Aristotele, Atene e le metamorfosi dell'idea democratica. Da Solone a Pericle (594-451 a.C.)
 8843059149, 9788843059140

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BIBLIOTECA DI TESTI E STUDI/ STUDI STORICI

934

Greek politica! creation - the polis an d democracy - has always been seen as a static «result», with the «merits» and «demerits» of the Athenian democracy discussed as if this regime were to be a model or an antimodel for ever and anywhere. Castoriadis (199 1, p. 21)

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Elisabetta Poddighe

Aristotele, Atene e le metamorfosi dell'idea democratica Da Solone a Pericle (594-451 a.C.)

Carocci editore

In copertina: busto di Aristotele (particolare), Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma.

la

ristampa, ottobre 2016 edizione, luglio 2014 ©copyright 2014 by Carocci editore S.p.A., Roma la

Realizzazione editoriale : Progedit Srl, Bari

ISBN 978- 88-4 30- 5914- 0

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633 ) Senza regolare autorizzazione, vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocop ia, anche per uso interno o didattico. è

Indice

Prefazione

9

Introduzione

12

Parte prima Come si affronta una ricerca sulle costituzioni: il metodo storico secondo Aristotele I. I. I . 1.2. 1.3.

Aristotele e la politeia

35

Introduzione

35

Polis e politeia: « Il criterio per stabilire l' identità della città è la costituzione che la regge » (Poi. 1 276b 10- 1 1 ) Polis, politeia e giustizia politica: l'ordine della comunità politica è « la determinazione di ciò che è giusto» (Poi. 125 3a 37-3 9)

1.4. I. S . 1.6. 1.7.

Polis, politeia e nomoi: « dove non sono le leggi a governare, non c 'è costituzione » (Poi. 1292a 3 1 -32) Polis,politeia e natura : la costituzione « migliore per natura » è « ovunque una soltanto» (EN 1 135a s-6) Come affrontare una ricerca sulle costituzioni e « mettere in luce la verità » (Poi. 1279b 10-15) Lapoliteia come cittadinanza: la cittadinanza è la « cosa » che contiene la costituzione (Poi. 1275a 35-36)

39 46 54 61 66 68

2.

Aristotele e la cittadinanza democratica

74

2.1.

Introduzione

74

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA 2.2.

2.s .

3· 3·1. 3.2. 3·3 · 3·4· 3·5· 3.6. 3·7·

Il dispositivo della cittadinanza e la specificità dei regimi democratici La funzione storica delle pratiche e dei modelli di cittadi­ nanza nella democrazia ateniese : modelli interpretativi a confronto La sostanza democratica della cittadinanza: la dimensione egualitaria Emergenza e sviluppo dell' idea di cittadinanza democrati­ ca ad Atene Aristotele e le metamorfosi (metabolai) della democrazia ateniese

79 94 99

106

Introduzione Continuità e discontinuità nella storia della democrazia ateniese. Aristotele e gli altri Aristotele, la Politica e la Costituzione degli Ateniesi. Interazione tra dati storici e asserti teoretici Le origini e la storia della democrazia ateniese : Aristotele e l 'uso delle fonti Le metabolai democratiche da Solone a Pericle: morfologia e funzione dell' idea democratica Le metamorfosi della nozione di giustizia come uguaglianza Egemonia dell'Areopago e metabole democratica: il test

I06

case

IS4

I08 1 16 I 27 I39 ISO

Parte seconda Idee di cittadinanza democratica da Solone a Pericle. La prospettiva di Aristotele 4·

4.I. 4.2. 4·3· 4·4· 4·5·

Aristotele, Solone e l' isonomia giudiziaria: verso un'iso-

politeia

I7I

Introduzione Verso una cittadinanza isonomica La forza della legge, la giustizia e l'uguaglianza L'isonomia è la vera eunomia Per una nuova idea di cittadinanza

I71 I74 I76 I82 I84

6

INDICE 4.6. 4·7· 4.8. 4·9· S·

s . I. s .2. 5·3·

6.

6.1. 6.2. 6.3. 6.4. 6.s. 6.6. 6.7. 6.8. 6.9. 6.IO. 6.I I. 6. 1 2. 6.13.

Cittadinanza e partecipazione: il carattere demotico del nuovo ordine Cittadinanza e pratiche inclusive Cittadinanza, valori civici e identità What kind of a politeia ? Un' isopoliteia

192 203 206 20 8

Aristotele, Clistene e il problema delle origini degli ateniesi: il grado zero dell ' identità civica

2 IO

Introduzione Riformare la cittadinanza all' indomani di un rivolgimento costituzionale (Pol. I 275b 34-1276a IO ) Una rinnovata idea di uguaglianza: tutti i cittadini hanno la stessa origine ( il demo ) Aristotele, Pericle e la questione del numero : verso una nuova idea di cittadinanza democratica Introduzione Aristotele, la vittoria di Maratona e la nuova autocoscienza popolare La vittoria di Maratona e l "'epifanià' del demos La forza militare e i destini della costituzione La prospettiva egemonica dopo Maratona Un ulteriore esito della vittoria contro i persiani: l'egemonia dell 'Areopago ( prima metabole del v secolo ) Efìalte, Pericle, l 'Areopago e la « difesa della costituzione » ( seconda metabole del v secolo ) Aristotele e l' istituto delle giurie popolari I cittadini giudici: «padroni » e « arbitri unici » dei tribunali ? Le giurie popolari giudicanti e decidenti Il cittadino giudice e il processo come laboratorio dell' identità civica L' identità civica nella retorica giudiziaria e nelle o razioni funebri: l'uguaglianza come eredità biologica Razionalizzare la prassi: la legge di Pericle sulla cittadinanza ( 4 S I a.C. ) 7

2IO 211 21 7

223 223 225 229 235 24I 243 245 258 277 295 303 306 3I3

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA Appendice 1. Aristotele, il «controllo di legittimità » e le metamorfosi della costituzione

33 I

Appendice 2. Idee di cittadinanza democratica ad Atene : Aristotele e lo sguardo retrospettivo dei teorici della cittadinanza

336

Bibliografia

345

8

Prefazione

Nessuno più di Aristotele ha studiato la democrazia ateniese. Di quella che è stata la forma storica più rilevante dell' idea democratica Aristotele ha vo­ luto soprattutto comprendere l'evoluzione, la storia: perciò ha pensato il confronto, in prospettiva diacronica, delle manifestazioni dell' idea demo­ cratica che giudicava le più significative e intellegibili della storia ateniese. Ma quali principi hanno guidato la sua ricerca ? E quale giudizio si deve dare della scelta aristotelica di segnalare, attraverso quel confronto, le meta­ morfosi dell' idea democratica ? A guidare l a ricerca aristotelica sulla democrazia ateniese è u n assunto rilevante del suo pensiero politico: ogni forma di governo o di costituzio­ ne (politeia, nel suo linguaggio) è conoscibile attraverso la concezione che esprime riguardo a "ciò che è giusto". È l' idea (eidos) della giustizia, anzi della giustizia come uguaglianza, a definire il carattere di un regime politi­ co. Quell ' idea è sempre relativa, instabile, anche quando il termine di rife­ rimento è un modello costituzionale preciso, quello democratico, quando cioè l' idea di giustizia coincide con "ciò che pare giusto ai più". Anche in quel caso - osserva Aristotele - non abbiamo a che fare con una nozione unitaria né stabile, poiché sono mutevoli gli equilibri tra i gruppi sociali portatori della visione dominante in materia di giustizia. E con il mutare di quegli equilibri cambia l' idea di democrazia. Non c 'è dunque una sola idea democratica, ed esistono invece idee diverse di democrazia. Idee diverse sono riconoscibili anche nella storia democratica di una stessa polis, dove ognuna delle visioni democratiche (ognuno degli eide del­ la sua democrazia) corrisponde a una fase storicamente determinata della sua evoluzione (ovvero ai rapporti di forza in atto tra le parti della società in quel dato momento storico). L' interesse di Aristotele per le metamorfosi dell' idea democratica, così come declinata nella storia ateniese, è dunque insieme teorico e storico. Una volta riconosciuto il momento in cui per la prima volta, nella storia della costituzione ateniese, sono stati adottati prov­ vedimenti di segno demotico (ovvero, favorevoli al demos), Aristotele ha 9

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA voluto conoscere (e descrivere) il processo storico che ne è seguito, affron­ tando in questa prospettiva due ordini di problemi: provare a riconoscere, di volta in volta, l' idea democratica in atto, e interpretare, sul piano teorico e storico, gli agenti (cause) della sua evoluzione (metabole). Aristotele ha cercato l' idea democratica (e i segni delle sue metamorfo­ si) prioritariamente nella concezione o idea di cittadinanza. Era convinto, infatti, che ogni variazione che interessava il dispositivo, insieme giuridico e concettuale, della cittadinanza rappresentasse la spia di un cambiamen­ to più generale nel sistema dei valori condivisi, nella politeia intesa come ideologia della polis. Giudicava inoltre che a segnalare il cambiamento non fossero soltanto le leggi adottate per definire la dimensione giuridica della cittadinanza, il suo statuto (chi è cittadino), ma anche quelle che definiva­ no la sua qualità politologica (quali funzioni spettano al cittadino per via pubblica) . Considerava, infine, che a "rivelare" l' idea democratica in atto non fossero solo le leggi scritte, anche quando particolarmente rappresen­ tative rispetto alla forma costituzionale di una data comunità politica, ma che dovessero essere conosciute e studiate con uguale impegno teorico le sue regole non scritte (gli ethe) . Era l' insieme di questi valori a definire, di volta in volta, l' idea demo­ cratica. Compito dello scienziato della politica era l' indagine sugli eventi intervenuti a determinare l' idea in atto e l'evoluzione successiva. Per fare una ricerca di queste proporzioni Aristotele ha potuto esami­ nare una quantità di materiale documentario notevole, incomparabilmente superiore a quello di cui noi oggi disponiamo. Poteva contare, per questo grandioso programma di studio politico-costituzionale, sull 'attività di un "gruppo di ricerca" che raccoglieva e ordinava ciò che era conoscibile relati­ vamente a leggi, decreti, usi delle poleis greche in generale, e particolarmen­ te di Atene. Di alcune di queste raccolte, ad esempio la raccolta dei decreti ateniesi curata dallo storico Cratere, conserviamo frammenti significativi. In quella fase di raccolta e interpretazione dei dati, il massimo impegno teorico di Aristotele fu riservato allo studio dei provvedimenti normativi adottati ad Atene per modulare i diritti e le funzioni dei cittadini, così come le dimensioni e la composizione etnica del corpo civico. Aristotele ricono­ sceva evidentemente a quei provvedimenti una rilevanza proporzionale alla possibilità di riflettere, attraverso la loro considerazione, sul carattere della democrazia ateniese e sulla sua storia. Ci sono tutte le premesse perché gli studiosi possano giungere a una valutazione univocamente positiva riguardo agli esiti della ricostruzione aristotelica sulle metamorfosi della democrazia ateniese : c 'è, da un lato, l'attività intellettuale di uno studioso dotato di qualità fuori dal comune, IO

PREFAZIONE dall'altro una quantità notevole di materiale documentario che ha alimen­ tato la sua ricerca e la sua riflessione. E invece il giudizio dei moderni su Aristotele storico è tutt'altro che unanime. Mentre una parte degli studiosi riconosce le qualità storiche della ricerca politica aristotelica, una parte con­ siderevole della storiografia moderna ritiene che, almeno per quanto riguar­ da la ricostruzione della storia costituzionale ateniese, l' indagine storica e la ricerca teorica non abbiano interagito proficuamente: al contrario, il fatto che la documentazione raccolta sia stata analizzata a partire da modelli in­ terpretativi funzionali agli interessi teorici dello "scienziato" della politica avrebbe condotto Aristotele a fare quella che Oswyn Murray ha definito una « bad history » (Murray, 199 3a, p. 20 8). Ricostruzione inaffidabile, in­ somma, secondo il giudizio di molti studiosi, quella proposta da Aristotele per la storia della democrazia ateniese, che percio si svolge nel segno delle metamorfosi. Riconoscendo nella storia costituzionale di Atene i segni di metamorfosi che gli altri storici non hanno "raccontato", Aristotele dimo­ strerebbe - secondo il giudizio di molti - di non avere appreso la "prima le­ zione" degli storici del v secolo, Erodoto e Tucidide, i quali hanno disegna­ to il profilo storico della democrazia ateniese nel segno di quella sostanziale continuità che gli studiosi definiscono la continuous history o continuous story di Atene (Ober, 20 05, pp. 226, 240 n 4; Vartsos, 20 0 8, p. 6 s). Quale allora il giudizio che dobbiamo dare sull'Aristotele storico della democrazia ateniese ? Questo libro torna a riflettere sulla questione, provando innanzitutto a riconoscere i principi costitutivi del metodo della sua ricerca politica e seguendone poi l'operatività concreta nella fase della ricostruzione e descri­ zione della storia democratica di Atene.

La pubblicazione di questo libro è stata resa possibile grazie a un finanziamento concesso dall'Ateneo di Cagliari ( Fondo per gli investimenti della ricerca di base) . In ogni fase di sviluppo di questo lavoro ho potuto contare sulla collaborazione di molte persone che voglio ringraziare. Ringrazio il direttore del mio dipartimento, prof. Ignazio Efisio Putzu, e la responsabile della segreteria amministrativa, Giu­ lietta Masala. Un sentito ringraziamento anche all'editore Carocci, particolarmen­ te al dott. Daniele Aluigi e al gruppo della redazione.

II

Introduzione

La questione al centro di questo libro è il giudizio su Aristotele storico della democrazia ateniese. Di quella sua ricerca storica vogliamo conoscere la "ca­ ratteristica": il metodo utilizzato, gli obiettivi attesi, i risultati raggiunti. Il tema è, come già detto, molto discusso, forse uno dei più dibattuti della lette­ ratura storiografica e filosofica prodotta sull'opera aristotelica. Qui si è scel­ to di tornare a riflettere sulla "caratteristicà' di Aristotele storico attraverso la riconsiderazione dei problemi interpretativi più rilevanti che gli studiosi hanno sollevato sia in relazione alla definizione del suo metodo di ricerca, sia rispetto alla valutazione dei risultati cui quel metodo d' indagine ha condot­ to per il caso ateniese. La riconsiderazione è passata attraverso due fasi suc­ cessive. In una prima fase, si è cercato il "canone" che Aristotele ha applicato alla sua ricerca politica. Si è trattato, in questo caso, di riconoscere il metodo che ha guidato la ricerca aristotelica sulle costituzioni, e soprattutto di iden­ tificare i criteri attraverso i quali Aristotele ha scelto di descrivere la storia di una costituzione (politeia). Nell'ambito di questa prima fase una trattazione specifica ha riguardato il metodo adottato per ricostruire e descrivere la sto­ ria della costituzione democratica ateniese. Nella seconda fase dell' indagine, si sono valutati i risultati raggiunti dalla ricerca aristotelica con la ricostru­ zione del caso ateniese. In questa seconda fase, la maggiore attenzione è stata riservata alla ricostruzione che Aristotele ha proposto relativamente a un aspetto specifico della democrazia ateniese: i modelli di cittadinanza espressi nel periodo che va dagli inizi del VI alla metà del v secolo a.C . Perché valutare la ricostruzione complessiva dell'evoluzione democrati­ ca ateniese a partire dai giudizi maturati riguardo a un tema specifico della sua indagine storica, appunto il "problema" della cittadinanza ? Si è fatto cenno, nella Prefazione, all'assunto aristotelico secondo il quale il disposi­ tivo della cittadinanza rivela l' « ideologia della polis » \ ovvero il carattere 1. Ober (1996, p. 173 e n 32) conviene sul fatto che - secondo Aristotele - «politeia must include ideology » e che l' « ideologica! stability » sia da valutare in rapporto ai parametri della cittadinanza. Diversamente da Ober, però, qui si ritiene che a essere indicativi di una

12

INTRODUZIONE proprio della sua politeia. Aristotele aveva maturato in effetti un convinci­ mento preciso riguardo al valore euristico dello studio della cittadinanza per conoscere il carattere di una costituzione. È indicativo di questo con­ vincimento il fatto che, quando Aristotele riflette sul tema delle differenze e delle metamorfosi costituzionali, considera la cittadinanza come il princi­ pale indicatore di ciò che muta. In quel contesto Aristotele assegna al dispo­ sitivo della cittadinanza una funzione precisa: quella di "contenitore" della costituzione\ capace di predicarne in modo sintetico il carattere, le qualità specifiche, lo stadio evolutivo, perciò al tempo stesso capace di raccontarne le origini e, attraverso le sue metamorfosi, la storia. Oggi, è ben noto, riflet­ tere sul carattere dei regimi democratici moderni e contemporanei a partire dalla considerazione dei cosiddetti "modelli civici" rappresenta il metodo di studio più diffusamente adottato3• Siamo anzi di fronte a quella che è stata definita la «d-scoperta del concetto di cittadinanza come chiave di lettura nuova sulle specificità delle democrazie moderne » ( Sorba, 20 o2b, p. vn). Ma il merito di avere scoperto la « fecondità euristica » 4 della cittadinanza come chiave di lettura della storia dell' idea democratica è di Aristotele. E riconoscergli questo primato è tra le finalità di questo libro5• Il libro è diviso in due parti, corrispondenti alle due fasi dell' indagine. Nella prima parte, intitolata Come si affronta una ricerca sulle costituzioni: il me­ todo storico secondo Aristotele, la riflessione riguarda il metodo di Aristotele storico della politica. Per Aristotele la ricerca politica non era solo riflessione sulle idee e sul lessico politico, bensì studio, condotto con metodo scientifi­ co, delle istituzioni politiche e militari, studio della storia sociale e politica delle città greche. Per apprendere in che modo Aristotele ha fatto della sua ricerca politica una "scienza", ovvero una ricerca capace di definire il proprio oggetto e cosciente del proprio metodo6, si è deciso di riconsiderare l'opera nuovapoliteia (o ideologia) non siano solo i cambiamenti dei « criteria for becoming a poli­ tes», ma anche i cambiamenti riguardanti la dimensione politologica della cittadinanza (le funzioni e le prerogative dei cittadini) e i modelli civici (I' ethos). 2. Aristotele definisce la cittadinanza la "cosa" che contiene come proprio "soggetto" la costituzione (Pol. 1275a 35-36); cfr. PAR. 1.7. 3· Esempi rappresentativi sono gli studi di Barbalet (1988), Zincone (1992), Zolo (1994b), Kymlicka (1995), Dynneson (2001; 2oo8), Plattner (2004), Magnette (2oos). Le impostazioni di questi lavori sono illustrate in seguito ( PAR. 2.3). 4· Per questa "qualità" del dispositivo della cittadinanza cfr. Costa (2002, p. 23). S· È invece adeguatamente valorizzato il contributo della riflessione aristotelica al dibat­ tito contemporaneo sulla dimensione etica della cittadinanza (la virtù civica, l 'educazione del cittadino ecc.). Ne dà ampiamente conto il volume di Collins (2oo6). 6. È giusto definire "scientifica" la ricerca politica aristotelica per il carattere del suo me­ todo (Gastaldi, 1998, p. 195) non per l'oggetto d' indagine. Aristotele infatti considerava la

I3

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA politica ed etica di Aristotele e di isolare i contenuti che rivelano, secondo il giudizio di chi scrive, il metodo dei suoi studi politici. Lo spazio maggiore è stato riservato alla Politica e alla Costituzione degli Ateniesi - « i capolavori di Aristotele storico» (Mazzarino, I966, p. 438) - ma si è fatto ricorso anche ali'opera etica, in particolare ali'Etica Nicomachea, così come alla Retorica e alla Poetica. I riferimenti al carattere proprio della "scienza" politica sono sparsi ma chiari e riguardano sia il campo dell' indagine sia la metodologia utilizzata, aspetti che spesso Aristotele definisce attraverso la contrapposi­ zione fra la ricerca politica e quelle che lui considera le scienze proprie, ad esempio le scienze naturali oppure la cosmologia. Poiché, secondo Aristote­ le, la ricerca politica è scientifica in quanto capace di definire rigorosamente il proprio oggetto (HA I 6 49 Ia 7-Io; Pol. I29ob 25-38; Anagnostopoulos, 20I3, pp. 1 12-4), è innanzitutto attraverso la definizione dell'oggetto di una ricerca politica che Aristotele illustra l' impostazione della sua ricerca. Og­ getto di una ricerca politica è ciò su cui è possibile deliberare (bouleuton) e che è perciò oggetto di deliberazione. In quanto oggetto di deliberazione esso è sempre il prodotto di una comunità di uomini liberi che ha gia ricon­ dotto a sé la scelta di decidere del proprio comune interesse e, soprattutto, è indipendente da natura - la quale non delibera - e da necessità (Phys. n 8 199b 26-32; Hankinson, 2013, pp. 228 ss.; EN 1 1 1 2a 18-1 1 13a 14; PAR. 1.5; Pol. 1286b 13). Oggetto di uno studio politico sono le leggi, le determinazioni collettive in materia di giustizia e di uguaglianza, i valori condivisi, espressi da norme scritte ma anche da norme non scritte: è ciò che definisce la no­ zione di interesse comune propria di ogni comunità politica e che è indaga­ bile in quanto prodotto di una deliberazione collettiva. Di questo oggetto di ricerca Aristotele sottolinea spesso il valore euristico in una prospettiva storica. Il valore delle leggi, della politeia, della giustizia politica - della giu­ stizia cioè decisa dalla polis, quella che Aristotele chiama il dikaion - è in­ dicativamente collegato, nella riflessione aristotelica, alla condizione della loro intellegibilità: le leggi, l'ordine politico e sociale di una polis (la sua po­ liteia), la determinazione collettiva del giusto (il dikaion) sono intellegibili politica - in quanto studio dell'uomo politico e delle sue azioni (praxeis) - una forma atipica di scienza (episteme). Egli attribuiva la definizione di "scienza" allo studio di « ciò che non può essere diversamente da come è » , di ciò «che è eterno, come tutto ciò che è necessario in asso­ luto» (EN II39b 19-25; II4ob 31-II41a 2; AnPost. 87a 30-37 ) : una condizione che non è propria delle scelte e delle azioni dell'uomo. L'azione dell'uomo è infatti «cosa che può anche essere in modo diverso da come è» (EN II40a 1-2). Perciò nemmeno la storia (historia) è defìnibUe in senso proprio come scienza (episteme), perché studia cose che non avvengono « sempre, né generalmente, né regolarmente » e perché studia le deliberazioni umane ovvero « cose che accadono grazie a noi». Cfr. EN II I2b 1ss.; AnPost. 7 1b 9-12, 73a 21ss.; 75b 21-26, 87a 30-37; Rhet. 1369a 33-13 6 9b 2; Blank (1984, pp. 27 8 ss.); Tarantino (2on, pp. 13 ss.).

14

INTRODUZIONE e raccontano, se adeguatamente valutati, la storia reale di una polis (che per Aristotele è storia politica e storia sociale) . Essi rivelano i rapporti di forza che sono ali'origine delle scelte politiche e insieme i mezzi attraverso i quali ogni comunità politica prova a realizzare la sua idea di bene comune, ovve­ ro il suo fine (telos, nel linguaggio aristotelico). Sono proprio quei mezzi a interessare lo storico della politica, perché sono i mezzi (non il fine) a essere oggetto della deliberazione7, perché cambiano a seconda del contesto che li ha prodotti e sono perciò espressione "visibile" 8 di una realtà storicamente determinata. In uno dei passi più illuminanti al riguardo, Aristotele definisce i prodotti della politica (la determinazione del giusto e della legge, ma anche la politeia) nei termini di unità di misura, di variabili che, in quanto regolate da convenzioni umane e non secondo natura, « non sono ovunque le stesse » (EN 1135a I-6; PAR. 1.5). Esse sono da studiare proprio perché mutevoli, per­ ché modificarle dipende dall'uomo. Questo è in definitiva l'oggetto proprio della ricerca politica di Aristotele: ciò che "dipende" dall'uomo. Il carattere della sua ricerca poli tic a si p recisa attraverso l'ide n tificazio­ ne delle sue fonti. Oltre alle raccolte di leggi, Aristotele identifica la fon­ te principale di una ricerca politica nelle opere storiche : « le deliberazioni politiche sono da ricavare dall'opera degli storici » , precisa nella Retorica Aristotele, che contestualmente identifica le azioni umane (le praxeis) come l'oggetto proprio delle indagini storiche (historiai: Rhet. I36oa 36-3 8). Ma le questioni che Aristotele affronta non possono essere risolte unicamente leggendo i resoconti degli storici. Le domande che Aristotele si pone spesso non sono le stesse poste dagli storici che lo hanno preceduto. Aristotele non si limita a interrogare la documentazione sui rapporti sociali, sulle leggi, sui valori condivisi dei quali è espressione unitaria l'ordine (taxis o politeia) che la comunità politica si è data in una precisa fase storica. Ma si chiede anche : come cambia nel tempo quell'ordine convenuto ? E quale evento (ovvero quale agente) ha indotto la sua trasformazione ? La documentazione alla quale attingere questo genere di informazioni, dove provare a riconoscere i segni dell'evoluzione intervenuta nella sfera dei valori collettivi, doveva essere per forza eterogenea, e di quella documenta7· EN u 12b 12-13, 33-35 : non è oggetto di deliberazione il fìne, ma ciò che porta al fìne. Cfr. ora Cammack (2013a). 8. Nel pensiero storico greco, è la "forma vista" ciò che rende possibile l' indagine storica (historia), cioè una « considerazione del reale fondata sulla visione» (Diano, 1954, p. 261). Ali' interno di questa possibilità di fare storia rientrano sia la regola cara agli storici come Erodoto e Tucidide di dare maggiore rilievo alle notizie che derivavano dalla loro diretta osservazione (cfr. Hd. 1.8.2), sia la regola aristotelica di dare rilievo agli eventi della storia politica che risultavano più chiaramente "intellegibili", e ciò anche quando si trattava di fasi della storia politica delle quali non si era avuta esperienza diretta.

IS

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA zione è naturale che fossero parte integrante, insieme alle raccolte di leggi e ali'opera degli storici, l'opera dei poeti, così come quella dei filosofi, la retorica giudiziaria e quella celebrativa (o epidittica) , ma anche i documenti del teatro attico, i monumenti e così via (cfr. PARR. 3.2, 3.4 ) . Ogni dato uti­ le a rivelare il comune sentire, l'ethos di una comunità politica riguardo al proprio bene comune, appare valutato da Aristotele ai fini della sua ricerca. La coscienza del proprio metodo, requisito indispensabile perché la ri­ cerca politica abbia carattere scientifico, si esprime anche riguardo all'atteg­ giamento che lo storico politico deve mantenere rispetto ali 'oggetto della sua indagine e riguardo ai criteri da seguire per rendere conto dei risultati raggiunti. Dell'oggetto di una ricerca politica (le leggi, lapoliteia) Aristotele sottolinea con maggiore insistenza la relatività (il fatto cioè che valgono per intendere una realtà storicamente determinata) e l' instabilità. La caratteri­ stica principale di questo oggetto di studio - il bouleuton, ciò che può essere deliberato - è che « non si dà sempre allo stesso modo» e « non ha nulla di stabile » (EN I I I2a 35-b Io; cfr. EN 1 104a I-s: PARR. 1.3, 1.4). E poiché, secon­ do Aristotele, la consapevolezza delle qualità proprie dell'oggetto di studio di una ricerca politica è condizione irrinunciabile per fare storia politica di qualità, lo storico dovrà rifuggire da ogni tentazione di interpretare quel ma­ teriale (i prodotti della politica) come se si trattasse di determinazioni asso­ lute. Le leggi hanno valore in rapporto a una realtà contingente, e relativo è il valore euristico di tutti i "prodotti della politica" che valgono unicamente nella prospettiva di conoscere una realtà politica storicamente determinata. Per Aristotele non esiste una sola democrazia (Pol. I289a 8-Io; I296b I2-I6, 22-23; I297b 30-3I ) , neppure nella storia democratica di una stessa polis! Né all' interno della storia di una stessa polis è dato riconoscere un'unica e sta­ bile nozione di giustizia. Occorre perciò che lo storico politico dia conto delle metamorfosi intervenute prestando attenzione a ciò che rivela il cam­ biamento dell'ordine stabilito9, soprattutto alle leggi (alcune infatti sono più indicative di altre10) , e identificando i fattori che lo hanno determinato. È a partire dalla considerazione di questo genere di riflessioni che si è cercato, in questo libro, di riconoscere la specificità della ricerca aristoteli­ ca sulle costituzioni e di intendere il significato (e il valore) delle sue scelte: 9· Pol. 1289a 15-18: l'ordine statale è riconoscibile dal sistema delle magistrature cittadi­ ne, concernente il modo della loro distribuzione, dal governo della cittadinanza e dal fìne di ciascuna comunità (ovvero dalla sua idea di giustizia). 10. Alcune leggi rivelano il carattere dell'ordine stabilito meglio di altre: sono quelle che prescrivono le regole secondo cui i magistrati devono governare sorvegliando i trasgressori (Pol. 1289a 1 8-20 ). Per questa interpretazione del passo cfr. Lord (1984, p. 119; 2013, p. 98 e n 4), PAR. 3·S e Appendice 1.

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INTRODUZIONE sia la scelta di rappresentare la storia costituzionale privilegiando il tema del cambiamento e della discontinuità (metabole, nel suo linguaggio ) , sia la scelta di affidare la sua descrizione a pochi ma chiari "indicatori", quali la nozione di giustizia politica ( il dikaion) e il dispositivo della cittadinanza. Indicatori che Aristotele sceglie in quanto sufficientemente flessibili da incorporare ra­ pidamente al loro interno i cambiamenti intervenuti in seno alla comunità in tema di giustizia e di uguaglianza, ma al tempo stesso capaci di riassumere in modo unitario lo stato storicamente determinato di una comunità politica. Dei contenuti della riflessione aristotelica che rivelano il metodo e le finalità della sua ricerca storica sulle costituzioni si tratta in forma più si­ stematica nei tre capitoli che costituiscono la prima parte di questo libro. In particolare, nel CAP. 1 (Aristotele e la politeia), si riflette su alcuni tra gli assunti teorici più rilevanti della sua riflessione politica. Tra questi è l'assun­ to che ha guidato la descrizione della storia di Atene così come la leggiamo nella Politica e nella Costituzione degli Ateniesi: la convinzione che la poli­ teia rappresenti il criterio migliore per conoscere l' identità di una polis (e dunque per descrivere la sua storia) ( PAR. I.2 ) . Un secondo assunto è quello, collegato al primo, secondo il quale, nella prospettiva di riconoscere e se­ guire l'evoluzione costituzionale - e in particolare il passaggio da una data idea di democrazia a un'altra e differente idea -, l ' indicatore più efficace è la giustizia politica (dikaion), ovvero la determinazione collettiva del giusto ( PAR.1.3 ) . La giustizia politica infatti è più chiaramente intellegibile dallo storico. In rapporto al tema dell' intellegibilità della giustizia si considera­ no, nello stesso CAP. I, il ruolo assunto dallo studio delle leggi proprie di una comunità politica (nomoi idioi; PAR. 1.4; cfr. Appendice 1 ) e il carattere degli eventi ( agenti ) che determinano l'evoluzione della nozione di giusti­ zia e della politeia. Si tratta di eventi che Aristotele indaga come oggetto di studio proprio di una ricerca politica, ovvero in quanto indipendenti da na­ tura e da necessità ( PAR. 1.5 ) . In questo contesto si argomenta l'autonomia del metodo proprio della scienza politica rispetto al metodo di quelle che Aristotele definisce scienze in senso proprio ( PAR. 1.6 ) . Il capitolo si chiude con la considerazione del dispositivo della cittadinanza quale indicatore più rappresentativo del carattere di una costituzione. Si parte dalla definizio­ ne che Aristotele dà della cittadinanza, nel terzo libro della Politica, quale "contenitore" della costituzione ( I 275a 35-3 6; PAR. 1.7 ) , quindi si considera­ no le caratteristiche già riconosciute per la politeia e il dikaion, ovvero i suoi caratteri di unità e di flessibilità. Il ruolo del dispositivo della cittadinanza per indagare la storia di una costituzione è oggetto di una più ampia trat­ tazione nel CAP. 2 (Aristotele e la cittadinanza democratica), dove si riflette sull' idea aristotelica secondo la quale, per conoscere il carattere e la storia di I7

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA una costituzione, occorre studiare, insieme alle leggi che determinano la cit­ tadinanza, le pratiche e i modelli civici (PAR. 2.2), e dove si valuta la decisio­ ne conseguente di identificare nel dispositivo della cittadinanza, così come declinata dalla democrazia ateniese, lo strumento per riflettere sulla genesi della democrazia ateniese e sulle sue metamorfosi. Tale scelta viene analiz­ zata in rapporto alle critiche mosse dagli storici moderni e confrontata con altri modelli interpretativi (antichi e moderni) della storia della democrazia ateniese (PAR. 2.3). In questo stesso contesto si riflette sulla specificità della ricostruzione aristotelica rispetto ai caratteri costitutivi dell ' idea democra­ tica e dunque rispetto alla questione delle origini della democrazia ateniese (PAR. 2.4) . Per Aristotele il tratto distintivo di un regime democratico è la libertà politica che si esprime col voto nei tribunali e nelle assemblee, ed è chiaro, in questo quadro, che la questione delle origini della democrazia ateniese viene risolta da Aristotele identificando il "fatto politico" che per la prima volta formalizza ed estende all' intera cittadinanza quella libertà, ovvero la riforma di Solone (PAR. 2.5). Più in generale, la prospettiva adottata da Aristotele per ricostruire e de­ scrivere la storia costituzionale di Atene è oggetto di trattazione nel CAP. 3 (Aristotele e le metamorjòsi della democrazia ateniese), che costituisce la sezione più ampia (e conclusiva) della prima parte del libro. Il capitolo si propone di fare il punto sui criteri che hanno regolato la descrizione delle metamorfosi della democrazia ateniese per il periodo che va dalle riforme di Solone (594) alla legge di Pericle sulla cittadinanza (45 I ) . Si tratta del perio­ do più rilevante, nella prospettiva di questa indagine, per diverse ragioni: a) in quell'arco cronologico si "inventa" (e si ridefinisce nel tempo) la nozione di cittadinanza democratica, sia relativamente allo statuto (chi è cittadino) sia rispetto alle prerogative che gli spettano (quali funzioni pubbliche può esercitare) ; b) di quella fase storica Aristotele dà una rappresentazione che appare originale rispetto ai racconti degli storici del v secolo ; c) quella ri­ costruzione in particolare viene giudicata « clearly false » dai detrattori di Aristotele storico (cfr. Murray, I993a, p. 208). Oggetto di riflessione nel CAP. 3 sono il metodo e i criteri utilizzati da Aristotele per ricostruire e descrivere la storia democratica di Atene tra VI e v secolo. Le opere più utili per riconoscere il metodo seguito da Aristote­ le sono la Politica e la Costituzione degli Ateniesi, che perciò sono al centro di questa riconsiderazione. Ciò che troviamo nella Politica sono riferimenti sparsi (ma pregnanti) agli eventi storici che hanno scandito l'evoluzione della democrazia ateniese, insieme alla considerazione degli "agenti" che, secondo Aristotele, hanno determinato quell'evoluzione storica. Ciò che troviamo nella Costituzione degli Ateniesi (nei suoi primi 4I capitoli) è una concreta I8

INTRODUZIONE rappresentazione dell'evoluzione della politeia ateniese capace di rivelare l'impianto teorico su cui si fonda la descrizione aristotelica (Keaney, I992; Murray, I993a; Bertelli, I994; Wallace, I993a; I993b; I999 ) . Di quest'ultima opera, l'unica superstite del corpus di 158 costituzioni aristoteliche, i moderni hanno spesso messo in dubbio la paternità, ritenendo che si tratti di un'opera prodotta nella "scuolà' aristotelica, ma probabilmente non redatta personal­ mente da Aristotele�. Al riguardo, l'assunto sul quale qui ci si fonda è quello largamente condiviso secondo cui l'opera è aristotelica in quanto "nata intor­ no ad Aristotele" e da lui "sorvegliata"1\ perciò frutto dell' interazione con le riflessioni sul caso ateniese svolte da Aristotele nella Politica (riflessioni delle quali la Costituzione degli Ateniesi registra, di norma, gli esiti più maturi; cfr. Murray, I993a, p. 205). È secondario, invece, nella prospettiva della riflessione che qui si svolge, ragionare e scegliere tra le diverse ipotesi formulate a pro­ posito della composizione dell'opera: che Aristotele abbia personalmente re­ datto l' intera opera (come è probabile), che abbia scritto solo la parte storica (i primi 41 capitoli) e affidato la parte descrittiva a un allievo della sua scuola, o che, infine, abbia controllato "da vicino" la redazione del testo affidata inte­ ramente a un suo allievo. Tale problema perciò non è oggetto di trattazione. La questione al centro del CAP. 3 è invece la seguente: come è stato po­ sto e affrontato, nella ricerca storiografica moderna, il problema di dare un giudizio su Aristotele storico della democrazia ateniese ? 1 1. Per una rassegna e una discussione degli studi moderni che hanno sollevato il problema dell'attribuzione cfr. Mathieu (1915, pp. I-IV, 126-8), Chambers (1990, p. 75), Keaney (1992, p. 12), Bravo (1994, pp. 225-8), Santoni (1999, p. 16). Per quanto riguarda gli studiosi che du­ bitano della paternità aristotelica, ipotizzando che l'opera sia stata redatta da un suo allievo, cfr. Hignett (1952, pp. 27-30), Rhodes (1981, pp. 59-63), Bravo (1994, p. 238), Ober (1998a, p. 352). Ciò su cui gli studiosi concordano è che la Costituzione degli Ateniesi si possa definire aristotelica nel senso generalmente inteso di un'opera prodotta nel Peripato e frutto del lavoro della scuola aristotelica (Rhodes, 1981, p. 63; Lloyd, 1985, p. 99; Murray, 1993a, p. 205; Canfora, 1994, p. 299; O ber, 1998a, p. 327 ). Qui si difende la posizione di quanti ritengono che Aristo­ tele abbia redatto di persona la parte che descrive l'evoluzione storica (capp. I-XLI) e molto probabilmente l'intera opera (Canfora, 2012, p. VII; cfr. Jaeger, 1944; ]acoby, 1949, p. 210; von Fritz, Kapp, 1950, p. 7; Wilamowitz, 1966; Chambers, 1990, pp. 7 5-82; Keaney, 1992, pp. 12-4, 39-40; Wallace, 1993a; Musti, 1995, p. 284; Santoni, 1999, pp. 16-23; Mara, 2002, pp. 3 10-1). 12. Per questa idea di "sorveglianza" la definizione più efficace rimane quella di Mathieu (1915, p. 126 n 2): «le travail en commun a toujours été la règle dans l'école aristotélicien­ ne. Mais sa conséquence naturelle était une surveillance de tous les instants exercée par le maitre sur les travaux des disciples; et d'ailleurs un historien tel qu'Aristote (car c 'est au fond surtout cela qu' il fut) devait presque fatalement ne pas se désintéresser de la constitution d'Athènes » - cfr. anche Lloyd (1985, pp. 97-100) -, anche se è giusto osservare che « non abbiamo idee precise sulla natura della scuola aristotelica » , nel senso che nessuno ci racconta quale fosse il rapporto di Aristotele con gli allievi né come lavorassero i suoi collaboratori (Viano, 2oo8, p. 45).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA Una riflessione di questo tipo non può prescindere dalla considerazione delle questioni per così dire "satelliti " - ad esempio, il problema di giudica­ re l'Aristotele storico relativamente ai contenuti della Politica (un proble­ ma che continua a essere di grande attualità13), o la questione del giudizio espresso da Aristotele nella Poetica sulla storia come strumento ermeneutico (quest 'ultima una questione considerata già nel CAP. I ) . Nel CAP. 3 si è scelto però di affrontare prioritariamente i problemi posti dagli studiosi dopo la pubblicazione (189I) dei pezzi di papiro che conservano il testo della Costi­ tuzione degli Ateniesi14, quando gli storici hanno potuto conoscere la rico­ struzione della storia costituzionale di Atene offerta da Aristotele e quando quella ricostruzione ha potuto essere giudicata nella sua interezza. Le que­ stioni più rilevanti affrontate nel CAP. 3 sono quelle riconosciute come tali fin dal I 8 9 1 : da un lato il confronto della rappresentazione aristotelica con quella proposta dalla storiografia di v e IV secolo, dall'altro la ricerca dei modelli teorici, tra quelli definiti da Aristotele nella Politica, compatibili con la sua sintesi storica. Si parte dal giudizio espresso da molti studiosi moderni riguardo alla distanza che passa tra la rappresentazione aristote­ lica della storia costituzionale di Atene e l' impostazione che si riconosce nella storiografia del v secolo. Nell'opera degli storici Erodoto e Tucidide - si osserva ripetutamente - il modello narrativo adottato per descrivere la storia di Atene (dunque anche la storia della sua democrazia) non è quello dinamico utilizzato da Aristotele: è invece il modello statico o continuous (così lo definiscono spesso i moderni) secondo il quale la storia democratica ateniese si è svolta senza soluzione di continuità, dalla caduta dei tiranni, nel S IO, alla prima crisi oligarchica nel 411 (Murray, 1993a, p. 208; Ober, 199 8a, p. 295; 2005, p. 22 8; Vartsos, 2008, p. 6s; PA R. 3 .2); inoltre, nella visione stati­ ca della storia costituzionale ateniese - cioè nella visione degli storici - risul­ tano marginali (o assenti) i temi qualificanti della ricostruzione aristotelica: in particolare le diverse determinazioni della comunità politica in tema di 13. Nella prospettiva di valutare le qualità storiche della ricerca politica aristotelica sono da considerare, oltre agli studi monografìci che hanno affrontato il tema del rapporto tra Aristotele e la storia (Weil, 1960; Zoepffel, 1975), i lavori classici nei quali il contributo di Aristotele storico è stato valutato nel quadro del pensiero storico greco e della storiografìa (Diano, 1954: Mazzarino, 1966; Chatelet, 1974: Fornara, 1983). Utili anche le raccolte di saggi sulle qualità storiche della ricerca politica aristotelica, in particolare quelle a cura di Lord, O 'Connor (1991) e Polito, Talamo (2010; 2012). Questa prospettiva è inoltre domi­ nante nell'edizione, traduzione e commento della Politica diretta da L. Bertelli e M. M oggi (volumi 1-111, pubblicati nel 2o11, 2012, 2013). Cfr. PARR. 3·3· 3·4· 14. Al 1891 risalgono l 'edizione di F. G. Kenyon, allora curatore (e poi direttore) del British Museum, proprietario del papiro P. Lond. 131, e quella di G. Kaibel eU. von Wila­ mowitz-Moellendorff.

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INTRODUZIONE giustizia e, di conseguenza, il ruolo che rispetto a tali determinazioni ha as­ sunto, di volta in volta, l'esercizio della funzione giurisdizionale come prin­ cipio costitutivo e fondante della cittadinanza democratica. La questione che si è posta, una volta constatata la distanza tra i due modelli narrativi, è stata la sua interpretazione. Di norma, l'esito cui que­ sta constatazione conduce è la svalutazione della ricostruzione aristotelica. Una svalutazione riconoscibile sia in rapporto alla questione delle basi do­ cumentarie della ricostruzione offerta da Aristotele, sia per quanto concer­ ne l' identificazione degli assunti teorici che l'hanno fondata. Da un lato, in­ fatti, la constatazione della diversità tra la ricostruzione aristotelica e quella proposta dagli storici del v secolo ha condotto ali' idea che Aristotele "deve" la sua interpretazione a fonti "altre" ( la cui identificazione rimane oggetto di discussione ) dalle quali ha mutuato acriticamente i temi, gli eventi e i soggetti protagonisti della sua ricostruzione1s; dall'altro tale constatazione ha in certo modo legittimato la posizione secondo la quale i modelli inter­ pretativi che hanno fondato la ricostruzione storica proposta da Aristotele non sono propri della scienza politica, ma sono gli stessi impiegati in altri settori della sua ricerca, in particolare la biologia e la cosmologia16• Secondo queste visioni, il paradigma interpretativo aristotelico non è fondato su base storica ed è condizionato da una concezione teleologica di tipo naturalistico della politica. Secondo la visione che invece qui si argo­ menta, la scelta aristotelica di rappresentare l'evoluzione istituzionale nel segno della discontinuità è indipendente da modelli teleologici ed è fondata 15. Per l' idea che Aristotele abbia fatto ricorso a opere anonime del v secolo cfr. Mathieu (I9IS). Weil (1960), Wilamowitz (1966). Hanno sostenuto invece che la fonte principale di Aristotele fosse l'opera degli attidografì: Jacoby (1949), Day, Chambers (1967, pp. 7-8, 19), Levi (196 8), Chambers (1993, pp. 41 ss.), Murray (1 993a, pp. 206-7 ). 16. Per l' idea che Aristotele abbia applicato gli stessi modelli epistemici utilizzati nel­ la ricerca biologica e cosmologica cfr. Day, Chambers (1967, pp. 3 8-66), Kullmann (1991, p. 108; 1993. pp. 16 1-84), Murray (1 993a, pp. 2oo-s). O ber (1998a, p. 295; 2oos, p. 225), Veget­ ti (2ooo, 2ou). Per una visione diversa della concezione aristotelica della storia dell'uomo e della politica cfr. Zoepffel (1975), Huxley (197 8), Keyt (1987 ), Lord (1991), Salkever (2oos), Bodéi.is ( 2010 ). In particolare, contro l' idea che una concezione teleologica di tipo biologico sia alla base della ricostruzione che si legge nella Costituzione degli Ateniesi cfr. Keaney ( 196 3, pp. u 8-9), Gilliard (1971, pp. 430-s). Huxley (1972, pp. 157-6 8), Ingravalle (1989, pp. 32831), Wallace (1993a, pp. 33-47 ), Bertelli (1994, pp. 8s ss.), Toye (1999. pp. 236, 248 ss.), Mara (2002, pp. 310 ss.), Ventura (2009). Da ultimo, Lord è tornato a criticare l ' idea che la ricerca politica aristotelica possa essere « invalidated by its association with an outmodel teleologi­ cal or metaphysical natura! science » (Lord, 2013, p. XXIX , n 47). Per l' idea che Aristotele giudicasse le costituzioni "diverse" in ragione della diversa natura dei popoli cfr. Charelet (1 974, p. 427 ), Kullmann (1991, p. 108; 1993, p. 175), Costa (2010, pp. 1 57-68); contra: Murray (1 993a, pp. 201 ss.), Moggi (2012, pp. 9 5-109). Cfr. PAR. I.s.

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA sull'uso critico delle fonti storiche17, ma soprattutto è da valutare a partire dalla comprensione della specificità del metodo che guida tutta la ricerca politica di Aristotele. Si tratta cioè di comprendere il fine della sua ricerca - che è l ' identificazione dei tratti propri e più significativi di ogni stadio costituzionale - e di conoscere il paradigma adottato per descrivere l'evo­ luzione stessa, secondo il quale sono il dikaion, la politeia e il "contenitore" di quest'ultima, la cittadinanza, i temi maggiormente indicativi dei cambia­ menti intervenuti in una comunità politica. Le questioni affrontate per intendere sia il fine che il paradigma descritti­ vo propri del metodo aristotelico sono quelle da tempo al centro del dibattito moderno sull'opera storica aristotelica (Politica e Costituzione degli Ateniesi): l' interpretazione del modello narrativo continuum adottato dagli storici del v secolo per la storia costituzionale ateniese ( PAR. 3.2), e l' interpretazione che si deve dare del modello inverso, quello fondato sulla metabole, seguito da Aristotele per la sua ricerca politica. Fare il punto sulle acquisizioni della ricerca storiografica e filosofica relativamente a queste due questioni chiave è stato peraltro un modo di mettere in comunicazione ambiti di studio non sempre perfettamente interagenti e non sempre adeguatamente esplorati quando ci si confronta con il problema del metodo storico aristotelico. Nel contesto di una riflessione che intende mostrare come le metabolai identificate da Aristotele nello svolgimento della storia democratica ateniese appaiano ricostruite e descritte a partire da una solida impostazione teorica e dalla critica delle fonti, il CAP. 3 propone una rilettura delle quattro metabolai democratiche riconoscibili ad Atene tra gli inizi del VI e la metà del v secolo (da Solone e Pericle) a partire dalle categorie interpretative aristoteliche. In quest'ottica, sono stati reinterpretati i cambiamenti intervenuti nell' idea de­ mocratica considerando ciò che era mutato nella concezione della giustizia (il dikaion) e nel dispositivo concettuale e giuridico della cittadinanza ( PAR. 3.5). 17. Oltre a Jaeger (1944, p. 445) , Diano (1954, p. 348) e Mazzarino (1966, p. 411), nu­ merosi studiosi hanno difeso le qualità storiche della ricerca politica aristotelica (McKeon, 1940, pp. 94-6; Whitehead, 1991, p. 137; Camassa, 1993; 2ooo; Wallace, 1993a, p. 45; Amba­ glia, 1994, pp. 263-4; Bertelli, 1994, pp. 85 ss.; Mara, 2002, pp. 310 ss.) e la sua « sensibilità per il problema dello sviluppo storico» (Lloyd, 1985, p. 243; Lord, 1991), ora riconoscendo, in generale, la sua indipendenza da modelli interpretativi di tipo naturalistico e teleologico (cfr. Gilliard, 1971; Huxley, 1972; Zoepffel, 197 5; Accattino, 197 8 ; Amber, 1985; Keyt, 1987; Lord, 1991; Polanski, 1991), ora considerando, a proposito della descrizione della storia costituzio­ nale ateniese, che essa appare adeguatamente documentata (McKeon, 1940, pp. 94-5; von Fritz, Kapp. 1950, pp. 7-32; von Fritz, 1954, p. 81; Musei, 1993; Canfora, 1994; Gehrke, 1994; Meister, 1994; Moggi, 2010) e spesso fondata su dati che Aristotele mostra di avere appreso attraverso la mediazione degli storici del v secolo (Camassa, 1993; Rhodes, 1993; Wallace, 1993a; Hornblower, 1995; Santoni, 1999; Ambaglio, 2010 ).

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INTRODUZIONE A conclusione del capitolo si propone l'analisi di una metabole in particolare: la metamorfosi a seguito della quale la storia democratica ateniese conosce, secondo Aristotele, la fase cosiddetta "areopagiticà' ( PAR. 3·7 ). È la fase del­ la storia politica ateniese (dal 47 9 al 462) in cui l'autorità e il prestigio del consiglio areopagitico rappresentano i tratti distintivi della politeia. Quella metamorfosi della democrazia ateniese appare, se si guarda agli studi intorno alla Costituzione degli Ateniesi, come la "regina" delle metabolai democrati­ che, continuamente al centro del dibattito tra gli studiosi (cfr. Mathieu, I9I5, pp. 6o-4; Day, Chambers, I967, pp. I20-30; Levi, I968, pp. 245-57 ; Wallace, I989, pp. 7 9 ss.; Rhodes, I992; Arrighetti, I993; De Bruyn, I995; Berti, 2004b; 20I2: con status quaestionis; Tuci, 2010 ) . Santo Mazzarino giudicava la rico­ struzione aristotelica della vicenda ateniese nel periodo in cui la sua democra­ zia ha conosciuto la prevalenza dell'Areopago come uno dei punti cruciali del­ la sua trattazione e tra i più "caratteristici" del metodo di lavoro di Aristotele (Mazzarino, I966, p. 440 ) . In rapporto a questa particolare fase democratica si sono qui valutati sia il problema dell' interazione tra assunti teorici e sintesi storica, sia il tema dell'utilizzo delle fonti. Attraverso quel test case si è provato a rendere conto dei tratti peculiari della ricostruzione aristotelica (interesse per la metabole, interesse per quelle istituzioni politiche che erano, come l'A­ reopago, al centro del dibattito politico del IV secolo, conoscenza degli at­ tidografì) e a modificare le conclusioni cui di norma si giunge riguardo alla valutazione dell' impostazione di Aristotele: che cioè la ricostruzione di quella fase della storia democratica ateniese si deve a una concezione teleologica della storia politica, oppure al fatto di avere riportato una ricostruzione dei fatti acriticamente attinta alle fonti utilizzate, o infine alla volontà di "inventare " una fase moderata della democrazia ateniese che potesse fungere da modello e punto di riferimento per il dibattito politico del IV secolo ( PARR. 3.2-3.4). Sulla base di quanto illustrato fìn qui, apparirà chiaro che in questo libro ci si è accostati alla questione dell' interazione fra la teoria politica aristote­ lica e la sua indagine storica sulla democrazia ateniese con la stessa "preoc­ cupazione " che fu comune ai primi studiosi della Costituzione degli Ateniesi, a cominciare da Ulrich von Wilamowitz : riconoscere e comprendere l'in te­ razione fra Politica e Costituzione degli Ateniesi (Wilamowitz, I9 66, p. 1 87 ; Jacoby, I949, p. 2 I2 ; von Fritz, Kapp, I950, pp. 29-30, 32 ss.; Day, Chambers, 1967, pp. 23-4; Murray, 19 93a) . Negare quell' interazione non appare una via percorribile, a meno di dare valore alle valutazioni riduzioniste che condu­ cono ora a negare la sostanza aristotelica della Costituzione degli Ateniesi (cfr. Bravo, 1994)18, ora a immaginare che Aristotele l'abbia redatta prescindendo 1 8. Bravo ( 1994, p. 225) giudica infatti sbagliata la «preoccupazione» del Wilamowitz « di armonizzare il più possibile le singole informazioni della parte storica del nuovo testo

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA completamente dai temi e dai contenuti della sua riflessione teorica ( Strauss, I99I ) . Ciò che, al contrario, si è provato a fare è intendere quell' interazione, rendendo conto delle posizioni espresse dagli studiosi rispetto alle questio­ ni più dibattute e seguendo una via interpretativa già tracciata negli studi (cfr. Wallace, I9 93a; I993b; I999; Bertelli, I994; Mara, 2002 ) . Soprattutto si è voluto valutare il paradigma interpretativo adottato da Aristotele, il suo metodo, in rapporto agli obiettivi che Aristotele intendeva raggiungere : ri­ conoscere ciò che muta nell' ideologia di una polis, nella sua politeia. Alcuni dei risultati cui Aristotele è giunto con la ricostruzione della storia democratica ateniese sono esaminati nella seconda parte del libro (Idee di cittadinanza democratica da Solone a Pericle. La prospettiva di Aristotele). In questa sezione, a essere riconsiderata è l'interpretazione che, nella Politica e nella Costituzione degli Ateniesi, Aristotele propone relativamente a una particolare creazione della democrazia ateniese: i modelli di cittadinanza espressi nell'arco di un secolo e mezzo, tra le riforme di Solone ( 594 ) e la legge di Pericle sulla cittadinanza ( 45I ) . Le ragioni di questa scelta, lo si è detto, sono imposte dal paradigma interpretativo adottato dallo stesso Ari­ stotele. Dal momento che il filosofo greco ricostruisce la storia della demo­ crazia ateniese prioritariamente attraverso lo studio dei provvedimenti che hanno riguardato lo statuto e le prerogative della cittadinanza democratica, è dai risultati raggiunti in questo ambito di studio che si è scelto di partire per valutare le qualità della sua ricostruzione. La riflessione che si svolge nella seconda parte del libro si fonda essen­ zialmente sui due assunti aristotelici considerati nella prima parte : 1. il di­ spositivo della cittadinanza rivela !'"ideologia della polis", segnalando in particolare ciò che nel tempo muta in quell ' ideologia; 2. alcuni fatti, de­ terminazioni ( leggi ) e comportamenti politici consentono di riconoscere l' idea di cittadinanza (e dunque l'ordine politico) in atto. L'espressione "idea di cittadinanza" viene qui impiegata secondo l'acce­ zione pregnante che il termine "idea" assume nella lingua greca. È un'acce­ zione sovrapponibile a quella di eidos, che appartiene alla sua stessa famiglia linguistica ( la radice comune è idein, vedere ) '9• L' eidos indica, nel linguaggio con informazioni della Politica di Aristotele o di altri testi antichi noti da sempre, specialmen­ te Erodoto e Tucidide » , e ritiene che per meglio intendere la formazione della Costituzione degli Ateniesi sia più fecondo il confronto «con quello che resta delle opere degli eruditi­ antiquari-greci e latini» ( ivi, p. 238). 1 9. I termini dòoç e iòéa esprimono i concetti di "forma", "idea': "modo di essere" - dun­ que di ciò che è percepibile in quanto "visibile" - e possono essere interscambiabili (Bottin, 1 990, p. 275).

INTRODUZIONE di Aristotele, la forma intellegibile (perché visibile) di una realtà storicamen­ te determinata (Jaeger, I944, p. 507; Strauss, I97I, pp. 123, I48; Castoriadis, 1991, pp. 35-7; Roochnik, 2010, p. 283 ) 20• Ugualmente, l' idea aristotelica della cittadinanza è la manifestazione intellegibile di ciò che in seno alla comunità politica si è deliberato, di volta in volta, in tema di giustizia come uguaglian­ za. È il piano dell'uguaglianza "pensabile" per chi appartiene alla comunità politica e di diritto1\ e che identifica - perché la contiene - la politeia intesa come ideologia della polis. In quanto tale, è lo strumento prioritario attraver­ so il quale Aristotele riconosce lo "stato" dell'ideologia di una polis (Ober, I996, p. 173 ) , dunque la sua forma storica. Quando Aristotele riflette sulle origini e lo svolgimento della storia de­ mocratica di Atene, non ha difficoltà a identificare il prototipo dell ' idea di cittadinanza democratica. È l' idea che opera al tempo delle riforme di Solone : riforme che infatti rappresentano il punto di avvio della ricerca ari­ stotelica sulla democrazia ateniese e sulla sua "civicità". Non diversamente da Aristotele, gli storici moderni ritengono che Solone avesse in un cer­ to senso "inventato" la cittadinanza (cfr. Manville, 1999, p. 172; Patterson, 2005, p. 270 ) e interpretano in questo modo i provvedimenti che diverse fonti antiche gli hanno attribuito, l'avere cioè definito un nuovo dispositivo giuridico (la nascita legittima da padre ateniese) attraverso il quale "pensa­ re" l'uguaglianza di segmenti relativamente estesi di popolazione ai quali garantire, in totale indipendenza dal censo, una nuova e "uguale" libertà: è la libertà fisica, la libertà giuridica e la libertà politica espressa col voto nei tribunali popolari e nelle assemblee. Solone aveva deciso di garantire quella libertà a coloro i quali potevano dirsi ateniesi perché nati da padre atenie­ se all' interno di un'unione che la comunità giudicava legittima (vedremo in seguito in base a quali parametri). Ma quell' idea di cittadinanza, lungi dall'essere stabile, si sarebbe rideterminata nel tempo, attraverso i decisivi apporti dell'età clistenica e periclea, quando nuove soluzioni furono pro­ spettate rispetto alle due questioni fondamentali: chi appartiene al gruppo dei cittadini e quali funzioni spettano loro per via pubblica. L' interpretazione dell'evoluzione che segue alle riforme di Solone è controversa. Quale valutazione si può dare delle visioni plurali della citta­ dinanza e dell'uguaglianza che si sono succedute nell'arco di questo ciclo ? Una possibilità è quella di riflettere sugli aspetti stabili. Tra questi è il fatto che, dopo Solone e nel corso della successiva evoluzione democratica, 20. Jaeger (1944, p. 507) definiva l ' dooç aristotelico come « idea intellettualizzata» , ov­ vero «unità intuitiva e intellegibile del molteplice ». 21. Plattner (2004). Per la definizione della cittadinanza come «il solo piano su cui l'ugua­ glianza è pensabile » nei regimi democratici cfr. Procacci (1992, p. 82) e Cafagna (1992, pp. 36 ss.).

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA nessuna idea democratica di cittadinanza ha più messo in dubbio alcuni principi formalizzati nella fase dell'emergenza, rispettivamente : la discen­ denza ateniese (che con Pericl e si modifica dalla forma semplice a quella duplice) e l'emancipazione dell'esercizio del voto, nei tribunali popolari e in assemblea, dalla condizione patrimoniale. Su alcuni di questi aspetti di continuità insistono i moderni (Davies, I977; Lape, 20io; Ogden, I996 ) . La caratteristica della ricostruzione aristotelica, però, è la volontà di dare rilievo al cambiamento, alla discontinuità. Perfettamente consapevole dei fattori stabili e comuni, Aristotele sceglie di riconoscere ciò che muta e di ri­ flettere sulle differenze. Questo è del resto, secondo il metodo che Aristote­ le applica alla sua ricerca politica, il mezzo attraverso il quale comprendere lo svolgimento storico di un tema: riconoscere ciò che nel tempo cambia e ciò che è proprio di ogni faseu. Perciò Aristotele valuta le idee di cittadinan­ za democratica in prospettiva diacronica e mette quelle idee a confronto: perché il confronto fa emergere il tratto distintivo, l' idion di ciascuna fase storica, la priorità dei valori che, di volta in volta, identificano una data idea di cittadinanza democratica, la preoccupazione più rilevante che la società rivela in rapporto al tema dell'uguaglianza, a ciò che si ritiene debba essere comune. È infatti a partire dalle rivendicazioni emergenti (e spesso contrap­ poste) in materia di uguaglianza che Aristotele riesce a riconoscere l' idea di cittadinanza che ogni fase democratica elabora e gradualmente formalizza. Secondo la ricostruzione aristotelica, le idee di cittadinanza succedutesi tra le leggi di Solone ( 594 ) e la legge di Pericle sulla cittadinanza ( 45 I ) sono il prodotto di successive fasi evolutive della democrazia ateniese, corrispon­ denti rispettivamente alla prima, alla seconda e ali' insieme delle due succes­ sive metabolai democratiche (la terza e la quarta, che Aristotele data tra la fine delle guerre persiane e la metà del v secolo) . La prima idea di cittadinanza democratica è, secondo Aristotele, quella declinata al tempo delle riforme di Solone, cui è dedicato il CAP. 4 (Aristote­ le, Solone e l'isonomia giudiziaria: verso un 'isopoliteia). Il capitolo dà conto dello stato della ricerca sui provvedimenti che le fonti hanno attribuito a Solone in materia di cittadinanza: la ridefinizione dei criteri di accesso alla cittadinanza, gli interventi sulle dimensioni del corpo civico (le pratiche in­ clusive che hanno operato dentro e fuori del gruppo etnico), infine i prov­ vedimenti che dovevano incentivare la partecipazione civile ( PA RR. 4.5, 4.6, 4·7 ) . La considerazione di questi diversi provvedimenti è preceduta da una lunga sezione nella quale si riflette sull'emergenza di una nuova idea di giu­ stizia e di uguaglianza - ma dovremmo dire di giustizia come uguaglianza 22. È questo l 'atteggiamento proprio dello storico: cfr. Chatelet (1956, p. 364) e Casto­ riadis (1991, pp. 37-8).

