronto anche schematico degli indici nelle due edizioni rivela come a fronte del ritorno di alcune voci, si registra la sparizione di altre (ad esempio così avviene per la delicata voce dedicata all’assenza dell’Inquisizione nelle Fiandre), senza che la Table perda tuttavia l’originario mordente. Nell’indice annesso al terzo volume, ad esempio, si segnalano la voce «Jesuites», dove si precisa la loro assenza dalla Repubblica di Lucca, e quella dei «Protestants à Livorne». Gli indici del Misson rivelano una utilità che va ben oltre l’erudita conoscenza delle arti e delle belle lettere con cui si misura il giovane conte di Arran in compagnia della sua raffinata e intelligente guida, ma esprimono una arguzia maturata nel confronto con due culture, quella francese e quella inglese, vicine eppure molto diverse. Gli indici servirono anche ai numerosi detrattori del Nouveau voyage, i quali rimproverarono al Misson di aver trascurato la descrizione di molti monumenti che non potevano passare inosservati, come facilmente si può ricavare ricorrendo alle colonne delle tables. Sempre nel filone dei viaggiatori per belle contrade, ma agli antipodi dell’originale Misson, sta l’ex-gesuita valenzano Antonio Conca, a Firenze socio corrispondente della Reale Accademia e di quella dei Georgofili. Conca diede fuori a fine Settecento un libro di viaggio con lo scopo principale, 94 Id., Nouveau voyage d’Italie, fait en l’année 1688, avec un mémoire contenant des avis utiles à ceux qui voudront faire le mesme voyage, quatrième édition plus ample & plus correcte que les precedentes; enrichie de nouvelles figures, à La Haye, chez Henry van Bulderen, marchand libraire, dans le Pooten, a l’Enseigne de Mezeray, 1702.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
102
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
come scrisse nella dedica ad Isabella de Parreño, marchesa di Llano, «di render palesi le più riguardevoli produzioni nella nostra Nazione», ossia la Spagna. Animato da uno spirito pieno di orgoglio nazionale, autentico «prototipo di espulso per il quale l’attività letteraria possedeva un significato eminentemente strumentale»,95 Conca, residente a Ferrara dopo la cacciata dalla Spagna, conosceva bene la lingua italiana, e pubblicò proprio in Italia, non a caso nella capitale del ducato di Parma e Piacenza, la sua Descrizione odeporica della Spagna, edita dalla Stamperia Reale di Giambattista Bodoni nel 1793.96 Fortemente debitrice nei confronti del Viage fuera de España del connazionale Antonio Ponz, morto nel 1792, la Descrizione si può quasi affermare fosse nata come la sua traduzione italiana, peraltro uscita proprio a Ferrara in due volumi nel 1794.97 Conca stesso nella Prefazione, ebbe a dichiarare i propri debiti (p. xviii) nei confronti del Ponz:98 Quanto io riporto nella presente Descrizione di Spagna si può dire preso quasi tutto ad imprestito dall’Abate Ponz. I suoi Viaggi mi hanno somministrate le notizie, ed io mi sono affaticato di raccoglierle, e ordinarle, riducendole a compendio; compendio sufficiente, cred’io a far conoscere il merito del Viaggiatore spagnuolo, e lo stato della Nazione […].
Conca si avvalse anche di altre fonti per dare corpo al proprio resoconto libresco, che infatti descrive luoghi percorsi più con la mente e più con il rapporto con la pagina scritta che osservati di persona. Tra gli autori che meritano speciale menzione sono William Bowles99 e Anton Raphael 95 N. Guasti, L’esilio italiano dei gesuiti spagnoli: identità, controllo sociale e pratiche culturali, 1767-1798, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2006, p. 484; sulla vicenda editoriale della Descrizione odeporica si vedano in particolare le pp. 490-495. 96 Antonio Conca, Descrizione odeporica della Spagna in cui spezialmente si dà notizia delle cose spettanti alle belle arti degne dell’attenzione del curioso viaggiatore, Parma, dalla Stamperia Reale, 1793-1797, 4 voll. 97 Antonio Ponz, Viaggio fuori di Spagna ... in cui si dà notizia delle cose più riguardevoli spezialmente intorno alle belle arti di Francia, d’Inghilterra, e d’Olanda. Traduzione dall’originale spagnuolo nell’idioma italiano, in Ferrara, per gli eredi di Giuseppe Rinaldi, 1794, 2 voll. 98 N. Guasti, Antonio Conca traduttore di Campomanes, in Los jesuitas españoles expulsos: su imagen y su contribución al saber sobre el mundo hispánico en la Europa del siglo XVIII: actas del coloquio internacional de Berlín (7-10 de abril de 1999), publicadas por M. Tietz en colaboración con D. Briesemeister, Madrid, Iberoamericana; Frankfurt am Main, Vervuert, 2001, pp. 359-377. 99 Di cui Conca cita la seguente ed.: Introduzione alla storia naturale e alla geografia fisica di Spagna di Guglielmo Bowles pubblicata e commentata dal cavaliere d. Giuseppe Niccola d’Azara e dopo la seconda edizione spagnuola più arricchita di note. Tradotta da Francesco Milizia, Parma, dalla Stamperia reale, 1783, 2 voll.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
103
Mengs,100 dati alle stampe reali per cura di un altro spagnolo, il cavalier Jose Nicolas de Azara. Consapevole dei limiti della propria peregrinazione libraria, Conca ammette di trascurare molti aspetti che avrebbero meritato la necessaria attenzione sotto altri, legittimi, punti di vista. Il lettore è invitato a misurarsi con un «oggetto principale» dall’abate Conca individuato in (p. xx):
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
quello soltanto di dare un saggio di tuto [sic] ciò che ha relazione colle belle Arti, pur nondimeno, né così di rado, […] toccando que’ punti, ed altri, che possono eccitare la lodevol curiosità de’ Lettori, siccome agevol cosa sarà a chiunque di potersene accertare.
Curiositas che risulta ben coniugata all’utilitas offerta dai sommari e dagli indici allestiti a tutto vantaggio della compulsazione dei tomi. Ciascun volume reca due Indici, rispettivamente l’Indice degli articoli e delle cose più notabili e l’Indice de’ pittori, scultori ed architetti menzionati. Entrambi sono organizzati secondo l’ordine alfabetico, ma nel primo caso seguendo rubriche in forma di sommario (anche se le rubriche stesse non si ritrovano nel testo ma affiorano unicamente nell’Indice degli articoli ), nel secondo riferendosi ai cognomi degli artisti in rigoroso ordine alfabetico, rintracciabili anche attraverso una rete di rinvii dalle forme scartate (ad es. si veda la voce «Guercino») a quelle accolte dall’indicizzatore (ad es. «Barbieri Francesco il Guercino»). I riferimenti sono forniti con rinvio alle pagine. Certo l’elaborata scansione indicale avrebbe tratto giovamento dalla presentazione in forma di sequenza unica delle voci, impossibile da rinviare alla conclusione dell’opera, che giunse solo quattro anni dopo il suo avvio. Conca infatti continuava ad accrescere la sua sintesi anche grazie ai continui scambi epistolari intrattenuti negli anni immediatamente precedenti il lancio editoriale della Descrizione odeporica proprio con il suo ispiratore, ossia l’abate Ponz, poi proseguiti con altri ex-gesuiti. Ad essi si sommavano le molte notizie raccolte grazie al mai interrotto dialogo offerto dai libri di viaggio che l’ex-gesuita spagnolo andava voracemente ricercando e acquisendo. Se le rubriche dell’Indice degli articoli danno particolare evidenza alle emergenze architettoniche (chiese, palazzi, piazze, alcazar, etc.) e culturali (teatri, accademie, biblioteche, gabinetti scientifico-letterari, etc.), senza trascurare le rovine archeologiche delle «antichità romane» (acquedotti, strade, etc.), esse danno amplissimo spazio alle opere d’arte, singole o riunite in complessi
100 Antonio Raffaello Mengs, Opere ... pubblicate da d. Giuseppe Niccola d’Azara, Parma, dalla Stamperia Reale, 1780, 2 voll.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
104
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
(quadrerie e musei in primis). L’Indice degli artisti, poi, non distingue i grandi protagonisti dell’arte moderna (dal Velasquez al Murillo, da Tiziano a Rubens) dalle comparse, ponendo anzi tutti i pittori, gli scultori, gli incisori e gli architetti sullo stesso piano, quello alfabetico, consacrato nel Settecento dalla cultura enciclopedica. Consapevole dell’utilità del viaggio, prima ancora di quella degli indici ai suoi resoconti, Thomas Nugent (1700 ca.-1772)101 attraversò molta parte dell’Europa, con partenza da Londra dove si era trasferito in giovane età provenendo dall’Irlanda. Nugent è assai noto per la sua attività di traduttore di Montesquieu, Voltaire e Rousseau, nonché della Vita di Cellini. In tarda maturità il poligrafo irlandese ottenne anche importanti riconoscimenti, come il dottorato onorario conferitogli dall’Università di Aberdeen (1765) o l’ascrizione alla Society of Antiquaries di Londra, che lo accolse tra i suoi soci nel 1767. Proprio i resoconti dei suoi viaggi, pubblicati nel 1749 in prima edizione con il titolo di The Grand Tour, or a Journey throught the Netherlands, Germany, Italy and France102 contribuirono a diffondere la sua fama di esperto di belle arti e antiquaria, che ebbe modo di studiare e conoscere proprio a partire da quel primo viaggio. A differenza di Conca, per Nugent il Journey rappresentò l’esito di un’esperienza biografica autentica, che gli diede modo di stringere rapporti con moltissimi intellettuali europei e di diffondere il suo nome ai quattro angoli della Repubblica delle Lettere. Come ebbe a scrivere egli stesso nella Preface: Viaggiare, sin dalle epoche più remote, fu riconosciuta come abitudine così utile da essere reputata uno dei soli mezzi per rafforzare il proprio intelletto e per acquistare un certo grado di reputazione.103
Nugent riservò molta attenzione agli aspetti commerciali del viaggio, proprio perché gli scambi e le relazioni economiche tra i paesi europei rappresentarono la base sin dal XVIII secolo di molti spostamenti, di persone e di merci, e di ciò che si andava lentamente costruendo come spazio comune e condiviso fra le nazioni. Nella Preface affermò: Poi viene il commercio del paese, a proposito del quale rilevo l’origine, i progressi e lo stato presente; di solito fornendo in aggiunta, nell’interesse 101
Cfr. Viaggi e viaggiatori, a cura di G. Cusatelli, cit., vol. 2, pp. 468-470. Thomas Nugent, The Grand Tour. Containing an exact description of most of the cities, towns, and remarkable places of Europe. Together with a distinct account of the post-roads and stages, with their respective distances, London, printed for S. Birt, D. Browne, A. Millar and G. Hawkins, 1749. 103 Ivi, vol. 1, p. i. 102
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
105
di coloro che viaggiano per affari, una lista delle principali fiere e delle essenziali comodità di ciascuna città e provincia.104
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Per rintracciare con estrema facilità le informazioni, anche commerciali, fornite dal Nugent, ogni volume dell’opera è dotato di un proprio Index alfabetico che dà evidenza al nome della città o del territorio (provincia, contea, etc.), con rinvio alla pagina. L’utilità dell’Index risiede anche nel fatto che proprio il nome della town o della province rappresenta una sorta di accesso privilegiato per tutti i lettori, desiderosi di apprendere notizie storico-artistiche, o anche solo attinenti al business, ossia agli affari, motore instancabile di coloro che attraversano le poste e i porti dell’Europa del Settecento.
Indicizzare il cammino: itinerari, percorsi e altre utilità per il viaggiatore Forme di indicizzazione sempre più spinta, sino a raggiungere livelli di schematizzazione tanto forti da soverchiare l’intero testo, ridotto a elenchi e tabelle, raggiunsero gli itinerari. Con questo termine vennero affinandosi nel corso del Settecento guide pratiche assai sintetiche il cui unico scopo, trascurata ogni velleità storico-artistica e messa da parte ogni passione civile, era quello di comunicare al viaggiatore (anche per necessità occasionale e per professione, perché pellegrino, corriere, mercante, etc.) dati oggettivi sulla lunghezza, sulla difficoltà, sui costi e sulle modalità di attraversamento di città, regioni e paesi. Protestante riparato in Inghilterra come già si è visto accadere a Misson, l’ugonotto Vincent-Louis Dutens (1730-1812), personaggio di cui si parlerà anche in altro capitolo, è scrittore poliedrico e numismatico di provate qualità. Nei suoi dettagliati e minuziosi resoconti di viaggio, non esita a riconoscersi con il paese che per primo lo ha ospitato dopo i contrasti religiosi in Francia: tributa infatti al penny il ruolo di maggiore importanza fra le monete europee e fa dei viaggiatori inglesi i migliori e i maggiori esponenti del Grand Tour. Il paratesto del suo Itinéraire des routes les plus fréquentées,105 che esce con cadenza annuale dal 1768 al 1771 e conosce una fortuna tipografica straordinaria, è intrecciato e intimamente fuso in tutti i
104
Ivi, vol. 1, p. vi. Louis Dutens, Itinéraire des routes les plus frequentées, ou Journal d’un voyage aux villes principales de l’Europe en 1768, 1769, 1770 et 1771, à Londres, chez André Dery, Duk’es Court, St. Martin’s, 1777. 105
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
106
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
suoi elementi.106 Già nel frontespizio si annunciano gli aspetti che saranno protagonisti delle narrazioni destinate a tutti coloro che intraprendono medesimi spostamenti per i motivi più diversi, non solo pertanto per diletto del viaggio. Il tempo impiegato espresso in ore e minuti; le distanze, ovviamente in miglia inglesi, misurate con apposito strumento – l’Odometre – applicato alla carrozza; i prodotti delle contrade; la popolazione delle città e le cose più interessanti che si trovano strada facendo sono infatti il sommario che si annuncia fin dalla page de titre. L’Avertissement rappresenta un ulteriore collegamento che meglio esprime come ci si deve accostare al testo comprensivo di Tables di comparazione preliminari a ogni itinerario in cui si snodano unicamente i percorsi realmente intrapresi dall’autore del Journal e non desunti, come per la grande maggioranza delle guide, da notizie di rimbalzo. Perfino l’Avis è un ulteriore conforto ai temi trattati. Gli indici veri e propri sono due ed entrambi, come si può capire, assai schematici. Il primo porta in apertura il sommario contrassegnato dalle pagine in numero romano seguito dalle Routes, ovvero dagli itinerari in cui si divide e articola il testo disteso in paginazione con numeri arabi. Si parte da Edimburgo per arrivare a Londra e proseguire verso sud entrando in Italia per il Col di Tenda; a Napoli si riprende il cammino verso il nord diretti in Austria, in Germania, nelle Fiandre e da Bruxelles si ritorna a Edimburgo ripassando per Londra. Apposito itinerario è riservato alla Spagna che ha come centro del viaggio la capitale. Il Supplement alla nuova edizione ha anch’esso necessità di un indice, a chiusa del fascicolo delle occorrenze paratestuali. Elencati non sono più solo le grandi mete: si viaggia per città anche piccole e per più brevi itinerari. Nel complesso l’opera si presenta con accorgimenti che rendono facile il destreggiarsi fra le pagine del testo, fondendosi con esso in un abile e funzionale contrappunto. Fortemente motivata dalla necessità pratica di compiere sicure e comode traversate per l’Europa, anche grazie all’ausilio di rapide griglie di indicizzazione, anche la guida a stampa di Giovanni Maria Vidari, per circa cinquant’anni corriere della Repubblica di Venezia a servizio della famiglia patrizia dei Foscarini, ha lo scopo di insegnare «le Strade, e Poste à tutte quelle Persone curiose, ed inesperte, che hanno poco, ò niente viaggiato». L’opera «praticata» dal Vidari si rivolge a due categorie di persone. Anzitutto al corriere, che scorta principi, ambasciatori, e altre eminenti personalità viaggianti; in secondo luogo a «Cavalier, che per sua curiosità 106
Su Dutens viaggiatore cfr. Viaggi e viaggiatori, a cura di G. Cusatelli, cit., vol. 1, pp. 242247. Sulla famiglia Dutens cfr. I. Ardouin, Les Dutens: de Touraine et du haut Poitou: 1664-1917, 2e éd., La Membrolle-sur-Choisille, CGT, 1986.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
107
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
ò altri affari corre la Posta», in lungo e in largo per l’Europa. Il viaggio in pratica, stampato molte volte nell’Italia del Settecento dal 1704 al 1785,107 si articola in quattro parti dedicate nell’ordine all’Italia, alla Francia, alla Spagna, alla «Germania», sotto cui sono ricompresi i territori dell’Impero, da Vienna alla frontiera con i Turchi. Prendendo a esempio la prima parte, riservata all’Italia, nella descrizione dei principali itinerari che collegano le sue città più importanti (Milano, Torino, Venezia, Genova, Firenze, Roma, Napoli, etc.), anche verso destinazioni straniere (Zurigo, Nizza, Parigi, Lione, Madrid), sono puntualmente indicati il numero e l’ordine esatti delle poste esistenti, i necessari attraversamenti fluviali e i tratti marittimi, nonché i confini tra gli Stati via via varcati durante il tragitto. Al termine è un lungo e articolato: Indice o sia Tavola distinta di tutti li Viaggi, e di quante Poste vi sono da una Città all’altra ne’ viaggi descritti […] perche volendo chi viaggia andar solamente in una delle Città, ò luochi nominati ne’ viaggi medesimi, le sia facile il vedere quante Poste deve fare senza fissar l’occhio all’estessa del Viaggio intiero […].108
Scorrendo l’Indice, anziché ripercorrere tutti gli itinerari, è assai comodo per il lettore rendersi conto – prima e durante il viaggio – del numero delle poste, quindi della lunghezza e della difficoltà del tragitto. In verità l’indicizzazione non segue l’ordine alfabetico, come sembrerebbe previsto dalla premessa alla Tavola, così da rintracciare con semplicità, seguendo l’alfabeto, la città di partenza o quella di destinazione. Pur senza l’elenco alfabetico, l’aver concentrato gli itinerari in forma di sommario aiuta a individuare quelle stesse città con maggiore semplicità, per poi analizzare eventualmente l’articolato dispiegarsi del percorso che le unisce ritornando alle pagine degli itinerari, cui l’Indice rimanda. Utile a tal punto risulta questa forma di indicizzazione da essere ripresa al termine di tutte e quattro le parti, dove sono altrettante tavole. Quella particolare tipologia di libri costituita dagli itinerari nel corso del tempo andò sempre più sviluppando insieme con gli indici, anche le 107 Numerose edizioni uscirono nel 1704 (Venezia) 1720 (Napoli), 1730, 1742, 1771, 1785 (Venezia), dopo quella del 1718, di cui ci si è avvalsi: Giovanni Maria Vidari, Il viaggio in pratica, o sia Istruzione generale, e ristretta per tutte quelle persone, che volessero viaggiare per tutte le strade, e poste d’Europa, in Venezia, presso Luigi Pavino, 1718. Per la bibliografia delle edizioni cfr. P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori: studio bio-bibliografico, Roma, alla sede della Società, 1927, p. 107. 108 Ivi, p. 53.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
108
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
immagini, espresse in planches (corredate di appositi simboli, a segnalare la posta, il castello, la città, etc.) e con elenchi di percorsi che divengono veri e propri indici dei viaggi. Così le due edizioni della Direction pour les voiageurs en Italie di Carlo Barbieri.109 Un autore quasi sconosciuto dà alle stampe il capostipite del filone cartografico, che congiunge le guide dell’ancien régime a quelle borghesi inverate nel Baedeker, aprendo nuovi orizzonti alla tradizionale letteratura di viaggio ormai in crisi dinanzi all’avvento di una rinnovata figura del viaggiatore.110 La Direction apparve nel 1771 in prima edizione e in forma bilingue – francese e italiano –; «per la scelta linguistica, l’economicità e la praticità del formato si rivelò prodotto editoriale di enorme successo, ristampato sino al 1790 (ne furono fatte sei edizioni: a Bologna nel 1773 apparve la terza, la quarta nel 1775, la quinta nel 1779), con testo aggiornato e tavole ritoccate a Genova e Torino, dove furono date in luce altre sette edizioni, sempre nel Settecento».111 Entrambe dedicate al marchese bolognese Giuseppe Zagnoni (1729Roma, 1803), ciambellano e colonnello onorario del Re di Polonia, cavaliere del Reale Ordine di S. Stanislao e cameriere segreto di papa Clemente XIV, le due edizioni della Direction presentano ai viaggiatori ventiquattro itinerari, proposti in altrettante tavole calcografiche incise a bulino, «nelle quali vi sono delineate tutte le strade d’Italia, con la giusta situazione dei Luoghi ove sono le Poste, Città, e Castelli, con li nomi d’ognuna in piccole distanze alle medesime Strade, come anche tutti li Fiumi, che si passano col pagamento, e senza, con li prezzi che si pagano li Cavalli in ciascheduno Stato, di maniera che ogni viaggiatore senza domandare ad alcuno, potrà essere informato dal presente Libro» (p. x). Nessun altro scopo hanno gli itinerari del Barbieri se non quello di servire «alla pubblica utilità», come dichiarato nella dedica. Ed in effetti assai comoda è la compulsazione degli itinerari, elencati in un apposito Indice, dove sono dichiarati i percorsi: dal numero 1, che corre «Da Bologna, ad Ancona», al numero 24, «Da Venezia, a Trieste». L’indice preliminare, concepito in forma di sommario, rinvia ai 109 Carlo Barbieri, Direction pour les voiageurs en Italie avec la notice des toutes les postes, et leurs prix, à Bologne, chez Jean Baptiste Sassi, 1771; Id., Direction pour les voiageurs en Italie avec la notice des touttes les postes, et leurs prix, seconde édition, à Bologne, chez Jean Baptiste Sassi, 1772. 110 S. Faini, L. Majoli, La Romagna nella cartografia a stampa dal Cinquecento all’Ottocento, presentazione di L. Gambi, Rimini, Luisè, 1992, p. 14. 111 P. Tinti, [Scheda di catalogo], in Il libro illustrato a Bologna nel Settecento: Biblioteca universitaria, 22 settembre-1 dicembre 2007, a cura di B. Antonino, G. Olmi, M. G. Tavoni, Bologna, Università, 2007, pp. 132-133.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
UTILITAS E UTILE FRA PRASSI E TEORIA
109
singoli itinerari, illustrati dalla tavola calcografica e sunteggiati nell’elenco delle tappe principali della percorrenza. Tra gli itinerari con utili sommari per i pellegrini va menzionato quello del canonico Giovanni Marangoni (1673-1753), originario della Serenissima, ma trasferitosi a Roma nel 1686. Antiquario impegnato nel missionarismo (seguì a lungo le scuole di Anagni), Marangoni contò fra le sue ultime opere l’agile guida alla visita delle quattro basiliche per il giubileo del 1750, intitolata Il divoto pellegrino guidato, ed istruito nella visita delle quattro Basiliche di Roma.112 Nel frontespizio si annuncia che il destinatario è molto particolare e mirato: il pellegrino – quello serio, il «divoto», che verrà «guidato e istruito» nella visita –; il libretto, vero «libretto da mano», pur a stampa, illustrerà le «memorie sacre» che nelle quattro basiliche romane e nel tragitto tra l’una e l’altra si incontrano, nonché le preci da recitarsi nelle medesime. Già dalla pagina del titolo si legge anche la dedica a Benedetto XIV; nell’avviso al lettore, firmato dall’autore, si precisa che non si intende stendere un trattatello teologico o morale ma una «istruzione e guida al divoto pellegrino circa le Notizie Sagre e più singolari, e Monumenti divoti, che s’incontrano nel viaggio da farsi per la visita delle quattro Basiliche, e dentro alle medesime […] non tutte, ma solamente le più necessarie e considerabili», con un occhio attento a indicare numerosissime chiese e monumenti anche pagani, purché rivisitati “cristianamente”. Il libretto di occasione giubilare, che offre alla stampa una domanda assai facile da intercettare, è tratto come florilegio da opere più ampie e complete sulle chiese di Roma, difficili da procurarsi tutte insieme o da maneggiare durante il pellegrinaggio. A ritrovare in ordine i molti argomenti trattati sovviene l’«indice de’ capi» e paragrafi. Nel primo capo si interpreta l’origine dell’anno santo, si dichiarano i motivi del pellegrinaggio e le disposizioni e pratiche da osservarsi nella visita. Il sommario prosegue poi con altri quattro capi, in cui si districa il percorso da S. Pietro a S. Maria Maggiore, transitando per S. Paolo fuori le Mura e S. Giovanni. Il passaggio dal sommario al testo conduce il lettore a descrizioni costruite con schemi ricorrenti, che si soffermano sull’ingresso della basilica, sulle reliquie, sul clero e, infine, sulle particolarità architettoniche (ad esempio le cinque navate di S. Paolo), scultoree (gli altari di S. Pietro), o sulle recenti migliorie del papa giubilare, Benedetto XIV, ispiratore del restauro di S. Maria Maggiore.
112
Giovanni Marangoni, Il divoto pellegrino guidato, ed istruito nella visita delle quattro Basiliche di Roma, per il giubileo dell’anno santo MDCCL, Roma, nella stamperia del Chracas, presso S. Marco al Corso, 1749.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
110
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
I tre casi analizzati: la professione, le donne, i loisirs sono solo l’inizio di un’esplorazione che può portare lontano e arricchirsi via via di altre situazioni e iniziative e intreprese fino a raggiungere livelli di approfondite conoscenze e proficua operatività. Penso all’evolversi dell’attività di scavi archeologici che alimenterà non solo il campo dell’antiquaria, ma anche le discipline che vengono configurandosi nel mondo dell’arte nelle sue varie fenomenologie; all’erudizione che raggiunge in età moderna un’acme di produzione editoriale eccezionale, oppure allo sviluppo di nuove professioni nel campo del commercio col definirsi di operatori difesi da un proprio statuto, come pure all’emancipazione femminile, con la presa di responsabilità da parte delle donne di grandi disegni non più solo nel campo delle virtù e della devozione muliebri, per non dire delle scienze che costituiscono un mondo a sé, ancora tutto da indagare. L’indiscussa utilitas degli indici aveva colpito nel profondo anche la Chiesa quando essa tentò di arginarla al punto che, per sconfiggere le eresie, finì col bandire proprio alcuni di quei prolegomeni perché considerati distanti dall’ortodossia, come si venne profilando in quel tornante degli inasprimenti del suo magistero.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
III
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
Gli Indici: guide per non leggere La censura libraria, ovvero l’azione intesa a proibire o comunque a irreggimentare la lettura, non è una invenzione del XVI secolo, ma è sottesa ad ogni forma espressiva fin dagli albori di ogni letteratura. Il problema del controllo delle idee è avvertito da tutte le autorità costituite, connaturato per così dire al potere nelle sue molteplici manifestazioni, siano esse laiche o religiose. Esso è presente già nel mondo greco-romano e si diffonde fra i Padri della Chiesa, fra i teologi e canonisti del Medio Evo, come da più parti è osservato. La stessa Inquisizione, istituzione sorta per indagare e punire attraverso appositi tribunali coloro che abbracciavano teorie contrarie all’ortodossia cattolica, affonda le sue radici nel XII secolo. Fu la sua sempre crescente autorità congiunta a problemi della sempre più facile diffusione e penetrazione delle dottrine eterodosse, a far nascere il successivo bisogno di contrastarle e di punirle con adeguati mezzi. Uno sguardo all’affrancarsi degli strumenti che racchiudono la volontà di proibire, gli Indici1 dei libri proibiti, di cui quelli universali, ossia rivolti all’ecumene e pertanto redatti in latino, come si sa, hanno il titolo di Index librorum prohibitorum, consentirà di entrare nel vivo del tema. Ripercorrere le tracce degli Indici ha portato ad individuare nuove questioni; al loro interno, infatti, essi non si limitano a denunciare testi nella loro interezza, ma si appuntano con inusitata attenzione anche contro porzioni del loro paratesto, in particolare contro gli indici apposti ad opere, talvolta esenti da condanna. 1
Userò sempre ‘Indice’ (con iniziale maiuscola) per indicare lo strumento dell’attività censoria e ‘indice’ (con la minuscola) per designare il particolare elemento del paratesto oggetto della mia ricerca, ad eccezione di quando questi risulti titolo di una interdizione.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
112
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Un versante inaspettato si è perciò aperto alla nostra curiosità, spintasi in due specifiche direzioni. In primo luogo verso le Bibbie in volgare, e a maggior ragione quelle nel volgare italiano; poi verso altri indici vittime del rigore censorio tanto più scrupoloso quanto più scottante e raffinato è il livello di indicizzazione o il tema attraversato, ad esempio la storia sacra e profana. L’interdizione degli indici del testo biblico, su cui mi soffermerò, si consuma all’interno della persecuzione censoria che non si arresta neppure di fronte ai paratesti, ma che li stana per meglio chiarire ed armare la volontà di controllo della Chiesa. Perfettamente in linea con ciò che più volte è stato ripetuto da storici tout court e storici del libro, è il pensiero di Jésus Martinez De Bujanda, uno dei maggiori conoscitori dei metodi e dei contenuti degli Indici, il quale sostiene che gli strumenti coi quali fu messa al bando una vastità notevole di libri, si devono ai dirompenti effetti dell’ars artificialiter scribendi perché «le immense possibilità offerte dalla stampa per la diffusione delle idee fanno scaturire il bisogno di una legislazione adeguata ed è pertanto alla fine del XV e nel XVI secolo che si assiste all’organizzazione sistematica della censura ecclesiastica».2 È chiaro dunque che la stampa nel far divampare la divulgazione dei prodotti del torchio ha impresso una forte accelerazione anche alla produzione di numerosi cataloghi di editori, di librai e di numerose biblioteche pubbliche e private, consentendo una sempre più mirata capacità di ordire prassi elencatorie. Cataloghi e bibliografie, nati per soddisfare i palati dei lettori più esigenti, divennero pertanto fonti di riferimento cui si poteva attingere a piene mani. Ne discende che alla massiccia offerta, dovuta alla produzione e alla diffusione di sempre nuove opere, rispose con forte cognizione la Chiesa, agevolata nello scegliere ed affinare strumenti per il loro controllo. La costruzione degli Indici dei libri proibiti fu affidata a nuovi mestieri del libro sorti in seno all’organizzazione della macchina censoria ecclesiastica, che non si arrestò neppure di fronte al dilagare delle pubblicazioni che nel XVI secolo raggiunsero un acme tale da richiedere censimenti quanto più possibile aderenti alla nuova realtà che si volle controllare.3 2
Préface, in Index des livres interdits, directeur J. M. De Bujanda, I, Index de l’Université de Paris (1544, 1545, 1547, 1549, 1551, 1556), Québec, Centre d’Études de la Renaissance, Éditions de l’Université de Sherbrooke, Librairie Droz, 1985, pp. 11-23, la citazione alle pp. 11-12. 3 Per la ricostruzione degli Indici e delle vicende legate alla loro evoluzione, mi sono prevalentemente avvalsa delle due monografie di Gigliola Fragnito, frutto della perlustrazione dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede e, al suo interno, dell’Archivio della Congregazione dell’Indice e l’Archivio della Congregazione del Sant’Ufficio. Si vedano G. Fragnito, La Bibbia al rogo e Ead., Proibito capire, già citati. Ho fatto altresì ricorso all’utile
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
113
Nonostante la politica della Chiesa si indirizzasse con veemenza contro la circolazione di parole e idee, da cui paventava la perdita del controllo sulla moltitudine dei fedeli, neppure gli Indici ebbero però vita facile e raggiunsero gli obiettivi ad essi sottesi. L’azione della censura riuscì nell’intento di coprire le nudità delle opere di Michelangelo; nascondere non fu tuttavia sufficiente ad arrestare il corso di Michelangelo e di altri artisti verso mete artistiche audaci. Allo stesso modo la Chiesa non paralizzò, di fronte agli indicatori messi in campo dal Sant’Ufficio, il «commercio delle idee». La guerra intrapresa causò battaglie, personali e collettive, condotte dalla volontà di chi tentò di emanciparsi dalla soggezione nei confronti del clero e dalle forme di controllo censorio. C’è anche chi sostiene che la censura non fu solo un fenomeno negativo, sebbene questa posizione non tenga nel debito conto quanti ostacoli essa abbia opposto alla cultura.4 Sta di fatto che, stimolati da rilevanti scoperte geografiche, ma anche scientifiche e tecnologiche, i lettori più intraprendenti spaziavano in territori che, proprio in quanto interdetti, finivano per essere circoscritti e, per paradosso, facilmente percorribili. Guide per non leggere, come gli Indici, si rivelarono addirittura potenti strumenti di navigazione in quel mare magnum costituito dal fitto elenco di testi e di autori che lasciava spazio, attraverso la stampa, all’aspirazione di affrancarsi da una subordinazione che interessava tanto le classi alte quanto quelle popolari.5 Come spesso è stato sollevato, gli Indici, pur con lo scopo di allontanare il lettore dai testi ritenuti pericolosi per la dottrina cattolica, finirono per diventare così strumenti preziosi per la lettura, nello stesso periodo in cui andavano nascendo le prime, moderne e aggiornate bibliografie a stampa.
sintesi di Mario Infelise, I libri proibiti: da Gutenberg all’Encyclopédie, Roma-Bari, Laterza, 1999, ed anche a La censura libraria nell’Europa del secolo sedicesimo, a cura di U. Rozzo, Udine, Forum, 1999. Ho consultato pure il recente volume di V. Frajese, Nascita dell’Indice. La censura ecclesiastica dal Rinascimento alla Controriforma, Brescia, Morcelliana, 2006 e di H. Wolf, Storia dell’indice. Il Vaticano e i libri proibiti, Roma, Donzelli, 2006. 4 Sugli approcci storiografici differenti e su nuove ricerche si vedano: Censura ecclesiastica e cultura politica in Italia tra Cinquecento e Seicento, sesta giornata Luigi Firpo: atti del Convegno, 5 marzo 1999, a cura di C. Stango, Firenze, Olschki, 2001 e Church, Censorship and Culture in Early Modern Italy, edited by G. Fragnito; translated by A. Belton, Cambridge, Cambridge University Press, 2001. 5 Si vedano almeno: A. Rotondò, La censura ecclesiastica e la cultura, in Storia d’Italia, coordinata da R. Romano e C. Vivanti, V, I documenti, 2, Torino, Einaudi, 1973, pp. 1399-1492; L’inquisizione e gli storici: un cantiere aperto. Tavola rotonda nell’ambito della conferenza annuale della ricerca (Roma, 24-25 giugno 1999), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2000; Censura ecclesiastica e cultura politica in Italia tra Cinquecento e Seicento., cit.; G. Fragnito, Proibito capire, cit.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
114
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Non sono pochi gli esempi che si potrebbero addurre per provare la circolazione di libri eretici nell’Italia del rigore e della censura del XVI secolo. Perfino a Venezia la lettura di libri proibiti non fu vista come una discriminante per la sua ortodossia: la città, di cui sono note le varie esperienze religiose, non fu immune dall’accostarsi ripetutamente ai testi eretici, nonostante la «voracità censoria degli Indici papali».6 Ma non è questo l’aspetto portante della ricerca. Qui preme seguire solo le avventure che subirono gli indici all’interno del piano meticoloso della Chiesa, che sembrò non lasciar spazio neppure agli apparati di corredo ai testi, non senza riassumere, tracciandole schematicamente, le linee del percorso difficile e accidentato attraverso il quale si pervenne a queste interdizioni, che in Italia colpirono soprattutto il comparto della stampa.
Gli Indici e la loro evoluzione Prima ancora delle 95 tesi redatte da Lutero a Wittenberg nel 1517, la Chiesa aveva disposto una precisa legislazione per l’esercizio della censura preventiva alla stampa e per quella repressiva sugli scritti già pubblicati. Nel 1487, con la costituzione di Innocenzo VIII Inter multiplices, si ha un intervento di censura preventiva nei confronti dei libri a stampa con l’obbligo dell’imprimatur, disposizioni che furono ribadite con autorità dai successori del papa genovese, Alessandro VI e Leone X.7 Non è solo il papato ad insorgere, ma le capitali d’Europa. Prima del Concilio di Trento, dopo un periodo in cui la Chiesa sembrava aver abbracciato, con slancio, un profondo rinnovamento spirituale inteso a rigenerare la vita religiosa, così come da più parti veniva auspicato,8 si ebbero le prime dure risposte ai fermenti avvertiti anche in molte città della penisola. Basti a comprendere la vastità del pericolo rappresentato da Lutero il fatto – assolutamente inedito per il primo secolo di storia della stampa – che in un breve arco temporale, ovvero tra il 1517 e il 1530, i suoi scritti furono diffusi in oltre trecentomila copie.9 La loro diffusione nei diversi strati della popolazione interessò anche l’Italia, dove le autorità laiche cominciarono a prendere posizione in materia legiferando contro le opere protestanti importate. Il duca di Milano, Francesco II Sforza, il 27 marzo 1523 promulgava il 6
P. Ulvioni, Cultura politica e cultura religiosa a Venezia nel secondo Cinquecento. Un bilancio, «Archivio storico italiano», disp. IV, 1983, pp. 593-651, part. pp. 599-560. 7 U. Rozzo, La letteratura italiana negli ‘Indici’ del Cinquecento, Udine, Forum, 2005, p. 14. 8 A. Prosperi, Il Concilio di Trento: una introduzione storica, Torino, Einaudi, 2001. 9 M. Infelise, I libri proibiti, cit., p. 10.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
115
primo decreto in cui esse venivano vietate. Seguì nel 1538, il 18 dicembre, la decisione del Senato milanese di pubblicare il primo catalogo italiano di autori e opere interdette, costituito da una lista di 43 titoli composta dall’inquisitore domenicano locale.10 Un più stretto giro di vite in materia di censura si avvertì a partire dagli anni ’40 del Cinquecento quando fu evidente alle autorità laiche e religiose italiane la penetrazione capillare delle idee ereticali del frate riformatore nella Penisola, anche in seguito all’infruttuoso Colloquio di Ratisbona (27 aprile-22 maggio 1541) che portò al fallimento degli accordi tra riformati e Chiesa romana. Non va dimenticato che di lì a pochi mesi venne a morte (1542) il cardinale Gasparo Contarini, esponente dell’evangelismo. Dopo Ratisbona ci fu dunque un rafforzamento della corrente intransigente in seno al collegio cardinalizio che si tradusse nella nascita della congregazione del Sant’Ufficio. Con la bolla Licet ab initio, emanata dal pontefice Paolo III nel 1542, era stata istituita l’Inquisizione romana, ossia la «Congregazione della sacra, romana ed universale Inquisizione del santo Offizio». Da qui prese avvio la concreta politica di ostracismo e di repressione delle idee ereticali che in Italia provocò la condanna e l’esilio di un cospicuo numero di fautori della Riforma. Uno dei primi atti della nuova istituzione romana fu quello di promulgare un decreto di valore generale, risalente al 12 luglio 1543, nel quale erano previste condanne pecuniarie rilevanti e la scomunica per gli stampatori e librai che avessero stampato, venduto e posseduto libri di autori eretici. Non fu però solo l’Italia a insorgere: anche le autorità ecclesiastiche e inquisitoriali lontane da Roma si schierarono contro gli scritti dei riformatori. Non a caso il primo di tutti gli Indici dei libri interdetti fu quello del 1544, promulgato dalla Facoltà di Teologia dell’Università di Parigi, seguito da quello di Lovanio del 1546, di cui vennero stilate altre due edizioni fino al 1558, Indici che, in quanto espressione di singoli Stati, sono comunemente indicati come nazionali. In Italia non si addivenne subito a un Indice della Chiesa di Roma: furono mandati alle stampe infatti altri Indici di libri proibiti dell’Italia settentrionale, frutto del sistema censorio romano che venne tuttavia in soccorso dei singoli governi, come il Catalogo veneziano del 1549 e l’Index milanese del 1554,11 lo stesso anno in cui a Milano si era aperto il Collegio dei gesuiti. Quello 10
P. F. Grendler, Introduction historique, in Index des livres interdits, directeur J.M. De Bujanda, cit., III, Index de Venise (1549), Venise et Milan (1554), pp. 25-65, part. p. 33. 11 Id., Introduction historique, cit. Si veda a tal proposito anche A. Niero, Decreti pretridentini di due patriarchi di Venezia su stampa di libri, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», XIV, 1960, pp. 450-452.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
116
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
veneziano fu stampato dopo che si era stabilito un accordo tra Inquisizione, nunzio apostolico e Savi dell’eresia, la magistratura della Repubblica che aveva il compito di vigilare sul Sant’Officio.12 Sono segni dei singoli Stati italiani alla ricerca di proprie politiche censorie contro il dilagare delle eresie Quanto alla Chiesa di Roma si dovettero superare non poche difficoltà prima che essa potesse allestire il primo catalogo di autori, di operatori del libro, di opere che non avrebbero più potuto avere cittadinanza nell’orbe conosciuto e abitato dall’uomo. All’edizione del primo Indice universale, promulgato con decreto inquisitoriale, si arrivò solo nel 1558.13 Gli organi inquisitoriali romani si pronunciarono così ufficialmente contro la stampa, la lettura e il possesso di testi sacri in volgare, quando in Europa, come si è detto, la censura si era già espressa attraverso le autorità civili. In Italia, negli anni che precedettero e seguirono l’Indice del 1558, la repressione della produzione considerata eretica fu durissima: sembrò che fosse sufficiente il saper «leggere, scrivere et abaco» per generare sospetti e atteggiamenti di forte intransigenza. Il primo Indice universale di libri proibiti creò grande disagio anche tra gli imprenditori del tempo e sollevò un coro di proteste. In esso si condannava infatti un numero notevolissimo di stampe e si identificavano gli stampatori rei di pubblicare testi ereticali, di cui l’Indice fornisce il primo elenco costituito di 61 voci. «A Roma, a Venezia, a Firenze la reazione fu rapida e decisa», come ricorda Infelise, e i librai chiesero subito alcune forme di indennizzo, auspicando una mitigazione del rigore censorio. Nella Serenissima, dove l’applicazione del nuovo disposto, come dovunque, fu comunque inevitabile, i predicatori e gli stessi inquisitori si prodigarono per abituare i librai alla nuova realtà.14 La Chiesa non fu insensibile al malessere diffuso: le varie proteste sul rigore di quell’Indice indussero la Congregazione dell’Inquisizione a stampare, l’anno successivo alla sua promulgazione (febbraio 1559), una Instructio circa Indicem librorum prohibitorum per gli inquisitori e i ministri del Sant’Ufficio, in cui si ammorbidivano gli aspetti più restrittivi. Il primo Indice universale, inoltre, non fu certamente accolto negli Stati italiani alla stessa maniera. La sua applicazione fu decisamente contrastata: sono noti i conflitti che la Curia romana ebbe a sostenere in città come Firenze e Venezia, mentre a Milano o in Sicilia si esitò ad assumere fra le 12
M. Infelise, I libri proibiti, cit., p. 32. La prova che l’Indice, sempre creduto del 1559, sia invece del 1558, si deve a Gigliola Fragnito, che ha individuato che lo stile della datazione dell’Indice è ab incarnatione. 14 M. Infelise, I libri proibiti, cit., p. 35. 13
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
117
disposizioni censorie quelle in esso stabilite piuttosto che quelle emanate dalla Inquisizione spagnola, che era organo statale. Napoli è un caso a sé: sotto il regno di Carlo V la diffusione della Riforma aveva provocato un braccio di ferro tra Pietro da Toledo, Viceré di Napoli, e la popolazione, ostile e ribelle all’introduzione della pratica inquisitoria. Per l’opposizione dei cittadini, spaventati dalle notizie dell’oppressione che in Spagna l’Inquisizione civile esercitava su Mori ed Ebrei, re Ferdinando concesse pertanto alla città l’esenzione dall’Inquisizione, con l’approvazione papale, così come gli storici già rilevano nel Settecento.15 Al di là del territorio italiano l’Indice ebbe seguito in Portogallo, dove fu adottato a partire dalla sua promulgazione, così come accadde per i successivi indici universali. Il Portogallo, dove l’Inquisizione fu istituita nel 1536 da re Joao III e che da subito si occupò della censura libraria, si mostrò ancor più rigorista nell’applicare i divieti che partivano da Roma.16 La vicenda è assai mossa anche in altri paesi, dove le autorità religiose avevano una loro radicata autonomia. Diversa infatti è la situazione in Francia, dove – lo si è visto – si diede fuori il proprio Indice in piena autonomia da Roma, come da tradizione gallicana, senza che venisse mai integrato al suo interno quello romano.17 Quest’ultimo è piuttosto adottato nei Paesi Bassi, dove è ristampato nel 1569, nel 1570 e, con l’aggiunta di una importante appendice di libri da espurgare, nel 1571. L’Indice romano fu stampato anche a Monaco per tre volte tra gli anni sessanta e ottanta del Cinquecento (1566, 1569, 1582), anche se accompagnato da appendici locali. Senza dubbio l’Indice del 1558 ebbe influenza anche in altri paesi, nonostante alcune regioni difendessero strenuamente l’autonomia della propria Inquisizione, che in Spagna, ad esempio, portò ai torchi, già nel 1559, un proprio catalogo. Il dissenso in seno alla Chiesa di Roma fu espresso da Pio IV che si oppose all’Indice inquisitoriale e obbligò il cardinale Michele Ghislieri, sommo inquisitore, a preparare la Moderatio Indicis, pubblicata il 14 giugno del 1561, che stemperava posizioni estreme intercorse fra la promulgazione del primo Indice e la Moderatio. Tali posizioni, che rischiavano di prevalere, si erano abbattute con veemenza su chi avesse letto, posseduto, ma anche 15 Pietro Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, Italia, MDCCXXI, Lib. XXXII, Cap. IV, pp. 83-84. 16 G. Fragnito, La Bibbia al rogo, cit., p. 217. 17 Le difficoltà con la Francia si ebbero anche all’epoca del Clementino, quando si cercò di coinvolgere il clero francese. Si veda G. Fragnito, Diplomazia pontificia e censura ecclesiastica durante il regno di Enrico IV, in Les premiers siècles de la République européenne des Lettres, sous la direction de M. Fumaroli, Paris, Alain Baudry, 2005, pp. 351-382.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
118
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
stampato e venduto, libri proibiti. Il documento attenuava i divieti del 1558 e concedeva il potere dell’assoluzione dalla scomunica anche agli ordinari diocesani, estromessi da questa funzione da Paolo IV.18 Si pervenne così all’Indice del 1564, emanato dopo la conclusione del Concilio di Trento, sotto papa Pio IV. L’Indice tridentino smussò parte delle asperità e del rigore espressi nell’Indice inquisitoriale: minori furono i divieti e si introdusse il criterio dell’espurgazione, con attenuazioni anche nei confronti delle traduzioni bibliche. Restava valida la necessità di una licenza per la lettura della Bibbia in volgare. L’Indice del 1558 prevedeva infatti la licenza della Congregazione romana mentre L’Indice tridentino quella del vescovo o dell’inquisitore. Furono invece eliminate le liste dei librai, dando pertanto fiato al settore che era incorso in difficoltà soprattutto nel momento dello smercio del prodotto finito. A differenza dell’Indice del 1558, il Tridentino fu applicato in quasi tutta la Penisola e in gran parte dell’Europa, anche se non placitato da tutti gli stati cattolici: la Spagna, ad esempio, mise in atto il proprio Indice del 1559 che restò in vigore fino al 1596. Ma non si ottenne una pacificazione neppure con l’Indice del 1564: pressanti furono le fazioni intransigenti, al punto che si diede vita ad un nuovo programma per aggiornare il Tridentino. Nel 1572, dopo che Pio V aveva creato una Commissione cardinalizia (1571), Gregorio XIII istituì la Congregazione dell’Indice, un ulteriore soccorso alla Chiesa. La Congregazione aveva infatti lo scopo di interdire la lettura di opere nuove, più recentemente pubblicate, e di procedere all’espurgazione di testi considerati oggetto di questo intervento. Si elaborò successivamente l’Indice Sistino, che venne stampato ma non promulgato. Nel maggio del 1588, infatti, Sisto V aveva restituito alla Congregazione la bolla di promulgazione e le regole pesantemente ritoccate continuando ad apportarvi modifiche fino al 24 agosto 1590, data di approvazione della bolla e di stampa dell’Indice. La morte del pontefice, avvenuta tre giorni dopo, ne impedì la promulgazione. L’8 luglio 1593 la Congregazione del Sant’Ufficio presentò il nuovo indice a Clemente VIII per ricevere l’autorizzazione alla pubblicazione, che tuttavia fu sospesa il giorno successivo dallo stesso pontefice. Dopo una lunga diatriba, il 12 febbraio 1594 i cardinali della Congregazione compresero di non poter integrare nell’Indice già stampato le modifiche suggerite dal pontefice, decidendo di risarcire lo stampatore e di ritirare tutte le copie esistenti.19 Seguì così la confezione del terzo Indice romano, che aveva 18 19
G. Fragnito, Proibito capire, cit., p. 32. Id., La Bibbia al rogo, cit., pp. 147-148 e 160-161.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
119
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
occupato per venticinque anni la Congregazione dell’Indice, il quale, oltre a comprendere più di 2.400 condanne, indicava un nutrito manipolo di testi che avrebbero dovuto subire le operazioni di espurgazione. È una ulteriore prova degli scontri che si ebbero fra il papa e la Congregazione. Ma per capire come il panorama fosse mosso e come ci si muovesse in varie direzioni va precisato che i tre Indici universali, di cui mi occupo, furono espressione di tre organismi differenti, così come con autorevolezza informa ancora Fragnito: La Congregazione romana del Sant’Ufficio, per decisione di Paolo IV, redasse il primo [il Paolino]; una commissione di vescovi, nominata su ordine di Pio IV dal Concilio di Trento, preparò il secondo, il cosiddetto indice tridentino; la congregazione dell’Indice stilò il terzo [il Clementino].20
Le tre autorità che emanarono gli Indici denunciano come si fosse ormai delineato quel «conflitto politico-istituzionale» fra le gerarchie ecclesiastiche, che avrà ripercussioni di notevole rilevanza sulla possibilità di eventuali aperture a nuove sollecitazioni dottrinali: il problema dell’attribuzione di competenze e poteri ai singoli organismi generò infatti un dissidio latente a danno di un mondo che veniva sempre più alfabetizzandosi e che aveva bisogno di letture nuove, non ultime quelle professionali. Tale conflitto generò una presa di distanza anche da parte di alcuni paesi cattolici. Il lungo lasso di tempo intercorso fra il primo Indice e quello del 1596, il Clementino, porta a capire come le posizioni tardassero a convergere e come si vanificassero gli sforzi profusi nella predisposizione di altri Indici, che, sebbene stampati, non furono tuttavia applicati.21 Basti pensare ai pontefici che si erano succeduti e ai loro relativi entourage, oltre che agli organismi ecclesiastici che miravano ad una propria autonomia. Da papa Pio V, che tenne il pontificato dal 1566 al 1572, e da Gregorio XIII, il pontefice che istituì la Congregazione dell’Indice e resse il soglio pontificio dal 1572 al 1585, si passò a Sisto V, che fu papa dal 1585 al 1590, e a Clemente VIII, che sedette sulla cattedra di Pietro dal 1592 al 1605 senza provenire dalle file del Sant’Ufficio. Il nuovo Indice del 1596, dunque, è una diversa versione di quello del 1593, che nel suo tormentato iter giunge infine a compimento, non senza incontrare impedimenti e pure una breve sospensione subito dopo la sua 20
G. Fragnito, Proibito capire, cit., p. 27. Ivi, in particolare il capitolo Due indici non promulgati: il sistino (1590) e il sisto-clementino (1593), pp. 143-171. 21
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
120
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
promulgazione, come si è visto. Clemente VIII che fu avverso alla severità dell’Indice del 1558 e che chiese il ripristino del Tridentino, assai più moderato, si trovò nell’impossibilità di dar corso alle sue posizioni: il Clementino ripristinò infatti in toto l’Indice del 1558, aggiungendovi un’appendice con gli aggiornamenti in ordine alfabetico.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Il Libro all’Indice Fin qui per sommi capi la successione degli Indici universali con qualche accenno a quelli di altri paesi. Quelli emanati dalla Chiesa di Roma, in particolare il Paolino, furono dunque espressione e reazione all’allarme per il diffondersi delle tesi luterane, una tensione che provocò, fra altro, l’irrigidimento nei confronti della lettura delle pagine della Scrittura, le quali non dovevano più essere libero patrimonio dei fedeli, che vi accedevano, secondo l’Inquisizione, con troppa familiarità. Diveniva infatti più facile accostarsi ai testi sacri attraverso i volgari, che stavano ormai, per molti ceti sociali, sostituendo il latino, soprattutto per tutto ciò che ineriva le pratiche devozionali. Fu anch’esso un processo lungo e intessuto di momenti ben poco lineari, nel corso del quale si acuirono i dissidi e si prefigurarono le proibizioni che interessarono le traduzioni della Bibbia nelle lingue nazionali, non solo nell’idioma italiano. Così si esprime il divieto di accostarsi ai volgarizzamenti della Sacra Scrittura nell’Indice del 1558: Senza la licenza del Sant’Ufficio della Santa Romana Inquisizione non si possono in alcun modo stampare, leggere o possedere Bibbie scritte in lingua volgare tedesca, francese, spagnola, italiana, inglese, fiamminga.22
Ma il dibattito era aperto e le posizioni molto varie anche all’interno delle gerarchie ecclesiastiche. Prova ne sia che la forte attenuazione di tutti i disposti del Paolino, segnata dall’avvento del Tridentino, produsse una revisione della posizione contraria ai volgarizzamenti della Bibbia. Nel nuovo Indice fu prevista la possibilità di espurgare quei libri che comprendevano brevi passaggi proibiti. Restava valida la necessità di una licenza per la lettura della Bibbia in volgare, ma questa veniva concessa anche senza forti restrizioni. Sono le dieci regole preposte all’Indice tridentino che stabiliscono i nuovi disposti normativi. Nella quarta regola si fissano le modalità con le 22
Ivi, pp. 75-95.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
121
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
quali le traduzioni dell’Antico e del Nuovo Testamento potevano circolare. Così recita la prima parte della regola: Essendo manifesto sulla base di prove che, qualora la Sacra Bibbia in lingua volgare fosse ovunque permessa senza distinzione, da ciò deriverebbe più danno che vantaggio, a causa della sconsideratezza degli uomini, in questa materia ci si attenga al giudizio del Vescovo o dell’Inquisitore; in modo tale, che col parere favorevole del Parroco o del Confessore, essi possano concedere la lettura in volgare della Bibbia, tradotta da autori cattolici, a coloro che abbiano compreso di potere ricavare da una lettura di questo tipo non un danno, bensì un aumento della fede e del sentimento religioso; e questa facoltà essi ottengano per iscritto. Coloro che invece abbiano avuto la presunzione di leggere o possedere la Bibbia tradotta senza tale concessione, non possano ricevere l’assoluzione dei peccati se prima non abbiano consegnato la Bibbia all’Ordinario.
Quanto alla vendita delle Bibbie in volgare si prescrisse: I librai che abbiano venduto i Libri Sacri scritti in lingua volgare a chi non abbia la predetta facoltà, o li abbiano ceduti in qualsiasi altro modo, perdano il ricavo dei libri, che dovrà essere convertito dal Vescovo per usi pii; soggiacciano a qualche pena secondo la qualità del misfatto, ad arbitrio del Vescovo medesimo. 23
La Scrittura in volgare tornò pertanto ad essere ammessa, anche se, come si vedrà, non risulta che dopo il 1567, grazie alla concessione di poterla stampare, si rianimasse il mercato italiano del libro, che anzi sembrò arenarsi anche fra quegli operatori che avevano una lunga frequentazione con tali pubblicazioni. Forse anziché intraprendere nuove edizioni si tentò di provvedere ad uno smaltimento delle giacenze precedenti, custodite nei depositi librari per sottrarle all’occhio vigile dell’Inquisizione. Con l’Indice del 1596, che, come si è accennato, si qualificò per essere frutto di revisione e di conflitti interni agli stessi organi preposti alla censura, il divieto di leggere Bibbie in volgare fu molto sottile. La Bibbia e i derivati in volgare non vennero proibiti sic et simpliciter, ma furono più semplicemente revocate le facoltà ai vescovi ed inquisitori di rilasciare licenze di lettura come previsto dall’Indice tridentino che era stato integralmente riproposto nell’Indice clementino. Oltre alla Bibbia in volgare furono proibiti anche una quantità di derivati biblici: Fioretti, Homiliari, Compendi istorici del Vecchio e del Nuovo Testamento, che in precedenza non erano mai stati ufficialmente 23 Index de Rome, 1557, 1559, 1564. Les premiers index romains e l’index du Concile de Trente, cit., Regula quarta, p. 815.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
122
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
vietati. Il divieto tassativo delle traduzioni integrali e parziali della Bibbia ebbe ripercussioni drammatiche: non furono solo proibite, ma finirono spesso distrutte «nei periodici roghi che illuminarono dei loro sinistri bagliori la penisola italiana».24 Il controllo censorio nei confronti delle Bibbie in volgare, esteso poi a quei testi che avevano da sempre costituito punto di riferimento per la devozione popolare, si abbatté con veemenza sui fedeli e colpì ancora più pesantemente il mercato del libro. Pure lo smaltimento di molti derivati biblici, accumulatisi nei depositi dei librai spesso per incauto acquisto prima della promulgazione del Clementino, subì un violento arresto, come provano le relazioni degli stessi inquisitori protesi in tutta Italia a sequestrare tali materiali.25
Quando gli indici sono pestilentissimi Nel quadro di riferimento appena delineato si inseriscono anche gli indici, che assumono un ruolo a volte marcatamente autonomo anche rispetto alle opere con le quali sono legati. Gli indici, insomma, già di per sé finiscono con l’essere considerati pericolosi, al punto da indurre noti canonisti, che ebbero sicuramente un peso notevole nel tormentato dibattito sugli Indici, a denunciarne le intrinseche capacità di disorientare il lettore o di indirizzarlo verso la materia già sottoposta ai rigori censori. La difesa della Chiesa si appuntò dunque sugli apparati di corredo, a maggior ragione se associati a testi già di per sé pericolosi oppure parte della produzione editoriale di particolari centri, ad esempio Ginevra, espressione fra le più distanti dal mondo cattolico. Il domenicano Sisto da Siena, esegeta biblico e orientalista passato per le forche caudine dell’Inquisizione, redigendo la Bibliotheca sancta, che può a ragione essere considerata la più autentica anticipazione sia della Bibliotheca selecta sia dell’Apparatus sacer del Possevino,26 intese fin da subito mettere 24
G. Fragnito, «Li librri non zò rrobba da cristiano» la letteratura italiana e l’indice di Clemente VIII (1596), «Schifanoia». Notizie dell’Istituto di studi rinascimentali di Ferrara, 19, 1999, pp. 123-135, in particolare p. 123. 25 La letteratura in proposito è ampia; si veda ancora G. Fragnito, Proibito capire, cit. in particolare il IV capitolo. 26 Cenni interessanti sui rapporti fra l’opera di Sisto da Siena e quelle del Possevino sono in L. Balsamo, Antonio Possevino S. I. bibliografo della Controriforma e diffusione della sua opera in area anglicana, Firenze, Olschki, 2006. Su Sisto da Siena si veda almeno: F. Parente, Quelques contributions à propos de la biographie de Sixte de Sienne et de la (prétendue) culture juive, in Daniel Tollet (dir.), Les Eglises et le Talmud. Ce que les chrétiens savaient du judaïsme (XVI-XIX siècles), Paris, PUPS, 2006, pp. 57-93.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
123
in guardia non solo dai testi di celebri autori considerati lontani dal dettato tridentino, ma anche dai loro prolegomeni. La Bibliotheca sancta, che ebbe notevole diffusione, fu più volte edita proprio perché considerata una delle prime bibliografie ragionate nella quale fosse possibile trovare, disposte in ordine e commentate, le massime espressioni di autori non sospetti, oltre alla demonizzazione delle opere messe al bando dalla Chiesa. In questa sua opera maggiore, data alle stampe una prima volta nel 1566, Sisto da Siena, dopo essersi salvato dalla persecuzione della Chiesa per suoi trascorsi ritenuti poco ortodossi e per le sue omelie distanti dalla intransigenza di quei tornanti della storia, ha inteso dunque allinearsi alla più dogmatica delle lezioni. Sin dalla Prefatio l’esegeta esprime disappunto per la mancanza di ritegno da parte di tipografi e librai nel produrre e vendere libri eretici e spuri attribuendoli ad autori di fama, i cui nomi vengono inseriti proditoriamente nei frontespizi. Queste le sue parole: Ogni giorno pubblicano nuovi frutti adulterini di libri, falsi, bastardi, illegittimi, avendo anteposto nei frontespizi delle opere, senza alcuna ragionevolezza e senza alcun pudore, false attribuzioni ad autori illustri, allo scopo di venderle a più caro prezzo e più rapidamente.
Non contento di tale reprimenda, così Sisto da Siena insiste con un passo che non lascia scampo alle versioni della Bibbia nei volgari e punta il dito su tutti i maggiori esponenti del movimento della Riforma: Pellikan, Zwingli, Lutero, Münster, Erasmo, Castellione27 e molti altri autori di novità eretiche, i quali da fonte greca ed ebraica tradussero i libri sacri in varie lingue di diversi popoli secondo i princípi delle loro credenze, aggiungendo scolii, glosse, argomenti, sommari, titoli e indici perniciosissimi, coi quali costringono le Sacre Scritture a dire tutto ciò che essi vogliono e hanno inventato e tutto ciò che di empio hanno ideato. 28
In altre parole gli indici di cui Sisto da Siena, come si è accennato, conosceva le intrinseche potenzialità, così come altri apparati paratestuali, sarebbero utilizzati, in uno naturalmente con la traduzione nei volgari nazionali, da eretici e protestanti per stravolgere i testi sacri, per far dire loro ciò che essi vogliono dire: un versante controriformistico del paratesto che è sembrato opportuno svelare. La frase del domenicano, presente fin dalla 27
Sebastiano Castellione, savoiardo, fu umanista, pedagogo e teologo protestante. Cito dall’editio princeps: Sisto da Siena, Bibliotheca sancta, Venetiis, apud Franciscum Franciscium Senensem, 1566, vol. 1, pp. 3 e 5. 28
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
124
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
prima edizione della sua bibliografia,29 va interpretata alla luce di ciò che venne stabilendosi circa la proibizione di stampare, leggere e possedere Bibbie nei volgari nazionali. Sulla traduzione della Scrittura nel volgare italiano ritornerò. Preme ora tentare di vedere come gli indici, in quasi tutti gli Indici nazionali, fossero oggetto di censura, perché la volgarizzazione della Bibbia faceva sì che i fedeli potessero intendere la Scrittura come un lungo racconto, una divulgazione di testi che perdevano pertanto quella sacralità che la Chiesa considerava appannaggio suo esclusivo. E forse era proprio così: lo provano anche gli indici allestiti per la loro comprensione, un ausilio che veniva incontro alle esigenze dei lettori che faticavano a ritrovarsi fra tanti libri, capitoli e paragrafi. Ciò dimostra come la Scrittura venisse più agilmente digerita quando vi fossero a corredo strumenti che consentissero di non leggerla nella sua interezza. Significava quindi affrontarla non solo in modo unitario, ma percorrerla saltabeccando qua e là spinti dalla forte curiosità di nomi e fatti indicizzati che vi si incontravano, così come puntare sulle parti che meglio si convenivano a coloro che vi si accostavano, generando nel fedele una capacità di scelta che nella lettura della Bibbia poteva contrastare con la volontà di controllo della Chiesa, che finì con l’esplicarsi anche in controllo sociale. È indubbio che la censura che colpì indici e sommari nelle Bibbie trovò terreno fertile per la sua applicazione: era giustificata infatti dall’uso astuto di editori protestanti che collegavano i passi indirizzando il lettore verso le dottrine della Riforma o davano riassunti dei testi biblici costruiti in modo da raggiungere quello stesso effetto. Sono i preamboli teologici preposti agli Indici a mostrare con chiarezza l’atteggiamento profilattico dell’intervento censorio mediante ricorrenti metafore e similitudini epidemiche e naturalistiche, tese ad individuare nei libri interdetti l’origine della propagazione del pensiero ereticale da cui bisognava tutelare in primis gli «insipienti». Considerati inermi di fronte al testo biblico, i lettori comuni non potevano secondo le autorità censorie compiere in autonomia il processo di educazione necessario a formare fedeli rispettosi della più intransigente ortodossia cattolica. Fu dunque la Scrittura ad essere presa maggiormente di mira, sebbene non si proibissero unicamente gli indici delle Bibbie. Il problema si estese e fu contemplato prevalentemente dagli Indici nazionali. 29 La Bibliotheca sancta ebbe diverse edizioni: Bibliotheca sancta a f. Sixto Senensi […], Venetiis: apud Franciscum Franciscium Senensem, 1566 (Venetijs: Ioan. Griphius excudebat: sumptibus d. Francisci Franciscij Senensis, 1566); Bibliotheca sancta a f. Sixto Senensi […], Venetiis: apud Franciscum Franciscium Senensem, 1575.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
125
Nell’Indice parigino del 1544 comparve una lista di 230 condanne. Esse furono aggiornate nel corso del secolo dagli interventi dei professori della Facoltà di Teologia che integrarono e perfezionarono quel primo elenco nel corso del decennio successivo,30 portando il numero dei libri condannati ad oltre cinquecento. Nell’introduzione dell’Indice francese, in cui si instaura un quanto mai interessante paragone tra la necessità di consumare i vegetali utili alla salvezza dell’uomo, dai quali si ricavano i farmaci necessari alla cura delle malattie, e l’esigenza di estirpare quelli dannosi perché velenosi, si prevedono interventi terapeutici d’urto. L’operazione è affidata necessariamente ai doctissimi e rerum naturalium sapientissimi perscrutatores, gli unici in grado di riconoscere il catalogo delle figurae e delle formae della natura e di limitare gli effetti degli adulterina pharmaca grazie ad antidoti che ne inibiscano la tossicità.31 La lunga metafora, non nuova, come provano la frase di Agostino Valier divenuta presto celebre – «un contagio perniciosissimo […] va drasticamente e draconianamente isolato e sconfitto» – e i numerosi accenni alla peste delle eresie che deve essere estirpata,32 portano lontano: non è un caso che già in questo Indice sia possibile rintracciare, nella voce n. 434 dell’elenco, rientrante nella sezione del catalogus librorum gallicorum ab incertis authoribus, una di quelle rare ma specifiche condanne di indici che vengono inserite per la “salvezza” dei credenti. L’interdetto è relativo all’Indice preposé à la Bible de Genève.33 Ben presto la disposizione a quella data non restò unica nel genere: fu seguita a distanza di un triennio da quella dell’Indice emanato dall’autorità del re Francesco I e del parlamento parigino nel 1547, che ritoccando i disposti dell’Indice del 1545 aggiungeva alle condanne in esso stabilite l’opera di Filippo Melantone, tanto più deprecabile perché fornita di un minuzioso e dettagliato indice: Abbiamo aggiunto inoltre le dottissime esposizioni di Jodocus (Josse) Willich di Resel sui medesimi Vangeli, trattanti lo stesso argomento, con un precisissimo indice delle materie, [stampato] a Basilea.34 30
Si contano altre 5 integrazioni dell’elenco, datate 1545, 1547, 1548, 1551 e 1556. Le Catalogue des livres censurez par la faculté de Teologie de Paris, Paris, par Iehan André libraire de l’Université de Paris, 1544, ff. 2r-v, in Index des livres interdits, directeur J. M. De Bujanda, I, Index de l’Université de Paris, pp. 446-447. 32 M. Santoro, L’Index librorum prohibitorum fra XVI e XVIII secolo, cit., in particolare p. 175. 33 Le Catalogue des livres censurez par la faculté de Teologie de Paris, Paris, par Iehan André libraire de l’Université de Paris, 1544, ff. 23r, in Index des livres interdits, cit., p. 467. 34 Le Catalogue des livres censurez par la faculté de Paris, 1544 avec accession et addition puis le dict temps de livres novellement censurez per la dicte faculté iusque à present 1547 avant Pasques, 31
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
126
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Si tratta appunto di un’opera figurata di Jodocus Willich (1501-1552), allegata all’opera di Melantone, edita a Basilea per i tipi di Bartholomaeus Westhemerus nel 1542, condannata in elenco alla posizione che precede il volume di Melantone dal titolo In Evangelia, quae usitato more in diebus Dominicis et festis proponuntur annotationes Philip Melanth. Vitebergae.35 Nell’Indice francese si ribadisce la condanna per la diffusione dell’Indice des principalles matieres contenues en la Bible, nouvellament corrigé et augmenté de plusieurs titres et allegations par l’autheur d’iceluy, 1546, lo stesso già condannato nel 1544, di cui si è detto, e che corredava la cosiddetta Bible de l’épée dalla spada scelta a marca dal tipografo-editore, un apparato in un fascicolo sciolto da identificare con quello curato da Mathieu Malingre (morto nel 1572), pubblicato a Ginevra nel 1546 da Jean Gérard tipografo e editore di Calvino, di cui stampò circa quaranta edizioni, oltre a volumi di altri esponenti di spicco del movimento riformatore. L’editore è un «barba valdese» che, in quanto sostenitore acceso della Riforma in Piemonte, fu costretto a lasciare l’Italia e a trasferirsi in Svizzera, dove riuscì ad affermarsi sulla scena imprenditoriale almeno fino all’arrivo a Ginevra del parigino Robert Estienne e di altri importanti tipografi-editori colà convenuti per aver abbracciato le nuove tesi e per trovarvi un redditizio canale di produzione e di smercio. Nel 1536, appena giunto nella “Roma protestante” – centro editoriale celebre per la stampa delle Bibbie riformate –,36 vi diede fuori il Nuovo Testamento di Calvino e Olivetano in una edizione in lingua francese.37 L’accorto Gérard si avvalse spesso di un doppio binario facendo uscire testi in due emissioni: una con frontespizio anonimo e colophon senza dati tipografici per il mercato soprattutto italiano, pronto ad assorbire i testi ginevrini, e l’altra completa destinata allo smercio nei paesi riformati.38 L’autore dell’indice, Malingre, è un uomo di punta: fu tra i protagonisti della polemica calvinista francese sorta tra gli anni venti e trenta del CinParis, par Iehan André libraire iuré, 1547, f. 6r, in Index des livres interdits, directeur J.M. De Bujanda, I, Index de l’Université de Paris, p. 480. 35 [Leipzig], Jakob Bärwald, 1544, in 8°. 36 I. Jostock, La censure négociée: le contrôle du livre à Genève, 1560-1625, Genève, Droz, 2007. 37 Le Catalogue des livres censurez par la faculté de Paris, cit., 1547, f. 11v, in Index des livres interdits, cit., I, Index de l’Université de Paris, p. 480. 38 Si veda anche per la bibliografia al suo interno: U. Rozzo, Editori e tipografi italiani operanti all’estero «religionis causa», in La stampa in Italia nel Cinquecento, a cura di M. Santoro, I, Roma, Bulzoni, 1992, pp. 93-97. Sulla diffusione delle opere di Calvino cfr. l’Introduzione di P. Gajewski a G. Calvino, Dispute con Roma, a cura di G. Conte e P. Gajewski, Torino, Claudiana, 2004, pp. 9-41.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
127
quecento, che vide comprimari anche Berquin e Marguerite d’Angoulême. Egli non appartiene alla schiera di coloro che lavorarono abitualmente a stretto contatto con i torchi, ma semmai al circuito di professionisti della lettura o comunque di esperti, come alcuni giuristi di cui si è parlato nel capitolo precedente, assoldati e coinvolti nella stesura dei paratesti indicali. Fu pastore a Iverdun, antecedente illustre di un ancor più celebre pastore autore, come si vedrà, della Table, dell’Encyclopédie. Familiarità con la Bibbia i pastori protestanti ne avevano certamente più di altri: è risaputo infatti che se la tramandavano di padre in figlio con l’aggiunta di note manoscritte ed ex libris atti a ricordare i precedenti possessi e le passate letture. Indugiando sui tre cataloghi di Lovanio, balza agli occhi la questione degli indici. Nel Catalogue des livres censurez del 1546 si prevede la condanna di un nuovo indice, precisamente l’Index bibliorum impressus Coloniae in aedibus Quentellianis, lo strumento che correda l’edizione della famosa Bibbia latina stampata da Peter Quentel nel 1527, ripetutamente condannata.39 L’apparato, anch’esso uscito sciolto, è da ravvisarsi in quello allestito da Johann Rudel, che contribuirà a influire pure sull’indice della traduzione della Bibbia di Santi Marmochino nel volgare italiano.40 La preoccupazione a Lovanio diventa una costante all’occhio attento del rettore e del corpo docente, come si deduce dalla prefazione dell’Indice del 1550, in cui gli accademici esprimono la propria posizione sulle diverse tipologie del paratesto librario, praefactiones, annotationes e scolii, che risultano tutti proibiti.41 Le interdizioni diventano ancora più evidenti nell’Indice del 1558 dove si fa notare che il subdolo messaggio ereticale può giungere al popolo inerme anche attraverso i preliminari al testo. In questo Indice, intitolato Index de l’Université de Louvain, l’interdizione viene espressa con queste parole: Ciò che riguarda non solo i libri che trasmettono col loro contenuto teorie del tutto eretiche, ma anche quelli che o con le prefazioni, o con gli argomenti dei libri, o con le note a margine o con gli indici insinuano eresie da cui anche il popolo sano non di rado viene contaminato senza accorgersene, tanto che a stento si può trovare un libro anche di
39 La medesima interdizione si rinviene in altri Indici, compreso quello universale del 1558. 40 A. Morisi Guerra, Di alcune edizioni veneziane della Bibbia nella prima metà del Cinqucento, «Clio», 21, 1985, pp. 55-76, part. pp. 72-73. 41 Catalogi librorum reprobatorum, et praelegendorum ex iudicio Academiae Louaniensis, Lovanii, Ex officina Servatii Safeni, M. D. L., f. 3 v, in Index des livres interdits, directeur J. M. De Bujanda, II, Index de l’Université Louvain, p. 432.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
128
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
qualsivoglia valore nel quale non abbiano sparso un po’ di veleno con astuzie di tal genere. 42
Vi sono poi numerose Bibbie stampate nel Nord Europa di cui si condannano al contempo il testo e l’indice mediante proposizioni del tipo «cum ipsius indice».43 Che gli indici possano intrigare il lettore e stabilire con il fedele una via d’accesso al testo facilmente percorribile è più che una preoccupazione: sia nella versione di sommari sia ancora in quella di veri e propri indici, essi costituiscono un elemento che può adombrare la pravità di un’opera condannata. Non a caso si parla di «astuzie» che contaminano la lettura. Anche nel catalogo dell’Inquisizione spagnola (1559), nella sezione dedicata alle opere interdette perché contengono «plura curiosa et superstitiosa»,44 si trovano condannati due indici biblici: «Index utriusq(ue) Testamenti, pene similis Indici Bibliorum Roberti Stephani; Index utriusq(ue) Testamenti, sine auctore», un indice che nella versione della Bibbia di Estienne era già stato condannato. Non meraviglia neppure questa interdizione, dato che lo stampatore non era in odore di santità. Robert Estienne, infatti, conosciuto anche con la volgarizzazione inglese del suo nome, Robert Stephens, era tipografo/editore parigino di formazione cattolica, che abbracciò la confessione evangelica. Ottenne il titolo di stampatore reale da Francesco I, anche se l’autorevole riconoscimento non lo rese immune dall’inimicizia e dai sospetti di eresia che i teologi nutrivano nei suoi confronti tanto che dopo la pubblicazione della Bibbia in latino del 1545 (4 voll., Parigi, 1539-45), venne accusato di aver utilizzato in modo fraudolento gli scholia del suo allievo François Watebled, chiamato anche Vatable, noto umanista ed ebraista. La difesa del re gli consentì di far fronte a questa situazione e di continuare la sua attività, ma alla morte del sovrano, perduta ogni protezione, fu costretto a trasferirsi a Ginevra dove, abbracciato apertamente il Calvinismo, operò affiancato dal fratello fino alla morte. Fu a Ginevra che poté dar corpo a molte iniziative fra cui quella di stampare il Nuovo Testamento in greco, desunto dal testo di Erasmo. Per la sua terza edizione (1550), così come per la quarta (1551), in cui si suddivise il testo per la prima volta in versetti, Estienne si avvalse anche di note che 42
Ibid. Ivi, p. 409 (f. 23v). 44 Cathalogus librorum qui prohibentur mandato illustrissimi et reverendi domini domini Ferdinandi de Valdes hispalensis archiepiscopi inquisitoris generalis Hispaniae, Valladolid, Sebastian Martinez, 1559, f. 35, pubblicato in Index des livres interdits, cit., V, Index de l’inquisition espagnole (1551, 1554, 1559), p. 655. 43
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
129
documentano lezioni diverse da quelle canoniche, tratte dalla collazione di alcuni manoscritti consultati. Il richiamo ad Erasmo e il ricorso a testi non ritenuti affidabili dall’ortodossia cattolica provano con evidenza come egli fosse ritenuto non solo «eretico», ma pericoloso al punto da essere messo al bando dalla Chiesa di Roma e il suo indice della Vulgata perseguitato in tutti i paesi cattolici.45 In Spagna, dove gli indici sembrano condannati più che altrove, quelli di Estienne non sono gli unici interdetti. Nei due Indici del 1583 e del 1584, fra loro strettamente congiunti, e che riguardano rispettivamente i libri condannati (1583) e quelli da espurgare (l’Indice espurgatorio del 1584 è a cura di Gaspare de Quiroga), appare una serie di interdizioni riguardanti gli apparati indicali, in attesa di essere «purgati» prima di venire ammessi alla consultazione: Index in divum Augustinum, Basilea à Frobenio excussus, nisi repurgetur;46 Index in divum Chrysostomum, Basilea à Frobennio excussus, nisi repurgetur;47 Index utriusque testamenti, penè similis indici Bibliorum Roberti Stephani;48 Index utriusque testamenti sine auctore.49
Sempre nel medesimo Indice spagnolo, oltre alla censura dei libri degli eresiarchi, nella Regla segunda vi è la condanna di tutti i «dintorni del testo» anch’essa con esplicita dichiarazione: E neppure in quelli in cui i suddetti autori abbiano aggiunto fino ad ora commenti, annotazioni, sommari, repertori, indici, prologhi, prefazioni, 45 G.-A. Crapelet, Robert Estienne, imprimeur royal, et le roi François Ier. Nouvelles recherches sur l’état des lettres et d l’imprimerie au XVIe siècle, Paris, Dufart, 1839; E. Armstrong, Robert Estienne, royal printer: an historical study of the elder Stephanus, [Abingdon, GB], Sutton Courtenay, 1986. 46 Oltre che nell’Indice spagnolo, la Biblia impressa a Basilea nel 1538 fu condannata per la prima volta nell’Index dell’Università di Lovanio del 1546, quindi nell’Indice romano del 1558. Si tratta della Biblia utriusque Testamenti iuxta vulgatam tranlationem et eam quam haberi potuti emendatissimam, cui in Novo, apposuimus Des. Erasmi Rot. Versionem. Subiunximus his interpretationem nomine hebraicorum et chaldaicorum, Basel, Hyeronymus et Nikolaus Episcopius, mars 1538. 47 Il riferimento è alla Biblia [e], sub maxima forma, in quibus non designatur forma impressionis aut impressoris, già condannata nell’Indice spagnolo del 1559. 48 Si fa riferimento all’indice già condannato negli Indici dell’Università di Lovanio del 1546, del Portogallo del 1551, di Roma del 1558, di Spagna del 1559, e di Anversa del 1570. 49 Index et catalogus libroum prohibitorum, Madriti, apud Alphonsum Gomezium Regium Typographum, 1583, c. 37v. pubblicato in Index des livres interdits, cit., VI, Index de l’Inquisition espagnole, p. 918. Si riporta in via eccezionale il testo originale perché costituito da citazioni bibliografiche.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
130
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
epistole, argomenti, appendici, censure, o qualunque altra cosa, dove si trovino errori contro la Fede o contro ciò che è comunemente e normalmente accettato dalla santa Chiesa romana.50
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Non solo Bibbie: proibire oltre il testo Si è accennato che le interdizioni non colpirono unicamente gli indici delle Bibbie. Gli stessi Indici universali non esitarono ad affrontare il problema relativo a molti indici collegati a testi caduti sotto la scure della censura, segno di una preoccupazione che va ben al di là del testo stesso e si appunta con precisione in particolare su quell’elemento peritestuale che poteva essere scorso e letto come una intermediazione pronta a far scoccare la scintilla in grado di condurre il lettore all’interno di un volume e, pertanto, al pensiero del suo autore. Nell’Indice del 1558 si legge una precisa interdizione che nulla lascia in sospeso quanto ai libri ritenuti proibiti: Riguardo ai libri dei padri ortodossi, e di altri autori fedeli o infedeli non ancora respinti, tutti quanti sono venuti alla luce con interpretazione, stampe od opera di eretici è stato stabilito che non possano essere in nessun modo letti o detenuti se non si sia avuta prima licenza per iscritto da parte dell’Ufficio della Santa Romana Inquisizione o dai commissari del medesimo Santo Ufficio o dagli inquisitori dell’eretica malvagità o dai loro vicari. Tale licenza d’altronde non deve essere concessa a nessuno se prima non siano stati cancellati o nascosti in modo da non potere essere letti o còlti, i nomi, i cognomi, le note, gli scolii, le censure, gli argomenti, i sommari e qualunque altra traccia della memoria o dell’attività di tutti coloro che siano stati segnalati nell’Indice del Santo Ufficio nella prima categoria secondo la serie di ciascun elemento [in ordine alfabetico]. Al più presto libri di tal genere, tradotti, riveduti o editi da eretici, vengano pubblicati di nuovo da autori di provata fede, in modo che possano essere posseduti. Ogni licenza già concessa sia considerata revocata e assolutamente non valida. 51 50 Index et cathalogus librorum prohibitorum mandato illustris ac reverendissimi domini domini Gasparis a Quiroga cardinalis archiepiscopi toletani ac in regnis Hispaniae tum generalis inquisitoris, Madriti, Apud Alphonsum Gomezium regium typographum, 1583, f. 2, pubblicato in Index des livres interdits, cit., VI, Index de l’inquisition espagnole (1583, 1584), p. 882. 51 Index auctorum et librorum qui ab Officio Sanctae Romanae et Universalis Inquisitionis, Romae, apud Antonium Blandum Cameralem impressorem, 1558, c. 36r, pubblicato in Index des livres interdits, cit., VIII, Index de Rome, p. 787.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
131
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Anche con la ottava regola del Tridentino si precisa l’atteggiamento nei confronti di tutti i prolegomeni di libri ritenuti perniciosi. Non si tratta più di libri condannati, ma di quelli che possono essere rimessi in circolazione purché espurgati. La norma, dopo essersi soffermata sui libri il cui argomento principale non incorre, secondo la censura, nell’eresia, esprime il vincolo dell’espurgazione anche per le scritture spesso giustapposte agli apparati paratestuali che contengono l’opera. La regola che ammette certe opere purché sottoposte alle operazioni che ancora si riconoscono in volumi che hanno pagine strappate o interamente abrase, così si esprime: I libri il cui argomento principale è buono, nei quali tuttavia sono inserite occasionalmente alcune cose che hanno a che fare con l’eresia, l’empietà, la divinazione o la superstizione, possono essere ammessi, una volta purgati dai teologi cattolici con l’autorità dell’Inquisizione generale. Il medesimo giudizio valga per i prologhi, i sommari o le note che da autori condannati sono stati apposti a libri non condannati, ma questi ultimi non siano poi pubblicati senza essere stati prima emendati.52
L’attenzione per il paratesto dei libri ritenuti proibiti, pur senza assumere caratteristiche specifiche, è ravvisabile in altri Indici nazionali. Nell’elenco portoghese del 1561, dopo le avvertenze normative generiche che riprendono l’indice universale del 1558, si legge in traduzione: Lo stesso si farà nei libri nei quali l’autore difeso non avrà più dei sommari sospetti e alcune annotazioni, ma se sarà cancellato come stabilito, questi sommari o annotazioni potranno esserci.53
Si afferma poi nell’ottava regola che sono anche da perseguire «prologhi, sommari e note» apposti da autori condannati ad opere che non sono state ritenute proibite. Tali opere devono passare al vaglio per essere emendate. L’attenzione per gli indici e per gli altri paratesti del volume emergono anche in altri cataloghi: ad esempio nella quinta regola dell’Index stampato ad Anversa nel 1571, la quale mostra tuttavia una certa tolleranza per quelle opere di autori eretici che abbiano fatto ricorso ad autori considerati leciti, operando pertanto una sorta di plagio in alcuni loro testi:
52
Index des livres interdits, cit., Index de Rome, cit., VIII, pp. 817-818. Rol dos livros defesos nestes Reinos et senhorios de Portugal que ho senhor cardeal Iffante inquisidor geral mandou fazer no anno de 1561, Lixboa, Ioannis Blaxio de Colonis, 1561, cc. 3r-4v, pubblicato in Index des livres interdits, cit., IV, Index de l’inquisition portugaise (1547, 1551, 1561, 1564, 1581), Québec, p. 594. 53
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
132
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Quei libri che talvolta escono per opera di autori eretici, nei quali essi aggiungono nulla o poco di personale ma raccolgono affermazioni altrui, ad esempio lessici, concordanze, sentenze, similitudini, indici o opere di questo tipo, se hanno mescolate cose che abbiano bisogno di essere emendate, una volta tolte o corrette tali cose su indicazione del vescovo e dell’inquisitore in uno con quella dei teologi cattolici, vengano ammessi.54
È una precisa disposizione che riecheggia in altri elenchi, segno di una preoccupazione che è generale e generalizzata. Le condanne si appuntarono soprattutto su indici biblici, ma genericamente anche su quelli di molti testi considerati eretici. Vi è una prescrizione che appare particolarmente severa perché riguarda un’opera storica, isolata fra le tante condannate, segno di un’attenzione del tutto particolare. Vale la pena soffermarsi su questo indice e sull’opera cui esso è legato.
