Suoni bestiali. Alla scoperta della comunicazione acustica degli animali 9788898823765, 9788898823758


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Table of contents :
Indice
I. Perché "suoni bestiali"?
2. Comunicare
3. Il suono come modalità di comunicazione
4. Perché e come comunicare col suono
5. Comunicazione mediante percussione e "sismica"
6. Comunicazione "multitasking"
7. L'effetto dell'habitat sui suoni degli animali
8. L'effetto di altre specie
9. Orecchie tese per guadagnarsi il pranzo (o la cena)
10. Quando sarebbe il caso di stare zitti
11. Come difendersi dagli ascoltatori inopportuni
13. Quando invece è il caso di farsi sentire per salvare la pelle
14. Perché un segnale dev'essere "onesto"
15. Segnalatori disonesti
16. I paesaggi acustici
17. Il favoloso mondo del canto degli uccelli
18. Cantori si nasce o si diventa?
19. Imitatori
20. Anatre dal profondo degli oceani?Un mistero bioacustico
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Suoni bestiali. Alla scoperta della comunicazione acustica degli animali
 9788898823765, 9788898823758

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Danilo Russo

SUONI BESTIALI Alla sc?pe~ta della comun1caz1one acustica degli animali

Nella stessa collana:

La coltivazione naturale della cannabis, di Ed Rosenthal, J.C. Stitch Lo Zen e l'arte di allevare galline, di Clea Danaan Libereso, il giardiniere di Calvino, di Libereso Guglielmi La vita segreta dei pipistrelli, di Danilo Russo L'enigma delle pecore blu, di Sandro Lovari Piante e fiori del terrazzo, di Ippolito Pizzetti Piante medicinali nostre amiche, di Marina Giammetti Mamani Dottor Miele, di Eva Crane Doctor Dog di Guy Quéinnec Guy, Gérard Gilbert I OI cavalli d'autore, a cura di Alessandro Paron uzzi Guida alle malattie delle piante e del bosco, di G. Hartmann F. Nienhaus, H. Butin

Vegetale sarai tu!, di Mirella Delfini Eliana Feriali Orto facile per tutti, di Giancarlo Bertinazzi Il giardino naturale, di William Robinson

Danilo Russo

Suoni bestiali Alla scoperta della comunicazione acustica degli animali

TARKA

Danilo Russo

Suoni bestiali

Tutti i diricti riservaci Prima edizione: febbraio 2016 Seconda edizione: senembre 2016

© 2016 Tarka/Fatroria dcl Mare s.a.s. di Franco Muzzio Piazza Dame 2 - Mulazzo (MS) www. carka. i r ISBN: 978-88-98823-76-5 Qu sro libro è disponibile anche in ebook (ISBN 978-88-98823-75-8) Impaginazione ed ediring: Monica Sala Scampa Primbec - Padova

Indice

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1. Perché "suoni bestiali"? 2. Comunicare

7

3. Il suono come modalità di comunicazione 4. Perché e come comunicare col suono

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5. Comunicazione mediante percussione e "sismica'' 6. Comunicazione "multitasking"

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7. Leffetto dell'habitat sui suoni degli animali 8. Leffetto di altre specie

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9. Orecchie tese per guadagnarsi il pranzo (o la cena)

1O. Quando sarebbe il caso di stare zitti

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11. Come difendersi dagli ascoltatori inopportuni

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13. Quando invece è il caso di farsi sentire per salvare la pelle

14. Perché un segnale dev'essere "onesto" ] 5. Segnalatori dison esti 16. I paesaggi acustici

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17. Il favoloso mondo del canto degli uccelli 18. Cantori si nasce o si diventa? 19. Imitatori

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20. Anatre dal profondo degli oceani? Un mistero bioacustico

Per saperne di più

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Fonoteca bestiale online

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SUONI BESTIALI

I. Perché "suoni bestiali"?

Le modalità sensoriali di comunicazione, insomma gli strumenti con cui gli animali "si parlano,, tra loro, giocano un ruolo importante nel renderci il modo di vivere di questi ultimi più o meno familiare. È chiaro che abbiamo difficoltà a pensare a come un feromone, o sia un "messaggio odoroso,, prodotto da un animale, possa raccontare così tanto di sé ai membri della stessa specie di chi lo ha emesso, o magari allertare una ua preda o un predator . La verità è che comprendiamo poco perché un'esperienza di questo tipo non appartiene al nostro mondo sensoriale, in omma il nostro non è un naso assai fino: la biologia usa un parolone per etichettare questa nostra limitata condizione, classificandoci tradizionalmente tra le specie "microsmatiche". Nel nostro percorso evolutivo, si sa, abbiamo perso molto di alcune antiche capacità sensoriali, come la percezione e l'interpretazione degli "odori personali", fino a relegarle alle periferie remote del nostro universo percettivo: abbiamo addirittura inventato i profumi per mascherarne ogni traccia (in certi casi davvero una fortuna, starete pensando!). Pur non avendo neanche una vista particolarmente acuta, però, c'è una cosa che i nostri occhi distinguono finemente e apprezzano assai: i colori. Ne andiamo matti: i nostri oggetti, i nostri abiti, sono spesso colorati per appagare il nostro "appetito cromatico", ed' altra parte li utilizziamo molta a fini comunicativi. Gli strateghi del marketing lo sanno bene. È una questione anche di colori se una pubblicità funziona o no, addirittura se troverete quesm snack o quella bibita più o meno invitanti, e così via. Li impieghiamo, i colori, anche per classificare il nostro credo sportivo o politico, ma questa è un'altra storia. 2

