Un modello probabilistico del processo onirico 8833955079, 9788833955070

La ricerca, condotta con rigore e presentata con eleganza, applica la teoria delle probabilità ai sogni prodotti da un p

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Un modello probabilistico del processo onirico
 8833955079, 9788833955070

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Alessandro Pesavento, specialista in psichiatria e in neuropsichiatria infantile, è membro associato dellA Società psicoanalitica italiana. Mario De Paoli, IAureato in chimica e in fisica, insegna matematica e fisica in un liceo di Padova.

Lezioni e seminari

ALESSANDRO PESAVENTO MARIO DE PAOLI

Un modello probabilistico del processo onirico

e la sua applicazione ai sogni prodotti in analisi

Prima edizione ottobre 1992 © 1992 Bollati Boringhieri editore s.r.l., Torino, corso Vittorio Emanuele 86 I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati Stampato in Italia dalla Stampatre di Torino CL 74-9343-6

ISBN 88-339-5507-9

Un modello probabilistico del processo onirico e la sua applicazione ai sogni prodotti in analisi/ Alessandro Pesavento, Mario Dc Paoli. - Torino : Bollati Boringhieri, 1992 117 p. i 21 cm. - (Lezioni e seminari} L DE PAOLl, Mario II. PESAVENTO, Alessandro 1. SOGNO. Interpretazione CDD 154.6 (a cura di S. & T. · Toriffo)

Indice

Introduzione 1

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Un modello strutturale-stocastico del processo onirico Dalle polarità freudiane alle unità relazionali Il modello strutturale degli stati rela­ zionali dell'Io La teoria delle relazioni oggettuali e gli stati dell'Io Determinismo, sovradeterminazione e probabilità in psicoanalisi Le implicazioni probabilistiche della teoria cognitiva del processo onirico Un modello stocastico della successione degli stati dell'Io nel sogno I processi interpretativi autonomi comuni alla veglia e al sonno REM

2

Un'applicazione del modello ai sogni prodotti in analisi

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Estensione del modello strutturale Un'applicazione del modello strutturale-stoca­ stico Primo anno di analisi Secondo anno di analisi Terzo anno di analisi Quarto anno di analisi

3 L'evoluzione nel tempo del sistema di unità relazionali Evoluzione nel tempo della distribuzione di probabilità degli stati all'equilibrio La misura dell'incertezza e la sua variazione nel tempo Da un modello strutturale a un modello dinamico del processo onirico Un modello di sistema dinamico dell'elabora­ zione in parallelo dell'informazione relazionale Evoluzione nel tempo della conoscenza di base

Conclusioni

106

Appendice

III

Bibliografia

IIJ

Indice degli autori

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Introduzione

La codificazione e l'interpretazione della relazione tra l'Io e l'ambiente dipendono essenzialmente dalle strutture psichiche che sono derivate dalle varie modalità di interiorizzazione dell'esperienza relazionale. Ciò è stato più volte evidenziato, ad esempio, da Freud, Rapaport e Kernberg. Mentre Freud (1915a) aveva ricondotto la dinamica della relazione della pulsione con l'oggetto all'operare di tre polarità, considerate come i princìpi orga­ nizzatori della vita psichica, la teoria delle relazioni oggettuali (Kernberg, 1976) individua, nello sviluppo psichico e in diverse forme psicopatolo­ giche, i momenti essenziali in cui si differenziano e si organizzano (o si disorganizzano) unità costitutive di strutture relazionali elementari quali: a) la valenza affettiva della relazione con l'ambiente; b) la rappresenta­ zione distintiva del Sé e dell'oggetto; e) il grado di integrazione di tali rappresentazioni. La teoria delle relazioni oggettuali sviluppa l'aspetto strutturale della relazione della pulsione con l'oggetto senza però criticare gli assunti deter­ ministici del modello dinamico-energetico che, secondo Freud, spiega gli spostamenti prodotti nello sviluppo della relazione con l'oggetto; d'altra parte tale teoria non esplicita il modo in cui le strutture relazionali che descrive si interconnettono nella produzione di sequenze interpretative. La psicologia cognitiva dei processi onirici ritiene che strutture cognitivo-motivazionali che esprimono in forma proposizionale la rela­ zione dell'Io con l'ambiente svolgano una funzione organizzatrice di dati mnestici diffusi nella costituzione delle scene e delle sequenze narrative oniriche (Foulkes, 1978, 1985). Tali strutture opererebbero sia nel pro­ cesso interpretativo onirico, sia nell'interpretazione di dati ambientali scarsamente strutturati in condizioni di rilassamento vigile. Recenti studi

IO

INTRODUZIONE

sperimentali hanno infatti dimostrato che nella veglia si possono regi­ strare sequenze narrative analoghe a quelle prodotte nel sonno REM (Antrobus, r986). Questo si verifica in condizioni di ridotto controllo intenzionale e di attenuazione degli stimoli ambientali, per la reciproca induzione tra la risposta del Sé all'ambiente ricostruito immaginativa­ mente e la replica dell'ambiente. La psicologia cognitiva del processo oni­ rico si propone, tra l'altro, di studiare il modo in cui le strutture relazio­ nali proposizionali si interconnettono nella produzione di sequenze narrative (Foulkes e Schmidt, r983). In questo lavoro, riprendendo e collegando i punti di vista della psi­ coanalisi e della psicologia cognitiva indicati sopra, proponiamo un modello strutturale-stocastico della produzione di sequenze di strutture cognitivo-motivazionali che interpretano dati relazionali di per sé scar­ samente strutturati. Nel suo aspetto strutturale il modello produce in modo sistematico un insieme di strutture cognitivo-motivazionali che viene considerato come l'insieme delle possibili alternative in base alle quali l'esperienza relazionale può essere interpretata. Ciascuna struttura, che denominiamo « stato dell'Io», risulta da una combinazione di scelte tra i due poli di tre unità binarie che individuano altrettante caratteristiche fondamen­ tali della relazione oggettuale. Come vedremo più avanti, gli stati dell'Io sono in accordo con le principali strutture derivate dall'interiorizzazione della relazione dell'Io con l'ambiente, le quali sono descritte dalla teoria delle relazioni oggettuali; queste, integrandosi tra loro, costituiscono, per tale teoria, le strutture psichiche più complesse corrispondenti all'Es, all'Io e al Super-io in senso freudiano. Gli stati relazionali che proponiamo hanno una struttura proposizionale esprimibile nella forma soggetto-relazione-oggetto, assai vicina alla forma delle unità cognitivo-motivazionali definite da Kernberg (r976). Le unità che utilizziamo descrivono: a) la valenza, libidica o aggressiva, della rela­ zione del Sé con l'oggetto; b) il ruolo, attivo o passivo, assunto dal Sé; c) il livello di integrazione della relazione. Tali unità possono anche essere considerate come una ridefinizione in senso relazionale delle tre polarità freudiane (1915a); in ogni caso esse permettono di codificare l'informa­ zione cognitivo-motivazionale in termini adatti a essere elaborati con i mezzi della teoria delle probabilità e della teoria dell'informazione. Il costituirsi di strutture relativamente stabili, nell'interpretazione di dati scarsamente strutturati, mediante la combinazione di poli di unità binarie elementari, è stato recentemente considerato nella modellizzazione di pro­ cessi cognitivi da Rumelhart, McClelland e il gruppo di ricerca PDP (r986).

INTRODUZIONE

II

Nel suo aspetto stocastico il modello permette uno studio quantita­ tivo del modo in cui strutture relazionali si interconnettono tra loro nella produzione di sequenze narrative in condizioni di rilassamento e di ridu­ zione degli stimoli ambientali. Partendo dall'ipotesi più semplice possi­ bile che, in prima approssimazione, ogni stato dipenda solo dallo stato immediatamente precedente, senza esserne completamente determinato, il modello pertnette di calcolare sia la probabilità che un particolare stato compaia nelle sequenze prodotte in un dato contesto in un arco di tempo sufficientemente lungo, sia la probabilità che due o più stati determinati si combinino tra loro nel costituire una stru�tura sintattica significativa. L'assunto che tra gli stati relazionali che caratterizzano una sequenza pro­ dotta in condizioni di rilassamento e di ridotti stimoli ambientali vi sia una concatenazione causale-probabilistica comprende come casi partico­ lari sia l'indipendenza tra gli stati, sia la loro concatenazione causale­ deterministica. Si tratta di una prima approssimazione che non impedi­ sce di considerare eventuali nessi tra più di due stati e quindi di tener conto dell'influsso di stati antecedenti, cioè della «storia» del soggetto. Ipotizzando che nel transfert e nel processo onirico vi siano condi­ zioni comuni di rilassamento del controllo cosciente e di riduzione degli stimoli dell'ambiente, che consentono alle principali relazioni oggettuali interiorizzate di attualizzarsi, applichiamo il modello strutturale-stocastico ai sogni prodotti da un paziente durante quattro anni di trattamento psi­ coanalitico, confrontando in diversi periodi di tempo le più probabili tra le sequenze di stati relazionali generate dal modello con le configurazioni di relazioni oggettuali ricorrenti nel processo analitico. Come vedremo più avanti, con calcoli relativamente semplici è possibile rilevare una discreta corrispondenza tra i dati clinici e i risultati dell'applicazione del modello. Per l'applicazione il materiale verbale relativo alla narrazione dei sogni, raccolto sistematicamente durante l'analisi, viene codificato in base a norme di scoring desunte dal modello strutturale, in modo da tradurre ciascuna narrazione onirica in una successione discreta di stati relazio­ nali. È così possibile misurare la probabilità che il sistema costitutivo degli stati relazionali dell'Io: a) si configuri in un determinato stato; b) a partire da uno stato prefissato passi a un determinato stato successivo; e) produca determinate sequenze di due o più stati. Il modello stocastico consente inoltre di misurare l'incertezza (Shan­ non e Weaver, 1949) relativa allo stato che assumerà il sistema che si configura negli stati dell'Io, a partire da uno qualunque di essi in cui si