Un indice di un’opera di storia all’Indice Un’interdizione che svetta nell’Indice spagnolo del 1583 è infatti quella relativa ad un indice apposto ad un’opera storica, creato, come pensava l’autore, per la maggiore comprensione del testo; un indice che certamente uscì dai torchi in forma isolata dal volume al quale faceva riferimento. Si tratta di un elenco dell’erudito e storico Carlo Sigonio (1522/24-1584), ovvero dell’Index historiarum De regno Italiae (1576),55 redatto a completamento del suo De regno Italiae del 1574.56 L’Index ha un andamento cronologico, che lo qualifica come una sorta di cronotassi delle diverse serie degli imperatori, re, papi e patriarchi, steso dall’autore per meglio circumnavigare la storia peninsulare trattata nel suo volume. Il Sigonio, che ebbe a cuore il rinnovamento degli studi storici e l’insegnamento della storia sacra per i giovani, non può essere in alcun modo tacciato di eresia: basti pensare che egli redasse alcune opere per incitamento del suo vescovo Gabriele Paleotti (1522-1597), e che, per incarico di Gregorio 54 Index expurgatorius librorum qui hoc seculo prodierunt, vel doctrinae non sanae erroribus inspensis… Anno MDLXXI., Antverpiae, ex officina Christophori Plantini Prototypographi Regij, M. D. LXXI., c. 4v pubblicato in Index des livres interdits, cit., VII, Index d’Anverse (1569, 1570, 1571), p. 718. 55 Bologna, Giovanni de’ Rossi, 1576. 56 Carlo Sigonio, Historiarum de regno Italiae libri quindecim […] qui libri historiam ab anno 570 usque ad 1200 continet, Venezia, Giordano Ziletti, 1574, opera ripubblicata a Basilea e a Francoforte nel 1575, poi a Bologna nel 1580. Fu tradotta in tedesco e pubblicata a Strasburgo nel 1584.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
133
XIII, avrebbe dovuto stendere una storia generale della Chiesa, non portata tuttavia a compimento. Ebbe infatti contrari, per quest’opera e per altre sue successive, gli ambienti curiali che preferirono accordare maggiore fiducia all’oratoriano Cesare Baronio, il quale dominò incontrastato, insieme con i suoi collaboratori, la scena degli studi storici a cavallo tra Cinquecento e Seicento, essendo le sue trattazioni molto più congeniali alla storiografia che la Controriforma volle imporre.57 Alle numerose opere di Sigonio si devono, secondo quanto Paolo Prodi ha sostenuto con la competente frequentazione che egli ha dell’opera del modenese, sia l’applicazione del metodo storico sia ancora lo studio del rapporto tra storia sacra e storia profana, oltre all’aver affermato il «primato della storia» sulle altre discipline allora imperanti.58 Della novità del pensiero di Sigonio ebbero consapevolezza pure i suoi detrattori che non tardarono a incaricarsi del tentativo di soffocarlo. Ne è prova la sconcertante messa all’Indice perfino di un apparato di corredo al suo testo di storia medievale italiana. Nell’indice all’Indice la censura si abbatté infatti non solo sulla mancata osservanza al magistero della Chiesa, bensì su ciò che poteva colpire l’altro versante: il potere temporale. Seguendo il discredito dell’ormai palese falsità della donazione di Costantino e di tante altre interpretazioni di momenti assai delicati e controversi nella storia della Chiesa, Sigonio affrontò la trattazione storica in modo ancora più rigoroso, scalfendo pertanto le molte prerogative sino a quel momento rivendicate dal potere ecclesiastico.59 Ciò che rende la condanna dell’Index historiarum ancor più significativa è il fatto che il De Regno Italiae, seppur sottoposto a pesanti censure, frutto di una «concerted campaign of censorial review in Rome», toccata in sorte anche all’Historia Bononiensis e al De occidentali Imperio, non risulta sia mai stata posto all’Indice.60 Un caso, dunque, di proibizione che davvero va oltre il testo 57
Si vedano di P. Prodi, Il cardinale G. Paleotti, (1522-1597), Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1967, 2 voll., in particolare il volume secondo; e per il Sigonio e le difficoltà incontrate con la Chiesa di Roma, Id., Storia sacra e controriforma. Nota sulle censure al commento di Carlo Sigonio a Sulpicio Severo, «Annali dell’Istituto storico-germanico in Trento», III, 1977, pp. 75-104. 58 Id., Vecchi appunti e nuove riflessioni su Carlo Sigonio, in Nunc alia tempora alii mores: Storici e storia in età postridentina: Atti del Convegno internazionale Torino, 24-27 settembre 2003, a cura di Massimo Firpo, Firenze, Olschki, 2005, pp. 291-310. 59 G. Fasoli, Appunti sulla Historia Bononiensis ed altre opere del Sigonio, «Atti dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna, Classe di Scienze Morali, Rendiconti», LXI, 1972-73, pp. 69-94, ora in Ead., Scritti di storia medievale, cura di F. Bocchi, A. Carile, A. I. Pini, Bologna, La fotocromo emiliana, 1974, pp. 683-710. 60 Cfr. W. McCuaig, Carlo Sigonio: the changing world of the late Renaissance, Princeton, Princeton University Press, 1989, part. cap. 4: Sigonio versus the censors, pp. 251-290; part. p. 265.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
134
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
e si appunta con singolare forza su quelle che rappresentano in concreto le vie più semplici per giungere alle molte letture della storia italiana contestate al modenese da parte dei guardiani dell’ortodossia, rappresentati soprattutto dall’ambiente che gravitava intorno al Maestro del Sacro Palazzo e alla Congregazione dell’Indice. In altri termini un indice che, forse allestito dal suo autore per meglio rispondere agli attacchi che si venivano infittendo contro la sua visione della storia, risultò di grande utilità a quegli stessi persecutori, che proprio dal 1578 aprirono la fase più aspra del conflitto. Gina Fasoli, alla quale va il merito di aver messo a fuoco fra i primi l’opera del Sigonio, ha cercato invano questo indice perlustrando molte biblioteche. William McCuaig, pur non vedendolo, sostiene di conoscerne l’esistenza e che alcune copie sono legate all’edizione del De Regno Italiae del 1574.61 I cataloghi on line e le banche dati vengono ora in soccorso: l’indice esiste e alcuni esemplari sono conservati anche sciolti in biblioteche italiane. Nel caso della copia da me visionata a Modena, l’indice non è unito alla princeps, bensì legato con una diversa edizione rispetto a quella per cui è stato allestito, precisamente con l’edizione del 1576. Ma esso non si trova solo nell’edizione del 1576. È anche apposto all’edizione del De Regno Italiae che Sigonio stesso, unito in società con altri intellettuali bolognesi, rieditò nel 1580 per la Società Tipografica Bolognese, di cui era magna pars, come si dirà, e che è sostanzialmente identico a quello pubblicato separatamente. L’organizzazione di questo strumento in appoggio alla trattazione storica è rigorosa e puntuale: si apre con un sommario dell’indice, una partizione per aiutare a sua volta la compulsazione. Seguono i vari indici, tutti ordinati cronologicamente. Va dapprima rilevato che, per quanto non sia mai nominato, il Valla emerge anche dalla disposizione stessa degli argomenti: l’indicizzazione inizia infatti dagli imperatori e non dai pontefici. Molti sono i luoghi che non potevano non passare inosservati: al 741 si legge che Constantinus Cepronymus, figlio dell’imperatore, negò che Maria fosse genitrice di Dio spogliandola pertanto di questo onore, e che il padre Leone aveva scacciato le sacre immagini da Costantinopoli. Anche i re italiani (Reges Italiae), sempre disposti in stretto ordine cronologico, ricordano, ad esempio, alla data del 756, di Desiderio re dell’Etruria, l’editto contro il pontefice Adriano. Imperatori e re sembrano i veri donatori nei confronti della Chiesa di Roma: sono loro a concedere legati di vario tipo, compresi importanti territori. Viene espressamente messo in evidenza che quasi tutti gli imperatori e i re ricordati incoronano i propri figli o i propri successori 61 W. McCuaig, Carlo Sigonio e la censura, «Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le province di Romagna», n.s., v. XXXV, a.a. 1984, pp. 164-192, part. nota 17, p. 169.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
135
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
senza ricorrere all’intervento della Chiesa e che spesso onori e poteri vengono dati anche ai figli illegittimi. Non si tace neppure sul ripudio delle varie mogli degli Italici reges. Anche in presenza di gravi condanne relative ad esempio alla simonia di Enrico III emerge tutta l’autonomia dell’impero rispetto al papato. Per le accuse di simonia rivolte ad Enrico III nel 1056 Sigonio non teme di ricordare che l’accusato chiamato in giudizio non parens dal papa Alessandro II. Sotto i pontifices Romani che si trovano in appendice agli imperatori, ai re e ai vari dignitari del regno d’Italia, la sequenza si apre con una nota da cui Sigonio informa il lettore che il potere e la centralità di Roma derivano dalla discesa dei longobardi senza altre motivazioni storiche. Così si legge poi al 1073: [Gregorio VII], dopo che i tedeschi ebbero eletto re Rodolfo, convocata una assemblea, si occupò della loro pacificazione [dei tedeschi], delle fornicazioni dei chierici, della colletta dei benefici ecclesiastici, delle offese recate ai Normanni e della scomunica di Enrico.
L’ultimo indice, ulteriore aiuto al lettore, è quello topografico che raccorda le sparse voci. Un indice, quello del Sigonio, dunque, che risulta esemplare quanto all’impianto, e che costituisce una via di accesso al testo e che al lettore attento svelava la storia in tutta la sua complessità. La materia trattata scotta quanto non mai: non è solo il potere temporale ad essere preso di mira, ma è l’intera ortodossia della Chiesa ad uscirne minacciata. Ciò che nel testo può essere letto e assimilato e lasciato alla libera osservazione dello studioso, qui viene esaltato e messo in campo per un più meditato utilizzo e un più facile ricorso alle fonti. Il problema delle fonti emerge e divampa in tutta la sua complessità. Sono auctoritates molto importanti, alcune delle quali saranno poi stampate all’epoca del Muratori e che nel Cinquecento rivestono ancor più pericolosità di quanto non avranno nel Settecento. Il bisogno di appoggiarsi a fonti storiche autorevoli consente a Sigonio di mettere in evidenza tutto ciò che veramente accade in ambito di imperatori, re e papi, così come vogliono la sua interpretazione storica e la filologia di questa stagione. Le sue trattazioni sono sempre sotto tiro: sebbene non all’Indice, anche il suo commento alle Sacrae historiae di Sulpicio Severo, stampato a Bologna nel 1581, incorse nelle maglie della censura, che gli confutò «errori» di ogni sorta, come ha provato sempre Prodi ripercorrendone le vicende ed entrando nel vivo del testo attraverso l’edizione degli Opera omnia del Sigonio stampati dalla settecentesca Società Palatina, sotto la direzione di Filippo Argelati e con l’introduzione biografica di Ludovico Antonio Muratori. Sono gli Opera
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
136
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
omnia curati dall’Argelati l’occasione per l’inserimento anche di gran parte delle censure cui fu sottoposto l’autore ed anche delle sue argomentate risposte, pubblicate per la prima volta in quel Settecento che si avvalse dell’opera di Benedetto XIV, papa di notevoli aperture nei confronti della lettura della Scrittura e che mise in campo la strategia dell’autocensura.62 In appendice al saggio, Prodi63 offre al lettore due inediti indici coevi all’opera, probabilmente frutto dell’ordine domenicano romano, scovati nella Biblioteca Vaticana, e non compresi nelle censure pubblicate nell’edizione della Società Palatina. Si tratta di strumenti che si avvalgono di propri schemi indicali per focalizzare dove e come l’autore del commento a Sulpicio si sia macchiato, secondo il giudizio dei censori, di eresia. Il fare indici non è quindi solamente una prerogativa degli autori: allestire e strutturare indici è un mestiere ben conosciuto, come si è visto, negli ambienti della censura per l’elaborazione degli elenchi inquisitori. L’indice diviene anche per questi ambienti un potente mezzo per intercettare di più e meglio il pensiero di coloro continuamente sotto giudizio e vigilanza. Con buona attendibilità l’indice del De Regno Italiae, apposto nell’edizione settecentesca degli Opera omnia milanesi, è steso proprio dai censori. L’ordine appare stravolto: esso non è più cronologico, ma alfabetico con rare apposizioni scelte fra quelle che sono apparse le più neutre. L’importanza degli indici è dunque ben presente agli Inquisitori che, nel caso di quello originale a completamento del De Regno Italiae, non esitarono a infliggergli più pesanti censure, condannandolo all’Indice di un Paese molto rigido quanto all’applicazione dei propri disposti normativi.
Gli indici in un nuovo Indice della macchina censoria Gli indici di cui si è parlato fino ad ora costituiscono fascicoli che escono separatamente, prima o dopo la pubblicazione del testo, e che pertanto di per sé rappresentano una fonte di indiscussa pericolosità così da essere perseguiti non appena appaiono alle stampe. Essi tuttavia ritornano ad essere messi al bando in altre opere sempre volute dalla macchina censoria, come nel caso del dibattuto problema dell’espurgazione, azione che venne vista perfino come una risorsa rispetto alla condanna totale perché «un libro
62
Cfr. P. Delpiano, Il governo della lettura. Chiesa e libri nell’Italia del Settecento, Bologna, Il Mulino, 2007. 63 P. Prodi, Storia sacra e controriforma, cit.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
137
espurgato era un libro salvato», dato che lo si sarebbe preservato dal rogo.64 Con l’espurgazione infatti non si trattava di impedire la lettura di tutto il testo, ma di emendare parte dello stesso con i più svariati mezzi, tagliando, cassando se non perfino manipolando parti del testo ritenute improprie e pertanto oggetto di emendatio. Non fu solo dall’alto che si abbatté la scure: il clima che si era formato portò perfino all’autodenuncia pur di evitare di cadere in peccato per il possesso di un volume o per una lettura trasgressiva; ci fu ovvero chi sottopose un proprio libro ai censori perché lo emendasse. Accadde anche nella Milano del secondo Cinquecento in cui il nobile capitano Alessandro Speciano sembra di sua sponte aver concesso che la propria copia della Cosmografia del Münster fosse passata al vaglio dall’inquisitore milanese che gliela ritornò martoriata come si può ancora toccare con mano nella Biblioteca Braidense che la custodisce.65 In Italia si pervenne all’Indice delle espurgazioni in una situazione a dir poco difficile in cui gli apparati curiali, in costante attrito fra loro, finirono col rendere gravoso il compito di conoscere tutto ciò che si era accumulato, mettendo a dura prova la coscienza e la competenza archivistica della Chiesa. Libri da espurgare, atti diversi fra i quali quelli attinenti ad autori e opere che avrebbero dovuto passare al vaglio dei dicasteri romani per un controllo e per un’azione di verifica e di supervisione delle parti da eliminare; relazioni, editti e quant’altro era inerente alle pratiche sull’espurgazione, costituivano infatti un giacimento di carte non ordinate e dislocate in varie parti. Si può capire da questo breve accenno quali problemi si ponevano alle autorità censorie per utilizzare tale materiale non di facile ordinamento e neppure tutto conosciuto.66 Il Maestro del Sacro Palazzo, che aveva il compito di supervisionare le pubblicazioni donec corrigantur, finì col dilatare le sue funzioni ed essere una ulteriore causa delle diatribe fra i dicasteri romani deputati alla censura, come pure all’espurgazione dei libri ritenuti meno perniciosi di quelli che erano stati inseriti negli Indici universali.67 Nonostante la complessa situazione, venne comunque allestito, nel 1607, uno specifico Indice, una specie di vademecum dell’azione riparatrice della censura. Il volume, inti64 Così venne intesa la espurgazione da molti librai: Cfr. R. Savelli, The censoring of law books, in Church, censorship and culture in early moderm Italy, Ed. G. Fragnito, Cambridge, Cambridge UP, 2001, pp. 223-253. 65 G. Petrella, Uomini e torchi nel Rinascimento, Udine, Forum, 2007, cap. VII, pp. 309-336. 66 G. Fragnito, Un archivio conteso: le “carte” dell’Indice tra Congregazione e Maestro del Sacro Palazzo, «Rivista Storica Italiana», CXIX, 2007, pp. 1276-1318. 67 Ivi, passim.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
138
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
tolato Index librorum expurgandorum,68 è espressione di un ulteriore approdo cui pervenne la macchina censoria che consente di osservare e confrontare anche i metodi di indicizzazione dei censori. Il domenicano Giovanni Maria Guanzelli, conosciuto anche come Giovanni Maria da Brisighella, maestro del Sacro Palazzo dalla primavera del 1598 è autore di questo Indice. Il Brisighella che, nell’annoso contenzioso fra letteratura sacra e profana, si pose nei confronti delle opere poetiche che prendevano spunto dalla Bibbia in modo critico, difendendole,69 ma che si affrettò a prendere posizione contro Giordano Bruno e Tommaso Campanella,70 non ebbe vita facile nel redigere questo nuovo Indice che prevedeva una conoscenza articolata di tutto il materiale pervenuto. Il manuale espurgatorio, cui egli diede vita, rappresenta tuttavia un ulteriore elemento a comprova sia di come la Chiesa fosse riuscita a superare le molte difficoltà insite nel censimento e nella descrizione delle opere e dei relativi passi da emendare, sia della meticolosità con cui essa approntò i suoi strumenti per incidere sulle pratiche di lettura. Le capacità elencatorie con cui si armarono i difensori della ortodossia sono palesi fin dalle prime pagine del nuovo Indice. Nella breve introduzione, che precede la concreta operazione di espurgazione delle opere ivi contenute, il Brisighella ricorda infatti le regole stabilite dall’Indice tridentino riproposto integralmente nel Clementino in materia di eresiarchi (regola II), eretici (regola V), di libri lascivi e osceni (regola VII) e di quelli che, pur di contenuto ortodosso, contengono parti superstiziose (regola VIII). Per intervenire su tale materia si propone una specie di manuale dell’espurgazione, cioè il De correctione librorum, norme che furono aggiunte nell’Indice clementino. Gli indici non passano di certo inosservati: ritornano in una delle operazioni di emendatio in cui ricompare la precisazione sulla pericolosità di tutto ciò che contorna il testo e lo correda. Una norma impone infatti che: Colui che ha assunto l’incarico di correggere e di emendare deve esaminare attentamente e annotare scrupolosamente tutte le cose, non solo quelle che si presentano manifestamente nel corso dell’opera, ma se alcune cose si nascondono negli scolii, nei sommari, nei margini, negli indici dei libri,
68
Indicis librorum expurgandorum in studiosorum gratiam confecti, tomus primus, in quo quinquaginta auctorum libri prae caeteris desiderati emendantur per fr. Io. Maria Brasichellen, sacri palatii apostolici magistrum, in unum corpus redactus et publicae commoditati aeditus, Romae, Ex typographia R. Cam. Apost., 1607. 69 G. Fragnito, Proibito capire, cit., in particolare pp. 205-212. 70 Si veda: Censura ecclesiastica e cultura politica in Italia, cit.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
139
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
nelle prefazioni, nelle lettere dedicatorie, come in un agguato.71
È un altro segno nei confronti del paratesto che dovrà essere oggetto di severa verifica perché è anche lì che si annida – più volte lo si è provato – il pensiero di coloro che vi nascondono insidie gravi quanto quelle contemplate dal testo. Volendosi addentrare nell’articolazione di questo nuovo indice, ci si stupisce di come si sia raggiunta una meticolosità perfino maniacale: le elencazioni infatti raggiungono apici di descrizione che così accurata si può rinvenire solo in alcuni testi specialistici. Agli autori disposti in rigoroso ordine alfabetico segue il titolo delle opere con i riferimenti all’edizione. Si gioca poi con un cambio strategico di caratteri, dal romano al corsivo, per segnalare le parti che dovranno essere espurgate, dando esattamente le parole di inizio delle frasi incriminate e l’explicit delle stesse senza tralasciare il cuore dei periodi oggetto dell’intervento censorio preceduto dal rinvio alle pagine e alle colonne, o al libro quando un’opera è in più tomi o in più volumi. Vengono altresì sempre indicati gli eventuali capitoli. Niente è lasciato al caso: l’ordine sembra essere il filo conduttore. Un solo esempio riuscirà a far capire non solo l’intransigenza dell’Indice, ma la sua articolata struttura indicale che diviene perentoria per chi avrà il compito di operare i “tagli”: quando si perviene alla Bibbia di Robert Estienne, con le annotazioni di Vatable, le indicazioni si fanno assai pressanti e interessano tutti i capitoli con relativo paratesto, indice incluso. Prima di passare ai singoli libri e ai relativi capitoli con le modalità di cui si è detto, si prescrive che l’espurgazione prenda origine dalla pagina verso del titolo, compreso «totus index» di cui si fornisce il titolo con cui l’indice è conosciuto in quella edizione. Riuscire a districarsi nella mole delle informazioni pervenute ha sicuramente reso i censori ancor più abili che non con gli Indici universali o con quelli nazionali. Non stupisce pertanto come i dintorni del testo ancora una volta siano fatti oggetto della intransigenza di coloro che si apprestarono a scongiurare i pericoli sottesi ad apparati a tutta prima escogitati a sostegno alla lettura e per la migliore e maggiore comprensione dei testi. Il sistema ideato dal Brisighella dovette apparire, tuttavia, assai difficile da applicare a causa dei numerosi rinvii e delle macchinosità con cui si perveniva ai passi da emendare in un lavoro che da edizione a edizione e anche fra esemplari diversi incontrava scogli d’ogni genere che ostacolavano non poco l’applicazione del disposto di espurgazione. Va rilevato che la sorte di questo Indice, che si qualificò sin da subito per la sua difficoltà di applicazione, fu 71
Indicis librorum expurgandorum, cit., c. 5r-c5v.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
140
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
quella di essere contraddetto e sospeso, come si è visto a proposito di alcuni Indici universali, sebbene sia stato ancora utilizzato per l’attività espurgatoria nell’ultimo decennio del Seicento.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Il problema della lingua per la Bibbia Nel clima di grande attenzione da parte della Chiesa per i volumi a stampa, compresi i corredi paratestuali, appare interessante cercare di capire, alla luce di quanto finora esposto, il perché le Bibbie nel volgare italiano subissero un così violento attacco da parte delle autorità censorie, nelle cui maglie incorsero sia nell’Indice universale del 1558 sia nel Clementino. Sarà così più facile districarsi all’interno dei loro indici che, essendo anch’essi in volgare, potevano suscitare un ancor maggiore coinvolgimento del lettore e del fedele.72 In altre nazioni il volgare si era già consolidato pure nelle fasce alte della popolazione, sebbene la comunicazione fra i dotti avvenisse dovunque ancora tramite il latino. In Italia vi era una tipologia di lettori, quella più sprovveduta, che si ritrovava a leggere, e neppure facilmente, solo in volgare. La diffusione del volgare è provata anche dal fatto che alcuni Indici nazionali si avvalevano ormai anche della propria lingua, mentre in Italia gli Indici universali furono sempre redatti in latino, con il chiaro proposito di farsi meglio intendere da tutto il mondo cattolico e di lasciare ai vari mestieri del libro che gravitavano intorno ad essi la prerogativa di farsi unici interpreti del libro che la Chiesa sperava fosse il più difficile da sconfiggere. Nonostante processi nuovi di scolarizzazione consentissero letture in più direzioni, sostenute per molti versi anche dalla possibilità di accedere al testo nella propria lingua, ad accantonare il latino, che rimase appannaggio del mondo dei dotti, ebbe dunque un ruolo non secondario la Chiesa, che condannò la lettura di testi entrati profondamente nella mentalità popolare, sebbene fra gli uomini di cultura, vi fossero stati numerosi intellettuali promotori del volgare come «strumento funzionale alla comunicazione dotta».73 Si accentuò così lo scarto fra la popolazione dei credenti, generando una frattura che non fu solo linguistica ma anche sociale. Vennero a stagliarsi 72
Sulle modalità redazionali degli Indici si veda M. Santoro, L’Index librorum prohibitorum fra XVI e XVIII secolo: osservazioni sulla prassi bibliografica degli inquisitori romani di ancien régime, in Dal torchio alle fiamme: inquisizione e censura: nuovi contributi dalla più antica Biblioteca Provinciale d’Italia, a cura di V. Bonani, Salerno, Biblioteca Provinciale, 2005, pp. 173-194. 73 M. Firpo, Riforma religiosa e lingua volgare nell’Italia del ’500, «Belfagor», LVII, 5, 2002, pp. 517-539.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
141
sempre più nette fasce diverse di lettori: quelli che col latino dialogavano ad alti livelli e coloro che lo abbandonavano perfino nelle pratiche religiose, discostandosi sempre di più dai modelli della cultura “alta”. Così si esprimeva Menocchio, il mugnaio friulano alle prese con gli interrogatori dell’Inquisizione, a proposito del latino usato dagli uomini di legge: «Io ho questa opinione, che il parlar latin sia un tradimento de’ poveri, perché nelle litte li pover’homini non sano quello si dice et sono strusciati, et se vogliono dir quattro parole bisogna haver un avocato».74 In Italia il processo si avvertì più che in altri paesi cattolici e finì per diversificare due culture e due modi di rapportarsi al testo scritto. Il latino era visto, anche da contemporanei ortodossi quali il fiorentino Giambattista Gelli, che negli anni 1546 e 1548 si era espresso in proposito,75 come una «astuzia» per consolidare il potere dei preti, che potevano così tenere il popolo sotto maggiore soggezione e tutela. Come ha messo in luce e ampiamente provato Waquet, «la lingua del testo sacro, il latino divenne una lingua di cultura e andò rivestendosi di una certa patina che finì con l’astrarlo dal tempo e con il sottrarlo all’intelligibilità comune», divenendo, nella Chiesa, appannaggio esclusivo «di una élite di chierici».76 La proibizione della Bibbia in volgare e la sottrazione a coloro che vi si accostavano, così come il divieto della lettura dei libretti devozionali in volgare, privò tutti i ceti sociali di quei testi di cui si era nutrita la pietà popolare fin dal tardo Medioevo. Con l’imporre il latino nella lettura della Scrittura la Chiesa intese richiamare all’ordine i fedeli, che si ritenevano sprovvisti di adeguata preparazione, e parimenti scansare il forte timore di dare loro in pasto le verità soprannaturali, verità che potevano essere distorte e dovevano quindi restare appannaggio di pochi eletti.77 Le tappe percorse dalla Chiesa di Roma furono, come si è visto, lunghe e tormentate: portarono all’estromissione delle lingue vernacolari dalle pratiche devozionali in modo lento e certamente non uguale in tutti i paesi cattolici. «La frammentazione 74 C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi: il cosmo di un mugnaio del ’500, Torino, Einaudi, 1976, p. 12. 75 F. Waquet, Latino. L’impero di un segno (XVI-XX secolo), trad. di A. Serra, Milano, Feltrinelli, 2004, (ed. orig.: Paris, Albin Michel, 1998), p. 71. 76 Ivi, p. 65. 77 La letteratura al proposito è copiosa: si rimanda in primis a G. Fragnito, Proibito capire, cit., e a saggi che precedono il suo più recente volume, fra i quali alcuni sono ancora molto utili per inquadrare il problema: H. A. P. Schmidt, Liturgie en langue vulgaire. Le problème de la langue liturgique chez les premiers réformateurs et au Concile de Trente, trad. dall’olandese, Roma, Università Gregoriana, 1950; A. Prosperi, Intellettuali e Chiesa all’inizio dell’età moderna, in Storia d’Italia, Annali 4, Intellettuali e potere, Einaudi, Torino 1981, pp. 161-252 e V. Coletti, Parole dal pulpito. Chiesa e movimenti religiosi tra latino e volgare, Casale Monferrato, Marietti, 1983.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
142
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
della cristianità costrinse, infatti, la Chiesa di Roma a ridisegnare la mappa delle traduzioni bibliche, così come si presentava alla vigilia della Riforma, e a delineare una mappa diversificata della liceità della loro lettura basata sostanzialmente sul criterio della convivenza tra popolazioni cattoliche e popolazioni protestanti».78 È come dire che la Chiesa di Roma volle ribadire la propria visione del testo sacro di contro alle letture interpretative che avevano avuto largo seguito nei paesi dove più ampiamente circolava la versione riformata della Bibbia. Non furono perciò poche le concessioni che la Chiesa fu costretta a fare nei confronti delle popolazioni dei territori europei di fede dove convivevano cattolici e protestanti mentre in Italia essa si scagliò con veemenza, quando nel Clementino furono ribadite le proibizioni, contro coloro che si avvicinavano alla Scrittura e ai suoi derivati in volgare. Perché leggere la Bibbia non era solo un evento che interessasse le pratiche religiose: la Bibbia aveva una sua autonoma fruizione, trattandosi di una lettura entrata nelle abitudini di molti di coloro che vi cercavano non solamente spiegazioni alle proprie ansie e bisogni spirituali, ma anche argomenti che arricchissero l’immaginario e da cui attingere modelli da seguire. Ancor più facile era accostarsi alle sintesi, ai piccoli libri che compendiavano parti importanti della narrazione. Da qui un altro motivo per la loro interdizione: essi, infatti, venivano a costituire un veicolo assai pericoloso per i fedeli, a cominciare dalle donne, soprattutto dentro le mura dei conventi. Pericolosi questi libri furono anche per Menocchio, che, pur possedendo una Bibbia in volgare più volte data a prestito, si avvalse anche della tradizione orale e di rapsodici approcci ad un testo estrapolato dalla Scrittura e ripensato, quale il Fioretto della Bibbia. Furono questi gli strumenti che provocarono quel miscuglio di interpretazioni, molte delle quali lo portarono a rispondere alle varie autorità che lo interrogavano con asserzioni a dir poco arbitrarie e spesso pure arroganti, sempre frutto di una propria particolare convinzione religiosa che gli impediva di esprimersi con reticenza.79 Non è solo Menocchio, la cui cultura si colloca sotto la media della popolazione, ad avvalersi di un testo dal contenuto biblico proibito: Fioretti, Homiliari, Compendi istorici del Vecchio e del Nuovo Testamento ed altri testi proscritti dal Clementino sono posseduti anche da persone che «avevano familiarità con il latino» ma che preferivano «pregare in volgare»80 e dar corso alla propria 78
G. Fragnito, Per una geografia delle traduzioni bibliche nell’Europa cattolica (sedicesimo e diciassettesimo secolo), in Papes, princes et savants dans l’Europe moderne. Mélanges à la mémoire de Bruno Neveu, réunis par J.-L. Quantin et J.-C. Waquet, Genève, Droz, 2007, pp. 51-77, part. p. 52. 79 C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi, cit., p. 44. 80 G. Fragnito, Proibito capire, cit., p. 265.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
143
fantasia calandosi lungo i mille rivoli delle storie bibliche, inseguite con tutti i mezzi a disposizione e fatte proprie e utilizzate nella vita quotidiana. Il «proibito capire» si appuntava su testi che a prima vista sembrano i più innocui, ma che invece venivano considerati dalla Chiesa una possibilità di stravolgimento del pensiero religioso che poteva provocare a vari livelli un allontanamento dal suo magistero. Né fu solo un mugnaio friulano a dimostrare la pericolosità della perlustrazione in lungo e in largo, anche attraverso l’ausilio di indici ben fatti, del testo sacro. A Bologna, dove il potere della Chiesa si esplicò anche nel temporale e i movimenti ereticali furono più controllati e il dissenso meno palpabile che in altre città d’Italia, grazie anche alle aperture del suo vescovo Gabriele Paleotti, si leggevano brani della Scrittura, forse desunti da fonti secondarie. Il ricorso alla Bibbia avveniva a volte per l’avvertito bisogno di scagionarsi di fronte alle autorità inquisitoriali, sempre allertate. Il medico Pier Paolo Malvezzi, processato dal Sant’Ufficio per il suo comportamento incestuoso con una figlia illegittima, seppe trovare un valido motivo per ammorbidire i giudici con il richiamo ad un passo dell’Antico Testamento. Un testimone riferì che egli ebbe a dichiarare che «al tempo di Josue li patroni della casa godevano anco le figliuole, se gli ne veniva voglia insieme», come tramandano carte inedite del Sant’Ufficio.81 Se la comunità dei dotti, anch’essa colpita dai divieti, non verrà colpita nel proprio registro di comunicazione, la stragrande maggioranza dei fedeli, privata della lettura della Scrittura e dei suoi succedanei in volgare, si vedrà costretta a subire un’esiliante restrizione della propria capacità di rapportarsi al Sacro con i mezzi a sua disposizione. Come ogni sistema basato sulle proibizioni, quello a cui pervenne la censura ecclesiastica produsse, al di là delle intenzioni, effetti in opposte direzioni: la difficoltà e la pericolosità di leggere, insieme con la facilità di intuire che cosa sarebbe stato importante leggere, il proibito soprattutto, che costituiva un ingente patrimonio. All’interno e oltre barriere e varchi, si aprì poi un secondo fronte censorio in merito alla lingua: il volgare che era divenuto lo strumento comunicativo più facile, data la sua diffusione, venne combattuto e limitato nelle sue potenzialità, se usato per tradurre la Scrittura, per recitare le preghiere, per cantare gli inni, per non dire della messa, anch’essa celebrata solo e rigorosamente in latino. Allo stesso tempo anche il latino fu ricacciato in un angolo inoffensivo poiché era divenuto incomprensibile per il volgo e poiché se ne intendeva limitare il “possesso” alle gerarchie che costituivano la mediazione tra la dottrina, la 81 G. Dall’Olio, Eretici e Inquisitori nella Bologna del Cinquecento, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1999, pp. 431-432.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
144
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
fede e il popolo. Viene spontaneo ricordare che nei secoli successivi, prima che con Paolo VI fossero ripristinate le lingue nazionali nella messa (1965), la grande maggioranza dei fedeli storpiava frasi, parole e desinenze perché non era più in grado di capire il senso intrinseco delle parole nelle orazioni: una situazione dunque che aveva origini molto lontane. La proibizione della lettura della Scrittura nel volgare italiano finì per divenire totale anche in considerazione del fatto che le traduzioni, i rifacimenti, compresi i loro paratesti, soprattutto nel caso della Bibbia di Antonio Brucioli, ma in qualche luogo anche in quella di Santi Marmochino, si ispiravano ai testi e agli apparati delle Bibbie riformate, e perché le traduzioni alteravano il senso profondo della parola ebraica traslata in greco, poi in latino e infine in volgare. Perfino nella Instructio, di cui si è detto, la Congregazione che riservava agli inquisitori locali, scavalcando i vescovi, la prerogativa di rilasciare licenze per la lettura, prescrisse che nel concederle si dovesse procedere con un accertamento atto a provare che le traduzioni fossero opera di autori cattolici e non «corredate di sommari, argomenti, postille marginali e indici sospetti».82 La proibizione delle traduzioni della Bibbia non fu solo un problema italiano ma coinvolse altri paesi cattolici. Fra gli esempi più conosciuti ve n’è uno che proviene dalla Spagna: Fray Luìs de Leòn, marrano, agostiniano e professore salmantino, nel 1569 si scontrò coi Domenicani a proposito d’una traduzione della Bibbia. Nel 1571 tradusse il Cantico dei Cantici e, per aver attinto troppo alle fonti ebraiche, fu denunciato all’Inquisizione. Rimase anni in galera, a Valladolid. In base alla sentenza avrebbe dovuto ritrattare, completamente e pubblicamente, la sua traduzione, ma la condanna fu sospesa dall’alto, ed egli tornò ad insegnare, pronunciando il famoso «Decìamos, ayer» (dicevamo ieri).83
Quali e quante Bibbie Nel contesto in cui si consuma il divieto assoluto di leggere le Bibbie in volgare, viene di necessità chiedersi quali furono le edizioni della Scrittura in Italia su cui l’intransigenza della Chiesa si espresse con rara violenza, pur tuttavia molto tempo dopo che esse erano apparse sul mercato. Fin dall’avvento della stampa si modificò l’approccio ai contenuti delle 82
G. Fragnito, La Bibbia al rogo, cit., p. 94. B. Bennassar, Storia dell’Inquisizione spagnola dal XV al XIX secolo, Milano, Rizzoli, 1979, pp. 63-67. 83
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
145
opere. Non più l’oralità fu il tramite per conoscere; nessuna mediazione s’interpose se non per chi seguiva un ordinamento scolastico o beneficiava di altre fonti di apprendimento perché un testo non fosse più patrimonio di una collettività, ma solo di colui che si accingeva alla lettura, a sfogliare le pagine, a vedere le illustrazioni, che a volte avvicinavano ancora di più delle parole alle storie che un libro conteneva. Quando l’oralità cedette il posto alla stampa, per il fedele spesso fu sufficiente avere anche solo sotto gli occhi la Bibbia per sentire forte il richiamo delle narrazioni in essa contenute. Con le traduzioni nella lingua volgare, che consentivano di avvicinarsi ai testi sacri più liberamente, si può capire come si pervenisse ad una diffusa e più capillare frequentazione della Scrittura anche da parte di chi stentava ad aver dimestichezza con le pagine di un libro. Superate ormai le diatribe che erano a monte della loro censura nel primo Indice universale, la Chiesa finì col non porsi più il problema da quale derivazione le traduzioni prendessero origine: furono proibite tutte le Bibbie in volgare e con esse anche tutti i derivati biblici perché il fedele doveva leggere in latino sia la Bibbia sia i Fioretti o quant’altro ad essa strettamente correlato. A fianco della proibizione in assoluto di produrre e di leggere Bibbie in volgare, riesce ancor meno comprensibile capire l’esclusione dello studio della Bibbia «dalla cultura teologica e universitaria in generale e in particolare l’espulsione di fatto della Legge, dell’Antico testamento dalla teologia morale come scienza del comportamento», un aspetto che dovrebbe essere messo a fuoco, come Prodi ha affacciato in un suo studio.84 Ma per tentare di capire come l’interdetto fu tuttavia applicato tardi rispetto alla circolazione che le Bibbie anche in volgare ebbero fino all’Indice del 1558, e fra quello tridentino e il Clementino, basterà riassumere le tappe principali della loro pubblicazione. Lo farò calandomi anche all’interno di una dinastia di tipografi, i Giunta, che da queste stampe trassero forte sostentamento per la loro attività. Il 15 ottobre 1490 è datata la prima edizione giuntina veneziana del Vecchio e Nuovo Testamento, tradotti dal camaldolese Niccolò Malermi (o Mallermi, Malerbi, Manerbi), la cui prima edizione risale al 1471, sempre a Venezia, ad opera però di Vindelino da Spira. L’edizione del 1490 è più complessa e non si ferma a quella pubblicata da Vindelino: include anche Aristeas, De septuaginta interpretibus, tradotto da Bartolomeo Fonzio, e la Vita di s. Giuseppe. Una vera e propria raccolta di testi importanti, quindi, per la conoscenza delle varie versioni della Bibbia, aperta a tutto il pubblico degli alfabetizzati, che scrivevano in volgare, e che lo sapevano leggere. In 84
P. Prodi, Vecchi appunti e nuove riflessioni, cit., p. 305.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
146
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
questa edizione, stampata «ne l’alma città di Venezia per Giovanne Ragazo a instantia di Luchantonio di Giunta Fiorentino», sotto il pontificato di Innocenzo VIII e del doge Agostino Barbarigo, compare per la prima volta la marca di Luca Antonio, come se l’imprenditore veneziano volesse attestare una svolta nel suo catalogo proprio con tale pubblicazione. La Bibbia, Malermi/Malerbi è famosa anche per l’apparato iconografico che ripropone in xilografie soggetti già apparsi nella tedesca Bibbia di Quentel, interpretati però con maggiore raffinatezza. I legni, che furono assai fruiti da chi si accostava alla Bibbia ancora con lo scopo di trarre dalle immagini la didascalica anticipazione o spiegazione al testo, vennero riutilizzati in edizioni successive della Bibbia e pure in altre opere. Il camaldolese per la sua traduzione si avvalse di alcune versioni del ’300, ritoccandole notevolmente per renderle più aderenti al testo latino quanto al contenuto, per avvicinarle al veneto quanto alla forma. La sua Bibbia, considerata un’opera omogenea, seppure molto rozza nella lingua, ebbe tuttavia gran successo, tanto è vero che fino al 1567 se ne fecero diverse edizioni, emendate qua e là. Seguendone la fortuna sempre presso i Giunta – va ricordato che vi fu anche un’edizione sempre veneziana ma del tipografo Paltasichi uscita nel 1484 –, si nota come la Bibbia Malermi/Malerbi venga ricomposta in nuova edizione da Luca Antonio nel 1492 e ancora nel 1494 quando il tipografo che vi pose mano sarà Rosso da Vercelli. L’opera conobbe tale fortuna che nel 1493 Guglielmo da Cerreto ne farà una contraffazione. Un’altra giuntina si ebbe ancora nel 1507. Nel 1529 per i Giunta sarà la volta della stampa dei Vangeli, tradotti dall’ebraico dal laico fiorentino Antonio Brucioli, e dedicati al cardinale Ercole Gonzaga. Dopo un successivo assaggio (1531) con i Salmi di David, sempre in traduzione dall’ebraico, nel 1532 appare tutta la Bibbia nella traduzione di Brucioli, dedicata a Francesco I di Valois, edizione che Camerini dice replicata a Lione nel 1546, ma che tuttavia non appare nell’OPAC francese e neppure nelle banche dati cercando al titolo uniforme e a quella data. Se si accenna alle vicende di questo intellettuale, che verrà condannato ben due volte per eresia e che trascorse la maggior parte del resto della sua vita agli arresti domiciliari, va rilevato che egli fu fra coloro che cercarono di vivere del mestiere di autore. Il bisogno di autonomia conquistato con le proprie capacità intellettuali messe al servizio della stampa spinse diversi scrittori, fra i quali lo stesso Brucioli, a scegliere non a caso Venezia, la città più intraprendente nel mondo editoriale della penisola, e pertanto quella che offriva maggiori possibilità in quella direzione. Dopo aver lavorato con i Giunta dedicandosi alla traduzione del Vangelo poi di tutta la Bibbia, sperando potesse esservi un ritorno economico nel dare alla luce proprie opere, Brucioli tentò, con i fratelli, l’avventura di impiantare una
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
147
propria officina tipografica. Pubblicando prevalentemente scritti del Brucioli, tutti ritenuti eretici, compresa un’edizione della traduzione della “sua” Bibbia, la stamperia entrò nel novero di quelle perseguitate e con essa venne messo al bando anche l’autore/editore. Brucioli fu costretto a chiudere pertanto i battenti della sua stamperia e ad uscire definitivamente dalla scena dell’imprenditoria editoriale veneziana. L’officina si arresta nel 1548 e Francesco Brucioli sarà uno dei tipografi inseriti nell’Indice del 1558 con tutta la propria produzione, mentre Antonio venne esiliato.85 Il breve riferimento a Brucioli è per confermare che fu il catalogo complessivo delle sue opere ad entrare nel mirino della censura, oltre la sua traduzione della Bibbia, e che i tempi della sua esperienza erano ancora quelli della grande persecuzione della Chiesa ai libri considerati eretici. Non si fatica pertanto a credere quanto fosse esposta la sua attività e sottoposta a pesanti controlli. La Bibbia del Malermi/Malerbi, invece, ancora molto tempo dopo la morte del traduttore (1482) non incontrò alcuna proibizione e continuò ad essere diffusa in modo incontrastato nel periodo antecedente al primo Indice universale e dopo il Tridentino. Non fu pubblicata unicamente la Bibbia nella sua interezza: proseguendo nella consultazione dei cataloghi, si rileva, che i Vangeli non furono opera solo di Brucioli, ma che del Nuovo Testamento vedrà la luce un’altra edizione giuntina nel 1536, di fra’ Zaccaria da Firenze dell’ordine dei predicatori, derivata, secondo Camerini e Barbieri, da quella del Brucioli.86 La successiva versione sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento sarà invece del domenicano fiorentino Santi Marmochino, apparsa sempre presso i Giunta, o meglio per gli eredi, e dedicata ancora una volta a un francese, il vescovo Jean D’Armagnac. Il Marmochino, legato alla dottrina di Savonarola e alla necessità di usare la puritas cordis per la lettura delle Scritture, afferma che «la maggior parte della Italia non hanno la lingua latina» e che, grazie ad una traduzione «in lingua materna» della Bibbia, il predicatore potrà raggiungere un più ampio pubblico, visto «che deve mangiare il volume [che] 85
Su Antonio Brucioli in rapporto alla stampa si veda almeno C. Di Filippo Bareggi, Il mestiere di scrivere: lavoro intellettuale e mercato librario a Venezia nel Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1988. Per Brucioli e gli altri traduttori cfr. E. Barbieri, Le bibbie italiane del Quattrocento e del Cinquecento. Storia e bibliografia ragionata delle edizioni in lingua italiana dal 1471 al 1600, 2 voll., Milano, Bibliografica, 1992 con relativa bibliografia e Id., La tipografia dei fratelli Brucioli, l’attività editoriale di Antonio e il Cabasilas di Gentien Hervet, in Antonio Brucioli: Humanisme et Évangélisme entre Réforme et contre-Réforme, Actes du Colloque de Tours, 20-21 mai 2005, sous la direction di Élise Boillet, Paris, Champion, 2008, pp. 53-76. 86 Si vedano i testi di cui mi sono prevalentemente avvalsa: P. Camerini, Annali dei Giunti, Venezia, 2 voll, Firenze, Sansoni Antiquariato, 1962-1963, e E. Barbieri, Le bibbie italiane, cit.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
148
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
è la Sacra Scrittura, il quale è dolce nella bocca».87 Uscì nel 1545 (alcune copie, di una diversa emissione, saranno datate 1546). L’edizione del 1545 del Marmochino riporta correzioni e aggiunte, come il libro VI dei Maccabei e una traduzione dei Salmi in versi. Presso Girolamo Scoto, sempre a Venezia, uscì anche nel 1566 (al colophon si legge 1567) un’altra edizione Malermi/Malerbi, che riproduce il testo già stampato da Martin le Jeune nel 1562 e che sembra approntata in tutta fretta quasi a cogliere l’“attimo fuggente”. Che il mercato delle Bibbie fosse appetito lo dimostra anche il fatto che, contemporaneamente alle edizioni in volgare, i Giunta stamparono Bibbie anche in latino. Nel 1511, ne apparve una, con la «tavola» che si estende da c. 8 a c. 21, poi ancora un’altra nel 1519, contenente testi diversi da quelli che saranno successivamente adottati. Nel 1529 appaiono i Vangeli in latino, replicati nel 1538. I Giunta sono dunque i maggiori produttori italiani della Scrittura, la cui stampa fu prerogativa del loro catalogo anche in seguito: nel 1571 otterranno, con uno speciale breve papale, il privilegio assoluto di pubblicazione della Bibbia in latino «Romaeque revisa» («tra le meno eleganti che si possano stampare», commenta Camerini),88 replicata nel 1572 e nel 1589. Il ramo veneziano dell’importante casa di produzione sembra protetto molto di più di quello fiorentino. Negli anni che precedono il Clementino, Filippo Giunta, nel 1594, da Firenze, motivando la scelta di rifugiarsi in villa si esprimerà con significative parole: «perché tra la fame e l’Indice questo mestieri [sic] va in terra affatto».89 Pure i Giunta veneti, a cui spetta il primato delle stampe delle Bibbie in volgare, fra le proibizioni del 1558 e quelle ribadite del 1596, subirono anch’essi pesanti perdite a causa dei disposti censorii.90Adattandosi tuttavia ai tempi e sfruttando il credito loro riservato da un pubblico affratellato all’antica casa veneziana, i Giunta di Venezia rincorreranno altre occasioni: daranno fuori, nel 1606, la prima edizione della Bibbia sisto-clementina, come rivista nel 1592, la quale sarà ristampata ancora nel 1607, 1608, 1611. 87 L. Saracco, “Riveduta, corretta et emendata”. Censure e rimaneggiamenti nella seconda edizione della Bibbia in volgare di Santi Marmochino (1545/46), Tesi di perfezionamento in Discipline Storiche, Scuola Normale Superiore, Pisa, Relatore prof. M. Rosa, a.a. 2007/2008, in particolare pp. 34 e 51. 88 P. Camerini, Annali, vol. II, p. 44. 89 I Giunti tipografi editori di Firenze, 1571-1625. Annali inediti con un’appendice sui bibliografi dei Giunti, a cura di L. S. Camerini, Firenze, Giunti Barbèra, 1979, p. 11. 90 P. F. Grendler, L’inquisizione romana e l’editoria a Venezia (1540-1605), Roma, Il Veltro, 1983; A. Ottone, L’attività editoriale dei Giunti nella Venezia del Cinquecento, «Dimensioni e problemi della ricerca storica», II, 2003, pp. 43-80.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
149
È come dire che i famosi imprenditori del libro a stampa continuarono in un trend di produzione che permise loro di trovare le vie per uscire dalla impasse in cui si trovarono altri operatori del settore, cercando i mezzi più convenienti per continuare a mantenersi a galla.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Percentuali delle edizioni delle Bibbie in volgare stampate in Italia in rapporto alle traduzioni
Fonti consultate: Barbieri, Lurmini, Edit16, La Bibbia nel ’500.
Ma considerato che sono le Bibbie in volgare, nella loro interezza stampate in Italia fino al 1567, quelle di cui preme ora avere maggiore conoscenza e sulle quali si è esperito il tentativo di calarsi nei loro indici, è bene, per tentare di offrire un quadro sintetico della situazione, fornire alcuni dati: a partire dalla princeps del 1471, le Bibbie impresse a Venezia fino al ripristino del loro divieto sono per Barbieri complessivamente 36 considerati tutti gli stampatori che diedero vita alle varie edizioni, di cui, astraendo i dati, secondo i traduttori, le edizioni Malermi/Malerbi risultano 26, le Brucioli 6, le Marmochino 3 più una edizione anonima stampata a Venezia da Ammergau nel 1471. Da un sito ben congegnato si rileva la presenza di una ulteriore Brucioli stampata da Domenico Giglio a Venezia nel 1552 e di una Malermi/Malerbi stampata a Venezia da tre tipografi veneziani (Guglielmo da Fontaneto, Melchiorre Sessa e gli eredi di Ravani Pietro) 91 edizioni che tuttavia non compaiono fra quelle censite e descritte nella banca dati Edit16.
91 Cfr. Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, La Bibbia nel ’500: edizioni, interpretazioni, censure, (ultima interrogazione gennaio 2009).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
150
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Le giuntine delle Bibbie in volgare e non dei suoi libri separati assommano a 9 edizioni fino al 1566-67, ovvero sono in percentuale quasi il 30% di tutta la produzione.92
Gli indici delle Bibbie nel volgare italiano (1470-1566)
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
a) la forma Gli indici delle Bibbie nel nostro volgare non subirono il medesimo ostracismo di altri prolegomeni della Scrittura di cui si è detto. La proibizione della Scrittura a stampa in volgare fu talmente radicale che non si ebbe motivo di salvare proprio nulla di ciò che era passato sotto i torchi. Un aspetto che spiega perché questi indici non ebbero bisogno di essere passati al vaglio del Sant’Ufficio è dato anche dal fatto che di essi non si conoscono tirature che abbiano girato autonomamente: si trovano sempre collegati al testo, seppur in posizione diversa, in apertura oppure in fine. Tuttavia se delle Bibbie si percorrono gli indici, si ha un’idea del motivo della proibizione che si abbatté con veemenza sull’Antico e il Nuovo Testamento, tradotti a più riprese nel volgare italiano e condannati senza alcuna remissione. Il corredo che accompagna ogni stampa della Bibbia non è più solo quello dovuto o attribuito a s. Girolamo, ma muta, e offre, nelle sue mutazioni, chiavi di lettura diverse per il testo. Ciò avviene anche per gli indici, creati a volte dagli autori delle traduzioni in soccorso dei lettori e sostenuti dai tipografi e/o editori proprio per allargare la cerchia dei fruitori; indici che spesso non sono innocui, né tanto meno neutri, così come mi appresto a riferire a seguito di una loro sommaria lettura, non sorretta da una adeguata preparazione teologica. Dopo il quadro di riferimento espresso dalla tabella è importante precisare, prima di passare a delineare come gli indici fossero costruiti, su quali Bibbie appunterò lo sguardo. Come sempre sono fondamentali repertori e cataloghi che guidano nella selva, non poco oscura, delle edizioni considerate.93 Dal loro confronto incrociato si perviene al panorama completo delle 92 Da un recente studio si evince che in Italia le edizioni delle Bibbie complete o di un solo Testamento furono 80, a fronte delle 700 tedesche, delle 230 inglesi e delle 540 in francese per citare solo la produzione dei paesi più emergenti. Cfr. M. Engammare, Un siècle de publication de la Bible en Europe: la langue des éditions des Textes sacré (1455-1555), «Histoire et civilisation du livre», IV: Les langues imprimées (XV-XX siècle), 2008, pp. 47-91, in particolare p. 51. 93 Cfr. E. Barbieri, Le bibbie italiane, cit. e soprattutto La Bibbia. Edizioni del XVI secolo, a cura di A. Lumini, Firenze, Olschki, 2000.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
151
Bibbie in volgare dal Quattro al Cinquecento, gran parte delle quali sono custodite presso la Nazionale di Firenze, che è la biblioteca in Italia più ricca di queste edizioni. Al corpus delle Bibbie della Nazionale ho aggiunto alcune presenze riscontrate altrove. Va inoltre precisato che non tutte le Bibbie in volgare sono provviste di indici e che pertanto si è proceduto ad isolare quelle che ne sono dotate: un consistente gruppo di edizioni, a partire dalla Bibbia del Malermi/Malerbi del 1471 stampata a Venezia da Vindelino da Spira, per arrivare alla stessa, nella ristampa del 1566-67, edita sempre a Venezia da Scoto, con cui si chiude la stagione delle pubblicazioni della Scrittura nel volgare italiano. Il gruppo delle Bibbie in volgare dotato di indici è comprensivo di 35 unità, dalle quali ho tuttavia trascelto quegli indici che appaiono nuovi e più significativi quanto al loro allestimento. Da questi è bene dunque partire indirizzando lo sguardo alla costruzione tecnica degli indici, che già da sola è una spia per capire come si addivenisse alla loro prima strutturazione e alle successive rielaborazioni. Comincerò con le Malermi/Malerbi, facendo presente che nell’Antico Testamento i libri si dividono in «legali», «sapientiali», «historiali» e «prophetali». In quella del 1471 (stampata da Vindelino da Spira) appare un indice nel quale solo la prima parte è originale del traduttore, il quale nell’epistola a frate Lorenzo, che apre l’edizione, riferisce lo scopo dell’opera e le scelte in essa compiute. A proposito della tavola paratestuale scrive a c. [a]2v: «[…] et habiamo posto la tavola et di libri come di capitoli: dal principio del genesis insino ali libri de Salomone: et da li indrieto poniamo la tavola solamente de li libri. Et questo considerata la facilita del legitore: et sua maior consolatione» (cap. V). Alla risposta di frate Lorenzo, redatta in latino, fa seguito la «Tabula dela prima parte dela bibiglia». È un sommario, dal Genesi al libro di Giobbe. Il riferimento è al capitolo e alle carte dell’edizione. L’indice, composto su due colonne, va letto come se ciascuna colonna fosse a sua volta distinta in altre tre colonne. Nella prima è il lemma indicale, segue il numero di capitolo e, infine, quello delle carte, entrambi in caratteri romani. Ad es.: Libro genesis Lopra de sei di La inhibitione del fructo.
Cap. i.
Carte. i.
ii.
i.
Ad ogni libro, si riprende con l’indicazione di capitoli e carte. Ad es.:
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
152
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Exodo Comanda pharao siano occisi tutti li maschi
Cap.
Carte.
i.
xxviiii.
La seconda parte, non autoriale, dell’indice, è unicamente un elenco dei capitoli. Come è stato osservato la tavola favorisce una migliore lettura ed esprime «in rapida successione il racconto».94 Il fatto stesso che solo la prima parte del testo sacro sia indicizzata è una prova della «maior consolatione» di chi vi attingerà, perché è nei primi libri dell’Antico Testamento che si disvela la storia del popolo ebraico, intessuta, come si dirà, di tanti racconti che l’indice consente di cogliere nel loro sviluppo diacronico, capace di affascinare il «legitore». È Mosè, a cui Dio ha consegnato le tavole dei Dieci Comandamenti, ad essere il protagonista della narrazione nel Pentateuco: secondo la tradizione ebraica, fu Dio a dettare direttamente al profeta sul Monte Sinai la Torah, che divenne la Legge del popolo eletto. Ed è pertanto Mosè ad essere il protagonista anche della successione delle stringhe in cui sono racchiusi gli argomenti dell’indice. La tabula non occupa un fascicolo a sé stante, ma è strettamente collegata col testo. In quella successiva del 1477 (stampata da Gabriele di Piero), la Tabula è ripresa quasi interamente dalla princeps, per quanto risulti interamente ricomposta. Si perde per ovvie ragioni il riferimento alla carta, ma resta quello al capitolo, indicato con numero arabo. Dopo i Salmi appare il «Breve Argumento De Tutta Lopera», poi la lettera dell’alessandrino Aristea (fl. 100 ca.) Ad Philocratem fratrem de LXXII interpretibus, con cui si chiude il volume: la lettera è tradotta e la traduzione, attribuita allo Squarciafico; in verità è dell’umanista Bartolomeo Fonzio (1445-1513).95 Nell’altra Malermi/Malerbi sempre del 1477 (stampata da Antonio Miscomini) si ripropone il modello paratestuale della princeps, con registro, lettera di Malerbi a fra Lorenzo, risposta del francescano e lettera di Aristea, che chiude il volume. Ritorna l’indicazione delle carte, insieme con i capitoli, espressi però in numeri arabi. Il sommario altera i lemmi, che sono evidentemente ricondotti nello spazio della nuova composizione tipografica. Gli argomenti dei libri indicizzati non restano però gli stessi: si usano altri termini ed essi vengono descritti con maggior ricchezza di dettagli nonché ampliati nel numero. Dietro un’apparente riproposta si cela in realtà una 94
E. Barbieri, Le bibbie italiane, cit., p. 188. S. Caroti, S. Zamponi, Lo scrittoio di Bartolomeo Fonzio umanista fiorentino, Milano, Il polifilo, 1974. 95
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
153
nuova indicizzazione. I lemmi sono desunti da rubriche collocate all’inizio di ciascun libro e di numerosi capitoli. Nel colophon della Bibbia si dice: «rubricata per me fratre Marino de Venetia del ordine de predicatori: dela sacra pagina humile profesore: sequendo la expositione de Nicolo de Lira et deli altri doctori: dechiarando summarie quello che contengono li capituli quanto la brevita dele rubriche patischono». Si può infatti ricondurre la tavola alla traduzione di quella apposta alla Biblia latina con le «Postille» del de Lyra e capire pertanto quale originalità rivestisse la tavola del de Lyra nella sua articolazione e negli argomenti trattati. Poche le varianti pure nell’edizione del 1502, che ha per tavola della prima parte quella di Marino da Venezia e per la seconda quella del traduttore. Dopo l’occhiello è posizionata la «Tabula de la prima parte de la Biblia» (cc. a2r-a5v), fino al libro di Giobbe, con distinzione dei libri e, lemma per lemma, dei capitoli. La Tabula è impressa su tre colonne con iniziali xilografiche. Si tratta di un sommario, che non rispetta quindi la sequenza alfabetica bensì la successione dei momenti della narrazione. Ad esempio dopo l’indicazione «GENESIS» vengono le varie descrizioni: «Descrive Moyses la creatione & productione de le creature corporale. Capitulo. i.». La successiva «Tabula de la seconda parte de la Bybia» (dai Proverbi all’Apocalisse) occupa le cc. finali dell’edizione (cc. LL2v-LL7r). L’ultima carta, nel verso contiene il registro e il colophon. L’edizione è ricchissima di xilografie. Nel 1517 e nel 1525 escono successive ristampe giuntine, adornate da importanti xilografie, che presentano solo particolarità tecniche legate alle nuove composizioni. L’edizione del 1517 registra la presenza di «postille», un ulteriore soccorso alla lettura. Le tavole di entrambe le edizioni risultano sulla falsa riga delle precedenti, di cui si è detto. La Malermi/Malerbi del 1535 porta invece le tavole della prima e della seconda parte, finora stampate rispettivamente nel fascicolo iniziale e finale, finalmente riunite. Ciascun capitolo è preceduto da una breve rubrica, ripresa nella tabula disposta su quattro colonne. A partire da c. a7r mutano il corpo e la famiglia del carattere, per evidenti ragioni di spazio, come si evince anche dalle ultime carte dell’edizione: il corpo si rimpicciolisce e la famiglia diviene, da romana, gotica. A c. a8v, a partire dalla IV colonna, ritorna il corpo romano di maggiore dimensione, ma in più ariosa interlinea. Vi sono dunque tre stili di composizione, dettati dallo sperimentalismo necessario all’elaborazione della nuova tavola, che può essere ora letta e assimilata nella sua interezza. Riappaiono inoltre le «postille spirituale et morale sopra tutti li libri della Biblia utilissime: 7 belle estracte da diversi dottori: 7 authori della santa ma-
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
154
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
dre Giesia», edite per la prima volta nel 1517. Dalla prima edizione fino alle ultime della Bibbia Malermi/Malerbi si nota una preoccupazione costante da parte dei tipografi e degli allestitori per la composizione degli indici, nel tentativo di venire incontro al lettore proponendogli accessi sempre più facili al testo e un piano maggiormente organico della trattazione. La Bibbia di Brucioli apparsa nel 1532 fu la prima edizione della traduzione italiana della Bibbia condotta sui testi originali anziché sulla Vulgata latina. Nonostante la novità dovuta alla traduzione, che influì non poco sulla Riforma italiana, presenta un apparato indicale che non appare originale96. Si rilevano rimandi intertestuali ai margini dell’impaginato, con brevi sommari che non sembrano differenziarsi molto dal Summarium latino pubblicato nella giuntina del 1511,97 quasi a sostenere che chi si accostava a questa traduzione muoveva da una consapevolezza che portava a puntare principalmente al testo. Presenta una tavola relativa al Vecchio Testamento, cui segue la Tavola o’ sommario di tutti i libri del vecchio testamento canonici & apocryphi. Nella sua struttura la tavola aspira ad essere solo un marginale corredo al testo. La quarta edizione del Brucioli, (1541) prima ad essere stampata nella sua tipografia, ha un indice-sommario dei libri (c.r5v-r6r), ovvero la Somma di tutta la Sacra scrittura de sacrosanti libri del vecchi [sic], & nuovo Testamento. È la traduzione rivista del testo Haec docent sacra Bibliorum scripta, inserito da Robert Estienne nella seconda edizione della Bibbia latina (1532), che accrebbe la già esplicita diffidenza dei teologi della Sorbona. Pubblicato dall’Estienne nel 1540 come edizione a sé stante dal titolo Decem praecepta, & Scripturae summa, divenne un vero e proprio manifesto dei nuovi princípi e fu spesso inserito nelle Bibbie riformate. Anche il Brucioli l’inserì nella sua traduzione italiana, pure nelle successive edizioni del 1547 e 1551.98 La princeps della edizione del 1538 tradotta da Marmochino è quella che maggiormente si impone non solo per gli indici, che accampano una posizione di preminenza sul frontespizio a fianco del titolo dell’opera, ma anche per la sua vocazione didascalica. Porta i «nomi ebrei in margine come s’harebbono à pronontiare» ed è organizzata «Con sommarij a ogni capitolo. Con tre ordini di tavole». La traduzione, che viene considerata come «un tentativo di revisione della traduzione brucioliana» ma che tuttavia finì con lo scontrarsi anch’essa con le autorità ecclesiastiche,99 proprio nell’indice 96
Ho effettuato la compulsazione della tavola mancante nell’esemplare della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze sulla copia conservata nella Biblioteca Marucelliana. 97 La Bibbia, a cura di A. Lumini, cit., n.° 70, p. 80. 98 Ivi, nn.° 20, 81, 82, rispettivamente alle pp. 29-30; 91-93. 99 Ivi, n.° 72, pp. 81-82.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
155
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
fa trasparire, come si vedrà, la sua derivazione dalle Bibbie protestanti. Già nella lettera di dedica il traduttore esplicita il metodo di costruzione dell’indice, il quale è composto da «[…] tre tavole per poter trovare tutte le cose opportune: la prima serve all’ordine de’ libri della Scrittura santa, la seconda alle cose notabili del testo, la terza alle cose poste al margine», il tutto corredato da un «[…] sommario di tutti i capitoli della Scrittura».100 La lettera al lettore è un nuovo messaggio didascalico. Così recita: La prima cosa ottimo Lettore che tu hai in questa nuova traslazione dela Bibia si è, che cosa è la Bibia, donde è derivata, & quante sono le parti sue. Secondo vedrai tre tavole, una per trovare l’ordine de libri, la seconda per trovar le cose del testo, la terza per trovar le cose che sono in margine. Terzio hai i sommarij ad ogni capitolo. Quarto una esposizione latente dove vedrai questo segno { che ti dichiarerà che quelle parole non sono nel testo, ma vi s’intendono. Quinto hai in margine una Chronica dal principio del mondo insino à Christo di tutti e tempi ne quali furono fatte le cose della Bibia. Sesto hai quello c’hanno detto i dottori gentili delle cose della scrittura santa in margine a riscontro al testo dela Bibia. Settimo hai nomi ebrei in margine come s’harebbono à pronontiare secondo la lingua ebrea, & dentro come gli pronontiamo con qualche emendatione. Et in breve tempo si stamperà il libro della Continuatione del vecchio testamento col nuovo. Dove vedrai i successori de primi Machabei infino a Christo, & tutte le cose mirabili di Herode sotto il quale nacque Christo. Dipoi il nuovo Testamento da me trasferito colla sua Chronica. Godi adunque felice Lettore le nostre fatiche con poca fatica tua, & molta delettatione.
Un vero sommario a mo’ di trattatello dove niente è lasciato all’interpretazione del solo lettore, al quale non si trascura che il messaggio biblico così indicizzato giunga già pronto per la divulgazione. Sia nella prima che nella seconda edizione compare un vero e proprio indice dei nomi e semantico, con riferimenti al testo biblico e non a carte, pagine etc. L’ordine non è perfettamente alfabetico, forse a causa dell’impiego dell’indice in molte edizioni, con conseguenti interpolazioni da parte della tipografia e di altri soggetti legati ai mestieri del libro. Alcuni lemmi si rifanno a questioni assai dibattute a quel tempo: ad esempio «l’Auttorita apostolica. Ioan. 15. 17. 20. 21. Act. 1. 2. Pet. 1. 2. The. 3». Ma altri lemmi sono interessanti: «Escomunicatione evangelica», «per Gratia siamo salvati. Eph. 2», «l’Heretico si ha à schiffare. Ti. 3», «il Libero arbitrio dell’homo» (con molti lemmi), «il primato della sedia apostolica si prova. Mat. 16. Ioan. 100
E. Barbieri, Le bibbie italiane, cit., pp. 262-266.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
156
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
21. Luc. 22.», «della Scrittura chi sia l’interprete» (con molti lemmi), «la Volontà di Dio si ha à risguardare non l’opera ò il premio. Luc. 17». Lemmi che, come si vede, spesso presentano pochissimi riferimenti, molte volte uno solo. Nella terza tavola sono indicizzate le postille a margine, redatte utilizzando fonti ecclesiastiche (Padri della Chiesa, etc.) e storico-erudite, nonché note a commento. L’ordine non è perfettamente alfabetico. Gli argomenti sono collegati al testo; es.: «la Moglie per qual cause si puo lassar» che ha il rinvio alla carta, senza precisazione di r/v. Per i piccoli sommari posti a fianco ai singoli capitoli dell’Antico Testamento si fece ricorso alla Bibbia riformata stampata a Norimberga da Johan Petreius.101 Ciascun libro biblico è seguito da una breve nota linguistica con le ragioni della traduzione e delle eventuali correzioni rispetto ai volgarizzamenti precedenti giudicati errati. Ogni capitolo è introdotto da un breve sommario del contenuto. Nessuna novità significativa nelle ristampe, realizzate anche dopo la morte del Marmochino avvenuta circa nel 1545.
b) i contenuti Si legge in un moderno excursus diretto ai bambini che nel Libro «non si tratta di fiabe ma della storia di un popolo che nella Bibbia racconta come ha vissuto e come, nelle vicende belle ma anche in quelle brutte, ha scoperto l’intervento del suo creatore». Si fa inoltre presente che, per seguire meglio lo sviluppo del percorso, prima di ogni brano sono state inserite alcune frasi che aiutano «l’adulto che narra il messaggio centrale» a trasmetterlo. Dunque ancora oggi si ritiene necessaria, per i giovani lettori, una intermediazione nella lettura della Bibbia. Mediare si rivela importante per consentire loro di penetrare nelle storie che hanno a protagonista un popolo in cerca del suo riscatto, nella narrazione di «vicende belle ma anche brutte». Così la Chiesa voleva che ci si accostasse alla Scrittura, scoprendovi il mistero di un percorso: non da soli ma con la mediazione del sacerdote. L’indicizzazione di tutti i libri, e quindi la possibilità di scorrere frasi e lemmi nel proprio volgare, poteva invece generare curiosità nel fedele ed anche autonomia di giudizio anziché costituire un autentico approccio religioso e, di conseguenza, scuoterlo nel profondo e allontanarlo per sempre dal tipo 101
A. Del Col, Appunti per una indagine sulle traduzioni in volgare della Bibbia nel ’500 italiano, in Libri, idee e sentimenti religiosi nel Cinquecento italiano, a cura di A. Biondi e A. Prosperi, Ferrara, Modena, Istituto di studi rinascimentali, Panini, 1987, pp. 165-188, part. p. 173.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
157
di lettura che si voleva inculcare, soprattutto nei confronti di testi, come la Scrittura, di enigmatica proposta interpretativa. Per capire come l’interpretazione dei libri della Bibbia fosse difficile anche per coloro che nella Chiesa vedevano l’unica via della salvezza, basterà ricordare un solo esempio, quello di s. Teresa alle prese con il Cantico dei Cantici. Teresa d’Avila, che assieme a Juana de la Cruz si adopera per riconvertire la letteratura erotica e consegnarla al divino, tenta infatti di spiegare alle consorelle del Carmelo, con le sue Meditazioni sul Cantico dei Cantici – un libro che uscì quasi clandestino –, come possa avvenire l’incontro tra l’anima e Dio. Ben due paragrafi delle Meditazioni sono dedicati ai versi «Mi baci il Signore col bacio della sua bocca, | perché le tue mammelle | sono migliori del vino» (Cantico 1, 1). Ancora prima di riuscire a comunicare quali fossero i diletti della sposa in Dio, Teresa affida alle consorelle un pensiero: quello di non logorarsi la mente perché sarà «Sua Maestà», quando vorrà, a palesare ciò che si nasconde in quei versi, senza che le carmelitane si consumino nella fatica. È il mistero quello che si vuole fare predominare, sono i mille misteri che potranno essere intesi solo con una profonda umiltà, nella consapevolezza che il Signore si concederà ad un’anima che lo ami e lo incoraggi: a questa anima il Signore saprà parlare e far conoscere quanto grande è il suo amore e ciò che in realtà si cela nell’esordio del Cantico. Teresa oscilla pericolosamente fra la tentazione di razionalizzare i versi e quella di interpretarli come uno schermo simbolo della volontà del Signore di non apparire, di non manifestarsi apertamente.102 Se questa è l’interpretazione di una santa e di una mistica alle prese con il grande poema d’amore, si può capire come la versione tradotta del Cantico attirasse per i motivi più diversi, non tutti riconducibili alla Chiesa e all’amore per Dio. L’indicizzazione del Cantico permetteva poi anche di cercarlo e individuarlo con facilità e precisione, spinti dalla bramosia di leggerlo e rileggerlo a rischio di allontanarsi dal Sacro. Non è un caso che nel testo delle Marmocchino, racchiusi fra parentesi graffa, compaiono gli «interlocutori» che la Chiesa ha individuato per i versi del Cantico che viene preceduto da una frase in cui si legge «gli interlocutori di questo Dialogo della Cantica nel primo capitolo sono la Chiesa, Christo, le Giovanette che son l’anime fedeli, e Compagni di Christo, che sono gli angeli», precisazione che non compare nelle altre Bibbie di cui ho scorso il testo. L’indicizzazione dell’Antico Testamento apriva numerose strade alla 102 Mi sono avvalsa della seguente edizione: Teresa d’Avila, Meditazioni sul Cantico dei Cantici, Palermo, Sellerio, 1991.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
158
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
curiosità compiaciuta di chi vi si accostava già conoscendo – forse per altre vie, soprattutto quella dell’oralità – storie bibliche di donne che negli indici vengono segnalate e isolate e rese pertanto facilmente rinvenibili all’interno del testo. È ancora l’Antico Testamento ad esibire nell’indice perifrasi in cui spiccano nomi di donne e dietro le quali si nascondono storie non sempre edificanti. Lot, nipote di Abram, dopo essersi salvata con la famiglia dalla distruzione delle città di Sodoma e Gomorra divenute ricettacolo di peccato, fu punita per la sua disubbidienza e trasformata in statua di sale. La famiglia si rifugiò in una grotta lì vicino e le figlie del marito giacquero con il padre rimasto vedovo, generando figli. Ruth, rimasta presto vedova di un ebreo, non volle tornare presso il popolo d’origine, i Moabiti, che abitavano la regione dei monti di Moab, tra Israele e Giordania, oltre il deserto di Giuda. Si accodò perciò alla suocera Naomi e si recò a Betlemme da Booz, lontano parente della suocera. Lì spigolava nei campi e la sera «faceva tenera compagnia» a Booz. Convolarono poi a nozze e Ruth la «gentile» alla lunga divenne un’antenata «secondo la carne» di Cristo. Giuditta, dopo che il generale Oloferne, durante una delle tante guerre che anche allora percorrevano il Medio Oriente, decise di assediare la città palestinese di Betulia pensando di prenderla per fame, gli si parò dinanzi nel suo fulgore giovanile. Fu subito ammessa alla presenza del generale, suddito del re assiro Nabuccodonosor. L’incontro si protrasse e fu coronato da un banchetto, innaffiato generosamente da ottimi vini. A tarda notte il generale giaceva ubriaco. Fu decapitato dalla sua conquista, ovvero Giuditta, che furtivamente tornò tra gli Ebrei, i quali, ad un segnale convenuto, inviarono l’esercito ad attaccare quello assiro. Esther viveva presso la corte del re persiano Assuero insieme con lo zio Mardocheo. Ben presto, grazie al suo fascino, si trasferì nell’harem del sovrano, sventando anche una congiura ai suoi danni. Il primo ministro Aman ottenne da Assuero un editto per lo sterminio degli Ebrei. Ma intervenne la bella Esther che, dopo preghiere e digiuni, agghindatasi invitò il suo re ad un banchetto luculliano, condito dalla voluttà dei sensi. Durante il banchetto denunciò le trame del primo ministro. Assuero depose Aman, facendolo condannare a morte e sostituendolo con Mardocheo, che aveva destato in Aman profonda invidia. Gli Ebrei sterminarono i nemici ed Esther fu ricordata per sempre con la festa del Purim. Quattro storie edificanti, cui sottendono però incontri fuori dalle regole, favoriti da donne che giocano anche d’astuzia; quattro accessi indicali facili. Basta scorrere l’indice, seguire i libri dell’Antico Testamento e andare alle
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
GLI INDICI NEGLI INDICI E NELLE BIBBIE IN VOLGARE
159
pagine indicate per ritrovare facilmente queste storie e soddisfare curiosità in qualche caso perfino morbose. Nella Malermi/Malerbi del 1477, che è la prima edizione a portare l’indice e che procede dalla Genesi attraverso Mosè, il vero narratore, quanto a Loth, così come è per le altre donne comprese «De la prima parte della Biblia», si individuano facilmente le strade per arrivare ad incontrarle: «Come Abraam et la sua donna con tutte le sue divitie insieme con Loth», si legge nella stringa dell’indice. Nella Malermi/ Malerbi del 1490 l’indice viene meglio strutturato ed Esther e Giuditta, diversamente dall’edizione precedente, costituiscono libri a sé, in modo che le storie possano essere ancor più facilmente individuabili. Nelle Marmochino, invece, i libri delle donne si trovano sintetizzati con finalità più vicine alla interpretazione canonica e pertanto più edificanti. Lo sforzo nei primi indici è quello di seguire da vicino il succedersi degli eventi. Pian piano alla prima preoccupazione si accompagna il bisogno di mettere in rilievo i passi indicizzati, all’interno dei singoli libri, col dare rilievo anche ai personaggi che costituiscono il perno su cui si snoda la trattazione. L’intento didascalico degli indici non è delle prime elencazioni che sono lasciate ad indicare in modo organico e sintetico la trattazione, ma si rileva soprattutto nella Bibbia del Marmochino, che tenta di venire incontro al lettore, anche il più sprovveduto, proprio con gli accorgimenti indicali in modo da rendergli agevole il percorrere le tante pagine del Libro, come si è visto. Se il Nuovo Testamento, che nella Marmochino del 1538 presenta la stessa articolazione dell’Antico Testamento, ovvero la suddivisione in libri «legali, historiali, sapientiali, & profetali»,103 non sembra palesare nella sua indicizzazione aspetti soggetti ad una lettura fuorviante, l’Apocalisse induce sicuramente nel lettore i timori e le ansie proprie di un periodo in cui le profezie annunciavano sconvolgimenti sociali, sciagure e forze demoniache, evocate anche dai predicatori. Nel 1512 era stata espressa da parte del Concilio lateranense V una ferma condanna di questa ondata profetica e apocalittica, condanna che attenuò ma non sopì il fenomeno: i predicatori si fecero più accorti ed eliminarono dalle loro omelie date precise sull’avvento dell’Anticristo, ma le paure ispirate dalle profezie continuarono ad essere evocate, in ultimo dai romiti, fino alla metà del Cinquecento.104 Il breve regesto che appare nella Marmochino, già presente nell’edizione del 1538, 103 Cosi a c. +3r: «Il nuovo testamento in questo medesimo modo si distingue come il vecchio, & dividesi in libri legali, historiali, sapientiali, & profetali.». 104 O. Niccoli, Profeti e popolo nell’Italia del Rinascimento, Roma, Laterza, 1987, cap. IV, pp. 123-160.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
160
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
stimola in quella direzione: «Apocalysse» è infatti il libro «nel quale si tratta delle revelationi fatte à Giovanni per l’angelo nell’Isola di Pathmos delle tribulationi della chiesa di Christo che allhora pativa, & haveva à partire pell’avenire, & massimamente nel tempo di Antichristo, & de supplicii de dannati, & de premii de gli eleti», come si legge nella tavola. Una traduzione scorretta era vista come un oltraggio alla parola di Dio, che ne alterava il significato e andava in soccorso degli eretici, considerati i veri nemici della Verità. Non sono in grado di identificare altre ragioni teologiche che inducessero a temere gli indici come portatori di un messaggio dai contenuti dottrinali troppo lontani dall’ortodossia cattolica (sola Scriptura, salus per solam fidem). Mi affido perciò alla esegesi di una filologa biblica, che nella Marmochino del 1538 ha rilevato come la Tavola degli uomini illustri e de’ luoghi sia la traduzione pedissequa dell’index della Bibbia stampata dal Quentel nel 1527, proibito come si è visto già nell’Indice di Lovanio del 1546. Anna Morisi Guerra si è calata nell’indice del Marmochino e ha notato come molte proposizioni, fra le quali «Fede vera è dalla gratia», «Il iusto a fatica si salverà», «Evangelio è il parlar della croce», «Colle predestinazione ogni cosa si regge», «La Scrittura solo si debbe affirmare», siano traduzioni di lemmi desunti dalla tavola della Biblia Quenteliana, che in parte rinviano al pensiero della Riforma e in parte «sembrano voler suscitare il dubbio o rimettere in discussione alcuni problemi».105 Non furono di certo i soli indici a suggerire il divieto della lettura delle Bibbie in volgare: altri e più profondi motivi, che abbiamo tentato di analizzare, indussero a ritornare alla Vulgata sebbene anche gli indici aprissero numerosi fronti di lettura, non tutti facilmente controllabili. Di tutti gli indici posti al bando dalla Chiesa si conoscono anche gli artefici. Non sempre, però, gli indici vennero allestiti da autori che possono essere individuati. La casistica è quanto mai variegata e vale la pena di focalizzare lo sguardo almeno sugli aspetti più appariscenti del loro manifestarsi sia che negli indici si palesino i soggetti che vi han dato vita sia ancora che si scorgano le coordinate e i contesti entro i quali è possibile calarli quando essi sono anonimi.