SUONI BESTIALI

Che dire d l suono? Bé, è innegabile che per noi Homo

apiens conti moltissimo. Non è che le nostre orecchie facciano miracoli, anzi. Però siamo una specie incredibilmente vocife,.,, la cui più che complessa comunicazion acusrica, unica tra wrri gli animali, si basa su un affascinante intreccio di geni e ulrura dal quale dipendiamo ramo fortemente che anche se I ·ggiamo o pensiamo non possiamo fare a meno di affidare il · mpirn a una "voce" (la nosrra, per la precisione) che "ascoltiamo" nella nosua meme. E poi c'è la mu ica, una compagna

ed

le dell'uomo sin dai suoi albori, che sta al nostro udirn

l roprio come i colori stanno alla nostra visra, sarei tentato di lire. Colori e suoni, peraltro, sono le modalirà comunicatimesse in campo dagli uccelli, ed è sicuramente per q uesra r, gione che i pennuti coinquilini del condominio Terra ci af-

ve

h cinano tanto e li sentiamo istintivamente vicini a noi, pur · ·, endo in realtà, quali veri e propri dinosauri con le ali, da noi abbastanza lontani. Torneremo ancora sulla nostra affinità nsoriale con gli uccelli. Questo libro racconta del suono negli animali. Perché ho ciso di scriverlo? Chi, come me, fa lo zoologo, e vive stu1iando gli animali, spesso sente l'esigenza ~i raccontarli a chi invece, magari più o meno affezionaro abitante di ecosistemi urbani, li frequenta di meno. È giusto conoscere gli animali, è importante che tuni li comprendano nella loro realrà biologica. no i nostri pazienti compagni di viaggio in questa vita, che rr ppo spesso ignoriamo o maltrattiamo, o che spazziamo via alla faccia della Terra senza troppi complimenti a causa dei nosui sciagurati comportamenti. Gli animali sono essenziali per la I. PERCHÉ "SUONI

BESTIALI"?

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nostra sopravvivenza, ma solo conoscendoli possiamo rispettarli, e solo rispettandoli saremo in grado di tutelarli. Se c'è un aspetto del comportamento animale che affascina, spesso lasciando a bocca aperta, quello è la comunicazione. Proprio guardando alla comunicazione animale possiamo rispecchiarci in esseri apparentemente cosl lontani nelle loro esigenze, aspettative, problemi. Bene, dunque un libro sulla comunicazione animale dovrebbe servir allo scopo che mi prefiggo - quello di appagare il mio desiderio di raccontarvi degli animali. Ma la comunicazione stessa è un universo, e magari si rischia di perdere il filo. Meglio, mi sono detto, concentrarsi su una modalità comunicativa ben specifica, quella d 1 suono, che tanto, istintivamente, ci affascina e che ci è più che familiare, essendo noi stessi i vertebrati più chiacchieroni del Pianeta. [idea, in realtà, mi è stata suggerita dalle mie costami frequentazioni di pipistrelli (li studio per mestiere, quei mammiferi la cui vita dipende in modo cruciale dal suono); ma un po' anche dal merlo che nelle mattine di primavera mi dà la sveglia cantando dall'albero di fronte alla mia camera da letto, a cui non posso che riconoscere almeno parte della meritoria ispirazione, avendomi cosl aperto gli occhi anche metaforicamente oltre che materialmente. Ho quindi appena scoperto le mie carte: vi parlerò, sì, di "suoni bestiali", ma la scelta è pretestuosa e nasconde in realtà uno scopo più ampio, ossia raccontarvi del modo con cui gli animali comunicano fra loro e sono in grado di coordinare le loro azioni fino, talora, alla costituzione di società ordinate quanto complesse. Affronteremo però questo tema esaminan4

SUONI BESTIALI

le l secondo una prospettiva ampia, allargando il concett di " · municazione" anche a fenomeni in cui quest'ultima agi c

i 1 modo non intenzionale. Il verso, o il rumore prodotto da 1111a preda, risulteranno per il suo predatore una forma di «comunicazione", anche se la preda non ha alcuna intenzione di fo r i scovare a causa di un suono di troppo o per aver pestato rn n una zampa, delle rumorose foglie secche. E poi inseriremo il uono degli animali in un contesto vasto, quello dell'ambient · in toto, nel quale richiami, canti, versi, rumori ambientali e I r dotti dall'uomo si mescolano in un complesso «paesaggio :1 • 1 tico" con il quale le specie che utilizzano l'udito, sulle terre ·m rse come in acqu~, fanno quotidianamente i conti. Spero l questo libro possa almeno in parte centrare un obiettivo t. nto ambizioso e, soprattutto, che vi piaccia leggerlo.

I. PERCHÉ "SUONI

BESTIALI"?

