The other side of genius. Il cinema di Orson Welles 9788867978540, 8867978543

L’importanza di Orson Welles per la codificazione di un “cinema moderno” (quindi la sua costante influenza per le future

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Italian Pages 95 [31] Year 2017

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The other side of genius. Il cinema di Orson Welles
 9788867978540, 8867978543

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© go\'i'are 2017 , Firenze, prima ediziooe digita.le ISBN 978-88-6797-854-o Redazione.: team di sentieri seh.-aggi copertina: Loreozo PUliti

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Copertina

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Presentazione e Autore Indice Lista dei nomi e dei luoghi citati

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INDICE

Copertina Frontespizio Colophon Presentazione Introduzione di Fabio Fulfaro PARTE PRIMA Saggi

Uimmagine moderna, il cinema di Welles, le metafore di Bazin di V'mcenzo Tauriello Ache ora è la fine del mondo reale di Leonardo Lardieri Io, Orson Welles di Tonino De Pace PARTE SECONDA Frammenti di un discorso wellesiano

I primi esperimenti filmati Tra Hollywood e l'Enropa Viaggio in Italia Un uomo una moltitudine PARTE TERZA Film

Quarto Potere di Fabiana Proietti Uorgoglio degli Amberson di cario Valeri Lo straniero di Francesco Maggi La signora di Shanghai di Fabio Fulfaro

Macbeth di Tonino De Pace Otello di Tonino De Pace Rapporto Confidenziale di Tonino De Pace Uinfernale Quinlan di Leonardo Gregorio

nprocesso di Pietro Masciullo Falstaff di Fabio Fulfaro Shakespeare e i frammenti del Mercante di Veneziadi Simone Emiliani Storia immortale di Francesca Bea F come falso di Leonardo Gregorio Don Chisciotte di Aldo Spiniello The Other Side ofThe Wind di Martina Ponziani POSTFAZIONE Il mago illusionista di Simone Emiliani Filmografia del regista

Cortometraggi Lungometraggi Tv

Filmografia da attore Bibliografia essenziale

PRESENTAZIONE

L'importanza di Orson Welles per la codificazione di un •cinema moderno" (quindi la sua costante influenza per le future generazioni di cineasti) è andata man mano crescendo e ba detenninato una letteratura sconfinata. Il work in progress wellesiano, partito con il capolavoro Quarto Potere, non ba mai trovato una conclusione: si può paradossalmente affennare che tra oortometraggi, ruoli attoriali, lungometraggi interrotti o rimasti in pre-produzione, il corpus della sua opera ,,a continuamente rimodellandosi oome in un mosaico d'infiniti pezzi. Con questo hbro la redazione di Sentieri Selvaggi p= a gnardare Welles da un partioolare angolo di visione, alternando sensazioni soggettive a valutazioni oggetti,,e, emozioni da cinefili e pensieri critici, moti del cuore e analisi razionali. L'obiettivo è offrire al lettore l'altro lato di un genio strabordante, un artista onnivoro che ba sempre defonnato con la sua onna lo spazio e il tempo da lui attraversati. A volte basta una foto, un video, un commento, una parte di intervista. Altre volte il momento di lucidità si manifesta tra le pause, nei silenzi, nelle omissioni. Sta a noi ricostruire il puzzle.

*** FABIO Fcn.F,1Ro è un medioo appassionato di cinema. Ha frequentato a Bobbio nel 2010 e nel 20 11 i seminari di critica cinematografica tenuti da Gianni Canova e Ivan Moliterni Collabora con numerose riviste online di cinema tra le quali Sentieri sel,,aggi IIli ("""·sentieriseh>aggi.it). Ha curato diverse rassegne di cinema nelle scuole medie superiori e in ambito universitario oon particolare riferimento ad aspetti psicoanalitici ed esperienze gruppali. È caporedattore della rivista online "Lo Specchio s curo• ("""·speccbioscuro.it)

INTRODUZIONE di Fabio Fulfaro "L'opera cinematografica di Welles può essere paragonata a un razzo: parte molto velocemente con l'accensione di Quarto Potere e approfitta dello slancio acquisito per andare lontano. In volo il razzo perde tutto: la fusoliera, i reattori, i passeggeri, gli osservatori e, alla fine, il pilota. Isolato nello stupido conformismo del cinema americano, si mette in orbita e rischiara il cammino futuro del cinema più moderno.• SergeDaney

