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Italian Pages 439 Year 2020
Animus comune
I
EDIZIONI DELLA NORMALE
«Questo nascondermi nell'opera d'altrui è forse necessario» Lettera di W. Kaegi a D. Cantimori, 3 luglio 1951 A coloro nella cui generosa ombra mi nascondc\'o: a mia madre e a colui che mi ha guidata in questo la,·oro
Indice
Introduzione PATRICIA CHIANTERA-STUTTE
IX
CARTEGGIO
1935-1966
Indice dei nomi
1
Introduzione
Animus comune «Caro signore e amico, mi permetto questo appellativo confidenziale, non solo perché attraverso le Sue parole e i Suoi libri mi sono affezionato a Lei, ma anche perché la mattinata passata con Lei resta nei miei ricordi più preziosi come un incontro sorprendente e inaspettato con un uomo di un ambiente del tutto diverso, con cui non mi sarei immaginato di trovare una così grande somiglianza dei punti di vista e così tante preoccupazioni comuni» - con queste parole inizia la prima lettera dello storico svizzero Werner Kaegi indirizzata a Delio Cantimori, giovane collega coetaneo, il 23 settembre 1935. Grande è la sorpresa di Kaegi neWavvertire una profonda comunanza di sentimenti con un uomo molto diverso da lui. Così lo storico svizzero trentenne sembra sintetizzare, in una delle prime lettere dell'epistolario, i caratteri salienti del loro rapporto di amicizia, che si svilupperà fra il 1935 e il 1966, anno della morte dello storico italiano: una solida condivisione di interessi e di prospettive scientifiche e la divergenza fra due visioni della politica e della società. Lo scambio epistolare trentennale, che va sempre più a infittirsi negli anni, testimonia il rapporto fra due uomini che non si incontrano sempre, ma che apprezzano tanto il loro comune lavoro da rispettare e da ascoltare le argomentazioni reciproche. Una relazione di profonda stima e una grande intimità intellettuale e di sentimenti, mai turbata da incomprensioni, dubbi, ripensamenti. Al momento del suo incontro con Cantimori, Werner Kaegi, nato a Oetwil nel 1901, era uno storico che godeva di una certa fama nella città di Basilea, dove insegnava dal 1935 come giovanissimo ordinario, successore alla cattedra e all'opera intellettuale del professore di storia universale, prematuramente scomparso, Emil Diirr'. A Diirr Kaegi è
1 Vd. l'introduzione di Tcutcberg a W. KAF.GI. Historiscl,c Mcditatio11c11. hrsg. von R Teuteberg, Bascl 1994. Ili. pp. 9-36; N. RoEmu:-., Dcr Historikcr \Vcma Kaegi.
IX
legato non solo per via degli studi su Burckhardt: eredita la sua cattedra presso il prestigioso Historisches Seminar di Basilea, e sposa la sua vedova, Adrienne von Speyr, una figura femminile rilevante nel panorama culturale e poi teologico basileese ed europeo. La moglie di Diirr, e poi di Kaegi - una delle prime donne a esercitare la professione medica a Basilea-, si converte al cattolicesimo nel 1940, grazie all'incontro con Hans Urs von Balthasar e inizia un percorso spirituale che la conduce al misticismo e alla divulgazione della sua esperienza mistica nelle sue opere trascritte grazie al padre gesuita 2• Come giovane assistente di Emil Diirr, Kaegi aveva collaborato alla ricerca storiografica di questi, dedicata alla ricostruzione della vita di Burckhardt, proseguendo poi tale lavoro fino alla fine della sua vita. La biografia di Burckhardt sarà la sua opera maggiore-'. I suoi studi di storia presso l'Università di Lipsia si erano conclusi, anni prima, con la tesi su Hutten rmd Erasmus. I/ire Frermdschaft rmd Streit nel 1924 sotto la direzione di Walter Goctz ed Erich Brandenburg. Le ricerche giovanili sui dissidenti religiosi e riformatori, su Ulrich von Hutten e, soprattutto, su Erasmo, costituivano temi costanti di ricerca per Kaegi, il quale, proprio grazie alla recensione dell'articolo di Cantimori, Ulrico vo11 Hutten e i rapporti tra Rinascimento e Riforma\ ebbe l'occasio-
«Jurablatter. Monatsschrift fùr Heimat- und Volkskundc•, 47/7, 1985, pp. 113-6 e H.R. HoF.TJNK, Wen1er Kat-gi als 1mfrcm·c:I historicus, Amsterdam 1977. La biografia di Wclti è purtroppo molto parlialc e inattendibile nella lettura della vita e dell'opera dello storico S\i1.2ero (M. WELTI, O/me Fraum ~l,t t-S. 11id11. Basel 1993). J Vd. A. voi-. SPE\'R, Dalla mia ,•ita. Autobiogmfia ,ldl'etti giom11ilt·. Milano 1989 (ed. or. Aus mei11em Lebc:11. Frag,m.·111 ci11er Autobiograpl1ie, 1968). Tra le opere di A. ,·on Spe)'f dettate a H.U. \'On Balthasar: Die Bergprc.'digt. Bc:tmchtrmgen i'iba Mallhiius 5-7. Einsicddn 1948; Sa11 Giomm1i. Esposizio11e idea di Rinascimento, e cioè l,unicità e la specificità dell,epoca rinascimentale attraverso lo studio su Ernst Walser11 , costituisce una tappa importante in questo percorso, che conduce al distacco dai canoni storiografici dell,idealismo. Attraverso lo studio delle relazioni fra i dissidenti religiosi e delle loro discussioni e convergenze sulle interpretazioni del Vangelo, Cantimori, a partire dal saggio Recenti studi in tomo alla Riforma::, pone in discussione la periodizzazione rigida dell,epoca rinascimentale e si dedica a una ricostruzione puntuale della fase storica umanistica e rinascimentale. Mettendo a frutto la concezione del metodo critico storiografico, proposto da Croce 23 , e ispirandosi anche agli studi di Lucien Febvre14 e di Federico Chabod 25 , ricostruisce la vicenda ereticale come una storia fatta di rapporti e di vicende intellettuali, sottratta a qualsiasi generalizzazione e tipizzazione. Nello stesso tempo, Kaegi, elaborando le riflessioni di Huizinga sulla periodizzazione lunga del Medioevo 26 e gli studi di Febvre sul peso del fattore geografico e degli sviluppi politici locali nello svolgimento di correnti intellettuali, arti-
:o
Vd. M. C1L1BERTO, Figure i11 chiaroscuro. Filosofia e storiogmfia 11e/ No,~m,to,
Roma 2001; D. CANTIMORI, Note sugli storici i,r ltc,/ia ,fol i926 al i95i, in ID., Storici e storia: mctoclo, ct1r,ittcristic/1c e sig11ifimto del l,ivoro storiografico, Torino 1971, p. 268-80. u
W. K,\EGI, Ei11fiilrr1111g, in W,\LSER, Ge$l1111111dtc Stuclicm, pp.
Xl·LX.
:: D. CANTIMORI, Rccc11ti stucli i11tonro """ Riforma in Italia e ai riformatori ildlia-
ni all'estero (i924-i934), •Ri\'ista Storica Italiana•, 53/1, 1936, pp. 83-110. B. CROCE, 111torno alla storia cldl,1 coltum (Kulturgescl1ichtc), •Atti dell'Accademia i>ontaniana di Napoli», 25, 1895, ristampata con l'aggiunta di una Postilla, in ID., Com•eN{1zio11i critiche, serie i. Bari 1924, Il ed. riveduta, pp. 22i-.1; lo., Un calvi11isld italiano, il Me1rc/1c:sc cli Vico Galt-t1z.zo Qimcdolo, •La Critica», 31, 1933, pp. 84-104, 161-78, 251-65, 321-39. Sul peso del metodo storiografico crociano su Cantimori si \'eda, fra gli altri, P. TERRACCIANO, A filo di /mm,. Cmrtimori lc&c Croce.•, «ASNP», s. V,8,2016,pp. 179-217. 24 L. FEB\'RE, Une questio11 mal posée: Ics origines clt: I,, R,:fonuc frmiçaise et le problème !,iéu,:m/ ,lc.-s c,wses dc itl Re/orme, •Re\'uc historiqut .., 161, 1929, pp. 1-73. is F. C11ABOD, Lo Stato di Milano uc/l'impero cli Q,r/o V, Roma 1934. 1 ~ L'autmmo dd Me,lion·o di Huizinga uscì in \'Crsiont originale nel 1919 e fu prontamente tradotto in tedesco nel 1924 ad opera di T. Jolles-Monckebt.-rg (Drei
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stiche e culturali, studia l'Umanesimo non come epoca storica a sé, ma a partire dalla concreta ricostruzione della diffusione delle opere a stampa, delle forme di pubblicazione e di trasmissione culturale, mettendo in rilievo le continuità storiche concrete degli autori e le idee con i periodi precedenti. Entrambi gli storici, Cantimori e Kaegi, sviluppano negli stessi anni una grande sensibilità critica riguardo all'uso delle periodizzazioni storiografiche, rimodulando, conseguentemente, il rapporto fra il Rinascimento e la modernità. Entrambi scandagliano il periodo storico chiamato Rinascimento, facendo luce sulla specificità degli ambienti geografici, culturali e politici e, insieme, sugli scambi di idee e di opere fra uomini provenienti da diverse aree geografiche. Dai loro studi emerge la complessità del movimento culturale rinascimentale che, pur essendo frammentato secondo delle specificità territoriali, deve essere analizzato per la sua capacità di aver nutrito la discussione internazionale e il dialogo fra pensatori diversi e distanti. L'unità del Rinascimento viene, così, messa solo parzialmente in dubbio dai due storici, in quanto si ricompone nel valore fondamentale conferito agli ideali umanistici, comune a tutti i pensatori, che, su tale base, articolano un confronto religioso e intellettuale. La diffusione culturale delle opere degli umanisti tramite la stampa e la circolazione del pensiero al di là di ogni confine, insieme con il riferimento alla cultura italiana, permettono allora di ricostruire il quadro dell'Umanesimo a partire dalla formazione di un ambiente cosmopolita e ispirato ai valori condivisi 1i. La comune sensibilità storiografica, l,attenzione a indagare criticamente i giudizi e gli strumenti della ricerca storica, costituisce il maggiore punto di incontro dei due storici e permette loro di superare la netta differenza politica: quella fra il 'mazziniano, Cantimori, che vede nel fascismo una rivoluzione in grado di superare lo iato fra le élites e le masse 28, e il liberal-conservatore Kaegi, geloso della neutralità politica svizzera, dei valori dell'Umanesimo, inscindibile dall'educa-
Masken Verlag, Miind1en). Tale opera ebbe un grande influsso sulla re\isione da parte di Kaegi dell'idea di Rinascimento. ,, Su questo punto e sulla differenza fra il modo di intendere il cosmopolitismo dei pensatori rinascimentali da parte di Cantimori e di Volpe, vd., fra gli altri, L PERINI, Delio Cautimori. Uu profilo, Roma 2004. u Vd. PERTICI, M,1zzi11ia11c:simo, fascismo, com,mismo; CmANTERA-SnrrrE, Delio Cantimori. X\'11
zione aristocratica, e preoccupato riguardo al totalitarismo nazista e al fascismo. Vepistolario si apre proprio con la discussione di due temi principali, che ricorreranno negli anni a venire: la critica del mondo contemporaneo a partire dalla lettura di Huizinga, e J>analisi, decostruzione e rivalutazione delle categorie storiografiche di Rinascimento e Umanesimo. I temi del lungo epistolario sono ampi e variegati: i due corrispondenti non si limitano a confrontarsi sulla letteratura rinascimentale e sulle opere secondarie riguardo alJ>Umanesimo, ma dialogano anche sul Risorgimento, sulla Riforma, sulla storiografia contemporanea, sulla storia europea, su Gramsci e il comunismo, sulla politica totalitaria e, certamente, su Burckhardt, Ranke e Meinecke. Lo sviluppo di questi temi principali nell'epistolario è intrecciato non solo con la maturazione degli interessi scientifici dei due storici, ma anche con le loro vicende politiche e con la riflessione etica e sociale che attraversa il periodo di crisi e di ricostruzione dal 1935 al 1966. Se, infatti, nelle lettere del liberale Kaegi la lettura politica degli avvenimenti non è quasi mai esplicita, in Cantimori il travaglio etico-politico è evidente e viene direttamente connesso ad alcuni temi di ricerca. Scorrere 1•epistolario conduce ad esplorare i maggiori temi dibattuti nella storiografia e, in parte, nella politica del tempo: questo scambio consente di entrare ed attraversare rarena del dibattito politico e storiografico europeo dagli anni Trenta fino alla fine degli anni Sessanta attraverso le opinioni e il dialogo di due grandi studiosi. Data rampiezza dei contenuti, le lettere di Kaegi e Cantimori sono uno strumento utile ai ricercatori per penetrare nelratmosfera culturale del tempo; in questa introduzione, tuttavia, sono stati trattati solo alcuni temi particolarmente legati alla vicenda politica e biografica dei due corrispondenti e che attraversano le lettere in maniera ricorrente.
Le traduzioni
«Dacché il nostro Thommen 19 ha scritto la storia della nostra università - or cinquanta anni fa - non è stato pubblicato un libro così bello e importante sulla storia di Basilea in quel periodo come il Suo»: così scrive Kaegi a Cantimori il 10 settembre del 1940J0 , durante la
N
R. T110MMBN, G,·schidrte der U11freNitiit Btisd, Bascl
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/u/rn, p. 37. X\'111
1889.
lettura degli Eretici italiani del Cinquecento. Per Kaegi, gli Eretici non ricostniiscono solo la storia di una qualsiasi città europea, ma di uno spazio che incarna simbolicamente r«apertura a tutte le parti, il legame di tutte le nazioni, rincontro di tutte le strade») 1 • Il mito di Basilea, tramandato dalla letteratura storiografica, in particolare da Burckhardt, rispecchia il carattere unitario e insieme disomogeneo del continente europeo: un 'tutto• articolato e internamente complesso, tradotto nen•espressione burckhardtiana «discordia concors») 2 • La storia deWEuropa, che incarna anche la tradizione della tolleranza, delresaltazione deJle diversità e deJla libertà, coincide in parte con le vicende deJla 9
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comprendere il rapporto che istituiscono fra l'Umanesimo storico e storiografico'"'° e il valore che esso svolge nella storia contemporanea. Fin dalle prime lettere la definizione e la periodizzazione delrepoca delrUmanesimo e del Rinascimento costituiscono uno dei nodi del loro dialogo. Nel corso degli anni Cinquanta, nello scambio viene a delinearsi una nuova accezione del termine, inteso non più come un mero concetto storiografico, ma come un «valore>> 1 ◄ 1 che trascende una specifica epoca storica e indica sia la finalità etica della ricerca e dell'educazione storiografica, sia, anche, il modello su cui si forgia l'opera di formazione civile e culturale dei cittadini e, insieme, dei ricercatori. A partire dagli anni Trenta, Cantimori e Kaegi, pur partendo da presupposti diversi, compiono un'operazione storiografica che sembra, al primo sguardo, ambivalente: la messa in discussione critica e, nel contempo, la rivalutazione e reinterpretazione della categoria storiografica di Umanesimo. Due questioni emergono a tal proposito: il problema storiografico, evidente nella storiografia fascista e poi soprattutto nel dopoguerra, del rapporto fra Rinascimento, Riforma e Risorgimento e la definizione e periodizzazione dell'Umanesimo. Se il primo tema viene apparentemente abbandonato quasi subito, il secondo ritornerà in tutto l'arco temporale del rapporto epistolare fra Kaegi e Cantimori. Il primo confronto fra i due studiosi si svolge sui temi del Risorgimento e sulla letteratura secondaria sul Risorgimento: ad esso• ◄·\ e, insieme, alla Devotio moderna 1H fa riferimento Cantimori, allorché ricorda il primo incontro con Kaegi. A questi, che sul Risorgimento scriverà diversi saggi e introdurrà la traduzione in tedesco dell'opera di Adolfo Omodeo, Die Emeuerimg Italiens del 1951 1 ◄-1, Cantimori scrive nel 1942, rivelandogli il motivo principale che informerà la sua opera sugli Utopisti e riformatori italiani, pubblicata poi, nel 1943, dalla casa editrice Sansoni. Informandolo di aver scoperto un nuovo
CJLIBERTO, Figure in cl,iaroscuro, pp. 169 sgg. Cfr. per il •valore' dell'Umanesimo i saggi di CANTIMORI, Valeur cle /'/111ma11ismc, «Comprcndre», 15, 1956, pp. 36-47. ora in Studi di storia, pp. 379·90, e di W. KAEGJ, Hrmia11ism11s der Gegcuwart, Ziirich 1959, ora in Histon·scJre Me,litatio11c11, lii, pp. 239-64. •u Vd le prime lettere ddl'epistolario, i11fra, pp. 3 sgg. •o Lettera di C..antimori a Kaegi del 18 dicembre 1951: vd. infra, p. 174. •~ A. O~moF.o, Die l:"rm:uerrmg ltdlieus rmd clic G,•ul,id1te Europas, mit cincm Vorwort von W. Kacgi, Zurich 1951. 140 1 1 •
XLVIII
nesso fra il periodo precedente al Risorgimento e una parte delle correnti eretiche deirUmanesimo, constata che: «quasi di sorpresa sono ritornato alle indagini di storia religiosa, trovando in quegli uomini una religiosità entusiastica, che li presenta in tutt,altra luce, da quella nella quale erano finora veduti (Russo, L'Aurora, Mazzini, Buonarroti e Pisacane): vengono respinti all,inizio del secolo anche coloro che sembrano appartenere alla metà, e si spiegano alcuni momenti di quel Risorgimento che il Burckhardt considera con tanta diffiden1.a» 1.. s. La religiosità degli eretici, la loro profonda fede nel Vangelo costituiscono alcuni dei motivi che li accomunano ai riformatori e utopisti. Tutti e due i gruppi sono «anacronistici»: non appartengono pienamente alla loro epoca per la portata innovativa delle loro idee o per il richiamo a filoni di pensiero precedenti. I temi della religiosità e deiranacronismo del pensiero degli eretici e umanisti rappresentano i tratti fondamentali che segnalano, per Cantimori, la specificità del pensiero dell'Umanesimo. Riguardo a questo, i due studiosi superano, tuttavia, la periodizzazione storiografica tradizionale burckhardtiana. Nel dissolvere e ricomporre la categoria di Rinascimento, essi individuano in un altro concetto, e cioè nell,Umanesimo, nel concreto lavoro filologico e nella discussione civile e religiosa, il carattere innovativo e moderno delrepoca rinascimentale, dilatando, allo stesso tempo, la periodizzazione storica dell'Umanesimo fino a comprendere età successive - come nel saggio di Cantimori sulla periodizzazione del Rinascimento 1-c 6 e in quello di Kaegi sulla continuità umanistica nelrepoca confessionale 14;. Tale interpretazione delle categorie e periodizzazioni storiografiche tradizionali si inserisce e si nutre negli anni Trenta e poi Quaranta del filone di studi che annovera ropera dei maggiori storiografi, che, pur divergendo sulle prospettive storiografiche, rivedono le categorie della scienza storica: Benedetto Croce, Lucien Febvrc, Stasnislaw Kot, Karl Voelker, Hans Kohler, Hans Baron, Paolo Negri, Carlo Morandi, Roland Bainton, Henri Rénaudet, Jan Romein, Ernesto Sestan, Paul Oskar Kristeller e, infine, Arnaldo Momigliano, Antonio Gramsci,
Delio Cm1timori, p. 79; infra, p. 66. '~ la periodiw1zio11c ,Ml'ctcì ciel Rimucime11to 11dla storia d'Italia e in quel/,, ,l'Europ,1, in Rdazioni del 10° congresso interna,,jonale di scienze storiche (Roma, 4-11 settt.•mbre 1955), IV: Storia m0 Infra, p. 212. In una lettera successiva, del 5 luglio 1958, C.·mtimori, nel consigliare studi recenti a Kaegi sull'Umanesimo, dichiara espressamente la sua stima nei confronti di Eugenio Garin e C..arlo Dionisotti, mentre, pur apprez7-ando gli studi di Oskar Kristeller, lo definisce in contrapposizione ai primi come uanticampana ... ~ da sottolineare che la storiografia di Kristellcr \'iene definita «disgregatrice» dell'idea di Umanesimo, e che Cantimori, al contrario LI
Il saggio di Cantimori, infatti, propone una periodizzazione lunga - «in letteratura da Petrarca a Goethe [... ) nella storia politica dalla morte delrimperatore Carlo IV alla rivoluzione f rancese» 1 s7 - individuando nella «continuità di tradizione umanistica» 1ss, nel «valore della vita pratica» 1 s9 e, insieme, nel fermento di riforma religiosa, i tratti fondamentali delrepoca umanistica. Soprattutto per quanto concerne la trasmissione dell,eredità umanista in età successive, Cantimori trae spunto dal saggio Humanistisclie Kontinuitiit im konfessionellen Zeitalter 16o di Kaegi, che dimostrava il perdurare dei temi e delle attività degli studi umanistici in «epoca confessionale», e cioè dopo J>adesione di Basilea alla Riforma, grazie al continuo contatto della cultura basileese con i centri umanisti italiani, tramite la stampa, i viaggi e la continuazione delle opere di memoria storica. A tale proposito, Kaegi arrivava a relativizzare le periodizzazioni storiografiche, scrivendo che: «tanti concetti conclusi di epoche storiche si dimostrano ad uno sguardo più ravvicinato come pelli di camaleonte, che si indossano e si sfilano dalresistenza umana, senza cambiare rorganismo interno» 161 • L,Umanesimo veniva colto, pertanto, in senso globale, nei rapporti di scambio fra culture e non solo alrinterno delle unità territoriali, e, inoltre, doveva rimanere una categoria pii1 ampia, non ritagliata su mùpoca storica. Infatti, rispondendo alrinvio del saggio di Cantimori sulla periodizzazione, Kaegi scriveva: «in fondo [rUmanesimo) non può rimanere soltanto concetto cronologico ma deve essere ideale così che il fenomeno italiano non perda il contatto con quello francese e tedesco, anche se questi ultimi lo seguono a distanza di un secolo ognuno» 162• VUmanesimo assume nelle opere successive un valore ancor più ampio, etico-politico e 'ideale\ in reazione alraffermarsi delle interpretazioni di Oskar Kristeller, che dissolvevano ridca deirUmanesimo filosofico, e in concomitanza con la pubblicazione delle opere
di Kristeller e riferendosi soprattutto a Garin, mantiene l'ispirazione religiosa come fulcro dell'idea umanista e, infine, coglie la specificità e l'unità dell'Umant.-simo. •s 7 CANTI MORI, La pcrio,lizzazio11c clcll'etti ciel Ri11ascime11to, p. 361. ,ss lbi,I.,
•s9 lbid., •N 161
6 ' l
p. 360. p. 361.
