Testi Orientali Inediti Sopra I Sette Dormienti Di Efeso 9781617197642, 1617197645

The present work contains a number of previously unedited eastern Christian texts (Coptic, Syriac, Arabic, Ethiopic, and

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Italian Pages 111 Year 2019

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Table of contents :
Series Foreword
Einleitung
I. Testi copti
II. Testi siriaci
III. Testi arabi
IV. Testi etiopici
V. Testi armeni
INDICE
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Testi Orientali Inediti Sopra I Sette Dormienti Di Efeso
 9781617197642, 1617197645

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Testi orientali inediti sopra i Sette Dormienti di Efeso

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Syriac Studies Library

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Sériés Editors Monica Blanchard Cari Griffïn Kristian Heal George Anton Kiraz David G.K. Taylor

The Syriac Studies Library brings back to active circulation major reference works in the field of Syriac studies, including dictionaries, grammars, text editions, manuscript catalogues, and monographs. The books were reproduced from originals at The Catholic University of America, one of the largest collections of Eastern Christianity in North America. The project is a collaboration between CUA, Beth Mardutho: The Syriac Institute, and Brigham Young University.

Testi orientali inediti sopra i Sette Dormienti di Efeso

Edited and Translated by

Ignazio Guidi

1 2012

gorgias press

Gorgias Press LLC, 954 River Road, Piscataway, NJ, 08854, USA www.gorgiaspress.com Copyright © 2012 by Gorgias Press LLC Originally published in 1885 All rights reserved under International and Pan-American Copyright Conventions. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recording, scanning or otherwise without the prior written permission of Gorgias Press LLC. 2012

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% ISBN 978-1-61719-764-2

Reprinted from the 1885 Rome edition.

Digitized by Brigham Young University. Printed in the United States of America.

Series Foreword

This series provides reference works in Syriac studies from original books digitized at the ICOR library of The Catholic University of America under the supervision of Monica Blanchard, ICOR's librarian. The project was carried out by Beth Mardutho: The Syriac Institute and Brigham Young University. About 675 books were digitized, most of which will appear in this series. Our aim is to present the volumes as they have been digitized, preserving images of the covers, front matter, and back matter (if any). Marks by patrons, which may shed some light on the history of the library and its users, have been retained. In some cases, even inserts have been digitized and appear here in the location where they were found. The books digitized by Brigham Young University are in color, even when the original text is not. These have been produced here in grayscale for economic reasons. The grayscale images retain original colors in the form of gray shades. The books digitized by Beth Mardutho and black on white. We are grateful to the head librarian at CUA, Adele R. Chwalek, who was kind enough to permit this project. "We are custodians, not owners of this collection," she generously said at a small gathering that celebrated the completion of the project. We are also grateful to Sidney Griffith who supported the project.

Molti autori dal Baronio in poi hanno scritto sulla famosa leggenda dei Sette Dormienti di Efeso e sarebbe agevole il noverare qui i loro scritti, ma mi restringo a ricordare solo il libro più recente che io conosca sopra questo soggetto, quello cioè del Koch, intitolato : Die Siebenschlaferlegende, ihr Ursprwng und ihre Bedeutung, dine mythologisch-lileraturgeschichlliche Studie ('). In questo libro l'autore cerca ricostruire la primitiva forma del meraviglioso racconto, e ragiona delle varietà colle quali è narrato tanto nell'Occidente quanto nell' Oriente, e cristiano e musulmano. Non è mia intenzione, nel pubblicare la presente Memoria, di tornare a discutere questo o quel punto della leggenda, la cui importanza, qualunque essa sia nella storia religiosa, è certo grandissima nella storia letteraria orientale ; a questa appunto ed alla filologia ho avuto in animo di giovare innanzi tutto, dando in luce parecchi antichi testi in tutte quasi le lingue letterarie dell'Oriente cristiano, cioè nel copto, nel siriaco, nell'arabo, nell'etiopico e nell'armeno. I quali testi sono tutti inediti; anzi qualcuno di essi ci è conservato in manoscritti che sembrano essere unici, per modo che la loro pubblicazione sarà doppiamente gradita agli orientalisti. Ma se ho avuto in mira la filologia e le letterature orientali piuttosto che la leggenda stessa, nutro nondimeno certa fiducia che anche per quest'ultima la mia raccolta avrà qualche valore, poiché è noto che fra i più antichi documenti letterari di essa si noverano appunto le versioni orientali. I testi che pubblico e dei quali terrò più specialmente proposito derivano tutti, più o meno immediatamente, dai primitivi Acta o storia dei Sette Dormienti. Non così la menzione che di questi santi si fa nell'officiatura e negli inni che ad essi s'intitolano, ne' quali la relazione cogli antichi Acta è più lontana. Di questi luoghi più liturgici che storici, non mi occuperò (ad eccezione di due inni copti) di proposito, ma piuttosto m'intratterrò alquanto sopra una parte dei testi arabi, quelli cioè che più si avvicinano alle versioni siriache; ai testi arabi come dirò appresso, deriva importanza anche da ciò che il racconto etiopico nasce certamente da una antica recensione di essi. (') Leipzig, C. Reissner, 1883.

I. Testi copti. Il frammento copto-saidico, che qui segue, e che sembra essere finora sfuggito a coloro che sonosi occupati della leggenda, è tratto da un codice che si conserva nel Museo Borgiano e dal Zoega è descritto così (') « N . CLVI. Folia quinque paginae ? \ e - J U X . characteres classis VI. De VII Dormientibus. Nobiles pueri, Archelides, Diomedes, Eugenius, Probatius, Sabbadius, Stephanus, Ciriacus ( 2 ), tempore persecutionis sub Decio, in speluncam sese abdunt ibique obdormiunt ; postea imperante Theodosio, cum Ecclesiae Ephesi praeesset Marinus Episcopus, expergefiunt, elapsis annis C L X S X I I . Epistola Marini hac super re ad Theodosium imperatorem, qui ad eos videndos Ephesum proficiscitur ». Questo codice è al giorno d'oggi in istato peggiore che non fosse al tempo del Zoega; i numeri dello pagine (eccettuato il e il ?sH) non si vedono più, come anche alcune lettere più non si leggono, sebbene possano quasi sempre e con sicurezza essere restituite. Il frammento Borgiano, che verosimilmente forma appena la quarta parte dell'intera narrazione, comincia al punto che uno dei Sette Dormienti, Archelides o Achillide è preso come sospetto di aver trovato un tesoro, ma l'ordine del racconto è alquanto diverso da quello generalmente seguito nelle altre versioni, nelle quali nominatamente alla domanda di Achillide, se Decio fosse ancor vivo, seguono alcuni periodi che invece la precedono nel copto: quest'ultimo comincia così: ®) . . . .* « X P H J U I A i r t e g . A ? \ ? \ A *J-coovrf 6Y+

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(') Catalogus codic. copticor. etc. Roma 1 8 1 0 , pag. 241. (*) Nella versione copta (come anche nell'etiopica) la serie dei nomi è quella stessa che occorre in Teodosio De silu terrae semetae, in Land Anecd. I l i , 96-97 etc. cioè: Achillides, Diomedes, Eugenius, Stephanus, Probatius, Sabatius, Cyriaeus. Cfr. Koch, 85, 86, 116, etc. a) Ho conservato in generale l'interpunzione e l'ortografia del codice anche quando vi occorrono alcuni errori nella scrittura di parole greche, non rari del resto anco in buoni mss. p. es. E T E I ,

(ht) n A r t e Y n A T o u c , J i A . r t e H n . V T O c {m'Umam),

c n Y ^ A i o r t [aniftump) -, cf. r;.os?i.

Trascriz. di testi copti, 7. Nelle poche correzioni ortografiche che ho fatto, ho posto in nota la scrittura del ms. A più forte ragione è conservata la scrittura apparentemente inesatta di altre parole, p. e. J I A > S \ A A . l O r f (ntà.miov),

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a) Alquante parole sono state ripassate recentemente, ed in alcune di esse la prima scrittura o è affatto perduta, o non n e restano che piccole traccio. Queste sono specialmente le parole seg u e n t i : vs. 2° >«±»} J i S a « . i i o ) ) ; vs. 3" ] * » ) oOà. a ^ j ; i V s. 4° e 5°; vs. 6" \ Q j ) ; vs. 7" vs. 8° o S V f r m S ; vs. 9" » a c o s vs. 10° ]»UJ jLiNxt ; vs. 12° k v o l ^ a o i j o ; vs. 13° >sj ; vs. 17° W i N ^ N vs. 20° o u - f » ; vs. 25° , x l 3 o ; vs. 26° U.V. ) » » ) oo« ; vs. 27° fccoj&e; i o « « e ) y o o i o i . ; vs. 30° Dei punti diacritici ho messo solamente

oìsoio olo^; o o « qsojoo; vs. 29° " V i » quelli che si

vedono più o men chiaramente nel codice. Quant' all' interpunzione, quando si compie il senso (il che accade quasi sempre ogni due versi) ricorre per solito nel cod. un doppio punto, in caso contrario uno semplice; ho restituito questa interpunzione anco in quei pochi luoghi nei quali non si vede più, o clie sono stati malamente ritoccati da mano recente.

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II. Testo del codice vaticano siriaco 217. c) fol. 182,a.

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a) Porse è da supplire ) « . — b) La lettura di questa parola è incerta, ma dello quattro prime lettere fi distinguono ancora le tracce ; cf. Payne Smith Theiuur. 530. I l cod. 217 pone . m . - a S i , — c) I l cod. è in « sertà » e le non rare vocali che scrive sono quasi esclusivamente secondo il sistema orientale, mentre nei punti, diacritici segue il sistema occidentale scrivendo p. es. i due punti ^ nella 3" ps. fem. ecc.; talvolta poi è difficile determinare se il punto che sta più o meno precisamente sotto o o u sia il proprio segrlo della vocale o no. Nella stampa sono conservati (ad eccezione naturalmente delle vocali) tutti i punti diacritici, ecc. del ms. Sopra il titolo frovansi le parole seguenti: )• '*• L'interpunzione è simile a quella del codice 1 1 5 , ma invece di due punti viene posto un grosso punto rosso; anche qui ho corretto quest'interpunzione che non di rado è inesatta e nominatamente nei versi nei quali il codice mette il punto minore dove io, seguendo il senso e spesso concordemente all'altro codice 115, ho messo il punto maggiore. — il) ' S a - o o ? — e) A questi due versi 9 e 10, risponde nel cod. 115 il solo verso I^SkS olo^ ( j o j l ^ » „ « o l a Juuoo*. o*20Jo che il P. Benedetti traduce « auscultate mihi operarii et psallite laudem filli thalami ». I 1 ^ 3 sono a mio credere gli ègyàrm della vigna evangelica (Giacomo di Sarfìg dice altrove oii>. yofc—mj mentre la lezione del cod. 217 sembra una cattiva amplificazione del verso primitivo, ed il omette questi due versi.

vi è preso in altro significato. I l cod. 235

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a) In due sillabe. — b) Il cod. 235 )o»ii.) — el 11 ras. 115 " i A o — dj Forse originariamente u M C O ! ^ come nel cod. 115. — e) Ms. l ^ . ) ? . — f ) Ms. ¿ ù f f l j o . — g) Così il m< ; {"orse \Ool)? = \oL|j?, cf. Noldoke Syr. Gran. § 262, ma la lezione non sembra corretta, e probabilmente il verso non era in origine che una ripetizione del vs. 71 la cui lezione altresì è dubbia- — h) Ms. — i) Originariamente sembra che fosse scritto { j ^ o a . Nel margine stanno le seguenti parole in tarsùni ^ ' U , e (sic) ¿Ua-o^JI ¿ye senza indicazione precisa ove si riferiscano, ma forse ad un } che è in fine della linea. — k) Nella parte narrativa dell'officiatura nel cod. 235 (derivata tutta dall'omelia) sta: òt»a» e « a » e . — l) Ms.

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TdmaMiarensis

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Cala!.,

Wright,

(*) Z o t e u b c r g ,

Calai,

e t c . ed. T u l l b e r g , l i u >

e 33.

Wright,

Cai.

r.04.

lOCO. p. 1 8 7 . col. 1 .

