Yes I know... Pino Daniele tra pazzia e blues. Storia di un Masaniello newpolitano 8820394588, 9788820394585

Dall'infanzia nei vicoli di Napoli ai suoi album, dalla super band alle collaborazioni col gotha della musica mondi

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Italian Pages 200 [193] Year 2020

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Yes I know... Pino Daniele tra pazzia e blues. Storia di un Masaniello newpolitano
 8820394588, 9788820394585

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L’autore e l’editore ringraziano Alex Daniele e la Pino Daniele Trust Onlus per la preziosa collaborazione e per aver condiviso ricordi e aneddoti inediti legati alla vita del “mascalzone latino”.

STORIA DELLA CANZONE ITALIANA I PROTAGONISTI Collana diretta da Ezio Guaitamacchi

Carmine Aymone

Yes I Know... PINO DANIELE Tra pazzia e blues: storia di un Masaniello newpolitano

EDITORE ULRICO HOEPLI MILANO

Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A. 2020 via Hoepli 5, 20121 Milano (Italy) tel. +39 02 864871 – fax +39 02 8052886 e-mail [email protected]

www.hoeplieditore.it Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org. ISBN 978-88-203-9458-5 Ristampa: 4

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2023

Progetto editoriale: Maurizio Vedovati - Servizi editoriali ([email protected]) Foto di copertina e foto aperture di capitolo: Capitoli: 1, 2, 3, 4 e sezione "Insieme": Lino Vairetti Capitoli 5, 6, 7, 9, 10: Dino Borelli Capitolo 8: @gettyimages Revisione impaginati e editing: Andrea Valentini Copertina e impaginazione: Sara Taglialegne Stampa: Grafički zavod Hrvatske d.o.o., Zagreb Printed in Croatia

2024

A Pino Daniele, Rino Zurzolo e Gigi Avolio ...per sempre lazzari felici.

SOMMARIO

IL GENIO di Maurizio de Giovanni

2

NERI A METÀ di Carmine Aymone

3

INSIEME Volti e voci nella storia di Pino Daniele

6

NAPULE È DI MILLE (E UNO) COLORI 1955-1976: l’infanzia tra i vicoli della città

12

IL GUEVARA PINO, MASANIELLO NEWPOLITANO I primi provini. I primi singoli (1976-1979)

30

VAI MO’ VAI… E TUTTA LA TUA VITA SAI DI ESSERE UN NERO A METÀ Il Blues del Delta di Napoli e la nascita della superstar band (1980-1982)

54

MUSICANTE TRA PAZZIA E BLUES, È TUTTA ‘NATA STORIA Salpa il Ferryboat che approda sulle spiagge dell’arab rock mentre tutt’intorno schizzichea ma with love (1983-1990)

72

‘O SCARRAFONE È BELLO A MAMMA SOJA Pino canta l’Italia che cambia, scossa da Tangentopoli, dalla Mafia, dalla nascita della Lega Nord (1991-1999)

90

DALLA MEDINA DI NAPOLI ALLA GRANDE MAMMA AFRICA Lungo le rotte del Mediterraneo (2000-2015)

110

CHITARR’HERO Il grande amore per lo strumento

128

DUE CUORI A METÀ Pino e Massimo: una lunga storia di amicizia

144

PINO NELL’ABBRACCIO DI PIAZZA DEL PLEBISCITO La grande casa del lazzaro felice, dalla consacrazione del 1981 all'ultimo saluto

152

IL RE È MORTO, LUNGA VITA AL RE Pino (ri)vive attraverso suoi inediti, mostre, iniziative culturali e negli omaggi dei colleghi e degli artisti

170

POSTFAZIONE di Peppe Lanzetta

184

Crediti

185

Il genio di Maurizio de Giovanni

C

i si chiede cosa sia il Genio, e il napoletano sorride perché da noi ‘o ggenio è la voglia. Il desiderio di fare qualcosa, in maniera traslata di mettersi in gioco, anche solo di guardarsi attorno e di esprimersi in risposta a quello che ci circonda. Il Genio, in questa assurda dispe-

rata città, in materia di arte è sempre stato l’interpretazione del rinnovamento. In questo senso, un filo rosso unisce Basile e Vico, Di Giacomo e Croce, Marotta e De Filippo: tutta gente che ha annusato l’aria e ha sentito un odore nuovo, che ha raccolto un suono e si è accorta che era ricorrente, che da qualche parte un pensiero sapeva di un altro tempo. E il cambiamento spesso non sa di essere tale, è un’oscura esigenza, quasi un malessere, perché quando si cambia pelle fa male. Pino Daniele ha sentito qualcosa prima degli altri. Ha trovato parole e note sparse, le ha prese dal vento che arrivava dall’Africa e dalle melodie americane lasciate prima di andar via, dalle canzoni antiche e dalla rabbia dei vicoli del centro. Ha messo tutto questo in bocca, ha masticato piano, gli occhi stretti per capire se il sapore gli piaceva o no; poi ha inghiottito e la digestione ha sedimentato qualcosa che era nell’aria e che, tuttavia, era diventato solo suo. Il Genio, d’altronde, è questo: il riconoscimento del cambiamento. La voce nuova, lo spirito del tempo e del luogo. Solo che quando il luogo è questo, uno scuro pentolone in cui ribollono i sentimenti e le passioni mescolati in segrete percentuali, il cambiamento è più difficile da reperire e da fissare. Noi, tutti noi, possiamo solo essere grati che ci sia stato concesso di ascoltare il meraviglioso frutto di quella complicata digestione.

Neri a metà di Carmine Aymone

C

onosco Pino da sempre. Sono cresciuto con la sua musica e come lui, con il rock, il blues e i classici della mia/nostra terra, con i film di Totò e Peppino, di Nino Taranto e Tina Pica, di Sofia Loren e Anna

Magnani, con il teatro di Scarpetta, di Viviani e dei De Filippo, con gli scritti di Eduardo Scarfoglio e di Matilde Serao, con i versi di Libero Bovio e di Salvatore Di Giacomo, amando Massimo Troisi ed Eric Clapton, Miles Davis e Jimi Hendrix, Aja degli Steely Dan e La gatta Cenerentola di Roberto De Simone. Convinto come lui che ‘a bella ‘mbriana esiste e che ‘o presepe non può non piacere, come Luca Cupiello nel capolavoro di Eduardo docet. Ho incontrato di persona Pino la prima volta nel 1981, nello storico concerto del 19 settembre in

piazza del Plebiscito, quando più di 200.000 neri a metà, nel giorno del santo patrono Gennaro, esorcizzarono la paura del terremoto del 23 novembre dell’anno prima, cantando Yes I Know My Way: avevo 11 anni, ero un “piccolo lazzaro felice”. Nel tempo tra noi è nata un’affettuosa conoscenza. Ho avuto il piacere e il privilegio di incontrarlo e intervistarlo tante volte, dal 1989 fino a un mese prima della sua scomparsa, per tutte le testate con cui ho lavorato (quotidiani, mensili, bimestrali, TV, radio, giornali online…). C’ero, tra il pubblico, nei backstage, sul palco, ad alcuni dei suoi concerti più significativi. A tutte le sue performance in piazza del Plebiscito. Alla Mostra d’Oltremare nel 1984 (dove registrò una parte del suo primo disco dal vivo Sciò). Allo stadio Collana, nel 1987, con Bernard Lavilliers (quando fu raggiunto da Lucio Dalla per Caruso). Allo Stadio San Paolo nel 1994 con Jovanotti ed Eros Ramazzotti, nel 1998 (unica data per festeggiare l’uscita del suo CD Best Of. Yes I Know My Way) e nel 2002 con Francesco De Gregori, Fiorella Mannnoia e Ron. Al Carcere di Poggiorale nel 1995. Al Teatro San Carlo nel 2000 (quando, in occasione del centenario della nascita di

Eduardo De Filippo, cantò A vierno ‘o friddo del grande drammaturgo). All’ex Area Italsider nel 2001 per il Neapolis Festival. A Cava dei Tirreni nel 1993 (quando registrò il suo secondo live E

4

Neri a metà

sona mo’) e al tour con Pat Metheny del 1995

e con Eric Clapton nel 2011. Alla Certosa di San Giacomo, a Capri, nel 2007. All’Arena di Verona col Nero a metà tour del 2014. Ai suoi ultimi concerti al Palapartenope di Napoli. C’ero alle presentazioni dei suoi album (da Mascalzone latino del 1989, all’ultimo La grande madre del 2012). Per il Centro Produzioni RAI di Napoli, con il collega Michelangelo Iossa, ho ideato e scritto la docufiction I luoghi di Pino in occasione del Maggio dei Monumenti 2015, per la regia di Gino Aveta, la fotografia di Dino Borelli (immagini del backstage di Stefania Furbatto), con protagonista l’attore Lucio Allocca e la cantante Martina Striano: un viaggio alla scoperta della Napoli musicale che ha forgiato e ispirato la sua arte. Docufiction, questa, figlia di una serie di visite guidate che abbiamo realizzato per il pubblico, dopo la sua morte, attraverso i luoghi della città che l'hanno visto nascere, crescere e che lui ha raccontato nelle sue canzoni. Per volontà del Comune di Napoli, a pochi mesi dalla sua scomparsa nel 2015, ho realizzato dal 6 giugno al 19 luglio 2015 (sempre con il collega Iossa), una mostra gratuita al Museo PAN – Palazzo delle Arti di Napoli a lui dedicata dal titolo “PINO! I mille colori del lazzaro felice” (che ha fatto registrare ben 15.000 visitatori), in collaborazione con i collezionisti Vincenzo Calenda, Francesco De Martino e Cristiano Betelli. Perché un libro su Pino? Per un atto d’amore e di appartenenza, nei confronti di quest’anima nobile, per questa “voce di dentro” della migliore napoletanità, a cinque anni dalla sua scomparsa e nell’anno del suo 65° compleanno. Per il mio desiderio di narrare per ricordare un’assenza, quella di un artista che ha riscritto le coordinate della canzone napoletana e d’autore nel nostro Paese, immergendola nel Mar

Mediterraneo e nei colori del blues, della fusion e della world music. Un libro scritto da me, come lui napoletano DOC, che ero personalmente presente in molti momenti della sua vita sia in veste di giornalista che di conoscente. C’ero, seduto nello spazio riservato ai suoi familiari e agli amici più intimi, per volere proprio di questi, in quell’ultimo triste saluto del popolo napoletano in Piazza del Plebiscito, nel giorno del suo funerale. Perché proprio scritto da me? Perché, come lui, sono cresciuto tra i vicoli e le piazze di Napoli, città

Neri a metà

5

di sole e mare, tufo e musica, nata dal canto di una sirena, dove una storia millenaria, giorno dopo giorno, si mescola a miti e leggende, in ultimo proprio alla sua, a quella di un bluesman partenopeo, di un Masaniello newpolitano con “la faccia nera dipinta per essere notato” che, chitarra in spalla e con un cuore malandato, da un vicolo, ha saputo conquistare forse non IL mondo, ma UN mondo: il nostro. La leggenda di chi “tenenn’o mare”, ha trasformato la lingua napoletana in un linguaggio di tutti e la melodia meticcia, bastarda e contaminata, in grande musica internazionale, creando molti album che non subiranno mai le ingiurie degli anni, restando sempre attuali, custodendo intatta la loro bellezza. Perché anch’io sono un nero a metà della sua stessa città porosa, un musicante, un lazzaro felice, un eterno scugnizzo che porta i suoi anni in un jeans e che ama – citando i versi della sua canzone – “chesta musica mariola che s’arrobba ‘a vita … e sona”.

Insieme Volti e voci nella storia di Pino Daniele 99 POSSE

sarebbe stato un successo. Sono cresciuto con la sua

“Pino è stato lo zio di tutti noi. Non si può prescindere

A me me piace ‘o blues”

da lui e dalle sue canzoni” GIANNI BATTELLI ALMAMEGRETTA

“Da ragazzi, passavamo a casa delle sue zie ore e ore

“Pino ha raccontato in maniera splendida Napoli nel

a trovare i passaggi degli assoli di Eric Clapton, ral-

mondo, con la sua musica, la sua voce”

lentando il giradischi a 16 giri per cercare di trovare bene le note. Si faceva tutto a orecchio”

JOE AMORUSO “Tra Pino e me, nacque immediatamente un’alchimia

EDOARDO BENNATO

speciale. Ci siamo influenzati a vicenda, cosa che credo

“Come avevo fatto io qualche anno prima, ha coniu-

sia accaduta anche a lui con James, Rino… Pino è

gato alla sua maniera blues e napoletanità. Ci univa

diventato una parte di me e io una parte di lui”

l’amore per la ‘musica del diavolo’ e per Napoli che abbiamo cantato, difeso ma anche attaccato a fin di bene”

RENZO ARBORE “Ha rinnovato il modo di scrivere le canzoni napo-

MARIO BIONDI

letane, trattando tematiche attuali. Voleva suonare

“Sono cresciuto con la sua musica, colonna sonora dei

con i grandi chitarristi e come i grandi … cosa che

miei amori adolescenziali… della mia vita”

gli è riuscita” RED CANZIAN (POOH) ENZO AVITABILE

“Era piacevole parlar con lui di musica. Musicista colto

“La nostra e ultima È ancora tiempo è un canto di

e straordinario”

amicizia, di recupero della fratellanza” LUCA CARBONI FRANCESCO BACCINI

“Quando accettò di suonare la chitarra nel mio brano

“Ascoltai in anteprima alla CGD, essendo un suo fan,

La mia isola, ne fui lusingato”

un provino di ‘O Scarrafone… ho capito subito che

Volti e voci nella storia di Pino Daniele

7

MAX CAROLA

ALFREDO COZZOLINO

“Sono stato, fortunato spettatore della stesura dei

“Il mio fraterno amico Massimo Troisi era un grande

brani del suo secondo LP. L’intensità di quel nostro

fan di Pino e viceversa. C’era tra loro amore, rispetto,

rapporto di condivisione musicale, resterà sempre

stima. Ognuno si rivedeva nell’altro”

nella mia memoria” GIGI D’ALESSIO RAFFAELE CASCONE

“Pino è stato un maestro. Da ragazzo, quando giravo

“I meriti artistici di Pino sono enormi. Ha preso i mez-

per i vicoli per andare al Conservatorio, risuonavano

zi espressivi culturali napoletani internazionalizzan-

dappertutto le note di Napul’è, Yes I Know My Way,

doli, una grande operazione musicale e mediatica”

‘Na tazzulella ‘e cafè”

MINO CINELU

LUCIO DALLA

“Pino suonava con i suoi amici Rino, Marco, Ernesto,

“Guardo Napoli, la sua cultura, la sua allegria, con gli

musicisti straordinari, affiatati come se suonassero

occhi di un innamorato, gli stessi con cui guardo Pino”

insieme da sempre. Il loro suono era unico e poi ci inserivamo noi: Gato Barbieri, Larry Nocella… io”

NELLO DANIELE “Mio fratello è sempre stato molto avanti e ne ho la

CLEMENTINO

conferma ogni volta che suono. Le sue canzoni, ven-

“Zio Pino è stato un maestro. Mi ha dato tanti consigli

gono cantate dai giovani, ma anche dagli over 60”

che custodirò per sempre” ENZO DECARO FABIO MASSIMO COLASANTI

“C’è un a.P. e un d.P., un avanti Pino e un dopo Pino.

“La sua scomparsa ha lasciato un profondo vuoto ar-

Ha esplorato sentieri musicali fino ad allora mai per-

tistico e personale, impossibile da colmare”

corsi, creando la nuova canzone napoletana”

MEL COLLINS

GIGI DE RIENZO

“Suonava sempre con il sorriso e con gioia”

“Pino era un musicista vero e suonarlo è per tutti motivo di orgoglio”

PAOLO CONTE “L’ho conosciuto molto superficialmente, di fretta, ma

TULLIO DE PISCOPO

ho ascoltato la sua musica, così raffinata e sofisticata”

“Suonavo nei suoi versi e nasceva la magia”

CHICK COREA

ROBERTO DE SIMONE

“Sono fiero della sua versione e del suo arrangiamento

“Pino è andato oltre la tradizione della canzone na-

di Sicily. Ha reso magica la mia canzone. Suonare

poletana, rinnovandola, seppur attingendo a fonti

con lui è stata una delle cose più emozionanti della

antiche”

mia vita”

8

Volti e voci nella storia di Pino Daniele

WILLY DAVID

GIORGIA

“Gli dissi ‘Pino inizia a fare blues sennò al Nord è

“Pino è stato un amico vero, un maestro. Mi diceva che

difficile arrivare’. Con Nero a metà diventò anche a

cantare per lui era importante, ma suonare lo era di più”

Milano ‘o guaglione do’ blues” ENZO GRAGNANIELLO FRANZ DI CIOCCIO (PFM)

“Pino studiava tanto … già da piccolo era un intel-

“All’estero quando proponiamo la nostra tarantella

lettuale”

Celebration, inseriamo al suo interno parte del classico Funiculì Funiculà per far capire subito a tutti che

GIANNI GUARRACINO

siamo italiani e si sa, nel mondo, la musica italiana è

“È stato un grande songwriter, come Paul Simon,

la musica partenopea: un ponte tra antica tradizione

James Taylor ma purtroppo italiano. Se fosse nato

e avanguardia, proprio come ha fatto Pino, creando

a New York, a Boston, a Londra avrebbe conquistato

la nuova canzone napoletana”

il mondo”

DRIGO (NEGRITA)

ROCCO HUNT

“Pino è blues da capo a piedi, ma il suo Delta è Napoli

“Pino è e sarà per sempre tutta la nostra storia mu-

e non scoprirai i suoi diretti riferimenti, ne’ potrai dire

sicale”

che il suo stile ti ricorda qualcuno” ROSARIO JERMANO PETER ERSKINE

“La mia gioia è esserci stato, aver compreso la sua mu-

“Condividere con lui la musica è stato bello: era un

sica affiancandolo per tanti anni. Il passato dà valore

artista unico, sensibile”

al presente, ti fa credere ancora, ti fa viaggiare tra le nuvole, pensando che il tempo non è passato senza

TONY ESPOSITO

lasciare tracce e orme, ma incidendo solchi profondi

“La sua morte è stata un fatto epocale, un tonfo non

e sicuri, su cui basare il tuo essere musicista”

solo per la musica ma per il mondo delle arti e della cultura in generale”

JOVANOTTI “Il primo concerto della mia vita è stato il suo nel 1981

NICCOLÒ FABI

al Palaeur di Roma. Il 4 giugno del 1994 allo stadio

“Appartengo a quella generazione che è cresciuta ascol-

San Paolo ho assistito alla più grande dimostrazione

tando il genio di Pino Daniele che ha avuto il merito di

di un popolo verso un artista che lo rappresenta… mai

rendere popolari linguaggi musicali così raffinati come

vista più una cosa del genere”

il jazz, la world, la fusion, suonati in libertà” JIM KERR (SIMPLE MINDS) ROBERTO GIANGRANDE

“I napoletani nella melodia sono i numeri uno al mon-

“Ho (con)diviso tanto con lui. Ho visto nascere i suoi

do e Pino è il numero uno dei numeri uno”

primi album, i primi tour. Amico, fratello maggiore, familiare, padre dei miei nipoti, genio, punto di rife-

PEPPE LANZETTA

rimento, orgoglio della mia città”

“Pino è Napoli: è la sua/nostra storia. Solo col tempo

Volti e voci nella storia di Pino Daniele

9

comprenderemo ancor di più il suo genio e quanto

ALFREDO PAIXAO

ci mancherà”

“Era divertente, ironico, viveva in un suo mondo fatto di musica, di poesia, di arte e non scendeva mai a

PHIL MANZANERA (ROXY MUSIC)

compromessi”

“Vederlo suonare la chitarra era un piacere. Il suo blues era inimitabile, dal feeling unico”

PHIL PALMER “Pino ed io eravamo ‘soul mate’, anime gemelle.

AGOSTINO MARANGOLO

Grazie ai suoi racconti ho conosciuto Napoli, Totò,

“Avevamo tanto entusiasmo. Pino si fidava di noi,

Eduardo, Troisi”

ci dava un brano e noi ci lavoravamo mettendoci tutti i nostri ascolti colti, la nostra esperienza, ar-

GINO PAOLI

rangiandoli”

“Era uno dei pochi cantautori che non mi ha mai annoiato. La maggior parte di loro sono sclerotici,

PAT METHENY

celebratori di se stessi, noiosi: lui no”

“Quel nostro concerto allo stadio di Cava de’ Tirreni, lo ricorderò per sempre. L’amore del suo pubblico

GIANLUCA PODIO

fu una cosa mai vista prima: era tutt’uno con la sua

“Pino è stato un artista straordinario, versatile, ca-

gente”

pace di calarsi in maniera egregia in qualsiasi colore musicale. Amava i madrigali, il blues, la polifonia”

AL DI MEOLA “Napule è mi fa piangere per l’emozione ogni volta

PAU (NEGRITA)

che l’ascolto”

“Pino mi ha fatto avvicinare alla musica italiana. Venivo dal rock, dal punk, dalla new wave ma poi

MARCUS MILLER

ascoltai Yes I Know My Way e mi si aprirono nuovi

“Abbiamo condiviso una serata a Lucca di grande

orizzonti”

musica. In tanti mi avevano parlato di questo straordinario musicista napoletano che aveva collaborato

HOSSAM RAMZY

con Wayne Shorter, Alphonso Johnson, Chick Corea,

“Mi ha fatto da guida diverse volte da un punto di vista

Pat Metheny…”

musicale, mostrandomi tanti modi diversi di produrre musica. Ho imparato tanto da lui”

NOA “Le canzoni classiche napoletane, tra cui quelle di

MASSIMO RANIERI

Pino, sono un meraviglioso mondo a parte”

“Quando uscì Terra mia comprai subito il vinile, dal primo momento ero stato colpito dalla vocalità, dalla

ANTONIO ONORATO

musicalità e dai versi di questo ragazzo napoletano

“Pino è stato anche un eccellente strumentista. Dietro

come me”

le linee melodiche e armoniche, la scelta del suono, l’uso dei voicing sulla chitarra c’era tanto studio e

CORRADO RUSTICI

tanta ricerca”

“Ci s’incontrava tutti i giorni con Pino, Rino, Rosario,

10

Volti e voci nella storia di Pino Daniele

Enzo… nella grotta alle Fontanelle e davamo vita a jam

LINO VAIRETTI

session infinte. Stavamo forgiando un nuovo suono”

“Quando mi fece ascoltare la prima volta a casa di mia madre i suoi brani, mi catapultò in un mondo

VINCENZO SALEMME

parallelo fatto di emozioni”

“Mi ha donato uno dei suoi brani più romantici, Si forever per il mio film Amore a prima vista, che ancora

GINO VANNELLI

oggi quando l’ascolto m’ fa sentì male.

“Pino è un grande bluesman, di quelli veri, un uomo divertente e devoto alla musica e al suo studio”

FEDERICO SALVATORE “Ogni sua canzone è ‘viento ‘e Terra mia, nu suonno

ROBERTO VECCHIONI

‘e giuventù cu ll’uocchie chiuse, si pure Dio cu ‘e sante

“Era divertente vedere Pino registrare in studio.

n’Paraviso, mò cantano cu ttico Napul’è”

Molti artisti in sala ci vanno mal volentieri, si incupiscono, per lui invece era una festa, era sempre

GIULIANO SANGIORGI (NEGRAMARO)

allegro”

“La sua Terra è anche la mia: entrambi figli del meraviglioso Sud. Ero e sarò sempre un suo grande fan”

ERNESTO VITOLO “Con lui è andato via un pezzo di molti di noi, ma la

DANIELE SANZONE (‘A 67)

sua storia resterà”

“Con la morte di Pino, abbiamo perso uno di famiglia, un fratello maggiore, uno zio come lo chiamavamo noi

RACHEL Z.

giovani artisti che ci ha cresciuti con poesia e musica”

“Suonare con Pino è stata gioia, colore, viaggiare tra le note in ogni parte del mondo”

ELISABETTA SERIO “Pino un tempo umano, è ormai leggenda. E le leg-

FEDERICO ZAMPAGLIONE (TIROMANCINO)

gende si tramandano, si piegano nello spazio e nel

“Suonavamo la chitarra insieme fino a tardi, persi

tempo, diventano altro, come delle fiabe da raccontare

in mille scale e accordi. Un poeta, un leone, un mu-

ai bambini”

sicista eterno”

JAMES SENESE

MARCO ZURZOLO

“Era come un fratello più piccolo. Ci siamo completati

In studio ho suonato nella sua Dance Of Baia, con-

a vicenda, ci siamo parlati con la melodia: io canto

tenuta in Ferryboat: un’emozione incredibile che

col sax, lui con la voce”

custodirò per sempre.

BOBBY SOLO

RINO ZURZOLO

“Aveva una Gibson SG col manico rotto incollato con

“Abbiamo suonato una vita intera insieme, senza fret-

l’Attak, a cui teneva tantissimo, non se ne separava mai”

ta, aiutati dalla lentezza che era un privilegio”

JENNY SORRENTI “Amava la musica, comunicare con essa”

Volti e voci nella storia di Pino Daniele

11

1 Napule è di mille (e uno) colori 1955-1976: l’infanzia tra i vicoli della città

e passeggiate in via San Sebastiano, la strada della musica, nei

L

pressi del Conservatorio di San Pietro a Majella catturando i suoni provenienti dai negozi di strumenti e dalle aule. Le

leggende della sirena Partenope, di munacielli e belle m’briane. La scoperta del rock di Elvis, del blues, dei Cream, dei madrigali di Carlo Gesualdo da Venosa, dei classici della tradizione napoletana. Gli amici d’infanzia. I primi complessi: i New Jet e i Batracomiomachia. La prima registrazione con Mario Musella degli Showmen, il primo “nero a metà”, della cover di Georgia On My Mind. La telefonata a James Senese per entrare nei Napoli Centrale.

Napule è di mille (e uno) colori

13

14

YES I KNOW... PINO DANIELE

Napoli non è un sabato qualsiasi quello

A

del maresciallo Antonio Carotenuto, alias Vittorio

del 19 marzo del 1955. In via Francesco

De Sica.

Saverio Gargiulo 20 (ex vico Foglie a

Le musiche del film sono del compositore pe-

Santa Chiara), nel quartiere Porto – un vicoletto

scarese Alessandro Cicognini, lo stesso che ha

nel cuore pulsante del centro storico, intitolato

realizzato le colonne sonore per alcune pellicole

all’insigne giureconsulto sorrentino, primo libe-

di Totò (Guardie e ladri, Totò, Peppino e i fuo-

ro docente dell’Università di Napoli – adagiato

rilegge, La banda degli onesti, Siamo uomini o

all’ombra della Basilica di Santa Chiara, in un

caporali), per il film suddiviso in sei episodi L’oro

basso (o vascio, piccola abitazione posta al piano

di Napoli (1954) di Vittorio De Sica, con Totò,

terra, con accesso diretto sulla strada)abitato da

Sophia Loren, Eduardo De Filippo, Giacomo

un munaciello, lo spirito benevolo del folklore

Furia e per La baia di Napoli (It Started In

partenopeo, tra le ore 14:00 e le 15:00 nasce

Naples, 1960) di Melville Shavelson con Clark

Giuseppe Daniele, accolto anche dal viso sorri-

Gable e Sophia Loren.

dente della bella m’briana. Quest’ultima, l’entità

Pino amerà questi film, impressi nel DNA della

protettrice delle case napoletane, portatrice di

maggior parte dei napoletani, visti decine e de-

lieti eventi domestici, appare nelle prime ore del

cine di volte, come quelli di Totò e Peppino, di

pomeriggio – da qui il suo nome che deriva dal

Anna Magnani, come le commedie di Eduardo

latino Meridiana – “appisa a’nu filo d’oro” (da

De Filippo, quelle di Nino Taranto, gli sketch de

Bella m’briana, contenuta nell’album omonimo)

La Smorfia. Nel 1955, quando nasce il piccolo

solo per qualche istante e se un occhio umano la

Giuseppe, la Magnani, che con Roma città aper-

scorge, lei si trasforma in un geco, nascondendosi

ta (1945), il capolavoro neorealista di Roberto

tra le tende smosse dal vento.

Rossellini, ha vinto il Nastro d’Argento, è nelle

La tavolozza di mille colori della città nata dal

sale con La rosa tatuata (The Rose Tatoo) di

canto della sirena Partenope, ancora non sa che

Daniel Mann che le darà l’Oscar come migliore

si sta per arricchire di una nuova gradazione,

attrice protagonista.

mentre la luce del primo pomeriggio filtra tra i

Pino dedicherà alla Magnani (scomparsa nel

palazzi, disegnando ombre surreali.

1973) il brano Anna verrà, uno dei primi da lui

Quattro mesi dopo la sua nascita, il 16 luglio, una

scritti interamente in italiano, incluso nell’al-

dei tanti personaggi illustri di Napoli, l’attrice

bum Mascalzone latino (1989): la ballata per

Tina Pica (nome d’arte di Concetta Annunziata

Nannarella ovvero la sora Pina di Roma città

Pica), riceve il Premio Nastro d’Argento come

aperta, uccisa dai nazisti, che verrà in un giorno

“miglior attrice non protagonista” per il film

di sole per porre fine alle guerre, è un messaggio

Pane amore e gelosia diretto da Luigi Comencini

di speranza, una metafora per noi tutti “che ab-

(secondo episodio della tetralogia Pane amore

biamo un mondo da cambiare/ noi che guardia-

e…), dove interpreta Caramella, la governante

mo indietro cercando di non sbagliare”.

Napule è di mille (e uno) colori

15

Giuseppe, Pinotto per parenti e amici, primo

rie di munacielli e belle ‘mbriane raccontate

di sei figli (dopo di lui Carmine classe 1958,

dalle zie, le voci dei vicoli, si mescolano alla po-

Patrizia del 1961, Salvatore del 1963, Nello del

etica e alle melodie di Libero Bovio, Salvatore

1965 e Rosaria del 1969), viste le difficili con-

Di Giacomo, di Ernesto e Roberto Murolo, di

dizioni economiche della famiglia (il papà è un

Raffaele Viviani; dove il blues-rock primordiale

lavoratore portuale stagionale) “umile ma one-

di Woody Guthrie, incontra quello elettrico dei

sta” (citando Troisi dello sketch de La Smorfia,

Cream del futuro amico Eric Clapton, lo swing

L’Annunciazione) come usanza di quel periodo

dell’americano a Napoli Renato Carosone e La

dei nuclei meno abbienti è affidato alle zie acqui-

gatta Cenerentola di Roberto De Simone; dove la

site, Bianca e Lia.

musica del diavolo di Robert Johnson, “catturata”

Queste sono due sorelle benestanti che già hanno

dai vinili dei militari anglo-americani di stanza in

cresciuto sua madre, Rita De Luca, detta Rituccia.

città, plana nel jazz ibrido dei Weather Report;

Pino così, a soli cinque anni, si trasferisce da

dove le scale arabe con gli intervalli di semitono,

loro in un appartamento in Piazza Santa Maria

strizzano l’occhio alla tarantella e al progressi-

La Nova 32, in un antico palazzo a poche centi-

ve-rock, mentre le tammorre e i tamburi a cornice

naia di metri di distanza dalla sua casa natale,

dell’Italia meridionale, creano una sinfonia con

accanto l’ingresso del chiostro della chiesa an-

quelli del Continente Nero. Il tutto condito dalla

gioina. La piazza prende il nome dall’omonima

polifonia dei madrigali del principe dei musici,

chiesa voluta da Re Carlo I d’Angiò, le cui scale

Carlo Geualdo da Venosa.

laterali in piperno, protette da una balaustra di

Pino nasce, cresce e si nutre in quest’angolo di

marmo, diventano il suo primo palcoscenico

mondo, dove come disse Libero Bovio “anche la

dove ogni giorno, dopo la scuola, s’intrattie-

malinconia è azzurra… come il mare, il cielo”, tra

ne con un gruppo di amici suonando la sua

la cultura dotta e accademica del Conservatorio

inseparabile chitarra. Quando il sole inizia a

e delle Università di Mezzocannone, con le sedi

scottare, Pino si rifugia a suonare all’ombra,

storiche della Federico II e dell’Orientale e quella

“areto ‘a palma”, mentre gli amici lo ascoltano,

folkloristica e popolare dei bassi e della strada.

giocando col biliardino del bar e mangiando un

“Ci conoscevamo da ragazzi”, ricorda Paolo

ghiacciolo alla menta.

Raffone, oggi docente di Armonia e Analisi

Pinotto a casa delle zie scopre i dischi di Elvis

musicale della partitura e di elementi di com-

Presley, il rock’n’roll tinto di venature blues, la

posizione presso il Conservatorio di Napoli.

canzone classica napoletana, la passione per la

“Salivamo via San Sebastiano e ci fermavamo

musica che alimenta e condivide, giorno dopo

fuori il Conservatorio San Pietro a Majella ad

giorno, col suo amico Salvatore Battaglia.

ascoltare gli allievi che suonavano. Da quei no-

Quest’agorà partenopea per il giovane Giuseppe

stri momenti nacque il suo amore per le orche-

è una sorta di crocicchio/crossroad, dove le sto-

strazioni e i madrigali. Pino non ha studiato al

16

YES I KNOW... PINO DANIELE

1975 1954

Conservatorio, ma ne ha respirato l’aria, diventando un musicista

Pino con l’ex Showmen Un registra anno prima della nasciMario alcuni brani, tra ta diMusella Pino, vengono alla luce cui il classico Georgia On My per caso in piazza Bellini (a Mind. Nelloastesso esce Napoli, pochianno metri dalil 45Conservatorio) giri di Musella Innamorata alcuni resti mai/Domani, traNeapolis un anno… delle mura della grechissà, dove lo troviamo alla ca (V/IV secolo a.C). chitarra.

colto, geniale”.

1955 1976 Nell’anno

e ride, noncurante del fatto di trovarsi su un unico super vulca-

di nascita di Pino Pino effettua le sue prime inesce il film con Totò Siamo cisioni come sessionman con uomini o caporali, di Camillo Gianni Nazzaro (45 Me ne Mastrocinque. Tinagiri Pica ricevado/Dance dance) ve il premioballerina Nastro d’Argene to Jenny Sorrenti il 33non giri come miglior(per attrice Suspiro). protagonista per la pellicola Pane amore e gelosia di Luigi

1976 Comencini. Bobby Solo porta Pino in tour con sé. 1968 I Cream pubblicano il loro terzo album, il doppio Wheels Of Fire. Pino, dopo averlo scoperto, lo consumerà con ripetuti ascolti.

Pino nasce e cresce in una città ombelico del mondo, punto d’incontro tra cielo, terra e mondo sotterraneo, centro del Mediterraneo, collocata in una Terra di Mezzo di tolkieniana memoria, sotto e sopra un’enorme caldera vulcanica che custodisce le porte dell’Ade. Un luogo dove più di un milione di persone vive no, su una mega-bomba di gas e lava, perché in fondo a Napoli anche l’espressione “la fine del mondo” perde il suo significato catastrofico, trasformandosi in stupore, in qualcosa di positivo: “‘stu’ cafè è ‘a fine d’o munno”.

«Salivamo via San Sebastiano e ci fermavamo fuori il Conservatorio ad ascoltare gli allievi che suonavano»

Paolo Raffone Vivere a Napoli è un atto di resistenza e lo dimostra la storia di

1971 Nascono i Batracomiomachia con Pino, Rosario Jermano, Enzo Avitabile Paolo Raffone, Rino Zurzolo, Giovanni Battelli ed Enzo Ciervo.

questa città, dominata ma mai domata, con la rivolta del 1647 di

Masaniello, con la sua Rivoluzione del 1799, con le sue Quattro Giornate del 1943. Una città dai tanti primati: prima ferrovia italiana, tratta NapoliPortici (1839); prima città italiana e terza in Europa, dopo Londra

1973

e Parigi, a essere illuminata a gas con 350 lampade (1839); sede

Ha solo 18 anni, Pino, quando compone Napule è.

del primo esperimento d’illuminazione elettrica in Italia, a

Luglio 1973

lia, seconda al mondo (1860); prima città italiana per numero di

Pino si diploma in Ragioneria all’Istituto Armando Diaz di Napoli. In regalo ha, dalle zie, una chitarra Gibson SG comprata con le cambiali.

teatri, conservatori musicali e numero di pubblicazioni di giornali

Capodimonte (1860); prima Flotta Mercantile e Militare d’Ita-

e riviste (1860); sede della più antica università statale d’Europa (Federico II) e della più antica università di studi sinologici e

orientalistici del vecchio Continente (l’Orientale); sede di una delle più antiche accademie militari del mondo (la Nunziatella).

Napule è di mille (e uno) colori

17

Prima dell’Unità d’Italia, nel 1860, il Regno del-

proprio vissuto, proprio come gli affluenti che

le Due Sicilie possedeva, conservati nei Banchi

alimentano il Mississippi, hanno fatto sì che si

Nazionali, 443 milioni di lire-oro, quando il to-

accumulassero sedimenti di culture differenti –

tale patrimoniale di tutti gli Stati della penisola

cattura i suoni del mondo, protagonisti di una

messi insieme era di 668 milioni.

danza sospesa nel tempo.

Pino, in piazza Santa Maria la Nova – in que-

Il giovane assorbe come una spugna tutto ciò che

sto secolare crocicchio/crossroad nel Delta di

lo circonda, in questo lembo di terra che custo-

Napoli, in cui confluendo i vicoli con tutto il

disce storie e leggende millenarie come quella

I FAVOLOSI ANNI SETTANTA Il decennio delle disillusioni si apre con la morte delle tre grandi “J” del mondo della musica: Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison. Un crack generale, quasi un oscuro presagio, che stravolge non solo l’ambiente del rock. La musica si fa più dura e meno gratificante. I giovani sono senza lavoro, senza una storia, i sit-in degli anni precedenti non sono serviti a niente. Il loro disagio in musica viene tradotto da Lou Reed e dai suoi Velvet Underground, da Patti Smith. La loro musica non illude più: al contrario amplifica gli stati d’animo che gli emarginati senza futuro avvertono. I Beatles si sciolgono e Lennon da solo canta “the dream is over” in God. Il terrorismo, la repressione brutale fanatica, l’intolleranza, il razzismo Africano e l’America Latina con le sue dittature tinte di sangue, i nostri anni di piombo, Piazza Fontana, il sequestro Moro. Ci si accorge che stiamo uccidendo il nostro pianeta: Seveso viene sommersa dalla diossina, l’Amoco Cadiz inonda la manica con 230.000 tonnellate di greggio, la catastrofe nucleare sfiorata a Three Mile Island. Eppure tra tanto caos, tra una moda glamour e kitch e la nuova disco music che regna ovunque grazie al genio dei fratelli Gibb (alias i Bee Gees), d’un tratto è la musica ancora una volta a stupire illuminando il tutto di una luce chiara. I Led Zeppelin volano alti con il loro dirigibile, tra liriche epiche e un sound granitico ancor’oggi ineguagliable, cercando di raggiungere il paradiso (Stairway To Heaven). I Pink Floyd danno alla luce il capolavoro The Dark Side Of The Moon. Da una piccola isola, la Giamaica, si erge regale la voce di Bob Marley che trasmette messaggi di pace e fratellanza, mentre di contro, sotto le mura della Regina Elisabetta i Sex Pistols e il loro punk, figlio di un’intelligenza anonima dei ghetti dimenticati, attaccano il falso perbenismo borghese.

18

YES I KNOW... PINO DANIELE

di Virgilio il Mago, della sirena Partenope, di

Grazie alle zie, Pino studia. Frequenta le

Raimondo di Sangro Principe di Sansevero, delle

scuole elementari presso l’istituto Oberdan

tre sorelle Donn’Albina, Donna Romita e Donna

in via Carrozzieri a Montecalvario (alle

Regina, abitato nei secoli da alessandrini, coloni

spalle della storica sede dell’Università di

della Magna Grecia, romani, normanni, svevi,

Architettura), dove ha come compagni di clas-

angioini, aragonesi, spagnoli, francesi, anglo-a-

se Enzo Gragnaniello e Alessandro Covino.

mericani.

Quest’ultimo diventerà decano dei marescialli

Suona. Suona tutti i giorni il suo blues mediterraneo. “Siamo tutti figli di questo mare” dice e lo fa per necessità, come un nero dalla pelle bianca, un nero a

dell’Arma dei Carabinieri, contribuendo con le sue indagini alla cattura di personaggi come Lorenzo Nuvoletta e Carmine Alfieri. “Pino – ricorda Enzo

metà, perché per lui “il

Gragnaniello – stu-

blues non è una que-

diava tanto e allora non

stione di pelle, ma di

lo capivo. Era un intel-

cuore“.

lettuale già da piccolo.

Suona e lo fa con un

Io invece ho ripetuto la

occhio rivolto alla sua

quarta elementare quat-

terra, uno alla “mamma”

tro volte fino a che poi ho

Africa e ai Sud del Mondo e uno agli States, in equilibrio tra la tradizione e l’innovazione, divenendo il più internazionale dei no-

lasciato la scuola Oberdan per andare al Cottolengo, l’unico istituto che mi ha accolto. Era buono e generoso. Un Natale mi regalò

stri artisti: “Tutt’e juorne aggio cantà pecchè

un Babbo Natale di cioccolata, sapendo che io

m’abbrucia ‘o fronte ‘e ‘na manera aggio sfugà

non avevo i soldi per comprarmene uno”.

…” (in A me me piace ‘o blues da Nero a metà).

Pino in seguito si iscrive alla scuola media Ugo

Pino Daniele: “Sono stato un uomo molto for-

Foscolo di piazza del Gesù Nuovo e alle superiori

tunato perché ho trovato da subito la mia strada,

all’Istituto Tecnico Commerciale Armando Diaz

molti la cercano e non la trovano. Io dall’inizio

in via dei Tribunali, nel decumano maggiore,

volevo comunicare, parlare, fare il musicista per

dove per quattro anni è compagno di banco del

dare, senza per forza ricevere qualcosa. Ho lavo-

futuro drammaturgo, scrittore e attore Peppe

rato tanto per diventarlo. La strada è stata la mia

Lanzetta (raggiunto dopo esser stato bocciato in

maestra. Mi è bastata sempre, solo ‘na jurnata

seconda C), diplomandosi in ragioneria nel 1975

e sole pe’ pote’ parla’”(Basta ’na jurnata ’e sole

con il voto di 44/60. Come regalo per il diploma

dall’album Pino Daniele).

si fa comprare con cambiali dalle zie, nel negozio

Napule è di mille (e uno) colori

19

Miletti di via San Sebastiano, una chitarra Gibson

Festival di musica a Lucrino, nella terra del

SG come quella usata dal suo mito Eric Clapton

mito dei Campi Flegrei.

nei Cream e un amplificatore Davoli.

“Davo a Pino lezioni di chitarra – ricorda l’amico

Tra le aule dell’istituto Diaz, il giovane Giuseppe

d’infanzia Gianni Battelli, figlio del proprieta-

incontra Gino Giglio e con lui decide di fondare

rio del Bar Battelli, sotto casa delle zie – quando

un gruppo, i New Jet, con cui suona nei locali

mettemmo su un complesso di cover con Bob

di Napoli e dintorni, partecipando anche a un

Fix, Rosario Jermano (che già suonava in una

«Pino come me amava questa città, la sua forza atavica, la sua energia generata dallo scontro/incontro tra la lava e il mare»

Enzo Gragnaniello

LA STRADA DELLA MUSICA Via San Sebastiano, chiamata “la strada della musica“ o “la strada degli artisti” per la concentrazione di negozi di strumenti musicali che si trovavano in essa (oggi purtroppo molti di meno, sostituiti da paninoteche e birrerie), s’inerpica in salita dalla Chiesa di Santa Chiara (distante poche decine di metri dalla casa natale di Pino) nel cuore dei decumani, fino alle mura della Neapolis greca di Piazza Bellini e al Conservatorio. Pino, come tutti i musicisti della città, ha percorso questa strada centinaia di volte, attratto dalla sua energia e dalle note che scappano via dai negozi. Nella sua parte alta, quella adiacente al Conservatorio, vi è la chiesa barocca (seconda metà del XVI secolo) dedicata a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori – e mai ubicazione, nella strada della musica, sarebbe stata più felice. Alfonso Maria de’ Liguori, nato nel 1696 a Marianella, terra di outsider e di riscatto che ha dato i natali anche agli amici di Pino, Enzo Avitabile e Peppe Lanzetta, è stato il precursore del sound ‘e Napoli, autore di opere sacre non liturgiche. Tra i primi a usare la lingua napoletana, adagiandola su un tappeto musicale religioso. Nel 1754 compone Quanno nascette ninno, canto natalizio in napoletano, da cui deriva la celebre Tu scendi dalle stelle.

20

YES I KNOW... PINO DANIELE

band chiamata Cappuccetto Rosso) e Salvatore

gestivo e intenso dal titolo Musica è, prodotto da

Maresca al pianoforte, oggi acclamato diretto-

Elio D’Anna (Showmen, Osanna), contenente il

re d’Orchestra. Neanche il tempo di trovarci un

brano Ninna nà, con Gianni Battelli alla chitarra

nome che ci sciogliemmo subito”.

classica e Antonio Sinagra all’arrangiamento

Nel 1971 Pino con Gianni Battelli fonda i

e agli archi e nel 1983 il mini LP Zitto. Zitto.

Batracomiomachia, nome preso da Gianni da un

Ciervo/Geremia Blue morirà nell’ottobre del

poemetto giocoso di 303 versi (parodia dell’epica

2010.

eroica in cui si narra di una guerra combattuta

“La scia musicale che seguivamo – ricorda

tra topi e rane) di Omero, narratore anche del-

Rosario Jermano – era il jazz-rock e all’epo-

la leggenda di Ulisse e della sirena Partenope,

ca il Banco del Mutuo Soccorso e la PFM erano i

fondatrice della città e di quella dell’ingresso

gruppi più importanti”.

degli Inferi situato nel Lago d’Averno nei Campi

“Era stato Paolo Raffone a presentare a Pino Rino

Flegrei. Con Pino e Gianni al violino (che poi

Zurzolo che studiava al Conservatorio con lui”,

progetterà e costruirà chitarre) ci sono in questa

spiega Gianni Battelli. “Ci disse che conosceva un

avventura musicale Rosario Jermano alla batte-

ragazzino neanche adolescente che era uno stra-

ria, Paolo Raffone al pianoforte, un giovanissimo

ordinario musicista. Lo andammo ad ascoltare:

Rino Zurzolo al basso ed Enzo Ciervo alla voce

appena mise le mani sul contrabbasso, capimmo

(in un secondo momento subentrerà anche Enzo

che era un genio”.

Avitabile al sax). Quest’ultimo è proprietario

In questa grotta si sviluppa quel movimen-

di una grotta/cantina di tufo, la pietra gialla di

to musicale partenopeo denominato Napule’s

origine vulcanica che caratterizza la città, in vico

Power dal giornalista, produttore e conduttore

San Nicola alle Fontanelle alla Sanità, nei pres-

radiofonico Renato Marengo, rifacendosi nella

si dell’ex ossario del Cimitero delle Fontanelle,

terminologia, seppur con le dovute distanze ed

dove il gruppo prova per intere giornate. Enzo

enormi differenze, al movimento di liberazione

Ciervo, in arte Cervo (con lo pseudonimo di

afroamericano Black Power.

Geremia Blue incide due 45 giri, Maria Marì/

Enzo Avitabile: “In quella grotta noi tutti, poco

Sei dolcissima e bellissima nel 1977 e Mai cchiù/

più che adolescenti, cominciavamo a sperimen-

Ciao nel 1979), pubblica nel 1981 un album sug-

tare, a contaminare il nostro background, la no-

«In quella grotta cominciavamo a sperimentare, a contaminare il nostro background, la nostra tradizione, con tutto ciò che intercettavamo»

Enzo Avitabile

Napule è di mille (e uno) colori

21

stra tradizione, con tutto ciò che intercettavamo.

Con i Batracomiomachia e con Peppe Lanzetta

Creammo un repertorio nostro, brani cantati a

Pino lavora alla commedia teatrale 1799 –

più voci. In quel periodo, Pino ha iniziato a scrive-

Napoli, una Repubblica, in cui suona chitarra

re le sue prime cose, poi racchiuse in Terra mia”.

e mandolino vestito da popolano avvicinandosi

Rino Zurzolo: “Eravamo un gruppo di amici

sempre più al mondo del teatro, entrando a far

che avevano lo stesso linguaggio, lo stesso modo

parte del TIN (Teatro Instabile di Napoli di

di essere, di pensare, di vivere. Trascorrevamo le

via Martucci, fondato da Michele Del Grosso),

giornate provando, aiutati dalla lentezza, senza

nel cui “laboratorio” del maestro Roberto De

fretta: la lentezza era un privilegio, oggi invece

Simone operano anche la Nuova Compagnia di

si pensa all’istantaneo e all’urgenza. Una volta

Canto Popolare e Francesco De Gregori. Cura

a settimana, poi, ci riunivamo a casa di qualche

con i Batracomiomachia le musiche di uno spet-

amico che aveva l’impianto stereo, per ascoltare

tacolo/musical di mimo-danza dell’attore giap-

e studiare gli album che compravamo, che ci pre-

ponese naturalizzato italiano Hal Yamanouchi

stavano, in religioso silenzio, cercando di carpire

che va in scena anche a Roma. Entra anche nella

ogni sfumatura sonora”.

compagnia teatrale dei Masaniello suonando la grancassa nello spettacolo Scetate Majestà, con Rosario Jermano ai tamburi ed Enzo Canoro al

«Eravamo come fratelli. Quando suonavamo insieme diventavamo un unico corpo, una sola anima»

Rino Zurzolo

violino, al mandolino e alla chitarra. “Abbiamo provato con i Batracomiomachia – ricorda Gianni Battelli – per un periodo anche in un deposito di banane, tra i quartieri di Fuorigrotta e Pianura. La sera finito di suonare, ci mangiavamo le banane, prendendole dalle cassette di legno. Con i Batracomiomachia suonammo

“Ero piccolo”, ricorda Marco Zurzolo, “e anda-

nello spettacolo/musical di Hal Yamanouchi al

vo con mio fratello Rino nella grotta alla Sanità,

Teatro Tenda di Roma dove c’era Don Backy che

dove conobbi tutti: Rosario Jermano, Enzo

allora aveva contatti con la casa discografica RCA.

Avitabile, Enzo Ciervo, Umberto Guarino che,

Pino e Rosario gli diedero una musicassetta per

in procinto di entrare al Conservatorio, iniziò a

fargli ascoltare alcune cose che facevamo, dopo

studiare il flauto. Fu proprio vedendo il flauto

una decina di giorni, chiamarono Pino per un

che mi appassionai allo strumento e ancor di più

appuntamento. Lo accompagnai io alla RCA: i

alla musica. Enzo Avitabile mi diede delle lezioni.

responsabili ci dissero che il materiale era parti-

In studio ho suonato nella sua Dance Of Baia,

colare, bello ma poco commerciale, troppo spe-

contenuta in Ferryboat: un’emozione incredibile

rimentale. Un’altra sera a noi Batracomiomachia

che custodirò per sempre”.

ci venne a sentire Corrado Bacchelli della EMI,

22

YES I KNOW... PINO DANIELE

«Pino alcuni brani del suo primo LP come Terra mia e Napule è li ha composti ai tempi dei Batracomiomachia. Sono stato tra i primi a sentirli. Un giorno io ero giù al bar di papà e mi urlò dal balcone: ‘Sali voglio farti sentire una cosa'»

Gianni Battelli in quel periodo produttore con Bruno Tibaldi

alcuni anni dopo da solista con Poggi, per fir-

dell’album Aria di Alan Sorrenti. Ci disse di

mare il suo primo contratto. Facemmo ancora

andare a Roma per un provino, portando però

un altro provino che ci procurò sempre a Roma

noi gli strumenti, cosa che facemmo, ma anche

Raffaele Cascone, solo che per l’occasione serviva

lì fummo giudicati bravi ma poco commerciali.

una nuova registrazione. Mettemmo ciascuno di

Pino ritornerà alla EMI, questa volta da Tibaldi,

noi 3.000 lire per le spese, io ricordo che firmai

NEAPOLITAN POWER A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, a Napoli una nuova generazione di musicisti, un mucchio selvaggio di suonatori, dà vita a un movimento musicale denominato Neapolitan Power, che cattura il blues e il soul d’oltreoceano, il free jazz e il funky, bagnandoli nelle acque del Mediterraneo; un Mare Nostrum pregno di storie e culture millenarie, dove i suoni dotti del Conservatorio incontrano i tamburi africani, le scale arabe e la poesia di Raffaele Viviani e Salvatore Di Giacomo. Tutto è all’insegna della contaminazione. Una generazione meticciata non solo nel corpo, ma nell’anima, “figlia della guerra”, che canta Tu vuò fa l’americano di Renato Carosone, il primo a ritmare i loro sogni, e che ascolta i dischi importati in città dai militari anglo-americani delle basi Nato. Il Neapolitan Power nasce in maniera istintiva in luoghi come Miano, alle porte della città, con gli Showmen e in una grotta/cantina alla Sanità dove i Batracomiomachia creano i primi esperimenti di suoni, di testi, di contaminazioni. Pino, raccogliendo l’eredità proprio degli Showmen, ne è stato il testimone più in vista, traghettando la musica napoletana nella modernità, dando voce a una città che non ne aveva più una. Un movimento musicale e culturale, questo, diffusosi anche oltre regione grazie alla consolle “on air” di un personaggio storico e fondamentale come Raffaele Cascone, che per primo fa conoscere i nuovi suoni rock, beat e blues in città. Cascone, psicoterapeuta sistemico-familiare, studioso di tradizioni popolari, è una delle voci della fortunata tra-

Napule è di mille (e uno) colori

23

alcune cambiali. Registrammo così due canzoni,

Nel 1975 l’Italia piange l’omicidio di Pier Paolo

La giostra e Gambrinus. Facemmo anche alcu-

Pasolini (2 novembre) e il panorama musicale

ne fotografie come bozza di probabile copertina

si divide tra cantautori e giganti del rock che

proprio al Caffè Gambrinus tra piazza Trieste

danno alle stampe album come Io che non

e Trento e piazza del Plebiscito. Ma anche in

sono l’imperatore (Edoardo Bennato), Lilly

quest’occasione non accadde nulla”.

(Antonello Venditti), Rimmel (Francesco

“Purtroppo, anche se la EMI si era interessata

De Gregori), Sabato pomeriggio (Claudio

a noi attraverso il produttore Corrado Bacchelli

Baglioni), L’alba (Riccardo Cocciante), A Night

– racconta Rosario Jermano – non eravamo

At The Opera (Queen), Physical Graffiti (Led

abbastanza conosciuti per spuntarla rispetto ad

Zeppelin), Born To Run (Bruce Springsteen),

altri gruppi e artisti napoletani come i Moby Dick

Wish You Were Here (Pink Floyd), Horses

e Alan Sorrenti. Delusi, ci fermammo anche se

(Patti Smith), The Hissing Of Summer Lawns

dopo tanti anni ci siamo resi conto di aver fatto

(Joni Mitchell), Come Taste The Band (Deep

comunque una band di cui ancora oggi si parla”.

Purple), Extra Texture (Read All About It)

smissione RAI Per voi giovani ideata nel 1966 e condotta nel tempo (fino al 1975) da personaggi come Renzo Arbore, Paolo Giaccio, Claudio Rocchi, Carlo Massarini, Mario Luzzatto Fegiz. “Cascone, giornalista professionista dipendente Rai nella prima parte del giorno e libero professionista in quanto psicoterapeuta e ricercatore nella seconda parte, il 31 luglio del 1975 chiuse definitivamente la trasmissione e un’epoca con la frase “Ci rincontreremo tutti in un giorno di sole”. Il R&B partenopeo degli Showmen, il free jazz mediterraneo dei Napoli Centrale, il rock progressive degli Osanna, la ricerca della Nuova Compagnia di Canto Popolare guidata da Roberto De Simone, l’Alan Sorrenti del concept album Aria, sua sorella Jenny voce dei Sain Just, Tony Esposito, Edoardo ed Eugenio Bennato, Enzo Gragnaniello con i Banchi Nuovi, Gigi De Rienzo, Ernesto Vitolo… una generazione di fenomeni. Tutti loro contribuiscono ad alimentare un movimento che tutto il Paese invidia. Alfieri di un sound trasversale, di rottura armonica, aperto a ogni contaminazione, obliquo, nel quale convivono jazz, blues, folk, rock, musica popolare e la grande melodia napoletana. Un sound bastardo, meticcio, portavoce di un cambiamento radicale che dà nuova voce e linfa a un’epoca storica della città. Il Neapolitan Power ha gridato, con la sua musica, la diversità di linguaggi di una mediterraneità sospesa tra mamma Africa e Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, tra la black music e lo swing di Carosone, dando un significato alla propria identità.

24

YES I KNOW... PINO DANIELE

(George Harrison). In questo stesso anno Pino

Antonio Sinagra al piano Fender, Gigi Savoia

inizia la sua attività di turnista.

al sax, Antonio Golino alla batteria, Geppino

Suona nell’album che l’ex Showmen Mario

Botta al basso, Peppe Vessicchio e lo stesso

Musella (a cui dedicherà il suo terzo disco, Nero

Tony Mems (che cura gli arrangiamenti e di-

a metà) registra per l’etichetta napoletana King

rige gli archi dell’Orchestra Scarlatti). Ad af-

Universal di Aurelio e Marisa Fierro, intitola-

fiancare questi musicisti anche quelli del grup-

to Arrivederci – come il brano di

po I Nobel. Pino in queste session

Giorgio Calabrese e Umberto

suona anche in Innamorata

Bindi che contiene. Questo

mai (Ambrosino-Annona-

lavoro è rimasto inedito

Campassi) e in Domani,

fino al 2012, anno in cui

tra un anno… chissà

è stato pubblicato in ver-

(Ambrosino-Annona-

sione CD, vinile e pictu-

Compassi), brani inclusi

re disc grazie alla colla-

in un 45 giri pubblicato

borazione e alla sinergia

nel 1975 (e uscito anche

tra la King Universal, la

in versione per juke-box)

Fondazione Aurelio Fierro

dalla King Universal.

Onlus, Nicolucci&Partners e

Ricorda lo stesso Daniele:

l’etichetta SuonidelSud di Peppe

“Avevo 20 anni, mi ritrovai nello stu-

Ponti.

dio di registrazione con un mito come Mario

Pino accompagna Musella in due degli otto

Musella. Cantò come un angelo nero Georgia On

pezzi dell’album: Entriamo nel gioco, cover

My Mind. Aveva una voce roca, potente, black.

di You Make Me Feel Brand New di Linda

Per noi musicisti di Napoli lui e James erano un

Creed e Thom Bell incisa nel 1973 dal grup-

punto di riferimento. In Mario convivevano tre

po statunitense The Stylistics, e lo standard

anime, quella pellerossa (suo padre Russel B.

Georgia On My Mind. Con lui in queste re-

Locklear era militare americano cherokee del

gistrazioni, chiamati dal produttore e arran-

North Carolina), quella nera e quella tutta par-

giatore Tony Mems, troviamo Enzo Avitabile,

tenopea: è stato il nostro primo nero a metà”.

«Pino ha avuto il merito di andare oltre la tradizione della canzone napoletana, rinnovandola, attingendo a fonti antiche e moderne grazie alla sua curiosità»

Roberto De Simone

Napule è di mille (e uno) colori

25

LA CANZONE DA RICORDARE

GEORGIA ON MY MIND Georgia On My Mind è stato uno dei cavalli di battaglia di Mario Musella, che amava fare dal vivo. È un brano del 1930 di Stuart Gorrell (testo) e Hoagy Carmichael (musica) che lo Showmen aveva conosciuto grazie all’interpretazione di Ray Charles nell’album The Genius Hits The Road (1960). Mario nel 1976 chiama sua figlia Giorgia (Alessandra Giorgia Musella) proprio in virtù del grande amore per questo pezzo e poi anche perché la Georgia era una delle terre degli indiani Cherokee, il popolo di suo padre. Il 7 marzo del 1979, pochi mesi prima della morte di Musella (6 ottobre dello stesso anno), Ray Charles – come gesto di riconciliazione dopo i conflitti per l’ottenimento dei diritti civili – canta Georgia On My Mind davanti l’Assemblea Generale della Georgia. Dopo questa sua performance, l’Assemblea adotta il brano come canzone ufficiale dello Stato, il 24 aprile dello stesso anno. In realtà il testo di Georgia On My Mind è stato scritto da Gorrell non per lo Stato americano, ma per sua sorella Georgia. La canzone vanta numerose cover, fra cui quelle di Dean Martin, Etta James, Willie Nelson, James Brown, Louis Armstrong, The Band, Jerry Lee Lewis, Van Morrison, Coldplay, Mina, Spencer Davis Group con Steve Winwood, Annie Lennox, Oscar Peterson, Alicia Keys, Bing Crosby e Gorni Kramer.