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INTRODUZIONE

trovi inizialmente, ovvero la quantità di informazione prodotta dall'at­ tuarsi di uno dei possibili stati del sistema. Come vedremo, il modello risulta sufficientemente sensibile da regi­ strare mutamenti relativi alla probabilità sia di singoli stati che di sequenze di stati che compaiono nei sogni nei diversi periodi dell'analisi; perciò esso rende possibile anche un confronto tra l'evoluzione del processo oni­ rico e l'evoluzione della relazione analitica. Data la complessità del materiale, anche una modellizzazione elemen­ tare presenta difficoltà che riguardano: a) la scelta delle unità che pos­ sono essere ritenute costitutive degli stati dell'Io; b) la loro valutazione nella fase di codifica dei sogni; e) la scelta del modello stocastico più adatto a descrivere la successione di tali stati. Il modello del processo onirico che proponiamo si riferisce a un ambito di possibilità (l'insieme degli stati dell'Io) più limitato ma meglio definito di quello comunemente usato in modo intuitivo nell'analisi clinica; la maggiore definizione deriva dall'uso delle unità che costituiscono i principali stati relazionali; il limite è dovuto al fatto che tali unità sono in numero limitato ed esclusivamente di tipo relazionale. Poiché però, come risulta da un'ampia letteratura, il processo analitico corrisponde sostanzialmente allo sviluppo della relazione trans­ ferale, riteniamo che un modello relazionale sia adeguato a seguire I'arti­ colazione dell'esperienza interpersonale e intrapersonale che si eviden­ zia nello sviluppo sia del processo onirico che della relazione transferale. Il volume si divide in tre capitoli. Nel primo capitolo: introduciamo le unità relazionali binarie ed evidenziamo come queste pos­ sono essere ottenute riconsiderando da un punto di vista strutturale le polarità introdotte da Freud (1915a); introduciamo il modello strutturale generativo degli stati relazionali ele­ mentari dell'Io; evidenziamo la corrispondenza tra gli stati generati dal modello struttu­ rale e le principali strutture relazionali descritte dalla teoria delle rela­ zioni oggettuali; discutiamo alcuni assunti deterministici della psicoanalisi e le premesse per un modello probabilistico del processo onirico; introduciamo il modello stocastico della successione degli stati dell'Io nel sogno; analizziamo la correlazione tra sogno e transfert, riconducendola all'esi­ stenza di processi interpretativi autonomi comuni alla veglia e al sonno. Nel secondo capitolo: proponiamo un'estensione del modello strutturale che facilita lo scoring delle scene delle narrazioni oniriche;

INTRODUZIONE

presentiamo un'applicazione del modello strutturale-stocastico ai sogni prodotti da un paziente durante quattro anni di analisi confrontando, per ciascun anno, i risultati dello studio probabilistico con i dati clinici. Nel terzo capitolo: studiamo l'evoluzione nel tempo della distribuzione di probabilità degli stati relazionali dell'Io, riconducendola all'evoluzione nel tempo delle pro­ babilità di scelta dei poli delle unità relazionali e delle probabilità di com­ binazione tra coppie di poli; studiamo l'evoluzione dell'incertezza relativa alla scelta dei poli delle unità relazionali e alla scelta degli stati dell'Io nei quattro anni di analisi; introduciamo un modello di sistema dinamico dell'elaborazione dell'in­ formazione relazionale; sulla base di questo modello, studiamo l'ev0luzione nel tempo della cono­ scenza di base codificata nelle unità relazionali. Ringraziamo il professor Renato Nobili per i suggerimenti dati, l'in­ gegner Laura Montobbio per i programmi di calcolo, il dottor Schon e il dottor Buffali per la collaborazione relativa allo scoring.

Capitolo r Un modello strutturale-stocastico del processo onirico

1. 1

Dalle polarità freudiane alle unità relazionali

Nel!'Inte,pretazione dei sogni (1899) Freud delinea un modello dinamico-energetico dei processi psichici basandolo sostanzialmente sulle seguenti assunzioni: a) il flusso delle associazioni è causato dal desiderio (in seguito sostituito con la pulsione) e vincolato dalla censura; b) tale flusso corrisponde a un processo di conversione dell'« energia psichica» associata al desiderio (o alla pulsione); e) il flusso energetico è regolato da un principio di conservazione ed è orientato da una tendenza all'e­ quilibrio (principio di piacere). Tale modello dinamico-energetico (in cui è evidente l'influenza del pensiero fisico-fisiologico della scuola di Helm­ holtz) consente a Freud di proporre una spiegazione deterministica dei processi associativi, secondo la quale gli spostamenti e le condensazioni delle rappresentazioni nel processo associativo, sia dei sogni che dei sin­ tomi nevrotici, corrispondono alla canalizzazione del flusso della loro ener­ gia, per cui i processi associativi tracciano la mappa delle forze e delle resistenze attive durante la scarica dell'eccitamento causato dal deside­ rio (o dalla pulsione) e inibito dalla censura. L'introduzione successiva del concetto di pulsione permette a Freud di delineare più chiaramente l'aspetto dinamico del modello. La pulsione è selettiva e spostabile; la selettività corrisponde al fatto che la direzione o scopo della pulsione è determinata da un oggetto specifico atto al suo soddisfacimento, la spostabilità corrisponde al fatto che oggetti che si trovano sul percorso verso l'oggetto del soddisfacimento possono diven­ tare suoi sostituti. Il flusso del!'energia pulsionale corrisponde appunto alla successione degli spostamenti degli oggetti della pulsione soggetta alla rimozione. Dal momento che la pulsione è concepita all'interno di una relazione

UN MODELLO DEL PROCESSO ONIRICO

con l'oggetto, il conflitto tra la pulsione e la resistenza può essere inteso da Freud come un'interazione tra due forze contrapposte che esprimono un ruolo attivo o passivo del soggetto o dell'oggetto della pulsione. In tal modo il modello dinamico viene ampliato in quanto, oltre alla rimo­ zione, la pulsione può essere soggetta alla trasformazione che la muta nella pulsione opposta e a quella che la volge sulla persona stessa del sog­ getto. Nella Metapsicologia (1915, pp. 3 7 sg.) Freud rileva: «L'esperienza psicoanalitica relativa alle nevrosi di traslazione ci costringe a conclu­ dere che la rimozione non è un meccanismo di difesa presente fin dalle origini, che essa non può instaurarsi prima che si sia costituita una netta separazione tra l'attività psichica cosciente e quella inconscia (. .. ) Si potrebbe integrare questo modo di intendere la rimozione supponendo che, nell'epoca precedente a tale stadio dell'organizzazione psichica, il compito della difesa dai moti pulsionali venga assolto mediante gli altri destini in cui può incorrere una pulsione, ossia la trasformazione nel con­ trario e il volgersi di essa sulla persona stessa del soggetto». In un passo della stessa opera (p. 29) Freud in effetti afferma che «la vita psichica è dominata in generale da tre polarità, e cioè le antitesi: soggetto (Io)­ oggetto (mondo esterno); piacere-dispiacere; attivo-passivo.» Più avanti (pp. 34 sg.) egli ribadisce che «i destini delle pulsioni sono caratterizzati dal fatto che i moti pulsionali sono soggetti all'influsso delle tre grandi pola­ rità che dominano la vita psichica». Introducendo le polarità della vita psichica per spiegare il «destino delle pulsioni» Freud apre la possibilità di inserire la dinamica pulsio­ nale all'interno della relazione oggettuale; in quanto elementi costitutivi di strutture relazionali, le polarità diventano forme direttamente osser­ vabili in cui si configurano e si distinguono i fondamentali princìpi meta­ psicologici che ispirano la dialettica relazionale. Evidenziando l'aspetto relazionale implicito nella concezione polare dei processi psichici, il modello che proponiamo, nel suo aspetto struttu­ rale, riconsidera queste tre polarità come unità binarie di elaborazione dell'informazione relazionale che concorrono a costituire i fondamentali stati relazionali elementari dell'Io. 1. 1.

r Dalla polarità piacere-dispiacere all'unità relazionale + - -

Nel modello dinamico-energetico originario Freud ritiene che la meta della pulsione sia la scarica dell'eccitamento che ha luogo nel ripristino dell'equilibrio perturbato (principio di piacere). L'introduzione, a par­ tire dal 1915, del punto di vista dinamico-strutturale, ponendo in primo piano il fatto che la meta della pulsione è il raggiungimento dell'oggetto

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CAPITOLO PRIMO

del soddisfacimento, induce Freud a reinterpretare il principio di piacere­ dispiacere. In una prima trasformazione concettuale Freud (1915a, p. 31) pre­ cisa come il principio di regolazione del piacere-dispiacere orienti un pro­ cesso di introiezione-proiezione: « Sotto il dominio del principio di pia­ cere si compie nell'Io un'evoluzione ulteriore. Esso assume in sé gli oggetti offertigli, in quanto costituiscono fonti di piacere, li introietta (secondo l'espressione di Ferenczi), e caccia d'altra parte fuori di sé ciò che nel suo stesso interno diventa occasione di dispiacere (vedi oltre il meccani­ smo della proiezione).» Successivamente, quando la relazione oggettuale viene posta in primo piano, il principio di regolazione del piacere-dispiacere diviene la valenza che orienta il movimento nella relazione tra il soggetto-origine della pul­ sione e l'oggetto-scopo della pulsione (ibid., pp. 31 sg.): delle pulsioni, cioè la loro dinamica; queste sono alla base della differenziazione di strutture relazionali che corrispondono a stati elementari dell'Io, a loro volta suscettibili di combinarsi in strutture più complesse. Freud coglie il carattere binario delle singole polarità nel sado­ masochismo e nell'esibizionismo-voyeurismo; considera poi la combina­ zione di queste polarità nella successione di relazioni che caratterizza la paranoia (Osseroazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia, 1910, p. 389) e studia la loro correlazione nell'analisi del rapporto tra l'aumento del dispiacere e la proiezione (Al di là del principio di piacere, 1920, p. 215). Tuttavia egli non giunge a definire veri e propri stati elementari dell'Io, né sviluppa una teoria relativa alla costituzione di tali strutture relazio­ nali. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che Freud privilegia la rimo­ zione (ponendola alla base della separazione tra l'attività psichica cosciente e quella inconscia) rispetto a meccanismi di difesa direttamente legati alla dinamica delle relazioni oggettuali, considerati più primitivi. Durante la rimozione le relazioni oggettuali appaiono essenzialmente come fasi transitorie e occasionali lungo la via della scarica delle pulsioni sulla base del principio energetico del piacere. D'altra parte Freud concepisce lo sviluppo psichico prevalentemente come l'estrinsecazione di prindpi costi­ tutivi interni, pur attivati da stimoli ambientali ed espressi nel mondo relazionale, piuttosto che come risultato di un diretto processo interattivo. In Al di là del principio di piacere Freud pone il problema di come pos­ sano emergere strutture differenziate a partire da princìpi di regolazione che orientano il sistema psichico verso l'equilibrio energetico (cui corri-

