Chi sono io, chi sei tu. Su Paul Celan 882118644X, 9788821186448


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Italian Pages 166 [165] Year 2000

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Chi sono io, chi sei tu. Su Paul Celan
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I Hans Georg Gadamer

Chi sono io, chi sei tu Su Paul Celan

a cura di Franco Camera

434%

Titolo originale: Wer bin Ich und wer bist Du? Ein Kommentar zu Paul Celans Gedichtfolge « Atemkristall », revidierte und ergänzte Ausgabe, Suhrkamp Verlag, Frankfurt 1986 Traduzione di Franco Camera I

Edizione 1989

© Casa Editrice Marietti S.p.A. Via Palestro 10/8 - 010/891254 16122 Genova ISBN 88-211-8644-0

Indice

Introduzione di Franco Camera Avvertenza

VII XXXIII

Chi sono io, chi sei tu?

Prefazione Prefazione all’edizione riveduta

3 5

Tu puoi Dal non sognato rosa Nelle tacche Nei fiumi Davanti al tuo tardo viso Per le rapide della malinconia I numeri Nella roccia Grigiobianco Con alberi cantati verso terra Tenaglia della tempia Nel chicco di grandine Stare Dà cornate il tuo sogno Con i perseguitati Filamenti di soli Nel carro serpeggiante Fenditure della faglia Ammasso di parole Io ti conosco Spazzata via

10 14 19 24 29 33 36 40 42 45 47 49 52 54 57 61 63 66 71 75 77

Postfazione Postfazione all’edizione riveduta

81 101

Note del curatore

119

Introduzione

« èp|ii)VEÓew è quell’esporre che reca un annuncio, in quanto è in grado di ascoltare un messaggio »

1. « E difficile parlare di poesie. Difficile per chi non è poeta, difficile per il poeta. E perché? Chi ha dimestichezza con le poesie non intende ricevere chiarimenti. Chi non ce l’ha non deve affatto essere informato. L’azione silenziosa che una poesia esercita tra gli uomini ha proprio bisogno di questi tentativi di interpretazione? Per niente. Si corre il rischio che così facendo questa azione venga disturbata? Sicura­ mente! Perché allora parlarne? » 2. Questi interrogativi, con cui Max Kommerell inizia il suo volume dedicato alla comprensione dell’essenza del poetico, si prestano assai bene a delimitare lo sfondo problematico in cui viene a collocarsi ogni interpretazione della parola poetica e sono quanto mai adatti ad intro­ durci alla lettura di questo « commento » di H.-G. Gadamer al ciclo di poesie celaniano Atemkristall [Cristallo di fiato]. Gli interrogativi posti da Kommerell mettono infatti l’accento su quella segreta tensione tra « poetare » e « interpretare », tra il « fare dell’artista » e il « fare dell’interprete », che è sempre stata al centro della riflessione filosofica di Gadamer e che dopo la pubblicazione di Wahrheit und Methode nel 1960 è stata oggetto di approfondimento e sviluppo in numerosi saggi e interventi. Questo « commento » rappresenta infatti una tappa di quell’itinerario di ricerca ormai quasi trentennale che è seguito all’ope­ ra principale, durante il quale gli interessi gadameriani nel campo * La presente Introduzione e il lavoro di traduzione sono il risultato di un periodo di ricerche iniziato durante un soggiorno di studio presso l'università di Freiburg i.Br. con una borsa concessa dal Deutscher Akademischer Austauschdienst, cui va il mio sentito ringraziamento. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, tr. it. a cura di A. Caracciolo e M. Ca- | racciolo Perotti, Mursia, Milano 1973, 105. 2 M. Kommerell, Gedanken über Gedichte, V. Klostermann, Frankfurt a.M. 19562, 7.

vili

CHI SONO IO, CHI SEI TU?

dell’estetica si sono rivolti costantemente alla « lettura » e all’« ascol­ to » dei poeti, arricchendo così la riflessione teorica sull’arte e sul linguaggio di una vera e propria ermeneutica della « parola poetica » 3. L’interesse per il linguaggio poetico in particolare si ricollega alle origini del Denkweg gadameriano: alla necessità di definire il rapporto tra filosofia e poesia e di precisare la prossimità enigmatica tra le due forme di espressione linguistica che la lettura dei dialoghi di Platone, alla scuola filosofica di Heidegger prima e a quella di Friedländer poi, gli aveva indicato come compito e come autonoma via di pensiero 4*. Non è possibile in questa sede ripercorrere le tappe che hanno portato l’allievo di Heidegger, attraverso i suoi studi platonici, a essere affasci­ nato e catturato da quella particolare forma di mimesis che Platone aveva condannato e bandito dalla polis, seppur per ragioni morali. Sarà sufficiente rimandare alla amplissima bibliografia, che Gadamer stes­ so ha riordinato in occasione della pubblicazione delle Gesammelte Werke ’, per mostrare come la sua riflessione filosofica abbia sempre considerato il colloquio con la parola poetica un momento strutturale del pensare che accade nel linguaggio. E basterà scorrere l’indice della sua opera principale, Wahrheit und Methode, per capire come per lui la riflessione teoretica sul comprendere non sia sorta in astratto, ma si sia imposta all’interno di un paziente e quotidiano colloquio con i testi della tradizione filosofica occidentale e attraverso l’ascolto della moder­ 3 H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, Mohr, Tübingen 1960, ora in Gesammelte Werke, Bd. 1, Hermeneutik I, Mohr, Tübingen 1985 [Verità e metodo, tr. it. di G. Vattimo, Bompiani, Milano 19832]. I principali saggi che riguardano l’interpretazione di poeti e la riflessione teorica sulle diverse forme di creazioni artistiche (compreso le arti figurative) si possono leggere raccolti in: H.-G. Gadamer, Kleine Schriften II, Mohr, Tübingen 1967; Id., Kleine Schriften IV, ivi, 1977; Id., Poetica. Ausgewählte Essays, Insel, Frankfurt a.M. 1977. Gran parte di questi saggi sono accessibili anche in italiano: cfr. H.-G. Gadamer, L'attualità del bello, tr. it. a cura di R. Dottori, Marietti, Genova 1986; Io., Persuasività della letteratura, tr. it. di R. Dottori, Transeuropa, Ancona-Bologna 1988. Tra la vastissima letteratura sui rapporti tra estetica ed ermeneutica, con particolare riferimento agli ultimi sviluppi del pensiero gadameriano, mi limito a segnalare: G. Vattimo, Poesia e ontologia, Mursia, Milano 19852 (in particolare pp. 185-201); S. Givone, Storia dell’estetica, Laterza, Bari 1988, 163-167 e 205 ss. Per le origini del Denkweg gadameriano si rimanda a quanto l’autore stesso afferma in H.-G. Gadamer, Maestri e compagni nel cammino del pensiero, tr. it. di G. Moretto, Queriniana, Brescia 1980, 27-36. Per l’individuazione del rapporto tra filosofia e poesia nel contesto del confronto con Platone cfr. H.-G. Gadamer, Plato und die Dichter, Kloster­ mann, Frankfurt a.M. 1934 [Platone e i poeti, in: Studi Platonici 1, tr. it. di G. Moretto, Marietti, Casale Monf. 1983, 186-215], Oltre al già citato Bd. 1 delle Gesammelte Werke, sono stati pubblicati finora i seguen­ ti volumi: Bd. 2, Hermeneutik II, Mohr, Tübingen 1985; Bd. 3, Neuere Philosophie I, ivi, 1987; Bd. 4, Neuere Philosophie II, ivi, 1987; Bd. 5, Griechische Philosophie I, ivi, 1986; Bd. 6, Griechische Philosophie II, ivi, 1986. Il piano delle opere complete comprende nell’insieme dieci volumi.