In Historischc Afc,lit11tio11cm, lii, pp. 137 sgg. KAEGI, H1m1a11istiscl1t: Ko11ti1111itiit, p. 144. Kaegi a C...antimori, 8 gennaio 1955: \'d. i1,jr,1, p. 217. LII
di Gramsci, di Garin, e della scuola delle A1111a/es, di cui le lettere danno ampio resoconto. L'articolo di Cantimori del 1956, sul Valore deWUmanesimo, che nel ricordo di Vivanti rappresentava per lo stesso Cantimori una presa di posizione coraggiosa e netta sulla questione delrUmanesimo 16), ispira, a sua volta, il successivo saggio di Kaegi Hwnanismus der Gegemvart•6.f. Scritto subito dopo le rivelazioni del XX congresso del PCUS, il primo assume una particolare importanza nell'esperienza politica e di riflessione etica di Cantimori' 65 : esso sviluppa fino in fondo la linea che fa delr«Umanesimo» un movimento metastorico e ideale. L,Umanesimo è qui connotato come un movimento storico di carattere intellettuale e, allo stesso tempo, civile e politico, che adopera il metodo filologico e critico in modo consapevole e cosciente e usa come lingua il latino, «per essere in grado di intendere la verità storica, letteraria, filosofica, sociale, anche teologica, non mediante la speculazione, ma mediante la critica degli antichi testi» 166• In questa accezione, che interpreta in modo ampio le concezioni di Umanesimo civile di Baron 167 e poi di Garin 168, rumanesimo può «vivere» ancora oggi e assumere un grande valore politico e morale: esso insegna e richiede rimpegno per la ricerca filologica e ranalisi critica in tutti i campi delrattività umana e, insieme, la «cautela» nell'investigare e nel presentare i dati in modo impaniale169 • La «ricerca del vero criticamente accertato» implica la coscienza del limite della ricerca e si apre a una responsabilità - quella del ricerca-
16 -'
C. V1\'ANTI, bitonro a Ummu.'$imo e Riforme,, «Studi storici•, 34/4, pp. 787-98:
794.
In Historisclze Mt·clitatio11m, lii, pp. 237 sgg. Riguardo a questo articolo e in consider.izione delle discussioni scatenate dal XX congresso e dai ripensamenti, Cantimori scrive a Manacorda, rivendicando le matrici della sua riflessione, che è forgiata anche su autori marxisti. «Vorrei sapere - obietta Cantimori - perché uno dovrebbe wrgognarsi dei propri Vl-Cchi, special• mente quando si chiamano De Sanctis, Labriola, Croce, Gmmsci, con Marx e Lenin, per (me) specialmente Marx, strettamente uniti .. (lettem di Cantimori a Manacorda del 24 luglio 1956, in VITTORIA, li PCI, p. 813). •~ CA:-.,1.MORI, li vc,/ore dell'Um,mesimo, p. 379. 16 ~ H. BARO:S, Le, ri11ascilcl cldl'etica stat,,lt rom,ma 11ell'Umm1esimo fiorentino del Quattrocmto, «Civiltà modl-rna .., 7, 193 5, pp. 21 ·49• ,w E. GARIN, L'Um,mesimo italimzo. Filosofia e vit,, ch•i/e nel Rimiscimeuto, B.1ri 1958 (Bttn 1947). ,e-, CA:-.,1:.10R1, li vc,/ore dell'Ummzt•simo, p. 38o. •N
16
s
LIII
tore-cittadino - che è allo stesso tempo politica e intellettuale: quella di «far valere questo metodo e questo criterio come principio fondamentale delle attività culturali in ogni loro aspetto, anche se apparentemente dannoso a questo o a quello degli dei: consapevolezza del valore e della necessità delrattività intellettuale disinteressata anche se impegnata»';o. Cantimori, divergendo profondamente dalrinterpretazione di Kristeller, traduce rumanesimo in un metodo che garantisce reticità della scienza e la professionalità e, insieme, sbocca nelrattività intellettuale e, indirettamente, nella politica. Lo storico italiano non intende, tuttavia, congiungere tale metodo, valido in ogni momento e per uomini di studio, nella presa di posizione per un partito politico: },impegno etico-politico consiste per Io studioso nella cura per r«indipendenza critica, senso dei valori umani, capacità di giudizio e orientamento, possibilità di lavoro intellettuale libero disinteressato» 171 • Tale saggio, prontamente spedito da Cantimori a Kaegi, precede di poco Humanismus der Gegemvart, in cui si argomenta, in modo diverso, la stessa necessità di preservare l'ideale deirUmanesimo nella cultura contemporanea. Rintracciando rumanesimo neWesperienza storica della resistenza al nazionalsocialismo, nella religiosità intesa come battaglia per la pace e per i valori e nella concreta esperienza degli studi umanistici, Kaegi afferma la centralità dalresperienza storica e dalla cultura storiografica umanistica europea. Solo a partire dal riconoscimento del primato delrUmanesimo in Europa è possibile giungere affUmanesimo universale e pertanto al riconoscimento di altri popoli. Il sapere storiografico, lo studio della storia e della cultura sono per Kaegi quei tratti distintivi che rendono rEuropa aperta al dialogo con le altre culture e permettono di tradurre un movimento storicamente determinato, e cioè i-umanesimo inteso come insieme di studi eruditi, in un valore di vita, in un metodo universale di dialogo e rispetto. Dai suoi primi saggi suirUmanesimom, Kaegi pone la memoria storica come condizione necessaria per conservare e rendere viva la cultura europea, restaurando la «continuità umanista» di ieri e oggi, al di là delle rigide classificazioni storiografiche. L,Umanesimo, pertanto, sembra assumere un doppio significato per i due storici: è un periodo storico, la cui congruenza viene messa in discussione in sede di ricerca, e costituisce, insieme, un valore metastorico. L1 «dissociazione» fra rumanesimo storico e quello storiografico
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171
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lbid.. p. 38 l. Ibicl., p. 387. Cfr. C/,ro11ic,1 mrmdi (1954), ora in flistorisdrt Mt•,lilc1tio11t11, lii, pp. 81 ~-
descritta da Michele Cilibcrto diventa sempre più evidente nei saggi e nelle lettere di Cantimori e Kaegi a partire dagli anni Cinquantaan. I due autori testimoniano l'insofferen1.a alla società e politica moderne in diverse lettere, e la denuncia della «crisi del mondo da cui erano derivate», e cioè della tradizione europeo-occidentale. VUmanesimo storiografico, la salvaguardia dell,eredità storico-letteraria che esalta l'Umanesimo come il fulcro delresperienza occidentale, esemplificata nelrinterpretazione burckhardtiana di storia europea, deve sopravvivere, per entrambi, alla scomposizione critica delrunità e coerenza dell,idea di Umanesimo storico. Kaegi e Cantimori colgono la duplicità del concetto di Umanesimo e sottolineano la sua frammentarietà, le discontinuità storiche, le riemersioni e le apparenti crisi della tradizione umanistica, insieme con la sostanziale sopravvivenza del suo valore e dei suoi motivi ideali. Entrambi testimoniano, al contempo, la precarietà di quei valori occidentali, che avrebbero rappresentato reredità dell,Umanesimo civile: la guerra, il materialismo, i conflitti politici ideologici e l'abbandono della cultura accademica classica - degli st11dia Jmmanitatis - per il sapere tecnico. In questo spirito, Kaegi si pone la questione delle continuità tra l'Umanesimo e la nostra civiltà come atto volontaristico, come scelta di «mantenere come fulcro della società occidentale» l'antico concetto di Umanesimo, preservando, cioè, il «collegamento con le origini», con lo studio e la ricerca storiografici 17". :È significativo che entrambi non citino raccezione dell,U manesimo di Rodolfo Mondolfo 175 o di Erich Fromm 176, molto diffuse nella cultura novecentesca, ma si ancorino alla storiografia europea: Benedetto Croce e soprattutto Jacob Burckhardt. A Benedetto Croce Cantimori ritorna in un saggio scritto poco prima di morire, come modello intellettuale, etico e storico. Per aver difeso la separazione fra res gestae e historia rerum gestarnm, che è garanzia della ricerca libera, Croce incarna l,ideale dell,cducatore, che interviene «per guidare e correggere» con ironia e distacco dalle «mode» culturali e politiche del tempo 177• Il lavoro di critica, di continua contestualizzazione, storiciz1.azione delle teorie e
Figure i,r cl1i11rosc11ro, pp. 169 sgg. Hrmumismu.< der Gegemvart, p. 254. 17 s Ummrt>simo di M,,rx. Studi filosofici 1908-1966, introduzione di N. Bobbio, Torino 1968 (Biblioteca di cultura filosofica, 30). •;'(o Socialist Hrmrauism: ,m itr1er11atio11al symposirm,, oo. b)' E. Fromm, New York ''·' C1uoERTO,
174
KAF.GI,
1965. CA:-.'TIMORI, Storici e storia, p. 402, ma vd. anche C. D10N1son1, llltrod11zio11e, in Geografia e storia della letteratum italimui (1967), Torino 1999. 177
L\'
degli avvenimenti, rappresenta l'origine degli interessi storiografici crociani, il motivo primario della sua storia della storiografia e, infine, il valore della sua opera e, in genere, dell'opera che lo storico deve lasciare alle generazioni successive. L,analisi crociana fornisce al lettore - specializzato o no - gli strumenti necessari per giungere a un giudizio e un, esposizione «ben informati e autonomi, liberi, cioè, da ripetizioni e ossequi a metafisiche e mitologie derivanti non dalla tecnica e dalle esperienze, ma da principi filosofici e scolastici» 178• Per tale ragione Croce si incontra, in quanto promotore del lavoro critico, con gli umanisti, descritti da Cantimori fin dalle sue opere giovanili, ma anche con Gramsci e con Togliatti, lontano da loro da un punto di vista ideologico, ma vicino per la «consapevole-zza critica analoga a quella del filologo e del paleografo, attenti a tutte le circostanze delle trasmissioni dei loro testi [... ] - perché diffidenti innanzitutto di se stessi, cioè della tendenza istintiva a illudersi di aver raggiunto [... ) la cognizione definitiva e ferma, statica, di quel che è movimento» 179• Inoltre Cantimori dimostra nelle lettere e nelle opere come Kaegi recuperi un significato dell'insegnamento di Burckhardt che eccede la sua storia biografica: quello della profonda religiosità umanistica del grande storico svizzero, che spiega e anima la «contemplazione storicistica» e la «seminagione di Dio nell'arte e nella natura» 180• Secondo Cantimori l'Umanesimo di Burckhardt è, allora, J>esempio di quella storia che arriva fino a noi, che ha i suoi effetti e può aver valore oggi: esso s'identifica con gli studi storiografici e ispira l'opera e l'attività del biografo di Burckhardt, Werner Kaegi. La storiografia a cui si riferisce Cantimori come modello ideale è quella di Jacob Burckhardt, di Gaetano Salvemini e di Wemer Kaegi. Burckhardt e Kaegi rappresentano entrambi, in epoche diverse, e legati insieme dalla comune ricerca storica e dalla biografia che Kaegi scrive, quel modo di lavorare che garantisce la serietà scientifica e l'indipendenza, la «purezza del conoscere - tanto più seria, quanto più fragile» 1~ 1 • PATRICIA CHIANTERA-STUTrE
1 1 :
i:v allo> 1 1 ~
e stori,,. p. 407. lbid.• pp. 406-7. CANTIMORI, Storici e storia. pp. 325 /bici.• p. 143. CANTI MORI, Storici
~ 286.
l.\'I
Nota della curatrice Le lettere sono state mantenute nella loro forma originale; tuttavia sono stati corretti errori di grammatica che avrebbero reso la lettura meno fruibile. Le lettere in tedesco sono state tradotte e riportate insieme alla loro versione originale. Le biografie dei personaggi minori e meno noti, soprattutto non italiani e non facilmente individuabili dal lettore, sono state brevemente accennate nelle note. Le lettere non datate sono state poste nella cronologia delrepistolario, giustificando in nota la loro presumibile collocazione cronologica. Senza la spinta e rentusiasmo di Tullio Gregory questo libro non sarebbe mai stato scritto. Ringrazio inoltre Michele Ciliberto per il suo prezioso supporto, Maria Vittoria Benclli e Luigi Masclla. Sono riconoscente a Georg Fumasoli, nipote di Wcrner Kaegi, e agli eredi di Werner Kaegi che mi hanno consentito di utilizzare il materiale di archivio. Ringrazio gli credi di Delio Cantimori per avermi dato il permesso per questa pubblicazione. Sono estremamente debitrice nei confronti del personale degli archivi della Sacher Stiftung e della Scuola Normale Superiore, in particolare del dottor Niklaus Rothlin, che mi ha consigliata e aiutata, e della dott.ssa Maddalena Taglioli. Devo alla mia famiglia la fora, renergia e rentusiasmo per vivere e lavorare.
LVII
CARTEGGIO 193~-1006
1. Delio Cantimori a Werner Kaegi 30 agosto 1935 !bigliettino)
Caro Professore, stamani ho dimenticato di nominarle il libro di A. Omodeo, «L'età del Risorgimento» (Principato, Messina), molto
buono e serio. Con rispettosi ossequi. Suo aff. mo D. Cantimori
2. Delio Cantimori a Werner Kaegi Roma (JstilUlo Italiano Studi Germanici ) Villa Sciarra sul Gianicolo P. 12.a Ara Caeli 12 (casa) S settembre 1935
Illustre Professore, mi permetto di inviarle alcuni titoli di libri sugli argomenti dei quali parlammo nella conversazione che Ella tanto gentilmente mi concedette a Basilea. Michele Rosi ha scritto un manuale di informazione sul Risorgimento, «Formazione dell,Italia contemporanea» (Roma 1929) che va dal 1700 al 1928; sul Risorgimento è poi in corso di edizione la importante opera della Spellanzon, «Storia del Risorgimento e dell'unità d'Italia» (Milano Rizzoli ed. in tre volumi, dei quali due sono apparsi; cf. la recensione dell'Omodeo sulla Critica [1935)). Sul Medioevo c"è: Nino Cortese, L'età medievale; Ciccotti Ettore, Il Medioevo: entrambi presso il Principato di Messina, il primo del 1930 il secondo del 1925; meglio a mio vedere il Ciccotti. Uno scritto vecchio ma importante è Giuseppe Ferrari, Histoire des révolutions d,Italie, Parigi, 1858. La «Storia d,Italia scritta da una società di professori» (Milano, Vallardi, 1879 segg.) è stata scritta due volte; ma spesso i volumi della prima edizione sono migliori di quelli della seconda. Ecco le indicazioni di alcuni: G. Romano, Dominazioni barbariche (395-1024); F. Lanzani Storia dei comuni dalle origini al 1313, Milano, 1882 (molto meglio del volume di F. Gianani, I comuni, che lo ha sostituito nella collezione); C. Cipolla, Storia delle signorie italiane dal 1913 al 1530 Milano, 1881, ottimo. Il titolo del libro dello Ottokar è «Il comune di Firenze alla fine del Medioevo» 1927 (Firenze, Sansoni).
3
Mi permetto di inviarle, assieme alla conferenza dello Huizinga, e ad un mio saggio scolastico sul Rinascimento', molto difettoso anche per colpa della redazione della rivista, che me lo fece ridurre di metà, il saggio del Cattaneo e quello dello Hartmann, che sono riuscito a trovare, e dei quali spero che EJla vorrà permettermi di farle omaggio, per ricordo della bella e lunga conversazione basileese. Ho cominciato a raccogliere materiale per il saggio su Erasmo 2 ; e mi pare che il problema mi si vada configurando con qualche chiarezza. Le chiedo scusa se Le scrivo, e così male, a macchina; ma se sono cattivo dattilografo, sono pessimo calligrafo, e spero perciò di essere più leggibile a questa maniera. Voglia considerarmi a Sua disposizione per quanto possa occorrerle, e accettare con le espressioni della mia amicizia, i miei più rispettosi ossequi. Suo Delio Cantimori
3. Werner Kaegi a Delio Cantimori 3 Hohcnweg
1,
Memmingcn presso Basilea, 23 settembre 1935
Liebcr Herr und Freund, ich erlaube mir diese vertrauliche Anrede, nicht nur weil ich durch lhre Worte und Biicher begliickt bin, sondern weil der mit Ihnen verbrachte Vormittag mir in kostlicher Erinnerung bleibt als eine iiberraschende und unverhoffte Begegnung mit einem Menschen aus ganz anderem Kreis, bei dem man soviel Ahnlichkeit der Gesichtspunkte und soviel gemeinsame Sorgen nicht vermutete. Nun empfangen Sie meinen herzlichsten Dank: fiir Ihre Freundschaft wie fiir lhre iiberreiche Sendung. Zugleich muss ich um Entschuldigung bitten, wenn ich Ihnen deutsch schreibe, aber ich weiB, daB Sie mich verstehen und
CAS1'1MORI, Sul/e, storie, ,id coucctto ,li Ri11c,scimc11to. Note su Er,ismo e le1 vite, momlc e religiosa 11el secolo XVI, in Ge,ic11kscl1rifl wm 400. 'J'od,-stage d,-s l:ms11111s i·o11 Rottcrtlt1111, hrsg. \'On der Historischen und Antiquarisch~1 Gcscllschafl zu Basd, Bascl 1936, pp. 98-112, ora in lo., Um,mC$imo e rcligio11e 11d Rimlgi si riferisca alla situazione politica, che nel 1935 era minacciosa per il contrasto fra le potenze europee. 6
nella seconda metà deWalfabeto, bisogna lavorare parecchio. Con molti saluti il Suo Werner Kaegi
5. Delio Cantimori a Werner Kaegi [bigliettino] Russi,
12 ottobre
1935
Un affettuoso saluto e ringraziamenti dal villaggio natale Suo Delio Cantimori Emma C.
6. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basilea Mucnstcrplatz 4, 7 maggio 1936
Carissimo signore, è tanto tempo che sto senza notizie. M,immagino che è stato malato o forse in Abessinia, e se è vero, spero che sia ritornato sano e salvo. Mi permetto di scriverle oggi perché dovrei sapere se possiamo sperare ancora avere il Suo articolo per la «Erasmus-Gedankenschrift» sull,Erasmo in Italia. Le sarei grato di un piccolo cenno. Il volume «Walser» le è pervenuto bene? Mi scusi, se scrivo solamente queste poche parole. Sarei felicissimo di avere una buona Sua notizia. Resto con molti saluti, sempre il Suo Werner Kaegi
7
7. Delio Cantimori a Werner Kaegi Via N. Fabri1J 11 Roma, 10 maggio 1936
Carissimo professore ho ricevuto con lieta sorpresa la Sua lettera. lo Le ho scritto qualche volta, comunicandole anche il mio cambiamento d'indirizzo in seguito al mio matrimonio, nel Febbraio scorso, ma non ricevendo risposta attendevo per scriverle di nuovo di aver terminato una recensione al Suo saggio «Nationale und universale Denkformen im deutschen Humanismus des 16. Jahrhunderts» 7 che è stata runica cosa di Lei che ho potuto vedere, pur seguendo attentamente le bibliografie svizzere e tedesche - per quanto era possibile. Sono perciò lietissimo di scriverle. Sono stato anche malato, come Ella ha indovinato: non gravemente, ma a pii1 riprese e in modo da non poter lavorare (nevralgie). Ma qualcosa ho fatto, in genere, e in ispecie per Erasmo. Forse Le farà piacere sapere che ho riveduto e stilisticamente rifatto la traduzione de «L'autunno del medioevo» dello Huizinga. E che sto preparando per la collezione Sansoni una piccola scelta di Adagia erasmiani. Quanto al saggio erasmiano per la raccolta commemorativa erasmiana di Basilea, rho, come si dice, in canticre8• Si tratta non precisamente di «Erasmo in Italia», dove bisognerebbe ripetere gli studi del Nolhac9, ma di «Erasmo e i riformatori religiosi italiani»: comprendendo non solo Fausto Sozzini, ma anche il Curione, e il Contarini e il Sadoleto. Basterà se lo manderò fra due settimane? Spero di sì. Se devo mandarglielo prima, farò il mio possibile: non vorrei per nulla mancare. Non ho ricevuto mai il Walser, né una lettera o biglietto Suo che me ne indicasse l'avvenuta spedizione: speriamo che non sia andato perduto! Ad ogni modo La ringrazio vivamente per essersi preoccupato di farmelo mandare. Se mi potesse far sapere quando è avvenuta la spedizione, si potrebbe fare qualche ricerca. Ma forse le ricerche deve farle lo speditore.