105
A. Morisi Guerra, Di alcune edizioni veneziane della Bibbia, cit., pp. 74-75.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 1 – Biblia, tradotta da N. Malerbi, Venezia, 1535, frontespizio (Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 2 – Biblia, tradotta da N. Malerbi, Venezia, 1481, «Tavola de tutta la Byblia», ossia sommario generale (Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 3 – F. Petrarca, Trionfi, Bologna, A. Malpigli, 27 IV 1475 (BCAB, coll.: 16.O.II.1), proemio della Tabula con iniziale miniata.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 4 – Biblia, tradotta da S. Marmochino, Firenze, 1546, «Tavola seconda de gli huomini illustri de luoghi et de fatti memorabili», ossia un embrionale indice analitico (Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 5 – B. de Chasseneuz, Consilia caussarum patronis, Lione, 1551, frontespizio (Biblioteca Comunale Manfrediana, Faenza).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 6 – Index rerum ac verborum locupletissimus, Lione, 1551, frontespizio: si tratta dell’Index ai Consilia di B. de Chasseneuz (Biblioteca Comunale Manfrediana, Faenza).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 7 – Index rerum ac verborum locupletissimus, Lione, 1551, «Index alphabetarius» di B. de Chasseneuz (Biblioteca Comunale Manfrediana, Faenza).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 8 – Dino del Mugello, Consilia, Lione, 1551, frontespizio: si noti l’esibizione dei «summa rerum & vocum capita» e dell’«index locupletissimus» (Biblioteca Comunale Manfrediana, Faenza).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 9 – Dino del Mugello, Consilia, Lione, 1551, «Index copiosus et fidelis rerum et vocum singularium» (Biblioteca Comunale Manfrediana, Faenza).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 10 – M. Misson, A new voyage to Italy, London, 1699, vol. 2, «Table»: si noti in particolare l’articolazione del lemma «Library» (Biblioteca del Dipartimento di Italianistica, Bologna).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 11 – G. Leopardi, Indice del mio Zibaldone di Pensieri, ms. cart., 1827, c. 29v (Biblioteca Nazionale, Napoli ).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Fig. 12 – Ritratto di Pierre Mouchon (Centro d’iconografia ginevrina, Ginevra).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
IV
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
Tra i mestieri del libro, quello del fare gli indici? Con il sorgere e l’affermarsi delle tipografie aumentano e si consolidano molti mestieri del libro. A quelli che sono necessari per il buon andamento dello strumento principe al loro interno, ovvero il torchio, e a quelli che consentono un andamento della produzione attraverso le procedure tecniche necessarie al buon funzionamento della strumentazione tecnica, si affiancano gli impieghi scrittorii che già in età medievale esistevano e altri che sono il frutto più maturo della nuova tecnologia applicata alla pagina a stampa. Tra questi ultimi spiccano i correttori, che spesso finiscono per assolvere molteplici funzioni, fra le quali anche quella di allestire gli indici, il più delle volte rimanendo nel più oscuro anonimato. Molteplici sono le competenze chiamate a intervenire nel momento in cui si va dal foglio di carta stampato alla sua correzione. Sono proprio i responsabili di questa delicata fase di lavorazione che non svolgono unicamente il lavoro per il quale sono indicati nelle carte d’archivio e qualche volta neppure nelle stesse pagine dei libri cui essi hanno atteso, a contribuire affinché i volumi, quando risultano pieni di errori, siano corredati dagli errata corrige a stampa, ossia liste ordinate dove a fronte delle composizioni errate si invitava il lettore ad accogliere le relative sostituzioni corrette. Esse dimostravano anche materialmente l’impegno assunto da quanti si prodigavano con il fare assiduamente la spola fra le forme di composizione e quelle di stampa. Data la complessità del loro lavoro, non sempre svolto al pieno delle capacità, i correttori furono spesso le figure più bistrattate, anche se talvolta si produssero in operazioni piuttosto riuscite. Resoconti illuminanti su questi personaggi che si muovono nella tipografia facendo da trait-d’union spesso con gli autori, si devono sia a storici del libro sia a filologi dei testi a stampa alle cui pagine è bene riferirsi.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
162
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Giovanni Andrea Bussi, il vescovo di Aleria dal cui brano sono partita nel primo capitolo, fu definito anch’egli correttore, mestiere inteso nel senso più nobile come si staglierà negli anni successivi: oltre alla preparazione del testo, i curatori che sarebbero divenuti editori si accingevano infatti a costruire pure gli indici, e ad intervenire sulla punteggiatura e l’ortografia, come Bussi fece a Roma, in particolare per Sweynheim e Pannartz.1 Riflettendo sull’importanza del ruolo editoriale assegnato ai molti collaboratori che ruotavano intorno al torchio, Anthony Grafton tratta della categoria dei correttori, del loro ruolo all’interno delle tipografie e della loro influenza, a volte assai consistente, nella trasmissione dei testi. Affiancati dai lettori, che leggevano, perlopiù assai rapidamente, gli originali sui quali si basavano le edizioni a stampa, i correctores avevano il compito di verificare l’esattezza delle prove di stampa e di operare rapidamente scelte editoriali sul testo.2 Va da sé che essi dovevano naturalmente saper leggere le lingue classiche, anche se non sempre le capivano realmente. Il loro ruolo non era sempre tuttavia subalterno rispetto a quello degli autori. Il ricorso d’obbligo è ancora una volta ad un intellettuale, che ricoprì anche compiti di correttore, pur essendo personalità di alta o meglio di altissima levatura, ovvero a Erasmo da Rotterdam. Il correttore poteva altresì essere l’autore stesso, nel caso di un controllo diretto sullo stampato, oppure un personaggio autonomo, che talvolta influenzava la realizzazione editoriale tanto da assurgere perfino al compito di curatore, anche senza essere annunciato sul frontespizio. Grafton fa una breve storia del ruolo di correttore, esistente già prima della nascita e della stampa, ricordando intellettuali come Niccolò Piccoli e altri rinomati lettori di manoscritti, sui quali esprimevano il loro giudizio apportandovi correzioni, che anche in epoca di stampa avvenivano specialmente se gli autori non controllavano personalmente l’iter editoriale. Questo perché nel trasferimento dal manoscritto alla stampa, i correttori prendevano spesso l’iniziativa di correggere, svolgere abbreviazioni, mutare parole, soprattutto quando non comprendevano bene il significato di frasi o vocaboli. Alcuni interessanti esempi: ad esempio la parola «procos», cioè i proci pretendenti di Penelope, poté ripetutamente diventare «porcos» perché il correttore non capì la parola originale e pensò ad un errore del manoscritto. Per l’edizione di un’opera di Pio II Piccolomini, edita in Germania, il correttore aveva a disposizione un solo manoscritto, per giunta piuttosto scorretto, e 1
L. Braida, Stampa e cultura in Europa, Roma-Bari, Laterza, 2000, p. 76. A. Grafton, Correctores corruptores? Notes on the social history of editing, in Editing Texts, Texte Edieren, edited by G. W. Most, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1998, pp. 54-76. 2
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
163
dovette pertanto prodursi in congetture per completare e correggere passi che nell’originale non davano senso. I correttori dovevano quindi svolgere abbreviazioni, integrare, aggiungere, correggere, intervenire, operazioni che talvolta gli stessi autori accettavano come normali. Per questo, anche senza volere, i correttori diventavano veri e propri editori, talvolta più talvolta meno adeguatamente. Proprio per il compito di supervisione editoriale ad alto livello che essi potevano svolgere, in buona sintesi, si trasformavano in curatori della forma che il testo assumeva nel lavoro a contatto con i torchi. Talvolta il loro ruolo da protagonisti travalicava l’ambito del testo vero e proprio, spingendosi pure oltre i suoi confini, ossia nel loro paratesto. Sulla funzione editoriale, con particolare riferimento anche agli indici, si è soffermato Paolo Trovato, che ha ricordato come i loro autori si sovrapponessero alle figure professionali che, in tipografia, erano incaricate di traghettare il testo nella forma adatta ai caratteri mobili. Dall’indice della controversa princeps del Decameron, impressa nella Tipografia del Terenzio intorno al 1470, affiorano termini e altri toponimi espressi in varianti fonetiche che provano come il volgare di colui che ha allestito la tavola fosse presumibilmente quello di colui che ha procurato l’editio del testo stampato, secondo lo studioso uscito da un compositore attivo in una «tipografia meridionale non estrema».3 Anche ai correttori e agli autori delle tabulae spesso non si riconosceva una tariffa prefissata, come accadeva ad esempio ad altri sottoposti ai conti del dare e dell’avere tenuti dal proto. Ciò dipendeva dalla estrema variabilità con cui tipografi ed editori risolvevano, edizione per edizione, l’ampia gamma di soluzioni pertinenti «a la utilitade delle opere» impresse, come si esprimono i documenti di tipografia. Nel 1507, ad esempio, i capitoli concordati tra Lucantonio Giunta e i fratelli Torti per la costituzione di una società tipografica contemplavano disposizioni precise riguardo al numero e alla proprietà dei torchi da impiegare, al prezzo di lavorazione delle forme (prezzo che mutava a seconda se si trattava di stampa a uno o a due colori), al costo della carta e dei caratteri. Rimanevano invece molto vaghi circa la spartizione delle spese necessarie alla redazione delle «tavole», esattamente come per quelle da sostenere per la correzione e per l’acquisto dell’esemplare. I manoscritti forniti dagli autori non sempre dotati di validi accessi al testo in forma di indici, erano già in partenza ricchi di varianti grafiche, quando non di errori veri e propri, poiché talvolta essi stessi non si peritavano di rileggere accuratamente il frutto delle loro fatiche. Dal manoscritto alla stampa gli errori si moltiplicavano, tanto quanto la possibilità di 3 P. Trovato, L’ordine dei tipografi: lettori, stampatori, correttori tra Quattro e Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1998, pp. 55-56.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
164
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
escogitare forme sempre più pertinenti di mappatura del testo: le responsabilità spesso cadevano sui correttori, attenti conoscitori del dettato del testo e quindi, di conseguenza, i più adatti a ideare espedienti idonei. Tra le fatiche maggiori di Girolamo Centone, correttore della seconda edizione del Canzoniere petrarchesco, uscita tra il 1491 e il 1492 da Pietro de Piasi, vi è proprio la tavola degli argomenti, costata sudore e fatiche all’ecclesiastico e giurista padovano, morto nel 1527. Lodovico Dolce, tra i più noti correttori e curatori di testi a stampa nell’Italia del primo Cinquecento, richiesto da Bindoni e Pasini di fornire il testo del Furioso per la stampa, impressa a Venezia nel 1535, oltre a un minuzioso lavoro di correzione delle bozze (che restituì un esito eccezionalmente fedele al dettato dell’autore, morto due anni prima) si peritò di aggiungere alle ottave dell’Ariosto una articolata «Tavola delle Historie e Novelle contenute in tutta l’Opera per ordine di alphabeto». E sono molti altri gli esempi che si potrebbero richiamare a dimostrazione del fatto che il lavoro di chi congegnava indici spesso si intrecciava in modo inestricabile a quel sottobosco di intellettuali stipendiati da tipografi editori per sorvegliare la correttezza del testo stampato, correttezza sempre minacciata.4 Si è più volte accennato al fatto che proprio gli autori fossero chiamati a colmare una professionalità sovente lacunosa all’interno dell’officina tipografica. L’autore dell’indice, che intreccia il proprio ruolo con quello di altri mestieri, come quello del correttore e quello del curatore in genere del testo tipografico, è spesse volte l’autore tout-court. Sebbene manchino parole autobiografiche non si può non attribuire all’autore del Cannocchiale aristotelico, ovvero a Emanuele Tesauro, la lucida chiarezza con cui viene redatto l’indice, come si coglie dall’anastatica della edizione del 1670.5 Nel Cannocchiale, riscoperto come si sa da Ezio Raimondi, Tesauro che fa della parola «segno» e «figura» tratteggiando le più ardite composizioni delle metafore, affida all’«Indice delle materie» il compito di circumnavigare il trattato, col segnalare nell’indice voci e perifrasi che solo lui poteva indicare come rimandi necessari ai brani del suo testo. Consapevole degli errori avvenuti durante la stampa, che egli ha accompagnato per tutto il cammino, nel «Chiudimento» dell’opera, Tesauro li sottolinea precisando che il trattato è andato «corto rapidamente dalla Mente alla Penna, & dalla 4
P. Trovato, «Con ogni diligenza corretto», cit., pp. 127, 202. L’anastatica, uscita per l’Editrice Artistica Piemontese nel 2000 e coordinata da Giovanni Menardi, è preceduta da importanti saggi critici e da un mirabile indice, con relativa nota di consultazione, di Dionigi Vottero, che segnala anche gli errori dei rimandi dell’indice del Cannocchiale. Si ricorda che la prima edizione dell’opera, che ebbe grande fortuna. fu stampata nel 1654. 5
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
165
Penna alla Stampa di foglio in foglio: ond’egli ha molti difetti di Penna, di Stampa, & di Mente». Viene a proposito citare il Quadrio che nel Settecento, nella sua Storia e ragione d’ogni poesia, non solo ritiene opportuno corredare di un Indice universale i sei tomi in cui si articola la sua opera, ma mescola l’istanza di ordine e di facilità di compulsazione del suo trattato alla duplice necessità di «correggere» e di «ampliare» il frutto del suo lavoro. Così l’erudito originario della Valtellina offre una vivida testimonianza dell’intreccio tra due competenze, quella correttoria e quella indicizzatoria, inverato nell’Indice della sua Storia. Non a caso in quella sede, infatti, egli stigmatizza il lavoro che ancora nel Settecento portava ad una pagina spesso intrisa di refusi e di veri e propri errori. Il Quadrio si esprime con queste parole, che riassumono la posizione di molti altri intellettuali che lavorarono per la produzione editoriale: Quanto agli Stampatori era pur malagevole che ne’ cattivi Originali lor dati, e a cartucce per lo più tessuti, non se ne smarrisse qualcuna, senza ch’io pur m’avvedessi, e non se ne confondesse qualche altra. E questi sono que’ loro errori, ch’io similmente prendo qui a correggere: perché alcuni altri [...] e certi scambj di lettere nelle parole, e altre minuzie, alcune delle quali sono state però già emendate in fine di ciascun Tomo, si rimettono al naturale giudizio e alla discrezione di chi vorrà leggere: manifesta essendo la volgar risposta de gli Stampatori a chi li rimbrotta, che la Stampa è la Madre degli Errori.6
L’Indice del Quadrio, oltre a raddrizzare gli errata, mira a dare evidenza a «tutte le cose che si contengono nell’opera», ossia ai soggetti e ai nomi degli autori (persino quelli inseriti all’interno delle correzioni e delle aggiunte), distinguendo le omonimie attraverso l’utilizzo del toponimo, con fare tipicamente letterario. Nel suo indice spiccano i termini che fanno riferimento ai generi letterari veri e propri, quali «Drammi», «Tragedie», e simili. Come ha acutamente additato Carlo Maria Simonetti,7 dal complesso apparato indicale allestito dallo storico della letteratura si staglia netta quella «mentalità bibliografica», e aggiungeremmo, quella cultura letteraria che appartiene più all’autore che non specificatamente al professionista di un apparato paratestuale quale è l’indice. 6
Francesco Saverio Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, in Bologna [etc.], per Ferdinando Pisarri [et al.], 1739-1752. La cit. è tratta dal vol. 7: Indice universale della Storia e ragione d’ogni poesia, in Milano, nella stamperia di Antonio Agnelli, e ad instanza de’ suoi fratelli Federico e Gianbatista, 1752, p. 321. 7 C. M. Simonetti, Indici di storie letterarie, in Id., Osservazioni sul metodo bibliografico, Milano, Sylvestre Bonnard, 2004, pp. 37-79, part. pp. 54-57.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
166
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Un incipit che consente di indagare su quanto già è circolato in altri capitoli e che è giunta l’ora di organizzare in un discorso a sé. Gli indici potevano farsi dunque dentro alle singole tipografie, utilizzando sia personale interno sia stabilendo contatti ad hoc per aggiudicarsi qualche letterato o uomo di scienze che lavorasse a stretto contatto dei torchi, assommando in sé le funzioni di correttore, curatore del testo, nonché di indicizzatore. Sia con l’intento di pubblicare il frutto delle loro fatiche sia spinti dalla necessità di ampliare il proprio stesso testo, gli autori degli indici in alcuni casi saranno i migliori indicizzatori di loro stessi. Non manca neppure, come potremo verificare, il ricorso a esperti della materia, essi stessi auctores, ovvero autorità più o meno affermate all’interno di una disciplina o di un tema specifico, che potranno trovare nella stesura di un indice uno dei modi per sbarcare il lunario, ovvero per riaffermare e consolidare il proprio prestigio all’interno della Repubblica delle lettere. L’indice, che non è un genere letterario, come diverranno altre zone del paratesto – innanzitutto la lettera di dedica – sicuramente è un genere funzionale il quale segue logiche e strutture che vanno via via modificandosi e precisandosi nel tempo. La sua costruzione, spesso ispirata a precisione, sottende che dietro siano uomini che vi si dedicano, i quali, inseguendo i più differenti obiettivi, non ultimo quello di cercare un sussidio in grado di sovvenire alle necessità di vita pratica, applicano le loro più compiute competenze. Più finalizzato di altri lavori all’interno della tipografia per il suo carattere ritenuto meramente sussidiario si cela spesso nell’anonimato, non sempre, tuttavia, come si vedrà. Così come diventa importante tentare di scoprire chi sta a monte di molti lavori che accanto ai torchi potevano essere svolti dagli autori o da eruditi che prestavano la propria opera a volte per conto terzi, così diventa importante cercare di svelare, anche solo di ipotizzare, chi e come si armi nella direzione di attendere alla costruzione di un elemento tanto rilevante per il corredo al testo e sulla cui utilità gli uomini dell’età moderna, come si è visto, erano assolutamente consapevoli.
Si parva licet: protagonisti nel microcosmo di Bologna Se ci si vuole inoltrare all’interno di un centro editoriale altro da Venezia l’occasione è offerta anche dalla meno agguerrita Bologna, sempre in quel tardo Cinquecento in cui si consumano esperienze di vario genere non tutte coincidenti con i dettami dell’ortodossia, anche se la città risulta più di altre imbrigliata dal potere della Chiesa. Un affondo per un arco cronologico esteso anche oltre il XVI secolo e per più di una tipografia di un centro
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
167
tipografico di rilievo, a quanto mi risulta, non è stato ancora intrapreso. Ho tentato pertanto all’interno della produzione editoriale bolognese, vergine sotto questo profilo, di provare incidenza, aspetti tecnici relativi alla confezione di un prodotto editoriale con indici, e di sciogliere alcuni nodi ancora insoluti, ma soggetti ad ipotesi plausibili, in presenza di apparati indicali. L’obiettivo è quello di cogliere lo stretto rapporto fra indici e opere, ma soprattutto di svelare chi si nasconda dietro le singole esecuzioni. L’ipotesi che qui si intende mettere alla prova acquista senso dalla convinzione che anche in una città esclusa da primati per il numero di stampe e di torchi attivi, ovvero per l’entità delle relazioni commerciali legate al libro e ad altri prodotti tipografici, sia possibile elaborare modelli che, con i dovuti aggiustamenti, abbiano validità anche in altri contesti. Bologna, seconda città dello Stato pontificio, è il più dinamico centro delle Legazioni. Dopo i fasti quattrocenteschi, nonostante una notevole circolazione di libri eterodossi, oltre la metà del Cinquecento, fa registrare un certo declino nella produzione, complici il S. Ufficio e le sue articolazioni. I tipografi spesso identificati con l’antico lemma «bibliopolae» o anche semplicemente «librai», si dibattono all’interno di una normativa vincolante, quale il Bando generale contro librari et venditori di libri, esteso a tutto lo Stato pontificio che nel 1562 inasprì i provvedimenti resi più cogenti dal primo Index librorum prohibitorum romano, promulgato nel 1558, come si è visto. Costretti a un giuramento sui «sacrosanti Evangeli»8 inteso a tutelare dalle eresie la propria produzione, sono guardati a vista dalle autorità religiose preposte al controllo. Si assiste così non a uno scadimento, ma sicuramente a una preoccupazione maggiore, sia da parte degli autori, che usano forme di scrittura della reticenza, per dirla con Leo Strauss, le quali si rinvengono anche negli indici, sia da parte dei librai o degli editori, i quali dedicano rinnovata attenzione alla scelta di volumi da pubblicare allo scopo di incontrare il mercato soprattutto locale, data la difficoltà di espandere il circuito della distribuzione. Delle tre tipografie prese a campione, due superano il secolo anche con gli eredi, sconfinando nel Seicento, prima che esso deflagri nel barocco che, per quanto riguarda anche gli elementi peritestuali, sarà caratterizzato da un’orgia di ridondanze che si abbatteranno su molta produzione di centri urbani, anche dei più periferici. Le case tipografiche sono quelle dei fratelli Giaccarelli (attiva con Anselmo, almeno a partire dal 1545), dei Benacci 8
A. Battistella, Il S. Officio e la riforma religiosa in Bologna, Bologna, Zanichelli, 1905; sul giuramento vedi di P. Prodi, Il sacramento del potere: il giuramento politico nella storia costituzionale dell’Occidente, Bologna, Il Mulino, 1992.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
168
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
(Alessandro e Vittorio esercitanti dal 1587 al 1629), e la Società Tipografica Bolognese, che ebbe ad imprimere dal 1572 al 1586.9 Qualche dato ridotto all’osso: Anselmo Giaccarelli, originario di Correggio, fu il primo, a quanto risulta, ad ottenere nel 1547 dal Senato di Bologna, l’organo di governo cittadino, un sussidio annuo per poter stampare nella città legatizia. Nel 1545, agli inizi della sua attività tipografica, Giaccarelli fece stendere dal notaio Bartolomeo Algardi un rogito che sancì la società fra lui e Bartolomeo Budrioli, figlio di un notaio. L’atto notarile era comprensivo dell’inventario di tutto ciò che serviva per l’«essercitio di stampare libri». Il dettato normativo, ripreso con varianti, verrà riformulato nella società contratta, esattamente dieci anni dopo, con Giambattista Faelli e «figlioli». Giaccarelli lavorò in società anche con altri personaggi del mondo editoriale bolognese.10 Alessandro Benacci è un altro protagonista della scena tipografica bolognese. Stampò con il fratello Vittorio fino al 1629, quando alla sua morte la ragione sociale cambiò e prese il nome solo di Vittorio Benacci, nome con cui l’impresa proseguì almeno sino al 1650.11 Appare poi sulla scena imprenditoriale bolognese una societas vera e propria, secondo le forme che sin dalle origini accompagnarono l’avvio delle imprese tipografico-editoriali. La Società Tipografica Bolognese è un fulgido esempio di una compagnia di nobili e di artisti, di importanti commercianti e «industriali di belle iniziative», come ebbe a definirli Albano Sorbelli,12 i quali affidarono al tipografo-editore Giovanni Rossi, sulla cui valentìa non sussistevano dubbi, il compito di far decollare l’iniziativa. Nonostante il programma ambizioso, la società si attestò quasi unicamente sulle pubblicazioni di Carlo Sigonio (circa 1520-1584), l’intellettuale bolognese di punta, «perno» di tutta l’intrapresa,13 sul quale in altro capitolo si sono spese documentate parole a proposito di un suo particolare indice.14 9
Per la storia del libro a Bologna, anche nel XVI secolo, si veda A. Sorbelli, Storia della stampa in Bologna, Bologna, Zanichelli, 1929. Fondamentali poi sono A. Serra-Zanetti, L’arte della stampa in Bologna nel primo ventennio del Cinquecento, con prefazione di L. Donati, Bologna, a spese del Comune, 1959, e P. Bellettini, Il torchio e i caratteri: l’attrezzatura tipografica a Bologna in età moderna, in Libri, tipografi, biblioteche: ricerche storiche dedicate a Luigi Balsamo, Firenze, Olschki, 1997, pp. 241-276. 10 P. Bellettini, Sugli inizi dell’attività tipografica a Bologna, in Sul libro bolognese del Rinascimento, a cura di L. Balsamo e L. Quaquarelli, Bologna CLUEB 1994, pp. 155-180. 11 Cfr. P. Bellettini, La stamperia camerale di Bologna 1: Alessandro e Vittorio Benacci: 15871629, «La Bibliofilia», XC, 1988, pp. 21-53. 12 Cfr. A. Sorbelli, Storia della stampa, cit., p. 128. 13 Cfr. Id, Carlo Sigonio e la Società tipografica bolognese, «La Bibliofilia», XXIII, 1922, pp. 95-105. 14 Al capitolo III si rinvia il lettore per la bibliografia relativa.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
169
Ma veniamo agli indici delle tre imprese bolognesi, non senza una precisazione. Nel periodo esaminato pure a Bologna si usano indifferentemente termini come «tabula» e/o «tavola» oppure «index» e/o «indice», in quella altalena terminologica che si è visto essere una costante fin dagli esordi della stampa, senza tuttavia che i termini distinguano le partizioni dell’opera o i luoghi del testo, in altre parole senza che si possa cogliere la sostanziale differenza fra sommari e indici propriamente detti. La mappatura, allo stato della ricerca, può fornire dati attendibili, se non certi, solo fino al 1600 compreso, con l’unica eccezione di una stampa Benacci del 1623. I fratelli Giaccarelli dan fuori 61 pubblicazioni, di cui 15 con indici (24,5% circa); i Benacci escono con 24 stampe, di cui 6 con indici (24,9% circa); la Società Tipografica Bolognese, stante il catalogo offerto dal Sorbelli, ne offre 21, – ben 11 le opere del Sigonio, tutte dotate di indici. Va altresì ribadito che dalla metà del XVI secolo, in quasi tutti i centri europei, gli indici declinano una tipologia paratestuale imprescindibile laddove l’opera sia di una certa complessità e si voglia pertanto facilitare il più possibile la fruizione, anche parziale. In anni che sono ancora di sperimentazioni e di assestamenti tipografici, la loro presenza è eloquente anche a Bologna: vengono allestiti per opere che, per loro natura e dimensione, hanno una tradizione anche nella produzione manoscritta. Sono, ad esempio statuti e regolamenti, pubblicazioni che occupavano abbondantemente le stamperie in quegli e negli anni successivi e che uscivano per commissione. Un esempio è offerto dagli Statuta Collegii Hispanorum Bononiae, editi nel 1538 da Antonio Giaccarelli, unito all’epoca a Pellegrino Bonardo.15 Gli Statuta illustrano il regolamento del Collegio di Spagna e contengono tre carte di indice, cioè l’Index rubricarum omnium statutorum Collegii, che segue un ordinamento di tipo testuale e dà rinvio al foglio. Esso parte da una breve sintesi del contenuto degli statuti stessi. Nell’esemplare consultato, l’indice condivide con il testo il carattere tipografico e il corpo, ma si trova in un fascicolo non numerato e autonomo, rispetto all’impianto normativo. Da ciò si potrebbe desumere che l’indice sia nato solo in fase di stampa, e quindi dopo il confezionamento del testo e che ad allestirlo sia stata una persona competente. A suffragio di questa tesi si può anche dire che, nell’esemplare esaminato, dopo l’indice, è presente una sezione, stampata solo nel 1590, con gli statuti del ’60, che proseguono la numerazione delle carte della precedente edizione: un indice, quindi, che rompe la continuità del libro, col quale mantiene, visivamente, deboli legami. 15 Statuta Collegii Hispanorum Bononiae, [Bologna, Antonio Giaccarelli, Pellegrino Bonardo, 1538].
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
170
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Un altro regolamento è quello delle monache della diocesi bolognese, apparso sempre per i tipi di Vittorio Benacci nel 1623.16 Lo scopo delle regole era soprattutto illustrativo e il loro carattere «eminentemente giuridico, ispirato dalla preoccupazione di chiarire compiti e competenze all’interno del monastero».17 In tal modo, a partire dal Seicento, si riusciva ad applicare nelle diocesi i decreti tridentini sui monasteri femminili. Nell’opera esaminata, l’indice anticipa il testo, che è costituito da una raccolta delle regole di s. Agostino, s. Benedetto e s. Chiara e di alcune bolle pontificie. L’Indice delle materie che si contengono nel presente Libro è ordinato alfabeticamente con voci principali riferite alla vita conventuale, suddivisioni e rinvii al numero di pagina. I riferimenti ai «monaci», o ai «fratelli», sono finalizzati a regolare i rapporti, rigidamente controllati, fra le monache e i cappellani dell’ordine, e appaiono negli indici con specifiche voci asteriscate. Alla fine del testo si cerca di dar conto della eterogenea composizione dell’opera con altri quattro apparati, in forma di sommari. Il primo è la Tavola de’capitoli delle regole di Santo Agostino, S. Benedetto, e Santa Chiara che si contengono nel presente Libro, cui seguono gli ultimi tre, ai quali sono affidate ulteriori specificazioni: per esempio si spiega che la «regola di Sant’Agostino comincia alla prima carta, & è breve e senza capitoli»; che quella di s. Benedetto è di «carte 20». Dove nel testo manca il titolo del capitolo, questo è aggiunto. Anche qui si trovano delle voci asteriscate con lo stesso significato delle precedenti. Seguono la Tavola delli decreti del Sacro Concilio di Trento spettanti alle monache e la Tavola delle Bolle pontificie spettanti alle monache, organizzata secondo la successione dei capitoli. La tavola delle Bolle è una ripetizione, in quanto i documenti pontifici sono stati già citati nell’Indice delle materie. Ripetizioni e pluralità degli indici stanno a dimostrare, fra l’altro, ciò che il cardinale Lodovisi si preoccupa di anticipare nell’epistola proemiale, ovvero che le «Reverende e dilette figliuole nel Signore» siano agevolate il più possibile nel trovare e scegliere il proprio «fiore». Un paragrafo di un precedente capitolo ha posto l’accento su come gli indici dedicati ai libri per le monache si articolino in modo da non lasciare alcuna libertà di lettura se non finalizzata alla 16 Regole di S. Agostino, S. Benedetto, e Santa Chiara, con li Decreti del Sacro Concilio di Trento, e le Bolle d’alcuni sommi Pontefici, che spettano allo stato Moniale raccolte dal molto Rever. P. Maestro Fr. Marcantonio Cappelli de’ Minori Conventuali, per ordine dell’Illustriss. E Reverendiss. Sig. Cardinale Ludovisi, […], Arcivescovo di Bologna, etc., per uso delle Monache di essa Città, e sua Diocese, con le Tavole delle Materie, de’ Capitoli delle Regole, de’ Decreti del Concilio, e delle Bolle Apostoliche, in Bologna, per Vittorio Benacci, Stampator’Archiepisc., 1623. 17 D. Solfaroli Camillocci, L’obbedienza femminile, in Donna, disciplina, creanza, cit., p. 280. Sull’osservanza delle Regole vedi anche Francesca Bianchini, Regola del vivere, regola del convivere, ivi, pp. 189-204.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
171
edificazione di chi era dentro le mura del chiostro. Preme a questo punto segnalare che certamente vi erano persone assai consapevoli dei problemi dell’ordinamento nei conventi a dedicarsi a questi particolari indici con la funzione di pilotare la monaca a scegliere quanto più le fosse congeniale per la sua preparazione cultuale. Difficile pensare che l’organizzazione indicale non sia espressione di specialisti interni al clero, anche non è stata mai stata data la possibilità di riscontrare una conferma in questa direzione. La ridondanza ante litteram di alcuni indici bolognesi trova significative anticipazioni fra le casse tipografiche dell’officina di Giovanni Rossi, come si è detto, stampatore per conto della Società Tipografica Bolognese, che si conferma tra le imprese editoriali maggiormente attente nel costruire sistemi di indici per le opere da essa promosse nella seconda metà del XVI secolo. Non sempre, tuttavia, la Società dà vita a nuove iniziative. Nel caso dell’opera di cui si parlerà gli illustri soci pensarono di attestarsi su quanto precedentemente era stato fatto, considerata anche la complessità della ristampa cui diedero vita. Nel 1574 vollero infatti rendere omaggio ad Achille Bocchi (Bologna 1488-ivi 1562),18 rimettendo in circolazione la seconda edizione delle sue Symbolicae quaestiones, pubblicate per la prima volta nel 1555.19 Il Bocchi, umanista di forte respiro proveniente da una delle più potenti famiglie senatorie della città, insegnante di retorica e poesia nello Studio, aveva fondato l’Accademia che oltre a chiamarsi Hermathena fu detta dal suo nome pure Bocchiana, attorno alla quale ebbe modo di raccogliere gli uomini di scienza e di lettere che più animarono la stagione del Rinascimento bolognese dando vita anche ad una impresa editoriale. Gli editori, nel dedicare l’opera del Bocchi ai Senatori bolognesi, «à quibus in hoc nostrae industriae genere plurimum adiuvamur», dichiarano così di condividere con i propri sostenitori politici l’ammirazione per quei «multa industriae suae monumenta» che si accingevano a riconsegnare alle stampe, predisponendo un libro tra i più complessi della tipografia bolognese del XVI secolo, non solo per il nesso testo/immagine, da più parti investigato con competente attenzione, ma per molti altri complementi paratestuali, fra cui l’indice che anche nella nuova edizione20 risulta ricalcato sulla scia di quello del 1555. Non si pensò infatti a scardinare l’ossatura già rigidamente 18 Sul Bocchi si vedano: E. See Watson, Achille Bocchi and the Emblem Book as Symbolic Form, Cambridge, Cambridge University Press, 1993; A. Angelini, Simboli e questioni: l’eterodossia culturale di Achille Bocchi e dell’Hermathena, Bologna, Pendragon, 2003. 19 Achille Bocchi, Symbolicarum quaestionum de universo genere quas serio ludebat libri quinque, Bononiae, in aedib. novae Academiae Bocchianae, 1555. 20 Id., Symbolicarum quaestionum de universo genere quas serio ludebat libri quinque, Bononiae, apud Societatem Typographiae Bononiensis, 1574.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
172
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
collegata al testo delle prime e fortunate Symbolicae per favorire la lettura del volume che uscì nel ventennio successivo. Così si presenta l’indice:21 dopo l’elenco alfabetico – non rigido – degli autori e dei personaggi, secondo il costume, già proprio dell’età precedente all’introduzione della stampa, di dichiarare le fonti alle quali si è attinta ispirazione per la scrittura, viene il primo indice sistematico, alla greca ΣΥΝΤΑΓΜΑ, che offre la «distributio» delle 151 quaestiones in quattro distinte classi (theologica, physica, moralia, philologica). Espressione di una esperienza ormai matura nella redazione di simili strumenti, l’index costituisce una vera e propria mappa per orientare il lettore nel repertorio di immagini, motti, poesie, concetti, luoghi comuni e autorità, di cui le Symbolicae quaestiones sono ricolme. L’indice fa riferimento alle pagine in cui si citano personaggi, anche mitici (ad esempio: Enea, Carlo V, Afrodite, Castore ed altri); sentenze e motti, prediligendo forme di indicizzazione analitica che articolano i concetti in proposizioni (ad esempio: «Amicus non est qui amare desinit») ad una scelta sintetica (ad esempio: consequentia, divisio, labyrinthus); luoghi, geografici o perifrasi storico-letterarie (ad esempio: «Bononia docet», «Spartani animi magnitudo»). Testo e immagine sono egualmente sottoposti al vaglio dell’indicizzatore, che accoglie il lemma «Socrates» con riferimento alla illustrazione xilografica in cui il filosofo ateniese compare accompagnato dal proprio nome, in didascalia. Meccanismi interni denunciano che l’apparato indicale fu redatto da professionisti, attenti a predisporre più voci di accesso a un medesimo concetto (ad esempio: «August. CAROLVS V. IMPER. Augustior pietate. 47», con l’indicazione della pagina, trova analogo richiamo indicale in «CAROLVS V. IMPER. Semper Aug. 47. & 49», senza tuttavia introdurre nell’indice i più appropriati rinvii. I tre sistemi indicali predisposti anche per l’edizione della Società tipografica – quello delle fonti, il sommario-indice e infine l’indice analitico che chiude i preliminari – si integrano vicendevolmente, senza cioè sovrapporsi, come è facile dimostrare verificando l’assenza della maggior parte dei lemmi di ciascun indice dai restanti. Diverso il caso degli indici apposti alle opere di Carlo Sigonio, che sono sicuramente indici autoriali e non potevano non esserlo giacché risultano assolutamente indispensabili, data la complessità dei testi, per tutte le edizioni dell’autore, uscite sempre dai tipi della Società Tipografica Bolognese negli anni ’70 e nei primi anni ’80 del XVI secolo. Oltre all’intricato nodo dell’indice all’Indice va rilevato che altre opere del modenese videro la luce durante la 21
Che si trova alle cc. †3r-†4v (Faterier per quem profeceris decet); cc. b1r-c4v (Syntagma Symbolicarum quaestionum cli. in classes quattuor distributio theologica seu ΤΑ ΜΕΤΑ ΤΑ ΦΥΣΙΚΑ).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
173
gestione della Società tipografica, della quale, come si è detto, Sigonio era il perno. Tutte sono dotate di indice. Ciò consente di affermare che il Sigonio stesso lavorò su testi propri o da lui stesso curati, per facilitare il lettore nella selva dei propri studi storici. Quando, ad esempio, il Modenese si interessò all’edizione definitiva di un’opera, iniziata in età giovanile, come il trattato De antiquo iure populi Romani, dato per la prima volta alle stampe nel 1560,22 non trascurò di rivedere profondamente l’apparato indicale. Nella princeps, che conteneva solo due degli undici libri che comporranno il testo definitivo, sin dal frontespizio si annunciava al lettore la presenza di un «Index Auctorum, & rerum», con rinvio alla pagina. Il primo indice spogliava gli autori e le opere citate, da Acrone a Zonara, passando per Cicerone, Gellio, Livio, Plinio, Plutarco e per gli storici dell’età imperiale. Il secondo si sofferma molto analiticamente sulla terminologia giuridica (ad es. «Do, dico, addico, quod significat») sulle magistrature («Praetor»), sugli organi e sulle numerose figure in cui si articolava l’apparato amministrativo dell’impero, sulle istituzioni e sulle loro ritualità («Confarreatio in nuptiis»), sui principali provvedimenti (si veda la voce «Lex», che include una sessantina di casi particolari, dalla Lex Aelia alla Lex Voconia) e sulle principali istituzioni giuridiche («Divortium»). Il confronto tra l’indice del 1560 e quello del 1574 rivela come Sigonio intese proporre per la Società Tipografica un apparato indicale rinnovato, così annunciato nel frontespizio: «rerum, & verborum index copiosus».23 Scomparve la tavola degli autori e delle opere, sostituita da uno stratagemma tipografico. Nel testo, infatti, le citazioni furono impresse in carattere corsivo, dando così maggiore evidenza alle fonti, senza la necessità di isolarle entro un indice apposito. In fondo al lettore interessato a documentarsi sul diritto romano non premeva tanto ottenere l’elenco di tutti i contesti in cui, ad esempio, Sigonio era ricorso alle Historiae di Tito Livio, così come era dato ricavare dai «Loci auctorum» della zilettiana. Semmai poteva domandarsi a quali fonti fosse possibile fare riferimento a proposito di un tema specifico, ordinatamente trattato da Sigonio e disposto in un compitissimo sommario con tanto di argumenta, elaborati sin dall’editio princeps. L’indice analitico, in secondo luogo, fu notevolmente rivisitato e ad esso furono affiancati altri due indici: l’«Index magistratuum, et sacerdotum» (dagli «Aediles curules» alle «Vestales») e l’«Index regionum, urbium, et populorum» (da «Acerrae» a «Vulturnum»). Se l’indice dei toponimi e dei nomi di popolo è comple22 Carlo Sigonio, De antiquo iure civium Romanorum, Venetijs, apud Iordanum Zilettum, 1560. L’opera, sempre in due libri, è riedita dallo Ziletti anche nel 1563. 23 Id., De antiquo iure populi Romani, Bononiae, apud Societatem Typographiae Bononien., 1574.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
174
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
tamente inedito, come si è visto, quello delle magistrature e delle cariche sacerdotali accolse molti lemmi in gran parte già riscontrabili nella zilettiana. Eppure Sigonio ritenne opportuno rivedere scelte precedenti, ampliare e rendere più specifiche le strategie di circumnavigazione del suo trattato, ormai ampliato in dimensioni e in profondità di analisi. I casi esaminati portano a concludere che gli indici anche a Bologna, secondo le opere per le quali furono allestiti, erano frutto di persone che gravitavano all’interno delle tipografie, esperti di una speciale produzione, come nel caso degli indici religiosi; o specialisti che prestavano la loro opera, come per gli statuti, o anche riproposte, con correzioni e pochi significativi cambiamenti, per quelle opere che avevano già avuto fortuna in un recente passato. Veri indici, strettamente correlati al testo, corredano invece opere soprattutto di autori bolognesi di nascita o d’elezione e sono il frutto degli stessi autori; infine altri indici possono essere di studiosi in stretta dimestichezza con la tipografia che dà fuori il testo stampato. Una supposizione si può infatti azzardare per la Società Tipografica Bolognese: gli indici erano non solo espressione degli intellettuali che vennero formandola e conducendola per oltre un decennio, ma venivano apprestati dagli stessi, che sperimentavano soluzioni anche innovative. Con ogni verisimiglianza sono i giuristi che gravitavano intorno alla Societas tipographiae Bononiensis, come Carlo Ruini e Ippolito Marsili e Floriano Sampieri, che dedicano al lettore gli scritti di Pietro d’Ancarano, apparsi a stampa a partire dal 1581, i quali finalmente sono, come si legge nell’avviso: Compiutamente adorni di un indice (di cui specialmente sembravano avere bisogno) più ricco che in passato, di tutti quegli argomenti che scorrendo [o rileggendo] il testo sono sembrati o i più importanti in materia di diritto o i più rilevanti.24
E il vanto dei sei tomi in cui era articolata l’operazione editoriale varata all’ombra dello Studio bolognese, oltre ai sommari che aprono ciascun volume e che si inseguono all’interno dei Commentaria del giurista medievale, sta proprio nell’indice «rerum, ac materiarum locupletissimo», puntualmente annunciato sin dalla page de titre. L’indice, ordinato alfabeticamente in senso non stretto, occupa ben 27 fascicoli di 8 carte ciascuno, al termine del tomo quinto dell’in folio.25 Il suo sistema di rinvio è assai complesso, frutto di un 24 Pietro d’Ancarano, In quinque Decretalium libros facundissima commentaria, Bononiae, apud Societatem Typographiae Bononiensis, 1581, vol. 1, c. +2r. 25 Id., Super quinto Decretalium facundissima commentaria, Bononiae, apud Societatem Typographiae Bononiensis, 1581, vol. 5. L’indice occupa i fascicoli A-R8.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
175
ambiente di specialisti. Ciascun lemma è, infatti, preceduto dal numero del tomo in cui cercare il passo ed è chiuso dal rinvio alla pagina. Come non bastasse, gli indicizzatori guidano il lettore ancora più in profondità, con il riportare il titolo abbreviato dei capitoli e con il seguire l’ordine dei sommari e i numeri affiancati al testo in cui si articola il commento dell’Ancarano. Un comma che fa pensare ad una organizzazione interna molto pronunciata che si rinverrà in altre società librarie/editoriali successive, nella quale ruotavano gli iscritti nelle varie mansioni e nei compiti fra di loro suddivisi per attendere alla pubblicazione delle opere. Non stupisce, dunque, che nel documento in appendice al saggio del Sorbelli in cui si stabiliscono finalità e compiti della Società e dei suoi adepti, si precisi che la Società avrebbe fatto ricorso a personale esterno solo se «occorresse servirsi dell’opera di Dottori, o d’una o d’altra professioni» reclutando quelli che avranno ottenuto «partito più favorevole». Quasi a dire che, all’interno di queste realtà, ci si muoveva e si lavorava come in una moderna redazione. A tal proposito è assai palese ciò che avviene nella società che operò a Biponto (Zweibrücken) la quale, circa un secolo dopo l’avventura bolognese, a chiare lettere indicò nel frontespizio degli Opera di Stazio che tutta la ricca «notitia literaria», è espressione unicamente dei sodali, ovvero che l’«editio accurata», si deve «studiis societatis Bipontinae». Nel Plauto si ribadì ancor più palesemente che alle Comoediae Superstites viginti ad optimas edtiones collatae accedit index rarioris et obsoletae Latinitatis studiis societatis Bipontinae (Biponti, ex typographia ducali, 1779-1780). Alla luce di ciò che si è rinvenuto e riscontrato nel microcosmo bolognese si può asserire che la casistica, su chi attendeva agli indici, è sufficientemente varia per poterla estendere almeno ad altri centri di produzione delle dimensioni della città legatizia.
Un lavoro non solo per campare Le fonti delle imprese di stamperia sono mute quanto a chiarirci se all’interno vi fosse personale specializzato nella redazione di indici alle dipendenze del magister o comunque del gestore della tipografia. Neppure nei confronti dei correttori abbiamo notizie precise circa il modo in cui essi si relazionavano alle capitudini della struttura per la quale prestavano la loro attività. Più eloquenti sono, perlustrando molti spazi bibliografici, quelle indirette che portano a confermare che alcuni intellettuali, desiderosi di vivere di “penna” nella difficoltà di affrancarsi da qualunque tipo di potere, si misero al servizio anche di importanti stamperie offrendo le proprie competenze proprio
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
176
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
per stendere, allestire, compilare indici, in particolare quelli che meglio si attagliavano ai personali bagagli culturali. La consapevolezza, che faticava ad affermarsi, della opportunità di retribuire anche economicamente i dotti che gravitavano intorno alle stampe, determinò forme di prestazioni per così dire professionalmente riconosciute dal pagamento di un prezzo in denaro anche per coloro che traevano da altre fonti il necessario per vivere, come ad esempio i religiosi. In un volume di s. Gerolamo, in più tomi, curato da Erasmo e stampato a Lione da Sebastiano Grifo nel 1530, vi è una annotazione manoscritta, ripetuta con poche varianti sulla guardia dei singoli tomi, che indica – oltre all’appartenenza – chi comprò il volume e con quali proventi. Così recita la nota in traduzione: Del convento di San Domenico di Pistoia dell’ordine dei predicatori. Comprato da me frate Girolamo Giannotto di Pistoia con il denaro ottenuto dalla vendita di un indice da me allestito per l’edizione di tutti i sermoni di frate Girolamo Savonarola.26
Girolamo Giannotti da Pistoia, dell’ordine dei predicatori,27 fu tra i più devoti seguaci di Savonarola, impegnato nella traduzione e nella cura editoriale di alcune opere del frate. Insieme con suo fratello Alessandro, anch’egli predicatore, il quale aveva vestito l’abito religioso dalle mani stesse di Savonarola, Girolamo rappresentava «l’anima del culto savonaroliano nel convento di San Domenico» di Pistoia.28 Il suo più importante volgarizzamento fu quello delle prediche sopra il Salmo Quam bonus uscite,29 come si ricava dal colophon «per industria e sollecitudine del venerabile padre fra Girolamo Armenino da Faenza, inquisitore in Lombardia contro gli eretici, diligentemente rivista e data all’impressore per la grande aspettazione di molti che venga in luce».30 Sfogliando l’esemplare fiorentino, che appartenne allo stesso Giannotti e reca ancor oggi la sua traccia di possesso,31 si nota 26
R. Cardini, Scampoli patristici e liturgici, in Petrarca e i Padri della Chiesa. Petrarca e Arezzo, a cura di R. Cardini e P. Viti, Firenze, Pagliai, 2004, pp. 95-97. 27 Cfr. Bibliografia delle opere del Savonarola, a cura di P. Ginori Conti, R. Ridolfi, Firenze, Fondazione Ginori Conti, 1939, pp. 35-37; F. Cordero, Savonarola, Roma-Bari, Laterza, 1986, pp. 5, 7n, 24. 28 R. Ridolfi, Vita di Savonarola, Roma, Belardetti, 1952, vol. 2, pp. 31-32. 29 Venezia, Agostino de Zanni, 1528. 30 Ivi, p. 49. 31 Cfr. Catalogo delle edizioni di Girolamo Savonarola, secc. 15.-16. possedute dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze, a cura di P. Scapecchi, premessa di A. I. Fontana, Firenze, SISMEL Edizioni del Galluzzo, 1998, n. 156.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
177
l’assenza dell’indice, che invece è presente in alcuni codici ai quali è affidata anche la trasmissione del testo latino. Alcuni manoscritti danno ragione del probabile finanziatore dell’impresa editoriale, che valse al frate il compenso; essi, infatti, tramandano una dedica del frate Giannotti a Bartolomeo di Francesco Gualterotti, «“oratore” fiorentino presso la Repubblica veneta», una prefazione dello stesso Giannotti alla traduzione e la tabula dei venticinque sermoni, in forma di sommario.32 Certo la redazione della tabula dei sermoni non fu motivata dal compenso, dato il fortissimo attaccamento del frate pistoiese alla causa del predicatore e riformatore italiano, ma appare comunque significativo che anche per il lavoro intellettuale di un religioso, e in particolare per la redazione di un indice, si provvedesse a far riferimento ad una significativa personalità, scelta non a caso, e per di più beneficiata di una remunerazione. Se l’importante testimonianza del Giannotti appartiene ai segreti che si celano fra le carte dei libri e che si svelano solo quando qualcuno i libri li apre e si appresta ad una loro consultazione, c’è anche chi non esita a lasciare nelle proprie memorie il segno di una attività che in qualche modo si vuole ricordare. Riportato recentemente all’attenzione degli studiosi è il caso di Bernardo Machiavelli, padre del più celebre Niccolò, il quale fu anche uomo di legge che non poco contribuì alla formazione del celeberrimo figlio.33 Bernardo a chiare lettere lascia testimonianza nei suoi Ricordi di essere fra coloro che si arrangiano e si dispongono ad intraprendere un lavoro a latere delle proprie principali occupazioni, forse per meglio sbarcare il lunario. L’indice delle Deche di Livio a cui attese, nonostante venisse svolto con attenzione e con perizia considerata la rilevanza e la difficoltà di cogliere i principali aspetti storico-geografici dell’opera, non vide tuttavia mai la luce, come è stato dimostrato.34 Leggiamo il passo in cui Bernardo racconta del momento in cui consegna il lavoro svolto ad un tipografo che ne è il chiaro committente: 32 Cfr. G. Savonarola, Sermoni sopra il salmo Quam bonus, a cura di C. Leonardi, Roma, A. Belardetti, 1999 (dove si dà l’edizione del Codice 480 di San Marco e dell’apografo del Museo Civico di Padova), part. p. 237. 33 C. Ginzburg, Machiavelli, l’eccezione e la regola. Linee di una ricerca in corso, «Quaderni storici», 38, 2003, pp. 195-213. 34 Nella densa postfazione alla ristampa anastatica dei Ricordi di Bernardo Machiavelli, Leandro Perini si impegna nel dimostrare come l’edizione di Livio non fu mai stampata da Nicolò Tedesco e ricorda come anche il Ridolfi fosse pervenuto a ipotizzare tale conclusione. Resta sempre aperta però un’ipotesi anche se remota: che quella di Livio sia una di quelle edizioni andate perdute di cui non si ha più notizia. Vd. B. Machiavelli, Libro di ricordi, a cura di C. Olschki, postfazione di L. Perini, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2007 [ed. orig.: Firenze 1954].
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
178
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Ricordo come questo dì cinque di luglio 1476 io portai a detto Nicolò Tedesco, prete e astrologo35 diedègli in casa sua quinterni dodici di quarto foglio, in su quali io avevo scritto tutte le città e provincia e fiumi insule e monti de’ quali si fa menzione nelle Deche di Livio, colle allegazioni d’esso secondo i libri di ciascuna delle 3 in che d’essi Livio fa menzione; e lui mi fé una scritta di sua mano in latino per la quale si chiamò contento e satisfatto. Delle 3 Deche in forma avevo aùte delle sue da Zanobi cartolaio, secondo che s’éramo rimasi d’accordo insieme, come è ricordo di sopra in questo a carte 4 e così d’acordo, per premio di mie fatiche, me le largì e diede questo sopradetto.
Le Deche avute in consultazione già pubblicate, come si rileva dallo stesso Bernardo che suddivide i libri in suo possesso «in forma» quando sono a stampa o secondo la materia scrittoria quando sono manoscritti, furono riconsegnate con il corredo dell’indice al tipografo il quale le controllò prima di dichiararsi «contento e satisfatto» e di corrispondere all’indicizzatore il «premio» pattuito. Bernardo iniziò a lavorare all’indice il 22.9.1475 e consegnò il lavoro nel luglio del 1476. Fu un lavoro, quindi, assai impegnativo e protrattosi a lungo. È importante ricordarlo, data l’esiguità delle testimonianze di cui si dispone circa la durata del lavoro di indicizzazione. Dai pochi esempi addotti appare che la maggior parte degli interventi indicali costruiti da esterni si attua non in contemporanea con la vita degli autori di cui si vogliono indicizzare le opere, ma soprattutto su testi di autori celebri, scomparsi ormai da tempo, per lo più considerati classici. Ciò avviene perché gli editori, in particolare nel corso del Cinquecento, tendono spesso a offrire accorpamenti sempre più ampi, volti a presentare in una sola edizione l’intero corpus delle opere di un autore. Gli stampatori usano questa strategia anche per meglio qualificare il proprio catalogo dinanzi ad opere assai diffuse e messe sotto i torchi di moltissimi stampatori in centri distanti tra loro, eppure convergenti ad alimentare un mercato sostanzialmente unitario; lo fanno per attirare una particolare clientela, come quella dei medici e dei giuristi, per i quali esiste un preciso canone di letture professionali, da possedere nella loro completezza. Aumenta la mole delle edizioni, si incrementa il numero degli opera omnia offerti sul mercato, si giocano gli interessi e si affilano le lame della concorrenza tra i tipografi, in corsa per dar fuori l’edizione più completa rispetto a tutte le precedenti. Il fenomeno di ipertro35
Noto con il nome di Niccolò di Lorenzo o della Magna, il quale lavorò a Firenze sicuramente dal 1474 al 1486, si veda R. Ridolfi, Contributi sopra Niccolò Tedesco, «La Bibliofilia», LVIII, 1956, pp. 1-14; Id., La stampa in Firenze nel secolo XV, Firenze, Olschki, 1958, pp. 49-62 e L. Böninger, Ein deutscher Frühdrucker in Florenz: Nicolaus Laurentii de Alemania, «Gutenberg Jahrbuch», 2002, pp. 94-199.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
179
fizzazione delle “opere complete”, ben noto ai filologi umanistici (che spesso sono costretti a sceverare quanto di spurio, se non proprio di estraneo, è in essi confluito), ha tuttavia un’importantissima conseguenza, fra le tante, che concerne gli indici. Quanto più vasta è la mole delle realizzazioni editoriali tanto più è necessario predisporre strumenti che ne facilitino la consultazione. I professionisti che apprezzano la semplicità di ritrovare in un’unica sede tutto il sapere di cui necessitano, si aspettano altresì di percorrere i molti tomi, in cui spesso le “edizioni complete” sono distribuite, con facilità, rapidità e profitto. I curatori, che anticipano le competenze di veri e propri consulenti editoriali, ai quali il titolare dell’azienda tipografica si affida, sanno come ottenere i migliori risultati per indicizzare proposte così articolate di testi. Si affidano a specialisti dei vari campi del sapere, che spesso costruivano indici e altri notabilia in forma manoscritta, a margine della lettura approfondita e in ragione dell’uso, soprattutto di mestiere, che viene fatto dei testi. Ne sono prova le attività del medico Bartolomeo Silvani e del ferrarese Antonio Brasavola (1500-1555),36 archiatra di Ercole II e professore di medicina all’Università estense, detto Musa dal più celebre Antonio, medico di Augusto.37 Allievo del Leoniceno, che profuse molte energie nel recupero della medicina greca, soprattutto derivata da Galeno, l’assai più noto Brasavola deve la sua fama letteraria – oltre al fatto di essere stato medico di Ariosto, che sembrò ricordarlo pure nel Furioso – al fortunato trattato intitolato Examen omnium simplicium medicamentorum (Roma, Antonio Blado, 1536), dove fece tesoro delle conoscenze botaniche degli antichi, superandole in nome dell’esperienza medica maturata sul campo. Nella Ferrara di Ercole II e Renata di Francia, prima di trasferirsi a Roma, al seguito di Paolo III, nel 1543, Brasavola portò a compimento la stesura di un indice al vasto corpus delle opere galeniche, date alle stampe dai Giunta. Ma Brasavola non partì dal nulla, potendo contare su esperienze che lo avevano preceduto nella stessa officina tipografico-editoriale che gli affidò il lavoro di indicizzazione. La prima giuntina del classico della letteratura medica, in veste di Opera omnia, apparve infatti nel 1533, «cum indice copiosissimo», eppure anonimo. È assai verisimile che dietro l’indicizzazione si celasse proprio il collega e traduttore Bartolomeo Silvani da Salò,38 che così presentò al pubblico l’Index apparso nella seconda edizione dei Giunta, in sette tomi, pubblicati tra 36
G. Gliozzi, Brasavola (Brasavoli), Antonio, detto Antonio Musa, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 14, Roma, Ist. della Enciclopedia Italiana, 1972, pp. 51-52. 37 F. Bacchelli, Medicina, morale, religione. Il caso di Antonio Musa Brasavola, «Annali di storia delle università italiane», 8, 2004, pp. 250-270. 38 Pochissime le notizie su questo oscuro personaggio: cfr. S. Fortuna, Galen’s De constitutione artis medicae in the Renaissance, «The Classical Quarterly», n.s., 43, 1993, 1, pp. 302-319.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
180
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
il 1541 e il 1542, quando fu licenziato solo quello conclusivo, che ospitava appunto il suo lavoro:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Indice approntato per tutti i libri di Galeno stampati dai Giunta a Venezia, il quale contiene non solo accurate osservazioni mediche (che è il suo scopo precipuo), ma anche, quale abbondante e raffinatissimo complemento, moltissimo altro di ciò che pareva davvero vergognoso mancasse sia ai filosofi che agli umanisti. Opera a tal punto varia e utile da essere considerata da medici e cultori della medicina uno scrigno ricolmo di medicamenti e un semenzaio di tutta la scienza medica: da altri persino un prontuario generale di letteratura e storia antica.
Il lavoro di indicizzazione del Silvani fu molto impegnativo e, per molti aspetti, originale. Nella lunga lettera di dedica a Cristoforo Madruzzo, vescovo di Trento, il medico, dopo aver elogiato, come era consuetudine, l’arte di Ippocrate e i suoi più illustri cultori, si sofferma sul proprio contributo all’opera di Galeno, tradotta e curata dallo stesso Tommaso Giunta: In verità, allettato dalla bellezza di una così vasta materia piuttosto che da alcuna brama di gloria, io mi lessi per intero [o “approfonditamente”], vegliando con instancabile zelo, tutti quanti i volumi, per potere sia giovare agli studiosi di Medicina in conformità al mio dovere, sia alleviare le fatiche di una lunga ricerca: e, su esplicita richiesta, approntai un ricco indice di quegli elementi che ritenni degni di memoria e utili agli studiosi: un lavoro apparentemente da poco, ma assai più faticoso di quanto potrebbe giudicare una persona inesperta (c. *5r).
L’avviso dello stampatore al lettore sottolinea ancora l’importanza del lavoro di indicizzazione, approdato a un Index nominum et rerum locupletissimus che […] include in grande quantità ciò che riguarda non solo la medicina, ma anche tutte le altre discipline, sia quelle nel cui ambito Galeno fornisce ammaestramenti con cognizione di causa, sia quelle di cui si occupò incidentalmente in modo poco approfondito.
La tavola è su due colonne e procede in ordine alfabetico, così da far risparmiare tempo e fatica («minimo labore, exiguoque temporis dispendio») a chi fosse desideroso di accostarsi alla mole vastissima dell’opera di Galeno. I rimandi dell’indice fanno riferimento alla classe (segnata da numeri cardinali espressi con cifre arabe, ad es. «4a»), alla carta («paginas binas»), alla «paginarum littera», ossia alla lettera inserita nei margini interni del testo, quelli di separazione tra le colonne. Al loro interno ogni 10-15 linee
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
181
tipografiche compare una lettera dell’alfabeto, che procede mano a mano che si dispiegano le linee. L’indice si avvale di numerosi espedienti tipografici volti a rendere ancor più immediata la consultazione con il ricorso a componenti visive. Oltre alla differenziazione dei corpi dei caratteri (maggiori per le voci principali, minori per le voci di ambito più particolare), esso sfrutta l’esplosione delle voci mediante rette tipografiche, antesignane delle moderne parentesi graffe così come vennero intese da Pierre de la Ramée,39 di primo e secondo livello. Silvani raccoglie così a grappolo, a partire dalla voce «Anaximandri opinio de», ben dodici differenti opinioni del filosofo presocratico, dall’ordine delle stelle («Stellarum ordine») all’origine degli animali («Ortu animalium»). La teoria anassimandrea delle dimensioni lunari («Lunae magnitudine») è a sua volta suddivisa in tre sottovoci, di secondo livello, dedicate all’esame della «figura», del «lumine», e del «defectu» del satellite terrestre (c. 7v). Spianata così la strada dal lavoro, per molti versi innovativo, del Silvani, al collega Brasavola non restò molto altro da compiere, se non una paziente revisione, un significativo ampliamento e un’attenta correzione. L’indice del medico ferrarese occupa l’undicesimo volume, ossia quello che chiude i tomi stampati sempre dai Giunta nel 1550, contenenti le opere galeniche. La particolarità del tomo conclusivo risiede anche nell’anno di stampa, il 1551: il termine della fatica di stendere l’indice, ossia l’apposizione dei riferimenti alle carte, fu deferito nel tempo, causando un ritardo nella pubblicazione di quello che si profilava come strumento di base per la biblioteca di un medico del Cinquecento. Nella dedica Antonio Musa raccontò che fu l’editore, Tommaso Giunta, a sollecitare Gabriele Falloppia – illustre professore di anatomia, chirurgia e botanica negli atenei di Ferrara, Pisa e Padova –, affinché si recasse da lui per indurlo alla compilazione dell’indice, raccolto in un primo tempo a uso personale e per i propri figli ed amici. Brasavola rivelò così come sin dal Cinquecento fosse consuetudine predisporre indici manoscritti, da far circolare entro ristretti canali, perlopiù coincidenti con l’ambito familiare, per facilitare la consultazione di opere cardine per una particolare disciplina. L’autore non nascose un certo compiacimento nel concludere come in breve tempo a prevalere fosse la volontà di posporre l’interesse privato, complici le melliflue parole e l’autorità indiscussa del Falloppia, alla «publicam utilitatem» che sarebbe derivata dalla diffusione della tavola, dapprima allestita dal medico ad uso personale e in forma manoscritta. Pur partendo dall’analogo lavoro del Silvani, la predisposizione (che fu 39 W. J. Ong, Ramus, method, and the decay of dialogue from the art of discourse to the art of reason, Cambridge, Mass., Harvard University press; London, Oxford University press, 1958.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
182
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
piuttosto un ampliamento) dell’indice, tuttavia, fu uno sforzo «ingloriosus», non solo per la difficoltà insita nel tentativo di «authorum sententias exquisite absoluteque colligere», ma soprattutto per la particolarità dei termini da indicizzare, sia latini sia greci, e per la difficoltà di strutturare le voci affini. Per questo delicato ordinamento Brasavola, sempre nella dedica, dichiarò, con molta onestà, di essersi avvalso della collaborazione di Jacopo Antonio Bono, medico concittadino, giovane di età ma assai dotato in dottrina e capacità. Il frutto delle fatiche dell’archiatra di Ercole II, si è anticipato, trae ispirazione, anche grafica, dal modello del Silvani. Procede pertanto nello stesso ordine, ossia quello alfabetico, per quanto non rigidissimo. I rimandi dell’indice fanno riferimento alla classe, alla carta, alla «paginarum littera». Brasavola, tuttavia, amplia a dismisura l’analiticità della prassi indicizzatoria e genera uno strumento che quasi raddoppia il numero delle voci create dal suo predecessore; inserisce anche i termini greci, seppur ridotti al minimo indispensabile e sempre corredati dal significato sommario, espresso nel corrispettivo latino. Scompaiono di necessità gli espedienti tipografici necessari ad evidenziare l’esplosione delle voci mediante linee tipografiche, di primo e secondo livello, poiché le voci sono a tal punto analitiche da richiedere grappoli troppo complicati. A volte Brasavola fonde in una voce lemmi che occupavano più spazio nell’indice del Silvani. Se ne veda un esempio nella voce riservata al «Capitis dolor», ossia l’emicrania, cui sono associate le principali cause (per infiammazione, per umori freddi, per eccesso di sangue, per bile amara, etc.), ripartite dal Silvani in sottolemmi evidenziati dalle parentesi. Antonio Musa adotta anche il rinvio, segno della maturità cui è giunta la pratica dell’indicizzazione nel XVI secolo. Al termine della lunghissima voce «dolor» si registra: «Dolor, lege Tormina»; la voce «Ephemera febris» prosegue con l’indicazione del rimando: «lege Diaria, & Febris ephemera»; lo «Phtisicus» è forse meglio conosciuto come «Tabidus» ed è per questo che dal primo lemma Brasavola fa rinvio al secondo; analogamente dallo «Spasimus» il rimando va al termine affine «Convulsio». Certo è che l’impegno profuso dal Brasavola per il lavoro di indicizzazione degli Opera di Galeno non rappresentò per il medico ferrarese soltanto uno dei modi diretti per trarre profitto da una competenza specificamente rivolta al paratesto editoriale. Fare indici per molti autori significò costruirsi fama e popolarità in ambienti riservati a specialisti (come nel caso dei seguaci di Asclepio), ma certo aperti in molte direzioni grazie alla stampa. Il caso di Brasavola è alquanto paradigmatico se si pensa che, diversamente dai correttori e dagli indicizzatori spesso rimasti anonimi, per il medico ferrarese l’occasione di associare il proprio nome a quello
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
183
di Galeno fu solo l’atto finale dell’esercizio di una professione che, ad alti livelli, richiedeva anche il cimento in lavori di penna. E la fortuna arrise alla consacrazione del nome di Brasavola nel lavoro dei torchi: furono ben cinque le edizioni impresse con cadenza quasi decennale dal 1551 al 1597, alle quali seguirono altre due riproposte editoriali, nel 1609 e nel 1625. Il mestiere degli indici, anche se non vi sono abbondanti prove documentarie della sua capacità di assicurare un compenso, certo rappresentava un’attività che propiziava il successo, uno dei modi per far conoscere il proprio nome al mondo dei dotti.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Indici d’autore Si è visto come spesse volte in tipografia l’aggiunta di un indice fosse compito di correttori oppure di curatori veri e propri, comunque di conoscitori profondi del testo che era necessario condensare e ordinare nei lemmi della tavola. La capacità di adottare le strategie più idonee per rinvenire con rapidità e precisione un passo o un concetto specifici all’interno di una trattazione o comunque di una narrazione ampia e articolata era invero connaturata al mestiere forse più importante per l’attività di un’intera officina editoriale, ovvero il mestiere d’autore. In età moderna vivere di penna significa vedere riconosciuto da parte dell’autore il diritto di maturare un profitto dalle opere dell’ingegno. Un diritto vero e proprio ad ottenere denaro in cambio di idee si afferma in Europa solo nel Settecento, grazie al Copyright Act della regina Anna Stuart, emanato nel 1710. Con quel provvedimento la corona inglese, pur con tutte le garanzie riservate agli editori, riconobbe all’autore il diritto sulle proprie opere per la durata di quattordici e di ventuno anni, rispettivamente per gli inediti e i testi già pubblicati. Purtroppo il mestiere di scrivere era minacciato su più fronti, in particolare dalla pirateria editoriale che si appropriava con disinvoltura di un testo e di una edizione, magari protetti da privilegi entro i confini di uno Stato, che in assenza di diritto internazionale non era in grado di tutelare autori ed operatori del libro al di fuori del territorio su cui esercitava la sua sovranità. Una stampa di successo veniva immediatamente riproposta da più imprese editoriali, in differenti centri, e da qui si irradiava sul pubblico, spesso anche all’insaputa del suo autore. Nemmeno Voltaire, che certo non fu messo al corrente delle migliaia di edizioni delle sue opere, circolanti nell’Europa del XVIII secolo, ottenne lauti guadagni dal suo eccezionale successo. I fratelli Cramer di Ginevra, suoi editori abituali, anche facendo leva sui presunti danni da loro subiti proprio dalla pirateria dilagante, non gli concessero mai ingenti compensi e
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
184
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
il philosophe fu costretto ad accontentarsi di un elevato numero di copie, per farne dono ad amici e potenti. Neppure l’autorità della Chiesa, per quanto indirizzata all’ecumene, era in grado di combattere lo sfruttamento sregolato e selvaggio delle opere d’ingegno.40 Così l’autore era privato di una buona parte della propria capacità contrattuale e si trovava spesso costretto a sobbarcarsi molti degli sforzi necessari a traghettare un testo alle stampe. Fra questi, anche l’onere di predisporre gli indici delle proprie opere, per quanto una simile attività in certi casi fosse avvertita dagli autori stessi come un naturale corollario alla stesura dell’opera medesima. In fondo l’autore elaborava indici, sommari, riassunti di molte delle opere che compulsava in qualità di lettore, fosse o non fosse uno studioso. Chi si accingeva alla stesura di un trattato, persino i poeti e i romanzieri alle prese con opere di natura letteraria, trovavano utile intavolare apparati indicali per il proprio lavoro; ne intuiva la comodità e a volte il carattere indispensabile per il pubblico al quale si rivolgeva, ma sapeva apprezzarne il valore persino per la sua stessa attività di produzione del testo. Ritrovare un passo per modificarlo, per ampliarlo o, al contrario, renderlo più agile e snello; a volte per sopprimerlo. Rivedere un concetto o migliorare la forma di una espressione. Tutte queste operazioni, come si vedrà con Leopardi, potevano essere concepite anche come i movimenti di un dietro le quinte che non implicava la sua esibizione in palcoscenico. La pubblicazione dell’indice insieme con l’opera alla quale faceva riferimento, ritenuto un mero strumento di lavoro, appesantito da tutte le idiosincrasie connesse all’attività della creazione intellettuale, non sempre era azione prevista e immaginata dagli autori che pure avevano speso tempo ed energie nell’approntarlo. Ecco la ragione per cui molto spesso questi indici d’autore potevano rimanere manoscritti e ricongiungersi all’edizione a stampa solo molti anni dopo la prima edizione del testo. Molto spesso la stesura degli indici era inclusa nel completamento, nell’aggiornamento o nella revisione di un testo al momento di farlo uscire alla luce. Il gesuita Jacques Masen,41 che dopo l’ingresso nella Compagnia come novizio nel 1629, insegnò humanae litterae per ben 14 anni al Collegio di Colonia, fu reso famoso da una polemica letteraria del Settecento. Egli, che dedicò la sua vita al sacerdozio e alla docenza pubblicando trattati ad uso dei propri studenti, come l’Ars nova argutiarum o la Palaestra 40 Cfr. M. G. Tavoni, Precarietà e fortuna nei mestieri del libro in Italia. Dal secolo dei lumi ai primi decenni della Restaurazione, Bologna, Pàtron, 2001, pp. 29-48. 41 Cfr. C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, Bruxelles, Schepens; Paris, Picard, 1894, vol. 5, coll. 681-696.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
185
eloquentiae ligatae,42 fu autore anche di un poema, Sarcotis, che critici in cerca di gloria sfruttarono per infangare la reputazione di Milton, accusato di aver ricavato l’ispirazione e i migliori passi del suo Paradise lost proprio dai versi del gesuita di Colonia. Meno noto è invece l’episodio legato alle Antiquitates annalium Trevirensium del sodale Christoph Brouwer,43 edite postume una prima volta nel 1626,44 ma subito ritirate dalla circolazione per volere dell’Arcivescovo di Treviri. Masen, forse su incarico dello stesso prelato, cui la seconda edizione è dedicata, ebbe il compito di completare gli annali aggiungendo integrazioni e tre nuovi libri ai ventidue attribuiti a Brouwer. Non pago di ciò si diede alla stesura di due impegnativi indici, uno Historicus l’altro Chronologicus, a chiusa del secondo tomo, stampato nel 1670.45 E una delle ragioni per cui corredò tale continuazione, già di per sé stessa alquanto impegnativa, degli indici va ricercata proprio nel minuzioso lavoro di revisione cui, anche per necessità censorie, furono sottoposte le Antiquitates del Brouwer. Il gesuita, nell’avvertimento al lettore premesso all’Index historicus del primo tomo, espone così il criterio tenuto presente nel redigere l’indice: Osservi il benevolo lettore che nell’uso di questo indice occorre rintracciare perlopiù le materie e le persone principali, alle quali tutto il resto si riferisce, cosicché nel caso tu voglia sapere qualcosa dei templi, degli accampamenti, delle strade militari, dei teatri degli antichi, devi cercare alla voce Antichità. Se invece qualcosa della tunica di Cristo, delle verghe, della lancia, della croce, cerchi alla persona Gesù Cristo, alla quale si riferiscono queste cose. E così per tutto il resto.
Gli autori, prima di altri, dimostrano di conoscere assai in profondo i meccanismi che presiedono alla stesura e alla consultazione degli indici, compreso quello che i moderni teorici della indicizzazione hanno definito come principio di raggruppamento, che Masen così sintetizza: E ciò è stato fatto con l’intenzione che gli elementi spettanti alla medesima materia fossero raggruppati in un breve elenco. Comunque ti tendiamo 42 Molto fortunati, i due manuali uscirono in più edizioni, a partire rispettivamente da: Ars nova argutiarum honestae recreationis, Coloniae Agrippinae, apud Ioannem Antonium Kinchium, anno 1649 e Palaestra eloquentiae ligatae methodum novam ac facilem, Coloniae, typo et sumptu Wilhelmi Friessem, 1654. 43 Cfr. C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, cit., vol. 2, coll. 218-222. 44 Christoph Brouwer, Antiquitates annalium Trevirensium, Coloniae, Bern. Gualtherus, 1626. 45 Christoph Brouwer, Jacques Masen, Antiquitatum et annalium Trevirensium libri XXV duobus tomis comprehensi, Leodii, ex officina typographica Jo. Matthiae Hovii, 1670.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
186
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
un dito affinché tu non ondeggi indeciso fra le minuzie. Goditi questa nostra fatica e stai bene.