INTRODUZIONE

IX

na poesia lirica. L’interpretazione dei filosofi (dai Presocratici ad Hei­ degger) da un lato, e la lettura dei poeti (Goethe, Hölderlin, Rilke, Celan) dall’altro, costituiscono quindi un unico humus in cui 1’« erme­ neutica filosofica » gadameriana affonda le sue radici e da cui trae alimento per la formulazione delle sue conclusioni teoriche circa il carattere di « universalità » del filosofare ermeneutico. 2. Queste brevissime osservazioni di carattere generale ci permetto­ no di cogliere subito ls complessità di intrecci che caratterizza il pensie­ ro gadameriano, in cui non è possibile scindere i lavori di carattere spiccatamente teorico, che hanno per oggetto il fenomeno del compren­ dere, dalle interpretazioni di filosofi o poeti in cui si concretizza la pratica del lavoro ermeneutico. Non vi è infatti in Gadamer una separa­ zione netta tra « teoria » e « prassi » proprio perché l’ermeneutica non viene intesa come una Methodenlehre, come una « metodologia » o un complesso di « regole » generali da applicare ai diversi tipi di testi e di linguaggi a cui di volta in volta si rivolge. « “Ermeneutica” - ribadisce Gadamer in questo “commento” — non indica un procedimento, ma il modo di comportarsi dell’uomo che vuole comprendere un altro uomo o che, in qualità di ascoltatore o lettore, vuole comprendere una espres­ sione linguistica. Si tratta sempre di comprendere questo singolo uo­ mo, questo singolo testo » (p. 113). Questa indicazione generale — che vede nel comprendere mi-compqrtamento esistentivo dell’uomo come ln-der-Welt-Sein e come MitDasein - acquista un significato particolare se riferita a quella forma linguistica specifica che è la « parola poetica » e alla lettura di quel poeta singolarissimo che è Paul Celan, a ragione definito « il più significativo rappresentante della poesia ermetica della lirica tedesca contemporanea » 6. Prima di discutere gli aspetti principali dell’inter­ pretazione gadameriana delle poesie di Celan, può essere utile quindi richiamare brevemente i caratteri principali di questa particolare forma linguistica che è la « parola poetica » con la quale l’interprete in que­ sto « commento » si confronta. « Che cosa accade al linguaggio qualora esso sia linguaggio poeti­ co? (...) Che cose la parola poetica nella sua verità? », si chiede Gada­ mer in un saggio che ha per tema la specificità dell’arte poetica 7. La risposta che egli dà a questo interrogativo si richiama al distacco tra 6 Th.W. Adorno, Teoria estetica, tr. ir. a cura di E. De Angelis, Einaudi, Torino 1975, 454. ’ H.-G. Gadamer, Il contributo dell’arte poetica nella ricerca della verità, in L'attualità del bello, cit., 163.

X

CHI SONO IO, CHI SEI TU?