' W. KAEGI, Natiom1/c rmd 1mivtrSl1lt D.:11kformc:11 im ,lcutsc/1e11 H1m1m1ismus ,Ics 16. Jc1l1rlwmlcrt$, •Dcursche Zeilschrift-, 49, 1936-37, pp. 87-99. 11 Il saggio è Note su Ert1smo e I,, vitti morale e religio5'l 11d secolo XVI, citato nella tener.i :2. 9 P. DE N01.11Ac, Erasme e,, Jltllie, Paris 1888. 8
Sa che alrlstituto di studi germanici abbiamo avuto una conferenza erasmiana di Karl Burckhardt? Io t>ho trovata molto brillante e bella, ma non so quanto fondata su studio diretto e su quante lunghe ricerche e su quale consuetudine con quel mondo. Attendo un Suo cenno riguardo al termine nel quale deve essere consegnato il mio lavoro italo-erasmiano, La ringrazio di nuovo e Le mando i miei più cordiali ossequi Suo Delio Cantimori PS. Le chiedo scusa se Le scrivo in italiano, non contraccambiando la cortesia di scrivere la sua lingua.
8. Werner Kaegi a Delio Cantimori B.1sil'--a, 16 maggio 1936
Carissimo Signore, la mia sorpresa a ricevere la Sua lettera non è stata né meno grande, né meno lieta della Sua. Sono felice di saperla in buona salute, tranquillo al lavoro. Le avevo scritto più volte, ma in tedesco. Mi scusi se Le scrivo nel mio italiano elementare e barbaro; ma forse è meglio così. Ho telefonato in questo momento all'editore del Walser. Pare che la spedizione del suo esemplare è stata dimenticata. Ma ora dovrebbe arrivare presto. Mi dispiace che ha aspettato tutto quel tempo. Le spedivo anche un esemplare del libro che traducevo in quei giorni della Sua visita a Basilea. Non posso mandarle la prima edizione. La seconda doveva essere stampata proprio negli ultimi giorni del semestre passato. Ero occupatissimo, mi sono sposato in quei giorni e poi ho fatto un viaggio in Ispagna. Così non ho trovato il tempo di correggere le bozze o di tradurre le aggiunte dell,autore alla nuova edizione. Troverà qualche frase che non è manco tedesca ma spero che siano poche e non del tutto incomprensibili. Ho ricevuto nell,autunno passato una Sua lettera ed una cartolina postale. Poi più nulla. La ringrazio dei Suoi gentili pensieri. E mi rallegro di sapere che il Suo saggio sull'Erasmo fa progressi. Avevamo fissato il 30 aprile come termine. Ma se nel corso di questo mese il manoscritto ci perviene non sarà pericolo. Più tardi diventerebbe difficile. Mi farebbe veramente piacere vedere la Sua scelta degli «Adagia». Sto facendo ora un seminario sugli «Antibarbari» di Erasmo. Un altro sul Gioberti. Del resto gli Adagia sono stati letti per tutto il seco9
lo decimottavo. Goethe ne ha preso il motto di «Aus Dichtung und Wahrheit» 10 e ha raccomandato la lettura degli Adagia ai suoi amici. Con grandissimo piacere ho letto che Cari Burckhardt ha parlato nel loro Istituto. Ho cercato di vederlo più volte a Ginevra. Ma è sempre in viaggio. Lo stimo soprattutto come uomo, la Sua conversazione è una delizia squisita. Certamente non è un erudito nel senso astratto della parola. Ma ne abbiamo parecchi; mentre un tipo come C. B. non esiste che una volta. Spero di leggere il Suo Erasmo e resto con i migliori auguri e saluti. Werner Kaegi Ps. Sarebbe possibile che avrei dimenticato di pregarla di voler mandarmi i conti dei bauli dei libri che mi ha mandato così gentilmente. Almeno una parte ne andava sul conto mio.
9. Delio Cantimori a Werner Kaegi Roma, via N. Fabri;,J 11, 19 maggio [sen;,.a anno ma presumibilmente del 1936)
Carissimo Professore, La ringrazio moltissimo della Sua gentile e cordiale lettera, e dello Huizinga 11 • L'ho letto in parte, e ho già una quantità di obiezioni: quando avrò finito gliele scriverò tutte! Mi viene sempre in mente lo Hutten contro Erasmo, quando leggo scritti di quel tipo. Eppure Erasmo non era, mi pare, né come Hutten, né come lo Huizinga lo vedono: era più mescolato alla vita e alle lotte del suo tempo. Lo Huizinga mi sembra tanto «intellettualistico»! Ma è un bel libro, e il Suo tedesco lo fa leggere con piacere: questo posso dire, anche se profano della lingua tedesca, nelle sue eleganze. Invece Lei padroneggia così bene quella italiana: e a me dispiace di non potere contraccambiarla scrivendo in tedesco. La scelta degli «Adagia» sarà una cosa poco «scientifica»: ma voglio
Aus mei11c.•m lebe11: Dicht1111g 1111d \Valirheit è l'autobiografia di Johan Wolfgang von Goethe, 3 Bde., Tiibingc.-n 1811-14. 11 J. Hu1z1NGA, lm Sc/111tte11 ,·011 Mor~rw:11, Bern 1935, tradotto da W. Kacgi. Cantimori ne scrive la recensione su ult.'nardo», 7, 1936, p. 383; ora in Io., Politict1 e storici co11tempormiea: scritti, l92i•J942, a cura di L. Mangoni, Torino 1991, p. 315. '
0
10
farne conoscere qualcuno (p. es. soprattutto «Scarabeus>>) al pubblico italiano, che non li conosce molto: anzi, molto poco. Per molto tempo, in Italia han circolato solo le edizioni parigina e quella giuntina, di Firenze, molto ridotte e anzi, malridotte! Appena uscirà, non dubiti che Gliela manderò! Ora sospendo tutto per dar termine all'«Erasmo e la cultura italiana»; vorrei che Ella mi avvertisse in tempo dell'estensione che deve avere all'incirca il saggio, e se deve essere in lingua tedesca o italiana. Ho dimenticato, purtroppo, le indicazioni che Ella mi diede a Basilea. L'assicuro che il mio lavoro giungerà entro il termine fissato, verso il ventisei o ventotto del mese: approfitto di alcuni giorni sul termine che Le avevo proposto io, spero non sarà nulla di male. La notizia del Suo matrimonio mi ha rallegrato. Gradirà i miei auguri, anche così in ritardo? Certo, fra i Suoi spostamenti e i miei, debbono essere andate perdute lettere Sue e mie - Non Le dispiacerà, nevvero, se mi pennetto di pregarla di accettare in segno d'amicizia quei libri? E si rivolgerà a me, quando non abbia altra fonte di informazione, o per qualche libro che non si trovi in commercio? Attendo le Sue indicazioni sull'estensione del lavoro e la lingua: poi mi permetterò di scriverle una lunga lettera con molte domande, se Ella avrà tempo. Coi migliori e più cordiali ossequi, Suo Delio Cantimori
10. Delio Cantimori a Werner Kaegi Roma, via N. Fabrizi 11, 28 maggio [senza anno ma presumibilmente del 1936)
Carissimo professore, Le ho spedito stamane, per raccomandata, il mio lavoretto su Erasmo e la vita morale e religiosa italiana nel 16° secolo. Spero che non uscirà dai limiti prefissi, e che non Le dispiacerà. Ho ricevuto il volume del Walser, e La ringrazio molto. Non vi sospettavo una così lunga e bella introduzione sua! Le chiedo scusa se non scrivo più a lungo per ora: ma a giorni mi permetterò di mandarle una lunga lettera, su molte cose. Coi più rispettosi e affe-lionati saluti Suo Delio Cantimori 11
11. Delio Cantimori a Werner Kaegi 19 giugno 1936
Carissimo Professore, Le chiedo scusa del ritardo col quale rispondo alle Sue ultime gentilissime, e all'inizio del Suo bell'articolo sul vecchio Ranke. Com'è differente il culto della gente colta per Lullo, che quello rappresentato dalla Sua cartolina! Non sapendo come ricambiare la Sua gentilezza nell'invio di quella cartolina, Le ho trascritto una piccola poesia - non mia! di un modesto poeta Ed. Camerana - che il Croce cita con lode. I grandi archi echeggianti del Kreuzgang e i ponti sonanti sono davvero una viva caratteristica di Basilea. Sono lieto che il saggio su Erasmo Le sia piaciuto. Ora sto finendo la prima parte del mio lavoro sugli eretici. Il mio ritardo è venuto dal fatto che ho pensato un po' allo Huizinga ultimo, sul quale Le avevo promesso le mie obiezioni. Esitavo a mandargliele, perché più ci pensavo, più il libro perdeva per me quel fascino che la eleganza della Sua lingua, che la finez1.a di molte osservazioni, la vivacità di molte altre, avevano avuto per me da principio. Ora mi fo coraggio e Le scrivo. Avrei varie osservazioni particolari: l'osservazione che il concetto di Rivoluzione implichi quello di «ein Heil auf Einmal und fiir immer» mi pare sbagliata, perché dalla Riv. Francese in poi quel concetto è pieno del senso del progresso infinito e continuo. Il mito forse è come presenta il concetto Huizinga: ma tutti i miti sono di questo genere! Così, non trovo giusta l'affermazione che nelle epoche passate delle grandi trasformazioni vi fossero, più forti o in maggior grado che oggi, «Hoffnung und Ideai»: a meno di non voler chiudere gli occhi di fronte alle idealità sociali, o di cambiar loro nome. Lo Huizinga parla a lungo del concetto di «Dienst»: ma se non è un simbolo letterario per quello di «Dovere», «Pflicht», non capisco veramente quel che voglia dire! Mai come quest'epoca tale concetto è stato forte, e mai come oggi, anzi, abusato, proprio da quelli che lo H. combatte. Non capisco poi la polemica contro il concetto di natura umana, diritti naturali, etc. O lo H. è dalla parte di coloro che negano il concetto dei diritti naturali, e allora non deve parlare più di libertà, se non come privilegio, falsandone cioè il valore; o è dall'altra parte, e allora non può coerentemente parlare del diritto naturale e della natura umana con quel pessimismo che è in sostan1.a logicamente proprio solo dei reazionari (come Carlo Schmitt: sa a proposito che lo Schmitt, 12
attaccato dallo Huizinga, provocò questi a pubblico contraddittorio, - a Leida, credo - e lo H. rifiutò?). Con una posizione così logicamente ambigua e assurda, lo H., nemico del diavolo e dell,acqua santa, finisce col contraddirsi e col dire cose stupefacenti, come quando afferma che la libertà oggi è limitata ai congressi dei matematici, alla spregiudicatezza scientifica, cioè, che è un,altra cosa: e così non ha contenuto. Non si può ammettere infatti che la «libertà» politica debba ridursi a un fatto meramente intellettuale. Questa critica mia è puramente logica, non politica! Quando H. dice «Il soggetto del pensiero naturalistico - delle scienze naturali - è ancora l,uomo, l'uomo senz,altro», quel «Mensch schlechthin» non è quello stesso che deve essere, secondo lo H. stesso, dominato e represso? «~ un artista che parla». Ella mi può rispondere, «e Lei me lo tratta da filosofo». In questo non saprei dar torto né a Lei, né allo H.: ma perché l'artista non si ferma, sul limitare delle questioni filosofiche e politiche. O forse Ella, dall'attica Basilea, mi dirà che non sa gustare Orazio chi vive nei tempi di Giovenale, e forse lo Huizinga può essere paragonato a Varrone, non certo a Orazio. Rileggevo poco tempo fa il Tocqueville sulla Democrazia in America: come ci perde l'elegante Huizinga al confronto. Egli è oraziano, erasmiano, ma non ha nulla di un Erasmo, di un Orazio. Ma dovevo mardarLe delle osservazioni critiche e invece Le spedisco una diatriba così settaria come potrebbe fare uno di coloro che vengono criticati dallo Huizinga! Forse nel frattempo Ella ha ricevuto una mia rassegna sui lavori riguardanti la Riforma in Italia. Ora mi permetto di inviarle una piccola recensione a un libro che lo Huizinga cita con lode: spero che non Le dispiacerà, e non deduca che ho troppo simpatia per il Dietrich! 11 Le chiedo di nuovo scusa per il ritardo con il quale Le ho scritto: non scusato neppure dalle osservazioni allo Huizinga, che si sono ridotte a ben poco - e La prego di volere accettare i miei migliori saluti e gli auguri per la prossima estate. Suo dev. mo aff. mo Delio Cantimori P.S. La prego di voler indirizzare all,Istituto Italiano di Studi Germanici, Villa Sciarra sul Gianicolo, Roma poesia: Basilea, dal tramonto imporporata o patria dell'Holbein, vecchia Basilea,
u D. CA~TIMORI, ree. a O. D1ETRICt1, Dit: pl1ilosopl1isd1cn Gr1111tll,1geu dt-s Natio11a/$ozit1/ism11s, Breslau 1935; T. Llrr, P/rilosop/rie umi Ztitgeisl, •Studi Gem1anici•, 1, 1935, pp..p8-22.
13
Forse il tuo cielo non vedrò mai più ... Addio!. .. Nel tedio della vita reale Mi apparirai, dal tuo Reno baciata, gotica larva, miraggio che fu. Ripenserò la buia cattedrale piena di tombe, e i grandi archi echeggianti. L'immane organo urlante ancora udrò Case fosche, aspre vie, ponti sonanti, spettri macabri, austera cattedrale. Addio!. .. Sono rombra che tra voi passò. (E. Camerana 1846-1905)
12. Werner Kaegi a Delio Cantimori 1 settembre 1936
Carissimo amico mi son permesso di mandarle il mio piccolo Michelet 13 in questi giorni, perché le dica quanto io spesso pensi a lei, quanto sento il mio torto di non averla ringraziata più tosto per la Sua gentilissima lettera del giugno e per la traduzione e l'invio dei versi del Camerana. Quanto a questi ultimi, li conservo con piacere fino al giorno che troverò il tempo di informarmi un po' sulla persona dell'autore e sull'occasione della poesia - e poi forse commetterò il tradimento di dclivrarla nella mani di un redattore che la ristamperà per l'edificazione domenicale dei nostri basileesi. Mi sono rallegrato vivamente di sentire che i suoi eretici sono in buon cammino. L'ultima notizia nel suo libro confennava quanto lei scriveva: era il Dott. Loewith che stava qui per qualche giorno. Ho letto con gran piacere il suo libro del Burckhardt 1" e sono contento che ha trovato l'editore che desiderava. Frattanto ho dato il mio tributo alla memorie di Erasmo facendo il viaggio a Rotterdam. Era interessantissimo di sentire le nove o dieci conferenze da autori così diversi. Parlava il Lindeboom, teologo di Groeningen, che conosce forse dal suo libro «Stiefkinder dcs Chri-
11 -
W. KAEGI, Mic/1elc:t rmd Deutscl,/aml, Basd 1936.
1
K. I..ow1T11, Jacob B11rck/1ardt, Dc:r Me11sc/1 i11mittc:11 dcr Gt:scl,icl,te, Luzem 1936.
•
14
stentums» 1 S, sulla memoria di Erasmo dopo la sua morte, Mansfield, l'americano molto male sugli Oxford Reformers, Regout, un gesuita da Nijmegen, sulle sue idee politiche, un altro ecclesiastico cattolico sulle idee pedagogiche, un bibliotecario olandese, Nordenbos sul patriottismo olandese di Erasmo. Questa era la prima giornata interrotta da un giro nel vapore nel porto di Rotterdam e finita con una processione con fiaccole e un canto be esse~i riferito in questo passaggio alla situazione difficile nell'Europa balc-Jnica, do,11ta alla guerra di Mussolini in Albania . •, A. V1scosT1, Sloria di MUmro, prefazione di G. Volpe, Milano 1937.
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Ci siamo rallegrati molto nell'ascoltare la relazione del Signor Gabetti e dispiaciuti della sua mancanza a marzo. In compenso è stato a Zurigo dai miei amki. Sembra che ci sia stato un malinteso per la relazione di Fritz Emst"'"'· Molto prima di Pasqua mi aveva spiegato diverse volte le sue preoccupazioni nel lasciare sola la famiglia in queste settimane tumultuose. Quando arrivò la sorpresa del venerdì santo, la preoccupazione per i suoi figli fu il motivo determinante che lo spinse a rinunciare al viaggio a Roma"'s. Immagini quale sarebbe la nostra situazione in caso di guerra. Spero proprio che il Signor Gabetti capisca questa situazione esclusivamente personale e familiare del mio amico. Sono debitore con il Signor Antoni di una lunga lettera e di un ringraziamento. Potrei pregarla di porgere un saluto a lui e in particolare al Signor Gabetti? Rinnovo i miei ringraziamenti di cuore e saluti speciali alla Sua stimata consorte sempre il Suo Wemer Kaegi
27. Delio Cantimori a Werner Kaegi Montecatini, 4 agosto 1940
Illustre e caro amico, quanto tempo è passato dall,ultima sua lettera, alla quale io, che gliene chiedo scusa, non risposi subito, perché tutto preso dal lavoro sugli eretici, che dovevo far uscire in tempo per poter partecipare al concorso che mi ha dato la cattedra di storia nell'università di Messina. Ricordo che dovevo parlare al Pro( Gabetti e spiegargli le ragioni per le quali Firtz Ernst non era potuto venire a Roma; questo lo feci; e certamente Lei avrà saputo che il Prof. Gabetti intendeva perfettamente le ragioni del Suo amico, e non se n'era per nulla avuto a male della mancata venuta dell'Ernst - benché tutti noi di Villa Sciarra (allora ero ancora anche come ufficio a Villa Sciarra,
° Fritz Ernst (1889-1958)era un caro amico dilunga data di Werner Kaegi. Era uno storico 1.urighcsc, insegnante di liceo e poi di Jetteratura comparata all'Uni\'ersità di Zurigo; editò Je opere di Goethe, di Ranke e di PcstaJozzi. Fu conosciuto in particolare per l'opera Die Sclm-eiz ,1ls gc:istigc: Mittlcri,r vo,r M11rt1lt bis /t1cob Burcklwrtlt: cfr. all(hc i11fra, nota 46. 0 Il 7 aprile 1939, Venerdì santo, Mussolini iniziò l'in\'asione dell'Albania. 35
ora vi sono solo come amico affezionato) fossimo spiacenti di non potere conoscere e salutare direttamente rautore di «Die Schweiz als geistige Mittlerin»" 6 (spero di non avere erroneamente citato). Il libro dello Emst t>ho portato io per primo a Villa Sciarra, nell'autunno del 1935; me lo aveva regalato il povero C Baglietto, ora scomparso, mandandomelo a Roma in un pacchetto che mi fu graditissima sorpresa: perché non avrei immaginato che il B. si interessasse di storia della cultura, e perché il libretto fu per me una gioiosissima sorpresa. Ora l'ho prestato ad Antoni che ancora non me lo vuol restituire. Da quando ricevetti la Sua lettera ho scritto e pubblicato il libro «Eretici italiani del Cinquecento», che Le ho inviato nell'autunno dell'anno passato: spero ora che, ritornando dal servizio miliare (come mi dice il nostro Dettwyler) lo troverà a Basilea. In seguito ho partecipato al concorso per rinsegnamento della storia nella facoltà di magistero (che in Italia sono equiparate alle facoltà tradizionali), ottenendo il secondo posto; e sono stato chiamato all'università di Messina, dove ho insegnato nell'anno scolastico 1939-40 e dove sto per ritornare. Spero che fra qualche tempo potrò avere una chiamata in qualche università la cui biblioteca sia più fornita di quella di Messina, rovinata e non più rimessa veramente a posto dopo il terremoto del 1908. Naturalmente, se non intervengono fatti nuovi (dico nuovi nella mia vita di individuo - i grandi fatti della vita delle nazioni e della storia sono al di sopra di tutti questi particolari). In questo primo anno d'insegnamento a Messina ho dovuto fare la spola fra Messina e Roma (dove continuo ad abitare al vecchio indirizzo) ogni settimana, perché ho conservato egualmente per tutto il 1939-40 l'incarico di storia del cristianesimo presso l'università di Roma. È stato un anno senza respiro: tre giorni a Roma, tre a Messina, due notti in treno ogni settimana: e due corsi, uno di quattro, uno di tre ore, da preparare. Ecco perché sono rimasto sempre silenzioso. Ma voglio dirle che non dimentico Lei e la Sua gentilezza verso di me. E che nel seguire come posso la storia che si svolge sotto i nostri occhi seguo - con il particolare interesse che deriva dal semestre di studio presso la Sua Università da me compiuto, e dalla consapevolezza dell'intrecciarsi di vita spirituale elvetica e italiana al tempo dei «miei» eretici, - anche le discussioni e le argomentazioni svizzere: mi sono abbonato alla Neue Sclnveizerische Rzmdschau per meglio seguir-
~ F. ERSST, Di,: Sclm~iz als gtiSlig,: Mitt/eri11 Ziirich 1932.