("') I n un p u n t o q u e s t o c o d i c e di P a r i g i si d i s c o s t a n o t e v o l m e n t e

la a m b e d u e Io p r i n c i p a l i r e c e n -

sioni s i r i a c h e , a l l o r q u a n d o cioè i g i o v i n e t t i si r i t i r a n o a p r e g a r e m e n t r e l ' i m p e r a t o r e e l a t u r b a sacrifica a g l ' i d o l i ( K o c l i , 6 , lin. l i ) , dicco il t e n o r e dei codice p a r i g i n o : « E

con l a g r i m e 0 sospiri c con

g h i e r a i n n a n z i a D i o s u p p l i c a v a n o e m e n t r e nel t e m p o dei saciiiicii

l ' i m p e r a t o r e e la m o l t i t u d i n e c h e

t r a con lui s a c r i f i c a v a n o , quei s a n t i plicando e dicendo:

pre-

offrivano a Dio il sacrificio della confessione del loro c u o r e , s u p -

C r i s t o c h e p e r l a r e d o i z i o n i degli

uomini

scese 0 r i v e s t ì

corpo

dalla

Vergine

s a n t a . Dio d a Dio, l u m e da l u m e , c o n s u s t a n z i a l e a l P a d r e p e r cui m e z z o t u t t o , fu ciò c h e 6 in cielo e ciò c h e è in

terra;

poiché volontariamente

c o n o s c e n z a della v e r i t à , e per tuo m e z z o , T e e lo S p i r i t o V i v i f i c a n t e e S a n t o ;

r e n d e s t i lo s p i r i t o sul l e g n o della c r o c e , riduci t u t t i a l l a

0 S i g n o r e , i popoli

fiano

a d d o t t i a d a d o r a r e il T u o

T r i n i t à i m p e r s c r u t a b i l e ed i n c o m p r e n s i b i l e ;

Padre

tu, 0 Signore, per t u a

— 34 — Della parte pubblicata di queste versioni siriache ha tenuto ragione il K o c h nella ricostruzione degli A t t i primitivi, e sarebbe inutile darne qui la traduzione. Onde passo piuttosto a pubblicare e tradurre la parte inedita della seconda recensione cho è quella seguita, come ho detto, negli add. 1 2 , 1 6 0 e 1 4 , 6 5 0 del B r i t i s h Museum, ed inserita da Dionigi di T e l l m a h r è nella sua cronica conservataci, come è noto, dal solo codice sir. 1 6 2 della B i b l i o t e c a Vaticana ( ' ) . A mio giudizio questa recensione è più antica d e l l ' a l t r a , ed ha avuto maggior importanza nella letteratura s i r i a c a ;

poiché

assai

probabilmente Giovanni di Efeso la inserì per intiero nella sua Storia Ecclesiastica ove trovavasi il racconto, come sembra potersi dedurre da Elia Nisibeno ( 2 ). Perciò esso sta nella Cronica

di Dionigi

di T e l l m a h r è ; chè il trovarsi esso presso Dio-

nigi conferma che facesse parte della storia di Giovanni ( 3 ). Passato questo squarcio prima in uno, e poi da questo in altro autore, si produssero facilmente quelle varietà di lezione che occorrono presso Dionigi di T e l l m a h r è ,

e ne rendono il tosto

meno genuino e primitivo che non sia quello dei codici di Londra ("). Il

testo

che

io

seguo

è generalmente

con B , adducendo in nota tutte le varianti mahrense

(designato con D )

differenze d'ortografia.

eccettuate

Senonchè

quello del

doli'add. 1 2 , 1 6 0

codice

quelle di niuna

vaticano

che

designo

di Dionigi

Tell-

importanza e le semplici

il principio della narrazione mancando esso

nel

detto codice B , è dato secondo 1' addit. 1 4 , 6 5 0 ( 6 ).

volontà fosti sacrificio; anco ora, o Signore, perdona agli uomini redenti col tuo sangue preziosi, chè i loro corpi sono contaminati co'sacrifici degli idoli; distruggi o Signore, dalle tue creature l'errore, e concedi ai cristiani clic liberamente ti adorino e ti glorifichino. Così facendo i santi ogni giorno ecc.» Sono queste, come vcdesi, amplificazioni posteriori, con frasi tolte dal simbolo Niccno ecc. (') L a prima. metà incirca di questo

prezioso ins.

trovasi disgraziatamente in pessimo

ma per ciò clic riguarda il racconto dei Sette Dormienti, le

stato,

parole incerto o mancanti si restitui-

scono facilmente coll'aiuto dei due codici del B r . ]Ylus. poco sopra menzionati. (') C t Greqorii

Barhtibrai.ì

Chronic.

Eccles. ed. Abbeloos et Lamy T, 115, not. (Secondo un appunto

favoritomi da S. E . Mgr. Khayyàt, la citazione di E l i a nel B a r b e b r . non sarebbe esattissima. Questo luogo non è fra quelli pubblicati dal Bacthgvn). {') Dionigi di Tellmahrè ¡ibi. 122) dice che fino a Costantino la sua fonte è Eusebio, ma parlando della persecuzione di Decio egli h a tolto , a mio credere, da Giovanni Efesino ed inserito in quel punto la prima parte della narrazione della quale non trovava traccia presso E u s e b i o ; lo stesso conti sto di Dionigi (pag. 167,13) fa sospettare un'inserzione da diversa fonte. L ' a l t r a metà poi trovava naturalmente luogo sotto il regno di Teodosio giuuiore, dal quale fino a Giustiniano, Giovanni Et. è la fonte di Dionigi. Se anche presso Giovanni Ef. la narrazione fosse divisa in due parti, non si può congetturare ; dalla sua stessa testimonianza (ed. Cureton, '2) è noto che la sua storia cominciava da Giulio Cesare, ed inesattamente Assemanni

(fi. Or. I l , 83) ingannato dalle parole di Dionigi, dice

che essa storia si stendeva da Teodosio giuri, a Giustiniano. Ci Quanto a Earhebr. egli nella parte profana della sna storia, ricorda appena con poche parole la storia dei

Sette D o r m i e n t i ;

un poco più a lungo ne tiene

proposito nella seconda

parte

(ediz. cit. 141, seg.) ; senza dubbio egli si è valso dei medesimi testi cilc noi abbiamo, ma ha moltissimo abbreviato la narrazione. (') Anche di questo squarcio dtbbo la copia al W r i g h t . Questo testo è quasi identico a D.

— 35 — ¿tóvSLO rei,1= ^

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K'àvsaxl .morì» r ú i n u dns.i aasss.i * ocn rílisaii K'àuJÌaio ) ríAva^n ocn vs^Kta .cvcvcn ^vnxuàvsa rí'cvcn reíl'i ^ctca=i a) Da qui comincia il testo di L. —ee b) D oot. — CY7inii c) L ocn» v ^ K— b M) d) I) ^cv cnraln — .»_ocnia.i.0£) rdXilsi» ) ..^jsà.i _ » oo r ú o èva f) r c i a - o i ^ craic\ co rito co x-l^Baci .rii.-m "it1 jaOArí' ..>1. — f) Dora. — ij) D — li) D ). I . V — i) D mjoLo. — k) D ooi ij.fim». — /) D oi«°i iN o. — m) D )luo;. — n) D |joi I^-^-j?- — o} D senza il ?. — p) D ói*.iL. — q) D ^ A o , Land = L. — r) D " nn-iw — i) D agg. — t) D fO- — ÌI) D U u ^...aa .0. — v) D agg. )oot. — x) D I «i^vi Svio ^ . .. à .1 a i è) i«\ i . — y) D agg. uM. — z) D ot-ik. — aa) D ot» — bb) D agg. — oc) D Qi«°n\ . — del) Così D ; L ujo«; Land otJOot». — eej D

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p) D J _ » J O .

— q) D J ) - » ! , O . — r) D agg.

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/rc»aQj»ao D:i qui sino al termine del racconto, D in gran parte non è più leggibile. — n) D u a o ^ a o ) (Land = L). — 0) In D non si distingue se sia 0 — p) D ótoia.» (L;md = L). — q) D — r) D Jlaan.T*. — s) D — /) D aggiunge 0 0 . — v) D f~o. — 0) D o_aSQ.»J (Land — L). — x) D "^2». yOooac

15::,b.

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V tiJjLigJl Lol^ i K-iia . j^sr^vO ¿J^ lX^-jo ti—U ^J^Y!»

« Coll'aiuto e la buona protezione di Dio, cominciamo a scrivere il racconto di quei della caverna, e ciò che loro accadde per opera dell' imperatore infedele Deqjànos, nella città di Efeso. Sappiate o fedeli, che quando l'imperatore Deqjànos venne e stette nella città di Efeso e la dominò, prese a raunare i cristiani che erano nella città di Efeso e nei dintorni, perchè sacrificassero vittime agli idoli impuri ; ed ordinò che fossero demolite e distrutte le chiese dei Cristiani, e venissero essi uccisi, se non sacrificassero vittime agl'idoli. Quando i cristiani furono certi di ciò, si spaventarono grandemente e si nascosero nei monti e nelle caverne. L'imperatore prese a fabbricar tempi agl'idoli nel mezzo della città, e faceva venire innanzi la gente perchè li adorassero. La maggior parte della gente l'obbedirono e macchiavano i loro corpi col sangue delle vittime impure per essere riconosciuti ('); tutta la popolazione della città si riuniva a questo culto degli idoli, ed il fumo delle loro vittime ricopriva la faccia del sole; la città putiva per gli odori delle sue vittime; adoravano gl'idoli in luogo di Dio, ed i cristiani e costanti nella fede temevano grandemente. Quando fu il terzo giorno l'empio imperatore comandò di condurre quanti cristiani erano nella città, onde i l servi di lui cominciarono ad entrare nelle caverne (?) e nelle case, e li cac-

(') Io non saprei dire se in queste parole s'abbia a riconoscere una t a r J a ed incerta allusione a quelli apostati o lapsi della persecuzione di Decio Traiano, chiamati più specialmente Ubellaticii perchè .compravano un lìbdlus che attestava della loro obbedienza all'imperatore, come se avessero sacrificato agli idoli.

— 53 — ciavano fuori conducendoli all'imperatore. Chi non avea forza da sopportare le pene, rinnegava Cristo Signore ed adorava gl'idoli, e chi sosteneva le pene ed era saldo nella propria fede, era crocifisso (?) ed ucciso, ed il suo corpo gittato fuori della città. 11 sangue dei fedeli scorreva per le piazze; ed il maledetto imperatore comandò che i corpi degli uccisi fossero eretti sopra le mura; e gli uccelli del cielo mangiavano i corpi dei santi. I cristiani furono presi da grande tristezza, e le mura stavano per cadere per il peso dei corpi dei santi, ed i cani erano tenuti lungi (?) dai corpi dei santi; i cristiani innalzavano le mani al cielo verso Cristo Signore, perchè li salvasse da quell'infedele, ed in quel tempo il padre rinnegava il figlio, ed il fratello il fratello. Eranvi in questa città setto giovani robusti e freschi; questi sette giovani erano tutti pieni di fede e d'amore per Cristo Signore, ed erano ai servigi dell'imperatore, e stavano apparecchiati alle pene. Essi erano fra i figli dei magnati della città, e per i grandi tormenti in che giaceva la gente ogni giorno, essi piangevano assai e si attristavano continuamente, tanto che ne smagrirono le carni, e la loro carnagione si guastò. Passavano in preghiere la notte e il giorno, supplicando Iddio perchè salvasse il mondo dall'imperatore infedele, e quando l'imperatore comandava alle genti di venire a sacrificar vittime agl'idoli, que' sette giovani non si lasciavano più vedere con loro. Qualcuno degli ufficiali si presentò all'imperatore e gli disse : costoro si tengono lontani dall'adorare gì' idoli, e sono nascostamente cristiani, e queste cose essi fanno sotto il tuo potere. Disse l'imperatore; chi sono coloro di cui tu narri ? Disse : i sette giovinetti che stanno ai tuoi servigi. L'imperatore si adirò forte, e comandò che venissero alla sua presenza, e quando furon presenti entrarono a lui, scorrendo dagli occhi loro le lacrime, e colle teste basse che avevano voltolate nella terra al cospetto di Dio, perchè li aiutasse. Quindi disse loro l'imperatore Deqjànòs: perchè non avete adorato gl'idoli e sacrificato loro vittime ? Poiché tutta la gente è venuta e li ha adorati : andate ora voi, e ad essi sacrificate vittime. Gli rispose Giamblico il quale era il minore di essi, e gli disse: noi abbiamo un Dio del quale è tutto ciò che sta nel cielo e in terra lui adoriamo e veneriamo, a lui sacrifichiamo; ma quanto ai tuoi Dei, noi non macchiamo la purezza dei nostri corpi colla loro impurità . . .

Passando ora alla letteratura arabo-musulmana, io credo che debbansi in essa distinguere due classi di testi relativi alla leggenda dei Sette Dormienti; la prima è di quelli che, come il Corano, hanno notevolmente alterato la primitiva versione, la seconda di quelli che derivando più immediatamente che non i primi da qualche testo cristiano, sono, per cosi dire, una narrazione cristiana in veste musulmana ('). E sebbene,, com'è naturale, il Corano abhia influito su parecchi luoghi di questi testi, codeste che chiamerei interpolazioni, si riconoscono subito in mezzo al resto del racconto. Della prima classe ha parlato a lungo ed eruditamente il Koch nel paragrafo V, e quantunque potrebbero farvisi delle aggiunte, tuttavia io non m'intratterrò che sulla seconda classe, e spero che ciò possa anche mostrare la ragionevolezza e

(') Stranamente alterata è la leggenda in un i - M ^ i J l

JÌOJ^».

contenuto

nel cod. 7 8 7

della I . B i b l i o t e c a di V i e n n a ; cf. il catalogo del F l u g e l I I , 2 3 .