linguaggio letterario e linguaggio quotidiano, più volte sottolineato dalle poetiche novecentesche, e dichiara il carattere di completa autono­ mia del linguaggio poetico. La « parola poetica » è linguaggio in senso eminente perché all’interno del testo non svolge la funzione strumenta­ le di comunicare una certa quantità di informazioni. Essa non si ritira di fronte alla cosa che indica, ma resta unica, insostituibile ed autono­ ma-. ciò che evoca non rimanda a nient'altro che non sia racchiuso nell’intreccio di senso e suono. La « parola poetica » è così capace di « autorealizzarsi » in una « stabile presenza », è una « enunciazione » \Aussage\ compiuta e perfetta che « sta salda in se stessa »: « il suo dire attesta se stessa e non ammette nulla di estraneo tendente a verificarlo » 8. Ma se questi sono i principali caratteri della « parola poetica » in generale, che come tali sono riscontrabili in componimenti in versi di autori di epoche differenti, come stanno le cose nel « caso estremo » della poesia lirica? Proprio questo « genere poetico », che già Hegel9 considerava una forma di espressione particolare dell’arte della parola, distinta dall’epica e dal dramma, mostra —secondo Gadamer- nel modo più esemplare l’indissolubilità dell’opera d’arte dal suo fonda­ mento linguistico e riceve quindi una sorta di « primato metodico » rispetto alle altre forme artistiche. Nel caso della lirica ermetica con­ temporanea però questo legame indissolubile diventa assai problemati­ co ed assume le forme di una tensione spesso drammatica. Di fronte a questa espressione paradigmatica dell’arte del nostro secolo che si collo­ ca ai margini del dicibile e del significabile, l’interprete si chiede se sia ancora possibile comprendere in generale questa forma di poesia, e se sia ancora possibile comprenderla in un modo univoco, in modo che essa non rimanga aperta alle interpretazioni più disparate. Secondo Gadamer la lirica contemporanea - in un arco di esperien­ ze e sperimentazioni che vanno dalla grande stagione simbolista fino alla disgregazione del linguaggio poetico nelle ultime liriche di Celan — pone all’interprete un compito completamente nuovo. Gadamer rifiuta la tesi di quanti sostengono che in questo tipo di poesia il linguaggio non abbia più alcun rapporto con la sfera dei significati. Egli è consape­ vole del fatto che la lirica contemporanea è caratterizzata da una scrittu­ ra cifrata che accentua la polivalenza e l’ambiguità semantica delle parole e pratica intenzionalmente una sorta di « spostamento » dalle 8 Ivi, 164. ’ Cfr. G.W.F. Hegel, Estetica, tr. il. a cura di N. Merker, Einaudi, Torino 1967, 1157-62; 1243 ss.

INTRODUZIONE

XI

strutture automatizzate del linguaggio quotidiano 10. Ma proprio nella misura in cui la parole si rende autonoma dai riferimenti semantici codificati e dalle regole sintattiche della langue, emerge secondo lui tutta la superiorità della poesia che la fa essere « testo eminente », « tessuto » formato dall’intreccio di senso e suono. Proprio questa concezione del « testo poetico » come « tessuto » permette a Gadamer di difendere il « senso » della lirica ermetica contemporanea (compresa la poesie pure) e di sostenere che anche nei versi più oscuri della poesia celaniana viene mantenuta, almeno intenzionalmente, una « forma uni­ taria ». Il « testo », delimitato dal campo di gravitazione delle singole parole, rimane discorso che si rivolge al lettole e richiede di essere interpretato e decifrato “. Così di fronte all’arte poetica di Celan, in contrasto con quanti si limitano ad evidenziare il naufragare della sua parola criptica in un angoscioso ed oscuro silenzio, Gadamer intende correre fino in fondo il rischio dell’interpretazione. Sia nell’affrontare questo « commentò"» che negli altri saggi dedicati alle poesie di « questo dimesso Orfeo tragico della poesia tedesca » 12, egli è convinto che la parola poetica di Celan non sfoci necessariamente nel Balbettìo o nell’ammutolire, ma sia una parola discreta, usata con parsimonia e in cui si sono sedimenta­ te diverse stratificazioni di senso. Al contrario di quanto pensava Ador­ no, per lui la poesia di Celan non è la manifestazione estrema di una « poetica negativa » che sancisce la « morte del linguaggio », ma è poesia che vuole ancora salvaguardare con un atto disperato la possibi­ lità umana di proferire nomi e parole. I suoi versi, ottenuti tramite un lento processo di riduzione e di concentrazione del linguaggio collo­ quiale, nascondono quindi un « senso » che però spesso non esclude la Per un approfondimento di questi aspetti si rimanda ai seguenti studi: H. Friedrich, La struttura della lirica moderna, tr. it. di P. Bernardini Merzoìla, Garzanti, Milano 1983, 16 ss.; J.M. Lotman, La struttura del testo poetico, tr. it. di E. Bazzarelli, Mursia, Milano 1972. Per quanto riguarda la discussione teorica nell’ambito delle poetiche novecentesche si veda la raccolta antologica Ars Poetica. Texte von Dichtem des 20. Jahrhunderts zur Poetik, hrsg. von B. Allemann, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1971. Cfr. anche la raccolta di saggi Zur Lyrik-Diskussion, hrsg. von R. Grimm, Wissenschafdiche Buchgesellschaft, Darmstadt 1974. 11 H.-G. Gadamer, L’attualità del hello, eit., 191. 1J Oltre a questo «commento » Gadamer ha dedicato a Celan i seguenti saggi: H.-G. Gadamer, Verstummen die Dichter?, in « Zeitwende », 41 (1971), 344-52 (ora in Poetica, cit., 103-18); Id., Sinn und Sinnverhüllung bei Paul Celan, in «Zeitwende», 46 (1975), 321-29 (ora in Poetica, cit., 119-34); Id., Celans Schlußgedicht, in Argumentum e Silentio. International Paul Celan Symposium, Ed. Amy D. Colin, De Gruyter, Berlin-New York 1987, 58-71. La definizione di Celan come «Orfeo tragico» è di M. Marianelli, La letteratura tedesca contemporanea, in V. Santoli, La letteratura tedesca moderna. Sansoni, Firenze 1971, 484.

