Venezia e i Turchi


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FACOLTÀ DI MAGISTERO DELL'UNIVERSITÀ DI PADOVA

xx

• PAOLO PRETO

VENEZIA E I TURCHI

G. C. SANSONI EDITORE FIRENZE

PUBBLICAZIONI DELLA FACOLTA DI MAGISTERO DELL'UNIVERSITÀ DI PADOVA

xx

PUBBLICAZIONI DELLA FACOLTÀ DI MAGISTERO DELL' UNIVERSITA DI PADOVA

I. E. GARIN - E. PAc1 - P. PR1N1, Bilancio della fenomenologia e dell'esistenzialismo, Liviana, Padova 196 0. II. VARI, Scritti in omaggio di Luigi Stefanini, Liviana, Padova 1960. III. L. GEYMONAT - P. F1uAs1 CARCANO - A. Guzzo, Sapere scienti­ fico e sapere filosofico, Sansoni, Firenze 1�1. IV. VARI, Nicolò da Cusa, Relazioni tenute al Convegno Interuni­ versitario di Bressanone nel 1�0, Sansoni, Firenze 1962. V. G. SANTINELLO, Leon Battista A/berti. Una visione estetica del mondo e della vita, Sansoni, Firenze 1�2. VI. A. BALDUINO, Aspetti e tendenze del Nievo poeta, Sansoni, Firenze 1�2. VII. M. M1GNucc1, La teoria aristotelica della scienza, Sansoni, Fi­ renze 1965. VIII. E. PIANEZZOLA, Gli aggettivi verbali in -bundus, Sansoni, Fi­ renze 1�5. IX. A. M. BERNARDINIS, Il pensiero educativo di A. Necker de Saus­ sure, Sansoni, Firenze 1965. X. G. PENzo, L'interpretazione ontologica di Nietzsche, Sansoni, Firenze 1967. Xl. M. ZANFORLIN, lnhibition of responses to light during pre­ pupation behaviour in larvae of tl1e fiy Sarcophaga Barbata, Sansoni, Firenze 1969. XII. Nicolò Cusano agli inizi del mondo moderno. Atti del Con­ gresso internazionale in occasione in cui si colgono le preoccupazioni per le conse­ guenze di un eventuale intervento militare ottomano in Italia ma anche la segreta speranza che tra i collegati di Cambrai torni ad affiorare l'obiettivo della crociata inizialmente pro­ clamato da Giulio II 39• La situazione militare precipita e induce la classe dirigente veneziana ad un brusco mutamento di umore: 1'11 settembre il Senato rompe gli indugi e commette al bailo di chiedere senz'altro « una quantitade bona de cavalli » prospettando alla Porta i vantaggi di un riequilibrio delle forze in Italia dove certamente non è interesse del Gran Signore che « questo Roy 37 PRIULI, / 38 PRrnu, /

Diarii, ivi, p. 187. Diarii, p. 268, SANUTo, I Diarii, IX,

17, 24, 46

e segg.

VIII,

548.

39 SENECA, col.

Venezia e papa Giulio Il, pp. 134-135,

col.

124, XI,

SANUTo,

col.

I Diarii,

40

CAP. II - Venezia tra la Turchia e l'Italia

de Pranza se dovesse fare tanto potente Signore per molti ri­ specti» 40• La decisione di entrare nella « materia secretissima di tur­ chi», gravida di conseguenze e appunto per questo « dextra­ mente governata » dal Senato, si concreta nella richiesta della fornitura di 25-30.000 staia di frumento e dell'invio di reparti turchi arruolati nei sangiaccati di Marea e Valona 41• L'arrivo di lettere da Costantinopoli « molto bone, imo perfectissime» in cui il Sultano sembra aderire a qualunque richiesta veneziana galvanizza il partito filo-turco che dà bat­ taglia per vari giorni sia nel Consiglio dei Dieci riunito con la Zonta che nel Senato e alla fine riesce a ottenere l'approva­ zione di una parte « la qual fo comandà secretissima, et sa­ cramentà il conseio >> 42• Il 18 settembre ormai la « materia magna>> dell'aiuto turco è decisa senza possibilità di ripensa­ menti e il Senato comincia a dare istruzioni al bailo per le trattative indicando come misura preliminare lo spoglio dei mercanti ragusei, fiorentini, genovesi e francesi a Costanti­ nopoli 43• Un'improvvisa scorreria di reparti ottomani contro castelli austriaci nel contado di Frangipani e Modrusa in Istria solle­ va l'entusiasmo di molti ma in realtà nei mesi seguenti i ne­ goziati con la Porta si trascinano inconcludenti, per la rilut­ tanza del Sultano ad assumere impegni precisi a causa dell'im­ minente scadenza della tregua in Ungheria e del timore di un improvviso voltafaccia veneziano 44.

40 A. S. V., Senato, Secreta, reg. 42, c. 6 3, PRIULI, / Diarii, p. 188. Cfr. anche SENECA, Venezia e papa Giulio Il, p. 153. 41 A. S. V., Capi del Consiglio dei X, Dispacci Costantinopoli, bu­ sta 1, disp. Andrea Foscari del 16 settembre 1509, Senato, Secreta, reg. 42, c.57-58 r. 42 SANUTO, / Diarii, IX, col. 161-162, 164, 170-171. 43 A. S. V., Senato, Secreta, reg. 42, c. 58 v -59v . 44 SANUTo, / Diarii, X, col. 2 8, X, col. 138, 198-199, 202, 245-246, I 7 342, 668, 716, XI, 55, 129, 164, 417-418, 759.

I. Guerra e pace sino a Passarowitz

41

È interessante conoscere sia le motivazioni con cui Vene­ zia si volge al Gran Signore per un decisivo intervento mili­ tare sia l'entità dell'aiuto richiesto e le contropartite offerte con incalzante insistenza. Nelle istruzioni ad Andrea Foscari del 30 novembre 1509 il Senato suggerisce di mettere in evi­ denza la finalità anti-turca della lega di Cambrai diretta con­ tro i Veneziani solo perché essi « per la continua et antiqua practica et commerchio hanno cum li prefati turchi, et per la pace et amicitia hanno tenuto et tengono cum quello non vo­ leno assentir ad alcu.n danno loro », additando quindi nei Ve­ neziani l'unico vero ostacolo ad una generale spedizione euro­ pea contro l'impero ottomano 45. Su questo radicale rovesciamento della tradizionale ambi­ zione veneziana ad incarnare il baluardo ad Oriente contro la spinta conquistatrice degli infedeli, il Senato fonda le sue ri­ chieste di almeno 10.000 cavalli e invia presso la residenza del sangiacco di Bosnia il nobile Gerolamo Zorzi travestito da mercante con l'incarico di definire i dettagli dell'operazione e curare anche l'eventuale trasferimento delle truppe attraver­ so il Friuli oppure via mare 46• Venezia in cambio offre 12.000 ducati annui con l'unica condizione che i prigionieri eventual­ mente catturati dalle truppe bosniache non vengano trasferiti in Turchia e si dichiara disposta a pagare la stessa somma an­ che per un numero più ridotto di soldati, sino ad un minimo di 4-5.000 cavalli 47• Le esitazioni ed i continui rinvii dei Tur-

45 A. S. V., Senato, Secreta, reg. 42, c. 89 r. Al dispaccio è allegato un breve del papa che illustra le finalità antiturche della lega (c. 9o r). 46 A. S. V., Senato, Secreta, reg. 42, c. 90 r , 94, SANUTo, I Diarii, X, col. 139, 198-199, 342. Per stimolare il sangiacco all'intervento lo Zorzi deve ricordargli il progetto dei collegati di offrire al re d'Ungheria le terre veneziane della Dalmazia (Senato, Secreta, reg. 42, c. 133v). 47 A. S. V., Senato, Secreta, reg. 42, c. 94v , SANUTo, I Diarii, X, col. 414. Da una lettera del segretario Ludovico Valdrino dalla corte di Adrianopoli possiamo intuire la ferma volontà dei veneziani di conclu­ dere l'accordo: di fronte alle richieste turche di aumentare la somma e

42

CAP. Il - Venezia tra la Turchia e l'Italia

chi inducono il Senato a stringere i tempi dell'operazione an­ che perché l'inconcludenza delle trattative fa riaffiorare dubbi e perplessità su tutto il negozio, al cui lento procèdere non sono forse estranee le sollecitazioni di alcuni oratori francesi giunti in Ungheria nel giugno del 1510 proprio quando Vene­ zia, ottenuta ormai l'assoluzione da Giulio II, è attivamente impegnata a risalire la china su tutti i fronti 48• I continui pres­ santi solleciti rischiano di ottenere l'effetto opposto e il 15 agosto, nel timore che il bailo abbia dipinto la situazione di Venezia così tragica da prospettare come unica soluzione un suo accordo coi collegati in funzione anti-turca, il Senato or­ dina di dipingere un quadro ottimistico dei fatti, fingendo una relativa indifferenza per l'aiuto richiesto destinato comun­ que a farsi sentire solo l'anno seguente 49• Solo la notizia della lunga anche se inconcludente missione in Bosnia dell'inviato asburgico Strassoldo 50 induce il Senato ad un'ultima offerta, tanto pesante sul piano .finanziario (25 mila ducati) quanto gravida di onerose contropartite politiche. L'oratore veneziano Alvise Aximundo è autorizzato il 28 dicembre 1510 non sono ad assicurare le migliori condizioni ai soldati turchi ma anche a sottoscrivere capitoli con cui Ve­ nezia si impegna a mettere le sue forze marittime a completa

di assicurare le vettovaglie ai soldati, egli risponde secco che « tuto ariano n (SANUTo, / Diarii, X, col. 293). 48 SANUTo, / Diarii, X, col. 35 5, 716, A. S. V., Senato, Secreta, reg. 43, c. 1 r , 35r, 42r, 82v . Delle rinascenti opposizioni alla svolta filo-turca della maggioranza del Senato è testimonianza l'intervento del savio di terraferma Sebastiano Giustinian nella discussione del 24 maggio 1510 sulla proposta di scrivere un'ennesima lettera di sollecito al bailo e al Valdrino; la sua posizione ottiene però solo 16 voti contro 116 (SANUTo, I Diarii, X, col. 414). 49 A. S. V., Senato, Secreta, rcg. 43, c. 95v. 50 M. BRosH, Papst Julius li und die Grundung des Kirchenstaats, Gotha 1878, pp. 197-1 98, 293-294.