26

INTRODUZIONE - che le riforme di Solone, così come descritte da Aristotele, rivelano ( PARR. 4.2, 4.3): è l' idea di un ordine politico fondato sul concetto di equità (ison) che corrisponde a quella che Diogene Laerzio avrebbe poi definito un' isopo­ liteia (PAR. 4·9 ). L' idea di cittadinanza determinata al tempo delle riforme di Solone si qualifica, secondo la ricostruzione aristotelica, per un' idea di uguaglianza che si misura in rapporto alle leggi (isonomia giudiziaria: Ryan, I994; Mossé, 2oo6; Wallace, 2007 a, pp. 59-60; Dynneson, 2008, pp. 4I ss.) e all'emancipazione del diritto di voto (nei tribunali e in assemblea) dalla condizione patrimoniale. Essa coerentemente si spiega a partire da conflitti sociali riconducibili a questi problemi (che sono dunque per Aristotele gli agenti di quella prima metabole). In questo quadro, si spiega la volontà aristo­ telica di riconoscere il carattere della forma di cittadinanza democratica de­ finita dalle leggi di Solone in rapporto alle funzioni giurisdizionali attribuite al demos (inteso come parte maggioritaria e più povera della popolazione cittadina) e la sua interpretazione rispetto al tema delle origini della demo­ crazia ateniese, la cui storia viene fatta iniziare con l' istituzione dei tribuna­ li popolari e con l'allargamento a tutti i cittadini della funzione esegetica (Talamanca, I994; Mirhady, 2oo6; Osborne, 2oo6). I contenuti salienti di questa ricostruzione sono messi a confronto, nel corso del CAP. 4, con le più recenti acquisizioni della ricerca rispetto alla dibattuta identificazione delle funzioni affidate da Solone ai tribunali popolari e al consiglio dell'Areopago. Una seconda metabole della democrazia ateniese si compie, secondo la ricostruzione aristotelica, al termine del VI secolo. Il carattere di questa nuova idea di cittadinanza è oggetto di riflessione nel CAP. 5 (Aristotele, Cli­

stene e il problema delle origini degli ateniesi: il grado zero dell'identita civi­ ca). A cambiare è innanzitutto la qualità politologica della cittadinanza de­ gli ateniesi per nascita, che partecipano in modo più ampio e più stabile alle funzioni deliberative, come Aristotele precisa. È un altro, però, secondo la ricostruzione aristotelica, il problema che Clistene deve affrontare in tema di cittadinanza: oscurare le origini sociali ed etniche, riqualificando l' idea di uguaglianza in rapporto all'appartenenza al territorio. È questo, secondo Aristotele, il tratto distintivo della nuova idea di uguaglianza e della nuo­ va idea di cittadinanza. Un tratto che Aristotele riconosce a partire dallo studio delle leggi adottate in materia e di ciò che rivela l' ethos degli atenie­ si. Rispetto a quella che appare la cifra distintiva dell ' idea di cittadinanza pensata da Clistene (affrancare la condizione della cittadinanza dall'origine familiare) si riflette, nel CAP. 5, sui contenuti salienti della ricostruzione ari­ stotelica: le pratiche inclusive operanti all ' interno e all'esterno del gruppo etnico e, in particolare, la soluzione data al problema degli "impuri" ( PARR. 5 .2, 5 .3). Centrale è, in questo quadro, l'analisi del primo scrutinio sulle ori27

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA gin i familiari (registrato dal solo Aristotele), il cosiddetto diapsephismos, attraverso il quale si giunse a identificare il gruppo dei cittadini da includere formalmente nel corpo civico. L' idea che si argomenta è che l'esito di quel controllo non fu l'esclusione di cittadini illegittimi, ma la formalizzazione dell ' inclusione dei neoinclusi. L' idea di cittadinanza come piano dell'ugua­ glianza pensata nel quadro della riforma clistenica si qualifica, secondo la ri­ costruzione aristotelica, per un' idea di uguaglianza che si misura in rappor­ to al legarne con la città (con il territorio e con le sue astrazioni politiche) e che si emancipa dall'origine sociale ed etnica. Essa coerentemente si spiega a partire da rivendicazioni sociali riguardanti questi stessi temi (che sono per Aristotele gli agenti di quella metabole) . In questo quadro, si spiega la volon­ tà aristotelica di riconoscere il tratto distintivo della forma di cittadinanza democratica definita dalle leggi di Clistene a partire dalle misure che hanno garantito la "mescolanza" dei cittadini, e la coerente visione aristotelica ri­ spetto all'evoluzione della democrazia ateniese, che conosce in questa fase uno sviluppo significativo. Una terza idea di cittadinanza democratica è quella che, secondo Ari­ stotele, rappresenta l'esito delle riforme di Efialte e Pericle. Questa nuova forma di cittadinanza è oggetto di riflessione nel CAP. 6 (Aristotele, Pericle e la questione del numero: verso una nuova idea di cittadinanza democratica). È un' idea che si qualifica, secondo la ricostruzione aristotelica, per una nuova concezione dell'uguaglianza dei cittadini: un'uguaglianza che si misura in rapporto esclusivo ali'origine familiare (ascendenza duplice) e ali'esercizio "sovrano" della funzione giurisdizionale, emancipatasi ormai definitivamen­ te sia dal controllo di un'autorità esterna (il Consiglio areopagitico) sia dalla condizione patrimoniale (in quanto viene per la prima volta remunerata). Il fattore che determina e scatena questa nuova idea di cittadinanza e di uguaglianza è un fattore che Aristotele identifica nell'ambizione del demos ( PA RR. 6.2, 6.3, 6.4) e nel corollario che ne discende, la sua preoccupazio­ ne (della quale si fa interprete Pericle) di contenere il numero dei cittadini attraverso la chiusura dei criteri di accesso (ascendenza duplice invece di quella singola) ( PA R. 6.13). L'ambizione del demos rappresenta, secondo la ricostruzione di Aristotele, l'agente razionale di quelle metabolai. In questo quadro, si spiega la volontà aristotelica di riconoscere il carattere della forma di cittadinanza democratica definita dalle leggi di Efialte e Pericle in rappor­ to alle misure che hanno svincolato da ogni controllo il ruolo del demos nei tribunali popolari ( PARR. 6.8, 6.9, 6.Io) dove massimamente si esprimeva l'idem sentire in materia di uguaglianza ( PARR. 6.11, 6.12). A fronte di questa ricostruzione, il panorama degli studi moderni sulla cittadinanza ateniese, eterogeneo al suo interno, si contraddistingue per un 28

INTRODUZIONE tratto comune: il fatto di dare scarsa rilevanza all' idea aristotelica che la de­ mocrazia ateniese abbia diversamente interpretato il tema dell'uguaglianza attraverso il dispositivo della cittadinanza. Non sempre la scarsa valorizza­ zione della ricostruzione aristotelica appare l ' esito di una valutazione ap­ profondita dei suoi contenuti. Se, ad esempio, si guarda all'atteggiamento che assumono gli studiosi dell' istituto moderno della cittadinanza quando riflettono sull'esperienza ateniese antica, è facile verificare che la mancata valorizzazione del tema dell'evoluzione prescinde, di norma, da una valuta­ zione della ricostruzione aristotelica13• La nozione di cittadinanza è conside­ rata come un' invenzione della democrazia di età periclea e il suo carattere appare prospettato come se non avesse conosciuto alcuna evoluzione, né per quanto riguarda i criteri di accesso14 né per quanto concerne le forme della titolarità del poteres. Oppure, in alternativa, si considera l' evoluzio­ ne che ha riguardato i parametri di accesso ( la loro progressiva chiusura) , spiegandola però secondo i meccanismi evolutivi propri della sociobiologia contemporanea ( Sagan, I993; I995; PAR. 2 .3 ) . Diverso è il caso degli studi specialistici sulla cittadinanza ateniese. Tra gli specialisti del mondo greco antico l'atteggiamento "continuista" è, di norma, fondato su scelte interpre­ tative precise : ora è la volontà di dare maggiore valore ai fattori di continuità ( ad esempio la scelta di vincolare la condizione della cittadinanza al criterio della discendenza: Davies, I97 7 ; Sancho Rocher, I99I; Lape, 20io; Ogden, I996 ) ; ora è la scelta di scartare, perché giudicata falsa, l' idea di Aristotele che la democrazia ateniese avesse affrontato e risolto attraverso il dispostivo della cittadinanza problemi di volta in volta diversi. A essere rigettata, in quest 'ultimo caso, appare sia l' idea fondante della ricostruzione aristotelica che la cittadinanza democratica abbia conosciuto ad Atene metamorfosi si­ gnificative ( Murray, 1993a; Ober, 2005; Vartsos, 2oo8 ) , sia, come è ovvio, la 23. Cfr. Appendice 2. Un'eccezione è rappresentata dal contributo di Magnette ( 2oos ) . nel quale le diverse forme della cittadinanza democratica ateniese sono adeguatamente de­ scritte, e da quello di Dynneson ( 2oo8 ) , che però considera l'evoluzione esclusivamente in rapporto al tema delle qualità civiche degli ateniesi. 24. Zincone ( 2o1o, p. s ) fissa all'epoca di Pericle l 'origine della cittadinanza: « Definire la condizione di cittadino, dandole un'embrionale forma giuridica, doveva servire a proteg­ gere la democrazia da intrusioni esterne e colpi di mano. La formalizzazione dell ' apparte­ nenza alla città stato fu voluta da Pericle » . 2 5 . Costa ( 2oo6 ) definisce l e qualità della cittadinanza democratica ateniese facendo esclusivo riferimento all'età periclea, e perciò afferma che la cittadinanza realizzata dalla de­ mocrazia ateniese non trovava nel momento del voto la propria caratteristica costitutiva. In realtà, si deve tenere conto del fatto che le forme attraverso le quali si è espressa la titolarità del potere del cittadino nella democrazia ateniese sono cambiate nel tempo: cfr. Daverio Rocchi ( 1997, pp. 53-s; 2001a, p. 104 ) , Hansen ( 2010, p. xxv; 2013, pp. 97-107 ) , Cammack ( 2013b, pp. 64-s ) . PAR. 2.3 e Appendice 2.

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA ricostruzione delle singole fasi dell'evoluzione. Sono cioè rigettate: l' idea di una cittadinanza isonomica come tratto distintivo della cittadinanza pensa­ ta da Solone6, l' idea che l'oscuramento delle origini fosse la preoccupazione principale di Clistene7, l ' idea che nella prima metà del v secolo si fossero determinati, a seguito della vittoria insperata contro i persiani, quegli svilup­ pi decisivi della democrazia ateniese, in ambito militare:l 8 e giurisdizionale:l9, che furono capaci di modificare profondamente l' idea di uguaglianza. Rispetto al giudizio da dare sulla ricostruzione aristotelica, la scelta che qui si è fatta è stata quella di non rigettarne come falsi i suoi contenuti, ma di provare a comprenderli e di valutarne la plausibilità storica. Mentre nella prima parte del libro si è provato a riconoscere la "cifrà' della ricostruzione aristotelica relativa alla storia democratica ateniese a partire dai principi costi­ tutivi della sua ricerca teorica in merito a concetti come lapoliteia, la giustizia e la cittadinanza, in questa seconda parte si è cercato di valutare le qualità sto­ riche della ricerca condotta da Aristotele sulla democrazia ateniese attraverso il confronto con quanto rivela l'analisi di altre testimonianze antiche. L'avvio è stato, ancora una volta, la definizione delle linee guida dell' interpretazione aristotelica, in particolare la volontà di Aristotele di dare rilievo alla specifici­ tà di ogni forma storica (eidos) e la preferenza accordata a poche ma decisive categorie ( la politeia e il dikaion) che il filosofo ha scelto di studiare come meglio intellegibili. Il passo successivo è stato quello di confrontare i risultati della ricerca storica condotta da Aristotele sulla democrazia e la cittadinanza ateniesi con quanto rivela l'analisi di altre testimonianze antiche. Si è trattato in definitiva di riconoscere i tratti distintivi e propri (idioi) di ogni idea civica in tema di uguaglianza, così come emergono dalla ricostruzione aristotelica, e di valutarne la coerenza con il quadro storico ricostruito dalle altre fonti. 26. Molti dubbi sono stati manifestati rispetto alla possibilità che l'azione politica e le­ gislativa di Solone sia stata ricostruita in modo affidabile da Aristotele, considerata l'assenza di riferimenti alla politica soloniana da parte degli storici del v secolo: cfr. Mossé (1979, pp. 425-37 ), Hansen (1989, pp. 71 -99 ), Chambers (1993, pp. 39-41), O ber (1998a, p. 338); contra: Camassa (1994, pp. 160-2), Gehrke ( 1994; 2oo6), Rhodes (2004, pp. 7 5-87; 2oo6a). Per una valorizzazione dell' interpretazione aristotelica rispetto al carattere della democrazia solo­ niana cfr. Ryan (1994), Talamanca (1 994), Mara (2002, pp. 3 14-6), Valdés Guia (2002), Al­ meida (2003, pp. 2-19), Mirhady (2oo6), Osborne (2oo6), Gehrke (2oo6), Wallace (2007a). 27. Che Aristotele nella Politica e nella Costituzione degli Ateniesi dimostri di non avere compreso la riforma di Clistene è sostenuto da: Meier (1988, pp. 1 10-7 ), Bravo (1994, p. 231), Placido (2ooo, p. 31), Vartsos (2oo8, p. 65). Anche Ober (199 8a, p. 3 54) si dichiara scettico sulle qualità della ricostruzione aristotelica relativamente ai contenuti della riforma clisteni­ ca. Cfr. PAR. 2.3. 28. Cfr. da ultimo van Wees (2om); contra: Moggi (2010). Sul tema cfr. anche Strauss (1996. pp. 313-25). 29. Sulle critiche mosse alla ricostruzione aristotelica cfr. PAR. 6.7.

INTRODUZIONE In questa prospettiva, il tratto proprio dell' idea di cittadinanza solonia­ na, l' isonomia giudiziaria, è stato valutato nel quadro più generale dell ' i­ deologia democratica secondo la quale l ' isonomia delle origini è quella che rende uguali davanti alla legge prima che rispetto all 'esercizio delle cariche politiche ( Thuc. 2.37; Ruzé, 2000, p. 37; Winton, 2004, p. 34)30• Per la definizione della politeia ateniese - come bene testimonia l' orato­ ria funebre e celebrativa è quell' isonomia il motivo fondante, forse per­ ché ha ricevuto una formalizzazione più precoce (cfr. Sealey, I983). Perciò, la sintesi aristotelica, che sceglie come tema ordinatore della riforma solo­ niana l' isonomia giudiziaria, appare non solo coerente con quanto Solone stesso rivendica, ma anche con quanto emerge dalla considerazione delle fonti successive che riflettono sull'uguaglianza delle origini. In questo qua­ dro, si è dato soprattutto valore alla ricostruzione aristotelica che interpreta il tema dell'uguaglianza davanti alle leggi in diretto rapporto ai provvedi­ menti adottati da Solone per allargare la funzione esegetica e giurisdiziona­ le a tutti i cittadini ateniesi. Le modifiche successive, che secondo Aristotele hanno riguardato la cit­ tadinanza come piano dell'uguaglianza dei cittadini, sono state ugualmente valutate in rapporto a ciò che altre fonti documentano. L'esito cui si giunge è che, ad esempio, l' idea aristotelica che il tratto proprio della cittadinanza riformata da Clistene fosse da intendere a partire dalla comprensione del problema sociale delle origini familiari, da oscurare attraverso nuove leggi, è compatibile sia con il quadro ricostruito da Erodoto sia con la documen­ tazione epigrafica, e sembra fondata sullo studio di documenti ai quali Ari­ stotele ha avuto accesso diretto (PARR. s .2-5.3). Ugualmente plausibile e fondata sulla conoscenza delle fonti appare l' interpretazione che riconduce l' idea di uguaglianza declinata dalla demo­ crazia ateniese al tempo delle riforme di Efialte e Pericle alle conseguenze del successo inaspettato contro i persiani. L'evoluzione della politeia demo­ cratica, che modifica ancora una volta il piano dell'uguaglianza pensata per i cittadini ateniesi, è in questo caso riconosciuta da Aristotele prioritaria­ mente in rapporto alle funzioni militari e giurisdizionali del cittadino: a definire la nuova forma di uguaglianza dei cittadini è il popolo nei tribunali ed è in quella sede che il sentire comune dovette introdurre la regola della purezza delle origini. Anche in questo caso, il processo delle metamorfosi è stato seguito attraverso il filo conduttore adottato da Aristotele nella Po­ litica e nella Costituzione degli Ateniesi, ovvero attraverso l'evoluzione del rapporto tra cittadinanza e funzione giurisdizionale. -

30.

Sul concetto di isonomia cfr.

PARR.

4.2-4.4.

3I

Parte prim a Come si affront a una ricerc a sulle costituzioni: il metodo storico secondo Aristotele

I

Aristotele e l a politeia

I.I

Introduzione Nell'opera di Aristotele il termine politeia ritorna centinaia di volte, più di cinquecento nella sola Politica. In questa ricchissima serie di occorrenze è naturale che il termine dispieghi la plurivocità che le è propria e che è diffu­ samente riconoscibile nel linguaggio degli scrittori greci1• Nel lessico greco, infatti, già dalla seconda metà del v secolo, sotto il titolo di politeia sono compresi non solo argomenti come la forma dello Stato, la forma del go­ verno e l'ordine che regola la distribuzione delle cariche, ma anche i diritti di cittadinanza, la comunità civica nel suo complesso, l 'attività del governo collettivamente intesa e la condotta politica del singolo cittadino, e ciò a seconda che il contesto ne rievochi il valore astratto o concreto, collettivo o individuale1• Dei molti significati che il termine politeia assume negli scrit­ tori greci il valore più rilevante è però quello che di norma si esprime col termine "costituzione " 3• Ora, quando noi moderni usiamo il termine "costi­ tuzione " in un contesto politico inevitabilmente pensiamo a un fenomeno giuridico preciso: è la legge fondamentale dello Stato, una legge di norma scritta che stabilisce i diritti dei governanti e dei cittadini e contiene l ' in­ sieme delle norme giuridiche e legislative che definiscono lo Stato ( Lewis, 1. La rassegna critica più completa della tradizione fìno ad Aristotele resta quella di Bor­ des (1982, pp. 1 8-29, 37-116, 127-227, 230-357 ). Accurata è anche la ricostruzione offerta da Magnette (2005). Per una riflessione sistematica sulla valenza semantica del termine nell 'o­ pera aristotelica cfr. Bordes (1982, pp. 433-54) e Ventura (2009, pp. 1 18-38). Su questo stesso tema sono utili le riflessioni di Ober (1993, pp. 129-39), Miller (1995, pp. 1 49 ss.), Kraut (2002, pp. 15 ss.), Frank (2007, pp. 40 ss.), Hansen (2013, pp. 44-8) e Bates (2014, pp. 143-6). 2. La testimonianza più antica è Hd. 9·34: cfr. Bordes (1982, pp. 3 9-47) e Bearzot (2009, pp. 33-4). 3· Per questa accezione cfr., tra gli altri, Hd. 3.80-82, Trasym. D K, 85 BI, Thuc. 2.37.3 e 8.97.2, Bordes (1982, pp. 139 ss., 229 ss.) e Bearzot (2005a, pp. 6-18).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA 2011). Aristotele, invece, e in generale gli scrittori greci non pensavano che lapoliteia fosse soltanto un fenomeno giuridico (Ober, I993· pp. I3I, I54 n 6; Viano, 2 o o 8, p. 25; Lewis, 2011, p. 26). Perciò, quando volevano descrive­ re le caratteristiche di una politeia, facevano riferimento non solo ai corpi legislativi, ma anche a quelle regole non scritte della vita associata che la pubblica opinione aveva giudicato essere le più giuste (Ober, I993, p. I3I). È indicativo che le più celebri ed efficaci descrizioni della politeia di Atene giunte fino a noi contengano espliciti riferimenti alle regole scritte e non scritte secondo le quali la polis realizzava il bene comune dei suoi cittadini (Thuc. 2 .37.3; Gorgia Epit. DK, 82 B6; Plat. Nom. 7 9 3a 9-c I; Dem. 20.I05, 22 .7 0; Aesch. I.I7 8; Lic. 1.7 5). Nel loro insieme tali definizioni testimoniano che, nell 'uso degli scrittori politici greci, a definire nel modo più compiuto il carattere di unapoliteia era ciò che appariva giusto alla comunità politica e che perciò determinava il modo in cui i suoi membri controllavano gli affari comuni (Strauss, I97 I, pp. I3 5-6). La convinzione diffusa che il carattere di una politeia dovesse essere cer­ cato nel modo in cui la comunità politica incorporava i principi del diritto e della giustizia in quella che noi oggi chiamiamo la pubblica opinione è all'o­ rigine dell'osservazione di Aristotele riguardo al fatto che il carattere di una politeia - prima ancora di essere formalmente ratificato dalle leggi - era anti­ cipato dal sentire comune in tema di giustizia (Pol. I292b I I-I7 ). Ed è quella stessa convinzione a spiegare la preferenza accordata da Aristotele allapoliteia come il criterio che definisce nel modo più completo l' identità di una polis. La politeia - osserva Aristotele - è il criterio che meglio esprime l'unità della polis in quanto identifica ciò che i cittadini hanno scelto di avere in comune ed è perciò senz'altro preferibile a criteri che si riferiscono ai costi­ tuenti materiali della polis, quali il territorio e la stirpe (Pol. I27 6a I8-b I5). Questa riflessione di Aristotele sembra rievocare la definizione della po­ liteia che si legge in una delle prime attestazioni del termine col significato di "costituzione": è il frammento di Trasimaco nel quale lapoliteia è definita come «ciò che più hanno in comune i cittadini » ( DK, 85 BI; Munn, 2 o o o, p. I36). Si sbaglierebbe però se, a partire dalla constatazione della sintonia terminologica spesso riconoscibile tra Aristotele e la tradizione precedente, si traesse la conclusione che Aristotele intendeva porsi nel solco della tradi­ zione senza soluzione di continuità. Aristotele affronta lo studio costituzionale avendo ben chiaro ciò che, a suo avviso, non è stato messo a fuoco adeguatamente nelle discussioni e nelle riflessioni di chi lo ha preceduto: le discussioni politiche delle quali vi è traccia nell'opera degli storici e nella pamphlettistica politica ateniese, le riflessioni di teorici politici come Platone. Quando Aristotele definisce il

I. ARISTOTELE E LA POLITEIA suo programma di ricerca sulle politeiai segnala con forza il carattere innova­ tivo delle finalità e del metodo della sua ricerca (EN u81b 15-22 ) . La sua è una ricerca che si propone di comprendere, sulla base delle costituzioni storiche raccolte, le ragioni per cui le costituzioni cambiano (cioè i fattori all'origine del cambiamento) e di conoscere, di volta in volta, gli indicatori del cambia­ mento, le leggi scritte (nomoi) e quelle non scritte (ethe o nomoi kata ta ethe) . Il fine della ricerca aristotelica era insomma studiare la politeia come un prodotto della storia delle società politiche, ciò che significava definire, per ogni stato o stadio costituzionale, ovvero per ogni forma storicamente de­ terminata di politeia, il carattere casuale o razionale dei fattori storici che lo avevano determinato. A questo nuovo scopo era necessario superare la prospettiva degli storici i quali non avevano dato dignità teorica al tema del cambiamento costituzionale ( Canfora, 1982 , p. 3 8 9 ; PAR. 3 .2 ) . E a que­ sto nuovo scopo occorreva ridefinire l'oggetto dell' indagine, iniziando a « esplorare » quanto era stato trascurato - dice Aristotele - « da coloro che ci hanno preceduti » , ovvero le leggi, scritte e non scritte (EN u81b 13-14; Hamburger, 1 9 5 1, p. 1 8 1 ) . Lo studio delle leggi appare infatti dichiaratamen­ te finalizzato a conoscere ciò che nella politeia si modifica (Bordes, 1982, p. 441; Castoriadis, 1991, p. 102 ) : il prodotto mutevole delle scelte fatte dal­ la comunità politica su cosa fare e non fare per legge (EN I I 3 4a 25-3 4) . Il valore storico di uno studio di questo genere è ripetutamente sottoli­ neato da Aristotele laddove riflette sulle finalità più rilevanti di un'attività di ricerca « di tipo filosofico» che riguarda la « natura delle costituzioni» (Pol. 127 9b 10-15 ) . Conoscere i mezzi ( la politeia e le sue leggi ) attraverso i quali ogni comunità politica realizza il suo fine significava provare a interpretarli con spirito critico (cfr. EN u81b 7-u ) , ovvero «cercando la verità » (Pol. 127 9b 13-14 ) . Solo un'indagine condotta criticamente poteva assolvere alle finalità pratiche che si proponeva: formare un legislatore e un politico che, sulla base della conoscenza delle esperienze passate, fossero capaci di garantire alla costi­ tuzione la maggiore stabilità possibile (EN u8oa 33-u81b 22 ) . In vista di quella formazione era decisivo "ricercare storicamente" quanto era avvenuto non sol­ tanto nella propria città ma in tutte le altre (Rhet. 1359b 30- 136oa 5 ) . Occorre­ va conoscere globalmente gli avvenimenti passati (Rhet. 136oa 32-37 ) , dunque anche le costituzioni storiche insieme alle loro leggi e usanze (EN u81b 18-23; Rhet. 1365b 22-24 ) . Il buon legislatore avrebbe infatti dovuto mettere a frutto quelle conoscenze non solo in vista della possibilità (quasi irrealizzabile) di creare la costituzione ideale ( PAR. 1.5 ) , ma più realisticamente al fine di cor­ reggere le costituzioni deviate ( Simpson, 1998, pp. 284-9; Viano, 2008, p. 40; Bodéiis, 2010, p. 130 ) , imparando dal passato, anzi "reimparando", ovvero fa­ cendo tesoro dell'esperienza (Pol. 1288b 35-1289a 7 ; cfr. Gargiulo, 2014 ) . 37

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA Aristotele definisce in modo inequivocabile l'oggetto proprio di una ricerca politica: sono le deliberazioni, le scelte, le determinazioni espresse dai cittadini. Sono i mezzi attraverso i quali ogni comunità politica dà for­ ma alla sua idea di giustizia e così realizza il fine della sua politeia (EN I I 12b 12, 3 5-3 6). Oggetto della scienza politica non è, se non limitatamente, il fine cui tende la politeia, sono invece e soprattutto gli strumenti attraver­ so cui si realizza quel fine (EN I I I2b 3 1 ss.). Né perciò può essere l'oggetto principale di una ricerca siffatta la forma della politeia ideale che, essendo la stessa ovunque e in ogni tempo, non costituisce un oggetto di studio proprio delle scienze sociali ( PAR . 1.5). Ora, il carattere e le finalità di questo progetto di ricerca, così come il­ lustrato nell ' Etica Nicomachea, appaiono compatibili con il metodo e con i risultati della ricerca aristotelica sulle costituzioni delle città greche. Ad esempio, sono coerenti con il metodo seguito per la ricostruzione della sto­ ria costituzionale ateniese che, secondo la rappresentazione offerta nella Costituzione degli Ateniesi, ha fatto del problema dell'evoluzione dell' idea di giustizia il suo tema più qualificante ( PARR. 3.2, 3.5). Ma altrettanto com­ patibili con quel progetto di ricerca appaiono i nessi più significativi della riflessione in tema di politeia che Aristotele ha condotto nella Politica. In particolare : la riflessione sulla politeia come criterio che meglio identifica la città, la considerazione dell ' identità tra politeia e nozione di giustizia po­ litica (e leggi), da una parte, e tra carattere della politeia e dispositivo della cittadinanza, dall 'altra. Su questi nessi si vuole riflettere, nel corso di questo capitolo, a partire dalle espressioni più significative impiegate dallo stesso Aristotele per definirli. Sullo sfondo di questa riflessione si dà conto criticamente, ma in forma necessariamente sintetica\ di alcune delle principali interpretazioni pro­ poste dagli studiosi relativamente al carattere e alle finalità della ricerca ari­ stotelica sulle costituzioni, in particolare: l' idea che Aristotele studiasse le trasformazioni costituzionali secondo un modello di analisi proprio del de­ terminismo di tipo naturalistico, ovvero servendosi degli stessi modelli epi­ stemici utilizzati per lo studio delle scienze naturali; il giudizio che lo scopo principale della ricerca politica aristotelica fosse la costituzione «migliore secondo natura » in quanto immutabile; infine, l'opinione che la riflessione aristotelica in tema di costituzioni fosse, come ogni altra riflessione antica su quel tema, interessata a conoscere unicamente il fine della politeia invece che le sue origini e la sua storia. 4· Per esigenze editoriali, i contenuti di questa parte della ricerca sono dati in forma sintetica (U testo completo sarà pubblicato a parte).

I. ARISTOTELE E LA POLITEIA

1. 2 Polis e politeia: « Il criterio per stabilire r identità della città è la costituzione che la regge » (Pol. 127 6b 10-n ) s Il senso di questo fondamentale assunto del pensiero politico aristotelico è chiaro. Per affermare che una polis è la stessa si deve fare riferimento soprat­ tutto alla costituzione. Questa infatti rappresenta il criterio principale per riconoscere la continuità della città sul piano politico, ciò da cui discende il corollario che « se la costituzione muta di specie e cambia [ .. ] necessaria­ mente la città non è più la stessa » (Pol. 1276b 14-15). Altrettanto chiaro è il fatto che Aristotele utilizzi qui il termine politeia nella sua accezione di "sintesi" di rapporti sociali, economici e istituzionali: è il "contratto sociale" tra i cittadini, ovvero il prodotto delle scelte fatte dalla comunità politica in tema di giustizia e di uguaglianza6• È quel fatto "sociale totale" che è capace di rendere conto della polis come «community of interpretation » (Ober, 1993, p. 130) e che perciò rivela l' ideologia della polis. La sottolineatura del valore p regnante di politeia quale contratto so­ ciale tra cittadini non è il tratto più originale della riflessione aristoteli­ ca sul nesso polis-politeia. A essere nuova è semmai l' idea che lo studio di quel valore della politeia sia il mezzo migliore per conoscere la forma storica di una comunità politica, di una polis, è cioè la convinzione che la politeia rappresenti la categoria euristicamente più feconda nella pro­ spettiva di un' indagine sul carattere, l 'emergenza e la storia della polis. Si può affermare che, per quanto riguarda il significato di politeia, Aristotele riprende senza soluzione di continuità la tradizione che lo ha preceduto e che ha esplorato, almeno per quanto riguarda l'ambito ateniese, il valore più p regnante di politeia. Al tempo stesso, però, occorre riconoscere che la politeia riceve, nella riflessione di Aristotele, un nuovo statuto epistemolo­ gico e una dignità teorica che prima non aveva. Per comprendere appieno la specificità del "costituzionalismo" di Aristotele, ovvero l' impostazio­ ne che Aristotele ha dato allo studio delle costituzioni, occorre dunque riconoscere sia gli elementi di continuità con la tradizione, sia la novità e la potenza del suo impegno teorico e sforzo definitorio. Ad esempio, è nel segno della continuità il ricorso al termine politeia con quel valore pregnante che appare frequentemente evocato dagli scrittori ateniesi nel .

S· « J.HXÀtcrta ÀEK:tÉov t�v aùt�v 7tOÀtv dç t�v 7tOÀttciav �ÀÉ7tovtaç». Per quanto riguarda la Politica, la traduzione accolta, in questo come nei successivi casi, è quella di Carlo Augusto Viano (Viano, 2008, p. 239 ) . 6. Cfr. Keyt ( 1987 ) e Frank ( 2oos; 2007, p. 40, « a product of citizens acquiescence and reason » ) .

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA v secolo7: un valore che sottolinea, insieme al fatto giuridico, l'elemento politico che questo contiene 8 • È in definitiva l' idea, già esplorata dagli scrit­ tori ateniesi del v secolo ( cfr. Thuc. 2.37; PAR. 1.4) , secondo cui il contenuto della costituzione e i principi sostanziali della giustizia sono da cercare nella pubblica opinione, con tutto ciò che ne consegue riguardo alla questione dell' identificazione delle fonti utilizzate da Aristotele per trovare questo tipo di valutazioni nel caso storico meglio documentato, quello ateniese (PARR. 3.2-3 .4) . È solo a partire dalla comprensione del debito della rifles­ sione aristotelica verso la tradizione ateniese del v secolo - e dunque del carattere non "positivista" del costituzionalismo aristotelico - che si spie­ gano facilmente i passaggi nei quali Aristotele identifica nella politeia l' idea che incorpora la pubblica opinione, definendola perciò come lo « spirito» che informa la vita associata e la « vita stessa » della polis (Pol. I295b I ) 9• E sempre a partire dalla comprensione di questo carattere del costituzio­ nalismo aristotelico sarà da rigettare la critica mossa ad Aristotele da certi costituzionalisti moderni di avere guardato alla costituzione solo come a un insieme di regole istituzionali10, e sarà semmai da valorizzare l' interesse di Aristotele per la costituzione come pattern condiviso e living constitution in quanto anticipatore dell'attenzione riservata a quei temi dal dibattito con­ temporaneo sulle teorie del costituzionalismo moderno ( Castiglione, 1996, p. 42I ; Sundahl, 20 09, pp. 467 ss. ) . D'altra parte, occorre riconoscere tra i caratteri costitutivi del costitu­ zionalismo aristotelico quelli che rappresentano un'acquisizione originale del suo pensiero11• In cosa consiste precisamente la novità della sua rifles­ sione ? È il fatto di avere dato dignità teorica e valore epistemologico alla politeia come criterio che rivela l' identità complessiva di una polis. Di avere fatto della politeia la principale categoria interpretativa attraverso la quale guardare alla polis. Ciò da cui è derivata la scelta di affrontare sul piano teorico tutte le questioni che riguardano la polis - a cominciare dalla sua

7· È ad esempio nella discussione politica ateniese della quale dà conto il già citato fram­ mento di Trasimaco dove quel termine appare impiegato per esprimere l 'unità della polis, ovvero « ciò che i cittadini hanno maggiormente in comune» (Munn, 2ooo, p. 136; PAR. 1.1 ) . 8. Per l' idea che il diritto (nomima) incorporasse la pubblica opinione e fosse il prodotto del contratto sociale tra i cittadini (del loro homologhein) cfr. Antiph. DK, 87 B44, con Fou­ chard ( 1997, pp. 370-1 ) e Farenga ( 2oo6, p. 328 ) . 9· È giusto intendere questa espressione come « the particular way oflife of the polis » (Ober, 1993, p. 1 3 1 ) ; cfr. anche Kraut ( 2002, p. 15 ) . 10. Cfr. le condivisibili osservazioni di Frank ( 2007, pp. 45-50 ) riguardo al giudizio espresso da certi costituzionalisti moderni sulla riflessione aristotelica. 11. Sul costituzionalismo di Aristotele cfr. Mancuso ( 1995 ) , Frank ( 2007, pp. 45 ss.), Lisi ( 2oo8 ) , Ventura ( 2009, pp. 105 ss.), Bodéiis ( 2010, pp. 145 ss.) e Lewis ( 2011, pp. 25-49 ) .

I. ARISTOTELE E LA POLITEIA definizione -, valorizzando la sua dimensione politica invece che quella na­ turale. Una dimensione quest'ultima che occupa uno spazio centrale nella sua riflessione ma per riflettere sulla quale la politeia si rivela evidentemente una categoria interpretativa meno utile12.. Lo sforzo teorico che impegna Aristotele quando, nella Politica, defini­ sce singolarmente i due termini del rapporto, la polis e la politeia, è indicati­ vo dell ' impostazione che vuole dare alla riflessione su quei temi. Aristotele dichiara di voler ripensare la definizione di polis così come lo statuto epistemologico della politeia. Egli afferma sostanzialmente che l'unità della polis è politica e formale, più che naturale e materiale (Pol. 1 261b 6-9, 1 274b 32-1276b 15, 1 28 ob 29 -30) e, coerentemente, riguardo alla politeia, afferma che solo questa è capace di definire l'unità della polis e che va indagata quale esito dei rapporti di forza in atto nella città (Pol. 1 279b 3 9 -128 o a 6, 1290a 30-129ob 3 ) e come il prodotto intellegibile di scelte po­ litiche delle quali è traccia nelle leggi scritte e non scritte ( PAR. 1.4). Si tratta in entrambi i casi di posizioni espresse con il dichiarato intento di superare l'approccio tradizionalmente adottato da chi (soprattutto Plato­ ne) aveva affrontato quei temi sul piano teorico prima di Aristotele (Keyt, 2006, pp. 341-55: Menn, 2006; Lisi, 2o o8). Un approccio che Aristotele giudica inadeguato sul piano epistemologico. Con riferimento allo statuto della polis, Aristotele argomenta l' inade­ guatezza dei criteri tradizionalmente utilizzati per definirlo: i costituenti materiali della città, ovvero il territorio e la stirpe (Pol. 1 276a 17-25 ) 13, rile­ vandone chiaramente i limiti per definire chi è cittadino (Simpson, 1998, pp. 138-9 ) . Il fatto di condividere un dato territorio - su cui Platone aveva invece insistito - non è sufficiente a identificare chi appartiene alla città: lo abitano infatti anche i non cittadini (Pol. 1 275a 7-8) . Né può essere in­ terpretato come il prodotto di una scelta politica: la città infatti non può facilmente scegliere il suo territorio né i suoi vicini (cfr. Viano, 2oo8, p. 36). Ugualmente inadeguato al fine di riconoscere la continuità della città è il criterio che si fonda sulla continuità della stirpe. Fino a quale generazione infatti - si chiede Aristotele - occorre risalire per affermare che una stirpe è la stessa (Pol. 1275b 22-34) ? E come valutare, rispetto allo stesso problema, 12. Aristotele riflette diffusamente sui problemi posti dalla definizione della polis, della

politeia e del loro continuo cambiamento anche in rapporto alla loro dimensione "naturale": ciò non significa che egli volesse spiegare la storia delle poleis e delle loro politeiai a partire

da una visione teleologica di tipo naturalistico ( PAR. 1.5). 1 3· Sul metodo di Aristotele, in particolare sulla caratteristica volontà di discutere le opinioni dei predecessori prima di proporre una propria soluzione cfr. Lloyd (198s, pp. 100, 258-62). Più in generale cfr. Rowe (1991) e Bertelli (2012).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA gli atti politici che hanno rimescolato le carte in tema di origini familiari, come è accaduto ad Atene al tempo di Clistene, quando schiavi e meteci sono stati fatti cittadini (Pol. 1275b 34-40; PAR. 5 .2) ? In realtà, osserva Aristotele, entrambi quei costituenti materiali della polis sono inadeguati a esprimere ciò che la comunità ha deciso di avere in comune perché l'unità materiale non dipende interamente dalle scelte dell'uomo e perché nessuna comunità politica si dà in rapporto a quei co­ stituenti materiali un'unità paragonabile a quella che garantisce la politeia: infatti, non si può affermare che una comunità cittadina « è costituita solo dall' identità del luogo» (Pol. 1 28ob 30 ), anche se la comunanza del suolo è un presupposto necessario (Pol. I26ob 40-4I). I cittadini in realtà possono dirsi tali solo se esiste una politeia e si definiscono in rapporto a ciò che han­ no deciso di avere in comune, non a ciò che gli accade di avere in comune (Ventura, 2009, pp. I36-7 ). Per tutte queste ragioni, Aristotele ritiene che l'unità della polis sia da cercare nella politeia, nelle scelte politiche sulle que­ stioni di interesse comune che lapoliteia rivela (Mayhew, 1997, p. 334) . Tale unità non può essere invece cercata nella dimensione naturale della polis : infatti «per natura non esiste un'unità così stretta quale alcuni vogliono riscontrare in essa » (Pol. 1261b 6-7; cfr. Lord, 1991, p. s6; Roochnik, 2010, pp. 275-8). Né perciò si possono cercare in natura (ad esempio nella natura dei popoli) le ragioni delle differenze tra le forme costituzionali (Murray, 19 93a, p. 20 1 ; Moggi, 20 1 2; PAR. 1.5). Né varrà cercare il carattere proprio di ogni politeia (ovvero l' identità di una polis) nelle leggi universali e nel diritto naturale ( PAR. 1.4). Né infine sarà possibile identificare nella natura ciò che determina il rivolgimento costituzionale (Accattino, 1978; Ambler, 1985; Keyt, 1987; Leszl, 1989, pp. 79-8 1 ; Mulgan, 2001, pp. 96-8) . Dunque è il carattere non naturale della politeia, un carattere che condivide con altri prodotti della politica, a farne una categoria interpretativa feconda. La decisione di riconoscere alla politeia un nuovo valore epistemologico doveva necessariamente tradursi in un ripensamento del metodo di studio. Aristotele vuole superare l'approccio tradizionale, secondo il quale la mag­ giore attenzione viene riservata a criteri numerici, e mostra di voler cercare l'essenza dei rapporti che sono all'origine di un dato ordine politico. Il nume­ ro dice poco, osserva Aristotele nel paragrafo che apre la Politica: in sé infatti non è capace di distinguere funzioni di governo e forme di autorità differenti fra loro (Pol. 1252a 7-13). Ad esempio, è inadeguato a spiegare le differenze tra oligarchia e democrazia. In un passaggio decisamente rilevante - perché in quel contesto Aristotele definisce il metodo di «chi voglia affrontare sul piano teorico» lo studio dei « caratteri di ciascuno di questi regimi» - il filosofo osserva che a definire il carattere di un regime democratico o oligar-

I. ARISTOTELE E LA POLITEIA chico non sono i criteri numerici ma criteri sostanziali come la ricchezza e la povertà e perciò l' idea di giustizia determinata da quei rapporti di forza (Pol. 1279b 12-128oa 25 ; Collins, 20 06, pp. 134-6). Il caso classico che esemplifica questa impostazione, un' impostazione che fonda la definizione tipologica delle costituzioni su dati sostanziali, è la considerazione del tratto distintivo della democrazia che per Aristotele non è il fatto che siano i più a governare, ma che a dominare siano i poveri (Pol. 1279b 36-128oa 6, 1290a 30-129ob 3; Musti, 1995, pp. 28 7-8; Canfora, 20 04, pp. 44-5; Ventura, 2009, p. 75; Bodéiis, 2010, pp. 179-80 ). Sono molti gli esempi che attestano la volontà di applicare questa impostazione alla ricostruzione delle costituzioni storiche. Innanzitutto la ricostruzione della storia costituzionale offerta nella Costi­ tuzione degli Ateniesi, dove l' interesse per i rapporti economici spiega, tra l'altro, l'emergenza dellapoliteia democratica e le sue principali metamorfosi ( PARR. 2.4-2.5) . Ma anche i casi di poleis "nascenti" rievocati nella Politica e la cui origine appare posta in rapporto a fattori come la ricchezza e la po­ vertà, il mutamento della struttura militare o l'aumento della popolazione (Pol. 1297b 16-28; von Leyden, 1985, pp. 18-25; Polansky, 1991, p. 329; Lintott, 1992, p. u8). D 'altra parte, l' impegno a studiare la politeia come il prodotto intellegibile di scelte politiche che riguardano il tema dell'uguaglianza e del bene comune è ugualmente riconoscibile in sede teorica quando, nella stessa Politica, Aristotele definisce lapoliteia. Sono definizioni nelle quali è centrale la nozione di taxis, ovvero di ordine. Un ordine che Aristotele vuole rendere intellegibile in rapporto all'identità dei soggetti che l' hanno definito. «La costituzione » - osserva Aristotele - non è altro che un «ordine imposto» a quelli che abitano la polis (Pol. 1274b 38). Il concetto di ordine ricorre siste­ maticamente nelle definizioni più pregnanti della politeia (Pol. 1264b 3 1 -32, 1268a 15, 1273a 21 -29, 1274b 3 8, 1278b 8-10, 1289a 15-18, 1290a 7-8, 1294b 1921, 1329b 30-33; Ath. Pol. 4.1-2). Qui l'ordine appare riferito da Aristotele sia alle regole che determinano il criterio di accesso alle cariche politiche (Pol. 1278b 8-1 114; 1290a 7-11), dunque al governo, sia ai criteri che definiscono, in diretto rapporto con le regole dell'accesso al governo, il fine (telos) che una data comunità politica intende realizzare in materia di bene comune (Pol. 1289a 15-181s) . Quest'ultimo fine consente di riconoscere la forma data dalla comunità politica alla sua idea di giustizia, ovvero di uguaglianza. È in ra­ gione di questa idea che si decidono le regole; è cioè in dipendenza da ciò che la comunità politica ha stabilito in materia di uguaglianza che si può 1 4· «La costituzione è l 'ordine della città, di tutte le cariche e soprattutto dell'autorità so­ vrana, che ovunque è costituita dal governo della città, governo che è la stessa costituzione » . 1 5 . «La costituzione è u n ordine delle magistrature cittadine, concernente il modo della loro distribuzione, il governo della cittadinanza e il fine di ciascuna comunità ».

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA decidere di distribuire le cariche politiche secondo un titolo che è comune a un dato gruppo di cittadini, ad esempio ai cittadini ricchi o ai cittadini poveri, oppure secondo un titolo che è comune a più gruppi di cittadini, ad esempio ai cittadini ricchi e ai cittadini poveri (Pol. I290a 6-I2)16• In questo senso Aristotele può affermare che ci sono « tante costituzioni quanti sono gli ordini determinati da rapporti di predominio e di differenza tra le parti della città » (Pol. I29oa II-I3), ciascuno dei quali ordini definisce una preci­ sa idea di giustizia che di quegli equilibri e di quelle differenze è il "prodot­ to". Conoscere il fine di una polis - ovvero la sua idea di giustizia - significa poter intendere il sistema di regole nel suo complesso e conoscere la politeia significa poter intendere le regole in rapporto al fine e viceversa. Intendere il sistema di regole nel suo complesso significa prioritariamente dare risposta ai seguenti interrogativi: è l'ordine imposto a chi, da chi e a partire da quali condizioni ? Delle molte definizioni con le quali Aristotele associa al termine politeia l' idea di ordine è particolarmente interessante quella che identifica la costituzione (politeia) con «l'ordine imposto a quelli che abitano la città » (Pol. I274b 38). In questo caso Aristotele ha in mente la differenza tra chi abita la polis e chi appartiene alla polis, ovvero chi è cittadino17• La sproporzione tra chi abita la polis e chi vi appartiene è sempre notevolissima nella realtà storica delle poleis, ma nella mentalità greca, che si curava poco della marginalizza­ zione di schiavi e stranieri liberi, la sproporzione merita di essere segnalata quando riguarda il gruppo etnico. Per Aristotele si tratta di una distinzione che guida l'evoluzione storica della politeia dalla fase oplitica all'emergenza dell'idea democratica ( PAR. 2.5). Di chi appartiene alla polis, dei cittadini, Aristotele identifica la condizione fondamentale nella «comunanza delle cose » , di quelle materiali e di quelle immateriali. Appartiene alla città chi ha in comune con gli altri cittadini l'accesso ai beni materiali (la terra, le case) e l'accesso agli onori (le prerogative che spettano ai cittadini) . È l' idea di comu­ nanza, è cioè la forma politica della città, a definirne l'identità; ed è quell'idea di comunanza a rendere conto della condizione dei cittadini, che si definisce prioritariamente in rapporto all'esercizio delle funzioni politiche (Pol. 1274b 35-1276b 15; Accattino, 1986, pp. 31-4; Frede, 2005, pp. 170-2) . Dunque, riepilogando, secondo Aristotele, è la politeia ovvero la forma politica della città ciò che meglio rivela la sua identità. L'ordine politico della 16. «La costituzione è un ordine imposto alle cariche politiche, che vengono distribuite o secondo il peso politico di chi vi accede o secondo un criterio d'uguaglianza, che poggia su di un elemento comune per esempio ai ricchi o ai poveri o agli uni come agli altri» . Cfr. Viano (2oo8, p. 328 n 6). 17. Diversa la tesi di Ventura (2009, p. 137 ) , secondo il quale Aristotele identifica qui gli abitanti con i cittadini ( così anche Leszl, 1989, p. 1 12); cfr. Hansen (2013, pp. 22-3).

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I. ARISTOTELE E LA POLITEIA città rivela le regole secondo le quali la città si regge. E quelle regole, le nor­ me scritte e consuetudinarie attraverso le quali la comunità dà unità e fon­ damento alla propria visione del potere, della giustizia e della legalità, sono - secondo Aristotele - tra gli elementi costitutivi della polis quelli che più hanno valore nella prospettiva di riconoscerne il carattere proprio. Infatti, la definizione di quelle regole dipende unicamente da coloro i quali apparten­ gono alla città - ovvero dai cittadini - e perciò è completamente intellegibi­ le'8. Ciò che Aristotele intende "trovare" nella storia di una città è, di volta in volta, l'ordine che rivela quali scelte abbiano fatto i suoi membri rispetto alle decisioni fondamentali che riguardano l'organizzazione della propria comu­ nità: chi governa, come deve farlo, chi sanziona quelli che non rispettano le regole. Del resto, questo è il fine che Aristotele assegna allo studio della poli­ tica ( dunque allo studio della polis) : conoscere ciò che nelle comunità poli­ tiche si determina in ragione di ciò che l'uomo ha scelto indipendentemente da fattori quali la natura, il caso o la necessità (PAR. 1.5). A farci intendere il carattere proprio di una comunità politica, di una polis, a definire la condi­ zione dei suoi membri, i cittadini, sono le regole che quella comunità politica ha adottato in materia di uguaglianza, ad esempio i criteri per distribuire le cariche politiche. Perciò, nella prospettiva di riflettere sulla città e sui cittadi­ ni, non è sufficiente definire il rapporto con il territorio oppure con la stirpe, ovvero riconoscere i cosiddetti costituenti materiali della polis, ciò che vale è intendere l'ordine politico, la politeia'9• È quell'ordine che racconta le ra­ gioni particolari per cui una data comunità politica ha scelto di distribuire le cariche secondo un requisito che è comune a un dato gruppo di cittadini. E proprio perché ogni sistema, ogni forma di composizione di quelle regole definisce in modo proprio ciascuna polis, Aristotele può affermare che vi sono tante costituzioni quanti sono gli equilibri possibili tra le parti di una società, e che quando la politeia cambia, la città cessa di essere la stessa. Al centro della riflessione aristotelica sono questioni essenziali: identi­ ficare chi domina nella polis, e perciò determina la sua idea di giustizia e di bene comune; vedere in che modo i fattori politici sono tenuti insieme dalla nozione di giustizia elaborata dalla parte dominante della società; riconosce­ re i cambiamenti anche minimi di uno stato costituzionale. E poiché le tra18. Rispetto a questo punto è totale la sintonia con quanto ha recentemente osservato Bates (2014, p. 152) a proposito della politeia che « makes the character of politica! things more truly apprehended and understandable » . Cfr. anche Roochnik (2010, p. 283). 19. Aristotele non nega il peso di quei fattori materiali, ma riconosce la loro inadegua­ tezza a definire in modo proprio la condizione di città. n significato dei costituenti materiali della polis assume un rilievo diverso quando Aristotele considera l 'uso politico del rapporto con il territorio e con la stirpe ( PARR. 5.2-5.3).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA sformazioni che riguardano le regole che una determinata comunità politica si è data nella forma di una specificapoliteia diventano intellegibili attraverso la giustizia politica, è quest ' idea che occorre sforzarsi di comprendere. Si arriva così a un punto essenziale della riflessione aristotelica: l ' intel­ legibilità della politeia in quanto espressione della giustizia politica. Aristo­ tele vuole vedere e conoscere, per ogni politeia, le "immagini" della giustizia attraverso le quali sono passati e passano i cambiamenti costituzionali. Non è casuale che il rapporto tra polis, politeia e giustizia politica (di­ kaion) sia riconosciuto e definito all'apertura della Politica. È quel rappor­ to che fonda e spiega l 'assunto aristotelico sull' identità tra polis e politeia, ovvero l' idea che la città cambia quando cambia la politeia. Diversamente da quanto si è spesso sostenuto a riguardo, che cioè esso sia da mettere in re­ lazione con quanto Aristotele osserva sulla dimensione naturale della polis e sulla politeia « ideale secondo natura » (Murray, I993a, pp. I99-2o i ; PAR. I.5), l' identità polis-politeia si spiega a partire dalla comprensione del rap­ porto col dikaion.

!. 3 Polis, politeia e giustizia politica: l'ordine della comunità politica è « la determinazione di ciò che è giusto » (Pol. 1 2 5 3 a 37 - 3 9 ) La formulazione più chiara dell' interdipendenza tra una polis e la sua po­ liteia, da una parte, e tra la politeia e la giustizia politica, dall'altra, è posta al principio della Politica: «la giustizia è virtù politica perché il giudizio è l'ordine della comunità politica; e il giudizio è la determinazione di ciò che è giusto» (Pol. I 253a 37-39 ; Miller, I995, pp. 79 ss.; Lisi, 200I, pp. 3749 ; Ventura, 2009, pp. 99-I04, 1 3 8, I53-5, 230-I; Vega, 20 I3, p. I 73). Qui Aristotele afferma esplicitamente che l'ordine (taxis) della comunità po­ litica coincide con la « determinazione del giusto» (dikaion) che si deve ai cittadini (Schofield, 2003, p. 370 ) . La riflessione aristotelica su questa relazione è, d'altra parte, più articolata e ampia e si svolge, con esiti analo­ ghi, in altri luoghi della Politica, così come nell'Etica Nicomachea e nella Retorica (Hamburger, 1 9 5 1, pp. 39-59; Weinrib, 1987, pp. 133-52; Heyman, 2003, pp. 47 1-83). Della riflessione sullo stesso tema nella Politica fanno parte, ad esempio, i riferimenti diffusi al fatto che sono le scelte politiche assunte dai cittadini in tema di giustizia, ovvero di uguaglianza ( Collins, 2006, pp. 135-6; cfr. EN 1 1 29b 14-19, 1 130b 5-10, 1 134a 25-1134b 2; Roberts, 2005, p. 350; Collins, 2006, p. 82; Sancho Rocher, 20 07, pp. 148 ss.), il pro-

I. ARISTOTELE E LA POLITEIA nunciamento della comunità su « ciò che spetta a ciascuno» (Lloyd, 1985, p. 23 8; Strauss, 1971, p. 148)10, a definire la forma (eidos) di una politeia2.1• Si tratta evidentemente delle scelte fatte da quei membri della comunità che sono «portatori di diritti politici »u e uguali e che perciò possono decidere « ciò che è comune » . Solo la giustizia che si realizza nella polis tra cittadini liberi e uguali può essere definita « giustizia politica » (EN I I 34a 26-30) ed è quella forma di giustizia (non quella assoluta) che può essere indagata in una ricerca sulla storia delle poleis. Ma quale valore teorico assegna Aristotele allo studio delle determina­ zioni così come riassunte nella nozione di politeia? È indicativamente quel­ lo della loro intellegibilità. Il tema dell' intellegibilità della giustizia politica (e quindi della politeia) appare svolto da Aristotele in modi diversi. Nella sua riflessione egli riconosce diffusamente che il carattere essen­ ziale della giustizia politica è il fatto di essere intellegibile in quanto esito di una determinazione, in quanto corrispondente a un'opinione. Si tratta di un carattere che Aristotele mette in maggiore evidenza attraverso due tipi di contrapposizione : il confronto tra il giusto politico e il giusto naturale (o meglio tra le componenti legale e naturale del giusto politico) , e quello tra leggi particolari (proprie cioè di una data comunità politica) e leggi uni­ versali2.3. Di quest 'ultimo confronto si tratta nel PAR. 1.4, qui conta invece riconoscere l' impostazione che Aristotele ha dato alla contrapposizione tra giusto legale e giusto naturale e le conseguenze che ne derivano nella prospettiva di intendere i contenuti salienti della riflessione aristotelica sul tema dell' intellegibilità della giustizia politica (e della politeia). 20. L a nozione d i "spettanza" è qui d a intendere nei termini di "privilegio" che dipen­ de esclusivamente dalla condizione dell'essere parte della comunità politica (Schofìeld, 2003, pp. 370-80 ) . 2 1 . « la concezione del giusto varia i n ciascuna costituzione » (Pol. 1 3 0 9 a 37-39). Cfr. anche Pol. 12s3a 37-39; 128oa 7ss.; 1282b 16ss.; 1301a 2s-28, 1301b 29ss.; 1302a 24-31; Strauss (1964, pp. 47-s1), Polansky ( 1991, p. 327), Mulgan (2001, pp. 96-9), Miller (2oos, p. 339), Roberts (2oos, p. 3Ss), Collins (2oo6, pp. 6 9 ss., 82, 13s-6), Frank (2007, pp. 4S ss.), Sancho Rocher (2007, pp. 148 ss.), Viano (2oo8, pp. 29-33), Depew (2009, p. 404), Ventura (2009, pp. 99-104, 138, IS3 ss., 230 ss.), Lewis (2011, p. 26). 22. Nelle poleis greche, anche in quelle democratiche, a detenere i diritti politici e a go­ dere della tutela giuridica era una minoranza di individui rispetto alla popolazione residente della quale facevano parte anche gli stranieri liberi e gli schiavi ( PAR. 2.4). 23. Esiste inoltre il confronto tra giusto assoluto e giusto politico (EN 1134a 2s-26), ma Aristotele lo sviluppa di meno nella prospettiva di considerare la giustizia politica in rappor­ to alla sua intellegibilicà. Del resto, in regime di giustizia assoluta, il comportamento dell 'uo­ mo dipende dalla sua disposizione al bene, non dalle leggi della polis (Pacchiani, 2001, p. 40) ; cfr. Strauss (1968, p. 82).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA Per riconoscere l ' impostazione di Aristotele occorre preliminarmente tornare a riflettere sul passo che nella Politica dà l'avvio alla riflessione sul tema. Quando Aristotele definisce l' identità tra l'ordine (taxis) di una polis e la sua «determinazione di ciò che è giusto» , egli si sta esplicitamente rife­ rendo a una nozione politica di giustizia, ovvero alla giustizia decisa nella po­ lis. È un' idea di giustizia che altrove (cfr. EN 1 13 4a 26) Aristotele definisce il « giusto politico» (politikon dikaion ). Di questo giusto politico l'espressione più manifesta è il « giusto legale » (dikaion nomikon) che ne è parte e che è frutto di determinazioni e di convenzioni, che dipende cioè essenzialmente dall'opinione dei cittadini14• È proprio questa condizione che, secondo Ari­ stotele, distingue il giusto legale da quello naturale. La ragione della distin­ zione non dipende dalla forma della trasmissione o dalla condizione d'uso delle due diverse forme di giustizia (se scritta o non scritta), né dal carattere più o meno formale dell'uno e dell'altro ( PAR. 1.4) . Dipende dal fatto che l'essenza del giusto legale è la determinazione dell'uomo. La distinzione tra giusto legale e naturale non cessa di avere valore quando si considera che entrambi sono costitutivi del giusto politico, che cioè il giu­ sto politico «è in parte legale e in parte naturale » (EN 1 134b I8) in quanto è un'interpretazione politica (dunque mutevole) di ciò che è per natura e di ciò che non è per natura (EN 1 134b 25-30 ). La distinzione tra le due componenti rimane ed è - a giudizio di Aristotele - innegabile. È anzi nel contesto della definizione delle due componenti del giusto politico che il confronto tra le diverse forme di giustizia - quella legale e quella naturale - viene formulato nel modo più circostanziato. In quel contesto Aristotele inequivocabilmente insiste sul dato essenziale che li distingue: è il fatto che il giusto naturale « non dipende dall'avere o no un'opinione » , perché «ha ovunque la stessa poten­ za » , mentre il giusto legale è tale «che all'inizio può essere indifferentemente in un modo o in un altro, ma che una volta che l'abbiamo stabilito, comporta una differenza » (EN 11 34b I9-22; Strauss, I968, p. 8I) 2.s . È quella differenza, 24. Swla distinzione tra giusto legale e naturale nel pensiero aristotelico restano fonda­ mentali le analisi di Hamburger (1951, pp. 59-79) e Strauss (197 1, pp. 156-64). Cfr. inoltre Schroeder (1981), Yack (1990, pp. 216-37 ), Miller (1991, pp. 279-306), Burns (1998, pp. 142-65; 201 1), Destrée (2ooo), Pacchiani (2001, pp. 34-9), Ventura (2009, pp. 47 ss.), Vega (2010). 25. ll rapporto che qui Aristotele riconosce tra giusto legale e naturale è molto discusso. Gli storici si dividono soprattutto su un punto: il diritto naturale che il giusto politico fa proprio ( in quanto lo interpreta) esiste, nel giudizio di Aristotele, solo in quanto prodotto dell' interpretazione politica (Strauss, 1971, pp. 156-64) o esiste a prescindere ed è immuta­ bile, mentre a cambiare sono le interpretazioni che di volta in volta le comunità politiche ne danno? Per una recente riaffermazione della prima posizione cfr. Vega (2010, pp. 1-31), il quale dà conto del dibattito precedente ed è tornato ancor più recentemente a riflettere stÙ « non ontological sense » delle leggi universali e conformi a natura (Vega, 2013, p. 1 97 ).