Nel 1976 Pino, reclutato da Claudio Mattone,

“Aveva una Gibson SG, una diavoletto col manico

partecipa come chitarrista e corista al brano –

rotto incollato con l’Attak, a cui teneva tantissi-

lato A del 45 giri omonimo di Gianni Nazzaro

mo: non se ne separava mai. Mi faceva tenerez-

– Me ne vado di Politano-Guarnera (il lato B,

za”, ricorda Bobby Solo. “Lo ascoltai un giorno

Dance ballerina dance è di Lerici-Testoni-

mentre era nei miei studi Chantalain, a Roma,

Sigman); suona nel primo album (Suspiro)

con Jenny. Fui io poi a dirgli di proporre le sue

dell’ex Saint Just Jenny Sorrenti (sorella del più

canzoni alla EMI, indirizzandolo dall’allora di-

famoso Alan) e poi parte con Bobby Solo per un

rettore artistico Bruno Tibaldi”.

minitour che tocca anche il Belgio. L’interprete

Jenny Sorrenti: “Stavo lavorando al disco

di Una lacrima sul viso lo vuole con sé dopo

Suspiro con Lucio Fabbri della PFM al violino.

aver ascoltato, nel suo studio di registrazione

Il nostro fonico era Peter Kaukonen, fratello

a Roma, il provino di una delle sue primissime

di Jorma Kaukonen dei Jefferson Airplane. Il

canzoni, Ca calore.

chitarrista che avevo, però, all’ultimo momento

26

YES I KNOW... PINO DANIELE

PA S O L I N I , N A P O L I

E LA TRADIZIONE LIBERA DAL MONOPOLIO DEI TRADIZIONALISTI Nel 1975 Pino è in sala di registrazione con Mario Musella. La mattina del 2 novembre dello stesso anno, Pier Paolo Pasolini viene trovato morto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. Il rapporto tra la città della sirena e l’intellettuale e artista bolognese è sempre stato profondo. Nel suo primo film della Trilogia della vita, Il Decameron (1971), ambientato a Napoli e dintorni (mentre sono solo tre le novelle che si snodano all’ombra del Vesuvio delle nove dell’opera di Boccaccio), Pasolini paragona la città a una tribù (termine da non intendere in senso dispregiativo) che rifiuta la società consumistica. Dice: “Ho scelto Napoli contro tutta la stronza Italia neocapitalista e televisiva: niente Babele linguistica, dunque, ma puro parlare napoletano. L’ho scelta perché è una sacca storica: i napoletani hanno deciso di restare quello che erano e, così, di lasciarsi morire”. Nella colonna sonora, costruita con Ennio Morricone, Pasolini riprende anche il classico napoletano Fenesta ca lucive, già utilizzato nel suo primo film Accattone (1961). Il suo

occhio nel fotografare la città, in questa pellicola, va al di là della semplice olografia, come nella scelta delle location mai scontate (tra cui Palazzo Penne, soprannominato dal popolo il Palazzo del Diavolo, distante pochi metri dalla casa dove è nato Pino) e nella scelta degli

attori. Pasolini già nel 1963, dopo aver girato l’Italia (a Napoli nei pressi di Porta Capuana) per

ci lasciò. Fu allora che contattai Pino. Venne a

pantaloni corti. Mi colpì il suo entusiasmo, il suo

Roma da me per le registrazioni tra gennaio e

amore per la musica, la sua napoletanità verace,

febbraio del 1976. Studiava senza sosta la chitarra

ma mai eccessiva e sguaiata. Mi fece sentire alcu-

anche in situazioni stressanti, amava la musica,

ne cose che aveva scritto e ne rimasi affascinato.

comunicare con essa”.

Dissi: ‘OK, mi serve un bassista’. E lui: ‘Ma io

Pino, vincendo la sua timidezza, una mattina te-

suono la chitarra’. ‘Fa niente’ – risposi – ‘prendi

lefona a James Senese per chiedergli di suonare

un basso e suona’. Lui sorrise e accettò. Quando

con i Napoli Centrale. Racconta proprio “Mister

dissi al mio manager di allora che avevo reclutato

Sax” James Senese: “Ero a casa, quando squillò

questo giovane artista e che doveva esser pagato

il telefono. Una voce dall’altra parte mi disse:

anche lui, mi rispose: ‘Lo paghi tu se lo vuoi, io

‘Ciao, sono Giuseppe Daniele, mi piace la musica

pago solo i Napoli Centrale’. Dissi: ‘Va bene, lo

che fai, te vulesse incuntrà’. Venne da me, gran-

pago io’. Così feci. Pino è stato con noi otto mesi,

de, goffo, simpatico, con la faccia da indiano, in

aprendo anche da solo i nostri concerti. Lo rag-

Napule è di mille (e uno) colori

27

realizzare il film-inchiesta sulla sessualità Comizi d’amore, dirà che i napoletani sono stati gli unici a dare risposte originali, spontanee, per loro natura allergici a frasi fatte e luoghi comuni. Il legame tra Pasolini e Napoli si consolida anche attraverso la scelta dei suoi attori, su tutti Totò (Uccellacci e uccellini del 1966, La Terra vista dalla Luna, episodio de Le streghe del 1966, Che cosa sono le nuvole, episodio di Capriccio all’italiana del 1968). Nota, poi, era la sua stima per Eduardo De Filippo di cui, proprio come Pino Daniele, amava tutte le opere. Con Eduardo doveva realizzare anche alcuni progetti che purtroppo la sua morte non ha reso possibile. Diceva di Eduardo: “Parla l’italiano medio parlato dai napoletani, evitando il mero naturalismo con una convenzione che è purissima lingua teatrale”. Proprio come farà Pino Daniele nei suoi primi album, facendo suo un pensiero pasoliniano che lo accompagnerà per tutta la vita: “La tradizione muore solo se la si lascia ai tradizionalisti” (Pasolini scrisse nella sua rubrica “Dialoghi” sul settimanale Vie nuove del 18 ottobre 1962: “Bisogna strappare ai tradizionalisti il Monopolio della tradizione”). Il cantautore partenopeo ha sempre avuto un rapporto con la tradizione apparentemente contraddittorio, spesso dissacratore, ma sempre autentico. Convinto che non fosse necessario a tutti i costi rimanere a Napoli, l’importante era narrare e spiegare la città al mondo, contaminandola con elementi nuovi, ma sempre con rispetto.

«Ero a casa quando squillò il telefono: ‘Ciao, sono Giuseppe Daniele, mi piace la musica che fai, te vulesse incuntrà’. […] Ci siamo completati a vicenda. […] Ci siamo parlati con la melodia»

James Senese giungevo sul palco per sostenerlo, suonando con

“Era estate”, mette indietro le lancette del tempo

lui. Non lo lasciavo solo”.

Gianni Battelli. “Rino Zurzolo, che era il più

C’è anche un’altra versione circa il primo incontro

piccolo di noi, stava per partire per le vacanze con

tra Pino e James che forse non esclude l’altra:

i genitori. James aveva sentito parlare di lui, di

28

YES I KNOW... PINO DANIELE

1975 26 settembre 1973

questo giovane prodigio del basso e del contrabbasso che studiava

Pino registra l’ex Showmen Muore Annacon Magnani: a lei Mario Musella alcuni Pino dedicherà Anna brani, verrà tra (in cui il classico Georgia Mascalzone latino, 1989). On My Mind. Nello stesso anno esce il 45 giri di Musella Innamorata 1975 mai/Domani, tra anno… Pino registra con l’exun Showmen chissà, dove lo troviamo Mario Musella alcuni brani,alla tra chitarra. cui il classico Georgia On My

al Conservatorio e lo voleva nei Napoli Centrale. Rino però in quel

Mind. Nello stesso anno esce il 1976 45 giri di Musella Innamorata Pino effettua letra sueun prime inmai/Domani, anno… cisioni chissà, come dove sessionman lo troviamo con alla Gianni chitarra.Nazzaro (45 giri Me ne vado/Dance ballerina dance) e Jenny Sorrenti (per il 33 giri 1976 Suspiro). Pino effettua le sue prime in-

Pino e James ha generato una delle collaborazioni più prolifiche

cisioni come sessionman con

teressavano. Mi adeguai e suonai il basso: loro in quel momento

1976 Gianni Nazzaro (45 giri Me ne

erano senza bassista, Kelvin Bullen, che a sua volta aveva sosti-

Bobby Solo porta Pinodance) in tour vado/Dance ballerina con sé. Sorrenti (per il 33 giri e Jenny Suspiro).

1976 Bobby Solo porta Pino in tour con sé.

periodo non potette, stando fuori con i genitori, e Pino si propose per guadagnare qualche soldo, ma anche perché amava la loro musica. Lo accompagnai proprio io da James nel suo studio a Miano. Andò bene e quell’estate fece la tournèe con i Napoli Centrale”. A prescindere da come siano andati realmente i fatti, l’incontro tra e magiche della storia della nostra canzone, come ha dichiarato più volte lo stesso cantautore: “L’incontro con James è stato fondamentale, impazzivo per i Napoli Centrale. Volevo suonare con loro a tutti i costi, inserirmi in quel contesto sonoro. Facevano un tipo di musica che aveva tutte le caratteristiche che a me in-

tuito Tony Walmsley, era andato via. Non avevo soldi, ma dovetti comprarmene uno da Alfredo Cerruti in via San Sebastiano, un Fender Precision col manico bianco, anche se prima me ne feci prestare uno da Enzo Canoro, per vedere se riuscivo a suonarlo”. “Qualche settimana dopo l’entrata di Pino nei Napoli Centrale”, ricorda il manager e produttore Willy David, “mentre tornavo da una riunione nel mio ufficio di Milano, lo trovai che mi stava aspettando. Mi aveva portato dei suoi brani. Li ascoltai e capii il genio. Gli dissi: ‘Questo primo LP non posso seguirtelo perché ho troppi impegni, ma dal prossimo ci sarò’. In lui vidi l’eroe, la persona, l’artista in grado di rappresentare la sua città

e la sua anima, come Bob Marley

stava facendo per il reggae e per la Giamaica e Compay Segundo dei Buena Vista Social Club – col quale ho lavorato per sei anni – per Cuba”.

Napule è di mille (e uno) colori

29

In questo periodo la strada di Pino s’incrocia

pastori al Teatro Instabile. Un giorno, dalle parti

con quella di Antonello Venditti in un concer-

di Cinecittà, in occasione di una Festa dell’U-

to solo per piano e voce ad Arzano. Proprio il

nità (allora era il bassista dei Napoli Centrale

cantautore romano svela per la prima volta, in

del grande James Senese), si trovò a scaricare

una lettera scritta al quotidiano Il Mattino nel

il pianoforte che dovevo suonare io, come canto

giugno del 2018 (in occasione del concerto-tri-

in Notte prima degli esami: ‘Io mi ricordo, quat-

buto, allo Stadio San Paolo, Pino è), un episodio

tro ragazzi con la chitarra / e un pianoforte sulla

legato alla sua amicizia con il futuro mascalzone

spalla’. Le nostre città, in quegli anni, stavano tra-

latino che ha raccontato in una delle sue canzoni

sformando la canzone d’autore in Italia. È stato

più famose: “Ho conosciuto Pino all’inizio degli

il primo nel nostro Paese a confrontarsi col jazz

anni Settanta. Trascorremmo insieme un Natale

internazionale e a porre il rapporto voce-chitarra

nella sua Napoli, impegnati in una Cantata dei

al centro del tutto”.

2 Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano I primi provini. I primi singoli (1976-1979) li album Terra mia e Pino Daniele tra personaggi/metafora

G

del vissuto napoletano, baciati dal mare, dal sole e dal vento come Fortunato, Donna Cuncetta, la venditrice d’aglio di

Saglie, saglie, il Pulcinella di Suonno d’ajere, ‘o buono guaglione e le vittime della Flobert. Brani come Napule è, Terra Mia, Je so’ pazzo, ‘Na tazzulella ‘e cafè, Quanno chiove, entrano nella cultura popolare partenopea, divenendo colonna sonora di una città millenaria e di una new generation.

32

YES I KNOW... PINO DANIELE

ul divano di casa delle zie, al 32 di piaz-

S

forte, ma riuscimmo a fare un provino di Terra

za Santa Maria La Nova, Pino con la sua

mia, perfettamente uguale a quello che sarebbe

chitarra crea le prime canzoni. Alcune

poi stato registrato per il suo album d’esordio.

le registra grazie alla spinta dell’amico percus-

Quest’unica canzone la ascoltò una nostra amica

sionista e compositore Rosario Jermano, pro-

giornalista della RAI (Teresa Piazza) che aveva

gettista aeronautico prima, musicista a tempo

partecipato anche alla trasmissione radiofoni-

pieno dopo.

ca Per voi giovani, che ci disse che era un bel

“Dopo l’avventura con i Batracomiomachia”,

brano, consigliandoci di continuare anche se

racconta Rosario Jermano, “Pino ed io cer-

il napoletano avrebbe limitato le possibilità in

cammo di andare avanti, tentando varie strade.

generale”.

Pinotto già per il gruppo componeva dei brani

Rosario Jermano con i soldi del suo stipendio ac-

d’avanguardia, con testi e musiche che ricorda-

quista un registratore TEAC a quattro piste: è uno

vano un po’ quelli dei King Crimson, ma a un

dei pochi a possederlo a Napoli. “Firmai anche

tratto cominciò a scrivere canzoni in napoleta-

tante cambiali, ma ne valse la pena”, racconta,

no. Cominciò con un pezzo in cui si parlava di

“perché registrammo vari pezzi tra cui Ca calore

Napoli e del calcio, dopo poco compose Terra

che poi sarà pubblicato come primo singolo, il cui

mia. Appena me la fece sentire gli dissi: ‘Pinotto,

riff è stato fatto da me su un set di temple block.

nuje ste canzoni l’hamma registrà… so’ assaje

E poi Maronna mia, Libertà e ‘O pusteggiatore.

belle’. Così ci mettemmo a casa delle sue zie con

Provini semplici con chitarre, voci e percussioni.

i nostri due registratori a cassette: io avevo un

Pino era un grande talento, forse uno degli ultimi

Geloso e Pino un Philips, unimmo i fili con un

che Napoli ci ha donato”.

microfono e riuscimmo a realizzare delle so-

Pino e Rosario incidono su una musicassetta

vraincisioni. Certo, il rumore di fondo era molto

AGFA C60 quattro canzoni: Ca calore, Libertà,

DIALETTO O LINGUA? Nel 2014 l’UNESCO ha dichiarato che il napoletano, con le sue parole, non è “un dialetto bensì una lingua”, riconoscendolo come patrimonio per l’intera umanità. Il napoletano è secondo, nella nostra penisola, soltanto alla lingua ufficiale, l’italiano, per diffusione sull’intero territorio nazionale.

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

33

Maronna mia, ‘O pusteggiatore; le prime tre

È di Lino Vairetti, leader e frontman della rock

finiranno nel disco d’esordio Terra mia. ‘O pu-

band progressive partenopea degli Osanna, il pri-

steggiatore, rimasta fuori dall’album, si ascol-

mo servizio fotografico di Pino. Due scatti sono

terà per la prima volta 30 anni dopo in Nero a

scelti per la copertina del suo primo 45 giri – Ca

metà live con un titolo diverso (Abusivo) e con

calore/Fortunato – la cui realizzazione grafica

un arrangiamento nuovo curato da Tullio De

viene curata da Umberto Telesco, un altro per

Piscopo, Ernesto Vitolo e Gigi De Rienzo. Come

la copertina di Ciao 2001 del 16 marzo 1980 che

Otis Redding era seduto sul molo della baia di

titola “Anteprima disco. Pino Daniele. Nero a

San Francisco per catturare i suoni circostan-

metà”.

ti – quelli delle onde del mare, delle navi, delle

“Vidi la prima volta Pino nel 1975, suonava la

maree, come canta in Sittin’ On The Dock Of The

chitarra con i Batracomiomachia alla Fiera d’Ol-

Bay – Pino è metaforicamente sul suo balcone,

tremare di Fuorigrotta”, ricorda Lino Vairetti.

il suo angolo d’osservazione sul mondo, da cui si

“Ci parlai nel ristorante della piscina. Mi chiese

appropria delle voci e dei rumori della sua città,

se potevo ascoltare alcuni suoi provini. Accettai.

raccontando anche la storia di personaggi reali e

Lo invitai a casa di mamma, dove avevo un regi-

di presenze evanescenti, relazioni e legami tra le

stratore multitraccia: ero uno dei pochi in città a

cui pieghe si comprendono gesti e comportamen-

possederlo. Mi suonò con la chitarra anche alcune

ti. Lo fa con la sua lingua, il napoletano, che qui

canzoni che sarebbero finite poi in Terra mia. Mi

diventa parlata di strada, vera, ma intrisa di po-

trasportò in un mondo parallelo fatto di sugge-

esia, lontana dagli schemi della Napoli folklorica.

stioni. Per l’emozione chiamai anche mamma,

“Mi sento al 50% un uomo del Sud, un parteno-

per farglielo ascoltare. Ci frequentammo tutti

peo”, dice Lucio Dalla. “Sogno di parlare il na-

i giorni per sette mesi, registrando e confron-

poletano correttamente. È una lingua splendida

tandoci. Sono stato il suo primo quasi manager,

che adopero spesso nel mio quotidiano, perché

poi disse che perdevo troppo tempo a fargli fare

la trovo affascinante e musicale. Iniziai ad av-

successo e si mosse altrove; niente da dire, aveva

vicinarmi a lei con Caruso e da allora il nostro

un bel caratterino… di quel periodo conservo con

amore continua”.

tanto affetto, oltre alle fotografie che gli scattai su sua richiesta nella mia casa ai Camaldoli, anche alcuni suoi provini, tra cui A vecchia ca’ venne e

«Guardo Napoli, la sua cultura, la sua allegria, con gli occhi di un innamorato. Gli stessi con cui guardo Pino»

Lucio Dalla

castagne che in una nuova versione, che lui fece successivamente col titolo Napoli se sceta sotto ‘o sole, è stata inclusa nella raccolta Tracce di libertà, uscita postuma nel dicembre del 2015, e un inedito senza titolo, dedicato a un suo fratello”. Pino affida la musicassetta registrata con Rosario

34

YES I KNOW... PINO DANIELE

Jermano (con i titoli dei quattro brani e la loro

dalla melodia e decide di sondare la recettività

durata, scritti con un pennarello blu) a un giovane

del mercato discografico pensando di pubblicare

giornalista napoletano che scrive per la rivista

prima un singolo contenuto in un 45 giri, spinto

Super Sound, Claudio Poggi. Questo, intuendo

dalle radio, e poi eventualmente un intero album.

di avere tra le mani un qualcosa di nuovo, di mai

Claudio Poggi nel suo libro scritto con Daniele

udito prima, contatta al telefono la EMI parlando

Sanzone degli ‘A 67 – Pino Daniele. Terra mia

proprio con Bruno Tibaldi, il direttore artistico

(Minimum fax) – ricordando la sua telefonata

di allora, quello che anche Bobby Solo ha già se-

con Pino riporta: “Pinò comme staje? Bbuono,

gnalato a Pino. La EMI in quel periodo ha già

siamo tornati mo’ dal Belgio. Abbiamo aperto ‘o

dato alle stampe Tammurriata nera, La canta-

concerto ‘e Fats Domino e c’hanno pure chiesto

ta dei pastori, Alla montemaranese, La Rumba

‘o bis’. ‘Azz’, grandi, ma ‘a notizia cchiù bella

degli scugnizzi della Nuova Compagnia di Canto

ce l’ho io. Pinò, ce l’abbiamo fatta. La EMI è

Popolare del maestro Roberto De Simone, ma la

interessata, vuole fare un disco’. ‘…Ma che staje

Napoli di Pino è una Napoli nuova. E lui canta la

dicenno?!’”.

rabbia e il disagio dei giovani della sua città come

Poggi viene investito dalla EMI del ruolo di pro-

nessun altro ha mai fatto prima.

duttore esecutivo e segue l’intero progetto, dalle prime fasi delle registrazioni in studio fino alla

«Per il 45 giri Ca calore utilizzò un mio scatto fatto in terrazza mentre è seduto in terra, spalle al muro, con un fazzoletto in testa per proteggersi dal sole. Per ‘Na tazzulella ‘e cafè invece una foto che lo ritrae nel salone, con la mia 12 corde Eko Ranger»

Lino Vairetti

pubblicazione e promozione delle canzoni. Con Pino in questa prima squadra musicale ci sono Enzo Canoro al basso (arruolato un giorno davanti a un caffè al Bar Parker’s di Capodimonte), gli amici Enzo Avitabile ai fiati, Rosario Jermano alla batteria e alle percussioni e ai cori la cantante della Compagnia Teatrale Masaniello Donatella Brighel. Quest’ultima coinvolge anche una sua amica, Dorina Giangrande. Il 28 aprile del 1976 Pino e Claudio sono convocati a Roma dalla EMI per firmare il contratto. Nello stesso giorno e quasi alla stessa ora (uno alle ore 14:00 a Roma, l’altro alle 14:30 a Napoli)

Tibaldi fissa un incontro. Poggi prova ad avvisare

Pino ha un colloquio di lavoro all’Alitalia per di-

Pino, ma inutilmente perché in quei giorni è in

venire assistente di volo, ma senza pensarci più

Belgio in tour con Bobby Solo, così va senza di

di tanto, spinto anche dalla ragazza che diverrà

lui. Tibaldi rimane colpito dalla voce dello scu-

la sua futura moglie (Dorina), sceglie la musica

gnizzo di Santa Chiara, dall’ironia dei suoi testi,

preferendola alla sicurezza economica di un posto

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

35

fisso. Con Claudio, Donatella e Dorina, quest’ul-

quello dello stare insieme. Tante voci che di-

tima proprietaria di una FIAT 500 bianca parte

ventano una voce, la sua, col tipico falsetto che

per Roma. Il contratto viene siglato.

lo consegnerà alla storia.

Ca calore e Fortunato sono i due brani scelti per il 45 giri di debutto che esce nel giugno del 1976.

Viene stampata anche un’edizione per il jukebox abbinata, come usanza, a un altro pezzo – in questo caso uno della band americana Tavares, Heaven Must Be Missing An Angel. Nell’estate del 1976 Pino entra negli studi di registrazione

Quattro Uno (chiamati così perché si trovano al numero IIII di via Nomentana, a ridosso del raccordo anulare) di Claudio Mattone a Roma, che hanno come registratore multitraccia un Ampex a 16 piste – allora l’Eldorado di tutti i musicisti.

«Nella dolce vocalità di Pino e in quell’aspra di James vi è tutto il profondo disagio di una napoletanità sotterranea, nera, underground che preme come un demone/incubo sulla coscienza della Napoli ‘perbene’»

Roberto De Simone

Terra mia, registrato tra luglio 1976 e aprile 1977 (mentre in contemporanea, negli stessi studi,

Pino crea musiche e racconti, ridisegnando e nar-

Claudio Baglioni lavora al suo LP Solo), costa

rando nuove storie dei personaggi che osserva

cinque milioni delle vecchie lire: non tanti, ri-

quotidianamente. Proprio come avevano fatto

spetto alle produzioni dei dischi dei cantautori

prima di lui Salvatore Di Giacomo e Raffaele

di quel periodo.

Viviani realizzando “quadri in musica”, istantanee

Il 1977 è l’anno zero, la data di nascita della nuova

del quotidiano, profili di personaggi veri o imma-

canzone napoletana, lontana da una certa retori-

ginari legati alla tradizione, attimi del vissuto del

ca folkloristica, stradaiola e kitsch.

popolo napoletano. Il primo con la sua venditrice

Terra mia è una terra che parla di liberta. Terra

di polipi e di spille francesi, l’acquafrescaia, l’am-

mia è Pino Daniele, è Napoli, un disco nato con

bulante, ‘a pizzeria ‘e Don Salvatore. Viviani con il

l’ambizione di “scrivere canzoni come Luigi

venditore di carne cotta Cientepelle, il pizzaiolo,

Tenco”, come lui stesso dichiara. Pino ha da

il brigadiere Brighella, la guardia Guardascione,

poco superato i vent’anni, molte delle canzoni

l’uomo del pianino, il cameriere di caffè Mimì, il

sono state scritte anni prima, nella sua stanza

vecchio giornalaio soprannominato ‘O scarrafone,

di piazza Santa Maria La Nova, dove ha cattu-

la prostituta Ines detta Bammenella.

rato le voci della strada che sono entrate dal suo

Pino fa lo stesso, anche se i suoi “quadri in musi-

balcone senza chiedere il permesso, sedendosi

ca” e i suoi personaggi hanno naturalmente nomi

a tavola e sorseggiando ‘na tazzulella e cafè che

e storie diverse. C’è la venditrice d’aglio di Saglie

a Napoli non è solo una bevanda, ma un rito,

saglie (da Terra mia) che ogni mattina passa sot-

36

YES I KNOW... PINO DANIELE

to il suo balcone, prendendo forza dal sole che

Fortunato (scomparso nel 1995) è un’istituzio-

illumina, ma a volte non riscalda, un sole amaro

ne, un uomo affabile, orfano di madre, padre

che non permette di lavorare (come in Che calo-

ignoto, reduce di guerra (è stato in Albania e

re), ma che può diventare maestro di vita (come

in Russia), ambulante da quand’era bambino,

in Yes I Know My Way, “miette ‘e creature ‘o

“saluta ‘e ffemmene a’ncoppa ‘e barcune / viec-

sole, pecchè hanna sape’ addò fa fridd e addò fa

chie, giuvene e guagliune”. Nato in una casa alle

cchiù calore”): “Saglie, saglie cu’ sta spòrta chièna

Gradelle (scale) di Santa Barbara, conosciuto

d’aglie / Si nun saglie e scinne tutta ‘sta rrobba

dai napoletani come ‘o vico d’’e nane, stradina

nunn’a vinne…”, proprio come fa anche Fortunato

descritta anche da Matilde Serao nel suo Ventre

Bisaccia, il protagonista del brano Fortunato.

di Napoli, Fortunato si diverte a cantare ogni

Quest’ultimo, tozzo e in carne, con il viso segnato

tanto Ridi pagliaccio, aria dell’opera Pagliacci

dalle rughe, con la sua maglietta di cotone bianco

di Ruggero Leoncavallo, scoperta grazie ai dischi

a mezze maniche e il suo berretto, spinge, salendo

di Enrico Caruso.

via Donnalbina, il suo carretto di taralli sugna

Il venditore ambulante è una delle anime di

e pepe, contenuti in un cesto di vimini con una

questo luogo, proprio come ‘o vicchiariello di

coperta per tenerli sempre caldi. Il suo negozio

Cammina Cammina (sempre da Terra mia)

mobile è ricavato da un vecchio carrozzino per

che in solitudine “cammina cammina vicino ‘o

neonati, su cui c’è scritto: “Lunedì chiuso per

puort … guardando ‘o mare pensa a Maria ca mo’

riposo settimanale – NA 632075”. Al suo pas-

non ce sta cchiù”, come ‘o padrone che “nun dà

saggio grida forte “Furtunat’ tene a’ rrobba bel-

duje sordi / Dice sempe ‘e faticà / E nuie ce ma-

la ‘nzogna ‘nzogn”, attraversando Montesanto,

gnammo ‘o limone / pe’ duje sordi ca ce dà…” (‘O

“dint’a Pignasecca”, piazza Dante, piazza Carità,

padrone, da Terra mia), come ‘O bbuono gua-

via Toledo, i Quartieri Spagnoli. “Furtunato è ‘na

glione e Donna Cuncetta (che l’artista canterà

vita ca pazzeja p’e vie ‘e chesta città”.

nel suo secondo album Pino Daniele), come la

CARUSO SUPERSTAR Il tenore napoletano Enrico Caruso è stato il primo artista nella storia a vendere più di un milione di dischi con l’aria Vesti la giubba, meglio conosciuta col titolo di Ridi pagliaccio, di Ruggero Leoncavallo. Questa è stata incisa negli Stati Uniti in tre versioni, nel 1902, nel 1904 e nel 1907 per l’etichetta Victor. Il singolo è stato premiato con un Grammy Hall of Fame Award nel 1975.

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

37

prostituta di Quanno Chiove (da Nero a metà).

Pino è tutto questo. È figlio di questa Napoli città

Fortunato, la venditrice d’aglio, il vecchio che

aperta – prendendo spunto dal capolavoro di

cammina solo vicino il mare, il Pulcinella di

Roberto Rossellini – dalle mille contaminazioni

Suonno d’ajere (che, avvilito dai tanti problemi

e dai mille colori, che immortala per sempre in

della città, stanco, si toglie la maschera e come

quello che sarà uno degli ultimi grandi classici

un nuovo Masaniello invita la gente a ribellar-

della canzone partenopea: Napule è. Il brano è

si): tutti loro sono figli “‘e nu popolo ca cam-

linfa rigenerante per la nuova canzone napoleta-

mina sotta ‘o muro” per paura, per sopravvi-

na, il manifesto della speranza e delle disillusioni

venza, pronti a parlare “quando vott’o viento”.

di una generazione.

L’ESPLOSIONE DELLA FABBRICA FLOBERT Pino prende ispirazione per ‘O padrone da un fatto di cronaca accaduto l’11 aprile del 1975 a Sant’Anastasia, vicino Napoli. Quel giorno, dopo pranzo, esplode una fabbrica di fuochi d’artificio, la Flobert. Muoiono 12 persone, tutte giovani. Lavorano in nero, alcuni senza contratto, in capannoni di legno e lamiera, senza le più basilari norme di sicurezza. Sei mesi dopo gli E-Zezi, gruppo operaio di Pomigliano d’Arco, cantano alla Festa dell’Unità la canzone di morte e di memoria A’ Flobert (conosciuta anche come Sant’Anastasia), proposta in seguito anche dall’ensamble politico-musicale de Le Nacchere Rosse di Salvatore Alfuso (detto Scià Scià). Enzo La Gatta nel 2005, con una nuova line-up del gruppo, ne registra una versione con il premio Nobel Dario Fo ed Enzo Gragnaniello (nel CD Scia Scià). In ‘O padrone, Pino immagina gli sfortunati operai che, giunti in Paradiso, sperano in una vita eterna. Ma ben presto questi si accorgeranno che saranno costretti a lavorare anche lì, tra le nuvole: “Ma che ve site miso ‘ncapa, ‘mparadiso s’adda faticà”.

Sono diverse le canzoni della tradizione musicale napoletana ispirate da fatti di cronaca: Michelemmà, Fenesta ca lucive, In galera li panettieri. L’evento di cronaca nera più famoso dei secoli scorsi a Napoli è quello che vede coinvolto il madrigalista Carlo Gesualdo da Venosa che uccide, la notte tra il 16 e 17 ottobre del 1590, nei pressi di Palazzo Sansevero, sua moglie

Maria d’Avalos e il suo amante (il marchese Fabrizio Carafa), dopo averli colti in flagrante. Una vicenda che scuote tutto il Regno, facendo nascere molti fogli di “successi a stampa” e fiumi di versi. La musica di Gesualdo affascinerà così tanto Pino, secoli dopo, da fargli pubblicare (nel 2001, nel suo album Medina) il madrigale Ahi, disperata vita.

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YES I KNOW... PINO DANIELE

LA CANZONE DA RICORDARE

NAPULE È “Napule è ‘na carta sporca ‘e nisciuno se ne importa” è un pugno in faccia alle amministrazioni democristiane del periodo che hanno guidato la città. La Napoli di un Pino appena maggiorenne, ribelle come la sua musica citando un pezzo di Eugenio Finardi, non è quella da cartolina olografica venduta in tutto il mondo, ma è terra di contraddizioni, seppur tra le più belle del mondo, sfruttata, abbandonata, gettata come una carta sporca che sogna e affida il suo riscatto alle “voci d’è criature”. Pino inizia a scrivere la canzone nel 1973, sul lungomare di via Caracciolo, fermandosi in una mezza curva in cui si scorge l’isolotto di Megaride (dove approdò esanime, trasportato dalle onde del mare, il corpo della sirena Partenope) e il Castel dell’Ovo, per poi concluderla nella casa delle zie. Ha solo 18 anni. Il maestro Antonio Sinagra, oggi docente al Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino, scrive otto misure per oboe e mandolino, le parti di archi e fiati e arrangia il tutto (questo è l’unico brano a non essere stato arrangiato dallo stesso Daniele). Un’anteprima assoluta live di Napule è, solo chitarra e voce avvolta in un lieve riverbero, ha luogo nella radio privata della Capitale Eurosound, nel 1976, dove il giovane cantautore spiega che parla della sua città: “Tutto quello che è Napoli può esser capito da tutti i radioascoltatori perché le parole non sono molto difficili. È un pezzo molto dolce”. Claudio Poggi in quest’occasione aggiunge che la canzone non avrebbe fatto parte del 33 giri in preparazione, ma che molto probabilmente sarebbe stato un 45 giri. Così non è stato. Numerose sono le cover pubblicate da altri artisti: Mina (Napoli secondo estratto, 2003), Gino Paoli (Appropriazione indebita del 1996 e Una lunga storia d’amore del 2004), Mario Trevi (…Niente – Trevi canta Daniele, 1995), Laura Pausini (Laura Live World Tour 09, 2009), Teresa De Sio (Teresa canta Pino, 2017). Di Napule è esiste anche una sua versione promozionale su 45 giri che sfuma dopo un minuto e trentacinque secondi, edita da La Voce del Padrone. Napule è non è la solita cartolina, è la vita, il suono di una città che è essa stessa musica. Napoli è il luogo di tutti, anche di chi non c’è mai stato, come la Liverpool dei Beatles che è di tutti noi. Solo che qui non è stata scritta la colonna sonora tra un campo di fragole (Strawberry Fields), una fermata di bus (Penny Lane) e un sottomarino giallo (Yellow Submarine), ma tra un Ferryboat miezz’o mare o scendendo Santa Teresa con gli strumenti in spalla, con “la voglia di un caffè che ti tiri un po’ più su”. Napoli è luogo di tutti, dove il suono è sogno e il feeling è sicuro... perché non se ne va. Napoli è.

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

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Gino Paoli parla di una sorta di cuginanza po-

Pino scopre il talk box grazie all’amico Gino Ciglio

etica tra il sound di Napoli e la sua musica: “Una

che gli fa ascoltare il disco omonimo di Frampton.

cuginanza poetica, ma anche filosofica, con la dol-

“Portai quell’album a casa di Pinotto”, scrive

ce anarchia dei partenopei. Questa città è un cen-

Giglio nel suo libro The Woodstocker, storie di

tro di creatività musicale, di veri e propri talenti

pace, amore e musica (Apeiron Edizioni). “Dopo

strumentali, di grandi melodie, poeti, interpreti”.

il 45 giri Ca calore/Fortunato, stava lavorando al suo primo album. Quando ascoltò l’effetto di

«Nel mio CD Appropriazione indebita vi è una rilettura di Napule è registrata con Pino alla chitarra: la sua sei corde è splendida e bene s’intreccia con la mia voce»

Gino Paoli

quella scatola parlante, rimase folgorato e mi chiese il disco in prestito. Dopo qualche giorno

mi chiamò. Avvicinò la cornetta del telefono a un registratore a cassetta e mi fece ascoltare il

provino di ‘Na tazzulella ‘e cafè in cui aveva usato il talk box”. ‘Na tazzulella ‘e cafè è musica ribelle, contro la mala-politica soffocante e profittatrice, quella dell’abusivismo edilizio degli anni Settanta, delle mazzette, degli scandali, della criminalità a vari

Il profumo d’aglio e dei taralli sugna e pepe sale

livelli, il cui unico scopo è dividersi il potere: “E

in alto, fino agli ultimi piani dei palazzi del vicolo,

chiste, invece ‘e dà na mano, s’allisciano, se vàtt-

mischiandosi a quello del mare e del caffè che si

ono, se màgnano ‘a città”.

diffonde dal bar dei suoi amici, i fratelli Battelli, distante poche decine di metri dal suo balcone, dove fa spesso colazione con ‘na tazzulella è cafè e ‘na pizzetta. “Mi trovavo in cucina quando Pino iniziò a strimpellare qualcosa per cui mi si drizzarono le antenne – ricorda Claudio Poggi in Pino Daniele. Terra mia scritto con Daniele Sanzone – Era ‘Na tazzulella ‘e cafè. Corsi in camera: ‘Cazzo, Pinò,

«Pino è stato uno dei primi chitarristi in Italia a usare il talk box e questo la dice lunga sul fatto che nelle sue canzoni l’uso della chitarra non è mai scontato»

Antonio Onorato

è forte ‘stu piezz!’”. Pino in ‘Na tazzulella ‘e cafè, utilizza l’effetto talk box che si aziona col pedale e che si usa con la

La tazzina di caffè è una metafora di quel poco che

bocca attraverso un tubo di gomma, lo stesso

le classi dirigenti concedono da sempre al popolo,

utilizzato dall’ex Humble Pie Peter Frampton in

una sorta di oppio sociale, affinché questo si ac-

Show Me The Way.

contenti, restando pacificamente nell’ignoranza

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YES I KNOW... PINO DANIELE

11 aprile 1975

e nella non belligeranza: “E nuje tirammo ‘nnanze, cu ‘e dulure ‘e

L’esplosione della fabbrica Flobert a Sant’Anastasia, vicino a Napoli, causa 12 morti. Pino scrive, in ricordo di questo tragico evento, ‘O padrone.

panza e invece ‘e ce ajutà, ce abbòffano ‘e cafè“.

1976 Pino scopre, ascoltando il pezzo Show Me The Way (nel 33 giri omonimo di Peter Frapton), l’effetto talk-box per la chitarra. Lo utilizzerà in ‘Na tazulella ‘e cafè.

Uno dei suoi miti, Eduardo De Filippo, un giorno svela che gli piace ‘Na tazzulella ‘è cafè. Questo per Pino resterà uno dei complimenti più belli ricevuti in tutta la sua vita. Napoli è una delle città più belle del mondo, ma per colpa degli amministratori di turno e di una parte degli stessi napoletani non riesce a splendere come meriterebbe, sottolinea Pino in Suonno d’ajere, in cui canta “allucco pe’ tanto dulore […] pe chesta miseria ca nce sta’ ‘nzino a dinto ‘e recchie e nun ce lassa manco ‘o tiempo e nce guardà / ma a chi stammo aspettanne per stennere

28 aprile 1976 Pino firma un contratto con la EMI. Nello stesso giorno e quasi alla stessa ora (uno alle 14:00 nella capitale, l’altro alle 14:30 a Napoli) Pino avrebbe avuto un colloquio in Alitalia per un posto da assistente di volo. Senza pensarci più di tanto, però, sceglie la musica.

‘sti panne / ‘e parole nun fanne rumore” e in Ce sta chi ce penza (“se ne cadeno ‘e palazze e a nuje ce abbrucia ‘o mazzo. ‘A città è cchiù pulita ma ognuno mette ‘o dito e nce vo’ magna’”). In Maronna mia narra l’altra Napoli, quella omertosa dove la gente vede e tace per tranquillità, quella degli scippi, quella di due scugnizzi che rubano la fede nuziale e lo stipendio a un povero padre di famiglia: “Ma che succede / chesta ggente nun vo’ aiutà / è gente ‘e niente”.

Giugno 1976

Napule è, apre Terra Mia, un album scabrosamente rivoluzio-

Esce il suo primo 45 giri Ca calore/Fortunato. La foto della copertina è di Lino Vairetti degli Osanna. Fortunato qui appare in una versione più lunga rispetto a quella inserita nel long playing.

nario, originale nel riprendere la tradizione melodica autoctona,

Luglio 1976-aprile 1977 Pino registra il suo primo 33 giri, Terra mia.

25 dicembre 1977 Va in onda, sulla RAI, una nuova versione televisiva di Natale in casa Cupiello, uno dei capolavori di Eduardo De Filippo, molto amato da Pino.

corredandola di un nuovo linguaggio. Un’opera prima libera, come vuole essere lui, come vogliono essere i giovani napoletani degli anni Settanta che guardano al futuro, camminando (come si dice in Libertà, da Terra mia) “mmiezz ‘a via parlanno ‘e libertà”. Terra mia segna la strada alla nuova canzone napoletana, come farà ad esempio cinque anni dopo, nel 1982, un altro album spartiacque: Midnight Love di Marvin Gaye, ponte sul nu soul. Napule è accompagna per mano l’ascoltatore lungo i sentieri di questo mondo di suoni e voci, fatto di sole, tufo giallo e acqua di mare, di sangue divino e lava rossa, di maghi e sirene, angeli

e demoni, santi divenuti eroi e anime purganti, chiese e antichi templi, preghiere e scongiuri, Madonne Nere e Madonne Bianche, musica e silenzi, canti e danze, di palcoscenici a cielo aperto e di teatri greco-romani sprofondati nelle viscere della Terra.

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

Pino è Napoli, è questa terra – sua, nostra, “mia”

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città che vuole cambiare, che affida da secoli la

– dove il fado portoghese incontra munacielli e

sua vita allo scioglimento del sangue del suo pa-

belle ‘mbriane, la saudade brasiliana si mescola a

trono Gennaro e all’integrità di un uovo d’oro

quella dei vicoli. Pino è la voce di dentro: la voce

di virgiliana memoria, custodito nelle segrete di

irriverentemente punk, seppur sussurrata, di una

un suo maniero lì, immerso nel Golfo, dove si

CAFFÈ E CANZONI Fare il caffè è un’arte e i napoletani lo sanno. Lo sa Eduardo De Filippo o meglio il suo personaggio Pasquale Lojacono, protagonista di Questi fantasmi che, affacciato al balcone, dice al suo immaginario vicino: “Il caffè deve avere il colore del manto di monaco. Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo, prendere il caffè fuori al balcone scambiando due parole con il dirimpettaio simpatico in tranquillità”. Il caffè è protagonista di tante canzoni napoletane. È il 1918 quando Giuseppe Capaldo, invaghitosi della cassiera del bar Caffè Portoricco in via Guglielmo Sanfelice, la signorina Brigida, scrive per lei seduto a uno dei tavolini del locale A tazza ‘e cafè. Il brano, musicato dal cavalier Vittorio Fassone, è stato oggetto, in un secolo, di numerose interpretazioni e rifacimenti: Claudio Villa, Milva, Gabriella Ferri, Roberto Murolo. Il giovane poeta Capaldo classe 1874 (muore nel 1919) paragona nel testo Brigida a una tazzina di caffè: amara sopra, ma dolcissima in fondo. Il caffè oltre a essere la bevanda più venduta al mondo è qualcosa che va oltre. Un rito attorno al quale si è creata arte, sono nati incontri. La leggenda vuole che il poeta Gabriele D’Annunzio, al Caffè Gambrinus di Napoli, sfidato dall’amico Ferdinando Russo a scrivere una canzone in dialetto abbia composto il testo della celebre ’A vucchella, musicato poi da Francesco Paolo Tosti, scrivendolo a matita sul marmo di uno dei tavolini. Nel 1958 Domenico Modugno e Riccardo Pazzaglia scrivono ‘O ccaffè, parte del testo della quale sarà ripresa – a mo’ di citazione – in Don Raffaè di Fabrizio De André, Massimo Bubola e Mauro Pagani (musica), canzone che denuncia la critica situazione delle carceri italiane negli anni Ottanta e la sottomissione dello Stato al potere delle organizzazioni camorristiche. Pino cita spesso il caffè nelle sue canzoni come in A me me piace ‘o blues (“A me me piace ‘o zucchero ca scenne dinto ‘o cafè”), in Notte che fai (“Ho voglia di caffè”), in Gesù Gesù (“L’addore d’o cafè pe’ tutta ‘a casa”), in Anime che girano (“Nero come il caffè forte preso di notte”), in Pigro (“Resto a letto mentre sento già l’odore del caffè”), in Coffee-Time (“Trova il tempo di prendere un caffè / Cerca il tempo per stare insieme”), nel titolo dell’album Iguana cafè…

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YES I KNOW... PINO DANIELE

adagiò esanime, all’ombra del Monte Echia, il

si recano in chiesa “cu ‘a curona pe’ pria’” per

corpo della Sirena Partenope, prima di dare il

fede, ma anche perché non hanno un posto dove

nome e la “maternità” a Neàpolis.

sentirsi a casa.

Napoli e Pino: un rapporto simbiotico, madre/

Pino convince Claudio Mattone a suonare nel

figlio, luogo/artista, come la Giamaica e Bob

brano Terra mia la tastiera Solina, uno strumen-

Marley, il Cile e Victor Jara, Cuba e Compay

to musicale all’epoca all’avanguardia per la sua

Segundo, Liverpool e i Beatles, Amàlia Rodrigues

capacità di riprodurre gli archi.

e Lisbona. Terra mia racchiude 13 canzoni, tra cui anche la bre-

Pino ama Napoli e per questo è ancora più arrabbiato, incazzato nero, per le cose che non cambiano, proceden-

ve e intensa Chi po dicere.

do lungo un binario artistico,

Nell’album, con Pino, trovia-

simile, parallelo a quello per-

mo Rosario Jermano alle per-

corso da un altro grande figlio

cussioni e alla batteria, Enzo

della città: Edoardo Bennato

Avitabile ai fiati, Rino Zurzolo

che, come lui, ha preso il blues

al basso elettrico e contrabbas-

e lo ha cantato in napoletano (in

so, Enzo Canoro al basso elettrico in Ca Calore (che nella versione

dell’LP viene italianizzata in Che calore)

canzoni come Ma chi è da La torre di Babele del 1976 o nell’album È asciuto pazzo ‘o padrone, pubblicato con

e in Fortunato, Donatella Brighel coro e voce so-

lo pseudonimo di Joe Sarnataro del 1992, con-

lista in Saglie, saglie e Suonno d’aiere, Dorina

tenente pezzi come Comme aggia fa). La Terra

Giangrande ai cori, Piero Montanari basso in ‘Na

mia di Pino è come il brano Tira a campare di

tazzulella ‘e cafè, Amedeo Forte al pianoforte,

Edoardo (dall’album I buoni e i cattivi – 1974),

Roberto Spizzichino alla batteria, Luca Vignali

“sì è bella. È la mia città. Sì è stanca ed ammalata

oboe in Napule è.

e forse non vivrà. Sì lo so che va di male in peg-

La canzone che dà il titolo al 33 giri, uno dei ma-

gio. Che qui è tutto un arrembaggio. Qui si dice:

nifesti della poetica di Daniele (come ha scritto il

‘Tira a campare, tanto niente cambierà’”; come

collega e amico di Pino Federico Vacalebre de Il

La mia città (pubblicato come singolo nel 2011 e

Mattino), è disperata come l’“amara terra mia”

poi nell’album Pronti a salpare del 2015) sempre

di Domenico Modugno, orgogliosa come la This

dell’artista di Bagnoli, “rassegnata, stanca, nuda,

Land Is My Land di Woody Guthrie.

innocente, invasata tradita, condannata, sporca,

Napoli è un tassello di un mondo, antico, dalla

avvelenata, sempre affollata, devota, ammutina-

tradizione millenaria, in cui il giovane artista ri-

ta, invidiata, dolce, incosciente, insolente, irrive-

belle vede che nulla cambia, dove le donne vestite

rente, ammaliata, abbandonata, invisibile, fiera,

di nero, proprio come la futura Donna Cuncetta,

incontrollata, colta, raffinata”, ma è la loro città.

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

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“Terra mia – racconta Pino Daniele in un’in-

“Quando uscì Terra mia – ricorda Massimo

tervista a me rilasciata e pubblicata, in occasione

Ranieri – comprai subito il vinile, dal primo

del trentennale del suo primo LP, sabato 6 otto-

momento ero stato colpito dalla vocalità, dalla

bre 2007 sulle pagine del Corriere del mezzogior-

musicalità e dai versi di questo ragazzo napo-

no-Corriere della sera – è il disco più bello che

letano come me. Un anno dopo, nel 1978, ero a

abbia fatto finora, anche perché il primo nasce

Roma con la mia fidanzatina dell’epoca e andai

sempre in totale libertà, lontano da qualsiasi tipo

a vederlo in concerto Al Mattatoio. Lo aspettai

di meccanismo discografico e condizionamento.

fuori, perché volevo complimentarmi con lui: dal

Era un periodo incredibilmente fertile per la mu-

vivo era stato incredibile. Gli andai incontro e lui

sica in Italia. In ogni città nascevano scuole, come

mi anticipò esclamando stupito verso i ragazzi

quella genovese, milanese, romana. E c’era la

del suo staff: ‘Mamma mia guagliù… Massimo

nostra, quella napoletana. Eravamo tutti attaccati

Ranieri!’. Gli dissi che avevo comprato il suo al-

alle proprie radici. Il musicista era un operatore

bum e lui mi rispose: ‘Tu mi fai emozionare’. Io

culturale”. In quest’intervista, alla mia domanda

gli risposi: ‘Idem’. Da quel nostro primo incontro,

se Napoli ha ancora mille colori, Pino risponde:

iniziò tra noi due un racconto interminabile di

“Sarà sempre di mille colori”.

telefonate, incontri… di amicizia… fino alla fine”.

LA LEGGENDA DELLA SIRENA PARTENOPE Partenope, secondo la leggenda omerica, è una delle tre sirene (le altre sono Licosia e Legea) che decidono di porre fine alla loro esistenza gettandosi in mare per non esser riuscite ad ammaliare Ulisse (Canto XXII dell’Odissea) con il loro canto. Il suo corpo, spinto dalle onde, giunge su un lembo di terra (l’isolotto di Megaride, dove sorgerà il Castel dell’Ovo) che prenderà prima il suo nome per poi diventare Neàpolis. Il suo corpo senza vita si dissolve nel terreno, modellando la conformazione del Golfo: la testa, poggiata a Oriente, crea la collina di Capodimonte, mentre il piede/coda, a Occidente, disegna i tratti della collina di Posillipo. La sirena è un essere favoloso della mitologia classica, rappresentato in principio come una giovane donna a volte con le ali (nella parte superiore del corpo), con la parte inferiore in forma di uccello che in epoca successiva diventa a forma di pesce. Queste sono solite emergere dalle acque per incantare con la loro voce i naviganti, facendoli naufragare.

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YES I KNOW... PINO DANIELE

Sulla copertina, realizzata da Umberto Telesco

Sorrenti. Il long playing Terra mia vende solo

(che ha già curato la grafica del 45 giri Ca calore/

poche migliaia di copie, colpa forse anche del-

Fortunato), scelto da Pino e Claudio per il suo

le canzoni cantate interamente in napoletano. I

passato a Londra e per aver già realizzato coper-

numeri esigui, però, non scoraggiano il giovane

tine come Aria di Alan Sorrenti e Palepoli degli

artista. Infatti nel 1979 pubblica, per la EMI, il

Osanna, c’è uno scugnizzo che tiene in mano un

secondo disco che porta il suo nome e cogno-

po’ di terra. Il ragazzo ritratto (la cui foto gra-

me: Pino Daniele, registrato alla Sonic di Roma,

ficamente viene trasformata in disegno) è uno

dall’ottobre del 1978 al febbraio del 1979, missato

dei fratelli di Pino, Salvatore, che racconta: “Mi

nello studio Green dello Stone Castle di Carimate

ricompensò per il disturbo con alcune frittatine

(Como) da Allan Goldberg.

di maccheroni, acquistate nella storica rosticceria

Nel secondo disco, Pino Daniele, Claudio Poggi

La Padella di piazza Arenella a Napoli”.

non c’è più. Alla produzione troviamo Willy

Il grafico della EMI Bruno Fedetto per la “T” del

David, già al fianco dei Napoli Centrale, produtto-

titolo dell’album usa lo stesso colore della terra in

re, impresario, discografico, talent scout di Forlì

mano a Salvatore. Per l’interno del 33 giri, dove

che, come tanti, per caso si trova a essere iscritto

vi sono i testi, viene utilizzata una fotografia delle

tra i protagonisti di questa favola all’ombra del

mani di Pino mentre è affacciato dal ballatoio di

Vulcano dello scugnizzo in blues.

un palazzo, scattata a Porta Capuana, vicino al

“Avevo 19 anni”, racconta Willy David, “ero

ristorante ‘O Marenaro, specializzato in zuppa di

il direttore artistico dell’Altro Mondo, il noto

cozze. Viene pubblicato anche un secondo 45 giri

locale di Rimini, l’unico in grado di rivaleggia-

(Napule è/’Na tazzulella ‘e cafè), che diventa su-

re con il Piper di Roma. Un giorno proposi di

bito uno dei brani più richiesti nella trasmissione

far esibire un giovane talento napoletano di

Alto gradimento di Renzo Arbore.

cui avevo sentito parlare: Tullio De Piscopo.

“Quando mi giunse in redazione il 45 giri”, rac-

Fu un successo. Attraverso Tullio conobbi gli

conta Renzo Arbore, “scelsi per la trasmissione

Showmen, uno dei più grandi gruppi di R&B

che facevo con Gianni Boncompagni ‘Na tazzulel-

d’Europa. Il sax di James Senese era pura

la ‘è cafè. Non potevo mettere un brano poetico,

magia, la voce di Mario Musella unica. Iniziai

malinconico come Napule è, perché non in linea

così ad appassionarmi alla scena musicale

con il programma. ‘Na tazzulella ‘e cafè entrò in

napoletana, a studiarla. Capii che Napoli era

classifica, diventò una hit e lanciò il suo talento.

città di musica, come Rio, Londra, Cuba, New

Trasmettemmo poi anche Je so' pazzo. […] Ha

Orleans. C’era un fermento che pareva bollire,

rinnovato il modo di scrivere le canzoni napole-

come il magma del suo Vesuvio. Pochi anni

tane, trattando tematiche attuali”.

dopo, l’allora direttore della Ricordi mi fece

Di ‘Na tazzulella ‘e cafè esiste anche una versione

ascoltare un progetto che si chiamava Napoli

per juke-box abbinata a Figli delle stelle di Alan

Centrale, la band che James aveva fondato dopo

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

45

gli Showmen. I pezzi erano eccezionali, un jazz

immergermi in questo Mare Magnum d’arte”.

rock mediterraneo come non avevo mai ascol-

“Napoli è musica”, racconta Franz Di Cioccio.

tato prima. Decisi così di venire a Napoli per

“Noi della PFM abbiamo da sempre questa città

«Napoli era città di musica, come Rio, Londra, Cuba, New Orleans. C’era un fermento che pareva bollire, come il magma del suo Vesuvio»

Willy David

IL CASTELLO DELLA MUSICA Ci sono i castelli delle fiabe con re e regine, i castelli maledetti come quello di Dracula e di Frankenstein, quelli abbandonati abitati dai fantasmi e c’è un castello della musica. Questo si trovava a Carimate (Como) e tra le sue mura (aveva tre sale di registrazione: la Green, la

Coral e la Blue) sono nati, dal 1977, grandi dischi come Un gelato al limon di Paolo Conte, Lucio Dalla e Come è profondo il mare di Lucio Dalla, Rotolando respirando, Boomerang, Viva e Stop dei Pooh, Crêuza de mä di Fabrizio De André, Colpa d’Alfredo di Vasco Rossi, Figli delle stelle di Alan Sorrenti, È arrivato un bastimento, Uffà Uffà e Sono solo canzonette di Edoardo Bennato, Buona domenica di Antonello Venditti, Loredanabertè di Loredana Bertè, Robinson, come salvarsi la vita e Montecristo di Roberto Vecchioni, Suonare suonare della PFM, Ivan Graziani di Ivan Graziani, Guccini di Francesco Guccini, Finardi di Eugenio Finardi, Kinotto degli Skiantos, È pericoloso sporgersi di Mango, Comici cosmetici di Alberto Camerini. Pino, allo Stone Castle, ha missato e registrato gli album Pino Daniele, Nero a metà, Vai mo’, Bella ‘mbriana e Common Ground con Richie Havens. Re di questo castello è stato Antonio Casetta, discografico della Bluebell, fondatore anche dell’etichetta Produttori Associati (rilevata poi dalla Dischi Ricordi). La sua idea illuminata era quella di realizzare un luogo che consentisse agli artisti, ai musicisti e ai tecnici di vivere a stretto contatto in un ambiente isolato per meglio creare e registrare, senza vincoli di orari. Nel 1983 Red Canzian dei Pooh acquista la struttura con il suo amico e ingegnere del suono Renato Cantele, facendo nascere i Morning Studios. Oggi il Castello della musica non esiste più. Per un po’ di tempo si è trasformato in un Hotel di lusso, prima di essere messo all’asta.

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YES I KNOW... PINO DANIELE

nel cuore. Nel 1972 creammo una tarantella rock, il brano È festa

1978 Pino compone la colonna sonora (è la sua prima) per il film di Sergio Corbucci La mazzetta, che comprende il brano Tira ‘a carretta. Lo accompagnano Enzo Avitabile (sax e flauto), Benny Caiazzo (sax soprano), Massimo Carola (pianoforte), Tony Cercola (percussioni), Aldo Mercurio (basso) e Fabrizio Milano (batteria). Lo strumentale Tira ‘a carretta è inserito anche nel disco di Gil Ventura Sax Club Number 17.

che fu poi tradotto da Pete Sinfield – il poeta del progressive rock, dei King Crimson, degli Emerson, Lake & Palmer – diventando Celebration, che racchiudemmo nel nostro primo album Storia di un minuto. All’estero, quando proponiamo Celebration, inseriamo al suo interno parte del classico di Denza-Turco del 1880 Funiculì funiculà per far capire subito a tutti che siamo italiani. E si sa: nel mondo, la musica italiana è la musica partenopea che fa da ponte tra antica tradizione e avanguardia. Antica tradizione e avanguardia: proprio come ha fatto Pino Daniele, creando una nuova canzone napoletana”.

Gli anni Settanta stanno per calare il sipario, i Pink Floyd il 30 novembre pubblicano The Wall, qualche giorno dopo, il 3 dicem-

Maggio 1979

bre, Napoli piange Alighiero Noschese, il papà di tutti gli imitatori

Esce il 45 giri Je so' pazzo/ Putesse essere allero.

della televisione italiana morto suicida.

1979

L’artista continua a essere – come lui dice – “portatore sano di na-

Pino scrive Dimane, canzone che sarà inclusa nel disco Viaggi di Peppino Di Capri.

I testi delle canzoni di Pino sono ancora tutti in lingua napoletana. poletanità”. Pino rinforza la sua squadra di musicisti, affiancando a Rino Zurzolo e Rosario Jermano, James Senese al sax, Ernesto Vitolo alle tastiere, Gigi De Rienzo al basso, Agostino Marangolo

Ottobre 1979-gennaio 1980 Pino registra il suo terzo album: Nero a metà.

alla batteria, Fabrizio Milano alla batteria in Ue man!, Carlo Cappelli al piano elettrico in Basta ‘na jurnata ‘e sole, Francesco Boccuzzi al piano elettrico in Donna Cuncetta (che inizialmente doveva chiamarsi ‘Onna Cunce’),

Toni “Cico” Cicco della Formula 3 e Karl Potter alle congas. L’artista, come aveva fatto nel precedente Terra mia, disegna con voce e chitarra i lineamenti e la vita di altri personaggi del suo quotidiano. La protagonista di Donna Cuncetta (da Pino Daniele) con il suo chignon, il “tuppo” nero, è nonna/donna/metafora di una città stanca che si trascina sotto il muro, riflettendo sul suo passato, sui suoi

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

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secoli di dominazione straniera (“So’ na pazza

musicalmente Tullio De Piscopo per la prima

‘mmano a gente e tengo mente. Ma s’je fosse

volta. Qui si svolgevano le interminabili prove

guaglione, je fosse capurione e quando vott’o

per i concerti”.

viento dic’a mia…”), con la paura di poter essere

Donna Cuncetta, come Fortunato, la venditrice

nuovamente violata: narrazione di un’armonia

d’aglio, Pulcinella, il vecchio di Cammina cam-

perduta o forse mai esistita.

mina, è un’altra anima di questi luoghi, pregna di saggezza e cultura popolare. Cuncetta è una metafora, ma è anche sua nonna, è il nome del-

«Sono stato fortunato spettatore della stesura dei brani del suo secondo LP come Donna Cuncetta. L’intensità di quel nostro rapporto di condivisione musicale, resterà sempre nella mia memoria»

Max Carola

la moglie di Luca Cupiello (a cui non piaceva il presepe, nel capolavoro di Eduardo Natale in casa Cupiello), è il nome legato alla storia della “capa che suda” al cimitero delle Fontanelle, che dista poche decine di metri da quella grotta alla Sanità dove Pino ha suonato giornate intere con i Batracomiomachia. Lo xilofono utilizzato nel-

la registrazione del pezzo, suonato da Rosario Jermano, è uno di quegli strumenti giocattolo con i tasti in metallo colorato, acquistato una sera

“Lavoravamo ai fondamenti degli arrangiamen-

durante una sosta in un autogrill.

ti”, racconta Max Carola, “stilando i passaggi

Tra i tanti personaggi del vivere quotidiano

armonici, alla ricerca delle progressioni perfette.

narrati da Pino, c’è anche ‘o buono guaglione,

Pino spesso mi prendeva in giro per i miei ac-

un femminiello che l’artista incontra spesso nel

cordi troppo jazz, ma io da pianista autodidatta

centro storico: “Chillo è nu buono guaglione, ha

avevo sviluppato la mia ricerca sulle armonie per

cominciato col vestito della sorella pe pazzià’ e vo’

quarte che avevano, al mio orecchio, un suono

essere na signora […] crede ancora all’amore …

nuovo e interessante. Essendo anch’io chitarrista,

sogna la vita coniugale ma per strada poi sta male

avevamo trovato la soluzione perfetta: quando

perché si girano a guardare […] s’astipa ‘e sorde

lui suonava il mandolino, io suonavo la chitarra.

pe ll’operazione”. Pino è tra i primi, dopo i Pooh

Quando lui passava alla chitarra, io andavo al

di Pierre, ad affrontare in Italia il tema dell’omo-

pianoforte. Dopo il lavoro di arrangiamento e

sessualità e della transessualità: poi lo faranno il

definizione, ci spostavamo nella mia sala prove in

Banco del Mutuo Soccorso con Paolo Pa (1980) e

via Martucci 35, dove avevo fatto venire dall’In-

Baciami Alfredo (1981) e poi Pierangelo Bertoli

ghilterra anche un pianoforte verticale tutto in

con Maddalena (1984).

rovere. In questo luogo, messo a disposizione

L’album Pino Daniele si apre con la dolce Je

da mio padre per suonare, Pino ha incontrato

sto vicino a te scritta per Cristina, la sua pri-

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YES I KNOW... PINO DANIELE

ma figlia (avuta dal matrimonio con Dorina

cattivo, ‘o mammone, i mali del mondo e ‘o

Giangrande): “Je sto vicino a te pecchè o mun-

malotiempo.

no è spuorco… je sto vicino a te e ciento strilla

Il disco Pino Daniele, racchiude anche omaggi

attuorno nun me fanno sentì si staje scetata

agli elementi naturali della sua terra, che saranno

o duorme”. Anche Ninnanàninnanoè è una

sempre presenti nelle sue composizioni come il

ninna nanna scritta per la piccola Cristina:

sole, il vento e il mare “tutto spuorco, chieno e

“Duorme Nennella mia fino a che ven’o juorno

munnezza, e nisciuno ‘o va ‘a guarda’”. Per Pino

/ duorma nennella mia che è ancora notte / E

Chi tene ‘o mare (con il sax di James Senese

strigneme ‘e dete sempe cchiù forte / si vene ‘o

semplicemente straordinario) “porta ‘na croce,

mammone chiudimmo ‘a porta”. Il canto di un

cammina ca vocca salata”, ma alla fine Basta

padre che rassicura la sua piccola, proteggen-

‘na jurnata ‘e sole “pe’ pote’ canta’”, mentre ‘o

dola, tenendo lontano, fuori la porta, l’uomo

Viento “trase din’e piazze, rump ‘e fenestre e nun

‘O MAMMONE ‘O mammone ha terrorizzato generazioni di bambini napoletani, come il lupo cattivo, l’uomo nero, la strega cattiva: l’equivalente del boogie man americano. Come indicato nei dizionari del secolo XIX, “mammone” è un vocabolo di origine siriaca che sta a indicare il falso idolo delle ricchezze e il demonio pieno di cupidigia e avarizia. Le mamme di un tempo, però, con questo termine si riferivano a una creatura fantastica, figlia di un gatto (nel Medioevo considerato

animale di Satana) e del “mammone”, il diavolo appunto. Questa creatura compare in diversi racconti della tradizione popolare partenopea: per esempio ne Lo cunto de li cunti (anche noto come Pentamerone) di Giambattista Basile, nel racconto La pulce. Il mammone però potrebbe derivare anche da un personaggio realmente esistito: Getano

Colletta detto “Mammone”. Era il figlio di un mugnaio di Sora nato nel 1756 che, dopo la creazione della Repubblica Napoletana del 1799, decise di combattere al fianco dei Borbone contro i francesi. Secondo le cronache uccise più di 400 persone, distinguendosi per la sua ferocia al punto che anche Alexandre Dumas padre lo menziona nel suo romanzo La Sanfelice. La sua

fama di sanguinario contagia anche Vincenzo Cuoco che, nel suo Saggio storico della rivoluzione di Napoli, lo accusa di antropofagia, descrivendolo come una sorta di vampiro che beveva il sangue delle sue vittime. Perfino Benedetto Croce lo descrive come “il più efferato tra i capi realisti del 1799”. Gatto mammone, creatura fantastica o guerrigliero sanguinario realmente

esistito? A voi l’ardua sentenza.