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sponde un massimo di entropia); egli assume che il principio che esprime la tendenza dei processi psichici a ristabilire l'equilibrio perturbato da stimoli esterni corrisponda a un orientamento conservativo insito nelle pulsioni stesse. In effetti Freud (ibid., p. 222) è costretto a riconoscere che una proprietà universale delle pulsioni è la coazione a ripetere: « Una pulsione sarebbe dunque una spinta, insita nell'organismo vivente, a ripri­ stinare uno stato precedente al quale quest'essere vivente ha dovuto rinun­ ciare sotto l'influsso di forze perturbatrici provenienti dall'esterno; sarebbe dunque una sorta di elasticità organica, o, se si preferisce, la mani­ festazione dell'inerzia che è propria della vita organica.» Nel tentativo di risolvere questo problema Freud postula l'esistenza di due pulsioni: la pulsione di morte, che esprime l'inerzia della vita psi­ chica, e la pulsione di vita, che spinge all'aggregazione in strutture più complesse e corrisponde alla pulsione libidica. Entrambe le pulsioni sono poi soggette al principio di minima tensione. La contraddizione insita nel fatto che la pulsione di vita che spinge all'organizzazione in strutture complesse sia soggetta a un principio entropico induce successivamente Freud, nel Problema economico del masochismo (1924, pp. 6 sg.), a ope­ rare una distinzione tra il principio di minima tensione (ora denominato principio del nirvana), cui è soggetta la pulsione di morte, e una conno­ tazione qualitativa del principio di piacere non più corrispondente al prin­ cipio quantitativo di minima tensione, che diventa il principio regola­ tore della pulsione di vita nella misura in cui viene concepito come essenziale il suo orientamento verso l'oggetto, cioè verso il mondo esterno: «Il principio del nirvana esprime la tendenza della pulsione di morte, il principio di piacere rappresenta le pretese della libido, e la modifica­ zione del principio di piacere, ossia il principio di realtà, rappresenta l'in­ fluenza del mondo esterno.» Questi continui ripensamenti evidenziano le difficoltà nelle quali incorre la teoria freudiana delle pulsioni quando affronta il problema della formazione e dello sviluppo di strutture differenziate in un sistema psi­ chico i cui princìpi organizzatori operano indipendentemente dalla rela­ zione con l'ambiente. Freud si rende conto che un principio di piacere, il cui aspetto energetico-entropico è mutuato presumibilmente dalla ter­ modinamica, non spiega la differenziazione delle strutture e la loro evo­ luzione. D'altra parte i riferimenti alla biologia che Freud presenta a soste­ gno dell'ipotesi di un principio organizzatore interno ravvisato nell'Eros appaiono deboli e poco convincenti; egli stesso li abbandona a partire da L'Io e l'Es (1922), opera in cui affronta il problema dello sviluppo e della differenziazione delle strutture psichiche in modo più sistema-

CAPITOLO· PRIMO

tico, evidenziando il ruolo che il processo di identificazione ha nell'inte­ riorizzazione delle relazioni oggettuali. II punto di vista dinamico-strutturale, introdotto nella Metapsicologia (1915) e ripreso in modo più sistematico a partire da L'Io e l'Es, è stato ulteriormente sviluppato dai primi teorici delle relazioni oggettuali (Fair­ bairn e Melanie Klein) e successivamente arricchito con il punto di vista genetico-adattativo della psicologia psicoanalitica dell'Io (Hartmann), fino a costituire parte integrante dell'attuale teoria delle relazioni oggettuali (Kernberg). Vediamo ora, a grandi linee, come i principali autori della teoria delle relazioni oggettuali, partendo dai punti di vista dinamico-strutturale e genetico-adattativo, hanno affrontato il problema della genesi e dello svi­ luppo delle strutture psichiche; ciò allo scopo di stabilire un confronto tra le strutture relazionali elementari individuate da tali autori come gli elementi costitutivi di strutture psichiche più complesse e gli stati rela­ zionali dell'Io generati dal modello strutturale che proponiamo. Cerche­ remo di mostrare che questo modello permette di definire e generare in modo sistematico strutture relazionali elementari che sono state intro­ dotte da autori diversi a partire da punti di vista diversi nell'ambito della psicoanalisi. 1. 3. 1

Fairbairn

Ritenendo che il rapporto di dipendenza del bambino verso la madre sia la causa prima che promuove lo sviluppo psichico, prima ancora che si instauri la situazione edipica, Fairbairn considera la formazione delle strutture psichiche come interiorizzazioni di relazioni oggettuali. Per Fairbairn (1944) l'attività istintuale è orientata alla ricerca dell'oggetto, le pulsioni sono orientate verso la realtà e sono « in una certa misura determinate dal "principio di realtà" fin dall'inizio». II principio di piacere non è più considerato «il principio primario del comportamento, bensì un principio sussidiario che implica un impoverimento delle rela­ zioni oggettuali e che entra in opera nella misura in cui il principio di realtà fallisce, sia a causa dell'immaturità della struttura dell'Io, sia per un fallimento dello sviluppo da parte sua» (p. 117). Sviluppando queste critiche alla metapsicologia freudiana Fairbairn elabora la propria teoria delle relazioni oggettuali, dapprima intesa come relazione della pulsione con l'oggetto meta della pulsione, poi nel senso più ampio di relazione pulsionale tra una parte dell'Io e un oggetto o tra diverse parti dell'Io. «Come un individuo intende disporre della tensione pulsionale è eviden-

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temente(... ) un problema di relazioni oggettuali, ma anche un problema della personalità, poiché una relazione oggettuale coinvolge necessaria­ mente un soggetto e un oggetto. La teoria delle relazioni oggettuali ci porta quindi inevitabilmente a credere che, se le "pulsioni" non possono essere considerate separate dagli oggetti, sia esterni che interni, è altrettanto impossibile considerarle separatamente dalle strutture dell'Io»(p. II 3). L'esistenza di strutture dinamiche endopsichiche è ormai stabilita in diretta connessione alle pulsioni: « Le "pulsioni" non possono essere con­ siderate separatamente dalle strutture endopsichiche cui infondono ener­ gia e dalle relazioni oggettuali che [esse] permettono a queste strutture di instaurare; e inoltre gli "istinti" non possono essere considerati util­ mente altro che come forme di energia che costituiscono la dinamica di tali strutture endopsichiche» (ibid.). Tali strutture sono particolarmente evidenti nelle manifestazioni sin­ tomatiche di pazienti schizoidi e nei sogni (p. 128): «I sogni sono essen­ zialmente non l'appagamento di desideri, ma la drammatizzazione o short (in senso cinematografico) di situazioni esistenti nella realtà interiore [le quali] rappresentano relazioni esistenti fra strutture endopsichiche. » Par­ tendo dalle problematiche di personalità schizoidi e in particolare dal mec­ canismo della scissione e applicando la propria teoria delle relazioni ogget­ tuali alle relazioni pulsionali espresse nei sogni, Fairbairn descrive gli oggetti interiorizzati eccitanti e rifiutanti in relazione ai corrispondenti stati dell'Io, l'Io libidico e il Sabotatore interno, i quali sono espressione delle due attitudini fondamentali libidica e aggressiva (pp. 131-37). Si può stabilire una corrispondenza tra le strutture endopsichiche di Fairbairn e i quattro stati del modello strutturale in cui il soggetto (S oppure O) muove l'oggetto: l'Oggetto eccitante corrisponderebbe allo stato (0,o, + ), l'Oggetto rifiutante allo stato (O,o, - ), l'Io libidico allo stato (S,o, +),il Sabotatore interno, almeno in una certa misura, allo stato (S,o, - ). r. 3. 2 Melanie Klein

L'esplorazione della Klein si indirizza allo studio, oltre che delle rela­ zioni oggettuali regressive, anche delle fasi precoci dello sviluppo, por­ tando alle estreme conseguenze alcune implicazioni insite nello sviluppo della teoria freudiana delle pulsioni. Nella Metapsicologia Freud intro­ duce l'idea che la libido dell'Io, propria del narcisismo secondario, risulta dal rivolgersi sull'Io dell'investimento libidico oggettuale; tale trasfor­ mazione è colta sia attraverso il mutamento della pulsione da attiva a

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passiva (come in Pulsioni e loro destini, Freud, 1915a), sia attraverso l'in­ troiezione dell'oggetto della libido (come in Lutto e melanconia, Freud, 1915c). La Klein (1952, p. 531) sviluppa questo assunto e nega l'esistenza di stadi autoerotici e narcisistici che precedono le relazioni oggettuali; arriva a concludere, analogamente a Fairbairn, che ogni pulsione libidica, proiettata nell'oggetto o introiettata nell'Io, è in ultima analisi una pul­ sione oggettuale: «L'analisi di bambini abbastanza piccoli mi ha fatto capire che non esiste spinta pulsionale, situazione d'angoscia o processo psichico che non coinvolga oggetti, esterni o interni; che, insomma, le relazioni oggettuali sono al centro della vita psichica.» D'altra parte, riconoscendo che «un gigantesco progresso nella cono­ scenza della psiche si è avuto con la scoperta [di Freud] della polarità e dell'impasto delle pulsioni di vita e di morte operanti sin dalla nascita» (ibid., p. 540), la Klein coglie le implicazioni dinamiche di questa «pola­ rità» all'interno di una teoria delle relazioni oggettuali e la sostituisce nella clinica alla polarità energetica piacere-dispiacere che, nella conce­ zione freudiana, regola la relazione della pulsione libidica con l'oggetto. Ritiene infatti (1958, p. 549) che «se si coglie la distinzione di Freud delle due pulsioni nelle sue implicazioni di fondo, non potrà non appa­ rire chiaro che l'interagire delle pulsioni di vita e di morte governa l'in­ tera attività psichica». La Klein distingue due fasi successive dello sviluppo dell'Io: la posi­ zione schizoparanoide e la posizione depressiva. Nella posizione schizo­ paranoide la pulsione libidica è proiettata fin dall'inizio nell'oggetto fonte del soddisfacimento; la frustrazione della pulsione libidica facilita la libe­ razione della pulsione di morte, esperita come aggressione interna che minaccia la frammentazione e l'annientamento dell'Io. L'angoscia di morte sollecita la primordiale funzione difensiva dell'Io che consiste da un lato nell'introiezione della parte soddisfacente dell'oggetto, dall'altro nella proiezione nell'oggetto dell'aggressione subita dal Sé; l'oggetto appare così scisso in oggetto gratificante e oggetto persecutorio e, in corrispon­ denza, l'Io si scinde attivamente in una parte libidica e in una parte aggressiva. Dopo aver proiettato la pulsione aggressiva nell'oggetto frustrante (identificazione proiettiva), l'Io, in una successiva fase di integrazione, introietta tale oggetto che contiene parte del Sé, e in questo modo riporta l'aggressività all'interno. L'oggetto persecutorio interiorizzato costitui­ sce un nucleo primordiale del Super-io, alla cui aggressività può contrap­ porsi un Sé aggressivo, ora nettamente differenziato. La riattivazione dell'aggressività all'interno dell'Io ripropone il problema dell'angoscia