Appartengono alla categoria degli indici d’autore, ossia quelli frutto della pazienza e della perizia accorte che si rinvengono, come ricordò Bayle, solo in taluni casi, i molti zibaldoni che, dall’età umanistica sino a tutto l’Ottocento furono allestiti da scrittori, poeti, scienziati. Iacopo Sannazaro, che con la propria opera pastorale in prosa e in versi, intitolata Arcadia, battezzò una delle più celebri accademie letterarie d’Europa, ha lasciato ben due codici, oggi custoditi alla Biblioteca Nazionale di Vienna (nn. 3503 e 9477), contenenti indici manoscritti che l’umanista napoletano mise assieme durante moltissimi anni di attività filologica e letteraria. Per giunta autografi, gli indici del Sannazaro sono esempio di quella produzione indicale nata non tanto per la sua diffusione pubblica, autonoma o associata a qualche opera, ma piuttosto come strumento della creazione letteraria, come arnese indispensabile nella fucina di quanti si accingevano alla composizione di qualunque opera, senza un nesso specifico al genere di appartenenza. Gli indici manoscritti del poeta di Federico d’Aragona sono ascrivibili a due categorie. Lo zibaldone antiquario (n. 9477) si apre con un ampio «Repertorium rerum antiquarum», titolo attribuito da un possessore cinquecentesco, ossia con uno «schedario di antichità romane», al quale si uniscono una raccolta di excerpta e altre annotazioni da autori sia antichi sia moderni, strutturata per volontà dell’autore in ordine semantico per capitoli.46 Corredare le opere di apparati di ricerca nel testo interessò perfino romanzieri, a partire dagli esordi del genere letterario più rappresentativo dell’età moderna e contemporanea. Samuel Richardson (1689-1761), prima di divenire il padre del romanzo, apprese il mestiere di stampatore, che esercitò come garzone sin da tenera età.47 Passando poi negli anni trenta del Settecento attraverso l’attività editoriale, in particolare con un manuale di scrittura epistolare la cui stesura gli ispirò alcuni tra i più celebri romanzi che segnarono un’epoca, raggiunse il successo a cominciare da Pamela, edito nel 1740. La vicenda romanzesca della serva, che narra le molte peripezie della sua vita in forma di diario e di missive, alla fine diviene il paradigma di una ascesa sociale che in verità poco deve alla morale (il titolo alternativo 46
C. Vecce, Gli zibaldoni di Iacopo Sannazzaro, Messina, Sicania, 1998. Si veda anche M. Riccucci, Il neghittoso e il fier connubbio: storia e filologia nell’Arcadia di Jacopo Sannazaro, Napoli, Liguori, 2001. 47 K. Maslen, Samuel Richardson of London printer: a study of his printing based on ornament use and business accounts, Dunedin, University of Otago, 2001.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
187
del romanzo recitava: La virtù premiata) e che pertanto gli valse il sospetto dei censori, decisi nel porre il primo romanzo europeo moderno all’Indice dei libri proibiti. Con Clarissa, il secondo successo editoriale di Richardson stampato nel 1748, la struttura narrativa si fonda sul lavoro di ben quattro scrittori di epistole, i quali generano un gioco di specchi dietro cui il narratore tenta di confondere i tratti della prima eroina, non a caso di fede protestante. I capolavori di Richardson, basati sulla struttura epistolare, erano lunghissimi (anche per cavalcare il profitto che derivava al loro autore, che fu non per nulla presidente dell’Ufficio del Copyright a Londra) e generarono presto riassunti, rifacimenti in prosa, adattamenti, antologie. Sin dalla seconda edizione di Clarissa (1749),48 apparsa in sette volumi, l’autore stesso curò l’indice delle lettere, ossia un Historical and Characteristical Index, nonché si preoccupò di dare alle stampe Collection dove erano elencati passioni, sentimenti, aforismi, riflessioni e osservazioni sparse qua e là nei suoi romanzi.49 I numerosissimi lettori, o meglio, le numerosissime lettrici (che disponevano anche di traduzioni in francese, italiano e tedesco), potevano così rintracciare con facilità un personaggio o un passo senza per forza essere costretti a ripercorrere i diversi tomi in cui si distendeva la narrazione originale. E in più si dava il valore aggiunto che era stato lo stesso autore del racconto e smontare il testo epistolare, favorendo meccanismi di lettura trasversale e alternativa rispetto a quella originale.50
Resuscitare i morti Sovente accadeva che non fossero gli autori i primi interessati a percorrere le opere, sia proprie sia altrui, attraverso mappe del testo disegnate in forma di indici. Ecco che grandi autori, come Erasmo e Leibniz, certo sensibili al tema dell’utilità degli indici, non conobbero operazioni sistematiche di indicizzazione del corpus delle proprie opere d’ingegno se non dopo la morte. In alcuni casi dovettero passare secoli prima che tali autori godessero dello stesso trattamento di cui avevano beneficiato, dall’età umanistico-rinascimentale in poi, i grandi autori classici, sia latini sia greci. 48
Samuel Richardson, The history of sir Charles Grandison. In a series of letters published from the originals, the second edition, London, printed for S. Richardson, and sold by C. Hitch and L. Hawes, in Pater-noster Row, 1749. 49 R. Chartier, Inscrivere e cancellare, Roma-Bari, Laterza, 2006, part., p. 184. 50 T. Keymer, Richardson’s Clarissa and the Eighteenth Century Reader, Cambridge, Cambridge university press, 1992.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
188
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Tra le personalità che, nel XVIII secolo, fornirono chiavi di accesso essenziali ad opera omnia di scrittori non solo contemporanei ma anche vissuti in tempi passati, assicurando attraverso gli indici una modalità di lettura più rapida e affine alla cultura enciclopedica del tempo, va annoverato Jean Le Clerc (1657-1736), curatore degli Opera omnia di Erasmo. Gli apparati indicali non erano certo sconosciuti ai capolavori del grande umanista, come provano alcune edizioni degli Adagia, impresse quando ancora Erasmo era in vita. Ad esempio le stampe italiane del 1520,51 del 1575,52 del 1585,53 presentavano tutte una assai articolata struttura indicale – cui non era estranea la mano dello stesso Erasmo – che si esplicava nella redazione di più indici, diversi dal punto di vista tipologico, che si ponevano, sin dal frontespizio, a guida accattivante e preziosa per percorrere l’opera erasmiana. Compaiono in quelle cinquecentine l’Index proverbiorum secundum ordinem alphabeti, che non tiene conto dell’Index Graecorum proverbiorum, l’Index proverbiorum iuxta locos, ac iuxta numeros primi indicis, cuius quidem numeri huic indici respondent, l’elenco ordinato dei Loci secum congruentium et pugnantium materiarum (che anticipa la lotta dei sinonimi e dei contrari), l’Index locorum secundum seriem literarum, quo facilius lector id, quid quaerit, inveniat. Fanno pure la loro comparsa un Index proverbiorum iuxta locos, un Index quarundam Graecarum dictionum, e l’immancabile indice contenente gli Auctorum loci, qui passi, aut emendantur, aut explicantur. Alcune edizioni, poi, posseggono un Posterior hic index res, et verba scitu digniora toto opere contenta, demonstrat. Ma fu solo nel Settecento che il ginevrino Jean Le Clerc, teologo e filologo della Bibbia, ma anche bibliografo,54 costruì l’indice complessivo alle opere dell’autore fra i più letti e stampati ma anche più censurati dell’Europa moderna. Il lavoro editoriale iniziò nel 1699, quando ne informò John Locke e John Sharp, comunicando a quest’ultimo che «subjicientur brevi praelo Lugduni in hac eadem provincia Opera Erasmi omnia, et ante exitum 51 Erasmo da Rotterdam, Adagiorum chiliades quatuor, centuriaeque totidem. Quibus etiam quinta additur imperfecta, Venetiis, in aedibus Aldi, et Andreae soceri, mense septembri, 1520. 52 Id., Adagia quaecumque ad hanc diem exierunt, Paulli Manutii studio, atque industria … ab omnibus mendis vindicata …. Cum plurimis, ac locupletissimis indicibus, Graecis, & Latinis, quorum non nulli nusquam antehac impressi fuerunt, Florentiae, apud Iuntas, 1575. 53 Id., Adagia quaecumque ad hanc diem exierunt, Paulli Mannuccii studio, atque industria … ab omnibus mendis vindicata …. Cum plurimis, ac locupletissimis indicibus, Venetiis, ex unitorum societate, 1585. 54 Sulle opere bibliografiche di Le Clerc si veda A. Serrai, Storia della bibliografia, Roma, Bulzoni, 1988-2001: vol. 3, pp. 277-278, vol. 8, pp. 39-40.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
189
anni proximi unum atque alterum volumen emittentur».55 La corrispondenza dell’erudito biblista, altrimenti ricchissima di notizie, testimonia unicamente la lunghezza della gestazione del lavoro erasmiano, senza spendere alcuna parola sull’indice. La fatica, premiata con la pubblicazione del primo volume solo nel 1703, giunse a compimento nel giro di tre anni, quando apparvero alla luce tutti e dieci i tomi degli Opera omnia emendatiora et auctiora.56 L’ultimo tomo, appunto, conteneva il più importante di tutti gli indices totius operis copiosissimi, preannunciati dal frontespizio del primo volume, i quali via via erano predisposti per porzioni del testo edito. Non sappiamo se l’Index generalis fosse previsto sin dalle fasi iniziali del progetto, tanto è che il curatore nella Praefatio iteratae editionis (tomo 1, p. 8), chiarito di aver seguito l’edizione di Froeben, 1540, aggiornata in alcune scelte filologiche e di ortografia tipografica (soggetta alla «ratio hodierna artis Typographicae») nonché corredata di note, con cui egli ritiene di illuminare il pensiero erasmiano, non vi fa cenno alcuno. Certo è che nel 1706 apparve l’Index generalis in omnia Des. Erasmi opera, excepto Epistolarum Volumine, cui propter rerum copiam ac varietatem, peculiares Indices subjecti sunt. Ad calcem notati sunt loci S. Scripturae, quos hic illic explicat Erasmus. Le Clerc aprì l’Index generale con un avviso al lettore in cui oltre a presentare l’Indicem universalem omnium Operum Erasmi, precisava che esso escludeva il volume terzo, contenente le Epistolae, bisognose di un intervento particolare, data la mole di nomi e argomenti degni di essere segnalati. Egli precisò anche che: Non è parso necessario ripeterlo, poiché, senza alcun tuo vantaggio, avrebbe fatto aumentare il prezzo di quest’opera. In verità ai volumi II e VI erano stati uniti i rispettivi indici, ma poiché non erano molto lunghi, pensammo che sarebbe stato meglio unirli a quello generale. Affinché non mancasse nulla, ritenemmo che fosse opportuno aggiungere un indice dei passi della Sacra Scrittura spiegati un po’ dappertutto da Erasmo, ricavato dall’edizione di Basilea. Stai bene, lettore, e guarda con favore a coloro che si dedicano al tuo vantaggio.
L’indice, stampato su tre colonne, è in ordine rigorosamente alfabetico e riunisce tanto i termini latini quanto quelli greci, fusi in sequenza unica. Ciascun lemma, articolato in alcuni casi in molti sottolemmi, rinvia il let55
Lettera a Sharp da Amsterdam, 5.12.1699. cfr. J. Le Clerc, Epistolario, a cura di M. G. e M. Sina, Firenze, Olschki, 1987-1996, part. vol. 2, p. 326. 56 Erasmo da Rotterdam, Opera omnia emendatiora et auctiora, ad optimas editiones praecipue quas ipse Erasmus postremo curavit summa fide exacta, studio et opera Joannis Clerici cum ejusdem et aliorum notis ... Cum indicibus totius operis copiosissimis, Lugduni Batavorum, cura & impensis Petri vander Aa, 1703-1706.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
190
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
tore al numero romano che indica il tomo, a quello arabo che individua la colonna e, infine, alla lettera alfabetica che si trova negli intercolunni del testo, impresso su due colonne. Al termine dell’Index generalis Le Clerc volle porre l’indice dei passi delle Sacre Scritture commentati da Erasmo (Loci Scripturarum, passim explicati in operibus Erasmi subsequuntur), che sapeva essere di particolare interesse in quella stagione di ripensamento molto forte delle ragioni che avevano portato alla condanna di Erasmo all’Indice dei libri proibiti. L’ordine di questo apparato speciale segue quello del testo sacro (si parte dal Genesi e si termina con il Nuovo Testamento), con breve regesto e rinvio secondo lo stile adottato nell’Index. Oltre a questi, vi sono indici analitici per le Epistolae (tomo III.2) e per le Adnotationes in Novum Testamentum (tomo VI). Postuma fu anche la raccolta degli scritti di Leibniz. Le opere che Leibniz (1646-1716) diede alle stampe ancora in vita rappresentano infatti solo una piccola parte di una vasta produzione, costituita spesso da interventi occasionali ed affidata a lettere indirizzate ad interlocutori particolari. Il pensatore tedesco pubblicò numerosi articoli sui periodici del tempo, la Dissertatio de arte combinatoria, apparsa a Lipsia nel 1666, e, tra gli scritti filosofici, gli Essais de Théodicée, editi ad Amsterdam nel 1710, ovviamente privi di indice sia per l’esiguità di alcuni interventi nati come opuscoli sia per le sedi, le riviste, che ospitarono i saggi. Subito dopo la sua morte iniziarono dunque la ricerca e la pubblicazione degli inediti: i Principes de la nature et de la grâce fondés en raison, composti due anni prima di morire, furono pubblicati nel 1718, e nel 1720 videro la luce i Principes de philosophie, noti con il più celebre titolo di Monadologie. A Louis Dutens, studioso ugonotto di matematica e di lingue orientali, poeta e poligrafo erudito autore di un famoso Journal di viaggio su cui mi sono a suo tempo soffermata, si deve la prima importante raccolta sistematica delle opere leibziniane, ovvero gli Opera omnia, nunc primum collecta, in classes distributa, praefationibus & indicibus exhornata, in sei tomi in quarto, stampata nel 1768 a Ginevra presso i fratelli de Tournes, ma preparata a Torino.57 La curatela di Dutens seguiva di tre anni l’altra importante raccolta di scritti inediti leibziniani, ovvero le Oeuvres philosophiques latines & françoises, pubblicate da Eric Raspe, bibliotecario ad Hannover: l’edizione, dedicata al barone Gerlac Adolph de Munchhausen,58 conteneva anche i 57 Gottfried Wilhelm Leibniz, Opera omnia, nunc primum collecta, in classes distributa, praefationibus & indicibus exhornata, Genevae, apud fratres de Tournes, 1768. 58 Id., Oeuvres philosophiques latines & françoises ..., publiées par M. Rud. Eric Raspe, a Amsterdam et a Leipzig, chez Jean Schreuder, 1765.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
191
Nouveaux essais sur l’entendement humain scritti in risposta al Saggio di Locke; si fregiava inoltre della prefazione di Abraham Gotthelf Kästner, professore di matematica e fisica a Gottinga, e recava in fine una Table des principales matières, ossia un indice di lemmi filosofici sui quali si intendeva attirare l’attenzione dei lettori (da Accidentalia ad Ame, da Langues a Monades, etc., ma anche Borgia, François, comment il se forma au regime). Fu Dutens tuttavia a permettere di poter disporre finalmente di gran parte degli scritti del filosofo, riuniti in un solo corpo editoriale. Dutens, che fu a Torino come segretario dell’ambasciatore inglese MacKenzie e che alla sua partenza lo sostituì come incaricato d’affari, durante il soggiorno torinese si dedicò agli studi filosofici e approntò la grande edizione di Leibniz,59 avvalendosi anche dell’aiuto di collaboratori piemontesi, come afferma Carlo Denina nella sua autobiografia.60 A riprova dell’eccezionalità del lavoro condotto dal segretario francese, curatela così di impegno da spaventare anche Voltaire, soccorre una testimonianza ricavata dalla Biografia universale antica e moderna, dell’editore Missiaglia,61 che così ricorda il proposito di stampare gli Opera di Leibniz: non era picciola impresa quella di raccogliere tutti gli opuscoli di Leibniz. Parecchi dotti tedeschi avevano formato tale disegno, ma l’avevano abbandonato: quando Voltaire fu informato dell’impresa di Dutens, scrisse: «Le opere di Leibnizio sono sparpagliate come le foglie della Sibilla, e tanto oscure quanto gli scritti di quella vecchia».
Dutens affrontò con coraggio un progetto tanto ambizioso; fece circolare i suoi avvisi ed ottenne l’aiuto di molti dotti, purtroppo tra mille difficoltà via via sopraggiunte. Sperava, infatti, che Lagrange approntasse la prefazione alle opere di matematica; ma Lagrange si rifiutò; si rivolse allora a d’Alembert, ma ottenne un nuovo rifiuto, e allora Dutens decise di prepararla personalmente, ed essa ottenne l’apprezzamento dell’uno e dell’altro, buon presagio del successo universale decretato alla sua opera. L’impresa sistematica di Dutens rappresentò une véritable Encyclopédie per l’articolazione dell’intero sistema del sapere.62 L’opera era inoltre arric59
L. Pepe, Le meilleur des mondes, la moindre action et les savants italiens, in Leibniz: le meilleur des mondes. Table ronde organisée par le Centre national de la Recherche scientifique, Paris, publié par A. H. Kamp, A. Robinet, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 1992, pp. 205-213. 60 C. Marazzini, La “Clef des langues” di Carlo Denina e il paleocomparativismo linguistico, in “D’uomini liberamente parlanti”. La cultura linguistica italiana nell’Età dei Lumi e il contesto intellettuale europeo, a cura di S. Gensini, Roma, Editori Riuniti, 2002, pp. 247-272, part. p. 254. 61 Cfr. vol. 17, 1824, pp. 208-212. 62 Tomo I. Opera Theologica; Tomo II, P. I. Logica & Metaphysica, P. II. Physica generalis,
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
192
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
chita editorialmente dall’elogio di Leibniz scritto da Fontenelle, desunto dalla Histoire de l’Académie royale des sciences di Parigi, storia edita nel 1716 (p. XIX), nonché dalla Vita dell’autore, scritta da Jacob Brucker desunta dal tomo quinto della sua Philosophiae historia (p. LIV); e infine dalla Disputatio de philosophia Leibnitii Christianae religioni haud perniciosa di Christian Kortolt (p. CCIX). Il carattere frammentario, pluridisciplinare ed enciclopedico della mole dei contributi di Leibniz rese quanto mai utile la presenza in ciascun tomo di un Index locupletissimus rerum et materiarum, un indice ragionato di concetti filosofici, e dei luoghi diversi del loro occorrere, e della varietà lessicale e concettuale acquisite via via nel corpo dei contributi. Già nel 1728 in un’edizione latina della Monadologie, ovvero nei Principia philosophiae, curati da Gottlieb Hanschius,63 agli indici era affidato un importante ruolo editoriale e concettuale: un Index Theorematum era seguito da un Index auctorum in his demonstrationibus citatorum, additis eorum editionibus, e quindi da un Index rerum et verborum quam maxime memorabilium, in cui ciascun lemma è contraddistinto da una lettera che rinvia di volta alle differenti sezioni del testo in cui esso compare come glossa marginale: P. Principia Leibnitii, ex Actis Eruditorum Lipsiensibus his demonstrationibus praemissa, D. definitiones, A. Axiomata. T. ipsa in demonstrationibus theoremata designat. Il meritorio lavoro di Dutens non passò inosservato neppure ai suoi contemporanei: sul «Journal des Sçavants» nella notizia dedicata agli Opera omnia di Leibniz, si affermava che: Dutens ha il doppio merito di aver raccolto questa moltitudine sparsa di Opere di Leibniz che nessuna biblioteca al mondo possedeva e di averne scoperte numerose altre che, sebbene importanti, non erano ancora state stampate.64
Non è da meno il merito di aver dotato gli Opera degli indici che consentivano finalmente di accedere a porzioni testuali degli scritti di Leibniz. A Chymia, Medicina, Botanica, Historia naturalis, Artes; Tomo III. Opera matematica; Tomo IV, P. I. Historia & Philosophia Sinensium, Philosophia in genere; P. II. Historia & Antiquitates; P. III. Jurisprudentia; Tomo V. Opera philologica; Tomo VI. P. I. Philologicorum Continuatio; P. II. Collectanea Etimologica 63 Gottfried Wilhelm Leibniz, Principia philosophiae, more geometrico demonstrata: cum excerptis ex epistolis philosophi et scholiis quibusdam ex historia philosophica ..., Francofurti et Lipsiae, impensis Petri Conradi Monath, 1728. 64 «Journal des Sçavants, avec des extraits des meilleurs journaux de France et d’Angleterre», XLIII, Janvier 1770, pp. 31-32.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
193
dimostrare l’utilità del lavoro del Dutens è sufficiente ricordare che Leopardi, il quale non lesse il testo della Teodicea,65 poté conoscere tuttavia alcuni temi importanti della riflessione leibziniana, quali il rapporto tra bene e male, il sistema dell’ottimismo, attraverso l’esposizione che Dutens ne fece nell’opera molto nota e dal poeta spesso citata intitolata Origine des découvertes attribuées aux modernes.66 Per il Leopardi dello Zibaldone la costruzione di un indice ebbe invece un significato assai diverso: innanzi tutto gli permise di districarsi e ritrovarsi all’interno dei propri pensieri depositati su carta spesso senza un qualsivoglia ordito, forse anche con una vaga percezione dell’importanza di uno strumento di corredo per chi si sarebbe poi apprestato alla lettura e alla consultazione dei suoi lacerti sparsi in una moltitudine di pagine. Considerata l’importanza dell’autore e del suo particolare indice, si è dedicato al tema una speciale attenzione.
Un indice fai da te: Leopardi alle prese con lo Zibaldone Nello Zibaldone, alla pagina 4295, al termine di una considerazione sul piacere della compagnia delle persone che si stimano e delle donne in particolare, c’è una data racchiusa tra parentesi: «(Firenze. Domenica.14. Ottobre. 1827)» e poi si legge: «Fin qui si stende l’indice di questo zibaldone di Pensieri cominciato agli 11. Luglio, e finito ai 14. Ottobre del 1827 in Firenze»67. Con il lavoro di allestimento di un indice dello Zibaldone, la sua opera in continuo sviluppo, Giacomo Leopardi realizza una produzione editoriale d’autore consegnando il suo testo a uno strumento di indagine e di lettura. Un’ansia filologica, certo, sta alla base di questa iniziativa, ma è lecito scorgere anche un desiderio di marcare la storia del suo pensiero con la propria mano, fino in fondo, guidando se stesso ogni volta che avesse dovuto rileggere, aggiornare e sistemare lo scritto per dominarlo meglio e anche per finalizzarlo ad opere diverse che via via progettava. Non era infatti 65 Il nome del filosofo tedesco figurava infatti tra gli scrittori metafisici che il poeta dichiarava di non avere mai letto nel 1821 (Zibaldone 1347-8); si veda a proposito B. Martinelli, Leopardi tra Leibniz e Locke: alla ricerca di un orientamento e di un fondamento, Roma, Carocci, 2003, p. 31. 66 Louis Dutens, Origine des dècouverte attribuées aux modernes, 2de édition considérablement augmentée, Paris, Veuve Duchesne, 1776, e in part. vol. 1, cap. I (Système de Leibniz, pp. 81-102). 67 Tutte le citazioni dello Zibaldone sono tratte da: G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, edizione critica e annotata a cura di G. Pacella, Milano, Garzanti, 1991, 3 voll.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
194
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
nelle aspirazioni di Leopardi la pubblicazione dello Zibaldone così com’era, neppure emendato nello stile.68 Appuntare però fatti minimi o importanti, idee sue o di altri era per Leopardi di vitale interesse e ancora oggi colpisce la nostra immaginazione quel sentirlo “schiavo” dei suoi pensieri, come scrive a Pietro Giordani l’8 agosto 1817,69 proprio mentre sta cominciando lo Zibaldone (che ancora non aveva nome); infatti avverte il sopraggiungere dei pensieri quasi come una minaccia: «Ecco qui un nembo e una furia di pensieri […] a me il pensiero ha dato per lunghissimo tempo e dà tali martiri, per questo solo che m’ha avuto sempre e m’ha intieramente in balia, (e vi ripeto senza alcun desiderio) che m’ha pregiudicato evidentemente, e m’ucciderà s’io prima non muterò condizione». Non troverà «svagamento e distrazione» nel senso da lui auspicato, né realizzerà i «disegni» più importanti che aveva immaginato, opere in cui avrebbe voluto riversare, organizzati, i suoi “pensieri”. A dispetto della «progettualità latente»70 che si è riscontrata nel legame stretto tra lo Zibaldone e gli indici e, per ironia della storia che si separa dalla volontà, succederà che proprio lo Zibaldone così com’è sarà pubblicato più volte e studiatissima sarà ogni sua pagina e proprio con l’ausilio dei vari indici complessi e incompleti che ogni edizione porta con sé, diventati un prolungamento dei pensieri dell’autore. Dell’Indice non è facilmente possibile conoscere la genesi, mentre il suo impianto si può in parte ripercorrere e in parte scoprire. Zibaldone, dice Giuseppe Pacella, è una parola che può avere il «significato di miscuglio», di «insieme caotico di scritti», che nel Settecento era correntemente usata, quale «memoriale», «repertorio», quindi con o senza alcuna connotazione critica. 71 «Mescolanza», dice Policarpo Petrocchi. Quali che siano i significati più appropriati del termine, Leopardi ha preso con 68 Carducci lo disse subito quando esaminò i manoscritti leopardiani dell’eredità Ranieri: «Per se stesso notava e ricordava il Leopardi, non per il pubblico: ciò non pertanto gran conto ei doveva fare di questo suo ponderoso manoscritto, se vi lavorò attorno un indice amplissimo e minutissimo a somiglianza di quelli che i commentatori olandesi e tedeschi apponevano ai classici.». E. Peruzzi: Edizioni dell’autografo, in G. Leopardi, Zibaldone di Pensieri, Edizione fotografica dell’autografo con gli Indici e lo Schedario, Pisa, SNS, 1994, vol. 1, pp. IX-XVIII, part. p. X. 69 Le lettere di Leopardi e dei suoi corrispondenti sono tratte da Giacomo Leopardi Epistolario a cura di F. Brioschi e P. Landi, Milano, Bollati Boringhieri, 1988, 2 voll. Poiché di ognuna si indica la data, si è ritenuto non necessario riportare anche il numero apposto nell’edizione. 70 S. Acanfora, Indice e indicizzazione, in G. Leopardi, Zibaldone di Pensieri, Edizione fotografica dell’autografo cit., vol. X, a cura di S. Acanfora, M Andria, F. Cacciapuoti, S. Gallifuoco, P. Zito, pp. 69-90, part. p. 80. 71 G. Pacella, Introduzione allo Zibaldone, in G. Leopardi, Zibaldone di Pensieri, cit., vol. 1, pp. XI-XXXIV, part. p. XXIX, nota 28.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
195
piacere questo modo di dire, che ha trovato adatto per alludere alla grande varietà di temi e idee che ha appuntato e sviluppato nel “suo” Zibaldone: un percorso da studioso registrato in maniera assai diversificata, dalla breve nota, a volte di una o poche parole che ha scritto, ma non ha poi voluto o potuto riprendere in considerazione, alla traduzione, al saggio, al trattato, fino a scendere nelle profondità di una ricerca intellettuale che prorompe dalle righe degli appunti a costruire una personalità di studioso davvero inusuale. Emergono infatti dallo Zibaldone sia lo «studio matto e disperatissimo» di gioventù, sia gli strati di evoluzione del suo pensiero; erudizione e passione filologica come parole in apparente libertà, contraddizioni e ripensamenti; ogni cosa porta con la penna del poeta o con i sapienti modi del narratore e del critico, ma spesso anche con frettolosa impronta. Quel che invece non sembra di poter affermare è che il gran mare dei suoi testi sia “disordinato” o “confuso”. È ordinato come possono esserlo la registrazione o l’elaborazione di idee che vengono giorno per giorno, sulla base di ragionamenti e degli stimoli più diversi, immediati o lontani e che non hanno confini disciplinari, ove i ricordi d’infanzia affiorano come un verso di Omero o la contemplazione della luna. Certo, si avverte il bisogno da parte dell’autore di non tralasciare nulla, di non perdere neppure un pensiero vagabondo, senza costruire una gerarchia tra la storiella e il saggio linguistico. Sul supposto contrasto tra ordine e disordine, Rolando Damiani nota: «I rilievi del discontinuo e dell’incongruo sostengono lo stile dello Zibaldone, ne fanno un’opera che si realizza con una tecnica di variazioni, come sviluppo e accostamento di elementi eterogenei.[…] Non è il fantasma del libro impossibile, ma l’astronomica vastità della letteratura a spingere Leopardi sino ai suoi estremi confini, in cui ordine e caos possono coincidere».72 E sempre a proposito di caos un altro contributo afferma che non in «modo frammentario e episodico» va letto lo Zibaldone, bensì scorgendone la sistematicità; essa sola infatti consente di capire «come quelle intuizioni e quei pensieri che a prima vista appaiono staccati e slegati, attraverso le sedimentazioni e stratificazioni successive, hanno un nesso e un filo interiore che li regge e li unisce».73 Marcello Verdenelli si sofferma, tra l’altro, sulla pratica della scrittura degli zibaldoni, a sottolineare l’aspetto meditato della composizione dell’opera di Leopardi, laddove dice: «Più di una volta 72 R. Damiani, Introduzione, in G. Leopardi, Zibaldone, Milano, Mondadori, 1997, vol. 1, pp. XI-XXXVII, part. p. XIX. 73 G. Pacella, Lo Zibaldone, composizione e stratificazione, in Biblioteca Nazionale Napoli, Giacomo Leopardi, Napoli, Macchiaroli, 1987, pp. 402-410, part. p. 408-409.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
196
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
si è rimasti stupefatti della sorprendente abilità e facilità con cui Leopardi ha riempito le 5426 carte del suo Zibaldone di pensieri, se si considera poi che questa non fu la sua sola occupazione letteraria, ma solo la pronuncia analitica e riflessiva di una elaborazione molto più articolata […]. Studiando i meccanismi compositivi, nonché le varie stratificazioni dello Zibaldone di Leopardi non si può non riconoscere, accanto a una indubbia forza immaginativa, un incredibile mestiere, una non comune capacità a organizzare ed assimilare tutte quelle suggestioni che egli ricavava dall’esercizio di lettura e che meglio rispondevano alla sua sensibilità».74 La genesi dello Zibaldone è studiata anche da Emilio Peruzzi, secondo il quale «l’autografo non nasce come raccolta di pensieri, ma, per usare il nome che gli darà Leopardi, come uno “scartafaccio” in cui conserva appunti di ogni genere “per raccogliere frettolosamente in carta perché non mi cadano alla memoria”. Però diventa ben presto una raccolta di pensieri, cioè assume una funzione diversa da quella originaria».75 Dopo i primi tre anni di accumulo dei suoi pensieri, Leopardi comincia a segnare le date in cui li scrive, e questo metodo indica che l’autore ne vuole una collocazione nel tempo, anche rispetto alla sua vita, e forse già ne intravede una futura, più mirata destinazione. Ancora Damiani propone di intendere le date come «il primo tentativo compiuto da Leopardi di indicizzare il proprio scartafaccio, suddividendolo in conformità al lavoro di una sua giornata. La data è la forma più personale e asistematica di indice cui egli sia ricorso».76 Sempre teso a rintracciare il disegno leopardiano, Peruzzi sottolinea il significato delle date apposte ai “pensieri” come se «assegnando le singole notazioni a precisi momenti e luoghi, Leopardi intendesse dare al manoscritto anche un valore di autobiografia intellettuale»; «Quasi un obbligo con se stesso» conclude.77 Man mano che il lavoro procede, il piacere e il bisogno di scrivere si accompagnano alla consapevolezza della necessità di un ordine di lettura da dare al materiale, necessità che diventa impellente quando il poeta pensa di indirizzare la sua produzione a grandi opere e elabora progetti che si potrebbero realizzare con i materiali che chiamerà Zibaldone. Essi sono diventati talmente estesi da fargli immaginare la possibilità di sfruttarli in più occasioni, con più destinatari e in direzioni 74 M. Verdenelli, Cronistoria dell’idea leopardiana di “Zibaldone”, «Il Veltro», XXXI, 1987, pp. 591-620, part. p. 606. 75 E. Peruzzi, Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, in G. Leopardi, Zibaldone di Pensieri, riproduzione fotografica dell’autografo con gli indici e lo schedario, cit., vol. 1, pp. XXVXLI, part. p. XXXIII. 76 R. Damiani, Introduzione, in G. Leopardi, Zibaldone, cit., p. XV. 77 E. Peruzzi, Pensieri, cit. pp. XVII-XXVIII.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
197
diverse. Di certo non deve ancora avere l’idea di un indice, se non cronologico, quando prende l’abitudine di datare gli scritti, cominciando a pagina 100 con le parole «8 gennaio 1820». Chissà se Leopardi, nel corso degli anni, impegnato nel lavoro di “sistemazione”, avrà volto la mente – è noto quanto per lui sia sempre stata importante la “memoria” – a un episodio della fanciullezza, quando studiando con i due fratellini, Carlo e Paolina, e maneggiando agevolmente il latino, vedeva ogni anno scolastico scandito da una sessione d’esame vissuta in un’atmosfera di festa e di piacere. In quell’occasione i giovani Leopardi presentavano un saggio sulle discipline studiate e ne discutevano, magari in latino, con gli insegnanti. Ebbene, il 20 luglio 1812 Giacomo e Carlo, di 13 e 12 anni, si cimentarono in un Saggio di chimica e Storia naturale. Particolare attenzione avevano dato allo studio della struttura di un manuale di Giuseppe Saverio Poli e di Vincenzo Dandolo corredato da due Dizionari di nomenclatura chimica vecchia e nuova su cui i due ragazzi avevano costruito quella del proprio saggio e allestito un indice in capitoli, punti e titoli. Dandolo aveva aiutato i Leopardi a intendere lo stretto collegamento tra la materia esposta e la sua organizzazione ai fini non solo di «formarsi qualche idea della scienza chimica», ma anche di «formarsi un’idea filosofico-chimico dell’universo», consentendo di entrare con precisione nel dibattito e nella ricerca chimica dell’epoca.78 Non sappiamo come i ragazzi abbiano lavorato materialmente per costruire il loro indice, ma è probabile che Giacomo abbia ricordato quella esperienza e la sua importanza ai fini della comprensione dei testi.
Dizionario e Enciclopedia I «Disegni» di Leopardi in merito all’utilizzo dei materiali dello Zibaldone cambiano rapidamente, ma l’idea più convincente deve essergli parsa quella di un Dizionario che successivamente potrà anche definire Enciclopedia. Si parla diffusamente della genesi di queste idee, a partire da un incontro tra Leopardi e l’editore Antonio Fortunato Stella, nel corso del quale il poeta gli mostrò «centinaia di mezzi fogli piegati in due e diligentemente numerati a pagine» per proporgli un «Dizionario filosofico e filologico sul tipo del celebre modello voltairiano».79 Questo titolo è venuto in mente a Leopardi fra il 78
M. Ciardi, V. Sordoni, Un testo dimenticato: Giacomo Leopardi e il «Saggio di chimica e storia naturale del 1812», «Intersezioni», XXVIII, 1, aprile 2008, pp. 53-61. 79 R. Damiani, Introduzione, in G. Leopardi, Zibaldone, cit., p. XII.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
198
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
1825 e il 1826 quando in due liste di Disegni letterari abbozza «l’intento di dislocare in scritti specifici il materiale grezzo di cui dispone. Nella scheda del 1825 compare, dopo il titolo Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco, realizzato in quel periodo, la denominazione del Dizionario filosofico e filologico».80 Un filo per ricostruire la vicenda si rintraccia anche nelle lettere tra Leopardi e l’editore Stella, il quale ultimo il 9 agosto 1826 gli scrive:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Tutte le opere che Ella mi accenna di avere in mente mi fanno voglia, nè saprei dire questa mi piace più di quella. Sentendo però ch’Ella ha disposto qualche materiale pel Dizionario Filosofico, filologico, ecc. le suggerirei, quasi per prender riposo, quando si sente stanca del Cinonio, di mettersi a terminare qualche articolo del detto Dizionario.
Guardingo e speranzoso il tono di Stella rivela che egli conosce già bene la grandezza e la debolezza del poeta. Leopardi il 26 agosto, da Bologna gli comunica: «Non mancherò di venir pensando al Diz. Filos. e filolog. il quale godo assai che le vada a genio, come è ancora di mia grande inclinazione». E Stella, il 2 settembre: «Godo anche di sentire ch’è contenta di dividere le sue occupazioni letterarie tra il Cinonio e il Dizionario filos. e filolog.» per poi il 13 settembre ribadire: «Nella mia del due settembre le ho parlato del Dizionario filosofico filologico. Esso in ogni caso sarà sempre il lavoro a cui potrà applicarsi, poiché è di suo genio, e di mio genio ancora purché non trovi ostacoli alla Censura». Ma Leopardi che ha già avvertito difficoltà di carattere personale e tecnico esita: le forze gli mancano e la mole dell’impresa lo spaventa al punto che lo stesso 13 settembre 1826 scrive a Stella: «Quanto al Dizionario filosofico, le scrissi che io aveva pronti i materiali, com’è vero, ma lo stile ch’è la cosa più faticosa, ci manca affatto, giacché sono gittati sulla carta con parole e frasi appena intelligibili, se non a me solo. E per di più sono sparsi in più migliaia di pagine, contenenti i miei pensieri; e per poterne estrarre quelli che appartenessero a un dato articolo, bisognerebbe che io rileggessi tutte quelle migliaia di pagine, segnassi i pensieri che farebbero al caso, li disponessi, gli ordinassi, ec; tutte cose che io farò quando a Lei parrà bene che io mi dia di proposito a stendere questo Dizionario, ma che non si possono eseguire per il momento, e per uno o due articoli soli».81 Inizia a questo punto una schermaglia tra Leopardi e 80
Ivi, p. XVII. Non si tratta di scuse di maniera. Quanto siano importanti per Leopardi “lo stile” e “la perfezione” è documentato da più testi tra cui questo brano dello Zibaldone (nell’Indice definito scrittura ingombra di lineette e di nuovi segni): «Imparate imparate l’arte dello stile, quell’arte 81
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
199
l’editore, nessuno dei quali vuol chiudere il discorso, mascherando con una sorta di fair play le esitazioni con cui entrambi conducono le trattative. Pochi giorni dopo, infatti, il 19 settembre, Leopardi scrive nuovamente a Stella: «Incoraggito dalle sue parole relative al mio Dizionario, mi sono dato ad estrarre, a porre in ordine, ec. i materiali che ho per quest’opera, la quale dovrebbe anche contenere un buon numero di articoli o trattatelli relativi a cose di lingua, che sieno di un interesse generale, filosofico o filologico; i quali articoli si potranno anche pubblicare appartatamente. Quanto alla Censura, Ella non deve temere, perché io conosco i principii che la reggono, e secondo questi mi regolerei, tanto nella scelta delle materie quanto nel modo di trattarle». E Stella a Leopardi il 5 ottobre 1826: «Se poi nel tempo ch’Ella starà facendo l’Antologia potrà darmi qualche articolo del Dizionario da inserir nel N. Ricoglitore, tanto meglio, fermo io di pubblicare anche il Dizionario tutto unito tosto dopo l’Antologia». Leopardi, da Bologna il 18 ottobre: «Non mancherò, venendomi fatto qualche articolo del mio dizionario, che mi paia acconcio a poter figurare da sè solo, di mandarlo pel Nuovo Ricoglitore». Nel frattempo il disegno di Dizionario si evolve in un altro progetto: il 13 luglio 1827 Leopardi che ha cominciato l’Indice da due giorni scrive a Stella da Firenze: «Ora son dietro a ordinare i materiali della Enciclopedia: Spero che sarà un’opera che si farà leggere per forza da ogni sorta di persone». Stella gli risponde il primo agosto: «Non dubito punto che l’Enciclopedia sarà opera degna di Lei e affatto nuova per l’Italia come lo sono già le Operette morali». Leopardi torna sull’argomento il 23 agosto: «Sono sempre occupato dell’Enciclopedia, e m’ingegno di renderla un’opera più popolare che sia possibile, anche nello stile». Però, dopo un certo entusiasmo e dopo aver confermato la sua “inclinazione” a organizzare il materiale dello Zibaldone in un dizionario, o in una summa enciclopedica a largo consumo, Leopardi esibisce obiezioni e perplessità, di cui il 20 settembre 1827 parla a Stella: «Io travaglio al mio dizionario quanto mi permette la mia salute, che in tutta l’estate, e nel presente autunno non sarebbe potuta e non potrebbe essere più infelice». E ancora, il 23 novembre 1827, da Pisa: «L’Enciclopedia come cosa dipendente dalla fantasia, dalla vena e dall’umore, che non possono essere sempre al nostro comando, va più lentamente di quel ch’io vorrei che possedevano così bene i nostri antichi, quell’arte che oggi è nella massima parte perduta, quell’arte che è necessario possedere in tutta la sua profondità, in tutta la sua varietà, in tutta la sua perfezione, chi vuole scrivere. E così obbligherete il lettore alla sospensione, all’attenzione, alla meditazione, alla posatezza nel leggere, agli affetti che occorreranno, ve l’obbligherete, dico, con le parole e non con i segnetti (…) Non c’è maraviglia, se non c’è difficoltà».
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
200
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
e per questa ragione io ero già deliberato di pregarla a propormi qualche altro lavoro di sua soddisfazione che dipendesse meno dalla fantasia». Davvero “fantasiosa” questa spiegazione dell’incapacità in cui si trova il poeta a portare avanti i suoi progetti.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
L’Indice Se sono evidenti le difficoltà di Leopardi di fronte al grande «Disegno», è però anche evidente che egli intende comunque allestire uno strumento che consenta più percorsi ai suoi pensieri. E vuole allestirlo personalmente, ora che la marea gonfia dei suoi scritti è all’apice. Va anche sottolineato, a fronte di tanta impresa, che Leopardi non parla con nessuno esplicitamente di ciò che va facendo, anche se da alcune frasi della corrispondenza con Stella lo lascia immaginare ogni volta che dice di dedicarsi a «porre in ordine» i suoi materiali; in questo periodo preferisce soffermarsi sulla sua salute con lamenti più frequenti e più disperati del solito nelle lettere che manda ad amici e parenti. Nonostante il ritegno a parlarne, qualche informazione sul suo lavoro trapela in un paio di lettere agli amici che gli hanno chiesto che cosa stia facendo. Così Antonio Papadopoli il 20 settembre 1827 gli si rivolge: «Seppi pure dal Giordani che hai messi in pronto di molti materiali per un grande lavoro; si potrebbe sapere qual sia?». Contrariamente al suo solito, Leopardi risponde solo il 14 novembre da Pisa: «Mi domandavi che gran lavoro fosse quello per cui ti scriveva Giordani che io aveva apparecchiati i materiali. Nessun lavoro determinato: ma io ho dato un certo ordine a un grandissimo numero di materiali che ho per lavori da determinarsi quando i materiali sieno a sufficienza e la salute in migliore stato». Tutto qui e senza nominare mai la parola “indice”. Si avvicina l’autunno e Leopardi non può accendere il fuoco per non infiammare i suoi occhi. Finalmente il 4 ottobre comunica al padre che sta meglio, con queste parole strabilianti: «Della mia vita posso dirle solamente, che non fo altro che divertirmi. Ho fatta una quantità di conoscenze di brave persone: ho anche molti buoni amici». Nel frattempo ha finito l’Indice, non parla più dei suoi guai a Stella e pensa di andare a svernare a Massa Carrara (ma poi preferirà Pisa). Prima di giungere a questo stato di relativo benessere, Leopardi ha vissuto un periodo di gravi disagi fisici di cui si rileva ampia traccia nelle lettere sue e dei corrispondenti. In quei pochi mesi tormentati ha cercato ed è riuscito a dare un certo ordine al monumento di carte che racchiude i
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
201
pensieri della sua vita; sembra quasi di avvertirne l’ansia mentre perfeziona e sistema, modifica e corregge rassicurato che il suo sforzo avrebbe funzionato, poiché quell’errare da un pensiero a un altro, fermato sullo “scartafaccio”, era stato scomposto e ricomposto ed ora uno strumento agile come l’indice avrebbe consentito di rileggerne i disegni sottesi, di raggrupparli come di sparpagliarli, di sciogliere insomma lo Zibaldone in quadri nitidi ed espressivi dei vari campi della sua speculazione.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Gli Indici parziali Prima di affrontare l’Indice Leopardi aveva già composto due indici parziali riguardanti particolari tematiche dello Zibaldone, il primo intitolato: Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura e il secondo senza titolo che inizia con la proposizione: «Danno del conoscere la propria età».82 La datazione, accertata da ricerche accurate, è riferibile, per il primo, al 1823,83 e, per il secondo al 1824.84 I due indici parziali non sono in ordine alfabetico. Il primo relativo alle pagine da 1 a 100, segue il filo del testo dello Zibaldone e la progressione delle pagine. Accanto agli argomenti numerati da 1 a 200, spesso dettagliatamente descritti e divisi in parti, si trova il rimando alla pagina, senza indicazione di capoverso. È possibile, attraverso questo indice parziale, conoscere in sintesi ampia i punti – non tutti – di una data pagina. Chi ha esaminato questo indice85 ha rilevato la probabilità della redazione di minute poi distrutte che Leopardi avrebbe approntato prima del testo definitivo, e notato come le descrizioni delle rubriche che espongono la trama del passo mettano in luce «un procedimento non molto dissimile dai modelli di indicizzazione in uso nelle opere del ’500-’600»; a ciò si aggiunge l’evidente ricerca di “una parola-chiave” che contraddistingue i vari temi. Nonostante il titolo di questo indice, le numerose omissioni e lacune non consentono di affermare che esista «un vero e proprio percorso intenzionale nell’ambito dell’estrapolazione»: 82 G. Pacella, Introduzione allo Zibaldone, in G. Leopardi, Zibaldone di Pensieri, cit., vol. 1, pp. XI-XXXIV, part. p. XVII. Si tratta di compilazioni «che sono entrambe assai lacunose al loro interno, oltre che incomplete. Per questo sono incline a considerare i due spogli come prove o tentativi che Leopardi fece prima di stendere l’Indice del ’27 e non credo che egli pensasse già a un Indice nel ’23 o ’24, o addirittura nel ’20». 83 S. Gallifuoco: Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, «Il Veltro», XXXIII, n. 3-4, 1989, p. 239. 84 P. Zito: L’operazione di spoglio del ’24, Ivi, p. 240. 85 S. Gallifuoco: Pensieri, cit., pp. 238-239.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
202
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
forse le due tematiche «varia filosofia» e «bella letteratura» costituiscono una griglia «concepita in funzione di successivi interventi, ispirati a finalità più concrete e circoscritte». Questo «proto-indice», come viene definito sempre da Gallifuoco, è stato «interrotto dall’autore che preferirà in seguito adottare criteri più sintetici ed efficaci». Il secondo Indice parziale estrae dallo Zibaldone una serie di 53 argomenti con, a fianco, le pagine e i capoversi in cui sono trattati, compresi tra le pagine 102 e la 4118. La distinzione degli argomenti tra i due Indici parziali non è rigida: nel secondo infatti appaiono anche Pensieri isolati filosofici, o Differenza pratica tra i filosofi antichi e moderni derivata dalla natura delle due filosofie che si intrecciano con pagine precedenti, già considerate nel primo indice (vedi ad esempio Eloquenza di chi parla di sé medesimo o Motti e risposte argute). Paola Zito, sempre per quanto riguarda il secondo indice, lo valuta «apparentemente più disorganico e frammentario», compilato accostando riflessioni «affini o logicamente connesse […]», un indice che, per la ricchezza delle frasi scelte a citazione, «assume la fisionomia di un vero e proprio tracciato, al cui interno si intensificano le aggiunte, inserite, con corpo più piccolo, sull’estremità dei margini o nell’interlinea, rivelando, con integrazioni e “pentimenti” il fitto interrelarsi di più stadi redazionali». Così, nel suo sforzo di sintesi, Leopardi nel costruire il secondo indice ha lavorato anche sulle 200 voci del primo e ha «fatto rifluire gli spunti ritenuti utili (trenta in tutto) nei riquadri della griglia ormai compiutamente abbozzata». È stato altresì rilevato come la procedura utilizzata sia servita all’autore per attingervi materiale per le ultime sei Operette morali.86 Che la griglia congegnata da Leopardi sia stata finalizzata anche per la stesura di prose morali, è interpretazione confortata da altri studiosi, tra cui Cacciapuoti.87 L’intrecciare pensieri per scopi indicali è quindi un dato: Leopardi non è un indicizzatore se non del proprio bagaglio espressivo che si traduce in una tecnica legata al percorso personale e ininterrotto di elaborazione concettuale, un impegno assai gravoso che gli procura «un profondo disagio psicofisico», come è stato giustamente osservato.88 Sul metodo per l’indice dello Zibaldone molto si è detto. Consisteva fra l’altro in una prassi obbligata, che può farsi risalire, come si è visto, a grandi trattatisti del passato, a cominciare da ciò che viene teorizzato da Caramuel e che sicuramente affondava le radici in una antica consuetudine: 86
P. Zito, L’operazione di spoglio cit., p. 241. F. Cacciapuoti: Per una connotazione del discorso catalografico, in Autografi leopardiani e carteggi ottocenteschi nella Biblioteca Nazionale di Napoli, Napoli, Macchiaroli, 1989, p. 12. 88 R. Damiani, Introduzione, in G. Leopardi, Zibaldone, cit., p. XVIII. 87
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
203
per Leopardi la costruzione di un indice non significava solo lavorare ad uno strumento propedeutico per sistemare e sintetizzare il materiale prodotto, ma significava procedere con le cosiddette polizzine, ovvero piccole schede in cui si annotava ciò che serviva per la compilazione successiva, intrecciando e ordinando i dati in esse raccolti. Non impiegherò troppe parole per riferire quanti studiosi si siano cimentati nell’analisi dell’Indice leopardiano. L’Indice di Leopardi costruito come un “catalogo”, suddiviso per argomenti ordinati alfabeticamente e allestito con le schede mobili o polizzine componibili e scomponibili a seconda della necessità di valorizzare accostamenti e tematiche, può rimandare a tutta prima all’idea che Leopardi si sia servito dell’esperienza lockiana e del suo sistema classificatorio: e infatti così è interpretato in alcuni studi.89 Ricorrere a Locke per la correttezza della ispirazione delle prassi elencatorie è visto tuttavia in modo molto critico ancora prima della stesura dell’indice leopardiano: il canonico alsaziano Giuseppe Antonio Vogel, che visse a Recanati e frequentò Casa Leopardi e che certamente ebbe una influenza sulla formazione culturale del Contino, ci ha lasciato interessanti riflessioni sull’uso degli “zibaldoni” (ed anche una bella definizione della parola: «magazeni, da cui escono alla giornata tante belle opere in ogni genere di letteratura; come dal caos sortirono tempo fa il sole, e la luna e le stelle») e qualche accenno ironico su colui che egli chiama il «principe de’ metafisici». Così Vogel spiega come Locke intendeva il metodo: «consisteva a scrivere dentro un libro dal principio alla fine senza ordine né sistema quanto pare e piace coll’avertenza di mettere alla testa del tomo un indice alfabetico del contenuto, costruito in una maniera particolare».90 Più convincente sembra la tesi di chi ricorda che l’Indice leopardiano è frutto di una prassi assai percorsa, ovvero che esso ha parentele molto strette con l’Index rerum memorabilium ben noto a Leopardi fin dall’adolescenza per le sue assidue letture dalle edizioni dei classici antichi del Seicento e Settecento.91 A tutti gli autori che si sono occupati dell’Indice risulta, però, forte difficoltà nel trovare un modello unico cui Leopardi può avere a piene mani attinto perché egli sembra essersi mosso con ben poca rigidità e aver preso da ogni antecedente a lui noto ciò che in quel momento gli necessitava, 89
Così ad esempio R. Damiani in G. Leopardi, Zibaldone, cit. Introduzione, p. XVIII. Giuseppe Antonio Vogel, Lettera a Filippo Solari di Loreto, del 25 novembre 1807, riportata da Marcello Verdenelli in Cronistoria dell’idea leopardiana di Zibaldone, «Il Veltro», XXXI, 1987, pp. 600-603. 91 G. Pacella: Introduzione, in G. Leopardi, Zibaldone di Pensieri, cit., p. XVI, rileva come questo indice si distingua «per una selezione abbastanza accurata delle voci e dei temi più significativi e per una buona capacità di sintesi nell’esecuzione». 90
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
204
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
di aver colto da più fonti spunti e suggestioni, ma di avere in più aggiunto un suo proprio percorso per misurarsi con le esigenze di sistemazione cui doveva rispondere. Sono infatti sottese nel discorso leopardiano le molte implicazioni, quanto le forme in cui egli resuscita una parola e la collega al proprio impianto classificatorio, che derivano dalle varie configurazioni di ciò che egli aveva alle spalle e di ciò che gli offriva la letteratura sua contemporanea. Sicuramente conosceva la grande Table dell’Encyclopédie, ma neppure quella ebbe a modello giacché, come vedremo, essa si articola su piani molto differenti e distanti da quelli dell’Indice dello Zibaldone. Sempre in merito alle ascendenze Andria indica che «analogie» possono più verosimilmente rintracciarsi nella «selezione dei lemmi, su cui proprio il voltairiano Dictionnaire – modello dichiarato del progetto leopardiano che offre il pretesto all’indicizzazione – sembra aver esercitato influssi di qualche entità». L’ipotesi è basata anche su alcuni appunti scritti da Leopardi nello Zibaldone alla fine del marzo 1826, a Bologna, che lasciano supporre una disamina del Dictionnaire, proprio durante suo soggiorno in quella città.92 Altri studi sostengono che l’impianto classificatorio di Leopardi possa coniugarsi con un moderno «catalogo alfabetico per soggetti», di cui si offrono i percorsi essenziali.93 Sembra questa la tesi più discutibile: non sono quelle di Leopardi vere stringhe di concetto indicale, ma lemmi, sintesi, e perifrasi selezionati da passi anche brevi col mettere in evidenza formale a volte solo alcuni dei contenuti, a volte invece le parole stesse del testo. Non esiste alcuna gerarchia fra le voci e neppure le sottovoci sono organizzate per costruire un lessico in qualche modo controllato, secondo una sintassi formalizzata. L’Indice non viene apposto ad un saggio né ad una opera scientifica, ma ad una esplosione di fatti personali: diari, memorialistica, aforismi, usi e tradizioni, idee sparse possono forse in toto essere fonti di indicizzazione sistematica? A trascinare Leopardi non è forse il suo bisogno di fare ordine nella costellazione di impressioni, rese a volte con esquisses, di cui è stato o è protagonista in prima persona, o trattazioni sempre comunque legate alla propria sensibilità? In molti casi le espressioni dell’indice sembrano scalette, parte integrante di sommari, pronte ad essere utilizzate 92
M. Andria: Dallo Schedario all’Indice in: G. Leopardi, Zibaldone di Pensieri, Edizione fotografica dell’autografo, cit. pp. 49-61, part. p. 49, nota 2. 93 Così S. Acanfora si esprime: «La messa a fuoco dei ‘soggetti’, il loro tradursi in ‘voci’ semplici e incisive, spesso accompagnate da sottovoci o specificazioni che ne circoscrivono l’ambito concettuale, rappresentava infatti per lui un’operazione pienamente creativa, perché implicava una reinterpretazione della sua scrittura, alla ricerca di percorsi aggreganti all’interno della sua intera esperienza intellettuale». In: Dagli indici al testo, «Il Veltro», XXXIII, n. 34, 1989, pp. 246-250, part. p. 246.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
205
per costruire percorsi più compiuti. Chi ha interpretato l’Indice leopardiano come embrione di indice per soggetti ha sicuramente avuto in mente quello che oggi, anche nell’informatizzazione, è il concetto di keywords, ovvero parole chiave. Costringere il lavoro del poeta dentro gli schemi rigidi del catalogo per soggetti non consente di capire a fondo quali siano state le sue reali intenzioni. Più verosimile è lasciare la struttura dell’indice in una sorta di indecifrabilità quanto alla organizzazione con cui Leopardi ha proceduto alla scelta delle voci, come è stato rilevato.94 È importante anche considerare che l’Indice dello Zibaldone, quotato come un caso interessante di “indice d’autore”, funziona sia da solo sia intrecciato agli Indici parziali e agli strumenti preparatori che sono le già citate polizzine, e le polizzine a parte suddivise in «richiamate nell’Indice» e «non richiamate». Con il primo, Leopardi ha sistemato i materiali seguendo il filo dei suoi pensieri, intervenendo spesso sui testi, modificando e ripensando con uno scambio continuo tra sé e i pensieri “buttati giù”, in maniera che l’operazione risultasse funzionale anche a un eventuale dizionario; con i secondi, anni prima, ha saggiato, organizzandoli diversamente, alcuni temi che forse voleva approfondire; con le polizzine e le polizzine a parte ha costruito preventivamente un impianto di tessere che gli consentisse di dominare l’ampia produzione di dieci anni non solo come passaggio intermedio verso l’Indice vero e proprio, ma anche come sua integrazione attraverso una serie di rimandi alle polizzine stesse. Bisogna inoltre osservare che fin dal primo indice dello Zibaldone dato finalmente in luce (1898-1900), vari curatori hanno allestito molti altri indici a stampa dello “scartafaccio”, spesso chiamati non appropriatamente «analitici» e «tematici» seppur la griglia di riferimento rimane sempre quella di Leopardi, ma con una maggiore attenzione ai luoghi in cui le occorrenze vengono con più frequenza richiamate, quasi a formare un reticolo di vere e proprie concordanze. Sono dunque le parole dell’Indice leopardiano, con l’aggiunta di altre desunte dal testo, a costituire l’ossatura dei nuovi indici che si avvalgono dell’amplissimo bagaglio e contesto linguistico del poeta.
Polizzine e Polizzine a parte Anche gli strumenti di cui Leopardi si dota per l’allestimento del suo Indice sono oggetto di puntuali investigazioni. 94 A. Calzolari, M. R. Torlasco: Il segno e il velo della differenza: sull’Indice dello Zibaldone, «Con-tratto», anno I, n. I, dic. 1992, 171-189, part. p. 175.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
206
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Si descrivono accuratamente piccoli pezzi di carta della misura quasi di un moderno francobollo, mettendoci sotto gli occhi un rettangolo ben scritto di non più di otto linee, con intestazioni distinte da caratteri maiuscoli e minuscoli, e la possibilità di scorgervi inserimenti ed errori.95 Esistono anche lampi che lasciano immaginare Leopardi intento a compilare «[…] forse con l’aiuto di minute poi distrutte», le fondamentali 555 schedule che, messe in pulito, diventano «pezzi di un puzzle»96 indispensabili a cercare nei suoi testi ciò di cui egli aveva bisogno per costruire altri pensieri, legarli assieme, avanzare nel lavoro, secondo i suoi progetti. Sotto la definizione leopardiana di Polizzine a parte si trova un nucleo di polizzine richiamate nell’Indice: 38 schedine uguali per formato e inchiostro a quelle già esaminate e un nucleo di polizzine non richiamate di formato più grande. Sia le prime sia le seconde sono organizzate in rubriche, cui segue l’indicazione delle pagine e dei paragrafi dello Zibaldone. Forse la differenza di formato indica una valutazione diversa che Leopardi attribuiva alle schede rispetto all’uso che intendeva farne, quasi per affidare loro percorsi particolari. In merito Cacciapuoti afferma che «la comparazione tra le 555 schedine, le 38 richiamate e i sette tracciati delle non richiamate ha permesso di considerare i percorsi delle polizzine richiamate e non richiamate non come funzionali all’indicizzazione, ma finalizzati a un diverso ambito di ricerche che, pur muovendo dallo Zibaldone, si determina nei tracciati e nella loro intersecazione». Il progetto di Leopardi di non lasciare niente al caso, ma costruire percorsi tematici ci consentono di scoprire l’«intenzionalità» del suo agire97 e svela, ad esempio, una stretta interdipendenza tra le pagine dello Zibaldone, i dialoghi delle Operette morali, i Canti e i Centoundici pensieri, o quanto egli scrive sull’uso dello Zibaldone rispetto alle Memorie della mia vita.98 C’è dunque differenza fra le polizzine: quelle richiamate sembrano far parte integrante del primitivo progetto indicale del Leopardi, mentre quelle non richiamate sono rispondenti a differenti ipotesi di lavoro. Non si notano nell’Indice «l’asistematicità nella logica che presiede al meccanismo»,99 quanto forse tempi di lavoro diversi, seppur consumati entro quel 1827, che costi95
M. Andria: Dallo schedario all’indice, in G. Leopardi, Zibaldone di Pensieri, cit. vol. X, pp. 52 e 61. 96 R. Damiani: Introduzione, in Giacomo Leopardi Zibaldone, cit., p. XVIII. 97 F. Cacciapuoti: Per una connotazione del discorso catalografico, in Autografi leopardiani e carteggi ottocenteschi, cit., pp. 12-13. 98 Id., La progettualità nelle polizzine richiamate e non richiamate, in G. Leopardi, Zibaldone di Pensieri, cit., vol. X, pp. 105-125, part. p. 110 e passim. 99 Ivi, p. 123.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
207
tuisce con sicurezza il periodo in cui il poeta attese a costruire il percorso atto a rinvenire i rami sparsi dello Zibaldone. Che le polizzine non richiamate non siano state concepite in funzione dell’Indice, «semmai parallelamente ad esso come percorsi autonomi finalizzati» spiega come, in qualche caso, vi sia identità delle «voci di intestazione con alcuni dei titoli che si affollano negli elenchi di opere da comporre risalenti agli anni 1825-1829». Probanti esempi: Della natura degli uomini e delle cose, il Trattato delle passioni, qualità umane o il Manuale di filosofia pratica, ed altri ancora.100
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Il piacere di leggere l’Indice Non appaia inutile aver ripercorso le macro tracce critiche sull’Indice: difficile su un autore della rilevanza di Leopardi trovare spazio per inserire proprie considerazioni che spesso sono coincidenti con quelle già espresse in lavori di ottimo taglio interpretativo. Dal suo osservatorio privilegiato lo storico del libro può comunque tentare un affondo almeno per qualche pista meno percorsa, come ad esempio quella della ricezione dell’Indice. È doveroso però a questo punto citare il prezioso lavoro compiuto per produrre i volumi dedicati a sei temi delle Polizzine non richiamate, ove sono stati raccolti tutti i brani dello Zibaldone desunti dalle indicazioni indicali delle Polizzine stesse. L’impianto e i contenuti dei volumi consentono di leggere sei trattati costruiti così come Leopardi avrebbe voluto e che aveva preparato accingendosi a confezionare quei pezzi di carta con i rimandi alle pagine dello Zibaldone.101 Non è tale la mia ambizione: in questa sede mi limiterò a trovare qualche forma di lettura dell’Indice che – per piccoli tratti e delimitati contenuti – possano illustrare le potenzialità sia di questo sia di quello. Data la grande varietà degli argomenti trattati, l’Indice si ramifica tra essi e spesso lo stesso discorso è toccato in più voci o sottovoci. Un esempio può essere dato dal lemma Omero che compare, secondo l’Indice, in 33 luoghi dello Zibaldone. Ma di Omero si parla anche in molte altre pagine non indicizzate sotto quel nome. (Si veda sotto: Ossian, Barbarie, Greci-loro lingua 100 S. Acanfora, Lo Zibaldone e i suoi indici, in Autografi leopardiani e carteggi ottocenteschi nella Biblioteca Nazionale di Napoli, Napoli, Macchiaroli, 1989, p. 23. 101 Il piano dell’opera comprende: I. Trattato delle Passioni, qualità umane, ec., II. Manuale di filosofia pratica, III. Della natura degli uomini e delle cose, IV. Teoria delle arti, lettere, ec. Parte speculativa, V. Teoria delle arti, lettere, ec. Parte pratica, storica, ec., VI. Memorie della mia vita. Edizione tematica dello Zibaldone stabilita sugli Indici leopardiani a cura di F. Cacciapuoti, prefazione di A. Prete, Donzelli, Roma 2003.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
208
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
carattere, ec. ec., Greca (lingua), Compassione, e così via). Dunque Leopardi individua un tracciato principale che è forse quello che ritiene più esaustivo e significativo, lasciando sviluppi della stessa voce in altri luoghi dove sarà possibile rintracciarla altrimenti. Altro caso a proposito di una riflessione sul metodo e sugli intrecci in parte voluti, in parte rimasti come sedimenti del lavoro: Leopardi inserisce nell’Indice la voce Motti, facezie varie, ec. ec. che si riferiscono a una serie di detti di vario tenore, sparsi invero qua e là nello Zibaldone. Pensieri moraleggianti, leggende, tradizioni, aforismi, arguzie, ma anche duri sarcasmi su monarchia e legittimismo e un pregiato Voltaire («Dieu puissant! Permettez que ces tems déplorables un jour par nos neveux soient mis au rang des fables»), riaffiorano però anche svariati brani del testo, non indicizzati sotto i lemmi qui citati. Lo stesso si verifica per molti altri temi a riprova che Leopardi non ebbe né tempo, né forze, né bisogno di allestire un indice completo, il che non toglie nulla a ciò che egli riuscì a portare a termine per fare lievitare il suo amato “scartafaccio”. Così non si troveranno nell’Indice i lemmi madre, padre, famiglia, casa, e per leggere qualche pensiero in proposito bisogna soffermarsi su: matrimonio. Fratelli amor fraterno, genitori, casa paterna, vita domestica, quasi l’autore abbia voluto oggettivare fatti suoi personali. Però compaiono, con una scelta certo molto mirata: Bandi. Storia della Bandi di Cesena e simili. Sue parallele presso gli antichi. E anche: Brevetti o patenti d’invenzione presso gli antichi, che per qualche motivo Leopardi riteneva opportuno segnalare, anche se nel testo dello Zibaldone si leggono solo poche parole in merito. Scorrere l’Indice leopardiano può dare davvero il segno dell’universalità di quei pensieri, ché Leopardi non scrive tutto, ma di tutto e consentire di carpire ragionamenti, critiche, valutazioni, ricordi sui temi più diversi, così come di godere del modo particolare di fare sintesi o di dilungarsi dell’autore. Si veda ad esempio la voce «Animali per la più parte, Femmine. Meridionali, sono più felici dell’uomo. de’ maschi, de’ settentrionali; perché di vita più breve, sviluppo più rapido, vita più viva» (4062.5-4092.1). Il rompicapo si svela nel testo dove si scopre che gli animali sono donne e uomini orientali paragonati, per quanto riguarda la durata della vita, al mondo animale e vegetale, nel senso che essa è «in ragione inversa della sua intensità ed attività». Un’eco del pensiero di Montesquieu, che nell’Esprit des lois, sostiene la teoria dell’influenza del clima, della geografia sull’indole degli uomini e per conseguenza la produzione di leggi adatte ai diversi paesi. Interessante è pure scoprire un “indice nell’indice”, quando Leopardi, di fronte a una voce principale, evidentemente di suo maggiore interesse, la suddivide in una sorta di sottovoci, espressione del suo patrimonio semantico e anche strutturale, sotto cui elenca le relative pagine di rimando in ordine di numerazione. È
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
209
questo il caso, ad esempio, del lemma Francesi accanto al quale Leopardi richiama: «vedi Polizzine a parte intitolate Francesi». Quindi un montaggio di argomenti delinea il pensiero critico leopardiano: «Francese (letteratura) non appartiene alla famiglia della greca, italiana, latina, spagnola, ma ad un’altra. Francese (lingua). Improprietà frequente nelle sue espressioni. Francese (poesia). Francese (pronunzia) distrugge il suono imitativo originario di molte voci, latine e non latine. Francese (stile) in genere. Francesi e moderni non hanno stile. Francesi non possono ben gustar le altre lingue; ne imparano difficilmente, non conoscono le altrui letterature, morte, né vive». La critica costante alla lingua, al carattere, al costume di quel popolo si sviluppa infatti nello Zibaldone non senza una buona dose di ironia come quando Leopardi riesce a scrivere che quella lingua si esprime «freddissimamente e slavatissimamente e annacquatamente», a patto che «faccia intendere non cerca altro né cura la debolezza dell’espressione». E ancora: «le grazie naturali sono affatto sbandite dal loro stile», «esibiscono sempiterna affettazione» e «tuono esaltato». Se i Francesi sono scarsi di grazia nella loro lingua «se ne compensano col nominar la grazia venti volte per pagina». Per di più: «È osservabile come i francesi […] abbiano tuttavia quella disposizione antica che ora tutte le nazioni civili hanno abbandonata, voglio dire il disprezzo e quasi odio degli stranieri». E che dire dell’abitudine alle cerimonie? «Gli Italiani derisi per l’uso delle cerimonie non ne hanno però una, parimenti ridicola, usata dai Francesi» recita una voce dell’Indice. Leopardi osserva, nello Zibaldone, come «il Monsieur sia, per così dire, inseparabile da tutti i nomi di persone; che gli autori lo aggiungono al loro nome proprio nei frontespizi delle loro opere; che esso vi si conservi perpetuamente, o vi sia posto, anche quando gli autori son morti, e simili»: un vento antifrancese, ormai topos dichiarato, divenuto tale in seguito alla polemica Orsi Bouhours,102 e un soffio alfieriano scuotono i pensieri di Leopardi. È questo inoltre un caso in cui Indice, Polizzine richiamate e non richiamate, concorrono a costruire l’albero dei rimandi su di un solo argomento. Un’altra lettura per illustrare il percorso leopardiano è quella dei lemmi Fanciullezza e Fanciulli così articolati: «Fanciullezza. Immaginazione dei fanciulli, ec. Fanciullezza, la più felice età per natura, è necessariamente la più tormentata e infelice nello stato civile. Fanciulli. Amano di essere trattati da uomini. Come arrivano a formarsi l’idea del bello e del brutto. Inclinati sempre all’eroico. Sanno e scuoprono sovente grandi verità, ignote ai filosofi. Fanciulli e Giovani, generalmente inclinati al distruggere: maturi e vecchi al 102 A. Battistini, La «querelle» settecentesca tra Francia e Italia, in corso di pubblicazione (ringrazio il collega per avermi concesso di leggere il suo testo neppure in bozze).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
210
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
conservare. Desiderii de’ fanciulli. Distrattezza de’ fanciulli». Il tema, posto a mo’ di trattatello, si propone sia per le notevoli qualità intuitive che l’autore vi dimostra sia perché consente di ripercorrere l’infanzia del poeta con la carica prepotente di immaginazione che gli è propria. Qualche “pensiero” dallo Zibaldone, in proposito: «I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto»; «La mia prima ricordanza è di alcune pere moscadelle che io vedeva, e sentiva nominare al tempo stesso»; «Io mi ricordo di avere da fanciullo giudicato belli alcuni vecchi, e più belli ancora di altre persone ch’erano giovani»; «Mi dicono che io da fanciullino di tre o quattro anni, stava sempre dietro a questa o quella persona perché mi raccontasse delle favole. E mi ricordo ancor io che in poco maggiore età era innamorato dei racconti, e del meraviglioso». Se dal tema Fanciullezza attraverso l’Indice si passa ad esplorarne un altro, presumibilmente prossimo, e precisamente Immaginazione, si trovano in sequenza i lemmi: «Immaginazione. Vedi Ragione e Immaginazione. Immaginazione forte e Immaginazione feconda. Immaginazione e sentimento. Immaginazione quanto serva al filosofare. Immaginazione degli antichi e de’ fanciulli. Vedi Fanciullezza», che consentono di ricostruire uno dei cammini teorico-intellettuali ed esistenziali di Leopardi. Data la composizione dei “Pensieri” senza consequenzialità e scritti in periodi diversi della vita, è ovviamente inutile cercarvi uno sviluppo lineare e neppure completo. Egli è convinto che esista una «Immaginazione forte» (quella di Omero e di Dante), che può arrivare a rendere l’uomo infelice per la «profondità delle sensazioni» e una «Immaginazione feconda» (quella di Ovidio ed Ariosto) che, al contrario, rallegra l’uomo dilettandolo con la varietà e l’incostanza. In tutti, ma tanto più nei poeti, la qualità e l’intensità delle sensazioni determinano la differenza dei caratteri e delle reazioni di fronte alla vita (vedi il diverso modo di affrontare l’esilio di Ovidio e di Dante). E subito Leopardi lascia entrare nel suo discorso i fanciulli, ancora loro, che, facili a passar velocemente da un’idea ad un’altra, da un desiderio a un altro, sono talvolta così profondamente segnati dall’immaginazione che «li fissa fortemente […] e li tormenta» facendoli soffrire, «come è accaduto a me». Capita spesso che Leopardi consenta al suo passato di trapelare nel bel mezzo dei ragionamenti più vari, accostando il filosofo dello Zibaldone al bimbo in balia dell’immaginazione dell’infanzia. Nel frugare nella sua memoria, considera il fanciullo – cioè lui – che tenta di addomesticare la troppa immaginazione cercando «di spegnerla o di addormentarla col metodo» per non spaventarsi troppo «dello straordinario». Il fascino e l’attrazione per la «maraviglia» sono fatali davvero per Leopardi: non riesce a staccarsi dalla memoria di una immaginazione «forte, verde, feconda, creatrice, fruttuosa»
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
211
che fu già degli antichi di cui animò la vita e lo spirito. Ma se per i fanciulli questa magica stagione sempre si rinnova, né Omero, né Ariosto potranno più essere «per li tempi nostri, né, credo, per gli avvenire». Qui Leopardi trova il verso di lanciare un piccolo elogio a Vincenzo Monti che avrebbe «un poco di immaginazione» e una critica al mondo dei letterati contemporanei che ne sarebbero quasi del tutto privi. Quindi prova a stabilire la distanza tra Immaginazione e Sentimento, suo costante compagno e rivale, anch’esso atto a segnare i vari periodi dell’esistenza e tanto più fortemente quando irrompe nella sensibilità moderna modellando emozioni e comportamenti umani. Ma è ancora il patrimonio creativo dell’Immaginazione, non del tutto espulso dalla vita, che soccorre l’uomo di genio, anche non più giovane, quando costui si abbandona a dipingere «le sue fantasie passate». La rimembranza «quando più è lontana e meno abituale, tanto più innalza, stringe, addolora dolcemente, diletta l’anima» e, riversata nell’opera poetica, diffonde piacere, se pur unito alla malinconia per il rimpianto di ciò che è definitivamente passato. Quale il posto della ragione e della filosofia in questo sistema? Se Immaginazione e Sentimento sono un modo di procedere nella conoscenza, grazie a un “sentire universale”, l’uso della sola ragione porta gli uomini a discordare e dividersi tra loro. E dunque la realtà delle cose va osservata con tutti questi “strumenti”, se se ne vogliono trarre frutti. Cosa che non fanno, secondo Leopardi, «molti tedeschi» (e anche «parecchi inglesi», aggiunge in una nota). In apparenza nemica della Ragione, l’Immaginazione è in realtà suo insostituibile braccio poiché aiuta a scoprire il mondo delle relazioni, i rapporti, le connessioni. E quale stato è più propizio se non «l’animo in entusiasmo, nel caldo della passione» a disvelare «vivissime somiglianze tra le cose»? E quindi a incorporare «il pensiero il più astratto, di ridur tutto a immagine, e crearne delle più nuove e vive»? Questo è il poeta e così sono i fanciulli. Ma questo è anche il filosofo che usa le sue facoltà «di scoprire e conoscere i rapporti, di legare insieme i particolari e di generalizzare». È dunque l’uomo di forte e viva immaginazione che scopre la realtà elaborandola poi con la sua ragione «per legare una verità all’altra mediante il commercio de’ pensieri, e della società pensante […] Chi non ha mai letto o sentito i poeti (e chi non ha mai ascoltato i fanciulli, dirà altrove) non sarà mai se non un filosofo dimezzato». Amara conclusione però: poesia e filosofia, così utili allo spirito umano, «sono del pari le più sfortunate e dispregiate di tutte le facoltà […] tutte le altre danno pane […]» e qui Leopardi si lancia in uno di quei suoi “pensieri” così ben ironicamente espressi, in cui dipinge le mimesi cui sono costretti poeti e filosofi per non mostrarsi alla società per ciò che realmente sono. Ancora a proposito di Immaginazione e filosofia, Leopardi suggerisce che il vino e il cibo sono una fonte formidabile per
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
212
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
animare ragione e immaginazione, per elargire «sottigliezza grandissima di pensiero, profondità», facoltà molto apprezzate da Leopardi, come si è visto. L’uomo felice di ciò che beve e di ciò che mangia conquista la possibilità «di vedere i più lontani e fuggevoli rapporti, e di passare rapidamente dall’uno all’altro senza perdere il filo». Non verrebbe in mente, senza l’aiuto dell’Indice, che uno strascico delle riflessioni leopardiane sull’immaginazione possa trovarsi al lemma: Casalinga (vita). Eppure è proprio lì che Leopardi, iniziando dal tema dello stretto rapporto esistente tra l’ambiente geografico e il carattere delle popolazioni, conclude che oggi le genti nordiche sono molto più tranquille e mansuete che al tempo antico. Infatti quei popoli, civilizzatisi, sono divenuti «i più casalinghi della terra» perché «la vita casalinga e le abitudini domestiche […] affezionano al metodo, rendono contenti del presente»; ma non basta: Leopardi sostiene che la vita casalinga accende, quasi per reazione, l’immaginazione, addirittura portando l’uomo ad uno stato di delirio che suscita una interna, vitale eccitazione. Sfidando contraddizioni e paradossi, Leopardi ammette che i settentrionali «sono più profondi e sottili speculatori, più filosofi, massime nelle scienze astratte […] più immaginosi e più poeti e di fantasia più efficace e forte»: pensiero che ha già espresso, come si è visto, nel trattare il tema dell’immaginazione. Affermazioni temperate dalla considerazione che quella fantasia è piuttosto triste e ombrosa, ché solo così connotata può nascere «tra le pareti di una camera scaldata da stufe». Nel concludere queste poche, ma credo significative, letture, mi piace pensare che, tanto l’Indice quanto lo Zibaldone che gli è così strettamente legato, mostrino in tutta chiarezza la «pieghevolezza» di cui parla Leopardi alla voce racconti da fanciulli e che è spiegata come «felicissima disposizione degli organi intellettuali o mentali». È una forte attenzione e disponibilità che coglie il vero delle cose ed affina lo sviluppo della mente, il carattere che più distingue il metodo di pensare, di scrivere e di organizzare il ragionamento da parte di Leopardi.
A proposito del sistema Molte sono le valutazioni che riguardano il lavoro di indicizzazione realizzato da Leopardi, anche viste “dalla parte di lui”. Acanfora parla di un «processo di sfiducia» che si sarebbe insinuato in Leopardi, terminato l’Indice; lo confondeva forse una sorta di giro a vuoto che le Polizzine gli rappresentavano, nella «circolarità dei passi selezionati» tra intrecci e nodi delle griglie numeriche. «E forse proprio il minuzioso lavoro di indicizzazione, che
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
PERSONE E PERSONALITÀ DIETRO GLI INDICI
213
pure esplicitava un’intenzionalità fino allora latente nel suo Zibaldone, finisce poi per bloccare l’autore nel concreto tentativo di “tirar fuori” altre opere, palesandogli la contiguità e l’intreccio degli ambiti concettuali».103 Cacciapuoti cerca di sfuggire da una valutazione di perfezione sistematica del lavoro di Leopardi, che neppure l’autore avrebbe desiderato, pur non restando soddisfatto del tutto dallo schema che era riuscito a costruire in bilico tra rigore e duttilità. «La quantità di dati immessi e, nello stesso tempo, il desiderio di enucleare alcuni itinerari più o meno compatti che rielaborano quei dati sotto prospettive diverse, comporta una contraddizione intrinseca al sistema. […]. Leopardi guarda la sua scrittura prendere vari percorsi […] il labirinto leopardiano è proprio qui: si articola nei tracciati delle polizzine richiamate e non richiamate legate all’Indice e quindi inserite in un’operazione filologica tesa quasi sicuramente come si è detto, a finalità pratiche o che almeno preludevano a successivi, eventuali lavori». I percorsi indefiniti delle Polizzine possono dunque far perdere il cammino al lettore?104 Uno dei temi che agita la penna degli studiosi è proprio la contraddizione tra la costruzione di un “sistema”, quale appare a prima vista quello concepito da Leopardi con i suoi indici a raggiera, e la funzionalità del meccanismo che potrebbe essersi inceppato proprio da “sovrabbondanza” di sistema. Un problema così potrebbe aver scoraggiato Leopardi che – certo non solo per tale motivo giacché ne ha comunque tratto frutti – non iniziò il Dizionario, smise di scrivere l’Indice e lo stesso Zibaldone. Sembra che Leopardi riesca a trascinare con sé, nel cerchio del suo grande carosello che stringe e insieme amplia a dismisura l’oggetto del desiderio, anche coloro che, sui suoi passi, si ritrovano nello stesso smarrimento. C’è chi però aiuta a riflettere: passare al setaccio ogni riga per rintracciare «degli spunti o dei germi» per altre grandi opere ha prodotto di conseguenza una fitta sezionatura di pensieri da cui è emerso un Leopardi poliedrico, ora linguista, ora critico, ora filologo, ora moralista, ora politico, giudicato più o meno grande, limitatamente a ciascun settore. Un Leopardi comunque non vero, dimezzato, pieno di contraddizioni, ora progressista, ora reazionario, ora stoico, ora epicureo.