XII

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presenza di contrasti e dissonanze. La poesia celaniana non è quindi « un dotto crittogramma per eruditi » (p. 82), ma una « poesia medi­ tativa » costruita ad arte che « carica riflessivamente le parole » e che quindi si rivolge necessariamente all’interprete chiedendo collaborazio­ ne ed aiuto. Nella scrittura spezzata del verso, così distante dallo stile naturale e sciolto della poesia classica, si trova nascosto un « messag­ gio » che vuole manifestarsi e che si può svelare solo leggendo e ascoltando attentamente. 3. Ma come si articola in concreto questo ascolto del verso celaniano che prende le mosse dalla lettura del testo, diventa « esegesi » e « commento » ed arriva a proporsi alla fine come « comprensione » coerente e unitaria, in grado di dar « forma » e « senso » al testo poetico? Gadamer è consapevole di trovarsi di fronte al poeta ermetico per eccellenza, « del quale nessuna persona ragionevole potrebbe afferma­ re di comprendere tutte le poesie nello stesso modo in cui al giorno d’oggi comprende ad esempio le poesie di Goethe » (p. 116). Di fronte ai versi di Celan - definiti dall’autore stesso un « messaggio in botti­ glia [Flaschenpost] gettato in mare con la speranza... che esso possa approdare un giorno, chissà dove, ad una terra, forse alla terra del cuore » 11 *13 — Gadamer si pone come lettore che, mentre fruisce del­ l’esperienza estetica del testo, vuole essere soprattutto interprete della parola scritta e costruire una comprensione coerente. Stendendo que­ sto « commento » al ciclo Atemkristall durante un periodo di vacanze tra le dune olandesi ", egli afferma esplicitamente di voler riportare le esperienze di un uomo che ha raccolto quel « messaggio in bottiglia » e cerca di decifrarne il contenuto, come se « si trattasse di segni grafici diventati quasi illeggibili » (p. 3). Per arrivare a intravedere un « senso » in questo messaggio poetico e per arrivare ad una comprensione coerente e comunicabile ad altri, è innanzitutto necessario un paziente lavoro di « esecuzione » del testo, di lettura e di ascolto di quanto esso esplicitamente dice ed implicita­ 11 P. Celan, Ansprache anläßlich der Entgegennahme des Literaturpreises der freien Hansestadt Bremen, in Gesammelte Werke, (= GW.), hrsg. von B. Allemann u.a., Suhr­ kamp, Frankfurt a.M. 1983, Bd. III, 186. " H.-G. Gadamer, Celans Schlußgedicht, cit., 59: « Mi ricordo con precisione come ho scritto questo libretto, senza avere davanti a me nessun altro libro all’infuori del testo di queste poche poesie. Mi trovavo un’estate tra le dune olandesi. Passando per un sentiero nascosto mi ero introdotto in un recinto attraverso la rete metallica, poiché sulla spiaggia vi era troppo rumore. Là misi per iscritto quanto compresi “in attento ascolto”, un’opera meditativa ».

INTRODUZIONE

XIII

mente richiama. Il lavoro ermeneutico della parola poetica si concretiz­ za dunque nel leggere, nell’ascoltare, nel decifrare in direzione di un « senso », senza il sussidio e la mediazione di strumenti metodologici particolari o di informazioni tecniche che possano essere offerte dalle scienze della letteratura o da studi specialistici. « Chi voglia compren­ dere la lirica ermetica e decifrarla, non può essere un lettore affrettato, ma non deve essere necessariamente un lettore erudito o particolar­ mente colto; dev’essere un lettore che cerca sempre e nuovamente di prestare ascolto » (p. 7). La lettura è un momento essenzialmente ermeneutico-conoscitivo che non va confuso con una sorta di coinvolgi­ mento emotivo (del tipo dell 'Erlebnis diltheyano) 15 tendente a « rivive­ re » quel che l’autore voleva dire. Infatti durante la lettura, durante quest’atto silenzioso in cui si fa parlare il testo scritto, « è necessario riflettere molto, cercare di capire, ricorrere ad integrazioni e solo alla fine, dopo aver decifrato, si potrà leggere e ascoltare in modo giu­ sto » (p. 3). Questo particolare approccio al testo poetico di Celan - che differen­ zia l’interpretazione gadameriana non solo dagli studi di filologi e germanisti, ma anche da altri filosofi ermeneutici come O. Pöggeler o da critici di provenienza strutturalista come P. Szondi, M. Blanchot e J. Derrida 16 - si ritrova nel commento di ciascuna delle poesie di questo ciclo. Mediante una « esecuzione » paziente delle singole parole che ne valorizza il senso e il suono, Gadamer si aggrappa alla parola criptica che non si è ancora dissolta nel silenzio e che rimane pur sempre « parola scritta », traccia residua che resiste a qualsiasi proces­ so di disgregazione e di corrosione. Appoggiandosi al testo scritto, l’interpretazione gadameriana lo esegue fedelmente, « parola per paro­ la », « sillaba per sillaba », rispettandone le pause e le cesure tra i versi. L’ermeneutica della parola poetica può essere definita quindi una vera e propria « esecuzione » 17 : essa dà forma al senso globale del testo e fa giungere a destinazione il « messaggio » che i versi racchiudo” Cfr. a questo proposito W. Dilthey, Das Erlebnis und die Dichtung. Lessing, Goethe, Novalis, Hölderlin, Leipzig 1906 [Esperienza vissuta e poesia, tr. it. di N. Accolti Gii Vitale, Istituto Editoriale Italiano, Milano 1947]. “ Per la ricezione dell’opera di Celan tra i germanisti e i critici letterari si rimanda al volume collettaneo Über Paul Celan, hrsg. von D. Meinecke, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 19732. Cfr. inoltre: O. Pöggeler, Spur des Wortes. Zur Lyrik Paul Celans, Alber, Freiburg i.Br. 1986; P. Szondi, Celan-Studien, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1972; I. Derrida, Schibboleth. Pour Paul Celan, Ed. Galilée, Paris 1986; M. Blanchot, Le dernier à parier, Fata Morgana, Montpellier 1986. 1 Per la fondazione del concetto di « esecuzione », e per i nessi che esso intrattiene con la lettura e con l’interpretazione, si rimanda alle illuminanti analisi di L. Pareyson, Esteti­ ca. Teoria della formatività, Sansoni, Firenze 1974', 221-72.