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persecutoria, ora rappresentata all'Io nel conflitto tra Sé aggressivo e per­ secutore interno. Mediante successivi processi di proiezione e di introie­ zione si instaura un'alternanza del polo attivo e del polo passivo nella polarità Sé aggressivo-oggetto persecutorio: a sua volta questa alternanza rappresenta all'Io il polo aggressivo della polarità pulsione di vita-pulsione di morte che per la Klein anima ogni relazione oggettuale. Nel modello strutturale l'alternanza Sé aggressivo-oggetto persecutorio è descritta mediante la coppia (S,o, - )tt(O,o, - ). Nel processo di difesa dall'angoscia, all'esasperazione del polo aggres­ sivo nella polarità libido-aggressività fa da contrappunto un'esasperazione del polo libidico che ha come meccanismo di base l'idealizzazione e il diniego. L'idealizzazione consiste in un'esagerazione o esaltazione del­ !'aspetto gratificante dell'oggetto introiettato cui si unisce il Sé libidico, ora differenziato. In questo contesto la pulsione libidica viene rappre­ sentata all'Io nell'assolutezza della relazione Sé libidico-oggetto gratifi­ cante, assolutezza che può essere affermata solo con la negazione di ogni componente frustrante nella relazione oggettuale attuale, fino a giungere ali'appagamento allucinatorio del desiderio. In Note su alcuni meccani­ smi schizoidi (1946, p. 416) la Klein precisa: «Nell'appagamento alluci­ natorio hanno luogo, dunque, due processi combinati: l'onnipotente evo­ cazione magica della situazione e dell'oggetto ideali e l'altrettanto onnipotente annientamento dell'oggetto persecutorio cattivo e della situa­ zione dolorosa. Alla base dei due processi c'è la scissione sia dell'oggetto che dell'Io.» Nel modello strutturale la relazione Sé libidico-oggetto gra­ tificante è descritta mediante la coppia (S,o, + )tt(O,o, + ). Nella posizione depressiva avviene il riconoscimento che l'oggetto . buono e l'oggetto cattivo sono aspetti parziali contrapposti di un unico oggetto, la cui esistenza è indipendente dalle sue manifestazioni imme­ diate; tale oggetto totale rappresenta all'Io la propria capacità di inte­ grare opposte rappresentazioni dell'oggetto e, con il suo evidenziarsi o sottrarsi all'Io, indica l'esplicarsi o meno di tale capacità. Sul piano pul­ sionale l'aggressività che prima poteva essere diretta ali'oggetto persecu­ torio ora rischia di coinvolgere anche l'aspetto gratificante dello stesso oggetto; nasce a questo punto l'angoscia depressiva, cioè l'angoscia cor­ rispondente alla rappresentazione della perdita dell'oggetto totale (che assicura la sopravvivenza) e al senso di colpa per la responsabilità di tale perdita. Mentre si sviluppa la concezione dell'oggetto totale l'Io ricono­ sce che la bramosia e l'aggressività del Sé sono aspetti parziali e contrap­ posti di un identico Sé globale, il quale si realizza nella capacità dell'Io di integrare le pulsioni parziali e di concepirsi nella propria indipendenza

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da queste. Se la bramosia o l'aggressività nei confronti dell'oggetto sono integrabili dall'Io, l'angoscia depressiva non è soverchiante e l'esigenza di riparazione avvia un movimento di avvicinamento del Sé verso l'og­ getto; tale moto rappresenta la fiducia dell'Io nelle proprie capacità ripa­ rative e la sua dedizione nel rapporto con l'oggetto. Se invece l'Io non riesce a integrare le pulsioni opposte del Sé l'angoscia depressiva diviene intollerabile e avvia un movimento di allontanamento del Sé dall'oggetto; tale ritrarsi esprime la sfiducia nelle proprie capacità riparative e il timore di compromettere ulteriormente il rapporto del Sé con l'oggetto totale. Riteniamo che queste due situazioni corrispondano rispettivamente agli stati (S,s, +) e (S,s, - ) e che l'angoscia depressiva relativa alla rappre­ sentazione della perdita dell'oggetto totale corrisponda allo stato (O,s, - ); lo stato (O,s, + ), meno esplicitamente descritto dalla Klein, corrispon­ derebbe invece alla sicurezza relativa alla rappresentazione della dispo­ nibilità dell'oggetto totale a muovere verso il Sé. Il passaggio dalla posizione schizoparanoide a quella depressiva com­ porta una maturazione delle funzioni dell'Io e corrisponde a una rappre­ sentazione più oggettiva sia della realtà esterna che della realtà interna, nel senso che le risposte dell'Io non sono più immediatamente determi­ nate dalla polarità piacere-dispiacere, ma sottoposte a un processo di inte­ grazione e differite nel tempo. Tale passaggio corrisponde quindi alla tran­ sizione da una fase in cui domina il principio di piacere-dispiacere a una fase in cui il principio di realtà sostituisce, almeno in parte, il principio di piacere. Nel modello strutturale le due modalità di porsi in relazione con l'oggetto, in base al principio di piacere o di realtà, sono rappresen­ tate, come abbiamo visto in 1. 1. 3, dalla seguente unità binaria: il sog­ getto muove l'oggetto (o) in riferimento a sé stesso-il soggetto muove sé stesso (s) in riferimento all'oggetto. Il lavoro della Klein è fortemente orientato a ritrovare nella clinica questa dinamica delle relazioni oggettuali; la Klein ritiene (1952, p. 53 r) che «la traslazione si origina dai medesimi processi che nei primissimi stadi determinano le relazioni oggettuali. Perciò è necessario che risa­ liamo continuamente, in analisi, alle oscillazioni tra oggetti amati e odiati, interni ed esterni che predominano nella prima infanzia». Hartmann Hartmann riconsidera la genesi e lo sviluppo delle organizzazioni psi­ chiche alla luce del problema dell'adattamento dell'individuo all'ambiente. Da questo punto di vista, pur riconoscendo le potenzialità esplicative della 1. 3. 3

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teoria dinamica di Freud delle pulsioni istintuali, egli ritiene che questa debba essere integrata con una teoria strutturale delle funzioni autonome dell'Io, abbozzata da Freud a partire dagli anni venti. Infatti solo l'inte­ grazione delle pulsioni istintuali con le funzioni dell'Io permette di spie­ gare lo sviluppo di strutture dinamiche che, in quanto automatismi di adattamento specifici dell'uomo, costituiscono in un certo senso una con­ tinuazione, su un piano diverso, degli istinti animali: «Noi assumiamo che vi è continuità nell'evoluzione della mente dal funzionamento degli animali inferiori alla mente umana e che c'è una connessione genetica tra gli istinti dei primi e le determinanti della condotta umana. Oggi è abbastanza ovvio tuttavia che è un approccio unilaterale considerare sol­ tanto le relazioni genetiche tra l'istinto animale e la pulsione umana; ciò significa tralasciare le relazioni non meno importanti tra l'istinto animale e le funzioni dell'Io dell'uomo. Questo errore è suggerito dalle formula­ zioni che sottolineano l'identità degli istinti e delle pulsioni» (Hartmann, 1948, p. 81). Negli animali inferiori l'adattamento all'ambiente è favorito dagli istinti, automatismi precostituiti prodotti dall'evoluzione della specie in base al principio darwiniano della mutazione-selezione. Nell'uomo (e probabilmente negli animali superiori) gli istinti sono meno sviluppati e gli automatismi di adattamento sono per la maggior parte costituiti per mezzo di un processo di apprendimento che ha luogo soprattutto durante la protratta dipendenza infantile. Tale processo è reso possibile dalla sepa­ razione (propria dell'uomo) della componente pulsionale (dinamico­ energetica) dalla componente funzionale (strutturale-informazionale) nel meccanismo di adattamento; la dialettica psicologica tra queste due componenti continua, su un piano diverso, la dialettica biologica della mutazione-selezione. La separazione tra le pulsioni istintuali e le funzioni dell'Io comporta che le pulsioni siano spinte verso oggetti che, non essendo designati a priori, sono facilmente sostituibili; la continua trasformazione degli inve­ stimenti oggettuali sostenuta dalle pulsioni è stata concepita da Freud come conversione da una forma ali'altra dell'energia psichica delle stesse (ibid., p. 74). Poiché la pulsione esprime una perturbazione energetica dell'equilibrio psichico il cui perdurare è avvertito come dispiacere, la scarica dell'energia pulsionale per il raggiungimento dell'equilibrio è rego­ lata dal principio di piacere. Hartmann mette in relazione il differimento di tale scarica con l'attivazione delle funzioni dell'Io, le quali esplicitano l'informazione relativa all'organismo, contenuta nella pulsione, correlan­ dola con l'informazione relativa all'ambiente, elaborata per mezzo del

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sistema percettivo-motorio, e codificano tale correlazione in una relazione oggettuale. Vengono così costituite, a diversi livelli di equilibrio omeo­ statico tra individuo e ambiente, strutture dinamiche relativamente sta­ bili che, da un punto di vista evolutivo, sono automatismi di adattamento propri dell'uomo. Il flusso dell'energia pulsionale verso l'equilibrio è dun­ que condizione necessaria, ma non sufficiente, per l'adattamento, poi­ ché solo una concomitante attivazione delle funzioni autonome dell'Io permette di stabilire la relazione oggettuale. Un riferimento elementare al problema biologico dell'adattamento è presente nella distinzione iniziale di Freud tra pulsione sessuale e pul­ sione di autoconservazione, ma Io sviluppo di--una teoria dinamico­ energetica della pulsione libidica e di una teoria del narcisismo relativa alla pulsione dell'Io permette a Freud di cogliere connotazioni psicologi­ che delle due pulsioni che vanno al di là del mero punto di vista biolo­ gico. La scoperta che il principio di piacere non è sufficiente a garantire l'evoluzione di strutture psichiche induce successivamente Freud ad attri­ buire alla stessa pulsione libidica, intesa come Eros, la spinta all'organiz­ zazione; con ciò egli ritorna ad assunti biologici di tipo teleologico. Nell'esigenza di «sostituire una spiegazione dinamico-genetica a una teleologica» (ibid., p. 89), Hartmann riporta la capacità di differenzia­ zione-integrazione nel rapporto dell'individuo con l'ambiente alle qua­ lità funzionali dell'Io, riconoscendo loro quella piena autonomia che Freud aveva riconosciuto soltanto alle pulsioni. Superando l'ipotesi freudiana di una spinta esclusivamente interna all'adattamento, Hartmann ricon­ duce la formazione di strutture adattative all'interazione tra le pulsioni istintuali e le funzioni dell'Io. La precedente contrapposizione di Freud tra la pulsione libidica e quella di autoconservazione diventa per Hart­ mann la contrapposizione tra le pulsioni libidica e aggressiva, la cui sca­ rica è regolata dal principio di piacere, e le funzioni autonome dell'Io, il cui esplicarsi è regolato dal principio di realtà o di autoconservazione. Il principio di realtà contribuisce direttamente all'autoconservazione rego­ lando la produzione di automatismi di adattamento, mentre il principio di piacere vi contribuisce solo indirettamente regolando la spinta di que­ sto processo: «Dei "princìpi" di Freud, il principio di realtà, natural­ mente, contribuisce direttamente all'autoconservazione. Gli altri prin­ cìpi (il principio di piacere, il principio del nirvana, e posso menzionare qui anche la coazione a ripetere) non mirano all'autoconservazione in modo diretto, ma possono, in collaborazione con e sotto l'influenza di altri fattori, essere indirettamente asserviti a questo scopo» (p. 84). Hartmann (p. 85) osserva che i princìpi di Freud rappresentano modi