È giusto dunque studiare anche questi aspetti, senza mai dimenticare
103 S. Acanfora: Lo Zibaldone e i suoi indici, in Autografi leopardiani e carteggi ottocenteschi, cit., p. 25. 104 F. Cacciapuoti: La progettualità nelle polizzine richiamate e non richiamate, in G. Leopardi, Zibaldone di Pensieri, vol. X, cit., pp. 124-125.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
214
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
[…] quel filo interiore che coordina tutti questi diversi punti di vista che si illuminano e si completano a vicenda e che sono diretti in modo coerente e rigoroso a dimostrare e definire meglio quello che Leopardi spesso chiama ‘il mio sistema’ e ‘la mia filosofia’. Ed in questo ‘sistema’ tutte le contraddizioni, frutto di un pensiero in continuo movimento e perenne ricerca critica, si schiariscono e trovano la loro giustificazione.105
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Il firmamento di Leopardi si svela infine a chi voglia scrutarne l’intensità delle luci e i rapporti tra gli astri. Vecchio non era Leopardi quando morì nel 1837: era di soli 39 anni, ma la fine l’aveva percepita chiaramente, la fine fisica, la fine delle chiarezze intellettuali. Lasciava una quantità “pesante” di opere; senza averlo esplicitamente posto tra i suoi obiettivi lasciava completamente se stesso – nelle pagine dei suoi pensieri – a chi fosse venuto dopo di lui, in modo che potesse leggere, confrontarsi e «maravigliarsi». Aveva avuto bisogno non solo di scrivere, ma anche di ordinare e conservare tutto ciò che potesse colmare per sempre il tempo e il luogo ove era vissuto. Così aveva scritto nello Zibaldone: «Fanciulli e Giovani generalmente inclinati al distruggere» p. 4231.4 «[…] si potrebbe dire che la natura, sempre intenta e studiosa non meno a distruggere che a conservare o produrre, avesse dato stimolo e incarico a quelli che crescono e vengono innanzi nel mondo, di distruggere, quasi per farsi luogo; e a quelli che declinano, e si avviano alla partenza, di conservare e produrre quasi per lasciar pieno il luogo loro per lasciar cose che restino in loro scambio, per supplire il posto che essi son per lasciare». (Recanati. 12 Dic. 1826). Aveva dunque forse intuizione della più ampia utilità del suo Indice. Un sospetto che non può non affacciarsi al mio pensiero e che nelle righe di Cesare Luporini trova autorevole conferma: «Sapeva ormai di non avere interlocutori nel proprio tempo, e neppure, forse, nei decenni che si preparavano. Talvolta sembra che guardasse a noi, che facesse con la mente un gran salto di generazioni».106
105 G. Pacella: Lo Zibaldone Composizione e stratificazione in Biblioteca Nazionale Napoli, Giacomo Leopardi, cit., pp. 409-410. 106 C. Luporini: Il pensiero di Leopardi, in Biblioteca Nazionale Napoli, Giacomo Leopardi, cit., pp. 367-379, part. p. 379.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
V
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
L’Encyclopédie ovvero il Dictionnaire raisonné des Sciences, des Arts et des Métiers Poche e scarne parole hanno costituito la base per inquadrare, contestualizzare alcuni preziosi indici d’autore. Una ricerca su più fronti mi ha impegnato nel tentare di far chiarezza su di un unico indice, considerato fra i più elaborati e impegnativi quanto alla struttura e sull’autore che vi ha profuso anni di lavoro, energie e faticose nottate al capezzale della più nota e controversa opera dei Lumi. Della Table, più ancora di molti altri indici, è stato possibile conoscere autore, genesi, morfologia, storia editoriale. Ma prima di parlare diffusamente della Table e del suo autore, è naturale calarsi all’interno dell’Encyclopédie, che è il presupposto e il motivo principe della Table. Non è infatti anch’essa un indice fra i più ragionati di quanti fino al momento fossero dati alle stampe? La ricerca dei lemmi che da vari punti di vista si può mettere in atto va condotta svelando le voci una a una poiché vari sono gli specchi che gli enciclopedisti disposero per riflettere il loro pensiero, al contempo val la pena di insistere ancora una volta su alcuni aspetti propri della summa del sapere enciclopedico così come appariva per i lettori contemporanei. Come si può rendere impermeabile un campo da un altro quando la sabbia del Sahara percorre centinaia di chilometri? Come stabilire distanze di sicurezza?
Si esprimono così, oggi, i più lucidi studiosi dell’ambiente – preoccupati del diffondersi di colture nocive – immagine che trovo perfettamente adatta a descrivere l’invasione di quella sabbia sahariana che fu il pensiero
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
216
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
illuminista. Dopo i lampi che dettero luce e splendore alla riscoperta della ragione, la moltitudine di ceneri brillanti si insinuò ovunque. Nessun campo ne uscì indenne, nessuna “distanza di sicurezza” poté essere definita e rispettata: la polvere impalpabile e dorata coprì o si infiltrò in ogni piega della cultura, della conoscenza, della vita sociale che se ne giovò come di un fertile concime. Sul pensiero degli Enciclopedisti restano fondamentali gli studi di Paolo Casini e la sua insuperata traduzione di importanti voci dell’Encyclopédie.1 Non indugio pertanto nel ripercorrere le definizioni di illuminismo così tanto e così ben elaborate da molti valenti studiosi; penso che in questa sede sia sufficiente ricordare un tentativo ben riuscito di Jean-Jacques Rousseau: «È un grande e bello spettacolo vedere l’uomo uscire in qualche modo dal nulla grazie ai suoi propri sforzi, dissipare, grazie ai lumi della sua ragione, le tenebre nelle quali la natura l’aveva avvolto, alzarsi al di sopra di se stesso»2. Giovanni Tocci, ragionando sulla domanda “Che cosa è l’Illuminismo?” e sulle risposte che le sono state date, commenta che il metodo di ricerca degli enciclopedisti, cioè il loro esprit systématique, rifuggiva da «ogni rigidità, da ogni dogmatismo, in una continua e libera tensione verso una lettura polimorfa della realtà». La stesura degli articoli dell’Encyclopédie è dunque ben illuminata dalla forza della ragione e nessun campo è lasciato nell’oscurità dell’ignoranza o della superstizione, con l’evidente conseguenza che ben pochi dei concetti espressi hanno potuto accordarsi con le rigide posizioni della Chiesa, in particolare dei gesuiti, o con le regole censorie dei governi. Non solo gli articoli dei volumi, ma anche quelli del Supplément e perfino le immagini delle Planches non dimenticano mai di dimostrare il rifiuto di ogni dogmatismo. Quante volte sarà stata osservata l’antiporta dell’Encyclopédie dove il trionfo della Verità e della Ragione è segnato da una luce che spazza via le fosche nuvole nere e una festa si celebra con socievolezza e concordia tra arti, scienze e mestieri. Chi, ostile, rifiuta la luce non cederà però le armi. E difatti l’opera e la sua pubblicazione sono state, con ben note vicende, proibite, censurate, imprigionate (non furono rinchiuse nella Bastiglia?) ma continuativamente stampate. Accanto a questi ostacoli però, che certo erano stati previsti dai non ingenui autori ed editori, si svolgono avvenimenti che accompagnano, contrastandole, le politiche repressive. Si stampa il Supplément che, secondo 1
P. Casini, Introduzione all’Illuminismo da Newton a Rousseau, Roma-Bari, Laterza, 1980. G. Tocci, Negli anni dell’Encyclopédie: analisi di un contesto, in Deus ex machina: macchine e lavoro nell’ Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, a cura di P. Tinti, Bologna, Pàtron 2004, p. 32, nota 2. 2
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
217
quanto dice l’editore Panckoucke, riportato nel «Journal Encyclopédique» del settembre 1769, avrebbe dovuto, con volumi ben ordinati e ben fatti, aggiungere correzioni e precisazioni a quelli dell’Encyclopédie. I primi due volumi del Supplément uscirono nel luglio del 1776, quando già era stata completata la stampa di due edizioni italiane dell’Encyclopédie, la prima a Lucca nel 1758, la seconda a Livorno nel 1770. Anche queste tra censure e interruzioni e arricchite di note. Degna di attenzione anche l’idea di comporre una encyclopédie, versione italiana, che avrebbe incontrato il consenso perfino dello schieramento più intransigente: fece breccia infatti anche nella fortezza dei gesuiti. A quanto è dato sapere nessuno ebbe l’idea di por mano alla continuazione dell’immane ma autoctono lavoro di Vincenzo Coronelli, ovvero alla sua Biblioteca universale, considerato superato e impossibile da gestire perché frutto di un progetto personale: fu ritenuta invece soluzione percorribile quella di attenersi alla struttura partecipata del grande dizionario francese.3 E fu quella a scatenare appetiti, i più diversi. Dopo la soppressione della Compagnia che vide tuttavia molti gesuiti virare verso destinazioni prestigiose, o alla testa di numerose istituzioni o perfino a capo di tipografie, il veneziano Alessandro Zorzi (1747-1779), morto troppo giovane per fare in tempo a realizzare il suo programma, progettò un equivalente cattolico dell’Encyclopédie. Teorizzò che gli articoli dell’impresa di Diderot e d’Alembert che andavano già bene potessero essere riprodotti pari pari nella versione italiana e che si doveva procedere vagliando ogni voce per «troncare, tradurre, rifondere, correggere, confutare» a cura dell’agguerrito collegio dei numerosi eruditi chiamati a collaborare. All’impresa di Zorzi avrebbero dato il loro contributo, tra i primi, il Tiraboschi, per le scienze lo Spallanzani, diversi intellettuali, oltre a noti professori dello studio di Bologna, città presente anche con il suo grande musicologo Giambattista Martini.4 Questi episodi, se da un lato svelano la novità del clima che aveva permeato l’Italia degli ultimi decenni del Settecento quando si osò lanciare imprese “spregiudicate”, cui la Chiesa rispose con una politica ambivalente di repressione e di concorrenza, rivelano però anche la prorompente vitalità
3
A. Barzazi, Enciclopedismo e Ordini religiosi tra Sei e Settecento: la Biblioteca universale di Vincenzo Coronelli, «Studi settecenteschi», XVI, 1996, pp. 61-84 e Un intellettuale europeo e il suo universo. Vincenzo Coronelli (1650-1718), a cura di M. G. Tavoni, Bologna, Costa, 1999. 4 Sul progetto di Zorzi si è molto scritto; ricorderò qui A. Battistini, Del caos al cosmos: el saber enciclopédico de los Jesuitas, in De las academias a la enciclopedia: el discurso del saber en la modernidad, edicion de E. Rodríguez Cuadros, València, Edicions Alfons El Magnànim, 1993, pp. 303-332, part. pp. 320-327. Si veda anche M. G. Tavoni, I sentieri del proibito, «Prometeo», n. 100, dic. 2007, pp. 74-82.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
218
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
delle opere dei Lumi, frutto dell’intreccio tra apertura delle menti e abilità commerciale. Tra i prodotti più innovativi scaturiti attorno all’impresa editoriale e culturale dell’Encyclopédie fu dunque la Table analytique et raisonnée des matières contenues dans les XXXIII Volumes in-folio du Dictionnaire des sciences, des arts et des métiers, et dans son supplément che uscì a Parigi e ad Amsterdam nel 1780. Anche questa iniziativa conferma che il Dictionnaire ha prodotto davvero quel cambiamento nel modo comune di pensare che Diderot aveva tenacemente perseguito nell’ideare e nel realizzare la sua impresa. A questo proposito non sarà inutile qualche osservazione sulla lettura, proprio dei contemporanei. Non è stato possibile fino ad oggi ricostruire la tipologia dei lettori dell’Encyclopédie e capire come ne abbiano assorbito il testo, mancando testimonianze eloquenti in proposito. Anche per questo si resta colpiti dall’originalità di uno studio sulle annotazioni di un anonimo Lettore che, per 35 anni, con l’abilità di un cesellatore, ha inserito osservazioni critiche e correzioni tra i vuoti lasciati dall’impaginato, ai margini, tra le righe, negli a capo e anche “sul” testo a stampa.5 La figura di quel Lettore è tutta costruita sulle note di vario tipo, complessità, contenuto e tono, scritte su un esemplare dell’Encyclopédie, conservata in una biblioteca privata. L’anonimo aveva comperato l’Encyclopédie pour y apprendre ce que tout le monde ne peut savoir qu’après l’avoir appris. Personaggio delineato senza pregiudizi, come rilevano gli autori della ricerca, nulla si sa di lui se non quello che si arguisce e si desume dai dati che trapelano dalle sue annotazioni. Nato tra il 1715 e il 1725, bretone, fu avvocato o comunque esperto di diritto, ricco, colto, erudito, appartenente al ceto borghese illuminato, decisamente antimonarchico, gaudente, non seguace di alcuna scuola filosofica ma ispirato al metodo cartesiano del dubbio, con simpatie per il giansenismo, nemico di qualsiasi assolutismo sia religioso, sia politico, e dunque ostile al potere papale e all’organizzazione gesuitica. Intervenne sugli articoli con critiche a volte dure, a volte sarcastiche, specie sugli argomenti di giurisprudenza, ma anche con considerazioni ironiche, cancellando, correggendo e suggerendo cambiamenti di senso di scrittura, precisando concetti, sistemando ortografia, accenti e punteggiatura, sempre tête à tête con l’Encyclopédie, letta e riletta tra il 1755 e il 1789. Gli autori che con abilità investigativa raccolgono e fanno parlare quei dati, esaminati in un centinaio di articoli, affermano che l’anonimo si rivela non solo 5 F. Jouffroy-Gauja, J. Haecher, Une lecture de l’Encyclopédie: trente-cinq ans d’annotations par un souscripteur anonyme, «Revue française d’histoire du livre», 96-97, 1997, pp. 329-376.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
219
Un modello di molti acquirenti dell’Encyclopédie, ma anche l’archetipo degli acquirenti delle innumerevoli enciclopedie che, da decennio a decennio, da edizioni a riedizioni, non cessarono di fare la fortuna dei librai-editori, dal XVIII secolo ai giorni nostri.
Tale tipo di lettura sarebbe piaciuta agli enciclopedisti perché con il contributo delle sue annotazioni
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
questo lettore paradossale, sconosciuto e non per ciò meno reale, ha partecipato al programma enciclopedico fondato sul concetto di un sapere progressivo,
senza mai mettere in discussione un’opera che incontrava i suoi gusti anche per lo spirito antidogmatico ad essa sotteso. Dell’Encyclopédie non si poteva più fare a meno, né ignorarla. Il pubblico dei lettori aveva a disposizione una summa del sapere, ma ora avrebbe avuto anche uno strumento affinato, pur se ambivalente, per attingervi, dovuto all’autore della Table, Pierre Mouchon. Senza di lei, senza di lui, ancora oggi l’Encyclopédie si può leggere come un romanzo. Fin dai primi articoli si apre al lettore un percorso che ben presto mostrerà i caratteri della storia finalizzata a costruire e proporre un’idea dell’uomo e del mondo a partire dal pensiero e dai contesti dei decenni prerivoluzionari. Sarà quindi costellato di scoperte casuali questo tipo di lettura onnivora di cui naturalmente non si arriverà mai alla fine. Si può ben credere infatti che il solo ad aver letto, ai suoi tempi, tutta l’Encyclopédie sia il pastore Mouchon, come nota Pierre Crépel citando Pierre Picot e il suo Eloge historique de l’Auteur, aggiungendo: c’est probablement toujours vrai encore...6 L’Encyclopédie consente anche di essere letta come un libro di racconti, se ne possono tralasciare alcuni e sceglierne altri e percorrerla avanti e indietro. Compreso il senso dell’opera e accertato o meno l’interesse verso di essa, il lettore entrerà dunque negli articoli restando sempre con la sensazione di avere a che fare con un romanzo interrotto, perché, al termine di ognuno di essi, il successivo gli proporrà un argomento diverso, e il primo sarà ripreso o forse no, chissà dove… Gli rimarrà l’ansia di chi intravede una spia che però non riesce a seguire fino in fondo. Infatti le pagine dell’Encyclopédie non contengono soltanto un elenco di parole in ordine alfabetico, con alcuni rimandi, ma documentano una viva “presa di parte” degli autori che non nascondendo – o nascondendo abilmente, come vedremo, le posizioni dei Lumi – si trovano a ragionare e a descrivere, sia pur con differenze e con6 P. Crépel, Peut-on enfin brûler le pasteur Mouchon?, «Recherches sur Diderot et l’Encyclopédie», 31-32, avril 2002, pp. 202-231. D’ora in poi «Recherches».
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
220
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
traddizioni, tutto quanto gli enciclopedisti hanno collezionato, raccogliendo «le conoscenze sparse sulla faccia della terra».7 Questa lettura vagabonda è spinta anche dal fascino per il sapere di quasi tre secoli fa, dallo stupore di fronte all’organizzazione di tanto materiale, dall’interesse di decifrare lo sguardo di chi scrive quei testi traboccanti di episodi, storie, dettagli, citazioni, lettere, avvenimenti importanti o insignificanti, descrizioni, personaggi, illustrazioni e integrazioni, valutazioni e critiche. Ma accanto a ciò c’è il piacere della scoperta del linguaggio, da quello dotto ed erudito a quello ironico e sarcastico, a quello poetico o invettivo, quando addirittura non si configura come una sorta di dialogo con il lettore, proprio perché in ogni testo c’è una completa partecipazione dell’autore, compresa la sua voglia di divertirsi. Del resto sempre nel Discours si legge: Dans cette étude que nous faisons de la nature, en partie par nécessité, en partie par amusement […]. È d’Alembert, all’articolo Dictionnaire a parlare dello “stile”. Semplice, come una conversazione, ma preciso e corretto. Vario, a seconda delle materie di cui si tratta, così come varia il tono di una conversazione, a seconda degli argomenti di cui si parla. Immerso in un universo di informazioni, il lettore si trova in un archivio di dati gigantesco. Nulla vi è tralasciato, dal patrimonio della cultura classica alle tecniche per tornire il legno. Se il nostro lettore volesse cominciare dal principio e far scorrere l’occhio tra voci semplici e complesse troverebbe una lunga serie di articoli a. In particolare uno lo introdurrebbe subito nel tipo di “letteratura” usato da molti autori dei testi degli articoli. A, signe des passions. Dopo aver specificato come questo significato fosse in uso negli antichi dialetti greci e latini (i Dori pronunciavano la vocale con un tono nerveux per rafforzare il loro spirito guerriero, mentre i Latini se ne servivano come segno di douceur nella loro poesia) si passa ad alcune notazioni sul tono vocale che riguardano Spagnoli e Italiani. I primi sarebbero sempre intenti a riempirsi la bocca di a enfatiche a sottolineare fasto e ostentazione, i secondi pronunciano la a finale di tante loro parole con lievità, abbandonati alla mollezza del respiro. Ma esiste un giusto mezzo? Naturalmente sì ed è quello dei Francesi che impiegano questa vocale senza alcuna affettazione! Non si immaginerebbe che all’articolo Abaremo-Temo si descriva dettagliatamente un albero che cresce, si dice, sulle montagne del Brasile. Se ne trae un decotto che guarisce le ulcere più resistenti. Non resta che assicurarsi dell’esistenza dell’albero, conclude il testo. Ma Mouchon nella Table scrive che esso esiste, senza alcun dubbio, riferendosi ad una integrazione del Supplément. Una lunghissima ed erudita esposizione accompagna l’articolo Abeille, dove trova posto anche Aristotele 7
G. Tocci, Negli anni dell’Encyclopédie: analisi di un contesto, cit. p. 46.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
221
in quanto conosceva il pungiglione dell’ape regina, ma non credeva che essa se ne servisse. Del tutto sorprendente l’articolo Abbaasi (manca nella Table) che indica una moneta persiana in argento, definizione corredata da precise informazioni sul sistema dei cambi. Un altro articolo, Abbesse, informa, tra l’altro, sull’uso antico che conferiva alla badessa la possibilità di confessare le religiose del suo convento. Ma a causa di curiosità, pettegolezzi, disordini che questa pratica aveva scatenato, fu proibita.8 L’articolo riferisce di un altro uso per cui non solo le badesse, ma anche i laici potevano confessare, pur non essendo questa pratica un sacramento. Così facendo, i fedeli sopportavano un’umiliazione che, secondo loro, a Dio sarebbe stata gradita. Anche questa pratica fu abolita dalla Chiesa, ma ne restarono tracce ben oltre il XIII secolo se la tradizione continuò e prese il nome di La Coulpe (parola che non compare nella Table). Poiché ho descritto una lettura soltanto ipotetica per amor di paradosso, indagherò su come il lettore di oggi così come quello di ieri, quando i volumi si presentavano come una prorompente novità, possa capire fino in fondo il senso e il significato di un articolo o di una serie di articoli, ma soprattutto di “quali” articoli abbia bisogno e in “quali” luoghi andar cercando per la logica delle sue ricerche.
I lemmi del proibito La ricerca dei temi proibiti nell’Encyclopédie è un caso da esaminare più dettagliatamente perché è uno dei più interessanti e dei più delicati per la sfida che quei temi sostennero con le molteplici censure e per come vengono percorsi, evidenziati o perduti nella Table. Essi si annidano in ampi luoghi del pensiero e dunque in moltissimi articoli su argomenti religiosi, come su quelli esistenziali, sulla vita morale e civile, così come sulla scienza e la conoscenza; vi è interessato ogni spazio ove si presentino vincoli e dogmi posti, da autorità e gerarchie più diverse, alla ragione degli uomini e dunque pervadono, con densità più o meno compatta, gran parte dell’opera. Ribadito ciò, però, è evidente che lo spirito logico e arguto degli autori dell’Encyclopédie li ha portati ad usare sistemi diversi per esprimere il loro pensiero. Accanto a lunghe dissertazioni, a pacate riflessioni, ci sono impliciti ragionamenti, fulminanti allusioni, apologhi e mere invenzioni. Perché si attuasse la strategia di Diderot, coloro che utilizzavano la lettura degli articoli 8 La notizia è tratta dall’opera del Padre Martène, Traité des Rits de l’Eglise, tomo II, p. 39, come citato nell’articolo.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
222
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
dovevano essere in grado di darsi gli strumenti per modificare radicalmente la società del tempo. E per far questo dovevano capire le parole degli articoli nei loro legami che permettevano di disegnare le idee, costruire un discorso, una provocazione, diffondere un’idea nuova, dare spiegazioni esaurienti, insinuare dubbi, smontare certezze incrostate nella tradizione. l testi di molti articoli appaiono contradditori quando ad una ortodossa definizione si accosta una divagazione imprevista. Oppure vi si dice ciò che si vuole infilandolo tra le righe di un ragionamento che poi ne prende le distanze. O ancora si ricorre ad articoli di cui il censore non potrebbe sospettare. È una scelta molto frequente che tenteremo di documentare brevemente. Création nell’articolo relativo è definita come l’acte d’une puissance infinie, con cui Dio avrebbe operato senza ricorrere ad una materia preesistente. Immediatamente si pone la questione di chi abbia inventato questo dogma mettendone in evidenza, con ragionamenti tratti dagli antichi, gli aspetti più incomprensibili. Quindi parlando della legge di Mosé, basata sulla tradizione biblica e dell’accusa di eresia rivolta a coloro che la negavano, ecco la frase: Tuttavia malgrado le censure e le punizioni corporali ancor più potenti delle censure, ci sono sempre spiriti innovatori, incapaci di piegarsi […].
emergono menti ardite e libere che elaborano teorie diverse: ammettono che ci siano molti mondi, o aderiscono ai principi filosofici di Spinoza. Commenta l’autore (Formey) che la creazione è conosciuta solo attraverso la rivelazione, in quanto la ragione umana non ha abbastanza forza per capire da sola. A un controllo dell’articolo Cosmogonie, (d’Alembert) si incontra un procedimento di questo tipo: si premette che è esistita una creazione insieme ad una intelligenza suprema creatrice. Chiusi i conti col dogma, poi si può fare scienza, e affermare che la formazione del mondo è dipesa dal movimento e dalla materia variamente composta. E che altro avrebbe potuto fare Dio? sembra concludere l’autore. Censure. Inutile cercare anatemi in questo articolo. Il testo inizia manifestando una rigida posizione sull’eresia definita come l’errore che più di tutti si allontana dalla verità e giustifica quindi l’intervento censorio, ma, poco oltre, elencando le varie note di censura, l’autore trova modo di criticare le tante scuole teologiche che smentiscono oggi ciò che sostenevano ieri e quella folla di teologi che in vecchiaia ammettono come «molto verosimile» ciò che da giovani proscrivevano come «temerario». Folie è tra gli articoli più interessanti e moderni. Allontanarsi dalla ragione […] con fiducia e con la ferma persuasione di seguirla, questo, a parer mio, significa essere pazzi. Folli sono quelle
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
223
persone che vengono rinchiuse e che non sono diverse dalle altre se non perché le loro follie sono di una specie meno comune, e non rientrano nell’ordine della società.
La follia viene esaminata attraverso il suo contrario: la ragione. Essa è la conoscenza del vero,
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Non di quel vero che l’autore della natura ha riservato solo a sé, lontano dalla portata della nostra mente […] ma del vero sensibile, alla portata di tutti gli uomini, un vero che essi riescono a conoscere perché è loro necessario, sia per la propria conservazione e il proprio personale bene, sia per il bene generale della società.
Può anche capitare che la ragione divenga un fardello pesante da sostenere, sicché di tanto in tanto abbiamo bisogno almeno dell’apparenza della follia. Ed ecco questa bella lode dei giovani: Ci sono folli allegri: così sono di solito i giovani: tutto li interessa perché tutto è loro sconosciuto, i loro sentimenti sono eccessivi perché il loro animo è tutto nuovo, un nonnulla li fa disperare, ma un nonnulla li riempie di gioia […] Amabile follia che si può dire felice […] che passa troppo presto e che si rimpiange in età avanzata.
Originale infine il concetto di partecipazione delle follie, alcune utili, altre necessarie, all’ordine sociale il quale, a ben vedere, si presenta come una combinazione delle follie umane. Articolo Interminable (non c’è nella Table). Innocente parola, almeno sembra. Interminabile è ciò che non può essere terminato, dice Diderot. Ma poi: Senza un’autorità infallibile, le dispute di religione sono interminabili. Il disprezzo sarebbe un altro mezzo altrettanto efficace. I teologi non discutono tanto se nessuno li ascolta.
Ragionamento simile a quello esposto nel Discours: Quando i cattolici e i protestanti, stanchi di discussioni e sazi di ingiurie decisero di tacere e di fermarsi, si vide in un attimo una moltitudine di libri celebri sparire e cadere nell’oblio, come si vede cadere sul fondo di un recipiente il sedimento di una fermentazione che si esaurisce.
È Jaucourt che scrive l’articolo Loi humaine. E vi inserisce questa osservazione:
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
224
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Il celibato era un consiglio del cristianesimo destinato a qualche essere privilegiato. Quando è diventato una legge rivolta a una determinata categoria di persone, ogni giorno occorreva promulgarne di nuove per costringere gli uomini ad osservare la prima.
«Niente è più bello di uno stato ove le leggi oneste si osservano par raison, par passion», si legge all’articolo Loi. Nel caso del celibato, dunque, il legislatore chiedeva più di quanto la natura umana sopportasse, egli faticava e faticava la società per imporre a tutti gli uomini per ordine ciò che molti di loro avrebbero eseguito come un consiglio di perfezione. Ed ora qualche caso di articoli il cui testo è tanto eloquente quanto inaspettato. Fortune è descritto come uno stato di opulenza. La fortuna produce disuguaglianze e ingiustizie mostruose tra gli uomini, scrive d’Alembert, e ci son poi mezzi onesti e mezzi criminali di far fortuna. I modi di arricchire possono essere moralmente criminali, anche se permessi dalle leggi, è contro il diritto naturale e contro l’umanità che milioni di uomini siano privi del necessario […] per nutrire il lusso scandaloso di un piccolo numero di cittadini fannulloni. Quale differenza per il saggio tra la fortuna di un cortigiano fatta di bassezze e di intrighi e quella di un commerciante che deve la sua opulenza solo a se stesso!
Passa quindi in questo testo anche uno dei temi cari agli enciclopedisti: il favore verso l’operosità, l’industria, l’attività, come connotati dell’uomo saggio (e felice) e lo sdegno verso la pigrizia e il parassitismo. Stesso atteggiamento di disprezzo verso una società ingiusta è dichiarato all’articolo Insolent che propone una lettura del termine decisamente orientata. Insolente è chi fa credere di essere più grande degli altri. Non un selvaggio dunque che non vede attorno a lui che degli eguali; non un filosofo che cerca modestamente di scendere fino agli altri; ma chi fa credere di essere superiore perché possiede beni e ricchezze. C’è l’insolenza della finanza e della cattedra, della grandeur e del letterato: Tutte tendono a esagerare i vantaggi del proprio stato e a farli valere in modo oltraggioso verso gli altri […] gloriarsene è la povera risorsa dei subalterni.
Storia religiosa all’articolo Vies des saints. Vi si spiega come spesso le vite dei santi siano condite di leggende che «contengono falsità e menzogne», pur tuttavia utili per conoscere sistema feudale e servitù della gleba, contesti sociali ed economici in cui essi sono vissuti. Famosa è la leggenda di Clodoveo, peraltro più volte ripetuta a spiegare l’accumularsi dei patrimoni della
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
225
Chiesa, che avrebbe donato a un santo il potere su un dato territorio libero da ogni giurisdizione. L’articolo Sortes sanctorum spiega come esse siano un sistema usato dagli antichi cristiani per congetturare su certi avvenimenti, mezzo straordinario di cui Dio si serve per dichiarare la sua volontà; ad esse si ricorreva soprattutto in occasione della elezione dei vescovi. È evidente che non potendo queste accadere per caso, e non volendo la Chiesa svelare le sue scelte politiche e di potere, le motivazioni per designare i vescovi si attribuivano a manifestazioni di volontà divine. Nativité e Noël sono due brevissimi articoli, di cui il secondo si limita a ricordare che nelle chiese cattoliche, nove giorni prima della ricorrenza, si cantano antifone dette «degli O O» perché cominciano sempre con questa vocale, ma si descrivono anche le stravaganti feste mascherate ancora in uso in Spagna il secolo prima: al suono di tamburi, viole e organi in chiesa si intonano ciaccone, mentre la gente danza e grida «Victor» a chi canta meglio canzoni grottesche. Jaucourt aggiunge che uno storico non nominato sostiene che la maggior parte delle musiche di Natale siano gavotte e minuetti composti per un balletto dal famoso musicista Eustache Du Caurroy per il divertimento del re Carlo IX. La descrizione delle feste popolari in occasioni religiose devono aver deliziato gli autori, se all’articolo Chant si legge di una processione svolta per l’ottava dell’Ascensione nella capitale dei Paesi Bassi come uno scatenato spettacolo, dove, issato su un carro, un orso tocca i tasti di un organo e un gruppo di gatti infilati in strette casse, le code legate ai registri, miagolano a comando con alti e bassi a seconda della musica da eseguire. Il tutto preceduto da san Michele Arcangelo con i suoi brillanti attributi di guerriero, tra una gran quantità di animali che ballano: una “popolazione” a dir poco bislacca a guidare la processione. Con l’articolo Voluptueux viene mostrata in maniera sarcastica tutta la miseria dei moralisti che affliggono con la loro predicazione le persone che apprezzano i piaceri. Si tratta di una dottrina austera e persecutoria che mette sotto accusa la sensibilità che l’uomo ha, per natura, e ogni oggetto e modo per cui questa sensibilità è sollecitata. Ebbene chi sostiene questa dottrina va messo in manicomio. Sono persone che vivono per soffrire, poiché questi individui: […] ringrazierebbero volentieri l’onnipotente per aver creato i rovi, le spine, i veleni, le tigri, i serpenti, tutto ciò che esiste di nocivo e malefico; e sono sempre pronti a rimproverargli l’ombra, le acque fresche, i frutti squisiti, i vini deliziosi, insomma tutto ciò che di buono e benefico egli ha seminato tra le cose che chiamiamo cattive e pericolose. Secondo costoro pena e dolore non si incontrano abbastanza spesso sul nostro cammino […] Credono di onorare Dio privandosi delle cose che egli ha
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
226
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
creato. Non si rendono conto che se fanno bene a rifiutarle, ha fatto male lui a crearle, e pensano di essere più saggi di lui avendo riconosciuto ed evitato la trappola.
Il termine è collegabile all’articolo Volupté ove l’estensore, abbandonati i toni ironici, propone invece un testo diviso con precauzione tra il senso epicureo e quello cristiano della parola. Inizia con una visione armoniosa di stato di piacere in qualche modo controllato, non volto all’eccesso. Riporta infatti l’affascinante descrizione di Aristippo ove la volupté assomiglia a una «magnifica regina abbigliata della sua sola bellezza», tra le virtù – la Prudenza, la Giustizia, la Fortezza, la Temperanza – tutte e quattro verosimilmente impegnate a prevenire i suoi minimi desideri. Il testo ricorda quindi la visione di Epicuro che, se pur diversa per quanto riguarda l’impegno degli uomini nella vita civile (la volupté assise), ritiene che la felicità, la beatitudine dell’uomo non siano in conflitto con il piacere, un piacere temperato dalla sobrietà che allontana le passioni tumultuose e sregolate. Quindi cita, con uno sgambetto, le teorie di Gioviniano, teologo eretico del IV secolo che, dopo aver praticato l’ascetismo, lo commentò assai criticamente, attirandosi la condanna di s. Gerolamo che ebbe su di lui «vittoria brillante e completa». Secondo Gioviniano la religione e la volupté non sono affatto incompatibili. Seguono poi le interpretazioni negative dell’epicureismo, ma è chiaro che le preferenze degli enciclopedisti vanno nel senso di una volupté presieduta dalla ragione (la maîtresse) che la preserverà dagli abusi. È un ragionamento che bene esprime il pensiero degli illuministi dispiegato anche in contesti lessicali simili (Félicité, Bonheur, Plaisir, Passion) ove, quanto più il significato del termine rimanda a idee di sconvolgimenti emotivi, tanto più si invita a usare la ragione che deve vigilare per salvaguardare il circuito benefico tra sensi, piaceri e virtù. Altrettanta attenzione viene dedicata alle voluptés corporelles, ove si invoca la delicatezza del sentimento per evitare ogni volgarità alla passione. Un vero inno all’amore è contenuto nell’articolo Jouissance poiché il piacere e il godimento dei sensi daranno vita a un nuovo essere e se qualcuno si sentisse offeso di fronte all’elogio di questa passione, non c’è che da dirgli: «Taci disgraziato e pensa che è il piacere che ti ha tirato fuori dal nulla». Nella Table l’analisi dell’articolo è molto breve e sorvola sulle espressioni dei sentimenti amorosi. Molto significativi sono gli articoli Vie, Naissance, Naître, Vieillesse, Mort, parole che si riferiscono a momenti dell’esistenza su cui la Chiesa ha sempre voluto sanzionare la sua presenza e la sua interpretazione. I testi, oltre ad allontanare il divino e il religioso, guardano ai fenomeni come a fatti naturali ove vita, secondo la definizione dell’articolo Vieillesse, «è un movimento
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
227
continuo di solidi e di liquidi in ogni corpo animato» e morte è un evento che arresta semplicemente il processo, poiché «la macchina si distrugge per gradi, senza che vi sia rimedio», mentre la nascita non è che un passo dalla morte. Vita e morte non hanno nulla di assoluto, non designano che stati successivi dello stesso essere, recita l’articolo Naître. Non si creda che i fatti in questione siano visti con cinismo e freddezza: certo si coglie negli estensori dei testi una visione disincantata, ma se dalla fisiologia si passa alla morale, si legge questa osservazione:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
La vita civile è uno scambio di prestazioni naturali cui l’uomo più onesto contribuisce di più; procurando felicità agli altri si assicura la propria […] I costumi dolci, onesti conservano la salute, procurano notti tranquille e conducono alla fine del cammino per un sentiero seminato di fiori.
Nell’articolo Vieillesse si insiste sulla necessità di non disperarsi per i segni fisici della vecchiaia. Ciò che può avvantaggiare e mantenere qualche segno della passata giovinezza è il tenersi lontani dalle passioni travolgenti, restando legati fino alla fine ad una vita sobria e laboriosa. Emerge in tutta chiarezza la visione laica degli enciclopedisti che non informano nessun comportamento a un ordine trascendente. Ciò che si prova e ciò che si fa è legato all’esistenza terrena che sarà ben più appagante, se guidata dalla ragione. Ragione, virtù, bene comune: un intreccio che fa di un essere vivente un uomo. Tra le più elaborate e imprevedibili “caselle” dove gli enciclopedisti hanno deposto un gran pezzo della storia d’Inghilterra, è senz’altro l’articolo Windsor che, definito con il campo “geografia moderna”, contiene la storia di alcuni re della Gran Bretagna che lì costruirono la loro maison de plaisance, lì nacquero o lì ebbero sepoltura. Ben al riparo sotto questo articolo sta la cronaca di regicidi, dispotismi e crudeltà, politiche di rapina nei confronti dei sudditi, conflitti con il parlamento e con i comuni, violazioni di leggi. Particolare attenzione è dedicata alla figura di Carlo I, figlio di Giacomo Stuart, arrivato al trono quando molti regni si reggevano su un potere arbitrario mentre le génie de la nation tendoit violemment à la liberté. Incapace di sottomettersi a questo spirito, si lanciò in una politica di repressione violenta contro il popolo e contro il parlamento fino a giungere a scatenare una guerra civile e un’azione rivoluzionaria contro la monarchia. Una sentenza del tribunale nominato da Cromwell lo condannò a morte. È sepolto a Windsor. La tragica morte del re, legata ai suoi errori e alle sue colpe, induce l’autore dell’articolo a porre la questione se il popolo, in casi simili, abbia il diritto di punire il suo sovrano. La casistica è molto ampia e la risposta non è univoca: l’illusione che ispira un rispetto sacro per la persona del principe
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
228
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
porta a rifiutare questa ipotesi proprio per non distruggere quell’illusione, e per non creare, forse, più danni al popolo che benefici effetti sui principi. Pur condannando senza mezzi termini ogni azione guidata da les fureurs du fanatisme, gli Inglesi possono dedurre, dalle memorabili rivoluzioni di un tempo così vicino, che è molto pericoloso per i sovrani attribuirsi più autorità di quella che è loro accordata dalle leggi. Una conclusione molto esplicita. Questo articolo sarà ancora esaminato.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Precauzioni italiane nei lemmi del proibito Il patrimonio di vivacità intellettuale, fiorito sì in Francia, ma circolante in tutta Europa, troverà in Toscana, favorito da una relativa tolleranza dei suoi governi, il terreno fertile per lanciare ben due imprese editoriali fuori del comune, a Lucca, appunto, e a Livorno: ristampare l’Encyclopédie sembra un imperativo. In entrambe le città l’attività tipografica, più o meno fiorente che sia, coglie al balzo l’occasione di rafforzarsi con pubblicazioni diventate ormai indispensabili e di sicuro mercato, evitando di piombare nella crisi che aveva colpito altre attività, produttive e commerciali. La novità è che le operazioni legate alla stampa sono centrate sulla divulgazione di nuova scienza, nuova filosofia, nuove idee di libertà: grazie a propositivi esponenti della società dei Lumi si riesce a smuovere e a rinnovare un terreno di imprese artigiane di tipografie e di cartiere, con un ampio indotto e conseguente aumento della manodopera occupata. Vicende diverse accompagnano le due stampe. Le più turbolente coinvolgono l’impresa di Lucca, dopo la messa all’Indice dell’Encyclopédie nel 1759, quando sono usciti appena sei volumi. Livorno invece, che ha messo in cantiere una seconda riedizione nel 1770, è più fortunata nel concludere la propria iniziativa. «La corte di Roma le volle nella edizione di Lucca come un antidoto di quel veleno che si suppone di trovar nell’opera». Sta parlando delle note, Giuseppe Aubert,9 curatore della ristampa livornese dell’Encyclopédie. Le note al fondo dell’article enciclopedico come strumento di censura sono una assoluta novità, introdotta da Ottaviano Diodati con l’edizione di Lucca del 1758 e poi ripresa in parte da quella di Livorno del 1770.10 Le prime molto più numerose ed ampie, le seconde spesso semplificate e abbreviate, così 9
A. Lay, Un editore illuminista: G. Aubert nel carteggio con Beccaria e Verri, Torino, Accademia delle Scienze, 1973, lettera di Aubert a Pietro Verri n. 53 del 1 maggio 1779, pp. 119-120 citato da G. Benucci, Le edizioni toscane dell’Encyclopédie e la questione delle note. Un confronto, «Nuovi studi livornesi», 1985, p. 86, nota 11. 10 Ivi, p. 59.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
229
come talvolta più agguerrite. Accomuna le due edizioni un accorgimento insieme mercantile e compromissorio: sia Diodati per la stampa di Lucca sia Aubert per quella di Livorno tentarono di convincere gli autori più famosi degli articoli, come Voltaire e Diderot, a elaborare essi stessi le annotazioni per voci «non pericolose», per rendere più commerciabili le rispettive opere, dato il prestigio di cui godevano ovunque gli illuministi. Come tutte le iniziative censorie, anche le note sopportano ambiguità e contraddizioni. Prova ne è che gli studiosi ancora oggi le valutano con interpretazioni sensibilmente diverse. In particolare è sempre aperto il dibattito se le note siano infine poco rilevanti nell’economia del testo da revisionare, si potrebbero dire nate “stanche” e sfiduciate, oppure se si sia creduto seriamente potessero giovare all’apologia del cristianesimo e della Chiesa.11 Per un ragionamento complessivo occorre osservare però che non tutte le note sono di contrasto ai contenuti dell’Encyclopédie, anzi talvolta li apprezzano e sostengono, persino ampliandoli. Va anche rilevato che le note ad articoli di carattere tecnico-scientifico sono sicuramente le più numerose e che tra queste rasenta il divertimento leggere, nell’edizione di Lucca, quelle apposte da Diodati, che certamente si dilettò nello sceglierle e nell’elaborarle. Ben diverso è il discorso per le note di contenuto religioso, storico, filosofico, morale che talvolta hanno la funzione di forzare il ragionamento dell’articolo per piegarlo in qualche modo ad un significato più ortodosso, ma che spesso si propongono di contraddire gli articoli che più si distinguono per spirito laico, per una filosofia della ragione e per una teoria della conoscenza di stampo lockiano, indirizzando i loro strali contro ignoranza e pregiudizi. Necessarie quanto inutili quindi, si potrebbe dire con un paradosso, queste note. Necessarie perché occorreva evitare dalle autorità condanne che minacciassero stampa e diffusione dell’Encyclopédie: «noi dunque non potremmo fare altrimenti senza inciampare in un ostacolo ad ogni passo», scrive Aubert in una lettera a Pietro Verri che le note non le avrebbe volute.12 Inutili perché, essendo la filosofia illuminista sparsa sapientemente in tutta l’opera, quasi non esistono articoli neutri, e inutili ancora probabilmente per lo scarso fascino che il contenuto e il linguaggio delle note offrivano al lettore. L’illustrazione di alcuni casi di note potrà essere utile per chiarirne meglio la logica. Segnalerò quindi la voce Italie. Il brano sul secolo di Leone X, steso da Jaucourt, deve aver carpito l’attenzione degli annotatori. L’autore 11 E. Levi Malvano, Les éditions toscanes de l’Encyclopédie, «Revue de littérature comparée», III, 1923, pp. 227-228 e H. K. Weinert, Filippo de’ Venuti, «Archivio storico italiano», 1954, p. 457 entrambi citati da G. Benucci in Le edizioni toscane, cit., pp. 59-60. 12 G. Benucci, ivi, p. 64.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
230
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
scrive che, a fronte della grande vitalità artistica che ha connotato quel periodo, stanno due grandi rivolgimenti, la scoperta del Nuovo Mondo e la riforma protestante (cui si allude senza nominarli). Fatti che dimostrano, nonostante Roma rimanga la capitale del mondo cristiano, che la Chiesa sia un colosso dalla testa d’oro e dai piedi d’argilla: «la sovranità del papa è abbastanza grande da renderla degna di rispetto, ma troppo piccola per renderla pericolosa». L’estensore dell’articolo conduce quindi una analisi politica assai critica sugli assetti dei vari territori italiani ove i grandi stati sono sottomessi a grandi potenti e i piccoli staterelli, «aperti come caravanserragli», sono costretti ad accogliere i primi invasori che arrivano. Il pensiero di Jaucourt è accompagnato da alcuni versi di Mylord Harvey, dove con tono sarcastico si descrivono la rapacità dei monsignori e la povertà e la mancanza di libertà dei preti petits. L’annotatore livornese reagisce a questo testo con una breve e composta nota rafforzando l’immagine di un’Italia culla di arti e scienze (curiosamente sono parole simili a quelle che Jaucourt usa nello scrivere l’articolo Sciences-connoissances humaines) a cui riconosce tanto più merito in quanto ha conservato i tesori dell’antichità; conferma la sua capacità di produrre e commerciare e prende con garbo le distanze dal poeta (si sa, il linguaggio dei poeti è sempre esagerato…). Quanto poi alla gloria di Leone X, asserisce che non sarà diminuita da un gioco di parole sulla sovranità del papa e, del pari, elogia i governanti dei vari stati perché concedono ai propri sudditi di vivere felici. Ben diverso il tono di Diodati nella lunga nota originale dell’edizione di Lucca che sfoggia tutto il pathos nell’intessere un dialogo a tu per tu con l’Italia e nel concludere che essa è «più felice che mai». Anch’egli usa quindi il metro della felicità per rendere gloria al suo paese, confinando la critica dei francesi a una manifestazione di gelosia. Ci sono state guerre di conquista, certamente, ma sono servite a integrare gli invasori con le popolazioni locali, grazie ai governi imposti dagli stranieri, benevoli e benefici, e gli stessi eserciti invasori hanno giovato alla sicurezza delle terre italiane! Diodati arriva a descrivere una società dell’oro in cui vede succedere une sage Aristocratie à la séditieuse autorité populaire, une douce Monarchie à un odieux despotisme, e tutto ciò è dovuto ai decreti della Provvidenza, che ha scelto i sovrani stranieri si bons et si magnanimes che pensano soltanto ad accrescere la felicità pubblica governando con saggezza. Infine Diodati, insieme con le ricchezze, il lusso e le arti, esalta gli autentici sentimenti religiosi che in Italia sostengono la Chiesa. Il quadro di un’Italia forte, felice, pacificata è dunque ricomposto. Peraltro va ricordato che Diodati aveva come impegno principale quello della «valorizzazione della cultura e delle glorie italiane e in
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
231
particolare lucchesi» attraverso cui poteva essere esaltato il saggio e prudente governo della Repubblica aristocratica.13 Porta in tutt’altro campo la voce Indissoluble. Il riferimento è al matrimonio come engagement indissoluble. Il testo dell’articolo prosegue osservando che:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
L’uomo saggio prova un brivido all’idea di un legame indissolubile. I legislatori che hanno stabilito vincoli indissolubili non hanno pensato alla umana naturale incostanza. Quanti criminali e quanti infelici hanno creato in tal modo?
La nota nell’Encyclopédie di Livorno contrasta il concetto, ricordando che le divin législateur a lui-même prescrit cette indissolubilité. La nota poi si diffonde riferendosi al Vangelo di Matteo, 19, per ribadire che l’uomo non deve separare ciò che Dio ha congiunto in una sola carne. È vero che Mosè ha permesso al marito di abbandonare o ripudiare la moglie, ma si tratta, per così dire, di una licenza concessa a un popolo notoriamente «di duro carattere». La nota lucchese spiega che non appartiene alla saggezza dell’uomo tremare davanti all’idea di un nodo indissolubile, né si può dire che il legislatore abbia ignorato l’incostanza degli uomini; poiché, conclude la nota evidenziando una certa dose di opportunismo: Bisogna infine considerare che la Chiesa per mitezza di spirito permette, per gravi motivi, la separazione dei corpi e talvolta anche dell’abitazione, e di tutte e due le cose insieme, lasciando tuttavia permanere il legame del sacramento.
È interessante seguire anche la voce correlata Mariage, il cui testo sembra essere molto pragmatico, facendo riferimento al diritto naturale e alle leggi civili. La società coniugale deve restare unita a lungo a causa del lungo periodo di fertilità della donna, ma, conclude Jaucourt, cresciuti i figli, il matrimonio sarà considerato come tutti i contratti e dunque userà della massima libertà. La nota livornese sostiene esattamente il contrario: non ci si deve lasciare, neppure quando i figli sono grandi, perché Dio è il vero autore dell’amore coniugale, né vi è libertà che dia facoltà di comportarsi diversamente. Nell’edizione di Lucca una prima nota confronta l’istinto naturale che porta l’uomo a sposarsi con la propensione naturale a sottrarsi a legami matrimoniali. Una seconda nota insiste sul fatto che una legge 13
110.
A. V. Migliorini, Lucca e la Santa Sede nel Settecento, Pisa, Edizioni ETS, 2003, pp. 108-
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
232
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
naturale che Dio stesso illumina e chiarifica insegna che non ci può mai essere separazione dei coniugi: sarebbe come accostare l’unione coniugale ai comportamenti degli animali privi dell’uso della ragione (interessante notare il richiamo all’uso della ragione per sostenere una tesi irragionevole). Terreno scottante quello dei processi e delle persecuzioni di cui agli articoli Inquisition e Saint Office. Jaucourt, autore del testo originale, invita a percorrerne la storia insieme con Voltaire: «non ci si annoierà di certo». Segue la serie di fatti e misfatti. Il sant’Ufficio avrebbe i suoi precedenti nel Tribunale di Westfalia, detto anche échevins des saints, istituito da Carlo Magno e da Leone III per costringere i Sassoni a convertirsi al cristianesimo. Il Tribunale è descritto come: Assai simile a quello dell’inquisizione: una superstizione crudele, sostegno di una politica barbara, destinata all’abbrutimento dei popoli e così contraria alle massime della vera religione e dell’umanità […]. I due tribunali furono sempre ugualmente votati ad annientare la libertà dei cittadini.
Jaucourt pone l’interrogativo retorico: «Si rimprovera a Montezuma di immolare i prigionieri ai suoi dei, che avrebbe detto se avesse visto un auto da fe?» La nota nell’edizione di Livorno contraddice senza dubbi sostenendo che il tribunale dell’Inquisizione non rende affatto i popoli barbari, ma è utile a prevenire i disordini che potrebbero scoppiare nella società civile, se fosse permesso ai libertini e agli increduli di dire e fare ogni cosa, anche quelle in contrasto con la loro coscienza. Cinica e poco argomentata questa nota, mentre quella apposta alla stessa voce nell’edizione di Lucca è molto più infervorata a colpire, oltre a libertini e increduli, ogni espressione del pensiero non ortodossa. «Le ingiurie che si sono volgarmente vomitate contro questo tribunale e le calunnie diffuse al riguardo sono infinite», dice l’autore della nota che asserisce di non parlare come uno zelante teologo, ma di riconoscere l’utilità del tribunale dell’Inquisizione in quanto amante del bene pubblico e del buon cittadino (anche qui “bene pubblico” e “buon cittadino” sono usati con significato alternativo a quello che concepirebbe un illuminista). Esiste anche il castigo in questa e nell’altra vita: nella seconda parte dell’articolo Peine si apre la questione dell’eternità delle pene su cui si accendono dispute che vedono impegnati illustri teologi. Poiché alcuni esprimono dubbi che la pena eterna sia davvero un dogma della religione cristiana, la nota livornese rimanda ad altra nota apposta all’articolo Enfer per sostenere che il dogma dell’eternità delle pene è conforme sia alla ragione sia alla fede. Dogma inattaccabile perché se Dio è bontà, è anche giustizia, attributi non scindibili ed essenziali. Seguire sempre ciò che dicono la santa Scrittura e la tradizione dunque, questa è l’unica via percorribile, non quella di affidarsi
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
233
ai sofismi di pretesi esprits forts. Il notista lucchese sostiene, tra l’altro, che la verità secondo cui le pene dei dannati non avranno fine è stata costantemente sostenuta e difesa da tutti gli autori cattolici, in ogni epoca. Enumera quindi una serie di dottori della Chiesa che hanno combattuto contro eresie varie che mettevano in dubbio tale verità (confermando così che molti la negavano e la confutavano con altrettanti argomenti teologici) e aggiunge un ragionamento di tal fatta: se si ammette che le pene dell’inferno possano essere temporanee, bisognerebbe ammettere anche che lo siano le ricompense: stesso giudice, stesso trattamento. Ma come fronteggiare il paradosso che i buoni abbiano una ricompensa a termine, che la felicità dei giusti non sia infinita? L’articolo Fortuit si è attirato ben tre note, probabilmente perché è un termine interessante per i legami che intesse con il concetto di libertà. Il testo di d’Alembert argomenta sulla concatenazione degli eventi, e, in particolare, si domanda se, essendo ogni evento previsto dall’intelligenza divina, e dunque se ogni cosa succede per necessità, come conciliare la libertà dell’uomo con queste verità? Eppure noi sentiamo che siamo liberi, l’esperienza e una semplice operazione del nostro pensiero sono sufficienti per convincerci. Siamo liberi perché ne abbiamo coscienza e «questa coscienza è la sola prova che possiamo avere della nostra libertà». Le note oppongono che non c’è nulla di fortuito rispetto a Dio, essendo egli prima causa di tutti gli eventi e tutti i loro effetti, all’interno di questo ordine e non nella coscienza dell’uomo sta la prova della sua libertà. Mi sembra si possa ripetere per lo strumento-note lo stesso discorso sviluppato in più sedi sulla censura tutta, fenomeno ambivalente nelle sue espressioni e contraddittorio nei risultati. Lo si capì subito. «In virtù di note si sanano tutte le proposizioni che credonsi viziose: oltreché le proibizioni han valore per chi le vuole valutare», così Aubert – saggio? pragmatico? – a Pietro Verri.14
I camouflages Niente di meglio per un enciclopedista di un camouflage per disorientare il censore e insieme per divertirsi e scommettere sull’inventiva e la capacità di correre ad una caccia al tesoro da parte dei lettori.
14
C. Mangio, Censura granducale, potere ecclesiastico ed editoria in Toscana: l’edizione livornese dell’Encyclopédie, «Studi settecenteschi», XV, 1996, p. 208, nota n. 70: è una citazione da Adriana Lay.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
234
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Se non si ha cura di distinguere le differenti giurisdizioni della fede e della ragione […] chi non vede che qui si apre un vasto campo al fanatismo più estremo, alle superstizioni più insensate?
È la massima che ispira l’articolo Raison, ed è la chiave per capire l’idea sottostante a una serie di bizzarri articoli. Infatti la maniera più originale di sistemare il proibito è probabilmente quella dei camouflages sotto cui gli enciclopedisti nascondono, facendosene beffe, dogmi, miracoli e misteri di fede, camouflages tra cui ci guida il fiuto di Darnton.15 Agnus scythicus è tra gli articoli più irriverenti. Una pianta o un animale? Sotto questa voluta ambiguità si cela il mistero dell’incarnazione. Sembra che un gran numero di botanici (qualche nome: Sigismond d’Herberstein, Eusebe de Nuremberg, Olaus Vormius) abbia studiato il fenomeno di un arbusto che nasce nel paese di Zaccolham da semi simili a quelli di un melone ed è chiamato Agneau perché somiglia a questo animale nei piedi, unghie, orecchie e testa sormontata da un ciuffo di peli e coperta di una leggera pelle con cui gli abitanti fabbricano berretti. L’autore dell’articolo riporta le informazioni che fornisce Giulio Cesare Scaligero il quale specifica che le radici si nutrono delle piante vicine, la polpa assomiglia alla carne dei gamberi, sanguina se tagliata, è molto dolce e piace ai lupi che la mangiano avidamente. Ma questo studioso ci lascia un dubbio, dice l’autore della voce: come si formano i piedi di questo agneau de Scythie? E come escono dal tronco? Un altro esperto, Hans Sloane, propone una descrizione un po’ diversa anche questa riportata nel testo dell’articolo: si tratterebbe di una radice con dei tuberi coperti di lunghe barbe e rivestita di una peluria nero giallastra, lucente come seta, usata come rimedio da chi sputa sangue. Ribrezzo, ironia e sarcasmo per svelare che non esiste nessun incrocio tra una pianta e un agnello, ma che solo la superstizione e il pregiudizio hanno fatto intravedere un agnello in una brutta pianta pelosa, che avrebbe per di più poteri magici. Non meno improbabile è dunque la storia dell’incarnazione. Il testo enumera una serie di accorgimenti metodologici per fare ricerche e analisi serie e per capire se il fatto in esame è da prendere in considerazione o se è da rifiutare, qualora si ami davvero la verità. Altrettanto suggestiva è la voce Ypaina, una festa che i Messicani celebrano nel mese di maggio in onor del loro dio. Due fanciulle preparano una pasta di miele e farina di mais con cui formano un grande idolo che, vestito 15
R. Darnton, Il grande affare dei lumi: storia editoriale dell’Encyclopédie 1775-1800, Milano, Silvestre Bonnard, 1998, pp. 18-19 (ed. orig. Cambridge, The Belknap Press of Harvard University Press, 1979).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
235
e ornato riccamente, è portato in processione solenne e quindi al tempio, dove i ministri del culto gli offrono vittime e benedicono altre fogge di pasta, lavorata a mo’ di ossa. Questa esotica varietà di biscotti sacri è quindi distribuita al popolo e ognuno devotamente ne mangia, come carne del dio. Anche i malati se ne giovano, ma non è lecito mangiare o bere prima di consumare il dio di miele. Il suo nome è Vitziliputzli, l’onnipotente, il dio della guerra. Che dire di questa caraibica rappresentazione dell’eucarestia? E come arrivare a trovarla, sotto il nome Ypaina, senza prendere gusto alla caccia? Sempre nel campo del potere religioso, l’articolo Siako. Nome del sovrano pontefice di una religione indiana, accolta poi in Giappone, chiamata Siaka. È anche il vicario del grande Budsdo, domina sui fanatici bonzi o monaci e sugli adepti della sua religione. Esercita un potere assoluto su tutti i suoi ministri, consacra una sorta di vescovi che sono però nominati dal Cubo, l’imperatore. Le sue decisioni sono infallibili, canonizza i santi, può abbreviare le pene del purgatorio e pure tirar fuori le anime dall’inferno per metterle in paradiso. Il papa e i gesuiti, allontanati nell’altra parte del mondo, sono evidentemente riconoscibili in questa descrizione fantasiosa. La parola Aigle è una di quelle che più ha occupato la penna degli enciclopedisti (tra cui Diderot, Daubenton e d’Alembert) nel descrivere minuziosamente colori, misure, numero delle piume di terribili uccelli, e nel narrare come l’aquila si ritenga consacrata a Giove a causa del suo volo altissimo: dans la région du tonnerre. Superstizioni tramandate nei tempi dalla credulità popolare. Cento volte felice il popolo a cui la religione propone soltanto di credere a ciò che è vero, sublime, santo, e di ispirarsi ad azioni virtuose; quale è la nostra poiché il Filosofo non ha che da seguire la sua ragione per arrivare ai piedi dei nostri Altari.
Felice dunque, sembra di capire, chi non ha creduto all’aquila che, al fianco di Giove, teneva i fulmini tra gli artigli, così come chi non crede a altri uccelli di altre tradizioni religiose, anche se incaricati di infondere lo spirito santo (mai nominato, naturalmente). Una celebre disputa teologica si dipana all’articolo Aschariouns (discepoli di un famoso dottore mussulmano chiamato Ascari) ove Diderot attribuisce ai dottori mussulmani e allo stesso Maometto un ragionamento capzioso con cui far fronte alle domande dei fedeli che non sanno come conciliare l’onnipotenza di Dio con la propria responsabilità. Ebbene Maometto schivò la difficoltà con una di quelle risposte di cui i capi religiosi sono ben provvisti, che non illuminano affatto la mente, ma che chiudono la bocca.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
236
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Il versetto del Corano oggetto di imbarazzante dubbio diceva che Dio avrebbe chiesto conto di ogni manifestazione esterna come di ogni pensiero riposto, poiché nella sua onnipotenza egli perdona chi vuole e punisce chi vuole e dispone ogni cosa a suo piacimento. Di fronte allo smarrimento dei dottori il profeta si affretta a scrivere un altro versetto: Dio non carica l’uomo che di ciò che questi può sostenere e gli imputa solo ciò che merita per obbedienza o per ribellione. Gli Aschariouns decisero di usare entrambe le regole per trarsi d’impaccio e stabilire così un sistema basato sulla libertà e sul merito delle opere. È più facile trovare il proibito dell’Encyclopédie con l’aiuto della Table? La risposta apparirà meglio comprensibile a seguito dell’illustrazione più ampia dei criteri di compilazione dell’indice ragionato, ma è già evidente da quanto illustrato fin qui. Certamente una facilitazione è rappresentata dall’avere a disposizione la lettura di tutti (o quasi) gli articoli in uno spazio ben gestibile, e questo, prima dell’indicizzazione dell’Encyclopédie, è stato sicuramente uno strumento importante per la consultazione. Immaginare quali articoli cercare non è difficile, così come non lo è stato per me quando mi sono accinta a scavare nella Table e, nel leggerne gli abrégés, mi sono trovata davanti a più piste. Può darsi che essi contengano ben poche indicazioni sul contenuto degli articoli originali, ad esempio quando l’analisi è scarna o quando si limita ad un elenco di punti che non riferiscono alcun ragionamento, e questo fatto è di certo una spia attendibile; altre volte l’analisi corredata da rinvii mette in evidenza un filo di discorso che può indirizzare al “proibito”, o comunque a idee e posizioni al tempo sospettabili. Più complicato, oggi, scovare i camouflages, in quanto occorre un certo spirito per immaginare articoli quali quelli più sopra citati, ma certo all’epoca degli enciclopedisti non doveva essere difficile il passa parola nei salotti e tra i lettori attenti, curiosi e illuminati. Nonostante l’occhio acuto con cui gli esperti messi al lavoro dall’Inquisizione hanno scrutato gli articoli dell’Encyclopédie, neppure a loro deve esser riuscito di captare tutte le voci che contenevano doppi sensi e abili escamotages verbali, pur avendo ben chiara la necessità di lanciare una guerra all’intera l’opera, tutta pervasa dal «torrente dell’empietà»16. In ogni caso la Table ad uno studio più approfondito e con il sostegno di moderni strumenti può riservare ancora sorprese e presentare risorse per tutte le possibili letture dell’Encyclopédie. 16 Si veda la chiara sintesi con cui Patrizia Delpiano rappresenta i movimenti delle armate impegnate nella lotta contro l’Encyclopédie e le sue idee nella voce, Enciclopedica, in Dizionario storico dell’Inquisizione, a cura di A. Prosperi e J. Tedeschi, in corso di pubblicazione (ringrazio l’autrice per avermi favorito con l’invio della sua voce ancora inedita).
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
237
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
La Table Lo strumento per afferrare tutti gli articoli dell’Encyclopédie nella loro complessità fu – meraviglia – già approntato poco dopo la sua stampa faticosamente conclusa. Ed era la Table, l’indice elaborato da Pierre Mouchon, pastore ginevrino. Di questo personaggio finora poco esplorato, a cui fu affidato l’incarico assai impegnativo di scrutare nell’opera enciclopedica, cercherò più avanti di ricostruire vita e lavoro a partire dalla sua corrispondenza e dagli apprezzamenti dei contemporanei. Il preveggente d’Alembert alla voce Dictionnaire paragonava l’Encyclopédie ad una macchina un po’ complicata, di cui è possibile capire i meccanismi cominciando con lo smontarla, per esaminare separatamente e distintamente prima tutti i pezzi, e quindi il rapporto di ciascuno di tali pezzi con quelli vicini; così procedendo non ci sarà nemmeno bisogno di rimontarla. D’Alembert stava per l’appunto, senza saperlo, descrivendo una parte delle operazioni compiute dalla Table e la sua funzione. Continua d’Alembert che su ogni pezzo della macchina occorre operare come si è fatto per l’intero: Per vedere il legame e l’analogia dei diversi oggetti e l’uso dei diversi termini, bisogna costruire nella propria testa e a parte, il piano di questa Scienza ben coeso e ben coerente, decifrarne le parti e le proposizioni principali e annotare non solo la loro dipendenza da ciò che precede e da ciò che segue, ma anche l’uso di tali proposizioni in altre Scienze, o l’uso che delle altre Scienze si è fatto per trovare queste proposizioni.
Ecco pronto il materiale per costruire gli articoli, accuratamente corredati da rinvii per svelarne l’ordine enciclopedico. Mouchon avrà tenuto conto, nello studiare l’Encyclopédie, di questa logica e di questa procedura che sottendono alla sua costruzione, ma è andato oltre, poiché, smontata la macchina e riflettuto sul senso delle sue parti, l’ha rimontata, con tutto il suo spirito critico e le valutazioni sull’ordine e sull’importanza dei contenuti delle singole parti, dalle grandi alle marginali, guidando il lettore che volesse farsi condurre sui sentieri da lui medesimo aperti. Una guida dunque, più che un’osservazione al microscopio, su un particolare banco di lavoro, un esito diverso da quello insito già nei meccanismi dell’Encyclopédie. È l’esito della Table di Mouchon.
La tecnica della Table Ma come funziona la Table, detta analytique e raisonnée? Il sistema dei rinvii (renvois) dalla voce dell’indice al testo dell’Encyclopédie è, in apparenza, assai
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
238
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
lineare. Come dichiarato all’inizio della stessa Table, il riferimento che segue la puntuale esposizione del lemma si articola in tre componenti: un numero romano, uno arabo e una lettera (a oppure b) per guidare al numero del tomo, alla pagina e infine alla colonna (rispettivamente la prima o la seconda) dove è incastonato l’elemento indicizzato. In questo modo la formula consente di stabilire un indirizzo preciso all’interno delle fitte pagine del Dictionnaire, come è noto in ampio formato e in carattere di corpo ridotto. Qualora la Table riconduca ai tomi del Supplément, una chiara abbreviazione (Suppl.) avvisa il lettore. In verità vi sono almeno altri tre aspetti che complicano le modalità di rimando. Anzitutto va rilevato che tale rimando non compare unicamente al termine di ciascun lemma, bensì anche al suo interno. Si è pertanto costretti a leggere analiticamente l’intera voce d’indice, senza accontentarsi di passare dall’intestazione della voce, evidenziata tipograficamente dal carattere maiuscolo, alla sua conclusione, come è abituato a fare chi maneggia con familiarità simili strumenti. Si perde la natura meccanica di certi indici, anche in virtù del carattere ragionato con cui è costruita la Table, nei cui meandri è necessario penetrare per meglio spremere il succo del testo enciclopedico. Si veda, ad esempio, la voce d’indice Chine (vol. 1, p. 305), che contiene in meno di venticinque righe ben venti rinvii ad altrettanti passi dell’Encyclopédie. Oltre a ciò, la Table prevede a ragione il riferimento ai tomi di Planches (abbreviati in pl.), con l’indicazione del numero del tomo e, a volte, del titolo. Ancor più complessi sono i rimandi interni, come pure i rinvii reciproci. I primi guidano il consultatore da una voce d’indice respinta a una accettata; essi sciolgono problemi relativi alla forma, piuttosto che al contenuto. Ad esempio si analizzi il lemma Chrysopolis (vol. 1, p. 314), che rimanda a Scutari (vol. 2, pp. 651-652), forma del nome con cui è nota la città in età moderna. I rinvii reciproci (che corrispondono al «vedi anche» che ben conoscono gli indicizzatori contemporanei) raccordano voci accettate, in qualche misura rapportate le une alle altre. Come esempio si può vedere la voce Prison, (Jurispr.) (vol. 2, p. 520), che termina con l’invito a consultare anche le voci Contrainte par corps, Dette, Emprisonnement, Elargissement. L’Avertissement, premesso alla Table, spiega le ragioni per cui essa è stata costruita, le esigenze cui intende rispondere, le motivazioni che hanno guidato tutte le scelte, per così dire, tecniche di chi ha allestito l’indice, avendo di mira anche la riorganizzazione parziale e l’ampliamento della materia trattata dagli enciclopedisti, offerta a una lettura in parte nuova. La Table ha innanzi tutto l’obiettivo di raccordare i disiecta membra del Dictionnaire, riunito nelle sue tre parti, finalmente organiche, costitute da voci, supplément e planches. Essa è stata persino l’occasione per creare nuovi accessi
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
239
alla conoscenza enciclopedica, très-importants, qui n’existent point formellement dans l’Encyclopédie, come è il caso delle voci Règne (scienze naturali), Monade (filosofia) o, addirittura, Progrès des connoissainces. Nuove voci o, più semplicemente, nuove forme con cui avvicinare il pubblico a un lessico che aveva forse peccato di eccessiva scientificità, sacrificando la chiarezza di certi termini, ripristinati nel loro versante vulgaire, sollevando così «il velo che nascondeva all’universo dei lettori le ricchezze della filosofia o della letteratura, a cui ognuno ha diritto di aspirare». La necessità di rendere ancor più razionale l’approccio all’universo delle conoscenze trae vantaggio dalla sintesi, con cui è possibile semplificare ulteriormente concetti complessi, legati alla filosofia e, in particolare, alla metafisica, ricostruendo i passaggi logici e aiutando ancor più il recupero delle idee que le besoin du moment peut faire désirer. La Table ripristina la componente biografica e umanistica del sapere enciclopedico, dispersa nelle mille ramificazioni del sapere. Moltissimi i riferimenti a letterati, filosofi, scienziati, spazzati via dall’inquadramento disciplinare predominante nell’Encyclopédie. Riaffiorano così gli stessi padri fondatori: d’Alembert (vol. 1, p. 44) e Diderot (vol. 1, p. 506). La dimensione biografica non è la sola aggiunta. Intere voci sono state costruite, avendo a fondamento quanto ricavato dall’Encyclopédie, con l’occasione integrata da ricerche aggiuntive, rivolte a soggetti «trattati nella circostanza in maniera più ampia, talvolta più interessante che nel vero articolo», giungendo così a vere e proprie riscritture, definite transpositions dall’autore della Table. A questo proposito è illuminante la “costruzione” da parte di Mouchon dell’articolo Progrès inesistente nell’Encyclopédie, costruzione accuratamente analizzata da Crépel e documentata in una tavola comparativa.17
Il percorso di Mouchon tra Table e Encyclopédie Per mostrare il funzionamento della costruzione tecnica messa a punto da Mouchon al fine di comunicare al lettore lingua, linguaggio e pensiero degli enciclopedisti, è utile presentare qualche voce della Table ed esaminare il percorso ivi delineato e ispirato da più articoli del testo originale enciclopedico. Si osservi il lemma: Souverains/Souverain (droit nat. et polit.). Mouchon sceglie in questo caso di redigere un’analisi molto sintetica, annotando brevemente i principi che nell’Encyclopédie sono invece ampiamente illustrati. Riporta i rinvii già contenuti nell’articolo quali: Pouvoir, Autorité, Puissance, 17
P. Crépel, «Recherches», 31-32 avril, 2002, pp. 216-219.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
240
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Sujet, Tyran. Inizia quindi il percorso da lui elaborato che si snoda tra molti volumi. Eccone il tracciato: 1. Origine des souverains. 2. Deux caractères, l’un particulier, l’autre public, sous lesquels le souverain peut être considéré. 3. Des droits et pouvoir des souverains: De leur clémence et 4. de leur pouvoir. 5. Quel sont les biens que le souverain peut aliéner. 6. Il n’a pas le pouvoir d’aliéner la couronne. 7. Du droit de dispense attribué au souverain. 8. Du droit de grâce. 9. Occasion où le souverain est juge et partie. 10. Ses droits sur les biens et fonds de ses sujets. 11. Le droit de battre monnoie n’appartient qu’au souverain. 12. Vues économiques et sages de la plupart des souverains de l’Europe. 13. Des devoirs des souverains. 14. Ses devoirs à l’égard des impôts. 15. Sentiments que les souverains doivent à leurs sujets. 16. Protection qu’ils leur doivent. 17. Ils ne doivent user de leur pouvoir que pour le bonheur de leurs sujets. 18. Devoirs des souverains relativement aux sectes qui séparent la société. 19. Quel est le mauvais souverain. 20. Examen de la question s’il se trouve des cas où le peuple ait droit de punir son souverain. 21. Obligation des souverains à observer fidèlement leurs traités mutuels. 22. Cérémonial entre les souverains. 23. D’où dépend le crédit des souverains entr’eux. Questi temi sono indicati con un rinvio al numero del volume e della pagina, ma non con il nome dell’articolo. Bisogna disporre di tutta l’Encyclopédie per individuarli e trovarvi ciò che Mouchon aveva ritenuto opportuno segnalare. Ed ecco in sintesi i contenuti della catena di riferimenti che Mouchon propone al lettore e allo studioso. 1. Origine: gli uomini non possono vivere nello stato di natura, perfettamente indipendenti; esigenze di vario tipo determinano la decisione di riunirsi in società, ma per bilanciare forze e interessi occorre che si sottomettano a una volontà che li rappresenti tutti. Ecco l’origine del sovrano. 2. Citoyen: la figura del sovrano presenta due aspetti, l’uno privato e l’altro pubblico. Nel primo caso egli può trovarsi in conflitto con altri interessi privati del cittadino. È un inconveniente che non è facile superare, ma appartiene ad ogni tipo di governo. 3. Clémence: è una virtù che induce il sovrano a mitigare – con la dolcezza – il rigore del diritto. La clemenza, o moderazione, si fonda sulle leggi dell’umanità, ben note già al diritto romano. Occorre stabilire i principi generali per cui il sovrano deve punire, mitigare la pena o perdonare, senza che ciò diventi segno di debolezza o perdita di autorità. 4. Pouvoir: i buoni principi sanno che essi sono depositari del potere solo per le bonheur dello stato. Per quanto possa essere illimitato il potere del sovrano, esso non gli permette di violare le leggi, opprimere i popoli, calpestare la ragione e l’equità.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
241
5. Paix, Traité de: nel caso di regni patrimoniali il re può alienare una parte o tutta la sovranità. Ciò non è consentito, invece, nel caso di sovranità acquisita a titolo di usufrutto, ma il re potrà comunque procedere ad alienazioni se validate dal consenso popolare o dagli stati del regno. Per quanto riguarda la proprietà della corona, non è nel potere del re alienarla; mentre, per quanto riguarda i beni dei privati, il sovrano ha, in quanto tale, un diritto prevalente sui beni dei sudditi. E dunque può disporne con un trattato ogni volta che l’utilità pubblica o la necessità lo richiedano. Beninteso in questi casi lo stato deve risarcire i privati del danno subito. 6. Royaume: per quanto il sovrano sia dispotico e assoluto, il suo potere non gli conferisce alcun diritto di proprietà sul regno. Ma su questo principio non tutti sono d’accordo, e si apre quindi una disputa tra chi sostiene che il patrimonio della corona sia alienabile, sempre che esista una convenzione di tal genere con il popolo, e chi invece sostiene il contrario, stimando la sovranità un bene di cui il sovrano gode l’usufrutto e quindi trasferibile solo ai discendenti. 7. Dispense: privilegio particolare accordato dal sovrano per affrancare qualcuno dal vincolo della legge. La dispensa è dunque l’effetto di un favore gratuito del sovrano e, a rigore, è un atto contrario allo spirito del legislatore. Deve dunque essere gestito con molta saggezza e solo in presenza di ragioni molto forti, pena sollevare reazioni dei sudditi di fronte alla concessione di privilegi ingiustificati. 8. Grâce (Droit politiq.): è il diritto del sovrano di perdonare uno o più colpevoli. È l’attributo più bello della sovranità. La grazia viene applicata in quanto l’utilità pubblica è la misura delle pene e, quando non ricorrano le condizioni per concederla, il sovrano deve comunque moderare la sua giustizia. Ne discende l’importanza della divisione dei poteri: il sovrano non può essere anche giudice, pena la distruzione di ogni certezza nei sudditi. 9. Citoyen: di nuovo si sottolinea la distinzione tra la figura privata e quella pubblica del sovrano, tra l’essere fisico e l’essere morale. Per tutte le conseguenze che questa duplicità può comportare, occorre la consapevolezza che i sudditi o cittadini saranno tanto meno esposti all’ingiustizia, quanto meno il sovrano si esporrà al rischio di essere insieme giudice e parte in causa nei casi in cui sarà attaccato come soggetto privato. 10. Domaine: è incontestabile che la natura stessa della sovranità autorizza il principe a servirsi, in casi urgenti di necessità (un assedio, ad esempio), dei beni dei sudditi, poiché essi, nel conferirgli l’autorità sovrana, gli hanno anche delegato il potere di esigere tutto ciò che è necessario per la conservazione e il vantaggio dello stato. 11. Espèces: sono i vari pezzi delle monete di cui soltanto il principe può
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
242
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
autorizzare la fabbricazione, in virtù di un diritto collegato alla Corona. In antico era esercitato anche da nobili e vescovi, ma questa pratica fu via via soppressa in particolare con un editto di Filippo il Bello del 1313 che rese così difficile la fabbricazione di espèces che i grandi signori vi rinunciarono. 12. Epargne: è il tesoro reale. Il senso dell’economia pubblica si diffonde in Europa a metà Settecento. I principi, più illuminati di un tempo, intravedono lo sviluppo dei loro stati non tramite le guerre, ma con il commercio, la navigazione, la finanza, lo sfruttamento del suolo, il progresso delle arti utili, tutte innovazioni che contribuiscono a rendere i sudditi più moderati, più fortunati e più virtuosi. 13. Devoir: l’elenco dei doveri del sovrano al fine del bene del popolo comprende: formarlo ai buoni costumi, fare buone leggi, sorvegliare sulla loro applicazione, affidare incarichi pubblici a persone probe e capaci, esigere le imposte ed elargire i sussidi in modo conveniente e utile, provvedere alla cura e all’aumento dei beni dei sudditi, impedire le fazioni e le cabale, prendere precauzioni contro le invasioni dei nemici. 14. Impôt: contributi necessari per la stabilità del governo e del sovrano: solo con questi finanziamenti egli può curare la tranquillità dei cittadini, purché siano giusti e necessari. Il principe deve quindi abolirli quando i bisogni siano stati soddisfatti e non stornarli per uso personale. 15. Persécution: è la tirannia che il sovrano esercita o lascia esercitare in suo nome contro quei sudditi che hanno opinioni diverse dalle sue in materia di religione. È contraria alla dolcezza evangelica e alle leggi dell’umanità. I sovrani devono nutrire sentimenti paterni verso i sudditi quali che siano le loro opinioni perché esse non turbano l’ordine della società. È la persecuzione violenta che turba quest’ordine. Se i sovrani vogliono essere l’immagine della divinità in terra, alzino gli occhi al cielo e vedranno che Dio fa sorgere il sole per i cattivi come per i buoni ed è empietà o follia pretendere da parte loro di vendicare l’Altissimo. 16. Protection: gli uomini si sono sottomessi al sovrano per essere più felici. Proteggerli è quindi per lui un dovere essenziale al punto che, se esso vien meno, i sudditi si riprendono il diritto di uscire dalla società di cui fanno parte. La protezione del sovrano non si limita alla difesa dai nemici, ma riguarda anche la repressione di azioni dei propri ministri e dei potenti che possono opprimere il popolo. 17. Société: se il bene pubblico richiede obbedienza ai sottoposti, lo stesso bene pubblico esige che i superiori rispettino i loro diritti e che non li governino se non per renderli più soddisfatti. Ogni superiore non è tale per la propria grandezza, ma per il bene altrui. Essere superiore non lo rende più uomo degli altri. Come che sia la sua autorità, poiché devono tutti contri-
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
243
buire al bene della società, egli deve soprattutto servire, essendo capo solo a titolo oneroso, adempiendo a questo suo dovere in proporzione dell’alto livello che la sua qualità gli conferisce. 18. Tolérance: i sovrani hanno molti doveri rispetto alle sectes religiose esistenti nella società. Lo stato ha per fine di garantire la vita e la libertà ai suoi membri, occupandosi della vita presente, mentre la Chiesa ha per scopo la perfezione dell’uomo e la salvezza della sua anima, interessandosi della vita futura. Lo stato quindi, come dice Rousseau, ritiene conveniente che i cittadini seguano una religione che faccia amare i doveri, ma non gli devono interessare i dogmi di tale religione, poiché dai sudditi si pretende soltanto una professione di fede civile. Può quindi reprimere le azioni di coloro che mascherano la propria «insociabilità» con il pretesto della religione, proscrivendo le sette pericolose che non tollerano chi non condivide le stesse idee, sottomettono i loro membri a una doppia autorità, in tal modo formando uno stato nello stato, rompendo l’unione politica, dissolvendo i legami con la patria, sacrificando la società generale al loro particolare interesse. 19. Cité: esame della costituzione delle società. Questi processi sono messi in relazione all’analogo formarsi delle città, realtà sociali che, a loro volta, si riuniscono a formare gli imperi, subordinandosi a qualche persona fisica o essere morale. Proseguendo il paragone: colui che turba l’ordine delle famiglie nella città è un cattivo cittadino, colui che turba l’ordine della città nell’impero è un cattivo suddito, colui che turba l’ordine degli imperi è un cattivo sovrano. 20. Windsor: potrà sembrare stravagante l’inclusione di questo articolo nel recueil di Mouchon, per illustrare la proposizione citata nel tracciato. E in effetti lo è: Windsor nella Table viene descritto come luogo di piacere dei re di Gran Bretagna, con la stessa penna leggera usata dagli enciclopedisti. Segue quindi un elenco dei re che con quel luogo ebbero a che fare. Si può ben dire che in questo caso Mouchon sia stato acuto e abile come i suoi autorevoli autori: senza un commento, rimanda a Carlo I e alla rivoluzione inglese del XVII secolo per porre la questione bruciante: se il popolo abbia il diritto di punire il suo re, invitando così a leggere la storia di un sovrano «incapace di capire lo spirito di libertà dei suoi sudditi». 21. Traités: è ben vero che non sono i trattati, ma la necessità, che unisce i re. Ciò nonostante, poiché i trattati pubblici sono una parte considerevole dei diritti delle genti, i sovrani, così come i privati, sono obbligati a mantenere la loro parola e ad essere fedeli ai propri impegni. Ogni atto di violazione provoca conseguenze pericolose che coinvolgono un gran numero di persone. Inoltre essi sono sanciti da un giuramento e niente è così
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
244
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
vergognoso per i sovrani che puniscono i sudditi se mancano alla fede data, che comportarsi allo stesso modo, infrangendo la parola scambiata tra re e ingannandosi reciprocamente. 22. Cérémonial: l’insieme delle regole di comportamento che usano tra loro i sovrani o gli ambasciatori; si tratta di una convenzione stabilita per mantenere il giusto fair play tra costoro quando sono insieme o quando si scrivono. Se inteso in senso stretto, il cerimoniale scatena conflitti ed è fonte di dispute interminabili tra i sovrani, nessuno dei quali vuol cedere agli altri. Si cerca allora di venire a patti con arbitraggi e compromessi, ma spesso questi strumenti sono inutili, finendo per prevalere la forza. 23. Crédit: è una relazione tra sovrani fondata sulla stima e sul rispetto, in cui può emergere la superiorità di uno di loro. Più il sovrano è equo, più acquisisce credito tra gli altri, ma succede anche che la potenza controbilanci l’equità. La costruzione di Mouchon è a questo punto compiuta e bisogna ammettere che, nonostante la stringatissima sintesi qui proposta, la figura del sovrano, dei suoi poteri, dei suoi rapporti, sia questi essere fisico o morale, in quanto portatore di sovranità, ne esce complessa e ricca di analisi e di riflessioni sociali, facilitando l’acquisizione di un pensiero forse più completo di quello contenuto nell’articolo originale. Del resto gli autori non a caso avranno disseminato qua e là gli aspetti più problematici di questa figura che il pastore ha tentato di ricomporre, con una ampia selezione. Stesso percorso egli segue con l’articolo Astrologie, articolo piuttosto esteso nel testo enciclopedico, di cui non si sofferma neppure a dare la definizione, né si impegna a chiarire la diversità tra A. naturelle e judiciaire che pur nel testo di Mallet e Diderot è esposta in tutta chiarezza. Mouchon mantiene questa ottica anche per i due articoli Astronome e Astrologue da cui emergono due figure, una apprezzata e l’altra ridicolizzata dagli autori. Ed ecco il tracciato del recueil. 1. Origine de l’astrologie chez les Ethiopiens. 2. Histoire de cette science et de l’usage qu’on en a fait en médecine. 3. e 4. Astrologie judiciaire, origine de cet art. 5. Combien les Orientaux en ont toujours été infatués. Empire qu’il donnoit aux Chaldéens sur les peuples. Mépris que conçurent pour les astrologues, Alexandre et dans un certain temps les Romains. 6. Des prédictions de l’astrologie. 7. Sentiment d’Agrippa sur cet art. 8. Réflection sur l’astrologie. 9. Preuves de la variété de cet art. 10. Alphabet astrologique attribué aux Juifs. 11. L’astrologie particulièrement cultivée par les Rabbins. I contenuti degli articoli di rinvio: 1. Ethiopiens: si attribuisce loro l’invenzione dell’astrologia e dell’astronomia, con la motivazione poetica che la costante serenità del cielo, la tran-
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
245
quillità della loro vita e la temperatura costante del clima li abbiano portati naturalmente a questo genere di studi. Attratti dalle fasi della incostante luna, gli Etiopi hanno elaborato molte congetture sui corpi celesti, tra cui quella che la luna brilli di luce prestata. 2. Influence: è l’effetto reale o presunto che gli astri producono sulla terra e sui corpi. Presunto, perché i corpi celesti sono molto lontani, però non si può negare che essi influiscano sui mutamenti e sulle condizioni dell’atmosfera, e attraverso di essa su di noi e su ogni tipo di malattia, da quelle della pelle ai reumatismi, ai disturbi nervosi e alle ansie (Mercurio e Giove muovono i venti e Venere genera la pioggia: come ci si sente liberati da un peso dopo un colpo di tuono e la fine di un temporale!) Lo studio di questa influenza può recare vantaggi alla medicina, purché esso sia condotto con prudenza ed equilibrio, in fin dei conti i medici non devono dedicarsi soltanto alla meteorologia che è scienza che appartiene ad altri, ma cimentarsi sul pratico esercizio della loro disciplina. 3. Chaldéens: lunga e articolata storia dei Caldei, della loro religione e delle loro credenze. Adoravano il sole, la luna e gli altri astri, in particolare le stelle dello zodiaco. Fu quindi semplice convincere il popolo che i corpi celesti avessero grande influenza sul benessere o l’infelicità umani. Di qui è nata l’Astrologie judiciaire, arte in cui eccellevano tanto che Caldeo divenne sinonimo di astrologo. Ma coloro che, scrutando gli astri, predicono l’avvenire e i destini umani sono ciarlatani e ingannano la credulità e l’ansia degli uomini di conoscere il loro futuro. 4. Divination: anche qui un approfondito ragionamento sui temi già trattati all’articolo precedente. Il disprezzo e la condanna per i ciarlatani sono evidenti; chi creda di essere continuamente circondato da esseri benevoli o maligni che rilasciano avvertimenti e pronostici, non tarderà a sentire la volontà di Dio nel canto di un usignolo, a spiarne la volontà nel volo d’ali di una cornacchia, a leggere disgrazie definitive nelle interiora di un vitello e non sarà più padrone dei suoi movimenti. 5. Chaldéens: in realtà l’Astrologie judiciaire è stata il freno potente con cui sono stati governati i popoli d’Oriente, tendendoli sotto un giogo di ferro e non permettendo loro alcun movimento se non controllato da auguri e aruspici. Roma ordinò con un editto ai Caldei di lasciare la città e l’Italia in dieci giorni, con l’accusa di sfruttare la credulità del popolo. 6. Almanach: il re di Francia Enrico III nel 1579 proibì di scrivervi pronostici sugli affari civili dello stato o dei privati, sia espliciti sia coperti. Il nostro secolo, scrive d’Alembert nell’articolo, è abbastanza illuminato da non aver più bisogno di tali proibizioni e gli almanacchi sono diventati vere e proprie agende.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
246
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
7. Magie: all’interno del testo di questo articolo si parla della magie coelestialis, come Agrippa la definisce, che altro non sarebbe che l’astrologie judiciaire, la quale su fragili basi costruisce un sistema ridicolo, esposto ormai soltanto in pochi libri, raccolte di misere credenze per nutrire pregiudizi ed errori del popolo. Ancora peggio è trattata la magie ceremonialis che, sempre secondo Agrippa, consiste nell’invocazione dei demoni con cui sottoscrivere patti infernali. E oltretutto, commenta l’autore dell’articolo, nel passato non c’era piccola corte di Giustizia che non avesse enormi quaderni di processi contro streghe, maghi e incantatori. 8. Génethliologie: arte frivola che consentirebbe di predire l’avvenire per mezzo degli astri rapportando le loro posizioni al momento della nascita o del concepimento degli uomini. Ecco come lo spirito debole si è dedicato a vane speculazioni, commenta Jaucourt, lasciando errori disastrosi nell’Europa dei nostri giorni. Le scienze chimeriche sono triste testimonianza dell’imbecillità e della superstizione degli infelici mortali. 9. Face: designa la terza parte di ogni segno zodiacale che gli astrologi considerano composto da 30 gradi che a loro volta si dividono in tre; ogni face è rapportata a un pianeta. Sono naturalmente tutte idee arbitrarie, dice Diderot, se l’astrologia basa le sue predizioni su queste divisioni, è facile non darle credito. Collegato a questo è l’articolo Précession: termine astronomico per esprimere il movimento in virtù del quale gli equinozi si spostano da Oriente a Occidente, grazie al quale nessuna costellazione oggi si trova nello stesso punto dove gli antichi astronomi l’avevano posta. Questo dato fa saltare ogni ipotesi di influenza di una costellazione sugli umani in virtù della sua posizione al momento della nascita perché, ad esempio, quando si sostiene che una persona è nata sotto il “pericoloso” Scorpione, in realtà è la Bilancia che sale all’orizzonte, e così via. 10. Cabale: è una spiegazione segreta, artificiale e simbolica della sacra Scrittura che gli Ebrei dicono di aver ricevuto dai loro padri e che, spostando lettere, sillabe e parole, insegna a scoprire in un versetto un significato nascosto e diverso da quello che appare inizialmente. A questa definizione segue una ampia dissertazione sulla Cabala e sui cabalisti, intrecciata con la storia del popolo ebreo e con l’immagine che esso ha di Dio. Si rapporta alla cabala l’alfabeto astrologico e celeste che si attribuisce agli Ebrei, cioè la lettura nel cielo di tutto ciò che c’è nella natura. 11. Rabbins: nella descrizione di queste figure si pone l’accento sulla loro pratica dell’astrologie judiciaire, poiché, malgrado le proibizioni dettate dalle loro stesse leggi, di ricorrere ad auguri e divinazioni e di confidare nelle predizioni degli astri, i rabbini approvano tali superstizioni e hanno scritto e diffuso molti libri in proposito.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
247
Si notano in questo insieme di informazioni la lunga e faticosa strada dell’astronomia di sciogliersi dall’antica arte astrologica e anche la difficoltà di accettare quest’ultima da parte di un mondo moderno che tende ad allontanarsi da magie e superstizioni. Mouchon propone anche altri frutti del suo ingegnoso montaggio di articoli di cui si indica qui un caso particolarmente garbato. Si tratta della parola Crescendo che non si trova nell’Encyclopédie e che Mouchon ha costruito riferendosi agli articoli Renforcer e Epinette. Egli informa i lettori che Berger, musicista di Grenoble, ha fatto conoscere a Parigi nel 1766 un clavicembalo unito a un piccolo organo i cui suoni arrivano al crescendo senza bisogno che il suonatore sposti le mani e senza alterare il tocco. Trova così anche il modo di storicizzare un particolare avvenimento dei suoi giorni. Questi esempi possono essere sufficienti per avviare un discorso e invitare ad una ricerca comparativa di Encyclopédie e Table proprio a partire da quest’ultima.