I. ARISTOTELE E LA POLITEIA che si determina nel momento in cui una data norma del diritto è stata stabi­ lita, che Aristotele giudica interessante, perché essa rivela ciò che è proprio del modo di pensare di chi è giunto a quella determinazione su qualcosa che pri­ ma non era stato determinato nello stesso modo o in alcun modo2.6• Per que­ sto Aristotele riflette sul giusto legale assai più che sul giusto naturale (Strauss, 1971, p. 136), per questo cerca soprattutto il giusto legale: perché solo il diritto legale dipende interamente dall'uomo (Yack, 1990, p. 221 )2.7• Il dato che la giustizia politica sia meglio intellegibile relativamente alla sua componente legale è ribadito poco oltre, laddove Aristotele riformula il concetto servendosi del rapporto tra giustizia legale e politeia. Qui - dopo aver osservato che « le regole del diritto fissate in base a una convenzione e all'utile sono simili alle misure del vino e del grano » in quanto « non sono uguali dappertutto» - egli sviluppa in modo più avanzato il suo parago­ ne e introduce la politeia come termine di confronto. Più precisamente il confronto si svolge in due momenti: prima vengono assimilate le « norme del diritto che non esistono per natura, ma sono stabilite dagli uomini », e che perciò « non sono le stesse in ogni luogo » , alle politeiai che come quelle norme sono mutevoli e relative (EN 1135a 4-5); poi, in conclusione, Aristo­ tele precisa che quelle relatività e instabilità non riguardano la costituzione « migliore secondo natura » , quella in cui la polis realizza il suo fine, la quale è « una soltanto in ogni luogo» (EN 1135a s-6). Comunque si voglia leggere il rapporto che Aristotele qui ha definito tra la costituzione migliore e il giusto naturale - a partire dalla considerazione del fatto che gli uomini assegnano la definizione di costituzione "conforme a naturà' al modello politico che di volta in volta giudicano migliore (cfr. Bodéiis, 1999, pp. 69-103; così anche Yack, 1990; Zanetti, 1993, pp. 70-1; Vega, 2010, pp. 24-5) o invece nei termini di un' identità meno relativa2.8 -, il dato saliente della riflessione aristotelica è Per un'articolata argomentazione della seconda (con status quaestionis) cfr. Destrée (2ooo, pp. 223 ss.). Il dato chiaro, e qui più rilevante, è che Aristotele mostra maggiore interesse per la forma politica del diritto naturale e non sviluppa nella sua opera l ' idea di un ordine immanente e conforme a natura cui il diritto naturale darebbe forma (cfr. Aubenque, 1980, pp. 147-so: Pacchiani, 2001, p. 34: PAR. 1.5). 26. L'idea espressa tra le righe è che le società umane possano interpretare sia « ciò che esiste per natura» sia « ciÒ che non è per natura » e che perciò tutto è « mutevole » (Strauss, 1971; Burns, 1998, pp. 156 ss.; Pacchiani, 2001, p. 38) ma resta comunque distinguibile se ciò che è all'origine delle diverse determinazioni è per natura oppure no (EN 1 134b 25-35). 27. E coerentemente ritiene di poter "lasciar perdere" una riflessione sulla « giustizia as­ soluta ordinata secondo la virtù totale » (EN 1 1 3ob 1 8-29) nella prospettiva di guardare alla dimensione civica invece che individuale. 28. Destrée (2ooo, p. 234) riconosce, oltre all' identità tra « la costituzione migliore per natura » e il giusto naturale, la funzione del diritto naturale come modello che orienta il diritto positivo. Una terza interpretazione è quella secondo cui ogni società politica realizza

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA che la politeia migliore non può rappresentare l'unità intellegibile e unita­ ria di una data polis perché essa i de ntifica ilfine di ogni polis ( O ber, 20 o s , p . 227 ) . I n quanto non h a bisogno d i essere determinata d a leggi positive (Pol. I286a IS; Strauss, I968, p. 82 ) quella costituzione non rappresenta un tratto distintivo di alcuna polis. Ogni polis che dovesse realizzare la sua politeia mi­ gliore9 sarebbe infatti - se avesse posto nella storia30 - uguale a tutte le altre che abbiano realizzato la stessa condizione ( Murray, I9 93a, p. 200 ) . Perciò la costituzione migliore non può essere l'oggetto principale né l'unico di una ri­ cerca politica. Al contrario, « spetta alla medesima scienza cercare quale sia la costituzione migliore » ma anche la «costituzione data » e di questa occorre determinare « come sia sorta » (Pol. 1288b 21 -29 ) 31• In questo quadro, è poco plausibile che Aristotele evochi la costituzione migliore nel passo in questio­ ne per definire il carattere proprio della scienza politica in quanto disciplina che studia ciò che non muta e che « non è legata al tempo e alla storia » , perciò in contrapposizione alla storia ( Pacchiani, 2001, p . 3 9 ; 2009, p . 3I ) . Per Aristotele, la scienza politica deve innanzitutto studiare ciò che muta ed è instabile ( PAR. 1.5 ) e che perciò è intellegibile. Per lo stesso ordine di ragioni, peraltro, egli si sforza di conoscere il carattere di una politeia a partire dai no­ moi particolari invece che da quelli universali (cfr. PAR. 1.4 ) : i primi, infatti, quelli secondo i quali unapoliteia si regge (Rhet. I368b 7-8 ) , sono intellegibili in quanto propri di una data polis, mentre i secondi non sono distintivi di alcun ordine politico (Rhet. I368b 8-9, I375a 30-35; Strauss, 1968, p. 8 I ) . Che la condizione dell' intellegibilità rappresenti il carattere essenziale della giustizia politica (e della politeia che questa giustizia identifica) è di la sua costituzione migliore in rapporto alla disposizione naturale dei popoli. Cfr. Aubenque (19 80, p. 154) - che tuttavia ha poi modificato la sua opinione - e Mulhern (2007, p. 286): « for every piace, there is only one politeia that is best by nature for it » . Simile anche la posizione di Pellegrin (1993, pp. 21-2). 29. Sul carattere distintivo della costituzione migliore per natura come equilibrio e pro­ porzione tra le parti della città e i poteri (Pol. 1295a 3 5-b 5) cfr. Pellegrin (1993, pp. 1 8-20 ). 30. Aristotele mostra di ritenere che la politeia "migliore" non fosse « mai esistita nel passato» (Viano, 2008, p. 27) e fosse un evento quasi impossibile (Miller, 1995, p. 76). Cfr. Pol. 1288b 24-25: «poiché è quasi impossibile che molti possano attuare la migliore », e an­ che 1295a 25-31, 1325b 33-40. Lo stesso afferma per la costituzione media che in quanto tale è vicina alla migliore per natura (Pol 1296a 36-40 ). Per l 'idea secondo cui la politeia migliore non ha spazio nella storia cfr. anche Day, Chambers (1967, p. 53), Vega (2010, p. 27 ). 31. Diversamente Pellegrin (1993, pp. 8, 12). Per l ' idea che lo spazio da riservare alla poli teia migliore sia stato ripensato nel corso della ricerca aristotelica cfr. Bodéiis (1993, pp. 33149 ). Nell'ordine attuale dei libri della Politica, sono gli ultimi due (vii-VIII) ad affrontare il tema della felicità che realizza la costituzione migliore (Lloyd, 1985, pp. 235-7) e la trattazio­ ne che vi si svolge non considera la forma istituzionale di quel modello ideale (Bates, 2003, pp. 80-3; 2014, p. 146; Hansen, 2013, pp. 67-8). Cfr. Miller (2013, pp. 540-54). ­

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I. ARISTOTELE E LA POLITEIA nuovo sottolineato da Aristotele laddove riflette sulle origini della polis: ori­ gini che possono essere indagate e descritte solo se la comunità ha elaborato una nozione di giustizia politica e un' idea di legalità condivisa, ovvero quan­ do la polis comincia a essere regolata da leggi e ordinata da una politeia. La politeia, considera Aristotele, può operare come indicatore di una po­ lis esclusivamente se questa è già un organismo fondato sulla giustizia politi­ ca, mentre non può avere tale funzione in rapporto alla polis naturale3:z. né in rapporto a una forma prepolitica di comunità umana. Stante infatti l' iden­ tità tra politeia e giustizia politica, è chiaro che la condizione indispensabile perché lo studio di una politeia risulti fecondo è che la polis abbia raggiunto lo stato di una comunità politica fondata sulla giustizia e sull'utilità comune (EN u6oa 8 ss.; Pol. I282b I6-I7; cfr. Viano, 2oo8, p. 28), ovvero abbia supe­ rato lo stato di comunità che corrisponde alla naturale disposizione degli uomini alla vita associata33• È solo la nozione politica di giustizia, non quella naturale, a dare conto della molteplicità di fattori indip endenti che condi­ zionano la città (fattori quali la ricchezza e la povertà) . E la giustizia politica «che deve tener conto » di quei fattori (Viano, 20 08, p. 3I). È perciò a parti­ re dal momento in cui quella nozione di giustizia politica appare intellegibile allo storico che diventa possibile studiare la politeia34• È utile fare interagire le riflessioni sparse di Aristotele su questo tema. Nell'Etica Nicomachea osserva che «il giusto politico si ha tra gli uomini che vivono in un aggregato sociale, per realizzare l'autosufficienza, e che sono li­ beri ed eguali o secondo proporzione o secondo numero» (EN 1 134a 26-28). Per quanti non sussiste quella condizione - osserva Aristotele - « non si ha il giusto politico nei rapporti reciproci [ ... ] . Il giusto infatti esiste per colo­ ro i cui rapporti sono regolati da una legge » (EN 1 134a 30-3I). Dunque solo quando l' idea di giustizia contempla anche il giusto per gli altri, quando cioè la comunità condivide un' idea di legalità, l'ordine della polis diviene intelle­ gibile (Rosen, 1975, pp. 233 ss.; Weinrib, 1987, pp. 134-5; 2003, pp. 458-9; 2012; Mayhew, 1997, p. 334; Heyman, 2003, pp. 472-3; Anton, 2007, pp. 3-9) H . Un 32. Diversa è l' interpretazione di Murray (1993, pp. 203-4), per il quale l ' identità tra polis e politeia vale in ragione del fatto che la polis è un prodotto naturale ( PAR. 1.5). 33· E N 1 162a 1 8 ss. Si tratta di uno stadio successivo a quello dell' insediamento sparso (Pol. 1252b 22-24; Lord, 1991, pp. ss-6) ma ancora prepolitico (EN n 62a 17 ss.); contra Kul­ lmann ( 1991, p. 97; 1 992, pp. 39-45 ) il quale ritiene che l' intero processo si svolga a partire da una spinta biologica all'aggregazione. Cfr. Gastaldi (2012, pp. 131-4). 34· Lisi (2001, p. 41), Ventura (2009, pp. 51, 99-100), Gastaldi (2012, p. 1 3 5). Non è ac­ cettabile l' idea di Kullmann (1 991, p. 105) secondo cui Aristotele non ha interesse per lo sviluppo storico. 35· La rilevanza che questi studi assegnano al tema dell 'intellegibilità è prioritariamente collegata al tema della giustizia correttiva così come affrontato da Aristotele nell 'Etica Ni­ comachea (1134b 30-34).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA carattere che si fa più manifesto mano a mano che le comunità diventano più grandi, quando il pattern della razionalità che presiede alla loro organizzazio­ ne diventa più chiaro (Rosen, I975, p. 233). Questa constatazione rende conto del carattere della riflessione aristotelica laddove essa considera, per il mondo greco, il problema dell'emergenza dell'idea di giustizia politica e di comunan­ za. Da un lato, infatti, Aristotele fissa !'"origine" della politeia nel momento in cui i membri di una comunità hanno per la prima volta ricondotto a sé la scelta di decidere ciò che deve essere comune, ovvero quando essi hanno stabilito per la prima volta una certa idea di uguaglianza che è divenuta neces­ sariamente incompatibile con l'accettazione del potere di un singolo indivi­ duo (Poi. I286b 1 1-22)36• Dall'altro, Aristotele si sforza di seguire il passaggio storico verso l'emergenza di una cittadinanza democratica - un passaggio che non si è realizzato ovunque nello stesso modo e nello stesso momento37 - a partire da fattori indicativi della nuova diffusa aspirazione all'uguaglianza: il mutamento della struttura militare insieme all'aumento della popolazione e alla crescita delle città (Poi. 1297b 16-28; Polansky, 1991, p. 329 ). Nessuna rilevanza è invece ascritta in questo processo a fattori naturali come la dispo­ sizione di determinati popoli rispetto a certi ordinamenti politici38• Non è ad 36. « quando sorsero più uomini simili tra loro per l 'eccellenza della virtù, allora non sopportarono più un governo monarchico, ma cercarono qualcosa di comune e fondarono una costituzione» (Pol. 1286b 1 1-13; Day, Chambers, 1967, p. 26). Anche altrove Aristotele riconduce a criteri di convenienza e giustizia politica il fatto che una comunità di uguali non ammetta « che uno solo imperi su tutti» (Pol. 1288a 1 ss.). Cfr. anche EN u 61b 1 1-15 e 1134a 25-31, con Lord ( 1991, p. 62): «justice in che proper sense exists only among equals whose relations are regulated by law » . Per l ' idea che il potere del singolo sia incompatibile nella polis che si è gia data un ordine coerente con i valori condivisi dalla pluralità cfr. Mot. An. 703 a, con Day, Chambers (1967, p. 54). 37· Cfr. Lord (1991, p. 6o ) : «Aristode suggests that politica! society, while indeed reflect­ ing a natura! impulse, comes into being through a discontinuous act, and one that evidendy does not occur always and everywhere [ ... ] politica! society for Aristode is not a natura! given, but a problem to be explained. An d this is even truer in the case of che polis as a spe­ cifìc type of politica! society, with its evident lack of universality and its deviation from che monarchie mode! ofhousehold governance». Cfr. anche Miller (2003, p. 338): « although the city-state arises out of more primitive communities which are natura! (Pol. 1252b 3031), this is a necessary, not sufficient, condition for the justice ofthe city-state. For politica! justice is peculiar to a community of free an d equal human beings aiming at che good life » . Così anche Ventura (2009, p . 5 2 ) . Per l'idea della « construction o f a produce that marks the transition from natura! community to the politeia » cfr. Anton (2007, pp. 3-9). 3 8. Così come non appare riconducibile al carattere dei popoli la pluralità delle forme di costituzione. Cfr. Murray (1993a, p. 201 ) : « Aristode does not make this the basis for a classifìcation of constitutions » e Moggi (2012). Per un' interpretazione diversa cfr. Mulhern (2007 ) e Costa (2010 ). Sul fatto che Aristotele non impieghi il motivo naturale per spiegare la varietà dei regimi costituzionali cfr. Accattino (1978, pp. 1 8 9-95) e Ambler (1985, p. 178).

I. ARISTOTELE E LA POLITEIA esempio il carattere naturale degli argivi, degli spartani o degli ateniesi ad aver condotto le città di Argo, Sparta o Atene a sperimentare a metà del VI I secolo una forma di organizzazione politica che riconosceva la sovranità politica e l'uguaglianza di tutti quelli che potevano provvedere al proprio armamento (cfr. von Leyden, 19 85, pp. 18-25; Lintott, 1992, p. 11 8). Coeren­ temente, le diverse sperimentazioni condotte dalle poleis greche in tema di comunanza sono interpretate, quando possibile, a partire da ciò che di un dato modello politico rivelano le leggi particolari e le pratiche sociali vigen­ ti in una data polis. Solo se ci sono leggi - anche non scritte - che rivelano il pronunciamento della comunità è possibile riconoscere la politeia (Pol. 1292a 3 2; cfr. EN 1 1 8 oa 34-b 2) e ciò deriva dal fatto che queste, così come le abitudini, non hanno a che fare con la natura, ma con le scelte (EN 11 34b 18-1135a 6, 1 103a 19-21). Dunque, è solo in un contesto politico che la politeia può operare come « unità intellegibile del molteplice » , può manifestare il suo eidos, in quanto coincidente con la giustizia politica (Mayhew, 1997, p. 334 n 24). In que­ sto quadro, è possibile affermare sia che, nella riflessione aristotelica, la no­ zione di giustizia rappresenta il criterio legittimante della politeia (Strauss, 19 64, p. 48) sia che quella stessa nozione identifica la forma storicamente determinata di ognuno degli stadi di una politeia, e ciò non diversamente dalle acquisizioni maturate su questo stesso punto da Platone. «What is just is relative not only to each polis, but to each point in time in each po­ lis» (Keyt, 2006, p. 342). Riconoscere i contenuti essenziali della riflessio­ ne aristotelica permette anche di comprendere la misura del superamento della posizione assunta da Platone. Il superamento di Platone è in questa volontà di Aristotele di guardare al tema dell ' instabilità e dell ' intellegibilità della giustizia politica per interpretare la polis. Platone aveva già posto in relazione, nel secondo libro della Repubblica, il tema della genealogia della giustizia e della polis (Rep. 369b-372d; Vegetti, 1998, pp. 159, 289) e aveva riconosciuto lucidamente il tema dell' intellegibilità della giustizia politica: è nella Repubblica che Socrate afferma che la giustizia è meglio intellegibile se riferita alla polis invece che all' individuo (Rep. 368e; Vegetti, 1998, pp. 281-4; Keyt, 20 06, pp. 343-5; Menn, 2006, pp. 13-4); Aristotele sviluppa però questa riflessione sull' intellegibilità della giustizia politica con esiti differenti. Mentre Platone sposta la sua riflessione sul tema della giustizia individuale (Keyt, 2oo 6 ; Menn, 2oo6), Aristotele riflette sulla giustizia po­ litica come prodotto del contratto sociale e in relazione al contenuto delle sue leggi. Ugualmente diversi gli esiti in rapporto al tema dell 'instabilità della nozione di giustizia (Keyt, 2oo6, pp. 342-3 ) : quello che per Platone è un problema da superare riconoscendo un ordine immanente, razionale S3

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA e stabile ( cfr. McKeon, I940, pp. 9 2-3; Strauss, I968, p. 8 I ) , per Aristotele è un fatto da interpretare. Ciò che Aristotele cerca nelle politeiai reali è tutto ciò che esse rivelano di intellegibile in quanto riconducibile a "scelte", "de­ liberazioni", "convenzioni" le quali raccontano ciò che in quel luogo, e in nessun altro posto, si è deciso per definire il proprio bene comune; è ciò che distingue quella comunità da tutte le altre. La storia della polis è dunque per Aristotele essenzialmente la storia del­ le sue politeiai, delle concezioni in tema di giustizia che rivelano il livello raggiunto dalle forze materiali. La politeia è la misura di tutte le cose non naturali ( PAR. I.s ) . E i nomoi, che sono il prodotto di queste scelte ( Casto­ riadis, I 9 9 I, p. I02; Lisi, 2ooi, pp. 37-53), assumono così il ruolo di "unità di misura" attraverso cui guardare alla storia delle poleis.

1. 4 Polis, politeia e nomoi: « dove non sono le leggi a governare, non c 'è costituzione » (Pol. 12 9 2a 3 1 - 3 2) Se dunque, secondo Aristotele, la giustizia politica rivela la forma storica­ mente determinata di una polis e identifica il carattere della sua politeia, è comprensibile che la sua riflessione politica abbia riservato un ampio spazio alla considerazione dei mezzi attraverso i quali la comunità politica deter­ mina e realizza la sua idea di giustizia: le leggi, i nomoi, che rappresentano i principali indicatori dello stato di una costituzione. L' idea centrale dalla quale muove la sua riflessione è che non si possa intendere il carattere di una politeia se non si conoscono le leggi sulle quali si regge. È un' idea sulla quale Aristotele ritorna in molti luoghi della sua opera. Il passaggio più noto è quello che chiude il decimo libro dell ' Etica Nico­ machea, dove Aristotele annuncia il suo programma di ricerca sulla politeia e dichiara di voler indagare le differenti forme di costituzione riflettendo sulle leggi scritte e non scritte sulle quali ogni politeia si regge, così da inten­ derne il carattere e identificare ciò che determina il mutamento (EN n8Ib 15-23 ) . Una dichiarazione d' intenti compatibile con il programma che effet­ tivamente si svolge nella Politica39 e con l' idea più volte affermata che ogni politeia deve reggersi su leggi coerenti con la finalità (telos) che questa si pre­ figge (Pol. 1282b 10-20, 1289a 11-20 ) e con il suo carattere (ethos) (cfr. anche 3 9· Viano (2oo8, p. 45) si domanda se la « confortevole cornice della chiusa dell'Etica Nicomachea sia autentica o sia l 'opera di un volenteroso e accorto editore », ma riconosce che il contenuto di quel programma è compatibile con la Politica.

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I. ARISTOTELE E LA POLITEIA 1 1 29b 15 ss.; Rhet. 1365b 21 ss., 1373b 4 ss.; Schroeder, 1 9 8 1, p. 17; Bodéiis, 1991, pp. 234-48; Roberts, 2005, p. 355; Collins, 2oo6, pp. 69 ss.; Frank, 2007, pp. 45-6; Ventura, 2009, pp. 174, 237 ). Dunque le leggi scritte e non scritte servono a rivelare il carattere e le metamorfosi di una costituzione. Nella stessa Etica Nicomachea e nella Politica il rapporto tra politeia e nomoi appare riformulato nella forma di una stretta interdipendenza, tale per cui «dove non sono le leggi a governare, non c 'è politeia » (Pol. 1 29 2a 3 1-32). Si tratta di una considerazione che si spiega a partire dall 'assunto già considerato secondo il quale la politeia può funzionare da indicatore di una polis esclusivamente se questa è già diventata un organismo fondato sulla giustizia politica (mentre non funziona in rapporto alla polis naturale o in rapporto a una forma prepolitica di comunità umana; PAR. 1.3) e se i rapporti tra i suoi membri « sono regolati da una legge » (EN 1 134a 26-3 1 ) . I n questo quadro, è comprensibile che Aristotele giudicasse privo di senso qualsiasi progetto di ricerca sulle leggi che non tenesse conto della costituzio­ ne nella quale le singole leggi erano (o dovevano essere) inserite: un limite gra­ ve che Aristotele pensava avesse impedito alla riflessione platonica di giungere a esiti soddisfacenti (Pol. 1265a 1-6; Schofield, 2005, p. 3 13). Allo stesso modo giudicava insoddisfacenti le riflessioni sui temi costituzionali dei predecessori che non avevano considerato adeguatamente la legislazione (EN u8 1b, 1 2-13; Hamburger, 1 9 5 1, p. 181)40• Infatti, è solo l' interazione tra leggi e politeia che consente di intendere il tratto distintivo dei corpi legislativi, particolarmente quando si devono allo stesso legislatore sia i nomoi che la politeia. In quel caso, infatti, diviene possibile conoscere il tratto distintivo di un corpo legislati­ vo, ovvero capire con quale funzionalità, in rapporto alla politeia, esso è stato concepito (Pol. 1273b 32-1274a 21). È in questo quadro che si spiega il giudizio di Aristotele sull'opera legislativa di Solone, che non può essere intesa se non sforzandosi di comprendere l'attenzione riservata dal legislatore al progetto globale, alla costituzione (Ath. Pol. 9.2; PARR. 3.4, 4.6), ciò che significava cercare il significato delle singole leggi nella loro funzionalità rispetto all'esi­ genza di garantire stabilità alla costituzione ( PAR. 4.6): era infatti quella fun­ zionalità, secondo Aristotele, la priorità di ogni buon legislatore : predisporre leggi coerenti con il fine della politeia e perciò capaci di proteggerla dal ri­ schio di instabilità (Pol. 1319b 38-1320a 1; PARR. 1.1, 1.6)41• Coerenti con questa impostazione sono anche i principi che guidano la ricostruzione aristotelica

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40. Sul modo in cui il nesso politeia-nomoi è stato affrontato da Tucidide cfr. rispettiva­ mente Saxonhouse (1978) e Moggi (2003). 41. Una preoccupazione, quella di predisporre le leggi col fine ultimo di "difendere la costituzione", che Demostene (22.30-31) riteneva avesse ispirato la legislazione di Solone. Cfr. anche Dem. 24. 212-216.

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA relativamente all'opera legislativa di altri famosi legislatori di Atene. Ad esem­ pio, nel caso di Clistene, Aristotele ha evidentemente selezionato, per la sua ricostruzione, i provvedimenti legislativi a suo giudizio più indicativi del tipo di problemi che Clistene ha inteso affrontare con la sua riforma costituzionale (Pol. 1275b 34-39, I319b 19-27; Ath. Pol. 21.2-4; PAR. 5.2), mentre, nel caso delle leggi di Draconte, è la loro condizione di leggi inserite in una costituzione già ordinata a essere giudicata da Aristotele come una delle principali debolezze (insieme alla severità delle pene) di quel corpo legislativo41• Dunque è chiaro che, secondo Aristotele, l'analisi delle leggi serve a co­ noscere lo stato di una costituzione, e che sono le leggi il prodotto della politica che permette di comprendere meglio le metamorfosi intervenute nel tempo. Ma ci sono dei nomoi che Aristotele giudica più istruttivi del carattere di una politeia ? Si può cominciare con l'osservare che Aristotele nega l'esistenza di una precisa corrispondenza tra leggi e specie di regime politico, « infatti non è possibile che tutte le medesime leggi siano adatte a tutte le oligarchie e a tutte le democrazie » (Pol. 1 289a 22-25) , e ciò perché non c 'è « una sola de­ mocrazia e una sola oligarchia » (Pol. 1289a 8-10 )43. Le leggi che Aristotele giudica rilevanti, nella prospettiva di intendere lo stato di una data costitu­ zione, sono quelle proprie di un dato stato o stadio costituzionale del quale esse rivelano il tratto distintivo. Quali sono queste leggi ? Nella prospettiva di conoscere lo stato costituzionale in atto sono da con­ siderare le leggi positive o scritte (nomoi gegrammenoi) che segnalano i cam­ biamenti intervenuti nella società in quanto li hanno registrati (Talamanca, 2008, p. 37 ). Si tratta di disposizioni tendenzialmente meno stabili di altre categorie legislative, in particolare di certe leggi non scritte (non tutte !) che sono anche comuni (koinoi nomoi) perciò universali, conformi a natura e « senza tempo» (Rhet. 1375a 30-35) -, e la cui capacità di raccontare una società politica storicamente determinata è comprensibilmente inferiore. La rilevanza assunta dalle leggi scritte nella riflessione aristotelica in tema di nomoi è stata ben riconosciuta dagli studiosi, in particolare da Bordes, che ha definito l' interesse per quelle leggi come il tratto saliente dell' impostazione aristotelica. Si tratterebbe di un interesse da spiegare, se­ condo la studiosa, a partire dalla volontà di Aristotele di distinguersi dai predecessori (storici, retori, filosofi) che si erano già occupati di temi co­ stituzionali (Bordes, 1 9 82, pp. 441-2) . Questi ultimi, infatti, preoccupati di -

42. Pol. 1274b 15-16 : « le leggi di Draconte che egli inserì in una costituzione preesistente [ ... ] non hanno nulla di proprio che valga la pena di essere ricordato ». 43· Semmai si può riconoscere una corrispondenza di massima (Bates, 2013, p. 59).

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I. ARISTOTELE E LA POLITEIA rappresentare i caratteri più stabili della costituzione, si erano soprattutto interessati alle leggi non scritte, agli ethe, che erano meglio capaci di rivela­ re quei caratteri, mentre Aristotele, interessato al tema del cambiamento, avrebbe privilegiato lo studio delle leggi scritte (ivi, p. 442)44• La riflessione della Bordes è tra le più illuminanti sul rapporto tra po­ liteia e nomoi nel pensiero di Aristotele (cfr. anche Bertelli, 19 8 9, pp. 30913; Bodéiis, 1991, pp. 234-48; 2010, pp. 62 ss.; Castoriadis, 1991, pp. 101 ss.; Miller, 1991, pp. 282-5; 1995, pp. 79 -84; Frank, 20 07, pp. 45 ss.; Bates, 2013, pp. 59-75). Tuttavia, non pare opportuno identificare nell' interesse per le leggi positive il tratto distintivo dell ' impostazione aristotelica né sembra necessario desumere da quell' interesse la conclusione che Aristotele inten­ desse oscurare l ' importanza delle leggi non scritte e così distinguersi dalla tradizione precedente. È piuttosto evidente, infatti, che la distinzione tra legge scritta e non scritta assume - nella riflessione di Aristotele sul rap­ porto tra politeia e nomoi una funzione accessoria e non sostanziale. Ciò che per Aristotele è rilevante, nella prospettiva di conoscere lo stato di una costituzione, è il carattere "particolare" delle leggi, o, se si vuole, il loro ca­ rattere politico, il fatto cioè che le leggi siano proprie di un dato ordine costituzionale che da quelle leggi è fondato (Rhet. 1368b 7-8). Ad Aristotele interessa in definitiva ciò che appartiene in senso proprio alla legge, il suo tratto distintivo e che sta con la società politica (dunque con la politeia) in un rapporto convertibile di predicazione. E ciò evidentemente a prescinde­ re dalla condizione d'uso della legge, dalla sua forma scritta o non scritta. Il carattere accessorio della distinzione tra forma scritta e non scritta della legge nella riflessione aristotelica sul rapporto tra leggi e costituzione appare ben riconosciuto dai maggiori interpreti del pensiero legale di Ari­ stotele, da Max Hamburger a Donald N. Schroeder a Jacques Brunschwig, i quali hanno fatto chiarezza su alcuni punti decisivi. Si deve partire dalla constatazione che la posizione di Aristotele sul ca­ rattere delle leggi "particolari" e sulla loro condizione d'uso (scritta e non scritta) si esprime in modo non sempre limpido nella Retorica (Rhet. 1368b 7-8, 1373b 4-I I, 1375a 30-35; cfr. Hamburger, 1 9 5 1, pp. 64-5; Schroeder, 1981, pp. 17-3 1 ; Miller, 1991, p. 279 ; Brunschwig, 1996, pp. 143-5 ). Talvolta, infat­ ti, il confronto dei passi sembra suggerire la possibilità dell' identificazione della legge non scritta con la legge comune (Rhet. 1368b 7-8, 1375a 30-35; Hamburger, 1 9 5 1, p. 65)45• Gli studiosi però concordano tendenzialmente sul fatto che il passaggio decisivo per intendere la posizione di Aristotele è -

44· Ma cfr. Filippi (2009, p. 208) sul fatto che Platone assegnasse anche alle leggi posi­ tive la funzione di esprimere l'ethos della politeia. 4S· Un'ambiguità riconoscibile anche in EN 11 62b 21 ss. o in Pol. 1287b s-8.

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA uno (Rhet. I373b 4-9 ; Hamburger, I 9 S I, p. 6s; Schroeder, I9 8I, p. 22) : quello in cui Aristotele chiarisce che la legge particolare può essere scritta o non scritta (cfr. anche Rhet. I374a 26-27). Che Aristotele avesse voluto precisare nella Retorica ciò che è distintivo del contenuto di una legge - il suo contenuto politico e non la forma scritta o non scritta attraverso la quale quel contenuto si trasmette - è in realtà del tutto comprensibile, quasi ovvio, considerato il contesto nel quale si colloca la precisazione aristotelica: classificare ciò che è giusto e ingiusto in rappor­ to alle leggi che ogni singolo popolo ha fissato per sé stesso piuttosto che secondo natura46• Al fine di comprendere ciò che una data comunità politica ha definito come "giusto" vale dunque considerare tutte le leggi, quelle scritte e quelle non scritte, purché indicative del carattere di una data politeia (EN I I 8oa 3 S-II8ob 4)47• Con questa scelta Aristotele si collocava nel solco di una tradizione che, nel caso ateniese, era bene attestata e dalla quale evidentemente egli non in­ tendeva distinguersi (pace Bordes, I982, p. 44I)48• Da Pericle (Thuc. 2.37; Lys. 6.Io) a Platone (Nom. 793a 9-c I) a Demostene (23.70 ), gli ateniesi han­ no fatto costantemente riferimento al fatto che le leggi scritte e non scritte fossero nel loro insieme istruttive del carattere costituzionale (Talamanca, 2008, pp. 39-47 ). Il più esplicito è Platone quando definisce le leggi non scrit­ te come i «legami della costituzione » che « tengono avvolte » le leggi scritte «con ogni mezzo utile a preservarle » (Nom. 793a 9-c I ) . Non solo Aristote­ le non disconosce quella tradizione, ma è a quest'ultima che fa riferimento quando deve cercare informazioni utili a conoscere le diverse forme dell' idea democratica ateniese: informazioni da far interagire con i dati provenienti dallo studio delle leggi positive. L' impostazione metodologica adottata per la descrizione della storia costituzionale ateniese conferma che il suo intento rispetto alla tradizione precedente fosse quello di valorizzarla (cfr. PARR. 3·43-s). A partire dalla considerazione che le leggi non scritte non sono meno 46. Così come è comprensibile che in un diverso passo della Retorica, quello nel quale Aristotele considera l ' interazione tra agraphos nomos e gegrammenoi nomoi nella retorica giudiziaria, siano enfatizzati in quanto retoricamente effìcaci quei caratteri di universalità e conformità al diritto naturale che sono talvolta propri della legge non scritta (Rhet. 1375a 28-30). Cfr. Strauss (1968, p. 81). 47· Sul fatto che la politeia sia espressa dal complesso delle leggi scritte e non scritte cfr. Sundahl (2009, pp. 483 ss.) e Ventura (2009, pp. 8 1, 1 3 8). Cfr. anche Mirhady (2oo6) e Sancho Rocher (2007, pp. 149·50). 48. Né perciò appare utile distinguere, con riguardo alla posizione di Aristotele, tra definizione di politeia con « valore tecnico» e politeia « non istituzionale » (Polito, 2001, pp. 245-54).

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I. ARISTOTELE E LA POLITEIA importanti di quelle scritte al fine di riconoscere l'ethos di una politeia (Lisi, 2001, p. 48; Mirhady, 2oo6; Sancho Rocher, 2007, pp. 149-50 ) e che, anzi, esse possono talvolta esprimere meglio e prima di quelle scritte lo spirito di una costituzione (Talamanca, 2008, pp. 79-86; Ventura, 2009, pp. 8o, 138 n 177 ) , Aristotele decide, laddove ricostruisce la storia della costituzione ate­ niese, di far interagire le informazioni ricavabili dali' analisi dei corpi legislati­ vi con quelle attinte da opere di diverso genere: la poesia, la retorica celebrati­ va, il genere dell'orazione funebre o della pamphlettistica politica ( PARR. 2.3, 3.4 ) . Nella stessa prospettiva si giustifica la decisione aristotelica di assegnare uno spazio rilevante della sua riflessione politica alla considerazione delle sentenze dei giudici, precisamente del modo in cui essi giungevano a deter­ minare le sentenze. Queste, infatti, almeno nella pratica giudiziaria ateniese, dovevano apparire conformi alle leggi scritte ma potevano altresì richiamare principi e valori espressi da leggi non scritte (Maffi, 1990 ) : principi e valori di norma invocati a conforto delle norme scritte (Harris, 2013b ) 49 e in quanto espressione dell' ethos della politeia (Talamanca, 2008, pp. 62-3, 68 ) . È a partire dalla considerazione del fatto che i giudici ateniesi potevano fare appello nella determinazione della sentenza al senso comune (epieikeia) - potevano cioè farsi interpreti dell' idem sentire della comunità politica su una data materia (Harris, 2013b, p. 30; PA R. 6.8 ) - che l' epieikeia è stata messa al centro della riflessione politica aristotelica. Una riflessione indica­ tivamente collegata alla meditazione sulle leggi "particolari" (Maffi, 1 9 9 0, p. 77; Brunschwig, 1996, p. 1 5 1 ) e che appare con ogni evidenza ispirata dalla conoscenza della pratica giudiziaria ateniese ( PARR. 6.8-6.9 ) . Se dunque è chiaro che sia per Aristotele sia per gli scrittori ateniesi di v e IV secolo non sono solo le leggi positive a esprimere il carattere della poli­ teia in atto, occorre cercare altrove la specificità della riflessione aristotelica sul tema delle leggi. Un elemento di novità giustamente evidenziato è la scelta di valorizzare il contenuto politico della legge e di ridimensionare il valore della condizione d'uso, la forma scritta o non scritta attraverso la quale quel contenuto era tra­ smesso. Ciò che consentiva ad Aristotele di superare la dicotomia attraverso la quale i sofisti e i poeti tragici avevano tradizionalmente espresso la contrap­ posizione tra giustizia positiva (o legale) e giustizia conforme a naturaso: una contrapposizione che di norma si esprimeva facendo riferimento alla forma scritta della prima e alla forma non scritta della seconda (Hamburger, 1951, 49· Che queste norme non scritte fossero giuridicamente rilevanti è un tema molto di­ battuto ( PARR. 6.8-6.9). so. Nello stesso modo Aristotele supera la tradizionale contrapposizione tra diritto le­ gale e naturale fondata sul presunto carattere mutevole del primo e immutabile del secondo (cfr. EN 1134b 24-34; Pacchiani, 2001, PAR. 1.3).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA pp. 64-5 ) . Aristotele supera quella dicotomia e lo dimostra nel modo più chiaro e definitivo quando nell'Etica Nicomachea riconosce il carattere po­ litico del giusto legale ma anche di quello naturale (EN I I34b 18-24; PAR. 1.3 ) . Il maggiore elemento di novità è però un altro, sebbene collegato al pri­ mo: la scelta di mettere l'accento sul tema dell'intellegibilità dei nomoi par­ ticolari, di fare di quei nomoi le unità di misura attraverso le quali leggere le società politiche ( Salkever, 2005, p. 49 ) 51• Si può affermare che proprio il fatto di avere considerato le leggi parti­ colari come forma intellegibile della società politica sia il tratto più distinti­ vo dell ' impostazione aristotelica, quello che permette di riconoscere in che modo Aristotele ha superato l' impostazione metodologica adottata dal suo più autorevole predecessore : Platone. Mentre infatti Platone riflette sulla giustizia e sulle leggi cercando di superare il dato del loro carattere convenzionale e relativo, cercando cioè un principio ordinatore (nous) e immanente ( Lisi, 2001, pp. 3 1 -6; Menn, 2006, pp. I3-5 ) il cui rapporto con la storia è irrilevante, Aristotele studia il nomos proprio perché è instabile, mutevole, relativo, e perciò può essere oggetto di una ricerca politica. Ciò che Aristotele cerca nel nomos è la sua intellegibili­ tà, il fatto che sia il prodotto di una forma storicamente determinata (Lisi, 2001, p. 41; Keyt, 2oo 6, p. 342; Menn, 2o o6, p. 15 ) , l'unità di misura più chiara di un ordine politico che si trova nel diritto legale ma anche nel di­ ritto naturale politicamente interpretato ( Strauss, 19 71, pp. 156-9; cfr. Lisi, 2001, pp. 5 2-3; Vega, 2013, p. 174) 5�. In sede di riflessione storica, ma anche nell'opera storica, il ruolo più ri­ levante, sotto il profilo dell' intellegibilità di un ordine costituzionale, appare assegnato da Aristotele a un gruppo particolare di leggi: quelle che prescri­ vono «le regole secondo cui i magistrati devono governare e secondo cui i trasgressori vanno puniti » (Pol. 1289a 18-19 ) . Definirle "leggi costituzionali" sarebbe improprio, considerato che gli scrittori antichi non distinguevano tra leggi costituzionali e leggi ordinarie (Bearzot, 2009, p. 33; Lewis, 2ou, p. 26 ) 53• S I. In un passo dei Top ici ( 6.2. 140a 6-7 ) Aristotele sembra contestare certi modi di rife­ rirsi alla legge come « unità di misura » o « immagine » del giusto naturale ( Mayhew, 2001, pp. s8-9 ) , ma si tratta di rilievi che pertengono al carattere improprio di quel paragone come "metafora", nel quadro di una riflessione sulle metafore proprie e improprie ( senza contare che il riferimento non è al giusto legale ) . Cfr. Lisi ( 2001, p. 52 n 25). Sull ' immagine delle leggi come "moneta della città" e sul fatto che Solone avesse fatto ricorso a questa metafora cfr. Dem. 24. 212. 52. Per l ' idea aristotelica che il giudice, con una sentenza fondata sull'opinione "più giusta", potesse fare appello anche alla legge comune cfr. PAR. 6.8. S3· La distinzione di un moderno costituzionalista che guarda alla realtà ateniese antica è quella tra leggi ordinarie come « atti deliberativi degli organi competenti» e leggi « costi­ tuzionali» ( Mancuso, 1995, pp. 6, 28 e 30 ) .

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I. ARISTOTELE E LA POLITEIA Possiamo però affermare che si tratta di leggi particolarmente indicative del carattere costituzionale (Lord, 1984, p. 256), considerato che, nella prospetti­ va di Aristotele, a rivelare il carattere dellapoliteia sono proprio «le modalità dell ' istituzione giudiziaria incaricata di giudicare i magistrati al termine del loro mandato» (Bodéiis, 2010, p. 125). Sul fatto che quel tema sia uno dei più qualificanti della ricostruzione della storia costituzionale ateniese offerta nella Costituzione degli Ateniesi torneremo diffusamente più avanti ( PARR. 4.6, 6.7 e Appendice 1 ) . Qui basti sottolineare il dato saliente dell'articolata riflessione aristotelica sul rapporto tra carattere costituzionale e contenuti delle sue leg­ gi: il fatto cioè che lo studio delle leggi è lo studio dei mezzi attraverso i quali ogni comunità politica realizza il fine della politeia che si è data. Quei mezzi sono il prodotto delle scelte dell'uomo, sono il prodotto della politica, perciò indipendenti da natura, caso o necessità. In questo quadro anche il nomos più stabile e comune interessa Aristotele solo se può essere espressione dell ' idios nomos, il quale può sussumerlo al suo interno, nella forma di giusto politico. Sia lapoliteia che le sue leggi - così indissolubilmente legate che l'una non può esistere senza le altre e che la prima rivela il suo carattere distintivo solo attraverso le seconde - sono innanzitutto assimilabili per il fatto di non esse­ re generate per natura (EN 1134b 18-1135a 6), e di rappresentare il "prodotto" di scelte, deliberazioni, convenzioni degli uomini. Proprio in quanto frutto di convenzione, la politeia e i nomoi costituiscono l'oggetto di studio privi­ legiato delle scienze sociali, le quali si propongono di studiare ciò che non si genera per natura, ciò che « si realizza per mezzo dell'uomo » (EN 1112a 31 -35) e che perciò è « instabile » , «mutevole » e relativo (EN 1094b 14-17).

1. 5 Polis, politeia e natura : la costituzione « migliore per natura » è « ovunque una soltanto » (EN 1 1 3 5 a s -6) Questa considerazione d i Aristotele sulla politeia « migliore per natura » che è « ovunque una soltanto» ha un valore che va oltre i limiti del dibat­ tito nel quale essa viene tradizionalmente collocata, ovvero in rapporto alla discussa possibilità di riconoscere nel pensiero aristotelico l' idea di un ordi­ ne naturale immanente54• Questa considerazione infatti viene formulata nel contesto ( PAR. 1.3) di una riflessione sull ' intellegibilità dei prodotti della S 4· Accurate ricostruzioni di questo dibattito in Destrée (2ooo, pp. 220-39) e Vega (2010, pp. 1-31). Per una rapida rassegna delle opinioni espresse al riguardo cfr. PAR. 1.3.

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA politica, le leggi (e dunque la politeia), di cui è un corollario. Se infatti è vero che l'essenza della giustizia politica (dunque della politeia) risieda nel fatto di costituire il prodotto delle determinazioni di una data comunità politica (polis) già organizzata intorno a un' idea di legalità condivisa ( PAR. 1.3), a guisa di corollario ne discende che, ove la politeia non riveli le tracce delle determinazioni politiche espresse da una data polis, essa non possa identifi­ care alcuna polis in particolare e perciò sia uguale in ogni luogo. In questo quadro non è esagerato affermare che Aristotele con questa considerazione non faccia che riflettere su una delle conseguenze che discen­ dono dal postulato della Politica considerato in apertura sulla «politeia come identità della polis » (Pol. I276b Io-n). Se infatti, come afferma Aristotele, ogni polis, anzi ogni forma storicamente determinata di polis, è identificata da una precisa politeia, ne discende che la politeia che invece è uguale dapper­ tutto - la « migliore per natura » - non identifica alcuna polis in particolare (Strauss, I9 68, p. 8255), oppure accomuna indistintamente tutte le poleis che dovessero raggiungere quella condizione (Murray, 1993a, p. 20 0; PAR. 1.3). Ma qual è lo spazio assegnato da Aristotele alla natura per riflettere sulla polis e sulla politeia ? Conviene partire dalla definizione aristotelica della polis come prodotto naturale. Per Aristotele la polis è assimilabile ai prodotti naturali da diversi punti di vista. Innanzi tutto, Aristotele afferma che la polis « esiste per natura » (Pol. I252b 30) in quanto corrisponde alla disposizione "naturale" dell'uo­ mo alla vita associata (Pol. 1253a 1-18, 29-30; 1278b 17-27 )56• In questo sen­ so, dato cioè che antologicamente definisce il fine (telos) dell'uomo come animale politico, la polis può essere definita « anteriore all ' individuo » (Pol. 1253a 25-26) così come alla famiglia e al villaggio (Vegetti, 2012, p. 8). Inoltre, la politeia, che identifica la polis, qualora raggiunga la forma ideale può essere definita « conforme a natura » , condizione che rappresenta la perfetta realizzazione del fine di ogni polis : assicurare il massimo bene alla comunità politica attraverso un'equilibrata composizione delle sue parti (Pellegrin, 1993). D 'altra parte la polis non è del tutto identificabile con i prodotti naturali, i quali hanno in sé stessi il proprio principio e si veri­ ficano ovunque nello stesso modo. Per la costituzione della città in effetti Aristotele fa riferimento a un agente esterno : è l' intervento umano che realizza la spinta all'associarsi politicamente (Pol. 1253a 29-3 8; Accattino, 55· «This regime [ ... ] does not require any positive right ». 56. Cfr. EN II69b 17-19, II78b 6-8; Ferguson (19 85). Keyt (1987, pp. 54-79). Kullmann (1991, pp. 96-103; 1993), Lord (1991), Simpson (1998, pp. 20-6), Miller (2003), Salkever (2005), Balot (2oo6, pp. 23 8-42), Besso, Curnis (2ou, pp. 201-20), Gastaldi (2012, pp. 12137 ), Reeve (2013, pp. 513-20 ).

I. ARISTOTELE E LA POLITEIA 1 978, p. 1 85 ; Miller, 1 9 9 1, p. 29 6; Gastaldi, 20 1 2, pp. 133-4) . Non si tratta di un intervento che si verifica sempre, ovunque e nello stesso modo (Accatti­ no, 1978, p. 183) . Si tratta invece di un intervento mai predeterminabile che segna una discontinuità rispetto alla fase dell'aggregazione prepolitica (cfr. Lord, 1991, p. 6 o ; Miller, 2003, p. 338; PA R. 1.3). La stessa dimensione natu­ rale della polis esiste per Aristotele - ovvero è valida - solo in quanto po­ liticamente riconosciuta (Strauss, 1971, pp. 156-9 ). Nella definizione della condizione "naturale" della "politeia migliore", quella che realizza il fine della polis, tale condizione non va intesa come norma, ma come modello, come valore, come condizione da realizzare attraverso mezzi che devono essere calcolati dai cittadini in ragione della loro efficacia (cfr. Bodéiis, 1999, pp. 69 -103; PA R. 1.3). Ugualmente chiaro è il dato che solo in una riflessione sull'uomo come animale politico si può dire che la polis viene prima di tutto, prima dell 'uomo stesso. Perché in uno studio di tipo poli­ tico è l'appartenenza alla polis che predica le qualità distintive dell 'uomo (Miller, 1 9 9 5 , pp. 46-7; Gastaldi, 2012, p. 134; cfr. EN 1 1 62a 17-20 ) . È questo u n punto centrale. I n uno studio d i tipo politico (uno studio sull'uomo come animale politico e soggetto etico) il ruolo della natura vie­ ne riconosciuto se e quando riceve una lettura politica: il diritto naturale esiste in quanto parte di quello politico (Strauss, 1971, p. 157 ), le leggi uni­ versali e conformi a natura sono rilevanti in quanto rideterminate dai nomoi particolari di una polis ecc. ( PA RR. 1.3-1.4) . In uno studio di tipo politico, sono le determinazioni, le scelte degli uomini, a essere oggetto di studio e riflessione ed è il loro modo di intendere ciò che è naturale (o ciò che non lo è) a essere significativo. Lo stesso vale per lapoliteia che diventa intellegibile nella misura in cui essa si discosta dal modello "migliore per natura" (Miller, 1991, p. 28 8; Kraut, 20 02, p. 130 ). Con una differenza significativa rispetto alla polis. La differenza è nella definizione esplicita della politeia come pro­ dotto della politica. Mentre per la polis Aristotele afferma che «esiste per natura » , in quanto corrisponde alla naturale disposizione dell'uomo alla vita associata, per la politeia invece l'origine è nelle convenzioni umane. Di questa si dice che è intervenuta a un dato momento dell'evoluzione della polis (che non è lo stesso in ogni luogo) con la funzione di definire e realiz­ zare una certa idea di comunanza e di giustizia ( PAR . 1.3). Se dunque la polis è un prodotto naturale, la sua intellegibilità è subordinata alla condizione di essere una comunità regolata dalla politeia che, non diversamente dalle leggi, non è un prodotto naturale ma un prodotto della politica (Lord, 1991, p. 62; Mayhew, 1997, pp. 335-7 ). È indicativo che quando Aristotele vuole delineare l'oggetto di studio proprio della scienza politica sceglie di definirne il carattere attraverso la

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA contrapposizione con quanto viene studiato dalle scienze naturali. Lo stu­ dio della politeia e degli altri prodotti della politica è infatti funzionale alla migliore conoscenza del mondo dell'orizzonte umano. È l'ambito che Ari­ stotele ha definito come «la filosofia delle cose umane » (EN I I8 I b I4)S7 e che Hamburger (I9 5 I, p. I8o) ha rinominato come l'ambito delle scienze sociali (cfr. Salkever, 2005, pp. 27-64). In tale ambito, la politeia è indica­ tivamente assimilata alle leggi rispetto a un carattere essenziale: il fatto di non essere generata per natura e di rappresentare il prodotto di scelte, deli­ berazioni, convenzioni degli uomini. Proprio in quanto frutto di conven­ zione, lapoliteia e i nomoi costituiscono l'oggetto di studio privilegiato delle scienze sociali, le quali si propongono di studiare ciò che non si genera per natura (EN I094b I4-I7 ) , ciò che « si realizza per mezzo dell'uomo» (EN I I I2a 30-35) e che perciò è « instabile » (EN 1 104a 3-5). I passaggi nei quali Aristotele definisce con chiarezza il carattere proprio delle scienze sociali, e in particolare della politica, in rapporto alla possibi­ lità di studiare le deliberazioni degli uomini in quanto indipendenti dalla natura, dalla necessità e dal caso, sono numerosi e generalmente chiaris8• Due passi però sono particolarmente efficaci rispetto alla capacità di defini­ re la peculiarità della scienza politica in rapporto al carattere della materia che essa studia, al fatto cioè che tale scienza studia una particolare tipologia di cause (aitiai) del divenire del mondo: quelle che dipendono dall'uomo. Nel primo Aristotele precisa che la scienza politica non riflette sui fini, ma sui mezzi della politica: perché «deliberiamo non sui fini, ma su ciò che porta al fine » (EN I II 2b I2-I3). Nel secondo, egli mette a confronto l'oggetto di studio proprio della scienza politica, ovvero le deliberazioni degli uomini, con i fenomeni indagati da altre scienze quali la biologia e la cosmologia, fenomeni che non avvengono «per opera nostra » e che dipen­ dono invece dalla natura, dalla necessità e dal caso. Sono tutti fenomeni sui quali - osserva Aristotele - « non si delibera » . Vale la pena citare il passo integralmente: Sulle cose eterne nessuno delibera, per esempio sul cosmo e sul fatto che la diago­ nale e il lato sono incommensurabili. Ma non si delibera nemmeno sulle cose in divenire e che avvengono sempre allo stesso modo, sia per necessità, sia per natura, sia per qualche altra causa, per esempio sui solstizi e il sorgere degli astri, né sulle

57· Per quanto riguarda l'Etica Nicomachea, la traduzione accolta, in questo come nei successivi casi, è quella di Carlo Natali ( Natali, 1999 ) . s 8. I libri I-I I I e VI dell'Etica Nicomachea definiscono questo concetto attraverso ripetuti passaggi. Cfr. soprattutto EN n12a 1 8-n13a 14; II39b 19-21; n4oa 1-2; n4oa 33- b 7; n4ob 3 1-I 141a 2; II41b 9-14.

I. ARISTOTELE E LA POLITEIA cose che avvengono ora in un modo ora in un altro, per esempio sulle siccità e le piogge59, né sulle cose che derivano dal caso, come per esempio sulla scoperta di un tesoro, e nemmeno su tutta la sfera delle cose umane: per esempio, nessuno Sparta­ no delibera su quale sia la migliore costituzione per gli Sciti. Infatti nulla di tutto ciò potrebbe avvenire per opera nostra (EN 1 1 12a 22-30 ) .

Il pensiero aristotelico si esprime con chiarezza esemplare nel contesto di una sezione che cerca di identificare il compito proprio dello studio politi­ co: studiare ciò che l'uomo ha deciso e scelto, cercare ciò che si è realizzato «per mezzo dell 'uomo » , in una parola identificare distinguendolo dagli altri un decisivo agente del divenire del mondo, che si colloca accanto alla natura, alla necessità e al caso (EN 1 1 1 2a 32-34)60 e che non è « subject to cyclic recurrence » (McKeon, 1940, p. 96). Cosa ne ricaviamo ? Che la politeia non è un prodotto di natura e che in quanto prodotto della politica non si modifica secondo le leggi proprie della natura. Infatti, nonostante si sia spesso suggerito il contrario (cfr. Day, Chambers, 1967, p. VIII6'; Kullmann, 1991; Murray 1993a), a determinare l'evoluzione istituzionale non è la natura, ma sono le praxeis degli uomini (Polansky, 1991, pp. 344-5) e le loro determinazioni in tema di giustizia (Ac­ cattino, 1978; Ambler, 1985, p. 178; PARR. 1-2-1.3). Né del resto è la natura dei popoli a determinare le differenze tra le costituzioni. La politeia non è un' i­ stituzione "naturale", è invece un' istituzione storica. Perché è un prodotto razionale (Keyt, 1987; Frank, 2007 ), perché la sua evoluzione non dipende da fattori naturali, perché è frutto di deliberazioni che non possono riguardare cose dipendenti dalla natura, dal caso e dalla necessità, perché interviene a un dato momento dell'evoluzione storica della polis, che a sua volta non si svi­ luppa in modo indipendente dalla storia. La politeia rappresenta in definitiva per Aristotele la categoria attraverso la quale conoscere e valutare tutto ciò che non è naturale nell 'evoluzione di una polis. E proprio per questo interessa Aristotele. Un secondo aspetto che appare chiaro è il seguente. Stabilita l'ov­ via distinzione tra ciò che riguarda i fini dell'azione umana e ciò che riguarda S9· Ovvero fenomeni che modificano la superficie ma non la struttura fondamentale della terra, e che si annullano reciprocamente: ad esempio, la pioggia e la siccità (Met. I 3 Sla3 S3a 7 ). Cfr. Huxley (1978). 6 o. « Infatti si pensa che natura, necessità e caso siano delle cause, e inoltre lo siano l' intelletto e tutto ciò che dipende dall'uomo». 61. Qui Day e Chambers affermano: «The constitution, as Aristode makes clear in chapter 41 of the AP, developed through certain stages as a natura! creature does in evolu­ tion » . Altrove però riconoscono che «Aristocle did not, indeed, explicidy class the state among biologica! organisms » (p. 42), che « for Aristode the state has a history mostly by ac­ cident » (p. so) e infine che « There is no natura! succession among constitutions » (p. 61).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA le forme della loro realizzazione, ovvero i mezzi, gli strumenti, Aristotele ri­ conosce che uno studio di tipo politico deve mettere al centro della ricerca i secondi e non i primi. Così come «un medico non delibera se guarire, né un retore se persuadere, né un politico se fare buone leggi [ ... ] ma, posto il fine, indagano come lo si realizza » (EN n ub I3 - I6), anche il ricercatore che studia i prodotti della politica vorrà capire - una volta posto il fine che è il bene della comunità politica - come esso si realizzi (Salkever, 2005, pp. 45-6). L' interesse di Aristotele in uno studio di tipo politico è per le regole proprie di ogni comunità politica, per le forme della loro realizzazione, più che per le « costruzioni teoriche » o i « fini universalmente validi » (Au­ benque, 19 80, p. 156)6\ e ciò perché quell'ordine concreto è intellegibile in quanto « resta » ( EN 1112a 30-3 1 ) . I l punto è: come indagarlo ? Secondo u n metodo coerente, che serve cioè l'esigenza dello storico: collocare i singoli fenomeni nel contesto più genera­ le e cogliere la specificità e l'essenza di ogni realtà storicamente determinata.

1. 6 Come affrontare una ricerca sulle costituzioni e « mettere in luce la verità » (Pol. 1279 b 10-1 5 ) Cosa intende Aristotele quando afferma che occorre studiare le costituzio­ ni cercando «di mettere in luce la verità » ? In quel passo della Politica il suo intento è quello di ribadire che lo studio del tema costituzionale non può limitarsi a considerare i dati tipologici, numerici, ma deve considerare i dati sostanziali, dare cioè il peso maggiore alla valutazione di fattori come la ric­ chezza e la povertà (Pol. 1 279b 20-128oa 6). È a partire dalla considerazione di questi fattori che occorre riflettere sulla nozione di giustizia che ciascuna forma costituzionale determina come più conveniente (Pol. 128oa 7-25) . Ed è a partire dalla riflessione su questi fattori che occorre riconoscere e defini­ re il corpo sovrano, ovvero chi decide (Pol. 1281a 11 -42) . Per comprendere in che modo questa impostazione metodologica ab­ bia concretamente operato occorre considerare il caso ateniese, l'unico caso noto delle diverse costituzioni storiche di cui Aristotele è giunto a ricostruire complessivamente la storia. È soprattutto a partire dalla considerazione di quel caso concreto che è possibile riconoscere i criteri che hanno orientato la 62. Lo stesso Aubenque considera contestualmente (I98o, p. ISO) che non è possibile rinvenire in Aristotele l' idea di un ordine immanente. Cfr. anche Pacchiani (2009, p. 3I) e Ventura (2009, p. SI).

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I. ARISTOTELE E LA POLITEIA ricerca aristotelica e il peso assunto, di volta in volta, da quei fattori sostan­ ziali. Per ricostruire la storia costituzionale di Atene - lo si vedrà nel corso dei CAPP. 2 e 3 - Aristotele parte evidentemente dalle praxeis raccontate da­ gli storici e ricostruisce, a partire dalla considerazione dei rapporti di forza ali' interno della polis, la forma di ogni stadio costituzionale. D 'altra parte, anche in sede teorica è possibile riconoscere la rilevanza che Aristotele assegna allo studio delle praxeis: le azioni degli uomini che sono l'oggetto della narrazione degli storici. In un passo particolarmente chiaro della Retorica ( 136oa 32-37 ) Aristotele ne riconosce l' importanza af­ fermando che è utile « non soltanto comprendere, attraverso lo studio del passato, quale sia la costituzione che conviene, ma anche conoscere quelle in vigore presso altri popoli » e che « sono utili le ricerche di chi scrive a proposito delle azioni degli uomini » . Si tratta di una considerazione che Aristotele svolge poco dopo aver sottolineato l' importanza che assume, in questo tipo di indagine, la scelta di guardare complessivamente alle deci­ sioni politiche, non limitando l' indagine « agli affari della propria città » , m a ricercando con l'atteggiamento dello storico (historikon) quanto è stato determinato negli altri casi (Rhet. 1359b 30-136oa s; Leszl, 1989, pp. 94-5 ) . Si tratta di una posizione chiara che segnala la sensibilità di Aristote­ le rispetto alla conoscenza della storia, una posizione che tuttavia viene di norma ridimensionata con la considerazione che altrove, nella Poetica, egli riconosce come un limi te della ricerca storica l'attenzione che questa riserva ai fatti "particolari". Ci si riferisce al celebre passo della Poetica nel quale Aristotele dichiara che lo statuto epistemologico della storia è inferiore a quello della poesia perché solo questa cerca l'universale (Poet. 145 1 b 7-9 ) . I particolari, le istantanee della storia, il "cosa" ( ciò che «Alci biade ha fatto o subìto » ) sono in quel passo considerati inadeguati a condurre verso una comprensione profonda e universalé3• Tuttavia, a condurre verso la comprensione del pensiero aristotelico ri­ guardo allo studio delle vicende storiche è proprio l' interazione fra le rifles­ sioni che Aristotele svolge nella Poetica relativamente ai limiti di una ricerca storica che badi solo ai particolari (Poet. 1451b 7-1 1 ) e quelle svolte nella Retorica, laddove riconosce la centralità dello studio delle praxeis in una ri­ cerca sulle costituzioni (Rhet. 1359b 30-136oa s, 32-37 ). Il punto essenziale è capire quale uso si deve fare, secondo Aristotele, dello studio delle praxeis. Non deve essere evidentemente la riproduzione di un' istantanea della storia (Poet. 1451b 1-11 ) né una rassegna disordinata di eventi assemblati tra loro in modo casuale (Poet. 1459a 17-29 ; Carli, 2011, pp. 321-46 ) . La « confusa selva 63. Utili a ricostruire il dibattito su questo passo: Gilliard (197 1, pp. 430-5), Huxley (1972, pp. 157-69) e Cad i (2oi i, pp. 321-46). Cfr. anche Arrighetti (1991, pp. 33-4).

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA delle praxeis » non è ciò che Aristotele cerca (Mazzarino, I966, p. 4IS) né gli interessa conoscere le azioni umane nelle loro relazioni casuali ( Chate­ let, I974, p. 44I ): egli vuole ordinarie secondo una sequenza che si sviluppi in prospettiva diacronica. Aristotele aspira alla comprensione della vicenda intera, non a una sua definizione parziale ; perciò ritiene di dover censurare l' impostazione tradizionale degli storici i quali, a suo giudizio, si limitavano a dire il "cosà' e i "particolari" senza giudicare le praxeis pertinenti a un dato tema (quello costituzionale) in prospettiva diacronica, l 'unica che consen­ tisse di indagare lo stesso problema dalle origini sino alla fine (Poet. I4Sia 37-b 11, I459a I7-29 ) . Nella prospettiva di Aristotele, il problema da affron­ tare era appunto lo svolgimento storico di un processo del quale occorreva identificare, descrivere e spiegare i cambiamenti più significativi (Romer, I9 82, pp. 44-5; Carli, 201 1, pp. 32I-46) . Aristotele voleva identificare il cam­ biamento, capirne le origini e descriverlo, raccontarlo. Di qui l' interesse per alcuni indicatori in particolare, ad esempio per le leggi che rivelano, meglio di altri prodotti della politica, il cambiamento (Bordes, I9 82, pp. 44I ss.; Bertelli, I 9 89, pp. 284 ss.) . Gli esiti di questa impostazione possono essere esaminati più da vicino con riferimento al caso ateniese, che chiaramente ri­ vela la distanza tra la prospettiva continuista di Erodoto e Tucidide e quella aristotelica ( PAR. 3.2). Qui conta sottolineare che le categorie interpretative attraverso le quali seguire lo sviluppo delle praxeis sono quelle richiamate nel passo della Politica citato in apertura (I279b 2o-I28oa 6). Occorre tene­ re conto - a partire dai fattori della ricchezza e della povertà - delle forme che assume nel tempo la nozione di giustizia (Pol. I 28 oa 7-25) e identificare il corpo sovrano (Pol. I 28 I a 1 1 -42) . Gli indicatori sono due : la giustizia politica e le leggi che rivelano l ' i­ dentità del corpo sovrano, ovvero le leggi che determinano la cittadinanza. Quest'ultima in effetti rivela nel modo più "vero" e sintetico lo stato di una costituzione ed è a questa che Aristotele assegna la definizione di "conteni­ tore" della costituzione.

1.7 La politeia come cittadinanza : la cittadinanza è la «cosa » che contiene la costituzione (Pol. 1 27 5 a 3 5 - 3 6) Aristotele è il primo teorico antico ad affrontare lo studio del dispositivo concettuale della cittadinanza in modo sistematico e secondo una prospet­ tiva storica. È un passo della Politica a definire chiaramente gli assunti del suo paradigma interpretativo: qui leggiamo la sua definizione più generale 68

I. ARISTOTELE E LA POLITEIA e assoluta della cittadinanza come "cosa" (npayJ.la) che contiene come pro­ prio "soggetto" (unoKetJ.lEvov) la costituzione (Pol. I 275a 34-36)64• Più precisamente sono due gli assunti sui quali poggia la riflessione di Aristotele: I ) la cittadinanza dipende dalla costituzione nel modo in cui una proprietà dipende dal soggetto del quale si predica - ossia «è una pro­ prietà che spetta a un individuo in base alla costituzione della città cui ap­ partiene » (Viano, 2oo 8, p. 230 n 4); 2) le costituzioni sono diverse sia per la loro specie sia per la loro «disposizione in successione » , ovvero per il loro stadio evolutivo (Pol. I 275a 36-I275b I ) . Da questi assunti discende il corollario che « anche il cittadino sarà necessariamente diverso secondo la costituzione » (Pol. I 275b 4-5). A partire da questa definizione si spiegano i principi costitutivi del me­ todo utilizzato da Aristotele per studiare il tema della cittadinanza. Il pri­ mo è che il soggetto attraverso cui seguire l'evoluzione della cittadinanza è la costituzione. Il secondo è che la cittadinanza deve essere valutata come un fatto (pragma) politico. Il terzo è che la rilevanza della cittadinanza va misurata non solo in rapporto alla tipologia di costituzione (ad esempio se democratica oppure oligarchica) , ma anche in rapporto al suo stadio evo­ lutivo: ovvero è la costituzione in atto a determinare l' identità dei cittadini e non un generico riferimento al modello oligarchico piuttosto che demo­ cratico, poiché non esiste un'unica forma di oligarchia né di democrazia (Pol. I 289a 8-Io ). Di qui la necessità di "vedere" lo stato (eidos) costituzio­ nale procedendo per comparazione, riconoscendo cioè le differenze anche all' interno di uno stesso regime politico e descrivendo tali differenze secon­ do gli indicatori già considerati (PARR. 1.2-1.4) . Gli elementi più rilevanti dell' impostazione aristotelica, quelli che con­ sentono di riconoscere la sua specificità, sono i seguenti: il fatto di guardare alla "cosa" cittadinanza partendo dal soggetto che è la costituzione, e il fatto di guardare alla "cosa" cittadinanza nel segno della discontinuità. Questo secondo elemento è quello che maggiormente segnala l'origina­ lità dell' impostazione aristotelica nel panorama antico. La specificità ari­ stotelica è riconoscibile non appena si considera l'atteggiamento degli altri scrittori greci che si sono occupati del tema: essi hanno sistematicamente fatto riferimento alle prerogative del cittadino democratico, alla sua iden­ tità politica e giuridica, così come al tema della virtù civica, senza un vero interesse a storicizzare quei riferimenti, ovvero a interpretarli in prospetti­ va diacronica, e ciò a prescindere dal carattere più o meno sistematico della loro riflessione e dal punto di osservazione utilizzato, se quello del cittadino 64. Più nota è la definizione della cittadinanza che si fonda sulle funzioni ( giudiziaria e deliberativa) del cittadino (Pol. 127sa 22-24), che però non vale in alcuni regimi.