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diversi di regolazione di processi che corrispondono al tendere verso tipi diversi di equilibrio. Mentre il principio di piacere e il principio del nir­ vana regolano processi che corrispondono al tendere a un equilibrio di tipo termodinamico, il principio di realtà regola il processo di produzione di stati stazionari relativamente stabili, che possono essere considerati lontani dall'equilibrio termodinamico: «Solo del principio di realtà pos­ siamo dire che serve direttamente all'autoconservazione e tende verso qualcosa che potrebbe correttamente essere descritto come "stabilizza­ zione adattativa" (Cannon, 1932). Per quanto riguarda gli altri princìpi questo criterio di omeostasi non si applica.?> Accanto al principio di piacere e al principio di realtà, la cui dialet­ tica regola l'interazione tra l'organismo e l'ambiente, Hartmann, nella stessa opera (p. 86), introduce anche un principio di regolazione interna tra le diverse strutture dinamiche costituenti il sistema psichico: «Nel corso dello sviluppo questa forma di regolazione in parte è aggiunta a meccanismi meno specializzati e in parte li sostituisce. Lo sviluppo di questa funzione di organizzazione sembra essere parte di una tendenza biologica generale all'interiorizzazione; esso favorisce anche una crescente indipendenza dall'impatto immediato degli stimoli.» L'azione coordinata di princìpi di regolazione che agiscono a livelli diversi di organizzazione incrementa così il numero di gradi di libertà interni al sistema psichico favorendo la sua indipendenza dall'ambiente. Seguendo l'impostazione di Hartmann, si potrebbe dire che il differimento-anticipazione dà luogo a una dimensione temporale propria, l'indipendenza della rappresenta­ zione del Sé e dell'oggetto dalla loro presenza immediata dà invece luogo alla rappresentazione spaziale, mentre la rimozione-integrazione articola il rapporto tra sistema e sottosistema. Le pulsioni e gli stimoli ambientali sono inizialmente indistinti e non differenziati tra loro. Le pulsioni innescano l'attivazione delle funzioni dell'Io; queste, a loro volta, da un lato differenziano gli stimoli esterni fino a rappresentare la meta della pulsione come oggetto, dall'altro dif­ ferenziano le pulsioni fino a rappresèntare le fonti interne di queste come parti del Sé. Le funzioni dell'Io, mentre rappresentano la fonte della pul­ sione come parte del mondo interno (Sé) e la meta della pulsione come parte del mondo esterno (oggetto), danno una colorazione affettiva alla relazione Sé-oggetto. Se il soddisfacimento del bisogno è immediato non si ha rappresentazione della pulsione e dell'oggetto per mezzo delle fun­ zioni dell'Io, se non a livello assai elementare; tale condizione, che corri­ sponde al narcisismo primario di Freud, è definita da Hartmann fase indif­ ferenziata. Il differimento del soddisfacimento produce una tensione

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pulsionale sentita come insostenibile nella fase primitiva dello sviluppo, in cui le funzioni dell'Io non sono sufficientemente differenziate e con­ solidate. Lo sviluppo delle funzioni dell'Io, innalzando il livello di soglia, permette un maggior differimento del soddisfacimento reale e l' antici­ pazione di questo nella rappresentazione, quindi la sostituzione del prin­ cipio di piacere con il principio di realtà. r. 3. 4 Kernberg

Kernberg (1976) riconsidera la teoria delle relazioni oggettuali, in par­ ticolare della Klein e di Fairbairn, alla luce della psicologia psicoanali­ tica dell'Io; egli integra il punto di vista dinamico-strutturale di questi autori con il punto di vista genetico-adattativo di Hartmann e della sua scuola. Pur accettando l'ipotesi dualistica delle pulsioni libidica e aggres­ siva, Kernberg critica l'attribuzione alle pulsioni, da parte della Klein, di una funzione teleologica, organizzatrice o disorganizzatrice, che la Klein desume da Al di là del principio di piacere (Freud, 1920). In base al punto di vista genetico-adattativo di Hartmann, Kernberg ritiene che tali fun­ zioni debbano essere piuttosto attribuite da un lato alla maturazione delle funzioni autonome dell'Io, dall'altro alla frustrazione della pulsione libi­ dica nella relazione con l'ambiente. Di conseguenza Kernberg critica l' as­ sunzione della Klein e di Fairbairn che strutture psichiche complesse come l'Es, l'Io e il Super-io siano attive fin dall'inizio della vita psichica. Par­ tendo dallo stadio indifferenziato iniziale postulato da Hartmann, egli considera l'epigenesi, dovuta sia alla maturazione che all'apprendimento, di strutture psichiche organizzate gerarchicamente; tale sviluppo consi­ ste in un processo di differenziazione-integrazione che, a partire da strut­ ture elementari, dà luogo a strutture più complesse e infine all'Io, all'Es e al Super-io. Kernberg definisce le strutture dinamiche elementari che derivano dal­ l'interiorizzazione delle relazioni oggettuali come unità cognitivo­ motivazionali costituite di: a) una rappresentazione dell'oggetto; b) una rappresentazione del Sé in interazione con l'oggetto; e) una colorazione affettiva di entrambe le rappresentazioni per mezzo del derivato pulsio­ nale attivo durante l'interazione. Kernberg inoltre sviluppa la concezione genetico-adattativa di Hart­ mann (e di Erikson) secondo la quale: a) gli istinti non sono semplici «spinte» ma strutture motivazionali-cognitive relativamente autonome che orientano il comportamento; b) l'epigenesi di strutture psichiche, che si attua nell'ambito della relazione madre-figlio, costituisce la continua-

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zione (a un livello superiore e con altri mezzi) dell'epigenesi di strutture istintuali che si esplica nell'ambito della relazione dell'organismo con il suo ambiente. Egli ritiene che le unità relazionali Sé-oggetto-affetto costi­ tuiscano l'anello di congiunzione fra strutture istintuali e strutture psi­ chiche. Queste unità da un lato costituiscono il risultato dell'integrazione di automatismi istintuali con i primi processi cognitivo-motivazionali che hanno luogo nella relazione oggettuale, dall'altro sono il punto di par­ tenza dell'epigenesi di strutture psichiche più complesse; successivi pro­ cessi di differenziazione e integrazione, dovuti sia alla maturazione che ali'adattamento, danno luogo a una successione di strutture psichiche ordi­ nate gerarchicamente, secondo un livello crescente di complessità che cor­ risponde alle tappe fondamentali dello sviluppo genetico-adattativo. Kernberg descrive due fasi fondamentali dello sviluppo psichico e sta­ bilisce una corrispondenza tra la fase iniziale di differenziazione di stati elementari dell'Io e la posizione schizoparanoide della Klein, e tra la fase successiva di integrazione di tali stati e la posizione depressiva. Nella fase iniziale l'interiorizzazione delle relazioni oggettuali si attua trainite un processo di introiezione e successivamente di identificazione; nella fase successiva l'integrazione delle funzioni conduce all'identità dell'Io. Nella prima fase dello sviluppo psichico Kernberg considera l'introie­ zione e successivamente l'identificazione come processi essenziali per la costituzione di unità strutturali derivate dalle relazioni oggettuali: nel­ l'introiezione avviene la differenziazione delle opposte valenze pulsio­ nali, nell'identificazione quella del ruolo di soggetto e di oggetto nella relazione interiorizzata. Durante l'introiezione tonalità affettive primitive di piacere o dispia­ cere pervadono le rappresentazioni dell'interazione tra il Sé e l'oggetto (non ancora chiaramente differenziati) e successivamente orientano il rag­ gruppamento delle relazioni oggettuali interiorizzate in classi di equiva­ lenza in base alla loro «valenza» positiva o negativa. Le pulsioni libidica e aggressiva, secondo Kernberg (1976, p. 104), corrispondono a tale orga­ nizzazione complessiva delle motivazioni affettive in base alla polarità buono-cattivo: «Libido e aggressività non sono date esternamente in que­ sto sviluppo ma rappresentano l'organizzazione complessiva dei sistemi pulsionali nella polarità generale di "buono" e "cattivo".» Riteniamo che tale polarità corrisponda all'unità binaria + - - del modello strut­ turale. Lo splitting, che per Kernberg come per la Klein è il meccanismo di difesa fondamentale di questa fase, da un lato si fonda sulla differenzia­ zione delle relazioni oggettuali interiorizzate in base alla loro valenza

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affettiva, dall'altro evidenzia la difficoltà di integrazione di strutture rela­ zionali con valenza opposta, dovuta all'immaturità delle funzioni dell'Io: «Introiezioni con valenza positiva e introiezioni con valenza negativa sono allora mantenute completamente separate, dapprima semplicemente per­ ché avvengono separatamente e per l'incapacità dell'Io di integrare introie­ zioni non attivate da valenze simili, ma poi gradualmente, in risposta all'an­ sia, a causa dell'uso attivo da parte dell'Io di questa separazione per scopi difensivi» (ibid., p. 35). Durante l'identificazione la rappresentazione del Sé e dell'oggetto del­ l'interazione si differenzia in corrispondenza al riconoscimento che la tonalità affettiva che pervade l'interazione dipende dal comportamento che l'altro ha nei nostri confronti e al riconoscimento che tale comporta­ mento è influenzato dal nostro. «Il bambino impara i propri ruoli, dap­ prima esperiti più passivamente, come parte della componente immagine di sé dell'identificazione. Egli apprende anche i ruoli della madre (come parte dell'immagine oggettuale della madre) e può talvolta rimettere in atto questi ruoli» (p. 31). Il riconoscimento dei ruoli complementari che si esplicano nella relazione interpersonale comporta la possibilità che essi siano concepiti come intercambiabili. Riteniamo che la distinzione tra il ruolo attivo o passivo che il Sé o l'oggetto possono assumere nella rela­ zione corrisponda all'unità binaria S-0 del modello strutturale. Nella seconda fase dello sviluppo psichico lo splitting viene ridotto e subentra un processo di integrazione cui si accompagna la rimozione come meccanismo dominante (p. 40): «Le immagini del Sé positive delle introie­ zioni positive sono connesse con le immagini del Sé negative delle introie­ zioni negative e le immagini dell'oggetto positive sono connesse con le rispettive immagini dell'oggetto negative. Nello stesso tempo, anche gli aspetti negativi, determinati aggressivamente, e gli affetti positivi, deter­ minati libidicamente, sono posti insieme, e sorge una situazione tipica che probabilmente corrisponde a quella che la Klein (1946) ha definito "posizione depressiva". Si sviluppano tensioni tra immagini contraddit­ torie del Sé con l'apparizione della colpa e della sollecitudine, per il rico­ noscimento dell'aggressione del Sé verso l'oggetto che prima appariva essere cattivo ma ora è visto come parte di un "oggetto totale" che è sia buono che cattivo.» Questo processo di fusione di aspetti parziali posi­ tivi e negativi sia del Sé che dell'oggetto promuove lo sviluppo di un «oggetto ideale» e di un « Sé ideale». L'«oggetto ideale», privo di aggres­ sività, è dotato della capacità di donare amore e comprensione, cioè è disponibile a muovere verso il Sé; nel modello strutturale può corrispon­ dere allo stato (O ,s, +). Il « Sé ideale» di Kernberg, che rappresenta