La Table. Operazione dannosa, utile, indispensabile? Già i contemporanei di Pierre Mouchon si erano interrogati sul metodo con cui era stata elaborata la Table e sulle sue finalità, apprezzando lo straordinario lavoro del pastore calvinista. C’erano nella Repubblica delle lettere un sospetto e una diffidenza nei confronti di abrégés e degli abréviateurs, che avevano destinato all’oblio se non addirittura provocato la perdita di preziosi originali. Con questa considerazione esordisce un articolo apparso sul «Journal Encyclopédique»18 che riprende qualche proposizione della stessa Encyclopédie e della Table, sotto l’articolo abrégé. Anzi in questi due testi si ricorda come il lavoro di sintesi di opere originali sia stato attaccato duramente dai critici quale frutto dell’ignoranza e della pigrizia in cui la barbarie ha precipitato i secoli successivi alla caduta dell’impero romano. L’Encyclopédie, sempre all’articolo abrégé, deplora la perdita di almeno duemila volumi, lamentata dai giureconsulti, risalenti ai primi Scrittori tra cui Papiniano e Modestino. Stessa sorte sarebbe toccata, a causa di questa procedura abbreviante, alle opere dei Padri Greci, così come a quasi tutti gli altri generi di letteratura che ne hanno subito le conseguenze. Si portano quindi argomenti più possibilisti: va pur riconosciuto che importanti opere classiche si sarebbero perse del tutto senza i riassunti, che almeno «hanno salvato qualche tavola dal naufragio» ai tempi della barbarie. Il «Journal» prosegue su questa stessa falsariga, concedendo che un dizionario universale 18
«Journal Encyclopédique», XLIX, May 1780, pp. 431-441.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
248
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
delle scienze e delle arti sia certamente difficile da ridurre, se si vogliono mantenere intatti i vantaggi che deve ancora produrre nei secoli futuri, ma sviluppando anche un’altra considerazione: l’Encyclopédie voluminosa e costosa non può essere, per più ragioni, alla portata di tutti, e dunque proprio il suo scopo rischia di venir meno se i raggi dei lumi non sono in grado di diffondere ovunque la loro luce. Ebbene una sintesi non potrà presentare tale luce per intero, ma certamente per ampi tratti, perciò «da questo punto di vista, l’analisi che annunciamo (quella della Table) non sarà senza merito». Assolto dunque in questo caso l’abrégé, si esaminano i vari motivi che l’abbreviatore ha considerato nell’intraprenderlo. Il «Journal» quindi riporta i punti che si trovano nell’Avertissement della Table di cui si spiegano concisamente i meccanismi d’uso, e ci si arresta dove cominciano gli elogi a Mouchon per la sua perizia e la sua coraggiosa impresa, concludendo con una serie di esempi per illustrare il modo in cui Mouchon ha operato per compilare gli articoli. Il periodico tiene a dichiarare che il précis du travail, riportato secondo le parole dell’autore, insieme agli esempi citati, sarà sufficiente a dare un’idea del progetto di Mouchon. Le analisi fatte indicano, come egli stesso sostiene, i passaggi che è necessario consultare, ma non prendono il posto di questi articoli. In tal modo non c’è da temere che la sua sintesi nuoccia all’opera originale, anzi la serve perché ne facilita l’accesso. Il «Journal» termina il pezzo con l’auspicio che il pubblico applaudirà e sarà grato a questa impresa faticosa e laboriosa, impresa che gioverà anche alla ristampa dell’Encyclopédie e del suo Supplément. Soffermarsi su questa recensione è utile per diversi motivi. Innanzi tutto si dà per scontato che parte dell’Avertissement, quel précis du travail sia stato scritto secondo indicazioni di Mouchon e abbia dunque l’autorità necessaria per presentare l’opera che ha bisogno di tutti i conforti scientifici per convincere lettori e acquirenti. Va tuttavia rilevato, come meglio vedremo, che Mouchon non è l’autore dell’Avertissement. In secondo luogo – ed è qui il punto che più interessa in questa sede per l’assunto che si vuol sviluppare – è dal confronto tra obiezioni e repliche e da una lettura dei punti dell’Avertissement che emerge chiaramente la forza dell’autore Mouchon. Il quale, tutt’altro che abbandonato alla pigrizia, ha saputo creare un ponte ragionato per entrare nel palazzo dei lumi, con l’obiettivo di concorrere ad una “sistemazione” dell’immenso materiale. Con questa ottica, quindi, procedeva Mouchon il quale, presumibilmente, non trascurava la propria struttura morale e religiosa di pastore e la sua visione conservatrice, ma la metteva a confronto con idee che poteva non condividere e con cui doveva fare i conti senza venire meno, nella sua intelligenza, al rigore richiesto dall’opera e al compito che era stato chiamato ad assolvere.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
249
Nel 1776 il «Nouveau Journal Helvétique»19 pubblicava il Prospectus de la Table analytique et raisonnée des matières contenues dans les dix-sept volumes de l’Encyclopédie. L’articolo inizia con un elogio deciso e sincero per «l’uomo di genio» che si è dedicato all’impresa difficile e faticosa, sacrificando le notti per portarla a termine, degno quindi di un riconoscimento pubblico. La Table, così come viene annunciato dal «Nouveau Journal» può essere definita un dizionario ove in un solo articolo si raccoglie tutto ciò che è relativo a una cosa o a una persona e che è sparso qua e là in diversi luoghi dei volumi. La sua necessità è chiara ed evidente: compilare l’Encyclopédie ha richiesto una perfetta conoscenza delle arti, delle scienze, un lungo tempo e la collaborazione di un folto gruppo di persone famose. Di conseguenza persone diverse hanno trattato lo stesso soggetto sotto titoli diversi, e la stessa materia sotto parole differenti. Data la complicata vicenda della stampa dell’Encyclopédie, gli autori vi hanno trovato errori e spostamenti di articoli che provocano notevoli difficoltà per i lettori intenzionati a farvi ricerche approfondite. Ecco perché è indispensabile una Table generale. Inoltre l’Encyclopédie non ha articoli per i nomi propri, tranne i casi di qualche nome illustre. Giusta quindi una Table che indichi i luoghi ove si parla di costoro. Il giornale sottolinea anche che i vari collaboratori dell’Encyclopédie non la pensavano allo stesso modo mentre i redattori responsabili avevano dichiarato apertamente di non essere garanti del pensiero altrui, libero ognuno di manifestarlo. La Table rispetta dunque le differenze facilitando al lettore il confronto, il giudizio e l’interpretazione. Il linguaggio, soprattutto quello filosofico, è più semplice di quello dell’Encyclopédie. Inoltre la presenza di molti articoli del tutto distinti, ma ricollegabili per contenuto e significato, ha suggerito di riunirli per comporre argomenti nuovi, materia di molti articoli interessanti. Il «Nouveau Journal» prosegue con la cronaca degli editori sull’origine dell’idea della Table. Concepito quattro anni prima, nel 1772, il progetto era poi stato rimandato a causa di molteplici difficoltà e per il timore di essere accusati di ciarlataneria, accusa che spesso veniva rivolta ai librai. Così infatti si legge: Eravamo convinti che un’opera simile richiedeva unità nel piano e legame tra le varie parti, ciò che poteva farsi solo se eseguita da una sola persona. E dove trovare chi avesse la pazienza e il tempo necessari di leggere, analizzare, penna in mano, diciassette volumi, oltre al talento indispensabile per una tale impresa? Per nostra fortuna uno dei nostri compatrioti, M. Mouchon, oggi ministro della chiesa francese di Bâle ha avuto il coraggio di assumersi l’iniziativa. 19
«Nouveau Journal Helvétique», Janvier 1776, pp. 11-22.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
250
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Qui il periodico si attarda sul lungo cammino di Mouchon al quale sono stati necessari ben cinque anni di lavoro per sviluppare in successive fasi una serie di operazioni:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
– analisi o sommario degli articoli; – analisi di ogni articolo, col raccogliere tutto ciò che può appartenere a quell’articolo, estratto dall’intero corpo dell’Encyclopédie; – nomenclatura degli uomini famosi di cui si parla nell’Encyclopédie, con i rinvii alla relativa pagina; – qualche articolo nuovo formato dall’unione di diverse proposizioni, pensieri, osservazioni che si rapportano a un oggetto che non ha un proprio articolo nell’Encyclopédie. Si annuncia altresì che la Table uscirà nel 1777, in un volume di dimensioni ridotte a caratteri piccoli, perché non sia ingombrante. Argomenti simili, ma esposti con brevità, sempre relativi alla presentazione della Table, si leggono altresì sul «Journal des Sçavans» del 1780,20 l’anno dell’effettiva stampa dell’indice di Mouchon. Oltre a ribadire che la Table è ritenuta necessaria e indispensabile per coloro che posseggono l’Encyclopédie e la vogliono consultare, il «Journal» conclude il suo excursus con queste parole: Cette table faite dans le loisir de la province, avec une patience de dix ans (qui i tempi del lavoro si sono dilatati), est déjà un vrai Dictionnaire, utile anche a chi non possiede l’Encyclopédie, sottolineando un aspetto originale solo più tardi ampiamente ripreso. I brani del «Nouveau Journal Helvétique» qui analizzati offrono il destro a Geo. B. Watts21 per scoprire la genesi dell’opera partendo da queste importanti citazioni con una ricerca che appare sotto molti aspetti nuova. In particolare Watts sottolinea come da quei testi risulti che la Table, nonostante la sua pubblicazione a Parigi da parte Panckoucke, sia stata concepita non in Francia, bensì in Svizzera, già nel 1771-’72, anche se, tra titubanze e ricerca della persona adatta ad affrontare l’opera, siano trascorsi quasi due anni prima dell’inizio dei lavori. Sarà poi Panckoucke, l’effettivo editore della Table, ad annunciare sul «Mercure de France» del settembre 1779 la pubblicazione di stampa dei volumi. L’autore ricorda quindi che sul finire del XVIII e l’inizio del XIX secolo molti scrittori vi hanno attinto, ben consapevoli del suo valore e della sua utilità. È a Quérard, filtrato da Watts, che si deve l’appropriata definizione 20
«Journal des Sçavans», sept. M.DCC.LXXX, p 632. Geo. B. Watts, The Supplément and the table analytique et raisonnée of the Encyclopédie, «The French Review», 28, 1 oct. 1954, pp. 4-19. 21
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
251
della Table quale capolavoro di pazienza e precisione. Sue sono le parole: «se qualcosa può rendere utilizzabile la massa enciclopedica, questo è la table che, sola, può animarla».22 Non passa inosservata poi la sua storia commerciale: in pochi anni la Table diventa costosa e rara e non si trova più senza l’Encyclopédie. Watts riporta anche i dati emersi da studi compiuti tra il 1790 e il 1810, secondo cui quest’ultima aveva perso di valore tanto che il costo dei 35 volumi si aggirava sui 540/600 franchi, ma per i primi 28 era soltanto di 180, dunque il prezzo di Supplément e Table aumenta di molto. Pochi, in realtà, coloro che in epoca recente si sono sentiti attratti dallo studio della Table: non è un caso che rapidi cenni di apprezzamento ma anche di critica si esauriscano negli anni ’40 del Novecento. Ciò meraviglia soprattutto ai nostri giorni quando le nuove tecnologie avrebbero potuto approfittare della sua struttura, peraltro congegnata come un ipertesto, per indagare più a fondo sui criteri usati da Mouchon e, perché no, sulla sua personalità per approfondire i meccanismi che stanno alla base della Table e per utilizzarne le molteplici varianti che essa usa nei confronti dell’Encyclopédie, moltiplicandone le potenzialità di lettura e di consultazione. Viene dunque naturale chiedersi chi fosse Pierre Mouchon e quale la sua forte dedizione all’opera.
Il pastore Pierre Mouchon di fronte all’opera Mouchon era persona abituata a lavorare quasi senza soste già prima e ancora dopo aver concluso l’affare della Table. Senza un ambiente stimolante si annoiava e lo stesso esercizio di pastore d’anime, che rigorosamente assolveva, gli pesava. Scriveva il 28 maggio 1771 al giovane amico Peter Ochs che, dovendo sostituire il pastore suo collega assente da sei settimane, era tenuto al doppio incarico di santificare persone che non se ne preoccupavano affatto. Né poteva essere un diversivo molto interessante vaccinare dal vaiolo quattro dei suoi figli che egli chiama affettuosamente marmots. È un uomo solitario perché non gli interessano le chiacchiere e i salotti e il ritratto che fa di Basilea, nella lettera a Ochs del marzo sempre del ’7123 è divertente quasi come quello dell’Università della medesima città: Che succede a Basilea? E se succede qualcosa come faccio a saperlo, trincerato nella mia solitudine? Si eleggono Maestri, Consiglieri, Giudici; si
22 23
«La France littéraire» VI, 334, vedi G. B. Watts, The Supplément, cit., p. 18. P. Crépel, «Recherches» 33, octobre 2002, p. 203.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
252
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
parla di visite, di matrimoni, di pranzi, tutto ciò non mi interessa; guardo da qui il mondo in prospettiva e questa non mi attira proprio.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
In una lettera all’amico pastore e teologo Jacob Vernes del 29 luglio 1769,24 parlando degli studi e degli studenti, si esprime in questi termini: Nulla di più divertente dell’Università di Basilea… i professori non tengono quasi mai lezioni pubbliche, ma soltanto qualche lezione privata in cui leggono tre o quattro pagine del loro quaderno, semplicemente, stringatamente, senza spiegazioni, senza interrogazioni, poi suona la fine dell’ora e se ne vanno […] Gli studenti di Teologia non sono obbligati a presentare alcun elaborato durante il loro corso di studi, qualcuno lo fa, ma in maniera volontaria e questo succede solo a quelli che vogliono divenire un giorno grands garçons.
È una persona solitaria, non per scontrosità quindi, ma per scelta, per stile; è ancora nella citata lettera a Ochs che riflette sui vantaggi che il suo modo di vivere gli porta: In fin dei conti la felicità non è soltanto un fatto di sentimenti; il più felice degli uomini è quello che può prolungare al massimo i suoi sentimenti piacevoli e il più stimabile è quello che sa meglio associare i sentimenti alla virtù, o farli da essa dipendere.
Se dunque Mouchon può godere di tutto ciò loin du tracas, ne è ben soddisfatto. Giunge a fare un ritratto della sua situazione che sarà poi smentita dai fatti: La fortuna mi ha chiuso le sue porte, la fama non suonerà mai le trombe per me, io mi rintano nella mia sfera, e se la base del mio benessere non è immensa, sarà forse per questo meno solida?
La fama arriverà di certo con la pubblicazione della Table, magari senza trombe a cui peraltro la sua discrezione non avrebbe permesso di suonare, e gli riconoscerà anche vantaggi da un punto di vista economico. Nella lettera a Vernes c’è un altro tocco che denuncia la particolare sensibilità di Mouchon: egli è molto affaticato dai due sermoni che deve tenere ogni giorno e dalle preghiere recitate tre volte in ogni chiesa, ma lascia immaginare il suo sguardo rasserenato da un sorriso nell’osservare la scena:
24 Lettres adressées à Iacob Vernes 1748-1770, Biblioteca pubblica universitaria, Ginevra, ms. fr. 296
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
253
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Il predicatore legge e gli assistenti tengono il loro quaderno stampato e seguono con gli occhi sul libro, ecco un piacevole spettacolo per un giorno di digiuno.
Mouchon in una lettera a Ochs dell’agosto 177325 gli rivela una inedita notizia: gli hanno da poco proposto di preparare un indice la cui stampa è prevista per il 31 dicembre 1776 (en forme de table et de répertoire pour la commodité des lecteurs) che contenga l’analisi dei 17 volumi dell’Encyclopédie, in vista della riedizione ginevrina dell’opera, impresa che sarà compensata con 500 luigi. Il pastore è fortemente preoccupato per la mole del lavoro e riflette che questo impegno pagato poco gli toglie ogni momento di riposo, tanto che vive recluso e en solitaire. Soltanto dopo sei o sette ore di intenso lavoro, alla sera, si sente finalmente felice. Ribadisce il suo pensiero a Ochs il 18 ottobre 177326, dando un quadro delle sue giornate alquanto preoccupante: Dio mi è testimone che dalla mattina all’ora di cena spesso non dispongo che di un quarto d’ora, e che sfinito alla sera, con il cervello quasi disseccato per la tensione spirituale in cui passo la mia giornata, non ho più né forza, né coraggio; il mio cuore è sempre vivo per i miei cari e buoni amici, la mia volontà è sempre la stessa, ma la penna mi cade dalle mani e non riesco più a parlare.
Poi si riprende e conclude ironizzando su questo léger tableau della sua vita e, naturalmente, salvando cuore e volontà. Nonostante il “quadro”, la sua intraprendenza lo spinge ad un progetto che confida in una lettera del 1° aprile 1778:27 vorrebbe occupare un posto di pastore anche a Neuchâtel, dove c’è una sede vacante, affidandola a una sorta di sostituti di sua fiducia, in modo da poter lavorare, ma anche approfittare della sua tripla pastoralità. Evidentemente i compiti cui egli doveva assolvere, minuziosamente descritti dai Pastori che lo chiamarono alla chiesa di Basilea nel 1766, non gli riempivano del tutto la vita, ma non sappiamo ancora se la sua richiesta fosse dettata da bisogni economici, o da desiderio di sperimentare un altro ambiente. Esita, però, di fronte a una proposta di trasferirsi a Berlino rivoltagli da Isaak Iselin, uno dei suoi pochi interlocutori e stimati amici a Basilea. «Voi mi stimate più di quanto sia il mio vero valore» gli risponde da Ginevra il 25
P. Crépel, «Recherches» 33, octobre 2002, p. 204. Ivi, p. 205. 27 Lettres de Pierre Mouchon à Ph. Robin et D. Chauvet 1767-1797, Biblioteca pubblica universitaria, Ginevra, ms . F, 152 BB. 26
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
254
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
1 febbraio 1780, ma c’è di più: «l’idea di un incarico quale voi mi proponete mi fa tremare»28. Anche in questa occasione Mouchon si tutela dietro i suoi comportamenti schivi che non sembrano di maniera, aggiungendo: «l’intimo sentimento che ho di me stesso mi impegna a occupare naturalmente il posto che mi conviene e a restare in questa dolce oscurità». Mouchon sceglie queste due parole per spiegare il luogo fisico-mentale in cui preferisce vivere, le stesse che compaiono in un testo di Jaucourt alla voce volupté. D’accordo con la morale di Epicuro che consigliava:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Di fuggire dal gran mondo, di preferire, al fulgore che importuna, cette douce obscurité appagante, di cercare infine nella solitudine una sorte svincolata dai capricci della fortuna.
Mouchon chiede comunque maggiori informazioni sull’incarico che dovrebbe ricoprire, ma ricorda che è padre di famiglia e ciò comporta molti pensieri e problemi. Motivo certamente non meno vero del primo. Come ritrovare a Berlino le condizioni vantaggiose che perderebbe lasciando Ginevra? Non parla, Mouchon, del fatto che non conosce la lingua tedesca, ma certamente sarà stata una questione non trascurabile. Sono queste le preoccupazioni che lo turbano e che lo porteranno al rifiuto. Se si conoscono quindi i numerosi impegni e la grande fatica di onorarli, non altrettanto sono noti i pensieri di Mouchon in merito al progetto Table, i suoi metodi, l’organizzazione mentale e pratica che egli deve aver costruito e gestito, pare, en solitaire. È proprio lui a scrivere a Philippe Robin, nel mezzo dell’impegnativo lavoro, il 25 ottobre 1774, che non vuol sentir parlare di farsi aiutare da qualcuno. Non gli è gradito questo ripiego. Non è facile altresì trovare la persona giusta. Infine è impossibile condividere il progetto perché soltanto lui può completare il piano che si è proposto. Però c’è una lettera del fratello del 13 novembre 1774 in cui riferisce di aver sentito chiedere a M. Romilly perché abbia lasciato sulle spalle di Pierre Mouchon tutto il lavoro dell’Encyclopédie. Deve proprio essere vero, dunque, che egli ha lavorato solo, come un astronomo che guarda le stelle nella notte col suo cannocchiale e ne coglie vicinanze e differenze, percorsi, movimenti e immutabilità, ragionando con la propria sapienza e immaginazione. Avrà guardato così i 72 mila articoli dell’Encyclopédie? Le qualità morali e intellettuali di Mouchon sono acclarate e possono essere verificate; le testimonianze che restano di lui sono tutte positive, ma 28
Lettera a Isaak Iselin, 1° febbraio 1780, «Recherches», 2002, cit, p. 206.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
255
da queste emergono soprattutto uno spessore di carriera come pastore e una speculazione che fu assai apprezzata come istruttore d’anime e che è fortunatamente racchiusa nei suoi Sermons che ci sono pervenuti. Ricordo qui soltanto due passi a proposito della saggezza e dell’amicizia, qualità e sentimenti particolarmente congeniali al pastore. La saggezza:29
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Aspettarsi dalle lezioni tardive dalla propria esperienza i lumi necessari per comportarsi saggiamente, significa attendere di aver vissuto per imparare a vivere, è rinviare alla fine della propria carriera la conoscenza dei mezzi per sostenerla felicemente; è esporsi a commettere errori che non è più possibile riparare se non con rimpianti e lacrime.
Sui passi di Samuele, l’amicizia: 30 Il vostro amico è uomo; accettatelo dunque, sostenetelo per amore della giustizia: non ci sono tra voi privilegi esclusivi; voi avete messo reciprocamente in comune i vostri talenti, le vostre virtù, i vostri difetti: ciò compone un insieme, un tutto a cui l’uno e l’altro dovete partecipare ugualmente […] esigete poco dal vostro amico e molto da voi stessi.
Nella filosofia elaborata dal pastore e nelle sue opere, per dire così, istituzionali, sono certo racchiusi già elementi di un’organizzazione mentale che gli saranno utili per l’elaborazione della Table, ma dovrà trovare una chiave per affrontare un’opera così singolare che lo porta fuori dal suo mondo cui peraltro dovrà restare saldamente ancorato.
Una città e un pastore Anche la vita e le opere di Mouchon non sono mai state studiate a fondo, se si eccettua il prezioso contributo di questi ultimi anni dovuto a Pierre Crépel che ha pubblicato, tra l’altro, lettere e regesti delle missive del pastore e dei suoi corrispondenti. Tre sono i destinatari preferiti delle confidenze di Pierre Mouchon relative alle pene per la stanchezza e le difficoltà che si trova a dover affrontare con l’immane lavoro, alle richieste d’aiuto e a tutti gli aspetti 29
Le sage dans la maison de Deuil in Pierre Mouchon, Sermons sur divers textes de l’Ecriture sainte, Genève, de l’imprimerie de Bonnant, 1789, t. II, p. 145, stampato postumo dalla vedova Mouchon, nata Sage e da Philippe Mouchon figlio e dedicato a La Compagnie des pasteurs de Genève. 30 L’altezza dell’amicizia, Samuele, 18, 1-8.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
256
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
del travagliato percorso per accingersi all’opera e completarla. Oltre il fratello Antoine, un altro corrispondente è l’incisore Philippe Robin, di Ginevra, cui Mouchon ha inviato lettere anch’esse fortunatamente conservatesi.31.Il terzo è Peter Ochs, come si è visto. L’epistolario di Mouchon, reso noto dalle trascrizioni di Crépel, è un prezioso aiuto per investigare sul metodo di lavoro del pastore nel comporre la Table, impresa non semplice, poiché le notizie disponibili provengono, più che dal pastore stesso, dai contemporanei che ne hanno tessuto gli elogi: pastori della chiesa riformata, editori, così come riviste della repubblica delle lettere. Parenti e amici aiutano ad ampliare il quadro. La scarsezza del materiale documentario è giustificabile senz’altro dalla modestia, dalla discrezione e prudenza, caratteristiche ormai note di Mouchon. Certamente altri suoi quaderni e lettere sono andati perduti, ma dalle frasi rintracciabili nei testi oggi accessibili appare il suo reale disinteresse a parlare di sé e soprattutto del lavoro, se non per lamentarne la pesante fatica che comporta. Come si è visto, il successo dei Sermoni testimonia che la sua guida pastorale era tutt’altro che sottostimata: una grande impazienza infatti accompagnava la pubblicazione dei suoi scritti, mentre le sottoscrizioni si raccoglievano copiose, anche dall’estero. È appunto nella prefazione del libro dei Sermoni pubblicato postumo dalla moglie e dal figlio Philippe nel 1798 che Pierre Picot nell’Eloge historique de l’Auteur32 raccoglie le esili fila della sua vita. Pierre Mouchon nasce a Ginevra il 3 luglio 1733 e vive i suoi 64 anni in un periodo tumultuoso e sconvolto da rivolgimenti progressivi e radicali. Ma Mouchon quale Ginevra ha conosciuta, città amata e a cui sospira per decenni il ritorno? Si può lasciar parlare proprio d’Alembert, sintetizzando una parte del suo articolo Genève, lo stesso articolo che anni dopo Mouchon avrebbe elaborato per la Table con la sua abile sapienza di navigatore tra gli scogli. Tra il lago e il Rodano, la città è circondata da una ridente campagna e, poco distanti, le cime sempre ghiacciate delle Alpi sembrano montagne d’argento quando sono illuminate dal sole nelle giornate serene. È industriosa, ricca per la sua libertà e i suoi commerci. Ha begli edifici, piacevoli passeggiate, le strade sono illuminate la notte e l’acqua, attinta con un sistema di pompe dal fiume, arriva fino ai quartieri più alti. Saggia nella sua politica estera, legata a Francia e Inghilterra da alleanze e traffici, si guarda bene dal parteggiare per l’uno o per l’altro dei due paesi sempre in lotta tra loro, giudicando imparzialmente tutti i sovrani d’Europa senza 31 32
Si vedano le lettere trascritte da P. Crépel, «Recherches», 34, aprile 2003, pp. 187-196. Cfr. P. Mouchon, Sermons sur divers textes de l’Ecriture sainte, cit.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
257
corteggiarli, senza colpirli, senza temerli. È abitata da 24 mila persone che non amano pagare nuove tasse, ma nemmeno avere debiti; è amministrata così bene che riesce anche ad accumulare riserve per necessità straordinarie. Al governo della Repubblica stanno quattro sindaci con un incarico di un anno che saranno rieleggibili non prima di altri quattro, accompagnati da un piccolo consiglio e da un corpo di magistrati. Opera poi un gran consiglio, che è l’organo legislativo, composto da 250 cittadini o borghesi da cui sono esclusi bancarottieri e condannati. Viene eletto nella cattedrale, con ordre et décence da circa 1500 persone. La tortura è abolita quasi del tutto, si pratica ancora su criminali condannati a morte per scoprire i loro complici. L’uguaglianza dei cittadini è rispettata: il figlio di un magistrato si confonde tra la folla, né la nobiltà, né la ricchezza conferiscono privilegi o facilitano incarichi. Le famiglie stanno bene, i decreti contro il lusso fanno sì che i bambini siano benvenuti e possano crescere educati poiché scuole e università sono gratuite; la biblioteca di 26 mila volumi è accessibile a tutti. Artisti e studiosi sono da sempre parte importante della città che ospita anche molti uomini illustri stranieri grazie alla libertà di cui vi si gode. Gli ospedali non sono soltanto ricoveri per i malati poveri: dalle abbondanti elemosine si ricava una serie di pensioni da distribuire alla famiglie indigenti per aiutarle a vivere senza spostarsi e senza rinunciare al lavoro. Il clero conserva costumi esemplari, vivendo in una grande unione senza contrasti e accuse reciproche. Due dettagli sollevano il disappunto di d’Alembert: le prediche che si limitano solo alla morale e i canti dei servizi divini che egli trova di cattivo gusto. Esprime quindi alcune sagge valutazioni sul comportamento delle compagnie di commedianti malvisti dalla gente perché diffonderebbero il libertinaggio tra i giovani, ma questa è un’altra storia.33 Culla del calvinismo e di altri celebri natali, Ginevra tuttavia è città che ha mostrato nella sua storia aspetti ambigui e contraddittori. Mouchon che non amava gli spettacoli e di cui non conosciamo il parere in merito ai canti di chiesa, doveva apprezzare della città ordre et décence, che la rendevano assai diversa da Basilea per la quale non ha mai nascosto noia e insofferenza. Del resto su quest’ultima città l’articolo per penna di Diderot dice soltanto: «città della Svizzera, capitale del cantone dallo stesso nome». Pierre Mouchon è il più grande di tredici figli di una famiglia di orologiai. Il ritmo del battito delle lancette e i meccanismi di misurazione del tempo dovettero colpire la mente del ragazzo e anche invitarlo a ragionare e ad 33 Per una accurata disamina dell’articolo Genève vedi P. Crépel, «Recherches», 31-32 avril, 2002, pp. 219-222.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
258
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
agire secondo scansioni ordinate e precise. Tecnica e scienza gli dettero forse più slancio per approfondire letteratura e filosofia. Picot annota che lo studio della geometria lo portò ad essere un excellent arpenteur. L’osservazione dell’ordine e la disposizione delle cose nel tempo e nello spazio non potevano non attrarre Mouchon verso l’astronomia, tanto che compose, oltre a opere sul tempo, gli orologi e i meridiani, anche effemeridi che rappresentarono per lui piacevoli intermezzi di riposo e che probabilmente gli garantivano qualche provento in più. Cercò nelle stelle le grandi scene della natura, perché, come suggerisce Picot, un astronomo senza religione gli sembrava una mostruosità tipica di quel secolo che lui non poteva comprendere. Il 18 agosto 1758 fu consacrato ministro a Ginevra, iniziando un percorso di quarant’anni consumato tra Ginevra e Basilea, dove si trasferì nel 1766, dopo essersi sposato con Jeanne Louise Elizabeth Richard. Di lei rimangono le ultime volontà con cui lascia denari ai poveri e legati al marito insieme ad una commossa testimonianza di affetto racchiusa nel suo testamento del 21 maggio 1787: «Non saprò manifestare abbastanza al mio caro marito la mia riconoscenza per tutta la dolcezza e la bontà che ha avuto per me e per i giorni felici che mi ha fatto vivere dal momento in cui ho avuto la fortuna di unirmi a lui». Elizabeth lascia alla figlia cadetta Jaqueline il suo armadio di vestiti usati e biancheria, nomina eredi in parti uguali Jeanne, sposa Merkus, Ministro a Narde (Amsterdam), Jaqueline, Jean Louis e Philippe Mouchon, i suoi cari bambini che invita ad essere sempre amici tra loro, a volersi bene l’un l’altro e a conservare il rispetto dovuto ad ogni titolo verso il loro degno e virtuoso padre.34 Picot enumera le conoscenze, le amicizie, le relazioni importanti intrecciate a Ginevra: Bernouilli, Frey, Meron, De Bary, la principessa d’Anhaet Zerbst, cognata dell’imperatrice di Russia, per la quale scrisse un importante sermone. Alla fine del 1772 tornò per circa due mesi a Ginevra. Motivi economici lo avevano spinto ad accettare un lavoro abbastanza straordinario al cui proposito Picot commenta che gli avrebbe portato frutti di ogni specie: Je veux parler de la Table analytique de l’Encyclopédie in cui Cramer e De Tournes lo avevano coinvolto anche con l’offerta di 800 luigi (il compenso è visibilmente aumentato). Mai una table des matières fu più nobilmente pagata, mai un lavoro di questa natura ha richiesto più intelligenza, universalità di conoscenze, e di coraggio, caratteristiche che inducono Picot, nel riferirsi all’Encyclopédie, a esprimersi con queste parole: 34 Testament clos homologué le 22 Août 1789, Archivio di Stato di Ginevra, Notarile, notaire Jean Jacques Choisy.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
259
Nonostante l’abbondanza di luci che quest’Opera presenta, quanti errori e omissioni sciupano la sostanza delle cose! Quale disuguaglianza tra il peso delle varie parti di questa raccolta!
Si ritroveranno queste critiche nella corrispondenza tra Antoine e Pierre Mouchon, i due fratelli che hanno vissuto, ognuno a suo modo, le pene e le gioie della produzione della Table. Il pastore tornò a Ginevra, pastore di quella città, nel 1778. Si risposò con Antoinette Marguerite Sage nel 1791. Raggiunse la sua definitiva douce obscurité il 20 agosto 1797.
Dalla corrispondenza di un fratello apprensivo Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Possiate voi non essere costretto a interrompere la vostra opera per qualche fastidioso contrattempo e conservare nel corso di un lavoro così lungo la salute e le forze necessarie. Questo domanderò al Cielo mentre lavorerete e, non potendo in ciò esservi d’aiuto, certamente vi accompagnerò con i miei voti. (27 giugno 1773). Io avrò il vanto e il vantaggio di avere in mio fratello una enciclopedia vivente, ben più maneggevole dell’altra e più facile da consultare, poiché io vi stimo al punto di credere che ogni soggetto che voi analizzate lasci un’impronta solida nel vostro spirito che va a collocarsi in un tassello del vasto deposito della vostra memoria, in modo che, alla fine di questo lavoro, avrete una testa del tutto enciclopedica, capace di riprodurre il gran corpo delle conoscenze umane, in caso che nuovi Goti e nuovi Vandali tornino a bruciare le nostre Biblioteche. Felice uomo mio fratello! Non gli mancherà il pane e se venisse a mancargli la vocazione non sarà mai in difficoltà a intraprendere e tentare qualsiasi professione di cui possiede la teoria come io posseggo il mio Livret […] A proposito, signor astronomo, datemi notizie delle Comete […] avete visto il ritorno di quella che si aspetta per il 2 ottobre e che deve sterminare l’universo senza alcuna pietà per l’Encyclopédie? Qualcuno crede di averla già vista e un autore di Chesne (?) pare abbia scritto un trattato in merito che comincia con una frase che ho faticato a ricordare sebbene appaia fluida e armoniosa: Que dit-on donc tant et qu’entend-on donc tant dire sur cette Comète (19 settembre 1773).
Come dimostrano le due lettere il fratello di Pierre Mouchon è dunque capace di grandi testimonianze di affetto e di incoraggiamento e anche di scherzo e d’ironia. Il gruppo di lettere di Antoine al più anziano fratello Pierre, scritte dal gennaio 1773 al giugno 1778,35 sono una fonte importante 35
Si vedano le lettere trascritte da Pierre Crépel, «Recherches», 36 aprile, 2004, pp. 141-159.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
260
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
per avere notizie sull’avventura della Table, in quanto i due fratelli furono molto legati, come prova la fitta corrispondenza, sebbene rintracciata sia solo quella di Antoine. Dalle selezioni dell’epistolario emergono alcuni argomenti costanti: gli elogi per la bravura e il coraggio di Mouchon, e anche la compassione per la grande fatica cui egli si sottopone. Infatti Mouchon è continuamente proteso a lamentarsi per essere costretto a vivere legato al tavolo da lavoro, situazione che troppo spesso lo distoglie dalla sua vera occupazione di pastore d’anime. Più di ogni altro è Antoine che segue i tempi del fratello e i rapporti che egli intrattiene con i committenti. Ancor prima che sia siglato un accordo con Cramer e De Tournes in merito alla Table, Antoine dice al fratello che fa bene ad essere alacre e a non perdere tuttavia troppo tempo attorno all’Encyclopédie, dato che gli editori non sono ancora in grado di firmare alcunché, nonostante si sia giunti all’aprile del ’73. Sì, il pastore ha male agli occhi, sta rompendosi il capo per organizzare il proprio lavoro; De Tournes è a Parigi, e Cramer è in campagna da dove non ha risposto a un saggio che Mouchon gli ha inviato; ma insomma, che Dio conceda salute al fratello il quale deve solo pensare ai vantaggi che ricaverà dalla sua opera. In effetti, il pastore ha continuato a scrivere, anche senza certezze sulle condizioni del contratto, ma è bene non dirlo a nessuno, gli suggerisce il fratello, altrimenti i committenti potrebbero approfittare della situazione. È però un’idea su cui Antoine cambierà presto opinione: non c’è nulla da nascondere, gli scrive poco dopo, al contrario, tanta premura influirà positivamente sugli editori. Il contrappunto fra le lettere sembra far scorgere un gioco tra le parti in cui ognuna finge disinteresse in merito alla sigla dell’accordo, mentre in realtà esso sta a cuore ad entrambe. Finalmente, il 27 giugno 1773, Antoine registra la notizia, la felice conclusione del contratto con Cramer e De Tournes che egli considera vantaggioso perché risponde alle aspettative del fratello. Non si capisce bene se per benefica invidia o per esortazione Antoine, nell’elogiare il fratello, gli scrive in settembre, proprio all’inizio del lavoro, descrivendogli quanto fossero poco attraenti le operazioni di calcolo cui doveva dedicarsi che «seccano e restringono la testa», al confronto di «un lavoro di ragionamento che la fa crescere e consente di fare ad ogni passo nuove scoperte». Continua anche con filosofia spiegando che se piaceri e divertimenti diventassero una legge, presto sembrerebbero senza sapore, e verrebbero a noia. Sembra difficile immaginare il pastore immerso in piaceri e divertimenti, quindi forse la messa in guardia non è molto pertinente. L’anno dopo, il 15 aprile 1774, Antoine insiste su questo motivo, affermando che, rispetto al lavoro che svolge abitualmente lui, quello del fratello
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
261
non è privo di piacere. Presenterà pure aridità e contrasti, ma di certo anche fertilità e varietà di campi, tra cui lo spirito del pastore può muoversi con soddisfazione a far la sua raccolta:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Quanti dubbi e quante tenebre voi illuminate avanzando in questo Dedalo delle conoscenze umane! Io mi immagino il vostro spirito come quegli strumenti della chimica destinati a ridurre le materie ai loro primi elementi; così la vostra mente, attraverso l’analisi, fissa sulla carta la sostanza dei diversi articoli dell’Encyclopédie, finché la parte più raffinata evapora e sale al vostro cervello ove forma il più ricco deposito di idee, al punto che se […] non esistesse più […] un solo esemplare dell’Encyclopédie, è nella vostra testa che si potrebbe ritrovare tutto il materiale per compilarne una nuova.
Non è troppo lontano dal vero, Antoine, in alcune sue proposizioni, e ora aggiunge un particolare molto importante: si è formata un’idea del lavoro del fratello, ma potrebbe sbagliarsi e non per sua colpa, bensì perché mai Mouchon gli ha dato una spiegazione. Riesce a sapere qualcosa soltanto da Robin, ma capisce che la strada dovrebbe essere quella di esaminare un articolo e compararlo con il testo di Mouchon, ad esempio quello elaborato su Ginevra. Altro motivo ricorrente, ben trasparente nelle lettere di Antoine, è il timore che il fratello, distratto da numerosi impegni, accumuli ritardi. Spesso quindi gli ricorda di non indugiare: a novembre del ’73 calcola che dovrebbe aver finito l’esame del IV volume; lui può ben poco: appena ha notizie certe dal pastore, corre dal cugino Roger a verificare sulla sua copia dell’Encyclopédie, nonostante sia quella stampata a Lucca, simile a quella di Parigi ma guastata da talune note fort bigotes. Perfino le funzioni di Natale sono tenute sotto osservazione perché, più frequenti del solito, avrebbero rallentato il lavoro. Eppure sia Antoine, che qui si mostra sinceramente ammirato, sia l’amico Vernes, sono stupiti dell’eccellente sermone che Mouchon ha composto sull’amicizia. Dunque, la sua testa funziona perfettamente in più direzioni. Antoine riesce financo ad utilizzare due termini, tolérance e vertu, argomenti di una congrégation tenuta da Romilly, autore dei relativi articoli dell’Encyclopédie, per tirare un sospiro di sollievo pensando al giorno felice in cui il fratello li analizzerà, dato che sono in coda all’alfabeto. Perché allora il lavoro sarà vicino alla fine e quindi, scrive il 20 luglio 1773: Quale più fortunato presentimento potrebbero trarne due cuori che si amano e che si augurano di poterlo testimoniare da vicino.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
262
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Il sollecito diviene però vera impazienza e quasi rimprovero per il modo con cui procede il lavoro; Antoine scrive in una lettera del 3 marzo 1775 che ha capito che è necessario ancora un anno prima di concluderlo mentre egli era certo di veder l’opera realizzata entro l’anno, vantandosene con tutti, nonostante che, prudentemente, non l’avesse detto a Samuel De Tournes. Non è di lunga durata la sua contrarietà se, poco più di due mesi dopo, scrive che si armerà di coraggio e di pazienza osservando il suo caro fratello applicarsi ancora all’Encyclopédie. Prova poi con la retorica osservando che il lavoro avanza nonostante «venti e maree sul grande oceano delle conoscenze umane» che egli si augura spirino, invece, per fare entrare il fratello in porto entro la fine dell’anno. Il 31 maggio del ’76 Antoine scrive veramente irritato perché l’opera che sembrava potersi completare prima della scadenza, ora sembra prolungarsi ben oltre il termine stabilito. Ed è perciò che gli ricorda la frase di Romilly: plus vous avancez plus la fin semble reculer. È altresì d’accordo con l’amico Romilly: più cura nel lavoro non vuol dire più denari guadagnati. C’è forse una via d’uscita che lo stesso Mouchon ha proposto: cominciare a stampare quel che è già pronto, e via via il resto. Ciò farebbe supporre che Mouchon non dovesse più tornare sui suoi passi e che pertanto le voci fossero una sorta di orti conclusi. Antoine ne parla con De Tournes che, sia pur senza entusiasmo, sembra d’accordo, pur riservandosi di decidere dopo aver visto i Cahiers già completi.
Il côté amministrativo Accanto alle preoccupazioni, per dir così, di calendario, si manifestano comprensibilmente anche quelle relative alle questioni economiche. Mouchon ha accettato il lavoro spinto dalla necessità di guadagnare di più di quanto il suo incarico di pastore gli assicuri. Che non doveva bastargli se, malgrado il peso dell’opera cui si dedica, pensa perfino di accettare un pensionante in casa da educare insieme con i suoi figli. Ciò premesso però, Mouchon non manifesta né grandi competenze, né grande interesse alla gestione di quanto Cramer e De Tournes gli corrispondono. Molto attento è invece il fratello che lo segue anche in queste faccende, tanto che De Tournes passa abitualmente presso il suo studio per parlarne. E per fortuna, scrive Antoine il 19 dicembre ’73, che l’editore non gli ha chiesto a che punto sia il lavoro che, secondo Mouchon, è arrivato alla fine del IV volume, per poi saltare alla pagina 481 del V. Che cosa in realtà nasconda questo salto è un enigma, come Antoine lo chiama, che ha tenuto impegnati lui stesso e Robin, senza tuttavia che essi riuscissero a scioglierlo. Da una let-
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
263
tera precedente si sa che Mouchon stava lavorando alla parola empreinte, che si trova effettivamente al volume V, ma alla pagina 595. Antoine, in fase di ottimismo, si dà una spiegazione: si tratterà di un salto prodigioso, che, se capita di tanto in tanto, farà ben avanzare il lavoro. Questa facile asserzione minimizza il lavoro di Mouchon perché la metodologia si basa spesso su aspetti assai contingenti: tanto sono più conosciuti un lemma e le sue ramificazioni, tanto è più semplice dedicarvisi, rimandando l’analisi di ciò che richiede maggiore impegno e ricerche a momenti in cui si è più disponibili ad affrontarli. Antoine si occupa delle scadenze dei pagamenti, degli eventuali anticipi, degli interessi e, soprattutto, degli investimenti del denaro percepito. Come un bravo agente si interessa anche della futura stampa della Table che qualcuno ha suggerito di fare a Basilea. Proposta «ridicola»: non sono forse ginevrini i due editori i quali nella città dispongono di un’avviata stamperia che possono personalmente controllare? Mette quindi sull’avviso il fratello circa le voci che danno per certa la stampa di uno o più volumi di Supplément di cui occorrerà tener conto nelle condizioni da pattuire (siamo solo al 23 aprile del 1773), progetto su cui insisterà ancora un anno dopo. Gli fa inoltre pesare alquanto il fatto che egli non abbia pratica di commerci e ignori che un pagamento in scadenza nell’anno in corso non si può ritirare in un mese qualsiasi di quell’anno. Manifesta anche qua e là un qualche malumore quasi non sia stato messo al corrente di tutte le trattative e gli accordi intercorsi. Divertente infine la litania che Antoine intona in una lettera del 13 novembre 1774: Benedetta sia l’Enciclopedia che vi ha dato la vostra prima risorsa, benedetti siano i vitalizi che vi consentono di far fruttare vantaggiosamente il prodotto e benedetto sia colui che vi ha dato la prima idea.
Non c’è dubbio che l’esperto Antoine sia colui che tiene quasi tutti i fili del gioco economico scopertamente in aiuto al fratello che, con ogni probabilità e come spesso accade agli eruditi del tempo, non era in grado di fare il procuratore di se stesso, né tanto meno voleva occuparsi di affari. Il fatto poi che Antoine vivesse a Ginevra mentre Mouchon predicava ancora a Basilea facilitava i rapporti del fratello più piccolo con gli editori, oltre a consentirgli, tramite le amicizie, di saggiare il polso della futura ricezione della Table.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
264
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
La genesi dell’opera Antoine è molto puntiglioso anche su altri argomenti. Appare alquanto turbato quando al fratello è venuto in mente di aggiungere, sul rovescio di una busta, la parola-spia Déclamation, per informarlo del punto esatto del suo lavoro di analisi sull’Encyclopédie. È stato fortunato, ma non prudente, gli scrive il 21 novembre ’73, se la lettera non è stata aperta, perché un nome di paglia avrebbe potuto insinuare il sospetto che celasse un segreto di stato. Argomento più serio è quello relativo ad alcuni articoli, che Antoine pensa (lettera 5 maggio 1774) potrebbero essere utilizzati da malintenzionati contro il fratello, intendendo costoro che le idee esposte siano le sue, mentre in realtà appartengono agli autori dell’Encyclopédie. La censura è in agguato, il problema è dunque reale. Antoine è del parere che anche i principi più detestabili dovrebbero essere presi in considerazione ed esposti, sebbene perfino quelli più temperati, quali Deisme e Theisme, abbiano già procurato tanti guai agli autori. Lavorare dunque su articoli del genere significherà, come direbbero i filosofi, testimoniare il progresso della ragione e della filosofia o rappresenterà uno scandalo a disonore della religione e dei suoi Ministri, come direbbero i religiosi e i devoti? Qui si apre evidentemente un capitolo sul modo di lavorare di Mouchon, non solo in merito al che dire o non dire, ma proprio al senso dell’operazione intrapresa dal pastore, poiché uno degli editori, De Tournes – è sempre Antoine che lo racconta – dopo aver letto i Cahiers che Mouchon gli ha mandato con la spiegazione che si tratta di uno strumento essenziale del suo lavoro ove si raccoglie tutto ciò che è sparso nell’Encyclopédie su un dato soggetto, non è convinto della necessità dell’analisi degli articoli, con l’obiezione che sarebbe inutile poiché l’Encyclopédie in ordine alfabetico è già un repertorio, e non ha bisogno del ricorso ad altri strumenti. Cita addirittura un avertissement à la table, del Dictionnaire di Bayle, che ottiene il consenso di De Tournes per dire, ad esempio, che all’articolo César di quella Table si trovano meno dati che nell’articolo corrispondente del Dictionnaire e magari più notizie estratte da altri articoli sul medesimo personaggio. Questi pochi cenni di Antoine consentono di entrare nel merito dell’operatività del pastore ginevrino e possono far pensare che sia stato opportuno e prudente ricorrere a qualche accorgimento. Ad esempio, seguendo ancora il caso dell’articolo César, viene spontaneo pensare come nella raccolta dei dati ogni voce sarà esaminata, ma il redattore della Table dovrà scegliere quella “più conveniente” tra le tante che hanno a che vedere con lo stesso articolo. Un suggerimento di De Tournes: quando si giunge alla voce Cartésianisme sarebbe sufficiente indicare il numero di pagina in cui essa è collocata; solo in un secondo
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
265
momento è bene prendere in considerazione ciò che si dice di Cartesio nelle altre parti dell’Encyclopédie, “limando” il tutto per costruire l’articolo della Table. Antoine, in una altalena che sfiora continuamente la contraddizione, non sembra essere d’accordo con questa modalità di lavoro che metterebbe maggiormente al riparo da critiche, ma sminuirebbe la genialità del fratello nell’elaborazione dei Cahiers, lo strumento essenziale per la raccolta degli articoli: questo strumento è in definitiva ciò che dovrebbero pretendere e apprezzare i committenti da una persona che tende alla perfezione. È pur vero che dalla lettera successiva del 17 maggio 1774 appare che De Tournes ha smorzato le critiche dicendo di aver parlato superficialmente, e che pertanto egli non ha dato molta importanza all’episodio. Antoine però torna sul caso (nella lettera già citata del novembre 1775) con questo ragionamento: se i committenti si aspettavano un’opera più semplice, e se Mouchon, il cui gusto lo porta alla perfezione, ne sta producendo una doppiamente ricca e importante, di fronte a questo risultato, hanno pensato i committenti che occorre anche raddoppiare il compenso? Affiora qui l’animus oeconomicus del procuratore. In due nuove missive36 Antoine rimprovera il fratello di non avergli parlato di alcuni accordi presi successivamente con gli editori, come pagare a parte le Recueil, o aver chiesto soldi a De Tournes. Si tratta di lettere e di questioni molto complesse da sciogliere anche perché manca l’interlocuzione del pastore. Le lettere unidirezionali impediscono a volte di cogliere il portato delle risposte. Nel caso di una voluta mancata risposta si può azzardare che il pastore in qualche maniera voleva mettersi al riparo da un intervento eccessivo del fratello che, con la sua vigilanza, qualche volta lo avrà pur preservato da complicazioni, ma talvolta, forse, gliene avrà procurate. Oppure, effettivamente Mouchon non trovava il tempo per dargli un’informazione continuativa e dettagliata in merito alle fasi del lavoro e agli altri problemi che esso comportava. Oppure, che egli non era definitivamente convinto del proprio metodo che intendeva sperimentare e mettere a punto di continuo prima di illustrarlo; c’è infatti differenza tra le diverse impostazioni: una Table «magra», una Table allettante per il compratore, una Table quale la pensano gli editori, una Table quale quella che sarà, che Mouchon va costruendo da solo, proprio come nella ricerca di una vena nella miniera, la cui struttura non è comunque riducibile ad una “ricetta” per chiunque tenti di capirne l’impostazione, fratello compreso. Si tratta di una complessa operazione intellettuale che Mouchon saprà gestire abilmente in qualità e ampiezza. Sta di fatto che Antoine in una lettera del 21 novembre ’75 si rammarica ancor più vivacemente di non poter 36
Ivi, 1° dicembre 1775 e 30 gennaio 1776.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
266
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
essere testimone del metodo ingegnoso che il fratello ha usato per la sua opera. La lontananza e la scarsità di informazioni al riguardo dovranno ferire molto il suo animo ansioso e interessato. Aggiunge che non riesce a capire l’organizzazione degli undici Cahiers blu – ahimè andati perduti – nonostante la pena che il fratello si è presa nel descriverli. Il quesito – non del tutto chiaro – che Antoine gli pone è: perché la ripetizione di qualche lettera come a.b.c. e poi b.c.d. perché non se ne trovano altre come g.i.r. e c.? Non abbiamo la risposta dell’autore, ma quelle lettere dell’alfabeto avranno avuto lo scopo di segnalare, rinviare a soggetti, ovvero, come oggi si indicano, a link, approfondimenti costruiti su rimandi a vari argomenti. Antoine aveva atteso con ansia i Cahiers, come è normale nella reciprocità affettiva tra due fratelli così come egli si esprime in una precedente e accorata lettera. Era convinto, allora, che la lettura gli avrebbe chiarito il cammino percorso da Mouchon nel prosieguo del lavoro, pronto poi a consegnare quei Cahiers sia a Robin, sia a De Tournes. Probabilmente gli stessi De Tournes e Cramer sarebbero andati a trovare il pastore, forse nel mese di giugno. E così alla stampa dell’Encyclopédie sarebbe succeduta l’impresa di un’opera non meno importante. Ma sarà proprio la lettura di quei Cahiers, come già detto, che metterà in crisi De Tournes: il piano di Mouchon di raccordare tutto ciò che si trova sparso nell’Encyclopédie su uno stesso soggetto sulla base dell’ampio lavoro di analisi contenuto nei Cahiers gli pare inutile. Tutto andrà a buon fine, naturalmente, anche se le peripezie dei Cahiers non contribuiranno a rallegrare lo spirito di Mouchon. Si verifica, comunque, un avvenimento imprevisto che Antoine comunica al fratello il 23 luglio ’75: Cramer e De Tournes hanno venduto tutta la loro impresa dell’Encyclopédie al libraio Panckoucke che sarà l’editore definitivo della Table. Il passaggio da De Tournes a Packoucke segna una svolta anche per come verrà trattata l’Encyclopédie in un nuovo e diverso circuito di marketing: non più lettere che vanno e vengono, strigliate per interposta persona, ma l’affaire della Table deve munirsi di tutti i conforti con cui si è riusciti a svecchiare la mentalità dei renitenti ai Lumi con l’Encyclopédie. È comunque l’editore parigino che ci lascia un’informazione sul manoscritto della Table 37: Il manoscritto è in ottime condizioni, il carattere ben leggibile. L’ordine alfabetico segue pagina dopo pagina e ogni articolo di ogni pagina è 37 Lettera di Panckoucke indirizzata a: m. de la Société Typographique de Neuchâtel en Suisse, Paris 16 juin 1777, Biblioteca pubblica universitaria, Neuchâtel, ms 1189.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
267
numerato secondo l’ordine in cui deve essere stampato […] e inoltre alla fine dell’opera c’è un avertissement dell’autore sul modo in cui lo stampatore deve operare.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Di fronte agli enciclopedisti Ma che cosa pensava il pastore Mouchon dell’Encyclopédie con cui aveva trascorso quattro anni intensi della sua vita ed altri ne avrebbe trascorsi per inserire il Supplément, costringendosi a tuffarsi in una cultura che certo non era la sua, cimentandosi tuttavia fino alla fine con l’impresa di intercettare per i lettori gli sguardi dei lumi? Ebbene Mouchon non stimava gli autori dell’Encyclopédie. La corrispondenza di Antoine è una spia evidente di questa insofferenza, di questo contrasto. Antoine riporta le critiche e i pareri del fratello, dai più blandi a quelli più accesi che fanno ancor più rimpiangere a Mouchon di dedicare alla conclamata operazione dei Lumi il proprio tempo prezioso. Da un certo punto di vista, la sua contrarietà non è dissimile da quella espressa dallo stesso Diderot che, dopo aver proclamato con enfasi (ovvero con charlatanisme philosophique, così come riporta Antoine in una lettera del 3 luglio 1774) che l’opera sarebbe stata perfetta e quasi infallibile, affermava che l’Encyclopédie era da rifare e che le varie parti erano state soltanto croquées dai vari autori. Mouchon schernisce anche gli enciclopedisti invitandoli a togliersi dal capo i fiori delle loro immortali corone che starebbero meglio sul suo capo (sorprendente il piglio del pastore che è sempre parso rifuggire da elogi e iconografie gloriose). Antoine non è meno sarcastico quando invita il fratello a pensare che più dei fiori varranno per lui i soldi che gli pagheranno gli editori «per arricchire la sua borsa». Antoine è veramente irrefrenabile nel suo orgoglio di fratello, ben contento che il pastore si trovi in mezzo a un «vasto Oceano di errori, incertezze e inutilità»: saranno tutti e due più felici quando arriverà all’altra sponda e allora, a Ginevra, il nuovo Hercule littéraire, così come Antoine, con ispirazione classica definisce Mouchon, potrà innalzare le due Colonne su cui incidere il «non plus ultra del valente Ercole». Non è male questa sfida ad un lavoro che è redditizio, ma che non è scelto, bensì imposto dai tempi, ove si coniugano laboriosità, ingegno e cinismo: non è questo il carattere del protestante libero e intollerante insieme? Antoine tornerà su questi argomenti critici in una lettera del 28 giugno ’76 perché il fratello evidentemente gli ha detto di aver ricavato poca luce dall’Encyclopédie. Per il lavoro che sta facendo gli basta la sua, ribatte, aggiungendo che essa ha comunque giovato alle sue conoscenze, riuscendo
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
268
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
egli con la sua perspicacia a illuminare le contraddizioni e a trovare la verità tra la nebbia di opinioni differenti. Questa volta conciliante, Antoine ritiene che le diversità di posizioni riguardino solo questioni di minor importanza e ad ogni modo, se esse sono numerose, diminuiscono il valore del lavoro enciclopedico. Infine suggerisce al fratello: perché non raccoglierle tutte sotto l’articolo «contraddizioni»? Sarebbe un bel tiro da giocare, ma Mouchon non accetterà il suggerimento. Uno dei motivi di antipatia verso l’Encyclopédie era che la giurisprudenza vi apparisse di continuo, tanto che il pastore non può trattenersi dallo scrivere a Robin che sta studiando senza voglia sugli articoli diplôme e diplomatique (25 novembre 1773). Sembra disperato quando gli scrive il 1° febbraio ’75 che la “sua” encyclopédie lo ha incatenato in quel paese (Basilea) senza che possa concedersi vacanze. Penso però che almeno della noia per la città in cui viveva, l’Encyclopédie non avesse colpa! Pochi mesi dopo è di nuovo in angoscia perché, costretto da un miserabile lavoro, non può occuparsi dei suoi diletti sermoni. A metà tra la critica e il vittimismo è il contenuto della lettera del 31 maggio 76: provocatoriamente se la prende con le arti e le scienze di cui non vorrebbe sentir le lodi dopo aver constatato la vanité démontrée en dix-sept gros volumes che fanno la sua croce dalla mattina alla sera. C’è solo un pensiero che lo consola38: sta per cominciare la lettera L qu’il est doux d’avancer! Si trova in mezzo al mare ma voga in direzione del porto che raggiungerà quando avrà attraversato l’oceano delle scienze e avrà riempito il suo vascello di mille cose interessanti e trovato alla fine una miniera di 500 luigi! La metafora del viaggio che sembra una costante di gran parte della corrispondenza, appare dunque qui in veste di una concessione che Mouchon sembra riservare all’Encyclopédie e alle mille cose interessanti che in essa vi sono conficcate. Dopo due anni di silenzio, non ancora spiegato, la corrispondenza di Antoine riprende nel 177839 con la consueta invocazione: «una parola, per favore, sulla vostra Encyclopédie». Ancora un pensiero per gli enciclopedisti, il 2 giugno 1778: Disgraziati noi se d’Alembert e i Philosophes suoi colleghi avessero avuto a disposizione l’otre di Eolo: avremmo condiviso la sorte che essi volevano far cadere sul terribile antagonista ed io in questo momento non vi starei scrivendo.
È evidente il pensiero di Mouchon così come traspare dalle lettere di Antoine. Ma è soprattutto Antoine a mostrare ancor più del fratello la sua 38 39
Si veda nelle lettere a Robin, «Recherches», 2003, cit., quella del 9 luglio 1774. Ivi, 12 marzo 1778.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
269
lontananza da quei riverberi dei lumi che ormai avevano conquistato l’Europa del tempo. Pochi giorni prima di questa lettera, Pierre Mouchon è nominato pastore a Ginevra dove si trasferisce, con gran gioia di Antoine, si suppone, che aveva sempre desiderato averlo vicino.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Il confronto con un amico Contemporaneamente alla corrispondenza tra i due fratelli si svolge quella, di non minor interesse, tra Pierre Mouchon e Philippe Robin, l’incisore ginevrino. Anche se gli argomenti non sono dissimili da quelli trattati con Antoine – notizie sulla vita e sul lavoro, valutazioni, stati d’animo – costituiscono altri tasselli per integrare i pochi elementi disponibili a ricostruire il suo profilo di studioso e di pastore nonché di autore della Table. Due lettere, prima di tutto, servono ad illustrare due momenti della vita di Mouchon e ad arricchire la sua immagine. La prima è una bella testimonianza dei suoi sentimenti nei confronti degli amici espressa il 25 novembre 1773: È giusto che anche tu mi mandi la tua parola d’ordine. Ne ho due da darti in questo momento, l’una è caduca, ed è la parola Dictionnaire; l’altra, è immutabile nei secoli dei secoli: avvicinati caro compagno per riceverla unitamente all’altra, è la parola Amitié.
La seconda è del 7 dicembre ’76, in cui Mouchon informa Robin di aver ricevuto dei vestiti che questi gli ha regalato. Bisognava vedere svuotare la cassa, bisognava vedere acchiappare tutti i pezzi, a destra a sinistra, chi li prende e chi se li prova, c’era una confusione da far morir dal ridere il più grande compositore di tavole di enciclopedia.
Dunque Robin riesce a far ridere Mouchon. Non insisto sul Leitmotiv della straordinaria fatica nell’affrontare e portare avanti uno straordinario lavoro, motivo che corre spesso tra le righe delle sue lettere, se non per sottolineare qualche succinta notizia che appare qua e là circa l’organizzazione del suo tempo, come quando Mouchon si permette di non occuparsi dell’Encyclopédie e di non studiare granché per il giorno dopo (dunque, ogni sera si prefigurava “il compito” per l’indomani) e magari invece si dedica a comperare legna o a qualche affare urgente se non addirittura ad un impegno quasi mondano come quando partecipa alla festa per Peter Ochs che ha ricevuto il dottorato in diritto e lo ha invitato
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
270
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
a una splendida cena.40 Ma anche in questa occasione si lamenta con Robin del tempo perso. Si è ben guardato però dall’andare alle feste per la visita del re di Sardegna a Ginevra; è rimasto tranquillamente sulla sua Encyclopédie.41 Talvolta invece lavora in modo così intenso ed accanito che si trova avvantaggiato e può permettersi di fermarsi qualche giorno senza accumulare ritardi. Ritiene comunque che il modo migliore di lavorare sia dedicare la mattina a comporre le prediche e il pomeriggio all’Encyclopédie, alle lezioni e alla corrispondenza. Rivelatrice è la sua riflessione:
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Il mio lavoro quotidiano assomiglia per molti aspetti a quello degli operai in miniera, altrettanto opprimente che il loro, ma in più talvolta triste e faticoso a seconda delle vene più o meno difficili da sfruttare.
L’Encyclopédie come una miniera dunque, i cui articoli rappresentano le vene da seguire tra le quali va captato il percorso migliore dallo scalpello scavatore. Mouchon dedica più di una lettera per accennare a Robin del metodo da lui usato per comporre la Table. Come si è visto, l’art de la table, era abbastanza diffusa ai tempi di Mouchon. Nel suo caso, il fatto che si trattasse di lavorare sull’Encyclopédie e che a far ciò fosse un pastore d’animo retto e conservatore, non è solo un particolare piccante, ma ha determinato senz’altro da parte sua uno sguardo attento all’ortodossia. E questo non soltanto per opportuna prudenza, ma anche perché il bagaglio di convinzioni e la pratica religiosa di Mouchon lo orientavano in una direzione divergente da quella dei gros livres che si trovava di fronte. Un sincero tormento quindi lo accompagnava via via che si inoltrava nell’analisi degli articoli e lo denunciava talvolta con humour, talvolta con veementi espressioni di insofferenza. Un altro motivo di insoddisfazione era causato da una serie di dubbi, dalle incomprensioni con gli editori, a causa di orientamenti non chiari, o che cambiavano forse in corso d’opera, come risulta dalle lettere già illustrate. Mouchon deve aver discusso aspramente con De Tournes sulle dimensioni della Table. Pensa, rimugina tra sé, poi sbotta: se deve essere smilza e secca, come sono di solito le Table, come potrà riempire un volume? E dato che non si riesce a capire quanto spazio occuperà, come si fa a decidere fin d’ora di farne un solo volume? Non è facile infatti misurare esattamente il rapporto dei suoi Cahiers con i fogli stampati e comportarsi di conseguenza. È evidente però che né i primi né i secondi motivi hanno influenzato la 40 41
Ivi, 31 maggio, 1776. Ivi, 14 agosto, 1773.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
271
qualità del suo lavoro, né tanto meno hanno convinto Mouchon a trovare un sistema di scorciatoie per abbreviarlo. Si è annoiato talvolta di fronte a pause non volute, si è lamentato, è stato assalito da cattivo umore, si è ammalato (scrive a Robin scherzando che «il peso dell’encyclopédie deve avergli indebolito le gambe»), ma ogni volta è poi tornato alla sua scrivania dai suoi Cahiers: la tâche encyclopédique doit aller son train. Nella lettera del 31 maggio 1776 a Robin, appena nominato segretario della Société des Arts de Genève, spiega, più diffusamente di quanto non sia riportato dal fratello, perché nel lavoro – come dice Romilly – indietreggia a misura che avanza. È come se fosse partito dalle tenebre. Vedeva buio sulla lunghezza del lavoro che non poteva decidere a suo piacimento e vedeva buio sul tempo necessario che ugualmente non poteva determinare in anticipo. Tra queste tenebre ha navigato diradandole e conquistando qualche certezza e sa che al momento avrà bisogno ancora di undici mesi di lavoro. È il suo stesso metodo che lo fa lievitare. Due mesi prima, il 2 febbraio 1776, aveva scritto a Robin di aver cominciato un riscontro degli otto primi volumi dell’Encyclopédie e dei Cahiers corrispondenti, (conclusi, come suggerisce Crépel, verso la metà del 1774, quando si trovava au milieu)42 e di essere ormai a un quarto di quel lavoro. Quindi via via che avanza è in grado di calcolare il gran tempo che gli sta di fronte, non solo, ma deve anche guardare indietro per perfezionare, sistemare quella prima metà del lavoro, svolto senza una chiarezza definitiva dei rapporti con gli editori e con la sensazione che l’impegno non debba finire mai. Il 10 luglio 1776 scrive a Robin dicendosi molto lusingato che abbia potuto dare un’occhiata ai suoi Cahiers e conoscere il progetto abbastanza per giudicarne l’utilità. Aggiunge però di aspettare anche il giudizio di Mr. mon Commettant. Avanti e indietro, dunque, in lotta col tempo e con la passione di misurarlo, che accompagnerà sempre Mouchon, al punto che quasi riesce a fare accettare le sue lamentazioni come parte produttiva del suo modo di lavorare. Così sa che i suoi Cahiers formano un «volume prodigioso» che è disposto a sostenere di fronte a De Tournes se avrà da ridire sulla sua lunghezza. Così sarà. E a De Tournes proporrà di stampare intanto ciò che è pronto. L’editore, naturalmente, non può che essere d’accordo, salvo sottoporre il caso al consenso dei suoi soci di Parigi. Come si è visto tuttavia l’impresa della pubblicazione parziale non riuscì, a causa del passaggio del testimone da De Tournes a Panckoucke.
42
P. Crépel, «Recherches», 31-32, p. 213.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
272
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Il metodo o l’originalità del pensiero La lettera più significativa che indirettamente parla del modo in cui Mouchon affronta i suoi studi e i suoi lavori, è indirizzata a Peter Ochs il 13 agosto 1772. Indirettamente perché non può esserci ancora alcun riferimento all’impresa della Table, indirettamente perché risponde ad una richiesta del giovane in merito ad un consiglio sui libri da leggere per la sua formazione. Come affrontare gli studi filosofici? E prima ancora, come affrontare gli studi? Costruendosi un metodo di investigare e di sistematizzare. Cominciare dal grande, dal completo, dall’universale, dal generale. Individuare le parti, distinguere gli oggetti, le materie, rintracciare le diversità e le commistioni ed ordinare ciò che si apprende insieme con ciò che già si ha in testa, in modo da diradare e dissipare via via la confusione, riconducibile a ciò che è: un velo dovuto all’ignoranza e alla mancanza di metodo, che facilmente può esser gettato da parte. Così come si guarda un mappamondo nel suo insieme: è una scoperta che ha pur il suo fascino, condensando tanto di segni, ammassi e divisioni, ma che per essere utile deve diventare ordine comprensibile e lasciar penetrare i dettagli, le forme, le diversità. Questo sembra di poter desumere dalle poche, ma chiare righe di Mouchon. Il pastore indica quindi all’amico un titolo: Mélanges de littérature, d’histoire et de philosophie di d’Alembert, che gli par proprio un testo adatto da cui cominciare. L’elenco prosegue con testi di Bonnet, Rousseau, Platone, Mably, Helvétius, Muralt, Vernet, una solida riserva di filosofia, morale, pedagogia, politica, religione cristiana, che il pastore riteneva più utile dell’insieme di testi di giurisprudenza che, invece, non sarebbero dispiaciuti a Ochs. Bonnet compare anche nella Table con commenti elogiativi. Studioso di fisiologia generale, aveva distribuito gli organismi secondo una scala di complessità di struttura. Il richiamo a questo celebre naturalista avvicina Mouchon alla speculazione scientifica: la metodologia seguita non diverge da quella individuata dai grandi botanici del tempo. Non è un caso che fra i bibliotecari, fra indicizzatori e classificatori nel corso della storia, numerosi siano sempre stati coloro che hanno avuto a metro la sistematizzazione delle conoscenze così come si può desumere dai vari alberi del sapere propri soprattutto del sistema delle scienze naturali. Altri interessi riveste la figura di Bonnet perché la sua vita di studioso è legata anche a quella degli enciclopedisti. Pur non avendo mai accettato di scrivere voci per le varie enciclopedie in quanto contrario ad opere di divulgazione, ne era profondo conoscitore per averle studiate, comparate, criticate. Come è stato ampiamente riportato,43 Bonnet 43
C. Donato, Sur les traces de Charles Bonnet: une comparaison électronique de ses Notices
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
273
riteneva che quelle opere avrebbero fatto crescere un popolo di demi-savants, ma ciò non gli impedisce di condurre uno studio comparato su Le dictionnaire instructif di Formey, sull’Encyclopédie di Parigi e su quella d’Yverdon per compiere un esame ragionato degli articoli. Gli premeva verificare se in essi vi fossero correttamente citate le sue teorie e metterne in evidenza gli eventuali errori. Parte di questo lavoro è stato realizzato negli anni in cui Mouchon si applicava alla Table. L’operazione dimostra l’abilità di chi operava con i semplici strumenti dell’epoca, ma anche l’ansia di “sistemare” opere che altri avevano realizzato in modi diversi, mossi dall’aspirazione di proporre la storia del sapere e delle sue trasformazioni. Quindi, a stampa ancora fresca, le enciclopedie suscitavano l’interesse di studiosi che ad un secondo livello compilavano tavole di lettura, ne favorivano la diffusione, ne mettevano in rilievo le differenze, affermavano le proprie ambizioni a migliorarle nella presunzione di poterle – cambiandole – rendere perfette. Questi testi su testi potrebbero aprire la strada a un tipo di ricerca, oggi notevolmente facilitata e significativa per chi volesse ricostruire nei vari aspetti, spirito e produzione dei lumi. Mouchon non parla di tutto ciò, ma all’amico Ochs consiglia di questo naturalista e filosofo la lettura dell’Essai analytique sur l’âme e La contemplation de la nature, oltre alle Recherches sur le christianisme. In merito a Platone, la politica esposta nella Repubblica non poteva che soddisfare Mouchon: una comunità governata dai filosofi, conservata e ordinata dalle classi dei saggi, dei soldati e dei produttori che corrispondono alle parti dell’anima razionale, irascibile e concupiscibile. Una città degli uomini, pertanto, che corrisponde alla città dell’anima. L’ideale etico politico di Platone si poteva raggiungere con lo strumento dell’educazione; intelligenza, impegno, valori, avrebbero prodotto la cittadinanza dell’uomo civile. In questa “utopia” Mouchon doveva riconoscersi e giustamente ne consigliava lo studio. Quanto a Rousseau qualche vicinanza esisteva tra i due: anche Rousseau era ginevrino, calvinista (poi convertito e poi ancora tornato al calvinismo) e veniva da una famiglia di orologiai. La sua vita fu però un seguito di «pazzia e di febbre» come disse egli stesso, ben diversa da quella del pastore. Quella di Rousseau fu segnata, infatti, da irrequietezza, vagabondaggi e persecuzioni, da cui nemmeno la libera Svizzera lo protesse. Dell’Emile Mouchon dovette apprezzare, forse, la costruzione di un processo di autonoma formazione, dove la ragione, gli occhi, il cuore del bambino, sviluppandosi secondo la natura, siano in grado di sottrarlo ad ogni autorità e imposizione, anche a Raisonnées de l’Encyclopédie et de l’Encyclopédie d’Yverdon, «Recherches», 31-32, 2002, pp. 233250.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
274
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
quelle del maestro che, all’inizio, avrà come compito quello di rimuovere gli ostacoli perché ciò si realizzi. Imparare a pensare con la propria testa, dunque, come primo obiettivo, poi il resto seguirà naturalmente mano a mano che maturano curiosità, forze e bisogni. Tutti i temi della formazione e della costruzione di una comunità di saggi e di onesti dovevano essere importanti per un pastore che dedicava tanto tempo e tanta attenzione ai sermoni e che aveva contatti frequenti con il suo “gregge”. La citazione dell’Emile da parte di Mouchon come testo utile alla formazione di Robin è però assai significativa anche per un altro motivo. Proprio sull’Emile (come sul Contrat social) nel 1762 si scatenò la riprovazione, la censura e il rogo da parte delle autorità religiose e civili, con il pretesto che Rousseau vi avrebbe espresso dubbi sulla verità dei miracoli descritti nei Vangeli. Dunque Rousseau si era palesato uomo contro la religione, dunque non poteva dirsi cristiano. E nemmeno cittadino se i Représentants si scossero soltanto dopo che, condannato, rinunciò alla cittadinanza. Come documenta Charles Dardier, tra i più attivi nell’esecrazione fu proprio il teologo amico di Mouchon e considerato tra i più liberali, Jacob Vernes.44 Mouchon invece era considerato ed era un conservatore. Nel 1793 si era espresso decisamente contro la proposta di un altro pastore, Ausbach, «di ammettere a Ginevra il principio della libertà di coscienza e di culto»; tre anni dopo aveva protestato vibratamente presso il consiglio legislativo perché il nuovo progetto di costituzione non faceva menzione del giuramento dovuto dagli elettori e dagli eletti sul mantenimento della religione cristiana riformata. Ma fu proprio lui, Pierre Mouchon, a prendere la sua penna solitaria, a difesa di Rousseau dimostrando come la lettura di quei passi dell’Emile fosse sbagliata, essendo stati estrapolati dal testo brani mal interpretati. Mouchon scrisse questa nota a margine di un esemplare delle lettere di Vernes conservato a Ginevra nella biblioteca della Compagnia dei pastori, dopo aver conosciuto Rousseau e aver avuto modo di comprendere la dimensione cristiana del suo pensiero. La tranquillità con cui Mouchon prese questa posizione è immaginabile anche da una lettera che scrisse alla moglie, dopo l’incontro con Rousseau che l’aveva sinceramente commosso, anche se non riusciva a capire perché costui si intestardisse a tympaniser dans des chaires e a dipingere con i più tremendi colori. L’autonomia di giudizio di Mouchon del resto, è testimoniata anche da un dialogo a distanza tra i due amici Mouchon e Vernes, sempre a proposito di Rousseau, riportato da un anonimo biografo. Il teologo Vernes con un 44 C. Dardier, Pierre Mouchon et l’Emile de Rousseau, «Mémoires et documents publiés par la Société d’histoire et d’archéologie de Genève», XX, 1879-1880, pp. 162-169.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
275
certo sarcasmo si era riferito ai «teologi che Rousseau non ama». Questa frase provoca una reazione abbastanza risentita di Mouchon: non è difficile capire perché.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Perché i teologi hanno fatto gran male nel mondo; a forza di caricare d’importanza le loro faccende, hanno fatto della loro causa la causa di Dio; ponendo i problemi più frivoli hanno acceso il fuoco dell’intolleranza; grande ignoranza, sottigliezze, malafede, barbarie, ecco quelle che spesso sono state le loro principali caratteristiche.