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA o quello dell'ordine costituzionale. Il dato comune all' impostazione degli scrittori greci prima di Aristotele è che, comunque sia stato indagato il rap­ porto di appartenenza che lega il singolo cittadino a una comunità politica, è mancato un vero interesse per la dimensione storica della cittadinanza. Si è già accennato nell'Introduzione a questo atteggiamento degli scrittori antichi nei confronti della storia democratica ateniese (cfr. anche PAR. 3.2) . Ora si possono fare degli esempi concreti. Un caso esemplare è rappresentato dai poeti tragici la cui prospettiva sui principi costitutivi della democrazia è per definizione metastorica. Nei molti riferimenti fatti dai tragici ai valori de­ mocratici, le prerogative della cittadinanza democratica appaiono rievocate senza alcun interesse a valutarie come l'esito di un processo storico : esse sono invece totalmente decontestualizzate (Pelling, 20 00, pp. I7I-7; Goldhill, 2005, pp. 65-74; Burian, 2oi i). In altri termini, la rievocazione degli strumen­ ti concettuali elaborati dalla democrazia in tema di uguaglianza giuridica e di libertà politica - che pure è frequentés - opera nella tragedia in funzione dell'esigenza di celebrare quelle acquisizioni democratiche come prerogativa dei greci "da sempre". Gli storici non sembrano maggiormente sensibili all'e­ sigenza di valutare gli strumenti concettuali della cittadinanza democratica secondo una prospettiva diacronica. Quando Erodoto identifica l'origine della democrazia ateniese al tempo della riforma clistenica non mostra alcun interesse a distinguere quel modello rispetto ai successivi (e men che mai ai precedenti) . Per Erodoto - direbbe Aristotele - la cittadinanza è « una sola » (Pol. I289a 8-9) e si svolge senza soluzione di continuità da Clistene fino a Pericle ( PARR. 3.2, 3.4). Né quando Erodoto riflette sulla forma di cittadi­ nanza declinata dalla democrazia come migliore forma possibile (Hd. 3.80) mostra interesse a contestualizzare il modello che descrive. Anche Tucidide, quando giudica il modello di cittadinanza realizzato nel corso dell'esperien­ za oligarchica del 4II come la politeia migliore che « almeno ai suoi tempi » gli ateniesi avevano conosciuto, sceglie di non sviluppare il suo pensiero, ad esempio allargando il confronto alla storia passata di Atene (Thuc. 8.97.2) o portando la sua riflessione su un piano teorico ( PAR. 3.2) . Lo stesso può dirsi per l'atteggiamento dei filosofi (cfr. Menn, 2006, pp. 7-9). Quando Platone riflette sulle regole della condotta civica da adottare in una comunità politi­ ca "ideale", la sua riflessione non fa cenno esplicito alle pratiche e ai model­ li di cittadinanza operanti nelle città e comunità politiche greche. Non lo fa quando, nel quinto libro della Repubblica, affronta il tema generale della buona civicità per bocca di Socrate (Villa, 2001), né quando considera nelle Leggi il caso particolare della cittadinanza a Sparta (Khouly, 20II). Tanto è 6s. Per un'ampia rassegna e discussione di esempi cfr. Raaflaub (1989 pp. 41-6; 2004, p. 348 n 97) e Farczoff (2oo2, p. 246); cfr. PAR. 3.2.

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I. ARISTOTELE E LA POLITEIA vero che Aristotele riconosce soprattutto quel limite alla riflessione platonica nelle Leggi: di non essere frutto di un' indagine sulla realtà e perciò di pro­ spettare principi e regole che risultano scarsamente compatibili con la realtà (Pol. 1265a 1-1266a 30 ) 66• Lo stesso tipo di considerazioni deve essere fatto a proposito di un tema collaterale della cittadinanza, quello dell' identità civica così come affrontato nel genere delle orazioni funebri (logoi epitaphioi), dove la dimensione storica appare ugualmente negletta ( PARR. 3.2, 3.4) . Nell'esperienza antica, insomma, la riflessione sulla cittadinanza rimane a lungo priva di un significativo interesse per la prospettiva diacronica. Se si allarga il confronto alla prospettiva di studio utilizzata dai moderni in materia di cittadinanza, si riconosce un altro tratto distintivo dell' impo­ stazione aristotelica: la scelta di affrontare il tema della cittadinanza partendo dalla costituzione, ovvero dall'alto (Bates, 2003; Ventura, 2009, pp. 137-9 ). Una scelta che va spiegata. Perché il punto di vista utilizzato non è quello del soggetto-cittadino, ma quello della costituzione ? Non sembra una spie­ gazione sufficiente considerare che questa scelta è coerente con l' imposta­ zione degli scrittori antichi, da Erodoto a Platone (Bordes 1982; Lateiner, 2013). Aristotele si libera senza difficoltà dei modelli di indagine utilizzati dai suoi predecessori, se ritiene che il cambiamento sia necessario ( PAR. 1.2). La ragione della sua scelta è invece teorica e il suo fondamento è quello già illustrato ( PAR. 1.2) secondo cui « il criterio per stabilire l' identità della città è la costituzione che la regge » (Pol. 1276b Io-I I ) . Aristotele sceglie di definire la "condizione di città" in base alla forma politica, invece che in rapporto ai suoi costituenti materiali, e coerentemente sceglie di definire la "condizione di cittadinanzà' in base alle funzioni che una data forma politica "sceglie" di allargare ai cittadini (Viano, 2008, p. 238 n 18). L' impostazione metodologica di Aristotele potrebbe apparire deci­ samente distante rispetto al metodo adottato in molti studi moderni sul tema della cittadinanza, dove viene assunto come prioritario punto di os­ servazione «lo sguardo del soggetto sulla comunità politicamente ordina­ ta » (Costa, 20 0 2, p. 24) , dove cioè si sceglie di riflettere sulla costituzione partendo dal cittadino, secondo una direzione che va dal basso verso l'alto (Zincone, 1992, p. 8). 66. Cfr. Schofìeld (2oo s , p . 3 1 3 ) . Sullo scarso interesse d i Platone per l a rievocazione d i poleis e politeiai "storiche" cfr. anche Castoriadis (1991, p . 8 ) , che s i sofferma sul caso ate­ niese : « he knowingly falsifìed history [ ... ] if one knew the history of Athens only through Plato [ ... ] one would know nothing of the batde ofSalamis, the victory ofThemistocles [ ... ] . What h e wants t o d o i s establish a city removed from time and history» . Ciò non diminui­ sce il signifìcato dello studio platonico delle politeiai storiche: studio dal quale evidentemen­ te anche Platone è partito (Viano, 1982; Menn, 2oo6).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA D 'altra parte, anche Aristotele si stupirebbe di certe posizioni degli stu­ diosi moderni. Ad esempio, farebbe fatica a comprendere il fatto che certi studiosi mo­ derni possano valutare la maggiore o minore chiusura dei requisiti di accesso alla cittadinanza come un fatto "culturale" (Piepenbrink, 20IO, pp. 121 ss.) o "psicosociale" (Sagan, I995, pp. I47-59 ), invece che politico. Aristotele si stupirebbe anche del fatto che di norma gli studiosi del moderno dispositivo della cittadinanza si confrontano con l'esperienza ateniese antica identifican­ do un unico modello di cittadinanza e trascurando gli altri e diversi modelli declinati nell'arco della storia democratica ateniese (cfr. Appendice 2 ) . In pratica, però, l' impostazione metodologica di Aristotele è più affine a quella utilizzata dai moderni storici della cittadinanza di quanto possa appa­ rire. Quando la riflessione sul tema della cittadinanza diventa descrizione di casi specifici, egli mostra la massima attenzione per le dinamiche storiche (gli agenti) che hanno determinato un dato ordine costituzionale. Aristotele non si limita cioè a descrivere come stiano le cose per una data comunità civica in rapporto alla forma del suo regime politico, a fotografare quali siano i criteri di accesso e quali le loro spettanze. Egli indaga sul processo che ha determi­ nato quell'esito e interpreta la forma di cittadinanza che ne rappresenta il prodotto in rapporto alle richieste di uguaglianza provenienti dalla società. Analoga è anche la scelta degli indicatori dell'evoluzione. Aristotele infatti identifica gli indicatori di una data forma costituzionale nelle leggi positive (nomoi) e nei modelli culturali (gli ethe) , riconoscendo per la prima volta la fecondità euristica di un' interazione che oggi è al centro degli studi sulla cittadinanza delle democrazie moderne e contemporanee ( PAR. 2.3 ) . Infine, è assimilabile all ' impostazione degli studi moderni sulla cittadi­ nanza la scelta di Aristotele di privilegiare lo studio della cittadinanza de­ mocratica, ciò su cui si riflette più ampiamente nel CAP. 2. Qui basti antici­ pare i tratti salienti della posizione aristotelica rispetto al tema della civicità espressa dalla democrazia. Il dato più rilevante è che Aristotele ha studiato questi temi con l' inte­ resse di uno storico. Lo studio della storia sociale e politica delle città greche lo aveva persuaso che nella storia greca era in atto una tendenza verso la democrazia. Una tendenza che egli spiegava con la crescita delle città, con l'aumento delle persone di status politico-sociale simile e con l'evoluzione militare (Pol. 1 286b 20-22; Viano, I982, p. 3 I 2 ) , invece che - come si è sup­ posto - con la constatazione di una presunta "tendenza naturale" dell'uo­ mo verso la democrazia67• 67. Ober (2oos, p. 223) : «certain features of democracy were [ . .. ] treated by Aristode as emergent properties ofhuman nature » .

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I. ARISTOTELE E LA POLITEIA Questa tendenza all'allargamento dell'area di potere, che secondo Ari­ stotele era la molla che metteva in moto la dinamica dei rivolgimenti costi­ tuzionali, rappresentava il centro della sua riflessione teorica, ed è chiaro che all' interno di una ricerca così orientata il tema della cittadinanza assu­ messe un ruolo decisivo ( PA RR. 2.4-2.5). Del resto, la democrazia appariva ad Aristotele uno dei regimi storicamente più stabili e meglio "indagabili", data la produzione più ricca di leggi e decreti (Pol. 1 29 2a 3 4-38; Huxley, 1972; Bordes, 19 82). Inoltre, la democrazia era il regime che, affidando alla totalità dei cittadini l'esercizio della funzione giurisdizionale, risultava me­ glio intellegibile relativamente alle determinazioni assunte dalla comunità politica in tema di giustizia come forma di uguaglianza. Dobbiamo alla consapevolezza aristotelica della fecondità euristica del­ la cittadinanza per lo studio della storia delle democrazie la nostra cono­ scenza della varietà e ricchezza delle sperimentazioni democratiche realiz­ zate in tema di cittadinanza, e soprattutto le dobbiamo la conoscenza delle soluzioni prospettate all' interno di una stessa polis, Atene (Rhodes, 2009; Cartledge, 2ou). In questo quadro, non è esagerato definire l'impegno teo­ rico e lo sforzo definitorio che contraddistinguono la riflessione aristotelica sulla democrazia come « un atto di omaggio ali' idea democratica » , alle sue qualità civiche. E anzi è corretto affermare che per Aristotele la « civicità per eccellenza » coincide con la casella della democrazia (Musti, 1995, p. 286 ) .

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Aristotele e l a citt adinanza democratic a

2.1 Introduzione Aristotele è la fonte principale delle nostre conoscenze sulla pratica istitu­ zionale delle democrazie greche antiche ed è il più importante teorico della politica di cittadinanza nel mondo greco1• La descrizione delle realizzazio­ ni greche più significative in materia di cittadinanza si legge nella Politi­ ca e nella Costituzione degli Ateniesi. I dati sui quali riflettere a proposito , del carattere dell impostazione aristotelica sono notevoli. Innanzi tutto, si deve prendere atto del fatto che Aristotele - come in generale gli scritto­ ri antichi che, anche cursoriamente, hanno affrontato quei temi - mostra interesse per il dispositivo della cittadinanza in misura proporzionale al suo carattere democratico, ovvero che laddove dispone di dati relativi alla fase che precede remergenza della democrazia e a quella che segue, come nel caso ateniese, assegna maggiore rilevanza allo studio di quel tema per il pe­ riodo che segna (e segue ) l'emergenza della democrazia. Per "misurare" la consapevolezza aristotelica della "specificità" dei regimi democratici rispetto alle funzioni assegnate al dispositivo della cittadinanza è sufficiente fare un confronto con lo spazio che lo stesso Aristotele riserva al tema della cittadi­ nanza quando tratta di regimi non democratici, e ciò anche nel caso in cui questi regimi occupano uno spazio rilevante nella sua riflessione teorica:l: si 1. Su Aristotele quale principale testimone della politica di cittadinanza nel mondo gre­ co cfr. Musti (1995. pp. 27 3-94 ) , Rhodes ( 2009, pp. 57-69 ) e Cartledge (2011, pp. 10, 21 ss. ) . Sulle istituzioni democratiche e la politica di cittadinanza attestate nella Grecia arcaica e classica cfr. Robinson (1 997, pp. 16-25 ) , Davies (2004, pp. 19-21 ) e Hansen, Nielsen (2004, pp. 1 3 3 8 ss. ) . 2. È il caso di Siracusa e di Sparta (Toye, 1999, p. 247 ) e delle città o comunità di cui trat­ tano i frammenti superstiti delle altre politeiai (Gigon, 1 987, pp. 3, 561-4; Toye, 1999, p. 236 ) . Se questa condizione sia da spiegare a partire dall' impostazione di Aristotele, oppure in ra­ gione dello scarso interesse delle sue fonti per quelle realtà istituzionali o, infine, a seguito

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2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA tratta evidentemente di uno spazio ridotto. La consapevolezza aristotelica della specificità democratica in materia di cittadinanza si riconosce priori­ tariamente in ordine al fatto che la cittadinanza rappresenta in democrazia il dispositivo concettuale più efficace (oltre che l'unico) per "pensare" l'u­ guaglianza di segmenti relativamente estesi di popolazione che coincidono con gli strati più poveri della società. Sono quelli ai quali Aristotele e le altre fonti si riferiscono attraverso il termine demos (o plethos) e dei quali sono chiaramente percepite la condizione sociale e le dimensioni quantitative (Pol. I 279b 20-I28oa s ) . La funzionalità del dispositivo della cittadinanza è inoltre riconosciuta e sottolineata rispetto alla possibilità di definire nuove forme di esclusione, che prescindano dal censo, ovvero nuove barriere tra chi è dentro e chi è fuori dal corpo civico: barriere che si modificano nel tempo, in rapporto alla quantità e qualità delle spettanze garantite ai citta­ dini, e che sono funzionali a non "svalutare la cittadinanza sociale", ovvero il benessere materiale messo a disposizione della collettività. Infine, appa­ re pienamente riconosciuta e valorizzata, almeno per quanto riguarda la prospettiva di studio adottata da Aristotele, la funzionalità del dispositivo della cittadinanza democratica relativamente a quella che possiamo chia­ mare la sua "fecondità euristica". Si può cioè riflettere sulla genesi, sul ca­ rattere, sulle metamorfosi della democrazia a partire dalla storia dei diritti di cittadinanza. Una potenzialità quest 'ultima che è giusto riconoscere alla "categoria" della cittadinanza anche al di fuori dell'esperienza greca antica e della quale si sottolinea spesso il valore (Balot, 2009, p. 1 1 ; cfr. Costa, 2002, pp. 23 ss.). L'evoluzione che il dispositivo della cittadinanza subisce relativamente al modo in cui viene pensata l'uguaglianza di chi è dentro al corpo civico (e la disuguaglianza di chi è fuori) descrive, oggi come ieri, il carattere e la "storia" di una democrazia che rivela i suoi caratteri costituti­ vi, ovvero la sua idea di giustizia come "forma di uguaglianza", attraverso la definizione dell ' identità politico-giuridica dei cittadini. della selezione fatta dalla scuola alessandrina (così Keaney, 1992, p. 178), rimane argomento di discussione (status quaestionis in Toye, 1 999, pp. 235-53). ll dato chiaro è che, in genera­ le, la normativa che determinava la cittadinanza nei regimi oligarchici è più scarsamente documentata. Tra le poche eccezioni è il caso di Cirene, per il quale conosciamo le regole secondo le quali, a fìne IV secolo, si configurava sia il corpo dei cittadini con piene funzioni sia il gruppo (più esteso) dei cittadini non inclusi nel corpo sovrano (sEG IX 1; Poddighe, 2002, pp. 98-107; Bencivenni, 2003; Johnstone, 2011, pp. 102-7 ). Le fasi oligarchiche della storia costituzionale ateniese sono relativamente meglio documentate, ma rimane oscura la normativa che ha determinato le gradazioni della cittadinanza nel corso dei regimi insediati a fìne v e fìne IV secolo (Poddighe, 2002, pp. 7 5-98; Gallo, 2004, pp. 217 ss.; Rhodes, 2009, pp. 62 ss.; Shear, 2011, pp. 41-51).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA

2.2 Il dispositivo della cittadinanza e la specificità dei regimi democratici È la natura politica dei regimi costituzionali a determinare la maggiore o minore rilevanza del dispositivo della cittadinanza. Si tratta di un dato che Aristotele rileva nella Politica, a partire dalla constatazione che solo la democrazia allarga alla totalità dei cittadini la sovranità che si esercita col voto (Pol. 1275a 2-5; Bodéiis, 2010, p. 114). Ma la specificità del rapporto tra cittadinanza e democrazia appare ugualmente sottolineata da quanti studiano le funzioni assegnate al dispositivo della cittadinanza dalle demo­ crazie moderne e contemporanee. Filosofi e sociologi, politologi e storici del diritto considerano spesso, da un lato, che la democrazia rappresenta il regime politico più impegnato a regolare le condizioni dell' immissione nella comunità politica e le condizioni dell'esclusione, dall'altro constata­ no che nei regimi non democratici appare scarsamente riconoscibile la rile­ vanza politica delle leggi che determinano la cittadinanza (Barbalet, I988; Crifò, 2005, p. 35). Una tendenza spesso messa in rilievo è quella secondo la quale «più sono aperte le frontiere, meno si dà a chi le supera » (Zincone, 19 92, p. 10 ). In altri termini, i regimi politici meno generosi nel riconosce­ re le spettanze dei cittadini assegnano al dispositivo della cittadinanza una rilevanza decisamente minore e pertanto in quei regimi la distinzione fra cittadini e non cittadini «è quasi senza importanza » , ovvero sono meno ri­ conoscibili i parametri che definiscono il corpo civico sul piano normativa e sono meno definiti i modelli civici che distinguono chi è cittadino da chi non lo è (Crifò, 2005, pp. 35-6). Non si può parlare di una legge generale, che abbraccia e spiega tutta la gamma delle situazioni concrete, ma di una tendenza che appare agli storici indicativa del fatto che la rilevanza del di­ spositivo della cittadinanza sia maggiore nei regimi democratici perché in democrazia la cittadinanza rappresenta « il solo piano su cui l'uguaglianza è pensabile » (cfr. Procacci, 1992, pp. 82 ss.; Plattner, 2004). Il dato forse più indicativo della funzionalità che il dispositivo della cittadinanza assume nei regimi democratici è quello relativo alla misura dell' impegno che quei regimi destinano alla regolamentazione delle condi­ zioni di immissione nella comunità politica e di quelle di esclusione. Parlia­ mo delle regole di quello che il giurista Pietro Costa ha definito il « gioco del dentro e del fuori » (Costa, 2002, pp. 22-3). Controllare le barriere del corpo civico, definire i parametri della distinzione tra chi è dentro e chi è fuori, serve soprattutto ai regimi politici che, come le democrazie, rico­ noscono alla totalita dei cittadini le spettanze e i benefici che conseguono

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA dall'appartenenza a una comunità politica\ Regolare l'accesso al corpo ci­ vico e definire a questo scopo non solo le leggi che determinano i criteri di accesso, ma anche modelli di cittadinanza che siano coerenti con l'orienta­ mento politico, è insomma una priorità dei regimi democratici. Ed è ciò che li distingue dai regimi non democratici4• D'altra parte, non è solo attraverso il confronto tra regimi di natura po­ litica diversa che si possono riconoscere le specifiche funzioni assolte dal dispositivo della cittadinanza nei regimi democratici. Tali funzioni mutano anche in rapporto all'evoluzione che una democrazia subisce nel tempo, alle sue "metamorfosi". Lo studio del dispositivo della cittadinanza consente in questo caso di seguire l'evoluzione storica di una democrazia che interviene sul numero e sulla qualità delle spettanze riconosciute alla totalità dei cit­ tadini e che coerentemente definisce le pratiche e i modelli di cittadinanza, ovvero modifica le leggi che determinano la cittadinanza e ripensa i modelli civici i quali, come le leggi, sono funzionali a rappresentare il nuovo orien­ tamento politico. Anche di questa funzionalità del dispositivo della cittadi­ nanza è consapevole Aristotele che - lo si è visto - richiama l'opportunità di studiare la cittadinanza in rapporto diretto con la forma costituzionale "in atto" - ossia, di volta in volta, con la fase storica presa in esame - e a tale scopo identifica nelle pratiche e nei modelli di cittadinanza i principali in­ dicatori attraverso i quali seguire questa evoluzione. Il metodo da applicare allo studio dei temi costituzionali ( lo studio delle politeiai), quindi anche del tema della cittadinanza e della democrazia, è funzionale a conoscere ciò che le leggi positive (nomoi) e i modelli culturali (ethe) rivelano della strut­ tura di una data forma costituzionale, essendo precisamente i nomoi e gli ethe gli strumenti dei quali ogni costituzione "si serve" per assicurare la sua conservazione (EN 1 18 1b 18 ss.; PARR. 1.2-1.4). Nel contesto di un' indagine rivolta alla cittadinanza democratica, è chiaro che i nomoi saranno da identificare con le leggi positive che determi­ nano la cittadinanza ( le leggi che definiscono i criteri di accesso e le spettan­ ze ) , mentre gli ethe rappresentano i modelli culturali che in tema di cittadi­ nanza ogni democrazia elabora funzionalmente ai suoi bisogni contingenti. Entrambi si modificano nel tempo, in diretto rapporto con il mutare della 3· Sull'opportunità di defìnire il carattere della cittadinanza a partire dall'opposizione tra chi è dentro al corpo civico e chi ne resta fuori cfr. Hedrick (1994, pp. 293-304), Maffì (1999) e Phicido (2ooo). Costa (2002, pp. 22-3) riflette sulla funzionalità di questa opposi­ zione per lo studio del dispositivo moderno della cittadinanza. 4· Dove invece è possibile subordinare il riconoscimento dell'uguaglianza di chi appar­ tiene al corpo civico a condizioni quali il possesso di un certo censo e di competenze che il censo permette di acquisire (Gilli, 1988).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA costituzione, ed entrambi dunque concorrono a definire l'orientamento del regime politico in atto (Mara, 20 0 2, p. 330; Bodéiis, 20IO, pp. 62-3)s. Tor­ neremo a esaminare da vicino il significato che assume l' interazione tra no­ moi ed ethe nella riflessione di Aristotele, ma occorre subito precisare cosa egli abbia inteso indicare con il termine ethe e perché abbia assegnato tanto valore allo studio della loro evoluzione. Possiamo intendere per ethe quei valori culturali, quegli ideali che plasmano e danno forma ai legami tra i cittadini e che, alla pari delle leggi positive, esprimono l'orientamento di un sistema politico e definiscono i principi condivisi in materia di giustizia e di uguaglianza6• Se, come Aristotele riteneva, la nozione di giustizia che ogni comunità politica elabora serve a definire «la condizione in cui ognu­ no ha quello che merita » (Lloyd, I985, p. 238), possiamo interpretare gli ethe come i principi secondo cui si decide « ciò che si meritano» i cittadini (Schofield, I999, pp. IOO-I4 ) . Una nozione dunque diversa da ciò che oggi chiamiamo "civismo" e che esprime invece le qualità morali che fanno di un cittadino un buon cittadino in assoluto7• I valori culturali o ethe, che legano i cittadini e permettono di rappre­ sentarli come uguali in relazione a determinate spettanze (Salkever, 20 0 2, p. 359 ), proprio perché coerenti rispetto a ciò che ciascun regime politico si dà come priorità (Mara, 2002, p. 330; Filippi, 2009, pp. 214-20 ), sono desti­ nati a mutare in diretto rapporto con le trasformazioni subite dallo stesso regime politico (Dynneson, 2008, p. xn) . Si può ad esempio distinguere una forma o idea di cittadinanza democratica il cui ethos è funzionale a valorizza­ re l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge da una forma o idea diversa il cui ethos è piuttosto funzionale a valorizzare il tema dell'origine comune. Non dobbiamo confondere l'ethos di una data forma costituzionale con quello che normalmente si intende per il « generai will » di una comunità politica (Yack, 200 2, p. 23) . Possiamo piuttosto identificarlo con lo « spi­ rito» della costituzione che «plasma il cittadino» (Bearzot, 2oosa, p. 7 ) . A definire il carattere e la specificità della democrazia i n atto i modelli civici concorrono in misura determinante, e anzi, secondo Aristotele, essi S· Per l ' idea che i modelli civici (ethe) debbano essere conformi allapoliteia del momen­ to, come devono esserlo le leggi positive, cfr. Arist. Pol. 126ob IS, 1310a Il ss., I337a I ss.; Mara (2002, p. 330 ), Yack (2002, pp. 23 e 38 n IS) e Bodéi.is (lo Io, pp. 62 ss.). Di qui l'opportunità di studiare gli uni e gli altri per "riconoscere" il carattere costituzionale ( PARR. I.I-1.4). 6. Aristotele infatti distingue la funzione delle leggi positive (nomoi) da quella delle leggi consuetudinarie (nomoi kata ethe), sebbene entrambe concorrano a definire la nozione di giustizia: Arist. Pol. Il87b s-6; Mirhady (loo6, P· u), Sancho Rocher (2007, pp. I47· ISO, IS3). Cfr. PARR. 1.3-1.4, 6.8-6.9. 7· Anche tale nozione si modifica in rapporto all'evoluzione costituzionale (Dynneson, lOOI; 200 8).

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA sono i più importanti tra i mezzi a disposizione della comunità politica per assicurare la stabilità costituzionale (Poi. I3 IOa I 2-I4). Questo non signifi­ ca che i modelli di cittadinanza possono da soli definire il carattere di una democrazia, così come non possono farlo da sole le leggi positive. A segna­ lare la forma della democrazia in atto sono semmai le modalità attraverso le quali le leggi e i modelli civici interagiscono per dare risposte o soluzioni specifiche ai bisogni emergenti e mutevoli di ogni democrazia. Il carattere costitutivo di una democrazia, mai stabile e sempre mutevole, viene rivelato dall' interazione, sempre diversa, tra le leggi che determinano la cittadinan­ za e i modelli di cittadinanza (Connor, I994, pp. 35-4I) . Un' interazione che sarà perciò da seguire nel segno della discontinuità e parallelamente all'evo­ luzione della democrazia. Le pratiche e i modelli di cittadinanza di una data democrazia ce ne raccontano in definitiva la storia.

2. 3 La funzione storica delle pratiche e dei modelli di cittadinanza nella democrazia ateniese : modelli interpretativi a confronto Il caso della democrazia ateniese rappresenta, a giudizio di Aristotele, un modello utile per riconoscere la sinergia dell' interazione tra modelli civici e leggi positive in funzione dell'esigenza di dare soluzioni e risposte ai biso­ gni emergenti (e sempre diversi) della comunità politica. Nel caso ateniese si osserva ad esempio una prima fase che, agli inizi del VI secolo, segna l'emergenza della nozione di cittadinanza democratica. È la fase in cui si formalizza il principio secondo cui la condizione della citta­ dinanza debba emanciparsi dal censo sia in ordine alle diverse declinazioni della libertà dei cittadini (libertà fisica, giuridica e politica) sia in ordine alle funzioni militari collegate al censo (cavalleria e fanteria), che cessano di rap­ presentare la condizione necessaria per l'accesso alla cittadinanza. In questa fase si definiscono a opera del legislatore Salone le spettanze minime dei cit­ tadini, quelle allargate alla totalità dei cittadini, ovvero il diritto di votare nei tribunali popolari e nell'assemblea popolare. In questa fase, le leggi che determinano la cittadinanza e i modelli civici sono funzionali all'esigenza di allargare estensivamente la cittadinanza dentro al gruppo etnico, ma anche a quella di estenderla moderatamente fuori dal gruppo etnico. La normativa sulla cittadinanza fissa, in questa prima fase, nel criterio della nascita legit­ tima (ovvero la nascita da padre ateniese regolarmente sposato) la condizio­ ne che abilita alla cittadinanza, e contempla pratiche inclusive che, secondo 79

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA la testimonianza delle fonti, operano limitatamente a quote selezionate di stranieri residenti ( PAR. 2.5 ) . Nel corso di questa fase si compie un graduale ma progressivo allontanamento dalla nozione aristocratica di cittadinanza, secondo la quale la cittadinanza viene riconosciuta solo a chi combatte e ha la terra ed è perciò prerogativa esclusiva del clan di guerrieri e proprietari terrieri (Sagan, I99S· p. ISO; Maffi, I999, p. I9; Ruzé, 2ooo, pp. 22-3; Davies, 20 04, pp. 26-7 ) . Questa emancipazione della cittadinanza dal censo (e dalle funzioni guerriere collegate al censo) si compie e si perfeziona, alla fine del VI secolo, quando attraverso una serie di provvedimenti adottati da Clistene le spettanze politiche dei cittadini sono ampliate e stabilizzate (Meier, I988 ) e la nozione di cittadinanza si affranca dal tema dell'origine, nel senso che oscura formalmente l'origine familiare (Whitehead, I99I; Connor, I994· pp. 36-8; Sagan, I99S· pp. ISO-I; Ruzé, 2o o o, p. 25 ; Vidal-Naquet, 2o o o, pp. I3-s; Dynneson, 2oo8 ) . Nel corso di questo processo le leggi e i modelli civici appaiono coerenti con i bisogni della democrazia nascente, ovvero con l'esigenza di allargare il numero dei cittadini e di omologare il corpo civico al suo interno. Queste sono infatti le funzioni che la democrazia del VI secolo assegna al dispositivo della cittadinanza per risolvere i bisogni contingen­ ti e per reagire all'antagonismo di istanze politiche antidemocratiche che propongono una visione diversa (e reazionaria) della cittadinanza, ovvero tornare al modello aristocratico. In questa fase è chiaro che le leggi e i model­ li civici interagiscono in modo funzionale ali 'esigenza di includere più che di escludere (Vidal-Naquet, 2000, pp. I3-s; Detienne, 2o o8 ) , di omologare piuttosto che di distinguere (Connor, I9 94· p. 38; Ruzé, 2ooo ) . Una funzionalità diversa appare invece espressa dall' interazione tra leggi e modelli civici a metà del v secolo, quando la democrazia ha bisogno di con­ tenere il numero dei cittadini (Ath. Poi. 26.3 ) . In questa fase la democrazia ateniese risponde e reagisce al crescente carattere multietnico della sua so­ cietà (Davies, I 977, p. uo; Whitehead, I99I, p. I36 ) e alle tendenze inclusive della fase precedente (Connor, I994, p. 37 ) attraverso una normativa sulla cittadinanza che restringe i requisiti annessi allo statuto legale di cittadino prescrivendo la duplice discendenza ateniese ( PAR. 6.I3 ) . Contestualmente si legittima la chiusura giuridica attraverso l'elaborazione di modelli civici esclusivi ed escludenti che riconducono ali 'origine purosangue la condizione che abilita alla cittadinanza ( PARR. 6.u-6.I2 ) . È la fase nella quale le spet­ tanze allargate al novero dei cittadini sono generose per quantità e qualità. In questa fase, il processo di chiusura giuridica e culturale accompagna il compimento del processo di democratizzazione (Daverio Rocchi, I99 7, p. 52 ) . L'esito è un corpo di cittadini che gode di molti diritti e sceglie defini­ tivamente di autorappresentarsi nella forma di un (nuovo) clan, un'élite che Bo

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA "merità' le generose spettanze garantite dalla cittadinanza in ragione dell'o­ rigine purosangue (Vernant, 20 0 0 , pp. 53-5; Blok, 2 0 0 9 ; Lape, 20IO ) . Come valutare il carattere e gli esiti dell'evoluzione ateniese ? Le prospettive di studio possibili sono molte e la scelta dei modelli in­ terpretativi condiziona decisamente i risultati della valutazione sia rispetto alle singole fasi dell'evoluzione sia rispetto ai suoi esiti, ossia al problema specifico della chiusura della cittadinanza ateniese a metà del v secolo. La prospettiva più utile a conoscere la funzione storica delle pratiche e dei modelli di cittadinanza adottati dalla democrazia ateniese è quella di Aristotele. Si tratta infatti di una prospettiva di studio specificamente ri­ volta a riconoscere la funzionalità concreta assolta dal dispositivo della cit­ tadinanza nelle diverse fasi della storia democratica di Atene e a compren­ dere le ragioni della sua chiusura a metà del v secolo. Di questa prospettiva conviene definire innanzitutto il carattere generale, rispetto sia agli assunti sia alle finalità, quindi la sua funzionalità rispetto all'esigenza di conoscere il carattere delle diverse forme democratiche sperimentate ad Atene fino alla metà del v secolo, e infine le categorie interpretative attraverso le quali Aristotele ha studiato l'evoluzione democratica ateniese. Aristotele è il primo ad aver valorizzato la fecondità euristica dello stu­ dio della cittadinanza nella prospettiva di conoscere la storia di una data politeia o forma costituzionale. Attraverso l' indagine sistematica condotta sulla politica di cittadinanza adottata nelle diverse poleis della Grecia, Ari­ stotele ha compreso la funzione euristica del dispositivo della cittadinanza, il fatto cioè che le pratiche e i modelli di cittadinanza ci raccontano la storia delle costituzioni. Egli inoltre ha riconosciuto la specificità democratica, ovvero che il regime democratico è quello che assegna maggiore rilevanza al dispositivo della cittadinanza. Il suo metodo, che possiamo conoscere facendo interagire le opere ari­ stoteliche nelle quali si legge l' interpretazione relativa ai caratteri costitutivi della democrazia ateniese, appare chiaramente inteso a distinguere le sin­ gole forme democratiche, a riconoscerne di volta in volta i tratti distintivi e quindi a confrontarle in una prospettiva globale. È infatti attraverso la distinzione e la valorizzazione della discontinuità tra le diverse fasi o forme democratiche che Aristotele riconosce le funzioni storiche assolte dalle pra­ tiche e dai modelli di cittadinanza. L'esito di questa ricostruzione si legge in quella che giustamente è stata definita una descrizione « magistrale » della storia costituzionale di Atene (Canfora, 2 0 I 2 , p. vn ) : la Costituzione degli Ateniesi. Qui l'evoluzione della democrazia e delle pratiche di cittadinanza viene descritta nel segno della discontinuità e a partire dali' identificazione degli agenti storici che hanno determinato l'evoluzione da una forma o idea di cittadinanza democrati-

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA ca a un'altra e diversa forma ( PARR. 3.2-3.3, 3.5 ) . L'evoluzione del rapporto tra cittadinanza e democrazia ateniese è valutata da Aristotele secondo una prospettiva che non è astratta - tale cioè da applicare al caso ateniese schemi interpretativi capaci di spiegare ogni forma di evoluzione costituzionale - e non è parziale, nel senso che non utilizza un'unica categoria interpretativa, ad esempio solo il quadro normativa oppure solo i modelli civici. L' impo­ stazione aristotelica è storica e la sua prospettiva è totale. Il suo scopo è iden­ tificare i bisogni ai quali la forma di cittadinanza declinata dalla democrazia ateniese nelle sue diverse fasi ha dato risposte e soluzioni concrete. Il "pa­ radigma" di Aristotele, se vogliamo usare un'espressione capace di indicare l'approccio metodologico con cui studia la cittadinanza e gli assunti con­ cettuali sui quali esso si fonda ( Manville, I9 94, p. 2I), è pensato per seguire a tutti i livelli l'evoluzione della nozione di cittadinanza ad Atene, non solo a partire dalla normativa, che di volta in volta ha definito i criteri di accesso e le spettanze della cittadinanza, ma anche tenendo conto della mentalità o « cultura democratica » ( Mara, 20 o 2, p. 3 I o ) . La riflessione di Aristotele è tesa a riconoscere lafunzione assegnata a ogni "idea" di cittadinanza demo­ cratica rispetto alle questioni sociali di volta in volta affrontate, e a definirne lafo rma - ovvero il carattere distintivo -, e ciò a partire dalle diverse mo­ dalità attraverso le quali, sul piano istituzionale e della mentalità, ognuna delle diverse idee di cittadinanza democratica ha declinato la sua particolare nozione di giustizia e di uguaglianza. Di qui l ' esigenza di distinguere le di­ verse e successive forme di cittadinanza democratica: quella che ha pensa­ to l'uguaglianza prevalentemente in rapporto all' idea che la legge debba essere interpretata da tutti i cittadini, quella che ha pensato l'uguaglianza prevalentemente in rapporto all'oscuramento delle origini familiari, ovve­ ro alla mescolanza dei cittadini, infine quella che ha pensato l'uguaglianza dei cittadini a partire dalla valorizzazione del tema dell'origine familiare. Il passaggio (metabole) dall 'una all'altra forma si riconosce nella soluzione prospettata, di volta in volta, per risolvere la contrapposizione tra concezio­ ni diverse dell' idea di uguaglianza ( Bertelli, I989, p. 3I5). In questa prospettiva, Aristotele riflette sulle funzioni assegnate al di­ spositivo della cittadinanza non solo utilizzando i dati ricavati dallo studio della pratica istituzionale, ma anche esplorando quei generi letterari nei quali gli ateniesi mostrano di riflettere su sé stessi, sulle loro istituzioni e su ciò che la "cultura democratica" ha elaborato in tema di giustizia e di ugua­ glianza. Ciò che spiega lo spazio assegnato alle composizioni poetiche, alle orazioni funebri e alla retorica giudiziaria ( PAR . 3.4) e altresì rende conto della volontà di "trovare" informazioni ( valorizzate dal solo Aristotele ) ca­ paci di rivelare l'orientamento di una data fase democratica. Il caso forse più indicativo è la rilevanza che Aristotele assegna al provvedimento di Clistene

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA circa il fatto « che i cittadini si chiamassero facendo riferimento ai demi» dopo il nuovo disegno del sistema delle tribù, un provvedimento che di lì in poi avrebbe reso inutile ogni indagine sulle origini familiari (Ath. Pol. 2I. I -2 ) . Si tratta infatti di un provvedimento la cui conoscenza si deve esclu­ sivamente alla ricostruzione di Aristotele (Rhodes, I993, pp. 57-8) e il cui significato è tale da gettare luce non solo sul cambiamento istituzionale, ma anche sulla mentalità e sugli atteggiamenti degli ateniesi al riguardo (Vidal­ Naquet, 2ooo, p. I 3 ) . Ora, è discutibile (e in effetti discusso) che la ricostruzione aristotelica abbia sempre identificato in modo corretto i fatti storici che hanno impres­ so l'evoluzione da una forma a un'altra e diversa forma, oppure che abbia esattamente riconosciuto i tratti distintivi di ciascuna forma di cittadinanza democratica realizzata ad Atene: che ad esempio l'allargamento alla totalità dei cittadini della funzione giurisdizionale (ovvero l'esercizio della giuri­ sdizione) sia stato realmente il tratto saliente della cittadinanza pensata da Salone, che la decisione di oscurare l'origine familiare dei cittadini sia il provvedimento che meglio identifica la forma di cittadinanza pensata da Clistene, o ancora che le forme di democrazia seguite alle vittorie contro i persiani di Maratona e di Salamina siano state ricostruite in modo affidabi­ le relativamente alle ricadute di tali vittorie sulla nuova forma di uguaglian­ za pensata dalla cittadinanza. Tutti problemi che fanno discutere gli storici delle istituzioni politiche di Atene e gli interpreti del pensiero aristotelico, i quali si dividono decisamente rispetto alla valutazione delle qualità storiche della sua ricostruzione ( PARR. 3.2-3.4 ) . Ciò che però non si può discutere - qualunque sia la posizione assunta rispetto alla valutazione del metodo storico aristotelico - è il valore genera­ le dell' impostazione aristotelica, ovvero il dato che essa muove da presup­ posti validi. Gli assunti che fondano la ricostruzione aristotelica e che orientano la prospettiva della sua indagine sono ben riconoscibili: a ) la democrazia (ogni democrazia, dunque anche quella ateniese) identifica nel dispositivo della cittadinanza lo strumento attraverso il quale dare soluzioni ai bisogni emergenti (e sempre diversi) della società, alla sua richiesta di giustizia e di uguaglianza; b) a questo scopo la democrazia (come ogni altra forma costi­ tuzionale) ricorre all'adozione di pratiche normative (nomoi) e/o modelli di cittadinanza (ethe) coerenti rispetto alle esigenze della democrazia in atto. Si tratta in entrambi i casi di assunti di carattere generale il cui valore è difficilmente contestabile. Infatti, è evidente che le democrazie assegnino al dispositivo della citta­ dinanza la funzione di dare soluzione ai bisogni emergenti della società, e

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA ciò anche nell'esperienza contemporanea. È sufficiente pensare al dibattito attuale intorno all'opportunità di connotare in senso identitaria il disposi­ tivo della cittadinanza per affrontare il problema della distribuzione collet­ tiva dei costi dello stato sociale (una distribuzione che sarebbe messa in crisi dal carattere multietnico di molte società organizzate democraticamente ) 8• Ed è ugualmente evidente che attraverso la categoria della cittadinanza, ri­ flettendo cioè sulle discussioni che la riguardano, è possibile riconoscere quali problemi affronta una data società organizzata democraticamente. Lo testimonia il fatto che gli studi sulla storia delle democrazie moderne e con­ temporanee adottano spesso un' impostazione analoga: partono cioè dalla considerazione delle pratiche e dei modelli di cittadinanza per identificare i caratteri costitutivi di una data democrazia. Rispetto a questo specifico ambito di studi si deve peraltro dare rilievo non solo al fatto, relativamente noto, che la cittadinanza appare diffusamente riconosciuta come la chiave di lettura privilegiata per riflettere sulla storia e sul carattere delle demo­ crazie moderne e contemporanee - e ciò a prescindere dalla prospettiva di studio adottata9 - ma anche al fatto, forse meno noto, che in questo tipo di indagine ha assunto uno spazio crescente lo studio delle interazioni che Aristotele considerava essenziali: da un lato il rapporto tra l'evoluzione istituzionale e la definizione di coerenti modelli civici10, dall'altro il con­ dizionamento esercitato dai modelli civici rispetto sia alla definizione del gruppo che si qualifica per la cittadinanza sia alla configurazione dei diritti assegnati allo status della cittadinanza11• Se passiamo a considerare la funzionalità della prospettiva aristotelica rispetto all'esigenza di conoscere il carattere delle diverse forme democra­ tiche sperimentate ad Atene fino alla metà del v secolo, in particolare la funzione di volta in volta assolta dalle pratiche e dai modelli civici, è facile rendersi conto della sintonia che rivelano, rispetto alla ricostruzione aristo­ telica, gli studi riservati alla storia e al carattere della democrazia ateniese. 8. Cfr. Zincone (1992). La discussione è tra quanti ritengono che la "crisi della cittadi­ nanza" e della coesione sociale si debba alla crisi delle "identità primarie", ovvero al fatto che la cittadinanza contemporanea non riesca a rispondere a esigenze di identità socio-culturale che si formano fuori dell'area Stato-mercato, e quanti, rifiutando l' idea che lo Stato nazione sia garanzia di coesione sociale, auspicano un modello di democrazia che faccia a meno della nozione di cittadinanza. Cfr. Kymlicka (1995) e Plattner (2004). 9· Per una valorizzazione del tema dal punto di vista delle scienze sociali cfr. Marshall (1963), Barbalet (198 8), Zincone ( 1992), Soysal (1994), Zolo (1994b), Kymlicka (1995). Per una prospettiva storico-giuridica cfr. Magnette (2005). 10. Cfr. Plattner (2004), ma soprattutto Dynneson (2001), che ha recentemente applica­ to la stessa prospettiva d' indagine al caso dell 'Atene classica (Dynneson, 2008 ) . 11. Cfr. sul rapporto tra modelli civici e pratiche di cittadinanza Barbalet (1988), e Soysal (1 994).

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA In questo vasto ambito di studi i progressi compiuti nella direzione di comprendere la funzione storica del dispositivo concettuale della cittadi­ nanza nella democrazia ateniese si devono in particolare a due filoni di ri­ cerca, l'uno riservato allo studio delle pratiche della cittadinanza, ovvero della normativa adottata dalla democrazia ateniese per definire i criteri di accesso12. e i privilegi assegnati allo status della cittadinanza, ossia le spet­ tanze dei cittadinP3; l'altro rappresentato dagli studi che hanno indagato la funzione dei modelli o miti civici in rapporto ai valori costitutivi della cit­ tadinanza democratica: l'uguaglianza e la giustizia1\ in primis, e la libertà1S. Il dato comune a questi distinti filoni di ricerca è che lo studio delle pratiche e dei modelli di cittadinanza consente di riconoscerne la specifica funzionalità nelle distinte fasi della storia democratica di Atene. Per quanto riguarda la qualità giuridica della cittadinanza, ovvero la normativa che definiva i parametri dell' inclusione e dell'esclusione, il dato chiaro è che tra VI e v secolo la democrazia ateniese ha diversamente de­ finito la condizione della nascita legittima, articolando in modi diversi il rapporto tra cittadinanza e origine e passando dall'ascendenza singola, quella patrilineare, operante fino a metà del v secolo, all'ascendenza du­ plice imposta dalla legge di Pericle ( Davies, I977; Blok, 2005; Lape, 20 IO ) , con la conseguente trasformazione dello status vissuto dai figli dei matri­ moni misti, di lì in poi giudicati illegittimi (nothoi), soprattutto in ordi­ ne ai rilevantissimi diritti successori ( Ogden, 1996; Cantarella, 1997; 201 1 ; Bertazzoli, 20 05; Wilgaux, 2011 ) . L a funzione sociale i n questo caso asse­ gnata al principio normativa della duplice discendenza, attraverso il quale 12. Sulla normativa in rapporto ai criteri di accesso: Davies (1977 ), Patterson (1981, 2005), Sealey (1983), Walters (1983), Manville (1999), Osborne (1997), Blok (2oos; 2009), Lape (2010 ). 13. L'evoluzione è stata studiata relativamente alle procedure seguite per l 'attribuzione delle funzioni pubbliche (Daverio Rocchi, 2001a, pp. 95-106; Taylor, 2007; Farrar, 2010) e ai contenuti di alcune di quelle funzioni, in particolare di quelle deliberative (Mossé, 1993; Raaflaub, 1994; Ober, 1996; Osborne, 2010) e giudiziarie (Hansen, 1999; Mirhady, 2oo6). Sull'evoluzione che interessa l 'esercizio delle funzioni militari cfr. Van Wees (2002), Pritchard (2010) e Canfora (2ouc). 14. n rapporto tra uguaglianza e giustizia costituisce il motivo centrale dei discorsi funebri o epitaphii (Gorgia DK, 82 B6; PAR. 6.9 ). Sulla funzionalità delle sentenze giudiziarie rispetto alla codificazione di modelli di civismo cfr. Cohen (1995), Farenga (2oo6), Herman (2oo6), Lanni (2009). Sul ruolo assunto dalle sentenze dei giurati popolari rispetto all'evoluzione della cittadinanza democratica cfr. Boegehold (1994), Hansen (2001), PARR. 6.11-6.13. Sulle funzioni del cittadino giudice a tutela dell'uguaglianza naturale cfr. Mirhady (2oo6, p. 7 ). 15. Sul ruolo assegnato al tema della libertà nei modelli civici cfr. Hedrick ( 1994, pp. 307-18 ), Liddel (2007 ), Valdés Guia (2oo8) e Hansen (2013, pp. 71-6, con riguardo alla posizione di Platone e Aristotele).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA passava l' idea dell'uguaglianza "innata" dei cittadini ateniesi (Lape, 20IO ) , fu plausibilmente quella d i ridurre il numero degli accessi ai rilevanti privi­ legi economici garantiti dalla cittadinanza dopo la creazione dell' impero marittimo (Raaflaub, I994, pp. I32-3) e, contestualmente, di escludere i figli dei matrimoni misti dall 'asse ereditario (Boeghold, 1 994) , ma comunque si valutino i bisogni sociali ai quali la norma periclea intendeva rispondere, il dato emergente è che quella norma reagiva alle pratiche precedenti rappre­ sentando un discrimen tra il prima e il dopo (Connor, I9 94, p. 37). Se restiamo nell'ambito della dimensione giuridica della cittadinanza, un dato coerente è quello che rivela il profilo dei provvedimenti adottati tra VI e v secolo rispetto alla distinzione tra cittadini e stranieri, una distinzione centra­ le per la stabilità democratica ateniese (Hedrick, I994, pp. 293-304; Placido, 2ooo, pp. 29-34) e che si evolve tra VI e v secolo nel segno della discontinuità (Connor, 1994, pp. 3 6-7 ) . La documentazione rivela infatti che, nel VI secolo, l'opposizione che ha valore formale è quella tra chi appartiene alla comunità in ragione della sua residenza (astos) e chi non vi appartiene in quanto stranie­ ro "di passaggio" (xenos), che è insomma la residenza a fondare l'opposizio­ ne tra chi è dentro alla comunità e chi è fuori (Ruzé, 2000, pp. 2I-3; Davies, 2004, p. 27 )16• Un dato coerente col fatto che, nel VI secolo, il legislatore Solo­ ne istituzionalizza l' idea della cittadinanza (Manville, I999, p. I72; Patterson, 2005, p. 270) e si preoccupa contestualmente di definire il ruolo dello xenos di passaggio, invece che la categoria degli stranieri residenti o meteci, cui invece erano destinate le pratiche inclusive attestate per gli inizi e la fine del VI secolo (Connor, 1994, pp. 36-7; Ruzé, 2ooo, pp. 21-3; Vidal-Naquet, 2oo o, pp. 13-5; Poddighe, 2010a, pp. 287-91; PARR. 4·7· 5·2-5.3). Diversamente, a partire dalla metà del v secolo, lo stato giuridico della residenza perde progressivamente di significato (Lévy, 1985, pp. 53-66; Ruzé, 2000, p. 25) e si fanno gradualmente più nette sia la distinzione rispetto ai meteci (Whitehead, 1977; Sealey, 1983), sia l' idea che il gruppo etnico debba vigilare su quella distinzione (Kapparis, 2005)17• Anche in questo caso il carattere della normativa è coerente con le 16. Cfr. i documenti raccolti da Ruzé (2ooo, pp. 21-5) e Davies (2004, p. 27 ). La documen­ tazione rivela che nel VI secolo il termine astos esprime l'idea dell'appartenenza alla comunità (appartenenza che può prescindere dall'origine). Solo quando la cittadinanza si lega all a con­ dizione della duplice discendenza, il termine astos passa a definire l'appartenenza al gruppo etnico. A partire da questa constatazione si spiega l'ampio campo semantico che quel termine copre tra VI e v secolo, così come l'eterogeneità delle posizioni espresse dagli studiosi rispetto all'accezione di quel termine: residenza in senso stretto (Cohen, 2000, p. 365 n 72; Hall, 2002, p. 204) o appartenenza al gruppo etnico (Sancho Rocher, 1991, p. 6o n 3; Lape, 2010, p. 21). 17. Una certa permeabilità delle barriere tra cittadini e non cittadini ancora nel v secolo è un dato frequentemente rilevato dagli studiosi e del quale occorre tenere conto ( Connor, 1994). Tale dato però non modifica il quadro generale e normativo.

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2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA funzioni storiche assegnate al dispositivo della cittadinanza che, nel VI seco­ lo, sono quelle di includere nel corpo civico chi è utile alla città. Il cittadino è nel VI secolo "chi fa", non "chi è", e il peso ridotto assegnato al tema dell'o­ rigine è funzionale a quella valorizzazione della cittadinanza "attiva'' che è la cifra della forma di cittadinanza pensata da Salone (Patterson, 2005, p. 273)18• Sempre nel segno della discontinuità appare ricostruita l'evoluzione del dispositivo della cittadinanza tra VI e v secolo relativamente alle funzioni che spettano ai cittadini per via pubblica. Anche rispetto alla dimensione politologica della cittadinanza, la metà del v secolo segna un discrimen per­ ché è a partire da quel momento che le funzioni pubbliche vengono asse­ gnate per sorteggio (Daverio Racchi, 2ooia, p. Io4) e le funzioni giudizia­ rie vengono remunerate - un passaggio quest 'ultimo che nella prospettiva aristotelica appare decisivo ( PA R. 6.8). Decisivo è, infine, il cambiamento che si determina, tra VI e v secolo, rispetto alle funzioni militari che per tutto il VI secolo sono state prerogativa di un gruppo limitato di cittadini (Pritchard, 20 04; Cartledge, 2007) e solo dopo Maratona vengono allarga­ te al ceto suboplitico, ovvero ai teti (Canfora, 20 1 1c) . Un quadro coerente disegna lo studio dei modelli o miti civici dei quali risulta progressivamente chiarita la funzionalità rispetto al carattere del­ la democrazia ateniese nelle distinte fasi della sua storia19• In particolare, a emergere con relativa chiarezza è che, nella democrazia del VI secolo, il dispositivo della cittadinanza ha operato funzionalmente all'esigenza di allargare il corpo civico e quindi di ridimensionare (prima) e di oscura­ re (poi) il tema dell'origine familiare (Connor, I994, p. 3 8 ; Ruzé, 2o o o, p. 20; Vidal-Naquet, 2000, pp. 13-5) e che a questa esigenza hanno corrispo­ sto modelli civici coerenti (Detienne, 2o o8) e operanti entro spazi diversi della società, da quello religioso a quello delle professioni - basti pensare all' ideologia civica che valorizza il tema del lavoro (Descat, 1986; Loddo, 2014) o all'introduzione di culti civici includenti come quello di Efesto e di Dioniso (Valdés Guia, 2008, pp. 9 ss.) . Ugualmente chiaro è il fatto che, in una fase successiva e diversa della democrazia ateniese, all'esigenza di conte­ nere il numero degli accessi ai benefici garantiti dalla cittadinanza ha corri­ sposto un' idea di cittadinanza escludente ed esclusiva fondata sulla superio­ rità dell'origine e sull'uguaglianza "innata" dei cittadini (Vernant, 2000, pp. 53-5; Balot, 2o o6; Champion, 2009 ). L'evoluzione che in particolare subisce il mito civico dell'autoctonia è coerente con le diverse funzioni assegnate 1 8. Diversamente Leduc (1994-95, pp. 5 9-6 0), il quale scorge nel principio della duplice ascendenza la volontà di riconoscere il ruolo femminile sul piano istituzionale. 19. Sulla diversa funzionalità dei miti civici in rapporto all'evoluzione democratica cfr. Connor (1994, pp. 34-41) e PARR. 4.8, G.u.

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA al mito stesso tra VI e v secolo (Valdés Guia, 2oo8) e prova che i miti civici sono dinamici come lo è l' idea di cittadinanza (Poddighe, 201oa; 2012). Il quadro complessivo che si definisce a partire dalla valutazione storica delle pratiche e dei modelli di cittadinanza tra VI e v secolo - con qualche semplificazione rispetto ai caratteri stabili e comuni alle diverse forme di cittadinanza, di cui si dà conto nel PAR. 2.4 - trova dunque il suo tratto sa­ liente nell'evidenza della trasformazione del dispositivo della cittadinanza in ordine alle forme assunte e alle funzioni assolte nelle diverse fasi storiche della democrazia ateniese. Ci si dovrebbe a questo punto aspettare che gli studi specificamente ri­ servati alla valutazione della cittadinanza ateniese in prospettiva diacronica diano adeguatamente conto di questa discontinuità, e in questo contesto valorizzino la ricostruzione di Aristotele, ma il quadro rivelato da questo specifico settore di studi è diverso. In realtà, il dato notevole è che in un discreto numero di studi, più e meno recenti, che hanno esaminato da vici­ no l'evoluzione della cittadinanza ateniese da Salone a Pericle, la specifici­ tà delle funzioni assolte dal dispositivo della cittadinanza nelle diverse fasi della democrazia ateniese appare intenzionalmente ridimensionata a favore di modelli interpretativi alternativi a quello utilizzato da Aristotele. Possiamo in particolare riconoscere due modelli interpretativi, diversi tra loro ma accomunati dal fatto di emanciparsi decisamente dalla prospet­ tiva aristotelica : il modello della continuous story, che nega la discontinui­ tà tra le diverse forme di cittadinanza realizzate dalla democrazia ateniese (Sancho Rocher, I 9 9 I, pp. 59-86; Vartsos, 2008, pp. 65-74) , e quello della "storia ciclica" che, pur riconoscendo la discontinuità tra le diverse forme storiche, riconduce gli agenti dell'evoluzione non a eventi storici precisi ma a leggi generali di natura sociopsicologica, leggi che determinano i modi nei quali le società organizzate democraticamente, sia antiche che moderne, elaborano la propria identità civica (Sagan, 1993, p. 146; 1995, pp. 147-59 ). In entrambi i casi si finisce per valutare l'esito cui giunge l'evoluzione della cittadinanza democratica ateniese prescindendo dagli agenti storici che hanno segnato il passaggio dalle forme del VI secolo a quelle del v. Comune agli studi che adottano il primo modello interpretativo è l ' i­ dea che l'evoluzione subita dal dispositivo della cittadinanza ateniese tra VI e v secolo non debba essere interpretata a partire dalla considerazione delle funzioni espresse nelle diverse fasi della storia democratica di Atene, e che al contrario si debba ricostruire lo sviluppo da Solone a Pericle come appun­ to una continuous story (Vartsos, 2008, p. 65). L' idea di partenza (giusta) è quella secondo la quale la normativa ateniese non ha mai rinunciato al crite­ rio della discendenza (Vartsos, 20 08, p. 65; cfr. Davies, I977 e Lape, 2010 ), 88

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA ma l'esito è quello di sottostimare il passaggio dalla fase della discendenza patrilineare (che opera dal 594 al 45I) a quella della duplice discendenza im­ posta nel 45 I, e così di valutare la normativa periclea come l'esito automatico della fase precedente (Sancho Rocher, 199I, pp. 8s-6; Vartsos, 2o o 8, pp. 6s74) invece che come una reazione alle pratiche precedenti (Connor, I994, p. 37)2.0• Si tratta di un' interpretazione che conduce a ridimensionare gli ef­ fetti delle pratiche inclusive che le fonti registrano per il VI secolo e a negare la discontinuità rispetto alle funzioni assegnate al dispositivo della cittadinanza prima e dopo il 45 1, ciò che si ottiene in modi diversi: ora considerando che le pratiche inclusive attribuite a Salone siano state inefficaci o impopolari (Sancho Rocher, 1991, pp. 67-9; Vartsos, 2oo8, pp. 6s-6), ora ritenendo che la ricostruzione aristotelica a proposito dei provvedimenti adottati da Clistene per oscurare le origini familiari dei cittadini non sia affidabile (Vartsos, 2oo 8, p. 69) o correttamente interpretata dagli studiosi moderni (Sancho Rocher, 1991, pp. 71-7), ora infine sostenendo che Aristotele non abbia compreso e reso adeguatamente il fine della legge di Pericle, che non avrebbe avuto un carattere più esclusivo delle norme precedenti (ivi, p. 8o) e anzi avrebbe ope­ rato in piena continuità con quelle pratiche (Vartsos, 2oo8, p. 6s). Il secondo modello interpretativo, adottato in due diversi studi di Eli Sagan, non nega la discontinuità, che anzi rappresenta il punto di partenza della riflessione (Sagan, 1993, p. 146; 1995, pp. I47-59 ). Ciò che infatti Sagan si propone è capire le ragioni che spiegano il passaggio da una forma di cit­ tadinanza come quella definita alla fine del VI secolo dalla riforma di Cliste­ ne, che oscura formalmente l'origine familiare, a quella regolata dalla legge di Pericle a metà del v secolo, che la recupera e la radicalizza (Sagan, I995, pp. I S O-I). In questo caso l'emancipazione dalla prospettiva storica aristote­ lica è riconoscibile nella scelta di spiegare quell'evoluzione a partire da una legge generale che conduce ciclicamente le società organizzate democrati­ camente, sia antiche che moderne, a ripensare la propria identità civica2.1• 20.

Anche la Lape enfatizza la continuità rispetto al criterio della discendenza (Lape,

lO IO, pp. l l-3). li. La riflessione di Sagan prescinde dalla considerazione di quei motivi di tendenza che rappresentano il più vicino termine di confronto alla sua teoria. Mi riferisco al dato gene­ rale rilevato dagli studiosi relativamente all'evoluzione che il dispositivo della cittadinanza subisce nelle società organizzate democraticamente : il fatto cioè che l'evoluzione risulti ten­ denzialmente conforme a un modello comune che conosce una serie di fasi progressive e che tipicamente combina, nella fase più matura del processo di democratizzazione, l 'aumento per qualità e quantità delle spettanze riconosciute ai cittadini con la chiusura della citta­ dinanza. Si tratta di una tendenza osservata dagli studiosi non solo nella realtà delle poleis greche (Ruzé, looo, p. lo ) , ma anche nelle democrazie moderne e contemporanee (Carrier, lOOO, pp. 199-ll l).

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA La teoria della chiusura ciclica viene argomentata da Sagan nel modo più articolato nell 'ambito di un lavoro sulla cittadinanza ateniese come for­ ma «psicosociale di identità » (ivi, pp. I47-59 ) . Qui Sagan, partendo dalla constatazione che, di norma, nelle società organizzate democraticamente, a una fase nella quale la cittadinanza progressivamente si emancipa dai vinco­ li della parentela e del sangue (kinship) segue una fase nella quale l' identità civica cerca nuovamente in quei valori la propria coesione e forza, interpreta la chiusura della cittadinanza ateniese come la soluzione trovata dalla de­ mocrazia ateniese a quella che lo studioso definisce « the age of anxiety » (ivi, pp. I50-1)2.2.. Pur partendo da presupposti diversi, l'esito cui giungono i due diversi modelli interpretativi è lo stesso: in entrambi i casi infatti si finisce per valu­ tare l'esito dell'evoluzione prescindendo dalla considerazione degli agenti storici che hanno segnato il passaggio dalle forme del VI secolo a quelle del v. Un esito che rappresenta l'opposto esatto dei risultati cui giunge la rico­ struzione aristotelica. Se consideriamo i criteri interpretativi attraverso i quali Aristotele valuta l'esito dell'evoluzione ateniese, ossia la forma specifica assunta dalla cittadi­ nanza democratica a metà del v secolo, è facile riconoscere che anche rispetto a questo tema specifico Aristotele rifugge da modelli interpretativi astratti e schemi generali e, al contrario, valorizza i dati storici. Egli riconosce la discon­ tinuità tra la fase che precede e quella che segue il conflitto persiano e parte dallo studio degli eventi storici per spiegare quella discontinuità ( PARR. 3.5, 3.7, 6.2-6.4). Aristotele non prova nemmeno a identificare leggi generali capaci di spiegare l'evoluzione ateniese e riserva la sua attenzione ai bisogni concreti ai quali il dispositivo della cittadinanza ha dato soluzioni e risposte. Del resto, questa esigenza di costruire un modello teorico che spieghi in modo meccani­ co i fenomeni di chiusura e allargamento della cittadinanza non si riconosce neppure in sede teorica. Quando infatti nella Politica Aristotele intende de­ finire la legge che regola la politica di cittadinanza delle comunità politiche (democratiche e non), la sola regola che riconosce, tanto ovvia e schematica quanto plausibile, è quella del numero. Ovvero interpreta in generale i fenome­ ni della chiusura e dell'allargamento della cittadinanza a partire dall'esigenza storica contingente di allargare o restringere il corpo civico (Pol. 1278a 26-34). È indicativo che, in questa riflessione di carattere generale e sistematico, egli riconosca più spesso nelle democrazie l'esigenza di allargare il corpo 22. Cfr. Sagan (1993, p. 146): «When Cleisthenes instituted the democracy, he aboli­ shed the old tribal system of four kinship tribes and substituted a purely politica! system of ten "tribes" based on residence, not birth. Any dissolution ofkinship forms of social cohe­ rence will provoke an anxiety of separation ».