5

2. Comunicare

Comunicare vuol dire trasmettere messaggi. In questo momento sto scrivendo al mio PC provando a trasmettervi informazioni, quindi sto adottando una (sofisticata) forma di comunicazione. Un messaggio è infatti un "pacchetto" di informazioni che viene trasmesso da un individuo "emittente" a un ''ricevente". [obiettivo dell'emittente è, come dicono gli etologi, modificare la probabilità che l'individuo ricevente manifesti un certo comportamento. In altri termini, se remittente vuole spaventare il ricevente, metterà in atto un comportamento aggressivo, aumentando la probabilità che il ricevente, ad esempio, esca dal territorio posseduto dall'emittente o lasci perdere la preda alla quale entrambi stavano puntando, e così via. Se l'emittente ha invece l'obiettivo di attrarre il ricevente, come ad esempio accade durante il corteggiamento, si esibirà in modo tale da aumentare la probabilità che quest'ultimo gli si avvicini e, nel caso specifico, dia seguito ai comportamenti che porteranno all'accoppiamento. Gli animali manifestano numerose modalità di comunicazione. Esse sono perfettamente "sintonizzate" sulle capacità percettive della specie cui appartengono (nel caso della comunicazione «intraspecifica", cioè tra soggetti della stessa specie) o, in generale, del destinatario del messaggio (perché, lo vedremo, non è affatto detto che il ricevente sia un conspecifico). C'è poi un altro motivo rispetto al quale si sceglie, o meno, un certo "segnale", ossia una certa modalità di trasmissione del messaggio. In alcuni casi l'emittente vuole che il suo messaggio sia percepito a grande distanza, mentre in altri ciò potrebbe risulrare pericoloso o sconveniente; in certi casi desidera che il 8

SUONI BESTIALI

saggio sia duraturo, così che un eventuale ricevente possa ··-t.ptarlo anche dopo ore, giorni (o più!) di distanza; mentre in

11

nitre situazioni la funzionalità del messaggio richiede che esso sia trasmesso e si propaghi repentinamente, dopodiché si esauri sca. Vediamo alcuni esempi. Un piumaggio colorato e vivace

i maschi di molte specie di uccelli è un segnale visivo stai i I rivolto alle femmine. Un piumaggio attraente è segno di 1111 a buona qualità genetica del maschio e, quindi, un invitante I i lietto da visita per una potenziale partner sessuale, che sa ·h non sprecherà le sue uova e i suoi sforzi riproduttivi con ni scadenti" che invece porterebbero a una prole di scarso s 1ccesso. Si tratta di un segnale che sposa perfettamente la sens rialità degli uccelli, tutta basata proprio su vista e udito; e di 11n egnale stabile, perché in questo caso occorre che il maschio 1 ubblicizzi" sistematicamente la sua buona condizione per ess Te notato al suo incontro con una partner. Rischioso essere · ì colorati, direte voi, visto che anche i predatori noteranno tanta esuberanza cromatica. Vero, ma evolutivamente il gioco v. le la candela: se rischio la pelle riducendo la probabilità di s pravvivenza delle mie caratteristiche genetiche, diciamo, di un 30%, magari posso però aumentare del 70% la possibilità di I r pagarle attraverso un maggior successo riproduttivo, con un vantaggio netto del 40% (che non è poco). Levoluzione lavora · l, in una continuo soppesare i benefici a fronte dei costi. Molti di voi avranno un cane e sapranno quanto sia este' uante portarlo in giro a fare i suoi bisogni. Potrebbe esaurirli in un attimo; invece no, se ne va ad annusare con scrupolo pali, 1

"

1

11

2. COMUNICARE

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pneumatici e altri oggetti «cospicui", finché non trova il posto giusto per deporre un po' d'urina, rinviando il prossimo atto a un nuovo, interessante oggetto, che magari incontrerà a un centinaio di metri o più dal primo. Sebbene questo comportamento ci appaia strano, risulta perfettamente logico in termini di comunicazione: attraverso le sostanze odorose presenti nelle urine, il cane sta lasciando una ''firma olfattiva" della sua presenza e identità. Neanche voi firmereste un documento in un posto qualunque - vi serve uno spazio apposito per la firma, e il vostro cane farà lo stesso. La comunicazione olfattiva può propagarsi a distanze maggiori rispetto a quella visiva, almeno per le specie che hanno un buon fiuto, come il vostro cane (capirete che molte sono le variabili in gioco, dal tipo di sostanza alla struttura dell'ambiente, alla velocità del vento, e cos) via).

In cerci casi la comunicazione è fugace e intima, tattile, implica il contatto corporeo. Quando accarezzate un bimbo, un vostro caro, la persona che amate, state comunicando proprio in quel modo. Non avete alcuna intenzione che il vostro segnale viaggi verso altri riceventi, è completamente dedicato, in quel momento, a uno e a un solo individuo. In molte specie di mammiferi si assiste al cosiddetto social grooming, ossia alla "toelettatura sociale", in cui il soggetto che esegue l'azione ripulisce il pelo del ricevente da parassiti e sporcizia. Oltre all' evidente ruolo igienico, questo comportamento può avere diversi significati comunque riconducibili a un approccio amichevole - pacificazione, subordinazione, rinsaldamento dei legami sociali, e cosl via.

IO

SUONI BESTIALI

Certi animali, poi, hanno messo a punto una curiosa modalità di comunicazione: quella elettrica! È il caso di certe anguille (le chiamano proprio "elettriche"), che possono comunicare tra loro attraverso campi elettrici che sono in grado di generare. Infine, dulcis in fondo, veniamo all'oggetto di questo libro: la comunicazione può basarsi sul suono, ossia essere acustica. Perché ciò accada, l'emittente dev'essere attrezzato con uno speiale strumento - e ce ne sono diversi! - in grado di trasmettere energia attraverso le particelle di un fluido, aria o acqua (a seonda di dove la specie viva). Immaginate che questo strumensi ponga in vibrazione, come un elastico: la sua superficie in movimento si scontrerà con le particelle, poniamo, d'aria,

t

he proprio come in un tamponamento a catena si spingeranno tra loro, ciascuna con la successiva, finché non raggiungeranno l'individuo ricevente. Quest'ultimo sarà dotato di uno speciale rgano (ad esempio il nostro orecchio) in grado di "raccogliere"

I' -nergia residua associata con le particelle d'aria in movimento ·he lo colpiranno, trasformandola in un segnale elettrico elal rato sotto forma di informazione (insomma, "sensazione") bi sistema nervoso. È chiaro che si tratta di una modalità di s nalazione effimera o comunque poco persistente: dura tanto 1uanto il suono prodotto. Il suono potrà inoltre viaggiare pit1 o m no lontano a seconda della sua ampiezza (ovvero dell'ener{ i, con cui l'organo che l'ha prodotto ha colpito le particelle li Ruido) e della sua frequenza, ma questo lo vedremo avanti, ol r che in dipendenza delle condizioni fisiche del mezzo di I r pagaz10ne.