8

— 54 — l'importanza di questa distinzione che sopra ho fatta delle due specie di testi. La versione adunque che non saprei se dover chiamare cristiana o musulmana, accennata appena in B a i d a w i (') vien data assai brevemente in T a b a r ì ( a ) che ne riporta V isndd

ad I k r i m a

Ma il testo di gran Ishàq

(m. 105 o 106) e meglio da Z a m a k s a r ì lunga

( 3 ) e da altri (*).

più importante è quello attribuito a M u h a m m a d

e riportato da T a ' l a b ì ( 5 ) e da D a m i r ì ( e ).

b.

Pertanto ho stimato utile

di dare qui appresso una traduzione di questo racconto, che è di non lieve peso per la storia letteraria della leggenda; fra i due testi, quello di T a ' l a b ì e quello di D a m ì r ì , corrono piccole differenze, delle quali ho brevemente tenuto proposito in nota, solo quando presentano una qualche importanza. Del resto, mancando tuttora edizioni critiche sì di T a ' l a b ì che di D a m ì r ì , non si può dire se le differenze cui ho accennato, siano reali o apparenti, cioè dovute solamente all'imperfezione del manoscritto seguito nell'edizione ( 7 ). La relazione che passa fra questo testo arabo attribuito a M u l i . b. I s h a q ed il siriaco a me pare assai stretta; anzi, avuto riguardo alle inevitabili alterazioni che doveva subire un simile racconto d'indole popolare, nel suo passaggio dalla letteratura siriaca, nell'arabo-musulmana, io non sarei alieno dall'affermare che il testo di I b n I s h a q deriva poco men che direttamente dal testo siriaco f ) Ed. F l e t c h e r , I , 5 5 9 . ( ' ) I , 7 8 1 . Malamente i l Koch, a pag. 129 e parla di T a b a r ì

e di M u h a m m a d

b.

Garir

come di due persone diverse. (') Kctsiàf,

ed. eg. I , 4 6 9 , 1. 33.

Ecco la haduzione di questo tratto « . . .

prima che Iddio

li risuscitasse regnò nella loro città un uom pio e credente, mentre il popolo del suo regno era, in riguardo della risurrezione diviso in due parti, chi la Zamaksari:

credeva e chi la negava.

{Poco sopra dice

alcuni affermavano risorgere le anime senza i corpi, ed altri risorgere i corpi colle

anime). Onde l'imperatore entrò nella sua casa, e chiusane la porta, si vestì di cilicio, giacque nella cenere, e pregò il suo Signore di manifestargli la verità. Allora Iddio ispirò ad uno dei loro pastori di (femoliie ciò con che era stata chiusa la bocca della caverna, per farne Quando entrò nella città quegli che i setta

dormienti

un ovile al suo gregge.

avevan mandato per comprar cibo ,

e trasse

fuori la moneta che era del conio di D e q j à n ò s , lo ebbero in sospetto che avesse trovato un tesoro, e lo condussero all'imperatore al quale narrò la sua storia, onde l'imperatore e il popolo della città andarono con lui e li videro (t sette dormienti),

e lodarono Iddio del prodigio che dimostrava la risur-

rezione. I giovinetti dissero quindi a l l ' i m p e r a t o r e : che Iddio ti custodisca e guardi dal male [che farri)

degli spiriti maligni

possa

e degli uomini. P o i tornarono ai loro giacigli e Dio raccolse i loro spiriti ;

l'imperatore giltò lor sopra le sue vesti, ed ordinò di porre a ciascuno u:ia cassa di oro, ma vi deli in sogno che non amavano l ' o r o , onde le fece (le casse)

di ebano, e sopra la caverna costruì una moschea.

i'j L a citazione di Sale (Koch, 135) si riferisce, come io credo al noto lafòir ha nulla che fare con G e l a i a d - D i n f ) 'Aràis

al-mayàlis,

ai-Gè'àlein.

e non

ar-Eurnì.

ed. egiz. 3 6 9 , 1. 8, seg. Àbù Ishàq Ahmad b- Muh. a t - T a c i a b i

nel 427. Probabilmente questo testo trovasi altresì nel libro .congenere di A l - K i s à l .

morì

ma io non

ho potuto constatarlo, perchè l'esemplare della Bibliotecii Vaticana ò incompleto. (a)

Uayàt

al-haiivdn,

ed. egiz. I l i , 395, seg.; come anno della morte di D a m i r i si assegna ge-

neralmente-1'808. Questo squarcio di D a m i r i è stato stampato altresì nella nota Crestomazia pubblicata dai P P . Gesuiti in B e i r u t ; Magarli v i a t a , e che forse è quella dell' edizione Aerzte

al-adab, minore

I I , 236, seg., m a in una recensione assai abbredell'opera di D a m i r i (Wttstenfeld, Gesch.

d.

Ar.

ecc. n.«265) o possibilmente anche dell'altro compendio men noto generalmente, e intitolato

fidivi al-hisàn etc. (Loth, Catal. Ind. 0(f., n° 1004). ( r ) Le poche parole che reea 9 à g i

K h a l i f a ( I V , 195) delle 'Ardii,

sebbene non lascino dub-

bio sull'identità dell'opera, non corrispondono tuttavia perfettamente al testo stampato.

— 55 — che noi abbiamo, e nominatamente dalla recensione seguita in Dion. di Tellm., ecc. Ecco pertanto la traduzione: Dice jMuliammad b. I s h a q :

i seguaci del vangelo erano pervertiti; molti pec-

cati e grandi delitti si commettevano da essi ed i loro re erano empii per modo che adoravano gl'idoli e agl'idoli sacrificavano. E r a t u t t a v i a rimasta della brava gente che seguivano la religione di Gesù figlio di Maria (su a m b e d u e sia pace), e stavano saldi nell'adorare Iddio altissimo e professarne la unità. E r a quelli dei loro re che adoperarono come si è detto, era vi un r e dei R u m per nome D e q j à n S s , che adorava g l ' i d o l i e a g l ' i d o l i sacrificava, uccidendo chi contrariamente a l u i sentiva dei seguaci della religione di Cristo; veniva a stare nelle città dei R u m ed in nessuna delle città ove veniva, lasciava alcuno che professasse la fede di Cristo, che non l'uccidesse;

finche

venne alla città di quei della Caverna, che è Efeso. E quando vi s t e t t e ,

f u ciò

grave cosa per i f e d e l i , onde si nascondevano da lui

e fuggivano ad ogni parte:

D e q j à n ó s avea comandato, entrando nella città, che si ricercassero i fedeli ne' luoghi ove erano, e fossero t u t t i r i u n i t i presso lui. F o r m ò a se una guardia composta degli infedeli del popolo di essa città,

i quali presero a ricercare i cristiani nei luoghi

ove erano, e li traevano f u o r i conducendoli a DeqjanSs ; questi li portava al tempio nel quale sacrificava agl'idoli, e facea loro scegliere fra l'essere uccisi e l'idolatria ed il sacrificare agli idoli. Alcuni preferivano rimanere in vita, mentre altri ricusavano di adorare se non Iddio glorioso, onde venivano uccisi. Quando

ciò

videro

quelli che erano costanti nella fede ( ' ) , cominciarono a consegnare se medesimi ai supplizi ed alla uccisione, onde venivano uccisi, e poi t a g l i a t i ;

e ciò che veniva

tagliato dei loro corpi era appeso sulle m u r a della città da t u t t i i lati e sopra t u t t e le sue porte, per modo che la tentazione (la calamità)

(tutt'intorno) f u grande per

i f e d e l i ; onde furonvi alcuni che confessarono l'idolatria, e quindi furono lasciati in libertà; altri stettero saldi nella fede, onde vennero uccisi. Vedendo ciò i giovinetti (i Sette Dormienti)

si attristarono fortemente, pregarono e digiunarono c stavano s e m -

p r e recitando laudi e benedizioni e p r e g h i e r e ; essi erano fra i nobili dei R u m ed in numero di otto e piansero e supplicarono, e presero a dire (') : il Signor nostro è il Signor del cielo e della terra, nè invocheremo alcun altro Iddio fuori di lui, altrimenti diremmo una grande menzogna. 0 Signore ! togli dai tuoi servi credenti questa tribolazione, tieni lontana la calamità, e fa grazia a' tuoi servi che in te credono perchè mostrino che te adorano. Mentre erano in ciò, li sorpresero le guardie, che erano entrati in un loro oratorio, e li trovarono adoranti sulla loro faccia, e che piangevano e supplicavano Iddio a l t i s s i m o , pregandolo di salvarli da D e q j à n ó s e dalla tribolazione (itentazione)

da lui suscitata. Quando quelli infedeli li

v i d e r o , dissero loro : qual

cosa vi ha r i t r a t t i dall' obbedire il comando d e l l ' i m p e r a t o r e ? andatene a l u i !

Quindi

uscirono di loro casa, e ne r i p o s a r o n o l'affare a D e q j à n ó s dicendogli : noi t u t t i ci rauniamo per adorare

gl'idoli,

e quei giovinetti che pure appartengono alla tua casa,

si ridono di te e ti sono ribelli. Quando l'imperatore udì ciò, li fece condurre, m e n t r e le lacrime scorrevano dai loro occhi e le facce aveano voltolate nella polvere. Disse (') D a m ì r ì « Quando gli abitanti di questo paese preferirono la costanza nella fede ecc. ». (') Cor. 18,13.

— 56 — loro l'imperatore:

qual cosa vi ha impedito di assistere al sacrificio degli Iddii che

noi adoriamo sulla terra, e di comportarvi come gli altri hanno fatto ? scegliete adunq u e : o di sacrificare ai nostri Dei come fa la gente, o che io vi uccida ('). Maksalminà, che era il maggiore di loro :

noi abbiamo

Disse

un Dio la cui grandezza

empie il ciclo e la terra, nè invocheremo mai alcun altro Dio in sua vece, nè mai confesseremo ciò a che tu c'inviti : ma noi adoriamo Dio Signor nostro cui si conviene lode e onore e glorificazione puramente dalle nostre anime in perpetuo ; lui adoriamo e da lui imploriamo salvazione e bene ; ma quanto agi' idoli noi non li adoreremo mai, e tu fa pure di noi quello che ti piace.

Allora i compagni di Maksalminà

dissergli

cose simili a quelle dette da lui. E quando gli dissero ciò, comandò che fossero loro tolte le vesti proprie dei magnati, di che erano rivestiti; quindi disse loro: voi avete fatto quel che avete fatto, ma tuttavia io vi darò tempo, e vi aspetterò prima di compire le minacce di pena che vi ho fatte ; nè mi distoglie altro che io m ' affretti a ciò farvi, se non che veggo che siete giovani di tenera età, nè vo' farvi perire prima di avervi posto un termine, nel quale possiate prendere insieme consiglio e tornare a riflettere. Comandò quindi che fossero tolti gli ornamenti di j)ro e di argento che avevano, e così fu fatto; poi comandò che si facessero uscire dal suo cospetto. Andò Deqjànós per un

suo affare ad un' altra città, diversa da quella ov' erano e vicina

a loro. Quando videro i giovinetti che Deqjànós era uscito dalla loro città, antivennero il suo ritorno, temendo che ove fosse venuto alla loro c i t t à , si ricordasse di loro. Onde presero consiglio fra loro, che ciascuno togliesse del danaro della casa paterna, ne facesser limosina con parte di esso, e col rimanente fornitisi di provvigioni, andassero ad una caverna vicina alla città in un monte chiamato Naglùs ( ' ) ; ivi dimorerebbero ed adorerebbero Iddio altissimo, finche tornato Deqjànós, sarebbero andati al suo cospetto, perchè di loro facesse ciò che voleva. Poi che si ebber detto ciò a vicenda, ciascuno andò alla casa paterna, e presa una somma, ne diede per limosina ; poi andarono col denaro rimasto loro, e li seguì un lor cane ( 3 ), finché giunsero a quella caverna che era nel monte e colà dimorarono. Dice Ibn 'Abbas fuggirono da Deqjànós di notte ed essi erano sette; passarono accanto ad un pastore, che aveva un cane, ed era di loro religione. Dice Ka'b ("): passarono accanto ad un cane c h e l i seguì, e che discacciato da essi, abbaiava loro. Ciò fecero parecchie volte, finché il cane disse loro: che volete da m e ? non temete che io vi faccia male, poiché io amo gli amici di Dio ; ed addormitevi, affinchè io vi faccia la guardia. — Torniamo alla tradizione di Ibn Isliàq. — E restarono in quella caverna vicino alla c i t t à , non d'altro occupati che di fare orazioni, digiuni e laudi; e consegnarono il denaro ad uno di loro per nome Giamblico ( a ), il quale dalla città comprava loro nascostamente il cibo, ed era de'più robusti e belli di loro. Ciò faceva Giamblico, e quando entrava nella città, deponeva

(') Invece delle parole

«scegliete

adunque e c c . »

T a ' 1 a b i dice:

« Q u i n d i fu loro data

la

scelta o di sacrificare come avean fatto gli altri, o che l'imperatore li uccidesse». ( ' ) D a m i r i ^ ^ X s à - o e cosi appresso. (') T a ' l a b i

« i l cane di uno di loro ».