Mouchon incalza: «se il libro di Rousseau ha fatto del male ad anime semplici, cosa su cui non concordo, ne hanno fatto di più i vostri roghi e le vostre declamazioni». Anche questo era Mouchon, indignato e scosso, «una delle teste tra le più filosofiche del mondo, per il modo in cui le sue sintesi risultano spesso più efficaci di quanto non siano le stesse composizioni il quale doveva possedere conoscenze vastissime proprio perché con felice proprietà riusciva a concentrarle tutte».45 Non sono che lampi di un epistolario che offre il destro ad indagare più approfonditamente se meglio si vuol ricostruire la propensione pedagogica di Mouchon nei confronti di giovani brillanti. Anche il materialista Helvétius interessa Mouchon probabilmente per il circuito che egli stabilisce tra ambiente ed educazione e per le riflessioni sull’etica che ne scaturiscono. Mouchon voleva infatti indicare al caro amico un percorso forse parziale, ma simile a quello che con ogni probabilità aveva fatto lui stesso e che gli era stato di forte sostegno nell’impostare il lavoro della Table, perché su quei testi egli aveva presumibilmente costruito la sua piattaforma culturale, facendone strumento robusto per affrontare confronti e contraddittori. E, proprio alla fine della loro corrispondenza, Mouchon tradisce il suo bisogno, non già di riposo, ma di continuare ad occuparsi del “metodo” ficcando il naso nei registri di Robin, relativi alla Société des Arts. È impaziente di sistemarsi a Ginevra, di chiacchierare con lui, di esaminarne le carte senza pensare di essergli utile, dice nella sua consueta modestia, ma per «illuminarsi sull’ordine che egli vi ha stabilito», discorrendo al contempo di scienza ed arte: cifre, argomenti, parole sono sempre alla base della sua curiosità e del suo desiderio di ordinarle. Ed ecco un’ultima punzecchiatura all’Encyclopédie: finora gli ha suggerito soltanto idee «inerti», chissà che egli non riesca, con l’aiuto della competenza specifica di Robin su molti argomenti, ad accenderle e a renderle produttive.46 Un arricchimento, dunque, per il pastore inquieto. Questo gli 45 46
È una osservazione di de Condorcet, citata da Dardier, cit. p. 163. P. Crépel, «Recherches», 34, cit., lettera del 31 marzo 1777.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
276
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
ha lasciato l’Encyclopédie tanto criticata e irrisa. I dati accumulati, analizzati e ordinati, possono diventare oggetto di ulteriori speculazioni per lui e per gli altri; c’è di più: egli può giovarsene per navigare senza più imbattersi in scogli, insieme ad un amico.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
In previsione del lancio della Table: il Prospectus Si è già accennato alla grande importanza che veniva attribuita al Prospectus quale strumento di informazione e di promozione di un’opera enciclopedica. Una questione dunque che interessa molto anche al fratello di Mouchon che tenta di dargli qualche indicazione su come si sta muovendo il mercato al riguardo. Il 3 luglio 1774 gli parla di un lavoro simile al suo, realizzato dall’abbé Rosier che ha elaborato la Table ou Dictionnaire des matières contenues dans le recueil des 115 volumes, 4° publiés par l’Académie Royale des Sciences de Paris. Anche questa Table sarà in due volumi, in 4°, ampiamente utilizzabili da chi voglia sfruttare il Dizionario, ma con l’obiettivo di servire anche ad illustrare il percorso della scienza all’insegna del progresso delle conoscenze. A tutti gli studiosi delle branche del sapere scientifico quella Table mostrerà la marche de l’esprit humain, poiché accompagnerà il lettore sui passi dello sviluppo delle varie scienze, farà il punto sulla situazione a cui sono giunte e indicherà le fonti cui attingere. Dal punto di vista dell’organizzazione del materiale la Table sembra essere assai efficace e semplice tanto che molti di coloro che l’hanno consultata erano disposti a provvedere alla sua stampa. Il Prospectus pertanto ne illustra tutte le qualità e gli obiettivi in maniera assai convincente. Non si sa che cosa Mouchon abbia risposto, né come abbia valutato l’opera che il fratello aveva avuto la premura di descrivergli a grandi linee. Antoine il 13 novembre dello stesso anno gli parla, però, di un nuovo Prospectus di Cramer e socio per l’Encyclopédie che serve anche di presentazione alla Table, e gli comunica di esserne stato contento e di averglielo inviato. È forse il momento in cui si tratta più diffusamente tra gli editori e i fratelli di una questione così importante. Quale delusione dunque scoprire, ad un esame più attento, che la Table di Mouchon, quella Table tante volte immaginata nei suoi aspetti più originali, viene presentata da un punto di vista ben poco favorevole, a dire di Antoine, descrivendo come accessoria la parte principale, cioè quella frutto dell’analisi dei vari articoli, dando invece grande risalto alla raccolta di articoli diversi e dispersi su di un medesimo soggetto. Dovrebbe essere l’autore a farsi sentire poiché solo lui ha in testa il piano dell’opera che padroneggia dal principio alla fine ed è in grado di
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
277
descriverne nel Prospectus tutte le reali caratteristiche in modo tale che possa diventare una Prefazione. Altri aspetti problematici riguardano i tempi di pubblicazione, poiché secondo gli editori il manoscritto dovrebbe essere pronto nel corso dell’anno seguente (cosa di cui Antoine non è convinto). L’opera sarebbe contenuta in un solo volume (ed è ancora Antoine a notare che ciò è ben difficile a meno di non abbreviarla notevolmente). Evidentemente, il suggerimento ha funzionato perché il Prospectus, che Antoine ha tra le mani, qualche mese dopo, nell’ottobre del ’75, è da lui positivamente valutato: risulta ben fatto, riesce a dare un’idea della Table, ma contiene, a suo parere, un piccolo difetto: propone esempi poco felici, forse per evitare il rischio di charlatanisme; non si sono voluti insomma proporre articoli particolarmente ampi e impegnativi per non dare al lettore l’idea che i testi della Table potevano prendere il posto di tutta l’Encyclopédie. Il Prospectus lascia intendere che la Table contiene nuovi articoli costituiti da enunciati desunti da varie voci dell’Encyclopédie. Il Prospectus citava sicuramente alcuni articoli a mo’di esempio dell’analisi di Mouchon, esempi ben scelti – dice Antoine nella sua lettera del 7/8 ottobre ’75 – con l’eccezione di uno: Carrosse, che però ci sembra assai divertente. Si legge infatti nella Table, così come nell’Encyclopédie, un parere dell’abate Gedoyn, secondo cui la moltitudine delle carrozze di Parigi (circa 15mila!) sarebbe una delle cause della decadenza delle lettere: par la facilité qu’elle apporte à la dissipation. Ma Antoine pensa che meglio sarebbe dire che distruggono i pavimenti delle strade, schizzano fango sui poveri pedoni, e peggio. Altro che decadenza delle lettere! Sappiamo inoltre che Mouchon invece non era del tutto soddisfatto del Prospectus perché esso conteneva elogi all’autore della Table, inseriti senza chiedere il suo parere (il lettore troverebbe ridicolo che se li fosse scritti da sé); inoltre rileva una inesattezza cronologica: l’impresa era costata quattro anni di lavoro e non cinque, ovvero si era elaborata e compiuta dal 1773 al 1776 (ma poi si è aggiunto il Supplément). Antoine valuta anche l’aspetto economico rilevando che della Table se ne stamperanno non meno di seimila esemplari, molti se si pensa al compenso riservato a Mouchon. Ma chi ha scritto veramente il nuovo Prospectus? Antoine è abbastanza sicuro e lo rivela al fratello nella lettera del 21 novembre 1775: non può essere che Panckoucke (che nel frattempo aveva comperato la Table). Uomo di lettere, colto, ha soggiornato a lungo a Ginevra l’anno prima. Certo non è stato De Tournes che ha inclinazione solo per i commerci, e neppure Cramer, il cui spirito leggero tutto frizzi non può produrre «niente di così ragionato e preciso come questo». Tutti i sottoscrittori, gli utenti reali, ma anche molti che oggi chiameremmo utenti potenziali, potranno conoscere autore, metodo, contenuti, organizzazione della Table attraverso il Prospectus
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
278
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
che non è solo l’avviso della pubblicazione di una nuova opera, ma, nella forma voluta da Panckoucke, è uno strumento che viene riempito di diversi stratagemmi, escogitati dall’editore con un unico scopo: vendere. Antoine lancia un’ultima stoccata agli editori nella lettera del 23 febbraio del ’76: Formey ha pubblicato il Prospectus di un’opera simile a quella di Mouchon: Comparaison des Encyclopédies, un indice comparato tra enciclopedie, che potrebbe far concorrenza alla Table: sarebbe stato dunque saggio, da parte degli editori, accelerare la pubblicazione del suo Prospectus, per farlo uscire su varie opere periodiche. Viva disapprovazione quindi, da parte di Antoine, che ancora una volta si agita in favore del pastore. Ma anche quest’ultimo si trova coinvolto, senza volerlo, in un duro scontro con De Tournes, per avergli suggerito il modo migliore di stampare la Table. Forse, ipotizza Antoine, in una lettera del mese successivo, l’editore era molto scontento dall’aver ceduto la sua stamperia a Bassompierre e a Nouffer, operazione che gli aveva causato dei ritardi, dovendo infatti aspettare che i due nuovi conduttori della tipografia concludessero i propri lavori.
Le avventure editoriali della Table Quando Mouchon riceve dal fratello il Prospectus della sua opera (novembre ’75), pur essendone soddisfatto, non apprezza, come già si è detto, alcune proposizioni in esso contenute. In particolare reagisce contro l’aggettivo raisonnée poiché, egli scrive a Robin l’11 novembre 1775, il suo indice non è ragionato e l’autore con il suo pensiero e i suoi commenti non vi compare mai. In realtà Mouchon ha fatto ben di più. Nel leggere l’Avertissement della Table che in buona parte deve rispecchiare il Prospectus – l’originale non è stato rintracciato – si ha la conferma del contributo che il pastore ha dato nell’orientare, suggerire, semplificare la lettura del testo enciclopedico; egli ha operato una quantità di scelte, selezionando, escludendo articoli, inserendone altri, integrando i rinvii, costruendo tracce con una gran quantità di articoli di riferimento, correggendo, tacendo e rendendo meno espliciti i contenuti dell’articolo originale, oppure estendendone l’analisi. La Table viene così ad arricchirsi di una caratteristica di autonomia sia rispetto all’Encyclopédie, sia rispetto alle operazioni di commercializzazione, ed anche, se così si può dire, rispetto all’autore che è riuscito a tener testa al grande mappamondo racchiudendolo nelle serie dei suoi Cahiers, riuscendo a salvarlo, senza nascondersi e senza complicità. Viene il dubbio, non suffragato da alcun documento, che gli abili editori abbiano visto la Table anche come strumento di offuscamento nei confronti dei lumi qua e là troppo squillanti dell’Encyclopédie, essendo il
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
279
loro interesse vendere sì l’indice, ma anche i volumi enciclopedici al più gran numero di lettori. La Table poi doveva essere difesa dalla censura cattolica e da quella protestante. Vogliamo ricordare che Mouchon può essere molto più preciso nel descrivere l’articolo Bonchrétien (una specie di pepe) che l’articolo Servet in cui riesce a non dire che questo riformatore e medico geniale fu condannato al rogo da Calvino? E che l’articolo Port Royal è altrettanto esile e incomprensibile? Con la procedura adottata da Mouchon si ritiene che il lettore sia soddisfatto nei suoi interessi e curiosità senza nemmeno sortir de l’Ouvrage même e, al contempo, non sarà la Table a prevenirlo nei confronti dell’opera originale, qualora decidesse di acquistarla. La Table ha una storia molto accidentata anche per la sua pubblicazione. Il 20 novembre 1775 Mouchon risponde a Robin, il quale lo sollecita a tornare a Ginevra, che prima deve completare la Table, che non sa quando ciò succederà, ma che comunque, una volta finito il lavoro, dovrà probabilmente portarlo di persona a Ginevra «per dare agli editori e agli stampatori le inevitabili spiegazioni». Dunque, a parte l’incertezza sui tempi, Mouchon prefigura un lineare esito alla sua impresa: si progetta, si scrive, si stampa, si vende. Non aveva immaginato le avventure che il suo «capolavoro di pazienza» avrebbe animato attorno a sé. È Robert Darnton a ricostruire quella sorta di «guerra civile» 47 scatenata tra editori svizzeri e francesi e al suo interno tra soci e concorrenti, guerra civile a cui non mancarono sequestri di libri contabili, spionaggi, processi, blitz di polizia nelle tipografie, doppi giochi e inganni feroci. Il prezzo di mercato dell’Encyclopédie era in continua crescita: dalle 280 iniziali era salito a 1400 livres, comprensive forse anche del Supplément, della Table e della rilegatura. L’Encyclopédie rendeva bene e i sottoscrittori non mancavano. Questa previsione troppo ottimistica unita ad una crisi economica acuta di Panckoucke (che aveva comperato per 30 mila livres la Table dagli svizzeri Cramer e De Tournes) lo indussero a proporne l’acquisto alla Societé Typographique de Neuchâtel per 60 mila livres. Quasi una vendita forzata, la definisce Darnton. Ma la STN rifiutò e Panckoucke decise di tenersi la Table, e di farla comunque stampare alla società svizzera che aveva bisogno di lavorare per non bloccare i torchi. Ma poi le cose andarono diversamente. Panckoucke nella lettera già citata del 16 giugno 1777 aveva esposto il suo progetto di stampa alla STN, mostrandone tutti gli aspetti vantaggiosi e senza nascondere che anch’egli avrebbe avuto il suo tornaconto, avendo pagato la Table a Cramer e De Tournes 30 mila livres e volendone ora ricavare 47
R. Darnton, Il grande affare dei lumi, cit. pp. 67-82 e 270-295.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
280
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
il doppio. Il primo volume della Table avrebbe contenuto una grande carta per illustrare la distribuzione genealogica delle scienze e delle arti principali. Costo di produzione circa 72 mila livres, prezzo al pubblico 48. Quanto al denaro per l’acquisto, la STN pagherebbe con cambiali dal giugno 1778 al giugno 1780. Inoltre, se il risultato dell’affare non fosse quello sperato dalla Società, questa, a certe condizioni, avrebbe potuto, in quattro anni, riavere indietro la somma pagata. Beninteso in questo caso Panckoucke sarebbe proprietario dell’edizione. Esposti questi ed altri argomenti, il libraio francese spiega, con una umiltà che non è nel suo stile, il motivo della decisione di vendere. Ha un buco di 300 mila livres, deve porre un freno alle sue imprese, ma non vuole mettere a rischio le fortune altrui, del resto tutti hanno sempre fatto ottimi guadagni con lui, anche nei casi più audaci. Nella lettera traspare l’inquietudine dell’uomo di affari in reali difficoltà. Non c’era tempo da perdere poiché a gennaio avrebbe dovuto esser pronto il primo volume. Qui probabilmente si innescò la catena di affari spregiudicati che vide coinvolti, tra gli altri, l’editore Pierre Duplain, la STN, e perfino due editori pirata di Lione, Le Roy e Barret. Dalla guerra uscirono tutti un po’ rovinati. Suzanne Tucoo-Chala,48 pochi anni prima del celeberrimo volume di Darnton, affrontava la lettura di quella operazione complessa senza addentrarsi nella guerra civile, ma sottolineando i vari interessi sottesi alla stampa di un’opera progettata a Neuchâtel, da Panckoucke, con l’obiettivo di giungere, come sappiamo, ad una maggior chiarezza dei testi enciclopedici, con intenti sia tecnici, sia di merito, soprattutto per colmare le lacune del Supplément ed eliminare errori e contraddizioni. Si tratta di un’operazione di errata des errata che rappresentava una mine d’or per la sua prevedibile redditività e dunque non poteva sfuggire ai calcoli dell’abile Panckoucke. Sembrava l’uomo giusto, ma non aveva però ancora previsto le turbolente vicende di cui si sarebbe fatto protagonista. Egli aveva formato con Cramer e De Tournes nel 1770 una società per la riedizione in folio dell’Encyclopédie e del Supplément, progetto che lo condusse, come dice Tucoo-Chala, ad una lunga lotta con la censura del governo, della Chiesa e de la Librairie. Anche la Table si inserisce in questa fase faticosa della battagliera politica editoriale di Panckoucke. Fu, dice Tucoo-Chala, il suo socio in affari, Cramer, che ebbe l’idea di affidare il lavoro di redazione della Table à l’homme plein de zèle encyclopédique, de patience et d’érudition que fut le pasteur Mouchon, mentre Panckoucke si dedicò ai progetti delle edizioni, con notevoli esitazioni e cambiamenti su 48 S. Tucoo-Chala, Charles Joseph Panckoucke et la Librairie française, 1736-1798, Pau; Paris, Editions Marrinpouey Jeune; Librairie Jean Touzot, 1977, pp. 303-517.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
LA TABLE DELL’ENCYCLOPÉDIE E IL SUO AUTORE
281
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
chi dovesse essere l’impresa stampatrice e sulle date della messa in vendita. Molte volte ne fu annunciata l’uscita, molte volte gli editori dovettero correggersi. Un Avis del novembre 1775 informava che insieme a tre volumi di Planches sarebbe stata pubblicata una Table des matières des dix-sept volumes du Discours. Le scadenze delle uscite erano previste per ottobre 1776 e per ottobre 1777, data di uscita anche del tomo XI delle Planches e della Table a prezzi uguali. I sottoscrittori che non desideravano questo acquisto dovevano scriverlo espressamente altrimenti sarebbe scattato il “silenzio-assenso”.49 Ed ecco, dopo cinque anni, la notizia: Signore, finalmente si è messo in vendita il primo volume della Table analytique et raisonnée de l’Encyclopédie et des Supplémens, annunciata ormai da otto anni e intrapresa da M. Mouchon, celebre Ministro di Ginevra e compiuta da lui solo con coraggio e altrettanta sagacia. Il primo volume di questa Table stampata in carattere piccolo romano, con accurata correzione da M. Stoupe, è per lei, Signore, in fogli slegati o in brossura, al prezzo di 23 lire; i volumi rilegati, costeranno 26 lire. E dato che sono otto anni che investo il mio denaro su questo oggetto, lascerei il pagamento a sei mesi per ogni richiesta; chi ne acquisterà dodici esemplari in una sola volta, avrà la tredicesima gratis. Non mi è possibile concedere un più lungo credito. Il Tomo secondo uscirà nel mese di novembre. Questa Table può essere considerata un’eccellente sintesi dell’Encyclopédie; il prezzo del singolo volume è di 27 l.; in fogli slegati o in brossura, e di 30 l. rilegato.
La Table finalmente vede la luce. Sotto il titolo reca: A Paris, Chez Panckoucke, hôtel de Thou, rue des Poitevins, A Amsterdam, Chez Marc-Michel Rey, M. DCC. LXXX.
Se si volesse scegliere un epitaffio per il pastore Mouchon, bisognerebbe riferirsi all’Eloge historique già citato, scritto per volere dei suoi prossimi parenti da Picot. L’elogio ripercorre in toni fortemente agiografici la sua vita di uomo di religione, fedele all’evangelo, alla chiesa riformata e alla patria. Picot narra del rimpianto smisurato che Mouchon lascia a Basilea nel trasferirsi a Ginevra, «un doloroso trionfo» quel giorno, seguito dai parrocchiani in lacrime fin fuori dalla città. E Picot ristabilisce anche un contatto tra Mouchon e l’Encyclopédie, quale il pastore non aveva mai descritto. Quell’opera che Picot critica decisamente per i suoi toni antireligiosi ha fortificato Mouchon, 49 AVIS des éditeurs de l’Encyclopédie, Biblioteca pubblica universitaria di Neuchâtel, ms 1189, f 329.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
282
CIRCUMNAVIGARE IL TESTO
non solo perché cercando con il suo indice di rendere l’Encyclopédie utile agli altri se ne era in qualche modo appropriato, ma anche perché, avendo esaminato a fondo le opinioni “pericolose”, era meglio in grado di contrastarle e di difendere la sua chiesa e la causa dell’evangelo «con tutte le armi pronte»50che erano poi le armi dei suoi studi, della sua filosofia e della sua eloquenza. Un ulteriore risultato Mouchon ha ottenuto con l’analisi dell’Encyclopédie: mantenendo l’ordine alfabetico degli articoli, cui peraltro egli non era contrario, ma che Picot giudica fonte di frammentazione e di disordine, soprattutto in un discorso scientifico, Mouchon ha però, attraverso il sistema del recueil, ottenuto quella ricomposizione, necessaria, secondo alcuni critici, ad un discorso concatenato e più facile da seguire. Qui si trova lo snodo più significativo, tecnico e di sostanza, del montaggio enciclopedico poiché l’ordine alfabetico consentiva una raccolta universale e non gerarchica del sapere, aperta a nuove speculazioni e conoscenze che, con tutte le contraddizioni e gli errori che sono il sale della ricerca enciclopedica, ne evitavano le incrostazioni di immobilità e la esponevano a tutte le innovazioni mentali. Già la scelta di un vasto e vario gruppo di collaboratori andava in questa direzione. Al contrario, una encyclopédie méthodique, che altri ponevano in alternativa a quella alfabetica, scegliendo filoni tematici, si prestava alla confezione di una proposta di lettura che non colmava i vuoti, come si pretendeva, ma li creava, omogenea, elaborata secondo fini di pratica utilità (vedi i vari dizionari) o selettivamente impostata a sopire lumi e a ribadire i limiti della conoscenza, ripristinandone i tradizionali fondamenti. Sono le pagine di Mario Rosa a porgerci un forte aiuto per cogliere appieno il discorso su come si possa sbiadire e tranquillizzare un «testo così pieno di imprevisti e dai colori così cangianti».51 Proprio per la sua scelta di mantenere l’ordine alfabetico Mouchon non ha lavorato coscientemente in questa ottica, ma va tenuto in conto un parere che Picot esprime, sempre nel suo elogio: il canovaccio che sarebbe servito all’Encyclopédie méthodique, pubblicata più tardi, è stato preparato da questa Table.
50
P. Picot, Eloge, cit., p. xxviij. M. Rosa “Encyclopédie”, Lumières et tradition au 18 siècle en Italie, «Dix-huitième siècle», IV, 1972, pp. 109-168. 51
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INDICI
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
CAPITOLO I Erat mihi mens eadem, quoniam ardui operis munus fore perspiciebam, ut vel mediocri excusatione possent nostra Gellianis interseri; verum impressoribus erat paenitus nostris impossibile quicquam in marginibus effingeret et in commentariolo separatim nulla poterant via seponi quae ad intelligendi operis necessitate pertinebant. Era anche mia intenzione – sebbene vedessi che sarebbe stato difficile – che le mie cose fossero interposte a quelle di Gellio nel modo più indolore possibile; ma era del tutto impossibile ai nostri stampatori collocare alcunché ai margini e le cose che riguardavano la necessità di comprendere l’opera non potevano essere in nessun modo separatamente collocate in un piccolo commento. p. 25 Ne tamen non foret ex nobis etiam testata distinctio (etsi difficile non est apposita dignosci vel ex orationis ipsius filo atque lineamentis, tamquam a miricis pinus) rubrica ego meorum laborum additamenta descripsi semperque verbum “id est” anteposui ut et qui castigatiore ingenio ac auribus in iudicando tersioribus forent et qui eadem trutina non possent expendere, omnes tamen adiuncta discernerent et auctoribus suam puritatem, nostram nobis omnibus studiosis gratificandi acceptam ferrent voluntatem. Tuttavia, affinché anche da noi fosse ben testimoniata la distinzione (sebbene non sia difficile riconoscere le cose aggiunte anche soltanto guardando al filo e alle linee del testo in sé, come il pino si distingue dalle tamerici) io ho indicato le aggiunte frutto del mio lavoro con un segno particolare e sempre ho anteposto l’espressione “id est”, in modo che sia coloro che fossero di ingegno più acuto e di orecchie più sensibili nel giudicare, sia coloro che non potessero valutare con la stessa bilancia, fossero in grado tutti quanti di discernere le cose aggiunte e riconoscessero agli autori la loro purezza, a noi la nostra volontà di rendere un servizio a tutti gli studiosi. p. 25
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
286
INDICE DELLE CITAZIONI
Hoc, quia aliter facere impressoribus non est concessum, haud gravatim legentes ferrent in suis singuli codicibus lineis quibusdam cum rubrica interpretata discernere.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Poiché non è possibile agli stampatori fare altrimenti, non dispiacerà ai lettori distinguere ciascuno nel proprio volume, per mezzo delle linee, le traduzioni segnalate con l’indicazione “id est”. p. 25 Les Tables d’un Livre se peuvent faire d’un caractère de romain, mais ordinairement elles se font d’italique, & de plus petit caractère que celui de l’ouvrage; & lorsqu’il y a deux sortes des Tables, l’une des Chapitres, Sections ou Articles, &c. & l’autre de la matière, on doit faire celle des matières de romain, & l’autre d’italique. Quand les chiffres des renvoys d’une Table ne peuvent entrer à la fine d’une ligne, on les doit transporter tout à la fin de la ligne suivante, qui sera tout de cadrats; de même quand la matière de quelque Article d’une Table contiendra plusieurs lignes, on doit toûjours faire lesdites lignes de la longueur de la page, sans y laisser du blanc de la largeur des chiffres qui servent de renvoy & qui sont au bout de chaque ligne, comme il se voit dans la Table des Chapitres de ce livre. Le tavole di un libro possono comporsi con carattere romano, ma spesso si usa l’italico e più piccolo carattere rispetto a quello dell’opera; e quando vi sono due tipi di Tavole, l’una dei Capitoli, Sezioni o Articoli, etc. e l’altra delle materie, è conveniente fare quella delle materie in romano e l’altra in italico. Quando le cifre dei rinvii di un Indice non possono essere compresi alla fine della linea tipografica, è necessario trasportarle tutte alla fine della linea seguente, che sarà tutta di quadrati; allo stesso modo, quando la materia di qualche Lemma di un Indice conterrà diverse linee, si devono comporre le dette linee della giustezza della pagina, senza lasciare del bianco nello spazio che le separa dalle cifre che servono di rinvio e che sono alla fine di ogni linea, come si può vedere nella Tavola dei Capitoli di questo libro. p. 34 CAPITOLO II Epistolarum scriptores ad Bibliothecarios omnino referendi sunt: ex illis enim multa hauriri possunt, quae ad omnem rem & Historiam literariam pertinent, ubi a Vitarum Scriptoribus discesserimus. Gli scrittori di epistole sono assolutamente da ascrivere all’insieme dei bibliotecari: da essi infatti, una volta che li avremo distinti dagli scrittori di biografie, possono essere desunte molte informazioni bibliografiche e di storia letteraria. p. 63 Illud denique magnopere reprehendendum est in plerisque Epistolarum Scriptoribus,
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
287
nullum illis adjici Indicem, qui de potissimis literarum contenti docere possit. Pauci admodum Epistolarum libri sunt, qui hoc nomine commendari possunt Erasmi, Richteri, Boxhornii, (edit. Lips).
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
È infine assai da biasimare il fatto che alla maggior parte degli scrittori di epistole non sia aggiunto nessun indice che possa rendere edotti dei principali contenuti delle lettere. Sono davvero pochi i volumi di epistole che si possono raccomandare per gli indici: quelli di Erasmo, di Richter, di Boxhorn (nell’edizione di Lipsia). p. 63 Consilium non adeo spernendum, si quis corpus aliquod selectiorum Dedicationum ex variis Auctoribus collectum conficeret. Solent enim in iis cumulari|floridi styli argumento, enthymemata encomiastica, quorum praecipuus Orationibus Panegyricis usus est; ne quid dicam de usu illo in argumentis librorum quasi summaria notitia conoscendis Non è assolutamente da disprezzarsi il proposito di chi volesse approntare una qualche raccolta delle più scelte dediche di vari autori. Si vuole infatti radunare in esse, con stile brillante, considerazioni encomiastiche proprie specialmente dei panegirici; per non parlare del loro utilizzo nel conoscere il contenuto dei libri, come per mezzo di una notizia per così dire sommaria» p. 63 Incipit tabula aurea nouiter compilata per excellentissimum iuris utriusque doctorem ac equitem insignem dominum Lodouicum bologninum de Bononia ad presens iura ciuilia ordinarie in almo Bononie studio legentem ad inueniendum miro ordine et sigillatim omnes questiones et casus principales necnon omnia particulariter et singulariter contenta in hoc quarto volumine consiliorum per dictum dominum Lodouicum nunc ad lucem edito rum cum in tenebris prius latitarent prestantissimi iuris utriusque censura dei et doctoris in toto terrarum orbe famosissimi et preceptoris eius et domini singularissimi domini Alexandri de ymola. Ex quibus quidem consiliis et decisionibus in eis contentis legali scientia illustratur et ab isto alexandrino colore decoratur refulget et ornatur adeo ut qui dicta consilia gustauerit ex prefato alexandrino colore non dicam manum sed digitum tinxerit facile decisionum omnium fere questionum in fallatiis et extra occurentium habere poterit que quidem ante presentis tabule compositionem magna cum difficultate et non leui labore adipiscebantur, nunc autem breuiter et quam celerrime sine magna cartarum reuolutione per modum inferius annotatum ubi et numerus consiliorum et columne annotantur ad laudem et gloriam omnipotentis dei et totius curie celestis triumphantis amen. Comincia la tavola aurea compilata in modo nuovo dall’eccellentissimo dottore dell’uno e dell’altro diritto e insigne cavaliere, il signore Ludovico Bolognini di Bologna, al presente lettore di diritto civile nello Studio di Bologna, al fine di recuperare con un mirabile e rigoroso criterio di ordinamento tutte le questioni e i casi principali, nonché tutto quanto è precipuamente e singolarmente contenuto in questo quarto
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
288
INDICE DELLE CITAZIONI
volume dei Consilia di questo straordinario portento nell’interpretazione di ambedue i diritti, dottore famosissimo in tutto il mondo, maestro del suddetto Ludovico e uomo davvero unico, il signore Alessandro da Imola, ora portati alla luce dall’edizione del suddetto signore Ludovico, in precedenza invece nascosti nell’ombra. La tavola è abbellita con sapienza giuridica dai consigli e dalle decisioni contenuti nell’opera e ornata dal colore tipico della acribia di Alessandro; risplende ed è ornata a tal punto che colui che abbia gustato questi Consilia e abbia intinto non dirò la mano ma per lo meno il dito nel suddetto colore caratteristico di Alessandro, potrà estrapolare facilmente – delle decisioni in quasi tutte le questioni occorrenti nelle fallacie e altrove – ciò che prima della composizione della presente tavola si otteneva solo con grande difficoltà e non lieve fatica, ora invece brevemente e quanto più rapidamente possibile senza bisogno di sfogliare a lungo le carte, nella forma più sotto riportata che comprende sia i numeri dei consigli sia le colonne; a lode e gloria di Dio onnipotente e di tutta la corte celeste trionfante, amen. pp. 78-79 […] ex cuius quidem tabule serie et mi|ro ordine eiusdem non solum factum principale super quo questio fuit colligere potes, sed etiam omnia particulariter incidentia et emergentia in dictis Consiliis contenta seriose et accurate extracta per prefatum dominum Ludovicum facile habere poteris; et eodem etiam ordine prosequetur alias partes Consiliorum eiusdem d. Iohannis de Anania quas gradatim data ei temporis maiori opportunitate et comoditate omnino Deo bene iuvante pollicetur. Et ne mireris de intermediis in hac presenti tabula in unoquoque dubio relictis et inter unam rubricam et aliam, hoc ideo factum est ut si aliquid addere vel|les, ad idem vel in simili id facere valeas, ut hec tabula loco repertorii quodammodo tibi inserviat […]. Dall’ammirevole ordinamento del contenuto della medesima tavola, non solo puoi cogliere l’argomento principale sul quale verté la quaestio, ma potrai anche facilmente estrapolarne tutti gli elementi particolarmente importanti e degni di rilievo contenuti nei detti Consilia, attentamente raccolti ed accuratamente estratti dal medesimo dottor Ludovico Bolognini il quale promette […] di proseguire gradualmente, coi medesimi criteri, l’ordinamento [nel senso di indicizzazione] dei successivi Consilia di Giovanni d’Anagni. E non stupirti degli spazi vuoti lasciati tra l’una e l’altra quaestio e tra l’una e l’altra rubrica all’interno della presente tavola. Questo accorgimento infatti è stato realizzato appositamente affinché se tu desiderassi aggiungere qualche elemento, avresti la possibilità di farlo, con gli stessi criteri o in modo simile, così che questa tavola possa servirti per così dire anche come indice personale. p. 79 Travelling, even in the remotest ages, was reckoned so useful a custom, as to be judged the only means of improving the understanding, and of acquiring a high degree of reputation.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
289
Viaggiare, sin dalle epoche più remote, fu riconosciuta come abitudine così utile da essere reputata uno dei soli mezzi per rafforzare il proprio intelletto e per acquistare un certo grado di reputazione. p. 104
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Next come the commerce of the country, under which article I examine into its rise, progress, and present state; commonly adding, for the sake of such as travel for business, a list of the principal fairs, and of the chief commodities of each town and province. Poi viene il commercio del paese, a proposito del quale rilevo l’origine, i progressi e lo stato presente; di solito fornendo in aggiunta, nell’interesse di coloro che viaggiano per affari, una lista delle principali fiere e delle essenziali comodità di ciascuna città e provincia. pp. 104-105 CAPITOLO III Biblia omni vulgari idiomate Germanico, Gallico, Hispanico, Italico, Anglico, Flandrico […] conscripta nullatenus vel imprimi vel legi vel teneri possint absque licentia Sacri Officii S. Ro. Inquisitionis. Senza la licenza del Sant’Ufficio della Santa Romana Inquisizione non si possono in alcun modo stampare, leggere o possedere Bibbie scritte in lingua volgare tedesca, francese, spagnola, italiana, inglese, fiamminga. p. 120 Cum experimento manifestum sit, si sacra Biblia vulgari lingua passim sine discrimine permittantur, plus inde, ob hominum temeritatem, detrimenti, quam utilitatis oriri; hac in parte iudicio Episcopi, aut Inquisitoris stetur; ut cum consilio Parochi, vel Confessarii Bibliorum, a Catholicis auctoribus versorum, lectionem in vulgari lingua eis concedere possint, quos intellexerint ex huiusmodi lectione non damnum, sed fidei, atque pietatis augmentum capere posse; quam facultatem in scriptis habeant. Qui autem absque tali facultate ea legere, seu habere praesumpserit; nisi prius Bibliis Ordinario redditis, peccatorum absolutionem percipere non possit. Essendo manifesto sulla base di prove che, qualora la Sacra Bibbia in lingua volgare fosse ovunque permessa senza distinzione, da ciò deriverebbe più danno che vantaggio, a causa della sconsideratezza degli uomini, in questa materia ci si attenga al giudizio del Vescovo o dell’Inquisitore; in modo tale, che col parere favorevole del Parroco o del Confessore, essi possano concedere la lettura in volgare della Bibbia, tradotta da autori cattolici, a coloro che abbiano compreso di potere ricavare da una lettura di questo tipo non un danno, bensì un aumento della fede e del sentimento religioso; e questa facoltà essi ottengano per iscritto. Coloro che invece
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
290
INDICE DELLE CITAZIONI
abbiano avuto la presunzione di leggere o possedere la Bibbia tradotta senza tale concessione, non possano ricevere l’assoluzione dei peccati se prima non abbiano consegnato la Bibbia all’Ordinario. p. 121
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Bibliopolae vero, qui praedictam facultatem non habenti, Biblia idiomate vulgari conscripta vendiderint, vel alio quovis modo concesserint, librorum pretium, in usus pios ab Episcopo convertendum, amittant; aliquis poenis pro delicti qualitate eiusdem Episcopi arbitrio subiaceant. I librai che abbiano venduto i Libri Sacri scritti in lingua volgare a chi non abbia la predetta facoltà, o li abbiano ceduti in qualsiasi altro modo, perdano il ricavo dei libri, che dovrà essere convertito dal Vescovo per usi pii; soggiacciano a qualche pena secondo la qualità del misfatto, ad arbitrio del Vescovo medesimo. p. 121 [...] novos quotidie librorum foetus emittunt adulterinos, suppositicios, pseudepigraphos, et nothos, praepositis absque ullo iudicio et pudore in frontispiciis operum, quo ipsa et charius et citius vendant, falsis illustrium autorum inscriptionibus. Ogni giorno pubblicano nuovi frutti adulterini di libri, falsi, bastardi, illegittimi, avendo anteposto nei frontespizi delle opere, senza alcuna ragionevolezza e senza alcun pudore, false attribuzioni (letteralmente “nomi scritti sopra”) ad autori illustri, allo scopo di venderle a più caro prezzo e più rapidamente. p. 123 Pellicanus, Zuinglius, Lutherus, Musterus, Erasmus, Castalio, pluresque alii prophanarum novitatum auctores: qui ex graeco et hebraeo fonte sancta Biblia in varias diversarum gentium linguas iuxta suorum dogmatum placita transtulerunt, adiectis scholiis, glossematis, argumentis, summariis, titulis, et indicibus pestilentissimis: quibus divinas scripturas eloqui cogant quicquid ipsi voluerint, et quicquid impietatis commenti fuerint. Pellicanus, Zwingli, Lutero, Münster, Erasmo, Castellione e molti altri autori di novità eretiche, i quali da fonte greca ed ebraica tradussero i libri sacri in varie lingue di diversi popoli secondo i princípi delle loro credenze, aggiungendo scolii, glosse, argomenti, sommari, titoli e indici perniciosissimi, coi quali costringono le Sacre Scritture a dire tutto ciò che essi vogliono e hanno inventato e tutto ciò che di empio hanno ideato. p. 123 Adiunximus praeterea doctissimas D. Iodici Vuillichii Reselliani in eadem evangelia expositiones eiusdem argumenti, cum indice rerum diligentissimo, Basileae. Abbiamo aggiunto inoltre le dottissime esposizioni di Jodocus (Josse) Willich di
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
291
Resel sui medesimi Vangeli, trattanti lo stesso argomento, con un precisissimo indice delle materie, [stampato] a Basilea. p. 125
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Quod non solum contingit libros suo contextu plane haeretica tradentes, verum etiam cum vel praefationibus, seu argumentis librorum, vel annotationibus marginalibus seu indicibus haeresis insinuant, quibus sanus etiam populus non rarò ignarus inficitur adeo ut vix ullum tandem cuiusvis etiam facultatis librum invenias, in quo huiusmodi technis aliquid veneni non insperserint. Ciò che riguarda non solo i libri che trasmettono col loro contenuto teorie del tutto eretiche, ma anche quelli che o con le prefazioni, o con gli argomenti dei libri, o con le note a margine o con gli indici insinuano eresie da cui anche il popolo sano non di rado viene contaminato senza accorgersene, tanto che a stento si può trovare un libro anche di qualsivoglia valore nel quale non abbiano sparso un po’ di veleno con astuzie di tal genere. pp. 127-128 Ni tampoco a quellos en que los dichos autores han a(n)nadido hasta agora scholios, annotationes, summarios, repertorios, indices, prologos, prefaciones, epistolas, argume(n)tos, appendices, censuras, o otra qualquier cosa, donde se hallen errores contra la Fe, o contra lo que comu(n) y ordinanariame(n)te estra recebido en la sancta yglesia romana […]. E neppure in quelli in cui i suddetti autori abbiano aggiunto fino ad ora commenti, annotazioni, sommari, repertori, indici, prologhi, prefazioni, epistole, argomenti, appendici, censure, o qualunque altra cosa, dove si trovino errori contro la Fede o contro ciò che è comunemente e normalmente accettato dalla santa Chiesa romana. pp. 129-130 De libris orthodoxorum patrum, aliorumque fidelium vel infidelium auctorum nondum reiectorum, quot quot interpretatione, typis, vel opera haereticorum in lucem prodiere, definitum est, eos nullatenus legi, vel detineri posse, nisi prius licentia in scriptis habita ab officio S. R. Inquisitionis, sive ab eiusdem sacri officij commissarijs, vel ab haereticae pravitatis inquisitoribus seu ab eorum Vicarijs. Huiusmodi vero licentia nulli hominum impertienda est nisi abrasis primum, vel adeo obliteratis, ut legi, vel percipi non possint, nominibus, cognominibus, annotationibus, scholijs, censuris, argumentis, summarijs & quibuscunque alijs vestigijs memoriae, vel industriae omnium eorum qui in prima classe secundum cuiusque elementi seriem in Indice sacri officij fuerint annotati. Quamprimum autem eiuscemodi codices ab haereticis versi recogniti, vel editi, rursus per auctores probatae fidei evulgentur, adeo ut obtineri possint, omnis iam concessa licentia revocata, & penitus irrita censeatur.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
292
INDICE DELLE CITAZIONI
Riguardo ai libri dei padri ortodossi, e di altri autori fedeli o infedeli non ancora respinti, tutti quanti sono venuti alla luce con interpretazione, stampe od opera di eretici è stato stabilito che non possano essere in nessun modo letti o detenuti se non si sia avuta prima licenza per iscritto da parte dell’Ufficio della Santa Romana Inquisizione o dai commissari del medesimo Santo Ufficio o dagli inquisitori dell’eretica malvagità o dai loro vicari. Tale licenza d’altronde non deve essere concessa a nessuno se prima non siano stati cancellati o nascosti in modo da non potere essere letti o còlti, i nomi, i cognomi, le note, gli scolii, le censure, gli argomenti, i sommari e qualunque altra traccia della memoria o dell’attività di tutti coloro che siano stati segnalati nell’Indice del Santo Ufficio nella prima categoria secondo la serie di ciascun elemento [in ordine alfabetico]. Al più presto libri di tal genere, tradotti, riveduti o editi da eretici, vengano pubblicati di nuovo da autori di provata fede, in modo che possano essere posseduti. Ogni licenza già concessa sia considerata revocata e assolutamente non valida. p. 130 Libri, quorum principale argumentum bonum est, in quibus tamen obiter aliqua inserta sunt, quae ad haeresim, seu impietatem, divinationem, seu superstitionem spectant, a Catholicis Theologis, Inquisitionis generalis auctoritate, espurgati, concedi possunt. Idem iudicium sit de prologis, summariis, seu annotationibus quae a damnatis auctoribus, libris non damnatis, oppositae sunt; sed posthaec non nisi emendati excudantur. I libri il cui argomento principale è buono, nei quali tuttavia sono inserite occasionalmente alcune cose che hanno a che fare con l’eresia, l’empietà, la divinazione o la superstizione, possono essere ammessi, una volta purgati dai teologi cattolici con l’autorità dell’Inquisizione generale. Il medesimo giudizio valga per i prologhi, i sommari o le note che da autori condannati sono stati apposti a libri non condannati, ma questi ultimi non siano poi pubblicati senza essere stati prima emendati.. p. 131 Ho mesmo se farà nos livros em q(ue) ho author defeso, no(n) te(n) mais algu(n)s sumarios suspeitos (et) algu(n)as annotaço(n)es, apagandose co(n)forme a instruça(n)o do deputato) hos taes sumarios ou annotaço(n)es podera(n)o passar. Lo stesso si farà nei libri nei quali l’autore difeso non avrà più dei sommari sospetti e alcune annotazioni, ma se sarà cancellato come stabilito, questi sommari o annotazioni potranno esserci. p. 131 Libri illi, qui hereticorum authorum opera interdum prodeunt, in quibus nulla aut pauca de suo apponunt, sed aliorum dicta colligunt, cuiusmodi sunt lexica, concordantiae, apophthegmata, similitudines, indices seu huiusmodi si quae habeant admixta quae expurgatione indigeant, illis episcopi et inquisitoris una cum theologorum catholicorum consilio sublatis aut emendatis permittantur.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
293
Quei libri che talvolta escono per opera di autori eretici, nei quali essi aggiungono nulla o poco di personale ma raccolgono affermazioni altrui, ad esempio lessici, concordanze, sentenze, similitudini, indici o opere di questo tipo, se hanno mescolate cose che abbiano bisogno di essere emendate, una volta tolte o corrette tali cose su indicazione del vescovo e dell’inquisitore in uno con quella dei teologi cattolici, vengano ammessi. p. 132
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
[Gregorius VII] cum Germani Rodulfum Regem creassent, conventu acto agit de pace illorum, fornicationibus clericorum, collatione Ecclesiarum, iniuriis Normanorum, et anathemate Henrici. [Gregorio VII], dopo che i tedeschi ebbero eletto re Rodolfo, convocata una assemblea, si occupò della loro pacificazione [dei tedeschi], delle fornicazioni dei chierici, della colletta dei benefici ecclesiastici, delle offese recate ai Normanni e della scomunica di Enrico. p. 135 Qui negotium susceperit corrigendi, atque expurgendi circumspicere omnia et attente notare debet, non solum quae in cursu operis manifeste se offerunt; sed si quae in scholiis, in summariis, in marginibus, in indicibus librorum, in praefationibus, in epistolis dedicatoriis, tanquam in insidiis delitescunt. Colui che ha assunto l’incarico di correggere e di emendare deve esaminare attentamente e annotare scrupolosamente tutte le cose, non solo quelle che si presentano manifestamente nel corso dell’opera, ma se alcune cose si nascondono negli scolii, nei sommari, nei margini, negli indici dei libri, nelle prefazioni, nelle lettere dedicatorie, come in un agguato. pp. 138-139 CAPITOLO IV Copiosiori, quam antea (quo praesertim indigere videbantur) eorum omnium indice, quae aut insigniora in iure, aut etiam notabiliora in ipsis [libris] revolvendis visa sunt, condecoratos. Compiutamente adorni di un indice (di cui specialmente sembravano avere bisogno) più ricco che in passato, di tutti quegli argomenti che scorrendo [o rileggendo] il testo sono sembrati o i più importanti in materia di diritto o i più rilevanti p. 174 Conventus Sancti Dominici de pistorio ordinis praedicatorum emptus a me Fratre hieronimo Giannotto de pistorio ex pecuniis habitis ex venditione cuiusdam tabule a me edite in omnes sermones P. F. Hieronymi Sauonarolae.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
294
INDICE DELLE CITAZIONI
Del convento di San Domenico di Pistoia dell’ordine dei predicatori. Comprato da me frate Girolamo Giannotto di Pistoia con il denaro ottenuto dalla vendita di un indice da me allestito per l’edizione di tutti i sermoni di frate Girolamo Savonarola. p. 176
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Index in libros omnes Galeni per Iuntas Venetiis excusos qui non solum Medicae artis accuratas observationes (nam praecipuus hic scopus est) sed alia quoq[ue] plurima, ceu luculentu[m] quoddam ac perelega[n]s corolarium continet earu[m] rerum, quibus tum Philosophos, tu[m] humaniorum literarum studiosos carere indignissimu[m] uidebatur. opus adeo varium ususq[ue], ut Medicis Philiatrisq[ue] Narthecium refertissimum medicamentorum, ac totius Medicinae seminarium: caeteris vero Promptuarium literarum omnium & antiquitatis habeatur. Indice approntato per tutti i libri di Galeno stampati dai Giunta a Venezia, il quale contiene non solo accurate osservazioni mediche (che è il suo scopo precipuo), ma anche, quale abbondante e raffinatissimo complemento, moltissimo altro di ciò che pareva davvero vergognoso mancasse sia ai filosofi che agli umanisti. Opera a tal punto varia e utile da essere considerata da medici e cultori della medicina uno scrigno ricolmo di medicamenti e un semenzaio di tutta la scienza medica: da altri persino un prontuario generale di letteratura e storia antica. p. 180 Ego sane tantae potius rei pulchritudine quam ulla gloriae cupiditate allectus, ut & ipse Medicinae studiosis pro uirili mea parte prodessem ac longae inquisitionis labores adimerem, multis uigilijs uolumina ipsa quotquot erant perlegi: & rerum earum quas memoria dignas & studiosis hominibus exixtimaui fore utiles, copiosum indicem rogatus co[n]cinnaui: fronte quidem ipsa negocium exile: sed longe grauius quam inexpertus quisquam iudicauerit. In verità, allettato dalla bellezza di una così vasta materia piuttosto che da alcuna brama di gloria, io mi lessi per intero [o “approfonditamente”], vegliando con instancabile zelo, tutti quanti i volumi, per potere sia giovare agli studiosi di Medicina in conformità al mio dovere, sia alleviare le fatiche di una lunga ricerca: e, su esplicita richiesta, approntai un ricco indice di quegli elementi che ritenni degni di memoria e utili agli studiosi: un lavoro apparentemente da poco, ma assai più faticoso di quanto potrebbe giudicare una persona inesperta. p. 180 […] non solum uberrime comprehendit quae ad Medicam pertinent facultatem, sed etiam ad earum omnium Artiu[m] studia, vel de quibus consulto docet Galenus, vel in quorum mentionem casu aliquo velut praeteriens incidit. […] include in grande quantità ciò che riguarda non solo la medicina, ma anche tutte le altre discipline, sia quelle nel cui ambito Galeno fornisce ammaestramenti
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
295
con cognizione di causa, sia quelle di cui si occupò incidentalmente in modo poco approfondito. p. 180
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Observet Benevolus Lector in hujus usu Indicis, primarias fere res, personasque, quo caeterae referuntur, investigandas esse, ut si quid de Veterum Templis, castris, viis militaribus, theatris, scire desideres, quaeras in voce Antiquitates. Si quid de Tunica Christi, clavis, lancea, Cruce, quaeras in persona Iesus Christus ad quem ista spectant. Et sic de caeteris. Osservi il benevolo lettore che nell’uso di questo indice occorre rintracciare perlopiù le materie e le persone principali, alle quali tutto il resto si riferisce, cosicché nel caso tu voglia sapere qualcosa dei templi, degli accampamenti, delle strade militari, dei teatri degli antichi, devi cercare alla voce Antichità. Se invece qualcosa della tunica di Cristo, delle verghe, della lancia, della croce, cerchi alla persona Gesù Cristo, alla quale si riferiscono queste cose. E così per tutto il resto. p. 185 Quod consilio factum, ut res eodem spectantes velut in synopsi collectae suggerantur: ne tamen in incertum fluctues in praecipuis, tibi digitum intendimus. Fruere hoc labore nostro, et vale. E ciò è stato fatto con l’intenzione che gli elementi spettanti alla medesima materia fossero raggruppati in un breve elenco. Comunque ti tendiamo un dito affinché tu non ondeggi indeciso fra le minuzie. Goditi questa nostra fatica e stai bene. p. 185 Hic autem repeti oportere visum non est, quandoquidem, sine ullo tuo usu, pretium hujus Operis auxisset. Sui quidem Indices II & VI. Voluminibus subjuncti fuerant, sed quia non erant tanti, melius nos futuros judicavimus, si universali miscerentur. Ne quid etiam deesset, Indicem locorum S. Scripturae passim ab Erasmo explicatorum, ex Editione Basileensi depromptum, addendum censuimus. Vale, Lector, & tuis commodis studentibus faveto. Non è parso necessario ripeterlo, poiché, senza alcun tuo vantaggio, avrebbe fatto aumentare il prezzo di quest’opera. In verità ai volumi II e VI erano stati uniti i rispettivi indici, ma poiché non erano molto lunghi, pensammo che sarebbe stato meglio unirli a quello generale. Affinché non mancasse nulla, ritenemmo che fosse opportuno aggiungere un indice dei passi della Sacra Scrittura spiegati un po’ dappertutto da Erasmo, ricavato dall’edizione di Basilea. Stai bene, lettore, e guarda con favore a coloro che si dedicano al tuo vantaggio. p. 189 Dutens a ici le double mérite d’avoir recueilli cette multitude éparse d’Ouvrages
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
296
INDICE DELLE CITAZIONI
de Leibniz qu’aucune bibliothèque au monde ne possédoit, & d’en avoir recouvré plusieurs qui, quoique importants, n’avoient point encore vu le jour. Dutens ha il doppio merito di aver raccolto questa moltitudine sparsa di Opere di Leibniz che nessuna biblioteca al mondo possedeva e di averne scoperte numerose altre che, sebbene importanti, non erano ancora state stampate. p. 192 CAPITOLO V
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Comment peut-on rendre étanche un champ par rapport à un autre quand le sable du Sahara parcourt des centaines de kilomètres? Comment définir des distances de sécurité? Come si può rendere impermeabile un campo da un altro quando la sabbia del Sahara percorre centinaia di chilometri? Come stabilire distanze di sicurezza? p. 215 Un modèle de ce que durent être nombre d’acquéreurs de l’Encyclopédie, mais aussi comme l’archétype des acheteurs des innombrables encyclopédie qui de décennie en décennie, et d’éditions en rééditions, n’ont cessé de faire la fortune des libraireséditeurs, du XVIIIe siècle à nos jours. Un modello di molti acquirenti dell’Encyclopédie, ma anche l’archetipo degli acquirenti delle innumerevoli enciclopedie che, da decennio a decennio, da edizioni a riedizioni, non cessarono di fare la fortuna dei librai-editori, dal XVIII secolo ai giorni nostri. p. 219 Ce lecteur paradoxal, à la fois inconnu et pourtant si réel, participa au programme encyclopédique fondé sur la notion d’un savoir progressif. Questo lettore paradossale, sconosciuto e non per ciò meno reale, ha partecipato al programma enciclopedico fondato sul concetto di un sapere progressivo. p. 219 Cependant comme malgré les censures, et même les punitions corporelles encore plus puissantes que le censures, il y à toujours des esprits novateurs et incapables de se plier […] Tuttavia malgrado le censure e le punizioni corporali ancor più potenti delle censure, ci sono sempre spiriti innovatori, incapaci di piegarsi […] p. 222 S’écarter de la raison […] avec confiance, et dans la ferme persuasion qu’on la suit, voilà, ce me semble, ce qu’on appelle être fou. Tels sont du moins ces malheureux
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
297
qu’on enferme, et qui peut-être ne différent du reste des hommes, que parce que leurs folies sont d’une espèce moins commune, et qu’elles n’entrent pas dans l’ordre de la société.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Allontanarsi dalla ragione […] con fiducia e con la ferma persuasione di seguirla, questo, a parer mio, significa essere pazzi. Folli sono quelle persone che vengono rinchiuse e che non sono diverse dalle altre se non perché le loro follie sono di una specie meno comune, e non rientrano nell’ordine della società. pp. 222-223 Non de ce vrai que l’auteur de la nature a réservé pou lui seul, loin de la portée de notre esprit […] mais de ce vrai sensible, de ce vrai qui est à la portée de tous les hommes et qu’ils ont la faculté de connoître, parce que il leur est nécessaire, soit pour la conservation de leur être, soit pour le bonheur particulier, soit pour le bien général de la société. Non di quel vero che l’autore della natura ha riservato solo a sé, lontano dalla portata della nostra mente […] ma del vero sensibile, alla portata di tutti gli uomini, un vero che essi riescono a conoscere perché è loro necessario, sia per la propria conservazione e il proprio personale bene, sia per il bene generale della società. p. 223 Il y a des fous gais: tels sont en général les jeunes gens: tout les intéresse, parce que tout leur est inconnu; tous leurs sentiments sont excessifs, parce que leur âme est tout neuve; un rien les met au désespoir, mais un rien les transporte de joie […] Folie aimable, et qu’on peut appeler heureuse, […] qui passe trop vite, qu’on regrette dans un âge plus avancé. Ci sono folli allegri: così sono di solito i giovani: tutto li interessa perché tutto è loro sconosciuto, i loro sentimenti sono eccessivi perché il loro animo è tutto nuovo, un nonnulla li fa disperare, ma un nonnulla li riempie di gioia […] Amabile follia che si può dire felice […] che passa troppo presto e che si rimpiange in età avanzata. p. 223 Sans une autorité infaillible les disputes de religion sont interminables. Le mépris seroit un moyen bien aussi sûr que l’autorité. Les Théologiens ne disputent guère quand on ne les écoute pas. Senza un’autorità infallibile, le dispute di religione sono interminabili. Il disprezzo sarebbe un altro mezzo altrettanto efficace. I teologi non discutono tanto se nessuno li ascolta. p. 223 Lorsque les Catholiques et les Protestants, las des disputes et rassasiés d’injures, prirent le parti du silence et du repos, on vit en un instant une foule de livres vantés
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
298
INDICE DELLE CITAZIONI
disparoître et tomber dans l’oubli, comme on voit tomber au fond d’un vaisseaux le sédiment d’une fermentation qui s’appaise. Quando i cattolici e i protestanti, stanchi di discussioni e sazi di ingiurie decisero di tacere e di fermarsi, si vide in un attimo una moltitudine di libri celebri sparire e cadere nell’oblio, come si vede cadere sul fondo di un recipiente il sedimento di una fermentazione che si esaurisce. p. 223
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Le célibat étoit un conseil du Christianisme pour quelques êtres privilégiés. Lorsqu’on en fit une loi pour un certain ordre de gens, il en fallut chaque jour de nouvelles pour réduire les hommes qu’on vouloit forcer à l’observation de celle-ci. Il celibato era un consiglio del Cristianesimo destinato a qualche essere privilegiato. Quando è diventato una legge rivolta a una determinata categoria di persone, ogni giorno occorreva promulgarne di nuove per costringere gli uomini ad osservare la prima. p. 224 Les moyens de s’enrichir peuvent être criminels en morale, quoique permis par les lois, il est contre le droit naturel et contre l’humanité que des millions d’hommes soient privés du nécessaire […] pour nourrir le luxe scandaleux d’un petit nombre de citoyens oisifs […] Quelle différence pour le sage entre la fortune d’un courtisan faite à force de bassesses et d’intrigues et celle d’un négociant qui ne doit sa opulence qu’à lui même! I modi di arricchire possono essere moralmente criminali, anche se permessi dalle leggi, è contro il diritto naturale e contro l’umanità che milioni di uomini siano privi del necessario […] per nutrire il lusso scandaloso di un piccolo numero di cittadini fannulloni. Quale differenza per il saggio tra la fortuna di un cortigiano fatta di bassezze e di intrighi e quella di un commerciante che deve la sua opulenza solo a se stesso! p. 224 Toutes consistent à exagérer les avantages de son état, et à les faire valoir d’une manière outrageante pour les autres […] s’en glorifier c’est la pauvre ressource des subalternes. Tutte tendono a esagerare i vantaggi del proprio stato e a farli valere in modo oltraggioso verso gli altri […] gloriarsene è la povera risorsa dei subalterni. p. 224 Ils remercieroient volontiers l’être tout puissant d’avoir fait des ronces, des épines, des venins, des tigres, des serpents, en un mot tout ce qu’il il y a de nuisible et de malfaisant; et ils sont tout prêts à lui reprocher l’ombre, les eaux fraîches, les fruits
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
299
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
exquis, les vins délicieux, en un mot, les marques de bonté et de bienfaisance qu’il a semées entre les choses que nous appelons mauvaises et nuisibles. A leur gré, la peine, la douleur, ne se rencontrent pas assez souvent sur notre route […]. Ils croyent honorer Dieu par la privation des choses qu’il a crées. Ils ne s’apperçoivent pas que s’ils sont bien de s’en priver, il a mal fait de les créer, qu’ils sont plus sages que lui; et qu’ils ont reconnu et évité le piège qu’il leur a tendu. Essi ringrazierebbero volentieri l’onnipotente per aver creato i rovi, le spine, i veleni, le tigri, i serpenti, tutto ciò che esiste di nocivo e malefico; e sono sempre pronti a rimproverargli l’ombra, le acque fresche, i frutti squisiti, i vini deliziosi, insomma tutto ciò che di buono e benefico egli ha seminato tra le cose che chiamiamo cattive e pericolose. Secondo costoro pena e dolore non si incontrano abbastanza spesso sul nostro cammino […] Credono di onorare Dio privandosi delle cose che egli ha creato. Non si rendono conto che se fanno bene a rifiutarle, ha fatto male lui a crearle, e pensano di essere più saggi di lui avendo riconosciuto ed evitato la trappola. pp. 225-226 La vie civile est un commerce d’offices naturels, où le plus honnête homme met davantage; en procurant le bonheur des autres, on assure le sien […] Les moeurs douces, pures, honnêtes entretiennent la santé, donnent des nuits paisibles, et conduisent à la fin de la carrière par un sentier semé de fleurs. La vita civile è uno scambio di prestazioni naturali cui l’uomo più onesto contribuisce di più; procurando felicità agli altri si assicura la propria […]. I costumi dolci, onesti conservano la salute, procurano notti tranquille e conducono alla fine del cammino per un sentiero seminato di fiori. p. 227 L’homme sage frémit à l’idée seule d’un engagement indissoluble. Les législateurs qui ont préparé aux hommes des liens indissolubles, n’ont guère connu son inconstance naturelle. Combien ils ont fait de criminels et de malheureux? L’uomo saggio prova un brivido all’idea di un legame indissolubile. I legislatori che hanno stabilito vincoli indissolubili non hanno pensato alla umana naturale incostanza. Quanti criminali e quanti infelici hanno creato in tal modo? p. 231 On doit enfin considérer que l’Eglise par un esprit de douceur permet, par de motifs graves, la séparation du corps et quelquefois aussi celle d’habitation et toutes les deux ensemble, laissant cependant subsister le lien du sacrement. Bisogna infine considerare che la Chiesa per mitezza di spirito permette, per gravi motivi, la separazione dei corpi e talvolta anche dell’abitazione, e di tutte e due le cose insieme, lasciando tuttavia permanere il legame del sacramento. p. 231
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
300
INDICE DELLE CITAZIONI
Assez semblable à celui de l’inquisition: une superstition cruelle, aidée d’une politique barbare, favorable à l’abrutissement des peuples et si contraire aux maximes de la vraie religion et de l’humanité […]. Les deux tribunaux furent toujours également propres à anéantir la liberté des citoyens.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Assai simile a quello dell’inquisizione: una superstizione crudele, sostegno di una politica barbara, destinata all’abbrutimento dei popoli e così contraria alle massime della vera religione e dell’umanità […]. I due tribunali furono sempre ugualmente votati ad annientare la libertà dei cittadini. p. 232 Si l’on n’a pas soin de distinguer les différentes jurisdictions de la foi et de la raison […] qui ne voit que c’est là ouvrir un vaste champ au fanatisme le plus outré, aux superstitions les plus insensées? Se non si ha cura di distinguere le differenti giurisdizioni della fede e della ragione […] chi non vede che qui si apre un vasto campo al fanatismo più estremo, alle superstizioni più insensate? p. 234 Heureux cent fois le peuple à qui la religion ne propose à croire que des choses vraies, sublimes et saintes, et à imiter que des actions vertueuses; telle est la nôtre, où le Philosophe n’à qu’à suivre sa raison pour arriver aux pieds de nos Autels. Cento volte felice il popolo a cui la religione propone soltanto di credere a ciò che è vero, sublime, santo, e di ispirarsi ad azioni virtuose; quale è la nostra poiché il Filosofo non ha che da seguire la sua ragione per arrivare ai piedi dei nostri Altari. p. 235 Mahomet esquiva la difficulté par une de ces réponses, dont tous les chefs de secte sont bien pourvûs, qui n’éclairent point l’esprit, mais qui ferment la bouche. Maometto schivò la difficoltà con una di quelle risposte di cui i capi religiosi sono ben provvisti, che non illuminano affatto la mente, ma che chiudono la bocca. p. 235 Il faut, pour voir la liaison et l’analogie des différents objets, et l’usage des différents termes, former dans sa tête et a part le plan d’un traité de cette Science bien lié et bien suivi: il faut ensuite observer quelles seroient dans ce traité les parties et propositions principales et remarquer non seulement leur dépendance avec ce qui précède et ce qui suit, mais encore l’usage de ces propositions dans d’autres Sciences, ou l’usage qu’on a fait des autres Sciences pour trouver ces propositions. Per vedere il legame e l’analogia dei diversi oggetti e l’uso dei diversi termini, bisogna costruire nella propria testa e a parte, il piano di questa Scienza ben coeso e ben coerente, decifrarne le parti e le proposizioni principali e annotare non solo
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
301
la loro dipendenza da ciò che precede e da ciò che segue, ma anche l’uso di tali proposizioni in altre Scienze, o l’uso che delle altre Scienze si è fatto per trovare queste proposizioni. p. 237
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Nous sentons qu’un ouvrage, tel que nous l’avions conçu, demandait unité dans le plan et liaison dans ses parties: ce qui ne pourrait être qu’autant qu’il serait exécuté par une seule personne. Et où en trouver qui eût la patience et le temps nécessaires de lire, d’analyser, la plume à la main, dix-sept volumes in-folio, et, de plus, tous les talents nécessaires pour exécuter une telle entreprise? Heureusement pour nous, un de nos compatriotes, M. Mouchon, aujourd’hui ministre de l’église française de Bâle, a eu le courage de l’entreprendre. Eravamo convinti che un’opera simile richiedeva unità nel piano e legame tra le varie parti, ciò che poteva farsi solo se eseguita da una sola persona. E dove trovare chi avesse la pazienza e il tempo necessari di leggere, analizzare, penna in mano, diciassette volumi, oltre al talento indispensabile per una tale impresa? Per nostra fortuna uno dei nostri compatrioti, M. Mouchon, oggi ministro della chiesa francese di Bâle ha avuto il coraggio di assumersi l’iniziativa. p. 249 Que fournit Bâle? Et quand il fournirait, retranché dans ma solitude, que saurais-je de ce qui s’y passe? On élit des Meisters, des Ratshers, des baillis; on parle de visites, de mariages, de soupers, tout cela ne me touche guère: je vois d’ici le monde en perspective et cette perspective ne me tente guère. Che succede a Basilea? E se succede qualcosa come faccio a saperlo, trincerato nella mia solitudine? Si eleggono Maestri, Consiglieri, Giudici; si parla di visite, di matrimoni, di pranzi, tutto ciò non mi interessa; guardo da qui il mondo in prospettiva e questa non mi attira proprio. pp. 251-252 Rien de plus plaisant que l’Université de Bâsle […]. Les professeurs n’y donnent presque point de leçons publiques mais quelques leçons particulières dans lesquelles ils lisent trois ou quatre pages de leur Cahier, simplement, sèchement, sans autre explication, sans interrogation, puis l’heure sonne et ils s’en vonts […]. Les étudians en Théologie ne sont obligés de rendre aucune proposition pendant le cours de leurs études: quelques uns le font, mais la chose est volontaire et cela n’arrive que chez ceux qui veulent devenir un jour grands garçons. Nulla di più divertente dell’Università di Basilea […]. I professori non tengono quasi mai lezioni pubbliche, ma soltanto qualche lezione privata in cui leggono tre o quattro pagine del loro quaderno, semplicemente, stringatamente, senza spiegazioni, senza interrogazioni, poi suona la fine dell’ora e se ne vanno […]. Gli studenti di Teologia non sono obbligati a presentare alcun elaborato durante il loro corso di
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
302
INDICE DELLE CITAZIONI
studi, qualcuno lo fa, ma in maniera volontaria e questo succede solo a quelli che vogliono divenire un giorno grands garçons. p. 252 Au fond, le bonheur n’est qu’un affaire de sentiment; le plus heureux des hommes est celui qui peut donner à ses sentiments agréable le plus de continuité et le plus estimable celui qui sait le mieux associer ces sentiments à la vertu ou les faire en dépendre.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
In fin dei conti la felicità non è soltanto un fatto di sentimenti; il più felice degli uomini è quello che può prolungare al massimo i suoi sentimenti piacevoli e il più stimabile è quello che sa meglio associare i sentimenti alla virtù, o farli da essa dipendere. p. 252 La fortune a fermé pour moi ses écluses, la renommée n’a et n’aura jamais de trompette pour moi, je me resserre dans une sphère et, si la base de mon bonheur n’est pas immense, en aura-t-elle moins de solidité? La fortuna mi ha chiuso le sue porte, la fama non suonerà mai le trombe per me, io mi rintano nella mia sfera, e se la base del mio benessere non è immensa, sarà forse per questo meno solida? p. 252 Le prédicateur lit et les assistans tiennent tous les cahiers imprimés et suivent des yeux sur leur livre, voilà un assez plaisant spectacle pour un jour de jêune. Il predicatore legge e gli assistenti tengono il loro quaderno stampato e seguono con gli occhi sul libro, ecco un piacevole spettacolo per un giorno di digiuno. p. 253 Dieu m’est témoin […] que dès le grand matin jusqu’à l’heure de super, je ne puis très souvent disposer qu’un quart d’heure, et qu’enfin harassé le soir, le cerveau presque desséché par la contention d’esprit dans la quelle je passe ma journée, je n’ai plus ni force ni courage; mon coeur est toujours vivant pour mes chers et bons amis, ma volonté toujours la même, mais la plume me tombe des mains, et je n’ai plus le talent de rien dire. Dio mi è testimone […] che dalla mattina all’ora di cena spesso non dispongo che di un quarto d’ora, e che sfinito alla sera, con il cervello quasi disseccato per la tensione spirituale in cui passo la mia giornata, non ho più né forza, né coraggio; il mio cuore è sempre vivo per i miei cari e buoni amici, la mia volontà è sempre la stessa, ma la penna mi cade dalle mani e non riesco più a parlare. p. 253 De fuir le grand monde, de préférer à l’éclat qui importune, cette douce obscurité
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
303
qui satisfait, de rechercher enfin dans la solitude un sort indépendant des caprices de la fortune. Di fuggire dal gran mondo, di preferire, al fulgore che importuna, cette douce obscurité appagante, di cercare infine nella solitudine una sorte svincolata dai capricci della fortuna. p. 254