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CHI SONO IO, CHI SEI TU?

no. In questo modo essa realizza pienamente la poeticità del testo: lo lascia essere nella sua « verità » come una creazione unica che testimo­ nia e risponde solamente di sé, salva dall'ammutolire il dire poetico racchiuso nella « parola scritta », lo tramanda nella memoria e lo inclu­ de nella esperienza universale del « detto ». 4. Prima di passare a discutere i risultati a cui complessivamente giunge l’interpretazione gadameriana della « parola poetica » in questo ciclo di poesie, soffermiamoci ad analizzare i diversi momenti in cui essa concretamente si articola. Abbiamo visto che l’ermeneutica della parola poetica prende le mosse dall’« esecuzione » del testo scritto mediante la lettura e a questo mo­ mento basilare ritorna costantemente nel corso del processo interpretati­ vo. Ma la lettura non va intesa solamente come « ricezione » partecipe che susciti nel lettore diletto ed entusiasmo e sia in grado di coinvolger­ lo nel lavoro di « produzione » del testo stesso 18. Come già si affermava in Wahrheit und Methode, la « lettura » è un « atto rivivificante » 19 che però non si limita a sillabare il testo o a cogliere il senso letterale dei vocaboli, ma ha la funzione di stimolare 1’« immaginazione » del lettore e la sua « precomprensione », trasformandolo così in interprete che abbozza una prima comprensione parziale o progetta una vera e propria anticipazione di senso. La lettura non rappresenta per Gadamer solo il primo momento in cui ci si accosta al testo, ma è un atto complesso che fa parte in modo essenziale del processo ihterpretativo: è una attività che tende a riunire e a collegare segmenti disgiunti, che opera saldature tra parole staccate, che tende a concatenare i diversi elementi in un discorso e ad aprire la strada al senso. Si può quindi affermare che, se il linguaggio è il medium in cui sempre avviene l’interpretazione, la lettura del testo scritto è il procedimento attualizzante con cui essa si costruisce in modo sensato e coerente. « Leggere » — in modo particolare in quella forma del « leggere in silenzio » distinta dalla lettura ad alta voce, dalla lettura « pubblica » e 18 I punti di contatto e le differenze tra la concezione gadameriana della « lettura » e quella proposta dai rappresentanti della cosiddetta « estetica della ricezione » andrebbero ulteriormente approfonditi e studiati. Per un primo orientamento si veda: H.R. Jauss, Apologia della letteratura, tr. it. a cura di C. Gentili, Einaudi, Torino 1985; W. Iser, Die Appellstruktur der Texte, Universitätsverlag, Konstanz 1970, Id., L’atto della lettura, tr. it. di R. Granafei, II Mulino, Bologna 1987. ” H.-G. Gadamer, Verità e metodo, cit., 197; cfr. anche 449 ss. Per gli sviluppi più recenti del nesso lettura-interpretazione cfr. H.-G. Gadamer, Persuasività della letteratura, cit., 29-47; 51-57; 103, 132. Qui troviamo espressa chiaramente la tesi secondo cui « leggere è interpretare ed interpretare non è nient'altro che il processo articolato del leggere » (p. 105).

INTRODUZIONE

XV

dalla « recitazione » — è un modo di far parlare il linguaggio ascoltan­ do il messaggio racchiuso nella parola scritta, ma è sempre anche contemporaneamente un « apprendere », un « conoscere » che è un « riconoscere » mediante l’esplicitazione del significato del testo. Per precisare questa duplicità di livelli, che l’esperienza della lettura e dell’interpretazione delle opere letterarie comporta, Gadamer fa spes­ so riferimento alla definizione kantiana del « giudizio di gusto », inte­ so come « libero gioco » tra immaginazione e intelletto 20. L’immagina­ zione è infatti la capacità di produrre immagini e figure con cui il lettore definisce i contorni delle connotazioni semantiche; l’intelletto aiuta invece a ricostruire il « senso complessivo » del testo e guida il passaggio dal livello immediato della comprensione semantica alla esplicitazione del « senso unitario ». L’intelletto contribuisce a stabilire i collegamenti sintattici e a costruire una « compagine coerente », ossia dotata di un « senso » che non sia in contraddizione con quanto detto dal testo, ma anzi si avvicini ad esso e vi corrisponda il più possibile. All’interno del « libero gioco » di immaginazione e intelletto si viene formando quindi una « totalità » coerente di senso che determina la « precisione » e il « livello di coerenza » dell’interpretazione. Il massi­ mo di precisione si ha proprio quando il testo diventa una « totalità », quando tutti i possibili riferimenti del « detto » si raccolgono in unità e l’interprete coglie il « senso complessivo » del testo. Certamente la « coerenza » di cui parla Gadamer non è una « cate­ goria » e la « precisione » ermeneutica non ha nulla a che vedere con la univocità e il rigore dei procedimenti e dei sistemi deduttivi, ma non va neppure confusa con l’arbitrarietà delle associazioni private 21. Inol­ tre va sempre tenuto presente che l’obiettivo del comprendere non è quello di arrivare ad una spiegazione definitiva del testo, bensì il « prender parte » ad un processo infinito che porta ad ampliare lo spazio di risonanza del testo e ad arricchire di senso quanti partecipano a questo processo. 2" H.-G. Gadamer, Verità e metodo, cit., 67 ss. Cfr. I. Kant, Critica del giudizio, tr. it. di A. Gargiulo riv. da V. Verra, Laterza, Bari 1970, 60. Da notare che la concezione kantiana della poesia, pur richiamandosi al « libero gioco » di immaginazione e intelletto, assegna a quest’ultimo un ruolo importante. « La poesia - scrive Kant - è l’arte di dare ad un libero gioco dell’immaginazione il carattere di un compito dell’intelletto. (...) Il poeta annunzia semplicemente un piacevole gioco di idee, che ha tuttavia tanta efficacia sull’intelletto come se non avesse avuto altro intento che di occuparsi di esso » (p. 181). 21 Per un approfondimento critico di queste tesi gadameriane si rinvia alla discussione attorno al tema della « validità » dell’interpretazione avviata da E.D. Hirsch, Teoria dell’in­ terpretazione e critica letteraria, tr. it. di G. Trampolini, Il Mulino, Bologna 1973 (in partico­ lare pp. 257-78).