7. COMUNICARE

11

Certo che, a seconda della natura del segnale, cambierà anche la possibilità di localizzarne la fonte. In genere la comunicazione tattile, quella visiva ed elettrica hanno un alto potenziale di localizzazione, che è minore nel caso del suono e variabile, per i motivi sopra ricordati, nel caso di quella olfattiva. Ultima cosa cui voglio accennare: i segnali possono essere "combinatt e il loro significato cambierà. Nella nostra specie abbiamo esempi assai efficaci. Se dite (comunicazione acustica) qualcosa di aggressivo o spiacevole mentre però il vostro volto esprime segnali dissonanti, ad esempio sorridendo (comunicazione visiva), il me ho anticipato, in cui la natura adattativa del processo non I u ignorare il fatto che le parti in gioco, soggette alla pressioll ' volutiva, sono due. Se un segnale è «fissato" dalla selezione 11 :1

urale nel patrimonio comportamentale di una specie, è an-

1,ilutto perché sia chi lo produce sia chi lo riceve ne ricavano un I) ·ne.ficio. Abbiamo visto, assai in generale, perché gli animali comu11 1 111

hino coi suoni. Ritorneremo in tutto questo libro sui molti tivi per cui gli animali ricorrono a tale modalità comunica-

i iva

ma ci tenevo a inquadrare preliminarmente l'argomento. Dobbiamo ora passare al ((come" gli animali impiegano

il , uono per comunicare. È intuitivo e banale che non tutti i 11

ni possano andar bene per qualunque circostanza e che la

.lr

ittura del segnale sia fortemente soggetta alla selezione natu-

r;tl . Un aspetto essenziale di un qualunque segnale è che, una >lta a destinazione, esso sia interpretabile. Ciò dipende sia da aratteristiche intrinseche del suono, quali frequenza ed energia :i '

so associate, sia da fattori ambientali. È venuto il momento di soffermarsi in modo semplice sul-

1 ·

aratteristiche del suono per affrontare questi elementi. Se

tu ti noi parlassimo con un volume della voce troppo basso

p ' r coprire anche le poche decine di centimetri che ci separano 1:-tl nostro interlocutore, la nostra modalità di comunicazione

s. rebbe fallimentare.All'origine, il suono dovrà evidentemente · ntenere una quantità di energia per viaggiare "sufficientemenlf . PE RCHÉ

E COME COMUNICARE COL SUONO

27

te" lontano. Per «sufficientemente", in questo caso, intendiamo a distanze tali da raggiungere l'interlocutore. Ricorderete che descrivendo la natura del suono ve l'ho presentato come energia trasferita in un mezzo fluido (aria o acqua) mediante collisioni consecutive delle particelle che costituiscono quest'ultimo. Ora, più «violento" è il tamponamento, maggiore è la quantità d'energia trasmessa. Fatto importante, però, è che il raggio d'azione di un suono non dipende solo dalla sua ampiezza, cioè da quanta energia contiene all'origine. Un elastico (o, se preferite, la corda di una chitarra) posto in vibrazione, come nel nostro esempio di alcune pagine fa, impartirà alle particelle di fluido un movimento periodico, un sistematico comprimersi (le particelle s'avvicinano) e dilatarsi (le particelle s'allontanano). Questo periodico avvicinarsi e allontanarsi costituisce la ((frequenza" del vostro suono. Più rapido il movimento, più alta la frequenza, ossia più acuto il suono. Movimenti più lenti corrisponderanno invece a frequenze minori e quindi a suoni più gravi. La frequenza si misura in Hertz (Hz), cioè numero di oscillazioni (compressioni e dilatazioni) al secondo. A seconda della specie, un certo valore di frequenza può essere percepito oppure no. Lorecchio umano è sensibile a frequenze comprese tra i 20Hz e i 20.000 Hz circa, intervallo perciò detto «udibile" . Al disotto di questo intervallo troviamo gli infrasuoni, al disopra gli ultrasuoni. Gli ultrasuoni sono il regno, acusticamente parlando, soprattutto dei pipistrelli. Questo perché questi mammiferi alati usano gli ultrasuoni per orientarsi e identificare oggetti e prede posti intorno a sé. Più alta

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SUONI BESTIALI

l.1

quenza, maggiore il dettaglio contenuto nell'eco prodotto I.1lJ a collisione dell'onda sonora con l'oggetto intercettato. Un (r

I' iI i trello che ricerchi prede a breve distanza, come accade nel1 · ·pecie forestali, avrà bisogno di tutto il dettaglio possibile p T discriminare una preda più o meno minuta in uno scena-

ambientale così complesso e intricato. Impiegherà, quella

11

• p ·cie, ultrasuoni con frequenze particolarmente alte. L'effetto o !laterale delle al te frequenze è però che esse dissi pano energia 1'rl l idamente attraversando l'atmosfera e che possono alterarsi gradarsi collidendo contro gli oggetti circostanti. Come le bugie, hanno le gambe corte e fanno poca strada. Se il vostro )l i ttivo è farvi sentire a centinaia di metri o più, scordatevi gli 1d trasuoni. Anzi: dovrete usare frequenze basse, anche molto

ha 1

Lo sanno bene gli elefanti. Barriti a parte, fino agli anni 8 si riteneva che questi maestosi mammiferi fossero rela-