36
,-011
Muralt bis Jacob B11rckl1t1rdt,
le. Dettwyler mi ha fatto avere il grosso volume «Dal mito all,idea della Svizzera» 4i (non ricordo qui, in questo luogo di cura, il titolo preciso in tedesco) che leggo con un interesse un po, stranito. Posso chiederle anche il suo parere? Mi creda, con molti auguri per la Sua attività e rallegramenti per il Suo ritorno agli studi, e con un affe-.tionato saluto, il suo aff. mo Delio Canti mori
28. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basilea.
10
settembre
1940
Carissimo e venerato amico, ora che sono giunto fino alla pagina 270 del Suo libro, non posso continuare senza dire finalmente una parola a viva voce dopo averle indirizzato tanti pensieri in questi ultimi giorni - e non solo in questi. Quello che mi rattrista, leggendo il Suo magnifico libro, è il fatto che Lei è già dottore in Lettere e per questa ragione io non posso proporre alla nostra Facoltà di offrirle questo titolo honoris causa. Lo avrebbe meritato veramente. Dacché il nostro Thommen 48 ha scritto la storia della nostra università - or cinquanta anni fa - non è stato pubblicato un libro così bello e importante sulla storia di Basilea in quel periodo come il Suo. Mi permetta dunque di esprimerle tutta la gratitudine che Le dobbiamo tutti, almeno nel mio nome personale. Leggo con un interesse ancora più vivo perché sto scrivendo due piccoli lavori che hanno qualche parentela modesta col Suo soggetto grande. L'uno parla di «Basilea e l'Italia» da Ammiano Marcellino fino a Buckhardt, lavoro che spero presentarle un giorno anche in veste italiana; l'altro su Machiavelli a Basilea, una conferenza che devo fare al principio di quest'inverno nella nostra «Historische Gesellschaft»49 • Si tratta di persone che Le sono più familiari che a me, il Perna, il Tegli, poi di
; C. ENGLERT-FA \'E, \fom Mytlms zur Idee ,fu Scl,weiz: Lc:bmsfragm t'idgmossi• scl,er /:.xistc:11z, geisle$gc.-sd1ic/1tlic/1 dargestcllt, Zurich 1940. •~ R. T110MMEN, Gesd,ichte dcr U11iwrsitiit Bcisel, &sei 1889. 49 Confluirà poi in Historisd,c Mc.•,lilcltio11t11, I. pp. 119-81. 4
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una generazione più giovane, lo Stupanus, uno svizzero che traduce i «discorsi intorno al 1580» e il H.C. Wieland, che pubblica il primo scritto di Machiavelli in tedesco l,arte della guerra come il Tegli aveva fatto la prima traduzione latina del Principe in tutta rEuropa. È un bel caso dove si vede come i nostri hanno continuato impulsi dati dagli esuli delle prime generazioni intorno al 1560. Spero che tra non molto tempo uno studente si occupi anche della traduzione tedesca di uno scritto di Dante, la Monarchia che vede la luce in tedesco a Basilea nel 1559s0 • Non vedo ancora chi abbia potuto dare rimpulso, forse il Curione, forse r Alciati a Montpellier. Non so neanche se ci sono relazioni fra quelr Alciati del quale parla Lei e il maestro di Montpellier, professore di Bonifazio Amerbach e di tanti altri Basileesi. Quanto al presente nostro anno 1940, non è riuscito abbastanza idilliaco perché io sia potuto venire a vederla a Roma o a Messina. I tre mesi che ho passato in servizio sono stati per me un ritorno graditissimo a una gioventù ormai lontana. Ma credo di riprendere di nuovo la vita civile, con molta pena. Credevo di averle mandato la mia conferenza sulla «Rheingrenze» 5', forse sbaglio e la mando un,altra volta. Ma se legge la «Neue Schweizerische Rundschau» lo avrà già visto. Ho copiato per Fritz Ernst il passaggio della Sua lettera che si riferisce a lui e spero che Le scriverà. Il libro del quale parla «Dal mito alridea della Svizzera» non lo conosco che dalle vetrine. Spero che non abbia perduto troppo tempos:. Io non avei mai il coraggio di prenderlo nelle mani. Forse sbaglio. Ho letto invece qualche mese fa il grosso volume di Corrado Barbagallo sul rinascimento nella storia universale con grandissimo piacereu. Non conoscevo l,autore ma penso di non dimenticarlo. Mi pare che ci sia più sostanza in questo storia universale che per esempio nella storia d,Italia del Salvatorelli. Ma non conosco ancora abbastanza la sua Italia Medievale. La leggerò nei prossimi giorni e spero dire una parole di queste opere nella NSRs◄, dove vorrei dire anche una parola di ringraziamento all'indirizzo Suo. Come vorrei rivedere la villa Sciarra e chiacchierare con lei la Sua moglie di mille cose! La saluto con cordiale affetto. Le mando i miei complimenti per la Sua genti-
so s, si H H
DANTE. \f011 clcr Mo11ard1cy. deutsch von B.J. Heroldt, &sci 1559. Confluirà in Historisc/r,: Metlitatio11et1, I. pp. 41-76. Vd. supra. p. 37. C. BARBAGALLO. Storici rmfrersalc, 5 \'Oli •• Torino 1931-38. La n.-censione uscì in «Neue Schwc:i1.crische Rundschau». maggio 1941.
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lissima signora, la prego di salutare i professori Gabelli e Antoni e di pensare a me, al mio ritorno a Roma, se salirà la prossima volta dalla piazza di Spagna alla Trinità dei Monti. Suissimo [sic] Kaegi
29. Werner Kaegi a Delio Cantimori [cartolina postale] Basil~-a.
19
febbraio
1941
Carissimo amico, molte grazie per i Suoi ultimi lavori e congratulazioni sincere per la illustre cattedra Pisana! Abbiamo parlato del Suo libro con Gabetti che era qui qualche settimana fa e ne è nata l'idea di una traduzione. Ho fatto la proposta al nostro migliore editore a Basilea, a Schwabe; egli sarebbe disposto a stampare, come Dettwyler sarebbe disposto a fare il suo meglio per tradurre. Cosa ne dice Lei? Non ci manca che il Suo consenso e quello dell'Editore Sansoni. Scusi se mi servo di questa misera cartolina per una cosa così seria. Ma penso che andrà più presto. Lato finanziamento. Piuttosto modestissimo. Cercherò di trovare condizioni pii• o meno degne per il traduttore. Coi migliori auguri e saluti sempre il Suo Kaegi
30. Delio Cantimori a Werner Kaegi [cartolina] Roma,
22
febbraio
1941
Carissimo amico, grazie, grazie! Sono gratissimo e lietissimo della Sua così gentile e cara idea, e dell,interesse che ha saputo destare nell'editore per il mio lavoro. Io dò senz'altro il mio consenso. Scrivo a Sansoni affinché dia il suo. Appena avrò la risposta. Le risponderò, cioè Le scriverò di nuovo, rispondendo anche alla Sua lunga lettera. Intanto La ringrazio di nuovo e ringrazio anche il bravo e coraggioso Dettwyler. Mi creda il Suo D. Cantimori
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31. Delio Cantimori a Werner Kaegi [cartolina] Pisa SNS, 26 febbraio 1941
Caro Kaegi, Le chiedo scusa se scrivo anche questa seconda volta una cartolina; ma vale la ragione della rapidità. D'accordo con Federico Chabod, direttore della collezione nella quale è uscito il mio libro, e con l'editore Federico Gentile (Casa editrice Sansoni) Le rispondo (anche per la casa Benno Schwabe): io come autore rinuncio volentieri a ogni compenso: è un tale piacere per me, e un tale onore, esser «pubblicato» a Basilea, e dalla umanistica casa Schwabe, che non c'è bisogno d'altro! L'editore non può rinunciare ai suoi diritti, per ragione di principio; ma si accontenterà d'una somma minima. Così mi ha promesso: vorrebbe una lettera di Schwabe per sé. Io La ringrazio di nuovo e la saluto anche da parte di mia moglie, con vivissimo affetto il Suo Delio Cantimori.
32. Delio Cantimori a Werner Kaegi Pisa, 23 aprile 1941
Illustre e carissimo amico, l'arrivo della Neue Schweizerische Rundschau di apriless, con il bellissimo saggio sulle Weltgeschichtliche Betrachtungen del Burckhardt, mi ha rammentato il mio debito epistolare. E cerco di assolverlo. Le molte occupazioni e il fastidio del soggiorno alternativamente romano e pisano mi valgano da scusa! Intanto, rinnovo i miei ringraziamenti per l'offerta della traduzione del mio lavoro in tedesco, ricevetti, poco tempo dopo la sua cartolina, una lettera di Dettwyler che parlava anche della questione dei diritti di autore e di editore. Gli risposi specificando che io rinunciavo ad ogni pretesa; e che l'editore avrebbe chiesto una somma minima, per salvare il principio. E mi consta che così ha scritto l'editore Sansoni. Ma io debbo ringraziarLa di nuovo in modo speciale per il suo inte-
ss W. KAEGI, J11cob B11rck/1artlt's \\'eltgc.'$C/1ic/1tlic/1e Bctmcht1111ge11, «Neue S., Com~rsazio11i critid,e, IV, Bari 1952•, pp. 126-9. 103
Paralipomeni. Le notizie che me ne aveva dato erano così «ghiotte»! E le pagine sul Picchioni del Suo primo volume mi fanno desiderare le altre notizie; come desidero molto i disegni pisani del Burckhardt! La ringrazio molto deirEranos Jahrbuch con la Sua conferenza, e del lavoro su Iselin: J>illuminismo svizzero e specie basileese, mi ha sempre interessato, da quando lessi il lavoro di Hans BohP i, ora J>interesse è risvegliato dal Suo libro burckhardtinano e basileese; cercherò di farne una recensione, del libro delrlnhof, o per Società, o per la Rivista storica o per gli Annali della Scuola Normale. Ma mi ci vorrà un po' di tempo. Pensi che la smania del 1848 in Europa ha preso anche me: devo fare una conferenza sul 1848 in Europa per le commemorazioni che si faranno a Firenze, e, soprattutto, una relazione all'accademia dei Lincei, sulla questione sociale nel 1848 in Europa'°'"- Pensi che la relazione verrà stampata, distribuita agli accademici lincei, e poi dopo due mesi io mi presenterò, assieme al Barbagallo il quale riferisce - indipendentemente - sullo stesso argomento, di fronte agli accademici stessi - il presidente dell'accademica è Benedetto Croce! -, i quali mi potranno fare le obie-lioni che vorranno ... Tremo fin d'ora, al pensiero di quello che mi succederà: ma dopo molte esitazioni ho accettato; pensi che è stato invitato il Namier, e altri: era «dovere» non tirarsi indietro. Ma è tutto lavoro in più. La ringrazio ancora, a nome di tutti quelli che stanno alla Scuola Normale per studiare, dell,invio dei Beitriige. Dovrebbero aver risposto, ringraziando, tanto Luigi Russo che il bibliotecario della Scuola. Le bugie di Pallenberg e del Mettler di anno scorso hanno avuto un effetto ritardato, forse per opera di altri, su L. Russo; per me è una fortuna, perché forse ciò mi servirà per passare dalla Scuola alla Facoltà, ma di lì forse a qualche lavoro di pura ricerca; intanto sto a Pisa molto meno a lungo dell'anno scorso: e a Roma, tutto sommato, si sta meglio. Quello che mi scrive di Friburgo e della Germania mi rattrista molto. Conosco il Ritter, non il Rahm. Ho letto una lettere di Meinecke a un erudito, un monsignore (Giuseppe De Luca), che gli aveva fatto mandare un pacco; mi ha commosso molto. 0
Probabilmente H. B0111, Die religiose,, Gnmcllcig,·11 der A11jkliir1111g. Zurich 1933. Cantimori scrisse due saggi sul 1848: il già citato 1848 eu /tc,lie, e Realtà storica e utopia 11c/ 1848 europeo, in// 1S.,8-i849. Co11ferenze fton:11ti11c. a cura di C. Barbagallo et al., Firenze 1950, pp. 157-74. 1 "~
iM
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Un,altra cosa che mi ha commosso è stata la storia della collaborazione del Brachmann agli «studi gregoriani» - «per la storia di Gregorio VII e della riforma gregoriana, raccolti da G.B. Bonino (che è uno scriptor della Vaticana, monsignore, salesiano), Abbazia di San Paolo di Roma, 1947, due volumi di pp. 544, 536 -: il Brachmann ha mandato un bel saggio (Gregor VII und di wirkliche Reformbewegung in Deutschland}; ma seni.a note, poiché la sorte lo ha condotto ora a vivere lavorando manualmente, e lo tiene lontano da ogni biblioteca e dai libri (avrei voluto mandarle una raccolta del Mons. Bonino: ma purtroppo non sono in grado). (Devo limitarmi a mandarle i-indirizzo della rivista Benedectina, Via Ostiense, Roma: è l'editrice) (Ci sono studi del Fliche, del Kuttner, del Pelzer, dello Schwamm). Se il libro del Pepe che Lei cerca è il «Medioevo barbarico», La prego di dirmelo. Questo posso procurarglielo, dati i rapporti che ho con la casa; e sarà omaggio che Le faremo ben volentieri! Sta per uscire il secondo volume delle opere di Gramsci, dove ci sono cose molto interessanti e importanti anche, credo, su Croce, e su ... Bucharin! Ha scritto nove volumi, in carcere. Speriamo che chi è incaricato si decida a farli uscire presto! Da quando ebbi la Sua lettera, non ho più visto né Russi, né Russo, né Luporini; né c'è stata corrispondenza. Saranno molto contenti del Suo buon ricordo! Mia moglie si unisce a me nel mandarle, insieme al «buone fatte feste>>, come dicono a Napoli, quando fanno i loro auguri in ritardo, un affettuoso saluto, anche per la Signora. E grazie ancora! Tuissimo Delio Cantimori.
90. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basilea, 17 gennaio 48
Carissimo amico, ho vergogna se penso che la mia ultima lettera era probabilmente ancora dell'anno passato. Eppure ho ricevuto bene le Sue due lettere per Natale e del gennaio. Ma aspettavo sempre la lista delle note che debbono essere controllate e le ricevo soltanto ieri. Il Luechsinger, uno dei migliori studenti, che ho mai avuti, stava per finire la sua propria tesi sull'influsso dei libri italiani nella vita e attività degli editori 105
basileese fra 1492-1536 109 e così il suo lavoro di controllo per le nostre note avanzava lentamente. Ma ieri mi ha portato una prima parte, la terza del tutto. Gli altri due terzi debbono arrivare forse prima di Pasqua, in ogni modo nel corso di queste vacanze. Luechsinger ha sottolineato in rosso tutto quello che lui non poteva controllare. Se si mette al lavoro lei, forse avrebbe la volontà di controllare tutte le citazioni di una certa opera, per tutto il suo libro, vuol dire anche in quei due te,li delle note, che non Le ho ancora mandati. Cosi sarebbe più facile. Mi dispiace che la scarsità dei libri, sui quali disponiamo qui nella biblioteca, non ci abbia permesso di fare tutto il lavoro qui. Per quello che il Lucchsinger ha fatto, posso quasi garantire; non è indicato nelle bozze ma sarà corretto direttamente. Quello che ho controllato e corretto io, non è importante (sbagli nel testo). Credo che non è necessario di sottometterle tutte le correzioni già ora, forse sarebbe meglio, se volesse aspettare il risultato che vedrà nelle bozze seconde. Il nostro inverno è passato abbastanza bene. Mia moglie non ha avuto crisi forti, continua a fare la sua consultazione. Il mio Burckhardt fa certi progressi piuttosto lenti. Ma la gioia di lavorare è grande, ogni volta che posso farlo un po, di continuo. Ho ricevuto l'invitazione onorevole di partecipare ai convegni deWottobre prossimo, organizzati dall'Accademia dei Lincei cd ho accettato di parlare su «libertà e democrazia nel pensiero di alcuni storici intorno al 1848» 110, penso al Burckhardt, al Ranke, al Michelet. Penso soprattutto al viaggio e al rincontro con lei, con sua moglie e con tanti uomini amici e simpatici. Mi dica un pd: io devo mandare il manoscritto per il 30 giugno. Sarà stampato per l'autunno. Che cosa avrò da fare allora a Roma? Niente conferenza orale? E come le cose sono pensate? Quale lunghezza dovrebbe avere la relazione? Manderò il manoscritto in tedesco, penso. O dovrei tradurlo già per giugno? Forse sarebbe meglio. Per il momento, ho «vacanze». Ma le sedute e gli esami continuano. Ed ho da vuotare la casa del mio zio il professor Wemle, morto già nel 39, ma la sua vedova, mia vera zia, ha vissuto fino ai primi giorni del mese passato. Questo mestiere di esecutore di testamento non è facile per me. Sarò felice se tutto sarà passato. Mi dispiace che lei abbia avuto la noia di scrivere una recensione
Poi pubblicata in F. Luc11s1N> e altre cose del genere (non siamo riusciti ad avere a Pisa, Ernesto Sestan, che Lei ha conosciuto; né Gabriele Pepe, che insieme a Sestan ha vinto l'ultimo concorso di Storia medievale e moderna; è venuto invece uno studioso di scuola antica, molto valente, Bertolini; anch'io ho collaborato alla chiamata di questo, dopo il fallimento (piuttosto complicato) della chiamata di Sestan; Gabriele Pepe è andato a Bari; Sestan è andato a Cagliari, ma l'anno prossimo verrà alla Scuola e prenderà il posto che io ho lasciato). Tutto questo mi ha tenuto lontano dai problemi che più direttamente mi interessano, e mi ha impedito di mantenere la mia promessa quanto alla spedizione della introduzione ... Si aggiunga che la cura medica per il fegato e per i denti mi ha portato via molto tempo. Ma ora quella tempesta combinata di vari elementi è terminata. Avrei voluto scriverle prima, - in riferimento a un colloquio che Lei forse ricorderà -, che, da infom1azioni prese da fonte competente, si
Vd., fra gli altri, sulla discussione fra Pietro Calamandrei e il ministro Guido Gonella Acrndt·mic: e: scuoi,·: istituzioni, luoghi, personaggi, imnwgini ,lei/a cultum e del poter,·, a cura di D. NO\'.lrese, Milano 2011, pp. 264 sgg. a:
6
120
può affermare esplicitamente: che ropera di uno storico, laico di suo stato, cioè non ecclesiastico, 11011 sottostà a imprimatur ecclesiastico o, in genere, agli stessi controlli di uno che scriva di cose teologiche, teologia scolastica o teologia mistica che sia, che sia un ecclesiastico di suo stato, o che sia laico. eesempio che Lei mi citava è ben noto in certi ambienti romani: ma a Roma si è sempre avuta una certa diffidenza per il misticismo e per gli scritti mistici. Quindi le sue preoccupazioni non hanno luogo! Ha ancora interesse a quel viaggio della società musicale basileese? Qui ora c,è un «Art-Club» aggregato al «Pen-Club» e si potrebbe forse combinare la cosa concordandola con la Scuola Normale. lo potrei fare solo una azione, alla Scuola Normale, presso il Direttore (con meno influenza che con Russo); ma potrei parlare al Pro( G. Bruguier-Pacini (economista), presidente delt>Art-Club. Ma forse è troppo tardi; perché dopo maggio o primi giugno alla Scuola non si può più avere buon pubblico. Mentre scrivevo questa lettera è arrivata la traduzione di mia moglie della nota introduttiva. La spedisco oggi stesso per raccomandata. Unisco il testo italiano, per Suo controllo. Mia moglie chiede scusa per il proprio Lehrerdeutsch: e io aggiungo le mie scuse. Non so se ho adempiuto al suo desiderio, quanto alla brevità, quanto al tono, - ecc.; ho fatto del mio meglio. Le dico con tutto candore e franchezi.a che ogni suo suggerimento di aggiunte o proposta di cambiamento sarà cosa gradita; come pure ogni cambiamento che Lei crederà di fare di carattere stilistico, ecc. è approvato fin da principio. Continua ad avere interesse per gli scritti di Antonio Gramsci? Le chiedo scusa della lunga lettera. I miei auguri affettuosi per la Signora Adrienne! Me ne ha parlato con tanto affetto e commozione la Signora Pasquali, una settimana fa, appena di ritorno dalla Svizzera. E un affezionato saluto particolare anche a Lei, caro amico, dal Suo D. C. PS. Adesso abbiamo qui ospite Paul Oskar Kristeller venuto dalrAmerica a studiare gli umanisti, amico di Bainton.