Ancora una monografia su Orson Welles. A guardare la sterminata bibliografia sul grande regist a americano sembra un'operazione destinata all'oblio o al fallimento, tenuto conto della qualità e quantità di voci autorevoli che hanno analizzato in lungo e in largo la parabola wellesiana. Un autore "bigger than life", bulimico, strabordante, che sin dalla opera prima aveva rivoluzionato tutti gli stilemi della grammatica filmica, spostando il cinema avanti di un secolo. Eppure a più di cento anni dalla nascita e a più di trent'anni dalla morte l'influenza di Orson Welles sul cinema contemporaneo appare sempre attuale, per non parlare del ritrovamento di spezzoni dei primi film, e della storia infinita dell'ultima opera rimasta nei cassetti, in attesa di produttori benevoli in grado di sobbarcarsi i costi del restauro e della resurrezione. In realtà il punto di vista proposto dalla redazione di Sentieri Selvaggi è assolutamente anomalo e allo stesso tempo originale. Non si tratta dell'ennesima autopsia della produzione cinematografica, né di una mera parata agiografica atta a far risaltare il genio e la sregolatezza di un mito, ma il tentativo, onesto e sincero, di verificare l'impatto dei film di Orson Welles sull'immaginario individuale di semplici appassionati cinefili e come questo possa avere cambiato le modalità di fruizione dell'immagine cinematografica. Scriviamo di ciò che vediamo. Ma ciò che vediamo può influenzare il nostro modo di scrivere in maniera irreversibile. Lo conferma Simone Emiliani: l'operazione è puramente istintuale, cercando di ricomporre un puzzle escheriano dove le innumerevoli versioni, gli spezzoni, i film incompiuti, quelli abortiti e poi guardati co n dolcezza, non fanno altro che proiettare lo spettatore in un labirinto di specchi, in una commistione tra realtà e leggenda che non permette più un documento veritiero ma solo verosimile. Dove è la fine e dove è l'inizio? Sulla stessa linea è il saggio di Vincenzo Tauriello che sottolinea la modernità di W elles e il suo stretto rapporto con il nume tutelare J ohn Ford: l'immaginario wellesiano sembra strappare per un momento l'individuo al suo statuto di mortalità, scolpendo il tempo al ritmo di 24 fotogrammi per secondo. Leonardo Lardieri ci racconta l'incredibile burla organizzata da Orson Welles a scapito dei radioascoltatori americani, il 30 ottobre del 1938, quando si inventò un assalto alieno gettando la popolazione nel panico. Scambiare il racconto di finzione per realtà: nella cronaca minuto per minuto di una radiodramma fantascientifico, Welles propone un cortocircuito tra l'oggetto e la sua rappresentazione, portando il pubblico sulle montagne russe della vertigine della realtà. Se una cosa è possibile, essa è reale. Se lo dice la radio ( e questo discorso anni più tardi sarà ancora più calzante per la T V) non può non essere accaduto. L'impatto di un capolavoro come Quarto potere sulle emozioni e sui ricordi di spettatrice è al centro del racconto di Fabiana Proietti. Ne emerge una verità inconfutabile: non solo le opere filmiche cambiano nel tempo, ma anche gli spettatori. Al netto di tutte le strutture e sovrastrutture critiche, agli occhi dell'appassionato di cinema, Quarto potere regala meraviglie su meraviglie ad ogni visione. Un percorso differente è il diario di Carlo Valeri su L'orgoglio degli Amberson: è difficile ricreare la magia di una visione di un determinato momento storico; spesso le influenze personali possono distorcere la fruizione dell'opera. Rimane intatta l'impressione che con questa seconda opera Orson Welles avesse voluto presagire la sua parabola discendente autodistruttiva dopo il successo clamoroso del debutto. Le opere sono immortali, noi invece abbiamo un destino irrimediabilmente finito. Lo straniero è uno dei pochi film ripudiati da Orson Welles:

Francesco Maggi ci racconta le vicissitudini produttive che comunque non hanno impedito al regista di lasciare la sua impronta autoriale in un noir con troppe separazioni manichee in sceneggiatura. Il rapporto tra Orson Welles e un gigante come Shakespeare è trattato con grande competenza e rigore da Tonino De Pace. Dall'analisi di opere come Macbeth e Otello emerge un dato incontrovertibile: l'esistenza di due livelli dentro i quali il film si muove. Da una parte lo spessore dell'immagine che si materializza nel contrasto violento del bianco e nero, nella illuminazione spettrale dei fondali, nella scelta dei campi lunghi già sperimentati, che restituiscono il cinema ad una immaginaria tridimensionalità e dall'altra la forma di cinema teatrale che si esprime nella più consueta bidimensionalità della sequenza. De Pace ci parla anche di Rapporto confidenziale, altro film di Welles in cui sono presenti evidenti tracce autobiografiche: Arkadin ripropone questa figura imponente e solitaria che racconta incessantemente della propria sconfitta, ma conosce la gloria che vince la mediocrità. A Leonardo Gregorio tocca il noir L'infernale Quinlan che porta alla luce ancora una volta la modernità di Welles: il film tende a trasformarsi in qualcos'altro. È un movimento, forse. Oppure altri movimenti, possibilità. Qualcosa che, comunque, si fa sempre più fondamentale, fondante definizione obliqua dello sguardo. Nel montaggio e rimontaggio dell'opera fino alla versione definitiva il particolare punto di vista del regista non è mai andato perduto. Pietro Masciullo ci parla dell'incontro tra Welles e Kafka: Il processo (tra i preferiti del regist a) può essere considerato un film che immagina il vuoto nelle macerie, configura anche la resistenza di uno sguardo al di la di ogni limite. Configurazione (im)perfetta di come l'idea pura e ferina (dalle parole di Kafka alle inquadrature di Welles) possa sgomitare e farsi sguardo sul mondo (il Novecento). I segreti di Storia

immortale vengono svelati da Francesca Bea che riscopre nell'opera, il cinema nel suo magnifico potere di slittamento, di apertura senza fine, che non smette di essere discorso che recupera se stesso, per rinviare verso altre direzioni. La grande importanza di Ffor Fake nella storia del cinema moderno è presentata da Leonardo Gregorio: il modello "documentario di finzione• depista immediatamente lo spettatore che non capisce dove finisce il vero e inizia l'elaborazione immaginifica del regista-demiurgo. In parole più coerenti: l'illusione come sola vera ontologia del cinema e il creatore che promette di rompere l'incanto, che promette «un'ora» di verità ma bleffa ancora. Aldo Spiniello ci parla di uno dei tanti progetti incompiuti, quel Don Chisciotte che è st ato girato a spizzichi e bocconi per una durata di vent'anni. Anche senza director's cut, si può ammirare il genio di Orson Welles sia nell'attualizzazione della vicenda che nella escursione meta-cinematografica con i riferimenti a se stesso nell'atto di girare un film sull'eroe di Miguel De Cervantes. Tra le interviste di Orson Welles q uella rilasciata a Pet er Bogdanovich e raccolta nel libro "Io, Orson Welles• è sicuramente la più importante e fonte di preziose informazioni che consentono di delineare la personalità dell'artista. Tonino De Pace ce ne riporta diversi brani dai quali emerge la grande ironia, il sarcasmo e la sottile capacità autocritica del grande regista americano. Il sottoscritto vi parla di d ue film, così lontani e così vicini, che lo hanno approcciato al mistero della Sindone cinematografica: La signora di Shanghai e Fa/staff Il libro si chiude con il progetto

The Other Side of the Wind a cura di Martina Ponziani: finalmente, grazie all'intervento del colosso televisivo Netflix, l'ultimo film di Orson Welles potrà (forse) vedere la luce sotto la supervisione di Filip Jan Rymsza e di Peter Bogdanovich. Lo sforzo della redazione di Sentieri Selvaggi si è sviluppato in questo

tentativo non convenzionale di parlare di un regista secondo il proprio punto di vista. In fondo quando stiamo sperimentando sugli altri non facciamo che parlare di noi st essi, a volte tra le righe, a volte nelle pause, a volte in certe sottolineature. Orson Welles rimane una figura mitologica impossibile da contenere in una singola definizione e tanto meno in una monografia. Parafrasando Gloria Swanson/ Norma Desmond in Viale del tramonto (1950): "non è Orson Welles grande, è il Cinema senza di lui che è diventato un po' più piccolo."