I. Guerra e pace sino a Passarowitz

43

disposizione del Sultano « cadauna fiata l'occorri che contra el stato dc sue Excellentia sii tolta impresa» 51• Anche questa volta la trattativa non si conclude e l'unico magro risultato è la condotta di 200 cavalleggeri turchi gui­ dati dal voivoda albanese Pernava bey che il 13 settembre 1510 stipula coi Veneziani un regolare contratto d'ingaggio con cui si impegna ad un servizio senza limiti di spazio, dietro un compenso in denaro e la riserva delle taglie dei prigionieri 52• Le fonti cinquecentesche tacciono dell'ulteriore impiego di questo contingente turco ma la sua partecipazione alle opera­ zioni militari è indirettamente testimoniata da un episodio del 13 ottobre 1617 quando l'agà turco Ogras Nasunovich si offre di reclutare per conto di Venezia soldati bosniaci « dicendo voler ciò fare ad imitatione de maggiori suoi, che nelle guerre della Repubblica in Italia et particolarmente da Doda suo avo­ lo condusse doicento cavalli a servire a Signoria nostra in tem­ pi travagliosi et di molto bisogno» 53• Notevole impressione suscita invece nell'opinione pubblica l'effettiva comparsa in territorio veneto del contingente misto albanese-turco comandato da Vanissa (Vanis) da Poliza, la cui presenza in vari teatri di operazione è ampiamente documen­ tata proprio a causa dello stupore di molti osservatori e croni­ sti contemporanei. Guidati da Alvise Loredan nominato per l'occasione > e tutti i loro « cativi portamenti » nella convinzione che in questo delicato momento è necessario « per forza suportare in pa­ tientia » 57• Le polemiche e le fratture all'interno del patriziato a pro­ posito dell'aiuto militare ottomano si riflettono anche nell'at­ teggiamento dei cronisti contemporanei di fronte ai saccheggi e alle violenze dei soldati di Vanissa, tollerati con dolente rasSANUTO, I Diarii, Xl, col. 17, 24, 46, 260, 298, 340. Fa scalpore il 16 agosto 1 510 l'aggressione di due turchi ubriachi ad un frate del con­ vento di S. Giovanni di Verdara (col. 133-134). 55 SANUTo, I Diarii, XI, col. 519, 537, 57 2, 581, 589, 636, 652-655, 835. 56 PRrnu, I Diarii, ivi, p. 268. 57 PRrnu, I Diarii, ivi, p. 366. 54

I. Guerra e pace sino a Passarowitz

45

segnazione dal moderato e accomodante Priuli, denunciati in­ vece con estrema violenza dal nobile vicentino Da Porto che si vanta di « non essere stato testimonio di tante viltà » che da sole dovrebbero indurre a massacrare senza pietà tutti i Turchi 58• Dopo Agnadello l'idillio tra Venezia e i Turchi comincia ben presto a sentire il logorio della mutata situazione interna­ zionale che vede da un lato l'affermazione in Europa dell'ege­ monia spagnola e dall'altro il rinnovarsi della spinta espansio­ nistica dell'impero ottomano nei Balcani dove la travolgente vittoria di Mohàcs suona come un sinistro campanello d'allar­ me non solo per gli Asburgo ma anche per la più lontana Venezia. Non si rinnovano più le accese discussioni del feb­ braio 1514 in Consiglio dei Dieci sull'opportunità di ammet­ tere anche i « papalisti » alla trattazione delle « materie tur­ chesche» 59, ma in compenso la Repubblica sta bene attenta ad evitare qualsiasi provocazione e giunge sino al punto di protestare ufficialmente presso il papa per un discorso del car­ dinale Sadoleto reo di aver troppo esaltato la funzione anti­ ottomana di Venezia 60• Del resto in un'epoca che vede Lutero a lungo contrario alla « guerra santa » contro i Turchi e convinto sostenitore di una concezione puramente difensiva dello scontro tra Cristia-

58 « ed i Turchi che sono al soldo de' Viniziani, peggio che se fos­ ser nemici, vanno rubando, uccidendo, usando lascivamente e sì scon­ ciamente in ogni turpitudine che per le loro disonestà si possono riputar vergognosi all'esercito nostro, non che allo stato di Vinegia, e dirò quasi fatte in vitupero della fede nostra» (L. DA PoRTo, Lettere storiche scritte dall'anno MDIX al MDXII, Venezia 1932, p. 194). Sulla visione del mondo e dei fatti storici cui sono ispirate le Lettere storiche del Da Porto, scritte poco dopo il 1509, vedi il recente saggio di A. Ou­ VIERI, « Dio » e «fortuna» nelle « Lettere storiche» di Luigi Da Porto, « Studi veneziani», XIII (1971), pp. 253-273 e la precedente bibliografia ivi citata. 59 SANUTo, I Diarii, XVII, col. 523. 60 PETROCCHI, La politica della Santa Sede ... , p. 57.

46

CAP.

II - Vene1.ia tra la Turchia e l'Italia

nità ed Islàm 61 e assiste alla spregiudicata politica orientale di Francesco I e al suo impium foedus con Solimano Il, Vene­ zia non ha difficoltà a trovare solidi motivi di giustificazione alla sua prudente condotta tesa ad evitare a tutti i costi scontri frontali con la poderosa macchina militare ottomana. Le aspi­ razioni alla « monarchia d'Italia » se mai erano state coscien­ temente nella mente dei patrizi veneziani tramontano senza possibilità di ritorno sulla pianura di Agnadello e la breve guerra contro Solimano del 1537-1540, condotta per la prima volta al riparo della rassicurante alleanza col potente Carlo V, vede infrangersi definitivamente ogni velleità di riconquiste in Oriente nella disastrosa battaglia della Prevesa cui segue una frettolosa pace di compromesso, destinata ad accentuare la sen­ sazione di un'irrimediabile inferiorità militare solo in parte compensata dagli incerti e condizionati aiuti dell'Europa cri• stiana. In questa situazione di instabile equilibrio tra due imperi e due civiltà, Venezia è logicamente portata a dimenticare, nascondere o addirittura negare lo sconcertante ed imbaraz­ zante « episodio » della richiesta di soccorso dopo Agnadello. Nel clima infuocato della lega di Cambrai esplode una ricca

61 Sull'esatta pos1Z1one

  • e dei « giovani >> alla fine del se­ colo, emergono con chiarezza le ragioni sostanziali di due di­ verse concezioni della condotta della guerra, l'una decisa e senza scrupoli religiosi e politici, l'altra cauta e moderata, ledictu

    65 PRIULI, / Diarii, p. 141 Giulio 11, p. 135.

    Cfr. anche

    SENECA,

    Venezia e papa

    I.

    Guerra e pace sino a Passarowitz

    49

    gata all'idea del castigo divino per i troppi peccati veneziani e fiduciosa di poter ancora «plachare cum bone parole il Pon­ tifice et cum humanitade» 66• Di questa seconda posizione, « la meglior et piui segura deliberatione et senza charigo al­ chuno de conscientia», è fervido portavoce il Priuli che deli­ nea in rapide ma suggestive riflessioni le posizioni della mi­ noranza dei «vecchi» e nello stesso tempo anticipa inconsa­ pevolmente le giustificazioni e la menzogna consapevole e «patriottica» del nobile e fiero rifiuto veneziano di ogni aiuto ottomano. Il pensiero del Priuli, la cui puntuale aderenza alle effet­ tive posizioni dei « Padri canuti et anossi» non è oggi possi­ bile verificare, si snoda e si coagula intorno ad alcune consi­ derazioni generali che sconsigliano per diversi e talora opposti motivi un immediato e massiccio ricorso all'alleanza turca. Le preoccupazioni religiose, vivissime in lui come in molti suoi contemporanei da tempo persuasi dell'irrevocabile avversione del Cristianesimo all'Islàm infedele, emergono in primo pia­ no e fanno balenare con nitida lucidità la consapevolezza della « grande offensione divina quale fosse a metere questi imfidelli in Ittallia, perchè potria passare a Roma et minar et depredar la Sancta Eclesia Romanna». Già i gravi peccati dei veneziani hanno mosso a giusto sde­ gno Dio che ha consentito la disgraziata sconfitta di Agnadello e ora questo nuovo « gravissimo peccato» richiamerà senz'al­ tro un'ulteriore e più grave punizione divina, senza contare l'inaudito « incharigo et biasimo deli Padri Veneti, quali sem­ pre et in ogni tempo sonno statti diffensori et propugnacolo dela fede christiana contra imfidelli et antemurale, et sparso tanto sangue et auro et arzento in diffensione dela fede chri­ sticola, et che ahora dovessenno chiamare Turchi in lttallia a minar questa nostra fede cum tanto sudore et faticha sustan-

    66

    PRrnu, / Diarii, p. 142.