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

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«Ci siamo parlati tutta la vita con la melodia. Dal primo momento ho capito che era un mio fratello musicale»

James Senese te fermà, viento, viento, puorteme ‘e voci e’chi

completati a vicenda. Io canto col sax, lui con la

vo’ alluccà”.

voce. Quando lo accompagnavo, le note del mio

“Chi tene ‘o mare”, dice James Senese, “è uno

strumento scorrevano in modo naturale, colo-

degli esempi di come Pino e io ci siamo da sempre

rando la sua voce e le sue canzoni”.

DONNA CUNCETTA LA LEGGENDA DELLA “CAPA CHE SUDA” Chi non ci crede dice che è bagnata per l’umidità della grotta. Chi ci crede è convinto che essa trasudi. All’estrema sinistra del Cimitero delle Fontanelle, necropoli dove sono conservati i resti di circa 40.000 defunti, tra le vittime della peste del Seicento e quelle colpite dall’epidemia di colera dell’Ottocento, si scorge il teschio di una delle tante anime del purgatorio. Secondo la leggenda popolare, si può toccare la capuzzella per chiedere una grazia: se la mano si bagna, questa sarà ottenuta, se invece la testa non suda, non accadrà nulla. Il teschio giace in una teca di legno e a differenza degli altri che lo circondano e che sono ricoperti di polvere e terra, appare sempre ben lucidato. Donna Cuncetta – così si tramanda da secoli in città – era una popolana del quartiere che desiderava un figlio. Per vedere esaudito il suo desiderio, si recò nel cimitero per chiedere la grazia a un’anima del Purgatorio. Scelse un teschio a caso e lo accarezzò. Cuncetta rimase incinta, partorì e ritornò per ringraziare l’anima che l’aveva aiutata. Si avvicinò al cranio che iniziò a emanare una luce abbagliante, l’unico senza polvere. Da allora è accaduta una sorta di transfert tra Cuncetta, la prima devota, a cui fu concessa la grazia e quel teschio, divenendo un tutt’uno. ‘A capa che suda è diventata un talismano di fertilità. I napoletani da secoli chiedono grazie relative alla quotidianità (matrimoni, figli, salute, lavoro) a queste anime chiamate anche pezzentelle, ovvero abbandonate, costrette nel Purgatorio, non miracoli perché non si tratta di santi e quindi non possono intervenire in situazioni eccezionali. In cambio adottano un teschio, prendendosene cura.

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YES I KNOW... PINO DANIELE

“Je so' pazzo e nun ce scassate ‘o cazzo” è uno

nel Seicento dal potere spagnolo. “Amice miei,

dei versi più noti di tutta la produzione del ma-

popolo mio, gente – disse Masaniello alla folla –

scalzone latino, parolaccia ostentata, censurata,

vuie ve credite ca io so’ pazzo e forze avite raggio-

grido anarchico di una generazione irrequieta di

ne: io so’ pazze overamente. Ma nunn’è colpa da

nuovi Masaniello neri a metà (“E chi dice che

mia, so state lloro che m’hanno fatto’ ascì afforza

Masaniello / poi negro non sia più

n’fantasia! Io ve vulevo sulamente bbe-

bello?”) che vuole cancellare

ne e forze sarrà chesta ‘a pazzaria

l’Ancien Régime, consa-

ca tengo ‘ncapa. Vuie primme

pevole del fatto che ‘a

eravate munnezza e mò site

nuttata, di eduardia-

libbere. Io v’aggio fatto lib-

na memoria, non è

bere. Ma quanto po’ durà

ancora passata. Una

sta libbertà? Nu juorno?

nuova generazione

Duie? E già pecchè po’ ve

che sa che la polizia

vene ‘o suonno e ve jate

di Port Elizabeth ha

tutte quante ‘a cuccà”.

ucciso – il 12 settembre

“Per le scale del palazzo in

di due anni prima, nella

piazza Santa Maria La Nova,

cella 619 della prigione di

dove abitava Pino con le zie –

Pretoria, mentre usciva Terra mia – un nero vero, non a metà:

ricorda Paolo Raffone – c’èra un bassorilievo del Seicento dov’era raffigu-

Stephen Biko che con Nelson Mandela è simbo-

rato il volto di Masaniello, con sul capo il berretto

lo della lotta all’apartheid in Sudafrica, famoso

frigio. Un giorno chiesi a Pino perché c’era questa

per aver osato pronunciare parole come “black

scultura e lui mi rispose che forse era il palazzo

is beautiful”.

dove nacque e visse Masaniello. Pino, in Je so’

In Je so’ pazzo, come anche in Ue man!, il blues

pazzo, dirà ‘Masaniello è crisciuto, Masaniello

del Delta del Mississippi, quello dei neri non a

è turnato…”.

metà, incontra quello del Volturno e del Sebeto, l’antico fiume napoletano scomparso (“la faccia nera l’ho dipinta / per essere notato”), generando, per definizione dello stesso Pino, il taramblù, un mix di tarantella, blues e rumba. Su queste acque di blues mediterraneo, spinto dal soffio della sua armonica, galleggia un testo che prende spunto dall’ultimo discorso pubblico di Masaniello, capopopolo napoletano giustiziato

«Per le scale del palazzo, dove abitava Pino con le zie, c’èra un bassorilievo del Seicento raffigurante il volto di Masaniello»

Paolo Raffone

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

JE SO̕ PAZZO E LA NAPOLI CENSURATA Il brano, pubblicato come singolo nel maggio del 1979 (con Putesse essere allero come lato B), arriva in tutt’Italia grazie al successo riscosso al Festivalbar e subisce una censura per via di quel “nun ce scassate ‘o cazzo”. Pino è costretto a registrare una seconda versione da trasmettere in radio e in tv, che viene stampata anche su un singolo promozionale, inciso su un solo lato. Durante la trasmissione Domenica in… del 1979, condotta da Pippo Baudo, l’artista propone la versione censurata. Je so' pazzo va ad aggiungersi ad altre canzoni napoletane (o legate alla città) colpite dalla scure della censura. Nel 1938 tocca a Un’ora sola ti vorrei di Bertini-Marchetti (portata al successo nel 1966 dagli Showmen del primo nero a metà Mario Musella e ripresa poi da Ornella Vanoni e Giorgia nel suo disco Mangio troppa cioccolata, prodotto proprio da Pino) perchè ci furono persone sorprese a cantarla guardando il ritratto di Mussolini (“Un’ora sola ti vorrei / per dirti quello che non sai/ io che non so scordarmi mai / che cosa sei per me”). Al Festival di Napoli del 1957 suscita polemiche Lazzarella di Domenico Modugno e Riccardo

Pazzaglia, interpretata da Aurelio Fierro, per via del verso finale che recita: “Lazzarella tu si già mamm”. Per ordine del censore, il verso viene sostituito con “Lazzarella perdo ‘o tiempo appriesso a tte”. L’anno dopo, ancora a Mister Volare, viene censurata dalla RAI Resta cu’mmè per i versi “nun mme ‘mporta d’o ppassato / nun mme ‘mporta ‘e chi t’ha avuto...”, che mal si sposavano con la morale tricolore, per cui la verginità era un valore assoluto. Renato Carosone è accusato di utilizzare Tu vuo’ fa l’americano per pubblicità occulta. La canzone, scritta con Nisa, poteva esser trasmessa solo se al posto di “ma i soldi pe’ Camel chi te li da?” veniva cantato “ma i soldi pe’ campa’, chi te li da?”. Sempre a Carosone la canzone La pansè (di Pisano-Cioffi) viene bandita per i suoi contenuti ammiccanti. Non subisce censura, ma una rettifica, la celebre La leggenda del Piave di E. A. Mario (al secolo Ermete Giovanni Gaeta). Nel Natale del 1928, una lettera del ministro dell’Educazione Nazionale del governo Mussolini (oggi negli archivi della Fondazione Bideri) richiede una rettifica del testo per renderlo aderente alla realtà storica, in quanto viene appurato che la disfatta di Caporetto non era da attribuire a un atto di tradimento: il reparto ritenuto responsabile era stato purtroppo sterminato da un attacco con gas letali. La parola “tradimento” fu così sostituita con “fosco evento” e la frase “onta consumata a Caporetto”, con “poiché il nemico irruppe a Caporetto”.

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YES I KNOW... PINO DANIELE

LE VICENDE DI PIAZZA MERCATO Si chiamava in passato Foro Magno ed è una delle piazze storiche di Napoli, nonché il luogo in cui ebbe inizio la rivoluzione del pescivendolo e abile contrabbandiere Masaniello: Tommaso Aniello d’Amalfi, nato nel 1620 nel vico Rotto al Mercato, divenuto il Che Guevara napoletano, il capopopolo dei lazzaroni. Confinante con piazza del Carmine e con la Basilica del Carmine Maggiore, la piazza un tempo era chiamata Campo del Moricino o Nuricino perché posizionata accanto alle mura divisorie della cinta muraria della città. Sotto gli Angioini, che ne fecero un grande snodo commerciale, fu ribattezzata Mercato di Sant’Egidio. Qui si svolgevano anche le esecuzioni capitali (storiche quelle di Corradino di Svevia e di molti giacobini dopo la soppressione della Rivoluzione partenopea del 1799). La piazza conteneva la fontana da cui si narra che Masaniello arringò la folla in quel famoso 7 luglio del 1647, dando il via all’insurrezione contro il viceré Duca d’Arcos, chiedendo l’abolizione delle gabelle; la fontana fu acquistata nel 1812 dal comune di Cerreto Sannita (BN) che oggi la mostra nella sua piazza principale. Masaniello il 16 luglio, nel giorno della festa della Madonna del Carmine, dopo esser stato accusato di pazzia e tradimento, provò a difendersi affacciato al balcone di casa sua – proprio in piazza. Scese in strada, corse nella chiesa del Carmine per rifugiarsi. Interruppe la celebrazione della messa. Si tolse i vestiti e nudo iniziò quello che sarebbe stato il suo ultimo comizio popolare. Finito, si mise a passeggiare nel corridoio del convento dove, raggiunto da uomini armati, fu

Chiude Pino Daniele il brano ‘E cerca ‘e me

accaduto col precedente Terra mia, grazie an-

capi’, due minuti e 28 secondi in cui la poe-

che al successo riscosso al Festivalbar, ottiene

tica e la musicalità di Pino, solo con chitarra

un discreto riscontro commerciale. Il giovane

e voce, si mostrano in tutta la loro bellezza.

artista divide una tournée, da marzo a giugno

“Vorrei strappare mille occasioni e poi fuggir

1979, con i Napoli Centrale di James Senese,

lontano / Me so’ scucciato ‘e parlà e dire ogni

accompagnato da Gianni Guarracino alla chi-

volta quel che ho dentro e poi star male e poi

tarra, Fabrizio D’Angelo al pianoforte e tastiere,

suonare, suonare”.

da Roberto Giangrande al basso e da Fabrizio

L’album Pino Daniele a differenza di quanto

Milano alla batteria.

Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano

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D E L C H E G U E VA R A N A P O L E TA N O ucciso con quattro colpi di archibugio e poi decapitato. La sua testa, dopo esser stata mostrata al Duca d’Arcos, fece il giro della città. Il corpo fu gettato in un fossato, fuori la Basilica. Il suo popolo, che l’aveva tradito, si rese conto di aver commesso un errore quando, il giorno dopo, furono rimesse in vigore le gabelle e venne diminuita la razione di pane. La gente raccolse quindi il suo cadavere, che fu lavato nelle acque del fiume Sebeto e ricongiunto alla testa. Dopo essere stata portata in processione, la salma dell’eroe fu sepolta alle tre del mattino nella chiesa del Carmine, dove riposò fino al 1799 – cioè fin quando Ferdinando IV di Borbone, dopo aver represso la Rivoluzione Partenopea di quell’anno, ne ordinò la dispersione per cancellare il ricordo di quello che era stato, secoli prima, l’emblema di chi si opponeva al potere regio. In piazza Mercato, nella Basilica del Carmine, si sono tenute il 17 aprile 1967 le esequie del grande

Totò. Erano le cinque del pomeriggio quando il feretro fece il suo ingresso, salutato da più di 200.000 persone: 3.000 erano stipate nella chiesa. Nella stessa piazza, il 14 novembre del 2006, è stato celebrato anche il funerale di Mario Merola che qui si era sposato 40 anni prima con Rosa. La famiglia Merola, quando l’artista era bambino, abitava di fronte alla chiesa. In via Ferze al civico 25, nei pressi della piazza, nacque a mezzogiorno del 16 marzo 1876 anche Vincenzo Russo, garzone di guantaio e maschera di teatro, ma soprattutto il poeta di I’te vurria vasà, Maria Marì, Torna maggio. E in vico dei Tornieri, il 3 gennaio 1920, nacque il maestro Renato Carosone.

Sulla copertina del disco (realizzata da Wanda

sta, poeta, scrittore, docente di comunicazione

e Cesare Monti), lo troviamo intento a farsi la

all’Università ESE di Lucca, direttore artisti-

barba in quattro foto differenti. Solo la prima e

co anche della rivista underground Re nudo,

l’ultima hanno uno stesso orario per rappresen-

scomparso nel 2015) firmerà la copertina anche

tare la ciclicità della vita. Il fotografo e artista

del successivo album di Pino, Nero a metà.

Cesare Monti alias Cesare Montalbetti (regi-

3 Vai mo’ vai… e tutta la tua vita sai di essere un nero a metà Il Blues del Delta di Napoli e la nascita della superstar band (1980-1982) usica musica! La Bella ‘mbriana sorseggia ‘na tazzulella

M

‘e cafè con B.B. King mentre il terremoto del 23 novembre del 1980 scuote un’intera regione e gli animi dei napoletani

che esorcizzano la paura cantando Yes I Know My Way. L’incontro col messia del reggae Bob Marley.

Vai mo’ vai… e tutta la tua vita sai di essere un nero a metà

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YES I KNOW... PINO DANIELE

P

ino è un cantautore atipico, o meglio un

il 90, quello che tante persone in quei giorni

suonautore come ama definirsi, perché

bui giocano al Lotto sperando di risollevare con

da subito – al contrario dei suoi colleghi

una vincita le proprie sorti.

cantautori di allora che si concentrano quasi

In quest’anno, impresso col fuoco nei ricordi

esclusivamente sulla parola e sulla propria mili-

dei campani, tutta l’Italia ha già pianto anche i

tanza – immerge tutto nel ritmo, nel groove black

morti di Ustica (27 giugno) e quelli della strage

che ha ascoltato, studiato, rubato e imparato dai

di Bologna (2 agosto). Piangerà poi quella di un

musicisti americani della base NATO a Napoli.

signore chiamato John Lennon che viene as-

“Napoli”, dice Pino Daniele, “è una città black,

sassinato a New York, all’ingresso del Dakota

R&B. Lo è sempre stata grazie al contatto diret-

Building, dopo aver udito alle ore 23:07 le ulti-

to che ha avuto con gli americani e la loro cultura. La loro musica entrava nelle nostre case e nei nostri sogni con l’arrivo delle navi militari, con

me parole (“Mister Lennon!”) pronunciate dal suo folle carnefice, Mark David

Chapman. Nello stesso anno i Led Zeppelin, dopo la morte

i soldati che frequentavano i

di John “Bonzo” Bonham,

nostri locali. Mario, James,

decidono di porre fine al

io, facemmo nostri i suoni

viaggio del loro dirigibile.

provenienti dall’altra par-

Il 26 gennaio era scom-

te dell’Atlantico fondendoli

parso anche Peppino De

con le nostre radici”.

Filippo, uno dei grandi figli di Napoli che sul

Domenica 23 novembre 1980, alle ore 19:34, la terra ribelle – come Napoli, come il suo vulcano, come Pulcinella, come

grande schermo ha formato con Totò la più celebre coppia

comica della storia del nostro Paese.

Masaniello, come Pino e come un’intera nuo-

Dopo aver scritto il brano Nanninella per il disco

va generazione – scuote l’Irpinia e la Campania

Sulla Terra, sulla Luna di Teresa De Sio, Pino,

tutta. Un sisma violentissimo, una delle scosse

venticinquenne, pubblica per la EMI il suo terzo

più forti del secolo in Italia (di magnitudo 6.8 –

album, Nero a metà, registrato tra l’ottobre del

decimo grado della scala Mercalli), cambia per

1979 e il gennaio del 1980 presso gli Stone Castle

sempre il volto del Sud dello Stivale, causando

Studios di Carimate.

3.000 morti, 280.000 sfollati, 360.000 case di-

“Quando giungemmo agli Stone Castle Studios”,

strutte. Un milione di persone per settimane

ricorda Ernesto Vitolo, “non avevamo ancora

vive nelle piazze, nei parchi, sulle autostrade,

assegnate le stanze che avremmo occupato per il

nelle auto, nei vagoni dei treni. La paura è tanta

periodo delle registrazioni di Nero a metà, così

e per la Smorfia napoletana è l’ultimo numero,

dormimmo tutti insieme in un salone enorme

Vai mo’ vai… e tutta la tua vita sai di essere un nero a metà

I CONTROVERSI ANNI OTTANTA Si aprono con un muro (The Wall, uscito nel 1979) del suono e dentro l’anima, eretto dalla geniale mente di Roger Waters. E quasi si chiudono con lo stesso muro, questa volta di mattoni veri, che crolla dinnanzi agli occhi del mondo, così come l’ideologia comunista il cui epitaffio è scritto nelle immagini dei nostri ricordi di piazza Tienanmen. L’8 dicembre 1980 un folle spara a John Lennon cancellando per sempre un sogno. Sono anni di piccole grandi rivoluzioni, prima su tutte quella tecnologica. Dal Walkman ai CD, dai personal computer ai primi telefoni cellulari. I nuovi giovani cercano di creare una controcultura non dallo scontro, ma ritagliandosi nuovi spazi in settori in pieno sviluppo. Gli Yuppie, le Material Girl, i Paninari, le Timberland, i giubbotti Moncler, le moto da 125 cc sempre più veloci. Il grido di Tardelli, il Presidente Pertini in piedi con i pugni chiusi, Pablito Rossi e i goal, gli Azzurri di Bearzot che entrano nella storia alzando la nostra terza Coppa del Mondo di calcio. L’AIDS si presenta al mondo con la sua prima vittima. Gli U2 irrompono sulla scena. Barbra Streisand duetta con Berry Gibb realizzando l’album Guilty, poco prima che Simon Le Bon diventi il re incontrastato dello star system con i suoi Duran Duran. Michael Jackson con Thriller polverizza ogni record di vendite e poi gli Spandau Ballet, Madonna, i Talk Talk, Annie Lennox, gli Europe, i Wham!, gli A-Ha, i Frankie Goes To Hollywwod, Boy George. Un nuovo glam patinato, una nuova musica “lustrini e paillettes” a tratti elegante, che un po’ alla volta inizia a scoprire il mondo dell’elettronica, dei sequencer. Ma non solo: Frank Zappa realizza il suo sogno al War Memorial Opera di S. Francisco, dirigendo un’orchestra classica e pubblicando The Man From Utopia. Sono gli anni anche di un sano e sanguigno rock che vede nei Guns N’ Roses gli ultimi grandi ribelli del pianeta tutto sex, drugs and rock’n’roll. Wild Boys, Sunday Bloody Sunday, Like A Virgin, Sweet Child O’ Mine, cantano i ragazzi. Sono questi i nuovi inni del decennio. Ci si innammora e si fa l’amore ascoltando Save A Prayer, I’ll Fly For You, Victims, Live To Tell, The Power Of Love. Dalle sponde dell’Atlantico, sotto lo sguardo vigile della TV e del mondo intero, viene celebrato il più grande appuntamento osato dalla generazione del rock dai tempi di Woodstock. È il momento del Live Aid. Voluto da Bob Geldof per aiutare le popolazioni etiopi, il megaconcerto si dipana in due location: lo stadio Wembley di Londra e il JFK di Philadelphia. Sui due palchi si avvicendano giganti del calibro di Who, David Bowie, Mick Jagger, George Michael, Queen, Status Quo, Paul McCartney, Lionel Richie, Madonna, Phil Collins…

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YES I KNOW... PINO DANIELE

Febbraio-marzo 1980 Pino collabora all’album Loredanabertè di Loredana Bertè scrivendo la musica di Buongiorno a te, musica e testo di Un po’ di tutto e suonando la chitarra in Io resto senza vento (la cui musica è di Rosario Jermano su testo di Oscar Avogadro).

27 giugno 1980 Pino apre, allo Stadio San Siro di Milano (prima di lui il bluesman romano Roberto Ciotti e dopo l’Average White Band), il concerto di Bob Marley And The Wailers proponendo davanti a 100.000 persone un set di 45 minuti.

«Pino è stato un artista libero e la libertà è il motore di ogni mia scelta e, insieme, la più grande e pericolosa aspirazione umana»

Teresa De Sio con letti a baldacchino, armature e polverosi arredamenti d’e-

poca medioevale. Suggestionato, Pino volle dormire con la luce accesa per paura dei fantasmi. La nostra collaborazione musicale funzionava così: Pino arrivava con la chitarra e i nuovi brani da suonare. Viste le armonie principali, ognuno di noi si occupava di arricchirle con fraseggi, riff e accordi un po’ più elaborati, quando la melodia lo permetteva: ciascuno metteva il proprio mood nelle composizioni, che già erano belle. De Rienzo si occupava

dell’arrangiamento della ritmica insieme a Marangolo e Spina e

23 dicembre 1980 Alle ore 19:34 la Campania è sconvolta da uno dei terremoti più forti del secolo che causa 3.000 morti.

23 marzo 1981

della sonorità globale insieme ad Allan Goldberg, mentre io delle parti ritmico/armoniche del piano e tastiere. Dopo molte prove, poi si decideva cosa sarebbe stato più giusto tenere o tagliare nelle session in studio, per ottenere il meglio dal nostro lavoro nei brani, che ancora restano tra il miglior repertorio della carriera di Pino”.

Agli Stone Castle Studios di Carimate iniziano le registrazioni di Vai mo'.

Nero a metà (pubblicato anche in Germania) come scrive nelle

19 settembre 1981

a tutti che “il feeling è sicuro quello non se ne va… è tutta la vita…

Nel giorno della festa del patrono San Gennaro, Pino suona in Piazza del Plebiscito a Napoli davanti a più di 200.000 neri a metà. Con lui la superband: James Senese, Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo, Tony Esposito, Joe Amoruso.

e sai di essere un nero a metà”. Il nuovo “nero a metà” qui canta

1982 Viene pubblicato un video su VHS (prodotto da Cinehollywood) che immortala un suo concerto del 1980.

note di copertina Pino è dedicato all’ex Showmen Mario Musella, scomparso il 6 ottobre del 1979. E nel brano A testa in giù ricorda

alternando l’italiano alla lingua napoletana e intraprende così un

«Pino arrivava con la chitarra e i nuovi brani da suonare. Ognuno di noi si occupava di arricchirli con fraseggi, riff e accordi un po’ più elaborati […] mettendo il proprio mood»

Ernesto Vitolo

Vai mo’ vai… e tutta la tua vita sai di essere un nero a metà

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nuovo viaggio musicale chitarra in spalla, come

Il disco si apre con la tastiera di Ernesto Vitolo e

mostrato nella copertina di Cesare Monti.

con l’armonica di Bruno Filippi, che danno for-

“Allora i pezzi melodici di Pino erano fortissimi”,

ma a I say i’ sto ccà, dove ancora una volta Pino

racconta Willy David, “ma a Milano qualcuno

mescola la lingua napoletana all’americano, come

continuava a dirmi. ‘Sì è bravo, ma è il solito

aveva fatto prima di lui il maestro Carosone. “La

napoletano’. Così un giorno gli telefonai e gli

musica è tutto quel che ho” canta in Musica mu-

dissi: ‘Pinotto inizia a fare blues, sennò al Nord

sica, che racchiude uno dei versi più cantati dal

è difficile arrivare’. Così con Nero a metà Pino

popolo di Pino, entrato nel gergo quotidiano non

diventò anche a Milano ‘o guaglione do’ blues”.

solo dei napoletani: “E poi mi levi luce perché

Per Pino sono tanti i neri a metà, concetto que-

sai che sono capace e poi mi levi vino pecchè si’

sto che riprenderanno negli anni Novanta anche

‘nu figlio ‘e bucchino”; come anche “pecchè mi

gli Almamegretta affermando: “Siamo tutti figli

fai guardà senza vedè” (da E so’ cuntent ‘e sta)

di Annibale, il generale nero”. “Noi siamo tut-

e “puozze passà ‘nu guaio niro addò nun coce

ti quanti figli di Annibale, la pelle scura capelli

‘o sole” (da Puozze passà’ nu guaio, con la sua

neri con gli occhi scuri meridionali, sangue me-

chitarra in gran spolvero).

diterraneo, sangue di Africa Africa Africa”, canta

“Nessuno di noi era consapevole di fare un po’

Raiz, muezzin dei vicoli – e con lui un’altra nuova

di storia perché ci interessava solo suonare, di-

generazione di ragazzi napoletani, quelli degli

vertirci. Il denaro veniva dopo”, dice Agostino

anni Novanta, con in testa l’energia di Nevermind

Marangolo. “Avevamo tanto entusiasmo. Pino

degli eroi del grunge Nirvana e le parole di “zio”

si fidava di noi, ci dava un brano e noi ci lavorava-

Pino e del Jeff Buckley di Grace.

mo mettendoci tutti i nostri ascolti colti, la nostra

Nero a metà è il disco della maturità, della con-

esperienza, arrangiandoli. Pino era molto esigen-

sacrazione, in cui l’artista incide nero su bianco

te, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, e per

uno dei suoi credo: A me me piace ‘o blues, un

questo era anche difficile collaborare con lui”.

caffè con un cucchiaino di funky, sorseggiato

E poi c’è Quanno chiove, uno dei gioielli del suo

con B.B. King e Robert Johnson. Con Pino, in

canzoniere, una delle sue creature più amate,

questa terza tappa del suo viaggio lungo le rotte

dove protagonista è un altro personaggio vero

della musica, troviamo ancora un’altra forma-

e reale della sua Napoli, una prostituta dei

zione all star di talenti: Gigi De Rienzo e Aldo

Quartieri Spagnoli. “E te sento quanno scinne

Mercurio al basso, Ernesto Vitolo alle tastiere,

‘e scale / ‘e corza senza guarda’/ e te veco tutt’e

Agostino Marangolo e Mauro Spina alla bat-

juorne ca ridenno vaje a fatica / ma poi nun ridi

teria, James Senese al sax, Rosario Jermano,

cchiù”. Una donna che aspetta quella pioggia che

Tony Cercola alle percussioni, Karl Potter alle

lava vergogna, sporco e colpe, per “cambiare l’a-

congas, Bruno De Filippi all’armonica, Enzo

ria” e forse il corso della sua vita.

Avitabile (ai cori in A me me piace ‘o blues).

La prostituta di Pino non ha un nome, non è come

60

YES I KNOW... PINO DANIELE

1982 Nei suoi studi Bagaria di Formia inizia diverse produzioni tra cui Acqua e viento di Tullio De Piscopo, disco che esce in tutta Europa e che contiene l’hit Stop Bajon, pubblicato anche su 45 giri (lato B Namina) in versione ufficiale, mix e promozionale.

quella di Viviani in Tuledo ‘e notte (1918) chiamata Ines soprannominata Bammenella ‘e copp ‘e Quartiere, anche se è espressione/ creazione della stessa ispirazione, quella figlia dell’osservazione e di un realismo aspro. “Il groove alla batteria di Quanno chiove”, ricorda Agostino Marangolo, “mi venne in mente pensando al pezzo di Billy Joel Just The Way You Are, suonato con congas e campanello. Io trasportai il tutto utilizzando le spazzole”.

Maggio 1982 Pino co-produce il disco di uno degli eroi di Woodstock, la leggenda del folk americano Richie Havens. L’album è Common Ground e Daniele cantan con lui nel brano Gay Cavalier.

Quanno chiove è uno dei capolavori di Pino, uno dei suoi brani

preferiti, cantato anche da Mina, Giorgia, Eros Ramazzotti, Randy Crawford in inglese (It’s Raining, nel disco Through The Eyes Of Love, 1992) e dall’artista brasiliana Patricia Marx in portoghese (Quando Chove). Pino fotografa in musica anche due stati d’animo, l’Alleria e l’Appo-

1982 Pino firma le musiche per il film di Nanni Loy Mi manda Picone, interpretato da Lina Sastri. Il pezzo Assaje viene pubblicato come singolo due anni dopo.

cundria. Quest’ultimo, interfaccia dialettale dell’italiano “ipocondria”, nel senso semanticamente vago di “profonda malinconia”, tipico della napoletanità, è una sorta di saudade tutta partenopea che “scoppia ogne minuto ‘mpietto / pecchè passanno forte haje sconcecato ‘o lietto/appocundria ‘e chi è sazio e dice ca è diuno/

1982

appocundria ‘e nisciuno”. Il brano chitarra flamenco e percussioni

Scrive il testo di Terra me siente, pezzo in cui canta e suona la chitarra, per il disco di Gato Barbieri Apasionado. Suona anche in un altro brano del LP: Tiempo Buono.

(Tony Cercola) è uno dei manifesti emotivi del poeta e uomo in

«Il groove alla batteria di Quanno chiove, mi venne in mente pensando al pezzo di Billy Joel Just The Way You Are»

Agostino Marangolo

blues Daniele. C’è tanta “appocundria” in molte delle sue canzoni. “Feci conoscere a Pino Paco De Lucia e la magia della chitarra flamenco”, racconta il chitarrista Gianni Guarracino, “e proprio dal brano Entre Dos Aguas contenuto nell’album Fuente Y Caudal del 1973 del maestro spagnolo prendemmo insieme spunto per la creazione di Appocundria, utlizzando gli stessi accordi in Lam7 e in Sim7. Anche il mio fraseggio nella canzone è ispirato a quello

di De Lucia. La grande creatività e il genio di Pino poi fecero il resto. Registrammo una versione a due chitarre di Appocundria che però Pino non incluse in Nero a metà”. “Pino ed io trascorrevamo insieme molto tempo in quel periodo”, continua Guarracino, “ascoltando gruppi come gli Steely Dan, di cui consumammo il disco Aja con gli straordinari Donald Fagen alla voce, Walter Becker al basso Steve Gadd alla batteria, Wayne

Vai mo’ vai… e tutta la tua vita sai di essere un nero a metà

61

Shorter al sax, Larry Carlton alla chitarra. Pino,

puntualizza ancora una volta “non striscerò per

quando ne avrà l’occasione, chiamerà attorno a

farmi valere … sarò così sempre pronto a dire no”,

se Shorter e Gadd proprio perché da sempre am-

il bluesettone Nun me scuccià con il verso “Nun

maliato dal sound di questo long playing. Ricordo

me scoccià’ cchiù / tanto muore pure tu”, una sua

lunghi viaggi nella sua Opel Kadett presagli da

rilettura del concetto contenuto ne ‘A livella di

Willy David, che però guidavo io… ero io quello

Totò (la morte è brutta, ma ha un pregio: quello

con cui lui fumava a metà, lungo l’autostrada,

di essere uguale per tutti), con un suo grande

come canta in A testa in giù. Ricordo che mi di-

assolo di chitarra con tanto di pedale wah-wah

ceva sempre: ‘Gianni, voglio diventare il nuovo

di hendrixiana memoria e Sotto ‘o sole con il suo

Battisti’. Invece è diventato l’unico Pino Daniele.

scat su un tappeto sonoro latinoamericano. Da Nero a metà, vengono scelti per il 45 giri Nun me

scoccià (pubblicato anche in Germania e nella

A ispirarci la canzone Appocundria fu il brano Entre Dos Aguas di Paco De Lucia, uno dei più grandi chitarristi di flamenco di sempre che feci conoscere a Pino»

Gianni Guarracino

versione juke-box con Psyco Chicken dei Fools) e I say i’ sto ccà. Il 33 giri vende 300.000 copie ed è incluso dal magazine Rolling Stone Italia nella classifica dei 100 dischi del nostro Paese più belli di sempre alla posizione 17 – numero che per un napole-

tano, però, è associato non proprio alla buona sorte. Per la serie “non è vero ma ci credo” (titolo anche di una commedia in tre atti di Peppino De

Un giorno, mentre eravamo in tour, mi fece sen-

Filippo, scritta nel 1942), nel giugno del 2018, in

tire una canzone che aveva buttato giù in quel

occasione del concerto in onore di Pino Daniele

momento. Non aveva ancora tutte le parole ma

allo stadio San Paolo di Napoli, il Lotto ha pre-

che iniziava così: ‘Passa ‘o tiemp e che fa, tutto

miato un fan dell’artista: grazie ai numeri 3-19

cresce e se ne va”. Iniziammo a suonarla insieme

(data di nascita del bluesman di Santa Chiara,

fischiettando nei punti senza testo. Era Alleria”.

classe 1955) usciti sulla ruota di Napoli, il fortu-

Anche l’Alleria di Pino è intrisa di una velata

nato giocatore ha centrato cinque ambi da 25.000

malinconia che diventa palpabile grazie al piano

euro ciascuno, per un totale di 125.000 euro. Non

di Ernesto Vitolo e al basso di Gigi De Rienzo:

è vero ma… ci credo.

“Passa ‘o tiempo e che fa / tutto cresce e se ne

Il 33 giri più venduto del 1980 però non sarà Nero

va… voglio ‘o sole pe’ m’asciuttà / voglio n’ora

a metà, ma quello di un altro cantautore parteno-

pe’ m’arricurdà”.

peo: Sono solo canzonette di Edoardo Bennato.

Completano il disco Voglio di più, il suo primo

“Ci siamo incontrati la prima volta al locale Il

pezzo interamente in italiano, in cui il suonautore

Paradiso di Rimini, nell’agosto del 1980”, ri-

62

YES I KNOW... PINO DANIELE

corda Edoardo Bennato. “Io a luglio avevo

set di 45 minuti. La magia si ripete il giorno dopo

riempito per primo in Italia 15 stadi consecutivi

allo Stadio Comunale di Torino. Marley morirà

col mio tour: Genova, Napoli, Udine, Torino,

l’anno dopo, l’11 maggio del 1981, a causa di un

Ancona, Pescara, San Siro… il 19 luglio, per la

melanoma maligno, alimentando ancor di più la

prima volta, vennero più di 70.000 persone per

sua leggenda di santo fumatore. Roberto Ciotti

un artista italiano. Lui mi disse ‘Eduà, mo’ te

scomparirà il 31 dicembre del 2013. In quelle due

stà accort’, ora devi stare attento, perché ora

sere a Milano e Torino, più di 150.000 persone

anche se sembrano tutti dalla tua parte, molti

si ritrovarono a cantare Jammin, Exodus, No

ti feriranno alle spalle, sarai bersaglio di invi-

Woman No Cry, ma anche “Je so’ paz e nun ce

die, tutti saranno pronti ad attaccarti e a non

scassat’ o cazz”.

perdonarti nulla, neanche eventuali e fisiologici

“Restai a parlare con Bob Marley per una mezz’o-

piccoli passi falsi’. Ho sempre nutrito grande

retta”, ricorda Pino Daniele, “seduti su un flight

affetto e stima per Pino. Come avevo fatto io

case, sommersi dal fumo della marijuana, men-

qualche anno prima ad esempio con pezzi come

tre fuori più di 90.000 persone gridavano il suo

Ma chi è, nell’album La Torre di Babele, lui ha

nome: ‘Bob, Bob, Bob’. Era carismatico e molto

coniugato alla sua maniera blues e napoletanità.

curioso. Mi fece tante domande su dov’ero nato,

Ci univa l’amore per la ‘musica del diavolo’ e per

su Napoli, sulla sua cultura. Gli parlai delle scale

Napoli, città che abbiamo cantato, difeso ma

musicali arabe presenti nella melodia napole-

anche attaccato a fin di bene. Entrambi siamo

tana e la cosa lo affascinò. Sorridente, gentile,

‘figli’ di Carosone. Lui al contrario di me è stato un grande chitarrista, uno di serie A”. Il 27 giugno del 1980 Pino,

emanava energia, sembrava venire da un altro mondo”. A me me piace o’blues, Je so’ pazzo, Musica mu-

accompagnato da James

sica, sono cantate da

Senese e Tony Esposito,

150.000 anime con

apre allo stadio San Siro

indosso i colori ver-

di Milano (prima di lui

de/giallo/nero della

il bluesman romano

Giamaica accorse per

Roberto Ciotti e dopo l’A-

il reggae di Bob Marley,

verage White Band) il con-

ma che finiscono per ap-

certo di Bob Marley And The Wailers (era l’Uprising Tour di Nostro Signore del Reggae),

proponendo nel pomeriggio, davanti a 90.000 persone giunte da ogni parte d’Italia, un

prezzare quel blues medi-

terraneo, verace, di un giovane del centro storico di Napoli che da qualche anno ha iniziato una piccola grande rivoluzione musicale. Verde, giallo e

Vai mo’ vai… e tutta la tua vita sai di essere un nero a metà

63

nero sono colori Giamaicani, ma anche par-

soldi stanziati per la ricostruzione), è ancora

tenopei: verde come la flora della Campania

più sconvolgente del sisma, con il business del-

Felix, le colline del Vomero e di Posillipo; giallo

la ricostruzione, i suoi scandali, il malaffare e

come il tufo, come lo zolfo dei Campi Flegrei,

i rapporti tra camorra e politica. Più del 50%

come il volto del busto reliquiario del patro-

dei fondi stanziati per la rinascita finisce infatti

no San Gennaro, come il sole, come i limoni,

– secondo le inchieste della Commissione pre-

come le Ginestre del Vesuvio decantate da

sieduta da Oscar Luigi Scalfaro e di quelle del

Giacomo Leopardi; nero come ‘o cafè, come al-

filone Mani Pulite – nelle tasche di chi ha lucra-

cune Madonne, come la maschera di Pulcinella,

to, arricchendosi sulla morte e sul dolore. Pino

come gli operai lavoratori in nero morti alla

dichiarerà: “Anziché far cadere case e uccidere

Flobert, come la Notte che se ne va.

gente inerme, il terremoto doveva seppellire la

Il dopo-terremoto, ennesima pagina triste del-

camorra, ma hanno protezioni in alto”.

la storia d’Italia (con i furti di gran parte dei

Il suonautore cattura questa stagione in un al-

PINO DANIELE CON BOB MARLEY LA SCALETTA Ecco la scaletta – riproposta identica nelle due date – di Pino Daniele di venerdì 27 giugno allo Stadio San Siro (Milano) e sabato 28 giugno 1980 al Comunale di Torino: Sotto ‘o sole Uè man! Chillo è nu buono guaglione Voglio di più Je so’ pazzo Musica musica A testa in giù Quanno chiove A me me piace o’ blues

64

YES I KNOW... PINO DANIELE

tro LP epocale, Vai mo’, il suo quarto, pubblicato a giugno dalla EMI che ne cura una versione anche per il mercato argentino (Vamos Ahora

con i titoli tradotti in spagnolo sulla copertina). Successivamente sarà distribuito anche in Francia, dove sono estratti due singoli, uno promozionale e uno ufficiale con Yes I Know My Way/Puorteme a casa mia e un disco mix

«Con l’album Vai mo’ misi insieme la superband sull’esempio di quello che avevo visto a Cuba e in Brasile»

Willy David

con la versione cantata e strumentale di Yes I Know My Way, nella versione solo long playing

“Pino mi ha fatto avvicinare alla musica italiana”

in Germania, Olanda, Spagna. Per il mercato

racconta Pau, all’anagrafe Paolo Bruni, frontman

italiano, viene estratto solo il singolo di Yes I

dei Negrita. “Venivo dal rock e dal punk anglosas-

Know My Way.

sone, non ascoltavo niente che non fosse in lingua

“Con l’album Vai mo’”, spiega Willy David,

inglese, tranne quello che d’italiano trasmette-

“misi insieme la superband sull’esempio di quel-

va la radio. Un compagno di classe mi passa un

lo che avevo visto a Cuba e in Brasile. Chiamai

giorno una selezione di brani e io sento per la

a raccolta quelli che consideravo i migliori

prima volta Yes I Know My Way. Amore al primo

per questa mia idea: Tullio De Piscopo, Tony

ascolto. Non ci credevo. Un italiano? Mi procuro

Esposito, Rino Zurzolo, James Senese. E an-

quello che posso e lo divoro. L’orizzonte che mi

dai a scovare un diciottenne di gran talento che

si apre è favoloso. Blues, funk, lingua italiana e

suonava con Alberto Fortis: Joe Amoruso. Poi

lingua napoletana, spruzzi di jazz e tradizione

la storia la conoscete tutti”.

popolare. Tutto conviveva in simbiosi perfetta.

“C’incontrammo la prima volta nel suo studio di

Armonica. Tutto era possibile”.

Formia – racconta Joe Amoruso – io venivo da Milano. Iniziammo a parlare e capii che avevamo lo stesso feeling, lo stesso amore per la musica. A un certo punto mi disse: ‘Jo’ vedi se quel pianoforte è accordato’. Un suo modo per dire ‘OK mo’ sunamm', e così fu. Nacque immediatamente tra noi un’alchimia speciale. Ci siamo influenzati a vicenda, cosa che credo sia accaduta anche a lui

«Pino mi ha fatto avvicinare alla musica italiana, aprendomi nuovi orizzonti. Yes I Know My Way, amore a primo ascolto»

Pau (Negrita)

con James e Rino. E viceversa. Pino è diventato una parte di me e io una parte di lui. Ci sono

Vai mo’ è il primo LP che vede Pino anche in

alcune composizioni che sento mie, perché nate

veste di produttore con Willy David e in cui

tra noi, immersi in un clima magico”.

compare per la prima volta la sua etichetta

Vai mo’ vai… e tutta la tua vita sai di essere un nero a metà

LA CANZONE DA RICORDARE

YES I KNOW MY WAY È il 1981 e Yes I Know My Way diventa un inno generazionale non solo dei ragazzi napoletani, ma di chi cerca una propria strada da seguire. Una sorta di My Generation degli Who, di Born To Run di Springsteen, che arriva come un sasso nello stagno, diventando una pietra miliare, colonna sonora di una working class italiana/napoletana che suda, lavora (e alcune volte ci rimette la pelle, come alla Flobert) nelle fabbriche, negli uffici, sognando un’occasione di riscatto. Una working class che usa la currea (la cinghia, dal latino corrigia, in spagnolo correa) come arma di protesta e la chitarra come “spada” – citando l’Edoardo Bennato di Sono solo canzonette. Una generazione che ora vive imprigionata tra tubi Innocenti e travi di legno che ingabbiano, fermandoli nel tempo, i palazzi di una regione ferita a morte dopo la scossa del 23 novembre 1980. Quegli stessi tubi e quelle stesse travi di legno che sorreggono l’arco di un antico palazzo, dove Raffaele (Lello Arena) chiama a squarciagola Gaetano (Massimo Troisi) nella prima scena del film Ricomincio da tre – pellicola che esce nelle sale proprio nel 1981, con le musiche di Pino. Una nuova working class, una minoranza che ha deciso di farsi sentire, gridando la propria

rabbia con uno slang anglonapoletano che Pino ormai ha perfezionato e consegnato alla storia della nostra canzone. “Siente fa’ accussì, nun da’ retta ‘ a nisciuno / Fatte ‘e fatte tuoie / ma si haje suffrì caccia ‘a currea … miette ‘e creature ‘o sole pecchè hanna sape’ addò fàfriddo e addò fa cchiù calore“. Pino è un eroe romantico di una generazione di anonimi eroi che non vuole più essere perdente, quella che popola e lotta per un futuro migliore, non più solo nei Quartieri Spagnoli napoletani, ma anche in quelli di altre città come Palermo, Bari, Roma, Milano, Genova… in tutte le dark side

d’Italia. La way/strada di Pino, a differenza di quella del Boss Springsteen che è sinonimo di fuga, apre spiragli alla speranza; non è un luogo, come canta il rocker del New Jersey, pieno di eroi distrutti, vagabondi nati solo per correre (Born To Run), quasi costretti alla guida della loro ultima possibilità, ma un percorso di vita da intraprendere con giudizio, solo se ne vale la pena. “I’ m’arreseco”, canta Pino “sulo si vale ‘a pena ‘e tentà, ma po’ chi mm’o ffa’ fa”. “Quell’autostrada è un muro pieno di felicità” ha già cantato due anni prima in ‘A testa in giù. Yes I Know My Way sarà anche il titolo della raccolta pubblicata nel 1998, contenente parte dei successi di vent’anni di carriera, riarrangiati, e tre inediti tra cui Senza peccato (rifacimento di Yes I Know My Way cantato con Jim Kerr dei Simple Minds).

65

66

YES I KNOW... PINO DANIELE

Bagaria (che per la parlesia, la lingua segreta

io gli dissi che al massimo potevo liberarmi per

dei musicisti napoletani, significa confusione,

quattro ore. Accettò. Entrai in studio, dove trovai

atto insensato, casino).

Rino Zurzolo e Joe Amoruso. Capii di trovarmi

Le registrazioni di Vai mo’ iniziano il 23 mar-

a casa perché nessuno di noi pensava a vendere

zo del 1981 sempre agli Stone Castle Studios di

dischi e a far soldi, ma solo a trovare un suono,

Carimate.

il giusto feeling”.

Il disco segna anche la nascita della Neapolitan superstar band, voluta e assemblata su intuizione di Willy David: James Senese al sax, Rino Zurzolo al basso, Tullio De Piscopo alla batteria, Tony

«Suonavo dentro i versi di Pino e nasceva la magia»

Esposito alle percussioni, Joe Amoruso piano

Tullio De Piscopo

e tastiere. A questi si aggiunge per l’occasione Fabio Forte (al trombone in Have You Seen My Shoes e in È sempe sera).

“Vai mo’”, dice Pino, “è stato un lavoro molto

“Noi tutti suonavamo improvvisando”, racconta

importante che indicò alla mia musica nuove

Tullio De Piscopo, “creando sulla struttura

strade”.

armonica e melodica delle sue canzoni, come

Vai mo’, diversamente dai suoi primi tre dischi,

accade nel jazz”.

parla non solo al popolo del Sud, ma a quello

Un super gruppo newpolitano che diventa leggen-

di tutto lo Stivale. Pino con la sua musica ini-

da: il sangue di San Gennaro si mescola al blues,

zia a imporsi anche sul piano nazionale, proprio

al jazz, al funky, al soul, al rock, dando ritmo al

come sta facendo contemporaneamente l’amico

suo miracolo, alla sua liquefazione.

Massimo Troisi con i suoi film, cosa questa che

“Mio padre”, continua De Piscopo, “xilofonista

non accadeva dai tempi di Eduardo.

nella trasmissione RAI Senza rete, mi disse che

Brano d’apertura dell’album è Che te ne fotte, che

aveva sentito un giovane artista molto bravo. Mi

contiene una delle fusioni più riuscite tra la lingua

trovavo a Milano e avevo da poco suonato la bat-

napoletana e l’americano, “e quanno good good

teria in Libertango di Astor Piazzolla. Pino mi

cchiù nero d’a notte nun po’ venì”, dove “good

contattò per farmi sentire i brani di Terra mia.

good” sta a indicare il modo di dire napoletano

Ci incontrammo la prima volta in una pizzeria di

“buono buono”. Perfetta fusione rappresentata

Port’Alba, davanti a una Margherita fumante e a

nel disco anche da Have You Seen My Shoes.

una birretta fresca. Dopo andammo in sala prove

Il Pino ribelle anche in Vai mo’ si dipinge la fac-

e nacque subito una grande intesa. Mi chiedeva

cia di nero e canta in Che te ne fotte: “Guagliò

di suonare con lui, ma in quel periodo ero molto

ma che te ne fotte / si parla quaccheduno alluc-

impegnato. Un giorno me lo richiese, doman-

ca cchiù forte e giù finché non hai ragione tu /

dando la mia disponibilità per una settimana:

accussì nunn’o faje parla’ cchiù… chi t’ha ditto

Vai mo’ vai… e tutta la tua vita sai di essere un nero a metà

67

LA PARLESIA LO SLANG SEGRETO DEI MUSICISTI La parlesia è un lessico per iniziati, una sorta di codice linguistico inventato dai musicisti partenopei, ma anche da persone poco raccomandabili, per poter comunicare in pubblico, senza farsi capire dagli altri. Nasce con i “posteggiatori”, ossia i gruppi di musicisti itineranti che si esibivano per strada. Il periodo è quello compreso tra il 1880 e il 1914, dunque l’epoca d’oro della canzone napoletana. Alcune locuzioni, però, risalirebbero addirittura al 1400. Pino chiama la sua etichetta e il suo studio di registrazione (in Formia) Bagaria, che secondo la parlesia è un atto sciocco, inutile, dannoso, un imbroglio. Per la parlesia i soldi sono ‘e bane, bacone è una persona poco raccomandabile, jamma la donna, jammo l’uomo, jammone l’uomo importante (Pino, ma non solo lui, chiama James “‘o jammone”), la cannuccia a cinque pertose è il flauto, ‘mbrusà significa imbrogliare, valzer è l’atto di andare via, vigliande è il pubblico, acchiarì ubriacarsi, appunì parlare e/o capire la parlesia, chiavette prendere una stecca. Ci fermiamo qui per non svelare altro. Nell’album Bella ‘mbriana, la canzone Tarumbò parla proprio della parlesia “che bellu jammone, ma nun se fa capì… Look at ‘o jammone pe’ cchi n’o bbò sapè / Si ‘o vuò sapè stevo pur’io ma nun me faccio maje sgamà nuje simmo ‘e miezzo ‘a via, nun ce facimmo ‘mbruglià”. La parlesia compare anche nel film di Lodovico Gasparini del 1982 con Massimo Troisi e Lello Arena No grazie, il caffè mi rende nervoso, quando quest’ultimo – che veste i panni del giornalista Michele Giuffrida – viene picchiato dagli scagnozzi di un boss che gli chiedono: “Ma tu si scatuozz o sccartiloffista?”. Scatuozz signifca specialista del furto con scasso, mentre scartiloffio è il “pacco”, il furto con destrezza. Pino chiede all’amico Enzo Avitabile, essendone uno dei più

grandi conoscitori, di scrivere una scheda della parlesia che inserisce nel booklet del CD La grande madre (del 2012).

ca nun può scassà tutto quello ca te fa ‘ncazza’”.

‘mbriana, l’artista riprenderà il tema della notte

Notte che se ne va, impreziosita dal sax di James,

in Annarè cantando: “‘A notte è di chi aspetta /

è dedicata a “chi fatica a sera, a chi fa i cartune,

‘e chi te tocca ‘o pietto e s’annasconne ‘o bbene”.

a chi sta pensanno a Dio, a chi s’accuntenta ma

La superband mostra tutta la sua magia e bravura

nun se fa purtà”. L’anno dopo, nell’album Bella

in pezzi come Ma che ho (in cui viene ricorda-

68

YES I KNOW... PINO DANIELE

to ancora una volta Mario Musella e le origini

Il tour di Vai mo’ (il disco raggiunge la seconda

nativo-americane di suo padre, “una faccia da

posizione degli album più venduti) con la super-

indiano e il passato un po’ più strano di chi disse

band ottiene consensi in tutt’Italia, fino all’apo-

tornerò”) e Viento ‘e terra in cui metaforicamen-

teosi di questa sua prima stagione artistica: il

te, sempre con la faccia dipinta di nero, canta: “la-

19 settembre del 1981, nel giorno della festa del

sciami gridare solo un po’ di melodia / se capisci

santo Patrono Gennaro, Pino suona in piazza del

va bene o sinò te futte / non puoi dirmi sempre

Plebiscito a Napoli – invitato dal primo sindaco

che tempo non ce n’è / ma che tengo ‘a vedè’/

comunista della città Maurizio Valenzi – davanti

Ma c’allucche a ffà / e manco ‘a vuò fernì’ ‘a vita

a più di 200.000 neri a metà.

è ‘nu muorzo / ca nisciuno te fà da’”.

Il dream team della superband che segnerà un’in-

L’anima melodica di Pino in Vai mo’ si arricchisce

tera stagione è troppo bello: non tanto per essere

di nuovi colori e si mostra in Nun ce sta piacere,

vero, ma per durare nel tempo, per superare liti,

Sulo pe’ parla, Puorteme ‘a casa mia, Un giorno

ambizioni personali e schermaglie dei manager

che non va e nel minuto e 10 secondi di È sempe

di turno. E così si scioglie, per poi riunirsi solo

sera che chiude il disco.

30 anni dopo.

In È sempe sera, che dura più o meno quanto la scossa, l’artista fa riferimento, nei suoi pochi versi, al

Pino, spinto anche dalla visione internazionale di Willy David, decide di volgere il suo orecchio e il suo sguardo

terremoto del 23 novembre

all’estero, iniziando a coinvolge-

dell’anno prima: “Chisst’anno

re – primo in Italia – il gotha

nun se po’ scurdà / Avuote

dei musicisti di varie parti del

‘e gira è sempe sera / Ma

mondo, cosa che poi farà per

c’amma fà’ pe’ avè nu poco ‘e bene”. Angelo Branduardi, in un post sulla sua pagina Facebook del 22 novembre del 2018, ricordando il terre-

tutta la vita. Per il successivo Bella ‘mbriana, nei negozi di dischi in bella vista mentre l’Italia vince il mondiale di Calcio del 1982 in Spagna, Pino arruola Wayne Shorter (sax so-

moto, scrive: “L’anno a cui fa riferimento il testo

prano) e Alphonso Johnson (basso) dei Weather

è il 1980, quando ci fu il terremoto in Irpinia...

Report di Joe Zawinul, che si affiancano a Tullio,

pensate, quasi 3.000 vittime. Pino Daniele allora

a Joe e al suo vecchio amico Rosario Jermano.

scrisse questo piccolo capolavoro, una canzone

Suoni e atmosfere world si affacciano tra i solchi

cortissima, poco più di un minuto, ma è la durata

dell’album, mescolandosi sempre alla tradizione

di quella scossa che mise in ginocchio l’intera

e al folklore partenopeo. Ecco così emergere dal

regione. E allora riascoltatela, vi sembrerà che

cassetto del suo vissuto, dai racconti delle zie, la

non finisca mai”.

Bella ‘mbriana che dà il titolo a tutto il lavoro: la

Vai mo’ vai… e tutta la tua vita sai di essere un nero a metà

69

BONASERA BELLA ‘MBRIANA MIA, CA NISCIUNO TE VOTTA FORA! La bella ‘mbriana è una delle divinità minori del Pantheon partenopeo come il munaciello, come la strega malefica beneventana janara e come ‘o farfariello, un diavoletto alato che si posa sul petto dei malcapitati nel bel mezzo della notte, provocando, durante il sonno, quella sensazione di soffocamento e/o di paralisi. Della bella ‘mbriana, non si conosce con esattezza l’aspetto a causa delle sue fugaci apparizioni, limitate alle ore più luminose della giornata: “Appisa a ‘nu filo d’oro”. Chi giura di averla vista nella controra (il primo pomeriggio) l’ha descritta come un fantasma che, per sfuggire agli occhi della gente, si trasforma in un geco, animaletto considerato dai napoletani un portafortuna, proprio per questo motivo. Lei è lo spirito benefico della casa, convive spesso col munaciello, altra entità benevola ma dispettosa. Secondo la leggenda era una bellissima principessa che, privata del suo amore, vagava come un'ombra per Napoli senza meta (“bonasera a chi avanza 'o pere c'ò core rutto”). Per questo motivo il re, suo padre, chiese alla sua gente di aprire le porte delle proprie case per accoglierla. Chi l’avesse fatto, avrebbe ricevuto una ricompensa. Da allora è consigliabile lasciare una sedia vuota perché da un momento all’altro potrebbe apparire e sedersi per riposarsi. Protegge gli appartamenti spesso anche in maniera violenta. Ad esempio, se trova tutte le sedie occupate, potrebbe andarsene provocando una serie di sciagure per l’ospitalità negata o, ancora, se si ristruttura casa, lei si potrebbe offendere provocando la morte di un caro. Da qui il proverbio che recita “casa accunciata morte apparicchiata”. Per questo, in passato, le decisioni sulle ristrutturazioni domestiche, venivano prese fuori casa, per far sì che lei non sentisse. Gradisce l’ordine e la pulizia. Ancora oggi i napoletani colpiti da periodi di difficoltà economica e/o da problemi familiari, esclamano: “Scètate bella ‘mbriana” (svegliati bella ‘mbriana), “aspettanno ‘o tiempo asciutto… ca nisciuno te votta fora” come canta Pino.

fata buona protettrice della casa che si manifesta

Stone Castle di Carimate. La copertina dell’album

anche con le sembianze di un geco.

– firmata da Cesare Monti, Santi & Spinelli con la

Pino registra, in fase di pre-produzione, i pro-

collaborazione di Willy David – lo ritrae in cami-

vini di alcuni brani nel suo studio di Formia (il

cia rossa, davanti una tenda bianca dove, secondo

Bagaria) per poi completare il tutto sempre agli

la leggenda, è solita svanire la bella ‘mbriana. Il

70

YES I KNOW... PINO DANIELE

disco si apre con Annarè e prosegue con Tutta

sa di malinconia, una dichiarazione di affetto e

‘nata storia, uno dei suoi brani più noti, in cui

di amore nei confronti di suo fratello Carmine,

spiega il suo rapporto con l’America che da un

soprannominato da Pino e dalla famiglia, da

punto di vista musicale gli ha dato tanto (Elvis

quand’era piccolo, ‘O Giò. “‘O Giò che voglia ‘e

Presley, il blues, il jazz, le prime esperienze nei

te vedè, me manca assaje ‘na compagnia, mo

locali americani del porto), ma con la consape-

nun sò buono cchiù a parlà e nun conchiure

volezza che le sue vere origini, musicali e non,

ma I got the blues“.

sono altre: lui ha “tutta n’ata storia”. Qui la sua

“Sono di tre anni più piccolo di Pino”, raccon-

chitarra strizza l’occhio agli Earth Wind & Fire.

ta Carmine Daniele, “da piccolino dormivo

Durante un suo concerto al Festival del Varadero

con lui nello stesso lettino nella casa delle sue

di Cuba, nel 1984, presentando la canzone dice:

zie adottive. Il nostro rapporto è sempre stato

“Non voglio andare in America, voglio costruire

forte. Anche quando lasciò Napoli mi chiama-

la mia America nel posto in cui sono nato”. Pino

va quasi tutti i giorni chiedendomi che facevo,

l’America vuole crearla nei luoghi dov’è nato, in

se c’erano novità; mi domandava dei nostri

mezzo alla sua gente che, grazie a lui, ora canta

amici del quartiere, del vicolo, come stavano.

il rock, il blues, la fusion in napoletano.