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA civico (Pol. I3I9b I9-27 ) e nelle oligarchie la scelta di valorizzare i legami di parentela13• Ugualmente sintomatico è che, nel caso specifico della demo­ crazia ateniese, Aristotele rifletta sulla tendenza inclusiva che ha contraddi­ stinto la democrazia riformata da Clistene a partire da provvedimenti con­ creti. È, inoltre, a partire dalla considerazione dei motivi tendenziali delle democrazie - dati storici che lo studioso ha ricavato dallo studio dei docu­ menti - che Aristotele è condotto a pensare lo sviluppo successivo della cit­ tadinanza democratica ateniese nel segno della discontinuità: uno sviluppo non coerente con la tendenza delle democrazie e discontinuo rispetto alle pratiche precedenti. La logica dello sviluppo viene seguita secondo il metodo che lo scienzia­ to della politica ha definito in sede teorica e del quale sono due i principi costitutivi: 1. identificare gli agenti del cambiamento in eventi storici ben precisi; 2. valutare le conseguenze di quegli eventi non solo sul piano della pratica istituzionale, ma anche sul piano della mentalità. Rispetto al primo punto, è noto che Aristotele identifica gli agenti dell'e­ voluzione che hanno mutato la democrazia ateniese nella forma assunta a metà del v secolo nelle conseguenze di un evento storico ben preciso: la vit­ toria nelle guerre greco-persiane. Delle qualità storiche della sua interpreta­ zione rispetto a questo preciso evento si tratterà successivamente ( PARR. 6.26.4 ) , ora basti considerare che la ricostruzione aristotelica - ricca e precisa sul piano documentario e perciò in grado di riconoscere la precoce valoriz­ zazione ideologica della prima vittoria, quella di Maratona - è guidata dalla riflessione sulla natura fortuita e non predeterminabile dell'esito del con­ flitto. A "democratizzare" la democrazia ateniese non è, secondo Aristotele, una legge di necessità fondata su una visione teleologica della realtà, ma un evento storico che - sottolinea Aristotele - fu l'esito di circostanze fortuite (Pol. I 274a I2; PAR. 3·7 ) . Ugualmente riconoscibile è il modo in cui opera Aristotele quando valuta gli effetti della prima e delle successive vittorie con­ tro i persiani sul piano della mentalità democratica. Egli valuta gli sviluppi istituzionali seguiti alle vittorie in rapporto alla nuova idea di "uguaglianzà' e "parità democratica". È in questa prospettiva che Aristotele riflette a largo raggio sulle ricadute istituzionali della vittoria, partendo dalla prima attiva­ zione di uno strumento legislativo come l'ostracismo (esilio) (Ath. Pol. 22.3 ) che mette in diretto rapporto col nuovo ethos democratico che quella pratica assecondava e tutelava (Pol. I 284a 1 1 -22 ) , fino alla rassegna dei benefici eco­ nomici assicurati dall' impero di Atene ai cittadini ateniesi (Ath. Pol. 24.3 ) , 23. La possibilità che una comunità statale affidi la sua conservazione alla valorizzazione dei legami di sangue è un'opzione che Aristotele afferma essere scelta tendenzialmente da regimi non democratici (Pol. 1309a 23-24).

9I

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA ciò che rende adeguatamente conto della legge sulla cittadinanza emanata da Pericle: del fatto cioè che attraverso il criterio della duplice ascendenza si intendesse contenere il numero degli accessi a quei benefici (Ath. Pol. 26.3). A essere indicativa dal fatto che Aristotele studiasse l'evoluzione della democrazia ateniese secondo una prospettiva globale è l'evidenza che non si è limitato a cercare gli agenti dell'evoluzione nella storia politica e nella pra­ tica istituzionale democratica e ha invece cercato dati utili alla sua indagine ovunque la riflessione degli ateniesi sulle istituzioni della loro democrazia si è accompagnata all'evocazione dei loro modi di pensare rispetto ai caratteri costitutivi della cittadinanza democratica, ovvero alla giustizia e all'ugua­ glianza. Quest 'ultimo nesso assume infatti una rilevanza particolare nella riflessione teorica aristotelica, non solo in rapporto al fatto peculiarmente democratico di concepire la giustizia nei termini di una forma di uguaglian­ za (Pol. I 28oa I2), ma più in generale in rapporto al ruolo esercitato dai giudici come garanti dell'uguaglianza e in quanto tali interpreti delle leggi ateniesi: di quelle scritte (nomoi) e di quelle non scritte. È indicativo della volontà aristotelica di studiare il tema globalmente il fatto che abbia cercato spunti di riflessione fuori dalla storiografia ufficiale. Quando, ad esempio, l'attenzione di Aristotele si sposta sulla concezione della giustizia ateniese come forma di uguaglianza, egli integra alle sintesi storiche di Erodoto e di Tucidide - che non assegnano al tema della giusti­ zia alcuna rilevanza - informazioni attinte da altro materiale. Non è diffi­ cile capire dove Aristotele abbia potuto trovare i dati relativi agli ethe degli ateniesi. Innanzi tutto negli epitaphii o discorsi funebri, dove la celebrazione dei caratteri costitutivi della democrazia ateniese combina tipicamente la rievocazione di pratiche istituzionali e di modelli civici (Fouchard, 2000, pp. 36-40) e dove più che altrove si affronta il tema del rapporto tra giustizia e uguaglianza. Dopo le guerre greco-persiane, all' interno dell'orazione fu­ nebre si sviluppa l' idea che la giustizia debba essere identificata con il prin­ cipio dell'uguaglianza innata dei cittadini ateniesi (Loraux, I993· p. I73). In questo genere retorico, peculiarmente ateniese e nato dopo le guerre greco­ persiane (ivi, p. 78), Aristotele trova ciò che gli ateniesi pensavano della loro giustizia e della loro uguaglianza: un'uguaglianza posta sotto la tutela delle leggi scritte, ma anche di quelle non scritte (Thuc. 2.37; Gorgia DK, 82 B) e innata nella stirpe degli ateniesi (Lys. 2; Plat. Menex. 237a-23 9a; Hyp. 6). Al materiale contenuto in quel genere retorico - trattato generalmente in modo assai sommario (Canfora, 2o1 1b, pp. s ss.) - Aristotele ha inteso inve­ ce destinare una riflessione capace di identificare l'idem sentire dei cittadini in tema di giustizia e di uguaglianza. La sua riflessione su questi temi, che parte dall' idea di un collegamento diretto tra l'ampliamento e il rafforza­ mento delle funzioni giurisdizionali delle giurie popolari e l'accrescimento 92

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA della consapevolezza popolare che fu l'esito principale della vittoria contro i persiani (Mara, 200 2, p. 320 ), dovette essere guidata dalla conoscenza dei contenuti di quel genere retorico, ovvero dalla conoscenza dei modi tipica­ mente ateniesi di rappresentare la nozione di giustizia e di legalità. Il secondo ambito nel quale Aristotele poteva "cercare" i caratteri costitu­ tivi della democrazia ateniese è quello della retorica giudiziaria, dove la giu­ stizia e l'uguaglianza degli ateniesi appaiono rievocate nei termini di valori assoluti la cui tutela è affidata alle giurie popolari. Si tratta di un genere re­ torico che Aristotele conosce bene e che plausibilmente ha alimentato la sua riflessione sulle forme in cui la nuova idea di cittadinanza delineata da Pericle ha ridefinito le nozioni di giustizia e di uguaglianza. Occorre infatti tenere conto del fatto che, dopo la riforma del sistema giudiziario a opera di Efialte (PARR. 6.7-6.8) e dopo la riforma della legislazione in materia di cittadinanza voluta da Pericle (PAR. 6.I3) , la funzione di decidere in via definitiva di tutte le questioni pertinenti l'origine degli ateniesi fu demandata ai cittadini giudici (Cohen, 2003; Scafuro, I994) e che le procedure attivate a questo scopo sono state indicativamente assimilate a quelle adottate all'interno delle fratrie (Po­ lito, I997, p. I6I). I temi relativi all'uguaglianza innata degli ateniesi, soprat­ tutto quando si trattava di decidere sulle questioni ereditarie, dovevano essere frequentemente evocati ed è in quello scenario culturale che probabilmente trova la sua più plausibile giustificazione la legge sulla cittadinanza (PAR. 6.I3). In conclusione, rispetto al problema specifico dell'evoluzione della de­ mocrazia e della cittadinanza ad Atene, il paradigma adottato da Aristotele appare chiaro. Aristotele sceglie di "pensare" l'evoluzione a partire dal tema della di­ scontinuità delle funzioni assegnate alle pratiche e ai modelli civici nelle di­ verse fasi della storia democratica ateniese. Sono funzioni che egli si sforza di comprendere rispetto alle seguenti questioni: quali bisogni contingenti soddisfano ? Quale idea di uguaglianza definiscono ? In rapporto a qua­ li temi ? Per descrivere le "idee" o "forme" di cittadinanza declinate dalla democrazia ateniese nel corso del secolo e mezzo che passa tra le leggi di Solone e quelle di Pericle, Aristotele identifica di volta in volta gli agenti storici e gli indicatori del cambiamento. Allo scopo di comprendere in che modo la forma di cittadinanza in atto abbia corrisposto, di volta in volta, all'esigenza di rappresentare il piano su cui l'uguaglianza degli ateniesi era pensabile, Aristotele allarga lo spazio dell' indagine e riconosce i mutamenti della mentalità democratica in tema di cittadinanza laddove i modelli civici si sono più chiaramente espressi. Il paradigma interpretativo aristotelico può essere a questo punto valu­ tato in rapporto a due ulteriori aspetti: 1 ) l' interesse di Aristotele per la di­ mensione egualitaria della cittadinanza democratica (e le modalità secondo 93

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA le quali ha descritto la logica dello sviluppo dell' idea di cittadinanza dalla fase predemocratica a quella democratica) ; 2) la soluzione data da Aristotele al problema di datare l'emergenza della cittadinanza democratica ad Atene.

2. 4 La sostanza democratica della cittadinanza : la dimensione egualitaria Si è osservato che nella prospettiva di Aristotele (come di altri autori an­ tichi) è rilevante il fatto che la cittadinanza rappresenti in democrazia il dispositivo concettuale attraverso il quale "pensare" l'uguaglianza del po­ polo, il demos, e in particolare della sua parte non ricca. Al demos infatti la cittadinanza garantisce, in totale indipendenza dal censo, una "uguale" li­ bertà. Parliamo della libertà fisica, di quella giuridica e soprattutto di quella politica, che si esprime nella possibilità di votare nei tribunali e nelle assem­ blee popolari, ovvero nella facoltà di controllo e critica dei governanti che rappresenta l' incarnazione dell 'idea democratica di libertà14• È indicativo di questo orientamento delle fonti non solo lo spazio che alla dimensione egualitaria della cittadinanza democratica ha riservato Aristotele, ma anche l' interesse che gli ha riservato uno storico come Erodoto, di norma meno interessato ai temi costituzionali, e che pure su quella dimensione della cit­ tadinanza democratica ha voluto riflettere sia sul piano generale sia in rap­ porto alla vicenda democratica ateniese. Che la dimensione egualitaria della cittadinanza assuma nelle fonti una rilevanza proporzionale alla sua sostanza democratica, ovvero alla sua ca­ pacità di esprimere l'uguaglianza della parte non ricca e maggioritaria del demos, è un dato notevole sul quale occorre riflettere. È infatti un tratto distintivo della cittadinanza democratica greca, che non si trova nell'espe­ rienza romana, e che rappresenta il primo riferimento filosofico e politico della "storia" dell'uguaglianza. La definizione teorica più puntuale di questo carattere della cittadinanza democratica - del fatto cioè che essa consente di pensare per la prima volta l'uguaglianza dei poveri - è nella Politica, laddove Aristotele considera la dimensione socio-politica del demos e definisce il carattere della democra­ zia. Il popolo - osserva Aristotele - è in teoria l' insieme dei cittadini liberi, 24. Sulla libertà politica che si esprime col voto e sul fatto che quelle funzioni siano l' incarnazione dell' idea democratica Aristotele è ancora più esplicito nella Costituzione degli Ateniesi, quando afferma che « una volta divenuto padrone del voto, il popolo è padrone dello Stato» (Ath. Pol. 9.1). Cfr. PAR. 4.6 e Appendice 2.

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2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA ma in realtà è la parte più cospicua dei cittadini, vale a dire i poveri, che nel regime democratico detengono il poteres. I poveri, continua Aristotele, sono incidentalmente i più numerosi, ma a definire il carattere democratico di un regime non sono i criteri numerici, bensì i criteri sostanziali come la ricchezza e la povertà. Il tratto distintivo della democrazia è perciò il fatto che i poveri partecipano dell 'autorità sovrana (Pol. I279b 39-I28oa 6, I290a 30-I29 ob 3 ) . Il significato della riflessione aristotelica è stato adeguatamente riconosciuto e valorizzato dagli studiosi ( PAR . I.2 ) , ma il dato sul quale qui si vuole riflettere è la coerenza della posizione aristotelica rispetto a quella as­ sunta da altri scrittori antichi a proposito della specificità della cittadinanza democratica, del fatto cioè che essa permette di pensare l'uguaglianza della parte non ricca e maggioritaria del demos. I confronti che appaiono più si­ gnificativi sono quelli con gli autori che fanno cenno alla fase dell'emergen­ za di una nuova nozione di uguaglianza con riferimento al demos ateniese. Il primo a chiamare col termine "demos" la parte più povera della popo­ lazione ateniese è Salone, il quale rivendica il merito di aver dato per la prima volta a quella parte della popolazione ateniese la libertà, la tutela giuridica e una funzione politica ( 30 G.-P.2. , 36 W2.; Raaflaub, 1996, p. 1038; Werlings, 2010, pp. 25 2 ss. ) . L'allargamento di questi diritti fondamentali ai poveri si spiega a partire dalla nuova idea di uguaglianza che lo stesso Salone rivendi­ ca di aver realizzato con un'azione politica e legislativa di segno demotico: quella secondo cui tutti gli ateniesi venivano posti in modo "uguale" (ho­ moios) davanti alle leggi (Mossé, 2oo6, pp. 23-4) . Secondo la ricostruzione aristotelica, quella forma di uguaglianza che Salone aveva realizzato per la parte maggioritaria (e più povera ) degli ateniesi contemplava l'esercizio delle cariche (archai) collettive e perciò sovrane: il diritto di voto in assemblea e 25. Aristotele è consapevole che il termine "demos" ha un duplice valore: quello istitu­ zionale, secondo cui il demos è la totalità dei cittadini liberi, e quello politico, che serve a identificare la parte povera (e più cospicua) della cittadinanza. Per questa varietà semantica del termine cfr. Moggi ( 2004 ) e Werlings ( 2010, pp. 226-66 ) e Faraguna ( 2012, pp. 176 ss.). Quando Aristotele riflette sul significato politico del termine "demos" in rapporto alla defi­ nizione di "democrazia", la sua maggiore preoccupazione è chiarire che la regola della maggio­ ranza è solo accidentalmente democratica: essa è tale soltanto se la maggioranza dei cittadini che detiene il potere è povera. Coerente è la definizione erodotea secondo la quale la demo­ crazia è il regime che « accresce il peso» del plethos ( 3.80.6 ) , ovvero della parte più povera del popolo. Rispetto all'evidenza che il potere del demos sia di fatto il potere dei più poveri (che sono più numerosi), gli atteggiamenti riconoscibili nelle fonti sono di due tipi: da un lato c 'è la propaganda democratica, che non era interessata a sottolineare le differenze sociali all'interno della comunità civica (Ober, 1989, p. 291; Epstein, 2011, pp. 90 ss.), dall'altro c 'è la posizione dei detrattori del sistema democratico, che invece fanno ricorso al termine demos in senso qualitativo, ovvero come massa di poveri (Moggi, 2004 ) . Per l 'uso analogo di plethos cfr. Arist. Ath. Pol. 20.1 (Rhodes, 1981, p. 245; Ostwald, 1986; Manville, 1990, p. 185 e n 87 ).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA nei tribunali popolari ( Carlier, 2004; PAR. 4.6). Essa invece non prevedeva il diritto di accedere alle cariche individuali e al Consiglio, un diritto quest'ul­ timo che, secondo le testimonianze di Erodoto e di Aristotele, fu allargato ai cittadini più poveri solo da Clistene2.6• Lo sviluppo successivo dell ' idea de­ mocratica di cittadinanza, tale da includere in modo più ampio e stabile, i poveri ateniesi, si deve dunque all'azione demotica di Clistene. Al riguardo Aristotele afferma, evidentemente sulla base di Erodoto, che Clistene grazie all'appoggio del demos diede la politeia alla massa popolare, al p/ethos (Ath. Pol. 2o.I), ciò che faceva la costituzione riformata da Clistene « molto più democratica » di quella soloniana (Ath. Pol. 22.1). Secondo questa ricostru­ zione, che gli storici moderni sostanzialmente accolgono, la parte sociale che beneficiò della riforma clistenica è da identificare con la parte maggioritaria e povera della popolazione cittadina (cfr. ora Valdés Guia, 20IO, p. 74), ciò che conduce a considerare come largamente coincidenti gli interessi del de­ mos che aveva sostenuto il programma di riforme prospettato da Clistene e quelli del p/ethos. È un demos che lo stesso Erodoto ha modo di definire « fino ad allora [proteron] escluso da tutto» (5.69.2) e ancora «privo di qual­ siasi veste istituzionale » ( Moggi, 2004, p. I3). Alla possibilità di considerare largamente coincidenti gli interessi del demos e del p/ethos non toglie valore l'argomento secondo cui il supporto popolare evocato da Erodoto e Aristote­ le andrebbe ragionevolmente inteso come un supporto ampio27, non limitato cioè agli strati più poveri del demos. Infatti, si è già osservato che era possibi­ le dare allo stesso termine "demos" significati diversi e perciò utilizzarlo per identificare sia la totalità dei cittadini sia la parte povera della cittadinanza. In questo quadro, è possibile che la stessa descrizione aristotelica dell'alleanza fatta da Clistene col demos per beneficare il p/ethos (Ath. Pol. 2o.I) avesse un valore « tassonomico» ( Camassa, 2000, pp. 48-9 )28• Il dato rilevante, però, che qui conta sottolineare, è che lo scopo e l'esito di quell'adesione popola­ re al programma clistenico sono quelli che Erodoto e Aristotele descrivono: l'allargamento del potere politico ai poveri e, particolarmente, l'accesso dei poveri al nuovo Consiglio29• 26. Diversamente Valdés Guia (2002, pp. 36 ss.; 2008, pp. 28, 76), la quale ipotizza che Solone avesse ammesso i teti al Consiglio ( PAR. 4.6). 27. Camassa (2ooo, pp. 48-53). Riguardo alla composizione sociale delle forze ateniesi alleate con Clistene, si deve anche tener conto della possibilità che la boule impegnata a resistere contro gli avversari di Clistene (Isagora e Clistene) fosse quella dei Quattrocento (Loddo, 2012, p. 75). 28. Così anche Ober (1996, pp. 38-9). 29. Né toglie valore a questa ricostruzione il dato giustamente sottolineato dagli studiosi che a partecipare al Consiglio non furono, almeno inizialmente, quelli recentemente benefi­ ciati dalla riforma, ma i rappresentanti dei ceti medio-alti (Pritchard, 2004; Cardedge, 2007 ) .

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA In definitiva, da Salone, passando per Erodoto e fino ad Aristotele, il dato saliente che esprime l' idea emergente di uguaglianza così come matura nel corso del VI secolo è quello di una progressiva emancipazione dalla con­ dizione del censo che si realizza attraverso idee diverse di cittadinanza de­ mocratica: idee delle quali Aristotele vuole conoscere i caratteri distintivi. Ora, affinché siano chiari i termini nei quali l'emergenza e l'evoluzione della cittadinanza democratica sono pensate da Aristotele, conviene breve­ mente dare conto del modo in cui egli descrive i caratteri costitutivi della cit­ tadinanza predemocratica e di ciò che si deve intendere per cittadinanza "p re­ democratica". Al riguardo conviene ricordare che già prima dell'emergenza della democrazia la cittadinanza definiva l'uguaglianza di chi era dentro alla comunità politica (Maffi, I999, p. 19 ). La nozione di cittadinanza nasce come appartenenza di un individuo a una comunità politica e di diritto e la dimen­ sione dell'uguaglianza è già propria di quella originaria nozione di apparte­ nenza. Si tratta però di forme di uguaglianza e di appartenenza che utilizzano il censo come unico parametro. Possiamo contare per questa fase embrionale della cittadinanza su alcuni dati condivisi, a cominciare dalle dinamiche che segnano l'emergenza della cittadinanza come "appartenenza a una comunità di uguali" nel VII secolo. All'origine della nozione di cittadinanza si ricono­ scono in particolare due dinamiche interrelate e comuni alla realtà eteroge­ nea delle città greche: da un lato, un processo tensivo verso l'uguaglianza che si deve all'azione storica di gruppi sociali ben precisi - gli individui che sono in grado di armarsi e di difendere il territorio della "città nascente" - il cui profilo appare antagonista rispetto ai privilegi delle aristocrazie tradiziona­ li (Davies, 2004, pp. 26-7 ); dall'altro, la volontà di proteggere da intrusioni esterne i diritti e le identità acquisiti come esito di quell'azione storica. Al termine di questa fase, che si compie in alcuni Stati come Argo, Sparta e Ate­ ne entro il VII secolo, "chi appartiene" e "chi è uguale" può esercitare le fun­ zioni fondamentali (Maffi, 1999, p. 19 ). La nozione di cittadinanza esprime già l' idea dell'appartenenza come partecipazione, anche se si tratta di una partecipazione che non si declina nella forma democratica del "partecipare" (koinonein o metechein ) 30 alle funzioni giudiziarie e deliberative che i teorici antichi riconoscevano come il tratto costitutivo della cittadinanza "attivà' (Plat. Nom. 768b; Arist. Pol. 1275a 22-23). Si tratta però di una forma di ap­ partenenza che attraverso la cittadinanza stabilisce i confini tra chi è dentro e chi è fuori. Già in questa fase predemocratica lo status della cittadinanza rappresenta il mezzo per fondare e codificare l' identità di chi è dentro alla comunità nei confronti di chi è fuori (Manville, 1990; Maffi, 1999 ). p.

30. Per una riflessione sulla terminologia cfr. Hedrick (1994, pp. 296-7 ) , Rhodes (2009, 61) e Ventura (2009, pp. 122 ss. ) .

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA La differenza sostanziale tra le forme dell'uguaglianza e dell' apparte­ nenza (nonché dell 'esclusione) prospettate dalla cittadinanza prima e dopo l'emergenza della democrazia risiede nel fatto che la cittadinanza predemo­ cratica dà a quelle forme una connotazione cetuale, relativamente stabile e poco complessa rispetto alle regole del funzionamento. Dopo l'emergenza della democrazia, invece, la progressiva emancipazione (almeno formale) da quella connotazione cetuale si svolge nel segno della sperimentazione e della proposizione di forme sempre diverse di uguaglianza. Volendo pren­ dere in prestito il linguaggio della sociologia, potremmo dire che la cittadi­ nanza predemocratica possiede un livello di "riproducibilità" non elevato e perciò utilizza « regole di funzionamento più ridotte » (Gilli, I988, p. I64). Al contrario, la cittadinanza democratica sperimenta regole di funziona­ mento assai più articolate in rapporto all 'esigenza di definire nuovi para­ metri che fondano l'appartenenza e l'uguaglianza (e dunque l'esclusione e la disuguaglianza) . Se proviamo a capire la logica dello sviluppo tra il prima e il dopo, occor­ re necessariamente confrontarsi con la ricostruzione che Aristotele propo­ ne per il caso ateniese. Egli ricostruisce l'evoluzione della dimensione egua­ litaria della cittadinanza a partire dalle sue origini, che fissa correttamente prima dell'emergenza storica della democrazia, e riconosce in quel contesto predemocratico la dimensione cetuale dell 'appartenenza e dell'uguaglian­ za. Il modello della cittadinanza di tipo oplitico corrisponde, nella ricostru­ zione aristotelica, alla forma della cittadinanza definita da Draconte nella seconda metà del VII secolo. Si tratta di una ricostruzione discussa dagli sto­ rici (PAR. 3 .5), ma anche i più critici (cfr. Mossé, 2006, pp. 20-I) sono dispo­ sti a riconoscere l'autenticità della ricostruzione aristotelica rispetto ai dati fondamentali, ovvero al fatto che in questa fase lo status della cittadinanza fosse prerogativa della ristretta minoranza di quanti grazie alle proprie so­ stanze «potevano procurarsi le armi » (Ath. Pol. 4.2 ) . L'appartenenza ha dunque in questa ricostruzione una connotazione cetuale, come del resto l'esclusione, che accomuna infatti categorie diverse di residenti poveri, den­ tro e fuori dal gruppo etnico: gli altri ateniesi, che possono essere mantenuti in una condizione di dipendenza assimilata dalle fonti a quella degli schiavi, gli stranieri che lavorano ad Atene e gli schiavi, che in questa fase non ap­ paiono ancora impiegati in maniera massiccia come invece avverrà dopo la liberazione degli ateniesi asserviti a opera di Solone (par. 4.2) . Il processo viene ricostruito come la graduale inclusione e omologazione di categorie prima escluse. Attraverso questo passaggio dal "fuori" al "dentro", il "den­ tro" della cittadinanza muta la propria configurazione così da includere parzialmente la fascia del cosiddetto ex fuori: dipendenti e stranieri utili (PAR. 4·7 ). Anche la fascia del "fuori" d'altra parte viene contestualmente

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA ricostituita. Quando quelli del gruppo etnico cessano di essere disponibili per lavori di dipendenza, aumenta infatti il numero degli esclusi dipendenti (Finley, I 9 8 I, p. ns). Questo allargamento dell'uguaglianza democratica, sempre selettivo, sia per quanto riguarda il novero degli inclusi sia per quan­ to riguarda i diritti che sono oggetto di allargamento, mutevoli a seconda delle fasi democratiche, viene ricostruito in rapporto a un profilo preciso: la prioritaria esigenza di pensare nuove e sempre diverse forme di uguaglianza e di omologazione per i poveri. Naturalmente non tutti sarebbero stati capaci di valorizzare adeguata­ mente le potenzialità del tema. Per questo ci vuole, appunto, un Aristotele.

2. 5 Emergenza e sviluppo dell' idea di cittadinanza democratica ad Atene Nel caso della democrazia ateniese, l'evoluzione può essere seguita nell'arco del ciclo storico che va dalla fase dell'emergenza della nozione di cittadi­ nanza democratica, agli inizi del VI secolo, fino a quando le variazioni in­ tervenute rispetto alla definizione del gruppo dei cittadini e delle loro spet­ tanze raggiungono, a metà del v secolo, un punto oltre il quale l'evoluzione successiva non appare in grado di modificare sostanzialmente le pratiche della cittadinanza né i modelli civici. Questo ciclo si compie ad Atene nel corso del secolo e mezzo che passa tra Solone e Pericle. Dopo Pericle, infatti, sebbene non sia cessata la lotta secolare per la cittadinanza, non fu mai più messo in discussione il principio della cittadinanza purosangue. Dunque, la fase dell'emergenza. Si è osservato che in Grecia la nozione astratta ed egualitaria di cittadinanza nasce prima della democrazia e non è un' invenzione ateniese (Maffi, I999, p. I9; Vernant, 2000, pp. 57-8). È inve­ ce un'acquisizione di quella forma comune di Stato-oplitico all' interno del­ la quale il dispositivo concettuale della cittadinanza serve a identificare, già intorno alla metà del vn secolo a.C ., il gruppo dei proprietari terrieri e dei guerrieri che in quanto tali accedono in via esclusiva a una serie di benefici: il possesso della terra, il diritto di partecipare ai culti, di sposarsi, di essere parte delle strutture comunitarie quali la tribù, la fratria, l'assemblea popo­ lare31. La forma democratica di cittadinanza interviene solo in una fase suc­ cessiva, e peraltro non si afferma ovunque né si articola sempre nello stesso 31. Sul modello di cittadinanza oplitica resta fondamentale il contributo di Wilamowitz (2oi i); cfr. anche Canfora (2oi ic). Una recente rassegna di studi con ampia disamina dei problemi affrontati dalla ricerca storica in Echeverria Rey (2oo8, pp. 66-71).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA modo (Davies, 2004, pp. I9-30 ) . Il modello ateniese, che non è l'unico, è però tra i più rilevanti. Non vi è dubbio, infatti, che la democrazia ateniese abbia realizzato le sperimentazioni più significative rispetto a un modello di cittadinanza comune ad altre realtà democratiche greche : quello nel quale si realizza l'emancipazione dello statuto civico (prima) e della piena citta­ dinanza (poi) dalla proprietà e dal censo, con la conseguente e progressiva inclusione nel gruppo dei cittadini di quanti, pur essendo dentro al gruppo etnico, erano stati precedentemente lasciati fuori dalla comunità politica (Davies, 1996, pp. 6o9-I7 ). È a partire dal momento in cui la nozione di cittadinanza si emancipa dal censo (e perciò si connota in senso democratico) che ha inizio la sperimenta­ zione ateniese rispetto al "gioco del dentro e del fuori" ( PA R. 2.2 ) . Tale spe­ rimentazione si contraddistingue per alcuni caratteri fondamentali: alcuni contenuti essenziali della cittadinanza democratica, quelli che ne determina­ no l'emergenza storica, ricevono una formalizzazione relativamente stabile, mentre cambiano notevolmente nel corso del secolo e mezzo che passa tra Solone e Pericle - i due politici ateniesi cui si deve il maggiore sforzo nor­ mativa nel senso della definizione dei criteri di accesso al corpo civico - i parametri attraverso i quali si definisce la cittadinanza per nascita. A operare stabilmente nel dispositivo della cittadinanza democratica è in primo luogo il principio che la nozione di cittadinanza in quanto democratica, ovvero fa­ vorevole al popolo (il demos) e in particolare alla parte non ricca del demos (che è anche la parte maggioritaria), deve emanciparsi dalle condizioni pa­ trimoniali. Tale emancipazione è riconoscibile sia rispetto alla definizione di una serie di spettanze o benefici dei quali tutti i cittadini devono godere (la libertà fisica, la tutela giuridica e il diritto di esprimere i poteri sovrani attra­ verso l'esercizio delle cariche di durata illimitata, ovvero votando dentro ai tribunali popolari e dentro all'assemblea) sia rispetto alla funzione guerriera che opera diversamente tra VI e v secolo. Nel VI, quando le funzioni guerrie­ re sono solo quelle collegate al censo, è cittadino anche chi non combatte; nel v, quando una parte delle funzioni guerriere si emancipa dal censo, il cittadino combatte anche se non appartiene alle prime tre fasce censitarie. A essere decisamente instabile è invece la definizione legale della citta­ dinanza per nascita, ovvero a cambiare sono le modalità attraverso le quali la democrazia utilizza i dati relativi all'origine dei cittadini quale parame­ tro attraverso il quale definire la condizione del cittadino legittimo (Davies, 1977 ). La decisione di mantenere come unico criterio di accesso alla citta­ dinanza quello della nascita - una decisione da valutare in diretto rapporto con l'affermazione della regola che il censo non dovesse più costituire un requisito di accesso alla cittadinanza, e dunque a quelle forme di uguaglianza che la cittadinanza prospettava - impose di dare una definizione legale delIOO

2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA la cittadinanza per nascita. Il punto è che le leggi emanate per definire for­ malmente la legittimità della nascita, e dunque della cittadinanza, cambiano notevolmente dagli inizi del VI alla metà del v secolo e che le variazioni sul tema sono decisamente rilevanti. Per tutto il VI secolo e fino alla metà del v, la condizione del cittadino di nascita è determinata dalla nascita da padre cittadino sposato secondo le leggi. Ad abilitare alla cittadinanza è dunque il fatto di essere nati da un matrimonio legittimo, non la condizione (cittadina o straniera) della madre, che è ininfluente ( Lape, 2002; Cox, 20 1 1 ) . A partire dal v secolo, invece, la normativa sulla cittadinanza si modifica attraverso la prescrizione della condizione cittadina della madre, mentre la condizio­ ne del matrimonio perde un po' della sua importanza rispetto alla funzione di legittimare il cittadino, se non altro perché cessa di rappresentare l'unico requisito imposto per formalizzare lo stato di nascita legittima ( Cantarella, I997; Bertazzoli, 2005; Carawan, 2008; PAR. 6.I3 ) . D'altra parte, nel corso di questa evoluzione, e prima che si scegliesse di vincolare la condizione del­ la cittadinanza alla discendenza da genitori entrambi cittadini, alla fine del VI secolo interviene una disposizione normativa apparentemente di segno contrario, che prescrive l'oscuramento del patronimico e così oscura formal­ mente l'origine familiare dei cittadini ateniesi ( Ducat, I992; Loraux, I996; Poddighe, 20ioa) . A rendere più complesso il quadro è il fatto che ogni in­ tervento sullo statuto civico è da porre in rapporto diretto con quelle rifor­ me politiche che, di volta in volta, hanno ridefinito le spettanze dei cittadini e dunque ripensato le forme di uguaglianza tra i cittadini. Ciò da cui discen­ dono due corollari: che le forme di cittadinanza declinate dalla democrazia ateniese tra Solo ne e Pericle sono diverse tra loro e che ogni riconsiderazione di quelle forme di cittadinanza deve partire dalla comprensione della loro diversità. Naturalmente non mancano dei fattori stabili, definiti nella fase dell'emergenza della nozione di cittadinanza democratica e che sono al cen­ tro della riflessione teorica antica e moderna : sono gli strumenti concettuali elaborati contestualmente alla prima definizione del dispositivo della citta­ dinanza come piano su cui pensare una rinnovata idea di uguaglianza tra i cittadini, quell'uguaglianza che può essere pensata a prescindere dalle con­ dizioni patrimoniali. Sono quei contenuti minimi e più stabili della cittadi­ nanza democratica ad avere esercitato la maggiore influenza nella riflessione etico-politica in materia di diritti del cittadino fino alla fine del secolo XVII I , finendo per rappresentare nella riflessione teorica antica e moderna in tema di cittadinanza una sorta di prototipo al quale riferirsi tutte le volte che si è tentato di definire l' idea della nozione di cittadinanza democratica oppure si è pensato a una nuova figura di cittadino (Appendice 2 ) . L' idea è quella di una cittadinanza che si emancipa dal censo sia rispetto al riconoscimento della libertà fisica e politica degli ateniesi, sia rispetto ali'eserIOI

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA cizio della funzione guerriera. Quando dunque si riconosce - rispetto a que­ sti tratti distintivi - la prima nozione di cittadinanza democratica ad Atene ? L'emergenza della nozione di cittadinanza democratica ad Atene è fissata dalla maggior parte degli storici agli inizi del VI secolo, nel quadro delle rifor­ me realizzate da Solone, arconte nel 594-93 a.C. (Manville, I990; Patterson, 2005; Lape, 2010 ). Allora per la prima volta vengono elaborati quegli stru­ menti concettuali destinati a operare stabilmente nel corso dei secoli succes­ sivi: dentro al gruppo etnico, l'emancipazione della cittadinanza dal possesso patrimoniale e dalla funzione guerriera, la formalizzazione della divisione tra cittadini e schiavi rispetto alla condizione della libertà fisica (Whitehead, I991, p. I51; Davies, 2004, p. 19 ), infine, la formalizzazione della funzione politica del demos che si esprime attraverso il diritto di voto nel tribunale popolare e nell 'assemblea popolare (Mirhady, 2oo6; Osborne, 2o o6). Consideriamo questi contenuti minimi della cittadinanza democratica nei loro tratti fondamentali. A connotare in maniera chiara la cittadinan­ za ateniese in senso democratico fu innanzitutto il principio che la con­ dizione della cittadinanza potesse emanciparsi dal possesso patrimoniale e dalla collegata funzione guerriera, ovvero da quei prerequisiti che, fino ad allora, erano giudicati indispensabili per essere parte del corpo civico (Ath. Poi. 4.2)32.. La decisione politica, che fu di Solone, di riconoscere lo statu­ to di cittadino non solo a chi poteva provvedere ali' armamento con le sue risorse, ma anche a chi non aveva un patrimonio e non poteva combattere, emancipava la cittadinanza da quel nesso inscindibile tra proprietà terriera e funzione guerriera che fu alla base della prima nozione di cittadinanza elaborata in Grecia dalla forma comune di città oplitica. Questi i principi cardine della nuova idea di cittadinanza definita da Solone: a ) è cittadino chi nasce da padre cittadino sposato secondo le leggi (Dem. 44·49· 46.I8; Lape, 20 02; Bertazzoli, 2005; Cox, 201 1, pp. 23 1-44); b) ogni cittadino, a prescindere dal censo e dalla possibilità di esercitare la funzione guerriera, vede riconosciuta la sua uguaglianza rispetto agli altri cittadini in rapporto alla libertà fisica, alla tutela giuridica e al diritto di esprimere i poteri sovra­ ni attraverso l'esercizio delle cariche di durata illimitata, ovvero votando dentro ai tribunali popolari e all'assemblea (Ath. Poi. 9.2; Poi. 1273b 3 8 ss., I 274a I ss., 1 275a-b, I281b 31 ss.) . A segnare l'emergenza della cittadinanza democratica non fu dunque l' idea di un'uguaglianza assoluta tra i membri del corpo civico, poiché il possesso della terra e l'esercizio della funzione guerriera continuarono a rappresentare ancora per un lungo periodo le condizioni abilitanti ali'esercizio delle magistrature individuali e annuali 32. Per questa datazione cfr. Mara (2002, p. 313), Patterson (2oos, pp. 270-3), Wallace (2oo7a, p. 61) e Lape (2010, pp. u-s).

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2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA

( Ostwald, I 9 8 6, pp. 23-6; Davies, 2004, p. I9 ) . Fu invece la definizione di un piano di uguaglianza comune (e se si vuole, minimo) che prescindeva dal censo e dalle collegate funzioni militari a segnare la nascita di una nuova idea di cittadinanza. Possiamo parlare di gradi o livelli diversi di cittadinan­ za, di una cittadinanza parziale e di una cittadinanza piena, o ancora di una cittadinanza statutaria e di una cittadinanza funzionale, ma comunque si voglia definire il piano di uguaglianza garantito a tutti i cittadini, il dato no­ tevole è che quella uguaglianza prescindeva dal censo e dalla funzione guer­ riera sia in rapporto ali 'esercizio delle funzioni deliberative e giudiziarie sia rispetto ad alcuni diritti fondamentali, ad esempio il diritto di sposarsi (e dunque trasmettere la cittadinanza) e quello di partecipare ai culti. Ora, le forme dell'emancipazione dello statuto della cittadinanza dal nes­ so terra-funzione guerriera sono piuttosto diverse a seconda che consideria­ mo le forme democratiche del VI o quelle del v secolo. Nel VI secolo si am­ mette formalmente il principio che i cittadini per nascita - dunque individui liberi, dotati di capacità giuridica e abilitati ali'esercizio delle funzioni sovrane in assemblea e nei tribunali ( dalla fine del VI secolo, anche nel Consiglio) -, se privi di terra, non possano esercitare la funzione guerriera (Ostwald, I9 86, p. 23; Pritchard, 2004 ) 33• Nel v secolo, invece, l'obbligo militare appare di nuovo esteso a tutti i cittadini - come accadeva prima delle riforme di Solo ne (Ath. Pol. 4.2 ) . Si è compiuta però nel frattempo l'emancipazione della fun­ zione guerriera rispetto alla proprietà terriera e a essere estesa a tutti i cittadini è dunque la facoltà di prestare servizio nella flotta di cui la città si dota, agli inizi del v secolo, dopo la vittoria di Maratona contro i persiani (Raaflaub, 2007, pp. 112 ss.; Canfora, 20 11c) . Una volta annullata la spesa di equipaggia­ mento, anche il cittadino nullatenente ( teta) viene incluso nel corpo di chi combatte per la città e ha la piena cittadinanza, ovvero ha accesso anche alle cariche annuali (Canfora, I990, p. 54 ) 34• Le variazioni intervenute rispetto al rapporto tra l'esercizio della funzione guerriera e la condizione della cittadi­ nanza sono rilevanti, ma non lo è di meno il tratto che appare comune alle diverse forme di cittadinanza democratica, ossia il fatto che la proprietà ter­ riera e l'esercizio della funzione guerriera avessero cessato di rappresentare le condizioni necessarie e sufficienti per godere della cittadinanza. Ed è in que33· Un'eccezione è rappresentata dalla fase della tirannide quando fu arruolata tra i teti una guardia civica di «portatori di mazza » (Hd. 1.59; Arist. Ath. Pol. 14.1; Plut. Sol. 30.3; Lavelle, 1993; Singor, 2ooo; Valdés Guia, 2oo8). Si trattò però in quel caso di una militanza civica al servizio del tiranno che certo non è rappresentativa del modo in cui la democrazia de­ finiva le funzioni militari dei cittadini e della quale indicativamente la propaganda democrati­ ca del v secolo cercò in tutti i modi di oscurare il ricordo (Cruciani, Fiorini, 1998, pp. 123-4). 34· Questo non significa che tra i rematori non vi fossero piccoli contadini (Epstein, 2011, p. 101 ); cfr. PAR. 6.3.

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA sto senso che si può condividere l'affermazione di Max We ber secondo cui la nozione di cittadinanza democratica sia nata dal superamento del rapporto tra la proprietà terriera e la funzione guerriera (cfr. Weber, 1981, pp. 167-201). Del resto, che quel superamento rappresentasse un carattere costitutivo della cittadinanza democratica è provato dal fatto che ogni tentativo di invertire quell'evoluzione avesse cercato di ristabilire le condizioni dell'Atene preso­ loniana, nella quale il corpo dei proprietari terrieri e dei guerrieri coincideva con la classe dei cittadini. Infatti, fuori della propaganda, che spesso tra v e IV secolo ha riutilizzato il mito di Solone (Mossé, 1979; Hansen, 1989 ), è un fatto chiaro che tutti i tentativi di riformare la cittadinanza in senso oligar­ chico abbiano di fatto evocato un modello di cittadinanza "presoloniano", tentando di riportare la comunità allo stadio in cui cittadini di pieno diritto fossero solo quelli capaci di armarsi a proprie spese ( Canfora, 2004, p. 43), ovvero ricostituendo un corpo civico nel quale chi non era tra quelli capaci di provvedere al proprio armamento era impossibilitato a esercitare le funzioni deliberative e soprattutto quelle giudiziarie (PAR. 3-s ) . Mentre l' idea che l a condizione della cittadinanza potesse prescindere dal censo (ovvero dall'esercizio delle funzioni che le forme di cittadinanza non democratiche mantenevano collegate al censo) ha rappresentato a lungo il motivo della contrapposizione tra oligarchi e democratici in tema di cittadi­ nanza, nessun contrasto è mai sorto relativamente al principio che ogni ate­ niese avesse diritto alla tutela giuridica né relativamente alla regola secondo cui nessun ateniese, dopo le riforme di Solone, poteva legittimamente essere mantenuto in una condizione di dipendenza fisica. Si tratta, in questo caso, di quelle spettanze minime che fondavano la distinzione tra gli ateniesi e tutti gli altri. Né la libertà fisica né l'uguaglianza giuridica riconosciute ai cittadini di Atene valevano infatti per quegli ampi ed eterogenei strati di popolazione residente che restavano fuori dal corpo civico. E, anzi, è corretto affermare che proprio il riconoscimento delle spettanze dei cittadini da parte di Solo­ ne portò alla «creazione di un vero baratro tra liberi e schiavi » ( Canfora, I990, p. 68). Non solo le prerogative di cui godono i cittadini non vennero allargate, se non in pochi casi (PAR. 4·7 ) a quegli strati ampi di popolazione residente costituiti dagli stranieri liberi e di condizione servile. Ma è proprio a partire dal momento in cui Solone formalizzò il principio che gli ateniesi non erano disponibili a lavorare in condizioni di dipendenza fisica e giuridica che gli schiavi vennero reclutati in forme sempre più massicce e sistematiche, conformemente alla "regola" secondo la quale, in Grecia, la schiavitù di nor­ ma non è coesistita con altre forme di lavoro coatto ( Finley, I98I, p. 98). È in effetti solo dopo la riforma di Solone che gli ateniesi costretti a forme di lavo­ ro coatto « furono sostituiti da schiavi » ( ivi, p. 1 1 2). In questo quadro, non si esagera quando si afferma che l'emergenza della nozione di cittadinanza ,

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2. ARISTOTELE E LA CITTADINANZA DEMOCRATICA democratica ad Atene si caratterizza, oltre che per l'emancipazione dal censo, per l'elaborazione di quegli strumenti concettuali destinati a operare stabil­ mente nel corso dei secoli successivi relativamente alla divisione tra liberi e schiavi (Whitehead, I99I, p. I S I ; Davies, 2004, p. I9 ). Possiamo in definitiva affermare che i contenuti essenziali della citta­ dinanza democratica (ovvero le spettanze dei cittadini) si definiscono in modo relativamente stabile rispetto ai seguenti principi: a) i cittadini per nascita godono di una serie di privilegi, quali la libertà fisica e la tutela giu­ ridica, che fondano l'opposizione tra i cittadini e le altre categorie di per­ sone residenti nella polis; b) i cittadini per nascita hanno accesso a ulteriori spettanze che la cittadinanza garantisce in totale indipendenza dal censo e dall'esercizio della funzione guerriera (fintanto che questa funzione è col­ legata al censo), e precisamente hanno diritto di votare dentro ai tribunali popolari e dentro all 'assemblea. Ora, questa ricostruzione che fissa all'epoca delle riforme di Salone l'e­ mergenza della nozione di cittadinanza democratica si deve interamente ad Aristotele (Mirhady, 2o o6; Osborne, 2o o 6 ; Wallace, 2007a). Alle origini di questa ricostruzione gli studiosi hanno riconosciuto diversi fattori: la dipendenza di Aristotele (o delle sue fonti) dalla propaganda politica del IV secolo, nel quale si sarebbe generato il mito di un Salone democratico, la "necessità" di identificare una forma "prima" di democrazia dalla quale prendesse le mosse il successivo processo di degenerazione, oppure la quali­ tà di una ricerca capace di "trovare" e valorizzare documenti e informazioni ignorati dalla storiografia ufficiale ( PA R. 3. 4) . L' idea che qui invece si vuole argomentare è che la ricostruzione aristotelica per questa, come per le suc­ cessive fasi dello sviluppo democratico della cittadinanza, sia coerente con quanto rivela la restante documentazione (cfr. CAPP. 4, s, 6) e che si svolga secondo i principi costitutivi del suo metodo di ricerca che unisce i dati ricavabili dallo studio della pratica istituzionale alla riflessione sui modelli civici. Aristotele è interessato a riconoscere la prima manifestazione intel­ legibile di ciascuna delle forme di cittadinanza declinate dalla democrazia ateniese, e seleziona tra i dati disponibili quelli nuovi e distintivi di ciascuna fase: in questo quadro, lo storico valorizza l'uguaglianza isonomica realizza­ ta da Salone, quella delle origini realizzata da Clistene e così via. È alla spe­ cificità dei suoi interessi che si deve l'originalità della sua ricostruzione. Ed è il metodo con il quale affronta lo studio della politeia di Atene che spiega il carattere della rappresentazione che della storia democratica di Atene Ari­ stotele ha dato nella Costituzione degli Ateniesi.

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Aristotele e le met amorfosi (metabolai) dell a democrazia ateniese

3· 1 Introduzione Il paradigma interpretativo della ricerca aristotelica sulla storia della de­ mocrazia ateniese è quello che Aristotele definisce nell'ambito della sua riflessione più generale sulla costituzione, sulla politeia. Al riguardo si è considerato, nel CAP. 1, che Aristotele sceglie la politeia come categoria in­ terpretativa attraverso la quale ricostruire la "storia" della polis: di quella storia infatti la politeia rappresenta in modo unitario i contenuti più signifi­ cativi e definisce la "sostanza" dei rapporti sociali. Si è contestualmente os­ servato che i temi identificati quali indicatori intellegibili del carattere della politeia (ovvero della storia della polis ) sono le leggi (nomoi) e le convenzio­ ni sociali (ethe) , le quali definiscono la nozione di giustizia e di uguaglianza "in atto" dentro alla comunità politica. È in rapporto a quel quadro teorico di riferimento che ora occorre valutare i modelli interpretativi utilizzati da Aristotele per lo studio della storia della democrazia ateniese, provando a definire la prospettiva e le finalità della ricerca aristotelica e insieme a rico­ noscere le modalità della ricostruzione aristotelica, ovvero i criteri adottati , nella descrizione dell evoluzione costituzionale ateniese. Per quanto riguarda la prospettiva e le finalità della ricerca aristotelica sul­ la democrazia ateniese, esse appaiono innanzitutto riconoscibili attraverso il confronto con la prospettiva adottata prima di Aristotele dagli scrittori che, più o meno direttamente, si sono confrontati con la storia della democra­ zia ateniese. Si tratta della prospettiva "continuista" riconoscibile nell'opera degli storici, dei tragici e dei retori i quali hanno generalmente affrontato il tema della democrazia ateniese senza enfatizzare il tema del cambiamento, della metamorfosi costituzionale. Diversamente da Aristotele, che ha voluto rappresentare le trasformazioni della politeia ateniese in quanto insieme di istituzioni e di rapporti sociali e politici, gli scrittori greci che si sono occu­ pati di storia ateniese hanno preferito valorizzare la continuità e la stabilità 10 6

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE istituzionale. È proprio il confronto con la loro prospettiva che consente di riconoscere la specificità dell'approccio aristotelico e che ne mette in luce gli elementi costitutivi: il rifiuto dell' idea che la politeia possa essere rappresen­ tata come statica e immutabile e la centralità che in questo quadro assume lo studio dei nomoi e degli ethe ( PARR. 1.3-1.4, 2.2). Un secondo tema a partire dal quale riflettere sulla specificità dell' impostazione di Aristotele è quello dell' interazione tra modelli teorici e dati storici nella sua opera. Le questioni da affrontare nella prospettiva di fare luce su questo tema sono diverse. Si tratta innanzitutto di riconoscere la corrispondenza tra modelli teorici e casi concreti (Blank, 19 84; Ingravalle, 1989; Wallace, 1993a; Bertelli, 1994), quin­ di la "direzione" della loro interazione (Keaney, 1992; Murray, 1993a; Ober, 2005), ovvero la funzionalità dello studio dei casi storici, i quali non servono solo a esemplificare un modello teorico ma rappresentano lo « strumento ermeneutico» della ricerca aristotelica (Ambaglio, 2010, pp. 19-33). Riflettere sull' interazione tra modelli teorici e dati storici nell'opera di Aristotele, soprattutto mettendo a confronto la Politica e la Costituzione de­ gli Ateniesi, consente anche di riconoscere le modalità scelte dal filosofo per descrivere la storia della politeia ateniese1 e il metodo della sua ricostruzione. Si deve partire dalla considerazione del fatto che l'autore della Costituzione degli Ateniesi « non disponeva di alcun modello di pensiero che lo guidasse per introdurre un ordine intellegibile nel campo da lui scelto» (Bravo, 1994, p. 237 ). Perciò, al fine di « rappresentare le trasformazioni di un insieme di istituzioni e di rapporti sociali e politici » , Aristotele doveva trovare il suo metodo e selezionare i dati a suo giudizio rilevanti all 'interno di « materiali eterogenei » : poesie, leggi, racconti storiografici, «usanze presenti conside­ rate come sopravvivenze di istituzioni del passato, forse anche scritti di pro­ paganda » (ibid.)2.. La questione è allora comprendere in che modo questo materiale ha "servito" l'esigenza di conoscere le linee generali dell'evoluzione costituzionale ateniese, con quali risultati cioè Aristotele ha coniugato l' in1. Modalità che rivela anche il confronto con quanto resta delle politeiai comprese nel corpus aristotelico ( Keaney, 1992, p. 178; Murray, 1993a, p. 205; Toye, 1999, p. 236; Bertelli,

2012, pp. 54-5 ) o redatte da altri ( Bravo, 1994, p. 23 8 ) . 2. Bravo aggiunge che « in questo campo, la ragione storica, quale esisteva negli anni Venti del IV secolo a.C., non era applicabile se non in misura molto modesta ». Infatti, «la ragione storica greca nacque e si sviluppò come uno strumento atto a cogliere, organizzare, comprendere e rappresentare in un racconto intellegibile avvenimenti appartenenti a un set­ tore ben delimitato della realtà sociale, e cioè quello delle lotte per la dominazione politica tra individui e fazioni all' interno delle singole poleis e soprattutto tra le varie poleis [ .. ] . L e istituzioni e i rapporti sociali venivano presi i n considerazione solo marginalmente » . Si tratta d i considerazioni valide, anche s e l o studioso ritiene che l'autore della Costituzione degli Ateniesi non sia Aristotele. .

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA terpretazione dei dati ricavati da quel materiale eterogeneo con i suoi inte­ ressi teorici. Occorre inoltre riflettere sui criteri che hanno guidato l' inter­ pretazione e la descrizione dell'evoluzione costituzionale: in particolare, il criterio secondo il quale l'evoluzione storica della democrazia ateniese deve essere ricostruita e rappresentata a partire dalle metamorfosi subite dall' idea di giustizia. È infatti la nozione di giustizia (dikaion) che, secondo Aristote­ le, identifica il fine (telos) di ognipoliteia, la sua idea di bene comune e che, al tempo stesso, riassume i criteri che regolano la selezione del corpo deliberan­ te e la selezione dei magistrati (Pol. 1289a 15-18; PARR. 1.3, 3·5 e Appendice I ) 3. La funzionalità del ricorso a queste modalità descrittive viene con­ siderata, in questo capitolo, con riferimento alla totalità delle metabolai democratiche che Aristotele ha identificato tra VI e v secolo, da Solone a Pericle. Si è deciso invece di valutare a partire da un caso specifico, la meta­ bo/e democratica intervenuta dopo la vittoria ateniese a Salamina, i risultati dell ' interazione tra modelli teorici e dati storici.

3· 2 Continuità e discontinuità nella storia della democrazia ateniese. Aristotele e gli altri Per cominciare, occorre affrontare la questione della distanza del modello descrittivo adottato da Aristotele per la storia costituzionale ateniese rispet­ to a quello adottato dagli storici del v secolo. La questione appare posta fin dai primi studi dedicati al metodo storico di Aristotele, dopo la pub­ blicazione della Costituzione degli Ateniesi. Già nel 1915, nel suo Essai sur la méthode suivie par Aristote dans la discussion des textes, George Mathieu valutava il metodo utilizzato da Aristotele nella Costituzione degli Ateniesi confrontandolo con quello adottato da Tucidide, e l'elemento attraverso il quale argomentava la scarsa affidabilità della ricostruzione aristotelica ap­ pare proprio la sua distanza rispetto al modo continuum con cui Tucidide rappresenta il carattere della democrazia ateniese ( Mathieu, 1915, p. 5 2 ) . Da allora, il tema della stabilità democratica, che appare comune alla ricostru­ zione di Tucidide ed Erodoto, è stato ripetutamente al centro di studi che 3· Cfr. Wallace (1993a, pp. 33-7) sul fatto che quei criteri abbiano guidato la descrizione nella Costituzione degli Ateniesi. A differenza di Wallace ( ivi, pp. 37, 44), il quale osserva che nella descrizione storica non si trova traccia del telos, si ritiene qui che esso sia alla base della ricostruzione che si dà nella Costituzione degli Ateniesi, dove il telos è identificato di volta in volta nell' idea di giustizia come uguaglianza dei cittadini (cfr. PARR. 3.s-3.6).

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3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE hanno svalutato, facendo riferimento a quella distanza, il "modo" della de­ scrizione aristotelica, fondato sull' idea del cambiamento (cfr. Chambers, I96I; Murray, I993a; Ober, 2005; Vartsos, 2oo 8). Per affrontare la questione occorre prioritariamente interpretare la prospettiva continuista che è la vera anomalia da spiegare. I tentativi già compiuti in questo senso sono notevoli, sia da parte di quegli studiosi che hanno cercato di intendere le ragioni per le quali gli storici del v secolo (e più in generale gli scrittori greci di quell'epoca) hanno dato della loro sto­ ria una visione "statica" (cfr. Meier, 19 88, pp. 326-6 6; Munn, 2ooo, p. 16), sia da parte di chi ha sottolineato l'opportunità di valutare il confronto tra la narrazione degli storici e la ricostruzione aristotelica a partire dalla com­ prensione dell'esigenza aristotelica di affrontare sul piano teorico il tema della trasformazione, invece che a partire dali' idea che gli storici del v se­ colo fossero scarsamente sensibili al tema delle dinamiche costituzionali (Canfora, I9 82). Il punto di partenza è l'analisi di Christian Meier, il quale riflette a lun­ go sulla questione che qui è centrale : se e in quale misura, nel pensiero greco del v secolo, le trasformazioni istituzionali siano state comprese come tali (Meier, I9 88, p. 326). La conclusione di Meier è che a questa domanda si deve rispondere negativamente e che sono riconoscibili nella ragione sto­ rica greca del v secolo i caratteri che si sono opposti alla « comprensione » e alla sistemazione «lungo un fronte davvero ampio» dei processi di mu­ tamento (ivi, p. 327 ). Il dato saliente è che nella Grecia classica sono stati descritti dagli storici soprattutto processi di breve periodo (ivi, p. 3 64) : pro­ cessi nei quali il cambiamento appariva « troppo debole per essere in grado di varcare la soglia che si opponeva alla sua comprensione » ( ivi, p. 327). A rendere più difficoltoso il superamento di quella soglia era, secondo Meier, un carattere costitutivo della ragione storica del v secolo che faceva oggetto della sua indagine problematica più l'agire che il cambiare, i fatti e gli eventi stessi più che « il cambiare, il mutamento » (ivi, pp. 333- S I ) . Questo non significa che Erodoto o Tucidide o altri scrittori greci del v secolo non ab­ biano "presunto" l'esistenza del cambiamento, ma che nella loro percezione e descrizione della storia il mutamento non appare studiato in quanto tale, in quanto cioè distaccato da chi lo ha causato, e quale « centro di gravità » dell ' indagine storica (ivi, pp. 352-65). Gli scrittori greci del v secolo hanno "raccontato" la contrapposizione politica, il sommovimento a essa conse­ guente, e anche la singolarità del nuovo corso istituzionale, non hanno però dato dignità teorica al tema del mutamento4• 4· Meier considera in particolare l'opera di Erodoto ( 1988, pp. 352 ss.), di Tucidide ( ivi, pp. 3S4 ss.) e di Eschilo (ivi, pp. 149-253, 327 ss. ) .

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA Nel contesto ateniese, questo carattere appare particolarmente chiaro quando si considera l'atteggiamento assunto da storici, poeti, oratori nei confronti della democrazia ateniese, della sua evoluzione e della sua storia. Indicativo al riguardo è l'atteggiamento di Erodoto. Per Erodoto c 'è una sola democrazia ed è una democrazia senza storia. L' idea democratica si definisce - secondo lo storico greco - in contrapposizione alla tirannide (Musti, I995, pp. 53-7; Cartledge, 2ou, p. 82) , ed è sostanzialmente appiattita sulla fase clistenica. Erodoto non ha interesse ad affrontare il tema del cam­ biamento istituzionale all' interno del regime democratico, né infatti vuole conoscere gli organi decisionali democratici dei regimi che hanno preceduto e seguito la riforma di Clistene. Ad esempio, tace sul funzionamento dei tri­ bunali popolari e dell'assemblea prima e dopo la riforma del 508, non mostra un particolare interesse a descrivere l'ordine costituzionale democratico in rapporto alle procedure di selezione dei magistrati (tanto che quando ne dà conto commette degli erroris ) né si preoccupa di definire la forma di ugua­ glianza propria della democrazia ateniese (Saxonhouse, I996, p. 34). Per Ero­ doto, la democrazia è "unà', nasce con Clistene e il suo carattere costitutivo si risolve nel fatto di incarnare l'esatto opposto della tirannide ( Raaflaub, I9 89, pp. 45-6; Saxonhouse, I996, p. 39 ), un regime quest 'ultimo del qua­ le Erodoto oscura ogni elemento di continuità con la democrazia clistenica (continuità che invece interessa Aristotele; PAR. 5.2). L'atteggiamento di Tucidide è ugualmente indicativo della scarsa p ropen­ sione a sviluppare qualsiasi riflessione di tipo teorico sullo "stato" costituzio­ nale di Atene nelle sue diverse fasi. L'approccio col quale egli riflette sulle modifiche che hanno interessato la politeia ateniese è quello che rivela il fa­ moso giudizio sull'esperimento di governo dei Cinquemila: quella breve fase costituzionale durante la quale la pienezza dei diritti politici fu riservata a un corpo di cinquemila cittadini selezionati sulla base del censo (ossia capaci di armarsi a proprie spese) . Al riguardo Tucidide si limita a osservare che quel regime ha rappresentato «la prima forma di buon governo che gli ateniesi si siano dati, almeno ai miei tempi » (8.97.2)6, rifiutando così di sviluppare 5· Ad esempio quando afferma ( Hd. 6.109.2) che Callimaco di Afìdna, arconte polemar­ co nella battaglia di Maratona, fu estratto a sorte, ignorando che il sorteggio degli arconti fu introdotto dopo Maratona (von Fritz, 1954, p. 90; Kelly, 1978; Barocchi, 2004, pp. 79 ss. ) . Aristotele infatti è chiaro a proposito del fatto che il sorteggio degli arconti fosse stato reintrodotto nel 487, dopo la parentesi della tirannide (cfr. Thuc. 6.54.6; Dion. Hal. 7.3.1) e del regime clistenico ( cfr. Barocchi, 2004, p. So ) , e questo dato è giudicato generalmente plausibile ( cfr. Ambaglio, 1994, p. 257; Demont, 2001, p. 7 1; Musti, 2010, p. 275 n 6). 6. Per questa traduzione cfr. Canfora (1988, p. 39). Una traduzione alternativa è la se­ guente : « sembra che nel primo periodo gli ateniesi abbiano avuto il miglior governo, alme­ no ai miei tempi» , per cui cfr. Cagnetta (1996, p. 1404).