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101. Delio Cantimori a Werner Kaegi Roma, 4 mar.lo 1949
Carissimo amico, Spero ed auguro di gran cuore che il suo silenzio in questi ultimi tempi non sia dovuto a preoccupazioni per la salute della Signora Adrienne! Ma piuttosto al solito daffare scolastico. Ho riguardato nella grande confusione romana che cosa avevo di illustrazioni: ho trovato che il ritratto di F. Sozzini (ipotetico, inedito) è ancora presso di me, tanto nella copia fotografica grande, che in quella piccola. Unisco qui a parte un passo molto interessante, comunicatomi da G. Spini, sui nicodemiti, da inserire nelle note. Attendo il Suo giudizio sulla mia prefazione elvetica, e sulle mie proposte di illustrazioni. Non ho novità da raccontarle: il solito soffrire fra Pisa e Roma, fra scuola e biblioteca, fra ricerca e insegnamento, fra traduzioni e recensioni. Non ho ancora avuto gli estratti della mia recensione al Suo Burckhardt. Se Lei credesse di mettermi in diretto rapporto con il Sig. Luchsinger, eviterei di annoiare Lei per tutte queste cose di aggiunte, correzioni, ecc., delle quali Le chiedo scusa. Un affettuoso saluto per Lei e per la Signora, e molti auguri dal Suo sempre Delio Cantimori PS. Crede che sarebbe opportuno un ringraziamento al Sig. Schwabe per l'edizione? Voi discendenti della libera Elvezia siete così riserbati, che non si sa mai se vi si offende, mentre si ha l'intenzione di ringraziarvi, e non per complimento! Attendo istruzioni per la spedizione delle illustrazioni. Come Lei sa, io non ho nessuna preferenza in proposito: non importa che ci siano, non importa che non ci siano. Qui ho trovato anche questo vecchio elenco: «due incisioni simboliche (fatte spedire dalla Vaticana), ritratto ipotetico di F. Sozzini incisione di F. Sozzini anziano, quella conosciuta; Curione; Due immagini antitrinitarie». Mi pare che Curione, Ochino, e il F. Sozzini più noti potrebbero lasciarsi; e si potrebbero mantenere quelle due simboliche, il ritratto ipotetico, come rarità; e le due immagini antitrinitarie. [amarginescrittoda Kaegi:Schwabedeveringraziare Lei benedettiautori.)
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102. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basilea,
10
mar1.o 1949
Carissimo amico, avrei dovuto ringraziarla da tanto tempo. Ho ricevuto bene la prefazione - molto, troppo lusinghiera per mc - ringrazio la signora Emma di aver tradotto così bene che non avevo molto da fare. Speravo di aver le prime nuove bozze almeno delle note, fino oggi non è arrivato niente. Invece ho avuto una lunga conversa1jone col nipote di Schwabe, Overstolz, che dirige ora il tutto - mentre Schwabe è malato di nuovo. Cerano delle cose spiacevoli da sistemare le quali questa volta fortunatamente non riguardavano il Suo libro ma le mie Paralipomena Burckhardtiane (per le quali Schwabe possiede un manoscritto già da quasi tre anni, ed ora sono andate perdute tutte le note con una parte del manoscritto cosa veramente difficile da perdonare). Ho potuto cogliere l'occasione per assicurare almeno l'onorario a Luchsinger il quale sta facendo ora un volontariato alla Neue Ziircher Zeitung. Per le illustrazioni abbiamo deciso che si farà solo un frontespizio - il Curione - in un'incisione un po' differente di quella che si trova nelle mie Historischc Meditationen. Quanto alla Sue nuove aggiunte credo che sarebbe meglio rinunciare: tanto per ragioni di spesa, quanto per quelle di tempo e di correttezza del lavoro. Ho l'impressione che ora non si dovrebbe domandare più nulla se non la terminazione del lavoro e il libro corretto. Spero sempre che nel corso di questa primavera possa uscire. Ma diventerà maggio certamente. Ma mi metto a rileggere le Sue ultime lettere e a risponderle punto per punto. Il numero IV della Rivista storica con la Sua recensione del mio Burckhardt non è arrivato ancora da me 127• Mi rallegro molto di leggerlo presto. - Gramsci mi interessa sempre e se mai avessi la possibilità di mettermi un poco allo studio delle dottrine marxiste comincerei con lui. Ho letto il volume delle lettere, percorso quello sul materialismo storico che Lei aveva la gentilezza di mandarmi, quello sugli intellettuali non l'ho visto ancora! Non vorrei che Lei si facesse delle spese ma se ha un esemplare soprannumerario, Le sarei gratissimo. Mi ha dato molto soddisfazione la Sua lettera sulla Normale. Sono felice che la burocrazia sia passata senza fare troppi danni. Il nuovo direttore mi ha scritto una lettera molto gentile offrendomi un posto per uno studente basileese. Ho fatto una comunicazione relativa 1) nel
1
J: V d.
supra, nota 94. 123
nostro giornale; 2) dal segretario dell'università 3) dai colleghi romanisti. Ringrazierò il direttore in questi giorni. A Lei tante felicitazioni per il passaggio alla facoltà di lettere! Benché io non possa immaginarmi la Scuola Normale senza di lei, capisco che per Lei un cambiamento è stato necessario; compiango la Scuola, mi rallegro per Lei e per l'università! Vorrei strigerLe la mano. Mi domando un poco sul serio se non arriverei fino a Firenze e fino a Pisa questa primavera. A Roma non andrò. Ho poco tempo. Penso in ogni modo di andare a Lugano intorno a Pasqua, e da lì per qualche giorno forse a Milano. Già che parlo di progetti: in questi giorni è venuto a vedermi Umberto Campagnolo di Padova col progetto della Società Europea di cultura 1 l 8 • Poiché è la città di Vene-lia che ha preso l'iniziativa, ho dato l'adesione senza indugio, ma anche senza troppa speranza per i risultati effettivi, soltanto perché mi piace che si debba appoggiare ogni tentativo in quella direzione. Che ne pensa lei? Ho avuto un piacere particolare di sentire che l'anno prossimo si potrà vedere anche Sestan a Pisa. - grazie molte di quei suoi cari pensieri sullo storico e la censura. Dovremmo parlarne a viva voce. Il problema non ha per me nessuna attualità? Ma quando lei terminava il Suo alinea, rispedivo: «Quindi le sue preoccupazioni non hanno luogo!» non sono stato convinto completamente e ho sorriso un poco: Lei voleva fare l'awocato del diavolo! I nostri musicisti per il momento si trovano a Londra. Hanno preso un contratto quasi permanente con la BBC e suonano lì qualche mese col loro quintetto di viola da gamba. Non conosco il loro programma di quest'anno. Certo sarebbero sempre felici di fare un piccolo concerto a Pisa, perché sono entusiasti dell'Italia, non la conoscono quasi, ma nelle nostre serate di domenica, nelle quali suoniamo insieme e leggiamo Italiano, abbiamo finito l'ultimo canto del Paradiso l'anno passato ed ora siamo ai primi dell'Orlando furioso. Le ho raccontato di questo scambio che da qualche anno ci fa tanto piacere? Non dovrei dirvelo, perché ci vuole molta presunzione da parte mia per fare il maestro d'Italiano e il commentatore dcli' Ariosto! Arrivo ora alla sua terza lettera. Vergogna per mc! Per l'aggiunta cercherò di fare il possibile, quando arrivano le bozze. Quello che si può fare senza difficoltà lo farò certamente e debbo dirlo ancora:
i:.a
La formale costituzione della società euro~a di cultura awenne a Venezia nel
1950. Campagnolo vcde\'a questa nuova società come l'organo della funzione sociale
della cultura: una funzione di pace e di libertà. 124
la Sua prefazione mi ha dato nuova gioia per tutto il libro. h durato molto, c'erano tante difficoltà, ma ora che siamo quasi al termine, sento di nuovo quanto avevo ragione di tradurre, quanto ho imparato dal suo libro, e quanto è veramente necessario che venga pubblicato qui a Basilea. Sono stato commosso dalle parole che ha trovato per la signorina Probst. Abbiamo parlato ultimamente di Lei e del Baglietto con Diego Valeri che aveva parlato nella Dante Alighieri nella casa della signora Miiller-Sener che le manda tanti saluti. Mia moglie sta a Parigi per alcuni giorni. Benché le crisi continuino sempre di minacciare, si è decisa da un giorno all'altro di fare questo viaggio, perché aveva troppa nostalgia di rivedere la Nòtre Dame ed alcuni amici. Tornerà sabato sera. Ha pubblicato un nuovo libro; Bergpredigt, parafrasi come il «Johanner»u9 • Altri sono in stampa. Dopo pranzo ho due esami di altri, due domani e dopodomani. Intanto le mando i miei saluti ed affetti e resto tutto il Suo Werner Kacgi Ps Vedo che ho scritto troppo in fretta, che non l'ho ringraziata, come avrei dovuto, per la squisita gentilezza della sua prefazione. Credo che lei ha trovato una bellissima combinazione di argomenti, di pensiero per spiegare in poche parole l'origine e il senso del libro. Certamente si leggerà con gratitudine le sue righe sul nostro paese. Saluti e complimenti alla signora Emma. Carissin10 amico, ho chiuso la lettera in questo momento e ora vedo che non Le ho risposto all'ultima Sua domanda al verso deffultimo Suo foglio: ringraziare il Signor Schwabe sì. Certamente sarebbe un gran piacere che Lei farebbe al vecchio Benno Schwabe, senza il quale il libro non sarebbe stato accettato. Ma io gli scriverei parecchie righe soltanto al momento, quando avrà ricevuto i Suoi esemplari. Mi pare che il signor Schwabc avrebbe anche da ringraziare Lei e forse di più. Le ricordo, Lei non ha ricevuto quasi niente come compenso e questo è veramente il massimo di ascetismo per la scienza che Lei ha mostrato in questa cosa, mentre il signor Schwabe ha calcolato almeno le sue spese e se non le riavrà subito, le riavrà fra qualche anno, come spero almeno. E del resto la casa Schwabe non fa cattivi affari: stampa tutta la pubblicità delle nostre ditte chimiche le più grandi, delle riviste medicali fino al foglio di propaganda. Se fra l'altro stampa i suoi Eretici e il mio Burckhardt lo fa anche per salvare un po' il nome della casa e
u9
A.
VON SPEYR,
u. vo:-. BALTIIASAR, Die Bergprc:,ligt.
tl1ii11s 5-7, Einsiedcln 1948. 125
Betmclrt1wge11 iiwr Mdl·
per non diventare completamente tipografia di propaganda chimica. Questo Le dico soltanto perché Lei non esageri certi sentimenti di gratitudine. Siamo noi altri Svizzeri che abbiamo da ringraziare. Ancora cordiali saluti dal Suo Werner Kaegi
103. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basilea, 5 aprile 1949
Caro amico, ho ricevuto più di una settimana fa la Sua bella e lunga recensione nello stesso momento nel quale arrivavano da Schwabe le bozze corrette delle note degli eretici. Queste ultime le ho mandate subito da Luchsinger insieme a delle Sue aggiunte dcll,ultimo tempo, pregandolo di fare il più presto possibile. La sua recensione l,ho percorsa subito ed ora l,ho riletta comodamente. Sono commosso non soltanto della Sua benevolenza e della pena enorme che si è fatta col mio caro mostro di volume, ma soprattutto della fine-lZa con la quale Lei ha indovinato tutto, capito tutto e - perdonato tutto. Lei sa che è una delle gioie più grandi di sentirsi non soltanto letto e lodato, ma compreso nei motivi più nascosti della narrazione. Avevo paura quando morì il Huizinga che non ci sarebbe nessuno tra gli amici che avrebbe il gusto per queste cose. Lei ha dato torto al mio pessimismo ingrato e mi ha persuaso di nuovo che l'accidia è sempre ancora un peccato. Ci rifletterò sopra durante la settimana di Pasqua, per la quale mia moglie mi manda in Ticino. Forse ci sarà l'occasione per un piccolo salto a Milano. Nel corso del mese prossimo arriverà a Roma il mio amico Max Burckhardt il quale forse si presenterà un giorno da Lei. eeditore delle lettere del Burckhardt. Subito dopo la sua laurea, passata con un lavoro sul Vescovo Avito di Vienna' 30, contemporaneo di Teodorico, n10 legato - credo nel 1936 - col cominciare colle ricerche di inediti e colla copia dei testi. Il primo volume di quei dieci che ci prepara dovrebbe uscire fra qualche settimana. Non conosce Roma cd ora è felice di poterci andare per
,_\O M. BuRclmARDT, Die Briefsamml,mg de$ Biscl,ofs Avitus Berlin 1938.
126
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Viem,e (t518),
qualche mese. Lui è più fortunato di mc. Ha potuto procurarsi un permesso di 2-5 mesi e l,invidio non poco. Ma qui a Basilea ha un lavoro duro: aiuta tutti come direttore del gabinetto dei manoscritti nella nostra biblioteca. Se Lei avesse un,ora libera nel consigliarlo un po, Le sarei gratissimo. Ed ancora una volta: mille grazie e saluti cordiali anche alla signora Emma da tutti noi due. Sono sempre il Suo Wcrner Kaegi
104. Werner Kaegi a Delio Canti mori Basilea, 1 maggio 1949
Caro amico, ho trovato sul mio tavolo, quando tornai da Lugano qualche giorno fa, un suo pacco: di nuovo Lei mi ha fatto un gran regalo e molto piacere. La ringrazio di nuovo e spero leggere presto con maggior diligenza questi due volumi interessanti, dai quali finora ho pescato solo qualche frase sul Burckhardt, sul Walser e perfino sul nostro caro amico Janner, il quale certamente non si dubitava in quelrepoca di essere letto nel carcere di Civita Vecchia. Che strani testi pieni di passione, d,intelligenza e di nobiltà! Non so come ringraziar La se non leggendo più attentamente le seconde bozze dei suoi «Eretici» le quali si trovavano in un altro pacco, accanto al Suo, quando tornai. Sono arrivato fino al capitolo XII. Intanto la seconda tiratura delle note è passata alla corre-lione di Luchsinger, è stata aumentata dalle Sue aggiunte ed è tornata da Schwabc. Aspettiamo ora la terza e ultima tiratura. La fine del testo mi arriverà domani. Ho potuto eseguire senza difficoltà la piccola correzione nel nome di Egidio da Viterbo. Quanto al Brucioli, non c,era nulla da cambiare, poiché nella mia traduzione il testo non conteneva più rappartenenza al gruppo dei Savonaroliani per causa di una leggiera sfumatura nel senso logico della mia traduzione, della quale non mi ero neanche accorto. Ho soltanto una domanda ancora. Nel suo testo figura un certo Tizzano. Per la trascrizione di Luchsinger è divenuto un Tiziano. Io rimetterò dappertutto la forma Tizzano. Se la forma Tiziano fosse giustificata e suggerita da Lei, abbia la gentilezza di scrivermi presto su una cartolina postale. Ho passato dodici giorni a Lugano con amici ticinesi, fra raltro 127
un'oretta con Borlenghi' 31 che Lei conoscerà. Un giornalaio mi ha perfino dedicato una sua autobiografia, stampata nen►Ammonitore, giornale di Varese, che egli vende a Lugano, dove si poteva camminare quel giorno sette ore continue e rincontrare sole due persone. Ora il semestre d'estate è ricominciato. Giovedì prossimo leggerò nel seminario il Suo protocollo sul Besozzi, col quale ho fatto andare più di un povero studente nelr esame. Per consolarmi della fine della vacanze, leggo le lettere di Winckelmann pubblicate dal Rehm, lettura veramente orgogliosa. Per il momento è un'edizione a scelta 1 31 • Fra poco l'edizione completa uscirà fatta dallo stesso Rehm per un, Accademia tedesca. t il primo libro tedesco veramente persuadente che mi viene tra le mani dalla guerra. Saluti cari, ringraziamenti e complimenti alla signora Emma. Resto il Suo Werner Kaegi
105. Delio Cantimori a Werner Kaegi [cartolina] Pisa, 6 maggio 1949
Carissimo Kaegi. Sono in debito a ben Sue tre lettere! Mi scusi: malattia (fegato, attacchi vari; appendice etc.}; presto risponderò. Ora Le comunico soltanto che ci sono due personaggi differenti: TIZZANO e TIZIANO; io li avevo confusi, allora. Scusi e grazie! Con vivissimo affetto, il Suo D. Cantimori
1 1 ) Aldo Borl«!nghi (1913-76) fu professore di Filologia presso l'Uni\'ersità statale di Milano. Fu un poeta e un critico letterario. 1 1 ) J.J. W1NCKEL\IANN, J\11$gewr"ihltc: Sdiriftcn umi Bric:ft·, hn.g. von W. Rehm, Wiesbaden 1948.