XVI

CHI SONO IO, CHI SEI TU?

Questo non vuol dire che la « coerenza » e la « precisione » risulti­ no secondari nel lavoro ermeneutico. Esse anzi rimangono sempre l’obiettivo di qualsiasi interpretazione, e questo vale anche nel caso della « parola poetica » dove la « coerenza » non può essere un fatto esclusivamente formale o un criterio stilistico sinonimo di « simme­ tria », di « regolarità » e di equilibrio espressivo. Il testo poetico infat­ ti si dispone sempre su diversi e molteplici livelli che sono tutti dotati di una loro validità, ma che proprio attraverso il « libero gioco » di immaginazione e intelletto devono essere evocati dall’interprete nel loro interagire. Anche nel caso della « parola poetica » ciò che caratte­ rizza il lavoro ermeneutico, questo sapiente intreccio di immaginazione e intelletto, non è tanto il dispiegarsi in successione diacronica dei diversi livelli interpretativi, quanto proprio l’esser-presente di livelli tra loro non contemporanei e diversi, ma tutti necessari e non contrad­ dittori. Ma proprio nel momento in cui l’interprete arriva a cogliere il senso ufutario e coerente del discorso poetico ed è in grado di comunicarlo, l’interpretazione è destinata a farsi da parte. L’interprete non tende infatti a costruire un « suo » testo nella forma di un « commento » da porre estrinsecamente vicino al testo che interpreta, ma in un atteggia­ mento di pietas ermeneutica si pone esclusivamente al servizio del testo. Così nel momento di maggior avvicinamento al testo, in cui si realizza quella « fusione di orizzonti » che qualifica ogni vero compren­ dere, la parola dell’interprete non si separa completamente dalla parola del poeta per porsi autonomamente accanto ad essa, ma torna a « fon­ dersi » col testo poetico. Infatti « l’interpretazione di una poesia è esatta solo quando alla fine è in grado di scomparire completamente perché è entrata a formare una nuova esperienza della poesia stessa » (p. 117). Ed è questa una ulteriore conferma del fatto che in ogni autentico « poetare » è presente già sempre un « interpretare » e che quest’ultimo a sua volta, realizzandosi in modo « sensato » e « coeren­ te », è strutturalmente cooriginario al « poetare » stesso. Così il « compreso » e il « detto » si intrecciano nel testo sulla base del comune fondamento linguistico senza arrivare a confondersi com­ pletamente. La parola interpretante, che si avvicina ed « esegue » la « parola detta », « rimane trattenuta in essa come i cenni ambigui che costituiscono la poesia in quanto tale. Allo stesso modo di questi la parola interpretante si annulla nell’esistenza della poesia. Così come la poesia indica, e cioè mostra una direzione, anche colui che interpreta una poesia indica una direzione (...) Entrambi seguono un cenno che indica, e cioè mostra una direzione, anche colui che interpreta una

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poesia indica una direzione (...) Entrambi seguono un cenno che indica verso l’aperto »22. E questo significa che il poeta e l’interprete non « abitano vicini su monti lontanissimi » 2324 ; entrambi dimorano tra gli uomini nella pluriprospettica e sconfinata pianura del linguaggio e, partecipando insieme di questa « apertura », possono incontrarsi e guardare insieme nella stessa direzione.

5. Abbiamo fin qui cercato di individuare e descrivere la pluralità di momenti in cui si articola l’ermeneutica gadameriana della parola poetica nel « caso limite » della lirica ermetica. Essa prende le mosse dall’esperienza diretta della lettura e dell’ascolto, passa a decifrare e ad esplicitare, nel « libero gioco » di immaginazione e intelletto, quel « senso complessivo » che ha « com preso » nel testo poetico, ed infi­ ne scompare fondendosi col testo ed entrando a far parte della sua « forma ». Il « commento » ad Atemkristall ripercorre tutti questi momenti costitutivi del processo ermeneutico, mettendo l’accento soprattutto sui primi due. Il « compito » che con la lettura di questo ciclo Gadamer si prefigge è quello di mostrare come sia possibile raggiungere anche in questo caso una comprensione unitaria. L’invito di Celan ad una lettu­ ra attenta e ripetuta dei suoi versi viene seguito alla lettera. In primo piano sta il testo poetico (das Gedicht, il poema in quanto parola « detta »): esso soltanto è vincolante per l’interprete ed esso soltanto deve essere interrogato in vista di una possibile comprensione. Il senso di ciò che il poeta intendeva dire appare secondario, e pure secondarie sono per l’interprete quell’insieme di informazioni che riguardano la persona dell’autore e le sue vicende biografiche. In quanto esse non si trovano nel testo, vanno decisamente accantonate se non si vuole cadere nell’errore di comprendere la poesia dall’esterno. Anche gli scritti teorici di Celan, in cui egli ha esposto la sua concezione della poesia come Atemwende, devono essere usati con discrezione Secon­ 22 H.-G. Gadamer, L'attualità del bello, cit., 86. 23 M. Heidegger, Che cos’è metafisica?, tr. it. di H. Kiinkler, Pironti, Napoli 1982, 54. Purtroppo non è possibile discutere più da vicino i punti di contatto, ma soprattutto le divergenze, tra la concezione gadameriana del Dichten-Deuten e quella heideggeriana del Dichten-Denken. 24 Oltre alla già citata Ansprache (cfr. sopra nota 13), il principale testo in prosa in cui Celan espone la sua concezione della poesia come Atemwende è il discorso dal titolo Der Meridian, pronunciato nel 1960 in occasione del conferimento del Büchner-Preis, ora in GW., IH, 187-202 [Il Meridiano di Paul Celan, tr. it. di L. Samonà, in « Quaderni di Filosofia della Facoltà di Magistero dell’università di Palermo », 1 (1978), 124-37]. Altri testi più brevi (tra i quali l’importante lettera ad Hans Bender) si trovano raccolti in GW., ni, 167, 175, 179, 181, 203.