1 ivamente

poco vociferi. Un giorno, la zoologa Kary Payne,

.di zoo di Washington, ebbe il sospetto che oltre ai suoni ·I iaramente udibili gli elefanti africani di savana (Loxodonta tfricana) che stava osservando stessero «brontolando,, qualcoS'L

Studi effettuati coi microfoni "giusti" hanno così svelato

1in

universo acustico fondamentale per questi giganti, di cui

n anche si sospettava. Se i pipistrelli hanno un problema di

Ii criminazione del bersaglio del biosonar, la cui risoluzione 1

cessi ta di ultrasuoni, gli elefanti hanno esigenze assai diver-

s . Sparpagliati su territori vastissimi, il loro problema si chia1

1a comunicazione su lunga distanza: farsi sentire attraverso

amplissime distese di savana, o foresta. Poter contare su pro4. PERCHÉ

E COME COMUNICARE COL SUONO

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fondi e potenti infrasuoni, tali da coprire decine quando non centinaia di chilometri quadrati, è fondamentale. In questo modo i gruppi sociali possono coordinare i loro movimenti a distanza anche per settimane e i maschi identificare la presenza di femmine in estro, pronte alla riproduzione. Badate, questo è un proble~a non da poco: la gestazione di una signora elefante dura due anni, a cui seguono tre anni di allattamento del piccolo, e quindi, finalmente, l'estro. Comprenderete che per i maschi cogliere "l'attimo fuggente" per incontrare una partner recettiva è vitale; e gli infrasuoni, con la loro capacità di propagarsi, risultano la ricetta giusta per sapere chi, e dove, cercare. Le condizioni atmosferiche di conduzione del suono cambiano tantissimo con l'ora del giorno, a seconda della temperatura. Il raggio di ascolto di un elefante africano varia, da mezzogiorno alla sera, passando da 30 a 300 km2 • Il bello è che gli elefanti delle savane africane sembrano sapere quando sortiranno un effetto maggiore coi loro brontolii infrasonori, selezionando le fasce orarie più idonee. È un po' come quando si compra uno spazio pubblicitario in TV: mandare in onda uno spot in prima serata pimtosto che in ora tarda fa una gran differenza in termini di audience ... Volgendo lo sguardo verso altri giganti, stavolta a mare, le colossali balenottere azzurre (Balaenoptera musculus) pure usano infrasuoni per comunicare a centinaia di km di distanza, favorite dalle eccellenti proprietà di conduzione del suono tipiche dell'acqua salata. I problemi iniziano quando l'inquinamento acustico prodotto dall'uomo interferisce coi canali di comuni30

SUONI BESTIALI

azione delle balene; ma questa è un'altra storia della quale vi 1>

rlerò avanti.

Visto che con le basse frequenze i messaggi viaggiano lonl ano, e che a prima vista la comunicazione si direbbe tanto I iù efficace quanto più distante arrivano i segnali, vi starei • chiedendo perché mai gli infrasuoni non siano usati dalla n ggioranza degli animali, anzi perché certe specie addirittura srruttano alte frequenze per comunicare. Anzitutto: non tutti 1 li organismi sono in grado di produrre suoni a bassa frequen1

z.. La selezione naturale agisce sul materiale disponibile, non pu variare a piacimento gli schemi strutturali degli organismi I ~ i quali le "nuove soluzioni" adattative compaiono a meno di 1' randi eventi evolutivi. Sarebbe come chiedere a un falegna-

m di costruire una libreria partendo da una sedia. Non potrà mai riuscirci, al limite potrà trasformarla in uno sgabello, o in un tavolino basso - nulla di più. Non sto dicendo che grandi .-:il ti strutturali non possano avvenire, per carità, anzi: ma essi 11 n sono la "moneta spicciola" su cui si basano i cambiamenti ·v lutivi. Parimenti all'esempio del falegname, per produrre

infrasuoni si ha bisogno di strutture adeguate. Per la verità,

i è a lungo interrogati su come gli elefanti stessi potessero pr durre suoni di questo tipo. Solo in anni recenti si è stabilito ( h gli infrasuoni sono generati esattamente come la parola, o il canto, nella nostra specie, soffiando aria dai polmoni sul1· corde vocali poste nella laringe. Se gli elefanti riescono a r:t giungere frequenze così basse, suoni così gravi, lo devono .' ·mplicemente alle loro grandi dimensioni corporee e quindi :ti n otevole diametro della loro laringe. Se avete presente un or·1

lf.