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106. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basilea, 22 maggio 1949
Carissimo amico, grazie mille della Sua cara cartolina! Che diluvio di guai e di malattie! Mi fa paura di pensarci. Spero che sia guarito almeno in parte quando questa lettera Le arriverà. Pensavo spesso ai Suoi dolori dei denti in queste settimane passate cd ora ci sono dolori più seri! Mi permetto di mandarLc già le bozze della prefazione. La prego di scusarmi se forse ho stilizzato troppo. Ho cercato di far correre un poco il ritmo della frase e mi metto ai piedi della Signora Emma per chiederle perdono. A Lei avrei da presentare una preghiera che viene de profundis. Ed è questa: Mi rallegro come un ragazzo di aver presto fra le mani questo libro e di poterne far regalo ai miei amici svizzeri che debbono conoscerlo. Ma, se penso alle parole lusinghiere che Lei ha messo alla fine della prefazione, certamente non potrei regalare il libro a nessuno senza rimorsi. Amici e colleghi - forse non lo direbbero - ma lo penserebbero di certo: come mai? i! diventato senile o pazzo questo Kaegi, di non impedire questi complimenti al suo indirizzo in un libro per il cui stesso testo è responsabile! Ed avrebbero ragione. Qui in Svizzera si è molto severi per i complimenti pubblici fatti da amici ad amici. E non è male così - Lei mi farebbe un gran regalo se mi permettesse di mitigare un poco l'espressione troppo benevola della Sua amicizia. Ho proposto nella bozza aggiunta una forma nuova per le ultime tre righe. Se Lei volesse consentire a questo nuovo testo, Le sarei gratissimo. Vespressione della Sua cara amicizia - a cui ci tengo! - rimarrebbe intatta e io potrei dare in regalo il libro dappertutto senza arrossire troppo. Mi scusi se scrivo poco. Sono settimane un po, dure: 70 domande di borse tesi, due Habilitationsschriften, sedute senza fine! - Ieri un collega economista ha voluto sapere chi era Cantimori, perché aveva letto le Sue recensioni in «Società». Un conferenziere torinese, giurista mi pare, del quale ho dimenticato il nome, ha citato il Suo libro più volte in una conferenza di qualche settimana fa sulla relazioni svizzere-piemontesi. E la settimana passata abbiamo avuto il piacere di sentir parlare Carli da Siena su Jacopo della Quercia. - Mia moglie saluta cordialmente, non sta troppo male. Io spero di aver presto il Suo imprimatur e Le mando saluti ed auguri vivissimi. Sono sempre il Suo Wemer Kacgi
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107. Delio Cantimori a Werner Kaegi 3 giugno 1949
Carissimo amico, la sua ultima e le bozze si sono trascinate sulla mia scrivania, - anzi, non si sono trascinate, ma sono rimaste ben ferme, appoggiate su un leggio, bene in vista. Eppure solo da una settimana o quasi trovo modo di risponderle. Speriamo che quando il tempo sarà stabilito, anche gli attacchi di questo «anno climatico» saranno finiti. Grazie degli auguri! Le unisco le bozze. Come ringraziarla ancora? Va benissimo!! Siamo noi che dobbiamo metter Lei sull'altare! (Ma zitti, zitti, che non ci sentano orecchie troppo severe, per questo scher.lo non troppo riverente - ma fatto con buona intenzione!) Senta: voi svizzeri siete dawero mirabile genus. E «voi» (se mi permette) basileesi, noch mehr! Ma come fare? Non posso far altro che rimettermi al Suo arbitrio, gusto, conoscenza dei costumi, saggio giudizio. Ho cercato di sostituire a quelle che Lei ha creduto di dover cancellare, alcune poche parole. Veramente, mi vergogno di mostrarle così poco la grande mia gratitudine. Curioso: i cattolici fanno confessione segreta dei mali, e pubbliche attestazioni di cose buone; i protestanti fanno pubblica autocritica di cose non buone, e segrete le attestazioni di stima. (Va bene che Lei e io siamo protestanti e cattolici sui generis! Ma è il clima che conta!). Ad ogni modo: Le ripeto che mi rimetto a lei e al suo giudizio, e le lascio piena discrezione di mettere o cambiare (con equivalenti per ragioni sintattiche e stilistiche) quelle poche parole alla conclusione dell'ultima pagina della prefazione: o anche di toglierle. Se lei sarà troppo severo, io mi vendicherò su qualche rivista italiana, dicendo tutto quello che sento e che penso!! Dunque: in manus tuas ... Approvo a priori tutto quanto deciderà per quanto riguarda questa parte. A p. 4 ho proposto alcune correzioni: Geist=intelletto, di anima, kann ich nicht sprechen. L'uomo creatore della sua vita e della storia=l'uomo, non altri, è il creatore usw. non l'uomo è un creatore. Wiedereinsetzung des Menschen als der Schopfer seines Lebens. Naturalmente anche qui, piena discrezione a Lei, salvo restando il contenuto: non posso qui, per il contenuto, parlare di anima, o altro. Ho poi aggiunto il nome di Arminio Janner. Se lo merita, non Le pare? E poi una domanda alla quale io non so rispondere: il Dott. Forrer ha una carica importante, mi pare, ora alla Biblioteca o all'università di Zurigo. Ma io non ho potuto accertare niente di preciso. 130
Infine, un altro cambiamento, che spero non sarà troppo fastidioso: quello a inchiostro bleu a pagina 2. Ho voluto chiarire che 1. Il mio punto di vista ora non è come allora, 2. che non intendo commettere il peccato di presunzione di dire che intendo affrontare il problema della «riforma» italiana così profondamente come rha proposto A. Gramsci. Spero che bastino quelravverbio e quell,aggettivo, e che non ci sia bisogno di cambiamenti. Naturalmente anche qui Lei è padrone di cambiare con equivalenti, a sua unica discrezione. Ora non mi staccherei più dal tavolino, avrei tante cose da dirle e da raccontarle! Ma se non esco subito a spedire, tardo ancora un giorno o due! Un affettuoso saluto a Lei, auguri vivi e devoti alla Signora dal loro Delio Cantimori
108. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basilea, 3 luglio 49
Carissimo amico, avrei dovuto ringraziarla da tanto tempo. Ho ricevuto bene la Sua lettere del 3. VI colle bozze corrette. Nel frattempo ho letto le seconde bozze di tutto il resto del testo, anche delle note. Le quali fanno 90 pagine e saranno messe insieme alla fine del volume per ragioni di economia; ma saranno disposte in maniera che saranno facili da trovare. Ora è il Luchsinger che deve sudare ancora un poco. Gli abbiamo fissato il termine del 31 di questo mese, per le ultime correzioni e per il registro. Spero che farà il necessario; non gli sarà troppo facile, perché sta sempre nella redazione del Neue Ziircher Zeitung. Ma ormai ho riletto tutto, sono tranquillo e sicuro, che non ci sarà più molto da cambiare. Quanto alla prefazione, La ringrazio cordialmente della Sua comprensione. Ho cambiato ancora leggermente le ultime frasi per avvicinarmi di più (!) alla Sue intenzioni gentili. Per le altre correzioni ho potuto accettare senz,altro tutte le Sue suggestioni letteralmente: «Geistes» invece di «Seele». Soltanto quella frase in cui Lei ha voluto mettere «des Menschen als der Schopfer von Leben und Geschichte» ho creduto dover lasciare «als eines Schopfers», ma questo non 131
sarebbe corretto in tedesco. Allora si ha da scegliere fra «eines» und «des». Se metto «des Schopfers des Lebens» il lettore sottintende una specie di ateismo, come se ruomo si sarebbe creato se stesso, ciò che Lei certamente non voleva dire. Se metto «eines Schopfers» credo che si intenda perfettamente giusto: ruomo è creatore, possiede una virtù creatrice di vita e di storia, analoga a quella del creatore divino. Mi pare che questo corrisponda al pensiero dei nostri eretici, i quali protestano contro ridea di un uomo corrotto completamente dal peccato, ed incapace di fare qualche cosa di buono. Se non è d•accordo, posso cambiare ancora. A Zurigo è uscita in questi giorni una dissertazione «Die Reformation in den italienischen Talschaften nach dem Briefwechsel Bullingers» accettata da Von Muralt e scritta da un pastore Peter Dalbert, grigionese 133• Non rho letta ancora, Lei forse conosce rautore. Il suo libro è citato dappertutto. ~ un segno di più per la necessità della traduzione. Giovedì passato ho fatto un seminario sulla biblioteca del Marchese di Oria: ragione di più per ringraziarla. Mia moglie manda saluti cordiali a Lei e alla signora Emma. Non sta troppo bene di salute, crisi sempre di nuovo durante le notti, durante la giornata serenità perfetta. Saluti affettuosi e auguri dal Suo Werner Kaegi
109. Delio Cantimori a Werner Kaegi Pi.sa, 21 luglio 1949 (dal 1 agosto: Roma)
Carissimo amico. Grazie della Sua del 3 di questo mese. Non ho potuto rispondere subito perché ho avuto un nuovo (teno) attacco di febbri piuttosto misteriose, ma certo debilitanti, quesfanno con tutti questi guai, ho dovuto fare e rifare due volte 1•orario dei miei esami; e ancora non sono finiti. Spero di finire entro il mese. Così non ho
'" P. DALBERT, Die Reformatio11 in ,lm it,1lie11isd1e11 1,rlsc/raftm Gmubiiudens 11ac/1 dem Briefu"t:chsel Hei11ric/1 Bulli11ge1'$. Ei11 Beitrag zr,r Gt'sclric/rte ,ler Rc.formatio11 i11 der Sclm"t:iz, Zurich 1948. 132
potuto rivedere a Roma la Sig.ra Hirsch (Elisabetta Feist), che ora sarà a Basilea per ricerche: gliela raccomando, come amica di studi e ricerche dal 1934; come pure le raccomando (ma non ce n,è bisogno) P.O. Kristeller, che sarà a Basilea fra qualche giorno. Per gli amici degli umanisti, P.O. Kristeller è nome così conosciuto ... Entrambi sono amici: La Hirsch (Feist) e Kristeller, del nostro comune amico Bainton; e tali studiosi che merita che Lei ci perda un po, del Suo tempo prezioso. Beati voi a Basilea che vedete passare tanti umanisti! Ma qualcuno ne passa anche qui! Il Pro( Burckhardt lo potei vedere appena un momento, perché appena fui a Roma in giugno mi misi a letto ammalato; anche quando venne una sera da noi, con la signora, avevo febbre alta. Del resto aveva ottime relazioni, più utili della mia per il lavoro che doveva fare. Uomo veramente simpatico, col quale avrei piacere di stringere maggiori rapporti la prossima volta. Qui ho le Sue care lettere in ordine, vedo che Le devo qualche risposta ancora. Risponderò , testo abbastanza [sic), come dice, che sarebbe la fonte del Tzaini. Ma mi pare - almeno in parte - una mistificazione letteraria. Ultimo dopo scritto: per il mio romanzo ho 195
dovuto leggere Tibullo e Properzio. Fa sempre bene anche se fuori fa freddo e nel cuore un po• grigio, come corrisponde alla stagione. Le consiglierei un po• di questa medicina. Sempre il Suo Werner Kaegi
158. Werner Kaegi a Delio Cantimori [cartolina] Basilea, 22 ottobre
1952
Carissimo amico, prima di buttar via il calendario del vecchio, che avevo con me a Pisa ed a Firenze, vedo che Lei desiderava i»indicazione bibliografica sulla polemica di Geyl con Toynbee. Trovo tutto riunito ora in due pubblicazioni: P. Geyl, Tochten en Toernooien (spedizioni e giostre), essays on Shakespeare, Toynbce, Romein, Utrecht 1950 e lo stesso From Ranke to Toynbee, Five lectures on historians and historiographical problems, Smith Coll. Studies in History, Northampton Massachusetts 1952. Auguri e saluti Kaegi
159. Werner Kaegi a Delio Cantimori 20
dicembre
1952
Carissimo amico, è la prima giornata di vacanza, sabato mattina, vento caldo, quasi italiano, poca neve sulla collina di Tiillingen, un po• di sole: dovrei essere alla tomba di un collega, il vecchio Bruchner, germanista, che ha scritto cinquanCanni fa un libro eccellente sulla lingua dei Longobardi, pare ancor' oggi prezioso: preferisco esser rimasto qui per scrivere ad un mio caro amico non longobardo ma romagnolo, il quale ancora dopo trenfanni di felicissimo insegnamento fiorentino mi sarà sempre romagnolo (spero vederlo insegnare in quelrepoca sia dal cielo, sia da una qualsiasi stella non troppo fredda). Per il momento vedo davanti a me una gentile cartolina colla scrittura in oro: e già Lei ha indovinato quale oro liquido è nascosto nella cantina: avrei 196
dovuto ringraziarla già da due settimane. Le sei bottiglie sono arrivate in ottimo stato ed hanno provocato una grandissima allegria, non soltanto da parte mia, ma non meno da parte di mia moglie. Dovrei dir Le soprattutto che ha torto di avvezzarmi tanto male. Risponderò: come parlare di avvezzare male; non c'è più molto da guastare nella Sua età! Eppure: sul serio, non so come ringraziarla! Quel po, di spirito che produciamo qui nella pioggia permanente - non abbiamo avuto tre giorni belli uno dopo l'altro dalla metà di agosto fin oggi - non vale neanche il Chianti ordinario; dal Chianti Rufini è lontanissimo e dal Vin Santo - non ne parliamo. Tanto più lo goderanno, e per il nuovo anno lo berremo alla Sua salute e a quella della Signora Emma. Per il momento non posso dirle altro che: mille grazie! Spero che il tempo sia stato un po, più clemente per la Sua artrite. Come sta? Come sta la Signora Emma? I momenti passati in primavera da Loro mi hanno consolato spesso in queste ultime settimane, che erano due. Molto veduto, molti affari difficili, due conferenze, della quale una piuttosto solenne, stando dietro le catene nuove di oro e di argento per il rettore e per i decani, regalata dall,università dalla società che mi aveva invitato a fare una conferenza. Ho parlato - Lei riderà - della «Humanistische Kontinuitat in konfessionellen Zeitalter. Beispiele aus dcr baslerischen Geistesgeschichte» 190 - colla conseguenza, che ho dovuto prendere subito un altro obbligo di parlare l,anno prossimo sul Castiglione. Lei si ricorda, che non mi sono voluto occupare di questo centenario del «De Haereticis», cd ora vedo che non posso far altro che parlare, per non far cadere la cosa in mani troppo interessate sia politicamente, sia teologicamente. Cosa farà quel comitato al quale Lei appartiene, se ricordo bene? Si pubblicherà un testo del «De Hereticis»? Ho intenzione di fare il mio seminario d,estate su questo tema. Guardi la mia sciocchezza! In questo momento una delle nostre tre ragazze friulane - sono veri angeli, qualche volta un po• brutali perché rompono molto vetro (e mia moglie ha la passione per la porcellana!) - mi porta un pacco che ho fatto per Lei: sono due piccoli libri di cui troverà di mio soltanto le prefazioni. Il pacco è resempio della coincidentia oppositorum: cattolicesimo austriaco accanto al radicalismo svizzero. Forse questo Leon Hieronymus la farà ridere un poco!1 91 Le mandiamo i più cari
•~ Historiscl,c Mc:ditatio11en. lii, pp. 137 sgg.
M. PFISTER-BURKIIALTER, HicrOll)'IIIIIS Ht'S-S. Kaegi, Bascl 1952. 191
197
1799-1850,
Vom·ort vom
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saluti e auguri, mia moglie e io, per le feste e per il capo d,anno, tanto per Lei quanto per la Signora Emma: che il nuovo anno spazzi via la bestia trionfante della sua malattia, specialmente quel vecchio demonio arctico chiamato artrite il quale anche da noi cerca di tirannizzare. Con molti auguri e saluti affezionati sono sempre il Suo Wemer Kaegi
160. Delio Cantimori a Werner Kaegi 27 dicembre 1952
Carissimo amico, sono contento che, questa volta, il modesto omaggio alla Sua mensa canonicale sia arrivato in tempo. E spero che Le piacerà, perché il fondatore delrazienda vinicola Ricasoli apprezzerebbe molto, se fosse tra i vivi, che il suo prodotto fosse gustato da uno svizzero e in particolare da un zurighese. Infatti egli scriveva nel 1849 da Zurigo: «Questo popolo svizzero, e più specialmente quello di questo cantone, conserva ancora, ed in modo rilevantissimo, la semplicità e il vigore dei costumi antichi. Questo carattere si vede manifestamente tanto nei rapporti individuali, quanto nelle manifestazioni popolari ... Io mi sono proposto di studiare la Svizzera e la studierò; e la studierò con quell'impegno che viene dalla inclinazione antica per una terra, che formata dalle Alpi, vestita di selve antiche, ricca d,acque e di prati, e fecondata da un vivere libero, perché fondato sopra i principi della morale. Dio conservi tale la Svizzera per il bene degli altri popoli». Ma questo è per Zurigo, in settembre; per Ginevra, in ottobre, che è in mano dei radicali «gente senza senno, senza averi e senza morale», ha parole di fuoco! E poi, nel 1850, a Ginevra gli vogliono convertire la figlia al protestantesimo! Ma quando deve tornare in Italia, il Barone scrive (1851): «Oh! L'abbandono di queste Alpi mi costa caro! Elle sono a metà strada al Paradiso»; e alla Signora Betsy Meyer Ulrich: «La Suisse est un pays sclon ma nature; faime la Suisse, faime les Suisses et leur laisse mes veux et toute mon affection ... ». Vede dunque: è giusto che tanto amore cattolico e liberale per la Svizzera contribuisca un po' ad allietare due svizzeri! 198
Le debbo chiedere io scusa se rispondo con tanto ritardo alla Sua delrottobre. Uscivo allora dalrartrite (che sembra guarita, perché dalla metà di settembre non si è fatta più sentire e feci la prova «del fuoco» ai primi di ottobre, andando a passare una settimana fra le nebbie autunnali torinesi, sulla collina torinese, che come tipo di vegetazione e come linee di colline ricorda alcuni tratti intorno a Berna o intorno a Dornach): uscivo dall'artrite ed ero pieno di lavoro arretrato da smaltire: e cominciavo gli esami (e qui a Firenze si sono discusse lauree ogni quindici giorni, le ultime il 23 dicembre: inauditon: e così non ho avuto più requie. Fra l'altro, ancora, Pisa mi ha ripreso con un «incarico». Ma ora ho molta più speranza di poter lavorare, perché l'artrite è scomparsa, con quella «terapia tissulare», «tissuloterapia», «innesti placentari», «Cura di FilatoV», che mi ha sollevato molto anche come tono generale. La raccomando ai mie amici: fa veramente bene. Ormai sono quattro mesi che l'ho fatta e finita, e ne sento ottimi effetti. Ma basta di me: le ho detto di questo, perché se la strega artrite vuol penetrare nella piazza della Cattedrale, ne sia tenuta lontana dalla benefica cura orientale! Avrei quasi voglia di riprendere la discussione sulla montagna e su Nietzsche: l'alta montagna è res ipsa nietzschiana, questa è la mia tesi: è disumana. È una bellezza disumana: aul Burcklwrdt-Liisclier (1873-1956),
gespr0 Vom Nac/1lebe11 Comtm1ti11$, ocRivisla storica svizzera», 8, 1958, pp. 289-326.
1 1
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J. Hu1z1~GA, 'Homo lrtde11s'. \!om U1$pr1111g dcr K11lt11r im Spie/, Hamburg 1956. 243
volta per strada e lui mi parlava di cose simili in termini molto oscuri così che io non ne compresi nulla. Soltanto più tardi ho avuto un accenno da un collega. Ma quello studente, del quale non voglio dire il nome, non è più venuto vedermi, come l,avevo invitato quelrultima volta che t>incontrai. Penso che sia andato lontano da Basilea per fare il maestro di scuola elementare in un paese dove non lo si conosce. Una volta mi aveva chiesto una raccomandazione per Lei andando - mi pare - a Perugia. Ma non gliel,ho scritta, credo. Mi ha chiesto anche un tema per una dissertazione e non gliel,ho dato, perché è veramente troppo ignorante e nello stesso tempo presuntuoso. Le scrivo tutte queste chiacchiere per mostrare che Lei aveva un,intuizione molto chiara, quando indicò negativamente di questo giovane e se c,era qualche confusione con Bietenhoz non è risultato niente di male. I due promessi sposi hanno passato qualche giorno assieme con la signorina Bing in montagna, qui, nel cantone di Vallese. Spero che tutto andrà bene a Londra. Per oggi, Le mando solo questi due fogli, ringraziando ancora per quelle lettere alla quali non ho risposto finora e resto con molti auguri, saluti cordiali anche per la signora Emma sempre il Suo Werner Kaegi
201. Delio Cantimori a Werner Kaegi Firenze, 9 settembre 1958
Carissimo amico, Le scrivo in breve per ringraziarla della Sua lettera e delrestratto della Basler Zeitung riguardo al Suo collega Bonjour: fortunato di avere un collega come Lei, il Bonjour! Sono molto contento che l,affare Bietenholzsia finito bene: ma in verità questo ravevo saputo da Bietenholz stesso, che era stato a Londra e che aveva avuto quel successo; la mia lettera era preoccupata per quello che pensava, che poteva pensare Lei; - e anche per la mia testa che fa tali errori. Ho passato agosto qui, piacevolmente, in biblioteca, il 27-30 sono stato a Torre Pellice, la «Ginevra italiana» come si diceva nel secolo scorso (La Tour), la capitale dei «Valdesi» calvinisti, per un convegno di storia delle riforma e delr eresia; il 2-6 settembre sono stato a Bologna, dove, nelt>antica biblioteca del convento di San Domenico (era per la prima volta liberata da muri interni che ravevano trasformata 244
in appartamenti e uffici) abbiamo discusso di Storia della Chiesa nel Cinquecento. Ho ammirato soprattutto il P. Meersseman e ho rivisto con piacere Vasella; ma anche il gesuita Batllori (catalano) che mi ha fatto molta impressione. Il giorno 16 o 17 Aprile partirò per Venezia; il 26 devo essere a Firenze, per parlare con la Sig.ra Bing; poi dovrò andare subito a Parigi: ma spero che i francesi ritirino l'invito, e allora verrò a Ronchi o a Marina di Massa anch'io per una settimana e potremo chiacchierare un po'; se invece i francesi confermano l'invito, verrò a cercarla dopo il 5-6 Ottobre, appena tornato: Lei rimarrà due o tre settimane, e ci sarà dunque il modo di passare un po' di tempo con lei lontano da Firenze. Ora sto facendo voci di enciclopedia e cose del genere e finendo la recensione della raccolta dei Suoi saggi!! (Speriamo di finire!). Non mi sorprende la brutta fine di quell'altro giovane del quale Lei mi scrive, che venne da me nel 1956 dicendo di essere Suo scolaro, di andare a Perugia, e, per telefono, d'avere una sua presentazione, che però disse essergli stata rubata quando arrivò. Non riesco a capire come ho potuto sbagliare fra un biondissimo e un brunissimo. Ma tutto è bene ciò che finisce bene, come dice il proverbio toscano! Mi rallegro dunque di vedere Lei e la Signora in ottobre a Ronchi: se verrò, verrò vicino a loro ma non nella stessa pensione: non troppo vicino per non infastidire il Loro riposo. Arrivederci, dunque, e grazie, e auguri di buon riposo! Il suo aff. mo sempre Delio Cantimori
202. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basilea,
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scttcmbr~ 1958
Carissimo amico, ho riunito una bella e lunga serie di lettere Sue, alle quali ho risposto poco e male. Le date vanno dal 25 giungo fino al 9 settembre. Ho riletto tutto e vorrei ringraziarla di cuore di tutte queste care notizie Sue. Lei mi ha scritto un po' di autobiografia almeno di un anno e mezzo, e ho seguito i passi qualche volta un po' duri di quella ballerina contadinesca che è la nostra fortuna di professori. Pare che abbia cominciato a sedersi e sorriderle. Speriamo che rimanga gentile. Se questa lettera Le arriva durante il soggiorno della signorina Bing a Firenze, abbia la gentilezza di salutarla anche 245
da parte mia. Sono costretto di rimanere a Basilea ancora per una settimana, perché oggi in otto giorni devo fare quella benedetta conferenza per i professori dei ginnasi svizzeri, che mi ha costretto tanto tempo e che mi è riuscita così male. Sono stato pazzo di accettare. Non farò altro che rompere porcellana. Ma poi, il 29 o il 30 spero di venire a Ronchi, dormire, mangiare e dormire di nuovo e poi di rincontrare un bel giorno il caro Cantimori colla Signora Emma, sia a Ronchi stessa, sia a Massa. So che staremo come sempre nella villa Irene e se mi manda una riga lì, sarei molto lieto. Anche mia moglie, si rallegra di vederla. Sento con vergogna che fra le fatiche Sue si trova anche quella per la traduzione delle mie Meditazioni. In fondo credevo che il progetto per quel libro fosse stato liquidato e ora vedo che è rimasto e che sta realizzandosi. B un pensiero terribile per me, che Lei ha speso il Suo tempo prezioso per quella roba vecchia mia che avrebbe dovuto dimenticare. Ma forse è colpa mia. Avrei dovuto protestare e invece ho fatto il morto, chiudendo gli occhi. Che vergogna davvero! Bisogna che ne parliamo, quando ci vediamo. Non so se 1•ho ringraziata, come dovevo, per il suo aiuto bibliografico quanto all'Umanesimo. Mi è stato preziosissimi [sic] i lavori di Campana e del Kristeller, pubblicati intorno al 1949, me li ero messi sul tavolo; ma quelli del Dionisotti non ho potuto procurarmeli. Per la mia conferen1.a mi sono contentato di un bagaglio modestissimo. Avrò da parlare sugli Umanesimi ginevrini del 1949, o meglio: ho scelto io per sciocchezza questo soggetto per protestare un poco; parlerò di Karl Barth, o di Jaspers, di Henri Lefebvre, e del père Maydieu e poi di quella discussione ollandese fra Locher, Romein e Geyl sulla Oberwindung des europaozentrischen Geschichtsbildes23". La sola gioia che ho avuto in tutte queste letture, era l'incontro con Garin. L'ho letto per la prima volta in intero - parlo del libro tradotto da Zamboni - prima lo conoscevo soltanto dalle sue introduzioni alle raccolte di testi e di articoli separati. L,edizione italiana di quel libro non è arrivata a Basilea, almeno nelle mie mani, ora mi ho comandato tutto dal libraio secondo le Sue indicazioni; così mi sono accontentato della traduzione del Zamboni e ho ammirato Garin di tutto cuore. Fra le sciocchezze con le quali ho passato l'estate si trovano anche le bozze di un'edizione a bassissi-
Th.J.G. LocnER, Die Obc:nvi11dm1g dt$ c11ropiioze11trisc/rm Gt'$cl1icl11sbildes, Wiesbaden 1954. m
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mo prezzo dell'Erasmo di Huizinga. Schwabe mi ha venduto a quel Rororo, ed io ho trovato meglio correggere che di non correggere. Mi pare che quello che si dovrebbe mettere cenere sul capo sono io, e non Lei. Lei almeno pubblicherà una bella edizione italiana di \.Veltgeschichtliche Betrachtungen con un,introduzione dalla quale imparerò molto di nuovo. Ma io non ho fatto altro per Burckhardt che riunire qualche centinaio di cedole, coperte di note dalla lettura. Almeno sono arrivato fino all'anno 1875. La questione sarebbe di sapere chi soprawivrà raltro: io alla mia biografia terminata, o forse il mio Burckhardt, arrivato alla bella sua età di quarant'anni e soprawivendo così il suo biografo. Per essere completa, questa lettera dovrebbe contenere ancora un ringraziamento per i due rendiconti Suoi, mandatimi già da tanto tempo - dai «studi valdesi» e sul TenentPJ 5 - ma non ho potuto studiare ancora - ci vuole uno studio, non una lettura - come lo meritano. Spero che il momento propizio ci venga tosto e intanto ammiro la Sua stanchezza, piena di attività di lottare e di critico. Su questo campo, la scienza del nostro tempo rassomiglia al vecchio Leonardo: è un universo di abbozzi e di note, tutte le meraviglie del mondo ci sono dentro, eppure tutto rimane nell'alto stile del «non-finito». Lei vede che sto leggendo il libro del mio collega Gantner sulle visioni di Leonardo2J6, uscito qualche mese fa e contenendo una monografia sulridea del diluvio e della fine del mondo nelropera di Leonardo. Mi pare il migliore di tutti i libri del Gantner e sarei curioso di sapere che cose Lei ne pensa. Il Gantner rimane nel campo puramente leonardesco ma artistico. Sono sicuro che Lei ci troverebbe qualcosa di più: ma mi sa che solo Lei potrebbe interpretare il fenomeno nell'insieme delratmosfera milanese e lombarda fra il 1495 e il 1525. È un libro malinconico come pochi. Le 500 pagine del Jaspers sulla bomba atomica, che ho lette, mi paiono un affare piacevole in comparazione. Mi scusi, se Le ho fatto leggere tante pagine. Spero che la continuazione si faccia a viva voce e tra poco. Intanto resto coi migliori saluti, anche alla Signora Emma, il Suo affezionatissimo Werner Kaegi
J}\ D. CANTJMORJ, Studi di stori,1 ,le/I,, Riformfl e clcll'crc.-si" in lt,di,1 e struli srllla storia ,le/I,, vitfl religiosa nella prim" mc:ltl ,ltl 500, «Bollettino ddla soc:ietà di studi ,·aldesi», Gcnèw 1957, pp.340-51; lo., ree. a A. TF.NE~"T1, Il scuso ,Id/a morte: e: l'amore.· cldl,, ,·itfl ,re:/ Ri11flscime1110, «Ri\'ista Storica Italiana», 70, 1958, pp. 139-52, or.i in Stucli cli stori,1, pp. 437-54. >)4 J. GANTNER, Visioueu ,·011 cleu Si11tfl11t 1111,I l'Om U11tc:r~,111g ,lcr Welt, Bcrn 1958.