    CAP. II - Venezia tra la Turchia e l'Italia

    50

    tatta et mantenuta i, 67• Ma anche più concrete ragioni politi­ che sconsigliano un'alleanza col Turco. Sono comprensibili le reazioni psicologiche e sentimentali per cui i signori vene­ ziani, presi dalla disperazione « farebbeno ogni male per adiu­ ctarsi et prenderianno il tosego, zoè il venenno, per medicina >> preferendo la sudditanza ai Turchi al dominio francese, ma l'esperienza degli anni passati dimostra che è più facile in­ vocare l'aiuto di una potenza straniera che liberarsene dopo la cessazione del pericolo e come i francesi venuti in Italia per prendere lo stato di Milano si sono rivolti contro Ven�zia, così i Turchi, poPolo infido e menzognero, una volta in Italia diventeranno in poco tempo « Signori del tuto » 68• Meglio dunque « non tentare nè metere in fantasia a questi imfidelli de passare in Italia» evitando la tremenda responsabilità di insinuare nei Turchi il pensiero
  • aveva dissuaso i Ve­ neziani dall'accettare quell'aiuto, considerando anche il caso dei bizantini che dopo aver chiamato gli ottomani si trova­ rono da loro oppressi 72• La pietosa bugia patriottica del Paruta diventa ben presto versione ufficiale e pochi anni dopo Alvise Contarini scriven­ do per conto del governo la sua inedita storia veneziana svi­ luppa ulteriormente il tema dell'incorrotta « pietas >> religio�a e propone all'imitazione di tutti i Cristiani il fulgido esempio dei Veneziani che, pur afflitti da infinite calamità hanno ri­ fiutato con orgoglio gli aiuti offerti dai Turchi, « unica spe sostentati fare ut Christus deus cuius sanctissimam religionem Respubblica sempre coluit Venetum nomen tueretur» 73• È curioso notare come alla fine del secolo uno scrittore aspramente ostile al Machiavelli come Tommaso Bozio, in perfetta concordanza col Contarini citi come esempio di no­ bile atto il rifiuto dei Veneziani di accogliere il soccorso di Bajazet proprio grazie alla mancata applicazione della massi-

    72

    P.

    PARuTA,

    Discorsi politici, a cura di G. Candeloro, Bologna

    1943, pp. 267-268. L'opera fu pubblicata nel 1559.

    73 A. CoNTARINI, Delineatio historiae quae res gestas Venttorum complectitur, nulla diligentia contexta, iterum atque iterum expolien­ da et debitis coloribus exornanda, in quatuordecim libros distincta, B. N. M., mss. lt., X, n. 285 (3180), c. 19'. Sul Contarini, che com­ pare anche come uno degli interlocutori del dialogo Della perfezione della vita politica, cfr. M. FoscARINI, Della letteratura veneziana e altri scritti intorno ad essa, Venezia 1854, pp. 273-274 e ora Cozzi, Cultura politica e religione ... , pp. 244-255.

    I. Guerra e pace sino a Passarowitz

    53

    ma del cap. 18 del Principe sulla dissimulazione 74• L'imba­ razzo con cui nel 1617 il Senato accoglie le profferte di aiuto dell'agà turco Ogras Nasunovich è eloquente testimonianza che ancora a distanza di un secolo i patrizi più addentro alle (< segrete cose>> conoscono bene l'impiurn foedus invocato nel 1509 e per questo si affrettano a congedare con un ricco do­ nativo e buone parole l'ufficiale ottomano, pur assicurandolo che in caso di necessità sarà tenuto nella debita considerazione « come testimonio vero et hereditario in lui della antica di­ spositione de i suoi maggiori verso la Signoria » 75• Sul piano politico-diplomatico gli anni che seguono la lega di Cambrai vedono alternarsi brevi ma violenti conflitti a lunghi periodi di pace e amichevoli relazioni. Dopo la scon­ fitta della Prevesa e la pace del 2 ottobre 1542 Venezia fa tutti gli sforzi possibili per non riaprire una guerra che si rivela sempre più rovinosa per le sue finanze e in più occasioni rin­ nova i gesti amichevoli nei confronti del Sultano, ora congra­ tulandosi per le sue vittorie contro altri sovrani cristiani ora rassicurandolo del suo « bianco cor » testimoniato anche dal1'offerta di segrete informazioni sui prìncipi occidentali 76• Un episodio clamoroso come quello di Beltrame Sachia che il 2 gennaio 1542 si impadronisce con un colpo di mano di Marano al grido di > dal malgoverno e disordine del Gran Signore « il quale non è (per dire il vero) di quella virtù che ad un tanto dominio si converria » 9'1, Ancora più pun­ tuale e negativa è la descrizione dei mali che corrodono il tes­ suto politico e sociale ottomano nelle due splendide relazioni di Marino Cavalli e Mare'Antonio Barbaro scritte, ironia della sorte, l'una nel 1560 l'altra del 1573 proprio a rido3so della tremenda guerra del 1570-73 che, nonostante la sconfitta di Lepanto, mostra a Venezia uno stato turco tutt'altro che spos­ sato e privo di spinta aggressiva. Il malcontento dei sudditi, le divisioni interne, l'avarizia, l'effeminatezza, la corruzione nella vita privata e pubblica sembrano al Cavalli le più gravi malattie che minano alla base lo stato turco, e il Barbaro aggrava il quadro dipingendo a foschi colori un impero « debole, disabitato e rovinato in gran parte n dalla carestia, dalla carenza di numerario circolante e

    99

    Le relazioni degli Ambasciatori Veneti . .. , ser. III, voi. I,

    pp. 8,

    IO.

    64

    CAP.

    II - Venezia tra la Turchia e l'Italia

    dalla diminuita bellicosità dei soldati sfibrati dall' « oziosa e vi­ ziosa vita » consentita dalle grandi ricchezze 100• I più recenti studi sulle condizioni interne dell'impero turco dopo la rovinosa disfatta di Lepanto confermano la gra­ vità della crisi interna e concordano col Barbaro nella consta­ tazione che una parte > (probabilmente gli austriaci) alleata dei Parti (Per­ siani o Russi il cui re compare nell'illustrazione) ed opera una esplicita contaminazione con la celebre profezia di Severo. L'impero ottomano ora all'apice della sua grandezza ma sog­ getto alla stessa parabola dei corpi umani si sta avviando alla decadenza sia per le rivolte che ne minano la compattezza sia per gli influssi celesti favorevoli alle imprese della lega, e anche alcuni passi dell'Apocalisse opportunamente spiegati assicura­ no l'imminente successo di Venezia nella guerra destinata a concludersi senz'altro con la presa di Costantinopoli ed il col­ lasso totale della Turchia -r1_ Un cenno a varie profezie negative per i Turchi si trova,

    46 N. ARNU, Presagio dell'imminente rovina e caduta dell'impero ottomanno dèlle future vittorie, e pro.< peri 5Uccessi della Christianità,

    Padova 1684, cap. IV, pp. 14-18 e V, p. 19. Nel cap. VI (pp. 20-22) dimostra che i fatti preannunciati nella profezia si sono puntualmente verificati. 47 ARNU, Presa io ... , cap. XV, pp. 42-47. Nella parte finale l'Arnu g mescola una lunga dissertazione sulla congiunzione massima e tre co­ mete recentemente apparse con informazioni sulla struttura interna dello stato turco.

    88

    CAP.

    II - Venezia tra la Turchia e l'Italia

    sempre nel 1684, nell'opera di Neriolava Formanti, modesto compilatore di biografie ottomane, che però si mantiene molto prudente nel giudizio sulla famosa predizione del Georgijevié limitandosi a « desiderare, che anche da loro medesimi [Tur­ chi] con vero augurio sia predetta la propria rovina>> 48• Nel 1685 la ristampa della biografia di Maometto di Gio­ vanni Diacono offre l'occasione per pubblicare una Predittione di Mahometto profeta de Turchi venuta alla luce secondo l'edi­ tore nella moschea della Mecca vicino alla tomba del profeta in occasione del terremoto del 1680, tradotta in greco dal rin­ negato Rustano e poi in italiano da un certo Boleslao Rubrichg Pollsko di Camnietz 49• Il testo è dei più ingenui: Maometto si rivolge non agli Arabi ma ai Turchi e predice loro vittoria sino all'anno 1050 dopo l'Egira (coincidente col 1682 dell'era cristiana), dopo di che un'alleanza di potenze cristiane distrug­ gerà l'impero ottomano e spazzerà via anche la sua tomba e le sue ceneri. Lo stesso Maometto annuncia che la profezia sarà nota dopo il terremoto del 1680 e si abbandona ad una grotte­ sca consolazione dei « fratelli » Turchi ormai privati di tutto. Nel 1686 un anonimo celato sotto lo pseudonimo di Astrologo Svegliato dedica all'ambasciatore cesareo a Venezia Francesco Della Torre un opuscolo che si propone di dimostrare come la monarchia ottomana, paragonata al mitico Briareo, è « titu­ bante sotto gl'influssi delle sue contrarie stelle ». Le implica­ zioni teologiche dello scritto, tutto fondato sull'interpretazio­ ne delle congiunzioni astrali, devono apparire tutt'altro che tranquille all'autore che prevedendo l'accusa di « introdur fa­ talità od assoluta dipendenza dalle stelle>> mette le mani avan-

    48 N. FoRMANTI, Raccolta delle historie delle vite degl' imperatori ottomani sino a Mehemet IV regnante, Venezia 1684, pp. 316-317. 49 La vita di Macometto, de JUoi costumi e della sua falsa e perfida dottrina, scritta dal dottissimo Gio. Diacono Vero nell'anno 1 320. Ag­ giuntavi una Predittione del medesimo Maometto, nuovamente ritro­ vata alla Mecca, Venezia 1685. pp. 44-48.