PE RCHÉ E COME COMUNICARE COL SUONO

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gano a canne, sono le canne col diametro maggiore a produrre

i toni più gravi, appunto. Fin qui, i limiti fisiologici, morfologici, alla produzione del suono. In certi casi, poi, usare certe frequenze, anche molto alte, insomma l'opposto degli infrasuoni e tali da avere un raggio d'azione breve, può salvare la pelle a chi quel messaggio lo produce. Ad esempio, in un bel roditore dei nostri boschi, il moscardino (Muscardinus avellanarius; Figura 2) la comunicazione acustica si basa soprattutto su segnali ultrasonori, che sono efficaci solo nel raggio d'azione di pochi metri. Il moscardino, all'ombra di rami e fronde, emette questi suoni per scopi quali permettere ai piccoli e alla madre di ritrovarsi, delimitare il territorio o, nel caso dei maschi, cantare una struggente (per i canoni del moscardino, almeno) serenata alla propria bella. Segnali come questi risultano, per intensità e frequenza, meno alla portata dei predatori, per cui permettono l'utilizzo di "canali privati di comunicazione" - li ritroveremo in altri casi - più sicuri di quanto lo sarebbe una comunicazione "urlata" e nelle frequenze udibili. Anche la nostra specie fa ricorso a frequenze diverse quando vuole raggiungere "audience" dislocate a distanze più o meno grandi. I grandi corni da nebbia usati nelle acque nordiche per segnalare ostacoli e prossimità dalla costa impiegano suoni a bassa frequenza, mentre certi allarmi per uso domestico, come quelli antifumo, usano frequenze più elevate quando il loro obiettivo è allertare chi abita in un appartamento ma non l'intero isolato.

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SUONI BESTIALI

/iig. 2. I rnoscardini (Muscardinus avellanarius) comunicano mediante .1tgnali ultrasonori per evitare di essere intercettati dai predatori. (Leo11rtrdo Ancillotto)

Concludendo la mia breve disamina sul "come" il suono sia prodotto, voglio ricordare che numerosi animali posseggono
Ì I , Cervus efaphus (Figura 4) . Si tratta di un suono profondo, 10 · e prolungato, quasi un muggito ma del tutto speciale, che i rn aschi nel periodo riproduttivo (agosto-ottobre) emettono con 11na frequenza intorno ai 120 Hz. e siete in un'area dove ci sono cervi in amore, non potete 11 n ascoltarlo, soprattutto nelle ore notturne e all'alba. È il pe' i do in cui i maschi si confrontano tra loro, fino ad arrivare al >mbattimento: in quel caso i palchi, quelli che comunemente · s orrettamente sono chiamati corna (sono fatti d'osso e non e Ii heratina, di cui invece sono fatte le corna vere e proprie), ·ngono incrociati e i due contendenti si spintonano, quasi fos. un braccio di ferro. Vederli bramire, oltre che ascoltarli, è uno spettacolo, davv -ro. [obiettivo del maschio è radunare un harem di femmi11 • con cui accoppiarsi. Sentite quante funzioni ha il bramito. N Ile circa 4 settimane in cui il maschio bramisce, diciamo che liventa un cantante a tempo pieno. Figuratevi che si va dai due I ramiti al minuto nelle 24 ore fino a fasi molto intense, con H ramiti al minuto, corrispondenti a quando due maschi si < nfrontano in un vero contest canoro. Sl, perché una delle fun. COMUNICAZIONE "MULTITASKING"

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zioni del bramito è proprio quella: segnalare agli altri maschi la propria presenza e la propria prestanza fisica.

Fig. 4. Nel periodo riproduttivo, i maschi di cervo nobile (Cervus

elaphus) competono tra loro, pubblicizzando" la loro presenza presso le femmine, attraverso un roco e profondo vocalizzo detto "bramito'~ (Pietro Santucci)

Veniamo alle molte cose a cui può servire il bramito. Anzitutto, permette un confronto tra due maschi senza spargimento di sangue (o comunque spreco energetico): una vera e propria gara canora, dicevo, in cui saranno le caratteristiche del bramito a farsi portavoce (senso stretto!) della qualita del maschio cantore. Il bramito serve, però, pure ad attrarre le femmine. In

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effetti i maschi bramiscono anche in assenza di altri maschi, ad esempio quando tengono assieme le femmine, le inseguono, oppure quando una nuova femmina si aggiunge all'har m. Sedurre le femmine con "voce suadente" è importante, perché queste sono libere di entrare e uscire a piacimento dall'harem: esse potranno dunque ascoltare le gare canore tra maschi e scegliere l'esecuzione più convincente. Una volta nell'harem, poi, le femmine imparano a riconoscere il maschio detentore rispetto agli altri. Portano, i bramiti, una vera e propria «firma acustica" che rende le femmine in grado di riconoscerlo. E, con ogni probabilità, di pass~rne al vaglio la qualità genetica. Ma veniamo a un'altra straordinaria proprietà del bramito. Tenere assieme un harem costa un sacco di fatica, di energia. Realisticamente, entro 3-4 settimane anche un maschio prestante cede. "Gettare le armi" significa non essere riuscito a fecondare tutte le femmine di un harem: si calcola che almeno il 20% di queste non sarà fecondata dal maschio detentore, che potrà cos) permettere l'accesso alle femmine di altri maschi meno prestanti. Ovvio, quindi, che al maschio convenga che l'ovulazione nelle femmine del suo harem intervenga quanto prima, in modo da accoppiarsi con successo e garantire una prole che rechi la sua identità genetica. Come fa? Semplice: il bramito ha l'effetto di anticipare l'ovulazione nelle femmine, assicurando al maschio il maggior successo possibile. Lo si è visto con sofisticati esperimenti in cui tutte le variabili in gioco sono state attentamente controllate. Se è chiaro che al maschio conviene anticipare 1' ovulazione, potremmo comunque chiederci perché le femmine abbiano 6. COMUNICAZIONE "MULTITASKING"