(') L a tradizione di Ka'b a l - a h b à r ,

precede in D a r n i r i quella di I . A b b à s .

Questa parte

relativa al cane appartiene propriamente all'altra classe di testi, a quelli cioè strettamente musulmani. (s) D a m i l i

aggiunge

« c h e avea la cura del loro c i b o » .

— 57 — le vesti belle che avea sulla persona, e prendeva vesti come quelle dei mendici colle quali van chiedendo il cibo; prendeva quindi la moneta, e, venuto nella città, comprava da bere e da mangiare, e porgeva orecchio e spiava le notizie per loro, se venissero in alcun modo menzionati; tornava poi presso i suoi compagni. Stettero così alquanto tempo e poi venne Deqjànos alla città e comandò ai magnati che sacrificassero agli idoli, onde i fedeli si spaventarono. Giamblico era in città comprando il cibo e tornò ai compagni piangendo e recando con se poco cibo e diè loro notizia che Deqjànós era entrato in città e che di loro erasi fatta menzione ed erano ricercati insieme coi magnati della città per sacrificare agl'idoli. Quando li ebbe informati di ciò temettero e caddero proni adorando ed invocando Iddio altissimo, supplicandolo ed in lui cercando rifugio dalla tribolazione. Quindi Giamblico disse loro : o miei fratelli alzate la testa e cibatevi, e confidate nel Signore: ed alzarono le teste e dagli occhi scorrevano le lacrime per la tristezza e il timore che aveano in riguardo di se medesimi; gustarono del cibo, e ciò fu vicino al tramontare del sole, quindi sederono favellando insieme e leggendo uno all'altro i libri santi e ammonendosi a vicenda. Mentre erano così, Iddio colpì le loro orecchie (per modo che non sentissero più nulla), ed il loro cane stava colle zampe anteriori stese sulla soglia, alla bocca della caverna, accadendo ad esso quello che accadde ai giovinetti ('), ed eran veri fedeli, e il danaro era posto presso le loro teste. Quando fu il mattino, Deqjànós li cercò e ricercò, ma non li ebbe trovati, onde disse a qualcuno dei suoi: mi duole di codesti giovinetti che sono andati via; essi stimarono che io fossi adirato contro di loro, perchè hanno misconosciuto il mio comando ; ma io non sono adirato contro a loro, se si pentano ed adorino i miei Iddii. Dissergli i grandi della città: non si conviene a te di aver misericordia di gente inobediente e ribelle, che persistono nella loro iniquità e ribellione; tu loro hai assegnato un termine; che se avessero voluto, sarebbero tornati dentro questo termine., senonchè essi non si sono pentiti. Quando gli ebbero detto ciò, si adirò fortemente ; mandò quindi ai loro genitori, e li interrogò in loro riguardo dicendo: informatemi dei vostri figliuoli ribelli che si sono ribellati a me ! Gli risposero : ma noi non ci siamo ribellati a t e , e perchè vuoi uccidere noi in cambio di coloro che ti si son ribellati ? Essi hanno sentito contrariamente a noi, hanno portato via il nostro denaro e l'hanno sperperato per le piazze della città, poi sono andati al monte che chiamasi Naglus. Quando gli dissero ciò, li rilasciò liberi, nè sapeva che fare ai giovinetti, quando Iddio gì' ispirò di comandare che fosse loro ostruita la caverna. Volle Iddio altissimo onorarli e porli a portento ad un popolo avvenire, e mostrar loro che la risurrezione avrà luogo senza dubbio veruno, e che Iddio risusciterà chi giace nei sepolcri. Comandò Deqjànos ( ! ) che fosse loro ostruita la caverna dicendo: lasciateli stare nella caverna, che muoiano di fame e di sete, e la caverna che si scelsero sia il lor sepolcro. Reputava che fossero desti ed avessero notizia di ciò che loro faceva, ma Iddio ne aveva raccolti gli spiriti, morendo essi della morte del sonno, mentre il cane stava colle zampe anteriori distese sulla soglia, alla bocca della caverna, essendogli intervenuto ciò

(') Cf. Coran. X V I I I , 10 etc. ( ; ) Nell'ediz. egiz. di D a m i r i qui evidentemente è stata omessa qualche parola.

— 58 — che ai giovinetti era intervenuto, od erano rivoltati a destra ed a sinistra ('). Quindi due fedeli ohe stavano nella casa dell' imperatore DeqjànSs, tenendo celata la loro fede, per nome Tandrtìs l'uno, e Iiùbas l'altro (*), presero consiglio di scrivere intorno a quei giovinetti, la loro prosapia , i nomi e la storia, in una tavola di piombo, e porla in una cassettina di bronzo, e quindi mettere la cassettina nella costruzione; deliberarono così dicendo: forse Iddio prima del giorno della risurrezione farà conoscere l'esistenza di quei giovinetti a un popolo fedele, e ohi avrà tal grazia da Dio, saprà la loro storia quando leggerà questa tavola (3) ; così fecero e la murarono dentro. Sopravisse Deqjanòs alquanto tempo, poi morì e morirono i suoi contemporanei e molte altre generazioni dopo a lui e si successero imperatori ad imperatori ('). Poscia regnò sulla popolazione di quel paese un uom pio per nome Teodosio, e poi che regnò, stette regnando 88 anni. Nel suo regno la gente si divise in yarii partiti; alcuni credevano in Dio e sapevan bene che la risurrezione è una verità; altri la negavano, e ciò riuscì grave al pio imperatore. Il quale ne volgeva lamenti verso Dio, e lo supplicava e si attristava grandemente, vedendo che i seguaci della falsità eran più numerosi e vincevano i seguaci del vero ; dicendo che non havvi altra vita se non quella di questo mondo, e solo gli spiriti vengono risuscitati e non i corpi, che il corpo è consumato dalla terra ; e dimenticavano ciò che sta nella Scrittura. L'imperatore Teodosio mandava a coloro di cui avea buona opinione, credendoli antesignani della verità, mentre essi negavano la risurrezione, tanto che per poco non sedussero il popolo dalla verità e dalla religione degli Apostoli. Quando il pio imperatore vide ciò, entrò nella sua stanza, e chiusane la porta, si vestì di cilicio, pose sotto se la polvere sulla quale sedette, e giorno e notte continuamente supplicava Iddio altissimo, piangendo nel vedere in qual condizione era il popolo, e dicendo : o Signore ! tu vedi il dissentire di costoro ; manda un miracolo che loro mostri la verità. Allora Iddio misericordioso e clemente, il quale non vuole la perdizione dei suoi servi, si compiacque mostrar loro i giovinetti della caverna, e far nota alla gente la loro storia e condizione, per porli loro a portento ed argomento ; perchè conoscessero che la risurrezione avrà luogo senza dubbio veruno ; inoltre per esaudire il pio suo servo Teodosio e colmare i suoi benefici ver.-o di lui, nè toglier da lui il regno e la fede che gli avea dato, perchè non adorasse se non Iddio, e niun altro insiem con lui, e per riunire i fedeli che si erano sbandati ('). Ispirò Iddio ad un uomo del monte nel quale trovavasi la caverna, e quest' uomo chiamavasi Auljàs ("), di distruggere quella costruzione che era sulla bocca della caverna, e con essa costruire un ovile al suo gregge ; onde prezzolò due operai i quali cominciarono a togliere di quelle pietre, e

(') Cor. XVIII, 17. (") In D a m i r i : Mandrùs e D u m a s : nel ms. del Br. Mus. 7209, AntodOrOs e ArabOs;

questi

nomi sono certamente corruzione di un solo prototipo, cf. Koch, 118. (3) D a m i r i

«scrittura».

(') D a m i r i inserisce qui uno squarcio che appartiene alla classe dei testi strettamente

mu-

sulmani, e riprende poi la versione cristiano-musulmana a pag. 399, 1. 12. (*) In quest'ultimo t r a t t o la lezione dell'originale non sembra del tutto corretta. (') Questo nome manca in D a m i r i ;

esso, specialmente per lo scambio facile nella scrittura

araba di v e d} si riconosce facilmente per corruzione di Adolis.

— 59 — costruire con esse quell' ovile, finché sbarazzarono ciò che era sulla bocca della caverna ed aprirono loro (ai giovinetti) Sette

Dormienti)

la bocca della caverna; ma Iddio li tenne (t

con terrore lontani dalla gente, e dicesi che il più coraggioso di

quelli che volevano vederli, entrava dalla porta della caverna e procedeva insino a che vedeva il loro cane dormente sotto e s s i , poiché furon tolte le pietre

verso la porta della caverna ( ' ) .

E

e fu loro aperta la porta della caverna, Iddio altis-

simo, potente, magnifico, dominatore e risuscitatore dei m o r t i , sero nell' interno della caverna ; e siederono lieti

co' volti

permise che sedes-

ilari e gli animi

con-

t e n t i , e si salutarono a vicenda come se fossersi destati n e l l ' o r a qualunque, nella quale si destavano al mat'ino della notte che avevano passata. Sorsero alla preghiera, e pregarono

come

solevan fare, non ¡scorgendosi n e ' l o r o volti, nella carnagione o

nel colorito, alcun che di spiacevole ; stavano nella forma che si erano addormentati, stimando che l'imperatore D e q j a n o s li ricercasse. Poiché compirono la loro preghiera dissero a Giamblico lor tesoriere: narraci ciò che s u l nostro conto diceva la gente ier sera presso

codesto tiranno; stimavano di aver dormito quanto avean

qualunque altra volta , ma pure

dormito

immaginavano di aver dormito il più lungamente

che solevano, nella notte al cui mattino erano allora; o si interrogarono a vicenda dicendo : quanto tempo

siete

stati ?

dissero : siamo stati un giorno o parte di un

giorno, e soggiunsero : Iddio conosce bene quanto tempo siete rimasti ( ' ) ; e tutto ciò era piano per loro. Disse

Q i a m b l i c o : voi siete stali

per sacrificare agli idoli, ed egli (/' imperatore) fichiate

cercati e ricercati nella città

vuol condurvi oggi, affinchè o sacri-

agli idoli o veniate uccisi ; dissero : Iddio farà dopo c i ò , quello elio vuole.

Disse Maksalmìnà : o miei fratelli, sappiate che voi vi troverete al cospetto di Dio, ondo non rinnegate la fede dopo che avete creduto, quando domani vi chiamerà. Poi dissero ( 3 ) a G i a m b l i c o :

va alla città e porgi orecchi a ciò che in essa si dice di

noi (") adopera accortamente e che nessuno si avvegga di t e ;

compraci del cibo e

portaci più del cibo che ci recasti ier sera, poiché era poco e stamane abbiam fame. Pece Giamblico come soleva; depose le sue vesti, e indossò quelle colle quali si t r a vestiva ; quindi prese della moneta dal denaro che era appo loro, coniato coll'impronta di D e q j a n o s , e le monete Andò fuori Giamblico,

erano granili

quanto un'unghia di un cammelo

dalla bocca della caverna e se ne maravigliò; finché

giunse

alla

piccolo.

e quando passò la porta della caverna, vide le pietre tolte

porta della

città

passò quindi senza farvi

c e r t a m e n t e e lontano

attenzione,

dalla via battuta,

per

timore che alcuno della citta lo vedesse, e riconosciutolo, lo conducesse al tiranno Deqjanos ; ei non

sapeva del pio servo di

Dio

Teodosio

e che Deqjanos ( ' )

e la

sua generazione erano morti 3 0 0 anni innanzi. Quando Giamblico vede la porla della città, alzò lo sguardo e sulla porta scorse un segno proprio ai fedeli, e quando lo vide si meravigliò, e cominciò a guardarlo di nascosto, mirando a destra ed a sinistra,

(') Aggiunte dovute all' influenza del Corano X V I I I , 17, cf. Koch, 103. («} Coran. X V I J I , 18. (') In D a m i r i « d i s s e » ; cioè Massimiliano. (') D a m i r i aggiunge « e d in qual maniera presso DeqjànSs si fa di noi menzione ». (') T a ' l a b i « i l pio servo (Giamblico) non sapeva che Deqjanos e c c . »



nè vide alcuno di quelli ohe conosceva.