Andavamo al mare insieme alla Gaiola, gioca-

Al brano E po’ che fà è legata una storia diver-

vamo con i giocattoli che gli regalavano le zie.

tente che ci svela Tony Esposito. “Ero con Pino

Ogni giorno gli portavo fuori dalla scuola Diaz,

quando sentimmo alla radio una canzone cantata

dove studiava, tre “colombe” (sigarette sfuse).

in portoghese. Lui mi disse ‘Tony è incredibile,

Io lavoravo di fronte come ragazzo di un bar,

assomiglia a una mia’. Io gli risposi ‘Certo perché

le pagavo 45 lire e gliele regalavo”.

è la tua’. Era la sua E po’ che fà che l’ex voce dei

Sulla nascita del suo soprannome ‘O Giò,

Tribalistas Marisa Monte aveva reinciso, con un

Carmine svela: “Tra me e Pino c’era un’altra

testo rivisto, in versione brasiliana dal titolo Bem

sorella, si chiamava Anna, purtroppo morì di

Que Se Quis, inserita nel suo disco M.M. (esordio

leucemia a soli tre anni (Pino a lei dedica l’inten-

del 1989, registrato live). L’artista e produttrice

sa e struggente Annarè: tutte’ ’e criature songo

carioca, nelle note di copertina dell’album, aveva

’e Dio). Quando nacqui, lei mi cullava nel letti-

parlato di Pino come di uno dei più grandi espo-

no dicendo continuamente ‘giò giò, giò giò’, da

nenti della canzone italiana, suo grande idolo.

allora sono diventato per tutti ‘O Giò. Andai da

Aveva sentito anche lei alla radio, durante un

Pino un giorno mentre stava registrando Bella

viaggio in Italia, il pezzo di Pino e se n’era in-

‘mbriana a Formia. Stetti un po’ in sala con lui,

namorata”.

ma poi per via del rumore forte, a cui non ero

Non mancano in quest’album brani blues

abituato, decisi di tornarmene a Napoli”.

come I Got The Blues, in cui emerge il solo di

Io vivo come te e Toledo (primo pezzo stru-

Alphonso Johnson. Questa è una canzone intri-

mentale di Pino) sono una prima finestra sul

Vai mo’ vai… e tutta la tua vita sai di essere un nero a metà

71

world jazz e su colori latin, con rimandi a Carlos

riflessione: “Nuje ca cercammo Dio / Stammo

Santana, mentre Ma che mania s’immerge nel

pè sempe annure / Nuje ca cercammo ‘o bbene

funky. Come la bella ‘mbriana d’un tratto dopo

/ Nun simmo maje sicuri. E intanto maggio

esser stata avvistata scompare, lasciando nella

se ne va”. Il 33 giri di Bella ‘mbriana, esce in

gente una vena di malinconia, così Maggio se

Francia con i testi tradotti. In Italia è pubblicato

ne va, scrivendo la parola fine sull’album, lascia

solo un 45 giri promozionale, con Tutta ‘nata

nell’ascoltatore un senso di tristezza e spunti di

storia/Io vivo come te.

L’AVVENTO DEL COMPACT DISC Nel 1979, l’olandese Philips e la giapponese Sony si uniscono in una joint venture con l’obiettivo di portare avanti la progettazione dei compact disc, idea sulla quale entrambe le aziende stanno già lavorando da anni. Nell’agosto del 1982 la Philips pubblica il primo CD per utilizzo commerciale contenente la Sinfonia delle Alpi di Richard Strauss diretta dal maestro Herbert Von Karajan con la Berliner Philharmoniker. La Sony, intanto, immette sul mercato il primo lettore musicale della storia, il Sony CDP-101, al costo di 168.000 yen (circa 730 dollari di allora). Il primo CD pop stampato è The Visitors degli svedesi Abba (17 agosto 1982) su etichetta Polar, mentre il primo CD pop della storia a entrare in un negozio di dischi per la commercializzazione è 52nd Street (già uscito su vinile nel 1978) di Billy Joel – che viene distribuito a partire dal 1 ottobre 1982 in Giappone, da CBS/Sony, insieme al lettore CDP-101. Il sorpasso definitivo del CD nei confronti del vinile avviene nel 1990. Il primo compact che supera il milione di copie è Brothers In Arms dei Dire Straits (1985). Il primo artista che ha ripubblicato su CD tutto il proprio repertorio è David Bowie, che nel febbraio 1985 fa uscire con la RCA 15 dischi e quattro antologie sul nuovo formato. Il primo lavoro discografico di Pino Daniele su compact disc è Musica musica, il primo best of della sua carriera (EMI, 1986).

4 Musicante tra pazzia e blues, è tutta ‘nata storia Salpa il Ferryboat che approda sulle spiagge dell’arab rock mentre tutt’intorno schizzichea ma with love (1983-1990) roseguono le collaborazioni con artisti internazionali: Wayne

P

Shorter e Alphonso Johnson dei Weather Report, Nanà Vasconcelos, Mel Collins (Musicante, 1984), Steve Gadd, Karl

Potter, Larry Nocella, Gato Barbieri (Ferryboat, 1985), Pino Palladino, Jerry Marotta (Bonne Soirée, 1987), Cris White, Danny Cummings (Schizzichea With Love, 1989). Il disco Commond Ground del 1983 (contenente la hit Gay Cavalier) con uno degli eroi di Woodstock: Richie Havens. Nel 1984 il suo primo live Sciò. Il suo suono si evolve aprendosi al mondo, con album dal sapore internazionale, pur custodendo sempre una forte matrice mediterranea.

Musicante tra pazzia e blues, è tutta ‘nata storia

73

74

YES I KNOW... PINO DANIELE

N

el maggio del 1983 Pino, a 28 anni,

mediatamente che diceva cose importanti, perché

corona un suo sogno. Produce (con

lo sentivo dentro di me, anche se non capivo le

Willy David e Allan Goldberg) il

parole. Dovevo conoscere quest’artista, perché

disco Commond Ground di uno degli eroi di

il feeling, il cuore della sua musica, arrivavano

Woodstock, il famoso bluesman afroamerica-

a me senza che comprendessi le parole. Quando

no Richie Havens. Il cantautore di Santa Chiara

l’ho conosciuto mi sono accorto che era la stessa

è anche co-autore con Havens dei brani Gay Cavalier (canta anche il ritornello), This Is The Hour, Moonlight Rain, Leave Well Enough Alone e Things Must Change, in cui suona anche la chitarra. Con Pino troviamo Joe Amoruso (che cura anche gli arrangiamenti delle tastiere), Jeremy Meek, Tullio De Piscopo, Enzo Avitabile, Kelvin Bullen, Aldo Banfi, Danny Cummings e Mel Collins. Completano

persona che avevo immaginato dalla sua musica.

l’album: Death At An Early Age, Lay Ye Down

come arte, che però può diventare un linguaggio

Boy, Stand Up, Dear John.

universale”.

Dovevo fare qualcosa con lui”. Richie Havens è stato un artista nero e militante. Come Pino: bianco per nascita, ma nero a metà per vocazione. Entrambi sono figli di due realtà urbane diverse che però ben si sposano in un modo di essere simili che – come dice lo stesso

Pino nell’intervista – è “quello di fare musica, sentire la musica come mezzo di comunicazione,

«Sono cresciuto col mito di Woodstock. Quando ho incontrato Richie non potevo crederci: ero davanti all’uomo di Freedom»

«In Italia ho sentito una canzone alla radio e ho chiesto chi fosse l’artista… sentivo che diceva cose importanti anche se non capivo le parole»

Pino Daniele

Richie Havens

I due bluesman, vengono intervistati da Gianni

Nel 1984 vi è una nuova metamorfosi artistica e

Minà il 20 giugno del 1982 per una puntata del

sonora, che sfocia (nel mese di maggio) nella pub-

programma del secondo canale Blitz. In quest’oc-

blicazione di Musicante, interamente registrato

casione l’artista di Brooklyn (scomparso il 22

nel suo studio di Formia. Lo spirito dell’album è

aprile del 2013 all’età di 72 anni) ha parole lu-

tutto racchiuso nel titolo. Pino è un suonautore,

singhiere per Pino: “Quando sono venuto in tour

è sempre un Masaniello con “la faccia dipinta di

in Italia ho sentito una canzone alla radio e ho

nero per essere notato”, è un musicante “senza

chiesto chi fosse l’artista. Mi sono reso conto im-

permesso ‘e ce guardà”, è un lazzaro felice, “gente

Musicante tra pazzia e blues, è tutta ‘nata storia

75

che nun trova cchiu pace, quanno canta se di-

Tremiti. Tra le canzoni c’è un po’ d’Africa che si

spiace, è sempe pronta a se vuttà pe’ nun perdere

mescola alle percussioni di Nana Vasconcelos e

l’addore”. Al fianco di Alphonso Johnson, Rino

alla chitarra battente. Nasce dopo aver accumu-

Zurzolo, Joe Amoruso e Agostino Marangolo,

lato altre esperienze grazie ai viaggi e alle tournée

la squadra acquista Mel Collins al sax soprano

e dalla mia voglia, mai appagata, di rivivere il

e contralto che vanta un palmares chiamato

passato della mia terra”.

King Crimson, Camel, Caravan, Dire

Musicante (CGD), forse tra i suoi al-

Straits e Nanà Vasconcelos alle

bum più melanconici e nostalgi-

percussioni. Con loro anche

ci, si apre con il funky di Keep

Franco Faraldo alla tam-

On Movin’ (pubblicato come

morra, Karl Potter alle

singolo) tutto ritmo e co-

congas, Mauro Spina

lore, col suo messaggio,

alla batteria, Bruno De

“non lasciarti andare giù.

Filippi all’armonica.

Se vuoi crescere davvero

Mel Collins: “In studio

non ti lamentare più”

si respirava un bel clima,

e con una delle sue frasi cult: “‘Ncopp ‘e sorde ‘a

tutto era musica. Cosa

gente nun guarda ‘nfaccia a

questa che ho riscontrato lavorando con Pino anche ad

nisciuno”. Tra i solchi del disco

altri suoi dischi (Bonne Soirée, 1987

c’è il mare della sua città, quello di

e Boogie Boogie Man, 2010). È stato un grande

Formia e Gaeta, ci sono i mari del mondo, c’è

musicista, un chitarrista dal suono unico, amato

l’Africa, ci sono i colori del jazz, quelli del blues

e stimato da tutti i suoi colleghi, capace di creare

(Disperazione), quelli rock arabeggianti (Just In

canzoni con le melodie delle sue origini mediter-

Me) e c’è come sempre tanta Napoli. Lassa che

ranee, col blues americano e il rock britannico.

vene è un suo ennesimo sguardo sui chiaroscuri

Tutto in lui era naturale. Era instancabile, viveva

dei vicoli della sua terra dove “manco Cristo cà ce

per la musica”.

vò stà”, quegli stessi vicoli con i palazzi bui e fra-

Pino: “Musicante nasce vicino al mare, quel-

dici, bagnati dalla pioggia che aveva già cantato

lo del mio Golfo di Napoli e quello dell’Isola di

in Libertà (da Terra mia) e che alla fine, nono-

«In studio si respirava un bel clima, tutto era musica. Suonava sempre con il sorriso e con gioia. Viveva per la musica»

Mel Collins

76

YES I KNOW... PINO DANIELE

1983

stante tutto, gli procurano nostalgia generando ispirazione. C’è la

Pino produce e scrive alcuni brani del disco Acqua e viento dell’amico Tullio De Piscopo. L’album che è distribuito in tutta Europa, contiene la hit, scritta dal lazzaro felice, Stop bajon. Tra gli autori dei brani troviamo anche Peppe Lanzetta (Gente mia). Il disco si avvale di musicisti quali Don Moye alle percussioni, Don Cherry alla tromba e Lucio Dalla, clarinetto in Namina.

Napoli della doppia stella, quella nera del contrabbando in mano alla camorra (Stella nera), argomento tabù allora, con l’abisso del mare che diventa metafora di quella criminalità organizzata che in un primo momento accoglie per poi divorare chi osa sfidarla. In mare il tempo non passa mai, questo si fa grande assomigliando al cielo, “se vede quacche luce e ‘a Finanza nu se fa vedè… fuje e nu penzà’ a me”. La gente di mare si aiuta “ma pò ognuno pensa

a sé”. E c’è la Stella dell’omonimo quartiere, attraversato da via Santa Teresa che dal Museo Nazionale, nel centro storico, porta fin su il Bosco di Capodimonte, con la sua splendia reggia voluta

1983 Per il film di Nanni Loy Mi manda Picone, Pino compone Assaje cantata da Lina Sastri (le restanti musiche sono di Tullio De Piscopo). Viene pubblicata su singolo l’anno dopo con lato B Sonata d’amore del batterista napoletano.

Maggio 1983 Pino co-produce e suona le chitarre nel disco Common Ground di uno degli eroi di Woodstock, Richie Havens, contenente l’hit Gay Cavalier.

da Carlo di Borbone, dimora storica del suo casato, ma anche di Gioacchino Murat e dei Savoia. Pino con i suoi amici musicisti ha percorso via Santa Teresa ‘ncopp’ a Stella centinaia di volte, per recarsi alla grotta, alla Sanità, dove provava con i Batracomiomachia. Così, ricordando con nostalgia quei tempi in cui si provava con la tasca vuota ma con grinta, passione e col sangue agli occhi canta nell’allegra Santa Teresa: “Fatt’accumpagnà’ fino ‘ncoppa ‘a Stella… nuje ca scennevemo Santa Teresa… ogge amma pruvà’ co’ sang all’oucchie ‘e a sacca scura”. Il quartiere Stella, uno dei più antichi della città, abbraccia il Borgo dei Vergini, l’area di Materdei, il Rione Sanità di eduardiana memoria, via Santa Teresa, alcuni dei luoghi della memoria di Pino che ogni tanto riaffiorano nelle sue canzoni, colorandosi di nuovi suoni e colori. Luoghi magici,

Settembre 1983 Partecipa a Reggio Emilia al festival Voci e Tamburi, dando vita a una session con Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Tony Esposito, Billy Cobham, Nanà Vasconcellos, Don Cherry e Don Moye.

1984 Il musicista scrive i testi di Terra me siente e Tiempo buono, brani in cui suona la chitarra, inseriti nel disco Apasionado di Gato Barbieri.

capaci di rievocare ricordi e generare arte, come la strada Penny

Lane, nella periferia sud-orientale di Liverpool, dove i giovani Beatles prendevano l’autobus per andare a scuola, buttando un

occhio sull’invalicabile cancello rosso dell’orfanotrofio di Woolton vicino casa di John Lennon, che per loro e per noi diverrà il magico cancello del campo di fragole di Strawberry Fields Forever. Completano Musicante, la cui copertina è di Jolanda La Nero e la foto di Guido Harari, Io ci sarò, Oi ne’ (un cocktail di funky, folk e rock), Acchiappa acchiappa e Lazzari felici. Nel 1984 viene pubblicato anche il suo primo live Sciò, un doppio album di 17 brani, sfidando la superstizione (il numero 17 a Napoli

Musicante tra pazzia e blues, è tutta ‘nata storia

77

LA CANZONE DA RICORDARE LAZZARI FELICI Lazzari felici è uno di quei brani di Pino, come Terra mia e Napule è, nato sotto la benedizione del genius loci (spirito del luogo), entità naturale e soprannaturale, legata a un luogo e oggetto di culto nella religione romana. Una ballata in perfetto Daniele style, con il suo accordo di sesta napoletana (costruito sul II grado abbassato della scala minore), delicata, suggestiva, melanconica, dove la sua chitarra battente elettrica rincorre il contrabbasso di Rino Zurzolo, le percussioni di Nanà Vasconcelos e il carillon di Joe Amoruso. Pino è un lazzaro felice, un musicante girovago, come lo è una parte del popolo napoletano, lazzaro anzi lazzarone, come ai tempi della Rivoluzione Napoletana del 1799, che ha il volto santo in petto e la guerra nelle mani, e lo dice: “Simmo lazzari felici / gente ca nun trova cchiù pace / quanno canta sse dispiace / sempre pronta a se vuttà pe’ nun perdere l’addore”. Pino è musica, è un “gitano della musica”, come lo definisce Wayne Shorter e lo canta: “Chesta musica ca è mariola / per’ dinto ‘e carusielle s’arrobba ‘a vita ‘e sona”. Sì, perché la musica ruba pezzi di vita e li nasconde. Musicanti, lazzari stanchi ma felici che ritornano nelle proprie case a notte fonda, rimanendo svegli tutta la notte, pensando ai sorrisi di persone mai viste prima e che probabilmente non rivedranno mai più, ma che hanno speso il loro tempo e i loro soldi, cercando di catturare un’emozione, una nota, un verso: “Rieste all’erta tutt’a nuttata pensanno addò’ si’ stato”. Lazzari stanchi, sconfitti, dominati per secoli, che si rifugiano in una superstizione fideistica: “Intanto passa stu Noveciento, passammo nuje s’acconcia ‘o tiempo”, mentre dint’o stipo (stipo in napoletano è la credenza, l’armadio della cucina, ma credenza può essere inteso anche come credenza popolare) si conservano gli odori e i sapori/saperi delle origini. Lazzari felici consacra l’artista, con e dopo Terra mia e Napule è, come portatore sano di napoletanità nel mondo. Il maestro Roberto Murolo ne farà una sua versione nell’album ‘Na voce, ‘na chitarra (1990).

è sinonimo di disgrazia): Sciò, che suona anche

na e lanciare anche un messaggio agli sfruttato-

come show, è una tipica espressione napoletana

ri, si fa ritrarre mentre fa il gesto scaramantico

scaramantica contro la malasorte (sciò sciò ciuc-

delle corna, scrivendo: “E pò se faccio ‘e corna

ciuvè) che indica “vai via jettatura”.

nunn’è pe’cattiveria, è ca ce l’aggio a morte

Sulla copertina Pino, per allontanare la sfortu-

cu’chi sfrutta ‘a miseria”. Il disco racchiude le

78

YES I KNOW... PINO DANIELE

sue apparizioni live di quegli ultimi due anni: al

(in Dance Of Baia), Juan Pablo Torres al trom-

Jazz Pulsation di Nancy (21 ottobre 1994), alla

bone e Adalberto Lara alla tromba.

Mostra d’Oltremare di Napoli del 20 settembre

Ferryboat esce per la sua etichetta Sciò Records

1984, allo stadio San Siro del 24 giugno 1984 e

(utilizzata solo per questo disco). È il 1985,

al concerto del settembre del 1982 all’Arena di

l’ex Police Sting pubblica il suo primo album

Verona (con special guest Gato Barbieri). Con

da solista The Dream Of The Blue Turtles, il

Pino compaiono, nei vari brani, Rino Zurzolo

pianeta musica si raccoglie attorno a Michael

al basso e contrabbasso, Joe Amoruso (tastiere,

Jackson, Lionel Richie e Quincy Jones per il

pianoforte), Agostino Marangolo e Tullio De

progetto benefico We Are The World, Bruce

Piscopo (batteria) Nanà Vasconcelos e Tony

Springsteen incendia il pianeta rock con Born

Esposito (percussioni), Vito Mercurio (violino),

In The USA, esplode la “Duran Duran-mania”

Corrado Sfogli della N.C.C.P. (mandoloncello),

che gli Spandau Ballet di I’ll Fly For You pro-

Adalberto Lara (tromba), Juan Pablo Torres

vano a contrastare; un’italoamericana – Louise

(trombone) e il trio delle meraviglie Larry

Veronica Ciccone (suo padre è di Pacentro, in

Nocella, Gato Barbieri e Bob Berg al sassofono.

provincia de l’Aquila) – che provocatoriamente

Continuano le sue collaborazioni con musicisti in-

si fa chiamare Madonna debutta con il disco Like

ternazionali e l’anno dopo è la volta di Ferryboat

A Virgin che la consegnerà alla storia, mentre

(EMI), un disco di transizione e di cambiamento,

in Italia La vita è adesso di Claudio Baglioni è

che segna anche la separazione da Willy David.

in vetta alla classifica.

Ferryboat (art direction e foto di copertina di

Pino si affaccia un’ennesima volta sul mare, vol-

Guido Harari – foto all’interno ancora di Harari

gendo lo sguardo tra il Molo Beverello di Napoli e

e Luciano Viti) esce nel novembre del 1985, due

l’infinito, dove l’acqua e il cielo si baciano, mentre

mesi dopo l’uccisione del giovane giornalista de

i traghetti attraversano il Golfo portando con loro

Il Mattino Giancarlo Siani (23 settembre), per le

turisti e, come in un passato non tanto lontano,

sue inchieste su appalti e finanziamenti illeciti.

storie di migrazione. Per i napoletani questi sono

Siani, a soli 26 anni, paga con la vita un articolo

i ferry-boat che Pino canta nell’omonima can-

scomodo per i clan della camorra.

zone che dà il titolo all’album: “E quann’ passa

In Ferryboat con Pino troviamo un’altra for-

chistu ferryboat / ca luntano ce porta / e nun ce

mazione all star di musicisti: Steve Gadd alla

fa penzà”, mentre ancora una volta nei suoi testi

batteria, Karl Potter alle congas, Larry Nocella

“speak American sulamente today… sulamente

e Gato Barbieri al sax, il polistrumentista fran-

pe’ pazzia”. Il rock mediterraneo di Bona jur-

cese Mino Cinelu (percussioni) noto per la sua

nata cede la scena a Sarà, delicata, sincera, con

collaborazione con Miles Davis e con i Weather

un suo solo alla chitarra elettrica suonata come

Report, con Rino Zurzolo al basso e contrabbasso,

se fosse una classica: “Puorteme ‘nterra ‘a rena,

Ernesto Vitolo alle tastiere, Marco Zuzolo al sax

addò nun ce sta pere / e po’ sputa ‘nfaccia a chi te

Musicante tra pazzia e blues, è tutta ‘nata storia

79

sfotte e nun te da’ / non si può vivere e guardare

Pino guarda ancora ai suoni del mondo in Dance

qualcosa che fa male”. C’è poi il latin-blues di ‘A

Of Baia, dove una ragazza (bella come la Luna

rrobba mia, con suoi vocalizzi che richiamano le

che le illumina il viso) danza “finchè nun jesce ‘o

voci dei quartieri.

sole” mentre nella notte ‘O tiempo vola “mentre

I dischi di Pino continuano a essere tavolozze

‘e guagliune jocano ‘o pallone”. L’ultima traccia,

dai tanti colori e dai tanti suoni del mondo. Che

Quaccosa, vede Paolo Raffone scrivere e curare

ore so’ è uno degli episodi più riusciti dell’album

l’arrangiamento. Il pezzo – suonato da Valentina

con uno dei suoi ritornelli più belli di sempre,

Crimaldi e Marco Zurzolo (fiati), Francesco

con le corde della sua chitarra che accarezzano

Parise (oboe), Giuseppe Scarpato e Pasquale

l’ascoltatore, col piano di Richard Tee in gran

Cannavacciuolo (primi violini), Alessandro

spolvero così come il sax di Gato Barbieri. Proprio

Tumolillo e Alberto Vitolo (secondi violini),

Barbieri, nel 1982, l’aveva chiamato per collabo-

Vincenzo Di Ruggiero e Gerardo Morrone (viole),

rare con lui, ma Pino pensando a uno scherzo gli

Elio Lupi e Antonio Avitabile (violoncelli), Rino

attaccò il telefono in faccia. Dichiarerà più volte,

Zurzolo (contrabasso) – è registrato in diretta

Pino, che il sassofonista e compositore argentino

a Formia con Pino che improvvisa un testo che

gli ha insegnato ad apprezzare di più la melodia.

doveva essere all’inizio solo una voce guida, men-

In One ripone l’accento sul mito americano – a

tre è seduto su un divano all’entrata delle sale.

cui non ha mai creduto, in verità: basti ricorda-

Dirà, orgoglioso, che era fiero che il suo studio

re le strofe di Tutta ‘nata storia dove lascia in-

di registrazione suonasse così bene.

tendere che gli States non sono casa sua (“I nun vogl’jì America”). A Cuba nel 1984 al Festival del Varadero lancia il brano dichiarando infatti:

“Non voglio andare in America perché voglio costruire la mia America nel posto dove sono nato”. In One, divertendosi a sentirsi uno yankee a stelle e strisce, canta “miezo americano dint’a terra ‘e nisciuno”. In Amico mio il sax di Gato Barbieri, in alcuni punti, sembra quello

di James: forse questa canzone è un messaggio indirizzato proprio all’ex Showmen e alcuni indizi lo fanno pensare quando canta “A S.

«Trovai una band di straordinari musicisti napoletani come Rino, Marco, Ernesto, affiatati come se suonassero da sempre. Il loro suono era unico e poi ci inserivamo noi: Gato Barbieri, Larry Nocella … io»

Mino Cinelu

Gaetano ‘o tiempo è oro” (James si chiama Gaetano James Senese) e “‘O tiempo è buono

Pino parte per un tour europeo che gli fa scoprire

e nun credo che po’ cagnà / pecchè nun pruove

altri suoni del mondo: arabi, africani, francesi

e nun viene ccà”.

– questi ultimi grazie anche ai live fatti con il

80

YES I KNOW... PINO DANIELE

rocker transalpino Bernard Lavilliers (pseudo-

palestinesi, a sottolinerare anche un momento

nimo di Bernard Ouillon).

storico delicato e particolare, con la tensione in

Il successivo Bonne Soirée (EMI, 1987) rac-

Medio Oriente molto alta.

chiude così canti mediterranei, latini, arabi e

Il 1 ottobre di due anni prima, gli Israeliani

africani, impreziositi da nuovi musicisti come

hanno compiuto un raid aereo su Tunisi,

Jerry Marotta (batteria, che da poco ha finito di

distruggendo il quartier generale dell’OLP

registrare So di Peter Gabriel), Pino Palladino

(Organizzazione per la Liberazione della

(basso), mentre al sax troviamo di nuovo Mel

Palestina) e uccidendo 75 persone. Un com-

Collins, alle percussioni Mino Cinelu, Bruno

mando palestinese aveva risposto il 29 di-

Illiano alle tastiere e al piano e Larry Nocella

cembre, assaltando gli uffici della compagnia

sax solo in Boys In The Night. Sulla copertina

di bandiera israeliana El Al, all’aeroporto di

del disco, le cui foto sono di Fabrizio Ferri (ar-

Fiumicino, causando 13 morti e 67 feriti. Il 14

twork di Ciro Falavigna), Pino è ritratto con una

aprile del 1986 si svolge così – a Hebron – una

kefiah attorno il collo, copricapo arabo tipico dei

grande manifestazione per la pace con la parte-

MUSICA MUSICA Nel 1986, la EMI pubblica la prima antologia del repertorio di Pino dal titolo Musica Musica. Questo è il suo primo lavoro discografico a essere stampato anche su supporto compact disc. La tracklist è la seguente: ‘Na tazzulella ‘è cafè

Che te ne fotte

Je stò vicino a te

I Know My Way

Je so pazzo

Notte che se ne va

I say ì stò ccà

Viento ‘ e terra

Musica musica

Ma che ho

Quanno chiove

Tutta ‘nata storia

A me me piace ‘o blues

Bella ‘mbriana

Nun me scoccià Il primo singolo di Pino su formato CD è Jesce juorno abbinata a Tell Me Now.

Musicante tra pazzia e blues, è tutta ‘nata storia

81

cipazione di organizzazioni palestinesi e isra-

(Mon Tube De L’ètè e Sudance) contenuti nel

eliane. È però un episodio sporadico, questo,

disco L’envoi De Bourdin.

perché solo quattro mesi dopo (il 6 agosto) il

“Qualcuno l’ha definito Arab rock”, spiega Pino,

governo israeliano vieta qualsiasi incontro tra

“ma non dimentichiamo che la scala napoletana

isaeliani e membri dell’OLP.

suona araba, basata tutta sul minore”.

Bonne Soirée è un francesismo tutto partenopeo,

Il tour di Bonne Soirée con Bernard Lavilliers

usato anche dall’attore Nino Taranto (uno dei

arriva anche allo stadio Collana di Napoli dome-

miti di Pino), in una sua commedia quando dice:

nica 27 settembre del 1987, andando in onda,

“Mo’ chiudiamo ‘a serranda, restiamo tra noi …

anche se con molti problemi di trasmissione, in

e facciamo bonne soirée”. La bonne soirée è una

diretta su RAI 2.

buona serata passata tra amici e proprio questo

Pino viene raggiunto sul palco da Lucio Dalla,

intende il lazzaro felice quando sceglie il titolo

con cui duetta in Caruso. Pino lo presenta al pub-

per questo suo nuovo disco.

blico con queste parole: “In un momento dove

Bonne Soirée nei suoni è diverso da tutti i suoi

tutti cantano in inglese, anche io, lui ha fatto un

precedenti lavori, cosa che suscita qualche per-

pezzo in napoletano ed è un onore averlo qua”.

plessità tra critici, addetti ai lavori e tra una parte

Il cantautore bolognese quella sera riceve mo-

dei suoi stessi fan. Viene coniato da alcuni critici

ralmente e idealmente, nello stadio vomerese, la

il termine “Arab rock”.

cittadinanza napoletana (cosa a lui molto cara),

Aria (“noi che inventiamo ancora chesta feli-

conferitagli simbolicamente da Pino in persona.

cità / nuje ca chiagnimmo ancora pe’ chesta libertà“) e Vita mia (“Vita mia ti giuro io ogni

tanto guardo il cielo, penso al futuro e cerco di essere vero”) sono i due episodi più riusciti dell’album, dove l’artista ribadisce ancora una volta due concetti a lui cari: quello della libertà e dell’essere vero. La poetica e arabeggiante Occhi grigi, Guardami in face cantata in tre lingue (napoletano, italiano

«Insieme nel 1987 abbiamo suonato Caruso allo stadio Collana della sua città, un po’ anche mia, fabbrica di cultura mondiale, creativa anche nelle sue infrazioni»

Lucio Dalla

e inglese), Baccala, Mama è! e Scrack completano il disco – che nella versione musicassetta e CD ha un brano in più: Watch Out.

Lucio Dalla, parlando di Napoli e di Pino, dice:

Nello stesso anno Pino collabora col musicista

“Eduardo, Totò, Troisi, Pino, sono stati tutti

e sassofonista francese Philippe Bourdin, regi-

modellati col tufo, l’argilla e col mare del golfo

strando con lui in un garage in Francia due brani

e infine adagiati su questo grande palcoscenico

che s’impreziosiscono della sua chitarra elettrica

naturale a cielo aperto che va da Spaccanapoli

82

YES I KNOW... PINO DANIELE

a Piazza del Plebiscito, dalla collina di Posillipo

suoi esperimenti meglio riusciti di canzone

alla Sanità. La loro arte è nata spontanea, tra i

mit-europea.

vicoli, tra la gente”.

Cumbà è una dedica a Cuba, patria adottiva del

L’Arab rock di Daniele, bagnato nelle acque del

Chè Guevara, il Masaniello del Centro America.

Mediterraneo, prosegue in Schizzichea With

Il tema della pazzia e del blues ritorna in Tra

Love (EMI, 1988), il suo nono album di inediti

la pazzia e il blues (anche se il brano non è

che vince il riconoscimento come miglior disco

blues): “Mi piace andare forte / un po’ tra la

in dialetto al Premio Tenco del 1989, il primo

pazzia e il blues”.

della sua carriera. Alle registrazioni partecipano

Me so’ mbriacato e te forever e Canzone nova

altri eccellenti ospiti come Chris White al sax e al

parlano d’amore: “Ammore è chi nun perde tiem-

flauto (già nei Dire Straits) e Danny Cummings

po / è chi nun po’ aspettà / ammore fatto sott’ ‘o

alla batteria che si affianca a Steve Gadd e ad

muro ‘ncopp’ ‘e discese e sotto ‘a luna”.

Agostino Marangolo, il bassista camerunense

Al Capone, come già Stella nera, è una denuncia

Vicky Edimo, il tastierista e sassofonista Kevin

alla camorra, sorretto da un riff blues: il padre di

McAlea e Danilo Rea alle tastiere.

Al Capone era di Angri, in provincia di Salerno,

Schizzichea With Love (ultimo disco della qua-

cittadina dove nacque suo fratello maggiore

drilogia di Formia, con le foto di copertina di

Vincenzo che – paradossalmente – diventò uno

Guido Harari) dopo i due precedenti Ferryboat

sceriffo negli States.

e Bonne Soirée, dal respiro più internazionale,

E poi c’è Jesce juorno uno dei suoi brani più belli

è un ritorno alle origini con testi legati alla tra-

di sempre: un inno alla vita quotidiana, con i suoi

dizione partenopea. Anche se per la prima volta

dolori, le sue speranze, le sue passioni: “Dove

Pino inizia a utilizzare i campionatori, grazie alla

tutto ha senso c’è sentimento”. Nasce il giorno

presenza di Greg Jackman (che mixa il disco nei

sui sonni di chi non ci sta, in ogni stanza e sulle

Press Advision Studios di Londra).

città, fra i colombi e la voglia di parlare.

Il titolo è un’espressione dialettale napoleta-

Jesce juorno di Pino richiama alla memoria Jesce

na che indica il piovigginare, la pioggia sottile,

sole, antico canto napoletano ispirato ad ataviche

spruzzi d’acqua, ma la traduzione in italiano non

tradizioni pagane in cui il sole protagonista, dà

rende giustizia alla bellezza del termine parteno-

vita al giorno.”Jesce sole, nun te fa cchiù suspirà!

peo. Gesù Gesù potrebbe benissimo stare nella

Siente mai ca li figliole hanno tanto daa prià?”.

tracklist dei suoi primi tre album, per forza evo-

Jesce juorno e Cry fanno parte della colonna

cativa, intensità e suoni – con Pino che volge lo

sonora (firmata da Pino Daniele) del film Se lo

sguardo indietro, alla sua vita: “I’ nun m’arricor-

scopre Gargiulo, diretto dal regista napoletano

do cchiù si stevemo bbuono... c’a paura ‘e ghì a

Elvio Porta, con protagonista Giuliana De Sio, so-

scola... cu ll’addore d’o ccafè pe tutt’a casa”.

rella della cantautrice Teresa. Le foto dell’artista

Cry a detta dello stesso cantautore è uno dei

in copertina e all’interno sono di Guido Harari.

Musicante tra pazzia e blues, è tutta ‘nata storia

83

Il tour di Schizzichea è immortalato in una dop-

prima dell’operazione, non sarà mai proposto

pia cassetta VHS dal titolo Tour 88 (Kono Music).

in tournèe. Il lazzaro felice partecipa in questo

Per il mercato italiano esce il primo singolo di

periodo solo al concerto del 1 maggio 1990 a

Pino su formato CD: Jesce juorno/Tell Me Now.

Roma (suona Anna verrà, in collegamento dal

L’11 giugno del 1989, mentre è in tour, Pino ha

suo studio Bagaria di Formia) e al Concerto

un blocco delle coronarie. Viene operato il 20

per il Telefono Azzurro (Roma, 23 dicembre

novembre in una clinica milanese: ha 34 anni

1990), trasmesso dalla RAI dove, dallo studio 5

e gli vengono messi quattro by-pass coronarici.

di Cinecittà, accompagnato da Alfredo Paixao

Su consiglio dei dottori è costretto a limitare

al basso e da Rosario Jermano alle percussioni,

i suoi live: per questo motivo il successivo al-

suona Anna verrà, Cumbà e Carte e cartuscel-

bum Mascalzone latino, uscito proprio nel 1989,

le (performance, questa, poi inclusa nella VHS

JESCE SOLE , L'ANTICA MADRE DI JESCE JUORNO Jesce sole è una filastrocca, una composizione di anonimo cantata e conservata nel tempo dagli scugnizzi napoletani. Un’invocazione rivolta al sole che le antiche lavandaie del quartiere collinare Vomero facevano per ottenere giornate climaticamente serene, che rendessero il

loro lavoro meno faticoso. A lei, spetta il primato di canzone più antica del patrimonio musicale partenopeo: risalirebbe infatti ai tempi del re Federico II di Svevia (1200). Jesce sole è citata sia nel Decamerone di Boccaccio che nella quarta giornata de Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, dove perde la sua forma di invocazione, per assumere quella di filastrocca per bambini. Suoi frammenti sono contenuti in un codice di verseggiatori del 1400, conservato nel museo nazionale di Parigi. Frammenti, questi, che il maestro Roberto De Simone inserisce nell’apertura della sua La gatta Cenerentola. I suoi versi nel corso dei secoli (oltre a esser stati riproposti e citati in opere altrui) hanno subito delle aggiunte. Il compositore parigino Guglielmo Cottrau, nella seconda metà dell’Ottocdnto, ne aggiunge una terza parte, con trascrizione musicale di L. Fischetti. Pino Daniele, otto secoli dopo, comporrà Jesce juorno – forse pensando proprio a quest’antico canto della sua città.

84

YES I KNOW... PINO DANIELE

Davanti al mare). Entrambe le esibizioni sono

In copertina compaiono nomi di musicisti in-

volutamente senza pubblico, per evitargli stress

ventati (come Max Perry e Benny Pollinetti), in

emotivi.

quanto l’album è realizzato solo da Pino e Bruno

Mascalzone latino (1989) è l’ultimo album, il suo

Illiano, con un intervento di Rosario Jermano

decimo di inediti, che Pino pubblica con la EMI

e del gruppo calabrese degli Orixas (Leonardo

in 13 anni di collaborazione. Cala così il sipario su

Vulpitta, Stefania Labate, Goffredo Plastino) – a

un lungo e importante capitolo della sua storia di-

cui il suonautore produrrà e arrangerà il primo

scografica. Lo registra non più negli studi Bagaria

e unico album omonimo (CGD).

(che ha smantellato), ma nel nuovo Studio Zero,

Mascalzone latino sarà uno dei suoi album pre-

allestito a casa sua.

feriti, “fatto in casa”. Dirà: “In questo lavoro ho

FACCIA GIALLA Faccia Gialla (“faccia ‘ngialluta”) è il nomignolo affettuoso con cui i napoletani chiamano San Gennaro, dal colore del busto che lo raffigura e che viene portato in processione per le strade della città. “Faccia ‘ngialluta, accurre e stuta ‘sta vampa de lo ‘nfierno. Ora pro nobis” recitano i fedeli, cioè “Faccia Gialla, accorri e spegni questa vampata che proviene dall’inferno. Prega per noi”. Preghiera, questa, nata durante la terribile eruzione del Vesuvio del 1794, che provocò ovunque morte e distruzione. Anche Enzo Avitabile descrive, nel suo brano Faccia Gialla squaglialo!

contenuto nell’album Sacro sud (2006), il rapporto stretto che lega i napoletani al loro santo: “Faccia Gialla squaglialo! / Fallo, fallo stu miracolo… fallo fallo pe stu popolo”. Nei giorni in cui è atteso il miracolo della liquefazione del suo sangue, infatti, i fedeli riuniti nel Dumo di Napoli invocano: “Faccia gialla squaglialo!”. C’è da secoli un costante dialogo confidenziale tra il popolo partenopeo e il santo, che è quasi uno di famiglia. “San Gennaro pensaci tu!” è un’invocazione che fa parte del quotidiano di un popolo. Prima di salire sul campo verde dello stadio San Paolo, i giocatori del Napoli toccano e salutano l’immagine del santo posizionata sul muro a destra della scaletta che li conduce in campo. “San Gennaro, tu mi conosci, se mi potessi fare la grazia”, dice Massimo Troisi in uno degli sketch più famosi de La Smorfia. Lo invoca anche Nino Manfredi nel film Operazione San Gennaro, per chiedergli, sempre con rispetto e devozione, il permesso di rubargli il tesoro.

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realizzato un po’ un mio vecchio sogno, quello di fondere suoni acustici con quelli elettronici”. E proprio una chitarra acustica

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Maggio 1984 Esce l’album Musicante.

è quella che imbraccia nella foto di copertina di Guido Harari, una Luis Panormo della seconda metà dell’Ottocento, un regalo di suo suocero, padre di Dorina e di Roberto Giangrande. Anna verrà che è una delle sue prime canzoni in italiano (dopo Voglio di più da Nero a metà), è uno splendido omaggio ad Anna Magnani, per lui “simbolo femminile del neorealismo”, donna dal carattere forte, drammatica, lieve, impetuosa, malinconica, proprio come Napoli. Anna è una donna e tutte le donne. N’ata stagione, introdotta dalla voce di Stefania Labate degli

1985 Pino compare cantando Yes I Know My Way e Lazzari felici nel film Blues metropolitano di Salvatore Piscicelli, producendone anche la colonna sonora. Le immagini sono tratte dal suo concerto del 20 settembre del 1984 alla Mostra d’Oltremare di Napoli.

Orixas, ci riporta alla mente il Pino di Saglie, saglie e profuma

1986

un po’ di “vecchia” Terra mia. Qui c’è la Luna, una Luna mari-

Esce la sua compilation in formato CD Musica musica, edita dalla EMI. È il suo primo lavoro a essere stampato su questo supporto.

nara e africana che osserva l’arrivo di 30 navi che non trovano un porto – testo quanto mai attuale, che non si chiude però alla speranza: “votta a venì n’ata stagione” (aspettiamo quanto prima una nuova stagione) che in napoletano è simile all’“addà passà a’ nuttata” di Eduardo De Filippo, frase tratta dal capolavoro

Napoli milionaria. I versi di Faccia gialla, poggiati su atmosfere latin-caraibiche, mostrano ancora una volta un artista diretto che non le manda a dire ai mafiosi e a coloro che adottano spesso un atteggiamento mafioso, rivolgendosi a Faccia Gialla alias San Gennaro “pecchè ‘o munno è d’e pazz e so’ pazz futtut’ / so’ tutti mafius / ‘ncopp’o sang’ d’a povera gente / Faccia Gialla tu che può”. ‘O ‘mericano è un ritratto dei tanti soldati a stelle e strisce che hanno fatto di Napoli, dopo la Seconda Guerra Mondiale, la loro casa: c’è chi è rimasto e chi ha conquistato una donna ed è andato via, lasciando in eredità dei neri e dei pellerossa a metà (come nel caso di James Senese e Mario Musella), dei tanti piccoli di colore, come il protagonista di Tammurriata nera di E.A. Mario ed Edoardo Nicolardi. Pino è cresciuto in un periodo storico in cui le basi NATO, in città, erano piene di militari che diffondevano tra gli scugnizzi un’altra musica e un’altra lingua che si mescolava al loro slang

1989 Pino vince il suo primo Premio Tenco con Schizzichea With Love (uscito l’anno prima) come miglior disco in dialetto.

11 giugno 1989 Mentre è in tour, Pino ha un blocco delle coronarie. Viene operato il 20 novembre in una clinica milanese. Ha 34 anni e gli vengono messi quattro by-pass.

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YES I KNOW... PINO DANIELE

GLI AMERICANI A NAPOLI Dal Vesuvio partì il contagio dei nuovi suoni che dilagò in tutt’Italia, a ritmo di rock, blues, jazz e boogie woogie. Gli Alleati, alla fine del Secondo Conflitto Mondiale, furono accolti con entusiasmo dai napoletani (i primi a insorgere in Italia contro i nazifasciti, in quelle famose Quattro Giornate del 1943). L’arrivo dei liberatori, con le loro divise, con i mezzi di trasporto enormi e super tecnologici, scatenò un’autentica isteria collettiva, alimentata dai regali (molti dei quali per la gente “esotici”, altri dimenticati negli anni della guerra) che essi lanciavano dalle jeep: pane bianco, cioccolata, chewing-gum, life saver (le caramelle col buco), Coca-Cola, sigarette (Camel, Lucky Strike, Pall Mall…). I militari diventarono delle rockstar, acclamati come divi del cinema. Napoli fu scelta, dopo la guerra, come sede del quartiere generale dell’Allied Forces Southern Europe e dunque divenne luogo privilegiato per i contatti tra americani e popolazione locale.

Proprio da Napoli partì il contagio sonoro che dilagò in tutto il territorio nazionale. Non solo all’ombra del Vesuvio, ma in molte parti dello Stivale, la celebre canzone del maestro Renato Carosone Tu vuo’ fa’ l’americano – scritta con Nisa nel 1956, lo stesso anno che vide la nascita artistica di Elvis Presley – infuse col suo boogie woogie, ritmo e gioia ai sogni di un’intera generazione. Carosone con la sua ironia, segnò un’epoca, legando la sua musica a un cambiamento di costume di un paese che, per la prima volta, provava ad aprirsi al mondo. Nella sua musica c’era tutto ciò che in note scuoteva ed elettrizzava, in quel momento, il “nuovo mondo”: rock, jazz, swing, boogie, be-bop. Napoli iniziò a parlare anche una nuova lingua: un americano napoletanizzato che qualcuno chiama napoenglish. Apparvero così in strada bancarelle con sopra scritto “Tengo ‘o cess e ‘o morrìss” (cioè sia le sigarette Chesterfield che le Philip Morris) oppure “Tengo ‘e pallemmàne c’à storia”,

dei vicoli. Tutti quei giovani napoletani, che

cammina per strada, tutte le ragazze lo guarda-

poi diverranno gli alfieri del Neapolitan Power,

no anche se non ha cultura, “pe’ tant’anne c’ha

sono cresciuti ascoltando le band statunitensi

fatto campa”. Americani stregati da un Paese

che suonavano nei locali vicino al Porto.

che mette i limoni nei cannoni, pieno di con-

‘O ‘mericano, canta Pino nella sua lingua napo-

traddizioni e scritte sui muri, con le sue strade

letana, ha i soldi e non si può cacciare. Quando

strette che portano a mare.

Musicante tra pazzia e blues, è tutta ‘nata storia

riferendosi alle sigarette Pall Mall dove la scritta “c’a storia” altro non era che la traduzione di “stores”, termine che indicava la provenienza del prodotto dai depositi militari. Parole come pulisse, offelimit, shoppe, bisinisse entrarono nel lessico quotidiano. Anche il ritornello più diffuso tra le prostitute della città in quei giorni fu una storpiatura di una celebre strofa della canzone del cantante statunitense Al Dexter Pistol Packin’ Mama, del 1943. Il testo originale recitava: “Lay that pistol down / Babe, lay that pistol down / Pistol packin’ mama/ Lay that pistol down”. Le belle ragazze partenopee, per convincere i militari ad andar con loro, napoletanizzarono il tutto generando un ibrido: “E levate ‘a pistuldà. E pisti pakin mama, e levate ‘a pistuldà”. Questa nuova strofa tutta made in Naples fu inserita anche da E. A. Mario ed Edoardo Nicolardi, nel 1944, nel testo della loro celebre Tammurriata nera. Giovedì 15 marzo del 1945, mentre la città fischiettava con i grandi classici come ‘O sole mio, Chattanooga Choo Choo (canzone che fruttò, nel 1942, a Glenn Miller il primo Disco d’Oro della storia per aver venduto più di un milione di copie in tre mesi) e Polvere di stelle (Stardust, del paroliere americano Mitchell Parish), Eduardo De Filippo portava in scena al Teatro San Carlo per la prima volta Napoli milionaria: un fermo immagine di quelli che erano stati gli anni del grande conflitto. Dieci anni e quattro giorni dopo nascerà Pino, in una città che fischiettava ancora Chattanooga Choo Choo. Il legame tra Napoli e la musica americana è sempre stato forte grazie a un’attrazione e a un’influenza reciproca: un rapporto “di andata e ritorno” New York-Mergellina. Agli anglo-americani i napoletani insegnarono il celebre motivetto Dove sta Zazà (di Cutolo-Cioffi). Napoli nel mondo da sempre è sinonimo di musica, di melodia, quella stessa che ha stregato anche i grandi del rock. Basti citare la canzone più famosa in tutto il mondo, ’O sole mio, tradotta in tutte le lingue e riletta da tanti artisti, dai cantanti lirici ai jazzisti, dagli eroi del pop a quelli del rock.

«Noi il soul, il blues, non l’abbiamo mai copiato del tutto, ci appartiene»

Enzo Gragnaniello

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YES I KNOW... PINO DANIELE

«Il mio nome è Giuseppe, il soprannome Joe me lo diedero gli americani della base NATO quando mi videro suonare nei club del porto»

Joe Amoruso “Noi il soul, il blues, non l’abbiamo mai copiato

nazione tra la nostra musica e il loro blues, rock,

del tutto”, dice Enzo Gragnaniello, “ci ap-

jazz. La lingua ci divideva, ma la musica ci univa”.

partiene. Da piccolo lavoravo in un night club

“Il mio nome è Giuseppe, il soprannome Joe me

per americani vicino al porto. Portavo i caffè,

lo diedero gli americani della NATO quando mi

accompagnavo i turisti alle navi, facevo un po’

videro suonare nei club del porto come il Number

di tutto. In quel locale ascoltavo i pezzi di Otis

One, il Cactus, il San Francisco”, racconta Joe

Redding, James Brown, Ray Charles, ma anche

Amoruso. “Avevo 17 anni. Tra noi e loro vi era

gli Showmen. A pochi metri era attraccata la

una contaminazione musicale e linguistica reci-

portaerei USA Forrestal. Nelle zone limitrofe, vi

proca, finita tragicamente la sera del 14 aprile del

erano tanti localini in cui i soldati facevano mu-

1988, quando un terrorista dell’Armata Rossa

sica con noi scugnizzi. Su quei palchi nasceva una

*LDSSRQHVH-XQ]Ů2NXGDLUPLVHXQ¶DXWRERP-

sinergia tra noi e loro, primi esempi di contami-

ba, all’entrata di un circolo ricreativo militare

IL MASCALZONE LATINO SOLCA ANCHE I MARI Nel 2002, disegnata da Giovanni Ceccarelli e costruita nei cantieri veneziani di Tencara, nasce l’imbarcazione Mascalzone Latino (con cui Vincenzo Onorato partecipa all’America’s Cup), dedicata proprio all’omonimo disco di Pino di cui riprende anche i caratteri della scritta sullo scafo. Nell’ultimo round robin della Louis Vuitton Cup (2007), all’arrivo, contro il team svedese Victory Challenge, pur perdendo (è quinta in classifica e non si qualifica per le semifinali) l’equipaggio issa uno spinnaker con la scritta “Grazie Italia. Grazie Napoli”.

Musicante tra pazzia e blues, è tutta ‘nata storia

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statunitense riservato ai marinai della Sesta

appensa a sent cca stà p’arrivà ‘o nonno se ne

Flotta, United Service Organizations (USO), in

và e nun se fa truvà”. Carta e cartuscelle è un

via Calata San Marco, mentre vi era una festa.

pezzo molto amato dai fan di Pino che qui anco-

Morirono cinque persone e ci furono una ventina

ra una volta riprende un concetto già espresso

di feriti. Da allora quella magia fatta di musica, in-

in Yes I Know My Way (“sient fa’ accussì nun

contri e confronti che durava da decenni, svanì”.

da rett’a nisciuno”), solo che ora si riferisce a

I suoni latini, africani e arabi si mescolano in ‘A

una storia d’amore: “nun da’ retta è meglio ca

speranza è semp’ sola, con Pino che canta: “‘o

ognuno penza a sé / Ma i’ te voglio vedè ‘na

nonn è muort’ a sissant’anni”. Impossibile non

vota ancora, ‘na vota sola pe’ dint’a sacca car-

pensare alla famosa canzone di James Senese

te e cartuscelle e so’ tre ghiuorne ca ‘è voglio

& Napoli Centrale ‘O nonno mio, contenuta

jettà”. Amore, l’amore di Ammore scumbinato

nell’album Mattanza del 1976, una delle sue

“pecchè c’adda piglià sta gelusia / ‘a vita è nu

più belle e toccanti, con testo di Franco Del

muorzo nun me fa ‘ntussecà / i’ ston ancora

Prete, dedicata a suo nonno Gaetano che gli ha

ccà” e di Sambacussì , “famme ridere accussì

fatto per tutta la vita da padre. “‘O nonno mio

pe’ nun senti tutto quello ca ce sta e po’ che fa

teneva sittant’anne quanno murette… e mi di-

si parlo sulo”. Completano l’album Giungla e

cette Je nun chiagnere ‘o nonn fott pur’a’ morte,

Aria strana.

5 ‘O scarrafone è bello a mamma soja Pino canta l’Italia che cambia, scossa da Tangentopoli, dalla Mafia, dalla nascita della Lega Nord (1991-1999) ino le canta alla Lega, all’Italia di Tangentopoli e alle Mafie.

P

Gli anni Novanta si aprono con la pubblicazione di Un uomo in blues, contenente la hit ‘O scarrafone (in cui attacca la Lega

di Bossi, che lo citerà per diffamazione) e proseguono con album come Sotto ‘o sole, Che Dio ti benedica (in cui compaiono come guest Chick Corea e Ralph Towner), Non calpestare i fiori del deserto (1995, disco dei suoi 40 anni), Dimmi cosa succede sulla Terra, Come un gelato all’equatore, il live E sona mo’. Per la poesia di Totò ‘A livella scrive lo strumentale Historia, contenuto nel cofanetto Poesie scritte canzoni inedite di Totò, curato da Vincenzo Mollica, con disegni di Federico Fellini.

‘O scarrafone è bello a mamma soja

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YES I KNOW... PINO DANIELE

ra il 1989 e il 1990, a Bergamo, nasce il

T

sformandolo in arma d’identificazione, riscatto,

partito politico della Lega Nord per l’In-

affermazione, ma che in un batter d’occhio, come

dipendenza della Padania. L’evento non

accaduto con Masaniello, può anche ripudiarlo.

passa inosservato agli occhi di un artista come

“Noi napoletani”, dice Pino, “in questo siamo

Pino che, “ridipingendosi la faccia di nero”, at-

strani, ‘na vota l’aizzamm in cielo e dopo ‘e vut-

tacca alla sua maniera il partito di Bossi in ‘O

tam ‘nterra, un attimo prima sono i nostri eroi, un

Scarrafone, canzone contenuta nel suo nuovo

secondo dopo i nostri nemici; anche a Masaniello

disco Un uomo in blues (CGD, 1991), pubblicato

e a Maradona è successo, forse sono l’unico che

dopo due anni di silenzio.

per ora si è salvato”.

In questo brano d’apertura, Pino difende quel

Pino ha composto nel 1989 anche un inno per

Sud offeso e mortificato anche dai cori razzisti

la squadra di calcio del Napoli (subito dopo l’o-

e dagli striscioni mostrati nelle curve di alcuni

perazione con impianto di quattro by-pass co-

stadi di calcio del Nord, con sopra scritto “Napoli

ronarici) cantato dal maestro Roberto Murolo,

sporca e terrona. Forza Vesuvio – da lavare col

ma che pochissimi conoscono per via di disguidi

fuoco”, messi a tacere già da un altro Masaniello,

nati a seguito di una pubblicazione “inaspettata”

uno scugnizzo argentino napoletano d’adozione,

e subito ritirata dal mercato per motivi legali e

chiamato Diego Armando Maradona: un nuovo

burocratici.

eroe popolare, argentino come il Che Guevara,

“La canzone si chiama Sta malatia”, fa luce sulla

che dalla periferia di Buenos Aires consegna alla

questione Nando Coppeto, presidente della

città della sirena due scudetti, una Coppa Italia,

Fondazione Murolo, per tanti anni produtto-

una Coppa UEFA e una Supercoppa italiana,

re del Maestro. “Pino la scrisse come omaggio

sconfiggendo decenni di subalternità e di sfottò,

al Napoli di Maradona che da poco aveva vin-

vincendo su ogni campo. El Pibe de Oro è arte-

to lo scudetto, sulle ali di un’euforia collettiva.

fice di un ribaltamento del potere sportivo dal

Compose, musica e testi (“Dummeneca jucamm’

Nord al Sud: ha preferito alla Milano da bere la

veramente, jucamm veramente, guagliò nun ce

Napoli da amare. Capopopolo di un riscatto che

facite ‘ntussicà)”, gli arrangiamenti furono rea-

si aspettava dai tempi dei Borbone, il giorno del

lizzati con Bruno Illiano. Invitò poi il Maestro,

suo primo palleggio allo stadio San Paolo (5 luglio

anch’egli grande tifoso, che partecipò volentieri

1984) davanti a 70.000 persone è impresso nel

al progetto, prestando la propria voce. Il lavoro

racconto di almeno tre generazioni, come la data

era però incompleto, trattandosi come altri brani

del concerto di Pino in Piazza del Plebiscito del 19

di provini non ancora pronti per esser pubblicati.

settembre 1981. E come quella della sua morte.

Anni dopo però accadde una cosa strana. Il disco

Diego, come Pino, come Massimo Troisi, come

doveva uscire nel 1990, ma non fu mai pubblica-

San Gennaro, è icona di un popolo devoto che lo

to. Improvvisamente ci trovammo nel 1995 con

protegge, lo osanna, ne tramanda i significati, tra-

l’uscita di questo lavoro fatta dall’allora BMG-

‘O scarrafone è bello a mamma soja

ANNI NOVANTA Sono gli anni della grande rivoluzione informatica, delle manipolazioni genetiche, della pecora Dolly, dei polli a quattro zampe, della realtà virtuale, del sesso virtuale. La guerra viene servita direttamente nelle nostre case opulente (Desert Storm, ex Jugoslavia, Uganda…), le tragedie diventano il sottofondo quotidiano dei nostri pasti. Sangue e pianti non fanno più effetto. La TV ipnotizza le masse fino a partorire il più grande evento di massa del millennio: i funerali di Lady D., seguiti in diretta da due miliardi di telespettatori, con Elton John che per la triste occasione ricicla la sua Candle In The Wind (che nella nuova veste funebre diviene il singolo più venduto della storia). I Nirvana scuotono il mondo del rock: Kurt Cobain sfonda la porta del nuovo decennio con un uragano di musica e poesia. Da quella porta passa una nuova generazione con l’euforia e la forza di una mandria selvaggia, folle di gioia nello scoprire che il rock può essere ancora un’arma. Massive Attack, Chemical Brothers e Prodigy riescono lì dove nessuno era più riuscito dagli anni Settanta: grazie a loro, le due grandi fazioni dei discotecari e dei rockettari si riuniscono sotto la bandiera dell’elettronica. Il Punk sposa la dance. L’Italia piange due suoi eroi Battisti e De André In questo decennio, un ponte sonoro unisce New York e il suo hip-hop, Bristol con i suoi Massive Attack, Portishead, Tricky e Napoli, che cattura questo suono, lo rielabora nel chiaroscuro dei suoi vicoli, tenendo sempre alto l’orgoglio di chi s’identifica in una lingua che non è un semplice dialetto, una cultura, una tradizione “bastarda”, unica. La città ancora una volta fa sentire forte la sua voce musicale, quella dei 99 Posse, degli Almamegretta, dei “figli di Annibale”, del villaggio globale, della Generazione X. Gli Almamegretta abbattono ritmi, barriere e (seguendo la lezione di Carosone e di zio Pino) prendono il napoletano, l’inglese, le melodie arabe e mescolano l’hip-hop col rap dei vicoli, le tammorre con gli scratch dei piatti dei DJ londinesi. Napoli è in fermento. I ragazzi si appropriano di altri spazi, di spazi “altri” dove poter incontrarsi, discutere, creare. Centro Sociale Occupato Autogestito Officina 99 a Gianturco 101, SKA, Casa Occupata TNT…

spazi liberati che stanno dentro la città, dentro la società, che si radicano sul territorio, nelle scuole, nelle università, sui luoghi di lavoro. Nel 1993, i 99 Posse pubblicano Curre curre guagliò che unisce la lingua di Di Giacomo all’hip-hop, al dub e al punk. Disco questo che vince la Targa Tenco come migliore opera in lingua dialettale. Il regista Gabriele Salvatores inserisce il brano omonimo nella colonna sonora di Sud.

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YES I KNOW... PINO DANIELE

Ricordi col titolo Roberto Murolo & Friends, con-

Berlusconi) osa cantare Maruzzella, accolto da

tenente i suddetti provini, senza autorizzazione

fischi e insulti in Piazza del Plebiscito. Lo fa, ri-

alcuna. Sia i legali di Murolo che quelli di Pino

spondendo a una domanda su Bossi a microfoni

dovettero intervenire per fermare la pubblica-

spenti, una volta conclusa la conferenza stampa

zione, ribadendo che si trattava di provini mai

del Festival di Sanremo dove è il superospite

autorizzati per la diffusione, tutelando sia il buon

italiano, dicendo senza mezzi termini: “Bossi

nome di Pino che quello del maestro Murolo”.

che canta Maruzzella? Mi fa schifo, è un uomo

In questo disco apparso solo per un attimo sugli

di m…”, aggiungendo “e Fini che applaude il

scaffali, prima di esser ritirato pochi giorni dopo

suo intervento quando fino a qualche tempo

l’uscita, Pino è anche autore di ‘O rrau’

fa non voleva neanche prenderci un caffè

(su testo di Eduardo De Filippo),

insieme, mi fa francamente ridere”.

mentre il maestro Murolo canta

Il Senatùr otterrà per queste pa-

Napule è e ‘O ssaje comme fa

role un cospicuo risarcimento

‘o core di Daniele e Troisi,

economico.