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l'orientamento riparativo del Sé verso l'oggetto concepito nella sua glo­ balità ed esprime la disponibilità del Sé a muovere verso l'oggetto evi­ denziando la sua dedizione a esso, può corrispondere allo stato (S,s, + ). I due diversi livelli di integrazione dell'Io, propri delle due fasi di svi­ luppo descritte da Kernberg, differenziano in clinica le personalità nevro­ tiche da quelle borderline e influenzano la dinamica del transfert: « Nei pazienti nevrotici, lo svolgimento nel transfert delle relazioni oggettuali interiorizzate avviene gradualmente, man mano che la regressione si svi­ luppa e l'autonomia secondaria della struttura del carattere si dissolve in paradigmi transferali attualizzati (. ..) In pazienti borderline, al con­ trario, mancano le strutture superegoiche depersonificate dei livelli più alti, e relazioni oggettuali primordiali, cariche di conflittualità, sono atti­ vate prematuramente nel transfert in connessione con stati dell'Io che sono scissi uno dall'altro. Le manifestazioni di transfert che i pazienti borderline tipicamente presentano potrebbero essere comprese come l'at­ tivazione alternante di questi stati dell'Io, che rappresentano relazioni oggettuali interiorizzate "non metabolizzate"» (p. 2 1). 1 .4

Determinismo, sovradeterminazione e probabilità .in psicoanalisi

Il modello strutturale, come abbiamo visto, si riallaccia al punto di vista dinamico-strutturale di Freud ed è in accordo con gli apporti degli autori che maggiormente hanno contribuito allo sviluppo della teoria delle relazioni oggettuali. Il modello stocastico si inserisce invece in modo più problematico nella teoria psicoanalitica anche perché, a nostro parere, ali' evoluzione dell'originario modello dinamico-energetico non è corri­ sposta un'analoga evoluzione della concezione deterministica che ne è alla base. Le teorizzazioni di Freud sono radicate in una cultura fisiologica, psi­ cologica e filosofica orientata a estendere ai processi psichici i progressi di una scienza della natura di tipo deterministico. Al tempo della forma­ zione culturale di Freud le teorie probabilistiche suscitavano una decisa opposizione negli ambienti scientifici, che vedevano nel determinismo l'unico garante di un principio legalitario corrispondente all'organizza­ zione esistente nei processi naturali. 1 Freud forse era troppo preso dal problema di dare dignità scientifica alla psicoanalisi per criticare gli assunti I Indicative di tale orientamento sono, ad esempio, le dure critiche rivolte dagli ener­ getisti alla nascente meccanica statistica.

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deterministici che dominavano la cultura corrente e che, d'altra parte, gli offrivano la possibilità di organizzare coerentemente le proprie sco­ perte cliniche. Solo nel 1924, in una breve nota aggiunta alla Psicopato­ logia della vita quotidiana (r901b), egli accenna all'ipotesi di Bleuler rela­ tiva a una descrizione probabilistica dei processi psichici. Un primo fondamento teorico della prassi terapeutica di Freud è costi­ tuito da assunti associazionistici tratti dalle elaborazioni di Helmholtz, Wundt e Herbart, i quali hanno sviluppato e reinterpretato l'originaria formulazione degli empiristi inglesi. Freud però non ritiene soddisfacente una spiegazione dei nessi psichici tramite i princìpi dell'associazionismo atomistico, né si limita ad attribuire l'organizzazione del flusso associa­ tivo a princìpi intenzionali o finalistici esterni a esso (Lipps, Brentano); cercando di riportare la spiegazione dei processi psichici nell'ambito del modello causale-deterministico proprio delle scienze della natura, egli tenta di ricondurre l'organizzazione di sintomi ed eventi psichici, che potreb­ bero altrimenti apparire sconnessi e casuali, all'esplicarsi di una causa­ lità psichica inconscia. In effetti Freud elabora il metodo delle associazioni libere trasforman­ dolo da procedimento di indagine sperimentale delle connessioni tra ele­ menti verbali isolati a strumento di indagine clinica: il paziente è invi­ tato a dire quello che gli viene in mente per consentire all'analista di giungere al contenuto rimosso, ritenuto causa dei disturbi. Le associa­ zioni libere forniscono il lessico e il contesto personale del paziente essen­ ziali per l'interpretazione dei sintomi nevrotici; i sintomi e le singolarità che hanno luogo durante il processo associativo sono considerati come indizi che, rinviando dagli effetti alle cause, permettono di ricostruire le organizzazioni inconsce il cui conflitto con i contenuti coscienti è rite­ nuto causa dei disturbi psichici. L'interpretazione, ricostruendo i nessi che riportano i sintomi alle cause, aiuta a ristabilire la continuità nella vita psichica, cosicché il conflitto può essere risolto e la tensione accu­ mulata può essere liberata. Assieme ai sintomi nevrotici, il sogno si è imposto ali' attenzione di Freud (1899, p. 103) come parte del metodo delle associazioni libere: «I pazienti che io avevo impegnato a raccontarmi tutte le idee e i pen­ sieri che s'imponevano loro di fronte a un determinato argomento, mi raccontavano i loro sogni, dimostrando così che un sogno è inseribile nella concatenazione psichica che, partendo da un'idea patologica, va inseguita a ritroso nella memoria. » Applicando il metodo delle associazioni libere non più alle immagini indotte con metodi suggestivi ma alle immagini oniriche, Freud interpreta il sogno riconducendone il contenuto manife-

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sto a processi ideativi inconsci, sollecitati dal desiderio e controllati dalla censura. L'estensione del metodo delle associazioni libere dall'analisi dei sin­ tomi nevrotici ai sogni e agli atti mancati e la possibilità di risalire anche in questi casi da rappresentazioni coscienti a cause inconsce confermano Freud nell'opinione che una concatenazione causale di ordine generale connette i processi psichici. Nella Psicopatologia della vita quotidiana (r9orb, p. 276), ad esempio, egli dice: «Quel che in tal modo è lasciato libero da una parte [dalla parte cosciente] riceve la sua motivazione dal1'altra parte, dall'inconscio, cosicché la determinazione nella psiche-non presenta lacune.» Nell'esigenza di cogliere le invarianti delle continue trasformazioni e di ricondurre la concatenazione dei processi mentali all'e­ sistenza di princìpi regolatori generali del funzionamento psichico, Freud utilizza nell'ambito dei processi psichici il concetto di energia, mutuan­ dolo dal modello energetistico dominante nella fisica del tempo. Il determinismo di Freud consiste di fatto nell'affermazione che le associazioni tra gli elementi psichici non sono casuali, in quanto una cau­ salità inconscia motiva la continuità del flusso delle rappresentazioni e un principio di conservazione regola la conversione dell'energia pulsio­ nale a esse associata (ad esempio la conversione dell'energia da libera a legata durante la formazione di strutture psichiche più integrate o la con­ versione opposta nei processi regressivi). Il determinismo è un presup­ posto indispensabile non solo del modello dinamico-energetico ma anche di quello dinamico-strutturale, in quanto la dinamica della relazione della pulsione con l'oggetto che è alla base della formazione delle strutture psi­ chiche segue, in ultima analisi, i princìpi di regolazione energetica. La professione di determinismo non impedisce a Freud di cogliere che da un lato un sintomo nevrotico spesso è il punto di convergenza di diverse catene associative e che dall'altro sintomi diversi possono divergere da un'unica causa; le catene associative sono cioè caratterizzate da una mol­ teplicità di ramificazioni. Analogamente, nel sogno la condensazione con­ nette più pensieri onirici, mentre lo spostamento causato dalla censura può dare luogo a contenuti manifesti diversi. Freud anzi ritiene che ogni evento psichico sia in generale sovradeterminato, nel senso che rinvia a una molteplicità di cause concomitanti tali che nessuna di esse, consi­ derata isolatamente, sarebbe sufficiente a determinarlo; una causalità mul­ tipla opererebbe anche nei processi della dimenticanza e del ricordo. Poiché la sovradeterminazione comporta, in generale, che nessun sin­ golo ramo della rete associativa possa essere considerato isolatamente, essa mette in discussione il fatto che una semplice concatenazione cau­ sale sia sufficiente a spiegare completamente i processi psichici. Ciò nono-

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stante, Freud ritiene che la sovradeterminazione possa essere intesa come espressione di determinismo più ancora della semplice determinazione causale. Nella terza delle Cinque conferenze sulla psicoanalisi (1909, pp. 155 sg.) egli dice: « Vi rendete conto ormai come lo psicoanalista si distingua per una fiducia singolarmente ferma nel determinismo della vita psichica. Per lui non vi è nulla di insignificante, di arbitrario e casuale nelle manifestazioni psichiche; egli si aspetta sempre una motivazione esauriente laddove di solito non si avanza siffatta pretesa; anzi egli è pre­ parato a una motivazione multipla del medesimo effetto psichico, mentre la nostra esigenza causale, presuntamente congenita, si dichiara soddi­ sfatta di un unico motivo psichico.» Il concetto di sovradeterminazione e le implicazioni che esso comporta sia per la teoria che per il metodo psicoanalitico sono stati discussi più approfonditamente da Rapaport. Nella Struttura della teoria psicoanali­ tica (1960, pp. 79 sg.) egli afferma: «Il concetto psicoanalitico di "sovra­ determinazione" implica che uno o più determinanti di un dato compor­ tamento, che sembrano spiegarlo, non ne danno necessariamente la piena spiegazione causale. Ciò non è estraneo di per sé alle altre scienze, ben­ ché un "principio di sovradeterminazione" non sia diventato necessario in nessuna di esse. La necessità di questo principio per la psicoanalisi sembra essere dovuta in parte alla molteplicità delle determinanti del com­ portamento umano, e in parte alla caratteristica mancanza di criteri per valutare la dipendenza e la sufficienza delle cause da parte della teoria. Le determinanti del comportamento in questa teoria sono definite in maniera tale che si applicano a ogni comportamento, così che il loro rife­ rimento empirico deve essere presente in ogni comportamento. Dato che in genere in un dato comportamento non predomina una singola deter­ minante, è difficile trascurare altre determinanti mentre si indaga su quella dominante. Quando condizioni favorevoli rendono dominante una deter­ minante il ricercatore è tentato di concludere che egli ha confermato un rapporto funzionale previsto, cosa che in effetti ha fatto. Purtroppo il tentativo di ripetere l'osservazione o l'esperimento in questione spesso fallisce, in quanto nella ripetizione o compare lo stesso comportamento anche se è divenuta dominante una determinante diversa, ovvero appare un comportamento diverso anche se è rimasta dominante la stessa deter­ minante.>> Le difficoltà poste dalla sovradeterminazione, per cui le eventuali rego­ larità esistenti nella vita psichica devono essere ricondotte a una molte­ plicità di nessi tra eventi psichici di fatto non separabili, suggeriscono di rinunciare a una descrizione deterministica in senso stretto dei processi