60



Quindi lasciò questa p o r t a , e si volse ad

u n ' altra delle porte della c i t t a , guardò e vide la stessa cosa, immaginarsi che la città non fosse quella

onde cominciò

che egli conosceva ; vide molta

ad

gente

nuova che p r i m a non aveva conosciuta; onde camminava e si meravigliava di loro e di se medesimo pensando di essere divenuto stupido. Tornò alla porta dalla quale era venuto, meravigliandosi in sè stesso e dicendo : vorrei p u r sapere come è che ier sera i fedeli nascondevano e tenevano celato questo segno, ed oggi esso è palese ! forse 10 sogno ! se non che vide che non dormiva. P r e s e le vesti e le pose sulla testa, quindi entrò nella città

e cominciò a camminare n e l mercato e sentiva molta gente che

giuravano nel nome di Gesù figlio di Maria, onde ciò gli accrebbe meraviglia e dubitò di esser f u o r i di se; e stette appoggiando le spalle ad uno dei m u r i della città, dicendo fra se : affé ! io non so che cosa è questa ! iersera nessuno eravi sulla t e r r a che menzionasse Gesù, il quale non fosse ucciso, e questa mane sento che t u t t i lo menzionano senza temere. Disse quindi f r a se : forse questa non è la città che io conosco; io odo 11 parlare proprio

degli abitanti di essa, ma non conosco alcuno di loro, e per mia fede

10 non so di alcun' a l t r a città vicina a questa nostra ; e stette siccome istupidito, non andando verso nessuna parte. Incontrò quindi un fanciullo della città e gli d i s s e : come chiamasi questa città, o fanciullo? risposegli : E f e s o ; onde disse Giamblico

fra s e :

forse io sono impazzito, o qualcosa m i ha tolto l'intelletto ; m a mi si conviene uscire da essa città

prima che m'incolga alcun male, onde io abbia a perire — ciò riferì

Giamblico ai suoi compagni quando gli fu chiara la loro condizione. Poi si riebbe e disse : se m'affrettassi ad uscire della città prima che si avvedessero di me, sarebbe pensiero più accorto.

Si avvicinò quindi a coloro che vendevano il cibo,

e

t r a t t a fuori la moneta che avea, la diede ad uno di loro dicendogli: ehi! q u e l l ' u o m o ! vendimi del cibo in cambio di questa m o n e t a !

La prese

quell'uomo,

e rimirò il

conio della moneta e la figura e si meravigliò ; la passò quindi ad un suo compagno che la rimirò, e poi se la passarono fra loro, uno all'altro meravigliandosi ; quindi cominciarono a p r e n d e r consiglio fra loro e dire : quest'uomo ha trovato un tesoro nascosto sotto terra da molto tempo. Quando Giamblico li vide consigliarsi fra loro per sua cagione, t e m e t t e fortemente e si attristò assai, e cominciò a tremare, credendo che si fossero accorti di l u i e l ' a v e s s e r o riconosciuto, nè volessero altro, se non condurlo a l l ' i m p e r a t o r e loro D e q j à n ò s . Altri sopravvenivano e lo scrutavano per conoscerlo

ed egli disse loro, t u t t o pieno di t i m o r e : andate l u n g i ! or avete preso

11 mio denaro e lo tenete ('), nè io ho bisogno del vostro cibo. Dissergli : o giovinetto, chi sei tu e qual condizione è la tua ? affé che t u hai trovato u n tesoro di quelli degli a n t i c h i ,

e vuoi nasconderlo a n o i ; vieni con noi e mostraci il luogo

ov'è e fanne partecipi, e ti r i m a r r à secreto ciò che tu hai trovato; che se noi farai ti meneremo al principe, ti consegneremo a lui, ed egli ti ucciderà. Quando udì il loro parlare si meravigliò fra se e disse : sono caduto in t u t t o ciò di cui io stava in guardia ! ('). Quindi dissero : affé giovinetto, t u non puoi nascondere ciò che hai t r o vato, e non credere che noi te lo t e r r e m o celato. E g l i restò confuso e non sapeva che

('} D a m ì r ì « d a t e m i ciò di cui abbisogno, poiché avete preso il denaro, e se no, tenete pure ecc. » 0

Cf. sopra pag. 47,24, il periodo del quale questo sembra corruzione.



61



dir loro e replicare, onde temette e non rispose loro nulla. Quando lo videro che non parlava, presero la sua veste, gliela attorcigliarono al collo, e si posero a tirarlo per le vie della città, legato, finché fu udito di lui da tutti gli abitanti e si disse : è stato preso un uomo che tiene presso se un tesoro. Si radunò attorno a lui la popolazione della città, grandi e piccoli, e cominciarono a rimirarlo e dire : affé codesto giovinetto non è degli abitanti di questa città ; non ve l'abbiamo mai veduto, e non lo conosciamo ; né Griamblico sapeva che dir loro, udendo ciò che da loro udiva. Quando la moltitudine della città si radunò attorno a lui, temette e non parlava, che se avesse detto ohe era di quella città, non sarebbe stato creduto ; egli poi teneva per certissimo che il padre ed i fratelli erano nella città, e che egli era riguardevole, in modo da contarsi fra i grandi di essa, e sarebbero i parenti venuti, quando avessero udito la cosa ; sapeva di certo che la sera innanzi conosceva molti degli abitanti, mentre oggi non conosceva nessuno. Stava così come stupido, aspettando che alcuno di sua famiglia, il padre o qualcuno dei fratelli venisse a salvarlo dalle loro mani, quando lo tolsero e portarono ai due capi e governatori della città, i quali ne governavano gli affari, ed erano due uomini pii, l'uno per nome Ermus e l'altro Estafùs. (') Quando lo portarono presso a loro due, credette Griamblico che lo menassero all'empio DeqjànSs imperatore, dal quale erano fuggiti, e prese a volgersi a destra e a sinistra, mentre la gente lo deridevano come si deride un matto ed uno stupido. Griamblico cominciò a piangere, quindi alzò la testa al cielo dicendo : 0 Dio ! Dio del cielo e della terra, infondimi oggi pazienza, e fa entrare insiem con me un spirito, che venga da te ('), col quale tu mi fortifichi presso quel tiranno, e piangeva e diceva fra se : mi han diviso dai miei fratelli; oh! se e' sapessero ciò che mi è incolto, e dove mi portano, e venissero onde tutti insieme stare innanzi al cospetto di questo tiranno ! poiché eravam convenuti che staremmo uniti, non rinnegando Iddio né associandogli alcun altra divinità e di non adorare gl'idoli in luogo di lui; sono stato separato da loro, io non li ho veduti né essi hanno veduto me ; ed eravam convenuti (a) di non separarci né in vita né in morte mai ; ohimè ! che farà di me ? mi ucciderà o no? Ciò raccontò Giamblico di sé stesso ai compagni, quando tornò presso a loro. Fu condotto a que' due pii uomini Ermus e Estafùs, e quando Giamblico conobbe che non era stato condotto a Deqjànos si riebbe e s'acquetò la paura ( 4 ) che avea. Quindi Ermus ed Estafùs presero la moneta, e la rimirarono e si maravigliarono. Disse quindi uno di loro due: dove è il tesoro che hai trovato, o fanciullo? poiché questa moneta fa testimonianza contro te, che hai trovato un tesoro. Disse : non ho trovato alcun tesoro, e questa moneta è moneta di mia famiglia e l'impronta ed il conio in uso in questa città; ma affé io non so in che stato io sia, e che dirvi. Disse uno di loro due : chi sei ? rispose Griamblico : per quel che io reputo, io mi credeva di questa città ( 5 ) disse : chi è il tuo padre e chi in essa ti conosce ? ed egli annuu(') In T a ' l a b i Estius e così appresso. Questi due nomi,

a

mio giudizio, non sono che cor-

ruzioni di Maris o Marinus (il vescovo) e di èvSvnitios (il proconsole). (*) Cfr. sopra ciò clic si dice di David ; p. 3 1 - 3 2 . (') T a ' l a b i

lascia questo periodo dalle parole « nè associargli alcun altra ecc. »

(') D a m i l'I « i l pianto». ( s ) In T a ' l a b i « chi sei?

rispose:

— Giamblico — disse ecc. »

9



62



ziò loro il nome del suo padre, ma non trovarono alcuno che conoscesse lui o il suo padre. Onde dissegli uno di loro due : tu sei un bugiardo che non ci dici il vero ; nè G-iamblico sapeva che cosa dire, ma abbassò lo sguardo a terra. Disse qualcuno di quelli che gli stavano intorno: quest'uomo è pazzo! altri soggiungevano: non è pazzo, ma si finge stupido a bella posta per ¡sfuggire da voi. Sorse allora uno di loro due e lo riguardò con forza e disse : reputi tu che noi ti rilasceremo, e ti crederemo che questo denaro sia di tuo padre, mentre il conio e l'impronta di questa moneta è di più che 300 anni fa? Tu sei un fanciullo di poca età e credi di mentire e riderti di noi che siamo vecchi come vedi ? attorno a te sono i principi di questa città ed i suoi governatori, i tesori di questo paese sono in nostre mani, e di codesto conio non abbiamo nè un d i r h e m nè un d ì n à r ( ! ). Ma veggo bene che comanderò che tu sia battuto e punito severamente, poi ti terrò in ceppi finché non mi faccia conoscere questo tesoro che hai trovato. Quando gli ebbe detto ciò, rispose Giamblico: informatemi di una cosa che io vi domanderò, e se lo farete vi aprirò veracemente il mio animo. Dissergli : domanda, che non ti celeremo alcuna cosa. Disse: che è avvenuto dell'imperatore D e q j l nòs ? Dissero : non conosciamo oggi sulla faccia della terra alcun imperatore che si chiami Deqjànòs, e non vi è stato se non un imperatore che è morto già da lungo tempo e diuturno ; dopo lui sono morte molte generazioni. Disse Giamblico : davvero che non troverò alcun uomo che presti fede a ciò che io dico; noi eravamo fanciulli ai servigi dell'imperator DeqjanOs, e a forza ci costringeva ad adorare gl'idoli e sacrificar loro, onde fuggimmo da lui ier sera e passammo la notte; quando ci siamo svegliati, sono uscito per comprar cibo ai miei compagni, e spiare le notizie in loro riguardo ; ed eccomi come mi vedete. Or venite con me alla caverna che è nel monte Naglus, e vi mostrerò i miei compagni. Quando Ermùs udì ciò che narrava Giamblico, disse: popol mio, forse che questo è un miracolo di Dio, da Dio a voi dato per ammaestramento per mezzo di questo giovinetto ; ora andiamo con lui, che ci mostri i suoi compagni. Andarono con lui Ermùs e Estafùs, e con loro due tutta la popolazione della città, grandi e piccoli, verso quei della caverna per mirarli; ed i giovinetti della caverna, vedendo che Giamblico tardava a portar loro il cibo e la bevanda più che non soleva, credettero che fosse stato preso e condotto a Deqjànòs loro imperatore, dal quale erano fuggiti. E mentre pensavano così e temevano, udirono le voci ed il romore dei cavalieri che salivano a loro, e reputarono che fossero inviati del tiranno, il quale avesse mandato a loro per condurli via. Quando udirono ciò, sorsero per la preghiera, e si salutarono a vicenda, quindi dissero: andiamo presso il fratel nostro Giamblico, poiché egli sta ora dinanzi a Deqjànòs, aspettando che noi andiamo a lui. E mentre seduti in fondo alla caverna, dicevano così, senza che se ne accorgessero, Ermùs e gli altri stettero sulla porta della caverna. Giamblico li aveva preceduti ed era entrato presso i giovinetti piangendo; e quando lo videro piangere piansero insiem con lui, quindi l'interrogarono di sua condizione, ed egli li informò e narrò loro tutta la storia; onde a questo conobbero che per comando di Dio avean dormito tutto quel tempo, ed erano stati ridestati perchè fossero portento agli uomini a conferma della risurrezione, affinchè conoscessero che la risurre( 1 ) Nome delle due principali monete arabe (ciò«/«?; e (denarius)

ÓIWUQIOV).