PARTE PRIMA SAGGI

L'immagine moderna, il cinema di Welles, le metafore di Bazin di Vincenzo Tauriello La prima volta [...] che apparve nel cinema un'immagine-tempo diretta non fu sotto gli aspetti del presente (anche implicato), ma al contrario sotto la forma di falde di passato, con Quarto potere di Welles. Qui, il tempo usciva dai suoi cardini, capovolgeva il rapporto di dipendenza dal movimento, la temporalità si mostrava per se stessa". Gilles Deleuze

Scorrono davanti a me alcune straordinarie pagine scritte da Bazin raccolte in Che cosa è il cinema?: «La morte non è che la vittoria del tempo. Fissare artificialmente le apparenze carnali dell'essere vuol dire strapparlo al flusso della durata: ricondurlo alla vita... Il film non si contenta più di conservare l'oggetto avvolto nel suo istante, come, nell'ambra, il corpo intatto degli insetti di un'era trascorsa; esso libera l'arte barocca dalla sua catalessi convulsiva. Per la prima volta, l'immagine delle cose è anche quella della loro durata e quasi la mummia del cambiamento». La morte, il tempo, la vita. E così nel pensiero del grande critico francese, l'essenza, la vera natura del dispositivo cinema sarebbe quella di una macchina capace di redimere i corpi dalla dissoluzione, dalla caducità, attualizzando una nuova forma di vita mediante l'immagine in movimento, «salvare l'essere mediante l'apparenza». In questo modo la contingenza, l'effimero, il transitorio, il divenire del mondo possono trovare attraverso l'occhio del Novecento uno sguardo messianico, un momento di redenzione. Nell'epoca della riproducibilità tecnica, quello che le arti figurative e plastiche hanno cercato di produrre attraverso la mimesis, si realizza con le macchine di Edison e dei fratelli Lumière. Tuttavia è con Quarto potere di Welles e i primi film della modernità - La regola del gioco (1939), Ladri di biciclette (1948), Paisà (1946) - che il cinema mostra per la prima volta un'immagine impregnata essenzialmente di temporalità. Ed è sempre Bazin, molto prima di Gilles Deleuze, a dirci come le immagini in profondità di campo, i piani-sequenza e le inquadrature grandangolari wellesiane siano immerse nelle stratificazioni del tempo, abitate da fantasmi, attraversate da presagi di morte. Cinema, mortalità e temporalità restano in bilico tra il riscatto del corpo e delle apparenze profetizzato da Bazin e la tragica sconfitta degli uomini che appare nelle pieghe delle immagini-tempo wellesiane. Una «visione che si potrebbe definire infernale poiché lo sguardo dal basso verso l'alto sembra venire da terra, mentre i soffitti, precludendo ogni fuga interna alla scenografia, completano la fatalità della maledizione. La volontà di potenza di Kane ci schiaccia, ma è a sua volta schiacciata dalla scenografia. Per mezzo della macchina da presa, siamo in qualche modo in grado di percepire lo scacco di Kane con lo stesso occhio che ce ne fa subire la potenza,.. Le immagini distorte, cupe e tragiche di Quarto potere, L'orgoglio degliAmberson, Rapporto

confidenziale, Otello, Macbeth, La signora di Shanghai, L'infernale Quinlan si tingono così di nero, di terra e fango. Arkadin, Macbeth, Quinlan, Kane, George, Mike, Otello affondano lentamente nelle sabbie mobili, traghettati verso l'inferno da un flusso primordiale di un mondo in putrefazione dove pulsioni arcaiche e originarie mordono i personaggi in una presa devastante. Il cinema della modernità è segnato in modo indelebile dalle macerie della Storia, dalla tragedia disumana, indicibile e irrappresentabile di Ausch,vi tz, Hiroshima, Nagasaki. Quarto potere e L'orgoglio degli

Amberson mostrano dei mondi in decomposizione come un veggente presagisce il disastro imminente. «Nel 1939 il cinema parlato era pervenuto a ciò che i geografi chiamano il profilo di equilibrio di un fiume, cioè a quella curva matematica ideale ... Raggiunto il suo profilo di equilibrio, il fiume scorre senza sforzo dalla sorgente alla foce e cessa di scavare ulteriormente il letto. Ma sopravviene qualche movimento geologico ... modificando l'altezza della sorgente; l'acqua lavora nuovamente, penetra nei terreni sottostanti, s'immerge corrode e scava. A volte, se si tratta di strati calcarei si disegna tutto un nuovo rilievo incavato quasi invisibile sull'altopiano ma complesso e tormentato ... ». Questa forma di linguaggio figurato , l'uso consapevole e originale della metafora di Bazin, fa balenare nel lettore un'immagine del cinema moderno come si trattasse di un colpo d'occhio della cinepresa. La deviazione di percorso, il movimento sotterraneo, porterà il cinema dall'equilibrio stilistico raggiunto dal découpage classico alla caméra stylo, al cinema d'autore, alla Nouvelle Vague. In questo modo non sembra così paradossale accostare il nome di John Ford a quello di Welles. Non a caso le metafore baziniane e le