    Il. Le profezie sui turchi

    89

    ti e non solo nega di voler dichiarare « certa prescienza » ma assicura i lettori che il suo intento è solo di « passar due hore di trattenimento civile » rimettendosi in ogni caso all' « arbi­ trio e censura infallibile della Chiesa cattolica » perché questi discorsi si fondano solo su > anche la monarchia ottomana 52• L'allusione ai fatti politici e militari che sono d'occasione e stimolo a questi testi profetici è più trasparente nelle opere di minor impegno culturale, rivolte ad un pubblico poco esi-

    50 Il Briareo fulminato o sia la Monarchia Ottomana titubante sotto gl'influssi delle sue contrade stelle. spiegato à gl'animi curiosi e pere­ grini dal sign. Astrologo Svegliato, Venetia 1686, pp. 8-9. 51 Abii ma-'shar, volgarmente chiamato Albumazar, è un astrologo musulmano la cui opera principale, tradotta in latino nel Medioevo da Giovanni di Siviglia con l'inesatto titolo
  • ,, Milano-Napoli 1956, pp. 228-255.

    96

    CAP. III - Realtà e mito del turco

    Per l'arabo la situazione è migliore perché lo stimolo a con­ servare e tramandarne la conoscenza e lo studio si collega sin dal Medioevo al recupero della tradizione filosofica classica mediata da Avicenna ed Averroè e alla traduzione del Cora­ no, strumento a lungo creduto indispensabile, insieme con la redazione di opuscoli controversistici, per ogni azione di pro­ selitismo missionario 4. La mancanza di studi rigorosi e scien­ tifici sulla lingua turca è in parte anche il frutto dell'immagi­ ne negativa del popolo e della civiltà ottomani diffusa in Eu­ ropa nel '400 e nel '500 : se i Turchi sono « barbari » nel si­ gnificato più deteriore del termine, se la loro religione merita solo disprezzo e derisione e la loro nazione rifiuta tutto quanto attiene alla sfera della cultura letteraria e scientifica, perché studiare il turco se non per le limitate necessità imposte dai rapporti politici e commerciali? Altre e più specifiche ragioni contribuiscono a rendere difficile e poco richiesto l'uso del turco nell'area politica e culturale veneziana. Il Sultano non mantiene nella capitale veneta una missione diplomatica sta­ bile e l'incapacità dell'impero ottomano di organizzare e svi­ luppare un vasto e duraturo sistema di commercio nazionale 5 non consente alla colonia turca di Venezia di raggiungere pro­ porzioni rilevanti. Ridotti di numero i Turchi che per ragioni politiche e commerciali soggiornano· a lungo a Venezia, l'oc-

    4 Per lo studio dell'arabo in Italia in età moderna cfr. G.E. SAL­ TINI; Dellti stamperia orientale medicea e di Giovan Battista Raimondi, « Giornale storico degli Archivi Toscani», IV (1860), pp. 257-308; A. BERTOLOTTI, Le tipografie orientali e gli orientalisti a Roma nei secoli XVI e XVII, « Rivista europea», IX (1878), pp. 217-268, F. GA­ BRIELI, Gli studi orientali e gli ordini religiosi in Italia, « Il pensiero missionario», III (1931), pp. 4-5; K.H. DANNENFELDT, The Renais­ sance Humanists and the knowledge of Arabic, « Studies in Renais­ sance», II (1955), pp. 96-117. 5 MANTRAN, La, navigation vénitienne ... , in « Mediterraneo e Oceano, Indiano ... », p. 387.

    I.

    La conoscenza della lingua turca a Venezia

    97

    casione e la necessità di parlare e scrivere turco è limitata ai baili e ai mercanti che hanno nella piazza di Costantinopoli il centro delle loro attività. Anche questi ultimi del resto non hanno insormontabili problemi linguistici perché possono fa­ cilmente trovare buoni interpreti di origine greca oppure san­ no parlare una specie di lingua franca sufficiente per le con­ versazioni più semplici. La scarsa conoscenza del turco a Venezia oltre ad ostaco­ lare la diffusione della cultura ottomana impedisce anche ai numerosi viaggiatori in Oriente di ripo rtare informazioni esatte e puntuali sui costumi, le leggi, le tradizioni dei popoli islamici 6• Uno dei primi documenti della conoscenza del turco a Ve­ nezia è il cosiddetto Codex Comanicus dei primi anni del '300 (ora alla Marciana) un repertorio di voci di un dialetto turco usato probabilmente da mercanti per il commercio con i Coma­ ni, una popolazione abitante sulle rive settentrionali del Mar Nero 7• Secondo il De Gubernatis il primo italiano ad impa­ rare la lingua turca sarebbe stato l'urbinate Bernardino Baldi (1553-1617) 8 ma egli intende senz'altro riferirsi ad una cono­ scenza di tipo letterario, acquisita su libri, perché già nel XV

    Un semplice episodio può essere indicativo delle modeste cono­ scenze linguistiche turche anche nelle classi colte: nel 1559 alcuni stu­ diosi veneti tra cui il Ramusio per stampare un mappamondo in lingua turca sono costretti a ricorrere al tunisino Hajgi Ahmed (R. ALMAGIÀ, A proposito del mappamondo in lingua turca della Biblioteca Marcia­ na, « Atti 1st. Veneto Se. Lettere ed Arti», t. CXVIII (1959-1960), pp. 53-59). 7 GoLusovrcH, Biblioteca bio-bibliografica ... , III, Firenze 1919, pp. 1-28. È significativo che nel 1498 Democrito Terracina chiedendo al Senato il privilegio di stampa per opere in lingua arabica, soriana, armenica, indiana et barbaresca non menzioni affatto il turco (R. FuuN, Documenti per servire alla storia della tipografia veneziana, « Archivio veneto», XII (1882), t. XXIII, p. I, pp. 133-1.34, 178). 8 DE GuBERNATIS, Matériaux pour servir tÌ l' histoire des études orienta/es en Italie, Paris 1876, p. 295. 6

    98

    CAP.

    III -

    Realtà e mito del turco

    secolo abbiamo la certezza che a Venezia ci sono persone che parlano e scrivono correntemente un turco appreso dalla di­ retta esperienza, come Angiolello degli Angiolelli, Giosafat Barbaro, Antonio Barbarigo (1471-156o), fatto prigioniero dei Turchi e poi bailo a Costantinopoli, e vari altri che hanno di­ morato a lungo in Oriente per ragioni di mercatura, di schia­ vitù, di politica. Lo studio attento dei prestiti linguistici dal turco nel dia­ letto veneziano ha rivelato un aspetto sinora inesplorato e quanto mai suggestivo degli scambi e dei legami.di lunga du­ rata tra il mondo ottomano e la Repubblica Veneta 9• Le re­ lazioni dei baili, i Diarii del Sanuto, le Lettere e le Rime del Calmo, solo per ricordare alcuni fra i tanti testi spogliati dal Cortelazzo, sono ricchi di termini direttamente mutuati dal turco o assunti tramite il greco o lo slavo 10• Naturalmente è soprattutto nelle regioni nord-orientali, a diretto contatto coi territori slavi soggetti al dominio ottomano e spesso al centro di scambi pacifici o coatti di forti nuclei di popolazione, che il lessico risente in misura maggiore di influenze turche. È in­ teressante ricordare che termini come chiosco o caveè (caffè) hanno avuto la loro prima testimonianza scritta in relazioni diplomatiche veneziane 11 e che non pochi turchismi sono pas­ sati nelle lingue europee grazie ai rapporti di Venezia con l'Oriente e la penisola balcanica 12• Le relazioni commerciali 9 M. CoRTELAzzo, Corrispondenze italo-balcaniche nei prestiti dal turco, in « Omagiu lui Alexandru Rosetti la 70 de ani», Bucure�ti 1965, pp. 147-152. 10 Un esempio significativo in M. CoRTELAzzo, Contributo alla pro­ tostoria dell'it. "casacca", « Lingua nostra», XVIII (1957), fase. 1, PP· 35-39. 11 CoRTELAZZO, Corrispondenze italo-balcaniche ..., pp. 147 e 150. La prima menzione del termine caffè si trova nella relazione di Gian­ domenico Morosini ( 1585) (Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ... ser. III, voi. III, p. 268). 12 G.B. PELLEGRINI, Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciale riguardo ali' Italia, I, Brescia 1972, pp. 30-35 e passim.

    I. La conoscenza della lingua turca a Venezia

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    via mare sono quelle che hanno lasciato traccia più duratura come testipionia la presenza nel Veneto di voci della mari­ neria turca grazie anche ad una vera e propria « moda turche­ sia » che comincia a diffondersi già nel '500 13• Del resto la presenza nella commedia il Travaglia di Andrea Calmo di un intero monologo in un turco deformato . e semincomprensi­ bile 14 prova che ormai nel XVI secolo anche la turcheria let­ teraria si fonda su una conoscenza, sia pure superficiale, della lingua 15• Ad uso di mercanti di tessuti si pubblica a Venezia nel 1580 (ma forse ve ne sono edjzioni precedenti) un vocabola­ rietto quadrilingue, italo-greco-turco-tedesco la cui destina­ zione ad un pubblico
  • , Siena 1968, pp. 1-13, F. GAETA, Sulla « Lettera a Maometto» di Pio II, « Bullettino dell'Isti­ tuto Storico per il Medio Evo e Archivio Muratoriano », 77 (1965), pp. 127-227, id. Alcune osservazioni sulla prima redazione della « Let­ tera a Maometto», in « Enea Silvio Piccolomini Papa Pio II ... », pp. 177-186, ScttwoEBEL, The shadow of the cresant ... , pp. 65-67, 72 e segg., F. BABINGER, Maometto il Conquistatore e g{i umanisti d'Italia, in « Venezia e l'Oriente·..:. », pp. 433-449. 10 DANDOLO, Chronica ... , p. 94. Nel 1367 a Venezia il falso mi­ racolo del sepolcro di Maometto sospeso in aria per forza magnetica era stato addirittura riprodotto su una carta geografica (GALLICCIOLLI, Delle memorie venete .. . , II, p. 46).