— 63 — zione ha luogo senza dubbio veruno. Quindi appresso a Griamblico entrò E r m ù s e -vide una eassettina di bronzo suggellata con sigillo di argento, e stette sulla porta della caverna; quindi chiamò alcuni fra i magnati della città, ed aperta la eassettina trovarono in essa due tavole di piombo nelle quali era scritto di Maksalminà, Amlihà (o Tamlìhà), Martùkus, Navalìs, Sénius, Batniùs e K a s f ù t a t ('); che erano giovinetti che fuggirono dal loro imperatore, il tiranno Deqjànos, per timore che li seducesse dalla loro religione, ed entrarono in questa caverna. E quando l'imperatore seppe dove erano, comandò che fosse loro ostruita la caverna con pietre, e noi abbiamo scritta la loro condizione e la loro storia, affinchè chi vivrà dopo loro sia informato, se in loro s 1 imbatta. Quando lessero, si meravigliarono e lodarono Iddio, che in essi avea loro manifestato il miracolo della risurrezione ; quindi alzarono le voci lodando e magnificando Iddio. Entrarono poscia nella caverna presso i giovinetti, e li trovarono seduti in fondo ad essa, e co'volti raggianti e colle vesti non punto logore. E r m u s ed i compagni caddero proni adorando, e lodarono Iddio che loro avea mostrato uno dei suoi miracoli; quindi parlaronsi a vicenda, ed i giovinetti l'informarono di ciò che aveva loro fatto l'imperator D e q j à n ó s ; poscia E r m ù s ed i suoi compagni mandarono un corriere ( ! ) al loro pio imperatore Teodosio dicendo : affrettati che forse vedrai un miracolo di Dio altissimo che ha manifestato agli uomini nel tuo regno, e lo ha posto a tutto il mondo perchè sia luce e conferma della risurrezione. Affrettati a venire presso i giovinetti che Iddio ha risuscitato, dopo che li avea fatti morire d i più che 300 anni. Quando gli giunse la notizia, sorse dal giaciglio nel quale era, e tornò in se e gli passò la tristezza; si rifugiò in Dio, e disse; Ti lodo o signore Iddio dei cieli e della terra che sei stato benigno con me, e per tua bontà mi hai avuto misericordia e non hai spento il lume che ponesti ai miei padri ed al pio servo Qastitùs (Costantino) imperatore. E quando ne fu informato il popolo della città, cavalcarono a lui, e con lui vennero finché salirono e giunsero alla caverna. Allorché i giovinetti videro Teodosio imperatore e quelli che erano con l u i , si allietarono assai e caddero proni sulla loro faccia, adorando Iddio. Stette Teodosio innanzi a loro ; quindi li abbracciò e pianse, mentre essi sedevano sulla terra innanzi a lui, lodando Iddio e benedicendolo. Quindi i giovinetti dissero a Teodosio: t'affidiamo a Dio che ti custodisca; noi ti diciamo salute, e che Iddio guardi te e il tuo regno, e ti esortiamo a rifuggiarti in Dio contro il male che possano fare gli uomini e gli spiriti maligni. E stando l'imperatore, essi tornarono ai loro* giacigli e s'addormentarono, e Iddio prese i loro spiriti. L'imperatore sorse e andato presso di essi, pose le proprie vesti sopra (') Così sono scritti questi n o m i in D a i n ì r i ; a l q u a n t o d i v e r s a m e n t e da T a ' l a b i ;

del resto s a -

r e b b e assai l u n g o e forse i n u t i l e raccogliere le v a r i a n t i o p i u t t o s t o le s t r a n e corruzioni che di questi n o m i s ' i n c o n t r a n o in i n n u m e r e v o l i passi d i codici e n e i m o l t i m o n u m e u t i , come a r m i , o r n a m e n t i ecc. sui quali sono s c r i t t i i n o m i dei S e t t e D o r m i e n t i . I n o m i q u a l i s t a n n o in D a m i r i , sono c e r t a m e n t e corruzione di quella serie di nomi, clie occorre (come nel M e t a f r a s t e ecc.) nella recensione siriaca che ho sopra p u b b l i c a t a , quella cioè s e g u i t a in Dion. di Tellin.; e ciò c o n f e r m a q u a n t o sopra ho n o t a t o (pag. 54) sulla r e l a z i o n e che passa f r a il t e s t o a r a b o e la d e t t a recensione siriaca Jamblirus; ^^¡JLa^ —

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Martinus , Martinianus; Dionysius; ^ y y ^ a i =

^ y ^ X k i l , Antoninus;

Exacustadius, Exacustadianus). ( ' ) L e p a r o l e < un corriere » m a n c a n o in

Jly =

Ta'labì.

— — I o h a n n e s ; k k ^ y ù ^ l ,



(34



loro, comandando che a ciascuno di essi fosse fatta una cassa di oro. Ma quando fa sera, gli apparvero in sogno e dissergli : noi non fummo creati dall'oro e dall'argento, ma dalla polvere fummo creati ed alla polvere torneremo ; onde lasciaci come eravamo nella caverna, sulla polvere, finché Iddio da essa no risusciti. Allora l'imperatore fece fare delle casse di ebano, e furono posti in esse. Iddio, quando la gente fu uscita da presso a loro, li tenne in seguito lontani col timore, nè alcuno potè più pervenire insino a loro ('). L'imperatore comandò di fare alle porte della caverna un tempio nel quale pregare, e istituì loro una grande festa comandando di venirvi in ogni anno ; e dicesi che quando giunsero alla porta della caverna, Giamblico disse loro : lasciate che io entri ai miei compagni e dia loro la lieta novella, poiché se vi vedranno con me, li spaventerete; ed entrò e die loro la buona novella, e Iddio raccolse il suo spirito e quello dei compagni ; ed occultò loro il luogo ov' erano, nè poterono (la gente venuta

con Giamblico)

giungere a loro, siccome disse ' A l i b. A b ì

T a l i b , che Iddio abbia in onore. E questa è la storia di quei della caverna (').

§. IV. Testi etiopici. Debbo il testo etiopico che qui segue alla cortesia del W r i g h t , il quale l ' h a tolto da due codici, che si conservano nel British Museum, Orient. 6 8 7 - 6 8 8 del X V sec. e Orient. 689 del X V I I I sec.; intorno ai quali si confronti il catalogo dello stesso Wright ("). Debbo poi al Dr. Voliere della R . Biblioteca di Berlino, un' esatta collazione del miglior codice di questo testo, voglio dire quello di Berlino (') usato e citato dal Ludolf ( 3 ). Oltre questi tre mss. che ho noverati, non ne conosco altri die contengano la nostra narrazione. Come già- ho detto più sopra, io son persuaso che questo testo etiopico derivi da alcun testo arabico. Una tale origine, ancorché mancasse d'ogni argomento positivo, dovrebbe reputarsi siccome assai probabile, poiché sappiamo che fra le moltissime opere etiopiche del periodo più recente e tradotte dall'arabo, s'annoverano (') Questo periodo, come anco le ultime parole del racconto, hanno origine dal Corano, X V I I i , 17, cf. Kocli. 1 0 3 . ('•) Una

notevole

variante

della

leggenda

dei

Sette

Dormienti

presso gli Arabi trovasi in

Q a z w ì n i ed è ricordata dal Koch, 187, 1 3 8 ; sa t a l proposito mi si permetta manifestare un dubbio. X o n è forse probabile che sulla viva fantasia degli Arabi abbia influito qualcuna delle grandi composizioni artistiche, che nell' V i l i secolo dovettero esser oramai assai sparse nelle chiese dell'Oriente cristiano ? I l detto attribuito ad Alì, che cioè t r e dei 7 Do ir ri. erano alla destra dell'imperatore e tre alla sinistra sembra convenire colle rappresentanze , nel mezzo delle quali sta il Salvatore, ed a destra o sinistra un numero più o meno grande di apostoli. P e r un momento ho pure sospettato che

anche

la nota composizione dell'agnello apocalittico avesse dato origine al cane nella leggenda musulmana, poiché l'agnello sta sul libro a 7 sigilli (che potea venir confuso collo scritto dei due confidenti dell'imperatore) in una postura simile a quella in che Maometto descrive il cane. Anzi questo spiegherebbe fors'anche perchè il nome r a q ì r n che senza dubbio significa « s c r i t t o » sia stato interpretato per il nome del cane. — Sia è vero che il cane già trovasi in Teodosio, Do situ terme e. volg.) quantunque sembri un tratto popolare.

(') Datai, of the Eth. mss. in the Br. Mus. 161, col. I e 169, col. II. f ) Ms. or. fol. 1 1 7 cf. il catalogo del Dillmann p. 57.

(') Cf. Gomm. Hist. Ae.th. 436. etc.

sanctae

(520-530

— 65 — pressoché t u t t e le vite dei Santi, specialmente di quelli non originari di Abissinia; b a sti citare il Seneksér

(Sinassario), il Gannat,

la storia di B a r l a a m e G-iosafat, ecc. ('). Ma

nel nostro caso la provenienza araba è direttamente accertata tanto dalla somiglianza colla versione arabo-cristiana, quanto e più dai nomi propri nei quali le differenze si spiegano facilissimamente supponendo un originale arabo. Tale è sopratutto il « B r ò nàtjós » ( ' ) che per lo scambio nella scrittura araba facilissimo di n e b corrisponde a « P r o b a t i u s », ed è scritto in principio con una b, perchè l a p manca all'alfabeto arabo ( 3 ). La data precisa di quando sia stata fatta questa traduzione io non saprei dire, uè il testo stesso offre alcun interno argomento che ne dia luce sopra ciò; l ' A b u n a Giovanni che è

ricordato

in fine nell' Orient. 6 8 7 ,

non saprei dire chi fosse o in

qual tempo vissuto. T u t t a v i a il codice Orient. 689 è assegnato ad un tempo, per u n manoscritto etiopico, assai a n t b o , cioè al XY sec. ed u g u a l m e n t e

antico è il

codice di Berlino. Or ponendo nel X I I I secolo il principio della preponderanza letteraria dell' arabo e delle traduzioni da questa lingua, avremo nei secoli X I I I e X V i due l i m i t i estremi di questa traduzione etiopica. A m e sembra invero assai p r o b a bile che essa sia stata fatta sotto il regno di Zar'a J à ' q ó b ( 1 4 3 4 - 1 4 6 8 ) o non molto dopo ; e debba perciò la sua origine a quel movimento letterario e religioso che rese ragguardevole il regno che ho detto ; m a di notizia certa non havvene alcuna ('*). Le varietà che passano f r a i tre codici sopra ricordati non sono g r a n d i ,

ma

in generale i due codici più a n t i c h i , quel di Berlino e l ' O r . 6 8 9 , concordano f r a loro più spesso,

che non coll'Or. 6 8 7 - 6 8 8 ,

mente, come è difetto assai comune

il cui testo sembra ritoccato

dei mss. etiopici

specialmente i p i ù

recenterecenti.

E parecchie delle diversità che p u r e si osservano fra i detti due codici antichi, sono certamente dovuti all'ignoranza dell'amanuense d e l l ' O r . 689, il cui testo è altrettanto scorretto, quanto è buono ed emendato quello del codice di Berlino. Io pertanto (') Anche la narrazione dei martiri Omeriti contenuta nel medesimo codice orient. (589 è tradotta dall'arabo, cf. Fell, Die Chrislenverfolgung ecc., Z. d. !)• M. G. XXXV. 9. Notevole è la storia di Takla HàimànSt, della quale qualche testo sembra essere tradotto o parafrasato dall'arabo, e qualcun altro, viceversa, è l'originale di traduzioni o parafrasi arabiche ; cf. Zotenberg, Calai, des mss. éthiop. 205. (') Questa scrittura per quanto riguarda la b e la n si trova ugualmente nel Senehsàr di P a rigi (Zotenberg, Cut. 172) in quello della Bodleiana (Dillmann, Cut Cod. mss. etc. 50) etc. Invece in un breve squarcio dell'Or. 691 (Wright, Gal. 161, 1). il nome Probatius è scritto « faràbtes » conservando cioè la b. {') L'altro nome « DemàtjSs o D a i n à t j ò s » potrebbe essere corruzione di Demetrius, e il Seneksàr scrive appunto così. Senonchè il nome Demetrius è raro fra quelli dei Sette Dormienti, mentre qui dovrebbe supporsi piuttosto « Sabbatius » ; ed io inclino a credere che di quest' ultimo sia corruzione il D a m à t j 6 s ; ( f t ^ T f - f l = f ° 7 T P - f l =

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Parimente corruzione di Sab-

batius mi sembra il nome « anbites » dello squarcio poco sopra citato. « Demàtjós » potrebbe essere « Domitius » ; ma il Domitius che col fratello Massimo è festeggiato dai Copti ed Abissini, è scritto nella confessione detta di Jacopo Baradeo (ed. Cornili, D. M. G. XXX, 438) nel Calendario di Ludolf ( Comm. 405) e nel Seneks. della Bodleiana (Dillm. Cai. 51). Invece di Achillides sta la forma Archelides, la quale come si è veduto, trovasi anche nella versione copta. La pronunzia di Kh, come s poteva nascere tanto presso i Copti quanto presso i Siri, quindi la forma Arsalides nella quale talvolta è scritto il nome nei nostri mss. (') Cfr. Dillmann, Ueber die Regierung ecc. des Konigs Zar'a-Jacob

5, 26 (Beri. Akad. Abh. 18S4).

Parecchi altri codici di agiografia sono del XV sec.; cf. Zotenberg, 1 5 1 , 2 0 3 ; Wright, 162, 164 ecc.