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psichici (tale, ad esempio, che ad A deve seguire solo e sempre B) per assumere una descrizione probabilistica di questi (cioè del tipo: ad A segue B con probabilità p(A-> B), C con probabilità p(A-> C) ecc.; tra l'altro, il caso in cui ad A segue B con certezza corrisponde al caso particolare in cui p(A----> B) = 1). Pur consapevole del problema posto dalla sovradeterminazione, cioè che questa, anziché favorire la determinazione delle correlazioni causa­ effetto, comporta un aumento di incertezza nel!'ambito di tale determi­ nazione, Rapaport (ibid., p. 51) è riluttante ad abbandonare l'imposta­ zione deterministica: «La teoria psicoanalitica della sovradeterminazione, cosl com'è (se l'ho compresa correttamente), implica leggi e non statisti­ che. Per adoperare la frase di Einstein, "il buon Dio non gioca a dadi" neppure in questa teoria. Ciò nonostante dev'essere lasciata aperta, anche se con riluttanza, la possibilità di un'interpretazione statistica della sovra­ determinazione; un'interpretazione statistica specifica e funzionale sarebbe preferibile a un'interpretaziòne che assumesse l'esistenza di leggi ma non specificasse alcuna regola di implicazione e pertanto non per­ mettesse né la conferma né il rifiuto.» La difficoltà di Rapaport nel concepire leggi probabilistiche, nono­ stante queste già all'epoca in cui scriveva fossero alla base della descri­ zione di processi fisici come, ad esempio, nella meccanica quantistica, rispecchia un modo di pensare diffuso fra i teorici della psicoanalisi. Nella letteratura psicoanalitica non mancano tuttavia riferimenti a una descri­ zione probabilistica dei processi psichici. Hartmann, Kris e Loewenstein (1946), ad esempio, considerano la probabilità della formazione delle strut­ ture psichiche nei termini della frequenza con cui determinate funzioni si raggruppano tra loro durante i conflitti psichici. In un lavoro succes­ sivo sui fondamenti scientifici della psicoanalisi Hartmann (1959) discute la possibilità che le regolarità della vita psichica vengano ascritte a una causalità non deterministica; egli cita il contributo di von Mises, uno dei fondatori della teoria delle probabilità, anche se non ne sviluppa le impli­ cazioni. In effetti è interessante notare che van Mises già nel 1928 aveva posto il problema dell'applicabilità alla psicoanalisi della teoria delle probabi­ lità, riferendosi all'esempio clinico della dimenticanza della parola ali­ quis che Freud riporta in un passo della Psicopatologia della vita quoti­ diana (1901b), cui si riferisce la nota citata sopra. Nel 1939 von Mises (cit. in Chassan, 1962, p. 601) suggerisce l'applicazione della teoria delle probabilità alla psicoanalisi, rifacendosi al particolare tipo di causalità operante nei processi psichici: «Invece del concetto di una stretta causa-

42

CAPITOLO PRIMO

lità dovrebbe essere applicata una relazione statistica alle interdipendenze indicate dalla psicoanalisi, forse nel senso che persone sotto l'influenza di engrammi sono più inclini verso certi lapsus freudiani, sintomi ner­ vosi e immagini oniriche di altre che ne sono libere(. .. ) Tutti questi feno­ meni, come le immagini del sogno, i lapsus ecc., sembrano molto più simili al tipo di eventi ricorrenti considerato dal calcolo delle probabilità, piut­ tosto che al tipo di eventi fisici che portano al concetto di causalità [deter­ ministica].» L'estrema variabilità dei contenuti e la complessità delle connessioni tra eventi psichici costituiscono un notevole ostacolo all'applicazione non solo di un calcolo probabilistico ma anche di qualsiasi formalizzazione. Freud, come abbiamo visto a proposito della sovradeterminazione, è con­ sapevole delle difficoltà che si incontrano nel seguire i nessi tra le asso­ ciazioni libere. In Etiologia dell'isteria (1896, pp. 338 sg.) egli afferma: «Le singole catene mnestiche seguono percorsi a ritroso inizialmente ben distinti, ma poi (. .. ) si ramificano; da una scena si dipartono contempo­ raneamente due o più ricordi, dai quali a loro volta hanno origine catene collaterali, i cui singoli elementi possono di nuovo intrecciarsi, per via associativa, con gli elementi della catena principale.» r . 5 Le implicazioni probabilistiche della teoria cognitiva del processo onirico

In un fondamentale contributo alla psicologia cognitiva del processo onirico Foulkes (1978) si propone di formalizzare i processi di condensa­ zione e di spostamento del lavoro onirico, considerando le catene asso­ ciative che si dipartono dagli elementi che costituiscono il sogno della monografia botanica di Freud come il contesto all'interno del quale il sogno acquista significato. Egli propone «un sistema di scoring per la struttura latente» che consente di tradurre in forma proposizionale di soggetto-relazione-oggetto le relazioni dell'Io con l'ambiente, che sono rappresentate nelle scene del sogno e nelle associazioni libere prodotte a partire da queste. Foulkes considera sia relazioni «interattive» di tipo dinamico, di avvicinamento, allontanamento, creazione e distruzione tra il Sé e l'altro, sia relazioni «associative» di tipo statico, di concomitanza, equivalenza e mediazione fra i termini in relazione. Egli poi applica la teoria dei grafi all'analisi formale delle connessioni tra i nodi delle reti associative ottenute con tale scoring. Nel distinguere tra proposizioni inte­ rattive e associative Foulkes ritiene che le prime rappresentino strutture cognitivo-motivazionali che corrispondono ai pensieri latenti del sogno (strutture profonde), mentre le altre, puramente cognitive, permettereb-

UN · MODELLO DEL PROCESSO ONIRICO

43

bero le sostituzioni dei termini in relazione per mezzo delle quali i pen­ sieri latenti si trasformano in contenuto manifesto (strutture superficiali). Egli si propone pertanto di desumere dal contesto delle associazioni libere alle scene di un sogno le relazioni associative che permettono di risalire ai pensieri latenti che lo interpretano. In un lavoro successivo Foulkes (1985) riformula il problema classico dell'interpretazione dei sogni e propone di considerare il sogno come espressione dell'attività interpretativa del soggetto. Egli sposta così l'at­ tenzione da un problema semantico (quello di desumere da un contesto esterno al sogno le relazioni associative che permettono di risalire da sin­ gole scene oniriche alle strutture latenti che lo interpretano) a un pro­ blema sintattico (studiare il modo in cui le scene oniriche si associano tra loro per costituire sequenze narrative, operando in . onirico, con il prevalere, sempre più accentuato in media, delle�:·,:. di conoscenza (,s,+) e (,o,-) sulle molecole (,o,+) e (,s, 7�lJ,}'t;, 1 La diminuzione graduale nel tempo della àE 12, associata �'.� binazione ·.··

lt0:f:/

· rx:f('. ·.

e I, �;:�:i:n��: �::�:·�el+t:�; �eU. &E,,, ,.,oci,ta�� ' ' .. · . binazione (,o,+)+ (,s,-)--+(,s,+)+(,o,-),

caratterizzano dunque l'evoluzione nei quattro anni scenza di base codificata a livello delle molecole.di.

dI

CAPITOLO TERZO

questa si evidenzia nel processo onirico, in accordo con i ri�ultati otte­ nuti in 3. 1 e riportati nella figura 6. Una sintesi tra queste due ricombi­ nazioni dà luogo alla ricombinazione degli stati espressa dalla relazione (S,o,+) + (0,s,- )--+(S,s,+) + (0,o,-), cui è associata una variazione di energia data dalla somma .1E 12 + .1E 23 • La variazione di energia .1E 123 associata a tale ricombinazione di stati può essere calcolata direttamente in base alla relazione tra la differenza di energia tra gli stati e la distribuzione della loro probabilità all'equili­ brio, espressa dalla [3], ponendo T = 1. Nel grafico della figura 12 sono riportate sia .1E 12 + .1E 23 che .1E 123 in funzione del tempo. La diminuzione nel tempo di .1E 123 sintetizza l'evoluzione, nel corso del processo onirico, della conoscenza di base codificata a livello delle molecole di conoscenza. Tale diminuzione indica, in accordo con quanto

AE

-- AE (12-23) --•-- AE (123)

o

------•,'' -1

-2

o

2

Figura 12 Variazione nel tempo cli AEm e di AE12.23

''

''

''

''

3

= 4E12 + AE2J·

• 4

5

t

SJSTEMA DI UNITÀ RELAZIONALI

rilevato in 3. r, che nel corso dei quattro anni di analisi viene progressi­ vamente favorita la formazione degli stati (S,s, +) e (0,o,-) rispetto agli stati (S,o,+) e (0,s,-). D'altra parte, come abbiamo visto sopra, vi è una variazione nel tempo della conoscenza di base codificata a livello degli atomi di conoscenza che favorisce progressivamente la formazione dello stato (S,s, +) rispetto allo stato (0,o, -). L'evoluzione nel tempo della conoscenza di base codificata a livello sia di atomi che di molecole di conoscenza spiega dunque il forte aumento della probabilità dello stato (S,s, +) che caratterizza l'evoluzione nel tempo della distribuzione di probabilità degli stati all'equilibrio, riportata nella figura 4. Tale aumento di probabilità caratterizza sia l'evoluzione del pro­ cesso onirico che quella del processo analitico.