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evoluto un meccanismo fisiologico cosl sui generis . La risposta risiede nel fatto che l'estro, il momento in cui la femmina ovula, è un evento relativamente raro: dura appena 24 ore e, se la femmina non si accoppia con successo, si ripresenterà solo dopo 18 giorni. Questo è davvero un bel guaio perché, s'è visto,

il rischio che il piccolo muoia aumenta dell' 1% per ogni giorno di ritardo con cui esso viene al mondo rispetto all'epoca media dei parti. Meglio affrettarsi, dunque, a restare incinte. E prestare orecchio al maschio dell'harem. Un altro caso di comunicazione "multitasking" è l'insistente canto di una raganella che vive in Portorico, Eleutherodactylus

coqui. I maschi di questo piccolo anfibio emettono un insistente segnale, piuttosto potente (100 decibel a mezzo metro) fatto di due sillabe, appunto co e qui, da cui il nome della specie che è, appunto, onomatopeico. Per inciso, questa raganella è srata introdotta alle Hawaii dove fa strage di insetti e ragni nativi e mette in crisi la fauna locale insettivora, uccelli in particolare, a causa della sua voracità. Ma non è di questo che voglio parlarvi. La cosa interessante è che il co e il qui hanno due funzioni diverse, come è stato sperimentalmente dimostrato: il primo serve a tenere alla larga i maschi competitori, il secondo risulta attraente per le femmine . Una curiosità: il verso ha una frequenza maggiore e una durata minore nelle popolazioni che vivono vicino al mare, a quota inferiore, mentre la durata si allunga e la frequenza si abbassa man mano che si va alle quote alte. Ciò è legato al fatto che i maschi di alta quota sono più grandi e producono, appunto, suoni di questo tipo (ricordate l'esempio delle dimensioni delle canne di un organo? Quelle con diametro 46

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maggiore producono frequenze più basse). Di recente, i ricercatori hanno confrontato le registrazioni fatte alle varie quote attualmente con quelle realizzate nei medesimi luoghi 23 anni orsono. Si vede che le popolazioni dal canto più acuto si sono spostate alle altitudini più elevate, portando con sé i loro acuti, perché hanno seguito le temperature rese progressivamente più alte dal cambiamento climatico.

6. COMUNICAZIONE "MULTITASKING"

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7. L'effetto dell'habitat ui suoni degli animali

Ho più volte ribadito che quando consideriamo il suono prodotto da un animale non possiamo estrapolarlo dal contesto ambientale in cui esso viene generato poiché l'habitat costituisce lo scenario in cui le forze della selezione naturale operano di continuo influenzando in modo cruciale, nelle generazioni, l'evoluzione delle caratteristiche del segnale stesso. Abbiamo già visto il caso degli elefanti e dei loro infrasuoni. Un notevole sforzo di ricerca è stato dedicato al canto degli uccelli, in particolare testando la cosiddena ipotesi dell'adattamento acustico. In breve, essa sostiene che le proprietà del canto degli uccelli siano determinate anche dalla struttura dell'habitat. Nel corso della propagazione, a partire dal punto in cui esso è generato, il suono si muoverà in uno spazio le cui caratteristiche implicheranno assorbimento, riflessione, rifrazione, diffusione, e così via, portando a una più o meno sostanziale degradazione della sua struttura, ossia a una perdita di energia e a cambiamenti di frequenza e caratteristiche temporali. Il canto degli uccelli subisce particolare degradazione negli ambienti forestali, in cui nel suo tragitto si ((scontra" con foglie e rami. Si tratta di un fenomeno pericoloso e assai indesiderato nella comunicazione animale poiché può compromettere l'intelligibilità del segnale. Andiamo, ora, un po' più nel dettaglio. L attenuazione dell'intensità del suono per assorbimento sarà minima negli ambienti aperti con aria calda e secca e massima negli habitat forestali. In tali ambienti, inoltre, si verificano anche alterazioni a carico della modulazione di frequenza del segnale, ossia della sua ((composizione" in frequenze - insomma, della struttura. Anche il vento o le correnti termiche, perturbando l'atmosfera, 50

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interferiscono col suono, ma ciò accade solo riducendone l'inLcnsità, non alterandone la modulazione in frequenza (il modo ·on cui la frequenza del segnale cambia nel tempo) . Nel range li frequenze utilizzato dagli uccelli (che hanno massima sensil ilità tra gli 1 e i 5 kHz), i valori di frequenza più bassi sono l uelli meno colpiti dalla degradazione negli ambienti forestali; avviene però il contrario quando il suono è emesso a breve diSlanza dal suolo e interferisce con esso. A questo punto, l'Ipotesi dell'Adattamento Acustico fornis un "identikit del canto" degli uccelli che frequentano gli

I abitar forestali e le praterie rispettivamente. Nei primi ci si .1L nde che il canto sia fatto di segnali con frequenze più bass' e meno modulati in frequenza (dei fischi, per intenderci), · n componenti di maggior durata e pit1 spaziate nel tempo tra le ro. Questa struttura generale risulterebbe "a prova di bosco". Ur quenze maggiori, bande di frequenza piu ampie, compo11 ·nti brevi e rapidamente ripetute (trilli) sarebbero più carattel'istiche delle specie legate agli habitat aperti. Esiste un notevole orpus di dati proveniente da studi che hanno testato la validità Ii uest'ipotesi su molte specie di uccelli in diverse regioni geo1~,ra fìche. In effetti anche nell'ambito della stessa specie, si sono 1 • ristrate differenze legate ai diversi ambienti. In un passerifor11 1' africano, l'ilia verde (Hyù"a prasina) si è visto che il canto I ls iede frequenze minori negli ambienti caratterizzati da una • r razione più chiusa, in cui nonostante la ridotta copertura lor stale, il sottobosco risulti più denso e complesso, come preist dall'ipotesi dell'adattamento. Molti altri studi sembrano .i q portare quest'ipotesi, ma esistono non poche eccezioni e la

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/ , I ' EFFETTO DELL'HABITAT SUI SUONI DEGLI ANIMALI

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domanda vera è quanto essa possa corrispondere a un paradigma, insomma a un modello universale. Va detto che la dicotomia "ambienti aperti e ambienti chiusi" può essere fuorviante, come nel caso della succitata ilia verde: in quello studio, una minore copertura forestale, che a prima vista avremmo etichettato come habitat più aperto, corrisponde invece a un sottobosco più denso e quindi a un habitat chiuso.