    150

    CAP.

    III -

    Realtà e mito del turco

    Trapezunzio e autore di una storia delle origini di Venezia fondata su fonti sicure e depurate dalle favolose incrostazioni popolari, quando arriva all'anno 650 d.C. e deve parlare della setta maomettana, «pestilentior altera superioribus omnibus lues », si attiene alle consuete leggende ma si scusa con i let­ tori della carenza di buone informazioni attribuendola agli arabi e a quegli scrittori cristiani che hanno trasmesso le no­ tizie «non tam scribendae historiae gratia quam eius confu­ tandi erroris » 11• L'avvio di intensi scambi commerciali e la presenza di una rappresentanza diplomatica stabiìe a Costantinopoli fa­ voriscono nel secolo XVI e XVII l'acquisizione di una più esatta e approfondita conoscenza della religione musulmana, anche se le nuove notizie sui dogmi, le cerimonie del culto, le istituzioni ecclesiastiche rimangono saldamente ancorate agli schemi negativi e denigratori ereditati dalla controversi­ stica medievale. Le relazioni dei baili proprio perché rispec­ chiano il pensiero e l'esperienza diretta d1 uomini che hanno a lungo vissuto a Costantinopoli possono essere assunte come modello esemplare dell'immagine della «setta» maomettana nella società veneziana del '500 e '600, nella misura in cui ri­ flettono una qt.1antità di informazioni di prima mano quasi del tutto assenti in molti altri testi contemporanei. « Della qualità della loro falsa religione non occorre dir molte parole, sapendo ognuno che non fu mai ritrovata più .apparente favola, e che autore di quella è stato il scelleratis­ simo Maometto che ... s'immaginò d'andar inventando una sorta di legge che promette libertà di costumi per tirar a sé gli uomini carnali, e che potesse dar soddisfazione così alli cristiani come agli ebrei» : è difficile immaginare una descri­ zione più incisiva della fede islamica, pur nella scontata ade-

    11 B. GrnsTINIAN, De origine Urbis Venetiarum, Venetiis (1492),

    p. 52.

    III.

    Religione e potere in uno stato dispotico

    151

    sione a schemi mentali tradizionali, di queste breve notazioni di Gianfrancesco Morosini nel 1585, ma le frasi che seguono chiariscono l'ottica tutta « storica» del suo giudizio, perché il bailo non si sofferma sugli aspetti più propriamente reli­ giosi dell'Islam ma va diritto a cogliere le implicazioni poli­ tiche di questa religione, mettendo in evidenza « la sporca e vitiosa vita » dei turchi 11• L'interesse dei baili non va alle ori­ gini storiche e alla vera struttura dogmatica dell'Islamismo ma alle sue concrete ripercussioni sull'assetto sociale del mondo turco, spesso confuso con quello arabico delle origini ormai lontano dall'immediata conoscenza dei veneziani. Se la setta dei Turchi è solo « un misto di senso e di ragion di stato» creato dall'accortezza di Maometto è facile convincersi che dalla mescolanza di « contaminata Religione e depravati co­ stumi» può derivare solo « un governo mostruoso, tiranni­ co» e che la credenza in un Paradiso immaginato in funzione di piaceri materiali sottrae l'individuo « dalla pena che seco porta il pensar al morire» aprendo così la via ad una sfrenata licenza e ai peggiori eccessi nella vita terrena 13• Le « ridicole superstizioni dell' Alcorano» colpiscono l'osservatore venezia­ no per la potente suggestione che esercitano sull'animo degli uomini semplici, imbevuti di una ferrea convinzione nella assoluta predestinazione e di un cieco e totale fatalismo, am­ bedue premesse indispensabili per l'adesione convinta e fana­ tica alla « guerra santa» e al totale sprezzo della morte in battaglia 14. Notazioni positive sul comportamento religioso

    12

    Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ... ,

    p. 271. -13

    Le relazioni degli Stati Europei

    p. 29, 128.

    ser. III, vol. III,

    ... , parte j., p. 178, parte II,

    Le relazioni degli Stati Europei ... , parte I, p. 105, u8, 180, par­ te Il, 209. Frequenti anche le notazioni sul contrasto tra un'interpre­ tazione rigida del « fatalismo » che esclude anche elementari misure igieniche contro la diffusione della peste e i provvedimenti effettiva14

    152

    CAP. III - Realtà e mito del turco

    dei Turchi, come la loro scrupolosa osservanza delle pratiche di culto e lo zelo in tutte le manifestazioni esteriori, sono per lo più utilizzate dai baili, come del resto da tutti gli altri osservatori veneziani ed europei contemporanei, in funzione strumentale per deprecare in tono moralistico la trascuratezza e l'indifferenza dei cristiani o per sottolineare l'ipocrisia ot­ tomana che finge grande pietà religiosa per meglio celare le malvage azioni 15• Il grande rispetto per i luoghi di culto, l'osservanza scru­ polosa del divieto di bere vino, di giocare, di bestemmiare, il frequente e largo esercizio della carità individuale, meravi­ gliano i patrizi veneziani che però si compiacciono di segna­ lare la contraddizione di molti individ1.1i che ostentano una adesione esteriore a tutte le prescrizioni islamiche ma poi pri­ vatamente agiscono in modo del tutto contrario e sicuramente scandaloso 1 6. Incerti si mostrano spesso gli osservatori vene­ 'ziani sulla compattezza della struttura ecclesiastica islamicJ. ora esaltata ora negata per la presenza di varie sette, sull'as­ senza di ogni discussione in materia religiosa, secondo alcuni solo apparente potendo ogni turco « interpretar l'Alcorano a modo suo », e infine sulla sincerità delle offerte alle moschee

    mente presi per evitare alluvioni o siccità (Le relazioni degli Amba­ sciatori Veneti . . . , ser. III, vol. I, pp. 452-453). 15 « È ben vero che sanno i Turchi nascondere le loro ribalderie più che non sogliono far li cristiani, perché nelle parole si guardano assai di non parer disonesti », scrive ancora il Morosini. E due anni dopo Matteo Zane rincara la dose assicurando che frequentare le mo­ schee « è fatto propriamente per competere nella ipocrisia e non nella religione, poiché non si vede che sia loro proibita alcuna enormità di costumi e di scelleratezze » (Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ..., ser. Il, vol. III, p. 271, 406). 16 L e relazioni degli Ambasciatori Veneti ... , ser. III, vol. I, p. 157, 280, 323, 398, 450-451, vol. II, pp. 249-250, Le relazioni degli Stati Europei ... , parte Il, pp. 28-29.

    III.

    Religione e potere in uno stato dispotico

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    e a1 luoghi pii in evidente contrasto con la supposta univer­ sale avarizia 17• Il carattere sincretico della religione islamica, che alimen­ ta nel '500 le speranze di un uomo come il Postel di estendere anche ai Turchi una forma di cristianesimo ridotto a pochi dogmi semplificati e comprensibili a tutti nell'ambito di una cosmopolitica trasformazione integrale della società 18, è colto con interesse dai baili che però si iimitano a sottolinearne solo le implicazioni sociali e politiche. La concezione di una religione instrumentum regni nelle mani dei Sultani che se ne servono per tenere in obbedienza i popoli ignoranti e dilatare l'impero con il miraggio della felicità eterna per i morti in combattimento 19, è forse l'unico aspetto che interessa veramente i nobili veneziani che non a caso ci hanno lasciato ampie e brillanti descrizioni della stretta subordinazione del potere religioso a quello politico, secondo una ferrea logica di ragion di stato che solo di rado i Muftì e gli ulema sono in grado di respingere o spezzare. L'uso politico del Corano pare ai Veneziani la carta segreta e

    11 Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ... , ser. III, vol. III, p. 272, 379, Le relazioni degli Stati Europei ..., parte I, p. 114. 18 Sul pensiero del Poste! e il suo celebre scritto De la république des Turcs (1560) v. W.J. BouwsMA, Concordia Mundi: the career and thought of Guillaume Poste!, Cambridge (U.S.A.) 1957, V. DE CAPRA­ RIIs, Propaganda e pensiero politico in Francia durante le guerre di religione, I (1559-1572), Napoli 1959, pp. 161-162, P. MEsNARD, Il pensiero politico rinascimentale, a cura di L. Firpo, Il, Bari 1�3, pp. 76-78 e ora A. RoTONDÒ, Guillaume Poste! a Basilea, « Critica storica », X (1973), n.s., p. 126. 19 Vedi ad esempio questo passo di Giovanni Morosini del 1680: « bi religione, in ogni luogo fondamento dei go")erni, forte legame dell'umana società, qui è �rva della politica, e come tale sostenuta dai Monarchi ottomani perché assoggetta il libero arbitrio alla volontà del principe, fa creder predestinazione la cieca obbedienza, martirio la morte in suo servizio » (Le relazioni degli Stati Europei ... , parte Il, p. 263; cfr. anche la relazione di Agostino Nani del 1603, parte I, p. 36 ).

    154

    CAP.