Conclusioni

In questo lavoro abbiamo proposto un modello strutturale che per­ mette di tradurre la sequenza delle scene di un sogno in una sequenza di stati relazionali elementari dell'Io e un modello stocastico della suc­ cessione di tali stati nelle sequenze narrative del processo onirico. Par­ tendo dall'assunto che nei sogni che accompagnano l'analisi si eviden­ ziano strutture relazionali che corrispondono alle principali relazioni oggettuali che si instaurano nel processo analitico, abbiamo applicato il modello strutturale-stocastico ai sogni prodotti da un paziente durante quattro anni di analisi. Il sistema che si configura negli stati relazionali elementari rappresentati nei sogni tende a una distribuzione di probabi­ lità stazionaria di equilibrio che è caratteristica di un dato periodo di tempo. Per ciascun periodo le sequenze di stati più probabili all'equili­ brio, ottenute dalla distribuzione di probabilità stazionaria e dalla matrice delle probabilità di transizione, corrispondono alle configurazioni di rela­ zioni oggettuali ricorrenti nell'analisi clinica. Anche il mutamento nel tempo delle sequenze di stati più probabili all'equilibrio, che si evidenza nei diversi periodi del processo onirico, è in discreta corrispondenza con l'evoluzione del processo analitico. Il modello strutturale-stocastico del processo onirico si basa sulle seguenti ipotesi: a) ogni narrazione onirica è traducibile in una sequenza discreta di stati elementari dell'Io, scelti da un insieme finito di stati; b) ciascuno stato elementare dell'Io è definito dalla scelta di uno dei poli in ciascuna di tre unità binarie relazionali costitutive dell'insieme degli stati; e) ciascuno stato dipende, in prima approssimazione, solo dallo stato

CONCLUSIONI

107

che lo precede immediatamente nella sequenza: cioè il processo onirico è descritto con sufficiente approssimazione da un processo markoviano discreto; d) durante ciascun periodo dell'analisi preso in considerazione le proba­ bilità di transizione tra gli stati sono indipendenti dal tempo: il processo markoviano che descrive il processo onirico è cioè approssimabile per mezzo di una successione di catene markoviane. _ A queste ipotesi va aggiunta l'ipotesi relativa alla corrispondenza tra sogno e transfert, sulla base delle comuni condizioni di ridotto controllo intenzionale e di attenuazione degli stimoli ambientali: e) le più probabili tra le sequenze di stati relazionali generate dal modello del processo onirico corrispondono alle configurazioni di relazioni ogget­ tuali dominanti nel processo analitico. I risultati ottenuti con l'applicazione del modello strutturale-stocastico ai sogni prodotti da un paziente durante l'intero processo analitico sem­ brano confermare l' attendibità di tali ipotesi. Occorre tuttavia conside­ rare che: a') l'effettiva traducibilità della narrazione onirica in una sequenza di stati dell'Io richiede la definizione di norme applicative che aiutino a comporre l'esigenza di rigore del modello strutturale con la varietà e complessità delle rappresentazioni oniriche. Da una prima valutazione del grado di affidabilità dello scoring risulta che i coefficienti di correla­ zione tra le distribuzioni sugli stati degli scoring effettuati indipenden­ temente dai due autori e da due psicoanalisti sono circa 0,9, come si è visto in 2.2. È però necessaria la collaborazione di un maggior numero di analisti su una base di dati più estesa per arrivare a una valutazione più adeguata. In ogni caso tali risultati pongono l'esigenza di una migliore definizione dèlle norme relative all'estensione del significato delle unità relazionali; b') poiché l'attendibilità e il grado di definizione dei risultati dell' appli­ cazione del modello strutturale-stocastico dipendono rispettivamente dal1'adeguatezza e dal numero delle unità binarie costitutive degli stati, una scelta diversa e/o uno spettro più ampio di unità potrebbero dare risul­ tati migliori di quelli ottenuti; e') l'ipotesi di una causalità probabilistica (processo markoviano) per­ mette di ottenere un discreto grado di approssimazione alla descrizione clinica; una modellizzazione più complessa che tenga conto dell'influsso di stati antecedenti nell'organizzazione del processo interpretativo oni­ rico può tuttavia migliorare la corrispondenza tra le sequenze di stati più probabili all'equilibrio e le principali configurazioni cliniche. Nell'ana-

108

CONCLUSIONI

lisi del paziente considerato, la misura della frequenza con cui ricorrono sequenze di tre stati, ricavata direttamente dallo scoring di 21 73 transi­ zioni relative a quattro anni di analisi, risulta in genere diversa dalla misura della probabilità di tali sequenze all'equilibrio, ricavata dal calcolo della matrice P e del vettore limite. Tuttavia le 2 4 tra le 51 2 possibili sequenze di tre stati che risultano più frequenti nello scoring sono anche le più probabili all'equilibrio, con una correlazione di o, 79 tra frequenze e pro­ babilità. Poiché il numero di tali sequenze è minore del 5% del totale, mentre la loro frequenza complessiva è del 20%, si può ritenere che esse caratterizzino la situazione del paziente in quattro anni di analisi. D' al­ tra parte la probabilità che all'equilibrio si realizzi una di tali sequenze supera il 17% mentre la probabilità di ciascuna di tali sequenze è minore o uguale alla rispettiva frequenza, tranne in due casi; ciò dimostra che la caratterizzazione dell'analisi data da tali sequenze non viene perduta nel modello probabilistico, anche se la diminuzione della probabilità rispetto alla frequenza, in media del 13 % , evidenzia che in tale modello sono perduti nessi di ordine superiore a quello causale-probabilistico; d') il limite di validità dell'ipotesi che il processo markoviano sia appros­ simabile da una successione di catene markoviane può essere valutato considerando le suddivisioni della produzione onirica nel corso dell'in­ tero processo analitico in periodi di tempo diversi. Le figure 7 e 8 evi­ denziano che, nonostante le variazioni nel tempo dell'incertezza della matrice P e del vettore limite a dipendano dai periodi di suddivisione, tali incertezze diminuiscono in media nel tempo per tutte le suddivisioni considerate; e') lo studio della corrispondenza tra le sequenze di stati più probabili ali'equilibrio nel modello del processo onirico e le configurazioni di rela­ zioni oggettuali dominanti nel processo analitico è stato effettuato solo per il paziente che presentiamo. Uno studio sistematico di più pazienti con diverse configurazioni psicopatologiche permetterebbe di definire più chiaramente sia i limiti del modello che l'ambito della sua applicabilità. Nel terzo capitolo il modello strutturale-stocastico del processo oni­ rico è stato riconsiderato come un modello di sistema dinamico stoca­ stico dell'interpretazione dell'attivazione mnestica diffusa e quasi casuale che caratterizza il sonno REM. In tal modo si è pensato di risalire dall'e­ voluzione nel tempo della distribuzione di probabilità degli stati all'e­ quilibrio alla variazione nel tempo delle energie di attivazione dei poli delle unità e delle energie di interazione tra coppie di poli, considerati rispettivamente come gli« atomi» e le « molecole di conoscenza», nei quali è codificata la conoscenza di base propria di ciascun periodo. Le energie

CONCLUSIONI

109

di attivazione e di interazione costituirebbero, in ciascun periodo, i vin­ coli del sistema delle unità relazionali durante il rilassamento alla condi­ zione di massima incertezza nell'interpretazione di impulsi casuali. Il modello di sistema dinamico stocastico del processo onirico si basà sulle seguenti ipotesi: nelle inclinazioni alle scelte dei poli delle unità, intesi come atomi di cono­ scenza, e nelle correlazioni tra scelte di coppie di poli, intese come mole­ cole di conoscenza, è codificata la conoscenza di base propria di un dato periodo; le inclinazioni alle scelte dei poli e le correlazioni tra scelte di coppie di poli, in quanto indici di vincoli operanti sui poli e tra i poli delle unità, possono essere ricondotte rispettivamente a energie di attivazione dei poli e a energie di interazione tra i poli; la sorgente di impulsi casuali caratteristica del sonno REM può essere considerata come un serbatoio di calore la cui temperatura rimane costante nel tempo; l'insieme di unità relazionali debolmente interconnesse che interpreta gli impulsi casuali può essere considerato come un sistema dinamico immerso nel serbatoio stocastico; le energie di attivazione e di interazione delle unità di tale sistema dina­ mico stocastico rimangono costanti durante il rilassamento all'equilibrio; il rilassamento all'equilibrio termico del sistema stocastico è descritto da una catena markoviana ergodica. Sulla base di queste ipotesi la distribuzione di equilibrio dell'energia degli stati del sistema è data dalla distribuzione di Gibbs, ed è quindi possibile stabilire una corrispondenza tra: a) le differenze di energia nelle attivazioni dei poli e nelle interazioni tra coppie di poli; b) le probabilità dei poli e delle coppie di poli delle unità ricavate con un procedimento di lumping dal vettore limite d.ella catena markoviana ergodica.

Appendice

Cakolo della significatività dello scoring. Supponiamo che gli scoring di due giudici indipendenti consistano nelle due sequenze di n stati rela­ zionali (s 1 , . . . , S;, ••. , s") e (s 1 , • • • , S;, ... , sn), con S; e S; che assumono un valore compreso tra r e 8 (uno degli 8 stati). La probabilità di una coincidenza, s; = s;, è p = r/8. La probabilità di k coincidenze, indipen­ dentemente dall'ordine, nelle due sequenze corrisponde alla probabilità di k successi in una sequenza di n prove indipendenti, ciascuna con probabilità di successo p, cioè è data dalla distribuzione binomiale P(S" = k) = C n,k p*(r - p)"-k. La probabilità di ottenere almeno k successi in n prove è data da P(S" ;;,.,k) � k(r - p)/(k- np) 2 ; tale probabilità corrisponde alla probabilità che k coincidenze su due sequenze di n stati nello scoring di due giudici indipendenti siano casuali e quindi dà un'indicazione sulla significatività del risultato.

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- Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia (dementia paranoides) descritto autobiograficamente (Caso clinico del presidente Schreber)

8

(1910). Voi. 6.

II4

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Indice degli autori

Anderson C.D., 44 Antrobus J. S., 10, 44,

50

Klein M., 26-30, Kris E., 41

sg.

Bleuler E., 38 Blum H. P., 48 Brentano F., 38 Buffoli G., r 3

Larkin J. H., 97 Lewin B. D., 50 Lipps T., 38 Loewenstein R. M., Luquet P., 48 sg.

Cannon W.B., 33 Changeux ]. P., 96 Chassan J.B., 41 Dehaene S.,

41

McCarley R. W., 94 sg. McClelland J. L., 10 Mises R. von, 41 sg. Montobbio L., 1 3

96

Einstein A., 41 Erikson E. H., 34

Nobili R.,

Fairbairn W.R.D., 23, 26-28, 34 Ferenczi S., 16 Fliess W., 49 Foulkes D., 9 sg., 42-45, 53, 94 Freud S., 9 sg., 12, 14-28, 31-34, 49 sg., 53 Hartmann H., 19, 26, 30-34, Helmholtz H. von, 38 Herbart J. F., 38 Hinton G.E., 94, 97, 99 Hobson J. A., 94 sg. Hopfield ]. J., 96 Kemeny J.G., 46, 98 Kern J. W., 50 Kernberg O. F., 9 sg., Khinchin A. I., 90

34-36

41

26, 34-37

13

Rapaport D., 9, 40 sg. Reinsel R., 50 Rumelhart D. E., 10, roo 37-42,

Schmidt M., ro, 43 Schon A., 13 Sejnowski T.J., 94, 97, 99 Shannon C.E., 11, 46, 89 sg. Smolensky P., 88, 94-96, 98-100 Snell J. L., 46, 98 Toulouse G.,

96

Weaver W., II Wickens T.D., 97 Wollman M., 50 Wundt W., 38