24i
Mia moglie parte domani e La saluta di cuore.
203. Delio Cantimori a Werner Kaegi Parigi, 29 settembre 1958
Carissimo amico, grazie della Sua, che ho ricevuto quasi alla vigilia della partenza per questa pur bella città - mentre mi trovato [trovavo?) a Fiesole, nella villa Bencistà dove andava a riposare Pasquali: perché la stanchezza che speravo domare fino a Parigi e curare a Ronchi è scoppiata improvvisa, e dal 16 al 27 (con l'eccezione del 26 a Firenze con la signorina Bing che ringrazia dei saluti e contraccambia) sono stato a dormire e a guardare il panorama. A Parigi sono venuto perché i francesi sono stati molto gentili e pazienti e non me la son sentita di usar loro scortesia. Poi, cambiare un po, d,aria è stato anche un riposo. Ripartirò di qui il 4 sera; credo che andrò a Firenze direttamente, dove mi aspetterà mia moglie. Ma se per caso non ci fosse altro modo (cioè se Lei dovesse ripartire troppo presto per Basilea, mi fermerei lì per un giorno, scendendo a Massa o a Viareggio, insomma dove si fermasse il treno; e ripartendo per Firenze il sci sera. Se invece Lei rimane a Ronchi ancora qualche giorno, p. es. fino al 14 o altro (il 15 ho esami), veniamo insieme dalla mattina alla sera a fare loro visita. Lei non pensa a una visitina a Firenze? Le chiedo scusa di queste complicazioni; ma quella piccola crisi di stanchezza e di esaurimento (principiis obsta) non mi ha permesso la vacanza a Massa o Marina di Massa e mi ha costretto (contro voglia e con maggior spesa) a prenderla a Fiesole. Dunque aspetto che Lei mi dica fino a che giorno starà a Ronchi. Attendo dunque una Sua risposta; l,indirizzo è: Chambre 5, Maison internationale, Cité univesitaire, 21 Boulevard Jourdan, Paris XIV (la mattina del 4 la lascerò e porterò il bagaglio alla stazione). Mi scusi carissimo amico se non rispondo alla sua completamente, ma sono qua a fare esercizio di lingua francese, pieno di terrore per doverne parlare di eretici davanti a un grande di Spagna (ma spero che mi disprezzerà e non mi ascolterà: invece spero che starò col caro Meylan!) Un affettuoso saluto, molti auguri alla Signora e arrivederci presto, dal Suo Delio Cantimori 248
204. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basilea. 3 ottobre 1958
Carissimo amico, ieri sera arrivò la Sua cara lettera qui, ma domani Lei lascerà Parigi; scrivo dunque a Firenze e La ringrazio di cuore della Sua cara lettera. Spero rimanere qui, se mai il tempo lo permette, fino al 14 o al 16, e mi rallegro di cuore di vederla presto, sia qui a Ronchi, sia a Viareggio o a Massa, dove Le conviene meglio. Penso che potremo venire a cercarla sia a Roma, sia a Viareggio, se Le conviene; scelga Lei il giorno e mi scriva dove posso aspettarli, Lei e la Signora Emma, con grande piacere. Sono arrivato il martedì sera per la Cisa; poi mentre pioveva ho dormito due giorni e due notti ed ora comincio a risentirmi più o meno vivo. Mia moglie, che sta qui da più di dieci giorni, aveva un tempo pericoloso in principio, ma comincia a sentirsi meglio; ma il suo equilibrio è sempre labilissimo. Abbiamo passato qualche buona ora vicino al mare. Ma mi pare che soffra molto più degli altri anni. Il pericolo di attacchi forti, sia del cuore, sia del diabete, sia delr eresipela, è sempre imminente ma anche Lei si rallegra di cuore di vederla presto e Le manda i suoi saluti. Aspetto una Sua notizia Per me, ogni giorno va benissimo. E resto con mille saluti affettuosi sempre il Suo Werner Kaegi PS. Mia moglie mi dice che Zamboni aveva detto a Basilea di voler vederci insieme a Lei a Ronchi. Lascio a Lei la decisione se vuole dargli una telefonata per combinare qualcosa o se preferisce venire solo con la Signora Emma. Ci rallegriamo per ognuna delle sue soluzioni.
205. Delio Cantimori a Werner Kaegi 7 ottobre 1958
Carissimo amico, grazie della Sua. Sono tornato dal viaggio stanco, ma contento, perché è stata la prima volta che ho apprezzato Parigi come città. Siamo spiacenti delle notizie della Signora Adricnne - ma le farà bene il clima umido, umidissimo, di Ronchi? Ad ogni modo speriamo 249
di rivederla presto: sarà per Domenica prossima, perché purtroppo mia moglie è legata alla Scuola, e non ha altro giorno libero. Le scriverò in tempo per dirle se scenderemo a Viareggio o al Forte o a Massa-Marina, non ho avuto tempo di consultare gli orari, ma voglio risponderle subito: e rigraziarla del • J. H.\Stings Nichols, New York 1943. m U. \'OS BAI.TIIASAR, Kosmisclre Liturgit·: ,lcis \Vdtbiucl ~'011 Mc1.'l':i1m,s dc:rs Bekemrer, Einsideln 1961. >;ammirazione per il vecchio Buisson. Cercherò domani in biblioteca il vecchio Scheuer-Kestner, cioè i suoi ricordi: Grazie dell,indicazione. Ho letto le memorie delramico del Gregorovius, V. Schack, ma sono molto, troppo, magisteriali. Auguro a tutti noi che tu ti decida a fare la nuova commemorazione castelloniana! Amici giovani italiani di Parigi mi dicono che Kot sta diventando completamente cieco, ma che si sforza di lavorare ancora; un tale da Leyden mi scrive invece che Becker181 lavora e sta abbastanza bene, ma la moglie è stata molto ammalata. Neppure a loro ho scritto; spero di poterlo fare fra qualche giorno. Ma ora basta: e ti chiedo scusa se ti ho stancato. Ti mando insieme a questa (che spedisco per espresso), ma a parte, alcuni estratti, quello sul Huizinga è uscito sulla rivista nuova di studi storicP 81 (differente da quella dei comunisti, intitolata appunto Studi Storici) diretta da Saitta e intitolata Critica Storica; avevo promesso e iniziato la collaborazione benché non approvassi il programma (braudeliano febvriano), ma questo sarà l unico articolo mio ivi pubblicato. Perdonami del silenzio; io non ho proprio nulla da dire a mia scusa. Almeno una parola di saluto potevo mandarla. Ma questo turbine di lavoro che mi ha tenuto in piedi, mi ha fatto anche un po perdere la testa e la memoria e il senso dei doveri verso gli amici. Un affettuoso saluto, anche dalla moglie a anche per la Signora Adrienne, dal sempre tuo Delio Cantimori P.S. Ho anche accettato di far parte, assieme a Garin e a Roberto Ridolfi, del comitato direttivo della nuova serie della rivista di Luigi Russo, Belfagor, ora pubblicata da Olschki. Bisogna pure far sì che certe voci non si spengano ... Ma è pur triste essere epigoni, anche se senza illusione, e con qualche attività. 1
1
:s, Bruno Becker (1885-1968), studioso di Castdlio, ne scopri ed editò due manoscritti, pubblicati poi nell'opera~ l1c:rt:1icis 11011 p1mie11di, Genève 1971. m Recensione a J. Hu1z1NGA, Holliiudisclrc K11lt11r im Siebzelmten J,1lrrl11111tlc:rt. Hiuc Skizu. «Critica storica•, 1, 1962, pp. 70-5, ripubblicato come Pn:fi1zio11c in J. Hu1z1NG,\, I.a ci,riltà ol,mcl,'$.C del Sciwito, Torino 1967.
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268. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basilea, 3 giugno 1962
Carissimo amico, una lettera come quest'ultima tua - ma come tutte le tue lettere - è un vero regalo di Natale. Grazie mille! Ma mi dispiace che io ti abbia fatto perdere tanto tempo. Per tranquillizzarmi anche una cartolina postale avrebbe fatto il bisogno: ma tanto più sono commosso e felice di aver tutte queste notizie preziose in dettaglio! Dalla lettera non potevo indovinare cosa ti era successo col manuale. Ieri venivano gli estratti. Li ho sorvolati, prima di andare al funerale del nostro anglista Henry Ltidekc - il quale ha scritto un,ottima storia della letteratura americana, uscita pochi anni fa -, tornando poi, ho letto tutto tranquillamente, così che il racconto tuo passionante [sic] di quelle due ore antelucane ha potuto sviluppare tutto il suo effetto sulla mia povera immaginazione. Ma appena ebbi capito, mi sono sentito crescere un fuoco d,ammirazione. Prima pareva sorpresa solo e stupore; ma l,accento di ammirazione sincera e molto spontanea si è sempre più fortificato; ed ora, dopo 24 ore, sono sicuro che questa rimarrà rimpressione definitiva. Penso che quelle ore antelucane faranno un capitolo nella storia delle storiografia italiana: senza scherzi, sul serio! Mi dispiace per il manoscritto perduto. Pensavo di studiare questo tuo manuale con attenzione; e ne ero molto curioso (mi dispiace soprattutto per il momento che la veneratissima Emma ha dovuto passare quella mattina}. Ma quando hai parlato di questa impresa a Ricavo, ho dovuto sopprimere qualche frase - non ironica - ma d,inquietudinc profonda. Eri in mezzo al lavoro e non volevo disturbare con quel genere di osservazioni che avevo sulle labbra. Ed ora, quello che non potrei chiamare crisi, ma piuttosto catarsi è venuta in una maniera così decisiva, che non mi dispiace di essermi taciuto. In un affare simile, discussioni immature purtroppo non aiutano, ma guastano forse un processo necessario. Ho rimpressione di parlare in una maniera molto ridicola. Ma devo pure dire quello che sento, almeno ora, perché il dolore di quello che è successo non sia troppo forte. Ho ),idea che forse tu un bel giorno tornerai a questo capitolo della tua autobiografia, e ne parlerai un,altra volta, con più calma e con motivazione più ampia. Ho riletto la tua lettera e vorrei ringraziarti ancora per tutto questo bel racconto degli ultimi mesi, tanto agitati, tanto pieni di sforzi magnifici. T,invidio un po, per quel viaggio in Scozia cd anche per i 319
soggiorni a Napoli o a Roma. Io sto sempre chiuso in questa Basilea freddissima, ma contento nel lavoro e non troppo infelice nella riduzione del numero delle ore di lavoro causata dai resti della malattia. Forse tutto rimane così per il resto della mia vita; forse la mia illusione nel fare certi progressi lentissimi di guarigione non è un,illusione. Pazienza! Il ritmo tranquillo della mia vita attuale ha la sua belkaa. Non vorrei lamentarmi. Una parola sulla signorina Menchi: qui ha lasciato una fama leggendaria di lavoratrice come non si è visto mai. Era veramente una vita ascetica che faceva, che tutti ammiravano. Non sono soltanto le voci della comunità della signorina Capo), ma è mia moglie stessa che m,incarica di dirti, che non troverai mai una ragazza pit1 concentrata, più dedita al lavoro e alla tue idee ispiratrici come questa ottima Menchi. Vorrei ringraziarti ancora per la bella recensione del Huizinga, testo tanto sostanziale, che ho letto con molta gioia! Grazie tanto anche per le notizie sul Kot, sul Becker. Spero di riprendere il contatto con l,ultimo. Vorrei avere venfanni di meno per poter fare qualche cosa di serio per Castellio. Tutto rimane da fare. Ed ho un po, di vergogna, pensando al debito che i basilesi hanno ancora davanti a quella memoria. Vive ancora il Bainton? Non ho più notizie sue da tanto tempo. Sai, che la casa, dove morì Castellio e dove scrisse il «De arte dubitandi» si trova nella Steinenvorstadt n. 26? dunque, il posto più malfamato della Basilea attuale, almeno quanto alla Basilea a sinistra del Reno, la destra è peggio. Ma forse questo non deve impedire la tavola commemorativa, se il proprietario della casa è d,accordo. A quanto io sappia, non si conosce il numero della casa alla St. Albanvorstadt che abitava. Tu ne sai qualcosa? Mia moglie? La saluta di cuore, come anche la Signora Emma. Pensiamo molto ai suoi dolori artritici e rammiriamo molto per questo lavoro inconcusso per Gregorovius o per Adam Smith! Ti prego di scusare questo come lunghe chiacchiere e di credere all'affetto vecchio e sincero del sempre tuo Werner Kaegi
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269. Delio Cantimori a Werner Kaegi 20
giugno
1962
Carissimo amico, grazie della tua del 3 giugno! Poi sono venuti gli esami, le riunioni di facoltà, e tutti gli altri amminnicoli; così ho ritardato ancora la risposta. Ma prima devo annunciarti una novità, che è divertente e insieme malinconica: l'anno prossimo, cioè il prossimo autunno, in novembre credo, la Facoltà passerà dalla veneranda Piazza di San Marco in Via degli Alfani in un edificio nuovo ma brutto e neppur comodo e spazioso; preferisco le riverite stalle e i fienili dei Granduchi alle gabbie del nuovo edificio. Ma ad ogni modo, faranno festeggiamenti e celebrazioni. Si pensa che gli ospiti d'onore delle altre facoltà europee, dalla Svizzera come da più lontano, accetteranno l'invito e onoreranno la «casa nova» della Facoltà di lettere con la loro ambita presenza; e specialmente quelli che furono già, per molti anni o per un anno, studenti dell'Istituto di Studi superiore del quale la Facoltà di lettere e filosofia è la naturale continuatrice. Così speriamo di rivederti in Firenze: e vedrai che non merito proprio le tue nuove parole a proposito della distruzione del manuale. A volte, penso che si tratti di follia. D'altra parte, un po' di follia ci vuole: questo mia moglie non lo vuole ammettere, Lei che è la saggezza in persona. Ma lo diceva anche Machiavelli (e per cose ben pii1 importanti che un manuale!) che un po' di follia è necessaria se non si vuole perdere del tutto se stessi; solo che mi meraviglio ancora come mi venne all'improwiso quella rabbia. Tu sei quello che ha preso la notizia nel modo che avrei voluto fosse presa (non per l'ammirazione, ma per la approvazione) per lo meno dai giovani. Ma sembra che siamo più giovani noi, di questi nuovissimi, tanto bravi, ma tanto, troppo savi. Intanto, grazie di cuore per le tue parole! Speriamo, l'Emma e io, che il ritorno così regolare e tranquillo della tua vita ci porti lentamente e sicuramente a un miglioramento. Grazie di quanto mi hai scritto, e grazie anche alla Signora Adrienne: le ho copiate, e se mi permetti, meno le parole delle mie idee, le vorrei far conoscere alla Sig.ra Menchi, quando viene scoraggiata dalle migliaia di lettere del carteggio Villari. Spero che sia forte per continuare così; anche mia moglie la stima, e la difende quando sono troppo, dice, severo. Certo che qui la Menchi ha bisogno di più fatica e di più sforli: non ha un ambiente affettuoso e simpatico come quello creato dalla Sig.ra Capol. Tanto nelle cose che nelle persone; e a Roma anche meno che a Firenze, poiché qui, a Firenze, ha qualche amicizia. Speriamo bene! 321
Ho voglia di mettermi a razzolare un po• per fare anch•io qualche cosa sul Castellione; ma non so da che parte cominciare. Intanto vorrei scrivere anch•io al Becker. Non sapevo che la casa dove Castellio morì era nota; e che esiste ancora. Quanto alla parte malfamata della città, per un cardinale ci sarebbe da aver riguardo, o per un Calvino - ma per un umanista ed eretico evangelistico, - che son sempre stati fra i poveri e malfamati, va molto bene! Non so proprio nulla di più di quello che sa Buisson. Forse Roland Bainton (che è vivo e attivo, mi han detto amici americani) lo saprà; ha tante notizie~ Qui c,è un giovane John Tedeschi, teologo, che mi dice come in America non riescono a pubblicare un volume miscellaneo in onore del Bainton! Grazie ancora - e tanti auguri di cuore per il tuo cuore e per il tuo lavoro e per la signora Adrienne anche da mia moglie. Tuo aff. mo Delio Cantimori
270. Delio Cantimori a Werner Kaegi Firenze,
23
giugno
1962
Carissimo amico, ti mando alcune nuove lettere di A. Gramsci; cioè, lettere recentemente trovate, o, forse, solo oggi, non so per quale ragione, messe a disposizione del pubblico: 8-'. Forse prima non si volevan far conoscere? Non ne so nulla, come non si sa nulla di quella bella Julka, e dei suoi figliuoli. Le lettere mi sembrano molto, ma molto belle. Spero che ti piaceranno. È una lettura triste, ma non deprimente. Un affettuoso saluto dal tuo Delio Cantimori
Si lr.itta delle seguenti lettere di Gramsci: su teRinascita•, 26 maggio 1962, pp. 15,8; ibicl., 19 maggio 1962, pp. 18-20; ibid., 12 maggio 1962, pp. 17-20; ibid., 5 maggio 1962, pp. 17-20. 2ll)
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271. Delio Cantimori a Werner Kaegi Firenze. 1 luglio 1962
Carissimo amico, ti scrivo solo due righe: apprendo ora dai giovinotti che lavorano con Giulio Einaudi, reditore, e che sono miei antichi studenti pisani, un loro abuso. Ti hanno scritto a nome mio, mentre non erano autorizzati; e ti hanno fatto fretta, certamente (si decidono sempre alrultimo, e hanno sempre fretta). Se mi avessero interpellato avrei detto loro che hai molto da fare, e che non sta bene sollecitare uno studioso come te, nella maniera che presumo abbiano fatto. Se invece ti hanno scritto in maniera che ti sia piaciuta, sono contento: ma non è merito mio. Un affettuoso saluto da tuo aff. mo Delio Cantimori
272. Werner Kaegi a Delio Cantimori Basil~a.
12
luglio 1962
Carissimo amico, ho vergogna di scrivere alrultimo momento prima di partire. Avevamo rintenzione di lasciare Basilea soltanto sabato; ora hanno deciso di partire domani venerdì tredici! da buoni cristiani che non sono superstiziosi. Ma quella lunga lettera che volevo scriverti domani mattina ora diventa brevissima. Avrei dovuto dirti già da qualche giorno che «quei giovani della casa Einaudi» non mi hanno scritto niente. Non so dunque realmente di cosa si tratti; grazie per il tuo gentile pensiero, che sarà stato certamente in favore mio. Venerdì passato ho fatto l'ultima lezione e il giorno prima rultimo seminario. Sono uscito dalruniversità con quella soddisfazione, che si ha sempre, quando si è l'ultimo dei professori; alcuni erano andati in vacanza già dieci giorni prima. lo ero felicissimo di vedere il bidello pronto a chiudere la porta dietro di me. eultimo lavoro nel seminario era di buona qualità. Un nipote di Paul Burckhardt, un certo Bearth, aveva fatto uno studio sul francese del Castellio nella sua bibbia e benché due tre studi di questo genere sono stati fatti da altri, egli ha trovato in maniera - come mi pare - sicura, che Calvino, rivedendo il 323
nuovo Testamento delrOlivetano per i»edizione del 1560 ha accettato e copiato in molti luoghi respressione del Castellio, lasciando cadere quella dell'Olivetano, ma dicendo poi nella prefazione che Castellio era il più famoso strumento del diavolo! Grazie per quelle magnifiche lettere del Gramsci che prendo con me in vacanza per leggere tranquillamente e grazie per le tue lettere, la carta del 1° luglio e la lunga del 20 giugno che mi ha fatto molto bene. Ti spedisco il libretto uscito in questi giorni che corrisponde più o meno al secondo capitolo del quarto volume; l'editore, il Matheson, mi ha chiesto un testo per una delle sue ultime pubblicazioni e non avevo altro. Ora ho vergogna, di aver dato un testo così noioso per un lavoro tipografico così bello. Abbiamo l'intenzione di passare un mese nel Vallese e di tornare verso la fine di agosto a Basilea. Il nostro indirizzo sarebbe: Chalet Bovin, Mayens d, Arbaz sur Sion, Valois. Sarei molto felice di avere una parola tua lassù. Per il momento andiamo noi quattro, mia moglie, Balthasar, la dottoressa Kutter, con una seconda macchina la signorina Capol e la signorina Widmer. Ma verranno ancora altri. Alcuni con una tenda di otto persone. Saremo una specie di colonia in due piccole case; somma totale come sento in questo momento solo, giuocando con il Jazz con mia moglie dopo cena - 15 o 16 persone! Con mille auguri per le tue vacanze, e per quelle della signora Emma, sono sempre il tuo Werner Kaegi PS. Se il mio cuore continua a comportarsi così civilmente come fa in questo ultimo tempo, sarebbe un gran piacere rivedere Firenze nell'ottobre 1963! Speriamo!