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do Gadamer infatti non è possibile dedurre da essi un « principio interpretativo che ci possa aiutare a comprendere meglio le sue poe­ sie » (p. 114). L’interprete si trova così ad essere solo di fronte alla parola scritta, senza intermediazioni, senza il filtro di un sapere partico­ lare che non sia l’insieme delle sue esperienze. Questa lettura diretta — che ricorda il luterano sola scriptura - definisce la « situazione erme­ neutica » in modo preciso e concreto anche nel caso in cui ci troviamo di fronte ad un linguaggio poetico completamente distaccato da quello naturale, in cui il testo non rinvia ad un orizzonte di significati condivi­ si e familiari. Anche nel caso delle poesie di Celan quindi « tutto si trova nel testo » (p. 102). Infatti la « sintassi nascosta » delle sue liriche ermetiche « non si può imparare su nessun altro testo al di fuori delle poesie stesse » (p. 85). Insieme all’accentuazione del « primato del testo » - che, come è stato osservato, corre il rischio di fornire una interpretazione « meta­ biografica » della raccolta celanianä- 25 — vanno rilevati altri tre aspetti che caratterizzano le diverse fasi dell’interpretazione gadameriana di questo ciclo di poesie. Il primo aspetto riguarda una antica regola dell’esegesi dei testi sacri, che Schleiermacher ha elevato a principio ermeneutico generale della lettura e dell’interpretazione e che Gadamer si propone di seguire anche nel contesto di questo « commento » (cfr. p. 82): di fronte all’intero ciclo e nell’ambito di ogni poesia occorre iniziare la lettura dal punto in cui balena un primo barlume di comprensione, per poi passare dalle « parti » al « tutto », dal « particolare » al « generale ». Proprio questa regola ermeneutica spiega la scelta di Atemkristall. Questo ciclo, che Gadamer dichiara di aver « in una certa misura compreso » (p. 82), diventa così il testo « particolare » dal quale iniziare un lavoro ermeneutico che può introdurre l’interprete nel con­ testo più ampio dell’intera opera poetica celaniana. Il secondo aspetto riguarda invece il « principio con cui lavora l’ermeneutica della parola poetica quando intende cogliere la particola­ re unità del tutto » 26. Si tratta di un « principio » che non è esterno al testo, ma di una indicazione che l’interprete ha appreso dal paziente esercizio della lettura e dell’esecuzione del testo: « il principio della dissonanza armonica » 27. Come nel caso dell’esecuzione di un brano 2’ G. Neumann, Recensione a: H.-G. Gadamer, Wer bin Ich und wer bist Du? Kommen­ tar zu Celans « Atemkristall », Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1973, in « Germanistik », 15 ' 1974), 965. 26 H.-G. Gadamer, Celans Schlußgedicht, cit., 68. 27 Ivi.

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musicale, anche qui questo « principio » aiuta l’interprete a non rima­ nere frastornato dallo stridore delle dissonanze presenti nel verso e a seguire nell’ascolto l’articolarsi e il fondersi dei suoni tra loro. Solo l’interprete che porta a compimento questo tipo di « esecuzione », prestando ascolto alla sottesa « armonia » che governa le più aspre e ostili dissonanze verbali, arriva a cogliere il « senso unitario » del messaggio poetico celaniano che spesso rasenta l’indicibile e l’assurdo. Il terzo ed ultimo aspetto concerne l’esplicitazione del « senso unita­ rio » dell’intero ciclo celaniano che costituisce il momento finale del processo di comprensione. E questo senza dubbio uno dei risultati più interessanti del « commento » gadameriano che può essere colto imme­ diatamente anche da chi non è interessato a seguire dal punto di vista teorico i diversi momenti in cui si articola l’interpretazione della parola poetica. La « comprensione unitaria » di questo ciclo è ottenuta da Gadamer individuando il « motivo dominante » che collega tra loro le diverse poesie che lo compongono. Il ciclo è considerato come una « totalità » al cui interno ciascuna poesia occupa un posto ben preciso e unico ed assume la propria « determinatezza » e la propria « indivi­ dualità » a partire dal « tutto ». Questa struttura di opera unitaria è analoga a quella di una composizione musicale, al cui interno si posso­ no distinguere tempi e tonalità sonore diversi. Il ciclo inizia con un gruppo di poesie introduttive nel movimento sommesso dell’« andan­ te », cui segue lo sviluppo del tema principale nel « largo » formato dalle poesie che occupano la parte centrale del ciclo; vi è poi la ripresa nel « crescendo » finale di tutti i temi e infine 1’« adagio » della conclu­ sione col geometrico disporsi del suono e della parola nel « cristallo di fiato » nominato dall’ultima poesia. Ma se questa è la struttura formale del ciclo, l’impercettibile filo armonico che lo rende opera compatta, qual è secondo Gadamer il tema che lega le singole poesie formando una composizione dotata di « senso unitario »? E il tema universalissimo della poesia della poesia, del significato della creazione poetica 2S. Il ciclo celaniano è essenzial­ mente^ un « poema » che ha per tema la poesia e il suo linguaggio, è una « riflessione » sul senso del poetare che non trova spazio in un testo metapoetico, ma che è all’opera nel poiein stesso. Il « motivo dominante » è infatti quello della ricerca della « parola vera », una ricerca angosciante e affannosa, di cui ogni poesia, ogni verso e ogni Per una fondazione teoretica del concetto di « poesia della poesia » rimando al saggio di A. Caracciolo, La verità nel dominio del poetico, in «Teoria», 6 (1986), 3-31 (in particolare p. 15).