È possibile che una parziale o inesatta interpretazione dei dati possa spiegare almeno alcune discrepanze, ma c'è dell'altro. Un'analisi di molti studi pubblicati, condotta qualche anno fa con r approccio della meta-analisi, ha affrontato proprio il tema della generalità dell'Ipotesi dell'Adattamento Acustico. Ora, non dilungandomi sulla meta-analisi, vi dirò solo che si tratta di un metodo statistico in cui dati provenienti da ricerche diverse possono essere combinati e comparati in un unico studio proprio al fine di fornire una ((super-analisi" di un certo fenomeno che sia oggettiva per quanto possibile. Con questo approccio si è sostanzialmente validata l'Ipotesi dell'Adattamento Acustico ma è risultato anche chiaro che il fenomeno influisce solo parzialmente sulla struttura del canto, che è in effetti soggetta ad altre influenze pure molto importanti, come il costo energetico del cantare, l'influenza del canto di altre specie, dei rumori di fondo e la possibilità - il rischio, per meglio dire - che ascoltatori "indesiderati" quali predatori e competitori possano percepirlo utilizzandolo a proprio vantaggio e a detri.m ento del "cantore", come vedremo avanti . Ne approfitto intanto per ricordarvi che anche gli ambienti acquatici sono usati spesso per la comunicazione acustica e che 52

SUON I BESTIALI

I loro caratteristiche pure possono porre delle limitazioni alla 1rasmissione di segnali acustici efficaci. Prendiamo il caso dei p sci. Qui la saggezza popolare sbaglia di grosso quando si dice "muto come un pesce". Esistono, in realtà, pesci più o meno v ciferi, "chiacchieroni". Il mezzo liquido trasmette il suono ·ffìcacemente e in condizioni di acqua torbida la comunicazion acustica costituisce una soluzione assai utile. I pesci che però

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quentano l'acqua bassa devono fare i conti con l' attenuazio-

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anche forte delle frequenze al disotto di un certo valore, che

v. ria a seconda della profondità e della natura del fondo.

/ . I' FFETIO DELL'HABITAT SUI SUONI DEGLI ANIMALI

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8. L'effetto di altre specie

Non si è mai, davvero, soli; neanche negli ambienti apparentemente più ostili o isolati, dai ghiacci perenni dei Poli ai deserti.

In effetti, gli altri organismi, siano essi conspecifici (appartenenti alla medesima specie) o eterospecifìci (di specie diverse) sono parte integrante dell'ambiente di un individuo ed esercitano forti pressioni selettive, rappresentano cioè un importantissimo stimolo evolutivo. La loro influenza è palese anche rispetto al tema della comunicazione acustica: vediamo perché. Tengo da parte, con gran cura, l'argomento degli spesso scomodi (o peggio) "origliatori" e le possibili contromosse, effettuate sottoforma di adattamenti dei suoni prodotti, dai poveri "spiati". È materia assai singolare, ricca di spunti e richiede uno spazio tutto suo. Mi dedico subito, invece, al rumore di fondo e al suo effetto di "mascheramento" della comunicazione acustica. Se ci sono altri organismi che producono suoni, il fastidio che il povero emittente può ricevere è davvero notevole. Pensate che la suddetta ilia verde, quel simpatico passeriforme africano che adatta il canto alla struttura dell'ambiente, varia anche la frequenza del suo canto in modo che questa non si sovrapponga mai ai valori che si riscontrano nel canto delle petulanti cicale. Popolazioni diverse di ilie hanno un canto di frequenza diversa e sempre spiegabile col tentativo di evitare la sovrapposizione con le locali cicale. Il collega statunitense Gary McCracken, specialista di pipistrelli, ha scoperto un fenomeno simile proprio in un chirottero, Tadarida brasiliensis, i cui impulsi di ecolocalizzazione variano per frequenza da una popolazione all'altra in relazione alle frequenze emesse dai locali insetti "disturbatori". 56

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//ig 5. Nei rinolofidi, come questo Rhinolophus eloquens ritratto presso I lago f!akuru (Kenya), gli ultrasuoni sono convogliati mediante una {'1trticolare "foglia nasale" che circonda le narici. ljens Rydell)

Se uno dei problemi del "chiacchiericcio" di altri animali può ·ss re, banalmente, il disturbo arrecato mascherando un segnale · r ndendolo meno efficace, c'è poi un altro rischio, più sottile nn non per questo meno preoccupante: far confusione tra mes-

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•,a gi propri della specie e quelli, indesiderati, di altre specie che 11 -rò assomigliano molto ai primi. Una ricerca che ho condotl () alcuni anni fa illustra bene questa situazione. Abbiamo a che

r:ir ) in questo caso, con pipistrelli, in particolare con quelli noti me "rinolofìdi" o "ferri di cavallo" per la curiosa struttura (che 1·i r onda le narici, attraverso le quali il suono viene emesso) che . we proprio a convogliare e orientare gli impulsi del biosonar in