immagini wellesiane possono intrecciarsi anche partendo da un capolavoro del cinema western come Ombre rosse (1939), il figlio eletto di N ascita di una nazione (1915). «Ombre rosse dà l'idea di una ruota così perfetta da poter restare in equilibrio sul proprio asse in qualsiasi posizione la si metta» (Bazin). Gregg Toland, geniale operatore e direttore della fotografia, dopo aver prestato la sua abilità tecnica a Wyler e Ford (entrambi molto amati da Bazin), affiancherà Welles nella sua opera prima. Lo stesso regista confesserà in seguito: «soltanto una volta ho subito l'influenza di qualcuno; prima di girare

Quarto potere ho visto Ombre rosse una quarantina di volte. Non avevo bisogno di prendere esempio da qualcuno che aveva qualcosa da dire, ma da qualcuno che mi mostrasse come dire quel che avevo da dire. Per questo John Ford è perfetto». Solo adesso mi rendo conto che ricordare il western di John Ford appare il modo migliore per concludere questo omaggio alle immagini di Welles e alla scrittura di Bazin.

A che ora è la fine del mondo reale di Leonardo Lardieri

Dal 1937 al 1938, due anni cruciali, du e anni per stabilire a che ora è la fine del mondo ... la compagnia Mercury Theatre debutta mettendo in scena Giulio Cesare, ambientato nell' Italia fascista e l'anno dopo si approda al mito della guerra dei mondi. Orson Welles, dapprima è Bruto e in fondo Well( e)s: Oh, virtù! Tu non eri altro che un nome vano ma io sciagurato ti ho adorato dawero, come se fossi vera; ma ora, sembra che tu non sia mai stata altro che una vile schiava della sorte. È forse il testamento più vicino alla realtà dei fatti, l'inciso più

terribilmente veritiero, più ferocemente avanguardista . Non sarà sembrato che dicessi che il teatro è finito, vero? Ci sono dei grandi artisti che continuano a lavorarci, ma non è più collegato alla centrale elettrica principale. Il teatro resiste come un divino anacronismo; come l'opera lirica e il balletto classico. Un'arte che è rappresentazione più che creazione, una fonte di gioia e di meraviglia, ma non una cosa del presente. La vita onirica di Orson Welles è l' esempio compiuto di monodramma, basata sul punto di vista di un solo personaggio, tipico dell' espressionismo, che sa però rilanciare, a livello interpretativo, il ruolo dell'in conscio. Si awerte il "p urgatorio della sofferenza creatrice", trasformando il teatro pubblico in teatro per sé. Il teatro (così come il cinema, ovviamente) non deve essere un tempio, una scuola, una tribuna, una cattedra o un o specchio, il teatro, in una eloquente tautologia, deve solo manifestare se stesso. Ecco, appunto, Welles è quindi tra le più riuscite tautologie delle espressioni artistiche e creative di tutti i tempi, proprio perché ha creduto fino in fondo al carattere di alterazion e vitale esercitato dall'emozione scenica, alle sue possibilità di raggiungere gli strati profon di della psich e uman a. Soprattutto credeva nella forza senza lim iti dell' illusione teatrale, una forza la cui efficacia vien meno n on appen a l'organis mo umano, abituatosi a un certo tipo di codici rappresentativi, si ren de im m une dal loro magico (quinto) potere. On