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parola di questo ciclo sono frammenti pronunciati con voce ansimante e strappati al baratro dell’ammutolire. All’interno di questa struttura unitaria vi sono poi pause, intermezzi (come è il caso della penultima poesia), divagazioni, e vere e proprie « variazioni » sul tema principale del ciclo (come è il caso delle poesie che alludono allo scorrere del tempo e della vita, all’approssimarsi della morte, all’appartenenza del poeta ad una determinata comunità storica, quella dei « persegui­ tati »). Nell’interpretazione gadameriana il ciclo celaniano risulta così una unità tematica articolata in una pluralità di variazioni e motivi che, pur restando nettamente distinguibili, si richiamano e sono tra loro in armonia. L’ordine in cui si dispongono e di dislocano le singole poesie nel contesto del ciclo non è quindi arbitrario e casuale, anche se non deve essere inteso come uno schema logico precostituito. La disposizione delle poesie sviluppa il motivo dominante conferendo unità e coerenza all’intera composizione, e traccia un itinerario possi­ bile che conduce alla « parola vera »: l’itinerario del poiein, « la via dell’arte » e dell’ispirazione per la quale la « poesia » (la Dichtung, l’atto dello scrivere ispirato) è già sempre « in cammino ». La poesia percorre questa « via » fino in fondo e giunge alla meta che l’attende: giunge all’invisibile « cristallo di fiato » [Atemkristall] nato dall’arre­ sto impercettibile del « respiro » [Atem] di chi si trova col « fiato mozzato » di fronte al « volto della medusa », di fronte alla « maestà dell’assurdo » 29.

6. Cerchiamo ora di delineare in modo più preciso il significato di questo itinerario poetico che conferisce forma unitaria al ciclo celania­ no, ripercorrendone le tappe principali. Si è detto che il « motivo dominante » del ciclo, la ricerca della « parola vera », si articola nella forma di una composizione musicale le cui parti si distinguono non solo per la presenza di tonalità sonore diverse e a volte contrastanti, ma anche per la diversità di contenuti e di accenti. La parte introduttiva colloca la ricerca della parola vera in uno spoglio paesaggio invernale in cui domina la presenza della neve in contrasto con la ricchezza rigogliosa dell’estate. Il contrasto disarmoni­ co tra estate e inverno ne evoca subito un altro, quello tra sonno e veglia, espresso concretamente dalla metafora dell’acido. Nella parte centrale domina un insieme di significati che abbraccia il mare, i fiumi, ” Le espressioni « via dell’arte », « volto della medusa » e « maestà dell’assurdo » si trovano in P. Celan, Der Meridian, eit., 194, 192 e 190.

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la limpidità delle acque, lo scorrere, il fluire e il navigare, ma anche la possibilità di naufragare. La parte finale, più concentrata e compatta e proprio per questo armonicamente più pregnante, ricorre ad un inorga­ nico linguaggio geologico in uno sfondo « grigiobianco » [weißgrau] e si serve di parole che evocano primordiali esplosioni cosmiche (come « pietra », « cratere », « luna »), per ritrovare alla fine la neve trasfor­ mata in « ghiaccio ospitale », al cui intento (nel « favo del ghiaccio ») è custodito il « cristallo di fiato ». In sintonia con questi materiali linguistici si sviluppa nelle tre parti del ciclo la ricerca della parola vera da parte del poeta che si incammi­ na per « la via dell’arte ». All’inizio egli è un dimesso viandante che si lascia alle spalle l’estate e accetta la presenza della neve; poi un pelle­ grino avvezzo a rinunce e digiuni che, cercando di rimuovere l’ostacolo del linguaggio convenzionale, cerca disperatamente di aprirsi un varco per ritrovare almeno il riflesso della « parola vera » da cui è misteriosa­ mente separato. Nelle poesie della parte centrale il poeta ricompare nella figura di un pescatore che tenta di ripescare la « parola » nello scorrere del linguaggio, « nei fiumi a nord del futuro »; subito dopo nella metafora del « vessillo » legato all’albero di una nave che cola a picco, ma che « forte del canto » indica come vi siano « canti da cantare ancora, oltre gli uomini »; infine nei panni di un geologo che, servendosi della « parola vera » come di una bussola, cerca di orientar­ si sul terreno irregolare e insidioso del linguaggio. Nelle poesie finali il tema della « parola vera » emerge in tutta la sua precisione e chiarez­ za. Si tratta di quella parola che non trova posto all’interno del linguag­ gio convenzionale, « che si trova al di là di tutte le sillabe e di tutti i vocaboli » (p. 23); si tratta di quella « parola-luna » che sorgendo fa scomparire il mare di parole fatue e inautentiche e porta allo scoperto il « cratere al cuore conforme » da cui è nata. La poesia conclusiva raccoglie unitariamente questa pluralità di immagini, di tonalità e moti­ vi. Non solo il linguaggio inautentico e ambiguo, ma anche la « poesia menzognera » e « nulla » è qui « spazzata via » dal vento luminoso della « parola vera ». Così la « via dell’arte » è ora sgombra da ogni ostacolo e il pellegrino può percorrerla fino alla meta. Nel freddo dell’inverno egli attraversa nevi e ghiacciai e raggiunge « in profondi­ tà nel crepaccio dei tempi » il « favo di ghiaccio » in cui lo attende il « cristallo di fiato », la parola cristallina trasparente e pura che rappre­ senta la sua « non intaccabile testimonianza ». A conclusione di questo faticoso e ansimante peregrinare, la « paro­ la vera », impercettibile e lieve, si condensa nel