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Attendre des leçons tardives de sa propre expérience, les lumières nécessaires pour se conduire sagement, c’est attendre d’avoir vécu pour apprendre à vivre, c’est renvoyer à la fin de sa carrière la connoissance des moyens de la fournir heureusement; c’est s’éxposer à commettre des fautes qu’il n’est plus possible de réparer que par nos regrets et par nos larmes. Aspettarsi dalle lezioni tardive dalla propria esperienza i lumi necessari per comportarsi saggiamente, significa attendere di aver vissuto per imparare a vivere, è rinviare alla fine della propria carriera la conoscenza dei mezzi per sostenerla felicemente; è esporsi a commettere errori che non è più possibile riparare se non con rimpianti e lacrime. p. 255 Votre ami est homme, supportez-le donc, supportez-le par justice: il n’est point entre vous des privilèges exclusifs; vous avez apporté l’un et l’autre en communauté vos talens, vos vertus, vos defauts: cet ensamble fait une masse, un total auquel il faut l’un et l’autre participer également […] exigez peu de votre ami et beaucoup de vous-même. Il vostro amico è uomo; accettatelo dunque, sostenetelo per amore della giustizia: non ci sono tra voi privilegi esclusivi; voi avete messo reciprocamente in comune i vostri talenti, le vostre virtù, i vostri difetti: ciò compone un insieme, un tutto a cui l’uno e l’altro dovete partecipare ugualmente […] esigete poco dal vostro amico e molto da voi stessi. p. 255 Malgré l’abondance de lumières que cet Ouvrage présente, combien d’erreurs et d’omissions qui le déparent pour le fond des choses! Quelle inégalité dans les degrés de force de chacune des parties de cette collection! Nonostante l’abbondanza di luci che quest’Opera presenta, quanti errori e omissioni sciupano la sostanza delle cose! Quale disuguaglianza tra il peso delle varie parti di questa raccolta! p. 259 Puissez-vous seulement n’être jamais dans le cas de l’interrompre par aucun mauvais contretems et conserver dans la suite d’un si long travail la santé et toutes les forces nécessaires. C’est ce que je demanderai au Ciel pendant que vous travaille-
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
304
INDICE DELLE CITAZIONI
rez et ne pouvant vous soulager en rien là dedans, certainement mes vœux vous seconderont.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Possiate voi non essere costretto a interrompere la vostra opera per qualche fastidioso contrattempo e conservare nel corso di un lavoro così lungo la salute e le forze necessarie. Questo domanderò al Cielo mentre lavorerete e, non potendo in ciò esservi d’aiuto, certamente vi accompagnerò con i miei voti. p. 259 J’aurai aussi la gloire et l’avantage d’avoir dans mon frère une Encyclopédie vivante, bien plus portative que l’autre et plus facile à consulter, car je présume assez bien de vous pour croire que chaque sujet que vous analysez laisse une empreinte solide dans vôtre esprit et va se placer à mesure dans une case du vaste magazin de vôtre mémoire, de sorte qu’au sortir de ce travail vous allez avoir une tête tout à fait encyclopédique, capable de reproduir ce vaste corps des connoissances humaines, au cas que de nouveaux Goths et de nouveaux Vandales revinssent brûler nos Bibliothèques. L’heureux homme que mon frère! Jamais le pain ne lui manquera, parce qu’au cas que sa vocation vienne à lui manquer, il ne sera jamais dans l’embarras pour entreprendre et essayer successivement de toutes les professions, dont il va posséder la théorie, comme je possède mon Livret! […] A propos M. l’Astronome donnez moi des nouvelles des Comètes […] avez-vous vû le retour de celle qui s’attend au 2 d’octobre et qui doit exterminer cet univers sans aucune pitié pour l’Encyclopédie? Quelques bonnes gens croyent déjà l’avoir vue et un auteur de Chesne [?] vient, dit-on, de donner à ce sujet un traité qui commence par cette frase que j’ai eu beaucoup de peine à retenir quoique coulante et harmonieuse: Que dit-on donc tant et qu’entend-on donc tant dire sur cette Comète. Io avrò il vanto e il vantaggio di avere in mio fratello una enciclopedia vivente, ben più maneggevole dell’altra e più facile da consultare, poiché io vi stimo al punto di credere che ogni soggetto che voi analizzate lasci un’impronta solida nel vostro spirito che va a collocarsi in un tassello del vasto deposito della vostra memoria, in modo che, alla fine di questo lavoro, avrete una testa del tutto enciclopedica, capace di riprodurre il gran corpo delle conoscenze umane, in caso che nuovi Goti e nuovi Vandali tornino a bruciare le nostre Biblioteche. Felice uomo mio fratello! Non gli mancherà il pane e se venisse a mancargli la vocazione non sarà mai in difficoltà a intraprendere e tentare qualsiasi professione di cui possiede la teoria come io posseggo il mio Livret […]A proposito, signor astronomo, datemi notizie delle Comete […]avete visto il ritorno di quella che si aspetta per il 2 ottobre e che deve sterminare l’universo senza alcuna pietà per l’Encyclopédie? Qualcuno crede di averla già vista e un autore di Chesne (?) pare abbia scritto un trattato in merito che comincia con una frase che ho faticato a ricordare sebbene appaia fluida e armoniosa: Que dit-on donc tant et qu’entend-on donc tant dire sur cette Comète» p. 259
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
305
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Que de doutes et de ténèbres vous éclaircissez en avançant dans ce Dédale des connoissances humaines! […] Je me représente vôtre esprit comme ces instrumens de chymie, destinés à réduire certaines matières à leurs premiers élémens; ainsi vôtre esprit par son analyse fixe sur le papier la substance des divers articles de l’Encyclopédie tandis que par cette analyse la partie la plus spiritueuse s’évapore et monte à vôtre cerveau où elle forme le plus riche dépôt d’idées, de sorte que si […] n’existât pas […] un seul exemplaire de l’Encyclopédie, c’est dans vôtre tête qu’on pourroit retrouver tous les matériaux pour en compiler une nouvelle. Quanti dubbi e quante tenebre voi illuminate avanzando in questo Dedalo delle conoscenze umane! Io mi immagino il vostro spirito come quegli strumenti della chimica destinati a ridurre le materie ai loro primi elementi; così la vostra mente, attraverso l’analisi, fissa sulla carta la sostanza dei diversi articoli dell’Encyclopédie, finché la parte più raffinata evapora e sale al vostro cervello ove forma il più ricco deposito di idee, al punto che se […] non esistesse più […] un solo esemplare dell’Encyclopédie, è nella vostra testa che si potrebbe ritrovare tutto il materiale per compilarne una nuova. p. 261 Quel pressentiment plus fortuné ancore n’en pourrait pas tirer des coeurs qui s’aiment et qui souhaitent de se le témoigner de plus près. Quale più fortunato presentimento potrebbero trarne due cuori che si amano e che si augurano di poterlo testimoniare da vicino. p. 261 Bénit soit l’Encyclopédie qui vous a fourni vôtre première ressource, bénit soit la création des rentes viagéres qui vous a fourni ensuite celle d’en faire valoir avantageusement le produit, et bénit soit celui qui vous a donné la première idée. Benedetta sia l’Enciclopedia che vi ha dato la vostra prima risorsa, benedetti siano i vitalizi che vi consentono di far fruttare vantaggiosamente il prodotto e benedetto sia colui che vi ha dato la prima idea. pp. 263 Le manuscrit est très bien conditionné, un caractère très lisible. L’ordre alphabétique se suit de page en page et chaque article de chaque page est numéroté suivant l’ordre dans lequel il doit être imprimé […] et de plus il y a à la fin de tout l’ouvrage un avertissement de l’auteur sur la manière dont l’imprimeur doit se conduire. Il manoscritto è in ottime condizioni, il carattere ben leggibile. L’ordine alfabetico segue pagina dopo pagina e ogni articolo di ogni pagina è numerato secondo l’ordine in cui deve essere stampato […] e inoltre alla fine dell’opera c’è un avertissement dell’autore sul modo in cui lo stampatore deve operare. pp. 266-267
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
306
INDICE DELLE CITAZIONI
Malheur à nous si M.M. d’Alembert et les Philosophes ses confrères avoient eu les outres d’Eole à leur disposition, nous eussion partagé le sort qu’ils voudroient faire tomber sur leur terrible antagoniste et je ne vous écrirois pas dans ce moment. Disgraziati noi se d’Alembert e i Philosophes suoi colleghi avessero avuto a disposizione l’otre di Eolo: avremmo condiviso la sorte che essi volevano far cadere sul terribile antagonista ed io in questo momento non vi starei scrivendo. p. 268
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Il est juste que tu m’envoies ainsi ton mot du guêt. J’en ai deux à te donner en ce moment l’un qui est passager, c’est le mot Dictionnaire, l’autre qui est permanent aux siècles des siècles: Approchez vous Chère confédéré, pour le recevoir en même tems, c’est le mot Amitié. È giusto che anche tu mi mandi la tua parola d’ordine. Ne ho due da darti in questo momento, l’una è caduca, ed è la parola Dictionnaire; l’altra, è immutabile nei secoli dei secoli: avvicinati caro compagno per riceverla unitamente all’altra, è la parola amitié. p. 269 Il fallait voir découler cette boite: il fallait voir saisir toutes ses pièces, a droite, à gauche et à qui l’aura, et a qui l’examinera: c’étoit une confusion à faire mourir de rire le plus grave faiseur de tables d’encyclopédie. Bisognava vedere svuotare la cassa, bisognava vedere acchiappare tutti i pezzi, a destra a sinistra, chi li prende e chi se li prova, c’era una confusione da far morir dal ridere il più grande compositore di tavole di enciclopedia. p. 269 Mon travail journalier ressemble en plusieurs points à celui des ouvriers à la mine, aussi assujettissant que le leur, mais de plus quelquefois aussi pénible et fatigant selon les veines plus ou moins difficiles qu’il s’agit de travailler. Il mio lavoro quotidiano assomiglia per molti aspetti a quello degli operai in miniera, altrettanto opprimente che il loro, ma in più talvolta triste e faticoso a seconda delle vene più o meno difficili da sfruttare. p. 270 Parce que les Théologiens ont fait beaucoup de mal dans le monde, à force de donner de l’importance à leurs questions particulières ils ont fait de leur propre cause, la cause de Dieu; par les questions les plus frivoles, ils ont allumé le flambeau de l’intolérance; beaucoup d’ignorance, de subtilités, de mauvaise foi, de barbarie, voilà quel a été souvent leur caractère. Perché i teologi hanno fatto gran male nel mondo; a forza di caricare d’importanza le loro faccende, hanno fatto della loro causa la causa di Dio; ponendo i problemi
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE CITAZIONI
307
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
più frivoli hanno acceso il fuoco dell’intolleranza; grande ignoranza, sottigliezze, malafede, barbarie, ecco quelle che spesso sono state le loro principali caratteristiche. p. 275 Monsieur, ENFIN on a mis en vente le premier Volume de la Table analytique et raisonnée de l’Encyclopédie et des Supplémens, annoncée il y a plus de huit ans, entreprise par M. MOUCHON, célèbre Ministre de Genève, et achevée par lui seul, avec autant de courage que de sagacité. Le premier Volume de cette Table imprimée en petit Romain, avec la plus grande correction, par M. Stoupe, est pour vous, MONSIEUR, en feuilles, blanc ou broché, du prix de 23 livres; les volumes reliés vous coûteront 26 livres. Et comme il y a huit ans que j’avance mon argent sur cette objet, je tirerai à six mois pour toute demande; ceux qui en prendront douze exemplaires à la fois auront le treizième gratis, Il ne m’est pas possible de faire un plus long crédit. Le Tome second paroîtra au mois de Novembre. Cette Table peut être regardée comme un excellent Abrégé de l’Encyclopédie. le prix du Particulier est de 27 l. blanc ou broché, et de 30 l. relié. Signore, finalmente si è messo un vendita il primo volume della Table analytique et raisonnée de l’Encyclopédie et des Supplémens, annunciata ormai da otto anni e intrapresa da M. Mouchon, celebre Ministro di Ginevra e compiuta da lui solo con coraggio e altrettanta sagacia. Il primo volume di questa Table stampata in carattere piccolo romano, con accurata correzione da M. Stoupe, è per lei, Signore, in fogli slegati o in brossura, al prezzo di 23 lire; i volumi rilegati, costeranno 26 lire. E dato che sono otto anni che investo il mio denaro su questo oggetto, lascerei il pagamento a sei mesi per ogni richiesta; chi ne acquisterà dodici esemplari in una sola volta, avrà la tredicesima gratis. Non mi è possibile concedere un più lungo credito. Il Tomo secondo uscirà nel mese di novembre. Questa Table può essere considerata un’eccellente sintesi dell’Encyclopédie; il prezzo del singolo volume è di 27 l.; in fogli slegati o in brossura, e di 30 l. rilegato. p. 281
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
ELENCO DELLE BIBLIOTECHE CITATE
BANLC, Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, Roma BBO, Biblioteca Bodleiana, Oxford BCAB, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Bologna BCM, Biblioteca Comunale Manfrediana, Faenza BCR, Biblioteca Casanatense, Roma BCRS, Biblioteca Centrale Regionale, Palermo BDC, Biblioteca del Dipartimento di Scienze Giuridiche “A. Cicu”, Bologna BDI, Biblioteca del Dipartimento di Italianistica, Bologna BDS, Biblioteca del Dipartimento di Discipline Storiche, Bologna BEU, Biblioteca Estense Universitaria, Modena BHAW, Biblioteca Herzog August, Wolfenbüttel BL, The British Library, Londra BMCM, Biblioteca dei Musei civici, Modena BML, Biblioteca Municipale, Lione BMN, Biblioteca Municipale, Nancy BNCF, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze BNCR, Biblioteca Nazionale Centrale “Vittorio Emanuele II”, Roma BNF, Biblioteca Nazionale di Francia, Parigi BNN, Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III”, Napoli BPF, Biblioteca Provinciale, Foggia BPP, Biblioteca Palatina, Parma BPUG, Biblioteca Pubblica Universitaria, Ginevra BPUN, Biblioteca Pubblica Universitaria, Neuchâtel BSG, Biblioteca Sainte Genèvieve, Parigi BUB, Biblioteca Universitaria, Bologna BUBa, Biblioteca Universitaria, Basilea BVR, Biblioteca Vallicelliana, Roma
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INDICE DELLE LOCALIZZAZIONI E DELLE SEGNATURE DEGLI ESEMPLARI CONSULTATI1
Aurelio Agostino, De arte praedicandi, [parte IV], De doctrina christiana, [Magonza], Johann Fust [e Peter Schoeffer, non dopo Marzo 1647] (ISTC: ia01227000) (BNF, 2 esemplari: C519; C520; BMN, Inc.; BSG, Réserve OEXV 171 RES (P. 2); BL, C. 10.c18=IB. 89IB88; BBO, Auct. 7Q3.16) Fulvio Androzzi, Terza parte del’opere del R. P. Fulvio Androtio, in Venetia, appresso Lucio Spineds, 1606, 3 voll. (BCAB, 2.A.III.38) Silvio Antoniano, Dell’educatione christiana de’ figliuoli, in Cremona, appresso Mario Antonio Belpiero, 1609. (BCAB, 6.Z.V.76) Paolo Aresi, Panegirici fatti in diverse occasioni, in Milano, ad istanza di Francesci Mognaga, [1644]. (BCAB, 2.K.VI.16) Camillo Balliani, Ragionamenti sopra la sacra Sindone di N.S. Gesù Cristo, in Torino, Per Luigi Pizzamiglio, 1624, 2 voll. (BCAB, 2.K.V.22) Andrea Barbazza, Repetitio super titulo De verborum obligationibus, Bologna, Enrico da Colonia, Giustiniano da Rubiera, 6 Novembre 1497. (ISTC ib00106600) (BCAB, 16.O.I.11) Carlo Barbieri, Direction pour les voiageurs en Italie avec la notice des touttes les postes, et leurs prix, à Bologne, chez Jean Baptiste Sassi, 1771. (BUB, A.V.Caps.51.6.) Carlo Barbieri, Direction pour les voiageurs en Italie avec la notice des touttes les postes, et leurs prix, seconde édition, à Bologne, chez Jean Baptiste Sassi, 1772. (BUB, A.IV.P.VIII.33) Benedetto Benedetti, Trattato del timor di Dio ... ad istanza delle venerande Monache e Sorelle Suor Serafica e Suor Benedetta de’ Benedetti nipoti dell’auttore, in Bologna, presso Gio. Battista Bellagamba, 1609. (BCAB, 2 eaemplari: 2.AA.IV.24; A.M.IV.39) Giovanni Boccaccio, Decameron, Napoli o Firenze, impressore del Terenzio?, 1470 ca. (ISTC ib00725200) (BNCF, B.R.89) 1 Per le collocazioni degli esemplari delle Bibbie consultate si vedano i repertori citati nel capitolo III.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
312
INDICE DELLE LOCALIZZAZIONI
Giovanni Boccaccio, Decameron, Venezia, G. e G. de’ Gregori, 20 Giu. 1492 (ISTC ib00728000) (BNCF, B.R.36) Achille Bocchi, Symbolicarum quaestionum de universo genere quas serio ludebat libri quinque, Bononiae, in aedib. novae Academiae Bocchianae, 1555. (BCAB,16. P. IV. 43) Achille Bocchi, Symbolicarum quaestionum de universo genere quas serio ludebat libri quinque, Bononiae, apud Societatem Typographiae Bononiensis, 1574. (BCAB, 17.Y.VI.8) Jean Jacob Boissard, Romanae vrbis topographiae & antiquitatum, Francofurti, impensis Theodori de Bry, 1597-1562, 2 voll. (BEU, U.238.B.4.3-6) Ludovico Bolognini, Tabula annessa a Alessandro Tartagni, Consilia, Bologna, Enrico da Colonia, 22 Gennaio 1481. (ISTC it00023400). (BCAB, 16.O.I.2) William Bowles, Introduzione alla storia naturale e alla geografia fisica di Spagna, Parma, dalla Stamperia reale, 1783, 2 voll. (BCAB, BOERIS A.1402/1-2) Christoph Brouwer, Jacques Masen, Antiquitatum et annalium Trevirensium, Leodii, ex officina typographica Jo. Matthiae Hovii, 1670. (BHAW, M: Gm 2° 160: 1-2) Salvatore Cadana, Mariale, in Venezia, & Bologna, presso Gio. Battista Ferroni, 1642. (BCAB, 2.I.V.36) Pietro Maria Campi, Vita di S. Franca vergine, e badessa dell’ordine cistercense, in Piacenza, appresso Alessandro Baracchi, 1618. (BCAB, 1.M.II.9.op.1) Voldramo Castinelli, Pratica spirituale per sollevare il cuor della monaca a Dio Signor nostro in ciascuna sua facenda del giorno, in Roma, per Giuseppe Luna, 1651. (BCAB, 2.N.III.15). Bernardino Castori, Institutione civile e christiana, in Roma, appresso Alessandro Zanetti, 1622. (BCAB, 2.BB.II.2) Bernardino Castori, Instutione civile e christiana per uno, in Roma, appresso Alessandro Zanetti, 1622. (BCAB, 2.BB.II.2). Bernardino Castori, Institutione civile e christiana, in Roma, apresso Manelfo Manelfi, ad istanza di Francesco Roberti, 1642. (BCAB, 2.V.III.17). Nicolas Caussin, La corte Santa ... Che contiene l’Huomo di Stato, il Cavaliere, & le Dame, in Bologna, presso Carlo Zenero, 1648. (BCAB, 2.a.III.18) Barthelémy de Chasseneuz, Consilia caussarum patronis, ac disceptatoribus non minus utilia, quam necessariam, Lugduni, apud haeredes Iacobi Giuntae, 1551. (BCM, Z.N.16-7-2) Antonio Conca, Descrizione odeporica della Spagna, Parma, dalla Stamperia Reale, 1793-1797, 4 voll. (BUB, A.IV.P.IV.24) Giovanni Crastone, Lexicon Graeco-Latinum, Venezia, Aldo Manuzio, Dic. 1497, (ISTC ic00960000). (BNCF, RES-X-91; BNF, 2 esemplari: Réserve C-19; Réserve C-20; BSG, OE a fol., 9 (cat. Daunon); BL, IB.88; BBO, Auct.7.Q 3.16)
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE DELLE LOCALIZZAZIONI
313
Pietro d’Ancarano, Super quinto decretalium facundissima commentaria, Bononiae, apud Societatem Typographiae Bononiensis, 1581, 5 voll. (BEU, 14.M.15) Pietro d’Ancarano, In quinque Decretalium libros facundissima commentaria, Bononiae, apud Societatem Typographiae Bononiensis, 1581. (BEU, 14.M.12) Francesco De Amatis, Vita della reverenda Madre, suor Iacinta Marescotti, Viterbo, [s.e.], 1642. (BCAB, 1.N.IV.93) Dino del Mugello, Consilia Benedictis à Vadis adnotationisbu illustrata, nunc demum singulari fide & studio castigata, Lugduni, apud haeredes Iacobi Giuntae, 1551. (BCM, Z.N.11-4-4)
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Louis Dutens, Opera omnia, nunc primum collecta, in classes distributa, praefationibus & indicibus exhornata, Ginevra, Tournes, 1768. (BUB, A.IV.R.VII.44) Louis Dutens, Itinéraire des routes les plus frequentées, à Londres, chez André Dery, Duk’es Court, St. Martin’s, 1777. (BCR, G.VII.8.CC) Erasmo da Rotterdam, Adagiorum chiliades quatuor, centuriaeque totidem, Venetiis, in aedibus Aldi, et Andreae soceri, mense septembri, 1520. (BEU, alpha.Z.4.5) Erasmo da Rotterdam, Adagia quaecumque ad hanc diem exierunt, Florentiae, apud Iuntas, 1575. (BEU, 65.K.25) Erasmo da Rotterdam, Adagia quaecumque ad hanc diem exierunt, Venetiis, ex unitorum societate, 1585. (BEU, Hugues.III.I.23) Erasmo da Rotterdam, Desiderii Erasmi Roterodami Opera omnia emendatiora et auctiora, Lugduni Batavorum, cura & impensis Petri Vander Aa, 1703-1706. (BUB, A.V.GG.III.13) Martin Dominique Fertel, La science pratique de l’imprimerie, a Saint Omer, par Martin Dominique Fertel, 1723. (BML, 157509) Giuseppe Maria Galanti, Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie, in Napoli, nel Gabinetto letterario, 1788. (BDS, V.N*4.Antico.2) Aulo Gellio, Noctes Atticae, Roma, in domo Petri de Maximis, 11 Apr. 1469, (ISTC ig00118000) (BANLC, 49. F. 5) Giovanni d’Anagni, Consilia cum additionibus et tabula Ludovici Bolognini, Bologna, Enrico da Colonia, 1481. (ISTC ij00250000) (BCAB, 16.O.I.9) Tommaso Grammatico, In costitutionibus, capitulis, et pragmaticis Regni Neap. et ritibus magna Curiae vicariae additiones, & apostillae, quas tum ipse lucubrarat…Venetiis, impressum apud Ioannem Variscum, expensis D. Baptistae de Christophoro bibliopolae Parthenopei, 1562. (BCM, Z.N. 12-6-4) Giovanni Maria Guanzelli, Indicis librorum, Romae, ex typographia R. Cam. Apost., 1607. (BCAB, 15.E.IX.16) Jean de La Roque, Viaggio nell’Arabia Felice per l’Oceano Orientale, e lo Stretto del Mar Rosso, in Venezia, presso Sebastian Coleti, 1721. (BUB, A.IV.P.VIII.26)
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
314
INDICE DELLE LOCALIZZAZIONI
Gottfried Leibniz, Godefridi Guilielmi Leibnitii Principia philosophiae, more geometrico demonstrata, Francofurti et Lipsiae, impensis Petri Conradi Monath, 1728. (BUB, A.IV.R.IV.41) Girolamo Manfredi, Liber de homine, Bologna, Ugo Ruggeri e Domenico Bertocchi, 1 lug. 1474, (ISTC im00191000). (BCAB, 16.O.II.19) Girolamo Manfredi, Liber de homine, Napoli, [Francesco del Tuppo], ed. Bernardino Gerardini, 31 ago. 1478, (ISTC im00192000). (BNN, S.Q.VI.D.12) Giovanni Marangoni, Il divoto pellegrino guidato, ed istruito nella visita delle quattro Basiliche di Roma, per il giubileo dell’anno santo MDCCL, Roma, nella stamperia del Chracas, presso S. Marco al Corso, 1749. (BUB, A.M.EE.VI.42) Anton Raphael Mengs, Opere di Antonio Raffaello Mengs, Parma, dalla Stamperia Reale, 1780, 2 vol. (BPP, PAL 18025, 1-2) Maximilien Misson, Nouveau voyage d’Italie, fait en l’année 1688, La Haye, H. Van Bulderen, 1691, 2 vol. (BDI, Camporesi, W.6.62m) Maximilien Misson, A New Voyage to Italy, the second edition, enlarg’d above one third, London, printed for T. Goodwin at the Queen’s Head; M. Wottom, at the Three-Daggers in Fleet-street; S. Manship, at the ship in Cornhil; and B. Took at the Middle-Gate in Fleet-street, 1699, 2 voll. (BDI, Camporesi. W.VI.63). Maximilien Misson, Nouveau voyage d’Italie, fait en l’année 1688, quatrième édition plus ample & plus correcte que les precedentes; enrichie de nouvelles figures, à La Haye, chez Henry van Bulderen, marchand libraire, dans le Pooten, a l’Enseigne de Mezeray, 1702. (BNCF, Magl.20.6.11) Daniel Georg Morhof, Polystor, Lubecae, sumptibus Petri Boeckmanni, 1747, 2 voll. (BCAB, 15. K. II. 14-15) Johann Müller, Calendarium, Venezia, Bernhard Maler, Peter Löslein, Erhard Ratdolt, 1476. (ISTC ir00103000). (BUB, AV.KK.VI.14) Thomas Nugent, The Grand Tour, London, printed for S. Birt, D. Browne, A. Millar and G. Hawkins, 1749. (BUB, A.IV.P.V.2) Luca Pacioli, Somma di arithmetica, geometria, proporzioni e proporzionalità, Venezia, P. de Paganini, 1494. (ISTC il00315000). (BVR, H.IV.81; BNCR, 70.4.D.7; BANLC, 53.F.2; BCAB, 16.H.IV.9) Luca Pacioli, Somma di arithmetica, geometria, proporzioni e proporzionalità, Venezia, P. de Paganini, 1523. (BCAB, 16 K.IV.1; BANLC: Rr.C.15) Niccolò Perotti, Cornucopiae linguae Latinae, Venezia, Aldo Manuzio, Lug. 1499. (ISTC ip00296000) (BANLC, 56.H.8) Antonio Ponz, Viaggio fuori di Spagna di D. Antonio Ponz, in Ferrara, per gli eredi di Giuseppe Rinaldi, 1794, 2 voll. (BCAB, 18. P. II. 14 /1-2) Francesco Saverio Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, in Bologna [etc.], per Ferdinando Pisarri [et al.], 1739-1752. (BCAB, 15.H.VI.05-11/indice)
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INDICE DELLE LOCALIZZAZIONI
315
Eric Raspe, Oeuvres philosophiques latines & françoises de feu M. de Leibniz, et publiées par M. Rud. Eric Raspe, a Amsterdam et a Leipzig, chez Jean Schreuder, 1765. (BCAB, 9.D.II.15) Regole di S. Agostino, S. Benedetto, e Santa Chiara, in Bologna, per Vittorio Benacci, Stampator’Archiepisc., 1623. (BDC, XXIII.I.337) Carlo Sigonio, De antiquo iure civium Romanorum, Venetijs, apud Iordanum Zilettum, 1560. (BEU, 77.C.1) Carlo Sigonio, De antiquo iure populi Romani, Bononiae, apud Societatem Typographiae Bononien., 1574. (BEU, VI.M.8.16) Carlo Sigonio, Historiarum de regno Italiae libri quindecim … qui libri historiam ab anno 570 usque ad 1200 continet, Venezia, Giordano Ziletti, 1574. (BPP, PAL 17524) Carlo Sigonio, Index historiarum De regno Italiae, Bologna, Giovanni de’ Rossi, 1576. (BMCM, Fondo librario antico) Sisto da Siena, Bibliotheca sancta, Venetiis, apud Franciscum Franciscium Senensem, 1566, 2 vol. 2. (BUB, AM.QQ.VIII.14) Specchio religioso per le monache, Milano, appresso Gio. Batttista Bidelli, 1618. (BCAB, 2.u.I.1) Statuta Collegii Hispanorum Bononiae, [Bologna, Antonio Giaccarelli, Pellegrino Bonardo, 1538]. (BCAB, 17. R. IV. 13) Georg Adam Struve, Index tripartitus in Syntagma juris ciuilis, Jenae, Typis Johannis Nisi, 1682. (BPF, F.S.B.200.F.A.XVII) Alessandro Tartagni, Consilia, Bologna, Enrico di Colonia, 1481 (ISTC it00023400) (BCAB, 16.O.I.24) Lorenzo Valla, Elegantiae linguae latinae, Roma, Johannes Philippus de Lignamine, 1471. (ISTC: iv00050000). (BCRS, Inc. 64) Lorenzo Valla, Elegantiae linguae latinae, Venezia, Nicolaus Jenson, 1471. (ISTC: iv00051000). (BCAB, 16.G.V.22) Lorenzo Valla, Elegantiae linguae latinae, Parigi, Ulrich Gering, Martin Crantz e Michael Friburger, 1471. (ISTC: iv00052000). (BUBa, Inc. 706) Giovanni Maria Vidari, Il viaggio in pratica, in Venezia, presso Luigi Pavino, 1718. (BUB, A.IV.P.VIII.25)
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE ANALITICO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Avvertenza Nell’indice sono compresi anche i nomi biblici, letterari o leggendari. Gli enti sono indicizzati come sottovoci dei toponimi, evidenziati in grassetto. Non sono stati indicizzati nomi e toponimi che compaiano all’interno delle citazioni bibliografiche. Il rinvio è al numero di pagina distinguendo laddove il lemma compaia nelle note a piè di pagina (n). Abdalcader: 98 Abraam: 159 Abrial, André Joseph, conte di: 99 Acanfora, Silvana: 194n, 204n, 207n, 212, 213n Acrone: 173 Adam da Ammergau: 149 Adriano I, papa: 134 Afrodite: 172 Agostino, santo: 32, 32n, 170 Agricola, Georg; De re metallica -indice: 67 Agrippa d’Aubigné, Theodore: 244, 246 Aguesseau, Henri François d’: 9 Albin Michel, casa editrice: 5 Alciato, Giovanni Andrea: 76 Alembert, Jean Le Rond d’: 191, 217, 220, 222, 224, 233, 235, 237, 239, 245, 256-257, 268, 272, 305 Alessandro II, papa: 135 Alessandro VI, papa: 114 Alessandro da Imola: 78 Algardi, Bartolomeo: 168
Alighieri, Dante: 50, 210 Aman: 158 Amat, Pietro: 96n Amerbach, Johann: 26, 26n, 33 Amsterdam: 33, 97, 190, 218, 258, 281 Anania, Giovanni d’ vedi Giovanni d’Anagni Anassimandro: 181 Ancarano, Pietro d’; Commentaria: 174, 175, 313 Ancona: 101 Andria, Marcello: 194n, 204, 204n, 206n Androzzi, Fulvio; Dello stato lodevole delle vedove -indici prescrittivi: 88, 88n, 311 Angelini, Annarita: 171n Anhalt-Zerbst, principessa d’: 258 Anselmi, Gian Mario: 11n, 22n Anticristo, 159 Antoniano, Silvio; Dell’educazione christiana de’ figliuoli -indici prescrittivi: 89, 89n, 311 Antonino, Biancastella: 15n, 27n, 48n, 108n
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
318
INDICE ANALITICO
Anversa: 129n, 131 Appel, Carl: 52n Aranceyo, Petrus de: 73, 74 Ardouin, Idelette: 106n Aresi, Paolo; Panegirici -indici e virtù femminile: 88n, 90, 90n, 91, 92, 311 Argelati, Filippo: 9, 135, 136 Ariosto, Ludovico: 164, 179, 210, 211 Aristea: 145, 152 Aristippo: 226 Aristotele: 220 Armenino da Faenza, Girolamo: 176 Armstrong, Elizabeth H.: 129n Arran, Charles, conte di: 100, 101 Ascheri, Mario: 70n Asclepio: 182 Assante, Franca: 98n Assuero: 158 Attavanti, Attavante degli: 36 Aubert, Giuseppe; curatore della ristampa livornese dell’Encyclopédie: 228-233 Ausbach, pastore: 274 Avila, Giovanni; Trattato spirituale -sommario per le monache, redatto dall’autore: 89, 94, 94n, 95 Azara, Jose Nicolas de: 102n, 103, 103n Azzini, Eleonora: 16 Azzoguidi, Baldassarre: 54 Bacchelli, Franco: 179n Badalì, Renato: 11n Baedeker, Karl: 108 Balbi, Giovanni: 32 Baldacchini, Lorenzo: 19n, 36n Balliani, Camillo; Ragionamenti sopra la Sacra Sindone: 90, 90n, 91, 311 Balsamo, Luigi: 52, 52n, 122n, 168n Barbarigo, Agostino: 145 Barbazza, Andrea; Repetitio super titulo -indici di Giovanni da Monferrato: 74, 77, 311 Barberi, Francesco: 36n Barbieri, Carlo; Direction pour les vo-
yageurs -indici per viaggiatori e commercianti: 107, 108, 108n, 311 Barbieri, Edoardo: 147, 147n, 149, 150n, 152n, 155n Barco, Giovanni Pietro; Specchio religioso per le monache -indici prescrittivi: 86n, 89, 89n Barducci, Roberto: 57n Barker, Nicolas: 24n Baronio, Cesare: 133 Barret, Jean-Marie: 280 Barzazi, Antonella: 217n Basilea: 33, 125, 126, 129, 132n, 189, 249, 251, 253, 257, 263, 268, 281, 290, 295 Biblioteca Universitaria: 16 Certosa: 26 Università: 252, 301 Bassompierre, Jean-François: 278 Battistella, Antonio: 167n Battistini, Andrea: 16, 209n, 217n Bayle, Pierre: 186, 264; indice dell’edizione del suo carteggio a cura di P. Marchand: 62 Belforte, Andrea: 73 Bell, Hazel K.: 32n Bellettini, Pierangelo: 168n Bellomo, Manlio: 73n Belton, Adrian: 113n Beltramo, Alberto: 16 Benacci, tipografi: 167-169 Benacci, Alessandro: 167, 168 Benacci, Vittorio: 167, 168, 170 Bencivenni Pelli, Giuseppe; Effemeridi -utilità degli indici: 64 Bendeinj, Maometto: 97 Benedetti, Benedetto; Trattato del timor di Dio -indici per le monache: 91, 91n, 311 Benedetto da Norcia, santo: 170 Benedetto XIV, papa: 109, 136 Bennassar, Bartholomé: 144n Benucci, Gabriele: 228n, 229n Berengo, Marino: 10, 10n
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INDICE ANALITICO
Berger, Jean Antoine: 247 Berlino: 253 Bernardo da Siena vedi Ilicino, Bernardo Bernouilli, Jacob: 258 Beroaldo, Niccolò: 51, 52 Berquin, Louis de: 127 Berselli, Aldo: 16 Berselli, Annarosa: 16 Bertocchi, Domenico: 49 Bertoni, Giulio: 51n Betullia: 158 Bindoni, Francesco: 164 Biondi, Albano: 156n Biondo, Flavio: 30 Biondo, Gaspare: 30 Biponto (Magonza): 175 Biscardi, Luigi: 99 Blair, Ann: 54n Boccaccio, Giovanni: 36n, 311, 312 Bocchi, Achille; Symbolicarum quaestionum -indici: 171, 171n, 312 Bocchi, Francesca: 133n Bodoni, Giambattista: 102 Boffito, Giuseppe: 38n Boissard, Jean Jacob: 68, 68n, 312 Bologna: 27, 50, 51, 68, 72, 74-76, 77n, 101, 108, 132n, 135, 143, 166-169, 198, 199, 204 Accademia Bocchiana: 171 Biblioteca dell’Archiginnasio: 16, 41, 41n, 43, 46, 49n, 83 Biblioteca del Dipartimento di Italianistica: 16 Biblioteca dell’Istituto di scienze religiose: 16 Biblioteca Universitaria: 16, 67, 83 Università: 52, 76, 78, 174, 217, 287 Bolognini, Ludovico; giurista bolognese, autore di varie tabulae di Consilia: 7479, 312 -ne redige il proemio: 287, 288 -ne cura lo smercio: 75 Bonani, Vittoria: 140n
319
Bonardo, Pellegrino: 169 Boncompagni, Baldassarre: 40, 40n, 45 Böninger, Lorenz: 178n Bonnet, Charles: 272 Bono, Jacopo Antonio, medico bolognese; collabora con A. Brasavola all’indice dell’Opera Omnia di Galeno: 182 Bono, Nicola: 36n Booz: 158 Bortolotti, Marco: 68n Bouhours, Dominique: 209 Bowles, William: 102, 102n, 312 Boxhorn, Marcus Zuerius: 63, 287 Braida, Lodovica: 61, 61n, 65n, 162 Brasavola, Antonio detto Musa, medico ferrarese: 69; autore degli indici dell’Opera Omnia di Galeno: 179 sgg. Briesemeister, Dietrich: 102n Brioschi, Franco: 194n Brisighella, Giovanni Maria da vedi Guanzelli, Giovanni Maria Britti, Andrea: 46n Brouwer, Cristoph; Antiquitates annalium Trevirensium -indici di J. Masen: 185, 185n, 312 Brucioli, Antonio: 144, 146, 146n, 147, 149, 154 Brucioli, Francesco: 147 Brucker, Jacob: 192 Brunet, Gustave; segnala accuratamente gli indici nella bibliografia: 68, 68n Bruno, Giordano: 138 Bruxelles: 106 Budrioli, Bartolomeo: 168 Bühler, Curt F.: 76n Buonarroti, Michelangelo: 113 Burman, Pieter: 62 Bussi, Giovanni Andrea; prefazione alle Noctes Atticae di Gellio: 24-26; curatore editoriale per Sweynheim e Pannartz: 162 Byatt, Antonia S.: 32n
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
320
INDICE ANALITICO
Cacciapuoti, Fabiana: 194n, 202, 202n, 206, 206n, 207n, 213, 213n Cadana, Salvatore; Mariale -indici e virtù femminile: 90-93, 312 Calvino, Giovanni: 126, 126n, 279 Calzolari, Andrea: 205n Camerini, Luigi Silvestro: 148n Camerini, Paolo; segnala accuratamente gli indici negli Annali dei Giunti: 68, 69; edizioni giuntine della Bibbia in volgare: 146-148 Campanella, Tommaso: 138 Campi, Pietro Maria; Vita di S. Franca: 91, 91n, 312 -indici e virtù femminile: 94 Camporesi, Piero; auspicata la redazione di indici per la sua opera: 11 Canterzani, Giambattista; indici nelle edizioni Dalla Volpe: 67, 68n Cappelli, Marcantonio: 170n Capponi, famiglia: 51 Caprioli, Severino: 75n, 76n Caramuel Lobkowitz, Juan; Syntagma de arte typographica -tecnica degli indici: 60, 202 Cardini, Roberto: 176n Carile, Antonio: 133n Carlo I Stuart, re d’Inghilterra: 227 Carlo IX di Valois, re di Francia: 225 Carlo Magno: 232 Carlo V d’Asburgo, imperatore: 117, 172 Caroti, Stefano: 152n Casado Arboniés, Manuel: 15n Casali, Elide: 11n Casini, Paolo: 216, 216n Castelli, Livia: 16 Castelli, Luisa: 16 Castellione, Sebastiano: 123, 123n, 290 Castillo Gómez, Antonio: 15n Castinelli, Voldramo; Pratica spirituale -indici prescrittivi per le monache: 89, 89n, 312 Castore: 172
Castori, Bernardino; Instituzione civile e christiana -sommario prescrittivo: 88, 88n, 89, 91, 93, 312 Caterina II, imperatrice di Russia: 258 Caussin, Nicolas; La corte santa: 91, 91n, 312 -indici ed exempla comportamentali: 94 Cavallo, Guglielmo: 23, 23n, 58n Cedam, casa editrice: 3 Cederna, Camilla Maria: 17n Cellini, Benvenuto: 104 Centone, Girolamo; correttore editoriale: 164 Cepronymus, Constantinus: 134 Cerri, Augusto: 3 Cervantes Saavedra, Miguel de: 40 Chartier, Roger: 11, 23, 23n, 58n, 187n Chasseneuz, Barthélemy de; giurista, autore di Consilia: 80, 312 Chauvet, David: 253n Chiara d’Assisi, santa: 170 Chiara da Montefalco, santa: 91 Chines, Loredana: 15n, 47n Choisy, Jean Jacques: 258n Ciardi, Marco: 197n Cicerone: 63, 173 Cinelli Calvoli, Giovanni: 11 Cinonio: 198 Ciocci, Argante: 40n, 42n Città del Vaticano Biblioteca Apostolica Vaticana: 16 Clarke, David A.: 45, 45n Clemente VIII, papa: 118-120 Clemente XIV, papa: 108 Clerici, Luca: 96n, 98n Clodoveo I, re dei Franchi: 88, 94, 224 Clotilde, santa: 88, 94 Cochetti, Maria: 19n, 60n, 62n, Col di Tenda (Cuneo): 106 Coletti, Vittorio: 141n Colli, Vincenzo: 73n Collina, Beatrice; modelli femminili nel libro a stampa: 86, 86n, 95, 95n
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INDICE ANALITICO
Colonia: 184, 185 Commissione Warren: 5, 5n Conca, Antonio; Descrizione odeporica della Spagna -indici storico-artistici e orgoglio nazionale: 101-104, 312 Condillac, Etienne Bonnot de: 99 Condorcet, Jean Antoine Nicolas: 275n Condorelli, Orazio: 73n Conring, Herman: 63n Contarini, Gasparo: 115 Conte, Gino: 126n Cordero, Franco: 176n Coronelli, Vincenzo; Biblioteca universale: 217 Cortese, Ennio: 3 Costantino I, imperatore: 133 Costantinopoli: 134 Cramer, tipografi; editori di Voltaire: 183 trattative con il Mouchon: 258, 260, 262, 266, 276-277 trattative con la Société Typographique di Neuchâtel: 279, 280 Crapelet, Georges-Adrien: 129n Crépel, Pierre: 219, 219n, 239, 239n, 251n, 253n, 255-257, 259n, 271, 271n, 275n Cristiano, Flavia: 2, 3n Cromwell, Oliver: 227 Cujas, Jacques; utilitas degli indici nelle opere giuridiche: 66, 66n Curtius, Ernst Robert: 1, 1n, 69, 69n Cusatelli, Giorgio: 96n, 100n, 104n, 106n Dalen, Enrico; commercio di tabulae: 75 Dall’Olio, Guido: 143n Dalla Volpe, tipografi: 67 Dalla Volpe, Lelio: 68 Damiani, Rolando: 195-197, 202n, 203n, 206n Dandolo, Vincenzo: 197 Dantini, Mariarita: 52n
321
Dardier, Charles: 274, 274n, 275n Darnton, Robert: 234, 234n, 279, 279n, 280 Daubenton, Louis Jean Marie: 235 De Amatis, Francesco; Vita […di] suor Iacinta Marescotti -indici e virtù femminile: 87n, 313 De Attellis, Francesco: 99 De Bary: 258 De Bernard, Giuseppe: 38n De Bujanda, Jésus Martinez, 112, 112n, 115n, 125n, 126n, 127n De la Cruz, Juana Inés: 157 De Morgan, Augustus: 45 De Seta, Cesare: 95, 96n, 100n De Tournes, Samuel: 262 De Tournes, tipografi pubblicano l’Opera Omnia di Voltaire: 190 trattative con il Mouchon: 258, 260, 262, 266, 276, 277 trattative con la Société Typographique di Neuchâtel: 277, 280 Dei, Benedetto; Cronica -indice manoscritto: 57, 57n, 58 Del Col, Andrea: 156 Demarco, Domenico: 98n Denina, Carlo: 191; indici -utilità commerciale -strumento del laboratorio creativo dell’autore: 65, 66n Desiderio, re d’Etruria: 134 Di Carlo, Carla: 16 Di Fazio, Margherita: 69n Di Filippo Bareggi, Claudia: 146n Diderot, Denis: 217-219, 221, 223, 229, 235, 239, 244, 246, 257, 267 Diefenbach, Lorenz: 43 Dillon Bussi, Angela: 36n Dino del Mugello; giurista, autore di Consilia: 80, 313 Diodati, Ottaviano; cura la ristampa lucchese dell’Encyclopédie, con annotazioni: 228-233
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
322
INDICE ANALITICO
Dionisotti, Carlo: 4, 4n, 50, 50n Dioscoride: 36 Diplovatazio, Tommaso: 76, 76n Dolce, Lodovico; curatore dell’edizione Bindoni-Pasini del Furioso -ne redige la tavola: 164 Donati, Lamberto: 168n Donato, Clorinda: 272n Donazzolo, Pietro: 107n Du Caurroy, Eustache: 225 Duplain, Pierre: 280 Duranti, Tommaso: 49n Dutens, famiglia: 106n Dutens, Vincent-Louis; Itinéraire des routes -indici pratici per il viaggiatore e il commerciante: 105, 106n cura l’Opera Omnia di Leibniz: 190-193, 295, 313 Edimburgo: 106 Encyclopédie -vedi anche: Mouchon, Pierre -vedi anche: Table analytique et raisonnée analisi di singoli lemmi: 221-228 condannata all’Indice: 228 ricezione del testo: 218, 219 edizioni di Lucca e Livorno: 217, 228 -note a pié di pagina: 228, 229, 261 Planches: 216, 238, 281; Supplément: 216, 217, 220, 238, 248, 251, 263, 267, 277, 279, 280, 281 Enea: 172 Engammare, Max: 150n, 190-193, 295, 311 Enrico da Colonia: 72, 74, 79 Enrico III di Valois-Angoulême, re di Francia: 245 Enrico III, imperatore: 135 Epicuro: 226, 254 Erasmo da Rotterdam: 35, 63, 101, 123, 128, 129, 162, 176, 187-190, 287, 290, 295, 313 Ermenegildo, genero di Clotilde: 94
Erode: 155 Este, casata d’: 53 Este, Borso d’: 53 Este, Ercole II d’: 179, 182 Esther: 158, 159 Estienne, Robert: 126, 128, 129, 139, 154 Eusèbe de Nuremberg: 234 Facciolati, Jacopo: 39n Faelli, Giambattista: 168 Faenza: 70n Biblioteca Manfrediana: 16 Fagioli Vercellone, Guido: 65n Faini, Sandra: 108n Falloppia, Gabriele: 181 Fantuzzi, Gaetano; valore delle edizioni condizionato dalla qualità degli indici: 66, 66n, 67 Fasanini, Nicolò: 52 Fasoli, Gina: 133n, 134 Fava, Domenico: 53, 53n Favaro, Antonio: 2 Fayard, casa editrice: 5 Federico IV d’Aragona: 186 Ferdinando II d’Aragona, il Cattolico: 117 Ferdinando IV di Napoli: 99 Ferrara: 77, 102, 179, 181 Fertel, Martin Dominique: 34, 34n, 63, 313 Fichet, Jean: 21, 26 Filippo IV di Francia, il Bello: 242 Fiorilla, Maurizio: 22 Firenze: 38, 64n, 101, 107, 116, 148, 178n, 193 Archivio di Stato: 57 Biblioteca Marucelliana: 154n Biblioteca Nazionale Centrale: 16, 32n, 151, 154n Firpo, Luigi: 113 Firpo, Massimo: 133n, 140n Foggia Biblioteca provinciale: 16
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INDICE ANALITICO
Fontana, Antonia Ida: 176n Fontenelle, Bernard de: 192 Fonzio, Bartolomeo: 145, 152 Forcellini, Egidio: 39, 39n Foresti, Fabio: 48n Formey, Jean-Henry-Samuel: 222, 273, 278 Fortuna, Stefania: 50n Foscarini, famiglia: 106 Fragnito, Gigliola: 12, 13n, 16, 112, 113n, 116-119, 122n, 137n, 138n, 141n, 142n, 144n Frajese, Vittorio: 113n Francesca Romana, santa: 87 Francesco I di Valois, re di Francia: 125, 128, 146 Francesco II Sforza, duca di Milano: 114 Francoforte: 56n Frati, Luigi: 51, 51n, 76, 76n Freud, Sigmund; memoria volontaria e involontaria: 69 Frey, Johann Ludwig: 258 Froeben, Hieronimus: 129, 189 Fuller, Thomas: 1, 69 Fumagalli, Giuseppe: 38, 38n Fumaroli, Marc: 10, 117n Fust, Johann: 32, 32n Gabriele di Piero: 152 Gabriele, Mino: 20n Gajewski, Pawel: 126n Galanti, Giuseppe Maria; Descrizione geografica e politica della Sicilia -indici di analisi economica, politica, sociale: 98, 99n, 313 Galeno; Opera omnia edizione giuntina del 1533: 179 edizione giuntina del 1541-2, con indici di B. Silvani: 179-181, 294 edizione giuntina del 1550, con indici di A. Brasavola: 69, 181-183
323
Galilei, Galileo: 2 Galli, Carlo: 15 Gallifuoco, Silvana: 194n, 201n, 202 Gallimard, casa editrice: 5 Gambi, Lucio: 108n Garza Merino, Sonia: 33n Gaskell, Philip: 31n Gedoyn, Nicolas: 277 Gelli, Giambattista: 141 Gellio: 24-26, 173, 285, 313 Genette, Gérard: 13, 17-19 Genova: 107, 108 Genovesi, Antonio: 98 Gensini, Stefano: 191n Gentilini, Anna Rosa: 16, 70n, 80n Gérard, Jean: 126 Gerbi, Sandro: 8 Gerlac, Adolph von Münchhausen: 190 Gesner, Conrad; De indicis librorum -indici necessari allo studioso: 59-60, 66 Gesù Cristo: 91-93, 155, 157, 158, 185, 295 Ghislieri, Michele, cardinale: 117 Giaccarelli, tipografi: 167, 169 Giaccarelli, Anselmo: 167, 168 Giaccarelli, Antonio: 169 Giacomo I Stuart, re d’Inghilterra: 227 Giannone, Pietro: 117n Giannotti, Alessandro: 176 Giannotti, Girolamo; redige indice dei Sermoni del Savonarola -ne trae una remunerazione: 176, 177 Giappichelli, casa editrice: 3 Giglio, Domenico: 149 Ginevra: 126, 128, 183, 190, 253, 255n, 256, 258, 259, 263, 270, 271, 275, 277, 279, 281 Archivio di Stato: 16, 258n Biblioteca Pubblica Universitaria: 16, 252n, 253n Ginori Conti, Piero: 176n Ginzburg, Carlo: 141n, 142n, 177n Giobbe: 151, 153
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
324
INDICE ANALITICO
Giordani, Pietro Leopardi gli confida la furia dei suoi pensieri: 194 progetti editoriali di Leopardi: 200 Giosue: 143 Giovanni a Lapide vedi Heynlin, Johann Giovanni Battista, santo: 92 Giovanni d’Anagni, giurista, autore di Consilia: 313 -indicizzati dal Bolognini: 79, 79n, 288 Giovanni da Monferrato: giurista bolognese, autore di tabulae: 74, 77 Giovanni da Tornaco: 73, 74 Gioviniano: 226 Girolamo, santo: 150 Giuditta: 158, 159 Giuffrè, casa editrice: 3 Giulio II, papa: 76 Giunta, Filippo: 148 Giunta, Giacomo, eredi di: 80 Giunta, Luca Antonio: 146; società con i fratelli Torti, condizioni vaghe circa le spese per la redazione delle tavole: 163 Giunta, tipografi: 68, 80, 145-148, 179181, 294 Giunta, Tommaso; edizioni dell’Opera Omnia di Galeno: 180, 181 Glicino, Bernardo vedi Ilicino, Bernardo Gliozzi, Giuliano: 179n Goldoni, Carlo: 2 Gomorra: 158 Gonzaga, Ercole, cardinale: 146 Gottinga: 191 Graesse, Johann Georg Theodor; segnala accuratamente gli indici nella bibliografia: 68 Grafton, Anthony: 30n; correttori e filologia dei testi a stampa: 162, 162n Graglia, Piero S.: 3 Grammatico, Tommaso: 81, 313 Graziano: 73 Gregorio VII, papa: 135, 293
Gregorio XIII, papa: 118, 119, 133 Gregory, Tullio: 35, 35n, 62n, 67, 67n Grendler, Paul F.: 115n, 148n Grenoble: 247 Grifo, Sebastiano: 176 Gross, Alan G.: 6n Grotius, Hugo: 62 Gualterotti, Bartolomeo: 177 Guanzelli, Giovanni Maria: 138, 139, 313 Guardo, Marco: 27n Guasti, Niccolò: 102n Guerra, Marta: 22n Guglielmo da Cerreto: 146 Guglielmo da Fontaneto: 149 Guidubaldo, duca di Urbino: 42 Gutenberg, Johann: 32 Haebler, Konrad: 39, 39n Haecher, Jean: 218n Hamesse, Jacqueline: 58n Hannover: 190 Hanschius, Gottlieb: 192 Harmon, Joseph E.: 6n Harris, Neil: 19n Hartmann, Alfred: 26n Harvey, Gabriel: 230 Hellinga, Lotte: 24n Helvétius, Claude Adrien: 272, 275 Herberstein, Sigismond d’: 234 Heynlin, Johann: 21, 22, 26 Hillard, Denise: 51n Ilicino, Bernardo: 50-55, 60 Imola (Bologna) Biblioteca comunale: 72, 77n Indegonda: 88, 94 Infantes, Víctor: 29n Infelise, Mario: 10, 10n, 113n, 114n, 116, 116n Innocenzo VIII, papa: 76, 114, 146 Ioannes Chrysostomus, santo: 129 Ippocrate: 180
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE ANALITICO
Ipsoa, casa editrice: 3 Iselin, Isaak: 253, 254n
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Jaucourt, Arnail-François de: 223, 225, 229-232, 246, 254 Jenson, Nicolas: 21, 22 Joao III, re di Portogallo: 117 Johannes de Tornaco vedi Giovanni da Tornaco Jostock, Ingeborg: 126n Jouffroy-Gauja, Françoise: 218n Kamp, Albert Heine: 191n Kantarowicz, Hermann: 76n Kästner, Abraham Gotthelf: 191 Kennedy, John Fitzgerald: 5, 6 Keymer, Tom: 187n Kortolt, Christian: 192 La Pierre, Jean vedi Heynlin, Johann La Ramée, Pierre de: 181 La Roque, Jean de; Viaggio nell’Arabia felice: 97, 97n, 98, 313 La Roque, Pierre: 97 Lagrange, Joseph-Louis: 191 Lami, Giovanni: 9 Lamy, François: 9 Lamy, Guillaume: 9 Landi, Patrizia: 194n Lay, Adriana: 228n, 233n Lazzaro della Penna: 51, 52 Le Clerc, Jean; cura l’Opera Omnia di Erasmo -ne allestisce gli indici: 188-190 Le Jeune, Martin: 148 Le Moyne, Etienne: 9 Le Roy, Amable: 280 Ledda, Alessandro: 39 Leibniz, Gottfried Wilhelm: 187, 190192, 295n, 314 Leòn, Luìs de: 144 Leonardi, Claudio: 39n, 177n Leone III, papa: 232 Leone X, papa: 114, 229, 230
325
Leoniceno, Niccolò: 179 Leopardi, Carlo: 197 Leopardi, Giacomo: 13, 184 redige l’indice di un saggio di chimica, a 13 anni: 197 indicizzazione dello Zibaldone, al servizio di una progettualità creativa: -datazione dei pensieri: 196, 197 -indice: 193 sgg. -indici parziali: 201-205 -polizzine: 205-206 -polizzine a parte: 206, 207 progetti editoriali -Dizionario filosofico e filologico: 197-199 -Enciclopedia: 199, 200 -altri progetti: 207 Leopardi, Paolina: 197 Lepore, Giuseppe: 3 Levi Malvano, Ettore: 229n Lignamine, Giovanni Filippo de: 21 Lione: 107, 146, 176, 188 Lipsia: 190, 192, 287 Livio: 173, 177, 177n, 178 Livorno: 101, 217, 228, 229, 231, 232 Locke, John: 188, 191, 203, Londra: 104, 106, 187 British Museum: 53, 53n, 54 British Library: 16, 19, 19n, 32n, 53 Loth: 158, 159 Lovanio: 115, 127, 129n, 160 Lozano Miralles, Rafael: 15 Lucca: 101, 217, 228-232 Luciani, Antonio: 98 Ludovisi, Ludovico, cardinale: 170 Lumini, Antonella: 150, 154n Luporini, Cesare: 214, 214n Lutero: 114, 123, 290 Lyre, Nicolas de vedi Nicolò da Lyra Mably, Gabriel Bonnot de: 272 Machiavelli, Bernardo; redige un indice manoscritto delle Deche di Livio: 177, 178 Machiavelli, Niccolò: 177 MacKenzie, James Stuart: 191 Madrid: 107
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
326
INDICE ANALITICO
Madruzzo, Cristoforo: 180 Magné de Marolles, Gervais François: 27, 27n, 54, 54n Magonza: 32 Majoli, Luca: 108 Malerbi, Niccolò vedi Malermi, Niccolò Malermi, Niccolò: 145-149, 151-154, 159 Malingre, Mathieu: 126 Mallet, Edme-François: 244 Malpigli, Annibale: 51-54 Malvasia, Carlo Cesare: 101 Malvezzi, Pier Paolo: 143 Mambelli, Marco Antonio vedi Cinonio Manerbi, Niccolò vedi Malermi, Niccolò Manfredi, Girolamo: 48-50, 314 Mangio, Carlo: 233n Manuzio, Aldo: 28, 33, 63, 68 Maometto: 97, 235, 300 Marangoni, Giovanni; Il divoto pellegrino guidato -indici concepiti a scopo devozionale: 109, 109n, 314 Marazzini, Carlo: 191n Marchand, Prosper; indice del carteggio di P. Bayle: 62 Mardocheo: 158 Marescotti, Iacinta: 87 Margherita di Savoia, beata: 90, 92 Marguerite d’Angoulême, regina di Navarra: 127 Maria, madre di Gesù: 92, 93, 134; intenta nella lettura: 85 Marino da Venezia: 153 Marmochino, Santi: 127, 144, 147-149, 154, 156, 159, 160 Marsili, Ippolito; giurista, probabile curatore di indici di edizioni della Società Tipografica bolognese: 174 Martello, Pier Jacopo: 68 Martène, Edmond: 64, 64n, 221n Martin, Henri-Jean: 23n, 26, 29n Martinelli, Bortolo: 193n Martini, Giambattista: 217
Masen, Jacques, gesuita; redige gli indici delle Antiquitates di C. Brouwer: 184, 185n, 312 Maslen, Keith: 186n Massa Carrara: 200 Mattioli, Emilio: 63 Mazzotta, Oronzo: 3 McCuaig, William: 133n, 134, 134n Meagher, Sylvia: 5, 5n, 6, 6n Melantone, Filippo: 125, 126 Menardi, Giovanni: 164n Mengs, Anton Raphael: 103, 103n, 314 Menocchio: 141, 142 Meron: 258 Merry, Valerie: 51n, 52n Merton, Robert: 1n Miggiano, Gabriella: 62n Miglio, Massimo: 25n, 30, 30n Migliorini, Anna Vittoria: 231n Milano: 65n, 107, 115, 116, 137 Biblioteca Nazionale Braidense: 137 Società Palatina: 135, 136 Milizia, Francesco: 102n Milton, John: 185 Miscomini, Antonio: 152 Missiaglia, Giovanni Battista: 11 Misson, Maximilien; Nouveau voyage d’Italie -Tables storico-artistiche con voci sgradite alla Chiesa: 100, 100n, 101, 101n, 105, 314 Modena: 134 Biblioteca Estense Universitaria: 53, 53n Modestino: 247 Modigliani, Anna: 31n Molho, Anthony: 57n Moll, Jaime: 29n Monaco: 117 Monegat, Mariagrazia: 3 Monfrin, Jacques: 23n Montesquieu: 104, 208 Montezuma: 232 Monti, Vincenzo: 211
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INDICE ANALITICO
Morelli, Marcello: 23n Morhof, Daniel Georg; indici di carteggi come fonte bibliografica: 62, 63n, 314 Morisi Guerra, Anna: 15, 127n, 160, 160n Mosé: 152, 159, 222 Most, Glenn W.: 162n Mouchon, Antoine: 259, 276-278 Mouchon, Jacqueline: 258 Mouchon, Jean Louis: 258 Mouchon, Philippe: 255n, 258 Mouchon, Pierre: 13, 219, 220, 237, 239, 240, 243, 244, 247-282, 301 Mouchon, Pierre, pastore calvinista ginevrino, autore della Table dell’Encyclopédie [-vedi anche: Table analytique et raisonnée -vedi anche: Encyclopédie] autore di Sermons: 252, 255, 256, 258, 261, 268, 274 biografia: 256-259 corrispondenza -con il fratello Antoine: 254, 256, 259-269, 276-278 -con P. Ochs: 251-253, 256, 269, 272, 273 -con J. Vernes: 252, 261, 274 posizioni culturali e ideologiche: 267-269, 272-276 trattative con gli editori -Cramer e De Tournes: 258, 260, 262, 266, 276, 277 -Panckoucke: 266, 271, 277-280 -aspetti economici della trattativa: 251, 258 Mouchon, vedova: 255n Mouchon-Merkus, Jeanne: 258 Mowbray, John: 3 Müller, Johann: 35, 36n, 314 Munari, Silvia: 16 Münster, Sebastian: 137 Münster, Thomas: 123, 290 Muralt, Beat Louis de: 272 Muratori, Ludovico Antonio: 9, 9n, 135 Muret, Marc-Antoine: 67 Murillo, Bartolomé Esteban Pérez: 104 Nabuccodonosor: 158
327
Nancy Biblioteca Municipale: 16, 32n Naomi: 158 Napoli: 81, 106, 107, 107n Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III: 49n Narducci, Enrico: 40n Neuchâtel: 16, 253, 280 Biblioteca Pubblica Universitaria: 281n Société Typographique: 266n, 279, 280, 281n Niccolai, Alfonso: 67 Niccoli, Ottavia: 159n Nicolò da Lyra: 153 Niero, Antonio: 115n Nizza: 107 Norimberga: 156 Nouffer, Jean Abraham: 278 Nugent, Thomas; The Grand Tour –indici storico-artistici e di interesse per chi viaggia per affari: 104, 104n, 105, 314 Numhauser, Paulina: 15n Nuovo, Angela: 40n Ochs, Peter: 251-253, 256, 269, 272, 273 Olaus Vormius: 234 Olivetano, Pietro: 126 Olmi, Federico: 16, 66n Olmi, Giuseppe: 16, 108n Oloferne: 158 Olschki, casa editrice: 4, 9 Olschki, Alessandro: 16, 108n Olschki, Cesare: 177n Omero: 195, 207, 210, 211 Ong, Walter J.: 24, 24n, 181n Oriani, Isolde: 70n Orlandi, Antonella: 4, 4n Orsi, Giovanni Giuseppe: 209 Ottone, Andrea: 148n Ovidio: 33, 210 Owens, Gary: 6, 6n Oxford Biblioteca Bodleiana: 16, 32n
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
328
INDICE ANALITICO
Pacella, Giuseppe: 193n, 194, 194n, 195n, 201n, 203n, 214n Pacioli, Luca: 39-47, 314 Padova: 181 Padovani, Andrea: 70, 70n Paganini, Paganino de: 40, 40n, 46 Paleotti, Gabriele: 132, 143 Palermo Biblioteca Regionale: 16 Paltasichi, Andrea: 146 Panckoucke, Charles Joseph; pubblica il Supplément dell’Encyclopédie: 217; trattative con il Mouchon: 266, 271, 277-280 Pannartz, Arnold: 25, 162 Panormitanus vedi Tedeschi, Niccolò Paolo II, papa: 25 Paolo III, papa: 115, 179 Paolo IV, papa: 118, 119 Paolo VI, papa: 144 Paolo, santo: 78 Papadopoli, Antonio; corrispondenza con Leopardi: 200 Papiniano: 247 Paredes, Alonso Víctor de: 29, 29n Parente, Fausto: 122n Parigi: 21, 26, 32, 51, 97, 100, 115, 107, 192, 218, 247, 250, 260, 271, 273 Biblioteca Nazionale: 16, 32n, 75 Biblioteca Sainte Genèvieve 32n Convento di Saint-Jacques: 32 Sorbona: 21, 154 Parreño, Isabella de, marchesa di Llano: 102 Pasini, Matteo: 164 Pasti, Franco: 16 Patetta, Federico: 3 Pellikan, Konrad: 123 Penelope: 162 Pepe, Gabriele: 99 Pepe, Luigi: 191n Peregrini, Mario: 10 Peregrini, Matteo: 10
Perini, Leandro: 177n Perotti, Niccolò: 28, 28n, 314 Peruzzi, Emilio: 194n, 196, 196n Petit de la Croix, François: 97 Petrarca, Francesco: 47, 50-52, 54, 55n Petreius, Johan: 156 Petrella, Giancarlo: 137n Petrocchi, Policarpo: 194 Pez, Bernhard: 64 Piasi, Pietro de: 164 Piccoli, Niccolò; correttore editoriale: 162 Picot, Pierre: 219, 256, 258, 281, 282, 282n Pietro da Monte, giurista; suo Repertorium, dotato di tabula: 73, 74 Pietro da Toledo, viceré di Napoli: 117 Pini, Antonio Ivan: 133n Pio II Piccolomini, papa: 162 Pio IV, papa: 117-119 Pio V, papa: 118, 119 Pisa: 181, 200 Pizzaleo, Antonio: 98n Platone: 272, 273 Plauto: 175 Plebani, Tiziana; pubblico femminile del libro: 84, 84n, 85 Plinio il Vecchio: 173 Ploner, Astrid: 16 Plutarco: 173 Poli, Giuseppe Saverio: 197 Ponz, Antonio: 102, 102n, 103, 314 Porcelaga, Aurelio: 37 Possevino, Antonio: 122, 122n Powitz, Gerhardt: 32 President’s Commission on the Assassination of President Kennedy vedi Commissione Warren Prete, Antonio: 207n Prodi, Paolo: 15, 133, 133n, 135, 136, 136n, 145, 145n, 167n Prosperi, Adriano: 15, 114n, 141n, 156n, 236n Puteolano, Francesco: 52
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE ANALITICO
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Quadrio, Francesco Saverio; redige l’indice universale del suo trattato Della storia e della ragione di ogni poesia: 165, 165n, 314 Quaglioni, Diego: 73n Quantin, Jean-Louis: 142n Quaquarelli, Leonardo: 168n Quentel, Peter: 127, 146, 160 Quérard, Joseph Marie: 250 Quiroga, Gaspare de: 12 Quondam, Amedeo: 9, 76n Rabotti, Giuseppe: 76n Ragazo, Giovanni: 146 Raimondi, Ezio: 164 Rak, Michele: 9n Ramusio, Giovan Battista: 68 Ranieri, Antonio: 194n Raspe, Eric: 190, 315 Ravani, Pietro, eredi di: 149 Recanati (Macerata): 203 Regiomontano vedi Müller, Johann Regoliosi, Mariangela: 21n Reidy, Michael: 6n Renata di Francia, duchessa di Ferrara: 179 Renouard, Antoine Augustin: 28, 28n, 68 Rey, Marc-Michel: 281 Riccucci, Marina: 186 Richard, Jeanne-Louise-Elizabeth: 258 Richardson, Samuel; cura gli indici dei suoi romanzi epistolari: 186, 187n Richter, Georg: 63, 287 Rico, Francisco: 40 Ridolfi, Roberto: 176n, 177n, 178n Riganti, Elisabetta: 58n Rita da Cascia, santa: 91 Robin, Philippe: 135, 253n, 254, 256, 261, 262, 266, 268-271, 274, 275, 278, 279 Robinet, André: 191n Rodolfo I di Rheinfelden, duca di Svevia: 135, 293 Rodríguez Cuadros, Evangelina: 217n
329
Roggero, Marina: 10 Roma: 21, 27, 107, 109, 115-117, 129n, 133, 135, 179, 230, 245 Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana: 16, 41n, 46 Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II: 41n Biblioteca Vallicelliana: 41n Romani, Valentino: 19n, 61n Romano, Ruggiero: 113n Romilly, Jean-Edme: 254, 261, 262, 271 Rosa, Mario: 148n, 282, 282n Rosier, abate: 276 Rossi, Federica: 16, 52n, 76n Rossi, Giovanni; tipografo, per conto della Società Tipografica bolognese: 168, 171 Rossi, Paolo (1923-): 1 Rossi, Pietro (1930-): 12n Rosso da Vercelli: 146 Rotondò, Antonio: 113n Rouse, Mary A.: 23, 23n Rouse, Richard H.: 23, 23n Rousseau, Jean-Jacques: 104, 216, 243, 272-275 Rozzo, Ugo: 15, 20n, 113n, 114n, 126n, Rubens, Pieter Paul: 104 Rubiera, Giustiniano: 74 Rudel, Johann: 127 Ruggeri, Ugo: 49 Ruggerini, Davide: 16 Ruini, Carlo; giurista, probabile curatore di indici di edizioni della Società Tipografica bolognese: 174 Ruscelli, Girolamo: 37 Ruth: 158 Rychner, Jacques; distinzione éditeur e libraire nel XVIII sec.: 64, 64n Sabattani, Aurelius: 74n Sage, Antoinette Margherite: 259 Saint-Malo (Rennes): 98 Saint-Omer (Lille): 34 Salomone: 151
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
330
INDICE ANALITICO
Samaritani, Antonio: 15 Sampieri, Floriano; giurista, probabile curatore di indici di edizioni della Società Tipografica bolognese: 174 Samuele, profeta: 255, 255n Sannazaro, Iacopo; suoi indici manoscritti autografi: 13, 186 Santi, Francesco: 23n Santoro, Marco: 15n, 27n, 47, 47n, 49n, 125n, 126n, 140n Sanudo, Marco: 41 Saracco, Lisa: 148n Sarton, Georges: 1 Savelli, Rodolfo: 137n Savonarola, Girolamo: 147, 176, 177n, 293 Scaligero, Giulio Cesare: 234 Scandella, Domenico vedi Menocchio Scapecchi, Piero: 16, 176n Schmidt, Hermann A. P.: 141n Schöffer, Peter: 32 Schooten, Franz van: 9 Schulz, Friedrich: 76n Scoto, Girolamo: 148, 151 Scotti, Mario: 2, 3n Scutari: 238 Secchi Tarugi, Luisa: 15n Senile, Pier Paolo: 21-22 Serra, Alessandro: 68n, 141n Serra, Fabrizio: 4 Serra, Marco: 16 Serrai, Alfredo: 60n, 62n, 188n Serra-Zanetti, Alberto: 168n Sessa, Melchiorre: 149 Sestini, Valentina: 15n Seuil, casa editrice: 5 Sharp, John: 188, 189n Sighinolfi, Lino: 52n Sigismondo de’ Libri: 52 Sigonio, Carlo all’Indice il suo Index historiarum: 13, 132-135 sue opere pubblicate dalla Società Tipografica bolognese: 168-174, 315
Silber, Eucario: 63 Silvani, Bartolomeo; probabile autore di indice dell’Opera Omnia di Galeno: 179-182 Silvestri, Giovanni: 65n Simeoni, Luigi: 74n Simonetti, Carlo Maria; indici di storie letterarie: 165, 165n Simonini, Daniela: 70n Sina, Mario: 189n Sisto da Siena Bibliotheca sancta -commoditas degli indici: 58-59n condanna gli indici pestilentissimi delle Bibbie in volgare: 122-123n, 315 Sisto V, papa: 118, 119 Sleumer, Hermann Otto: 43 Sloane, Hans: 234 Societas Bipontina; cura la redazione di indici: 175 Società Tipografica bolognese; pubblica opere del Sigonio: 134, 168-174 Socrate: 172 Sodoma: 158 Sola, Emilia: 15n Solari di Loreto, Filippo: 203n Solimine, Giovanni: 7n Sommariva, Giorgio: 42 Sommervogel, Carlos: 184n, 185n Sorbelli, Albano: 51n, 52, 52n, 75, 75n, 76n, 168, 168n, 169, 175 Sordoni, Valentina: 197 Spallanzani, Lazzaro: 217; viaggio e ricerca scientifica: 97 Speciano, Alessandro: 137 Speyer, Wendelin von vedi Vindelino da Spira Spinoza, Benedictus de: 222 Squarciafico, Geronimo: 152 Stango, Cristina: 113n Stazio: 30, 175 Stella, Antonio Fortunato; progetti editoriali di Leopardi: 197-200
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INDICE ANALITICO
Stephens, Robert vedi Estienne, Robert Stoupe, Jean-Georges-Antoine: 281 Strasburgo: 74, 133n Strauss, Leo; scrittura della reticenza: 167 Struve, Burkhard Gotthelf; considerazioni sugli indici dei carteggi: 62 Struve, George Adam; Index tripartitus in Syntagma juris civilis; utilità degli indici nelle opere giuridiche: 62, 62n, 315 Stuart, Anna, regina di Gran Bretagna: 183 Stuart, Giacomo: 227 Sulpicio Severo: 135 Sulpizio da Veroli, Giovanni: 27 Summarippa veronenis, Georgius vedi Sommariva, Giorgio Sweynheym, Conrad: 25, 162 Table analytique et raisonnée de l’Encyclopédie: 215 sgg. -vedi anche: Mouchon, Pierre -vedi anche: Encyclopédie Analisi di lemmi: 239-247 Avertissement: 238, 248, 267, 278, 305 Avis: 281 Cahiers preparatori redatti dal Mouchon: 262, 264-266, 270-271, 278 Concorrenza al progetto: 278 Genesi del progetto: 249, 250, 253, 264 sgg. Modello di indicizzazione per Leopardi: 204 Prospectus: 249, 276-278 Recensioni e articoli -Journal Encyclopédique: 217, 247 -Journal des Sçavans: 250 -Mercure de France: 250 -Nouveau Journal Helvétique: 249, 250 Tamarozzi, Antonio: 75 Targioni Tozzetti, Giovanni; viaggio e ricerca scientifica: 97 Tartagni, Alessandro, giurista autore di Consilia: 72, 74, 74n, 75, 77, 77n
331
-indicizzati dal Bolognini: 78, 79n, 312, 315 Tavoni, Maria Gioia: 10, 15n, 22n, 27n, 47n, 48n, 52n, 82n, 108n, 184n, 217n Tavoni, Maria Grazia: 10 Tedeschi, John: 236n Tedeschi, Niccolò, abbas Panormitanus autore di Consilia: 73 -indicizzati dal Bolognini: 76 Tedesco, Niccolò: 177n, 178 Temeroli, Paolo: 52n Teresa d’Avila, santa: 157n Tesauro, Emanuele; redige l’indice del suo Cannocchiale aristotelico: 164 Tietz, Manfred: 102n Tinti, Paolo: 16, 108n, 216n Tiraboschi, Girolamo: 217 Tiziano Vecellio: 104 Tocci, Giovanni: 216, 216n, 220n Tollet, Daniel: 122n Torino: 107, 108, 190, 191 Torlasco, Maria Rosa, 205n Torti, tipografi: 163 Treviri: 185 Trombetta, Vincenzo: 98, 98n Trombetti Budriesi, Anna Laura: 48n, 74n Trovato, Paolo: 46n, 48n, 60n, 163, 163n, 164n Tucoo-Chala, Suzanne: 280, 280n Tuppo, Francesco del: 49 Turchi, Roberta: 2, 2n Tuscolano (Roma): 46n Ulvioni, Paolo: 114n Vadi, Benedetto: 80 Valas, Igor: 3 Valier, Agostino: 125 Valla, Lorenzo: 13, 20-22, 315 Valladolid: 144 Vatable vedi Watebled, François Vecce, Carlo: 28n, 186n
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
332
INDICE ANALITICO
Velázquez, Diego: 104 Vellutello, Alessandro: 51 Vendruscolo, Livia: 51n, 52n Venezia, 21, 33, 39, 45, 47, 107, 107n, 116, 146, 148, 149, 151, 164, 166, 180, 294 Venturi, Franco: 99n Venturoli, Giovanni: 15 Verdenelli, Marcello: 195, 196n, 203n Vernes, Jacob: 252, 252n, 261, 274 Vernet, Jacob: 272 Verri, Pietro: 228n, 229, 233 Vezin, Jean: 23n Vianello, Cristiana: 9n Vidari, Giovanni Maria; Il viaggio in Pratica -indici per viaggiatori e commercianti: 106, 107, 107n, 315 Vienna: 107 Biblioteca Nazionale Austriaca: 186 Vindelino da Spira: 145, 151 Visconti, Carlo: 52 Viti, Paolo: 176n Vitruvio: 27 Vivanti, Corrado: 113n Vogel, Giuseppe Antonio: 203, 203n Voltaire, François Marie Arouet detto: 104, 183, 191, 208, 229, 232 Vondel, Joost van den: 33 Vottero, Dionigi: 164n Waquet, Françoise: 9n, 16, 61, 62, 62n, 141, 141n Waquet, Jean-Claude: 142n Washington D.C.: 18 Watebled, François detto Vatable: 128, 139 Watson, Elizabeth See: 171
Watts, Geo. B.: 250, 250n, 251, 251n Weinert, Hermann K.: 229 Wellish, Hans: 18, 19n Westfalia: 232 Westhemerus, Bartholomaeus: 126 Willich, Josse: 125, 126, 290 Windsor: 227 Wittenberg: 114 Wolf, Hubert: 113n Wolfenbüttel Biblioteca Herzog August: 5, 16 Worm, Ole vedi Olaus Vormius Yates, Francis A.: 23, 23n Yverdon: 127, 273 Zaccaria da Firenze: 147 Zagnoni, Giuseppe: 108 Zambelli, Fabiano: 70n Zamponi, Stefano: 152n Zanellato, Elena: 82n Zanobi, cartolaio: 178 Zappella, Giuseppina: 31n Zarri, Gabriella: 88, 89, 92, 95; stampa come strumento di disciplinamento femminile: 82, 82n, 84 Zeidberg, David S.: 28n, 68n Ziletti, Giordano: 173n Zito, Paola: 48n, 49n, 194n, 201n, 202, 202n Zonara: 173 Zorzi, Alessandro; gesuita, progetta un equivalente cattolico dell’Encyclopédie: 217, 217n Zurigo: 107 Zweibrücken (Magonza) vedi Biponto Zwingli, Ulrich: 123, 290
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
INDICE ANALITICO
333
Accessi terminologici e semantici
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
Abrégés: 236, 247, 248, 281 Abstracts: 6, 7 Ancien régime typographique: 11, 23, 27, 40, 59, 69 Banche dati: 7, 8, 134, 146 Bibliografia: 14, 54, 59, 66, 67, 68, 69, 112, 113, 124, 188 Bibliografia analitica: 45n emissioni: 45, 46, 126, 148 collazione: 32, 40, 45, 48, 54, 129 varianti -fonetiche: 163 -nella forma dei nomi: 4 -grafiche: 163 -di impaginazione: 88 -di stato: 40, 45, 45n, 49 -tipografiche: 40 Bibliologia: 19, 40, 41, 50 Epitesto: 64n Explicit: 79, 79n, 139 Incipit: 42, 45n, 46, 53, 55n, 58, 66n, 166, 287 Incunaboli: 19, 23, 26, 27, 29, 30, 31, 34, 35, 39, 40, 42, 43, 45, 49, 51, 53, 55, 72, 75, 76, 79 Paleotipi: 26, 27, 29, 32 Indici commoditas: 58, 59, 61, 66, 288 curiositas: 103 necessitas: 1, 2, 20, 65, 69, 71, 172, 184 regola tecnica e “norma morale”: 2 utilitas: 11, 21, 57-60, 62, 64, 66-70, 74, 82, 101-103, 105, 110, 163 - d’autore: 172, 174, 182, 184-187, 215 Dei, B.: 57 sgg. Erasmo da Rotterdam: 35 Leopardi, G.: 13, 184, 193 sgg. Quadrio, F.S.: 165 Richardson, S.: 187 Sannazaro, I.: 13, 186 sgg. Sigonio, C.: 132 sgg.
Tesauro, E.: 164 - e censura strumento di censura: 136, 185 oggetto di censura: 12, 13, 129, 132-135, 172 pericolosità, 12, 122, 125, 137 indici delle espurgazioni: 137, 138 - e creazione letteraria: 65, 184, 186, 193 sgg., 204n - aspetti economici commercio di indici: 75 compensi editoriali: 163, 176-178, 258 − manoscritti: 14, 21, 22, 23, 29, 30, 32, 39, 51, 57, 58, 177, 181, 194, 196, 266 dal manoscritto alla stampa: 20, 22, 23, 24, 27, 30, 31, 33, 34, 36, 47, 48, 50, 52, 53, 55, 56, 58, 60, 72-73, 79, 162, 266, 305 - e integrazioni manoscritte sull’esemplare a stampa: 72, 73 maniculae: 22, 72 marginalia: 22, 29, 30, 41, 43, 73, 79, 127, 218 notabilia: 30, 72, 179 richiami: 27 rubricae: 21, 31, 32, 35, 39, 49, 51, 55n, 72, 73, 74, 77, 79, 103, 153, 169, 201, 206, 285, 286, 288 manoscritti anche dopo l’avvento della stampa: 58, 186, 177, 178, 184 - e paratesto 127 impaginato: 42 organizzazione: 2, 8, 43, 46, 47, 73, 96, 103, 129, 165, 167, 171-173, 178, 184, 186, 188 partizioni testuali o tipografiche: 60, 61 posizione rispetto al testo: 32, 38, 54, 80 spazi interlineari per integrazioni manoscritte: 79 veste editoriale autonoma o integrata al
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
334
INDICE ANALITICO
testo: 19, 20, 31, 32, 41, 58, 68, 71, 132, 169 - proemi agli -: 44, 78-79 - in relazione a particolari categorie di opere agiografiche, spirituali, devozionali: 82 sgg., 170 bibliche, 90, 91, 124, 128, 144, 154-156, 130, 136, 139, 155, 156, 148, 151-153, 155, 160 carteggi: 61-63 edizioni nazionali: 2 opera omnia, 69, 178-180, 188, 191, 189 giuridiche: 62, 70-75, 77, 79-81 mediche: 179-183 odeporiche: 95 sgg. riviste: 4 storia letteraria: 165 storiche: 132-135, 168-174 - e ricezione del testo: 37, 207, 218 - tipologie alfabetici, 24, 37, 38, 62, 64, 66, 67, 72, 81, 83, 91, 93, 94, 103, 105, 164, 170, 172, 174, 180, 188, 189, 282 analitici: 10 citazioni bibliche: 87, 90, 91 cronologici: 13, 58, 132 sgg., 185 prescrittivi: 87-91, 93, 94 ragionati per soggetto, argomento, materie: 2, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 18, 35, 61, 69, 164, 173, 192, 215, 236, 278 - trattatisti Denina, C.: 65, 66 Fertel, M.D.: 34 Lobkowitz, J. C.: 60, 61 Merton, R.: 1 Paredes, A.V.: 29 Sarton, G.: 1 Indicizzatori illustri Biondo, G.: 30 Bolognini, L.: 74-79, 287-288, 312 Brasavola, A.: 179 sgg. Dolce, L.: 164
Dutens, L.: 192 sgg. Giannotti, G.: 176, 177 Giovanni da Monferrato: 74 Le Clerc, J.: 188-190 Machiavelli, B.: 177, 178 Masen, J.: 185 sgg. Mouchon, P.: 13, 219 sgg. Pacioli, L.: 42 Silvani, B.: 179-182 Struve, G.A.: 62 Sulpizio da Veroli, G.: 27 Keywords: 6, 7, 91, 201, 205 Loci e imagines: 20, 21, 23, 32, 55, 173, 188, 189, 190 Memoria: 20, 23, 24, 69, 130, 180, 196, 197, 210, 259, 291, 294, 304 e reminiscenza: 1, 13, 57 mnemotecnica: 12 volontaria e involontaria: 69 Mestieri del libro: 14, 64, 140, 161 censura e nuovi mestieri del libro: 112 commentatori: 50 sgg., 190, 194n correttori: 21, 22, 161-166, 175, 182, 183 curatori: 10, 26, 30, 33, 61, 68, 162, 163, 164, 166, 179, 183, 188, 189, 205, 228 editore (in accezione filologica): 75, 76 indicizzatori: 47, 57, 75, 78, 81, 103, 136, 163, 165, 166, 172, 175, 178, 182, 202, 238, 272 rubricatori: 32 traduttori: 25, 33, 55, 104, 144, 145, 146, 146n, 147, 149, 150, 151, 152, 153, 155, 160, 176, 177, 179, 216 Paratesto: 1, 9, 13, 14, 18, 19, 20, 21, 22, 27, 33, 35, 41, 42, 43, 47, 48, 55, 56, 59, 67, 68, 75, 80, 83, 87, 96, 100, 105, 106 112, 123, 127, 129, 131, 139, 140, 151, 152, 163, 165, 166, 169, 171, 182
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
INDICE ANALITICO
cartulazione: -assente: 21, 49 -manoscritta: 28, 43, 55, 55n colophon: 34, 42, 46, 52, 126, 153, 176 definizioni secondo Genette: 13, 17-19; secondo l’Encyclopédie: incidens accessoires s.v. Livre: 63, 64 errata corrige: 27, 33, 38, 161 filologia e paratesto: 54 frontespizio: 35, 36, 80, 80n, 81, 106, 109, 123, 126, 154, 162, 173, 174, 175, 188, 189, 290 immagini: 171, 172 linee tipografiche: 29, 34, 47, 180, 181, 182, 285, 286 mise en page: 21, 23, 24, 30, 33, 50, 55, 63 nota a pié di pagina: 30, 228, 229 numerazione: 27, 28, 29, 42, 43, 55, 90, 169, 208 registro: 39, 40, 41, 152, 153 segnature: 21, 26, 27, 28, 39, 41, 49, 53n titoli-sommario: 35, 36 Peritesto: 46, 130, 167 Princeps, edizione: 21, 27, 30, 36, 39 41,
335
46, 49, 55, 69, 73, 134, 149, 152, 154, 163, 173 Regesti: 27, 44, 92, 98, 100, 159, 190, Repertorio, 68, 73, 77, 81, 150, 186, 194, 264 Rimandi e rinvii: 3, 22, 25, 26, 27, 34, 36, 42, 43, 47, 60, 72, 77, 78, 79, 81, 94, 103, 105, 139, 156, 169, 173, 174, 175, 182, 190, 238, 240, 244, 286 Sommario: 4, 7, 21, 22, 35, 36, 38, 39, 42-44, 55, 59, 64-66, 69, 81, 87, 107, 170, 175, 180 -distinzione dal concetto di index: 38 sgg., 169 Tabula: 24, 27, 32, 34, 35, 37, 39, 41-44, 48, 57, 72-78, 92, 163, 164, 169, 172, 173, 177, 180 Zibaldoni: 13, 186, 193 sgg. definizioni; G. Pacella: 194; P. Petrocchi: 194; G.A. Vogel: 203
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Scienze storiche
1. 2. 3.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23.
D. Chirot, I mutamenti sociali nel XX secolo. Al centro e nella periferia P. Delogu, I Normanni in Italia. Cronache della conquista e del regno M. Dobb, R. Hilton, E. Hobsbawm, A. Maczack, F. Mazzei, J. Merrington, A. Soboul, I. Wallerstein, Dal feudalesimo al capitalismo F. Barbagallo, L’azione parallela. Storia e politica nell’Italia contemporanea A.M. Imbriani, Gli Italiani e il Duce. Il mito e l’immagine di Mussolini negli ultimi anni del fascismo (1938-1943) G. D’Agostino, Poteri, istituzioni e società nel Mezzogiorno medievale e moderno G. D’Agostino, Poteri, istituzioni e società nel Mezzogiorno contemporaneo N. Ostuni, Napoli comune, Napoli capitale. Le finanze della città e del regno delle due Sicilie G. de Martino, La didattica della storia. La libertà di insegnare e di sperimentare E. Scaramuzza, La santa e la spudorata. Alessandrina Ravizza e Sibilla Aleramo. Amicizia, politica e scrittura P. Iaccio, Il Mezzogiorno tra cinema e storia. Ricordi e testimonianze G. D’Agostino, Poteri, istituzioni e società nel Mezzogiorno moderno e contemporaneo L. Pellegrini, L’incontro tra due “invenzioni” medievali. Università e Ordini mendicanti G. de Martino, V. Simeoli, La polveriera d’Italia. Le origini del socialismo anarchico nel Regno di Napoli (1799-1877) G. Greco, D. Monda, Dentro la storia. Orientamenti di metodologia e didattica N. Ostuni, “Un mistero inesplicabile”. La Sila nelle relazioni settecentesche S. Minolfi, Tra due crolli. Gli Stati Uniti e l’ordine mondiale dopo la guerra fredda G. de Martino, La mente storica. Orientamenti per la didattica geo-storico-sociale G. Greco, D. Monda, Il diritto e il rovescio della storia A. Lorini, L’impero della libertà e l’isola strategica. Gli Stati Uniti e Cuba tra Otto e Novecento L. Valenzi (a cura di), Italiani e antifascisti in Tunisia negli anni Trenta. Percorsi di una difficile identità G. D’Agostino, Napoli, Mezzogiorno, Europa. Poteri, istituzioni e società M.G. Tavoni, Circumnavigare il testo. Gli indici in età moderna
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento acquistato da () il 2023/04/27.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.