66



seguo la lezione di questi due codici antichi, registrando in nota le varianti di qualche importanza dell' Or. 688-689. Rarissimamente ho abbandonata la lezione del codice Berolinense ed ho seguita quella dell'Or. 687, quando cioè questo concordava coli' Or. 688-689 e mi sembrava preferibile al codice di Berlino, del quale tuttavia do sempre in nota le varianti. Molto più spesso ho seguito la lezione di quest'ultimo , quando concordava coli' Or. 688-689 ; abbandonando la lezione dell' Or. 687 e notandone raramente le varianti, perchè in massima parte si appalesano essere non altro che errori o inavvertenze del copista. Ho tralasciato parimenti di registrare le semplici differenze ortografiche negli scambi di gutturali e sibilanti, ecc.; basti avvertire in genere che l'ortografia dei due codici più antichi, nominatamente di quello di Berlino è più corretta ed offre delle particolarità come s'incontrano in mss. antichi, p. e. h i ' ^ I l F ' ì talvolta £ r h ® * C ecc.; la divisione di parole per solito unite, come: h l l l . h ' •flfh.C «, ìsfl» » th?(D' ecc. Nelle annotazioni critiche il codice Or. 689 è designato colla lettera: L ; l'altro, Or. 688-689 colle lettere: Lo, e finalmente quello di Berlino colla lettera: B. •• - H f f i - M : a ) : H.Tl/'tf»- !

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— A) Lo

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— 71 —

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-

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-i-niìi » A + U > - A £ -



Questa aggiunta non solo manca negli altri due antichi codici, ma anco negli altri testi. — li) Lo hh"° in

fine

•• —

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— l) L e Lo agg. ' > ' / - / " » — m) Lo om. — n) Lo i W ' - f l l ' V ! — o) Lo agg.

p)

Lo premette il



q)

Lo om. il A « .



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— 73 — Cti-t-tl > f l « m ¿ V " MA» hoo^af

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b)

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Lo premettono fl- —

Lo agg. in ime fl • -

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: P-IAÌ: •

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' "»ft'fA «

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-•

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' Ad A.

« ^Jt^lffl0- ' »

•• w f a ' i

» (sic). -

/) Lo H / S - f f l A W = - ff) Lo pvem. H (B i) Lo prem. fll. — ft) B

ffl^hWA»

»— » La le-

— n) Lo ora. — o) Lo prem. fl- — p) L e Lo

— r) B ( O ^ d . ' - i) Lo agg. in fine Ji- - /) B

ti) Lo -ntl-Tí :

s

®A¿, ¡ h«"

• fflh?" » j W - h l f l - » Lo J Z ^ I l h •

zione non sembra sicura. — m) B om. in I I P : L OíhtíJIdP

!

— V) L e Lo f C h ^ P o 0 - « - e) Lo A f l d f l ? • A¿,

h«" 1 ' O'/?™ « Otfií1 :

agg. J - o s :=:). — h) Lo ed L agg. "IVA » i) Così B; L „fcflh »

l )

» - h í ? ! ? « (Dfi^'aofV

: 1-AA«|! •* AAA>U- « « J i m - T 1 ? 1 s

••

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« © K ^ + r t

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' h9a¡iWa1JlO-

U- •• m a h l + ' H : A h i : -t"Iiev)

fflíi.

fflwwin-i

s ffl^iLA- ! u - n f c A . = >h«C » © - h - U

f ° f t A . ü « « w a t - h - P ñ s ) i l i i •. htia°

!

« ¿ " A : t B - f l ì - ' ü l C » h - n h A .

« M - f - » MA-P)' í b í L A •

s 9°iì-b ¡afp.'}!

fflA.f'^+i'"'

« to-hp-nh- «* v n

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' "111 : AfXrìt-

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m-níirt. s ¿ h n !

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» - b) Lo l i i - H - t » (L i l i ^ f t l " « H-fc >) • - c) B om. - d) B W S — f ) L e Lo om. il — g) L Lo >— à) Lo ? l C » — i) Così L e B ; Lo " — 4) Lo ( l ^ C O ^ > (B agg. J - a i . : _ ) . _ l) B agg. * W ' — ni) L e Lo prem. ffl. — «) L O t h , h ù P • ; Lo ffli^hlh • ^ ¿ ^ Ì « • Ho ritenuto la lezione dei due codd. più antichi ('arag-ka)\ quella di Lo sembra cambiamento fatto ' -

fflH+Alil^Ji

e) B agg. J - a »

per evitare una parola rara e malnota. — q) Codd. M i » - * - r) L e Lo om. - s) Lo e L 3 i ? " - f l H " i >

1 < J » + « (L

')

— 77 h - s hao

ay., air

h )*

»

« athiïoo-y.

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"ì-br » ! fl.ñ.-t : A M

: A f l h e - f i ••

S-il I w-ao-0c> : °7Cfi * k A . f i * !

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In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo che sono un solo Dio. Questa è la storia dei sette giovinetti che furono martiri entro la caverna; la loro preghiera e benedizione sia con noi, Amen. Quando regnò l'imperatore Decio, entrò nella grande città che ha nome Efeso, e comandò che fossero raunati presso a lui tutti gli abitanti di quella regione affinchè sacrificassero agl'idoli, e chi si rifiutava al suo ordine e non obbediva al suo comando era ciascuno con ispecial supplizio punito, imperocché grandemente era indurito e fatto severo il suo animo contro il popolo cristiano. Il quale fuggiva da lui, nascondendosi nei monti, nei colli e nelle caverne ; chè egli costruì tempi degli idoli, e comandò ai magnati della città ed a tutta la popolazione del luogo che sacrificassero agli idoli in quella città. Fuvvi grande seduzione, e tutti venivano e sacrificavano agli idoli nel tempio che Decio avea costruito in Efeso; il fumo di quel sacrificio s'innalzava al disopra della città, ed attristava tutti coloro che erano ivi. Poscia l'imperator Decio volle celebrare una festa ai suoi Dei e comandò che tutti quanti offrissero il sacrifìcio nel tempio degli idoli. Il popolo cristiano era afflitto e tristo assai, poiché gì' infedeli li tormentavano e costringevano ad entrare nell' idolatria. Nel terzo giorno comandò l'imperatore che fosse addotto il popolo cristiano; quindi uscirono i capi dei carcerieri, i pagani e gli ebrei, ricercando i Cristiani per tutti i a) B fflif A-«»- ! ftAH'il » -

b) L e Lo t l M i - ' tll-fld > -

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ti) L om. ; Lo H'ÙT"^ i — e) Lo premette ffl. — f ) Lo oin. col seg. IO. — g, Lo om.; L agg. (Oh"?."} •• fOÌ\ a %'ì I • Qui finisce la parte comune ai tre mss.; L e Lo aggiungono una sotto!

scrizione : la quale in L è del seguente tenore: AH « h R i h C . n o » ®AH •• i - C M ° » WAH :

ft-Aà»;i' : atfìiìhà^ rt-f-r;»- : A°Vlh,to.

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(') Gennaio. {') Dillmaiin. Gal. p. 50. L a copia di questo squarcio fu g e n t i l m e n t e f a t t a pei' me d a l sig. M a r g o l i o a t h , Fellow of N e w College, Oxford. i ' i Zotcnbei'g. Cat. p. 172. Debbo l a collazione di questo cod. allo stesso Z o t e n b e r g . f \ Cf. F e l l , Z. a. D. M. 0. XXXV, 8. (*) Ecco il principio di questo testo arabico secondo il codio, vatie. a r a b . 6 3 ,

fui. 173,a, seg.

I n o m i dei S e t t e D o r m i e n t i S"iio; Massimiano, Giamblico, M a r t i n o ( M a r t i n i a n o ) , G i o v a n n i , Costantino, Antonino e Dionisio. Come venosi dalle parole che ho r e c a t e , il racc 'nto ¡¡rabo rlie sopra ho citalo, (pag. 51, not. 1) non è a l t r o so non questo medesimo testo del Sinassario a r a b o copto-giacobita. Cf. a n c h e sopra p. 13.

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I n questo giorno morirono i sette giovinetti i cui nomi sono: Archelido, Diomede, Eugenio, D e m e t r i o ('), Bronàtjos (Probazio), Stefano e Ciriaco. Questi giovinetti, figli dei magnati della città, erano saldi nella fede di Cristo, e vennero accusati presso 1' empio imperatore Decio di esser cristiani ; egli

li fece venire e li

costringeva ad adorare gì' idoli. E poiché gli si rifiutarono di ciò fare, diede loro un t e r m i n e fisso di t e m p o , perchè insieme prendesser consiglio. Decio andò dove gli era mestieri, e quei sette fanciulli benedetti si recarono alle loro case e spartirono t u t t o il loro avere ai poveri ed i n d i g e n t i ; e tolto il denaro che era rimasto per ciò che loro occorreva, si nascosero nella caverna che sta ad oriente della città,. E Diomede era giovinetto savio e p r u d e n t e ; egli prestava loro servigio nella c i t t à ,

comprava

loro il cibo, e narrava loro le coso che aveva udite. Quando tornò l ' i m p e r a t o r Decio nella città, cercò quei giovinetti; e allorché gli f u detto che se ne stavano nella caverna, comandò che fosse ostruita la bocca della caverna con pietre. Quei sette giovinetti s a n t i ,

quando

s ' a d d o r m e n t a r o n o a s e r a , Iddio tolse i loro spiriti e li

fece riposare nel paradiso ( ! ) ; ed essi dormirono 372 anni. F r a le guardie d e l l ' i m peratore eranvi due f e d e l i , per nome Teodoro e Macedonio;

i quali tolsero

a) Ox. om. — li) P a r . ora. — c) O s . ® ' f " f l < i t l " ' — di Ox. oin. il fi- — gono

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{') Cf. sopra, p a g . 65, n o t . 3. i/i N e l Paradit.0 t e r r e s t r e , come r e p u t o , c ciò secondo la c o m u n e c r e d e n z a c h e colà r e s t a s s e r o le anime

dei giusti tino a l l a r i s u r r e z i o n e .

p. 5 0 n o t

1, e D i l l m a n n ,

Cf. L u M f , Comm. lìUt. 3 5 5 s e g . , 3 6 9 , 4 7 3 ;

Das Bach llsnor.h,

cap.

22.

\\

anche

sopra

— 89 — t a v o l e t t e di p i o m b o , scrissero la storia di quei santi, e la posero nella p o r t a della caverna. P o s c i a m o r ì Decio, e m o l t i i m p e r a t o r i r e g n a r o n o dopo di l u i ; e nei giorni del fedele i m p e r a t o r e Teodosio sorsero degli eretici i quali negavano la r i s u r r e z i o n e dei m o r t i . E r a r i u n m a g i s t r a t o p e r n o m e À l d e j ó s ( ' ) ; volendo c o s t r u i r e u n ovile alle sue pecore, ed avendo comandato ai suoi s e r v i che p o r t a s s e r o delle p i e t r e p e r t a l p r o posito, f u a p e r t a q u e l l a caverna. D e s t a t i s i

quei s a n t i , m a n d a r o n o D i o m e d e affinchè

c o m p e r a s s e loro il cibo. Quando gli a b i t a n t i della c i t t à videro la m o n e t a scritta col n o m e di D e c i o ,

p r e s e r o D i o m e d e e c r e d e t t e r o che avesse trovato u n t e s o r o ,

condussero p r e s s o i m a g i s t r a t i ed i vescovi.

e lo

Quando lo e b b e r o i n t e r r o g a t o ed esa-

minato, egli n a r r ò loro di q u e i sette g i o v i n e t t i ; e a n d a t i li t r o v a r o n o s e d u t i r i s p l e n denti siccome il sole. I l vescovo t o l t a la t a v o l e t t a di p i o m b o ,

lesse la loro storia

che era scritta. E poi che la g e n t e u d ì che eransi a d d o r m e n t a t i ai giorni di Decio, a m m i r a r o n o Iddio altissimo, e m a n d a r o n o presso Teodosio i m p e r a t o r e ; il quale venuto, abbracciò i santi e chiese la loro b e n e d i z i o n e ; poi che si f u r o n o i n t r a t t e n u t i con lui, n a r r a n d o s i a vicenda le cose avvenute.

E lo b e n e d i s s e r o

sulla t e r r a r e s e r o le a n i m e a Dio altissimo. loro ed essi v e n n e r o sepolti in q u e l l a

L'imperatore

e

addormentatisi

Teodosio pianse

sopra

caverna.

Salvete o s e t t e fanciulli, che giaceste a g g r a v a t i dal sonno di t i m o r e e spavento. Dopo t r e c e n t o anni i n s i e m e con s e t t a n t a e due. allorché la gente vide il vostro r i d e s t a r s i conobbe c h i a r a m e n t e la r i s u r r e z i o n e dei m o r t i .

F i n a l m e n t e p u b b l i c o q u i u n ' a l t r a strofa ai

S e t t e D o r m i e n t i , da u n codice di

P a r i g i ( s ) secondo la copia t r a s m e s s a m i c o l i ' u s a t a cortesia dal Z o t e n b e r g . La strofa, notevole anche p e r ciò che concerne il n u m e r o dei v e r s e t t i o la rima, fa p a r t e del 1

l i b r o intitolato h1ìi.h-(ìth,C

1

e composto dal r e Z a r ' a Jiì'qób, o a l m e n o p e r

comando di l u i ( 3 ).