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3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE un giudizio più articolato che valutasse quella forma di politeia in rapporto alle epoche passate. Come giustamente rileva Canfora, in quel caso «Tuci­ dide non si esprime sulla migliore forma politica in assoluto» , anzi limita il giudizio all ' esperienza dei suoi tempi (Canfora, I988, p. 44 ) , così «questo pensiero, che pure parrebbe così rilevante nel quadro dell 'acceso dibattito costituzionale in Atene, non ha grandi sviluppi e viene subito abbandonato» (Canfora, I996, p. I404 ) . È chiaro che Tucidide riconosce il cambiamento istituzionale (Bertelli, I989, p. 283; Hornblower, I995, p. 55 ) . Sceglie però di non portare la sua riflessione sul piano teorico (Strauss, 19 64, p. 143 ) , !imi­ tandola a selezionati « momentous events » (Raaflaub, 2010, p. 190 ). Sebbene, dunque, i "sommovimenti" istituzionali di Atene siano stati riconosciuti e raccontati dagli storici, è chiaro che questi ultimi non hanno voluto affrontare come problema in sé il tema del cambiamento istituziona­ le (Canfora, 1982, p. 3 8 9 ; Munn, 2000, p. 33 ) . Ugualmente indicativo è il modo in cui appare evocata la democrazia ate­ niese nell'opera dei poeti, soprattutto dei tragici. La tragedia - è noto - de­ contestualizza sempre gli eventi che rievoca, perciò anche quando fa cenno alle istituzioni democratiche ateniesi, alle vicende che le riguardano, deve farlo traslocandole fuori dal loro contesto (Burian, 2011 ) . In questo quadro, non stupisce che nell'opera dei tragici il tema del cambiamento o dell'evo­ luzione istituzionale sia oscurato, e ciò anche quando la riflessione sul tema appare più esplicita: ad esempio quando la tragedia affronta il tema dell'ori­ gine della politeia (Saxonhouse, 2009, pp. 42-64) o quando della politeia la tragedia registra i "sommovimenti" più profondi (Meier, 19 88, p. 149 ) o, in­ fine, quando riflette sul tema delle leggi (Camassa, 20 05, p. 32 ) . È indicativo il modo in cui i tragici fanno riferimento agli strumenti concettuali elabo­ rati dalla democrazia ateniese nel corso del tempo : si tratta sempre di valori rievocati come "assoluti", isolati dal contesto storico della loro elaborazione, apparentemente senza storia. E ciò sia che si tratti dell 'uguaglianza giuridi­ ca degli ateniesi (la loro uguaglianza davanti alle leggi) sia che si tratti della loro libertà politica, ossia del diritto di voto (Aesch. Suppl. 604; Soph. Aj. I 256-I263; Eur. Phoen. 3 9 0-393, Hipp. 4I9-425, fon. 670-675; cfr. Raaflaub, I 9 8 9b, pp. 4I-6; 2004, p. 348 n 97; Fartzoff, 200 2, pp. 246 ss.; PAR. 1.7 ) . L a retorica conferma il quadro generale. L e opere più indicative a l ri­ guardo sono gli Epitajì (logoi epitaphioi), un genere retorico esclusivamente ateniese nel quale la celebrazione dei caratteri costitutivi della democrazia ateniese e delle sue leggi positive (nomoi) si combina con la rievocazione del­ le sue «leggi non scritte » (Thuc. 2.37; Lys. 6.Io ), dello stile di vita, dei modi di fare e pensare (tropoi) dei cittadini ateniesi (Fouchard, 2000, pp. 36-40 ). Materiale utilissimo a riflettere sui modelli della cittadinanza democratica, ma trattato in modo quanto mai "creativo" sul piano storico. La storia delle III

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA prerogative dei cittadini ateniesi appare infatti completamente asservita agli scopi celebrativi di quel genere retorico che gli ateniesi hanno "inventato" - subito dopo la vittoria nelle guerre greco-persiane - per dare un' « auto­ rappresentazione ideologica della città » (Canfora, 20 11 b, p. 9). In questo quadro, l'oratoria funebre sceglie di rievocare il carattere della democrazia, di definire lo stato della sua politeia, senza dare conto dell'evoluzione subi­ ta dalle sue istituzioni (Loraux, I9 93). Il rapporto col passato istituzionale si svolge tipicamente a partire da un «limited set of inexorable themes » senza preoccupazione alcuna per l o svolgimento cronologico n é per l a com­ prensione storica (Munn, 20 00, pp. 36-40 ) 7• È la sommaria rievocazione di temi « triti » che spesso « fanno a pugni con la realtà effettuale » (Canfo­ ra, 2oub, pp. 5-24) e che si svolge in un continuum di spazio e tempo che annulla la dimensione storica (Grethlein, 20IO ). Lo stesso atteggiamento è riconoscibile nella retorica deliberativa e giudiziaria (Nouhaud, I9 82) così come nella letteratura pamphlettistica (Bordes, I9 82, p. I 62) . In questo quadro, non è esagerato affermare che la prospettiva conti­ nuista non rappresenta una prerogativa esclusiva dell' impostazione degli storici, e che semmai essa contraddistingue la riflessione degli ateniesi nei confronti della democrazia ateniese e della sua storia. Essa rappresenta il modo ateniese di rappresentare il passato costituzionale della città (Loraux, I996, pp. no8-Io; Munn, 20 00, pp. 33-40; Lanza, 200 6, p. 28)8• Nel v secolo gli scrittori greci hanno preferito riflettere sulla democrazia ateniese, sugli strumenti concettuali elaborati da quella democrazia e sulle prerogative del­ la cittadinanza democratica, in termini di valori assoluti. Hanno voluto rap­ presentare la propria politeia e le proprie leggi invece che come l'esito di un lungo processo storico, come un'acquisizione "da sempre e per sempre" così da poter rappresentare le prerogative civiche degli ateniesi come caratteri costitutivi della loro stirpe (Poddighe, 2012). Come giustamente osserva Munn, « tradition held that democracy was an Athenian trait, and there­ fore i t must have been so from the time of its legendary founding hero. lt was not useful to have history correct that tradition » (Munn, 2ooo, p. I8). 7· Cfr. Munn (2ooo, p . 40): « no need for chronology [ ... ] n o explanation o f events ». Un discorso diverso è quello che considera la fìnalità del discorso funebre in relazione alla costruzione di una memoria storica intorno ali'evento commemorato. Su questo aspetto cfr. Shear (2013, pp. 5 11-36). 8. Munn (2ooo, p. 33): «The past is, thus, in a sense, timeless, and the eternai pre­ sent is everything, always carrying with it the signifìcance of the past » . Più in generale, sul modo greco di riflettere sul proprio passato in modo funzionale al presente cfr. Fornara (19 83), Murray (1993b), Gehrke (2001; 2010), Osborne (2oo6) e Raaflaub (2010); cfr. anche Grethlein (2010) e Steinbock (2013).

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3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE Il tema del cambiamento diventa invece centrale nella ricostruzione ari­ stotelica. Perché ? Si è spesso giudicata la prospettiva adottata da Aristotele a partire dalla considerazione degli interessi scientifici propri del IV secolo. Nel IV secolo si sono costituiti «differenti campi di interesse materiale e scientifico» che avevano «una dimensione totalmente storica » (Meier, 19 88, p. 366). La storia del susseguirsi di costituzioni che Aristotele ricostruisce in rapporto ai presupposti sociologici di quel processo di trasformazioni - ad esempio, attraverso il collegamento tra demografia e storia costituzionale - è il pro­ dotto più tipico di questa ragione storica (Meier, I988, p. 366; cfr. Viano, I 9 82, p. 3 I 2; Bodéiis, 2010, p. I83) . Per Aristotele, che era uno "scienziato della politica", era necessario studiare la politeia secondo criteri scientifici (Jacoby, I949, pp. 9 9, 143; Keaney, 1963, p. u6). Il fine era quello di ricono­ scere la forma di ogni politeia e a questo fine diveniva indispensabile portare su un piano teorico e formale il fenomeno della trasformazione costituzio­ nale (Canfora, I9 82, pp. 389-9 I ) . In questa direzione lo spingevano non solo i suoi interessi scientifici ma anche e soprattutto la cultura del suo tempo, impegnata da oltre mezzo secolo a discutere della forma della democrazia ateniese delle origini: una discussione rispetto alla quale Aristotele ha volu­ to porsi in modo critico ( PARR. 3·4-3·5). Non si trattava soltanto di studiare la politeia secondo criteri scientifi­ ci. Aristotele ha inteso fare ex novo la storia delle politeiai, partendo dalle praxeis - che sono l'oggetto della historia (Rhet. I36oa 3 6-3 8) - e correg­ gendo l' impostazione tradizionale degli storici i quali, a giudizio di Aristo­ tele, si limitavano a dire il "cosa" e i "particolari" senza giudicare le praxeis pertinenti un dato tema (quello costituzionale) in prospettiva diacronica, l'unica che consentisse di indagare lo stesso tema dalle origini sino alla fine (Poet. I4Sia 37-b 1 1, I459a I7-29 ; PAR. 1.6). Nella prospettiva di Aristotele, il problema da affrontare era appunto lo svolgimento storico di un processo del quale occorreva identificare, descrivere e spiegare i cambiamenti più si­ gnificativi (Romer, 1982, pp. 44-5; Cadi, 20 11, pp. 339-40 )9• Aristotele vole­ va identificare il cambiamento, capirne le origini e descriverlo, raccontarlo. Di qui l' interesse per alcuni indicatori in particolare, ad esempio per le leggi che rivelano, meglio di altri prodotti della politica, il cambiamento (Bordes, I 9 82, p. 44I; Bertelli, I9 89, p. 284; PA R. 1.4). È questo diverso interesse che spiega la distanza di Aristotele rispetto al modello narrativo degli storici del v secolo: la sua necessità di affrontare sul piano teorico il problema "stori­ co" dell' instabilità costituzionale (Canfora, I982, p. 3 8 9 ). 9 · Non sembra pertanto accettabile l'affermazione d i Munn (2ooo, pp. 328-9) che « by Aristotle 's day not enough time had yet passed to piace the lessons ofhis story, and that of Athens, in perspective » . 113

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA Ma quale valore teorico assegnava Aristotele al tema della metabole? L' interpretazione che si deve darne nella ricerca politica aristotelica è una questione decisiva. La metabole assume, infatti, un diverso valore euristico a seconda che il cambiamento riconosciuto di volta in volta da Aristotele nella storia costituzionale di una polis (e di Atene) appaia l'esito del vaglio critico delle fonti o risulti invece indagato secondo le categorie proprie di una vi­ sione teleologica della storia, ad esempio nei termini di una metabole prede­ terminabile e intransitiva (Meier, I9 88, p. 326). Diverso è anche l'esito cui si giunge a seconda che si definisca la metabole come un rivolgimento radicale dell'ordine di una polis, che coinvolge cioè il suo assetto sociale, legislativo e istituzionale (Ryffel, I949 ), o piuttosto nei termini di un cambiamento che investe solo l'ambito della mentalità e che non ha (o non ha ancora) ricevuto un riconoscimento formale di tipo istituzionale o legislativo (Ventura, 2009 ). Rispetto al significato del cambiamento ( metabole) nella ricerca politica aristotelica il panorama degli studi consente di riconoscere posizioni diver­ se. La più radicale è quella che nega ogni compatibilità tra la riflessione del teorico Aristotele sulla metabole e le modalità con cui quel tema opera nella ricostruzione che della storia ateniese si dà nella Costituzione degli Ateniesi. Di questa posizione, in genere assunta dagli studiosi che giudicano spuria la Costituzione degli Ateniesi, l'espressione più recente si legge nella ricostruzio­ ne di Benedetto Bravo, laddove lo studioso distingue l'Aristotele che « si è occupato in modo intelligente delle metabolai dellapoliteia » dall'autore del­ la Costituzione degli Ateniesi, nella quale si dà una rappresentazione concreta dell'evoluzione della storia ateniese e che Bravo definisce un «enorme pastic­ cio » redatto da un allievo «poco dotato» e «poco intelligente » di Aristo­ tele (Bravo, I994· pp. 237-8). Una posizione diversa è quella che riconduce la caratteristica della ricostruzione aristotelica, ovvero il fatto di rappresentare la storia della costituzione ateniese attraverso la descrizione delle sue metabo­ lai, alle ragioni proprie di una visione teleologica della politica10 e della storia (Murray, 19 93a; Ober, 2005): una visione che necessariamente prescinde dalla valutazione delle fonti storiche (cfr. Day, Chambers, I9 67, pp. I2-23 ; Cham­ bers, 1993, pp. so-2) o comunque conduce alla loro manipolazione (Blank, I9 84, pp. 277, 28I). Quest 'ultimo un giudizio sul metodo storico di Aristotele la cui correzione appare lenta, nonostante i numerosi e autorevoli contributi che hanno saputo dimostrare il contrario ( PARR. 3·3-3·4· 3·7 ). In realtà, è piuttosto chiaro che a determinare le differenze tra i modelli o le fasi costituzionali non fossero, nella riflessione politica di Aristotele, fattori come la natura o la necessità, i quali infatti non spiegano né l'evo10. Ober ( 1998a, p. 295 ) : « Aristotle's understanding of politics is overtly foundationa­ list, naturalistic, teleological and hierarchical » . Cfr. PARR. 1.2, 1.5.

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3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE luzione storica di una costituzione (Accattino, I978, p. I9I; Ambler, I 9 85 , p . I78; lngravalle, I989; Lord, I99I; Bodéiis, 20IO, p . I 2 9 ) n é l a diversità tra le costituzioni (Murray, I993a, p. 20 1; Moggi, 20 1 2) , ciò che conferma il valore euristico della metabole come paradigma interpretativo della storia politica e sociale (cfr. Meier, I988; Bertelli, I989; I994; Polansky, I99I)11• A determinare le differenze tra i modelli e le fasi costituzionali è invece, a giudizio di Aristotele, il cosiddetto dikaion, la nozione di giustizia, ovve­ ro l' idea di interesse comune che rappresenta il fine della comunità politica (Mulgan, 2ooi, p. 93; Collins, 2006, pp. I34-6). Ed è a partire da questa con­ siderazione che si possono comprendere i tratti distintivi dell' idea aristote­ lica della metabole. In particolare, il fatto che per Aristotele la metabole non identifica solo i cambiamenti totali di un ordine politico o sociale (Polan­ sky, 199I, pp. 3 25, 332), ma anche il cambiamento limitato, purché capace di rivelare il nuovo eidos della giustizia. Al riguardo il caso più indicativo è il cambiamento seguito alla vittoria di Salamina e che ha segnato l' inizio della fase democratica posta sotto l'egemonia dell'Areopago: in questo caso la me­ tabole è riconoscibile in rapporto alla maggiore tensione della costituzione, fattasi più rigida sul tema del rispetto delle leggi (PAR. 3 ·7 ). Quella metabole non è stata determinata da alcun rivolgimento delle istituzioni politiche né da un riordine degli assetti sociali, ma è a tutti gli effetti una metabole. Il caso della metabole areopagitica esemplifica un ulteriore carattere proprio della riflessione aristotelica sul tema della metabole: il fatto cioè che Aristotele si preoccupi di identificare gli agenti - interni o esterni - di una metabole, e ciò per meglio intenderne le ragioni storiche. Nel caso in questione, egli mette, ad esempio, in diretto rapporto di causa ed effetto il ruolo assunto dall'Areopago alla vigilia della battaglia di Salamina con il riconoscimento popolare del suo prestigio seguito alla vittoria (PAR. 3·7 ). In questo caso, la ricerca degli agenti che hanno determinato un cambiamento dell 'ordine preesistente dimostra che a orientare la ricostruzione aristoteli­ ca della storia democratica ateniese è stato l'uso (cri tic o) delle fon ti storiche, invece che una visione "teleologica" dell'uomo, della comunità politica, del tempo e della storia. Un modo conveniente di riflettere sulla questione è affrontare il tema dell ' interazione tra storia e teoria partendo da quelle che possiamo con­ siderare le acquisizioni più consolidate della ricerca in merito. E poiché la questione più rilevante è giudicare se la metabole fosse o meno fondata sulla "critica delle fonti", occorrerà fare il punto su alcuni dati consolidati acquisiti dalla ricerca storiografica rispetto al carattere della documentazio­ ne esaminata da Aristotele : la documentazione nella quale egli ha potuto 11. Bertelli (1994, p. 87) parla di «potenza ermeneutica della teoria della metabole».

IIS

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA "trovare" ciò che gli storici non hanno raccontato relativamente a questioni che erano invece, a suo giudizio, decisive (Gehrke, I994; Meister, I994; Ca­ massa, 2oo o ; Rhodes, 2004; 2oo 6a) .

3·3 Aristotele, la Politica e la Costituzione degli Ateniesi. lnterazione tra dati storici e asserti teoretici Si è detto che la ricerca aristotelica sulle costituzioni si contraddistingue «per il carattere squisitamente scientifico» del metodo d' indagine adot­ tato (Gastaldi, I99 8a, p. I97; PARR. I.I, 1.6). Si tratta di un metodo che si caratterizza per il suo carattere empirico e indiziario, ovvero da un lato per la decisione di fondare su basi empiriche la conoscenza sulle costituzioni greche, dall'altro per la volontà di ricavare dall 'analisi dell'esperienza reale quei principi o leggi generali capaci di spiegare come e perché si modifi­ chino gli ordinamenti costituzionali (e dunque la forma di cittadinanza) . Raccogliere e accertare i "fatti" prima e ricavare poi sulla base dei dati rac­ colti le categorie e i principi concettuali che "definiscono" le diverse forme costituzionali greche: questo è il metodo da adottare se si vuole conoscere (e quindi illustrare) la "condizione" o "stato" (katastasis) di un dato ordine costituzionale secondo la concezione di Aristotele, il quale coerentemente rifiuta ogni forma di riflessione teorica in materia di politeia che pretenda di avere il carattere di una visione generale. Aristotele illustra il programma e il carattere dell' indagine sulle costituzioni alla fine del decimo libro dell' Eti­ ca Nicomachea. Qui definisce i suoi metodi e i suoi obiettivi. Egli identifica innanzitutto la base empirica della sua ricostruzione, che è rappresentata dalla raccolta dei dati relativi alle forme storicamente determinate delle va­ rie specie di costituzioni. Quindi definisce il metodo indiziario attraverso il quale vedere i fattori che possono indurre un cambiamento costituzionale, secondo un processo conoscitivo che innanzi tutto identifica « alla luce del­ le storie delle costituzioni raccolte » quei fattori che hanno indotto un cam­ biamento costituzionale. Da ultimo si definisce il fine dell ' indagine, che è quello di analizzare le differenti forme di costituzione riflettendo sull 'ordi­ namento, le leggi e le consuetudini sulle quali si regge ciascun ordinamento costituzionale (EN 1 181 b 15-23; Loyd, I985, p. 225 ; Bertelli, I9 94, pp. 74, 9 8; Gastaldi, 199 8a, p. I97) col fine "pratico" di formare il legislatore e metterlo nella condizione di assicurare la stabilità costituzionale ( PA R. 1.6 ) . È chiaro dal modo i n cui Aristotele preannuncia il suo programma che l' immenso materiale raccolto sulle costituzioni greche rappresentava l' « a116

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE limento» e il « materiale induttivo» per l' indagine teorica (Canfora, 20I 2, p. VII ; Ambaglio, I994, p. 263; Bertelli, 1994, p. 77 ), che cioè la raccolta dei dati relativi alla storia delle varie costituzioni era stata avviata da Aristotele prima di scrivere l'opera nella quale si affrontano le cause del cambiamento costituzionale, la Politica (Weil, I965, pp. I6I-89; Bodéiis, I99I, pp. 234-48; Wallace, I993a, pp. 28, 46). Sarebbe però sbagliato desumere dal modo in cui Aristotele preannuncia il suo programma la convinzione che la storia di tut­ te le costituzioni - delle 158 costituzioni che gli vengono attribuite - fosse stata completata prima della composizione della Politica. Così come sarebbe sbagliato ritenere che la raccolta dei dati relativi alla storia delle costituzioni fosse solo una "banca dati" al servizio della costruzione teorica. Al contrario, dobbiamo pensare a un' interazione costante tra i dati empirici e gli asserti teoretici (Lloyd, I985, p. 227) e sottolineare che quando Aristotele si serve del materiale raccolto per esporre in maniera ordinata e sistematica la storia delle costituzioni, quando cioè lavora alla sintesi storica, egli organizza i con­ tenuti (ossia l'esposizione dei dati raccolti e interpretati) secondo categorie e principi concettuali che sono già stati al centro della sua riflessione teorica. La redazione definitiva di una data storia costituzionale è il prodotto finale di quel rapporto "interattivo" tra rassegna dei dati e costruzione teorica che è stato riconosciuto dagli studiosi in modo particolarmente chiaro a proposito del rapporto tra la Politica e la Costituzione degli Ateniesi (Wallace, 1993a, p. 33; Bertelli, 1994, p. 99; Canfora, 1994, p. 29 8). È in quella sintesi storica che trovano un punto d' incontro i diversi livelli dell' indagine aristotelica: quello sociologico e quello politico (Schofield, 19 99, pp. 100-9 ). La Costituzione degli Ateniesi, l'unica storia costituzionale giunta fino a noi della raccolta di IS8 storie costituzionali realizzata da Aristotele con­ giuntamente ai suoi allievi del Liceo, rappresenta il caso paradigmatico (an­ che perché meglio noto) del metodo aristotelico. Che si tratti di un'opera scritta da Aristotele, come è probabile, oppure di un lavoro redatto da un allievo di Aristotele e da quest'ultimo "sorvegliato" (Canfora, I994, p. 299 ), è irrilevante dal punto di vista della questione dell' interazione con la Politica (Gehrke, 20 06, p. 287). Il rapporto della Costituzione degli Ateniesi con la Politica risulta infatti chiaro. È chiaro, ad esempio, che il "dossier ateniese" fosse già disponibile e venisse ampiamente utilizzato per la parte storica sulla costituzione di Atene indagata nei libri centrali della Politica, e ciò anche se la stesura definitiva della Costituzione è posteriore alla redazione di tali libri (Lintott, 1992, p. 115; Wallace, 199 3a, p. 46; Bertelli, 1994, p. 9 8). Ugualmen­ te chiaro è che la redazione definitiva della Costituzione degli Ateniesi, pro­ prio perché elaborata per ultima e parecchio più tardi rispetto alla Politica, rispecchi specifiche e mature ricerche sulle quali la Politica si era soffermata 117

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA (Canfora, I994· p. 29 8)a. Rispetto a questo tema, appare infatti indicativo che a "ordinare" la disposizione dei contenuti nella Costituzione degli Ate­ niesi siano le stesse categorie che Aristotele ha indagato nella Politica. È il caso dei parametri che egli definisce nella Politica come i più funzionali a riconoscere lo stato di un ordine costituzionale e sulla base dei quali, nella Costituzione degli Ateniesi, appaiono distinte le politeiai storiche di Atene (Wallace, I993a, pp. 33-7 ) : l' identità della cittadinanza sovrana, ovvero il corpo elettorale, quindi i criteri relativi alla selezione dei magistrati e il fine dell'ordine costituzionale - il modo cioè in cui ciascun ordinamento defini­ sce la propria idea di giustizia ( Collins, 2006, p. I34; Ventura, 2009, pp. 99, I38). Categorie e principi che Aristotele ha ricavato a partire dall'elaborazio­ ne dei dati raccolti, che ha posto al centro della sua riflessione teorica nella Politica (ma non solo13) e che ha infine utilizzato per ordinare l'esposizione dei contenuti nella sintesi storica sulla costituzione di Atene. A testimoniare un rapporto interattivo tra "materia storicà' e "costru­ zione teorica" è anche la centralità che assume nella Politica e nella Costi­ tuzione degli Ateniesi il tema del carattere accidentale o intenzionale degli eventi che possono determinare una trasformazione istituzionale : un tema della cui centralità è prova il fatto che esso appare affrontato anche in altre opere teoriche, come la Retorica e l'Etica Nicomachea ( PAR. 3 ·7) . Anche rispetto al carattere delle fasi nelle quali appare scandito l' iter conoscitivo che si conclude con la storia di una costituzione, possiamo contare su alcuni punti fermi. Per quanto riguarda il «lavoro redazionale preparatorio» , gli storici ritengono che Aristotele procedesse alla « tabu­ lazione » dei materiali relativi all 'assetto costituzionale delle città greche attingendo da « materiale eterogeneo » (Gastaldi, I 9 98 a, p. I9714; Ottone, 200 2, p. 76). I documenti e le notizie potevano essere ricavati dalle opere degli storici di v e IV secolo, opere su cui Aristotele mostra di aver meditato a fondo per ricostruire la storia della costituzione ateniese (Camassa, I993, p. IOI; Ambaglio, I994; Canfora, I9 94; Meister, I994; Hornblower, I995), oppure attraverso l'accesso diretto agli archivi. È altrettanto chiaro che Ari­ stotele ricavasse dati utili anche da testi poetici e mitografici e da « mate12. In altri termini, quando uno stesso tema è indagato nella Politica e nella Costituzio­ ne degli Ateniesi, è la versione che leggiamo nella Costituzione degli Ateniesi a rappresentare quella definitiva (Canfora, 1994, pp. 298-9). 13. L' idea che la conoscenza di una costituzione si fondi sull 'individuazione dell'ele­ mento della sovranità e dei fini specifici di ciascun tipo di governo è infatti sviluppata anche nella Retorica (Bertelli, 1989, p. 309 ). 14. Così anche: Weil (1965, pp. 1 59-89), Arrighetti (1987, pp. 103-7 ), Camassa ( 1993; 1994), Ambaglio (1994), Gastaldi (1998a, pp. 197 ss.), Wallace (1999), Ottone (2002, pp. 76-7), Cartledge (2011, p. 41).

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3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE riale tradito in forma orale » (Rhodes, I993, pp. ss-6o; Bravo, I994, p. 237; Ottone, 200 2, pp. 76-7 ), fonti queste ultime che dovevano intervenire per lo studio di quei modelli o stadi evolutivi delle costituzioni per i quali era più difficile reperire materiale documentario sufficiente (Toye, I999, pp. 236-7 ), ma anche per riconoscere le forme dell' ethos di ogni politeia ( PARR. I.I-1.2, 2.2-2.3). Risulta inoltre chiarito il rapporto tra il lavoro redazionale sorto dalla scuola di Aristotele e le raccolte documentarie curate da alcuni dei suoi allievi: la Raccolta dei decreti ateniesi curata da Cratero, che rac­ coglieva i decreti ratificati dall'assemblea ateniese nel v secolo (Canfora, I994, p. 29 9; Erdas, 2002, pp. 3 8-46) , e quella dei Nomoi curata da Teofrasto (Bloch, 1940 ; Camassa, I993, p. IO I ) . Opere delle quali, è utile sottolinearlo, gli studiosi hanno riconosciuto sia la complementarietà rispetto all'esigenza di raccogliere notizie documentate sull'ordine costituzionale di Atene (cfr. Jacoby, I949, pp. Io 8-9, 385), sia il carattere compilativo, ovvero l'assenza di finalità politiche nell'elaborazione del contenuto15• Il metodo con il quale Aristotele tratta i documenti raccolti è quello del­ la « filosofia pratica » proprio di un' indagine condotta col fine di cercare la verità, ossia « la conoscenza di come stanno effettivamente le cose » , e di « cercare anche la causa di come esse stanno » (Berti, 1990, p. 23 ). Aristotele cioè affronta la "scienza politica" procedendo secondo gli stessi criteri uti­ lizzati per altre scienze pratiche, e perciò risalendo « dal dato di fatto verso i principi » (cfr. Phys. I I 84a I S -2I ), dall'esperienza e dal caso particolare verso la legge generale (Piérart, 1993b, p. 132; Carli, 201 1 ; Tarantino, 20 11). Per quanto riguarda l' indagine sulle costituzioni, sull'organizzazione delle istituzioni così come si prospetta all' interno di ogni città, il ricorso al metodo indiziario è funzionale alle diverse finalità sottese a quel tipo d' in­ dagine: ossia innanzitutto a distinguere, in base al loro carattere accidentale o intenzionale, gli agenti storici che hanno determinato quel dato "modo" costituzionale, quindi a riconoscere la funzione del cambiamento indotto, infine a definire i principi e le categorie secondo i quali lo stato della politeia in atto può essere definito. È sulla base dell ' interpretazione critica dei dati raccolti che Aristotele può "vedere" gli agenti che inducono il cambiamento delle costituzioni e riconoscerne gli esiti sul piano istituzionale, secondo il programma annunciato nell'Etica Nicomachea ( PAR. I.I) . In questo quadro, non stupisce che Aristotele sottoponesse i documenti raccolti a quella che è stata definita «qualcosa di simile a una moderna critica delle fonti» ( Gehrke, 1994, p. 196; cfr. McKeon, 1940, p. 94) . Una valutazione che unisce « all ' imIS. Per questo carattere dei Nomoi di Teofrasto, che non si limitava a riprodurre leggi emanate dalla polis ateniese, cfr. Keaney (1993, pp. 272-4) ed Erdas (2002, pp. 3 8-46). Per una valutazione simile del carattere della raccolta curata da Cratero cfr. Erdas (2002, pp. 42 ss.).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA piego sistematico di documenti ufficiali » - ovvero alla « raccolta di prima mano» e alla tabulazione dei dati selezionati per la ricostruzione della storia costituzionale - « il ricorso all' inferenza logica e al procedimento indizia­ rio » (Camassa, I993, p. I07; Gastaldi, I99 8a, p. I97 ). Nella prospettiva di seguire e interpretare una trasformazione costituzionale (metabole) rispetto a una situazione data, Aristotele deve interpretare criticamente i dati raccolti e valorizzare ciò che i dati rivelano, da un lato, rispetto agli eventi che hanno indotto il mutamento in ambito politico, dall'altro rispetto alla forma del mutamento in atto : ciò che rivela (le leggi e le riforme) la direzione del pro­ cesso politico in atto e il fine della nuova fase dellapoliteia. L' interesse di Aristotele a riconoscere le cause che inducono un pro­ cesso di trasformazione costituzionale è evidente ed è proporzionale alla convinzione che a determinare i mutamenti costituzionali non siano fattori predeterminabili (Ingravalle, I9 89, pp. 346-7 ). Di qui l' interesse a distin­ guere tra cause di metabole "endogene" (ad esempio la conflittualità tra le parti della città) e cause esterne (come i rapporti con le potenze straniere), secondo la lezione appresa da Tucidide (Bertelli, I 9 8 9, p. 283; cfr. Canfora, I9 82, p. 389 ). Di qui anche la volontà di comprendere se lo stato di una politeia si debba a un evento intenzionale (come una riforma legislativa) o accidentale (come l'esito vittorioso di una guerra; PARR. 3·7• 6.6). In questo massimo sforzo definitorio Aristotele non appare mosso dalla volontà di iscrivere in un sistema teorico rigido la forma delle costituzioni che studia. Ad esempio, il fatto che la costituzione in atto rappresenti l'e­ sito di una trasformazione dell'ordine costituzionale da un regime politico di tipo differente (ad esempio dall'oligarchia o dalla tirannide alla demo­ crazia) , piuttosto che l'esito di un mutamento interno a uno stesso regime (ad esempio le diverse fasi di una democrazia), è secondario rispetto all'esi­ genza prioritaria di identificare gli agenti che hanno indotto il mutamento. Ad Aristotele non interessano di più i mutamenti che avvengono tra tipi contrari di costituzione rispetto ai mutamenti interni a uno stesso tipo di politeia. Ciò che gli interessa è riconoscere il carattere intenzionale o acci­ dentale del fattore che induce il mutamento e i termini della crisi (stasis) che induce il cambiamento, e ciò a prescindere dal fatto che la stasis sia tale da segnare il progresso da una forma di costituzione a un'altra (Poi. I30ib 5-Io; lngravalle, I989, p. 350; Polansky, I99I, p. 325; Keyt, I 9 9 9, pp. 66-7 ). Anzi, la metabole che non si oppone alla costituzione vigente è spesso al centro della sua riflessione ( PAR. 3 .5 ) . È precisamente i n rapporto allo sforzo d i identificare e comprendere le cause di ogni cambiamento costituzionale che opera il metodo indiziario di Aristotele, ovvero la selezione dei dati raccolti. E in questo quadro sembra corretto valorizzare la dipendenza del metodo indiziario aristotelico rispetI 20

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE to alla logica prognostica della scuola storiografica e ippocratica, invece che le relazioni con il razionalismo del IV secolo ( Diano, I954, p. 348; Bertelli, I989, p. 292; Camassa, I993, p. Io9; Musti, I993; Keyt, I999, p. ss). Lo sforzo di Aristotele è quello di riconoscere e comprendere i fattori ( le cause ) che inducono una trasformazione costituzionale, non quello di sistemare i fat­ tori identificati in un astratto schema teorico. Il metodo indiziario aristotelico opera vigorosamente anche quando il filosofo passa a definire il mutamento in atto. Aristotele definisce infatti la forma o l'ordine della politeia attraverso l' identificazione delle leggi e delle riforme che rivelano, secondo quanto già detto, il grado di coinvolgimento del corpo elettorale ( chi vota) , i meccanismi che regolano la selezione dei magistrati e la nozione di giustizia come uguaglianza (ovvero in che modo la giustizia tuteli il principio dell 'uguaglianza) . Ed è chiaro che anche in questo ambito Aristotele deve selezionare i dati a sua disposizione, che cioè, in vista della sintesi storica, egli deve valorizzare i dati che dicono qualco­ sa di significativo a riguardo: ad esempio, le leggi che hanno determinato un cambiamento rispetto al grado di coinvolgimento del corpo elettorale nell'esercizio di diritti attivi e passivi, oppure le leggi che hanno modificato il sistema di selezione dei magistrati, o ancora, e soprattutto, le riforme le­ gislative che hanno riguardato il sistema di amministrazione della giustizia le quali consentono di riconoscere il "fine" di una data forma costituzionale ( Collins, 2oo6, p. I34 ) . Gli esiti di questo metodo indiziario e selettivo applicato alla storia delle costituzioni greche sono valutabili quasi esclusivamente per il caso della co­ stituzione ateniese16• Gli storici, come vedremo, si dividono rispetto all'op­ portunità di giudicare plausibili e attendibili gli esiti dell' indagine aristoteli­ ca sulla storia costituzionale di Atene, ma appaiono relativamente concordi rispetto ad alcuni caratteri distintivi della sintesi storica aristotelica. Tra que­ sti è innanzitutto il relativismo che domina l' indagine aristotelica. Un con­ cetto che abbiamo già introdotto ( PARR. 1.2-1.3 ) e sul quale occorre tornare. Si è spesso osservato che la Costituzione degli Ateniesi non è una "storia di Atene" né una "storia universale" , ma che è piuttosto la storia delle sue va­ rie politeiai definite e ricostruite in rapporto ai nodi politico-sociali che ne hanno determinato, di volta in volta, la "forma" (Chatelet, I974, pp. 438-9; lngravalle, I989, pp. 332, 346-7; Wallace, I993a, p. 33 ) . In effetti, è piuttosto chiaro che Aristotele rifiuta la possibilità di definire per un qualsivoglia tipo 1 6. Che a questa ricostruzione fossero destinati un metodo e una finalità diversi rispetto alle altre raccolte è quanto ipotizza Toye (1999, pp. 236-7) a partire dall 'analisi dei frammenti superstiti relativi alle altre storie costituzionali. Murray ( 1993a, pp. 204-s) ritiene invece che il metodo utilizzato fosse lo stesso.

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA o modello costituzionale - e dunque anche nel caso specifico della democra­ zia ateniese - nozioni come giustizia, uguaglianza e cittadinanza in maniera stabile e assoluta, senza cioè ancorare la definizione di quelle nozioni alla for­ ma storicamente determinata del modello in esame. Ciò spiega l' insistenza con cui egli afferma l'opportunità di definire quelle nozioni solo in rapporto a forme costituzionali determinate rispetto al carattere del regime politico (se oligarchico o democratico) e allo stato storico di quel dato modello co­ stituzionale. Ad Aristotele interessa lo stato della politeia in atto, il significato storico-politico del processo in atto ( Camassa, 1993, p. 110; Wallace, 1993a, p. 34). Di qui la scelta prevalente di evitare nello studio dei caratteri costitutivi delle diverse specie di costituzione ogni definizione assoluta e universale e la volontà invece di riconoscere e definire la forma assunta da quei caratteri costitutivi entro il limitato orizzonte del modello costituzionale di volta in volta esaminato e in un rapporto quasi esclusivo con la forma storicamente determinata di un dato tipo costituzionale. Facciamo un esempio concreto a partire dai caratteri costitutivi della democrazia ateniese. La forma che assu­ me la riflessione aristotelica su questa materia è tale da rendere conto di una precisa volontà di distinguere le fasi storiche nelle quali i caratteri del modello democratico appaiono diversamente declinati in rapporto ai diversi fattori storici, ciò che significa "distinguere" le diverse forme di democrazia e perciò le forme corrispondenti di cittadinanza democratica. Il fine evidente è quello di riconoscere di volta in volta quali principi della nuova articolazione del po­ tere politico abbiano introdotto il cambiamento in senso democratico e quali forme di uguaglianza abbiano corrisposto all'esigenza di correggere le prece­ denti disuguaglianze. Quando al centro dell' interesse di Aristotele è il muta­ mento di un ordine costituzionale in senso democratico - ossia favorevole al demos inteso come maggioranza non aristocratica e non ricca dei cittadini -, tale mutamento di segno democratico risulta definito nella forma di una re­ azione storicamente determinata all'esigenza di riformare in senso demotico sia le istituzioni politiche sia la nozione di giustizia. Di qui la scelta coerente di dare valore alle notizie documentate sui termini della crisi (stasis) che, nella fase storica precedente, chiedeva una soluzione di segno demotico, e insieme di voler indagare il carattere intenzionale o accidentale dei fattori che hanno agito come motore della trasformazione istituzionale in senso democratico. È particolarmente indicativo rispetto a questo atteggiamento il modo in cui Aristotele identifica nella storia costituzionale ateniese la prima for­ mulazione di quei principi "demotici" che rappresentano, a suo giudizio, gli elementi integranti di una struttura di governo democratico: ovvero un mutamento in senso demotico rispetto al grado di coinvolgimento della cit­ tadinanza nella vita politica e nel sistema di selezione di alcuni magistrati, e una rinnovata idea di giustizia. I2.2.

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE Secondo la ricostruzione aristotelica, i primi cambiamenti dell'ordine costituzionale ateniese in senso demotico si devono ai provvedimenti adot­ tati da Solone nel 594 a.C., quando al demos viene affidato per la prima volta il diritto «più necessario di tutti in una democrazia » , ovvero il diritto di voto in assemblea e nel tribunale popolare, e quando il demos viene coinvol­ to per la prima volta nella procedura di selezione degli arconti. In che senso Aristotele può definire quella forma costituzionale come protodemocratica, ovvero « inizio della democrazia » (Ath. Pol. 41.2 ) ? In quanto affida per la prima volta al «popolo» l'autorità assolutamente indispensabile di « eleg­ gere i magistrati e di controllarne l'operato» (Pol. I 274a 15-I8; PAR. 4.6 ) , ovvero in quanto riconosce al demos la possibilità di esercitare quei poteri deliberativi e giudiziari che sono « senza limiti di tempo» e che perciò sono i poteri sovrani in una democrazia ( Carlier, 2004, pp. 3 94, 396 ) . Torneremo in seguito a riflettere sulla compatibilità della ricostruzione aristotelica con l' interpretazione che dei provvedimenti di Solone davano Solone stesso e altri scrittori del v e IV secolo, e sulla possibilità che il carattere demotico dei provvedimenti assunti da Solone sia riconoscibile nelle fonti prima della fine del v secolo, prima cioè di divenire il tema centrale della riflessione poli­ tica sulla democrazia ateniese delle origini (PAR. 3.4 ) . Ora conta riconoscere il fatto che Aristotele indaghi, in rapporto a quella prima forma democratica sperimentata ad Atene, precisamente quegli aspetti che sono funzionali a riconoscere lo stato di una politeia: l ' identità della cittadinanza sovrana e i meccanismi di selezione dei magistrati ( Wallace, I993a, p. 33 ) così come una nuova idea di giustizia come uguaglianza (PARR. 3.5, 4.2-4.4 ) . Ugualmente indicativo della prospettiva che Aristotele adotta rispetto a questa precisa forma di democrazia è il fatto che egli ricerchi e interpreti - a partire da una documentazione eterogenea - gli agenti storici che sono all'origine di una metabole di segno democratico, ovvero, nel caso della me­ tabole che si accompagna alle riforme di Solone, le ragioni della stasis che ha prodotto il cambiamento (PAR. 4.2 ) . Che Aristotele si sforzi cioè di ricono­ scere le disuguaglianze determinatesi nei rapporti tra le parti della città per giungere coerentemente a definire le forme corrispondenti e storicamente determinate nelle quali si sono declinati dentro a quel modello protode­ mocratico i principi di giustizia e di uguaglianza, ovvero il fine di quella politeia, e le soluzioni date a quei problemi storici (PARR. 4.2-4.3, 4.6-4.7 ) . La nuova nozione di giustizia intesa come uguaglianza che Solone realizza è, secondo la ricostruzione aristotelica, la condizione della libertà fisica e dell'uguaglianza giuridica. Diritti che Solone garantisce per la prima volta alla totalità dei cittadini. Si tratta di una nozione di giustizia "come ugua­ glianza" che non è stabile né assoluta, che corrisponde invece all 'esigenza, storicamente determinata, di correggere specifiche forme di disuguaglianza 123

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA e che pertanto si definisce e si misura in rapporto a precisi criteri, non stabili e non assoluti. È esclusivamente in base a tali criteri che opera la nozione di uguaglianza nella forma di cittadinanza protodemocratica e perciò tale no­ zione non può essere né universalmente valida né applicabile ad altre forme di cittadinanza democratica sperimentate dalla democrazia ateniese. Dalla prospettiva relativista con cui Aristotele guarda alla storia della de­ mocrazia ateniese dipendono due ulteriori peculiarità del suo metodo stori­ co: il fatto che la sua prospettiva non coincida con quella di altri storici (ad esempio, la sua visione delle politeiai democratiche che Atene ha sperimen­ tato nel corso della sua storia non coincide con altre visioni democratiche) e il carattere fortemente selettivo della sua ricostruzione (Arrighetti, I987; Keaney, 1992; Wallace, 1993a; Meister, 19 94; Camassa, 2000 ). Si tratta di caratteri inscindibili, com'è evidente. Se si vuole tornare al caso esemplifica­ tivo già citato, si può affermare che Aristotele "trasceglie" tra i dati a sua di­ sposizione sull 'azione politica di Solone i soli che servono a definire lo stato di quella politeia in rapporto alle categorie già definite (identità del corpo elettorale, selezione dei magistrati, nozione di giustizia) . Se quella selezione si debba integralmente alla sua interpretazione, come è ragionevole ritenere, o se invece essa sia stata sostanzialmente derivata da altri autori, come si è tal­ volta suggerito, è questione non irrilevante - in quanto collegata al proble­ ma della qualità storica della selezione stessa sulla quale si tornerà più avanti ( PA R. 3.4). Ma il punto sul quale gli studiosi concordano è che la costruzione storica che leggiamo nella Costituzione degli Ateniesi risulta « fondata sulla selezione e l'organizzazione intenzionale dei materiali» (Bertelli, I993, p. 6I) ed è funzionale a descrivere il processo politico in atto (Ingravalle, 1989; Ca­ massa, 1993, pp. 105, 1 10; Wallace, 1993a, pp. 3 4, 45). Un ultimo aspetto largamente riconosciuto come tratto distintivo dell'approccio di Aristotele alla storia delle costituzioni di Atene è il fatto che egli ritorna più volte e in diversi luoghi della sua opera su quei temi che giudica decisivi rispetto alla comprensione di un dato mutamento co­ stituzionale, ad esempio il carattere intenzionale o accidentale dei fattori che hanno determinato un particolare esito costituzionale. Che Aristotele si sforzi di comprendere se lo stato di una data fase costituzionale di Atene si debba a un evento intenzionale o accidentale è un fatto evidentemente collegato allo sforzo più generale di conoscere le cause delle trasformazioni costituzionali ( PARR. 3·5· 3·7• 6.6). È rispetto a questo criterio che ad esem­ pio egli distingue, per il caso ateniese, tra quei mutamenti della costituzione che si devono a eventi intenzionali, quali le riforme di Solone e di Clistene nel VI secolo, e i mutamenti della costituzione che si devono invece a eventi fortuiti, come nel caso del mutamento in senso democratico determinato dall'esito vittorioso delle guerre greco-persiane ( PARR. 3·5· 3·7 ). I24

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE Ora, rispetto al tema delle qualità storiche del metodo aristotelico gli studiosi esprimono opinioni diverse. Si è già osservato che il carattere pro­ prio della sua ricostruzione « fondata sulla selezione e l'organizzazione in­ tenzionale dei materiali» appare spesso valutato a partire da quella « logica della coerenza » al sistema teorico che avrebbe condotto Aristotele a mani­ polazioni o a intenzionali omissioni (Bertelli, 1993, pp. 8 o-1 ) , invece che in rapporto alla volontà aristotelica di valorizzare i dati che documentano le cause della metabole e la forma costituzionale in atto, ciò che Aristotele di­ chiara di voler indagare (EN 11 81b 15-23 ) . La conseguenza è che il carattere se­ lettivo della sintesi storica aristotelica e il fatto che essa appaia l'esito dell' in­ terazione con la costruzione teorica sono spesso giudicati come i principali limiti della ricostruzione storica presentata nella Costituzione degli Ateniesi. In definitiva, a prevalere è l' idea che la ricostruzione proposta da Aristotele non sia utile a migliorare la nostra comprensione della storia della democra­ zia ateniese in quanto fondata sullo stesso paradigma interpretativo che è al centro della sua riflessione teorica. Questo giudizio appare trasversalmente riconoscibile nelle variegate posizioni assunte dagli studiosi sul metodo sto­ rico aristotelico. È il giudizio di quanti sostengono che Aristotele conoscesse poco l'opera storica di Erodoto e Tucidide (Chambers, 1993, pp. 39-41; con­ tra: Weil, 1965, pp. 161 ss.; Blank, 1984, pp. 276, 284; Rhodes, 1993, pp. 5364; Canfora, 19 94, pp. 299-301 ; Ambaglio, 2010, p. 26 ) e facesse ricorso in modo esclusivo e acritico a fonti politicamente orientate del tardo v e del IV secolo, dalle quali avrebbe passivamente mutuato i contenuti e l' impostazio­ ne ideologica, soprattutto in rapporto a temi quali la patrios demokratia di Solone (Jacoby, 1949, pp. 77, 154-5, 333; Mossé, 1979; Hansen, 1985, pp. 54-5; 1989 ) . Ma è anche il giudizio espresso dagli studiosi che, pur riconoscendo l 'affidabilità delle informazioni registrate da Aristotele riguardo all'evolu­ zione delle procedure adottate per la selezione dei magistrati, rigettano l ' in­ terpretazione che di quell'evoluzione il filosofo ha dato in quanto viziata dal fatto che il tema della selezione dei magistrati avesse anche un valore teorico e fosse al centro della sua riflessione nella Politica ( PA R. 4.6 ) . Non è esagerato parlare di un atteggiamento ipercritico degli studiosi in merito all'evidente interazione tra indagine storica e costruzione teorica nell'opera di Aristotele. Una posizione che trova convinti esponenti in nu­ merosi studiosi e della quale l'espressione più radicale è il giudizio argomen­ tato da Day e Chambers in merito al contenuto squisitamente filosofico della Costituzione degli Ateniesi: un giudizio secondo il quale l 'evoluzione della democrazia ateniese sarebbe ricostruita e descritta da Aristotele in conformità a una visione teleologica, di tipo biologico, della politica, tale per cui le diverse forme costituzionali susseguitesi dalle origini e fino al IV secolo sarebbero spiegate secondo meccanismi di crescita predeterminata 125

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA

( PAR. 1.5 ) . Secondo questa visione, il rapporto tra dato storico e teoria do­ vrebbe essere letto invertendo la direzione che Aristotele stesso ha definito nell 'Etica Nicomachea ( u 8 1 b 15 ss. ) . Un' inversione dalla quale deriva sia la possibilità di attribuire al filosofo la volontà di cercare, nelle forme costitu­ zionali storicamente determinate, casi utili attraverso i quali esemplificare, con le opportune correzioni del caso, il funzionamento di quelle leggi ge­ nerali che determinano il passaggio (metabole) da un tipo costituzionale a un altro, sia la possibilità di valutare la classificazione aristotelica delle forme costituzionali storicamente realizzate (e di quelle realizzate ad Atene in particolare ) nei termini di « una banca dati al servizio della costruzione teorica » e in funzione di una visione teleologica della storia. A questa pro­ posta di lettura del rapporto tra dato storico e costruzione teorica è seguita una ferma reazione di quegli interpreti del pensiero aristotelico che hanno ribadito con molta chiarezza la "direzione" di cui dà prova la ricostruzione aristotelica nella Costituzione degli Ateniesi ( Gilliard, 1971; Huxley, 1972 ) . Ma è indicativo della tendenza dominante a svalutare le qualità storiche di quella ricostruzione il fatto che persino quegli studiosi che hanno maggior­ mente contribuito a riconoscere le qualità del metodo storico di Aristotele abbiano giudicato gli interessi teorici dello storico Aristotele come un limi­ te. È il caso di Bertelli, che mette in diretto rapporto di consequenzialità il carattere della ricostruzione aristotelica - che non è «dettata da interesse storico ma da esigenze teoriche » - con le « manipolazioni» e le «omis­ sioni » di cui vi è traccia nel resoconto aristotelico ( Bertelli, 1993, pp. 72-3, 8o-I ) . Ed è il caso di Arrighetti il quale, a partire dal fatto che gli interessi di Aristotele « non sono di tipo storico» ma « sistematico » , giudica su­ perficiale la ricostruzione proposta nella Costituzione degli Ateniesi relati­ vamente alle conseguenze delle guerre persiane: una ricostruzione « che dà l' impressione di riferirsi a fatti avulsi da ogni preciso e concreto contesto storico » e nella quale i riferimenti a Salamina o al ruolo dell'Areopago non apportano « alcun elemento di concretezza storica » (Arrighetti, 1993, p. I 28; contra: Musti, I993; Moggi, 20IO ) . In realtà, non è necessario credere che gli interessi teorici di Aristotele abbiano rappresentato un ostacolo alla comprensione storica, e ciò anche se è chiaro che il carattere della ricostruzione proposta per la storia della democrazia ateniese si deve ai suoi interessi teorici e che perciò i fatti no­ tevoli di quell'evoluzione storica sono quelli che Aristotele ha giudicato i più rilevanti ai fini della comprensione della storia costituzionale di Atene. L'idea argomentata da Keaney che Aristotele abbia cercato nel passato co­ stituzionale ateniese, nella storia della sua democrazia, le ragioni capaci di spiegare la costituzione dei suoi tempi è, in questo quadro, plausibile ( Ke­ aney, I992, pp. 20-34 ) . Ma è un atteggiamento perfettamente compatibile I 26

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE con il mestiere dello storico, il quale sempre indaga i problemi storici che per lui sono tali e che a questo fine prova a "trovare" ciò che altri storici non hanno raccontato relativamente alle questioni che sono, a suo giudizio, decisive (Nenci, I953, pp. I4-46 ) . Il punto è comprendere se la ricostruzione che Aristotele ha dato delle diverse fasi storiche della democrazia ateniese si debba alla sua indagine, ovvero al suo vaglio critico delle fonti, e se la sua ricostruzione arricchisca o meno le nostre conoscenze, ciò che si tende spes­ so a negare. Un caso utile sul quale riflettere in questa prospettiva è quello relativo alla ricostruzione, certamente originale, che Aristotele propone sul tema delle origini dell' idea democratica nella storia ateniese.

3· 4 Le origini e l a storia della democrazia ateniese : Aristotele e l'uso delle fonti La questione relativa al rapporto tra Aristotele e la storia che descrive a pro­ posito della democrazia ateniese impegna da tempo gli studiosi moderni. In questo dibattito la posizione dominante è quella degli scettici. Se si prova a rendere conto delle argomentazioni usate dai suoi detrattori, si può af­ fermare che gli studiosi più pessimisti rispetto alla plausibilità storica della ricostruzione aristotelica ne hanno riconosciuto le maggiori debolezze, da una parte, nella presunta scarsa compatibilità con le visioni della democra­ zia ateniese che si leggono nella storiografia ufficiale del v secolo (Erodoto e Tucidide) , dall 'altra, nella presunta eccessiva compatibilità con la visione che della democrazia ateniese hanno conservato la tradizione storiogra­ fica (quella attidografica in particolare) e retorica del IV secolo (cfr. Jaco­ by, I949, pp. 75-8, 126 ss., 153-7, 16 1, 386 ss.; Day, Chambers, 19 67, pp. 7-8; Mossé, 1979, pp. 425-37; Hansen, 1989, pp. 71-99 ). L' idea che Aristotele abbia utilizzato poco o nulla l'opera storica di Erodoto e Tucidide si fonda sulla constatazione che la sua ricostruzione relativamente alla storia della democrazia ateniese non coincide con quella conservata dagli storici del v secolo, e che di alcune vicende, decisamente rilevanti nella prospettiva della ricostruzione aristotelica, non vi è traccia nella storiografia del v secolo. Si possono fare pochi esempi. Uno è rappresentato dal modo in cui Aristotele affronta la questione delle origini della democrazia e dalla valorizzazione in questo contesto delle riforme demotiche di Solone ( PAR. 4.6 ) . In questo caso tale ricostruzione si discosta da quella che si deve a Erodoto, il quale attribuiva a Clistene la più antica valorizzazione della funzione politica del demos ( PARR. 2.4, 3.2, 5.2 ) . Un secondo esempio è rappresentato dall' in1 27

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA terpretazione della riforma di Clistene che Aristotele spiega in diretto rap­ porto alla questione dell 'azzeramento delle origini familiari degli ateniesi e della loro mescolanza ( PARR. 5.I-5.3 ) . Anche in questo caso è evidente la specificità della sua ricostruzione rispetto a quella proposta dagli stori­ ci del v (Erodoto) e IV secolo (attidografi), i quali non danno conto dei provvedimenti adottati da Clistene in materia di oscuramento delle origi­ ni familiari17• Infine, un terzo esempio è rappresentato dalla ricostruzione che Aristotele ha dato, nella Politica e nella Costituzione degli Ateniesi, a proposito delle riforme istituzionali seguite alla vittoria di Maratona e di Salamina. Ricostruzione della quale i dati salienti (il sorteggio degli arconti, l'egemonia dell'Areopago, la riforma di Efialte) non hanno lasciato traccia nel resoconto degli storici del v secolo ( PARR. 3 ·7• 6.6-6.7 ) . Nella prospettiva d i dare u n giudizio sulle fonti utilizzate da Aristotele per la ricostruzione della storia democratica di Atene il primo passo è dare conto dei dati sui quali possiamo contare relativamente al tipo di documen­ tazione cui egli mostra di avere avuto accesso. Aristotele ha avuto accesso diretto a testimonianze del VI secolo, ad esempio conosce l'opera poetica di Solone e il testo delle sue leggi ( PARR. 4.2-4.4 ) . Mostra inoltre di avere utilizzato l'opera storica di Erodoto e Tucidide - nonostante si sia talvolta affermato il contrario (Chambers, 1993, pp. 3 9 -41 ) - così come quella di Senofonte (Santoni, 1999, p. 162 ) . In particolare, Erodoto rappresenta la fonte principale di Aristotele per la sto­ ria della tirannide e della riforma democratica di Clistene (Camassa, 2o oo; Cartledge, 20 1 1 ) . Tucidide, invece, così come Senofonte, appare utilizzato a fondo per la descrizione della storia politica ateniese del tardo v secolo (Weil, I965, pp. I6I ss.; Blank, I984; Canfora, I994· pp. 299-301; Hornblo­ wer, 1995, p. 55; Ambaglio, 20 10, p. 26 ) . È inoltre unanimemente riconosciu­ to il fatto che Aristotele abbia valutato direttamente e autonomamente una serie di documenti relativi alla storia degli inizi del v secolo (Ambaglio, 1994; Camassa, 1994; Musti, 1995 ) : è il caso della notizia riferita circa la prima ap­ plicazione dell'ostracismo, che mostra una sostanziale indipendenza dalla tradizione attidografìca (von Fritz, 1954, p. 90; Kinzl, 1991 ) , o della notizia relativa al sorteggio degli arconti (Ambaglio, 1994, p. 257 ) . Un contributo fondamentale alla formazione del giudizio storico di Aristotele sull 'evolu­ zione della democrazia ateniese dovette essere quello di importanti lavori di ricerca storica avviati all' interno della sua "scuola" e curati dai suoi al­ lievi, ad esempio Teofrasto e Cratero ( PAR. 3.3 ) . Infine, si deve considerare

pp.

17. Cfr. PAR. 3·3· Sul ruolo di Clistene nella tradizione attidografìca cfr. Jacoby (1949, 126 ss., 3 17-8 n 1 40 ) .

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3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE l'accesso ai dati conservati negli archivi (Stroud, I9 78; Rhodes, I993) e la conoscenza approfondita di tutta l'oratoria - quella celebrativa e quella giudiziaria in primis (Trevett, I 9 9 6 ) . Nonostante v i sia evidenza del fatto che fosse a disposizione d i Aristotele una documentazione ricca ed eterogenea, continua a essere forte lo scettici­ smo rispetto alla possibilità che egli avesse compreso e adeguatamente rico­ struito i passaggi salienti che hanno segnato l'evoluzione della costituzione ateniese. All'origine di questo scetticismo si riconoscono posizioni diverse ma accomunate dal sospetto che Aristotele, anche quando aveva a disposi­ zione una fonte rigorosa e un dato corretto, utilizzasse male i dati disponibili e perciò giungesse a conclusioni "false". La scarsa affidabilità storica delle sue valutazioni sull'evoluzione della democrazia ateniese risulterebbe da una se­ rie di presunte inadempienze: ora l'avere ragionato sui dati disponibili con l' intento di trovarvi la conferma alle sue costruzioni teoriche (Day, Cham­ bers, I967, pp. 50-4; Chambers, I993, pp. 50-2; Murray, 1993a, pp. 207-8; Ober, I99 8a, pp. 293 ss.); ora l'avere considerato i dati registrati dalle fonti secondo schemi interpretativi cari ai teorici moderati del IV secolo, perciò coerenti con le teorie da questi elaborate in tema di "democrazia patria" e funzionali a inte­ ragire con la propaganda politica ateniese del v e del IV secolo (Hansen, 19 89, pp. 7I-99 ) ' 8 • Riguardo a quest 'ultimo atteggiamento, il problema appare posto soprattutto per quelle istituzioni e figure politiche la cui rievocazio­ ne aveva potuto avere un certo peso nel contesto del dibattito politico sulla migliore costituzione avviato sul finire del v secolo, dopo il 4I3, e che fu poi ripreso nel corso del IV secolo. Si tratta di istituzioni e figure quali l'Areopa­ go, Solone, Efialte che non sono soggetti rilevanti del racconto di Erodoto e Tucidide e diventano centrali solo a fine v secolo e nel corso del IV (Jacoby, 1949, pp. 77 ss., 126 ss., 153 ss., 161; Day, Chambers, 1967, p. 19 ). In effetti, dopo la disfatta siciliana, a partire dal 413, gli ateniesi misero in dubbio per la prima volta che la democrazia fosse il regime più conveniente ai fini del­ la conservazione dell'impero (Osborne, 2010, pp. 273-4; Rhodes, 2oo 6b) . Contestualmente s i sviluppò ad Atene u n acceso dibattito politico intorno alla migliore costituzione. In tale contesto diventava decisivo riconoscere quali istituzioni si fossero rivelate in passato più funzionali ad assicurare il corretto funzionamento della costituzione e identificare un modello di "de­ mocrazia ancestrale" (Fuks, 1953). L' interesse dei teorici della politica del IV secolo per questo modello costituzionale era notevole e non è utile tentare di ridimensionare il peso assunto dal dibattito sulla costituzione ancestrale nel1 8. Wilamowitz (1966, pp. 276 ss.) riteneva che questa tradizione fosse ugualmente pre­ sente nell'opera degli attidografì e di Aristotele ( contra: Jacoby, 1949, p. 291 n 6).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA la ricerca aristotelica sulla democrazia ateniese19• D 'altra parte, tale interesse non prova che ogni ricostruzione storica volta a riconoscere il profilo storico di quelle istituzioni, personaggi, eventi dovesse essere necessariamente falsa. Prova soltanto che certi temi, eventi e soggetti fossero oggetto di riflessione da parte degli scrittori politici del IV secolo. Si tratterà allora di verificare, caso per caso, se la ricostruzione che Aristotele ha dato riguardo a questi temi appaia o meno fondata sulla valutazione delle fonti e se il carattere della sua ricostruzione possa essere giudicato plausibile. Nella prospettiva di questa verifica è possibile procedere in due direzioni: da una parte, mettere a con­ fronto sistematicamente l' idea democratica che Aristotele ha riconosciuto di volta in volta nella storia ateniese e il quadro disegnato dalle altre fonti; dali' altra, provare a riconoscere ciò che ha determinato la specificità della ricostruzione aristotelica, ovvero identificare i criteri secondo i quali egli ha selezionato - tra le informazioni registrate su quel tema dalle fonti a sua di­ sposizione - quelle informazioni che, a suo giudizio, fanno emergere il tratto distintivo di ciascuna fase della storia democratica ateniese. È questa seconda via che conviene percorrere per prima2.o, cominciando dalla descrizione dei risultati della sua ricostruzione. La rappresentazione che Aristotele dà dell'evoluzione storica dell' idea democratica può essere riassunta nel modo che segue: a) si definisce per la prima volta, come esito delle riforme di Solone, un' idea di cittadinanza iso­ nomica i cui tratti distintivi sono la libertà fisica e giuridica del cittadino e la sua libertà politica, ovvero il diritto di votare nei tribunali popolari; b) si ride­ termina, grazie alle riforme di Clistene, quell' idea di cittadinanza democra­ tica nella forma di una nuova cittadinanza che oscura le origini familiari; c) segue, dopo le riforme di Efialte e Pericle, una nuova fase evolutiva contrad­ distinta dalla crescita incontrollata del potere delle giurie popolari e da una nuova formulazione dell' idea di uguaglianza e di cittadinanza che si identi­ fica con l'origine "pura" degli ateniesi. A fondare la ricostruzione aristotelica è l'assunto che la democrazia ateniese si sia profondamente modificata nel corso del secolo e mezzo che va da Solone a Pericle, ciò che conduce Aristo­ tele a rappresentare ogni fase democratica come un prodotto storicamente determinato e da spiegare, di volta in volta, a partire dai suoi agenti storici. Per illustrare il modello interpretativo dominante in tema di "affidabili­ tà" della riflessione aristotelica sui fattori storici che hanno determinato le origini e l'evoluzione della costituzione democratica ateniese è sufficiente esaminare un singolo caso: la ricostruzione proposta da Aristotele per la 19. Cfr. le giuste osservazioni di Mossé (1979), Hansen (1989) e Rhodes (1993, p. 62). 20. n confronto sistematico degli esiti della ricostruzione aristotelica con le altre fonti si svolge nel corso dei CAPP. 4-6.

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE forma soloniana dell' idea democratica. Si tratta di un caso indicativo per più ragioni. I contenuti demotici dell 'azione politica di Solo ne sono, come è noto, ignorati dalla storiografia del v secolo, ed è altrettanto noto l ' in­ teresse che mostra per questa figura il pensiero politico e l'oratoria del IV secolo, ciò per cui ci si chiede : attraverso quali fonti Aristotele conosce i contenuti delle riforme soloniane ? Utilizza quei dati in modo critico ? Infi­ ne, il profilo storico del Salone che Aristotele riconsegna alla storia risulta compatibile con quanto altre fonti testimoniano riguardo alle sue riforme e con quanto lo stesso Salone afferma quando, nei suoi versi, si fa « esegeta di sé stesso » ( Martina, 20 07, p. 32) ? Cominciamo dalla questione dell'accesso ai dati per riflettere poi sulle modalità del loro utilizzo. Aristotele conosceva l'opera poetica di Salone, che cita diffusamente nelle sue opere. Che fosse consapevole della rilevanza di quella documentazione è dimostrato dal fatto che essa costituisce la base della ricostruzione data nella Costituzione degli Ateniesi relativamente alla crisi sociale sulla quale Solone dovette intervenire nell 'anno del suo arconta­ to (Ath. Pol. s -I 2; Santoni, 1999, p. 164). Se prescindiamo dall 'ipotesi, piut­ tosto estrema, che Aristotele o uno scrittore suo contemporaneo avessero inventato quei versi ad hoc - per fondare cioè la ricostruzione che si dà nel­ la Costituzione degli Ateniesi ( Stehle, 2oo6, pp. I02-I O ):z.1 - , si giunge senza difficoltà alla conclusione che Aristotele abbia criticamente valutato l'opera poetica di Salone ai fini della sua indagine storica, che cioè la ricostruzione del contesto storico nel quale è collocata la riforma di Salone, così come la definizione dei suoi fini e dei suoi contenuti, si devono all'esegesi di quelle elegie (Almeida, 2003; Blaise, 2o o6; Martina, 2007; Hendrickson, 20 13). Le elegie scritte da Salone non contengono certo informazioni sufficienti a chiarire tutti i contenuti della sua riforma, ma i riferimenti ai problemi di ordine sociale, politico e giuridico affrontati con la sua riforma sono fre­ quenti e indicativi. Che Aristotele abbia utilizzato quei versi per conoscere le linee guida dell'azione politica di Salone è evidente. È a partire da quanto Salone afferma nei suoi versi che Aristotele ha potuto riconoscere la volontà del legislatore di valorizzare il demos : un termine che nel linguaggio di So­ Ione identifica la parte maggioritaria e non ricca degli ateniesi, ovvero quella parte della popolazione ateniese che non includeva l'élite aristocratica ( PAR. 2.4). Riferendosi a quel demos, Salone rivendica esplicitamente il merito di averne voluto la liberazione (30 G.-P.:Z., 36 W.\ vv. 8-I4) e la ricostituzione 21. Secondo Rhodes (198 1, pp. 24, 124), invece, l 'autore della Costituzione degli Ateniesi potrebbe aver trovato già pronta - in una sua fonte imprecisata su Solone - l' incorporazio­ ne del testo di quelle elegie nel tessuto narrativo. Sul dibattito intorno ali'autenticità delle elegie trasmesse da Aristotele cfr. Lardinois (2oo6, pp. 17 ss.) e Noussia (2010, pp. 4S-ss).