Dicitencello vuje (Falvo-

‘O scarrafone, dove ai cori

Fusco), Tarantelluccia

troviamo il trio comico na-

(Falvo-Murolo), oltre ai

poletano I Trettrè (Edoardo

classici Scalinatella (Cioffi-

Romano, Mirko Setaro, Gino

Bonagura), I’te vurria vasà

Cogliandro) è un brano politi-

(Di Capua-Mazzucchi-Russo),

co che ha in quel periodo la forza

Serenata napulitana (Di GiacomoCosta).

e il merito di entrare nelle discote-

che italiane, canzone che Pino eseguirà an-

Pino in Un uomo in blues è il primo che le

che nella sua ultima esibizione di Capodanno

canta e le suona alla Lega, “questa Lega è una

a Courmayeur nel 2015, non cantando però il

vergogna… e se hai la pelle nera, amico guar-

verso incriminato, sostituito da un suo e pur-

dati la schiena / Io son stato marocchino, me

troppo ultimo “ricamo” con la chitarra.

l’han detto da bambino: viva viva ‘o Senegal”,

Francesco Baccini conosce Pino Daniele pro-

dando vita a una guerra giudiziaria lunga 23

prio in questo periodo: “Eravamo nella stessa

anni con il partito secessionista. Un corpo a

casa discografica la CGD. Io avevo inciso nel 1989

corpo con gli esponenti del Carroccio che si

l’album Cartoons, qualche mese dopo il capo

inasprisce, sfociando in una querela per dif-

Roberto Magrini, sapendo della mia passione

famazione, quando Pino risponde a Bossi che,

per il cantautore napoletano, mi fece ascoltare

giunto a Napoli il 24 febbraio del 2001, per

in anteprima un provino di un suo brano, era

celebrare il patto con Alleanza nazionale (per

‘O scarrafone. Capii subito che sarebbe stato un

quello che sarà di lì a poco il secondo Governo

successo”.

‘O scarrafone è bello a mamma soja

95

Un uomo in blues, pubblicato l’11 gennaio del

entrano sottopelle. All’edizione promozionale

1991, registrato al Logic Studios di Milano, vede

dell’album per i giornalisti è abbinata proprio

al fianco del suonautore un trio di maestri del

un’armonica Honher modello Blues Harp con

jazz come Harwie Swartz al basso e contrabbas-

la serigrafia “Un uomo in blues”. Femmena, For

so, Gary Chaffe alla batteria e alle percussioni

Your Love e Solo chiudono questo disco in cui,

e il chitarrista Mick Goodrick (solo di chitarra

per la prima volta, la lingua italiana prende il

elettrica in Che soddisfazione e in Invece no).

sopravvento su quella napoletana.

A loro si aggiungono Danilo Rea al pianoforte e alle tastiere, Rosario Jermano alle percussioni, Dorina Giangrande e Kathy Jackman ai cori (in Femmena). Un album, questo, che canta l’Italia che cambia, il cui titolo è un nuovo appellativo di Pino, dopo il nero a metà, il lazzaro felice, il musicante e il mascalzone latino. In copertina l’artista è ritratto (foto di Guido Harari) con una delle sue chitarre, la Gibson Super 400 CES. Ed è proprio questa che accompagna Pino da sola,

«Ho avuto il privilegio di conoscere Pino mentre registrava Un uomo in blues. Sono sempre stato un suo fan, feci di tutto per incontrarlo»

Federico Zampaglione (Tiromancino)

con le spazzole di Gary Chaffe, inseguendo la

sei corde di Mick Goodrick, nell’allegra e spen-

Nel 1991 Ala Bianca pubblica il disco Club

sierata Che soddisfazione. Le chitarre di Pino e

Tenco volume primo con una versione di Je

del jazzista americano si incontrano nuovamente

so’ pazzo (eseguita dal cantautore nell’edizione

in Invece no, in cui il cantautore, colto da un

del 1978); Pino inoltre scrive, per la poesia di

senso di tristezza e “musciaria”, esorcizza questo

Totò ‘A livella, lo strumentale Historia. Questo

suo stato d’animo cantando “ridiamoci sopra un

è incluso nel cofanetto Poesie scenette canzoni

po’, ‘na scarpa si ‘na scarpa no come in un film

inedite di Totò curato dal giornalista Vincenzo

di Charlot”. Gente distratta racchiude uno dei

Mollica, pubblicato nei tre formati, CD, musi-

suoi fraseggi di chitarra più riconoscibili, “aman-

cassetta e picture disc, distribuiti dalla CGD,

do, sognando, crescendo, correndo, ti prendo,

arricchito da un libro con le locandine della

gente distratta che viene e va”, mentre il mare

filmografia del Principe della Risata e dai dise-

è un olio blu e il ricordo del passato è solo un

gni di Federico Fellini. Nel 1992 il lazzaro felice

giradischi rovinato e una vecchia Cinquecento

esegue dal vivo Historia, nel corso della terza

anche lei blu, come il colore del blues. Blues,

puntata del programma Alta classe condotto

funky, fusion, ritmiche sincopate, chi più ne ha

da Gianni Minà, in onda sul primo canale della

più ne metta in Leave A Message. Domani vede

RAI alle 21:30, purtroppo però mai trasmessa.

Pino anche all’armonica: è uno di quei brani che

Questo frammento live, dove Daniele suona

96

YES I KNOW... PINO DANIELE

mentre scorrono le immagini di Totò che recita

noi – gli rispondono gli organizzatori – non

la poesia, è incluso nella VHS di Pino Daniele

l’avevamo neanche invitato”. Tra le altre as-

e Massimo Troisi ‘O ssaje comme fa ‘o core.

senze che fanno rumore quelle di Francesco De

Sono anni orribili per Palermo, per l’Italia tutta.

Gregori e Antonello Venditti.

Viene organizzato allo Stadio della Favorita del

Parole dure, controcorrente, forse inattese,

capoluogo siciliano, il 18 settembre del 1992,

quelle di Pino a dimostrazione del suo essere

un grande raduno di attori e cantanti dal titolo

un Masaniello atipico che alle mafie, come ha

“Giù la maschera”, a cui partecipano Claudio

fatto due anni prima con la Lega, le canta, ma

Baglioni, Gino Paoli, Jovanotti, Franco Battiato,

sempre col suo stile, nei suoi dischi. Lo fa ora in

Edoardo Bennato, Luca Carboni e in collega-

Fatte ‘na pizza dove, come già successo con ‘Na

mento video i padri del teatro italiano come

tazzulella ‘e cafè, utilizza il piatto più famoso al

Vittorio Gassmann, Giorgio Albertazzi, Giorgio

mondo come metafora di denuncia, “fatte ‘na

Streheler. Pino non presenzia.

pizza lievete ‘o sfizio/mafia che brutta bestia e

“Un concerto contro la mafia”, dichiara allora,

c’hai ragione noi non vogliamo più questa tra-

“non serve proprio a niente, magari per farlo si

dizione” e rivolgendosi poi al Presidente Oscar

paga il pizzo alle cosche e tutto finisce nel gran

Luigi Scalfaro dice: “S.O.S. alla Nazione / Mio

calderone degli interessi dei discografici”. “Ma

caro Presidente lei è uno bbuono ma non ci par-

1992: IL BIG BANG DI TANGENTOPOLI Il 17 febbraio del 1992 scatta il primo arresto, quello dell’esponente milanese del Partito Socialista Italiano Mario Chiesa, nell’ambito della maxi-inchiesta denominata Mani Pulite: è l’inizio di Tangentopoli che colpisce la “Milano da bere” e la criminalità organizzata che inizia a indossare giacche e cravatte firmate. Un’intera classe politica e dirigente si sgretola sotto i colpi della scure di un pool di magistrati della Procura della Repubblica di Milano, dove troviamo, tra i tanti, Antonio di Pietro, Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo, coordinati da Gerardo d’Ambrosio e Francesco Saverio Borrelli. Un Big Bang, una rivoluzione senza precedenti nel nostro Paese, che come tutte purtroppo, ha avuto eroi e vittime, contraddizioni e misteri.

‘O scarrafone è bello a mamma soja

97

li sempre di perdono / noi vogliamo solamente

È il 1993. Sono passati 16 anni dal suo debutto

un’altra cosa che il mondo non diventi come un

con Terra mia e anche nel nuovo Che Dio ti be-

grande cesso con questa filosofia cca’ nisciuno

nedica (CGD), Pino ricorda a tutti che rimarrà

è fesso”. Pino si augura che il vento di cambia-

sempre “un cantante di blues mediterraneo”, un

mento possa servire però a qualcosa scrivendo

uomo che porta i suoi anni nei jeans e che non

in Questa primavera: “L’Europa cambierà, la

si ferma per niente al mondo perché la “musica

gente è più sincera, la pace arriverà”.

prende anche l’anima”.

1992: IL BIG BOOM DI CAPACI E DI VIA D’AMELIO Ore 17:58 del 23 maggio 1992. Un forte boato squarcia il silenzio di un sabato come tanti. All’altezza dello svincolo per Capaci, 400 chili di tritolo vengono adoperati per eliminare un uomo un simbolo di legalità e libertà: il giudice Giovanni Falcone. Un’enorme voragine inghiotte l’automobile dove viaggiano gli uomini della scorta, uccidendo Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. L’altra vettura, guidata dallo stesso giudice con al fianco la moglie Francesca Morvillo, va a sbattere contro il muro di detriti. I due coniugi, scaraventati sul parabrezza, moriranno in ospedale: si salverà solo Giuseppe Costanza, l’autista seduto sul sedile posteriore. Sopravvivono per fortuna anche gli agenti di scorta, nella terza vettura. A 55 giorni di distanza, il 19 luglio, in via D’Amelio vengono assassinati anche il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta (Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina). Alle 16:58 un’auto imbottita di tritolo, parcheggiata sotto l’abitazione della madre, detona al passaggio del giudice. L’unico sopravvissuto è l’agente Antonino Vullo, scampato perché al momento dell’esplosione sta parcheggiando uno dei veicoli della scorta. La Mafia elimina, ma solo fisicamente, i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e le loro scorte, facendo scomparire il diario del primo e l’agendina rossa del secondo, sotto gli occhi di un Paese e di una classe dirigente di “gente distratta che viene e va”. Cosa Nostra nel biennio 1992-1993 ritorna a colpire con ferocia, uccidendo più di 35 persone tra cui il parlamentare siciliano Salvo Lima (Palermo, 12 marzo 1992), don Pino Puglisi (Palermo, 15 settembre 1993, beatificato il 25 maggio del 2013), oltre a danneggiare via dei Georgofili a Firenze (27 maggio 1993, provocando cinque vittime) e via Palestro a Milano (27 luglio 1993, cinque morti), nelle vicinanze degli Uffizi e del Padiglione d’Arte Contemporanea.

98

YES I KNOW... PINO DANIELE

CANZONI E PIZZA “Ma tu vulive ‘a pizza cu ‘a pummarola ‘ncoppa, ‘a pizza e niente cchiù”, hanno cantato negli anni Aurelio Fierro, Renato Carosone, Domenico Modugno, Mauro Nardi e Giorgio Gaber, facendo diventare questo brano di Costa-Martelli-Nisa un inno nazionalpopolare dedicato al piatto più amato al mondo: un classico della canzone partenopea, presentato alla 14a edizione del Festival di Napoli nel 1966 da Aurelio Fierro e Giorgio Gaber, classificatosi al secondo posto, dietro Bella di Sergio Endrigo e Robertino. Come per il caffè, sono diverse le canzoni nate all’ombra del Vesuvio che parlano della pizza, diventata patrimonio dell’umanità, come sancito dall’UNESCO, riunita in sessione nel 2017 sull’isola di Jeju in Corea del Sud. Nella decisione finale si legge: “Il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti s’impegnano in

Che Dio ti benedica, il brano che dà il titolo

alto mare: Pino e Ralph Towner sono entrambi

all’album (supportato dal videoclip con pro-

nati a marzo, sotto il segno dei pesci (lui il 19

tagonista Ornella Muti, con la copertina di

del 1955, il polistrumentista statunitense il 1

Luca Angeli e Giuseppe D’Angelo), dal groove

marzo del 1940).

travolgente e orecchiabile è uno straordinario

Con Pino, Chick Corea e Ralph Towner, Che

successo commerciale, che presenta l’artista a

Dio ti benedica vede Lele Melotti alla batteria,

una nuova generazione. Pino qui aggiunge nel

Jimmy Earl al basso, Bruno De Filippi all’ar-

suo palmares di collaborazioni eccellenti Chick

monica (in Questa primavera e Nuda), Antonio

Corea e Ralph Towner degli Oregon. Del primo

Annona alle tastiere, Carol Steele e Rosario

riprende uno standard del 1978 contenuto nel

Jermano alle percussioni.

disco Friends: Sicily. Il jazzista italoamericano suona anche in Pace e serenità e in Soleado Up And Down. Towner, che nel 1972 ha collaborato all’album I Sing The Body Electric dei Weather Report, suona in Questa primavera, Allora sì, Un an-

gelo vero e nella strumentale Two pisces in

«Sono fiero della sua versione e del suo arrangiamento, ha reso magica la mia canzone»

Chick Corea

‘O scarrafone è bello a mamma soja

99

un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da ‘palcoscenico‘ durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti”. La coppia Capurro-Gambardella, nel 1896, compone ‘O pizzaiuolo nuovo. Nel 1902 è la volta di Di Giacomo-Valente con ‘A pizzaria ‘e Don Saveratore. Sei anni dopo, nel 1908, esce ‘O pizzaiuolo di Fiordelisi-Mazzone. Anche E. A. Mario celebra la pietanza, componendo con Giuseppe Garofalo ‘A

canzone d’a pizza, nel 1947 e l’anno dopo ‘A pizza c’o segreto. Caputo e Framel nel 1955 omaggiano la Loren con la canzone Sophia, per la sua interpretazione dell’episodio Pizze a credito nel film L’oro di Napoli di Vittorio De Sica, con Giacomo Furia. E ancora: ‘A pizzaiola (Casolini/Bonafede – 1957), Cardulella (Furnò/Oliviero), ‘A pizza c”a pummarola (Pazzaglia/Modugno - 1958). Pummarola blues di Tullio De Piscopo sostiene nel 2010 la candidatura, presentata l’anno prima, per l’inserimento dell’arte dei pizzaioli napoletani nella lista UNESCO dei patrimoni intangibili dell’umanità, poi ottenuto nel 2017.

«Suonare con lui è una stata delle cose più emozionanti della mia vita»

Chick Corea Nel disco troviamo anche Occhi blu non mi mol-

altro affresco in note, un fotogramma quasi cine-

lare e Pace e serenità.

matografico dove protagonista è un angelo che si

I versi di Nuda mostrano la sua voglia di pater-

libra alto in cielo, fin sopra il Vomero, osservando

nità: “Nostra figlia si chiamerà Nuda, come la

tutta la città dal Castello di San Martino: “Città

terra. Se nascesse in Russia o strillando da un

che non mantiene mai le sue promese, fatta di

balcone fra le commedie di Eduardo i passi di

‘nciuci e di fotografie, di Maradona e di Sofia,

un ubriacone si chiamerà Nuda”.

ma è la mia città, tra l’Inferno e il cielo… e io mi

Non poteva mancare, anche in questo suo quin-

perdo ancora tra le mie pazzie e le tue bugie”.

dicesimo album, la sua Napoli: la troviamo in

Pino ricorda a tutti in Mal di te che, pur essendo

Angelo Vero, ennesimo atto d’amore nei confron-

ora cittadino del mondo e vivendo a Roma, a 300

ti della “terra sua”. In Angelo vero, che si apre con

chilometri dal suo golfo, è nato a Napoli “perciò

un suo arpeggio di chitarra, l’artista ci regala un

mi piace il mare, sotto il segno dei pesci”.

100

YES I KNOW... PINO DANIELE

LA CANZONE DA RICORDARE S I C I LY Pino rilegge Sicily (che nel 1993 gli vale la Targa Tenco) con l’autore che ha composto il brano inserito nel suo disco Friends (1978), suonato con Steve Gadd alla batteria, Eddie Gòmez al basso, Joe Farrell al sax e al flauto, trasformandolo in un’ode a un’altra terra del Sud dello stivale che, come Napoli, ha un Vulcano. Un’istantanea con vista sull’isola e su un futuro possibile: “Un posto ci sarà dove la gente sa che è ora di cambiare dove puoi alzarti presto il giorno finisce per dispetto e haje voglia di alluccà io son pazzo di te ‘e chesta furtuna, Sicily terra e nisciuno”. Friends aveva vinto nel 1979 il Grammy come “best jazz instrumental performance group”. Il piano di Chick Corea s’immerge nel Mediterraneo, in questa versione del mascalzone latino che qui si mostra ammalato di sicilitudine, una terra un po’ sua perché come Napoli è fatta di “lava e sale”. “Grazie a Pino – dice Chick Corea – ho compreso meglio le mie radici italiane (il suo nome è Armando Antonio Corea, la famiglia di suo nonno è di Albi, Catanzaro, quella di sua nonna di Messina – nda). Sono fiero della sua versione e del suo arrangiamento, ha reso magica la mia canzone. Suonare con lui è stata una delle cose più emozionanti della mia vita. Speravo di creare ancora tanta musica insieme, ma non ne abbiamo avuto il tempo. Pino è un poeta, lo è stato con i suoi versi e con la sua chitarra”.

Massimo Troisi è co-autore di T’aggià vedè mor-

con Antonio Annona tastiere e programmazione

ta. Pino, solo chitarra voce, tesse la melodia dolce

computer e Carol Steele alle percussioni. Un trio,

dal retrogusto malinconico di Allora sì, tra le cui

semplicemente un trio, ma capace di riempire e

pieghe si scorgono frammenti del suo vissuto:

incantare interi stadi: una scelta intimista dettata

“Lunedì mi tenevi stretto fra i libri di scuola, fra i

dai suoi problemi di cuore. La foto di copertina

palazzi vecchi di questa città che mi dà emozione

che lo ritrae seduto su una poltroncina nera, in-

ancora”.

tento a suonare la sua chitarra immerso in uno

Nello stesso anno (novembre 1993) esce anche il

sfondo bianco, è di Luciano Viti.

suo secondo live, dal titolo E sona mò, registrato

Nel 1993 esce anche Club Tenco volume secondo

di fronte a 80.000 persone il 22 e 23 maggio nello

(Ala Bianca), contenente Napule è nella versione

stadio Simonetta Lamberti di Cava de’ Tirreni,

presentata nell’edizione del 1989. L’anno dopo, il

‘O scarrafone è bello a mamma soja

101

mascalzone latino produce lui stesso una compi-

ha 40 anni e per la prima volta coinvolge altre

lation solo per il mercato estero dal titolo Blues

voci italiane – Jovanotti (Un deserto di parole,

latino e melodie, mentre la CGD acquista i diritti

Stress), Irene Grandi (Se mi vuoi), Maria Pia De

di alcuni suoi vecchi dischi, ripubblicandoli in

Vito (Fumo nero) e le porta con lui in Africa, in

formato CD e musicassetta.

sella a un cammello innamorato. Io per lei rac-

Pino è un musicante, un nomade senza frontiere,

chiude uno dei suoi intro di chitarra più ricono-

come lo definisce Wayne Shorter, che da Napoli

scibili. “Se sei tu il mio destino allora portami via

si muove lungo le rotte del pentagramma. Va e

/ Io per lei ho deciso di cambiare / Di smettere di

viene dall’America tutta, quella jazz e blues del

rovinare sempre tutto per colpa della solitudine

nord, quella latin del sud, dall’Arabia, dall’Africa.

/ Di questa solitudine”.

Proprio alle musiche del mondo, alla sua perso-

Manu Katchè (per lungo tempo al fianco di

nale visione di world music, alle diverse etnie che

Peter Gabriel) e Lele Melotti alla batteria,

mescola in un personale cocktail di Arab rock

Jimmy Earl al basso, Rita Marcotulli al piano-

(discorso già intrapreso in Bonne Soirée), volge

forte e alle tastiere, Mike Mainieri al vibrafo-

lo sguardo, pubblicando Non calpestare i fiori

no, Alfredo Paixao al basso, Carlo Giardina e

del deserto (CGD, 1995).

Marco Salvati alle percussioni accompagnano il

Il disco, la cui foto di copertina originale è

musicante tra le dune di sabbia del Continente

di Alessandro D’Urso (design Luca Angeli e

Nero, sotto Un angolo di cielo, dove continua

Giuseppe D’Angelo), rimane per molte settima-

a sentirsi un diverso: “Questo mondo è nero e

ne in vetta alle classifiche, diventando uno dei

bianco / Pieno di perplessità / E fa comodo allo

suoi più venduti (800.000 copie). Il successo di

Stato la nostra solidarietà / Se sei bianco se sei

Non calpestare i fiori del deserto gli fa vincere il

nero ti buttano giù dal grattacielo / Perché mi

Festivalbar 1995 come “artista dell’anno”. Pino

sento ancora un diverso”.

L A P R I M A V O LTA S U C D E sona mo' è il primo disco di Pino a essere stampato solo nei formati CD e musicassetta. Del live, viene pubblicata anche una videocassetta e un’edizione limitata (solo 5000 copie) del compact con un book fotografico del tour. Nel 2009 è stata realizzata una versione in vinile in soli 496 esemplari per il mercato giapponese. Nel 2018 vede la luce anche nel formato DVD.

102

YES I KNOW... PINO DANIELE

Pino riflette sulla realtà che spesso è un’illusione,

nel 1994 quando mi proposero di fare un tour

dettata dalle leggi della celluloide che non sempre

con lui ed Eros: non potevo crederci, era lì, il

includono la verità: “Credimi il mondo non ha

mio mito, davanti a me. Da allora mi ha fatto

angeli /Ma è pieno di miracoli / Perché la vita è

un grande dono, la sua amicizia, vera, sincera.

dura / Viviamo nell’immagine e ci sentiamo soli…

Mi ha incantato non solo con la sua musica,

I believe just in love” (Fumo nero). Nei versi dei

ma anche con i racconti della sua Napoli, della

brani emerge sempre la tematica dell’amore come

commedia dell’arte, dei film di Totò”.

in Bambina (con Mike Mainieri al vibrafono in gran spolvero) e in E se amore sarà. La notte (la stessa di Notte che se ne va, quella di Quanno chiove in cui la protagonista scende le scale “senza guardà”) “magica e più strana che mai” è di nuovo protagonista in Notte che fai, dove riesplode quell’incontrollabile voglia di caffè. Anima (“in questa vita c’e’ bisogno di più

«Il primo concerto della mia vita è stato di Pino nel 1981 al Palaeur di Roma. Avevo messo da parte un po’ di soldi per acquistare il biglietto»

Lorenzo Jovanotti

anima per sopportare quello che c’e’ intorno”) e Resta cu’ mmè (omaggio al padre dei cantautori italiani Domenico Modugno, citazione di uno

Nel tour di Non calpestare i fiori del de-

dei suoi grandi successi napoletani) con quei

serto che debutta al Palamaggiò di Caserta

primi versi “my name, your name” ancora oggi

(quattro date), oltre a ospitare Irene Grandi

cantati dai fan, sono pezzi destinati a essere ri-

e Jovanotti Pino realizza un altro suo sogno:

cordati tra gli episodi più riusciti di un disco

suonare con una leggenda della sei corde come

che si chiude con la strumentale Oasi, premiato

Pat Metheny.

a Sanremo con la Targa Tenco nella categoria

“Pino è stato un uomo meraviglioso oltre a es-

“miglior album”.

sere uno straordinario musicista”, racconta Pat

“Sono sempre stato un grande fan di Pino”,

Metheny. “Un grande ambasciatore nel mondo

racconta Lorenzo Jovanotti, “Il primo con-

di Napoli e della musica italiana in generale. È

certo della mia vita fu proprio il suo, nel 1981

stata una bella esperienza, quella di girare in tour

al Palaeur di Roma. Rimasi esterrefatto dalla

con lui nel 1995, suonando in gruppo anche con

bravura della sua band, dalla sua musica libera,

l’ex Weather Report Victor Bailey al basso e con

diversa da tutto quello che si sentiva in giro, sel-

Rita Marcotulli al pianoforte. Insieme ci siamo

vaggia. Quando cantò Yes I Know My Way mi

divertiti, era anche molto simpatico. Ci legava il

resi conto che anche un italiano bianco poteva

voler ricercare sempre qualcosa di nuovo, l’amore

essere incazzato nero e suonare il funky, ma con

per la musica e per la chitarra. Ho suonato in

il sorriso, con ironia e con muscoli. Lo incontrai

tutto il mondo, migliaia di volte, ma quel nostro

‘O scarrafone è bello a mamma soja

103

concerto insieme allo stadio di Cava de’ Tirreni

dove si era collegato in diretta da casa sua il gran-

lo ricorderò per sempre per l’amore che il suo

de Eduardo De Filippo.

pubblico gli diede quella sera”.

Pino in questi anni crea grandi hit sentimentali nazionalpopolari che lo portano ai vertici delle classifiche di vendita. Scrive per Irene Grandi

«Pino è uno dei musicisti che apprezzo di più, parliamo lo stesso linguaggio e abbiamo la stessa spiritualità»

Pat Metheny Alfredo Paixao: “A Pino e a me, quand’eravamo in tour, piaceva camminare la mattina presto, quando le città stavano per svegliarsi. Una volta

in Austria, durante il tour di Non calpestare i fiori del deserto, siamo andati a fare colazione in

Il gatto e il topo, per il suo album In vacanza da una vita. È ospite nel disco di Gino Paoli Appropriazione indebita, dove il cantautore di Monfalcone, accompagnato dalla sua chitarra,

rilegge Napule è.

«Era divertente, ironico, viveva in un suo mondo fatto di musica, di poesia, di arte e non scendeva mai a compromessi»

Alfredo Paixao

una cioccolateria vicino alla cattedrale di Vienna. Comprammo dei cioccolatini chiamati “palle di Mozart”. Ritornammo a passeggiare quando lui,

È il 12 marzo del 1997 quando esce Dimmi

pieno di buste e un po’ affaticato, mi disse im-

cosa succede sulla Terra per la nuova etichetta

provvisamente: ‘Alfredino, se diventi famoso fatti

Cantodomar; il giorno dopo debutta in classi-

castrare mi raccomando. Non capii subito, poi

fica al secondo posto (venderà 900.000 copie),

mi accorsi che aveva lasciato la busta con le sue

spinto dal successo di brani come Che male c’è,

palle di Mozart sull’autobus e scoppiai a ridere”.

Dubbi non ho. Un nuovo viaggio che si apre con

Nel 1995, Pino tiene un concerto per i detenuti nel

le percussioni africane del musicista egiziano

carcere di Poggioreale di Napoli, accompagnato

Hossam Ramzy (nel 1994 con Robert Plant e

oltre che dai musicisti e dal suo staff anche da

Jimmy Page dei Led Zeppelin, nel loro CD un-

pochi giornalisti – cosa che a febbraio dello stes-

plugged No Quarter) e con la voce di Pino che

so anno aveva già fatto Eduardo De Crescenzo.

canta a inizio disco “E adesso dimmi cosa succede

“Sono qui per alleviare le sofferenze di chi ha

sulla Terra e se vedi cadere una stella desidera

sbagliato e la libertà può solo sognarla”, dice in

una vita migliore”.

quell’occasione Pino, “ma è pur sempre napoleta-

“Ho conosciuto Pino grazie a un amico comune,

no”. Undici anni prima, nel 1984, aveva suonato

il batterista Manu Katche”, racconta Hossam

anche al carcere minorile Filangieri di Napoli,

Ramzy, “insieme al quale ho registrato diversi

104

YES I KNOW... PINO DANIELE

1990

album per Peter Gabriel e Sting. Conoscerlo per me è stato un

Pino scrive la canzone Tegolino per il 33° Zecchino d’Oro, cantata da Rosita Bini.

onore. Un cantante, chitarrista, compositore, arrangiatore e pro-

17 novembre 1990

persone, come davanti a un pubblico più ristretto. Un fratello,

Per l’album Oltre di Claudio Baglioni, canta e suona il solo di chitarra in Io dal mare (brano pubblicato anche in versione spagnola, Yo, Dal Mar).

1991 Contenute nel best of di Loredana Bertè, troviamo suoi brani come In questa città (in gara al Festival di Sanremo di quell’anno) e Io non ho. Suona la chitarra in Io resto senza vento di Avogadro-Jermano, Buongiorno anche a te (che qui viene accreditato al solo Pino, mentre nell’album da cui era tratto, Loredanabertè del 1980, era attribuito a DanieleAvogadro).

duttore geniale e appassionato: un artista serio e professionale capace di esibirsi con la stessa intensità di fronte a migliaia di che mi ha fatto da guida da un punto di vista musicale, mo-

strandomi tanti modi diversi di produrre musica. Ho imparato tanto da lui”.

«Gli piaceva ridere e scherzare e rendere l’ambiente intorno a sé il più leggero possibile, al punto che con grande piacere realizzavamo le nostre performance»

Hossam Ramzy In Dimmi cosa succede sulla Terra, il suo sedicesimo disco d’inediti, troviamo la cantante israeliana Noa in The Desert In My Head, Giorgia in Scirocco d’Africa, Raiz, Pablo e Gennaro T. degli Almamegretta in Canto do mar. E ancora: il batterista france-

1991 Scrive Pinocchio per il disco di Heather Parisi Io, Pinocchio, sigla della trasmissione TV Ciao weekend in onda la domenica su RAI 2, condotto dalla stessa ballerina e soubrette con Giancarlo Magalli.

1 luglio 1991 Alla Bussola di Marina di Pietrasanta suona con gli Yellow Jackets.

18 novembre 1991 Divide il palco con i Tower Of Power allo Shocking club di Milano.

se di origini ivoriane Manu Katchè, Jimmi Earl al basso, Deron Johnson al piano elettrico e organo Hammond, Rita Marcotulli (archi sintetici) e l’Orchestra Accademia Musicale Italiana diretta da Gianluca Podio (Amici come prima). In Dimmi cosa succede sulla Terra, c’è per la prima volta Fabio Massimo Colasanti (loop, programmazioni) che colora con spruzzi di elettronica il sound del bluesman partenopeo. “A me la musica ha cambiato la vita e la vita ha cambiato me / A me la musica / Ha cambiato la vita / Ed è la cosa più bella che ho / E qualche volta lascio andare le dita / Per le strade del mondo / E dentro di me”, canta Pino in Scirocco d’Africa con Giorgia. Sono

ormai diversi anni e una manciata di album che il suonautore percorre le strade del mondo, qui riscaldato da un vento caldo come la gente d’Africa, come la gente di Napoli.

ʵ˜˚˥˔Ё˘

«Pino Napoli ce l’ha nel cuore e sulla faccia. Con lui è stata amicizia vera, rara, preziosa»

Giorgia

105

1992 La sua voce campionata compare all’inizio del brano P’Funk!, pezzo contenuto nel disco Piano & Beat di Ernesto Vitolo.

1992 “Mi sento un po’ campana”, dice Giorgia, “perché mio nonno era nato a Capaccio, vicino Paestum, dove ho trascorso molto

Produce e suona le chitarre in Mediterraneo Centrale di Mario Rosini, dove è anche co-autore di Song For Daniela.

tempo della mia vita. A Napoli ho registrato il disco Girasole, nello studio di Peppino di Capri; ho realizzato il video di Vivi davvero con un giovane regista napoletano, Nicolangelo Gelormini. Senza dimenticare poi che ho avuto la fortuna di collaborare con Enzo Avitabile, i Solis Quartet, Rino Zurzolo, consumato i dischi dei 99 Posse, degli Almamegretta. E poi naturalmente Pino, che Napoli ce l’ha nel cuore e sulla faccia. Con lui è stata amicizia vera, rara, preziosa. Mi ha dato consigli, suggerimenti, mi ha insegnato tante cose. Lavorare con lui in studio era fantastico perché era un vulcano di idee, sempre col sorriso sulle labbra”. In Canto do mar (Pino scrive il testo con Raiz), il nero a metà

incontra i suoi “nipoti”, quelli di Annibale, le anime migranti degli Almamegretta, pazzi e incazzati neri come lui, entrambi “figli della Luna, di una strana magia / Figli della storia vera, dello sbarco in Normandia, di uno stereo sul Mediterraneo / Figli di un qualcosa che è arrivato da lontano”. Figli di “una generazione antifascista”, con nelle vene ‘o sanghe misto, nero/bianco: nero a metà. Nel brano, il mascalzone latino cita l’allora sindaco di Napoli Antonio Bassolino (“faciteme passà c’aggia parlà cu Bassolino”), simbolo di un atteso rinnovamento, mentre canta la sua voglia di vedere un film con Totò e Peppino, fotogrammi/ricordi di un’innocenza perduta nei quartieri degradati di Scampia (Rione 167 con le sue “vele” di cemento armato). Nel disco c’è anche la scugnizza yemenita Noa che scrive il testo in inglese di The Desert In My Head. Noa, l’artista di Tel Aviv al secolo Achinoam Nini, che in ebraico vuol dire “sorella di pace”,

Febbraio 1992 Produce l’album del suo amico Rosario Jermano Living In Percussion, suonando il mandoloncello, percosso con le bacchette dallo stesso Jermano, in Nadir Dance (la ciaramella è di Joe Perilli), Sanza De Amor e in Taranta Ein Zwei. Nadir Dance è da un decennio la sigla del programma RAI Linea blu dedicato al Mare Nostrum.

Giugno-Luglio 1992 Pino insegna la lingua napoletana a Fabio Concato per il suo disco In viaggio, scrivendo con l’artista di Milano Canzone di Laura.

6 febbraio 1993 Suona la chitarra solista in Hai ragione tu di Vasco Rossi e David Stewart, dall’album Gli spari sopra di Vasco.

1993 Produce il disco omonimo del giovane cantautore napoletano Joe Barbieri. Ripeterà l’esperienza quattro anni dopo per il cd Virus che co-produce con Adriano Pennino.

106

YES I KNOW... PINO DANIELE

1995

paladina della pace tra israeliani e palestinesi, nello stesso anno

Firma il brano Il gatto e il lupo per il disco di Irene Grandi In vacanza da una vita.

è scelta da Roberto Benigni per cantare Beautiful That Way del

1997

(Roberto Benigni) e migliore colonna sonora (Nicola Piovani).

Pino diventa testimonial di Tele+, scrivendo brevi motivi musicali promozionali per la nascente pay TV. Per l’occasione la rete regala ai suoi abbonati un mini CD con quattro tracce (Io per lei, Quando, Anna verrà, Anima) più uno dei jingle.

1997 Produce l’album Mangio troppa cioccolata di Giorgia, con una rilettura del classico portato al successo dal primo nero a metà Mario Musella con gli Shomewn dell’amico James Senese: Un’ora sola ti vorrei. Pino qui scrive Arriva il temporale, Dimmi dove sei e, con l’interprete romana e con Martyn Lee Webster, è co-autore di Sueño latino.

maestro Nicola Piovani, per il film La vita è bella, vincitore di ben tre Oscar: come miglior film straniero, miglior attore protagonista “Le canzoni napoletane sono un meraviglioso mondo a parte”, dice Noa. “Dalle composizioni del Cinquecento e del Seicento, passando per il periodo d’oro a cavallo tra il 1800 e il 1900, che diede i natali a grandi poeti e a grandi voci come Salvatore Di Giacomo, Gilda Mignonette, Roberto Murolo, Fausto Cigliano sino a giungere al grande Pino. Napoli è simile alla mia Tel Aviv, sono due città di mare, con un popolo migrante, partito per necessità, ma con il

pensiero sempre rivolto alla propria casa. Anche nel modo ironico di affrontare la vita, le due città sono simili”.

«Napoli è come la mia Tel Aviv, due città di mare, con un popolo migrante, partito per necessità, ma con il pensiero sempre rivolto alla propria casa"

Noa

1998 Troviamo Pino cantare nella seconda versione di The Infinite Desire, pezzo che dà il titolo al disco di Al Di Meola.

Amici come prima, anche se Pino non l’ha mai detto chiaramente, è dedicata al suo amico Massimo Troisi, scomparso tre anni prima: “E ti penso ancora e ti porto qui con me fra le pareti di questa stanza

1998

perché sena di te io i perdo ora fra le nuvole e i tabù / Forse è stato

Viene pubblicato Luciano Pavarotti & Friends For Liberia che contiene il suo duetto col maestro in Napule è.

domani pioverà riflette sui pro e i contro del villaggio globale: “In

1999 Pino suona nei brani Stellalike (qui lo troviamo anche alla voce) e For Joe, per il disco di Jimmy Earl Stratosphere.

un brutto sogno ma vorrei svegliarmi e ritrovarti ancora”. In Se questa indifferenza ci siamo tutti noi con la nostra pazienza / La cultura ormai è massificata / Ognuno cerca una zona riservata per dar sfogo alle proprie manie”.

Pino anche in questo disco suona e canta l’amore. Ora ha una nuova compagna: la modella Fabiola Sciabbarrasi, conosciuta a casa di Massimo Troisi nel 1993. Questa gli darà tre figli – Sara, Sofia e

‘O scarrafone è bello a mamma soja

107

Francesco – che si aggiungono ai due già grandi

Che Dio ti benedica, Non calpestare i fiori nel

del cantautore, Cristina e Alessandro, avuti dal

deserto, Dimi cosa succede sulla terra). Il remake

precedente matrimonio con Dorina. Per l’arti-

di Yes I Know My Way, vede la collaborazione

sta, però, l’amore è un sentimento universale,

di Jim Kerr e Charlie Nurchill dei Simple Minds.

non solo – come ha affermato Erich Fromm –

Pino: “Mi sono avvalso della collaborazione di

una relazione con una particolare persona, ma

una band storica come quella dei Simple Minds

un’attitudine, un orientamento di carattere che

rappresentanti, a mio avviso, della musica mit-

determina i rapporti di una persona col mondo,

teleuropea che fa parte del panorama musicale

non necessariamente verso un “oggetto” d’amo-

mondiale. Continua così la mia ricerca musicale

re. Ama solo me (“se un’altra vita ci sarà io voglio

con la scoperta di una nuova canzone con le radici

incontrarti ancora / se un altro mondo ci sarà

italiane ma con il sound e il linguaggio interna-

sarai tu la mia stella e allora continueremo a na-

zionale”.

vigare”), La mia emozione più forte (“I love you

“Charlie ed io”, ricorda Jim Kerr voce e leader

baby. Io ti porterei sulle onde del mare e rinasce-

dei Simple Minds, “siamo stati con Pino un intero

rei per poterti incontrare... ed inventerei anche il

weekend a Roma per lavorare a Senza peccato.

sole di notte”), Stare bene a metà (“A volte basta

Mi ha colpito la sua voce da usignolo. Mi ha fatto

una parola per stare bene a metà fra l’emozione

amare ancor di più la musica popolare napole-

e la paura d’amarsi in questa eternità”), Non ho

tana di cui già avevo grande stima. I napoletani

paura del mostro (“Yeah non ho paura del mo-

nella melodia sono i numeri uno al mondo e Pino

stro ma ho paura di te / Che occhi grandi che hai

è il numero uno dei numeri uno”.

è per guardarti meglio / Che gambe lunghe che

Una continua ricerca musicale, la sua, che lo por-

hai mi fai restare sveglio”), Questo immenso (“I

ta a creare un altro brano strumentale Per te,

tuoi occhi su di me… in questo immenso che c’è

con gli archi dell’Accademia Musicale Italiana e

fra le tue mani”).

la batteria di Peter Erskine che dialogano con la

Yes I Know My Way, uno dei suoi brani manife-

sua chitarra.

sto, simbolo di una fusione tra cultura partenopea

Pino ripropone anche quattro suoi cavalli di bat-

e blues rock angloamericano, il 2 aprile del 1998

taglia: Napule è, Quanno chiove, A me me piace

(17 anni dopo la sua prima pubblicazione in Vai

‘o blues e Je so’ pazzo. “Sono canzoni difficili da

mo’) rivive in una nuova versione: Senza peccato,

ricantare in studio dopo 20 anni”, dice. “La mu-

che dà anche il titolo al primo best of ufficiale

sica è la stessa, ma non è la stessa, l’intensità è la

della carriera artistica di Pino. Il disco (CGD-

stessa, ma non è la stessa. Ed è proprio lì che mi

EastWest), con le foto di Giovanni Canitano, con-

sono accorto che gli stessi brani scritti e cantati 20

tiene 16 canzoni: 11 realizzate in studio (con tre

anni prima hanno un’incredibile attualità e sono

inediti tra cui Amore senza fine) e cinque prese in

presenti nella mia vita di oggi con la stessa impor-

prestito da album precedenti (Un uomo in blues,

tanza. Quindi mi è sembrato giusto riproporli, ri-

108

YES I KNOW... PINO DANIELE

manendo fedele il più possibile all’arrangiamento

Pino l’11 marzo del 1999 pubblica il suo ultimo

originale. Nella raccolta troviamo anche Resta…

lavoro del decennio: Come un gelato all’equatore.

resta cu’mmè, A testa in giù, Che soddisfazione,

È il suo album numero 17. In copertina, immorta-

Che Dio ti benedica, Quando, Anna verrà, Io per

lato dagli scatti di Priscilla Benedetti, appare con

lei e Che male c’è. La melodia che predomina su

un cappellino di lana in testa, sorriso sornione,

tutto, affiancata da una ricerca ritmica attraver-

occhiali scuri e pizzetto. Trascinato dal singo-

so il Mediterraneo che ha sempre influenzato e

lo Neve al sole, nel disco intriso anche di suoni

caratterizzato le mie canzoni”.

elettronici, diluiti nei colori del jazz, spiccano le

The Best Of Pino Daniele – Yes I Know My Way,

ispirate Cosa penserai di me e Si forever (inse-

dà vita a un unico concerto che si tiene il 18 lu-

rita nella colonna sonora del film di Vincenzo

glio del 1998 allo Stadio San Paolo di Napoli, da-

Salemme Amore a prima vista).

vanti a oltre 80.000 persone con ospiti Lorenzo

Vincenzo Salemme: “Amore a prima vista

Cherubini – alias Jovanotti – e Raiz degli

era il mio secondo film. Chiesi a Rita Rusiü che lo

Almamegretta.

produceva con Cecchi Gori se poteva coinvolgere

Jovanotti per l’occasione scrive un rap che inse-

Pino: era un mio grande desiderio. Sono cresciuto

risce nel brano Se domani pioverà: “Napoli, cielo

con le sue canzoni, Napule è, è la più bella canzo-

pieno di stelle, la musica di Pino che accarezza

ne d’amore mai scritta per una città. Quando lo

la pelle e ci entra nel sangue, scava nelle radici

incontrai la prima volta, grande, schivo, di poche

profonde. La musica è il mare, noi siamo le onde,

parole, mi emozionai. Mi ha donato uno dei suoi

siamo fatti di acqua di sale e di vento, noi siamo

brani più romantici che ancora oggi quando l’a-

l’immagine del cambiamento, napoletani italiani

scolto m’ fa sentì male, mi fa sciogliere il cuore,

europei mondiali, siamo uomini alberi sassi ani-

facendomi commuovere. Con la sua musica e la

mali, siamo vivi che più vivi si potrebbe morire.

sua poesia è riuscito ad arrivare a chiunque, di

Napoli capitale… Pino Daniele”.

qualsiasi latitudine e longitudine”.

Sul palco, ad accompagnarli, ci sono Lele Melotti (batteria), Jimmy Earl (basso), Hossam Ramzky (percussioni), Rachel Z (tastiere), Fabio Massimo Colasanti (chitarra e computer pro-

gramming).

«Ha cantato Napoli in tutte le sue declinazioni»

Vincenzo Salemme

Gli anni Novanta stanno volgendo al termine. Il mondo della musica, dopo aver perso Lucio Battisti (9 settembre 1998), piange la scomparsa

Alibi perfetto, Ladro d’amore e Da soli no, sono

del genio del pentagramma Michel Petrucciani

nuovi successi radiofonici. I primi versi de I

(gennaio 1999) e di Fabrizio “Faber” De André

buoni e i cattivi (stesso titolo del secondo LP

(11 gennaio 1999).

di Edoardo Bennato, del 1974), “suona chitarra

‘O scarrafone è bello a mamma soja

109

suona”, richiamano alla mente quelli del clas-

Philippe Dary, da Gianluca Podio alle tastiere,

sico della canzone napoletana Sona chitarra

Fabio Massimo Colasanti alla chitarra, sitar e

di Bovio-E. De Curtis (“Sona chitarra sona, t’è

tastiere, Jimmy Earl e Pino Palladino al bas-

rimasta ‘na corda”), ma i suoni qui sono ancora

so, Manu Katchè alla batteria, Aron Ahmman e

una volta sospesi tra l’Africa e l’Oriente. Pino

Mino Cinelu alle percussioni, Rossana Casale,

canta: “Suona in questa stanza ed esci con la

Emanuela Cortesi e Giulia Fasolino ai cori.

speranza, tra la sabbia di Damasco ed il jazz di

Neve al sole e Cosa penserai di me sono i singoli

Baltimora, ma i nostri cuori sono lontani anco-

estratti. Stella cometa chiude l’album e un de-

ra. Suona, chitarra suona nella notte scura, sul-

cennio, con Pino che si sente parte di una “gene-

le mura di una città assediata dall’occidente che

razione che lotta contro le mine antiuomo e tutti

ha paura di tutto quello che è diverso”.

gli esperimenti nucleari” chiedendo: “Amore mi

In Soldato dell’universo (così come in Ladro

salverai da questa pioggia e dal vento?”.

d’amore) ritroviamo la voce del muezzin dei vi-

Un decennio iniziato con lui ancora una volta

coli napoletani, Raiz, che canta una strofa del-

neo-Masaniello “con la faccia dipinta per esse-

la famosa Tammurriata nera di E. A. Mario-

re notato”, schierato contro la Lega di Bossi e

Edoardo Nicolardi. Il disco racchiude 12 brani,

proseguito con una lunga serie di successi com-

tra cui anche Samba In My Mind e Viaggio sen-

merciali, dipinti con i colori dell’Africa, dell’Asia,

za ritorno, suonati dal jazzista francese Jean

del mondo.

6 Dalla Medina di Napoli alla grande mamma Africa Lungo le rotte del Mediterraneo (2000-2015) l nuovo millennio alza il suo sipario sulla vita del mascalzone

I

latino, con la pubblicazione di Medina e con sonorità che strizzano l’occhio a mamma Africa. Seguono gli album Passi d’autore, Iguana

cafè, Il mio nome è Pino Daniele e vivo qui, Electric Jam, Boogie boogie man e l’ultimo La Grande Madre. Nel 2008 fa uscire Ricomincio da 30, raccolta con 41 suoi successi e quattro inediti, dedicata a Massimo Troisi: per l’occasione riunisce la superband con James, Tullio, Rino, Tony e Joe.

Dalla Medina di Napoli alla grande mamma Africa

111

YES I KNOW... PINO DANIELE

112

I

l nomade musicante, dopo aver viaggiato a

“Siamo tutti gente di frontiera”, siamo fratelli,

lungo, scoprendo Paesi e culture, saluta il nuo-

tutti uguali, canta l’artista sempre alla ricerca

vo millennio pubblicando il 31 marzo 2001

della formula di una canzone diversa, di un nuovo

per BMG-Ricordi (il primo con questa major)

suono meticcio, contaminato.

l’album Medina. Qui ancora una volta e più delle

“Medina”, dice Pino, “è un disco che nasce nella

altre (Bonne Soirée, Non calpestare i fiori nel

mia Napoli per diventare internazionale”. Un

deserto) racchiude i profumi dell’Africa, quella

lavoro da scoprire lentamente, con tante facce,

del nord, quella mediterranea a lui tanto cara

ispirato dalle immagini del fotografo, regista e de-

e vicina. Disco (con le foto di Luciano Viti) che

signer Hassan Hajjajm (definito l’“Andy Warhol

proprio per questo motivo in un primo momento

marocchino”) e da una serie di viaggi in Africa.

avrebbe dovuto intitolarsi Sul cammino degli

Ancora una volta siamo di fronte a un album

elefanti.

pieno di collaborazioni che vanno dai “nipotini”

Medina che nel mondo islamico sta a indicare la

99 Posse al cantante maliano Salif Keita. Sono

parte vecchia della città, quella che include il bazar e la moschea, qui diventa un concetto, un’idea, un luogo fisico e metafisi-

12 i brani nuovi contenuti nel disco, con l’aggiunta di una ghost track, un madrigale di sei secoli prima del Principe dei Musici,

co che da Marrakech crea

Carlo Gesualdo da Venosa:

un ponte con la Spagna,

Ahi, disperata vita, che

la Grecia, il Maghreb…

Pino riprende sulla coda

Napoli. Luoghi riscal-

di Africa A Africa E, pez-

dati dal sole, bagnati

zo cantato con Selif Keita.

dal mare, scolpiti dai

Pino ha sempre amato le

venti caldi, dove la polvere

composizioni di Gesualdo,

stratificatasi per secoli cela storie, sguardi e misteri che si mescolano con altre lingue e altri odori. Anche Napoli ha la sua Medina: que-

dai tempi in cui passeggiava con l’amico Paolo Raffone nei pressi del Conservatorio di Napoli.

“Gesualdo”, racconta il lazzaro felice, “apparte-

sto era il nome di una sua antica porta, ma anche

nente a una storica e nobile famiglia napoletana,

quello di via Medina, distante poche centinaia

è stato uno dei primi grandi innovatori del lin-

di metri in linea d’aria dalla casa natale di Pino,

guaggio musicale. Un precursore, un trasgressi-

anche se – in verità – essa prende l’appellativo da

vo che ha ispirato anche Stravinskij, ma che in

quello del vicerè spagnolo Ramiro Felipe Núñez

pochi conoscono. Mi piaceva l’idea di riportare

de Guzmán, duca di Medina de las Torres, che

alla luce la sua figura. L’idea di utilizzare Ahi, di-

riqualificò l’area.

sperata vita, mi è venuta un pomeriggio mentre

Dalla Medina di Napoli alla grande mamma Africa

113

l’ascoltavo, guardando contemporaneamente in

Pino andando controcorrente – in un momento

TV un documentario sull’Africa. Compresi che

storico in cui si prendono le distanze – mescola

conservava intatta tutta la sua forza, il suo mi-

parole in arabo, africano, inglese, napoletano e

stero. Amo utilizzare gli strumenti come le voci

italiano che si rincorrono, narrando storie che, al

dei madrigali”.

contrario, provano a (col)legarci gli uni agli altri.

L’album Medina presenta diversi temi: la cultura

Alla fine “simme tutt’ lazzari felici”, mascalzoni

islamica, l’integrazione razziale, la discriminazio-

latini sotto un cielo che è azzurro. A Napoli come

ne, la nostalgia per la propria terra, la voglia di

a Baghdad.

cambiamento. Tra i solchi c’è voglia di tolleranza.

Pino: “Viviamo in una società che appartiene

Sono anni, quelli d’inizio millennio, in cui si assi-

a tutti, il concetto ‘padroni della propria terra’

ste a un’escalation del conflitto mediorientale che

non esiste più. Non dimentichiamo mai che noi

dopo gli attentati di New York e di Washington

siamo stati peggio di loro, quando andavamo a

dell’11 settembre del 2001, vedono crescere nel

lavorare, trattati quasi come schiavi, in Germania

mondo l’islamofobia, creando terreno fertile per

e negli Stati Uniti all’inizio del Novecento. Con i

forme di antisemitismo e di odi latenti.

miei testi provo solo a stimolare una riflessione,

LA CANZONE DA RICORDARE TEMPO DI CAMBIARE Suggestiva ed evocativa, malinconica, introspettiva, ricamata da strumenti del folklore arabo come il riqq (tamburo) e la zurna (strumento a fiato) che si mescolano alle orchestrazioni d’archi più occidentali e alla sua chitarra, Pino in questa canzone cerca ancora una volta una nuova strada/way, una pista da seguire: “I need a new direction”. Con il sussurro della sua voce, prende l’ascoltatore per mano esortandolo a “cambiare… a vivere la vita … a non lasciarsi andare”, nonostante quella strega/janara, quel mal di vivere che ognuno ha dentro l’anima e che ogni giorno mangia un po’ di noi, fuori da ogni logica. Alla fine facciamo tutti “parte della stessa sorte”. “È tempo di cambiare, di non lasciarsi andare… ognuno

nel suo passato, ognuno col suo destino”, canta con Mia Cooper il lazzaro felice, all’alba del nuovo Millennio. Lui, noi, tutti, abbiamo bisogno d’amore e di più coscienza, non di indifferenza. Questo il suo messaggio in note.

114

YES I KNOW... PINO DANIELE

2001

a generare un’opinione sana, risposte non ne ho e non ho la pre-

Pino scrive il testo di Parole per mio padre per Gino Vannelli, che produce il disco del pianista jazz danese Niels Lan Docky Haitek Haiku dove inserisce il brano. Vannelli includerà Parole per mio padre anche nel suo disco Canto del 2003.

sunzione di darle”. Suoni e atmosfere arabe (l’iniziale Via Medina, scritta con il cantautore arabo Lofti Boshnaq, dove trova da Babylon, Siria, Iraq, Marrakech, Hammamet “lo stesso cielo di casa mia”, Acqua passata, Senza ‘e te) si accompagnano ai colori gitani di Mareluna che evoca quel mare che bagna Tunisi, la Spagna, Genova, Napoli, alla delicata Lettera dal cuore, alla chitarra Santana-style di Gente

2002 Pino firma le musiche del film Mario il cavallo, di Sergio Pappalettera.

2002 Il CD Medieval Zone di Jenny Sorrenti contiene il brano Suspiro, già pubblicato nel 1976 sul disco omonimo, dove Pino suona l’introduzione con la sua chitarra.

22 novembre 2002 Esce il doppio CD In Tour di Pino Daniele, Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia e Ron, registrato all’Arena di Verona e all’Arena Parco Nord di Bologna da Fabrizio Facioni.

5 dicembre 2003 Pino realizza la colonna sonora del film d’animazione Opopomoz di Enzo D’Alò, la cui canzone Core fujente è il tema centrale. Il brano è candidato come migliore canzone originale per il cinema al Nastro d’Argento dello stesso anno. La pellicola, ambientata a Napoli, ha come doppiatori molti artisti partenopei tra cui Peppe Barra, Silvio Orlando e Vincenzo Salemme.

di frontiera, al blues rock di Evviva o’ ‘Rrè con i 99 Posse, in cui la voce di Meg si muove tra inserti orientaleggianti, onde sonore, rap e funky mentre Pino canta: “Credo in un solo potere, quello della gente sul proprio avvenire. Io vedo la mia anima nera. Il cambio generazionale. So’ diventato quasi ‘na persona normale”. Il brano Mareluna nasce originariamente come uno strumentale, ma i discografici cogliendone la magia e intravendondo in esso una potenziale hit cercarono di convincere Pino a completarlo con un testo. Il Pino chitarrista così iniziò ad aggiungere le parole a malincuore, ma poi ci prese gusto e la canzone si rivelò effettivamente un successo.

«Pino è stato lo zio di tutti noi. Il mondo musicale napoletano, ma non solo, non può non prescindere da lui e dalle sue canzoni»

99 Posse A dipingere il quadro multietnico di Medina, troviamo musicisti del mondo musicale arabo (il vocalist Lofti Boshnaq, Bechir Selmi, Nabil Khlidi, Abdelkrim Halilu, Omar Faruk, Faudel, Khadijà El Aprite, Hamadi Ben Mabrouk) e dell’Africa, come il celebre artista del Mali Salif Keita. A questi si aggiungono il coproduttore Mike

Mainieri (vibrafonista e fondatore della band jazz fusion Steps Ahead), la vocalist Mia Cooper, Victor Bailey e Miriam Sullivan

Dalla Medina di Napoli alla grande mamma Africa

115

al basso, Peter Erskine alla batteria, Rachel Z al

per il mondo tutto, scosso e ferito dall’attentato

piano e i fidati compagni di viaggio Rino Zurzolo,

alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono

Gianluca Podio e Lele Melotti. ”Questo è il mi-

di Washington, ma anche per l’Italia, che il 20

racolo della musica”, commenta Pino. Quella

luglio ospita per la terza volta il G8, il forum dei

musica – come canta in Lacrime di sale – che

Governi delle principali potenze più industrializ-

“dalla terra arriva al cuore, ti scalda l’anima /

zate del mondo divenute otto. A Genova accade

Con la musica puoi planare sopra l’acqua anche

quello che nessuno si sarebbe mai aspettato: la

quando è gelida”.

nostra repubblica democratica si trasforma per una notte, quella del 21 luglio, in una dittatura

oppressiva come quelle del Centro e Sud America.

«Suonare con Pino è gioia, è colore, è stimolante, è viaggiare tra le note in ogni parte del mondo, è grande musica intrisa di un po’ di malinconia»

Sono giorni di follia, d’incapacità delle forze poli-

Rachel Z

un veicolo Defender dell’Arma perché accerchiato

tiche e dell’ordine italiane di controllare la situazione. Days Of Madness che provocano la morte, in piazza Alimonda, del giovane Carlo Giuliani, ucciso negli scontri colpito dalle pallottole del carabiniere Mario Placanica, che si era rinchiuso in dai manifestanti. Una follia proseguita poi con la mattanza del 21 luglio della scuola Diaz-Pertini,

Sara, col suo intro di chitarra, uno dei suoi più

quando la polizia fa irruzione, scagliandosi con

riconoscibili, è un atto d’amore in musica per sua

violenza inaudita contro i manifestanti inermi

figlia: “imparerai a guardare il cielo / Ad insegui-

che riposavano dentro la struttura.

re un sogno vero nelle cose della vita”. Emergono i temi del razzismo e della discriminazione in Galby, cantata con il performer di musica raï e attore francese di origini algerine Faudel (“C’è odio nelle tue parole / Il razzismo non è espressione di libertà / C’è un solo modo per vivere / Cerare di comprendere”) e in Gente di frontiera (“Siamo tutti gente di frontiera fermi al semaforo stasera”). Dall’album, sono estrat-

ti i singoli Gente di frontiera, Tempo di cambiare, Sara, Mareluna, Senza ‘e te/Lettera dal

cuore. Il 2001 è un anno spartiacque non solo

«Appartengo a quella generazione che è cresciuta ascoltando il genio di Pino Daniele che ha avuto il merito di rendere popolari linguaggi musicali così raffinati come il jazz, la world, la fusion, suonati in libertà»

Niccolò Fabi

116

YES I KNOW... PINO DANIELE

Molti degli arrestati sono prelevati e rinchiusi per

e Ron (Blue Drag-Sony BMG), prodotto da Pino

giorni nella caserma di Bolzaneto, dove subisco-

e Piero Fabrizi. Questo lavoro include 26 brani di

no altre violenze. Atti, questi, non consoni a un

quattro autori diversi, registrati durante la tour-

Paese democratico, condannati in seguito con

née dei “Fab Four nostrani”, partita il 1 luglio

sentenza dalla Corte Europea dei Diritti Umani,

da Mantova; in particolare nelle date dell’Arena

definiti “di tortura”. Così come non consone a

Parco Nord di Bologna (18 settembre) e dell’A-

una democrazia sono state le azioni dei membri

rena di Verona (21 settembre).

delle forze dell’ordine e dello Stato, incapaci di

Alla presentazione per la stampa del tour, Pino

condurre un’indagine efficace sull’accaduto.

dichiara: “Questo progetto nasce da un’idea

In questo periodo storico con-

di rendere le canzoni protagoni-

vulso, viene pubblicato, il

ste del concerto. Un giorno

5 aprile del 2001, Live @

ho telefonato ai miei amici

RTSI (Sony Music): si

(Francesco, Fiorella, Ron)

tratta di registrazioni

e ho chiesto se avevano

del concerto tenuto

voglia di fare una cosa

presso gli studi televi-

insieme. Amo la loro

sivi della TV svizzera

musica, le loro canzoni,

il 26 marzo del 1983

il loro modo di scrivere

con Tony Esposito,

e di porsi in questo ‘me-

Tullio De Piscopo, Joe

stiere della musica’. Questo

Amoruso, Rino Zurzolo, Elia

mi ha spinto a voler fare un

Rosa al sax e Gennaro Petrone al mandolino e chitarra. L’anno se-

concerto in quattro. Ho cercato a tutti i costi di mantenere saldo il

guente è la volta di Concerto – Medina Tour

gruppo e non è stato facile. Nel momento in

‘01 (BMG) con incisioni prese dai live tenuti al

cui Francesco o uno di noi rinuncia, non è più

Teatro Greco di Taormina, all’Anfiteatro Greco-

possibile andare avanti. Alla fine ci siamo resi

Romano di Benevento, all’Anfiteatro Romano

tutti conto che questa era una cosa importante

di Cagliari e allo Sferisterio di Macerata, tra

perchè abbiamo una grossa considerazione del-

giugno e dicembre del 2001. Con Pinotto trovia-

la canzone italiana. Il quartetto doveva essere

mo Allison Miller alla batteria, Miriam Sullivan

questo, altrimenti non si partiva”.

e Rino Zurzolo al contrabbasso, Rachel Z al

La Warner sempre nel 2002, il 25 ottobre, dà

piano, Mia Cooper e Karam Mourad alle voci.

alle stampe l’antologia del periodo CGD, Amore

Il 22 novembre del 2002, viene pubblicato il dvd

senza fine.

e il doppio album In Tour, accreditato a Pino

Luca “Zulù” Persico dei 99 Posse, nel 2003, inse-

Daniele, Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia

risce nella colonna sonora del film Fame chimica

Dalla Medina di Napoli alla grande mamma Africa

«Suonare con lui è stato bello, era un artista personale, unico, sensibile. Ne ho incontrati pochi come lui»

Peter Erskine

RE ELVIS, ‘O SOLE MIO … IT’S NOW OR NEVER Napoli nel mondo è sinonimo di musica, di melodia, quella stessa che ha stregato anche i grandi del rock. Basti citare la canzone più famosa in tutto il mondo, ‘O sole mio, versi di Giovanni Capurro (giornalista del quotidiano Roma di Napoli), melodia di Eduardo Di Capua (autore di Maria Marì, I’ te vurria vasà, Torna maggio) e di Alfredo Mazzucchi (compositore e mandolinista che, per conto degli editori musicali, apportava qualche ritocco alle melodie originali prima della pubblicazione delle canzoni). La musica è stata composta nel 1898 da Di Capua, su versi di Capurro, curiosamente a Odessa in Ucraina, sul Mar Nero, mentre era con suo padre violinista d’orchestra. Trasformatasi in inno della città partenopea e di tutta la Penisola (nel 1920, ad Anversa, viene eseguita al posto di Fratelli d’Italia in occasione dell’apertura dei Giochi Olimpici, perchè l’Orchestra aveva smarrito lo spartito dell’Inno di Mameli), ‘O sole mio è stata tradotta in tutte le lingue e riletta da tanti interpreti (in ultimo, in cinese, dalla cantautrice Francesca Fariello per la storica casa editrice Bideri di Napoli che con la sua Fondazione detiene i diritti d’autore della canzone), dai cantanti lirici ai jazzisti, dalle grandi voci napoletane e della melodia classica italiana agli eroi del pop e del rock: Beniamino Gigli, Giuseppe Di Stefano, Count Basie, Joséphine Baker, Frank Sinatra, Dalida, Adriano Celentano, Grace Jones, Bill Haley and His Comets (con

titolo Come Rock With Me), Domenico Modugno, Dizzy Gillespie, Bing Crosby, Luciano Pavarotti, Placido Domingo, José Carreras, Andrea Bocelli, Elton John, Boy George, Tony Bennett e persino da Yuri Gagarin durante il primo, leggendario viaggio nello spazio. Nel 1915, un anno prima che il grande Enrico Caruso la incidesse, esisteva già una sua traduzione in inglese, opera del tenore Charles W. Harrison. Nel 1921 la sua melodia viene adattata per un inno popolare (Down From His Glory). La versione ancora oggi più venduta (oltre 10 milioni di dischi), è It’s Now Or Never di Elvis Presley del 1960 (derivata da una precedente incisione dell’attore e cantante Tony Martin; Elvis interpreterà anche Surrender ovvero Torna a Surriento e, nel 1966, Write Me To Naples di Alex Stone e Jimmy Kennedy).