273. Delio Cantimori a Werner Kaegi 1
agosto
1962
Carissimo amico, Le volevo rispondere come si deve alla Sua bella e cara lettera scritta prima di partire per il ben meritato riposo e per ringraziarla del Suo bellissimo «capitolo» della vita di Burckhardt. La notizia della morte della Sign.a Probst, inviatami dalla gentilissima sig. ra Capol, mi ha stupito: pensi che amici comuni italiani mi avevano detto che era morta già qualche anno fa: prima che io 32-1
venissi a Basilea per quella solenne occasione. Grazie del buon ricordo Suo! Ma ora vedo che il tempo è passato, e devo risponderle per quel che riguarda i giovanissimi einaudiani. Questi, per la collezione dove usciranno gli Antibarbari e gli altri scritti erasmiani preparati dalla Sig.ra Menchi, hanno pronta la traduzione del Rubens di Burckhardt; e mi avevano scritto di averle scritto anche a nome mio (ma senza previa autorizzazione) pregandola di fare lei la presentazione breve, di poche pagine; io li avevo rimproverati perché avevano usato il mio nome senza autorizzazione. Non so se poi ha ricevuto la loro lettera (firmata: o D. Ponchiroli, o G. Einaudi, o. G. Bollati, o R. $olmi). Se lei ha voglia e tempo, sarebbe un gran piacere per tutti noi - e un onore. La collezione non è più quella solenne progettata prima; saranno volumi piccoli, tipo «Kroner», ma non così fitti; le opere lunghe si metteranno in più volumi: Per es. di Huizinga in questa piccola si metterà Im Schatten von Morgen, con l'introduzione mia 214 ; delle altre opere si farà una edizione in altre collezioni (una scelta, ma sempre con l'introduzione mia). Di Erasmo si faranno tre volumetti. Ma di questo Le riparlerò. Ora volevo soltanto chiarirle il «fatto» einaudiano; non voglio darle troppo fastidio mentre Lei è in riposo. Sono piuttosto turbato, come sarà lei, della morte prematura del nostro caro amico J. Romein; gli avevo mandato un saluto e alcuni estratti da Edinburgo, perché erano rimasti con me invece di essere impostati a Firenze. Ora penso di scriverne. Ma sono un po' stanco, e qui fa molto caldo. Un carissimo saluto anche alla Signora e per Padre von Balthasar, dal Suo Delio Cantimori 1. agosto 1962 (festa elvetica!) PS. e unisco dei francobolli di San Marino che forse piaceranno a qualche bambino
JAt
D.
CA:/1.'"I'IMORI,
Nelle: ombre: cfd ,iommri, in J.
Torino 1962, pp. \'li-XXXII.
325
HUIZINGA, fo
crisi ,lei/a civilM,
27 4. Delio Cantimori a Werner Kaegi Firenze,
23
agosto
1962
Carissimo amico, sì, la tua ultima lettera fu da Basilea; poi ebbi dalle vostre montagne un biglietto della signorina Capol, con il ritaglio per la morte della signorina Probst. lo ti ho scritto una lettera all,indirizzo della montagna, dopo la scomparsa di Romein, sul quale vorrei scrivere qualche cosa. Sono molto contento, siamo molto contenti, l'Emma e io, e anche la Sig.ra Menchi, delle buone notizie della tua salute e di quella della signora Adrienne. Io sono molto contento che tu abbia accettato l'invito di Einaudi: tu scriverai quante pagine vorrai, e noi (mia moglie ed io) le tradurremo: 3-4, o più, come vorrai: penso che quattro andrebbero bene, ma certo sarebbero lieti se tu volessi di più. Hanno grande elasticità per le prefazioni, in quella collezione: ne ammettono di lunghe e di brevissime. Sono contentissimo di avere avuto torto nel mio timore di darti fastidio. Ti scriverà e cercherà il bravo ma noioso Francesco C. Rossi, direttore della rivista Itinerari, dove scrivo lettere storiografiche. Non è mio amico, né è nemico; è scolaro di G. Falco e F. Venturi, e credo che si prepari, lentamente, a un,attività politica, in senso (ipotesi mia) socialdemocratico. Non so bene che mestiere faccia, certo non è nella vita universitaria; io scrivo nella sua rivista perché è l,unico posto dove posso divertirmi e sbizzarrirmi, levandomi gli umori cattivi con questo sistema. Noi siamo stanchi, ma abbiamo passato rapidamente qualche momento di depressione intorno al 15, dovuto al caldo. Il 19 siamo stati in una villa vicino a Firenze, Volognano, antico castello ghibellino, ora proprietà degli eredi di Alessandro D, Ancona, che ci aveva la sua «biblioteca di campagna». Il 20 e 21 a Cesena, dove io sono in una commissione per nominare il Bibliotecario della celebre Malatestiana, che certo avrai veduto. Una cosa da far pensare, a riflettere che fra gli ultimi bibliotecari della Malatestiana c,è stato un tipo come quel finissimo critico e letterato Renato Serra! Le vacanze, le passiamo così: Villa Emmelina, gite nelle vicinanze; in settembre rEmma va a Ischia. Io starò qui: ricominceranno le riunioni. Ben tornati a Basilea! Un affettuoso saluto dal tuo Delio Cantimori P.S. Spero che anche questi francobolli divertano qualche altro bambino! 326
275. Delio Cantimori a Werner Kaegi 11
febbraio 1963
Carissimo amico, mi accorgo con terrore che non ti ho ancora ringraziato della bella e interessante opera del tuo collega Bonjour, ricevuta in due copie 28 s. Questa è solo per ringraziarti e per chiedere scusa del ritardo. Dal 30 novembre sono praticamente sempre stato fuori Firenze: Roma, Trento, di nuovo Roma, senza requie. A Roma per giudicare su 23 concorrenti, dei quali metà meritevoli di successo, solo tre nuovi professori di storia, perché solo tre ne potevamo proporre. Primo è un mio scolaro che tu pure conosci: Marino Berengo, che ora è alrarchivio di Stato, Venezia, ma che col 1963 novembre coprirà la cattedra che fu di Chabod, a Milano. Ti chiedo scusa se non ti rispondo a tono alla tua. Fra qualche giorno spero di poter rispondere e dirti chi ha avuto la seconda copia del Bonjour. Intanto, Buon Anno Nuovo a te, e a tutta la gente di Milnsterplatz 4. Affettuosamente il tuo Delio Cantimori
276. Delio Cantimori a Werner Kaegi 14-15 luglio 1963
Carissimo amico, con vergogna e con notevole imbarazzo comincio questa volta a scriverti: perché, non ostante il tempo trascorso, non ostante la stanchezza, le preoccupazioni di famiglia (mio padre compierà gli ottantacinque anni fra una settimana, lo speriamo: ma se ci arriva, - e questi vecchi ci tengono agli anniversari. Nei nostri paesi di pianura intorno a Ravenna - ci arriva in un letto di paralitico arteriosclerotico; mia madre ha ottanta anni, non vuole lasciare il paese) - non ostante tutte queste cose, ricordo vagamente che dovevo continuare la mia vita di allora, dovevo rispondere ad alcune tue osservazioni, dovevo darti notizie della destinazione del libro
~ probabilmente E. BoNJOUR, R. FELLER, Gt"$d1ic/1IS$c/m:ib1111g cler Sclrweiz ,'Om Spiitmittc/11/ter zr,r Neuzeit, Basel 1962. 11
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(seconda copia) del Bonjour. Per lo meno. Quando mi mandasti il libro piccolo di mano della Dott. Widmer, volevo mandarti per lo meno una cartolina dal paese di nascita, dove sono i miei genitori: rospedale cittadino (non c,è altro luogo dove vogliono andare) ha come nucleo centrale quella parte, ancora inutilizzata, della «rocca» o castello che Gastone de Faix lasciò in piedi dopo il sacco del luogo fortificato. Ora è una cittadina con qualche ricordo, con una (fra gli archeologi pare molto nota, per la sua ecce-lionale vastità ed estensione) traccia di pavimentazione di villa romana del primo impero, con memorie papaline e risorgimentali, ma soprattutto ricca di industria nuova (frutta, pollame conservati, di gente nuova, meridionali del nostro meridione); la strada del cimitero, una volta solitaria fra i campi di grano, ora è «festosa» (che brutta festa!) di villette moderne; la strada che dalla stazione porta al paese non ha più i platani e i tigli e gli ippocastani che ci aveva fatto mettere uno dei cittadini di Russi, ministro di quella pur modestissima e sensata Italia unita che sembrava così sciagurata «grande nazione!» al nostro Burckhardt: quei platani quegli ippocastani e quei tigli che chiudevano e separavano dalla strada di «grande»! comunicazione un viale per il passeggio - ora sono fastidiosi per il traffico: ed è tutto sole, polvere bianca, cattivo odore di benzina, di metano (butan, credo che sia il termine più generale in Europa); sulla antica via dei pellegrini che andavano a Ronca presso Ravenna (Russi allora non esisteva, era palude a 15 chilometri da Ravenna), sulla via Romea, quando imparavo il latino, c'era la strada, ma c'erano campi, cespugli di tamerici (Myricae: arbusta juvant, humilesque myricae), grano, cicale: ora ci sono serbatoi di metano, torri a graticcio della NATO, «Motel», squallidi giovani militari americani che giocano a carte e bevon cioccolata pieni di malinconia e di sospetto. E tante altre cose ci sono, brutte e anche belle. Ma quando vado lì, come devo, naturalmente, e non di questo sono triste, mi trovo fra gente non antica, ma vecchia - non parlo dei miei genitori -, che viene intorno al figliolo di suo padre, cioè allo sciagurato sottoscritto, e vuole la sua opinione sul Mazzini, sul Cavour, come se fossero ancor vivi, e vuole che il figlio di mio padre parli con un ministro noto, o con un usciere vivo: gente che non vuole essere seppellita con il funerale cristiano e cattolico, ma deposita i suoi beni e il suo testamento in mano dell,arciprete locale. Non la biasimo. Non la biasimo, la descrivo. Soprattutto, te la descrivo affinché tu possa immaginare, tu figlio di alte montagne severe e di seria coscienza, come tutti quei buoni e cari vecchi e vecchie, custodendo me e mia moglie come se fossimo bambini, mi rendesse 328
letteralmente impossibile mandarti anche solo una cartolina («dove vai?», «che cosa vuoi?»; «aspetta», «non si trova la Rocca»; «ci penso io»; «no, ci penso io», etc.). Chiedo dunque scusa a te, e alla sig.ra Dott. Widmer se ancora non vi ho ringraziato del suo lavoro. Ti ringrazio di cuore di avermi scritto; per noi, esami e lauree sono finiti da cinque giorni, ma se non arrivava, carissimo amico, la tua lettera, non trovavo r energia di cominciare. Del resto, forse la confusione (confusione: Venvirrung) di questa ti sarà di sufficiente testimonianza; c,è un modo di dire italiano non molto elegante, che viene non so se dall,arte del cardatore o da quella del parrucchiere: «quando i nodi vengono al pettine ... »: ora mi sembra che all'improvviso tutti, o almeno troppi, nodi vengano al pettine. Nodi di fila private e personali; vite di congiunti delrEmma e miei nodi di fila di lavoro, di ftla di attivisti, di vecchissimi e giovanissimi: un groviglio, un intrico che il pettine della ragione non riesce a dominare e regolare: e i denti del vecchio pettine cominciano a logorarsi, a spezzarsi. Carissimo amico, ti chiedo scusa di tante parole, non è un lamento, non è uno sfogo; è una malinconia che non si può tacere e non si può cominciare a chi è troppo geograficamente vicino - che amico noioso a lamentarsi hai trovato tu in Firenze! Basta di tutto ciò; ma quando uno è stato costretto a stare troppo a lungo nell'acqua della palude, - ne porta con sé, purtroppo, se non ha ereditato la rigorosa asprezza zwingliana o calvinista (dogmatica a parte!), un certo cattivo odore sentimentale. Hai ragione della tua ipotesi: continui viaggi, freddi e caldi (ma non pii1 gelati, come quello trentino di fine 1962}; mi sembrava di esser diventato una qualche cosa come un commesso viaggiatore: Firenze-Pisa-Napoli-Roma-Firenze-Pisa-Roma-Napoli - Per fortuna, a Roma non c'erano «esercitazioni», ma solo ore tranquille di studio nella Biblioteca Vaticana quando non ero in commissioni di concorso etc. D,altra parte: a) le nostre leggi non permettono di rifiutarsi di partecipare a commissioni di concorso (per cattedre universitarie, per libere docenze}; b) preferisco di perdere le energie (poche) che ho ancora, con quei (pochi) giovani che mi cercano e che vogliono lavorare, a Napoli, Pisa, Firenze, piuttosto che con gli illustrissimi e chiarissimi colleghi delle nostre amatissime italiche Facoltà, Istituti, Accademie, e così via. A dire il vero, non so che cosa si possano aspettare i sei giovanotti giovanette di Firenze, i dodici di Pisa, i dieci di Napoli: io so che discutere, perfino di «problemi eterni», con loro mi fa bene e mi ravviva, anche se trascorro giornate intere in parole e notti lunghe in riflessioni inani; mentre con gli altri colleghi, anche per poche ore, il discorso mi lascia stanco, annoia, mortifica. Forse è solo 329
egoismo; ma coi colleghi si parla solo di cattedre, concorsi, congressi, premi etc. con gli altri di Humboldt (Guglielmo), di Giulio II e dei suoi cardinali, di Carlo Marx della «giornata lavorativa». Insomma ... Ci dispiace molto di sapere che la Signora Adrienne non sta molto bene, anzi, pare, ancor meno bene; e che tu non faccia più le tue passeggiate serotine che ricordo così lunghe e belle (1950!) ci preoccupa. Speriamo che il soggiorno nei pressi di Montana vi faccia bene: a voi, e a P. Balthasar (ho scoperto finalmente traduzioni italiane di scritti suoi; troppo poche): grandi e affettuosi auguri! Molte congratulazioni per il tuo gran lavoro e per il successo dei tuoi allievi. Dopo la nomina a vincitore (primo=) del concorso universitario di M. Berengo (del quale forse ti ho scritto), il quale avrà, dalrottobre (anzi, dal 1 novembre prossimo) la sua cattedra a Milano, diventando così successore di Chabod, ho avuto soltanto la discussione di laurea della Dott. Menchi, che voi conoscete: ha avuto il successo che meritava, ma solo dopo una discussione di circa due ore con E. Garin e E. Ragionieri: non aspettavamo che ci fosse tanta insofièrenza di Garin contro chi non ammira il Villari, o tanto pedanteria nel Ragionieri. Mia moglie, che era venuta eccezionalmente a sentire assistendo alla pubblica discussione, era scandalizzata soprattutto per il secondo, e soddisfatta che la Menchi avesse saputo tener testa vittoriosamente al primo. La vittoria del più vecchio e della più giovane dei miei allievi laureati fiorentini mi ha reso felice: anche perché sono state un po' battaglie di idee e di metodi, condotte insieme dal professore e dagli allievi. Ma per il resto, tutto ha continuato a «segnare» o «marcare il passo», come si diceva in termine militare (Piétiner sur piace). Niente altro di importante come il lavoro di H.RGuggisberg (Mi pare di ricordare il nome, ma in questo momento non ricordo la persona), o come il libro della Sig.ra Dott. Widmer (la Dott. Menchi è nominata mia assistente volontaria; ma non è una cosa molto difficile, per me: basta una lettera di nomina; invece per lei ci vogliono molti documenti e certificati; il guadagno suo è solo un titolo e una promessa). In un certo senso, invidio il gusto avventuroso del Bietenholz; non ho visto il suo Pietro della Valle 286 • Ricordo il nome, non la faccia, del sig. WeltP 8 ; - se non lo confondo con un altro. Del resto, il lavoro sugli
116 Pietro cldlc1 V,dlc ( 1586-1652). Stutlicu zur Gesdridrte cicr Oricutclllikts ,md d,·s Oricutbil,les im Abemlla,ulc. Basel 1962. m Manfred Welti ( 1936), dottorando di Kaegi, storico. scrisse Giommri Berdc1rcli110 Bouifacio marclrese d'Olbia im Exil 1557-1597, 1976. Ha scritto anche una biografia
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elementi inglesi della tipografia basileese del Cinquecento mi sembra abbia avuto il vantaggio di poter usufruire di lavori inglesi che sono superiori, per ampiezza e precisione, o anche solo per il fatto della semplice presenza, agli eventuali lavori italiani. Non so se sia vecchiaia nel sentirti contento nelle questioni di Facoltà (successioni di colleghi) o la mia nell'irritazione e collera che mi danno. Forse deriva dali»ambiente e dalla gente. Qui da noi, la cosa importante, oltre che le elezioni dei professori giudici nei prossimi concorsi universitari (non si conoscono ancora i risultati), è stata la successione di Roberto Longhi lo storico dell,arte che è andata a R. Salvini (amico del nostro Zamboni). ~ riuscito (tredici contro dieci) il Salvini. E tutto ciò, era complicato da «occupazioni delle aule» da parte di studenti che volevano una riforma della programmazione dei corsi nella Facoltà di Firenze - cioè qualche permesso per frequentare p. es. storia economica, in «Economia e commercio» facendo riconoscere valida questa frequenza per la nostra burocrazia: con molti colleghi che incoraggiavano gli studenti e annoiavano noi, non solo per la lunghezza dei discorsi, ma anche perché non sapevamo né che volevano loro né quel che volevano gli studenti. Unica soddisfazione. Osservai con poche parole: «questa è demagogia, non democrazia» e il Garin mi dette ragione. Ma poi? Questo che ti scrivo è simbolico e, per così dire, emblematico dei miei ultimi quattro mesi fiorentini: alcuni momenti scelti come «cifra» dei nostri guai. O, se vogliamo esprimerci in termini hegeliani e dialettici: Garin odia la Menchi perché lei è antivillari, la Menchi sospetta e teme e avversa Garin perché troppo devoto al Villari: e l,unità dialettica si ha solo nelramaro riso di fronte alla sciocchezza degli studenti e alla demagogia dei professori. E pensare che i capi degli studenti anarchici sono fra i giovanissimi più intelligenti e scolasticamente preparati. Debbo riconoscerlo nonostante che mi abbiano in parte disturbato le esercitazioni di seminario qui a Firenze (come curiosità ti dico che qui a Firenze in Italiano non chiamerò più «seminario» il mio «seminario»; lo chiamerò ufficialmente «esercitazioni speciali»). L'idea e la parola sono diventate così curiosamente popolari che ogni partito politico, associazione, etc. tiene un (