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA politica (30 G.-P.\ 36 W.\ vv. I-2; Raaflaub, I996, p. I038; Almeida, 20 03, pp. s 3-84). Così come lo stesso Solone rivendica nei suoi versi di avere for­ malizzato sul piano giuridico una nuova idea di uguaglianza: un'uguaglian­ za che doveva valere soprattutto per quella parte della popolazione ateniese (Mossé, 2o o 6, pp. 25-6). D'altra parte, è chiaro che il testo delle elegie di Solone non ha rappresentato l'unica fonte documentaria utilizzata da Ari­ stotele. Ai fìni di una ricostruzione sistematica dei contenuti delle riforme soloniane Aristotele ha potuto integrare le informazioni ricavabili dall'ese­ gesi dell'opera poetica di Solone con i dati ricava bili dal testo delle leggi che gli sono state attribuite (Jacoby, I949, pp. 333-4; Meister, I992, pp. 78 ss.; Rhodes, I993, p. 5 9 ; Camassa, I994, p. I6I; Gehrke, I994, pp. I93-6; Lardi­ nois, 2oo6; Wallace, 2007a). Anche gli studiosi più scettici rispetto all'op­ portunità di giudicare storicamente affidabile la ricostruzione aristotelica della figura di Solone come "protodemocratico" sono inclini ad ammette­ re che Aristotele leggesse direttamente il testo delle leggi di Solone (Jaco­ by, I949, p. 334 n 2I; Raaflaub, I996, p. I043; Boffo, 2003, p. 8; Cardedge, 2011, p. 70 ). Questa possibilità, del resto, non doveva essere una prerogativa esclusiva dello studioso, considerato che gli oratori nel IV secolo potevano citare le leggi di Solone sia nella versione "originale" che in quella determi­ nata a seguito della revisione legislativa degli anni 41 1-399 (Lys. 30; Dem. 57·30-32)2.2.. È stato affermato che gli ateniesi di v e IV secolo potessero dire di conoscere, tra le leggi soloniane, soltanto quelle che intervenivano sulle questioni private (Hansen, 1989, pp. 83-7). Si tratta però di un'affermazio­ ne non facilmente dimostrabile (Rhodes, I993, pp. 54-5), e anzi alcuni dati conducono a credere il contrario. Aristofane, ad esempio, nel 423 dà per scontato che, rievocando Solone come «philodemos per natura » , il pub­ blico ateniese collegasse a quella "naturale" disposizione fìlopopolare del legislatore sia i provvedimenti adottati rispetto alla riforma del calendario 22. Stroud (197 8, pp. 8-10), Camassa (1993, p. 104), Santoni (1999, p. 164), Andriolo (2oo6), Rhodes (2011, p. 17); contra: Hansen (19 89, p. 79), il quale ritiene che gli oratori del IV secolo conoscessero le leggi di Salone solo nella forma determinata dopo la revisione legislativa. La revisione dovette modificare la formulazione del testo originario, aggiornan­ dola. È un aspetto cui fanno cenno gli oratori i quali citano le variazioni intervenute rispetto al lessico (Lys. 10. 1 6-2o; Dem. 57.32). Da notare che nel corso delle due revisioni legislative intervenute alla fine del v secolo, quella del 410 (Lys. 30.2) e quella del 403 (And. 1.83), gli ateniesi definirono con un certo grado di coerenza quelle che giudicavano le "leggi di Solo­ ne" (Johnstone, 1999, p. 146 n 3 6). Un problema distinto è capire quante delle leggi che nel IV secolo passavano per "leggi di Salone" fossero autentiche. In questo tipo di verifica, l'ana­ lisi dei dati interni si combina di norma con l' indagine linguistica ed entrambe, secondo gli orientamenti più recenti della ricerca, confortano la paternità soloniana delle leggi che gli oratori di v e IV secolo attribuivano a Salone (Ogden, 1996; Gagarin, 2oo6; Harris, 2oo6a, pp. 3-28; Lardinois, 2oo 6; Rhodes, 2oo6a, pp. 248-6o; Scafuro, 2oo6).

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE sia le funzioni assegnate ai giurati popolari (Aristoph. Nub. 1 187; PAR. 4·9 ) . Non c 'è un valido motivo per ritenere che i contenuti della riforma si fossero successivamente obliterati né che delle leggi attribuite a Salone fossero note agli ateniesi esclusivamente quelle passate attraverso la revisione legislativa di fine v secolo ( Hansen, I989, p. 79 )l3• Rimane certo il fatto che né Erodoto né Tucidide hanno indagato la dimensione politica della figura di Solo ne né la crisi sociale sulla quale è intervenuto. Ma, nella logica secondo cui ciò che non si trova in Erodoto e in Tucidide non ha valore storico, dovremmo ritenere che Salone non è stato un riformatore importante e che il conflitto sociale rievocato nelle sue poesie non merita di essere compreso, ciò che ge­ nera aporie ben più difficili da spiegare ( Gehrke, I9 94, p. I95 ) . Più utile chiedersi quale uso abbia fatto Aristotele delle informazioni attinte dalla sua documentazione. Aristotele, lo si è detto più volte, ragiona sulle fonti cercando quanto può consentirgli di riconoscere una nuova idea di uguaglianza e ciò che questa nuova idea ha determinato sul piano del­ la cittadinanza. In questa prospettiva non stupisce che, nella ricostruzione aristotelica, il tratto saliente della forma democratica definita da Salone è identificato nella decisione di affidare a ogni cittadino ateniese il diritto di esercitare la funzione giurisdizionale. Il carattere demotico dei provvedi­ menti assunti da Salone si riconosce infatti, secondo Aristotele, prioritaria­ mente nella sua decisione di istituire il tribunale popolare, ovvero di ricono­ scere a tutti i cittadini il diritto di interpretare le sue leggi e perfino il diritto di esprimersi, in quella sede, sulle pronunce dei magistrati ( PAR. 4.6 ) . È con riferimento a questo spazio operativo della riforma costituzionale voluta da Salone che Aristotele ritiene di poter definire l'ordine riformato dal legisla­ tore come "momento di avvio" della democrazia ateniese: l'ordine cioè nel quale si genera l' idea stessa di cittadinanza democratica che, a partire da al­ lora, avrebbe mantenuto tra i suoi caratteri costitutivi il diritto di esercitare la funzione giurisdizionale. È, infine, con riguardo alla decisione di Salone di riconoscere al demos la funzione giurisdizionale che Aristotele giudica gli sviluppi successivi della democrazia ateniese: sia quando considera che il potere acquisito rapidamente dai tribunali popolari si dovesse, almeno in parte, alla formulazione non semplice del testo delle leggi soloniane (Ath. Pol. 9.2; Wallace, 20 06, p. 422 ) , sia quando identifica in precisi eventi sto­ rici successivi, le vittorie ateniesi contro i Persiani, gli agenti responsabili della crescita di questo potere (Pol. I 274a 7-I5; PARR. 6.6-6.Io ) . Come valutare questa ricostruzione ? Si può affermare che il profilo storico del Salone che Aristotele riconsegna alla storia è compatibile con quanto altre fonti testimoniano riguardo alle sue riforme ? 23. Come giustamente osserva Rhodes (1993, pp. 59-60 ).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA Il giudizio sulla rappresentazione offerta da Aristotele rispetto ai conte­ nuti della riforma soloniana tiene conto, di norma, di due aspetti di criticità. Da un lato, è la constatazione che la visione aristotelica è scarsamente compa­ tibile con le idee ateniesi elaborate a proposito della propria storia democrati­ ca, e in particolare con la visione di Erodoto, secondo cui era Clistene il padre della democrazia ateniese (Jacoby, I949· pp. I53-4; Cardedge, 2011, pp. 8I-3); dall 'altro, si considera che la ricostruzione data da Aristotele riguardo al ca­ rattere demotico della riforma di Solone sembra poco attendibile, considera­ ta la centralità che assunse, nel dibattito politico della metà del IV secolo, la possibilità di riconoscere il colore politico della costituzione soloniana e con­ siderata la probabilità che il mito di "Solone democratico" si fosse generato ad Atene in stretto rapporto con la crisi istituzionale della fine del secolo pre­ cedente, ovvero nel contesto del dibattito contemporaneo sul carattere della patrios politeia (Mossé, I979; Hansen, I989 ). Rappresentare la ricostruzione aristotelica come il prodotto di quel dibattito politico consente, a giudizio di molti storici, di dare una spiegazione plausibile sia alla "distanza" della rico­ struzione aristotelica rispetto alla visione erodotea, sia alla "vicinanza" di certi temi riecheggiati da Aristotele, con riguardo alla storia democratica ateniese, rispetto alle posizioni assunte in tema di patrios demokratia dai moderati del IV secolo, in particolare da Isocrate. La questione però è più complessa. E se il fine è una valutazione generale della ricostruzione aristotelica in tema di origini della democrazia ateniese e di riforme compiute in quel contesto da Solone, occorre tenere conto di una serie di altri elementi. Innanzi tutto, va considerato il fatto che la ricostruzione che dà Aristotele delle origini dell'idea democratica è originale rispetto alla versione proposta dalle fonti del IV secolo. Aristotele - è stato giustamente osservato - ha as­ sunto rispetto al dibattito ateniese in tema di origini della "democrazia pa­ tria" una posizione autonoma e critica (Musti, 1995, p. 29 2): una posizione che segnala la volontà di non appiattire la sua ricostruzione su quella delle diverse parti politiche interessate a fare di Solone il proprio riferimento po­ litico e men che meno su quella parte politica più moderata che si presume vicina ad Aristotele4• La sua ricostruzione in effetti non "serve" adeguata­ mente gli interessi che si ritiene siano alla base dell' invenzione del "mito" di un Solone moderatamente democratico. Ad esempio, avrebbe avuto poco senso enfatizzare gli interventi di Solone a favore dell' istituzione del tribu­ nale popolare e dell'allargamento al popolo della funzione giurisdizionale (provvedimenti che Aristotele, si badi, giustifica e approva; PA R. 6.8), se il fine era dare fondamento storico al mito di un Solone moderato. La pro24. Vi è chi giudica tale autonomia come il risultato della volontà di dare conto critica­ mente di tradizioni diverse (Mathieu, 1915, pp. 9, 60-72, 121; Blank, 1984, p. 275 ) .

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3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE va è che i tentativi compiuti per "moderare" la democrazia radicale tra v e IV secolo hanno provato a ridimensionare o annullare il potere delle giurie popolari: basti pensare alla sospensione delle leggi ereditarie di Solone, alla fine del v secolo, e alla chiusura dei tribunali popolari alla fine del IV (Arist. Ath. Pol. 35 .2; Suda, s.v. �YJ!-UXOYJç) . In quest'ultimo caso, peraltro, la propa­ ganda contemporanea provò a rappresentare l' intervento sulla costituzione ateniese come coerente con le leggi di Solone, e ciò segnala ulteriormente l'autonomia della posizione aristotelica rispetto a quel dibattito (Poddighe, 2002, pp. 39 ss.; Rhodes, 2011, p. 30 ). Un dato ulteriore del quale tenere con­ to è l' impossibilità di costringere entro i limiti ristretti del dibattito costitu­ zionale generato dalla crisi di fine v secolo, all' indomani cioè della spedi­ zione siciliana, la percezione diffusa tra gli ateniesi che Solone avesse avuto un ruolo rilevante nella costruzione della democrazia ateniese. La coscienza ateniese del contributo soloniano alla costruzione della democrazia è infat­ ti riconoscibile prima che quel dibattito avesse inizio, essendo attestata una tradizione su Solone "demotico" che precede la crisi istituzionale del tardo v secolo. Se, infatti, rispetto alle origini di quel dibattito si ritiene come valido terminus post quem il 4I3 (Rhodes, 2o o 6b ; Osborne, 20IO, pp. 273-4) - o, secondo una visione più restrittiva, addirittura il 41 1 (Musti, I995, p. 284) -, non si può ricondurre a quel dibattito il cenno che al carattere demotico del­ la legislazione soloniana faceva Aristofane, nelle Nuvole, nel 423. Qui infatti Solone, definito «philodemos per natura » , è tirato in causa nel contesto di una scena che prende di mira lo strapotere dei tribunali popolari (Nub. 1 187; Connor, I992, p. 101). Si può osservare, come fa Hansen, che l'epiteto utiliz­ zato da Aristofane non dimostra che nel v secolo Solone fosse considerato il «padre della democrazia » (Hansen, 19 89, pp. 7 1-99 ), ma questa consi­ derazione, oltre a essere opinabiles, aiuta poco a comprendere la specificità della posizione aristotelica, a meno che non ci si ostini a voler leggere nella rappresentazione aristotelica dell'azione politica soloniana la riproposizio­ ne di una posizione già espressa da qualcun altro prima di lui. Il dato di cui tenere conto è invece un altro: è la specificità della ricostruzione aristotelica riguardo al carattere della riforma costituzionale di Solone e al contenuto demotico delle sue leggi. Una ricostruzione che deve molto all' interesse che questo tema ha assunto nell'Atene del IV secolo (ivi, p. 99 ), ma che non può essere ridotta a una piatta riproposizione del mito di Solone quale si sarebbe 25. Cfr. ad esempio Dover (1968, p. 236): « it was axiomatic with public speakers in the fìfth century that Solon's legislation was democratic» . Cfr. anche Rhodes, 2011, pp. 1 8-9, sulla percezione di Solone come democratico nel v secolo. Sulla possibilità che il carattere demotico delle leggi di Solone fosse stato richiamato dalla propaganda democratica a so­ stegno del programma di Efìalte cfr. Jones (1987, p. 67) e Valdés Guia (2oo8, pp. 27-8, 86-7, 189 ) ; cfr. PARR. 4.6, 6.7.

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA generato dopo la crisi del 4I3. Quella ricostruzione risponde invece all' inte­ resse aristotelico di interpretare e definire la forma della costituzione rifor­ mata da Solone secondo il suo paradigma interpretativo : un paradigma che assegna al tema del dikaion, della giustizia politica e della cittadinanza, il ruo­ lo di principale indicatore dello stato di una costituzione (cfr. PARR. 1.2-1.3, 3 .s) . Indicativo della specificità dell' interpretazione aristotelica rispetto alle altre visioni antiche è peraltro il fatto - bene evidenziato da Rhodes - che la ricostruzione aristotelica appare autonoma rispetto alla tradizione attestata nelle fonti oratorie del IV secolo, le quali ugualmente conservano il ricordo di Solone come legislatore filodemocratico (Rhodes, 1993, p. 6I). Ci si può a questo punto legittimamente chiedere se questa ricostruzione, frutto di un' indagine che si deve ad Aristotele, sia anche utile. Se limitiamo la nostra attenzione ai contenuti istituzionali della ricostruzione aristotelica, in particolare all' informazione relativa alla precoce istituzione dei tribuna­ li popolari, sembra di poter dare una risposta affermativa. La ricostruzione aristotelica è infatti quella che, negli studi sulle istituzioni giuridiche attiche, sembra spiegare nel modo più plausibile l'evoluzione del diritto attico e la storia del suo processo (Gagarin, I99 7b, pp. 1 27-8; Maffì, 2007, pp. 253-6). La possibilità di ritenere che la democrazia ateniese abbia contemplato fin dagli inizi del VI secolo l' istituto delle giurie popolari, e dunque l'allarga­ mento della funzione giurisdizionale a tutti i cittadini, sembra ad esempio spiegare ragionevolmente la mancata formazione di una "scienza giuridicà' (Talamanca, I9 94, pp. 24-32; Gschnitzer, I997, p. 134; Gagarin, 2006, p. 274; cfr. PAR. 4.6). Così come è la precoce separazione fra magistrati e giudici po­ polari a fornire «la principale chiave di lettura dello sviluppo degli organi giurisdizionali della polis » (Maffi, 2004, p. 308). In questo quadro, è cer­ to un dato indicativo che tra gli storici delle istituzioni giuridiche greche sia prevalente la convinzione che sia stato Solone a istituire i tribunali popolari e a introdurre il diritto di appello al popolo dalle pronunce dei magistrati (Talamanca, 1994, pp. 24-32; Gschnitzer, 1997, p. 134; Gagarin, 2006, p. 274; Mirhady, 2oo6; Osborne, 2oo6; Cammack, 2013b; PAR. 4.6): una convin­ zione che si deve esclusivamente alla ricostruzione aristotelica, alla sua parti­ colare ricerca in tema di origini delle istituzioni democratiche ateniesi. Anche il problema della distanza tra la visione di Aristotele e quella ero­ dotea in tema di storia democratica ateniese può essere ripensato a partire dall' idea che la ricostruzione aristotelica non è "contro" quella erodotea e con quest'ultima può essere invece utilmente combinata. Si sottolinea spesso il fatto che Erodoto abbia taciuto sul carattere democratico della riforma di Solone e raccontato diversamente le origini della democrazia (Jacoby, I949, p. 153; Wallace, 1989, p. 5 1 ; Cartledge, 2011, pp. 81-3). L' idea di Aristotele sul contesto nel quale cercare la protodemocrazia ateniese diverge dall'idea

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE di Erodoto, il quale afferma che fu Clistene il fondatore della democrazia ( 6.I3I.I; cfr. 1.30.2, 2.I77.2, 5·113.2 ) . Eppure, anche rispetto alla discussione che da tempo impegna gli storici sul tema delle origini della democrazia ateniese, farsi guidare dalla prospettiva relativista di Aristotele può rivelarsi utile. Oc­ corre partire dalla constatazione del fatto che, sebbene Aristotele riconduca alla forma costituzionale uscita dalle riforme di Solone la prima formulazione di quei principi costitutivi giudicati indispensabili in un regime democratico (ossia la libertà fisica e giuridica del cittadino e il diritto di esprimersi attraver­ so il voto nel tribunale popolare), egli è tuttavia capace di riconoscere adegua­ tamente il significato democratico delle successive forme di democrazia, in particolare di quella che si deve alle riforme di Clistene. Aristotele dimostra di conoscere i tratti demotici che connotano la forma di democrazia definita dalla riforma di Clistene e di saperli valutare in rapporto a ciò che ha prece­ duto e seguito quella fase. Aristotele descrive infatti la fase clistenica, da un lato, come "più democraticà' e "molto più democratica" della democrazia so­ loniana, dali' altro come "meno democratica" rispetto alla democrazia matura del v secolo (Arist. Ath. Pol 22.I; 29.3; 41.2; Rhodes, 1993, pp. 6o-1 ) . Se, come si è giustamente osservato, occorre considerare che la democrazia « is not a single immutable animai » (Carcledge, 2007, p. 163 ) 16 e che essa, al contrario, subisce continue mutazioni a causa di fattori interni oppure sotto la spinta di pressioni che vengono dall'esterno (Carcledge, 20I I, pp. 8I -2 ) , si dovrà anche necessariamente affrontare la storia della democrazia ateniese riconoscendo, di volta in volta, quale forma di democrazia ha corrisposto alle diverse pres­ sioni che giungevano dal demos nelle diverse epoche e pertanto valorizzare la prospettiva aristotelica che dà valore e significato alle diverse interpretazioni antiche (Castoriadis, 1991, pp. 20-2; cfr. Appendice 2). Aristotele è il solo auto­ re antico che ha riconosciuto l'emergenza storica di una prima democrazia e che ha poi voluto descrivere il carattere delle sue mutazioni, identificando una seconda fase democratica più avanzata, quindi un'altra e così via. Il linguaggio aristotelico è tale da rivelare la "preoccupazione" di riconoscere ogni fase del processo democratico in base ai caratteri propri (Musti, 1995, p. 283 ) 17• E dalla sua prospettiva, relativa e non assoluta, anche l' idea erodotea della prima de­ mocrazia può essere valutata in modo più conveniente. Tale idea non è infatti, in sé e per sé, più "verà' di quella aristotelica, né è migliore o peggiore di quella di molti ateniesi del v secolo i quali, proba­ bilmente, non sarebbero stati disposti a riconoscere nel modello clistenico 26. Munn (2ooo, p. 18): «Athenian democracy was en evolving process and not a ftxed entity» . 27. Per l'opinione che Aristotele riconoscesse adeguatamente l'evoluzione democratica cfr. Weil (1965, p. 172), Rhodes (1993, pp. 6o-1), Camassa (2ooo), Musti (1995, p. 284).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA la loro idea di democrazia (Raaflaub, I989 ), e ciò per molte ragioni. Si deve ricordare che la riforma clistenica non aveva previsto la remunerazione delle cariche e non aveva modificato, dopo la tirannide, il criterio elettivo per la se­ lezione degli arconti ( PAR. 6.4) . Inoltre, Clistene non sembra avere esautorato l'Areopago di molte delle sue prerogative ( PAR. 6.6). Non è casuale che il mo­ dello costituzionale uscito dalle sue riforme avesse rappresentato, nel 41 1, un modello di riferimento per i moderati ateniesi, i quali volevano moderare in senso oligarchico la costituzione. Secondo la ricostruzione che la Costituzione degli Ateniesi registra, e che è giudicata affidabile dai moderni, in vista dell 'e­ laborazione di una costituzione moderata, si era proposto nel 41 I di tenere conto delle leggi patrie che Clistene aveva promulgato quando aveva fondato la democrazia: perché «la costituzione di Clistene non era democratica, ma piuttosto affine a quella di Solone» (Ath. Pol. 29.3; Bravo, 1994, p. 236 n s; Musti, I995, p. 284; Camassa, 201 1, pp. so-I; contra: Jacoby, I949, p. 384) . Dobbiamo ricavarne l'inferenza che Erodoto si è inventato il mito di Clistene padre della democrazia ateniese ? Evidentemente no. Nella pro­ spettiva di Erodoto, che è peraltro plausibile, si dà peso al fatto che Clistene allargò per la prima volta a tutto il demos la possibilità di esercitare le ca­ riche politiche. Quella possibilità rappresenta, secondo la sua visione che è difesa convintamente da molti storici moderni, l'essenza della democrazia (Ober, 2007; Cartledge, 201 1 ) , e ciò anche se in quella fase storica le cari­ che dei giudici e dei buleuti non erano remunerate, anche se alcune cariche continuarono a essere elettive e censitarie, e anche se i principi di libertà fi­ sica e uguaglianza giuridica erano acquisizioni che Clistene doveva a Solone ( PA R. 4.5). Di tutto ciò, come è noto, Erodoto non dà conto. La sua idea di democrazia è quella che si definisce in quanto contrapposta alla tirannide (3.8 0 ). Quell' idea si definisce attraverso l'antitesi al governo di uno solo e in questa radicale alternativa « sfoga gran parte della sua forza » (Musti, 1995, p. 54), perciò è plausibile che Erodoto legga in quella forma democratica il "modello" che meglio corrisponde alla sua idea di democrazia. La visione di Aristotele è diversa, e coerentemente diversa è, come vedremo, l' identificazione del contributo più rilevante dato da Clistene all ' idea democratica ( cAP. s ) . Ma se è legittimo che la versione aristotelica sulle origini della democrazia appaia a molti moderni meno convincente di quella erodotea, non è legittimo che la sua versione sia giudicata falsa. Nella prospettiva di Aristotele era opportuno e utile riconoscere le diver­ se forme determinate storicamente dei principi democratici, ed era altresì necessario valorizzare, nella fase dell'emergenza dell' idea democratica, i provvedimenti adottati rispetto alle funzioni giudiziarie e alla capacità giu­ ridica dei cittadini ateniesi. Possiamo non considerare tali caratteri come propriamente democratici ? Certamente sì, ma tale valutazione non può

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE rappresentare una buona ragione per sostenere che Aristotele abbia inven­ tato le notizie sull'azione politica di Solone: che cioè Solone avesse adotta­ to una serie di provvedimenti demotici e che in quel quadro avesse istituito i tribunali popolari. Ci sono invece buone ragioni per condividere il giudizio espresso da quegli storici moderni i quali hanno deciso di affrontare la questione dell 'affidabilità della sintesi aristotelica in tema di origine ed evoluzione della democrazia ateniese secondo un approccio costruttivo, che valuta cioè la ricostruzione data da Aristotele nella Politica e nella Costituzione degli Ateniesi con l'obiettivo di identificare e comprendere il paradigma interpre­ tativo da questi adottato ( Bertelli, I989; I994; 20 07; lngravalle, I 9 8 9 ; Kea­ ney, I992; Wallace, I99 3a; 1993b; 1999 ) , invece che a partire dal "sospetto" che si tratti di una rappresentazione falsa e mutuata da altre fonti.

3·5 Le metabolai democratiche da Solone a Pericle : morfologia e funzione dell' idea democratica Si è già detto che dobbiamo alla trattazione aristotelica la riflessione più organica sulle trasformazioni costituzionali (metabolai) in senso democra­ tico che hanno interessato la costituzione ateniese dalla "protodemocrazia" degli inizi del VI secolo fino alla forma compiuta della metà del v secolo. I mutamenti in senso democratico, ovvero le forme di democrazia che Ari­ stotele identifica in questo arco di tempo, sono quattro. Per ognuna di que­ ste forme il mutamento in senso democratico della costituzione si definisce in rapporto alla fase precedente: la prima democrazia, quella che si deve alla riforma costituzionale e alle leggi di Solone, è una reazione ali'oligarchia, così come la seconda, che si deve alla riforma di Clistene. La terza e la quarta rappresentano gli sviluppi ulteriori della forma democratica operante dopo Clistene, sono dunque metabolai interne allo stesso regime democratico. Il loro agente, in questi due casi, non è identificato nella contrapposizione (stasis) tra istanze oligarchiche e demotiche - quella stasis che aveva deter­ minato le metabolai di segno democratico nel VI secolo - ma nelle ricadute politiche della vittoria ottenuta dagli ateniesi contro i persiani, ricadute che Aristotele ricostruisce nel breve e nel lungo periodo. Prima di esaminare più da vicino i tratti distintivi che secondo Aristote­ le identificano le quattro metabolai, occorre brevemente riconoscere, per la fase che precede l'emergenza della democrazia, l'operatività delle categorie interpretative definite in sede teorica nella Politica, neli'Etica Nicomachea e nella Retorica. 139

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA Il capitolo più indicativo è quello che chiude la sezione storica della Co­ stituzione degli Ateniesi (§ 4I; Murray, I99 3a, p. 208). Qui sono riconoscibili i seguenti costrutti teorici: a) ogni polis sperimenta diversi stadi costituziona­ li, detti katastasis o taxis (41.2), e trasformazioni definibili in senso proprio come metabolai (41.1); b) non tutti i rivolgimenti della storia politica ate­ niese si sono accompagnati a una politeia. Ad esempio, al tempo del primo cambiamento politico (metastasis), che si data nella fase dell' immigrazione di Ione, Aristotele non parla di politeia, e solo « sotto Teseo » , quando per la prima volta « ci si allontanÒ» dal regime monarchico, egli sceglie di utiliz­ zare il termine politeia e l'espressione « forma di politeia» (Ath. Pol. 41.2; cfr. 2.I, 3.I) . La metabole in questo caso è tale da segnare il passaggio dalla monar­ chia all'aristocrazia e rende riconoscibile l'ordine delle magistrature (Ath. Pol. 2-3) e il corpo sovrano che Aristotele definisce « oligarchico in tutto e per tutto » (2.2) e del quale identifica i criteri selettivi: la ricchezza e la « no­ biltà » (3.1, 3.6). Sebbene non si parli di leggi scritte, la nozione di giustizia (il dikaion) è riconoscibile. Aristotele combina dunque l'emergenza della prima politeia con la definizione di un criterio omologante (dikaion) la cui determinazione si deve a un gruppo di uguali. Si tratta di una ricostruzione coerente con quella che si offre nella Politica, dove il momento fondante dell'origine della politeia viene riconosciuto nella decisione di un gruppo di individui che sceglie di definire attraverso leggi non scritte ciò che è comune e perciò smette di riconoscersi nella forma dell'aggregazione guidata dal re ( PARR. 1.3-1.4). Anche per quanto riguarda la successiva metabole della co­ stituzione ateniese il riferimento alla teoria è chiaro. Della seconda politeia i dati salienti sono che «per la prima volta vengono messe per iscritto le leggi » (41.2) ed è riconosciuto il diritto del cittadino di rivalersi contro una sentenza ingiusta (4.4) . La forma della politeia è riconosciuta a partire dalla definizione di regole che disciplinano l'accesso alle cariche (4.2-3) e dalla definizione del corpo sovrano che coincide per la prima volta con «quelli che potevano procurarsi le armi» (4.2). È cambiata dunque la determina­ zione del gruppo degli uguali (gli aristocratici prima, gli opliti poi) . A essere distintiva di questa fase predemocratica, nella quale Aristotele riconosce la subordinazione dei molti ai pochi (2.2-3), il fatto cioè che i molti « non possedevano alcun diritto» , è l'assenza di quell' interazione tra politeia e leggi che fu prerogativa esclusiva della metabole costituzionale de­ terminata dalla riforma di Solo ne e che ha segnato l'origine della democra­ zia (41.2) . È solo a partire dalla metabole che ha segnato l 'emergenza della democrazia che Aristotele può riconoscere il rapporto tra la politeia e le sue leggi e perciò è in grado di riconoscere il tratto distintivo di quella politeia ( PAR. 1.4). Solone, infatti, ha scritto anche « altre leggi » oltre ad avere sta­ bilito una « costituzione » (7.1).

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE Come viene seguita l'evoluzione delle metabolai democratiche ? Ognuno dei quattro mutamenti di segno democratico della costituzione ateniese appare definito nella forma di una reazione ali'esigenza di riformare in senso più favorevole al demos - maggioranza non aristocratica e non ricca dei cittadini ( PAR. 2.4) - i rapporti di forza tra le parti della città e le isti­ tuzioni politiche. L'agente appare sempre precisamente identificato e non appare in alcun caso predeterminabile, coerentemente con la riflessione che si svolge nella Politica sulla metabole: sui fattori storici che possono determi­ narla e sul fatto che possa essere interna allo stesso modello costituzionale8 • A organizzare l'esposizione dei contenuti che rivelano lo stato costitu­ zionale sono i tre criteri che Aristotele definisce nella Politica: l' identità del corpo sovrano, i criteri di selezione delle magistrature e il fine della politeia, ovvero la nozione di giustizia (che si esprime prioritariamente attraverso la "forma" dell'ordinamento �iudiziario)19• Non è necessario che si modifichi­ no tutti e tre quei criteri. E sufficiente anche un unico cambiamento, ma rilevante, perché Aristotele identifichi una metabole rispetto alla situazione precedente. Ad esempio, a partire dalla riforma di Solone e fino al 4I I, il corpo sovrano è rimasto lo stesso, nel senso che le funzioni sovrane essen­ ziali sono rimaste estese a tutti i cittadini (Wallace, 19 9 3b, 2 pp. 28 1-3; Wal­ lace, 1999, pp. 244-6), eppure Aristotele riconosce in quell'arco di tempo tre metabolai di segno democratico. Si può esemplificare il modo di procedere della ricostruzione aristote­ lica riconsiderando innanzitutto la prima metabole di segno democratico: quella determinata dalle riforme di Solone. Secondo la ricostruzione aristotelica, il mutamento della costituzione ateniese « da cui trasse inizio la democrazia » è quello avvenuto sotto So­ Ione (Ath. Pol. 41.2), il quale diede una funzione politica al demos e « abolì l'oligarchia » (Pol. 1 273b 35-40). Quella protodemocrazia si è determinata nella forma di una metabole rispetto alla costituzione oligarchica vigente al tempo di Draconte (Ath. Pol. 4.1, 41.2) e sulla quale Draconte non era intervenuto (Pol. 1 274b 15-18), limitando la sua azione alla codificazione di un corpus di leggi o thesmoi (Ath. Pol. 4.1, 7.1 ) - leggi peraltro giudicate ini28. Pol. 1296b 26-27, 1297b 30-31, 1304b 8-1307b 25. Per questa interpretazione della me­ tabole o dellastasis cfr. Accattino (1978), Ambler (1985), Meier (1988, p. 326), Bertelli (1989 ) , Ingravalle ( 1 9 8 9 ) , Polansky (1991, pp. 329, 332-8), Keyt (1995), Viano (2oo8, p . 3 4 ) e Hatzi­ stavrou (2013, pp. 277-89 ). Diversamente: Day, Chambers (1967 ), Kullmann (1 993), Murray (1993a) e Ober (2005); cfr. PARR. 1.3, 3·3· 3·7· 29. Pol. 1289a 15-18 : l 'ordine statale è riconoscibile dal sistema delle magistrature cittadi­ ne, concernente il modo della loro distribuzione, dal governo della cittadinanza e dal fine di ciascuna comunità (ovvero dalla sua idea di giustizia). Cfr. Keaney (1963, p. 127) e Wallace (1993a, p. 37 ); cfr. PARR. 1.2-1.3.

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA que da Aristotele (Pol. I 274b I 7-I8) - e non modificando le condizioni che determinavano la stasis sociale preesistente e ingravescente (Ath. Pol. 2.I-3, 4.5, 5.I)30• Di quell'ordinamento (taxis) Aristotele definisce, ora esplicita­ mente ora implicitamente, i caratteri antidemocratici. Nella politeia vigente al tempo di Draconte il corpo civico appare definito su basi censitarie (Ath. Pol. 4.231), ciò che metteva gli ateniesi privi di censo nella condizione di individui senza tutela giuridica. Quella politeia presoloniana limitava inol­ tre il diritto di promuovere un'azione giudiziaria, invece di allargare quel diritto a tutti i cittadini ( 9.I)3�. Essa, infine, non prevedeva che le funzioni giudiziarie fossero allargate alla totalità dei cittadini e non coinvolgeva il demos nell 'elezione e nel controllo dei magistrati, lasciando che fosse so­ vrano, rispetto a entrambe queste funzioni, l'Areopago (Ath. Pol. 4.2, 8.2; Valdés Guia, 2o i 2, pp. 322-5). Fu per riformare quell'ordinamento in senso demotico (von Fritz, I954, p. 83) che, secondo Aristotele, Salone decise i seguenti interventi corretti­ vi: a) scrivere nuove leggi (Ath. Pol. 7.I), annullando i provvedimenti già emessi ai sensi delle vecchie leggi in quanto non equi (Ath. Pol. 9.I, Io.I)33; b) estendere le cariche a tempo indeterminato a tutta la cittadinanza e ri­ conoscere a tutti il diritto di voto in assemblea e nei tribunali (Pol. I273b 3 5-I 274a 3, I 274a I 5-2I, I28Ib 32-3 4); c) modificare il sistema di selezione degli arconti (Ath. Pol. 8.I ). La ricostruzione che Aristotele propone circa l'ordinamento vigente pri­ ma di Salone non ha possibilità di confronto con altra evidenza, ed è perciò 30. La ricostruzione che si dà nella Politica e nella Costituzione degli Ateniesi appare coe­ rente solo a patto di intendere la « costituzione di Draconte » (Ath. Pol. 3.1, 4. 1) come « co­ stituzione vigente al tempo di Draconte » (von Fritz, 1954, pp. 74, 82), il quale peraltro non era arconte eponimo all'epoca in cui « stabilì le proprie leggi» (Ath. Pol. 4. 1) ed era forse uno dei tesmoteti (Paus. 9.36.8; Jacoby, 1 949, p. 94). La compatibilità tra la ricostruzione data nella Politica (1274b 15-18) - dove si afferma che Draconte inserì le sue leggi « in una co­ stituzione preesistente » - e quanto si afferma nella Costituzione degli Ateniesi ( 41.2) - dove non viene attribuito all'età di Draconte alcun rivolgimento costituzionale è evidente e riconosciuta (von Fritz, 1954, pp. 77-8; Viano, 1992, pp. 416 -7 nn 278 e 279 ). Meno evidente la compatibilità con quanto si dice in Ath. Pol. 4.1, ciò che ha condotto alcuni studiosi a ipo­ tizzare un 'interpolazione successiva (un'ottima ricostruzione delle origini della discussione in von Fritz, 19 54, pp. 7 5-6, che non crede a tale ipotesi). 31. 'h OÈ tal;u; aùtou t6vOE tòv tp6nov dxc. ànEOÉOoto �tÈv 'h noÀttda to'iç onÀa napEXO�LÉvmç. I tempi verbali utilizzati suggeriscono il fatto che la taxis vigente al tempo in cui « Draconte stabilì i suoi thesmoi» fosse stata - secondo Aristotele - già determinata. 32. Lo si ricava e contrario dal fatto che Solone per primo riconosce questo diritto a tutti i cittadini. 3 3· Per l ' idea che Solone avesse voluto commisurare la sanzione al reato cfr. Plut. Sol. 17. Cfr. anche Lys. Contro Aristone per negligenza ( fr. 10); Poll. 8. 42. -



ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE

valutata con un certo scetticismo dagli studiosi (tranne poche eccezioni34) . È possibile che, per ricostruire quella fase così remota della storia costituzio­ nale ateniese, lo sforzo sia stato quello di combinare una serie di principi di chiara matrice oligarchica i quali apparivano compatibili con la forma dello Stato oplitico: una forma nella quale alcuni poteri fondamentali apparivano già operativi (Consiglio, arconti, Areopago) e in cui era in vigore la regola secondo la quale la definizione del gruppo degli uguali e la selezione di tutti i magistrati si fondavano su criteri censitari ( PARR. 2.4-2.5). Che questo mo­ dello costituzionale sia l'esito di un' invenzione della cultura oligarchica del v secolo e che sia stato inserito nella Costituzione degli Ateniesi - da Aristo­ tele stesso o da un diverso autore - in una fase successiva alla stesura iniziale, è giudicato plausibile da molti storiciH. Nulla però impedisce di credere che sia stato Aristotele a compiere quello sforzo definitorio - certo a partire da materiale insufficiente - e che lo abbia fatto contestualmente alla redazione dell'opera (von Fritz, 19 54, p. 74; Wallace, I993b, p. 273), combinando ele­ menti istituzionali tipici di un ordinamento oplitico sui quali è verosimile che si fosse discusso al tempo delle crisi oligarchiche del v secolo. Con riguardo alla ricostruzione aristotelica di questa fase costituzionale pochi dati appaiono chiari: a ) i criteri descritti per l'eleggibilità alle cariche - che pure hanno alcuni confronti36 - restano incomprensibili nella loro ra ­ tio37 e appaiono formulati in modo non sempre perspicuo rispetto al quadro storico descritto3 8 ; b) i problemi sociali che Aristotele descrive con riguardo alla fase presoloniana sono quelli che Solone ha rievocato nei suoi versi: l'assenza di libertà fisica e giuridica di una parte consistente degli ateniesi esclusi dal corpo civico e la mancanza di uguaglianza in rapporto alle leggi. 34· Tra le eccezioni vi sono Rizzo (1963, pp. 27 1-308) e Develin (1984, pp. 29 5-307 ). 35· Jacoby (1949, pp. 94, 3 85-6) pensa a un' invenzione degli oligarchi coinvolti nelle congiure di fine v secolo e alla successiva rielaborazione di quel modello costituzionale a opera di Demetrio Falereo (cfr. anche Ruschenbusch, 1958, p. 421). Contra: von Fritz (1954, p. 76). Per l' idea dell' invenzione cfr. Hansen (1989, p. 98) e Demont (2001, p. 68). Sull' i­ potesi dell' interpolazione cfr. Keaney ( 1992, pp. 67-7 1, 155 n 4) e le differenti valutazioni di Wallace (1 993a, p. 52 n 36; 1993b, p. 273). 36. La norma che prevedeva la condizione della prole legittima per l'accesso ad alcune cariche è registrata anche dal cosiddetto decreto di Temistocle (M L 23, 1 8-22), dove appare riferita ai trierarchi, e da Dinarco, con riferimento sia agli strateghi che ai retori (1.7 1). Essa appare operante, per la strategia, al tempo di Pericle ( PAR. 6.13). 37· n patrimonio « non inferiore alle dieci mine » come requisito per l'eleggibilità di arconti e tesorieri si spiega poco in rapporto ali 'esigenza di selezionare quei magistrati tra ceti ricchi ( il patrimonio appare troppo basso), ma forse l'esigenza era un'altra. 3 8. Sono sospetti, in quanto riferiti all'Atene della fine del VII secolo, la definizione dei criteri censitari in termini monetari e il riferimento alla condizione dei figli « legittimi nati da moglie legittima » (Arist. Ath. Pol. 4.2).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA

È indicativamente con riferimento a questi fondamentali contenuti dell'azione politica di Solone che Aristotele riconosce il carattere demotico della metabole. Conviene al riguardo sottolineare che Aristotele appare sensibile ri­ spetto ali'esigenza di definire il nuovo assetto istituzionale nei termini di una protodemocrazia, invece che di una "democrazia", consapevole dell'esi­ stenza di una tradizione storica che assegnava a Solone «l' istituzione della democrazia patria » (Pol. 1 273b 35-36 ) e convinto però dell'opportunità di assumere rispetto a quella tradizione una posizione critica (PARR. 2.4-2.5, 3·4· 4.6 ) , capace cioè di riconoscere e distinguere le tappe dell'evoluzione democratica ( Rhodes, 1993, pp. 6o-1; Musti, 1995, p. 29 2 ) . Il giudizio di Aristotele è che la costituzione riformata da Solone po­ tesse essere rappresentata più legittimamente nei termini di una protode­ mocrazia in quanto capace di formalizzare i principi della libertà giuridica e fisica del cittadino e di dare forma al potere del demos riconoscendogli il diritto «più necessario di tutti » : il diritto di votare (Pol. I273b 3 5-I274a 3, I274a I5-2I, 1281b 32-34) 39• La formalizzazione del principio della liber­ tà fisica e giuridica del cittadino rappresentava la soluzione democratica al problema della dipendenza fisica e giuridica che aveva gravato fino ad allora su gran parte del demos. Liberando dalla schiavitù per debiti gli ateniesi che avevano perso la libertà, e vietando per legge la possibilità di impegnare la propria persona, Solone aveva formalmente stabilito il principio che un cittadino ateniese non poteva essere schiavo (PARR. 4.2, 4·4• 4.6 ) e che a tutti i cittadini spettavano una serie di tutele fondamentali. Tra queste era il diritto di voto. Un diritto che si sarebbe espresso attraverso le funzioni di durata illimitata e perciò sovrane: la partecipazione all'assemblea popolare e al tribunale ( Carlier, 2004, p. 394 ) . Aristotele è netto nel ricondurre i contenuti essenziali della cittadinan­ za democratica ai principi definiti ad Atene nella fase dell'emergenza del­ la democrazia, e in particolare ali ' idea realizzata da Solo ne che si dovesse allargare alla totalità dei cittadini quella serie di benefici e di tutele che conseguono all'ammissione in una comunità politica e di diritto: la defi­ nizione formale della persona fisica e giuridica del cittadino, il principio della sua inviolabilità e la sfera degli altri diritti civili e politici inalienabili riconosciuti alla totalità dei cittadini. Di questo complesso di benefici l 'e­ spressione più compiuta era la libertà assicurata alla totalità dei cittadini 3 9· È in particolare il diritto del popolo di costituirsi in tribunale ad avere maggiori conseguenze rispetto alla forma della democrazia più matura che radicalizza ed estremizza il principio formalizzato per la prima volta da Solone (Pol. 1273b 35-1274a 3; 1281b, 3 1-34; Ath. Pol. 9.2).

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3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE attraverso l'esercizio delle funzioni giudiziarie e deliberative che contrad­ distiguono ogni forma democratica di cittadinanza (Poi. I275a 2 2-25 , I275b I 8-I9, I28Ib 3 1, 1298a 4-1 1 ; Bodéiis, 2010, p. 105). Il contenuto della pro­ todemocrazia - così come inteso da Aristotele - trovava espressione nel diritto di eleggere e giudicare i magistrati, un diritto il cui riconoscimento, secondo Aristotele, si doveva a Solone. Attraverso il diritto sovrano « di eleggere col voto i magistrati e di esigerne il rendiconto » (Poi. 1 28 1b 323 4) il cittadino democratico realizzava la sua condizione di libertà, che era insieme il presupposto e il fine della democrazia (Poi. 1 291b 30-35, 1 3 1 7a 40-b 2). Privato del diritto indispensabile di eleggere i magistrati e di con­ trollarne l'operato, « il popolo sarebbe schiavo» (Poi. 1 274a 15-18). Ed era pertanto l'uguaglianza raggiunta in relazione alla facoltà di decidere col­ lettivamente tramite il voto esteso a tutti i cittadini delle scelte di comune interesse a realizzare l'opzione democratica (Poi. 1281b 22-3 5 ; Daverio Roe­ chi, 20 0 1 a, p. 104) . Due sarebbero state le materie decise dal voto sovrano dei cittadini: la selezione dei magistrati e le sentenze nei tribunali. Di quest'ultima decisiva funzione, del ruolo che essa ha assunto per definire il carattere demotico della politeia riformata da Solone, si tratta più distesamente altrove ( PAR. 4.6). Qui basti considerare il significato che assume il diritto del demos di determinare la giustizia, ossia di farsi portavoce dell' idea di giustizia della comunità po­ litica, in rapporto all'esigenza aristotelica di definire un regime costituzio­ nale a partire dalla sua idea di giustizia ( PAR. 1.3). Secondo la ricostruzione aristotelica, il demos nella sua totalità avrebbe espresso le sue funzioni so­ vrane votando dentro al tribunale popolare, dunque interpretando le nuove leggi stabilite da Solone. Il fatto che il demos tutto venisse coinvolto nella determinazione della giustizia rappresentava il tratto distintivo della p roto­ democrazia soloniana. Questo significa che, a giudizio di Aristotele, la pro­ todemocrazia aveva declinato il tema dell'uguaglianza segnatamente con riguardo a questa funzione del demos: la funzione giurisdizionale. Stabilire un'uguale giustizia per tutti significava innanzitutto che l'uguaglianza dei cittadini di Atene si sarebbe misurata in rapporto alla giustizia (Meier, 19 88, p. 81; Bertelli, 19 8 9, p. 28 o; Raaflaub, 2oo6a, p. 395; Cuniberti, 201 1 ) ed è quell' idea di uguaglianza a definire il carattere proprio della prima metabole democratica, il suo telos, la sua funzione. A connotare come demotica la forma costituzionale ordinata da Solo­ ne concorreva l'esercizio del diritto di voto da parte del demos per condi­ zionare la selezione degli arconti. Secondo la ricostruzione di Aristotele, a essere protodemocratico sarebbe stato sia il meccanismo di preselezione dei magistrati - non più affidato alla discrezionalità dell'Areopago - sia il meccanismo col quale si interveniva successivamente sulle liste dei prescel145

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA ti, ovvero il sorteggio (Pol. I 274a I6-I7, I28Ib 3 2-34; Ath. Pol. 8.I). Mentre prima della riforma di Solone era l'Areopago a convocare e giudicare « da sé chi fosse adatto a ciascuna magistratura » (Arist. Ath. Pol. 8.2), secondo una procedura di nomina diretta che era l'esito di un « atto di volontà » 40, dopo la riforma di Solone si sarebbero definite liste di candidati scelti dal popolo nelle sue ripartizioni tribali e poi su quelle liste si sarebbe applicato il sor­ teggio (Ath. Pol. 8. I) 41• Il « sorteggio fra candidati scelti mediante elezione » combinava due principi ugualmente democratici: il principio elettivo - che regolava la preselezione delle liste di candidati e rappresentava il carattere costitutivo della protodemocrazia soloniana - e il sorteggio che interveniva nella fase successiva, di cui dà conto la Costituzione degli Ateniesi (8.I ) . La combinazione di una procedura che associava un sistema capace di esprime­ re regole oggettive come il sorteggio al principio della libera decisione po­ litica - una combinazione sulla quale Aristotele riflette nella Politica dove viene giudicata propria sia delle democrazie che delle oligarchie (Pol. I 266a 8-9) - appariva favorevole al demos per due ragioni: perché, diversamente che in passato, era la totalità dei cittadini a prendere parte alle assemblee e alla votazione (Piérart, I993b, p. I 27) e perché si interveniva su una carica preesistente trasformando/a da carica elettiva a carica attribuita mediante sorteggio (Pol. I3 I8a I-3; lngravalle, I989, p. 350; Piérart, I993b, p. I 20 ) 42• In sé - precisa Aristotele - né il sorteggio né l'elezione sono procedure proprie di un determinato regime costituzionale. A essere indicativa di una svolta democratica nel caso della costituzione soloniana è la combinazione tra il modo in cui si nominano gli arconti (sorteggio da una lista di predetti) e il grado di coinvolgimento del corpo elettorale con diritti passivi: il demos nelle sue ripartizioni tribali (Ath. Pol. 8.I ) . Naturalmente tale combinazio­ ne non è sufficiente ad assegnare al sistema riformato da Solo ne la definizio­ ne "secca" di democrazia, nella quale di regola « la nomina spetta a tutti » e si nomina « tra tutti » , e ciò sia mediante sorteggio, sia mediante elezione, sia attraverso una combinazione delle due procedure (Pol. I3ooa 8-I3oob 7; Piérart, 1993b, pp. 121-33; Demont, 2001, pp. 77, 79 ) . Quella definizione spettava esclusivamente, secondo Aristotele, a fasi più evolute e compiute 40. Sulla distinzione tra « atto elettivo come atto di scelta » e « atto di nomina come atto di volontà » cfr. Barocchi (2004, p. 7 1 ) ; cfr. PAR. 6. 4. 41. Sull 'affidabilità della ricostruzione aristotelica cfr. Kelly (1978), Demont (2001, pp. 66-7 ), Musti (2010, p. 27 5 n 6); cfr. PAR. 6.4. 42. Cfr. Isocr. 7.22-3; Dem. 20.90; Hansen (1989, p. 92), Loraux (1993, pp. 227 ss.) e Demont (2001, pp. 66-7 ). Sul valore ideologico delle due pratiche democratiche cfr. Dave­ rio Rocchi (2001a, pp. 95-106). Per un'analisi di tipo sociologico intorno alla funzionalità del meccanismo elettivo e del sorteggio nella prassi democratica di Atene cfr. Taylor (2007, pp. 3 23-40 ).



ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE

di quel regime politico le quali, peraltro, ammettevano comunque delle ec­ cezioni, ad esempio perché sottraevano una magistratura come l'arcontato alla regola del sorteggio « fra tutti » (Daverio Rocchi, 2o o i a, pp. 9 5-6)43• Che la procedura introdotta da Solone per la selezione degli arconti avesse un chiaro significato demotico appariva comunque confermato, se­ condo Aristotele, dagli esiti di questa riforma: il fatto che tale sistema fos­ se stato sospeso durante la tirannide, quando gli arconti tornarono a essere eletti44, e il fatto che fosse stato recuperato «per la prima volta dalla tiranni­ de » nel 487, anche se con l'ovvia variante, dopo la riforma clistenica, che il sorteggio interessava liste di prescelti calcolate prendendo per base le dieci tribù clisteniche invece che le quattro tribù territoriali (Ath. Poi. 22.5). Sulla base di questa ricostruzione, si ricava peraltro un dato non irrilevante, che cioè quel carattere costitutivo della prima forma di democrazia, il sorteggio degli arconti, obliterato nella fase della tirannide, non fu recuperato da Cli­ stene dopo la caduta dei tiranni45• Un particolare indicativamente ignorato da Erodoto il quale, sbagliando, identifica nel sorteggio il criterio con cui fu scelto l'arconte polemarco che combatté a Maratona (Hd. 6.I09 .2; PAR. 3.2). In definitiva, la volontà di Solone di mettere il demos al centro del siste­ ma politico, ovvero di renderlo kurion rispetto alla selezione degli arconti, è riconoscibile, secondo la ricostruzione che Aristotele ha dato nella Politica e nella Costituzione degli Ateniesi, nella combinazione di due procedure: il criterio elettivo, che riconosceva il principio della libera scelta del demos espresso attraverso il voto, e il sistema del sorteggio che agiva sulle liste di prescelti dal demos46• Anche le successive metabolai democratiche appaiono descritte da Ari­ stotele secondo gli stessi criteri: la forma della politeia, con riguardo al ruolo 43· La possibilità che l'arcontato fosse stato esteso ai teti è stata spesso ipotizzata dagli studiosi, ma le fonti non sembrano confermare tale eventualità. Cfr. Ryan (1 994, pp. 3 6 9 ss.). 44· Thuc. 6.54.6; Dion. Hal. 7·3·1· Sulla coerenza con i dati ricavabili dalle liste arcontali cfr. Barucchi (2004, pp. 79 ss.), che mostra come la stessa elezione di Clistene si spieghi con la procedura della nomina ( ivi, p. So); contra: Hansen (1985, p. 57). 45· Sulla plausibilità storica di questa ricostruzione cfr. Barucchi (2004, pp. 82-3). 46. Secondo l' interpretazione tradizionale della ricostruzione aristotelica c 'è contrad­ dizione tra quanto si afferma nella Politica a proposito del meccanismo elettivo (127 3b 3 51274a 3, 1274a 15-18, 1281b 32-34) e quanto si afferma nella Costituzione degli Ateniesi (8.1) a proposito del sorteggio (Weil, 1965, pp. 1 6 5 ss.; Rhodes, 1 9 8 1, pp. 146 ss.; Hansen, 1985, p. 57; Lintott, 1992, p. 123 n 20; Bravo, 1994, p. 234; Raaflaub, 1996, p. 1065 n 90; Santoni, 1 999, p. 1 6 6 ; Demont, 2001, pp. 71 ss.; Barucchi, 2004, p. 75). Una contraddizione che taluni spiegano ipotizzando che Aristotele avesse confuso due tradizioni sull'argomento - quella oligarchica e quella democratica (Weil, 1965, pp. 16s-6; Bravo, 1994, p. 234; Barucchi, 2004, p. 75). A favore della possibilità di conciliare le due ricostruzioni si sono espressi Wilamowitz (1966, pp. 72-3), Viano ( 1992, p. 359 n 59) e Pezzoli, Curnis (2012, p. 390).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA decisionale del demos e alle regole che disciplinano la selezione dei magi­ strati, e la sua funzione o telos, che si riconosce a partire dai modi in cui si declina l' idea di uguaglianza. Aristotele riconosce che la riforma di Clistene, dopo la fine della tiran­ nide, rese la costituzione ateniese «più democratica » , anzi « molto più de­ mocratica » di quella soloniana (Ath. Pol. 22.1, 41.2). Se si guarda alla forma della politeia, quella che si riconosce a partire dall' identificazione del corpo sovrano o kurion, le funzioni assegnate al demos appaiono infatti più forti. Alle funzioni già assegnate al demos da Solone, ovvero la partecipazione ai tribunali e all'assemblea popolare, Clistene ha aggiunto le funzioni de­ liberative all' interno del nuovo Consiglio dei Cinquecento. Quale fosse il sistema utilizzato per l'attribuzione della carica di consigliere (buleuta) non è precisato da Aristotele. È plausibile però che il sistema operante nella democrazia più matura, quello del sorteggio, non sia stato introdotto da Clistene. L'assimilazione tra sorteggio e votazione democratica è il risultato di un processo graduale maturato nel corso del v secolo (Daverio Rocchi 2ooia, p. 104), ed è solo dopo la metà del v che la democrazia ateniese adot­ ta quella procedura (klerosis) come pratica elettorale più diffusa. Nemmeno è chiaro se Clistene avesse riformato le istituzioni giudizia­ rie. Aristotele tace sull'argomento, ma non è necessario immaginare che Clistene avesse scelto di rafforzare le funzioni dell'Areopago a scapito dei tribunali popolari (Boegehold, 1995, p. 20 ). Il silenzio di Aristotele si spiega plausibilmente con il fatto che, secondo la sua opinione, Clistene non aves­ se adottato provvedimenti di rilievo in questo ambito. Nessuna modifica, infine, avrebbe riguardato il sistema di selezione degli arconti, che rimase nella forma data durante la tirannide, mentre sarebbe stato il demos a eleg­ gere i dieci generali, prendendo per base le nuove tribù (Ath. Pol. 22.2). La forma democratica determinata dalle riforme di Clistene - così come descritta da Aristotele - avrebbe favorito la "mescolanza" dei cittadini e una più stabile presenza civica nelle istituzioni attraverso un complesso sistema di riorganizzazione delle parti delle città che Aristotele descrive in dettaglio e che interpreta prioritariamente in rapporto alla funzione propria di quella forma democratica: realizzare una nuova idea di uguaglianza (PARR. 5 .2-5 .3). Per quanto riguarda la funzione della politeia riformata da Clistene, la ricostruzione aristotelica è chiara: la nuova idea di uguaglianza si esprime con riguardo al tema delle origini familiari. Oscurare le differenze di origine è il fine di quella politeia (PARR. 5.1, 5.3). Prospettare quella nuova forma di uguaglianza aveva significato, secondo la ricostruzione aristotelica, poter fare un'efficace opposizione al tentativo oligarchico di invertire il processo inclu­ sivo avviato da Solone e continuato durante la tirannide (Poddighe, 201oa; PAR. 5.2). Ed è infatti quel tentativo oligarchico che, secondo Aristotele, sca-

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE tena la metabole (Pol I 27Sb 34-I276a I O ; PAR. s.2) . Gli strumenti identificati da Aristotele come funzionali a realizzare questa nuova idea di uguaglianza - e sui quali si tornerà a breve - appaiono due: l'aumento del numero delle fratrie e delle tribù (Pol. I319b I9-27; Ath. Pol. 21.2) e l'oscuramento del pa­ tronimico (Ath. Pol. 21.4), mentre a tutela del nuovo ordine Clistene avreb­ be allargato al demos lo strumento dell'ostracismo che, d'ora in poi, avrebbe consentito di eliminare i nemici della parità democratica ( PAR. 6.4). Il dato che riguardo all'ostracismo Aristotele mette in deciso rilievo, ov­ vero il ritardo con il quale fu applicato per la prima volta, appare - oltre che affidabile ( PAR. 6.4) - coerente con la rappresentazione di un lento sviluppo del processo democratico avviato da Clistene: un processo che solo a seguito di interventi imprevedibili ed esterni (le vittorie contro i persiani) avrebbe conosciuto sviluppi significativi e tali da determinare nuove metabolai. Anche per le metabolai che Aristotele descrive all' indomani delle guerre persiane le categorie descrittive sono le stesse : la "formà' della politeia (iden­ tità del corpo elettorale e regole adottate per la selezione dei magistrati) da un lato, e la suafunzione o telos (idea di giustizia) dall'altro. Si tratta però, nel caso delle metabolai del v secolo, di sviluppi interni al sistema democratico, ovvero di metabolai avvenute all' interno della stessa politeia democratica. La metabole infatti non sempre agisce contro la costituzione vigente, ma può limitarsi a segnare il progresso da una fase costituzionale a un'altra. Ciò che per Aristotele è rilevante è il dato che in ragione di un evento "non prede­ terminabile" la costituzione ha conosciuto successivi sviluppi. Nel caso spe­ cifico l'agente non è un fattore endogeno (la conflittualità tra le parti della città) ma un fattore esterno e casuale, ovvero la vittoria ateniese nella guerra contro i persiani (Ingravalle, 19 89, pp. 346-so; Simpson, 1998, p. 129 ). La prima delle metabolai di segno democratico, nel v secolo, è quella che segue alla fine delle guerre persiane. È la metabole « fondata sul primato dell'Areopago e successiva alle guerre persiane » (Ath. Pol. 41.2) che si man­ tenne in vita per diciassette anni circa (48 0-463) sotto la guida degli areopa­ giti (Ath. Pol. 25 .1). Essa corrisponde a una democrazia più avanzata rispetto alla forma clistenica. I suoi caratteri costitutivi sono infatti spiegati a partire dall'accrescimento del potere del demos dopo le guerre greco-persiane ( PARR. 6.2-6.4). La forma della politeia e il carattere della metabole sono riconosciuti in rapporto a precisi caratteri istituzionali: da un lato, il sorteggio degli arconti e l'attivazione dell'ostracismo, che intervengono all' indomani della vittoria di Maratona e che segnano un deciso avanzamento in senso democratico; dall'altro, la crescita dell'autorità dell'Areopago che mantiene saldamente il controllo sulle leggi e sulla costituzione ( PARR. 3.7, 6.6) e perciò impedisce gli sviluppi innescati con la successiva metabole. Come sempre, è lo studio delle leggi e delle riforme a rivelare il processo politico in atto e il carattere dello I 49

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA stato (katastasis) costituzionale (Bertelli, I989, pp. 284-5 ) . E poiché, nella Co­ stituzione degli Ateniesi, la chiave di lettura adottata è « il tema dello sviluppo del potere del demos » , Aristotele identifica le leggi che rivelano quel tipo di cambiamento (Ingravalle, I9 89, p. 352 ) 47• Ancora una volta è chiaro che ciò che fa Aristotele non è elaborare una « filosofia della storia », ma descrivere «ex eventu » il processo di trasformazione della democrazia ateniese (ivi, p. 347 ) . Ultima delle metabolai democratiche che Aristotele identifica fino a Pe­ ricle - le metabolai successive sarebbero state, a fine v secolo, di segno oli­ garchico - è quella determinata dalle riforme di Efialte, prima, e di Pericle, poi (Ath. Pol. 41.2 ) . Questa si caratterizza per l'affidamento in via esclusiva al popolo costituito in tribunale della giurisdizione prima esercitata dali 'A­ reopago (soprattutto del controllo esercitato sui magistrati perché governas­ sero secondo le leggi), e rappresenta la forma più compiuta di democrazia in quanto, attraverso la remunerazione delle cariche pubbliche e l'allargamento del bacino sociale di selezione degli arconti, è capace di far coincidere qua­ si completamente lo statuto del cittadino con la possibilità di esercitare in modo più ampio le funzioni politiche. Questa democrazia realizza una for­ ma di uguaglianza fondata sulla quantificazione dei cittadini coinvolti, inve­ ce che sulla loro qualificazione (Daverio Rocchi, 2ooia, p. I04) , e si realizza prioritariamente attraverso la riforma del sistema giudiziario. Quest 'ultima forma di cittadinanza democratica si caratterizza peculiarmente rispetto alle precedenti per la crescita del potere delle giurie popolari e per la riforma in senso restrittivo dello statuto civico definito a suo tempo da Solone, in quan­ to cioè aggiunge al requisito della nascita legittima quello della duplice di­ scendenza e ciò con l'intento preciso di non allargare il numero dei cittadini (Ath. Pol. 26.3 ) .