M ? " ' JvfiA » (; V lì = (':• wììAh, Ma

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•• ja-fiA- = rìu- = h r y , \ \ s iì •

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• 1 " 7 A i > " •• T i » D i ' fflp-90 : l-Wfhi •••• S a l u t e io dico ai s e t t e f a n c i u l l i ; rono;

destaronsi dicendo:

t r e c e n t o s e t t a n t a e d u e anni d o r m i -

da Decio siamo f u g g i t i , ieri ci a d d o r m i m m o ,

ed oggi ci siamo levati.

(') Adeljos =

Adolius.

( ! ) Z o t e n b e r g , Cai. n. 130, f. 37,v, al 13 di h e d à r . (") D i l l m a n n , Ueber die Regier.

etc. 26. Questa circostanza a g g i u n g e u n a qualche p r o b a b i l i t à a

ciò che ho d e t t o s o p r a , p a g . 65, sul t e m p o in che f u f a t t a la t r a d u z i o n e che ho p u b b l i c a t o .

del lungo

testo

etiopico

— 90 — Testi

armeni.

Chiudo la serie di questi racconti orientali sopra i Sette Dormienti, con quelli in lingua armena. Io dapprincipio non voleva dare se non un brevissimo conno su tale proposito, giovandomi di alcuni schiarimenti fornitimi dal prof. Giuseppe Feràhjan (ora vescovo di Diyàrbekr) il quale colla consueta sua cortesia, mi trasmise la traduzione di un breve testo inedito, ed in pari tempo mi fece avvertito della narrazione più lunga e distesa, contenuta nel martirologio stampato a Venezia nel 1874. Tale era la mia prima intenzione; ma vedendo da un lato come dei testi armeni non si fa alcuna menzione neppure nel libro del Koch, e d'altra parto desiderando aver ragiono, in questa mia memoria, dei racconti che si conservano in tutte le lingue letterarie dell'Oriente cristiano ('), ho deciso per tali cagioni di tener più lungamente proposito anche dei testi armeni. A tal fine e col permesso del prof. Fer&hjan, al quale rendo qui le dovute grazie, pubblico appresso il testo inedito che sopra ho ricordato, e che conservasi in Roma nell'Ospizio nazionale degli Armeni jn s. Biagio. Il codice è bombicino e porta la data del 1239, ma la composizione stessa risale naturalmente a tempo più antico che tuttavia non saprei con esattezza determinare. Inoltre ho tradotto tutta la narrazione dei Sette Dormienti qual' è nel libro pubblicato, come ho detto, a Venezia nel 1874, col titolo '/"'/'/; '/'/'•"'./'"/""'''"/''/"'''f. "Ul'"!l *>"/>''""/'/' /; /' »">fini,,¡1,11,1 I, p. 491, seg. Questo testo sarebbe dovuto al celebre G r e g o r i o W g a j a s é r o a m i c o d e i m a r t i r i , (secondo patriarca di quel nome presso gli Armeni, fiorito nella seconda metà dell' XI sec.) o almeno a qualche suo discepolo ( ! ). È probabile che questo non sia il racconto più antico che sopra i Sette Dormienti corresse presso gli Armeni, tanto più che l'agiografia armena principiorebbe da tempo molto antico, cioè dal V secolo, e con due nomi illustri: I s a c c o i l P a r t o e M e s r o b ; inoltre nel secolo IX vi si distinsero K a k i g , abate del monastero di Adoni e G r e g o r i o d i a c o n o . E se non è verosimile che la leggenda esistesse in Armenia fin dal V secolo, nulla vieta di credere che vi fosse ben presto importata. Ma per poter decidere se nel testo di G r e g o r i o W g a j a s é r vi siano dello parti tolte dagli scrittori armeni anteriori che ho detto, bisognerebbe saper se da essi fu trattata la leggenda, e ci sian conservati i loro scritti, e sarebbe necessaria una conoscenza della lingua e della letteratura armena assai più vasta e profonda di quella che io ho ; oltreché nelle nostre biblioteche pur troppo mancano sempre molti libri che potrebbero facilitare simili ricerche. Ad ogni modo questo lungo squarcio di G r e g o r i o W g a j a s é r mi sembra in se medesimo di non lieve importanza per la storia letteraria della leggenda, onde non ho esitato a tradurlo qui appresso per intiero. Di altri agiografi più recenti, come G r e g o r i o V I I (m. 1307) e G r e g o r i o Z e r e n t z (m. 1425), come dei più antichi, io non so se abbiano scrittola storia dei Sette Dormienti, ma d'importanza relativamente non grande è, a mio cre( ' j Ignoro se nella letteratura giorgiana trovisi qualche narrazione dei Sette (*) Cf. Sukias S o m a l , Quadro della St. leti. 75-76. Quadro delle op. tradotte Iloesinger, Ada SS. Mari. Edess32.

Dormienti. ctc. 34 ; cf. anche

— 91 — dere, la narrazione contenuta nelle vite dei santi, scritte dall'Aucher ('), il quale sembra aver largamente attinto anco a fonti occidentali e recenti, specialmente agli Acla Sanctorum ( a ), confondendosi così nel suo dettato il racconto orientale coli' occidentale. È possibile tuttavia che per la storia letteraria abbia maggior rilevanza l'opera del P . Ignazio Caciadur (m. 1780), quella stessa cioè che fu poi ampliata dall' Aucher. Ecco pertanto il testo e la traduzione del racconto qual è nel codice di s. Biagio, sopra ricordato.

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Ottobre 24. Storia della dormizione e risurrezione dei Sette Giovinetti di Efeso. Questi viveano ai tempi dell' empio imperatore Decio, erano di illustre stirpe, e giovani di bello aspetto, e sempre stavano al cospetto dell'imperatore. I nomi loro erano: Makhsimianos (Massimiano), Amghikos (Amlico), Mardianos (Martino, Martiniano), Tionesios (Dionisio), Iohannés (Giovanni), Gosdantinos (Costantino), Atoninos (Antonino). E credettero in Cristo e furono battezzati ; vennero poi denunziati all'imperatore, che erano divenuti cristiani. Egli a se li chiamò, e li interrogò, ma essi non acconsentirono a negare Cristo, e sacrificare agl'idoli. Adiratosi l'imperatore comandò che si percotessero loro le gote, ma per render omaggio ai loro genitori, li lasciò andare, dando loro tempo ed avendo pazienza, che forse si pentissero. Usciti dal cospetto dell'imperatore, distribuirono le loro ricchezze ai poveri, e saliti ad un vicino monte detto Oghkhos (Olchos), pregarono Iddio che liberasseli dalle mani dell'iniquo imperatore. Indi al tramontare del sole, mentre stavano pregando, resero le anime a Dio. Dopo alcuni giorni l'imperatore fece ricerca di loro, ma non li trovò, e fu informato che erano nascosti nel monte Olchos, in una caverna. Ordinò che si chiudesse la porta della caverna, perchè morissero di fame, e con grandi pietre chiuse la porta della caverna ; egli credeva che fosser vivi. Ma allorché muravano 13 .

— 94

_

l ' i n g r e s s o della caverna, Teodoro e Bufino ( ' ) che erano c e l a t a m e n t e cristiani, sero su una tavola di p i o m b o i loro n o m i , m i s e r o l a t a v o l a e n t r o 1' e d i f i c i o , e se n e

partirono.

O r d a l l a m o r t e d i D e c i o fino ai t e m p i d i T e o d o s i o c o r s e r o 1 4 4 a n n i , la t e r r a

era divenuta piena

di c r i s t i a n i .

Ma

sorsero

alcuni

scismatici;

ridotto

e tutta

non

m e n t e l a i c i , m a anco- s a c e r d o t i e v e s c o v i , i q u a l i d i c e v a n o n o n e s s e r v i per questo corpo

scris-

c o m e p e r a m o r e di C r i s t o e r a n m o r t i ;

sola-

risurrezione

in p o l v e r e . L ' i m p e r a t o r e T e o d o s i o e r a i n g r a n d e p e r i c o l o , i n

u n a b i s s o d i t r i s t e z z a , e d i n s i e m e con l u i t u t t i i c r i s t i a n i o r t o d o s s i d e p l o r a v a n o c i ò . M a il elementissimo e misericordioso I d d i o , volse gli occhi verso il suo popolo i suoi f e d e l i , volendo m a n i f e s t a r e la s p e r a n z a della al p a d r o n e della c a v e r n a nella u n ovile p e r la sua g r e g g e . della caverna; andati essi,

quale i giovani

riposavano,

la d e m o l i r o n o ,

A quel momento Iddio

da

Decio

poiché

sul loro conto.

erano

avendo

affamati, e

per

col t u r b a n t e ,

alla c i t t à , vide m u t a t i gli edifìci,

e sulle m u r a ;

della

fece tornare

ancora

caverna porta

le

nell' animo

ed

informarsi

qual

affinchè niuno

il segno

udì p u r e il suono delle campane

ma

anime e parea

il

timore

di m o l t o p i ù p a n e c h e non cosa

Uscito Amlico vide delle pietre alla porta

n' ebbe p a u r a e coprissi la faccia dato

fare

i q u a l i s o r s e r o e s e d e t t e r o con a s p e t t o r i s p l e n d e n t e ,

di Decio. Inviarono Àmlico alla città p e r c o m p r a r e antecedente,

di

e

animo

e non penetrarono nell'interno ('),

loro di essersi a d d o r m e n t a t i la s e r a i n n a n z i , sera

; e m i s e in

C o m a n d ò ai suoi servi di r e c a r s i a d e m o l i r e la

r i t o r n a r o n o p r e s s o il l o r o p a d r o n e . dei setto giovinetti,

risurrezione

si

la

pensasse

della caverna ;

lo conoscesse.

della santa croce sulle

Anporte

(®) e v e d e v a il p o p o l o c h e f a c e v a s i

il segno della croce, e t r a loro g i u r a v a n o n e l n o m e di Cristo. D i c e a : q u e s t o segno fino a ier s e r a era n a s c o s t o ed oggi a p e r t a m e n t e si m o s t r a ;

ed a g g i r a n d o s i p e r

c i t t à la m e d e s i m a cosa v e d e v a ,

Fattosi

e la m e d e s i m a cosa u d i v a .

la

nascostamente

p r e s s o ad u n u o m o disse : è q u e s t a Efeso ? A n d a t o da u n v e n d i t o r e di p a n e e d a t a g l i la m o n e t a p e r a v e r n e d e l p a n e ,

quegli,

tolta la m o n e t a , n o n l a r i c o n o b b e , e p r e s o

A m l i c o , lo c o n d u s s e p r e s s o i l g o v e r n a t o r e e d i l v e s c o v o M a r i n o , d i c e n d o : ha trovato un antico t e s o r o , il n o m e di Decio.

e mostrò la moneta,

Dimandarono:

donde

sei?

quest'uomo

la quale avendo presa,

e dove hai trovata

questa

lesservi moneta?

r i s p o s e : s o n n a t i v o d i q u e s t a c i t t à ; e d i s s e l o r o il n o m e d e l p a d r e s u o , e d il s u o grado d'onore.

Il governatore

lo m i n a c c i a v a :

se n o n dici d o n d e è q u e s t a

io t i p e r c u o t e r ò d i g r a n d i p e r c o s s e . D i s s e A m l i c o : di c h e vi

interrogo

rispondetemi ;

questa

io v i p r e g o o S i g n o r i ;

città è o no Efeso ? E i s p o s e r o

moneta, su

ciò

che

sì ;

replicò A m l i c o : d o v ' è l ' i m p e r a t o r e Decio? Disse il vescovo: m a t u parli da matto, ovvero vuoi ingannarci e liberarti dalle nostre m a n i ,

p'oichè

dimandi

dell' antico,

e m p i o e d i d o l a t r a i m p e r a t o r e . D i s s e A m l i c o : io i e r i h o l a s c i a t o a n c o r v i v o n e l l a

città

D e c i o , il q u a l e t o r m e n t a v a i c r i s t i a n i , onde noi f u g g i m m o a l m o n t e ; e se n o n c r e d e t e a m e , v e n i t e e d io v i m o s t r e r ò i m i e i c o m p a g n i n a s c o s t i n e l m o n t e O g h k h o s ( O l c h o s ) dentro la caverna.

Allora compresero

s i c c o m e ciò e r a u n a r i v e l a z i o n e ,

e

sorti

lo

(') Questo nome sembra indicare un originale greco; cf. ICoch, 119. (5) E notevole questa circostanza, della quale una somigliante tanto è sviluppata nei testi arabi. Cf. sopra pag. 64. f ) Propriamente gli ir//a

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