117

118

YES I KNOW... PINO DANIELE

di Antonio Boccola e Paolo Vari (da lui curata)

que dischi del gruppo (compreso 8:30), ricorda:

Ahi, disperata vita.

“Pino era un uomo straordinario, ha vissuto la

Il 2004 è l’anno di Project – Passi d’autore

sua vita all’insegna della musica e della poesia”.

(BMG-Blue Drag), forse il disco più ambizioso

Con Daniele troviamo due musicisti del trio di

di Pino, con 14 brani sospesi tra madrigali

Erskine – Alan Pasqua (pianoforte e tastiere)

(Arriverà l’aurora, Ali di cera), jazz, world music, eleganti atmosfere da night club (La nostra estate insie-

e Dave Carpenter (contrabbasso) – a cui si aggiungono Roberto Gatto (batteria in Concerto per noi due) e Fabio Massimo

me, Concerto per noi),

Colasanti (programma-

suoni brasiliani come

zioni computer e ztar

la bossanova, can-

in Arriverà l’aurora).

zoni a cappella, con

Preziosa si rivela la col-

omaggi al Masaniello

laborazione con Gianluca

argentino Ernesto Che Guevara (Isola grande), al Masaniello argentino-napoletano Maradona (Tango della

buena suerte) e al grande chitarrista

Podio (“Mi ha aiutato a trovare la linea classica che

cercavo”) e con l’Ensemble Vocale (Roberto Colavalle, Monica Cognoli, Fabrizio Palma, Rossella Ruini).

Django Reinhardt. Di quest’ultimo riprende

Le foto di copertina sono di Luciano Viti (in

Nuages sulle note con un suo testo in italia-

una compare la chitarra con sei corde incro-

no, trasformandola poi col titolo di Sofia sulle

ciate sotto le sei corde normali, costruitagli

note (dedicata a sua figlia Sofia appena nata),

dall’amico Gianni Battelli). Il disco è trainato

che chiude il disco. Gli stessi sguardi e Ali di

da Pigro, presentata al Festivalbar, il cui video

cera sono firmati con Gianluca Podio.

racchiude anche sequenze girate in un negozio

“‘O guaglione in blues” è sempre alla ricerca di

di strumenti musicali di Verona, dove Pino è so-

nuovi stimoli, di nuove avventure sonore. Qui si

lito provare e acquistare chitarre. Completano

affianca di nuovo al batterista Peter Erskine, vin-

l’album Dammi una seconda vita, Deja-vu e La

citore di tre Grammy, già con lui in Yes I Know

mia casa sei tu (“voglio una casa senza porte e

My Way (The Best Of) (1998), Medina (2001) e

senza pavimento, dove per tetto avremo il cielo

nel futuro Il mio nome è Pino Daniele e vivo qui

e per letto il sentimento”).

(2007). Erskine, che con Jaco Pastorius e Joe

Il grande amore di Pino per Elvis lo porta, il 7

Zawinul è stato membro fondamentale nell’epo-

ottobre 2005 – un anno dopo Project – Passi

ca d’oro di quella che è stata la “fusion band” per

d’autore – a incidere It’s Now Or Never (‘O sole

eccellenza, i Weather Report, suonando in cin-

mio), la versione del Re del Rock del classico na-

ʵ˜˚˥˔Ё˘

119

poletano pubblicata nel 1960. La inserisce nel suo nuovo lavoro

2004

discografico Iguana cafè – Latin, blues e melodie (Sony-BMG). Le

Nel CD Premio Carosone 2003 è inclusa un’intervista a Pino dedicata al Maestro.

fotografie sono di Alessandro D’Urso. Iguana cafè è un disco essenzialmente acustico, tra blues e sonorità caraibiche. Tredici canzoni tra cui un’altra cover, la strumentale Patricia del re del mambo Perez Prado molto utilizzata come commento sonoro nella TV e nel cinema – compare anche nella celebre scena di striptease nel film La doce vita di Federico Fellini (1960). L’album racchiude brani dal sapore latin-blues, alcuni composti con Gianluca Podio (Promesse da marinaio, Voci sospese) e registrati con Nanà Vasconcelos, Karl Potter, Fabio Massimo Colasanti e con gli Archi A.I.M.T. (Laura Lungu, Rossella Zampiron, Gaia Orsoni, Silvia Vicari). In Iguana cafè troviamo anche la bossa nova

2006 Pino suona la chitarra classica nel brano La mia isola, inserito nel CD di Luca Carboni Le band si sciolgono.

26 gennaio 2007 Esce il singolo Back Home che anticipa l’album Il mio nome è Pino Daniele e vivo qui, pubblicato il 15 febbraio.

di Pensando amor, Melody (inno alla melodia italiana che deve

2008

molto alla canzone napoletana), il flamenco di Occhi che sanno

Il mascalzone latino cura le musiche del film La seconda volta non si scorda mai di Francesco Ranieri Martinotti, con Alessandro Siani, Elisabetta Canalis, Marco Messeri, Fiorenza Marchegiani. Nella pellicola si sente la canzone ‘O munn và.

parlare, l’ironia carosoniana di Narcisista in amore, la sensualità di Maria, la Napoli di Serenata a fronne ‘e limone, per la gioia dei fan della prima era. Chiude il disco Voci sospese “che parlano di pace… che si muovono nell’aria”, voci di dentro, dove quella di Pino veleggia sulle note del quartetto d’archi A.I.M.T.

«Pino è stato un artista straordinario, versatile, capace di calarsi in maniera egregia in qualsiasi colore musicale. Amava i madrigali, il blues, la polifonia»

Gianluca Podio

2008 Pino scrive con Gigi D’Alessio la canzone Sarai (featuring Anna Tatangelo) inserita nell’album di Gigi dal titolo Questo sono io. Pino suona anche la chitarra in Sarai e in Addò so’ nnato ajere, tra i versi della quale c’è anche un atto d’amore nei confronti dell’uomo in blues.

2008 Il 15 febbraio del 2007, Pino richiama con sé il vecchio compagno di viaggio Tony Esposito, preparando la strada al ritorno della superband, del dream team vesuviano, che avverrà l’anno dopo con la pubblicazione del triplo CD antologico Ricomincio da 30 e col concerto in Piazza del Plebiscito (8 luglio 2008). Pino e Tony

Pino scrive la canzone Capelli rossi per Fiorella Mannoia che lei inserisce nel suo disco Il movimento del dare. Il lazzaro felice ha composto il brano durante il tour che lo vedeva insieme alla Mannoia, Francesco De Gregori e a Ron.

120

YES I KNOW... PINO DANIELE

di nuovo insieme nel nuovo disco Il mio nome è

Sono passati 30 anni da Terra mia e Pino ritorna

Pino Daniele e vivo qui (Sony-BMG-RCA). Con

ancora una volta a casa (Back Home, con la sua

loro vi sono Peter Erskine e Dave Carpenter (in

chitarra che strizza di nuovo l’occhio a Carlos

Mardi Gras, Blues del peccatore, L’Africano),

Santana: “Manterrò le mie radici, seguendo una

Alfredo Paixao al basso (voce in Mardi Gras),

sintonia che mi porti a casa mia”).

Gianluca Podio al pianoforte, Mariano Barba alla

Casa di Pino è Napoli, è il mondo tutto e lo si

batteria, Corrado Ferrari alle tammorre (in Passo

capisce dalla copertina in cui si vede la Terra vi-

napoletano), Bob Sheppard al sax, Giorgia (voce

sta dalla Luna (design grafico dello stesso Pino

in Il giorno e la notte e Vento di passione), Fabio

con Sergio Pappalettera, fotografie di Priscilla

Massimo Colasanti (programmazione).

Benedetti).

Alfredo Paixao: “All’una di notte, una sera, mi

Pino è sempre un uomo in blues e lo canta in

telefona Pino e mi dice: ‘Alfre’ mi serve subito un

Blues del peccatore (“Sono un peccatore che

testo in portoghese per una nuova canzone che ho

non si redime più e mi nutro di passione”) che

in mente. Devi descrivere come se stessi lì, tutte

però spiazza l’ascoltatore perché è un brano dai

le emozioni del carnevale, il Mardi Gras’. Mi die-

colori carioca. Un suonautore ancora amma-

de due giorni per scriverlo. Arrivati in studio,mi

liato dall’Africa (L’Africano, “mi sento un po’

disse: ‘Posa il basso e vieni a cantarlo con me, i

Scipione l’Africano”), da una città come New

musicisti ci accompagneranno’. Ero emozionato

Orleans e il suo carnevale (Mardi Gras), da Cuba

ma orgoglioso. I musicisti erano Peter Erskine,

(Rhum And Coca) e dalla sua Napoli (Passo na-

Allan Pasqua, Dave Carpenter e Bob Sheppard.

poletano), con l’alba dell’Isola verde nel cuore

Il pezzo è Mardi Gras e l’armonia che ha creato

(Ischia sole nascente), dove le zie lo portavano

Pino è un gioiello di quelli che solo lui sapeva fare.

da piccolo, viaggiando sul traghetto. Vento di

Pino era un’ostrica piena di perle”.

passione è tra gli episodi più riusciti del disco. Pino invia a Giorgia tre versioni differenti del pezzo, lasciando a lei la scelta. Una seconda ver-

«All’una di notte mi telefona Pino e mi dice: ‘Alfre’ mi serve un testo in portoghese per una nuova canzone che ho in mente. Devi descrivere come se stessi lì, le emozioni del carnevale, il Mardi Gras’. Mi diede due giorni per farlo»

Alfredo Paixao

sione il cantautore la inserirà, l’anno dopo, nel triplo Ricomincio da 30. Le suggestioni sonore

de Il giorno e la notte e Salvami completano la tracklist di questo suo ventesimo album in

studio. Back Home, Vento di passione e Rhum And Coca sono i tre singoli estratti. Gigi D’Alessio: “Sotto mezzo metro di cielo. Dei ricordi sento l’odore. Nel bar del quartiere si pagava un caffè solo 100 lire. Camminando per i vicoli, nell’aria sentivo tutti i giorni una canzo-

Dalla Medina di Napoli alla grande mamma Africa

121

ne e’ ‘nu guaglione ‘e Santa Chiara che cantava

D’Alessio accetta con entusiasmo l’invito del col-

Napule è. Forse è cominciata qua, la mia passione

lega e neo-amico, ma in Piazza del Plebiscito, la

per il canto la musica. Questo è in italiano quello

piazza di Pino (anche sua, però, visto che l’ha

che canto in napoletano nel brano Addò so’ nato

riempita più volte), riceve una valanga di fischi.

ajere in cui ho avuto l’onore di avere Pino alla

“Su 50.000 persone, ricevetti 49.000 fischi men-

chitarra e alla voce”.

tre cantavo ‘O scarrafone. Il pubblico di Pino

Siamo nel 2008, l’amicizia tra Pino e D’Alessio

non sapeva che eravamo diventati buoni amici.

attira il malcontento di una parte dei fan del

Abbiamo passato qualche Capodanno insieme,

lazzaro felice. “La mia amicizia con Pino stupì

abitando abbastanza vicini. In ogni modo: per

molte persone”, racconta D’Alessio. ”Siamo

me fu una cosa molto triste, ma me l’aspettavo

nati a 100 metri di distanza, però per anni ci

al punto che ad alcuni amici, prima di salire, sul

siamo evitati, lanciandoci frecciatine, battute

palco dissi sorridendo: ‘Ora mi metto un cartello

al vetriolo. A questo si aggiungeva il fatto che

con scritto ‘Un minuto e me ne vado’”.

alcune persone che avevamo intorno, alimentavano le incomprensioni dicendo: ‘Quello ha

detto di te ‘sta cosa...’. Gelosie di scuderie. I

nostri papà erano amici. Un giorno mi squilla il telefono. Incredibile, era lui che mi diceva: ‘Prima e c’appiccecà perlomeno ce vulimmo

conoscere?’. Iniziammo a frequentarci, incontrandoci a casa mia per parlare di Napoli, per ridere, scherzare, far musica, mangiare. Quando

«Sono cresciuto con i grandi poeti della canzone napoletana, con maestri come Murolo, Bruni, Merola... e con le canzoni di Pino che in città risuonavano ovunque»

Gigi D’Alessio

mi ha affidato il suo brano Sarai, da incidere con Anna (Tatangelo) chiedendomi di completarne il testo, ho provato una soddisfazione enorme.

“Electric Jam è la mia nuova avventura musi-

Un giorno mi invitò a cantare a luglio, in Piazza

cale: prima parte di un progetto dai due volti, a

del Plebiscito, con lui. Gli risposi scherzando:

cui seguirà a novembre Acoustic Jam, dai toni

‘Sei sicuro?’. Lui sorrise”.

più soffusi. Due anime, quella elettrica e quella

cantautorale, che convivono in me”. Pino presenta così il suo nuovo lavoro discografico che

«Da ragazzino, andavo ai suoi concerti e mi arrampicavo sui pali per vederlo»

Gigi D’Alessio

viene pubblicato il 27 marzo del 2009. Un disco contenente sei brani, venduto al prezzo di 9,90 euro: “Sono un artista di concetto, sono legato

all’album, ma mi rendo conto che è cambiato anche il sistema. Ho adattato così il prodot-

122

YES I KNOW... PINO DANIELE

2009

to ai tempi: meno brani e con un prezzo accessibile ai più”.

Le musiche di Pino fanno da sottofondo a Negli occhi di Daniele Anzelotti e Francesco Del Grasso, un ritratto emozionante dell’attore Vittorio Mezzogiorno, nato a Cercola, vicino Napoli. Sua figlia Giovanna Mezzogiorno, voce narante del lavoro, ha voluto che le note di accompagnamento alle immagini del film-documentario fossero del bluesman di Santa Chiara.

La batteria di Vinnie Colaiuta (già con Frank Zappa, Sting, Jeff

2009 Il suonautore produce, arrangia e firma cinque brani per il disco di Silvia Aprile (Silvia Aprile): L’amore di sempre, Un desiderio arriverà, Viento De Pasiòn, Il silenzio sarà inutile, Giorni difficili.

2009 Pino regala un suo solo di chitarra a J-Ax nel pezzo Anni amari, inserito nel disco dell’ex Articolo 31 Deca Dance.

Beck, Joni Mitchell, Chick Corea), il basso di Nathan East (Eric Clapton, Stevie Wonder, Phil Collins), il piano e l’organo Hammond di Gregg Mathieson (Lee Ritenour, Abraham Laboriel, Michael Landau) che si vanno ad aggiungere ad Alfredo Golino (batteria), ad Alfredo Paixao (basso) e a Gianluca Podio (piano e tastiere), lo accompagnano in questo nuovo progetto (pubblicato da SonyBMG-RCA) “dai due volti”. Progetto questo che, però, non avrà un seguito perché la casa discografica decide di non approvarne la realizzazione, nonostante ci fossero già le registrazioni di alcune tracce acustiche. Il singolo Il sole dentro di me co-firmato e cantato con l’ex Articolo 31 J-Ax anticipa l’EP Electric Jam. A 32 anni da Napule è, Pino appare in gran spolvero e la sua sei corde ruggisce in Sesso e chitarra elettrica. In questo pezzo cita l’antico canto piratesco apparso in forma scritta nel libro L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson “quindici uomini, quindici uomini sulla cassa del morto”, che i bambini degli anni Sessanta cantavano dopo averlo ascoltato come sigla dello sceneggiato RAI L’isola del tesoro, diretto da Anton

Giulio Majano, andato in onda nel 1959 – quando Pino aveva quattro anni. “Sesso e chitarra elettrica / Bere a go go / Ma se continuo immagina la fine che farò / sulla cassa del morto ci sono 15 uomini ed un pirata stravolto da un amore impossibile”, canta e

suona Pino con indosso una maglietta con su stampata una foto del Masaniello Guevara (“Una foto del Che stampata su una maglietta tutta sbiadita come me / Ma se volume è potere io metto l’ampli a manetta e quello che viene

viene”). Chitarra elettrica protagonista anche in Io vivo fra le nuvole e in Cuore di pietra dove canta “per l’amore darei la vita”,

Dalla Medina di Napoli alla grande mamma Africa

123

mentre “per le vie del centro i ragazzi si baciano

chiaro omaggio ai californiani Canned Heat di On

davanti alle promesse quando soffia il vento”.

The Road Again, con la sua chitarra satura come

Questi sei brani ritornano a (tra)sudare groove,

quella di Billy Gibbons degli ZZ Top, è ancora una

blues, arricchito di atmosfere jazz (Anime

volta una dichiarazione del suo essere: “Io

che girano) e del suo spirito medi-

dico quello che voglio… quello che

mi passa dentro questa testa…

terraneo (Dimentica). Un progetto purtroppo in-

quello che sento… qualche

compiuto che voleva mo-

volta mi pento… I’m boo-

strare le sue due facce,

gie boogie man”. Pino ri-

quella elettrica e quella

corda ai suoi vecchi fan e

acustica confidenziale.

fa sapere ai nuovi che ha

D’altronde il suo per-

sempre detto quello che

corso musicale è sem-

pensa, quello che gli pas-

pre stato a metà strada

sa per la testa, senza però

tra classico e moderno,

prendersi troppo sul serio.

tradizione e ricerca, black e

Lo ha fatto senza indossare i

pop d’autore, nero sì, ma a metà.

panni del profeta, al contrario di alcuni suoi colleghi.

Non c’è stato il secondo EP acustico,

ma Pino proseguendo sulla ritrovata rotta rock

Ancora una volta ci troviamo di fronte a un buon

blues di Electric Jam pubblica l’anno dopo, il 23

vecchio e sano blues-rock’n’roll, come ha cantato

novembre del 2010 (esattamente 30 anni dopo

già in Just In Me (Musicante) un quarto di secolo

il terremoto dell’Irpinia), Boogie Boogie Man

prima (“rock’n’roll sulo pe nun murì… pe tutt’e

(Sony Music), dove immerge una manciata di

figli ‘e papà travestiti ‘a intellettuali”). “Boogie

brani nei suoni vintage anni Settanta, nel rock

man è l’uomo nero, ‘o mammone napoletano –

blues “più black della midnight”, quelli con cui è

dice il nero a metà di Santa Chiara – spauracchi

cresciuto e con cui ha provato a ricreare l’America

usati dai genitori di tutto il mondo, come il lupo

nella sua Napoli. Un ritorno agli anni Settanta,

cattivo, per far dormire i bambini, ma è anche

un amarcord – ma senza nostalgia. Il pezzo ine-

uno stile musicale (boogie-woogie) figlio del

dito che dà il titolo al lavoro, il cui groove è un

blues per pianoforte. Mi sono divertito a giocare

«Pino Daniele è uno dei pochi cantautori che non mi ha mai annoiato. La maggior parte dei cantautori sono sclerotici, celebratori di se stessi, noiosi: lui no»

Gino Paoli

124

YES I KNOW... PINO DANIELE

sul doppio significato”.

C’è tanta Africa in molti album di Pino, amore e

It’s Beautiful Day (con la batteria di Omar

fascinazione per il Continente Nero che lo porta

Hakim, il piano di Rachel Z., il sax di Mel

a chiamare, il 20 marzo del 2012, il nuovo disco

Collins, il basso di Matthew Garrison, la chitar-

La Grande Madre.

ra di Fabio Massimo Colasanti e le tastiere di Gianluca Podio) è il secondo inedito in cui, alla luce di quanto purtroppo accadrà cinque anni dopo, commuove il verso “paura non ho di morire

restando in bilico così e ritrovarmi nella notte scura a raccontare un mondo che non c’è / Per ogni notte c’è un nuovo giorno, chi vivrà vedrà”. Ai due inediti si aggiungono suoi grandi classici

"C'è un legame tra la canzone partenopea, il soul, il jazz: il grande Stevie Wonder sono convinto abbia attinto tanto dalla melodia napoletana"

Mario Biondi

(Io per lei, A me me piace ‘o blues, Ue man!, Che Dio ti benedica, Nun me scuccià e la più recente Back Home) e alcuni duetti col gotha del pano-

Jeans, scarpe da ginnastica e una chitarra in

rama musicale, in un gioco di rivisitazioni di un

mano, così come ritratto sulla copertina, Pino

passato che non passa: Mina (Napule è), Franco

Daniele si rimette in viaggio e questa volta lo fa da

Battiato (Chi tene ‘o mare, che diventa Chi avu ‘u

solo, da indipendente, con la sua etichetta disco-

mare nei versi tradotti in siciliano), J-Ax (Siente

grafica Blue Drag (nome ispirato a una canzone di

fa accussì, nuova riscrittura di Yes I Know My Way, dopo quella del 1998 firmata Simple Minds),

Django Reinhardt della fine degli anni Trenta). “Nella vita personale come

Mario Biondi (Je so’ pazzo).

in quella artistica”, spiega

Mario Biondi: “Fare Je

il cantautore circa la nuo-

so’ pazzo con Pino è stato

va avventura con la sua

un sogno che si è avverato.

etichetta, “la cosa fonda-

Sono cresciuto con la sua

mentale è riuscire a essere

musica. La sua Napoli e

se stessi, liberi, evitando i

la mia Catania sono simili.

filtri imposti dalle regole

C’è una leggenda che dice che il Vesuvio e l’Etna sono marito e moglie, collegati tra loro. La can-

del mercato. Così ci si mette in gioco ancor di più, rischiando di persona, anche da un punta di vista

zone napoletana è il fiore all’occhiello di tutto

economico, visto che i CD si vendono sempre

il Vecchio Continente. Napoli è una città soul,

meno, ma va bene così: il tutto mi sprona a dare

calda: il soul è la musica dell’anima”.

sempre il massimo”.

Dalla Medina di Napoli alla grande mamma Africa

125

Scrive nelle note introduttive del disco: “La

e il blues, esperimento nato – come dichiara lo

Grande Madre è il sangue misto della musica…

stesso artista – quando, nel 1998, esegue con il te-

l’Africa per me è la grande madre, come la mia

nore Luciano Pavarotti una versione di Napule è.

terra, il Sud tutto, i Sud tutti”. La Grande Madre

Due scarpe è una ballad d’amore (il brano doveva

è anche Napoli. Una Madonna nera ancora tutta

essere inserito nel disco Acoustic Jam), con il sax

da scoprire.

“La madre è la nostra generatrice – dice Pino – ma anche la generatrice dell’etnia che

di Mel Collins che contribuisce a rievocare immagini: “Due scarpe cammina-

no insieme. Ognuna una storia diversa. Di notte si riposano

noi viviamo quotidiana-

fuori dalla porta spettando

mente. Etnia, radici, tra-

il giorno. E il giorno ver-

dizioni, che negli ultimi

rà”. Quegli stessi piedi

anni sembrano confon-

che in Due scarpe “cam-

dersi tra loro, massifi-

minano insieme, ognuna

candosi, purtroppo un

con una vita diversa”, ora

fenomeno questo inarre-

nell’altra ballad Piedi nudi

stabile. Credo che ciascuno di noi dovrebbe cercare una zona riservata per tirare fuori e preservare le proprie etnie”.

“camminano verso il futuro senza di te”, diventando metafora della fine di un amore: “esco

da questa storia a piedi nudi / Se spari un

Affiancato da Steve Gadd e Omar Hakim alla

colpo dritto al cuore cado in avanti / Forse non

batteria, da Rachel Z. al piano, Willie Weeks e

siamo ancora liberi dai ricordi e dalle cose che ci

Solomon Dorsey al basso, Chris Stainton all’orga-

fanno venire addosso i brividi”.

no hammond e al piano, Gianluca Podio al piano

Il brano che dà il titolo all’album è un blues con i

e alle tastiere, Mino Cinelu alle percussioni e da

colori dei Sud del mondo, con uno sguardo rivolto

Mel Collins al sax, Pino realizza un disco compo-

a Mamma Africa. Qui Pino si ferma sotto un albe-

sto da 11 brani inediti – con testi e musiche sue,

ro a pensare, con il ricordo più bello che ha: dove

tranne Searching For The Water Of Live (il cui

me ne andrò? Si chiede, riprendendo tra i versi

testo è scritto da Kathleen Hagen) dedicato a Save

un vecchio concetto “‘ncoppa ‘e sorde ‘a gente

The Children, a supporto della campagna Every

nun guarda ‘nfaccia a nisciuno”, già cantato in

One, per arginare la mortalità infantile. Tra le

Keep On Movin’ (Ferryboat): “Senza soldi nun se

tracce c’è anche la cover di Wonderful Tonight di

cantano messe… non si fanno scommesse. Senza

Eric Clapton (con un suo testo in italiano).

soldi nessuno ti difende”. La chitarra del mascal-

La Grande Madre si apre con Melodramma, il

zone latino si mostra in tutta la sua bellezza nello

bel canto all’italiana, la lirica che incontra il rock

strumentale d’atmosfera The Lady Of My Heart.

126

YES I KNOW... PINO DANIELE

Coffee Time e ‘O fra’ sembrano un’unica e lunga

Enzo Avitabile, risuonando e cantando con lui nel

jam session, in cui l’artista, colto dalla saudade

brano È ancora tiempo che apre il nuovo album

napoletana, mette indietro le lancette del tem-

del cantautore, compositore e polistrumentista

po, ripensando a quando, da ragazzo, suonava

di Marianella Black Tarantella (CNI Music).

con gli amici in quella grotta alla Sanità, tra una

Disco questo che ospita artisti del calibro di David

tazzina di caffè e una sigaretta. ‘O fra’ a Napoli,

Crosby, Bob Geldof, Francesco Guccini, Franco

per la parlesia, è sinonimo di amicizia fraterna.

Battiato, Raiz, Mauro Pagani, Solea, Enrique

Parlesia che compare, con alcuni suoi termini, nel booklet del disco, grazie all’intervento di Enzo Avitabile che manda a

Morente, Co’ Sang, Dabi Tourè, Idir. Pino: “I veri e vecchi amici resistono al tempo e nel tempo. Enzo ha fatto parte della

Pino una mail con alcuni

mia storia. Ci conosceva-

termini e traduzioni. Il

mo da prima del disco

libretto contiene anche

Terra mia; eravamo

testi, spartiti, foto re-

adolescenti quando

centi e storiche, oltre a

suonavamo insieme

una biografia completa.

nei Batracomiomachia.

Completano le tracce Il primo giorno di primavera, Niente è come prima e I Still Love You. Anche I Still Love You, solo chitarra voce, che chiude la

È lui ‘o Viciè a cui mi rivolgo nella canzone ‘O frà (La Grande Madre). Ci siamo persi di vista negli anni, ma l’affetto è rimasto. Noi napoletani abbiamo il

tracklist, come Due scarpe doveva far parte del

vizio di inciuciare tra di noi, ma anche questa è

CD Acoustic Jam: “Ti amo ancora… C’è una ri-

una forma di affetto e di bene”.

sposta sola a tutto quello che non so / una carezza

Pino il 30 luglio del 2013 suona al Lucca Summer

che vola con gli aquiloni in un giorno di vento /

Festival, dividendo il palco con il bassista, com-

Io ci sarò tu ci sarai con gli occhi verso il cielo”.

positore e produttore discografico Marcus Miller,

Ma Pino non ci sarà più, saranno i suoi fan a es-

uno dei maestri del funk per anni al fianco di

serci, con lo sguardo rivolto verso il cielo, tra gli

Miles Davis, altro mito dell’uomo in blues.

aquiloni, ognuno fischiettando una sua canzone,

Una serata di grande musica con due set distinti,

perché ciascuno avrà un suo Pino da piangere,

iniziata da Miller accompagnato da Alex Han ai

da ricordare. La Grande Madre sarà l’ultimo al-

sax (soprano e contralto), Sean Jones alla trom-

bum dell’ex scugnizzo in blues del quartiere San

ba, Adam Agati alla chitarra, Brett Williams al

Giuseppe, diventato cittadino del mondo.

pianoforte e tastiere e Louis Cato alla batteria.

Pino, nello stesso anno, ritrova il vecchio amico

Sul bis, il musicista newyorkese chiama in scena

Dalla Medina di Napoli alla grande mamma Africa

127

Pino Daniele, lanciandosi con lui in una session,

zoni. Poco prima dei nostri rispettivi set decidem-

cosa che farà dopo il lazzaro felice chiamando

mo i brani miei e suoi da fare in jam e li provam-

Miller e suonando insieme accompagnati da

mo senza strumenti, canticchiando le melodie, le

Elisabetta Serio al pianoforte e tastiere, Rino

armonie e la ritmica”.

Zurzolo al contrabbasso elettrico, Tullio De Piscopo alla batteria e percussioni e da Awa Ly alla voce. Una performance che Pino dedica, chiedendo al pubblico un minuto di silenzio, alle vittime del pullman precipitato il giorno prima da un viadotto in Irpinia, causando la morte di 38 persone. “Con Pino”, dice Marcus Miller, “ho diviso una serata di grande musica a Lucca. In tanti mi avevano parlato di questo straordinario musicista napoletano che aveva collaborato con Wayne Shorter, Alphonso Johnson, Chick Corea, Pat Metheny. Avevo ascoltato anche alcune sue can-

«Con Pino parlai di black music: era molto preparato, compresi perché lo chiamavano nero a metà. Mi fece domande sugli artisti con cui ho collaborato: Miles Davis, Herbie Hancock, Bill Withers, Aretha Franklin, George Benson, Luther Vandross…»

Marcus Miller

7 Chitarr’hero Il grande amore per lo strumento

n viaggio attraverso alcune delle centinaia di chitarre

U

utilizzate nel corso della sua carriera. L’esperienza del Night Of Guitars Tour con Phil Manzanera (Roxy Music), Robby

Krieger (Doors), Jan Akkerman (Focus), Leslie West (Mountain), Randy California (Spirit), Pete Haycock (Climax Blues Band), Steve Hunter (Alice Cooper e Lou Reed), Ted Turner e Andy Powell (Wishbone Ash). Le collaborazioni con Pat Metheny, Al Di Meola, Mick Goodrick, Phil Palmer. Il concerto con Eric Clapton allo Stadio di Cava de’ Tirreni del 2011.

Chitarr’hero

129

130

YES I KNOW... PINO DANIELE

ascio andare le dita per le strade del

“L

Il primo maestro di chitarra di Pino è stato l’ami-

mondo e dentro di me” canta Pino in

co Gianni Battelli con suo fratello Claudio, figli

Scirocco d’Africa (in Dimmi cosa suc-

del proprietario del Bar Battelli, sotto casa delle

cede sulla Terra), duettando con Giorgia. Le dita

zie in Piazza Santa Maria La Nova.

di Pino, da quando era poco più che bambino,

“All’epoca”, ricorda Gianni Battelli, “suonavo

hanno percorso le corde della chitarra, per lui

la chitarra in un gruppo di quartiere che si esibiva

strade / Way del mondo e dell’anima.

ai matrimoni e alle feste in casa, un’usanza di allora. Pinotto veniva con noi nei balletti in casa, si sedeva accanto a me e guardava cosa facevo, la

«Pino è stato un amico vero, un maestro. Mi diceva che cantare per lui era importante, ma suonare lo era di più. Era sempre alla ricerca di un suono»

Giorgia

posizione delle dita, la postura, gli accordi. Nei momenti di pausa, mi faceva tante domande. Un giorno venne a casa mia e mi disse: ‘Voglio imparare a suonare la chitarra’. Così iniziammo. Un pomeriggio si presentò con un flauto dolce. Gli dissi: ’Che dobbiamo fare cu stu’ flauto?’. Lui mi rispose, ’Hamma sunà’ e così facemmo, continuando poi prima in un gruppo di cover e poi nei Batracomiomachia”.

“Ho sempre amato suonare la chitarra. Mi sono sempre considerato prima di tutto un musi-

cista. Ho trascorso gran parte della mia vita

a studiare questo strumento, una finestra su un mondo e dentro me stesso. Ho appreso da dischi rock blues, da quelli di musica orientale, dagli spartiti, dalla musica classica napoleta-

na antica, dai madrigali”. In queste parole è racchiuso tutto l’amore che l’artista ha avuto

per la chitarra. Diceva spesso che cantare per lui era un pretesto per suonare, per questo si definiva un cantautore atipico, un suonautore.

«Da ragazzi, passavamo a casa delle sue zie ore a trovare i passaggi degli assoli di Eric Clapton, rallentando il giradischi a 16 giri per trovare le note. Gli spartiti a quei tempi erano rari, facevamo tutto a orecchio»

Gianni Battelli

Chitarra, amica, sorella, compagna di vita, che portava già da bambino a scuola con lo zaino

Gianni Battelli ha costruito diverse chitarre per

e i libri: poi, una volta uscito, si esercitava in

Pino: “Mi chiese una classica che ha utilizzato

Piazza Santa Maria La Nova o a casa, davanti a

nel video Mareluna in Medina. Una mattina del

un gruppetto di amici oppure da solo.

2001, mentre facevano colazione in un bar di

Chitarr’hero

131

Roma, mi disse di aver visto in un video John

– Palazzo delle Arti di Napoli in occasione della

McLaughlin suonare una chitarra con doppie

mostra ROCK!, si trova nel museo dedicato a lui

corde incrociate, chiedendomi se riuscivo a co-

a Napoli (presso il Museo della Pace – MAMT).

struirgliene una uguale. Gliela feci acustica: sei

Pino non l’ha mai potuta suonare dal vivo perché,

corde di nylon incrociate sotto le sei normali. Il

essendo antica, non teneva bene l’accordatura

foro lo creai a forma di rosa, che lui modificò in

ed era molto delicata, nonostante i suoi tentativi

seguito rendendolo tondo. Questa chitarra la uti-

di sistemarla con una meccanica nuova e fuori

lizza in Passi d’autore, ritratta anche in copertina

contesto”.

e ripresa nel video Tempo di cambiare”.

«Cambiava chitarra ogni mese e di tutti i tipi e marche per trovare sempre un nuovo suono. Non ne aveva una preferita, non si affezionava molto allo strumento che per lui era solo un oggetto magico per far musica»

Gianni Battelli

«Mio padre regalò a Pino la sua Louis Panormo. […] Con questa chitarra ha composto Viento. L’ha utilizzata anche per Chillo è nu buono guaglione, Anna verrà»

Roberto Giangrande Gianni Guarracino: “Pino era un musicista prestato alle canzoni. Un grande songwriter, come Paul Simon, James Taylor ma purtroppo

“La Louis Panormo”, racconta Roberto

italiano e per questo, a livello internazionale,

Giangrande (musicista, bassista, fratello del-

tenuto ai margini. Se fosse nato a New York, a

la sua prima moglie Dorina), “era di mio padre

Boston, a Londra avrebbe conquistato il mon-

Enzo, grande appassionato di chitarre classiche.

do. Ha studiato tanto lo sviluppo armonico, era

Pino un pomeriggio, provandola a casa nostra,

padrone dell’armonia e lo dimostrano la mag-

rimase così affascinato dal suono, dal timbro e

gior parte delle sue creazioni. Era un chitarrista

dal volume che produceva pur avendo una cassa

istintivo, blues come intuizione, suonava meglio

armonica meno profonda rispetto a una standard

quando non pensava”.

che volle utilizzarla per alcune registrazioni del

“Ho avuto il privilegio di suonare con grandi

suo secondo LP Pino Daniele. Con questa chitarra

musicisti”, dice Pino, “tutti incontri stimolanti,

ha composto Viento. L’ha utilizzata anche per

da ognuno di loro ho rubato un po’ di mestie-

Chillo è nu buono guaglione, Anna verrà. Oggi,

re. Immaginate come mi sono sentito quando

dopo averla esposta per due mesi nel 2015 al PAN

nel 2010, al Toyota Park di Chicago, sul palco

132

YES I KNOW... PINO DANIELE

LE CHITARRE DI PINO Nell’arco della sua vita ha avuto, suonato e regalato ad amici (tra cui una Gibson ES-175 semiacustica a Eros Ramazzotti nel 1988, che il cantautore romano conserva gelosamente) centinaia di chitarre acquistate in tutto il mondo. La prima, avuta a 14 anni, è stata una Eko X27 elettrica nera e cromata con microfono Davoli, collegata a un ampli Paramount Meazzi da 10 watt, pagata 35.000 lire. Le seconda fu come quella di un suo eroe poi divenuto amico (Eric Clapton, che la utilizzava nei Cream): una “Diavoletto”, ossia una Gibson SG Standard. Gli fu regalata dalle zie in occasione del diploma in ragioneria, nel 1975, acquistata firmando cambiali nel negozio Miletti di via San Sebastiano a Napoli. Diverse sue chitarre appaiono sulle copertine degli album. Su Un uomo in blues c’è la Gibson Super 400 CES hollow body, di colore sunburst. Su Mascalzone latino Pino imbraccia una Luis Panormo (dal nome del suo costruttore, 1784-1862) della seconda metà dell’Ottocento – regalatagli da suo suocero, il padre di Dorina e Roberto Giangrande – con cui scrive Chillu è nu buono guaglione. Nel 2004, progettata da Pierpaolo Adda e Giambattista Zerpelloni (realizzata in soli 60 esemplari), nasce la Fender ZAI – Zona Agricola Industriale n. 19 (in omaggio al suo giorno di nascita, 19 marzo 1955) che lui utilizza nel video di Pigro. In Bonne Soirée suona una Gibson Firebird (comprata perché usata da Johnny Winter).

«Pino è un grande bluesman, di quelli veri, un uomo divertente devoto alla musica e allo studio della chitarra, a cui dedica gran parte della sua giornata»

Gino Vannelli del Crossroads Guitar Festival organizzato da

Buddy Guy, Jeff Beck, Johnny Winter. Eric ha poi

Clapton per raccogliere fondi da destinare al

partecipato al mio concerto allo stadio di Cava dei

Crossroad Center di Antigua ho suonato con Steve

Tirreni il 24 giugno del 2011, volto a raccogliere

Winwood e con Eric; quando sono partiti i pezzi

fondi per il centro di Oncologia Pediatrica dell’O-

dei Blind Faith ero lì con loro e mi sono emo-

spedale Pausilipon di Napoli. Per anni ho conser-

zionato. Con me sfilarono tutt’insieme tanti miti

vato nella custodia della mia chitarra un ritaglio

della mia adolescenza come Albert Lee, B.B. King,

di un’intervista in cui Eric diceva di apprezzare la

Chitarr’hero

133

Ha avuto, tra le tante, anche una Gibson ES-335 (come la famosa Lucille di B.B. King), una 10 corde

elettrica bianca, una otto corde gigante, sul modello della chitarra battente con cui ha scritto le canzoni Lazzari felici e Keep On Movin’ (Musicante, 1984). E ancora: una Charlie Christian, una chitarra Manouche denominata Carlos (costruita in Germania a metà degli anni Settanta, su progetto di Carlos Juan di Stoccarda), la Paradis di vari colori usata in Non calpestare i fiori del deserto (1995), una Framework con corde in nylon, una D’Aquisto New Yorker, una Ovation Custom Legend 1769 ADII, varie Suhr, una Larrivèe acustica, la classica Woody con corde incrociate del suo vecchio amico liutaio e primo maestro di chitarra Giovanni Battelli e vari modelli Paul Reed Smith (tra cui una una Singlecut Hollowbody Standard). Pino ha suonato anche diversi bassi, tra cui un Fender con cui ha composto Il mare (Pino Daniele, 1979). Alcune di queste chitarre sono in mostra nell’installazione museale permanente che il Museo della Pace di Napoli (MAMT – Mediterraneo, Arte, Architettura, Archeologia, Ambiente, Musica, Migrazioni, Tradizioni, Turismo) ha voluto dedicare all’artista: il percorso emozionale di un ragazzo a cui piaceva il blues, un’esposizione con video, foto, reperti, strumenti, tutto ciò che in qualche modo è stato e continua ad essere “il mondo di Pino”.

mia musica. Quando mi ha invitato a Chicago non

Allora di getto ho scritto un testo in italiano in

potevo crederci. Arrivai che stava provando: mi

cui dico: ‘Ringrazio il cielo per questa vita qua’.

misi in un angolo ad ascoltarlo. Fu lui a venirmi

Eric con Jeff Beck, John McLaughlin, Mick

incontro abbracciandomi: l’umiltà e la semplicità

Goodrick che è un artista pazzesco che conosce

dei grandi, la stessa di Wayne Shorter, persone

il manico della chitarra come nessuno al mondo

magiche. Umile come quando mi disse che amava

e che mi ha insegnato tanto, sono i miei punti

il mio pezzo strumentale Per te”.

di riferimento, tra i più grandi. E poi c’è Jimi

Nel suo album La Grande Madre (2012), Pino

Hendrix, il più grande, fuori classifica come

ha riletto in italiano uno dei brani più famosi di

Maradona, come Totò, Eduardo, Massimo”.

Slowhand Wonderful Tonight.

Pino nel 1989 è in tour con alcuni dei più grandi

Pino: “Nel camerino dello stadio di Cava gli ho

chitarristi del mondo, in quello che è chiamato

chiesto se potevamo suonare questo suo classi-

Night Of The Guitars. Con Robbie Krieger (The

co, lui mi ha risposto: ‘Solo se lo canti con me’.

Doors) Phil Manzanera (Roxy Music) e Pete

134

YES I KNOW... PINO DANIELE

1784

Haycock (Climax Blues Band) ad aprile suona una straordina-

Nasce il Francia Louis Panormo, uno degli ultimi e più alti esempi di costruttori di chitarre romantiche. Enzo Giangrande, il suocero di Pino, gli regala una chitarra Louis Panormo della metà dell’Ottocento, con cui compone brani come Viento, Chillo è nu buono guaglione, Anna Verrà.

ria versione della sua Ue man! a D.O.C., la famosa trasmissione

Estate 1975 Pino riceve in regalo dalle zie per il suo diploma in Ragioneria una chitarra Gibson SG e un amplificatore Davoli.

23 dicembre 1979 TG2 Dossier manda in onda il reportage di Giuseppe “Joe” Marrazzo dal titolo Sciuscià ‘80 che include, tra i brani della colonna, sonora anche Ue man!.

1989 Pino è tra i protagonisti del Night Of Guitars Tour con alcuni dei migliori chitarristi del mondo: Robby Krieger (Doors), Jan Akkerman (Focus), Leslie West (Mountain), Randy California (Spirit), Pete Haycock (Climax Blues Band), Steve Hunter (Alice Cooper e Lou Reed), Ted Turner e Andy Powell (Wishbone Ash).

musicale ideata e condotta da Renzo Arbore con Gegè Telesforo. “Seppi attraverso il mio amico Raffaele Cascone di questo giovane di nome Pino”, dice Renzo Arbore, “che suonava in un locale per americani nei pressi di Piazza Municipio a Napoli

chiamato Broadway. Raffaele mi propose una diretta tv. Le sue canzoni avevano un piglio blues, soul, rock: anche a me me piace ‘o blues, la musica nera. Pino è stato un grande chitarrista, voleva suonare sempre meglio e accuratamente il suo strumento. La sua più grande soddisfazione era suonare con i grandi chitarristi e suonare come i grandi… cosa che gli è riuscita”.

«Pino è stato anche un grande chitarrista rock/blues ... l’assolo del brano Uè Man! per esempio ne è una chiara testimonianza»

Antonio Onorato “Pino Daniele è un talento unico”, dice Phil Manzanera. “È triste che se ne sia andato via così giovane. Ci siamo conosciuti alla fine degli anni Ottanta quando con Robby Krieger (Doors), Jan Akkerman (Focus), Leslie West (Mountain), Randy California (Spirit), Pete Haycock (Climax Blues Band), Steve Hunter (Alice Cooper e Lou Reed), Ted Turner e Andy Powell (Wishbone Ash) abbiamo dato vita al Night Of Guitars Tour: un supergruppo creato da Miles Copeland, fratello dell’ex Police Stewart. Lui ora vive nelle sue creazioni”.

Chitarr’hero

LA CANZONE DA RICORDARE UÈ, MAN Blues che più blues non si può, dalla struttura classica e minimale, in questo pezzo incluso nel secondo album: Pino Daniele. “Uè man!” era l’esclamazione degli scugnizzi napoletani quando prelevavano dal porto gli americani che scendevano dalle navi, portandoli in quell’intrigo di stretti vicoli che collegano i Quartieri Spagnoli al Pallonetto di Santa Lucia, a ridosso di Piazza del Plebiscito, tra prostitute, pizze, birre e sigarette. Un testo in perfetto stile Daniele, metà napoletano metà americano, due lingue tronche che si danno forza e si sostengono a vicenda, a seconda dei casi con l’una che anticipa l’altra (come quando canta “Me so’ mbriacato ‘e te forever” o “Yes I know my way, ma nunn’è addò m’he purtato tu”), che è puro neorealismo, in cui il blues mediterraneo del lazzaro felice incontra Vittorio De Sica e la Matilde Serao de Il ventre di Napoli, dove i ”dollars” (due o tre) sono la ricompensa che i militari statunitensi davano ai ragazzi per il loro disturbo. Disturbo ricompensato con mille lire anche dalle prostitute che, grazie agli scugnizzi, avevano sempre un continuo ricambio di clienti. “Uè man! / […] You need a girl tonight / Come on with me man! / […] / ‘Nu poche ‘e dollars to me / […] / Give me money for my wine / A few cigarettes to me / Ca tutte’ quante hamma campà”. Per la sua forza espressiva, il brano viene inserito nella colonna sonora dell’inchiesta televisiva della RAI, intitolata Sciuscià ‘80, firmata da uno dei maestri del nostro giornalismo, Giuseppe “Joe” Marrazzo, e incentrata sul fenomeno del lavoro minorile a Napoli. Questa va in onda il 23 dicembre del 1979 su TG2 Dossier, nell’Anno del Fanciullo. Un vivido spaccato della Napoli di allora che parla di emarginazione e di infanzie negate, con interviste in presa diretta a scugnizzi napoletani dai cinque ai dieci anni che girano per la città in motorino, che non vanno a scuola, vivono di piccoli espedienti in mezzo alla strada. Oggi le cose fortunatamente sono cambiate, ma Sciuscià ‘80, girato e raccontato con un linuaggio nuovo, rivoluzionò il racconto televisivo facendo scuola, rafforzando l’inchiesta come narrazione. Uè man! fa da sottofondo alle parole del giornalista: “Sono immagini riprese poche sere fa all’ingresso del porto di Napoli come nel 1944, nel ’45, come appunto l’altro ieri. Ragazzi che sbucano nella notte per assicurarsi il marinaio americano da pilotare verso le occasionali case di appuntamento dei vicoli dei quartieri o dei miseri night. Per questi sciuscià degli anni Ottanta la guerra non è mai finita”. Gli sciuscià erano i lustrascarpre che a Napoli, dopo la Seconda Guerra Mondiale, provavano a “passare la nottata”, per dirla con le parole di Eduardo De Filippo. Il termine deriva da una forma italianizzata dell’inglese “shoe-shine” (lustrascarpe). Sciuscià è anche il titolo del film di Vittorio De Sica, capolavoro del neorealismo, la prima pellicola a vincere il Premio Oscar del 1947 come miglior film straniero. Uè man! la troviamo anche nel film di Alessandro Siani Il principe abusivo (2013).

135

136

YES I KNOW... PINO DANIELE

Juliet, una grande serata di musica (e magari

«Quando suonava trasmetteva gioia. La sua voce così particolare che si fondeva con le note della sua chitarra, mi catapultava nella sua Napoli, nel suo Mediterraneo blues»

Phil Manzanera

anche uno show televisivo) per sensibilizzare l’opinione pubblica su un fenomeno come quello della violenza sulle donne. “Mio padre”, racconta Alex Daniele, “sviluppò l’idea dell’evento in brevissimo tempo. Ricordo quando mi raccontò con entusiasmo i dettagli per realizzare questa grande produzione, era un giorno di sole in Toscana, nel 2013, eravamo insieme al ruscello, un posto vicino casa

Pino è stato un chitarrista autodidatta, na-

dove amava starsene seduto su una pietra in

turale, vero, che con passione e dedizione ha

mezzo all’acqua e bagnarsi i piedi. Il nome in

esplorato, partendo dal blues, tutte le sfuma-

cima alla lista degli invitati di questo evento

ture cromatiche dell’arcobaleno musica, alla

era Paco de Lucía e prendemmo subito con-

continua ricerca di un personale linguaggio

tatti con il management. In quel periodo papà

capace di mescolare in un unicum sonoro la

studiava tutti i giorni le tecniche chitarristiche

sua tradizione partenopea e mediterranea con

del flamenco, applicandole nei suoi brani; dopo

tinte angloamericane, africane, arabe, carai-

vari scambi di email restammo in attesa per

biche, passando con disinvoltura dalla polifo-

la conferma della sua partecipazione per poi

nia dei madrigali a esperimenti di elettronica,

procedere a tutti gli altri inviti: Eric Clapton,

all’insegna di una contaminazione globale di

Mark Knopfler, Jeff Beck, George Benson, Al di

cui è stato un precursore. Ha ribattezzato il suo

Meola, Pat Metheny… ma con la scomparsa di

genere taramblù, un mix di tarantella, rumba

De Lucía il 25 febbraio del 2014 papà non se la

e blues. Negli ultimi mesi della sua vita stava

sentì di andare avanti senza di lui. Fu un vero

studiando la chitarra flamenco, la tecnica di

peccato non realizzare questa magica notte di

Paco De Lucia e di Tomatito.

chitarre che era un suo sogno; ormai avevamo

Pino aveva da tempo il desiderio di proporre in

prenotato l’Arena di Verona per questo evento

Italia un festival della chitarra, qualcosa sulla

e non si poteva disdire facilmente la location, la

falsa riga del famoso Night Of The Guitar, a

data prenotata era il 1° settembre di quell’anno.

cui lui stesso partecipò nel 1989 al fianco di

Arrivò poi una soluzione da parte di Ferdinando

grandi virtuosi dello strumento come Randy

Salzano di FepGroup: una data unica per ripro-

California, Robby Krieger, Leslie West, Phil

porre live il disco Nero a Metà”.

Manzanera e Steve Hunter. Ideò così uno spet-

La sua poliedricità l’ha portato a suonare con di-

tacolo simile pensato esclusivamente per l’Are-

sinvoltura strumenti eterogenei come la chitarra

na di Verona e il titolo sarebbe stato Guitar For

classica, acustica, semiacustica, synth, elettrica,

ʵ˜˚˥˔Ё˘

137

mandola, mandolino, basso, tracciando improvvisazioni e archi

1997

melodici solistici.

Per la presentazione dell’album Dimmi cosa succede sulla Terra, viene stampata un’edizione particolare oggi molto rara e ricercata dai fan, a forma triangolare, che oltre al CD comprende un plettro e un book fotografico.

Il suo chitarrismo è sempre stato originale, mai banale: una libera e creativa associazione di note, lontana da formule idiomatiche e schematicità limitanti e da già sentiti sali e scendi per le scale musicali. Unico anche nel creare micromelodie all’interno di una stessa composizione, sagomando interventi capaci di innestarsi in modo naturale nel linguaggio del brano stesso.

2004

Ha realizzato splendidi assolo anche in canzoni contenute in di-

Progettata da Pierpaolo Adda e Giambattista Zerpelloni (realizzata in soli 60 esemplari) nasce la Fender ZAI – Zona Agricola Industriale n. 19 (in omaggio al suo giorno di nascita, 19 marzo 1955) che Pino utilizza nel video di Pigro.

schi di altri artisti come Stand Up e Things Must Change (Richie

Havens, Common Ground), Se guardi su (Claudio Baglioni, Q.P.G.A.). Inoltre ha prodotto, nel 1992, il disco Mountains Breath del chitarrista Lutte Berg. Pino proprio in virtù della sua originalità ha saputo conquistarsi credito tra i chitarristi più famosi del mondo, tra i quali Pat Metheny – con cui ha condiviso un tour nel 1995 – e Al Di Meola.

«Raramente ho visto quell’amore che il suo pubblico gli trasmise quella sera del nostro live a Cava nel 1995 . Era tutt’uno con la sua gente»

Pat Metheny Con Al Di Meola ha collaborato cantando e scrivendo anche il testo nel suo album The Infinite Desire (1998), favore ricambiato dal

26 giugno 2010 Pino è l’unico italiano ospite del Crossroads Guitar Festival al Toyota Park di Chicago, organizzato da Eric Clapton, i cui ricavati sono devoluti al The Cross Center Antigua, l’Associazione presieduta dallo stesso Slowhand per il recupero da dipendenze da alcol e droghe. Si esibisce con Joe Bonamassa e Robert Randolph & the Family Band sulle note di Going Down, racchiusa nel CD Audio Selection From Crossroads.

chitarrista italo americano che ha suonato con Pino nelle nuove versioni di Appocundria, Viento e dell’inedito Acqua e rose, racchiuse nel cofanetto celebrativo Ricomincio da 30 (2008). “Mi chiamo Al Lawrence Dimeola, mio padre e mia madre venivano da un paese del Beneventano, Cerreto Sannita. Sono cresciuto ascoltando la grande melodia partenopea e le arie italiane. Ho sempre voluto realizzare un CD di canzoni classiche napoletane da me riarrangiate, come Io te vurria vasà, ‘O sole mio, Torna a

24 giugno 2011 Pino Daniele ed Eric Clapton sono protagonisti allo stadio Simonetta Lamberti di Cava de’ Tirreni del progetto benefico Concert For Open Onlus – In Aid Of Children.

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YES I KNOW... PINO DANIELE

PINO E CLAPTON Cronaca di un concerto per 15 persone allo Stadio di Cava de’ Tirreni. È il 23 giugno 2011. Sono da poco passate le 21:00 quando Pino Daniele sale sul palco di uno Stadio Simonetta Lamberti vuoto: solo poche sedie occupate sotto il palco da un paio di tecnici e da pochissimi fortunati giornalisti, invitati da Riccardo Vitanza di Parole e Dintorni, ufficio stampa e sincero amico del bluesman napoletano. Siamo nello stadio dedicato alla bambina uccisa per errore nel 1982 dalla Camorra (che voleva colpire il padre, il giudice Alfonso Lamberti). Per Pino è un ritorno a Cava: il 22 e 23 maggio del 1993 era stato già protagonista di due serate memorabili, accompagnato da Antonio Annona alle tastiere e da Carol Steel alle percussioni, immortalate nel disco live E sona mò. E poi ci era stato il 19 settembre del 1995, dividendo la scena con un altro mito: Pat Metheny. Sono le prove generali del concerto che il giorno seguente riscalderà i cuori di almeno 16.000

persone che accorreranno alla chiamata alla solidarietà del lazzaro felice per raccogliere fondi volti a migliorare l’assistenza clinica dei bambini malati di cancro del centro di Oncologia Pediatrica dell’Ospedale Pausilipon di Napoli. Improvvisamente, mentre diamo una sbirciata al foglio della scaletta del concerto, salgono sul palco i musicisti, per una volta non accompagnati dal boato del pubblico, ma da un silenzio surreale che paradossalmente ne amplifica l’entrata in scena. Ci sono alcuni dei più incredibili strumentisti del mondo: Steve Gadd (batteria – per molti tra i più grandi del pianeta), Willie Weeks al basso (già con David Bowie, Billy Joel, Stevie Wonder, B.B. King, Rod Stewart, James Taylor), Christopher Stainton al piano, organo Hammond e tastiere (un signore che ha suonato con B.B. King, The Who, Ringo Starr, David Gilmour, Alvin Lee, Ian Hunter, Joe Cocker), l’ex King Crimson e Camel Mel Collins al sax e Gianluca Podio (piano e tastiere). E poi, ci sono loro, la coppia che non ti aspetti: Pino e il suo eroe Eric Clapton, ora insieme sullo stesso palcoscenico. Iniziano le prove, anzi inizia un vero e proprio concerto, ma senza pubblico, come quello dei Pink Floyd a Pompei (che dista da Cava solo 22 chilometri) del 1972, ripreso

dalle telecamere di Adrian Maben e consegnato ai posteri. Pino parte con le note di Boogie Boogie Man, seguito dalla leggenda Clapton, colui che ha riscritto i codici della musica del diavolo dalle cantine beat blues londinesi. Eric accompagna con la sua Fender Strat azzurra il mascalzone latino, ricamando di inserti e arpeggi un pezzo che richiama alla memoria volutamente On The Road Again, il classico dei Canned Heat. Due chitarre a fraseggiare lungo i sentieri caldi e tortuosi del blues, che da Chicago – passando per Londra – è giunto a Napoli. Daniele e Clapton si guardano, si sorridono, c’è intesa, c’è divertimento

Chitarr’hero

NAPULE È INCONTRA CROSSROADS e noi, a pochi metri da loro, ci rendiamo conto di esser spettatori di qualcosa d’irripetibile. Giornalisti sì, ma soprattutto persone che amano la musica e l’arte sopra ogni cosa, che mai avrebbero immaginato di ascoltare un giorno uno degli ultimi grandi classici della canzone partenopea, Napule è, impreziosito dalla chitarra di Slowhand. La band si lancia in una versione strumentale di Tutta n’ata storia per proseguire con Je so’ pazzo, leggermente swingata con un solo di grande impatto all’organo Hammond di Stainton e con A me me piace o blues con Mel Collins sugli scudi. Clapton lascia la scena al “blues brother” napoletano che propone Dimentica, Dubbi non ho, Che c’è di male, Sara e una versione da brividi di Chi tene ‘o mare con le spazzole di Steve Gadd sul rullante a simulare il suono delle onde del Golfo. Il canzoniere di Daniele brilla come non mai: Quando, Yes I Know My Way, Nun me scuccià… a un certo punto, senza che ce ne accorgessimo, ci ritroviamo Eric Clapton seduto accanto a noi, intento a gustarsi Pino e i suoi arpeggi e un solo in Napule è, guardandolo con occhi compiaciuti. Resta tutto il tempo dell’esecuzione con noi, ancora increduli. Poi risale sul palco e abbraccia l’omone in blues. Un abbraccio che ha reso orgogliosi anche noi neri a metà, privilegiati per caso, seduti giù. Le emozioni non sono finite. La leggenda di Ripley sfodera una sequenza di brani che sono di diritto nella storia della musica: la Crossroad del papà del blues Robert Johnson è da togliere il fiato, così come Wonderful Tonight e Cocaine di J. J. Cale, dove Pino, con gusto e in punta di piedi, crea i suoi fraseggi. La voce di Slowhand è quella di un tempo, accarezza come il velluto, corrode come un sorso di Jack Daniels, la sua chitarra suona come sempre, come quando – apparentemente acerba – accompagnava uno dei padri fondatori del blues britannico: John Mayall. Manca ancora un piccolo tassello per completare il mosaico di questa notte magica. Layla: uno

dei manifesti sonori di un’epoca, una delle più belle song della storia del rock, scritta da Clapton (anche se per la verità il fraseggio è di Duane Almann) per Pattie Boyd, moglie di George Harrison, di cui s’innamorò. Sono le 23:00, i musicisti si fermano, sorridono, si danno il cinque: le prove sono finite, domani ci sarà il concerto. Svegliarsi dall’incanto è dura: due ore di musica sono scivolate via, sulla nostra pelle, sui nostri sensi. Ci alziamo dalle sedie storditi, attraversiamo il rettangolo verde del campo di calcio, avviandoci verso l’uscita, consapevoli di aver assistito a qualcosa di unico, a una performance stregata di magia e blues: a un concerto tutto nostro, da ricordare, da raccontare, di quelli che ti fanno stare svegli tutta la notte pensando a dove sei stato (“riest all’ierta tutt’a nuttata pensanno addò si’ stat’”). Carmine Aymone

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140

YES I KNOW... PINO DANIELE

Surriento. In questo progetto volevo coinvolgere

per la musica e per la chitarra. Trascorrevamo

anche il mio amico Pino. Ci siamo incontrati la

giornate insieme a casa sua a suonare; il tempo

prima volta a New York quando venne ad assi-

volava senza accorgercene. Grazie a Pino ho

stere a un mio concerto, accompagnato dalla mia

conosciuto dai suoi racconti la sua città. Aveva

amica Rachel Z. Il feeling fu immediato”.

gli occhi lucidi quando parlava di Napoli, di Totò, Eduardo, di Massimo Troisi. Dopo la sua morte, ho visitato le sue strade, i

«Pino è stato un chitarrista e arrangiatore di talento, capace di creare grandi melodie»

suoi vicoli, le sue piazze, osservando il mare, e

Al Di Meola

vero – e lui me lo diceva – prende l’anima, gra-

ho compreso perché lui l’amava così tanto pur vivendo fisicamente lontano. Napoli è proprio zie a quella sua energia così densa, forte, che sembra alimentare anche la sua gente”.