    III -

    Realtà e mito del turco

    vincente della loro formidabile macchina politica e la crescen­ te estensione territoriale dell'impero prova la bontà della for­ mula escogitata dal « sagace » Maometto e prontamente adot­ tata dai Turchi che col sapiente ed accorto uso dei fondamen­ ti sincretici dell'islamismo conservano !a fede nei sudditi e rie­ scono ad « ingannare molte particolari persone idiote » 20• Se per quanto riguarda la conoscenza e il giudizio sulla religione dei Turchi l'ambiente politico e culturale veneziano non presenta una sostanziale differenziazione rispetto al pa­ trimonio di notizie e di convinzioni tramandato all'Occidente europeo dal cristianesimo medievale, assai più complesso e variegato è invece l'atteggiamento della pubblicistica venezia­ na nei confronti dello stato turco, del suo governo e delle sue strutture militari e amministrative. Il Curcio e lo Chabod hanno suggerito spunti persuasivi ed illuminanti sull'effetto prodotto dalla comparsa dell'impero ottomano sulla scena po­ litica mondiale e sulla presa di coscienza da parte degli occidentali dell'esistenza di un'entità culturale e spirituale, l'Europa, contrapposta all'Asia imbelle e «barbara))' ormai preda dei nuovi invasori 21• Le fulminee conquiste ottomane diffondono in Occidente un generale terrore dei Turchi colo­ ritosi ben presto di accenti religiosi e profetici, che prospet­ tano il successo degli infedeli mtisulmani come un castigo di Dio per i peccati di cui i Cristiani continuano a macchiarsi, ma ben presto l'attenzione si concentra sulle strutture poli­ tiche e militari che sono alla base di un successo così clamo­ roso. Nasce così una ricca letteratura che esalta gli aspetti po­ sitivi dell'impero ottomano, malgrado la tradizionale ostilità religiosa costringa gli autori a moderare e a circondare di riserve e cautele gli entusiasmi e le lodi eccessive. Si ammi-

    20

    Le relazioni degli Ambasciatori Veneti

    relaz. Matteo Zane (1594), p. 405.

    ... , ser. III, voi. III,

    21 C. CuRcro, Europa. Storia di un'idea, I, Firenze 1958, pp. 236, F. CHABon, Storia dell'idea d'Europa, Bari 1964, passim.

    178-

    III. Religione e potere in uno stato dispotico

    155

    rano la disciplina e compattezza dell'esercito turco, in con­ fronto al disordine e all'insubordinazione diffuse tra le trup­ pe cristiane, ma si esalta soprattutto il solido assetto politico centralizzato e dispotico che ha consentito allo stato ottomano una così rapida espansione militare 22• Gli studi dello Sturm­ berger hanno permesso di valutare con precisione l'influenza dell'esempio ottomano sul processo di formazione della mo­ narchia asbi.irgica che si consolida e aggrega nella sua com­ patta struttura burocratica e accentrata proprio in funzione della difesa anti-turca 23• Attraverso l'analisi di una serie di scrittori politici euro­ pei, da Machiavelli a Bodin a Botero e con l'aiuto di testimo­ nianze di viaggiatori, militari, funzionari austriaci tornati dal­ la Turchia, lo Sturmberger giunge alla convinzione che l'as­ solutismo osmano, soprattutto nella forma assunta durante il regno di Solimano II, prospetta un modello di valore esem­ plare per le grandi monarchie europee, dando un notevole impulso alie tendenze in atto al loro interno verso l'elimina-

    22 « Il Turco era, in fondo, l'Oriente, l'Asia, idea e regione di Stato compatto, uniforme, massiccio» (CuRc10, Europa ... , I, p. 206). Lo Schwoebel ricorda un'interessante rappresentazione tedesca del 1456 (Des Turken Vasnachspiel) in cui « the peace and order maintained by the sultan's strong governement, his justice and light, his toleration of Christians are ali emphasized in contrast to thc socia! and poli­ tica! evils of the empire and the corruption of the church and its hie­ rarchy » (The shadow of the crescent ... , p. 212). 23 H. STURMBERGER, Das Problem der Vorbildhaftigkeit des tur­ kischen Staatwesens im 16. und 17. /ahrhundert und sein Einfiuss auf den europiiischen Absolutismus, in « Comité lnternational des Sciences Histariques. XIII Congrès International des Sciences }iistoriques. Vien­ ne, 29 aoftt-5 septembre 1965-Rapports. IV. Methodo�ogie et histoire contemporaine», Horn-Wien 1965, pp. 201-209. Sul problema dei rapporti tra la storia ottomana e la storia dell'Occidente cfr. anche A. BoMBACI, L'impero ottomano, in « Nuove questioni di storia mo­ derna», I, Milano 1964, in part. pp. 557-561.

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    III - Realtà e mito del turco

    zione dei residui feudali e di tutte le sopravvivenze partico­ laristiche 24. Un forte esercito permanente, imperniato sui Gian­ nizzeri, un potere assoluto concentrato in forma dispotica nelle mani del Sultano, la mancanza di una nobiltà eredita­ ria, una relativa tolleranza religiosa, sono gli elementi che maggiormente balzano agli occhi degli osservatori europei e caratterizzano l'influsso esercitato dallo stato ottomano sullo sviluppo dell'assolutismo nell'Europa occidentale. Tema di grande interesse questo prospettato dallo storico austriaco su cui si innestano le precise e feconde osservazioni del Diehl e dello Chabod che rivendicano all'impero ottomano degli inizi del '500 l'eredità della tradizione storica e culturale e della struttura burocratico-amministrativa rispettivamente dello stato bizantino e dell'antica monarchia persiana 25• « Tut­ ta la monarchia del Turco è governata da uno Signore, li altri sono sua servi », con questa lapidaria definizione il Ma­ chiavelli individua nel dispotismo totale il tratto essenziale del governo ottomano, la cui rapidità ed efficienza si impone all'ammirazione di tutti in un'epoca in cui il processo di uni­ ficazione amministrativa ed economica è ancor lontano dal1'essere concluso in molti paesi europei e l'Italia comincia a pagare duramente con l'invasione ed il dominio straniero l'esasperato frazionamento politico 26•

    24 « Diese Tiirkenbewunderung gehort vor allem dem ti.irkischen Staat in seiner Ganzheit, dem einheitlichen, von einem Willen ge­ lenkten Staat, der Macht und Stiirke reprasentiert und den abendliin­ dischen Staaten als Beispiel hingestellt wird » (STURMBERGER, Das Pro­ blem ..., p. 203-204). 25 C. DIEHL, La civiltà bizantina, Milan".> 1962, in particolare le pp. 288-289, CHABoo, Storia dell'idea di Europa, p. 50. 26 MACHIAVELLI, Il principe, cap. IV. Di notevole interesse il dibat­ tito svoltosi in Francia intorno ai giudizi del segretario fiorentino sul­ l'assetto statale dell'impero ottomano e della monarchia francese (cfr. G. PRocAcc1, Studi sulla fortuna di Machiavelli, Roma 1965, pp. 109-122).

    III. Religione e potere in uno stato dispotico

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    Negli anni a cavallo tra il '500 e il '600 quando la Repub­ blica Veneta comincia ad avvertire i sintomi di una decadenza lenta ma irrimediabile e registra nel seno del proprio patri­ ziato un vivace e tormentato dibattito culturale e politico tra i fautori di due diversi indirizzi, cauto e moderato l'uno (i « vecchi » ), più audace e creativo l'altro (i « giovani » ), due tra le più vigorose menti del pensiero politico italiano, Gio­ vanni Botero e Traiano Boccalini, pubblicano proprio a Ve­ nezia le loro opere in cui spiccano alcune riflessioni di grande rilievo sulle caratteristiche più peculiari dell'impero ottomano. Già nella Ragion di stato il Turco è più volte citato come esempio per alcuni consigli al principe, ma è soprattutto nelle Relazioni universali, uscite nel 1605, che il Botero scrive al­ cune pagine attente e meditate sui caratteri del popolo turco, la natura dispotica del governo del Sultano, l'importanza fondamentale dei timari (feudi) per una buona coltivazione della terra e infine le varie cause dell'istituto dei rinnegati 27• Nei Ragguagli di Parnaso che il Boccalini dedica il 21 set­ tembre 1612 proprio da Venezia al cardinal Borghese, l'assun­ zione cosciente dell'impero ottomano a modello di organiz­ zazione statale è più evidente e marcata, anche se mai supera i confini della rigida ortodossia cattolica. Nella Turchia, ha osservato Meinecke, il Boccalini vede realizzato un ideale a lungo e vanamente perseguito dal pensiero politico del Rina­ scimento, « un capolavoro di architettura cosciente, mirante

    n G. BoTERO, Delle relationi universali, p. II, Venezia 1605, pp. 117-129, in part. p. 120 e 116-118. Interessanti osservazioni sulla diffu­ sione della religione maomettana, nell'ambito di un tentativo di stati­ stica di tutte le religioni, in un altro scritto del Botero, inedito sino al 1895: - Del numero dei C hristiani, e delle altre tzritioni, quanto spetta alla religione, per l'Universo. Cfr. A. MAGNAGHI, La statistica delle religioni ai primi del secolo XVII secondo Giovanni Botero, « Ri­ vista geografica italiana», XII (1905), pp. 257-266, 369-375, 464-475, 523530. Botero è anche autore di un Discorso della lega contro il Turco, Torino 1614.