3· 6 Le metamorfosi della nozione di giustizia come uguaglianza Tra i caratteri salienti di questa ricostruzione è la dimensione attraverso la quale si definisce la nozione di uguaglianza, o meglio di giustizia come ugua­ glianza (dikaion) . La giustizia, che è una forma di uguaglianza e rappresenta il fine di ogni politeia, muta di volta in volta, di metabole in metabole ( PARR. 1.3-1.4, 3.5 ) . Perciò la riflessione aristotelica sulla nozione di giustizia come uguaglianza, quale si svolge nel quinto libro dell'Etica Nicomachea e nel47· Uno sviluppo che non dipende da un meccanismo teleologico (Huxley, 1972). Cfr. Keaney (1963, pp. u8-9).

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE la Politica, acquista un significato decifrabile solo se valutata in rapporto a contesti storicamente determinati ed entro l'orizzonte del corpo civico (Maclntyre, 1995, pp. 122-36; Berti, 2ooo, p. 63; PAR. 1.3). Della necessità di contestualizzare ogni forma di riflessione sull' idea di giustizia ci avverte lo stesso Aristotele laddove riconosce sia l' instabilità della nozione di giustizia come uguaglianza sia l'opportunità di identificarne le forme storicamente determinate. Se infatti, avverte il filosofo nella Politica, è un dato incontro­ vertibile che la democrazia - ogni democrazia - ha scelto come principio or­ dinatore dello Stato la giustizia e ha definito la sua idea di giustizia come una forma di uguaglianza (ison ti), è invece un dato variabile - da determinare di volta in volta - quale sia il gruppo degli "uguali", ovvero in base a quali criteri gli "uguali" possano dirsi tali. Nell'Etica Nicomachea, Aristotele identifica il criterio attraverso il quale misurare l'uguaglianza nella relazione che passa tra le persone (ossia i cittadini) e il bene che dovrebbe essere distribuito, se­ condo la quale «persone che non risulteranno uguali, non otterranno cose uguali » (EN 1 131a 22-24). Qui nuovamente Aristotele interviene a chiarire che il « merito» rispetto al quale si misura la nozione di uguaglianza non è deciso in modo univoco, poiché « non tutti accettano di applicare lo stes­ so criterio » e che esso dipende dalla costituzione politica in cui uno vive (EN 1 1 3 1 a 25-29; Maclntyre, 1995, pp. 1 22-3). Sempre nell'Etica Nicomachea, Aristotele riserva una specifica attenzione a quella forma di giustizia "parti­ colare" che si definisce nelle relazioni tra le persone e che si declina secondo due forme : quella "distributiva", che concerne la distribuzione di beni come onori o ricchezza, e quella "commutativa", che corregge ciò che ci può esse­ re di ingiusto negli scambi (EN 1 130a 17-1130b 35, 1 132a 8 ss.; Keyt, 199 1b; Zanetti, 1993, pp. 24-7; Berti, 2ooo, pp. 58-9 ). Una forma di giustizia che si definisce in rapporto al suo contrario (ingiustizia come disuguaglianza) e che obbliga a partire dal dato reale ovvero dalla considerazione delle « cose » giuste e ingiuste (EN 1 1 29 a 1 ss.). La nozione di uguaglianza che Aristote­ le vuole definire supera la dimensione che opera orizzontalmente dentro e fuori dal corpo civico ed è, ad esempio, misurabile in rapporto a condizioni più o meno stabili quali lo stato giuridico (liberi e schiavi), la nazionalità (greci e barbari) o il genere sessuale (maschi e femmine). A essere al centro della riflessione storica aristotelica è invece la "giustizia come uguaglianzà' che si declina verticalmente - ovvero storicamente - all' interno di un dato modello costituzionale e in rapporto alla comunità dei cittadini (Saxonhou­ se, 1996, p. 1 20) e che diventa intellegibile attraverso lo studio delle riforme e delle leggi (cfr. PARR. 1.3-1.4) . Nel caso specifico della giustizia realizzata dalle diverse forme democratiche ateniesi, l'evoluzione storica viene seguita secondo modalità relativamente chiare. Aristotele si sforza di riconoscere, in rapporto alla forma storicamente determinata di democrazia che indaga,

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA le forme di disuguaglianza che di volta in volta - di metabole in metabole - apparivano da correggere. Il fine della ricerca aristotelica è quello di rico­ noscere e interpretare il carattere dei fattori storici che hanno determinato uno sviluppo rispetto alla forma precedente, se cioè a modificare i rapporti di forza tra le parti sociali nella prospettiva di affermare una rinnovata idea di uguaglianza, ovvero a correggere determinate disuguaglianze, fosse stato un intervento politico riconducibile a un sistematico piano di riforma istitu­ zionale (proairesis) o piuttosto un evento accidentale (symptoma) e in quali ambiti precisi si riconoscano gli esiti istituzionali del cambiamento intro­ dotto da quegli agenti ( PARR. 3·7· 6.6 ) . Nel caso delle forme di giustizia e di uguaglianza declinate dalle diverse specie di democrazia ad Atene da Solone fino a Pericle, Aristotele identifica con chiarezza, di volta in volta, il nesso tra metabole di segno democratico e disuguaglianza da correggere e la descrizione di ogni mutamento costituzio­ nale si svolge in diretto rapporto con l' identificazione dei bisogni che hanno imposto quel dato mutamento (le cause) e con l' illustrazione delle disposi­ zioni o leggi assunte per rispondere a quei bisogni: le disposizioni normative assunte a favore del demos quale risposta al conflitto generatosi fra concezio­ ni diverse di giustizia e di uguaglianza (Bertelli, I989, p. 3I5; Ingravalle, I9 89, pp. 332-6, 35I ) . È in questo contesto che occorre valutare la ricostruzione aristotelica rispetto alla nozione di giustizia definita dalle riforme di Solone. Una nozione che si esprime nell' idea di un'uguaglianza giuridica, ovvero nel riconoscimento di una comunità civica in cui tutti i membri sono sottoposti senza discriminazioni alle stesse leggi (Meier, 19 88, p. 8I; Bertelli, 19 89, pp. 28 0-I; Mossé, 2006, p. 26 ) , e che si fonda sull' interpretazione di quei provve­ dimenti, confermati dalla testimonianza del legislatore, che meglio rivelano la direzione del processo politico in atto: la liberazione da ogni forma di di­ pendenza fisica, la ricostituzione di un' idea unitaria di demos e l' idea di una legalità generale che fa coincidere il giusto con ciò che è legale. Questa forma storicamente determinata di giustizia fa ricorso a una nozione di uguaglian­ za più complessa di quella aritmetica. Essa afferma l' idea che l'uomo giusto è chi rispetta la legge e chi è uguale48, ma si tratta di un'uguaglianza che non oscura le differenze rispetto alla ricchezza e all'origine (Mossé, 2oo6, p. 26 ) . Rispetto a questa esigenza (oscurare le differenze rispetto ali'origine) è funzionale la metabole democratica determinata dalle riforme di Clistene. Nel caso della nuova idea di giustizia come uguaglianza definita dalle leggi di Clistene, il dato saliente selezionato da Aristotele è la decisione assun­ ta dal riformatore ateniese di intervenire sulla disuguaglianza delle origini. 48. Cfr. EN u29a 33-b 1, u34b 1-2. Sul « giusto civile e fondato sulla legge » cfr. Berti ( 2ooo, p. ss).

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE In questo quadro, Aristotele seleziona e descrive la serie di interventi desti­ nati ad affermare un' idea rinnovata di uguaglianza e che operano rispetto all'esigenza di oscurare le origini dei cittadini ateniesi. Se la sua decisione di dare enfasi a quei provvedimenti sia prova di una scarsa comprensione dei contenuti della riforma clistenica, come ipotizzato da molti storici, è que­ stione che esamineremo più avanti ( PARR. 5.2-5.3; cfr. PAR. 2.3 ) . Ora conta segnalare il carattere della ricostruzione aristotelica in relazione al fine della metabole segnata dalla riforma di Clistene, ovvero alla sua idea di giustizia. Si tratta di una ricostruzione coerente con quella proposta per la metabole so­ loniana e fondata, da un lato, sull' identificazione e descrizione degli agenti che hanno determinato il processo metabolico di segno demotico, che han­ no cioè determinato un ulteriore accrescimento (auxesis) della potenza del demos, dall'altro sulla descrizione del fine (telos) della nuovapoliteia. Delle successive metabolai democratiche, quelle determinate dalla vitto­ ria ateniese contro i persiani, Aristotele dà una ricostruzione analoga, ma a rivelare il carattere del metodo aristotelico è in particolare la descrizione della metabole che segue alla vittoria di Salamina. Possiamo considerarlo una sorta di test case utile a verificare l'esistenza di un rapporto "biunivoco" tra l'inda­ gine storica condotta da Aristotele sulla costituzione ateniese e la riflessione teorica sui fattori che determinano l'evoluzione delle istituzioni politiche: quel rapporto biunivoco di cui già si è detto ( PAR. 3.3 ) e in base al quale spie­ gare la teoria costituzionale di Aristotele, quale si legge nella Politica, come esito diretto dell'indagine storica condotta nella Costituzione degli Ateniesi su « ciascun segmento della storia costituzionale ateniese » (Bertelli, I9 94, p. 78 ) . In questo test case è evidente la relazione diretta tra l'accrescimento (auxesis) di una parte della polis e il cambiamento costituzionale (metabole)49• Esso rappresenta perciò uno dei casi storici più utili al fine di comprendere la «potenza ermeneutica della teoria della metabole» nel quadro della rico­ struzione storica che Aristotele propone nella Costituzione degli Ateniesi ( ivi, p. 87 ) . Il tema dell'accrescimento di una parte della città appare ripetuta­ mente indagato da Aristotele nella Politica e nella Costituzione degli Ateniesi, rispettivamente come fattore che opera nella teoria dell'evoluzione costitu­ zionale (Poi. 1304a 17-b 18; cfr. anche 1302b 33-1303a 13 ) e come fattore capace di spiegare, nel caso specifico della storia costituzionale ateniese, lo snodo de­ cisivo nell 'evoluzione dalla costituzione isonomica del VI secolo alla demo­ crazia che segue alla fine delle guerre persiane (Ath. Pol. 23.1, 25.1 ) . A fare della metabole indotta dall' auxesis il test case più utile a riconoscere il metodo usato 49· Cfr. Berteli i (1994, pp. 98-9) sulla possibilità di utilizzare la storia costituzionale di Atene come test case per la teoria della metabole secondo un rapporto interattivo che consen­ te ali ' indagine storica di correggere la teoria. Cfr. anche Berti ( 2012, pp. 6 8-70 ) .

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA da Aristotele per ricostruire e descrivere la storia costituzionale ateniese sono diverse ragioni. Innanzi tutto, il fatto che si tende a riconoscere in quel model­ lo teorico la prova delle scarse qualità storiche della ricostruzione aristotelica, più precisamente dell'incapacità di liberarsi - quando fa storia politica e co­ stituzionale - delle categorie interpretative applicate all'ambito della scienza biologica: la crescita (auxesis) e l'evoluzione (metabole) appunto (cfr. Day, Chambers, I967, p. I 26; Murray, I993a; Ober, 20 05). Un secondo motivo, col­ legato al primo, è che proprio la riflessione su questo tipo di metabole (quella indotta dall' auxesis) rivela con maggiore chiarezza la sostanziale differenza tra la struttura della metabole biologica e quella della metabole costituzionale, ovvero ciò che le distingue: il carattere predeterminato delle sequenze della prima e la sostanziale imprevedibilità della seconda (Ingravalle, I989, p. 330 ) .

3 ·7 Egemonia dell'Areopago e metabole democratica : il test case Si è già osservato che nella ricerca aristotelica sull'evoluzione della democrazia ateniese un ruolo rilevante è occupato dalla considerazione della fase costitu­ zionale (politeia) durata diciassette anni (dal 480/79 al 463/2) e nella quale Aristotele identifica come tratto distintivo l'egemonia dell'Areopagoso. Que­ sta fase rappresenta, secondo la ricostruzione aristotelica, il prodotto di una metamorfosi della politeia ateniese, di una metabole. Dei « mutamenti costi­ tuzionali» la «costituzione fondata sul primato dell'Areopago» è la prima «successiva alle guerre persiane » (Ath. Pol. 4I.2)s\ ed è proprio l'esito delle guerre persiane, come vedremo, a rappresentare l'agente di questa peculia­ re metamorfosi costituzionale. La rilevanza che lo studio di questa metabole assume nella ricerca aristotelica sulla democrazia ateniese è ben riconoscibile nei diversi passaggi, della Politica e della Costituzione degli Ateniesi, nei quali Aristotele riflette sul carattere di quella politeia in rapporto ali'evento che l'ha prodotta (Pol. I304a I7-24; Ath. Pol. 23.I-2, 25.I, 41.2). È comprensibile perciò che gli studiosi interessati a comprendere il metodo utilizzato da Aristotele per la ricostruzione della storia costituzionale di Atene scelgano quel caso come test case: il modello attraverso il quale giudicare sia le categorie interpretative utilizzate da Aristotele sia l'utilizzo delle fonti storiche in rapporto ai suoi inso. Ath. Pol. 2s. 1 : «per circa diciassette anni dopo le guerre persiane, la politeia rimase sotto la guida degli areopagiti». SI. È la sesta metabole delle undici che Aristotele riconosce nella storia costituzionale di Atene dalle origini al 403 (Ath. Pol. 41) e la terza delle metabolai democratiche, dopo quelle di Salone e Clistene.

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3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE teressi teorici52·. L'interesse degli studiosi (e lo sforzo esegetico) riservato allo studio di questa metabole è proporzionale alla misura della divisione che si re­ gistra rispetto a un grande numero di problemi. In particolare, è oggetto di discussione: se il rivolgimento (metabole) è da intendere in senso oligarchico (Weil, I965, p. I74; Rhodes, 1981, pp. 286-9; Wallace, I989, pp. 77-83; Arrighet­ ti, 1993, p. I2I; Bertelli, I994, p. 93) o demotico (Day, Chambers, I9 67, p. I24; Levi, I968, p. 247; Berti, 20I2, p. 7I), se Aristotele abbia trovato nelle fonti le tracce di un'egemonia areopagitica (Sealey, I965, pp. 42-58; Cawkwell, 19 88, pp. I-I2; lngravalle, I989, pp. 340-I; Wallace, I989, pp. 77-83; Ostwald, I993, pp. 140-3; Bertelli, I994, pp. 92-3; De Bruyn, I995, pp. 94-5; Santoni, I999, pp. 184-6; Zelnick-Abramovitz, 2011, p. I07; Berti, 2012,passim ) o se sia frutto di invenzione (Hignett, I952, pp. 157 ss.; Weil, 1965, p. 172; Day, Chambers, 1967, p. 126; Rhodes, 1981, p. 286) e, in quest'ultimo caso, se l'invenzione sia funzionale a esemplificare con un caso storico la teoria aristotelica della me­ tabole (Day, Chambers, 1967, pp. 1 20-30) o invece a spiegare fatti storici suc­ cessivi (l' indebolimento dell'Areopago a opera di Efialte e Pericle) (Hignett, 1952, pp. 157 ss.; Chambers, 1961, p. 32; Weil, 1965, p. 172; Rhodes, 1981, p. 287 ). Qui si vuole riconsiderare la questione con una finalità precisa: comprendere la funzione assolta da questa metabole nell'economia complessiva della ricerca aristotelica sull'evoluzione della democrazia ateniese. Uno dei pochi dati condivisi, dal quale conviene partire, è la rilevanza che quella metabole assume nella riflessione di Aristotele. Nella Politica la rievo­ cazione del rivolgimento costituzionale successivo alla vittoria contro i per­ siani serve a esemplificare (insieme ad altri casi extra-ateniesi) la "regolà' del cambiamento costituzionale che si determina quando aumenta il potere di una magistratura o di una parte della città: «Si hanno mutamenti verso l'oli­ garchia, la democrazia e il regime costituzionale quando aumentano gli onori o la potenza di una magistratura o di una qualche parte della città. Ad esem­ pio il Consiglio dell'Areopago, vedendo aumentata la sua influenza durante la guerra persiana, parve irrigidire la costituzione, e d'altra parte la massa dei marinai, che era stata la causa della vittoria di Salamina e, con questa, dell'ege­ monia della città dovuta alla potenza sul mare, rese la democrazia più salda » (Pol. 1304a 17-24) . Il dato che Aristotele sembra voler enfatizzare - nel caso ateniese come negli altri casi rievocati successivamente (Argo, Siracusa, Calci­ de, Ambracia: Pol. 1304a 25-33; Berti, 2004b, pp. 136-7; PAR. 6.6) - è l'agente responsabile della crescita del potere di singole magistrature o di parti della città: la vittoria in una guerra (esterna o interna). Nel caso ateniese, l' influen52. Giudicano questa metabole particolarmente indicativa del modo in cui Aristotele fa storia: Chambers (1961, pp. 31-2), Weil (196 5, pp. 171-5), Mazzarino (1966, pp. 440-s) . Day, Chambers (1967, pp. 120-30), Keaney (1992, pp. 122-s). Arrighetti (1993, pp. n9-31), Bertelli (1994, pp. 87-99). Cfr. ora Berti (2012,passim) e Pezzoli, Curnis (2012, pp. 3 94-5).

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA za dell'Areopago "cresce" durante la guerra persiana, così come, dopo la vitto­ ria di Salamina, "cresce" la consapevolezza (e dunque la forza) popolare. En­ trambe le parti della città vedono in definitiva "crescere" la propria influenza a seguito di un evento contingente come le guerre persiane. Che questo evento contingente, la vittoria contro i persiani, fosse all'o­ rigine della genesi della forza popolare era già stato osservato da Aristotele nella Politica laddove, considerando il carattere della politeia successiva alla fase areopagitica - quella dell' « attuale democrazia » -, egli fa cenno al nes­ so causale che passa tra la manifestazione della forza popolare e l'esito delle guerre persiane, tra il fatto cioè che dopo le guerre persiane « il popolo tenne molto alla propria potenza » e il dato che il popolo fosse stato «elemento decisivo nella conquista del primato sul mare » (Pol. I274a ?-Is ) . In quel con­ testo Aristotele rimarca che la strada verso l'esito finale dello sviluppo de­ mocratico - l ' «attuale democrazia » - fu «percorsa per effetto delle circo­ stanze » , ovvero in ragione della vittoria ateniese contro i persiani. E ci sono buone ragioni di credere che proprio il carattere contingente delle ricadute costituzionali e politiche di quell'evento fosse la questione al centro della sua riflessione (Simpson, I998, p. I29 ), anche se, come giustamente notato, la considerazione del carattere contingente dell'evento che ha determinato la crescita della forza popolare era funzionale a discolpare Solone dall'accusa di aver voluto aumentare oltre misura la forza popolare con l' istituzione dei tri­ bunali popolari (cfr. Ingravalle, I989, p. 335; Arrighetti, I993, p. I2o; Berrelli, 1994, pp. 86 e 89; Berti, 2004b, p. 137 ) . La comprensione del carattere contingente dell 'agente che ha determina­ to le metamorfosi costituzionali seguite alle guerre persiane è una preoccu­ pazione diffusamente riconoscibile nella ricerca aristotelicaB e che emerge chiaramente anche in altri contesti, ad esempio in un passo della Costitu­ zione degli Ateniesi dove di nuovo la crescita dell ' influenza dell'Areopago torna a essere valutata insieme alla crescita della forza del demos e dell'ege­ monia sul mare. Il tema appare evocato laddove si osserva che l'egemonia dell'Areopago fu uno dei risultati (insieme al rafforzamento della democra­ zia) della vittoria contro i persiani: dopo le guerre persiane si rafforzò di nuovo il Consiglio dell'Areopago54, che ammi­ nistrava la città, non perché avesse ottenuto il potere con una qualche deliberazione,

53· Ingravalle (1989, p. 330). Cfr. Arrighetti (1993, p. 121): «l' idea che un mutamento anche notevole nella costituzione di uno stato possa avvenire per cause che non si presenta­ no in maniera tale da far prevedere quelle conseguenze non è per niente aliena dal pensiero aristotelico». 54· Cfr. Ath. Pol. 41.2: « il mutamento avvenne dopo le guerre persiane quando l'Areo­ pago era alla guida ».

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE ma perché era stato l'elemento determinante nella battaglia navale di Salamina. Men­ tre i generali erano in grandi difficoltà e gridavano il "si salvi chi può ! ", il Consiglio dell'Areopago riuscì a procurarsi e distribuire otto dracme a ognuno dei cittadini e a portarli sulle navi. Per questo l'Areopago passò davanti agli altri nella considerazione e in questa occasione gli ateniesi furono ben governati. In questo periodo acquisiro­ no pratica militare, conseguirono fama presso i greci e si costituirono un'egemonia marittima, contro la volontà di Sparta. Erano capi del popolo in questa circostanza Aristide, figlio di Lisimaco, e Temistocle figlio di Neocle55 (Ath. Poi. 2.3.1-3).

Anche in questo caso è chiaro il senso della ricostruzione aristotelica : l' au­ mento del prestigio dell'Areopago in seguito alla battaglia di Salamina fu « un evento prodotto dalle circostanze, senza che fosse sancito da alcuna decisione ufficiale » (Arrighetti, I993, p. I20 ) 56• Trascuriamo, per ora, la questione del contrasto tra l 'atteggiamento de­ gli strateghi e quello dell'Areopago, che fu capace di reperire i fondi per pagare i marinai, e consideriamo unicamente il dato essenziale che emerge dalla ricostruzione aristotelica: la crescita del potere dell 'Areopago e quella del demos sono state entrambe il prodotto della vittoria di Salamina alla quale l 'Areopago aveva contribuito rendendo possibile la battaglia57, il de­ mos invece combattendo sulle navi5 8 • La funzionalità di questa ricostruzio­ ne nella Costituzione degli Ateniesi appare duplice: da un lato, dà valore a un caso concreto che testimonia il caso teorico illustrato nella Politica della crescita di magistrature e/o parti della città che si determina a seguito di una vittoria militare o politica (Pol. I304a 2.0-32 ) ; dall'altro, permette di segui­ re quell'evoluzione dell' interazione tra potere dell 'Areopago e potere del demos che rappresenta il filo rosso della descrizione aristotelica dell 'evolu­ zione costituzionale di Atene, ovvero il tema principale intorno al quale si svolge la storia della politeia ateniese59• SS· Si tratta in entrambi i casi di ex arconti, dunque di membri dell 'Areopago ( cfr. infra nn 63, 64 ) . s6. Keaney ( 1992, pp. 122-s ) parla di « non-ùfhto� regime » , ovvero di un regime che non è il prodotto di un dogma del demos, ma l'esito dell'autorità acquisita dali 'Areopago per aver reso possibile la battaglia di Salamina. Una spiegazione simile per quel riferimento pro­ pongono Arrighetti ( 1993, p. 120 ) e Berti ( 2003, pp. us-38; 2012, p. 64 ) . Per interpretazioni differenti relativamente al significato dell'osservazione aristotelica cfr. infra n 72. S7· La responsabilità de gl i areopagiti si riconosce, oltre che nell'arruolamento dei rema­ tori alla vigilia di Salamina, nella serie di provvedimenti adottati dopo Maratona (Ath. Pol. 22-25; PARR. 6.2-6.s ) : di qui la considerazione intorno all 'Areopago che vide aumentato il suo potere « durante la guerra persiana » (Pol 1304a 20-21 ) . s8. Si tratta di responsabilità distinte: cfr. Arrighetti ( 1993, p. 126 ) e Berci ( 2oo4b, p. 142 ) . S9· Sulla centralità di questa interazione cfr. Keaney ( 1992, pp. 43-9 ) e Berti ( 2012, pp. II9 ss. ) . Cfr. PARR. 4.6, 6.6-6.7 e Appendice 1.

I S7

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA Ora, l'evidente interazione tra costruzione teorica e ricostruzione stori­ ca in rapporto a questa fase costituzionale è un dato che gli studiosi hanno spesso valutato in modo negativo. Peter Rhodes ha riconosciuto, ad esem­ pio, nei diversi luoghi in cui Aristotele fa cenno all 'egemonia areopagitica (Pol. I304a I7-24; Ath. Pol. 23.1 -2, 25 .1, 41.2 ) , il segno di una ricostruzione ambigua ( anzi contraddittoria) che riconducendo il merito di Salamina all'Areopago, e poi attribuendo quel merito al demos, dimostra di essere un tentativo mal riuscito di rendere conto di tendenze contrastanti ricono­ scibili nellapoliteia ateniese dopo la vittoria contro i persiani: una tensione in senso oligarchico ( prima) e un cedimento in senso democratico, poi60• Altri studiosi hanno invece interpretato l' interesse teorico di Aristotele per il tema della crescita progressiva (auxesis) della potenza del demos e per la metabole come una valida ragione per "inventare" una fase di crescita del po­ tere areopagitico sconosciuta alle fonti storiche ( cfr. Day, Chambers, 1967, p. I26 ) : una fase che tra l'altro sarebbe stata funzionale a rendere conto dei successivi sviluppi della democrazia ateniese, ovvero dell'attacco contro il potere dell'Areopago a opera di Efialte e Periclé1• Gli studi più recenti hanno largamente corretto queste interpretazioni e riconosciuto la plausibilità della ricostruzione aristotelica, sia a partire dal fatto che la contemporanea crescita di parti diverse della polis ( l'Areopago e il demos ) risulta in sé ammissibile e non contraddittoria6\ sia perché la ricostruzione proposta da Aristotele appare compatibile con il quadro ri­ costruito da altre testimonianze antiche ( cfr. Berti, 2004b, pp. 143-7; Zel­ nick-Abramovitz, 2011, pp. 1 1 4-7 ) . A questo proposito, in effetti, è difficile negare che il dato essenziale della ricostruzione aristotelica, cioè la sintonia che si stabilisce tra Areopago e demos durante e dopo le guerre persiane, sia coerente con la restante documentazione. Da questa ricaviamo infatti infor­ mazioni diverse ma tutte confermano la volontà dei vari consiglieri dell'A­ reopago, da Aristide a Temistoclé3, di « sviluppare la città sul mare » ( Plut. 6o. Rhodes (19 81, pp. 283 ss.). Insiste su questa successione cronologica anche Bertelli (1994, p. 93 n S4). 61. Così Hignett (19s2, pp. IS7 ss.), Weil (196s, pp. 17 1·4), Day, Chambers (1967, p. 121), Cawkwell (1988, p. 1) e Rhodes (1992, p. 6s); contra: Sealey (196s. pp. 42-s8; 1981, pp. 12S-34), lngravalle (19 89, pp. 340-1), Wallace (1989, pp. 77 ss.), Ostwald ( 1993, pp. 1 40-3), Bertelli (1994, pp. 92-3), De Bruyn (199s. pp. 91-no), Santoni (1999, pp. 188 ss.), Zelnick­ Abramovitz (201 1) e Berti (2012). 62. Cfr. Keaney (1992, pp. 122-s). Arrighetti (1993, pp. II9-31), Ostwald (1993, pp. 140-3), Wallace (1993a, p. 30), Keyt (1999, pp. 9 8 ss.), Santoni (1999, pp. 184 ss.), Bertelli (1994, pp. 92-3), Berti (2oo4b, pp. 141 ss.; 2012, pp. 6o ss.), Zelnick-Abramovitz (2on, pp. 107-17 ). 63. Temistocle era stato arconte nel 493-92 (Dion. Hai. 34.1) e Aristide con ogni pro­ babilità nel 489-88 (Plut. Arist. 1.8, S·9 ). Per una discussione della questione relativa ai loro arcontati cfr. Berti (2004b, pp. 146-7 nn 6o, 6 6).

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Arist. 24 ) , perciò di rafforzare il demos, e ciò subito dopo Maratona, prima di Salamina e dopo Salamina, ovvero, come Aristotele precisa, «durante la guerra persiana » (Pol. 1304a 20-21 ) 64• Né il dato bene attestato che succes­ sivamente si fossero determinate una frattura e una divaricazione di vedute politiche tra diversi gruppi di areopagiti deve condurre a negare la sintonia iniziale. In fondo, è proprio Aristotele - come vedremo meglio più avanti - che di questa divaricazione dà conto nel modo più chiaro, provando a riconoscere gli interessi e le alleanze che quella frattura aveva reso manifesti ( PARR. 6.6-6.7 ). La sintonia iniziale, però, quella che prevale durante e su­ bito dopo le guerre persiane, è un dato che non può essere messo in dubbio, perché è quella sintonia, nell' interpretazione di Aristotele e di altri autori antichi, ad aver reso possibile l' impero marittimo: i successivi sviluppi della democrazia ateniese (compresa l'azione di Efìalte e Pericle) sono il prodotto della politica demotica fatta dagli areopagiti « durante la guerra persiana » 65• La scelta di Aristotele di enfatizzare, da una parte, la sintonia tra de­ mos e Areopago durante le guerre persiane, dall'altra il ruolo assunto dai membri che componevano quel Consiglio alla vigilia della battaglia di Salamina, va valutata anche in rapporto al fatto che Aristotele aveva a disposizione altre informazioni (che sceglie evidentemente di non uti­ lizzare) secondo le quali sarebbe stato il solo Temistocle ad aver trovato i fondi necessari a pagare i marinai. L' attidografo Clidemo, infatti, secondo Plutarco, riconosceva a Temistocle il merito di aver reperito l'oro neces­ sario a equipaggiare le navi (FGrHist. 323 F2I; Plut. Tem. Io.6-7; Cic. de Off. 1.22.75; cfr. Berti, 20 1 2, pp. 21-6 1 ) . Perché Aristotele sceglie di non utilizzare la versione conservata da Clidemo e dà invece valore alla noti­ zia del contributo fornito dall' intero Areopago al reperimento dei fondi ? Aristotele mostra in diversi casi di usare in modo critico le informazioni registrate dagli attidografì: ne è prova l 'uso della testimonianza di Andro­ zione riguardo alla data dell ' istituzione dell'ostracismo, che egli corregge ( PA R. 6.4 ) 66• La scelta aristotelica di privilegiare la versione nella quale è l ' intero Consiglio a dare soluzione alla faccenda, invece che la versione in cui si esalta il ruolo di Temistocle in particolare, può essere spiegata in modo plausibile a partire dall' ipotesi che per quella fase storica, alla vigilia 64. Fu Aristide, un areopagita, a volere la lega navale e a istituire il tributo (Thuc. 1.96; And. 4.II; Arist. Ath. Pol. 23.3). Sulla sintonia tra la sua linea politica e quella di Temistocle cfr. Piccirilli (1984, pp. 137-44). In generale, sulla politica demotica di Aristide e Temistocle: Ath. Pol. 22-24. Cfr. Berti (2012, pp. 157 ss.) e PARR. 6.s · 6.6. 6s. Che questa sintonia fosse gia nella ricostruzione di Androzione è ipotesi di Jacoby (1949 . pp. 74·s ). 6 6. Su quella correzione e sul significato che assume rispetto al problema del metodo aristotelico cfr. PAR. 6.4.

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA di Salamina, la notizia di divisioni interne all'Areopago - tali da determi­ nare una diversa visione rispetto all' imminente battaglia - non apparisse ad Aristotele sufficientemente fondata e perciò sia stata ignorata67• Le di­ visioni e i dissensi, di cui Aristotele si mostra consapevole, non furono tali da impedire la comune visione in merito all' impero marittimo68, e questo per un lungo periodo. Che scissioni irreparabili si fossero generate più tardi era ben noto ad Aristotele, che ne dà conto (Ath. Pol. 25.2; PARR. 6.6-6.7 ) , e ugualmente chiaro doveva apparirgli che sull'episodio del repe­ rimento dei fondi si erano generate in epoca successiva diverse tradizioni, una destinata a celebrare il ruolo del solo Temistocle, e una secondo la quale fu l' intero Consiglio a intervenire per risolvere la situazioné9• Tut­ tavia, la documentazione che testimoniava l' impegno complessivo speso dall'Areopago per favorire il demos durante la guerra persiana dovette ap­ parire ad Aristotele sufficientemente chiara e tale da condurlo a ignorare la versione registrata da Clidemo70• Del resto, per questo periodo, Aristo­ tele mostra di aver avuto a disposizione dati e informazioni affidabili che altre fonti non hanno registrato - ad esempio, la notizia dell ' introduzione del sorteggio degli arconti nel 487 (Ambaglio, I9 94, p. 257 ) 71• Inoltre, il fatto stesso che Aristotele sia in grado di precisare - laddove dà conto del­ la fase areopagitica della politeia - che la crescita del potere dell'Areopago non era stata sancita da alcuna deliberazione ufficiale (dogma) testimonia il fatto che la sua conoscenza del periodo fosse tale da metterlo in condi67. Hd. 8.79-81; Thuc. 1.91.3. Per una discussione delle fonti che registrano l' impegno comune di areopagiti come Aristide e Temistocle nella costruzione dell'egemonia marittima cfr. PiccirUli (1984, pp. 139-40) e Berti (2012, pp. 41 ss., 157 ss.). 6 8. Aristide, colpito da ostracismo nel 484-83, fu richiamato in patria nel 481-8o su pro­ posta di Temistocle (Ath. Pol. 22). Sul fatto che Aristide e Temistocle, pur divisi da dissensi, diressero insieme la ricostruzione delle mura dopo Salamina cfr. Ath. Pol. 23.4. 6 9· Le due versioni riconosciute da Plutarco ( Tem. 10.6-7) e ribadite da Cicerone (de Off. 1.7 5 ) dovettero circolare già al tempo in cui Aristotele data l' inizio della lotta ingaggiata da Efìalte e Pericle contro gli areopagiti (cfr. PiccirUli, 1984, p. 141; Tuci, 2010, p. 170 n 144). Per l 'idea che la Costituzione degli Ateniesi conservi « che originai version of the story » cfr. Rhodes (1992, p. 64). 70. Rhodes (1992, p. 64). In questo quadro, non c'è bisogno di ipotizzare che la "ver­ sione areopagitica" fosse nota ad Aristotele attraverso U solo Androzione (Jacoby, 1949, pp. 74-s), a meno di voler insistere a ritenere che l'unica fonte di Aristotele fosse Androzione (Chambers, 1993, pp. 41-9). 71. Sull'affidabilità della ricostruzione di Aristotele per questa fase della storia atenie­ se cfr. Musti (1993, pp. 251-60) e Moggi (2010, pp. 3 5-45). Sulla pluralità delle fonti utiliz­ zate per questi capitoli della Costituzione degli Ateniesi: Jones (1987, p. ss), Rhodes (1993, pp. ss-9) e Santoni (1999, pp. 6-12). L' importanza della raccolta dei decreti curata da Cratero è sottolineata da Canfora ( 1994, p. 299 ). Sono proprio alcuni dei frammenti della raccolta di Cratero a riferire le vicende di quegli anni: cfr. Erdas (2002, pp. 147-68).

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zione di fare questa precisazione72.. D 'altra parte, il problema sostanzia­ le che solleva il confronto tra la ricostruzione fornita da Clidemo e quella proposta da Aristotele non è la partigianeria di quest 'ultimo che, secondo l'opinione di molti studiosi, avrebbe scelto la versione areopagitica della vi­ cenda perché ostile alla versione democratica registrata da Clidemo73• La questione centrale è quella più generale che bene ha messo a fuoco Felix Jacoby, osservando che quanto interessava Aristotele (lo stato della politeia) non era invece interessante per gli attidografi (Jacoby, I949, p. 388). Ciò che appare evidente anche nel caso della fase areopagitica della costituzione ateniese74• Ad Aristotele interessano massimamente i "segni" che rivelano un cambiamento nello stato della politeia, ovvero un mutamento di equi­ libri interni ai poteri della città: anche quando si tratta di segni che, per gli attidografi, rappresentano solo «temporary disturbances » incapaci di modificare in modo sostanziale l'ordine costituito (ivi, p. 388). La diffe­ renza è rilevante. Per Aristotele il carattere di una politeia è il risultato della provvisoria combinazione (per qualità e quantità) delle parti di unapolis, ed è chiaro che, a suo giudizio, ogni alterazione di questo equilibrio, in quanto modifica il carattere della politeia, va riconosciuta e segnalata75• 72. Non convincono Day, Chambers ( 1967, p. 121), secondo cui Aristotele ammettereb­ be di non avere documenti a disposizione, né l ' ipotesi avanzata da Ostwald (1993, p. 153) che fosse l 'assenza di una legittimazione costituzionale del ruolo dell'Areopago a motivare la successiva battaglia di Efialte. Cfr. anche Jones (1987, p. 67) e PAR. 6.7. 73· Spiegano le divergenze tra le due versioni a partire dalla volontà dell'autore della Co­ stituzione degli Ateniesi (in quanto dipendente da Androzione) di sottrarre il merito di Sa­ lamina a Temiscocle e di darlo all 'Areopago (contro la versione di Clidemo) : Mathieu (1915, pp. 9-10 ),Jacoby (1949, p. 75), Mazzarino (1966, pp. 442 ss.), Rhodes (1981, pp. 287-9) e San­ toni ( 1999, p. 8 n 33). Sulla possibilità di leggere diversamente il confronto tra le due versioni cfr. Wallace (19 89, p. 157 ), Berti (2004b, pp. 146 ss.) e Zelnick-Abramovitz (2011, pp. 1 16-7 ), i quali collocano l'azione di Temistocle nel quadro dell'operato complessivo dell'Areopago a favore del demos e sono scettici rispetto all'opportunità di classificare l'orientamento po­ litico degli atti do grafi. Sulla questione dell'orientamento politico di Clidemo cfr. il riesame condotto da Tuci (2010, pp. 141 ss.), il quale definisce i contenuti della versione registrata dal frammento in questione (F 21) « coerenti» con la volontà di Clidemo di oscurare « gli eventuali meriti degli altri Areopagiti» ( ivi, p. 171). 74. }acoby (1949, p. 388): « no Attidographer could have treated as politeiai in the sense of Aristocle [ ... ] che predominance of che Areopagos » . 75· Pol. 1302b 33-1303a 2: « i mutamenti d i costituzione avvengono a volte p e r u n inde­ bito accrescimento [auxesis] di qualche parte della città. Infatti il corpo consta di membra che devono crescere proporzionatamente perché l ' insieme conservi la simmetria, perdendo la quale il corpo va in rovina come quando si avesse un piede di quattro cubiti ed il resto del corpo di due spanne, oppure si muta nella forma propria del corpo di un altro animale, quando la sproporzione non è solo quantitativa, ma anche qualitativa; così anche la città è costituita di parti una delle quali può a volte crescere in modo sproporzionato senza che ci si accorga di essa, come avviene, per esempio, della massa dei poveri, nelle democrazie e

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA In questa prospettiva lo sforzo definitorio di Aristotele in merito alla

prima metabole della democrazia ateniese dopo le guerre persiane appare rivolto essenzialmente a tre aspetti: 1. dare valore alla peculiare sintonia tra Areopago e demos, che fu l'esito di uno stesso evento (la guerra persiana) e che appare attestata dalla generalità delle fonti; 2. riconoscere il carat­ tere proprio dell'egemonia areopagitica (in rapporto soprattutto al tema dell'applicazione delle leggi) ; 3· definire il cambiamento, la metabole, in rapporto al suo agente. Per quanto riguarda il primo punto, si è già osser­ vato che la ricostruzione aristotelica non fa che confermare il dato saliente registrato dalla generalità delle fonti: ovvero il fatto che, dopo Maratona e subito dopo Salamina, demos e Areopago abbiano agito in piena sintonia. Le scelte fatte da Aristide e Temistocle, che erano capi popolari (prosta­ tai tou demou) ma anche areopagiti, appaiono in tutte le fonti, e non solo nel resoconto aristotelico, espressione della comune visione determinatasi all ' indomani di Maratona rispetto all'opportunità di « sviluppare la città sul mare » , come scrive Plutarco (Arist. 24) . L' intero periodo seguito a Ma­ ratona è contraddistinto dalla politica navale e filopopolare degli areopagi­ ti e l' inizio della politeia areopagitica, il 4 7 9, è segnato indicativamente dal­ la decisione dell'areopagita Aristide di istituire il tesoro federale e il tributo degli alleati (Thuc. 1.9 6; And. 4.1 1 ; Arist. Ath. Pol. 23.5)76• Questa sintonia in tema di "impero marittimo", una sintonia interna all'Areopago e capace di cementare gli interessi del demos e dei gene più rappresentativi all' in­ terno del Consiglio, determina una fase della politeia democratica ateniese che per Aristotele è "visibile" e alla quale occorre dare una dignità formale. Di qui l'attenzione riservata a ciò che manifesta il cambiamento nelle scelte politiche di quella fase storica e nell' ethos di quella politeia77• Per quanto riguarda il secondo punto, ovvero il carattere proprio di questa politeia, Aristotele lo identifica nel rispetto delle leggi. In questo senso pare doversi intendere il riferimento a un "irrigidimento" della costituzione che Aristo­ tele riconosce in questa fase storica (Pol. I304a I7-24)78• Ciò spiega perché nelle politie » . Cfr. anche I276b 6-8, I296b IS-I7 ; Bertelli (I994· pp. 82-3) e Ventura (2009, P· I37). 76. È probabilmente in rapporto a questa ricostruzione che si deve spiegare la posizio­ ne di Platone, il quale, nelle Leggi, ascrive a un regime ancora immune dalle degenerazioni successive il merito della vittoria contro i persiani (Nom. 6 98b, 707b-c): Weil (I96s, p. I73). Cfr. anche Isocr. I5.3I6-3I7. 77· Che questa nuova fase della politeia fosse riconoscibile per il nuovo stile di vita è quanto affermano Cawkwell (I988, pp. I-Il) e Ostwald (I993· pp. IS3 ss.). 78. Che questo tratto della democrazia areopagitica sia da spiegare a partire dal ruolo eserci­ tato dali 'Areopago nel controllo dei magistrati attraverso l' euthynein è ipotizzato daJon es (I 9 87, pp. 60-7 ) ; cfr. PAR. 6.7. Sul tema della contrapposizione tra tensione e cedimento costituzionale nel pensiero di Aristotele cfr. Rhodes (I98I, pp. 322-3) e Ventura (2009, p. IS4).

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE lo stesso Aristotele spieghi il successivo "cedimento" della costituzione in rapporto al fatto che, dopo la riforma di Efialte, le leggi non venissero ri­ spettate come avveniva in passato (Ath. Pol. 26.I-2; Rhodes, 1 9 8 1, pp. 322-6; PARR. 6.6-6.7 ) . La "forma" (eidos) o "carattere" della politeia sono infatti definiti - secondo Aristotele - segnatamente dalle leggi « che prescrivono le regole secondo cui i magistrati devono governare sanzionando i trasgresso­ ri » (Pol. I 289a I9-20; cfr. Appendice 1 ) . Ed è chiaro che, nella ricostruzione aristotelica, fino a che gli ateniesi vollero riconoscere il ruolo dell'Areopago nell'esercizio di questo controllo79, la politeia democratica ateniese fu im­ mune dal rischio degli sviluppi successivi al trasferimento di tutte le fun­ zioni di controllo agli organi decisionali democratici ( PARR. 4.6, 6.6-6.8). Tale visione peraltro appare coerente con la ricostruzione data da Platone di quegli stessi sviluppi. Il filosofo ateniese infatti distingueva, nelle Leg­ gi, il periodo immediatamente successivo alla fine delle guerre persiane da quello della democrazia più matura precisamente in rapporto a questo aspetto : il rispetto delle leggi (Nom. 6 9 8 ; cfr. PAR. 6.6 e Appendice 1 ) . Lo stesso Platone, nella Repubblica (562c-d), considerava che l ' inizio della de­ generazione democratica avesse coinciso con il momento in cui fu concessa al demos una libertà eccessiva80• Non è casuale che proprio alla Repubblica faccia riferimento Plutarco per commentare l'esito del ridimensionamento delle funzioni dell 'Areopago a opera di Efialte, che fu il primo responsabile della libertà « senza contemperamenti » di cui di lì in poi avrebbe goduto il popolo (Plut. Per. 7.8; Marr, 1993, p. 12) 81• Che la "tensione" della politeia sia da intendere come un' inversione di segno oligarchico è, sulla base di quanto già detto, scarsamente plausibile. Non solo quella fase costituzionale non mostra di avere indotto un' inver­ sione di tendenza rispetto allo sviluppo della crescita del demos, ma è piut­ tosto chiaro che Aristotele non la giudica né la rappresenta come un arresto della democrazia82• Semmai si è trattato di una fase costituzionale equilibra­ ta, e perciò stabile, della quale fu responsabile la crescita contemporanea (si 79· Sebbene in collaborazione col demos ( PAR. 4.6). 8o. Per lo svolgimento dell' idea che la crisi della democrazia e la sua trasformazione in tirannide siano iniziate quando si è concessa al demos una libertà senza controllo cfr. Plat. Rep. s 62b-s 6 9c. 81. Nella Repubblica il filosofo guarda al medesimo modello politico teorizzato da Ari­ stotele, ovvero alla democrazia isonomica ancora immune dal processo di « degenerazione politica avviato dalle riforme di Eftalte e di Pericle » (Gastaldi, 1998b, pp. 159-72). Cfr. anche Gorgia 515e. 82. Giudicano invece questa fase come un arresto della democrazia: Weil (1965), Wallace (1989), Arrighetti (1993) e Bertelli (1994, p. 93); contra: Day, Chambers (1967, p. 124) e Berti (2012, p. 71).

ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA potrebbe dire simmetrica) di due parti diverse della città, il cui equilibrio è stato spezzato, diciassette anni dopo, dall 'ulteriore accrescimento della po­ tenza del demos determinato dall' indebolimento dell'Areopago (Pol. I 274a 7-1 1 ; Ath. Pol. 25.I-2). Infine, la questione dell'agente che ha indotto la metamorfosi della po­ liteia. Aristotele è piuttosto chiaro rispetto al fatto che la prima metabole democratica occorsa dopo le guerre persiane sia da valutare in rapporto al carattere dell'agente che ha modificato gli equilibri preesistenti: la guerra, appunto, anzi la vittoria in guerra, ovvero un fatto contingente e non pre­ vedibile (Bertelli, I994, p. 89). Al centro dell 'attenzione del filosofo, lo si è visto nel passo della Politica considerato per primo (I304a I7-24), sono due dati essenziali: che l'accrescimento abbia riguardato contemporaneamente una magistratura (l'Areopago, del quale si è accresciuto il prestigio) e una parte della polis (il demos, accresciuto in potenza), e che l'evento scatenante di questo duplice accrescimento sia stato la vittoria di Salamina. Quest 'ulti­ mo nesso tra vittoria militare e ricadute politiche (ovvero la metabole costi­ tuzionale) risulta ulteriormente chiarito attraverso il confronto con gli altri passi nei quali lo stesso nesso appare opportunamente enfatizzato: nella Po­ litica, laddove Aristotele spiega l' inorgoglimento del demos in rapporto alla vittoria di Salamina (Pol. 1274a 7-15), e nella Costituzione degli Ateniesi, dove il motivo dell'accrescimento del prestigio dell'Areopago è spiegato a parti­ re dalla vittoria di Salamina (Ath. Pol. 23.1). Aristotele, in definitiva, ascrive la crescita contestuale del potere dell'Areopago e di quello del demos a un fattore unico: la vittoria contro i persiani, ed è in rapporto al carattere con­ tingente di quell'evento che gli interessa seguire la "crescità' o auxesis delle parti della città. Al centro della riflessione di Aristotele è la definizione del carattere di ciò che ha indotto l'accrescimento di parti della città, dell' agen­ te, e il fatto che si tratta di un evento accidentale e non predeterminabile (ln­ gravalle, 19 89, p. 346). In questo quadro, occorre precisare la funzione svolta da questa particolare metabole nella ricerca aristotelica. La sua funzione è de­ finire il carattere contingente di uno dei fattori che può determinare il cam­ biamento costituzionale a partire da un particolare tipo di auxesis: quello che è il prodotto di una vittoria militare. L' auxesis non è dunque, in questo caso, oggetto di riflessione in rapporto esclusivo al carattere "quantitativo" dell 'accrescimento di una parte della polis, ad esempio l'aumento quanti­ tativo del demos (Day, Chambers, 1967, p. 126)83 o l' « aumento di potenza del demos » (Bertelli, 1994, pp. 8o-3). Ciò che interessa Aristotele rispetto 83. Anche se tale "crescita" rappresenta la chiave di lettura privilegiata - nella Costitu­ zione degli Ateniesi - per seguire l 'evoluzione costituzionale (Ingravalle, 1989, pp. 332 ss.; Keaney, 1992, pp. 20-34).

3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE all' interpretazione di quel mutamento costituzionale è il carattere acciden­ tale dell 'evento che ha indotto la crescita di parti della città. Un carattere che non è assimilabile all ' auxesis del demos voluta e regolata, ad esempio, dalle riforme di Solone84 e di Clistene. Di quest'ultimo è proprio Aristotele a ricordare gli interventi che avevano accresciuto quantitativamente il de­ mos (Pol. 1275b 34-39, I3I9b 21-26; Ath. Pol. 21.2). Questa crescita "razionale" però non è mai giudicata all'origine degli sviluppi successivi85• Proprio a partire da quest'ultima considerazione circa il carattere regola­ to degli interventi che hanno modificato la forza del demos nel corso del VI secolo si può fare un ultimo passo avanti nel tentativo di riconoscere il signi­ ficato storico della legge dell' auxesis applicata al caso ateniese per il periodo che segue alle guerre persiane. È il fatto che la vittoria militare di Salamina, l'evento cioè che ha determinato sia l'accrescimento del prestigio dell'Areo­ pago sia l'accrescimento della forza del demos, fosse un fatto "accidentale". Che cioè lo snodo decisivo per la nascita della piena democrazia del v se­ colo sia ricondotto da Aristotele a un evento fortuito e non a un progetto riformatore né a un principio costituzionale. Col che si torna alla questione iniziale: quale funzione assolve, nell'economia complessiva della ricerca ari­ stotelica sulla storia democratica ateniese, la considerazione della metabole areopagitica ? A cosa serve ? Serve a spiegare l'evoluzione della democrazia ateniese dalle fasi che hanno preceduto le guerre persiane alle fasi successive. Dalla fase isonomica, guidata dalla visione (proairesis) di legislatori come Solone e Clistene, alla fase nella quale il potere del demos viene accresciu­ to in modo non prevedibile dai risultati della guerra persiana. Il tema della contrapposizione tra la visione politica razionale, il progetto, da una par­ te, e il prodotto delle circostanze dall'altra, interessa Aristotele che fa della nozione di proairesis intesa come decisione ragionata e programmatica un tema centrale della sua riflessione etica86 e politica87• È in rapporto agli esiti 84. Schi.itrumpf (1991, pp. 37 3-4), Pezzoli, Curnis (2012, p. 3 89). Aristotele parla a pro­ posito della visione di Solone diproairesis (Pol. 1274a 11-12) e di bouleusis (Ath. Pol. 9.2). Cfr. Keaney (1992, pp. 25-6). 8s. La "visione" che ha guidato l' auxesis del demos al tempo della riforma di Clistene è sottolineata dall'espressione KÀn cr9év ,� .... �ouÀOJlEVO� aùl;iìcrat tl,v Ò11�toxpatiav (Pol. 1319b 21-22). Cfr. Keaney ( 1992, pp. 25-6), Bertelli (1994, p. 8 s ) e Camassa (2ooo, p. ss). 86. Sulla nozione diproairesis come progetto deliberato e fondato sulla conoscenza delle cose cfr. EN uub 4-1II2a 15; I I39a 18-b 4; Rhet. 1366a 3-21. Aristotele riflette sulla nozione di « avvenimento fortuito» in rapporto a « ciò che deriva da un deliberato proposito» o proairesis anche in Rhet. 1 3 67b 21-27, 1 3 6 9a 33-b 4 (cfr. Wartelle, 1 982, p. 368) e Phys. 199a 1 ss. (cfr. Hankinson, 2013, pp. 223-8). 87. n carattere dellapoliteia si manifesta attraverso il fìne ( telos) che si propone attraverso laproairesis (Rhet. 1 36sb 21-1366a 22, 1417a 19 ss.; Wartelle, 1 9 82, p. 413), mentre le « cose che avvengono per caso non avvengono in vista di un fìne » (Rhet. 1369a 33-b 4) e perciò non

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA di questa riflessione, nella quale è centrale la contrapposizione tra ciò che "si sceglie" sulla base di una visione politica (proairesis) e ciò che invece accade come "effetto delle circostanze", che Aristotele afferma l' impossibilità di ri­ condurre gli sviluppi istituzionali seguiti alle guerre persiane a una visione politica (proairesis), e l'opportunità di spiegarli unicamente in rapporto alla guerra, ossia a un evento il cui esito non è prevedibile (Pol. I 274a 7-I5 ) 88• Di qui il carattere non "scientifico" dei principi che spiegano quell'evoluzione istituzionale, e di qui l' insistenza circa il fatto che il prestigio dell'Areopago non fosse fondato su un provvedimento (dogma) e non fosse coerente con un principio politico-costituzionale. Tutte considerazioni che si iscrivono coerentemente nel quadro della sua lucida interpretazione dell'evoluzione della democrazia ateniese, che identifica nelle guerre persiane l'evento che ha impresso uno sviluppo imprevedibile all'evoluzione democratica. Resta­ no da valutare le qualità storiche di una riflessione come quella di Aristotele che ascrive alla "contingenza" lo sviluppo della democrazia ateniese. Le qua­ lità storiche della sua ricostruzione sono state spesso svalutate dai moderni. Si è riconosciuto nella forza della sua impostazione teorica un limite forte alla "possibilità" dell 'interpretazione storica (Day, Chambers, I9 67, pp. I 2o30; Arrighetti, I993, pp. I 28-9; Berti, 2003, pp. 1 15-3 8 ; 20I2, p. 64) . E un li­ mite è stato giudicato anche l' interesse che Aristotele e altri teorici del IV se­ colo hanno mostrato di avere per un' istituzione come l 'Areopago (Mathieu, 1915, pp. 9-10; Mazzarino, 1966, p. 443; Said, 1993, pp. 155 ss. ) . In realtà, né i modelli teorici utilizzati né l'evidente centralità che lo studio della storia dell 'Areopago assume nella ricostruzione aristotelica89 diminuiscono la forsono soggette a una spiegazione scientifica, come non lo sono gli eventi storici. Cfr. anche

Rhet. 1417a 19; Gilliard (1971, p. 432) e PAR. 1.5. 88. L'atteggiamento di Aristotele, ovvero l' interesse a conoscere il nesso causale tra pas­ sato e presente in materia di storia costituzionale e mutamenti interni agli Stati, da un lato, e l' idea che le guerre vadano valutate alla stregua di eventi non prevedibili, dall'altro, è espres­ sione di un tratto peculiare del pensiero politico greco ben indagato da Momigliano (19 87, pp. ss ss.) e che spiega come mai gli storici greci elaborarono una tecnica di studio più evolu­ ta per studiare i mutamenti costituzionali rispetto a quella applicata alle cause delle guerre. In Grecia - scrive Momigliano - « il pensiero politico tendeva a concentrarsi sui mutamenti interni degli Stati, sui problemi costituzionali [ . ] La ragione di questa tendenza è che i greci arrivarono ad accettare la guerra come un fatto naturale, come la nascita e la morte, con cui non c 'è niente da fare [ ... ] viceversa le costituzioni erano opera umana e potevano essere modificate dagli uomini; lo studio dei mutamenti costituzionali era considerato utile ed era coltivato per questo. Le guerre non potevano essere evitate, mentre le costituzioni cattive potevano essere cambiate con costituzioni migliori e più stabili» ( ivi, p. ss). 8 9. Sul fatto che la Costituzione degli Ateniesi fosse essenzialmente costruita intorno alla storia dell'Areopago cfr. von Fritz-Kapp (1950, p. 24), Keaney (1992, pp. 43-9) e Bearzot (2012, p. 43). Cfr. anche PAR. 6.7 e Appendice I. . .

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3· ARISTOTELE E LE METAMORFOSI DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE za della sua ricostruzione. Occorre anzi riconoscere che al centro della rico­ struzione aristotelica sono le stesse questioni e le stesse soluzioni che molti storici moderni hanno posto e hanno dato in rapporto all'evoluzione della democrazia ateniese dopo lo snodo delle guerre persiane90• La possibilità per il demos di «disporre dell' intera costituzione » fu «l'esito delle guerre persiane » ed è « nel peculiare svolgimento della storia di questo periodo» che la democrazia «ebbe il suo presupposto. Un presupposto tanto neces­ sario da lasciare aperta la questione se alla democrazia si sarebbe comunque giunti anche se in questa vicenda non si fossero accidentalmente inseriti i persiani e i greci non avessero conseguito su di loro la vittoria, vittoria certo notevolmente favorita dall' isonomia ma pur sempre frutto di una contin­ genza » (Meier, I 9 8 8, p. 93)91•

90. Cosa ha "democratizzato" la democrazia ateniese ? Che la risposta sia da cercare nell'esito delle guerre persiane è quanto ipotizzano molti storici, tra gli altri: Meier ( 1988, p. 93 ) , Loraux ( 1993, pp. 78-9 ) , Mossé (2oo6, p. 31 ) e Raaflaub ( 2007, pp. 121 ss.). Sulle qualità storiche della ricostruzione aristotelica rispetto alle ricadute istituzionali delle guerre greco­ persiane cfr. Musti ( 1993, pp. 251-60 ) , Mara (2002, pp. 318-27 ) e Moggi ( 2010, pp. 3S · 4 s ) . 91. È significativo che Meier sottolinei, non diversamente da Aristotele, il ruolo della contingenza rispetto agli sviluppi della democrazia ateniese, considerato che lo storico te­ desco imputa ali'autore della Costituzione degli Ateniesi la responsabilità di non avere com­ preso la storia democratica ateniese nella fase della sua emergenza e definizione (Meier, 1988, pp. 110-1, 147·8 ) .

Parte seconda Idee di cittadinanza democr atic a da Salone a Pericle. L a prospettiva di Aristotele

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Aristotele, Solone e l ' isonomi a giudiziari a : verso un' isopoliteia

4· 1 Introduzione Come procede Aristotele nella prospettiva di riconoscere il carattere della

politeia riformata da Solone ? Secondo il suo metodo, più volte definito, a quello scopo serve indagare costituzione (politeia) e leggi (nomoi) e tra le leggi occorre considerare quelle scritte e quelle non scritte : entrambe infatti rivelano la preoccupazione del legislatore e l' idea di "giustizia come uguaglianza" che la sua politeia ha realizzato (Jacoby, 1949, p. 155; Gehrke, 1 9 94, p. 204; PA RR. 1.2-1.4). In questo quadro, si comprende la scelta di utilizzare come materiale documentario sia le leggi che le elegie di Solo­ ne. Quel materiale poteva consentire ad Aristotele di "trovare" i problemi emergenti della società ateniese al tempo della riforma di Solone, proble­ mi ai quali la sua idea di cittadinanza democratica intendeva dare soluzio­ ni e risposte. Il dato notevole dell' impostazione aristotelica è la scelta di considerare nel loro insieme i provvedimenti adottati da Solone nell'anno del suo arcon­ tato. Tali provvedimenti corrispondevano, infatti, secondo Aristotele, a un progetto globale, a una visione coerente, e perciò dovevano essere valutati glo­ balmente e non singolarmente, secondo il principio metodologico che deve guidare ogni ricerca teorica, dove è il tutto che conta e non la parte ( PARR. 3.5, 4.6). Solo una volta inteso il carattere della riforma nel suo insieme, af­ ferma Aristotele, è possibile individuare l' intendimento di Solone, mentre non è possibile riconoscerlo se si guarda a uno solo dei suoi provvedimenti (Ath. Pol. 9.2)1• È il carattere del progetto globale che rivela il tratto distintivo (idion) della politeia soloniana, la sua preoccupazione come legislatore. 1. « Non è giusto giudicare il suo intendimento da quel che accade ora, ma "dal resto" della sua costituzione » . Cfr. anche Arrighetti (1987, p. 101), Keaney ( 1992, p. 25), Camassa (1994, p. 162) e PARR. 1.4, 3·5· 4.6, 6.6.

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ARISTOTELE, ATENE E LE METAMORFOSI DELL ' IDEA DEMOCRATICA Su quale fosse il carattere proprio di tale politeia, il suo tratto caratteriz­ zante, Aristotele non ha dubbi. È l' idea di un'uguaglianza che si misura in rapporto alla legge (Fassò, I9 67, p. 9 8; Montuori, I9 67, p. I 40; Mossé, 2006, p. 26; Cuniberti, 201 1), è quell' isonomia giudiziaria che Solone stesso ri­ vendica di aver realizzato laddove afferma: « ho scritto le leggi ugualmente per l'umile e per il nobile » (30 G.-P.1 , 36 W.\ v. I8). La riforma soloniana della politeia, intesa come cittadinanza e come ordi­ ne costituzionale, fu guidata, secondo Aristotele, dall' idea nuova di un'ugua­ glianza posta sotto la tutela della legge e affrancatasi - almeno parzialmente - dall' idea di uguaglianza che si era determinata nella fase della definizione dello Stato oplitico ( PARR. 2.4-2.5) e che appariva inadeguata a rispondere alle istanze egualitarie provenienti da settori ampi della società ateniese. La decisione di Solone di creare un nuovo assetto istituzionale e nuove leggi capaci di ripensare i principi fondanti della cittadinanza rivela, secondo Aristotele, la volontà di agire a favore della parte non ricca della popolazione ateniese e può perciò essere definita "demotica". Secondo questa nuova idea di cittadinanza, ogni ateniese, per la prima volta, avrebbe visto riconosciuti alcuni diritti fondamentali: la tutela fisica e giuridica della propria persona e il diritto di giudicare con il voto la condotta politica dei magistrati. Ma come valutare la convinzione aristotelica che si debba a Solone la prima idea democratica di cittadinanza ? Se consideriamo la prospettiva delle fonti antiche, l' interpretazione ari­ stotelica appare plausibile. Per gli scrittori antichi i provvedimenti adottati da Solone, conformi come furono ai principi isonomici, potevano definirsi democratici (Dem. 22.25, 30; Hyp. 5 .2I-22; Plut. Sol. I 8.6-7; Plut. Mor. I 5 2c, I54d; Diog. Laert. 1.59; Stob. 4.I.89 ). Non si trattava di una democrazia corrispondente a quella realizzata nel corso delle fasi storiche successive al tempo di Clistene o di Efialte3• Ma fu a partire da quella democrazia che i diritti, le garanzie e le funzioni del cittadino vennero regolati da un complesso di leggi aventi l'esplicita finalità di «limitare il potere con il di­ ritto» 4 e di intervenire sul corpo legislativo precedente (quello dracontia­ no) in misura coerente con il principio di equità. Plutarco, in particolare, riconosce alla legislazione soloniana la preoccupazione di correggere quella dracontiana rispetto ad alcune criticità: il fatto di punire reati diversi senza 2. Secondo Aristotele (Ath. Pol. 22.1, 29.3, 41.2) la democrazia clistenica era più avanzata ri­ spetto a quella soloniana ma più vicina a quest'ultima, se confrontata con la democrazia periclea. 3· Per la teoria che fissa le origini della democrazia dopo le riforme di Efìalte cfr. Raa­ flaub (2007, pp. II3 ss. ) . 4· Così Harris (2oo6a, p. 1 8), secondo il quale le riforme soloniane « ensure that the laws are not overturned by those on powers », ciò che rappresenta il carattere costitutivo della cittadinanza democratica ( Crifò, 2005, p. 4).

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ARISTOTELE, SOLONE E L ' ISONOMIA GIUDIZIARIA

adottare una diversa misura, ovvero di prevedere pene identiche per reati diversi (Sol. I7.1-2). Il carattere demotico che gli antichi riconoscevano alle leggi di Salone era invece nello sforzo di regolare secondo equità tutte le materie della vita civile. La ricostruzione degli antichi rispetto al carattere innovatore della riforma di Salone appare chiara sia per quanto riguarda la cittadinanza come "statuto legale" (chi è il cittadino) sia per ciò che concer­ ne la cittadinanza come "funzione" (cosa fa il cittadino) . In base alle leggi di Salone poteva dirsi cittadino ateniese 'A811va'ìo