Altro grande amico di Pino è stato il chitarrista

Il cantautore, prima della sua morte, stava lavo-

britannico Phil Palmer, ex Dire Straits (con cui

rando a un disco a metà tra orchestra sinfonica

registra, nel 1991, On Every Street), nipote di

e sonorità flamenco. Desiderava cantare con

Ray e Dave Davis dei Kinks, negli ultimi anni

Placido Domingo quello che sarebbe stato il bra-

al suo fianco.

no trainante. Le parole gli importavano sempre di meno, voleva inseguire la musica.

«È stato un grande artista e per me un grande amico. Ricordo con affetto il nostro concerto nello stadio di Cava dei Tirreni con Eric Clapton. Pino quella sera era molto emozionato ma felice come un bambino»

Phil Palmer

“Nel nuovo album che sarebbe uscito nel 2015”, dice suo figlio Alex, “dovevamo inserire nella tracklist il tema dell’apertura del film di Ricomincio da tre. Pino ne aveva fatto realizzare un nuovo arrangiamento per orchestra sinfonica e avevamo iniziato a realizzare i demo. Il singolo promozionale per il nuovo progetto era stato pensato per essere cantato in coppia con Placido Domingo, il testo sarebbe stato in inglese e chiese al suo amico Phil Palmer di scriverlo. Il testo arrivò… ma purtroppo non abbiamo fatto in tempo a registrarlo”.

“Pino ed io eravamo ‘soul mate’, anime ge-

Pino nell’ultimo periodo era sempre più proiet-

melle”, dice Palmer, in Italia noto per il suo

tato verso una composizione solo strumentale

assolo entrato nella storia nel brano di Lucio

e aveva il desiderio di creare un nuovo gruppo,

Battisti Con il nastro rosa. “Ci univa l’amore

di scrivere brani in inglese insieme a una gran-

Chitarr’hero

141

de band di musicisti internazionali (tra i quali il

‘No, Pino... quella chitarra è un’estensione del

pianista Eumir Deodato), dove lui avrebbe solo

mio braccio, è lo strumento attraverso il quale

suonato la chitarra affidando le parti cantate a

la mia anima si esprime e per questo ci tengo

un’interprete femminile madrelingua.

molto. Se qualcuno vuole usarla, deve chiedermi il permesso’. La mattina dopo Pino mi chiamò al telefono e mi disse: ‘Avevi ragione, doveva

«Era innamorato della chitarra e come tutti i grandi chitarristi passava la maggior parte della giornata a suonarla, cercando di affinare e migliorare sempre di più la sua tecnica»

Antonio Onorato

chiederti il permesso”. “Pino è stato mio amico”, dice Federico Zampaglione. “Un musicista straordinario: con lui diventava tutto magico, perché aveva il dono di improvvisare con la chitarra, di lanciarsi in lunghe jam session. Ringrazio Dio di aver unito le sue note con le mie e di averlo potuto ammirare anche come uomo”. “Pino ha scaldato dai suoi primi LP il mio cuore – dice Luca Carboni – il cuore di un ragazzino

“Pino è stato innanzitutto un eccellente chitar-

bolognese incantato dalle canzoni di quello scu-

rista”, dice Antonio Onorato, “che scriveva

gnizzo napoletano che viveva a quasi 600 chilo-

anche canzoni meravigliose. Dietro le linee me-

metri da me. La sua è stata musica ribelle, ma

lodiche e armoniche, la scelta del suono, l’uso dei

gentile, quella che ho provato a fare anch’io: ho

voicing sulla chitarra c’era tanto studio e tanta

intitolato un mio album proprio Musiche ribelli,

ricerca. Nella sua semplicità, non c’era nulla di

a voler ribadire questo concetto”.

scontato e poi c’era sempre un sapore tipicamente napoletano, di gran classe. Nei suoi assolo metteva sempre un tocco di napoletanità e in questa sua geniale intuizione, ho colto un grande inse-

gnamento, cercando di sviluppare a modo mio tale idea, applicandola al jazz”. “Una sera”, continua Onorato, “mi arrabbiai perché, durante una festa che lui aveva orga-

nizzato, un noto chitarrista prese la mia chitarra

«Con Pino ho suonato fino a tardi, persi in mille scale e accordi. Un poeta, un leone, un musicista eterno»

Federico Zampaglione (Tiromancino)

e si mise a suonarla senza chiedermi il permesso: volevo quasi picchiarlo. Pino mi disse: ‘Antonio

Una delle chitarre di Pino, la Paradis, ha ispirato

non te la prendere, tanto è ‘nu piezz e lignamm’

un monumento, posto a Napoli sopra la targa

(è solo un pezzo di legno – nda)’ . Gli risposi:

di via Pino Daniele, un vicoletto a pochi metri

142

YES I KNOW... PINO DANIELE

da piazza Santa Maria La Nova – dove lui è cre-

casione del loro “Una storia semplice tour”, tra

sciuto. L’opera, in ferro zincato resistente alle

lo stupore del pubblico, intonando in acustico

intemperie, è stata realizzata a titolo gratuito dal

Quando, Quanno chiove e Napule è.

Maestro Mimmo Moxedano e dal liutaio Antonio

Giuliano Sangiorgi: “Tanti di noi hanno impa-

Sanna.

rato a muovere le dita su una chitarra grazie a lui, alle sue canzoni. Il suo chitarrismo è unico, personale, melodico, ma blues e funky. Ci ha fornito

«Il suono della sua chitarra è unico, inimitabile, riconoscibile tra diecimila. Per questo gli chiesi se voleva suonare la sua classica nel mio pezzo La mia isola (nel CD Le band si sciolgono – 2006). Accettò e ne fui lusingato»

Luca Carboni

il sogno più grande: la musica, l’amore, il rispetto e la dedizione per essa. Quando ho avuto la fortuna e l’onore di suonare con lui, chiusi gli occhi ripensando ai tanti falò che da ragazzo facevo in spiaggia con gli amici suonando i suoi pezzi: io, uomo del Sud, cantavo con orgoglio i testi di uno dei più grandi figli di questa terra. La sua terra è anche la mia. Ero e sarò sempre un suo grande fan. Non ci sarà mai più un artista come lui”. Drigo, chitarrista dei Negrita, come tutta la band, oltre a esser stato un grande fan del Pino cantautore, lo è stato soprattutto del Pino chi-

Pino raggiunge i Negramaro nel dicembre del

tarrista: “A me me piace ‘o blues diceva, oppure

2013 sul palco del Palamaggiò di Caserta, in oc-

nero a metà si dichiarava, ma ascoltandolo sul-

Chitarr’hero

143

lo strumento non è certo facile né automatico

e a lui mi sono avvicinato alla prima occasione:

individuare il come, o ascoltando chi o cosa, si

nel backstage di un MTV Day a Genova Porto

sia formato il Pino chitarrista. Sono cresciuto

Antico, nel settembre 2009. La conversazione che

ascoltando il blues, conosco bene i nomi, gli stili

seguì alla nostra stretta di mano mi colpì molto e

e le storie di un po’ tutti i grandi di questo genere.

generò una complicità e amicizia che m’han dato,

Pino è blues da capo a piedi, ma il suo Delta è

poi, la possibilità di conoscere meglio la persona

Napoli e non scoprirai i suoi diretti riferimenti,

e ammirarne ancor di più l’arte. Ero convinto che

né potrai dire che il suo stile ti ricorda qualcuno.

Pino fosse un poeta col dono della musica. È quel che gli dissi la prima volta. Ma lui mi convinse, negli anni, di essere e sentirsi invece un musici-

«Chi come lui, è così completo, virtuoso, eclettico nella composizione, nel canto e come musicista? Mi vengono in mente Sting, Paul McCartney, Louis Armstrong, Mark Knopfler e pochi altri»

Drigo (Negrita)

sta col dono della poesia. Con l’entusiasmo e la

curiosità di un bambino, tutto gli piaceva della musica. ‘Ma prima di tutto e più di ogni altra cosa, Drigo, a me me piace sunà ‘a chitarra!’”. Nell’ultima mia intervista a Pino Daniele, datata 3 novembre del 2014 per il Corriere del

Mezzogiorno – Corriere della sera, mi svela che avrebbe voluto realizzare un disco con tanti chitarristi dell’area del Mediterraneo, Spagna, Portogallo, Nord Africa. Ma non ne ha avu-

Pino Daniele è naturalmente se stesso. Questo

to il tempo: “Mare non più cimitero d’acqua

è il dono che pochi musicisti hanno e che, in

per sfortunati esuli, ma culla di civiltà. Questo

sostanza, contraddistingue i fuoriclasse. Il suo

vorrei fosse il messaggio. Siamo tutti figli di

caso però non si esaurisce qui: il suo arsenale

questo mare. Sono orgoglioso di aver ricevuto

espressivo è talmente vasto da rendere limitante

giorni or sono il Premio Mediterraneo Arte e

pensare a lui come chitarrista. Autore, interprete,

Creatività 2014”.

poeta, cantante e musicista straordinario, può

essere confrontato solo con pochissimi altri. Chi, come lui, è così completo, virtuoso, eclettico nella composizione, nel canto e come musicista? Mi

vengono in mente Sting, Paul McCartney, Louis Armstrong, Mark Knopfler e pochi altri. Con questo genere di ammirazione l’ho sempre guardato

«Pino, al contrario di me, è stato un grande chitarrista, uno di serie A»

Edoardo Bennato

8 Due cuori a metà Pino e Massimo: una lunga storia di amicizia

l loro primo incontro negli studi RAI di Roma nel 1977 in occasione

I

del programma Non Stop. Le colonne sonore per i film Ricomincio da tre (1981), Le vie del

Signore sono finite (1988), Pensavo fosse amore invece era un calesse che contiene Quando. La canzone O ssaie comme fa o’ core scritta insieme. La puntata di Alta classe di Gianni Minà, nel 1992, che li vede protagonisti. Il commovente ricordo del lazzaro felice per l’amico Massimo, scomparso pochi giorni prima, nel corso del concerto allo stadio San Paolo (giugno 1994) con Lorenzo Jovanotti ed Eros Ramazzotti.

Due cuori a metà

145

146

YES I KNOW... PINO DANIELE

i sono conosciuti nel 1977, negli studi RAI

S

po con due cuori a metà. Con tagliente autoiro-

di Roma, in occasione del programma te-

nia hanno scritto anche una canzone – nel 1991

levisivo Non Stop, con la regia di Enzo

– sui loro cuori pazzi, partendo dalla poesia di

Trapani.

Massimo ‘O ssaje comme fa ‘o core, per la colon-

Pino, segnalato dallo stesso Massimo come gio-

na sonora del film Pensavo fosse amore invece

vane talento partenopeo al regista/talent scout

era un calesse, giocando sulla loro cardiopatia,

Enzo Trapani e a uno degli autori, Giancarlo

ma anche sul loro romanticismo, considerato

Magalli, esegue nella seconda puntata del 3 no-

anch’esso una patologia: la storia di un cuore

vembre 1977 Saglie, saglie accompagnato da

capriccioso che quando si tratta di sentimenti

Donatella Brighel alla voce, Tony Cercola alle

non ascolta la razionalità.

percussioni e da Aldo Mercurio al contrabbasso.

Il sodalizio artistico tra Pino e Massimo nasce

Seduti in terra, davanti a loro, proprio i tre de La

agli inizi degli anni Ottanta, quando il lazzaro

Smorfia – Massimo, Lello ed Enzo – che finita

felice compone le musiche per la colonna sonora

l’esibizione si alzano, abbracciano Pino che si sie-

del film Ricomincio da tre, prodotto da Fulvio

de in terra al loro posto, occupando la scena per

Lucignano e Mauro Berardi, con la sceneggia-

un loro sketch, uno dei più amati, quello di San

tura dello stesso Troisi con Anna Pavignano. La

Gennaro. Sono loro la nuova Napoli “neo-masa-

pellicola, costata 450 milioni di lire (incassa la

nelliana” di fine anni Settanta, i figli più giovani

straordinaria cifra di 15 miliardi, in un periodo

della nobile commedia dell’arte e della musica.

poco felice per il cinema italiano), mette d’ac-

Pino e Massimo, due anime sensibili, ma purtrop-

cordo critica e pubblico, vincendo due David di

NON STOP – BALLATA SENZA MANOVRATORE La prima puntata va in onda su RAI 1 il 27 ottobre 1977, dando il via a una nuova era della comicità italiana, lanciando oltre al trio de La Smorfia (originariamente chiamati I Saraceni), anche i Gatti di Vicolo Miracoli (Umberto Smaila, Jerry Calà, Franco Oppini, Ninì Salerno), i Giancattivi (Athina Cenci, Alessandro Benvenuti, Francesco Nuti), Zuzzurro e Gaspare, Marco Messeri (che lavorerà nei film di Troisi) e nell’edizione dell’anno dopo anche Carlo Verdone. Un programma sperimentale, senza conduttore, con un continuo alternarsi di esibizioni di musica, cabaret, balli, come da volontà degli autori Enzo Trapani, Giancarlo Magalli, Alberto Testa, Mario Pogliotti. L’idea del format è di Pippo Baudo, che la suggerisce al dirigente RAI Bruno Voglino.

ʵ˜˚˥˔Ё˘

147

Donatello (per il miglior attore e il miglior film). Sette anni dopo,

3 novembre 1977

nel 1988, i due amici si ritrovano a collaborare per il film Le vie

Pino è ospite, grazie proprio alla segnalazione di Massimo Troisi (allora ne La Smorfia), della seconda puntata del programma televisivo RAI Non Stop di Enzo Trapani. Esegue Saglie saglie con Donatella Brighel, Tony Cercola e Aldo Mercurio.

del Signore sono finite, vincitore di un Nastro d’Argento per la miglior sceneggiatura. Brani come Qualcosa arriverà, Promenade, Nustalgia, Chez moi e Tarantarabe ben si adattano all’ambientazione fascista della pellicola e al suo impianto visivo. Massimo amava la musica e amava Pino che, come diceva spesso è “come il caffè al mattino… non ne puoi fare a meno”. Aveva acquistato un giorno, in un negozio di Formia, durante una delle sue tante visite all’amico, un sassofono, ma non sapeva suonare nessuno strumento. In Pino vedeva un prolungamento di se stesso, così come accadeva al mascalzone latino nei suoi confronti. Il 2 dicembre del 1991, la CGD pubblica Sotto ‘o sole, che racchiude canzoni tratte dai i primi tre dischi del suonautore, riviste e riarrangiate (Maronna mia, Voglio di più, Cammina cammina, Chi tene ‘o mare, Donna Cuncetta, Viento e Sotto ‘o sole – a cui viene aggiunta una strofa), più due inediti, ‘O ssaje comme fa ‘o core con i versi scritti da Massimo Troisi e Quando. Troviamo la voce dell’attore e regista di San Giorgio a Cremano, in una parte del ritornello, anche nel remake di Saglie saglie che si apre con l’intro di Quando. Ad accompagnare Pino in Sotto ‘o sole c’è Mick Goodrick alla chitarra (nei brani Viento, Sotto ‘o sole, e ‘O ssaje comme fa ‘o core), Alfredo Paixao al basso, Rosario Jermano e Karl Potter alle percussioni e alla batteria, Demo Morselli alla tromba e al flicorno, Matteo Saggese alle tastiere. Canzone simbolo della collaborazione tra i due è Quando, inserita in Pensavo fosse amore invece era un calesse (1991), l’ultima regia di Troisi. Pino vince nel 1992 il Nastro d’Argento e il Globo d’Oro per la miglior colonna sonora. “L’amicizia tra Massimo e Pino è scoccata subito”, ricorda Alfredo Cozzolino, amico d’infanzia di Troisi. “Massimo aveva una telecamerina: quando arrivava Pino la accendeva e la nascondeva per registrare di nascosto quando cantava, suonava, provavano. Le vi-

deocassette delle registrazioni le conservava gelosamente e quando

1981 Pino compone le musiche per il film Ricomincio da tre.

1988 Pino si ritrova a collaborare con Massimo Troisi per il film Le vie del signore sono finite, componendo brani come Qualcosa arriverà, Promenade, Nustalgia, Chez Moi e Tarantarabe.

2 dicembre 1991 Esce Sotto ‘o sole, che racchiude canzoni tratte dai i primi tre dischi di Pino, riviste e riarrangiate (Maronna mia, Voglio di più, Cammina cammina, Chi tene ‘o mare, Donna Cuncetta, Viento e Sotto ‘o sole a cui viene aggiunta una strofa), più due inediti: ‘O ssaje comme fa ‘o core con i versi scritti da Massimo Troisi e Quando che diviene la colonna sonora del film Pensavo fosse amore invece era un calesse.

1992 Massimo Troisi è ospite della trasmissione di Gianni Minà Alta classe, che dedica una puntata a Pino Daniele.

148

YES I KNOW... PINO DANIELE

LA CANZONE DA RICORDARE

QUANDO “Tu dimmi quando, quando, dove sono i tuoi occhi e la tua bocca, forse in Africa che importa”. Hotel Santa Lucia, con vista sul Golfo di Napoli, dove Massimo Troisi alloggia da giorni. Di fronte, sull’isolotto di Megaride, l’attore e regista sta girando le scene di Pensavo fosse amore invece era un calesse, all’ombra del Castel dell’Ovo. In un video ormai divenuto cult (che la giornalista Anna Praderio inserisce in un documentario sull’attore e regista), Pino fa ascoltare nella sua stanza all’amico, prima in cuffia e poi dal vivo chitarra voce, Quando. Seduti su due poltroncine, in un clima rilassato – Pino in jeans e T-shirt bianca e Massimo in bermuda beige e maglietta nera, che finirà per dargli anche suoi consigli sul testo (suggerisce “per vederti andare via” al posto di “per vederti ballare”) – sincronizzano i loro cuori mascalzoni, scugnizzi, latini e malandati. Le note di Quando si diffondono nell’aria, escono dalla stanza e si bagnano nel mare, divenendo la canzone simbolo della loro amicizia, del loro sodalizio umano e artistico, del film. Il video nella stanza dell’Hotel Santa Lucia prosegue con Pino che dice a Massimo: “Ma tu lo sai ora, scherzi a parte, io sono legato a te da un grosso affetto. Ho sempre nelle orecchie le telefonate che mi hai fatto quando ero in clinica. Io par’ strunz, teng nu carattere e merda, però quando mi affeziono, veramente… tu mi hai dato una grossa forza, forse non te ne sei accorto perché tu mi hai capito. Sei l’unica persona con cui riesco a non avere nessun paravento per proteggermi dall’attacco degli altri. Gli altri vogliono sulamente piglià, ne approfittano, Massimo, rompono semp ‘o cazzo”. Quando, suonata nella versione su disco da Alfredo Paixão (basso), Rosario Jermano (percussioni), Matteo Saggese (tastiera) e da Karl Potter (congas) è e sarà per sempre la canzone di Pino e Massimo. Quella di due cuori a metà.

poteva le riguardava. Massimo era un grande fan

di fare teatro e questa cosa mi rattrista. Aveva

di Pino e viceversa. C’era tra loro amore, rispetto,

pensato a due testi da scrivere, ma non ne ha

stima. Ognuno si rivedeva nell’altro. Un giorno

avuto il tempo. Il cinema si è trovato a farlo, il

Pino scherzando gli disse: ‘Io me putesse piglià

suo amore era il teatro”.

‘o post ‘e Lello Arena’. Avevano anche gli stessi

Come Daniele anche Troisi è un rivoluzionario,

difetti, che però tengo per me. Amavano poi en-

uno che vuole rompere con l’olografia del pas-

trambi il teatro. Massimo è morto col desiderio

sato, un neoMasaniello. È come il Pulcinella di

ʵ˜˚˥˔Ё˘

Suonno d’ajere che, togliendosi la maschera, invita la gente a ribellarsi contro il folklore turistico della Napoli da cartolina. Uno dei primi esempi di superamento di un luogo comune è la scena, in Ricomincio da tre, del passaggio in auto, quando Michele Mirabella chiede a Massimo: “Da dove venite?”

149

1993 Nel disco Che Dio ti benedica è inserita la canzone T’aggia vedè morta, scritta da Massimo e musicata da Pino.

4 giugno 1994

«Quando Pino suonava o parlava Massimo lo osservava in religioso silenzio, incantato. Stessa cosa accadeva quando Massimo faceva battute, raccontava, recitava»

Alfredo Cozzolino “Da Napoli”, risponde lui. “Ah: emigrante?”, incalza l’altro. “No, no, anzi a Napoli avevo anche un lavoro, sono partito così, per viaggià, per conoscere”. “Un napoletano che viaggia non è per

forza un emigrante”, ripeterà stizzito più volte Massimo nel film.

Muore a Ostia, a casa della sorella Annamaria, Massimo Troisi.

13 giugno 1994 Pino, in concerto allo Stadio San Paolo di Napoli con Jovanotti ed Eros Ramazzotti, ricorda commosso l’amico scomparso nove giorni prima.

Gennaio 2008 Esce il cofanetto Ricomincio da 30, contenente 45 brani (tra inediti e vecchi successi), che Pino dedica a Massimo.

Dopo lo straordinario successo di Ricomincio da tre, Gianni Ravera, patron del Festival di Sanremo, vuole l’attore e regista

a tutti i costi ospite della finale del sabato sera. La RAI, dopo la performance di Roberto Benigni dell’anno precedente (che disse davanti a milioni di spettatori e a un esterrefatto Pippo Baudo “Wojtylaccio”, riferendosi al Papa), pone dei veti su alcuni argomenti. Durante le prove Massimo sta improvvisando e subisce un ennesimo stop dei censori della TV pubblica per avere toccato un argomento non permesso: è così che annulla la sua partecipazione a mezz’ora dalla diretta dal Teatro Ariston. Pino e Massimo, entrambi maschere atemporali, transgenerazionali, simboli del rinascimento napoletano degli anni Ottanta: il comico dei sentimenti e il suonautore dei sentimenti che spesso si “dipinge la faccia nera” e le canta a chi di dovere, con o senza metafore. “La Napoli di quegli anni”, racconta Enzo Decaro”, facendo i

dovuti paragoni, era una piccola Firenze rinascimentale dell’arte. C’erano persone che iniziavano a tracciare e a costruire con la pro-

«Ha donato nuova linfa vitale alla canzone napoletana creando cose nuove, uniche, ma al tempo stesso recuperando la sua secolare tradizione!"»

Enzo Decaro

150

YES I KNOW... PINO DANIELE

pria arte e la propria sensibilità una discontinuità

cata a Pino Daniele, con la storia dell’agendina

col passato, cercando nuovi valori. C’erano Pino,

ormai diventata un cult, Troisi è in gran forma:

Massimo, noi de La Smorfia, Annibale Ruccello,

“Io invidio Gianni Minà per la sua agendina tele-

il maestro Roberto De Simone, la N.C.C.P.,

fonica. Chiama Cassius Clay e non è che gli sbat-

Edoardo Bennato… eravamo tutti ragazzi che

tono il telefono in faccia… lui risponde in telese-

sentivano il bisogno di voltare pagina con un

lezione, a carico di Cassius naturalmente. Alla F,

passato olografico. Pino era sempre alla ricerca

c’ha Fidel senza Castro… i Moncada, ha il numero

di nuove terre sonore da esplorare. Ricordo con

diretto di casa dei Moncada. Quando lui chiama

tenerezza quando veniva a casa mia a far telefo-

litigano tra di loro per chi deve rispondere… stava

nate interurbane. Un giorno, quando arrivò la bolletta dell’allora SIP, mia madre mise il lucchetto al telefono”. Nel 1993 Pino pubblica

facendo sciogliere i Moncada... Pino mi vuole

bene e l’ho capito stasera. Ha detto: ‘Gianni chiama Troisi per questa sera’. Gianni ha preso l’agenda: fratelli Taviani, Little Tony,

il disco Che Dio ti be-

Toquinho, Troisi…”.

nedica che contiene

Alla domanda sul film

la canzone T’aggia

Pensavo fosse amore inve-

vedè morta, scritta

ce era un calesse, Massimo

da Massimo e musica-

incalza: “Io ho fatto tutti i

ta da lui. I due l’hanno composta l’anno prima, durante un viaggio insieme in auto da Roma a Viareggio, dove si recavano per le registrazioni

film per le musiche di Pino Daniele. Lui fa le canzoni, mi chiama e mi dice: ‘Mi fai il film?’… io le sento, nelle parti più malinconiche faccio parti drammatiche, quando la

del programma televisivo Alta classe.

musica è più svelta, faccio le battute”. Venti minu-

Nel gennaio del 2008, Pino dedica il cofanetto

ti irripetibili, che hanno fatto storia e che hanno

Ricomincio da 30, contenente 45 brani tra inediti

tenuto incollati davanti alla TV milioni di persone

e vecchi successi, proprio all’amico scomparso

di ogni parte d’Italia. “Sofferenza in amore è un

14 anni prima: “Caro Massimo questo progetto

vuoto a perdere – dice Massimo guardando il suo

è dedicato a te. Nu Bacio! Pino”, è la dedica che

amico che lacrima dalle risate – non ci guadagni

si legge sul libretto contenuto nel disco.

niente, a parte i cantautori che ci scrivono le can-

Fanno parte della storia della nostra televisione

zoni. Pino quando soffre ci guadagna. Io soffro,

le loro apparizioni sul piccolo schermo.

faccio un film, ma di tre ore… tu soffri due giorni

Celebre è l’intervista di Gianni Minà in una pun-

e fai una canzone di tre minuti. Io devo soffrire

tata del suo programma Alta classe (1992) dedi-

da quand’ero piccolino… tradito già dall’ostetrica:

Due cuori a metà

151

mentre mi stava tirando mi ha lasciato a metà ed

all’alba, mentre la città dormiva ancora, arrivando

è andata a prendere un altro bambino”.

da Roma, e rimase in camerino per tutta la gior-

Il 4 giugno del 1994, la morte di Massimo Troisi

nata senza che nessuno lo venisse a sapere, tranne

coglie tutti di sorpresa, un’intera città, l’Italia e

noi e pochi intimi. Quando uscimmo sul palco ce

Pino che, appena ricevuta la notizia, si precipita

l’avevo accanto e guardando lo stadio assistetti alla

a Ostia, a casa della sorella Annamaria, dove l’a-

più grande dimostrazione di amore di un popolo

mico si è addormentato per l’ultima volta. Pino,

verso un artista che lo rappresenta, qualcosa di

giorni dopo, allo stadio San Paolo in concerto

storico, mai vista prima e mai più vista una cosa

con Lorenzo Jovanotti ed Eros Ramazzotti, si

del genere. Una cosa che non dimenticherò mai.

rivolge al pubblico con la voce strozzata dalla

Quella Napoli si riconosceva in Pino Daniele, l’ar-

commozione dicendo: “Voglio dire solo una cosa

tista che aveva saputo valorizzarla non attraverso

assurda… questa sera sono passato a prendere

le sue maschere, ma partendo dalla realtà e dalla

Massimo a casa e mi hanno detto che era già

poesia, l’uomo che l’aveva liberata dagli stereotipi,

qui”. L’intero stadio applaude e piange, così

che l’aveva portata nella modernità senza perderci

come fa il cielo, mandando giù gocce di pioggia.

in cultura e in umanità”.

Jovanotti sulla sua pagina Facebook scrive, il giorno della morte di Pino: “Conservo il ricordo della giornata di Napoli, allo stadio San Paolo, 13 giugno 1994. Era il suo ritorno a Napoli dopo tanti anni e io e Ramazza (è così che gli amici chiamano Eros) lo avremmo accompagnato in quella che per lui

e per i napoletani era la cosa più importante del mondo. Inoltre da pochi giorni era morto Massimo Troisi e la cosa aveva caricato quella giornata di un’emozione ancora più forte e aveva avvolto Pino in una nuvola di pensieri che rimanevano tra sé e

«Dal palco, guardando lo stadio, assistetti alla più grande dimostrazione di amore di un popolo verso un artista che lo rappresenta, qualcosa di storico, mai vista prima e mai più vista una cosa del genere»

Jovanotti

sé. Era agitato, silenzioso, ogni tanto sdrammatizzava con una battuta, ma quel concerto per lui era

Il lazzaro felice, ogni volta che potrà, chiamerà i

molto più di un concerto. La città era in attesa, i

familiari di Massimo per informarsi sugli orari di

biglietti introvabili, nessuno a Napoli sapeva dove

apertura e chiusura del cimitero di San Giorgio a

alloggiava Pino e si temeva che se fosse entrato

Cremano, dove riposa l’attore. Lo andrà a trovare

anche con un blindato nello stadio ci sarebbero

in incognito, di nascosto, lontano dai clamori,

stati dei rischi di ordine pubblico là fuori, per il

come nel suo stile, con berretto in testa, occhiali

troppo amore dei fan. Così lui entrò nello stadio

scuri, provando a non farsi riconoscere.

9 Pino nell’abbraccio di Piazza del Plebiscito La grande casa del lazzaro felice, dalla consacrazione del 1981 all'ultimo saluto l concerto del 19 settembre del 1981, lo zenith del Neapolitan

I

Power. Il trionfo nella finale napoletana del Festivalbar del 1997. Il Cornetto Free Music Festival del 2004. Il ritorno celebrativo

con il 9DLPRЧWRXU del 2008. Il duetto con Laura Pausini del 2012 su Napule è. Il flash mob spontaneo nel giorno della sua morte con più di 100.000 lazzari infelici, un cordoglio unanime, un lutto cittadino che ha poi accompagnato il suo funerale del 7 gennaio 2015.

Pino nell’abbraccio di Piazza del Plebiscito

153

154

YES I KNOW... PINO DANIELE

P

iazza del Plebiscito è la piazza dei na-

È la Napoli del dopo-terremoto che ha voglia

poletani, la piazza di Pino. L’energia e

di gridare, di cantare, per esorcizzare dolore e

la massima espressione del Neapolitan

paura.

Power, ha la sua data di nascita, il 19 settembre

Il concerto, tappa del Vai mo’ Tour, nominato

del 1981, quando nel giorno della Festa di San

“miglior show live dell’anno” (il premio viene

Gennaro più di 200.000 persone accorrono

consegnato dai giornalisti Carlo Massarini e

nella grande Agorà per ascoltare il giovane

Mario Luzzatto Fegiz durante la trasmissione

bluesman, nato a poche centinaia di metri in

TV Mister Fantasy, con Tony Esposito), chiude

linea d’aria, nel cuore del centro storico pa-

la serie di eventi della rassegna “Estate a Napoli”

trimonio dell’UNESCO. Non ci sono i social,

di quell’anno, voluta dall’allora sindaco – il primo

Internet non esiste, la pubblicità non è stata

comunista della città – Maurizio Valenzi.

tanta: tutto accade grazie a un passaparola, a

In Piazza del Plebiscito, il salotto buono della

un tam-tam cittadino e a qualche articolo di

città, per la prima volta liberata dalle automobili

giornale.

parcheggiate, confluiscono quella sera le strade

IL MIRACOLO DI PINO Il 19 settembre del 1981 avevo 11 anni. Ricordo la piazza senza auto parcheggiate, senza gli scugnizzi intenti a dribblarle, giocando con i palloni Super Santos che sembravano grandi arance tutte da colpire. C’era gente ovunque e di ogni età. Un fiume umano che s’ingrossava, minuto dopo minuto.

In fondo, nei pressi del palco, posizionato davanti al colonnato della Basilica di San Francesco di Paola, di fronte Palazzo Reale e i suoi Sovrani di pietra, gli addetti ai lavori andavano avanti e indietro sudatissimi, trasportando casse, monitor, lunghi cavi, strumenti… Ero con mio padre e i suoi amici che conoscevano i ragazzi della superband. Entrammo nel backstage per salutarli, facendoci spazio tra una security approssimativa. Conoscevo Pino dai racconti di papà e dai vinili che ascoltavamo insieme sul giradischi Technics di casa (Terra mia, Pino Daniele, Nero a metà, Vai mo’). C’era ‘o Jamm’ base James (con cui vent’anni dopo avrò il piacere di scrivere la sua biografia), Tullio, Tony, Joe, Rino e c’era lui, Pino, grande, in jeans e camicia (sempre jeans), con maglia scura sotto (ne indosserà una bianca per il concerto), fascia da indiano tra i capelli, una sigaretta tra le dita, con accanto una Gibson Les Paul nera luccicante che avrebbe utilizzato di lì a poco. Il clima era sì un po’ teso, ma di festa. Nessuno, credo, in quel momento, né noi né loro, si stesse rendendo conto di star vivendo un momento storico irripetibile. Ritornammo dopo una decina di minuti in mezzo

Pino nell’abbraccio di Piazza del Plebiscito

155

del blues, del funky, del soul, del jazz… di Pino.

Tony e Joe suonano tra le statue equestri di Carlo

Nasce la leggenda, il culto di un nuovo e anar-

III di Borbone e di suo figlio Ferdinando I delle

chico santo patrono di una città che mescola da

Due Sicilie (realizzate da Antonio Canova e dal

secoli il sacro e il profano, come Virgilio Il Mago,

suo allievo Antonio Calì). Suonano a pochi metri

San Gennaro, Maradona, Sofia Loren e Totò e

dal Caffè Gambrinus, altro luogo simbolo della

che nel suo DNA dei canti ha aggiunto a ‘O sole

storia cittadina (Pino con i Batracomiomachia

mio, a Torna a Surriento e a Reginella anche Je

aveva inciso una canzone, Gambrinus, per un

so’ pazzo e Napule è.

provino), tra le cui sale ancora dimorano gli spi-

Napoli è sempre “’na carta sporca”, ma quella

riti nobili di Matilde Serao, Oscar Wilde, Totò,

sera “niuscino se ne ‘mporta”, al contrario molti,

Ernest Hemingway, Benedetto Croce, Eduardo e

avvolti in un manto di entusiasmo collettivo ras-

Peppino De Filippo, Jean-Paul Sartre, Edoardo

sicurante e da un senso di appartenenza newpo-

Scarfoglio e Gabriele d’Annunzio.

litano, pensano che quella carta prima o poi sa-

“Ci volle un’ora dopo il concerto per ripren-

rebbe stata raccolta. Pino, James, Tullio, Rino,

dermi”, ricorda ‘o guaglione che parla in blues

alla gente. Passai il tempo a bere 7Up e a mangiare pizzette. Poi, un boato accompagnò l’entrata in scena dei protagonisti. Ero nel bel mezzo della Storia, ma non lo percepivo, intento solo a saltare e a cantare a squarciagola “je so’ pazzo e nun ce scassat o cazz…”, atto liberatorio di un qualcosa che non sempre si poteva dire, ma che in quel momento mi era concesso, perché non si potevano sgridare per una parolaccia più di 200.000 persone. Citando Lucio Dalla fu La sera dei miracoli. La mattina c’era stato quello del Santo Patrono che aveva liquefatto il suo sangue nel Duomo di Napoli, davanti a centinaia di fedeli; la sera quello che sciolse il nostro, non scosso dalle mani di Cardinali, ma dal groove di Yes I Know My Way, da questo nuovo inno di una generazione di sognatori che credeva di poter cambiare le cose con la musica, com’era accaduto una decina di anni prima alla Woodstock Generation, quella dei nostri padri. Per un paio d’ore, la paura del terremoto che da quasi un anno ci stringeva la gola si allontanò. Ci sentimmo tutti meno soli, tutti più forti, orgogliosi di essere napoletani come quei ragazzi sul palco. Forse fu proprio quella sera, grazie a quell’energia, a quell’atmosfera, che capii che mi sarebbe piaciuto vivere raccontando storie di musica. Carmine Aymone

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YES I KNOW... PINO DANIELE

napoletano, come titolò all’epoca il quotidiano

album con Dimmi cosa succede sulla Terra; il

Il Mattino. “L’emozione fu troppo grande, non

18 luglio del 2004 per il Cornetto Free Music

riuscivo a contenerla e a gestirla. Uno dei mo-

Festival, dove propone un live set in cui pre-

menti più belli della mia vita. Cantavano tutti,

senta con coraggio (spiazzando gran parte

fu una cosa incredibile. Ricordo però anche la

del suo pubblico) i suoi brani nelle partiture

sensazione di paura che ebbi prima di salire sul

madrigaliste; infine l’8 luglio del 2008, per il

palco, quando vidi quell’oceano di persone, al-

tour celebrativo di Vai mo’. In quest’occasione

cune svenivano nelle primissime file, portate via

richiama non solo i vecchi compagni di viaggio

dalle ambulanze”.

della superband (James, Tullio, Tony, Rino,

Piazza del Plebiscito sarà la grande casa di Pino,

Joe), ma anche quelli con cui ha inciso Nero

in cui riceverà caldi abbracci di amore e condi-

a metà (il bassista Gigi De Rienzo, Agostino

visione, fino all’ultimo saluto fatto di lacrime,

Marangolo alla batteria e il tastierista Ernesto

applausi e canti.

Vitolo), che si aggiungono alla sua backing band

Pino tornerà a suonarvi per la finale del

del momento (Alfredo Golino, Gianluca Podio,

Festivalbar del 1997 che lo vede trionfatore

Fabio Massimo Colasanti, Juan Carlos Abelo,

profeta in patria, sia nella categoria singoli

Mat Garrison), per festeggiare insieme 30 anni

con Che male c’è, sia in quella dedicata agli

di carriera, celebrandoli anche con il cofanetto

IL MIRACOLO DI SAN GENNARO Il miracolo del sangue liquefatto di San Gennaro si ripete, secondo tradizione, tre volte l’anno: il 19 settembre, giorno del martirio del patrono di Napoli (avvenuto a Pozzuoli nel 305 d.C.), il 16 dicembre (anniversario dell’eruzione del Vesuvio del 1631, quando si narra che il Santo fermò la lava alle porte della città) e il sabato precedente la prima domenica di maggio, data della traslazione del corpo. Quando la liquefazione non avviene – o si verifica in ritardo o in anticipo – è un brutto segno per la città. Come accadde nel settembre del 1939 e del 1940, per esempio, in corrispondenza con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale e l’entrata in conflitto dell’Italia; o nel settembre del 1943, data dell’occupazione nazista; nel settembre del 1973, periodo della diffusione del colera a Napoli che rispedì la città indietro nel tempo e lontano dal mondo; e nel settembre del 1980, l’anno del terremoto in Irpinia.

ʵ˜˚˥˔Ё˘

di tre CD Ricomincio da 30, dedicato all’amico Massimo Troisi. Tony Esposito: “Passeggiavo per Roma quando sentii uscire da un negozio di strumenti musicali le note di una chitarra che mi erano familiari. Entrai e vidi Pino che ne stava provando una. Ci abbracciammo e mi disse: ‘Tony e se ci riunissimo? Voglio far vedere ai miei figli, ai nipoti che noi suonavamo e sunamm veramente, cacciamm ‘e muscoli. Chiama Tullio e Joe, io sento James e Rino e ripartiamo’. Quando parlava di tutti noi, ex scugnizzi napoletani, gli brillavano gli occhi”.

«Mi disse: ‘Chiama Tullio e Joe, io sento James e Rino e ripartiamo’. Quando parlava di tutti noi, ex scugnizzi napoletani, gli brillavano gli occhi»

Tony Esposito Il concerto è previsto inizialmente allo stadio San Paolo, che viene però negato. Si pensa quindi all’Ippodromo di Agnano, ma l’ipotesi viene scartata dalla produzione a causa della richiesta economica elevatissima avanzata per l’utilizzo della struttura. È così che l’evento si svolge in Piazza del Plebiscito, davanti a quasi 80.000 persone paganti, ed è trasmesso in diretta (con molte interruzioni) su RAI 1, con Milly Carlucci a condurre. Per l’occasione Pino invita alcuni ospiti che salgono sul palco

per duettare con lui: Nino D’Angelo (Donna Cuncetta), Giorgia (Vento di passione), Irene Grandi (Se mi vuoi), Avion Travel (Terra mia), Chiara Civello (L’ironia di sempre) e Gigi D’Alessio

(‘O Scarrafone). Napule è si trasforma, cantata da tutti, in una sorta di We Are The World napoletana. Parte del concerto viene inclusa nel disco live Tutta n’ata storia – Vai mo’ – Live In Napoli, uscito nel gennaio 2013, contenente anche due inediti (Non si torna indietro e Another Dimension). Insieme al CD viene pubblicato un DVD (dallo stesso titolo) con la

157

1997 Pino trionfa al Festivalbar, nella sua Piazza del Plebiscito, nella categoria dedicata ai singoli con Che male c’è e in quella degli album con Dimmi cosa succede sulla Terra.

18 luglio 2004 Suona in piazza del Plebiscito per il Cornetto Free Music Festival, avvolgendo l’area di madrigali e di blues.

8 luglio 2008 Per il tour celebrativo di Vai mo’ richiama non solo i vecchi compagni di viaggio della superband (James, Tullio, Tony, Rino, Joe), ma anche quelli con cui aveva inciso Nero a metà (Gigi De Rienzo, Agostino Marangolo, Ernesto Vitolo) che si aggiungono ad Alfredo Golino, Gianluca Podio, Fabio Massimo Colasanti, Juan Carlos Abelo, Mat Garrison. Tutti insieme festeggiano 30 anni di carriera di Pino.

24 luglio 2012 Pino raggiunge Laura Pausini sul palco di Piazza del Plebiscito, duettando in Napule è, Quando ed E ritorno da te (dell’artista di Faenza). È l’ultima volta che suona nella sua agorà.

2012/2013 Al Palapartenope di Fuorigrotta si tiene il Pino Daniele & Friends (un grande evento che ripeterà l’anno successivo). Le date del 28, 29, 30 dicembre 2012 e 4, 5 e 6 gennaio 2013 sono tutte sold out.

158

YES I KNOW... PINO DANIELE

LA PIAZZA DELLA MUSICA La piazza simbolo della città, deve la sua denominazione al plebiscito del 1860, con cui il Regno delle Due Sicilie si univa al Piemonte dei Savoia e al resto dell’Italia. Con i suoi 25.000 metri quadrati di spazio che la rendono una delle più ampie d’Italia, ha accolto grandi live divenendo nel tempo scenario dei principali avvenimenti cittadini. Famosa nei secoli scorsi era la Festa della Cuccagna: in quest’occasione l’albero di una nave, a cui erano attaccati premi per coloro che riuscivano a salirci, veniva posto al centro della piazza. In questo luogo, che anticamente era chiamato Largo di Palazzo, negli anni si sono esibiti artisti come il maestro Renato Carosone, Edoardo Bennato, Eugenio Bennato, Renzo Arbore, Lucio Dalla, Nino D’Angelo, Khaled, Goran Bregovic, Sal Da Vinci, Fiorella Mannoia, Manu Chao, Almamegretta, Massimo Ranieri, Giovanni Allevi, José Carreras, Marco Mengoni, Laura Pausini, Franco Battiato e Bruce Springsteen con la E-Street Band (23 maggio 2013). Il 4 luglio del 1997 una delle leggende del rock-blues britannico, l’ex Traffic Steve Winwood, vi ha suonato col suo organo Hammond, invitato da Zucchero. Era la terza edizione dell’allora tradizionale appuntamento dell’estate napoletana, intitolato “Te Voglio Bene Assaje”, ideato e organizzato nel 1995 da Lucio Dalla e che aveva visto l’anno prima protagonista Antonello Venditti. Nel maggio del 2002 la giostra del Festivalbar atterrò di nuovo in piazza con i Red Hot Chili Peppers, Ligabue, Zucchero, Jovanotti, Andrea Bocelli, Alanis Morissette e Brian Adams. Il 17 luglio del 2004 in occasione del Cornetto Free Music Festival si esibì Carlo Santana, mentre il giorno dopo fu la volta proprio di Pino. Nel 2005 toccò ai Jamiroquay. Il 25 giugno del 2006 fu la volta dell’ex Police Sting: prima di lui salirono sul palco Carmen Consoli e Skin degli Skunk Anansie. Elton John ha segnato con la sua voce e il suo piano, l’11 settembre, la Piedigrotta 2009. Bagno di folla in piazza anche per Gigi D’Alessio che il 19 settembre del 2000 richiamò attorno a sé 200.000 persone. D’Alessio vi ritornò il 30 settembre del 2005 con uno show a cui parteciparono anche Claudio Baglioni, Lucio Dalla, Lee Ryan, Anna Tatangelo, Giorgio Panariello e Anna Falchi.

registrazione video dell’evento e alcuni contenuti

ragazzi del 1981, 27 anni dopo, che la rivoluzione

extra (dietro le quinte e interviste ai musicisti).

cantata e sognata, non c’è stata, che la voglia di

Una serata inevitabilmente amarcord, dove la

riscatto sorta quei giorni sulle macerie del terre-

nostalgia canaglia crudelmente ricorda agli ex

moto si è subito affievolita, che la carta sporca

ʵ˜˚˥˔Ё˘

è ancora lì in terra, così come un certo malaffare e malpensare.

Anche il mare “sta sempe llà, tutto spuorco, chino ‘e munnezza e nisciuno ‘o vo’ guardà”. Il 24 luglio del 2012 Pino, nella sua piazza, raggiunge Laura Pausini

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16/17 dicembre 2014 Il suo ultimo concerto a Napoli, al Palapartenope. Col tour Nero a metà.

sul palco, duettando in Napule è, Quando e in E ritorno da te

16 giugno 2014

dell’artista di Faenza.

Sky Arte manda in onda il documentario Pino Daniele. Il blues Mediterraneo, con il giornalista Luca Dondoni che dialoga con il mascalzone latino.

“Avere Pino Daniele al mio fianco nella sua Napoli”, commenta Laura Pausini, “è per me un onore e mi farà sentire ancora più a casa in una città che amo con tutto il cuore. Come si fa a non amare Napoli e la sua gente? È una città unica e preziosa. Ricca di tradizioni. E per una cantante come me la canzone partenopea merita un posto di rilievo nella storia della musica italiana”. Questa sarà l’ultima volta che Pino suonerà nella sua piazza, 31 anni dopo quella del “miracolo”, quando un’intera new generation

3/4 gennaio 2015 Pino arriva già senza vita all’ospedale Sant’Eugenio della Capitale. Avrebbe compiuto 60 anni il 19 marzo.

si radunò per una grande preghiera laica della città porosa.

6 gennaio 2015

Napoli perde un pezzo di sé, la notte tra il 4 e il 5 gennaio del 2015,

Accorrono in Piazza del Plebiscito per un flash mob spontaneo, 100.000 persone che intonano le sue canzoni.

quando il cuore del suo mascalzone latino cessa di battere, gettando nello sconforto un intero popolo. Se ne va nel primo mese del calendario, come Giorgio Gaber, Fabrizio De Andrè, Ivan Graziani. La città si sveglia di notte, di soprassalto. Le TV, le radio, i social, i telefonini, tutti rimbalzano una notizia che sembra assurda: “Pino è morto”. Si cerca di capire se sia tutto vero o la solita fake news. “Sì, Pino non c’è più”, confermano il suo addetto stampa e amico Riccardo Vitanza e il suo manager Ferdinando Salzano. La drammatica conferma che nessuno avrebbe voluto sentire, da Agrigento a Belluno, da Palermo a Milano, dalla Stella a Santa Chiara. Durante la notte, le luci delle case a Napoli si accendono un po’ ovunque. Sembra l’ultimo dell’anno, ma l’atmosfera non è di

festa. La città che dalla sua canzone Annarè, ha appreso che bisogna portare “‘e criature ‘o sole, pecchè hanna sapè addò fa friddo e addò fa cchiù calore”, ora ha il cuore ghiacciato. La mattina Napoli, l’Italia tutta, si risveglia col groppo alla gola. Ovunque, tra i vicoli, le strade, le piazze, riecheggiano le note delle canzoni del suo guaglione in blues che escono dai negozi, dai bar, dalle case, dai bassi, dalle auto… Pino è ovunque anche ora che non

7 gennaio 2015 Pino ha due funerali. Il primo in mattinata a Roma, al Santuario del Divino Amore, il secondo nella sua città, nella sua piazza affollata da 150.000 neri a metà.

9 gennaio 2015 Eric Clapton posta su Facebook un messaggio intitolato “For Pino”, con una foto che lo ritrae col nero a metà abbracciati e sorridenti. Insieme condivide un brano strumentale di un minuto e 44 secondi, per chitarra e voce, dal titolo Pino 5.

160

YES I KNOW... PINO DANIELE

c’è più. Sorgono murales in tutta la città col suo

conoscermi bene di persona, la seconda volta

volto, le sue chitarre (quelli dei writer e street

che ci siamo visti. Questo è stato il primo segno

artist come Raffo, Zemi, TvBoy…); città il cui

della tua grande generosità che io non scorderò

centro storico già custodisce un’opera del mi-

MAI. Ti porterò sempre nel cuore”.

sterioso artista Banksy, in piazza Girolamini – la Madonna con la pistola, oggi preservata e

Il cuore di Pino ha smesso di battere a tempo,

«Ti porterò dentro di me e ogni volta che prenderò in mano la chitarra, il mio pensiero sarà rivolto a te»

mentre era a Magliano, in Toscana, nel suo

Dodi Battaglia (Pooh)

protetta da una bacheca di vetro.Il Sindaco di Napoli Luigi de Magistris, anche lui grande fan dell’artista, proclama il lutto cittadino.

casale isolato tra i cipressi, con la nuova compagna Amanda Bonini. Pino arriva già senza vita all’ospedale Sant’Eugenio della capitale.

Sono migliaia i ricordi che s’inseguono online,

Avrebbe compiuto 60 anni il 19 marzo. Qualcuno

in tv, alla radio… non di “gente distratta che

si chiede se la sua ultima esibizione nel gelo

viene e va”, ma di colleghi, amici, parenti, di

di Courmayeur, in diretta su RAI 1 la notte di

un’intera Daniele Nation: Jovanotti, Edoardo

Capodanno, non abbia contribuito alla tragedia.

Bennato, Nino Buonocore, Gino Paoli, Vasco

Subito corre sul web il ricordo commosso di

Rossi, Ligabue, Fiorella Mannoia, Francesco

parenti, amici e colleghi. Eros Ramazzotti

De Gregori, Giuliano Sangiorgi dei Negramaro,

per primo scrive la triste notizia sulla sua

Laura Pausini, Luca Carboni, Fiorello, i

pagina Facebook, postando i versi del bra-

Nomadi, Niccolò Fabi, Daniele Silvestri,

no Infinitamente (una mia canzone per te),

Antonello Venditti, Federico Zampaglione dei

scritto nel 2012 in ricordo di Alex Baroni,

Tiromancino, Fausto Leali, Gianni Morandi,

dedicandoli a Pino: “Sono io, amico mio /

Mario Biondi, Gianna Nannini, gli Stadio, Raf,

Quello che fa a modo suo / Penso che tra me

Gianluca Grignani, Biagio Antonacci, Raffaella

e te / Meglio un pugno che un addio / Come

Carrà, Giorgia, Zucchero, l’amico Eric Clapton,

sai non ti ho mai / Detto una parola in più /

Ciro Ferrara, Fabio Cannavaro.

E ora che non ci sei / Vorrei mi parlassi tu /

Anche l’altro neo-masaniello con “la faccia

La chitarra ancora c’è / E la tengo lì perché /

dipinta per essere notato”, Diego Armando

Perché ha misurato il tempo senza te / Senza

Maradona, scrive: “Ciao Pino, resterai sempre

te / Infinitamente”. Il ragazzo, nato nei borghi

nei nostri cuori / Adìos Pino, esteràs siempre

di periferia, scrive sul social: “Ciao Pino, ti sto

en nuestro corazòn”.

pensando, forte. Questa è la tua Gibson ES-175

La figlia Sara posta su Instagram: “Ciao, mia

che mi regalasti nell’88, così, senza nemmeno

grande roccia. Grazie per avermi accompagnato

Pino nell’abbraccio di Piazza del Plebiscito

161

in questi 18 anni della mia vita, mi mancherai

Rino Zurzolo con James Senese è tra i primi, in

ogni giorno. Mi mancheranno i tuoi sorrisi, i tuoi

mattinata, a raggiungere in auto l’ospedale ro-

consigli, ma soprattutto i tuoi abbracci. Quelli

mano per salutare un’ultima volta l’amico. “Ha

calorosi, avvolgenti, protettivi alla ‘ci sono io per

lavorato troppo, doveva riposare”, continua a

tè. Anche se adesso starai facendo lo scugnizzo da

ripetere Mister Sax Senese, ancora incredulo,

qualche altra parte, sappi che qui avremo sempre

aggiungendo: “Sono andato a letto a mezzanotte

bisogno di te. Adesso suonerai la chitarra lassù

come sempre quando non sono in tour, ma non ri-

e farai sognare gli angeli con la tua musica, esat-

uscivo a dormire, c’era qualcosa che non andava.

tamente come hai fatto con noi qua. Fai buon

Mi sono alzato verso le 2:00. Dopo dieci minuti,

viaggio... ti amo”.

mi è arrivata una telefonata… Pino è morto”. “Ci conoscevamo da sempre”, dice Zurzolo, “abbiamo trascorso una vita insieme. La musica ci ha

«Ci siamo completati e parlati tutta la vita con la melodia»

James Senese

uniti e l’ha fatto fino a qualche giorno fa. Forse si sarà stancato in questi ultimi giorni, forse, chissà: non me ne faccio ancora una ragione o forse semplicemente doveva andare così. Pino non si è mai risparmiato, proprio come il suo amico Massimo Troisi”.

Dodi Battaglia dei Pooh, che conosce Pino dai

tempi delle registrazioni al Castello di Carimate, scrive una lettera: “Ciao Pino, lo farò io! Continuerò a portarmi la chitarra in camera in albergo, come facevi tu. Continuerò a ‘perdere tempo’, a cambiare le corde alle mie chitarre per farle rendere al massimo, come facevi tu. Continuerò a studiare per esprimere al massimo quel fuoco

«L’amore per l’arte, per la musica e per il pubblico era per lui energia, ciò che lo rendeva felice»

Rino Zurzolo

che brucia dentro e che si chiama musica, come hai fatto tu. Non mi sentirò mai arrivato, anche

Gli fa eco Tony Esposito, con la voce strozzata

se la gente ci elogia, come facevi tu. Cercherò di

dal pianto: “La morte di Pino è un fatto epocale,

portare avanti la buona musica sempre! Come

un tonfo non solo per la musica, ma per il mondo

hai fatto tu. Donerò le mie chitarre in beneficenza

delle arti e della cultura in generale del nostro

per le persone bisognose come stavi facendo tu.

Paese. Pino come Viviani, Di Giacomo, Caruso,

Voglio raccogliere questa ‘eredità inespressa’ e

Totò, Eduardo, Troisi, un uomo oltre il tempo.

portare avanti il tuo spirito, onorando il lavoro

Ha segnato la nostra storia. E come in una sor-

che ci hai donato”.

ta di sua strana veggenza, negli ultimi anni ha

162

YES I KNOW... PINO DANIELE

voluto riunire attorno a sé noi tutti suoi vecchi

sata da un dolore acuto e profondo per la perdita

amici e nuovi artisti, nati e cresciuti all’ombra del

di un figlio che l’ha raccontata al mondo con la

Vesuvio. Pino era il faro: un faro che continuerà a

sua musica e la sua voce”.

irradiare luce, attraverso la sua musica”. Tullio De Piscopo apprende la notizia in mattinata, mentre si trova nella Hall di un albergo di Salerno. Si reca subito a Roma dove, nella camera ardente dell’ospedale, si sentirà male e sarà rico-

«Con te va via un pezzo della mia vita, ma la tua storia resterà con noi …»

Ernesto Vitolo

verato per accertamenti.

«Era più di un fratello. Non ci posso credere. Una parte di me è volata via con lui»

In lacrime anche la new generation musicale

Tullio De Piscopo

che stenta a partire, ma che parlava di libertà,

napoletana che in zio Pino ha visto un punto di riferimento, un uomo pigro come il mattino di rivoluzione, di pane e giustizia, di lotta di

classe, di rabbia crescente. Sempre alla sua Ernesto Vitolo scrive su Facebook: “... e lunta-

maniera, con ironia, sorseggiando ‘na tazzu-

no se ne va, tutta ‘a vita accussì...”.

lella ‘e cafè.

Enzo Gragnaniello affida a un’immagine il suo

Stenta a crederci Clementino (che Pino ha vo-

dolore: una foto scattata poche settimane prima

luto con sè sul palco con Rocco Hunt, un mese

a Napoli, in concerto, in cui i due si cingono in

prima a dicembre nei suoi – purtroppo ultimi a

un abbraccio. Enzo Avitabile posta sulla sua

Napoli – concerti al Palapartenope): “È pazzesco,

pagina Facebook ufficiale È ancora tiempo, can-

non ci credo. È stato un maestro, mi ha dato tanti

zone contenuta nell’album Black tarantella del

consigli che custodirò per sempre”.

sassofonista e compositore di Marianella, in cui

Incredulo anche Rocco Hunt: “L’ho incontrato

duetta proprio con l’amico Pino.

la prima volta a Radio Deejay, mi presentai a lui

Cordoglio e sgomento anche da parte dei 99

e mi disse ‘Guaglió sei fortissimo a scrivere’, po-

Posse (che commentano sempre su Facebook:

tete immaginare la mia gioia. Ho avuto l’onore di

“Curre curre Pino… ci piace pensare che starai

stare con lui sul palco a dicembre e mai avrei im-

prendendo ‘na tazzulella ‘e cafè con Massimo

maginato che quella sarebbe stata l’ultima volta”.

Troisi”) e degli Almamegretta, entrambi figli

Senza parole Daniele Sanzone degli ‘A 67, che

del Neapolitan Power e di quel concetto di con-

è stato in passato tra gli ospiti del grande evento

taminazione tanto caro al suonautore: “Tutta

Friends nella tendostruttura di Fuorigrotta e

Napoli”, scrivono i “figli di Annibale”, “è attraver-

che ha dedicato con la sua band un intero CD

Pino nell’abbraccio di Piazza del Plebiscito

163

proprio al Neapolitan Power intitolato Naples

queste ore da un punto di vista mediatico in

Power. “Con zio Pino scompare una parte di

tutt’Italia è qualcosa che non ha precedenti per

noi e di questa città, una persona di famiglia

un cantautore”.

che ci ha cresciuti con poesia e musica. Riposa in pace Maestro”.

«Pino è tutto, è la nostra storia musicale» «Mi chiamava disgraziato mascalzone»

Rocco Hunt

Clementino Come Eduardo, Totò, come il suo amico Massimo, Pino non è stato un semplice artista, ma molto di Intervistato per il Corriere del Mezzogiorno –

più. Pino è uno di famiglia e a dimostrazione di

Corriere della sera, Raffaele Cascone, espo-

ciò sono stati i 150.000 volti segnati dalle lacri-

nente di spicco di quell’avanguardia culturale e

me e dal dolore, che hanno affollato il 7 gennaio

musicale non solo napoletana, ricorda: “Proposi

Piazza del Plebiscito, la sera del suo secondo fu-

a Renzo Arbore nel 1977 di realizzare un servi-

nerale (la mattina la prima funzione era avvenuta

zio su Pino per la trasmissione TV L’altra do-

al Santuario del Divino Amore a Roma, officiata

menica. Dopo quel giorno l’ho incontrato solo

da padre Renzo Campatella, amico del musicista),

altre due volte, una a casa mia a Roma – dove

quello a casa sua, davanti la Basilica Reale San

litigammo – e un’altra dopo un suo concerto

Francesco di Paola.

sempre a Roma dove lui, sorridendo, mi disse:

L’altare viene posizionato all’esterno, nell’area

‘Rafè ti ricordi quando mi cacciasti da casa?’. La

compresa tra l’accesso alla Basilica e le statue

verità è che entrambi avevamo un caratteraccio.

equestri, metro più metro meno dove c’era il

I meriti artistici di Pino sono enormi e sotto

palco quella sera del suo miracolo del 1981.

gli occhi di tutti. Ha preso i mezzi espressivi

Il Cardinale Crescenzio Sepe durante la sua

culturali napoletani internazionalizzandoli, una

omelia dice commosso davanti a migliaia di

grande operazione musicale e mediatica che

lazzari infelici: “Il Signore l’ha donato a noi

l’ha portato a riscrivere le leggi della nostra

come un artista che, con la sua arte, ha onorato

musica popolare contemporanea, inventando

Napoli. L’ha fatto in maniera discreta, senza

un nuovo linguaggio. Ma come in tutte le cose

eccessi, raccontando i colori e i chiaroscuri del-

bisogna pagare dazio: ho sempre trovato una

la nostra gente. L’ha fatto con raffinatezza e

lieve forzatura nella sua americanizzazione sia

ricercatezza, con quel carisma che il Signore

lessicale che musicale. Ma Pino fa parte della

gli ha donato. La sua musica è poesia e cultura,

nostra storia e tutto ciò che sta accadendo in

suscita emozioni e risveglia appartenenza”.