air, la spettacolarità del futuro sarà la rivelazione magica di un mistero spirituale e scientifico, un rito mistico del dinamismo spirituale, un centro spirituale per la nuova religion e dell'avvenire: di fronte all'esplosione molecolare del primo futurismo, fatta d'energie spasmodiche, di ribollenti frantumi, il congegno well(e)siano è forza depurata, rasserenante apertura sui limbi dell'invisibile . Per quello che abbiamo fatto sarei dovuto finire in galera, ma al contrario, sono finito a Hollywood. Parte un concerto per pian oforte di Ciaikovskij , la sera di domenica 30 ottob re 1938, allo otto in punto, la Cbs trasmette in diretta la Gu erra dei Mondi, un radiodramma tratto dal romanzo di H .G. Wells. Ecco l'introduzione alla storia, con la voce lenta e profon da di Orson Welles: Noi oggi sappiamo che durante i primi anni di questo secolo creature dotate di menti più vaste di quella dell'uomo, eppure come lui mortali, osservavano attentamente dallo spazio il nostro mondo ... L'agenzia Crosley calcolò ch e quella sera 32 m ilioni di persone stessero ascoltando la radio ... Poi la voce anonima di un ann unciatore segue a quella di Welles, per leggere un normale bollettino meteorologico e comunicare che i programmi sarebb ero proseguiti con un collegamento con la sala da ballo di un ristorante di New York. Seguono alcuni minuti di musica, poi una b rusca interruzione:

"Signore e signori, interrompiamo questo programma ...".

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Era il 1938, i giorni della crisi di Monaco, la vigilia della guerra. Alla prima edizione straordinaria del giornale radio, ch e ann u ncia l'avvistamento di strani fen omeni sul piante Marte, altri ne seguon o, fino all'ann uncio che delle misteriose macchine volanti son o atterrate nel New Jersey. La voce di un cronista inviato sul posto irrompe nelle case degli am ericani: Mio Dio, dall'ombra sta uscendo qualcosa di grigio, che si contorce come un serpente...la folla indietreggia, porto il microfono con me mentre parlo. Sto cercando un punto di osservazione. Vi prego di restare in ascolto. Riprenderò a trasmettere fra qualche minuto. Poi intervien e il segretario degli Interni, con un tono ufficiale e noioso : Cittadini della nazione americana. Non cercherò di nasconder\,j la gravità della situazione in cui si trova il paese( ...) Riponendo tutta la nostra fede in Dio dobbiamo continuare l'esecuzione dei nostri doveri per opporre all'invasore una nazione unita, coraggiosa e tutta consacrata alla conservazione dell'umana supremazia su questa terra. Migliaia di famiglie abb andonan o le proprie case e si rifugiano nei boschi. Molte caserme della Guardia Nazion ale sono prese d'assalto per otten ere dall'esercito maschere antigas. In alcune cittadine del Sud l'intera popolazione si riversa nelle strade a pregare e cantare inni religiosi. Intanto la trasmissione si avvia verso la conclusione:

Vi parlo dal tetto del Broadcasting Building di New York. I marziani si avvicinano. Si ritiene che nelle ultime due ore tre milioni di persone abbiano lasciato la città per le strade dirette a nord.,.fa,jtate i ponti per Long Island, sono tremendamente affollati. Tutte le comunicazioni con New York sono state interrotte circa dieci minuti fa. Non esistono più difese. Il nostro esercito è distrutto. Questa può essere l'ultima trasmissione. Rimarremo qua fino alla fine. Le macchine volanti dei marziani stanno atterrando in tutto il paese(...) Tutti corrono verso l'East Side. Sono migliaia e cadono come topi. Il fumo ha raggiunto Times Square. È a cento metri da me... a quindici metri... Un sospiro, un gemito, il rum ore soffocato di un corpo che cade e il rotolare, sul cemento, del microfon o: morte di un cronista , in diretta radiofonica. La sacralità del reale è destrutturata. I media sanno mentire e la sospension e dell' incredulità si è cronicizzata . F for Fake ormai ha preso piede definitivamente, finzione e realtà hann o buttato giù il m uro di confine. La vertigine della realtà e non la pura realtà è ciò che ci offre Welles. La fin e del mondo è visibile on air, full time, dalla finestra sul mon do, spiraglio virtuale n ella clausura postmoderna. Già in questo inquieto esordio della coscienza contemporanea, fatta di dispersion e e di poca sicurezza nella capacità di se stessi, con il conseguente odio verso il proprio Io, fanno capolino due aspetti che domineranno la scena n arrativa su ccessiva: il vedersi vivere e l' alien azione estrema. Dal romanzo di Wells: Forse sono un uomo stravagante. Non so fino a che punto ciò che provo sia condi,