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    CAP. III - Realtà e mito del turco

    a fini determinati, un meccanismo politico che si caricava come un orologio e utilizzava le diverse specie, forze e qua­ lità degli uomini come sue molle e rotelle» Durante la sua violenta polemica contro Bodin cui attribuisce l'opinione « non meno empia che falsa » che sia lecito concedere una ampia libertà di coscienza a tutti i popoli, l'impero ottomano, chiamato a discolparsi dell'accusa di aver concesso tale indi­ scriminata libertà ai suoi sudditi, smentisce recisamente il teorico francese, assicura che l'unità della religione è uno dei pilastri su cui si fonda la saldezza deilo stato e giustifica solo con ragioni di opportunità politica la concessione del libero esercizio della propria religione ai popoli soggetti 29• Natu­ ralmente questo riconoscimento non impedisce al Boccalini di formulare poco dopo per bocca dell'imperatore Massimi­ liano il solito durissimo attacco alla religione islamica fon­ data da Maometto sulla prevalenza del senso sullo spirito e strutturata nei suoi vari obblighi e divieti su evidenti princìpi politici 30• Anche in altre occasioni egli riprende temi diffusi nella pubblicistica « turchesca » occidentale come la speditez­ za del sistema giudiziario ottomano, l'utilità dell'istituto dei rinnegati, l'odio per le scienze e le « buone lettere » attri­ buito al desiderio di mantenere nella semplicità e nell'igno­ ranza i sudditi, per meglio predisporli ad una supina accet­ tazione della religione maomettana. Le acute osservazioni del Botero e del Boccalini hanno il pregio di essere inserite in un complesso di coerenti e organi­ che riflessioni sul valore esemplare del modello statale otto­ mano e forse per questo ci colpiscono oggi con maggior vi­ gore ed efficacia, ma è quasi superfluo notare che esse si rii,;.

    28 F. MEINECKE, L'idea della ragion di stato nella storia moderna, Firenze 1942, p. 121. Cfr. anche le pp. 122-124. 29 T. BoccALIN1, Ragguagli di Parnaso, in « Ragguagli di Parnaso e scritti minori», a cura di L. Firpo, Bari 1948, I, .PP· 221-229. 30 BoccALINI, Ragguagli ... , II, pp. 237-242.

    III. Religione e potere in uno stato dispotico

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    trovano con una multiforme varietà di accenti e sfumature anche in molti altri testi della letteratura > 34• Natural­ mente un governo tanto brutale e tirannico presenta anche aspetti positivi, come la tranquillità dell'ordine pubblico, uno scarso numero di risse, furti, omicidi, e in generale il rispetto per la vita e i beni altrui favo6to da una giustizia rapida o addirittura sommaria come si conviene ad un regime di ti po militare 35• Un'immagine nel complesso così cupa e negativa dell'assetto statale ottomano non impedisce naturalmente agli osservatori veneziani di apprezzare e sottoporre ad attenta

    33 Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ... , ser. III, vol. I, p. 154. Cfr. anche la relazione di Marc'Antonio Barbaro (1573), pp. 327-328. 34 Le relazioni degli Stati Europei ..., parte I, p. 329. La stessa immagine nella citata relazione di Alvise Contarini (Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ..., parte I, p. 333). 35 Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ... , ser. III, vol. I, p. 328. Quasi per attenuare il quadro nero prima tracciato il Contarini assicura che in Turchia « fiorisce per estremo la carità, ognuno gode il suo con intiera quiete; non donne non roba d'altri si usurpa; ogni uomo coopera all'ajuto del prossimo: tutti spie, tutti ,sbirri, tutti persecutori dei malfatori » (Le relazioni degli Stati Europei ... , parte I, p. 337).

    III. Religione e potere in uno stato dispotico

    161

    considerazione gli elementi di forza di una macchina politica e militare così salda ed efficiente. La disciplina, la bellicosità e il valore dei giannizzeri otto­ mani diventano addirittura mitici a Venezia, così come og­ getto di universale ammirazione è la destrezza dei Turchi nel­ l'uso del cavallo che consente loro di mantenere il dominio in campagna aperta e di superare le disorganiche e lente armate cristiane 36• Eccezionali doti di abilità, una perfetta organizzazione, una robusta costituzione fisica ma soprattutto lo spirito di sa­ crificio e la resistenza ad ogni privazione e fatica colpiscono la fantasia dello storico Pietro Giustiniani che ce li presenta con una colorita immagine che ricorda le truppe di Annibale descritte da Livio durante il passaggio delle Alpi. I Turchi ci appaiono dunque come essere indomabili: « vorticosa et profonda tranant Rumina, abrupta inaccessaque scandunt montes, non armatas horrent acies, non machinas, non fer­ rum; inediae, aestus, frigoris tolerantissimi sunt vereque Ro­ mana prisca illa in Turcarum gente militaris disciplinae ratio viget » 37• Abbastanza contraddittorie sono invece le osservazioni dei baili e in genere di tutti gli storici occidentali sulla politica del governo ottomano verso le altre confessioni religiose. Tutti sono concordi nel denunciare le oppressioni cui sono soggetti i Cristiani, salvo poi ammettere candidamente che in realtà i popoli sottomessi non fuggono dall'impero « parendo a tutti

    36

    G. B.

    BARPo,

    Le delitie et i frutti dell'agricoltura e della villa,

    Venezia 1634, p. 44. Sui giannizzeri esiste una vasta bibliografia; ri­ cordo almeno il recente studio di N. W1ESSMANN, Les janissaires. Etude de l'orgrmisation militaire des Ottomans, Paris 1964. lnterpsanti osser­ vazioni in rapporto all'Occidente cristiano e alle varie idee di crociata in G. RAzso, Una strana alleanza. Alcuni pensieri sulla storia militare e politica del/' alleanza contro i Turchi ( 1440-1464), in « Venezia e l'Ungheria ... », pp. 79-100. 37 GrnsTINIANI, Rerum venetarum ab urbe condita ... , p. 394.

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    CAP.

    III -

    Realtà e mito del turco

    grandissima moderazione del loro mal destino, quando li porta a cambiar dominio di signor temporale, non mutar religione, e nella perdita della roba e della libertà non perder la co­ scienza » 38• Del resto la fuga in Turchia di tanti dissenzienti reli­ giosi europei è la prova migliore della relativa tolleranza, sia pure ispirata a concreti motivi di ragion di stato, concessa dal Sultano a tutti i culti non musulmani. L'indiscussa superiorità militare, la salda ed efficiente im­ palcatura burocratica, la sciolteza ed efficienza del potere ese­ cutivo sono pregi così evidenti dell'impero ottomano che sa­ rebbe ben difficile per un acuto ed esperto uomo politico quel'è normalmente il bailo veneziano negarli apertamente e allora forse proprio per contrapposizione e per dar sfogo al­ l'invidia e al dispetto per così notevoli capacità di organizza­ zione statale egli si sfoga a caricare di tutti i vizi e ditetti più odiosi e detestabili i singoli Turchi sino a presentarcene una immagine quasi completamente deforme e sfigurata.

    38 Le relazioni de li Ambasciatori Veneti, . . ser. III, vol. Il relaz. , , g Jacopo Soranzo (1571), p. 252, voi. III, relaz. Matteo Zane (159), p. 405.

    IV - UN DOPPIO SCANDALO: UN POPOLO INIMICUS NOBI­ LITATI E I RINNEGATI

    (( Inimicus nobilitati, qui principes trucidare, lacerare, di­ scerpere voluptati ducit, non cupit praeesse, sed obesse », que­ sto l'incisivo ritratto del popalo turco nel De rebus turcicis liber del vescovo Gerolamo Balbi 1• Gli fa eco alla fine del '500 il bailo Lorenzo Bernardo che dipinge con accenti di preoccu­ pata meraviglia l'infelice condizione àella Cristianità 1 6. Non potendo disconoscere la loro abilità e potenza il nobile veneto sembra quasi vendicarsi della fortunata ascesa sociale di questi schiavi del Sultano(« poiché si sa che quello è il do-

    15 Le relazioni degli Ambasciatori 389 (relaz. Matteo Zane, 1594).

    Veneti ... ,

    ser. Ilf, voi. III, p.

    16 Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ... , ser. III, voi. III, p. 264 (relaz. Gianfrancesco Morosini, 1585). Sull'avvilente servilismo dei rinnegati ha lasciato una pungente immagine Giovanni Moro che li descrive come uomini che riconoscendo dal Sultano « l'avere, l'onore e la vita, nel modo che le cose create ricevono vigor dal sole, si glo­ riano chiamarsi suoi schiavi » (ser. III, vol. III, p. 338).

    IV. Un doppio scandalo

    171

    minio o la repubblica de' schiavi, dove loro hanno da coman­ dare», scrive il Morosini nel 1585, deprimendone l'immagine morale agli occhi dei suoi compatrioti e caricandoli di tutti i più odiosi e degradanti difetti di cui sian capaci la fantasia e l'invidiosa acredine di un orgoglioso aristocratico europeo. (( Gente nata ignobile, inesperta, abietta, servile, priva per propria natura di cognizione di governo, di giustizia e di reli­ gione, e sopra tutto pieni di arroganza e di superbia » defi­ nisce Marc'Antonio Barbaro 1573 i rinnegati di grado più elevato, ma un suo collega, forse Giovanni Correr, quando si riferisce ai militari li dipinge con colori ancora più foschi, come uomini « dediti alle rapine, ai furti, agli omicidi, alle crudeltà, ad una vita inquieta, insolenti, bugiardi, arroganti, ambiziosi e senza conoscimento d'onore)> 17• Il rimprovero ai nuovi nobili e di essere arroganti e superbi è sempre stato buttato in faccia per secoli dal disprezzo misto a risentimento dagli esponenti della vecchia aristocrazia e non è un caso che tutti i baili siano unanimi nell'attribuire ai rinnegati conosciuti alla Porta questi due difetti. Leonardo Donà, membro di una delle più cospicue famiglie veneziane e uno dei più brillanti leaders del gruppo dei cc giovani » commenta con poche sbri­ gative parole l'insolenza dei rinnegati turchi: e< Quasi tutti sono da infimi et plebei nascimenti et da villissime servitù elevati ad alto stato. Asperius nihil infimo cum fertur in al­ tum n 18• I vizi e la bassezza di carattere che li contraddistin-

    17

    Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ... , ser. III, vol. I, p. 315, 462. Nel 1612 Simone Contarini assicura che essi « forman quella specie di gente che non pure fra' Turchi, ma non credo peggiore si trovi,, lasciamo il mondo, nell'inferno ancora» (Le relazioni degli Stati Europe1 ... , parte I, p. 161), mentre Agostino Nani (p. 37) ritiene addirittura che essi professino l'ateismo (« non credono cl,sa alcuna»). 18 F. SENECA, Il doge Leonardo Donà. La sua vita e la sua prepa­ razione politica prima del dogado, Padova 1959, p. 297. Il giudizio è contenuto nella relazione presentata in Senato nel 1586 dopo un'amba­ sceria a Costantinopoli.