164

YES I KNOW... PINO DANIELE

In piazza, persone di tutte le età, ceto sociale,

munate dal grande dolore, cercando il cielo in

sesso, si riuniscono, si tengono per mano, acco-

una lacrima. C’è chi ha portato chitarra e bon-

LA CANZONE DA RICORDARE

MAGGIO SE NE VA Maggio se ne va è uno dei brani meno conosciuti dell’artista, poco appariscenti, ma forse tra i più belli perché sussurrati con un filo di voce, quasi volutamente nascosti, malinconici, struggenti, pregni di una saudade tutta napoletana, affreschi emotivi di note e parole, capaci di entrare nell’animo come carezze. Dipinto dal sax del Weather Report Wayne Shorter, dal basso dell’altro musicista di Joe Zawinul Alphonso Johnson, dal piano di Joe Amoruso e dalla sua chitarra, il pezzo che chiude l’album Bella ‘mbriana, con pudore parla di Dio: “Nuje ca cercammo Dio stammo pè sempre annure / Nuje ca cercammo ‘o bbene nun simmo maje sicuri / E nun c’abbasta niente / e nun simmo maje cuntenti” (“Noi che cerchiamo Dio, restiamo nudi per sempre. Noi che cerchiamo il bene non siamo mai sicuri, niente ci può bastare: dobbiamo capire di più, non siamo mai contenti”). Una sua riflessione sull’Assoluto, scritta a 27 anni. La sua ricerca di Dio, senza paura, che condivide con la sua gente, con una terra sua/nostra religiosa al di fuori delle ritualità ufficiali. Una religiosità sincera, spontanea, autentica, sui generis, che alterna una jastemma, una fattura a una preghiera e che ha unito nei secoli pratiche devozionali e superstiziose a gesti fisici, come quello di toccare un crocifisso, l’immagine della Beata Vergine – la madre di tutti – che compare in tante invocazioni popolari (“‘a Maronn’ t’accumpagna”), il volto di San Gennaro (che come scriveva Alexander Dumas “è il vero Dio di Napoli”) e il suo sangue racchiuso in un’ampolla, i santini protettori da portar con sé o da tenere in casa, i corni e i gobbetti portafortuna, l’invocare munacielli e belle ‘mbriane, l’allontanare il maligno facendo il gesto delle corna, adottare e accudire le anime pezzentelle dando loro un nome… tutto questo per sentirsi parte di una grande preghiera sacra e popolarmente profana, di un dolore comune, dell’aspirazione a comprendere il Mistero, l’Assoluto, il dopo. Riflessioni che Pino affronta anche in It’s Beautiful Day (da Boogie Boogie Man, 2010): “Che cosa c’è oltre l’anima, tante cose che non ho capito mai […] / Paura non ho di morire / Restando in bilico così / Per ritrovarti nella notte scura / A raccontare un mondo che non c’è / Per ogni notte c’è un nuovo giorno / Chi vivrà vedrà”. Le parole di Maggio se ne va sono pochi versi di pura poesia, delicati, ma dalla grande forza evocativa.

Pino nell’abbraccio di Piazza del Plebiscito

165

ghetti, chi fotografie del suonautore, chi i suoi

Santa Chiara in un ultimo abbraccio, la sera pri-

dischi in vinile. Un gruppo di ragazzi, seduti in

ma (il 6 gennaio), in un flash mob spontaneo, tra

terra a cerchio, suona con le lacrime agli occhi

canti e lacrime, dove la luce degli smartphone, so-

Maggio se ne va, sostituendo il verso “e intanto

stituendosi alle candele di cera e agli accendini di

maggio se ne va, ce resta ‘o friddo” con “e intanto

un tempo che fu sembravano lampare nel mare.

Pino se n’è andato, ce resta ‘o friddo”.

Molti sono rimasti tutta la notte a fare una veglia in suo onore, ciascuno col suo Pino da piangere, ripensando al verso “‘a notte è di chi aspetta ‘e

«Ringraziamo Dio perchè ci ha donato Pino, che con la sua personalità e la sua arte ha dato un valore particolare alla nostra città e all'Italia, diventando messaggero di Napoli nel mondo intero»

Cardinale Crescenzio Sepe

chi te tocca ‘o pietto e’ s’annasconne ‘o bbene”, riscoprendo in questo dolore collettivo un grande senso di appartenenza, l’orgoglio di essere concittadini di un grande artista, di uno di famiglia. “Napoli con la sua morte ha perso un po’ della sua allegria”, dice Roberto Vecchioni, “un po’ del suo sorriso, della sua musica. Gli ho voluto bene. Parlavamo della nostra Napoli, poiché anche io ho questa città nel cuore, essendo mio padre di San Giorgio a Cremano, la stessa cittadina

di Troisi, e mia madre del quartiere Vomero. Davanti alla Basilica napoletana, qualcuno mette

Una città unica in cui anche Giacomo Leopardi,

tre grandi striscioni: “Solo tu per sempre”, “Dopo

nel suo lungo soggiorno dal 1833 fino alla sua

te nisciuno più” e “Ciao guagliò”. I canti e i cori

morte del 14 giugno 1837, segnò una tregua col

delle 150.000 anime che “girano attorno al dolo-

suo dolore, comprendendo che non si poteva

re” si alternano a lunghi momenti di un silenzio

morire tutta la vita di pessimismo, accorgendosi

irreale, quello che avvolge i marinai nella solitu-

dei profumi, dei colori, dell’aria”.

dine del mare perché, come dice lui, “chi tene ‘o mare… porta ‘na croce”. Pino ha un doppio funerale: quasi come Totò

che, nel 1967, ne ebbe addirittura tre (il primo si svolse a Roma, il secondo nel Rione Sanità, dove il Principe nacque, un terzo sempre nel Rione Sanità il 22 maggio, pochi giorni dopo il trigesimo, quando una bara vuota sfilò tra 250.000 persone che si erano riversate in strada). In 100.000 già si erano radunati per il ragazzo di

«Era divertente vederlo registrare in studio. Molti artisti in sala ci vanno mal volentieri, per lui invece era una festa, era sempre allegro, era il suo habitat naturale»

Roberto Vecchioni

166

YES I KNOW... PINO DANIELE

Mario Biondi: “La morte di Pino mi ha colpito

“Che core ingrato”, esclama Gigi D’Alessio

molto. Lo piango spesso, ho vissuto interior-

all’ANSA appena appresa la triste notizia. “Il cuo-

mente male la sua dipartita. Abbiamo perso

re non ha avuto rispetto di Pino e di quello che ha

tanto tutti noi”.

fatto, come non ebbe rispetto per Massimo Troisi”.

«Sono cresciuto con la sua musica. La storia della mia vita, i miei amori adolescenziali sono accompagnati dalla colonna sonora dei suoi brani»

Mario Biondi

VIVA NAPOLI, VIVA PINO Vincenzo Salemme a cui lo scugnizzo in blues ha dato la canzone Si forever per il suo film Amore a prima vista nel 1999, la sera del concerto/tributo Pino è – allo Stadio San Paolo, il 7 giugno 2018 – dice al pubblico: “Sono qui perché volevo bene a Pino. Avrei voluto scrivere una lettera a Pino… Pino ti avrei voluto scrivere quello che scrivemmo al cimitero di Fuorigrotta agli amici che non l’avevano potuto vedere lo scudetto e scrivemmo: ‘Che ve’ site persi’. L’avrei voluto scrivere quest’anno, ma nunn’ è andata così. Però abbiamo giocato un calcio splendente e ne siamo orgogliosi. Caro Pino, avrei voluto scriverti, a te che hai cantato Napoli in tutte le sue declinazioni, avrei voluto scriverti un pensiero su Napoli, avrei voluto scriverti che Napoli è Grecia, è Spagna, è Francia, è nobiltà borbona, ricchezza poderosa… Napoli la perdo tutti i giorni e la ritrovo in sogno, immerso nel suo mare che freme ai colpi di chi le spara al cuore. Pino, avrei voluto scriverti che ci manca la tua voce che somigliava a un soffio di violino, accarezzato dal vento. Avrei voluto scriverti salutami Totò, Massimo, Eduardo, Titina, Peppino, Luca, Luigi, Renato Carosone, Vittorio De Sica e tutti gli artisti che hanno fatto grande questa città meravigliosa. Avrei voluto scriverti nella nostra lingua che non è un dialetto perché è talmente ricca di cultura, di contaminazioni, che tante volte lo stesso vocabolo a Napoli c’ha due significati diversi. A volte opposti. Per esempio, pigliate ‘o scarrafone. Se tu chiami uno ‘scarrafò’ lo offendi. Ma quello che tu hai chiamato scarrafone, grazie alla lingua napoletana, si può difendere e rispondere ‘scarrafò? Ricordati che ogni scarrafone ‘è bello ‘a mamma soja’. Viva Napoli, viva Pino”.

Pino nell’abbraccio di Piazza del Plebiscito

167

Le ceneri dell’uomo in blues vengono esposte

Pino, anima errante, musicante senza frontiere,

per una decina di giorni nella Cappella Palatina

musicista autentico, sempre alla ricerca di un

del Maschio Angioino di Napoli, salutate da

suono, di una nota, di una sensazione, del fee-

oltre 20.000 persone provenienti da tutt’Italia

ling giusto, riposa lontano dalla sua “Napoli dai

che lasciano frasi, lettere, poesie, fiori, ciondoli,

mille culure” che ha narrato col suo canto libero,

portafortuna, scrivendo toccanti messaggi nei 13

in 40 anni di musica, meglio di chiunque altro.

grandi libri sistemati all’ingresso della sala. Infine

Chissà: forse per continuare ad ammirarla e ad

l’urna viene portata al piccolo cimitero comunale

apprezzarla ancora di più.

di Magliana, in Toscana (provincia di Grosseto,

Lo scrittore, drammaturgo e attore Peppe

ora meta di pellegrinaggio dei suoi fan di ogni

Lanzetta, cresciuto nel suo Bronx a pane,

parte dello Stivale), come da precisa volontà te-

Bukowski, Jimi Hendrix e tanta voglia di fug-

stamentaria dello stesso cantautore.

gire, dice: “Con Pinotto ho condiviso gli anni

LACREME ‘E STÀ CITTÀ Il cantattore Federico Salvatore scrive per il ragazzo in blues il pezzo Lacreme ‘e stà città, utilizzando nei versi i titoli delle sue canzoni: “Dint’’o core tengo na corda ‘e chitarra napulitana, ca me sona bella ‘mbriana quanno ‘o core nun pò durmì. E ammiscanno na bossa nova, cu ddoje note senz’alleria, dint’o scuro stu core mio, sent’addore d’a giuventù. Ogni canzone è Viento ‘e nustalgia ca scenne ancora pe Santa Teresa e tu Annarè ca mmiez’’e panne spase, st’ammore scumbinato vuò asciuttà. Donna Cuncetta zuòccole e suspire, ch’allucca: ‘A San Gaitano ‘o tiempo è oro!’ e io me sparto l’ultima Marlboro cu ‘e lazzari felici comm’’a mme. Dint’’o core tengo na corda ca si a Nàpule schizzechèa, sento ‘a voce d’sppocundria ch’accumencia a cantà pe mme. E’ sultanto chi tene ‘o mare è l’adduobbeco pe stu core, ca se sonna guaglione ancora, cu ‘a speranza che Anna verrà. Ogni canzone è viento ‘e terra mia, nu suonno ‘e giuventù cu ll’uocchie chiuse, si pure Dio cu ‘e sante n’Paraviso, mò cantano cu ttico Napul’è. Putesse essere allero comme allora, ma ‘o tiempo vola e nun ce stà piacere, si pure schiara juorno è sempe sera, suonno d’ajere ca nun torna cchiù. L’acqua ca nfonna ‘e vvà… song’ ‘e llacreme ‘e sta città”.

168

YES I KNOW... PINO DANIELE

«Pino era suono… il suono di una città, di un mondo»

Gigi D’Alessio di ragioneria all’Istituto Diaz. Per tanto tempo

ge del Palapartenope in occasione di un loro

poi ci siamo un po’ persi di vista, ma l’affet-

concerto. Fu allora che rividi quel ragazzone

to, quello vero, non si misura certo in ore tra-

di Santa Chiara che aveva studiato con me. Ci

scorse insieme: è un qualcosa di più profondo.

abbracciammo come se non ci vedessimo da

Qualche anno fa il nostro amico comune, il

qualche giorno. Mi disse: ‘Pe’ nun facimm passà

grande James Senese, mi invitò nel backsta-

altri trent’anni per vederci’”.

Pino nell’abbraccio di Piazza del Plebiscito

169

«L’acqua ca nfonna ‘e vvà… song’ ‘e llacreme ‘e sta città»

Federico Salvatore L’ultimo post di Pino sul suo profilo ufficiale di

Cohen “una canzone, per sua natura, deve muo-

Facebook è del 1 gennaio 2015, alle 17:38. Recita

vere da cuore a cuore”. E proprio così le canzoni

“Back home… in viaggio per casa”, con una foto

di Pino, oggi, (soprav)vivono da cuore a cuore,

in bianco e nero della strada, scattata dall’auto:

trasportate dai versi, dalla melodia, dal quel suo-

è il suo ultimo verso.

no nuovo per una vita rincorso, cercato come un

Per il compianto cantautore canadese Leonard

Santo Graal, come una Pietra Filosofale.

10 Il re è morto, lunga vita al re Pino (ri)vive attraverso suoi inediti, mostre, iniziative culturali e negli omaggi dei colleghi e degli artisti a sera del 4 gennaio del 2015 il cuore di Pino cessa di battere,

L

la sua chitarra smette di suonare per sempre. Napoli rende omaggio al suo lazzaro felice con mostre, murales, flash mob,

docu-fiction, concerti/tributo, CD e canzoni di amici e colleghi come Teresa De Sio, Pietra Montecorvino, Gianni Guarracino, Rosario Jermano, Mauro Di Domenico, Clementino… A tre anni dalla morte, nel maggio del 2018, viene pubblicato il singolo inedito Resta quel che resta. Esce postumo anche Tracce di libertà, box in sei CD che ripropone i primi suoi album con l’aggiunta di alcuni brani mai pubblicati, prima, e poi il cofanetto antologico Quando con 14 provini, demo e versioni alternative mai pubblicati, versioni in spagnolo, special club remix, DJ edition e instrumental mix dell’epoca.

Il re è morto, lunga vita al re

171

172

YES I KNOW... PINO DANIELE

l re è morto. Lunga vita al re!”: queste

“I

vavo immerso nella povertà e nella dignità della

erano le parole di rito con cui l’araldo

Birmania e del suo popolo quando partecipavo

della vecchia monarchia francese annun-

al reality TV Pechino express. Il testo parla di

ciava per tre volte al popolo la morte del sovrano

guerre, delle tante Gomorre sparse nel mondo.

e l’avvento al trono del successore – a garanzia,

Pino come sempre mi aveva dato consigli e poi il

mai interrotta, della casa reale. Parole che stanno

vero Miracolo: lui a cantare con me. Terrò vivo il

a indicare l’immortalità di un’idea, di un concetto,

suo ricordo nella mia musica”.

di un’istituzione, il suo perpetuarsi nel tempo, malgrado la scomparsa del protagonista. In questo caso è la musica e l’arte del lazzaro felice che sopravvive a lui stesso. Ogni strada, ogni vicolo, ogni angolo, locale, respira di Pino, come se un’unica, eterna canzone diffondesse le sue note ovunque e su chiunque. L’arte di Pino sopravvive anche con la scoperta di sue opere inedite, con gli

«Sono cresciuto con la sua musica e con quella di James Senese, che per molti di noi è stato il primo rapper in assoluto»

Clementino

omaggi e i tributi dei suoi colleghi, con spettacoli teatrali ispirati alle sue canzoni. “Clementì… adesso da che parte stai, da questa,

Dopo la morte di Pino, Clementino di getto scrive

da quella. Sai cos’è la povertà… basta guardare in

un rap in suo ricordo: “T’ vec si guard o mar’, si

fondo gli occhi di queste persone… come diceva

nu’ ricord ca’ riman’ ppè semp’… e mò Pinù nun

Totò chi tene tropp e chi ten niente… è la guerra

c’staje cchiù, t’ sent’ dint ‘e vers de canzon ca’ faciv

che parte da qua, noi simme stat’ già colonizzat’

tu… stanotte è sunat’ o telefono e a’ nutizia gira”.

dalla Palestina fino al Pakistan criature stann

Viene pubblicato il 9 giugno del 2015 Nero a

senz’ a libertà”. Cantano insieme contro la guerra

metà live (Blue Drag Publishing/Sony Music),

Clementino e Pino Daniele in Da che parte stai,

un doppio album che immortala tutte le note e

l’ultima canzone incisa dal lazzaro felice, la prima

le emozioni dell’ultimo concerto di Pino del 22

pubblicata il 28 aprile 2015, dopo la sua scompar-

dicembre 2014 al Mediolanum Forum di Assago

sa, e inserita nel CD del rapper nolano Miracolo.

(Milano) e che include tutte le canzoni contenu-

“Miracolo è dedicato a Pino”, dice Clementino.

te nel suo omonimo terzo album, oltre ad altri

“Sono cresciuto con la sua musica e con quella

grandi successi. Il lavoro, che sarà una crudele

di James Senese, che per molti di noi è stato il

testimonianza di un addio inatteso, contiene an-

primo rapper in assoluto. Pino mi ha onorato

che un brano inedito, Abusivo, realizzato grazie

della sua amicizia e della sua stima. Da che par-

al recupero di un provino del 1975 (registrato

te stai la registrammo insieme. Aveva ascoltato

su un quattro piste TEAC di Rosario Jermano,

questa canzone che avevo scritto mentre mi tro-

con chitarra e voce) unito a una jam session del

Il re è morto, lunga vita al re

173

2015 con Tullio De Piscopo alla batteria, Gigi

deluxe, deluxe e digitale – contenente i primi

De Rienzo al basso ed Ernesto Vitolo all’organo.

tre album di Pino con versioni alternative, pri-

Abusivo è il primo inedito che esce dopo la sua

me stesure dei brani, provini e brani inediti:

morte (se si esclude il pezzo Da che parte stai

un documento che racconta gli inizi del ma-

con Clementino).

scalzone latino.

Abusivo è stata una delle sue prime canzoni,

L’idea del progetto risale al 2014 e lo volle stes-

incisa nel 1975 (originariamente si chiamava

so Pino, in accordo col figlio Alessandro. Dalla

‘O posteggiatore), inclusa in quella prima mu-

genesi di Terra mia (1977) alla nascita delle pri-

sicassetta registrata con Rosario Jermano con

me canzoni, dai provini ai brani inediti che non

altri tre brani: ‘O padrone, Ca’ calore, Furtunato.

furono inseriti nelle track list originali: Tracce

Musicassetta, questa, che Claudio Poggi portò

di libertà permette di (ri)vivere il percorso che

all’allora direttore della EMI Bruno Tibaldi che

ha portato quel giovane appassionato di blues

scelse gli altri tre brani – poi inclusi nell’album

di santa Maria la Nova ai palchi internazionali,

di debutto del lazzaro felice, Terra mia.

tracciando un suo ritratto anche attraverso te-

Nero a metà live viene pubblicato nelle versio-

stimonianze e immagini raccolte in un libro di

ni doppio CD (con un booklet fotografico di 60

60 pagine.

pagine, per ricordare tutte le tappe del tour tra

Sei i brani inediti, rimasti nei cassetti più di 30

backstage, prove e concerti), doppio vinile da 180

anni e riportati alla luce da suo figlio Alex – che

grammi (con un libretto fotografico di 16 pagine)

oggi, con la Fondazione intitolata a suo padre, ne

e in versione digitale – dove è presente, come bo-

cura e tutela la memoria: Napule se scet’ sotto ‘o

nus track, anche il demo originale di Abusivo. Nel

sole, Mannaggia ‘a morte (inciso per uno spet-

disco c’è tutta la storia musicale del cantautore

tacolo al Teatro Instabile di Napoli – Tin, fucina

di Santa Chiara, grazie anche alle partecipazioni

dell’avanguardia napoletana), Stappi-stopotà,

straordinarie di Tullio De Piscopo alla batteria

Figliemo è nu buono guaglione, Na voglia ‘e ja-

e di James Senese al sax. Con loro, sul palco, la

stemmà e uno strumentale senza titolo.

band composta dai musicisti che parteciparono

La vecchia “ca’ venne ‘e castagne, se muore ‘e

alle registrazioni dell’omonimo album del 1980:

fridd e nun dice niente con pochi sord nunc’a fa

Gigi De Rienzo (basso), Agostino Marangolo (bat-

e a fine ‘o mese” (Napule se sceta sotto ‘o sole)

teria), Ernesto Vitolo (piano, tastiere e organo),

e un figlio che è “nu buono guaglione, nunn ha

Rosario Jermano (percussioni) a cui si aggiun-

mai fatt’ mal’ a nisciuno cumme è triste Puceriale

gono Rino Zurzolo al contrabbasso ed Elisabetta

(il Carcere napoletano di Poggioreale – ndr) cu’

Serio alle tastiere.

chell mure nere” (Figliemo è nu buono guaglio-

Il 4 dicembre del 2015 esce Tracce di libertà

ne) sono altri due personaggi dell’universo pino-

(Universal Music Italia/Blue Drag Publishing),

danielano. Come tutti gli altri, sono voci, corpi

una raccolta – disponibile nelle versioni super

e anime di una città che si sveglia sotto il sole.

174

YES I KNOW... PINO DANIELE

6 giugno/19 luglio 2015 Il Palazzo delle Arti di Napoli – PAN, nell’ambito di "ROCK!" (mostra internazionale sulla musica e i suoi linguaggi), allestisce un’ampia area dedicata all’artista scomparso da pochi mesi dal titolo “Pino – i mille colori del lazzaro felice”. In soli 43 giorni, totalizza più di 10.000 visitatori.

I soldi che non bastano mai sono i protagonisti di Mannaggia ‘a mort: “dint’ a sta casa e sorde ‘ nun bastano maje facimm’ e

cunti e nun ce truvamm’ addo vann’ tutte sti denar’”. In Stappistopotà, il cui inizio ricorda la celebre Can’t Find My Home del supergruppo Blind Faith (Eric Clapton, Steve Winwood, Ginger Baker, Ric Grech), Pino incita se stesso a smetterla col fumo: “Ogni

sera decido da domani non voglio chiu’ fuma’ / Incomincio ad ingrassare perchè mi piace mangiare / C’e posso fa?”. Anche in ‘Na voglia e jastemmà, si rivolge a se stesso come quan-

9 giugno 2015

do diceva “nun da retta ‘ a nisciuno” (in Yes I Know My Way):

Viene pubblicato Nero a metà live, un doppio album che immortala l’ultimo concerto di Pino del 22 dicembre 2014 al Mediolanum Forum di AssagoMilano. Il lavoro contiene anche un brano inedito, Abusivo.

“Tu diciv’ nun da retta nun ce penzà / Si na pezza ‘mman ‘a gente

4 dicembre 2015

fuori, vere tracce di vita. Tracce di libertà è uno stargate sul passato

Esce Tracce di libertà, raccolta contenente i primi tre album di Pino con le versioni alternative, le prime stesure dei brani, i provini e pezzi inediti mai ascoltati.

che catapulta l’ascoltatore nella metà degli anni Settanta, a casa di

19 marzo 2015

che me gira e avota comm’ vo’ / E na voglia e jastemma’ e cchiù ncazzato me fa”. Commuovono i fan le registrazioni quasi amatoriali che qui ritroviamo intatte nelle loro versioni originali, con i rumori della casa, i clacson delle automobili in strada, il respiro della città, le voci di

Lino Vairetti e delle zie, quando Pino con Rosario Jermano fissava su cassetta i suoi primi vagiti d’arte.

Questo il contenuto del cofanetto Quando (uscito il 1 dicembre del 2017) che racchiude il meglio del repertorio di Pino pubblicato

Nello Daniele organizza al Palapartenope di Napoli la prima edizione del concerto tributo dedicato a suo fratello Je sto’ vicino a te, nel giorno del suo compleanno e del suo onomastico.

dal 1981 al 1999, insieme col DVD del film documentario Il tempo

4 gennaio 2016

Il cofanetto è stato ideato e curato da Alex Daniele e realizzato dalla

RAI 2, a un anno dalla sua scomparsa, manda in onda lo speciale realizzato dal programma Unici di Giorgio Verdelli Tu dimmi quando. Pino Daniele. Tanti i contributi di amici e collaboratori del cantautore.

Pino Daniele Trust ONLUS, l’ente no profit per le iniziative cultu-

resterà (di Giorgio Verdelli). Le tracce sono state recuperate dai master originali (analogici e digitali) dei 15 album del guaglione in blues pubblicati da Warner Music. Il tutto è arricchito da un

libro con testi, foto, commenti, rarità, memorabilia e trascrizioni musicali per chitarra.

rali e musicali che porta il suo nome, fedele al senso di doveroso rigore nel testimoniare la vita artistica del cantautore. “L’approccio nella scelta dei contenuti”, dice suo figlio Alex, “è stato quello di fare di questo box un documento comprensibile alle future generazioni, un punto di riferimento per chi non conosce

Il re è morto, lunga vita al re

175

mio padre, ma anche per chi conosce la sua musi-

scritto da Eduardo per una riedizione di Napoli

ca e ora può ascoltarla con una qualità superiore

milionaria che si aggiunse alle composizioni già

grazie ad un accurato lavoro di rimasterizzazione

esistenti del maestro Nino Rota.

dell’audio, nel quale sono state ricostruite alcune

frequenze che nella riproduzione dei supporti

utilizzabili e i tempi erano troppo stretti per ten-

«L’approccio nella scelta dei contenuti è stato quello di realizzare un documento comprensibile alle future generazioni […] ma anche a chi conosce la sua musica e ora può ascoltarla con una qualità superiore»

tare l’accordo con tutti gli eredi, quindi ci siamo

Alessandro Daniele

dell’epoca (vinile e musicassette) andavano perse. L’archivio Warner contiene 20 anni della sua musica e ho cercato tra i nastri, con l’occhio della memoria storica. È impressionante il materiale inedito, i provini, le versioni alternative che ho ritrovato e che spesso non conoscevo. Purtroppo per motivi contrattuali molti brani non erano

soffermati sul materiale libero. Uno dei momenti più emozionanti penso sia il provino del brano

Dimmi dove sei, scritto nel 1994 e che papà poi

“Eduardo per la mia generazione”, dice Pino in

fece cantare a Giorgia quattro anni dopo”. Questo

quest’occasione, “ha rappresentato un punto fer-

immenso è un provino voce e chitarra con dei

mo per costruire delle cose per il futuro”.

cori africani in coda. Ladro d’amore è un brano

“Quando qualcuno se ne va resta l’amore intorno,

che rivela la passione di Pino per Clapton. Tra le

i baci non hanno più / Quel sapore eterno”: si

chicche troviamo anche Un angolo di cielo (de-

apre con queste parole, che suoneranno come

mo-versione alternativa), Notte che fai (provino),

una triste profezia, un altro brano inedito di Pino

Io per lei (demo), Stress (demo-versione alterna-

Daniele, Resta quel che resta, che il 14 maggio del

tiva), Canto do mar (demo-versione alternativa).

2018, alle ore 11:00, viene trasmesso in tutt’Italia

Nel cofanetto c’è anche Per te, brano che Pino rea-

da tutte le radio, senza concorrenza e senza limiti

lizza nel 1997 per un progetto dedicato a Eduardo

di palinsesti.

De Filippo dal titolo Guitar solo per te: un disco

“Le prime note di Resta quel che resta”, raccon-

strumentale, chitarra classica e quartetto d’archi

ta Alex Daniele, “sono state incise il 31 ottobre

(con un libretto delle partiture musicali), pur-

2009. Durante le registrazioni dei vari provini

troppo mai pubblicato. Pino nel 2000, al Teatro

venne identificato a lungo come Brano n. 5, desti-

San Carlo di Napoli, in occasione del centenario

nato a essere il singolo promozionale che avrebbe

della nascita di Eduardo De Filippo, durante un

anticipato l’uscita di un EP (un minialbum di sei

evento condotto da Gianni Minà, solo chitarra e

tracce) dal nome Acoustic Jam, a completamento

voce propone ‘A vierno ‘o friddo. Il brano è stato

del precedente EP Electric Jam, premiato mul-

176

YES I KNOW... PINO DANIELE

tiplatino; alcuni ricorderanno questo disco an-

fermate, restano sospese nella mia mente, come

che perché conteneva il singolo Il sole dentro me

in un infinito presente rivedo mio padre che dal

feat. J-Ax che ebbe un notevole successo”. Alex

banco del mixer si gira e mi dice ironicamente:

Daniele spiega anche perché Acoustic Jam non

‘Oh, com’è la tecnica? Si sente che sono mi-

fu pubblicato: “Le motivazioni sono da attribui-

gliorato no? Senti che bello ora... vedi… vedi la

re, ancora una volta, alla logica di mercato della

sofferenza cosa tira fuori’”. Tutti i ricavati della

casa discografica. In quel tempo spinsero mio

vendita del brano vengono devoluti in parte ai

padre a realizzare un altro album elettrico e così

progetti benefici della fondazione presieduta

lo convinsero a deporre (momentaneamente) la

dai figli maggiori di Pino, la Pino Daniele Trust

chitarra acustica nella custodia per dedicarsi a un

ONLUS gemellata all’Associazione Oncologia

altro progetto elettrico: quello che poi fu l’album

Pediatrica e Neuroblastoma OPEN ONLUS e

Boogie Boogie Man, pubblicato nel 2010”. Ci fu-

in parte a Save the Children, gemellata con la

rono dei tentativi per riutilizzare e inserire un

Pino Daniele Forever ONLUS, altro ente a capo

paio di brani di Acoustic Jam in Boogie Boogie

invece della seconda moglie di Pino, Fabiola.

Man, ma la vena artistica di Pino ormai aveva già

Alex Daniele fa chiarezza anche sulla storia legata

posto lo sguardo in un’altra direzione: un cambio

alla versione italiana di Pino del brano Europa di

di tecnica chitarristica lo riportò a suonare con

Carlos Santana, conservato con altri provini e

l’uso dei polpastrelli, abbandonando così il plet-

inediti: “La versione italiana doveva esser rac-

tro per gestire il tocco senza alcun materiale che

chiusa nell’album Medina, la base fu registrata

facesse da tramite tra le mani e le corde; esiste,

anche insieme a una voce guida, ma una volta

per esempio, una versione rock del brano I Still

concluse le session di registrazione papà non era

Love you, che invece fu poi inserito in versione

del tutto convinto che questo fosse ben contestua-

acustica nell’album La grande madre, ma esiste

lizzato all’interno di questo progetto discografico,

anche una versione classica di questo pezzo”.

così ne cambiò il testo e divenne Africa ah Africa

“‘Sono molto autobiografico quando scrivo’, di-

eh, cantato insieme a Salif Keita”.

chiarava spesso mio padre”, continua Alex, “e

Il provino di Resta quel che resta viene affidato

Resta quel che resta è la transcodifica delle ul-

al noto produttore Corrado Rustici (ha col-

time emozioni ed esperienze personali che da lì a

laborato con Aretha Franklin, George Michael,

breve ne segnarono un cambio di vita. Attraverso

Whitney Houston, Herbie Hancock e con arti-

le note di questo brano rivedo il tempo trascorso

sti di casa nostra come Francesco De Gregori,

insieme in sala d’incisione, tra il nostro studio di

Zucchero, Ligabue, Elisa, Negramaro). Corrado

Roma e quello in Grottaferrata, dove provammo

è figlio della stessa Napoli e dello stesso periodo

a mixare il disco acustico mentre lui continuava

storico di Pino: “La Napoli che ricordo io, quella

a cambiare in corsa gli assolo di chitarra. Quelle

di metà anni Settanta, era una città in fermento.

session di registrazione per me non si sono mai

Ci si incontrava tutti i giorni con Pino Daniele,

ʵ˜˚˥˔Ё˘

Rino Zurzolo, Rosario Jermano e gli Osanna (nella cui line-up militava alla chitarra mio fratello Danilo) per parlare, suonare. Quando finivo di provare nella sala ai Camaldoli con la mia prog band di allora, i Cervello, raggiungevo i Batracomiomachia nella grotta alle Fontanelle e davamo vita a jam session infinite. L’amore

177

29 giugno 2016 Inaugura, a Napoli, una mostra permanente dal titolo"Pino Daniele Alive",vospitata al secondo piano del museo della Pace MAMT.

per la chitarra ci ha uniti. Si progettava di fare qualcosa insieme. Quando mi hanno dato Resta quel che resta, un provino solo voce e due chitarre, ho provato con rispetto a creare un arrangiamento che fosse nelle corde di Pino: un mio atto d’amore”.

«Ci s’incontrava […] con Pino, Rino, Rosario […]. Quando finivo di provare con la mia prog band di allora, i Cervello, raggiungevo i Batracomiomachia nella grotta e davamo vita a jam session infinite»

Corrado Rustici

19 marzo 2017 Al Teatro San Carlo viene proiettato, in anteprima nazionale, il docu-film su Pino Il tempo resterà di Giorgio Verdelli. Alla serata partecipano, invitati dalla Regione Campania, circa 250 ragazzi, provenienti da quartieri disagiati di Napoli e dai carceri minorili di Nisida e Airola.

4 dicembre 2017 Esce il cofanetto Quando, un box con sei CD e un DVD con 14 inediti.

14 maggio 2018 La serie di pubblicazioni postume dedicate al mascalzone latino, prosegue venerdì 8 giugno 2018, quando Sony Music e Legacy

Alle ore 11:00, viene trasmesso in tutt’Italia, a radio unificate, l’inedito di Pino Resta quel che resta.

Recordings pubblicano Le corde dell’anima – Studio & Live, una nuova raccolta con quattro CD e un booklet di ben 40 pagine di racconti scritti da John Vignola e fotografie realizzate da Luciano Viti. Inclusi anche duetti live con Al Di Meola, Mina, Franco Battiato, Giorgia, Mario Biondi, Avion Travel, J-Ax, Chiara Civello, Mia Cooper, Karam Mourad. Il progetto esce il giorno dopo

7 giugno 2918 I big della musica italiana, dello spettacolo e dello sport, allo Stadio San Paolo di Napoli, gli rendono omaggio con il grande concerto/evento Pino è (trasmesso in diretta dalla RAI).

il grande concerto allo stadio San Paolo Pino è (trasmesso in diretta da RAI 1) che ha visto sul palco e in video Alessandra Amoroso, Biagio Antonacci, Claudio Baglioni, Mario Biondi, Francesco De Gregori, Tullio De Piscopo, Elisa, Emma, Tony Esposito, Giorgia, J-Ax, Jovanotti, Fiorella Mannoia, Gianna Nannini,

Eros Ramazzotti, Ron, Tiromancino, Giuliano Sangiorgi, James Senese e Antonello Venditti, Massimo Ranieri, Loredana Bertè, Irene Grandi, Il Volo, Francesco Renga, Ornella Vanoni e le band

8 giugno 2018 Viene pubblicato Le corde dell’anima – Studio & live, una nuova raccolta in quattro CD.

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YES I KNOW... PINO DANIELE

storiche di Vai mo’ e di Nero a metà (Gigi Di

l’attrice Mariangela D’Abbraccio (CD E chi mo

Rienzo, Rosario Jermano, Agostino Marangolo

canta appriesso a me?), Gianni Guarracino

ed Ernesto Vitolo). E ancora: Alessandro Siani,

e Leo D’Angelo (CD Alma partenopea), il San

Giorgio Panariello, Vincenzo Salemme, Enrico

Gennaro Team (CD Bio Naples: Neapolitan

Brignano, Enzo Decaro, Pierfrancesco Favino,

Songs). Quest’ultimo è un gruppo nato da un’idea

Renzo Arbore, Beppe Fiorello, Ciro Ferrara…

di Rosario Jermano (visto al fianco di altri giganti

Il pianeta musica, dopo la morte di Pino, gli rende

della musica come Fabrizio De André nel suo ul-

omaggio con dediche, canzoni, dischi, mostre.

timo tour Anime salve, Gino Paoli, Renato Zero,

Massimo Ranieri (con gli arrangiamenti di Mauro

oltre ad aver collaborato con Sting, Toquinho,

Pagani e col saxello, strumento a metà strada tra

Toots Thielemans) che ha chiamato a raccolta

sassofono e ciaramella, di Enzo Avitabile), inci-

Roberto Giangrande al basso, Clara Arcucci alla

de il brano del lazzaro felice Core fujente, tratto

voce ed Enzo Canoro alla chitarra.

dalla colonna sonora del cartoon natalizio del 2004 Opopomoz (diretto da Enzo D’Alò). Eros Ramazzotti gli dedica il disco Vita ce n’è, come fanno anche i Negrita con Desert Yacht Club. “Pino ha cantato Napoli perché è Napoli”, dice

Pau dei Negrita. “Ha scritto della sua gente, dei vicoli, della puzza e del profumo. Ha cantato il disagio e l’amore. Ha cantato la vita che solo passeggiando nel centro storico si Napoli puoi capire.

«Pino ha cantato Napoli perché è Napoli. E i napoletani, ammaliati, cos’altro potevano fare, se non mollare tutto e seguirlo come se fosse uno scugnizzo pifferaio magico»

Pau (Negrita)

Era viscere e anima. E i napoletani, ammaliati,

cos’altro potevano fare, se non mollare tutto e seguirlo come se fosse uno scugnizzo pifferaio

Il sassofonista napoletano Enzo Anastasio, cre-

magico? Da musicista dico che mi ha regalato una

sciuto a pane e James Senese, pubblica il CD Che

grande lezione. L’ho incontrato una sola volta, in

soddisfazione… instrumental Pino Daniele con

mezzo al caos. Sappiamo che ha parlato bene di

brani dell’uomo in blues riarrangiati in chiave jazz,

noi Negrita in alcune sue interviste e questo è un

che vede anche la partecipazione di Ernesto Vitolo.

grande rammarico. Chissà cosa sarebbe potuto

Luca Sepe scrive e interpreta il brano To Pino.

uscire fuori se ci fossimo ritrovati, faccia a faccia,

Loredana Daniele, figlia di suo fratello Carmine,

con delle chitarre in braccio e il cuore in mano”.

dedica il suo omonimo CD d’esordio allo zio.

Naturalmente anche tanti suoi conterranei gli ren-

Vittorio De Scalzi, leader e fondatore dei New

dono omaggio: il chitarrista Mauro Di Domenico

Trolls, gli dedica il suo album solista L’attesa (che

(CD Essenza), Teresa De Sio (CD Teresa canta

include il blues Pino). Clementino – che Pino

Pino), Pietra Montecorvino (CD Pietra a metà),

Daniele ce l’ha addirittura tatuato sulla schiena –

Il re è morto, lunga vita al re

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per il suo disco Miracolo scrive il brano Dedicato

Marco Zurzolo nel suo CD Vesuviana (con la

a Pino Daniele. Rita Marcotulli rilegge nel disco

prefazione dello scrittore Maurizio de Giovanni

A Pino, incluso nella collana Jazz italiano, 14

e la foto della cover di Mimmo Jodice), realizzato

brani di Daniele.

con Davide Costagliola, oltre a dedicare la com-

Paolo Raffone riscrive in chiave cameristica alcu-

posizione Rino a suo fratello scomparso suona

ni classici del lazzaro felice nel CD Pino Daniele

Zingari felici e Assaje pensando all’amico Pino

opera (che diventa anche uno spettacolo live),

Daniele.

prodotto da Jonathan Goldsmith, con alcuni

Anche Francesco Baccini scrive, con Andrea

artisti che hanno collaborato nel tempo con il

Rivera, una canzone per Pino. “Sono stato sempre

suonautore: Rosario Jermano (percussioni),

un suo grande fan” dice Baccini. “Quando ero

Ernesto Vitolo (tastiere), Antonio Onorato (chi-

al liceo la sua canzone ‘A me m’piace ‘o blues era

tarra), Roberto Giangrande al contrabbasso,

una delle mie colonne sonore. Napoli poi è mol-

Marco Zurzolo (sax), Donatella Brighel (voce),

to simile a Genova, sono due città di mare, due

Valentina Crimaldi (flauto).

luoghi dove i vicoli sfociano nel porto, due posti

LA CANZONE DA RICORDARE

JE STO’ VICINO A TE’ È il brano che apre il suo secondo album Pino Daniele (1979): scritto per Cristina, la sua prima figlia, racchiude tutta quella dolce nostalgia che ha caratterizzato molti suoi lavori, la solitudine, l’insofferenza alla routine e alle contraddizioni della sua città dai mille colori, quel bisogno d’amore e di compagnia capace di trasformare il nostro quotidiano in gioia, l’appocundria in serenità. “Je sto’ vicino a te fino a che nun duorme… pecchè ìo munno è spuorco… pe nun piglià cadute”. Pino sussurra a se stesso, all’ascoltatore, di esserci, per aiutare a non cadere quando si camminerà in salita, fino a che non ci si addormenterà la sera, perché il mondo è sporco, sa essere crudele, cattivo, ingiusto. Je sto’ vicino a te’ è diventato, dopo la sua morte, uno dei canti dei suoi fan, libero, sincero. Je sto’, vicino a te, è anche il titolo dell’opera realizzata dallo street artist pugliese Daniele Nitti, in arte Hope, al Parco dei Murales di Napoli Est-Ponticelli, dedicata a Pino e che rappresenta il valore della solidarietà. Su uno sfondo stellato vi è un piccolo villaggio, metafora di una periferia ideale, dove bimbi e adulti collaborano felici tra loro. Case/palafitte, collegate tra loro da piccoli ponti, metafore di solidarietà e collaborazione.

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YES I KNOW... PINO DANIELE

di musica e poesia. Pino è come De André: la sua

la musica del cantautore dedicandogli un’intera

arte è nell’aria, la si respira tutti i giorni”. Oltre

area espositiva denominata “Pino! I mille colori

alla sua città che gli ha dedicato anche un’aula

del lazzaro felice”, vista da più di 10.000 persone.

della scuola superiore Elena di Savoia-Diaz dove

Era stato lo stesso Pino Daniele, nel novembre

si diplomò, anche Ordona in provincia di Foggia

del 2010 (in occasione della presentazione del

gli dedica una strada cosa che fa anche Milano nel

suo album Boogie Boogie Man), a suggerire a noi

Parco Trotter. A lui viene intitolato anche l’anfi-

organizzatori il nome all’area dedicata al sound

teatro comunuale di Baronissi nel salernitano e a

partenopeo per la mostra: “Napoli strizza l’occhio

Casalnuovo in provincia di Napoli il primo parco

al ROCK!”. Il mascalzone latino in quell’occasione

pubblico della città.

ci aveva detto: “Napoli è una città blues-rock: lo

Ogni 19 marzo, nel giorno del suo compleanno

è sempre stata, grazie al contatto diretto che ha

e del suo onomastico, il fratello Nello (che Pino

avuto con gli americani e la loro cultura. La loro

affettuosamente chiamava Nellì) organizza al

musica entrava nelle nostre case e nei nostri sogni

Palapartenope di Napoli il concerto tributo Pino

con l’arrivo delle navi militari, con i soldati che

Daniele – Je sto vicino a te, evento gratuito aper-

frequentavamo i nostri locali. La mia generazione

to alla città fino a esaurimento posti.

scoprì i dischi dei Traffic, dei Cream, dei Blood

“Ci ritroviamo ogni anno”, dice Nello, “in quel

Sweet & Tears. Napoli trasforma la sua cultura at-

luogo che lui stesso volle fortemente negli ulti-

traverso i suoi figli: molti artisti della mia genera-

mi anni della sua vita, per ritrovarsi con la sua

zione come James Senese, Mario Musella, Napoli

città. Nessun business, ma un canto d’amore.

Centrale assorbirono la cultura angloa-mericana

Nel momento in cui accendiamo quel faro che

fondendola con le proprie radici. Napoli, da sem-

sono le canzoni di mio fratello, la sua musica ci

pre strizza l’occhio al rock e al blues”.

illumina i volti. Per 15 anni ho fatto tanta gavetta, pubblicando cinque dischi, poi Pinotto un giorno mi invita a suonare con lui. Avevo aspettato tanto, desiderato a lungo questo istante. Il mio sogno si è avverato quando sono salito sul palco con lui: ancora oggi, quando sono in tour, ricordo quei momenti, chiudo gli occhi e ne traggo forza per proseguire nel mio cammino”. Su espressa volontà delle istituzioni cittadine, la

«Mio fratello musicalmente è sempre stato molto avanti e ne ho la conferma ogni volta che vado a suonare. Le sue canzoni vengono cantate dai giovani, ma anche dagli over 60»

Nello Daniele

quinta edizione della mostra “ROCK!” (ideata e organizzata da Carmine Aymone e Michelangelo Iossa al PAN – Palazzo delle Arti di Napoli, dal

Attraverso centinaia di oggetti – tra cui alcune

6 giugno al 19 luglio 2015) ha celebrato l’arte e

chitarre del guaglione in blues, dischi in vinile,

Il re è morto, lunga vita al re

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CD, audiocassette, locandine di concerti, pass,

hanno raccontato Pino Daniele nel periodo che

memorabilia, schede, libri, gallery fotografiche

va dal 1990 al 2009.

(dei fotografi Dino Borelli, Enzo Buono, Giuseppe

Il 29 giugno del 2016 è stata inaugurata a Napoli,

D’Anna, Stefania Furbatto, Luigi Maffettone,

la mostra permanente "Pino Daniele Alive",

Fiorella Passante, Riccardo Piccirillo, Maria Del

ospitata al secondo piano del Museo della Pace

Monaco), articoli di giornali, filmati, ascolti gui-

MAMT. Una full immersion nel mondo del ragaz-

dati, colonne sonore, videocassette – si è rac-

zo di Santa Chiara, emblema di quella mediterra-

contata, su un’area di più di 1000 mq, la storia

neità intesa come fusione di arti, colori, tradizio-

di Pino. L’esposizione è stata realizzata con la

ni, solidarietà. Un percorso emozionale nell’arte

preziosa collaborazione di Vincenzo Calenda e

di Pino Daniele, ritratto da fotografi come Lino

Francesco De Martino (con la consulenza per

Vairetti, Luciano Viti, Roberto Panucci, Cesare

la sezione chitarre di Cristiano Betelli) e con ar-

Monti, Guido Harari, con una ventina di schermi

tisti quali il mastro presepaio Ferrigno che ha

intenti a rimandare interviste e concerti (grazie

realizzato una scultura a grandezza naturale del

al supporto delle teche RAI e al lavoro di Giorgio

mascalzone latino. Calenda e De Martino hanno

Verdelli). A render più suggestivo il tutto, l’espo-

messo a disposizione a titolo totalmente gratuito

sizione di alcune delle sue chitarre: la Paradis che

la loro collezione privata, incentrata sulla musica

accoglie il visitatore nella prima sala, due Suhr,

del cantautore partenopeo: una tra le più grandi

una Yairi, una Fender Zai, un Fender Precision

al mondo, raccolta negli anni con dedizione e

Bass, il registratore con cui è stato inciso il brano

passione.

Anna verrà, diverse bobine di provini. È stato

Juan Betencourt, uno degli artisti digitali più

anche ricostruito in maniera fedele il camerino

famosi e apprezzati del mondo, ha realizzato in

dove, prima dei live, amava riscaldarsi con la sua

esclusiva per la mostra ROCK! tre copertine ani-

sei corde e rilassarsi, al cui interno fa bella mostra

mate di dischi di Pino: Terra Mia, Pino Daniele

di se una chitarra Ovation acustica, con tanto

e Tutta n’ata storia – Vai mo’ – Live In Napoli.

di dedica, sul dorso: “Al Di Meola al suo gran-

Esposte per la prima volta anche le fotografie di

de amico Pino”. Tra le chicche ci sono il ricordo

Lino Vairetti del primo provino di Pino e la chi-

della sua Prima Comunione e Cresima (datato

tarra 12 corde Eko Ranger del leader degli Osanna

3 luglio 1966), il diploma di Maturità Tecnica

(ritratta in alcuni scatti con lo stesso Daniele).

Commerciale, la risposta/convocazione dell’Ali-

Il 10 ottobre 2015 sempre al Palazzo delle Arti

talia datata 28 aprile 1976 a una sua domanda di

di Napoli, ma questa volta a pagamento (fino

assunzione come assistente di volo. Convocazione

al 15 gennaio 2016), viene inaugurata la mostra

a cui Pino, non si presentò, perché – come rac-

fotografica “Addove!” dedicata a Pino, del foto-

contato – nello stesso giorno fu chiamato a Roma

grafo Alessandro d’Urso, curata da Roberta de

dai responsabili della EMI.

Fabritiis. Circa 180 fotografie e video inediti che

“Questo”, ha spiegato suo figlio Alessandro, “è

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YES I KNOW... PINO DANIELE

un museo vivo, in movimento, che nel tempo si

di Pino (Hossam Ramzy, percussioni; Alfredo

arricchirà sempre di nuovi elementi come olo-

Golino, batteria; Fabio Massimo Colasanti, chi-

grammi e mapping”.

tarra; Elisabetta Serio, tastiere; Roberto d’Aquino,

Il museo dedicato a Pino (il cui allestimento è sta-

basso; Simone Salza, sax; Fabrizio De Melis, viola.

to curato da Sergio Pappalettera, grafico dietro ad

In alcune città, si affiancano anche Mel Collins,

alcune copertine del nero a metà, mentre la parte

sax, e Jimmy Earl, basso). Musicanti (regia di

video da Giorgio Verdelli) è l’unico permanente

Bruno Oliviero) è la storia di Antonio che ritorna

in Italia dedicato a un cantautore: non ne esiste

nella Napoli degli anni Settanta, dopo 25 anni di

uno – almeno per ora – per Fabrizio De André a

assenza, ricevendo dal padre, come lascito testa-

Genova o per Lucio Dalla a Bologna.

mentario, uno storico locale del porto ormai in

Attualmente il Pino Daniele Trust ONLUS è

crisi che si chiama Ue’ Man.

impegnato anche in attività didattiche ed espe-

Scrive la pianista e compositrice Elisabetta

renziali, in concorsi e borse di studio dedicate

Serio, dal 2012 al fianco di Pino, nelle note del-

ai Conservatori italiani, nella ricerca scientifica

lo spettacolo Musicanti: “La verità è che Pino

in oncologia pediatrica, in progetti in favore dei

Daniele è un concetto, un pensiero, una filoso-

bambini e degli adolescenti malati di cancro, in

fia. Tutti cercano di comprenderlo, possederlo,

azioni solidali rivolte al sostegno delle famiglie.

toccarlo, raggiungerlo, farlo proprio ma non è

“Musicanti nasce dal mio bisogno di colmare un

possibile. È troppo grande, più della terra tutta.

vuoto artistico e personale che ha lasciato la pre-

Ed è troppo alto, più di una sequoia, di un bao-

matura scomparsa di Pino. Dalla scelta dei brani

bab africano o di un albero del paradiso. È una

dei primi tre album è scaturito il mio primo dilem-

mela bellissima, amara, acerba, matura, imma-

ma avendone lui composti innumerevoli; altret-

tura, dolcissima, velenosa, peccaminosa che la

tanto impegnativo è stato raccontare l’artista e la

madre terra possa aver creato ed impossibile da

sua musica senza averlo accanto: è un’opera emo-

raggiungere per il più astuto dei contadini. Ecco

tivamente avvincente e appassionante”. A parlare

perché la sua musica sarà immortale, magnifica,

è Fabio Massimo Colasanti, stretto collabo-

al pari di Shakespeare, Mozart, Coltrane. Perché

ratore del lazzaro felice che racconta Musicanti,

la sofferenza, la malinconia, il perdono, sono per-

l’opera teatrale con le canzoni di Pino Daniele di

corsi strettamente individuali. E l’individuo, un

cui cura la direzione artistica. Musicanti debutta

tempo umano, è ormai leggenda. E le leggende si

al Palapartenope di Napoli il 7 dicembre del 2018.

tramandano, si piegano nello spazio e nel tempo,

In scena una storia inedita raccontata sulle note

diventano altro, come delle fiabe da raccontare ai

dei brani del mascalzone latino, eseguiti da un

bambini. Musicanti, racconta una favola, come a

cast di artisti e da una resident band che propo-

voler sfiorare quella filosofia, quella vita dei quar-

ne dal vivo le canzoni nel rispetto degli arran-

tieri, in una Napoli meravigliosamente disordina-

giamenti originali composta da musicisti amici

ta, amareggiata, colorata e senza tempo. Ma lo fa

Il re è morto, lunga vita al re

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con l’umiltà di chi non cerca di possedere, perché

sà da quale esigenza di scaletta, mi addolora il

l’amore non si possiede, si osserva, si nutre nella

fatto che l’orchestra non abbia suonato neanche

libertà e nel profondo rispetto. C’era una volta...”.

una nota di una canzone di Pino. Oltre a essere un

a

La 69 edizione del Festival Sanremo, nel febbra-

vero poeta, era un grande musicista e per questo

io del 2019, omaggia il mascalzone latino dedi-

andava omaggiato, suonando la sua musica. Non

candogli un premio alla carriera e alla memoria

amava le gare, voleva solo suonare, creare e dopo

consegnato a Sara e Cristina, in rappresentanza di

l’altra notte credo da qualche parte lassù, ne sarà

tutti i figli, con la seguente motivazione: “In qua-

ancor più convinto”.

rant’anni di incisioni discografiche e di esibizioni

Pino al Festival di Sanremo non è mai stato

dal vivo ha saputo imporsi come figura di spicco

un habituè: nel 1991 scrive In questa città per

e completa nel panorama della canzone d’autore

Loredana Bertè (classificatasi terzultima); torna

italiana, mantenendo un legame fortissimo con

poi da superospite nel 2001, innescando la pole-

la tradizione napoletana e guardando sempre

mica a distanza con Umberto Bossi, e nel 2009

con coraggio artistico e curiosità alle musiche

proponendo Quando e Napule è.

del mondo”. Il Premio, però, suscita molte pole-

Nell’edizione del 2015 del Festival, il 10 febbra-

miche sul web, presso gli amici e i fan dell’artista

io, a poco più di un mese dalla scomparsa del

per via dell’ora tarda della sua messa in onda.

suonautore, l’attore e regista Alessandro Siani

“Come ti hanno trattato, amico mio. Ti hanno

dedica a Pino il suo intervento: “L’amore dovreb-

dato il premio a trasmissione quasi finita, all’una

be essere di tutti e per tutti, senza distinzioni.

di notte e senza neanche suonare una nota della

Come sarebbe bello se iniziassimo a pensare che

tua arte. Abbiamo assistito a tre minuti imbaraz-

l’amore non sia la cosa più bella del mondo, ma

zanti, tristi, freddi con una tua foto in bianco e

che il mondo, sia la cosa più bella dell’amore.

nero sul maxi schermo e neanche una semplice

Questo significherebbe amare le proprie radici.

nota”. Queste sono le parole di rabbia e delusio-

Io conosco un artista che ha amato la sua terra

ne di Tullio De Piscopo, a cui fa eco Gigi De

e che dalla sua terra è stato amato. L’amore è

Rienzo: “Senza entrar nel merito dell’orario che

un biglietto di andata e ritorno, quello che dai,

ho trovato assurdo, ma che sarà stato dettato chis-

quello ricevi. Il mio ricordo, va a Pino Daniele”.

«Avrebbe fatto piacere ai maestri dell’orchestra eseguire suoi brani. Abituati a suonare partiture di compositori come Mahler, spesso si trovano a cimentarsi con brani in gara non proprio eccelsi. Pino era un musicista vero e suonarlo è per tutti, motivo di orgoglio»

Gigi De Rienzo

Postfazione di Peppe Lanzetta

“L

a mia cagnetta Sofia non sa. Mi ha visto immalinconito in questi giorni, ma lei non capisce il blues, non sa di chitarre. Eric Clapton, Peter Frampton, Richie Havens & c. Lei è l’antidoto al dolore che la vita ci propina. E noi vassalli di un padrone despota ci lasciamo trafigge-

re. E il padrone stavolta s’è portato un ragazzone timido, comico e malinconico, che non sapeva di Mississippi quando per Santa Chiara col suo registratore Geloso (di marca) provava a dire: no, perché io suono. Erano anni azzurri e più innocenti, erano anni che poi sarebbero diventati anni meravigliosi, in giro per l’Italia a urlare: “Vaimo’… vaimo’”. L’amore che il popolo di tutta Italia ha tributato a Pino Daniele è l’amore che si ha per chi, pur conoscendo l’allegria, non è mai scappato dal dolore. I suoi occhi sono stati il blues come le sue vene e le sue arterie, il suo sorriso, il suo corpo da gigante buono un po’ burbero, ma solo per difesa. Ho visto gente venire da Udine e Catania, Venezia e Reggio Calabria. E addossarsi ai suoi fratelli, di sangue e non, quella tribù napoletana unica al mondo che con compostezza sa piangere i propri figli e li consegna al mito. Pino già era mito perché le sue canzoni erano sempre tre metri sopra il cielo, sopra le fogne, sopra i viadotti di Pianura, sopra le discariche abusive, sopra la corruzione dei politici, sopra il malaffare, sopra la meschinità, ma soprattutto dentro gli anfratti che solo chi è nato nei Decumani può sapere intuire, leggere, vedere, raccontare, cantare. La domenica, il fritto di pesce di Porta Nolana, i panzarotti di via Tribunali, la speranza mista alle

sopravvivenze del lunedì mattina di chi teneva il mare, ma lo doveva solo guardare. Perché quel mare era di altri. Con Pino Daniele il mare di Napoli è diventato il mare della gente, della plebe, dei Tonino e Ciruzzo, di Annamaria e Rosetta. Un mare di emozioni che come uno tsunami li ha poi travolti, facendoli sentire almeno una volta nella vita protagonisti. E ora, con le teste abbassate, quelli che sono cresciuti con le sue canzoni rimangono smarriti e aprono le loro finestre da cui alto si leva il suo canto, la tristezza di Caetano Veloso che sposa l’allegria di George Benson, la magia di Gato Barbieri che abbraccia l’ancestrale lamento di Mercedes Sosa. Sarà difficile far finta di niente, far finta che tutto ritorni normale. Ma in una notte di Secondigliano magari lo vedrò scendere da una macchina con i suoi capelli bianchi e il pizzetto nero e attorno a lui, con le mani alzate, tanti ragazzi persi e blues, amari e forti, campioni e condannati, chiedergli di cantare ancora. E lui col suo sorriso che beffa pure la morte intona: “I say… jesto cca’!!!”.

Crediti

L

e dichiarazioni di Pino Daniele contenute nel libro (tranne dove specificata diversa fonte) provengono da interviste realizzate dall’autore, Carmine Aymone, fra il 1989 e il 2014, pubblicate sui quotidiani, settimanali, mensili, periodici, bimestrali, riviste specializzate a cui ha collaborato

in questi ultimi 30 anni. Le dichiarazioni dei musicisti nazionali, internazionali, dei familiari, dei

produttori, degli addetti ai lavori e degli attori (tranne dove diversamente indicato) provengono da loro scritti ad hoc per questo libro e/o da interviste realizzate dall’autore dal 1989 a oggi. Hanno impreziosito il volume le parole, i pensieri e le emozioni dei seguenti “lazzari felici”:

Musicisti italiani: 99 Posse, Almamegretta, Joe Amoruso, Renzo Arbore, Enzo Avitabile, Francesco Baccini, Dodi Battaglia (Pooh), Edoardo Bennato, Mario Biondi, Luca Carboni, Max Carola, Red

Canzian (Pooh), Clementino, Fabio Massimo Colasanti, Paolo Conte, Gigi D’Alessio, Lucio Dalla, Tullio De Piscopo, Gigi De Rienzo, Roberto De Simone, Teresa De Sio, Franz Di Cioccio (PFM), Drigo (Negrita), Tony Esposito, Niccolò Fabi, Roberto Giangrande, Giorgia, Enzo Gragnaniello,

Gianni Guarracino, Rocco Hunt, Rosario Jermano, Jovanotti, Agostino Marangolo, Antonio Onorato, Gino Paoli, Pau (Negrita), Gianluca Podio, Paolo Raffone, Massimo Ranieri, Corrado Rustici, Laura Pausini, Federico Salvatore, Giuliano Sangiorgi (Negramaro), James Senese, Elisabetta Serio, Bobby Solo, Jenny Sorrenti, Lino Vairetti, Roberto Vecchioni, Antonello Venditti, Ernesto Vitolo, Federico Zampaglione (Tiromancino), Marco Zurzolo, Rino Zurzolo. Musicisti internazionali: Mino Cinelu (Miles Davis, Weather Report), Mel Collins, Chick Corea, Al Di Meola, Peter Erskine, Jim Kerr (Simple Mind), Phil Manzanera (Roxy Music), Pat Metheny, Marcus Miller, Noa, Alfredo Paixao, Phil Palmer, Hossam Ramzy, Gino Vannelli, Rachel Z. Familiari: i fratelli Carmine “’O Giò”, Nello, Salvatore. Il figlio Alex Daniele. Produttori: Willy David, Claudio Poggi. Addetti ai lavori: Raffaele Cascone, Nando Coppeto. Scrittori: Maurizio de Giovanni, Peppe Lanzetta. Attori: Alfredo Cozzolino, Enzo Decaro, Vincenzo Salemme, Alessandro Siani.

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