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    CAP. III - Realtà e mito del turco

    guano hanno le loro radici proprio nella mancanza di una tra­ dizione nobiliare che fornisca loro « esempio di virtù » e li sti­ moli a lasciare in eredità ai figli ricchezze e prestigio sociale. Nella Repubblica Veneta il privilegio sociale è strettamente connesso al possesso di beni e ricchezze, condizione indispen­ sabile per l'esercizio del potere politico, ma trova la sua giusti­ ficazione agli occhi del popolo nella « virtù» che orna e di­ stingue il nobile secondo un modello ideale delineato con perfetta coerenza ed armonia dal Paruta. L'impero ottomano sembra incarnare con esemplare specularità un'immagine al­ ternativa di classe dirigente, espressa da rinnegati vili e abietti, di ignobili origini sociali «che entrano in grandezza senza alcun capitale, essendo loro stessi li fabbri della propria for­ tuna, perché non ereditano dai loro maggiori né virtù, né case, né ricchezze, ma vizi e scellerati costumi » 19• e< Amo­ revolissimi, fedelissimi ed obbedientissimi » al Gran Signore cui tutto debbono e che tutto può togliere in qualsiasi mo­ mento, i rinnegati non possono sentire, come il nobile vene­ ziano che dai genitori eredita «capitale>> e « virtù», il sen­ timento dell'onore, prerogativa gelosa ed esclusiva dell'aristo­ cratico, e la loro condotta si ispira di conseguenza a principi di viltà e inumanità. Una suggestiva immagine dello sprez­ zante sentimento di superiorità del nohile veneziano verso i rinnegati turchi ci è offerto da un rapido paragone tracciato dal bailo Giovanni Moro tra i rais di marina turchi e i sopra­ camiti veneziani in relazione al trattamento riservato ai re­ matori alle loro dipendenze. I sopracomiti veneziani « con­ forme alla loro nobiltà e alla loro condizione, hanno davanti agli occhi oltre il timor di Dio, il proprio onore » che li ec­ cita ad assicurare ai propri marinai un trattamento umano, mentre invece i rais turchi « essendo uomini, per l'ordinario,

    19

    Le relazioni degli Ambasciatori Veneti . . . , ser. III, voi. III,

    p. 269 (relaz. Gianfrancesco Morosini, 1585).

    IV. Un doppio scandalo

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    di vil condizione, e di conseguenza poco zelanti del proprio onore e indegni d'esser paragonati con li sopracomiti della Serenità Vostra nobili d'animo e di costumi» si abbassano a comportamenti vergognosi derubando i rematori delle loro paghe e mirando solo al guadagno in tutti gli uffici in cui sono impiegati 20• Eppure nonostante il disprezzo ed il rifiuto di un'istitu­ zione così lontana dagli schemi sociali e dalle categorie di va­ lore dell'Occidente, i baili veneziani non possono restare in­ sensibili agli effetti positivi dell'uso dei rinnegati nello stato turco. Due tra i più intelligenti e vivaci uomini politici vene­ ziani del '500, ammirati dell'efficienza di questi ministri otto­ mani, suggeriscono al Senato di trapiantare, con opportune modifiche e adattamenti, questa esperienza nei domini del Levante dove pii:, grave si fa sentire la carenza di una com­ patta e fedele classe dirigente filo-veneziana. Marino Cavalli, abile diplomatico e autore di splendidi ritratti di Francesco I, Carlo V, Filippo Il, propone nel 1560 di associare agli interessi veneziani gli esponenti del ceto più elevato della Dalmazia e del Levante oppure di dar moglie, ricchezze e gradi a « pri­ vati e bravi omini loro sudditi che riescono in guerra» 21, men­ tre Lorenzo Bernardo una trentina d'anni dopo sviluppa l'idea in un piano organico e completo di cooptazione di elementi abili e geniali provenienti dai ceti più umili. Durante il suo bailaggio a Costantinopoli ha osservato che alle massime ca­ riche dello stato ottomano non sono preposti « né duchi, né marchesi, né conti, ma tutti per origine pastori>> e che il Sul­ tano riesçe a trasformare i suoi schiavi in ottimi capitani, san­ giacchi e beilerbei « dando loro per questa via credito e ripu­ tatione», un esempio che Venezia potrebbe imitare curandosi (< dei privati e bassi uomini col dar loro gradi ,;;t autorità»

    '

    20 Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ... , ser. III, voi. III, p. 349 (relaz. Giovanni Moro, 1590). 21 Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ... , ser. III voi. I p. 283. , ,

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    CAP.

    III -

    Realtà e mito del turco

    assicurandosi così servitori esperti e fedeli, alieni dalle fughe e tradimenti che così spesso caratterizzano il comportamento dei nobili sudditi e degli ufficiali stanziati in Levante 22• Il pregiudizio nobiliare e l'immagine fosca dei rinnegati giunti al vertice dello stato tracciata da tanti osservatori impe­ discono al Senato di dare attuazione alle audaci proposte del Cavalli e del Bernardo e per tutto il '500 e '600 il rinnegato turco si pro.fila agli occhi dell'opinione pubblica veneziana con contorni spregevoli e irritanti che ispirano talvolta anche la fantasia di scrittori e poeti 23• Baili esperti di politica e di rapporti umani, teorici freddi e disincantati dello stato e della società, religiosi tanto legati ad un'intransigente ortodossia quanto disposti ad una reali­ stica considerazione di uomini e strutture non sanno nascon­ dere il loro ammirato stupore per la sorprendente fortuna di rinnegati elevati ai massimi gradi di responsabilità nello stato ottomano ma sono addirittura colti da un sussulto di incre­ dulità e di sgomento di fronte allo scandalo inaudito del pas­ saggio all'islamismo di singoli cittadini, di interi nuclei fami­ liari o addirittura di gruppi sociali compatti ed omogenei di sudditi veneziani. È un fenomeno che percorre tutto l'arco dell'età moderna e accompagna con sorprendente sincronia, che non esclude scarti e alternanze di livelli quantitativi e qualitativi, la complessa e dialettica evoluzione dei rapporti economici, militari e politici tra la Repubblica Veneta e lo stato ottomano. Il Braudel ha dedicato alcune pagine di sug­ gestivo interesse a questo ininterrotto flusso di uomini non solo da Venezia ma dalla Cristianità tutta verso le terre della

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    Le relazioni degli Ambasciatori Veneti ... , ser. III, vol. II, p. 358 (relaz. Lorenzo Bernardo, 1592). 23 In una poesia secentesca di Gianfrancesco Busenello spicca la graziosa immagine di un rinnegato che si duole piangendo « d'aver perso la fede e la speranza, quando un turco arabià con un pe in la panza/ fa de buttarlo in mar la carità» (A. L1v1NGSTON, La vita vene­ ziana nelle opere di Gian Francesco Busenello, Venezia 1913, p. 216).

    IV. Un doppio scandalo

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    mezzaluna : bramosia di guadagno nei tecnici e negli operai l1ualifìcati, fascino dell'avventura o « vertigine dell'apostasia» in semplici viaggiatori o addirittura in membri del clero e soprattutto le persecuzioni religiose che infuriano nei paesi cristiani in sconcertante e perciò seducente opposizione alla relativa tolleranza turca, sono alcune delle cause indicate dallo storico francese per le scelte maturate da molti dei protago­ nisti di questa migrazione di vaste proporzioni 2 4. Negli osser­ vatori europei prevale per lo più l'interesse religioso: stupi­ sce, addolora o pone inquietanti e tormentosi dubbi a molti sinceri credenti questa corsa di tanti uomini, talvolta anche di discreta condizione economica, verso la religione del « fal­ so» profeta Maometto. Fin dal 1605 Botero anticipa in poche righe la spiegazione globale di questo fenomeno, osservando con tipico realismo da « ragion di stato >) che « parte abiurano la fede per uscir da gli stratij e foggir i tormenti, altri per speranza d'honori e di grandezze temporali», senza contare quelli che sin da giovani sono stati prelevati ed educati J, tanto da mostrarsi in ta­ lun forzate di cui sono ricche le cronache degli anni di guerra del '500 e del '600, che vedono sui mari del Mediterraneo e nelle irrequiete plaghe della penisola balcanica un ininter­ rotto rimescolio di soldati, schiavi, profughi più o meno volontari, sbandati di ogni genere, per molti dei quali l'ab­ bracciare temporaneamente e con riserva mentale l'islamismo è di volta in volta rimedio di salvezza, ricerca di ur< migliore avvenire, elezione semiconsapevole e priva di precisi risvolti ideologico-religiosi. Una quindicina di processi del Santo Uffizio si riferisce a persone delle più varie nazionalità, professione e condizioni, casualment6 finite nelle mani della giustizia ecclesiastica men­ tre sostano a Vene.�ia per affari o in attesa di imbarco per l'Oriente. Giovani di Livorno, Roma, Orvieto, Malta, Leo­ poli,.